My Gravity - Jared and Kim

di Giuka
(/viewuser.php?uid=52303)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** String #1: Immeritata Adorazione ***
Capitolo 2: *** String #2: La mia Kim ***
Capitolo 3: *** String #3: Imprinting ***
Capitolo 4: *** String #4: Cry Baby ***
Capitolo 5: *** String #5: Falò ***
Capitolo 6: *** String #6: Kim Padalechi ***
Capitolo 7: *** String #7: Mai morte fu più dolce ***
Capitolo 8: *** String #8: I don't wanna miss a thing ***
Capitolo 9: *** String #9: Inutile amore ***



Capitolo 1
*** String #1: Immeritata Adorazione ***


My Gravity – Jared and Kim

Immeritata Adorazione


Dannazione.

Stava arrivando ed io ero ancora in condizioni pietose: i capelli umidi, banalmente lisci e disordinati, mi bagnavano la schiena mentre indossavo frettolosamente la maglia a maniche corte del mio pigiama e afferravo i pantaloni coordinati, cercando di infilarli il più velocemente possibile. Naturalmente l’unico risultato che ottenni fu quello di ruzzolare a terra portando con me il centrino del comò e tutto quello che vi stava sopra:  una scatoletta di legno intagliato, suo regalo, mi cadde sulla fronte mentre cercano goffamente di liberarmi dalla presa invincibile dei pantaloni. Dopo qualche secondo riuscii finalmente a rimettermi in piedi e ad infilare i pantaloni, stavolta con più calma, girandomi lentamente verso lo specchio.
Perché dovevo essere così maledettamente banale? Nulla in me era affascinante, né i capelli neri che cadevano mollemente sulle spalle magre, né la maglietta del pigiama giallo canarino che scendeva morbida sulle mie forme perfettamente inesistenti: seno e fianchi erano appena accennati e l’unico spessore era sottolineato da quel filo di pancia che cercavo di eliminare da sempre. Non ero bella e non lo sarei mai stata grazie al mio viso tondo, agli occhi troppo piccoli, agli zigomi troppo pronunciati: non meritavo per nulla tutta la fortuna che avevo. Non meritavo lui, così come non meritavo il suo affetto, e nep-
Driiing
Oddio. Era arrivato.
Mi precipitai fuori dalla camera impazzita, dimenticando qualsiasi preoccupazione, qualsiasi paranoia: Jared era qui. Aprii la porta con forza, senza curarmi di essere in disordine, e finalmente lo vidi: era bellissimo come sempre, con i capelli adorabilmente arruffati, il petto nudo che emanava calore ed il suo sguardo adorante tutto per me. Mi guardava come se fossi un angelo, ma sapevo che per lui io ero proprio quello.                      
“Kim.” sospirò il mio nome sollevato. Sapevo che non gli piaceva stare troppo a lungo lontano da me: mi aveva detto che quando non c'ero, oltre a essere estremamente preoccupato, si sentiva come se gli avessero tolto la gravità, come se fluttuasse nello spazio senza una meta precisa né un punto di riferimento.                                                                                                       
Improvvisamente intimidita dal suo sguardo amorevole, abbassai gli occhi arrossendo furiosamente e gli abbracciai la vita con le braccia fredde, rabbrividendo per il gelo invernale. Jared, premuroso come sempre, mi prese gentilmente da sotto le spalle e senza lasciarmi il tempo di protestare mi sollevò entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle. Mi ripose con cura a terra e mi sorrise adorante dall'alto, accarezzandomi le braccia.
“Amore...” sospirò ancora cingendomi i fianchi con le braccia. Subito mi allungai su di lui baciandolo dolcemente sul petto e godendomi il suo gemito roco. Spostai le labbra un po’ più su, allungandomi il più possibile mentre cercavo di raggiungerlo e Jared si avvicinò immediatamente tendendo le labbra. Io però schivai la sua bocca e gli morsi la mascella, sorridendo: Jared sorrise di rimando, per poi bloccarmi il viso tra le sue mani e costringere le sue labbra sulle mie. 
Baciare Jared era la mia vera ed unica, ragione di vita: niente equivaleva alle sue labbra sulle mie, al suo corpo bollente che mi sovrastava, alle sue braccia attorno ai miei fianchi. Mi spinsi contro di lui sollevandomi sulle mezze punte e gli avvolsi le braccia attorno al collo. Jared, che per baciarmi si era dovuto quasi piegare a metà, tale era la differenza di altezza tra noi, si tirò su lentamente, portandomi con me senza sforzo e di colpo i miei piedi si trovarono ad essere a circa venticinque centimetri dal pavimento, mentre le sue braccia mi tenevano stretta a lei. Era caldo, piacevolmente caldo, ed il contrasto tra la sua temperatura corporea ed il freddo dei miei capelli bagnati mi fece rabbrividire. Mi baciò con più forza, schiudendomi le labbra ed io non potei fare a meno di ricambiare felice, mentre accarezzavo i suoi capelli morbidi.
Dopo un lasso di tempo che mi parve troppo breve mi rimise a terra e si allontanò da me, inchiodando i miei occhi nei suoi. Ricambiai rapita, mentre sentivo le sue mani calde accarezzarmi dolcemente la pancia e i fianchi da sotto la maglietta.
“Ciao, amore.” disse lui, sorridendo malizioso: io arrossii, ma ero incapace di staccare i miei occhi dai suoi, così come lui era incapace di staccarsi da me.  
“Jared.” sospirai, stringendomi a lui e appoggiando la mia testa sul suo petto caldo.
“Sei stupenda, questa sera.”, disse sincero osservandomi dalla testa ai piede. Non che il suo complimento valesse qualcosa: per lui ero sempre bellissima anche alla mattina senza un filo di trucco e con i capelli tutti scompigliati.
“Anche tu.” dissi sorridendo contro la sua pelle. 
“Come è andata la tua giornata?”
“Male” mi lamentai, stringendomi di più a lui.
Lo sentii sobbalzare “Cosa è successo? Ti hanno fatto male?” mi chiese con urgenza, guardandomi preoccupato.
Feci segno di no con la testa “Mi sei mancato.” ammisi, arrossendo.
“Anche tu. Tantissimo.” disse, staccandomi gentilmente da se e prendendomi la mano. Mi feci trascinare fino al divano, su cui si buttò di peso trascinandomi con se e facendomi sedere sulle sue ginocchia. Gli avvolsi i fianchi con le gambe ed il collo con le braccia: finalmente alla stessa altezza lo baciai di nuovo sulle labbra senza fretta, facendomi beare del suo calore calore meraviglioso. Mi strinse di più a se premendo le sue mani sulla mia schiena e scese a baciarmi la clavicola dolcemente, per poi appoggiare la fronte sul mio petto, sbadigliando sonoramente.
“Sei stanco?” gli chiesi, accarezzandoli i capelli.
“Mmm...” mugugnò, affondando il viso sulla mia pelle.
“Se vuoi puoi andare. Non preoccuparti.” mentii. Sapeva meglio di me che avevo paura di stare sola a casa quando mia madre aveva il turno serale all’ospedale e sentii subito le sue braccia stringermi di più a se.
“Assolutamente no. Posso resistere, non preoccuparti!” esclamò senza spostare la testa e con la voce impastata dal sonno.
Continuai ad accarezzargli i capelli, ma sapevo già che entro poco si sarebbe addormentato. Non dovetti aspettare molto: dopo pochi minuti cominciò a russare ed un filo di saliva gli scese dalla bocca; gliela asciugai con la mano, intenerita, scendendo dalle sue gambe e distendendomi sul divano, trascinandolo con me. Lo occupava quasi tutto da solo ed io sarei quasi sicuramente caduta se le sue braccia inconsciamente non mi avessero stretta a lui anche nel sonno. Gli baciai una tempia e rimasi ad adorarlo per un’infinità di minuti.
“Kim.” borbottò, nel sonno: mi resi conto, emozionata, che mi stava sognando. “Kim”  ripeté nuovamente, ed io mi strinsi di più a lui sorridendo con le lacrime agli occhi, emotiva come sempre. 
“Ti amo, Kim..” bofonchiò ancora, abbracciandomi più stretta. “Anche io Jared.” risposi chiudendo gli occhi e abbandonando tutte le mie preoccupazioni: tra le sue braccia tutto perdeva importanza ed io non potevo che bearmi della sua totale ed assolutamente immeritata adorazione.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Salve a tutti.

Questa è la mia prima fan fiction su Twilight ed è sulla mia coppia preferita. Lo so, è corta e non particolarmente impegnativa, ma penso che loro siano così: dolci, innamorati e non complessati come Bella ed Edward. So che di Jared e Kim la Meyer non parla molto, ma io non posso fare a meno di adorarli: sono semplicemente adorabili! Penso che ne farò una raccolta, perché ho tanta voglia di scrivere qualcosa su di loro, dato che in questo sito non se ne parla molto. D’altronde, faccio parte di quel 5% che preferisce di gran lunga i lupi di La Push ai Cullen, e mi devo adeguare.

Non so come sia Kim, ma me la immagino così: dolce, adorabile, innamorata. Un po’ Mary-Sue, probabilmente! È ambientata più o meno dopo un anno o due dall’imprinting: la fase iniziale di incredulità è superata e lei ormai si è resa conto della totale adorazione di lui, ma non può fare a meno di imbarazzarsi ogni volta che lui la sfiora. E come tutte le adolescenti ha i suoi complessi e non si sente alla sua altezza, ma lo ama da morire

Il prossimo capitolo probabilmente sarà dal punto di vista di Jared. Una bacio a tutti, e grazie a colore che recensiranno.

Giuka

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** String #2: La mia Kim ***


My Gravity – Jared and Kim

La Mia Kim

 

La mia Kim.

 “… Perciò la soluzione di questo problema …”

La mia Kim che sorride.

“… specificando l’incognita x …”

La mia Kim che arrossisce.

“… e sostituendo l’incognita y con 3 …”

La mia Kim che mi guarda.

“… è, Signor Padalechi?”

La mia Kim che mi bacia.

“….”

Voglio la mia Kim.

“Signor Padalechi?”

Voglio baciare la mia Kim.

“La soluzione, Padalechi”

Baciare Kim, baciare Kim, baciare …

“PADALECHI!”
“Kim …” soffiai, voltandomi con rabbia verso chi aveva osato interrompere i miei meravigliosi pens- Oh, merda. Mi ero completamente dimenticato di essere in classe. Cazzo.
“Si, Signor Padalechi, tutti in questa classe conoscono la sua adorabile fidanzata, la Signorina Kimberly, ma dovrebbe fornire la soluzione del problema” chiarì esasperato il professore. Conosceva Kim? 

La mia bellissima, dolcissima, meravigliosa Kim …

“Signor Padalechi?”

Mancano pochi minuti all’intervallo.

“Padalechi, ancora disattento?”

Pochi minuti e potrò rivedere la mia Kim.

“PADALECHI, ACCIDENTI!”

Oh. Il professore mi sta chiamando. Di nuovo. Merda.

“Sì?” chiedo gentilmente.
“La soluzione”
“Ehm … Temo di non poter rispondere, Professore”
“Bene Padalechi. Le metto un bel due sul registro, tanto per ricordarmi quanto lei sia disattento durante le mie lezioni e quanto preferisca pensare ad una ragazzina piuttosto che alla trigonometria”
Ragazzina? Oh no. Kim non è una ragazzina: lei è la mia vita, la mia gravità, il mio raggio di sole, l’amore della mia vita … Oh, sta suonando la campanella.
KIM.
In un attimo raccolgo i miei libri e, con la voce del Professore ancora nelle orecchie, mi precipito verso l’aula di inglese. Sento il bisogno fisico di vederla, stringerla e baciarla. Lei, la mia Kim, il centro del mio universo da due settimane a questa parte. Si può amare così tanto una persona dopo solo uno sguardo? Non nel mondo reale: ma cosa in me è reale? Io sono una creatura mitica e assolutamente inumana, ma grazie a questo ho trovato lei; non smetterò mai di ringraziare Dio per l’angelo che mi ha mandato. Kim. Quasi lancio i miei libri nell’armadietto, chiudendolo poi malamente con un pugno e mi incammino più velocemente, cercando di evitare tutti questi ragazzini che escono dalle loro aule e che mi rimbalzano addosso. Poi, la vedo.

 

Kim.

Tutto, tutto, tutto svanisce. I suoni, i colori, i miei pensieri, perfino me stesso. Tutto si annulla e lei brilla di luce propria.

È davanti alla porta della sua aula, impacciata come sempre ed avvolta in un cardigan nero che le copre il corpo minuto; tra le mani regge il libro di inglese –è troppo pesante per lei, sicuramente starà facendo fatica- e con lo sguardo cerca qualcosa, mentre quel cretino di Alex Harrison le sta accanto e le parla. Irritante.
Un ringhio mi nasce spontaneo dal petto, mentre mi avvicino ancor più rapidamente: in un attimo le mie braccia sono sui suoi fianchi e la stringo possessivo a me. Lei sobbalza sorpresa ed il libro le cade, finendo sui miei piedi; poi, finalmente, i suoi occhi sono nei miei. Arrossisce teneramente, ma non abbassa lo sguardo. Io mi sento come incantato: non riesco a muovere un solo muscolo, perché sono completamente risucchiato dentro di lei. La mia unica ragione di vita.
Si sporge un po’ verso di me, dal basso del suo metro e sessanta, arrossendo all’inverosimile: come è tenera.
Mi avvicino subito, socchiudendo gli occhi: lei li tiene già chiusi e da questa posizione privilegiata posso contare tutte le sue lentiggini. Tenendo gli occhi aperti –non voglio perdermi niente, niente di lei- poggio finalmente le mie labbra sulle sue.
Il fuoco esplode dentro di me, divorandomi. La mia temperatura, già bollente, aumenta a dismisura ed io mi sento ardere. La sento sospirare di piacere sulle mia labbra e non mi controllo più: le avvolgo la schiena con le braccia, piegandomi in avanti per raggiungerla, e me la stringo addosso, sollevandola leggermente da terra. Lei mi avvolge il viso con le sue piccole mani, che a malapena riescono a coprire le mie guance, e risponde al mio bacio, le labbra che le tremano.
Giuro, potrei rimanere così tutta la mattina. Matematica, inglese, letteratura … Che me ne importa? Sono solo ostacoli che mi impediscono di passare tutta la mia mattina con lei,. Almeno però mi rimane la paus-

Non. Ci. Credo. La follia umana non ha confini.

Harrison ha cominciato a battere con insistenza un dito sulla mia spalla.

Ora mi viene da pensare: vuole morire? Sono grande e grosso abbastanza da stenderlo con un dito, tutta La Push mi teme e rispetta e tutti, tutti, sanno che non mi si deve mai disturbare quando sono con la mia Kim. Quindi, il ringhio che gli riservo è assolutamente dovuto. Mi ha costretto a distogliere l’attenzione da lei, perciò spero che abbia qualcosa di veramente importante da dirmi.
“Sì, Harrison?” chiedo, stringendomi Kim al fianco con un braccio; lei si adatta a me come se fosse stata creta apposta per stare lì, incastrando perfettamente il corpo morbido sul mio.
“Stavo parlando con Kimberly, Padalechi. Non è educato interrompere le persone in questo modo” chiarisce lui, per nulla intimorito. Allunga una mano verso Kim, come a tirarla verso di sé, ma il mio ringhio cupo lo convince a ritirare la mano.
“Stavi, Harrison. Fuori dai piedi. Subito” sibilo, fissandolo negli occhi.
Lui mi ignora, guardando lei “Kim, penso di dover andare prima che Padalechi mi uccida. Ti aspetto giovedì alle cinque a casa mia. Buona giornata” dice, dandomi un’ultima occhiata trionfante mentre se ne va. Sposto lo sguardo su Kim, sorpreso, e lei distoglie subito il suo, borbottando un saluto verso Harrison.
“Giovedì?” alito, disperato.
Lei annuisce arrossendo.
Beh, questo cambia tutto; se lei vuole uscire con Harrison lei uscirà con lui e non permetterò che nessuno glielo impedisca. Io per primo.
Le sorrido gentilmente, cercando di ignorare le fitte di gelosia acuta che mi scuotono lo stomaco “Va bene, Kim, mi va bene, non preoccuparti. Esci pure con lui, se questo ti rende felice. Però io ho bisogno di te. Mi basta essere tuo amico.” dico, staccandola dolcemente da me e prendendole la mano, mentre mi chino a raccogliere il suo libro caduto prima. Lai sgrana gli occhi e apre la bocca, guardandomi sorpresa.
“No!” dice disperata, buttandosi di nuovo addosso a me. Io la accolgo, naturalmente: non posso dirle di no. Appoggia la testa sul mia fianco, arrossendo “D-d-dobbiamo …. Fare un progetto di inglese insieme. N-non è una a-a-a-appuntamento, mi ha chiesto di essere la sua compagna e non ho p-potuto rifiutare” balbetta, arrossendo “Io ti amo..” finisce in un sussurro.  La mia piccola, dolce Kim. Lei non riesce mai a dire di no a nessuno.
“Ti amo anche io Kim” sussurro sui suoi capelli, stringendomela di più addosso. Ah, che sollievo “Ma non mi piace che quel cretino ti giri attorno in questo modo”
“Scusa” dice mortificata.
“No, no, no! Non devi chiedermi scusa Kim. Non devi mai chiedermi scusa” chiarisco mentre passeggiamo verso il bar della scuola. Ho fame.
Kim sorride divertita, intuendo la nostra destinazione “Come è stata la tua lezione?”
“Mhn, lo sai. Non mi piace molto l’algebra” rispondo. Più che altro non mi piace stare lontano da lei, ma non glielo dico. Meglio non sembrare troppo ossessivo “Tu?”
“Lenta, ma inglese mi piace” dice, sorridendo timidamente “Oggi pomeriggio usciamo?”
“Certamente. First Beach?”
Le corruga le sopracciglia sottili, confusa “Con questo freddo?” Giusto. Per lei i cinque gradi di La Push potrebbero essere un problema. Beh, non con me accanto, naturalmente.
“Ti scaldo io Kim” ammicco, guardandola negli occhi “A cosa ti serve altrimenti un fidanzato licantropo?”
Lei arrossisce, borbottando un qualcosa che ha a che fare con “doppi sensi”. Scoppio in una risata simile ad un latrato, per poi chinarmi a baciarle i capelli sottili e profumati.

Ti scalderò Kim. Ti proteggerò Kim. Ti amerò Kim.
Perché tu sei la mia Kim.

La mia Kim. La mia Kim. La mia Kim. La mia…

“PADALECHI! DANNAZIONE! MI HAI FATTO ROVESCIARE IL CAFFEE! GUARDA DOVE METTI I PIEDI!”

Oops.

 

 

 

 

***

 

 

Il POV Jared è stato dannatamente difficile da scrivere: la Meyer non si sofferma molto sull’imprinting, anche se Jacob ne fa una bella descrizione in BD. Io penso che per ogni lupo sia difficile se non impossibile riuscire a distogliere l’attenzione dalla ragazza/bambina/neonata del loro imprinting. Jacob dice che sono loro che li tengono ancorati al terreno, che sono più importanti di famiglie, amicizie, amori passati, branco ecc. Quindi io vedo Jared così: ossessionato da Kim. E non ha raggiunto la calma assoluta di Sam, né è un essere perfetto (Edward) che riesce a frenare tutte le “emozioni sgradevoli” per Kim. Ovvero, lui è gelosissimo di lei e non si fa problemi a mostrarlo. Ah, alla fine a parlare è lo stesso professore dell'inizio: un mal riuscito tentativo di far ridere. So che sarebbe stato meglio seguire un ordine cronologico, ma l’ispirazione è quel che è.

 

Ora, ci tengo davvero tanto a ringraziare coloro che hanno recensito. È solo la mia terza fan fiction e perciò ogni commento è super-gradito. Un bacio a tutti voi che mi avete fatta felice e grazie di cuore.

Jo Hale: grazie, grazie, grazie. Scrivo questa raccolta proprio per diffondere un po’ di Jered/Kim!

Maka_Envy: anche io ADORO le Jacob/Nessie, soprattutto perché amo lui e quindi tutto ciò che lo rende felice. Grazie di cuore per i complimenti.

Princess of vegeta6: Grazie mille per i complimenti, per aver recensito e per aver messo nei preferiti. È un piacere scrivere qualcosa che la gente condivide e apprezza! Per quanto riguarda gli altri imprinting, personalmente li amo tutti, perché è un amore TROPPO grande. Sono tutti bellissimi, ma quello di Jared, hai ragione, è il migliore proprio perché il più normale.

Virgi_lycanthrope: Oh, è sempre stupendo trovare membri del mitico 5%. Siamo pochi ma buoni, questo è sicuro! Io amo anche Jacob/Nessie, perché amo lui e se lui è felice con lei logicamente amo anche lei. Grazie mille per aver recensito.

 

Baci,

Giuka

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** String #3: Imprinting ***


Consiglio di ascoltare Halo di Haley James Scott mentre leggete questo capitolo. Vi assicuro che è perfetta.

 

My Gravity - Jared and Kim

 

Imprinting

 

 

È incredibile come la vita possa cambiarti così da una settimana all’altra. Quattordici giorni fa ero un semplice ragazzo, certamente bello, simpatico, popolare ,affascinante e molto modesto. Poi quella febbre che non se ne va, la nausea, i brividi, le vertigini, e di colpo mi trovo chiuso in una stanza con Sam Uley che mi dice “Sei un licantropo. Ti stai trasformando. Tra poco finirà”. Un attimo dopo un tumulto di pensieri confusi mi arrivavano da Sam, che mi guardava tranquillo sotto forma di lupo. Poi capii: anche io ero un lupo. Una bestiaccia pelosa ed alta come un cavallo. Dopo la confusione, però, il mio primo pensiero fu: che figata.
Perché devo ammettere che dopotutto non è così male. Sono il protettore di La Push e sono molto forte e velocissimo. In più trasformarsi in lupo e correre per la foresta è la sensazione più … libera che abbia mai provato.

Jared, farai tardi a scuola. Mancano pochi minuti alla campanella.

Sbuffo, infastidito. Sam sa sempre togliere tutto il divertimento.

Ritrasformati, Jared. Non puoi saltare un altro giorno di scuola, sono già due settimane di assenza. E comunque sei a meno di dieci metri dalla strada: rischi che qualcuno ti veda.

Ricevuto capo. Ci vediamo dopo.

Riesco a malapena a sentire la sua risposta affermativa prima di sentire il mio corpo contrarsi verso dentro, ossa, pelle e organi: tutto viene risucchiato da un vortice immaginario al centro esatto del mio petto e di colpo sono di nuovo umano. Non è una bella sensazione sentire il proprio corpo non risponderti più, ma dopotutto non è nemmeno spiacevole: semplicemente insolita.
Mi rivesto in fretta con gli abiti che tenevo legati alla gamba raccogliendo poi lo zainetto che avevo retto tra i denti. Dentro ho messo una paio di scarpe logicamente nuove, dato che improvvisamente il mio numero di scarpe è passato da un quarantuno ad un quarantasei e mezzo. Anche gli abiti sono nuovi: se prima con il mio metro e settantacinque di altezza ero un ragazzo nella media, ora il mio metro e novantacinque darà sicuramente nell’occhio. Ormai è impossibile non notarmi, anche perché non ho esattamente confidenza con il mio nuovo corpo: sono troppo grosso e dimentico sempre di occupare molto più spazio rispetto a quattordici giorni fa.
Esco velocemente dal bosco passando per un sentiero nascosto. Facendo attenzione a non farmi vedere, mi unisco alla folla di studenti che si avvia verso l’edificio scolastico ed entro dal cancello sorridendo tranquillo: oggi è uno dei rari giorni di sole qui a La Push e tutto brilla, ma forse è solo una mia impressione data dall’euforia. Subito i miei amici mi si fanno attorno: Mark, James, Albert, Robert, Allison, Claire … Ci sono proprio tutti.
“Jared accidenti … Sei più alto o sbaglio?” mi chiede Allison, guardandomi stranita -come tutti, d’altronde-.
Sospiro e comincio con le bugie “Non sbagli. Il dottore ha parlato di crescita improvvisa con febbre. Non sapete che dolori. Capita però, a questa età...” dico, sorridendo ammiccante. Impossibile non credermi.
“Wow … Beh, hai preso da qualcuno nella tua famiglia?” chiede di nuovo lei, sorridendo complice. È carina Allison: mi piace da quasi un anno.
“Mio nonno paterno. Era alto quasi due metri e cinque centimetri.” concludo, facendole capire che non ho più molta voglia di parlarne. Lei sembra capire, perché si limita a sorridere e prendermi a braccetto mentre entriamo: dopo le lezioni voglio chiederle un appuntamento. Gli altri si dileguano ridacchiando e gettandoci occhiate maliziose.
“Beh, ci vediamo durante la pausa Jared. Io adesso ho spagnolo. Tu?” mi chiede sorridente.
“Inglese.”
“Ah, a proposito: sai quella sfigata della tua compagna di banco?”
Uhm. Mi pare si chiama Kat: piccola, minuta, viso appena passabile e soprattutto timidissima. Appena mi vede arrossisce e abbassa lo sguardo. Non che desideri le sue attenzioni: io non apprezzo particolarmente le secchione.
“Mmh. Che ha fatto?”
Allison ridacchia, sinceramente divertita “Mi ha chiesto di te, tre giorni fa. Mi ha chiesto se sapessi perché fossi assente.”
Probabilmente glielo ha chiesto il professore: non capisco cosa ci sia da ridere.
“Beh?”
“Dovevi vederla. Era tutta rossa,balbettava tanto che per dire una parola ci ha messo almeno cinque minuti. Penso abbia una cotta per te.” aggiunge, ridendo all’idea che una come lei possa stare con me. Rido anche io.
“È  un problema suo, io ho altri interessi...” dico, guardandola dritta negli occhi. Lei sorride e mi stampa un bacio sulla guancia, mentre si allontana verso l’aula di spagnolo. Quanto è bella.
Entro nell’aula di inglese un attimo prima del professore che chiudendo la porta mi guarda stupito proprio come tutti i presenti nell’aula. Mentre lui intima il silenzio alla classe vado verso il mio banco –Kat non c’è, stranamente: in quanto secchiona è sempre presente- dove appoggio lo zaino e ritorno verso il professore per giustificare l’assenza.
Mentre sono chino sulla cattedra, aspettando che professore controlli la firma sulla mia giustificazione, sento la porta aprirsi di scatto.
Nell’aula era appena entrata, piuttosto goffamente a dirla tutta, una ragazza piccola e minuta, Kat, credo. Mentre il professore la rimprovera per il ritardo la osservo con la coda dell’occhio partendo dal basso: i piedi, stretti in un paio di stivaletti indiani, sono rivolti verso l’interno, chiaro segno di imbarazzo. Indossa un vestitino di lana nero che cade dritto sulle sue forme inesistenti; si tortura le mani nervosamente, intrecciandole in continuazione. Che sfigata. Ha delle belle labbra: carnose e rotonde, coronate da un piccolo naso all’insù, ma la forma del viso rovina tutto, così pure gli occhi, che sono troppo piccoli. Si morde nervosamente un labbro e sospira, come se fosse indecisa: poi la vedo fare un piccolo respiro e stringere le mani a pugno prima di alzare il volto e fissarmi negli occhi.

 

 

Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.Tum.

