2 what would my mamma do
*
What would my mama do, what would my daddy say
Every
night I go
Every
night I go sneakin' out the door,
I
lie a little more,
Baby
I'm helpless.
What
would my mama do,
If
she knew 'bout me and you,
what
would my daddy say...
Pixie
Lott – Mama
do
“Andrea,
è meglio che chiudi va', c'è un
vento...”
“Scusa
un secondo...” dissi appoggiando il telefono alla mano e
voltandomi
verso il bancone del bar, Andrea non era lì,
bensì al mio fianco.
“E'
meglio che entri, il vecchio vuole che chiuda.” disse
sorridendomi.
Sorrisi
a mia volta e entrai.
“E'
successo qualcosa?” Mi chiese
la voce di Marta.
“Oh
no, c'è solo un temporale e allora sono dovuta
entrare.” dissi
facendo finta di niente, incapace di smettere di guardare Andrea, il
barista dell'Hotel dove mi trovavo, che sistemava i tavoli sulla
terrazza dov'ero rimasta fino a qualche secondo prima. Era sexy,
così
dannatamente sexy.
“Allora,”
dissi distraendomi e guardando da un'altra parte.
“Dov'eravamo
rimaste?” chiesi cercando il filo conduttore di quella
conversazione.
“No,
ti stavo dicendo che qui ho conosciuto un ragazzo.”
Potevo sentire il suo imbarazzo nel dirmelo anche se lei si trovava
dall'altra parte dell'Europa.
“Giusto...”
dissi sorridendo istintivamente, “E?” la
incoraggiai dato che il
suo intento era tenermi sulle spine.
“Non
lo so, sai come sono, ho paura che mi stia solo prendendo in
giro...”
“Senti,
sei una ragazza intelligente e simpatica, perché diamine non
dovrebbe volerti?” chiesi io.
“Lo
sai perché...”
“Sei
anche bellissima...” aggiunsi leggermente affranta dal suo
comportamento. Doveva sciogliersi, per Dio!
“Sì,
magari ti sei dimenticata come sono fatta dato che è da un
bel po'
che non ci vediamo...” era
affranta anche la sua di voce.
“Martaaa...”
dissi con rimprovero.
“Ascolta,
lui è un bel ragazzo, proprio bello e io ho paura solo che
voglia
dimenticare la sua ex, con cui è stata insieme e ho paura
che...”
Tu-tu.
Tu-tu.
Guardai
il telefono che mi indicava che la chiamata era terminata.
“Cazzo.”
sussurrai fra le labbra infilandomelo in tasca.
Andrea
passò esattamente in quel momento carico di tovaglie e
portaceneri e
disse “Successo qualcosa?” con tono estremamente
ironico e
divertito.
Aveva
la mania in questi giorni di osservare attentamente ogni cosa che
facevo e farmela notare continuamente. Mi sentivo quasi braccata.
“Ho
finito i soldi.” risposi a malincuore sentendo il cellulare
vibrare. Sapevo che era il credito quindi evitai di guardare.
“E'
che stai troppo a parlare con il moroso...”
commentò lui
sistemando il bar.
“Sì,
certo.” risposi ironica. Come se ce
l'avessi il moroso.
“Perché
non c'è?” chiese lui con un sorriso malizioso
guardandomi dritto
negli occhi.
Non
ho mai sopportato le persone che non conosco che si prendono la
libertà di osservarmi in modo così spudorato. Il
contatto visivo
per me è sempre stata una fra le forme più intime
di contatto e
quando lui mi fissava con quegli occhi dannatamente verdi e
dannatamente belli mi sentivo una tempesta dentro, mi sentivo
sconvolta, come se il mondo si fosse rovesciato su e giù, su
e giù.
Probabilmente arrossii, ma non ci pensai troppo.
“No,
non c'è il moroso.” risposi evitando di guardare
quegli occhi
intensi.
Potevo
vedere i suoi movimenti sebbene non lo stessi guardando e sebbene
fingessi di essere incantata da qualche punto della sala dell'albergo
che si intravedeva nell'altra stanza non appena lui smise di pulire
il lavello i miei occhi saettarono verso di lui.
