Storia di Hogwarts

di Elizabeth_Keats
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Storia di Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Pt. 2 ***



Capitolo 1
*** Storia di Hogwarts ***


Storia di Hogwarts

Era tardi. Non sapeva con certezza che ore fossero, ma l’oscurità che si era pian piano addensata fuori dalla finestra glielo poteva facilmente suggerire. Sbuffò leggermente, voltando l’ennesima pagina del grande volume che aveva davanti e così facendo rompendo per un breve istante il silenzio caratteristico della biblioteca. Normalmente a quell’ora la si sarebbe potuta trovare comodamente seduta su una delle poltrone della sala comune di Grifondoro a chiacchierare con la sua piccola compagnia di amici davanti al caminetto acceso o, più probabilmente, impegnata con un altro dei suoi volumi enciclopedici. Come lo era al momento, del resto. Ma ultimamente aveva preferito disertare quell’ambiente fatto di calore e chiacchiere per ritirarsi in quel luogo di Hogwarts che era stato suo fin dal primo anno. La luce delle lampade era soffusa e quasi sonnacchiosa, mentre gli alti scaffali stracolmi di libri di ogni genere incombevano su di lei come alti grattacieli. Il silenzio era talmente radicato che pareva che tutto attorno a lei fosse in attesa di qualcosa con il fiato sospeso. E lei adorava quel silenzio, forse perché era l’unica cosa che le permetteva di concentrarsi a fondo sui suoi libri e tenere a debita distanza la mente da altre faccende. E in quel periodo erano parecchie le faccende a cui non desiderava pensare.

Hermione alzò un attimo gli occhi dal suo tomo di Trasfigurazione e, dopo essersi passata una mano tra i capelli ricci cercando di riscuotersi dal torpore che minacciava di farla crollare lì seduta stante, diede una veloce occhiata attorno a sé. Ma il suo sguardo non incontrò nessuno, soltanto file di libri interrotte qua e là da lunghi tavoli sulla cui superficie lucida si rifletteva in piccole chiazze la luce aranciata delle lampade da lettura. Anche Madama Pince, la bibliotecaria, sembrava essersi volatilizzata. Probabilmente a quell’ora la maggior parte degli studenti di Grifondoro doveva aver raggiunto i propri dormitori e quindi il pericolo di incrociare una certa coppia di persone andava scemando. Ma prima di abbandonarsi a un sonno ristoratore senza incubi nel suo letto, pensò, avrebbe finito il capitolo. Faceva sempre così: si sovraccaricava di lavoro più del solito e seguiva ritmi di studio che avrebbero messo in crisi chiunque pur di abbandonarsi la sera a un sonno immediato e magari senza sogni. Questo e altro per non pensarci. Così ritornò al secondo capoverso e riprese ad arrovellarsi su un problema riguardante gli incantesimi non verbali.

A occhi esterni Hermione Granger sarebbe potuta apparire la studentessa modello di sempre, che magari aveva raddoppiato le sessioni di studio per affrontare al meglio i M.A.G.O. che avrebbe dovuto affrontare l’anno successivo. Ma chi la conosceva bene poteva affermare con certezza che quello non era semplice stacanovismo, bensì la causa di tutto ciò poteva essere ricondotta a una precisa persona. O a due, per meglio dire. Hermione sapeva benissimo che l’unico posto in cui non si sarebbe potuta imbattere in Ron e Lavanda attorcigliati l’uno all’altra a mo’ di meduse era la biblioteca. E Harry non era stato di certo l’unico ad accorgersi dell’aura negativa che circondava la ragazza dalle ultime due settimane a questa parte, come dei tagli su mani e braccia che Ron esibiva dopo l’attacco dei canarini e che non pareva volessero accennare a scomparire. Così Hermione, invece di mettersi il cuore in pace e accettare che il suo migliore-amico-ma-qualcosa-di-più avesse una fidanzata oppure spaccare il naso a Lavanda con un cazzotto ben assestato, aveva preferito la neutralità. Faceva finta che fosse tutto a posto, ma, come tutti gli uomini dovrebbero sapere, quando una donna dice che va tutto bene in realtà intende l’opposto contrario. Quindi non le rimaneva che rodersi nel suo intimo, lasciando rare volte, quando era sopraffatta dal pensiero di Ron e Lavanda, che alcune lacrime amare le arrossassero gli occhi. Ormai per Hermione non era un mistero che quello che provava per il rosso andava ben oltre la semplice amicizia e anche altri vicini a lei l’avevano inteso. Ma non Ron.

Alla fine, seccata, richiuse il libro con uno schiocco deciso, per poi infilarlo nella borsa insieme agli altri. Mentre faticava per incastrare il poderoso tomo al suo posto, la sua attenzione cadde su un altro libro dalla copertina scura. Le sue mani si bloccarono a mezz’aria come pietrificate, mentre il cervello riconosceva il libro. Si trattava dell’ultima edizione aggiornata e riveduta di Storia di Hogwarts e, appena Hermione ne scorse il titolo dorato sul dorso, la vista le si appannò e gli occhi le divennero lucidi. Era strano che fosse ancora lì, pensò deglutendo per cercare di calmarsi. Era più che sicura di aver tolto dalla propria vista tutto ciò che potesse ricordarle lui. Eppure le pagine che emanavano ancora il lieve odore d’inchiostro della carta stampata di recente erano proprio lì davanti a lei. Non l’aveva più aperto da quel fatidico giorno della vittoria di Quidditch, ma ricordava benissimo di quando l’aveva acquistato.

 

«Ron! Sei sempre il solito!».

Un ragazzo alto ed allampanato, la cui chioma rosso fuoco dava sicuramente nell’occhio, alzò con cautela lo sguardo dal pavimento e dal disastro che aveva appena combinato, per puntarlo sulla ragazza che gli stava di fronte.

«Non è stata colpa mia! Erano… erano in bilico!».

Hermione, le braccia conserte sul petto e un’espressione austera molto simile a quella della professoressa McGranitt dipinta in volto, sollevò un sopraciglio e gli restituì lo sguardo con una nota di perplessità.

«Sì e diciamo pure che ci sei andato direttamente a sbattere contro…».

Ron sbuffò, ricacciandosi in gola la replica acida che gli era salita spontaneamente alle labbra, e si chinò a raccogliere i libri che aveva appena fatto cadere: tanto lo sapeva benissimo che discutere con Hermione non l’avrebbe portato da nessuna parte.

