“Non ho mai creduto
nell’amicizia tra un uomo e una donna. Ho sempre pensato ci fossero troppi
interessi da una parte o dall’altra. Ma i preconcetti sono fatti per essere
infranti, o confermati. Io era
pazza, lui eccentrico. Impossibile non trovarsi.”
Amistad
La prima volta che si erano visti era stato a quattordici
anni, al primo anno di liceo classico.
Non si erano piaciuti.
Neanche un po’.
Lui la considerava un arrivista
esagitata. Lei, un ambizioso pallone gonfiato. Se non fosse stato per il
ruolo di rappresentante di classe che entrambi ricoprivano, probabilmente non
si sarebbero mai rivolti la parola. Qualche anno più tardi sarebbe stato
impossibile staccare l’uno dall’altra, ma all’inizio di questa storia Andrea Alvarado e Edoardo Rossi si odiavano allegramente a morte.
Tuttavia, essendo l’apparenza il punto debole di entrambi, si facevano sempre
dei grandi sorrisi e cercavano di andare d’accordo. Metà della classe già
speculava sul fatto che due persone squisite come loro, erano destinate a stare
insieme. Perché lui era ricco e piacente, lei bella e intelligente. La coppia
perfetta, sussurravano le ragazze con un po’ d’invidia. Andrea ogni volta che
sentiva quel commento era divisa tra l’ammazzarsi dalle risate o prendere a quadernate chi fomentava pettegolezzi, a suo dire,
ridicoli. La maggior parte delle volte però, cercava di non fare caso a quelle
inutili chiacchiere. Lei aveva cose ben più importanti a cui pensare. Il suo
progetto di conquista del mondo per esempio. Probabilmente letture come Alexandros e l’Iliade erano stati le cause principali della
sua tendenza alla megalomania e all’esagerazione. La sua natura ambiziosa e
determinata avevano fatto il resto. Andrea aveva un modello da raggiungere.
Voleva raggiungere la perfezione, essere una guida magnanima e ammirata da
tutti per le sue doti. Perciò si impegnava anima e corpo a svilupparle. Si
teneva sempre in forma fisicamente, cercava di migliorare il suo carattere, era
disponibile con tutti. Almeno la fatica dello studio non sussisteva. Che lei
ricordasse non si era mai sforzata troppo per ottenere voti alti. C’era posto
per un solo leader, e quel leader
sarebbe stato lei. Era naturale quindi che per lei Edoardo fosse di troppo.
Perché Edoardo ambiva allo stesso posto. Si erano riconosciuti rivali sin dal
primo sguardo. Precisamente quando lui si era presentato con un
educazione che rasentava lo stucchevole. Ma Edoardo a differenza sua non
era alla ricerca di una chimerica perfezione. Non gli importava essere
ammirato. Gli bastava essere il più notato. Il più presente. Era la popolarità
la sua meta. Il fatto che il suo rivale oltre che un ambizioso pallone
gonfiato, fosse anche un superficiale, la irritava oltremodo. Ma non era un
superficiale stupido. Di questo,
almeno, doveva dargli credito. Di tutta questa acredine Edoardo faceva finta di
esserne deliziosamente inconsapevole. Lui era quel tipo di ragazzo che un
problema fa finta di non vederlo finchè diventa così
grosso che è impossibile non sbatterci contro. Anche se la maggior parte delle
volte era così sfacciatamente fortunato che il problema si sgonfiava da solo
prima che lui si degnasse di prenderlo in considerazione. Si divertiva nel
notare l’irritazione di Andrea, mentre lui riusciva con nonchalance a
continuare a sorridere. E per quanto trovasse seccante il fatto di avere un
nemico, per giunta in gamba e per giunta ragazza, doveva ammettere che Andrea
gli piaceva come persona. Se fosse stata più malleabile, gli sarebbe piaciuto
averla sotto la sua ala, ma sapeva che Andrea non avrebbe abbandonato il suo
ruolo di numero uno così facilmente. Perciò stava al gioco. Lei era quella con i voti più alti ben guardata dai prof. Lui l’arguto bonaccione con cui
i prof fa piacere parlare a fine lezione. Se c’era infatti
una cosa di cui andava fiero era la sua disinvoltura, quella che lo rendeva
capace di parlare con le ragazze senza arrossire o senza apparire rozzo e
maleducato. Una parte di lui sapeva che i maschi della sua classe lo
invidiavano per questo, ma l’indivia più che trasformarsi in odio, si era
trasformata in ammirazione, e i maschi lo usavano come utile appoggio verso un
mondo femminile che a quattordici anni è tutto da scoprire.
