Albuquerque, sola andata

di crimsontriforce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri trascritti tra aeroporto e vulcano ***
Capitolo 2: *** Mi siedo sulle stelle e piango ***
Capitolo 3: *** La mia anima ha piccoli pini ***
Capitolo 4: *** Effetto Truman ***
Capitolo 5: *** Il panorama nella pagina voltata ***
Capitolo 6: *** Un souvenir del viaggio ***
Capitolo 7: *** Quasi un post-it sull'Arco ***



Capitolo 1
*** Pensieri trascritti tra aeroporto e vulcano ***



È quello che deve essere. T3h self-insertion to end all self-insertions, se volete, o semplici cronache di viaggio. A Yeesha.


Indice della raccolta

Introduzione
Pensieri trascritti tra aeroporto e vulcano
Buffo: a vederlo così sembra D'ni. Ma quello era in Medio Oriente, no?
L'Inutile Introduzione Ignorabile. Ma questa raccolta doveva iniziare così, dal principio. Perché dello Straniero sappiamo tutti qualcosa, mentre ogni esploratore è un mondo a sé.

1.
Mi siedo sulle stelle e piango
Primo impatto con la realtà.
Stereotipi @ Criticoni: “Self-insertion” (ma dai ma giura ma non l'avrei mai detto). E self-insertion schietta schietta così com'è accaduta, senza concessioni alla narrazione: la prima tappa del Viaggio mostra le sue brutture e non c'è bambagia di pixel che regga.

2.
La mia anima ha piccoli pini
Nessuno, qui, ha perso il filo del discorso.
"Metareferenzialità" @ True Colors (e già, perché il resto della raccolta no?) e "straniero lungo la strada" @ contest di Harriet. E in rima, perché... perché sì.

3.
Effetto Truman
Il problema è che ci vuole poco ad abbindolarmi: basta la promessa di “Un'avventura surreale che diventerà il tuo mondo” e sono già alla cassa sventolando 50€. Figuriamoci qui.
Challenge special #6 di it100, in onore della risata isterica più clamorosa e più isterica di tutto il Viaggio.

4.
Il panorama nella pagina voltata

Quando per la prima volta scesi in caverna con i miei piedi, quell'avviso “L'ultima barca parte alle 5” mi restò in corpo come una pugnalata e scrissi di coni e di pini e di pianti per esorcizzare la disperazione. Sono passati due anni.
Non vadano perse le lezioni della solitudine; sia benedetta l'intensità del Viaggio. Ma non è per quello che due gruppi di zucconi si sono accapigliati da vent'anni e più: oltre i fallimenti di entrambi, oggi vediamo...
F3.U.CK.S. Fest di Fanfic_Italia, terza settimana a.k.a. unknown_fandom (e grazie... XD). 8 febbraio 2010, un ringraziamento. Autotradotta e pubblicata sul libretto commemorativo del Mysterium 2010.

5.
Un souvenir del viaggio
Tornerò in quel luogo solo nella memoria.
"Ricordati che c'è un buco in mezzo" @ fanfic_italia. Sissignora...

6.
Quasi un post-it sull'Arco
C'è una guerra là fuori, non fumo e specchi. Una cronaca di due settimane, un tuono che non è un presagio ma un richiamo di tempesta.
Gennaio 2011, stormo (sciame...?) di Bahro avvistato intorno all'Arco.














Pensieri trascritti tra aeroporto e vulcano



1 ( | | | )
Ci sono opere che ci cambiano.
Alcune ci crescono addosso e quasi non ce ne accorgiamo. Un libro importante che ci accompagna dalla prima adolescenza, con le pagine sgualcite e il dorso ormai illeggibile per i troppi segni. Il film che nostra madre cita a ogni occasione buona. Con infinita pazienza, coltivano i nostri rami.
Altre si piantano da un giorno all'altro, radici e tutto.
La mia mi ha aspettata per dieci anni ed è un videogioco.


2 ( |) | )
Mai tenuto un diario. Mai mai. Mai sentito l'impulso di farlo, nonostante quegli aggeggini tutti nastri, perline e con le chiavette d'ottone avessero attirato spesso le mie ambizioni di mocciosa.
Oggi invece, che devo dire? Se lo fanno Atrus e Catherine lo faccio anch'io, punto. Ed eccomi qui, con l'ennesimo quadernino di fanfiction dirottato su un resoconto di vita vissuta.
Ma le fanfiction su cosa le scrivo, ora?