«E poi non si fa tutto questa confusione in una libreria». Con quest’ultima frase la ragazza si dileguò dietro ad uno scaffale, lasciando l’amico lì da solo a rimettere a posto.

Ron era ormai rassegnato da tempo al carattere puntiglioso e spesso esasperante di Hermione, anzi, credeva di esserlo sempre stato. Anche una semplice commissione come quella di acquistare i libri per il nuovo anno scolastico nella solita libreria de Il Ghirigoro a Diagon Alley insieme a Hermione non era sinonimo di un pomeriggio rilassante. Però, come alla sua goffaggine del resto, c’era abituato e, non appena ebbe finito di riordinare la pila di libri e fatto un breve cenno di scuse al proprietario, si affrettò a raggiungere la ragazza. Come si sarebbe dovuto aspettare, la trovò nella religiosa contemplazione di uno scaffale a mezza altezza che ospitava libri del tipo che non sarebbero di certo mai passati sotto il naso del rosso. Grossi volumi polverosi dai titoli complicati, che trattavano di branche della magia alle quali solo un individuo ligio alla cultura come Hermione avrebbe potuto interessarsi. Ma che per il povero Weasley parlavano ostrogoto. Ron rimase in silenzio al suo fianco per qualche minuto, mentre Hermione esaminava l’intero scaffale con notevole interesse e concentrazione, sussurrando i titoli dei libri e lasciando scorrere un dito sulla loro costa. E Ron si chiese cosa diavolo stava mai cercando, mentre reprimeva a stento uno sbadiglio: non ne poteva più di quel luogo ovattato che odorava di pergamena.

«Allora?» si decise a sbottare alle fine, consapevole del fatto che se non fosse intervenuto avrebbe passato tutto il suo sesto anno di scuola in quella libreria.

Ma Hermione, ovviamente, parve infastidita da quel suo intervento, che in effetti pareva aver rotto quella specie di equilibrio e di stasi che regna in tutti i luoghi popolati da libri. Gettò su di lui uno sguardo molto eloquente che gli ingiungeva di stare zitto.

«Si può sapere cosa diavolo stai cercando?» continuò il ragazzo nonostante tutto. «Abbiamo già preso tutti i libri per la scuola ormai…».

«Certo» gli concesse Hermione con un sorrisetto e come se stesse parlando con un ingenuo bambino. «Ma me ne serve un altro che non c’è nell’elenco».

Ron alzò gli occhi al cielo: c’era d’aspettarselo. In fondo cos’era Hermione senza il suo solito quintale e mezzo di carta rilegata e stampata?

«E quale libro, di grazia?».

La ragazza parve per un attimo colpita da quella domanda: di solito Ron non si era mai interessato a quel genere di cose. Un’espressione perplessa doveva aver preso possesso del suo volto, visto che Ron, forse per rispondere alla sua domanda implicita, continuò: «Così ti aiuto a cercarlo, ergo ci mettiamo meno tempo, ergo andiamo subito al negozio di Fred e George».

Finì di parlare cercando di assumere una nota brillante che avrebbe forse fatto impallidire la logica razionale della riccia, che alla fine si arrese.

«Storia di Hogwarts».

«Che?».

«Storia di Hogwarts… Hai capito bene».

Il rosso rimase per un attimo interdetto. «Ma non l’hai già letto tipo milleduecento volte?».

Hermione scosse il capo e corrucciò le labbra nel vano tentativo di trattenere una risatina che stava per “c’avrei giurato che l’avresti detto”.

«La nuova edizione. Aggiornata e riveduta».

Ron rimase per un attimo a bocca semiaperta, credendo a stento alle sue orecchie: insomma, era come se lui avesse chiesto a sua madre di rifargli per Natale lo stesso maglione color melanzana di qualche anno prima ma con ricamata una piccola R sul petto. Ne aveva già uno, cosa se ne faceva di un altro praticamente identico? Mah, valle a capire le donne…

«Aaaah. Certo, l’edizione aggiornata. Ovvio».

E si allontanò tra gli scaffali con passo svogliato e alla ricerca del fatidico libro, giungendo alla conclusione che non avrebbe mai capito il perché di quell’inutile acquisto come non avrebbe mai inteso cosa frullava di solito per la testa della sua migliore amica.

Precisamente venticinque minuti dopo il nostro sfortunato eroe era ancora alla ricerca del tomo perduto tra scaffali e scaffali di libri che cercavano di trarlo in inganno con le loro copertine sgargianti e i titoli scritti a lettere elaborate. Ma alla fine dopo lungo vagare, informandosi di tanto in tanto sulle ricerche di Hermione e chiedendosi nel suo intimo se non avessero fatto meglio a chiedere al commesso, il libro gli apparve sotto al naso come una visione paradisiaca. Rilesse il titolo più di una volta e, in effetti, la parola Hogwarts era preceduta da Storia e, guarda un po’, sotto in piccolo c’era pure scritto qualcosa del tipo nuova edizione. Quando si dice fortuna! Ehm, sì… peccato che l’oggetto della sua ricerca si trovasse sullo scaffale più alto, ben aldilà della sua portata.

«Hermione! L’ho trovato».

In un batter d’occhio la ragazza fu al suo fianco in uno svolazzare di capelli ricciuti e con gli occhi che le brillavano di gioia a stento repressa.

«Bravo, Ron! Bravo, bravo!» esclamò saltellando e con gli occhi incollati allo scaffale più alto.

«Ehm, sì, grazie… Ma come…?».

E Ron allungò un braccio per indicare l’altezza a cui si trovava il libro in questione. Hermione, senza aggiungere una parola di più, sparì e tornò subito dopo con una piccola scaletta pieghevole recuperata chissà dove.

«Ci stanno apposta, se tu non l’avessi notato…».

Ron rispose al suo sussurro con un sorriso sbilenco: era sempre la solita So-Tutto-Io.

In men che si dica l’oggetto dei desideri di Hermione fu tra le mani del ragazzo e già il rosso si avviava trionfante verso la discesa dalla scaletta sbilenca. Finalmente ne aveva fatta una giusta, pensò raggiante. Finalmente la goffaggine di Ron Weasley l’aveva abbandonato per un attimo e finalmente per una buona volta Hermione non avrebbe avuto niente di cui rimproverarlo. Anzi, avrebbe dovuto venerarlo, inginocchiandosi a pregare davanti a un altarino appositamente dedicato a lui. E mentre pensava a queste cose con il brio della gloria che minacciava di dargli alla testa e sentendosi orgoglioso più del dovuto per essersi fatto bello agli occhi di Hermione, mise il piede sull’ultimo scalino. Non l’avesse mai fatto…

«Miseriacc…!».

