Amaryllis

di kalaea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Amaryllis 1
Amaryllis

Capitolo uno

Scesi dal pullman e mi guardai intorno. Forks era di fronte a me. Tipica cittadina di provincia, forse un po' più verde e più umida.
Tirai fuori da una tasca un foglietto con l'indirizzo della famiglia che mi avrebbe ospitato. Non ci credevo ancora: i miei mi avevano scaricata lì, in quel paesino sperduto, per andare a farsi una vacanza da soli. Mi avevano abbandonata!
Vagai a vuoto per un po'.
Avevo con me un trolley abbastanza grande, lilla, con sopra appoggiato un borsone, preso in prestito da mia madre, lo zaino sulle spalle e la borsa in mano. Sembravo un venditore ambulante. Tutto quello che c'era stato era in tasca, ovvero cellulare, I-pod, borsellino e biglietto con l'idirizzo. Ero partita con un paio di vecchi jeans e una maglietta verde con delle tasche. Stavo morendo di caldo, ero tutta sudata, non vedevo l'ora di arrivare a questa casa e farmi una doccia fresca.
Finalmente trovai la via e raggiunsi la casa.
Un'abitazione come tutte le altre. Il piccolo giardino davanti non particolarmente curato, il vialetto accanto occupato da una monovolume grigia. Fui presa un attimo dallo sconforto. Cosa diavolo ci faccio io qui? Per un momento avevo anche pensato che mi sarei potuta divertire: un intera estate senza i miei...ma era stato prima di arrivare in quel peasino sperduto in mezzo ai boschi. Sospirai, ormai ero lì e non ci potevo fare niente. Arrivai all'ingresso e suonai il campanello. Venne ad aprirmi una donna che doveva avere circa quarantacique anni.
« Ciao! Tu devi essere Amaryllis, vero? Io sono Rebecca. I tuoi genitori ci avevano avvisato che saresti arrivata oggi più o meno a quest'ora! Vieni dentro, dammi pure una valigia! » sembrava simpatica. Mi giudò in casa fino a quello che doveva essere il salotto. Un uomo più o meno della stessa età della donna era seduto sul divano.
« Ti presento mio marito, John. » mi disse indicando quell'uomo « E questa è Amaryllis, John. » concluse le presentazioni e mi sorrise « Vieni, cara. Ti accompagno alla tua stanza. »
La seguii sulle scale in silenzio fino ad una stanza che si trovava in fondo al corridoio, esattamente di fronte al bagno. Era abbastanza grande, c'era un letto con delle federe blu addossato al muro, sotto la finestra. Ai piedi del letto un piccolo comodino. In un altro angolo una scrivania con un computer. Sul lato della stanza di fronte alla finestra un armadio azzurro e di fianco una libreria dello stesso colore. Era molto spoglia.
Rebecca mi diede qualche indicazione poi uscì.
Appoggiai le valige sul letto e cominciai a disfarle. Misi tutto dentro all'armadio nel modo più ordinato possibile. Appoggiai i pochi libri ed i CD che ero riuscita a portarmi dietro sulle mensole della libreria e mi sedetti alla scrivania. Rebecca aveva detto che potevo usare il PC quanto volevo. Lo accesi. Andai a controllare la posta elettronica. Speravo che qualcuno dei miei amici, o almeno i miei mi avessero scritto. Nessuna nuova e-mail. Lasciai perdere la posta. Navigai ancora un po' fino alle sei e mezza circa, un po' annoiata. Feci appena in tempo a spegnere il computer che qualcuno bussò alla porta.
« Amaryllis? » era Rebecca.
Andai ad aprirle.
« Come va? Tutto a posto? Era la vecchia camera di mio figlio, che ora è andato al college. Dimmi pure se c'è qualche problema. » sorrideva, aveva i denti bianchissimi « Di solito noi mangiamo alle sette e mezza circa, quindi tra un'ora la cena è pronta. Se vuoi andare a farti una doccia il bagno è a tua disposizione. Ho appoggiato le tue salviette sulla sedia accanto alla doccia, sono quelle verdi. Se devi mettere qualcosa a lavare il cesto è sempre in bagno. » non mi ero ancora fatta la doccia, ero stanchissima.
« Grazie. » risposi.
Scese in cucina, sentivo la TV che parlava, probabilmente era John che stava guardando qualcosa.
Chiusi la porta della camera, presi un paio di calzoncini da ginnastica bianchi e una maglietta blu, l'intimo e il beauty e mi diressi in bagno. Mi feci una bella doccia fresca, cercando di lavare via anche quella giornata. Mi cambiai e misi gli altri vestiti a lavare. Ripresi il beauty e tornai nella mia camera. Mi infilai un piao di pantofole che mi ero portata da casa e scesi al piano di sotto.
Andai in cucina, dove Rebecca stava preparando la cena, che fu pronta alle sette e mezza precise. Mentre mangiavamo mi raccontarono qualcosa di Forks e della riserva di La Push che c'era lì vicino.
« I tuoi ci hanno detto che a casa hai una moto. » disse John.
« Sì. » confermai.
« Beh, qui disponiamo solo di una bicicletta. Mi sa che ti dovrai accontentare. » replicò Rebecca, ridendo.
« Pensate che riuscirei a raggiungere la riserva andando in bici, o è troppo lontana? » domandai. Questa faccenda della riserva mi aveva incuriosito, non ne avevo mai vista una, neanche i fotografia.
« Beh, sono venti chilomentri, è un po' di strada. » rispose John.
« Ah, ok... » venti chilometri non erano un problema per me, ma non dissi nulla.
Ci fu un attimo di silenzio.
« Beh, Amaryllis che ne dici della mia cucina? » mi chiese Rebecca.
« Era veramente ottima! » non mentivo.
Finimmo di cenare chiaccherando. Erano molto più simpatici di quanto mi aspettassi. Aiutai Rebecca a sistemare la cucina e me ne tornai in camera.
Presi uno dei libri che mi ero portata e cominciai a leggerlo, sdraiata sul letto. Prima di partire avevo fatto scorta di libri nuovi. Adoravo le storie d'amore e i fantasy, meglio ancora se i due generi erano uniti! Verso le dieci e mezza spensi la lampada sul comodino e mi misi a dormire.

Il giorno successivo mi svegliai alle nove. Mi cambiai subito, infilai un paio di pantaloni alla pinocchietto e un top, poi scesi a fare colazione. La casa mi sembrava molto silenziosa, quindi pensai che Rebecca e John stessero ancora dormendo, anche se mi sembrava un po' strano, ma arrivata in cucina scoprii che erano già usciti per andare a lavorare. Mi avevano lasciato un biglietto attaccato al frigorifero.
Feci colazione con latte e cereali e tornai in camera. Non sapevo cosa fare. Sul biglietto Rebecca aveva scritto che se volevo uscire a fare un giro, la bici era nel box e le chiavi di casa, che erano infilate nella serratura, una volta uscita, avrebbero dovuto essere nascoste sotto lo zerbino. Decisi per il giro in bici. Uscii di casa, chiudendo la porta a chiave, nascosi le chiavi e raggiunsi il garage. All'interno c'erano due bici, una da donna, con il cestino davanti in vimini, l'altra era una mountain-bike non proprio nuova, ma neanche troppo scassata.
La portai fuori sul vialetto, le abbassai la sella per i miei 165 centimetri e le gonfiai le gomme. Chiusi il box ed ero pronta per partire.
Pedalai verso la scuola, seguendo le indicazioni che Rebecca e John mi avevano dato la sera prima. Trovarla non fu difficile, era poco lontana dall'autostrada. Un insieme di stabili tutti uguali di mattoni rosso scuro, circondata da una fitta vegetazione. Era completamente deserta. Dopotutto era giugno inoltrato e le vacanze erano già cominciate da un po'.
Vagai ancora un po' per Forks, poi presi la strada che portava a La Push. Era attorniata da bellissime foreste rigogliose e verdi. Circa a metà percorso, fermai la bici, la appoggiai ad un albero ed entrai nel bosco. Dovevo ammettere che qualcosa di bello in quel posto sperduto c'era. Gli alberi, verdissimi diventavano sempre più fitti mano a mano che mi inoltravo nella foresta. Camminai per un po', finché non raggiunsi una piccola radura. Lì mi trasformai. I miei lisci capelli castani divennero più lunghi e mossi, gli occhi verdi si accesero diventando di un verde molto più vivace, il mio abbigliamento fu sostituito da un vestitino viola e verde e le scarpe da un paio di sandali, i cui lacci si attorcigliavano attorno alle mie caviglie. Non ero più solo Amaryllis, ora ero Amaryllis, la custode dell'elemento terra. Mi sentivo finalmente libera e in pace; i miei sensi, acuiti, percepivano qualsiasi cosa all'interno del bosco: gli animali, le piante...una sensazione stupenda. Vagai per la foresta, leggera come una farfalla, facendo crescere le piante e giocando con gli uccelli. Giunsi in un'altra radura più grande di quella che avevo incontrato prima. Mi sedetti per terra a gambe incrociate al centro del prato. Chiusi gli occhi, sentivo la vita formicolare attorno a me, e cominciai a cantare. La mia voce si sparse per il bosco. Il fatto di essere una custode degli elementi non c'entrava. Era la Amaryllis ragazza che cantava.
Un rumore di ramo spezzato mi interruppe. Mi alzai di scatto spaventata.
Al limitare della radura, nascosto tra gli alberi si ergeva quello che sembrava un grosso animale, un enorme lupo di circa due metri che mi fissava con occhi intelligenti. Perché non ero riuscita a sentirlo arrivare? Cos'era quell'essere gigantesco? Dopo qualche secondo di immobilità il lupo scappò ad una velocità impossibile da vedere per l'occhio umano.
Ancora scossa, decisi di andarmene subito da quella foresta. Arrivai al limitare del bosco e mi ritrasformai. Presi la bici e mi rimisi in strada. Pedalai finché finalmente non giunsi alla riserva. Rimasi un po' delusa, non sapevo cosa aspettarmi, ma non c'era nulla che attirasse particolarmente la mia attenzione. Vagai alla ricerca di qualcosa di interessante, senza trovare nulla. Fino a quando qualcosa mi venne addosso. Qualcuno, in sella ad una moto nera, mi aveva centrata in pieno, fortunatamente stava andando piano. Cademmo a terra entrambi. Mi diedi una controllata, sembrava tutto posto. Spostai lo sguardo sulla persona che mi aveva appena investito. Un ragazzo, che poteva avere circa un po' più di vent'anni, alto quasi due metri, nativo americano, si era alzato in piedi, il casco già in mano, e stava controllando i danni alla sua moto. Meno male che ero io quella che era appena stata investita! Quando si accorse che lo stavo guardando cominciò a rimproverarmi.
« Che accidenti stavi facendo, scema?!? Volevi farti investire?!? Ci sei riuscita, complimenti! » mi aveva appena investito e si permetteva di farmi la predica?!?
Diedi un'occhiata alla bici. Per fortuna sembrava non aver riportato danni. Lo guardai con aria di sfida. Ero ancora seduta per terra e lui, in piedi, aveva un aria piuttosto minacciosa.
« Tutto a posto? » i lineamenti del suo volto si erano leggermente addolciti e la sua voce si era fatta più calda e amichevole.
« Sì, credo di sì, grazie. » mi offrì una mano per alzarmi.
Una volta in piedi, rialzai anche la bici e montai in sella. Non sapevo che cosa dire.
« Scusa... » dissi semplicemente e partii.
Arrivai a casa di Rebecca e John che era l'una meno un quarto. La macchina era parcheggiata nel vialetto. Lasciai la bici nel box ed entrai in casa. Rebecca era in cucina.
« Giusto in tempo, Amaryllis! » mi sorrise.
Mi guardai intorno, John non c'era.
« Dov'è John? »
« E' al lavoro, lui non torna a casa per pranzo. » mi studiò per un attimo con occhi preoccupati « Cosa ti è successo, cara? »
Non dovevo avere un bell'aspetto, a giudicare dalla sua espressione.
« No, niente. Sono caduta dalla bici. » cosa in parte vera.
« Oh, mi dispiace...tutto a posto? »
« Sì, sì. Non ti preoccupare. » risposi.
Mangiammo una buonissima pasta al sugo. Dopo mangiato salii in camera mia e poi andai a farmi una doccia. Mi cambiai e tornai in salotto a guardare un po' di televisione.
« Questa sera abbiamo invitato alcuni amici a cena, che hanno dei figli della tua età. Così potrai fare un po' di amicizia! » evvai...
« Grazie! Mi sembra un'ottima idea! » Rebecca sembrava così entusiasta, magari sarei riuscita veramente a farmi degli amici.

