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Quando suonò la campanella il suo quaderno era
ormai tutto scarabocchiato. Che strano, non si era nemmeno resa conto di
aver mosso la penna su quel foglio, prima candido, per così tanto tempo. Era
ancora assorta nei suoi pensieri, il viso appoggiato su una mano, lo sguardo
volto oltre i vetri della finestra, quando una mano le si posò sulla spalla.
- Rumiko, noi andiamo a pranzo. Che fai, vieni?!-,
fu la frase che la ripescò dal suo mondo.
Guardò l'amica, Nanako, poi posò la penna e il
quaderno sotto il banco. - Certo... certo, vi raggiungo subito. -, rispose
pacata, prendendo il suo obento dalla cartella appesa al lato destro del banco.
Seguì le amiche fuori dall'aula. Non ascoltò le loro chiacchiere senza senso,
non ne aveva voglia, né forza. Ormai erano giorni che una pesante apatia
l'avvolgeva, rendendola incapace di provare la minima emozione.
Si sentiva letteralmente schiacciata dalle
persone che la circondavano. Erano felici, loro. Lei sentiva la sua vita
piatta, totalmente. Non aveva uno scopo, non aveva un ragazzo, la sua famiglia
era un disastro. Aveva delle amiche, certo, anche molto care, ma non riuscivano
a darle la carica giusta. E, ovviamente, c'erano loro... I due fratelli
diabolici. Ultimamente si erano divertiti molto a prenderla di mira,
probabilmente vedendola così apatica. Le facevano sempre scherzi cretini e si
divertivano a prenderla in giro, e logicamente lei non reagiva.
Rumiko Matsumoto non era né più, né meno di una
normalissima studentessa medio-borghese. Era presidentessa del consiglio degli
studenti, caposcuola, capoclasse, era tutto ciò che una madre vorrebbe come
figlia. Eppure a lei non bastava. Cosa se ne faceva dei buoni voti, se la sua
vita era talmente noiosa? Scuola casa, casa scuola, era tutto ciò che sapeva.
Rumiko era stanca di quella situazione. Non era particolarmente bella. Né
particolarmente simpatica. Semplicemente era una buona studentessa, e tutti
approfittavano di lei per farsi fare i compiti. Non aveva la forza di dire di
no. Questo é il peggior difetto che un'adolescente come lei potesse mai avere.
Ultimamente, poi, anche i suoi voti calavano. E come poteva concentrarsi nello
studio, con quelle due piaghe dei fratelli Nishikado che le rendevano la vita
impossibile? I genitori di quei due erano potenti, potevano comprare tutto, e
non per nulla avevano tentato persino di farla espellere dall'istituto. Quella
volta se l'era cavata per il rotto della cuffia. Ma ora era giunta al limite di
sopportazione, presto sarebbe crollata.
Fece per raggiungere le amiche nel cortile della
scuola, ma poco prima, fermò i suoi passi e alzo lo sguardo al cielo. Era di un
turchese splendido, anche se macchiato di qualche nuvola bianca. La brezza era
piacevolmente fresca, rinfrescava il clima un po' torrido della giornata. Si
guardò intorno sospirando. Si sentiva cadere in un buco nero, ed era veramente
una situazione sgradevole. Riprese a camminare sotto le urla civettanti di
Nanako e Yuko, raggiungendole in pochi passi.
- E tu Rumiko che ne pensi? So che non sei
particolarmente interessata agli uomini ma... dai...
- ... è veramente un grande figo! -, concluse
Yuko indicando un ragazzo contornato da uno stormo di ragazzine strillanti.
Rumiko guardò il ragazzo e fu presa da uno
spiacevole senso di nausea.
- E' l'essere più disgustoso che io abbia mai
visto!-, rispose algida. Si sedette accanto a Nanako e non aprì neanche il suo
obento. Si limitò a continuare ad osservare il ragazzo. Le sue amiche non
potevano sapere ciò che Daisuke e Daiki Nishikado le avevano combinato, più di
una volta. Non voleva la loro compassione, non voleva la compassione di
nessuno. Ravviò i capelli corvini con una mano, portandoli dietro le spalle.
Erano lunghi poco oltre le scapole, liscissimi, quasi spaghetti, e di un nero
lucente, scintillante. I suoi occhi azzurro ghiaccio, un po' nascosti dalla
montatura degli occhiali, si soffermarono ancora un po' sul ragazzo, ma quando
incontrò gli occhi di lui si voltò da un'altra parte, rovesciando il suo obento
che si aprì, lasciando cadere il suo contenuto sull'erba umida. "Che razza
di giornataccia...", pensò mentre ripuliva. Poco male, non aveva nemmeno
fame. Yuko e Nanako si guardarono preoccupate. Erano sicure che Rumiko
nascondesse loro qualcosa.
***
Si fermò ansimante per la sfrenata corsa.
Finalmente era arrivata. Questa volta se l'era svignata da scuola per un
soffio, l'avevano quasi scoperta, ma fortunatamente grazie alle sue tecniche
segrete l'aveva scampata di nuovo. Sistemò meglio la chitarra sulla spalla e
prese a camminare normalmente. Guardò estasiata quel piccolo bar malandato. Era
la loro salvezza, sua e del suo gruppo. L'anziano proprietario concedeva loro
di suonare liberamente negli orari di apertura e, in cambio, qualche serata
intrattenevano il pubblico con qualche concerto. Da giovane, raccontava sempre
Asano, era uno dei capi di uno dei più famosi gruppi punk del momento. Non
erano solo un gruppo nel contesto musicale, ma erano una banda vera e propria
e, per questo, li sosteneva più che volentieri. Si infilò velocemente nei bagni
del locale e levò la divisa per indossare dei vestiti più comodi. Ovviamente lo
stile stava nei pantaloni a vita estremamente bassa e neri, maglia piuttosto
stracciata nera anch'essa. Il tutto contornato da borchie qua e là, come
bracciale o cintura, o anche direttamente sugli abiti.
Sciolse i lunghi capelli azzurri, arricchiti da
meches blu metallizzato, che ormai le arrivavano fino a metà schiena. Aveva
deciso di tingerli per mettere in risalto il suo stile ribelle, facendo anche
una leggera permanente per renderli mossi. Lasciava solo la frangetta scalata
liscia. Calcò incredibilmente la matita nera intorno agli occhi, mettendo in
risalto il colore verde smeraldo dei suoi occhi e colorò le labbra leggermente
con un rossetto marrone. Osservò la quantità incredibile di orecchini che aveva
alle orecchie e sorrise compiaciuta.
Ripose disordinatamente la divisa del suo liceo,
l'istituto superiore Hayabusa, che era una scuola per figli di papà, di norma
inaccessibile a teppistelli quale era lei. Ma Ritsuko non se ne faceva un
problema. Era in quella scuola grazie alle possibilità finanziarie del padre,
ricco imprenditore, e se ne fregava se lui pagava per la sua istruzione. Lei
preferiva svignarsela e correre incontro al suo sogno: diventare una grande musicista.
Il padre era contro questo suo sogno, ma lei ci rideva su, e non rispettava
nemmeno le punizioni che puntualmente le infliggeva. Semplicemente scappava.
Era una vita che scappava. Aveva avuto piccoli problemini con la legge, ma suo
padre aveva messo tutto a tacere sganciando enormi somme di denaro. A scuola
andava piuttosto bene, nonostante non aprisse mai i libri... si riteneva una
persona decisamente intelligente! Ma a lei della scuola non gliene importava un
tubo. La musica era tutto ciò che contava nella sua vita. E le andava bene così, non voleva cambiare. Uscì dal bagno
raggiungendo il localino sul retro del bar, dove di consueto provavano. Salutò
con un cenno della mano il batterista del suo gruppo, l'unico già presente. Era
un ragazzo piuttosto semplice, anche lui amante del nero. Aveva degli stupendi
occhi nocciola con il tipico taglio orientale, ma più grandi. I capelli erano
tenuti medio-lunghi in un taglio scalato ed erano logicamente tinti o, per
meglio dire, ossigenati. Era l'unica ragazza nel gruppo, ma ciò non la faceva
sentire a disagio, anzi. Si sentiva meglio con gli esseri maschili che con
quelli femminili, troppe chiacchiere al vento e troppe pugnalate alle spalle,
pensava lei. Subito dopo di lei entrò Nobu, il secondo chitarrista. Si alzò di
scatto saltandogli letteralmente in braccio, ottima scusa per rubargli ogni
volta la lattina di birra dalle mani. Nobu ormai ci aveva fatto l'abitudine e
ogni volta si rassegnava a portarsi il doppio della sua normale razione di
alcool.Ecco, se vogliamo trovare un
altro difetto in Ritsuko, nominata affettuosamente Roxy dagli altri membridel gruppo, era la bionda. Ne beveva a fiumi,
letteralmente. Non era mai stata male per la birra, questo no, ma non si
limitava di certo al mezzo a serata.
Dopo qualche minuto arrivò Akito, affettuosamente
rinominato Akki da Ritsuko. Akki era il leader indiscusso della band. Alto,
capelli ed occhi dello stesso colore della pece e un sorriso da urlo. Lui aveva
un successo incredibile tra le ragazze che frequentavano il locale, cosa che
faceva irritare non poco il povero Nobu, un ragazzo dolce e ingenuo, troppo
sempliciotto per farsi le ragazze, ma troppo poco per non desiderare di
farsele. I due ragazzi erano agli antipodi, ma Roxy non ci badava. Lei li
considerava come fratelli, voleva loro un bene immenso, e suo padre poteva dire
ciò che voleva sul loro conto, per lei erano la sua VERA famiglia.
Con loro rideva, scherzava, condivideva dei
sogni... quando aveva bisogno, insomma, loro c'erano sempre. Stava bene quando
era con loro, punto. In fin dei conti come poteva considerare reale la sua
famiglia di sangue? Era figlia unica, suo padre, ricco uomo d'affari, passava
praticamente la vita in ufficio e, se lo sentiva, era solamente tramite la
segretaria o qualche colpo di telefono quando faceva qualche marachella più
grave. Sua madre... beh, lei ormai non c'era più. Era morta, anche se non
fisicamente, ma morta per lei. Quando aveva tre anni aveva deciso di andarsene
di casa, senza avere nemmeno più la decenza di chiamarla una sola volta. Non
sapeva dov'era e nemmeno le interessava. Bella madre, vero? Stupenda, proprio
quella che tutti desiderano, per non parlare del padre. La sua vita escludendo
il gruppo, insomma, era una vera piaga.
***
La pioggia continuava a cadere incessantemente, ma
Rumiko non si degnò nemmeno di aprire l'ombrello, era troppo, troppo stanca per
mantenerlo. Continuò a camminare tenendo il volto puntato in alto, gli occhi al
cielo. Dei lampi attraversarono il grigio delle nuvole, seguiti da un
fragoroso, assordante rimbombo. Non sussultò nemmeno. Era troppo presa dai suoi
pensieri. Pensava che appena arrivata a casa avrebbe preparato la cena, cenato
da sola perché la madre lavorava fino a tardi per portare a casa quei quattro
soldi per mantenerla in un istituto esclusivo come l'Hayabusa, poi avrebbe studiato fino a mezzanotte passata e poi sarebbe
andata a dormire. E le giornate si ripetevano. Tutte
con lo stesso ritmo. Tutte con le stesse sfumature... sfumature cupe, sfumature
grigiastre, sfumature tristi della vita di una ragazzina cresciuta troppo in
fretta, il cui sogno di diventare avvocato era
offuscato ogni giorno di più dal desiderio impellente che provava da ormai
molti mesi. Il desiderio di scomparire dalla faccia della terra.
Arrivò davanti al suo condominio, fece un
distratto segno di saluto all'anziana, bisbetica portiera, e salì le scale,
fino al sesto piano dove c'era il monolocale in cui vivevano lei e sua madre,
da sole, da ormai un anno. Sua madre aveva perso il lavoro di segretaria di un
noto industriale, e tiravano avanti con i rari lavoretti part-time che riusciva a trovare. Inserì la chiave nella serratura e
spalancò la porta. Entrò e non si degnò nemmeno di richiuderla. Semplicemente
si lasciò cadere sulla poltrona all'ingresso, senza preoccuparsi minimamente
della porta ancora aperta. "Tanto...", pensò, "... qui non c'è
niente da rubare... che entrino pure...". Una
lacrima le rigò il volto prima di infrangersi sul
pavimento.
***
- Roxy che hai???-,
sbraitò Nobu. - Stai sbagliando tutto. Che ti prende?
- Mh? Macosaaaaaaaaaaa? Stavo solamente
provando un nuovo pezzo! Non senti che sto cantando parole differenti?
Yamato, il batterista, si schiaffò una mano in fronte.
OK, era ubriaca fradicia, iniziavano bene. Nemmeno trenta
minuti che provavano e Roxy era già completamente fuori. Akito posò il
basso e guardò attentamente la ragazza.
- No, non dire nulla! -, cantilenò lei, -
Scherzavo, scherzavo sono sobria! Non vado fuori per
così poco ma, non so, oggi ho una strana sensazione addosso, non riesco a
concentrarmi!
- Si... presentimenti... magari é la tua gemella
segreta che sta per morire e tu senti che devi fare qualcosa per salvarla,
anche se non sai nemmeno che lei esiste!-, ridacchiò Nobu, beccandosi in risposta un microfono in testa da parte della ragazza.
- Taci, é meglio... -, lo riprese Yamato,
glaciale. Akki scosse il capo, rassegnato. Forse era meglio rinunciare alle
prove.
- Roxy... -, decise di cambiare discorso, -...
stavo pensando che forse dovremmo cambiare orari delle prove... ok per Nobu,
lui è un analfabeta e non prenderà mai il diploma... ("CHE COSA?!?!",
urlò Nobu)... ma non credo che a te faccia bene... tutte queste assenze... tuo
padre poi se scopre che hai ripreso a marinare le lezioni...
Yamato e Nobu si guardarono. Forse Akito aveva
ragione. Tuttavia aveva scelto il momento sbagliato
per parlarne. Ritsuko era già incavolata per i fatti suoi ,
parlare del padre in quel momento era come rigirare il coltello nella piaga,
ancora, ancora e ancora, fino allo sfinimento.
- No, vanno benissimo questi. - rispose lei
gelida riprendendosi il microfono e cominciando a canticchiare una canzoncina
che intonava sempre per calmare i bollenti spiriti.
Akito e Nobu si guardarono preoccupati, ricevendo
un segno di consenso anche da Yamato che si alzò dal suo sgabello e, infilate
le bacchette in una delle tasche posteriori dei Jeans,
salutò Nobu e Akki con una pacca sulla spalla e Roxy, che per poco non lanciò
il microfono in testa pure a lui, con un bacio sulla guancia. Fece appena in
tempo a chiudere la porta che un tonfo sordo rimbombò per la stanza.
- YAMATO SEI UN CRETINO! -, urlò la ragazza
tremando di rabbia.
Recuperò la chitarra e iniziò a suonare un
qualche assolo estremamente veloce. Beh, pensarono gli
altri due, almeno quella volta aveva deciso di usare
la chitarra per sfogarsi e non il loro povero corpo.
- Hai proprio deciso di farti bocciare?-, chiese
Akito, tenendosi pronto per scappare.
- E tu hai proprio deciso
di farti ammazzare da lei?-, lo guardò accigliato Nobu, scuotendo la testa.
- Sta' zitto, cretino. Rispondi Ritsuko!!! Perché vuoi farti bocciare? E'
l'ultimo anno di liceo, dopodiché sarai libera... fai un minimo sforzo,
per la miseria. Nobu non si diploma perché è un caso disperato... ma io sto per
laurearmi e Yamato lo é da un pezzo, ma come vedi riusciamo a dedicarci comunque alla musica. Dovresti impegnarti un po' di più. Hai
diciannove anni suonati, ma ti comporti come una bimba delle elementari...
- Senti, evita di scassarmi le palle, mi sono
proprio rotta. -, rispose scocciata la ragazza iniziando a raccogliere le sue
cose, tentando di mandare giù il nodo in gola. - Sono cavoli miei quello che
faccio, non ti deve riguardare.
Akito fece per mollarle un ceffone, ma fu fermato
in tempo da Nobu. Roxy, i cui occhi erano ridotti a due fessure per la rabbia,
lo guardò con disgusto ed uscì di corsa dal locale.
- Bella mossa boss... ma che cavolo ti è preso?
Non ti è mai saltato per la mente di alzare le mani su di lei! Datti una
calmata per la miseria! Capisco che sei preoccupato per il suo avvenire, ma
stai esagerando!
Akito si divincolò facilmente dalla presa di Nobu,
facendolo cadere all'indietro, e uscì velocemente dalla sala, raggiungendola e
bloccandola. Nobu li raggiunse.
- Bene. Vorrà dire che finché la signorina non
andrà a scuola almeno un mese tutto di fila, potrà scordarsi di rimanere
vocalist ufficiale della band, siamo intesi?
Roxy sentì le lacrime pungerle gli occhi. No, quello
non poteva farlo. Era stata lei a mettere su il gruppo e se non poteva né
cantare né suonare la sua vita non aveva alcun senso.
- Sei proprio uno stronzo... -, disse in un
soffio.
***
Il contenuto della padella era
ormai cotto al punto giusto, così Rumiko spense il fuoco e prese due
piatti. Si sentiva debole e una bella fetta di carne era
proprio quello che ci voleva. Da quant'era che non mangiava carne? Non
lo ricordava precisamente, ma era molto. Lei e sua madre, Azuki Kashiwagi, non
potevano permettersi granché, così preferivano andare avanti a riso e zuppe. Ma
qualche giorno prima sua madre aveva avuto una piccola gratifica, con 3.000yen di aumento sullo stipendio del suo ultimo lavoro, quello di
commessa, così avevano deciso di permettersi questo piccolo lusso.
La tavola era apparecchiata, tutto già pronto,
quando squillò il telefono.
- Pronto?-, rispose la ragazza.
"Rumiko, tesoro, sono la mamma."
- Mamma, é successo qualcosa?-, sapeva che era
successo qualcosa, non sapeva cosa, ma era ovvio che la madre l'aveva chiamata
per avvisarla che sarebbe tornata tardi, di non aspettarla per cenare.
"Mi dispiace Rumi, ma il lavoro è tanto, sai
gli sconti di stagione... mi tratterrò in negozio ancora un po'... per cui non aspettarmi per cena, ok?". Rumiko annuì.
"Hai già preparato la cena tesoro?" -
Rumiko scosse la testa, dimenticandosi di rispondere a parole, -
"Oh, scusami tanto, avrei dovuto avvertirti prima, che sciocca
che sono... scusami... Tienimela in caldo, la mangerò quando torno! Grazie
mille!"
Salutò la figlia e pose fine
alla conversazione. Rumiko rimase lì ferma qualche minuto
con la cornetta in mano, non era riuscita nemmeno a spiaccicare una misera
parola. Ripose il telefono sulla base e si diresse in camera sua, lasciandosi
sprofondare nel materasso. Era stanca, non aveva
nemmeno fame. Ultimamente l'unica cosa che faceva volentieri era dormire, sì
dormire, perché era l'unico momento in cui non viveva. Si sentiva come morta ed
era ciò che voleva, piuttosto che continuare la sua vita apatica.
Stava ormai tra le braccia di Morfeo, quando un
tonfo sordo contro la porta d'ingresso la svegliò. Si
alzò e uscì dalia sua stanza. Perché non avevano usato
il campanello? Forse era guasto di nuovo...
- Si, chi é?-, chiese tenendo una mano sulla
piccola catenasopra la maniglia. Non
ricevendo risposta aprì di qualche centimetro la porta, senza però togliere il
fermo.
- Nishi... Nishikado... cosa ci fai
qui?-, con orrore indietreggiò di qualche passo, senza nemmeno chiudere la
porta, permettendo ad una mano del ragazzo di togliere la catena ed aprire la
porta.
- Esci subito di qui. Nishikado!
Era Daiki Nishikado, il maggiore dei fratelli
diabolici. Ma come aveva fatto a sapere il suo
indirizzo? Tra l'altro era anche quello che la tartassava di meno, dato che
frequentava l'università, sempre all'istituto Hayabusa, ma nell'edificio
affianco, così che non lo vedeva spesso. Forse era venuto per fargliela pagare
del loro ultimo incontro, quando lei era riuscita a scappargli dandogli un
calcio ben assestato dove non batte il sole. Rumiko inorridì quando, allungando
il collo, vide anche il fratello Daisuke, appoggiato alla ringhiera delle
scale.
Il ragazzo si avvicinò a lei, sorridendo
malizioso.
- Oh, sei tutta sola? Noi siamo
venuti a trovarti, non è vero Daiki? Eravamo ansiosi di rivederti!
La ragazza indietreggiò ancora, finché il muro le
fece da ostacolo. Si fece piccola, piccola e pregò in cuor suo perché qualcuno
l'aiutasse.
- Ragazzi... vi prego...
non vi ho fatto niente... e comunque... potrei denunciarvi per violazione di
domicilio!-, tentò di sembrare il più calma possibile.
Daiki sorrise. - Oh, ma noi non abbiamo fatto
niente di male... siamo passati per un salutino. Vedi... ci
stai dando così tanti problemi. Tu e il tuo dannato consiglio
d'istituto. Se non fosse stato per nostro padre, Daisuke sarebbe già stato
bocciato... e a noi questo non piace, dato che Daisuke
é stato bocciato già l'anno scorso, a causa della qui presente signorina.-,
spiegò pacato, avanzando verso la ragazza.
La ragazza deglutì. Non era stata solamente sua
la colpa della bocciatura di Daisuke, se lui era un asino lei che poteva farci?
Il consiglio d'istituto aveva deciso così, con il consenso di tutti i membri,
lei aveva solamente dato l'annuncio, non ne era la
diretta colpevole.
- Sai tesoro... -, cominciò Daisuke, - Non mi
piace ripetere l'anno solo perché una sciaquetta come te
ha deciso di rovinarmi la vita!
Si avvicinò alla ragazza e le alzò il viso,
prendendola per il mento.
- Sei pure brutta
conciata così, ma non hai un minimo orgoglio personale? -, le tolse gli
occhiali, mentre la ragazza tremava come una foglia, - Ah ecco, ora va decisamente meglio non trovi? Oh, hai gli occhi azzurri,
sono belli sai? È peccato nasconderli dietro a quei
fondi di bottiglia!
Daiki richiamò il fratello. Possibile che dovesse
fare il cascamorto con tutte le ragazze? E poi perché
proprio con Rumiko Matsumoto? Poi d'un tratto un
pensiero gli balenò per la mente. Ma certo! Suo
fratello era un genio, stava proprio colpendo il punto
debole della ragazza. I sentimenti. Soprattutto le attenzioni ricevute da un
ragazzo, visto che era conosciuta anche come la
santarellina di turno. Daisuke, infatti, fece scivolare una mano lungo la
schiena della ragazza, provocandole un brivido.
- Sai, forse potremmo
anche diventare amici, un giorno... ovviamente, però, dovrai evitare di
mettermi i bastoni tra le ruote, intesi? -, si piegò leggermente sfiorando le
sue labbra con quelle di Rumiko, che ancora non aveva spiaccicato una parola, -
Considerarlo come un gesto per assicurare che il nostro patto non venga spezzato... Noi ti lasceremo in pace e tu eviterai di
farmi perdere l'anno. Ok? Bene, siamo d'accordo!