3 ( |< | )
“Alla fine, era o questo o vacanze a Monkey Island.”
Oppure: “Sto seguendo le orme del viaggio in America dei miei genitori”, che sarebbe anche vero ma me ne sono resa conto che stavo già facendo le valigie, quindi suppongo che non valga.
Ancora: “È il richiamo della grande avventura!”, un po' come Indiana Jones.
Posso raccontarmene tante, la verità è che non ho la più pallida idea del perché sono qui. C'era un volo per Albuquerque in offerta e sono partita.
Eh, mi piacciono i deserti.


4 ( | ,-| )
Un anno fa non avrei noleggiato un'auto per girare a vuoto lungo strade infinite (e certo non in un altro continente).
Un anno fa non avrei osservato ogni dettaglio del mondo che mi circonda con tanto interesse, cercandone logica e legami.
Nemmeno l'avrei ascoltato.
Un anno fa avrei chiamato un'amica di cui non ricordavo il citofono, non l'avrei dedotto dalla pulsantiera.
Un anno fa la mia opera mi stava ancora aspettando, perché ci eravamo già scambiate una promessa da oltre uno scaffale polveroso: sapeva che un giorno avrei seguito i lumi accesi nel cuore del suo albero blu e sarei tornata da lei.


5 ( |--| )
Dev'esserci un cinque, vero? C'è sempre un cinque.
Scrivo appoggiata al cancello di una staccionata che recinta il vulcano. È qui. Se non cede lei, cederò io: scavalcherò e correrò verso l'origine di questa storia, una nostalgia struggente che mi ha trascinata passo dopo passo, miglio dopo miglio, verso un passato che mi appartiene ma non so riconoscere.
Qualcosa mi chiama.
Rispondo.




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Capitolo 2
*** Mi siedo sulle stelle e piango ***






Mi siedo sulle stelle e piango








C'è una lanterna, sopra di me. Arde. Ma getta più fumo che luce nell'aria di questa caverna in cui tutto si ricopre di un velo di blu.

Nei giochi non era così.

Nei giochi c'era un obiettivo. C'era il raggiungimento di un obiettivo.
Imprigiona Gehn. Salva Releeshahn. Implicito: già che sei lì, aiuta quel povero cristo a tornare a casa sua.
Fatto, fatto, signorsìssignore.
Anche nei finali cosiddetti buoni non c'era felicità o, se c'era, era comunque legata a filo doppio con una tristezza più profonda e me ne sono avveduta troppo tardi, quando già era tutto finito, presa com'ero dall'orgoglio del mio successo e magari da un sorriso saggio e lieve sulle labbra di Sheila Goold.

Qui? Cosa sto facendo qui? Per che cosa esploro e ragiono, Yeesha, se i torti che mi mostri sono sepolti dai secoli? Cosa posso fare? C'era una città ed era costruita sul sangue. C'è una città ed è morta e temo che non risorgerà grazie a un enigma risolto o due. Avevo provato affetto per quegli edifici e il suo popolo, quando ancora li credevo fittizi. Cosa ho guadagnato da queste visioni? Solo disgusto. Non c'è dolcezza nella verità: qualunque storia amica sperassi di ritrovare quando, nell'albero, ho toccato il pannello di Relto s'infrange qui e ora.

D'ni è marcia dentro e la mia guida è incerta.
Le storie sussurrano orrori.
Non doveva andare così. So cosa dicono da queste parti dei finali, ma non è un pensiero che consoli.

Mi siedo sul bordo della piattaforma di pietra, con i piedi che dondolano su un mare di stelle. Il pensiero segue di qualche lunghezza il cuore e lentamente ci arriva anche lui:
È la Fessura. La Fessura Stellata.
La frattura fra i mondi, lo spazio gentile. 'La Divina Provvidenza in versione locale', come scherzosamente la chiamavo da oltre lo schermo di un televisore. È commovente, nelle sue profondità infinite.
Il vederla sotto di me, il sentire la qualità diversa del suo spazio sulla pelle, mi svuota e scaccia anche il ragionevole dubbio che potrebbe riportarmi a casa, o che se così fosse, e se in questo momento mi si sfilasse una scarpa, questa avrebbe una possibilità su qualche milione di finire in testa al signor Zandi.