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Amaryllis 2
Amaryllis

Capitolo due

Passai il pomeriggio seduta sul divano a leggere uno dei libri che mi ero portata da casa. Gli ospiti sarebbero arrivati per le sette e mezza-otto, quindi alle cinque e mezza, con molta calma, cominciai a prepararmi. Mi feci una doccia, mi lavai i capelli e cercai di asciugarli in modo che stessero abbastanza ordinati (tentativo fallito). Passai l'ultima mezz'ora indecisa su cosa mettermi, poi optai per un paio di jeans al gionocchio e una camicetta bianca a strisce dorate verticali. Mi truccai leggermente sui toni dell'oro e scesi ad aspettare gli ospiti in salotto.
« Amaryllis, sei pronta? » mi domandò Rebecca affacciandosi dalla porta della cucina.
« Sì, ho finito adesso di prepararmi. » risposi e la raggiunsi « Hai bisogno di una mano?»
« Oh, no no, non ti preoccupare. Piuttosto, John non è ancora rientrato! » replicò.
« Ehm, già...cosa c'è per cena? » chiesi.
« Pasta al pesto e vitello tonnato. Ti piacciono? »
« Sì, molto...e come sono gli ospiti che stanno per arrivare? » ero curiosa di saperne qualcosa in più.
« Sono carissime persone! Molto simpatiche. Ci sono anche dei ragazzi che dovrebbero avere all'incirca la tua età. Tu quanti anni hai? »
« Diciassette anni. » speravo che fossero davvero simpatici come diceva Rebecca, altrimenti si sarebbe prospettata una serata veramente noiosa.
« Sì, mi sembra che abbiano anche loro circa diciassette-diciotto anni. » concluse. In quel momento la porta d'ingresso si aprì. Era tornato John.
« Sono tornato! Scusate il ritardo, corro subito a prepararmi. » disse e si precipitò al piano superiore.
Scese dieci minuti dopo, giusto in tempo per l'arrivo degli ospiti, che in quel momento suonarono il campanello.
Rebecca andò ad aprire e dalla porta entrò un gruppo di undici nativi amercani, la maggior parte dei quali alti almeno due metri, tranne uno che stava seduto su una sedia a rotelle e una donna. Tra quei giganti c'era anche una ragazza dall'espressione molto cupa. Avevano tutti lo stesso taglio di capelli, anche la ragazza, molto corti.
Io non sapevo cosa aspettarmi, ma di sicuro non mi aspettavo questo.
« Prego, entrate! » stava dicendo Rebecca.
Si avvicinò a me.
« Vi presento Amaryllis. I suoi genitori sono partiti e non possono tenerla con loro, quindi l'hanno affidata a noi. Starà qui per un po'. » mi presentò. Cercai di rimprendermi dalla sorpresa e sorrisi, a disagio, odiavo essere al centro dell'attenzione.
« Loro sono Sam, Emily, Paul, Embry, Quil, Jared, Leah, Seth, Collin, Brady...» strinsi le mani a tutti quanti « e lui è Billy » indicando il signore sulla sedia a rotelle. Tra tutti sembava quello più anziano.
« E Jacob dov'è? » domandò John.
« Ci raggiungerà più tardi. » rispose Billy.
Rimanemmo a parlare in salotto. Ci stavamo a malapena tutti. In mezzo a loro mi sentivo veramente piccola e anche indifesa. Fortunatamente Rebecca aveva ragione: erano tutti piuttosto simpatici e socievoli, specialmente Embry e Quil.
« Per quanto tempo resterai qui? » si sedettero uno alla mia destra e uno alla mia sinistra e cominciarono a farmi domande. Si alternavano: prima Quil, poi Embry. Suonava come una sorta d'interrogatorio, ma mi sentivo perfettamente a mio agio.
« Beh, non lo so ancora di preciso...penso per tutta l'estate... »
« Conosci già qualcuno? »
« No, sono qui solo da due giorni... »
« Hai già visto un po' la zona? Sei già venuta a La Push? »
« Ieri ho fatto un giro e sono arrivata fino alla riserva...e sono stata praticamente investita da un tizio su una moto rossa! »
Si scambiarono un'occhiata e ridacchiarono.
« Cosa c'è? Lo conoscete? »
« No, no, niente... »
« Come ci sei arrivata a La Push? Hai una macchina? »
« No, in bici. Non ho ancora la patente. »
« Quanti anni hai? »
« Diciassette, ma da me la patente si può fare solo a diciotto anni. »
« Capisco, ma come ti sposti quando sei a casa tua? Usi sempre la bici? »
« No, vado in moto. »
« Wow! Hai una moto? Quale? »
« Una Ducati Monster, anche se il mio sogno è di guidare una Kawasaki Z1000... »
« Grandioso! Ti piacciono le moto? »
« Abbastanza, anche se non sono proprio così esperta... »
Mi guardai intorno. Tutti quei ragazzi avevano un qualcosa di simile. Qualcosa che li rendeva inquietanti e bellissimi allo stesso tempo. Qualcosa che mi sembrava familiare.
« Ma voi siete tutti parenti? »
Scoppiarono a ridere.
« No! Solo Leah e Seth sono fratelli e Billy è il padre di Jacob, il ragazzo che deve ancora arrivare, per il resto non siamo parenti. »
« E quanti anni avete? »
« Io, Quil e Jacob diciassette, Seth, Collin e Brady sedici, Leah, Jared, Paul diciannove, Sam ed Emily ventuno. »
« Perché Leah se ne sta da sola e perché ha quella faccia? »
« Beh... » si scambiarono un'occhiata, forse non avrei dovuto chiederlo, però era talmente evidente che mi era venuto spontaneao.
« Non ha avuto una vita facile...suo padre è morto l'anno scorso... »
« Oh, mi dispiace... »
Cominciammo a cenare che erano circa le otto e mezza. I ragazzi mangiavano con una voracitò tale da sembrare dei morti di fame. Avevamo appena sparecchiato il tavolo per distribuire il dolce che aveva portato Emily, quando suonò il campanello. Rebecca era impegnata in cucina e John stava parlando con Billy e Sam, quindi andai io ad aprire la porta d'ingresso.
Il sorriso che avevo preparato per accogliere il nuovo ospite mi si gelò in faccia. Il ragazzo che quella mattina mi aveva praticamente investito mi stava davanti. Lo fissavo impietrita ad occhi sgranati.
Lui mi diede un occhiata distratta.
« Scusate il rit... » s'interruppe spalancando gli occhi, sorpreso.
« TU! » esclamammo all'unisono.
Nel frattempo Rebecca si era avvicinata.
« Vi conoscete? »
« E' la ragazza che mi è venuta addosso questa mattina! »
« E' il ragazzo che mi è venuto addosso questa mattina! »
Avevamo parlato entrambi nello stesso momento.
In quell'istante realizzai una cosa. Mi diressi verso i miei nuovi “amiciâ€.
« Voi due! Avevate capito tutto e non mi avete detto niente! Perché?!? » fissavo Quil ed Embry con occhi furenti.
« Perché sapevamo che questa sarebbe stata una scena divertente! » mi rispose Quil divertito.
Nel frattempo Rebecca aveva fatto entrare l'altro ragazzo, che doveva chiamarsi Jacob. Si avvicinò seguita dal nuovo ospite.
« Jacob, lei è Amaryllis. Rimarrà qui per un po', i suoi genitori ce l'hanno affidata per l'estate. » mi presentò. Ci scambiammo una veloce stretta di mano, la sua pelle era bollente.
Jacob aspettò che la padrona di casa si fosse allontanata, poi mi guardò con un ghigno divertito.
« E così i tuoi ti hanno scaricata qui... » si allontanò appena in tempo: stavo per mollargli un ceffone.
Come si permetteva, non ci conoscevamo neanche e già cominiciava a sfottermi?!? Feci un respiro profondo e mi voltai per sedermi al mio posto. Con disappunto appurai che era già stato occupato. Quel ragazzo mi dava sempre più sui nervi. Seduto tra Embry e Quil stava ridendo con loro, mentre mangiava una fetta di torta. Gli toccai una spalla, facendolo voltare.
« Ehm, scusa ma quello sarebbe il mio posto... » gli feci notare, cercando di usare il tono più gentile possibile.
Si guardò attorno, l'unico altro posto disponibile era in fondo al tavolo di fianco a Leah.
« Non puoi andare a sederti là? » mi chiese indicando la sedia libera.
Li guardai torva, prima lui, poi i suoi due amici. Embry incrociò il mio sguardo e sembrò dispiaciuto. Troppo tardi! pensai e andai a sedermi.
« I maschi sono degli idioti! » escalmai mentre mi sedevo.
Leah mi diede un'occhiata distratta, poi riprese a fissare il vuoto, come aveva fatto per tutta la cena.
« Le ragazze che cercano le loro attenzioni sono delle stupide. » replicò.
Alzai gli occhi al soffito. Anche questa qui ci si metteva?!? Stava andando così bene la serata...
« Io sono Amaryllis. » gli porsi la mano.
Guardò me e poi la mia mano.
« Leah » silenzio.
Accidenti, che conversazione viva... pensai sarcasticamente. La fissavo, cercando qualsiasi frase da dire per parlare un po'.
« Perché tieni i capelli così corti? » era la prima cosa che mi era venuta in mente.
« Ehm... » mi guardava stupita « mi piacciono di più... »
« Stai bene! » le sorrisi « A me piacciono lunghi, però tu stai veramente bene! Io adesso li sto lasciando crescere, voglio averli lunghissimi. » dissi toccandomi i capelli.
Rimase zitta.
« E' dura essere l'unica ragazza in un gruppo di maschi? »
«...no... » rispose senza guardarmi negli occhi, mi stava mentendo.
« Non è vero... » ribattei.
Si guardò attorno, sembrava a disagio.
« Ok, argomento delicato, cambiamo discorso... » cercai di sdrammatizzare « cosa fate di solito durante il giorno? »
« Stiamo in giro... » sembrava sollevata di poter non rispondere.
« In giro? Dove? »
« Ehm...alla spiaggia o nella foresta... » disse vagamente.
Nella foresta? Dove ho incontrato quella specie di lupo gigante... pensai rabbrividendo.
« Vi spiace se mi unisco a voi? » chiesi, di starmene a casa ad annoiarmi non mi passava neanche per la testa e se ero con loro non sarebbe potuto succedere niente.
« Ehm...credo di no... » rispose colta alla sprovvista « Quando torniamo ne parlo con gli altri. »
« Grazie! Se volete mi faccio trovare direttamente alla riserva. » ero lì solo da un giorno ed ero già riuscita a trovarmi una compagnia, grandioso!
« NO! » ribatté lei « Non ti preoccupare: ti...ti veniamo a prendere noi! » sembrava presa dal panico.
« ...ok... » replicai. Non avevo capito la sua reazione. Perché non posso andare a La Push da sola? pensai perplessa. Cioè, mi faceva piacere che si fosse offerta di venirmi a prendere, ma la sua reazione faceva supporre che avesse qualcosa da nascondere. Anche a tutte le altre domande che riguardavano la riserva era stata molto evasiva.
« Mi dai il tuo numero di cellulare? » domandai.
« Non ho il cellulare. » ribatté imbarazzata. Probabilmente la situazione economica della sua famiglia non doveva essere rosea.
« Ehm...allora posso avere il numero di casa? Così domani possiamo metterci d'accordo... »
« Sì, certo. Tu dammi il tuo, ok? » ci scambiammo i numeri giusto in tempo. Gli ospiti stavano cominciando ad andarsene.
Accompagnai Leah alla porta, era una ragazza di poche parole, ma si era un pochino sciolta durante la nostra conversazione. Sembrava simpatica, saremmo potute diventare amiche!
Salutammo tutti gli ospiti, che uno ad uno se ne stavano andando. Io e Rebecca sistemammo un po' il salotto e la sala da pranzo. Era mezzanotte passata, io cominciavo ad avvertire la stanchezza. Sbadigliai.
« Amaryllis, lascia stare, faccio io. Tu vai a letto. » Rebecca mi sorrideva comprensiva.
« Grazie... » mi imbarazzava non poter dare una mano, ma ero veramente stanca.
« Buonanotte... » salutai e mi diressi in camera mia. Mi cambiai e mi infilai subito a letto. Mi addormentai all'istante e sognai un lupo gigante che mi fissava con occhi intelligenti.