Alcune lacrime bagnarono il volto della ragazza,
che tremava come una foglia. Non poteva dargliela vinta, ma dopotutto lei non
era nessuno per poterli contrastare. L'avrebbero perseguitata
sempre, lo sapeva bene. Patto o meno, non l'avrebbero lasciata in pace comunque.
Si udì un rumore fuori dalla
porta, qualcuno stava salendo le scale velocemente. Una ragazza dai lunghi
capelli azzurri passò davanti alla porta senza fermarsi, ma poi tornò indietro
e guardò la scena, chiedendo cosa stesse succedendo.
Rumiko lanciò uno sguardo d'aiuto verso l'ultima arrivata. Era Ritsuko
Matsumoto, la sua vicina di casa, una ragazza estroversa e un po' teppista,
figlia del famoso imprenditore Seiya Matsumoto. Abitava da qualche settimana
nel monolocale accanto al suo, e da quel che si diceva in giro era scappata di
casa perché il padre non voleva farla suonare. Beh, a Rumiko non interessava
chi fosse o cosa cavolo facesse. In quel momento
sperava solo che l'aiutasse.
- Oh... Daisuke... ma questa
tizia con i capelli turchesi non é mica una tua compagna di classe?-, chiese
Daiki, curioso.
- Sì, purtroppo questa tizia è in classe con me...
-, rispose Daisuke con una smorfia.
La ragazza si avvicinò ai due con fare minaccioso
e un'espressione imbronciata dipinta sul volto.
- Questa tizia avrebbe anche un nome... -, fece
notare Ritsuko ai due, ormai irritata. Lanciò uno sguardo al campanello
dell'abitazione.
"Ah, giusto, si chiama Rumiko... che memoria
del cavolo che mi ritrovo."
- Non credo che Rumiko vi abbia gentilmente
invitato da lei o sbaglio? Levate le tende da qui, io vorrei andare a dormire,
non ho nessuna intenzione di sentire i vostri grugniti
fino nel mio appartamento!
- Sta' zitta e non impicciarti, piccola idiota...
questi non sono affari tuoi.
La ragazza dagli occhi verdi strinse i pugni.
- Ohhh... guarda
Daisuke, la signorina si sta incavolando... ora chiamerà il suo papino... beh,
peccato che nostro padre sia anche più importante del
suo e non ci possa fare niente.
Rumiko strinse gli occhi per non assistere alla
scena: Ritsuko si era avventata su Daiki e gli aveva rotto il naso con un
pugno, ora grondante di sangue.
- MA SEI PAZZA?!
"Mai mettersi contro una ragazza che ha
praticato arti marziali...", pensò Rumiko, ricordandosi di non andare mai
contro Ritsuko Matsumoto. "Che buffo... anche io mi chiamo
Matsumoto... mio padre si chiamava così.”
Si ritrovò malinconicamente a
pensare a suo padre, le dispiaceva essere rimasta solo con la mamma.
Ritsuko fulminò Daiki con lo sguardo, per poi
passare a Daisuke.
- Cambiate aria o preferisci trovarti con qualche
arto in meno anche tu?
Daisuke scosse il capo. Quella ragazzina si
credeva forte. Bene, avrebbe avuto pane per i suoi denti. Porse una mano al
fratello, aiutandolo a rialzarsi e se ne andarono,
senza dire nulla. Rumiko si lasciò scivolare lungo il muro, inginocchiandosi a
terra.
- G... grazie Matsumoto... grazie... -, disse
solo, prima di scoppiare in un pianto liberatorio.
Posò il vassoio sul tavolino, con due tazze
fumanti, riempite fino all'orlo di cioccolata calda. Si sedette sulla poltrona
di fronte al divano su cui era seduta la sua strana vicina di casa, Ritsuko
Matsumoto.
Rumiko si sentiva un po' in soggezione con lei, ma
l'aveva invitata ad entrare per ringraziarla dell'aiuto. Sapeva che quella
ragazza dai capelli azzurrini viveva da sola, magari un po' di compagnia non le
avrebbe fatto male. Anche se,
pensandoci bene, Rumiko non si considerava granché come compagnia.
- Prego... -, disse la moretta prendendo una tazza
e porgendola all'altra.
Ritsuko la guardò un paio di secondi, esitante. Perché quella tizia l'aveva invitata ad accomodarsi? Beh,
poco male, stava giusto gelando dal freddo e una tazzona di cioccolata calda,
bevuta accanto al caminetto acceso, era proprio ciò che ci voleva per asciugare
i suoi abiti, tanto inzuppati da aver fatto penetrare l'acqua fin dentro le
ossa. Si appuntò un piccolo promemoria mentalmente: mai dimenticarsi
l'ombrello, anche se la mattina quando esci di casa c'è un sole che spacca le
pietre.
- Grazie. -, bofonchiò iniziando a sorseggiare il
contenuto della tazza, senza levare lo sguardo di dosso a Rumiko. Lei sembrava
altamente a disagio, forse per la sua insistenza nell'osservarla. Le cadde,
infatti, la tazza di mano, che andò in frantumi rovesciando la cioccolata sul
pavimento. Rumiko emise un lamento contrariato e si scusò con lei, iniziando a
raccogliere i cocci. La ragazza dai capelli azzurrini, di malavoglia, si chinò
per aiutarla, in fin dei conti glielo doveva, quando si lasciò sfuggire una domanda.
- Non che siano affari miei, ma cosa volevano da
te quei due? Se sai che ti perseguitano, dovresti
evitare di aprir loro la porta...
Rumiko si bloccò nel movimento di raccogliere un
coccio, e rimase immobile parecchi secondi, prima di parlare.
- E' stato un incidente... loro sono entrati senza
che potessi fermarli, mi hanno presa alla sprovvista... I Nishikado mi
perseguitano da quando ho esposto al consiglio degli studenti la situazione
drammatica dei voti d e della condotta del più piccolo, Daisuke, facendolo così
bocciare. Il padre venne a saperlo troppo tardi della decisione dei professori
e non poté fermarli... ora Daisuke e suo fratello Daiki, che frequenta
l'università nell'edificio accanto al nostro, ce l'hanno
con me e... beh credo proprio che non mi lasceranno in pace finché non si
stancheranno... loro sono cattivi... sono diabolici... e mi odiano... Non é una
gran cosa essere odiata da quei due, sono i figli del più grande beneficiario
della nostra scuola, ogni anno devolve milioni di yen in favore dell'istituto
Hayabusa, dalla scuola materna all'università. Non ho scampo... Se per caso
tentassi di ribellarmi mi farebbero espellere... mia madre fa tanti sacrifici
per mantenermi in quella scuola... non posso darle
questa delusione.
- Ah... -, emise semplicemente Ritsuko.
Era decisamente una
brutta situazione, nei suoi panni avrebbe sicuramente anche lei reagito come
Rumiko, facendo bocciare quell'asino di Daisuke, se
lo meritava proprio. Il problemaera averli contro, ora, per una ragazza come lei era
sicuramente una situazione insopportabile. Roxy sapeva affrontare quei due,
come prima aveva dimostrato, ma Rumiko sicuramente ne soffriva in un modo
impressionante. Ritsuko sembrò rimuginare per qualche minuto, quando fu colta
da un'illuminazione.
- Ma certo! -, esclamò
entusiasta, - Senti, dato che tu vieni nella mia
scuola e io sono obbligata a frequentarla almeno per un mese tutti i giorni,
posso farti da guardia del corpo per un po' di tempo! Almeno evito di annoiarmi
in assoluto e posso contare sul tuo aiuto per passare l'anno scolastico, come
ringraziamento! Sono o non sono un geniaccio assurdo?!
Rumiko sgranò gli occhi.
- Gu... guardia del
corpo?!-, squittì tremante. Lei, povera in canna, avere una guardia del corpo
importante come Ritsuko Matsumoto? Ma era... era
semplicemente...
- Assurdo!-, esclamò portandosi una mano sulle
labbra. Ritsuko sorrise, facendo segno di vittoria. Quel sorrisino non
prometteva nulla di buono.
***
Il giorno dopo, come promesso, Ritsuko non si
scollò da Rumiko neanche un momento, provocando degli spasmi involontari a
Daisuke Matsumoto, che più e vedeva gironzolare insieme della scuola, più
sentiva il desiderio di schiacciarle come insetti.
- QUANTO LE ODIO! - urlò Daisuke, mentre tornava
a casa assieme al fratello in limousine.
Strinse convulsamente i pugni, dando un calcio
alla portiera della lussuosa macchina.
- Si può sapere che cavolo si è messa a fare quel
confetto ambulante?! Vorrei proprio saperlo! Perché
cavolo si è messa dalla parte di quella pezzente?! Che
cosa ci guadagna, mi chiedo! Se voleva rompermi le uova nel paniere
ci è proprio riuscita, dannata! Giuro che non la passerà liscia, però! Lo giuro
sul mio onore!
Daiki, che fino a quel momento aveva ascoltato
distrattamente, guardando fuori dal finestrino, si
girò verso il fratello.
- Questa tua ossessione per Rumiko Matsumoto mi da da pensare... tu sei malato! E'
un attaccamento morboso. Ma sei sicuro tu la segua
solo perché ti ha fatto bocciare? Secondo me c'è
dell'altro... magari ti rode ancora che quando lei stava in prima media e tu in
terza, rifiutò di partecipare alla festa di Natale con te?-, chiese senza
pensarci troppo. Dall'espressione del fratello doveva aver toccato un nervo
scoperto. "Lo immaginavo...", pensò ridacchiando sotto i baffi.
Daisuke tirò un calcio al fratello, tentando di
tornare del suo colorito naturale.
- Piantala di dire cazzate Daiki! Sei proprio un'idiota! Sai cosa mi può
importare di quel mostro di Rumiko! Una volta poteva essere anche un poco carina, ma l'hai vista ora? È veramente oscena! Ti pare, poi, io mi abbassi a farmi piacere una di classe
sociale così bassa?! Semplicemente non posso accettare che ora si sia pure
presa quella cretina di Matsumoto due la vendetta come guardia del corpo!
Voltò lo sguardo verso il finestrino, senza
realmente guardare le immagini che gli scorrevano davanti agli occhi.Gli rodeva, sicuro. Quella dannata di Rumiko
lo aveva respinto come se nulla fosse, come se lui fosse uno
comune, come se fosse un mostro!
Daiki sospirò, massaggiandosi il punto dolente
dove l'aveva colpito il fratello. "E va bene,
Daisuke. So mantenere un segreto, io!".
***
Rumiko e Ritsuko erano nell'immensa biblioteca
della sezione universitaria. La mora stava tentando di far capire alla sua
"guardia del corpo" i concetti base di geometria analitica. Trovò
piacevole insegnare la matematica a quella ragazza, era molto intelligente e
capiva tutto al volo. Continuando a studiare con quel ritmo avrebbe recuperato
tutto entro la fine dell'anno, e sarebbe passata senza alcuna
insufficienza.
Ritsuko si stiracchiò un pochetto,
sbadigliando rumorosamente. Poggiò la testa sul libro e inizio a fingere di
russare. Rumiko ridacchiò e le diede un leggero colpetto sulla testa,
richiamando la sua attenzione.
- Edaiiiiii...
siamo qui da almeno due ore! La matematica è veramente noiosa... non la sopporto... ho voglia di suonaaaaaaaaaaaare...
di cantaaaaare... ho voglia di vivere!
- In giro si dice che fai parte di una band, è
vero?-, chiese incuriosita, accettando la
"proposta" di fare una piccola pausa. Erano le 18.00 e lei non aveva
intenzione di andarsene dalla biblioteca finché Ritsuko non avesse appreso
tutti i concetti base dell'ellisse e dell'iperbole.
- Sì, è verissimo! -, i suoi occhi si illuminarono, - Praticamente è la mia famiglia, il mio
gruppo! Dunque... c’èNobu, il
chitarrista, poi c'è Yamato, il nostro batterista, c'è quell'antipatico
di Akito, soprannominato Akki, bassista
e leader del gruppo e poi... e poi ci sono io! Seconda chitarrista e vocalist!
Proviamo tutti i giorni in un bar piuttosto sgangherato, che è gestito da
Asano, un vecchietto troppo forte! Ci sostiene sempre perché anche lui era un
punk, quando era giovane. Oltre ad avere una band musicale l'aveva proprio
nell'ambito della vita! Erano i ribelli della città! Proviamo in cambio di
qualche concerto nei week-end!
Abbassò lo sguardo, prendendo un'aria piuttosto
malinconica. Si passò una mano fra i capelli, levandoli dal viso e riponendoli
dietro la schiena.
- Purtroppo Akki ha deciso di rompermi le
scatole... ha detto che se non frequento la scuola per almeno un mese e non
passo l'anno non mi permette più di suonare con loro... e pensare che sono stata
io a mettere su il gruppo... -, il suo sguardo si addolcì, - Ma in realtà so
che non lo farebbe mai, vuole solo spronarmi a fare del mio meglio per prendere
il diploma, così dopo sono libera di suonare con loro ed intraprendere la
carriera di musicista con una garanzia nel caso ci dimostrassimo
dei totali fallimenti! -, rise.
Rumiko la guardò spaesata. Le dispiaceva
ammetterlo, ma la invidiava. Non andava d'accordo con suo padre, ok, ma in ogni
caso finanziariamente l'avrebbe sicuramente sempre
sostenuta. Anche se con lui, a quanto si diceva,
riusciva solo a litigare, aveva degli amici che la sostenevano e l'aiutavano ad
andare avanti nella vita. Rumiko aveva sua madre, era
vero. Ma non era un vera figura nella sua vita, non la
vedeva mai, non le parlava mai, praticamente era solamente la sua tutrice che
si preoccupava di mantenerla. Le voleva bene, questo sì, come lei ne voleva a
sua madre, ma ciò di cui aveva bisogno non erano i soldi per la migliore
istruzione, ma tanto, tanto affetto.
Rumiko sorrise.
- Sei proprio fortunata...-,
sussurrò, senza farsi sentire. Poi riprese a parlare con un normale tono di
voce. - Che ne dici di chiudere matematica e passare a
qualcosa di più interessante? Che so... Scienze per
esempio?-, il suo volto si illuminò. Rumiko adorava biologia, chimica,
geologia, geografia astronomica e tutto ciò che faceva parte della sua materia
preferita, appunto Scienze. A quanto pareva, però, Ritsuko non era altrettanto
entusiasta. Avrebbe preferito continuare ad ingarbugliarsi tra parabole e
circonferenze, piuttosto che studiare quella materia soporifera e nauseante.
- Noooooooo, ti prego!
-, piagnucolò Ritsuko guardando l'orologio che portava al polso, - Che ne dici
se invece vieni a vedere le nostre prove? Fra mezz’oretta iniziamo!
Fece un grande sorriso
all'amica, quasi implorandola di smettere per un po' di studiare.
Rumiko posò la matita che aveva tra le mani e
guardò l'orologio. Erano appena le 18.05pm.
- Non se ne parla. Chiamali e dici che andrai più
tardi, tu resti qui a studiare fino alle 20.00.-, Ritsuko stava
per obiettare, ma Rumiko l'anticipò, -... E NIENTE MA! Mi sono presa la
responsabilità di farti passare l'anno, per cuistarai a quello che dico.-, sentenziò senza ammettere
nessuna alternativa. Era la prima volta che Ritsuko la vedeva così decisa, e le
fece un po' impressione. Da dove le veniva fuori tutta quella
grinta? Perché non l'aveva cacciata fuori anche contro
i diabolici fratelli Nishikado?
- Rumiko dai, ho le prove! Per
oggi ho imparato talmente tanto che posso essere felice per il resto della mia
vita! -, decise di metterla alla prova, per vedere se riusciva a sostenere la
sua tesi. - Capisco passare l'anno scolastico, ma fin dal primo giorno studiare
tanto... può compromettere la mia salute mentale!
Rumiko le guardò un paio di secondi, poi riprese a scrivere
le tracce di alcuni problemi che la sua allieva
avrebbe dovuto svolgere a casa.
- Credo non ci sia niente da
compromettere... la tua salute mentale è già abbastanza compromessa...
Ritsuko scosse la testa esasperata. La picchiò
una qualche volta contro il tavolo della biblioteca e rialzò lo sguardo su
Rumiko, con in più un bel bernoccolo sulla fronte.
- Sei crudele... uffa... ma qualche volta pensi a
qualcosa che non sia lo studio?
Rumiko inarcò le sopracciglia. - OVVIO CHE Sì!
Faccio volontariato da quando avevo quattordici anni! Tsk...-,
esclamò come fosse la cosa più naturale del mondo.
Roxy per poco non cadde dalla sedia. A suo parere
Rumiko aveva qualche problema, se fare volontariato lo riteneva un hobby!
Raccattò in fretta e furia le sue cose e mise via anche quelle di Rumiko che la
guardava stralunata. Prese a correre per la
biblioteca, tenendo per mano l'amica, ed ignorò i richiami della bibliotecaria
e della povera vittima che aveva un fiatone assurdo, non essendo abituata allo
sport.
- RITSUKO LASCIAMI DEVO ANCORA FINIRE DI
ASSEGNARTI I COMPITI!!! E DEVO COMPILARE L'AGENDA DEL
CONSIGLIO D'ISTITUTO CON L'ATTUALE NUMERO DI PUNIZIONI E SOSPENSIONI!!!-, disse
tutto d'un fiato, gridando a squarciagola. Ritsuko la ignorò e la trascinò
fuori la scuola. Si fermarono davanti una moto, una bellissima moto. Ritsuko vi
salì e fece segnò all'amica di saltare in sella, dietro di lei.
- Fossi matta! Il 75% di incidenti stradali a giovani sotto i 18 anni é provocato
appunto da...
Ritsuko le tappò la bocca e la fece salire di
forza. Le infilò il casco poco delicatamente e partì come un razzo, lasciando
appena il tempo alla povera moretta di aggrapparsi con tutte le sue forze e
prendere fiato per urlare dalla paura lungo tutto il
tragitto.
***
- Allora siamo d'accordo? -,
Daisuke sorrise beffardo, passando una busta bella piena ad un ragazzo
piuttosto losco. - Mi raccomando, però, devi
solo spaventarle, non devi far loro nulla di male!
Il ragazzo sospetto, i cui capelli erano sparati
in aria da un quintale di gel e tinti di un verde acido, spruzzati qui e lì da
meches rosse, blu e gialle, sorrise, e annuì con il capo, facendo segno ai
Nishikado di non preoccuparsi. Daiki dal canto suo si preoccupava, eccome. L'idea
del fratello lo rendeva inquieto. Se li avessero
scoperti, difficilmente il padre sarebbe riuscito a far tacere lo scandalo.
- Perfetto! -, annuì entusiasta Daisuke, che non
vedeva l'ora di attuare il suo piano.
E non immaginava nemmeno quanto presto avrebbe potuto vederlo in
atto.
***
Un rombo di una moto squarciò
l'aria tranquilla, e fin troppo silenziosa, del bar. Una ragazza tutta tremante
scese dalla motocicletta sportiva, seguita subito dopo dall'autista. La
patentata tolse il casco, rilevando la sua stravagante capigliatura e si girò
tutta sorridente verso la disperata passeggera.
- Forza, ci siamo quasi! Ehi, era la tua prima
volta? Sei andata alla grande! -, le fece l'occhiolino
e, non appena anche l’altra tolse il casco, la trascinò in fretta e furia
all'interno del locale.
- BUOOOOOOOOOOOONGIORNO FIDI CLIENTI DEL SIGNOR
ASANO! -, urlò con un sorriso che non finiva più stampato sulle labbra.
Molti presenti si girarono verso le due, alcuni
ridacchiarono, un ragazzo fece segno di saluto verso la ragazza dao capelli azzurri e si avvicinò alle due.
- Roxy, sei la solita casinara... -, disse Yamato,
sorridendo all'amica e posandole una mano sulla testa, scompigliandole
affettuosamente i capelli. Rumiko guardò l'amico di Ritsuko ed arrossì.
"E' davvero carino", pensò, prima di
schiaffeggiarsi mentalmente. Non era da lei pensare che un ragazzo fosse
carino. Non era proprio da lei.
Furono raggiunte subito dopo da Nobu, con le
lacrimucce che dagli facevano DIN-DON-DAN. Roxy gli
saltò letteralmente addosso ed iniziò ad accarezzargli la testa con fare
materno.- No, pucci cucci di un bimbo, che è successo?
Perché Nobu chan piange? Che
è successo ad onii-chan?
Il ragazzo ossigenato si
passo una mano sugli occhi per asciugare le lacrime e una sotto il naso, per
evitare al moccio di colargli sul viso, al che si prese uno scappellotto dietro
la testa dalla ragazza alquanto disgustata.- Ho... ho... ho perso il mio
plettro preferito... ABUAAAAAAAAAAAAAAAAAH! -, piagnucolò ancora lui. Rumiko
mise una mano davanti alle labbra, per non dare a vedere che riteneva la cosa
talmente buffa da ridere di cuore.
Nobu improvvisamente si illuminò
e si avvicino alla moretta, scrollandosi di dosso Ritsuko che cadde a terra con
un tonfo sordo.
- Questa é tua sorella?-, chiese a Roxy, indicando
Rumiko.
Ritsuko e Rumiko si guardarono.
- V... veramente saremmo diverse come il sole e la
luna... -, puntualizzò Rumiko, togliendosi gli occhiali e pulendoli con un
fazzolettino, rivelando uno sguardo azzurro e intenso.
- Oh no! -, insistette il biondino, - Non siete
opposte, cioè, si fa per dire... ma c'è qualcosa
che... non so...
Ritsuko e Rumiko si guardarono incerte,
trattenendo a stento le risate.
- Ok, Nobu-chan, la birra questa sera ti ha fatto
male! Ah, a proposito... -, sbatté un po' le palpebre facendogli gli occhioni
dolci, - Ne hai una per la tua Roxy-Roxy?
Yamato scosse la testa e si diresse verso la sua
batteria, sotto lo sguardo attento e sognante di Rumiko.
- Mi sembrava Akito ti avesse
vietato di venire alle prove, o sbaglio?-, disse il batterista, gelido, verso
l'amica.
Lo sguardo di Rumiko e quello di Nobu balzarono da
Yamato a Ritsuko, da Ritsuko a Yamato. L'aria si era fatta improvvisamente
pesante. Ritsuko stava per ribattere, quando i suoi occhi si allargarono quanto
due palle da bowling. Non si sbagliava di certo, quelli
seduti in fondo, nell'angolo, con un tizio tutt'altro
che rassicurante, erano i diabolici fratelli Nishikado.
Si avvicinò quatta, quatta dietro Rumiko e la trascinò dietro le spalle
di Yamato
CAPITOLO 3
Si avvicinò quatta, quatta dietro Rumiko e la
trascinò dietro le spalle di Yamato.
