My Gravity - Jared and Kim di Giuka (/viewuser.php?uid=52303)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** String #1: Immeritata Adorazione ***
Capitolo 2: *** String #2: La mia Kim ***
Capitolo 3: *** String #3: Imprinting ***
Capitolo 4: *** String #4: Cry Baby ***
Capitolo 5: *** String #5: Falò ***
Capitolo 6: *** String #6: Kim Padalechi ***
Capitolo 7: *** String #7: Mai morte fu più dolce ***
Capitolo 8: *** String #8: I don't wanna miss a thing ***
Capitolo 9: *** String #9: Inutile amore ***
Capitolo 1 *** String #1: Immeritata Adorazione ***
My Gravity –
Jared and Kim
Immeritata Adorazione
Dannazione.
Stava
arrivando ed io ero ancora in condizioni pietose: i capelli umidi,
banalmente lisci e disordinati, mi bagnavano la schiena mentre
indossavo frettolosamente la maglia a maniche corte del mio pigiama e
afferravo i pantaloni coordinati, cercando di infilarli il
più velocemente possibile. Naturalmente l’unico
risultato che ottenni fu quello di ruzzolare a terra portando con me il
centrino del comò e tutto quello che vi stava
sopra: una scatoletta di legno intagliato, suo regalo, mi
cadde sulla fronte mentre cercano goffamente di liberarmi dalla presa
invincibile dei pantaloni. Dopo qualche secondo riuscii finalmente a
rimettermi in piedi e ad infilare i pantaloni, stavolta con
più calma, girandomi lentamente verso lo specchio.
Perché
dovevo essere così maledettamente banale? Nulla in me era
affascinante, né i capelli neri che cadevano mollemente
sulle spalle magre, né la maglietta del pigiama giallo
canarino che scendeva morbida sulle mie forme perfettamente
inesistenti: seno e fianchi erano appena accennati e l’unico
spessore era sottolineato da quel filo di pancia che cercavo di
eliminare da sempre. Non ero bella e non lo sarei mai stata grazie al
mio viso tondo, agli occhi troppo piccoli, agli zigomi troppo
pronunciati: non meritavo per nulla tutta la fortuna che avevo. Non
meritavo lui, così come non meritavo il suo affetto, e nep-
Driiing
Oddio. Era arrivato.
Mi precipitai fuori dalla camera impazzita, dimenticando qualsiasi
preoccupazione, qualsiasi paranoia: Jared era qui.
Aprii la porta con forza, senza curarmi di essere in disordine,
e finalmente lo vidi: era bellissimo
come sempre, con i capelli adorabilmente arruffati, il petto nudo che
emanava calore ed il suo sguardo adorante tutto per me. Mi guardava
come se fossi un angelo, ma sapevo che per lui io ero proprio quello.
“Kim.” sospirò il mio nome sollevato.
Sapevo che non gli piaceva stare troppo a lungo lontano da me: mi aveva
detto che quando non c'ero, oltre a essere estremamente preoccupato, si
sentiva come se gli avessero tolto la gravità, come se
fluttuasse nello spazio senza una meta precisa né un punto
di riferimento.
Improvvisamente intimidita dal suo sguardo amorevole, abbassai gli
occhi arrossendo furiosamente e gli abbracciai la vita con le braccia
fredde, rabbrividendo per il gelo invernale. Jared, premuroso come
sempre, mi prese gentilmente da sotto le spalle e senza lasciarmi il
tempo di protestare mi sollevò entrando in casa e
chiudendosi la porta alle spalle. Mi ripose con cura a terra e mi
sorrise adorante dall'alto, accarezzandomi le braccia.
“Amore...” sospirò ancora cingendomi i
fianchi con le braccia. Subito mi allungai su di lui
baciandolo dolcemente sul petto e godendomi il suo gemito roco. Spostai
le labbra un po’ più su, allungandomi il
più possibile mentre cercavo di raggiungerlo e
Jared si avvicinò immediatamente tendendo le
labbra. Io però schivai la sua bocca e gli morsi la
mascella, sorridendo: Jared sorrise di rimando, per poi bloccarmi il
viso tra le sue mani e costringere le sue labbra sulle mie.
Baciare Jared era la mia vera ed unica, ragione di vita: niente
equivaleva alle sue labbra sulle mie, al suo corpo bollente che mi
sovrastava, alle sue braccia attorno ai miei fianchi. Mi spinsi contro
di lui sollevandomi sulle mezze punte e gli avvolsi le braccia attorno
al collo. Jared, che per baciarmi si era dovuto quasi piegare a
metà, tale era la differenza di altezza tra noi, si
tirò su lentamente, portandomi con me senza sforzo e di
colpo i miei piedi si trovarono ad essere a circa venticinque
centimetri dal pavimento, mentre le sue braccia mi tenevano stretta a
lei. Era caldo, piacevolmente caldo, ed il contrasto tra la sua
temperatura corporea ed il freddo dei miei capelli bagnati mi fece
rabbrividire. Mi baciò con più forza,
schiudendomi le labbra ed io non potei fare a meno di ricambiare
felice, mentre accarezzavo i suoi capelli morbidi.
Dopo un lasso di tempo che mi parve troppo breve
mi rimise a terra e si allontanò da me, inchiodando i miei
occhi nei suoi. Ricambiai rapita, mentre sentivo le sue mani calde
accarezzarmi dolcemente la pancia e i fianchi da sotto la maglietta.
“Ciao, amore.” disse lui, sorridendo malizioso: io
arrossii, ma ero incapace di staccare i miei occhi dai suoi,
così come lui era incapace di staccarsi da me.
“Jared.” sospirai, stringendomi a lui e appoggiando
la mia testa sul suo petto caldo.
“Sei stupenda, questa
sera.”, disse sincero osservandomi dalla testa ai piede. Non
che il suo complimento valesse qualcosa: per lui ero sempre bellissima
anche alla mattina senza un filo di trucco e con i capelli tutti
scompigliati.
“Anche tu.” dissi sorridendo contro la sua
pelle.
“Come è andata la tua giornata?”
“Male” mi lamentai, stringendomi di più
a lui.
Lo sentii sobbalzare “Cosa è successo? Ti hanno
fatto male?” mi chiese con urgenza, guardandomi preoccupato.
Feci segno di no con la testa “Mi sei mancato.”
ammisi, arrossendo.
“Anche tu. Tantissimo.” disse, staccandomi
gentilmente da se e prendendomi la mano. Mi feci trascinare fino al
divano, su cui si buttò di peso trascinandomi con se e
facendomi sedere sulle sue ginocchia. Gli avvolsi i fianchi con le
gambe ed il collo con le braccia: finalmente alla stessa altezza lo
baciai di nuovo sulle labbra senza fretta, facendomi beare del
suo calore calore meraviglioso. Mi strinse di più a se
premendo le sue mani sulla mia schiena e scese a baciarmi la clavicola
dolcemente, per poi appoggiare la fronte sul mio petto, sbadigliando
sonoramente.
“Sei stanco?” gli chiesi, accarezzandoli i capelli.
“Mmm...” mugugnò, affondando il viso
sulla mia pelle.
“Se vuoi puoi andare. Non preoccuparti.” mentii.
Sapeva meglio di me che avevo paura di stare sola a casa quando mia
madre aveva il turno serale all’ospedale e sentii subito le
sue braccia stringermi di più a se.
“Assolutamente no. Posso resistere, non
preoccuparti!” esclamò senza spostare la testa e
con la voce impastata dal sonno.
Continuai ad accarezzargli i capelli, ma
sapevo già che entro poco si sarebbe addormentato. Non
dovetti aspettare molto: dopo pochi minuti cominciò a
russare ed un filo di saliva gli scese dalla bocca; gliela asciugai con
la mano, intenerita, scendendo dalle sue gambe e distendendomi sul
divano, trascinandolo con me. Lo occupava quasi tutto da solo ed io
sarei quasi sicuramente caduta se le sue braccia inconsciamente non mi
avessero stretta a lui anche nel sonno. Gli baciai una tempia e rimasi
ad adorarlo per un’infinità di minuti.
“Kim.” borbottò, nel sonno: mi resi
conto, emozionata, che mi stava sognando. “Kim”
ripeté nuovamente, ed io mi strinsi di
più a lui sorridendo con le lacrime agli occhi, emotiva come
sempre.
“Ti amo, Kim..” bofonchiò ancora,
abbracciandomi più stretta. “Anche io
Jared.” risposi chiudendo gli occhi e abbandonando tutte le
mie preoccupazioni: tra le sue braccia tutto perdeva importanza ed io
non potevo che bearmi della sua totale ed assolutamente
immeritata adorazione.
***
Salve
a tutti.
Questa
è la mia prima fan fiction su Twilight ed è sulla
mia coppia preferita. Lo so, è corta e non particolarmente
impegnativa, ma penso che loro siano così: dolci, innamorati
e non complessati come Bella ed Edward. So che di Jared e Kim la Meyer
non parla molto, ma io non posso fare a meno di adorarli: sono
semplicemente adorabili! Penso che ne farò una raccolta,
perché ho tanta voglia di scrivere qualcosa su di loro, dato
che in questo sito non se ne parla molto. D’altronde, faccio
parte di quel 5% che preferisce di gran lunga i lupi di La Push ai
Cullen, e mi devo adeguare.
Non
so come sia Kim, ma me la immagino così: dolce, adorabile,
innamorata. Un po’ Mary-Sue,
probabilmente! È ambientata più o meno dopo un
anno o due dall’imprinting: la fase iniziale di
incredulità è superata e lei ormai si
è resa conto della totale adorazione di lui, ma non
può fare a meno di imbarazzarsi ogni volta che lui la
sfiora. E come tutte le adolescenti ha i suoi complessi e non si sente
alla sua altezza, ma lo ama da morire
Il
prossimo capitolo probabilmente sarà dal punto di vista di
Jared. Una bacio a tutti, e grazie a colore che recensiranno.
Giuka
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Capitolo 2 *** String #2: La mia Kim ***
My
Gravity – Jared and Kim
La
Mia Kim
La mia Kim.
“…
Perciò la soluzione di questo problema
…”
La mia Kim che sorride.
“…
specificando l’incognita x …”
La mia Kim che arrossisce.
“…
e sostituendo l’incognita y con 3 …”
La mia Kim che mi guarda.
“…
è, Signor Padalechi?”
La mia Kim che mi bacia.
“….”
Voglio la mia Kim.
“Signor
Padalechi?”
Voglio baciare la mia Kim.
“La
soluzione, Padalechi”
Baciare Kim, baciare Kim, baciare …
“PADALECHI!”
“Kim
…” soffiai, voltandomi con rabbia verso chi aveva
osato interrompere i miei
meravigliosi pens- Oh, merda. Mi ero completamente dimenticato di
essere in
classe. Cazzo.
“Si,
Signor Padalechi, tutti in questa classe conoscono la sua adorabile
fidanzata,
la Signorina Kimberly, ma dovrebbe fornire la soluzione del
problema” chiarì
esasperato il professore. Conosceva Kim?
La
mia bellissima, dolcissima, meravigliosa Kim …
“Signor
Padalechi?”
Mancano pochi minuti all’intervallo.
“Padalechi,
ancora disattento?”
Pochi minuti e potrò rivedere la mia
Kim.
“PADALECHI,
ACCIDENTI!”
Oh. Il professore mi sta chiamando. Di
nuovo. Merda.
“Sì?”
chiedo gentilmente.
“La
soluzione”
“Ehm
… Temo di non poter rispondere, Professore”
“Bene
Padalechi. Le metto un bel due sul registro, tanto per ricordarmi
quanto lei
sia disattento durante le mie lezioni e quanto preferisca pensare ad
una
ragazzina piuttosto che alla trigonometria”
Ragazzina?
Oh no. Kim non è una ragazzina: lei è la mia
vita, la mia gravità, il mio
raggio di sole, l’amore della mia vita … Oh, sta
suonando la campanella.
KIM.
In
un attimo raccolgo i miei libri e, con la voce del Professore ancora
nelle
orecchie, mi precipito verso l’aula di inglese. Sento il
bisogno fisico di
vederla, stringerla e baciarla. Lei, la mia Kim, il centro del mio
universo da
due settimane a questa parte. Si può amare così
tanto una persona dopo solo uno
sguardo? Non nel mondo reale: ma cosa in me è reale? Io sono
una creatura mitica
e assolutamente inumana, ma grazie a questo ho trovato lei; non
smetterò mai di
ringraziare Dio per l’angelo che mi ha mandato. Kim. Quasi
lancio i miei libri
nell’armadietto, chiudendolo poi malamente con un pugno e mi
incammino più
velocemente, cercando di evitare tutti questi ragazzini che escono
dalle loro
aule e che mi rimbalzano addosso. Poi, la vedo.
Kim.
Tutto, tutto, tutto svanisce. I suoni,
i colori, i miei pensieri, perfino me stesso. Tutto si annulla e lei
brilla di
luce propria.
È
davanti alla porta della sua aula, impacciata come sempre ed avvolta in
un
cardigan nero che le copre il corpo minuto; tra le mani regge il libro
di
inglese –è troppo pesante per lei, sicuramente
starà facendo fatica- e con lo
sguardo cerca qualcosa, mentre quel cretino di Alex Harrison le sta
accanto e
le parla. Irritante.
Un
ringhio mi nasce spontaneo dal petto, mentre mi avvicino ancor
più rapidamente:
in un attimo le mie braccia sono sui suoi fianchi e la stringo
possessivo a me.
Lei sobbalza sorpresa ed il libro le cade, finendo sui miei piedi; poi,
finalmente,
i suoi occhi sono nei miei. Arrossisce teneramente, ma non abbassa lo
sguardo.
Io mi sento come incantato: non riesco a muovere un solo muscolo,
perché sono
completamente risucchiato dentro di lei. La mia unica ragione di vita.
Si
sporge un po’ verso di me, dal basso del suo metro e
sessanta, arrossendo
all’inverosimile: come è tenera.
Mi
avvicino subito, socchiudendo gli occhi: lei li tiene già
chiusi e da questa
posizione privilegiata posso contare tutte le sue lentiggini. Tenendo
gli occhi
aperti –non voglio perdermi niente, niente di lei- poggio
finalmente le mie
labbra sulle sue.
Il
fuoco esplode dentro di me, divorandomi. La mia temperatura,
già bollente,
aumenta a dismisura ed io mi sento ardere. La sento sospirare di
piacere sulle
mia labbra e non mi controllo più: le avvolgo la schiena con
le braccia,
piegandomi in avanti per raggiungerla, e me la stringo addosso,
sollevandola
leggermente da terra. Lei mi avvolge il viso con le sue piccole mani,
che a
malapena riescono a coprire le mie guance, e risponde al mio bacio, le
labbra
che le tremano.
Giuro,
potrei rimanere così tutta la mattina. Matematica, inglese,
letteratura … Che
me ne importa? Sono solo ostacoli che mi impediscono di passare tutta
la mia
mattina con lei,. Almeno però mi rimane la paus-
Non. Ci. Credo. La follia umana non ha
confini.
Harrison ha cominciato a battere con
insistenza un dito sulla mia spalla.
Ora
mi viene da pensare: vuole morire? Sono grande e grosso abbastanza da
stenderlo
con un dito, tutta La Push mi teme e rispetta e tutti, tutti,
sanno che non mi si deve mai disturbare quando sono con la
mia Kim. Quindi, il ringhio che gli riservo è assolutamente
dovuto. Mi ha
costretto a distogliere l’attenzione da lei,
perciò spero che abbia qualcosa di
veramente importante da dirmi.
“Sì,
Harrison?” chiedo, stringendomi Kim al fianco con un braccio;
lei si adatta a
me come se fosse stata creta apposta per stare lì,
incastrando perfettamente il
corpo morbido sul mio.
“Stavo
parlando con Kimberly, Padalechi. Non è educato interrompere
le persone in
questo modo” chiarisce lui, per nulla intimorito. Allunga una
mano verso Kim,
come a tirarla verso di sé, ma il mio ringhio cupo lo
convince a ritirare la mano.
“Stavi,
Harrison. Fuori dai piedi. Subito” sibilo, fissandolo negli
occhi.
Lui
mi ignora, guardando lei “Kim, penso di dover andare prima
che Padalechi mi
uccida. Ti aspetto giovedì alle cinque a casa mia. Buona
giornata” dice,
dandomi un’ultima occhiata trionfante mentre se ne va. Sposto
lo sguardo su
Kim, sorpreso, e lei distoglie subito il suo, borbottando un saluto
verso
Harrison.
“Giovedì?”
alito, disperato.
Lei
annuisce arrossendo.
Beh,
questo cambia tutto; se lei vuole uscire con Harrison lei
uscirà con lui e non
permetterò che nessuno glielo impedisca. Io per primo.
Le
sorrido gentilmente, cercando di ignorare le fitte di gelosia acuta che
mi
scuotono lo stomaco “Va bene, Kim, mi va bene, non
preoccuparti. Esci pure con
lui, se questo ti rende felice. Però io ho bisogno di te. Mi
basta essere tuo
amico.” dico, staccandola dolcemente da me e prendendole la
mano, mentre mi
chino a raccogliere il suo libro caduto prima. Lai sgrana gli occhi e
apre la
bocca, guardandomi sorpresa.
“No!”
dice disperata, buttandosi di nuovo addosso a me. Io la accolgo,
naturalmente:
non posso dirle di no. Appoggia la testa sul mia fianco, arrossendo
“D-d-dobbiamo …. Fare un progetto di inglese
insieme. N-non è una
a-a-a-appuntamento, mi ha chiesto di essere la sua compagna e non ho
p-potuto
rifiutare” balbetta, arrossendo “Io ti
amo..” finisce in un sussurro. La
mia piccola, dolce Kim. Lei non riesce mai
a dire di no a nessuno.
“Ti
amo anche io Kim” sussurro sui suoi capelli, stringendomela
di più addosso. Ah,
che sollievo “Ma non mi piace che quel cretino ti giri
attorno in questo modo”
“Scusa”
dice mortificata.
“No,
no, no! Non devi chiedermi scusa Kim. Non devi mai chiedermi
scusa” chiarisco
mentre passeggiamo verso il bar della scuola. Ho fame.
Kim
sorride divertita, intuendo la nostra destinazione “Come
è stata la tua
lezione?”
“Mhn,
lo sai. Non mi piace molto l’algebra” rispondo.
Più che altro non mi piace
stare lontano da lei, ma non glielo dico. Meglio non sembrare troppo
ossessivo
“Tu?”
“Lenta,
ma inglese mi piace” dice, sorridendo timidamente
“Oggi pomeriggio usciamo?”
“Certamente.
First Beach?”
Le
corruga le sopracciglia sottili, confusa “Con questo
freddo?” Giusto. Per lei i
cinque gradi di La Push potrebbero essere un problema. Beh, non con me
accanto,
naturalmente.
“Ti
scaldo io Kim” ammicco, guardandola negli occhi “A
cosa ti serve altrimenti un
fidanzato licantropo?”
Lei
arrossisce, borbottando un qualcosa che ha a che fare con
“doppi sensi”.
Scoppio in una risata simile ad un latrato, per poi chinarmi a baciarle
i
capelli sottili e profumati.
Ti
scalderò Kim. Ti proteggerò Kim. Ti
amerò Kim.
Perché
tu sei la mia Kim.
La mia Kim. La mia Kim. La mia Kim. La
mia…
“PADALECHI!
DANNAZIONE! MI HAI FATTO ROVESCIARE IL CAFFEE! GUARDA DOVE METTI I
PIEDI!”
Oops.
***
Il
POV Jared è stato dannatamente difficile da scrivere: la
Meyer non si sofferma
molto sull’imprinting, anche se Jacob ne fa una bella
descrizione in BD. Io
penso che per ogni lupo sia difficile se non impossibile riuscire a
distogliere
l’attenzione dalla ragazza/bambina/neonata del loro
imprinting. Jacob dice che sono loro che li tengono
ancorati al terreno, che sono più importanti di famiglie,
amicizie, amori
passati, branco ecc. Quindi io vedo Jared così: ossessionato
da Kim. E non ha
raggiunto la calma assoluta di Sam, né è un
essere perfetto (Edward) che riesce
a frenare tutte le “emozioni sgradevoli” per Kim.
Ovvero, lui è gelosissimo di
lei e non si fa problemi a mostrarlo. Ah, alla fine a parlare
è lo stesso professore dell'inizio: un mal riuscito
tentativo di far ridere. So che sarebbe stato meglio seguire un
ordine cronologico, ma l’ispirazione è quel che
è.
Ora,
ci tengo davvero tanto a ringraziare coloro che hanno recensito.
È solo la mia
terza fan fiction e perciò ogni commento è
super-gradito. Un bacio a tutti voi
che mi avete fatta felice e grazie di cuore.
Jo
Hale: grazie, grazie, grazie.
Scrivo
questa raccolta proprio per diffondere un po’ di Jered/Kim!
Maka_Envy:
anche io ADORO le Jacob/Nessie, soprattutto perché amo lui e
quindi tutto ciò
che lo rende felice. Grazie di cuore per i complimenti.
Princess
of vegeta6: Grazie mille per i complimenti, per aver recensito e per
aver messo
nei preferiti. È un piacere scrivere qualcosa che la gente
condivide e apprezza!
Per quanto riguarda gli altri imprinting, personalmente li amo tutti,
perché è
un amore TROPPO grande. Sono tutti bellissimi, ma quello di Jared, hai
ragione,
è il migliore proprio perché il più
normale.
Virgi_lycanthrope:
Oh, è sempre stupendo trovare membri del mitico 5%. Siamo
pochi ma buoni,
questo è sicuro! Io amo anche Jacob/Nessie,
perché amo lui e se lui è felice
con lei logicamente amo anche lei. Grazie mille per aver recensito.
Baci,
Giuka
|
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Capitolo 3 *** String #3: Imprinting ***
Consiglio di
ascoltare Halo di Haley James Scott mentre leggete questo capitolo. Vi
assicuro che è perfetta.
My Gravity -
Jared and Kim
Imprinting
È
incredibile come la vita possa cambiarti così da una
settimana all’altra. Quattordici giorni fa ero un semplice
ragazzo, certamente bello, simpatico, popolare ,affascinante e molto
modesto. Poi quella febbre che non se ne va, la nausea, i
brividi, le vertigini, e di colpo mi trovo chiuso in una stanza con Sam
Uley che mi dice “Sei un licantropo. Ti stai trasformando.
Tra poco finirà”. Un attimo dopo
un tumulto di pensieri confusi mi arrivavano da Sam, che mi guardava
tranquillo sotto forma di lupo. Poi capii: anche io ero un lupo. Una
bestiaccia pelosa ed alta come un cavallo. Dopo la confusione,
però, il mio primo pensiero fu: che figata.
Perché devo ammettere che dopotutto non è
così male. Sono il protettore di La Push e sono molto forte
e velocissimo. In più trasformarsi in lupo e correre per la
foresta è la sensazione più … libera
che abbia mai provato.
Jared, farai
tardi a scuola. Mancano pochi minuti alla campanella.
Sbuffo,
infastidito. Sam sa sempre togliere tutto il divertimento.
Ritrasformati,
Jared. Non puoi saltare un altro giorno di scuola, sono già
due settimane di assenza. E comunque sei a meno di dieci metri dalla
strada: rischi che qualcuno ti veda.
Ricevuto
capo. Ci vediamo dopo.
Riesco a
malapena a sentire la sua risposta affermativa prima di sentire il mio
corpo contrarsi verso dentro, ossa,
pelle e organi: tutto viene risucchiato da un vortice immaginario al
centro esatto del mio petto e di colpo sono di nuovo umano. Non
è una bella sensazione sentire il proprio corpo non
risponderti più, ma dopotutto non è nemmeno
spiacevole: semplicemente insolita.
Mi rivesto in fretta con gli abiti che tenevo legati alla gamba
raccogliendo poi lo zainetto che avevo retto tra i denti. Dentro ho
messo una paio di scarpe logicamente nuove, dato che improvvisamente il
mio numero di scarpe è passato da un quarantuno ad un
quarantasei e mezzo. Anche gli abiti sono nuovi: se prima con il mio
metro e settantacinque di altezza ero un ragazzo nella media, ora il
mio metro e novantacinque darà sicuramente
nell’occhio. Ormai è impossibile non notarmi,
anche perché non ho esattamente confidenza con il mio nuovo
corpo: sono troppo grosso e dimentico sempre di occupare molto
più spazio rispetto a quattordici giorni fa.
Esco velocemente dal bosco passando per un sentiero nascosto. Facendo
attenzione a non farmi vedere, mi unisco alla folla di studenti che si
avvia verso l’edificio scolastico ed entro dal cancello
sorridendo tranquillo: oggi è uno dei rari giorni di sole
qui a La Push e tutto brilla, ma forse è solo una mia
impressione data dall’euforia. Subito i miei amici mi si
fanno attorno: Mark, James, Albert, Robert, Allison, Claire
… Ci sono proprio tutti.
“Jared accidenti … Sei più alto o
sbaglio?” mi chiede Allison, guardandomi stranita -come
tutti, d’altronde-.
Sospiro e comincio con le bugie “Non sbagli. Il dottore ha
parlato di crescita improvvisa con febbre. Non sapete che dolori.
Capita però, a questa età...” dico,
sorridendo ammiccante. Impossibile non credermi.
“Wow … Beh, hai preso da qualcuno nella tua
famiglia?” chiede di nuovo lei, sorridendo complice.
È carina Allison: mi piace da quasi un anno.
“Mio nonno paterno. Era alto quasi due metri e cinque
centimetri.” concludo, facendole capire che non ho
più molta voglia di parlarne. Lei sembra capire,
perché si limita a sorridere e prendermi a braccetto mentre
entriamo: dopo le lezioni voglio chiederle un appuntamento. Gli altri
si dileguano ridacchiando e gettandoci occhiate maliziose.
“Beh, ci vediamo durante la pausa Jared. Io adesso ho
spagnolo. Tu?” mi chiede sorridente.
“Inglese.”
“Ah, a proposito: sai quella sfigata della tua compagna di
banco?”
Uhm. Mi pare si chiama Kat: piccola, minuta, viso
appena passabile e soprattutto timidissima. Appena mi vede arrossisce e
abbassa lo sguardo. Non che desideri le sue attenzioni: io non apprezzo
particolarmente le secchione.
“Mmh. Che ha fatto?”
Allison ridacchia, sinceramente divertita “Mi ha chiesto di
te, tre giorni fa. Mi ha chiesto se sapessi perché fossi
assente.”
Probabilmente glielo ha chiesto il professore: non capisco cosa ci sia
da ridere.
“Beh?”
“Dovevi vederla. Era tutta rossa,balbettava tanto che per
dire una parola ci ha messo almeno cinque minuti. Penso abbia una cotta
per te.” aggiunge, ridendo all’idea che una come
lei possa stare con me. Rido anche io.
“È un problema
suo, io ho altri interessi...” dico, guardandola dritta negli
occhi. Lei sorride e mi stampa un bacio sulla guancia, mentre si
allontana verso l’aula di spagnolo. Quanto è bella.
Entro nell’aula di inglese un attimo prima del professore che
chiudendo la porta mi guarda stupito proprio come tutti i presenti
nell’aula. Mentre lui intima il silenzio alla classe vado
verso il mio banco –Kat non c’è,
stranamente: in quanto secchiona è sempre presente- dove
appoggio lo zaino e ritorno verso il professore per giustificare
l’assenza.
Mentre sono chino sulla cattedra, aspettando che professore controlli
la firma sulla mia giustificazione, sento la porta aprirsi di scatto.
Nell’aula era appena entrata, piuttosto goffamente a dirla
tutta, una ragazza piccola e minuta, Kat, credo. Mentre il professore
la rimprovera per il ritardo la osservo con la coda
dell’occhio partendo dal basso: i piedi, stretti in un paio
di stivaletti indiani, sono rivolti verso l’interno, chiaro
segno di imbarazzo. Indossa un vestitino di lana nero che cade dritto
sulle sue forme inesistenti; si tortura le mani nervosamente,
intrecciandole in continuazione. Che sfigata. Ha
delle belle labbra: carnose e rotonde, coronate da un piccolo naso
all’insù, ma la forma del viso rovina tutto,
così pure gli occhi, che sono troppo piccoli. Si morde
nervosamente un labbro e sospira, come se fosse indecisa: poi la vedo
fare un piccolo respiro e stringere le mani a pugno prima di alzare il
volto e fissarmi negli occhi.
Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.
Il mio cuore
impazzisce. Il mio corpo impazzisce. Io
impazzisco.
È una sensazione strana, simile a quella della mia
trasformazione da lupo ad umano: sento ogni singola cellula del mio
corpo -Ogni.Singola.Cellula-
venir risucchiata verso un singolo punto. Lei. Sono costretto a fare un
passo avanti tanta è la forza del suo richiamo e mentre
dentro di me c’è un turbine di emozioni che mi
serrano lo stomaco lei splende: sono costretto a socchiudere gli occhi
tanta è la luce che emana. La sua luce mi scalda, mi culla,
mi sommerge: è inutile combattere. In un attimo affogo
dentro di lei e so che non ne uscirò mai più.
È come un’inondazione: accade tutto troppo
velocemente, non posso impedirlo. Non che lo voglia, comunque.
In questo momento tutto mi è così chiaro: io sono
nato per lei. Non c’è un altro motivo: non mi
interessa proteggere La Push, la mia famiglia e i miei amici; li
ucciderei tutti se lei me lo chiedesse, perché io devo
proteggere solo lei. Lei che non soffrirà mai, lei che non
piangerà mai. Amarla. Proteggerla. Renderla felice. Queste
sono le mie uniche ragioni di vita da ora, il resto non conta
più nulla.
Mentre il professore la rimprovera abbassa lo sguardo e tutta la classe
ride di lei; li farei tacere se solo riuscissi a muovere un solo
muscolo; invece me ne sto qui con occhi e bocca socchiusi a fissare la
mia vita, che non è altro che quel piccolo corpicino davanti
a me.
Il rimprovero deve essere finito, perché lei si dirige verso
il banco fissando il pavimento, il viso rossissimo e lei mani tremanti.
La seguo subito senza distogliere nemmeno per un istante i miei occhi
da lei. Mi lascio cadere sulla sedia, che cigola sotto il mio peso, e
naturalmente non ci sto, dato che le mie gambe premono dolorosamente
contro il sottobanco, ma non mi interessa: non riesco a non guardarla.
Ci vogliono tutte le mie capacità mentali per ricordarmi
come si fa a parlare.
“Ciao.” riesco a sospirare infine, anche se il
suono che mi esce è più un gemito strozzato.
Lei alza gli occhi, stupita e intimidita.