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Amaryllis 3
Amaryllis

Capitolo tre

La mattina seguente mi svegliai tardi, verso le undici e mezza. Mi vestii in fretta e controllai il cellulare: nessuna chiamata persa. Leah non aveva ancora telefonato, probabilmente il gruppo dormiva fino a tardi la mattina. Registrai la cosa: potevo dormire fino all'ora di pranzo, perché tanto non sarei potuta uscire. Scesi in cucina per bere un bicchiere di latte, non mangiai niente perché all'una avrei pranzato. Mi stravaccai sul divano e mi rimisi a leggere il libro che avevo cominciato l'altra sera, estraniandomi completamente. Mi ripresi soltanto quando sentii il mio telefono squillare. Corsi a rispondere.
« Ciao Leah! » salutai.
« Ciao...come facevi a sapere che ero io?!? »
« L'ho immaginato, stavo aspettando una tua telefonata! » risposi.
« Ah, ok...comunque ho sentito gli altri, tra poco io, Quil ed Embry ti veniamo a prendere. Quei due ragazzi sembrano particolarmente entusiasti della tua presenza. » notai un che di ironico nella sua voce « Hai già mangiato? »
« No, non ancora. Rebecca arriva all'una. Potreste venire a prendermi dopo, verso le due? » replicai, Embry e Quil mi stavano simpatici, ero contenta che si fossero offerti di venirmi a prendere.
« Ok, va bene. Allora ci vediamo dopo. Ciao! »
« Ciao! » la conversazione si concluse.
All'una meno dieci, circa cinque minuti dopo la telefonata di Leah, rientrò Rebecca. Preparammo il pranzo e mangiammo velocemente. Sistemai la cucina, poi corsi in bagno a sciacquarmi la faccia e a pettinarmi. Mi controllai nello specchio, tutto a posto. Con calma scesi in salotto, si erano fatte le due meno cinque. Speravo che Leah e gli altri fossero in orario, non vedevo l'ora di uscire.
Il campanello suonò. Mi precipitai ad aprire. Embry, le mani in tasca, mi sorrideva solare.
« Ciao! » ricambiai il sorriso.
« Andiamo? » fece un cenno verso la macchina accostata al vialetto. Quil mi salutò dall'interno del veicolo. Alzai una mano in segno di saluto.
« Eccomi! » risposi a Embry, feci un passo indietro e aggiunsi rivolgendomi a Rebecca « Io vado. Ciao! »
« Ora possiamo andare! » avere qualcosa da fare, anzi, avere anche solo qualcuno con cui passare il tempo era molto incoraggiante. Soprattutto dal momento che pensavo di dover passare un estate in solitudine.
Salimmo in macchina.
« Ciao a tutti! » esclamai sedendomi accanto a Embry sul sedile posteriore.
« Ciao! » mi salutarono Quil e Leah.
« Che si fa oggi? » m'informai.
« Volley a First Beach! » mi rispose Quil entusiasta.
« Ah... » sorrisi a disagio, non mi piacevano per niente gli sport che comprendevano una coordinazione di un qualche tipo, nonostante la mia resistenza era aumentata grazie ai miei poteri « ...vi spiace se io non gioco? Farò l'arbitro... » proposi.
« Non giochi? Non ti piace? » Embry sembrava deluso.
« Ehm...scusate...ma sono veramente un'impedita quando si tratta di sport che comprendono l'uso della palla... » lo guardai dispiaciuta.
« Va beh, fa' niente, dai! » disse Quil dal sedile davanti, poi si rivolse a Leah che guidava « Qualcun'altro dovrà restare con lei, altrimenti siamo dispari. »
« Seth resterà con lei. Sarà contento, gli piace fare amicizia con ragazzi più grandi. E magari riuscirà a non farsi male. Tutte le volte che gioca con voi torna con qualcosa di rotto. » gli rispose Leah, parlava del fratello con tono possessivo, come quello di una madre.
« Ne parli come se fosse un bambino piccolo, guarda che Seth ha sedici anni ed è lui che vuole giocare con noi. » si giustificò Quil.
Eravamo già arrivati alla spiaggia. Lì c'erano già quattro ragazzi, che a torso nudo stavano palleggiando rincorrendosi. Li raggiungemmo a quello che era un campo da baech-volley artigianale: due alberi legati in alto da una spessa corda fungevano da rete e le magliette dei quattro delimitavano il campo nei quattro angoli.
« Finalmente, ora si gioca sul serio! » esclamò quello che doveva chiamarsi Paul.
« Sì, ma c'è un cambio di programma. » li informò Leah « Sarà un tre contro tre: io, Quil e Embry contro Paul, Jared e Jacob. Seth tu resti con Amaryllis a fare l'arbitro. »
« Ehi! Perché proprio io?!? » protestò Seth.
« Perché sei il più piccolo! » Quil lo prese in giro.
« Amaryllis non gioca, qualcuno deve stare con lei. Non mi avevi detto che volevi fare amicizia? » spiegò Leah, dopo aver fulminato Quil con lo sguardo.
Un po' imbronciato e imbarazzato, Seth mi raggiunse a bordo campo e si sedette su una roccia.
« Scusa, è colpa mia...non sono assolutamente capace di giocare... » mi sentivo un po' in colpa.
« No, no! Non preoccuparti! » mi sorrise, poi aggiunse rivolto agli altri « Per la palla, cominciate! » lanciò la palla in mezzo al campo.
Dopo qualche passagio rapido la squadra di Jacob, Paul e Embry fece punto. Ora iniziava la partita vera e propria.
« Siete molto affiatati, sembrate tutti fratelli. » commentai.
« Beh, ci conosciamo tutti da quando siamo nati, praticamente. » replicò Seth.
« E tua sorella è l'unica ragazza... » aggiunsi.
« Già... »
« Ma non ci sono altre ragazze della sua età qui alla riserva? » chiesi, non riuscivo a capire perché stava con quel gruppo di soli maschi, sono più divertenti ma non mi sembrava che con lei fossero così socievoli.
« Sì, sì! Ci sono. » rispose in fretta.
« E allora perché sta con voi? Senza offesa...ma non mi sembra sempre così contenta quando ci siete tutti...e gli altri non è che la trattino proprio da grande amica... » mi dispiaceva un sacco per lei, anche se non conoscevo il motivo di tutti quei comportamenti.
« Beh... » Seth guardò a terra a disagio, poi volse lo sguardo verso Leah « lei è una ragazza... »
« Anche io lo sono! » lo interruppi.
«Sì, ma è diverso! Lei è molto chiusa e cinica, parla sempre in modo sarcastico e non sempre gentile, anzi quasi mai e non sappiamo come prenderla... »
« Ora ci sono io e non è più sola! » gli sorrisi, Seth era un ragazzo così dolce: il tono che aveva usato per parlare della sorella esprimeva tutta la sua preoccupazione e il suo affetto fraterno. Leah e Seth erano molto più legati di quanto davano a vedere. Non ero ancora riuscita a capire perché rimanesse in quel gruppo se soffriva così tanto, ma magari il suo rapporto con Seth in qualche modo c'entrava.
Nel frattempo la partita continuava. Nessuna squadra riusciva a prendere un netto vantaggio sull'altra. Fare da arbitro era un ruolo mica tanto semplice, fortunatamente c'era Seth a darmi una mano: non avevo mai assistito ad una partita di beach volley così rapida e violenta. Ogni movimento era velocissimo e preciso, ogni colpo sembrava scagliato con la massima potenza, anche se i sei giocatori non davano segni di stanchezza. Anche Leah sembrava divertirsi e dava del filo da torcere a Jacob e la sua squadra. Tutti i ragazzi, Seth compreso, erano molto orgogliosi e permalosi e si scaldavano in fretta. Giocarono tre partite: la prima e l'ultima vinte dalla squadra composta da Jacob, Jared e Paul, la seconda da Leah, Quil ed Embry. Tutti e tre i match vinti con un vantaggio minimo.
Ormai era sera, il sole stava cominciando a tramontare e la temperatura ad abbassarsi. I ragazzi smontarono la loro rete improvvisata e raccolsero le magliette.
« Che fame, ragazzi! » esclamò Paul.
« Cosa ne dite di una bella grigliata? » propose Jared.
« Io ci sto! » si affrettò a dire Quil.
« Anch'io! » si aggiunsero anche Jacob, Embry e Seth.
Io ero un po' indecisa: mi sarebbe piaciuto rimanere, ma non volevo essere un peso e, inoltre, temevo che Rebecca avesse già preparato la cena.
« Tu che fai? » mi chiese Leah.
« Non lo so...vai anche tu? »
« Penso proprio di sì. Se non vuoi dillo e ti portiamo a casa... » replicò scontrosa, non le era andato giù che avevano perso la partita.
« No, no! Io voglio venire, se non disturbo...è solo che magari Rebecca ha già preparato la cena e non voglio fargliela buttare. » spiegai in fretta.
« Beh, chiama e scoprilo. » ribatté Embry.
Telefonai immediatamente. Per fortuna Rebecca non aveva ancora preparato niente, la informai perciò dei miei programmi e mi unii alla compagnia che a passo svelto si dirigeva verso le abitazioni della riserva. Ognuno raggiunse casa propria per farsi una doccia e cambiarsi. L'appuntamento era per venti minuti più tardi con carne e bibite. Io seguii Seth e Leah.
« Vado prima io a farmi la doccia! » affermò il ragazzo una volta entrati e senza aspettare risposta si fiondò in bagno.
« E' sempre così? » scherzai.
« Anche peggio! » replicò Leah.
Entrammo in camera sua. Era piuttosto spoglia: scrivania e armadio da una parte, letto dall'altra. Alle pareti erano appesi "scaccia-pensieri" e altri ciondoli indiani; sopra al letto uno strano quadro abbastanza inquietante rappresentava un lupo grigio, che, in mezzo ad una foresta buia, come un'immobile gardia, controllava ciò che accadeva nella stanza. Metteva un po' di soggezione.
« Dov'è che andiamo a fare la grigliata? » chiesi curiosando ancora nella stanza.
« Nel bosco, c'è una radura poco lontano in cui andiamo sempre. » rispose.
Quelle foreste mi mettevano un po' paura. Non mi ero assolutamente scordata il mio incontro con quella specie di lupo gigante. Era una cosa assurda: io, Amaryllis, Custode dell'Elemento Terra, avevo paura di un animale?!? Eppure quello non era un lupo normale, non ero riuscita a percepirlo. Era come se non esistesse.
« Cosa ti metti? » aprii il suo armadio.
« Va bene qualsiasi cosa. » replicò.
« Posso darti una mano a scegliere? »
« Fa' come vuoi... » concluse con un'alzata di spalle.
