C'è ancora del buono in lui

di liviawood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga da Naboo ***
Capitolo 2: *** Il ciondolo ***
Capitolo 3: *** Destinata alla Forza ***
Capitolo 4: *** L'Alleanza Ribelle ***
Capitolo 5: *** La lotta ha inizio ***



Capitolo 1
*** Fuga da Naboo ***


Un lungo e sinuoso fiume nero di gente in lutto si snodava per le vie della capitale di Naboo; erano tutte le persone accorse per tributare i più solenni onori funebri alla salma della ex Regina e Senatrice Padmè Amidala, morta, o almeno così sapeva la gente, in seguito ad un malore dovuto ad un brusco calo di quota del suo trasporto. La Senatrice era sempre stata una figura molto amata dal suo popolo, e la sua morte aveva causato molto dolore sia da un punto di vista più emotivo, anche perché al momento della morte la giovane era incinta, e come appariva evidente dal ventre gonfio della salma il bambino non si era salvato, sia per le implicazioni politiche che questo decesso comportava: ora il neoimperatore Palpatine non aveva più alcuna opposizione, poiché l’unico forte leader democratico rimasto, il senatore Bail Organa di Alderaan, era stato abbandonato anche dai pochi sostenitori che gli erano rimasti, per paura di possibili ritorsioni politiche; erano pochi, infatti, a pensare che lei fosse realmente morta a causa di un malore.
Ma erano ancora di meno quelli che sapevano la verità; la giovane Padmè Amidala non era morta, come il cavaliere Jedi Obi-Wan aveva temuto all’inizio. Dopo il parto, terribilmente travagliato a causa dello stato della ragazza, traumatizzata dal tentativo di omicidio del marito ma ancora di più dal suo aver cercato rifugio nel Lato Oscuro.
No, Padmè non era morta. Era caduta in uno stato di coma profondo, che Obi-Wan, accecato dal dolore, aveva interpretato impulsivamente come morte; quando poi lei si riprese, il giorno dopo, ormai era stata diffusa la notizia della sua morte.
Il Cavaliere Jedi aveva però subito afferrato al volo l’occasione: inscenare la morte di Padmè, per poi scappare con lei e fondare un moto di ribellione segreto contro l’Impero Galattico.
In quel momento Padmè stava osservando il suo funerale dalla finestra di un piccolo appartamento di periferia, affittato per lei da Obi-Wan, il quale in quel momento era alla ricerca di un mezzo per scappare verso l’Orlo Esterno, lontano dall’Imperatore.
Come succedeva ormai troppo spesso in quegli ultimi giorni, dovette cacciare indietro le lacrime che, ostinate, si affacciavano ai suoi occhi; aveva ricordato ancora una volta il calore delle braccia do Anakin che la stringevano, nelle fredde notti d’inverno su Naboo, il suo sorriso allegro, le sue labbra, sempre pronte a ridere o a baciarla, i suoi occhi, così profondi... perdersi negli occhi di Anakin era come perdersi nello spazio intergalattico. Non c’era possibilità di scampo.
Ma sapeva di doverlo dimenticare.
Aveva cominciato imponendosi di odiarlo, ma poi aveva capito che non avrebbe mai potuto odiare il padre dei suoi bambini, quei bambini che amava con tutta la sua forza di madre disperata, quei bambini che aveva dovuto abbandonare. Non poteva odiarlo, ma poteva dimenticarlo. O almeno tentare. Il primo passo era stato il lasciare il ciondolo che lui le aveva regalato tra le mani del cadavere, che ora stava per essere bruciato.
Il solo pensiero che non avrebbe più avuto neanche quel ricordo cui attaccarsi la faceva pentire di ciò che aveva fatto, ma sapeva che era un passo in avanti nel tentativo di dimostrare a sé stessa che poteva farcela.
Un rumore di passi che salivano frettolosamente le scale le fecero drizzare le orecchie, ma poi si rese conto che era solo Obi-Wan.
Il Jedi entrò nella stanza ansimando, trafelato. Doveva aver corso per un bel po’.
Indossava una lunga e rattoppata tunica di stoffa grezza, un travestimento che doveva adottare per non dare nell’occhio; anche lei era vestita da contadina, con un semplice abito di lino e uno scialle in testa che le metteva in ombra i lineamenti.
“Presto, Padmè... dobbiamo fare in fretta perché Darth Fener sta per arrivare all’hangar centrale... dobbiamo correre, se no ci troverà”
Padmè lo seguì nei vicoli bui della periferia cittadina. Non sapeva con esattezza chi fosse questo Darth Fener, ma aveva un gran brutto presentimento.
Mentre camminavano frettolosamente verso lo spazioporto, Obi-Wan le sussurrò: “Forse Darth Fener è già arrivato. Non ti deve scoprire. Se lo vedi, cerca di cancellare dalla tua mente pensieri ed emozioni; devi fingere con te stessa di essere come un droide; lui non ti scoprirà, perché se tu non proietti all’esterno la Forza, sotto forma di emozioni, lui non potrà scoprirti”
“Ma chi è questo Darth Fener?”
Padmè era sicura di saperlo già, ma voleva un a conferma.
“È lui. Lo sai”
Un brivido gelido corse lungo la schiena della ragazza.
< Lo rivedrò... non può essere! Non potrò mai sopportare il suo sguardo senza farmi travolgere da tutte le emozioni che si sono affollate in me nel corso di questi giorni! È troppo! Obi-Wan non può pretendere questo da me! >
Intanto avevano raggiunto l’hangar, i cui addetti erano chiaramente in subbuglio; l’imminente visita dell’uomo più potente della galassia dopo l’Imperatore aveva lasciato tutti interdetti. Un rombo profondo annunciò l’arrivo della Nave Imperiale.
“Obi-Wan...”
“Non ti preoccupare. Svuota la tua mente, al resto penserò io”
Lo Jedi appariva teso e concentrato; Padmè poteva avvertire il suo sforzo nel nasconderli entrambi senza farsi vincere dalle emozioni che lo assalivano in quel momento. La ragazza cercò di imitarlo.
Il trasporto imperiale atterrò nell’hangar.
Ad attendere Fener c’era il nuovo Senatore di Naboo, un certo Barmun, convinto seguace dell’Imperatore.
La passerella della nave si abbassò, e dalla nube di vapore apparve un uomo, o almeno la parvenza di un uomo.
Era una figura alta e possente, avvolta in un ampio mantello nero; sul petto era visibile una macchina, che probabilmente serviva a tenerlo in vita. Sul volto portava una lugubre maschera nera; il suo respiro era un profondo rantolo, la sua voce cupa e cavernosa.
“Senatore Barmun. I funerali della Senatrice Amidala?”
“Sono finiti, mio signore. Il cadavere è già stato cremato”
“Capisco. La Senatrice era incinta. Il bambino?”
“Non è nemmeno nato, mio signore. Era già morto quando è arrivata qui, e lei l’ha seguito poco dopo”
“Conducetemi alla pira”
I due si allontanarono, seguiti da una scorta di Cloni Imperiali.
Obi-Wan fece cenno a Padmè di seguirlo verso la loro piccola nave mercantile, situata poco distante. Vedeva che la ragazza si era chiusa in sé stessa, dilaniata da sentimenti contrastanti. Sapeva che quella era una battaglia alla quale lui non poteva permettersi di partecipare; doveva farcela da sola.
Lo Jedi mostrò ad un Clone Guardia i documenti falsi che spacciavano lui per un mercante e Padmè per sua moglie, chiedendo il permesso di partire.
Dopo un paio di minuti questo permesso fu accordato, grazie anche a qualche piccolo trucchetto dello Jedi, e i due salirono a bordo.
Quando finalmente la piccola nave fu lontana da Naboo, Padmè esplose e ruppe in pianto.
“Lui non è il mio Annie, vero?”