Non fece in tempo a completare quell’imprecazione, che un tonfo sordo, preannunciato da un sinistro scricchiolio, fece rintronare tutti i presenti. E a quel colpo ne seguirono innumerevoli altri in rapida successione, mentre l’intera libreria si svuotava velocemente del suo contenuto per riversarlo a terra come una pioggia torrenziale di proiettili. Il fracasso fu tale che il debole urletto di sorpresa di Hermione si colse a stento. Probabilmente, si disse lei, un libro particolarmente pesante doveva esserle piombato direttamente sulla testa, perché, mentre il rumore si spegneva d’un tratto, un forte giramento di testa le impedì di distinguere l’alto dal basso. Sentiva soltanto il fruscio della carta attorno a sé e un peso opprimente sulla schiena e sulle gambe. E… sì, anche qualcosa di morbido e caldo sotto di lei. Un attimo: qualcosa di morbido e caldo?!? Si riscosse di colpo, mentre il suo cervello allarmato scacciava via l’intontimento iniziale. Sbarrò gli occhi con il fiato corto, ben consapevole di che cosa si sarebbe trovata davanti. E non si sbagliava.

«OmioDio!».

All’esclamazione metà allarmata e metà sorpresa di Hermione anche Ron riprese velocemente coscienza della situazione e, non appena si rese conto di dove era, diventò immediatamente scarlatto. Come Hermione del resto, rimasta talmente di stucco che non solo il suo cuore pareva essersi dimenticato per strada qualche battito ma anche le sue gambe e braccia si erano come pietrificate. Tutto questo non a torto. Quando il piede di Ron aveva avuto l’ardire di sostare sull’ultimo scalino, quello più scricchiolante, quello forse per dispetto aveva deciso di spezzarsi, catapultando il ragazzo a terra. E non solo: nel vano tentativo di non capitombolare a terra Ron si era aggrappato a uno degli scaffali, il quale però non aveva retto il suo peso, inclinandosi e rovesciando sui due malcapitati una frotta di libri. Perciò Ron era caduto… ed Hermione su di lui. Così che non solo la ragazza si trovava comodamente distesa sul corpo dolorante dell’amico, ma la distanza tra i loro volti si era di parecchio accorciata, tanto che Hermione poteva benissimo sentire il respiro caldo di Ron sul proprio volto e il battito accelerato del suo cuore che tambureggiava contro il suo braccio ripiegato malamente.

Poi Ron reagendo spontaneamente e forse nel tentativo di aggiungere un po’ di distanza tra loro due, si mosse di scatto, con il battito del cuore che accelerava ogni secondo di più, facendo affluire altro sangue alle guance in fiamme. Ma ottenne l’effetto indesiderato. Tentò di alzarsi, ma così facendo diede una testata ad Hermione, che si lasciò sfuggire un breve gemito di dolore. Ma la loro pelle non aderì soltanto sulla fronte. In quello stesso movimento i loro nasi si sfiorarono e le labbra di Ron, prima di ritrarsi con uno scatto repentino, lambirono qualcosa di umido e caldo. Ora fu il turno di Hermione di arrossire violentemente e rimanere con il fiato sospeso. Uno strano pensiero piacevole le trapassò la mente: Ron l’aveva quasi baciata. Sì, per errore e probabilmente adesso si stava pentendo di quel gesto così goffo, però… Rimasero per un attimo a fissarsi l’un l’altra con occhi sgranati e il fiato mozzo, mentre le rispettive menti danzavano frullando su quel mezzo accaduto. E se per Hermione era stato un mezzo shock, Ron per un nanosecondo pensò che forse sarebbe potuto essere pure piacevole. Sentiva nitidamente il suo profumo dolce e vagamente speziato e da così vicino i suoi occhi color cioccolato parevano emanare una luce diversa e tremendamente nitida, quasi come stelle. Anche Hermione pensava la stessa cosa, mentre scrutava la propria espressione ebete riflessa negli occhi azzurri del ragazzo. Ma il caos li aveva invasi da capo a piedi e non solo non erano in grado di rimettersi in piedi e far finire quel momento così imbarazzante, ma non sentirono nemmeno i passi in avvicinamento del proprietario del negozio.

«Per la barba di Merlino! Che disastro!» squittì con un’espressione truce e parecchio irritata che preannunciava una brutto epilogo per i due ragazzi.

Ron e Hermione volsero lentamente gli occhi verso l’alto e, quando finalmente si accorsero del nuovo arrivato, il primo si affrettò a scrollarsi di dosso l’amica e ad assumere un’aria sicura di sé. Intanto Hermione, accanto a lui, cercava di ridare un tono ai vestiti stropicciati per la caduta e, anche lei tutta rossa, fece per nascondersi in un angolo, probabilmente desiderando di venire inghiottita dal pavimento.

«Ci scusi tanto, signore» balbettò Ron che ormai aveva raggiunto una sfumatura bordeaux molto carico. «Ma la scala si è rotta e…».

«Non voglio sentire scuse!» esclamò ancora l’altro mago, sempre più impettito. «Uscite immediatamente da qui prima di combinare qualche altro guaio! Non voglio mai più vedervi in questa libreria, parola mia!».

E sempre borbottando e lanciando tra i denti un’altra lunga serie di invettive contro i due, sfoderò la propria bacchetta e, con un paio di incantesimi, aggiustò la scaletta, rimise dritta la libreria e fece volare di nuovo tutti i libri al loro posto. Prima che fosse attratto come un ago dalla calamita sull’ultimo ripiano, Hermione afferrò il libro causa di tutto quel trambusto appena le passò davanti svolazzando a mezz’aria.

«E questo…? Io…» balbettò lei evidentemente in imbarazzo all’indirizzo del mago.

Quello, che si stava già dirigendo verso il bancone tutto alterato aprendosi un varco nella numerosa folla che si era riunita sul luogo del misfatto attirata da quel rumore infernale, si voltò di scatto verso Hermione, alzando su di lei un’occhiata di fuoco. Il cuore di Ron, in uno slancio di galanteria, si sentì in dovere di intervenire per difendere quel piccolo pulcino intimorito, ma alla fine si disse che era meglio non attaccare altre brighe.

«Prenditelo pure senza pagare. Mi basta solo che non mettiate mai più piede qui in tutta la vostra vita».