Senza farmelo dire due volte inizia a rovistare tra i suoi vestiti. In quell'armadio abbondavano magliette e pantaloni della tuta, ma jeans e felpe scarseggiavano. Scelsi la maglietta più carina, azzurra con un disegno tribale a lato, e l'unico paio di jeans scuri decenti. Appoggiai tutto sul letto.
« Che ne dici? » glieli mostrai « Non sono riuscita a trovare una felpa da abbinarci...quelle che ci sono nel tuo armadio mi sembrano tutte un po' troppo piccole! »
« mmm...sì, va bene...comunque non metto la felpa, sto bene così. » rispose raccogliendo i vestiti.
« Niente felpa?!? Io sinceramente ho un po' freddo... » esclamai stupita, anche se era estate la temperatura non era così alta, dopotutto eravamo nello Stato di Washington, al confine con il Canada.
« Io sono molto calorosa, ma se vuoi puoi prendere qualcosa di mio. » replicò.
« Ok, grazie mille! » scelsi una felpa nera con il cappuccio e me la infilai.
Leah andò a farsi la doccia e tornò dieci minuti dopo già vestita e pronta per uscire. Seth fuori casa ci aspettava con il cibo in una mano e le bottiglie d'acqua nell'altra. Teneva il tutto sollevato come se richiedesse il minimo sforzo e Leah non sembrò assolutamente impressionata dalla cosa.
« Ciao Seth! » salutai « Vuoi una mano a portare qualcosa? » proposi, le bottiglie no, ma almeno la carne potevo tenerla io.
« No, grazie. Ce la faccio! » ribatté ed io non insistetti.
Ci stavamo dirigendo verso il bosco, ormai il sole era quasi completamente tramontato.
« Guarda come è vestita tua sorella! » esclamai allora entusiasta.
Lui si voltò a guardare Leah.
« Wow! » mormorò stupito « Non l'ho mai vista vestita così! »
« Li ho scelti io, i vestiti! » spiegai orgogliosa.
« L'avevo immaginato! Mia sorella è nota per il suo cattivo gusto nel vestire. » commentò Seth.
« Che cattivo! » lo colpii su un braccio e mi sembrò di colpire una roccia incandescente « Non è vero che non ha buon gusto, solo Leah non è una persona che tiene a questo genere di cose! »
« Ok,ok. Come vuoi tu...ma non picchiarmi più o ti farai male, capito? » mi minacciò scherzoso.
« Come ti permetti?!? » dissi fingendomi offesa, raggiunsi Leah e mi aggrappai al suo braccio, anche lei aveva la pelle bollente « Leah, tuo fratello mi minaccia... » piagnucolai.
Seth scoppiò a ridere ed io con lui. Cercai di coinvolgere Leah nella nostra conversazione, operazione non facile: era veramente poco loquace, parlava solo quando necessario.
Arrivammo alla radura in fretta. Altri ragazzi erano già lì e avevano acceso un fuoco al centro dello spiazzo, in modo che fosse il più lontano possibile dagli alberi. Seth poggiò le bottiglie dove erano state accatastate anche le altre, consegnò la carne a sua sorella e si unì ai ragazzi che curavano il fuoco. Quil ed Embry, non appena ci notarono, ci vennero incontro, seguiti da Jacob, che stava parlando con loro.
« Ciao Amy! » salutò Quil, seguito da Embry e Jacob.
« Ciao ragazzi! » risposi.
« Venite! » ci invitò a seguirlo fino ad una pietra poco distante « Appoggiate pure tutto qui, c'è anche la nostra roba. »
« Leah! » Jacob la fissò come se fosse la prima volta che la guardava « Su chi devi far colpo stasera?!? »
La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Io e gli altri non potemmo fare a meno di ridere.
« E' colpa sua! » disse indicando me.
« Lo ammetto...non sta benissimo?!? » scoppiarono di nuovo tutti a ridere ad un altra occhiataccia di Leah.
Erano tutti in maglietta, nonostante io con la felpa addosso sentissi freddo. Forse erano abituati...Mi strinsi nelle braccia.
« Hai freddo? » Embry aveva notato il mio movimento.
« Vieni, ti scaldo io! » si propose Quil speranzoso.
« Trattatela bene! » Leah si allontanò dubbiosa tra le nostre risate.
« Non ti preoccupare, è in ottime mani! » replicò Quil.
Sorrisi, erano tutti gentili e simpatici con me, non avevo di che preoccuparmi. Ci sedemmo sulla pietra, io in mezzo tra Quil ed Embry, come la sera prima.
« Mi spiace Jacob... » mi scusai, era rimasto in piedi perché sulla pietra non c'era più spazio.
« Ladra di amici! » fingendosi offeso « Voi, come avete potuto tradirmi così?!? »
« No, scusami! » Embry si alzò di scatto e lo abbracciò « Ti prometto che non succederà mai più...è-è stata lei! Io amo solo te, te lo giuro! » scherzò.
« Che belle queste scene d'amore! » sospirò Quil e io ridacchiai.
« Non so se potrò perdonarti... » la scenetta tra Embry e Jacob continuava.
« Ti prego... » lo supplicò.
Jacob fece finta di pensarci. « ...mmm...ok! »
Io e Quil non riuscivamo a smettere di ridere.
« Jacob, vuoi sederti? » proposi non appena mi fui ripresa.
« No, va beh...fa' niente! »
« Dài, siediti! Io sto in braccio! » insistetti e mi alzai in piedi.
Embry e Jacob si sedettero. Il secondo mi invitò con un cenno e mi prese in braccio. Quil protestò.
« La vuoi? » scherzò Jacob. Lo guardai storto.
« Un po' per ciascuno, ok? » tranquillizzai l'altro ragazzo.
« Va bene... »
« Comunque...tu mi hai ancora chiesto scusa per essermi venuto addosso ieri! » mi voltai a guardare Jacob in faccia.
« Ma che scusa?!? Se sei venuta tu addosso a me! » ribatté.
« Cosa?!? No, no! Eri tu quello in moto! » replicai.
« A proposito di moto...sai Jake che anche Amy guida una moto? » s'intromise Embry, per evitare che la discussione degenerasse.
« Sul serio? » Jacob mi guardò stupito.
« No, per finta...secondo te? » lo presi in giro « Ho una Ducati Monster. »
« Wow! Ce l'hai qui? » gli si accesero gli occhi.
« No, come avrei potuto portarmela? Sono senza mezzi. » spiegai stupita che non ci avesse pensato lui « Io sono senza patente e Rebecca e John dispongono solo di biciclette... »
« Peccato...mi sarebbe piaciuto provarla! » commentò deluso il ragazzo.
« Mi spiace... » strinsi le spalle, non potevo farci niente.
« Hai ancora freddo? » chiese Quil gentile.
« No. » non ci avevo fatto più caso, ma non sentivo minimanente freddo « Jacob mi scalda alla perfezione! »
« Che dichiarazione! » esclamò Embry. Scoppiammo a ridere.
« Mi posso appoggiare? » chiesi a Jake, mi sentivo un po' scomoda in quella posizione.
« Sì, fai pure... » posai la testa sulla sua spalla, presi il suo braccio e me lo feci passare attorno « Jacob, scotti! » aveva la pelle bollente.
Sospirò.
« Tutto normale, io ho sempre la pelle molto calda... » spiegò imbarazzato.
In quel momento mi vennero in mente Leah e Seth, anche loro avevano la pelle caldissima. Sfiorai la guancia di Jacob. Cavoli, ustiona! Toccai anche Embry e Quil.
« Anche voi siete caldissimi! » li accusai.
« Sì, tutti qui. E'...una cosa genetica... » replicò Quil con uno strano tono di voce, quasi interrogativo.
« Già, è vero! » aggiunse Embry.
Li fissai perplessa. C'eravamo tutti azzittiti.
« Ragazzi, se volete mangiare venite qui! » urlò allora Jared.
« Arriviamo! » gridò Embry in risposta.
Raccogliemmo le nostre cose e raggiungemmo gli altri intorno al falò. Ormai era buio e la luce delle fiamme era l'unica cosa che illuminava la radura. Seduti intorno al fuoco mangiavamo e scherzavamo. I ragazzi mangiavano veramente un sacco.
Finito il cibo io, Quil, Embry, Jacob e Seth tornammo a sederci sulla pietra. Seth rimase in piedi, Quil mi prese in braccio. Il mio sguardo fu attratto dalla foresta buia. Un brivido mi corse lungo la schiena.
« In questi boschi che animali vivono? » osai chiedere, magari sarei riuscita a sapere qulacosa sul lupo gigante.
« In che senso? » Jacob mi guardò perplesso.
« Tipo orsi? Cervi? » spiegai.
« Gli orsi sono più a nord, ma sono pochi, cervi ce ne sono di più e anche da questo lato del bosco. » rispose Jake.
« E...lupi? » aggiunsi.
Si scambiarono uno sguardo veloce, ma non abbastanza perché non lo potessi vedere.
« Non...credo... » Jacob sembrò titubante.
Lo fissai cercando di decifrare la sua espressione, sapeva più di quanto mi aveva detto. Capii, però, che in quel momento non sarei riuscita a ottenere altre informazioni.
Mi stropicciai gli occhi, cominciavo a sentirmi un po' stanca.
« Hai sonno? » chiese Quil.
« Un po'... » la tensione si stava allentando.
« Ti riportiamo a casa, ok? » Embry mi guardava comprensivo, come se fossi la sua sorellina di cinque anni o qualcosa del genere. Arrossii, era normale sentirsi un po' stanchi alle undici e passa di sera, no?!?
«Va beh, fa niente! Non sono così stanca! » mi affrettai a rispondere.
« Anche noi siamo stanchi, anche se non lo diamo a vedere! » Quil sorrise, come se avesse intuito i miei pensieri « Avremo tutto il tempo di stare insieme questi giorni! » mi lanciò uno sguardo complice e scoppiò a ridere alla mia faccia perplessa, segiuto dal resto del gruppo.
« Ti veniamo a prendere anche domani, ok? » Seth era in piedi di fronte a noi, aveva un sorriso accecante, che metteva subito allegria. Non potei non ricambiare.
« Grazie. »
« Dai, andiamo! » Quil mi spinse dolcemente giù dalle sue gambe.
« Ti portiamo noi. » Embry si alzò e fece un cenno verso le case « Jacob, vieni con noi? »
Jacob lo guardò come se non avesse capito la domanda.
« Jacob? Vieni? » Quil lo fissava interrogativo.
« Ah, sì... » sembrava completamente distratto, stava pensando ad altro.
« Vengo anch'io! » aggiunse Seth preoccupato di restare tagliato fuori.
« Allora, forza! » Embry aveva praticamente raggiunto le case.
Arrivò alla macchina per primo, salì e ci venne incontro. Ci sedemmo tutti in macchina, io davanti con Embry, gli altri dietro. Mi sentivo stanca, ma anche contenta. Mi ero divertita un sacco quel pomeriggio e sapere che il giorno dopo avrei rivisto quei ragazzi mi faceva sentire in pace ed entusiasta allo stesso tempo. In breve fummo davanti alla casa di Rebecca e John.
« Ciao ragazzi! Ci vediamo domani! » scesi dalla macchina.
Mi salutarono e aspettarono che fossi entrata prima di partire.

