Forever Young

di DesperateGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

 

New York, la grande occasione della mia vita, così mi aveva salutato Lindsay prima di partire per Toronto, insieme a Mel, Gus e Jenny. Ed io in quel momento ci credevo. E dopo aver annullato le nozze ho deciso che non potevo sacrificare me stesso.

Non posso dire che sia stata una decisione facile da prendere. Da un lato c’era l’amore della mia vita, dall’altra l’opportunità di poter fare davvero qualcosa di buono. Ho sempre saputo di non poter avere entrambi, ma sapevo che l’amore tra me e Brian non sarebbe finito a causa della lontananza, infondo non era la prima volta che ci lasciavamo, in quattro anni non avevamo fatto altro.

Non sarei voluto partire, ma Brian mi ha spinto, anzi quasi obbligato a prendere quel maledetto aereo che mi ha portato in questa dannata città. Mi ha detto che non voleva stare con una persona che sacrifica i suoi sogni per amore, e così eccomi qui, nella grande mela, cercando di inseguire quel sogno che mi ha portato via da lui. Di mattina seguo i corsi di disegno, mentre la sera lavoro in un locale come barista, locale molto simile al Babylon, se non fosse che manca l’attrazione principale. Brian. Non ho sue notizie da… beh troppo tempo. In pratica l’ultima volta che l’ho sentito è stata quando sono arrivato a New York. L’ho chiamato per fargli sapere che stavo bene, poi il nulla. Certo cosa mi aspettavo, me l’ha detto chiaramente che sentirsi ogni giorno e vedersi solo nel week-end non sarebbe servito a nulla. Al contrario Debbie mi chiama almeno una volta al giorno per sapere se mangio e soprattutto se sto scopando. Mi manca tanto, è come una seconda mamma. Mi ha accolto in casa sua dopo che i miei avevano scoperto che sono gay.

Guardo annoiato fuori dal finestrino e quasi mi viene un colpo. Davanti ad una vetrina di un negozio di scarpe, una sagoma di spalle mi sembra familiare, troppo familiare. Sto per spingere giù il finestrino e gridare il suo nome, quando si gira e mi accorgo che ho preso un abbaglio. Certo non poteva essere altrimenti. Lui non è il tipo che fa queste cose.

-Ehi Justin, tutto bene? – domanda Doug seduto al mio fianco

-Si, mi è sembrato di vedere…- mi fermo. Come posso definire Brian? Un amico? No, noi non siamo mai stati davvero amici. Amante? Neanche. Fidanzato? Ormai non più. La migliore scopata della mia vita? Ma non è mai stato solo questo –…una persona che conoscevo- dico alla fine. E non posso fare altro che ripensare all’ultima volta che siamo stati insieme, a come ci siamo baciati, come se fosse stata l’ultima. Alt, ci sto ricadendo. Mi sono ripromesso di non pensare più a lui. A distanza di quasi un anno fa ancora male. Fa male pensare che non si sia fatto sentire neanche una volta, fa male pensare che forse tutto quello che abbiamo passato insieme sono stati importanti solo per me. Sono stato uno stupido a pensare di aver fatto breccia dove neanche Michael c’è riuscito. Nel suo cuore. Forse è per questo che ho rifiutato tutti gli inviti di Debbie di passare le vacanze a Pittsburgh. Non volevo vedere che lui era riuscito ad andare avanti mentre io ero, o meglio, sono legato ancora a questa storia

-Allora ci vediamo questa sera?- mi volto perplesso verso il mio amico. Ero così intento a pensare da non essermi accorto che stava parlando ancora con me

-Mi spiace non posso. Devo finire ancora un disegno per domani- mento, quel disegno è pronto da giorni ormai. Semplicemente non ho voglia di andare a rimorchiare in uno squallido bar, il mio unico giorno libero

-Ma…-

-La mia fermata- non gli do il tempo di dire nulla, mi alzo all’improvviso, infilo la mia tracolla e scendo di corsa dall’autobus

Percorro i pochi metri che mi separano dal mio appartamento, ancora immerso nei miei pensieri. Quando sono davvero vicino mi accorgo di un ragazzo seduto sulle scale esterne del palazzo che si sta sfregando le braccia con le mani, infilati in un paio di guanti rossi. Mano a mano che mi avvicino quella sagoma mi sembra sempre più familiare

-Emmett?-chiedo sorpreso

-Justin, finalmente- si alza e mi viene incontro abbracciandomi

-Cosa, come…Cioè…Sono così felice di rivederti-

-Avevo un po’ di tempo libero e ho pensato di fare una sorpresa ad un amico- mi sorride, ed io non posso far altro che sorridere di rimando

