La Lancia di Lugh

di Beatrix Bonnie
(/viewuser.php?uid=83290)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La nuova scuola ***
Capitolo 2: *** Viaggio in treno ***
Capitolo 3: *** Il Trinity college per giovani maghi e streghe ***
Capitolo 4: *** L'aquila e il drago ***
Capitolo 5: *** Le acque del lago ***
Capitolo 6: *** Una punta niente male ***
Capitolo 7: *** La stanza buia ***
Capitolo 8: *** Una croce a Natale ***
Capitolo 9: *** L'incantesimo sensore ***
Capitolo 10: *** La lancia di Lugh ***
Capitolo 11: *** Un trucchetto da illusionisti ***
Capitolo 12: *** Il potere della Lancia ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** La nuova scuola ***


CAPITOLO 1
La nuova scuola






A Edmund non piaceva il suo nome. Suonava di antico, di epoche passate e di ville settecentesche. Per non parlare del fatto che tutti lo prendevano in giro per come si chiamava. Purtroppo, però, l'unica persona con cui poteva lamentarsi per il suo nome era l'inserviente patriottica dell'orfanotrofio che, quando l'aveva trovato davanti alla porta, abbandonato da chissà chi, aveva deciso di chiamarlo come un famoso uomo politico irlandese: Edmund Burke.
Il ragazzino, infatti, non sapeva nemmeno chi fossero i suoi genitori, perché era stato lasciato davanti all'orfanotrofio quando aveva poche ora di vita. Era stato dato in affido ad una famiglia per qualche anno, ma la giovane coppia l'aveva riportato in comunità alla svelta, non appena il bambino aveva cominciato a spostare gli oggetti con il pensiero. Da quel momento si erano susseguiti una serie infinita di affidi temporanei, tutti terminati nel medesimo modo: Edmund veniva rispedito in orfanotrofio nel giro di una settimana. Il tutto, spesso, corredato da scene isteriche da parte dei genitori affidatari. Una coppia aveva addirittura chiamato un prete per sottoporre il bambino ad un esorcismo. Inutile dire che il prete in questione se l'era data a gambe non appena Edmund aveva cominciato a far volare per la stanza le ampolline contenente gli oli sacri.
Dopo quella serie infinita di spiacevoli episodi, tutti all'orfanotrofio avevano cominciato a credere fosse un po' squilibrato e per questo lo isolavano. Edmund aveva così sviluppato un certo amore per la solitudine: preferiva starsene da solo a leggere e a studiare piuttosto che giocare in cortile con i coetanei, tanto più che non aveva nessun amico. Non aveva mai ricevuto visite, né da possibili parenti, né da qualcuno che fosse venuto a reclamarlo. Edmund si era convinto di non essere un bambino normale, di non essere nato come tutti gli altri. C'era qualcosa che non andava in lui: sapeva spostare gli oggetti solo con il pensiero o tramutarli a suo piacere, poteva far accadere cose strane a chi lo prendeva in giro e sapeva parlare con i serpenti.
Erano poteri terribili e forse davvero un po' demoniaci.
Quella mattina se ne stava rannicchiato nell'angolo più buio del cortile con un libro sgualcito appoggiato sulle ginocchia. Aveva già letto tutto ciò che la misera biblioteca dell'orfanotrofio poteva mettergli a disposizione, così le inservienti gli avevano fatto la tessera della biblioteca comunale, in modo che potesse prendere in prestito i libri che voleva. Poteva sembrare un pensiero carino, ma in realtà lo scopo era quello di tenerlo buono in un angolo a leggere, senza che combinasse danni. Il volume che aveva preso riguardava la storia irlandese del XVIII secolo: voleva scoprire qualche informazione in più sul filosofo da cui aveva preso il nome.
“Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione.” lesse tra le citazioni di Burke. Gli sembrò che quella frase avesse un valore profetico: forse il suo omonimo voleva avvertirlo di qualcosa.
«Ehi, sfigatello!» strillò un ragazzino dai capelli rossi.
Edmund non alzò gli occhi dal libro, anche se sapeva benissimo che quell'insulto era rivolto a lui.
«Che stai leggendo?» chiese il rosso strappandogli il libro di mano.
«Ridammelo, è della biblioteca!» esclamò Edmund cercando di afferrare il volume rubato.
«Vieni a prendertelo!» sghignazzò quell'altro, scappando dalla sua portata.
Edmund si alzò da terra e tese la mano verso il suo avversario. «Dammi il libro, Shannon» ordinò con un tono di ferro.
«Che diav....» cominciò stupito il rosso. Il libro gli volò via dalle mani per atterrare con precisione tra le braccia di Edmund, mentre lui venne scaraventato all'indietro di qualche metro.
«Grazie» sussurrò Edmund con un mezzo sorriso, risedendosi nel suo cantuccio a leggere. Adorava fare quei giochetti contro chiunque lo prendesse di mira. Poteva ferirli, se voleva. Far loro del male...
«Edmund» lo richiamò proprio in quel momento un'inserviente dell'orfanotrofio. E poi pronunciò le parole più inaspettate: «C'è una visita per te.»
Edmund, incredulo, si alzò da terra e si diresse verso l'ufficio della direttrice. Si chiese chi potesse essere venuto a fargli visita, dato che da dodici anni nessuno si era mai fatto vivo. Quando arrivò all'ufficio, si bloccò sull'uscio. C'era un uomo nella stanza, il più buffo che avesse mai visto: era alto più o meno quanto lui, aveva un nasone enorme, due baffoni bianchi spioventi, un paio di occhialetti rotondi che celavano due penetranti occhi azzurri e un sorriso benevolo stampato sulle labbra. Ma il peggio era il modo in cui era vestito: indossava una tunica color antracite, un mantello turchese e sul capo aveva un assurdo cappello a punta.
La direttrice invitò Edmund a sedersi, ma lui rimase come impietrito sull'uscio della porta. La donna alzò le spalle e si limitò a presentargli il nuovo arrivato: «Questo è il professor Captatio ed è qui per offrirti un posto nella sua scuola.»
L'uomo sorrise gioviale. «Felice di conoscerti, Edmund.»
Il ragazzo squadrò prima la direttrice, poi il professore ed infine esclamò: «Non imbrogliatemi! Mi volete mandare in un istituto per pazzi!»
«Affatto, Edmund. La mia scuola è molto prestigiosa e abbiamo delle ammissioni selettive» rispose affabile l'omino, senza scomporsi per l'accusa del ragazzo.
«Ma io non ho partecipato a nessuna selezione» protestò Edmund, per nulla convinto da quella faccenda. Non aveva alcuna intenzione di farsi rinchiudere in un manicomio, tanto meno da un buffo ometto che sembrava uscito da un libro di fiabe per bambini.
Il professore sorrise. «Non ce n'è bisogno. Abbiamo già valutato le tue capacità e riteniamo che siano adatte al nostro tipo di scuola.»
Edmund si lasciò cadere sulla sedia a fianco dell'insegnante e lo guardò con sospetto. Lo stavano per caso prendendo in giro?
Il professor Captatio chiese alla direttrice di poter parlare con Edmund in privato e quella, anche se leggermente scocciata, li lasciò soli nel suo ufficio. L'uomo lo fissò per un attimo con i suoi penetranti occhi azzurri, resi piccolissimi dagli spessi occhiali che portava. «Tu sai di essere diverso dai tuoi compagni, vero?» gli chiese in tono serio.
Edmund non rispose subito. Eccome se sapeva di essere diverso, ma cosa poteva capirne quell'uomo?
«Io sono il preside del Trinity college per giovani maghi e streghe e ti sto offrendo un posto nella mia scuola.»
Edmund lo fisso come se fosse pazzo. “Giovani maghi e streghe?” Ma chi voleva prendere in giro?
Tuttavia il professore non si lasciò scoraggiare dalla sua espressione scettica: estrasse da una tasca interna del mantello un bastoncino di legno che agitò in aria in modo alquanto buffo. Edmund non ebbe tempo di ridere per quella messa in scena, che il righello appoggiato sulla scrivania divenne un furetto. Il ragazzino sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre l'animaletto zampettava smarrito sui documenti della direttrice.
«Questa era una magia, Edmund. Se accetterai di studiare al Trinity, le imparerai anche tu.» Il professore sorrise della sua aria allibita.
«Io... sono un mago?» domandò il ragazzino in un sussurro. Aveva sempre saputo di non essere come tutti gli altri, ma... addirittura un mago?
«Certo. Non ti è mai capitato qualcosa di strano, che non sapevi spiegare?» chiese Captatio con un sorriso di incoraggiamento.
Edmund tentennò un attimo prima di rispondere, perché sapeva di essere di grado di compiere cose straordinarie e fuori dal comune, ma non era sicuro che fossero magie. «So fare molte cose che nessuno sa spiegare. Muovo le cose senza toccarle, faccio capitare brutte cose a chi mi dà fastidio...» rispose guardingo.
Per la prima volta l'espressione serena del professore si incrinò leggermente e un lampo di preoccupazione attraversò i suoi occhi azzurri. Studiò per qualche attimo il ragazzino, come se volesse soppesarlo. «Sei in grado di fare tutte queste cose a tuo piacimento?» gli domandò.
Edmund alzò una spalla in segno di innocenza, chiedendosi perché quell'uomo, che era venuto a rivelargli di essere un mago, si era stupito quando gli aveva confermato di saper compiere piccole magie.
L'ombra di inquietudine sparì dal volto di Captatio e i suoi occhi ritornarono gioviali. «Sai, di solito i ragazzini della tua età non riescono a governare consapevolmente i loro poteri» disse con un sorriso. Poi continuò, poggiandogli una mano sulla spalla: «Significa che diventerai un mago di grande talento.»
Edmund si fissò le mani pensieroso. Era la prima volta che qualcuno valutava positivamente le sue stranezze, dato che di solito veniva evitato da tutti proprio a causa di queste. Eppure era ancora scettico riguardo a quella storia: gli sembrava troppo assurdo che esistesse un mondo magico pronto ad accoglierlo, lui, l'orfanello senza nome e senza passato. E poi com'era possibile che non avesse scoperto nulla al riguardo, nel corso delle sue infinite letture?
Tuttavia il professor Captatio non gli diede tempo di esporre tutti i suoi dubbi perché estrasse dalla solita tasca nel mantello un foglio di pergamena ripiegato in quattro che gli consegnò. Edmund lo aprì perplesso. In alto troneggiava l'intestazione della scuola con uno stemma raffigurante una lettera T; sotto vi era un elenco di oggetti e libri di testo, i più strampalati che Edmund avesse mai letto.
«È l'elenco del materiale scolastico, con scritto sotto l'indirizzo dei negozi dove troverai il tutto. Si trovano a Dublino, ma se hai bisogno di aiuto ti accompagno io» gli spiegò il professore.
Edmund aveva ancora gli occhi fissi sul foglio: una bacchetta magica, un calderone, delle provette di vetro e tante altre cianfrusaglie del genere.
«Non ho soldi per comprare tutta questa roba» sentenziò Edmund, staccando finalmente gli occhi dalla pergamena.
Il professor Captatio allora gli consegnò un sacchetto di monete, dicendo che il college prevedeva una cassa per aiuto alle famiglie bisognose. «Ti dovrai accontentare di libri usati e divise di seconda mano, temo» disse nel affidargli il denaro.
Edmund osservò perplesso una grossa moneta d'oro su cui vi era incisa un'arpa celtica. «Non sono sterline irlandesi» commentò in tono piatto.
Captatio sorrise comprensivo e spiegò come funzionava il denaro nel mondo magico: c'erano le zecche, piccole monetine di bronzo, dieci delle quali facevano un doblone d'argento, che a sua volta per dieci faceva un eire d'oro. Edmund ringraziò il professore per i soldi e disse che non aveva bisogno di aiuto nelle spese. Captatio allora si alzò dalla sedia e gli stinse la mano. «Ti aspetterò al Trinity, Edmund. Le lezioni cominciano il primo di settembre.»
«Ma come arrivo al college?» chiese il ragazzino perplesso.
Il mago si batté il palmo della mano sulla fronte. «Oh, giusto, che sciocco! Quasi dimenticavo!» esclamò. Poi estrasse nuovamente la sua bacchetta magica e la agitò in aria. Tra le mani di Edmund si materializzò un biglietto del treno. «Partirai dalla stazione di Dublino. Alla banchina si accede tramite il ripostiglio delle scope dietro il binario 5» spiegò il professore nascondendo la bacchetta tra le pieghe del mantello.
Prima che Captatio sparisse oltre la soglia, Edmund lo richiamò con una domanda: «Signore? Esiste una biblioteca con libri... per maghi, ecco?»
«Ti piace leggere, eh? Ce n'è una molto grande in Nassau Street» rispose in tono affabile. «A presto, allora.»
«Grazie, signore» rispose Edmund rigirandosi l'eire tra le mani. «Signore?» mormorò ancora, prima che l'omino buffo sparisse dall'ufficio della direttrice. «So parlare con i serpenti» rivelò in tono guardingo, come se la cosa lo spaventasse e lo elettrizzasse insieme. «Loro mi trovano, mi sussurrano cose. È normale per un mago?»
Il professor Captatio fece balenare per un attimo sulle labbra un sorrisetto di circostanza. «È una dote... singolare» mormorò. «Ma di questo non ti devi preoccupare, per il momento.»
Edmund si limitò ad annuire a mo' di ringraziamento. Era ancora confuso dalle rivelazioni dell'omino quando rientrò in studio la direttrice. Il ragazzino si guardò intorno indeciso: in fin dei conti viveva in un orfanotrofio e non aveva grandi prospettive per il futuro, ma se tutta quella storia dei maghi e del Trinity fosse stata vera, forse allora avrebbe finalmente trovato il posto a cui apparteneva.









Carissimi,
sto cercando di dare una sistemata alle primissime storie del ciclo del Trinity, ormai scritte troppo tempo fa per essere accettabili. Lentamente, le rileggerò e correggerò, in modo da renderle più piacevoli alla lettura.
CON QUESTO, NE APPROFITTO PER SALUTARE TUTTI I NUOVI LETTORI CHE SI IMBARCHERANNO CON EDMUND E GLI ALTRI ALLA VOLTA DEL TRINITY!
A presto,
Beatrix Bonnie

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Viaggio in treno ***


CAPITOLO 2

Viaggio in treno






Mairead era eccitatissima dall'idea di cominciare la scuola. Solitamente i ragazzini di dodici anni non sono impazienti per l'arrivo del nuovo anno scolastico, ma Mairead avrebbe finalmente imparato a fare magie, come suo padre. Infatti stava per frequentare il Trinity College per giovani maghi e streghe, la scuola irlandese di magia. Aveva comprato tutto il necessario a Dublino insieme al padre Reammon, a cominciare da una meravigliosa bacchetta di ebano con una piuma di ippogrifo.

Il padre la accompagnò a binario dove sarebbe partito il treno per il Trinity, al quale si accedeva tramite un minuscolo ripostiglio delle scope nella stazione Babbana di Dublino. Il padre la aiutò con il grosso bagaglio e la gabbietta che conteneva il furetto Roddy. Spostando in modo strategico la scopa e il moccio, si apriva un varco nella parete, che conduceva al binario del Trinity.

Mairead lo attraversò piena di entusiasmo e all'improvviso fu circondata da una folla di studenti e genitori che si stavano salutando. Il treno sbuffava piccole nuvolette di vapore, pronto a partire. «Papà, siamo in ritardo!» strillò la ragazzina in preda al panico. Possibile che suo padre non riuscisse mai ad arrivare in orario?

L'uomo la aiutò a caricare i bagagli sul treno, poi le fece l'occhiolino e le schioccò un bacio sulla fronte. «Mi raccomando, fai la brava.» le disse, mentre gli occhi gli si inumidivano per la commozione. In fin dei conti non si sarebbero visti fino alle vacanze di Natale e lui si sarebbe sentito senza dubbio solo, in quella casa grande e vuota tutta per lui.

Mairead rispose con un sorrisetto furbo: «Ma io sono brava, papà. Vedrai, diventerò una Raloi come te: non ti deluderò.»

Il padre le diede un buffetto sulla guancia. «A qualsiasi casa tu venga assegnata, sarò comunque fiero di te.» le disse prima di salutarla definitivamente. Rimase fermo sulla banchina a guardare il treno, fino a che non divenne un minuscolo puntino all'orizzonte.

Mairead trascinò alla belle meglio il suo baule con la gabbia di Roddy per il corridoio del treno, alla ricerca di un vagone vuoto. Ma come al solito il ritardo di suo padre aveva fatto sì che tutti i posti fossero già occupati. Si infilò disperata in uno scompartimento dove c'era solamente un ragazzino moro immerso nella lettura di un libro. «Posso?» domandò educatamente, ma quello si limitò ad alzare gli occhi dal volume senza risponderle. Al che Mairead cominciò una lunga lotta con il suo baule, nel tentativo di posizionarlo sulla retina sopra i sedili.

Il ragazzino fissò per qualche tempo i suoi inutili sforzi, poi le chiese se le servisse una mano.

«Sarebbe gradita!» sibilò Mairead cercando di non accecarsi con lo spigolo di metallo del suo baule.

Il ragazzino, invece di alzarsi per aiutarla, estrasse di tasca la bacchetta magica. «Wingardium Leviosa.» disse mollemente, con un lento gesto del polso. Il bagaglio si sollevò dalla presa malferma di Mairead e si depositò fluttuando sulla retina metallica.

La ragazza guardò sbigottita il suo salvatore. «Sai fare un Incantesimo di Levitazione? Allora sei del secondo anno.» commentò stupefatta, dato che credeva avesse la sua età.

«No, devo cominciare il primo.» rispose il ragazzino, immergendosi nuovamente nella lettura di quello che doveva essere il libro di testo di Trasfigurazione.

Mairead lo fissò per qualche istante affascinata: aveva i capelli neri e lisci, perfettamente pettinati, gli occhi azzurri e la carnagione pallida. Indossava uno sgualcito completo scuro con camicia bianca e cravatta rossa, che aveva l'aria di non essere della sua misura.

Infine decise di presentarsi: «Piacere di conoscerti, io sono Mairead Boenisolius.»

Il morettino sollevò di nuovo lo sguardo per una frazione di secondo, poi tornò alla lettura. «Edmund Burke.» rispose dopo un attimo. Edmund si aspettava che la ragazzina ridesse del suo nome, ma quella non ebbe alcuna reazione.

Mairead rimase in silenzio per pochi minuti, poi, stressata da quell'apatia, cominciò a chiacchierare. «Sai, mio padre era un Raloi quando frequentava il Trinity. Anche io spero di finire nella sua stessa casa, perché sarebbe un'infamia se fossi una Llapac. O ancora peggio una Nagard. Tu in che casa speri di finire?»

«Una qualsiasi, purché non sia la tua.» rispose sgarbato Edmund, senza alzare gli occhi dal volume: stava leggendo e non aveva nessunissima voglia di chiacchierare. In fin dei conti aveva passato tutta la sua infanzia da solo, con i libri come unici compagni di viaggio. Tuttavia la sua mancanza di gentilezza non scoraggiò la ragazzina, che ricominciò a parlare come nulla fosse.

Dopo qualche minuto di quello sproloquio, Edmund scattò: «La potresti piantare? Sto leggendo!» Dopo quella uscita Mairead rimase zitta con le braccia incrociate al petto, mentre il suo furetto Roddy la fissava con occhi languidi, desideroso di uscire dalla gabbietta.

Il viaggio sembrava durare un'eternità: Edmund leggeva ininterrottamente e l'unico rumore che produceva era quello delle pagine che venivano voltate, un po' troppo spesso tra l'altro per riuscire ad essere lette attentamente. Mairead, che passava il tempo guardando fuori dal finestrino la campagna irlandese scorreva sotto i suoi occhi, era convinta che il ragazzino non le leggesse davvero, perché nessuno poteva assimilare informazioni tanto velocemente.

La tediosa giornata di pioggerella, fu interrotta da un'inaspettata irruzione nel loro scompartimento. Un ragazzetto pallido con i capelli biondi tagliati a caschetto rotolò letteralmente sul pavimento, seguito da una grossa valigia che qualcuno gli lanciò addosso.

«Sei un perdente! Una vergogna per un Eireannach!» urlò una voce rabbiosa, probabilmente appartenente alla stessa persona che aveva tirato il baule.

Il biondino si alzò da terra e cercò di risistemarsi i vestiti. «Colpa mia se ho difeso un ragazzino che stavate schiantando?» rispose pieno di risentimento per come era stato trattato.

Un grosso tizio con l'aria minacciosa si avvicinò allo scompartimento ringhiando. «Schianteremo anche te, sudicio inglesofilo, se difenderai un altro schifoso sasanachfuil!»

Edmund sembrava essere arrivato al limite della sopportazione. Si alzò esasperato estraendo la bacchetta dai pantaloni. «Ma dico! Stavo leggendo io!» si lamentò, poi spinse via con un incantesimo il tizio grosso e chiuse la porta dello scompartimento, sigillandola con un'altra magia. Infine si risedette come nulla fosse e riprese la lettura dove l'aveva lasciata.

Mairead invece salutò il nuovo arrivato, presentando se stessa e anche quell'antipatico di Edmund. «Piacere, io sono Laughlin Maleficium.» rispose il ragazzino biondo sistemando il suo baule sulla retina senza difficoltà.

«Maleficium?» gli fece eco Mairead.

Il ragazzino la guardò con aria rassegnata, come se sapesse dove andasse a parare quel discorso. «Sì, sì, mio padre è Eoin Maleficium, il direttore del Corriere del Mago.» confermò ancora prima che Mairead potesse chiederglielo. La ragazzina lo guardò con ammirazione.

«Caspita che bello! A me piacerebbe tanto fare la giornalista.» esclamò piena di entusiasmo.

Laughlin sorrise divertito. «Quando saremo più grandi ti raccomanderò a mio padre.»

Mairead era troppo curiosa, per fare finta di non essere interessata alla scenata che si era svolta pochi minuti prima. Per fortuna non ebbe bisogno di fare domande, perché Laughlin cominciò di sua spontanea volontà a raccontare cosa fosse successo. «Ero in scompartimento con quei tizi, no? E sembravano anche simpatici; stavamo chiacchierando, quando entra 'sto mocciosetto di un sasanachfuil che sta cercando non so cosa che ha perso. Quei tizi là volevano schiantarlo, solo perché era di origini inglesi e io l'ho difeso. Mica sapevo che era britannico. Comunque sta di fatto che ai miei amici non è piaciuta la parte dell'eroe che ho interpretato, così mi hanno scaraventato fuori dalla loro cabina.» raccontò.

Mairead non commentò, perché sapeva bene cosa significava: l'amor di patria e l'orgoglio irlandese avevano portato nel corso dei secoli ad odiare tutto ciò che fosse inglese, proprio perché l'Irlanda era rimasta per lungo tempo sotto il dominio britannico. Nella comunità magica questo odio era ancor più esasperato, se possibile, e aveva portato alla creazione di vocaboli dispregiativi verso chi aveva origini inglesi, come la parola sasanachfuil che in irlandese significava “sangue inglese”.

Per fortuna Laughlin aveva già cambiato argomento e aveva cominciato a parlare delle case. Anche lui era al primo anno e sperava di finire nei Nagard. La ragazzina lo guardò allibita. «Ma lo sai che dalla casa dei Nagard sono usciti più maghi e streghe oscuri che da qualunque altra?» domandò stupita.

Laughlin ridacchiò divertito e rispose: «Ascolta, la mia famiglia è nei Nagard da secoli e io adoro quella casa! Vengono scelte le persone ambiziose, intelligenti e sicure di sé.»