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Amaryllis 4
Amaryllis

Capitolo quattro

Mi svegliai che mezzogiorno era passato da un po'. Con calma mi alzai e mi preparai. Ero pronta per un'altra giornata con i ragazzi. Puntuale come sempre Rebecca tornò a casa per l'una, l'aiutai a preparare un pranzo veloce e mangiammo.
Intorno alle due suonò il campanello. Uscii di casa saltellante. Non vedevo l'ora!
Aspettandomi di trovare Leah o Quil o Embry, rimasi sorpresa alla vista di Jacob con due caschi in mano, che mi aspettava in fondo al vialetto.
« Ciao! » esclamai raggiungendolo.
« Ciao. Gli altri non potevano venirti a prendere e hanno mandato me. » spiegò.
« Ah, ok! Dove si va oggi? » gli sorrisi mentre mi passava uno dei due caschi.
« Restiamo alla riserva. » rispose e salì in sella alla moto.
M'infilai il casco e salii dietro di lui. Si assicurò che fossi a posto e partì.
Mi mancava la sensazione che l'andare in moto dava: l'aria tra i capelli e sulla pelle, la velocità, il paesaggio che ti scorre accanto veloce, una schiena calda a cui appoggiarsi...ok, questo non devo pensarlo...arrossii, ma rimasi stretta a Jacob. Mi dava un senso di sicurezza che da tanto non provavo.
Arrivammo in fretta alla radura, dove c'erano gli altri ad aspettarci.
« Ciao Amy! » salutarono appena scesi dalla moto.
« Ciao ragazzi! » mi tolsi il casco « Questo dove lo metto? » aggiunsi rivolta a Jacob.
« Dallo a me. » lo prese e si diresse verso quella che presupposi essere casa sua.
Andai a sedermi accanto a Leah, intorno a un tavolo. Stavano giocando a carte.
« Cosa giocate? » domandai.
« Poker! » rispose Quil.
Effettivamente avrei potuto capirlo da sola: tutte le fish erano impilate sul tavolo e ogni giocatore aveva cinque carte in mano.
« E come sta andando? » mi guardai attorno, Jacob stavo tornando.
« Ovviamente vince il migliore! » replicò Embry sorridente.
« Ah beh, giusto! » scoppiammo a ridere.
« Com'è andato il viaggio in moto? » domandò Quil intanto che distribuiva le carte.
« Bene,bene! Era da un sacco che non ci andavo, mi mancava! » risposi entusiasta.
« Jake guida bene? » aggiunse Embry.
« Ehm...sì,sì! » arrosii leggermente al ricordo delle sensazioni che avevo provato. Fortunatamente l'unica ad accorgersene fu Leah, che mi fissava divertita. Evitai il suo sguardo, imbarazzata.
« Abbiamo intenzione di stare qui a giocare a carte tutto il giorno?!? » Jacob ci aveva raggiunti e si era seduto accanto a Quil.
« Qualche altra proposta? » replicò Embry.
Rimanemmo tutti in silenzio. Incoraggiante... passare tutto il giorno a non far niente non era proprio una prospettiva allettante.
La nostra riflessione fu interrotta dall'arrivo di Sam. Aveva un'espressione molto seria in volto.
« Abbiamo un problema. » disse grave.
« Cosa succede? » s'informò Seth preoccupato.
Invece di rispondere lanciò una strana occhiata verso di me, seguito da tutti gli altri.
« Amy, ti va di fare un giro nella riserva? » Quil mi colse alla sprovvista.
« Come? » ribattei confusa.
« E' vero! Non ti hanno ancora fatto vedere qui attorno? Ci sono posti bellissimi! » Sam sembrò prendere la palla al balzo « Jacob, vai tu con lei. » suonava più come un ordine che come un invito.
Guardai Jacob smarrita. Che cosa stava succedendo? Perché mi stavano mandando via? - perché era quello che stavano facendo... - Cosa nascondevano di tanto grave che io non potevo sapere?
Jake si alzò.
« Vieni. » disse in tono piatto, come se stesse pensando: "perché proprio io?".
Mi alzai titubante e lo seguii. Quando fummo a distanza sufficiente dal resto del gruppo lo interrogai. Avevo bisogno di capirci qualcosa.
« Si può sapere che succede? »
« Non ne ho idea. » rispose evasivo.
« Non è vero! » lo accusai « Tu sai. »
« Non so di cosa tu stia parlando. » replicò facendomi innervosire. E' evidente che lui sa qualcosa, anzi c'è dentro completamente anche lui.
« Non mentire: sai cosa sta succedendo! Ho il diritto di sapere perché sono stata mandata via! » mi fermai e lo fissai negli occhi, arrabbiata.
Si fermò anche lui, ma non riuscì a sostenere il mio sguardo.
« Smettila di dire sciocchezze! » la sua risposta non fece che aumentare la mia rabbia. Ero stufa di quelle frasi, di essere trattata come un'idiota.
« Ok, basta! Me ne vado. » furente mi allontanai e cominciai ad avviarmi verso Forks. Ripercorrevo mentalmente il tragitto da fare e stavo calcolando quanto mi ci sarebbe voluto per arrivare a casa. Ci avrei messo un po', ma avevo tutto il pomeriggio.
« Dove stai andando?!? » mi raggiunse e mi prese per un braccio.
Mi divincolai, mi aveva fatto male.
« Me ne torno a casa. E' evidente che qui non sono gradita! » lo guardai con aria di sfida.
« Resta qui. » come si permetteva di darmi ordini?!?
« No! Io torno a casa! »
« Devi stare qui. » scandì le parole una ad una, come se facessi fatica a capire.
« Non provare a darmi ordini! » urlai esasperata « Io me ne vado e tu non provare a seguirmi! » cominciavo ad avere paura. Tutti quei segreti, ora anche gli ordini...
« E chi ha intenzione di seguirti?!? » ribatté lui « Vattene pure! » il suo sguardo mi spaventò. Era minaccioso e cupo allo stesso tempo.
Mi allontanai in fretta, quasi correndo. Mi sentivo terrorizzata, anche se non era successo nulla di così grave. Non ancora... scacciai quel pensiero, avevo bisogno di calmarmi e non aiutava.
Trassi un respiro profondo e cominciai a cantare, lo facevo tutte le volte che mi sentivo agitata o irrequieta o dovevo rilassarmi: mi costringeva a camminare piano, per avere fiato a sufficienza, mi svuotava la mente da ogni altro pensiero, per riuscire a concentrarmi per prendere le note giuste...
Senza accorgermene mi trovai all'altezza dello spiazzo dal quale ero entrata nel bosco pochi giorni prima. Osservai quegli alberi che mi stavano accanto, trasmettevano un senso di pace e sicurezza che tanto avevo bisogno in quel momento. Completamente raita dalla bellezza di quei luoghi, mi addentrai nella foresta e mi trasformai. La nota sensazione di appartenenza che la terra mi trasmetteva fu ciò che realmente mi permise di tranquillizzarmi. Mi sedetti ai piedi di un albero, la corteccia ruvida a contatto con la schiena, e liberai completamente i sensi come non facevo da tempo. Mi lasciai trasportare dalle emozioni e dalle sensazioni, finalmente libera.
Socchiusi gli occhi, ma li riaprii subito perché qualcosa aveva attirato la mia attenzione, un movimento tra gli alberi. Scrutai il bosco attorno a me, con tutti i sensi.
