Per ritrovarti... di CoralineBeatrix_17 (/viewuser.php?uid=69745)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pain ***
Capitolo 2: *** Loneliness ***
Capitolo 3: *** Mess ***
Capitolo 4: *** Desolation ***
Capitolo 1 *** Pain ***
Per
ritrovarti…
Chapter
1: Pain
Sei
seduto ad un tavolo e aiuti un bimbo a scrivere i numeri in un ordine
che abbia un senso logico, attorno a te altri bambini e ragazzini
delle elementari e delle medie stanno facendo i loro compiti aiutati
da ragazzi delle superiori.
Il
doposcuola in parrocchia è sempre stato un momento rilassante
e divertente nonostante i vari casini ed il fatto che alcuni dei
ragazzi non danno assolutamente retta. Chiami uno dei nullafacenti
perché è finalmente l’ora del caffè e gli
dici cosa c’è da fare. Ti assicuri che abbia capito e ti
dirigi in cucina dove una delle educatrici sta facendo il caffè
in quantità industriali. Canta, mentre lo fa, come al solito
ma oggi sembra essere persa in pensieri particolarmente tristi visto
che sta cantando una canzone dei Adagio Veloce, la tua vecchia band,
che di felice non ha nulla: separazioni e addii, cose che a lei non
piacciono per niente… E tu lo sai bene...
E
vado via vado via
se
il mondo non è più casa mia
che
senso avrà restarsene qui
a
prendere polvere
ma
vado via vado via
abbracciami
se vuoi ma poi vai via
è
maleducazione indugiare
se
qualcuno attende
Rimani
incantato sulla porta ad ascoltarla preso improvvisamente da ricordi
troppo dolorosi che la sua bellissima voce fa diventare coltelli
affilati che cercano di colpire il tuo cuore. Ci va molto vicino ma
poi ti accorgi che non sta più cantando e smetti di pensare
quando vedi che sta piangendo. Anche per lei, la realtà è
ancora troppo dura e amara per poterci convivere: il passato è
ancora troppo recente, i ricordi vividi nelle vostre menti e non c’è
nulla in questo mondo che vi aiuta a cercare di continuare…
Non
fai più parte dei Adagio Veloce, loro hanno scelto la via del
successo che si è aperta, inaspettata, davanti ai loro occhi e
tu non lo volevi dall’inizio perché ti piaceva così
com’era, la vita. Hanno trovato un altro che ora ti sostituisce
a tutti i loro concerti. Concerti che non sono più quelli di
una volta perché sembra essersi spezzato qualcosa dentro tutti
loro quando hai detto no e non hai voluto condividere il loro sogno.
Chiunque
direbbe che è più che giusto che tu soffra ancora e che
sia quello che soffra di più, insieme a loro, logicamente. Ma
sai benissimo che anche lei ha tutto il diritto di soffrire: in un
colpo solo ha perso una delle persone che ammirava di più, la
sua band preferita, l’entusiasmo e la voglia di vivere di una
delle persone più importanti della sua vita e anche ciò
di cui sembrava nutrirsi, la vostra affinità, il vostro amore.
State
provando a sopravvivere: avete creato una nuova band dove lei canta e
tu, finalmente, hai ricominciato a suonare il basso. Più il
tempo passa più diventa facile salire sul palco e far
divertire il pubblico è tutto quello di cui avete bisogno
(insieme anche ad una piccola aggiunta allo stipendio). La band va
bene, siete ben amalgamati nonostante il poco tempo insieme, la gente
c’è sempre alle vostre serate ma non è tutto rose
e fiori. Quando ti volti verso di lei devi trattenerti dal piangere
perché ci sono lunghi capelli rossi dove eri abituato a
vederne di neri e corti e ti manca un casino la voce del tuo vecchio
cantante. E lei dà il massimo di sé per cercare di
cantare al meglio anche se sa benissimo che non potrà mai
uguagliare il primo ed unico cantante dei Adagio Veloce…
Adagio
Veloce che sono a Milano da circa due mesi per realizzare il loro
primo album e che non possono avere contatti con il resto del mondo
affinché si possano concentrare al meglio su quello che devono
fare.