Per Andrea invece non era così facile interagire con il
sesso opposto. Si imbarazzava facilmente con i maschi, si sentiva a disagio.
Non era sempre stata carina. Tutt’altro. C’era stato un periodo delle sue
medie, che preferiva dimenticare, in cui veniva sbeffeggiata e classificata come
racchia. Per cui dei maschi temeva sempre il giudizio e, anche se quello che vedeva allo specchio ora le piaceva, aveva sempre un insana
paura. Ancor di più quando un ragazzo le interessava. Tutta la sua perfezione
spariva nel nulla. Si sentiva l’essere più infimo del
pianeta, perciò stava zitta e in disparte, non osando guardarlo negli occhi. E
in quella classe c’era qualcuno che le piaceva. Era il suo punto debole e
qualcuno se ne sarebbe presto accorto. Quel qualcuno fu Edoardo.
Ed è così che ha inizio questa storia.
1.
Ragazza ambiziosa
Era
innegabile.
Era
innegabile il fatto che se c’era un idiota
terribilmente affascinante nel raggio di 3
metri, lei sarebbe rimasta folgorata da lui. E così era
successo.
Aveva notato Lorenzo fin dall’inizio con quel
suo modo di fare spavaldo e la lingua sempre sciolta. Le piaceva la sua sicurezza anche se sfociava spesso e volentieri in vanità;
le piaceva il fatto che avesse la battuta sempre pronta anche se spesso si
lasciava sfuggire stupidaggini di grandezze colossali; le piaceva il fatto che
trattasse tutti con tanta naturalezza e calore e che avesse un carattere così
spensierato da sembrare insensibile a qualunque cosa mentre lei, invece,
rimanevo ferita da tutto. Le piaceva e basta; il fatto che lui fosse
longilineo e dalla bella figura con quelle lunghe ciglia che spuntavano dagli
occhi scuri, aggravavano la cosa. Pertanto era impossibile che il suo sguardo
non fosse sempre rivolto nella sua direzione, così come tutti i suoi sospiri,
mentre si raggomitolava sul banco aspettando che una noiosa lezione di
matematica trascorresse in fretta.
Era la terza ora. L’ultima prima del tanto
agognato intervallo che i venticinque allievi della IV B aspettavano con ansia.
Andrea era seduta nel penultimo banco sul lato del muro, accanto a un ragazza dai capelli castani e dall’aria un po’
trasognata. Abbastanza perché non si accorgesse dello stato della sua compagna.
Da tutt’altra parte dell’aula, precisamente in
terza fila attaccato alla finestra, era seduto un ragazzo, dai capelli
biondo cenere, la carnagione chiara e l’occhio castano. Edoardo Rossi. Un
ragazzo normale, se non fosse stato per i numerosi piercing all’orecchio e dal
modo appariscente di vestire, che lo definivano se non speciale, quantomeno
poco ordinario. Ma non era lui che Andrea guardava. Ma un altro ragazzo seduto
nel banco davanti ad Edoardo. Lorenzo Faleschini. Un
bel ragazzo abbronzato, vestito con gli abiti larghi dello sportivo. Era lui il
ragazzo per cui Andrea temeva di perder il suo auto controllo.
Si conosceva. Era in grado di scendere ad
abissi di idiozia incredibili, per amore. Probabilmente se avesse avuto meno
orgoglio avrebbe scritto il suo nome da tutte le parti, e avrebbe urlato ai
quattro venti quanto fosse cotta. Il fatto che arrossisse ogni volta che per
caso incrociava il suo sguardo, era solo la punta di un iceberg emotivo folle e
sfrenato. La turbava non sapere fino a quando sarebbe stata capace di tenere
per se quel sentimento. La sua storia personale diceva che era fin troppo ovvia
nelle sue emozioni amorose. Se non stava attenta, tempo una settimana e tutti
l’avrebbero sospettato. Tempo due settimane e tutti ne avrebbero avuto la
certezza. Tempo due settimane e un giorno e sarebbe stato il centro
pettegolezzi per il mese a seguire. Che vergogna! Era un disastro, un assoluto
disastro! Perché le piaceva Lorenzo? Non poteva compromettere la sua
reputazione per la sua sciocca aria di ragazzina innamorata e svenevole! Eppure
sapeva che era un battaglia persa. Lorenzo le piaceva
troppo. Con la coda dell’occhio lo osservò ancora una volta. Aveva un leggero
sorriso sulle labbra, come se invece della lezione di matematica, il prof
stesse parlando di calcio e video games. Sospirò
nuovamente.