 

 

Il mio cuore impazzisce. Il mio corpo impazzisce. Io impazzisco.
È una sensazione strana, simile a quella della mia trasformazione da lupo ad umano: sento ogni singola cellula del mio corpo -Ogni.Singola.Cellula- venir risucchiata verso un singolo punto. Lei. Sono costretto a fare un passo avanti tanta è la forza del suo richiamo e mentre dentro di me c’è un turbine di emozioni che mi serrano lo stomaco lei splende: sono costretto a socchiudere gli occhi tanta è la luce che emana. La sua luce mi scalda, mi culla, mi sommerge: è inutile combattere. In un attimo affogo dentro di lei e so che non ne uscirò mai più. È come un’inondazione: accade tutto troppo velocemente, non posso impedirlo. Non che lo voglia, comunque.
In questo momento tutto mi è così chiaro: io sono nato per lei. Non c’è un altro motivo: non mi interessa proteggere La Push, la mia famiglia e i miei amici; li ucciderei tutti se lei me lo chiedesse, perché io devo proteggere solo lei. Lei che non soffrirà mai, lei che non piangerà mai. Amarla. Proteggerla. Renderla felice. Queste sono le mie uniche ragioni di vita da ora, il resto non conta più nulla.
Mentre il professore la rimprovera abbassa lo sguardo e tutta la classe ride di lei; li farei tacere se solo riuscissi a muovere un solo muscolo; invece me ne sto qui con occhi e bocca socchiusi a fissare la mia vita, che non è altro che quel piccolo corpicino davanti a me.
Il rimprovero deve essere finito, perché lei si dirige verso il banco fissando il pavimento, il viso rossissimo e lei mani tremanti. La seguo subito senza distogliere nemmeno per un istante i miei occhi da lei. Mi lascio cadere sulla sedia, che cigola sotto il mio peso, e naturalmente non ci sto, dato che le mie gambe premono dolorosamente contro il sottobanco, ma non mi interessa: non riesco a non guardarla. Ci vogliono tutte le mie capacità mentali per ricordarmi come si fa a parlare.
“Ciao.” riesco a sospirare infine, anche se il suono che mi esce è più un gemito strozzato.
Lei alza gli occhi, stupita e intimidita.
“Ciao, Jared.” dice sorridendo appena. Dillo ancora. Dillo ancora. Il mio nome detto da lei è una sinfonia. La sua voce è musica, la musica più bella che abbia mai sentito.
“Kat?”
Il sorriso svanisce dalle sue labbra e i suoi occhi si riempiono di lacrime. Scuote la testa “Mi chiamo Kim” sussurra.
Il dolore che mi invade è talmente forte che sento il mio stomaco contrarsi all’indietro. Ho sbagliato il suo nome e l’ho fatta piangere; sono un mostro, il peggiore dei mostri, ed avevo perfino promesso di non farla mai soffrire. Come ho potuto far piangere la mia gravità, il mio sole, la mia aria?
“Scusami. Mi dispiace tantissimo. Ti prego, non piangere.” le chiedo, sofferente, allungando una mano per toccarla ma ritraendola subito dopo: voglio davvero sfiorarla, abbracciarla, tranquilizzarla, ma probabilmente la spaventerei ed io non voglio che sia spaventata da me.
Kim –che bellissimo nome- alza gli occhi stupita “Non preoccuparti. So d-di non essere molto appariscente. Non fa niente.”
Non appariscente lei? Lei che brilla?
In questa scuola sono tutti ciechi: anche io lo ero fino a pochi minuti fa.
“Sei bellissima, invece.” le dico e sono sincero, dato che nulla in questo mondo potrebbe mai essere più bello di lei.
“Non è divertente, Jared.”
“Cosa non è divertente?”
“Questo scherzo. Smettila di prendermi in giro: non ti ho mai fatto niente, quindi smettila. Hai parlato con Allison, vero?” ansima, arrossendo ancora di più e ricominciando a torturarsi le mani.
Il suo nervosismo è il mio, il suo dolore pervade anche me “Non sto scherzando Kim. Tu sei bellissima.” voglio che mi creda, voglio che si renda conto di quanto meravigliosa sia. 
“Perché dovresti dirmelo adesso? Siamo compagni di banco da più di tre mesi...” i suoi occhi non smettono di essere lucidi. Ti prego basta, basta, basta: mi stai uccidendo.
“Ho aperto gli occhi, Kim. Ti prego, credimi. Ti prego.” sussurro, senza riuscire a smettere di fissarla, incantato dalla sua magnificienza e perfezione, sebbene lei ancora non mi guardi.
Kim prende coraggio e mi fissa negli occhi, incatenandomi: non posso distogliere lo sguardo, non ci riesco, e capisco che non potrò mai più guardare altrove.
Devo avere un’espressione piuttosto stupida perché lei guardandomi sorride divertita. Sono felice di vederla sorridere.
“Ti credo Jared...” dice, prestando poi attenzione al professore, al contrario di me, che continuo a guardarla per tutta la lezione, ringraziando per essere nell’ultimo banco della fila, invisibile al professore. In questo momento mi è impossibile prestare attenzione a qualcosa che non sia lei, data la sua incredibile bellezza: la pelle è liscia e completamente priva dei segni dell’adolescenza, le labbra sono carnose ma non troppo e piccole, a cuore, e la forma del viso è rotonda e gli zigomi alti le danno un aspetto raffinato. Gli occhi sono marroni e caldi, circondati dalle ciglia più lunghe che abbia mai visto: se alza lo sguardo le sfiorano le sopracciglia sottili, se lo abbassa toccano le guance rosse. Ha una corporatura esile ma morbida, con mani piccole e unghie tenute corte e prive di smalto. È vestita semplicemente, non porta un filo di trucco ed i capelli  lisci e neri le scendono liberi sulle spalle senza particolari acconciature. È perfetta nella sua semplicità.
Osservandola perdo completamente la cognizione del tempo, ed il suono della campanella che segnale la fine della lezione mi coglie del tutto impreparato, mentre un nuovo dolore si fa strada in me: dopo la piccola pausa di cinque minuti tra una lezione e l’altra dovrò separarmi da lei. Come posso riuscirci? Il solo pensarci mi fa male.
Kim raccoglie in fretta i suoi libri e la cartella e si alza dalla sua sedia senza nemmeno guardarmi. In un attimo sono accanto a lei dall’altra parte del banco: forse mi sono mosso troppo velocemente, ma nessuno sembra essersene accorto. Kim sobbalza quando le sono accanto, ma non alza lo sguardo dal pavimento.
“Che lezione hai ora?” chiedo, osservando i libri che tiene in mano.
“Biologia.”
“Ti accompagno, allora.”
“Non è necessario...”
“Per favore”  la supplico: ho davvero bisogno di passare ancora un po' di tempo con la Kim, non capisco perché, ma ne ho davvero la necessità. Pensare di staccarmi da lei è doloroso quanto una coltellata. Cosa mi sta succedendo?
“… Come vuoi.” acconsente infine, arrossendo, e causandomi una fiammata di gioia su tutto il corpo.
Tendo la mano verso i libri che tiene in mano “Posso?”
Kim mi guarda confusa “Cosa?” chiede, guardandomi finalmente negli occhi e scatenando le mie reazioni corporee esagerate: calore, brividi e farfalle nello stomaco, tutto solo con uno sguardo.
“Posso portarti i libri?”
“Non mi sembra il caso” risponde arrossendo.
“Perché?” chiedo confuso: non voglio che si affatichi, mi sembra un gesto gentile.
“Ci stanno già guardando tutti. Se mi porti anche i libri sarà peggio...” ammette Kim guardandosi intorno.
“Non mi importa. Posso?” chiedo di nuovo, e non mi importa davvero. La gente può pensare quello che vuole: io adesso voglio solo portarle i libri e parlare un altro po' con Kim.
Lei mi guarda e sorride timidamente, scaldandomi il cuore, poi annuendo mi tende i suoi libri. Li prendo subito sorridendo di rimando e camminiamo vicini verso l’aula di biologia; mi muovo il più lentamente possibile, sperando che questo momento duri per sempre.
“Jared?” sento una vocetta stridula chiamarmi, ma forse mi sembra stridula in confronto a quella delicata di Kim. Mi giro, trovandomi davanti Allison che mi guarda preoccupata.
Mi stupisco di quanto ora mi sembri sciatta, banale ed inutile una ragazza che fino ad un’ora fa mi piaceva da impazzire. I suoi capelli biondi lunghi e ondulati mi sembrano banalissimi in confronto a quelli lisci e lucenti di Kim; i suoi occhi azzurri sono freddi se confrontati ad altri color cioccolato profondi e caldi; le labbra rosse non reggono con quelle rosate e perfette della ragazza che mi è accanto. Il corpo formoso non è nulla paragonato a quello piccolo e delicato di Kim. Allison per me non esiste più.
“Sì?” chiedo con tono spento, dato che  non vedo l’utilità di parlare con lei e togliere l'attenzione dalla creatura perfetta che mi è accanto.
“Cosa ci fai con questa?” chiede velenosa e cattiva. Sento Kim sussultare e nascondersi dietro di me: la rabbia che sento è davvero troppa e le mie mani iniziano a tremare; in queste settimane sono stato bravo a controllarmi, ma il pensiero di Kim spaventata e ferita è terribile ed insopportabile.
Questa ha un nome. Si chiama Kim, Allison. E non rivolgerti a lei in questo modo.” ringhio, arrabbiato come non mai. Sento che potrei scoppiare da un momento all’altro.
Scusa? E da quando difendi questa sfigata?” chiede schifata. Ora la uccido, giuro a me stesso, ma prima che possa fare un passo avanti la mano piccola e debole di Kim mi afferra la maglietta: di certo non ha la forza per trattenermi, ma se lei desidera che io mi fermi io mi fermerò. Smetto all’instante di tremare, voltandomi verso di lei, che ha gli occhi lucidi.
Mi chino su di lei, sfiorandole il viso con le dita: sussulta, probabilmente per l’insolito calore della mia pelle, ma non si ritrae “Tutto a posto Kim?” chiedo preoccupato.
Lei annuisce “Puoi accompagnarmi in classe?” chiede implorante. Certo Kim, tutto quello che vuoi, non hai bisogno di chiedermelo così: farò tutto quello che desideri.
Prendendole la mano mi dirigo verso l’aula con una tale foga, causata dal bisogno impellente di esaudire ogni sua richiesta, che investo Allison ed un'altra decina di studenti facendo solo pochi metri. Non che mi importi, comunque. 
In un attimo siamo davanti all’aula di biologia.
“Grazie mille Jared. Sei stato molto gentile...” sussurra Kim, mentre le ripasso i libri cpn attenzione, sebbene il mio cuore cominci già a stringersi in una morsa fastidiosa.
“È un piacere. Se lo desideri, sarò qui anche alla fine di quest’ora.”. Di di sì, di di sì…
“Se per te non è un disturbo, mi piacerebbe vederti anche dopo...” dice, arrossendo all’inverosimile, e decido le guancie così rosse le stanno d'incanto: le renderò così ogni volta che potrò.
“Allora ci sarò. Buona lezione, Kim.” le assicuro, portandomi la mano che ancora stingo alle labbra e baciandole piano il palmo. È la sensazione più bella che io abbia mai provato: la sua pelle è liscia, morbida e profumata.
La sento trattenere il respiro e il suo cuore prende a battere alla velocità della luce: sono io a scatenarle queste reazioni? Spero di sì.
“Anche a te Jared.” mormora, sfilando delicatamente la sua mano dalla mia ed entrando in classe. L’insegnante di biologia entra subito dopo di lei, chiudendo la porta.
Il mio cuore perde dolorosamente un battito ed io mi sento perduto mentre la mia vita si trova lontana da me. La preoccupazione che lei possa ferirsi o che qualcuno la tratti male mi attanaglia stomaco, cuore e cervello. Inizio a sudare e tremare preoccupato, mentre mi dirigo verso la mia aula. Che lezione ho ora? Non riesco a ricordare. Cosa mi è successo? Ora che è lontana riesco a pensare più lucidamente rispetto a prima, quando la mia mente era completamente sommersa da lei.
Mi tornano in mente tutti i pensieri di Sam e improvvisamente comprendo cosa è successo. Provo le stesse sensazioni che Sam provò quel giorno sulla spiaggia, quando la incontrò. Come ho fatto a non pensarci prima? Eppure avevo ragionato molto su quel particolare aspetto dell’essere lupo. Su quanto volessi che fosse verità: ed ora è accaduto.

 

Imprinting.

 

 

 

***

 

 

 

 

Boh, non mi convince molto: descrivere l’imprinting senza copiare la Meyer è difficilissimo, perché la descrizione che ne fa Jacob è perfetta, credo. Io ho cercato di dire la stessa cosa con parole diverse, ma sta a voi giudicare se ho reso l’idea. Spero di sì, perché ho lavorato molto a questo capitolo.

Ora ci tengo a ringraziare le mie fantastiche quattro lettrici che anche per il secondo capitolo hanno trovato il tempo di lasciarmi una recensione. Grazie davvero a voi, le mie recensitrici adorate. Un  bacio, spero abbiate apprezzato questo capitolo che è tutto per voi.Vi adoro.

Maka_Envy: lui è un bestione, lei è dolcissima. La coppia perfetta! Sono contenta che Jared ti faccia ridere, dato che è proprio quello che voglio! Grazie di aver recensito anche il secondo capitolo.

Princess of vegeta6: la tua recensione mi ha fatto felicissima, davvero. Ricevere tutti quei complimenti mi lusinga tantissimo. Sono contenta di aver reso bene Jared, che alla fine è un ragazzo normale con un “piccolo problema peloso”. Quello che mi preme di più però è far trasparire la grandezza ma allo stesso tempo la semplicità del suo amore per Kim. È un amore grandissimo e assoluto, ma sono pur sempre due adolescenti (ripeto: senza complessi, a differenza di Edward e Bella) che vivono il loro amore con semplicità. Quindi grazie mille per aver detto che ho trasmesso questo, perché è proprio ciò che voglio. Spero che ti piaccia anche questo capitolo e grazie ancora.

Jo Hale: cara, grazie mille per i complimenti! Se mi seguirai fino alla fine io ne sarò felicissima! È bello avere lettrici gentili come te. Ed Alex è proprio detestabile, così come Allison, ma purtroppo tornerà nei prossimi capitoli, per la gioia di noi tutti.

Virgi_lycanthrope: mi fa piacere che apprezzi il modo in cui ho reso Jared e la sua ossessione per Kim. Spero che apprezzerai anche il modo in cui ho descritto l’imprinting in questo capitolo. Grazie mille per i complimenti,cara!

 

 

Baci,

Giuka

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** String #4: Cry Baby ***


My Gravity – Jared and Kim

 

Cry Baby

 

Non ero mai stata un ragazza goffa: la mia corporatura esile mi aveva sempre consentito una buona agilità nei movimenti ed anche una discreta forza fisica, nonostante le apparenze. Alla scuola elementare non mi feci mai male durante le lezioni di educazione fisica: le maestre mi trattavano con particolare cura ed attenzione, sempre attente che non mi ferissi, ed io ero sveglia abbastanza per tenermi lontana da ogni possibile rischio. Perciò fin tanto che frequentavo la scuola primaria la mia misera statura e l’esilità non erano mai state un problema: lo diventarono con l’inizio della scuola superiore, quando tutte le mie amiche cominciarono a maturare fisicamente ed io invece rimasi un cosino minuscolo ed invisibile.
Da quel momento educazione fisica diventò una tortura: cominciai ad astenermi dal basket e dalla pallavolo, dato che i miei compagni finivano sempre con l’ investirmi durante la foga della partita, ed a sfruttare la mia agilità per schivare pallonate/botte/compagni-grossi-come-orsi.
Inoltre c’era un nuovo fattore da tenere in considerazione: Jared. A causa del suo… particolare rapporto con me Jared tende ad essere un pochino iperprotettivo. O per meglio dire, cerca di tenermi ad almeno dieci metri da qualsiasi fonte di dolore, che si tratti di un essere umano, un oggetto inanimato o un animale. Perciò se qualcuno durante la lezione mi ferisse – Dio non voglia - Jared andrebbe sicuramente in panico e quel qualcuno probabilmente dovrebbe vedersela con un licantropo super arrabbiato.
Quindi pensandoci bene proprio non mi spiego come sia potuto succedere: agilità + super-attenzione+ scaltrezza = niente guai. Questo è ciò di cui ero sicura. Evidentemente mi sbagliavo.
Ero ad educazione fisica: come al solito mi stavo scaldando tranquillamente correndo rasente il muro della palestra mentre i miei compagni giocavano a basket. Naturalmente pensavo a Jared: non penso a nient’altro che lui da quando è cominciata la nostra storia. Occupava la mia mente anche prima, ma era un po’ come un mito irraggiungibile, qualcuno che non mi avrebbe mai guardato. Ora invece è il mio Jared.
Ora che ci ripenso probabilmente fu la mia distrazione che causò il disastro: è stata tutta colpa mia. Perché, accidenti, non vidi proprio quel dannato pallone da basket che ad una velocità supersonica si dirigeva minaccioso verso di me. Non sentii le urla di avvertimento dei compagni e del professore, tanto meno quelle di Alex, meglio detto colui-che-lanciò-la-palla. Sentii solo una gran botta sul lato destro del viso. L’urto mi fece sbattere la guancia sinistra sul muro. Poi, il nero.

 

~

 

C’è qualcosa di sbagliato, ma non riesco a capire cosa.

Riconosco innanzitutto l’aria gelida che mi solletica i piedi senza scarpe; poi sento la luce del sole che mi scalda il viso e nient’altro, dato che sono infagottata in qualcosa che credo sia una coperta. Vorrei aprire gli occhi, ma non li trovo. Avverto dolore alla testa: pulsa fastidiosamente e l’andatura ondeggiante di chi mi tiene in braccio non aiut- Un attimo.
Ecco cosa è sbagliato. Le braccia che mi reggono non sono calde. O meglio lo sono, ma non di quel calore. Sono tiepide e deboli in confronto ad altre più forti che mi reggerebbero senza farmi ondeggiare in questo modo. La consapevolezza che non sia Jared a portarmi mi da il panico e mi spinge ad aprire gli occhi: la luce mi acceca e peggiora il mal di testa, ma non mi importa. Prendo coraggio ed alzo lo sguardo.

 

No no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no no.

Alex Harrison. Quello che Jared odia più di tutti. Oddio, no: perché tutte a me?
Non che io lo odi, anzi: Alex è un bravo ragazzo, sebbene abbia deciso di confessarmi il suo amore proprio quando cominciò la mia storia con Jared. Per essere esatti disse di amarmi il giorno successivo alla grande confessione (licantropi, imprinting, vampiri ecc), con un tempismo che sarebbe stato quasi divertente se Jared non l’avesse presa così male. È terribilmente geloso anche se non ne ha motivo, dato che io amo solo lui. Jared però tende a non rendersene conto ed in più Alex è odioso nei suoi confronti: lo stuzzica in tutti i modi possibile ed immaginabili.
“Alex?” chiedo in un sussurro, ma sono talmente vicina a lui che mi sente ugualmente.
Subito abbassa la testa verso di me con un’espressione così colpevole sul viso che mi pento immediatamente di aver pensato brutte cose di lui in questi pochi secondi.
“Kim, Kim, scusami! Non volevo colpirti ma ero troppo preso dalla partita! E non ho visto che correvi e tu non ti sei accorta di niente e-“
“Alex, respira. Va tutto bene. Mi fa solo un po’ male la testa...” lo rassicuro, sebbene il mal di testa sia più un martellare continuo e senta anche un doloroso prurito alla guancia sinistra.
“Il professore ha escluso un trauma cranico, quindi non preoccuparti. Il problema è…” si interrompe e la sua espressione si fa ancora più colpevole: non capisco.
“Cosa Alex?”
“Niente, non preoccuparti… Siamo arrivati.” risponde entrando in infermeria e chiamando la Signorina Loren, l’infermiera. La reazione della donna mi preoccupa: spalanca la bocca e corre subito verso di noi, aiutando Alex ad entrare in una piccola stanzetta adiacente. Mi stendono delicatamente su un lettino vicino alla finestra ed Alex mi aiuta a sistemarmi meglio, sempre con quell’espressione dispiaciuta sulla faccia. Poverino.
Sento l’infermiera armeggiare nell’armadietto delle medicine mentre Alex, ancora accanto a me, mi sfiora la guancia sinistra con la mano. Mi ritraggo subito, cercando di gettargli un’occhiata torva: non credo di esserci riuscita perché lui risponde con un sorriso dispiaciuto.
“Scusami, ti fa male?” chiede preoccupato.
“Non molto, perché?” in effetti non mi sono scostata per il dolore.
Il sorriso svanisce dalle sue labbra “Mi dispiace Kim.” ripete di nuovo. Ah, ho capito. Non sono stupida, non lo sono mai stata: logicamente ricevere una pallonata su una guancia e sbattere addosso ad un muro con l’altra lascia un segno su una semplice faccia umana. Ora devo solo capire quanto grande sia il danno.
“Quanto si vede, Alex?”
Lui capisce ed abbassa lo sguardo “Hai tutta la guancia sinistra sbucciata, Kim. Mi dispiace così tanto!”
Perfetto:ora da ragazza poco carina sarò diventata inguardabile. Grazie Alex.
“Jared sa che sono qui?” chiedo in un sussurro.
“Certo. Claire ha insistito per andarlo a chiamare. Diceva che sarebbe stato peggio se l’avesse scoperto da solo.” dice facendo una smorfia: forse ha capito di essere nei guai, dato che sa benissimo quanto Jared sia protettivo nei miei confronti.
“Allora è meglio che tu te ne vada, Alex.”
Lui annuisce “Mi ucciderà, vero?”
Sorrido “Se riesco a parlagli prima che ti veda forse riesco a salvarti la vita.”
Alex sospira, chinandosi a baciarmi la fronte. Trattengo il respiro, arrabbiata, ma non dico niente: in fondo è stato gentile a portarmi fin qui e comunque si stacca quasi subito, facendo qualche passo verso l’uscita.

 

“Kim.”

 

Oddio. È Jared: lo cerco subito con lo sguardo finché non incontro i suoi occhi preoccupati. Lo vedo trattenere il respiro e poi, un battito di ciglia dopo, mi trovo ad un centimetro dal suo volto, contratto in un’ espressione così addolorata che sembra stia per mettersi a piangere. Mi sfiora anche lui la guancia con le dita, ma il suo tocco caldo ha il potere di placare il dolore alla testa e la nausea.
“Jared…” sussurro felice avvicinandomi al suo volto: sono quasi due ore che non lo vedo. Mi è mancato.
“Ti fa male?” chiede crucciato senza smettere di accarezzarmi con la punta delle dita.
“Assolutamente no.” rispondo chiudendo gli occhi: con lui il dolore sembra non esistere.
Jared sospira fissandomi dispiaciuto negli occhi “Mi dispiace così tanto, Kim!”
Apro di scatto gli occhi.  Come può scusarsi per qualcosa che non ha fatto?
“Non è colpa tua!” esclamo.
I suoi occhi si fanno arrabbiati in un attimo “Chi è stato Kim? Claire non ha voluto dirmelo, quindi è qualcuno che conosco.”
Con la coda dell’occhio cerco Alex, ma mi accorgo che fortunatamente non è più nella stanza: non riesco a mentire a Jared, per cui se fosse stato presente probabilmente ci sarebbe stato uno spargimento di sangue.
“È stato un incidente. Ho perso l’equilibrio.” sussurro abbassando gli occhi. Sento le mie guancie andare a fuoco.
“Kim, lo sai che non sei capace di mentirmi. Chi è stato?” chiede ancora.
Voglio mentire, lo voglio davvero. Ma non ci riesco: non è nel mio carattere e soprattutto non con Jared.
Perciò, sospirando, dico la verità.
 “Alex, con una pallonata. Come al solito da cretina quale sono non mi sono accorta di nulla. Mi hanno chiamata ed hanno cercato di avvisarmi, ma ero sovrappensiero…”
“…”
“…”
“…”
“Jared?”
“…”
“Jared? Stai bene?”
“Certo.” dice in un sussurro. Poi comincia a tremare: proprio quello che volevo evitare.
Avvolgo le sue mani con le mie, fissandolo negli occhi “Calmati, Jared.” ordino.
“Scusami Kim” dice mentre il tremore già si attenua “Ora però devo lasciarti. Vado ad uccidere Harrison.”
“NO!” esclamo disperata, spalancando gli occhi e stringendo di più le sue mani.
“Ti ha ferita.” ringhia, in una voce talmente bassa e arrabbiata che mette i brividi anche a me. No, non voglio che Jared sia arrabbiato con Alex, perché è tutta colpa mia. Se deve arrabbiarsi con qualcuno, quel qualcuno sono io.
“È successo solo perché durante una partita di basket una cretina come me è distratta e non guarda dove mette i piedi…” mormoro mentre sento i miei occhi diventare lucidi. Mi odio per essere così dannatamente emotiva, ma non riesco a farci nulla. Dannata, lamentosa ed insopportabile Kim
Un secondo dopo sono premuta contro un petto caldo e solido, mentre le braccia di Jared mi avvolgono la schiena ed il suo respiro mi solletica il collo. Singhiozzo contro la sua maglietta bagnandola con le mie lacrime, sfogando lo spavento, il sollievo per la sua vicinanza ed anche l’irritazione verso me stessa.
Piagnucolo un po’, dimostrando ancora una volta tutta la mia infantilità, mentre lui invece è come al solito paziente nel cullarmi dolcemente. Come posso meritarmi tutto questo amore? Come può amare una ragazzina infantile come me? Non riesco a capire perché abbia avuto l’imprinting con me: cosa ho più di Allison, la ragazza che gli piaceva più? Perché io? Glielo ho chiesto tante volte e Jared non ha saputo darmi una risposta. Sam ritiene che i lupi abbiamo l’imprinting per generare licantropi più forti, rifletto arrossendo, ma io non credo sia per questo. Penso semplicemente che serva loro una persona che possa amarli, comprenderli e aiutarli nella loro missione, ma questo non spiega perché proprio io, la ragazzina più infantile e sfigata di La Push, debba avere questa fortuna.
Cerco di staccarmi per asciugarmi gli occhi e smettere di fare la bambina, ma lui me lo impedisce stringendomi più forte. Completamente sconfitta mi abbandono tra le sue braccia avvolgendogli il collo con le mani, ancora singhiozzante. Jared mi accarezza piano la schiena con le mani calde, baciandomi di tanto in tanto i capelli. Odiosamente adorabile.
“Eh-ehm…”sento la Signorina Loren tossicchiare nervosa e cerco nuovamente di staccarmi da Jared: stavolta mi lascia fare, seppur continuando a tenermi stretta a lui, e rivolge all’infermiera uno sguardo indecifrabile.
“Dovrei disinfettarle la guancia, Signorina Najera, ed anche applicarle un cerotto.” chiarisce dispiaciuta di interromperci. Io le sorrido timidamente per poi spingere con decisione sul petto di Jared. Lui si allontana subito, incrociando le braccia e rimanendo vicino al lettino.
L’infermiera si avvicina con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante: deglutisco terrorizzata, afferrando la mano di Jared, e gemo di dolore quando poggia lo poggia sulla mia guancia. Brucia da morire e gli occhi mi diventano di nuovo lucidi, mentre gli stringo forte per non piangere di nuovo: non credo che potrei sopportarmi se lo facessi.
Sento Jared sobbalzare a fianco a me, ma gli stringo più forte la mano e lui si calma: resta immobile per tutta la medicazione, senza togliere il suo sguardo dalle mani della Signorina Loren, protettivo come al solito. Non mi stupisco della velocità con cui l’infermiera mi applica il cerotto, né di come scappi via –letteralmente-  borbottando qualcosa su delle pratiche, chiaramente in soggezione dallo sguardo di Jared.
La sento chiudere la porta e restiamo soli nella stanza. Io osservo imbarazzata  i miei pantaloni da ginnastica e sento i suoi occhi fissarmi con insistenza. Mi accorgo di stringere ancora la sua mano e lo mollo di scatto, ma lui subito mi avvolge la mano con la sua, molto più grande, e se la porta alle labbra. Finalmente alzo lo sguardo e rimango senza parole.
Gli occhi lucidi di Jared sono così addolorati da lasciarmi senza fiato per la sorpresa. Fissa la mia guancia con espressione torturata e poggia le labbra tremanti sulle mie dita, baciandomele una per una, centimetro per centimetro.
Di riflesso, il suo dolore è il mio: non riesco a sopportare che lui soffra così per me. Non è giusto che l’imprinting lo costringa ad amarmi in questo modo assoluto, non è giusto che sia costretto a preoccuparsi per me, a coccolarmi, a viziarmi. Jared fa tutto quello che voglio e pensa in continuazione a rendermi felice ed il brutto è che io sono talmente egoista da essere al settimo cielo per questa situazione: ogni volta che incontro il suo sguardo adorante, preoccupato o amorevole il mio cuore galoppa di gioia ed io non posso evitarlo. E mi sento in colpa ogni volta e non glielo dico, perché poi si sentirebbe male perché io sto male e non finirebbe più. Siamo così io e Jared: soffro quando soffre, soffre quando soffro. Lui però è costretto, mentre io lo amo per scelta.
Sospirando stringo la sua mano e la tiro con decisione verso di me, allungandomi verso di Jared. Lui si piega subito ed io poggio le mie labbra sulle sue; Jared mi avvolge con le braccia, sollevandomi dal letto senza sforzo, ed io lo stringo di più a me senza smettere di baciarlo. Sento le sue mani alzare un po’ la mia maglietta e accarezzarmi la pelle nuda e tiepida, per poi avvolgermi completamente il busto e prendermi quasi in braccio, tanta è la foga che ci mette. Naturalmente io non mi lamento ed anzi lo aiuto a sollevarmi, scaldata dal suo calore e finalmente tranquilla: l’agitazione, il dolore, la preoccupazione… Tutto scivola via.
Quando ci stacchiamo, entrambi senza fiato, la sua espressione è più serena. Sorrido, felice di averlo tranquillizzato, e lui trattiene rumorosamente il respiro, fissandomi abbagliato: per un attimo sono felice per la sua adorazione, poi mi invade il senso di colpa.
“Devi smetterla di preoccuparti per me.” affermo ansimante e sconvolta.
Lui sorride dolcemente “Lo sai che non posso farlo. Non sai quanto mi fa male vederti ferita… ”
“Mi dispiace, la prossima volta starò più attenta.” dico arrossendo.
“Ti prego, cerca di farlo. Non riesco nemmeno a guardarti, Kim.” sussurra distrutto.
“Ci proverò, ma non ti assicuro niente.”
Lui corruga le sopraciglia “E comunque dovrò dire due paroline ai tuoi compagni di classe.”
“No Jared, ti prego non farlo! Sarebbe tremendamente imbarazzante…”
Lui mi fissa negli occhi con un’espressione seria e ardente “Insisto.” dice ed io riesco semplicemente ad annuire. Lo odio quando fa così. Maledetto lupo super-protettivo e super-affascinante.
“Niente spargimenti di sangue, però...” sussurro disperata abbassando la testa. Spero che Alex riesca a non farsi mai trovare da lui.
“Ti farebbe stare meglio?” chiede Jared, alzandomi il mento con la mano, delicatamente.
“No, anzi.” sussurro rapita. I suoi occhi sono del più bel marrone che abbia mai visto.
“Allora niente sangue.” assicura sorridendo “Chiederò semplicemente di fare più attenzione a non colpire quella piccola ragazzina piagnucolona che corre intorno alla palestra!”
Io arrossisco e lui mi da un buffetto sul naso “Scusami, ma non riesco a non prenderti in giro quando piangi. Mi serve per sdrammatizzare” dice sorridendo colpevole “Comunque  pensi di riuscire ad alzarti, cry baby?” mi chiede prendendomi in giro. Io scuoto la testa e allungo le braccia verso di lui, ammiccando con un sorriso. Jared sorride di rimando e mi prende in braccio senza sforzo, mentre io appoggio la testa nell’incavo della sua spalla.