A
tutti e due mancano le serate insieme a sbronzarsi, l’energia
dei concerti che coinvolge chiunque obbligandolo, quasi, a ballare…
Però quello è un colpo basso. Quella canzone è
un colpo basso. Era stata scritta ancora quando i Adagio Veloce erano
tutti insieme per via del fatto che non avresti mai accettato il
successo e che, quindi, li avresti lasciati andare via. Era nato come
uno scherzo, poi era diventato un bellissimo testo con una splendida
musica e, alla fine, era cambiata tutta l’atmosfera, era
diventata una storia seria e un po’ erano cambiate anche le
parole. Sembrava una profezia, ora che i Adagio Veloce erano una band
famosa e tu eri rimasto a Forlì.
Stavi
ancora ascoltando la voce della ragazza che aveva ripreso a cantare
la canzone, un’emozione bellissima nel suo tono di voce, quasi
una speranza di vederli tornare. Poi, improvvisamente,
l’illuminazione divina, il ricordo delle dolci parole che il
cantante ti aveva sussurrato in un orecchio dopo una notte d’amore
e che ora la ragazza stava cantando perché erano state scritte
nel testo della canzone, per ricordarti sempre di quel giorno:
ma
tu non piangere
la
vita ha una storia anche senza di me
riscrivila
tu
io
l'ascolterò
E
a questo punto anche lei si ferma: sa la storia e al ricordo sente le
lacrime salirle agli occhi ma il ricordo ancora vivido ed
estremamente recente di quelle parole la fa calmare perché non
dovete piangere, né lei né tu. Dovete solo trovare un
modo per fare arrivare alle orecchie del cantante dei Adagio Veloce
la storia ora che lui non c’è più sperando che lo
colga il rimorso e che torni a casa triste e dispiaciuto con il resto
della band e senza quell’odioso e spocchioso nuovo bassista…
E,
per fortuna, tu un'idea ce l'hai...
Ok... Questo è un
enorme esperimento...
Innanzi tutto è
una long fiction che non so né come sviluppare né
nient'altro... So solo dove voglio andare...
Poi c'è da dire
che proverò a mettere una canzone in ogni capitolo con un
senso logico per la storia e anche questo mi è del tutto
nuovo...
Spero possa piacervi...
Al prossimo capitolo (che sarà on-line lunedì prossimo,
molto probabilmente...
(per chi segue Life in
Technicolor: ho dei problemi con l'ultimo chap... Vi farò
avere notizie tramite questa storia!)
(Ho modificato il
capitolo perché, come mi era stato detto, c’erano
errori… la grafica è cambiata perché ho editato
con un PC diverso…)
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Capitolo 2 *** Loneliness ***
Per
ritrovarti…
Ehm! Annuncio importante
prima di lasciarvi al capitolo! C’è qualcuno che
vorrebbe farmi da Beta? Più che altro per gli errori
grammaticali o di battitura! Grazie a chiunque risponda a questo mio
appello!
Chapter
2: Loneliness
Attorno
a te impera il caos di una camera lasciata a se stessa per un mese e
mezzo. Sei un ragazz
quasi uomo mediamente ordinato e per le prime due settimane hai
tenuto a posto tutta la casa in cui vi trovate a vivere per quasi
caso tu e tutto il resto dei Adagio Veloce; poi, però, hai
perso la voglia di fare qualsiasi cosa per cercare di contrastare la
confusione che sembrava spuntare dal nulla (tavola vuota, ti volti,
ti rigiri di nuovo e puff! tavola ingombra di oggetti sbucati fuori
dal nulla…).
In
realtà hai perso la voglia. Punto. Non solo la voglia di
mettere a posto che può capitare di perdere soprattutto quando
il disordine si autocrea ma la voglia in generale: canti ma perché
sei obbligato, mangi solo quando senti i crampi allo stomaco e passi
la maggior parte del tuo tempo in camera a fare nulla, ad annullarti.
Quello che stai cercando di fare, esattamente, non lo riesci a capire
molto bene neanche tu ma sai che, forse, se nella tua voce non ci
dovesse essere quell’emozione, quella bellissima vibrazione che
vi ha portati lì vi manderebbero a casa.
Ti
manca casa… Hai tutti i Adagio Veloce con te ma ti senti solo.