- Yamato, non seccare ora, poi non me l'ha vietato, ha detto solo di frequentare la scuola! Rumi,
guarda, laggiù! -, indicò il tavolo dove erano seduti i tre ragazzi, - I
Nishikado e uno strano tizio con i capelli da arlecchino!
- Come se i tuoi, poi, fossero normali... -,
sghignazzò Nobu. Ritsuko lo fulminò con lo sguardo, e un po'
di birra gli andò di traverso.
- oh... no... non anche qui!-, alcune lacrime
riempirono gli occhi della moretta, mentre si nascondeva meglio dietro Yamato e
l'amica.
- Vi prego, non fate vedere loro che sono qui!!!-, li pregò, con voce rotta.
Roxy scosse la testa più volte.
- Oh non preoccuparti, Nobuccio, puoi chiedere ad
Asano se può raccontar loro una delle sue storielle, dato che
quel tizio si crede un punk? Almeno se ne andranno!
Il biondo iniziò a sbuffare, asciugandosi con una
manica della logora maglia le labbra. Possibile che sapesse solamente usarlo
con il suo schiavetto personale? Sospirò e annuì con la testa, avviandosi in
direzione del bancone. Yamato si girò verso la ragazza dai capelli celesti e la
riprese, nuovamente.
- È mai possibile che devi sempre sfruttare
Nobu?! Le gambe le hai anche tu, non è il tuo servo personale!
Lo sguardo di Roxy si rabbuiò e guardo truce l'amico.
- Se io andassi a chiamare Asano
rischierei di essere vista e, di conseguenza, i Nishikado verrebbero qui ogni
santo giorno a rompere le scatole a me, pur di potersi avvicinare a Rumiko.
- È mai possibile che devi sempre sfruttare Nobu?!
Le gambe le hai anche tu, non è il tuo servo personale!
Lo sguardo di Roxy si rabbuiò e guardo
truce l'amico.
- Se io andassi a chiamare Asano
rischierei di essere vista e, di conseguenza, i Nishikado verrebbero qui ogni
santo giorno a rompere le scatole a me, pur di potersi avvicinare a Rumiko.
Yamato guardò l'amica, poi la moretta.
- Perché, che vogliono
dalla tua amica?
- Beh... insomma... -, iniziò a borbottare Roxy,
ma fu interrotta dalla mano diRumiko
sulla sua spalla, che la pregò di lasciar parlare lei.
Prese un lungo sospiro e iniziò a raccontare a
Yamato la sua disavventura con i due diabolici fratelli e lui, intanto,
ascoltava parola per parola senza perdersene nemmeno una.
- Cosa? Sono arrivati ad
aprire il tuo armadietto e rubarti le tue cose, portafogli compreso?-, disse il ragazzo, beccandosi uno scappellotto da Ritsuko,
che gli faceva segno di abbassare la voce. Sarebbero punibili per legge, se tu
sporgessi denuncia...
- MA NON CAPISCI? Suo
padre li farebbe scagionare senza sforzi... è una
partita persa...-, disse la moretta asciugandosi una lacrima. Yamato tentò di
rassicurarla che non era così, che con una buona consulenza avrebbe potuto vincere,
ma fu bloccato da una mano sulla spalla, che strinse così forte da fargli avere
un movimento involontario del braccio. Si girò, incrociando uno sguardo nero
come la pece. Era lo sguardo di Daisuke Nishikado.
- Buonasera. -, disse sorridendo meschinamente.
Aveva sentito Yamato urlare e senza perdere tempo si era diretto verso il
gruppetto, dopo aver individuato tra di loro la sua
preda preferita. Daiki da lontano osservava con diffidenza. Non gli piaceva
quella situazione. Suo fratello Daisuke si buttava nei guai con le sue stesse
mani.
- Buonasera. -, rispose di rimando Yamato,
porgendogli il suo biglietto da visita, - Sentirà presto parlare di me,
gliel'assicuro.
Fece un inchino per salutare
il ragazzo, completamente spiazzato e, mettendo una mano sulla spalla di
Rumiko, l'allontanò dall'arrogante giovane.
Roxy si diede una grattatina alla testa, poi
sorrise.
- Beh, direi che hai perso su tutta la linea
cocco brutto!
Daisuke la guardò furibondo e fece per alzare le
mani su di lei, per tirarle uno schiaffo.
Ma qualcosa bloccò il suo braccio. Si girò e vide un ragazzo poco
più alto di lui, dai capelli biondo platino e l'espressione divertita.
- Le ragazze non si toccano nemmeno con un
fiore... -, disse Nobu, canticchiando. - Ma, d’altra
parte, gli uomini si possono anche pestare a sangue... ah, un'altra cosa prima
di farti male... NON-OSARE-MAI-PIù-AVVICINARTI-A-ROXY!-, terminò stringendo i
denti e mollandogli un pugno in pieno stomaco. Daisuke si inginocchiò
a terra, sputando un po' di sangue.
Ritsuko guardò spaesata Nobu, abbassandosi a
vedere la condizione di Daisuke.
- Ma sei tutto scemo
Nobu?! -, gridò, - Siamo in un locale pubblico, che cavolo ti è saltato in
testa?! Vuoi forse farti arrestare?!
La ragazza scosse la testa ripetutamente, guardando
il ragazzo come se lo vedesse per la prima volta nella sua vita.
- Capisco che volevi aiutarmi, ti ringrazio, ma
non dovevi arrivare a questo!
- MA SEI SCEMA? QUELLO
STAVA PER SCHIAFFEGGIARTI... IO... AH, BASTA! MI FAI
ESASPERARE!-, urlò di rimando Nobu. Si avvicinò ad un
tavolo, e da una delle sedie prese la sua giacca di pelle. Si avviò
verso l'uscita, urtando Akito che stava appena entrando, e se ne andò.
- Che diamine succede,
qui?-, chiese Akito, curioso.
- Chiedilo a Yamato, è
lui l'avvocato della situazione! -, rispose Roxy esasperata
passandosi un braccio di Daisuke sulla spalla, poi il suo tono si fece
più dolce, - Ce la fai a camminare?
Il ragazzo, contratto ancora in una smorfia di
dolore, non rispose. Ritsuko guardò truce Daiki, possibile che potesse rimanersene lì calmo e tranquillo nonostante suo
fratello fosse stato malmenato da Nobu? Ammetteva che non le piaceva
prendere le difese di quell'asino, ma Nobu aveva sbagliato e lei non poteva
peccare ancora, rischiando di farlo denunciare. In ogni caso, si chiedeva,
com'era possibile che il maggiore dei Nishikado stesse così deliberatamente
ignorando la situazione del più piccolo, ma non erano estremamente
uniti?
Daiki, da parte sua, ignorò lo sguardo della
ragazza. Imitò Nobu, uscendo anche lui dal locale. Rumiko lo guardò andarsene.
"Forse... forse ora mi lasceranno in pace...
non voglio sperare, non voglio illudermi... però...", volse il suo sguardo
verso Yamato, incontrando quello del ragazzo.
- Grazie...-, sussurrò sorridendo dolcemente. Yamato
sorrise di rimando.
Le accarezzò i capelli e le diede un buffetto
sulla guancia.
- Non preoccuparti, in qualche modo andrà tutto a
posto.
Lo sguardo di Rumiko si illuminò,
ma si rabbuiò quasi immediatamente. Ritsuko aveva posato Daisuke su una sedia del
locale e aveva seguito Daiki, con la faccia di chi ha intenzione di fare la
ramanzina. Colse nello sguardo di Akito la stessa preoccupazione.
- Sta tranquilla... -, finse lui, - Roxy se la sa
cavare benissimo da sola, non preoccuparti. Penso che per te sia meglio andare
a casa, non è posto per una ragazza fragile come te, Yamato accompagnala
a casa per favore!
Incasso quella parola con una fitta al cuore.
"Fragile". Ma
lei non era fragile. Perché doveva sembrare sempre
fragile? Forse era il suo aspetto così... così... beh....
fragile!!! Ma lei non lo era. E non le piaceva che Yamato lo pensasse.
- ... gile...
Yamato la guardò, non sicuro
avesse detto qualcosa.
- Scusa Rumi, puoi
ripetere?
- non... io non... io non
sono... fragile...-, sussurrò tremando.
Akito la guardò imbarazzato. Cavolo, lui non
voleva mica ferirla... Semplicemente le sembrava una ragazza di quelle che
ispiravano protezione, che non erano così forti
nemmeno psicologicamente.
- Non... non volevo
offenderti... scusami... è solo che... mi sembrava... beh... insomma...
Yamato scosse la testa, suo gesto abituale, e
diede una pacca sulla spalla di Akki.
- Non sempre chi ha l'aspetto di persona fragile lo è, Rumi è molto forte. Veramente
molto, per essere riuscita a sopportare da sola e in silenzio tutti questi
disagi.
Rumiko alzò lo sguardo verso
Yamato, improvvisamente quel tremolio l'aveva abbandonata.
Ancora... l'aveva difesa ancora. Quel ragazzo era
così... dolce....
E poi era un avvocato! Diventare un avvocato di fama nazionale era il
suo sogno. Lui era proprio il ragazzo che cercava. Anche se per essere laureato
e svolgere già il lavoro di avvocato per qualche
studio, significava fosse molto più grande di lei. Almeno venticinque, ventisei
anni.
"Beh... sembra più piccolo!", si rassicurò
da sola, appuntandosi mentalmente che dopotutto l'età non contava. E poi lui era proprio il suo uomo ideale, si.
Ora era decisa a conoscerlo
meglio, Yamato, era certa di poter scoprire cose meravigliose su di lui
e, questa, era la sua missione da quel momento in poi.
Beh... oltre insegnare la
scienze a Ritsuko. Ma quella eta la sua
missione impossibile, per cui non ci sperava più di
tanto.
***
Lo stava seguendo ormai da dieci minuti buoni e
sembrava determinata a non mollare. Lui continuava a fingere di non sentire le
sue chiacchiere, ma lei non si dava per vinta.
- Stai cominciando a stancarmi... -, finì per
arrendersi, - Mi vuoi dire perché hai lasciato tuo fratello nella cacca?
All'ennesimo rifiuto del ragazzo a risponderle
prese a correre nella direzione di lui e si aggrappò
alla manica della camicia della sua divisa.
Con uno strattone, Daiki, la fece allontanare malamente, facendola anche cadere a terra. Non si fermò ad
aiutarla e riprese a camminare, diretto verso la limousine nera parcheggiata dall'altra
parte della strada.
Roxy si rialzò da terra,
spolverandosi i vestiti e, raggiunto il ragazzo, si mise davanti alla
portiera, impedendogli di aprirla.
- Si può sapere che diavolo ti ho
fatto per non meritarmi nemmeno una risposta?! Sei un bell'egoista. Sai chi fa
così in genere? I bambini piccoli e viziati!
- Perché non chiudi un
po' quella boccaccia? Sai chi parla quanto te? Le galline.-, rispose a tono,
facendole il verso. Le prese un braccio con violenza, facendole male, e la fece
spostare.
Ritsuko contrasse il viso in una smorfia di
dolore; accidenti, era veramente forte! Sapeva di stare giocando con il fuoco,
ma aveva bisogno di una risposta. Perché era arrivata a
pensare, trovandosi matta, che quei due cercassero solo di attirare
l'attenzione delle persone che stavano loro intorno. Non per egoismo, ma
bensì per trovare un po' d'affetto. E non li
biasimava, vedendoli cresciuti tali. Capiva bene la loro situazione, perché ci era passata anche lei. Gli uomini d'affari è raro che abbiano tempo libero da dedicare ai figli. Per
questo decise di giocare l'ultima carta del suo mazzo.
- Cos'è, hai paura di
rovinarti la reputazione e farti sgridare dal paparino?
Il ragazzo si girò verso di lei con una lentezza
estenuante.
- Sei una piccole incosciente
lo sai? Entra in macchina.-, le ordinò, senza
ammettere repliche. La ragazza inorridì.
"Oddio, adesso vedi che questo vuole
violentarmi!", si ritrovò a pensare, impallidendo ogni minuto di più. Lo
guardò per almeno cinque minuti buoni, prima di spiaccicare una misera domanda.
- Come, prego?
Lui roteò gli occhi esasperato.
La prese e con poca delicatezza la buttò sul sedile posteriore della limousine.
entrò in macchina anche lui e ordinò all'autista di
bloccarle le portiere e chiudere il doppio vetro dei finestrini, in modo che da
fuori non si vedesse nulla.
Ritsuko cominciò a sudare freddo, mentre il
ragazzo accanto a lei si accese una sigaretta, innervosito.
- Dunque, ascoltami bene.
Non so chi sei, non so che vuoi, non me ne frega niente, ma cerca di non impicciarti
di affari che non t riguardano. Daisuke quel pugno se
l'è meritato... io gliel'avevo detto dall'inizio che
con quella Rumiko non c'era storia, ma lui non mi ascolta...-, disse tutto
velocemente, senza virgole, né parentesi. La ragazza dopo qualche secondo stava
ancora registrando ciò che aveva detto, mentre lui faceva qualche tiro di
paglia.
Si portò una ciocca ci capelli dietro l'orecchio
e prese via la sigaretta al ragazzo, spegnendola nel posacenere.
- 1. Sono Ritsuko Matsumoto.
2. Il fumo
mi da terribilmente fastidio.
3. Da te
non voglio proprio niente, solo che lasciate in pace la povera Rumiko. Tuo
fratello si meritava la bocciatura perché è un asino!
Si accomodò meglio sui sedili della limousine, decisamente più tranquilla.
- Sei di coccio? Ti ho chiaramente detto preché mio fratello perseguita quella Rumiko Matsumoto...
ma tu sembri non capire... sei proprio lenta, ora
capisco perché rischi la bocciatura...-, disse senza darle peso ed accendendosi
un'altra sigaretta, questa volta ben attento a non farsela togliere di mano.
Roxy lo guardò spaesata, ma che cavolo stava dicendo quel cancro vivente? E
poi che ne sapeva lui che lei rischiava labocciatura?
- Ehy,
ehy! Frena intossicare! Non capisco proprio di che
stai parlando e poi io non rischio nessuna bocciatura! -, affermò in vani
tentativi di rubargli la paglia di bocca, rischiando di cadergli pure addosso
per una brusca frenata del conducente.
Daiki sorrise.
- Lo sa mezza Tokyo che verrai
bocciata, a meno che l'altra Matsumoto non ti recuperi sull'orlo del burrone.
D'altro canto è ovvio che tu non capisca, sei una tale bambina... non puoi mica
capire le questioni di cuore.-, sorrise, arcigno.
Roxy lo guardò con un cipiglio.
- Non sapevo ti affidassi tanto ai paparazzi, guarda che ho l'intelligenza per superare l'anno scolastico
e, volendo, di superare a pieni voti l'università, ma non è il mio obiettivo.
Io sarò una bambina a non capire le questioni di cuore, Nishikado, ma tu sei un mostro dal cuore di pietra e quindi le capisci ancora
di meno, se non ti degni nemmeno di difendere tuo fratello!
Si voltò infastidita verso il finestrino sul suo
lato della macchina.
- Mio fratello aveva semplicemente bisogno di una
lezione. Credimi, Matsumoto, mio fratello è tutto ciò che mi rimane da quando
nostra madre è morta. Tuttavia questa se l'è proprio
meritata, doveva darmi ascolto. Beh, spero la lezione gli sia
servita. Fare una figuraccia davanti alla ragazza che gli piace l'avrà colpito
almeno un po', la prossima volta starà più attento.
La macchina si fermò, l
sicure degli sportelli si sbloccarono e l'autista scese, girò intorno alla
macchina ed aprì lo sportello al lato di Ritsuko.
- Bene, grazie della compagnia, Matsumoto. Ora scendi, vado di fretta.
Roxy rimase inchiodata lì qualche secondo, si
voltò e guardò dritta negli occhi Daiki.
- Piantala di fare quel
tono da presidente del mondo, puoi anche essere meno formale! Non sono mica un
chissà quale essere di grande importanza! -, sorrise tendendogli la mano, -
Beh, io ti saluto, ma prima mi puoi dire dove siamo finiti?
Aveva appena guardato fuori
dalla portiera della macchina e il quartiere in cui erano finiti le
risultava assolutamente sconosciuto.
Il ragazzo le strinse la mano e la spinse fuori.
Si affacciò dal finestrino e le sorrise.
- Mi spiace, non ho tempo di spiegartelo, vado di
fretta. Ciao bellissima.-, fece un occhiolino e con un
piccolo rombo la macchina partì, perdendosi nel traffico di quella strada
caotica.
La ragazza riconobbe vagamente alcuni particolari,
tipici di quartieri come Roppongi. Bene, stava in un bel guaio ora. Lei abitava
dalla parte opposta di Tokyo.
***
Stavano passeggiando ormai da diverso tempo,
essendo l'abitazione di Rumiko piuttosto lontana. Yamato si era offerto di accompagnarla
con un taxi, ma lei si era categoricamente rifiutata affermando che costava
troppo e, solo l'idea di salire di nuovo sulla moto di
Ritsuko, la faceva stare male. Aveva cercato di convincere il ragazzo che era
in grado di tornare da sola, ma lui aveva insistito dicendole che era solo un
piacere accompagnarla a casa, e ciò la rendeva felice.
- Allora... vai a scuola con Ritsuko?
Rumiko scosse il capo. Rispose, senza mai alzare
lo sguardo, per paura di arrossire troppo.
- No. Lei é un anno avanti a me... vado in seconda...
Il ragazzo abbassò un po' il capo, leggermente
abbacchiato.
- Sei piccolina, eh...-, borbottò contrariato.
La ragazza si portò una mano tra i capelli,
facendoli cadere un po' più in avanti. Le piaceva nascondere il viso, non le andava
a genio quando qualcuno riusciva a vederla bene. Sapeva perfettamente di non
essere una bellezza celestiale, e preferiva nascondersi, piuttosto che essere
presa in giro. E ora ci mancava solo si facesse
scappare che lei era davvero troppo più piccola di lui. Lei e la sua mania di
non dire bugie. Avrebbe dovuto dire che era stata bocciata un
fantastiliardo di volte e che quindi aveva la sua età, ecco.
Yamato la fermò per un polso, la fece voltare
verso di sé e le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Non capisco perché ti ostini tanto a coprirti
il viso con i capelli. Guarda che è un peccato, sai? Poi sii più fiera di te e
cammina a testa alta, sembrerai più sicura di te stessa e metterai anche in
risalto il colore dei tuoi occhi, che è veramente stupendo. Non capita spesso
di vedere una ragazza giapponese con gli occhi cerulei. Immagino tu abbia
qualche parente stretto di qualche paese occidentale, giusto?
La ragazza divenne scarlatta a livello orecchie ed
abbassò un po' il capo, incrociando le mani dietro la schiena, in un
atteggiamento impacciato e goffo.
- Sì... sì i miei nonni materni erano europei... mia mamma è castana, ma io ho preso dai miei nonni... i miei
capelli non sono neri... in realtà sono bionda ma li ho tinti per non dare nell'occhio...
lo sai... i Giapponesi vedono i biondi come alieni.-, spiegò, pacata, la voce
leggermente più acuta del solito.
Yamato la guardò estasiato.
- Uao! L'Europa! Non
sai quanto darei per visitarla anche solo una volta, voglio vedere il paese e
le persone che ci abitano! Sei veramente fortunata ad avere dei parenti che
provengono da lì! Trovo che l'occidente sia un mondo
cosìvario, mentre l'oriente lo trovo
troppo ripetitivo... per questo il mio sogno è di andare a vivere lì, un giorno
o l'altro!
La ragazza alzò lo sguardo.
- Spero... spero si avveri... é anche il mio
sogno... magari... magari ci incontreremo lì. Sarebbe stupendo, no?-, disse allontanandosi un po' da lui
di qualche passo. Era arrivata a casa così si era
avvicinata al portone del condominio. Prese la chiave dalla cartella della
scuola e le inserì nella serratura. Aperto il portone, si girò verso di lui.
- Ti ringrazio, per avermi
accompagnata... sei stato gentile, davvero.
Probabilmente, pensò Rumiko, ora Yamato tornava
al bar. Il ragazzo, infatti, le sorrise e le fece un cenno di saluto con la
mano, per poi voltarsi e incamminarsi nella stradina da cui erano appena
sbucati per poi ripercorrerla in senso inverso.
La ragazza abbassò lo sguardo.
- Rumiko sei una stupida...
dovevi invitarlo a salire...-, borbottò tra sé e sé.
"Sì, ma la casa é un disastro, non potevo!!!", rispose la sua coscienza.
Si sentiva stranamente un peso allo stomaco, come
se qualcuno l'avesse aperto, vi avesse inserito del piombo, e l'avesse richiuso.
Lo guardò, mugugnò qualcosa fra sé e sé, e si
voltò anche lei, ma verso l'entrata del palazzo. Chiuse bene il portone e salì
la lunga scalinata fino ad arrivare alla porta del suo appartamento. Sospirò e
mise la chiave nella toppa che, con un cigolio, si aprì. Mise le mani davanti
alle labbra, ma cos'era successo?
***
Era arrivato alla fine della traversa, deciso a
prendere un taxi per tornare al bar dove aveva lasciato le sue cose, quando sentì una voce familiare, troppo familiare, che avrebbe
riconosciuto tra mille, litigare con qualcuno. Si guardò un po' intorno, finché
individuò una folta e lunga capigliatura azzurra.
- Lo sapevo...-, ridacchiò avvicinandosi ai due.
Era Roxy, che litigava animatamente con il conducente di un Taxi.
-... NON ME NE IMPORTA UN FICO SECCO, LEI NON SI
MUOVE DA QUI!-, stava urlando quest'ultimo, in preda all'ira. Il suo volto
aveva un vago colorito purpureo, e agitava i pugni in aria come a voler colpire
qualcosa.
- MA LO SA CHI SONO IO?!
SONO RITSUKO MATSUMOTO, FIGLIA DI SEYA MATSUMOTO! SA CHI É?! NO?! BENE SI
INFORMI! -, tirò un lungo sospiro, - Senta, ragioniamo con calma, se io non
vado a prendere il borsellino in casa, e non ho contanti con me, cosa facciamo?
Rimaniamo qui a vita a litigare?
L'autista sembrò pensarci un
attimo, poi tornò sulle sue decisioni.
- Chiami suo padre, chiami chi vuole, non mi importa, basta che mi paghi! E
con gli interessi dell'attesa! - finì esasperato.
- Roxy... sei la solita
mattacchiona... non puoi svignartela senza pagare un Taxi, lo sai?-,
disse Yamato alle sue spalle, ridacchiando come un babbeo. Ritsuko si voltò
lentamente verso di lui, con fare omicida.
- Scusa... scherzavo...
Si passò una mano sulla fronte e guardò disperata
il ragazzo.
- Ti prego... dimmi che hai qui dei contanti, non
lo sopporto più quest'uomo! -, chiese esausta.
Yamato annuì, con grande
sollievo di Roxy, e frugò nelle tasche dapprima con calma, poi con un certo
nervosismo.
- Merda... l'ho
lasciato al bar...
Ritsuko picchiò qualche volta
la testa contro il sedile anteriore dell'auto, ignorando l'uomo seduto al posto
di guida che aveva ricominciato ad urlare. Le venne un'idea. Lanciò un mazzetto
di chiavi all'amico, che la guardò incuriosito.