L’unica a sapere della sua cotta era la sua
vicina di banco Chiara, che in quel momento aveva l’aria di chi è nel mondo di fantasilandia. Nessuna sorpresa che al suo primo giorno di
scuola fosse inciampata davanti a tutti, caracollando goffamente per terra.
Quella ragazza era la sbadataggine in persona. Chiara le piaceva, apprezzava il
suo buon carattere e soprattutto la sua fedeltà. Tuttavia non la trovava né
interessante, né affascinante. Non aveva provato un brivido nel
conoscerla. Aveva provato un brivido nel
conoscere lui. Edoardo.
Un brivido di repulsione però.
Distogliendo il suo sguardo da Lorenzo, si
girò lentamente a guardare lui, il suo rivale. Sapeva già che l’avrebbe trovato
a prendere appunti come se fosse uno studente modello. Tutta scena. Ovviamente.
Quando si trattava di Edoardo tutto era teatro, tutto era finzione. Quel
ragazzo aveva un promettente futuro come attore. Ciò che la infastidiva di più
era quel suo sorriso collaudato, di cui faticava ancora a credere che
funzionasse così bene con gli altri. Andrea era convinta che Edoardo si
esercitasse a sorridere, davanti allo specchio, ogni mattina. Cosi come era
convinta che stesse 2 ore a sistemarsi i capelli col gel e altre tre a
scegliere i vestiti. Secondo i suoi calcoli Edoardo dormiva si
e no due ore a notte, il resto del tempo lo passava a programmare le sue mosse
per il giorno dopo. Accortosi di essere guardato Edoardo le rivolse un sorriso,
a cui lei fu costretta a rispondere. Bleah.
In quel momento suonò la campanella.
Mentre tutti si alzavano entusiasti, i maschi
per tirare fuori un pallina da non so dove per
giocarci come i bambini delle elementari, le ragazze per andare in bagno in
massa, Andrea si concesse ancora qualche attimo di calma seduta sul suo banco,
dal quale godeva un ottima visione del suo Lorenzo. Si era alzato con gli altri
maschi, ora era appoggiato alla parete mentre parlava con una ragazza bionda.
La gelosia gli ribolliva nelle vene. Conosceva bene quella ragazza. Si chiamava
Veronica e ci aveva fatto conoscenza sin dal primo giorno. Ciò non significava
le piacesse. Era arrogante e vanitosa, anche se non poteva vantare né talento,
né tantomeno bellezza. Era ricca sfondata però, perciò aveva uno scodazzo di gente che le ronzava intorno. Aveva cercato di
esserle amica perché conosceva tutti e perché dopotutto sentiva di avere molto
da imparare da lei. Sapeva imporsi sugli altri e comandava a bacchetta chiunque
avesse la sfortuna di essergli abbastanza vicino da definirsi amico. Per quanto
avesse un pessimo carattere, Andrea doveva ammettere che in quanto a faccia
tosta e spavalderia, non aveva nulla da invidiare a nessuno. E queste erano
delle caratteristiche che suo malgrado la affascinavano.
Veronica era il demonio, però era interessante. Il particolare più interessante
di tutti era che conosceva Lorenzo. Anche fin troppo bene. Si vociferava in
giro che erano stati assieme. Andrea non poteva capire come Lorenzo, anche se
era un idiota, potesse stare con una brutta bisbetica come Veronica. Essendo
poi Lorenzo gentile per natura con tutti, non si riusciva a capire se i sorrisi
che rivolgeva a Veronica fossero normali oppure nascondessero un
significato.
-Alvarado- una voce suadente che
purtroppo riconobbe come quella di Edoardo, la distolse dai suoi pensieri. “
che c’è” avrebbe voluto dirgli nel tono più maleducato possibile. Invece dalle
sue labbra usci un “si?”gentile, mentre distoglieva gli occhi da Lorenzo e li
rivolgeva a Edoardo.