“Ciao, Jared.” dice sorridendo appena. Dillo
ancora. Dillo ancora. Il mio nome detto da lei è
una sinfonia. La sua voce è musica, la musica più
bella che abbia mai sentito.
“Kat?”
Il sorriso svanisce dalle sue labbra e i suoi occhi si riempiono di
lacrime. Scuote la testa “Mi chiamo Kim” sussurra.
Il dolore che mi invade è talmente forte che sento il mio
stomaco contrarsi all’indietro. Ho sbagliato il suo nome e
l’ho fatta piangere; sono un mostro, il peggiore dei mostri,
ed avevo perfino promesso di non farla mai soffrire. Come ho potuto far
piangere la mia gravità, il mio sole, la mia aria?
“Scusami. Mi dispiace tantissimo. Ti prego, non
piangere.” le chiedo, sofferente, allungando una mano per
toccarla ma ritraendola subito dopo: voglio davvero sfiorarla,
abbracciarla, tranquilizzarla, ma probabilmente la spaventerei ed io
non voglio che sia spaventata da me.
Kim –che
bellissimo nome- alza gli occhi stupita “Non
preoccuparti. So d-di non essere molto appariscente. Non fa
niente.”
Non appariscente lei? Lei che brilla?
In questa scuola sono tutti ciechi: anche io lo ero fino a pochi minuti
fa.
“Sei bellissima, invece.” le dico e sono sincero,
dato che nulla in questo mondo potrebbe mai essere più bello
di lei.
“Non è divertente, Jared.”
“Cosa non è divertente?”
“Questo scherzo. Smettila di prendermi in giro: non ti ho mai
fatto niente, quindi smettila. Hai parlato con Allison,
vero?” ansima, arrossendo ancora di più e
ricominciando a torturarsi le mani.
Il suo nervosismo è il mio, il suo dolore pervade anche me
“Non sto scherzando Kim. Tu sei bellissima.” voglio
che mi creda, voglio che si renda conto di quanto meravigliosa
sia.
“Perché dovresti dirmelo adesso? Siamo compagni di
banco da più di tre mesi...” i suoi occhi non
smettono di essere lucidi. Ti prego basta, basta, basta: mi stai
uccidendo.
“Ho aperto gli occhi, Kim. Ti prego, credimi. Ti
prego.” sussurro, senza riuscire a smettere di fissarla,
incantato dalla sua magnificienza e perfezione, sebbene lei ancora non
mi guardi.
Kim prende coraggio e mi fissa negli occhi, incatenandomi: non posso
distogliere lo sguardo, non ci riesco, e capisco che non
potrò mai più guardare altrove.
Devo avere un’espressione piuttosto stupida perché
lei guardandomi sorride divertita. Sono felice di vederla sorridere.
“Ti credo Jared...” dice, prestando poi attenzione
al professore, al contrario di me, che continuo a guardarla per tutta
la lezione, ringraziando per essere nell’ultimo banco della
fila, invisibile al professore. In questo momento mi è
impossibile prestare attenzione a qualcosa che non sia lei, data la sua
incredibile bellezza: la pelle è liscia e completamente
priva dei segni dell’adolescenza, le labbra
sono carnose ma non troppo e piccole, a cuore, e la forma del
viso è rotonda e gli zigomi alti le danno un aspetto
raffinato. Gli occhi sono marroni e caldi, circondati dalle ciglia
più lunghe che abbia mai visto: se alza lo sguardo le
sfiorano le sopracciglia sottili, se lo abbassa toccano le guance
rosse. Ha una corporatura esile ma morbida, con mani piccole e unghie
tenute corte e prive di smalto. È vestita semplicemente, non
porta un filo di trucco ed i capelli lisci
e neri le scendono liberi sulle spalle senza particolari acconciature.
È perfetta nella sua semplicità.
Osservandola perdo completamente la cognizione del tempo, ed il suono
della campanella che segnale la fine della lezione mi coglie del tutto
impreparato, mentre un nuovo dolore si fa strada in me: dopo la piccola
pausa di cinque minuti tra una lezione e l’altra
dovrò separarmi da lei. Come posso riuscirci? Il solo
pensarci mi fa male.
Kim raccoglie in fretta i suoi libri e la cartella e si alza dalla sua
sedia senza nemmeno guardarmi. In un attimo sono accanto a lei
dall’altra parte del banco: forse mi sono mosso troppo
velocemente, ma nessuno sembra essersene accorto. Kim sobbalza quando
le sono accanto, ma non alza lo sguardo dal pavimento.
“Che lezione hai ora?” chiedo, osservando i libri
che tiene in mano.
“Biologia.”
“Ti accompagno, allora.”
“Non è necessario...”
“Per favore” la
supplico: ho davvero bisogno di passare ancora un po' di tempo con la
Kim, non capisco perché, ma ne ho davvero la
necessità. Pensare di staccarmi da lei è doloroso
quanto una coltellata. Cosa mi sta succedendo?
“… Come vuoi.” acconsente infine,
arrossendo, e causandomi una fiammata di gioia su tutto il corpo.
Tendo la mano verso i libri che tiene in mano
“Posso?”
Kim mi guarda confusa “Cosa?” chiede, guardandomi
finalmente negli occhi e scatenando le mie reazioni corporee esagerate:
calore, brividi e farfalle nello stomaco, tutto solo con uno sguardo.
“Posso portarti i libri?”
“Non mi sembra il caso” risponde arrossendo.
“Perché?” chiedo confuso: non voglio che
si affatichi, mi sembra un gesto gentile.
“Ci stanno già guardando tutti. Se mi porti anche
i libri sarà peggio...” ammette Kim guardandosi
intorno.
“Non mi importa. Posso?” chiedo di nuovo, e non mi
importa davvero. La gente può pensare quello che vuole: io
adesso voglio solo portarle i libri e parlare un altro po' con Kim.
Lei mi guarda e sorride timidamente, scaldandomi il cuore, poi annuendo
mi tende i suoi libri. Li prendo subito sorridendo di rimando e
camminiamo vicini verso l’aula di biologia; mi muovo il
più lentamente possibile, sperando che questo momento duri
per sempre.
“Jared?” sento una vocetta stridula chiamarmi, ma
forse mi sembra stridula in confronto a quella delicata di Kim. Mi
giro, trovandomi davanti Allison che mi guarda preoccupata.
Mi stupisco di quanto ora mi sembri sciatta, banale ed inutile una
ragazza che fino ad un’ora fa mi piaceva da impazzire. I suoi
capelli biondi lunghi e ondulati mi sembrano banalissimi in confronto a
quelli lisci e lucenti di Kim; i suoi occhi azzurri sono freddi se
confrontati ad altri color cioccolato profondi e caldi; le labbra rosse
non reggono con quelle rosate e perfette della ragazza che mi
è accanto. Il corpo formoso non è nulla
paragonato a quello piccolo e delicato di Kim. Allison per me non
esiste più.
“Sì?” chiedo con tono spento, dato
che non vedo l’utilità di parlare con
lei e togliere l'attenzione dalla creatura perfetta che mi è
accanto.
“Cosa ci fai con questa?”
chiede velenosa e cattiva. Sento Kim sussultare e nascondersi dietro di
me: la rabbia che sento è davvero troppa e le mie mani
iniziano a tremare; in queste settimane sono stato bravo a
controllarmi, ma il pensiero di Kim spaventata e ferita è
terribile ed insopportabile.
“Questa ha un nome. Si chiama Kim,
Allison. E non rivolgerti a lei in questo modo.” ringhio,
arrabbiato come non mai. Sento che potrei scoppiare da un momento
all’altro.
“Scusa? E da quando difendi questa
sfigata?” chiede schifata. Ora la uccido, giuro a me stesso,
ma prima che possa fare un passo avanti la mano piccola e debole di Kim
mi afferra la maglietta: di certo non ha la forza per trattenermi, ma
se lei desidera che io mi fermi io mi fermerò. Smetto
all’instante di tremare, voltandomi verso di lei, che ha gli
occhi lucidi.
Mi chino su di lei, sfiorandole il viso con le dita: sussulta,
probabilmente per l’insolito calore della mia pelle, ma non
si ritrae “Tutto a posto Kim?” chiedo preoccupato.
Lei annuisce “Puoi accompagnarmi in classe?” chiede
implorante. Certo Kim, tutto quello che vuoi, non hai bisogno di
chiedermelo così: farò tutto quello
che desideri.
Prendendole la mano mi dirigo verso l’aula con una tale foga,
causata dal bisogno impellente di esaudire ogni sua richiesta, che
investo Allison ed un'altra decina di studenti facendo solo pochi
metri. Non che mi importi, comunque.
In un attimo siamo davanti all’aula di biologia.
“Grazie mille Jared. Sei stato molto gentile...”
sussurra Kim, mentre le ripasso i libri cpn attenzione, sebbene il mio
cuore cominci già a stringersi in una morsa fastidiosa.
“È un piacere. Se lo desideri, sarò qui
anche alla fine di quest’ora.”. Di di
sì, di di sì…
“Se per te non è un disturbo, mi piacerebbe
vederti anche dopo...” dice, arrossendo
all’inverosimile, e decido le guancie così rosse
le stanno d'incanto: le renderò così ogni volta
che potrò.
“Allora ci sarò. Buona lezione, Kim.” le
assicuro, portandomi la mano che ancora stingo alle labbra e baciandole
piano il palmo. È la sensazione più bella che io
abbia mai provato: la sua pelle è liscia, morbida e
profumata.
La sento trattenere il respiro e il suo cuore prende a battere alla
velocità della luce: sono io a scatenarle queste reazioni?
Spero di sì.
“Anche a te Jared.” mormora, sfilando delicatamente
la sua mano dalla mia ed entrando in classe. L’insegnante di
biologia entra subito dopo di lei, chiudendo la porta.
Il mio cuore perde dolorosamente un battito ed io mi sento perduto
mentre la mia vita si trova lontana da me. La preoccupazione che lei
possa ferirsi o che qualcuno la tratti male mi attanaglia stomaco,
cuore e cervello. Inizio a sudare e tremare preoccupato, mentre mi
dirigo verso la mia aula. Che lezione ho ora? Non riesco a ricordare.
Cosa mi è successo? Ora che è lontana riesco a
pensare più lucidamente rispetto a prima, quando la mia
mente era completamente sommersa da lei.
Mi tornano in mente tutti i pensieri di Sam e improvvisamente comprendo
cosa è successo. Provo le stesse sensazioni che Sam
provò quel giorno sulla spiaggia, quando la
incontrò. Come ho fatto a non pensarci prima? Eppure avevo
ragionato molto su quel particolare aspetto dell’essere lupo.
Su quanto volessi che fosse verità: ed ora è
accaduto.
Imprinting.
***
Boh,
non mi convince molto: descrivere l’imprinting senza copiare
la Meyer è difficilissimo, perché la descrizione
che ne fa Jacob è perfetta, credo. Io ho cercato di dire la
stessa cosa con parole diverse, ma sta a voi giudicare se ho reso
l’idea. Spero di sì, perché ho lavorato
molto a questo capitolo.
Ora
ci tengo a ringraziare le mie fantastiche quattro lettrici che anche
per il secondo capitolo hanno trovato il tempo di lasciarmi una
recensione. Grazie davvero a voi, le mie recensitrici adorate. Un
bacio, spero abbiate apprezzato questo capitolo che
è tutto per voi.Vi adoro.
Maka_Envy:
lui è un bestione, lei è dolcissima. La coppia
perfetta! Sono contenta che Jared ti faccia ridere, dato che
è proprio quello che voglio! Grazie di aver recensito anche
il secondo capitolo.
Princess
of vegeta6: la tua recensione mi ha fatto felicissima, davvero.
Ricevere tutti quei complimenti mi lusinga tantissimo. Sono contenta di
aver reso bene Jared, che alla fine è un ragazzo normale con
un “piccolo problema peloso”. Quello che mi preme
di più però è far trasparire la
grandezza ma allo stesso tempo la semplicità del suo amore
per Kim. È un amore grandissimo e assoluto, ma sono pur
sempre due adolescenti (ripeto: senza complessi, a differenza di Edward
e Bella) che vivono il loro amore con semplicità. Quindi
grazie mille per aver detto che ho trasmesso questo, perché
è proprio ciò che voglio. Spero che ti piaccia
anche questo capitolo e grazie ancora.
Jo
Hale: cara, grazie mille per i complimenti! Se mi seguirai fino alla
fine io ne sarò felicissima! È bello avere
lettrici gentili come te. Ed Alex è proprio detestabile,
così come Allison, ma purtroppo tornerà nei
prossimi capitoli, per la gioia di noi tutti.
Virgi_lycanthrope:
mi fa piacere che apprezzi il modo in cui ho reso Jared e la sua
ossessione per Kim. Spero che apprezzerai anche il modo in cui ho
descritto l’imprinting in questo capitolo. Grazie mille per i
complimenti,cara!
Baci,
Giuka
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Capitolo 4 *** String #4: Cry Baby ***
My Gravity
– Jared and Kim
Cry
Baby
Non
ero mai stata un ragazza goffa: la mia corporatura esile mi aveva
sempre consentito una buona agilità nei movimenti ed anche
una discreta forza fisica, nonostante le apparenze. Alla scuola
elementare non mi feci mai male durante le lezioni di educazione
fisica: le maestre mi trattavano con particolare cura ed attenzione,
sempre attente che non mi ferissi, ed io ero sveglia abbastanza per
tenermi lontana da ogni possibile rischio. Perciò fin tanto
che frequentavo la scuola primaria la mia misera statura e
l’esilità non erano mai state un problema: lo
diventarono con l’inizio della scuola superiore, quando tutte
le mie amiche cominciarono a maturare fisicamente ed io invece rimasi
un cosino minuscolo ed invisibile.
Da
quel momento educazione fisica diventò una tortura:
cominciai ad astenermi dal basket e dalla pallavolo, dato che i miei
compagni finivano sempre con l’ investirmi durante la foga
della partita, ed a sfruttare la mia agilità per schivare
pallonate/botte/compagni-grossi-come-orsi.
Inoltre c’era un nuovo fattore da tenere in considerazione: Jared.
A causa del suo… particolare rapporto
con me Jared tende ad essere un pochino iperprotettivo. O per meglio
dire, cerca di tenermi ad almeno dieci metri da qualsiasi fonte di
dolore, che si tratti di un essere umano, un oggetto inanimato o un
animale. Perciò se qualcuno durante la lezione mi ferisse
– Dio non voglia - Jared andrebbe
sicuramente in panico e quel qualcuno probabilmente dovrebbe vedersela
con un licantropo super arrabbiato.
Quindi pensandoci bene proprio non mi spiego come sia potuto succedere:
agilità + super-attenzione+ scaltrezza = niente
guai. Questo è ciò di cui ero sicura.
Evidentemente mi sbagliavo.
Ero ad educazione fisica: come al solito mi stavo scaldando
tranquillamente correndo rasente il muro della palestra mentre i miei
compagni giocavano a basket. Naturalmente pensavo a Jared: non penso a
nient’altro che lui da quando è cominciata la
nostra storia. Occupava la mia mente anche prima, ma era un
po’ come un mito irraggiungibile, qualcuno che non mi avrebbe
mai guardato. Ora invece è il mio
Jared.
Ora che ci ripenso probabilmente fu la mia distrazione che
causò il disastro: è stata tutta colpa mia.
Perché, accidenti, non vidi proprio quel
dannato pallone da basket che ad una velocità supersonica si
dirigeva minaccioso verso di me. Non sentii le urla di avvertimento dei
compagni e del professore, tanto meno quelle di Alex, meglio detto colui-che-lanciò-la-palla.
Sentii solo una gran botta sul lato destro del viso. L’urto
mi fece sbattere la guancia sinistra sul muro. Poi, il nero.
~
C’è
qualcosa di sbagliato, ma non riesco a capire cosa.
Riconosco
innanzitutto l’aria gelida che mi solletica i piedi senza
scarpe; poi sento la luce del sole che mi scalda il viso e
nient’altro, dato che sono infagottata in qualcosa che credo
sia una coperta. Vorrei aprire gli occhi, ma non li trovo. Avverto
dolore alla testa: pulsa fastidiosamente e l’andatura
ondeggiante di chi mi tiene in braccio non aiut- Un attimo.
Ecco cosa è sbagliato. Le braccia che mi reggono non sono
calde. O meglio lo sono, ma non di quel calore.
Sono tiepide e deboli in confronto ad altre più forti che mi
reggerebbero senza farmi ondeggiare in questo modo. La consapevolezza
che non sia Jared a portarmi mi da il panico e mi spinge ad aprire gli
occhi: la luce mi acceca e peggiora il mal di testa, ma non mi importa.
Prendo coraggio ed alzo lo sguardo.
No
no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no
no no.
Alex
Harrison. Quello che Jared odia
più di tutti. Oddio, no: perché tutte a me?
Non che io lo odi, anzi: Alex è un
bravo ragazzo, sebbene abbia deciso di confessarmi il suo amore proprio
quando cominciò la mia storia con Jared. Per essere esatti
disse di amarmi il giorno successivo alla grande confessione
(licantropi, imprinting, vampiri ecc), con un tempismo che sarebbe
stato quasi divertente se Jared non l’avesse presa
così male. È terribilmente geloso anche se non ne
ha motivo, dato che io amo solo lui. Jared però tende a non
rendersene conto ed in più Alex è odioso nei suoi
confronti: lo stuzzica in tutti i modi possibile ed immaginabili.
“Alex?” chiedo in un sussurro, ma sono talmente
vicina a lui che mi sente ugualmente.
Subito abbassa la testa verso di me con un’espressione
così colpevole sul viso che mi pento immediatamente di aver
pensato brutte cose di lui in questi pochi secondi.
“Kim, Kim, scusami! Non volevo colpirti ma ero troppo preso
dalla partita! E non ho visto che correvi e tu non ti sei accorta di
niente e-“
“Alex, respira. Va tutto bene. Mi fa solo un po’
male la testa...” lo rassicuro, sebbene il mal di testa sia
più un martellare continuo e senta anche un doloroso prurito
alla guancia sinistra.
“Il professore ha escluso un trauma cranico, quindi non
preoccuparti. Il problema è…” si
interrompe e la sua espressione si fa ancora più colpevole:
non capisco.
“Cosa Alex?”
“Niente, non preoccuparti… Siamo
arrivati.” risponde entrando in infermeria e chiamando la
Signorina Loren, l’infermiera. La reazione della donna mi
preoccupa: spalanca la bocca e corre subito verso di noi, aiutando Alex
ad entrare in una piccola stanzetta adiacente. Mi stendono
delicatamente su un lettino vicino alla finestra ed Alex mi aiuta a
sistemarmi meglio, sempre con quell’espressione dispiaciuta
sulla faccia. Poverino.
Sento l’infermiera armeggiare nell’armadietto delle
medicine mentre Alex, ancora accanto a me, mi sfiora la guancia
sinistra con la mano. Mi ritraggo subito, cercando di gettargli
un’occhiata torva: non credo di esserci riuscita
perché lui risponde con un sorriso dispiaciuto.
“Scusami, ti fa male?” chiede preoccupato.
“Non molto, perché?” in effetti non mi
sono scostata per il dolore.
Il sorriso svanisce dalle sue labbra “Mi dispiace
Kim.” ripete di nuovo. Ah, ho capito. Non
sono stupida, non lo sono mai stata: logicamente ricevere una pallonata
su una guancia e sbattere addosso ad un muro con l’altra
lascia un segno su una semplice faccia umana. Ora devo solo capire
quanto grande sia il danno.
“Quanto si vede, Alex?”
Lui capisce ed abbassa lo sguardo “Hai tutta la guancia
sinistra sbucciata, Kim. Mi dispiace così tanto!”
Perfetto:ora da ragazza poco carina sarò diventata inguardabile.
Grazie Alex.
“Jared sa che sono qui?” chiedo in un sussurro.
“Certo. Claire ha insistito per andarlo a chiamare. Diceva
che sarebbe stato peggio se l’avesse scoperto da
solo.” dice facendo una smorfia: forse ha capito di essere
nei guai, dato che sa benissimo quanto Jared sia protettivo nei miei
confronti.
“Allora è meglio che tu te ne vada,
Alex.”
Lui annuisce “Mi ucciderà, vero?”
Sorrido “Se riesco a parlagli prima che ti veda forse riesco
a salvarti la vita.”
Alex sospira, chinandosi a baciarmi la fronte. Trattengo il respiro,
arrabbiata, ma non dico niente: in fondo è stato gentile a
portarmi fin qui e comunque si stacca quasi subito, facendo qualche
passo verso l’uscita.
“Kim.”
Oddio.
È Jared: lo cerco subito con lo sguardo
finché non incontro i suoi occhi preoccupati. Lo vedo
trattenere il respiro e poi, un battito di ciglia dopo, mi trovo ad un
centimetro dal suo volto, contratto in un’ espressione
così addolorata che sembra stia per mettersi a piangere. Mi
sfiora anche lui la guancia con le dita, ma il suo tocco caldo ha il
potere di placare il dolore alla testa e la nausea.
“Jared…” sussurro felice avvicinandomi
al suo volto: sono quasi due ore che non lo vedo. Mi è
mancato.
“Ti fa male?” chiede crucciato senza smettere di
accarezzarmi con la punta delle dita.
“Assolutamente no.” rispondo chiudendo gli occhi:
con lui il dolore sembra non esistere.
Jared sospira fissandomi dispiaciuto negli occhi “Mi dispiace
così tanto, Kim!”
Apro di scatto gli occhi. Come
può scusarsi per qualcosa che non ha fatto?
“Non è colpa tua!” esclamo.
I suoi occhi si fanno arrabbiati in un attimo “Chi
è stato Kim? Claire non ha voluto dirmelo, quindi
è qualcuno che conosco.”
Con la coda dell’occhio cerco Alex, ma mi accorgo che
fortunatamente non è più nella stanza: non riesco
a mentire a Jared, per cui se fosse stato presente probabilmente ci
sarebbe stato uno spargimento di sangue.
“È stato un incidente. Ho perso
l’equilibrio.” sussurro abbassando gli occhi. Sento
le mie guancie andare a fuoco.
“Kim, lo sai che non sei capace di mentirmi. Chi è
stato?” chiede ancora.
Voglio mentire, lo voglio davvero. Ma non ci riesco: non è
nel mio carattere e soprattutto non con Jared.
Perciò, sospirando, dico la verità.
“Alex, con una pallonata.
Come al solito da cretina quale sono non mi sono accorta di nulla. Mi
hanno chiamata ed hanno cercato di avvisarmi, ma ero
sovrappensiero…”
“…”
“…”
“…”
“Jared?”
“…”
“Jared? Stai bene?”
“Certo.” dice in un sussurro. Poi comincia a
tremare: proprio quello che volevo evitare.
Avvolgo le sue mani con le mie, fissandolo negli occhi
“Calmati, Jared.” ordino.
“Scusami Kim” dice mentre il tremore già
si attenua “Ora però devo lasciarti. Vado ad
uccidere Harrison.”
“NO!” esclamo disperata, spalancando gli occhi e
stringendo di più le sue mani.
“Ti ha ferita.” ringhia, in una voce talmente bassa
e arrabbiata che mette i brividi anche a me. No, non voglio che Jared
sia arrabbiato con Alex, perché è tutta colpa
mia. Se deve arrabbiarsi con qualcuno, quel qualcuno sono io.
“È successo solo perché durante una
partita di basket una cretina come me è distratta e non
guarda dove mette i piedi…” mormoro mentre sento i
miei occhi diventare lucidi. Mi odio per essere così
dannatamente emotiva, ma non riesco a farci nulla. Dannata,
lamentosa ed insopportabile Kim…
Un secondo dopo sono premuta contro un petto caldo e solido, mentre le
braccia di Jared mi avvolgono la schiena ed il suo respiro mi solletica
il collo. Singhiozzo contro la sua maglietta bagnandola con le mie
lacrime, sfogando lo spavento, il sollievo per la sua vicinanza ed
anche l’irritazione verso me stessa.
Piagnucolo un po’, dimostrando ancora una volta tutta la mia
infantilità, mentre lui invece è come al solito
paziente nel cullarmi dolcemente. Come posso meritarmi tutto questo
amore? Come può amare una ragazzina infantile come me? Non
riesco a capire perché abbia avuto l’imprinting
con me: cosa ho più di Allison, la ragazza che gli piaceva
più? Perché io? Glielo ho chiesto tante volte e
Jared non ha saputo darmi una risposta. Sam ritiene che i lupi abbiamo
l’imprinting per generare licantropi più forti,
rifletto arrossendo, ma io non credo sia per questo. Penso
semplicemente che serva loro una persona che possa amarli, comprenderli
e aiutarli nella loro missione, ma questo non spiega perché
proprio io, la ragazzina più infantile e sfigata di La Push,
debba avere questa fortuna.
Cerco di staccarmi per asciugarmi gli occhi e smettere di fare la
bambina, ma lui me lo impedisce stringendomi più forte.
Completamente sconfitta mi abbandono tra le sue braccia avvolgendogli
il collo con le mani, ancora singhiozzante. Jared mi accarezza piano la
schiena con le mani calde, baciandomi di tanto in tanto i capelli. Odiosamente
adorabile.
“Eh-ehm…”sento la Signorina Loren
tossicchiare nervosa e cerco nuovamente di staccarmi da Jared: stavolta
mi lascia fare, seppur continuando a tenermi stretta a lui, e rivolge
all’infermiera uno sguardo indecifrabile.
“Dovrei disinfettarle la guancia, Signorina Najera, ed anche
applicarle un cerotto.” chiarisce dispiaciuta di
interromperci. Io le sorrido timidamente per poi spingere con decisione
sul petto di Jared. Lui si allontana subito, incrociando le braccia e
rimanendo vicino al lettino.
L’infermiera si avvicina con un batuffolo di cotone imbevuto
di disinfettante: deglutisco terrorizzata, afferrando la mano di Jared,
e gemo di dolore quando poggia lo poggia sulla mia guancia. Brucia da
morire e gli occhi mi diventano di nuovo lucidi, mentre gli stringo
forte per non piangere di nuovo: non credo che potrei sopportarmi
se lo facessi.
Sento Jared sobbalzare a fianco a me, ma gli stringo più
forte la mano e lui si calma: resta immobile per tutta la medicazione,
senza togliere il suo sguardo dalle mani della Signorina Loren,
protettivo come al solito. Non mi stupisco della velocità
con cui l’infermiera mi applica il cerotto, né di
come scappi via –letteralmente- borbottando
qualcosa su delle pratiche, chiaramente in soggezione dallo sguardo di
Jared.
La sento chiudere la porta e restiamo soli nella stanza. Io osservo
imbarazzata i miei pantaloni da
ginnastica e sento i suoi occhi fissarmi con insistenza. Mi accorgo di
stringere ancora la sua mano e lo mollo di scatto, ma lui subito mi
avvolge la mano con la sua, molto più grande, e se la porta
alle labbra. Finalmente alzo lo sguardo e rimango senza parole.
Gli occhi lucidi di Jared sono così addolorati da lasciarmi
senza fiato per la sorpresa. Fissa la mia guancia con espressione
torturata e poggia le labbra tremanti sulle mie dita, baciandomele una
per una, centimetro per centimetro.
Di riflesso, il suo dolore è il mio: non riesco a sopportare
che lui soffra così per me. Non è giusto che
l’imprinting lo costringa ad amarmi in questo modo assoluto,
non è giusto che sia costretto a preoccuparsi per me, a
coccolarmi, a viziarmi. Jared fa tutto quello che voglio e pensa in
continuazione a rendermi felice ed il brutto è che io sono
talmente egoista da essere al settimo cielo per questa situazione: ogni
volta che incontro il suo sguardo adorante, preoccupato o amorevole il
mio cuore galoppa di gioia ed io non posso evitarlo. E mi sento in
colpa ogni volta e non glielo dico, perché poi si sentirebbe
male perché io sto male e non finirebbe più.
Siamo così io e Jared: soffro quando soffre, soffre quando
soffro. Lui però è costretto, mentre io lo amo
per scelta.
Sospirando stringo la sua mano e la tiro con decisione verso di me,
allungandomi verso di Jared. Lui si piega subito ed io poggio le mie
labbra sulle sue; Jared mi avvolge con le braccia, sollevandomi dal
letto senza sforzo, ed io lo stringo di più a me senza
smettere di baciarlo. Sento le sue mani alzare un po’ la mia
maglietta e accarezzarmi la pelle nuda e tiepida, per poi avvolgermi
completamente il busto e prendermi quasi in braccio, tanta è
la foga che ci mette. Naturalmente io non mi lamento ed anzi lo aiuto a
sollevarmi, scaldata dal suo calore e finalmente tranquilla:
l’agitazione, il dolore, la preoccupazione… Tutto
scivola via.
Quando ci stacchiamo, entrambi senza fiato, la sua espressione
è più serena. Sorrido, felice di averlo
tranquillizzato, e lui trattiene rumorosamente il respiro, fissandomi
abbagliato: per un attimo sono felice per la sua adorazione, poi mi
invade il senso di colpa.
“Devi smetterla di preoccuparti per me.” affermo
ansimante e sconvolta.
Lui sorride dolcemente “Lo sai che non posso farlo. Non sai
quanto mi fa male vederti ferita… ”
“Mi dispiace, la prossima volta starò
più attenta.” dico arrossendo.
“Ti prego, cerca di farlo. Non riesco nemmeno a guardarti,
Kim.” sussurra distrutto.
“Ci proverò, ma non ti assicuro niente.”
Lui corruga le sopraciglia “E comunque dovrò dire
due paroline ai tuoi compagni di classe.”
“No Jared, ti prego non farlo! Sarebbe tremendamente
imbarazzante…”
Lui mi fissa negli occhi con un’espressione seria e ardente
“Insisto.” dice ed io riesco semplicemente ad
annuire. Lo odio quando fa così. Maledetto lupo
super-protettivo e super-affascinante.
“Niente spargimenti di sangue, però...”
sussurro disperata abbassando la testa. Spero che Alex riesca a non
farsi mai trovare da lui.
“Ti farebbe stare meglio?” chiede Jared, alzandomi
il mento con la mano, delicatamente.
“No, anzi.” sussurro rapita. I suoi occhi sono del
più bel marrone che abbia mai visto.
“Allora niente sangue.” assicura sorridendo
“Chiederò semplicemente di fare più
attenzione a non colpire quella piccola ragazzina piagnucolona che
corre intorno alla palestra!”
Io arrossisco e lui mi da un buffetto sul naso “Scusami, ma
non riesco a non prenderti in giro quando piangi. Mi serve per
sdrammatizzare” dice sorridendo colpevole “Comunque
pensi di riuscire ad alzarti, cry baby?” mi
chiede prendendomi in giro. Io scuoto la testa e allungo le braccia
verso di lui, ammiccando con un sorriso. Jared sorride di rimando e mi
prende in braccio senza sforzo, mentre io appoggio la testa
nell’incavo della sua spalla.