«Hai dimenticato anche malvagie, crudeli e perfide! Io sarò una Raloi, dove vanno quelli coraggiosi, intraprendenti e nobili di cuore.» rispose Mairead con un sorriso compiaciuto.

Laughlin sghignazzò divertito dalle parole della ragazzina. «A me basta non finire tra quegli smidollati dei Llapac.» concluse in tono d'intesa.

Era luogo comune che gli studenti che non avevano le caratteristiche per nessuna delle due case più rinomate, finissero nella terza, quella dei Llapac, che dunque veniva popolata da quelli più scarsi. Erano stati fatti numerosi tentativi di riabilitazione, ma ormai gli allievi erano radicati in questo pregiudizio.

Laughlin propose alla ragazzina una partita a scacchi magici, con la sua scacchiera preferita. Mentre Laughlin sistemava i pezzi al posto giusto, Edmund sbirciò verso i due compagni da sopra la copertina rigida del libro. Mairead aveva imparato a giocare da suo padre, ma non era sufficientemente paziente per un gioco così lento e riflessivo. Laughlin invece era abbastanza bravo e soprattutto i pezzi gli obbedivano ciecamente. Nel giro di un quarto d'ora era pericolosamente vicino a fare scacco matto.

Edmund nel frattempo aveva finito di leggere il libro, ma era rimasto nascosto dietro la copertina ad osservare la partita. Aveva trattenuto a stento un urlo quando il pedone della ragazzina era stato mangiato dalla torre, che lo aveva ridotto in briciole. Ora la osservava mentre decideva la mossa successiva succhiandosi nervosa il codino dei capelli. Spostò indecisa una torre di qualche casella, ma nonostante i suoi sforzi, poche mosse dopo Laughlin aveva vinto la partita. «Ti prego, cambiamo gioco.» piagnucolò sconsolata mentre i pezzi si ricomponevano, pronti per una nuova sfida.

Laughlin allora estrasse dalla borsa una scatola di Gelatine Tutti i Gusti +1 e qualche Cioccorana da offrire alla sua nuova amica. Mairead ne scartò una e osservò la figurina che aveva trovato. «Evvai, il druido Lunchann!» esclamò soddisfatta, visto che era uno dei più rari.

«Che fortuna sfacciata.» commentò Laughlin, che invece aveva trovato per l'ennesima volta mago Merlino. Edmund mise il libro nella valigia sgualcita che si era portato via dall'orfanotrofio e restò per tutto il resto del viaggio seduto in silenzio a guardare fuori dal finestrino.

Il treno cominciò a costeggiare le scogliere, segno che non doveva mancare molto alla loro destinazione. Così Mairead andò in bagno per indossare la divisa della scuola, che per il momento era grigia, poi si sarebbe colorata a seconda della casa a cui sarebbe stata assegnata: rosso per i Nagard, verde per i Raloi e blu per i Llapac. Quando rientrò nello scompartimento, anche Laughlin e Edmund si erano cambiati e attendevano eccitati che il treno arrivasse alla stazione.



EDIT: Continua l'opera di risistemazione...

aggiungo qui sotto un piccolo specchietto per la pronuncia dei nomi irlandesi:

Ailionora ............ Alanora

Ailis..................... Alice

Aöife................... Eva

Bearach............... Barock

Brion.................... Brian

Cael...................... Kale

Daire.................... Dora

Daireen................Doreen

Elan..................... Ellen

Eoin .................... Owen

Finan................... Feenawn

Laughlin ............. Locklin

Liadan................. Leedan

Mairead .............. Mayreed

Nioclas................ Niklas

Oengus................. Angus

Reamonn ............ Raymun

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il Trinity college per giovani maghi e streghe ***


CAPITOLO 3

Il Trinity college per giovani maghi e streghe






Arrivarono verso sera alla stazione di Doolin, una piccola cittadina di maghi sulle scogliere di Moher, le più belle scogliere dell'oceano Atlantico. Da lì, delle carrozze li avrebbero portati verso il Trinity. Il castello sorgeva su un'isoletta al centro di un lago marino e il suo territorio era così esteso che comprendeva il lago e le foreste vicine, fino alle scogliere di Moher che si gettavano a picco sull'oceano. Mairead e Laughlin si aiutarono a vicenda a trasportare i bagagli lungo i corridoi e, una volta scesi dal treno, si raggrupparono con gli altri ragazzini di prima ad aspettare la vicepreside. Gli alunni più grandi salirono sulle carrozze per raggiungere il castello, mentre i ragazzetti spauriti del primo anno si lanciavano occhiate sospettose a vicenda.

Improvvisamente, qualcuno alle spalle di Laughlin rise di gusto, come se fosse accaduto qualcosa di divertente. Mairead si voltò di scatto: aveva riconosciuto quel tono di voce. E infatti eccola lì, difronte a lei, una ragazza dai lunghi capelli corvini e con il volto pallido attraversato da un'aria di superiorità: Ailionora Diablaiocht.

Il signor Diablaiocht lavorava al Ministero della Magia come capo del Dipartimento Affari Esteri e per questo aveva molti rapporti con Reammon che, lavorando nel settore della ricerca magico-storica, era spesso obbligato a recarsi fuori dall'Irlanda. Per questo Mairead conosceva Ailionora, ma, anche se si erano viste solo poche volte, la riteneva profondamente antipatica. Era un sentimento a pelle, e soprattutto doveva essere reciproco. «Ma guarda chi si vede! Quella fallita di Boenisolius» commentò divertita Ailionora. «Dovrebbero impedire a quelli come te di studiare al nostro fianco» le sussurrò poi in un orecchio. Mairead la afferrò per il bavero della divisa, ma fu interrotta da qualcuno che richiamò l'attenzione dei ragazzi.

La professoressa O'Connel, vicepreside del Trinity arrivò tutta impettita in un abito rosso cupo, i capelli corvini raccolti in un nodo dietro la testa. Mairead lasciò andare la ragazza senza una parola. Si scambiarono uno sguardo infuocato, poi sul volto di Ailionora ricomparve quel sorrisetto spavaldo mischiato all'aria di superiorità che le era tipico. «Ti terrò d'occhio.» le disse in un sussurro.

La professoressa O'Connel era una donna bella e altera, ma anche molto rigida con gli studenti e le sue parole erano ritenute legge. Occupava la cattedra di incantesimi ed era anche la direttrice della casa dei Nagard (per questo vestiva sempre e rigorosamente di rosso).

Si avvicinò agli studenti e richiamò la loro attenzione per un breve discorso. «Mentre gli altri allievi raggiungono il castello, io ne approfitto per darvi qualche informazione sulla vita del Trinity. Innanzitutto dovete sapere che il College ha una storia rinomata e ha avuto come studenti tanti grandissimi maghi e streghe. Per questo dovete comportarvi in modo consono all'ambiente e in linea con le sue regole se non volete essere rispediti a casa seduta stante».

Lanciò ai poveri ragazzini uno sguardo così severo, che nessuno avrebbe mai dubitato delle sue minacce. «All'ingresso della Sala Mor è stato disegnato un cerchio; io sarò davanti al tavolo dei professori e vi chiamerò per nome. Voi passerete nel cerchio e attenderete che venga proclamata la vostra nuova casa di appartenenza e che la vostra divisa si colori. Quindi andrete a sedervi al tavolo della rispettiva casa. Le case saranno la vostra famiglia: frequenterete le lezioni con i vostri compagni, dormirete nei locali destinati alla vostra casa e condividerete la sala comune. Per tutto il tempo che resterete al Trinity, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra casa, mentre ogni violazione delle regole o punizione glie ne farà perdere. Alla fine dell'anno la casa che avrà totalizzato più punti riceverà in premio l'Arpa Celtica, un grande onore per tutti gli studenti».

Detto questo, li fece salire quattro per carrozza; ognuna era trainata da un magnifico cavallo dal mantello bruno. Insieme a Mairead, Edmund e Laughlin salì un ragazzino paciotto con l'aria sperduta. «Ehi, io so chi sei!» strillò Laughlin osservando meglio il nuovo arrivato.

Il ragazzino lo guardò con aria allibita, come se la cosa lo spaventasse.

«Sei quello che i tizi volevano schiantare sul treno!»

Sentendosi chiamato in causa, il ragazzino non poté negare e si limitò a muovere la testa su e giù.

Passarono in silenzio il resto del viaggio. Il castello del Trinity cominciò a stagliarsi all'orizzonte dopo qualche minuto che erano in carrozza. La nebbia che lo avvolgeva rendeva il paesaggio surreale e magico, qualcosa di meraviglioso che esiste solo nel mondo dei sogni. Il lago nero come la notte rifletteva le mille luci che illuminavano le finestre e le feritoie, come un grosso specchio.

La carrozza arrivò al ponte che collegava l'isola alla riva e cominciò la traversata. In lontananza, sulla sinistra, Mairead sapeva che la terra cadeva spiovente sull'oceano, creando il paesaggio più suggestivo di tutta l'Irlanda.

Quando le carrozze si fermarono, tutti gli studenti del primo anno scesero e seguirono la professoressa O'Connel verso il portone del castello. La sala d'ingresso era enorme, con un soffitto molto alto; le pietre delle pareti erano grandissime, come se il castello fosse stato costruito da giganti. Ad illuminare la sale c'erano delle fiaccole e dei bracieri che riflettevano ombre sinistre sulle pareti. Il tutto gli dava un aspetto medioevale, come quei castelli delle fiabe e delle leggende.

La professoressa li fece attendere davanti alle porte della Sala Mor, mentre lei entrò attraversando l'immenso salone, diretta verso il lungo tavolo degli insegnanti che si trovava sul fondo. Disposte verticalmente si trovavano le tavolate delle case: al centro, a giudicare dalle divise blu, doveva esserci quella dei Llapac, alla destra quella dei Raloi e alla sinistra quella rossa dei Nagard.

La professoressa si posizionò davanti al tavolo degli insegnanti e chiamò il primo studente: «Alabacor Henry».

Il ragazzino che era salito in carrozza con Mairead e gli altri, avanzò timidamente verso il cerchio. Restò immobile per qualche tempo, mentre tutta la sala era in attesa. Poi, dal perimetro del cerchio si levò una fiammata di colore azzurro che nascose completamente il ragazzetto e una voce gridò: «LLAPAC!»

Le fiamme si spensero e un Henry vestito di blu si sedette felice al tavolo dei Llapac dai quali era giunto un fragoroso applauso.

Mairead aspettò con il cuore in gola il suo turno, sicura che sarebbe arrivato presto visto che venivano chiamati in ordine alfabetico. Sergey Balosky, un ragazzino smilzo con i capelli talmente biondi da sembrare bianchi, fu assegnato ai Nagard, così come Finan Best, un tipetto non tanto alto che si dava le arie da piccolo lord.

«Boenisolius Mairead» chiamò la professoressa O'Connel.

La ragazzina avanzò titubante ed entrò nel cerchio.

«Bene» disse una voce dentro la sua testa. «Qui non ci sono dubbi: coraggio da vendere, intraprendenza e lealtà. RALOI!» L'ultima parola fu gridata a tutta la sala, mentre l'oramai familiare vampata azzurrina circondava Mairead. La sua divisa si colorò di verde sotto i suoi occhi. Quando le fiamme si ritirarono, la ragazza si diresse verso il tavolo dei Raloi con un sorriso a trentadue denti. Subito dopo sentì la professoressa chiamare Helvia Bowe, una ragazzina paffutella che divenne una Llapac. Brion Brennan, invece, fu assegnato ai Raloi e si andò a sedere al fianco di Mairead.

«Burke Edmund».

Il ragazzino entrò nel cerchio senza troppe esitazioni. «Intelligenza, molta intelligenza e ottime capacità magiche» pronunciò la voce con aria soddisfatta. «Voglia di mettersi in gioco e provare le proprie qualità, oltre a tanto coraggio e desiderio di conoscere. È una scelta difficile, ma direi RALOI!» La divisa di Edmund si colorò di verde, mentre dal tavolo alla destra scoppiò un applauso fragoroso. Edmund andò a sedersi lontano da tutti, lanciando sguardi torvi ai suoi compagni.

Le divise sia di Dedalus Consolatus che di Liadan D'Arcy diventarono blu e i due ragazzini si unirono sorridenti al tavolo dei Llapac. Quando Ailionora fu chiamata, non fece nemmeno a tempo ad entrare nel cerchio che già la voce aveva urlato la sua casa: Nagard. Peig Kenneth fu la seconda ragazza assegnata ai Raloi.

Laughlin attese il suo turno abbastanza rilassato perché sapeva quasi per certo che sarebbe finito nei Nagard, come tutta la sua famiglia. Quando la professoressa pronunciò il suo nome, entrò nel cerchio con passo sicuro.

«Siamo una personcina decisa e sicura di sé, non è vero?» commentò una voce nella sua testa. «C'è anche molto coraggio e ambizione. Direi che i Nagard ti porteranno sulla via della grandezza. NAGARD!» Laughlin venne circondato dalle fiamme, mentre la sua divisa si colorava di rosso. Mairead rimase leggermente delusa, quando seppe che il suo amico sarebbe finito nell'altra casa, quella rivale, per di più.

Iulius McEwan, un ragazzo dall'aria gentile e simpatica divenne un Raloi, mentre Moira O'Callagan si unì ai Llapac. Nioclas O'Driscoll, un biondino dalla carnagione pallida, fu assegnato ai Nagard, mentre Ailis O'Gara fu la terza ragazza dei Raloi. Leida O'Hara invece divenne una Nagard, con grande soddisfazione di Ailionora. Anneus Secula, un tipetto dall'aria vispa, vide la sua divisa colorarsi di verde e andò a sedersi al fianco di Brion, mentre Cael Trimble si unì ai Llapac.

Lo smistamento terminò quando l'ultima studentessa, Cristin Wollace, fu assegnata ai Nagard. La professoressa O'Connel, allora, andò a sedersi la tavolo degli insegnanti, mentre il mago al centro si alzò in piedi. La sala cadde nel silenzio più assoluto. L'uomo che si era alzato indossava un cappello a punta, ma nonostante quello, era la persona più bassa che Mairead avesse mai visto: doveva essere più o meno un metro e cinquanta. Aveva due enormi baffoni bianchi che gli nascondevano completamente la bocca, tuttavia si poteva intuire che stava sorridendo per lo scintillio dei suoi occhi azzurri. Anche il naso aveva delle dimensioni spropositate, per un omino così minuscolo. Nonostante il suo aspetto bizzarro, tutti gli studenti lo guardavano con ammirazione e pendevano dalle sue labbra.

Il professor Captatio, preside del Trinity, era pronto a fare il suo discorso. «Benvenuti ai nuovi allievi del Trinity College, ben ritrovati a tutti gli altri. Un nuovo anno scolastico sta per iniziare: spero che tutti voi darete il massimo per coltivare la vostra intelligenza e le vostre capacità. E ora, senza ulteriori indugi, diamo inizio al banchetto!»

Non appena il preside si risedette, uno stormo di Lepricani in livrea da camerieri fece irruzione nella Sala Mor, ciascuno reggendo un vassoio colmo di prelibatezze.

Mairead passò la cena osservando i suoi nuovi compagni e ascoltando le loro conversazioni. Ogni tanto lanciava qualche sguardo a Laughlin, all'altro capo della sala, che le rispondeva con un sorriso smagliante.

Alla fine del banchetto, il preside si alzò nuovamente da tavola, anche se la differenza di altezza era minima. «Miei cari studenti e studentesse, ora che siamo tutti pieni di ottimo cibo, gradirei scambiare due parole con voi. Ricordo a tutti che non è possibile allontanarsi dai territori del castello senza la presenza di un insegnante e che qualsiasi assenza immotivata alle lezioni è da considerarsi passibile di punizione. Inoltre voglio informarvi che da quest'anno l'ala nord del quarto piano rimarrà inagibile fino a data da destinarsi. Mi auguro che sappiate quanto valga la conoscenza e che prenderete sul serio i vostri studi.

«Abbiamo anche una nuova presenza qui al tavolo insegnanti: lasciate che vi presenti la signorina Trust, che è responsabile del Quidditch e delle lezioni di volo!»

Una donna dallo sguardo d'acciaio fece un breve cenno con la testa e un debole applauso attraversò la sala. Il professor Captatio fu quello che batté le mani più forte, come se fosse felicissimo della nuova insegnante. «E ora tutti a nanna, forza!» esclamò entusiasta.

Un ragazzo moro si alzò da tavola e disse di essere un console, cioè uno studente con il compito di assistere gli insegnati nei compiti di sorveglianza. Disse anche che esisteva un dictator per casa, un'altra carica studentesca di grande rilievo perché faceva in tutto e per tutto le veci dei professori. Il ragazzo moro aveva ora il compito di accompagnare gli studenti del primo anno verso il dormitorio dei Raloi. Mairead cercò di tenere il passo con gli altri, tentando nel frattempo di memorizzare la strada. Dalla sala d'ingresso erano passati per un'ampia scalinata, per poi raggiungere un enorme salone dal soffitto altissimo, da dove si potevano raggiungere tutti i quattro piani principali del castello. Il console condusse i ragazzi in un'altra ala del Trinity dove si trovavano gli alloggi della loro casa. Una porta dipinta di verde, con un'aquila disegnata, era l'ingresso della sala comune. «La parola d'ordine è lupus in fabula» annunciò a tutti gli studenti e come la disse, la porta si spalancò sotto i loro occhi.

La sala comune era un ampio salone con due caminetti, poltroncine, divani e tavolini. Tutta la tappezzeria era rigorosamente verde e l'animale dominante era l'aquila. Due scalinate a chiocciola portavano nei dormitori maschili a destra e quelli femminili a sinistra. Mairead si diresse verso quello femminile: al piano terra c'era la stanza delle studentesse di prima, man mano si saliva, c'era un anno per piano.

Mairead entrò nella stanza rotonda che per mesi avrebbe rappresentato la sua casa. C'erano tre letti a baldacchino con rispettivi comodini, vicino ai quali stavano i bauli delle ragazze. Al centro si trovava un grosso braciere, mentre l'unico mobilio erano delle cassapanche di legno intagliato ai piedi dei letti. Le sue due compagne di stanza, erano già arrivate e stavano svuotando i loro bagagli.

«Ciao. Io sono Mairead» le salutò la ragazza, avvicinandosi al suo letto. Quella dai capelli rossicci disse di chiamarsi Ailis O'Gara, mentre l'altra Peig Kenneth. Sembravano molto affiatate e in un certo senso Mairead si sentì esclusa; aveva come l'impressione che non sarebbero mai state nulla più che semplici amiche e compagne di stanza. Quando ebbe finito di disfare il baule, era talmente stanca per tutte le emozioni che aveva vissuto quella giornata, che crollò sul letto e si addormentò immediatamente.



EDIT: continua la sistemazione dei capitoli...

visto che ci sono, inserisco anche qualche immagine: QUI lo stemma del Trinity College (con la lettera T e il Triskell, un importante simbolo celtico che rappresenta i tre elementi); QUI, invece, il cosiddetto Trinity College tour, ovvero una serie di immagini che rappresentano i vari ambienti della scuola (sono più che altro schizzi, ma vi danno un'idea di come mi immagino il castello!).

Un saluto a tutti,

Beatrix B.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'aquila e il drago ***


CAPITOLO 4

L'aquila e il drago







La mattina successiva, Mairead si svegliò di buon ora a causa della luce del sole che filtrava attraverso le tende di velluto appese alle finestre. Indossò con calma la divisa scolastica verde e scese in sala comune mente le sue compagne di stanza si stavano svegliando. Tra le due scale a chiocciola c'era una rientranza con una finestra dall'ampio davanzale. Mairead restò ad osservarla per qualche tempo, sicura che quello sarebbe diventato il suo angolino preferito. Infine, quando altri studenti cominciarono a scendere dalle scale e a riversarsi in sala comune, decise di recarsi verso la Sala Mor per fare colazione.

C'erano ancora pochi ragazzi seduti ai tavoli delle tre case perché le lezioni sarebbero iniziate solo fra un'ora. Mairead conosceva già il suo orario scolastico, dato che la sera prima aveva trovato sul letto un foglio con la tabella oraria. Quella mattina tutti gli studenti del primo anno avevano come prima lezione Incantesimi con la professoressa O'Connel.

Mairead fece colazione con calma, poi si diresse verso l'aula al terzo piano dove si sarebbe tenuta la lezione. In poco tempo tutti gli studenti si raggrupparono davanti alla porta, in attesa che si aprisse. La professoressa arrivò perfettamente in orario e si fece spazio tra gli alunni per entrare in classe. «Seduti, svelti» ordinò con tono imperioso, mentre lei andava a posizionarsi dietro la cattedra. Mairead si sedette in un banco vuoto in seconda fila.

«Posso?» domandò Laughlin, avvicinandosi al posto di fianco al suo.

«Siamo delle due case rivali» osservò Mairead con una punta di amarezza nella voce.

Laughlin la guardò un attimo perplesso, poi alzò le spalle con disinteresse. «E chi se ne importa» disse sedendosi al banco. Mairead sorrise, contenta che Laughlin avesse deciso di restare suo amico.

«Gli incantesimi non sono solo il fondamento del sapere magico» cominciò a dire la professoressa. «Sono vivi, sentono il potere della vostra bacchetta, il vostro stato d'animo quando li evocate. È per questo che nessuno riuscirà mai a fare un buon incantesimo se non sarà assolutamente predisposto per evocarlo. Dovete studiare costantemente, esercitarvi di continuo, ma soprattutto dovete VOLER imparare ed essere consci della fatica che vi costerà diventare dei buoni maghi».

La professoressa O'Connel girovagava tra i banchi con aria severa. Passò tutta la lezione elencando le proprietà degli incantesimi, la loro utilità e il duro studio che ci stava dietro. Se il suo obiettivo era quello di spaventare i ragazzi, ci era riuscita benissimo: tutti uscirono dall'aula un'ora dopo convinti che incantesimi fosse la materia più difficile da studiare al Trinity.

L'aula dove si svolgeva la lezione successiva, Pozioni, era molto ampia e luminosa, grazie agli immensi finestroni che si aprivano sulle pareti, lasciando entrare fiotti di luce. Il professor Uisce era un druido celta e come tale indossava una lunga veste di lino grezzo, una corda a cingergli i fianchi e un'infinità di amuleti al collo. Mairead e Laughlin si sedettero in fondo all'aula, dietro due giganteschi calderoni che odoravano di una qualche sostanza strana.

Anche il professor Uisce passò la lezione a spiegare la meravigliosa arte delle pozioni. «Vedete, qui non si tratta solo di studiare: è tutta questione di intuito e per essere un bravo pozionista bisogna averlo nel sangue, perché lo studio vi può portare solo fino ad un certo punto. Ai livelli più avanzati non basterà più seguire le istruzioni del libro. Ci vuole una notevole predisposizione».

Nonostante tutte le avvertenze dei professori, Mairead era assolutamente affascinata da quelle materie: sognava di andare al Trinity da sempre e qualsiasi cosa le avrebbero insegnato, dal suo punto di vista, si sarebbe rivelata magnifica.

L'ultima lezione della mattinata era Irlandese e Latino, insegnata dal professor Saiminiu. Mairead lo aveva notato la sera prima al banchetto perché era completamente vestito di nero e se ne stava schivo e per conto proprio. L'aula si trovava al primo piano, ma non entrava molta luce perché si le finestre erano rivolte a ovest. Gli studenti entrarono titubanti, anche se il professore non era ancora arrivato.

Laughlin trascinò Mairead verso due banchi sul fondo. «Questa deve essere la materia più noiosa del mondo» commentò con costernazione.