- Dovrebbe essere all'entrata o sul tavolo della
cucina... l'appartamento è piccolo, non dovrebbe essere un'impresa difficile...
-, arrossì un poco, - E guai se fai commenti sul disordine in casa!
- Il tuo appartamento? Forte! Ci vado subito!-, simulò una corsa sfrenata, beccandosi una scarpa della
ragazza appresso, che lo mancò per un soffio.
Yamato aprì il portone e salì fino al quarto
piano, dove si avviò verso l'appartamento 307, come indicato sull'etichetta
appesa al mazzo di chiavi. Passò dinnanzi ad un appartamento con la porta
aperta, senza darvi troppo peso, passando avanti, poi tornò indietro di qualche
passo e sbirciò dentro. Su un mobile all'entrata c'era una foto di Rumiko, con
quella che supponeva fosse sua madre. La casa era a
soqquadro, e la cartella della ragazza era a terra, in mezzo all'ingresso.
…continua…
SAAAOOOO!!! Si
siamo sempre noi, più sceme che mai, ancora per voi ^___^ (E chi ti dice che
loro ci vogliano? NdSan) (Beh… beh… se non ci
vogliono che scriviamo a fare? ndRachel)
(…non ti rispondo neanche… ndSan).
Dunque, dunque, dunque. (Dici troppi dunque ndSan) (MA TE NE VAI?!!?!? DEVO
SCRIVERE I RINGRAZIAMENTI!!!! SFASCIO TUTTTTOOOOO!!!ndRachel).
Ehm… ehm… bene, ora che ci siamo calmate
(Io non dovevo calmarmi, eri tu quella agitata… ndSan) direi di procedere a ringraziare.
Ringraziamo tutti coloroche ci seguono, soprattutto tutti quelli che
hanno apprezzato i nostri lavori precedenti (colgo l’occasione per ricordarvi
che “Endless Love – Due gemelle scatenate II” è ancora
tutta da scrivere, siamo appena a metà ^___^ ndSan),
e soprattutto ringraziamo tutti coloro che hanno lasciato una recensione alla
nostra nuova fatica, non potete immaginare quanto ci sproni a proseguire una
storia, il trovare vostri commenti, positivi o negativi che siano ^^. Ci fa
sempre piacere sapere il vostro parere.
Shaida
Black: Grazie ^o^ Ci fa un enorme piacere sapere di aver mosso il tuo
interesse per la storia. Rumiko sta ancora tentando di fermare Ritsuko,che da quando hai detto che ti piace come personaggio non
fa altro che saltellare di qua e di là, urlando di avere una fan e che molto
probabilmente scriverà una canzone anche per te ^^’’’’
Faith: Ciao piccina picciò.
^O^ A te ti ringrazio
particolarmente (sono Rachel) perché ti rompo sempre chiedendoti di leggere le ff mie e di gemy. Grazie di
sopportarmi ^___^ Tvtttb.
Entrò nell'appartamento, chiedendo più volte il permesso di entrare, ma
non gli giunse risposta, al che cominciò a preoccupars
Capitolo
4
Entrò nell'appartamento, chiedendo più volte il permesso di
entrare, ma non gli giunse risposta, al che cominciò a preoccuparsi seriamente.
Attraversò il corridoio d'entrata fino ad arrivare in un piccolo salottino. Si
guardò in giro, avendo sempre più il cuore in gola. Che
era successo a Rumiko? Improvvisamente un urlò
squarciò il silenzio dell'inquietante appartamento. Si diresse velocemente in
una delle camere da letto, da dove aveva sentito provenire la voce. E fu lì che rimase paralizzato dalla scena. Il ragazzo che
aveva visto insieme ai fratelli Nishikado, nel bar del signor Asano, stava
sopra Rumiko, tenuta sdraiata con la forza del peso del corpo dell’improvvisato punk, sul letto. La mano
di lui che saliva con una velocità vertiginosa sulla gamba di lei, che
piangeva in preda al terrore, che le si stava insinuando sotto la gonna, mentre
l'altra mano che scivolava sotto la camicia della divisa. Si riscosse
immediatamente, che stava facendo? Rimaneva a guardare mentre
la piccola Rumiko veniva violentata da quell'animale?
Scosse la testa, posò una mano sulla spalla dell'aggressore e lo girò con
forza,piazzandogli
un pugno dritto in pieno viso. Non riuscì nemmeno a spiaccicare una parola, sul
momento, tanto disgustato com'era.
Lo sconosciuto cadde all'indietro, sbattendo contro la
libreria, i cui libri gli si rovesciarono tutti
addosso. Svenne.
Yamato non lo guardò neanche, ma la sua attenzione si
focalizzò su Rumiko, che piangeva disperatamente, accucciata in un angolo del
letto.
Le si avvicinò e,
con un attimo di esitazione, l'abbracciò.
- Rumi... piccola... -, le levò una ciocca di capelli dal
viso, - Non preoccuparti, è tutto a posto... Ora sei
al sicuro.
Si schiaffeggiò mentalmente. Con tutte le cose che poteva
dirle per rassicurarla, quella era veramente la cosa più stupida.
Lei non alzò lo sguardo verso di lui. Si raggomitolò ancora di
più, presa dalla vergogna. Lui l'aveva trovata in quella situazione orribile, e
lei si vergognava. Non era colpa sua, tuttavia non riusciva a fare altrimenti. Però Yamato l'abbracciò stretta, e lei si sentì così sicura.
Pianse a dirotto, abbracciandolo a sua volta. L'aveva salvata. Doveva
ringraziarlo. Perché non le uscivano le parole di
bocca?
Fece per
spiaccicare qualche parola sconnessa, ma lui le mise un dito sulle labbra,
facendole capire che non era necessario dicesse nulla.
Doveva solamente sfogarsi, ecco tutto, e lei non se lo fece
dire due volte. Si voltò circondando il collo di Yamato con le braccia, iniziando
a piangere e a sfogare tutto il suo dolore accumulato in quei lunghi anni.
Voleva farlo da tanto, ma non aveva nessuna spalla su cui sfogarsi. Il ragazzo
prese ad accarezzarle i setosi capelli e a sussurrarle qualche parola di conforto,
incitandola a buttare fuori tutto quello che, da troppo tempo, teneva racchiuso
dentro al suo cuore. Rimasero così a lungo, tanto che
il batterista finì perfino per dimenticarsi dell'amica, ancora chiusa nel taxi.
***
Akito aveva finalmente trovato Nobu, se così si
poteva dire. Sapeva sin dall'inizio dove si era rifugiato, ormai era così da
diversi mesi. E lui ne sapeva il motivo. Si avvicinò
al biondino e si accese una sigaretta, buttando fuori una folata di fumo.
- Che peccato essere nel
mese di gennaio con questo freddo e non vedere nemmeno un fiocco di
neve...-, si ritrovò a dire, tanto per
attaccar discorso.
Nobu alzò lo sguardo verso l'amico in piedi
accanto a lui, allungo il braccio e gli rubò la paglia
di bocca, avvicinandola alle proprie labbra e respirando a pieni polmoni. Altro
che sigaretta aveva bisogno di una buona dose di tranquillante, si sentiva così
nervoso ed elettrizzato che avrebbe volentieri sfasciato qualcosa. Fortuna che
si rifugiava sempre sulla riva del fiumiciattolo, così era impossibile
sfasciare qualcosa. Non c'era niente, oltre l'erba umida che strappava ininterrottamente
dal terreno da ormai quindici minuti.
- Ehy, un giorno o l'altro me le dovrai rimborsare tutte! Ultimamente vai troppo a scrocco,
amico mio! -, gli fece l'occhiolino, - Beh, dai, scherzavo. Ne vuoi parlare?
Nobu sembrò non dargli retta, si distese e osservò
le stelle, rapito dai propri pensieri. Akito si sedette accanto a lui, senza
proferire parola. Sapeva che da un momento all'altro il ragazzo di fianco a lui
sarebbe esploso.
- Ho già detto tutto ciò che c'era da dire al
riguardo... ormai mi faccio pena da solo...
Appunto. Akito sorrise. Quel ragazzo stava diventato
paranoico.
- Stai diventando paranoico... e anche
piagnucolone.-, aggiunse, gli sembrò una buona idea
scuoterlo un po'.
Nobu lanciò un'occhiataccia al leader
della band.
- Stasera tutte le tue puttane sono occupate? Perché vieni a rompere il cazzo a me?-, chiese, quasi
furibondo, ma troppo depresso per alzarsi e picchiarlo.
Akito fece spallucce.
- Non so... dovrei
smetterla di farmele tutte e sceglierne una, che ne dici?
- Fai come vuoi...-, Nobu si girò sul lato e non
disse più nulla, fino a quando, dopo più di dieci
minuti, si alzò e prima di andarsene lo guardò qualche istante. - Lascia
stare... tienitele tutte e non innamorarti di nessuna se non vuoi ridurti come
me...
Akito sorrise, facendo un cenno di saluto
all'amico.
- Invece io ti invidio,
Nobu... l'amore farà soffrire, ma è un sentimento bellissimo che non può essere
sostituito. Piacerebbe anche a me provarlo sai?
Il biondino si voltò sorridendo ironico.
- Non dire palle... tu sei
fatto per rimanere il conquistatore delle donne, non sei fatto per
legarti ad una sola persona... o sbaglio? Beh, io sono stanco... buona serata Akki.
Il bassista si accese un'altra paglia e fece
qualche tiro, mentre guardava Nobu allontanarsi.
- Come ti sbagli, amico mio... come ti sbagli...
***
Entrò nell'appartamento
allarmata. Che diavolo era successo? Perché Yamato non era più tornato? E
perché le sue chiavi erano a terra, davanti all'entrata della casa di Rumiko? Fortuna che era riuscita a liquidare il tassista con l'arrivo di un
suo amico che passava di lì e che le aveva prestato i soldi. E non era nemmeno in debito, perché questo tizio le doveva
soldi da tempi remoti. Che fortuna, due piccioni con
una fava.
Girò un po', sperando di non star prendendo un
granchio, ma dalla confusione che regnava in quella casa poteva trattarsi solo
di due cose: o era entrato un ladro, o un aggressore.
Bussò ad una porta socchiusa, dove spiccava un
cartello colorato con il nome dell'amica. Non ricevette risposta, ma sentì dei
lamenti provenire dall'interno, così si fece coraggio
ed entrò. E ciò che vide la lasciò sconcertata.
Yamato era seduto sul letto, con i gomiti
appoggiati alle ginocchia e la testa tra le mani, mentre Rumiko era accoccolata
sotto le coperte, e sembrava dormire. Un ragazzo, lo stesso tipo losco che
aveva visto con i fratelli Nishikado al bar quel pomeriggio, giaceva a terra
privo di sensi.
- Yamato! -, lo richiamò dal suo stato di trance, - Ma che diavolo è successo? Ero preoccupata cavolo!
Si avvicinò al ragazzo e si inginocchiò
davanti a lui, poggiandogli le mani sulle ginocchia. Deglutì con fare
preoccupato.
- Ha aggredito Rumiko, vero?
Yamato annuì.
- L'ho trovata giusto in
tempo... lui le stava strappando i vestiti... l'ho steso con un pugno...
Rumiko é troppo scossa... ha pianto per più di mezz'ora e poi si é
addormentata, esausta. Ho deciso di rimanere qui fino al ritorno della madre,
per spiegarle ogni cosa. E quando Rumiko si sarà svegliata
le chiederò se vorrà sporgere denuncia. Io le farò da
avvocato... -, parlò senza pensare, la bocca straordinariamente arida.
Roxy annuì, scossa da un brivido di paura.
- Sì, sì... sono d'accordo...
hai già avvertito le autorità?
- No... al momento non ho nemmeno le prove,
accidenti... -, disse scuotendo la testa, deluso di se stesso.
La ragazza scosse la testa esasperata. Era
incredibile come quel ragazzo, a volte, potesse
rimanere così tanto fra le righe, accidenti a lui! Non erano
importanti le prove, in quel momento, era di primaria importanza
assicurarlo nelle mani della giustizia. Uscì dalla camera di Rumiko sotto lo
sguardo curioso di Yamato e cercò il telefono. Il giovane uomo la seguì, subito
dopo essersi assicurato che l'aggressore, anche se si fosse ripreso, non avrebbe potuto scalfire la sua protetta.
- Sto chiamando la polizia... -, annunciò
Ritsuko.
- L'avevo capito. Tu non...
oh... buonasera!-, il ragazzo si affrettò a fare un inchinò col capo in
direzione della giovane donna appena entrata in casa. La signora Azuki era una bella donna, alta e ancora abbastanza giovane, aveva
appena trentotto anni. Un po' scossa entrò in casa, facendo un piccolo slalom
tra tutto ciò che era rovinosamente caduto a terra, molti oggetti dei quali
erano frantumati in mille pezzi, come vasi o stoviglie.
- Chi... siete? Ah... tu
sei la ragazza che abita qui affianco... Ma che é
successo qui dentro? Dov'è Rumiko?-, chiese allarmata.
- Signora, sua figlia ora è al sicuro, la prego si
calmi, le racconterò tutto dettagliatamente.-, disse Yamato mostrandole il
biglietto da visita del suo studio. La donna si calmò un po' una volta saputo
che quell'uomo era un avvocato.
- Dov'è mia figlia?-,
entrò nella stanza da letto di Rumiko e cacciò un piccolo urlo nel vedere quel
giovanotto disteso a terra, legato ad una gamba della scrivania tramite una
corda improvvisata, che altro non era se non un foulard di Rumiko.
La donna si portò una mano sulla fronte, con fare
stanco, e si sedette sul letto accanto alla figlia. Ritsuko si affrettò a
prepararle un caffé forte, sotto ordine di Yamato, il quale iniziò a
raccontarle tutta la vicenda che gli aveva narrato Rumiko. Azuki sembrò
calmarsi, malgrado la forte angoscia che la colse nel
sapere la situazione della figlia. Aveva immaginato che avesse dei problemi, in
seguito alle sue lunghe assenze a casa per via del lavoro, ma non immaginava
sicuramente che fosse caduta in una situazione tanto grave.
- Io, io la ringrazio veramente per la sua offerta... ma noi non possiamo permetterci di mantenere un
processo e, soprattutto, un avvocato. Siamo, purtroppo, in una situazione
economica piuttosto sfavorevole... se necessari ci trasferiremo, ma non me la
sento di lasciare mia figlia in questo guaio.
Yamato scosse la testa
allarmato. Finalmente Rumiko aveva trovato degli amici, delle persone
che le volevano bene, come Roxy, ad esempio. Non era il caso di separarla da
questo suo nuovo mondo, per lei era troppo difficile integrarsi, non avrebbe
retto un ulteriore cambio di vita.
Ritsuko tornò con un vassoio e tre tazze di caffé
piene fino all'orlo, e lo posò su un tavolino al centro della stanza,
porgendole agli altri due e prendendo poi la sua. Bevve un sorso, pensando che
dopotutto Rumiko era loro amica, Yamato poteva fare uno strapo
alla regola e non farle pagare, o almeno fare un
grosso sconto. E sorrise quando si rese conto che il
suo amico stava facendo lo stesso pensiero.
- Signora, non vorrei sembrare insistente. Ma Rumiko é mia amica, anche se la conosco da poco. E' una
ragazza che merita tutto il mio rispetto e per questo voglio aiutarla. La
prego, mi permetta di farle da avvocato, per quanto il padre dei Nishikado
possa sborsare, si tratta di violenza, per di più su minore, questa volta quei
due non la passerebbero liscia, e imparerebbero a
lasciar stare sua figlia.-, spiegò, deciso.
La donna annuì stancamente.
- Va bene... chiederò in negozio per fare qualche
straordinario e, se lei è d'accordo, la pagherò a
rate... verserò il più possibile al mese per risarcire il debito.
Yamato sgranò gli occhi.
- Non avrà bisogno di pagarmi,
ormai l'ho preso come un fatto personale. Lo farò più che volentieri,
non si preoccupi.
Roxy sorrise entusiasta, abbracciando l'amico e scoccandogli un sonoro bacio sulla
guancia.
- Sei un mito!
Yamato arrossì un po'. No, non era un mito.
Semplicemente aveva preso a cuore quella situazione più di quanto tutti si
sarebbero aspettati da un tipo freddo e calcolatore come lui. Semplicemente
perché accanto alla dolce Rumiko gli veniva naturale non essere freddo, così voleva "ricambiare il favore", in un certo modo.
All'incirca quindici minuti dopo arrivarono due poliziotti nell'appartamento
Matsumoto, che arrestarono il delinquente e discussero con Yamato riguardo il
processo e l'accusa del reato e, nella successiva mezzora anche lui e Roxy
levarono le tende dall'appartamento di Rumiko, che ancora dormiva
profondamente.
***
Sbalordendo Ritsuko, che non si aspettava di vedere
l'amica a scuola il giorno dopo, Rumiko si presentò puntuale a casa sua,
scampanellando allegramente di primo mattino. Erano appena le sei e mezza,
quando Ritsuko aprì la porta e si trovò una Rumiko sorridente a cento denti che
gironzolava per casa, preparandole la colazione e
stirandole la divisa scolastica, buttata nell'armadio da chissà quanto tempo.
Roxy non andava a scuola in divisa, semplicemente la odiava.
- Ma è
presto Rumiko... -, si lamentò la ragazza dai lunghi capelli azzurri, - Io ho
sonno... le lezioni cominciano fra un sacco di ore...
lasciami dormire...
Si
lasciò cadere stancamente sul divano e chiuse gli occhi, tenendosi un cuscino
sul viso, per evitare di sentire le lamentele della ragazza sulla sua pigrizia.
Rumiko si avvicinò al divano dell'amica e tirò via
il cuscino.
- Muoviti, pelandrona. Io
arrivo a scuola puntuale alle sette e mezza, così ho il tempo di ripassare
un'oretta prima delle lezioni!-, disse trascinandola
giù dal sofà per un piede e, sempre per quest'ultimo,
se la tirò dietro lungo tutto il corridoio, fino al bagno. Aprì la doccia e
buttò l'amica sotto di essa. Una bella doccia
ghiacciata di prima mattina era quello che ci voleva, pensò soddisfatta, mentre
Ritsuko scoppiò nell'urlo più assordante che sia mai echeggiato sul pianeta
terra.
Venti minuti dopo aveva preparato Roxy. L'aveva
fatta lavare, vestire con la divisa, le aveva legato i capelli in un alta coda di cavallo e le aveva impedito di mettersi un
minimo filo do trucco. L'amica la guardava furibonda.
- Senti... -, iniziò a reclamare
mentre una venetta di rabbia le pulsava sulla
tempia, - Mi hai svegliata, fatto una doccia gelida, fatto indossare la
divisa... non evitarmi di truccarmi! Guardami, sembro
una vecchia! Non posso farmi vedere in giro senza trucco!
Rumiko la guardò contrariata e la incitò ad
uscire subito di casa siccome, a suo parere, erano già
tremendamente in ritardo. Ritsuko scosse la testa e corse in bagno, inseguita
dall'amica che non la raggiunse in tempo, si chiuse in bagno e finì, almeno, di
truccarsi. All'incirca dieci minuti dopo uscì con il
sorriso sulle labbra.
- Ahhhh... ora mi sento
decisamente meglio!
Rumiko in risposta prese
delle tovagliette struccanti e le passò
freneticamente sul volto dell'amica, combinando un pasticcio.
- Struccati, E MUOVITI!-, urlò la moretta, livida
di rabbia.
- Ma cosa hai fatto?! -,
urlò l'altra, - Con tutta la matita e l'eyeliner che
avevo messo, adesso rimediare a questo pasticcio mi costerà almeno altri venti
minuti!
Sbuffò furiosa e si sciolse i lunghi capelli.
- Senti, apprezzo veramente l'aiuto che mi stai
fornendo, ma non cercare di cambiarmi, per favore.
Rumiko dal canto suo la guardò con occhioni pieni di lacrime, con la stessa espressione che potrebbe avere un cucciolo che ha appena fatto la pipì sul
tappeto del salotto.
- Fai come vuoi!-, mugolò offesa e uscì di casa, senza aspettare l'altra.
Arrivata in fondo alla strada sbatté contro qualcuno, nello svoltare l'angolo.
Si massaggiò il naso dolorante ed alzò il naso, un brivido freddo le corse lungo la schiena.
- ...shi... kado...-, sussurrò piano, spaventata. Daisuke, e poco più
dietro Daiki Nishikado, erano davanti ai suoi occhi, con l'aria di chi ha...
appena avuto una visitina dalla polizia e un avvocato di sua conoscenza.
… continua…
Ohhhhh il ritmo della storia comincia
a farsi più serratoooo... (°o° ndRachel)(Che faccia da ebete... ndSan)(Noooo no nono
LUI ha detto che non ho una faccia da ebete! ndRachel)(Lui chi? Il tizio che ti piace? Santa pazienza
sei proprio andata... -.-''' ndSan)(
^O^shi lo shono! ^///^ ndRachel). Bene. Che dire? Che siamo contente di come
procede tutto, dalla storia ai commenti, dal numero di letture a tutto il resto
^___^ Grazie, grazie, grazie. Specialmente a:
Fevva:Tessooorrraaaaa (sono Rachy)(Si era capito… ndSan)
da quanto tempo! >.< Come va? Shono troppo
contenta che la nostra storia ti piaccia, anche perché mi ha sempre fatto un
immenso piacere quando ci davi pareri su una nostra ff.
^o^ Sei troppo dolce. Per quanto riguarda Rumi e Yama non ti anticipo niente... ma ti assicuriamo che ne deve scorrere di acqua
sotto i ponti perchè i pairing finali della storia
possano essere intuiti… ^_- Continua a seguirci, mi raccomando! ^o^
Shaida Black: Oh non sai quanto ci rende felici il fatto che tu continui a
seguirci. ^^ Le storie originali normalmente (soprattutto su questo sito) vengono sottovalutate, lette e recensite molto meno delle
fan fiction basate su qualcosa di già esistente, per cui sapere che ti piace é
una notizia fantastica! ^O^ Anche riguardo i personaggi da te citati non possiamo dirti niente, ma ti
rimandiamo alla risposta data a Fevva. Riguardo alle tue storie, leggeremo e ti
faremo sapere il nostro parere il prima possibile!
Beh, vi salutiamo, sperando ci sosterrete anche per i prossimi chappi!
^___^ Baci, baci.
Suonò tutto in un ringhio, Daiki, prima che
tentasse di avventarsi sulla ragazza, in preda alla rabbia. Il padre dei due
fratelli Nishikado, saputo il fatto, aveva minacciato di diseredare i figli, se
questi non avessero smesso con quelle stupide
marachelle. Daisuke l'aveva fermato giusto in tempo, lui non voleva andare da
Rumiko e, soprattutto, non voleva andare contro di lei. Non aveva nemmeno più
il coraggio di guardarla in faccia, dopo l'accaduto. Avrebbe dovuto assicurarsi
di trovare un vero socio d'affari e non un'idiota pezzente in cerca di denaro e
divertimento assoluto, da vera adrenalina. Doveva pensare a proteggerla, non a
passarla dalla padella alla brace.