Ron e Hermione si guardarono leggermente perplessi facendo spallucce, mentre la ragazza stringeva al petto il suo prezioso libro: di certo quella non era la prima regola che infrangevano e probabilmente non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Così, ormai quasi dimentichi dello spiacevole inconveniente, uscirono fianco a fianco da Il Ghirigoro, dirigendosi verso il negozio di scherzi di Fred e George. Ma, nonostante entrambi facessero finta di niente, lungo la strana che percorsero in silenzio pensarono tutti e due al quasi-bacio di poco prima. Ognuno fu invaso da una differente e altrettanto ampio ventaglio di emozioni contrastanti ed entrambi si ripromisero di serbare quel racconto così comico nella parte più interiore del proprio cuore. E magari un giorno quello sarebbe potuto essere un argomento interessante e divertente da raccontare in una serata tra amici. Omettendo qualche particolare, ovviamente.

 

Hermione sbatté le palpebre e una lacrima solitaria le rigò la guancia luccicando. Lentamente sfilò fuori dalla cartella il libro e prese a sfogliarlo distrattamente. Ma i suoi occhi non si soffermavano a lungo sulle scritte e sulle illustrazioni, perché oltre a quelle pagine stampate che decantavano la storia di una delle scuole di magia più antiche e famose del mondo vedeva molto più di ciò che c’era scritto. Attraverso la fine filigrana della pergamena e le miniature elaborate all’inizio di ogni capitolo poteva scorgere quella montagna di libri sparpagliati attorno a lei e Ron. Attraverso il lieve fruscio delle pagine poteva riudire lo scricchiolio della scala che andava in frantumi e il tonfo sordo dei libri sul pavimento. Attraverso l’odore d’inchiostro e pergamena poteva risentire il profumo di Ron, così caldo ed invitante come non l’aveva mai immaginato. Un’altra lacrima sfuggì alle sue ciglia e, rotolando come l’altra lungo la guancia, andò a bagnarle le labbra, lasciando dietro di sé una scia salata. E si chiese che sapore avessero mai le labbra del suo migliore amico e come sarebbe stato se quello fosse stato un bacio in piena regola. Di certo le cose sarebbero andate diversamente, pensò. Probabilmente Ron si sarebbe accorto che provava qualcosa per lei e altrettanto probabilmente Lavanda non avrebbe mai attraversato i binari uniti delle loro vite. Se quello fosse stato un vero bacio allora lei in quel momento non sarebbe mai stata da sola in biblioteca a piangere su quel libro carico di ricordi agrodolci. Si riscosse un attimo, dandosi della scema per stare lì a piangere come una stupida ragazzina, e si asciugò in fretta le lacrime. Raccattò su sbrigativamente tutti gli altri libri e quaderni sparsi sul tavolo e si disse che era ora di finirla con quell’insulsa nostalgia del passato e tornarsene al proprio dormitorio, per essere pronta il giorno dopo ad affrontare un’altra massacrante giornata di studio.

Ma evidentemente Hermione nella fretta di ridarsi un tono aveva dimenticato qualcosa. Infatti il giorno dopo, seppur suonasse quasi inverosimile, un ragazzo dai capelli rossi ebbe l’ardire di avventurarsi in quella parte della biblioteca, alla ricerca di qualche volume che l’aiutasse in una ricerca di Erbologia, visto che la sua fonte primaria di cultura non era al momento disponibile. E, passando proprio là dove Hermione era stata la sera prima, Ron trovò ancora lì sul tavolo una copia della nuova edizione aggiornata e riveduta di Storia di Hogwarts.

Questa è la mia prima ff su Ron/Hermione, coppia che adoro in assoluto, forse perchè sotto molti aspetti mi sento vicina alla nostra cara So-Tutto-Io. Non considero questo uno dei miei migliori scritti e quasi sicuramente in futuro ne pubblicherò altri di questo tipo tanto per affinare la tecnica. Come avrete già notato la vicenda si svolge verso la metà del sesto anno, subito dopo l'avvento di Ron e Lavanda, mentre il flashback potrebbe essere una specie di missing-moment (anche se è probabile che tempi e situazioni non combacino con il libro) alla fine dell'estate ne "Il principe Mezzosangue". L'idea della libreria è nata dalla passione per i libri che io e Herm abbiamo in comune e poi mi piaceva vedere Ron in azione su un terreno non suo: quindi diciamo che oltre a one-shot romantica è anche un po' comica. Spero di aver reso bene entrambi i personaggi, immedesimandomi al meglio in loro come cerco sempre di fare, oltre di aver reso un po' più piacevoli e dolci dieci minuti della vostra giornata.

E ovviamente spero anche che le vostre recensioni siano numerose. A presto!

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Capitolo 2
*** Pt. 2 ***


Pt. 2

Era da un bel po’ che non metteva piede in biblioteca, pensò Ron facendo scorrere lo sguardo quasi smarrito in mezzo a tutti quegli scaffali. Precisamente da quando aveva baciato per la prima volta Lavanda, anche se pure prima non era stato un assiduo frequentatore di quel luogo silenzioso e come staccato dal resto del mondo. Di solito quello era il dominio di Hermione… Questo pensiero affiorò quasi spontaneamente tra i tanti altri, come una costatazione ovvia ed innocente, ma non appena il ragazzo si accorse quale era il soggetto della frase si affrettò a cancellare il tutto in un battibaleno. Inspirò a fondo e scosse la testa per tentare di scacciare quel pensiero e si avviò lungo il reparto che doveva fare al caso suo. Quasi senza rendersene conto, mentre cercava di capire in che ordine fossero disposti quei dannati libri, in un gesto quasi automatico si passò distrattamente una mano sul braccio sinistro, facendo affiorare oltre l’orlo della manica i segni che ancora portava dei becchi acuminati dei canarini infuriati della sua migliore amica. Continuavano a dargli fastidio e a causargli un insopportabile prurito, senza contare che sembravano non voler sparire per nulla al mondo, quasi fossero profonde cicatrici.