Hai anche gente che non conoscevi e che hai imparato a conoscere ed è
tanta gente ma ti senti solo. Ti manca casa non solo per le quattro
mura fra cui sei abituato a dormire. Casa ti manca soprattutto perché
lì, a Milano, non ci sono le persone che rendono la tua casa
accogliente. Non tutte. Manca il tuo uomo.
Però,
sinceramente, non ne puoi più di pensieri tristi e deprimenti…
E sai benissimo che l’unico modo per poter spegnere il tuo
cervello è cantare. Accendi la radio per avere un po’ di
accompagnamento e chiudi la porta aspettando che partano le parole…
Such
a lonely day
and
it’s mine
the
most loneliest day of my life
the
most loneliest day of my life
such
a lonely day
should
be banned
it’s
a day that I can’t stand
the
most loneliest day of my life
Ci
metti un po’ per capire che canzone tu stia ascoltando (e dire
che il titolo è ripetuto più e più volte nella
canzone…) ma appena te ne rendi conto ti accorgi che, al
momento, per te non ci potrebbero essere parole più vere di
quelle che stavi cantando. In casa non c’è nessuno: due
Adagio Veloce sono nella sala prove (cioè nel seminterrato) a
“scrivere canzoni” mentre gli altri componenti della band
e tutti quelli della casa discografica sono in giro per Milano a fare
shopping.
Guardi
il tuo cuscino come se potesse essere la panacea contro tutti i tuoi
mali. Lo prendi e gli togli tutte e due le federe e ora sul pavimento
c’è quello che fa al caso tuo: un biglietto con sei
cifre. E basta. Le sei cifre che potrebbero darti una mano per
riallacciare i ponti con quello che c’è fuori dalla
casa, dalla sala prove e dalla sala d’incisione.
Prendi
in mano il cordless
appoggiato sul tuo comodino e digiti le sei cifre più altre
dieci. Non fa in tempo a fare uno squillo che hai già
riagganciato. Non è che ti manchi il coraggio, sia ben chiaro.
L’unico problema, forse, è che hai paura di soffrire.
Sai benissimo che se dovessi riuscire a sentirlo anche per tre
secondi poi ti pentiresti amaramente della tua scelta.
Dal
piano di sotto arrivano le parole di tutti quegli shop alcoholic:
riappoggi il telefono sul tuo comodino, stracci il biglietto che
tenevi ancora in mano e ti ranicchi sul letto mentre la voce del
cantante dei System of a Down accompagna le tue lacrime…
and
if you go
I
wanna go with you
and
if you die
I
wanna die with you
take
your hand and walk away
the
most loneliest day of my life
the
most loneliest day of my life
(Il personaggio
principale di questo capitolo era il cantante, spero che l’abbiate
capito…)
Sì, so benissimo
che questo capitolo è anche più corto dell’altro
ma in questa settimana ho avuto un po’ di casini e un po’
di cose da fare: oggi è il compleanno della mia migliore amica
ma ha festeggiato sabato. Questo vuol dire che io ho avuto una misera
settimana per prepararle un regalo come si deve (e alle otto stavo
ancora scrivendo il suo biglietto: considerate che non ero pronta e
che alle otto e un quarto dovevo essere a casa sua!). Quindi mi scuso
con tutti se questo capitolo mi è venuto un po’ corto (
e un po’ schifezza, effettivamente!) ma non disperate! Con il
prossimo capitolo dovrei riuscire a fare un lavoro migliore!!
Un grazie dal più
profondo del mio cuoricino va a:
#cry_chan: Trallallà!
Non scompaio io, mai! E' che mi è stato rimproverato il fatto
di non aver scritto una storia che avevo promesso (il seguito di
“listen to my voice”) e mi hanno dato una nuova storia da
fare che mi piace un casino! Il problema è che ne avevo
un'altra a mezzo e tutte le volte ch3 guardo il blocco note con i
prompt che mi auto faccio mi verrebbe da piangere perchè sono
ventimila ma ne ho scritto uno solo...! Life in technicolor,
comunque, al momento è ferma e rimarrà così,
molto probabilmente, fino a che non riuscirò a vedere una
persona che mi manca veramente tanto... (<3) Rileggi il primo
capitolo, se vuoi, l'ho rimesso a posto!