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Capitolo 2
*** Il ciondolo ***


< Ma chi sono io, in realtà? Sono Darth Fener o Anakin Skywalker? >
Ogni volta che questo pensiero si affacciava alla mente del giovane Sith, veniva respinto rabbiosamente, ma nonostante ciò, era un interrogativo troppo importante per poter essere ignorato.
Soprattutto dopo la tragica scoperta che, oltre ad aver ucciso la donna che amava più di ogni altra cosa aveva anche troncato la vita non ancora iniziata del figlio che lei gli aveva dato, e che aveva portato in grembo per nove mesi.
Era solo, solo in un mondo di ideali distorti, solo in un mondo di cloni, uomini fatti in serie, che non avevano né un padre né una madre, uomini che ubbidivano come macchine agli ordini ricevuti. Prima aveva il conforto della sua piccola e segreta famiglia, le braccia di Padmè che lo stringevano quando aveva paura, le sue mani che lo accarezzavano, la sua bocca che lo baciava o che gli sussurrava parole di conforto, e la presenza morbida e dolce del ventre di lei, sempre più grosso, promessa crescente di una gioia futura che lui aveva distrutto.
Aveva perso la madre, e ora aveva perso anche padre e fratello, incarnati in Obi-Wan. Malgrado quel “ti odio” che aveva urlato più con disperazione che con convinzione tra le lave di Mustafar, voleva bene ad Obi-Wan, un bene che gli faceva male, poiché sapeva che era proibito.
L’Imperatore era il suo maestro; lui lo ammirava e lo temeva, ma non provava affetto nei suoi confronti, anzi. La sua vista gli ispirava odio e rancore, soprattutto al ricordo della strage dei bambini nel tempio Jedi.
No, non poteva permettersi di piangere. Eppure il ricordo era così doloroso.
Quel bambino, quello che gli aveva chiesto aiuto e protezione dai Cloni... gli ricordava troppo il giovane schiavo Anakin Skywalker.