D’accordo, non me lo merito; d’accordo, è troppo per me; d’accordo, mi rende assurdamente felice. Ma io amo Jared, lo amo di quell’amore con la A maiuscola, più di Allison e di tutte le oche che lo vogliono solo per il suo bel viso, e gli darò tutto ciò che posso dargli in cambio del suo amore: me stessa. Perché sarò anche una piagnucolona, ma sono la sua piagnucolona ed è tutto quello che conta.

La sua cry baby.

 

 

 

***

 

Personalmente credo che Kim assomigli sempre di più ad una Mary Sue: se sembra così anche a voi vi prego di dirmelo, perché è proprio quello che voglio evitare. Vorrei caratterizzare Kim come una ragazza timida ed alle prese con un amore troppo grande per un semplice essere umano. È il centro della vita di un’altra persona che dipende in tutto e per tutto da lei e non penso sia così facile da sopportare! Spero di averlo reso bene e di farvela stare simpatica. In fondo è una semplice adolescente.

In uno dei prossimi capitoli riprenderò il fatto che Kim senta l’amore di Jared verso di lei come qualcosa a cui lui è stato obbligato: ci tengo particolarmente e sto già scrivendo quel capitolo.

 

Sono contenta da morire: da quattro recensioni sono passata ad otto! Non so davvero come ringraziarvi. Grazie alle quattro fedelissime recensitrici ma anche alle nuove persone che hanno trovato il tempo di lasciarmi un commento. Grazie di cuore a tutte voi.

MartinaCullen: *inchino* Sembro la Meyer? Oddio, grazie di cuore. È un super complimento, dato che sono una sua grandissima fan! Grazie grazie grazie.

Jo Hale: *doppio inchino* sono felice che il capitolo ti sia piaciuto. Il fatto di Kat-Kim era per sottolineare che Jared non l’avesse proprio mai considerata e poi, di colpo, cambia tutto. Grazie di cuore per tutti i tuoi complimenti, anche perché è stato un capitolo difficile da scrivere: l’imprinting è una cosa seria cavoli!

Maka Envy: cara, sono contenta di farti innamorare di questa coppia! Veramente, farla amare anche ad altre persone è fantastico, anche perché le persone che si concentrano anche su altri personaggi oltre ai Cullen sono davvero poche e tu, recensendo la mia piccola raccolta, dimostri di saper amare anche i poveri esclusi. Quindi grazie di cuore e spero che Kim ti sia piaciuta in questo capitolo come nell’altro!

Virgi_lycanthrope: grazie grazie grazie. Kim, poverina, vorrei piacesse a tutti. Quindi se tu la apprezzi sono felice, così come sono felice di aver reso bene l’imprinting. E sarò felice se recensirai anche questo capitolo, cara!

Princess of vegeta6: *inchino con ola* Tesoro, leggendo la tua recensione mi sono commossa, uccisa dal ridere ed emozionata, nell’ordine. Sapere che mi apprezzi così tanto come scrittrice è… WOW! Cioè mi riempie di una gioia assurda, quindi GRAZIE, con tutto il cuore. Per quanto riguarda il trattato sull’acciaio giuro che ho riso per un quarto d’ora. Poi sono andata a rileggere quella parte ed ho pensato: cavoli, ha ragione! Quindi sono felice che tu abbia apprezzato il “mio” imprinting, perché ci ho messo l’anima: volevo proprio far vedere il cambiamento di Jared, costretto da una forza più grande di lui ad amare in modo assoluto una persona. E comunque, essere l’imprinting di un lupo è il mio sogno proibito! Non capisco come tante ragazze possano sognare che un vampiro di innamori di loro: cavoli, i lupi sono super alti, super muscolosi e super caldi! Cosa si può volere di più? Va beh, vaneggi a parte grazie di cuore per aver recensito e per avermi fatto tutti quei complimenti, sono contenta che la mia fanfiction ti abbia aiutata in una giornata nera: non potrei desiderare di meglio. Spero davvero che questo capitolo ti sia piaciuto come l’altro.

Pazzerella_92: grazie mille!

FlyDreamer: grazie anche a te! Sono felice che Jared ti piaccia.

Niky_95: non sono una licantropa anche se ammetto che mi piacerebbe! Sono d’accordo con te, la Meyer ama troppo gli amori complicati ed impossibili per potersi soffermare su una storia semplice come quella di Jared e Kim. Proprio per questo scrivo di loro: hanno bisogno che qualcuno dedichi loro un po’ di spazio, poverini! Se continuerai a seguirmi mi farai super felice, davvero! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e grazie per aver letto e recensito.

 

Grazie anche a tutti coloro che hanno messo nei preferiti!

Baci,

Giuka.

 


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** String #5: Falò ***



My Gravity: Jared and Kim

 

Falò

 

 

 

Lo sapevo che non avrei dovuto accettare. Perché ho acconsentito ad una simile richiesta? Ah sì, giusto: gli occhioni da cane bastonato di Jared, che riescono sempre ad incantarmi. Sospirai e appoggiai la fronte contro il freddo vetro del pick-up, ormai rassegnata.
Sentii Jared muoversi irrequieto sul sedile e poi la sua mano calda mi sfiorò la spalla.
“Dai amore, stai tranquilla. Vedrai che andrà benissimo.” disse con tono incoraggiante, cercando di tranquillizzarmi.
“Lo sai che sarà un disastro.” piagnucolai invece io: sapevo bene che tutto sarebbe andato male.
“È solo un falò, Kim.” chiarì esasperato lui.
“Un falò con tante altre persone!”
Lui sorrise “Sono i miei fratelli, tesoro, e non vedono l’ora di conoscere il mio imprinting.” disse, calcando sull’aggettivo possessivo e causando il mio immediato rossore.
“Appunto..” sussurrai, stringendomi nel giubbotto senza maniche che indossavo e maledicendo la mia timidezza.
“Kim, per favore, non cominciare con i tuoi soliti sensi d’inferiorità!”
Sbuffai irritata, lanciandogli un’occhiataccia “Non è quello, Jared. Sai quanto sono timida! Riesco a malapena a parlare con te e sono già quattro mesi che stiamo insieme! Stasera non riuscirò nemmeno a dire una parola e ti metterò come al solito in imbarazzo!”
La macchina si fermò di colpo e Jared si voltò verso di me sorridendo malizioso; un secondo dopo ero premuta contro il sedile, avvolta in un abbraccio caldo e coinvolta in un bacio ancora più ardente. Sentii il sedile piegarsi un po’ con un crack preoccupante ma non me ne curai, troppo impegnata a godermi il bacio. Jared però si staccò poco dopo, lasciandomi insoddisfatta ed imbarazzatissima.
“D’accordo, dolcezza, noi non parliamo molto, ma recuperiamo in altre occasioni no?” sussurrò sorridendo e facendo andare le mie guancie a fuoco. In effetti io e Jared siamo perennemente impegnati a toccarci, che si tratti di tenersi le mani, abbracciarci o… Altro. Diciamo che lui ne sente il bisogno a causa dell’imprinting ed io certo non mi lamento.
Lo spinsi di nuovo sul suo sedile, cercando di nascondere l’imbarazzo “Muoviti e guida, Jared!”
“Siamo già arrivati, Kim.” rispose lui scendendo dal pick-up. Naturalmente non feci nemmeno in tempo ad aprire la mia portiera che lui mi aveva già sollevato per i fianchi e depositato dolcemente sul terreno, sorridendomi dall’alto. Arrossì e lo abbracciai, mormorando un grazie delicato contro il suo petto e inspirando il suo profumo: legno e salsedine.
Jared rise “Mi annusi Kim?” chiese sciogliendo l’abbraccio e avvolgendomi testa, spalla destra, schiena e fianco con un solo braccio: mi stupisco sempre di quanto sia enorme.
Jared mi attirò contro il suo fianco destro ed io gli avvolsi la vita con le braccia, stringendomi più a lui per proteggermi dal vento gelido.
“Sei ancora agitata?” mi chiese mentre camminavamo. Sorrisi, pensando a come non potesse fare a meno di preoccuparsi per me nemmeno quando facevo la bambina capricciosa.
“Abbastanza, ma ce la faccio. Parlerò poco, però.”
“Ci sarà anche Emily, potresti parlare con lei.” propose lui con tono pacato, ma, sinceramente, io mi sentivo intimidita da lei. Le poche volte in cui l’avevo incontrata al supermercato o in qualche negozio il fatto di conoscere la vera origine delle sue cicatrici mi faceva sentire strana. In più lei era parte integrante del branco: li aiutava, cucinava e si prendeva cura di loro amorevolmente; io invece ero solo il timido imprinting di Jared.
“Mi farebbe molto piacere.” ammisi sinceramente.
Jared sorrise “Bene. Probabilmente ci sarà anche Bella Swan.”
Sobbalzai. Bella, migliore amica nonché ragazza amata da Jacob Black e fidanzata del vampiro Edward Cullen; quando Jared mi raccontò dell’esistenza dei Cullen ne rimasi assolutamente terrorizzata. Potevo accettare l’esistenza dei licantropi, seppur con qualche perplessità, ma non che esistessero nel mondo dei vampiri succhiasangue. Poco importava che i Cullen fossero vegetariani, io ne rimasi terrorizzata: il pensiero che uno di loro potesse uccidere uno dei miei familiari o amici mi dava il voltastomaco. Poi però Jared mi parlò della “sporca e sbagliata” relazione tra Bella ed Edward ed io ne rimasi affascinata, colpita e stregata. Lei lo amava a tal punto da non aver paura né dei suoi denti affilati, né della sua pelle dura e freddissima, né della sua dieta. Bella amava una sanguisuga ed io ero piena di incertezze sulla mia relazione con un licantropo. Ero proprio una cretina.
“Uhm.” riuscii a mugugnare dopo una ventina di secondi.
Jared tornò serissimo “Non lascerò nemmeno che ti si avvicini.” assicurò subito, credendo che la mia reazione fosse causata dalla paura.
“No, voglio conoscerla…”
“Beh, se vuoi conoscerla allora va bene. Penso che ti piacerà: se solo non frequentasse quelle sanguisughe sarebbe proprio forte.” disse ghignando “Un po’ timida forse, ma divertente.”
“Spero almeno che sia taciturna quanto me, così mi sentirò meno a disagio.” ammisi stringendomi di più a Jared.
Lo sentii ridere da qualche parte sopra la mia testa e arrossii “Sarai anche troppo timida, Kimmy, ma sei perfetta così. E poi, ti preferisco in altri momenti…” insinuò malizioso: quando faceva così era davvero irritante. Da quando la nostra relazione era passata al livello successivo non faceva che parlare di quello. Dannato licantropo super-attraente a cui non riuscivo mai a dire no.
“Sei il peggior licantropo della storia, Jared.” borbottai arrossendo all’inverosimile, mentre sentivo le miei guancie andare a fuoco “E sei irritante.”
“Sono d’accordo, ragazzina!” esclamò una voce roca e profonda, simile a quella di Jared, proveniente dalla foresta.
“Stai zitto,Paul, che così la spaventi.” disse una voce più autoritaria e calma della precedente.
“Jared ha detto che è timida.” concluse un’altra, mentre un gruppo di ragazzi –licantropi- avanzava lento verso di noi dalla foresta. Arrossii imbarazzata e accennai un sorriso timido, mentre Jared mi stringeva di più a sé.
“Eddai Jared, mica mordo!” disse il ragazzo che aveva parlato per primo, raggiungendoci in due passi veloci con la mano tesa verso di me “Io sono Paul.” si presentò, ma prima che potessi rispondere Jared mi spostò dietro la sua schiena, nascondendomi a Paul.
“Paul, razza d’idiota, ti avevo detto di essere più delicato con lei! È timida!” ruggì, facendomi sprofondare d’imbarazzo: non doveva essere così protettivo dopo aver insistito in quel modo per farmi incontrare i suoi fratelli. Gli tirai dolcemente la maglietta, attirando la sua attenzione su di me.
“Non c’è problema, Jared.” sussurrai cercando di sorpassarlo; lui non sembrava convinto, ma si spostò portandomi davanti a lui e appoggiando le sue grandi mani calde sulle mie spalle.
Sorrisi timidamente a Paul, che era alto come Jared, portava i capelli cortissimi ed aveva dei lineamenti molto duri. Indossava solo un paio di pantaloncini e questo mi fece arrossire ancora di più, ma gli tesi educatamente la mano.
“P-piacere. Sono Kim.” mi presentai, cercando di controllare la voce. Paul rispose con un sorriso più simile ad una smorfia e strinse delicatamente la mia mano; sentii Jared irrigidirsi, ma non me ne preoccupai e ricambia la stretta.
Quando Paul si spostò dal gruppo si fece avanti un ragazzo con i capelli lunghi fino alle spalle ed un’aria tranquilla e pacata: Sam. Me ne sentii subito intimorita.
Il ragazzo si piegò un po’ per guardarmi negli occhi e prese la mia mano senza aspettare che gliela porgessi “È un piacere conoscerti, Kim. Benvenuta nel branco. Io sono Sam Uley.”
“Piacere mio.” sussurrai cercando con tutte le mie forze di non abbassare lo sguardo, ma non vi riuscii e presi a fissare la punta delle mie Converse blu. Segretamente però ero davvero felice del fatto che mi avesse detto benvenuta nel branco: io volevo essere parte del branco.
Sam sciolse la stretta delle nostre mani e allungò il braccio verso destra verso una figura femminile formosa e conosciuta: Emily si avvicinò sorridente verso di noi, guardandomi con curiosità.
“Dovreste già conoscervi: Kim, questa è la mia Emily.” disse con una voce diversa, carezzevole, e calcando sul pronome possessivo proprio come faceva sempre Jared.
Emily mi sorrise sincera e prese la mia mano “Ciao Kim! Sono davvero felice che Jared abbia finalmente deciso di portarti da noi. Almeno non sarò più l’unica ragazza!” disse contenta. Io fui abbastanza discreta ed educata da guardarla in viso mentre parlava senza tuttavia soffermarmi sulle cicatrici.
“G-grazie E-Emily. È un piacere conoscerti.” dissi cercando di sorridere: ottenni un arricciamento degli angoli della bocca.
Sam ed Emily –che sussurrò un “Che carina!” a Jared, causando il mio immediato imbarazzo- si spostarono ed un ragazzo più tarchiato rispetto a Jared, Sam e Paul si avvicinò.
“Kim! Non posso dire che sia un piacere conoscerti perché è come se ti conoscessi già. Jared non fa che pensare a te dalla mattina alla sera, è davvero fastidioso. Comunque, io sono Quil!” disse tutto d’un fiato, stringendomi la mano e facendomi sorridere: sapere che Jared mi pensava sempre causò una piacevole sensazione di calore allo stomaco. Quil sorrise di rimando e si allontanò, mentre si avvicinava l’ultimo ragazzo.
“Sono Embry, Kim. Scusa se non mi trattengo, ma ho troppa paura che Jared mi uccida. Però è davvero un piacere conoscerti.” disse sorridendo e spostandosi subito, guardando Jared con un’espressione compiaciuta che non capii: ero così felice di non aver balbettato troppo che vedevo tutto luminoso. Probabilmente anche Jared era contento, perché lo sentii rilassarsi e togliere le sue mani dalle mie spalle, per poi intrecciare la destra con la mia.
Paul rise sguaiatamente “Visto, scemo? Tante storie per nulla!”
“Tu stalle comunque ad almeno due metri di distanza. Forza, due passi indietro.” rispose Jared, facendo un gesto eloquente con la mano verso destra; Paul fece per rispondere qualcosa, ma Sam sibilò qualcosa che non compresi e Paul si limitò ad annuire.
“Come vuoi, come vuoi…” disse allontanandosi, borbottando qualcosa sull’annullamento della personalità post imprinting e facendomi sorridere divertita: i suoi comportamenti infantili creavano uno strano contrasto con le fattezze del volto e del corpo, fin troppo adulte per un diciassettenne.
“Almeno lui ce l’aveva una personalità, Paul. Tu sei sempre stato solo un ammasso di muscoli!” esclamò Embry ridendo della propria battuta, subito seguito da Quil. Mi sembravano entrambi euforici, anche se non ne capii il motivo, ed il sorrisino non accennava a sparire dalle mie labbra.
“E me ne vanto, ragazzino! Jared sembra un cane al guinzaglio!” rispose Paul facendomi trasalire. Il sorriso mi si gelò sulle labbra: cane al guinzaglio? Perché?
“Paul, smettila.”
“Sam, perché rimproveri solo me? Ha cominciato Jared!”
“Tu stai lontano da Kim e vedrai che Jared non ti dirà più niente. Giusto Jared?”
“Giusto Sam.” asserì Jared, mentre io arrossii nuovamente, sentendo troppi sguardi su di me: Paul mi gettava occhiate di sbieco, Embry e Quil borbottavano qualcosa fissandomi, Emily mi squadrava incuriosita e Jared preoccupato. C’era troppa attenzione su di me e cominciavo a sentirmi a disagio.
“Non è necessario, Jared…” sussurrai, cercando di calmare Jared, ma nessuno mi badò più di tanto.
“Va bene, va bene, me ne vado. Vi aspetto al falò.” disse Paul sconfitto, allontanandosi velocemente tra gli alberi. Mi voltai un po’ irritata verso Jared, che sorrise colpevole accarezzandomi la frangetta con la mano libera: sebbene fossi decisa a dirgli quanto il suo comportamento fosse stato assolutamente esagerato, mi tesi automaticamente contro la sua mano calda, causando un suo sorriso compiaciuto.
“Scusami, Kim, se ti ho messo in imbarazzo, ma se conoscessi meglio Paul saresti d’accordo con me. Deve starti lontano.” si scusò, cingendomi con un braccio e incamminandosi nella direzione di Paul, seguito da tutti gli altri. Ci addentrammo ancora un po’ nel bosco, mentre il sole era cominciava a tramontare, e rimasi affascinata dalla natura che ci circondava. Non ero mai entrata nel fitto della foresta per paura degli animali che vi abitavano, ma protetta dal mio licantropo mi sentivo completamente al sicuro.
“Ehi Kim, ma di dove sei tu?” chiese improvvisamente Embry, affiancandoci con due grossi passi seguito da Quil, causando uno sbuffo infastidito da parte di Jared.
“Sono d-di La Push, abito vicino all’asilo…” risposi arrossendo.
Lui corrugò le sopracciglia “Ma non ti ho mai vista a La Push. Jared ti tiene segregata in casa?” sghignazzò, tirando un pugno scherzoso sul braccio di Jared, che arrossì. Effettivamente da quando stavamo insieme uscivo molto raramente, dato che preferivo passare tutto il mio tempo libero con lui, ma sapevo che era un altro il motivo per cui Embry non mi aveva mai visto.
“Certo che no. È che non s-sono una persona che si nota facilmente, ecco.”
“In che senso?” chiese Embry.
Quella domanda mi fece venire in mente il primo dialogo avuto con Jared, ormai ben quattro mesi fa, e sorrisi tra me e me “La gente preferisce i-ignorarmi, di solito.”
“Perché? Sei così carina Kim!” esclamò sorridendo sinceramente e guardandomi negli occhi. Jared probabilmente non gradì il complimento, perché ringhiò stringendomi a sé. Lo guardai sbalordita per la sua eccessiva reazione: probabilmente Embry lo aveva detto solo per essere gentile, non poteva pensarlo davvero.
“Oddio, Jared, sei così geloso! Kim, non ti da fastidio questo deficiente?” chiese Quil ridendo. Jared mi infastidiva? No, certo che no: adoravo le sue attenzioni, le sue carezze, i suoi baci e tutte le premure che aveva nei miei confronti, ma la sua eccessiva gelosia e proiettività mi irritavano. In sedici anni non avevo mai avuto bisogno di essere protetta e di certo non ne avevo bisogno adesso.
“A volte sì.” ammisi a malincuore e Jared rinforzò un po’ la stretta attorno ai miei fianchi, abbassandosi per guardarmi negli occhi.
“Ti do fastidio, Kim?” mi chiese con gli occhi lucidi: ecco, ora come potevo resistergli? I suoi occhi erano così teneri che mi sentii in colpa per aver risposto in quel modo a Quil.
“No no! Assolutamente no, scherzavo!” esclamai subito, spalancando gli occhi e cominciando a gesticolare. Le sue labbra si tesero in un sorriso divertito e poi scoppiò a ridere.
“Ah ah ah, ci caschi sempre Kim!” rise e mi pizzicò il naso con due dita: arrossii.
“Che carina, si è imbarazzata!” esclamò Embry chinandosi a guardarmi come si fa con i bambini piccoli, il sorriso enorme ben visibile sulla faccia ed il tono carezzevole.
“Oddio sembra un pupazzetto, potremmo farne la nostra mascotte!” rincarò la dose Quil, avvicinandosi anche lui: le guancie cominciarono a bruciacchiare.
Embry scosse la testa “Nah, è troppo carina per fare solo la mascotte, dovremo trovarle un ruolo più interessante!” disse guardando il mio ragazzo: non vedevo la sua espressione, troppo in alto per essere alla mia portata, ma lo sentii irrigidirsi.
“Le facciamo fare il calendario dei licantropi?” propose Quil malizioso, causandomi una vampata di imbarazzo così grande ed improvvisa che cominciò a mancarmi il respiro.
“ASSOLUTAMENTE NO!” abbaiò Jared arrabbiato.
“Ne esiste uno?” chiese Embry interessato: iniziai ad ansimare, ma Jared, troppo impegnato a guardare in cagnesco Quil, non se ne accorse.
Jared ringhiò “Ehi, razza di cretino, il calendario lo farai fare al tuo imprinting quando ne avrai uno. Lascia stare il mio!”
Quil rise ignorando Jared “Da adesso sì: Kim non sarà molto formosa ma secondo me viene fuori un bel lavoro!”
Quello fu il limite: ero talmente imbarazzata che cominciò a girarmi la testa e dovette aggrapparmi  a Jared. Sentivo il volto andare a fuoco ed il respiro mozzato: un’altra delle mie solite, infantili crisi d’imbarazzo causate dall’eccessiva timidezza.
Jared doveva essersi accorto del mio imbarazzo, finalmente, perché si chinò e mi prese il volto con le sue mani, guardandomi in panico.
“KIM! Scusami Kim, avrei dovuto fermarli prima. Mi dispiace così tanto!” esclamò ad alta voce facendo voltare tutti gli altri e peggiorando la mia crisi.
Emily si avvicinò preoccupata “Stai male, Kim?”
“N-n-n-n” cercai di rispondere, ma non ci riuscii.
“Sta bene, non preoccupatevi.” disse Jared senza staccare i suoi occhi dai miei “Kim, tesoro, non devi imbarazzarti, stavano solo scherzando. Respira.” Ubbidii e mi sentii subito meglio. Vidi Emily trascinare via gli altri e rimasi sola con Jared, che mi fissava ancora preoccupato.
“Stai meglio, Kimmy?”
Sospirai e mi tuffai sul suo petto, abbracciandolo stretto: avvertii le sue braccia avvolgermi dolcemente.
“Non volevano metterti in imbarazzo, Kim, volevano solo far ingelosire me. E ci sono anche riusciti.” 
Sospirai “Lo so, scusa. Mi comporto sempre da cretina.”
“No, Kim. Tu non potresti passare per cretina nemmeno se volessi. Sei troppo intelligente.” disse serio da qualche parte sopra la mia testa, poggiando il mento sopra la mia. Sentii la solita, piacevole stretta allo stomaco che i suoi complimenti mi procuravano e sorrisi staccandomi dal suo petto. Mi sporsi verso di lui, le labbra tese. Anche in punta di piedi arrivavo appena alla sua spalla, ma lui mi venne subito incontro evitando che mi arrampicassi sul suo petto. Sospirò il mio nome ed appoggiò con dolcezza le sue labbra sulle mie, sfiorandomi i fianchi con le sue mani: anche attraverso i jeans riuscivo a sentire il confortante calore della sua pelle.
Con le mani gli sfiorai le spalle, il collo, le guancie e poi le infilai tra i suo capelli arruffati, accarezzando il profilo del suo labbro inferiore con la lingua e mordendolo poi delicatamente. Il corpo di Jared reagì immediatamente: le sue braccia si avvolsero attorno alla mia schiena schiacciandomi contro il suo petto e le sue labbra si fecero più insistenti. Avvolsi le gambe attorno alla sua vita e appoggiai i gomiti sulle sue spalle, senza smettere di baciarlo; si irrigidì con un gemito roco di sorpresa e le sue mani si spostarono sotto il mio giubbotto, alla ricerca della mia pelle. Gemetti anche io quando lo sentii accarezzarmi dolcemente la schiena e lo baciai con più calma, gustandomi appieno le sensazione che Jared sapeva darmi.
Mi staccai per la mancanza di fiato, ma rimasi con la fronte appoggiata alla sua, ansimante. Jared aprì gli occhi e mi stupii di trovarli lucidi e intensi, quasi cupi; ansimava anche lui, più rumorosamente di me, e gli tremavano le mani.
“Avvertimi la prossima volta che intendi fare qualcosa di simile, Kim.” disse serio, guardandomi intensamente negli occhi e facendomi arrossire un po’.
“Ti è dispiaciuto?”
Sorrise “Certo che no, Kim.”
“E allora qual è il problema?”
“Il problema è che mi è piaciuto troppo, Kim. Stavo per spogliarti, ma non so se avresti gradito.” sussurrò contro le mie labbra. Arrossii e boccheggiai, improvvisamente consapevole di quanto il mio gesto fosse stato.. Inopportuno.
Mi coprii il viso con le mani, rendendomi conto di essere ancora in braccio a lui “Oh Jared, sono così imbarazzata! Mettimi giù!”
Lui scosse la testa “E perché? Sto così bene così, Kimmy. Non essere imbarazzata.”
“Mettimi giù.” ribadii, testarda, e lui obbedì con un sospiro. Imbronciata, presi a camminare nella direzione in cui si erano diretti gli altri, subito seguita da Jared.
“Amore, sei arrabbiata?”
“No, sono estremamente imbarazzata dai tuoi commenti sconveniente. Risparmiameli, Jared.” dissi senza guardarlo. Lo sentii ridere e cingermi dolcemente un fianco con la mano, stringendomi a lui: naturalmente dimenticai l’irritazione e mi abbandonai docilmente contro il suo petto.
Giungemmo in una piccola spiaggetta circondata rocce e cespugli, leggermente riparata e nascosta dal resto della spiaggia. Al centro Sam, Embry e Paul stavano disponendo la legna per i falò, mentre Emily sedeva placidamente su di una coperta, intenda a tagliare pani da hot-dog; quando Sam ci vide un piccolo sorriso gli attraversò le labbra e come sempre non capii la sua espressione. Quel ragazzo era davvero un’incognita per me.
“Jared, noi andiamo a cercare la legna asciutta. Vieni con noi?” chiese, ma sembrava più un ordine.
Jared annuì “Certo. Kim, ti dispiace aspettare qui con Emily?”
“Certo che no, Jared, vai pure.”
Jared scese a baciarmi le labbra ed Embry fischiò “Perfetto. A dopo, tesoro.” sussurrò contro le mie labbra.
“Che schifo. Non bastavamo Sam ed Emily, ora ci tocca sorbirci un’altra coppietta felice ed innamorata!” commentò qualcuno, ma ero troppo impegnata per rendermi conto di chi fosse. Quando Jared si staccò fu una sofferenza: lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava, assalito scherzosamente da un esagitato Quil, e sospirai arrossendo al ricordo del bacio di poco prima. Probabilmente sembravo una di quelle ragazzine innamorate con gli occhi a cuore che si vedevano nei film, ma non me ne importava e continuai a fissare Jared finché non fu completamente immerso nell’oscurità.
“È strano all’inizio, non è vero?” mi voltai verso Emily, che mi sorrideva dolcemente.
“Un po’.” ammisi, pensando a quanto tutto fosse così inverosimile, pazzesco, ultraterreno.
Emily mi fece segno di avvicinarmi con una mano ed io mi sedetti cauta accanto a lei, abbracciandomi le ginocchia con le braccia.
“Tutta questa adorazione mi fa sentire inadeguata, a volte.” disse sconsolata, senza smettere di tagliare i pani a velocità sorprendente: la guardai stupida, socchiudendo appena la bocca.
Lei mi guardò e sorrise dolcemente “Cosa c’è?” chiese accarezzandomi una mano con la sua ed interrompendo per un attimo il suo lavoro. Lei inadeguata? No, non poteva assolutamente pensare una cosa del genere, non potevo permetterlo. Presi fiato per farmi coraggio e la fissai dritta negli occhi, arrossendo.
“Emily, tu non sei assolutamente inadeguata: li aiuti, cucini per loro, sopporti il loro segreto. Jared mi parla di te come di una mamma. Se non avessero te non vivrebbero il loro compito con la stessa facilità.” dissi seria senza mai respirare e sorrisi soddisfatta della mia frase, causando la risata della mia interloqutrice.
“Grazie Kim, sei molto dolce.”
“Non c’è di che.” mormorai sorridendo: mi piaceva moltissimo parlare con lei.
“Sicuramente saprai tutto della storia mia e di Sam, ma io non so nulla della tua. Jared non ha voluto che Sam e gli altri sapessero più di tanto. Che ne dici di raccontarmela?” chiese riprendendo il suo lavoro e facendomi trasalire.
“B-beh, non c’è poi molto da raccontare: Jared ha avuto l’imprinting con la ragazzina più banale e timida della scuola che…” mi bloccai arrossendo “Lui non sa quello che sto per dirti.”
Gli occhi di Emily si accesero di curiosità ed impazienza: mollò il pane che stava tagliando e mi prese a braccetto con aria complice. Conoscevo Emily da neanche un’ora e forse non era giusto parlarle di questo, riversarle addosso le mie paure ed incertezze, ma lei era l’unica che potesse capire la mia angoscia, l’unica che potesse comprendermi e consigliarmi, dato che si era adattata così bene al suo ruolo.
“Dimmi tutto, Kim, non lo verrà a sapere nessuno.” promise ed io sentii che diceva la verità: abbassai gli occhi e le parole mi uscirono di getto, senza bisogno di pensarci nemmeno per un attimo.
“Io sono innamorata di Jared da quasi tre anni. Lo spiavo sempre a scuola, sapevo quale fosse la sua data di nascita, il suo secondo nome, la sua altezza, il suo colore preferito… Sapevo tutto di lui. Il mio diario era completamente ricoperto del suo nome ancor prima del… Beh, dell’imprinting.” Arrossii pensando a quando Jared aveva letto il mio diario. Che imbarazzo.
“Quando un anno fa finimmo in banco insieme, sperai davvero che si accorgesse di me. Naturalmente non accadde: chi noterebbe mai una ragazza come me?” conclusi sospirando tristemente, e sentii Emily accarezzarmi i capelli.
“Ma poi è finito tutto per il meglio, no?” chiese sussurrando, ma sapeva già perché fossi così triste.
“No, Emily. Lui non mi avrebbe mai vista se non fosse stato per l’imprinting. Capisci, lui mi conosceva già prima e non mi aveva mai notata. Mai. Non sapeva neanche come mi chiamassi!” singhiozzai con gli occhi lucidi “Adesso mi ama, è attratto fisicamente da me. Capisci? Jared prima mi trovava brutta, Emily, ed io mi sento così male! Emily, non mi merito tutto il suo amore e non mi merito di essere il centro della sua vita! Cosa faccio io per lui? Mi limito ad imbarazzarmi per tutto e a piagnucolare sempre con lui per tutto quello che mi succede!” finii ansimando, le lacrime che pizzicavano ai bordi degli occhi.
Emily sospirò “Kim, tesoro, non possono deciderlo, lo sai bene. Conosci la mia storia no? È peggio della tua, ma non possiamo farci nulla. Non li abbiamo costretti noi ad amarci e non sappiamo perché abbiano avuto l’imprinting con noi. Non sappiamo nemmeno come comportarci, non c’è un libro d’istruzioni, ma io amo Sam e tu ami Jared, e questo a loro basta, Kim. Pensi davvero che Jared vivrebbe anche un solo giorno senza di te?”
“No, non credo potrebbe…” sussurrai fissandomi i piedi. Nel mio folle sproloquio non mi ero resa conto di aver coinvolto, senza volerlo, anche Emily e la sua triste storia, sicuramente peggiore della mia. Che stupida che sono.
“Appunto, tesoro. So che fa male sapere che lui non ha avuto scelta” continuò e i suoi occhi si adombrarono per un attimo “Ma di questo devi parlare con lui, Kim.” Concluse senza smettere di accarezzarmi i capelli sottili ed io le sorrisi riconoscente.
“Grazie Emily. Scusami per averti infastidita con i miei piagnistei.”
“Ma no, figurati. È bello avere un’altra persona che ha i tuoi stessi problemi e le tue stesse preoccupazioni. Mi fa sentire meno strana!” disse ridendo; le sue cicatrici si incresparono, ma non ci feci caso. Era bellissima.
“Ricominciamo a tagliare il pane? Guarda che ci saranno ben otto licantropi affamati, ne avremo ancora per un bel po’!” propose sorridente, porgendomi un coltello – a punta rotonda, naturalmente: pensai che forse nemmeno Sam gradiva vedere Emily con un’arma in mano, proprio come Jared - ed insieme cominciammo ad affettare panini.
Stavo giusto cercando di tagliare il mio settimo panino – Emily nel frattempo era arrivata a sedici – quando Jared riapparve nella piccola radura; trasportava una quantità enorme di legna che reggeva tra le braccia e per non sporcarsi si era tolto la maglietta. Arrossii alla vista del suo petto nudo, distogliendo poi lo sguardo senza incontrare i suoi occhi, e lo sentii ammassare la legna al centro della radura insieme a Quil e Sam, mentre Embry e Paul disponevano dei massi per trattenere il fuoco. Cercai di concentrarmi sul pane che stavo tagliando, ma mi risultava difficile con Jared mezzo nudo a pochi metri da me.
Mi girai per passare il panino tagliato ad Emily, ma la trovai impegnata: Sam le avvolgeva il volto con le mani, fissandola negli occhi con una affetto infinito, e lei ricambiava il suo sguardo adorante con un gran sorriso sulle labbra. Istintivamente cercai Jared con gli occhi e sussultai spaventata quando lo trovai a pochi centimetri dal mio viso, un sorriso sornione dipinto sulle labbra.
“Kimmy, tesoro, in teoria avresti dovuto correre tra le braccia del tuo amato tornato dal duro lavoro!”
Arrossii e gli tirai uno schiaffetto sulla guancia, consapevole di non potergli certo fare male “Scemo, saresti stato tu a dover correre da me. Sono stata qui ad affettare panini per farti mangiare, sai?” dissi orgogliosa, dimenticando completamente il momento di sconforto di poco prima, che ora, con Jared al mio fianco, sembrava lontanissimo. 
“Grazie, amore, sei stata bravissima.” sussurrò sincero baciandomi a fior di labbra, mentre con l’altra mano mi toglieva il coltello di mano: il solito iperprotettivo.
Sorriso contro le sue labbra “Lo so.”
Improvvisamente una luce mi avvertì che il fuoco era finalmente acceso e mi voltai per osservare incantata le fiamme già alte – evidentemente Paul ed Embry avevano usato un qualcosa per accelerare la combustione – , beandomi del calore del fuoco e della pelle di Jared. La spiaggia ora era tenuamente illuminata dalla luce rossastra e lo scenario era così assurdamente romantico che mi ritrovai ad arrossire involontariamente, mentre pensavo al bellissimo licantropo che mi stava accanto. Mi voltai verso Jared per condividere questo momento magico con lui, e quello che vidi mi lasciò interdetta. Mi stava fissando, ma non con il suo solito sguardo: era anche meglio. Teneva la bocca leggermente socchiusa e negli occhi leggevo una luce adorante, molto più del solito; mi fissava come se fossi stata la creatura più bella della terra, come se fossi stata un angelo, ed io, che ormai avrei dovuto essere abituata, non potei fare a meno di abbassare lo sguardo arrossendo intimidita, mentre sentivo le sue dita calde sfiorarmi le ciglia e poi scendere ad accarezzarmi la guancia.
“Seta…” sussurrò incantato “Sei stupenda, Kim.” aggiunse senza smettere di guardarmi con quell’espressione adorante, che mi rendeva felice e dispiaciuta allo stesso tempo.
“Grazie Jared…” sussurrai appoggiando la mia mano sopra la sua, calda e confortante, e chiudendo gli occhi, beandomi del contatto. Era come essere lontani da tutto il mondo circostante, come avere le orecchie tappate: non sentivo altro che il crepitio del fuoco e percepivo gli occhi di Jared bruciare sulla pelle quasi quanto la sua mano. Quanto stemmo lì? Secondi? Minuti? Ore? Non avrei saputo dirlo: ci eravamo isolati completamente dal resto del mondo e non avevo intenzione di ritornarci. Mi sentivo assurdamente felice ed aprire gli occhi sarebbe stato come fuggire alla felicità più assoluta, ad uno dei momenti più magici della mia vita.
“Jared.”
Sentii una voce, ma era come non udirla: giungeva ovattata e distorta.
“Ehi, amico, scusa se vi interrompo, ma Bella vorrebbe salutarti ed anche io vorrei conoscere Kim…”
Bella? Kim? Mi ricordavano qualcosa. Aprii gli occhi controvoglia e poi boccheggiai imbarazzata: davanti a me e Jared c’erano un ragazzo, licantropo a giudicare dall’altezza, ed una ragazza pallida con i capelli castani. Jacob Black e Bella Swan.
“Oh, tu devi essere Kim! Piacere, io sono Jacob Black” Jacob si presentò con il sorriso più grande che avessi mai visto e sorridere in risposta mi venne automatico, mentre sentivo le guancie imporporarsi. Tuttavia non mi sentii in imbarazzo come durante le presentazioni precedenti, perché il sorriso di Jacob mi metteva a mio agio; mi alzai in piedi, subito seguita da Jared, stringendogli delicatamente la mano e mormorando un “Piacere” appena udibile.
“Sempre in mezzo alle palle, ragazzino. Bella.” disse semplicemente Jared, per niente educato, e Bella rispose con un cenno della testa per poi spostare la sua attenzione su di me.
Era una bellissima ragazza, con la carnagione mortalmente pallida che creava un particolare contrasto con i capelli scuri e  le labbra rosse; aveva un’aria semplice ma sicura di sé e sembrava perfettamente a suo agio in quel mondo fantastico a cui nemmeno io, che a differenza avevo il diritto di farne parte, ero abituata. Osservai inorridita al modo naturale ed equivoco con cui stava accanto a Jacob: dopo tutta la sofferenza che gli infliggeva come poteva stare accanto a lui con così tanta leggerezza? Io avrei preferito morire piuttosto che far soffrire così una persona, ma lei non ne sembrava quasi cosciente. Aveva un’aria rilassata, divertita e serena che mi fece arrabbiare ancora di più. Stupida fidanzata-di-una-schifosa-sanguisuga.
Mi squadrò proprio come io avevo fatto con lei, ma a differenza mia Bella non era brava a nascondere i suoi pensieri. Nei suoi occhi scuri lessi l’incredulità e lo sgomento per il fatto che una ragazza come me –bruttina ed insignificante- fosse l’oggetto dell’imprinting di Jared e la vidi socchiudere la bocca, sorpresa, in modo non proprio educato. Stronza.
“Piacere, Bella, sono Kim.” dissi sorridendo dolcemente e arrossendo, falsa come Giuda.
Bella sorrise, ancora un po’ stupita “Piacere mio, Kim.” disse arrossendo un po’ e avvicinandosi a Jacob, che sorrise gongolante passandole un braccio attorno alle spalle. Sentii una fitta allo stomaco.