#TND: Mi dispiace
veramente tanto di aver scritto così poco! So di scrivere
ingarbugliato ma i miei pensieri vengono fuori così e non
riesco a metterli a posto... Questi primi due capitoli, comunque,
servono abbastanza come introduzione, quindi molto probabilmente dai
prossimi si capirà di più e scriverò di più,
tempo permettendo... Grazie anche di aver messo la storia fra le
preferite!
La
canzone è “Lonely day”
dei System of a Down. E né loro né la canzone mi
appartengono, ok?
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Capitolo 3 *** Mess ***
Chapter 3:
Mess
Sono le due di
una pacifica domenica mattina. E’ l’inizio di un nuovo
giorno dopo l’ennesimo concerto: avete suonato bene, ok, il
pubblico è stato coinvolto e ha saltato,
pogato,
ballato
e urlato, ma c’è stato qualcosa che non è andato.
Non
è stato qualcosa che sarebbe riuscito a percepire il primo che
passava di lì… E, molto probabilmente, neanche la
chitarrista e la batterista si sono accorte di niente.
Era dal giorno in
cui avevi cantato "E vado via" che nell’aria c’era
una sorta di tensione quasi palpabile. Non era, però, tensione
vera e propria: tu, che sei abituata ad interpretare i sentimenti e
tutte le sensazioni, hai capito che è qualcosa che si avvicina
a tensione, ma che tensione proprio non è. Lo senti
chiaramente nello stomaco che non è tensione: è il
terrore che ti attende prima delle grandi o piccole prove che la vita
ti mette davanti. Che poi per il tuo bassista si trasformi in
tensione fisica ed emotiva è tutta un’altra questione.
Ascolti
attentamente il respiro calmo, lento e regolare dell’uomo che
ti dorme accanto: siete in un letto a una piazza e mezzo, piccolo,
veramente piccolo, in modo da sentirvi più vicini e da farvi
compagnia in quelle sere in cui i ricordi sono più vividi e
fanno più male. Dal suo respiro hai imparato a capire quello
che sogna e quello che di giorno non ti dice: non parla nel sonno, ma
puoi chiedergli tutto quello che vuoi e avrai una chiara risposta nel
suo respiro. Al momento i sogni sembrano calmi o, addirittura, felici
dato che sembra abbozzarsi un sorriso sulle sue labbra.
Ti distrai un
attimo, quel tanto che basta per assicurarti di essere la sola
sveglia in casa: la chitarrista dorme sul divano in soggiorno e sul
pavimento, con un misero sacco a pelo, la batterista le fa degna
compagnia. Stanno dormendo, per forza, visto che non c’è
confusione in casa e, quando apri la porta e le trovi ammutolite
davanti alla televisione che guardano un notiziario di infima
importanza che parla di musica, ti stupisci che non stiano urlando
(o, eventualmente, esprimendo a tutto il mondo la loro gioia di
vivere).
Guardi lo schermo
e capisci immediatamente il loro silenzio: immagini di un live dei
Adagio Veloce nella loro nuova versione, un pezzettino di "Come
l’amore che"* e poi un filmato registrato davanti alla
sede del loro studio. E’ collassato mentre stavano registrando
perché stava facendo lo sciopero della fame da una settimana o
qualcosa del genere. Perché mentre guardi la barella che lo
porta in ospedale ti sembra di guardare un perfetto sconosciuto?
Perché, però, la stretta allo stomaco si fa più
pesante e senti distintamente il tuo cuore perdere dei battiti? Ti
passano davanti agli occhi tre immagini: il primo bacio del tuo
bassista e del cantante dei Adagio Veloce, la prima volta che li hai
sentiti live e un flash improvviso dal giorno dell’addio.