-Alcuni compagni mi hanno dato delle fotocopie
da fare. Vai tu stavolta? – disse Edoardo impeccabile ed educato come sempre,
mentre scaricava sul suo banco una pila di quaderni accatastati l’uno
sull’altro con le graffette a indicare le pagine da fotocopiare. Fantastico.
C’era sempre una fila assurda alla fotocopiatrice per cui niente ricreazione. Era
giustissimo però. Poiché solo il rappresentante poteva fare fotocopie e firmare
il registro di utilizzo della fotocopiatrice, doveva per forza andarci lei e
nessun altro. L’ultima volta c’era stato Edoardo e per nulla al mondo avrebbe
dato l’occasione a quel commediante da quattro soldi di dire che lei non faceva
il suo dovere.
-Certamente!- rispose.
-Perfetto- e trotterellando uscì
dalla classe, una macchia indistinta rossa e nera.
-Dai ti accompagno- disse Chiara nel vederla
sbuffare.
-Grazie - disse lei. Uscendo dalla classe vide
la piaga della sua vita, alias Edoardo Rossi, circondato da una marea di
ragazze. Storse il naso.
-Deve proprio vestirsi in maniera così
indecente?- non potè fare a meno di dire Andrea, una
volta che lo oltrepassarono.
-Io trovo che il
rosso gli stia bene- disse Chiara bonaria.
-Non contesto questo, è il colore che è
fastidioso. Usa sempre un rosso carminio così catarifrangente che uno deve
quasi coprirsi gli occhi. Se ci fosse una mandria di tori nei paraggi
l’avrebbero fatto fuori da un pezzo- al pensiero sorrise- e poi si può avere
meno originalità? Rossi in rosso! Bah! Sembra la brutta copia di babbo natale.
-Devi ammettere però che con quei jeans neri,
il maglione rosso gli sta da Dio- disse Chiara, pacifica come se invece di
Edoardo Rossi, stesse commentando il tempo. Andrea le rivolse un’occhiataccia
che poteva sembrare un “da quando ti intendi di moda tu?” oppure” da quando ti
sei consegnata al nemico?” Il cipiglio di rabbia era così evidente che Chiara
per un attimo temette le avrebbe fatto una scenata, a quel punto però erano
arrivate alla fotocopiatrice per cui la loro conversazione venne interrotta.
Chiara tirò un sospirò di sollievo.
Qualche minuto dopo avevano già finito e
tornavano indietro lungo i deprimenti corridoi della loro scuola. Il loro
edificio scolastico era un bel palazzone in stile neoclassico che faceva la sua
porca figura visto da fuori. Bastava pero oltrepassare l’atrio per accorgersi
dei corridoi in decadenza, la cui carta da parati un tempo beige, era sempre
più simile a un marroncino sporco, delle aule vecchie i cui muri di un grigio
opaco avevano visto tempi migliori, così come i banchi maltrattati da
generazioni di liceali. L’unico elemento bello, che spiccava in quell’ambiente
squallido, era rappresentato da Andrea la cui indignazione rendeva i suoi passi
ancora più energici del solito. Chiara in un lampo di intelligenza aveva
pensato di parlare di un argomento neutro come lo studio ma Andrea sembrava non
ascoltare nessuna delle sue parole, mentre guardava indignata fisso davanti a sè.
- Si hai ragione sta bene con quei vestiti-
riprese Andrea mentre tornavano indietro per i corridoi, come se la loro
conversazione di prima non fosse stata mai interrotta- Forse sono solo invidiosa del suo gusto
estetico. Io non so mai cosa mettermi e anche quando trovo qualcosa che mi
piace, appena vedo lui mi sento una pezzente. E’ sempre così dannatamente
impeccabile- disse mentre la sua voce si affievoliva. Chiara spalancò gli occhi. Andrea aveva
questi strani attacchi di sottostima ogni tanto, che la lasciavano perplessa.
Era indubbiamente bellissima con i capelli neri lunghi e mossi, la carnagione
di un bel caffelatte e il fisico da pallavolista. Ci fu un pausa in
cui Chiara cercò qualcosa di brillante da dire, non riuscendoci
- Ma cosa sto dicendo! Chiara perché mi
permetti farneticare- sbottò all’improvviso Andrea - Edoardo Rossi è un
bamboccio che si è fatto trapanare l’orecchio per metterci anelli di mucca, che
si gella così tanto i capelli, da biondo cenere sono
diventati neri , che prima o poi gli cadranno, e che
si veste con colori così assurdi che se andasse in spagna dai toreri, lo
taccerebbero come nemico pubblico numero uno!