D’accordo,
non me lo merito; d’accordo, è troppo per me;
d’accordo, mi rende assurdamente felice.
Ma io amo Jared, lo amo di
quell’amore con la A maiuscola, più di Allison e
di tutte le oche che lo vogliono solo per il suo bel viso, e gli
darò tutto ciò che posso dargli in cambio del suo
amore: me stessa. Perché sarò anche una
piagnucolona, ma sono la sua piagnucolona ed
è tutto quello che conta.
La
sua cry baby.
***
Personalmente
credo che Kim assomigli sempre di più ad una Mary Sue: se
sembra così anche a voi vi prego di dirmelo,
perché è proprio quello che voglio evitare.
Vorrei caratterizzare Kim come una ragazza timida ed alle prese con un
amore troppo grande per un semplice essere umano. È il
centro della vita di un’altra persona che dipende in tutto e
per tutto da lei e non penso sia così facile da sopportare!
Spero di averlo reso bene e di farvela stare simpatica. In fondo
è una semplice adolescente.
In
uno dei prossimi capitoli riprenderò il fatto che Kim senta
l’amore di Jared verso di lei come qualcosa a cui lui
è stato obbligato: ci tengo particolarmente e sto
già scrivendo quel capitolo.
Sono
contenta da morire: da quattro recensioni sono passata ad otto! Non so
davvero come ringraziarvi. Grazie alle quattro fedelissime recensitrici
ma anche alle nuove persone che hanno trovato il tempo di lasciarmi un
commento. Grazie di cuore a tutte voi.
MartinaCullen:
*inchino* Sembro la Meyer? Oddio, grazie di cuore. È un
super complimento, dato che sono una sua grandissima fan! Grazie grazie
grazie.
Jo
Hale: *doppio inchino* sono felice che il capitolo ti sia piaciuto. Il
fatto di Kat-Kim era per sottolineare che Jared non l’avesse
proprio mai considerata e poi, di colpo, cambia tutto. Grazie di cuore
per tutti i tuoi complimenti, anche perché è
stato un capitolo difficile da scrivere: l’imprinting
è una cosa seria cavoli!
Maka
Envy: cara, sono contenta di farti innamorare di questa coppia!
Veramente, farla amare anche ad altre persone è fantastico,
anche perché le persone che si concentrano anche su altri
personaggi oltre ai Cullen sono davvero poche e tu, recensendo la mia
piccola raccolta, dimostri di saper amare anche i poveri esclusi.
Quindi grazie di cuore e spero che Kim ti sia piaciuta in questo
capitolo come nell’altro!
Virgi_lycanthrope:
grazie grazie grazie. Kim, poverina, vorrei piacesse a tutti. Quindi se
tu la apprezzi sono felice, così come sono felice di aver
reso bene l’imprinting. E sarò felice se
recensirai anche questo capitolo, cara!
Princess
of vegeta6: *inchino con ola* Tesoro, leggendo la tua recensione mi
sono commossa, uccisa dal ridere ed emozionata, nell’ordine.
Sapere che mi apprezzi così tanto come scrittrice
è… WOW! Cioè mi riempie di una gioia
assurda, quindi GRAZIE, con tutto il cuore. Per
quanto riguarda il trattato sull’acciaio giuro che ho riso
per un quarto d’ora. Poi sono andata a rileggere quella parte
ed ho pensato: cavoli, ha ragione! Quindi sono felice che tu abbia
apprezzato il “mio” imprinting, perché
ci ho messo l’anima: volevo proprio far vedere il cambiamento
di Jared, costretto da una forza più grande di lui ad amare
in modo assoluto una persona. E comunque, essere l’imprinting
di un lupo è il mio sogno proibito! Non capisco come tante
ragazze possano sognare che un vampiro di innamori di loro: cavoli, i
lupi sono super alti, super muscolosi e super caldi! Cosa si
può volere di più? Va beh, vaneggi a parte grazie
di cuore per aver recensito e per avermi fatto tutti quei complimenti,
sono contenta che la mia fanfiction ti abbia aiutata in una giornata
nera: non potrei desiderare di meglio. Spero davvero che questo
capitolo ti sia piaciuto come l’altro.
Pazzerella_92:
grazie mille!
FlyDreamer:
grazie anche a te! Sono felice che Jared ti piaccia.
Niky_95:
non sono una licantropa anche se ammetto che mi piacerebbe! Sono
d’accordo con te, la Meyer ama troppo gli amori complicati ed
impossibili per potersi soffermare su una storia semplice come quella
di Jared e Kim. Proprio per questo scrivo di loro: hanno bisogno che
qualcuno dedichi loro un po’ di spazio, poverini! Se
continuerai a seguirmi mi farai super felice, davvero! Spero che questo
capitolo ti sia piaciuto e grazie per aver letto e recensito.
Grazie
anche a tutti coloro che hanno messo nei preferiti!
Baci,
Giuka.
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Capitolo 5 *** String #5: Falò ***
My
Gravity: Jared and Kim
Falò
Lo sapevo che
non avrei dovuto accettare. Perché ho acconsentito ad una
simile richiesta? Ah sì, giusto: gli occhioni da cane
bastonato di Jared, che riescono sempre ad incantarmi. Sospirai e
appoggiai la fronte contro il freddo vetro del pick-up, ormai
rassegnata.
Sentii Jared muoversi irrequieto sul sedile e poi la sua mano calda mi
sfiorò la spalla.
“Dai amore, stai tranquilla. Vedrai che andrà
benissimo.” disse con tono incoraggiante, cercando di
tranquillizzarmi.
“Lo sai che sarà un disastro.”
piagnucolai invece io: sapevo bene che tutto sarebbe andato male.
“È solo un falò, Kim.”
chiarì esasperato lui.
“Un falò con tante altre persone!”
Lui sorrise “Sono i miei fratelli, tesoro, e non vedono
l’ora di conoscere il mio
imprinting.” disse, calcando sull’aggettivo
possessivo e causando il mio immediato rossore.
“Appunto..” sussurrai, stringendomi nel giubbotto
senza maniche che indossavo e maledicendo la mia timidezza.
“Kim, per favore, non cominciare con i tuoi soliti sensi
d’inferiorità!”
Sbuffai irritata, lanciandogli un’occhiataccia “Non
è quello, Jared. Sai quanto sono timida! Riesco a malapena a
parlare con te e sono già quattro mesi che stiamo insieme!
Stasera non riuscirò nemmeno a dire una parola e ti
metterò come al solito in imbarazzo!”
La macchina si fermò di colpo e Jared si voltò
verso di me sorridendo malizioso; un secondo dopo ero premuta contro il
sedile, avvolta in un abbraccio caldo e coinvolta in un bacio ancora
più ardente. Sentii il sedile piegarsi un po’ con
un crack preoccupante ma non me ne curai, troppo impegnata a godermi il
bacio. Jared però si staccò poco dopo,
lasciandomi insoddisfatta ed imbarazzatissima.
“D’accordo, dolcezza, noi non parliamo molto, ma
recuperiamo in altre occasioni no?” sussurrò
sorridendo e facendo andare le mie guancie a fuoco. In effetti io e
Jared siamo perennemente impegnati a toccarci, che
si tratti di tenersi le mani, abbracciarci o… Altro. Diciamo
che lui ne sente il bisogno a causa dell’imprinting ed io
certo non mi lamento.
Lo spinsi di nuovo sul suo sedile, cercando di nascondere
l’imbarazzo “Muoviti e guida, Jared!”
“Siamo già arrivati, Kim.” rispose lui
scendendo dal pick-up. Naturalmente non feci nemmeno in tempo ad aprire
la mia portiera che lui mi aveva già sollevato per i fianchi
e depositato dolcemente sul terreno, sorridendomi dall’alto.
Arrossì e lo abbracciai, mormorando un grazie delicato
contro il suo petto e inspirando il suo profumo: legno e salsedine.
Jared rise “Mi annusi Kim?” chiese sciogliendo
l’abbraccio e avvolgendomi testa, spalla destra, schiena e
fianco con un solo braccio: mi stupisco sempre di quanto sia enorme.
Jared mi attirò contro il suo fianco destro ed io gli
avvolsi la vita con le braccia, stringendomi più a lui per
proteggermi dal vento gelido.
“Sei ancora agitata?” mi chiese mentre camminavamo.
Sorrisi, pensando a come non potesse fare a meno di preoccuparsi per me
nemmeno quando facevo la bambina capricciosa.
“Abbastanza, ma ce la faccio. Parlerò poco,
però.”
“Ci sarà anche Emily, potresti parlare con
lei.” propose lui con tono pacato, ma, sinceramente, io mi
sentivo intimidita da lei. Le poche volte in cui l’avevo
incontrata al supermercato o in qualche negozio il fatto di conoscere
la vera origine delle sue cicatrici mi faceva sentire strana. In
più lei era parte integrante del branco: li aiutava,
cucinava e si prendeva cura di loro amorevolmente; io invece ero solo
il timido imprinting di Jared.
“Mi farebbe molto piacere.” ammisi sinceramente.
Jared sorrise “Bene. Probabilmente ci sarà anche
Bella Swan.”
Sobbalzai. Bella, migliore amica nonché ragazza amata da
Jacob Black e fidanzata del vampiro Edward Cullen; quando Jared mi
raccontò dell’esistenza dei Cullen ne rimasi
assolutamente terrorizzata. Potevo accettare l’esistenza dei
licantropi, seppur con qualche perplessità, ma non che
esistessero nel mondo dei vampiri succhiasangue. Poco importava che i
Cullen fossero vegetariani, io ne rimasi terrorizzata: il pensiero che
uno di loro potesse uccidere uno dei miei familiari o amici mi dava il
voltastomaco. Poi però Jared mi parlò della “sporca
e sbagliata” relazione tra Bella ed Edward ed io ne
rimasi affascinata, colpita e stregata. Lei lo amava a tal punto da non
aver paura né dei suoi denti affilati, né della
sua pelle dura e freddissima, né della sua dieta. Bella
amava una sanguisuga ed io ero piena di incertezze sulla mia relazione
con un licantropo. Ero proprio una cretina.
“Uhm.” riuscii a mugugnare dopo una ventina di
secondi.
Jared tornò serissimo “Non lascerò
nemmeno che ti si avvicini.” assicurò subito,
credendo che la mia reazione fosse causata dalla paura.
“No, voglio conoscerla…”
“Beh, se vuoi conoscerla allora va bene. Penso che ti
piacerà: se solo non frequentasse quelle sanguisughe sarebbe
proprio forte.” disse ghignando “Un po’
timida forse, ma divertente.”
“Spero almeno che sia taciturna quanto me, così mi
sentirò meno a disagio.” ammisi stringendomi di
più a Jared.
Lo sentii ridere da qualche parte sopra la mia testa e arrossii
“Sarai anche troppo timida, Kimmy, ma sei perfetta
così. E poi, ti preferisco in altri
momenti…” insinuò malizioso: quando
faceva così era davvero irritante. Da quando la nostra
relazione era passata al livello successivo non
faceva che parlare di quello. Dannato licantropo super-attraente a cui
non riuscivo mai a dire no.
“Sei il peggior licantropo della storia, Jared.”
borbottai arrossendo all’inverosimile, mentre sentivo le miei
guancie andare a fuoco “E sei irritante.”
“Sono d’accordo, ragazzina!”
esclamò una voce roca e profonda, simile a quella di Jared,
proveniente dalla foresta.
“Stai zitto,Paul, che così la spaventi.”
disse una voce più autoritaria e calma della precedente.
“Jared ha detto che è timida.” concluse
un’altra, mentre un gruppo di ragazzi –licantropi-
avanzava lento verso di noi dalla foresta. Arrossii imbarazzata e
accennai un sorriso timido, mentre Jared mi stringeva di più
a sé.
“Eddai Jared, mica mordo!” disse il ragazzo che
aveva parlato per primo, raggiungendoci in due passi veloci con la mano
tesa verso di me “Io sono Paul.” si
presentò, ma prima che potessi rispondere Jared mi
spostò dietro la sua schiena, nascondendomi a Paul.
“Paul, razza d’idiota, ti avevo detto di essere
più delicato con lei! È timida!”
ruggì, facendomi sprofondare d’imbarazzo: non
doveva essere così protettivo dopo aver insistito in quel
modo per farmi incontrare i suoi fratelli. Gli tirai dolcemente la
maglietta, attirando la sua attenzione su di me.
“Non c’è problema, Jared.”
sussurrai cercando di sorpassarlo; lui non sembrava convinto, ma si
spostò portandomi davanti a lui e appoggiando le sue grandi
mani calde sulle mie spalle.
Sorrisi timidamente a Paul, che era alto come Jared, portava i capelli
cortissimi ed aveva dei lineamenti molto duri. Indossava solo un paio
di pantaloncini e questo mi fece arrossire ancora di più, ma
gli tesi educatamente la mano.
“P-piacere. Sono Kim.” mi presentai, cercando di
controllare la voce. Paul rispose con un sorriso più simile
ad una smorfia e strinse delicatamente la mia mano; sentii Jared
irrigidirsi, ma non me ne preoccupai e ricambia la stretta.
Quando Paul si spostò dal gruppo si fece avanti un ragazzo
con i capelli lunghi fino alle spalle ed un’aria tranquilla e
pacata: Sam. Me ne sentii subito intimorita.
Il ragazzo si piegò un po’ per guardarmi negli
occhi e prese la mia mano senza aspettare che gliela porgessi
“È un piacere conoscerti, Kim. Benvenuta nel
branco. Io sono Sam Uley.”
“Piacere mio.” sussurrai cercando con tutte le mie
forze di non abbassare lo sguardo, ma non vi riuscii e presi a fissare
la punta delle mie Converse blu. Segretamente però ero
davvero felice del fatto che mi avesse detto benvenuta nel
branco: io volevo essere parte del branco.
Sam sciolse la stretta delle nostre mani e allungò il
braccio verso destra verso una figura femminile formosa e conosciuta:
Emily si avvicinò sorridente verso di noi, guardandomi con
curiosità.
“Dovreste già conoscervi: Kim, questa è
la mia Emily.” disse con una voce
diversa, carezzevole, e calcando sul pronome possessivo proprio come
faceva sempre Jared.
Emily mi sorrise sincera e prese la mia mano “Ciao Kim! Sono
davvero felice che Jared abbia finalmente deciso di portarti da noi.
Almeno non sarò più l’unica
ragazza!” disse contenta. Io fui abbastanza discreta ed
educata da guardarla in viso mentre parlava senza tuttavia soffermarmi
sulle cicatrici.
“G-grazie E-Emily. È un piacere
conoscerti.” dissi cercando di sorridere: ottenni un
arricciamento degli angoli della bocca.
Sam ed Emily –che sussurrò un “Che
carina!” a Jared, causando il mio immediato
imbarazzo- si spostarono ed un ragazzo più tarchiato
rispetto a Jared, Sam e Paul si avvicinò.
“Kim! Non posso dire che sia un piacere conoscerti
perché è come se ti conoscessi già.
Jared non fa che pensare a te dalla mattina alla sera, è
davvero fastidioso. Comunque, io sono Quil!” disse tutto
d’un fiato, stringendomi la mano e facendomi sorridere:
sapere che Jared mi pensava sempre causò una piacevole
sensazione di calore allo stomaco. Quil sorrise di rimando e si
allontanò, mentre si avvicinava l’ultimo ragazzo.
“Sono Embry, Kim. Scusa se non mi trattengo, ma ho troppa
paura che Jared mi uccida. Però è davvero un
piacere conoscerti.” disse sorridendo e spostandosi subito,
guardando Jared con un’espressione compiaciuta che non capii:
ero così felice di non aver balbettato troppo che vedevo
tutto luminoso. Probabilmente anche Jared era contento,
perché lo sentii rilassarsi e togliere le sue mani dalle mie
spalle, per poi intrecciare la destra con la mia.
Paul rise sguaiatamente “Visto, scemo? Tante storie per
nulla!”
“Tu stalle comunque ad almeno due
metri di distanza. Forza, due passi indietro.” rispose Jared,
facendo un gesto eloquente con la mano verso destra; Paul fece per
rispondere qualcosa, ma Sam sibilò qualcosa che non compresi
e Paul si limitò ad annuire.
“Come vuoi, come vuoi…” disse
allontanandosi, borbottando qualcosa sull’annullamento
della personalità post imprinting e facendomi
sorridere divertita: i suoi comportamenti infantili creavano uno strano
contrasto con le fattezze del volto e del corpo, fin troppo adulte per
un diciassettenne.
“Almeno lui ce l’aveva una personalità,
Paul. Tu sei sempre stato solo un ammasso di muscoli!”
esclamò Embry ridendo della propria battuta, subito seguito
da Quil. Mi sembravano entrambi euforici, anche se non ne capii il
motivo, ed il sorrisino non accennava a sparire dalle mie labbra.
“E me ne vanto, ragazzino! Jared sembra un cane al
guinzaglio!” rispose Paul facendomi trasalire. Il sorriso mi
si gelò sulle labbra: cane al guinzaglio? Perché?
“Paul, smettila.”
“Sam, perché rimproveri solo me? Ha cominciato
Jared!”
“Tu stai lontano da Kim e vedrai che Jared non ti
dirà più niente. Giusto Jared?”
“Giusto Sam.” asserì Jared, mentre io
arrossii nuovamente, sentendo troppi sguardi su di me: Paul mi gettava
occhiate di sbieco, Embry e Quil borbottavano qualcosa fissandomi,
Emily mi squadrava incuriosita e Jared preoccupato. C’era
troppa attenzione su di me e cominciavo a sentirmi a disagio.
“Non è necessario, Jared…”
sussurrai, cercando di calmare Jared, ma nessuno mi badò
più di tanto.
“Va bene, va bene, me ne vado. Vi aspetto al
falò.” disse Paul sconfitto, allontanandosi
velocemente tra gli alberi. Mi voltai un po’ irritata verso
Jared, che sorrise colpevole accarezzandomi la frangetta con la mano
libera: sebbene fossi decisa a dirgli quanto il suo comportamento fosse
stato assolutamente esagerato, mi tesi automaticamente contro la sua
mano calda, causando un suo sorriso compiaciuto.
“Scusami, Kim, se ti ho messo in imbarazzo, ma se conoscessi
meglio Paul saresti d’accordo con me. Deve starti
lontano.” si scusò, cingendomi con un braccio e
incamminandosi nella direzione di Paul, seguito da tutti gli altri. Ci
addentrammo ancora un po’ nel bosco, mentre il sole era
cominciava a tramontare, e rimasi affascinata dalla natura che ci
circondava. Non ero mai entrata nel fitto della foresta per paura degli
animali che vi abitavano, ma protetta dal mio licantropo mi sentivo
completamente al sicuro.
“Ehi Kim, ma di dove sei tu?” chiese
improvvisamente Embry, affiancandoci con due grossi passi seguito da
Quil, causando uno sbuffo infastidito da parte di Jared.
“Sono d-di La Push, abito vicino
all’asilo…” risposi arrossendo.
Lui corrugò le sopracciglia “Ma non ti ho mai
vista a La Push. Jared ti tiene segregata in casa?”
sghignazzò, tirando un pugno scherzoso sul braccio di Jared,
che arrossì. Effettivamente da quando stavamo insieme uscivo
molto raramente, dato che preferivo passare tutto il mio tempo libero
con lui, ma sapevo che era un altro il motivo per cui Embry non mi
aveva mai visto.
“Certo che no. È che non s-sono una persona che si
nota facilmente, ecco.”
“In che senso?” chiese Embry.
Quella domanda mi fece venire in mente il primo dialogo avuto con
Jared, ormai ben quattro mesi fa, e sorrisi tra me e me “La
gente preferisce i-ignorarmi, di solito.”
“Perché? Sei così carina
Kim!” esclamò sorridendo sinceramente e
guardandomi negli occhi. Jared probabilmente non gradì il
complimento, perché ringhiò stringendomi a
sé. Lo guardai sbalordita per la sua eccessiva reazione:
probabilmente Embry lo aveva detto solo per essere gentile, non poteva
pensarlo davvero.
“Oddio, Jared, sei così geloso! Kim, non ti da
fastidio questo deficiente?” chiese Quil ridendo. Jared mi
infastidiva? No, certo che no: adoravo le sue attenzioni, le sue
carezze, i suoi baci e tutte le premure che aveva nei miei confronti,
ma la sua eccessiva gelosia e proiettività mi irritavano. In
sedici anni non avevo mai avuto bisogno di essere protetta e di certo
non ne avevo bisogno adesso.
“A volte sì.” ammisi a malincuore e
Jared rinforzò un po’ la stretta attorno ai miei
fianchi, abbassandosi per guardarmi negli occhi.
“Ti do fastidio, Kim?” mi chiese con gli occhi
lucidi: ecco, ora come potevo resistergli? I suoi occhi erano
così teneri che mi sentii in colpa per aver risposto in quel
modo a Quil.
“No no! Assolutamente no, scherzavo!” esclamai
subito, spalancando gli occhi e cominciando a gesticolare. Le sue
labbra si tesero in un sorriso divertito e poi scoppiò a
ridere.
“Ah ah ah, ci caschi sempre Kim!” rise e mi
pizzicò il naso con due dita: arrossii.
“Che carina, si è imbarazzata!”
esclamò Embry chinandosi a guardarmi come si fa con i
bambini piccoli, il sorriso enorme ben visibile sulla faccia ed il tono
carezzevole.
“Oddio sembra un pupazzetto, potremmo farne la nostra
mascotte!” rincarò la dose Quil, avvicinandosi
anche lui: le guancie cominciarono a bruciacchiare.
Embry scosse la testa “Nah, è troppo carina per
fare solo la mascotte, dovremo trovarle un ruolo più
interessante!” disse guardando il mio ragazzo: non vedevo la
sua espressione, troppo in alto per essere alla mia portata, ma lo
sentii irrigidirsi.
“Le facciamo fare il calendario dei licantropi?”
propose Quil malizioso, causandomi una vampata di imbarazzo
così grande ed improvvisa che cominciò a mancarmi
il respiro.
“ASSOLUTAMENTE NO!” abbaiò Jared
arrabbiato.
“Ne esiste uno?” chiese Embry interessato: iniziai
ad ansimare, ma Jared, troppo impegnato a guardare in cagnesco Quil,
non se ne accorse.
Jared ringhiò “Ehi, razza di cretino, il
calendario lo farai fare al tuo imprinting quando ne avrai uno. Lascia
stare il mio!”
Quil rise ignorando Jared “Da adesso sì: Kim non
sarà molto formosa ma secondo me viene fuori un bel
lavoro!”
Quello fu il limite: ero talmente imbarazzata che cominciò a
girarmi la testa e dovette aggrapparmi a
Jared. Sentivo il volto andare a fuoco ed il respiro mozzato:
un’altra delle mie solite, infantili crisi
d’imbarazzo causate dall’eccessiva timidezza.
Jared doveva essersi accorto del mio imbarazzo, finalmente,
perché si chinò e mi prese il volto con le sue
mani, guardandomi in panico.
“KIM! Scusami Kim, avrei dovuto fermarli prima. Mi dispiace
così tanto!” esclamò ad alta voce
facendo voltare tutti gli altri e peggiorando la mia crisi.
Emily si avvicinò preoccupata “Stai male,
Kim?”
“N-n-n-n” cercai di rispondere, ma non ci riuscii.
“Sta bene, non preoccupatevi.” disse Jared senza
staccare i suoi occhi dai miei “Kim, tesoro, non devi
imbarazzarti, stavano solo scherzando. Respira.” Ubbidii e mi
sentii subito meglio. Vidi Emily trascinare via gli altri e rimasi sola
con Jared, che mi fissava ancora preoccupato.
“Stai meglio, Kimmy?”
Sospirai e mi tuffai sul suo petto, abbracciandolo stretto: avvertii le
sue braccia avvolgermi dolcemente.
“Non volevano metterti in imbarazzo, Kim, volevano solo far
ingelosire me. E ci sono anche riusciti.”
Sospirai “Lo so, scusa. Mi comporto sempre da
cretina.”
“No, Kim. Tu non potresti passare per cretina nemmeno se
volessi. Sei troppo intelligente.” disse serio da qualche
parte sopra la mia testa, poggiando il mento sopra la mia. Sentii la
solita, piacevole stretta allo stomaco che i suoi complimenti mi
procuravano e sorrisi staccandomi dal suo petto. Mi sporsi verso di
lui, le labbra tese. Anche in punta di piedi arrivavo appena alla sua
spalla, ma lui mi venne subito incontro evitando che mi arrampicassi
sul suo petto. Sospirò il mio nome ed appoggiò
con dolcezza le sue labbra sulle mie, sfiorandomi i fianchi con le sue
mani: anche attraverso i jeans riuscivo a sentire il confortante calore
della sua pelle.
Con le mani gli sfiorai le spalle, il collo, le guancie e poi le
infilai tra i suo capelli arruffati, accarezzando il profilo del suo
labbro inferiore con la lingua e mordendolo poi delicatamente. Il corpo
di Jared reagì immediatamente: le sue braccia si avvolsero
attorno alla mia schiena schiacciandomi contro il suo petto e le sue
labbra si fecero più insistenti. Avvolsi le gambe attorno
alla sua vita e appoggiai i gomiti sulle sue spalle, senza smettere di
baciarlo; si irrigidì con un gemito roco di sorpresa e le
sue mani si spostarono sotto il mio giubbotto, alla ricerca della mia
pelle. Gemetti anche io quando lo sentii accarezzarmi dolcemente la
schiena e lo baciai con più calma, gustandomi appieno le
sensazione che Jared sapeva darmi.
Mi staccai per la mancanza di fiato, ma rimasi con la fronte appoggiata
alla sua, ansimante. Jared aprì gli occhi e mi stupii di
trovarli lucidi e intensi, quasi cupi; ansimava anche lui,
più rumorosamente di me, e gli tremavano le mani.
“Avvertimi la prossima volta che intendi fare qualcosa di
simile, Kim.” disse serio, guardandomi intensamente negli
occhi e facendomi arrossire un po’.
“Ti è dispiaciuto?”
Sorrise “Certo che no, Kim.”
“E allora qual è il problema?”
“Il problema è che mi è piaciuto
troppo, Kim. Stavo per spogliarti, ma non so se avresti
gradito.” sussurrò contro le mie labbra. Arrossii
e boccheggiai, improvvisamente consapevole di quanto il mio gesto fosse
stato.. Inopportuno.
Mi coprii il viso con le mani, rendendomi conto di essere ancora in
braccio a lui “Oh Jared, sono così imbarazzata!
Mettimi giù!”
Lui scosse la testa “E perché? Sto così
bene così, Kimmy. Non essere imbarazzata.”
“Mettimi giù.” ribadii, testarda, e lui
obbedì con un sospiro. Imbronciata, presi a camminare nella
direzione in cui si erano diretti gli altri, subito seguita da Jared.
“Amore, sei arrabbiata?”
“No, sono estremamente imbarazzata dai tuoi commenti
sconveniente. Risparmiameli, Jared.” dissi senza guardarlo.
Lo sentii ridere e cingermi dolcemente un fianco con la mano,
stringendomi a lui: naturalmente dimenticai l’irritazione e
mi abbandonai docilmente contro il suo petto.
Giungemmo in una piccola spiaggetta circondata rocce e
cespugli, leggermente riparata e nascosta dal resto della spiaggia. Al centro Sam,
Embry e Paul stavano disponendo la legna per i falò, mentre
Emily sedeva placidamente su di una coperta, intenda a tagliare pani da
hot-dog; quando Sam ci vide un piccolo sorriso gli
attraversò le labbra e come sempre non capii la sua
espressione. Quel ragazzo era davvero un’incognita per me.
“Jared, noi andiamo a cercare la legna asciutta. Vieni con
noi?” chiese, ma sembrava più un ordine.
Jared annuì “Certo. Kim, ti dispiace aspettare qui
con Emily?”
“Certo che no, Jared, vai pure.”
Jared scese a baciarmi le labbra ed Embry fischiò
“Perfetto. A dopo, tesoro.” sussurrò
contro le mie labbra.
“Che schifo. Non bastavamo Sam ed Emily, ora ci tocca
sorbirci un’altra coppietta felice ed innamorata!”
commentò qualcuno, ma ero troppo impegnata per rendermi
conto di chi fosse. Quando Jared si staccò fu una
sofferenza: lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava, assalito
scherzosamente da un esagitato Quil, e sospirai arrossendo al ricordo
del bacio di poco prima. Probabilmente sembravo una di quelle ragazzine
innamorate con gli occhi a cuore che si vedevano nei film, ma non me ne
importava e continuai a fissare Jared finché non fu
completamente immerso nell’oscurità.
“È strano all’inizio, non è
vero?” mi voltai verso Emily, che mi sorrideva dolcemente.
“Un po’.” ammisi, pensando a quanto tutto
fosse così inverosimile, pazzesco, ultraterreno.
Emily mi fece segno di avvicinarmi con una mano ed io mi sedetti cauta
accanto a lei, abbracciandomi le ginocchia con le braccia.
“Tutta questa adorazione mi fa sentire inadeguata, a
volte.” disse sconsolata, senza smettere di tagliare i pani a
velocità sorprendente: la guardai stupida, socchiudendo
appena la bocca.
Lei mi guardò e sorrise dolcemente “Cosa
c’è?” chiese accarezzandomi una mano con
la sua ed interrompendo per un attimo il suo lavoro. Lei inadeguata?
No, non poteva assolutamente pensare una cosa del genere, non potevo
permetterlo. Presi fiato per farmi coraggio e la fissai dritta negli
occhi, arrossendo.
“Emily, tu non sei assolutamente inadeguata: li
aiuti, cucini per loro, sopporti il loro segreto. Jared mi parla di te
come di una mamma. Se non avessero te non vivrebbero il loro compito
con la stessa facilità.” dissi seria senza mai
respirare e sorrisi soddisfatta della mia frase, causando la risata
della mia interloqutrice.
“Grazie Kim, sei molto dolce.”
“Non c’è di che.” mormorai
sorridendo: mi piaceva moltissimo parlare con lei.
“Sicuramente saprai tutto della storia mia e di Sam, ma io
non so nulla della tua. Jared non ha voluto che Sam e gli altri
sapessero più di tanto. Che ne dici di
raccontarmela?” chiese riprendendo il suo lavoro e facendomi
trasalire.
“B-beh, non c’è poi molto da raccontare:
Jared ha avuto l’imprinting con la ragazzina più
banale e timida della scuola che…” mi bloccai
arrossendo “Lui non sa quello che sto per dirti.”