Poi il pensiero riprende lo stacco accumulato e tutto quello che so è che voglio tornare a casa. Prendere il primo aereo e andarmene. Chiudere le orecchie a questa storia che è dura e fredda come la pietra su cui si fonda e piazzarmi al computer e poter tornare a scrivere di un lieto fine in fondo a questa storia di specchi in cui più mi osservo e più mi perdo nel labirinto di riflessi.

Poi resta ancora indietro di un'incollatura. La verità di un uomo si trova nell'oscurità sotto la superficie. La luce di Teledahn cosa mi ha mostrato su di me, e sono disposta a vederlo?
E Yeesha da una registrazione invisibile parla di sentieri, parla di seguire le orme di suo padre, del suo adorato padre, e tutto diventa un po' meno straniero – un po' più Straniero, a voler esser leziosi – e c'è ancora un fardello sulle spalle di quell'uomo e di sua figlia che proprio non posso lasciare intatto, pena la dignità.
Ma resta troppo dannatamente complicato. E triste.

Così, piango. Piango a lungo, piango per sfogo, piango perché ne ho una voglia disperata e quando sento di non poter piangere più mi alzo, sfioro il glifo luminoso che sembra guardarmi con gli stessi occhi eterni di Yeesha, sento la sua voce tornare a parlare di un Viaggio che non capisco e scoppio ancora in un pianto dirotto.
La roccia porosa della caverna assorbe tutto e lo trattiene con sé. Se anche qualche Bahro mi sta osservando, lassù dagli anfratti bui, non viene in mio aiuto.

Anche nei giochi ero sola.
Ma nei giochi non era così.




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Capitolo 3
*** La mia anima ha piccoli pini ***


@ phend, should you ever come by this page: in your honour, sir. Yours and your blessed journal's.

Più nel concreto, è dedicata a Shey, che la votò in una one-man survey per le fanfic illustrate preferendola ai coni. Alla fine al tempo scelsi comunque questi ultimi perché, beh, coni! X3, ma gliela (e me la) dovevo. E al QI: vi voglio bene a tutti ç_ç anche ai lurker con cui non ho mai parlato ç_ç








Recita un foglio scritto a conchiglia
sullo strapiombo del vecchio ascensore,
abbandonato dal suo scrittore
che di un salto nell'ignoto trovò voglia:


La mia anima ha piccoli pini



C'era una volta un filo conduttore che abbracciava le immagini di decine di mondi. Era un filo robusto, di grande spessore, lo credevo intessuto da signori giocondi.
Legava un uomo alle sue creazioni, legava quattro generazioni in un gioco di specchi deformante e ingrato. Legava a stento, lì sfilacciato, uno spazio ricolmo di stelle e almeno a questo lo costringeva: a svelare che fra quelle c'è sempre la via per la porta di casa. Una casa. La propria. Il filo teneva.
Quando uscì dallo schermo e da quella stessa porta io lo seguii, stregata e poco accorta, perdendolo in mezzo a una distesa abbagliante. Ho camminato a lungo in quella piana e altrove, nel corso del viaggio ne ho viste tante e sotto ogni cielo sempre di nuove: atteso la pioggia sotto un carciofo, giocato a campana su un sentiero di sassi, pigiato tutto (com'è la prassi), scoppiato poi dei sacchi come un gioco.
E nel girare attorno alla spirale mi guardavo intorno come una persona comune, senza volere scopo, senza cercare un lume: il filo era recluso nella storia originale. Non era mia impressione: con metafora geniale mi è stato riferito, qualche giorno addietro, che l'immagine di me è meno ancor che un prato. È un'isola secca, nient'altro ha che arbusti – e piccoli pini. Non ho le radici robuste di Anna, di Atrus e dei successori (Phil, Watson e Zandi e, credo, altri ignoti), cortecce coriacee o gran sognatori che, quali che fossero le loro doti, condussero il filo con le loro mani cingendo davvero mondi a decine. Si rifiutarono di scrivere Fine cercando sempre un migliore domani.