Chiara scoppiò a ridere.
-Che c’è?- disse innocentemente Andrea
-E’ che sei un fenomeno- Andrea lo prese come
un complimento e perciò sorrise.
Andrea era fatta così. Se si aveva la fortuna
di conoscerla bene si poteva vedere che dietro quell’aria da ragazza
modello, si celava un animo irresistibile, un torrente in piena da cui
ci si lasciava travolgere volentieri. Non era possibile annoiarsi con lei.
Entrarono in classe, Chiara con ancora la
ridarella, Andrea più rilassata di quando era uscita.
Almeno finchè una visione non le paralizzò il fiato
in gola. Andrea e Lorenzo, insieme che scherzavano come due vecchi amici. Il
suo sogno amoroso e il suo incubo personale insieme. E si stavano avvicinando a
lei.
-Alvarado!- il suo nome detto dalla labbra di Lorenzo, non era mai suonato così bene- mi
hai salvato la vita- disse mentre contemporaneamente le metteva un braccio
intorno alle spalle. Andrea si irrigidì, mentre cercava di non arrossire e di
trattenere il suo cuore dentro la cassa toracica possibilmente- queste
fotocopie mi servivano proprio… non è che sono stato molto attento a chimica…-
disse in un modo così adorabile, che nessuno avrebbe potuto rimproverargli
quella mancanza.
-Di niente – sputò fuori Andrea, cui ogni
parola costava una fatica enorme. Lorenzo le regalò un sorriso che a lei parve
capace di far sciogliere le pietre, poi se ne andò veloce e baldanzoso come era
arrivato. Erano passati si e no dieci secondi, che ad
Andrea erano parsi un eternità. E lei era ancora senza fiato. Ed era arrossita
alla fine.
- il resto lo puoi dare a me- disse qualcuno li vicino- so io a chi appartengono.
Andrea si accorse che a parlare era stato il
suo incubo personale. Ma Rossi era l’ultimo dei suoi pensieri. Come un automa
si sedette sul suo banco, cercando di riprendere il controllo di se stessa.
Lorenzo non era mai stato così vicino come un minuto fa. Lui era il classico
ragazzo amico di tutti, con una marea di amici. Solitamente non era mai in
classe ma sempre in giro a parlare con qualcuno. Andrea era sempre stato un
impiastro, non riusciva a comunicare con loro. E i maschi seppur non la
disprezzassero più, sembravano aver paura di lei. Lorenzo era diverso, ma la
sua timidezza le aveva sempre impedito di parlargli e le volte in cui gli era abbastanza vicina, il che capitava quando era con
Veronica, quest’ultima aveva sempre fatto in modo di tagliarla fuori dalla
conversazione oppure prendendolo a braccetto, se lo portava via. L’unica di cui
si fidasse abbastanza per chiedere di fargli conoscere
Lorenzo era Chiara, ma Chiara era ancora più imbranata di lei. Non era il caso.
Se fosse stata da sola avrebbe volentieri sbattuto la testa sul banco.
Il destino doveva essersi fato una grossa
risata quando aveva decretato questo.
Lei per niente.
Chiunque avesse visto Andrea andare o tornare
lungo la strada di ritorno a casa non l’avrebbe riconosciuta. Niente della sua
effervescente personalità rimaneva quando saliva sull’autobus. Saliva cercando
di passare inosservata e cercando di non guardare nessuno. Poi si sedeva nel
suo sedile, sempre lo stesso, a metà bus, abbastanza lontano dalle chiassose
ultime file, dignitosamente lontano dalle prime file di vecchiette. Poi si
metteva gli auricolari del suo mp3 e rimaneva a guardare fuori dal finestrino finchè non riconosceva i profili di casa sua. Allora scendeva
silenziosamente quasi con timore e con passo svelto andava a casa. Il copione
era lo stesso ogni giorno, tranne qualche volta in cui qualche suo compagno di
liceo della sua stessa cittadella, saliva sull’autobus. E allora si sforzava di
sorridere e di intrattenere conversazione, anche se il più delle volte si
limitava ad ascoltare con un vago sorriso. Non le piaceva vivere dove abitava e
ancora di meno la gente che vi abitava. Più passava inosservata meglio era.