 

~

 

“Kimpf shemi mpficura mdi nomh volefgne afcoraf?” borbottò Jared con la botta piena del ventiduesimo –ventiduesimo- panino, sputacchiando pezzi di cibo dappertutto.
“Jared, non sono un licantropo affamato, io. A me un hot-dog basta e avanza, così come a tutti i normali esseri umani.” assicurai sorridendo e accoccolandomi meglio contro il suo petto caldo, che mi proteggeva dal gelido vento invernale. Jared mi cingeva con un braccio e divorava panini con l’altro, guardando ancora adorante gli effetti che la luce del fuoco produceva sulla mia pelle. Sentivo anche un altro paio di occhi addosso: Bella Swan continuava a fissarmi, placidamente seduta vicino a Jacob, Embry e Quil. Vicino a me e Jared, invece, stavano Emily, Sam e Paul e ne dedussi che forse non tutto il branco apprezzava Bella quanto Jacob. Infine, l’ultimo gruppo era composto da Seth e Leah Clearwater, bellissima e affascinante nella sua espressione seria e composta, e dai saggi Billy Black, Quil Ateara e Sue Clearwater, vedova di Harry. Quando Jared mi aveva presentato loro aveva usato un tono così orgoglioso che le mie guancie erano diventate più rosse del solito, ma segretamente ne ero felice; Billy, Quil e Sue avevano stretto la mano con gentilezza, osservandomi attentamente con curiosità e rendendo il momento estremamente imbarazzante.
Emily rise osservandoci, accoccolata anche lei contro Sam, ed io mi girai per sorriderle timidamente: ci tenevo a diventare sua amica.
“Amore, ma un solo hot–dog non è sufficiente! Dovresti magiare di più!” esclamò Jared preoccupato, afferrando un altro panino e mordendolo con voracità. Disgustoso.
“Jared sembri una mamma preoccupata! Piantala, sei palloso!” lo prese in giro Paul, che stava steso sulla sabbia accanto a Sam intento ad ingozzarsi proprio come tutti i licantropi presenti.
Jared lo ignorò e non distolse gli occhi da me nemmeno per un secondo; arrossii abbassando lo sguardo, e sentii le labbra di Jared premere dolcemente contro la mia guancia: arrossii ancora di più avvolgendogli la vita con un braccio e appoggiando la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi. Mi sentivo protetta e tranquilla, ma anche imbarazzata dalla presenza di tante altre persone, anche se sapevo che non ne avevo motivo, dato che nessuno meglio dei presenti avrebbe potuto comprendere lo strano rapporto tra me e Jared.
Non mi resi conto di essermi appisolata finché non sentii Jared alzarmi dolcemente dal suo petto e scuotermi lentamente, sussurrando il mio nome. Aprii gli occhi confusa e mi accorsi che l’atmosfera attorno al fuoco era visibilmente cambiata: Sam, Paul e gli altri licantropi si stavano avvicinando al vecchio Billy Black; Jared mi alzò delicatamente da terra, appoggiandomi sopra la coperta accanto ad Emily, per poi raggiungere il branco attorno al fuoco. Era a meno di un metro da me e fissava Billy con un’espressione concentrata e seria, perciò spostai anche io il mio sguardo su di lui e prestai attenzione alle sue parole.
Le leggende Quileute, che da piccola avevo tanto ammirato, non mi erano mai sembrate così affascinanti: la voce roca e profonda di Billy Black le faceva sembrare ancor più magiche di quanto non fossero; la consapevolezza che fossero realtà le rendeva più importanti ed il fatto di farne parte, seppur in piccola parte, mi elettrizzava. Non riuscivo a distogliere l’attenzione dalla bellissima ed affascinante storia degli spiriti guerrieri, del malvagio Utlapa e del grande Taha Aki, l’uomo a cui dovevo tutto: se non fosse stato per lui non sarebbero esistiti i licantropi e Jared non si sarebbe mai innamorato di me. Quando Billy raccontò dei primi imprinting arrossii e sorrisi imbambolata pensando a quella magia antica e meravigliosa. Guardai con la coda dell’occhio Emily, che scriveva ad una velocità supersonica su un blocco per gli appunti, e vidi anche sulle sue labbra un piccolo sorriso, sebbene non fosse il primo falò a cui partecipava. Leah, invece, si lasciò sfuggire una sola lacrima che scivolò lentamente sul volto impassibile: la pena che provai per lei in quel momento superò quella che sentivo per Jacob. Sussultai, infine, quando Billy Black si indicò il piccolo sacchetto contenente i resti del Freddo, indietreggiando appena con gli occhi spalancati per la paura; anche Bella sussultò, ma probabilmente non per il mio stesso motivo: forse le dispiaceva vedere un simile del suo fidanzato trattato a quel modo.
Quando Billy finì di parlare Jared si voltò verso di me sorridendo mestamente ed in un attimo mi trovai di nuovo tra le sue braccia, calda e protetta; con una mano mi circondò il busto e con l’altra le gambe, facendomi accoccolare contro il suo petto come una bambina piccola. Scese su di me e mi sfiorò la bocca con le labbra, lasciandomi piacevolmente senza fiato, per poi baciarmi dolcemente la fronte.
“Mi sei mancata” ammise “è stato duro essere a meno di un metro da te e non poterti stringere.”
Sorrisi socchiudendo gli occhi e allacciando le braccia intorno al suo collo “Mi sei mancato anche tu. Quando non ci sei fa freddo.” dissi, e non intendevo certo il gelo dovuto alla temperatura di La Push: il freddo di cui parlavo era quello del mio cuore quando lui non c’era.
Jared non smise di cullarmi e accarezzarmi con le labbra, tenendomi stretta a sé, finché non udimmo entrambi il saluto di Jacob. Mi voltai per salutarlo e quello che vidi mi rese tristissima: Jacob teneva tra le braccia una Bella profondamente addormentata e la guardava con un’espressione amorevole, ma diversa da quella di Jared. Il suo viso esprimeva semplicemente un grande, grandissimo amore, non condizionato dalla magia dell’imprinting, e lei non se ne accorgeva; addormentata o no, Bella non capiva quanto fosse intenso il sentimento di Jacob. Immedesimarmi in lui, innamorato e non ricambiato, fu fin troppo facile se ripensavo agli anni precedenti, in cui Jared non sapeva nemmeno della mia esistenza.
Quando Jacob si fu allontanato mi voltai nuovamente verso Jared con gli occhi lucidi: cinsi il suo collo con le braccia e lo trascinai giù, al livello della mia bocca.
“Non farmi mai qualcosa del genere, Jared.” sussurrai tremante al suo orecchio “Se dovrai mai lasciarmi vattene e basta.”
Pensare che Jared volesse in futuro starmi ancora accanto, seppur innamorato di un’altra e cosciente del mio amore per lui, infliggendomi così la pena tremenda dell’abbandono ogni giorno, mi uccideva. D’altronde chi poteva dire con certezza che i licantropi avessero un solo imprinting nella loro vita? In questo mondo assurdo ed imprevedibile, chi poteva assicurarmelo? Magari in futuro Jared avrebbe trovato una ragazza migliore e mi avrebbe dimenticata. Trasalii di dolore.
Jared mi fissò intensamente negli occhi: i suoi ardevano “Mai Kim. Te lo giuro sulla mia stessa vita: tu non proverai mai un dolore simile ed io non ti lascerò mai. Mai.” scandì lentamente senza interrompere il contatto visivo.

Poi mi baciò ed ardemmo insieme, alla luce rassicurante del falò.

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Hola, guys! Oggi sono particolarmente felice e non vedevo l’ora di postare questo capitolo. È più lungo degli altri e sono contenta di come è venuto! Spero piaccia anche a voi.
Allora, avrete capito che è basato sul capitolo “Leggende” di Eclipse, no? Beh, io sono rimasta disgustata dai pensieri di Bella su Kim. Cioè, come si permette di definirla brutta? Chi è lei, Rosalie? Va beh, tralasciamo il mio evidente odio per lei e concentriamoci sul capitolo.
Ci tenevo ad inserire un dialogo tra Kim ed Emily, così come tanti, tanti momenti Jared Kim e così ho fatto. Mi rendo conto che Kim, con tutti i suoi piagnistei, possa risultare insopportabile, ma volevo proprio renderla così: ultrasensibile, timida e dolce. Praticamente la Meyer non ne parla, quindi è un po’ un mio personaggio a cui sono molto affezionata.
Non biasimate Kim per quello che pensa su Bella: se dovete prendervela con qualcuno prendetevela con me, dato che ho praticamente espresso i miei pensieri utilizzando lei. E comunque volevo far notare quanto Kim, sotto l’aspetto docile e gentile, sia una ragazza con le palle!

 

 

Grazie di cuore a coloro che hanno commentato. Vi adoro ragazze!

 

Virgi_lycanthrope: cara, hai ragione, a Kim ne capitano di tutti i colori, ma tanto c’è Jared che la protegge, no? Grazie per aver commentato, spero che questo capitolo ti piaccia quanto l’altro. Baci.

 
Princess of vegeta6: tesoro, leggere le tue recensioni è  S T U P E N D O! Sono lunghe, dettagliate, divertenti ed adorabili! Grazie, grazie, grazie. No che non ti voglio uccidere, anzi, voglio scrivere capitoli che possano piacerti ^__^! Grazie per avermi tolto i dubbi sulla MarySueosità (neologismo XD) di Kim: che sollievo! Odio le Mary Sue dal profondo del cuore e scrivere una storia con una di loro come protagonista è il mio incubo peggiore. Per quanto riguarda il ragazzo “che la segue pure un po’ per orgoglio virile ferito” hai centrato in pieno Alex e pure Kim, con la bella descrizione che ne hai fatto.

Ho letto le tue storie, tutte, e le ho trovate stupende: due in particolare, che ho anche commentato, mi hanno colpito al cuore. La one shot di Paul e Rachel è meravigliosa, ma ho già scritto tutto nel commento. Sei stupenda nello scrivere dell’imprinting e dei lupi, si vede che li ami come me! Fangherl  dei sorrisi muscolosi fino alla fine, no? ‘Cause hot is better!
Grazie ancora per la bellissima recensione, carissima. Baci.

 
Niky_95: Tesoro, certo che ti meriti il premio fedeltà! Ci penserò e poi ti dirò qual è, okay? Anche io sono estremamente delusa del poco spazio per loro due, per cui sfoglio cento volte al giorno quelle poche facciate in cui la Meyer parla di loro! Sono veramente una maniaca XDXD. Comunque, le Mary Sue sono le terribili e super-spaventose ragazze bellissime-buonissime-gentilissime-bravissime a scuola/negli sport- super corteggiate- super amate da tutti i ragazzi più belli e fighi. Sono quelle ragazze perfette che non esistono nella realtà e che di solito le autrici fanno mettere con il belloccio della storia. Ecco, io le odio!
Se mi seguirai e recensirai ancora mi renderai felice, recensitrice fedele! Grazie mille, baci.

 
Maka_Envy: *inchino* grazie, grazie, grazie! Anche io invidio Kim, modestamente: quanto sarebbe bello se l’imprinting esistesse anche nella vita reale! Spero che il capitolo ti sia piaciuto. Baci.

 
MartinaCullen: SEI UNA MIA FAN? *Giuka piange di gioia* Grazieeeeeeee! Baci.

 

 

Grazie anche a chi legge o ha messo nei preferiti! Vi adoro tutti.

Baci,

Giuka

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** String #6: Kim Padalechi ***


My Gravity – Jared and Kim

 

Kim Padalechi

 

#1: 14 Settembre 2001 (Kim Pov)

Kim non avrebbe mai potuto dimenticare quel 14 Settembre di tre anni fa, quando lo aveva visto per la prima volta a First Beach. Era relativamente piccola e immatura, ogni tanto giocava ancora con le bambole, ma quando i suoi occhi si erano posati sulla figura di Jared aveva trattenuto il respiro, mentre le guancie le si imporporavano per la prima volta a causa di un ragazzo.
Era già allora bellissimo, con un fisico magro e slanciato, un sorriso luminoso e morbidi capelli neri scompigliati dalla brezza marina: indossava un tuta da surf e reggeva la tavola sotto braccio, mentre si avvicinava con aria sicura e divertita alla riva. Kim sentiva il proprio cuore battere senza sosta, lo stomaco contrarsi, le mani sudate e la bocca secca, tutto improvvisamente ed inaspettatamente: si voltò con gli occhi spalancati verso Mary, la sua migliore amica, mentre ancora ansimava.
“Chi è quello?” mormorò senza fiato, gettando un’occhiata significativa a Jared.
Mary seguì i suoi occhi e poi scoppiò a ridere, abbracciandola teneramente.
“Lascia perdere, Kimmy. Quello è Jared Padalechi, uno dei ragazzi più belli della scuola e decisamente fuori dalla nostra portata. Sai, lui è fidanzato con Kate.” disse accarezzandole i capelli, dispiaciuta nel darle quella brutta notizia: Jared era fidanzato con Kate, la più bella del loro anno. Kim però non le prestava più attenzione: aveva ascoltato l’amica fino a Jared Padalechi, e da lì non aveva più colto una sola parola. La sua mente ripeteva furiosamente quel nome, associandolo al suo sorriso dolce e magnetico e Kim, arrossendo, si arricciò una ciocca di capelli intorno ad un dito, rendendosi conto che Kim Padalechi suonava incredibilmente  bene: nella sua infantilità di adolescente ancora un po’ bambina decise che avrebbe sposato Jared, un giorno.

Il 14 Settembre 2001 fu il giorno in cui Kim si innamorò di Jared Padalechi.

 

 

 

 

 

2#: 29 Gennaio 2002 (Jared/Kate Pov)

Jared era bello, era intelligente, era simpatico ed anche discretamente popolare: cosa poteva desiderare di più? Aveva un bel gruppo di amici ed tante ragazze: Kate, Angelina, Mary, Rose… Tutte ragazze bellissime e stupide, ma a lui non interessava più di tanto, dato che non aveva mai avuto la buona abitudine di andare oltre all’aspetto fisico delle persone.
Oltre alle ragazze, gli piacevano i suoi amici –John in particolare, dato che amava divertirsi quasi quanto lui-, la musica rock ed il surf. Si considerava un ragazzo mediamente fortunato, dopotutto, e non si era mai preoccupato per qualcuno che non fosse se stesso, né aveva mai considerato che alcuni suoi atteggiamenti potessero ferire le persone che aveva intorno.
Per questo non aveva mai notato la piccola ragazzina che, con dedizione ed affetto, gli faceva trovare tutti i giorni la merenda sul banco, gli faceva copiare i compiti, gli passava le soluzioni durante i compiti in classe e rispondeva per lui alle domande dei professori: Jared non aveva mai notato Kim. Non aveva mai rivolto il proprio sguardo su di lei, né avrebbe mai potuto pensare che una secchiona come Kim potesse provare un sentimento puro e sincero per lui. Era troppo impegnato a ricordarsi i nomi di tutte le ragazze con cui usciva per ricordarsi quello della piccola ed ingenua compagna di classe.
Kate Robin, però, non era altrettanto ingenua. E nemmeno gentile, dolce ed educata come avrebbe dovuto essere una ragazzina di quindici anni; era arrabbiata ed innervosita per essere soltanto una delle tante ragazze di Jared Padalechi ed aveva riversato la propria frustrazione sulla povera sfigata della classa, Kim Najera, la cui infatuazione per Jared era ben conosciuta da tutti tranne che dallo stesso.
Accadde tutto quel 29 Gennaio: Kate attese che Kim entrasse in classe, invisibile come al solito, per poi avvicinarsi a Jared sorridente.
“Tesoro, hai una nuova spasimante, sai?” trillò con la voce insolitamente alta e Jared, ignaro e troppo buono, sollevando un sopraciglio scuro cadde in pieno nella trappola. Dall’altra parte dell’aula Kim sussultò, tendendo l’orecchio preoccupata.
“Un’altra? E chi sarebbe, Kate?”
Lei sorrise “Ma come Jay, non te ne sei mai accorto? Kimberly è innamorata di te da una vita! Ha tappezzato il suo diario con la scritta Kim Padalechi!” esclamò teatralmente, spalancando i grandi occhioni verdi e guardandolo con aria di finto rimprovero.
E Jared, convinto che Kimberly non fosse nemmeno in classe, sferrò il colpo.
“Kimberly Najera? Quella sfigata non ha niente a che fare con me!”.
Le risate che seguirono alle sue parole coprirono il rumore di una corsa disperata fuori dalla classe ed i singhiozzi affranti di una ragazza con il cuore spezzato.

Il 29 Gennaio 2002 fu il giorno in cui Jared spezzò il cuore di Kim Najera: non avrebbe mai detto che, a distanza di anni, se ne sarebbe pentito a tal punto da desiderare di morire.

 

 

 

 

 

3#: 21 Settembre 2004 (Kim Pov)

Erano passati due anni e mezzo dal giorno in cui il suo cuore era stato barbaramente spezzato e calpestato e  Kim era cambiata, diventando un’adolescente triste, disillusa e timidissima. Da quando Jared e Kate l’avevano sottoposta all’umiliazione pubblica si era chiusa in se stessa ed aveva limitato le sue relazioni alle uniche due persone che considerava vere amiche, Mary e Annie, compagne inseparabili dalla terza elementare.
Al contrario i suoi sentimenti per Jared non erano mutati, ma erano nascosti dentro di lei così come il suo diario, ricoperto dalla scritta “Kim Padalechi”, era nascosto nel cassetto della scrivania. Non gli rivolgeva più la parola e si limitava ad osservarlo da lontano, attenta a non farsi scoprire, sopportando le sensazioni che lui sapeva darle solo con la sua presenza: sudorazione, farfalle nello stomaco, bocca secca e tanti brividi.
Era talmente disillusa e certa del fatto che non avrebbe mai più avuto l’occasione di parlare con Jared che il giorno in cui scoprì di condividere il corso di inglese con lui il cuore quasi le scoppiò di gioia; poi, quando il professore annunciò che sarebbero stati anche compagni di banco, svenne di gioia, facendo l’ennesima brutta figura davanti al ragazzo dei suoi sogni.
Il giorno successivo, tuttavia, era talmente felice che non le importava di essere svenuta: mentre aspettava l’inizio delle lezioni seduta al suo posto il sorriso che aveva era così spontaneo e genuino che sembrava quasi un’altra persona. Naturalmente quando Jared entrò in classe il sorriso scomparve, sostituito da un’espressione timida.
Jared si sedette e sorrise, tendendole la mano “Sono Jared, il tuo compagno di banco; ti senti meglio?” chiese più  per cortesia che per vero interesse, ma Kim non se ne accorse, persa com’era nei suoi occhi castani vicini come non lo erano mai stati.
Kim arrossì “Sì, grazie Jared. Sono Kim…” mormorò stringendoli la mano e sentendo le farfalle nello stomaco svolazzare più allegre che mai.
“Sì sì… Senti Kat, facciamo così: io non do fastidio a te, tu non dai fastidio a me. Okay?”
Kim sorrise e annuì, senza rendersi conto che Jared avesse sbagliato il suo nome; quando tornò a casa, riempì un’altra pagina del suo diario con il nome “Kim Padalechi”.

Il 21 Settembre 2004 Kim si innamorò per la seconda volta di Jared Padalechi.