Seduta, mi dondolo sullo strapiombo e su di un foglio scrivo il mio credo. Promesse di luci mi ammaliano in fondo, ma senza motivo mi giro e vedo che un filo sciolto del mio maglione è rimasto impigliato nell'altra stanza. D'ni di nascosto, in silenzio, fermandone un capo afferma la nostra importanza.

L'autocritica era cosa ingrata:
salto nell'eco della mia risata.


Leap without truly understanding what lies beneath
and let a glimpse of the future rise up to meet you.
(Richard A. Watson, 17/1/04)
















Partecipa con un ovvio “Metareferenzialità” all'ormai consueto “Quel certo non so che” di True Colors. Ovvio perché non ci vuole una scienza a farci quadrare qualunque aspetto della materia in esame e, in effetti, è almeno la quarta volta che ne scrivo. Spero senza ripetermi troppo.
Con qualche aggiustata in più, ma non troppe, partecipa anche al quarto contest di Harriet perché LOL. Cioè XD Farlo apposta non veniva XD Il prompt è:
Forestiero che cerchi la dimensione insondabile:
la troverai fuori città, alla fine della strada

e io 'fuori Città' – anche se in verticale, qualche centinaio di metri sopra – e alla fine di una strada che mi sono ostinata a non capire fino all'ultimo (“Bene, ho ricalibrato il Great Zero, e ora? *visualizza balle di sterpi che rotolano felici in superficie*”) ho trovato le mie coordinate, che avevo perso nell'incertezza del presente: è facile, per contro, dare un senso ad avvenimenti vecchi di duecento anni, ma ci passa la stessa differenza che fra cronaca e storia. E, anche a parte la mancanza di prospettiva, qui il senso è davvero più sottile, impalpabile.
Per l'ambito premio speciale "Ma chi me l'ha fatto fare?", non c'è dialogo e il filo conduttore appare quattro volte: prima come intessuto da una sceneggiatura, poi richiamandosi a quello stesso significato, poi accorgendosi che la storia è vera e quindi non l'ha mosso uno sceneggiatore ma i grandi uomini passati e presenti, infine riconoscendo che viene consegnato anche a noi esploratori. E poi, uhm, è in rima. So che non era nelle difficoltà della lista, ma comunque XD

Note:

@ strapiombo del vecchio ascensore: Great Shaft! Spero fosse chiaro, sia per “strapiombo”, sia per “ascensore”, sia per “salto nell'ignoto”, sia per la citazione finale dal diario che sta lì a fianco.
@ signori giocondi: mmmmh...
@ uomo e sue creazioni: nelle Ere di Atrus, io leggo (ehr XD) moltissimo di Atrus stesso.
@ quattro generazioni: paralleli e differenze fra l'educazione di Anna, Gehn, Atrus e degli scassamaroni. Quel che della sua esperienza ogni genitore ha cercato di dare o non dare ai figli. Vengono fuori paragoni affascinanti.
@ spazio ricolmo di stelle ecc: fino a Riven, era lecito pensare che la Fessura portasse in qualunque luogo adatto a lasciare intatto un libro per trent'anni e quindi, con quest'unica indicazione geografica che girava in cerchio, lo Straniero poteva essere veramente chiunque.
@ distesa abbagliante ecc: in ordine Cleft, Eder Kemo, Kemo pond, lol ovunque, fine Teledahn.
@ metafora geniale: "It will be your soul, showing who you are", Yeesha dixit, parlando di Relto - e dei suoi piccoli pini.

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Capitolo 4
*** Effetto Truman ***


it100, D'ni-izzato in it125, quinto giro. L'ultima volta era UNA COSA SERIA? Non sia mai! Torniamo alle boiate, presto! Per le cose serie ci sono le storie più lunghe!






Effetto Truman

This was my dream, but now my dream has flown
(Oasis)






La risata nasce stridula. Rimbalza sull'acqua e rotola e galleggia fino all'isola, dove stormisce fra le foglie rosate degli alberi. Prende forza. Si espande in un cerchio perfetto fino al punto in cui il cielo tocca il mare, trasportata da quel vento così regolare, meccanico e in definitiva così finto che, forse-forse, un sospettino poteva anche venire.
Non, però, di fronte a fortezze di pietra sull'acqua all'orizzonte. Non di fronte a una chimera di slanci sugli scogli, di vette traforate e appuntite da mano aliena, le cui finestrelle tonde ancora brillano di vita. Di queste immagini sono fatti i sogni – i miei, almeno.
Volevo visitarle. Eccomi.
Tiro un pugno all'impalcatura arrugginita. Il dipinto della fortezza scricchiola e ondeggia e si riassesta pacifico.
Fanbagno, Kadish.