Gli occhi di Emily si accesero di curiosità ed impazienza:
mollò il pane che stava tagliando e mi prese a braccetto con
aria complice. Conoscevo Emily da neanche un’ora e forse non
era giusto parlarle di questo, riversarle addosso le mie paure ed
incertezze, ma lei era l’unica che potesse capire la mia
angoscia, l’unica che potesse comprendermi e consigliarmi,
dato che si era adattata così bene al suo ruolo.
“Dimmi tutto, Kim, non lo verrà a sapere
nessuno.” promise ed io sentii che diceva la
verità: abbassai gli occhi e le parole mi uscirono di getto,
senza bisogno di pensarci nemmeno per un attimo.
“Io sono innamorata di Jared da quasi tre anni. Lo spiavo
sempre a scuola, sapevo quale fosse la sua data di nascita, il suo
secondo nome, la sua altezza, il suo colore preferito…
Sapevo tutto di lui. Il mio diario era completamente ricoperto del suo
nome ancor prima del… Beh,
dell’imprinting.” Arrossii pensando a quando Jared
aveva letto il mio diario. Che imbarazzo.
“Quando un anno fa finimmo in banco insieme, sperai davvero
che si accorgesse di me. Naturalmente non accadde: chi noterebbe mai
una ragazza come me?” conclusi sospirando tristemente, e
sentii Emily accarezzarmi i capelli.
“Ma poi è finito tutto per il meglio,
no?” chiese sussurrando, ma sapeva già
perché fossi così triste.
“No, Emily. Lui non mi avrebbe mai vista se non fosse stato
per l’imprinting. Capisci, lui mi conosceva già
prima e non mi aveva mai notata. Mai. Non sapeva neanche come mi
chiamassi!” singhiozzai con gli occhi lucidi
“Adesso mi ama, è attratto fisicamente da me.
Capisci? Jared prima mi trovava brutta, Emily, ed io mi sento
così male! Emily, non mi merito tutto il suo amore e non mi
merito di essere il centro della sua vita! Cosa faccio io per lui? Mi
limito ad imbarazzarmi per tutto e a piagnucolare sempre con lui per
tutto quello che mi succede!” finii ansimando, le lacrime che
pizzicavano ai bordi degli occhi.
Emily sospirò “Kim, tesoro, non possono deciderlo,
lo sai bene. Conosci la mia storia no? È peggio della tua,
ma non possiamo farci nulla. Non li abbiamo costretti noi ad amarci e
non sappiamo perché abbiano avuto l’imprinting con
noi. Non sappiamo nemmeno come comportarci, non
c’è un libro d’istruzioni, ma io amo Sam
e tu ami Jared, e questo a loro basta, Kim. Pensi davvero che Jared
vivrebbe anche un solo giorno senza di te?”
“No, non credo potrebbe…” sussurrai
fissandomi i piedi. Nel mio folle sproloquio non mi ero resa conto di
aver coinvolto, senza volerlo, anche Emily e la sua triste storia,
sicuramente peggiore della mia. Che stupida che sono.
“Appunto, tesoro. So che fa male sapere che lui non ha avuto
scelta” continuò e i suoi occhi si adombrarono per
un attimo “Ma di questo devi parlare con lui, Kim.”
Concluse senza smettere di accarezzarmi i capelli sottili ed io le
sorrisi riconoscente.
“Grazie Emily. Scusami per averti infastidita con i miei
piagnistei.”
“Ma no, figurati. È bello avere un’altra
persona che ha i tuoi stessi problemi e le tue stesse preoccupazioni.
Mi fa sentire meno strana!” disse ridendo; le sue cicatrici
si incresparono, ma non ci feci caso. Era bellissima.
“Ricominciamo a tagliare il pane? Guarda che ci saranno ben
otto licantropi affamati, ne avremo ancora per un bel
po’!” propose sorridente, porgendomi un coltello
– a punta rotonda, naturalmente: pensai che forse nemmeno Sam
gradiva vedere Emily con un’arma in mano, proprio come Jared
- ed insieme cominciammo ad affettare panini.
Stavo giusto cercando di tagliare il mio settimo panino –
Emily nel frattempo era arrivata a sedici – quando Jared
riapparve nella piccola radura; trasportava una quantità
enorme di legna che reggeva tra le braccia e per non sporcarsi si era
tolto la maglietta. Arrossii alla vista del suo petto nudo,
distogliendo poi lo sguardo senza incontrare i suoi occhi, e lo sentii
ammassare la legna al centro della radura insieme a Quil e Sam, mentre
Embry e Paul disponevano dei massi per trattenere il fuoco. Cercai di
concentrarmi sul pane che stavo tagliando, ma mi risultava difficile
con Jared mezzo nudo a pochi metri da me.
Mi girai per passare il panino tagliato ad Emily, ma la trovai
impegnata: Sam le avvolgeva il volto con le mani, fissandola negli
occhi con una affetto infinito, e lei ricambiava il suo sguardo
adorante con un gran sorriso sulle labbra. Istintivamente cercai Jared
con gli occhi e sussultai spaventata quando lo trovai a pochi
centimetri dal mio viso, un sorriso sornione dipinto sulle labbra.
“Kimmy, tesoro, in teoria avresti dovuto correre tra le
braccia del tuo amato tornato dal duro lavoro!”
Arrossii e gli tirai uno schiaffetto sulla guancia, consapevole di non
potergli certo fare male “Scemo, saresti stato tu a dover
correre da me. Sono stata qui ad affettare panini per farti mangiare,
sai?” dissi orgogliosa, dimenticando completamente il momento
di sconforto di poco prima, che ora, con Jared al mio fianco, sembrava
lontanissimo.
“Grazie, amore, sei stata bravissima.”
sussurrò sincero baciandomi a fior di labbra, mentre con
l’altra mano mi toglieva il coltello di mano: il solito
iperprotettivo.
Sorriso contro le sue labbra “Lo so.”
Improvvisamente una luce mi avvertì che il fuoco era
finalmente acceso e mi voltai per osservare incantata le fiamme
già alte – evidentemente Paul ed Embry avevano
usato un qualcosa per accelerare la combustione – , beandomi
del calore del fuoco e della pelle di Jared. La spiaggia ora era
tenuamente illuminata dalla luce rossastra e lo scenario era
così assurdamente romantico che mi ritrovai ad arrossire
involontariamente, mentre pensavo al bellissimo licantropo che mi stava
accanto. Mi voltai verso Jared per condividere questo momento magico
con lui, e quello che vidi mi lasciò interdetta. Mi stava
fissando, ma non con il suo solito sguardo: era anche meglio. Teneva la
bocca leggermente socchiusa e negli occhi leggevo una luce adorante,
molto più del solito; mi fissava come se fossi stata la
creatura più bella della terra, come se fossi stata un
angelo, ed io, che ormai avrei dovuto essere abituata, non potei fare a
meno di abbassare lo sguardo arrossendo intimidita, mentre sentivo le
sue dita calde sfiorarmi le ciglia e poi scendere ad accarezzarmi la
guancia.
“Seta…” sussurrò incantato
“Sei stupenda, Kim.” aggiunse senza smettere di
guardarmi con quell’espressione adorante, che mi rendeva
felice e dispiaciuta allo stesso tempo.
“Grazie Jared…” sussurrai appoggiando la
mia mano sopra la sua, calda e confortante, e chiudendo gli occhi,
beandomi del contatto. Era come essere lontani da tutto il mondo
circostante, come avere le orecchie tappate: non sentivo altro che il
crepitio del fuoco e percepivo gli occhi di Jared bruciare sulla pelle
quasi quanto la sua mano. Quanto stemmo lì? Secondi? Minuti?
Ore? Non avrei saputo dirlo: ci eravamo isolati completamente dal resto
del mondo e non avevo intenzione di ritornarci. Mi sentivo assurdamente
felice ed aprire gli occhi sarebbe stato come fuggire alla
felicità più assoluta, ad uno dei momenti
più magici della mia vita.
“Jared.”
Sentii una voce, ma era come non udirla: giungeva ovattata e distorta.
“Ehi, amico, scusa se vi interrompo, ma Bella vorrebbe
salutarti ed anche io vorrei conoscere Kim…”
Bella? Kim? Mi ricordavano qualcosa. Aprii gli occhi controvoglia e poi
boccheggiai imbarazzata: davanti a me e Jared c’erano un
ragazzo, licantropo a giudicare dall’altezza, ed una ragazza
pallida con i capelli castani. Jacob Black e Bella Swan.
“Oh, tu devi essere Kim! Piacere, io sono Jacob
Black” Jacob si presentò con il sorriso
più grande che avessi mai visto e sorridere in risposta mi
venne automatico, mentre sentivo le guancie imporporarsi. Tuttavia non
mi sentii in imbarazzo come durante le presentazioni precedenti,
perché il sorriso di Jacob mi metteva a mio agio; mi alzai
in piedi, subito seguita da Jared, stringendogli delicatamente la mano
e mormorando un “Piacere” appena udibile.
“Sempre in mezzo alle palle, ragazzino. Bella.”
disse semplicemente Jared, per niente educato, e Bella rispose con un
cenno della testa per poi spostare la sua attenzione su di me.
Era una bellissima ragazza, con la carnagione mortalmente pallida che
creava un particolare contrasto con i capelli scuri e le
labbra rosse; aveva un’aria semplice ma sicura di
sé e sembrava perfettamente a suo agio in quel mondo
fantastico a cui nemmeno io, che a differenza avevo il diritto di farne
parte, ero abituata. Osservai inorridita al modo naturale ed
equivoco con cui stava accanto a Jacob: dopo tutta la sofferenza che
gli infliggeva come poteva stare accanto a lui con così
tanta leggerezza? Io avrei preferito morire piuttosto che far soffrire
così una persona, ma lei non ne sembrava quasi cosciente.
Aveva un’aria rilassata, divertita e serena che mi fece
arrabbiare ancora di più. Stupida fidanzata-di-una-schifosa-sanguisuga.
Mi squadrò proprio come io avevo fatto con lei, ma a
differenza mia Bella non era brava a nascondere i suoi pensieri. Nei
suoi occhi scuri lessi l’incredulità e lo sgomento
per il fatto che una ragazza come me –bruttina ed
insignificante- fosse l’oggetto dell’imprinting di
Jared e la vidi socchiudere la bocca, sorpresa, in modo non proprio
educato. Stronza.
“Piacere, Bella, sono Kim.” dissi sorridendo
dolcemente e arrossendo, falsa come Giuda.
Bella sorrise, ancora un po’ stupita “Piacere mio,
Kim.” disse arrossendo un po’ e avvicinandosi a
Jacob, che sorrise gongolante passandole un braccio attorno alle
spalle. Sentii una fitta allo stomaco.
~
“Kimpf
shemi mpficura mdi nomh volefgne afcoraf?”
borbottò Jared con la botta piena del ventiduesimo
–ventiduesimo- panino, sputacchiando pezzi di cibo
dappertutto.
“Jared, non sono un licantropo affamato, io. A me un hot-dog
basta e avanza, così come a tutti i normali esseri
umani.” assicurai sorridendo e accoccolandomi meglio contro
il suo petto caldo, che mi proteggeva dal gelido vento invernale. Jared
mi cingeva con un braccio e divorava panini con l’altro,
guardando ancora adorante gli effetti che la luce del fuoco produceva
sulla mia pelle. Sentivo anche un altro paio di occhi addosso: Bella
Swan continuava a fissarmi, placidamente seduta vicino a Jacob, Embry e
Quil. Vicino a me e Jared, invece, stavano Emily, Sam e Paul e ne
dedussi che forse non tutto il branco apprezzava Bella quanto Jacob.
Infine, l’ultimo gruppo era composto da Seth e Leah
Clearwater, bellissima e affascinante nella sua espressione seria e
composta, e dai saggi Billy Black, Quil Ateara e Sue Clearwater, vedova
di Harry. Quando Jared mi aveva presentato loro aveva usato un tono
così orgoglioso che le mie guancie erano diventate
più rosse del solito, ma segretamente ne ero felice; Billy,
Quil e Sue avevano stretto la mano con gentilezza, osservandomi
attentamente con curiosità e rendendo il momento
estremamente imbarazzante.
Emily rise osservandoci, accoccolata anche lei contro Sam, ed io mi
girai per sorriderle timidamente: ci tenevo a diventare sua amica.
“Amore, ma un solo hot–dog non è
sufficiente! Dovresti magiare di più!”
esclamò Jared preoccupato, afferrando un altro panino e
mordendolo con voracità. Disgustoso.
“Jared sembri una mamma preoccupata! Piantala, sei
palloso!” lo prese in giro Paul, che stava
steso sulla sabbia accanto a Sam intento ad ingozzarsi proprio
come tutti i licantropi presenti.
Jared lo ignorò e non distolse gli occhi da me nemmeno per
un secondo; arrossii abbassando lo sguardo, e sentii le labbra di Jared
premere dolcemente contro la mia guancia: arrossii ancora di
più avvolgendogli la vita con un braccio e appoggiando la
testa sul suo petto, chiudendo gli occhi. Mi sentivo protetta e
tranquilla, ma anche imbarazzata dalla presenza di tante altre persone,
anche se sapevo che non ne avevo motivo, dato che nessuno meglio dei
presenti avrebbe potuto comprendere lo strano rapporto tra me e Jared.
Non mi resi conto di essermi appisolata finché non sentii
Jared alzarmi dolcemente dal suo petto e scuotermi lentamente,
sussurrando il mio nome. Aprii gli occhi confusa e mi accorsi che
l’atmosfera attorno al fuoco era visibilmente cambiata: Sam,
Paul e gli altri licantropi si stavano avvicinando al vecchio
Billy Black; Jared mi alzò delicatamente da terra,
appoggiandomi sopra la coperta accanto ad Emily, per poi raggiungere il
branco attorno al fuoco. Era a meno di un metro da me e fissava Billy
con un’espressione concentrata e seria, perciò
spostai anche io il mio sguardo su di lui e prestai attenzione alle sue
parole.
Le leggende Quileute, che da piccola avevo tanto ammirato, non mi erano
mai sembrate così affascinanti: la voce roca e profonda di
Billy Black le faceva sembrare ancor più magiche di quanto
non fossero; la consapevolezza che fossero realtà le rendeva
più importanti ed il fatto di farne parte, seppur in piccola
parte, mi elettrizzava. Non riuscivo a distogliere
l’attenzione dalla bellissima ed affascinante storia degli
spiriti guerrieri, del malvagio Utlapa e del grande Taha Aki,
l’uomo a cui dovevo tutto: se non fosse stato per lui non
sarebbero esistiti i licantropi e Jared non si sarebbe mai innamorato
di me. Quando Billy raccontò dei primi imprinting arrossii e
sorrisi imbambolata pensando a quella magia antica e meravigliosa.
Guardai con la coda dell’occhio Emily, che scriveva ad una
velocità supersonica su un blocco per gli appunti, e vidi
anche sulle sue labbra un piccolo sorriso, sebbene non fosse il primo
falò a cui partecipava. Leah, invece, si lasciò
sfuggire una sola lacrima che scivolò lentamente sul volto
impassibile: la pena che provai per lei in quel momento
superò quella che sentivo per Jacob. Sussultai, infine,
quando Billy Black si indicò il piccolo sacchetto contenente
i resti del Freddo, indietreggiando appena con gli occhi spalancati per
la paura; anche Bella sussultò, ma probabilmente non per il
mio stesso motivo: forse le dispiaceva vedere un simile del suo
fidanzato trattato a quel modo.
Quando Billy finì di parlare Jared si voltò verso
di me sorridendo mestamente ed in un attimo mi trovai di nuovo tra le
sue braccia, calda e protetta; con una mano mi circondò il
busto e con l’altra le gambe, facendomi accoccolare contro il
suo petto come una bambina piccola. Scese su di me e mi
sfiorò la bocca con le labbra, lasciandomi piacevolmente
senza fiato, per poi baciarmi dolcemente la fronte.
“Mi sei mancata” ammise “è
stato duro essere a meno di un metro da te e non poterti
stringere.”
Sorrisi socchiudendo gli occhi e allacciando le braccia intorno al suo
collo “Mi sei mancato anche tu. Quando non ci sei fa
freddo.” dissi, e non intendevo certo il gelo dovuto alla
temperatura di La Push: il freddo di cui parlavo era quello del mio
cuore quando lui non c’era.
Jared non smise di cullarmi e accarezzarmi con le labbra, tenendomi
stretta a sé, finché non udimmo entrambi il
saluto di Jacob. Mi voltai per salutarlo e quello che vidi mi rese
tristissima: Jacob teneva tra le braccia una Bella profondamente
addormentata e la guardava con un’espressione amorevole, ma
diversa da quella di Jared. Il suo viso esprimeva semplicemente un
grande, grandissimo amore, non condizionato dalla magia
dell’imprinting, e lei non se ne accorgeva; addormentata o
no, Bella non capiva quanto fosse intenso il sentimento di Jacob.
Immedesimarmi in lui, innamorato e non ricambiato, fu fin troppo facile
se ripensavo agli anni precedenti, in cui Jared non sapeva nemmeno
della mia esistenza.
Quando Jacob si fu allontanato mi voltai nuovamente verso Jared con gli
occhi lucidi: cinsi il suo collo con le braccia e lo trascinai
giù, al livello della mia bocca.
“Non farmi mai qualcosa del genere, Jared.”
sussurrai tremante al suo orecchio “Se dovrai mai lasciarmi
vattene e basta.”
Pensare che Jared volesse in futuro starmi ancora accanto, seppur
innamorato di un’altra e cosciente del mio amore per lui,
infliggendomi così la pena tremenda dell’abbandono
ogni giorno, mi uccideva. D’altronde chi poteva dire con
certezza che i licantropi avessero un solo imprinting nella loro vita?
In questo mondo assurdo ed imprevedibile, chi poteva assicurarmelo?
Magari in futuro Jared avrebbe trovato una ragazza migliore e mi
avrebbe dimenticata. Trasalii di dolore.
Jared mi fissò intensamente negli occhi: i suoi ardevano
“Mai Kim. Te lo giuro sulla mia stessa vita: tu non proverai
mai un dolore simile ed io non ti lascerò mai.
Mai.” scandì lentamente senza interrompere il
contatto visivo.
Poi
mi baciò ed ardemmo insieme, alla luce rassicurante del falò.
***
Hola, guys!
Oggi sono particolarmente felice e non vedevo l’ora di
postare questo capitolo. È più lungo degli altri
e sono contenta di come è venuto! Spero piaccia anche a voi.
Allora, avrete capito che è basato sul capitolo
“Leggende” di Eclipse, no? Beh, io sono rimasta
disgustata dai pensieri di Bella su Kim. Cioè, come si
permette di definirla brutta? Chi è lei, Rosalie? Va beh,
tralasciamo il mio evidente odio per lei e concentriamoci sul capitolo.
Ci tenevo ad inserire un dialogo tra Kim ed Emily, così come
tanti, tanti momenti Jared Kim e così ho fatto. Mi rendo
conto che Kim, con tutti i suoi piagnistei, possa risultare
insopportabile, ma volevo proprio renderla così:
ultrasensibile, timida e dolce. Praticamente la Meyer non ne parla,
quindi è un po’ un mio personaggio a cui sono
molto affezionata.
Non biasimate Kim per quello che pensa su Bella: se dovete prendervela
con qualcuno prendetevela con me, dato che ho praticamente espresso i
miei pensieri utilizzando lei. E comunque volevo far notare quanto Kim,
sotto l’aspetto docile e gentile, sia una ragazza con le
palle!
Grazie di
cuore a coloro che hanno commentato. Vi adoro ragazze!
Virgi_lycanthrope:
cara, hai ragione, a Kim ne capitano di tutti i colori, ma tanto
c’è Jared che la protegge, no? Grazie per aver
commentato, spero che questo capitolo ti piaccia quanto
l’altro. Baci.
Princess of vegeta6: tesoro, leggere le tue recensioni è
S T U P E N D O! Sono lunghe, dettagliate, divertenti ed
adorabili! Grazie, grazie, grazie. No che non ti voglio uccidere, anzi,
voglio scrivere capitoli che possano piacerti ^__^! Grazie per avermi
tolto i dubbi sulla MarySueosità (neologismo XD) di Kim: che
sollievo! Odio le Mary Sue dal profondo del cuore e scrivere una storia
con una di loro come protagonista è il mio incubo peggiore.
Per quanto riguarda il ragazzo “che
la segue pure un po’ per orgoglio virile ferito”
hai centrato in pieno Alex e pure Kim, con la bella descrizione che ne
hai fatto.
Ho letto le tue storie, tutte, e le
ho trovate stupende: due in particolare, che ho anche commentato, mi
hanno colpito al cuore. La one shot di Paul e Rachel è
meravigliosa, ma ho già scritto tutto nel commento. Sei
stupenda nello scrivere dell’imprinting e dei lupi, si vede
che li ami come me! Fangherl dei
sorrisi muscolosi fino alla fine, no? ‘Cause hot is better!
Grazie ancora per la bellissima recensione, carissima. Baci.
Niky_95: Tesoro, certo che ti meriti il premio fedeltà! Ci
penserò e poi ti dirò qual è, okay?
Anche io sono estremamente delusa del poco spazio per loro due, per cui
sfoglio cento volte al giorno quelle poche facciate in cui la Meyer
parla di loro! Sono veramente una maniaca XDXD. Comunque, le Mary Sue
sono le terribili e super-spaventose ragazze bellissime-buonissime-gentilissime-bravissime
a scuola/negli sport- super corteggiate- super amate da tutti i ragazzi
più belli e fighi. Sono quelle ragazze perfette
che non esistono nella realtà e che di solito le autrici
fanno mettere con il belloccio della storia. Ecco, io le odio!
Se mi seguirai e recensirai ancora mi renderai felice, recensitrice
fedele! Grazie mille, baci.
Maka_Envy: *inchino* grazie, grazie, grazie! Anche io invidio Kim,
modestamente: quanto sarebbe bello se l’imprinting esistesse
anche nella vita reale! Spero che il capitolo ti sia piaciuto. Baci.
MartinaCullen: SEI UNA MIA FAN? *Giuka piange di gioia* Grazieeeeeeee!
Baci.
Grazie anche a chi legge o
ha messo nei preferiti! Vi adoro tutti.
Baci,
Giuka
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Capitolo 6 *** String #6: Kim Padalechi ***
My
Gravity – Jared and Kim
Kim
Padalechi
#1: 14
Settembre 2001 (Kim Pov)
Kim non
avrebbe mai potuto dimenticare quel 14 Settembre di tre anni fa, quando
lo aveva visto per la prima volta a First Beach. Era relativamente
piccola e immatura, ogni tanto giocava ancora con le bambole, ma quando
i suoi occhi si erano posati sulla figura di Jared aveva trattenuto il
respiro, mentre le guancie le si imporporavano per la prima volta a
causa di un ragazzo.
Era già allora bellissimo, con un fisico magro e slanciato,
un sorriso luminoso e morbidi capelli neri scompigliati dalla brezza
marina: indossava un tuta da surf e reggeva la tavola sotto braccio,
mentre si avvicinava con aria sicura e divertita alla riva. Kim sentiva
il proprio cuore battere senza sosta, lo stomaco contrarsi, le mani
sudate e la bocca secca, tutto improvvisamente ed inaspettatamente: si
voltò con gli occhi spalancati verso Mary, la sua migliore
amica, mentre ancora ansimava.
“Chi è quello?” mormorò senza
fiato, gettando un’occhiata significativa a Jared.
Mary seguì i suoi occhi e poi scoppiò a ridere,
abbracciandola teneramente.
“Lascia perdere, Kimmy. Quello è Jared Padalechi,
uno dei ragazzi più belli della scuola e decisamente fuori
dalla nostra portata. Sai, lui è fidanzato con
Kate.” disse accarezzandole i capelli, dispiaciuta nel darle
quella brutta notizia: Jared era fidanzato con Kate, la più
bella del loro anno. Kim però non le prestava più
attenzione: aveva ascoltato l’amica fino a Jared
Padalechi, e da lì non aveva più colto
una sola parola. La sua mente ripeteva furiosamente quel nome,
associandolo al suo sorriso dolce e magnetico e Kim, arrossendo, si
arricciò una ciocca di capelli intorno ad un dito,
rendendosi conto che Kim Padalechi suonava
incredibilmente bene: nella sua
infantilità di adolescente ancora un po’ bambina
decise che avrebbe sposato Jared, un giorno.
Il
14 Settembre 2001 fu il giorno in cui Kim si innamorò di
Jared Padalechi.
2#: 29
Gennaio 2002 (Jared/Kate Pov)
Jared
era bello, era intelligente, era simpatico ed anche discretamente
popolare: cosa poteva desiderare di più? Aveva un bel gruppo
di amici ed tante ragazze: Kate, Angelina, Mary, Rose… Tutte
ragazze bellissime e stupide, ma a lui non interessava più
di tanto, dato che non aveva mai avuto la buona abitudine di andare
oltre all’aspetto fisico delle persone.
Oltre alle ragazze, gli piacevano i suoi amici –John in
particolare, dato che amava divertirsi quasi quanto lui-, la musica
rock ed il surf. Si considerava un ragazzo mediamente fortunato,
dopotutto, e non si era mai preoccupato per qualcuno che non fosse se
stesso, né aveva mai considerato che alcuni suoi
atteggiamenti potessero ferire le persone che aveva intorno.
Per questo non aveva mai notato la piccola ragazzina che, con dedizione
ed affetto, gli faceva trovare tutti i giorni la merenda sul banco, gli
faceva copiare i compiti, gli passava le soluzioni durante i compiti in
classe e rispondeva per lui alle domande dei professori: Jared non
aveva mai notato Kim. Non aveva mai rivolto il proprio sguardo su di
lei, né avrebbe mai potuto pensare che una secchiona come
Kim potesse provare un sentimento puro e sincero per lui. Era troppo
impegnato a ricordarsi i nomi di tutte le ragazze con cui usciva per
ricordarsi quello della piccola ed ingenua compagna di classe.
Kate Robin, però, non era altrettanto ingenua. E nemmeno
gentile, dolce ed educata come avrebbe dovuto essere una ragazzina di
quindici anni; era arrabbiata ed innervosita per essere soltanto una
delle tante ragazze di Jared Padalechi ed aveva riversato la
propria frustrazione sulla povera sfigata della classa, Kim Najera, la
cui infatuazione per Jared era ben conosciuta da tutti tranne che dallo
stesso.
Accadde tutto quel 29 Gennaio: Kate attese che Kim entrasse in classe,
invisibile come al solito, per poi avvicinarsi a Jared sorridente.
“Tesoro, hai una nuova spasimante, sai?”
trillò con la voce insolitamente alta e Jared, ignaro e
troppo buono, sollevando un sopraciglio scuro cadde in pieno nella
trappola. Dall’altra parte dell’aula Kim
sussultò, tendendo l’orecchio preoccupata.
“Un’altra? E chi sarebbe, Kate?”
Lei sorrise “Ma come Jay, non te ne sei mai accorto? Kimberly
è innamorata di te da una vita! Ha tappezzato il suo diario
con la scritta Kim Padalechi!”
esclamò teatralmente, spalancando i grandi occhioni verdi e
guardandolo con aria di finto rimprovero.
E Jared, convinto che Kimberly non fosse nemmeno in classe,
sferrò il colpo.
“Kimberly Najera? Quella sfigata non ha niente a che fare con
me!”.
Le risate che seguirono alle sue parole coprirono il rumore di una
corsa disperata fuori dalla classe ed i singhiozzi affranti di una
ragazza con il cuore spezzato.
Il
29 Gennaio 2002 fu il giorno in cui Jared spezzò il cuore di
Kim Najera: non avrebbe mai detto che, a distanza di anni, se ne
sarebbe pentito a tal punto da desiderare di morire.
3#: 21
Settembre 2004 (Kim Pov)
Erano
passati due anni e mezzo dal giorno in cui il suo cuore era stato
barbaramente spezzato e calpestato e Kim
era cambiata, diventando un’adolescente triste, disillusa e
timidissima. Da quando Jared e Kate l’avevano sottoposta
all’umiliazione pubblica si era chiusa in se stessa ed aveva
limitato le sue relazioni alle uniche due persone che considerava vere
amiche, Mary e Annie, compagne inseparabili dalla terza elementare.
Al contrario i suoi sentimenti per Jared non erano mutati, ma erano
nascosti dentro di lei così come il suo diario, ricoperto
dalla scritta “Kim Padalechi”, era nascosto nel
cassetto della scrivania. Non gli rivolgeva più la parola e
si limitava ad osservarlo da lontano, attenta a non farsi scoprire,
sopportando le sensazioni che lui sapeva darle solo con la sua
presenza: sudorazione, farfalle nello stomaco, bocca secca e tanti
brividi.
Era talmente disillusa e certa del fatto che non avrebbe mai
più avuto l’occasione di parlare con Jared che il
giorno in cui scoprì di condividere il corso di inglese con
lui il cuore quasi le scoppiò di gioia; poi, quando il
professore annunciò che sarebbero stati anche compagni di
banco, svenne di gioia, facendo l’ennesima brutta figura
davanti al ragazzo dei suoi sogni.
Il giorno successivo, tuttavia, era talmente felice che non le
importava di essere svenuta: mentre aspettava l’inizio delle
lezioni seduta al suo posto il sorriso che aveva era così
spontaneo e genuino che sembrava quasi un’altra persona.
Naturalmente quando Jared entrò in classe il sorriso
scomparve, sostituito da un’espressione timida.
Jared si sedette e sorrise, tendendole la mano “Sono Jared,
il tuo compagno di banco; ti senti meglio?” chiese
più per cortesia che per
vero interesse, ma Kim non se ne accorse, persa com’era nei
suoi occhi castani vicini come non lo erano mai stati.
Kim arrossì “Sì, grazie Jared. Sono
Kim…” mormorò stringendoli la mano e
sentendo le farfalle nello stomaco svolazzare più allegre
che mai.
“Sì sì… Senti Kat, facciamo
così: io non do fastidio a te, tu non dai fastidio a me.
Okay?”
Kim sorrise e annuì, senza rendersi conto che Jared avesse
sbagliato il suo nome; quando tornò a casa,
riempì un’altra pagina del suo diario con il nome
“Kim Padalechi”.
Il
21 Settembre 2004 Kim si innamorò per la seconda volta di
Jared Padalechi.
4#: 25 Marzo
2005 (Jared Pov)
Le
accarezzò la guancia con le labbra, sorridendo contro la sua
pelle profumata e fresca rispetto alla propria; scese poi lentamente
per seguire la linea della mascella, del collo e della spalla,
sentendola fremere e avvolgergli la vita con le gambe per tirarlo
più vicino a sé. Spostò il proprio
peso sul suo corpo, schiacciandola contro il materasso, e
ritornò verso l’alto: quando passò
accanto alle sue labbra Kim cercò di baciarlo, ma lui la
evitò, causando il suo sbuffo infastidito.