 

 

 

4#: 25 Marzo 2005 (Jared Pov)

Le accarezzò la guancia con le labbra, sorridendo contro la sua pelle profumata e fresca rispetto alla propria; scese poi lentamente per seguire la linea della mascella, del collo e della spalla, sentendola fremere e avvolgergli la vita con le gambe per tirarlo più vicino a sé. Spostò il proprio peso sul suo corpo, schiacciandola contro il materasso, e ritornò verso l’alto: quando passò accanto alle sue labbra Kim cercò di baciarlo, ma lui la evitò, causando il suo sbuffo infastidito.
Le baciò la punta del naso e la sentì trattenere il respiro rumorosamente. La fissò negli occhi lucidi e socchiusi sorridendole dolcemente e accarezzandole il fianco da sotto la maglietta, sentendola rabbrividire. Adorava le sensazioni che sapeva darle, adorava il modo in cui Kim rispondeva al suo tocco ed adorava le sue ciglia lunghe e folte, che in quel momento gli accarezzavano la pelle della guancia, tanto erano vicini. Si spostò ancora baciandole le palpebre, le tempie, la fronte ed ogni centimetro di pelle disponibile, scendendo verso le guancie morbide e rosse: la sua pelle era liscia e calda, e lei era sua, sua, sua e di nessun’altro. Più passava il tempo più la sua possessività diventava soffocante: non riusciva a sopportare che qualcuno ad eccezione di lui la toccasse o guardasse in modo più che amichevole; naturalmente Kim si arrabbiava quando faceva “il fidanzato geloso”, ma non poteva capire quanto lui dipendesse da lei, quanto la amasse e quanto desiderasse renderla felice.
Si spostò dalle sue guancie verso le labbra tonde e carnose, perfettamente a cuore, e gliele sfiorò con le proprie gemendo piano. Jared avrebbe voluto stare sempre così, con il suo confortante respiro sulle labbra, il corpo piccolo e fragile premuto contro il proprio ed i suoi occhi nei propri, ma Kim non era d’accordo: con un sospiro esasperato gli afferrò i capelli e lo spinse contro di sé, facendo scontrare le loro labbra.
Si stava giusto godendo il bacio quando un piccolo tonfo lo avvertì che qualcosa gli era caduto sulla schiena, per poi finire sul pavimento: Jared non vi fece nemmeno caso, troppo impegnato a godersi la sua Kim.
Improvvisamente il campanello suonò: lo ignorarono entrambi.
Il campanello risuonò: Kim mugugnò.
Suonò nuovamente: Jared ringhiò.
Terza volta: Kim tirò un pugno sul petto di Jared.
Squillo lungo e persistente: Jared si staccò, sbuffando irritato, sedendosi sul letto e liberando Kim dalla stretta delle sue braccia.
Kim si alzò in piedi traballante ed ansimante, con tutti i capelli scompigliati, le labbra rosse e gonfie e gli occhi ancora lucidi, e si diresse poi verso la porta borbottando: Jared ghignò soddisfatto passandosi una mano tra i capelli scompigliati e prese a guardarsi intorno. Il suo sguardo cadde inevitabilmente su quel piccolo oggetto che gli era caduto sulla schiena: un’ agenda blu, su cui la scritta bianca “Diario” troneggiava accattivante. Jared la raccolse immediatamente, girandosela tra le mani, diviso tra il desiderio di rispettare la privacy di Kim e l’enorme curiosità: non è difficile comprendere quale lato prevalse.
In un attimo Jared era disteso sul letto, la piccola agendina tra le mani e gli occhi accesi di curiosità.
Aprì la prima pagina e spalancò gli occhi, sorpreso: all’inizio del foglio Kim aveva scritto il suo nome in una calligrafia elegante e perfetta, circondandolo completamente di cuori.

 

 

14 Settembre 2001

Oggi ho incontrato Jared per la prima volta! È il ragazzo più bello che io abbia mai visto: ha un bel sorriso, bei capelli e degli occhi unici. Mary mi ha detto che è già fidanzato, ma non mi importa: mi sono innamorata di lui. Oggi è il giorno in cui mi sono innamorata per la prima volta, e lui è il ragazzo perfetto.

Tua con affetto,

Kim Padalechi.

 

 

Jared sussultò e prese a leggere le pagine successive impazzito e sorpreso. Scoprì che il suo nome era scritto in tutte le pagine, incorniciato da cuori, stelle e stelline, e che ogni singolo giorno Kim aveva scritto qualcosa su di lui, dalla descrizione dei suoi capelli a quella delle sue mani.

 

 

21 Novembre 2001

Oggi gli ho preparato la merenda per la prima volta: gliel’ho lasciata sul banco e lui non sa che sono stata io a prepararla, ma non mi importa. Ah, si è lasciato con Kate! Sono al settimo cielo. Forse è il momento di confessargli i miei sentimenti. Oh, quanto sono innamorata di lui!

Tua con affetto,

Kim (si spera) Padalechi

 

 

 

Kim gli preparava la merenda quando erano alla scuola media? Non se ne ricordava proprio. E non si ricordava neppure di essere stato in classe con lei alle medie, pensò con un sussulto doloroso allo stomaco: Kim lo amava da tre anni e lui non l’aveva mai nemmeno guardata?
Lesse le pagine una dopo l’altra, sempre più attento e sempre più assorto, finché una non colpì la sua attenzione: non era colorata come le altre e qua e là sul foglio si vedevano grosse macchie d’inchiostro, come se fossero cadute delle gocce di pioggia sulla pagina.

 

 

 

29 Gennaio 2002

Perché nessuno mi ha avvertito che avrebbe fatto così male? Sento il cuore spezzato in tanti piccoli pezzi e tutti pulsano e fanno male. Perché mi hai fatto questo, Jared? Non ti bastava ignorarmi? Non mi facevi già abbastanza male non accorgendoti di me?

Non sono mai stata così male: è tutto il giorno che piango. Ti amo Jared, ma mi hai fatto male. Probabilmente non ti sei nemmeno accorto di avermi ferita.

Sto male, caro diario. Fa male.

Kim Najera.

 

 

Jared boccheggiò in agonia, mentre le parole appena lette pugnalavano ferocemente il suo cuore. Dopo aver  ignorato Kim per mesi aveva anche osato farla piangere?  Rendersi conto che le macchie d’inchiostro erano lacrime fu doloroso quasi quanto la consapevolezza di essere stato lui a provocarle.
Voltò pagina, incapace di sopportare ulteriormente quelle scritte, e la data della pagina successiva lo colpì: 21 Settembre 2004, due anni e mezzo dopo. Sette mesi prima.

 

 

 

21 Settembre 2004

Siamo in banco insiemeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. Oh caro diario, non ci credo. Siamo in banco insieme. Sono svenuta dalla gioia oggi: è ancora più bello di quanto ricordassi. Grazie, grazie per avermi fatto questo regalo meraviglioso: posso ricominciare a sognare. Perché nonostante tutto, non l’ho dimenticato: perché ti amo ancora, Jared.

Tua con tanta, tanta, tanta felicità

Kim (di nuovo) Padalechi.

 

 

Da lì le pagine erano quasi tutte identiche: il suo nome era scritto ovunque ed ogni giorno Kim si lasciava andare a descrizioni colorite ed entusiaste del suo amore per lui, causandogli ancor più dolore di quanto già non provasse. Dolce, buona e stupida Kim: come poteva aver continuato ad amare uno stupido come lui per tutto quel tempo?

 

 

 

18 Febbraio 2005

Okay, ci speravo, ci ho sempre sperato, ma adesso che è successo qualcuno mi spiega come faccio a crederci? Jared mi ha guardata, oggi, mi ha chiesto il mio nome e mi ha detto che sono bellissima, il tutto condito da un’espressione adorabile. Poi mi ha preso la mano, mi ha accompagnato all’ora successiva e poi fino al mio pick up, baciandomi dolcemente sulle guancie e sulle mani.

Bene, sta architettando qualcosa con Allison, sicuramente un qualche scherzo: sinceramente spero che lo scherzo duri più a lungo possibile.

Grazie Jared per oggi: anche se so che mi stavi solo prendendo in giro, mi hai resa felice come non lo ero da tanto tempo.

Ti amo Jared.

 

 

 

NO!” un urlo disperato lo riscosse dalla lettura. Voltò la testa e vide Kim appoggiata sulla porta, che lo guardava con le guancie rossissime e l’espressione più imbarazzata che mai.
“Kim..” disse, la voce resa roca dal dolore.
“Oh Jared, come hai potuto?” urlò ancora lei per poi voltarsi e scappare nel piccolo bagno adiacente alla sua stanza, chiudendo la porta a chiave. Jared si alzò frettolosamente dal letto e si appoggiò alla porta chiusa del bagno, il cuore che si stringeva dolorosamente ogni secondo.
“Kim, ti prego, apri la porta.” disse a voce alta bussando con insistenza sulla superficie legnosa.
“VATTENE VIA, JARED!” strepitò Kim infuriata, rivolgendosi per la prima volta a lui con un tono sgarbato.
Jared tese l’orecchio e si concentrò sul rumore dei battiti del cuore di Kim: doveva essere seduta sulla lavatrice, sul lato opposto rispetto alla porta. Appoggiò la mano sulla maniglia e aprì la porta senza sforzo, come se non si trattasse di una porta di legno massiccio chiusa a chiave ma bensì di un foglio di carta, distruggendo serratura e stipite con un solo movimento. Kim sussultò sorpresa e lo guardò con gli occhi spalancati, per poi affondare il viso rosso tra le mani, imbarazzata e infuriata.
In un attimo Jared le fu accanto e strinse il suo corpo delicato tra le braccia, ignorando i deboli pugni con cui cercava di allontanarlo e mormorando un’infinità di scuse mentre baciava i suoi capelli morbidi.
“Scusami Kim.”
“Non avresti dovuto leggere il mio diario.” mugugnò lei annuendo, come per confermare le sue parole; Jared fece un ghigno baciandola leggermente sulle labbra, mentre le accarezzava i fianchi sottili, rincuorato dalla sua presenza.
“Di quello non sono pentito, tesoro. È stato… Illuminante. Mi sto scusando per averti ferita tanto, in passato. Cosa ti ho fatto quel 22 Gennaio 2002?”
Kim sussultò “Niente, Jared. Semplicemente non ti accorgevi di me e preferivi prendermi in giro con Kate. Ma comunque ti sai scusato a sufficienza per quello, no?” disse nervosamente affondando il viso nell’incavo del suo collo, per una volta alla portata del suo metro e sessanta, ed avvolgendogli la testa con le braccia sottili.
“Non mi scuserò mai abbastanza, Kim: perdonami.” sussurrò ancora Jared, causando il sospiro irritato di Kim, che alzò la testa per fissarlo negli occhi e arrossì, rendendosi conto che li separavano appena pochi centimetri.
“Smettila, altrimenti mi farai sentire in colpa e qui l’unico che dovrebbe sentirsi in colpa sei tu” disse, tappando la bocca a Jared con una mano prima che potesse cominciare nuovamente a scusarsi “E non per l’avermi ignorato tutti questi anni. Dovresti scusarti per aver letto il mio diario, Jared!”
Lui sbuffò e tolse la sua  mano dalla propria bocca “D’accordo, Kimmy, scusa per aver letto il tuo diario.” disse baciandole delicatamente i polpastrelli; lei rispose al contatto con un sospiro rotto dall’emozione, dimenticandosi per un attimo di dover essere infuriata con lui “Ma non capisco quale sia il problema. Io voglio sapere tutto di te.” continuò Jared senza smettere di posare le labbra sulla pelle della sua mano.
“Il mio diario è imbarazzante…”  riuscì a borbottare Kim, troppo emozionata ed imbarazzata per elaborare una risposta più convincente.
“Perché imbarazzante?”
Kim scostò la mano dalle sue labbra per riprendere il controllo delle proprie azioni e lo guardò stranita “Scusa, lo hai letto bene?”
“Anche troppo.” rispose Jared con un sorriso triste.
“E non pensi sia imbarazzante il fatto che sia praticamente ricoperto di Kim Padalechi?” rispose Kim arrossendo e distogliendo lo sguardo, senza però spostarsi dal sua abbraccio caldo.
Jared trattenne il respiro e spalancò gli occhi: si era concentrato sul fatto di aver ferito Kim in passato e non aveva prestato la dovuta attenzione a quelle due semplici parole ripetute decine di volte nel diario. Kim Padalechi.
Al solo pensarle uno strano calore gli infiammò il corpo, partendo dal cuore ed inondando ogni singola cellula: la sua mente ne fu sommersa e soprafatta. Riusciva a pensare solamente a quella connotazione di possesso che il suo cognome accostato al nome di Kim  dava. Sposare Kim avrebbe significato appartenerle e possederla, essere l’uno dell’altro fino alla fine.  Il pensiero di sposarla si annidò nel suo cuore e nel suo cervello e decise, semplicemente, che lui l’avrebbe sposata. Non c’era possibilità di scelta: Kim Padalechi divenne il suo chiodo fisso.
Le prese il volto tra le mani e la costrinse a guardalo negli occhi, adombrati da un desiderio nuovo e sconosciuto “Tu mi sposerai, Kim.” disse infine, ma sembrava più una constatazione che una proposta.
Kim boccheggiò stupita “Cosa?”
“Mi sposerai, Kim. Tu diventerai Kim Padalechi. Non c’è alternativa. Se lo vorrai, sarai mia moglie.” disse Jared sicuro contro le sue labbra.
Gli occhi di Kim si fecero lucidi per la commozione e l’espressione divenne emozionata “È una proposta, Jared?” sussurrò, incapace di trattenere le prime lacrime che le scesero lungo le guancie.
“No, la proposta sarà tra qualche anno ed in un posto più romantico di una lavatrice. Questo è solamente un dato di fatto, Kim.”
I singhiozzi di gioia di lei furono soffocati dalle labbra di Jared, impetuose più del solito.

Il 25 Marzo 2005 Jared decise che Kim sarebbe diventata Kim Padalechi.   

 

 

 

#5: 25 Giugno 2008 (Kim Pov)

Tremava tutta: gambe, braccia, occhi, mani, dita, piedi… Ogni singola parte del suo corpo era in preda al tremore e non riusciva a calmarsi in nessun modo. Avevano provato a calmarla Emily, che aveva dovuto rinunciare per placare il pianto instancabile di John, Rachel, dovuta correre in bagno a vomitare a causa delle ultime nausee, ed infine anche Nessie, l’unica che, grazie al visetto angelico, le aveva almeno attenuato la nausea.
Stava seduta su una poltroncina in camera di Jacob con Alice Cullen –Alice Cullen, vampira- che finiva di acconciarle i capelli. Kim rifletté su quanto l’arrivo della piccola mezza vampira di Jacob avesse cambiato completamente i rapporti tra il branco ed i Cullen. Certo, Jared non era contento del fatto che una succhiasangue stesse a contatto con lei, ma Kim era stata irremovibile: desiderava essere bella almeno nel giorno del suo matrimonio e nessuno meglio di Alice poteva aiutarla. Inoltre il suo tocco freddo e preciso la rilassava più delle rassicuranti immagini di spiagge caraibiche che Nessie, seduta accanto a lei, le trasmetteva.
“Calmati, Kim, o l’acconciatura non verrà bene.” la rimproverò Alice con la sua voce stupenda, accarezzandole la nuca con le dita gelate.
Kim emise un gemito debole affondando il volto nelle mani “S-scusa. N-non riesco a-a smettere.”
Alice e Nessie risero insieme con le loro risate trillanti “Mi ricordi tanto Bella il giorno del suo matrimonio, Kim.” disse finendo di pettinarle i capelli “ora stenditi lì. Manca solo il trucco e siamo in perfetto orario!” esclamò ancora esaltata più di lei per quella piccola missione che le era stata affidata: renderla bellissima, più di tutte, almeno per un giorno. Una missione suicida, più che impossibile.
Kim si distese lentamente sul lettino indicato da Alice, sempre seguita da Nessie e da una verdognola Rachel, che borbottava maledizioni contro un certo licantropo “incapace di usare le protezioni”.
Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi e sentì le mani di Alice cominciare a stenderle un prodotto sul viso.
Si rese conto di essersi addormentata solo quando due braccia fredde e dure la sollevarono di peso dal lettino, svegliandola: Alice doveva averla presa in braccio, ma lo stato di mezza incoscienza la salvò dall’imbarazzo e del leggero fastidio che un gesto del genere le avrebbe causato. Era strano pensare che un esserino non più grande di lei riuscisse a sollevarla con così tanta facilità.
Aprì gli occhi lentamente, sbadigliando appena, e si ritrovò seduta di nuovo sulla poltroncina, mentre una ragazza bellissima la osservava da dietro lo specchio, affiancata dal volto perfetto di Alice Cullen.

Ooh. 
Le vennero le lacrime agli occhi quando si accorse che la ragazza bellissima era proprio lei, la banale Kim.
Alice aveva fatto una magia: la pelle era chiara, liscia e luminosa, le guancie delicatamente rosate e le labbra lucide, ma non troppo. Gli occhi erano truccati delicatamente di nero e le ciglia, già lunghissime di natura, sembravano interminabili, ingrandendole gli occhi troppo piccoli. Si rese conto che Alice aveva in qualche modo corretto anche i suoi sproporzionati zigomi, facendoli sembrare armoniosi e perfetti. I capelli erano accolti in un’acconciatura semplice ed elegante, un po’ spettinata le aveva chiesto, e alcuni ciuffi le cadevano dolcemente sulla fronte e sui lati del viso, addolcendone ulteriormente i tratti per la prima volta perfetti.
Si voltò con le lacrime agli occhi verso Alice, sorridendo il più possibile “Grazie di cuore. Sei stata magnifica.” mormorò sincera. Lei le sorrise di rimando, scoppiando a ridere allegra e trillante.
“Oh, sono io a ringraziarti per avermi permesso di giocare con te!” disse, e Kim non riuscì a trattenere un brivido: a volte era davvero inquietante. La vide cominciare a raccogliere in fretta tutti i prodotti che aveva portato, aiutata dalla nipote; non avrebbe potuto partecipare alla cerimonia per via del sole, dato che Kim aveva sempre desiderato sposarsi in un giorno caldo e soleggiato ed aveva deciso la data proprio grazie alle previsioni di Alice, che aveva individuato l’unico giorno soleggiato e caldo in tutto un anno. Maledetto clima piovoso di La Push.
Alice le fece un ultimo bellissimo sorriso e poi sparì al di là della porta, gridando un “Ciao lupo!” a Jacob, probabilmente, che aveva gentilmente prestato la sua casa, dato che solo da lì Alice avrebbe potuto fuggire a casa senza che la sua pelle brillante fosse vista da qualcuno.
Subito Emily, Rachel e Nessie le furono accanto, blaterando complimenti e cominciando ad infilarle il vestito. Era talmente agitata che si lasciò trattare come una bambola senza lamentarsi, mentre le ragazze le infilavano calze, vestito, velo e scarpe. Quando Nessie finì di allacciarle l’ultima scarpa si voltò verso lo specchio e gli occhi le si riempirono di lacrime nuovamente.
Era bella. Il vestito bianco, semplice, stile impero, scendeva vaporoso e leggero, donandole un pizzico di forme in più. La scollatura era piccola e non volgare, lo strascico lungo come le era sempre piaciuto e il velo scendeva sulla schiena partendo dall’acconciatura realizzata da Alice.
Si voltò verso le sue damigelle che la fissavano commosse, bellissime nei loro vestiti rosa pallido: Renesmee sembrava un angelo, con tutti i ricci rossi che la facevano sembrare più minuta di quanto già non fosse, Emily aveva un’espressione orgogliosa come quella di una mamma e Rachel piangeva disperata vittima degli sconvolgimenti ormonali causati dalla gravidanza.  Jacob, che era accanto a Nessie e le avvolgeva i fianchi con un braccio, le sorrise incoraggiante, staccando con fatica gli occhi dall'angelo che stringeva tra le braccia.
“Forza Kim! Jared ti starà aspettando. Voglio proprio vedere la faccia da pesce lesso che farà quando ti vedrà!”
Kim sorrise debolmente, troppo agitata anche solo per parlare, e si fece trascinare verso la macchina.

***

Pochi secondi. Pochi secondi. Pochi secondi.

La marcia nuziale partì. Una goccia di sudore le scese lungo la schiena.
Nessie e Claire le sorrisero e cominciarono a scendere le scale, seguite subito da un' Emily sorridente e a suo agio. Sentì il panico impossessarsi di lei e si strinse di più al padre, che piangeva sommessamente, mentre Rachel spariva oltre le scale.
Kim singhiozzò terrorizzata.
Rosemary, l’ultima damigella,  si avviò verso l’altare con la sicurezza dei suoi quattordici anni, dirigendosi verso il suo Seth, ed anche Kim fece un passo avanti verso il suo Jared. La marcia nuziale salì di intensità proprio nel momento in cui il suo piede poggiò sul primo gradino e Kim arrossì, terrorizzata dall’idea di inciampare. Scendeva girata quasi del tutto verso suo padre, aggrappata al suo braccio, e con gli occhi cercò immediatamente Jared.
Nel momento in cui posò il suo sguardo su di lui non riuscì più a distoglierlo. Si dimenticò di stare percorrendo una scalinata potenzialmente mortale e di essere davanti a tante persone che la fissavano. Gli occhi di Jared la guardavano felici e soddisfatti, commossi e incantati, meravigliati e consapevoli: nel suo sguardo leggeva amore e adorazione. Gli scese perfino una lacrima lungo la guancia mentre la guardava incantato ed immediatamente anche dagli occhi di Kim sgorgarono due minuscole lacrime di commozione.
Percorse tutta la navata senza mai distogliere gli occhi dai suoi e, quando suo padre le alzò il velo e la baciò sulla guancia, affidandola poi a Jared, rimase incantata dalla bellezza del suo quasi-marito: Jared in smoking era bello da non crederci, e la luce dei suoi occhi gli illuminava anche il volto, accecandola.
La cerimonia fu commovente: piansero tutti, dagli sposi agli invitati, e la gioia che entrambi provavano nel dichiararsi amore eterno e nell’affidarsi l’uno all’altra era palpabile, così come l’euforia di Jared, che non aveva mai smesso di fissarla. Non aveva spostato lo sguardo da lei nemmeno per un attimo, pronunciando tutte le formule senza prestare attenzione al prete e con una voce roca ed emozionata , che contrastava con quella rotta dal pianto di Kim. Quando fu il momento dello scambio degli anelli, le poche lacrime di commozione di Kim divennero un vero e proprio pianto con tanto di singhiozzo. La presa gentile ma ferrea della mano di Jared mentre le infilava l’anello la fece sentire l’essere più importante ed unico del modo e le fece trovare il coraggio di stampargli un piccolo bacio sulla guancia. umida delle sue lacrime. Jared la osservò con uno sguardo colmo d’amore senza lasciarle la mano e le lacrime aumentarono di intensità.
Al momento del bacio Kim piangeva così tanto da non vedere quasi più il viso di Jared, che sorrideva radioso e soddisfatto. Le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra salate a causa delle lacrime; Kim si aggrappò alla sua schiena, ricambiando il bacio tra i singhiozzi, mentre tutti attorno a loro applaudivano commossi. Quando si staccarono rimasero con le fronte appoggiate l'una all'altra e le labbra vicine che si incontravano di continuo, mentre sorrisi e lacrime segnavano incontrollabili i loro sorrisi gioiosi.
"Kim Padalechi." sussurrò Jared soddisfatto tra un bacio e l'altro.
Kim annuì e sorrise tra le lacrime "Finché morte non ci separi."

Il 25 Giugno 2008 Kim Najera divenne, tra le lacrime, Kim Padalechi.

 

***

 

 

Mi ha commosso scrivere questo capitolo, immaginare la storia di un nome e collegarla ad un amore così grande.
Si tratta della storia del nome Kim Padalechi nel corso degli anni, partendo dalla prima volta in cui Kim vide Jared per arrivare al matrimonio, che mi immagino molto commovente. La mia Kim, che piange per ogni sciocchezza, non potrebbe mai riuscire a trattenersi nel giorno del suo matrimonio. Non penso che Alice potrà mai avvicinarsi a Kim senza essere fatta a pezzi da Jared, ma in questo capitolo mi andava così. So che è impossibile, ma non mi interessa.
Spero apprezziate  questo capitolo che mi ha emozionato così tanto e spero che emozioni anche voi quanto ha emozionato me.


Come sempre ringrazio coloro che hanno recensito. Grazie di cuore: i vostri commenti mi fanno crescere sempre di più la voglia di scrivere.

princess of vegeta6: non che mi faccia piacere che tu pianga, eh, ma mi fa piacere il fatto di essere riuscita ad emozionarti con quello che scrivo, dato che emoziona anche me. Povera Kim, povero Jacob e povera Leah, e bella vada a cagare!
Grazie per aver capito Kim e per pensare quello che pensi di Bella! Servono più persone che odino quella panteg- ehm, ragazza. Per quanto riguarda Jacob, in effetti meritava un imprinting un po’ più tranquillo dopo tutto quello che ha passato, ma mi basta che abbia dimenticato il rifiuto umano! Grazie ancora per aver commentato. Adoro i tuoi commenti!

virgi_lycanthrope: cara, grazie mille per i complimenti! È un piacere scoprire altre persone che non sopportano Bella proprio come me! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e grazie ancora per la recensione.

Maka_Envy: *inchino* GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE. Per la recensione ed anche per odiare Bella, logicamente. Pensavo di essere l’unica. Spero che il capitolo ti piaccia come l’altro. Baci e grazie ancora!

MartinaCullen: Kim le da della stronza non perché le sembra una stronza, ma perché la guarda a bocca aperta come per dire “Come può un cesso come te essere un imprinting?”. Beh, Bella pensa questo e conoscendola non si sarà data molto da fare per nascondere quello che pensa, dato che non ne è capace! Grazie per la recensione! Baci.

Ele_Cullen: sono contenta che la fanfiction ti sia piaciuta. In effetti è una coppia molto trascurata, quindi da un certo punto di vista non so nemmeno come trattarla. Sapere che piace alla gente è un grande sollievo! Grazie per la recensione, spero leggerai anche questo! Baci.

Bellezza88: beh, io non ho detto quale sia il livello successivo. Può darsi anche che siamo solo andati un po’ oltre il bacio, non devono per forza aver consumato. Ognuno è libero di immaginarsi quel che vuole! E poi, anche se fosse, lei è il suo imprinting e quindi lui non la lascerà mai, cosa dovrebbero aspettare?
Grazie per i complimenti e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

Grazie anche a chi legge, ma una recensione in più non da mai fastidio, eh!

Baci,

Giuka

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** String #7: Mai morte fu più dolce ***


My Gravity – Jared and Kim

 

Mai morte fu più dolce

 

 

Il mio stomaco è stretto in una morsa ferrea e passo di continuo le mani tra i capelli, nervoso ed impaziente di vederla, mentre qui sul bagnasciuga  la brezza marina non smette di soffiare.
Non sopporto l’attesa, è straziante e triste. L’unica nota positiva è che tra poco lei sarà qui, vicino a me, e finalmente quest’ansia tremenda svanirà del tutto. Perché, sebbene io ringrazi ogni singolo giorno l’imprinting e l’angelo che mi ha donato, la sensazione di puro terrore che provo quando lei non è fisicamente addosso a me non è piacevole. La preoccupazione mi uccide e non riesco nemmeno a respirare finché lei non è accanto a me, calda e sicura; il desiderio di vederla e perdermi nei suoi occhi scuri supera ogni altro bisogno; il ricordo della sensazione della sua pelle morbida a contatto con la mia è dolce come il miele. Ecco, se qualcuno ascoltasse i miei pensieri direbbe: come si può amare così tanto una ragazza a cui hai parlato per la prima volta cinque giorni fa? La parola imprinting spiegherebbe a questo qualcuno che io non amo Kim, io vivo per Kim. Ogni singolo secondo della mia giornata, ogni mio progetto, ogni mia decisione ed ogni mio respiro sono per lei; da cinque giorni non penso ad altro che Kim, comprendendo anche baciare Kim, toccare Kim, sposare Kim e tante altre cose che è meglio censurare. Paul si è fatto delle grosse risate, dandomi del maniaco, mentre Sam, l’unico capace di comprendere tutto questo amore, mi ha consigliato di dirle tutto al più presto. Tuttavia non posso di certo dirglielo dopo solo quattro giorni, la spaventerei a morte e probabilmente nemmeno mi crederebbe; così le ho semplicemente chiesto di uscire per conoscerci.
Come secondo appuntamento ho scelto un pomeriggio alla spiaggia, semplice e romantico, proprio come lei. Fa freddo, ma finché sarà accanto a me non dovrà temerlo. E poi diciamolo: avrò la scusa per stringerla di più a me per scardarla. Ecco, sono un genio.
Improvvisamente avverto un profumo ben conosciuto, pesca e lavanda, e mi volto immediatamente verso la direzione da cui proviene. Il sentiero che porta alla spiaggia è ancora vuoto, ma io avverto chiaramente i suoi passi avvicinarsi, bloccandomi il respiro al pensiero che tra poco la vedrò comparire. Tutto il mio corpo si tende in aspettativa, il mio cuore sembra voler uscire dal petto, il cervello si scollega lentamente ed inevitabilmente.
Poi, eccola.