No, di nuovo no... non percepivo nulla, anzi sentivo quasi come un vuoto. Era la stessa sensazione dell'altro giorno, quando avevo incontrato il lupo gigante.
Sforzai gli occhi in quella direzione, il battito del cuore accelerato dalla paura. Degli occhi intelligenti mi fissavano nascosti tra le foglie. Quando si accorse che lo avevo visto, uscì dal suo nascondiglio e mi venne incontro. Trattenni il fiato, pronta a scappare, ma rimasi seduta. Ora che lo fissavo con più attenzione, non potevo fare a meno di notare la sua incredibile bellezza, mostruosa e imponente allo stesso tempo. Il manto folto, di colore rossiccio, la postura fiera, gli occhi intelligenti, tutti elementi che rimandavano a forza e importanza. Tuttavia in quel momento dal suo sguardo trasparivano sia curiosità, sia paura.
Ormai era a pochi passi da me,mi annusava cauto. Non potei fare a meno di allungare una mano; quello, invece di ritrarsi, sembrò sentirsi più sicuro e si avvicinò ulteriormente. Potevo quasi toccarlo. Lentamente mi avvicinai, volevo sfiorarlo. Con mio grande stupore, lui si calmò e si accucciò di fronte a me. Finalmente mi decisi e gli accarezzai il muso.
Setii come una scossa elettrica, che dalla mano percorse tutto il corpo e mi oscurò la vista. Una serie di immagini mi attraversò la mente, in un turbinio vorticoso e confuso. Da quella confusione di immagini, che somigliano molto a ricordi, un nome mi rimase impresso, perché familiare. Jacob... Quell'animale aveva a che fare con Jacob, anzi quelli erano i suoi ricordi. Quel lupo era Jacob.
Licantropo... quella parola mi attraversò la mente, limpida e certa, quimdi le immagini si calmarono e riuscii a tornare in me. Mi scostai dall'animale e lo guardai con occhi sgranati, non ero più spaventata: dal caos d'immagini ed emozioni altre sensazioni erano trapelate, bontà, lontana tristezza e anche qualcos'altro di positivo, che però non riuscivo a identificare.
I suoi occhi intelligenti e profondi erano indecifrabili, non riuscivo a capire se anche lui avesse visto qualcosa quando l'avevo toccato.
Fece un passo indietro, si voltò verso il bosco e se ne andò. Lo guardai scappare via desiderando disperatamente che si fermasse, avevo bisogno di spiegazioni, di risposte. Mi sentii improvvisamente sola, abbandonata, anche se non ne capivo il motivo. Una cosa, però, l'avevo capita: tutti i ragazzi della riserva che avevo conosciuto erano licantropi, ed ecco che si spiegavano tutti i segreti e tutte le stranezze, come la pelle caldissima, l'altezza, la forza...
Tornai a sedermi sotto l'albero, abbraccai le gambe e appoggiai il mento alle ginocchia. Chiusi gli occhi per cercare di fare un po' d'ordine ai pensieri che mi affollavano la mente.
A un rumore di passi alzai lo sguardo. Jacob, a torso nudo, veniva lentamente verso di me. Un senso di sollievo m'invase e non potei fare a meno di sorridere. Si fermò esattamente di fronte a me.
« Ciao... » salutò.
« Ciao! » risposi e gli feci cenno di sedersi.
Si sedette in silenzio. In quel momento realizzai una cosa: come io avevo visto i suoi ricordi, lui poteva aver visto i miei. Comincisi a temere che anche lui sapesse tutto di me.
« Ehm...io sono Jacob... »
« Lo so... » replicai sorridendo sollevata, se si presentava voleva dire che non sapeva chi ero.
« Come...? » mi guardò confuso.
« Ho visto i tuoi ricordi quando ti ho toccato. » spiegai.
« ...quindi sai già tutto...? » mi chiese perplesso.
« Sì, so già tutto: so che ti chiami Jacob, che hai diciassette anni, che vivi nella riserva qui vicino e che sei un licantropo. » replicai stringata.
« E tu? » mi guardò intesamente come se potesse leggermi dentro e capire chi fossi solo fissandomi.
« Io? » ribattei.
« Come ti chiami? Cosa...sei? » mi squadrò dall'alto in basso.
« Ehm...io sono una custode della Terra...mi chiamo... » dovevo inventarmi un nome, subito! « ...Lily... »
« Una custode della Terra...una sorta di ninfa? » stava cercando di capire, sembrava gli importasse sul serio.
« Sì, più o meno... » ridacchiai « e tu un lupo mannaro, non è esattamente come nelle leggende, però... »
« No, non sono proprio così fedeli. Possiamo trasformarci quando vogliamo e argento e acqua santa non ci fanno nulla. » si fermò a pensare « Ma non attacchiamo gli esseri umani! » si affrettò ad aggiungere.
Sorrisi. Lo sapevo, quel ragagzzo non poteva far del male a nessuno.
« Non ci sei solo tu. » affermai, sapevo già praticamente tutto, ma volevo che fosse lui a spiegarmelo.
« No, anche tutto il gruppo dei miei amici. » rispose.
« E cosa fate? Cioè perché siete tutti licantropi? » m'informai, questa era una delle cosa che non ero riuscita a capire dai ricordi che avevo visto.
« Proteggiamo la riserva dai vampiri, nostri nemici naturali. » spiegò serio.
« Vampiri? » spalancai gli occhi. Ma dove sono finita?!?
« Sì, esatto. C'è un gruppo di succhiasange dall'altra parte della foresta, ma in teoria sono "vegetariani", bevono solo sangue di animali. Noi siamo lo stesso sepre in allerta. »
Mi tranquillizzai, sembrava di essere dentro un film dell'orrore per i personaggi, ma in un cartone della Walt Disney per come si comportavano: tutti buoni, tutti bravi. Per fortuna.
« Però fai attenzione a girare per il bosco, sei stata fortunata ad aver incontrato solo me.» aggiunse preoccupato.
Lo guardai interrogativa. Che altro c'era in quei boschi?!?
« Abbiamo avvistato un vampiro, si sta avvicinando alla riserva. Finché non l'avremo sistemato non stare nella foresta, è troppo pericoloso: il tuo profumo è fortissimo, riesco a sentirlo perfino io, che non ho l'olfatto dei succhiasangue. »
Annuii seria. Ci tenevo alla mia vita!
« Ora devo andare, più siamo a cercarlo, prima lo troveremo e lo elimineremo. » mi sorrise. Aveva un sorriso stupendo. Rimasi incantata a guardare mentre si alzava.
« Ciao...spero di rivederti presto... » voleva rimanere, si vedeva da come esitava ad andarsene, Non potei fare a meno di sorridere e di sentirmi lusingata.
« Anch'io...ciao! » molto prima di quanto pensi...
Lo guardai allontanarsi. Nonostante se ne stesse andando, mi sentivo colma di felicità. Quella conversazione mi aveva lasciato una sensazione bellissima addosso, come quando mangi una caramella: anche quando è finita, il sapore fruttato ti rimane in bocca ancora per un po'. Mi alzai in piedi, rinfrancata, pronta per affontare il mondo. Mi trasformai, tornando la solita Amaryllis, perché non avevo dimenticato quello che mi aveva appena detto, e mi avviai fuori dalla foresta.