Trovai
come tante altre volte ancora il suo sguardo sul mio. Stava
sorridendo.
“Questa
è una bella notizia,” disse penetrandomi con
quegli smeraldi e mi
sentii cadere e probabilmente sarei caduta se solo non fossi stata
seduta su uno sgabello.
Gli
tenevo compagnia, dato che mia nonna, con cui ero venuta a passare
una settimana al mare era di sopra in camera che probabilmente
ronfava.
Quelle
parole lì per lì, a parte quell'effetto
immediato, non fecero tanti
danni a quella che era la mia psicologia labile di ragazza attratta
dal barista dell'albergo. Era solo lusinghiero con una ragazza
dell'hotel, voleva solo rendersi simpatico e tirarsela un po', tutto
qua. Era sciocco pensare che un uomo sposato, di 29 anni, con una
bambina di 12 mesi, potesse fare dei complimenti seri
ad una quasi diciottenne.
Ma
c'era qualcosa nel suo sguardo e nei suoi gesti che non mi rendevano
tanto sicura su quello che era il suo comportamento e le sue vere
intenzioni.
Finsi
di non sentire e appoggiai il gomito sul tavolo, stringendomi la
testa fra le mani. Lui rimase in silenzio per un po'.
“Vuoi
bere qualcosa?” disse preparando un bicchiere.
“Sì
grazie, quasi quasi...”
“Alcolico,
dato che non c'è la nonna, giusto?”
Era
da quando ero arrivata che cercava di farmi bere qualcosa di
alcolico, forse il suo desiderio era vedermi ubriaca fradicia. Non
avendo nulla contro l'alcool ed essendo costretta ad una vacanza con
la nonna, dato che la mamma aveva tirato pacco all'ultimo momento e
mi era toccato sostituirla, il che era tutto il contrario degli
svaghi cui di solito ero abituata, accettai di buon grado.
Sorrise
ancora. “C'è qualcosa che preferisci?”
chiese.
“Sexy
Speed.” dissi tirandomi indietro dal bancone. Mi sentivo un
po' a
disagio, non so perché.
“Sesso
veloce...” tradusse lui malamente perché sarebbe
stato
sessualmente veloce, ma non glielo feci notare.
“Non è mica
meglio lento?” chiese cercando il mio sguardo.
Si
divertiva a stuzzicarmi lo stronzo. E io non è che non
stessi al
gioco per carità. Che cosa voleva che ne sapessi io di sesso?
Quando il massimo a cui ero arrivata erano dei semplici preliminari
finiti con l'arrivo di mio fratello al piano di sotto?
“Ovviamente,
si gusta tutto di più.” risposi maliziosa.
Troia.
Sì,
ero stata troia, nel
vero senso della parola. Ma me lo potevo permettere, lui era un uomo
sposato, un padre sposato, barista dell'hotel in cui stavo.
Lui
mi guardò ancora e poi rise, emettendo un suono grottesco
quasi, ma
naturale, veramente divertito. E qui avrei voluto dire che
cazzo ti ridi?
Ma rimasi in
silenzio. Ero tesa, i nervi a mille.
Ero
rimasta sola quella sera perché dovevo sentirmi con Marta,
con cui
avevo litigato e avevo bisogno di parlarle a quattr'occhi per
chiarire la cosa e far sentire quello che pensavo. Mia nonna si
sarebbe annoiata a stare a sentire i problemi di due (quasi)
diciottenni e così le avevo detto di andare a letto che
sarei
tornata su presto. La sera prima, Andrea, aveva commentato la nostra
dipartita -mia e di mia nonna, prima di andare a dormire- con
l'esplicita richiesta che io rimanessi a fargli compagnia. Avevo
rifiutato ovviamente, ma forse poi avevo anche chiesto a mia nonna di
lasciarmi da sola, per avere l'occasione di rimanere con lui e
vedere.
Vedere
cosa?
“Ecco
qua.” disse porgendomi il bicchiere.
Sorrisi
commentando con un “Grazie” e stavo quasi per
sorseggiarlo quando
lui mi disse.
“Niente
cin?”
Solo
allora mi accorsi che si era preparato un bicchiere anche lui.