Sollievo, amore, adorazione, felicità, impazienza, serenità, euforia… Provo così tante cose da non riuscire a muovere un passo; riesco solo a fissare incantato la sua figura perfetta che si avvicina lentamente, il volto leggermente abbassato per l’imbarazzo.
Indossa il suo solito cappottino nero, corto e semplice, con un paio di jeans skinny che le evidenziano le gambe piccole e sottili. Ai piedi porta le inconfondibili Converse blu, che per lei sono come un porta fortuna, abbinate al foulard blu e rosso legato al collo. I capelli sciolti e liscissimi, perfettamente lucidi e curati, sono scompigliati senza sosta dalla brezza, conferendole un aspetto etereo e perfetto. Mi guarda di sfuggita con i suoi occhi scuri, che non riesco a vedere bene, e le guancie sono rosse come sempre: bellissima.
Mi avvicino a grandi passi, impaziente ed euforico, e sento un sorriso enorme nascermi spontaneamente sulle labbra; anche Kim sorride, guardandomi finalmente negli occhi e azzerando la distanza tra noi.
Siamo vicini, a nemmeno un metro di distanza, ma non riesco a dire nulla. Sono completamente catturato da lei, dal suo profumo e dai suoi occhi per riuscire anche solo a respirare. La fisso sorridendo e probabilmente sembro un po’ stupido, ma non posso farne a meno. La sua presenza mi rende felice come non mai.
Kim sostiene lo sguardo finché può, ma poi la timidezza la vince ed abbassa gli occhi, arrossendo e sussurrando un saluto debole. Sempre senza smettere di sorridere le prendo la mano e la porto alle mie labbra; socchiudo gli occhi e le bacio piano il polso, il palmo, le dita e i polpastrelli, godendomi appieno la sensazione della sua pelle fresca a contatto con la mia. Rabbrividisco di gioia, piacere e felicità e sento Kim rabbrividire con me: sono io a darle queste emozioni?
“Salutami come si deve, Kim.” le dico divertito con le mie labbra ancora poggiate sulla sua mano, consapevole di metterla in imbarazzo, ma non sopporto che lei sia nervosa con me: voglio che sia completamente rilassata ed al suo agio, non che si intimidisca.
“Ciao, Jared.” sussurra Kim a voce appena più alta, guardandomi negli occhi e sorridendo timidamente.
“Grazie. Come è stato il tuo pomeriggio?” rispondo prendendole la mano e avviandomi verso il bagnasciuga, trascinandomela dietro dolcemente. Kim si lascia trascinare di buon grado, accostandosi a me immediatamente e intrecciando le dita alle mie.
“Il mio pomeriggio non è ancora finito, Jared.”
“Allora cercheremo di renderlo bellissimo, Kim. Cosa ti piacerebbe fare?” le chiedo gentilmente, stringendo la sua mano con la mia delicatamente per paura di farle male: già in confronto agli altri umani Kim è piccola e fragile, ma con me la differenza è ancor più palese. Visti dall’esterno dobbiamo sembrare proprio una strana coppia, lei così piccola e minuta, io fin troppo grande e grosso.
“Stare qui con te va più che bene.” rispose Kim arrossendo e causando un piacevole sussulto nel mio stomaco e un battito in meno nel mio cuore impazzito, che non aveva mai smesso di battere forte all’interno del mio petto.
Parlare con Kim è sempre facile e naturale: le parole mi escono senza bisogno di cercarle e lei, con qualche difficoltà, risponde sempre in modo intelligente, ma anche se avesse risposto con un grugnito a me sembrerebbe perfetta. L’adorazione che provo per lei la spaventa, questo posso sentirlo, ma non riesco a non guardarla incantato, a non stringerle la mano con dolcezza, a non darle la mia felpa se sente freddo. Mi è impossibile non preoccuparmi per lei, non sorriderle, non stringerla. Io amo occuparmi di Kim, e spero di poterlo fare per tutta la mia vita. Spaventa anche me tutto questo sentimento: ho paura di caricarla di un peso troppo grande da sopportare, di farla sentire obbligata a ricambiare un sentimento che non vuole: per questo ho deciso di aspettare e capire se anche lei prova qualcosa per me, prima di dirle tutto. Voglio che stia con me solo perché è questo quello che desidera, ma la consapevolezza di poterla rendere più felice di qualsiasi altro ragazzo mi spinge a dirle tutto e subito. Saprò aspettare, però: per lei questo ed altro.
“Ci sediamo lì? Sono un po’ stanca…” mi chiede Kim ed io mi precipito verso il tronco che ha indicato: niente è più importante del suo bisogno di riposarsi. Lei ridacchia divertita alla mia reazione esagerata, ma mi segue come sempre senza fare storie.
Il tronco è piuttosto alto e mi giro verso Kim con i palmi verso i suoi fianchi: una proposta silenziosa.
Lei alza un sopracciglio scettica “Sono perfettamente in grado di saltare, Jared.” dice sicura, cercando di superarmi. Saltare? Assolutamente no: potrebbe cadere, sbucciarsi i palmi o sbattere il viso. Non esiste.
“Assolutamente no, Kim.” ordino diretto, la voce più dura di quanto non voglia, ma non riesco ancora a controllare le emozioni che lei mi suscita “Dai, Kim. Ti da così fastidio? È il nostro secondo appuntamento, fammi fare il cavaliere.” dico con tono più dolce, sorridendo gentilmente e socchiudendo gli occhi.
Kim smette di respirare per un attimo, fissando con insistenza un punto del mio viso, per poi annuire lentamente. Non aspetto oltre: la afferro gentilmente per i fianchi – le mie mani li occupano completamente, tanto sono stretti- e la sollevo con fin troppa facilità, adagiandola sul legno; mi piace la sensazione di averla tra le braccia, sollevata e sorretta completamente da me. Indugio per un attimo in più con le mie mani sui suoi fianchi e poi mi siedo accanto a lei, senza nemmeno bisogno di saltare.
“Non è giusto che tu sia così alto…” borbotta infastidita sistemandosi più vicina a me arrossendo per il suo gesto “Io sono troppo bassa.” dice poi sconsolata, lisciandosi nervosamente delle pieghe invisibili nei jeans stretti. Appoggio la mia mano sopra alla sua, toccandole la gamba fasciata dai pantaloni, e le sfioro la tempia con le labbra, sentendola sussultare.
“Tu sei perfetta così, Kim.” dico sincero, senza spostare né la bocca né la mano, attendendo una sua qualunque reazione; quando mi si fa inconsciamente più vicina, spingendosi contro le mie labbra, le avvolgo la schiena con una braccio e porto con facilità in braccio a me, sorridendo sornione. Kim si aggrappa stupita alle mie spalle, trattenendo un urletto di sorpresa, e mi fissa con la bocca socchiusa e l’espressione stranita.
“Ti da fastidio?” chiedo senza smettere di sorridere, dato che riesco benissimo a sentire il battito del suo cuore accelerare e i brividi che le rizzato i capelli sulla nuca. Kim scuote la testa, senza smettere di fissarmi con le labbra socchiuse.
Sapevo di quanto fossero perfette le labbra di Kim: lo sapevo da quando, quattro giorni fa, le avevo viste per la vera prima volta. Ero rimasto colpito da quanto fossero piccole ma carnose, un po’ all’ingiù, e dalla perfetta doppia curva di quello superiore. Hanno un colorito rodato e delicato, come tutta la sua persona, e sembrano morbidissime. Mai però avevo desiderato baciarle come in questo momento: ogni singola parte del mio corpo mi urla di azzerare la distanza già minuscola dei nostri volti e di poggiare le mie labbra bollenti sulle sue. Desidero farlo più di ogni altra cosa, ma temo che Kim non lo desideri Tuttavia ormai non sono più padrone del mio corpo, che comincia ad avvicinarsi a Kim come dotato di vita propria, ed io di certo non ho abbastanza forza di volontà per oppormi. Vedo le sue labbra sempre più vicine alle mie, i suoi occhi socchiudersi, le sue guancie arrossarsi come sue mele matura e in un attimo le mie labbra sono sulle sue, lenti e dolci.
N-non riesco a pensare. Non connetto il cervello, riesco solo a concentrarmi sulle piccole labbra di Kim, molto più morbide e lisce di quanto avessi mai potuto immaginare, che premono tremanti sulle mie. Sento un annebbiamento di tutti gli altri sensi e i suoni, gli odori e le immagini non mi arrivano più, anche con i miei sensi da licantropi. Le labbra di Kim assorbono tutto. È la sensazione più bella che io abbia mai provato: è come se prima non avessi mai baciato, è come se prima non fossi mai stato con una ragazza. le emozioni che avevo provato con le mie ragazze precedenti non erano nemmeno paragonabili a quelle che Kim sapeva darmi con un solo sguardo, figuriamoci con un bacio.
Kim si stacca poco dopo, lasciandomi ansimante e annebbiato; anche lei ansima piano, ma le labbra si tendono in un sorriso timido e felice che crea due stupende fossette sulle sue guancie rosse. Sento le mie labbra tendersi ancor prima che il mio cervello ordini loro di farlo, ed il sorriso è talmente ampio che sento la mandibola farmi male, ma non posso smettere. Se lei sorride in questo modo mi è impossibile non farlo: se Kim è felice, io sono euforico.
Siamo qui, a fissarci negli occhi, le labbra vicine e i nostri respiri che si mescolano, ed io voglio baciarla ancora, voglio baciarla per sempre. Appoggio di nuovo le labbra sulle sue e stavolta riesco a controllare meglio le emozioni che mi investono cuore e cervello; sono abbastanza lucido da stringerla a me con dolcezza, proteggendola dal vento invernale, e da baciarle piano le labbra, senza rimanere fermo impalato come prima. Resto quasi stupito di come la sua spalla si incastri perfettamente nell’incavo sotto il mio braccio e di come il suo collo sia perfettamente comodo nel mio gomito; il suo busto è piccolo quanto basta perché, anche tenendola in braccio, il suo volto sia comunque più in basso del mio, e le sue braccia sono così sottili che sono addossate al mio petto senza però distanziare i nostri corpi.
Baciarla è meglio di quanto avessi mai immaginato: prima, preso alla sprovvista da tutte quelle emozioni, non ero riuscito a godermi questa sensazione, ma ora riesco a coglierle una per una. Il suo corpo è caldo, nonostante il freddo, e riesco a percepirne la fragilità anche attraverso il cappottino; i suoi capelli scompigliati dal vento accarezzano i nostri volti con dolcezza, setosi e per nulla fastidiosi; le sue mani piccole stringono la mia maglia tremanti e le braccia dal gomito al polso premono contro il mio petto senza darmi fastidio. Le sue labbra tonde e carnose sono perfette addosso alle mie, larghe e sottili, e si adattano tra loro senza difficoltà, in un lento sfiorarsi e toccarsi.
La stringo appena di più, spingendola contro di me, e premo con più decisione le mie labbra sulle sue per approfondire il bacio, ma la sento tentennare: mi stacco immediatamente, controvoglia, e Kim arrossisce.
“Cosa c’è, Kim?” chiedo subito, preoccupato di essermi spinto troppo oltre: dopotutto è solo il nostro secondo appuntamento ed io non so quali siano le abitudini di Kim con i ragazzi.
Lei arrossisce e non risponde, distogliendo lo sguardo e gemendo in difficoltà. Porto due dita sotto il suo mento e la costringo a guardarmi di nuovo.
“C’è qualche problema?” chiedo nuovamente, sentendo una strana ansia pervadermi: mi ha baciato contro voglia? Non lo voleva? Il timore di averla costretta a qualcosa che non voleva fare mi strinse dolorosamente lo stomaco.
Kim prende fiato e risponde senza respirare e senza guardarmi “D-dai Jared, non ho mai avuto un ragazzo, secondo te qual è il problema?”
Corrugo le sopraciglia confuso “Sei in imbarazzo?”
“No, Jared. È solo che questo è il mio primo bacio.” sospira spazientita, sussurrando le ultime parole e arrossendo all’inverosimile.
Beh, in teoria un normale ragazzo ora dovrebbe essere… Deluso? Un diciassettenne a questo punto della sua pubertà dovrebbe volere una ragazza esperta e disinibita, con cui andare decisamente oltre un semplice bacio. In effetti, fino a quattro giorni fa le mie ragazze erano state tutte così: belle, sexy e facili.
Ora, invece, sono talmente euforico che potrei volare via da un momento all’altro: Kim non è mai stata con un ragazzo, Kim non ha mai baciato un ragazzo, Kim è vergine. Nessuno prima di me l’ha toccata e nessuno oltre a me la toccherà da oggi in poi: lei è mia.
“Ti sei fermata solo per inesperienza, allora?” sorrido radioso, accarezzandole la schiena lentamente; Kim annuisce e storce la bocca.
“Se per te sono troppo bambina, Jared, va bene. Posso capirlo, quindi dimmi pure che non vuoi più uscir-”
Prima che possa finire la bacio di nuovo, irruento e passionale. La bacio veramente, come si fa con una donna, perché Kim per me non è una bambina: è la donna più bella dell’universo, l’unica da cui potrò più essere attratto, fisicamente e sentimentalmente. Ormai non vedo più le altre ragazze, gli occhi di Kim, la sua figura sottile e le guancie rosse sono ovunque. La vedo in tutte le cose che mi circondano, e mi piace. Mi piace essere così innamorato di lei. Io amo essere innamorato di lei.
Kim si lascia guidare nel bacio, timida e inesperta, e sento il suo cuore battere talmente forte che sembra voglia uscirle dal petto. Sta bene, incastrata così contro di me: è più rilassata, non trema più, e le mani non stringono più la mia maglia in una presa ferrea, ma sono rilassate sul mio petto.
Quando ci stacchiamo sorridere è inevitabile: le nostre labbra non sono ancora del tutto separate che già si tendono, io apertamente, lei timidamente, ma mi piace questa nostra diversità.
“Wow…” mormora incantata, gli occhi lucidi per l’emozione. I miei sono proprio bagnati di lacrime, invece.
“Wow.” dico di rimando e le accarezzo la testa con la mano sinistra, mentre con la destra la tengo incastrata su di me “Ne è valsa la pena?”
Kim sembra non capire “Cosa?”
“Dare il tuo primo bacio a me.” chiarisco baciandole dolcemente una guancia, che sento fresca sotto di me. Si sta raffreddando, pensa abbracciandola più stretta: forse dovrei riaccompagnarla a casa.
“C-certo. È stato… Bello.” risponde arrossendo e distogliendo lo sguardo.
Io alzo un sopracciglio “Solo bello, Kim? Devo rimediare.” dico sorridendo e tuffandomi, letteralmente- sulle sue labbra.

 

~

 

È appena entrata in casa: non mi sono accontentato di accompagnarla alla macchina. Mi sono trasformato e l’ho seguita, ignorando i latrati sguainati di Paul, che si gustava tutto il pomeriggio con Kim, ed i sospiri –nostalgici?- di Sam. Jacob doveva essere da Bella, Embry a scuola: il secchione frequentava il corso pomeridiano di informatica.
Ora che è sicura, posso lasciarla sola. Mi dirigo correndo verso Paul e Sam, che mi vengono incontro a gran velocità. Dopo poco io e Paul ci troviamo uno di fronte all’altro: i suoi pensieri non mi piacciono.

Era il suo primo bacio? Diciassette anni e non ha ancora dato un bacio? Che sfigata.

Paul inizia ad innervosirmi. Stai zitto, idiota.

Però amico questo te lo devo dire. Per essere una principiante, ci sa fare.

Ringhio. Paul…

E poi che labbra. Proprio rotonde. Hanno pure un buon sapore.

Mi sto incazzando sul serio, adesso. PAUL!

Magari me la puoi prestare, un giorno…

In un attimo mi avvento su di lui con un ringhio terribile, puntando dritto alla gola. Paul mi schiva e cominciamo a darcele di santa ragione: zampate, morsi ed unghiate, facendoci male sul serio. Provo un piacere strano nell’affondare i denti nella sua zampa, nell’atterrarlo con ferocia, godo dei suoi guaiti doloranti. Lui non avrebbe dovuto parlare in quel modo di Kim.
Non ho mai combattuto contro di lui prima d’ora e devo ammettere che è forte. Ma io lo sono di più e soprattutto più motivato: non deve parlare così del mio imprinting, penso mentre lo sbatto con furia contro un albero. Paul esita ad alzarsi e con un guaito si arrende. Ghigno scoprendo le zanne.

E che palle questo imprinting. Diventate delle femminucce, cazzo.

La voce di Sam irrompe nei nostri pensieri, chiaro segno della sua vicinanza. La femminuccia ti ha appena battuto, idiota.

Paul guaisce. Sam, non puoi stare sempre dalla sua parte!

Ti ricordo che anche lui ha avuto l’imprinting.

Sam mi zittisce ululando. Fa silenzio, Jared. Paul, non pensare più a Kim in quel modo.

Eccheppale, Sam. Stavo solo scherzando.

L’imprinting non è uno scherzo, Paul. Dovresti averlo capito ascoltando i miei pensieri e quelli di Jared.

Paul guaisce irritato. Forse non me lo avete spiegato bene, siete sempre molto attenti a non pensare ad Emily o Kim mentre io sono nei paraggi.

Chissà perché.

Cosa vorresti dire con questo, eh?

Ringhio. Vuol dire che non ti voglio a meno di venti metri da Kim, Paul!

Ehi, Sam lascia che io mi avvicini ad Emily!

Beh, io non sono Sam. Ti voglio lontano da Kim.

Paul sbuffa irritato. Che palle. Spero di non avere mai l’imprinting.

Sam fa un verso simile ad una risata. Io spero che tu lo abbia presto, Paul. Ti cambierebbe la vita.

Appunto, la mia vita è perfetta così com’è!

L’imprinting ti completa, amico.

Che cazzata!

Sbuffo. Tu non hai ancora capito cos’è l’imprinting, altrimenti non parleresti così. Sarai anche grande e grosso, ma il tuo cervello è grande quanto quello di una gallina!

Paul mi guarda truce. Spiegamelo invece di far battute, Jared.

E va bene, Paul. Guarda. Dico, tuffandomi nei miei pensieri.

Non è amore. Non è il non poter vivere senza di lei, non è una fitta dolorosa al cuore quando lei non c’è, non è il non poter respirare se lei è triste. Non è questo.
È molto, molto di più. È come non vivere più: non respiro per me, non penso per me, il mio cuore non batte per me: io esisto per lei. In effetti, è come se non esistessi affatto: ogni essere umano vive principalmente per se stesso; può amare un’altra persona, può voler dare la vita per lei, ma respira per se stesso. Lo scopo è sopravvivere, per quanto possa dire che darebbe la vita per la persona che ama, mente. Davanti alla morte, egli penserebbe a salvarsi. Io invece non vivo più. Da quattro giorni a questa parte io sono suo. Le appartengo, così come lei appartiene a me. Non accetterò un altro uomo accanto a lei, Paul. Io la voglio per me, voglio volerle bene, amarla, proteggerla e prendermi cura di per tutta la vita. Dammi del pazzo, del folle, ma non mi importa. Kim è… Non trovo le parole.

Gravità, aria e sole. Tutti nella stessa persona. Pensa Sam, aiutandomi nella mia spiegazione.

Già. Kim è la mia gravità, la mia aria ed il mio sole, tutti rinchiusi nel suo piccolo e gracile corpo. Se lei morisse io morirei con lei: non sto ingigantendo i miei sentimenti, è semplicemente un dato di fatto. Chi potrebbe vivere senza l’aria? Chi resterebbe ancorato alla terra senza forza di gravità? Sarebbe impossibile per chiunque. Lo so, l'imprinting può sembrare un obbligo, una costrizione: io prima non amavo Kim. Io non avevo mai nemmeno considerato Kim, pensavo fosse insignificante; ma ora ho scoperto una ragazza dolce, intelligente e buona, abbastanza buona da volermi bene nonostante io sia un cretino. Se Kim mi amerà, sopporterà il fatto che il suo ragazzo si trasformi in un lupo gigante, che combatta contro i vampiri e che la ami da morire. Sopporterà il fatto che la mia vita, le mie decisioni, i miei pensieri dipendano solo da lei. La mia morte dipenderà da lei.
E sai una cosa, Paul?
Di solito la gente non vede bene la morte. Ma in questo caso, io sono contento che quel Jared che viveva per se stesso sia morto. Ora Jared è morto e rinato solo per proteggere ed amare Kim.

Io sono morto per lei nel momento in cui l’ho vista, Paul.

Paul, per una volta, non fa battute. Cavolo, fratello.

Sam annuisce solenne. Lui può capire.

Mai morte fu più dolce.

 

 

 

***

 

 

 

Questo capitolo non mi convince molto, a dirla tutta. Sono partita dal secondo appuntamento di Jared e Kim e sono arrivata ad un maxi discorso filosofico tra licantropi: ho esagerato? A voi l'ardua sentenza. Ditemi se questo capitolo vi sembra peggiore degli altri, in cosa e perché. A me non piace, ma ormai ho scritto questo, ero ispirata così e non vedevo l'ora di aggiornare. Spero con tutto il cuore che vi piaccia, però!

Grazie a coloro che hanno speso un po' del loro tempo per recensire la mia storia: grazie, grazie, grazie.

kim93: grazie mille per aver recensito e per i tuoi complimenti! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e ti abbia fatto emozionare.  In effetti, io amo le coppie lasciate da parte dalla Meyer, perché posso fantasticare liberamente, dato che non si sa molto di loro! E poi diciamolo: l'imprinting è stupendo, come si può non scrivere di loro? Grazie ancora, spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Baci.

virgi_lycanthrope: cara, mi hai recensito sempre, tutti i capitoli. Ti ringrazio davvero tanto, è bello essere seguiti da qualcuno che apprezza davvero quello che scrivi! Quindi grazie di cuore! Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo; in effetti con le date è stato più semplice anche per me da scrivere! Grazie, baci.

niky_95: cara, grazie per i complimenti e per aver recensito! Mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto e che anche tu apprezzi la storia di Jared e Kim, due semplici ragazzi che vivono un amore un po'... Strano, ma normale. Semplicemente amore. Buon viaggio, goditi Parigi! Non vedo l'ora di leggere un'altra tua recensione. Baci e grazie ancora.

princess of vegeta6: *Giuka fugge dalle misteriose figure/licantropi (dopo essersi assicurata di non essere il loro imprinting), poi torna, legge la recensione si asciuga le lacrime, tutto sotto gli occhi attoniti dei presenti*  Sono ripetitiva, lo so, ma dico lo stesso per l'ennesima volta che io ADORO LE TUE RECENSIONI. Lunghe, dettagliate, divertenti e commoventi: il paradiso per ogni scrittore! Grazie per aver letto e recensito, usando parte del tuo tempo, la mia storia; grazie per aver letto e recensito tutti i capitoli e per spingermi a scrivere.  Grazie per i complimenti, ci tengo a rendere Jared e Kim semplici e innamorati, senza cadere nel banale, ma il problema è che non sono proprio normali. Sicuramente più di Edward e Bella, ma alla fine non si può dire che l'imprinting sia così tranquillo e normale. Sicuramente, però, Kim è una ragazza normale, umana, e merita di essere trattata così, senza particolare drammi. La Meyer avrebbe anche potuto spenderci un capitolo come ha fatto con Emily e Sam, Jasper e Alice, Emmet e Rosalie: solo perché Kim è una semplice umana non vuol dire che la sua storia sia meno interessante di Rose o Alice, secondo me. La Meyer crea dei personaggi e delle storie meravigliose (saga di TW, L'ospite) ma li lascia da parte, uccidendoli di indifferenza. Dovrebbe dividere i suoi libri più equamente! Per quanto riguarda la "sporcizia" nel fandom ti do ragione, ma ormai è così in tutti quelli maggiori: le bimbeminkia si fanno avanti in massa, ma noi dobbiamo combattere a suon di storie dove la grammatica conta ancora qualcosa, così come i congiuntivi e la punteggiatura! Sarà difficile, ma facciamolo per il bene della buona lingua italiana! XDXD Scherzo dai... Grazie per il commento, grazie per i complimenti, grazie per apprezzare così tanto il mio modo di scrivere. Baci.

Ele_Cullen: grazie mille per i complimenti. Spero davvero che ti sia piaciuto anche questo. purtroppo a me non molto, ma l'opinione dei lettori è molto più importante! Baci.

Grazie a tutti (anche a chi legge) e recensite, per favore. Amo leggere i vostri commenti.

Baci,

Giuka

 


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** String #8: I don't wanna miss a thing ***


My Gravity – Jared and Kim

 

I don’t wanna miss a thing

 

 

 

 

 

 

I could stay awake just to hear you breathing
Watch you smile while you are sleeping
While you're far away and dreaming
I could spend my life in this sweet surrender
I could stay lost in this moment forever
Every moment spent with you is a moment I treasure

 I Don’t Wanna Miss A Thing, Aerosmith

 

 

 

 

Era una mattina gelida, probabilmente, ma lui non avrebbe saputo dirlo con certezza: caldo o freddo che fosse, la sua temperatura non scendeva mai sotto i quarantadue gradi. La casa era perfettamente silenziosa - quel viaggio alle Maldive dei suoi genitori era arrivato proprio al momento perfetto- e la luce delicata del giorno inondava la stanza di grigio, mentre il vento agitava le tende pesanti e sfiorava il lenzuolo che gli copriva la schiena. Jared non vi fece caso: fissava incantato la sua Kim, placidamente addormentata supina con le braccia abbandonate accanto alla testa, sul cuscino, riparata dal suo enorme colpo caldo. Indossava solo le mutandine ed un vestitino leggero dalle spalline sottili, che durante la notte era salito fino a lasciare scoperta la pancia piatta. Era magnifica e Jared non poté impedirsi di allungare una mano bollente e cominciare a sfiorarla lentamente.
Constatò –o meglio, aveva constatato la notte precedente- con un sorriso che le curve delicate del suo corpo si adattavano perfettamente al proprio tocco. Ogni singolo centimetro di pelle finiva per aderire il modo perfetto alla sua, come se fossero stati creati appositamente per aderire tra loro.

 

Il suo corpo era stupefacente: piccolo, proporzionato ed incredibilmente morbido, anche per un’umana. Realizzò in quell’istante più che in ogni altra situazione quanto Kim fosse fragile: stesa sotto di lui, le guance rosse e i capelli sparsi sul cuscino, sembrava potersi rompere in tanti piccoli pezzetti da un momento all’altro.
Le accarezzò dolcemente un seno –stava perfettamente sul palmo della sua mano- e Kim gemette in aspettativa, inarcando la schiena.

Le baciò delicato la pelle fresca tra i seni, facendo forza sui gomiti per non premerle eccessivamente addosso –è così piccola.
“Sei perfetta, Kim.” . Non lasciarmi mai, Kim. Ti amo, Kim. Ti voglio, Kim.

 

Accarezzò dolcemente il suo corpo con un tocco leggero e adorante. Partì dal piede, accarezzandone singolarmente ogni singolo dito, il collo delicato, la pianta più spessa; risalì lungo la caviglia sottile, che stava perfettamente tra l’incavo del pollice e dell’indice, sfiorando il polpaccio magro e morbido. Passò le dita sulle ginocchia un po’ cicciottelle e carnose, accarezzandone l’interno e l’esterno con delicatezza e ricominciando la sua risalita senza fretta. Indugiò sulle cosce sottili e morbide come quelle di una vera donna,  tiepide al contatto con la propria mano, e risalì ancora lungo il fianco morbido, pizzicandone delicatamente la carne. Spostò la mano sulla pancia piatta e rosea, lasciandovi un bacio delicato: adorava il sapore ed il profumo della sua pelle, era qualcosa a cui non avrebbe mai potuto fare a meno.
Poggiò delicatamente le labbra su tutta la superficie della pancia, risalendo fino al seno piccolo e proporzionato coperto dal tessuto rosa pallido; si rese conto di adorare il modo in cui quel colore risaltava sulla carnagione scura di Kim e sorrise contro la sua pelle. Con le mani le accarezzò i fianchi, risalendo lungo le braccia e prendendo le sue mani tra le sue; intrecciò incantato le loro dita, portandosi la destra alla bocca e baciandone il palmo liscio.
Rimase un po’ così, senza fretta né smania di concentrarsi su parti che qualsiasi altro ragazzo avrebbe trovato più interessanti e ringraziando il sonno pesante della sua Kim. Le riappoggiò con delicatezza le mani sul cuscino, ai lati della sua testa, e si concentrò sul volto meraviglioso che giaceva addormentato accanto a lui.
Kim addormentata era semplicemente stupefacente: le labbra carnose ed un po’ gonfie erano un socchiuse e ne usciva un respiro lento e tranquillizzante; la guancia destra, appoggiata al suo avambraccio, era bollente, mentre quella sinistra era rossa per il freddo vento mattutino che entrava dalla finestra – aveva dovuto aprirla, se non voleva farla morire di caldo-; con i polpastrelli le sfiorò le ciglia lunghissime adorante e come sempre incantato dalla sua perfezione: come poteva essere così bella?
Improvvisamente una ventata di aria gelida mosse  le tende pesanti della finestra e arrivò fino alla schiena nuda di Kim, che rabbrividì da sotto le lenzuola. Jared ghignò soddisfatto al pensiero di doverla scaldare e le passò un braccio attorno al corpo, stringendosela addosso. Istintivamentela pelle di Kim si riempì di brividi causati non tanto dal calore del corpo di Jared, quanto dalla vicinanza della loro pelle, come aveva potuto constatare in quei mesi passati assieme: il ghigno se possibile si allargò, al pensiero di come Kim reagisse al suo tocco, al suo sguardo, alla sua voce. Non gli sembrava ancora possibile che Kim lo ricambiasse così assolutamente.