Le baciò la punta del naso e la sentì trattenere
il respiro rumorosamente. La fissò negli occhi lucidi e
socchiusi sorridendole dolcemente e accarezzandole il fianco da sotto
la maglietta, sentendola rabbrividire. Adorava le sensazioni che sapeva
darle, adorava il modo in cui Kim rispondeva al suo tocco ed adorava le
sue ciglia lunghe e folte, che in quel momento gli accarezzavano la
pelle della guancia, tanto erano vicini. Si spostò ancora
baciandole le palpebre, le tempie, la fronte ed ogni centimetro di
pelle disponibile, scendendo verso le guancie morbide e rosse: la sua
pelle era liscia e calda, e lei era sua, sua, sua e di
nessun’altro. Più passava il tempo più
la sua possessività diventava soffocante: non riusciva a
sopportare che qualcuno ad eccezione di lui la toccasse o guardasse in
modo più che amichevole; naturalmente Kim si arrabbiava
quando faceva “il fidanzato geloso”, ma non poteva
capire quanto lui dipendesse da lei, quanto la amasse e quanto
desiderasse renderla felice.
Si spostò dalle sue guancie verso le labbra tonde e carnose,
perfettamente a cuore, e gliele sfiorò con le proprie
gemendo piano. Jared avrebbe voluto stare sempre così, con
il suo confortante respiro sulle labbra, il corpo piccolo e fragile
premuto contro il proprio ed i suoi occhi nei propri, ma Kim non era
d’accordo: con un sospiro esasperato gli afferrò i
capelli e lo spinse contro di sé, facendo scontrare le loro
labbra.
Si stava giusto godendo il bacio quando un piccolo tonfo lo
avvertì che qualcosa gli era caduto sulla schiena, per poi
finire sul pavimento: Jared non vi fece nemmeno caso, troppo impegnato
a godersi la sua Kim.
Improvvisamente il campanello suonò: lo ignorarono entrambi.
Il campanello risuonò: Kim mugugnò.
Suonò nuovamente: Jared ringhiò.
Terza volta: Kim tirò un pugno sul petto di Jared.
Squillo lungo e persistente: Jared si staccò,
sbuffando irritato, sedendosi sul letto e liberando Kim dalla stretta
delle sue braccia.
Kim si alzò in piedi traballante ed ansimante, con tutti i
capelli scompigliati, le labbra rosse e gonfie e gli occhi ancora
lucidi, e si diresse poi verso la porta borbottando: Jared
ghignò soddisfatto passandosi una mano tra i capelli
scompigliati e prese a guardarsi intorno. Il suo sguardo cadde
inevitabilmente su quel piccolo oggetto che gli era caduto sulla
schiena: un’ agenda blu, su cui la scritta bianca
“Diario” troneggiava accattivante. Jared la
raccolse immediatamente, girandosela tra le mani, diviso tra il
desiderio di rispettare la privacy di Kim e l’enorme
curiosità: non è difficile comprendere quale lato
prevalse.
In un attimo Jared era disteso sul letto, la piccola agendina tra le
mani e gli occhi accesi di curiosità.
Aprì la prima pagina e spalancò gli occhi,
sorpreso: all’inizio del foglio Kim aveva scritto il suo nome
in una calligrafia elegante e perfetta, circondandolo completamente di
cuori.
14 Settembre 2001
Oggi ho incontrato
Jared per la prima volta! È
il ragazzo più bello che io abbia mai visto: ha un bel
sorriso, bei capelli e degli occhi unici. Mary mi ha detto che
è già fidanzato, ma non mi importa: mi sono
innamorata di lui. Oggi è il giorno in cui mi sono
innamorata per la prima volta, e lui è il ragazzo perfetto.
Tua con affetto,
Kim Padalechi.
Jared
sussultò e prese a leggere le pagine successive impazzito e
sorpreso. Scoprì che il suo nome era scritto in tutte le
pagine, incorniciato da cuori, stelle e stelline, e che ogni singolo
giorno Kim aveva scritto qualcosa su di lui, dalla descrizione dei suoi
capelli a quella delle sue mani.
21 Novembre 2001
Oggi gli ho
preparato la merenda per la prima volta: gliel’ho lasciata
sul banco e lui non sa che sono stata io a prepararla, ma non mi
importa. Ah, si è lasciato con Kate! Sono al settimo cielo.
Forse è il momento di confessargli i miei sentimenti. Oh,
quanto sono innamorata di lui!
Tua con affetto,
Kim (si spera)
Padalechi
Kim
gli preparava la merenda quando erano alla scuola media? Non se ne
ricordava proprio. E non si ricordava neppure di essere stato in classe
con lei alle medie, pensò con un sussulto doloroso allo
stomaco: Kim lo amava da tre anni e lui non l’aveva mai
nemmeno guardata?
Lesse le pagine una dopo l’altra, sempre più
attento e sempre più assorto, finché una non
colpì la sua attenzione: non era colorata come le altre e
qua e là sul foglio si vedevano grosse macchie
d’inchiostro, come se fossero cadute delle gocce di pioggia
sulla pagina.
29 Gennaio 2002
Perché
nessuno mi ha avvertito che avrebbe fatto così male? Sento
il cuore spezzato in tanti piccoli pezzi e tutti pulsano e fanno male.
Perché mi hai fatto questo, Jared? Non ti bastava ignorarmi?
Non mi facevi già abbastanza male non accorgendoti di me?
Non sono mai stata
così male: è tutto il giorno che piango. Ti amo
Jared, ma mi hai fatto male. Probabilmente non ti sei nemmeno accorto
di avermi ferita.
Sto male, caro
diario. Fa male.
Kim Najera.
Jared
boccheggiò in agonia, mentre le parole appena lette
pugnalavano ferocemente il suo cuore. Dopo aver ignorato
Kim per mesi aveva anche osato farla piangere? Rendersi
conto che le macchie d’inchiostro erano lacrime fu doloroso
quasi quanto la consapevolezza di essere stato lui a provocarle.
Voltò pagina, incapace di sopportare ulteriormente quelle
scritte, e la data della pagina successiva lo colpì: 21
Settembre 2004, due anni e mezzo dopo. Sette mesi prima.
21 Settembre 2004
Siamo in banco
insiemeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. Oh caro diario, non ci credo.
Siamo in banco insieme. Sono svenuta dalla gioia oggi: è
ancora più bello di quanto ricordassi. Grazie, grazie per
avermi fatto questo regalo meraviglioso: posso ricominciare a sognare.
Perché nonostante tutto, non l’ho dimenticato:
perché ti amo ancora, Jared.
Tua con tanta,
tanta, tanta felicità
Kim (di nuovo) Padalechi.
Da
lì le pagine erano quasi tutte identiche: il suo nome era
scritto ovunque ed ogni giorno Kim si lasciava andare a descrizioni
colorite ed entusiaste del suo amore per lui, causandogli ancor
più dolore di quanto già non provasse. Dolce,
buona e stupida Kim: come poteva aver continuato ad amare uno stupido
come lui per tutto quel tempo?
18 Febbraio 2005
Okay, ci speravo, ci
ho sempre sperato, ma adesso che è successo qualcuno mi
spiega come faccio a crederci? Jared mi ha guardata, oggi, mi ha
chiesto il mio nome e mi ha detto che sono bellissima, il tutto condito
da un’espressione adorabile. Poi mi ha preso la mano, mi ha
accompagnato all’ora successiva e poi fino al mio pick up,
baciandomi dolcemente sulle guancie e sulle mani.
Bene, sta
architettando qualcosa con Allison, sicuramente un qualche scherzo:
sinceramente spero che lo scherzo duri più a lungo
possibile.
Grazie Jared per
oggi: anche se so che mi stavi solo prendendo in giro, mi hai resa
felice come non lo ero da tanto tempo.
Ti amo Jared.
“NO!”
un urlo disperato lo riscosse dalla lettura. Voltò la testa
e vide Kim appoggiata sulla porta, che lo guardava con le guancie
rossissime e l’espressione più imbarazzata che mai.
“Kim..” disse, la voce resa roca dal dolore.
“Oh Jared, come hai potuto?” urlò ancora
lei per poi voltarsi e scappare nel piccolo bagno adiacente alla sua
stanza, chiudendo la porta a chiave. Jared si alzò
frettolosamente dal letto e si appoggiò alla porta chiusa
del bagno, il cuore che si stringeva dolorosamente ogni secondo.
“Kim, ti prego, apri la porta.” disse a voce alta
bussando con insistenza sulla superficie legnosa.
“VATTENE VIA, JARED!” strepitò Kim
infuriata, rivolgendosi per la prima volta a lui con un tono sgarbato.
Jared tese l’orecchio e si concentrò sul rumore
dei battiti del cuore di Kim: doveva essere seduta sulla
lavatrice, sul lato opposto rispetto alla porta.
Appoggiò la mano sulla maniglia e aprì la porta
senza sforzo, come se non si trattasse di una porta di legno massiccio
chiusa a chiave ma bensì di un foglio di carta, distruggendo
serratura e stipite con un solo movimento. Kim sussultò
sorpresa e lo guardò con gli occhi spalancati, per poi
affondare il viso rosso tra le mani, imbarazzata e infuriata.
In un attimo Jared le fu accanto e strinse il suo corpo delicato tra le
braccia, ignorando i deboli pugni con cui cercava di allontanarlo e
mormorando un’infinità di scuse mentre baciava i
suoi capelli morbidi.
“Scusami Kim.”
“Non avresti dovuto leggere il mio diario.”
mugugnò lei annuendo, come per confermare le sue parole;
Jared fece un ghigno baciandola leggermente sulle labbra, mentre le
accarezzava i fianchi sottili, rincuorato dalla sua presenza.
“Di quello non sono pentito, tesoro. È
stato… Illuminante. Mi sto scusando per
averti ferita tanto, in passato. Cosa ti ho fatto quel 22 Gennaio
2002?”
Kim sussultò “Niente, Jared. Semplicemente non ti
accorgevi di me e preferivi prendermi in giro con Kate. Ma comunque ti
sai scusato a sufficienza per quello, no?” disse nervosamente
affondando il viso nell’incavo del suo collo, per una volta
alla portata del suo metro e sessanta, ed avvolgendogli la testa con le
braccia sottili.
“Non mi scuserò mai abbastanza, Kim:
perdonami.” sussurrò ancora Jared, causando il
sospiro irritato di Kim, che alzò la testa per fissarlo
negli occhi e arrossì, rendendosi conto che li separavano
appena pochi centimetri.
“Smettila, altrimenti mi farai sentire in colpa e qui
l’unico che dovrebbe sentirsi in colpa sei tu”
disse, tappando la bocca a Jared con una mano prima che potesse
cominciare nuovamente a scusarsi “E non per
l’avermi ignorato tutti questi anni. Dovresti scusarti per
aver letto il mio diario, Jared!”
Lui sbuffò e tolse la sua mano
dalla propria bocca “D’accordo, Kimmy, scusa per
aver letto il tuo diario.” disse baciandole delicatamente i
polpastrelli; lei rispose al contatto con un sospiro rotto
dall’emozione, dimenticandosi per un attimo di dover essere
infuriata con lui “Ma non capisco quale sia il problema. Io
voglio sapere tutto di te.” continuò Jared senza
smettere di posare le labbra sulla pelle della sua mano.
“Il mio diario è imbarazzante…”
riuscì a borbottare Kim, troppo emozionata ed
imbarazzata per elaborare una risposta più convincente.
“Perché imbarazzante?”
Kim scostò la mano dalle sue labbra per riprendere il
controllo delle proprie azioni e lo guardò stranita
“Scusa, lo hai letto bene?”
“Anche troppo.” rispose Jared con un sorriso triste.
“E non pensi sia imbarazzante il fatto che sia praticamente
ricoperto di Kim Padalechi?” rispose Kim
arrossendo e distogliendo lo sguardo, senza però spostarsi
dal sua abbraccio caldo.
Jared trattenne il respiro e spalancò gli occhi: si era
concentrato sul fatto di aver ferito Kim in passato e non aveva
prestato la dovuta attenzione a quelle due semplici parole ripetute
decine di volte nel diario. Kim Padalechi.
Al solo pensarle uno strano calore gli infiammò il corpo,
partendo dal cuore ed inondando ogni singola cellula: la sua mente ne
fu sommersa e soprafatta. Riusciva a pensare solamente a quella
connotazione di possesso che il suo cognome accostato al nome di Kim
dava. Sposare Kim avrebbe significato appartenerle e
possederla, essere l’uno dell’altro fino alla fine.
Il pensiero di sposarla si
annidò nel suo cuore e nel suo cervello e decise,
semplicemente, che lui l’avrebbe sposata. Non c’era
possibilità di scelta: Kim Padalechi
divenne il suo chiodo fisso.
Le prese il volto tra le mani e la costrinse a guardalo negli occhi,
adombrati da un desiderio nuovo e sconosciuto “Tu mi
sposerai, Kim.” disse infine, ma sembrava più una
constatazione che una proposta.
Kim boccheggiò stupita “Cosa?”
“Mi sposerai, Kim. Tu diventerai Kim Padalechi. Non
c’è alternativa. Se lo vorrai, sarai mia
moglie.” disse Jared sicuro contro le sue labbra.
Gli occhi di Kim si fecero lucidi per la commozione e
l’espressione divenne emozionata “È una
proposta, Jared?” sussurrò, incapace di trattenere
le prime lacrime che le scesero lungo le guancie.
“No, la proposta sarà tra qualche anno ed in un
posto più romantico di una lavatrice. Questo è
solamente un dato di fatto, Kim.”
I singhiozzi di gioia di lei furono soffocati dalle labbra di Jared,
impetuose più del solito.
Il
25 Marzo 2005 Jared decise che Kim sarebbe diventata Kim
Padalechi.
#5: 25 Giugno
2008 (Kim Pov)
Tremava
tutta: gambe, braccia, occhi, mani, dita, piedi… Ogni
singola parte del suo corpo era in preda al tremore e non riusciva a
calmarsi in nessun modo. Avevano provato a calmarla Emily, che aveva
dovuto rinunciare per placare il pianto instancabile di John,
Rachel, dovuta correre in bagno a vomitare a causa delle ultime nausee,
ed infine anche Nessie, l’unica che, grazie al visetto
angelico, le aveva almeno attenuato la nausea.
Stava seduta su una poltroncina in camera di Jacob con Alice Cullen
–Alice Cullen, vampira- che finiva di
acconciarle i capelli. Kim rifletté su quanto
l’arrivo della piccola mezza vampira di Jacob avesse cambiato
completamente i rapporti tra il branco ed i Cullen. Certo, Jared non
era contento del fatto che una succhiasangue stesse a contatto con lei,
ma Kim era stata irremovibile: desiderava essere bella almeno nel
giorno del suo matrimonio e nessuno meglio di Alice poteva aiutarla.
Inoltre il suo tocco freddo e preciso la rilassava più delle
rassicuranti immagini di spiagge caraibiche che Nessie, seduta accanto
a lei, le trasmetteva.
“Calmati, Kim, o l’acconciatura non
verrà bene.” la rimproverò Alice con la
sua voce stupenda, accarezzandole la nuca con le dita gelate.
Kim emise un gemito debole affondando il volto nelle mani
“S-scusa. N-non riesco a-a smettere.”
Alice e Nessie risero insieme con le loro risate trillanti
“Mi ricordi tanto Bella il giorno del suo matrimonio,
Kim.” disse finendo di pettinarle i capelli “ora
stenditi lì. Manca solo il trucco e siamo in perfetto
orario!” esclamò ancora esaltata più di
lei per quella piccola missione che le era stata affidata: renderla
bellissima, più di tutte, almeno per un giorno. Una missione
suicida, più che impossibile.
Kim si distese lentamente sul lettino indicato da Alice, sempre seguita
da Nessie e da una verdognola Rachel, che borbottava maledizioni contro
un certo licantropo “incapace di usare le
protezioni”.
Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi e sentì le mani di
Alice cominciare a stenderle un prodotto sul viso.
Si rese conto di essersi addormentata solo quando due braccia fredde e
dure la sollevarono di peso dal lettino, svegliandola: Alice doveva
averla presa in braccio, ma lo stato di mezza incoscienza la
salvò dall’imbarazzo e del leggero fastidio che un
gesto del genere le avrebbe causato. Era strano pensare che un esserino
non più grande di lei riuscisse a sollevarla con
così tanta facilità.
Aprì gli occhi lentamente, sbadigliando appena, e si
ritrovò seduta di nuovo sulla poltroncina, mentre una
ragazza bellissima la osservava da dietro lo specchio, affiancata dal
volto perfetto di Alice Cullen.
Ooh.
Le vennero le lacrime agli occhi quando si accorse che la ragazza
bellissima era proprio lei, la banale Kim.
Alice aveva fatto una magia: la pelle era chiara, liscia e luminosa, le
guancie delicatamente rosate e le labbra lucide, ma non troppo. Gli
occhi erano truccati delicatamente di nero e le ciglia, già
lunghissime di natura, sembravano interminabili, ingrandendole gli
occhi troppo piccoli. Si rese conto che Alice aveva in qualche modo
corretto anche i suoi sproporzionati zigomi, facendoli sembrare
armoniosi e perfetti. I capelli erano accolti in
un’acconciatura semplice ed elegante, un po’
spettinata le aveva chiesto, e alcuni ciuffi le cadevano dolcemente
sulla fronte e sui lati del viso, addolcendone ulteriormente i tratti
per la prima volta perfetti.
Si voltò con le lacrime agli occhi verso Alice, sorridendo
il più possibile “Grazie di cuore. Sei stata
magnifica.” mormorò sincera. Lei le sorrise di
rimando, scoppiando a ridere allegra e trillante.
“Oh, sono io a ringraziarti per avermi permesso di giocare
con te!” disse, e Kim non riuscì a trattenere un
brivido: a volte era davvero inquietante. La vide cominciare a
raccogliere in fretta tutti i prodotti che aveva portato, aiutata dalla
nipote; non avrebbe potuto partecipare alla cerimonia per via del sole,
dato che Kim aveva sempre desiderato sposarsi in un giorno caldo e
soleggiato ed aveva deciso la data proprio grazie alle previsioni di
Alice, che aveva individuato l’unico giorno soleggiato e
caldo in tutto un anno. Maledetto clima piovoso di La Push.
Alice le fece un ultimo bellissimo sorriso e poi sparì al di
là della porta, gridando un “Ciao lupo!”
a Jacob, probabilmente, che aveva gentilmente prestato la sua casa,
dato che solo da lì Alice avrebbe potuto fuggire a casa
senza che la sua pelle brillante fosse vista da qualcuno.
Subito Emily, Rachel e Nessie le furono accanto, blaterando complimenti
e cominciando ad infilarle il vestito. Era talmente agitata che si
lasciò trattare come una bambola senza lamentarsi, mentre le
ragazze le infilavano calze, vestito, velo e scarpe. Quando Nessie
finì di allacciarle l’ultima scarpa si
voltò verso lo specchio e gli occhi le si riempirono di
lacrime nuovamente.
Era bella. Il vestito bianco, semplice, stile
impero, scendeva vaporoso e leggero, donandole un pizzico di forme in
più. La scollatura era piccola e non volgare, lo strascico
lungo come le era sempre piaciuto e il velo scendeva sulla schiena
partendo dall’acconciatura realizzata da Alice.
Si voltò verso le sue damigelle che la fissavano commosse,
bellissime nei loro vestiti rosa pallido: Renesmee sembrava un angelo,
con tutti i ricci rossi che la facevano sembrare più minuta
di quanto già non fosse, Emily aveva
un’espressione orgogliosa come quella di una mamma e Rachel
piangeva disperata vittima degli sconvolgimenti ormonali causati dalla
gravidanza. Jacob, che era accanto
a Nessie e le avvolgeva i fianchi con un braccio, le sorrise
incoraggiante, staccando con fatica gli occhi dall'angelo che stringeva
tra le braccia.
“Forza Kim! Jared ti starà aspettando. Voglio
proprio vedere la faccia da pesce lesso che farà quando ti
vedrà!”
Kim sorrise debolmente, troppo agitata anche solo per parlare, e si
fece trascinare verso la macchina.
***
Pochi
secondi. Pochi secondi. Pochi secondi.
La marcia
nuziale partì. Una goccia di sudore le scese lungo la
schiena.
Nessie e Claire le sorrisero e cominciarono a scendere le scale,
seguite subito da un' Emily sorridente e a suo agio. Sentì
il panico impossessarsi di lei e si strinse di più al padre,
che piangeva sommessamente, mentre Rachel spariva oltre le scale.
Kim singhiozzò terrorizzata.
Rosemary, l’ultima damigella, si
avviò verso l’altare con la sicurezza dei suoi
quattordici anni, dirigendosi verso il suo Seth, ed anche Kim fece un
passo avanti verso il suo Jared. La marcia nuziale salì di
intensità proprio nel momento in cui il suo piede
poggiò sul primo gradino e Kim arrossì,
terrorizzata dall’idea di inciampare. Scendeva girata quasi
del tutto verso suo padre, aggrappata al suo braccio, e con gli occhi
cercò immediatamente Jared.
Nel momento in cui posò il suo sguardo su di lui non
riuscì più a distoglierlo. Si
dimenticò di stare percorrendo una scalinata potenzialmente
mortale e di essere davanti a tante persone che la fissavano. Gli occhi
di Jared la guardavano felici e soddisfatti, commossi e incantati,
meravigliati e consapevoli: nel suo sguardo leggeva amore e adorazione.
Gli scese perfino una lacrima lungo la guancia mentre la guardava
incantato ed immediatamente anche dagli occhi di Kim sgorgarono due
minuscole lacrime di commozione.
Percorse tutta la navata senza mai distogliere gli occhi dai suoi e,
quando suo padre le alzò il velo e la baciò sulla
guancia, affidandola poi a Jared, rimase incantata dalla bellezza del
suo quasi-marito: Jared in smoking era bello da non crederci, e la luce
dei suoi occhi gli illuminava anche il volto, accecandola.
La cerimonia fu commovente: piansero tutti, dagli sposi agli invitati,
e la gioia che entrambi provavano nel dichiararsi amore eterno e
nell’affidarsi l’uno all’altra era
palpabile, così come l’euforia di Jared, che non
aveva mai smesso di fissarla. Non aveva spostato lo sguardo da lei
nemmeno per un attimo, pronunciando tutte le formule senza prestare
attenzione al prete e con una voce roca ed emozionata ,
che contrastava con quella rotta dal pianto di Kim. Quando fu il
momento dello scambio degli anelli, le poche lacrime di commozione di
Kim divennero un vero e proprio pianto con tanto di singhiozzo. La
presa gentile ma ferrea della mano di Jared mentre le infilava
l’anello la fece sentire l’essere più
importante ed unico del modo e le fece trovare il coraggio di
stampargli un piccolo bacio sulla guancia. umida delle sue lacrime.
Jared la osservò con uno sguardo colmo d’amore
senza lasciarle la mano e le lacrime aumentarono di
intensità.
Al momento del bacio Kim piangeva così tanto da non vedere
quasi più il viso di Jared, che sorrideva radioso e
soddisfatto. Le prese il viso tra le mani e la baciò sulle
labbra salate a causa delle lacrime; Kim si aggrappò alla
sua schiena, ricambiando il bacio tra i singhiozzi, mentre tutti
attorno a loro applaudivano commossi. Quando si staccarono rimasero con
le fronte appoggiate l'una all'altra e le labbra vicine che si
incontravano di continuo, mentre sorrisi e lacrime segnavano
incontrollabili i loro sorrisi gioiosi.
"Kim Padalechi." sussurrò Jared soddisfatto tra
un bacio e l'altro.
Kim annuì e sorrise tra le lacrime "Finché morte
non ci separi."
Il
25 Giugno 2008 Kim Najera divenne, tra le lacrime, Kim
Padalechi.
***
Mi ha commosso
scrivere questo capitolo, immaginare la storia di un nome e collegarla
ad un amore così grande.
Si tratta della storia del nome Kim Padalechi nel corso degli anni,
partendo dalla prima volta in cui Kim vide Jared per arrivare al
matrimonio, che mi immagino molto commovente. La mia Kim, che piange
per ogni sciocchezza, non potrebbe mai riuscire a trattenersi nel
giorno del suo matrimonio. Non penso che Alice potrà mai
avvicinarsi a Kim senza essere fatta a pezzi da Jared, ma in questo
capitolo mi andava così. So che è impossibile, ma
non mi interessa.
Spero apprezziate questo capitolo che mi ha emozionato
così tanto e spero che emozioni anche voi quanto ha
emozionato me.
Come sempre ringrazio coloro che hanno recensito. Grazie di cuore: i
vostri commenti mi fanno crescere sempre di più la voglia di
scrivere.
princess of vegeta6:
non che mi faccia piacere che tu pianga, eh, ma mi fa piacere il fatto
di essere riuscita ad emozionarti con quello che scrivo, dato che
emoziona anche me. Povera Kim, povero Jacob e povera Leah, e bella vada
a cagare!
Grazie per aver capito Kim e per pensare quello che pensi di Bella!
Servono più persone che odino quella panteg- ehm,
ragazza. Per quanto riguarda Jacob, in effetti meritava un imprinting
un po’ più tranquillo dopo tutto quello che ha
passato, ma mi basta che abbia dimenticato il rifiuto umano! Grazie
ancora per aver commentato. Adoro i tuoi commenti!
virgi_lycanthrope:
cara, grazie mille per i complimenti! È un piacere scoprire
altre persone che non sopportano Bella proprio come me! Spero che
questo capitolo ti sia piaciuto e grazie ancora per la recensione.
Maka_Envy: *inchino*
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE. Per la recensione ed anche per odiare Bella,
logicamente. Pensavo di essere l’unica. Spero che il capitolo
ti piaccia come l’altro. Baci e grazie ancora!
MartinaCullen: Kim le
da della stronza non perché le sembra una stronza, ma
perché la guarda a bocca aperta come per dire
“Come può un cesso come te essere un
imprinting?”. Beh, Bella pensa questo e conoscendola non si
sarà data molto da fare per nascondere quello che pensa,
dato che non ne è capace! Grazie per la recensione! Baci.
Ele_Cullen: sono
contenta che la fanfiction ti sia piaciuta. In effetti è una
coppia molto trascurata, quindi da un certo punto di vista non so
nemmeno come trattarla. Sapere che piace alla gente è un
grande sollievo! Grazie per la recensione, spero leggerai anche questo!
Baci.
Bellezza88:
beh, io non ho detto quale sia il livello successivo. Può
darsi anche che siamo solo andati un po’ oltre il bacio, non
devono per forza aver consumato. Ognuno è libero di
immaginarsi quel che vuole! E poi, anche se fosse, lei è il
suo imprinting e quindi lui non la lascerà mai, cosa
dovrebbero aspettare?
Grazie per i
complimenti e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
Grazie anche a chi
legge, ma una recensione in più non da mai fastidio, eh!
Baci,
Giuka
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Capitolo 7 *** String #7: Mai morte fu più dolce ***
My
Gravity – Jared and Kim
Mai
morte fu più dolce
Il mio stomaco è stretto
in una morsa ferrea e
passo di continuo le mani tra i capelli, nervoso ed impaziente di
vederla,
mentre qui sul bagnasciuga la brezza marina non smette di
soffiare.
Non sopporto l’attesa, è straziante e triste.
L’unica nota positiva è che tra
poco lei sarà qui, vicino a me, e finalmente
quest’ansia tremenda svanirà del
tutto. Perché, sebbene io ringrazi ogni singolo giorno
l’imprinting e l’angelo
che mi ha donato, la sensazione di puro terrore che provo quando lei
non è
fisicamente addosso a me non è piacevole. La preoccupazione
mi uccide e non
riesco nemmeno a respirare finché lei non è
accanto a me, calda e sicura; il
desiderio di vederla e perdermi nei suoi occhi scuri supera ogni altro
bisogno;
il ricordo della sensazione della sua pelle morbida a contatto con la
mia è
dolce come il miele. Ecco, se qualcuno ascoltasse i miei pensieri
direbbe: come
si può amare così tanto una ragazza a cui hai
parlato per la prima volta cinque
giorni fa? La parola imprinting spiegherebbe a questo
qualcuno che io non
amo Kim, io vivo per Kim. Ogni singolo secondo della mia giornata, ogni
mio
progetto, ogni mia decisione ed ogni mio respiro sono per lei; da
cinque giorni
non penso ad altro che Kim, comprendendo anche baciare Kim, toccare
Kim,
sposare Kim e tante altre cose che è meglio censurare. Paul
si è fatto delle
grosse risate, dandomi del maniaco, mentre Sam, l’unico
capace di comprendere
tutto questo amore, mi ha consigliato di dirle tutto al più
presto. Tuttavia
non posso di certo dirglielo dopo solo quattro giorni, la spaventerei a
morte e
probabilmente nemmeno mi crederebbe; così le ho
semplicemente chiesto di uscire
per conoscerci.
Come secondo appuntamento ho scelto un pomeriggio alla spiaggia,
semplice e
romantico, proprio come lei. Fa freddo, ma finché
sarà accanto a me non dovrà
temerlo. E poi diciamolo: avrò la scusa per stringerla di
più a me per
scardarla. Ecco, sono un genio.
Improvvisamente avverto un profumo ben conosciuto, pesca e lavanda, e
mi volto
immediatamente verso la direzione da cui proviene. Il sentiero che
porta alla
spiaggia è ancora vuoto, ma io avverto chiaramente i suoi
passi avvicinarsi,
bloccandomi il respiro al pensiero che tra poco la vedrò
comparire. Tutto il
mio corpo si tende in aspettativa, il mio cuore sembra voler uscire dal
petto,
il cervello si scollega lentamente ed inevitabilmente.
Poi, eccola.
Sollievo,
amore, adorazione,
felicità, impazienza, serenità,
euforia… Provo così tante cose da
non riuscire a muovere un passo; riesco solo
a fissare incantato la sua figura perfetta che si avvicina lentamente,
il volto
leggermente abbassato per l’imbarazzo.
Indossa il suo solito cappottino nero, corto e semplice, con un paio di
jeans
skinny che le evidenziano le gambe piccole e sottili. Ai piedi porta le
inconfondibili Converse blu, che per lei sono come un porta fortuna,
abbinate
al foulard blu e rosso legato al collo. I capelli sciolti e liscissimi,
perfettamente lucidi e curati, sono scompigliati senza sosta dalla
brezza,
conferendole un aspetto etereo e perfetto. Mi guarda di sfuggita con i
suoi
occhi scuri, che non riesco a vedere bene, e le guancie sono rosse come
sempre:
bellissima.
Mi avvicino a grandi passi, impaziente ed euforico, e sento un sorriso
enorme
nascermi spontaneamente sulle labbra; anche Kim sorride, guardandomi
finalmente
negli occhi e azzerando la distanza tra noi.