“Non
si dovrebbe fare a meno di bere in servizio?” dissi io con un
sorriso.
“Stasera
non c'è nessuno, si può anche fare uno strappo ad
una regola.”
Sì,
con la scusa del temporale tutti erano in camera. L'albergo era
veramente deserto. C'eravamo solo io e lui. E il custode, il tipo che
gli aveva detto di entrare. Uau.
I
bicchieri si scontrarono rumorosamente e mormorammo insieme le parole
“Cin cin.” Ma prima di lasciarmi bere, mi
bloccò.
“Quando
devi fare cin, devi guardarmi dritto negli occhi, così
è veramente
sincero il tuo augurio, altrimenti è sfuggente.”
I
suoi occhi erano fuoco, puro fuoco ardente che bruciava ogni mia
parte del corpo, o forse erano le mie guance ad essere infiammate,
non lo so, non lo saprei dire nemmeno ora. Fatto sta che lui mi fece
rifare il tutto e io mi sentii così imbarazzata a fissarlo,
era così
bello. Come faceva ad essere già sposato?
Finalmente
sorseggiai.
Alcool,
non si sentiva nemmeno. Era il gusto delle fragole a prevalere, ed
era pericoloso, dannatamente pericoloso perché ne avrei
potuto
trangugiare litri senza accorgermene.
Di
nuovo vibrò il cellulare.
“E
che palle.” commentai cercando il cellulare nella tasca.
“Ancora
il telefono?” disse Andrea.
“Sì,
uff.” sbuffai veramente amareggiata. Non sono una
telefonomaniaca
ma con la scusa che ero al mare isolata, mi ci ero davvero attaccata
al cellulare. Peraltro non voleva uscire. Cominciai a svuotarmi la
tasca e la prima cosa che uscì fu un accendino. Rosa
salmone, il mio
preferito.
“Fumi?”
mi chiese curioso.
Prima
di rispondere lessi il messaggio.
Sono
proprio contenta che ci siamo chiarite, mi sei mancata moltissimo in
questo periodo e ho sentito che mancava quasi una parte di me.
Immagino tu abbia finito i soldi, non ne ho abbastanza per
richiamarti :) Un bacio, a presto, non vedo l'ora di vederti e
abbracciarti.
Poco
più giù compariva il nome del mittente: Marta.
Sorrisi
e poi come trasognata risposi alla domanda. “Cosa?”
dissi
spaesata. “Oh, sì fumo...” aggiunsi poi
orientandomi.
“Vieni
andiamo a fumarci una sigaretta allora...”
commentò lui tirando
fuori un pacchetto di Pall Mall rosse dal grembiule che indossava
come divisa da lavoro.
“Pall
Mall rosse?!” chiesi esterrefatta.
“Erano
le uniche rimaste nel distributore.” rispose lui con un
sorriso.
“Tieni
va,” risposi io dandogli una Camel mentre uscivamo coraggiosi
fuori.
Come
due persone pensino di poter fumare delle sigarette in una
località
costiera durante un temporale estivo di fine agosto, io non lo so. So
solo che noi
lo facemmo.
L'accendino
che avevo tirato fuori ce l'aveva lui, e stava lottando contro il
vento per accendersi la sigaretta. Ci riuscì. Io stringevo
la mia
fra le labbra quando lui si avvicinò e fece scattare il
meccanismo
premendo sulla parte superiore con il pollice. Si sprigionò
una
debole fiamma che fu mangiata immediatamente dal vento. Misi le mani
davanti all'accendino per coprirlo dal vento e incidentalmente toccai
la sua, già prontamente posta a difesa della fiamma.
Il
mio cuore pacifico e tranquillo cominciò a battere
prepotentemente e
solo in quel momento mi resi conto di cosa stavo facendo. Avevo
appena bevuto un intero drink alcolico, offertomi da un barista che
conoscevo appena, sebbene l'avessi incontrato anche l'anno prima. E
ora ero in mezzo ad una bufera, in piena notte con lui, quasi mano
nella mano, a fumare.
E'
sposato, è padre, ha 29 anni.
Pronunciai
questa specie di giuramento protettivo una, due, tre volte.