Poi quello che
succede nella tua mente è tutto indistinto, sfocato: fai
spegnere la tv alle tue compagne di band e le rimandi a letto in uno
di quei momenti in cui ti senti come una madre per tutti i Murder*
(perché, per colpa di una successione veramente sgradevole di
eventi, sei dovuta crescere prima di poterti godere le gioie della
vita e il bambino che hai perso ti fa sentire un vuoto che solo così
puoi colmare), bevi un bicchiere d’acqua e poi torni a letto,
aspettando che il tuo cuore ritorni a battere normalmente prima di
addormentarti…
**********
Siete al centro
commerciale, l’unico di Forlì… E state facendo
compere. A dir la verità state facendo i cretini mentre fate
finta di fare compere e vi riprendete. Se questa era la brillante
idea del tuo bassista, ti chiedi se gli sia partito il cervello
nottetempo…
Come sottofondo
avete la simpaticissima "Love Today" di Mika e ridete, vi
provate accostamenti stupidi di vestiti, vi fate uscire panna dal
naso per il troppo ridere e cose così…
Non è una
cosa collettiva, effettivamente: come in ogni buona compagnia che si
rispetti c’è sempre l’emo di turno. E questo turno
sei tu, sempre e continuamente in disparte, con le cuffie (l’i-pod
è spento, ok, ma hai le cuffie) e fai finta di non conoscere
quei pazzi scatenati. Perché sai perfettamente che quella è
tutta una fottuta messinscena: il tuo bassista sta facendo finta di
essere felice e si vede lontano un chilometro, ma tu non sei proprio
dell’umore per fingere di avere una vita decentemente felice e
che non ti manchino per niente.
Ecco… Ci
mancava solo che si mettessero a cantare a squarciagola le canzoncine
dei cartoni: a questo punto decidi di averne avuto abbastanza e
decidi che è ora di accendere il tuo fido i-pod. Il volume
assordante della canzone ti assorda, ma, per fortuna, ti isola anche
dal resto del mondo. Ci metti un po’ a riconoscere la voce di
Patrick Stump, l’adorabile cantante dei Fall Out Boy…
I
confess, I'm messed up
dropping
"I'm sorry" like you're still around
And
I know you dressed up
"hey
kid you'll never live this down"
'Cause
you're just the girl all the boys want to dance with
And
I'm just the boy who's had too many chances
Ti guardi le mani
come fai di solito quando non riesci a capire qualcosa: ma è
il periodo delle canzoni "empatiche"? L’altro giorno
"E vado via…" e oggi ti becchi la cosa più
adorabile del secolo che canta queste parole? Avresti l’effettivo
bisogno di confessarti, di dire a qualcuno come ti senti, perché
ultimamente sei così diversa e questa sarebbe, finalmente, una
scusa per andare da uno psichiatra (o da uno psicologo… che
diamine, la differenza, se c’è, non l’hai mai
capita).
Ti senti in colpa
con tutto e con tutti, come se i Adagio Veloce avessero ottenuto
un’offerta da una casa discografica per colpa tua, come se ora
il tuo bassista stia fingendo di essere felice perché felice
non può esserlo per colpa tua. E cosa fa una persona che si
sente colpevole di qualcosa? Chiede scusa. E "scusa",
effettivamente, è una parola che sta uscendo molto spesso
dalle tue labbra insieme ad "hakuna matata" (perché
la tua batterista ha minacciato di ucciderti se ti sente chiedere
scusa un’altra volta… così fingi sapientemente di
dire hakuna matata tutte le volte che ti scappa, quasi
involontariamente, uno scusa…).
E, inoltre, sei
sicura che non riuscirai a sopravvivere se la situazione andrà
avanti così…
[…]
She
said, she said, she said, "Why don't you just drop dead?"
I
don't blame you for being you
But
you can't blame me for hating it
[…]
Sarebbe più
facile se il mondo finisse all’improvviso. Sarebbe più
facile essere morti, ma hai comunque una fottuta paura e rimani in
vita con la paura, ancora più grande, che non arriverete tutti
a domani, di sicuro… Si potrebbe suicidare qualcuno o
andarsene dalle vostre vite senza dire niente… E ti senti così
impotente perché puoi solo continuare a vivere senza fare
niente, anche se il tuo bassista crede di poterlo far tornare
indietro: hai smesso di credere nelle favole troppo tempo fa…
E infatti non lo biasimi perché per lui è più
facile credere a una bella favola che ripiombare nella realtà,
no, assolutamente… Però lo odi profondamente quando fa
così perché o ci passate sopra e vi rifate una vita o,
se non date un taglio al passato, rischiate di rimettercela, la vita,
e di incasinare quella di tutti gli altri che vi stanno attorno…
Cause
darling, what did you expect
I'm
just off a lost cause
Note:
*"Come
l’amore che" è una canzone dei Daunbailò
*Murders è
il nome del gruppo in cui suona l’ex bassista dei Adagio Veloce
e dove canta la ragazza del primo capitolo (che è anche la
protagonista di questo)
Un grazie va a:
TND: grazie per
il betaggio, inanzitutto... Pensi che la frase abbia un senso, ora???