- Scappa! -, si ritrovò ad urlare.
La ragazza si strinse la cartella tra le braccia,
guardando il fratello minore.
Co... come?-, disse in un soffiò,
paralizzata dalla paura.
Daisuke strattonò indietro il fratello, che si
era quasi liberato dalla sua presa.
- Sei anche sorda, oltre
che cieca? Ti ho detto di sbrigarti! Muoviti! Scappa!
Rumiko cadde inginocchiata a terra, terrorizzata.
Le gambe avevano ceduto sotto il tremolio provocato dalla paura, le ginocchia
non avevano retto il peso del corpo, sembrava quasi si fossero
ammorbidite quanto la ricotta.
Ritsuko giunse accanto all’amica, accorsa grazie
alle urla lanciate dai due ragazzi.
- Ma che diavolo... Nishikado, che diavolo stai
facendo?! -, domandò riferita al maggiore dei due
ragazzi.
Daisuke sospirò affaticato dall'enorme sforzo che
stava facendo per trattenere Daiki.
- Matsumoto, andatevene via, se non volete finire
in seri guai!
Daiki con uno strattone si liberò del fratello e
si avvicinò a grandi falcate a Rumiko. La prese violentemente per le braccia, facendola
alzare, i loro visi a pochi centimetri di distanza.
- Giuro che questa me la paghi,
brutta puttanella da quattro soldi. -, sibilò cattivo. Se avesse potuto, gliel'avrebbe fatta pagare subito, in
quell'istante, ma non era sua usanza picchiare le donne. O
almeno non direttamente.
Ritsuko si aggrappò al braccio del ragazzo,
strattonandolo con un'inaudita forza, nel vano tentativo di farlo allontanare
dalla ragazza.
- Lascia stare Rumiko! -, urlò ferita
nell'orgoglio per l'amica. Nessuno poteva osare insultare i suoi amici, erano
la cosa più cara che aveva e non dovevano essere
nemmeno scalfiti.
- Sei veramente uno stronzo, proprio uno stronzo
di razza pura, il peggiore che possa esistere
nell'intero universo!
Di riflesso il ragazzo si girò verso di lei e la
spinse con forza. Ritsuko cadde giù dal marciapiede, finendo rovinosamente
sull'asfalto umido della strada.. Sentì un clacson
suonare, e si portò le mani davanti agli occhi. Non poteva finire così...
***
Corse più veloce che poteva. Conosceva quelle
voci. Svoltò l'angolo, seguito a poca distanza da Yamato, giusto in tempo per
vedere Ritsuko finire in mezzo alla strada. Un camion stava arrivando ad alta
velocità. Senza pensarci due volte si buttò sulla ragazza, ed entrambi rotolarono nell'altra corsia, un istante prima che il grande
veicolo li investisse.
Ritsuko aveva ancora gli occhi chiusi. Li aprì
solo alle urla che Rumiko stava indirizzando verso il
maggiore dei fratelli Nishikado. Si ritrovò tra le braccia di un ragazzo. Sussurrò il suo nome in un soffio, dopodichè lo abbracciò,
trattenendo le lacrime. Nobu l'aveva salvata.
- Nobu... Nobu... -,
riusciva solamente a ripetere, da quando l'aveva stretta ancora più forte a sé.
Una lacrima scese fuggiasca lungo la sua guancia.
Tremava, ma non aveva freddo. E
Nobu sentiva ancor più il bisogno di proteggerla. La sua
Roxy... lei sempre così forte e autoritaria, adesso così fragile ed indifesa.
Si era presa veramente un bello spavento, come lui del resto. Quando Nishikado
l'aveva spinta in strada, il suo cuore aveva mancato
un battito e, senza pensarci due volte, si era lanciato su di lei, levandola
dalla traettoria dell'automezzo. Non aveva avuto paura di morire, questo no,
perchè se Ritsuko fosse morta, per di più sotto i suoi occhi, lui l'avrebbe sicuramente seguita in breve tempo, per morte
psicologica.
Yamato e Rumiko si avvicinarono ai due.
- Oddio... come state... siete feriti?-, chiese
Rumiko in apprensione. Il cuore le batteva ancora a mille per lo spavento. Ne aveva dette di tutti i colori ai fratelli Nishikado e poi
era corsa dai due senza pensarci più di tanto.
- Siete tutti interi?-, le fece eco Yamato,
preoccupato anche lui da morire.
Nobu scostò un ciocca di capelli di Roxy, che in risposta si strinse ancor più a lui, nascondendo il viso
nell'incavo della sua spalla.
- Stiamo bene... credo...
-, farfugliò guardando preoccupato la ragazza.
Yamato fece saettare lo sguardo in lungo e in
largo.
- Leviamoci dalla strada, malgrado sia poco
frequentata è rischioso rimanere qui. Giuro che farò dare ai Nishikado
l'ergastolo.
I quattro salirono sul marciapiede opposto a dove
ancora si trovavano i due fratelli diabolici. Ritsuko non si scollò da Nobu
nemmeno un secondo, e continuava a tenergli la mano, e abbracciarlo di tanto in
tanto. Non voleva più allontanarsi da lui, se lo faceva anche per pochi attimi,
si sentiva persa e in pericolo.
- Io... io oggi credo... sia meglio non andare a
scuola... -, borbottò Rumiko, cogliendo tutti di sorpresa, Ritsuko in primis.
Gli altri tre annuirono. - Però... -, continuò lei,-
... non voglio tornare nemmeno a casa... non voglio rimanere sola tutto il
giorno, mia madre torna stasera tardi...
Yamato le posò una mano sulla spalla.
- Non ti preoccupare, ti terrò compagnia io. Il
tuo appartamento è ancora in disordine, vero? Se vuoi
ti aiuto a sistemarlo.
Rumiko fece per ribattere, lei
voleva stare al fianco di Ritsuko, dopo l'accaduto. Il giovane avvocato
però, le fece capire, evitando di dirlo apertamente, che lei aveva bisogno
solamente di rimanere con Nobu, quel giorno. La ragazza guardò l'amica e annuì
silenziosamente. Fu colta da una piccola soddisfazione personale, che in quel
momento trovò assai egoistica... in fin dei conti non le dispiaceva
rimanere da sola con il suo affascinante batterista. Sentirono il rombo di una
macchina. Fecero appena in tempo a voltarsi per vedere la limousine dei
Nishikado svoltare l'angolo.
- Non dovevamo lasciarli andare così... -, fece
notare con aria critica il biondino.
Yamato sorrise beffardo.
- Lasciali fuggire, finché possono. La via legale
farà loro ancora più male di quella fisica. La psicologia batte
sempre il corpo, credimi.
Nobu lo guardò, rassegnato.
- Questa é la parte peggiore di te...-, fu tutto
ciò che disse, prima che l'altro e Rumiko si avviassero verso l'appartamento di lei.
***
Si erano diretti in un cafè poco lontano
dall'abitazione di Roxy. Lei camminava poco più indietro di lui, e lo teneva
ancora per mano. Aveva il capo basso, ma stava iniziando a riprendersi. Sembrava
un po' meno rigida e, di conseguenza, più rilassata.
- Nobu... -, lo fermò ad un certo punto. Il
ragazzo si girò a fissarla e le sorrise.
- Ecco io... grazie...
Le poggiò una mano sul capo, accarezzandola
teneramente.
- Non devi ringraziarmi. Se tu fossi morta, sarei
morto anche io... non potevo starmene a guardare mentre
quel camion ti veniva a dosso.-, spiegò, pacato.
Avevano ripreso a camminare, essendo a pochi
metri dal locale.
- Beh sì... non sarebbe stato certo uno bello spettacolo vedermi fare splash. -, tentò di fare
un po' di spirito Ritusko.
Nobu rise, ma non disse niente. Entrarono nel
locale, un cafè grazioso, rustico, in cui chi vi lavorava era così gentile da
mettere i clienti a proprio agio. Una sensazione familiare.
I due si sedettero ad un tavolino accanto al
finestrone centrale della sala.
- Cosa vuoi ordinare?-,
le chiese il ragazzo mentre una cameriera molto carina si avvicinava al loro
tavolo.
- Quello che prendi tu... per me è indifferente.
Iniziò a tamburellare con le dita sulla liscia
superficie del tavolino di legno, voltando lo sguardo fuori
dalla finestra. La cameriera si era avvicinata e aveva preso
l'ordinazione dei due ragazzi, o per meglio dire, quella di Nobu per entrambi.
Arrivò qualche minuto dopo con due tazze contenti un
liquido scuro, caldo e fumante. Il biondo chitarrista trovava
non ci fosse nulla di meglio di una bella cioccolata per rallegrare una
fredda giornata d'inverno.
La ragazza stava ancora guardando fuori, quando
Nobu la ripescò dai suoi pensieri.
- Solo qualche giorno fa faceva
caldo, ricordi? Il giorno che Akito ti ha impedito di venire alle prove
se non avessi frequentato la scuola un mese intero
senza assenze... Vabbè, dai, quella di oggi non conta, vedrai che capirà, non
ti preoccupare. -, la rassicurò, per poi soffiare sulla sua bevanda bollente,
che gli aveva appena scottato la lingua.
- Già peccato... quel clima quasi primaverile mi
piaceva... -, borbottò lei, sviando il discorso riguardo Akito.
Non le andava che il loro leader venisse a sapere dell'incidente di poco prima. Sicuramente
l'avrebbe ripresa per essere stata tanto sfacciata con i Nishikado e,
soprattutto, per non aver lasciato fare tutto a Yamato ed essersi, di
conseguenza, intromessa un'altra volta. Prese la tazza fra le mani, ben attenta
a non scottarsi e iniziò a sorseggiare il contenuto, alzando un poco lo sguardo
sul ragazzo che le stava davanti.
Quando Nobu le sorrise, lei lo riabbassò sul tavolino e continuò a bere,
come nulla fosse. In realtà non allontanava il tazzone dalle labbra per paura
che si vedesse il rossore che le aveva tinto le gote.
Si sentiva stranamente calda. Che stava succedendo?
Quello era Nobu, per la miseria. Nobu! Il suo migliore amico da quando faceva
ancora la pipì a letto!!! Non poteva arrossire davanti
a Nobu!
Doveva ammettere, però, che il ragazzo era cambiato veramente tanto da quando erano piccoli.
All'età dell'asilo Nobu era veramente un immaturo, si divertiva sempre a fare gli scherzi alle altre bambine e lei, leader delle
piccole della scuola materna, era l'unica che lo contrastava sempre. Ed era così che si erano conosciuti, in quell'assurdo modo.
All'inizio litigavano sempre, ma piano, piano avevano
iniziato ad apprezzarsi a vicenda, iniziando a scoprire tanti punti che li
accomunavano. Anni prima, poi, Nobu era veramente bruttino. Iniziando a
frequentare il mondo dei punk era maturato veramente molto, aveva iniziato ad
avere sue opinioni riguardo la vita e sosteneva quella
scena meglio di chiunque altro. Un punk convinto, insomma. Ne
aveva, di conseguenza, adottato perfino il look che gli donava veramente
molto. Era diventato proprio un gran bel ragazzo.
- Senti... Roxy... io dovrei
parlarti...-, disse lui poggiando la tazza fumante sul tavolino e guardandola
seriamente. Forse non era il momento giusto, ma se continuava a tenerselo
dentro sarebbe scoppiato. Meglio beccarsi un ceffone
ora che un bidone domani.
La ragazza lo guardò con occhi curiosi.
- Parla pure... mi sembra che sono qui, no? -,
sorrise, - Che faccino serio! Qual'è l'argomento in questione? Ora sono curiosa!
Si sporse un poco in avanti per
essere più vicina a Nobu ed udire meglio ogni sua singola parola.
Il ragazzo arrossì in zona orecchie.
"NO... NO... se mi
vieni così vicino come faccio?", si domandò mentalmente il ragazzo, che
non riuscì più a frenarsi. Si avvicinò un po' alla ragazza, poggiando le sue
labbra su quelle rosse e morbide di lei. Quello era il paradiso. Erano secoli
che sognava di assaggiare il suo sapore, di sfiorare quelle labbra così belle,
rosse come ciliegie. Era convinto che se fosse morto in quel momento, sarebbe morto felice e senza rimpianti.
Roxy sgranò gli occhi, completamente shockata.
Nobu... Nobu... ma che diavolo stava succedendo? Chiuse per un momento gli occhi, assaporando quel dolce contatto,
quando all'improvviso fece uno scatto all'indietro, alzandosi e rovesciando
perfino la sedia. Non una parola riusciva ad uscire
dalle sue labbra, rimaneva semplicemente lì, immobile a fissarlo.
Il ragazzo si schiaffeggiò mentalmente. Ma che diamine aveva combinato? Bene, ora l'avrebbe odiato.
- Ah... io... io...
scusa... non sono riuscito a fermarmi... -, tentò di spiegare. Si alzò anche
lui e si avvicinò un po' a lei, ancora scioccata. - Mi dispiace Roxy... puoi
picchiarmi, se vuoi...-, farfugliò chiudendo gli occhi, aspettandosi qualche
martellata in testa o qualcosa del genere... un qualcosa che comunque
non arrivò.
- Tu... tu che volevi dire con questo? Mi hai...
mi hai sempre considerata come una sorellina, no?
Io... io non capisco...
Fece un passo all'indietro, finendo a toccare con
la gamba destra la sedia rovesciata sul pavimento.
Nobu abbassò lo sguardo.
- No... non c'è niente da capire... Tu per me non
sei una sorellina... non lo sei mai stata... da quando
ti conosco la cosa che ho sempre desiderato più di tutto era poter passare il
resto della mia vita al tuo fianco... -, deglutì, tremando. L'aveva fatto. Si
era dichiarato. Le aveva praticamente detto che
l'amava. Non si tornava più indietro, ora...
… continua…
Anf… anf…
scusate il ritardo del capitolo, ma purtroppo stanno iniziando a saltare fuori
le vacanze e settimana sì o settimana no c’è una e non
c’è l’altra. Per questo motivo ci scusiamo in anticipo se più avanti
aggiorneremo più lentamente!
Shaida
Black: Non è questione di cattiveria, noi
siamo buone come il pane! ç__ç Sobbete! Dai, in fin
dei conti se ha il destino di un futuro poco roseo noi che colpa ne abbiamo? :D
Fevva: Oh Fevvina, non essere frettolosa. Tutto a suo tempo,no? :D Sì, lo so, siamo bastarde…
modestamente! Ti ringraziamo per ritenerci brave e per continuare a leggere la
nostra storia! (soprattutto dopo i miei super stress ndSan)
Fragolina:
Grazie, ecco a te il seguito! :D
Behhhh, grazie a tutti quelli che ci recensiscono e
ci sostengono, anche solo a chi legge!
Roxy si passò una mano sulla fronte, mentre un brivido le percorse la schiena. Raccolse la sedia da terra e
si risedette su di essa, seguita poco dopo da Nobu che
tornò sulla sua.
- Nobu io... tu hai iniziato a chiamarmi
sorellina... e da lì hai disilluso tutte le mie aspettative...
e io avevo di conseguenza rinunciato a te, dimenticandomi della tua esistenza,
se non come fratello.
Nobu si alzò dalla sedia di scatto, appoggiando le
mani sul tavolo senza un minimo di delicatezza.
La cameriera graziosa di poco prima si avvicinò ai
due.
- Si sente bene, signore? Ha bisogno di
qualcosa?-, chiese preoccupata, vedendo il colorito cereo del ragazzo.
Nobu scosse un po' il capo, facendole cenno di no. Lasciò dei soldi sul tavolo.
- E' meglio... che io vada... sorellina...-,
sussurrò piano, gli occhi arrossati come se stesse trattenendo a stento le
lacrime.
Ritsuko fermò il ragazzo, prendendolo
per mano. Lo abbracciò, rimettendogli i soldi in tasca e pagando lei il conto.
- Offro io, èil minimo. Ci vediamo, Nobu.
Detto ciò uscì a passo spedito dal localino, con
lo sguardo cadaverico e gli occhi che promettevano di lasciar cadere tante
lacrime da un momento all'altro.
Sentì dei passi dietro di lei, ma non si girò a
guardare chi fosse, non le interessava. Fuori pioveva a dirotto, non aveva l'ombrello. Era
strano come il tempo fosse cambiato repentinamente, nel giro di pochi
minuti. Così come in pochi minuti i sentimenti celati nel suo cuore da così
tanti anni erano mutati, diventando ancora più forti. Come aveva potuto essere
così stupida? Oh, se solo se ne fosse resa conto prima,
non avrebbe mai lasciato che le cose finissero in un modo così assurdo. La
storia che poteva esserci tra lei e il SUO Nobu era finita anche prima di
cominciare, era un record persino per una persona scostante come lei.
Si fermò ad osservare il cielo grigio. Anche lei in quel momento voleva essere come lui. Il suo
umore era simile, ma quella grande distesa di nuvole
poteva permettersi di versare gocce d'acqua, lei no.
Non poteva piangere. Era colpa sua se si trovava in quella situazione e non
meritava di potersi sfogare, così pensava. Sentì una mano poggiarsi sulla sua
spalla e, non riconoscendo il tocco, si voltò di scatto cacciando un urlo
soffocato.
La persona che le si parò
davanti fu l'ultima che si aspettava. Un ragazzo altissimo, dallo sguardo scuro
tagliente e l'aria letale. Era proprio il suo nemico numero
uno, Daiki Nishikado.
- Cosa ci fa qui tutta
sola la piccola Matsumoto?-, canticchiò divertito, mentre Daisuke, alle sue
spalle, la guardava con puro disgusto.
Roxy scosse la testa.
- Fatti i cazzi tuoi, Nishikado. -, detto ciò si
voltò indispettita e riprese a camminare con passo spedito, sperando di
levarseli presto dai piedi.
Ancora una volta una mano la fermò, stavolta
facendola voltare con violenza.
- Ancora no, bambina... stavolta non ti lascio andare tanto presto... credo che dobbiamo
parlare...-, le sussurrò avvicinandosi al suo orecchio destro, così tanto che
lei poteva sentire il suo respiro caldo sul collo. Daisuke si avvicinò di
qualche passo, prendendo il fratello per un braccio e lo strattonò indietro.
- Ma sei stupido? Mi pare
l'avessimo seguita per scusarci, non per spaventarla! -,
disse collerico, digrignando i denti.
Daiki lo ignorò e tornò spedito vicino alla
ragazza. Voleva parlare con lei, non sentire i lamenti idioti del fratello.
Roxy lo guardò esasperata, volgendo poi lo sguardo al grande orologio vicino a
lei.
- Senti, non mi importa
di ciò che è accaduto prima, ma adesso avrei una certa fretta eh... a mai più
rivederci! -, borbottò impaziente di andarsene.
- Aspetta... -, disse il ragazzo, fermandola per
la terza volta, per il polso. - Aspetta... non te ne andare
subito... -, la pregò, con un tono di voce così sincero da far rabbrividire la
ragazza. Che diamine stava succedendo?
Si voltò nuovamente, guardandolo leggermente in
cagnesco, come forma di difesa.
- D'accordo... d'accordo... dimmi quello che vuoi
dirmi... -, roteò gli occhi fino a incrociare quelli
così scuri e profondi del ragazzo.
Deglutì un momento. Le facevano
paura quegli occhi, non riusciva a comprenderli. Erano così... così
celati dalla volontà di Daiki che capire cosa gli passava per la testa era praticamente impossibile.
- Noi volevamo chiederti scusa... e poi... ti
abbiamo sentita parlare con quel tuo amico... così...
-, i due ragazzi si sorrisero. - Così abbiamo pensato fosse carino farci
perdonare per stamattina...
La ragazza era confusa. Non capiva. Uno strano luccichio
brillò negli occhi dei diabolici fratelli Nishikado, mentre un urlo disperato
echeggiò in tutta la via, proveniente dal locale appena lasciato. Quella era la
voce di Nobu...
***
Yamato sospirò, asciugandosi con il braccio il
sudore che minacciava di colargli sul viso. Rumiko era seduta in un angolo del divano assai imbarazzata. Il ragazzo le aveva
categoricamente vietato di alzare i pesi più grossi, ed essendo rimasti solo
quelli stava lavorando solo lui e ciò la metteva a
disagio, anche se c'era un altro motivo che la stava facendo arrossire. Il
biondo batterista, preso dal caldo, stava lavorando senza un misero
abito che gli copriva il torace.
- Uff... è l'ultimo! -,
sorrise in direzione della ragazza.
Rumiko arrossì, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra...
- Oh... ha cominciato a piovere... eppure fino a
poco fa c'era un sole che spaccava le pietre...-,
disse tutto d'un fiato, imbarazzata.
- Ormai... -, fece con fare
rassegnato lui, - Questo pianeta lo stiamo distruggendo ed è chiaro che climi e
temperature non coincidano più con la norma... soprattutto il tempo, è
diventato sempre più imprevedibile.
Una gocciolina si formò dietro la testa della
ragazza, mentre pensava che Yamato non era normale. Un
ragazzo qualunque non avrebbe parlato certamente di clima e temperature, solo
in casa con una ragazza. Ma giustamente pensò che lei non era una ragazza qualunque: era brutta, secchiona, sempre
seriosa e decisamente poco dolce e femminile. Una ragazza dall'aspetto così
ordinario. E poi lui era molto più grande di lei...
non aveva speranze.
- Hai fame? Ti preparo
qualcosa...-, cambiò ancora discorso lei, alzandosi in piedi e
dirigendosi verso il frigorifero.
Yamato la raggiunse e si mise dietro di lei,
passandole un braccio davanti fino ad arrivare a prendere la bottiglia d'acqua
che stava in frigorifero.
- Scusa l'arroganza, avevo sete e non volevo
farti scomodare troppo
Le arruffò un poco i capelli, domandandole dove
poteva trovare un bicchiere.
Lei balbettò qualcosa di sconnesso e indicò il
mobiletto sopra al lavabo.
Lui prese in bicchiere, vi verso il contenuto
della bottiglia e bevve con avidità. Alcune gocce fuoriuscirono dal bicchiere
cadendo oltre le labbra, scendendo lungo tutto il collo. La ragazza arrossì
ancora più visibilmente, mentre gli occhi le schizzarono fuori
dalle orbite. Perché quel tizio doveva essere
così schifosamente, dannatamente, esageratamente sexy?
Un forte capogiro l'avvolse, costringendola a
sedersi sulla prima cosa che le capitò a tiro. E la prima cosa che le capitò a
tiro fu la penisola che si estendeva dai mobili della cucina fino a un quarto della stanza. Senza badare a quanto la scena
fosse buffa, lei vi si sedette sopra e portò le mani alla testa, sperando che
il giramento di testa si calmasse. Lui la guardò
preoccupato.
- Ti senti bene? -, le domandò levandole
delicatamente le mani dalla nuca.
Le passò una mano sulla fronte, controllando se
avesse preso l'influenza.
- Eppure non sei
calda... hai la pressione bassa?
- No... mai sofferto di pressione bassa... è colpa
tua... -, disse senza riuscire a fermarsi. Si tappò la bocca ficcandovi dentro
quattro nocche delle dita. Era diventata scema o lo era sempre stata? Beh, non
importava... ora la preoccupava più ciò che aveva appena detto.