E io ci cascai come una pecora. Non so voi. Appena linkata su Ahnonay ero lì a bocca aperta avvinta dalle 'rovine', coi neuroni che si alternavano fra “fiiiiiiiiiiiiigo” e “voglio andaaaaaaaaaaaaaaarci” (e nessun neurone rimasto per osservare bene il bilanciere, ma questa è un'altra figuraccia per un altro giorno). Il resto, come si suol dire, è storia.

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Capitolo 5
*** Il panorama nella pagina voltata ***


Non starebbe a me parlarne. Questa cosa è troppo bella e grande, io sono l'ultima arrivata e non starebbe a me parlarne. Però butto lo stesso i miei proverbiali due cent, rimandando eventuali lettori interessati a urublogs e compagnia cantante per letture più dense, sentite e complete in argomento.
Pensata e sentita appena sono riuscita a Collegarmi là sotto e infine scritta ora con la scusa della terza settimana del fest di Fiffi, unknown_fandom (I'm my own fandom, bite me).





Il panorama nella pagina voltata


Ae'gura, 8 febbraio 2010
o qualche giorno dopo
(i voli erano pieni)






C'è una premessa.
Per me, la Chiamata è sempre stata legata a doppio filo con la consapevolezza di essere arrivata tardi. Tardi per trovare un fandom, prima; tardi per tutto, poi, con la prima orma lasciata in Caverna a fare da spartiacque. Era una spinta violenta verso un centro vuoto e solo – un male fisico, per la miseria – e io strattonata inciampavo e scendevo e vedevo e capivo e crescevo, ma al nucleo di tutto restava la storia ingiusta di una città deserta. Tante lezioni, nessun lieto fine. Nient'altro che sabbia fra le mani, alla fine, e singhiozzi.


C'è un inizio.
Arrivo tardi anche oggi. Ma di poco.
Lo spazio familiare del porto si materializza attorno a me, con gli stessi mosaici spezzati in penombra, lo stesso lago di sempre e le sue alghe che lottano per generare una luce incerta. Ma il silenzio assordante che ricordo è sommerso da uno sciabordare di risate, gente che va, gente che viene e gente che vive, e scoppi di saluti in tutte le lingue del mondo, con uno strascico di sgrammaticati “Shorah” a legarli assieme. Scatta qualcosa. La Chiamata resta salda, in ogni mio respiro, urgente e disperata com'è sempre stata, ma riecheggia e s'intreccia con tutti gli altri percorsi che passano da qui, da ora, in questo luogo che per definizione è consacrato a nuovi inizi, e trova una sua pace e un senso.
C'è un ramo in fiore.
Torniamo.

Ethan si sbraccia e mi chiama dalla cima delle Grandi Scale. Vorrei rispondergli, ma esce solo un risolino acuto a mascherare il groppo in gola. Accelero il passo, salto qualche gradino. Attorno a me, nel profondo della terra buia e fertile, l'albero cresce.


Torniamo.
E la fine non è ancora stata scritta.









Note:
@ titolo: La riapertura della Caverna segna un cambiamento, un voltar pagina. E nella nuova pagina c'è l'immagine di un luogo – rettangolare, centrata, si muove... :p
@ 8 febbraio 2010: guesswhatguesswhatguesswhat!
@ Shorah sgrammaticati: è il saluto al singolare, se l'intento è – come spesso era – “Salve mondo che bello essere di nuovo qui”, dovrebbe andare al plurale.
@ Ethan: EthanEver, autoproclamato NumbSkull e proclamato (da me) persona adorabile. È stato davvero il primo a salutarmi e non riuscivo davvero a rispondergli, ero così impappinata!

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Capitolo 6
*** Un souvenir del viaggio ***



Un'ideale conclusione di qualcosa che per definizione ha fini 'non ancora scritte'... forse, in un futuro lontano.
Ah, e ideale mezzo seguito di un altro capitolo di questa raccolta, a titolo Per diverse strade. Quando l'avrò completato lo sposterò appena prima di questo.