Tra sbuffi e imprecazioni sussurrate tra i denti alla fine Ron riuscì a trovare qualcosa che forse gli si sarebbe potuto rivelare utile, ovvero un vecchio librone polveroso la cui copertina minacciava di saltare via da un momento all’altro. Ok, ci aveva messo tipo il doppio di tempo rispetto a se qualcuno di sua conoscenza fosse stato lì ad aiutarlo, ma con un’alzata di spalle si disse che se la sarebbe potuto cavare benissimo anche da solo. In fondo che ci voleva a scrivere una maledetta ricerca di Erbologia sulla Tentacula Velenosa? Va bene, magari non sarebbe stata perfetta, però avrebbe fatto di tutto per renderla almeno sufficiente. Anche perché per questo genere di cose non poteva contare su Lavanda. Si lasciò cadere su una sedia a uno dei tanti tavoli e sospirò di sollievo sbattendo il libro sul piano di legno lucido e, così facendo, alzando una piccola nuvoletta di polvere. Anche se la prospettiva delle prossime due o tre ore sarebbe stato uno studio estenuante, si sentiva quasi rilassato. Per una buona volta non aveva Lavanda appiccicata al colletto della camicia, intenta a sussurrargli all’orecchio ogni genere di pensierini dolci e melensi. Troppo melensi. Per una volta non doveva rendere conto di niente a nessuno e soprattutto non doveva sopportare quella piattola della sua fidanzata e farsi bello ai suoi occhi. Non bisognava fraintendere, però; gli piaceva stare con Lav, lo faceva sentire in qualche modo realizzato, soprattutto dal punto di vista fisico, e alla stessa altezza degli altri, anche se a volte aveva bisogno di starsene un po’ per conto suo. O, almeno, era così che la pensava.

Spulciò quel vecchio libro per una mezz’ora circa, arrovellandosi su paroloni ricercati di cui ignorava del tutto il significato ed arcaismi che non rendevano la sua impresa certo più facile. Così alla fine scoprì di non aver fatto molti progressi, anzi di non averne proprio fatti. E, per l’ennesima volta, si ritrovò a pensare quanto sarebbe stato facile se solo lei… No, si disse risoluto, lui non doveva dipendere da Hermione solo perché lei era più intelligente, più brillante, più riflessiva, più geniale, più… Oh, accidenti! Avevano litigato, va bene, ma non per questo lui doveva sentirsi in colpa! In fondo lui non c’entrava niente con gli squilibri ormonali di Hermione, no? E se il fatto che lui ormai stesse con Lavanda non le era ancora andato giù, be’, tanto peggio per lei: tanto sapeva bene che era solo invidia. Invidia perché lui poteva abbarbicarsi a Lavanda in pubblico e lei, invece, non poteva fare altrettanto con il suo adorato Vicky. Quindi non aveva per niente intenzione di farsi rovinare l’umore dall’ennesima delle loro liti; prima o poi sarebbe passata anche questa e, in caso contrario, Hermione non sapeva che genere di persona si stava perdendo. Dopotutto anche lui aveva diritto ad avere una fidanzata. Era rimasto lo sfigato del gruppo per troppo tempo… Con un mezzo ringhio di esasperazione si alzò così velocemente che per poco non fece cadere la sedia e, senza un ordine preciso, saccheggiò i primi scaffali di tutti i testi di Erbologia che potevano avvicinarsi all’argomento che gli interessava. Quindi buttò l’intera bracciata di libri sul tavolo senza molta delicatezza, facendo vibrare nell’aria un tonfo sordo che per fortuna Madama Pince non udì. Quindi si gettò a capofitto su quella montagna di carta, estraendo dal mucchio un libro a caso. E non appena i suoi occhi si posarono sulla copertina scura e il titolo a lettere dorate le sue sopracciglia si corrugarono in un’espressione perplessa.

«Ma che diavolo…?».

Di certo quel libro non avrebbe dovuto trovarsi lì: questo fu il primo pensiero che gli attraversò al mente. E men che meno tra una catasta di noiosi e inutili libri di Erbologia. A ben pensarci non ricordava nemmeno di averlo preso da uno degli scaffali che aveva appena selvaggiamente rapinato, quindi concluse che doveva trovarsi già da prima su quel tavolo, senza che lui se ne fosse accorto. Ma era proprio sicuro che era il libro a cui stava pensando? Nel senso, sarebbe mai stato possibile che fosse un’altra copia del tutto identica a quella, di proprietà della biblioteca o magari di qualche altro studente? Ma alla fine si arrese all’evidenza di conoscere più che bene quel volume della nuova edizione di Storia di Hogwarts: tutto sommato chi altri a parte Hermione se ne sarebbe mai portato uno dietro? E subito lo colse il pensiero vertiginoso che, se quel libro era lì, voleva dire che anche Hermione era stata seduta a quello stesso tavolo non molto tempo prima di lui. Poteva quasi vederla lì seduta china su qualche libro importante, la fronte corrugata dalla concentrazione, gli occhi attaccati alle pagine stampate che scorrevano sulle righe e i ricci castani che le ricadevano in qualche ciocca sul viso. E mentre pensava a quest’immagine così scontata si ritrovò a sorridere come un’ebete. Ma subito si riscosse, dandosi dello scemo e mettendo il libro da parte: avrebbe deciso in seguito sul cosa fare al riguardo, anche perché al momento aveva cose più importanti a cui pensare.

Per tutta l’ora seguente cercò di concentrarsi su definizioni complesse e concetti aggrovigliati, scarabocchiando di tanto in tanto qualche breve appunto sul foglio di pergamena che aveva davanti. Provò più volte a stendere qualche frase di senso compiuto, ma niente: un troll schiantato sarebbe stato molto più lucido di lui. Il tutto per colpa di quella dannata Storia di Hogwarts. Anche lui, come Hermione, ricordava benissimo tutto l’accaduto legato a quel libro: la gran confusione alla libreria Il Ghirigoro e quel qualcosa di indefinito che, però, ogni volta che gli ritornava in mente lo faceva arrossire violentemente. Quindi era più che ovvio che il suo cervello non riuscisse a concentrarsi; la sua attenzione rimbalzava continuamente dal tema al ricordo del dolce peso di Hermione su di lui, il profumo dei suoi capelli, il calore del suo respiro, il tremore delle sue mani, il luccichio dei suoi occhi, il… Stop! Accidenti, lui aveva una fidanzata! Una F-I-D-A-N-Z-A-T-A! Non avrebbe mai dovuto pensare a qualcuna, men che meno alla sua migliore amica, in quei termini. E poi, non avevano forse litigato? Non avrebbe dovuta avercela con lei per la sua cocciutaggine? Ma no, la presenza del libro lo insidiava da vicino, come il fiato glaciale di un fantasma sul collo, che lo faceva rabbrividire. Concluse che non sarebbe mai approdato a nulla di buono se non si fosse prima tolto quel peso. Anzi, quella scocciatura. Forse se avesse riportato il libro a Hermione tutto quel ronzio insopportabile se ne sarebbe andato insieme a quello e lui avrebbe finalmente potuto riprendere la sua ricerca in santa pace.