-Vieni che ti offro un the caldo, si gela qui fuori-

-Grazie raggio di sole, mi si sono congelate le chiappe-

 

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-Allora…Come stanno Michael e Ben?- chiedo versando il the in due tazze spaiate

-Bene…sai hanno adottato Hunter. Ormai sono una famiglia felice-

-Sono contento.- porgo una tazza ad Emmett e mi siedo accanto a lui sul divano sgangherato

-Ted sta con Blake, sono diventati inseparabili. Sempre appiccicati-

-Sul serio?-

-Si…Mentre io- si pavoneggia come una prima donna – io e Drew stiamo finalmente insieme-

-Sai Emmett... Li leggo i giornali. Le vostre foto sono su tutte le copertine dei giornali di gossip-

-Lo so… Non siamo carini?- io semplicemente annuisco, sorridendo appena – Justin in verità sono qui per un altro motivo-

-E’ successo qualcosa? Mia madre sta bene? Mia sorella ha…-

-Si tratta di Brian -sento che il mio mondo si sta sgretolando piano piano sotto i miei piedi. Mi rendo conto di essere rimasto immobile per non so quanto tempo, semplicemente la mia mente rifiuta di accettare quello che Emmett sta cercando di dirmi

-Cosa…Cosa è successo?- dico alla fine

-Stava tornando alla…villa. La strada era ghiacciata, ha perso il controllo dell’auto ed ha avuto un incidente-

-Quando?-

-La settimana scorsa-

-Perché cazzo Debbie non me l’ha detto- urlo

-Lui non vuole-

-Che cazzo significa che lui non vuole- urlo ancora di più

-Sai com’è Brian. È così orgoglioso-

-Orgoglioso? Lui rischia la vita e si permette di essere orgoglioso?- mi alzo dal divano in preda ad una crisi isterica. Passeggio lentamente nella minuscola stanza, che poi costituisce il mio appartamento. È tipico di Brian. Allontanare tutti gli altri proprio nel momento in cui ha più bisogno. –Così, se il signor tutto d’un pezzo non vuole che io sappia, perché sei qui Emmett?-

-Tu devi sapere, Justin-

-Sapere cosa, Emm?-

-E’ stato operato di urgenza, ma ci sono state delle complicazioni durante l’operazione, e lui è…-

Oddio no, non posso ascoltare. Non posso pensare che gli sia successo qualcosa di brutto, non all’unica persona più importante della mia vita. Ricado sul divano, totalmente privo di forza. Mi sento svuotato da ogni energia.

-E’ in coma-


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2



Dopo quasi un anno mi ritrovo di nuovo su un aereo diretto a Pittsburgh.

Non c’ho messo molto a prendere una decisione. Fare le valigie e ritornare dove è giusto che io sia in questo momento. Vicino a Brian. Emmett non ha detto una parola da quando mi ha informato su Brian. Forse sta aspettando che io mi riprenda dallo shock, non lo so, so solo che lo ringrazio per questo silenzio non forzato. È passata solo un’ora da quando siamo partiti, ma a me sembra un’eternità. Ho una paura tremenda. Cosa farò se Brian dovesse morire? Morirebbe senza sapere che lo amo ancora e che non l’ho dimenticato. E soprattutto che sono stato un vero coglione…Avrei dovuto chiamarlo, dirgli che mi mancava. Invece mi sono comportato proprio come lui. un perfetto stronzo orgoglioso ed egoista

Mi passo freneticamente le dita tra i capelli, ritornati ormai lunghi come un tempo

-E’ inutile distruggersi con i sensi di colpa- mi volto verso Emmett, perplesso. Lui è sempre stato capace di leggere le persone meglio di chiunque altro. Anche adesso, ha capito perfettamente come mi sento. –Lui lo sa- continua

-Cosa?-bisbiglio

- Brian lo sa che lo ami. E soprattutto sa perché non ti sei fatto vivo per un anno. Te l’ho detto…non farti venire i sensi di colpa, raggio di sole-

resto in silenzio. So che Emmett ha perfettamente ragione, ma non posso far a meno di pensare che forse tutto questo si sarebbe potuto evitare se solo avessi fatto un passo verso di lui. ma ormai non posso cambiare le cose. Posso solo sperare e pregare che si sistemino nel migliore dei modi.