Yamato si mise a ridere di gusto, piegandosi in
due e tenendosi la pancia. Rumiko lo guardò confusa. Era così
divertente quello che aveva detto o semplicemente non l'aveva presa seriamente?
Sicuramente, pensò, non l'aveva nemmeno considerata. Si rabbuiò mentalmente,
sforzandosi di mantenere comunque un espressione che
non lasciava intendere i suoi pensieri.
- Tu... tu sei proprio buffa, Rumi!
Lo devo prendere come un complimento? -, le domandò facendole l'occhiolino.
La ragazza quasi scivolò giù dalla penisola, ma Yamato la prese giusto in tempo fra le braccia,
evitando che si facesse male.
Non sapeva perché, ma tra le sue braccia si
sentiva così bene... non avrebbe più voluto separarsi
da lui. Chiuse gli occhi, e si accoccolò meglio in quella posizione, ascoltando
il suono dei battiti del suo cuore. Il suo respiro si fece più irregolare,
mentre sentiva i suoi battiti accelerare ogni secondo di più. Com'era bella, quella sensazione...
Vide il viso di Yamato
avvicinarsi sempre più pericolosamente al suo, quando improvvisamente si scostò
bruscamente da lei. Prese dalla tasca il
cellulare che vibrava incessantemente.
- Scusami il telefono...
Lei sorrise.
- ... niente...-, sussurrò impercettibilmente. In
realtà sentì un grande vuoto nello stomaco, come se
avesse trovato una cosa e l'avesse perduta subito dopo. Non c'era niente di cui
doveva scusarlo. Ma allora perché non riusciva a
perdonarlo? Perché? Non poteva aspettare qualche altro istante prima di rispondere? Eppure mancava così poco... Ma poco da cosa?
***
Lui si era diretto sul balcone del piccolo
appartamento ed aveva un'aria piuttosto agitata, quando parlava al telefono.
Rumiko in cuor suo, che lo osservava di soppiatto dal salotto, temeva fosse
successo qualcosa. Pochi minuti dopo Yamato rientrò e
cercò per la casa la camicia, correndo come un matto per rivestirsi in tutta
fretta ed essere pronto ad uscire immediatamente. Si soffermò qualche secondo sulal ragazza dallo sguardo triste. Il suo viso si
contrasse in un'espressione dolorante.
- Rumi... Nobu è
all'ospedale... Roxy ha detto che è stato malmenato in
un bar... pare sia piuttosto grave...
LA ragazza si alzò di scatto. Come aveva potuto?
Come aveva potuto pensare che lui non avrebbe dovuto rispondere? Nobu era all'ospedale
e... e lei... lei era un egoista.
- E' terribile! Posso venire con te?-, chiese agitata. Doveva andare da Nobu e da Roxy. Chissà Roxy come stava soffrendo lì da sola, pensando al povero
Nobu in quelle condizioni. Quella mattina era stato chiaro come il sole
che provava qualcosa per lui, da come non gli si era voluta più scollare di
dosso dopo che l'aveva salvata.
- Certo che puoi venire, penso che Roxy avrà
assolutamente bisogno di te. Soprattutto per essere trascinata fuori dall'ospedale, visto che non ammettono di assistere i
pazienti a tempo pieno. Credo sarà un'impresa piuttosto ardua...
La prese per mano e le
diede un bacio sulla guancia.
- Grazie...
Si sentiva uno schifo. L'aveva ringraziata. Dopo ciò che lei aveva pensato, lui l'aveva ringraziata.
"Sono disgustosa...", pensò
mentre lasciava sul frigo un bigliettino per la mamma, e prendeva le
chiavi all'ingresso. "... Davvero disgustosa...
non ho il diritto di innamorarmi di un uomo come Yamato... lui é
speciale...". Con questi ultimi pensieri si chiuse la porta alle spalle e
scacciò il pensiero di lui dalla sua mente per tutta
la sera. Ora era solo di Roxy e Nobu che doveva preoccuparsi.
***
Si guardò in giro spazientito, infischiandosene
del tono di voce alterato.
- Le dico che è un mio
amico! L'hanno ricoverato qui oggi per essere stato malmenato! C'è anche una
nostra amica lì con lui! È impossibile non riconoscerla, ha
i capelli azzurri! La prego, ci dica in che camera è ricoverato! -, insisté
Yamato, in seguito all'ennesimo rifiuto dell'infermiera a lasciar vedere loro
Nobu.
- Mi dispiace, le visite fuori
orario in caso d'emergenza sono permesse solamente ai parenti.
Rumiko inarcò un sopracciglio, incollerita.
- Io sono sua cugina... -, disse meccanicamente,
quasi senza accorgersene. La donna la squadrò innervosita.
- Mi mostri un documento...-, disse la donna, più
furba di lei.
- Non porto con me la carta d'identità
obbligatoriamente... perché sono ancora minorenne... -, spiegò incrociando le
braccia, esasperata.
- Allora niente, mi spiace. -, disse l'infermiera
voltando le spalle. La moretta si spazientì.
- No, brutta cretina, ora mi ascolta!!! Non per essere scortese, ma il mio amico qui fa pratica
come avvocato nello studio del dottor Yamagishi, che
come lei sa è conosciuto a livello internazionale. CI FACCIA VEDERE QUEL
PAZIENTE O LE GIURO CHE LE FAREMO CAUSA!
Yamato la guardò con gli occhi fuori
dalle orbite, iniziando a sudare freddo. Era una causa persa in
partenza, ma l'infermiera sembrò vacillare momentaneamente.
- Chiamo il dottor Sasaki, ne discuterete con lui. È a conoscenza della
condizione del paziente.
- Mi scusi! -, borbottò una vocina famigliare in
direzione di un anziano signore. Una ragazza dai lunghi capelli mossi ed
azzurri aveva appena urtato un uomo sulla settantina che la squadrò
piuttosto infuriato, borbottando fra sé quanto fossero diventati maleducati i
giovani.
- Roxy! -, urlarono in coro i due amici.
- Meno male siete qui! -, gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime, - Nobu non si
sveglia...
Rumiko abbracciò l'amica. L'infermiera guardò i
tre e decise di non andare dal dottor Sasaki.
- Va bene... andate pure...
Yamato le sorrise e fece un cenno per
ringraziarla. Diede una pacca sulle spalle delle due.
- Si.. andiamo...-, disse
solo Rumiko, e i tre salirono al piano di sopra, dove Nobu era sott'osservazione,
attaccato ad alcune macchine dall'aria poco rassicurante. Ma dopo tutto, durante l'aggressione era stato colpito all'addome da
un coltello, ed era facile intuire che senza quelle macchine non sarebbe
sopravvissuto. Ritsuko intanto continuava a piangere, appoggiata all'amica,
imprecando contro tutto e tutti perché il medico non
aveva ancora fatto pervenire nessuna informazione riguardante la gravità delle
ferite.
- Yamato... tu non puoi provare a farti dire
nulla sullo stato di Nobu? -, domandò quando si fu un
poco calmata. - Sai, in qualità di avvocato... magari
qualche cosa te la spifferano...
Rumiko alzò lo sguardo sul biondino, che stava
osservando l'infermiera che avevano incontrato all'entrata, mentre controllava
i battiti cardiaci e altri dettagli dell'andamento fisico di Nobu.
- Sì, potrei provare... ma
non credo cambierebbe qualcosa saperlo.
Rumiko scosse il capo.
- Come puoi essere così
indelicato? Non cambierà le situazioni di Nobu, ma sicuramente servirebbe per Ritsuko... guarda come piange... si sta auto distruggendo...
e tu non fai niente per aiutarla... -, buttò fuori tutto d'un fiato. Erano parole dure, semplicemente perchè dettate dalla
gelosia. Perché fissava in quel modo quella stupida
oca di un'infermiera? Solo perché probabilmente portava l'ottava di reggiseno?
Si chiese tutto questo mentalmente, guardando truce l'uomo.
- Rumiko non fare la bambina. Lo so anche io che
Roxy sta male, ma la condizione di Nobu è quella che
vediamo anche noi. L'unica cosa che possiamo sapere è se è in pericolo di morte
oppure no, cosa di cui non credo. Se lo fosse stato ci
avrebbero già avvisato, stanne certa.
Voltò lo sguardo fuori dalla
finestra. Pioveva ancor più di prima e, quel tempo, non faceva che alimentare
la sensazione di tristezza che regnava tra il gruppetto.
Rumiko ignorò le parole del biondo e, quando vide
il medico avvicinarsi, lo fermò.
- Mi scusi... la prego...
può dirmi le condizioni di Nobu?-, chiese con la voce spezzata.
Il giovane uomo la guardò un po' dispiaciuto,
prima di pronunciare una sola misera parola.
- Mi dispiace signorina... -,
sembrò portare una brutta notizia, - Purtroppo le condizioni del paziente ci
sono ancora incognite. Secondo il risultato delle analisi
la ferita è piuttosto grave, sicuramente, ma a quest'ora
si dovrebbe già dover essere ripreso. Non siamo in grado di dare una diagnosi
riguardo la situazione del ragazzo. Sono mortificato.
Se dovessimo scoprire qualcosa state certi che ve lo
riferiremo, non è nostra abitudine tenere i parenti all'oscuro della situazione
di un proprio caro.
Il medico si allontanò, lasciando i tre ancora più
angosciati di poco prima. L'infermiera uscì dalla stanza di Nobu e si avvicinò
a Yamato, sussurrandogli qualcosa. Rumiko e Ritsuko si guardarono. Ritsuko
piangeva ancora, ma anche nella sua mente era balenato un pensiero: "Che
diamine voleva quella tizia? Si vedeva lontano tremila chilometri che ci stava
provando con Yamato, mentre cercava di rassicurarlo".
- Mah... non é il momento di pensare a questo...
vuoi qualcosa da bere? Vado al distributore...-, disse
Rumiko, scuotendo il capo, amareggiata e ancora più delusa di se stessa.
- Se vuole -, si intromise
l'infermiera, - C'è anche un bar al primo piano, dove vendono anche panini e
altro tipo di cibarie.
Sorrise con fare dolce,
ma Rumiko l'aveva già capito, non era mica stupida lei. Quella era solamente
una smorfiosa che tentava di fare la bella faccia davanti a Yamato. Quanto la
schifava.
- Grazie mille...-, sorrise nervosamente, mentre
una vena prese a pulsare ritmicamente in una sua
tempia.
Sospirò e si allontanò, scacciando nuovamente,
definitivamente, quei pensieri di testa.
… continua…
Ohhhh... Rumiko comincia a covare
gelosia dentro di sè... ohhhh O.o Cosa accadrà? Mah, boh, chissà =P
Grazie a tutti quelli che
continuano a seguirci, ma soprattutto un megagrazie a chi ci sostiene
lasciando un commentino ^O^
Fevva:
Cattive? Naaa... solo un tantino sadiche XDDD Eh già... Roxy e Nobu...
chissà cosa succederà tra loro... mhhh... sono aperte le scommesse ^___^
Tessssora sei dolze dolze grazie dei complimenti non ce li meritiamo
(parla per te ndSan) (zob ç__ç ndRachel). Continua a segurciiii ^O^
stefy88splash:
UAHHH UAAAHHH KYAAAAHHHH! (/me urletta eccitata ndRachel) Adoriamo vedere
commenti di nuovi lettori *O* E' sempre bellisshimo, shi shi, un'emozione
unica :) Ti ringraziamo tanto, speriamo che anche questo capitoli, e quelli
che seguiranno, saranno di tuo gradimento ^O^ Riguardo ciò che credi,
su rumi e roxy... beh noi non ti diciamo nulla, vedrai, vedrai O=)
Behhhh, grazie a tutti quelli che ci recensiscono e ci sostengono, anche
solo a chi legge! (l'avevi già detto ndSan)(Beh... non mi piace essere
scortese... preferisco ripetere piuttosto che passare per scortese! ndRachel)
(Tu non sei scortese... sei cretina, è diverso... ndSan) (Ma buuuhhh çç
ndRachel)
Goro era un bambino decisamente
fuori dal comune. In primis, suo padre era ricco da far schifo, così che i
soldi gli uscivano dal di dietro. Era viziato, sì, ma
non come un normale bambino di sei anni. I genitori gli permettevano tutto, era
servito e riverito, ma soprattutto era temuto. Gli altri bambini avevano paura
di lui, era violento e picchiava tutti. E i grandi lo
detestavano perché non sapeva far altro che fare confusione. Non stava mai fermo, era pronto a rompere tutto, da vasi a
giocattoli, da stoviglie a libri. Era un uragano e niente, NIENTE,era capace di
fermarlo.
E quell'uragano ora era ospite a casa di suo zio Nishikado, perché
i suoi genitori erano in viaggio e lui non voleva rimanere solo con i domestici
(o meglio, i suoi domestici ormai li aveva esauriti tutti, aveva bisogno di
nuove prede).
E così Daiki e Daisuke erano stati costretti dal
loro paparinoa occuparsi
della peste.
- Dannazione! -, ululò in fase di pianto Daisuke,
- Pure i domestici si sono dileguati! Ci tocca subircelo tutto il pomeriggio,
non vogliooooooooo!
Daiki lo zittì con lo sguardo. Ma
che pensava, che a lui facesse piacere appiopparsi quel moccioso?
- Daikuccio... dobbiamo trovare una baby sitter, io
questo qui fra i piedi non lo voglio!
Daiki si grattò il capo, con un'espressione
sofferente.
- Non so che dirti... è il terzo giorno che è qui
con noi, mancano ancora tre mesi prima che se ne vada,
se ha già fatto scappare tutte le bambinaie che hanno accudito noi da piccoli...
io altre non ne conosco...-, spiegò, afflitto.
- Sì, lo capisco, ma non possiamo nemmeno saltare
per tre mesi le lezioni, anche perchè l'anno scolastico finisce prima! -, si
lamentò mettendo il broncio. -, Se non vado a scuola
non posso vedere nemmeno Rumiko... e dopo non possiamo nemmeno torturarla!
Daiki scosse la testa. - Credo ti stia a cuore più il non vederla per tre mesi, che il non
torturarla per tre mesi...-, disse sconsolato, correndo appresso a Goro che
stava trascinando per la coda Minako, la gattina
bianca della loro nonnina di ottantadue anni Sachiko,
e la sbatacchiava or di qua or di là.
- Ma va... -, disse
arrossendo, - Piuttosto, perchè non lo portiamo al parco giochi? Almeno evita
di distruggere qualcos'altro... insomma... siamo a quota
tre vasi, mhhh... due piatti, sei statuette di
cristallo e una ciotola cinese. Non credo possa fare
troppo danni fuori di qui... così ne approfittiamo per guardare gli annunci al
centro commerciale, chissà che non ci sia qualche bambinaia...
Daiki assentì.
- Ok... ma volevo
passare prima in ospedale a trovare la nonna... sono
tre giorni che non andiamo... vorrei vedere come sta.-, disse, serio.
Daisuke accettò. Bloccarono insieme Goro,
facendogli indossare la giacca e il cappello e scesero nel seminterrato e poi
nel loro supergarage con duecento macchine diverse, metà delle quali
decappottabili. Ne scelsero una a caso tra quelle più piccole e maneggevoli in
città e, Daiki alla guida, partirono, senza nemmeno
avvisare l'autista o qualcun'altro. Goro era sul sedile posteriore che si
divertiva ad aprire e chiudere i finestrini e disegnare sul vetro posteriore
con un pennarello indelebile, beccandosi le migliori maledizioni di Daisuke.
- E se lo rifilassimo ad un'infermiera e poi non
tornassimo più a prenderlo?! -, provò Daisuke,
prendendosi un insulto dal fratello maggiore.
All'incirca venti minuti dopo, causa forte traffico, arrivarono nei pressi dell'ospedale.
Daiki posteggiò in un parcheggio coperto e insieme alla piccola peste, che
pretendeva di avere in quell'istante un budino alla fragola, entrarono nella
grande struttura.
***
Rumiko porse una busta a Ritsuko, che era rimasta
tutta la notte al capezzale di Nobu. Ormai erano tre giorni che la ragazza dai
capelli azzurri non metteva piede fuori dall'ospedale.
- Tieni... ti ho portato un ricambio e qualcosa da
mangiare... so che non hai fame, ma se continui così
ti sentirai male... e sono sicura che Nobu quando aprirà gli occhi non vorrà
vederti messa peggio di lui.-, la incitò la moretta. Ritsuko sorrise flebilmente,
prese la busta dalle mani dell'amica e si avviò verso uno dei bagni riservati
ai parenti che passavano la notte in ospedale.
Rumiko sospirò e si sedette accanto a Yamato. Lui
anche aveva passato tre notti insonni, e lei non sapeva proprio come aiutarlo.
Improvvisamente abbassò lo sguardo sui vestiti che indossava. Erano diversi dal giorno prima. Ed effettivamente anche quelli del giorno prima erano diversi dai giorni precedenti. Qui
qualcosa non quadrava. Come aveva fatto a procurarsi dei ricambi? E perché era bello, fresco, pulito e profumato?
- Ma... gli abiti... chi te li ha...-, non finì la
frase, interrotta dalla voce familiare dell’ avvenente
infermierina.
- Yama... tesoro... io
ho finito il turno, vuoi che ti porti qualcosa quando
torno per il turno di stanotte?
- No grazie Aya, va bene così, sei stata fin troppo gentile.
La ragazza sorrise, salutando Rumiko e diede un
bacio sulla fronte a Yamato.
- Sì, d'accordo... ma almeno qualcosa da mangiare
te lo porto. Sono diventata brava ora a cucinare, sai?
Ne farò in abbondanza, così anche le tue amiche non resteranno a stomaco vuoto!
Ciao ragazzina, ciaoYama!
Diede una carezza sulla testa a Rumiko e si
allontanò. La moretta, dal canto suo, era sul punto di esplodere.
"Ragazzina? COME SI PERMETTE?"
- Yama? Ehm... la
conosci da molto...?-, chiese, facendo come nulla
fosse, come se la cosa non la toccasse affatto.
- Era la mia ragazza ai tempi del liceo. -,
rispose lui asciutto.
Voltò lo sguardo verso di lei, ma non era più
quello che le aveva dedicato da quando l'aveva
conosciuto. Ora era così... freddo. Rumiko sentì una fitta al cuore. Cosa aveva fatto di male per meritarsi quell'atteggiamento?
- Tu... la ami ancora... -, sussurrò lei, piano,
ma non troppo, in modo che lui la sentisse. Si alzò in piedi e si avvicinò alla
finestra, volgendo lo sguardo alle piccole goccioline di pioggia cadute sui
vetri, che ora scendevano velocemente verso il davanzale. Pioveva ancora, ma un
piccolo raggio di sole batté sui vetri, formando uno strano caleidoscopio di
colori, mentre la pioggia smetteva piano e l'arcobaleno appariva nel cielo,
ancora grigio. Una sola lacrima nacque dai suoi occhi prima di infrangersi
sulla parte interna del davanzale come le gocce di pioggia. Si asciugò
velocemente il viso, quando Yamato le si fece
affianco. Stava per dirle qualcosa, ma fu interrotto da qualcosa che gli si era
avventato addosso e lo stava prendendo a pugni. Un bambino
diabolico la cui espressione ricordò a Rumiko quella dei diabolici Nishikado.
- Ma da dove diavolo
sbuca questo marmocchio? Dovrebbero mettergli il guinzaglio! -, riuscì a dire,
tra un respiro forzato ed un altro, per via delle mani del bambino intorno alla
sua gola.
Sentirono una scivolata seguita da un tonfo, per
poi veder sbucare da dietro l'angolo Daisuke.
- GoroOoOoOoOoOo! Torna
subito qui!!! -, urlò prima di fermarsi
improvvisamente, - Ru-Rumiko?!
La ragazza scattò sulla difensiva, guardando in
tralice il brunetto.
- Che vuoi? Vattene via...-, disse brusca, e un po' tremante. Era
spaventata. Tutti i loro incontri non erano mai piacevoli, e poi era stato lui
a far picchiare il povero Nobu. Non l'avrebbe mai perdonato.
L'espressione del ragazzo si fece improvvisamente
dura.
- Perchè piangi?
La moretta si asciugò velocemente.
- Non sto piangendo... e comunque
non sono affari tuoi... non osare avvicinarti di nuovo a me e agli altri... -,
poi si girò verso Yamato, il bambino addosso a lui aveva ormai preso il
sopravvento e non tentava nemmeno più di cacciarlo via, impegnato com'era a
pensare al pennarello indelebile con cui gli stava scribacchiando sulla
camicia. - E portati via questa tua fotocopia
rimpicciolita...
- Come scusa? -, domandò Daisuke, senza
trattenere un'espressione alquanto perplessa.
- Mi sono innamorato! -, scandì meglio le parole
il bimbo.
Daisuke trattenne una risata, poggiando una mano
sotto al mento ed evitando di guardare il bambino.
- E di chi ti saresti
innamorato?
- Di questa bella ragazza qui...-, disse indicando
Rumiko, che si ritrovò ad arrossire. "OCCAVOLO MA CHE FACCIO? ARROSSISCO
PER UN BAMBINO???", pensò la ragazza scuotendo la
testa e schiaffandosi una mano in fronte.
- Bella ragazza? Io non vedo belle ragazze...-, disse Daiki divertito comparendo alle spalle di Yamato, che
si era appena rialzato e che si girò guardando in cagnesco l'ultimo arrivato.
- Perchè ci sono ragazze qui? -, continuò
Daisuke, facendosi prendere dal fratello.
Rumiko mise il broncio,
possibile dovessero umiliarla perfino davanti a Yamato? Sembrò pensarci
qualche secondo... che diavolo gliene importava a lei di lui? Quel maledetto
stronzo... che se la tenesse stretta quella troietta di un'infermiera, a lei di certo non gliene poteva
fregare nulla. Per lei poteva anche morire, non le cambiava di certo la vita. Conosceva Yamato da così poco, eppure... eppure
quando gli era vicino sentiva una strana sensazione, qualcosa che le incatenava
il cuore, soffocandolo, distruggendolo. Non era amore. No di certo. Era troppo
presto. Ma una cosa era certa: si stava attaccando a
lui morbosamente, come fosse una malattia. E si
sentiva cattiva. Sporca. Disgustosa. Malefica ed egoista. Egoista, sì. Lei non
meritava niente. La sua era una vita miserabile e lei
non meritava di potersi innamorare di un uomo così meraviglioso. Era entrata in
una nuova realtà che non le andava bene. Sua madre non erastata felice con chi amava, quindi
nemmeno lei se lo meritava.
- Siamo in un ospedale, cercate di regolare il
vostro atteggiamento. -, disse gelido Yamato, dirigendosi verso il bar
dell'ospedale.
Goro si attaccò ai piedi di Rumiko, che abbassò
lo sguardo su di lui.
- Mi porti al parco giochi? -, domandò il bimbo
innocentemente.
La ragazza spalancò la bocca e mosse un po' la
gamba. Il bimbo non si staccava.
- AAHHHH SCOLLATELOOO!-, disse agitandosi.