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Amaryllis 5
Amaryllis

Capitolo cinque

Camminare tra gli alberi era più faticoso senza essere trasformata. Dovevo fare attenzione a dove mettevo i piedi e a che direzione prendevo, se non volevo perdermi. Mi fermai ad un bivio sul sentiero, cercando di ricordare da quale fossi arrivata. Avevo una memoria fotografica abbastanza sviluppata, anche se a volte dovevo concentrarmi un po' per trovare elementi familiari.
Sentii dei passi alle mie spalle; pensai che forse Jacob era tornato a cercarmi, quindi mi voltai sorridendo. Al suo posto, però, mi trovai di fronte un ragazzino di circa quattordici anni. Era bellissimo, boccoli corvini circondavano il suo volto perfetto, la pelle era pallidissima e gli occhi neri come la pece. Tutto di lui era attraente, il fisico, gli occhi, il profumo e sicuramente anche la voce. Un campanello d'allarme si accese dentro la mia testa: quello non poteva essere un essere umano. Vampiro... Raggelai, non riuscivo più a muovermi, quasi a respirare. Il silenzio più assoluto ci circondava, persino la foresta si era ammutolita. Senza dire niente fece un passo avanti. La mia mente galoppava, cercava una via d'uscita, un modo per sopravvivere, ma non ne trovava. La sparanza svaniva ogni secondo di più. Sarei morta, non potevo fare assolutamente nulla per evitarlo. Speravo solo di non soffrire troppo.

Balzò verso di me. Chiusi gli occhi e mi coprii il volto con le mani, in un gesto istintivo. Fui spinta all'indietro e sbattei la testa contro qualcosa; socchiusi gli occhi, sentivo male ovunque. Di fronte a me una scena di lotta violenta, il vampiro che mi aveva attaccato era impegnato a difendersi da un enorme lupo. Dopo poco Jacob fu affiancato da altri due licantropi. Tentai di alzarmi per scappare, mi aggrappai ad un albero. La testa pulsava, le gambe erano molli e le braccia piene di graffi. Feci un passo, volevo andarmene. In quel momento non vidi più nulla, le gambe non mi ressero più. Caddi a terra e persi conoscenza.

Sbattei gli occhi un paio di volte, non ero più nel bosco, ero sdraiata sul letto in una piccola stanza. Provai ad alzarmi, mi faceva male dappertutto. Sopratutto dietro la testa. Mi tirai su a sedere e la vista si oscurò per qualche secondo. Non appena tornai a vedere mi toccai la nuca con le mani. Ciò che sentii mi fece rabbrividire: una crosta ancora morbida che andava dall'attaccatura del collo, fino all'altezza delle orecchie.
Qualcuno entrò nella stanza. Leah venne verso di me e si sedette sul letto accanto a me.

« Come stai? » mi chiese.
« Insomma...! » sorrisi « mi fa male un po' dappertutto, ma sopratutto la testa...l'ho battuta proprio forte, eh? »
Sentii il suo sollievo a capire che stavo comunque abbastanza bene, nonostante i miei lamenti.
« Abbiamo chiamato il medico, arriverà tra poco. » disse.
« ...ok...grazie... »
Rimanemmo un attimo in silenzio.
« Cosa dovrò dire al medico? » m'informai.
« Come, scusa? » mi guardò perplessa.
« Come gli spiego quello che mi sono fatta? Non posso mica dire che un vampiro ha tentato di attaccarmi, ma è stato bloccato da un gruppo di licantropi! » esclamai, senza giri di parole. Non avrebbero giovato.
Strinse le labbra.
« Hai già capito tutto. »
« E' bastato fare due conti per capire... » replicai. Anche senza sapere quello che mi aveva detto Jacob ci sarei potuta arrivare.
« Mi sa che ti dovrò spiegare un po' di cose, prima che arrivi il medico. » prese un profondo respiro e mi raccontò tutto quello che già Jacob nella foresta mi aveva già spiegato, aggiungendo particolari più personali. Ero riuscita a cogliere la profonda tristezza che provava a percepire i sentimenti di Sam per Emily.
L'abbracciai stretta, volevo farle capire che poteva contare su di me. Qualcuno bussò alla porta, Sam si affacciò seguito dal medico.
« Leah, vienifuori un attimo. » ordinò Sam.
La ragazza obbedì e lo seguì fuori dalla stanza. Il dottore mi visitò senza parlare, non fece alcuna domanda su quanto mi fosse accaduto, probabilmente aveva già parlato con Sam. Pulì la ferita, la fasciò e uscì dicendomi di prendere un antidolorifico se avessi sentito dolore.
Leah rientrò nella stanza, accompagnata questa volta da Quil, Embry e Seth. Mi circondarono, ci stavano a malapena nella stanza. Il loro calore mi fece un po' riprendere.
« Come stai? » mi chiese Seth preoccupato.
« Sono stat meglio, ma non va così male direi... » risposi sorridendo. Mi sentivo a casa tra di loro.
« Leah ci ha detto che sai già tutto. » Quil mi guardò dritta negli occhi, voleva scrutare la mia reazione.
« Sì, mi ha raccontato tutto. » replicai tranquilla. Volevo che capissero che non ero spaventata, ma che ero contenta di sapere tutta la verità.
« Beh, meglio così. Ora è tutto più semplice! » ribatté Embry, esprimendo quello probabilmente tutti pensavano.
Risi, sollevata. Mi sentivo leggera. Le testa e tutto il resto del corpo mi facevano male, ma mi sentivo sicura e serena.
« Ragazzi, voglio ringraziarvi di cuore. Vi devo la vita. » li fissai negli occhi, a uno a uno. Avrei voluto abbracciare ciascuno di loro, per trasmettere loro i miei sentimenti più profondi, come se potessere passare attraverso un contatto fisico.


Mi lasciarono da sola a riposare. Mi appisolai, ma senza riuscire a prendere completamente sonno. A ogni rumore spalancavo gli occhi terrorizzata, per poi calmarmi alla vista della stanza. Immagini confuse mi passavano per la mente, si susseguivano senza senso, in un vortice di sensazioni e figure.

Bussarono. Socchiusi un poco gli occhi per vedere chi stava per entrare. Jacob fece capolino dalla porta. Lentamente si avvicinò al letto. Con espressione sofferente fece scorrere il suo sguardo su di me. Riuscivo a percepire il suo senso di colpa.
« Come stai? »
Lo guardai negli occhi, la mia gratitudine verso di lui era enorme, gli dovevo la vita, ma non era solo quella l'emozione che provavo in quel momento. Un misto di felicità nel rivederlo, emozione e complicità per il segreto che condividevamo. Il mio cuore alla sua vista aveva accelerato il battito e io non mi sentivo più così rimbambita.
« Abbastanza bene... » risposi con un filo di voce.
Mi misi a sedere e lo invitai a fare altrettanto. Si lasciò cadere sul letto, esausto.
« Scusa, è colpa mia...non sono riuscito a proteggerti come avrei dovuto... » teneva la testa tra le mani e fissava il pavimento.
Allungai una mano e gli sfiorai una spalla.
« Assolutamente no, tu mi hai salvato la vita. Te ne sarò sempre grata. » risposi con voce dolce ma risoluta.
I suoi occhi esprimevano un muto ringraziamento e non potei fare a meno di sorridere.
« D'ora in poi niente più segreti! » lo rimproverai scherzosa.
« Mai più! Da me saprai sempre la verità! » uno splendido sorriso gli illuminò il volto lasciandomi un po' stordita.
« Cosa si prova quando ci si trasforma in licantropo? » chiesi, curiosa di sapere ogni cosa che lo riguardasse.

« Già cominciano le domande? » scherzò ridendo « E' come...perdersi e ricomporsi...all'inizio era più difficile, ma ora riesco a controllarmi di più. »
Lo guardai ammirata, mi sembrava cresciuto di colpo, maturato.
« Difetti? » domandai.
« Niente privacy...ognuno di noi può sentire quello che prova, sente, percepisce un altro del branco...è molto utile mentre stiamo combattendo, ma nella vita di tutti i giorni non il massimo... » replicò storcendo
il naso.
« Niente privacy?!? »
ribattei. Questo dire che già tutto il branco era a conoscenza dell'esistenza della Custode della Terra. Non molto positivo.
« No, niente! L'unico modo è non pensare a ciò che si vuole tenere segreto, ma non così semplice e non sempre funziona. » doveva averci provato a lungo.
In quel momento Emily entrò nella stanza, in mano un vassoio con la cena. All'odore del cibo, il mio stomaco si rese conto di essere alquanto affamato e brontolò.
« Perché non me l'hai detto che avevi fame? » Jake mi prese in giro.
« Ecco qui. » Emily mi porse il vassoio « Spero che vada bene, se hai bisogno di qualcosa chiedi pure. » mi sorrise e se ne andò.
Guardai la ciotola di riso bianco davanti a me, il pane, l'acqua e il thermos con il thé. Sospirai e mi accinsi a mangiare.
« Ti devo imboccare? » scherzò Jacob.
Feci una smorfia.
« No, grazie. » replicai e sorrisi.
A vedere Jacob sereno mi sentivo molto meglio e lui doveva essersene accorto. Rimase a farmi compagnia tutta la serata e ci raggiunsero anche Seth, Quil e Embry, Verso le undici se ne andarono e mi lasciarono riposare.
Fu una notte un po' tormentata: gli occhi neri del vampiro mi apparivano in continuazione agitando i miei sogni, ma la figura di Jake che compariva subito dopo mi tranquillizzava.