Eppure
era particolarmente eccitante, come eccitante, caldo e estremamente
bello era il contatto fra le nostre mani, mentre ancora lui tentava
di accendermi la sigaretta.
Presi
il mio tempo per osservarlo, mentre lui era così intento
nella sua
opera.
Era
alto un po' più di me, forse un bel po' più di
me. I capelli erano
marroni, un marrone scuro e caldo, tagliati a spazzola, un po'
più
lunghi davanti dove terminavano appena sopra le orecchie con dei
riccioli ribelli. Il viso era abbastanza squadrato, ma in qualche
modo, terribilmente affascinante, o almeno, affascinante per me. Fra
le labbra rosee quasi bianche stringeva la sigaretta che lui era
già
riuscito ad accendersi da cui pendeva pericolosamente una
quantità
sostanziosa di cenere. Sul mento e parte delle guance si intravedeva
appena un po' di barba scura.
Indossava
come ogni giorno, una camicia bianca con le maniche arrotolate appena
sopra il gomito che esaltava le spalle larghe e la vita stretta, e
poi dei pantaloni neri e semplici, sopra cui c'era legato quel
grembiule rosso da cui aveva tirato fuori le sigarette. Aveva un neo
sul braccio sinistro che non mi piaceva, proprio no. Era grosso,
quasi enorme. Brutto.
“E'
accesa.”
La
sua voce, roca e profonda, mi riportò di colpo alla
realtà. Mi
tirai indietro d'istinto, percependo un'altra volta quel contatto fra
noi, caldo e troppo vicino. Feci un balzo più che altro e
arrossii,
questa volta sicuramente. Chissà da quanto tempo si era
accorto che
io lo stavo osservando.
Aspirai
con foga quasi dal filtro, cercando di tirare su da quella sigaretta
un po' di sicurezza e tranquillità per essere a mio agio,
nonostante
l'alcool mi avesse dato già un po' di quell'effetto.
Non
abbastanza evidentemente.
“E'
bello, vero?” disse guardandomi. Mi stava osservando da
quando ero
saltata via dalla nostra vicinanza.
All'inizio
non capii a cosa si stava riferendo, ma poi mi resi conto che parlava
del paesaggio attorno a noi.
Il
vento mi scompigliava i capelli, li ho ricci, dei boccoli definiti
generalmente e anche piuttosto belli, ma sono sicura quella sera
fossero terribilmente arruffati e ribelli. Continuavo a tirarmeli via
dalla faccia dato che lui era opposto alla direzione del vento.
C'era
il rumore del mare a colmare il silenzio fra di noi e il suono dei
tuoni, una voce possente, inquietante. La sabbia frusciava con un
canto quasi più potente di quello del vento mentre io
tremavo per
l'aria sferzante.
“E'
bellissimo.” commentai con un soffio prima di aspirare un
altro po'
di fumo da quella maledetta sigaretta.
“Come
te.”
Non
compresi immediatamente le parole che lui sussurrò. Sentii
solo il
mio cuore accelerare, salire pericolosamente in gola e bloccarmi il
respiro. Mi scostai i capelli da davanti e lui era lì a
guardare me
con quel suo sguardo dannatamente sincero, con quegli occhi
dannatamente penetranti. Non dissi nulla, non sapevo cosa poter dire.
“Sei
diventata troppo bella dall'anno scorso,”
Non
ci credevo veramente a quelle parole, non volevo crederci a quelle
parole e non avevo idea di cosa diamine volesse lui da me. Ero solo
consapevole, no a quel tempo non ancora, che le mie emozioni erano
decisamente incontrollabili.
“Certo
che ce l'ha mangiata il vento questa sigaretta.” dissi
cambiando
disperatamente il discorso e girandomi a buttarla oltre la siepe.
“C'è
sempre tempo per un'altra.” rispose lui prontamente.
Sorrisi,
avrei voluto dire che faceva troppo freddo, ma rimasi in silenzio,
era una situazione strana, eccitante, rischiosa. Non sapevo le sue
intenzioni, non conoscevo le mie. Era una partita ancora tutta da
giocare.
Tirai
fuori il pacchetto di sigarette e glielo porsi.