 

 

Si tolse la maglietta, scagliandola lontano sull’angolo della stanza. La luce lunare fece risaltare i muscoli del petto e delle braccia, lasciandola senza fiato. Kim socchiuse la bocca e sgranò gli occhi, osservando imbarazzata ogni singolo centimetro di pelle: era così perfetto da sembrare un dio greco, ma l’analogia non riusciva ancora a rendergli giustizia.
“Respira, Kim.” il ghigno di Jared non era mai stato più largo.
Passò ansimante una mano sui suoi addominali perfetti, risalendo sui pettorali e sui bicipiti, e stavolta fu lei a ghignare –ma era più un sorriso- nel sentire i muscoli di Jared tendersi al suo passaggio.
Jared le alzò il mento con una mano e la baciò con passione, affondando le mani nei suoi capelli e stringendoli tanto da farle quasi male.
Quando si staccò, lo guardò adorante e sorridente, gli occhi lucidi e le labbra gonfie.
“Ti amo, Jared.”

 

 

Rimase a fissarla ancora a lungo, ma non avrebbe saputo dire quanto. Sapeva solo che il sole era già alto, quindi probabilmente dovevano essere le undici: non aveva mai dormito. Non si era perso nemmeno un istante della magnificenza di Kim illuminata dalla luce argentea della luna, rosea dell’alba, grigia del cielo plumbeo che quel giorno copriva La Push. Nonostante la stanchezza non era proprio riuscito a chiudere gli occhi e lasciare la sua magnifica immagine: come poteva distogliere l’attenzione da lei ora che era così vicina? Gli era impossibile, non poteva fare a meno di guardarla.
Ricominciò ad accarezzarle dolcemente la pancia con la mano libera, senza distogliere lo sguardo dal suo volto tranquillo e addormentato; adorava Kim, adorava la sua dolcezza, timidezza e intelligenza, ma per un attimo sperò di poter rimanere così per sempre, a guardarla, senza interferenze né difficoltà, adorandola e accarezzandola.
Kim si mosse appena nel sonno, dimenandosi tra le sue braccia e stringendo i propri avambracci attorno al proprio corpo, come ad afferrare qualcosa nell’aria; nel farlo le sue mani finirono inavvertitamente per stringersi attorno alla mano di Jared, che ancora l’accarezzava. Al contatto con la sua pelle Kim si rilassò immediatamente, mentre un sorrisino compiaciuto si aprì sulle sue labbra rosse. Jared, rimasto incantato a fissarla per tutto il tempo, si chiese cose stesse sognando: avrebbe dato tutto l’oro del mondo per poterle leggere nella mente, osservare i suoi sogni e cercare il proprio viso nella sua testa, vedere se occupava i suoi pensieri come lei occupava i suoi. Ma se sorrideva tutto era perfetto: poteva anche sognare Harrison – no, beh, in quel caso forse si sarebbe ingelosito parecchio-, l’importante era che fosse felice, che sorridesse, mangiasse, respirasse e fosse sana, la felicità personale era solo una cosa secondaria. Prima di tutto c’era la felicità di Kim; ogni altro bisogno, fisico o mentale che fosse, passava inevitabilmente in secondo piano. Amarla, prendersi cura di lei e proteggerla era la cosa migliore del mondo, ora, ma Jared a volte non poteva fare a meno di ricordare tutto quello che aveva prima: libertà, essenzialmente. Poter arrabbiarsi senza trasformarsi in un lupo alto come un cavallo, prendere a pugni qualcuno senza paura di ucciderlo, ubriacarsi, divertirsi… Insomma, la normale vita di un qualsiasi adolescente americano. E ora, invece, doveva fare turni di guardia, obbedire a tutti gli ordini di Sam ed amare quella ragazzina che prima non aveva mai nemmeno degnato di uno sguardo. Per un attimo, solo per un attimo, pensò che avrebbe davvero voluto tornare indietro.

Un secondo dopo, si ritrovò piegato su se stesso, boccheggiante per la rabbia, la nausea ed il dolore: come aveva osato immaginare che lei non esistesse?
Era strano, troppo strano, aver pensato a lei in quel modo. Da quando l’aveva vista per la prima volta, non era mai riuscito a pensare nulla di male di lei, che era diventata tutta la sua vita. Da subito, la sua devozione nei confronti di lei era stata romantica, a differenza di quella di Quil, e dopo soli due appuntamenti erano già una coppia. Non era mai riuscito a vederla come una sorella o un’amica: da subito aveva deciso che Kim sarebbe stata la sua ragazza, poi fidanzata ed infine moglie. L’adorazione totale ed incondizionata che sentiva per lei, unita alla dolcezza infinita di Kim, gli aveva impedito di vederla in altri modi; certamente anche il fatto che Kim volesse quello che voleva lui, assolutamente e inequivocabilmente, lo aveva spinto a dichiararsi subito, senza inutili attese. Dopotutto avevano diciassette anni e lui non l’avrebbe mai, mai lasciata o ferita. Mai. Avrebbe preferito patire le più atroci torture piuttosto che ferirla sul serio, abbandonarla o sfruttarla come aveva fatto con tutte le ragazze che aveva avuto in precedenza.  
A interrompere i suoi pensieri fu, come sempre, l’unica cosa che potesse distrarlo quando pensava a Kim: lei stessa. La sentì muoversi con più decisione e subito cercò il suo viso meraviglioso; la vide sbattere leggermente le palpebre mentre un lungo mugugno le usciva dalle labbra. Sentì l’ansia e l’impazienza di incontrare i suoi occhi meravigliosi ed allo stesso il dispiacere che il tempo di adorarla in assoluta tranquillità fosse finito. Il cuore cominciò a battere velocemente, così forte la sembrare che volesse uscirgli dal petto, ed il respiro gli si mozzò in gola; sentì la pelle d’oca sul braccio, non certo dettata dal freddo, i capelli rizzarsi sulla nuca, tutti i suoi muscoli e nervi tendersi in aspettativa, gli occhi spalancarsi e le palpebre smettere di sbattere. Le palpebre di Kim tremarono per un’ultima, interminabile volta, e poi i suoi occhi assonati si aprirono al suo sguardo e osservarono il soffitto assonnati e assorti, come se stesse cercando di ricordate dove fosse; poi, in preda ad un’improvvisa consapevolezza, Kim arrossì e si voltò immediatamente verso di lui.
Jared non poté che stupirsi ancora una volta di quanto quegli occhi fossero impregnati di una dolcezza insostenibile, quando si posavano su di lui. Un conto era che fosse Jared ad amarla, ma il modo in cui lei lo guardava era del tutto simile al suo: adorazione totale ed incondizionata, come la sera prima, quando si era abbandonata completamente a lui, perfetta come sempre anche nella sua inesperienza.

Le baciò il collo lentamente, succhiandone la pelle e mordendole la mandibola. Risalì lungo il contorno del viso fino al lobo, che mordicchiò delicatamente. Kim gemette forte, affondando il viso nella spalla di Jared mentre il suo tocco si faceva più deciso dentro di lei. Era completamente estranea a quelle emozioni  -si sentiva letteralmente andare a fuoco- e le mani di Jared erano ovunque, ovunque.
"Dimmelo." disse Jared, la voce bassa e roca come non mai. 

Kim arrossì, deglutendo: la testa le girava così tanto che vedeva il soffitto vorticare sopra di lei.
"Dimmelo, Kim." ripetè di nuovo, incatenando i loro occhi.

"Sono tua." riuscì ad ansimare prima che Jared la baciasse per l'ennesima volta.


Si fissarono negli occhi adoranti a lungo –un osservatore esterno probabilmente sarebbe scoppiato a ridere pensando alla sdolcinatezza delle coppie moderne-, ma loro avrebbero potuto rimanere così per sempre senza annoiarsi né stancarsi mai, vittime uno di una magia più forte della forza di volontà e l’altra di quella cosa assurda che è l’amore vero.
Sì, avrebbero potuto rimanere così per sempre e bla, bla, bla, ma Kim era pur sempre un’adolescente timida ed inesperta che aveva appena avuto la sua prima volta con il proprio ragazzo. Il fatto di ritrovarsi seminuda in un letto con il proprio ragazzo nudo accanto a lei la fece arrossire e mandare in iperventilazione, soprattutto se ripensava alla notte appena passata –il corpo perfetto di Jared nudo alla luce della luna, Jared sopra di lei, Jared dentro di lei. Jared, che ormai aveva imparato a conoscerla, non le permise di imbarazzarsi: con dolcezza ma fermezza le strinse il mento con una mano ed il fianco con l’altra, premendosela contro e baciandola con tutta la tenerezza e l’amore possibili. Kim ci mise un po’ a rispondere, o troppo addormentata, o imbarazzata, o intontita, ma poi gli allacciò le braccia al collo e si strinse contro di lui piuttosto di buon grado. Il bacio fu intenso, passionale, amorevole, come tutti i loro contatti: un insieme di emozioni diverse tra loro –amore, affetto, passione- tutte concentrate in quella cosa unica ed inimitabile che è la loro relazione.
Jared si staccò lentamente, lasciandole un piccolo bacio sull’angolo destro della bocca e sorridendo così apertamente da far temere a Kim che la bocca gli si sarebbe paralizzata.
“Buongiorno, Kim.” mormorò contro le sue meravigliose labbra, accarezzandole dolcemente la schiena da sotto il top.
Kim sorrise timidamente, le guancie rosse e gli occhi ancora un po’ assonnati “Jared…” sussurrò appena, guardandolo con una tale adorazione che Jared sentì il proprio cuore svolazzare allegro fuori dal suo petto e depositarsi proprio davanti a Kim, con una sola, pressante richiesta: “Prendimi, calpestami, fammi quello che voi: sono tuo.”.
Si sentì accarezzare il viso dolcemente e subito sentì una devozione senza limiti verso quella perfetta ragazza che teneva tra le braccia. Kim lo guardò con amore e tenerezza, come una madre guarda il proprio figlio per la prima volta, e Jared si chiese –stupidamente, tra l’altro- se per caso non fosse stata lei ad avere l’imprinting con lui.
Per un attimo si perse nella contemplazione di lei, dei suoi occhi, della sua magnifica presenza sul suo letto; poi però il ricordo della notte precedente prese il soppravvento, insieme ad una nuova preoccupazione: quella di averla ferita, e stavolta in senso fisico.
“Kim, Kim! Come stai?” esclamò con urgenza facendola sobbalzare sorpresa ed, allo stesso tempo, improvvisamente imbarazzata. Kim, il centro della sua vita? Era arrabbiato con sè stesso per quell’orribile pensiero, nauseato dallo schifo che si faceva da solo e addolorato, ferito mortalmente quasi, all’idea di una vita senza Kim. Senza il suo sorriso timido, i suoi occhi dolci, i suoi modi affettuosi e amorevoli, l’adorazione totale ed incondizionata che aveva per lui. Non meritava più nulla di tutto ciò, dopo che aveva –per un centesimo di secondo, nella parte più umana della sua coscienza- desiderato tornare indietro, diventare nuovamente quello stupido e borioso ragazzino che era stato. Quello stesso ragazzino che aveva ferito la persona più buona della terra, l’unica che avrebbe mai desiderato al suo fianco, l’unica che rappresentasse una luce, un punto fermo in tutto quel casino colossale che era l’essere un lupo. Senza Kim, che era l’unico motivo per cui aveva imparato a controllarsi, dato che nessuno di loro voleva un’altra Emily nel branco, sicuramente sarebbe stato come Paul, incapace, a mesi e mesi dalla prima trasformazione, di riuscire a controllare se stesso. Doveva tutto a Kim.

 

 

Non riusciva più a ragionare, ma capì subito che gli occhi di Jared erano tremendamente diversi. L’aveva guardata con amore, affetto, protezione ed adorazione, ma mai con lussuria. Ora invece la guardava come se fosse stata qualcosa da mangiare in un solo boccone, e Kim si rese conto che quello sguardo le piaceva più del dovuto.
Jared si spostò leggermente sui gomiti, tesi per non schiacciarla con il suo peso, ed i loro corpi erano talmente stretti tra loro che Kim sentì tutto, perfettamente e nettamente. Anche Jared doveva averlo avvertito, perché ringhiò tra i denti –un rumore nuovo e, a differenza di tutte le volte che lo aveva sentito ringhiare contro Alex, per nulla spaventoso.
“Kim…” lo sentì dire, con una voce bassa e roca che le fece venire la pelle d’oca. Inarcò involontariamente la schiena ed il suo petto nudo premette contro quello incredibilmente perfetto di Jared, che gemette frustato.
“Kim.” disse ancora, con più decisione, facendosi spazio tra le sue gambe.
Kim circondò la sua vita con le gambe ed il suo collo con le braccia, stringendosi a lui e tremando inconsapevolmente di paura e aspettativa.
“Kim, io non… Se ti faccio male…” cercò di dire Jared, ma Kim comprese che non poteva più aspettare. La voleva.
Lo baciò delicatamente sulle labbra, succhiandogli dolcemente il labbro superiore, e gli prede il viso tra le mani.
“Fallo Jared.”
Non ricordava benissimo quello che era accaduto dopo. La parte migliore era stata poco prima: scoprire il corpo di Jared un po' alla volta, sentirlo su di se, avvertire le sue mani, le sue labbra ed il suo sguardo che vagavano su di lei adoranti e delicati.
In quel momento non provava piacere, solo dolore: Jared era stato delicato quanto poteva, ma alla fine era pur sempre un ragazzone alto un metro e novanta per novanta chili, e lei uno scricciolo di un metro e cinquantacinque per quaranta chili, completamente e assolutamente vergine.
 Il dolore era divampato sul basso ventre improvvisamente e Kim si era ritrovata ad affondare le unghie sulla schiena di Jared, certa che per lui fossero dolorose quanto una carezza.
Ma, per la prima volta, sentiva di avergli dato qualcosa in cambio, dopo tutto l’amore che Jared nutriva per lei. Sentirlo gemere sopra di sé, sentirlo affondare in lei con passione crescente, era stato semplicemente meraviglioso.
Il piacere sarebbe arrivato un’altra volta.

 

 

Non poteva certo dirgli che il dolore non era svanito e aveva pulsato, doloroso e martellante, per tutta la notte. Lo avrebbe ucciso di rimorso e Kim non voleva che Jared decidesse di non fare mai più l’amore con lei per non ferirla, anche perché lei contava di poterlo rifare il più presto possibile.
Sorrise, riprendendo ad accarezzargli la guancia “Meravigliosamente.”
Jared, finalmente tranquillo, si chino a baciarla nuovamente, sfiorandole appena le labbra delicate come se volesse solo accarezzarle. Sentì Kim sorridere nel bacio e saperla felice lo fece sorridere di riflesso.
Quando si staccarono il sorriso di Jared, se possibile, si allargò.
“Sei meravigliosa mentre dormi, Kim.”
Kim corrugò le sopracciglia “Ti sei svegliato molto prima di me, Jared?” chiese preoccupata di averlo fatto attendere troppo.
Jared scosse la testa ghignando “Non ho mai dormito, Kimmy. Sono rimasto a guardarti tutta la notte.”
Kim arrossì e boccheggiò “N-non hai dormito? Tu, che se potessi dormiresti a tutte le ore?”
“Avevo di meglio da fare.” rispose semplicemente Jared, gli occhi dolci ed innamorati di sempre; Kim lo abbracciò stretto, affondando il viso nell’incavo del suo collo, sentendo le guancie bruciarle: ancora una volta l’amore e l’adorazione di Jared non potevano che sconvolgerla.
Rimasero così un po’, senza fretta di staccarsi né di rivestirsi e scendere a fare colazione, sebbene lo stomaco di Jared invocasse cibo a gran voce; in quel momento, con il corpo di Kim premuto contro il suo e le sue guancie morbide contro la pelle, mettere a tacere la fame era fin troppo semplice.
Improvvisamente gli venne in mente una cosa a cui aveva pensato a lungo, in quella notte, e desiderò subito condividerla con Kim.
“Amore. Io e te non abbiamo ancora una canzone, giusto?”
Kim –dopo essersi irrigidita inspiegabilmente alla parola “amore”- mugugnò un no delicato, senza scostare il volto dalla sua spalla.
Jared, sciolta delicatamente la stretta di Kim, le premette un dito sulle labbra per bloccarle qualsiasi protesta e scese dal letto in tutta la sua muscolosa perfezione, causando ovviamente un gemito imbarazzato di Kim, che tuttavia non si trattenne dall’osservare ogni singola parte di quel corpo, esaminato così bene la notte precedente.
Un attimo dopo Jared era di nuovo accanto a lei sul letto e le porgeva impaziente una cuffietta del suo lettore mp3, emozionato come un bambino nel giorno di Natale; Kim inserì immediatamente la cuffietta nell’orecchio, impaziente ed incuriosita: subito le noti dolci di quella canzone si diffusero nella sua testa, allo stesso modo in cui le lacrime di commozione le riempirono gli occhi. Jared la circondò con un braccio e avvicinò le labbra al suo orecchio, iniziando a canticchiare sottovoce.
I could stay awake just to hear you breathing , watch you smile while you are sleeping , while you're far away and dreaming.” forse Jared non era nemmeno intonato, ma in quel momento, su quelle parole, la sua voce roca le sembrava perfetta.
Jared continuò, ma la voce era emozionata e rotta “I could spend my life in this sweet surrender, I could stay lost in this moment forever. Every moment spent with you is a moment I treasure.
Kim prese coraggio e, voltando la testa per fissarlo negli occhi, cantò con lui, dedicandogli quelle parole meravigliose così come lui le stava dedicando a lei.
Don’t wanna close my eyes, don’t wanna fall asleep, ‘coz I’d miss you baby and I don’t wanna miss a thing. ‘Coz even when I dream of you, the sweetest dream would never do, I’d still miss you baby and I don’t wanna miss a thing”.
Continuarono per tutta la canzone sorridendo, ridendo e sbagliando alcune parole, ma nessuno dei due se ne curò. Quella canzone, anche se chi l’aveva scritta di certo non poteva certo essere stato a conoscenza di quel loro magico legame –l’imprinting, così assurdo da essere reale-, lo aveva descritto con una delicatezza unica.
La canzone scemò lenta e delicata, fino a spegnersi definitivamente; l’mp3 di Jared volò lontano dal letto e le sue labbra si schiantarono su quelle di Kim con forza e passione. Si strinsero ancora di più –e nessuno dei due credeva fosse possibile- e Kim, sovrastata dal corpo di Jared, si sentì bene, troppo bene. L’imbarazzo, che l’aveva sempre accompagnata da quando ricordava di essere nata, non le impedì di avvolgergli la vita con le gambe stringendoselo contro con foga; affondò le dita nei suoi capelli arruffati e gli fece piegare la testa all’indietro, approfittando della loro posizione per essere per una volta più alta di lui. Quando si staccarono, gli accarezzò di nuovo il viso con dolcezza ed adorazione, sfiorandogli il naso con le labbra.
“Ti amo.” disse fermamente, senza balbettare né arrossire, il tono che non ammetteva repliche: una semplice constatazione.
Incapace di trattenersi, Jared scostò con delicatezza la mano di Kim dal proprio volto e le chiuse il suo tra le mani, baciandola con ancor più passione rispetto a prima. La strinse contro il proprio corpo, facendo combaciare ogni più piccolo centimetro della loro pelle, e la baciò con decisione, mentre sentiva una strana fame, la stessa della notte precedente, farsi strada dentro di lui. Improvvisamente realizzò che il corpo di Kim era proprio lì, a portata di mano, e che tutto ciò che gli impediva di ammirarlo era quel sottile ed inutile pezzo di stoffa. Senza pensarci si ritrovò a stringere un lembo si stoffa nella mano e, in un attimo, brandelli di stoffa rosa danzarono allegramente sopra le loro teste, mentre Kim, inaspettatamente, sorrideva apertamente.

 “I don’t wanna miss a thing, Kim.”

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Ehm.

Ritardo assurdo ed ingiustificato, lo so. Spero vi ricordiate ancora di me, della mia fanfiction e di questi poveri Jared e Kim, che hanno dovuto aspettare tanto per tornare su Efp –se non ci penso io, a loro, due, non ci pensa nessuno. Mi dispiace tanto di aver tardato così tanto, ma l’ispirazione era davvero andata a farsi un giro e tutt’ora adesso non è granché presente. Cioè, le idee ci sono, ma non sono psicologicamente in grado di postare un capitolo banale o poco curato e quindi preferisco non postare affatto. Quindi, ho cercato una valida ispirazione esternamente e gli Aerosmith hanno aiutato: la prima parte, quella in cui Jared osserva Kim dormire, segue quasi alla lettera la canzone. Lo ammetto, non è molto originale e mi dispiace. Spero vi sia piaciuto lo stesso.
Volevo descrivere –ancora una volta, lo so, sto diventando monotona- l’adorazione di Jared nei confronti di Kim ed anche la loro prima volta. Ora, essendo il incapace di scrivere scene di sesso e lemon, ho optato per questa versione “dico non dico”, descrivendone solo alcuni momenti (le parti in corsivo sono dei piccoli flashback sulla notte appena trascorsa). Anche qui, spero abbiate apprezzato. Chiedo nuovamente scusa per il ritardo.

Come sempre grazie a coloro che hanno recensito. È per voi che desideravo aggiornare e solo per voi mi sono cavate le parole fuori dalla testa con la forza, e vi assicuro che non è stato facile.

 

Maka_Envy: sono contenta che ti sia piaciuto, perché a me sembrava sottotono, ma se dici che era bello ti credo! Non preoccuparti per non aver recensito, anzi, sono io a scusarmi per il ritardo!

 
Princess of vegeta6: per biologia, spero che alla fine tu non abbia preso quattro, perché io ne prendo che bastano per entrambe XD In effetti scriviamo in modo simile, curando soprattutto pensieri ed interpretazione dei personaggi, anche perché trovo molto difficile scrivere i dialoghi, quindi alla fine faccio tutta descrizione! E poi dai, entrambe scriviamo sui personaggi dimenticati dalla Meyer ed almeno questo ci rende onore! Basta fanfiction su Edward e Bella, ne ho lette di tutti i tipi, alcuno davvero pietose, la Meyer ha scritto cinque libri su di loro, è ora di cambiare!
Jared è, in effetti, OOC, ma volutamente! Un ragazzoto sborone che, di colpo, BA BUM!, diventa il principe azzurro. Renderlo non è facile anche perché penso che, oltre a dipendere in tutto e per tutto da Kim, Jared mantenga una personalità propria; ho cercato di farlo notare in questo capitolo, quando lui per un attimo vorrebbe tornare indietro, ma il legame che ha con Kim prende immediatamente il soppravvento. La Meyer avrebbe dovuto approfondire un po’ di più l’imprinting perché non so davvero se è come lo descrivo io o tutta un’altra cosa. Quindi quando Jared è geloso, possessivo e preso dalla situazione (vedi terzo flashback in questo capitolo) credo diventi un semplice diciassettenne con ormoni al seguito.
Sì, ho visto le foto dei licantropi in New Moon, ed un secchio da quanto ho sbavato. Alex Meraz, ovvero Paul, è sconvolgente. Taylor Lautner, non so se hai visto il video su youtube in cui mostra per bene bicipiti e addominali, mi spinge ad amare Jacob ancora più di prima: non vedo l’ora di vedere New Moon proprio perché i licantropi girano perennemente senza maglietta (benedetta sia la Meyer *__*). Ma il mio Jared è e sarà sempre Steven Strait, sebbene l’attore che lo interpreta sia discretamente carino.
Il rapporto del branco secondo me è molto forte, fraterno e profondo, ma dopotutto sono solo ragazzi! Qualche rissa ci sta, no? E poi si sfottono di continuo anche in quel poco che la Meyer ci permette di leggere su di loro, quindi figurati quando lo faranno ogni giorno! Sono ADORABILI. Maledetta la Meyer che ne parla così poco.
Grazie di aver recensito come sempre la mia fanfiction e mi dispiace tanto per il ritardo. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto come l’altro (che a me sembrava pessimo, ma invece sembra essere piaciuto!, quindi grazie).
Speriamo di scongiurarlo davvero il bimbominkismo, ma penso sia una missione suicida XDXD.

 
Virgi_lycanthrope: cara, hai ragione, nemmeno a me convinceva fino in fondo. Proprie per questo ho aspettato tanto prima di postare: volevo essere pienamente soddisfatta del risultato. Spero che questo ti sia piaciuto come i precedenti e grazie ancora una volta per aver commentato. Non ti sei persa un capitolo! Grazie di cuore.

 
Ele_Cullen: la lite tra Jared e Paul meditavo di metterla già da un po’ e nello scorso capitolo c’è stata l’occasione perfetta! Mi fa piacere che ti sia piaciuta. Per quanto riguarda la descrizione dell’imprinting, è proprio il modo in cui me lo immagino, ho parlato attraverso Jared, diciamo. Purtroppo non ho aggiornato molto presto, chiedo scusa anche a te. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto.

 
Wanda nessie: (Wanda, hai lette L’Ospite *__* ?) Grazie, grazie, grazie di cuore per tutti i tuoi complimenti. Mi fanno davvero piacere, così come sono contenta del fatto che apprezzi Kim, Jared e tutta la storia. Grazie per avermi tirato un po’ su (il capitolo davvero non mi piaceva) e per aver recensito la storia. L’imprinting è davvero difficile da scrivere, ma ci provo! P.S. Amo Nessie e amo Wanda–Viandante. Se il tuo nic è perché anche tu le ami, ti stimo davvero!

 

Grazie a tutti voi, di cuore. Un bacio.

Giuka

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** String #9: Inutile amore ***


A Laura e Valentina. Grazie con tutto il cuore.

My Gravity – Jared and Kim

 


 
Inutile Amore

 


Giorno 1 – Kim POV

Sospirai tristemente, passandomi una mano tra i capelli. Ero seduta sul letto della camera 211, quella che, per tutta la durate delle due settimane di stage, mi avrebbe ospitato al Washington College.  Annie e Mary, stese accanto a me, mi accarezzavano comprensive. Perché non aveva ancora chiamato?
Aprii per l’ennesima volta lo sportellino del mio nuovo cellulare ultimo modello –evidente prova della pazzia del mio ragazzo-, ma lo richiusi immediatamente con uno sbuffo: nessun messaggio, nessuna chiamata persa. Cominciavo seriamente e preoccuparmi.
Mary sospirò esausta, strappandomi il cellulare di mano. “Basta, Kim. Non vi vedete da appena sette ore, vi siete scambiati messaggi fino ad appena tre ore fa e sai che sta bene. Non è che sia andato in guerra o in missione per la CIA. È a La Push, le probabilità che gli sia successo qualcosa, tenendo conto anche della stazza del ragazzo in questione, sono meno di zero. Sei ridicola.”
Certo. Ridicola. Il mio ragazzo stava solamente dando la caccia ad una vampira spietata ed assetata di sangue ed altri sette di loro abitavamo a pochi chilometri da lui, dopotutto. Magari l’aveva incontrata mentre era di ronda, solo, e sbruffone com’era aveva pensato di poterla uccidere da solo ma no, non era proprio il caso di essere preoccupata.
“Oh, Mary. Mi manca già così tanto.” sospirai disperata, accasciandomi sulla sua spalla con un gemito; da quel 18 Febbraio Jared ed io non ci eravamo mai lasciati. Non per più di qualche ora, almeno: Jared era sempre con me, come un’ombra piacevole e protettiva. Mi sentivo stranamente indifesa senza la sua massiccia presenza a proteggermi costantemente, stringermi al suo corpo, scaldarmi con il suo calore. Per la prima volta sentivo davvero freddo, dopo quasi quattro mesi.
Annie mi accarezzò i capelli, comprensiva. “Kimmie, negli ultimi tre mesi ti abbiamo a malapena vista: Jared”, gemetti improvvisamente al suo nome, ma Annie continuò imperterrita, “Ti ha monopolizzato. Ora, so che sei innamorata di lui da sempre, ma puoi concederci un po’ della nostra amica? Solo per queste due settimane puoi stare con noi e dimenticarti, si fa per dire certo, di lui? Ci manchi, Kim.” concluse sofferente.
Annie e Mary erano le uniche due amiche che avessi mai avuto. Loro c’erano state sempre –anche quando ero un rifiuto sociale scartato da tutti e non l’adorata-fidanzata-intoccabile-di-sua-santità-Jared-Padalechi. Mi avevano voluto bene sempre ed io mi stavo comportando malissimo nei loro confronti, ma Jared… Beh, Jared era semplicemente Jared ed io non riuscivo davvero a fare a meno di lui, ora che potevo godermelo sempre, ad ogni ora del giorno. Inoltre l’imprinting non gli permetteva di starmi lontano abbastanza a lungo da riuscire a frequentare le mie amiche, ma sapevo che, se ne avessi avuto bisogno, Jared si sarebbe fatto da parte immediatamente, senza un lamento né una parola, anzi: mi avrebbe accompagnato lui stesso da loro, avrebbe organizzato la nostra giornata e quasi portata da loro in braccio. Il problema era che io non ne avevo davvero più bisogno.
Trasalii al pensiero della brutta persona che ero diventata. Loro non meritavano questo trattamento.
Premetti delicatamente sul bottoncino rosso ed il cellulare si spense con la solita, allegra musichetta; reprimendo lo sconforto, la paura e la nostalgia, mi voltai verso Annie sorridente.
“Facciamo il giro del campus?”

 

Giorno 1 – Jared POV
Dannazione, dannazione, dannazione, dannazione, dannazione.

Jared, smettila. Ti stai deconcentrando. Devi stare attento a Bell-
Ringhiai infuriato, voltandomi verso Jacob mostrando i denti
Finisci il nome di quella e giuro, giuro Jacob, che ti stacco una zampa. Lo giuro, Jacob.
Basta, Jared. È nostro compito, lo sai .
Sam interruppe la nostra lite, ma io non avevo finito.
NO! Non è nostro compito, Sam! Il nostro compito è proteggere gli abitanti di La Push!
E anche quelli di Forks.