Il professor Saiminiu entrò in aula con qualche minuto di ritardo. Aveva uno sguardo torvo, l'espressione crucciata resa ancora più cupa dalla montatura spessa degli occhiali rettangolari che portava. Si posizionò dietro la cattedra e fissò i nuovi studenti. «Questo non è un corso per fannulloni» sentenziò. Aveva una voce roca e profonda e scandiva le parole con lentezza, come per assicurarsi che tutti potessero capirlo. «Non ci sarà un inutile svolazzare di bacchette durante le mie lezioni. Quello che vi dovrò insegnare va ben oltre ciò che imparerete con gli altri professori. Io vi posso aprire la mente ad infinite prospettive, perché se saprete padroneggiare bene il latino e l'irlandese, le porte del mondo della magia vi saranno aperte dinnanzi e potrete creare nuovi incantesimi, capire il significato e il senso profondo di quelli già esistenti. La PAROLA vi darà il potere di piegare la magia al vostro volere!»

Gli occhi di Edmund, seduto in prima fila, scintillarono per la brama.

«Ma per ottenere tutto ciò, avrete davanti anni di impegno e studio intenso. Altrimenti accontentatevi di raggiungere la sufficienza per essere promossi. A voi la scelta» concluse il professore.

Edmund non aveva nemmeno bisogno di scegliere: prima di tutto aveva già letto molti libri sia in latino che in irlandese, quindi conosceva discretamente entrambe le lingue; in secondo luogo aveva accettato di studiare al Trinity esclusivamente per accrescere le proprie conoscenze. Quella stava per rivelarsi la materia più interessante del mondo.

Il professor Saiminiu passò il resto della lezione a spiegare il programma che avrebbero svolto durante l'anno. Quando finalmente suonò la campanella, tutti gli studenti si riversarono fuori dall'aula per recarsi nella Sala Mor a pranzare.

Mairead e Laughlin lasciarono la classe per ultimi, ma una voce beffarda richiamò la loro attenzione. «Feccia traditore del tuo sangue. Un Nagard non dovrebbe abbassarsi a tanto».

I due ragazzi si voltarono, riconoscendo il timbro di Ailionora.

«Che vuoi?» rispose scocciata Mairead, sicura che la ragazza non avrebbe portato altro che noie.

Ailionora non la degnò nemmeno di uno sguardo e si avvicinò a Laughlin fino a fissarlo dritto negli occhi. «Dovresti vergognarti di frequentare certa gentaglia, Maleficium» gli disse con un filo di voce.

«Non è affare tuo chi frequento, Diablaiocht.» rispose Laughlin sostenendo lo sguardo.

Ailionora rise, una risata sarcastica e senza allegria. Lanciò un'occhiata veloce a Mairead poi aggiunse: «Sporchi il buon nome dei Nagard, stando con una lurida sassanachfuil».

Fu solo allora che Laughlin distolse gli occhi da Ailionora per fissare Mairead. «Sassanachfuil?» le fece eco stupito. Mairead si fissò i piedi a disagio.

«Oh, non te lo aveva detto?» sogghignò soddisfatta Ailionora prima di andarsene.

Laughlin rimase immobile in mezzo al corridoio senza dire una parola. Non sapeva se era più scioccato dalla notizia o arrabbiato dal fatto che l'amica non gliela avesse detta.

Finalmente Mairead si decise a raccontare: «Mia madre, Mary Weasley, era inglese. Frequentò la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts; poi conobbe mio padre e si innamorarono, così lei si trasferì in Irlanda».

Improvvisamente Mairead ritrovò la determinazione: non voleva vergognarsi delle sue origini, né era disposta ad accettare che qualcuno la disprezzasse perché nelle sue vene scorreva sangue per la metà inglese. Fissò negli occhi il suo amico, poi continuò: «È morta per questo. È stata uccisa dall'EIF quando avevo solo cinque anni».

L'EIF, i Combattenti Irlandesi per l'Indipendenza, quel gruppo segreto di maghi xenofobi che da quando era stata raggiunta l'autonomia in Irlanda volevano purificare il sangue celta da qualsiasi interferenza, specialmente quella inglese. Commettevano da anni omicidi e delitti efferati in modo totalmente indisturbato perché nessuno conosceva con esattezza quali maghi o streghe ne facessero parte. Così, anche se era chiaro che dietro certi crimini ci fosse l'EIF, gli esecutori non venivano mai puniti.

«Mi dispiace per tua madre» sussurrò Laughlin con un mezzo sorriso.

Mairead si contorse le mani con nervosismo. «Ti dispiace perché era inglese?» chiese la ragazza, temendo che Laughlin non volesse più essere suo amico, ora che aveva scoperto la sua origine britannica.

«No, mi dispiace che sia stata uccisa» rispose, abbracciando Mairead. «Non mi interessa se era inglese. Non saranno quelle idiozie sul sangue puro a fermare la nostra amicizia» aggiunse poi, sciogliendosi dall'abbraccio. Il sorriso che nacque sulle sue labbra era spontaneo e Mairead si convinse che nonostante tutte le differenze che vi erano tra loro, niente poteva impedirgli di diventare grandi amici.

«Siamo una Raloi e un Nagard. L'aquila e il drago» esclamò soddisfatta, mentre si recavano verso la Sala Mor. I due animali che aveva citato erano rispettivamente il simbolo della casa dei Raloi e di quella dei Nagard.

Laughlin sorrise e annuì con convinzione. «Giusto, l'aquila e il drago. E nessuno ci può fermare!»


Ailionora sembrava scocciata dal fatto che i due ragazzi erano rimasti amici, nonostante fossero di due case diverse e Mairead avesse origini inglesi. La strana amicizia, tuttavia, non colpì solo Ailionora, ma anche tanti altri ragazzi che guardavano stupiti Mairead che si avvicinava al tavolo dei Nagard o Laughlin che accompagnava l'amica fino alla sala comune dei Raloi. I due ragazzini però non si curavano degli sguardi scioccati e delle parole sussurrate a mezza voce quando passavano per i corridoi. Erano l'aquila e il drago, i padroni del castello.

Le lezioni si susseguirono per tutta la settimana, in un vortice di impegni. Oltretutto gli allievi di prima dovevano seguire anche il corso di volo insieme alla signorina Trust una volta ogni due giorni. Era una donna molto severa, che non sopportava chiunque non seguisse alla lettera le sue indicazioni. L'unica cosa che consolava Mairead durante le lezioni di volo era il fatto che lei e Laughlin erano tra i migliori.

Quando finalmente arrivò il primo fine settimana, Mairead si recò alla voliera per scrivere un gufo a suo padre, dove raccontò con dovizia di particolari quello che le era successo. Descrisse accuratamente le lezioni che aveva seguito e i vari docenti. Si dilungò in modo particolare sul professor Ballerinus, che presiedeva alla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure ed era il direttore della casa Raloi: era un uomo sulla cinquantina, di costituzione abbastanza robusta, ma ciò che più contava era il fatto che insegnasse la sua materia con vera passione. Poi raccontò anche delle lezioni di Trasfigurazione, tenute dal professor Cumhacht: era l'insegnate più severo e temuto del Trinity, tanto che era arrivato a far piangere Henry Alabacor dopo averlo messo in punizione tutto il pomeriggio semplicemente perché il ragazzino gli aveva chiesto di andare in bagno, interrompendo la lezione. Un Llapac spilungone del quarto anno sosteneva che Cumhacht gli avesse assegnato un castigo di un mese perché l'aveva beccato nell'ala proibita al quarto piano.

Le settimane si susseguirono tranquille e i nuovi studenti impararono ad ambientarsi nella scuola e a muoversi con sicurezza per gli intricati corridoi del castello. Quando il tempo permetteva una tregua dalla pioggia, Mairead e Laughlin facevano una passeggiata verso le scogliere di Moher, per ammirare lo spettacolo della roccia che calava a picco sull'oceano. Il loro nome in irlandese, Aillte an Mhothair, significava “scogliere della rovina”, perché la leggenda voleva che proprio da quelle rocce si era gettato in mare il mago Mhothair, l'ultimo re che aveva governato l'Irlanda prima della conquista inglese.


Una sera di fine settembre, mentre gli studenti consumavano la cena chiacchierando allegramente, un paio di ragazzi si avvicinarono agli allievi di prima dei Raloi. Avevano un'aria complice di chi sta progettando qualcosa. Dovevano essere dei Nagard a giudicare dalla divisa rossa, ma non si poteva dire con precisione a che anno fossero. Uno dei due aveva una zazzera di capelli rossi spettinati e la faccia completamente coperta da efelidi. «Allora primini...» li apostrofò sedendosi al tavolo tra Ailis e Peig. Le ragazze gli lanciarono un'occhiataccia, ma non dissero nulla. «Ora che vi siete ambientati al Trinity, è ora che sosteniate la prova di iniziazione che abbiamo dovuto passare tutti».

I ragazzi si guardarono tra di loro, un po' sorpresi e un po' preoccupati da quella faccenda.

«Di che si tratta?» domandò un certo Iulius McEwan, che Mairead aveva già notato perché era sempre gentile e carino con tutti.

L'altro ragazzo, che era rimasto in piedi, mise una mano sulla spalla di Peig e rispose: «Semplice: dovete tuffarvi nel lago mercoledì a mezzanotte».

«Che idiozia!» esclamò Burke, sollevando lo sguardo dal piatto di spezzatino.

«È una prova di coraggio, marmocchio» rispose il ragazzo con i capelli rossi.

Burke rise di gusto, come se qualcuno avesse fatto una battuta di spirito. «È una prova per dimostrare quanto si è stupidi, non coraggiosi».

«Solo perché tu hai troppa paura».

«Paura? No, ho troppo cervello per cose del genere. È una scemenza, perché dovrei farla? Per dar prova a te e a quegli altri idioti che non sono un fifone? Io non ho bisogno di dimostrare a nessuno quello che valgo, tante grazie». Detto questo, si alzò da tavola anche se aveva ancora il piatto pieno e si ritirò in biblioteca.

«Ecco, volete fare la sua figura? Essere marchiati a vita come dei codardi?» commentò con malizia quello che era rimasto in piedi.

«Pensateci» aggiunse il rosso. Poi si alzò e, come se nulla fosse, i due se ne tornarono verso il loro tavolo.

Non appena si furono allontanati, tutti i ragazzi di prima cominciarono a bisbigliare preoccupati. «Credete che sia vero?» sussurrò spaventato un piccoletto biondino che si chiamava Brion Brennan.

Iulius alzò le spalle senza sapere cosa dire, ma Ailis si intromise: «Secondo me ha ragione Burke: sembra tanto uno scherzo idiota. Scommetto che l'hanno fatto solo a noi Raloi».

Peig la guardò e annuì in segno di assenso. Mairead capì che c'era un modo molto veloce per scoprire se si trattava di uno scherzo: si alzò da tavola e si diresse verso Laughlin. A giudicare dal vociferare concitato dei ragazzi di prima degli altri tavoli, la prova di iniziazione era stata estesa a tutta la scuola.

Quando la vide arrivare, Laughlin le fece posto sulla panca accanto a lui e le lanciò uno sguardo per farle capire che aveva afferrato l'argomento della discussione. «Sei qui per la prova vero?» chiese sottovoce. Mairead annuì e gli chiese che ne pensava. «Io dico che l'aquila e il drago non si tirano mai indietro difronte alle sfide» rispose Laughlin, facendole l'occhiolino. Mairead sorrise con aria complice, contenta di aver trovato un compagno di avventure con il suo stesso spirito di intraprendenza.

Nei due giorni che separavano gli alunni di prima dalla terribile iniziazione, non vi fu altro argomento di cui parlare, tanto che il professor Codail, che insegnava Storia della Magia, era stato sul punto di mettere in punizione tutta la classe per il continuo mormorio durante le sue lezioni. Moira O'Callaghan, una ragazza dei Llapac piuttosto bruttina, con una chioma indomabile di capelli ricci e un paio di occhiali spessi come fondi di bottiglia, disse che si trattava di uno scherzo perché aveva chiesto a sua sorella, che frequentava il quinto anno, e non esisteva nessuna iniziazione. Tutti però malignarono che in realtà Moira aveva troppa paura per sostenere la prova e si fosse inventata quella scusa. Ailionora se ne andava in giro per i corridoi con aria di superiorità, dicendo che lei non aveva nessuna paura a tuffarsi nel lago e che si sarebbe fatta avanti per prima se fosse stato necessario.



Edit: continua (molto a rilento) l'opera di risistemazione dei dialoghi.

Nel frattempo, vi lascio QUI l'immagine dei professori del Trinity.

B.B.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Le acque del lago ***


CAPITOLO 5

Le acque del lago







Quando arrivò la fatidica sera, tutti gli studenti di prima sgattaiolarono fuori dai loro letti a baldacchino per recarsi sulle sponde del lago. I due Nagard che avevano presentato la prova di iniziazione erano già sul posto, armati di macchina fotografica.

«E quella a che serve?» domandò sospettoso Laughlin.

Il ragazzo rosso fece un sorrisetto beffardo. «Per immortalare i momenti più belli».

«Allora, chi va per primo?» domandò l'altro, scrutando una ad una le faccette preoccupati dei primini. Tutti fecero un passo indietro, perdendo improvvisamente ogni traccia di spavalderia.

«Vado io» esclamò Mairead d'impulso. Non era affatto sicura di volerlo fare però, se si fosse tuffata per prima, sicuramente sarebbe stata ricordata come la più coraggiosa. Almeno si sarebbe levata il pensiero dalla testa. Si avvicinò titubante allo scoglio che sporgeva sul lago, tra gli sguardi ora preoccupati, ora di ammirazione che le riservavano i suoi compagni.

«È pericoloso, nel lago ci sono le alghe carnivore!» sussurrò Henry Alabacor con uno sguardo di puro terrore quando Mairead gli passò davanti.

«Quella è solo una leggenda» rispose Ailis con l'aria di chi la sa lunga.

Mairead cercò di non pensarci. Arrivò sulla punta dello scoglio e guardò le acque nere e profonde del lago. Aveva paura, ma non doveva dimostrarlo. Prese un respiro profondo e si tuffò.


L'impatto con la superficie del lago fu terribile. In meno di un secondo le acque la avvinghiarono in una morsa di gelo, rallentando ogni suo movimento. L'oscurità la avvolse totalmente e per un attimo le sembrò di essere approdata in un nulla eterno. Nessun suono, nessun movimento, nessuna luce. Non riusciva a percepire nemmeno il suo stesso corpo, a causa del freddo che le intorpidiva le membra.

Poi il bisogno di aria le lacerò i polmoni, le esplose nella testa, la riscosse da quel tepore. Diede un colpo forte con le gambe per ritornare in superficie. Vedeva lo scintillio della luna oltre la patina d'acqua che la separava dall'aria tanto anelata.

Aprì la bocca, ma non entrò ossigeno.

Acqua, acqua dappertutto. Anche nella sua gola, nei polmoni.

Boccheggiò. Gli occhi le bruciavano. Il suo corpo era un fuoco.

Qualcosa la tirava verso il basso.

Scalciò, ma di qualunque natura fosse la cosa che si era avvinghiata intorno alla sua caviglia, non mollò la presa. La stava trascinando verso un abisso senza fondo, un oceano di oscurità che le annebbiava la mente. Annaspava, quel liquido freddo che le bruciava la gola, gli occhi spalancati in una fissità mortale.

Era la fine. I suoi muscoli, stremati dalla mancanza di ossigeno e dalla vana lotta contro quella voragine d'acqua, smisero di obbedirle.

E tutto divenne buio.


Edmund vide Boenisolius che si buttava nel lago per prima, sfidando i suoi compagni. Sciocca coraggiosa. pensò scuotendo la testa. Era un'iniziazione assurda, oltre che pericolosa, e se gli altri avessero avuto un minimo di sale in testa, si sarebbero rifiutati come aveva fatto lui. Li guardava da lontano, in disparte, per vedere quanti idioti avrebbero avuto il coraggio di buttarsi.

Suo malgrado si ritrovò a fissare la superficie cristallina del lago, in attesa di veder tornare a galla la ragazzina. I secondi parvero dilatarsi. Doveva essere là sotto da un pezzo, perché non tornava a galla?

Edmund si avvicinò di un passo. Poi finalmente vide un braccio sbucare dall'acqua: non l'avrebbe mai ammesso, ma si tranquillizzò quando seppe che era tutto a posto. Ma, improvvisamente, il braccio della ragazzina sparì sott'acqua, come se qualcosa l'avesse trascinata verso il fondo.

Edmund si spaventò.

Boenisolius non riapparve. Le acque tranquille del lago erano smosse e agitate nel punto in cui la ragazza era tornata a fondo.

Cominciò a diffondersi il panico: qualcuno urlava, altri corsero in cerca di aiuto, Maleficium strillò il nome dell'amica e cominciò a correre verso la riva. Ma era troppo tardi. Era più di un minuto che la ragazza non respirava e Maleficium non sarebbe mai arrivato in tempo.

Edmund sapeva cosa fare. Ma rimase immobile.

Non aveva mai fatto nulla per aiutare qualcuno di sua spontanea volontà, era sempre stato per conto suo. Non era il tipo che si preoccupava per quello che succedeva agli altri. Eppure una strana sensazione quella sera gli disse che era compito suo salvare quella ragazza.

Perché il male trionfi, è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione.

Si ricordò all'improvviso della frase del filosofo che portava il suo stesso nome. Nessun altro sembrava in grado di tirarla fuori dalle acque del lago: da lui dipendeva la sopravvivenza di Mairead. Questo pensiero gli diede uno strano delirio di onnipotenza: poteva decidere della vita di qualcun altro.

E decise.


Aria.

Le bruciava la gola, ma quella era finalmente aria. Tossì, sputando tutta l'acqua che le aveva riempito i polmoni.

«Basta» disse una voce. Qualcuno che era chino sopra di lei, si allontanò leggermente.

«Si è svegliata» sussurrò un altro.

Mairead non ricordava più nulla dopo che l'oscurità delle acque del lago l'aveva avvolta. Aprì gli occhi quel tanto che bastava per permetterle di spiare quello che stava succedendo: c'era la sagoma di un ragazzo che le contava i battiti del cuore, tenendo fra le mani il suo polso. Non sembrava che fosse Laughlin. Il ragazzo si voltò all'improvviso, come se avesse percepito lo sguardo di lei.

Penetranti occhi azzurri.

Edmund Burke.

I loro sguardi si incrociarono per un solo secondo, ma Mairead non riuscì a leggere nessuna emozione negli occhi di Edmund. Sembrava fosse impassibile. Poi, senza preavviso, il ragazzo le lasciò andare il polso e si alzò da terra. Non pronunciò nemmeno una parola. Semplicemente se ne andò a gradi passi e sparì dalla vista di Mairead.

«Sei sveglia!» esclamò la voce chiara e squillante di Laughlin. «Grazie al cielo, credevo fossi morta!»

Mairead si voltò verso l'amico e vide che il suo volto era straziato dall'angoscia: doveva aver preso un bello spavento. La ragazza si mise a sedere, ma la testa le girava tanto forte che si mise una mano sulla fronte, nel tentativo di rimettere a posto le idee. Ebbe un brivido di freddo a causa degli abiti inzuppati e dei capelli bagnati.

Intorno a lei stavano in apprensione tutti gli studenti che avevano assistito al suo tuffo nel lago. «Ve l'avevo detto che era pericoloso! Nel lago ci sono le alghe carnivore» esclamò Henry Alabacor con la voce resa acuta dall'ansia.

«Mia mamma le usa per fare un'ottima pastasciutta. Dice che sono un po' difficili da prendere, però danno un sapore gustoso al sugo» rispose un altro ragazzetto che indossava la divisa dei Llapac.

Mairead lo guardò senza capire che stesse dicendo.

«Che cosa, Dedalus?» chiese Henry, evidentemente anche lui sorpreso da quell'uscita senza senso.

«Le alghe carnivore. Di solito ti risucchiano verso il fondo del lago, però se riesci a prenderle, sono davvero succulente» rispose quello con un sorriso: a quanto pareva non aveva inteso la gravità della situazione.

Mairead e Laughlin si guardarono perplessi: quel Dedalus non doveva avere tutte le rotelle a posto.

«CHE STA SUCCEDENDO QUI?» urlò una voce all'improvviso. Non ci volle molto perché gli studenti ne riconoscessero il timbro: la professoressa O'Connel.

Ora si trovavano tutti in grossi guai.

«Allora?» disse l'insegnante in un tono che non ammetteva repliche.

Finalmente Iulius si fece coraggio e raccontò la storia della prova di iniziazione, di come i due Nagard avessero tirato a tutti un brutto scherzo, visto che, appena le cose avevano cominciato a mettersi male, i due erano scappati a gambe levate. Poi disse, sempre in tono dimesso e con lo sguardo fisso a terra, che Mairead si era tuffata nel lago e per poco non era affogata.

Il volto della professoressa O'Connel si faceva ogni secondo più adirato, man mano che Iulius procedeva con il racconto. «Siete stati degli sciocchi creduloni, tutti quanti. Mi aspettavo un maggiore senso di responsabilità e un briciolo di coscienza in più in ciascuno di voi. Evidentemente mi sbagliavo. Saranno presi dei seri provvedimenti» sentenziò la vicedirettrice guardando i ragazzi in volto uno ad uno. «Ora Maleficium, accompagna la signorina Boenisolius in infermeria. Tutti gli altri nel proprio dormitorio, alla svelta».

Nessuno se lo fece ripetere: in pochi secondi tutti si dileguarono verso la propria sala comune, mentre Laughlin aiutò l'amica a rialzarsi.

Strada facendo le raccontò quello che era successo: l'avevano vista che si agitava nelle acque del lago, come se qualcosa le impedisse di risalire; allora lui aveva cercato di raggiungerla, quando qualcuno alle sue spalle aveva urlato una formula magica, lei era fuoriuscita dal lago come strappata dalle alghe che la tenevano prigioniera ed era atterrata dolcemente sulla riva.

«È stato Edmund a salvarmi con un incantesimo?» domandò Mairead perplessa. Quel Burke se ne stava sempre per conto suo ed era un tipo scorbutico e scontroso. Mairead dubitava che si sarebbe mai scomodato per aiutare qualcuno.

«Sì, e quando ha sentito che il tuo cuore non batteva più, mi ha ordinato di soffiarti dentro l'aria attraverso la bocca, mentre lui ti premeva ritmicamente il costato. Sinceramente, pensavo che ti avrebbe spaccato la cassa toracica, ma alla fine ha funzionato» rispose Laughlin.

Mairead meditò sulle parole dell'amico: sebbene la sua famiglia fosse magica, lei era cresciuta in mezzo ai Babbani e ne sapeva qualcosa di tecniche di primo soccorso perché gliele avevano insegnate alla scuola elementare; questo significava che anche Burke, se non proprio Nato Babbano, almeno era cresciuto a contatto con questi. Laughlin, invece, non sembrava avere la più pallida idea di cosa fossero quelle tecniche mediche Babbane, però l'aveva praticamente sbaciucchiata quando Burke glielo aveva ordinato.

«Tu mi hai fatto la respirazione bocca a bocca? Bleah, che schifo!» esclamò la ragazza, dando uno spintone amichevole a Laughlin. Fu una pessima mossa, visto che era l'amico ad aiutarla a reggersi in piedi: Mairead dovette appoggiarsi alla muro del corridoio per non cadere a terra.

Laughlin rise divertito. «Dovrei lasciarti lì, se non fosse che ti sta per venire un'influenza con i fiocchi» disse, osservando Mairead che respirava affannosamente con le spalle accostate alla parete. «Su, andiamo. Non siamo lontani».

Così dicendo le passò un braccio intorno alla vita per aiutarla a camminare e insieme si diressero verso l'infermeria.