“No,
tocca a me offrirle.”
“Pall
Mall? No grazie, non riesco proprio a fumarle,” risposi io
nella
più completa sincerità.
Presi
una Camel, mentre lui si accese coraggiosamente una delle sue. Mi
pose l'accendino chiedendo, “Vuoi una mano?”
“Prima
ci provo da sola,” risposi con un sorriso.
Aspettai
che lasciasse cadere l'accendino nelle mie mani, ma sembrava non
volerlo lasciare andare e allora lo presi dalle sue e ancora una
volta quando ci toccammo una scossa, un fulmine vero e proprio
attraversò il mio corpo.
Al
primo colpo la sigaretta si accese. Questa volta ero stata fortunata,
o sfortunata dipende dai punti di vista.
“Ti
rendi conto che se tu non fossi stata qui con tua nonna, io ti avrei
già preso?”
Co-co-come
scusa?
Era
puro arabo la lingua in cui stava parlando. No, non arabo,
turcomanno, ostrogoto.
Come
scusa?
Rimasi
lì a fissarlo, inebetita, i capelli sugli occhi, che mi
coprivano
parte del volto e così mi andava più che bene,
perché
probabilmente avrebbe pensato che fossi scema se mi avesse visto in
faccia.
Era
stato uno scherzo del vento quello che avevo sentito? Un tuono aveva
modificato il suono delle sue parole?
“Mi
dicevo la mollerà una sera no?” disse. Potevo
vederlo serio, per
la prima volta attraverso i miei capelli. Serio. Comunque bello e
dannatamente sexy.
“Scusa,
ma non sei sposato?” chiesi.
Avevo
paura che mi rispondesse con una risata bella e buona e che mi
aprisse gli occhi dicendomi che era tutto uno scherzo. L'attenzione
alla sigaretta era svanita da un bel po'.
“Felicemente
anche, ma ho bisogno di divertirmi un po', non trovi?” mi
chiese
facendo un passo in avanti.
Cazzo.
“Certo.”
Sapevo cosa intendeva, staccare un po' dalla realtà. Ma lui
era
sposato aveva delle responsabilità.
E
padre.
“Ma
non ami tua moglie?”
“Lei
è la persona giusta per me,”disse voltandosi
dall'altra parte.
Respirai a pieni polmoni per la prima volta da quando era iniziato
quel discorso. “Ho trovato proprio la persona adatta a me, ma
vedi,
lei ha 8 anni più di me.”
Porca
troia.
“Cazzo.”
Mi sfuggì. E mi resi conto subito che poteva non essergli
gradito.
“No, scusa, è che mi sembra strano.”
“E
lo è,” rispose lui guardandomi nuovamente e
aspirando da quelle
labbra terribilmente morbide, almeno all'apparenza. “Ma lei
ormai
ha capito che io ho bisogno di divertirmi ancora. Apparteniamo a due
mondi diversi e lei sì, è veramente
più vecchia di me, e
nonostante tutto sento il bisogno di staccare. Si vive una volta
sola, no?”
Sacrosanto.
Annuivo, condividevo a pieno tutto quello che stava dicendo, ma non
riuscivo a capacitarmene. Questo va bene se non hai
responsabilità.
Non se sei sposato.
Ma
tu non sei sposata.
Vero,
e Andrea poteva diventare la mia più bella avventura della
vita.
In
fondo, mi piaceva, era appurato che mi piaceva. E io gli piacevo,
almeno a sentirlo parlare. E io avevo fantasticato qualche volta su
di lui, lo ammetto. Non ero io quella sposata, non ero io quella con
le responsabilità, era lui. Lui era quello che avrebbe
dovuto dire
di no, ma se lui non lo diceva.
“Chiudiamo?”
La
voce del custode mi, o meglio ci riportò alla
realtà, con uno
schiaffo poderoso e doloroso. Gettai il mozzicone della sigaretta e
lui mi imitò. Ci infilammo nella porta che aveva lasciato
aperta e
finalmente il mio corpo fu di nuovo al caldo.
Non
riuscivo a pensare lucidamente. L'alcool e Andrea insieme non
andavano mischiati.