Sbuffai tra i denti Quelli normali, intendevo.
E Bella cosa sarebbe? Jacob ringhiava tra i denti, ma non mi importava.
Quella è solo una stupida che ha fatto amicizia con dei succhiasangue ed ora ne paga le conseguenze.
Jacob ringhiò infuriato e subito Paul mi fu accanto RITIRA QUELLO CHE HAI DETTO!
PERCHÉ DOVREI? COS’È LEI PER ME? Dovresti essere solo tu a farle la guardia, Jacob. Non sono cose che mi riguardano, dannazione! Che muoia pure! Ruggii, mettendomi in posizione d’attacco: alla mia destra Paul fece lo stesso. Sapevo che era d’accordo con me, dato che di Bella-amica dei succhiasangue–Swan gli importava ancor meno di me, se possibile.
Indietro, tutti e tre. L’ordine di Sam fu pacato, ma subito sentimmo le nostre gambe piegarsi contro la nostra volontà e di colpo la piccola radura fu di nuovo silenziosa.
Jared, stanotte sei di ronda a casa di Bella. La proteggerai, perché questo è il nostro compito. Era un ordine: sentii il cuore farmi male e guaii disperato, abbassando le orecchie.
Sam, per favore. Lo supplicai, pensando a Kim, Devo chiamarla, devo. Non posso farne a meno, Sam. Ti prego. È la prima volta che è lontana.
Mi dispiace, Jared, ma questo è un ordine. È il tuo turno.
Abbassai la testa sconfitto. Mi sarei messo a piangere, ma ci tenevo a conservare un po’ della mia dignità. Grazie, stronzo. Vaffanculo, Bella Swan. Ringhiai verso Jacob, cominciando a correre verso casa Swan, il patetico rimorso di Jacob, il dispiacere di Paul, l’amara consapevolezza di Sam nella testa.
Corsi più veloce che potevo, mentre sentivo i miei fratelli –usare questa parola riferendomi a Jacob mi sembrava stupido, adesso- sparire uno alla volta. Proprio della dannata amichetta dei vampiri si doveva innamorare, Jacob? Se non fosse stato per lui avrei dovuto semplicemente fare il mio solito giro serale di La Push, mentre ora mi sarebbe toccato stare sotto casa di quella per tutta la notte. Non mi avrebbe nemmeno dato così fastidio, Bella mi stava simpatica, dopotutto, e non volevo certo che morisse, se non avessi promesso a Kim di chiamarla. Avevo dovuto quasi supplicarla di andare a quell’importante stage organizzato dal college e Kim aveva acconsentito solo a patto che la chiamassi ogni, singolo giorno, a qualsiasi ora. Avevo promesso, dannazione.
Mentre stavo accucciato sotto la finestra di Bella, stava studiando, tutto era tranquillo, sentii Paul avvicinarsi.

Jared, amico, mi dispiace. Disse più gentile del solito, ma infondo era il mio migliore amico, ogni tanto poteva pure comportarsi come tale e non come un licantropo perennemente incazzato. Dopotutto eravamo anche dei semplici ragazzi, no?
Paul grugnì in approvazione Se vuoi posso sostituirti.

No, eri di ronda la notte scorsa. Hai bisogno di dormire.
Sono sicuro che sta bene, Jared. Kim è in gamba, dopotutto.

Sospirai. Se almeno Harrison non fosse con lei.
Non dovresti preoccuparti di questo, è pazza di te. E poi le amichette inseparabili non la molleranno un attimo.
Lo spero, Paul.

 

 

Giorno 2 – Kim Pov
“… E poi le ho detto che no, non mi andava di uscire con lei.”
Non aveva chiamato. Non aveva chiamato.
“Kim?”
Perché non aveva chiamato?
“Kim, mi stai ascoltando?”
Oddio, se gli fosse successo qualcosa…  
All’improvviso mi sentii pizzicare dolcemente la guancia e mi ricordai che non ero sola, in quella stanza. Mi voltai verso Alex arrossendo e scusandomi, pregando che almeno lui non si arrabbiasse con me. Avevo bisogno delle poche persone veramente amiche, mentre ero lontana da lui.
“Sei sovrappensiero, dolcezza?” chiese sorridente.
Sbuffai. “Non chiamarmi così, Alex. Sai che Jared non lo sopporta.”
Il sorriso gli si congelò sulle labbra e corrugò le sopracciglia. “Non mi pare che lui sia qui, adesso.”
Fu peggio di un pugno allo stomaco: ricordare che Jared non era lì, ricordare che era passato più di un giorno dall’ultima volta che l’avevo sentito fu davvero doloroso, tanto che sentii le lacrime salirmi agli occhi.
Alex mi diede una piccola botta sulla testa, a portata di mano, dato che mi sovrastava di almeno venti centimetri –non abbastanza, confrontati agli avvolgenti quaranta centimetri di Jared- e sorrise di nuovo.
“Basta piangere, Kim. Sono sicuro che starà bene, purtroppo. Avrà avuto da fare.”
Non capiva che era proprio questo il punto: quando si trattava di me, Jared non aveva mai da fare. Solitamente, io venivo prima di tutto; improvvisamente capii: mi stavo comportando come una bambina gelosa delle attenzioni del proprio ragazzo. Magari voleva solo un po’ di tempo libero da passare con i suoi amici, senza doversi preoccupare della sua piagnucolona ragazza-imprinting. Avrebbe avuto ragione: sopportarmi non doveva essere facile.
Con un sospiro misi il cellulare in silenzioso e lo infilai nella borsa, decisa a non tirarlo fuori per almeno due ore.

 

Giorno 2 – Jared Pov

Dai Jared, porta pazienza, è quasi finita. Tra poco il succhiasangue sarà qui, preleverà la sua adorabile fidanzatina e tu potrai andare a casa e chiamare Kim, sentire la sua voce, scusarti, parlarle e assicurarti che Harrison le stia lontano. Un piano perfetto.
Perché il succhiasangue non arrivava? Non vedeva l’ora di rivederla? Se la amava almeno la metà di quanto io amavo Kim si sarebbe dovuto muovere.
Ecco, lo sentii: un Volvo argentata accostò sul vialetto di casa Swan ed Edward Cullen scese dall’abitacolo in tutto il suo fetore, ghignando per i miei pensieri, forse. Cominciai a correre verso La Push, mentre in lontananza sentii un Grazie che solo grazie ai miei sensi più sviluppati avevo potuto percepire.

Certo, certo. Risposi mentalmente: sapevo che poteva sentirmi.
Corsi più veloce che potevo ed in un attimo fui a La Push. Sentivo che Paul stava terminando il giro ed era talmente stanco che i suoi pensieri mi apparivano come un grande e confuso buco nero.

Paul, svegliati. La succhiasangue è ancora in giro, sai? Se la lasci entrare a La Push Sam non sarà contento. Pensai, ma non avevo tempo di fermarmi a svegliarlo personalmente: avevo bisogno di sentire la sua voce, di sentire che stava bene ed era felice.
Appena riuscii a scorgere la mia casa tra le fronde mi trasformai, indossando il più velocemente possibile i pantaloncini che tenevo legati alla caviglia. Il mio cervello, la mia mente ed il mio cuore invocavano una sola cosa: Kim, ed io avevo intenzione di assecondarli, pensai precipitandomi nella mia stanza –passando per la finestra, naturalmente.
Afferrai alla svelta il cellulare sul mio comodino e digitai immediatamente il suo numero, che conoscevo perfettamente a memoria.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.




Dieci squilli. Dannazione, dov’era? Sentii la preoccupazione ed il terrore montare spontanei, uniti alla nostalgia. Perché non rispondeva?
Attaccai.
Cazzo.

 

 

Giorno 3 – Kim Pov

Dieci chiamate. Dieci dannatissime chiamate alle quali io non avevo risposto. Perché ero stata così stupida? Sicuramente Jared stava morendo di preoccupazione, in quel momento, terrorizzato dall’idea che potessi essere morta, ferita o qualcosa del genere. Eppure non rispondeva al telefono, dato che probabilmente era di ronda. Perché il destino si stava accanendo con così tanto impegno contro di noi?
Per l’ennesima volta scagliai il cellulare sul letto –non ero proprio in grado di fare scenate, lanciarlo sul muro e poi costringere i miei genitori o Jared a comprarne uno nuovo- e affondai il viso tra le mani. Alex e Mary, al mio fianco, sospirarono, uno infastidito, l’altra dispiaciuta. Subito sentii le mani delicate di Annie accarezzarmi i capelli nel tentativo di confortarmi.
“Kim, tesoro, tu sei stata molto impegnata in questi giorni, probabilmente lo è anche lui. Devi smettere di preoccuparti.” mi disse con voce dolce, ma io non risposi e mi limitai a scuotere la testa affranta. Improvvisamente sentii un’altra stretta, maschile e ferrea, afferrarmi il braccio e strattonarmi con decisione in piedi; alzai lo sguardo sorpresa ed incontrai gli occhi di Alex, furenti e irritati.
“Senti, Kim. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, ma tu non sembri capirlo, anzi, molto probabilmente non vuoi capirlo. Tu mi piaci, ti voglio bene, sono innamorato di te. Vedila come vuoi, dannazione, ma smettila, ti prego, smettila di parlare di quello ogni giorno, ogni minuto, ogni ora. Non riesco, non sono capace, di vederlo riflesso nei tuoi occhi anche quando non c’è.” prese fiato per un attimo ed io con lui. Sentivo il respiro mozzo ed il cuore battere frenetico nel petto; il ritmo era del tutto simile a quello causato dalla presenza di Jared – e questo, questo, mi spaventò a tal punto che sentii la terra mancarmi sotto i piedi.
Alex chiuse un attimo gli occhi e quando gli riaprì erano dolci, diversi “Naturalmente so che ami lui, Kim, lo so, non devi preoccuparti. Non ti sto dicendo di scegliere me e lasciarlo, ma ti prego: puoi fare a meno di nominarlo ogni cinque secondi? Puoi smettere di sembrare una morta che cammina solo perché non lo senti da due miseri giorni? Puoi farlo, Kim?”
Annuii debolmente, troppo terrorizzata e imbarazzata per parlare, e Alex uscì dalla porta senza parlare.
Sentivo Mary borbottare che se lo aspettava, che era fin troppo strano il fatto che non fosse esploso prima; Annie trillava qualcosa sulle bellissime ed estremamente romantiche parole di Alex ed il mio cuore non la smetteva di battere furiosamente nel mio petto.
Sentivo l’unico ruolo che finora avevo ricoperto in modo quasi perfetto, quello di imprinting di Jared, stringermi improvvisamente addosso come una camicia troppo stretta, tanto da non permettermi di muovere le braccia a mio piacimento.
Sospirai tristemente e, dopo aver spento il cellulare, mi lanciai all’inseguimento di Alex.

 

Giorno 3 – Jared Pov

“EMBRY, PER FAVORE!”
“Non posso mamma, davvero. Scusami, la prossima volta ci sarò.”
“EMBRY, TI PROIBISCO DI USCIRE! OGGI STARAI A CASA!”
“Non posso.”
“SMETTILA DI RIPETERLO!”
“Mi dispiace, mamma.”
“SE ESCI DA QUELLA PORTA ORA NON TORNARE PIÙ, EMBRY!”
“…”
“…”
“Vado, mamma.”
Vidi Embry uscire di casa tremante e accigliato, mentre sua madre non la smetteva di urlare. Si trasformò velocemente e cominciò a correre accanto a me verso casa Swan: sentivo tutti i suoi pensieri, il suo rimorso ed il dispiacere nei confronti della madre.
Sentii di avere due possibilità: tornare a casa e chiamare finalmente Kim, sentire la sua meravigliosa voce ed assicurarmi che stesse bene, oppure accollarmi anche il turno di Embry, aiutando uno dei miei fratelli.
Il  mio cuore, la mia anima ed il mio corpo, ovviamente, mi indicavano la prima, lucente e giusta direzione, spingendomi verso quella strada con forza, senza darmi possibilità di scampo. Sembrava quasi un obbligo, ma non ne sentivo il peso: diversamente dagli ordini di Sam, a questo volevo ubbidire.
Tuttavia il mio cervello diceva che no, la direzione giusta era un’altra: diceva che Kim sicuramente stava bene, che forse non mi aveva risposto perché voleva un po’ di spazio e che Embry, invece, aveva bisogno di me adesso.

Embry, torna a casa. Ci penso io. Parla con tua madre.
Embry scosse la testa con decisione No, Jared, hai bisogno di Kim.
Non ha risposto e nemmeno richiamato. Vuole un po’ di spazio. Dissi con sicurezza, cercando di convincere lui e me stesso.
Grazie, fratello. Rispose infine, cominciando a correre verso casa.
Certo, certo.
Osservai la sua schiena allontanarsi e già me ne pentii. Kim! Kim!, urlava il mio cuore: sicuramente non sarei riuscito a farlo tacere.

 

 

Giorno 4 – Kim Pov

Era strano camminare fianco a fianco con Alex, come se non fosse successo nulla, come se le sue parole non avessero significato niente. Non lo amavo e mai l’avrei amato, questa era la mia unica certezza, ma non volevo che soffrisse. Sapevo fin troppo bene cosa significasse amare qualcuno e non essere ricambiati: ricordavo con dolorosa precisione le lunghe nottate passate a piangere per Jared e di certo non ero il tipo di persona che amava infliggere pene agli altri. Per questo, avevo deciso di accontentarlo e di evitare di parlare di Jared, di nominarlo, di pensarci e soprattutto di chiamarlo. Gli avevo mandato un messaggio, questo sì, rassicurandolo sulle mie perfette condizioni di salute e ribadendo, superfluamente, i miei sentimenti per lui aggiungendo un timido “Ti amo” alla fine.
Jared non aveva risposto e questo non fece che rafforzare la mia ipotesi: aveva bisogno di un po’ di spazio. Pochi giorni di lontananza da me sicuramente gli avevano sicuramente fatto capire che ero semplicemente una seccatura; probabilmente si stava divertendo molto insieme al resto del branco ed io non avevo intenzione di disturbarlo oltre. Sapevo bene quanto Jared mi amasse, di questo ne ero certa, ma capivo anche il suo bisogno di spazio.
Peccato che questa consapevolezza portasse con se il dolore più intenso che avessi mai provato.
“Alex, sono stanca.” gli dissi debolmente, cercando di evitare che la mia voce tremasse troppo “Vorrei riposare un po’.”
“Certo, Kim, ti accompagno in camera.” rispose immediatamente Alex, sorridendomi luminosamente.
Il cellulare, nella borsa, non squillava, ed io mi sentivo affogare.

 

Giorno 4 – Jared Pov

Ciao, Jared. Stai bene? Non sei stato ferito, vero? Mi spaventa non averti sentito. Dimmi che stai bene, ti prego.
Io sto bene. Il campus è accogliente, pulito e divertente. Annie e Mary, proprio come avevi loro chiesto, non mi mollano un attimo ed incredibilmente non mi sono ancora rotta niente.
Mi manchi, Jared. Spero tu stia bene. Ti amo.

Il mio cellulare, insieme a quell’SMS mai letto, era rimasto sul comodino per quasi due giorni, mentre, a chilometri di distanza, la battaglia tra Cullen, licantropi e neonati era cominciata, esplosa e finita vittoriosamente.
Ed io, mentre leggevo le sue parole tremanti –anche a distanza, senza vederla né sentirla, sapevo riconoscere le sue lacrime dietro quelle parole- piangevo con lei, rendendomi di non poterla certo chiamare ora, alle quattro di notte.
La mattina non era così lontana, pensai sedendomi distrutto sul letto, ed io, nonostante le cinque ore e più di battaglia, senza contare le oltre quaranta ore passate senza dormire, non avevo intenzione di addormentar-

Troppo tardi.

 

 

Giorno 5 – Kim Pov

“Kim, Kim, Kim, KIM!”
Mi voltai scioccata da tutte quelle urla e vidi Annie correre verso di me, sbracciandosi e urlando per attirare la mia attenzione. Era buffissima, con i capelli rossi che rimbalzavano sulle sue spalle e le guancie rossissime, e mi scappò un sorriso divertito.
Si fermo a pochi centimetri da me, sorridendomi apertamente. “L’ho incontrato.”
Corrugai le sopracciglia. “Chi?”
“L’amore della mia vita.”
Sentii il mio cuore stringersi alla parola amore, ma lo ignorai. “Davvero? E chi è, Annie?”
Annie sospirò felice e gli occhi le si illuminarono. “Si chiama Joshua, frequenta il secondo anno qui ed è bellissimo. Mi ha chiesto di uscire a cena, Kim! Devi assolutamente aiutarmi a decidere cosa mettere. Sono in panico!”
Sorrisi. “Hai già in mente qualcosa?”
“Pensavo ad una gonna, ma forse sarebbe meglio un vestito! No anzi, un paio di jeans…”
Annie cominciò ad incamminarsi trasognata verso la sua camera ed io la segui, un po’ titubante. Avevo lasciato la borsa ed il cellulare nella mia camera, ma decisi che, dopotutto, non mi sarebbe servito. Jared non avrebbe chiamato.
“… Vive a New York, Kim, ti rendi conto? Finalmente andrò via da La Push!” esclamò entusiasta Annie.
Cercai di riportarla con i piedi per terra. “Non esagerare con la fantasia, Annie, siete solo al primo appuntamento!”
Lei sospirò. “Parli bene, tu. Tu e Jared vi sposerete sicuramente! Non hai questo tipo di problemi. Io devo seriamente cominciare ad impegnarmi per non rimanere zitella!”
Era così sicura a proposito di me e Jared? Era questa lì impressione che davamo? Quei cinque giorni senza di lui mi avevano riempito di dubbi e insicurezze. Non sapevo se, con il tempo, qualcosa sarebbe cambiato, ma non volevo nemmeno pensarci. Se mi fossi ritrovata sola, senza Jared al mio fianco, cosa avrei potuto fare? Ormai mi ero abituata a lui, al suo calore, al suo amore. Per quanto sapessi di non meritare la sua adorazione non potevo immaginare la mia vita senza.
“Non lo so più, Annie. Non chiama e non risponde alle mie chiamate.” Sospirai tristemente. Oltre alla nostalgia cominciavo ad essere seriamente preoccupata: c’era pur sempre una vampira a cui stavano dando la caccia. Poteva essergli capitato qualcosa, poteva essere ferito. Non riuscivo a pensare all’ipotesi peggiore.
“Dai, Kim. Si vede lontano un miglio che è innamorato perso di te. Anche se, sinceramente, i suoi sentimenti sono cambiati davvero rapidamente. Di colpo, oltre ad entrare nella cricca di La Push e crescere in modo mostruoso, si è anche innamorato perdutamente di te. È davvero strano.” Disse pensierosa, portandosi un dito sotto il mento.
Sentii subito che dovevo cambiare discorso per proteggere il segreto di Jared e degli altri ragazzi. Annie non doveva cominciare ad interessarsi alla storia mia e di Jared, o si sarebbe accorta che, in effetti, c’erano molto punti oscuri. “Annie, non mi hai detto di che colore sono i capelli di Joshua…”
Annie sorrise di nuovo. “Oh, hai ragione! Allora, sono castani, ma con una strana sfumatura rossiccia…”

 

Giorno 5 – Jared Pov

Rispondi, rispondi, rispondi, rispon-
“Pronto?”
Oh. Oh, no. Ti prego no. No, no, no, no, no, no, no, no, NO!
Harrison?” ringhiai, senza preoccuparmi di controllare la voce. Non riuscivo a pensare.
“Padalechi, meglio tardi che mai!” esclamò allegro, ignorando la mia rabbia.
Mi sfuggì un altro ringhio. “Che cazzo ci fai al telefono?
“Squillava ed io ho risposto!” disse semplicemente, fingendo di non capire la mia domanda.
“È IL TELEFONO DI KIM, PEZZO DI MERDA!” scoppia, urlandogli contro tutta la mia rabbia accumulata, sentendo il mio corpo iniziare a tremare.
Scoppiò a ridere per nulla intimorito. “Oh, giusto. Beh lo ha dimenticato in camera. Ero venuto a cercarla e tu hai chiamato proprio in quel momento.
Mi calmai immediatamente. Per un attimo avevo immaginato tutti i peggiori scenari possibili.
“Bene, Harrison, Grazie dell’informazione. Ora vai a cercarla e passamela.” Ordinai, passandomi stancamente una mano tra i capelli. Le venticinque ed oltre ore di sonno non avevano alleviato la stanchezza dovuta alla battaglia.
“No, non credo che lo farò.”
Sospirai pesantemente, appoggiando la fronte sul pugno chiuso ermeticamente. “Harrison, è stata davvero una lunga settimana. Ho bisogno di sentire Kim. Passamela.” Ripetei, cercando disperatamente di non trasformarmi: avrei distrutto la mia camera e buona parte di tutto il piano superiore.
Lo sentii sbuffare. “Oh, come mi dispiace Padalechi, che la tua sia stata un lunga settimana. Beh, la mia è una lunga vita. Non sono figo come te, non ho i tuoi amici, non ho la tua fama e, soprattutto, non ho la ragazza che amo. Ti sei permesso si portarmela via così, da un giorno all’altro, senza curarti che ci fosse qualcuno, accanto a lei, che la amava da sempre. A te è bastato un giorno. Dio, quanto ti odio. Mi hai portato via Kim, Padalechi, quindi no, non credo che te la passerò, adesso.”
Non potei trattenermi dallo scoppiare a ridere. Harrison diceva di amare Kim? Non sapeva nemmeno cosa significasse quella parola. Se avesse conosciuto l’intensità dei miei sentimenti di certo non avrebbe mai detto di amarla.
“Senti, Harrison, non me ne frega un cazzo dei tuoi sentimenti. Voglio solo Kim, ora.”
“Ti ho appena detto, Padalechi, che non te la passerò. Questa è la mia occasione per lottare e la sfrutterò. Ho intenzione di provarci fino in fondo e sai cosa intendo. Ciao, Padalechi.”
“HARRISON, NON OSARE..!”
Troppo tardi. Aveva riagganciato e con ogni probabilità spento il telefono.
Ebbi appena il tempo di buttarmi fuori dalla finestra prima di trasformarmi. Toccai a terra già a quattro zampe, incurante della possibilità di essere visto, lanciandomi nella foresta. Ero stanco, triste ed incazzato come mai nella mia vita e se l’unica persona che avrebbe potuto alleviare la mia sofferenza era a Washington, sarei andato lì. Che Sam, il branco e Bella Swan andassero a fanculo.

 

Giorno 6 – Kim Pov

Controllai distrattamente l’orologio: l’una e un quarto di mattina. La festa era durata parecchio, ma io non mi ero per nulla divertita.
Mi sedetti su una panchina, avendo cura di non sciupare il bel vestito blu notte che Annie mi aveva gentilmente prestato. Lontana da tutto –musica, colori, Alex- potevo finalmente concedermi il lusso di pensare indisturbata a Jared.
Con la mente ripercorsi i suoi capelli cespugliosi e soffici, tra cui amavo immergere le mani e cercare di riordinarli. Scelsi lungo la fronte liscia e troppo spesso corrugata dalla preoccupazione o dalla stanchezza, passando sulle sopracciglia folte e ben delineata fino ad arrivare agli occhi che tanto amavo, del marrone più caldo che avessi mai visto. Ripensai alle emozioni che sapevano darmi semplicemente posandosi su di me e rabbrividii di piacere, permettendo che mi invadessero fino in fondo, toccando il mio cuore.
Tracciai ad occhi chiusi i tratti del suo viso con attenzione: il naso dritto, le guancie magre ma morbide, la mascella squadrata e spesso tesa, il collo nervoso e le spalle ampie e muscolose. Pensando al  suo fisico perfetto, ai suoi muscoli che si tendevano perfettamente sotto la pelle, sentii le guancie andare a fuoco.
Il ricordo del suo sorriso brillante, malizioso, divertito o dolce che fosse, mi riempì gli occhi di lacrime. Improvvisamente capii che quello che credevo di aver provato per la dichiarazione di Alex non era niente, niente. L’amore che solamente il ricordo di Jared portava con se era sufficiente a farmi girare la testa dall’emozione. La lontananza non aveva scalfito il mio sentimento con lui, quell’amore che ormai provavo da tanti, troppi anni. Allontanarmi da Jared era andare contro me stessa e lottare contro tutto ciò in cui credevo. Nonostante avessi appena diciotto anni ero sicura che non sarei mai riuscita ad amare qualcuno con la stessa distruttiva intensità, così forte da farmi male.
“ Kim.”
Sorrisi ad occhi chiusi: riuscivo perfino a sentire la sua voce, roca e decisa, come se fosse vera.
“ Kim.”, ripetè la voce di Kared.
Stavolta aprii gli occhi, circospetta. E poi mi sentii svenire.
Era lì davvero. Jared.
Ci fissammo a lungo, senza parlare né muoverci. Non riuscivo a distogliere i miei occhi dai suoi e le mie gambe si rifiutavano di muoversi.
Dopo quella che mi parve un’eternità, finalmente il mio corpo ripartì. Feci un primo passo tremante, incerta come una bambina che compie i suoi primi passi. Allungai un braccio verso di lui –il tremolio si era esteso fino alle dita- e sentii le lacrime pungermi gli occhi.
“Jared.” mormorai.
L’attimo dopo ero tra le sue braccia, l’unico posto in cui avessi mai desiderato essere in quei sei giorni scarsi, le mie labbra premute contro le sue nel bacio più disperato che ci fossimo mai dati.
Naturalmente scoppiai a piangere.

 

 

Giorno 6 – Jared Pov

È qui, è qui, sta bene, mi vuole.
Mi ripetevo questa mantra nella testa da più di dieci minuti, ma non era facile convincermene. Eppure Kim era tra le mie braccia, sana e salva. Sentivo il suo calore sulla pelle, le sue lacrime bagnarmi le guancie, la sua bocca esitare sulla mia con intensità. Strinsi tra le mani i suoi capelli, affondando il viso nell’incavo del suo collo e baciandole la spalla lasciata nuda dal vestito.
Stavo finalmente bene. La stanchezza, il dolore e la rabbia di quei giorni erano evaporati come neve al sole alla sola vista di Kim. Il ricordo della battaglia e la preoccupazione per Jacob erano stati relegati in un angolo della sua mente, lontani ma presenti.
La strinsi e la strinsi e la strinsi per non so quanto tempo. Non volevo staccarmi, non volevo parlare, non volevo respirare. Ricongiungersi era meglio di quanto pensassi: era emozionante più dell’imprinting stesso.
Non parlammo mai quella notte. Non c’era bisogno di scuse, spiegazioni o frasi d’amore. Tutto quello di cui avevamo bisogno in quel momento eravamo noi stessi.
Kim era stata mia, lo era e lo sarebbe stata, così come il mio cuore e la mia anima le sarebbero sempre appartenuti. Di certo pochi giorni di lontananza o un semplice adolescente non avrebbero potuto fare niente contro il nostro amore. Il sentimento che ci univa era già oltre a tutti i problemi adolescenziali. Era uno scalino superiore, un tale livello di coinvolgimento e adorazione che nemmeno la morte avrebbe potuto spezzare. Ora sapevo che saremmo potuti stare lontani anche anni: il nostro amore eravamo noi stessi. Perderlo avrebbe voluto dire perdere la nostra identità.
Avrei voluto dirle tante cose, urlarle che l’amavo, che mi era mancata, che avevo pensato a lei ogni secondo di lontananza.
Ma le parole rimasero bloccate in gola, rimpiazzate dal peso che sentivo sullo stomaco. Ora che l’impellente e martellante bisogno di Kim erano stati soddisfatti, fui immerso da tutto quello che avevo accumulato quella settimana: la lontananza da Kim, Victoria e i neonati, i turni di guardia, la paura per la mia famiglia, la battaglia, Jacob ferito e quasi morto…
Mi accasciai sulle ginocchia di Kim e piansi tutte le lacrime che mi tenevo dentro da giorni.

 

 
È strano e difficile e a volte brucia nel petto come una fiamma viva. Allo stesso modo è capace di scaldarti come i primi, tiepidi raggi di sole di maggio, più belli e caldi perché tanto agognati dopo un lungo inverno gelido.
Può essere felice, ma il più delle volte non lo è. Nel nostro caso, esseri che di umano avevano ben poco, probabilmente sarò più difficile che per chiunque altro.
Non sarà stato sempre bello, né per me, né per Quil, né per Sam. Sarà problematico e strano, come lo può essere amare la persona perfetta per noi contro la nostra volontà.
Ma, nonostante tutto, è più forte di noi.

 

Inutile amore.

***



Ehm.

Chiedo umilmente scusa, in ginocchio e cospargendomi i capelli di cenere. Non ho scuse per questo assurdo ritardo, se non che la mia ispirazione sembrava essersi spenta nel nulla. Nulla per mesi, mesi. Mi sono letteralmente strappata le parole dalla testa per scrivere questo capitolo. Non mi piace, ma spero piacerà a voi.
Ringrazio con tutto il cuore coloro che hanno recensito, messo nei preferiti e nelle storie seguite. Questo capitolo è solo per voi.
Spero non vi siate dimenticati di me e che siate ancora interessati a questo piccolo pezzetto d'amore che è la mia storia.
Chiedo scusa se non rispondo alle recensioni questa volta, ma la voglia di aggiornare è davvero troppa.

Baci,
Giuka.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=331936