xD Spero che il capitolo ti possa piacere...! Ti lascio l'arduo
compito di scoprire che cosa diamine voglia dire pogare... Ho notato
perplessità! XD Btw... Mi piace molto il tuo lavoro di
betaggio perchè mi metti i commenti direttamente in mezzo al
capitolo così capisco l'errore e anche eprchè non mi
commenti subito il capitolo quindi sono curiossissima di sapere cosa
ne pensi!
A chi segue la
storia (sapete che il link lascia una recensione non si consuma? E
non dovete lasciare per forza commenti positivi!)! Al prossimo
capitolo!
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Capitolo 4 *** Desolation ***
Chapter
4 (part 1): Desolation
Ti
guardi attorno: ancora un volta la casa che condividi con la tua band
è desolantemente vuota. Non ci fai neanche tanto caso visto
che ultimamente ti ritrovi da solo sempre più spesso: se
all’inizio poteva sembrare un attacco di depressione
momentaneo, adesso è chiaro a tutti che il tuo è un
attacco di depressione con tutti i crismi e che non ha la minima
intenzione di passare.
Stai
gironzolando senza meta per casa quando senti il tuo stomaco
lamentarsi: da quanto tempo non tocchi cibo? Cinque, sei giorni? Hai
perso il conto e, sinceramente, non te ne importa abbastanza perché
questo segnale di totale smarrimento ti possa far preoccupare. Entri
in cucina e apri il frigorifero: è desolantemente vuoto anche
lui ma, per fortuna, non era nei tuoi progetti di rimetterti a
mangiare così presto.
Prendi
il brick di succo all’arancia rossa e lo finisci tutto,
nonostante abbia cominciato ad avere un po’ il sapore di muffa.
Nel momento esatto in cui il tuo stomaco si accorge dell’enorme
cavolata che hai fatto, ti tocca correre verso il bagno e vomitare
anche l’anima.
Appena
riesci a reggerti in piedi ricominci a girovagare apparentemente
senza meta per la casa. In realtà stai facendo finta di
cercare qualcosa ma neanche tu ricordi bene cosa possa essere. Dopo
poco l’oggetto senza nome prende forma nella tua mente e ti
riesci a ricordare che è sotto il letto, totalmente
impolverato, oramai, ti viene da pensare.
Corri
su per le scale e per tutto il corridoio. Con il fiatone ti butti a
terra (e sei sicuro che le tue ginocchia non hanno apprezzato visto
lo scricchiolo sinistro che proviene dalle giunture) per raccattare
una kefiah, che un tempo era bianca e nera. Anche se ora assomiglia
più ad un ammasso ambulante di polvere, incurante degli acari
e senza darti la pena di scrollarla, la indossi e nel farlo una
lacrima silenziosa ti scorre lungo la guancia. Cade nella stoffa,
lasciando un alone più scuro, ma non te ne curi, perso in
pensieri vagamente felici…
Sono
le sette quando si apre la porta del negozio. Oggi ti tocca la
chiusura e l’inventario quindi ti sei rassegnato già
dalle tre e mezzo al fatto che avresti rivisto casa solo alle nove,
clienti permettendo. Ti volti verso la porta con il tuo solito
‘sorriso da negozio’, quello che usi quando devi fare la
fatidica domanda: “Posso darle una mano?”.
Poi
ti accorgi che in realtà non è appena entrato un
potenziale cliente, ma quel pazzo uomo che ami. Sembra stanco ma ti
sorride. Il dannato centro f-estivo, come si ostina a chiamarlo, lo
fa stancare troppo anche perché, in pratica, a badare ai
bambini sono solo lui e l’altro capo del centro estivo e i
cosiddetti grandi si sono dileguati nel nulla per potersi godere la
fine delle vacanze estive prima che ricominci la scuola.