Appoggio la testa allo schienale e chiudo gli occhi. Ho bisogno di non pensare a nulla


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Arriviamo a Pittsburgh praticamente a notte fonda. Emmett mi ha invitato a stare da lui per la notte, ma ho rifiutato. C’è solo un posto dove vorrei essere in questo momento. Così ci separiamo e mentre lui ritorna a casa io mi dirigo all’ospedale, ben consapevole che l’orario delle visite è terminato, ma devo vederlo, anche solo da dietro un vetro. Il taxi mi lascia davanti le porte scorrevoli, porte che io fatico a varcare. Un ultimo sospiro ed entro. Il cuore mi batte forte, le mani mi tremano ed avrò sicuramente gli occhi lucidi. Mi rivolgo ad un infermiere, che da dietro un vetro, sfoglia svogliatamente una cartella

-Lei chi è?- chiede annoiato

-Un amico-

-L’orario delle visite è finito da un pezzo, bello mio. Torna domani-

-Senta…Lei non capisce. Ho bisogno di vederlo, anche solo per un attimo. Non entrerò neanche nella stanza. Ma la prego, me lo faccia vedere- non so cosa lo abbia convinto, se il mio tono di voce implorante oppure i miei occhi, ma si convince a dirmi il numero della camera di Brian

-Il signor Kinney è davvero fortunato. Magari avessi anche io un amico che mi ami così tanto- mi dice infine. Io lo ringrazio, cercando di sorridere, e mi avvio verso la sua stanza.

Ed eccolo lì, disteso in quel letto, immobile. E vorrei poter correre da lui, ma resto bloccato dietro la porta, a spiare quell’uomo che ha le sembianza di Brian, ma non è lui. E’ smagrito e pallido. E tutto pieno di tubi. Mi accascio dietro la porta, e le lacrime che avevo trattenuto, scendono copiose sul mio viso


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Dei rumori in lontananza mi svegliano. Non mi sono neanche reso conto di essermi addormentato. Mi metto a sedere dritto e qualcosa scivola dalle mie spalle. Una giacca da donna. Mi guardo intorno per cercare la proprietaria, e la vedo seduta di fronte a me, che mi guarda sorridendo

-Ciao topino-

-Debbie-

-Emmett te l’ha detto, quindi-

-Già. Debbie io…-

-Lascia stare, lo so, e ti perdono- si alza e viene a sedersi accanto a me –Se tu perdoni me-

-Perdonarti? E per cosa?- chiedo perplesso

-Per non averti detto niente- ed indica con il pollice Brian steso sul letto

-Non preoccuparti Debbie. Lo so che è stato lui a chiedertelo. È tipico di Brian -

-Sei entrato a salutarlo?- scuoto la testa –E cosa aspetti. Và-

In pratica mi costringe ad entrare in quella minuscola stanza. Resto sulla soglia, spaventato da quello che potrà accadere, ma allo stesso tempo emozionato. Non lo vedo da troppo tempo, non siamo mai stati così tanto lontano.

Un passo dopo l’altro mi avvicino al suo letto. C’è una sedia lì vicino e mi siedo. Gli sfioro leggermente la mano, inconsciamente sperando che lui risponda al mio tocco. Ma ovviamente non accade. Potrei parlare, dire qualcosa per fargli ascoltare la mia voce. Nei film succede sempre così. Uno parla e chi sta in coma, per magia o per miracolo, si sveglia. Beh tentar non nuoce

-Cazzo Brian, perché hai detto agli altri di non dirmi nulla? Perché continui ad escludermi dalla tua vita? Perché proprio nei momenti in cui avresti più bisogno di me? È sempre stato così, cazzo-

un rumore mi fa sobbalzare. Lindsay è alle mie spalle, in mano un mazzo di fiori di campo. Si avvicina al comodino e sistema i fiori in un piccolo vaso, senza dire nulla, solo guardandomi con uno sguardo che non preannuncia nulla di buono. Io continuo a guardare Brian, a sperare che da un momento all’altro mi guardi di nuovo con il suo sguardo sarcastico, ma che ha sempre detto molto più del necessario.

-Lui non ti ha dimenticato- dice Linds all’improvviso –Andava alla villa ogni volta che poteva, sai? Mi diceva che lì sentiva la tua presenza più che nel loft. Perché li avete condiviso una parte importante del vostro rapporto-

-Già- rispondo dopo un po’. Anche se mi sembra impossibile tutto questo. Non è da Brian pensare a questo genere di cose. Troppo romantico per lui. ma subito mi viene in mente il giorno del mio ballo di fine anno. Lui così bello nel suo vestito nero. Sembra passato un secolo

-Cosa dicono i medici?-

-Sono ottimisti. L’ematoma si sta riassorbendo in fretta-

-Bene-

-Tu non dovresti essere a New York?-

-Fanculo New York-

-Justin…-

-No Linds. Lui c’è sempre stato. Mi ha aiutato dopo l’incidente. Glielo devo. Tu invece? Non dovresti essere in Canada?-

-Touchè- si porta dietro di me e mi abbraccia forte- E’ un piacere rivederti, Justin-

-Anche per me-

E restiamo in silenzio, per un minuto, un’ora, un giorno, non lo so neanche io

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