Ma Ron, mentre usciva di fretta dalla biblioteca con quel fatidico libro tra le mani, alla ricerca della proprietaria, non si interrogò sul perché di quei pensieri frustranti ed insistenti.

 

Il rosso non perse tempo a girare per tutto il castello e, visto che era ormai ora di pranzo, si diresse quasi di corsa verso la Sala Grande, sicuro che lì avrebbe trovato Hermione insieme a Harry, Ginny e tutti gli altri. E così fu. Scorse Harry e Ginny, troppo vicini l’uno all’altra per i suoi gusti, che facevano capannello con Neville, Seamus e Dean. C’era anche Hermione, ma, come faceva spesso nell’ultimo periodo, se ne stava in disparte e in silenzio. Aveva il capo chino sul piatto di pasticcio di carne che stava mangiucchiando svogliatamente, mentre il suo sguardo andava dal piatto ancora quasi del tutto pieno a una pila di appunti che teneva di fianco al tovagliolo, in apparenza in un ultimo frettoloso ripasso prima delle lezioni successive. Osservandola meglio, Ron notò che ogni tanto i suoi occhi si alzavano dal livello del tavolo per soffermarsi sugli altri che chiacchieravano allegramente e per carpire qualche parola della loro conversazione. Ma la sua espressione era malinconica e nemmeno una battuta idiota di Seamus riuscì a far trasparire un timido sorriso sul suo volto. Ron salutò frettolosamente gli altri (sorvolò perfino sul fatto che Harry avesse osato passare un braccio attorno alle spalle di sua sorella) e fece per sedersi anche lui un po’ in disparte vicino a Hermione. Ma quella, a giudicare dalla sua espressione improvvisamente inaspritasi, non pareva molto felice di vederlo arrivare e Ron si chiese se non fosse il caso di mollare lì il libro e correre ai ripari. Lo fissava come se lo volesse uccidere. Ma nonostante tutto si fece coraggio, si sedette e si servì abbondantemente come al solito, il tutto sotto lo sguardo guardingo e severo della ragazza. Alla fine, però, quando sentì di non poter proprio più reggere quel cipiglio accusatorio, si sforzò di parlare.

«Hermione…».

«Cosa c’è?». Il tono della riccia lo colpì in pieno volto come una sassata, lasciandolo per un attimo spaesato.

Abbassò gli occhi e si fece piccolo piccolo. «Io volevo… volevo solo… be’…».

E, non trovando le parole adatte, decise di passare al concreto, tirando fuori dalla borsa dei libri Storia di Hogwarts.

«È tuo, no? Devi averlo dimenticato in biblioteca…».

Hermione rimase basita e sorpresa nel vedersi sventolare sotto il naso l’oggetto delle disperate ricerche di quella mattina, che l’avevano portata quasi sull’orlo della disperazione. Era una delle cose a cui teneva di più e non si era capacitata di essere stata così stupida da lasciarlo in giro. E ora, invece, eccolo lì nelle mani dell’ultima persona in cui si sarebbe aspettata di vederlo.

«Come… come l’hai trovato?» balbettò Hermione alla fine.

Ron fece spallucce, ora più sicuro. «Ero lì per una ricerca».

Intanto Hermione prese il libro con cautela, come se non credesse che quello fosse sul serio ritornato da lei. Quale fortuna! Però, mentre passava una mano sulla copertina levigata, quasi come se fossero trasudati attraverso quello stesso cuoio, i ricordi che l’avevano sorpresa la sera precedente le ritornarono in mente in un botto. Arrossì leggermente e, mentre sperava che Ron non avesse notato il suo rossore, si chiese se anche lui, trovando quel libro, si fosse mai ricordato di quel giorno in libreria. Probabilmente sì: arrossì un po’ di più.

«G-Grazie» sussurrò alla fine, impacciata.

E, forse in un goffo tentativo di svicolare da una possibile conversazione e non dover rendere conto del suo rossore, aprì il libro ritrovato e ci ficcò il naso. Ron sospirò disarmato, mentre si soffermava ad osservarla. Rimase come incantato dal riflesso vagamente rossiccio dei capelli di Hermione quando venivano colpiti dai raggi del sole e di quanto fossero lucidi e morbidi alla sola vista: si disse che Lavanda si era sbagliata di grosso ogni volta che aveva avuto qualcosa da dire sui capelli di Hermione. Ma quella, sentendosi osservata, alzò di scatto lo sguardo e beccò l’amico che la fissava come ipnotizzato. Questa volta arrossì così violentemente che Ron non poté non accorgersene.

«Che c’è?» mormorò lei con un leggero tremito nella voce.

Ron scosse la testa con un movimento troppo repentino per sembrare naturale. «N-niente… Niente tranquilla».

Ma Hermione non ne era molto convinta, scrutandolo di sotto in su mentre lui assumeva un sorriso troppo tirato. Appena lei si risolse a non indagare oltre e riabbassò lo sguardo sul libro aperto in grembo, Ron iniziò a parlare di getto.

«Mi dispiace».

«Come?».

Hermione rimase per un attimo senza fiato, cercando di capire a cosa si riferisse quella frase, mentre era il turno di Ron di diventare bordeaux.

«Mi… mi dispiace» si sforzò di ripetere quello.

Non sapeva bene perché ma quelle due parole gli erano salite spontaneamente alle labbra con un’urgenza che sulle prime non era riuscito a comprendere. Non sapeva per cosa di preciso si dovesse scusare, ma qualcosa dal profondo gli imponeva di farlo. E il suo sesto senso gli diceva che quello era il momento migliore.

«Per cosa, scusa?».

Quella domanda più che legittima lo lasciò spiazzato. Si tormentò le mani prima di provare a rispondere balbettando: «Per cosa? Be’, a dir la verità non saprei… forse per il fatto di essere uno stupido Ronald Weasley, credo».

Anche quella risposta bizzarra gli sgorgò direttamente dal cuore, ma per quanto strana fosse sentì vibrare in quelle parole il suono della sincerità. Intanto Hermione uscì in una breve risata che, però, cercò subito di dissimulare con un colpo di tosse.

«E cosa avrebbe fatto Ronald Weasley per essere definito stupido?».

E mentre lei cercava con tutte le sue forze di non scoppiare a ridere, Ron assumeva l’espressione più seria che era riuscito a trovare nel suo limitato repertorio. All’improvviso si era sentito in dovere di dire qualcosa di importante che teneva dentro ormai da troppo tempo, anche se non sapeva di preciso di cosa si trattasse. Sentiva di stare parlando a vanvera. O forse era il suo cuore che stava parlando al suo posto.