Anzi se riusciva a far dimenticare la sua esistenza così come lei tentava di
fare con loro, era meglio. Detestava tutti i suoi coetanei dal primo
all’ultimo. Lei non era cresciuta li, si era trasferita qualche anno prima. E
tutti l’avevano presa in giro. Si era sentita talmente
ferita per la mancata approvazione, che a stento rivolgeva una parola a
qualcuno di loro e li squadrava con sguardo glaciale e sospettoso. Probabilmente per questo anche le piaceva
così tanto l’ambiente scolastico e ciò che stava costruendo lì. Amava
quella scuola, l’aveva amata fin da quando aveva visto quella facciata
neoclassica, elegante e signorile, il cui aspetto era reso ancora più gradevole
dal canale che vi scorreva a fianco e dagli alberi di tiglio davanti alle
scalinate.
Tuttavia il suo rifugio rischiava di essere
messo a repentaglio. Da altri se non
Edoardo Rossi, il suo incubo personale. Non era già abbastanza deprimente che
lei si fosse presa una cotta. Non poteva neanche godersi la visione del suo
Lorenzo senza che questa fosse guastata dalla perenne e intossicante presenza
di Edoardo. Li aveva visti insieme in cortile, in aula, lungo i corridoi, li delle macchinette, sui gradini esterni della scuola,
insomma ovunque. Aveva fulminato con lo sguardo Edoardo almeno un milione di
volte senza riuscire a trattenersi, e Chiara temeva che prima
o poi sarebbe giunta al collasso. E con suo sommo orrore si rendeva
conto sempre di più che per arrivare a Lorenzo doveva passare per forza per
Edoardo, il suo nuovo amichetto del cuore, almeno da una settimana a quella
parte. Dalle ragazze non poteva attendersi aiuto. Primo perché non voleva
scoprirsi, secondo perché alcune erano interessate quanto lei. Veronica in primis,
che aveva iniziato a trattarla inoltre, con una freddezza che rasentava la maleducazione. Ma non poteva certo andare lì e dire “Ciao
Edoardo, mi piace Lorenzo mi aiuti a conquistarlo?”. Era una domanda ridicola
anche solo a pensarla. Sconsolata andò alla ricerca di cioccolato. La droga
benefica della sua vita. Andrea era un cioccolatomane
convinta. Ogni pomeriggio la si poteva vedere girovagare per la casa
mentre sbocconcellava una tavoletta con fare pensieroso. Sua madre, cercava di
nascondere qualche riserva, ma queste venivano immancabilmente trovate dalle
manine avide di Andrea. Una volta trovato il tesoro girovagava per un po’ nella
grande casa, poi si richiudeva in camera sua a gustarsela lentamente mentre
leggeva per piacere, o studiava un po’. Questo era l’unico tratto gradevole
della sua personalità di cui faceva mostra a casa. Casa sua era l’unico
territorio in cui si sentiva libera di dare sfogo a quei difetti che faticava
tanto a limare. Era irascibile e taciturna. Spesso acida e poco incline alle
battute che sua madre invece, inguaribile anima ardente, era spesso propensa ad
elargire. Era la piccola brontolona di casa. La verità è che era un disastro
con le emozioni. Con i suoi sapeva di essere un libro aperto e di non avere
difese. Per cui se si commuoveva davanti a un film, grugniva. Se la coccolavano
per l’imbarazzo li scacciava. Preferiva dimostrare il suo affetto con i fatti,
comportandosi sempre responsabilmente, facendo le faccende di casa, portando
dei voti perfetti. Il suo modo di esprimere gratitudine verso quei genitori
così pieni di attenzioni. Tuttavia in quei giorni il suo amabile umore aveva
raggiunto livelli storici, sua madre non sapeva più cosa fare con questa figlia
dall’umore cavernicolo.
Ma nulla aveva preannunciato quel giorno, un
giovedì come tanti. Quel giorno che l’avrebbe fatta poi entrare in casa, lanciare
la cartella e rinchiudere in camera sua.
Andrea quel giovedì di
novembre avrebbe pensato più che mai a un piano di soppressione di Edoardo
Rossi.
Era stata una mattina come tante. Edoardo si
era esibito come al solito. Aveva fatto una domanda alla professoressa di
greco. Ah. Una precisazione sul significato del nome Omero, che non gli era
chiaro. Era un modo per dimostrare che lui si interessava e stava attento.