-Salve,
posso darle una mano?-
Ti
guarda continuando a sorridere e si avvicina. Dopo essersi assicurato
che nel negozio non c’è nessuno e che non siete visibili
dalla strada, ti bacia. Quando vi separate ti abbraccia e ti sussurra
qualcosa in un orecchio che solo dopo riuscirai ad interpretare come
un:
-Magari
quando siamo in casa da soli…-
colmo
di doppi sensi. Sciogli l’abbraccio e lo prendi per mano fino a
guidarlo in un angolino del negozio dove ci sono tutti gli accessori.
Ne tiri fuori uno bianco e nero, dopo averlo obbligato a tenere gli
occhi chiusi, e glielo metti al collo. Una kefiah identica a quella
che stava cercando da una vita, dopo che a Londra aveva perso la sua.
Appena si rende conto del regalo ti abbraccia come senti che solo lui
sa fare: annulla le distanze sia fisiche che psicologiche fra di voi
in un nulla e ti riempie, ti scalda.
Torni
bruscamente alla realtà quando senti aprirsi la porta di casa
e un vociare indefinibile entrare prima che la porta si richiuda
nuovamente. Scendi al piano di sotto, dopo esserti tolto la kefiah e
averla messa sotto al tuo cuscino e, improvvisamente, avverti più
freddo, come se avessero spento il riscaldamento…o come se ti
avessero portato via un pezzo di cuore: ti rendi conto, tuo malgrado,
che è proprio così.
Ascolti
le chiacchiere dei tuoi strumentisti, mentre preparate la cena e
mangiate (mangiano, visto che alla vista del cibo ti viene nuovamente
la nausea). Hanno in programma un mega partitone a Guitar Hero World
Tour (con il batterista che cercherà di cantare, oddio!) e una
sbronza colossale. Decidi che puoi provare a rimanere in salotto con
loro e, magari, bere una o due birre. Alla terza canzone, però,
ti rendi conto che così non può andare avanti: le urla
stridule di chiunque cerchi di cantare, la batteria che viene
maltrattata a turno dal percussionista che cerca di suonarla con le
mani e dal chitarrista che usa delle forchette al posto delle
bacchette e le canzoni che sembrano essere scelte appositamente per
farti dare di matto. Ti alzi dal divano e sembra che nessuno ti noti
mentre sali le scale e, con ancora le parole dell’ultima
canzone in mente, ti dirigi verso la camera da letto e ti addormenti
stringendo fra le mani la kefiah impolverata.
Lord
you know I’ve cried a thousand tears tonight
but
now I need an answer to my prayers and you’re not here…
Has
no one told you? You’re cries are all in vane
Lord,
I can’t disguise the look inside my eyes…
The
more I try to look away, the more I’m staring…
**********
Si
scrutano come se avessero visto un fantasma. Te ne sei andato con la
testa bassa e una faccia che preannunciava pianto. Il chitarrista si
guarda attorno, dalla sua postazione centrale seduto dietro alla
batteria, e si arrischia a chiedere quello che stanno pensando tutti:
-Abbiamo
fatto bene, vero, a cercare di farlo reagire?-
Il
silenzio cala su di loro come se, all’improvviso, qualcuno ha
deciso di togliere completamente il volume alle loro vite, come sta
facendo al momento il cantante con la sua.
Scusate
l'enorme ritardo ma siccome ci sono stati problemi con la mail che
avevo inviato alla mia beta e visto che lunedì prossimo (26
ottobre) non potrò aggiornare per via del fatto che non riesco
a scrivere neanche una parola questa settimana ho deciso di
aggiornare oggi...
Per
prima cosa vorrei ringraziare:
TND:
Innanzitutto grazie per il betaggio mega iper veloce anche se io non
ho pubblicato... Poi grazie anche per le belle parole... Sono felice
di essere riuscita a creare dei personaggi gradevoli e che non stanno
sulle scatole alla gente (te!) e devo dire che mi ritrovo molto nella
seconda parte del commento... So di fare un casino enorme con i
pensieri che metto giù e che a volte la gente legge e dice :
“ma questa è pazza?”... Però io non ho mai
sentito nessuno pensare in un modo che abbia un senso logico...
Quindi mi piace molto scrivere così e mi piace molto che ti
piaccia questo stile...! Al prossimo capitolo...!
A
chi legge, chi l'ha preferita e chi la segue...
Al
prossimo capitolo (e lasciate un commentino se vi va, il link lascia
una recensione non si consuma!!!)!
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