Le fiamme si innalzavano verso il cielo terso dalla pira in cui ardeva il cadavere di Padmè. Ormai era rimasta solo la famiglia con qualche amico, compreso il Senatore Organa con moglie e figlia, che però non appena lo videro si allontanarono.
“Senatore. Date ordine a tutti di allontanarsi”
“Ma è la famiglia, Fener. Hanno diritto a restare qui”
“Ti consiglio di ubbidire, senatore, se no tra poco ci sarà un rogo funebre anche per te. Ora lasciami solo”
Il Senatore, visibilmente impallidito, allontanò la famiglia.
Darth Fener sapeva che non avrebbe potuto resistere un attimo in più.
Cadde in ginocchio ed esplose in singhiozzi convulsi.
“Padmè... Padmè, perdonami... non so perché l’ho fatto... perdonami, anche se non lo merito...”
La sua mano toccò qualcosa di duro e familiare.
Il ciondolo di legno portafortuna che aveva intagliato per lei.
Evidentemente era scivolato dalla pira, ma il fatto che lui l’avesse trovato...
“Padmè... è un segno questo? Mi hai rinnegato? Non volevi niente di me neanche nella morte?”
Una voce si fece strada nella sua mente. La voce di Padmè.
“No, Darth Fener. Non ho rinnegato mio marito, ho rinnegato te. Quel ciondolo è un dono di Anakin Skywalker. Si è salvato dalle fiamme perché anche il mio Annie si è salvato dalle fiamme. In te c’è ancora Anakin. Nel mondo c’è ancora Anakin. Se non vuoi ammetterlo a te stesso... almeno porta con te quel ciondolo... porta con te l’ultimo ricordo di ciò che eri...”
Nella sua mente ci fu un attimo di silenzio.
“Ti amo, Annie”

Darth Fener entrò a passo cadenzato nelle stanze private dell’Imperatore nel grande Palazzo Imperiale che, ultima beffa ai Jedi, sorgeva sulle rovine del loro Tempio.
“Mio signore”
L’inchino di Fener fu piuttosto forzato.
“Mio giovane apprendista. Sei riuscito a vederla un’ultima volta?”
“No, mio signore. Avevano già cremato il cadavere”
“E il bambino?”
“Non è mai nato”
L’Imperatore distorse il volto in un’espressione di sconcerto.
“Ne sei sicuro?”
“Si, Maestro. Se fosse nato l’avrei percepito”
L’Imperatore lo assalì, in preda all’ira.
“Sei un idiota, Fener! L’hai uccisa, e hai ucciso il tuo erede! Non ti permettere mai più di fare cose simili senza la mia autorizzazione!”
La voce con cui il suo apprendista gli rispose sembrava profondamente ferita.
“Non fate altro che accrescere il mio dolore, Maestro. Non l’avrei mai fatto. Non ero lucido”
La voce di Palpatine divenne suadente.
“Bene, mio apprendista... conserva il tuo dolore per un momento propizio. Fanne tesoro per quando ti servirà rilasciare le tue emozioni. Intanto, torniamo a tuo figlio”
Fener abbassò la testa.
“Il sangue degli Skywalker non si può estinguere. Tu sei nato dalla Forza. Appartieni ad essa, tu e i tuoi eredi. Dovrai avere un altro figlio”
L’apprendista Sith si irrigidì.
“No, Maestro. Non potete chiedermi questo”
A quelle parole l’ira dell’Imperatore esplose.
“Tu! Tu, misero Jedi rinnegato! Non ti permettere di disubbidire ai miei ordini o di contrastare le mie parole! Tu vivi per merito mio, mi sei debitore di tutto ciò che hai o che avrai! Se io lo vorrò, tu avrei tanti figli quanti non puoi neanche immaginare! Ora, allontanati dal mio cospetto”
Con un inchino teso Darth Fener si congedò.
Raggiunse la sua stanza, arredata con mobili spartani ma comodi, come la sua stanza nel Tempio Jedi.
Mandò via le guardie e si tolse il mantello e la corazza. Guardò ancora una volta allo specchio l’apparecchiatura che lo lasciava in vita. La sua pelle era diventata talmente diafana che si vedevano le vene viola sotto le grinze delle cicatrici che gli coprivano petto e ventre. La piccola apparecchiatura che gli consentiva di respirare penetrava con tre uncini di ferro e numerosi tubi nel suo petto, ed era collegata con un piccolo tubo all’apparecchiatura che aveva sotto la maschera; quella macchinetta però poteva toglierla, anche se per non più di ventiquattr’ore.
Si sfilò quindi la maschera e sganciò il dispositivo che aveva in bocca, impacciato nell’utilizzare le protesi anziché le sue vere mani, ormai perdute.
Nessuno, vedendolo, avrebbe riconosciuto in lui il giovane Jedi Anakin Skywalker... gli occhi, semichiusi a causa delle palpebre tumefatte, avevano un malsano colore giallognolo, e sembravano gli occhi di un mostro più che di un umano.
In effetti erano gli occhi di un mostro.
Un mostro che aveva assassinato a sangue freddo decine di bambini che si erano rivolti a lui per chiedergli protezione.
Bambini come era stato lui e come sarebbe potuto essere suo figlio.
Bambini, la cui unica colpa era l’esser stati li in quel momento, l’essersi fidati di quello che fino al giorno prima era stato loro fratello, di quel Jedi ventenne con uno sguardo dolce, sempre pronto alla risata, quel Jedi che aveva sguainato la sua spada laser blu e li aveva trucidati senza pietà.