Maledetto esibizionista. La professoressa lo aveva ricompensato con un sorriso.
Andrea non pensava potesse detestare Edoardo più di così. Andrea comunque non
aveva intenzione di perdere contro quel buffone. Da qualche giorno la loro
competizione era sempre più agguerrita. Era una lotta contro chi faceva più
bella figura. Andrea perché era l’unico modo per sfogare la sua irritazione.
Edoardo perché quando si sentiva sfidato non ci stava a perdere. Perciò quando
la professoressa aveva fatto una domanda difficile, di cui Andrea aveva
constatato con un serafico sorriso che nessuno sapeva rispondere, aveva alzato
la mano e con soddisfazione aveva elargito una perfetta spiegazione. Su Omero
non la poteva battere nessuno. Conosceva l’Iliade a memoria. Chiara la guardò
ammirata così come metà classe. Andrea penso “1-0 per me, Rossi”. Però quando si
girò a guardarlo, lui sorrideva. Un inquietante brivido le scese lungo la
schiena.
La ricreazione era stata normale. Lei si era
preso un caffè, aveva gironzolato per i corridoi assieme a Chiara, si era
fermata a parlare con un rappresentante d’istituto. Poi c’era una doppia ora di
italiano. Ma a lei letteratura piaceva. Nulla lasciava presagire la catastrofe.
Per cui quando era uscita a mezzogiorno e mezzo, si era
seduta come al solito sui gradini della scuola, ad aspettare che l’ora del suo
autobus giungesse. Per essere novembre faceva già piuttosto freddo, e quelli
che di solito rimanevano a chiacchierare sui gradini sotto i raggi del sole, se
ne erano già andati scacciati da un vento freddo e da un cielo grigio.
Lei si era stretta nel suo giubbotto e mentre
con aria pensierosa cercava di decidere se ascoltare il suo mp3 o meno, senti
una presenza al suo fianco.
- Ciao! Che fai ancora qui?- il saluto la fece
sobbalzare, ma ancora di più fu la sua sorpresa fu nel constatare che Edoardo
Rossi era seduto accanto a lei e che le aveva appena
parlato.
-Ehm ciao …si io sto aspettando l’ora
dell’autobus- disse cercando di recuperare un po’ di contegno di fronte al suo
rivale numero uno.
-Bene, si pure io. Se sono andati via tutti
per via del freddo, di solito si ferma più gente.
- Già- seguì un silenzio. Lei e Edoardo non si
erano mai parlati all’infuori della sfera dei loro ruoli. Le loro conversazioni
consistevano in circolari da far vedere ai compagni, di iniziative del comitato
studentesco da segnalare, e della riunione di classe da organizzare il mese
successivo. Non erano mai andati oltre e non era intenzione di Andrea farlo
mai. Soprattutto alla luce dei recenti fatti, Edoardo era più che mai un nemico
per lei.
- Posso chiederti una cosa?- sbottò a un certo
punto lui, usando quel tono persuasivo che a lei disturbava tanto.
- Certo, dimmi- rispose cercando suo malgrado
di sorridere e di non saltargli invece alla gola.
- Ti piace Lorenzo?-
Una bomba non avrebbe potuto fare più rumore
delle parole di Edoardo Rossi, perchè l’ultima
persona di questo mondo che doveva sapere… Sapeva.
Continua…
Nda: lo so. Lo so che non dovevo
iniziare un’altra storia senza aver finito le altre ma che ci posso fare. Non riesco
a far venire bene l’ultimo capitolo di “the player” e questa storia è da anni
che cerca di uscire e ora ci riesce. E’ assolutamente sperimentale. Non pensavo
venisse fuori così. Doveva venire una cosa seria, non demenziale. E’ tutta
colpa di Edoardo che voleva venirsene fuori così! Spero di riuscire comunque a
scrivere quello che voglio trasmettere.
Recensite mi raccomando, è un mio ardente desiderio. E’ la prima volta
che pubblico un originale, per cui mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Penso
proprio che dovrò trovarmi una specie di “supervisore”, sennò perdo la bussola
qui. Non prevedo assolutamente la portata di questa storia. Andrea e Edoardo
vogliono fare di testa loro, io la scrittrice sono già disarmata di fronte a
questi due. Beh spero che non sia venuta troppo male. Besos!
Lirio^^