Siamo vicini, a nemmeno un metro di distanza, ma non riesco a dire
nulla. Sono
completamente catturato da lei, dal suo profumo e dai suoi occhi per
riuscire
anche solo a respirare. La fisso sorridendo e probabilmente sembro un
po’
stupido, ma non posso farne a meno. La sua presenza mi rende felice
come non
mai.
Kim sostiene lo sguardo finché può, ma poi la
timidezza la vince ed abbassa gli
occhi, arrossendo e sussurrando un saluto debole. Sempre senza smettere
di
sorridere le prendo la mano e la porto alle mie labbra; socchiudo gli
occhi e
le bacio piano il polso, il palmo, le dita e i polpastrelli, godendomi
appieno la
sensazione della sua pelle fresca a contatto con la mia. Rabbrividisco
di
gioia, piacere e felicità e sento Kim rabbrividire con me:
sono io a darle
queste emozioni?
“Salutami come si deve, Kim.” le dico divertito con
le mie labbra ancora
poggiate sulla sua mano, consapevole di metterla in imbarazzo, ma non
sopporto
che lei sia nervosa con me: voglio che sia completamente rilassata ed
al suo
agio, non che si intimidisca.
“Ciao, Jared.” sussurra Kim a voce appena
più alta, guardandomi negli occhi e
sorridendo timidamente.
“Grazie. Come è stato il tuo
pomeriggio?” rispondo prendendole la mano e
avviandomi verso il bagnasciuga, trascinandomela dietro dolcemente. Kim
si
lascia trascinare di buon grado, accostandosi a me immediatamente e
intrecciando le dita alle mie.
“Il mio pomeriggio non è ancora finito,
Jared.”
“Allora cercheremo di renderlo bellissimo, Kim. Cosa ti
piacerebbe fare?” le
chiedo gentilmente, stringendo la sua mano con la mia delicatamente per
paura
di farle male: già in confronto agli altri umani Kim
è piccola e fragile, ma
con me la differenza è ancor più palese. Visti
dall’esterno dobbiamo sembrare
proprio una strana coppia, lei così piccola e minuta, io fin
troppo grande e
grosso.
“Stare qui con te va più che bene.”
rispose Kim arrossendo e causando un
piacevole sussulto nel mio stomaco e un battito in meno nel mio cuore
impazzito, che non aveva mai smesso di battere forte
all’interno del mio petto.
Parlare con Kim è sempre facile e naturale: le parole mi
escono senza bisogno
di cercarle e lei, con qualche difficoltà, risponde sempre
in modo
intelligente, ma anche se avesse risposto con un grugnito a me
sembrerebbe
perfetta. L’adorazione che provo per lei la spaventa, questo
posso sentirlo, ma
non riesco a non guardarla incantato, a non stringerle la mano con
dolcezza, a
non darle la mia felpa se sente freddo. Mi è impossibile non
preoccuparmi per
lei, non sorriderle, non stringerla. Io amo occuparmi di Kim, e spero
di
poterlo fare per tutta la mia vita. Spaventa anche me tutto questo
sentimento:
ho paura di caricarla di un peso troppo grande da sopportare, di farla
sentire
obbligata a ricambiare un sentimento che non vuole: per questo ho
deciso di
aspettare e capire se anche lei prova qualcosa per me, prima di dirle
tutto.
Voglio che stia con me solo perché è questo
quello che desidera, ma la
consapevolezza di poterla rendere più felice di qualsiasi
altro ragazzo mi
spinge a dirle tutto e subito. Saprò aspettare,
però: per lei questo ed altro.
“Ci sediamo lì? Sono un po’
stanca…” mi chiede Kim ed io mi precipito verso il
tronco che ha indicato: niente è più importante
del suo bisogno di riposarsi.
Lei ridacchia divertita alla mia reazione esagerata, ma mi segue come
sempre
senza fare storie.
Il tronco è piuttosto alto e mi giro verso Kim con i palmi
verso i suoi
fianchi: una proposta silenziosa.
Lei alza un sopracciglio scettica “Sono perfettamente in
grado di saltare,
Jared.” dice sicura, cercando di superarmi. Saltare?
Assolutamente no: potrebbe
cadere, sbucciarsi i palmi o sbattere il viso. Non esiste.
“Assolutamente no, Kim.” ordino diretto, la voce
più dura di quanto non voglia,
ma non riesco ancora a controllare le emozioni che lei mi suscita
“Dai, Kim. Ti
da così fastidio? È il nostro secondo
appuntamento, fammi fare il cavaliere.”
dico con tono più dolce, sorridendo gentilmente e
socchiudendo gli occhi.
Kim smette di respirare per un attimo, fissando con insistenza un punto
del mio
viso, per poi annuire lentamente. Non aspetto oltre: la afferro
gentilmente per
i fianchi – le mie mani li occupano completamente, tanto sono
stretti- e la
sollevo con fin troppa facilità, adagiandola sul legno; mi
piace la sensazione
di averla tra le braccia, sollevata e sorretta completamente da me.
Indugio per
un attimo in più con le mie mani sui suoi fianchi e poi mi
siedo accanto a lei,
senza nemmeno bisogno di saltare.
“Non è giusto che tu sia così
alto…” borbotta infastidita sistemandosi
più
vicina a me arrossendo per il suo gesto “Io sono troppo
bassa.” dice poi
sconsolata, lisciandosi nervosamente delle pieghe invisibili nei jeans
stretti.
Appoggio la mia mano sopra alla sua, toccandole la gamba fasciata dai
pantaloni, e le sfioro la tempia con le labbra, sentendola sussultare.
“Tu sei perfetta così, Kim.” dico
sincero, senza spostare né la bocca né la mano,
attendendo una sua qualunque reazione; quando mi si fa inconsciamente
più
vicina, spingendosi contro le mie labbra, le avvolgo la schiena con una
braccio
e porto con facilità in braccio a me, sorridendo sornione.
Kim si aggrappa
stupita alle mie spalle, trattenendo un urletto di sorpresa, e mi fissa
con la
bocca socchiusa e l’espressione stranita.
“Ti da fastidio?” chiedo senza smettere di
sorridere, dato che riesco benissimo
a sentire il battito del suo cuore accelerare e i brividi che le
rizzato i capelli
sulla nuca. Kim scuote la testa, senza smettere di fissarmi con le
labbra
socchiuse.
Sapevo di quanto fossero perfette le labbra di Kim: lo sapevo da
quando,
quattro giorni fa, le avevo viste per la vera prima volta. Ero rimasto
colpito
da quanto fossero piccole ma carnose, un po’
all’ingiù, e dalla perfetta doppia
curva di quello superiore. Hanno un colorito rodato e delicato, come
tutta la
sua persona, e sembrano morbidissime. Mai però avevo
desiderato baciarle come
in questo momento: ogni singola parte del mio corpo mi urla di azzerare
la
distanza già minuscola dei nostri volti e di poggiare le mie
labbra bollenti
sulle sue. Desidero farlo più di ogni altra cosa, ma temo
che Kim non lo
desideri Tuttavia ormai non sono più padrone del mio corpo,
che comincia ad
avvicinarsi a Kim come dotato di vita propria, ed io di certo non ho
abbastanza
forza di volontà per oppormi. Vedo le sue labbra sempre
più vicine alle mie, i
suoi occhi socchiudersi, le sue guancie arrossarsi come sue mele matura
e in un
attimo le mie labbra sono sulle sue, lenti e dolci.
N-non riesco a pensare. Non connetto il cervello, riesco solo a
concentrarmi
sulle piccole labbra di Kim, molto più morbide e lisce di
quanto avessi mai
potuto immaginare, che premono tremanti sulle mie. Sento un
annebbiamento di
tutti gli altri sensi e i suoni, gli odori e le immagini non mi
arrivano più,
anche con i miei sensi da licantropi. Le labbra di Kim assorbono tutto.
È la
sensazione più bella che io abbia mai provato: è
come se prima non avessi mai baciato,
è come se prima non fossi mai stato con una ragazza. le
emozioni che avevo
provato con le mie ragazze precedenti non erano nemmeno paragonabili a
quelle
che Kim sapeva darmi con un solo sguardo, figuriamoci con un bacio.
Kim si stacca poco dopo, lasciandomi ansimante e annebbiato; anche lei
ansima
piano, ma le labbra si tendono in un sorriso timido e felice che crea
due
stupende fossette sulle sue guancie rosse. Sento le mie labbra tendersi
ancor
prima che il mio cervello ordini loro di farlo, ed il sorriso
è talmente ampio
che sento la mandibola farmi male, ma non posso smettere. Se lei
sorride in
questo modo mi è impossibile non farlo: se Kim è
felice, io sono euforico.
Siamo qui, a fissarci negli occhi, le labbra vicine e i nostri respiri
che si mescolano,
ed io voglio baciarla ancora, voglio baciarla per sempre. Appoggio di
nuovo le
labbra sulle sue e stavolta riesco a controllare meglio le emozioni che
mi
investono cuore e cervello; sono abbastanza lucido da stringerla a me
con
dolcezza, proteggendola dal vento invernale, e da baciarle piano le
labbra,
senza rimanere fermo impalato come prima. Resto quasi stupito di come
la sua
spalla si incastri perfettamente nell’incavo sotto il mio
braccio e di come il
suo collo sia perfettamente comodo nel mio gomito; il suo busto
è piccolo
quanto basta perché, anche tenendola in braccio, il suo
volto sia comunque più
in basso del mio, e le sue braccia sono così sottili che
sono addossate al mio
petto senza però distanziare i nostri corpi.
Baciarla è meglio di quanto avessi mai immaginato: prima,
preso alla sprovvista
da tutte quelle emozioni, non ero riuscito a godermi questa sensazione,
ma ora
riesco a coglierle una per una. Il suo corpo è caldo,
nonostante il freddo, e
riesco a percepirne la fragilità anche attraverso il
cappottino; i suoi capelli
scompigliati dal vento accarezzano i nostri volti con dolcezza, setosi
e per
nulla fastidiosi; le sue mani piccole stringono la mia maglia tremanti
e le
braccia dal gomito al polso premono contro il mio petto senza darmi
fastidio.
Le sue labbra tonde e carnose sono perfette addosso alle mie, larghe e
sottili,
e si adattano tra loro senza difficoltà, in un lento
sfiorarsi e toccarsi.
La stringo appena di più, spingendola contro di me, e premo
con più decisione
le mie labbra sulle sue per approfondire il bacio, ma la sento
tentennare: mi
stacco immediatamente, controvoglia, e Kim arrossisce.
“Cosa c’è, Kim?” chiedo
subito, preoccupato di essermi spinto troppo oltre:
dopotutto è solo il nostro secondo appuntamento ed io non so
quali siano le
abitudini di Kim con i ragazzi.
Lei arrossisce e non risponde, distogliendo lo sguardo e gemendo in
difficoltà.
Porto due dita sotto il suo mento e la costringo a guardarmi di nuovo.
“C’è qualche problema?” chiedo
nuovamente, sentendo una strana ansia
pervadermi: mi ha baciato contro voglia? Non lo voleva? Il timore di
averla
costretta a qualcosa che non voleva fare mi strinse dolorosamente lo
stomaco.
Kim prende fiato e risponde senza respirare e senza guardarmi
“D-dai Jared, non
ho mai avuto un ragazzo, secondo te qual è il
problema?”
Corrugo le sopraciglia confuso “Sei in imbarazzo?”
“No, Jared. È solo che questo è il mio
primo bacio.” sospira spazientita,
sussurrando le ultime parole e arrossendo all’inverosimile.
Beh, in teoria un normale ragazzo ora dovrebbe essere… Deluso?
Un
diciassettenne a questo punto della sua pubertà dovrebbe
volere una ragazza
esperta e disinibita, con cui andare decisamente oltre un semplice
bacio. In
effetti, fino a quattro giorni fa le mie ragazze erano state tutte
così: belle,
sexy e facili.
Ora, invece, sono talmente euforico che potrei volare via da un momento
all’altro: Kim non è mai stata con un ragazzo, Kim
non ha mai baciato un
ragazzo, Kim è vergine. Nessuno prima di me l’ha
toccata e nessuno oltre a me
la toccherà da oggi in poi: lei è mia.
“Ti sei fermata solo per inesperienza, allora?”
sorrido radioso, accarezzandole
la schiena lentamente; Kim annuisce e storce la bocca.
“Se per te sono troppo bambina, Jared, va bene. Posso
capirlo, quindi dimmi
pure che non vuoi più uscir-”
Prima che possa finire la bacio di nuovo, irruento e passionale. La
bacio
veramente, come si fa con una donna, perché Kim per me non
è una bambina: è la
donna più bella dell’universo, l’unica
da cui potrò più essere attratto,
fisicamente e sentimentalmente. Ormai non vedo più le altre
ragazze, gli occhi
di Kim, la sua figura sottile e le guancie rosse sono ovunque.
La vedo
in tutte le cose che mi circondano, e mi piace. Mi piace essere
così innamorato
di lei. Io amo essere innamorato di lei.
Kim si lascia guidare nel bacio, timida e inesperta, e sento il suo
cuore
battere talmente forte che sembra voglia uscirle dal petto. Sta bene,
incastrata così contro di me: è più
rilassata, non trema più, e le mani non
stringono più la mia maglia in una presa ferrea, ma sono
rilassate sul mio
petto.
Quando ci stacchiamo sorridere è inevitabile: le nostre
labbra non sono ancora
del tutto separate che già si tendono, io apertamente, lei
timidamente, ma mi
piace questa nostra diversità.
“Wow…” mormora incantata, gli occhi
lucidi per l’emozione. I miei sono proprio
bagnati di lacrime, invece.
“Wow.” dico di rimando e le accarezzo la testa con
la mano sinistra, mentre con
la destra la tengo incastrata su di me “Ne è valsa
la pena?”
Kim sembra non capire “Cosa?”
“Dare il tuo primo bacio a me.” chiarisco
baciandole dolcemente una guancia,
che sento fresca sotto di me. Si sta raffreddando, pensa abbracciandola
più
stretta: forse dovrei riaccompagnarla a casa.
“C-certo. È stato… Bello.”
risponde arrossendo e distogliendo lo sguardo.
Io alzo un sopracciglio “Solo bello, Kim? Devo
rimediare.” dico sorridendo e
tuffandomi, letteralmente- sulle sue labbra.
~
È appena entrata in casa:
non mi sono
accontentato di accompagnarla alla macchina. Mi sono trasformato e
l’ho
seguita, ignorando i latrati sguainati di Paul, che si gustava tutto il
pomeriggio con Kim, ed i sospiri –nostalgici?-
di Sam. Jacob doveva
essere da Bella, Embry a scuola: il secchione frequentava il corso
pomeridiano
di informatica.
Ora che è sicura, posso lasciarla sola. Mi dirigo correndo
verso Paul e Sam,
che mi vengono incontro a gran velocità. Dopo poco io e Paul
ci troviamo uno di
fronte all’altro: i suoi pensieri non mi piacciono.
Era il suo primo bacio? Diciassette
anni e non ha ancora dato
un bacio? Che sfigata.
Paul inizia
ad innervosirmi. Stai zitto,
idiota.
Però amico questo te lo
devo dire. Per essere una principiante,
ci sa fare.
Ringhio. Paul…
E poi che labbra. Proprio rotonde.
Hanno pure un buon sapore.
Mi sto
incazzando sul serio, adesso. PAUL!
Magari me la puoi prestare,
un giorno…
In un attimo
mi avvento su di lui con un
ringhio terribile, puntando dritto alla gola. Paul mi schiva e
cominciamo a
darcele di santa ragione: zampate, morsi ed unghiate, facendoci male
sul serio.
Provo un piacere strano nell’affondare i denti nella sua
zampa, nell’atterrarlo
con ferocia, godo dei suoi guaiti doloranti. Lui non avrebbe dovuto
parlare in
quel modo di Kim.
Non ho mai combattuto contro di lui prima d’ora e devo
ammettere che è forte.
Ma io lo sono di più e soprattutto più motivato:
non deve parlare così del mio
imprinting, penso mentre lo sbatto con furia contro un albero. Paul
esita ad
alzarsi e con un guaito si arrende. Ghigno scoprendo le zanne.
E che palle questo imprinting.
Diventate delle femminucce,
cazzo.
La
voce
di Sam irrompe nei nostri pensieri, chiaro segno della sua vicinanza. La
femminuccia ti ha appena battuto, idiota.
Paul guaisce.
Sam, non puoi stare sempre
dalla sua parte!
Ti ricordo che anche lui ha avuto
l’imprinting.
Sam mi
zittisce ululando. Fa silenzio,
Jared. Paul, non pensare più a Kim in quel modo.
Eccheppale, Sam. Stavo solo
scherzando.
L’imprinting non
è uno
scherzo, Paul. Dovresti averlo capito ascoltando i miei pensieri e
quelli di
Jared.
Paul
guaisce irritato. Forse non me lo avete
spiegato bene, siete sempre molto
attenti a non pensare ad Emily o Kim mentre io sono nei paraggi.
Chissà
perché.
Cosa vorresti dire con
questo, eh?
Ringhio.
Vuol dire che non ti voglio a meno di venti metri da Kim, Paul!
Ehi, Sam lascia che io mi
avvicini ad Emily!
Beh, io non sono Sam. Ti
voglio lontano da Kim.
Paul
sbuffa irritato. Che palle. Spero di non avere mai
l’imprinting.
Sam fa
un verso simile ad una risata. Io spero che tu lo abbia
presto, Paul. Ti
cambierebbe la vita.
Appunto, la mia vita è
perfetta così com’è!
L’imprinting ti
completa,
amico.
Che cazzata!
Sbuffo.
Tu non hai ancora capito cos’è
l’imprinting, altrimenti non parleresti così.
Sarai anche grande e grosso, ma il tuo cervello è grande
quanto quello di una
gallina!
Paul mi guarda truce.
Spiegamelo invece di
far battute, Jared.
E va bene, Paul. Guarda. Dico,
tuffandomi nei miei pensieri.
Non è amore. Non
è il non poter vivere senza di lei, non è una
fitta dolorosa al cuore quando
lei non c’è, non è il non poter
respirare se lei è triste. Non è questo.
È molto, molto di più. È come non
vivere più: non respiro per me, non
penso per me, il mio cuore non batte per
me: io esisto per
lei. In effetti, è come se non esistessi
affatto: ogni essere umano
vive principalmente per se stesso; può amare
un’altra persona, può voler dare
la vita per lei, ma respira per se stesso. Lo scopo è
sopravvivere, per quanto
possa dire che darebbe la vita per la persona che ama, mente. Davanti
alla
morte, egli penserebbe a salvarsi. Io invece non vivo più.
Da quattro giorni a
questa parte io sono suo. Le appartengo, così come lei
appartiene a me. Non accetterò
un altro uomo accanto a lei, Paul. Io la voglio per me, voglio volerle
bene,
amarla, proteggerla e prendermi cura di per tutta la vita. Dammi del
pazzo, del
folle, ma non mi importa. Kim è… Non trovo le
parole.
Gravità, aria e sole.
Tutti nella stessa persona. Pensa Sam,
aiutandomi nella mia spiegazione.
Già.
Kim è la mia gravità, la mia aria ed il
mio sole, tutti rinchiusi nel suo piccolo e gracile corpo. Se lei
morisse io
morirei con lei: non sto ingigantendo i miei sentimenti, è
semplicemente un dato
di fatto. Chi potrebbe vivere senza l’aria? Chi resterebbe
ancorato alla terra
senza forza di gravità? Sarebbe impossibile per chiunque. Lo
so, l'imprinting
può sembrare un obbligo, una costrizione: io prima non amavo
Kim. Io non avevo
mai nemmeno considerato Kim, pensavo fosse insignificante; ma ora ho
scoperto
una ragazza dolce, intelligente e buona, abbastanza buona da volermi
bene
nonostante io sia un cretino. Se Kim mi amerà,
sopporterà il fatto che il suo
ragazzo si trasformi in un lupo gigante, che combatta contro i vampiri
e che la
ami da morire. Sopporterà il fatto che la mia vita, le mie
decisioni, i miei
pensieri dipendano solo da lei. La mia morte dipenderà da
lei.
E sai una cosa, Paul?
Di solito la gente non vede bene la morte. Ma in questo caso, io sono
contento
che quel Jared che viveva per se stesso sia morto. Ora Jared
è morto e rinato
solo per proteggere ed amare Kim.
Io sono morto per lei nel momento
in
cui l’ho vista, Paul.
Paul, per una
volta, non fa battute. Cavolo,
fratello.
Sam annuisce
solenne. Lui può capire.
Mai morte fu più dolce.
***
Questo
capitolo non mi convince molto, a dirla tutta. Sono partita dal secondo
appuntamento di Jared e Kim e sono arrivata ad un maxi discorso
filosofico tra
licantropi: ho esagerato? A voi l'ardua sentenza. Ditemi se questo
capitolo vi
sembra peggiore degli altri, in cosa e perché. A me non
piace, ma ormai ho
scritto questo, ero ispirata così e non vedevo l'ora di
aggiornare. Spero con
tutto il cuore che vi piaccia, però!
Grazie
a coloro che hanno speso un po' del loro tempo per recensire la mia
storia:
grazie, grazie, grazie.
kim93:
grazie mille per aver recensito e per i tuoi complimenti! Sono contenta
che il
capitolo ti sia piaciuto e ti abbia fatto emozionare. In
effetti, io amo
le coppie lasciate da parte dalla Meyer, perché posso
fantasticare liberamente,
dato che non si sa molto di loro! E poi diciamolo: l'imprinting
è stupendo,
come si può non scrivere di loro? Grazie ancora, spero che
questo capitolo ti
sia piaciuto. Baci.
virgi_lycanthrope:
cara, mi hai recensito sempre, tutti i capitoli. Ti ringrazio davvero
tanto, è
bello essere seguiti da qualcuno che apprezza davvero quello che
scrivi! Quindi
grazie di cuore! Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo; in
effetti con
le date è stato più semplice anche per me da
scrivere! Grazie, baci.
niky_95:
cara, grazie per i complimenti e per aver recensito! Mi fa piacere che
il
capitolo ti sia piaciuto e che anche tu apprezzi la storia di Jared e
Kim, due
semplici ragazzi che vivono un amore un po'... Strano, ma normale.
Semplicemente amore. Buon viaggio, goditi Parigi! Non vedo l'ora di
leggere
un'altra tua recensione. Baci e grazie ancora.
princess
of vegeta6: *Giuka fugge dalle misteriose figure/licantropi (dopo
essersi
assicurata di non essere il loro imprinting), poi torna, legge la
recensione si
asciuga le lacrime, tutto sotto gli occhi attoniti dei presenti*
Sono
ripetitiva, lo so, ma dico lo stesso per l'ennesima volta che io ADORO
LE TUE
RECENSIONI. Lunghe, dettagliate, divertenti e commoventi: il paradiso
per ogni
scrittore! Grazie per aver letto e recensito, usando parte del tuo
tempo, la
mia storia; grazie per aver letto e recensito tutti i capitoli e per
spingermi
a scrivere. Grazie per i complimenti, ci tengo a rendere
Jared e Kim
semplici e innamorati, senza cadere nel banale, ma il problema
è che non sono
proprio normali. Sicuramente più di Edward e Bella, ma alla
fine non si può
dire che l'imprinting sia così tranquillo e normale.
Sicuramente, però, Kim è
una ragazza normale, umana, e merita di essere trattata
così, senza particolare
drammi. La Meyer avrebbe anche potuto spenderci un capitolo come ha
fatto con
Emily e Sam, Jasper e Alice, Emmet e Rosalie: solo perché
Kim è una semplice
umana non vuol dire che la sua storia sia meno interessante di Rose o
Alice,
secondo me. La Meyer crea dei personaggi e delle storie meravigliose
(saga di
TW, L'ospite) ma li lascia da parte, uccidendoli di indifferenza.
Dovrebbe
dividere i suoi libri più equamente! Per quanto riguarda la
"sporcizia"
nel fandom ti do ragione, ma ormai è così in
tutti quelli maggiori: le
bimbeminkia si fanno avanti in massa, ma noi dobbiamo combattere a suon
di
storie dove la grammatica conta ancora qualcosa, così come i
congiuntivi e la
punteggiatura! Sarà difficile, ma facciamolo per il bene
della buona lingua
italiana! XDXD Scherzo dai... Grazie per il commento, grazie per i
complimenti,
grazie per apprezzare così tanto il mio modo di scrivere.
Baci.
Ele_Cullen:
grazie mille per i complimenti. Spero davvero che ti sia piaciuto anche
questo.
purtroppo a me non molto, ma l'opinione dei lettori è molto
più importante!
Baci.
Grazie
a tutti (anche a chi legge) e recensite, per favore. Amo leggere i
vostri
commenti.
Baci,
Giuka
|
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Capitolo 8 *** String #8: I don't wanna miss a thing ***
My Gravity
– Jared and Kim
I don’t wanna miss a thing
I
could stay awake just to hear you breathing
Watch you smile while you are sleeping
While you're far away and dreaming
I could spend my life in this sweet surrender
I could stay lost in this moment forever
Every moment spent with you is a moment I treasure
I Don’t Wanna Miss A
Thing, Aerosmith
Era una mattina gelida, probabilmente, ma lui non
avrebbe saputo dirlo con certezza: caldo o freddo che fosse, la sua
temperatura non scendeva mai sotto i quarantadue gradi. La casa era
perfettamente silenziosa - quel viaggio alle Maldive dei suoi genitori
era arrivato proprio al momento perfetto- e la luce delicata del giorno
inondava la stanza di grigio, mentre il vento agitava le tende pesanti
e sfiorava il lenzuolo che gli copriva la schiena. Jared non vi fece
caso: fissava incantato la sua Kim, placidamente addormentata supina
con le braccia abbandonate accanto alla testa, sul cuscino, riparata
dal suo enorme colpo caldo. Indossava solo le mutandine ed un vestitino
leggero dalle spalline sottili, che durante la notte era salito fino a
lasciare scoperta la pancia piatta. Era magnifica e Jared non
poté impedirsi di allungare una mano bollente e cominciare a
sfiorarla lentamente.
Constatò –o meglio, aveva constatato la notte
precedente- con un sorriso che le curve delicate del suo corpo si
adattavano perfettamente al proprio tocco. Ogni singolo centimetro di
pelle finiva per aderire il modo perfetto alla sua, come se fossero
stati creati appositamente per aderire tra loro.
Il suo corpo era
stupefacente: piccolo, proporzionato ed incredibilmente morbido, anche
per un’umana. Realizzò in quell’istante
più che in ogni altra situazione quanto Kim fosse fragile:
stesa sotto di lui, le guance rosse e i capelli sparsi sul cuscino,
sembrava potersi rompere in tanti piccoli pezzetti da un momento
all’altro.
Le accarezzò dolcemente un seno –stava
perfettamente sul palmo della sua mano- e Kim gemette in aspettativa,
inarcando la schiena.
Le baciò delicato la pelle fresca tra i seni,
facendo forza sui gomiti per non premerle eccessivamente addosso
–è
così piccola.
“Sei perfetta, Kim.” . Non lasciarmi
mai, Kim. Ti amo, Kim. Ti voglio, Kim.
Accarezzò dolcemente il suo corpo con un
tocco leggero e adorante. Partì dal piede, accarezzandone
singolarmente ogni singolo dito, il collo delicato, la pianta
più spessa; risalì lungo la caviglia sottile, che
stava perfettamente tra l’incavo del pollice e
dell’indice, sfiorando il polpaccio magro e morbido.
Passò le dita sulle ginocchia un po’ cicciottelle
e carnose, accarezzandone l’interno e l’esterno con
delicatezza e ricominciando la sua risalita senza fretta.
Indugiò sulle cosce sottili e morbide come quelle di una
vera donna, tiepide al contatto con
la propria mano, e risalì ancora lungo il fianco morbido,
pizzicandone delicatamente la carne. Spostò la mano sulla
pancia piatta e rosea, lasciandovi un bacio delicato: adorava il sapore
ed il profumo della sua pelle, era qualcosa a cui non avrebbe mai
potuto fare a meno.
Poggiò delicatamente le labbra su tutta la superficie della
pancia, risalendo fino al seno piccolo e proporzionato coperto dal
tessuto rosa pallido; si rese conto di adorare il modo in cui quel
colore risaltava sulla carnagione scura di Kim e sorrise contro la sua
pelle. Con le mani le accarezzò i fianchi, risalendo lungo
le braccia e prendendo le sue mani tra le sue; intrecciò
incantato le loro dita, portandosi la destra alla bocca e baciandone il
palmo liscio.
Rimase un po’ così, senza fretta né
smania di concentrarsi su parti che qualsiasi altro ragazzo avrebbe
trovato più interessanti e ringraziando il sonno pesante
della sua Kim. Le riappoggiò con delicatezza le mani sul
cuscino, ai lati della sua testa, e si concentrò sul volto
meraviglioso che giaceva addormentato accanto a lui.
Kim addormentata era semplicemente stupefacente: le labbra carnose ed
un po’ gonfie erano un socchiuse e ne usciva un respiro lento
e tranquillizzante; la guancia destra, appoggiata al suo avambraccio,
era bollente, mentre quella sinistra era rossa per il freddo vento
mattutino che entrava dalla finestra – aveva dovuto aprirla,
se non voleva farla morire di caldo-; con i polpastrelli le
sfiorò le ciglia lunghissime adorante e come sempre
incantato dalla sua perfezione: come poteva essere così
bella?
Improvvisamente una ventata di aria gelida mosse le
tende pesanti della finestra e arrivò fino alla schiena nuda
di Kim, che rabbrividì da sotto le lenzuola. Jared
ghignò soddisfatto al pensiero di doverla scaldare e le
passò un braccio attorno al corpo, stringendosela addosso.
Istintivamentela pelle di Kim si riempì di brividi causati
non tanto dal calore del corpo di Jared, quanto dalla vicinanza della
loro pelle, come aveva potuto constatare in quei mesi passati assieme:
il ghigno se possibile si allargò, al pensiero di come Kim
reagisse al suo tocco, al suo sguardo, alla sua voce. Non gli sembrava
ancora possibile che Kim lo ricambiasse così assolutamente.
Si tolse la maglietta, scagliandola lontano
sull’angolo della stanza. La luce lunare fece risaltare i
muscoli del petto e delle braccia, lasciandola senza fiato. Kim
socchiuse la bocca e sgranò gli occhi, osservando
imbarazzata ogni singolo centimetro di pelle: era così
perfetto da sembrare un dio greco, ma l’analogia non riusciva
ancora a rendergli giustizia.
“Respira, Kim.” il ghigno di Jared non era mai
stato più largo.