Un souvenir del viaggio



E quando il mio sguardo si farà troppo sicuro, quando smetterò di dubitare dei fili che legano la realtà che mi circonda, allora tornerò su Relto. Tornerò sulla mia isola, che sarà verde e vibrante come l'ho lasciata, ricca di pioggia e fresca di resina; siederò sulla sua panca, voltando la schiena all'orizzonte infinito, e ricorderò il giorno in cui in mezzo a quel terriccio c'era stato un buco. Un solo giorno. Qualche minuto. Pochi istanti: ma nelle viscere della terra si era aperta una distesa di stelle, e pulsava di vita. E di tutti i mondi mai esistiti, di ogni momento incastonato nel tempo, non mi aveva riportata al mio.
Quando quel miracolo sarà tornato in me potrò proseguire per la mia strada, ovunque essa porti.















Tutto ciò per dire che D'ni Riltagamin mi fa una paura dannata °_°;;; “Return here alone when you wish to remember the cycle of things”? No grazie Yeesha, una volta m'è bastata...

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Capitolo 7
*** Quasi un post-it sull'Arco ***


Premessa: in data che non ricordo ma comunque a gennaio, strane cose accadono ad Ae'gura e uno stormo di Bahro prende a volteggiare attorno all'Arco di Kerath. Il 4 febbraio, Watson si fa vivo con quest'annuncio.










C'è una guerra là fuori, non fumo e specchi. Una cronaca di due settimane, un tuono che non è un presagio ma un richiamo di tempesta.



Quasi un post-it sull'Arco




Una parola risuona senza posa nella Caverna, dagli spiazzi del porto dove ha origine fino alla vetta di Rezeero: Bahro. Lo stormo circola attorno all'Arco da giorni, cupo come una nube di tempesta, allargando a volte pesanti ali di cuoio fino a coprire le rive, sempre alto sulle nostre teste. Si parla di incontri ai Quartieri, altre apparizioni fugaci. Bahro.
Chi ricorda pronuncia il nome con cautela, osserva meditabondo appoggiato alle balaustre, schermandosi con la mano dalle luci azzurre accecanti che confondono i pensieri. I nuovi sono troppo impegnati a scendere a patti col miracolo per ricordarsi dei moniti letti su internet e non è raro vedere qualcuno inginocchiarsi in cima ai moli. Bahro. Da giorni, una nuvola scura instancabile sull'Arco. Cosa presagisce il loro volo? C'è chi ha solo letto di Wheely ed è più spaventato di chi c'era, evita Ae'gura per quanto gli è possibile, pur sapendo che non è una prevenzione più efficace del costruire una diga con paletta e secchiello. Altri cercano risposte nelle vecchie profezie e sostengono a volte di aver trovato qualcosa. Senza dimenticare che un occhio parziale può trovare versi perfino per dei coni, non è da escludere: l'Osservatore ha già dato prova di conoscerci meglio di quanto noi stessi a volte facciamo.
I giorni passano. Ancora, a ogni fuso orario, capannelli di persone si radunano al terminal e sul piazzale della biblioteca, guardano e non capiscono.

Infine ci dicono che è un'illusione.

Non è per questo che siedo da ore di fianco al memoriale del pub, scuotendo la testa con gli occhi socchiusi, e non è per questo che vorrei che il bancone vicino servisse qualcosa di più forte dell'acqua di lago nelle finzioni giocose degli esploratori. Non m'importa di aver perso una sera col naso per aria a guardare aria fina. Ma assieme all'illusione ci dicono che la guerra continua. Lontano dalle sponde di Ae'gura e delle Ere che calpestiamo, a tre anni dall'ultimo messaggio e sotto la stessa condottiera (era già stanca allora), la guerra continua. Lontano lontano dalla memoria, dai pensieri di tutti e stasera apriamo una porta? Troppo lontano per sembrare guerra.
Per chi ricorda, e per chi ha letto i log, lo stormo sull'Arco col messaggio che porta è un rombo di tuono che scuote nel profondo. Un rombo falso, ma non importa: l'eco di un tuono, se vogliamo, che dovrebbe rimanere nelle orecchie di tutti. Le nuvole tornano ad affacciarsi sui nostri orizzonti.
Bahro.

Yeesha, le nostre radici sono forti.




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