Edmund si strinse nelle coperte e finse di dormire quando finalmente anche gli altri compagni di stanza rientrarono dall'avventura.

«Accidenti, cosa credi che ci faranno? Ci espelleranno tutti?» stava dicendo uno, di cui non ricordava il nome.

«Ma no, Brion. Mica possono espellere tutte le prime, ti pare?» rispose un altro, che gli pareva si chiamasse Iulius. «Tu che ne dici, Anneus?» continuò la stessa voce.

«Non lo so. Spero solo che non sia una punizione troppo grave» rispose il ragazzino interrogato, con un grande sbadiglio.

Edmund si rigirò nel letto, troppo perso nei suoi pensieri per riuscire ad addormentarsi. Quella notte, per la prima volta in vita sua, aveva agito non pensando solamente a se stesso ma aiutando qualcun altro. Era una sensazione strana. Aveva fatto del bene. Riflettendoci sopra, sgranò gli occhi per la sorpresa. Aveva sempre pensato che la solitudine fosse la sua unica amica, che nel suo mondo non ci fosse altro posto che per se stesso. Ma forse non doveva essere necessariamente così.

Qualcosa si era spezzato in lui, quella notte.



Edit: continua (molto a rilento) l'opera di risistemazione dei dialoghi.

B.B.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Una punta niente male ***


CAPITOLO 6

Una Punta niente male






Dopo il fattaccio del lago, fu proibito a tutti gli studenti di prima di uscire dal proprio dormitorio dopo le nove di sera. Questo significava che Mairead e Laughlin non si sarebbero più potuti vedere dopo cena. Ogni direttore fece ai propri allievi un discorso sulla responsabilità e sull'affidabilità che dovevano dimostrare, considerato che ora erano giovani maghi dodicenni e non più dei bambini. I due Nagard che avevano progettato lo scherzo, furono puniti con una sospensione a tempo indeterminato, accompagnata da una lettera a casa ai genitori.

Con l'inizio di ottobre e l'avvicinarsi dell'apertura del torneo di Quidditch della scuola, tutto tornò alla normalità. Anzi sembrava che vi fosse una sola cosa fondamentale per i Raloi in quei giorni: trovare il nuovo Cacciatore per la squadra. Il capitano O'Shalley era assolutamente disperato perché aveva già fatto un giro di selezioni, ma nessuno degli aspiranti giocatori si era dimostrato all'altezza del vecchio Cacciatore, Blaise, che aveva finito il Trinity l'anno scorso.

Quella mattina di ottobre, a colazione non si parlava d'altro. Due ragazzi del terzo anno, seduti a tavola difronte a Mairead discutevano della questione. «O'Shalley sta cercando una brava Punta, ma è difficilissima da trovare» stava appunto dicendo uno.

«Dovrebbe accontentarsi di un Cacciatore di Ala e mettere in Punta Connery» rispose l'altro versandosi un po' di succo nel bicchiere.

«Punta, in che senso?» domandò Mairead, intromettendosi nel discorso.

I due ragazzi prima si lanciarono uno sguardo stupito, poi fissarono Mairead. «Non sai come si gioca a Quidditch irlandese?» chiese quello che aveva versato il succo.

Mairead scosse leggermente la testa in segno di diniego: con il padre abitava in un paesino Babbano e quindi era stata costretta ad evitare qualsiasi divertimento magico. Aveva giocato nella squadra locale di rugby per qualche tempo, ma quello era uno sport esclusivamente Babbano.

Il ragazzo la fissò allibita, come se Mairead avesse sostenuto che la magia non esisteva. Dopo un attimo di sconcerto, cominciò a spiegare: «Innanzitutto differisce dal Quidditch classico perché ci sono tre bolidi e non due. Poi i passaggi tra i cacciatori possono essere fatti solo all'indietro e qualora si violasse questa regola, si passa alla mischia».

«Come nel rugby!» esclamò soddisfatta Mairead, ma a giudicare dalle occhiate che si lanciarono i due ragazzi, non avevano la più pallida idea di cosa stesse parlando. «Niente, vai avanti».

«Nella mischia, la Pluffa viene posizionata a metà campo e i Cacciatori delle due squadre, partendo dai propri anelli, devono volare in formazione e cercare di arrivare alla Pluffa prima degli altri. Ora, il Cacciatore di mezzo si chiama Punta: è l'unico che può prendere la Pluffa e che può sciogliere la mischia, cioè ordinare ai suoi compagni di disperdere la formazione perché vede che gli avversari sono più veloci. Ci vuole determinazione e sangue freddo per fare la Punta. Tant'è vero che spesso le mischie finiscono con un bello scontro tra le due squadre» continuò a spiegare il ragazzo.

Il compagno fece segno con i pugni, delle due squadre che si schiantano una contro l'altra, poi aggiunse: «D'altronde la formazione d'attacco a Testadifalco, quella in cui i Cacciatori si dispongono in una formazione a freccia e volano insieme verso i pali, è stata inventata da Darren O'Hare, il portiere dei Kestlers proprio imitando la mischia del Quidditch irlandese».

L'altro annuì in segno di approvazione, poi continuò: «Vedi, la nostra Punta era Blaise, una delle migliori Punte che abbia mai giocato nel Raloi. Era determinato e non si lasciava sfuggire nemmeno una Pluffa, ma sapeva desistere al momento giusto. O'Shalley sta cercando un'altra Punta per metter su la squadra migliore della scuola, ma è dura. Abbiamo già degli ottimi giocatori, comunque. La squadra Raloi è monopolio dei Connery, ormai».

«Chi sono i Connery?» chiese Mairead incuriosita. Li aveva già sentiti nominare e se non ricordava male era proprio un certo Nocolaj Connery uno dei due Consoli della casa.

Il ragazzo sorrise divertito. «Sono quattro fratelli che giocano tutti a Quidditch. Beatrix è la Cercatrice» e accennò con il capo ad una ragazzina dai capelli castani e mossi.

«Leonard è il Portiere» aggiunse l'amico, indicando un giovane riccio.

Mairead se lo ricordava perché Peig l'aveva incoronato come il più affascinante del college.

«Poi ci sono i gemelli: Nicolaj, quello che è anche Console, è il Cacciatore di Ala Aestra, mentre Lucius è il Battitore, insieme a O'Shalley» continuò il primo.

«Infine c'è Milo Hook, il Cacciatore di Ala Sinistra. Questa mattina comunque, ci sono le seconde selezioni: speriamo che O'Shalley trovi la giusta Punta» commentò l'altro una nota di amarezza nella voce.


«Che hai da fare stamattina?» domandò Mairead appena riuscì a raggiungere Laughlin al tavolo dei Nagard.

Lui alzò gli occhi dalla fetta di pane che stava imburrando e rispose con un'alzata di spalle: «Niente, perché?»

Mairead sorrise soddisfatta. «Ci sono le selezioni per la squadra di Quidditch dei Raloi. Pensavo che potessimo andare a vedere!» rispose con gli occhi sognanti: non aveva mai avuto l'occasione di vedere un vero stadio da Quidditch.

«Fammi finire colazione, poi andiamo» rispose Laughlin, spalmando una quantità abbondante di marmellata ai mirtilli sulla sua fetta imburrata. L'attesa si rivelò particolarmente lunga perché la colazione di Laughlin era composta da una serie di riti infiniti: prima di tutto metteva burro e marmellata su cinque fette di pane, poi si versava il latte con due cucchiai e mezzo di zucchero, prendeva un bicchiere di succo all'arancia e infine sgusciava due uova sode. Solo allora incominciava a mangiare. Mairead cercò di velocizzare il lento processo, soprattutto perché parecchi Nagard cominciavano a lanciarle occhiatacce sospettose, ma Laughlin non si fece smuovere.

Mezz'ora dopo, finalmente conclusa la colazione, i due ragazzi si diressero verso lo stadio di Quidditch che si trovava al di là del ponte che collegava l'isola del castello con la riva del lago. Invisibile ad occhi Babbani, l'immensa sagoma della costruzione si stagliava nel cielo, al centro di una radura vicino alle scogliere. Il tempo era nuvoloso, ma almeno la pioggia che aveva martellato il paese durante gli ultimi giorni aveva dato un po' di tregua. Forse c'erano davvero le condizioni giuste perché O'Shalley trovasse la sua Punta.

Mairead e Laughlin non erano gli unici spettatori, tanta era l'attesa che aveva creato quell'evento. Numerosi studenti curiosi, invogliati dal tempo non piovoso e desiderosi di spendere qualche ora all'aperto il sabato mattina, si erano dati appuntamento sulle gradinate dello stadio. I due amici si posizionarono su una fila in mezzo, ansiosi di assistere allo spettacolo. Finalmente entrò nello stadio il capitano Bran O'Shalley, seguito dal resto della squadra. Mairead individuò subito quali fossero i famosi fratelli Connery: quattro bei ragazzi armati di scope, tutti con la divisa di Quidditch dei Raloi.

Dopo la squadra, entrarono i campo gli aspiranti giocatori, una ventina di studenti con le scope in mano e le facce tese. O'Shalley ordinò loro di mettersi in fila, cosicché tutti i ragazzi cominciarono a spintonarsi per guadagnare il posto migliore. Poi il capitano disse che l'unica prova che avrebbero dovuto sostenere, sarebbe stata una mischia nel ruolo di Punta. Gli aspiranti giocatori si guardarono intorno allarmati: tutti speravano che prima ci fosse stata una prova di volo o comunque qualcosa di più semplice. Invece quel pazzo di O'Shalley voleva fare subito una mischia!

A sentire i bisbigli di protesta, il capitano strillò esasperato: «Sto cercando una Punta, non un Cacciatore da quattro soldi! Se non vi sta bene, potete anche andarvene!»

Detto questo estrasse la bacchetta magica per posizionare la Pluffa a mezz'aria, poi si portò dalla parte opposta del campo, con al suo fianco Lucius, l'altro battitore, e Leonard Connery, il bel ragazzo che giocava nel ruolo di portiere. Il primo candidato avanzò intimorito e si mise a cavalcioni della sua Comet 107 per raggiungere i due Cacciatori Nocolaj e Milo. Il primo tentativo fu un disastro: l'aspirante Punta non aveva la più pallida idea di cosa fare e, non solo non sapeva volare in formazione, ma quando vide che O'Shalley era arrivato prima alla Pluffa se la svignò senza dare ordini ai suoi Cacciatori di desistere. Anche i successivi candidati si rivelarono incapaci, tanto che O'Shalley cominciava a dubitare di avere qualche possibilità. Il pubblico al contrario si divertiva da matti, specialmente i Nagard, poiché tutti i giocatori erano dei veri imbranati.

Uno particolarmente permaloso, dopo una performance disastrosa, scagliò un incantesimo contro il pubblico che mancò per un pelo Mairead.

«Ehi, mi hai quasi colpito, accidenti!» strillò, alzandosi in piedi di scatto, rivolta al Raloi.

«Tu stavi prendendo gioco di me, come tutti gli altri!» rispose questo, senza mostrare il minimo rimorso.

«Per forza, sei penoso!»

«Perché, tu sapresti fare di meglio?» urlò il ragazzo in tono di sfida.

E Mairead non rinunciava mai ad una sfida.

«Certamente» rispose con spavalderia, nonostante non avesse mai giocato a Quidditch in vita sua. Prima che Laughlin la potesse trattenere, si era già diretta verso il campo.

Il capitano O'Shalley, disperato, fece una picchiata da manuale per raggiungere i litiganti. «Vi prego, non ho tempo per certe cose, sto cercando di formare una squadra, io!» esclamò visibilmente su di giri.

Mairead non si fece intimorire, anzi strappò la Comet dalle mani dell'incredulo ragazzo e rispose: «Sono una Raloi, ho tutto il diritto di partecipare alle selezioni».

Detto questo, salì a cavalcioni della scopa e raggiunse gli altri due Cacciatori tra gli sguardi allibiti di tutti.

Era raro che uno del primo anno avesse le qualità adatte per entrare in una squadra, tanto meno una ragazzina minuta che certamente non aveva il fisico adatto per diventare una buona Punta. Connery e Hook si lanciarono uno sguardo divertito, poi il primo le chiese: «Hai mai fatto la Punta?»

«No, però so come si fa» rispose Mairead senza scomporsi troppo.

«E una mischia?»

«No».

Connery guardò O'Shalley dall'altra parte del campo, convito che non fosse il caso di far provare la ragazzina, ma il capitano non poteva vederlo. «Ma sai almeno volare?» chiese preoccupato.

«Ci ho provato un paio di volte».

Hook sorrise divertito.

«Fantastico» commentò invece Connery in tono piatto.


Al fischio di O'Shalley, Mairead si lanciò in corsa verso la Pluffa a cavalcioni della scopa. Alla sua destra e sinistra, Nicolaj e Milo volavano in stretta formazione. Il capitano e gli altri giocatori si avvicinavano sempre di più, ma Mairead non diede nessun ordine. Connery continuava a lanciarle occhiate ansiose, man mano che la corsa procedeva. «Desisti! Ci schianteremo, santo folletto!» strillò ad un certo punto, ma Mairead era troppo concentrata sulla Pluffa. Staccò la mano destra dal manico di scopa e la allungò verso la palla di cuoio rossa. Sapeva che O'Shalley era più vicino, ancora poco e l'avrebbe afferrata. Mairead avrebbe dovuto desistere, altrimenti si sarebbero schiantati contro la formazione avversaria, ma invece di dare l'ordine, si lasciò scivolare dalla scopa, fino a ritrovarsi a testa in giù, aggrappata solo con la mano sinistra e con le gambe al manico di frassino della Comet. Afferrò la Pluffa da sotto, soffiandola per un pelo a O'Shalley.

Appena le sue dita sfiorarono il cuoio, Nocolaj e Milo sciolsero la formazione, aprendosi di lato per permettere al capitano e agli altri di passare in mezzo a loro. Mairead piegò la scopa in modo da tornare diritta, poi lanciò la Pluffa dentro l'anello centrale con un urlo di giubilo.




@Sydelle: grazie di aver commentato tutti i capitoli, sei stata davvero carina! Spero che ti sia piaciuto anche questo. A presto!


Edit: continua l'opera di sistemazione... già che ci sono, QUI il link dei quattro fratelli Connery!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La stanza buia ***


CAPITOLO 7

La stanza buia






Quella sera, quando Mairead si sedette alla tavola dei Raloi, molti compagni le si avvicinarono per farle i complimenti per essere entrata in squadra. I due ragazzi del terzo anno che solo quella mattina le avevano spiegato come si giocava a Quidditch irlandese, sembravano letteralmente sorpresi e sconvolti. Beatrix, la Cercatrice, la fece sedere al suo fianco e le raccontò un sacco di aneddoti divertenti sulle partite di Quidditch più famose del Trinity.

Edmund entrò in Sala Mor da solo, come al solito. Era stato anche lui a vedere le selezioni della squadra di Quidditch quella mattina, anche se se ne era stato in disparte per tutto il tempo. Nel pomeriggio poi si era ritirato in biblioteca a leggere fino all'ora di chiusura. Entrando in Sala, capì subito che il centro dell'interesse generale doveva essere Mairead. Improvvisamente decise che doveva farle i complimenti: l'aveva ammirata a cavallo della scopa e qualcuno doveva dirle quanto era stata brava. Era un'idea francamente stupida, visto che non si erano mai rivolti la parola in quel mese di scuola, ma Edmund sentiva che doveva farlo, come se uno strano impulso glielo ordinasse.

Si avvicinò al tavolo e si sedette al suo fianco leggermente impacciato: era la prima volta che non se ne stava a tavola per conto proprio. La ragazzina lo guardò dapprima perplessa, poi gli fece un mezzo sorriso e scivolò di lato sulla panca per fargli posto.

Edmund accennò un sorrisetto a mo' di ringraziamento. «Ho visto la tua prova. Sei stata grande con quella scopa» disse in un soffio.

Mairead sgranò gli occhi sorpresa. Tra tutti, non si aspettava che proprio Burke le facesse i complimenti, lui che da quando l'aveva salvata dalle acque del lago, non le aveva più rivolto nemmeno uno sguardo. «Grazie» rispose infine, tornando a fissare lo stufato che aveva nel piatto, perché aveva come l'impressione che l'altro fosse molto imbarazzato da quella conversazione.

Era incredibile quanto Edmund fosse timido e impacciato in una qualsiasi relazione interpersonale. Aveva dimostrato di non essere così cinico e freddo come voleva dare a vedere e in più Mairead era in debito con lui, visto che le aveva salvato la vita. In un certo senso questo li legava profondamente.

Mairead lo guardò di sottecchi, mentre mangiava in silenzio il suo stufato. Un'ispirazione la colse all'improvviso: «Domani io e Laughlin facciamo una passeggiata fino alle scogliere. Vuoi venire?»

Edmund alzò gli occhi dal piatto, sgomento. Nessuno lo aveva mai invitato a fare qualcosa assieme, nemmeno tra i bambini dell'orfanotrofio. Era una sensazione piacevole essere apprezzato e considerato da qualcuno. Sorrise, il primo sorriso spontaneo che avesse mai fatto in vita sua. «Verrei volentieri» rispose in un sussurro.


Quello fu l'inizio delle loro avventure.

Laughlin al momento parve scocciato dalla presenza di Edmund perché, nonostante avesse salvato Mairead, lo riteneva ancora un antipatico saputello. Poi, pian piano, impararono a conoscersi e divennero amici inseparabili. Edmund era timido e impacciato quando si trattava di doversi relazionare con gli altri, ma una volta superata la prima difficoltà, era un ragazzino pieno di entusiasmo e voglia di conoscenza. Non si tirava mai indietro di fronte anche alle avventure più strampalate, desideroso come non mai di dimostrare il suo valore e di riscattarsi per il suo comportamento scontroso dei primi mesi. Tempestava Laughlin di domande sul mondo magico, sulle curiosità che gli venivano in mente, perfino sul Quidditch. E poi era talmente bravo a scuola che quando i suoi amici si trovavano indietro con i compiti, lui li aiutava sempre. Aveva scoperto che prendersi cura di qualcuno lo faceva sentire utile e per lui, sempre abituato a stare da solo, era una sensazione piacevole.

Le lezioni continuavano come al solito: le più divertenti erano quelle di Difesa contro le Arti Oscure, perché il professor Ballerinus alternava momenti teorici con momenti pratici e i ragazzi dovevano di volta in volta imparare nuovi incantesimi per difendersi da creature maligne o da fratture avversarie. Le più odiate restavano quelle di Trasfigurazione perché il professor Cumhacht era veramente severo. L'unico che riusciva sempre ad eseguire le magie che richiedeva l'insegnante era Edmund, ma tutti gli altri avevano serie difficoltà anche per la complessità dei compiti che venivano loro assegnati. Henry Alabacor, uno loro compagno dei Llapac, era un vero e proprio disastro: non era mai riuscito nemmeno a trasfigurare uno spillo in uno stuzzicadenti. Mairead aveva anche l'impressione che il professore la odiasse, perché ogni scusa era buona per riprenderla o metterla in punizione e la tartassava più di chiunque altro. Invece le lezioni di Erbologia, tenute dalla professoressa Blath, direttrice della casa dei Llapac, erano un momento abbastanza distensivo perché lavorare nelle serre permetteva ai ragazzi di chiacchierare indisturbati mentre svolgevano le mansioni assegnate dall'insegnante. Due sere a settimana, poi, avevano le lezioni di Astronomia con la professoressa Dorcha.

Nel frattempo Mairead aveva scritto al padre della sua ammissione nella squadra di Quidditch e del fatto che aveva bisogno di un manico di scopa. Agli allenamenti utilizzava una vecchia scopa in dotazione della scuola, una Scopalinda Sette, ma per affrontare la prima partita che avrebbe disputato a febbraio aveva proprio bisogno di un nuovo manico. Così chiese al padre di anticiparle il regalo di Natale e una mattina di novembre vide quattro gufi che portavano verso il tavolo dei Raloi un pacchetto molto lungo destinato a lei. Quando lo scartò, una meravigliosa Nimbus 1700 si librò a mezz'aria davanti ai suoi occhi.

Il capitano O'Shalley si avvicinò per osservare meglio il manico di scopa della sua Punta. «Ottimo acquisto, Boenisolius. La Nimbus è una buona scopa, abbastanza veloce ma sufficientemente resistente per una Punta. Quest'anno è uscita la versione 2000, se non sbaglio?» commentò rigirandosi la Nimbus tra le mani.

«Si, ma credo che costasse troppo per le tasche di mio papà» rispose la ragazza con un ridolino, afferrando la scopa che O'Shalley le porgeva.

«A proposito... questa sera allenamenti» disse il capitano, allontanandosi dal tavolo per recarsi alla prima lezione della mattinata. Mairead corse verso il dormitorio dei Raloi per andare a posare la scopa, poi raggiunse gli amici alla lezione di Pozioni.


Quella sera, visto che avevano già finito compiti, Edmund e Laughlin si recarono allo stadio di Quidditch per assistere agli allenamenti di Mairead. Il capitano O'Shalley, come sempre, sbraitava ordini dalla sua scopa, mentre i giocatori svolazzavano per il campo. La squadra dei Raloi era effettivamente una delle migliori degli ultimi anni, ma O'Shalley smaniava di vincere la Coppa del Campionato, come l'anno precedente, e per questo prolungava gli allenamenti ben oltre l'orario previsto. Quando finalmente fischiò il segnale di fine, il cielo si era già scurito da un pezzo.

I due ragazzi aspettarono che l'amica si cambiasse, poi il terzetto raggiunse il castello, stingendosi nel mantello di lana per il freddo. Il vecchio orologio della torre batté dieci colpi.

«Accidenti, dovremmo essere nei nostri dormitori da un'ora» commentò Mairead accigliata. Raggiunsero in fretta il salone centrale, dal quale si accedeva ai vari piani attraverso la scalinata, dove si sarebbero dovuti separare per raggiungere le rispettive sale comuni; stavano per salutarsi, quando udirono qualcuno che fischiettava e si avvicinava nella loro direzione.

«Il custode Armandus!» esclamò Laughlin spaventato: se il custode li avesse beccati a qell'ora fuori dal dormitorio, sarebbero espulsi seduta stante.

Edmund non si fece prendere dal panico. «Di qua, presto!» esclamò e, afferrato il braccio di Laughlin, li trascinò verso le scalinate, con l'obiettivo di nascondersi in qualche aula vuota al primo piano.

Fu una pessima mossa: il fischiettio si avvicinava sempre di più, segno che Armandus stava salendo le scale come loro.

Mairead sbirciò da dietro l'angolo, per controllare la posizione del custode. «Sta venendo da questa parte!» sibilò in preda al panico: non c'era tempo di nascondersi in un'aula senza essere visti.

«Saliamo, svelti!» ordinò Edmund, senza troppe esitazioni. Cominciarono a correre a perdifiato lungo le scale, come se avessero avuto alle calcagna un qualche mostro orribile a tre teste.

«L'abbiamo seminato?» sbottò Laughlin con il fiato mozzo e la milza che doleva.

Mairead si guardò intorno per controllare che Armandus non fosse più in vista. «Che piano sarebbe questo?» domandò preoccupata, non riconoscendo il corridoio dove erano arrivati.

Edmund si avvicinò alla finestra per guardare fuori. «Credo... temo che sia l'ala nord del quarto piano» sentenziò, osservando l'altezza dell'edificio.

«L'ala proibita!» sussurrò Laughlin.

Di male in peggio. Se prima erano semplicemente fuori dal dormitorio in un orario vietato, ora si trovavano addirittura in un zona proibita del castello.

«Defiliamocela!» esclamò Laughlin, gli occhi castani spalancati per il terrore.

Edmund e Mairead non se lo fecero ripetere due volte: si tuffarono nuovamente verso le scale, ma si bloccarono di colpo.