Passò ansimante una mano sui suoi addominali perfetti,
risalendo sui pettorali e sui bicipiti, e stavolta fu lei a ghignare
–ma era più un sorriso- nel sentire i muscoli di
Jared tendersi al suo passaggio.
Jared le alzò il mento con una mano e la baciò
con passione, affondando le mani nei suoi capelli e stringendoli tanto
da farle quasi male.
Quando si staccò, lo guardò adorante e
sorridente, gli occhi lucidi e le labbra gonfie.
“Ti amo, Jared.”
Rimase a fissarla ancora a
lungo, ma non avrebbe saputo dire quanto. Sapeva solo che il sole era
già alto, quindi probabilmente dovevano essere le undici:
non aveva mai dormito. Non si era perso nemmeno un istante della
magnificenza di Kim illuminata dalla luce argentea della luna, rosea
dell’alba, grigia del cielo plumbeo che quel giorno copriva
La Push. Nonostante la stanchezza non era proprio riuscito a chiudere
gli occhi e lasciare la sua magnifica immagine: come poteva distogliere
l’attenzione da lei ora che era così vicina? Gli
era impossibile, non poteva fare a meno di guardarla.
Ricominciò ad accarezzarle dolcemente la pancia con la mano
libera, senza distogliere lo sguardo dal suo volto tranquillo e
addormentato; adorava Kim, adorava la sua dolcezza, timidezza e
intelligenza, ma per un attimo sperò di poter rimanere
così per sempre, a guardarla, senza interferenze
né difficoltà, adorandola e accarezzandola.
Kim si mosse appena nel sonno, dimenandosi tra le sue braccia e
stringendo i propri avambracci attorno al proprio corpo, come ad
afferrare qualcosa nell’aria; nel farlo le sue mani finirono
inavvertitamente per stringersi attorno alla mano di Jared, che ancora
l’accarezzava. Al contatto con la sua pelle Kim si
rilassò immediatamente, mentre un sorrisino compiaciuto si
aprì sulle sue labbra rosse. Jared, rimasto incantato a
fissarla per tutto il tempo, si chiese cose stesse sognando: avrebbe
dato tutto l’oro del mondo per poterle leggere nella mente,
osservare i suoi sogni e cercare il proprio viso nella sua testa,
vedere se occupava i suoi pensieri come lei occupava i suoi. Ma se
sorrideva tutto era perfetto: poteva anche sognare Harrison –
no, beh, in quel caso forse si sarebbe ingelosito parecchio-,
l’importante era che fosse felice,
che sorridesse, mangiasse, respirasse e fosse sana, la
felicità personale era solo una cosa secondaria. Prima di
tutto c’era la felicità di Kim; ogni altro
bisogno, fisico o mentale che fosse, passava inevitabilmente in secondo
piano. Amarla, prendersi cura di lei e proteggerla era la cosa migliore
del mondo, ora, ma Jared a volte non poteva fare a meno di ricordare
tutto quello che aveva prima: libertà, essenzialmente. Poter
arrabbiarsi senza trasformarsi in un lupo alto come un cavallo,
prendere a pugni qualcuno senza paura di ucciderlo, ubriacarsi,
divertirsi… Insomma, la normale vita di un qualsiasi
adolescente americano. E ora, invece, doveva fare turni di guardia,
obbedire a tutti gli ordini di Sam ed amare quella ragazzina che prima
non aveva mai nemmeno degnato di uno sguardo. Per un attimo, solo per
un attimo, pensò che avrebbe davvero voluto tornare indietro.
Un secondo dopo, si ritrovò piegato su se
stesso, boccheggiante per la rabbia, la nausea ed il dolore: come
aveva osato immaginare che lei non esistesse?
Era strano, troppo strano, aver pensato a lei in quel modo. Da quando
l’aveva vista per la prima volta, non era mai riuscito a
pensare nulla di male di lei, che era diventata tutta la sua vita. Da
subito, la sua devozione nei confronti di lei era stata romantica, a
differenza di quella di Quil, e dopo soli due appuntamenti erano
già una coppia. Non era mai riuscito a vederla come una
sorella o un’amica: da subito aveva deciso che Kim sarebbe
stata la sua ragazza, poi fidanzata ed infine moglie.
L’adorazione totale ed incondizionata che sentiva per lei,
unita alla dolcezza infinita di Kim, gli aveva impedito di vederla in
altri modi; certamente anche il fatto che Kim volesse quello che voleva
lui, assolutamente e inequivocabilmente, lo aveva spinto a dichiararsi
subito, senza inutili attese. Dopotutto avevano diciassette anni e lui
non l’avrebbe mai, mai lasciata o ferita. Mai. Avrebbe
preferito patire le più atroci torture piuttosto che ferirla
sul serio, abbandonarla o sfruttarla come aveva fatto con tutte le
ragazze che aveva avuto in precedenza.
A interrompere i suoi pensieri fu, come sempre, l’unica cosa
che potesse distrarlo quando pensava a Kim: lei stessa. La
sentì muoversi con più decisione e subito
cercò il suo viso meraviglioso; la vide sbattere leggermente
le palpebre mentre un lungo mugugno le usciva dalle labbra.
Sentì l’ansia e l’impazienza di
incontrare i suoi occhi meravigliosi ed allo stesso il dispiacere che
il tempo di adorarla in assoluta tranquillità fosse finito.
Il cuore cominciò a battere velocemente, così
forte la sembrare che volesse uscirgli dal petto, ed il respiro gli si
mozzò in gola; sentì la pelle d’oca sul
braccio, non certo dettata dal freddo, i capelli rizzarsi sulla nuca,
tutti i suoi muscoli e nervi tendersi in aspettativa, gli occhi
spalancarsi e le palpebre smettere di sbattere. Le palpebre di Kim
tremarono per un’ultima, interminabile volta, e poi i suoi
occhi assonati si aprirono al suo sguardo e osservarono il soffitto
assonnati e assorti, come se stesse cercando di ricordate dove fosse;
poi, in preda ad un’improvvisa consapevolezza, Kim
arrossì e si voltò immediatamente verso di lui.
Jared non poté che stupirsi ancora una volta di quanto
quegli occhi fossero impregnati di una dolcezza insostenibile, quando
si posavano su di lui. Un conto era che fosse Jared ad amarla, ma il
modo in cui lei lo guardava era del tutto simile al suo: adorazione
totale ed incondizionata, come la sera prima, quando si era abbandonata
completamente a lui, perfetta come sempre anche nella sua inesperienza.
Le
baciò il collo lentamente, succhiandone la pelle e
mordendole la mandibola. Risalì lungo il contorno del viso
fino al lobo, che mordicchiò delicatamente. Kim gemette
forte, affondando il viso nella spalla di Jared mentre il suo tocco si
faceva più deciso dentro di lei. Era completamente estranea
a quelle emozioni -si sentiva letteralmente andare a fuoco- e
le mani di Jared erano ovunque, ovunque.
"Dimmelo." disse Jared, la voce bassa e roca come non mai.
Kim arrossì, deglutendo: la testa le girava
così tanto che vedeva il soffitto vorticare sopra di lei.
"Dimmelo, Kim." ripetè di nuovo, incatenando i loro occhi.
"Sono tua." riuscì ad ansimare prima che Jared
la baciasse per l'ennesima volta.
Si fissarono negli occhi adoranti a lungo
–un osservatore esterno probabilmente sarebbe scoppiato a
ridere pensando alla sdolcinatezza delle coppie moderne-, ma loro
avrebbero potuto rimanere così per sempre senza annoiarsi
né stancarsi mai, vittime uno di una magia più
forte della forza di volontà e l’altra di quella
cosa assurda che è l’amore vero.
Sì, avrebbero potuto rimanere così per sempre e bla,
bla, bla, ma Kim era pur sempre un’adolescente
timida ed inesperta che aveva appena avuto la sua prima volta con il
proprio ragazzo. Il fatto di ritrovarsi seminuda in un letto con il
proprio ragazzo nudo accanto a lei la fece arrossire e mandare in
iperventilazione, soprattutto se ripensava alla notte appena passata
–il corpo perfetto di Jared nudo alla luce della luna, Jared
sopra di lei, Jared dentro di lei. Jared, che ormai
aveva imparato a conoscerla, non le permise di imbarazzarsi: con
dolcezza ma fermezza le strinse il mento con una mano ed il fianco con
l’altra, premendosela contro e baciandola con tutta la
tenerezza e l’amore possibili. Kim ci mise un po’ a
rispondere, o troppo addormentata, o imbarazzata, o intontita, ma poi
gli allacciò le braccia al collo e si strinse contro di lui
piuttosto di buon grado. Il bacio fu intenso, passionale, amorevole,
come tutti i loro contatti: un insieme di emozioni diverse tra loro
–amore, affetto, passione- tutte concentrate in quella cosa
unica ed inimitabile che è la loro relazione.
Jared si staccò lentamente, lasciandole un piccolo bacio
sull’angolo destro della bocca e sorridendo così
apertamente da far temere a Kim che la bocca gli si sarebbe paralizzata.
“Buongiorno, Kim.” mormorò contro le sue
meravigliose labbra, accarezzandole dolcemente la schiena da sotto il
top.
Kim sorrise timidamente, le guancie rosse e gli occhi ancora un
po’ assonnati “Jared…”
sussurrò appena, guardandolo con una tale adorazione che
Jared sentì il proprio cuore svolazzare allegro fuori dal
suo petto e depositarsi proprio davanti a Kim, con una sola, pressante
richiesta: “Prendimi, calpestami, fammi quello che
voi: sono tuo.”.
Si sentì accarezzare il viso dolcemente e subito
sentì una devozione senza limiti verso quella perfetta
ragazza che teneva tra le braccia. Kim lo guardò con amore e
tenerezza, come una madre guarda il proprio figlio per la prima volta,
e Jared si chiese –stupidamente, tra l’altro- se
per caso non fosse stata lei ad avere l’imprinting con lui.
Per un attimo si perse nella contemplazione di lei, dei suoi occhi,
della sua magnifica presenza sul suo letto; poi però il
ricordo della notte precedente prese il soppravvento, insieme ad una
nuova preoccupazione: quella di averla ferita, e stavolta in senso
fisico.
“Kim, Kim! Come stai?” esclamò con
urgenza facendola sobbalzare sorpresa ed, allo stesso tempo,
improvvisamente imbarazzata. Kim, il centro della sua vita? Era
arrabbiato con sè stesso per quell’orribile
pensiero, nauseato dallo schifo che si faceva da solo e addolorato,
ferito mortalmente quasi, all’idea di una vita senza Kim.
Senza il suo sorriso timido, i suoi occhi dolci, i suoi modi affettuosi
e amorevoli, l’adorazione totale ed incondizionata che aveva
per lui. Non meritava più nulla di tutto ciò,
dopo che aveva –per un centesimo di secondo, nella parte
più umana della sua coscienza- desiderato tornare indietro,
diventare nuovamente quello stupido e borioso ragazzino che era stato.
Quello stesso ragazzino che aveva ferito la persona più
buona della terra, l’unica che avrebbe mai desiderato al suo
fianco, l’unica che rappresentasse una luce, un punto fermo
in tutto quel casino colossale che era l’essere un lupo.
Senza Kim, che era l’unico motivo per cui aveva imparato a
controllarsi, dato che nessuno di loro voleva un’altra Emily
nel branco, sicuramente sarebbe stato come Paul, incapace, a mesi e
mesi dalla prima trasformazione, di riuscire a controllare se stesso.
Doveva tutto a Kim.
Non riusciva più a ragionare, ma
capì subito che gli occhi di Jared erano tremendamente
diversi. L’aveva guardata con amore, affetto, protezione ed
adorazione, ma mai con lussuria. Ora invece la guardava come se fosse
stata qualcosa da mangiare in un solo boccone, e Kim si rese conto che
quello sguardo le piaceva più del dovuto.
Jared si spostò leggermente sui gomiti, tesi per non
schiacciarla con il suo peso, ed i loro corpi erano talmente stretti
tra loro che Kim sentì tutto, perfettamente e nettamente.
Anche Jared doveva averlo avvertito, perché
ringhiò tra i denti –un rumore nuovo e, a
differenza di tutte le volte che lo aveva sentito ringhiare contro
Alex, per nulla spaventoso.
“Kim…” lo sentì dire, con una
voce bassa e roca che le fece venire la pelle d’oca.
Inarcò involontariamente la schiena ed il suo petto nudo
premette contro quello incredibilmente perfetto di Jared, che gemette
frustato.
“Kim.” disse ancora, con più decisione,
facendosi spazio tra le sue gambe.
Kim circondò la sua vita con le gambe ed il suo collo con le
braccia, stringendosi a lui e tremando inconsapevolmente di paura e
aspettativa.
“Kim, io non… Se ti faccio
male…” cercò di dire Jared, ma Kim
comprese che non poteva più aspettare. La voleva.
Lo baciò delicatamente sulle labbra, succhiandogli
dolcemente il labbro superiore, e gli prede il viso tra le mani.
“Fallo Jared.”
Non ricordava benissimo quello che era accaduto dopo. La parte migliore
era stata poco prima: scoprire il corpo di Jared un po' alla
volta, sentirlo su di se, avvertire le sue mani, le sue labbra
ed il suo sguardo che vagavano su di lei adoranti e delicati.
In quel momento non provava piacere, solo dolore: Jared era stato
delicato quanto poteva, ma alla fine era pur sempre un ragazzone alto
un metro e novanta per novanta chili, e lei uno scricciolo di un metro
e cinquantacinque per quaranta chili, completamente e assolutamente
vergine.
Il dolore era divampato sul basso
ventre improvvisamente e Kim si era ritrovata ad affondare le unghie
sulla schiena di Jared, certa che per lui fossero dolorose quanto una
carezza.
Ma, per la prima volta, sentiva di avergli dato qualcosa in cambio,
dopo tutto l’amore che Jared nutriva per lei. Sentirlo gemere
sopra di sé, sentirlo affondare in lei con passione
crescente, era stato semplicemente meraviglioso.
Il piacere sarebbe arrivato un’altra volta.
Non poteva certo dirgli che il dolore non era
svanito e aveva pulsato, doloroso e martellante, per tutta la notte. Lo
avrebbe ucciso di rimorso e Kim non voleva che Jared decidesse di non
fare mai più l’amore con lei per non ferirla,
anche perché lei contava di poterlo rifare il più
presto possibile.
Sorrise, riprendendo ad accarezzargli la guancia
“Meravigliosamente.”
Jared, finalmente tranquillo, si chino a baciarla nuovamente,
sfiorandole appena le labbra delicate come se volesse solo
accarezzarle. Sentì Kim sorridere nel bacio e saperla felice
lo fece sorridere di riflesso.
Quando si staccarono il sorriso di Jared, se possibile, si
allargò.
“Sei meravigliosa mentre dormi, Kim.”
Kim corrugò le sopracciglia “Ti sei svegliato
molto prima di me, Jared?” chiese preoccupata di averlo fatto
attendere troppo.
Jared scosse la testa ghignando “Non ho mai dormito, Kimmy.
Sono rimasto a guardarti tutta la notte.”
Kim arrossì e boccheggiò “N-non hai
dormito? Tu, che se potessi dormiresti a tutte le ore?”
“Avevo di meglio da fare.” rispose semplicemente
Jared, gli occhi dolci ed innamorati di sempre; Kim lo
abbracciò stretto, affondando il viso nell’incavo
del suo collo, sentendo le guancie bruciarle: ancora una volta
l’amore e l’adorazione di Jared non potevano che
sconvolgerla.
Rimasero così un po’, senza fretta di staccarsi
né di rivestirsi e scendere a fare colazione, sebbene lo
stomaco di Jared invocasse cibo a gran voce; in quel momento, con il
corpo di Kim premuto contro il suo e le sue guancie morbide contro la
pelle, mettere a tacere la fame era fin troppo semplice.
Improvvisamente gli venne in mente una cosa a cui aveva pensato a
lungo, in quella notte, e desiderò subito condividerla con
Kim.
“Amore. Io e te non abbiamo ancora una canzone,
giusto?”
Kim –dopo essersi irrigidita inspiegabilmente
alla parola “amore”- mugugnò un no
delicato, senza scostare il volto dalla sua spalla.
Jared, sciolta delicatamente la stretta di Kim, le premette un dito
sulle labbra per bloccarle qualsiasi protesta e scese dal letto in
tutta la sua muscolosa perfezione, causando ovviamente un gemito
imbarazzato di Kim, che tuttavia non si trattenne
dall’osservare ogni singola parte di quel corpo, esaminato
così bene la notte precedente.
Un attimo dopo Jared era di nuovo accanto a lei sul letto e le porgeva
impaziente una cuffietta del suo lettore mp3, emozionato come un
bambino nel giorno di Natale; Kim inserì immediatamente la
cuffietta nell’orecchio, impaziente ed incuriosita: subito le
noti dolci di quella canzone si diffusero nella sua
testa, allo stesso modo in cui le lacrime di commozione le riempirono
gli occhi. Jared la circondò con un braccio e
avvicinò le labbra al suo orecchio, iniziando a canticchiare
sottovoce.
“I could stay awake just to hear you breathing ,
watch you smile while you are sleeping , while you're far away and
dreaming.” forse Jared non era nemmeno intonato, ma
in quel momento, su quelle parole, la sua voce roca le sembrava
perfetta.
Jared continuò, ma la voce era emozionata e rotta “I
could spend my life in this sweet surrender, I could stay lost in this
moment forever. Every moment spent with you is a moment I treasure.”
Kim prese coraggio e, voltando la testa per fissarlo negli occhi,
cantò con lui, dedicandogli quelle parole meravigliose
così come lui le stava dedicando a lei.
“Don’t wanna close my eyes,
don’t wanna fall asleep, ‘coz I’d miss
you baby and I don’t wanna miss a thing. ‘Coz even
when I dream of you, the sweetest dream would never do, I’d
still miss you baby and I don’t wanna miss a thing”.
Continuarono per tutta la canzone sorridendo, ridendo e sbagliando
alcune parole, ma nessuno dei due se ne curò. Quella
canzone, anche se chi l’aveva scritta di certo non poteva
certo essere stato a conoscenza di quel loro magico legame
–l’imprinting, così
assurdo da essere reale-, lo aveva descritto con una delicatezza unica.
La canzone scemò lenta e delicata, fino a spegnersi
definitivamente; l’mp3 di Jared volò lontano dal
letto e le sue labbra si schiantarono su quelle di Kim con forza e
passione. Si strinsero ancora di più –e nessuno
dei due credeva fosse possibile- e Kim, sovrastata dal corpo di Jared,
si sentì bene, troppo bene. L’imbarazzo, che
l’aveva sempre accompagnata da quando ricordava di essere
nata, non le impedì di avvolgergli la vita con le gambe
stringendoselo contro con foga; affondò le dita nei suoi
capelli arruffati e gli fece piegare la testa all’indietro,
approfittando della loro posizione per essere per una volta
più alta di lui. Quando si staccarono, gli
accarezzò di nuovo il viso con dolcezza ed adorazione,
sfiorandogli il naso con le labbra.
“Ti amo.” disse fermamente, senza balbettare
né arrossire, il tono che non ammetteva repliche: una
semplice constatazione.
Incapace di trattenersi, Jared scostò con delicatezza la
mano di Kim dal proprio volto e le chiuse il suo tra le mani,
baciandola con ancor più passione rispetto a prima. La
strinse contro il proprio corpo, facendo combaciare ogni più
piccolo centimetro della loro pelle, e la baciò con
decisione, mentre sentiva una strana fame, la stessa della notte
precedente, farsi strada dentro di lui. Improvvisamente
realizzò che il corpo di Kim era proprio lì, a
portata di mano, e che tutto ciò che gli impediva di
ammirarlo era quel sottile ed inutile pezzo di stoffa. Senza pensarci
si ritrovò a stringere un lembo si stoffa nella mano e, in
un attimo, brandelli di stoffa rosa danzarono allegramente sopra le
loro teste, mentre Kim, inaspettatamente, sorrideva apertamente.
“I don’t
wanna miss a thing, Kim.”
***
Ehm.
Ritardo
assurdo ed ingiustificato, lo so. Spero vi ricordiate ancora di me,
della mia fanfiction e di questi poveri Jared e Kim, che hanno dovuto
aspettare tanto per tornare su Efp –se non ci penso io, a
loro, due, non ci pensa nessuno. Mi dispiace tanto di aver tardato
così tanto, ma l’ispirazione era davvero andata a
farsi un giro e tutt’ora adesso non è
granché presente. Cioè, le idee ci sono, ma non
sono psicologicamente in grado di postare un capitolo banale o poco
curato e quindi preferisco non postare affatto. Quindi, ho cercato una
valida ispirazione esternamente e gli Aerosmith hanno aiutato: la prima
parte, quella in cui Jared osserva Kim dormire, segue quasi alla
lettera la canzone. Lo ammetto, non è molto originale e mi
dispiace. Spero vi sia piaciuto lo stesso.
Volevo descrivere –ancora una volta, lo so, sto diventando
monotona- l’adorazione di Jared nei confronti di Kim ed anche
la loro prima volta. Ora, essendo il incapace di scrivere scene di
sesso e lemon, ho optato per questa versione “dico non
dico”, descrivendone solo alcuni momenti (le parti in corsivo
sono dei piccoli flashback sulla notte appena trascorsa). Anche qui,
spero abbiate apprezzato. Chiedo nuovamente scusa per il ritardo.
Come
sempre grazie a coloro che hanno recensito. È per voi che
desideravo aggiornare e solo per voi mi sono cavate le parole fuori
dalla testa con la forza, e vi assicuro che non è stato
facile.
Maka_Envy:
sono contenta che ti sia piaciuto, perché a me sembrava
sottotono, ma se dici che era bello ti credo! Non preoccuparti per non
aver recensito, anzi, sono io a scusarmi per il ritardo!
Princess of vegeta6: per biologia, spero che alla fine tu non abbia
preso quattro, perché io ne prendo che bastano per entrambe
XD In effetti scriviamo in modo simile, curando soprattutto pensieri ed
interpretazione dei personaggi, anche perché trovo molto
difficile scrivere i dialoghi, quindi alla fine faccio tutta
descrizione! E poi dai, entrambe scriviamo sui personaggi dimenticati
dalla Meyer ed almeno questo ci rende onore! Basta fanfiction su Edward
e Bella, ne ho lette di tutti i tipi, alcuno davvero pietose, la Meyer
ha scritto cinque libri su di loro, è ora di cambiare!
Jared è, in effetti, OOC, ma volutamente! Un ragazzoto
sborone che, di colpo, BA BUM!, diventa il principe azzurro. Renderlo
non è facile anche perché penso che, oltre a
dipendere in tutto e per tutto da Kim, Jared mantenga una
personalità propria; ho cercato di farlo notare in questo
capitolo, quando lui per un attimo vorrebbe tornare indietro, ma il
legame che ha con Kim prende immediatamente il soppravvento. La Meyer
avrebbe dovuto approfondire un po’ di più
l’imprinting perché non so davvero se è
come lo descrivo io o tutta un’altra cosa. Quindi quando
Jared è geloso, possessivo e preso dalla situazione (vedi
terzo flashback in questo capitolo) credo diventi un semplice
diciassettenne con ormoni al seguito.
Sì, ho visto le foto dei licantropi in New Moon, ed un
secchio da quanto ho sbavato. Alex Meraz, ovvero Paul, è
sconvolgente. Taylor Lautner, non so se hai visto il video su youtube
in cui mostra per bene bicipiti e addominali, mi spinge ad amare Jacob
ancora più di prima: non vedo l’ora di vedere New
Moon proprio perché i licantropi girano perennemente senza
maglietta (benedetta sia la Meyer *__*). Ma il mio Jared è e
sarà sempre Steven Strait, sebbene l’attore che lo
interpreta sia discretamente carino.
Il rapporto del branco secondo me è molto forte, fraterno e
profondo, ma dopotutto sono solo ragazzi! Qualche rissa ci sta, no? E
poi si sfottono di continuo anche in quel poco che la Meyer ci permette
di leggere su di loro, quindi figurati quando lo faranno ogni giorno!
Sono ADORABILI. Maledetta la Meyer che ne parla così poco.
Grazie di aver recensito come sempre la mia fanfiction e mi dispiace
tanto per il ritardo. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto
come l’altro (che a me sembrava pessimo, ma invece sembra
essere piaciuto!, quindi grazie).
Speriamo di scongiurarlo davvero il bimbominkismo, ma penso sia una
missione suicida XDXD.
Virgi_lycanthrope: cara, hai ragione, nemmeno a me convinceva fino in
fondo. Proprie per questo ho aspettato tanto prima di postare: volevo
essere pienamente soddisfatta del risultato. Spero che questo ti sia
piaciuto come i precedenti e grazie ancora una volta per aver
commentato. Non ti sei persa un capitolo! Grazie di cuore.
Ele_Cullen: la lite tra Jared e Paul meditavo di metterla
già da un po’ e nello scorso capitolo
c’è stata l’occasione perfetta! Mi fa
piacere che ti sia piaciuta. Per quanto riguarda la descrizione
dell’imprinting, è proprio il modo in cui me lo
immagino, ho parlato attraverso Jared, diciamo. Purtroppo non ho
aggiornato molto presto, chiedo scusa anche a te. Spero che questo
capitolo ti sia piaciuto.
Wanda nessie: (Wanda, hai lette L’Ospite *__* ?) Grazie,
grazie, grazie di cuore per tutti i tuoi complimenti. Mi fanno davvero
piacere, così come sono contenta del fatto che apprezzi Kim,
Jared e tutta la storia. Grazie per avermi tirato un po’ su
(il capitolo davvero non mi piaceva) e per aver recensito la storia.
L’imprinting è davvero difficile da scrivere, ma
ci provo! P.S. Amo Nessie e amo Wanda–Viandante. Se il tuo
nic è perché anche tu le ami, ti stimo davvero!
Grazie
a tutti voi, di cuore. Un bacio.
Giuka
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Capitolo 9 *** String #9: Inutile amore ***
A Laura e
Valentina. Grazie con tutto il cuore.
My Gravity – Jared and Kim
Inutile Amore
Giorno
1 – Kim POV
Sospirai
tristemente, passandomi una mano tra i capelli. Ero seduta sul letto
della
camera 211, quella che, per tutta la durate delle due settimane di
stage, mi
avrebbe ospitato al Washington College.
Annie e Mary, stese accanto a me, mi accarezzavano
comprensive. Perché
non aveva ancora chiamato?
Aprii
per l’ennesima volta lo sportellino del mio nuovo cellulare
ultimo modello –evidente
prova della pazzia del mio ragazzo-,
ma lo richiusi immediatamente con uno sbuffo: nessun messaggio, nessuna
chiamata persa. Cominciavo seriamente e preoccuparmi.
Mary
sospirò esausta, strappandomi il cellulare di mano.
“Basta, Kim. Non vi vedete
da appena sette ore, vi siete scambiati messaggi fino ad appena tre ore
fa e
sai che sta bene. Non è che sia andato in guerra o in
missione per la CIA. È a
La Push, le probabilità che gli sia successo qualcosa,
tenendo conto anche
della stazza del ragazzo in questione, sono meno di zero. Sei
ridicola.”
Certo.
Ridicola. Il mio ragazzo stava solamente dando la caccia ad una vampira
spietata ed assetata di sangue ed altri sette di loro abitavamo a pochi
chilometri da lui, dopotutto. Magari l’aveva incontrata
mentre era di ronda,
solo, e sbruffone com’era aveva pensato di poterla uccidere
da solo ma no, non
era proprio il caso di essere preoccupata.
“Oh,
Mary. Mi manca già così tanto.”
sospirai disperata, accasciandomi sulla sua
spalla con un gemito; da quel 18 Febbraio Jared ed io non ci eravamo
mai
lasciati. Non per più di qualche ora, almeno: Jared era
sempre con me, come
un’ombra piacevole e protettiva. Mi sentivo stranamente
indifesa senza la sua
massiccia presenza a proteggermi costantemente, stringermi al suo
corpo,
scaldarmi con il suo calore. Per la prima volta sentivo davvero freddo,
dopo
quasi quattro mesi.
Annie
mi accarezzò i capelli, comprensiva. “Kimmie,
negli ultimi tre mesi ti abbiamo
a malapena vista: Jared”, gemetti improvvisamente al suo
nome, ma Annie
continuò imperterrita, “Ti ha monopolizzato. Ora,
so che sei innamorata di lui
da sempre, ma puoi concederci un po’ della nostra amica? Solo
per queste due
settimane puoi stare con noi e dimenticarti, si fa per dire certo, di
lui? Ci
manchi, Kim.” concluse sofferente.
Annie
e Mary erano le uniche due amiche che avessi mai avuto. Loro
c’erano state
sempre –anche quando ero un rifiuto sociale scartato da tutti
e non l’adorata-fidanzata-intoccabile-di-sua-santità-Jared-Padalechi.
Mi avevano voluto bene sempre ed io mi stavo comportando malissimo nei
loro
confronti, ma Jared… Beh, Jared era semplicemente Jared ed
io non riuscivo
davvero a fare a meno di lui, ora che potevo godermelo sempre, ad ogni
ora del
giorno. Inoltre l’imprinting non gli permetteva di starmi
lontano abbastanza a lungo
da riuscire a frequentare le mie amiche, ma sapevo che, se ne avessi
avuto
bisogno, Jared si sarebbe fatto da parte immediatamente, senza un
lamento né
una parola, anzi: mi avrebbe accompagnato lui stesso da loro, avrebbe
organizzato la nostra giornata e quasi portata da loro in braccio. Il
problema
era che io non ne avevo davvero più bisogno.
Trasalii
al pensiero della brutta persona che ero diventata. Loro non meritavano
questo
trattamento.
Premetti
delicatamente sul bottoncino rosso ed il cellulare si spense con la
solita,
allegra musichetta; reprimendo lo sconforto, la paura e la nostalgia,
mi voltai
verso Annie sorridente.
“Facciamo
il giro del campus?”
Giorno
1 – Jared POV
Dannazione,
dannazione, dannazione, dannazione, dannazione.
Jared,
smettila. Ti
stai deconcentrando. Devi stare attento a Bell-
Ringhiai
infuriato, voltandomi verso Jacob mostrando i denti
Finisci il
nome di
quella e giuro, giuro Jacob, che ti stacco una zampa. Lo giuro, Jacob.
Basta, Jared. È
nostro compito, lo sai .Sam
interruppe la nostra lite, ma io non avevo finito.
NO! Non
è nostro
compito, Sam! Il nostro compito è proteggere gli abitanti di
La Push!
E anche quelli di
Forks.
Sbuffai
tra i denti Quelli normali, intendevo.
E Bella cosa
sarebbe? Jacob
ringhiava tra i denti, ma non mi importava.