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Capitolo 3
*** Destinata alla Forza ***


Padmè era sdraiata nella sua cuccetta; aspettava che Obi-Wan facesse passare a velocità luce per poter innestare il pilota automatico e raggiungerla. Lo Jedi aveva qualcosa di importante da dirle, lo sapeva.
Come al solito il suo pensiero vagava tra i mille ricordi che aveva di Anakin; il loro primo bacio sul lago, nella villa di Naboo... il loro matrimonio... la loro prima notte insieme... la sua scoperta di essere incinta... la gioia che aveva provato in quel momento...
Istintivamente la sua mano cercò il ciondolo di legno che lui le aveva regalato quella sera, nella nNave Reale di Naboo, quando ancora la credeva una giovane ancella della regina, ma non lo trovò.
Cercò di raggiungerlo con la mente, con il pensiero, come per sfiorare ancora una volta il suo Annie...
Successe come in un sogno. Allungò la sua percezione verso il ciondolo, e lo trovò.
Nel momento del contatto la sua mente fu dilaniata dal dolore. C’era una voce che gridava, straziata... la voce di Anakin, che la invocava
“Padmè... è un segno questo? Mi hai rinnegato? Non volevi niente di me neanche nella morte?”
Davanti agli occhi di lei si formò un’immagine sfocata. C’era lui, Darth Fener, inginocchiato davanti alla pira nella quale ardeva il falso cadavere di Padmè.
Con una mano si teneva la testa, in un gesto profondamente umano di disperazione. Nell’altra mano aveva il ciondolo.
Padmè non seppe mai perché l’aveva fatto; forse perchè sentiva il bisogno di rispondere alla preghiera straziante dell'uomo che amava. Le parole nacquero spontaneamente dalle sue labbra, come dettate da una volontà altrui. “No, Darth Fener. Non ho rinnegato mio marito, ho rinnegato te. Quel ciondolo è un dono di Anakin Skywalker. Si è salvato dalle fiamme perché anche il mio Annie si è salvato dalle fiamme. In te c’è ancora Anakin. Nel mondo c’è ancora Anakin. Tu lo sai, perchè sei il prescelto. C'è ancora del buono in te, lo so, e lo sai anche tu. Se no non potresti amarmi. Se non vuoi ammetterlo a te stesso... almeno porta con te quel ciondolo... porta con te l’ultimo ricordo di ciò che eri... di ciò che eravamo”
Le sembrò quasi di toccare la mente di Anakin.
Fu un'esperienza terrificante.
Ciò che sentì fu dolore, odio verso gli altri ma soprattutto verso se stesso, disperazione, orrore. Ma sentiva anche la passione, passione derivante dall’amore vorace che lui provava per lei, un amore che lo distruggeva, come la lava su Mustafar.
Seppe che Darth Fener stava piangendo.
Le venne istintivo. Protese la sua mente, quasi per abbracciarlo, per consolarlo.
“Ti amo, Annie”