- Da bravo Goro... -, tentò Daisuke, - Lascia in pace Rumiko, solo io posso torturarla!
Il piccolo mise il broncio, attaccandosi ancora
più saldamente alla gamba della ragazza.
- Io resto con Rumi-chan!
Ritsuko tornò dal bagno. Rumiko l'abbracciò, il
bambino ancora incollato con l'attack alla sua gamba.
- ROXY!!! STACCA QUESTO
POLIPO DALLA MIA GAMBAA!-, le ordinò quasi in preda alle lacrime.
- E questo coso da dove
sbuca? Sembra Daisuke... -, domandò lei, sempre con la
solita tonalità piatta che aveva assunto dal ricovero di Nobu. - Ah... c'è
anche Daisuke in versione grande... saranno diversi di età,
ma di cervello non vedo molta differenza. Da bravo... lasciala andare
piccolino...
Prese il bimbo per i fianchi, che lasciò
finalmente andare la ragazza, buttando le piccole braccine
intorno al corpo di Ritsuko.
- Sono innamorato ancora! -, disse il piccolo
felice, prendendo con una manina un lembo della gonna di Rumiko e alternando lo
sguardo sulle due.
Daisuke dal canto suo mollò un pugno in testa al
bambino.
- PICCOLO DEFICIENTE! Hai alzato la gonna a
Rumiko! Le si sono viste le mutan...
oh aspetta... perché ti sto sgridando? Bravo bimbo, bravo!
Un fischio risuonò incessantemente per il corridoio. Gli occhi di Roxy si spalancarono, travolti dal
terrore. Quel suono... proveniva dalla camera di Nobu. Rumiko si passò una mano
sulle labbra. In genere non portava buone notizie. La ragazza dai capelli
azzurrini corse nella camera di Nobu, staccando da sé Goro, in modo talmente
brusco che iniziò a piangere. La moretta prese in
braccio il bimbo, stringendolo forte a sé, pregando per la vita del ragazzo.
Ritsuko spalancò la porta e vide un Nobu ansante, ma sveglio, che trafficava con il tasto del
campanello per chiamare gli infermieri.
- Ma questi cosi perché
devono avere tremila tasti? Ho premuto il tasto d'emergenza invece di quello
semplice!!!-, si scusò, parlando a fatica, sorridendo
flebilmente alla ragazza.
La ragazza rimase immobile sulla porta, mentre
calde lacrime iniziavano a scorrerle lungo le guance.
- No... Nobu...
Il ragazzo allungò una mano, facendole segno di
avvicinarsi. Ritsuko non se lo fece ripetere due volte, si avvicinò velocemente
al letto e gli prese la mano.
- Ti ho sognata, sai...
non ho sognato nient'altro che te...-, sussurrò lui, stanco. Tossì un paio di
volte, e chiuse gli occhi, stringendo la mano della ragazza.
Roxy sorrise un po' forzata,
facendogli segno di non dire più niente.
- Non sforzarti... sei ancora debole, devi
riguardarti. Vuoi uscire da qui o no?
Nobu annuì con un cenno del capo.
- Sì... però solo se mi prometti di stare con me
per sempre... perché altrimenti non vale la pena di uscire di
qui, si sta così bene...-, scherzò lui. Eppure a
Ritsuko sembrò così serio.
La ragazza gli passò una mano fra i capelli,
scendendo poi fino ad accarezzargli una guancia. Gli diede un bacio sulla
fronte.
- Mi dispiace ti sia successo questo... Da...
Daiki e Daisuke hanno... sono stati loro a... -, non
riusciva a formulare una frase di senso compiuto, scossa com'era dai
singhiozzi.
Nobu sorrise e le passò una mano tra i capelli.
- Non credevo... che per averti così vicina avrei
dovuto essere in ospedale... se l'avessi saputo mi sarei fatto picchiare molto,
molto tempo prima...-, rise ancora e Ritsuko pensò fosse
in vena di ironia. Ma lo sguardo di Nobu si fece
improvvisamente serio. - Resta con me... per sempre... ti prego...
Roxy prese la mano di Nobu, che ancora era fra i
suoi capelli. Non gli tolse un attimo gli occhi di dosso, finendo poi per affogare
in quelli di lui. Si avvicinò un poco di più, poggiando una mano sulla sua
spalla e l'altra dietro alla sua nuca. Gli diede un bacio sulla punta del naso,
sulla guancia, fino ad arrivare alle sue labbra. Gli diede un bacio leggero,
quasi fuggiasco, allontanandosi un poco per riguardarlo negli occhi.
Nobu rimase quasi sconvolto da quel piccolo gesto
d'affetto. Chiuse gli occhi ancora una volta ricacciando indietro le lacrime
che volevano così insistentemente cadere lungo le sue guance.
- Ti amo, Ritsuko... ti amo... -, disse prima di
addormentarsi, sorridente, ma esausto.
L'elettrocardiogramma segnava i battiti un po' più veloci, che si
regolarizzarono quasi subito, una volta che fu caduto
tra le braccia di Morfeo. Era tenuto sotto sedativo per non fargli
sentire dolore, così Ritsuko non disse nulla. Si sedette accanto a lui e
rimase così tutto il resto della giornata, pensando a cosa gli avrebbe dovuto
rispondere, una volta che si fosse svegliato. Ma dopotutto la risposta la sapeva. L'aveva sempre saputa.
***
Seduta su una panca in mezzo al corridoio, Rumiko
stava giocando con il piccolo Goro ad una prova di riflessi con le mani. Goro
la batteva sempre.
Yamato era andato a vedere la situazione di Nobu,
ma a quanto pareva doveva aver visto qualcosa che l'aveva sconvolto. L'aveva
semplicemente tranquillizzata ed aveva aggiunto che doveva andare a fumarsi una
sigaretta per schiarirsi le idee.
Daiki e Daisuke intanto guardavano Rumiko e Goro
da dietro un angolo.
- Come cavolo ha fatto a calmarlo? Che sia una strega?-, chiese Daiki, perplesso.
- No... è una donna e ci sa fare con i
marmocchi... e poi è troppo dolce per essere presa in
giro anche da Goro. Trovo che Rumiko sia una di quelle
persone a cui ti affezioni immediatamente, è impossibile non volerle bene. -,
fece un riso nervoso, - Ovviamente parlo dei mocciosi!
Daiki lo squadrò dall'alto in basso, come fosse una pulce.
- Vergognati... prenderti una
sbandata per una ragazza ordinaria e squattrinata come quella. Ma da che pianeta vieni? Da che mondo e
mondo i ricchi stanno con i ricchi e i poveri con i
poveri...-, disse innervosito, mentre una venuzza
pulsava insistentemente in una tempia.
- Ma che stai dicendo? A
me non piace Rumiko! Io sono innamorato di... di... Kimiko! Hai in mente quella ragazza estremamente
bella e ricca?
Daiki storse il naso.
- Lei si che è una vera
donna. Ha tutte le curve al posto giusto ed è estremamente
sexy. La cosa più importante, inoltre, è che è ricca sfondata. Ultimamente mi
ha fatto capire di avere un certo interesse nei miei confronti e credo che non
la rifiuterò proprio!
- Se parli di KimikoHibarashi... beh prima si chiamava
Kimito, ed era un maschio... poi si è sottoposto ad
un'operazione di chirurgia e si è fatto togliere l'uccello, facendosi costruire
al suo posto la passerottina...-, spiegò imitando il
verso di un usignolo, che risultò goffamente più simile ad una cornacchia. Una
gocciolina bagnò la fronte di Daisuke.
- Ehm... ho sbagliato...
intendevoRuriko...-, si giustificò il
ragazzo.
Daiki rise. - Ma chi, la figlia
dell'imprenditore Hirogata? Lo sanno tutti che ha una relazione eretica con suo fratello gemello...
Daisuke arrossì. Lui non lo
sapeva affatto!!!
- Finiscila! Vorrà dire
che punterò ad un'altra donna! Tanto la nostra scuola pullola
di belle donzelle!
Si finse altamente offeso,
quando in realtà stava semplicemente morendo dalla vergogna. Daiki, dal canto suo, non riusciva più atrattenere le lacrime dal troppo
ridere.
Improvvisamente i due si bloccarono. Daisuke stava
rosicando di rabbia, nel vedere Yamato che, seduto accanto a Rumiko, giocava
insieme a Goro, che stranamente l'aveva preso in simpatia.
- Credevo fosse più pestifero... é un bimbo molto
dolce...-, disse Yamato accarezzando il capo del bambino e scompigliandogli
affettuosamente i capelli. Rumiko arrossì. - Sì... "Che bello... tutti e
tre sembriamo una famigliola felice!!"-, pensò la
ragazza tra le nuvole.
Yamato prese il bimbo sulle sue gambe, guardando
attentamente Rumiko.
- Credo che noi due dobbiamo parlare...
… continua…
Papapapapapam, siamo già arrivate al settimo capitolo, ma anche se andremo in
vacanza non vi lasceremo mai senza, contenti? :D Vabbè… potreste almeno far finta di sì eh! Siamo già
andate parecchio avanti con i capitoli, quindi anche se
una delle due manca l’altra può pubblicare… eh, come siamo brave! Ma passiamo ai ringraziamenti!
stefy88splash: Non ti preoccupare che piano, piano postiamo tutti i
capitoli, non è nostra intenzione far soffrire i lettori… beh… forse un pochino
sì! :P Ecco svelato a te il mistero di Nobu, contenta?
;)
Moonlight:Mh… no perché mai ci dai
delle sadiche? Siamo così tenere ed innocenti… ghgh… Postiamo
ad intervalli regolari di due- tre giorni, così lasciamo tempo a chi ancora non
l’ha letta di leggersi piano, piano i capitoli, senza trovarsene una sfracassa.
Con tutte le persone che postano è difficile vedere
quando si aggiorna, no? :D Grazie ancora per i
complimenti!
Faith: Davvero trovi che
riusciamo a trasmettere le sensazioni dei nostri personaggi? Yaho! È proprio ciò che vorremo! Rendere i lettori
partecipi di ciò che provano i protagonisti. Beh…
ormai i Nishikado sono fatti così, o si accettano o si picchiano, come ha fatto
Nobu! ;)
Grazie anche a tutti quelli che leggono, ma non lasciano una recensione. Questo
ci dispiace molto, perché così non possiamo sapere il loro parere sulla storia…
ma vabbè…
Rumiko non alzò lo sguardo verso Yamato. Aveva già
intuito quale fosse l'argomento di cui voleva discutere con lei e sicuramente,
se l'avesse guardato, sarebbe scoppiata a piangere come
una bambina delle elementari. Sapeva che non c'erano speranze e che stava per
ricevere la sua prima delusione sentimentale. Aveva sempre odiato i ragazzi, e
ora che il cuore le faceva tanto male sapeva anche il perché. Aveva fatto bene
a rimanere sempre una ragazza ordinaria, che qualcuno cosa le accadesse intorno
rimaneva nell'ombra, impassibile, inosservata. Con Yamato aveva voluto
strafare. Aveva voluto conoscerlo, e aveva voluto
farsi conoscere per ciò che era davvero: una ragazza come tante altre, che
aveva tanto bisogno d'affetto e di uscire dal suo guscio. Aveva semplicemente
sbagliato. Ora che se ne rendeva conto, era troppo tardi. Un piccolo sorriso
ironico le deformò l'espressione per pochi istanti, prima di tornare seria. Che
buffo... Ora che ci pensava bene aveva sempre creduto di sbagliare ad
allontanare chiunque le si avvicinasse. E invece ora
scopriva quanto avesse fatto bene. Anche con le amiche succedeva
sempre così. Stava con loro per il pranzo, ma dopo la scuola non uscivano mai insieme, troppe divergenze di carattere.
Avevano semplicemente bisogno del suo cervello, ecco. Lei faceva
i compiti e loro copiavano. Punto. Era la regola, ormai. Ci aveva fatto
l'abitudine, ma non poteva dire che le facesse
piacere, questo mai. Alzò lo sguardo di ghiaccio sul giovane uomo. Non voleva
le dicesse proprio nulla, non voleva una paternale.
- Non dirmi niente... so
già tutto... -, disse con la voce spezzata. Non aveva forza di fare nemmeno un
gesto. Riabbassò il capo, lasciando che i capelli le cadessero sul viso.
Nessuno doveva vederla in volto, proprio come era
sempre stato, fino a pochi giorni prima. Nessuno doveva più vederla in volto,
nessuno doveva accorgersi del suo aspetto non proprio
orientale, con gli occhi azzurro ghiaccio che della forma a mandorla avevano
poco. Yamato era stata la sua prima delusione, e sarebbe
stata anche l'ultima. Lo giurò a se stessa.
- E cos'è che sapresti
già? -, domandò incuriosito Yamato, prendendo a scrutarla più attentamente.
Attese finché la ragazza non si decise di parlare, sapeva benissimo che aveva
bisogno di tempo. La piccola Rumiko... gli piaceva veramente quella ragazza e
stava per commettere anche un grosso errore con lei. Aya
e Rumiko erano pressoché identiche, se non per il colore degli occhi. Anche la giovane infermiera era di sangue misto e, all'età
di Rumi, avevano lo stesso carattere. Iniziando a
frequentarsi, per uno strano fatto, aveva finalmente iniziato ad aprirsi e a
diventare quello che ora era, riuscendo sempre e comunque
alla perfezione negli studi.
E guardando la piccola Rumiko si era reso conto di amare ancora Aya, e ciò che
provava per Rumiko era una sorta di malinconia... nostalgia per i tempi passati
in cui era stato con Aya. Si era anche reso conto dei
sentimenti che la moretta stava cominciando a provare per lui, e un po' gli
faceva anche piacere. Ma lui amava Aya, e Rumiko
avrebbe solo sofferto, se lui non avesse subito messo
le cose in chiaro.
- Lo so benissimo che... ti piace
quell'infermiera... -, scandì le parole come fossero oro puro. Era troppo
importante fargli capire quale fosse il suo stato
d'animo.
- Sì in un certo senso sì... -, Rumiko sembrò
quasi tornare a sperare, in cuor suo, - C'è una differenza
però... a me non piace Aya, io la amo... da
tanti anni ormai... Credevo ormai di aver sepolto questo sentimento, dopo
quella lite... Non ci siamo visti per tanto tempo e io ero quasi certo di
impazzire dalla sua mancanza. Le stagioni, poi, sono passate lente ed
inesorabili e io cominciavo a reprimere il mio stato d'animo...
ma poi sei arrivata tu... le somigli così tanto...
Goro guardò l'uomo, inarcando un sopracciglio. Ma cosa stava dicendo quel babbeo? Persino lui che aveva sei
anni sapeva che non si dovevano mettere a confronto due donne, perché erano
guai. Lui l'aveva fatto con due amichette dell'asilo, l'anno
prima. Inutile dire che si era beccato due
schiaffi contemporanei, uno su una guancia e uno sull'altra. Se
ci ripensava vedeva ancora le stelle. Sapeva di essere considerato terribile,
ma sapeva anche che contro le "donne" non
c'era scampo, anche lui non poteva vincere. Guardò l'espressione sofferente
nascosta dietro i lunghi capelli neri di Rumiko, che si era portare le mani
sulle labbra per soffocare dei singhiozzi. Scosse la testa, scese dalle gambe
di Yamato e andò da Daiki e Daisuke. Sapeva che qualche giorno prima i cuginoni avevano fatto picchiare quel tizio biondo perché
aveva fatto piangere la tizia dai capelli azzurri. Bene, voleva dire che avrebbero fatto picchiare anche quest'altro
tizio biondo, perché aveva fatto piangere la moretta Rumiko.
Daisuke, che non si era perso una sola parola
della conversazione, aveva un espressione lugubre.
Possibile che quel deficiente non si rendesse conto del reale valore della
moretta? Stava forse scherzando? Preferire una sgualdrina come quell'infermiera
alla sua Rumiko! Un momento, la sua Rumiko? Si schiaffeggiò mentalmente. Non
poteva nemmeno permettersi, neanche nei suoi pensieri, di formulare una simile
frase. Se per caso, un giorno, gli fosse sfuggita
sarebbe successo il finimondo. Si voltò verso il fratello, che ancora aveva gli
occhi puntati in direzione della camera dove era ricoverato Nobu.
- È così interessante quella stanza? Guarda che sei praticamente stato tu a farlo finire dove sta...
Daiki scrollò le spalle.
- Sta' zitto... dici solo
cose inutili...-, tornò a guardare verso la stanza, come se stesse aspettando
qualcosa.
Daisuke sospirò, poi si sentì
tirare una manica della maglia. Abbassò lo sguardo su Goro.
- Fate picchiare il tizio biondo?-, chiese con
espressione innocente.
- Fossi scemo... -,
sibilò il più piccolo dei Nishikado, - Quello ci manderebbe in galera nel giro
di mezzo secondo... Se venisse a scoprire che quel coso là è ricoverato per
causa nostra sarebbe la fine...
Prese il cuginetto in
braccio, dando poi un pizzico sulla guancia a Daiki.
- Vuoi andare o stai forse aspettando che
qualcuno si decida ad uscire da lì? -, lo stuzzicò.
Daiki in risposta gli
mollò un calcio nello stinco.
- T'ho detto che devi
tacere.
Goro rise.
- Ah ah... ancora! Dagliene un altro!
Daiki e Daisuke si guardarono, poi Daiki sorrise e
gli diede altri calci a raffica.
Daisuke implorava pietà al fratello e al cugino,
che entrambi lo stavano riempiendo di botte. Ad un
certo punto Daiki si, fermò improvvisamente, vedendo un fulmine blu passargli
proprio davanti agli occhi.
- Yama! Rumi! Sbrigatevi, correte! Prima
Nobu era sveglio, ora si è addormentato di nuovo! I
medici mi hanno appena riferito che si rimetterà presto! -, sorrise radiosa in
direzione dei due.
Vedendo l'atmosfera che regnava fra i due amici,
si fermò improvvisamente, andando quasi a sbattere contro la parete del
corridoio.
- Ma che è successo?
Nobu non è mica morto...
Rumiko si alzò in piedi, asciugandosi le lacrime prima che Ritsuko la vedesse, e sorrise
flebilmente all'amica.
- Mi fa piacere. Ora devo andare a studiare...
Salutami Nobu quando si sveglia.-, senza aggiungere
altro percorse velocemente il corridoio fino all'ascensore, che era occupato,
così prese le scale a destra e corse via. Ritsuko guardò Yamato.
- Che diamine le hai
fatto? Era distrutta poverina... -, gli tirò uno scappellotto
dietro alla nuca, - Non si fanno piangere le donne!
Il piccolo Goro emise un grido di gioia, tornando
nei pressi della ragazza, completamente d'accordo con lei. Non che lui non facesse piangere le bambine dell'asilo... ma la bella
moretta non doveva soffrire, non per colpa di quel biondino tanto brutto.
Daiki e Daisuke seguirono il bambino.
- Goro, vieni... andiamo
a trovare la nonna al piano di sopra... -, disse Daiki senza rivolgere lo
sguardo neanche una volta agli altri due.
- Non voglio vedere la nonna...
voglio rimanere con la fata turchina!
Roxy per poco non cadde a terra.
- Chi sarebbe la fata turchina?!
Daiki scosse la testa. Si avvicinò al bambino e
cominciò a tirarlo per le gambe, mentre Goro rimaneva attaccato come una
sanguisuga ad una gamba di Ritsuko.
- Molla la presa, piccolo idiota!-, grugnì il
ragazzo tirandolo senza troppa convinzione. Aveva un p' paura di spezzargli le gambe. Se fosse successo
suo zio l'avrebbe ucciso.
- Che indelicatezza...
-, borbottò Roxy prendendo il bambino in braccio e passandolo poi nelle braccia
di Daiki. - Sì, un grazie è sufficiente...
Daiki ignorò i commentini
della ragazza e si avviò verso l'ascensore, dove Daisuke lo stava aspettando.
Rumiko, appena uscita dall'ospedale, si tolse gli
occhiali e si asciugò le lacrime. Prese un lungo respiro e scacciò quelle che
ancora minacciavano di scenderle lungo le guance.
"Fatti forza Rumiko!"- , pensò, -"È
risaputo che gli uomini sono solo un ammasso di idioti!"
Girò leggermente lo sguardo, sentendo un
formicolio alla spalla destra. Si diede una grattatina, ma pochi secondi
dopo quel tocco fastidioso si ripresentò. Vide una mano sbucare sulla sua
spalla e cacciò un urlo che riecheggiò per tutta l'area circostante.
- Sono la mano della famiglia Addams...
arggggh!
Un ragazzo rise di gusto, sbucando da dietro le
sue spalle.
- Scusami, non volevo spaventarti, solo che mi
sembravi tanto triste che pensavo ti avrebbe fatta ridere un po', invece ti ho solo
spaventata, mi rincresce...
La ragazza, ancora presa da tremolii vari, guardo il ragazzo scossa, gli occhiali le scesero lungo il naso
rendendo la sua espressione ancora più buffa, le lacrime ancora sulle guance,
la candela al naso.
-
A... A... A... Aki... Akit... Akito... co... co... co... co... coccodè... no che dico?! Cosa ci fai qui?
Il ragazzo trattenne una risata, porgendole un
fazzolettino di carta per soffiarsi il naso, mentrecon un altro le asciugava le lacrime
che ancora erano sparse sul suo viso.
- Credo di esser venuto qui
per il tuo stesso motivo, o mi sbaglio?
La ragazza si sistemò, guardandolo con diffidenza.
Non le piaceva quel tipo, era eccessivamente... beh, non sapeva come definirlo,
però le sembrava un teppista.
- Si... -, rispose solo, senza dargli confidenza
più di tanto.
- Come sta Nobu? Purtroppo non sono
potuto passare prima e non so niente sulla sua condizione attuale... -,
iniziò ad attaccare discorso lui.
- Mhh... si rimetterà...
-, rispose vaga, riprendendo a camminare. Abbassò il viso, facendo in modo che
i lunghi, lucenti, setosi capelli neri le scivolassero
lungo le guance e coprissero il volto.
Akito sorrise, pensando che quella ragazza, se
solo fosse stata un'attrice, avrebbe sicuramente ottenuto lei la parte di SadakoYamamura, la protagonista
del famoso horror Ring.
- Capisco... capisco...
e tu come mai sei in fuga? -, chiese iniziando ad osservare le unghie delle sue
mani.
- Non sono in fuga... -, rispose velocizzando un
po' il passo, per seminare quello scocciatore. Voleva andare a casa, buttarsi
sul letto e piangere da sola in camera sua per il resto della settimana, perché
quel tizio la ostacolava?
- Ah... capisco... e scommetto che non stavi
nemmeno piangendo, vero?
Continuò a seguirla, riempiendola di domande
assurde, tentando di allacciare un discorso di senso compiuto, cosa assai
difficile.
La ragazza si fermò e rimase con lo sguardo
rivolto all'asfalto.
- Non ti riguarda...-, sussurrò semplicemente. Gli
lanciò uno sguardo tagliente, il cui effetto glaciale era reso ancora meglio
dai suoi occhi del colore di un iceberg. Riprese a camminare, ignorando
l'espressione colpita del giovane. La ragazza si fermò e rimase con lo sguardo
rivolto all'asfalto.