«Che succede?» domandò Laughlin, cercando di spiare oltre le spalle dei suoi amici.

C'era un uomo che stava salendo le scale.

«Via, via, via! Torniamo indietro!» esclamò Mairead, spingendo Laughlin di nuovo su per la rampa.

«Chi era, chi era?» chiese il ragazzino spaventato. La faccia dei suoi amici non prometteva nulla di buono.

«Il professor Cumhacht» rispose Edmund in un sussurro.

«Che facciamo adesso?» domandò Mairead in ansia. Armandus era famoso tra gli studenti per essere un mago piuttosto burbero, ma Cumhacht era la perfidia fatta a persona.

Edmund si guardò in giro e diede l'unico ordine che gli pareva sensato: «Nascondiamoci in un aula».

I ragazzi si buttarono verso la porta più vicina, ma questa era chiusa a chiave, e così tutte le altre che tentarono di aprire.

«Siamo spacciati!» mugugnò Mairead, con le mani in bocca.

«Fuori le bacchette» ordinò Edmund ai suoi amici.

Mairead e Laughlin lo guardarono perplessi: Edmund stava sorridendo, un sorrisetto sicuro e beffardo.

«Alohomora» sussurrò il ragazzo, con un rapido movimento della bacchetta. «Prego» disse poi, aprendo una delle porte con aria compiaciuta.

Si fiondarono dentro tutti e tre, ma non appena misero piede nella stanza buia, in un batter d'occhio si ritrovarono nuovamente all'esterno.

«Ma che diavolo...?» esclamò Mairead stupefatta.

I tre amici tentarono di nuovo di entrare, ma ancora una volta riapparirono sull'uscio.

I passi del professor Cumhacht si facevano sempre più vicini. Erano spacciati.

Edmund riaprì la porta, ma l'episodio si ripeté uguale alle due volte precedenti.

«E voi tre che ci fate qui?» domandò una voce rabbiosa.

I tre amici si voltarono lentamente, per trovarsi di fronte il professor Cumhacht con la faccia alterata dall'ira. «Oh, siete in guai grossi, molto grossi».


«Espulsi. Sarete espulsi. All'istante» sentenziò Cumhacht, battendo i pugni sulla scrivania del suo ufficio. I tre amici rabbrividirono intimoriti. «È una vergogna. Sapevate di essere fuori dai vostri dormitori dopo il coprifuoco? Di essere nell'ala proibita del castello?» tuonò, avvicinandosi minacciosamente a Mairead. «Allora?»

La ragazzina annuì con il capo, troppo spaventata per parlare. Cumhacht sembrava soddisfatto. «Il vostro comportamento merita...»

«...una punizione, nient'altro» completò un'altra voce. Tutti si girarono immediatamente verso l'entrata: un omino con un enorme cappello a punta aveva appena aperto la porta dell'ufficio. Il preside Captatio.

«Credo che potremmo farci spiegare dai ragazzi come mai si trovassero in quella zona, prima di prendere decisioni così drastiche» suggerì, facendo qualche passo verso la scrivania. «Vuoi dirci tu cosa è successo, Edmund?» lo incoraggiò, posandogli una mano sulla spalla.

Il ragazzo annuì debolmente e poi raccontò degli allenamenti di Quidditch finiti tardi, della fuga da Armandus e del tentativo di sfuggire al professor Cumhacht.

«Visto Oengus. Si tratta solo di un incidente, un piccolo malinteso» disse il preside con aria compiaciuta, come se avesse appena risolto un difficile rompicapo.

Tuttavia Cumhacht non sembrava per nulla soddisfatto. «Io li ho trovati di fronte ad una porta che era chiusa a chiave, armati di bacchette magiche. Stavate evidentemente tentando di intrufolarvi!»

«Stavamo solo cercando di non essere visti, ma un incantesimo ci ha impedito di entrare nella stanza buia» rispose Edmund con un filo di voce.

«Se c'è un incantesimo per impedire ai ficcanaso come voi di entrare, ci sarà un buon motivo, non credete?» rispose Cumhacht indispettito; poi continuò: «Visto che il Preside ritiene eccessiva l'espulsione, sarete messi in punizione per un mese, tutte le sere. E cento punti in meno alle vostre case. Chissà, magari quest'anno i Llapac riusciranno davvero a vincere l'Arpa Celtica, grazie a voi».


Non appena si sparse la notizia che i Nagard e i Raloi avevano perso cento punti a causa di tre primini, per Mairead, Edmund e Laughlin cominciò un periodo infernale. Dovunque andassero c'era qualcuno che li additava, parlava alle loro spalle o lanciava occhiatacce nella loro direzione. Ailionora era particolarmente furiosa con Laughlin: non solo lo considerava uno schifoso traditore, che faceva amicizia con dei Raloi, ma ora lo insultava anche per aver fatto perdere alla squadra così tanti punti. Solo i Llapac, che erano miracolosamente passati in testa in una sola notte, li trattavano con riguardo. L'unica cosa che riuscì ad alzare di poco il morale di Laughlin fu la vittoria della squadra di Quidditch dei Nagard contro i Llapac nella prima partita della stagione.

Edmund era convinto che la stanza buia servisse a nascondere qualcosa, perciò cominciò a passare tutto il suo tempo libero in biblioteca, nella speranza di trovare qualche informazione che potesse aiutarlo a scoprire il mistero.

«Come fai ad essere sicuro che il Trinity protegge qualcosa?» domandò Laughlin un giorno, durante una lezione di Storia della Magia particolarmente noiosa.

Edmund alzò gli occhi dal pesante volume che stava leggendo di nascosto, tenendolo appoggiato sulle ginocchia. «Andiamo, avete sentito Cumhacht: “Se c'è un incantesimo per impedire ai ficcanaso come voi di entrare ci sarà un buon motivo.” C'è qualcosa in quella stanza, qualcosa di pericoloso al quale gli studenti non si devono avvicinare. Io voglio solo scoprire cos'è» rispose in un sussurro, per non farsi sentire dal professore.

Mairead lo guardò con apprensione. «Andiamo, Ed, abbiamo già rischiato di essere espulsi una volta... se non fosse stato per Captatio. Che ci interessa di cosa c'è nella stanza buia?»

Gli occhi di Edmund brillarono per la bramosia. «La conoscenza è potere!» esclamò, forse un po' troppo ad alta voce.

«Vogliamo tenere una conferenza, là in fondo?» esclamò il professor Codail, abbandonando la spiegazione sulle guerre celtiche dell'età del bronzo. Appena riconobbe i ragazzi che stavano parlando, commentò: «Credo che siano stati tolti abbastanza punti alle vostre case, ma a quanto vedo non avete ancora imparato la lezione».

I tre amici non risposero alla provocazione, anzi, afferrarono immediatamente la piuma d'oca, pronti a prendere appunti sulla lezione. Non era il caso di far arrabbiare un altro professore, né di far perdere altri punti alla propria casa. Ne avevano già combinate a sufficienza per quei primi mesi di scuola.




Grazie mille, Sydelle! Mi fai arrossire!

Visto che in questo capitolo i Llapac hanno recuperato un sacco di punti? A me piace soprattutto Dedalus e penso proprio che nei prossimi racconti avrà un posto di rilievo: è troppo sballato! Grazie anche di avermi rivelato la tua identità al quartir generale! Non credo che avrò bisogno di dirti la mia, giusto?

A presto, Beatrix


EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; qui ho anche modificato alcune cose nell'organizzazione del castello, in base ad una (fighissima!) dettagliata piantina del Trinity che ho disegnato.


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Una croce a Natale ***


CAPITOLO 8

Una croce a Natale






Stavano svolgendo il tema di Trasfigurazione nell'aula studio al secondo piano, quando Laughlin sbottò: «Per la barba di Merlino, non hanno niente di meglio da fare quelli là?»

Così dicendo indicò con un cenno del capo un gruppo di Nagard del secondo anno che gli lanciavano occhiatacce infuriate. «Non sarà ancora per la storia dei punti? È passato quasi un mese!»

«Non la smetteranno mai» sospirò Mairead sconsolata, passando per sbaglio il braccio sull'inchiostro fresco e sbavando la pergamena del tema. «Accidenti...» esclamò, nel tentativo di riparare al danno.

Laughlin tornò a guardare il suo tema, che nonostante tutti i suoi sforzi, non superava le venti righe. «Meno male che fra poco ci sono le vacanze di Natale, così almeno torniamo a casa. Io forse vado a festeggiare con i miei in Egitto».

«Che bello, caspita! Io torno dal mio papà, ma restiamo a casa» disse Mairead. «E tu, Ed? Che fai per le vacanze di Natale?»

Edmund si rigirò la piuma tra le mani, spargendo macchioline di inchiostro scuro sul tavolo. «Ehm, io resterò al Trinity» rispose con un mezzo sorriso.

«Non torni a casa a trovare i tuoi genitori?» domandò Laughlin sorpreso.

Edmund non rispose subito: non se la sentiva di dire ai suoi amici che viveva in un orfanotrofio e non sapeva nulla del suo passato. Era una cosa troppo intima che non poteva essere rivelata con leggerezza. «Loro sono... ehm... via» rispose in tono vago. Non gli dava problemi la prospettiva di passare il Natale da solo. D'altronde aveva passato tutte le festività della sua vita da solo, una in più non avrebbe cambiato nulla. «Almeno avrò la biblioteca tutta per me» scherzò in tono allegro, nel tentativo di sviare l'attenzione dei suoi amici.

«Ancora fissato con la stanza buia, eh?» chiese Laughlin, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

Il sorriso irriverente di Edmund fu più che esplicito.

I giorni che mancavano alle vacanze di Natale passarono molto lentamente. Finalmente una fredda mattina di dicembre, Mairead e Laughlin trascinarono i loro bauli e la gabbia del furetto Roddy fino al salone d'ingresso e attesero le carrozze che avrebbero portato gli studenti alla stazione di Doolin. Quasi tutti i ragazzi sarebbero tornati a casa per le vacanze, a giudicare dall'affollamento della sala. Edmund venne a salutare i suoi amici con l'aria mesta. Quando la professoressa O'Connel chiamò gli studenti del primo anno che avrebbero lasciato il Trinity per fare l'appello, Mairead e Laughlin salutarono Edmund con affetto, gli augurarono buon Natale e si avvicinarono all'insegnante. Il ragazzino rimase sulla soglia del castello a guardare sconsolato le carrozze che si allontanavano in direzione di Doolin fino a quando non si sentì le dita intorpidite per il freddo. Osservò tristemente il cielo. «Sta per nevicare» sussurrò con un sospiro.


Laughlin e Mairead si fiondarono in uno scompartimento vuoto non appena riuscirono a salire sul treno. Una rada neve cominciò a cadere dal cielo, imbiancando i verdi prati irlandesi.

Il viaggio verso Dublino fu abbastanza piacevole: i due amici fecero qualche partita a Sparaschiocco e chiacchierarono del campionato di Quidditch. Quando finalmente il treno rallentò, i ragazzi si prepararono a scendere e a riabbracciare le loro famiglie.

Dal finestrino, Mairead vide sulla banchina un signore distinto che fissava con aria accigliata un cipollone d’oro, a braccetto con la moglie, una bella donna dall’aspetto elegante, che teneva per mano un bimbetto biondino. Dietro questa famigliola, la ragazzina riconobbe il padre che si sbracciava nel tentativo di salutarla.

Non appena il treno si fermò definitivamente, tutti gli studenti scesero trascinandosi dietro i loro bagagli. Mairead scoprì che i signori che aveva osservato dal finestrino erano i genitori di Laughlin e il bimbo era suo fratellino Bearach.

Laughlin presentò l’amica alla sua famiglia con un sorriso smagliante. Il signor Maleficium le stinse la mano come se fosse stato presentato al sindaco della città. «Piacere di conoscerti, Mairead» disse in tono pomposo. «Una splendida ragazza come te tiene alto il valore dei Nagard».

Mairead e Laughlin si lanciarono un’occhiata imbarazzata.

«Lei è una Raloi, papà» disse Laughlin, con un velo di impaccio.

«Oh» esclamò il signor Maleficium, senza allentare la stretta di mano. «Cosa alquanto insolita, la vostra amicizia. Ma, d’altronde, sembri essere un’ottima ragazza, Mairead» commentò dopo un attimo di silenzio, lasciando finalmente andare la mano della giovane. «Lei deve essere il padre» disse poi, stringendo la mano a Reammon. «Piacere, io sono Eoin Maleficium».

«Reammon Boenisolius. Il piacere è mio» rispose l’uomo, ricambiando la stretta con un sorriso.

«Ah, Boenisolius. Mi ricordo di lei al Trinity» commentò il signor Maleficium ma, a giudicare dal sorrisetto di Reammon, lui non doveva essere molto contento della cosa.

Laughlin alzò gli occhi al cielo, imbarazzato dalla pomposità del padre. «Be’, buon Natale Mairead» esclamò nel tentativo di distogliere il signor Maleficium dalle presentazioni ufficiali.

«Anche a te, Laughlin. Ci vediamo fra quindici giorni» rispose la ragazza, stringendo l’amico in un abbraccio. Poi prese il padre per mano e insieme si avviarono verso l’uscita della stazione.


Era strano, ma proprio ora che aveva imparato ad apprezzare l’amicizia, essere nuovamente solo rendeva Edmund triste e apatico. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, all'orfanotrofio, quando la solitudine era la sua unica compagna di avventure. Gli mancava la ristata di Mairead, i commenti sarcastici di Laughlin, la loro allegria. Il castello si era svuotato per le vacanze di Natale: era rimasto l’unico Raloi del primo anno e non dovevano esserci più di una ventina di studenti tra tutte le case. La sua unica consolazione era la possibilità di esplorare la biblioteca indisturbato: oltre a svolgere i compiti delle vacanze, aveva anche l’occasione di scoprire qualcosa sulla famigerata stanza buia. Ormai era diventata il suo chiodo fisso: voleva capire cosa nascondeva e perché, di qualunque cosa si trattasse, avrebbe dovuto trovarsi a scuola. E poi era curioso di sapere il motivo di tanta apprensione da parte di Cumhacht.

Doveva esserci qualcosa di grosso sotto.

La mattina di Natale Edmund si alzò presto. Si infilò le ciabatte e la vestaglia e guardò con sorpresa i due pacchetti appoggiati sul suo baule: non aveva mai ricevuto regali per Natale. Afferrò il primo con entusiasmo. C’era un bigliettino di auguri da parte di Laughlin: Edmund scartò il pacchetto e trovò una scatola enorme di Cioccorane, con l’avvertimento, scritto a mano da Laughlin sul coperchio, di non mangiarle tutte in una giornata. Edmund ne scartò immediatamente una e se la ficcò in bocca in un sol boccone. Osservò per un attimo la figurina di mago Merlino che lo salutava da dentro la sua cornice, poi mise da parte la scatola e prese l’altro pacchetto. Riconobbe la grafia di Mairead non appena aprì il biglietto: gli augurava buon Natale e sperava che il regalo gli piacesse. Edmund strappò la carta con curiosità e trovò un bellissimo volume rilegato in pelle con le lettere in oro. «Storia del Trinity college» lesse in un sussurro, passando il dito sulla scritta. Quello era senza dubbio il più bel Natale della sua vita.

Quando Edmund si recò verso la Sala Mor per fare colazione, il castello era quasi irriconoscibile: in ogni angolo c’era un albero di Natale, a tutte le finestre erano state appese delle ghirlande e davanti alle porte cadeva una neve soffice e calda che spariva non appena toccava il terreno. I Lepricani che servivano a tavola erano stati costretti a vestirsi come buffi babbi natale, con tutine rosse e cappellini a punta. Edmund passò la giornata accoccolato davanti al fuoco della sala comune dei Raloi a leggere il libro che gli aveva regalato Mairead.

Fu quel grido improvviso che lo riscosse dalla lettura. Appoggiò il libro sul tavolino davanti al fuoco e si avvicinò alla finestra per capire cosa stesse succedendo. Sembrava che ci fosse uno strano simbolo in cielo, una specie di croce celtica fatta di fili di fumo verdognolo. Edmund si catapultò fuori dalla sala comune dei Raloi e corse a perdifiato lungo le scale per andare ad osservare quello strano fenomeno.

I pochi studenti rimasti e tutti i professori del Trinity erano usciti dal castello e osservavano con il naso rivolto al cielo lo strano simbolo.

«È la Croce Celtica dell'EIF» sussurrò qualcuno con l'aria spaventata.

«Che cosa?» chiese Henry Alabacor con voce tremante.

«La Croce Celtica, il simbolo che i membri dell'EIF sparano in cielo nei luoghi dove hanno compiuto un delitto. È la loro firma» rispose un ragazzo dei Raloi.

«Avanti, tornate immediatamente dentro» ordinò la voce imperiosa della professoressa O'Connel.

A malincuore tutti gli studenti rientrarono nel castello, sussurrando mezze frasi spaventate.

...nei luoghi dove hanno compiuto un delitto...”

Quelle parole rimbombarono nella testa di Edmund, come se volessero rivelargli qualcosa. Poi d'un tratto vide il professor Cumhacht che saliva di fretta le scale che portavano al quarto piano e capì: la stanza buia! Un membro dell'EIF doveva essersi intrufolato nel castello per rubare ciò che stava nascosto dentro la stanza buia! Altrimenti quale altro delitto potrebbe essere stato compiuto il giorno di Natale in una scuola?

Senza nemmeno pensare al fatto che quella zona del castello era proibita, Edmund corse all'impazzata verso l'ala nord al quarto piano. Si bloccò a metà rampa quando sentì delle voci che discutevano animatamente. Riconobbe il timbro del professor Cumhacht che stava dicendo: «No, Preside, è tutto a posto».

Edmund tirò un sospiro di sollievo: qualsiasi cosa fosse custodita nel castello, era ancora al sicuro. Sbirciò sul pianerottolo e vide le figure di Captatio e di Cumhacht che gli davano le spalle e osservavano accigliati la famigerata porta proibita.

«Ho ragione di pensare che l'EIF abbia progettato di rubarla, ma in realtà non siano nemmeno riusciti ad entrare nell'area del Trinity. Conosco ancora qualche vecchio trucco per tenere al sicuro questa scuola» disse il Preside, con un tono di voce più sollevato.

«Ma allora la Croce Celtica?»

«Credo che fosse un segnale di avvertimento, o magari chissà, un gesto di frustrazione per non aver raggiunto l'obiettivo. Comunque sia, è il caso di tenere gli occhi aperti. L'Incantesimo Sensore Segreto di cui mi parlavi?» chiese Captatio, con un leggero cenno del capo verso Cumhacht.

«Vedrò di inserirlo al più presto» rispose il professore.

Edmund capì che i due si sarebbero potuti voltare da un momento all'altro e, considerando i suoi precedenti, non era il caso che si facesse trovare lì. Così scese le scale il più silenziosamente possibile e quando fu sicuro di non essere più in pericolo, si mise a correre verso la sala comune dei Raloi.


Edmund fu quasi sollevato dal ritorno di tutti gli altri studenti, al termine delle vacanze di Natale. Ovviamente la notizia dell'apparizione della Croce Celtica nel cielo sopra il castello era stata divulgata dai quotidiani e quindi tutti ne erano a conoscenza. La prima sera, durante la cena, gli studenti dei Raloi del primo e del secondo anno si raggrupparono attorno ad Edmund per farsi raccontare l'accaduto.

«Stavo leggendo, quando ho sentito un grido e mi sono affacciato alla finestra: c'era una sagoma di fumo verdastro nel cielo, allora sono corso fuori per capire di cosa si trattasse. Eravamo tutti lì con il naso per aria, spaventati da quel marchio terribile quando la professoressa O'Connel ci ha ordinato di entrare» narrò Edmund tra gli sguardi attoniti dei suoi compagni.

«Ma non è tutto...» sussurrò poi rivolto a Mairead, quando gli altri distolsero l'attenzione per commentare quello che era successo. «Ho bisogno di parlarvi in privato».

Mairead andò a chiamare Laughlin al tavolo dei Nagard e poi i tre si rifugiarono in una aula vuota del primo piano. Edmund narrò dell'incontro che aveva origliato tra Captatio e Cumhacht. «Qualsiasi cosa sia nascosta nella stanza buia, deve essere qualcosa di pericoloso» sentenziò poi alla fine del racconto.

«Captatio crede che l'EIF progetti di rubarla?» domandò Mairead preoccupata.

«Esattamente» confermò Edmund. «E noi dobbiamo scoprire di cosa si tratta».




Eccomi qui! Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!


@ Sydelle: credo che fosse abbastanza semplice intuire la mia identità! Eheh! Sei contenta per i Llapac allora? Non resteranno in testa per sempre, però, mi dispiace deluderti! Edmund è il mio personaggio preferito in assoluto... anche se non c'è una grande analisi psicologica in questo racconto, però è davvero un ragazzo profondo e si scoprirà molto sul suo conto nei prossimi racconti (appena riuscirò a scriverli! XD). Sono lusingata dal fatto che la mia scrittura ti rilassa! A presto!

@ quigon89: grazie mille del commento! Anche io trovo affascinante vedere il mondo di HP fuori dalla realtà circoscritta di Hogwarst. E vedrai che il professor Cumhacht acquisterà sempre una maggior importanza, specie nel prossimo capitolo! A presto!

ps. il tuo nome è un inno a Star Wars, vero? Adoro quella saga!



EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'incantesimo sensore ***


CAPITOLO 9

L'Incantesimo Sensore






Fu così che cominciarono le loro prime ricerche: quando avevano un po' di tempo libero a disposizione si fiondavano i biblioteca, ma il reale problema era che non sapevano esattamente cosa cercare. Leggiucchiavano un po' qua e là, nella speranza di incappare in qualche informazione utile, ma in realtà vagavano alle cieca in un mare di conoscenza. Inoltre Mairead era tartassata da O'Shalley con gli allenamenti e gli schemi tattici per l'imminente avvicinarsi della prima partita dei Raloi. Tre sere a settimana la squadra si ritrovava in campo a provare nuove strategie e ogni volta finivano sempre più tardi. «Bran, io dovrei rientrare nella sala comune prima delle nove» fece notare una volta Mairead, dato che l'orologio della torre aveva battuto le dieci e la squadra era ancora in campo.

«Non sono affari miei! La partita di Quidditch è più importante di uno stupido coprifuoco! Se vuoi essere in sala comune alle nove, fatti regalare una Giratempo» le aveva risposto il capitano, sempre con quel suo tono burbero.

La mattina dopo, passare la prima ora di lezione a prendersi cura dei fagioli luminescenti nel freddo pungente della serra fu una specie di trauma. Mairead colse l'occasione per lamentarsi con i suoi amici delle sfuriate del capitano O'Shalley.

«Potreste smetterla di allenarvi, tanto la coppa la vinciamo noi quest'anno» commentò Laughlin, alla fine del racconto, con una nota di superiorità nella voce.

«Oh, ma stai zitto, Nagard dei mie stivali!» rispose Mairead, accigliata per il fagiolo che le era schizzato via dalle mani.

Alla fine della lezione, i tre amici si avviarono infreddoliti e pieni di calli alle dita verso l'aula di Trasfigurazione.

«Maleficium, è vero?» domandò la voce sarcastica di Ailionora, richiamandoli nel bel mezzo del corridoio. Il terzetto si fermò di colpo e si voltò per fronteggiare Diablaiocht.

«È vero, femminuccia?» chiese ancora la ragazzetta mora avvicinandosi di un passo a Laughlin.

«Che cosa?» rispose lui fissandola negli occhi.

Ailionora sorrise beffarda. «Nioclas, che è in dormitorio con te, mi ha detto che sei tu che suoni l'arpa celtica. È vero?»