«Be’, credo che abbia fatto troppe cose stupide per elencarle tutte».

«Del tipo?».

«Continuare a litigare con… la sua migliore amica».

La risata che Hermione stava cercando di trattenere svanì di botto, lasciando un fondo di sorpresa e di qualcosa che forse si poteva avvicinare al disagio. Le parole “migliore amica” stonavano quasi nel contesto della frase, forse perché Ron nel formularla aveva pensato a ben altro termine. Ma non fu solo questo a lasciare di stucco la ragazza: il fatto stesso che il rosso ammettesse di sua spontanea volontà di aver agito stupidamente e di essere un perfetto cretino, be’, aveva già di per sé qualcosa di incredibile. Quando mai nelle innumerevoli volte che avevano litigato lui si era venuto a scusare con una frase di quel tipo? Un confortante calore si sprigionò dal cuore di Hermione nel capire che una piccola parte del cervello di Ron la riteneva importante; si sentì quasi lusingata… anche se tutta la faccenda non aveva un senso logico.

«Io e Lavanda… be’, non credo sia giusto costruire la mia felicità sull’infelicità di qualcun altro».

In sintesi era quello che pensava, si disse Ron, distogliendo subito gli occhi dall’amica e mettendosi a grattare nervosamente la piano ruvido del tavolo. O, almeno, era quello che credeva di pensare: non era sicuro che felicità fosse la parola giusta.

«Non voglio che tu stia male per causa mia… Voglio… Io voglio…».

La verità era che nemmeno lui sapeva cosa voleva davvero. Aveva Lavanda, sì, che era tutto ciò che un comune ragazzo di diciassette anni potesse desiderare, ma le immagini di quel lontano pomeriggio al Ghirigoro continuavano a punzecchiarlo con brevi flash che lo lasciavano sempre più confuso. Ma al momento doveva pensare all’amicizia con Hermione.

«Ho capito» intervenne lei, quasi lapidaria. «Vuoi che accetti che il mio migliore amico si sia venduto alla prima ragazza-oca che gli è passata sotto al naso».

Ron alzò lo sguardo e incontro quello duro come il diamante della riccia. I suoi occhi parevano lanciare dardi infuocati di indignazione in sua direzione, mentre la fronte corrugata e le labbra tirate urlavano all’ingiustizia.

«No» esclamò Ron. «Cioè… sì, in un certo senso sì…».

Hermione scosse la testa e con un movimento repentino si alzò ed afferrò la borsa dei libri, intenzionata a non trattenersi un minuto di più. Era come chiederle di rinunciare a cambiare le miserevoli condizioni di vita degli elfi domestici.

«Sei sempre il solito, Ronald».

«No, aspetta!».

Anche Ron si era alzato fulmineamente, spostando con un rumore fastidioso la panca, e così attirando l’attenzione degli altri, che smisero subito con il loro vocio di sottofondo e si misero a fissarli in silenzio ed incuriositi. Era convinto che Hermione non avrebbe prestato ascolto alle sue parole, invece si sbagliava, poiché lei si bloccò all’improvviso come pietrificata. Forse sperava che Ron la implorasse ancora di restare e che si scusasse ancora una volta per averla fatta soffrire.

«Non era quello che intendevo dire» sussurrò il rosso.

La ragazza si morse il labbro inferiore. «Ron… ci conosciamo da anni, ne abbiamo passate di tutti i colori insieme, ci siamo sostenuti a vicenda e te e gli altri ormai per me siete una seconda famiglia. Ci tengo a te e…. e non voglio che ti butti via così. Lavanda non ti merita, lo sai bene. E per quante volte io ti abbia dato dell’idiota credo che tu valga molto di più di quel che potrebbe sembrare. Lei non ti potrà mai dare niente di più…».

Ron abbassò il capo e si ficcò le mani in tasca. Socchiuse un poco gli occhi, inspirando profondamente, mentre cercava di rallentare la corsa sfrenata del suo cuore e tenere a bada quella specie di piccolo attacco di panico che l’aveva improvvisamente colto. Era quello che aveva pensato fin dall’inizio, più precisamente dal giorno dopo di quando aveva baciato Lavanda per la prima volta. Quando, una volta che l’adrenalina della novità l’aveva abbandonato, si era chiesto quale sarebbe stato il suo passo successivo. Lavanda era carina, va bene, aveva il senso dello stile e poteva risultare quasi piacevole nelle conversazioni da salotto. Ma non era brillante, sveglia, profonda, matura e sensibile come sarebbe dovuta essere la ragazza con cui gli sarebbe piaciuto condividere tutto di se stesso e magari la sua stessa esistenza. Lavanda era un’avventura, lo aveva saputo fin dal principio. Un bel fuoco d’artificio che, nonostante lo splendore, l’eleganza e la scoppiettante esuberanza, sarebbe stato in ogni caso destinato a finire in niente: pochi secondi di spumeggiante divertimento, ma solo pochi secondi senza significato.

«Lo so» sussurrò. «Lo so che sarebbe potuto… dovuto andare diversamente».

E mentre diceva ciò l’immagine della libreria con tutti i libri sparpagliati sul pavimento non sarebbe potuta essere più vivida nella sua mente. Così capì quale avrebbe dovuto essere il suo posto in quel momento: seduto tranquillamente di fianco a quella ragazza che ora considerava solo un’amica e che era infuriata con lui, magari a sfogliare ridendo proprio quel libro che aveva fatto capire loro molte cose. Ma la visione era come disturbata e tra quell’immagine di perfezione se ne infiltrava un’altra in bianco e nero di lui legato con pesanti catene a un’altra ragazza. E cercava di liberarsi ma non ci riusciva, finché non si arrendeva e la luce della prima fotografia spariva del tutto.

Hermione, come le era capitato spesso in quegli ultimi dieci minuti di conversazione, rimase senza fiato e si chiese se per caso… No, ma Ron non avrebbe mai potuto pensare una cosa del genere o anche soltanto prendere in considerazione l’idea che lui e lei… Eppure… No, no, siamo sinceri, lui aveva Lavanda. LAVANDA. Era a sua totale disposizione, quindi cosa gli sarebbe mai potuto interessare se lei…? Socchiuse le labbra per dire qualcosa che sbloccasse l’improvviso silenzio che era calato su di loro, ma qualcosa, o meglio qualcuno, la precedette. Un turbinio di trecce ben ordinate e qualche spilla troppo rosa per essere sopportabile alla vista entrò nel campo visivo di Hermione, accompagnata dal solito risolino un po’ da pettegola che annunciava ogni volta la sua entrata in scena. Senza neanche che se ne accorgesse subito, Ron si ritrovò la sua gioia e la sua croce appesa al braccio destro come un koala.