- Non ti riguarda...-, sussurrò semplicemente. Gli
lanciò uno sguardo tagliente, il cui effetto glaciale era reso ancora meglio
dai suoi occhi del colore di un iceberg. Riprese a camminare, ignorando
l'espressione colpita del giovane.
- Va bene, va bene... -, si fece
coraggio lui, iniziando a seguirla in silenzio.
Rumiko sentì il suo umore innervosirsi sempre di
più. Si poteva sapere che diavolo voleva quello? Akito colse un fiore di
ciliegio da un albero del viale in cui si trovavano, prendendosi
un'occhiataccia dalla ragazza. Era pure un assassino della natura, perfetto!
- Non si staccano i fiori dalle piante...-, lo
riprese, indispettita.
Lui sorrise. La fermò, le tirò una ciocca di
capelli dietro l'orecchio e vi appoggiò il fiorellino come fosse
stato un fermaglio per mantenere la ciocca.
- Stai meglio così, te l'hanno
mai detto? Sembri più solare... altrimenti mi ricordiSadako... -, ridacchiò.
Rumiko tocco lievemente il piccolo fiore. Era un
gesto carino... ma le aveva messo un cadavere di
pianta addosso! Che razza di animale, si ritrovò a
pensare. Akito la prese per una mano, facendola sedere su una
panchina lì vicino, sedendosi poi a sua volta.
- Penso che quel ragazzo laggiù sia estremamente preoccupato per te, sai? Attenta a non far
capire che l'hai visto... -, la riprese, notando che Rumiko guardava in
direzione del bruno, - Penso che se ne parlassi con
lui staresti meglio... sai, ci segue dall'ospedale, è proprio determinato!
Rumiko incrociò un momento lo sguardo di Daisuke.
Il ragazzo arrossì di botto e fece finta di allacciarsi una scarpa. Rumiko lo
guardò truce.
- Oddio, speriamo non mi segua fino a casa... se no finisce come l'altra volta! Solo che l'altra volta c'era Ritsuko a salvarmi... -, disse, parlando per la
prima volta a raffica, fregandosene della vergogna.
Akito sorrise, contagiato dall'ingenuità della
ragazza.
- Non credo proprio voglia farti del male, men che meno saltarti addosso...
La ragazza scosse la testa.
- Ma stai scherzando?
Quello é uno dei Nishikado... è diabolico... e mi odia... ha tentato di farmi
violentare, ha mandato Nobu all'ospedale, ha quasi fatto investire Roxy... e
chi più ne ha, più ne metta...-, disse agitandosi le
braccia come una forsennata, mentre il suo viso veniva attraversato da tante
espressioni diverse, come tristezza e rabbia.
Akito tornò serio, guardandola fisso per qualche
secondo. Era certo che quella ragazza ne aveva passate
di tutti i colori... eppure...
- Prova a parlargli una volta... se non ti fidi di lui ti aspetto qui... anche se sono certo non ti farà del
male.
Rumiko inarcò le sopracciglia. Ma
era impazzito? Parlare con Daisuke Nishikado? Era come chiedere alla Morte in
persona di portarla con sé prima del tempo.
- Tu sei malato dove ti pettini... -, disse
saggiamente.
- E tu sei troppo
testarda ed ingenua...
Si alzò, ben deciso a lasciarla lì dove stava. Le
stava offrendo il suo aiuto e lei gli dava del pazzo? Perfetto. Roxy avrebbe
dovuto pagargli caro questo favore. L’aveva fatto volontariamente, ma Rumiko
era pur amica sua!
Rumiko guardò il ragazzo alzarsi.
- Aspetta, aspetta.-, lo
tirò per una manica. - Resta qui, ti prego... vado a parlargli, ma tu resta
qui, vicino a me!-, lo pregò. Voleva parlare con Daisuke Nishikado, sapere cosa
gli passava per la testa, e mandargli tanti di quegli insulti per i suoi "scherzetti"
che avrebbe ricordato per tutta la vita. Ma non da
sola. Doveva esserci qualcuno con lei, perché, anche se non voleva ammetterlo
ad alta voce, aveva terrore di Daisuke, e avrebbe preferito
gettarsi da un crepaccio piuttosto che rivolgergli la parola.
- Io non mi muovo da qui... -, sorrise lui, con
uno strano luccichio negli occhi, che diede a Rumiko i brividi.
Era proprio sicura di potersi fidare di quello
lì? Scosse la testa, iniziando ad avvicinarsi a grandi falcate a Daisuke, che
faceva finta di guardarsi in giro.
- Oh... Rumi-chan,
che coincidenza trovarti qui!
La ragazza si tolse il fiorellino dai capelli e lo
gettò a terra, lasciando che i capelli tornassero a coprirle il viso. Quello
stupido di Nishikado era l'ultimo che poteva guardarla.
- Non... non capisco...
perchè... mi stia seguendo.. tu... però... -, deglutì. Era difficile parlare
con lui. - ... però so che mi da fastidio, ecco... si
può sapere cosa vuoi?
Daisuke assunse un'aria severa.
- Non sei così importante da essere seguita... Se sono qui è solo una coincidenza, prendine coscienza. Non
ho nessun motivo per girarti nei dintorni.
Si maledì mentalmente per la stupidità che aveva
appena dimostrato.
Lei sospirò.
- Bene... meglio così...-, si voltò senza nemmeno
salutarlo e fece per ripercorrere i suoi passi, quando sentì una mano del
ragazzo serrarsi sul suo braccio, poco più su del gomito, e tirarla verso di
lui.
… continua…
Accidenti! Scusate il grande
ritardo per la pubblicazione di questo chappy, ma abbiamo avuto diverse
complicazioni. Non preoccupatevi, se tutto va bene da oggi aggiorniamo di nuovo
regolarmente!!!
MandySlade: Troppe virgole? O_o Mah, se lo dici tu!
Grazie dell’avviso! ;)Tenteremo di regolarci con i
capitoli che verranno in futuro! Chiediamo venia! :P Grazie
per trovarla comunque scorrevole. Per la tua curiosità la
risposta è molto semplice, noi amiamo il Giappone. Avremmo potuto ambientarla
benissimo in Inghilterra o Italia, o in chissà quale altro luogo, ma non avremmo avuto l’ispirazione attuale. Ci piace vedere vivere
i nostri personaggi in ambienti che noi sogniamo di visitare ogni giorno e beh…
intanto sogniamo grazie a loro! Speriamo di aver dato una risposta concisa alla
tua curiosità e che continuerai a seguirci! ;)
Moonlight: Ma dai, tentiamo di tener ancorati i lettori
allo schermo anche grazie alla curiosità! :PEheh… chissà, chissà cosa accade qua e là! Nananan! Siamo veramente contente ti piaccia
il nostro modo di scrivere e, anche se diventiamo ripetitive a dirlo, ci fa
sempre piacere ricevere complimenti!
stefy88splash: Sì, esattamente. Ci siamo ispirate al titolo di
quella canzone perché piace molto ad entrambe e ci sembrava rispecchiasse
la fan fiction. La canzone, inoltre, ha parole veramente stupende e, che dire…
la consigliamo a tutti i lettori!
Shaida Black:Ahah, succede, non c’è problema! Oh,
vedresti sotto un camion Aya? Dai, poveretta, in fin
dei conti fa solo il suo lavoro… un po’ esageratamente, no? ;)
Per le coppie si vedrà, si vedrà! Eheh… c’è ancora
tanto da scrivere… (Scusa se non sono andata avanti a leggere e commentare la
tua fic, ma sono partita per il mare e sono tornata
oggi, rimedierò nei prossimi giorni! ;) ndSan)
Quella pelle era così morbida e profumata, che riusciva
a dargli i brividi, anche se la proprietaria era ancora così lontana da lui, e
non parlava solo di distanza fisica. La tirò un poco più vicino, rabbrividendo
a quel piccolo contatto. La fece voltare verso di sé, carezzandole una guancia.
- Mi dispiace... -, bisbigliò quasi
impercettibilmente.
Rumiko spalancò gli occhi azzurri, sconvolta.
Cos'era tutta quella dolcezza? Che fosse impazzito?
- Co... LASCIAMI
SUBITO!-, gridò a pieni polmoni, spaventata. Voleva sicuramente farle qualcosa
di brutto, magari di osceno. Non era proprio il caso, no no.
- Guarda che non ti salto mica addosso... -,
disse lui con tono offeso, - Non sono così stupido da fare un atto del genere
in un luogo pubblico, ci tengo alla mia libertà di pubblico cittadino!
Le passò una mano fra i capelli, guardandola con
una strana espressione.
- Lascialo perdere
quello stronzo, non ti merita. -, buttò fuori tutto d'un
fiato, - E non farti abbindolare dal primo maschio che si dimostra un po'
gentile con te!
Guardò fulmineo in direzione di
Akito, divorandoselo con lo sguardo.
- Beh... beh magari..
Yamato non mi merita... -, alcune lacrime le riempirono gli occhi, - ... ma tu
non meriti nemmeno di toccarmi o passarmi vicino, vedi un po' te!!!-, disse
decisa. Poi si portò una mano alla bocca, spaventata. "Oddio, ora mi
ammazza...", pensò afflitta.
Daisuke la lasciò andare, voltando lo sguardo al
pavimento.
- Hai ragione... lo so di essere
indegno di toccarti, siccome sono stato il primo a farti soffrire... ma ciò non
significa che lascio che quell'idiota ti faccia soffrire! -, arrossì di botto,
rendendosi appena conto di ciò che aveva appena detto, si corresse
immediatamente. - Ehm... solo io posso farlo!
Rumiko alzò un sopracciglio, perplessa. "Ma si è rincretinito di botto? No, forse lo è sempre
stato... cretino, intendo... Oddio ma che sto
pensando? Rumiko riprenditi. E' quel cretino che ti ha fatta violentare... beh,
quasi... non c'è mica riuscito... si però non
cambia!!! ... Ma ora che gli prende?", il suo dissidio interiore era più o
meno questo, e continuò per almeno cinque minuti buoni, prima che uno dei due
parlasse di nuovo.
La moretta scosse un po' la testa, per
riprendersi, e per un istante alzò lo sguardo verso il ragazzo, incontrando di nuovo quegli occhi scuri così taglienti solitamente,
eppure così imbarazzati, in quel momento.
- Lasciami in pace, Nishikado... -, si portò le
mani alle labbra. - Ti prego... lascia in pace me e i miei amici... io... io ormai sono stremata... hai raggiunto il tuo obiettivo,
mi hai fatta stancare della vita, contento? Ora... però... basta... ti prego...
non portarmi via l'ultimo frammento di me stessa che vuole ancora vivere... é
proprio l'ultimo... è unico... tolto quello, di me non resterà più nulla... -, pianse, mandando a farsi benedire il proprio orgoglio e la
propria dignità. Pianse tanto, come non aveva mai fatto.
Fece per allungare la mano, per stringerla forte
a sé, dirle che non doveva sentirsi così, che meritava
di vivere una vita felice più di chiunque altro, ma la ritirò immediatamente.
Era colpa sua se si era ridotta così, faceva proprio schifo. Non si meritava nemmeno di sfiorarla, aveva ragione lei.
- Io... non volevo rovinarti la vita... volevo
cercare di proteggerti e di attirare insieme la tua attenzione... ma ho
sbagliato tutto... Ammetto che all'inizio è iniziato
tutto per la bocciatura, ma poi le cose sono cambiate, anzi, per il tuo rifiuto
al ballo.-, sputò fuori in un soffio, mentre sentiva le lacrime pizzicargli gli
occhi, chiedendogli di essere lasciate cadere e il nodo alla gola farsi sempre
più soffocante. - Mi dispiace veramente Rumiko... se... se
questo può farti sentire meglio denunciami pure, mandami in prigione, dove
vuoi... non mi importa... me lo merito ed è giusto che tu abbia la tua
vendetta.
Alzò lo sguardo fiero, cercando gli occhi della
ragazza, che lo guardava perplessa.
La ragazza fu scossa da tanti singhiozzi. Decise
di non rispondere neanche. Girò sui tacchi e ancora una volta mentre stava per
andarsene fu fermata dal ragazzo, che nel tirarla di nuovo a sé perse l'equilibrio.
Caddero entrambi rovinosamente a terra.
Dopo qualche secondo Rumiko aprì gli occhi e,
senza neanche vedere in che stato fosse ridotto Daisuke, che era rimasto
schiacciato sotto il suo peso, prese a cercare gli occhiali. Nel cadere le
erano scivolati dal naso, e sperava non si fossero rotti
cascando a terra.
Daisuke si mosse un poco, cercando di far capire
alla ragazza che non era propriamente un peso piuma, quando udirono un suono
che fece rabbrividire Rumiko.
- Ops... -, emise il
ragazzo nel sentire il crack che si susseguì alla troppa pressione esercitata
sugli occhiali della moretta.
Rumiko cercò di mettere a fuoco, inutilmente,
l'oggetto che era stato schiacciato dal dolce peso del ragazzo. Non ci vedeva
niente e non riusciva a distinguere la gravità del danno.
- Come faccio? No... ora
come faccio? Non posso permettermi occhiali nuovi...-, disse
con gli occhi ancora pieni delle lacrime di poco prima, che scesero
inesorabilmente lungo le guance.
- Mi... mi dispiace... -, balbettò lui, prendendo
in mano gli occhiali e accorgendosi del danno piuttosto grave che aveva
provocato agli occhiali.
Rumiko lo guardò con quello sguardo da cucciolone, che lo fece sentire ancora più in colpa.
- Te... te ne farò avere un altro paio... se... se andiamo dall'ottico e gli ordiniamo subito non ci
metteranno tanto a fornirtene di nuovi...
La ragazza si girò verso di lui, senza capire bene
che espressione avesse. Magari stava ridendo di lei. Era probabile.
Improvvisamente però si scosse. Cosa diamine gliene
fregava se stava ridendo di lei? Non sarebbe comunque
stata la prima volta.
- Lascia perdere...
hai... già fatto troppo... -, rispose ironicamente. Si rialzò e fece per
allontanarsi, poi tornò indietro e, con gli occhi un po' chiusi per mettere a
fuoco, sempre inutilmente, cercò a tentoni il ragazzo.
Toccò un suo braccio e prese un lembo della sua maglia.
- Senti, scusa... non ci vedo
niente... da che parte si va per casa mia?-, chiese imbarazzata, tenendo il
volto rivolto verso il basso, rossa come un pomodoro maturo.
- Sei veramente un talpa...
-, scherzò lui, - Senti, visto che il tuo amico se ne è già andato da un po', e
di conseguenza non può aiutarti, resterò con te finché non avrai gli occhiali
nuovi. I miei occhi saranno i tuoi. Ci stai?
Rumiko strizzò un poco gli occhi, che le
bruciavano, cercando di mettere a fuoco il viso di Daisuke. Ma
la stava prendendo in giro o parlava sul serio?
Non vide bene il movimento, ma capì che lui aveva
teso una mano verso di lei. Abbassò lo sguardo verso l'arto, senza vederlo. Non
sapeva se fidarsi, ma dopotutto non aveva alternative. Lei non aveva un
cellulare, così non poteva chiamare nessuno che potesse
aiutarla. Allungò anche lei la mano, e stranamente trovò subito quella del
ragazzo. Sentì la stretta di Daisuke farsi serrata, decisa.
- Sei... un tipo strano... -, fu tutto ciò che
disse.
Lui sorrise dolcemente,
iniziando a camminare in direzione della casa di Rumiko, la quale lo seguiva
docilmente senza fare resistenza. Rimasero in silenzio
piuttosto a lungo. Daisuke dal canto suo non aveva la minima idea di cosa
dirle, era certo di aver detto fin troppe sciocchezze
per quel giorno. Sicuramente l'aveva preso per un cretino,
tale era.
Arrivarono in poco tempo davanti al condominio.
Prima di arrivare al cancello, Rumiko passò davanti a qualcuno, ma non si prese
la briga di salutare né nulla, non sapeva nemmeno se la conosceva, quella
persona. Però sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
Si girò e fu sicura che chi le era dinnanzi non era
Daisuke.
- ... ya... ma... -, non
riusciva a parlare, la bocca le sembrò improvvisamente così arida.
- Si può sapere dove sei stata?!
Ero preoccupato e sono venuto a cercarti... -, alzò il
tono della voce, - E con chi ti trovo? Con Daisuke Nishikado, colui a cui,
assieme al fratello, abbiamo fatto causa!
Era furente. Lo sentiva dal tono della sua voce,
malgrado non vedesse la sua espressione.
- Non... non c'è motivo
di arrabbiarsi... mi si sono rotti gli occhiali... e Dais...
Nishikado mi ha accompagnata a casa perchè sono cieca come una talpa... tutto
qui...-, spiegò pacata, strattonando un po' la spalla in modo che lui mollasse
la presa.
- E magari nel frattempo avete pomiciato un po'?! -, sibilò lui cattivo, nel
vedere i due per mano, distruggendo Daisuke con lo sguardo.
Rumiko indietreggiò di qualche passo. Dov'era finito il ragazzo tanto dolce che aveva conosciuto?
- Non... non le ho fatto
nulla... -, provò a giustificarsi il bruno.
Rumiko si passò una mano tra i capelli, per
portarli dinnanzi al viso. Odiava quando il vento
glieli portava indietro. Si girò e senza dire null'altro a Yamato chiese a
Daisuke di accompagnarla al suo appartamento.
Il ragazzo le strinse più forte la mano,
acconsentendo con il capo e dirigendosi verso l'entrata del palazzo.
- Mi hai deluso Rumiko... -, finì Yamato, dirigendosi
a passo veloce lontano dal condominio.
La ragazza sentì le lacrime pungerle gli occhi,
che richiedevano di scendere copiose.
- Lascialo perdere... -,
provò Daisuke, - È solo uno stronzo...
Rumiko cadde in ginocchio, dando fondo a tutte le
sue riserve di lacrime. Il suo cuore era come lacerato, sentiva che niente
avrebbe guarito quella ferita. O almeno credeva.
***
- La pasticceria... la
pasticceria... oh dannazione!
Roxy stava vagando nel nuovo centro commerciale, situato
a poca distanza dall'ospedale. Era passato qualche giorno dal ricovero di Nobu
e il ragazzo aveva acquistato un certo appetito. Gli aveva promesso di prendere
qualche dolcetto, dato che il cibo che gli veniva
servito era assai disgustoso, a quanto diceva. Era, inoltre, la cosa di cui era
più goloso al mondo e ogni scusa era buona per farsene comprare qualche
porzione. Si fermò a guardarsi intorno. Niente. Possibile che in quel dannato
negozio non avessero una misera pasticceria? Si ritrovò ad imprecare contro il
gestore, maledicendolo mentalmente.
Si fermò davanti ad un tabellone con la mappa di
quel centro commerciale, era la prima volta che vi entrava e non sapeva come
orientarsi. Vide che una pasticceria era proprio due
piani sopra dove si trovava lei in quel momento. Si avviò verso l'ascensore e
vi entrò.
Iniziò a tamburellare con le dita sul vetro dello
specchio situato nell'abitacolo. L'ascensore, completamente pieno, non faceva
altro che salire e scendere i piani di tutta la struttura, senta
però fermarsi a quello che desiderava lei. All'incirca venti
fermate dopo l'ascensore fu praticamente vuoto e finalmente riuscì a
premere il tasto che l'avrebbe portata al sesto piano. Si appoggiò alla parete,
ignorando l'altra persona che stava dalla parte opposta alla sua. Ora era il
suo turno, non le importava se quell'essere dovesse
andare ad un altro piano, era già di fretta e non voleva tardare la visita
giornaliera a Nobu. La sera avrebbe dovuto studiare con Rumiko, quindi se
avesse tardato ulteriormente avrebbe dovuto rinunciare a lui, perchè la moretta
non le avrebbe di certo permesso di saltare l'abituale routine serale.
- Ferma!!! Aspetta, ti
prego, ho perso già tempo... se non ritrovo quella peste i miei mi
uccideranno!!!-, disse tutto d'un fiato il ragazzo nell'ascensore con lei. La
ragazza si schiaffò una mano in fronte. Conosceva quella voce: Daiki Nishikado.
- Ehy no! -, si affrettò a contraddirlo, - Anche
io sono di fretta! Aspetta il tuo turno! È colpa tua se ti sei perso Goro, sei
un irresponsabile!
Si affrettò a schiacciare nuovamente il tasto del
sesto piano, subito dopo che Daiki aveva premuto quello per il primo.
Il ragazzo stava per tirarle una ciocca degli lunghi capelli azzurrini, ma qualcosa lo fermò Un
rumore non molto tranquillante risuonò nell'ascensore.
- Cosa é stato?-, chiese
agitato.
Roxy si avvicinò alla vetrata che dava sul
parcheggio. Rabbrivì, al pensiero dell'altezza a cui si trovavano.
- Ci... ci siamo fermati direi...
-, guardò in apprensione il ragazzo, - Perchè ci siamo fermati? Scommetto che è
colpa tua, non dovevi premere il pulsante per il primo
piano!
- Guarda che sei tu che hai premuto quello del
sesto a ripetizione facendogli fare scintille!-, puntualizzò pacato,
seppur nella sua voce risuonasse una piccola nota di collera. - Beh non
agitarti... ora si sblocca...
Appena chiuse bocca, mancò anche la corrente. La
luce andò via.
- Wow... -, esclamò lei in una nota di ironia, - Si è sbloccato veramente... e se ora io dico
che precipita? Accade veramente?
Daiki le si fiondò
addosso tappandole la bocca con una mano.
- ... Ashi... ashiami... 'chezavo... -, si
dimenò lei.
- Sta' zitta... sento dei
rumori... -, disse tappandole meglio la bocca con una forza che Ritsuko non
credeva possedesse. Le fece male.
Alcuni rumori provennero dalla tettoia
dell'abitacolo. Si sentì una voce lontana.
- ... vi libereremo al più presto... aspetteremo
torni la luce... é un black out di tutta Tokyo, ci
vorrà un po'... ma non spaventatevi...
Dopodichè l'ascensore si mosse un po', scendendo
forse di qualche metro. La voce era così lontana che non si sentiva più niente.
Ritsuko tentò in un vano tentativo di mordere la
mano di Daiki, che la lasciò andare immediatamente. Respirò a pieni polmoni,
guardandolo poi in cagnesco.
- Mi hai fatto male,
idiota! Ti prego corrente... torna presto... voglio uscire di
qui! -, diede un piccolo colpetto alla porta dell'ascensore, che si mosse in un
movimento assai sospetto, facendo rabbrividire i due.
- Ma vuoi stare ferma?
Fai solo guai!!!-, la riprese inferocito.
La ragazza si rannicchiò in un angolino,
poggiando la fronte sulle ginocchia tirate al petto.
- Sei una palla... lasciami in pace... è tutta
colpa tua se siamo qui dentro... -, alzò un attimo lo sguardo verso l'enorme
finestra, che lasciava intravedere l'ospedale della città, - Chissà come sarà
preoccupato Nobu...
- Ah.. il biondo... come
sta?-, chiese senza troppa convinzione. - