Per ritrovarti...

di CoralineBeatrix_17
(/viewuser.php?uid=69745)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pain ***
Capitolo 2: *** Loneliness ***
Capitolo 3: *** Mess ***
Capitolo 4: *** Desolation ***



Capitolo 1
*** Pain ***


Per ritrovarti…


Chapter 1: Pain


Sei seduto ad un tavolo e aiuti un bimbo a scrivere i numeri in un ordine che abbia un senso logico, attorno a te altri bambini e ragazzini delle elementari e delle medie stanno facendo i loro compiti aiutati da ragazzi delle superiori.

Il doposcuola in parrocchia è sempre stato un momento rilassante e divertente nonostante i vari casini ed il fatto che alcuni dei ragazzi non danno assolutamente retta. Chiami uno dei nullafacenti perché è finalmente l’ora del caffè e gli dici cosa c’è da fare. Ti assicuri che abbia capito e ti dirigi in cucina dove una delle educatrici sta facendo il caffè in quantità industriali. Canta, mentre lo fa, come al solito ma oggi sembra essere persa in pensieri particolarmente tristi visto che sta cantando una canzone dei Adagio Veloce, la tua vecchia band, che di felice non ha nulla: separazioni e addii, cose che a lei non piacciono per niente… E tu lo sai bene...


E vado via vado via

se il mondo non è più casa mia

che senso avrà restarsene qui

a prendere polvere

ma vado via vado via

abbracciami se vuoi ma poi vai via

è maleducazione indugiare

se qualcuno attende


Rimani incantato sulla porta ad ascoltarla preso improvvisamente da ricordi troppo dolorosi che la sua bellissima voce fa diventare coltelli affilati che cercano di colpire il tuo cuore. Ci va molto vicino ma poi ti accorgi che non sta più cantando e smetti di pensare quando vedi che sta piangendo. Anche per lei, la realtà è ancora troppo dura e amara per poterci convivere: il passato è ancora troppo recente, i ricordi vividi nelle vostre menti e non c’è nulla in questo mondo che vi aiuta a cercare di continuare…

Non fai più parte dei Adagio Veloce, loro hanno scelto la via del successo che si è aperta, inaspettata, davanti ai loro occhi e tu non lo volevi dall’inizio perché ti piaceva così com’era, la vita. Hanno trovato un altro che ora ti sostituisce a tutti i loro concerti. Concerti che non sono più quelli di una volta perché sembra essersi spezzato qualcosa dentro tutti loro quando hai detto no e non hai voluto condividere il loro sogno.

Chiunque direbbe che è più che giusto che tu soffra ancora e che sia quello che soffra di più, insieme a loro, logicamente. Ma sai benissimo che anche lei ha tutto il diritto di soffrire: in un colpo solo ha perso una delle persone che ammirava di più, la sua band preferita, l’entusiasmo e la voglia di vivere di una delle persone più importanti della sua vita e anche ciò di cui sembrava nutrirsi, la vostra affinità, il vostro amore.

State provando a sopravvivere: avete creato una nuova band dove lei canta e tu, finalmente, hai ricominciato a suonare il basso. Più il tempo passa più diventa facile salire sul palco e far divertire il pubblico è tutto quello di cui avete bisogno (insieme anche ad una piccola aggiunta allo stipendio). La band va bene, siete ben amalgamati nonostante il poco tempo insieme, la gente c’è sempre alle vostre serate ma non è tutto rose e fiori. Quando ti volti verso di lei devi trattenerti dal piangere perché ci sono lunghi capelli rossi dove eri abituato a vederne di neri e corti e ti manca un casino la voce del tuo vecchio cantante. E lei dà il massimo di sé per cercare di cantare al meglio anche se sa benissimo che non potrà mai uguagliare il primo ed unico cantante dei Adagio Veloce…

Adagio Veloce che sono a Milano da circa due mesi per realizzare il loro primo album e che non possono avere contatti con il resto del mondo affinché si possano concentrare al meglio su quello che devono fare.

A tutti e due mancano le serate insieme a sbronzarsi, l’energia dei concerti che coinvolge chiunque obbligandolo, quasi, a ballare… Però quello è un colpo basso. Quella canzone è un colpo basso. Era stata scritta ancora quando i Adagio Veloce erano tutti insieme per via del fatto che non avresti mai accettato il successo e che, quindi, li avresti lasciati andare via. Era nato come uno scherzo, poi era diventato un bellissimo testo con una splendida musica e, alla fine, era cambiata tutta l’atmosfera, era diventata una storia seria e un po’ erano cambiate anche le parole. Sembrava una profezia, ora che i Adagio Veloce erano una band famosa e tu eri rimasto a Forlì.

Stavi ancora ascoltando la voce della ragazza che aveva ripreso a cantare la canzone, un’emozione bellissima nel suo tono di voce, quasi una speranza di vederli tornare. Poi, improvvisamente, l’illuminazione divina, il ricordo delle dolci parole che il cantante ti aveva sussurrato in un orecchio dopo una notte d’amore e che ora la ragazza stava cantando perché erano state scritte nel testo della canzone, per ricordarti sempre di quel giorno:


ma tu non piangere

la vita ha una storia anche senza di me

riscrivila tu

io l'ascolterò


E a questo punto anche lei si ferma: sa la storia e al ricordo sente le lacrime salirle agli occhi ma il ricordo ancora vivido ed estremamente recente di quelle parole la fa calmare perché non dovete piangere, né lei né tu. Dovete solo trovare un modo per fare arrivare alle orecchie del cantante dei Adagio Veloce la storia ora che lui non c’è più sperando che lo colga il rimorso e che torni a casa triste e dispiaciuto con il resto della band e senza quell’odioso e spocchioso nuovo bassista…

E, per fortuna, tu un'idea ce l'hai...



Ok... Questo è un enorme esperimento...

Innanzi tutto è una long fiction che non so né come sviluppare né nient'altro... So solo dove voglio andare...

Poi c'è da dire che proverò a mettere una canzone in ogni capitolo con un senso logico per la storia e anche questo mi è del tutto nuovo...

Spero possa piacervi... Al prossimo capitolo (che sarà on-line lunedì prossimo, molto probabilmente...

(per chi segue Life in Technicolor: ho dei problemi con l'ultimo chap... Vi farò avere notizie tramite questa storia!)

(Ho modificato il capitolo perché, come mi era stato detto, c’erano errori… la grafica è cambiata perché ho editato con un PC diverso…)


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Loneliness ***


Per ritrovarti…



Ehm! Annuncio importante prima di lasciarvi al capitolo! C’è qualcuno che vorrebbe farmi da Beta? Più che altro per gli errori grammaticali o di battitura! Grazie a chiunque risponda a questo mio appello!


Chapter 2: Loneliness


Attorno a te impera il caos di una camera lasciata a se stessa per un mese e mezzo. Sei un ragazz quasi uomo mediamente ordinato e per le prime due settimane hai tenuto a posto tutta la casa in cui vi trovate a vivere per quasi caso tu e tutto il resto dei Adagio Veloce; poi, però, hai perso la voglia di fare qualsiasi cosa per cercare di contrastare la confusione che sembrava spuntare dal nulla (tavola vuota, ti volti, ti rigiri di nuovo e puff! tavola ingombra di oggetti sbucati fuori dal nulla…).

In realtà hai perso la voglia. Punto. Non solo la voglia di mettere a posto che può capitare di perdere soprattutto quando il disordine si autocrea ma la voglia in generale: canti ma perché sei obbligato, mangi solo quando senti i crampi allo stomaco e passi la maggior parte del tuo tempo in camera a fare nulla, ad annullarti. Quello che stai cercando di fare, esattamente, non lo riesci a capire molto bene neanche tu ma sai che, forse, se nella tua voce non ci dovesse essere quell’emozione, quella bellissima vibrazione che vi ha portati lì vi manderebbero a casa.

Ti manca casa… Hai tutti i Adagio Veloce con te ma ti senti solo. Hai anche gente che non conoscevi e che hai imparato a conoscere ed è tanta gente ma ti senti solo. Ti manca casa non solo per le quattro mura fra cui sei abituato a dormire. Casa ti manca soprattutto perché lì, a Milano, non ci sono le persone che rendono la tua casa accogliente. Non tutte. Manca il tuo uomo.

Però, sinceramente, non ne puoi più di pensieri tristi e deprimenti… E sai benissimo che l’unico modo per poter spegnere il tuo cervello è cantare. Accendi la radio per avere un po’ di accompagnamento e chiudi la porta aspettando che partano le parole…


Such a lonely day

and it’s mine

the most loneliest day of my life

the most loneliest day of my life

such a lonely day

should be banned

it’s a day that I can’t stand

the most loneliest day of my life


Ci metti un po’ per capire che canzone tu stia ascoltando (e dire che il titolo è ripetuto più e più volte nella canzone…) ma appena te ne rendi conto ti accorgi che, al momento, per te non ci potrebbero essere parole più vere di quelle che stavi cantando. In casa non c’è nessuno: due Adagio Veloce sono nella sala prove (cioè nel seminterrato) a “scrivere canzoni” mentre gli altri componenti della band e tutti quelli della casa discografica sono in giro per Milano a fare shopping.

Guardi il tuo cuscino come se potesse essere la panacea contro tutti i tuoi mali. Lo prendi e gli togli tutte e due le federe e ora sul pavimento c’è quello che fa al caso tuo: un biglietto con sei cifre. E basta. Le sei cifre che potrebbero darti una mano per riallacciare i ponti con quello che c’è fuori dalla casa, dalla sala prove e dalla sala d’incisione.

Prendi in mano il cordless appoggiato sul tuo comodino e digiti le sei cifre più altre dieci. Non fa in tempo a fare uno squillo che hai già riagganciato. Non è che ti manchi il coraggio, sia ben chiaro. L’unico problema, forse, è che hai paura di soffrire. Sai benissimo che se dovessi riuscire a sentirlo anche per tre secondi poi ti pentiresti amaramente della tua scelta.

Dal piano di sotto arrivano le parole di tutti quegli shop alcoholic: riappoggi il telefono sul tuo comodino, stracci il biglietto che tenevi ancora in mano e ti ranicchi sul letto mentre la voce del cantante dei System of a Down accompagna le tue lacrime…


and if you go

I wanna go with you

and if you die

I wanna die with you

take your hand and walk away

the most loneliest day of my life

the most loneliest day of my life


(Il personaggio principale di questo capitolo era il cantante, spero che l’abbiate capito…)

Sì, so benissimo che questo capitolo è anche più corto dell’altro ma in questa settimana ho avuto un po’ di casini e un po’ di cose da fare: oggi è il compleanno della mia migliore amica ma ha festeggiato sabato. Questo vuol dire che io ho avuto una misera settimana per prepararle un regalo come si deve (e alle otto stavo ancora scrivendo il suo biglietto: considerate che non ero pronta e che alle otto e un quarto dovevo essere a casa sua!). Quindi mi scuso con tutti se questo capitolo mi è venuto un po’ corto ( e un po’ schifezza, effettivamente!) ma non disperate! Con il prossimo capitolo dovrei riuscire a fare un lavoro migliore!!

Un grazie dal più profondo del mio cuoricino va a:

#cry_chan: Trallallà! Non scompaio io, mai! E' che mi è stato rimproverato il fatto di non aver scritto una storia che avevo promesso (il seguito di “listen to my voice”) e mi hanno dato una nuova storia da fare che mi piace un casino! Il problema è che ne avevo un'altra a mezzo e tutte le volte ch3 guardo il blocco note con i prompt che mi auto faccio mi verrebbe da piangere perchè sono ventimila ma ne ho scritto uno solo...! Life in technicolor, comunque, al momento è ferma e rimarrà così, molto probabilmente, fino a che non riuscirò a vedere una persona che mi manca veramente tanto... (<3) Rileggi il primo capitolo, se vuoi, l'ho rimesso a posto!

#TND: Mi dispiace veramente tanto di aver scritto così poco! So di scrivere ingarbugliato ma i miei pensieri vengono fuori così e non riesco a metterli a posto... Questi primi due capitoli, comunque, servono abbastanza come introduzione, quindi molto probabilmente dai prossimi si capirà di più e scriverò di più, tempo permettendo... Grazie anche di aver messo la storia fra le preferite!

La canzone è “Lonely day” dei System of a Down. E né loro né la canzone mi appartengono, ok?


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mess ***


Chapter 3: Mess

 

Sono le due di una pacifica domenica mattina. E’ l’inizio di un nuovo giorno dopo l’ennesimo concerto: avete suonato bene, ok, il pubblico è stato coinvolto e ha saltato, pogato, ballato e urlato, ma c’è stato qualcosa che non è andato. Non è stato qualcosa che sarebbe riuscito a percepire il primo che passava di lì… E, molto probabilmente, neanche la chitarrista e la batterista si sono accorte di niente.

Era dal giorno in cui avevi cantato "E vado via" che nell’aria c’era una sorta di tensione quasi palpabile. Non era, però, tensione vera e propria: tu, che sei abituata ad interpretare i sentimenti e tutte le sensazioni, hai capito che è qualcosa che si avvicina a tensione, ma che tensione proprio non è. Lo senti chiaramente nello stomaco che non è tensione: è il terrore che ti attende prima delle grandi o piccole prove che la vita ti mette davanti. Che poi per il tuo bassista si trasformi in tensione fisica ed emotiva è tutta un’altra questione.

Ascolti attentamente il respiro calmo, lento e regolare dell’uomo che ti dorme accanto: siete in un letto a una piazza e mezzo, piccolo, veramente piccolo, in modo da sentirvi più vicini e da farvi compagnia in quelle sere in cui i ricordi sono più vividi e fanno più male. Dal suo respiro hai imparato a capire quello che sogna e quello che di giorno non ti dice: non parla nel sonno, ma puoi chiedergli tutto quello che vuoi e avrai una chiara risposta nel suo respiro. Al momento i sogni sembrano calmi o, addirittura, felici dato che sembra abbozzarsi un sorriso sulle sue labbra.

Ti distrai un attimo, quel tanto che basta per assicurarti di essere la sola sveglia in casa: la chitarrista dorme sul divano in soggiorno e sul pavimento, con un misero sacco a pelo, la batterista le fa degna compagnia. Stanno dormendo, per forza, visto che non c’è confusione in casa e, quando apri la porta e le trovi ammutolite davanti alla televisione che guardano un notiziario di infima importanza che parla di musica, ti stupisci che non stiano urlando (o, eventualmente, esprimendo a tutto il mondo la loro gioia di vivere).

Guardi lo schermo e capisci immediatamente il loro silenzio: immagini di un live dei Adagio Veloce nella loro nuova versione, un pezzettino di "Come l’amore che"* e poi un filmato registrato davanti alla sede del loro studio. E’ collassato mentre stavano registrando perché stava facendo lo sciopero della fame da una settimana o qualcosa del genere. Perché mentre guardi la barella che lo porta in ospedale ti sembra di guardare un perfetto sconosciuto? Perché, però, la stretta allo stomaco si fa più pesante e senti distintamente il tuo cuore perdere dei battiti? Ti passano davanti agli occhi tre immagini: il primo bacio del tuo bassista e del cantante dei Adagio Veloce, la prima volta che li hai sentiti live e un flash improvviso dal giorno dell’addio.

Poi quello che succede nella tua mente è tutto indistinto, sfocato: fai spegnere la tv alle tue compagne di band e le rimandi a letto in uno di quei momenti in cui ti senti come una madre per tutti i Murder* (perché, per colpa di una successione veramente sgradevole di eventi, sei dovuta crescere prima di poterti godere le gioie della vita e il bambino che hai perso ti fa sentire un vuoto che solo così puoi colmare), bevi un bicchiere d’acqua e poi torni a letto, aspettando che il tuo cuore ritorni a battere normalmente prima di addormentarti…

 

**********

 

Siete al centro commerciale, l’unico di Forlì… E state facendo compere. A dir la verità state facendo i cretini mentre fate finta di fare compere e vi riprendete. Se questa era la brillante idea del tuo bassista, ti chiedi se gli sia partito il cervello nottetempo…

Come sottofondo avete la simpaticissima "Love Today" di Mika e ridete, vi provate accostamenti stupidi di vestiti, vi fate uscire panna dal naso per il troppo ridere e cose così…

Non è una cosa collettiva, effettivamente: come in ogni buona compagnia che si rispetti c’è sempre l’emo di turno. E questo turno sei tu, sempre e continuamente in disparte, con le cuffie (l’i-pod è spento, ok, ma hai le cuffie) e fai finta di non conoscere quei pazzi scatenati. Perché sai perfettamente che quella è tutta una fottuta messinscena: il tuo bassista sta facendo finta di essere felice e si vede lontano un chilometro, ma tu non sei proprio dell’umore per fingere di avere una vita decentemente felice e che non ti manchino per niente.

Ecco… Ci mancava solo che si mettessero a cantare a squarciagola le canzoncine dei cartoni: a questo punto decidi di averne avuto abbastanza e decidi che è ora di accendere il tuo fido i-pod. Il volume assordante della canzone ti assorda, ma, per fortuna, ti isola anche dal resto del mondo. Ci metti un po’ a riconoscere la voce di Patrick Stump, l’adorabile cantante dei Fall Out Boy…

 

I confess, I'm messed up

dropping "I'm sorry" like you're still around

And I know you dressed up

"hey kid you'll never live this down"

'Cause you're just the girl all the boys want to dance with

And I'm just the boy who's had too many chances

 

Ti guardi le mani come fai di solito quando non riesci a capire qualcosa: ma è il periodo delle canzoni "empatiche"? L’altro giorno "E vado via…" e oggi ti becchi la cosa più adorabile del secolo che canta queste parole? Avresti l’effettivo bisogno di confessarti, di dire a qualcuno come ti senti, perché ultimamente sei così diversa e questa sarebbe, finalmente, una scusa per andare da uno psichiatra (o da uno psicologo… che diamine, la differenza, se c’è, non l’hai mai capita).

Ti senti in colpa con tutto e con tutti, come se i Adagio Veloce avessero ottenuto un’offerta da una casa discografica per colpa tua, come se ora il tuo bassista stia fingendo di essere felice perché felice non può esserlo per colpa tua. E cosa fa una persona che si sente colpevole di qualcosa? Chiede scusa. E "scusa", effettivamente, è una parola che sta uscendo molto spesso dalle tue labbra insieme ad "hakuna matata" (perché la tua batterista ha minacciato di ucciderti se ti sente chiedere scusa un’altra volta… così fingi sapientemente di dire hakuna matata tutte le volte che ti scappa, quasi involontariamente, uno scusa…).

E, inoltre, sei sicura che non riuscirai a sopravvivere se la situazione andrà avanti così…

 

[…]

She said, she said, she said, "Why don't you just drop dead?"

I don't blame you for being you

But you can't blame me for hating it

[…]

 

Sarebbe più facile se il mondo finisse all’improvviso. Sarebbe più facile essere morti, ma hai comunque una fottuta paura e rimani in vita con la paura, ancora più grande, che non arriverete tutti a domani, di sicuro… Si potrebbe suicidare qualcuno o andarsene dalle vostre vite senza dire niente… E ti senti così impotente perché puoi solo continuare a vivere senza fare niente, anche se il tuo bassista crede di poterlo far tornare indietro: hai smesso di credere nelle favole troppo tempo fa… E infatti non lo biasimi perché per lui è più facile credere a una bella favola che ripiombare nella realtà, no, assolutamente… Però lo odi profondamente quando fa così perché o ci passate sopra e vi rifate una vita o, se non date un taglio al passato, rischiate di rimettercela, la vita, e di incasinare quella di tutti gli altri che vi stanno attorno…

 

Cause darling, what did you expect

I'm just off a lost cause

 

Note:

*"Come l’amore che" è una canzone dei Daunbailò

*Murders è il nome del gruppo in cui suona l’ex bassista dei Adagio Veloce e dove canta la ragazza del primo capitolo (che è anche la protagonista di questo)



Un grazie va a:

TND: grazie per il betaggio, inanzitutto... Pensi che la frase abbia un senso, ora??? xD Spero che il capitolo ti possa piacere...! Ti lascio l'arduo compito di scoprire che cosa diamine voglia dire pogare... Ho notato perplessità! XD Btw... Mi piace molto il tuo lavoro di betaggio perchè mi metti i commenti direttamente in mezzo al capitolo così capisco l'errore e anche eprchè non mi commenti subito il capitolo quindi sono curiossissima di sapere cosa ne pensi!

A chi segue la storia (sapete che il link lascia una recensione non si consuma? E non dovete lasciare per forza commenti positivi!)! Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Desolation ***


Chapter 4 (part 1): Desolation

 

Ti guardi attorno: ancora un volta la casa che condividi con la tua band è desolantemente vuota. Non ci fai neanche tanto caso visto che ultimamente ti ritrovi da solo sempre più spesso: se all’inizio poteva sembrare un attacco di depressione momentaneo, adesso è chiaro a tutti che il tuo è un attacco di depressione con tutti i crismi e che non ha la minima intenzione di passare.

Stai gironzolando senza meta per casa quando senti il tuo stomaco lamentarsi: da quanto tempo non tocchi cibo? Cinque, sei giorni? Hai perso il conto e, sinceramente, non te ne importa abbastanza perché questo segnale di totale smarrimento ti possa far preoccupare. Entri in cucina e apri il frigorifero: è desolantemente vuoto anche lui ma, per fortuna, non era nei tuoi progetti di rimetterti a mangiare così presto.

Prendi il brick di succo all’arancia rossa e lo finisci tutto, nonostante abbia cominciato ad avere un po’ il sapore di muffa. Nel momento esatto in cui il tuo stomaco si accorge dell’enorme cavolata che hai fatto, ti tocca correre verso il bagno e vomitare anche l’anima.

Appena riesci a reggerti in piedi ricominci a girovagare apparentemente senza meta per la casa. In realtà stai facendo finta di cercare qualcosa ma neanche tu ricordi bene cosa possa essere. Dopo poco l’oggetto senza nome prende forma nella tua mente e ti riesci a ricordare che è sotto il letto, totalmente impolverato, oramai, ti viene da pensare.

Corri su per le scale e per tutto il corridoio. Con il fiatone ti butti a terra (e sei sicuro che le tue ginocchia non hanno apprezzato visto lo scricchiolo sinistro che proviene dalle giunture) per raccattare una kefiah, che un tempo era bianca e nera. Anche se ora assomiglia più ad un ammasso ambulante di polvere, incurante degli acari e senza darti la pena di scrollarla, la indossi e nel farlo una lacrima silenziosa ti scorre lungo la guancia. Cade nella stoffa, lasciando un alone più scuro, ma non te ne curi, perso in pensieri vagamente felici…



Sono le sette quando si apre la porta del negozio. Oggi ti tocca la chiusura e l’inventario quindi ti sei rassegnato già dalle tre e mezzo al fatto che avresti rivisto casa solo alle nove, clienti permettendo. Ti volti verso la porta con il tuo solito ‘sorriso da negozio’, quello che usi quando devi fare la fatidica domanda: “Posso darle una mano?”.

Poi ti accorgi che in realtà non è appena entrato un potenziale cliente, ma quel pazzo uomo che ami. Sembra stanco ma ti sorride. Il dannato centro f-estivo, come si ostina a chiamarlo, lo fa stancare troppo anche perché, in pratica, a badare ai bambini sono solo lui e l’altro capo del centro estivo e i cosiddetti grandi si sono dileguati nel nulla per potersi godere la fine delle vacanze estive prima che ricominci la scuola.