«Sì, e allora?» rispose Laughlin in tono di sfida.

Il sorriso della ragazza si allargò e se possibile diventò ancora più di scherno. Poi alzò una spalla come nulla fosse. «Niente, volevo solo sapere. Non solo sei un traditore del tuo sangue, sei pure una checca» ridacchiò divertita, strappando delle risate a Leida O'Hara e Finan Best, i due Nagard che avevano fatto gruppo con lei. Leida era una ragazzina dal viso appuntito, con i capelli tagliati a caschetto e come la sua migliore amica aveva sempre un'aria di superiorità stampata sulla faccia. Finan invece era piuttosto piccoletto per la sua età, ma ciò non gli impediva di comportarsi come un Lord.

Detto questo il terzetto si allontanò per raggiungere l'aula di Trasfigurazione. Laughlin sembrava parecchio dispiaciuto per le parole taglienti di Ailionora.

«Me l'ha regalata mio papà per Natale... sa che mi piace suonare» sussurrò, come se dovesse scusarsi con loro.

«È fantastico Laughlin. Mi piace un sacco il suono dell'arpa; un giorno devi farmi sentire un pezzo» rispose Mairead con un grosso sorriso di incoraggiamento per l'amico.

Il ragazzino sorrise timidamente, contento di essere apprezzato.

«Dai, su, suonatore folle. La lezione ci aspetta» aggiunse Edmund passando il braccio intorno alle spalle di Laughlin e incamminandosi verso l'aula.

L'ora di Trasfigurazione fu particolarmente tremenda quel giorno: Cumhacht sembrava furioso per qualcosa che gli studenti non riuscivano ad afferrare, così assegnò loro una montagna di compiti e mandò in punizione Dedalus Consolatus solo perché aveva starnutito durante la lezione. Quando suonò la campanella gli alunni di prima tirarono un sospiro di sollievo.

«Consolatus fermati: dobbiamo decidere il tuo castigo. Boenisolius fermati anche tu perché devo parlarti» disse il professore in tono secco. Mairead fece cenno agli amici di proseguire per la lezione di Irlandese e Latino, poi si avvicinò alla cattedra con aria circospetta. Cumhacht ordinò a Dedalus di presentarsi al suo ufficio quella sera alle otto, che gli avrebbe fatto pulire tutte le aule del secondo piano. Poi aspettò che il ragazzino se ne fosse andato e intimò a Mairead di sedersi sulla poltrona dietro alla cattedra.

«Tu credi che sia divertente, vero?» le chiese guardandola dall'alto in basso.

«Che cosa, signore?» domandò Mairead perplessa. Non sapeva dove Cumhacht volesse andare a parare, ma di qualsiasi cosa si trattasse, aveva come l'impressione che non sarebbe stato nulla di buono.

«Cercare di entrare nella stanza proibita al quarto piano!» sbraitò Cumhacht, appoggiando le mani sui braccioli della sedia e sovrastando la povera ragazzina con aria rabbiosa. «So che sei tu, insieme ai tuoi amichetti. Vi sembra un giochetto divertente riuscire a rubare l'arma che vi è nascosta, vero? Sei sempre in giro per il castello di sera a causa degli allenamenti di Quidditch, ma da Natale ho messo degli Incantesimi Sensori Segreti che mi avvertono tutte le volte che qualcuno apre quella porta».

Mairead sgranò gli occhi spaventata. «Noi non siamo più andati in quell'ala del castello, signore» replicò in un sussurro, senza smettere di fissare il professore.

Cumhacht digrignò i denti con rabbia. «È che non ho modo di dimostrarlo, ma se vi becco di nuovo davanti a quella porta, giuro che questa volta nemmeno il Presidente della Magia in persona potrà salvarvi dall'espulsione».


«La scelta del tempo dell'infinitiva non dipende dal tempo della principale, ma solo dal rapporto cronologico...»

«Mi scusi signore, il professor Cumhacht mi ha trattenuto» esclamò Mairead con il fiato corto per la corsa che aveva fatto verso l'aula di Irlandese e Latino. Saiminiu la guardò con aria leggermente scocciata, poi le fece un cenno con il capo per indicarle di sedersi in fretta. Mairead prese posto al fianco di Edmund mentre l'insegnante riprendeva la spiegazione delle subordinate infinitive. I due amici guardarono la ragazza con una espressione interrogativa dipinta sul volto. «Dopo vi devo parlare» sussurrò Mairead sistemando il libro di latino sul banco.

Quando finalmente finì la lezione, Mairead aspettò che tutti gli altri fossero usciti, poi raccontò quello che le aveva detto Cumhacht.

«E lui è convinto che siamo noi a voler entrare?» esclamò Laughlin in un impeto di rabbia. «Ma che brutto...» e apostrofò l'insegnante con una serie di epiteti che scandalizzarono perfino Mairead.

«Non è questo il punto. Il vero problema è che Captatio aveva ragione: qualcuno sta cercando di rubare quello che è nascosto nella stanza buia, ma non ha bisogno di penetrare nel castello. Vi è già dentro» sussurrò Edmund fissando i suoi amici come se da quello dipendesse la loro stessa sopravvivenza.

Ma Mairead sorrise d'improvviso, ricordandosi che Cumhacht si era lasciato sfuggire un'informazione di troppo. «Si tratta di un'arma. Vi è nascosta un'arma nella stanza buia» disse in tono cospiratore.

Anche Edmund sorrise a quelle parole. «Un'arma, eh? La faccenda si fa interessante, davvero interessante».


Mairead, in realtà, non ci trovava tutto questo interesse nello scoprire cosa ci fosse nella stanza buia, anche perché in quei giorni la sua mente era occupata da ben altro: sabato prossimo avrebbe disputato la sua prima partita di Quidditch. I compagni cercavano tutti di rassicurarla, ma una strana sensazione si impadronì di Mairead, come se avesse mangiato un drago che ora si contorceva nel suo stomaco. La sera prima della partita, O'Shalley le consigliò di andare a letto presto, ma la ragazza non riuscì comunque a dormire molto. Prima fece fatica ad addormentarsi, poi sognò che al posto della Pluffa dovevano utilizzare un grosso riccio che a metà partita si trasformò nella testa di Cumhacht che strillava di volerla espellere.

La mattina successiva si alzò più stanca di quando era andata a coricarsi, con due occhiaie scure e lo stomaco chiuso in una morsa. Per fortuna il cielo era limpido, sebbene la giornata fosse molto fredda. A colazione Edmund, che per l'occasione aveva una lunga sciarpa di lana verde e una bandierina con disegnata un'aquila, cercò invano di convincerla a mangiare qualcosa. Finalmente O'Shalley ordinò alla squadra di armarsi di scope e recarsi agli spogliatoi, così Mairead poté svignarsela dalla Sala Mor e corse nel dormitorio a prendere la sua Nimbus 1700, per poi raggiungere gli altri al campo da Quidditch.

Quando tutti furono pronti con la divisa verde scintillante, il capitano spiegò le ultime tattiche e fece un piccolo discorso d'incoraggiamento. Poi i giocatori si prepararono ad entrare in campo. «Sei agitata, Mairead?» chiese Beatrix con un sorriso.

La ragazza annuì, prendendo la sua Nimus e preparandosi a cavalcarla. «È normale sai, lo ero anche io alla mia prima partita. Ma poi il vento che ti ronza nelle orecchie, i capelli che volano dappertutto e l'adrenalina del gioco ti fanno dimenticare tutto il resto, vedrai» le disse Beatrix nel tentativo di rincuorarla.

«Ok, squadra, diamoci una mossa!» esclamò O'Shalley salendo a cavalcioni della sua scopa.

Tutti i giocatori lo imitarono e con una spinta secca si alzarono in volo.

«Ed ecco la squadra dei Raloi!» disse la voce del professor Ballerinus, che era l'addetto alla telecronaca. «Il capitano O'Shalley, seguito da Connery, Connery, Connery, ancora Connery, Hook e Boenisolius, la nuova Punta» esclamò il professore, presentando i giocatori man mano che sfilavano in campo.

C'era tutta la scuola ad assistere alla partita, come si poteva distinguere dal mare scarlatto dei Nagard, quello verde dei Raloi, ognuno dietro i propri anelli, e quello blu dei Llapac.

«E questi sono invece i Nagard: il capitano Finnegan, con Nott, Xandom, McFly, O'Dareen, Patterson e O'Malley!»

La signorina Trust, che avrebbe arbitrato la partita, si avvicinò alla cassetta di legno che conteneva le palle e ordinò ai capitani di stringersi la mano. O'Shalley e Finnegan eseguirono l'ordine, ma più che altro si stritolarono le mani a vicenda. Infine Trust diede inizio alla partita con un fischio prolungato, proprio mentre i tre Bolidi schizzarono via dalla cassa e la Pluffa fu lanciata verso l'alto.

Beatrix aveva ragione, in meno di un secondo Mairead si dimenticò di tutte le sue paure. Non appena sentì il fischio d'inizio, si tuffò a prendere la Pluffa, riuscendo per pochissimo a soffiarla a Finnegan.

«Ottima presa di Boenisolius. Raloi comincia la partita in possesso di palla».

Mairead si voltò indietro per controllare la situazione, poi lanciò la Pluffa a Milo Hook che sfrecciò in direzione degli anelli avversari.

«Bolide!» strillò Nicolaj e la ragazza si scansò appena in tempo per evitare la palla che le era stata indirizzata contro dal battitore avversario. Ma mentre Mairead virò per evitare il colpo, non riuscì ad afferrare il lancio di Milo.

«Hook passa la Pluffa a Boenisolius, ma... no, attenzione, la Pluffa viene intercettata da Patterson. Un magnifico colpo di bolide da parte di O'Shalley. Patterson perde la Pluffa, subito recuperata da Connery».

Nicolaj fece una presa da manuale e si diresse senza esitazione verso gli anelli. Evitò un colpo di bolide, virò all'improvviso per non schiantarsi contro Finnegan e infine tirò.

«Connery segna! Dieci a zero per i Raloi» annunciò soddisfatto il professor Ballerinus, segnando i punti con la bacchetta sul tabellone dorato che si trovava proprio sopra di lui.

Ora la Pluffa era nelle mani di Finnegan, che si stava dirigendo verso Leonard per segnare. Mairead si appiattì sulla sua Nimbus per raggiungere l'avversario e intercettò il tiro di Finnegan. Era troppo vicina ai pali per avere un compagno alle sue spalle a cui passare la palla, così decise di lanciarla Leonard. Lui la prese, lasciò a Mairead il tempo di dirigersi verso il centro campo, poi gliela tirò nuovamente.

«Scambi di Pluffa tra il portiere e Boenisolius. Passaggio a Hook, Connery, di nuovo Hook. E segna! Venti a zero per i Raloi».

Ma i Nagard non si lasciarono sopraffare e subito dopo segnarono tre goal, riportando la partita in loro vantaggio.

Ora Nicolaj sfrecciava verso gli anelli avversari, con alle sue spalle Milo e Mairead. Si voltò per passare la Pluffa a Milo, ma un Bolide lanciatogli contro da McFlay lo centrò dritto in pancia e per il colpo Nicolaj lasciò cadere la palla.

Finnegan si buttò in picchiata per recuperarla, con Mairead alle calcagna. La ragazza si appiattì sul manico di scopa. “Dai, dai! Più veloce!” pensò mentre raggiungeva l'avversario. Erano pari. Ora Mairead era in testa. La ragazza allungò il braccio, afferrò la Pluffa e scartò a destra, per tagliare la strada a Finnegan che, colto alla sprovvista da quel gesto suicida di Mairead, non riuscì a frenare in tempo e andò a sbattere con il naso contro la coda della Nimbus 1700. La scopa di Mairead ebbe un forte contraccolpo, ma lei riuscì a tenersi ben salda al manico.

«Che testa a testa emozionante! Ahi, Finnegan deve aver preso una bella botta! Ora Boenisolius in possesso di palla sta risalendo verso i pali. Ma che cosa fa?»

Mairead non aveva provato a tirare, ma stava volando per prendere gli anelli da dietro. Sapeva di non poter segnare punti lanciando la Pluffa da dietro gli anelli, ma con Nocolaj aveva provato una nuova tecnica. Mairead gli lanciò la palla scarlatta dal fondo del campo mentre lui era davanti agli anelli, pronto in posizione di tiro. Il portiere, disorientata dalla mossa di Mairead, non si accorse di Nocolaj, che riuscì a segnare il terzo goal.

Erano trenta pari.

Dopo quel tiro, Leonard diede spettacolo con un paio di parate particolarmente complesse e Milo segnò di nuovo. Quaranta a trenta.

Poi O'Malley fece un passaggio in avanti e Trust fischiò una mischia.

«Ora verrà messa alla prova la giovane Punta dei Raloi. Sarà una mischia difficile per lei, Finnegan sa il fatto suo» commentò il professore, mentre gli occhi di tutti si puntavano su Mairead.

«Pronta?» le chiese Nicolaj mentre la Pluffa veniva posizionata a metà campo.

Mairead fece un sorriso tirato. Finnegan, ancora con il volto sporco di sangue, era determinato a non desistere: era furioso con Mairead per lo scherzo di prima.

Al fischio di Trust, le due formazioni iniziarono la loro corsa. Mairead aveva la mente sgombra: pensava solo a raggiungere la Pluffa prima di Finnegan. Le squadre volavano più o meno alla stessa velocità.

Erano a pochi metri l'una dall'altra. Si sarebbero schiantati.

«Desisti, Blake!» strillò la Patterson, cacciatrice dei Nagard.

«Ora!» urlò Mairead. Simultaneamente i tre Raloi si lasciarono scivolare lungo la scopa per ritrovarsi a testa in giù. Con la stessa mossa con cui Mairead si era guadagnata il ruolo di Punta, riuscì a soffiare la Pluffa a Finnegan.

Si avvitò su se stessa per ritornare diritta e tirò verso l'anello più basso.

«Yeeee!» esultò la ragazza per il suo primo goal.

Ma proprio in quel momento, un bolide sbucato dal nulla la colpì in pieno sterno, facendole perdere l'equilibrio tanto che per poco non finì disarcionata dalla scopa. Il fiato le si mozzò per il colpo ricevuto e per un attimo non riuscì a muoversi.

«Ci penso io!» esclamò Lucius, spedendo il bolide contro O'Malley e facendogli perdere la Pluffa. Ma in quel momento l'attenzione di tutti fu rapita dai due cercatori che evidentemente avevano avvistato il boccino.

«Vai Beatrix!» strillò Mairead in preda all'euforia. Lucius tirò un altro bolide contro Nott, il cercatore avversario, nel tentativo di avvantaggiare la sorella.

E poi... Beatrix sollevò il pugno in segno di vittoria: nella mano stringeva il Boccino d'Oro.

«Connery prende il Boccino! Centonovanta a trenta. I Raloi vincono la partita!»




Eccomi qui! Spero che vi abbia emozionato la telecronaca della partita!

@Sydelle: grazie ancora dei commenti! Sono contenta che la storia ti intrighi... spero di mantenere vivo il tuo interesse per la stanza buia! XD

@ quigon89: vedrai il terzetto in azione contro l'EIF molto presto... un gruppo di xenofobi armati è sempre pericoloso quando è in gioco il destino del mondo magico! Ehehe! La stanza buia è la chiave...

ps. anche io adoro Star Wars, ma il mio personaggio preferito resta Obi-wan Kenobi!


A presto!



EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La lancia di Lugh ***


Capitolo 10

La lancia di Lugh






L'euforia di Mairead per aver vinto la sua prima partita di Quidditch durò per un'intera settimana. Edmund e Laughlin avevano scommesso cinque dobloni ognuno sulla propria casa vincente e così Laughlin, oltre ad essere arrabbiato per aver perso la partita, aveva anche dovuto pagare il suo debito con Edmund. Il professor Ballerinus, come direttore della casa dei Raloi si complimentò con Mairead per la sua performance e perfino il capitano O'Shalley sembrava non aver nulla da rimproverare alla squadra. Nemmeno le occhiatacce che le riservava il professor Cumhacht tutte le volte che la incontrava poterono scalfire l'ottimo umore di Mairead.

Nel frattempo i tre amici continuavano le ricerche in biblioteca, senza grandi risultati. Pur sapendo che si trattava di un'arma, non avevano informazioni a sufficienza.

Lentamente, il freddo invernale lasciò posto ad una timida primavera, che portò con sé lunghissimi giorni di pioggia. Le lezioni di Erbologia divennero le più odiate perché nelle serre si era formato uno strato di fanghiglia perenne e quando i ragazzi tornavano al castello era come se avessero nuotato in una piscina di fango. La signorina Trust sembrava che fosse allergica al mal tempo (cosa alquanto strana, visto che era abituata a fare sport all'aria aperta) perché di giorno in giorno era sempre più stanca, con gli occhi arrossati e il volto incavato. L'unico che non si arrendeva nemmeno difronte alla pioggia era O'Shalley, che in vista della partita contro i Llapac, non rinunciava mai agli allenamenti.

«Ma Bran, manca ancora un mese!» aveva protestato una sera Lucius Connery, dato che erano tornati dal campo fradici come pulcini.

«Appunto!» aveva sbraitato O'Shalley. «Abbiamo solo altri otto allenamenti prima della partita!»

E con quelle parole aveva ritenuto chiusa la questione.

Con la primavera arrivarono anche le vacanze di Pasqua, che però si rivelarono meno rilassanti di quanto sperassero gli studenti, sia perché i professori li caricarono di compiti, sia perché il brutto tempo non permetteva nemmeno di uscire dal castello.

Una piovosa sera di aprile, Mairead, Laughlin e Edmuind si diedero appuntamento in biblioteca per continuare le ricerche.

«Che noia questo tempo... fa quasi più freddo che a Natale» commentò Mairead guardando fuori dalla finestra del corridoio con un sospiro.

«Che hai detto?» esclamò Edmund fermandosi d'improvviso.

Mairead si voltò a guardarlo come se fosse ammattito. «Che fa freddo quasi più che a Natale» ripeté la ragazza, senza capire cosa volesse dire l'amico.

Edmund si batté una mano sulla testa, come se avesse improvvisamente ricordato qualcosa. «Natale! Ma certo, come ho fatto a non pensarci!» esclamò con euforia. Detto questo si voltò e tornò di corsa verso il dormitorio.

Mairead rimase scioccata, immobile in mezzo al corridoio a fissare il punto dove si era bloccato Edmund. Poi visto che l'amico non tornava, si avviò sconsolata verso la biblioteca.

«Oh finalmente! Dove vi eravate cacciati.... ehi, ma Edmund?» chiese allibito Laughlin, vedendola entrare da sola.

«Ah, boh... quel ragazzo non lo capisco a volte» rispose Mairead in tono annoiato, prendendo un libro rosso dallo scaffale, intitolato “Tradizioni irlandesi”. Si sedette sul pavimento di legno della biblioteca e cominciò a leggere qualche pagina a caso con l'aria sconsolata.

Edmund arrivò in biblioteca tutto trafelato pochi minuti dopo, appoggiando sul tavolo un pesante volume rilegato in pelle. Aveva uno sguardo soddisfatto che incuriosì gli amici. «Io so cosa è custodito nella la stanza buia del quarto piano» annunciò teatrale, aprendo il libro nel punto dove aveva messo un segno.

Mairead e Laughlin gli si avvicinarono incuriositi.

«State a sentire: “I Thuatha De Danann: questa stirpe di esseri divini, i mitici abitanti dell’Irlanda prima dei Celti, faceva risalire la sua origine alla dea-antenata Danu. Essi portarono in Irlanda quattro potenti talismani, chiamati i Doni: la pietra di Fal, che parlava quando veniva toccata dal re giusto; la lancia di Lugh, che garantiva la vittoria; la spada di Nuadu, cui nessuno sfuggiva; e il calderone di Daghda, da cui nessuno si staccava insoddisfatto”».

Mairead lanciò a Laughlin un'occhiata stupefatta. «E allora? Che centra questo? Tutti conoscono la storia dei Thuatha» disse la ragazza, fissando negli occhi Edmund, che sembrò scocciato dalla mancanza di interesse dei suoi amici.

«Non capite? L'arma che è nascosta è la lancia di Lugh!» annunciò con enfasi.

L'affermazione fu seguita da un attimo di stupito silenzio, poi finalmente Laughlin si decise a parlare: «Come fai ad esserne sicuro?»

«Mi è venuto in mente che avevo letto qualcosa sul libro che mi ha regalato Mairead a Natale a proposito del patrimonio del Trinity» rispose Edmund, tirando fuori il volume rosso dalla borsa che portava a tracolla. Sfogliò le pagine alla ricerca del paragrafo che voleva mostrare agli amici e, non appena lo trovò, cominciò a leggere: «Ecco qui: “Tra l'immenso patrimonio storico e artistico della scuola, vanno anche ricordati gli oggetti custoditi nelle cassette di sicurezza della Gringott di Dublino, di cui citiamo per esempio la lancia di Lugh, o l'unico ritratto esistente di Grinald il Gobblin.” Così ho pensato che la lancia di Lugh potesse essere l'arma che stiamo cercando e sono andato ad approfondire l'argomento».

«Ma se è custodita nella cassetta di sicurezza, come fa ad essere a scuola?» domandò Mairead, cercando di sbirciare sul libro, alla ricerca di qualche informazione in più.

Edmund guardò gli amici con l'aria di chi la sa lunga. «Non ricordate cosa disse Captatio al banchetto?»

Laughlin lanciò un occhiata a Mairead, chiedendosi come avrebbe mai potuto ricordare le parole che il Preside aveva rivolto loro quasi otto mesi fa, poi scosse la testa.

Edmund fece un mezzo sorrisetto da cospiratore. «Che l'ala nord al quarto piano sarebbe diventata zona proibita da quest'anno».

«Oooh! Quindi vuoi dire che la lancia è stata trasferita a scuola di recente?» esclamò Mairead piena di rinnovato entusiasmo.

Edmund sorrise compiaciuto. «È quello che credo. Infatti ho chiesto a qualche studente più grande e tutti mi hanno riferito che gli anni scorsi si poteva accedere liberamente a quella zona».

«C'è un modo molto semplice per esserne sicuri» rispose Laughlin in tono macchinatore. «Mio papà, in qualità di direttore, ha in archivio tutte le copie dei giornali pubblicati nell'arco di cinque anni. Gli chiederò di indagare su eventuali articoli al riguardo».

Edmund annuì soddisfatto, poi continuò: «Il problema ora è che qualcuno all'interno del Trinity la vuole rubare».

«Per forza, chiunque vorrebbe possedere la lancia di Lugh!» rispose Mairead in tono solenne. «È come una potentissima bacchetta magica, non fallisci mai una magia con quella! Se finisse nelle mani dell'EIF, saremmo spacciati».

Proprio in quel momento sbucò da dietro uno scaffale ricolmo di libri la signorina Trust che li squadrò con aria glaciale. «Vi informo che le nove sono suonate da dieci minuti e che voi tre dovreste essere nei rispettivi dormitori» disse in tono severo.

I ragazzi scattarono in piedi come se li avesse morsi qualcosa e, riposti i vari volumi sugli scaffali, se la defilarono di corsa. «Mamma mia, quella Trust! A me fa paura» sussurrò Laughlin con un finto brivido, non appena furono sufficientemente distanti dalla biblioteca.

«Credete che abbia sentito qualcosa?» chiese Mairead preoccupata.

Edmund si voltò verso il corridoio che avevano appena percorso, come per leggere la risposta sul muro in fondo. «Speriamo di no».


Decisero di non informare nessun professore della possibilità che qualcuno stesse per rubare la Lancia, perché altrimenti avrebbero dovuto giustificare in qualche modo il fatto che sapevano così tanto sull'argomento ed era già abbastanza sgradevole che Cumhacht li ritenesse colpevoli, senza bisogno di destare altri sospetti. Laughlin scrisse una lettera al padre il giorno successivo, fingendo che la cosa gli interessasse per un compito di Storia della Magia.

La risposta del signor Maleficium arrivò in un lampo. Dopo solo un paio di giorni, una mattina a colazione, Laughlin si avvicinò al tavolo dei Raloi con in mano una vecchia copia del “Corriere del Mago”. Il ragazzo si sedette al tavolo tra i due amici e srotolò il giornale.

«Guardate la data!» esclamò Edmund indicando l'angolo in alto a sinistra.

«15 luglio 1991» lesse Mairead. «È dell'estate scorsa!»

Laughlin sfogliò il quotidiano fino ad una delle pagine in fondo. In un angolo c'era un trafiletto intitolato “Il Trinity si riappropria del suo patrimonio”. Laughlin lanciò uno sguardo d'intesa agli amici, poi cominciò a leggere.

«“Il Trinity College per giovani maghi e streghe, la scuola di magia fondata nel lontano 1317, è titolare di un immenso patrimonio artistico, culturale e storico. Il castello, che ospita quasi duecento studenti, accompagnati nel loro cammino da quindici insegnanti, è già di per sé di notevole prestigio. È stato costruito per volere del frate domenicano Patrick di Wexford e, oltre alla raffinatezza artistica, esso rappresenta anche uno scrigno inesauribile di magie anti-babbani e passaggi segreti. I possedimenti terreni della scuola sono così estesi che comprendono, oltre al lago che accoglie l'isola dove sorge il castello, anche appezzamenti di bosco e colline fino alle scogliere di Moher. Ma l'interesse artistico del college è molto più vasto di quanto si possa immaginare. In aggiunta ai beni già presenti nel castello, tra i quali annoveriamo numerosi arazzi medievali, la bacchetta di Galwyn il Guercio e l'armatura di Fionn Mac Cumhall, la scuola possiede numerose cassette di sicurezza alla Gringott di Dublino. Proprio in questi giorni il Presidente della Magia McPride ha incontrato il Preside del Trinity, il professor Captatio. Durante il loro incontro, i due hanno discusso anche della possibilità di trasferire al castello alcuni dei tesori custoditi alla Gringott, tra i quali parrebbe figurare la famigerata Lancia di Lugh. Questo perché la scuola si riappropri del proprio patrimonio e possa goderne appieno».

I tre amici si scambiarono uno sguardo soddisfatto: quell'articolo confermava i loro sospetti sulla lancia.

«Il tavolo dei Nagard è dall'altra parte della sala, signor Maleficium» disse una voce seccata alle loro spalle.

I tre ragazzi si voltarono simultaneamente: il professor Cumhacht li sovrastava con le mani appoggiate sui fianchi e l'aria severa.

Laughlin piegò alla svelta il giornale e se lo mise sotto la giacca per evitare di farlo vedere all'insegnante. «Ehm, sì... lo so, signore» rispose poi con un sorriso di scusa.

Il professore si abbassò fino a fissare negli occhi i ragazzi. «Si potrebbe pensare che stiate tramando qualcosa di losco» sussurrò guardandoli in volto uno ad uno.

«Affatto, signore» risposero in coro Edmund e Laughlin.

Il professor Cumhacht si raddrizzò, erigendosi in tutta la sua altezza. «Bene allora. Muovetevi: le lezioni stanno per iniziare, non vorrete arrivare in ritardo, spero».

I tre ragazzi si alzarono immediatamente dal tavolo e si diressero verso l'uscita, ma prima che fossero abbastanza lontani, Cumhacht afferrò il braccio di Mairead e la costrinse a voltarsi verso di lui. «Vi terrò d'occhio» le sussurrò, fissandola negli occhi, come se potesse scoprire una menzogna semplicemente guardandola.

Non appena il professore lasciò la presa sul suo braccio, Mairead corse via spaventata.




Ebbene sì, il tiro ha finalmente scoperto cosa contiene la stanza buia! Mi sono rifatta alle leggende e saghe celtiche per la storia dei Tuatha de Dann. Un po' di folclore non guasta!


@Sydelle: tranquilla! Pensa che io domani ho un esame all'università e sono qui a girovagare su internet! Eheheh! Però non posso certo rivelarti il finale, ti pare? Dovrai aspettare i prossimi capitoli. Intanto spero che questo ti sia piaciuto come sempre!

Ciao ciao!

@ quigon89: sono contenta che ti sia piaciuta la partita di Quidditch, perché temevo che fosse un po' noiosa nella descrizione. Ho cercato di renderla piena di azione. Purtroppo le partite non saranno molto numerose perché la case al Tirnity sono solo 3 e quindi 3 sono gli scontri. Anche a me piace un sacco descrivere la squadra dei Raloi, soprattutto per l'elevata concentrazione di Connery! La telecronaca è uno spettacolo... c'è sempre un Connery di mezzo! Eheh!

Diciamo poi che nei miei ottimistici programmi ci saranno sette racconti come per la Rowling, ma poiché in Irlanda il liceo comincia a 12 anni (non a 11 come in Inghilterra) e dura solo 6 anni, l'ultimo racconto non sarà ambientato al Trinity. E poi ovviamente non potrò perdermi l'occasione di intrecciare la storia irlandese con quella dei cugini d'oltremare, a cominciare dalla coppa del mondo di Quidditch, vinta proprio dall'Irlanda! Spero che continuerai a leggere con lo stesso entusiasmo anche i prossimi racconti (ehm... quando li avrò scritti, si intende!).

A presto!




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Un trucchetto da illusionisti ***


Capitolo 11

Un trucchetto da illusionisti






L'unica cosa che riuscì a migliorare l'umore di Mairead in quegli ultimi giorni di aprile fu l'assenza improvvisa del professor Cumhacht alla lezione del lunedì pomeriggio. Per gli studenti di prima fu una piacevole sorpresa anche perché finalmente la pioggia aveva dato un po' di tregua e il parco era veramente invitante. Mairead, Edmund e Laughlin passarono il pomeriggio a fare i compiti seduti in riva al lago, con la fresca brezza primaverile che soffiava dall'oceano.

Quella stessa notte Mairead fece un sogno molto strano: era in un'enorme salone dal quale si poteva vedere il cielo e stava duellando con una strega vestita di nero che aveva una maschera bianca sul volto. Poi qualcuno nel sogno cominciò a fischiare. Un fischio insistente e acuto.

Mairead si svegliò di soprassalto e scoprì che il suono proveniva da una nuvoletta di fumo blu sopra la sua testa: qualcuno le aveva inviato un messaggio. La ragazza prese la bacchetta, proprio mentre Ailis si rivoltava nel letto con uno sbuffo.

«Legibilis» sussurrò, puntandola contro la nuvoletta, che si condensò fino a formare una piccola pergamena arrotolata. Mairead prese il messaggio e si alzò dal letto per cercare di leggerlo alla luce della finestra.

Ho preso Maleficium. Ci vediamo davanti alla porta del quarto piano, se ci tenete alla sua vita. Voglio anche Burke. Niente insegnanti.”

Mairead trattenne a stento un urlo. Qualcuno aveva rapito Laughlin!

Non ebbe un solo attimo di esitazione: si infilò di corsa la divisa scolastica, poi si precipitò nel dormitorio maschile alla ricerca di Edmund. Quattro letti a baldacchino, con altrettanti ospiti addormentati, occupavano la stanza del primo anno; uno solo aveva le tendine tirate tutte intorno.

Mairead non ebbe alcun dubbio su quale fosse quello di Edmund.

Gli si avvicinò cauta per non svegliare gli altri e lo scosse delicatamente avanti e indietro. «Ed... svegliati!» gli sussurrò all'orecchio.

Edmund sbatté un paio di volte le palpebre, poi quando si accorse che qualcuno lo sovrastava, afferrò d'impulso la bacchetta dal comodino e gliela puntò contro.

«Fermo, Ed! Sono io!» bisbigliò Mairead, allontanandosi dal letto.

«Ma che... Mairead, che ci fai qui?» domandò perplesso l'amico, stropicciandosi gli occhi.

«Sssh!» gli intimò la ragazza, controllando che i compagni di stanza stessero ancora dormendo. Poi gli passò il biglietto perché lo leggesse.

Edmund fissò la pergamena per qualche attimo. «È uno scherzo» commentò in tono piatto, restituendo il foglio a Mairead.

«Ma Edmund! Come puoi dirlo?» esclamò la ragazzina indignata, convinta che l'amico la prendesse poco sul serio.

Edmund alzò le spalle e si sdraiò nuovamente nel letto, tirandosi la coperta fino al mento. «Andiamo, Mairead. Cumhacht ci è alle calcagna, farci trovare in giro di notte è un ottimo modo per essere sbattuti fuori dal castello prima di poter dire “folletto”. Sarà una stupita trovata di Diablaiocht».

«Ma se nemmeno c'è oggi Cumhacht!» rispose la ragazza.

A quelle parole, Edmund si mise a sedere di scatto, come se qualcosa nel suo letto l'avesse punto. «Cosa hai detto?» chiese all'amica, guardando fisso le tende del baldacchino davanti a sé.

«Che Cumhacht non c'è...» ripeté Mairead allibita dal comportamento di Edmund.

Il ragazzo si girò verso di lei e la afferrò per le spalle. «Ma certo!» esclamò con gli occhi sgranati. «Come ho fatto a non pensarci! La ruberanno questa notte!»

«Che cosa?» domandò Mairead con il volto attraversato da un'espressione sorpresa.

«La lancia di Lugh!»

«Come fai a dirlo?»

Edmund lasciò andare l'amica e si alzò dal letto per infilarsi la divisa scolastica. «Perché se Cumhacht non è a scuola, l'Incantesimo Sensore è praticamente incustodito!»

Mairead ragionò una frazione di secondo su quelle parole e un brivido di terrore la percorse da capo a piedi. «Ma cosa vogliono da noi?» piagnucolò spaventata.

Il volto di Edmund era risoluto. «Non lo so, ma Laughlin è in pericolo e noi dobbiamo andare a salvarlo!»

Percorsero a perdifiato i corridoi e le scalinate che li separavano dalla stanza buia, consapevoli del fatto che se fossero stati visti da qualcuno si sarebbero trovati sul treno di ritorno per Dublino in meno di una battito d'ali di farfalla.

Salirono cauti gli ultimi gradini che li separavano dal pianerottolo. «Nox» bisbigliò Edmund e la luce sulla punta della sua bacchetta si spense. Poi si sporse oltre l'angolo per vedere di chi erano le sagome che avevano intravisto salendo le scale.

«Alla buon ora» disse una voce fredda e tagliente come il ghiaccio.

«LEI?» esclamarono all'unisono Mairead e Edmund alla vista della signorina Trust che teneva stretto a sé Laughlin, puntandogli la bacchetta al petto.

«Sorpresa!» esclamò la donna con una forte vena di sarcasmo.

«Cosa vuole da noi? Lasci andare Laughlin immediatamente!» strillò Mairead, estraendo la bacchetta magica e puntandola contro la Trust.

La donna rise di quella mossa audace e così sciocca. «Non credo che tu sia nella posizione di impartire ordini, sai».

Laughlin mugugnò qualcosa, ma evidentemente la Trust gli aveva fatto un incantesimo per impedirgli di parlare.

«E ora avanti, tutti dentro» ordinò la donna, come se li stesse invitando a prendere il tè.

«Cosa vuole da noi?» ripeté Mairead senza fare un passo.

Ancora una volta la Trust rise di gusto.

Doveva essere pazza, per forza.

«Da te proprio nulla, tesorino. Io voglio lui» rispose indicando con un cenno del capo Edmund, che sgranò gli occhi sorpreso.

«Me?» sussurrò incredulo.

«Sì, te. Voi sapete della Lancia, no? E tu sei una specie di bambino prodigio, no?»

Mairead e Edmund si fissarono perplessi, cercando di capire il senso di quel discorso. Anche Laughlin guardò i suoi amici, gli occhi che esprimevano lo stupore che le parole non potevano rivelare.

«Ho bisogno del tuo aiuto per rubare la Lancia. E ora muovetevi, entriamo» continuò la Trust, parlando come se lei fosse una amorevole maestra d'asilo e loro i suo bambini.

Mairead era spaventata all'idea di diventare complice di un ladro, ma non sapeva come fare a liberare Laughlin, così si avvicinò alla porta titubante, anche se Edmund non si mosse.

«Tanto è inutile, la stanza ti rigetta fuori» commentò il ragazzino in tono piatto, nel tentativo di indurre la Trust a temporeggiare per poter guadagnare il tempo sufficiente ad elaborare un piano di fuga. Ma lo sguardo compiaciuto della donna incrinò la fiducia di Edmund: lei doveva aver risolto il mistero della stanza buia. Ma come?

E poi improvvisamente capì. «Ma certo! Ecco perché proprio Cumhacht si preoccupa di sorvegliare questo posto! La stanza buia è opera sua! È una trasfigurazione!» esclamò tutto d'un tratto.

La Trust sembrava soddisfatta. «Ma bravo, il mio Burke. Allora è vero che sei un piccolo genio. Io ho passato ore intere la sera e cercare di capire come superare l'ostacolo, e poi finalmente ho avuto l'illuminazione: si trattava di una complessa trasfigurazione e per entrare avrei dovuto compiere il contro incantesimo» disse la Trust con tutta la naturalezza del mondo, come se stesse spiegando loro la preparazione della torta al cioccolato.

Ecco spiegato come mai la donna ultimamente aveva sempre dei segni scuri sotto gli occhi e chi fosse il famigerato ladro che faceva scattare gli Incantesimi Sensori di Cumhacht.

«La Croce Celtica...» sussurrò Edmund, ricordandosi all'improvviso quello che era accaduto a Natale. «Era un avvertimento per lei, non per noi, vero? I suoi amichetti dell'EIF le volevano intimare di sbrigarsi a rubare la Lancia, perché lei ci stava mettendo troppo tempo, a causa della trasfigurazione di Cumhacht che l'aveva messa alle strette».

La Trust sorrise, come se la cosa la lusingasse. «Esatto, mio caro. E da allora Oengus ha capito che qualcuno cercava di prendere la Lancia e ha messo quello stupido Incantesimo Sensore. Tutte le volte che aprivo quella maledetta porta, lui correva qui a controllare e io ero costretta a nascondermi. Ma non questa sera, o no...»

Mairead cacciò un urlo, perché aveva capito il gioco della donna. «LEI ha fatto in modo che Cumhacht se ne andasse dal castello!»

«Ma certo. È bastato mandargli una falsa lettera di convocazione da parte del Dipartimento degli Affari Esteri e lui è corso a Dubh Cliathan» rispose la Trust; dopodiché, sempre tenendo ben stretto Laughlin per impedirgli di scappare, si avvicinò alla porta e la aprì sussurrando Alohomora.

Dopo mesi di inutili ricerche, finalmente si stava rivelando sotto i loro occhi l'interno della stanza buia. Per un attimo Edmund, dimenticando il motivo per cui si trovavano lì, fu preso da una eccitazione febbrile. La porta si aprì su una piccola saletta senza finestre, illuminata da due enormi bracieri nei quali scoppiettava un magico fuoco blu. Là, al centro tra i due bracieri, si trovava una magnifica lancia che sembrava rifulgere di luce propria.

«La lancia di Lugh!» sussurrarono in contemporanea Edmund e Mairead.

«Per la bava di Merlino!» esclamò Laughlin.

Tutti si voltarono a guardarlo: l'incantesimo della Trust doveva aver finito il suo effetto.

«Ma io parlo!» disse stupefatto il ragazzo, per festeggiare il ritrovato dono della voce.

«Sì, ma starai zitto, se non vuoi che ripeta la fattura. E ora muovetevi ad entrare» ordinò la donna, senza più alcuna traccia del tono mieloso che aveva utilizzato fino a poco prima. I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, realizzando che la Trust, oltre ad essere una pazza furiosa, era anche malvagia e aveva il loro amico in pugno.

«Adesso basta con i giochetti. Burke, trova il modo di prendere quella maledetta Lancia» sbraitò la donna, indicando l'arma con un vigoroso cenno del capo.

La lancia era lì, sospesa a mezz'aria tra i due bracieri, ma evidentemente era protetta da chissà quanti incantesimi. «Accio Lancia» provò Edmund agitando la bacchetta, ma non successe niente. Era una magia troppo facile, troppo ovvia.

«Un incantesimo di appello? Tutti qui quello che sai fare? Avanti Burke, spremi quel tuo cervellino geniale. Prendimi quella Lancia» commentò Trust con una vena di sarcasmo.

Edmund era spaventato, ovviamente, ma anche eccitato dall'idea di mettere alla prova le proprie capacita nella risoluzione di quel rompicapo. Mairead e Laughlin nel frattempo osservavano ansiosi le mosse dell'amico. Edmund si avvicinò cautamente alla Lancia, attento a non far scattare qualche incantesimo di protezione. Allungò la mano nel tentativo di sfiorarla ma non riuscì a toccarla. Era come se non ci fosse, come se fosse fatta di aria. Edmund indietreggiò nel tentativo di schiarirsi le idee. E poi...

«Ehi, è scomparsa!» esclamò stupefatto.

Che avesse fatto scattare qualche contro-incantesimo nel tentare di afferrarla?

«Cosa è scomparso?» domandò Laughlin perplesso.

«La Lancia!» rispose Edmund con gli occhi sgranati.

Mairead guardò prima l'amico, poi il vecchio cimelio che era ancora perfettamente al suo posto. «Ma Ed... la Lancia è ancora lì, non la vedi?»

Edmund tornò indietro, fino a mettersi al fianco della ragazza. La Lancia ricomparve tra i bracieri. Era sconcertante, come aveva fatto ad apparire e sparire in quel modo?

«Allora?» sbraitò la Trust, spazientita.

«Un attimo, ci sto ragionando!» rispose Edmund, con una nota di panico nella voce. «Mairead, mettiti dove ero io prima, e vedi se la Lancia sparisce di nuovo» disse poi all'amica.

La ragazzina lo squadrò perplessa. «Guarda che prima mica è sparita» commentò in tono piatto, ma allo sguardo supplichevole di Edmund, assecondò la sua richiesta. Andò a posizionarsi dove prima stava lui e...

«Ehi, ma scompare davvero da qui!» esclamò con aria sorpresa.

Edmund lanciò uno sguardo veloce a Laughlin e i suoi sospetti furono confermati: l'arma non si era mossa dal suo posto, eppure Mairead non poteva vederla da dove si trovava.

«Avanti, io ho provato con tutte le magie che conosco!» latrò la Trust, frustata dalla situazione. Edmund cercò di spremersi le meningi. Doveva essere un incantesimo di livello molto avanzato: probabilmente era opera di Captatio stesso. Eppure era convinto di averla già sentita da qualche parte una cosa del genere, solo che non si ricordava dove. Passarono alcuni minuti di silenzio, carichi di tensione.

E poi ricordò.

Un giorno con l'orfanotrofio erano andati al museo di Scienze Naturali e c'era un giochino simile con un porcellino rosa di plastica: il vero maialino si trovava dentro una specie di scatola nera e, grazie ad una sapiente combinazione di specchi, veniva proiettata un immagine incredibilmente realistica dell'oggetto proprio sopra la scatola. Era uno sciocco trucchetto da illusionisti. Ma possibile che Captatio avesse scelto uno stratagemma Babbano per nascondere una cosa così importante?

Eppure aveva funzionato fino ad allora: la Trust, convinta che si trattasse di una magia avanzata, non era riuscita a rubare la Lancia.

Per qualche secondo Edmund soppesò l'ipotesi di non rivelare il segreto, poi però fissò la bacchetta di Trust puntata contro il petto di Laughlin e capì di non avere scelta. «So come fare a prendere la Lancia» annunciò in tono tetro.

Gli occhi della donna furono immediatamente accesi dalla bramosia. «Ora l'EIF non avrà più rivali!» esclamò in preda all'euforia.

Sotto gli sguardi di tutti, Edmund si avvicinò lentamente all'immagine riflessa della Lancia, come un condannato che va al patibolo. «Mairead, aiutami» bisbigliò passandole accanto. La ragazza lo seguì, sotto gli occhi vigili di Trust, chiedendosi come potessero evitare di consegnare l'arma alla donna.

Edmund si inginocchiò ai piedi l'immagine, convinto che un incantesimo nascondesse alla vista la vera Lancia, che doveva trovarsi da qualche parte lì sotto, circondata da specchi posizionati in modo strategico.

«Revela incantatum.» sussurrò con un colpo di bacchetta sul pavimento.

Sotto gli occhi sgranati di tutti, dove poco prima c'erano solo pietre, si aprì una passaggio nel terreno. E lì, in una piccola stanzetta con le pareti ricoperte di specchi, si trovava la vera lancia di Lugh.



Ecco qua! Siete scioccati dalla rivelazione?

Mi spiace però che siamo quasi alla fine del racconto... appena riesco comincio il secondo, però con quello procederò molto più lentamente perché devo ancora scriverlo (mentre questo l'avevo già finito quando ho cominciato a postarlo). Comunque abbiate fiducia, non vi abbandonerò senza rivelarvi come andranno a finire le avventure del trio!

@Sydelle: ebbene sì, sette racconti! Sono un impegno notevole, ma spero di riuscire a portarlo a termine. Per adesso mi fa molto piacere che continui a leggere i miei capitoli! A presto!

@quigon89: grazie, sono contenta che apprezzi il mio modo di scrivere! Certo che inserirò la coppa del mondo di Quidditch! Come avrei potuto non metterla? Vedrai poi, cercherò sempre di intrecciare le trame irlandesi con quanto succede al di là del mare, soprattutto a partire dal quarto racconto. Spero di mantenere vivo il tuo entusiasmo! Ciao ciao



EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il potere della Lancia ***


Capitolo 12

Il potere della Lancia






«Finalmente!» ululò la Trust, con il volto deformato dalla brama. Scaraventò Laughlin di lato e si lanciò verso la botola per afferrare l'arma, ma Edmund fu più veloce.

«Accio Lancia!» gridò il ragazzino e questa gli volò tra le mani.

La Trust, gli occhi sgranati per la rabbia, gli si scagliò contro come un cane rabbioso. «Dammela!»

«Mairead, tieni!» strillò Edmund, passando la Lancia all'amica. D'impulso Mairead la indirizzò contro la Trust, che aveva buttato a terra Edmund e ora gli puntava la bacchetta al petto. Non pronunciò nessun incantesimo, semplicemente un getto di luce colpì in pieno la Trust e la spedì fuori dalla stanza.

«Edmund, Laughlin, tutto bene?» esclamò Mairead ancora in preda all'euforia per la magia appena compiuta, aiutando gli amici ad alzarsi da terra.

«Sono appena stato usato come ostaggio, secondo te?» si lagnò Laughlin, cercando si sistemarsi le pieghe della divisa scolastica.

«Muoviamoci, la Trust è ancora là fuori!» ordinò Edmund, trascinando Laughlin per la giacca.

Uscirono dalla stanza, ma della donna non c'era traccia.

«Dove è finita?» domandò Mairead, guardandosi in giro. Si fermarono davanti alla porta, con le bacchette in mano, pronti alla battaglia.

«Io credo che tu l'abbia fatta rotolare giù dalle scale» osservò Laughlin in tono risoluto, sporgendosi lungo la scalinata. I tre amici allora scesero lentamente, guardandosi in giro guardinghi. Arrivarono fino al piano sottostante senza incontrare nessuno. D'improvviso la porta di una stanza si aprì con un colpo secco e una maledizione ne uscì serpeggiando. Ancora una volta Mairead non fece altro che sollevare la lancia di Lugh e uno scudo protettivo si parò davanti a loro tre, salvandoli dalla fattura. Eccitata dal potere che le dava la Lancia, la puntò contro la Trust con una foga tale che la donna fu scaraventata attraverso la stanza, frantumò la finestra e cadde nel buio. Mairead ricevette un rinculo talmente potente che fu scagliata all'indietro sulle scale.

Un dolore lancinante le scoppiò nella testa.

Qualcuno gridò il suo nome... e poi tutto divenne buio.


C'erano delle voci che stavano sussurrando qualcosa, ma Mairead non riusciva a capire cosa dicessero. Aprì lentamente gli occhi, ma una luce accecante la costrinse a richiuderli. Mugugnò qualcosa e si coprì il volto con la mano per tentare nuovamente di aprire gli occhi.

«Mairead!» strillò Laughlin e abbracciò l'amica con un po' troppa euforia.

«Ahia, fa male...» si lagnò la ragazza, massaggiandosi la testa.

«Scusa, scusa» rispose Laughlin, sciogliendosi dall'abbraccio.

Quando Mairead riuscì a mettere a fuoco quello che vedeva, notò di essere distesa su un letto dell'infermeria. Laughlin e Edmund stavano seduti in fondo al letto ed erano abbracciati da una calda luce che proveniva dalla finestra dietro di loro.

«Cosa è successo? Che giorno è oggi?» domandò la ragazza con aria perplessa.

«Be'... sei rimasta incosciente per un'intera settimana» cominciò a raccontare Edmund, ma a quella notizia Mairead cacciò un urlo.

«Una settimana? Ma sabato c'era la partita di Quidditch dei Raloi!» esclamò allibita.

Edmund e Laughlin si guardarono a disagio. «Sai... la squadra ha dovuto giocare con un Cacciatore in meno e... hanno vinto i Llapac» biascicò Edmund.

«Hanno vinto i Llapac?» ripeté a pappagallo Mairead, mettendosi le mani tra i capelli. «Ma allora chi ha vinto la coppa di Quidditch?»

Non ci fu bisogno che i suoi amici le rispondessero questa volta: le bastò vedere il sorriso smagliante di Laughlin.

«Santo cielo, O'Shalley sarà furente» commentò in tono lugubre.

«In effetti ti consiglierei di evitarlo in questi giorni» rispose Laughlin, senza smettere di sorridere.

«Ma come ho fatto a restare in coma per un'intera settimana?» domandò la ragazzina.

Questa volta il sorriso di Laughlin si spense. «È stato terribile, Mairead. Hai sbattuto la testa contro un gradino... e poi c'era una pozza di sangue enorme... e...» la voce dell'amico di spense in un sussurro, così fu Edmund a continuare il racconto.

«Noi non sapevamo che fare: eri pallidissima e respiravi a fatica e poi c'era tutto quel sangue. Io... be', mi terrorizzo alla vista del sangue. Per fortuna è arrivato Cumhacht. Era appena tornato da Dublino e aveva visto che qualcuno si era introdotto nella stanza, grazie all'Incantesimo Sensore. Così è corso a vedere. Devo dire che non era affatto felice di vederci lì con la lancia di Lugh in mano. All'inizio è andato su tutte le furie, convinto che eravamo stati noi a rubarla, poi ha notato che tu eri a terra, allora ti si è avvicinato e ha cominciato a curarti. Però avevi una gran brutta ferita alla nuca, ti hanno strappato alla morte per miracolo» concluse Edmund con un filo di voce.

Mairead non seppe dire se si sentì più sollevata o più spaventata per quello che era successo. «Ma... Cumhacht non crederà ancora che siamo stati noi a rubare la Lancia, vero?» domandò in un sussurro.

Edmund scosse la testa. «No, gli abbiamo spiegato quello che era successo e Captatio ci ha messo una buona parola».

«E la Trust che fine ha fatto? Non è... morta?» chiese ancora la ragazza a disagio. Per quanto quella donna avesse tentato di ucciderli, Mairead non voleva essere la causa della morte di una persona.

Questa volta fu il turno di Laughlin di rispondere: «No, ha fatto un bel volo però: è caduta dal terzo piano, ma sono riusciti a salvarla. Ora è in carcere in attesa del processo, con l'accusa di sequestro di persona e tentato furto».

Mairead si rilassò, nonostante il gran mal di testa che aveva, a causa del colpo ricevuto. Si toccò delicatamente il punto dove aveva battuto, ma la signora Flanders, l'infermiera, l'aveva fasciato con delle bende.

La ragazza stava per chiedere ai suoi amici se loro stessero bene, quando entrò in infermeria il preside Captatio, con un sorriso incoraggiante sul viso. «Oh, bene Mairead, ti sei svegliata» esclamò quando la vide, sedendosi sul letto vuoto in parte al suo. «I tuoi amici Edmund e Laughlin sono stati al tuo capezzale ogni secondo libero dalle lezioni» aggiunse poi, strizzando l'occhio ai due ragazzi.

Ci fu qualche secondo di imbarazzato silenzio.

«Vi ho portato qualcosina» sussurrò allora Captatio in tono complice, frugando nella tasca interna del mantello, da cui tirò fuori una scatola di Cioccorane per porgerla a Laughlin.

Quest'ultimo la fissò leggermente impacciato, poi la aprì e ne distribuì una a testa. «Ehm... lei professore, vuole?» domandò poi, offrendone anche a Captatio.

«Mmm... ma sì, perché no?» rispose questo con aria gioviale, come se fosse un loro compagno di classe. «Oh, accidenti! Ho trovato di nuovo la figurina di Silente» esclamò dopo aver scartato la Cioccorana. I tre amici si lanciarono degli sguardi perplessi, senza sapere come commentare la scena.

Passarono alcuni secondi di silenzio imbarazzato, in cui ognuno mangiò la propria cioccolata. Infine il Preside si decise a spiegare il motivo della sua visita. «Sono venuto per parlarvi della lancia di Lugh» annunciò ai ragazzi, guardandoli dritti in volto. «Vedete, quel manufatto, oltre ad avere un preciso valore storico e artistico, è anche molto potente. Chiunque potrebbe desiderare di impugnarla. Però, come Mairead ha potuto constatare sulla propria pelle, è anche molto pericolosa. Se non si mantiene un controllo sufficiente sulle proprie capacità, la Lancia è in grado di trascinare chiunque con la sua forza e il suo potere si rivolta anche contro chi la impugna. Ci vuole autocontrollo per maneggiare un'arma così potente» concluse con un tono di leggero rimprovero.

Mairead si stropicciò le mani a disagio. «Io... mi sono lasciata elettrizzare dalla sua forza» si scusò in un filo di voce.

Captatio le sorrise bonario. «Lo so, Mairead. Maghi più esperti di te sono caduti nelle spire della Lancia. Ma l'importante è che tutto sia finito bene».

«Ehm, professore?» domandò Edmund con un filo di voce.

Captatio si voltò verso il ragazzo.

«Ora che ne sarà della Lancia?» chiese Edmund incuriosito.

«Io e il Presidente della Magia abbiamo appurato che non sia sicuro tenerla a scuola: verrà riportata nella sua cassetta di sicurezza alla Gringott. Non vorremmo che qualcun altro tentasse di rubarla o si facesse del male nel proteggerla» rispose, facendo l'occhiolino a Mairead.

Per qualche secondo nessuno parlò, poi Edmund alzò lo sguardo verso Captatio. «Posso farle un'altra domanda, professore?»

Il Preside annuì tranquillo.

«Il trucco degli specchi, è opera sua, non è vero?»

«Sì, una bella pensata, non trovi?» rispose Captatio con un sorriso, come se fosse orgoglioso di aver inventato chissà quale potente manufatto magico.

Edmund sembrava a disagio, come se volesse chiedere al professore qualcosa di intimo. «Sì, ma... perché con tutte le magie potenti che esistono ha scelto proprio un trucchetto Babbano per proteggere la Lancia?»

Captatio puntò i suoi penetranti occhi azzurri in quelli di Edmund. «Questa è una bella domanda, ma scommetto che conosci già la risposta».

Il ragazzo distolse lo sguardo e fissò per qualche secondo una piega del copriletto. «Be', tutti si aspettavano qualche magia come protezione, mentre nessuno si sarebbe aspettato un giochetto Babbano di illusione ottica» rispose, tornando a guardare Captatio in volto, che batté le mani con entusiasmo.

«Esatto, esatto! Infatti è stato quell'ostacolo che ha fermato Trust. Solo tu sei riuscito a capire il trucco perché hai un'ottima conoscenza della cultura Babbana e inoltre, permettimi di dirlo, una buona dose di intuito e di intelligenza» rispose il Preside, rivolgendogli un'occhiata complice.

Edmund arrossì violentemente: nessuno gli aveva mai fatto un complimento del genere, tanto meno qualcuno di così importante come Captatio.

«Se me lo lasci dire...» continuò il Preside. «Moltissimi maghi sottovalutano la cultura Babbana, ritenendo che non sia degna di nota. Io penso invece che potrebbe insegnarci molte cose e come vedi è bastato un semplice trucchetto da illusionista per fermare la signorinaTrust».

Edmund sorrise, affascinato dalla possibilità di integrare la cultura e la tecnologia Babbana con la magia più avanzata.

Captatio si alzò dal letto e batté le mani ancora una volta. «Bene, credo che sia giunta l'ora di andare ad occuparmi delle mie faccende da Preside» disse con un sorriso, dirigendosi verso l'uscita dell'infermeria.

«Signore?» lo richiamò Mairead prima che questi uscisse.

Captatio si voltò verso la ragazza e la incitò a parlare con un cenno del capo.

Mairead sembrava imbarazzata almeno tanto quanto lo era stato Edmund. «Mi chiedevo... ecco, quale fosse il motivo dell'odio che prova il professor Cumhacht nei miei confronti» disse in un sussurro.

Captatio scoppiò a ridere divertito. «Oengus? Be', diciamo che più che altro ce l'ha con tuo padre» le rivelò.

«Mio padre? E perché?» domandò sorpresa Mairead.

Captatio sorrise, come se stesse raccontando una cosa buffa. «Vedi, un tempo Reammon era fidanzato con la sorella di Oengus, Daireen, ma poi lui l'ha lasciata quando ha conosciuto tua madre. Credo che l'umiliazione di essere stata mollata per una ragazza inglese abbia sconvolto troppo sia Daireen che Oengus».

«Oh» rispose Mairead con aria allibita: tutto si sarebbe aspettata, fuorché questo. Una sciocca storia d'amore. E il professor Cumhacht ce la aveva ancora con lei per quella cosa?

Detto ciò Captatio fece per andarsene, ma di nuovo si fermò sull'uscio della porta. «Quasi dimenticavo!» esclamò battendosi una mano sulla fronte. «La questione dei punti...»

I tre ragazzi si fissarono a disagio, sicuri che il Preside avrebbe tolto alle loro case altri punti, visto che avevano gironzolato per il castello di notte, si erano inoltrati un'altra volta nell'ala proibita e avevano rubato la lancia di Lugh.

«Penso che cento possano bastare» disse il professore.

«Cento?» esclamò Laughlin in preda allo sconforto.

«Sì, cento a testa!» confermò Captatio con tono allegro.

I tre amici si guardarono scoraggiati, convinti che ora i loro compagni di casa li avrebbero odiati a morte.

«Per aver impedito alla Trust di rubare la Lancia e per aver salvato in questo modo la scuola e oserei dire l'Irlanda intera dalla catastrofe!» riprese il Preside, strizzando l'occhio prima di uscire definitivamente dall'infermeria.

«Ma allora ce li ha aggiunti, non tolti!» strillò Laughlin entusiasta.

I ragazzi si guardarono con un sorriso pieno di gioia.

«Sai questo che vuol dire, Laugh?» sussurrò Mairead con fare accattivante.

Il ragazzo scosse la tesa, ancora troppo incredulo per quello che era successo.

«Che i Raloi vincono l'Arpa Celtica quest'anno!» urlò Mairead con soddisfazione.

«Oh no!» esclamò Laughlin, prendendosi il volto tra le mani, con autentica disperazione.



Mi spiace annunciare che siamo quasi giunti alla fine: questo era l'ultimo capitolo e fra poco posterò l'epilogo della storia...

@Sydelle: sì, credo che Captatio abbia avuto una brillante idea con gli specchi! Volevo dare un tocco di originalità, altrimenti avrei semplicemente dovuto inventare un complicato incantesimo, che avrebbe reso la situazione certamente più noiosa. Ma povera O'Connel! È solo un po' vecchia e acida, ma non certo cattiva! Eheheh! Ciao ciao

@quigon89: sono contenta che la colpevole fosse inaspettata! Significa che è un buon giallo se il lettore non scopre l'assassino! Eheh! Al secondo racconto ci sto lavorando... la storia c'è già, devo solo trovare il tempo di scriverla! Appena finisco con gli esami universitari mi ci metto seriamente, promesso! Però non assicuro una frequenza così regolare. Piaciuta la sorpresina della sorella di Cumhacht? Si scopriranno un sacco di cose interessanti su Daireen Cumhacht! A presto!

@darllenwr: grazie dei tuoi commenti! Anche io trovo davvero affascinante l'Irlanda e mi sembrava giusto che una terra dalle radici magiche avesse una sua scuola di magia indipendente da Hogwarst. Sono contenta che ti piaccia Edmund perché è anche il mio personaggio preferito: spero che non ti sia rammaricato troppo del fatto che si è rabbonito! Grazie per l'idea di mettere un nome anche gaelico al Trinity, ci penserò per i prossimi racconti. In effetti anche il mondo magico è bilingue e i ragazzi studiano l'irlandese a scuola. Infatti ho cercato per quanto possibile (visto che non conosco il gaelico!) di inserire delle parole irlandesi nel linguaggio comune dei maghi. E sì, hai indovinato su Mary Weasley, che dovrebbe essere una cugina diretta di Arthur (hai ragione, sono proprio dappertutto!). In effetti per l'EIF mi sono ispirata all'IRA, anche nel nome (eirenacht-irish, fighters-army), ma ho scelto che questo gruppo di combattenti non si limiti all'indipendenza dall'Inghilterra, ma continui le sue lotte xenofobe anche nei decenni a venire. Infine, anche io adoro la risposta di Edmund alla provocazione, mi sono divertita un sacco nello scriverla! Spero che continuerai a leggere il mio racconto e che si riveli sempre interessante ai tuoi occhi. Grazie mille e a presto, Beatrix.




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B. Già che ci siamo, QUI il link di una vecchissima immagine che rappresenta il mitico trio; Mairead regge la lancia di Lugh, ovviamente!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Epilogo ***


EPILOGO






Mairead restò in infermeria per un'altra settimana intera. Edmund e Laughlin andavano a trovarla tutti i giorni dopo le lezioni e a volte anche durante la pausa pranzo. Le portavano gli appunti per rimettersi in pari con lo studio e le tenevano compagnia raccontandole gli aneddoti della giornata. Nonostante si trattasse di un segreto, sembrava che tutta la scuola fosse venuta a conoscenza di quello che era successo la fatidica sera in cui avevano rubato la Lancia.

Uno dei pomeriggi di ricovero, venne a trovarla l'intera squadra di Quidditch, e Beatrix le raccontò dell'ultima partita contro i Llapac. Mairead si sentiva tremendamente in colpa perché aveva fatto perdere la squadra, ma perfino O'Shalley la rassicurò dicendo che non la riteneva minimamente responsabile.

«Non è una tua mancanza... eri distesa in un letto in fin di vita, dopotutto» le disse il capitano, ma Mairead aveva come l'impressione che fossero stati gli altri ragazzi della squadra a convincerlo.

Anche Peig e Ailis, le sue compagne di stanza, passarono a vedere come stava e le dissero, con dei risolini divertiti, che Leonard Connery, che era stato eletto il ragazzo più carino del castello, le ricordò Ailis, era venuto a trovarla spesso anche quando era ancora incosciente.

Poi vennero anche gli altri Raloi del primo anno, Iulius, Bion e Anneus e perfino Henry Alabacor e quel suo compagno un po' sballato che si chiamava Dedalus Consolatus.

L'ultimo periodo di scuola trascorse abbastanza velocemente. Maggio finalmente aveva portato in Irlanda un sole caldo e belle giornate, cosicché i ragazzi potevano trascorrere i pomeriggi in riva al lago.

Il banchetto di fine anno arrivò in un baleno. Fu una serata piacevole, in cui i Lepricani si erano dati un gran da fare per preparare delle pietanze squisite.

Alla fine della cena, il preside Captatio si alzò da tavola per fare un breve discorso. «Cari studenti e cari insegnanti, anche questa volta abbiamo trascorso un piacevole anno insieme. Spero che tutti voi abbiate imparato qualcosa in più, qualcosa che metterete al sicuro nella vostra valigia delle esperienze. Sappiate che l'unica cosa che non può essere rubata è la conoscenza ed è ciò che distingue un bravo mago da un semplice fattucchiere. Non dovete temere di usare la vostra intelligenza! Non abbiate paura di pensare con la vostra testa, anche se andate contro corrente!»

A quelle parole, uno scroscio di applausi riempì la Sala Mor.

«E ora, senza ulteriori indugi, lasciate che consegni l'Arpa Celtica alla casa dei Raloi!» continuò Captatio.

Delle urla di giubilo partirono dalla tavolata alla sua sinistra, mentre il dictator della casa si alzava a ritirare la piccola arpa dorata e la levava al cielo. Il professor Ballerinus, come direttore della casa vincitrice, batteva le mani con evidente orgoglio e lanciava qualche sguardo ammiccante ad un'imbronciata professoressa O'Connel.

Mairead rivolse un sorriso smagliante a Laughlin, dall'altra parte della sala, che le rispose con una smorfia di disappunto.

La mattina dopo tutti gli studenti si prepararono a prendere il treno per ritornare a casa. Mairead, Edmund e Laughlin riuscirono a conquistarsi uno scompartimento vuoto tutto per loro.

«Mi mancherà il Trinity» sussurrò Mairead, mentre osservava dal finestrino la sagoma del castello che si allontanava. Edmund non disse nulla: la prospettiva di ritornare all'orfanotrofio per altri tre lunghissimi mesi l'aveva reso taciturno e scorbutico. Passò buona parte del viaggio in silenzio a guardare il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, mentre Mairead e Laughlin giocavano una partita a Sparaschiocco. Quando ormai mancavano pochi minuti all'arrivo, andò in bagno a togliersi la divisa verde sgargiante della scuola per mettersi quella grigia e consunta dell'orfanotrofio.

«Ehi, Edmund! Potrai farci conoscere i tuoi genitori!» esclamò Laughlin ad un tratto, mentre il treno rallentava sui binari.

Il ragazzino si fissò le mani a disagio. Forse era arrivato il tempo di dire ai suoi amici la verità. «Io... ecco, vivo in un orfanotrofio. Sono stato abbandonato lì quando avevo poche ore di vita e non so nemmeno chi siano i miei genitori» disse in un sussurro, con le gote arrossate dalla vergogna.

«Oh, mi dispiace, Ed. Io non volevo metterti a disagio» rispose Laughlin con un mezzo sorriso.

Anche Edmund sorrise impacciato, alzando le spalle. «No, non fa niente».

Quando il treno si fermò alla stazione di Dublino, tutti gli studenti presero i propri bauli e cominciarono a scendere sulla banchina. Mairead, trascinando la valigia e la gabbia del suo furetto, corse in contro a suo padre non appena lo vide sbracciarsi in mezzo alla folla di genitori. Insieme alla famiglia Maleficium e a Edmund attraversarono lo stanzino delle scope, per ritrovarsi nella stazione Babbana.

Una signora grassoccia con un grembiule bianco si guardava in giro con aria spaesata. Edmund riconobbe la direttrice dell'orfanotrofio e si avvicinò con aria mesta. Dietro di lei stava Shannon, il ragazzino rosso che si divertiva sempre a prenderlo in giro. Aveva stampato in faccia un ghigno beffardo.

«Che ci fa lui qui?» domandò Edmund in tono scontroso, accennando con il capo a Shannon.

«Mi ha chiesto di potermi accompagnare per venire a prenderti» rispose la direttrice, osservando allibita l'elegante signor Maleficium, alle spalle di Edmund, vestito in frac e tuba.

«Ma allora è vero che vai ad una scuola per pazzi!» sghignazzò Shannon, indicando con il capo Mairead e Laughlin. «Quelli sono i tuoi amici

Edmund si voltò con un sorriso.

Mairead gli gettò le braccia al collo con slancio. «Buon estate, Edmund. Scrivimi tante lettere, mi raccomando!» gli disse nel sciogliersi dall'abbraccio.

«Certo» rispose il ragazzo sorridendo.

«Ed, papà ha detto che puoi venire a stare da noi una settimana quest'estate» esclamò Laughlin con euforia.

«Grazie, sarebbe fantastico».

«Ti scrivo per farti sapere quando» rispose Laughlin, con una strizzata d'occhio.

«A presto allora» sussurrò Edmund. Rimase immobile a guardare i suoi amici che si allontanavano con le loro famiglie, provando una fitta di nostalgia. Non li avrebbe rivisti per chissà quanto tempo.

«Allora, Burke, andiamo?» lo richiamò la direttrice.

«Su, dai, sfigatello, andiamo!» rincarò la dose Shannon.

Edmund si mise le mani in tasca e ne tirò fuori la figurina di mago Merlino, che sorrideva gioviale dentro la sua cornice. La rimise nella tasca, poi stinse le dita intorno alla sua bacchetta magica.

Sorrise soddisfatto. Sì, ora era pronto ad andare.




Eccomi qui, giunta alla fine delle avventure del mitico trio irlandese! Un po' mi spiace, ma è stata una bella esperienza! Un ringraziamento a tutti coloro che hanno letto il mio racconto, in particolare a quigon89, Sydelle e darllenwr che hanno pazientemente commentato i capitoli e mi hanno incentivato ad andare avanti!

Grazie mille!

@quigon89: grazie, sono contenta che ti abbia stupito la storia di Cumhacht. Si scoprirà sempre di più sulla sorella, abbandonata per una donna inglese! Per quanto riguarda la Lancia, semplicemente Ed non ha avuto il tempo di sperimentarne la forza perché non ha compiuto magie con quella, anzi l'ha subito passata a Mairead. Comunque credo che se avesse avuto occasione di usarla, non si sarebbe fatto trascinare così facilmente dal suo potere perché è un po' più saggio di Mairead! Grazie del tuo sostegno! A presto!

@Sydelle: grazie mille dei complimenti! Mi fai arrossire! Sono contenta che ti sia piaciuta la mia storia. Alla prossima!

@darllenwr: figurati, è sempre bello leggere commenti davvero interessati come i tuoi, che stimolano a migliorarsi sempre di più. Sono contenta che tu abbia perseverato nella tua opera di commento ai miei capitoli, è stato davvero interessante leggerli tutti. Vedo che anche tu sei un appassionato della tradizione celtica e spero che tu abbia apprezzato la mia rilettura “potteriana” del mondo gaelico. Per quel che riguarda il passato di Burke, ho assolutamente intenzione di inserirlo nei prossimi racconti, ma a tempo debito! Vi terrò sulle spine ancora per un po'! Anche perché proprio da questo dipenderanno molti degli sviluppi futuri, soprattutto dell'ultimo racconto. Comunque grazie mille di avermi sostenuto con i tuoi commenti! A presto!

Beatrix




EDIT: finalmente è terminata l'opera di sistemazione dei dialoghi per questo racconto... ora mi aspettano gli altri! Aahahahaaaaah! *fugge disperata*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=412855