«Ron-Ron, sei qui! Ti stavo cercando…» interloquì Lavanda senza mostrare minimamente di essersi accorta della presenza di Hermione.

Ron sbiancò e si chiese se per caso la sua fidanzata gli avesse appiccicato addosso qualcuno di quegli strani congegni che i Babbani usano per spiare e seguire la gente. Ovunque lui andasse poteva essere sicuro che Lavanda prima o poi l’avrebbe trovato: si aspettava sempre di vederla comparire a sorpresa nei bagni dei maschi.

«Sei sparito per tutta la mattina, cucciolotto. Mi sei mancato tanto».

Così dicendo Lavanda allungò le braccia a mo’ di tentacoli per carpire il collo del malcapitato fidanzato, che, però, prima che lei arrivasse alla sua faccia, si scansò prontamente, trattenendo fermamente quella sottospecie di sanguisuga.

«Ehm, sì, anche tu…» balbettò il povero Ron. Se non gli importava che il resto di Hogwarts lo vedesse abbarbicato a quella che lui chiamava fidanzata, non voleva dire che davanti a Hermione fosse la stessa cosa. E mentre sentiva il fiato caldo di Lavanda salirgli pian piano lungo il collo vedeva le possibilità di chiarire le faccende in sospeso con Hermione allontanarsi sempre più. Inesorabilmente. Sapeva che non avrebbe mai più avuto un’altra occasione come quella per parlare con lei. Anche perché lei prendeva alla lettera uno dei suoi principi fondamentali: meno respirava la stessa aria di Lavanda meglio era. Infatti…

«Ciao, Ron. Ci vediamo a lezione».

Come aveva previsto lo straordinario tempismo di Lavanda aveva rovinato tutto e, se prima era riuscito a trattenere Hermione con le parole, ora nessuna promessa l’avrebbe fermata. Così non poté fare altro che vederla alzarsi, raccogliere i suoi libri e incamminarsi lungo la Sala Grande, mentre lui restava lì impassibile tra le braccia di Lavanda, che non aveva occhi che per lui e probabilmente anche la sua mente stava sfornando a velocità record certe particolari fantasie sul rosso.

Ma, mentre scompariva dalla sua vista tra la massa caotica di studenti, a Ron sembrò di scorgere gli occhi di Hermione farsi leggermente lucidi prima di dare le spalle a lui e Lavanda, che continuava a sorridere come un’ebete. Avrebbe perfino giurato di veder brillare una lacrima appesa alle sue ciglia e un nuovo dardo infuocato gli colpì il cuore nel rendersi conto per l’ennesima volta di averla fatta soffrire suo malgrado. Non aveva neanche avuto il tempo di salutarla… Si sentiva uno schifo: gli sembrava di essere stato programmato per portare dolore a una delle persone a cui teneva di più. Anzi, alla persona a cui teneva di più in assoluto.

«Allora, Ronnino, andiamo? Devo dare una ripassata a Incantesimi prima della lezione: mi aiuteresti? Ho trovato un posto carino carino… e anche abbastanza appartato».

La risatina acuta e maliziosa di Lavanda non gli arrivò nemmeno alle orecchie, tanto era impegnato a fissare con insistenza il punto in cui Hermione era scomparsa tra la folla, forse nella speranza di vederla ricomparire e che ritornasse tra le sue braccia al posto della sua fidanzata ufficiale. Ma ufficialmente Hermione era la sua migliore amica e quello non sarebbe stato il suo posto.

Così, come una marionetta nella mani del suo padrone, seguì Lavanda, dopo aver salutato sbrigativamente Harry, Ginny e gli altri, che ovviamente avevano seguito per filo e per segno tutto l’accaduto e, ne era certo, non appena si fosse allontanato avrebbero ricominciato a sparlare al riguardo. Non sapeva dove diavolo volesse andare Lavanda, anche se quello che voleva fare gli era abbastanza chiaro. Ma sapeva ancora più nitidamente che quello non era il suo posto, anche se l’aveva scelto, anche se l’aveva cercato. Ma ora sentiva di non potere più tornare indietro e anche se l’avesse fatto… No, la sola idea di farlo era inconcepibile.

Uscirono per mano dalla Sala Grande, ma la mente di Ron era ben lontana da Hogwarts. Più precisamente si trovava nella libreria più famosa di Diagon Alley, sotto una catasta di libri sparpagliati, con in mano il libro che stava cercando e sopra di sé la ragazza che in quel momento avrebbe voluto tenere per mano. Ma quell’istantanea era lontana anni luce dalla situazione attuale e sapeva che sarebbe per sempre rimasto un bel sogno ad occhi aperti. Però, per quanto leggera e fluttuante che fosse, quell’immagine non sarebbe mai scolorita tra i suoi ricordi, indipendentemente da come sarebbero andate le cose.

E sapeva benissimo in che modo sarebbero dovute andare. Anche perché avrebbe fatto di tutto per farle andare in quel senso.

Visto il numero di richieste di continuare la one-shot, eccomi qui con un capitolo in più. Ma non illudetevi: il racconto era stato progettato per avere un solo chap, poi l'ho modificato aggiungendone un secondo (giusto per far contenti i miei lettori), ma comunque non diventerà una ff vera e propria. Motivi: 1) non ho progettato una storia a lungo termine, in poche parole era una cosa che doveva "finire lì", una specie di parentesi nel rapporto Ron/Hermione trattano nei libri dalla Rowling; 2) non saprei come continuare, visto che, come già detto, il racconto finirebbe per sovrapporsi a quello originale; 3) in questo periodo sono molto impegnata e per il momento non voglio impegnarmi con ff vere e proprie.

Bene, chiarito questo, spero comunque che questa integrazione sia all'altezza della prima parte, anche se posso dire che sia stato un vero e proprio parto, sia per lunghezza di tempi (scusate) che per difficoltà, visto che l'ispirazione e la voglia di scrivere davano sempre forfait. Personalmente questa parte non mi convince molto, forse anche perchè vedo la coppia Ron/Herm molto complessa e anche un romanzo di 1000 pagine mi sembrerebbe insufficiente a descrivere ciò che li lega. Quindi, sperando che le recensioni siano positive come le altre, ringrazio chi ha recensito la prima parte: dragondream, marzy93, Ambiguo, hele.

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