-Salve, posso darle una mano?-

Ti guarda continuando a sorridere e si avvicina. Dopo essersi assicurato che nel negozio non c’è nessuno e che non siete visibili dalla strada, ti bacia. Quando vi separate ti abbraccia e ti sussurra qualcosa in un orecchio che solo dopo riuscirai ad interpretare come un:

-Magari quando siamo in casa da soli…-

colmo di doppi sensi. Sciogli l’abbraccio e lo prendi per mano fino a guidarlo in un angolino del negozio dove ci sono tutti gli accessori. Ne tiri fuori uno bianco e nero, dopo averlo obbligato a tenere gli occhi chiusi, e glielo metti al collo. Una kefiah identica a quella che stava cercando da una vita, dopo che a Londra aveva perso la sua. Appena si rende conto del regalo ti abbraccia come senti che solo lui sa fare: annulla le distanze sia fisiche che psicologiche fra di voi in un nulla e ti riempie, ti scalda.



Torni bruscamente alla realtà quando senti aprirsi la porta di casa e un vociare indefinibile entrare prima che la porta si richiuda nuovamente. Scendi al piano di sotto, dopo esserti tolto la kefiah e averla messa sotto al tuo cuscino e, improvvisamente, avverti più freddo, come se avessero spento il riscaldamento…o come se ti avessero portato via un pezzo di cuore: ti rendi conto, tuo malgrado, che è proprio così.

Ascolti le chiacchiere dei tuoi strumentisti, mentre preparate la cena e mangiate (mangiano, visto che alla vista del cibo ti viene nuovamente la nausea). Hanno in programma un mega partitone a Guitar Hero World Tour (con il batterista che cercherà di cantare, oddio!) e una sbronza colossale. Decidi che puoi provare a rimanere in salotto con loro e, magari, bere una o due birre. Alla terza canzone, però, ti rendi conto che così non può andare avanti: le urla stridule di chiunque cerchi di cantare, la batteria che viene maltrattata a turno dal percussionista che cerca di suonarla con le mani e dal chitarrista che usa delle forchette al posto delle bacchette e le canzoni che sembrano essere scelte appositamente per farti dare di matto. Ti alzi dal divano e sembra che nessuno ti noti mentre sali le scale e, con ancora le parole dell’ultima canzone in mente, ti dirigi verso la camera da letto e ti addormenti stringendo fra le mani la kefiah impolverata.



Lord you know I’ve cried a thousand tears tonight

but now I need an answer to my prayers and you’re not here…

Has no one told you? You’re cries are all in vane

Lord, I can’t disguise the look inside my eyes…

The more I try to look away, the more I’m staring…

 

**********

 

Si scrutano come se avessero visto un fantasma. Te ne sei andato con la testa bassa e una faccia che preannunciava pianto. Il chitarrista si guarda attorno, dalla sua postazione centrale seduto dietro alla batteria, e si arrischia a chiedere quello che stanno pensando tutti:

-Abbiamo fatto bene, vero, a cercare di farlo reagire?-

Il silenzio cala su di loro come se, all’improvviso, qualcuno ha deciso di togliere completamente il volume alle loro vite, come sta facendo al momento il cantante con la sua.



Scusate l'enorme ritardo ma siccome ci sono stati problemi con la mail che avevo inviato alla mia beta e visto che lunedì prossimo (26 ottobre) non potrò aggiornare per via del fatto che non riesco a scrivere neanche una parola questa settimana ho deciso di aggiornare oggi...

Per prima cosa vorrei ringraziare:

TND: Innanzitutto grazie per il betaggio mega iper veloce anche se io non ho pubblicato... Poi grazie anche per le belle parole... Sono felice di essere riuscita a creare dei personaggi gradevoli e che non stanno sulle scatole alla gente (te!) e devo dire che mi ritrovo molto nella seconda parte del commento... So di fare un casino enorme con i pensieri che metto giù e che a volte la gente legge e dice : “ma questa è pazza?”... Però io non ho mai sentito nessuno pensare in un modo che abbia un senso logico... Quindi mi piace molto scrivere così e mi piace molto che ti piaccia questo stile...! Al prossimo capitolo...!

A chi legge, chi l'ha preferita e chi la segue...

Al prossimo capitolo (e lasciate un commentino se vi va, il link lascia una recensione non si consuma!!!)!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=411866