Quella
è solo una
stupida che ha fatto amicizia con dei succhiasangue ed ora ne paga le
conseguenze.
Jacob
ringhiò infuriato e subito Paul mi fu accanto
RITIRA QUELLO CHE HAI DETTO!
PERCHÉ
DOVREI?
COS’È LEI PER ME? Dovresti essere solo tu a farle
la guardia, Jacob. Non sono
cose che mi riguardano, dannazione! Che muoia pure! Ruggii,
mettendomi in posizione
d’attacco: alla mia destra Paul fece lo stesso. Sapevo che
era d’accordo con
me, dato che di Bella-amica dei
succhiasangue–Swan gli importava ancor meno di me,
se possibile.
Indietro,
tutti e
tre.
L’ordine di
Sam fu pacato, ma subito sentimmo le nostre gambe piegarsi contro la
nostra
volontà e di colpo la piccola radura fu di nuovo silenziosa.
Jared,
stanotte sei
di ronda a casa di Bella. La proteggerai, perché questo
è il nostro compito. Era un
ordine: sentii il cuore
farmi male e guaii disperato, abbassando le orecchie.
Sam, per
favore. Lo
supplicai, pensando
a Kim, Devo chiamarla, devo. Non posso
farne a meno, Sam. Ti prego. È la prima volta che
è lontana.
Mi dispiace,
Jared,
ma questo è un ordine. È il tuo turno.
Abbassai
la testa sconfitto. Mi sarei messo a piangere, ma ci tenevo a
conservare un po’
della mia dignità. Grazie,
stronzo.
Vaffanculo, Bella Swan. Ringhiai verso Jacob, cominciando a
correre verso
casa Swan, il patetico rimorso di Jacob, il dispiacere di Paul,
l’amara
consapevolezza di Sam nella testa.
Corsi
più veloce che potevo, mentre sentivo i miei fratelli
–usare questa parola riferendomi a Jacob mi sembrava
stupido, adesso- sparire uno alla volta. Proprio della dannata
amichetta dei
vampiri si doveva innamorare, Jacob? Se non fosse stato per lui avrei
dovuto
semplicemente fare il mio solito giro serale di La Push, mentre ora mi
sarebbe
toccato stare sotto casa di quella per tutta la notte. Non mi avrebbe
nemmeno
dato così fastidio, Bella mi stava simpatica, dopotutto, e
non volevo certo che
morisse, se non avessi promesso a Kim di chiamarla. Avevo dovuto quasi
supplicarla di andare a quell’importante stage organizzato
dal college e Kim
aveva acconsentito solo a patto che la chiamassi ogni, singolo giorno,
a
qualsiasi ora. Avevo promesso, dannazione.
Mentre
stavo accucciato sotto la finestra di Bella, stava studiando, tutto era
tranquillo, sentii Paul avvicinarsi.
Jared,
amico, mi
dispiace. Disse
più gentile del solito, ma infondo era il mio migliore
amico, ogni tanto poteva
pure comportarsi come tale e non come un licantropo perennemente
incazzato.
Dopotutto eravamo anche dei semplici ragazzi, no?
Paul
grugnì in approvazione Se vuoi
posso
sostituirti.
No, eri di
ronda la
notte scorsa. Hai bisogno di dormire.
Sono sicuro che sta
bene, Jared. Kim è in gamba, dopotutto.
Sospirai.
Se almeno Harrison non fosse con lei.
Non dovresti
preoccuparti di questo, è pazza di te. E poi le amichette
inseparabili non la
molleranno un attimo.
Lo spero, Paul.
Giorno
2 – Kim Pov
“…
E poi le ho detto che no, non mi andava di uscire con lei.”
Non
aveva chiamato. Non aveva chiamato.
“Kim?”
Perché
non aveva chiamato?
“Kim,
mi stai ascoltando?”
Oddio,
se gli fosse successo qualcosa…
All’improvviso
mi sentii pizzicare dolcemente la guancia e mi ricordai che non ero
sola, in
quella stanza. Mi voltai verso Alex arrossendo e scusandomi, pregando
che
almeno lui non si arrabbiasse con me. Avevo bisogno delle poche persone
veramente amiche, mentre ero lontana da lui.
“Sei
sovrappensiero, dolcezza?” chiese sorridente.
Sbuffai.
“Non chiamarmi così, Alex. Sai che Jared non lo
sopporta.”
Il
sorriso gli si congelò sulle labbra e corrugò le
sopracciglia. “Non mi pare che
lui sia qui, adesso.”
Fu
peggio di un pugno allo stomaco: ricordare che Jared non era
lì, ricordare che
era passato più di un giorno dall’ultima volta che
l’avevo sentito fu davvero
doloroso, tanto che sentii le lacrime salirmi agli occhi.
Alex
mi diede una piccola botta sulla testa, a portata di mano, dato che mi
sovrastava di almeno venti centimetri –non abbastanza,
confrontati agli
avvolgenti quaranta centimetri di Jared- e sorrise di nuovo.
“Basta
piangere, Kim. Sono sicuro che starà bene, purtroppo.
Avrà avuto da fare.”
Non
capiva che era proprio questo il punto: quando si trattava di me, Jared
non
aveva mai da fare. Solitamente, io venivo prima di tutto;
improvvisamente
capii: mi stavo comportando come una bambina gelosa delle attenzioni
del
proprio ragazzo. Magari voleva solo un po’ di tempo libero da
passare con i
suoi amici, senza doversi preoccupare della sua piagnucolona
ragazza-imprinting. Avrebbe avuto ragione: sopportarmi non doveva
essere
facile.
Con
un sospiro misi il cellulare in silenzioso e lo infilai nella borsa,
decisa a
non tirarlo fuori per almeno due ore.
Giorno
2 – Jared Pov
Dai Jared,
porta
pazienza, è quasi finita. Tra poco il succhiasangue
sarà qui, preleverà la sua
adorabile fidanzatina e tu potrai andare a casa e chiamare Kim, sentire
la sua
voce, scusarti, parlarle e assicurarti che Harrison le stia lontano. Un
piano
perfetto.
Perché
il succhiasangue non arrivava? Non vedeva l’ora di rivederla?
Se la amava
almeno la metà di quanto io amavo Kim si sarebbe dovuto
muovere.
Ecco,
lo sentii: un Volvo argentata accostò sul vialetto di casa
Swan ed Edward
Cullen scese dall’abitacolo in tutto il suo fetore, ghignando
per i miei
pensieri, forse. Cominciai a correre verso La Push, mentre in
lontananza sentii
un Grazie che solo grazie ai miei
sensi più sviluppati avevo potuto percepire.
Certo, certo. Risposi
mentalmente: sapevo che
poteva sentirmi.
Corsi
più veloce che potevo ed in un attimo fui a La Push. Sentivo
che Paul stava
terminando il giro ed era talmente stanco che i suoi pensieri mi
apparivano
come un grande e confuso buco nero.
Paul,
svegliati. La
succhiasangue è ancora in giro, sai? Se la lasci entrare a
La Push Sam non sarà
contento. Pensai,
ma non avevo tempo di fermarmi a svegliarlo personalmente: avevo
bisogno di
sentire la sua voce, di sentire che stava bene ed era felice.
Appena
riuscii a scorgere la mia casa tra le fronde mi trasformai, indossando
il più
velocemente possibile i pantaloncini che tenevo legati alla caviglia.
Il mio
cervello, la mia mente ed il mio cuore invocavano una sola cosa: Kim, ed io avevo intenzione di
assecondarli, pensai precipitandomi nella mia stanza
–passando per la finestra,
naturalmente.
Afferrai
alla svelta il cellulare sul mio comodino e digitai immediatamente il
suo
numero, che conoscevo perfettamente a memoria.
Uno
squillo.
Due
squilli.
Tre
squilli.
…
…
…
…
Dieci
squilli. Dannazione, dov’era? Sentii la preoccupazione ed il
terrore montare
spontanei, uniti alla nostalgia. Perché non rispondeva?
Attaccai.
Cazzo.
Giorno
3 – Kim Pov
Dieci
chiamate. Dieci dannatissime chiamate alle quali io non avevo risposto.
Perché
ero stata così stupida? Sicuramente Jared stava morendo di
preoccupazione, in
quel momento, terrorizzato dall’idea che potessi essere
morta, ferita o
qualcosa del genere. Eppure non rispondeva al telefono, dato che
probabilmente
era di ronda. Perché il destino si stava accanendo con
così tanto impegno
contro di noi?
Per
l’ennesima volta scagliai il cellulare sul letto
–non ero proprio in grado di
fare scenate, lanciarlo sul muro e poi costringere i miei genitori o
Jared a
comprarne uno nuovo- e affondai il viso tra le mani. Alex e Mary, al
mio
fianco, sospirarono, uno infastidito, l’altra dispiaciuta.
Subito sentii le
mani delicate di Annie accarezzarmi i capelli nel tentativo di
confortarmi.
“Kim,
tesoro, tu sei stata molto impegnata in questi giorni, probabilmente lo
è anche
lui. Devi smettere di preoccuparti.” mi disse con voce dolce,
ma io non risposi
e mi limitai a scuotere la testa affranta. Improvvisamente sentii
un’altra
stretta, maschile e ferrea, afferrarmi il braccio e strattonarmi con
decisione
in piedi; alzai lo sguardo sorpresa ed incontrai gli occhi di Alex,
furenti e
irritati.
“Senti,
Kim. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, ma tu non sembri
capirlo,
anzi, molto probabilmente non vuoi capirlo. Tu mi piaci, ti voglio
bene, sono
innamorato di te. Vedila come vuoi, dannazione, ma smettila, ti prego,
smettila
di parlare di quello ogni giorno, ogni minuto, ogni ora. Non riesco,
non sono
capace, di vederlo riflesso nei tuoi occhi anche quando non
c’è.” prese fiato
per un attimo ed io con lui. Sentivo il respiro mozzo ed il cuore
battere
frenetico nel petto; il ritmo era del tutto simile a quello causato
dalla
presenza di Jared – e questo, questo,
mi spaventò a tal punto che sentii la terra mancarmi sotto i
piedi.
Alex
chiuse un attimo gli occhi e quando gli riaprì erano dolci,
diversi
“Naturalmente so che ami lui, Kim, lo so, non devi
preoccuparti. Non ti sto
dicendo di scegliere me e lasciarlo, ma ti prego: puoi fare a meno di
nominarlo
ogni cinque secondi? Puoi smettere di sembrare una morta che cammina
solo
perché non lo senti da due miseri giorni? Puoi farlo,
Kim?”
Annuii
debolmente, troppo terrorizzata e imbarazzata per parlare, e Alex
uscì dalla
porta senza parlare.
Sentivo
Mary borbottare che se lo aspettava, che era fin troppo strano il fatto
che non
fosse esploso prima; Annie trillava qualcosa sulle bellissime ed
estremamente
romantiche parole di Alex ed il mio cuore non la smetteva di battere
furiosamente nel mio petto.
Sentivo
l’unico ruolo che finora avevo ricoperto in modo quasi
perfetto, quello di
imprinting di Jared, stringermi improvvisamente addosso come una
camicia troppo
stretta, tanto da non permettermi di muovere le braccia a mio
piacimento.
Sospirai
tristemente e, dopo aver spento il cellulare, mi lanciai
all’inseguimento di
Alex.
Giorno
3 – Jared Pov
“EMBRY,
PER FAVORE!”
“Non
posso mamma, davvero. Scusami, la prossima volta ci
sarò.”
“EMBRY,
TI PROIBISCO DI USCIRE! OGGI STARAI A CASA!”
“Non
posso.”
“SMETTILA
DI RIPETERLO!”
“Mi
dispiace, mamma.”
“SE
ESCI DA QUELLA PORTA ORA NON TORNARE PIÙ, EMBRY!”
“…”
“…”
“Vado,
mamma.”
Vidi
Embry uscire di casa tremante e accigliato, mentre sua madre non la
smetteva di
urlare. Si trasformò velocemente e cominciò a
correre accanto a me verso casa
Swan: sentivo tutti i suoi pensieri, il suo rimorso ed il dispiacere
nei
confronti della madre.
Sentii
di avere due possibilità: tornare a casa e chiamare
finalmente Kim, sentire la
sua meravigliosa voce ed assicurarmi che stesse bene, oppure accollarmi
anche
il turno di Embry, aiutando uno dei miei fratelli.
Il mio cuore, la
mia anima ed il mio corpo,
ovviamente, mi indicavano la prima, lucente e giusta direzione,
spingendomi
verso quella strada con forza, senza darmi possibilità di
scampo. Sembrava
quasi un obbligo, ma non ne sentivo il peso: diversamente dagli ordini
di Sam,
a questo volevo ubbidire.
Tuttavia
il mio cervello diceva che no, la direzione giusta era
un’altra: diceva che Kim
sicuramente stava bene, che forse non mi aveva risposto
perché voleva un po’ di
spazio e che Embry, invece, aveva bisogno di me adesso.
Embry, torna
a
casa. Ci penso io. Parla con tua madre.
Embry
scosse la testa con decisione No, Jared,
hai bisogno di Kim.
Non ha
risposto e
nemmeno richiamato. Vuole un po’ di spazio. Dissi con
sicurezza, cercando di convincere lui e me
stesso.
Grazie,
fratello. Rispose
infine, cominciando a
correre verso casa.
Certo, certo.
Osservai
la sua schiena allontanarsi e già me ne pentii. Kim! Kim!, urlava il mio cuore:
sicuramente non sarei riuscito a
farlo tacere.
Giorno
4 – Kim Pov
Era
strano camminare fianco a fianco con Alex, come se non fosse successo
nulla,
come se le sue parole non avessero significato niente. Non lo amavo e
mai
l’avrei amato, questa era la mia unica certezza, ma non
volevo che soffrisse.
Sapevo fin troppo bene cosa significasse amare qualcuno e non essere
ricambiati: ricordavo con dolorosa precisione le lunghe nottate passate
a
piangere per Jared e di certo non ero il tipo di persona che amava
infliggere
pene agli altri. Per questo, avevo deciso di accontentarlo e di evitare
di
parlare di Jared, di nominarlo, di pensarci e soprattutto di chiamarlo.
Gli
avevo mandato un messaggio, questo sì, rassicurandolo sulle
mie perfette
condizioni di salute e ribadendo, superfluamente, i miei sentimenti per
lui
aggiungendo un timido “Ti amo” alla fine.
Jared
non aveva risposto e questo non fece che rafforzare la mia ipotesi:
aveva
bisogno di un po’ di spazio. Pochi giorni di lontananza da me
sicuramente gli
avevano sicuramente fatto capire che ero semplicemente una seccatura;
probabilmente si stava divertendo molto insieme al resto del branco ed
io non
avevo intenzione di disturbarlo oltre. Sapevo bene quanto Jared mi
amasse, di
questo ne ero certa, ma capivo anche il suo bisogno di spazio.
Peccato
che questa consapevolezza portasse con se il dolore più
intenso che avessi mai
provato.
“Alex,
sono stanca.” gli dissi debolmente, cercando di evitare che
la mia voce
tremasse troppo “Vorrei riposare un po’.”
“Certo,
Kim, ti accompagno in camera.” rispose immediatamente Alex,
sorridendomi
luminosamente.
Il
cellulare, nella borsa, non squillava, ed io mi sentivo affogare.
Giorno
4
– Jared Pov
Ciao,
Jared. Stai bene?
Non sei
stato ferito, vero? Mi spaventa non averti sentito. Dimmi che stai
bene, ti
prego.
Io sto bene. Il
campus è accogliente, pulito e divertente. Annie e Mary,
proprio come avevi
loro chiesto, non mi mollano un attimo ed incredibilmente non mi sono
ancora
rotta niente.
Mi manchi, Jared.
Spero tu stia bene. Ti amo.
Il
mio cellulare, insieme a quell’SMS mai letto, era rimasto sul
comodino per
quasi due giorni, mentre, a chilometri di distanza, la battaglia tra
Cullen,
licantropi e neonati era cominciata, esplosa e finita vittoriosamente.
Ed
io, mentre leggevo le sue parole tremanti –anche a distanza,
senza vederla né sentirla,
sapevo riconoscere le sue lacrime dietro quelle parole- piangevo con
lei,
rendendomi di non poterla certo chiamare ora, alle quattro di notte.
La
mattina non era così lontana, pensai sedendomi distrutto sul
letto, ed io,
nonostante le cinque ore e più di battaglia, senza contare
le oltre quaranta
ore passate senza dormire, non avevo intenzione di addormentar-
Troppo tardi.
Giorno
5 – Kim Pov
“Kim,
Kim, Kim, KIM!”
Mi
voltai scioccata da tutte quelle urla e vidi Annie correre verso di me,
sbracciandosi e urlando per attirare la mia attenzione. Era buffissima,
con i
capelli rossi che rimbalzavano sulle sue spalle e le guancie
rossissime, e mi
scappò un sorriso divertito.
Si
fermo a pochi centimetri da me, sorridendomi apertamente.
“L’ho incontrato.”
Corrugai
le sopracciglia. “Chi?”
“L’amore
della mia vita.”
Sentii
il mio cuore stringersi alla parola amore, ma lo ignorai.
“Davvero? E chi è,
Annie?”
Annie
sospirò felice e gli occhi le si illuminarono. “Si
chiama Joshua, frequenta il
secondo anno qui ed è bellissimo. Mi ha chiesto di uscire a
cena, Kim! Devi
assolutamente aiutarmi a decidere cosa mettere. Sono in
panico!”
Sorrisi.
“Hai già in mente qualcosa?”
“Pensavo
ad una gonna, ma forse sarebbe meglio un vestito! No anzi, un paio di
jeans…”
Annie
cominciò ad incamminarsi trasognata verso la sua camera ed
io la segui, un po’
titubante. Avevo lasciato la borsa ed il cellulare nella mia camera, ma
decisi
che, dopotutto, non mi sarebbe servito. Jared non avrebbe chiamato.
“…
Vive a New York, Kim, ti rendi conto? Finalmente andrò via
da La Push!” esclamò
entusiasta Annie.
Cercai
di riportarla con i piedi per terra. “Non esagerare con la
fantasia, Annie,
siete solo al primo appuntamento!”
Lei
sospirò. “Parli bene, tu. Tu e Jared vi sposerete
sicuramente! Non hai questo
tipo di problemi. Io devo seriamente cominciare ad impegnarmi per non
rimanere
zitella!”
Era
così sicura a proposito di me e Jared? Era questa
lì impressione che davamo?
Quei cinque giorni senza di lui mi avevano riempito di dubbi e
insicurezze. Non
sapevo se, con il tempo, qualcosa sarebbe cambiato, ma non volevo
nemmeno
pensarci. Se mi fossi ritrovata sola, senza Jared al mio fianco, cosa
avrei
potuto fare? Ormai mi ero abituata a lui, al suo calore, al suo amore.
Per
quanto sapessi di non meritare la sua adorazione non potevo immaginare
la mia
vita senza.
“Non
lo so più, Annie. Non chiama e non risponde alle mie
chiamate.” Sospirai
tristemente. Oltre alla nostalgia cominciavo ad essere seriamente
preoccupata:
c’era pur sempre una vampira a cui stavano dando la caccia.
Poteva essergli
capitato qualcosa, poteva essere ferito. Non riuscivo a pensare
all’ipotesi
peggiore.
“Dai,
Kim. Si vede lontano un miglio che è innamorato perso di te.
Anche se,
sinceramente, i suoi sentimenti sono cambiati davvero rapidamente. Di
colpo,
oltre ad entrare nella cricca di La Push e crescere in modo mostruoso,
si è
anche innamorato perdutamente di te. È davvero
strano.” Disse pensierosa,
portandosi un dito sotto il mento.
Sentii
subito che dovevo cambiare discorso per proteggere il segreto di Jared
e degli
altri ragazzi. Annie non doveva cominciare ad interessarsi alla storia
mia e di
Jared, o si sarebbe accorta che, in effetti, c’erano molto
punti oscuri.
“Annie, non mi hai detto di che colore sono i capelli di
Joshua…”
Annie
sorrise di nuovo. “Oh, hai ragione! Allora, sono castani, ma
con una strana
sfumatura rossiccia…”
Giorno
5 – Jared Pov
Rispondi,
rispondi, rispondi, rispon-
“Pronto?”
Oh.
Oh, no. Ti prego no. No, no, no, no, no,
no, no, no, NO!
“Harrison?”
ringhiai, senza preoccuparmi
di controllare la voce. Non riuscivo a pensare.
“Padalechi,
meglio tardi che mai!” esclamò allegro, ignorando
la mia rabbia.
Mi
sfuggì un altro ringhio. “Che
cazzo ci
fai al telefono?”
“Squillava
ed io ho risposto!” disse semplicemente, fingendo di non
capire la mia domanda.
“È
IL TELEFONO DI KIM, PEZZO DI MERDA!” scoppia, urlandogli
contro tutta la mia
rabbia accumulata, sentendo il mio corpo iniziare a tremare.
Scoppiò
a ridere per nulla intimorito. “Oh, giusto. Beh lo ha
dimenticato in camera.
Ero venuto a cercarla e tu hai chiamato proprio in quel momento.
Mi
calmai immediatamente. Per un attimo avevo immaginato tutti i peggiori
scenari
possibili.
“Bene,
Harrison, Grazie dell’informazione. Ora vai a cercarla e
passamela.” Ordinai,
passandomi stancamente una mano tra i capelli. Le venticinque ed oltre
ore di
sonno non avevano alleviato la stanchezza dovuta alla battaglia.
“No,
non credo che lo farò.”
Sospirai
pesantemente, appoggiando la fronte sul pugno chiuso ermeticamente.
“Harrison,
è stata davvero una lunga
settimana.
Ho bisogno di sentire Kim. Passamela.” Ripetei, cercando
disperatamente di non
trasformarmi: avrei distrutto la mia camera e buona parte di tutto il
piano
superiore.
Lo
sentii sbuffare. “Oh, come mi dispiace Padalechi, che la tua
sia stata un lunga settimana. Beh,
la mia è una lunga vita.
Non sono figo come te, non
ho i tuoi amici, non ho la tua fama e, soprattutto, non ho la ragazza
che amo.
Ti sei permesso si portarmela via così, da un giorno
all’altro, senza curarti
che ci fosse qualcuno, accanto a lei, che la amava da sempre. A te
è bastato un
giorno. Dio, quanto ti odio. Mi hai portato via Kim, Padalechi, quindi
no, non
credo che te la passerò, adesso.”
Non
potei trattenermi dallo scoppiare a ridere. Harrison diceva di amare
Kim? Non
sapeva nemmeno cosa significasse quella parola. Se avesse conosciuto
l’intensità dei miei sentimenti di certo non
avrebbe mai detto di amarla.
“Senti,
Harrison, non me ne frega un cazzo dei tuoi sentimenti. Voglio solo
Kim, ora.”
“Ti
ho appena detto, Padalechi, che non te la passerò. Questa
è la mia occasione
per lottare e la sfrutterò. Ho intenzione di provarci fino
in fondo e sai cosa
intendo. Ciao, Padalechi.”
“HARRISON,
NON OSARE..!”
Troppo
tardi. Aveva riagganciato e con ogni probabilità spento il
telefono.
Ebbi
appena il tempo di buttarmi fuori dalla finestra prima di trasformarmi.
Toccai
a terra già a quattro zampe, incurante della
possibilità di essere visto,
lanciandomi nella foresta. Ero stanco, triste ed incazzato come mai
nella mia
vita e se l’unica persona che avrebbe potuto alleviare la mia
sofferenza era a
Washington, sarei andato lì. Che Sam, il branco e Bella Swan
andassero a
fanculo.
Giorno
6 – Kim Pov
Controllai
distrattamente l’orologio: l’una e un quarto di
mattina. La festa era durata
parecchio, ma io non mi ero per nulla divertita.
Mi
sedetti su una panchina, avendo cura di non sciupare il bel vestito blu
notte
che Annie mi aveva gentilmente prestato. Lontana da tutto
–musica, colori, Alex-
potevo finalmente concedermi il
lusso di pensare indisturbata a Jared.
Con
la mente ripercorsi i suoi capelli cespugliosi e soffici, tra cui amavo
immergere le mani e cercare di riordinarli. Scelsi lungo la fronte
liscia e
troppo spesso corrugata dalla preoccupazione o dalla stanchezza,
passando sulle
sopracciglia folte e ben delineata fino ad arrivare agli occhi che
tanto amavo,
del marrone più caldo che avessi mai visto. Ripensai alle
emozioni che sapevano
darmi semplicemente posandosi su di me e rabbrividii di piacere,
permettendo
che mi invadessero fino in fondo, toccando il mio cuore.
Tracciai
ad occhi chiusi i tratti del suo viso con attenzione: il naso dritto,
le
guancie magre ma morbide, la mascella squadrata e spesso tesa, il collo
nervoso
e le spalle ampie e muscolose. Pensando al
suo fisico perfetto, ai suoi muscoli che si tendevano
perfettamente
sotto la pelle, sentii le guancie andare a fuoco.
Il
ricordo del suo sorriso brillante, malizioso, divertito o dolce che
fosse, mi
riempì gli occhi di lacrime. Improvvisamente capii che
quello che credevo di
aver provato per la dichiarazione di Alex non era niente, niente.
L’amore che
solamente il ricordo di Jared portava con se era sufficiente a farmi
girare la
testa dall’emozione. La lontananza non aveva scalfito il mio
sentimento con
lui, quell’amore che ormai provavo da tanti, troppi anni.
Allontanarmi da Jared
era andare contro me stessa e lottare contro tutto ciò in
cui credevo.
Nonostante avessi appena diciotto anni ero sicura che non sarei mai
riuscita ad
amare qualcuno con la stessa distruttiva intensità,
così forte da farmi male.
“
Kim.”
Sorrisi
ad occhi chiusi: riuscivo perfino a sentire la sua voce, roca e decisa,
come se
fosse vera.
“
Kim.”, ripetè la voce di Kared.
Stavolta
aprii gli occhi, circospetta. E poi mi sentii svenire.
Era
lì davvero. Jared.
Ci
fissammo a lungo, senza parlare né muoverci. Non riuscivo a
distogliere i miei
occhi dai suoi e le mie gambe si rifiutavano di muoversi.
Dopo
quella che mi parve un’eternità, finalmente il mio
corpo ripartì. Feci un primo
passo tremante, incerta come una bambina che compie i suoi primi passi.
Allungai un braccio verso di lui –il tremolio si era esteso
fino alle dita- e
sentii le lacrime pungermi gli occhi.
“Jared.”
mormorai.
L’attimo
dopo ero tra le sue braccia, l’unico posto in cui avessi mai
desiderato essere
in quei sei giorni scarsi, le mie labbra premute contro le sue nel
bacio più
disperato che ci fossimo mai dati.
Naturalmente
scoppiai a piangere.
Giorno
6 – Jared Pov
È
qui, è qui, sta
bene, mi vuole.
Mi
ripetevo questa mantra nella testa da più di dieci minuti,
ma non era facile
convincermene. Eppure Kim era tra le mie braccia, sana e salva. Sentivo
il suo
calore sulla pelle, le sue lacrime bagnarmi le guancie, la sua bocca
esitare
sulla mia con intensità. Strinsi tra le mani i suoi capelli,
affondando il viso
nell’incavo del suo collo e baciandole la spalla lasciata
nuda dal vestito.
Stavo
finalmente bene. La stanchezza, il
dolore e la rabbia di quei giorni erano evaporati come neve al sole
alla sola
vista di Kim. Il ricordo della battaglia e la preoccupazione per Jacob
erano
stati relegati in un angolo della sua mente, lontani ma presenti.
La
strinsi e la strinsi e
la strinsi per non so quanto tempo. Non volevo
staccarmi, non volevo parlare, non volevo respirare. Ricongiungersi era
meglio di
quanto pensassi: era emozionante più
dell’imprinting stesso.
Non
parlammo mai quella notte. Non c’era bisogno di scuse,
spiegazioni o frasi
d’amore. Tutto quello di cui avevamo bisogno in quel momento
eravamo noi
stessi.
Kim
era stata mia, lo era e lo sarebbe stata, così come il mio
cuore e la mia anima
le sarebbero sempre appartenuti. Di certo pochi giorni di lontananza o
un
semplice adolescente non avrebbero potuto fare niente contro il nostro
amore.
Il sentimento che ci univa era già oltre a tutti i problemi
adolescenziali. Era
uno scalino superiore, un tale livello di coinvolgimento e adorazione
che nemmeno
la morte avrebbe potuto spezzare. Ora sapevo che saremmo potuti stare
lontani
anche anni: il nostro amore eravamo noi stessi. Perderlo avrebbe voluto
dire
perdere la nostra identità.
Avrei
voluto dirle tante cose, urlarle che l’amavo, che mi era
mancata, che avevo
pensato a lei ogni secondo di lontananza.
Ma
le parole rimasero bloccate in gola, rimpiazzate dal peso che sentivo
sullo stomaco.
Ora che l’impellente e martellante bisogno di Kim erano stati
soddisfatti, fui
immerso da tutto quello che avevo accumulato quella settimana: la
lontananza da
Kim, Victoria e i neonati, i turni di guardia, la paura per la mia
famiglia, la battaglia, Jacob
ferito e quasi morto…
Mi
accasciai sulle ginocchia di Kim e piansi tutte le lacrime che mi
tenevo dentro
da giorni.
È
strano e difficile e a volte brucia nel petto come una fiamma viva.
Allo stesso
modo è capace di scaldarti come i primi, tiepidi raggi di
sole di maggio, più
belli e caldi perché tanto agognati dopo un lungo inverno
gelido.
Può
essere felice, ma il più delle volte non lo è.
Nel nostro caso, esseri che di
umano avevano ben poco, probabilmente sarò più
difficile che per chiunque
altro.
Non
sarà stato sempre bello, né per me, né
per Quil, né per Sam. Sarà problematico
e strano, come lo può essere amare la persona perfetta per
noi contro la nostra
volontà.
Ma,
nonostante tutto, è più forte di noi.
Inutile amore.
***
Ehm.
Chiedo
umilmente scusa, in ginocchio e cospargendomi i capelli di cenere. Non
ho scuse per questo assurdo ritardo, se non che la mia ispirazione
sembrava essersi spenta nel nulla. Nulla per mesi, mesi. Mi sono
letteralmente strappata le parole dalla testa per scrivere questo
capitolo. Non mi piace, ma spero piacerà a voi.
Ringrazio con tutto il cuore coloro che hanno recensito, messo nei
preferiti e nelle storie seguite. Questo capitolo è solo per
voi.
Spero non vi siate dimenticati di me e che siate ancora interessati a
questo piccolo pezzetto d'amore che è la mia storia.
Chiedo scusa se non rispondo alle recensioni questa volta, ma la voglia
di aggiornare è davvero troppa.
Baci,
Giuka.
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