“Padmè! Padmè, mi senti?”
La ragazza sbatté ripetutamente le palpebre, interdetta.
Era sdraiata per terra, e Obi-Wan la teneva tra le braccia, chino su di lei.
Aveva un’aria tesa e preoccupata.
Padmè si mise a sedere.
“Padmè! Stai bene?”
“Si, Obi... cosa è successo?”
Lo Jedi si rilassò, poi assunse un’aria adirata.
“Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?”
Solo in quel momento Padmè capì ciò che era realmente successo. Aveva parlato con Anakin.
Aveva rischiato di svelare tutto, tutto il loro perfetto piano. aveva rischiato di farli uccidere.
Si portò le mani alla bocca, inorridita.
Poi scoppiò in lacrime.
“Oh, Obi-Wan, è stato orribile... Annie è solo un bambino, un bambino che si è ritrovato coinvolto in qualcosa che non aveva la maturità per affrontare! Ha paura... si sente solo... crede di avermi uccisa e non può sopportare quella realtà, sa di aver distrutto la piccola famiglia che ci siamo creati, si odia per questo. Vorrebbe morire, vorrebbe farla finita. Odia Palpatine, e tu gli manchi! Eri ciò di più simile ad un padre che abbia mai avuto, e lui ti vuole bene, ma sa che ormai ti ha perso, come ha perso me e i bambini! Si era creato una piccola famiglia, e poi l’ha distrutta per colpa sua, sua e di Palpatine, e per questo ora odia entrambi. Si è aggrappato alla vendetta, ormai è tutto ciò che gli resta, oltre che il ricordo di noi, ricordo che però lo tormenta, lo fa soffrire. È dilaniato! E poi...”
Padmè guardò negli occhi Obi-Wan. Anche lui stava piangendo, commosso e sofferente.
“C’è qualcosa di sbagliato nel modo in cui mi ama”, ammise. “Mi ama in un modo che lo rode, lo brucia da dentro! La paura di perdermi ha fatto sì che lui si aggrappasse a me in maniera morbosa. Palpatine ha rovinato l’amore che lui provava per me! L’ha fatto diventare qualcosa di distorto! Lo odio!”
Padmè si aggrappò a Obi-Wan, scossa da violenti singhiozzi. Lo Jedi non sapeva cosa fare. Per una volta la Forza non poteva aiutarlo.
“Su... su, Padmè...”
Le baciò delicatamente la fronte.
“Odiare non serve a niente... peggiora solo le cose, e lo sai. Ora ascoltami, ti devo parlare, ed è molto importante”
I singhiozzi della ragazza diminuirono di intensità.
“Dimmi esattamente come hai fatto ad entrare in contatto con lui”
Padmè riflettè un momento.
“Stavo pensando al ciondolo. Non so come ho fatto. È stato come se...” si fermò, per cercare le parole giuste. “Come se stessi sondando l’universo alla ricerca di quel ciondolo con un braccio invisibile che partiva da un punto imprecisato dentro di me. Una proiezione del mio pensiero” Obi-Wan la scrutò, pensoso.
“Padmè, lo sai che mi hai appena fatto una descrizione dettagliata del modo in cui i Jedi usano la Forza?”
La ragazza impallidì.
“Non mi stai mica dicendo che ho usato la Forza, vero?”
“Invece te lo sto proprio dicendo, e del resto sapevo già che prima o poi sarebbe successo. Quando avevi due anni abbiamo chiesto ai tuoi il permesso di addestrarti ma non hanno voluto, dicevano che non volevano mettere in pericolo la tua vita, che volevano tenerti con te, ma era inutile. La Forza è potente in te, ti vuole per sé. Ti ha reclamata già una volta, e ha sigillato la tua vita al suo servizio nel momento in cui ti sei innamorata di Anakin”
Padmè non riusciva a crederci, non voleva crederci.
“Quindi... era giusto che Anakin mi amasse?”
“Certo che era giusto, anzi, era anche naturale, dato che lui è uno Jedi. L’errore, nella vostra storia, è stato il matrimonio fatto in segreto. Una delle colonne portanti dell’addestramento Jedi è la totale fiducia negli altri membri dell’Ordine, o per lo meno nel proprio maestro. Anakin avrebbe dovuto parlarne con me”
“E perché non l’ha fatto?”
Il tono di Padmè era disperato.
“Perché aveva paura di perderti, aveva paura che io gli dicessi di dimenticarti, cosa che non avrei mai fatto"
Obi-Wan parlava con voce bassa e triste, e aveva gli occhi lucidi.
"Anakin aveva già perso sua madre, non voleva soffrire di nuovo. Aveva paura; Yoda l’ha sempre detto, ma io non gli ho mai creduto. È per questo che i Jedi vietano il matrimonio, anche se secondo me non è giusto. Guarda a che cosa ha portato il loro divieto. Se un Jedi si vuole sposare, è giusto che lo faccia, ma prima, ovviamente, deve dimostrare di poterlo fare. Ora però, è meglio tornare a te, Padmè. Lo so che per te è importante parlare di Anakin, ma il tuo talento per la Forza può avere effetti indesiderati se non controllato. Ti devo addestrare nelle vie della Forza, Padmè. Vuoi diventare la mia Padawan?”
Calò un silenzio carico di tensione, rotto soltanto dal rombo del motore e dai leggeri singhiozzi di Padmè.
Obi-Wan le tese la spada laser che era stata di Anakin.
Lei la prese e, con un gesto sciolto e naturale, la accese.
Guardò Obi-Wan negli occhi e con voce ferma e sicura disse:
“Si, Maestro”

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Capitolo 4
*** L'Alleanza Ribelle ***


Bail Organa entrò nella camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle.
Sua moglie Lena era seduta sul letto, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, la leggera camicia da notte che lasciava intravedere l'esile corpo. Stava dando da mangiare alla piccola Leia, la loro figliola adottiva; la bambina aveva sei mesi, ed era già una piccola, ma dolcissima peste.
Bail si avvicinò silenziosamente alla moglie, che stava cercando di tener ferma la bambina per darle un po' di pappa: impresa disperata.
Le si sedette accanto e le accarezzò i capelli.
Lena gli sorrise, con una traccia di amarezza leggera come una nuvola ma pur sempre presente.
Bail sembrò captare i pensieri della donna:
< Perchè io, che ho sempre desiderato un figlio, non posso averlo, e invece Anakin, che ha cercato di ucciderli, ne ha avuti addirittura due? >
Bail rispose a quella domanda non espressa:
"Amore mio, Leia è ormai nostra figlia a tutti gli effetti... e Anakin non ha cercato di ucciderli: è stato Darth Fener a farlo"
Lena replicò tristemente con un cenno del capo.
"Poveri bambini..."
Bail sospirò.
"Lo so, Lena. E povera Padmè"
"Lei più di tutti... lei l'ha conosciuto quando era ancora Anakin. Ora come sta?"
"Bene, ed è proprio di lei che ti dovevo parlare. Arriverà qui domani"
"Sono felicis..."
Lena improvvisamente inorridì.
"Oddio! E la bambina?"
"Appunto. Padmè non la deve vedere. So che siete molto amiche, ma cerca di non farti sfuggire niente"
Lena annuì.
"Perchè Padmè viene qui?"
Bail esitò.
"Questa è un'altra cosa di cui ti devo parlare... è una cosa molto pericolosa, ma indispensabile. Domani, in questo palazzo, verrà fondata un'Alleanza Ribelle, per combattere l'Impero"

*** ***



Padmè si guardò allo specchio, incredula.
< Quanto sono cambiata, in questi mesi su Tatooine?
< Più che i mesi su Tatooine sono i mesi di addestramento Jedi che ti hanno cambiata >
Padmè trasalì. Non si era ancora abituata ai colloqui mentali col suo maestro.
Fissò ancora la sua immagine.
Il suo viso sembrava più maturo di prima, e senz'altro più provato: il caldo, la fatica, la concentrazione, una vita dura cui non era abituata, e non ultimo il dolore.
Distolse lo sguardo.
Nel guardarsi le era ritornata alla mente una voce, una voce che lei continuava a scacciare ma che, testarda, le si riaffacciava alla mente prendendola alla sprovvista, la voce di un uomo sorridente che le diceva: "Sei bellissima".
Ma, a differenza di quello che lei si aspettava, nessuna lacrima battè contro le sue palpebre per tentare di rigarle il viso, i suoi occhi rimasero asciutti.
< Obi-Wan aveva ragione... Posso sconfiggere il dolore! >
La voce del suo maestro la riscosse.
"Padmè, ti conviene vestirti. Il trasporto passeggeri per Alderaan parte tra un'ora. Non possiamo permetterci di perderlo"
Padmè annuì.
"Cosa mi devo mettere? Non posso di certo andare in giro con gli abiti Jedi"
"Hai ragione, mettiti il più elegante tra gli abiti che hai comprato qui... quello verde"
< Io e Obi-Wan abbiamo delle idee molto diverse sull'eleganza > pensò Padmè, fissando il lungo abito di lino grezzo da contadina, comprato sulle bancarelle di Mos Eisley.
Lo indossò svogliatamente, poi si legò in vita la cintura con la spada laser, il cui fodero era stato camuffato da marsupio onde evitare sospetti.
Obi-Wan la stava aspettando fuori dalla piccola capanna nella quale vivevano, sperduta nel deserto di Tatooine.
"Pronta, mia giovane Padawan?"
Padmè gli sorrise.
"Certo, mio vecchio Maestro. Come ci arriviamo all'hangar?"
"Ho noleggiato un speeder, è dietro la casa. Non sono csì sprovveduto"
"Non si sa mai"
Obi-Wan sbuffò, divertito.
"Donne!"
Padmè ridacchiò.
"Muoviamoci, caro maestro, perchè a quanto pare è una cosa importante sta faccenda su Alderaan"
Obi-Wan tornò serio.
"Non immagini quanto. Ah, a proposito... so che ti potrà dar fastidio, ma durante questo viaggio dovrai fingere di essere mia moglie. Non voglio attirare sospetti di tresche amorose, tu non immagini quanti pettegolezzi girino su quelle navi"
"Non ti preoccupare, Obi, non mi dà fastidio. Tanto so di non esserlo veramente, per fortuna, il che è una bella consolazione!"
"Oh mamma mia, credi davvero che sia così terribile avere me come marito?"
"Si, Obi-Wan"

Venti minuti dopo i due erano comodamente seduti nella loro cuccetta a bordo della nave che li avrebbe condotti ad Alderaan.
"Obi-Wan, mi puoi spiegare perchè stiamo andando ad Alderaan?"
"Ti da coaì fastidio non saperlo?"
"Si! Non mi sembra giusto, dato che tanto tra poco lo saprò comunque!"
Obi-Wan sorrise tristemente. Quando Padmè si impuntava così gli ricordava un sacco Anakin.
"Va bene, mia cara Senatrice Amidala"
Obi-Wan passò al linguaggio mentale: aveva paura che ci fossero delle spie.
< Stiamo per partecipare alla fondazione di un'alleanza ribelle contro l'Impero >
Padmè ammutolì.
< Veramente? L'idea è stata di Bail? >
< Sua e mia >
< Tua? Grande Obi! Ma esattamente cosa faremo? >
Padmè sembrava eccitata come una bambina di tre anni che vede lo scivolo più alto del mondo.
< E che ne so io! >
< Come che ne sai? Non è stata una tua idea? >
< Anche una mia idea. Io ho fatto la parte teorica. Alla parte pratica ci pensa Bail >

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Capitolo 5
*** La lotta ha inizio ***


Bail Organa si alzò dalla sua sedia e intimò il silenzio nella sala.
Tutti i presenti tacquero immediatamente.
L’ex Senatore e ora Re del pianeta di Alderaan osservò tutti i partecipanti a quella riunione segreta, organizzata nella sua reggia. C’erano tutti gli ex Senatori che, come lui, avevano fatto parte dell’opposizione a Palpatine, e altri leader contrari all’Impero e, in piedi dietro una colonna, col volto seminascosto da un cappuccio... Obi-Wan e la sua splendida apprendista; Bail era una delle poche persone a conoscenza della vera identità della ragazza: Padmè Amidala, che, a detta di Obi-Wan, prometteva di diventare una Jedi abile quasi quanto lo era stato Anakin Skywalker.
“Miei cari signori e signore, non c’è bisogno di troppi preamboli e discorsi pomposi per aprire quest’assemblea. Tutti sappiamo che questo Impero va avanti ormai da troppo; questi cinque anni non hanno fatto altro che confermare ciò che noi abbiamo sempre ritenuto: non ne abbiamo bisogno”
Un fragoroso applauso lo interruppe.
Padmè sorrise sotto il cappuccio.
< Bail ha sempre saputo infiammare gli animi. È il leader di cui abbiamo bisogno.
“Ormai è finito il tempo delle recriminazioni, o del dire < Tanto l’Impero non durerà >. Come vedete sta durando. Io mi sono sempre presentato come un leader pacifista ma ormai questa pace conquistata con una guerra sanguinosa, combattuta da un uomo che voleva diventare il padrone della Galassia è intollerabile. Credo sia inutile spiegare perché una guerra aperta sarebbe impossibile. I sistemi più arretrati sono sotto il controllo di scagnozzi di Palpatine, quelli avanzati sotto il controllo do sovrani corrotti, fedeli all’Imperatore perché lui è fedele ai loro portafogli. Noi siamo troppo pochi. Però urge una soluzione. L’unica che riesco a vedere è la creazione qui, in questo momento, di un’alleanza. Un’Alleanza Ribelle, fondata allo scopo di distruggere l’Impero, cercando però di limitare al minimo le perdite, sia da una parte che dall’altra”
Un applauso scrosciante seguito da un coro di ovazioni accolse le parole del Re.
“Tanto per farmi un’idea, chi è d’accordo?”
Tutte le mani si alzarono.
Bail sorrise.
Obi-Wan uscì dal suo angolo nascosto e si tolse il cappuccio, rivelando a tutti la sua identità.
Un mormorio stupito si diffuse nella sala, ma fu subito stroncato quando lo Jedi alzò la mano per ingiungere il silenzio.
“L’Alleanza Ribelle ormai è nata, e la Forza le sorride. Ma questa Alleanza ha bisogno di un capo. Propongo come leader il Re di Alderaan Bail Organa. C’è qualcuno contrario?”
Nessuno si fece avanti.
“E allora io, in quanto Cavaliere e Maestro Jedi, e quindi rappresentante della Vecchia Repubblica, nomino Bail Organa capo dell’Alleanza Ribelle”
Un nuovo coro di ovazioni riempì la sala,e il neoeletto leader impiegò parecchi minuti per riportare il silenzio.
“Non è un grande inizio se ci è voluto così tanto per obbedire al mio primo ordine!” esclamò divertito.
“La mia prima nomina invece spetta al Cavaliere Jedi Obi-Wan Kenobi, che nomino vice-capo dell’Alleanza nonché Primo Generale”
Obi-Wan si inchinò, e Padmè poté notare quanto il suo Maestro fosse sinceramente stupito da quella nomina e dagli applausi che l’avevano seguita. Sorrise.
< Finalmente una carica degna di te, Maestro >

L’assemblea si protrasse per buona parte del giorno, per discutere di dove creare le basi, quali altri sovrani si poteva coinvolgere, le prime azioni di ribellione, i codici segreti...
Nonostante Padmè fosse interessata e coinvolta in tutto ciò, il viaggio e gli addestramenti l’avevano stremata, per cui a metà pomeriggio si allontanò per cercare le stanza della moglie di Bail, Lena, che era stata una sua cara amica d’infanzia.
Dopo un breve vagare per la reggia trovò le stanze reali. Le riconosceva perché ci era già stata. Bussò.
“Avanti... un momento che sono in bagno”.
Padmè entrò nella stanza. Era un ambiente fresco e accogliente, arredato con elegante semplicità e un’ampia vetrata che dava su un limpido lago, nel quale si riflettevano le alte vette che caratterizzavano quel pianeta.
Seduta sul letto c’era una bambina di circa cinque anni, intenta a pettinare una bambola. Indossava un semplice vestito azzurro sul quale risaltavano i lunghi e lisci capelli castani.
Quando Padmè entrò la bambina alzò lo sguardo.

Il mondo vorticò intorno alla ragazza.

< No. Non può essere >

Non era possibile.

Quei lineamenti...

< Aiuto... soffoco >

Quel naso... quelle labbra...

< Quante volte ho visto quei lineamenti guardandomi allo specchio? >

Quegli occhi...

< Quante volte ho visto quegli occhi? >

La bambina era il suo ritratto...

Tranne gli occhi...

< Annie... quante volte ho visto quegli occhi, mentre mi perdevo nei tuoi? >

Quegli occhi...

Gli occhi di una piccola principessa che giocava su Alderaan...

Gli occhi di un piccolo schiavo che lavorava su Tatooine...

Gli occhi dell’uomo che amava...

Gli occhi di un uomo che non era più un uomo...

Gli occhi di Padmè, che si riempivano di lacrime...

"Leia..."

La bambina la guardò, con quegli occhi penetranti che erano stati gli occhi di Anakin.
"Si, sono Leia.. tu chi sei?"
Aveva un aspetto così innocente, così dolce... così felice. Padmè sentì una fitta di dolore nel petto. Sua figlia stava crescendo lontano da lei.
Padmè aveva aperto la bocca per rispondere, quando Lena aprì la porta del bagno e entrò nella stanza. Guardò prima Padmè, poi la bambina, e si portò le mani alla bocca, sconvolta.
"Padmè... non avresti dovuto... non sarebbe dovuto succedere..."
Leia guardò la madre adottiva con gli occhi sbarrati.
"Leia! Vai subito nella stanza con gli altri bambini"
"No, no, Lena, non ti preoccupare. Non voglio fare niente. Sono contenta che sia con te, la vedo felice"
Lena scoppiò in lacrime.
"Oh, perdonami, avrei dovuto fare attenzione..."
"Non piangere, Lena. Non è colpa tua. Anzi, grazie per averla presa... sono contenta che la allevi la mia migliore amica"
Le due donne si guardarono, poi si abbracciarono, piangendo.

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