“Ancora
sveglia, signorina?” chiese il vecchietto.
Annuii.
Avevo la bocca impastata e troppo poca saliva per muovere la lingua.
“La
nonna è a letto?”
“Sì.”
mormorai abbastanza decisa inforcando il telefono e guardando l'ora.
Mezzanotte e mezza, relativamente presto.
“Sergio,
va giù a portare le casse, ti raggiungo non appena faccio
l'ultima
lavapiatti.” disse Andrea.
Lo
guardai, no meglio, lo fissai con attenzione. E sentii per la prima
volta il mio cuore palpitare rumorosamente. Lo guardai e fu inutile
per me sorridere. Avevo trovato una persona con la mia stessa
filosofia di vita, una persona che la pensava esattamente come me.
Divertirsi.
Vivere.
Cogliere
le occasioni al volo.
Sergio,
il vecchio custode scese le scale.
“Se
ti va di fare un giro aspettami sul lungomare.”
Sorrisi
mentre anche lui scomparve.
Chissenefrega
se era sposato. Era un suo problema, non il mio. Si vive una volta
sola nella vita, non mille.
Probabilmente
quella sarebbe stata l'unica occasione della nostra vita per passarla
insieme, perché sprecarla?
Che
senso aveva andarsene e portarsi appresso tutti i rimpianti?
Avevo
diciassette anni e una vita per pensare alle responsabilità.
Avevo
diciassette anni e avevo voglia di vivere un'avventura, pericolosa,
nuova ed entusiasmante.
Se
solo avessi saputo a cosa mi avrebbe portato.
Note
dell'autrice
In
primis questo capitolo è narrato in prima persona
perché i
sentimenti/idee di Chiara così traspaiono molto meglio ed
è questa
la mia intenzione. Ogni capitolo che riguarderà incontri
diretti fra
Andrea e Chiara sarà narrato in prima persona dal punto di
vista di
Chiara, mentre gli altri saranno narrati in terza persona. Se la cosa
risulta troppo destabilizzante, sono disposta a trasformare gli altri
capitoli in prima persona.
Altra
cosa, cronologicamente è antecedente il prologo pubblicato
ieri. Al
posto del personaggio di Chiara che racconta ciò che
è successo
questo è una sorta di flashback narrato direttamente dal suo
punto
di vista.
Una
cosa che voglio mettere in chiaro e spero che sia arrivata a tutti
è
l'idea di vita che Chiara ha, giustamente alla sua età
può
permettersi di divertirsi e può permettersi di essere
spensierata, o
almeno così è come pensa. Andrea dall'altro lato
sono consapevole
sia poco sviluppato come personaggio in questo momento e so, e
dev'essere così, che da l'idea di quello che ha voglia di
approfittare della ragazzina sprovveduta. Dovrete accompagnarmi nella
storia per sapere come va a finire XD.
P.S.
Il prossimo capitolo è IL capitolo, se vi danno fastidio
scene di
sesso, fate a meno di leggerlo e aspettate l'aggiornamento seguente.
Per
il momento è tutto.
Ringraziamenti:
Ringrazio
di cuore le 7 persone che hanno aggiunto la storia o fra i preferiti
o fra le seguite e in particolare chi ha recensito:
Dolce
Mony:
Grazie per il tuo commento, sono contenta che la storia ti abbia
incuriosito e spero vivamente che continuerai a seguirmi! :D
nes
95:
Grazie mille anche del tuo commento, e come vedi non devi
preoccuparti, sono abbastanza veloce ad aggiornare XD. Grazie ancora,
fatti sentire.
Yelena:
Uau, è stata una bella sorpresa ricevere un tuo commento!
*_* Ti
avevo appena scoperta come autrice e come sai stavo divorando le tue
storie che poi quando ho trovato il tuo commento sono rimasta
esaltata. Come avrai saputo dai commenti adoro il tuo stile e gli
argomenti che tratti dato che sono anche parte della mia
personalità.
Grazie di cuore del tuo commento, spero continuerai a seguirmi. P.S.
Marta è un personaggio molto molto interessante e complicato
^^,
avrà più rilievo nei prossimi capitoli.
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