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Innanzitutto vorrei scusarmi profondamente per averci messo tutto questo tempo per aggiornare...non ho scusanti!Il mio problema, che spesso allunga i miei tempi di aggiornamento, è che io scrivo principalmente tutto a mano su carta(su fogli sparsi e volanti...^^") e quindi l'operazione di battitura risulta alquanto lunga...cmq cercherò di impegnarmi per aggiornare presto, lo prometto!xD

Grazie a Ekiyo, eia e Mitika81 per aver recensito, spero che vi piaccia anche questo nuovo capitolo!un bacio, a presto!^___^

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Amaryllis 6
Amaryllis

Capitolo sei

Mi svegliai lentamente, restando a lungo sospesa tra la veglia e il sonno. La casa era immersa nel silenzio, sembrava non esserci nessuno. Mi alzai, avevo assolutamente bisogno di una doccia e di un cambio. Raggiunsi l'armadio in fondo alla stanza, speravo di trovare qualche vestito di Emily, ma c'erano solo lenzuola e coperte. Uscii in corridoio ed entrai nella camera accanto. Doveva essere la stanza di un ragazzo: il letto era sfatto, i vestiti sparsi un po' ovunque, libri e quaderni per terra. Mi feci strada fino all'armadio, cercai la maglietta di taglia più piccola e trovai una camicia bianca in fondo all'armadio. Non era proprio il massimo, ma avevo bisogno di vestiti puliti. Non appena Emily o Leah fossero passate avrei chiesto loro qualcos'altro da indossare, ma per ora quella camicia andava più che bene.
Cercai il bagno e m'infilai subito sotto la doccia. L'acqua calda che scorreva sulla pelle lavava via terra, polvere, sangue, ma anche pensieri, emozioni. Uscii dalla doccia e mi coprii con un asciugamano, mi sentivo decisamente meglio. Mi guardai allo specchio, ero un po' pallida e le occhiaie si notavano subito, ma gli occhi erano svegli e reattivi. Avevo voglia di uscire e fare qualcosa.
Uscii dal bagno e mi diressi verso la mia stanza, avevo lasciato la camicia sul letto. Stavo per entrare nella camera, quando qualcuno aprì la porta dall'interno. Jake mi stava di fronte.
« Eccoti! » esclamò.
Una vampata mi fece arrossire per l'imbarazzo. Pensavo non ci fosse nessuno in casa, non mi ero preoccupata di vestirmi.
In quel momento realizzò anche lui che avevo addosso solo un asciugamano.
« Ehm...ti sei fatta una doccia? » mi chiese leggermente imbarazzato.
« Sì, ho preso in prestito una camicia che ho trovato in quella stanza... » replicai mentre entravo nella camera.
« Quella è camera mia. » commentò.
« Ah, scusa! » credevo fosse casa di Sam e Emily!
« Dai, vestiti che usciamo. » uscì e si richiuse la porta alle spalle.
Sospirai e mi infilai in fretta la camicia. Raccolsi le mie cose e uscii dalla stanza. Jacob mi aspettava fuori dalla porta.
« Ti porto a casa di Rebecca, così puoi cambiarti. » mi diede un'occhiata veloce e mi invitò a seguirlo fuori dalla casa, alla macchina. Leah ci vide e ci venne incontro. Mi squadrò da capo a piedi e guardò Jake interrogativa.
« Mi sono fatta una doccia e non avevo nulla di pulito da mettermi. » spiegai, suonava un po' come una giustificazione.
« La sto portando da John e Rebecca perché possa mettersi qualcos'altro. » aggiunse Jacob senza guardarmi.
« La accompagno io. » replicò Leah « Tu vai da Sam. » la guardai con gratitudine.
Il ragazzo acconsentì e si incamminò verso il bosco, mentre io e Leah salivamo in macchina.
« Tutto bene? » mi chese « Come stai? »
« Molto meglio, grazie! » risposi, ora che Jacob se n'era andato mi sentivo più tranquilla e per fortuna la testa non faceva più così male, più che altro un fastidio.
« Hai dormito bene? »
« Più o meno...non sono riuscita molto a dormire... » il ricordo degli incubi di quella notte mi fece rabbrividire.
« Tranquilla, quel vampiro non potrà più farti nulla: lo abbiamo eliminato. » a quelle parole mi sentii come liberata da un peso.
Ora che la mia più grande preoccupazione era passata, la curiosità prese il sopravvento.
« Posso chiederti una cosa? » domandai « Mi puoi spiegare questa faccenda del leggervi i pensieri l'un l'altro? Cioè potete vedere ogni cosa che un altro ha visto? Sentite solo i pensieri o anche le emozioni e le sensazioni? Potete solo tra di voi o anche fuori dal branco? »
« Calma, calma! Una domanda alla volta! » rise « allora: possiamo sentire ciò che uno del branco pensa nel momento in cui siamo trasformati in licantropi. Possiamo sentire pensieri, emozioni e sensazioni, ma non vedere quello che sta vedendo qualcun'altro. »
« Capito... » "forse c'è ancora la possibilità che non sappiano dell'esistenza della Custode della Terra...", riflettei « E altre particolarità? C'è qualcos'altro che potete fare o che vi succede perché siete licantropi? »
« Ehm...non saprei... » sembrava in imbarazzo per la mia curiosità, le feci un sorriso d'incoraggiamento.
« Dai! Ci sarai pure qualcosa! A me puoi dirlo, ormai so tutto, e poi sai che non direi nulla. » sembrava ancora un po' indecisa.
« ...imprinting... » sussurrò infine, i suoi occhi fissi sulla strada furono oscurati da un'ombra.
« Imprinting? » ripetei « Cos'è...? » domandai cauta.
« L'imprinting è... » fece una pausa, riflettendo sui termini da utilizzare « Quando vedi Quella Persona tutto il resto perde completamente di importanza, solo Lui o Lei conta...ciò che ti preme di più è che Quella Persona sia felice e nient'altro...non puoi fare a meno di stare accanto a Lui o Lei ed essergli d'aiuto in ogni modo... » sembrava non riuscisse a trovare le parole giuste per esprimersi.
« Una sorta di Anima Gemella? » domandai, volevo cercare di capire.
« Qualcosa di simile, ma...molto più profondo. » rispose, i suoi occhi leggermente velati di scuro.
« Ne parli come se l'avessi provato di persona... » commentai in un sussurro, sembrava un campo minato per lei quell'argomento, mi spiaceva costringerla a parlare, ma volevo capire.
« E' quello che ho sentito nelle menti degli altri. » replicò asciutta.
« Chi del branco ha già avuto l'imprinting? » non potei fare a meno di chiedere.
« Sam con Emily... » sussurrò i loro nomi con una smorfia e finalmente tutti i tasselli del pazzle si ricomposero nella mia testa, finalmente riuscivo un po' di più a capire quella ragazza così riservata e spesso un po' scontrosa, ma che in verità stava solo soffrendo. Mi venne un istinto irrefrenabile di abbracciarla, ma mi trattenni perché non volevo che pensasse di avere solo la mia compassione.
« Altri?»
« Jared con Kim, Quil con Anna e...Jacob. » non appena sentii quel nome un nodo si formò nel mio stomaco, lentamente risalì e andò a fermarsi all'altezza del cuore. Faceva male. Ma ancora non riuscivo veramente a capire perché, o forse non volevo capire.
« Jacob...? » il mio fu più simile a un gemito strozzato.
« Sì, da poco... » si voltò, incuriosita dalla mia reazione, ma cercai in fretta di ricompormi. Non capivo perché me la prendessi tanto, anzi dovevo solo essere felice per lui. No?
Nel frattempo eravamo arrivate davanti casa di Rebecca e John. Salutai Leah e scesi dalla macchina velocemente, non volevo che si sentisse in obbligo di accompagnarmi, ormai mi sentivo bene e non volevo essere un peso per nessuno. In casa non trovai anima viva, fortunatamente. Volevo starmene un po' per conto mio, a riposare e a pensare. Una volta in camera frugai nell'armadio e tirai fuori qualcosa di comodo: un paio di pantaloni della tuta viola, morbidi e leggeri, e una t-shirt bianca con delle stampe in nero. Mi sentivo un po' giù, ma non riuscivo a capirne il motivo. Presi l'iPod, mi sdraiai sul letto e mi lascia cullare dalla musica. In breve tempo mi addormentai.

Camminavo nel bosco. Senza una direzione precisa, vagavo tra gli alberi come in cerca di qualcosa. Del pelo fulvo dietro alcuni alti cespugli attirò la mia attenzione. Jacob, sapevo che era lui. Senza esitare mi misi a seguirlo. Si muoveva veloce, quasi come se stesse scappando, e mi costrinse ad aumentare il passo per riuscire a stargli dietro. Ad un certo punto scartò rapidamente verso destra, in una zona più fitta della foresta ed io lo persi di vista. Cercai di raggiungerlo, ma di lui nemmeno una traccia. Mi sentii improvvisamente vuota, avevo perso il senso di quello che stavo facendo. Mi accoccolai vicino ad un albero stringendomi le ginocchia al petto, come per riempire quel vuoto che mi sentivo dentro. Dei passi dietro di me mi fecero voltare. Sul mio viso si aprì un larghissimo sorriso: era Jake, era tornato, per me.
« Smettila di seguirmi. » ordinò con voce tagliente e sguardo duro.
Lo guardai confusa. Cosa stava dicendo? Non era tornato per stare con me?
« Io... » cominciai, senza sapere come concludere.
« Non avvicinarti più a me. » ribadì, duro « Io non ho bisogno di te. »
Altri passi, qualcun altro ci stava raggiungendo, una ragazza, non riuscivo a vederla bene in viso, ma sentivo che era bellissima. E Jacob la guardava con occhi adoranti.
« Io ho già la mia ragione di vita. » sussurrò, prendendo la mano della ragazza e avvecinandola delicatamente a sè. A quella scena sentivo la nausea salirmi fino in gola, insieme a qualcos'altro di molto più doloroso.
« Jake...» lo supplicai, nemmeno io sapevo di cosa.
« Mi spiace, Amy. »  il suo sguardo non trasmetteva più alcuna emozione, mentre mi fissava  a qualche metro da me.
Chiusi gli occhi. Non poteva essere vero, non poteva fare così male.

Quando li riaprii ero nella mia stanza, la luce della luna entrava attraverso le tende dalla finestra e illuminava debolemente la parete che mi stava di frone. Mi bruciavano gli occhi, mi portai una mano al viso e lo sentii bagnato: avevo pianto. I ricordi del sogno mi facevano ancora male. Non andava affatto bene, così. Per niente.
Mi ero innamorata di Jacob.


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Ed ecco qui anche questo capitolo, mi scuso per il ritardo...stavolta la scusa è che ho prima voluto finire l'altra storia che avevo cominciato e mi sono concentrata su quella, e inoltre ho cominciato l'università e dovrei studiare anche ogni tanto...^^" sorry!
Cmq vorrei ringraziare tutti quelli che hanno messo questa fanfic tra le seguite, kucciolottathebest per averla messa tra quelle da ricordare, fabyd, foreverme96, JuliaShadow e loli89 per averla messa tra le preferite!Infine un grazie anche a chi legge soltanto!un bacio, a presto!xD

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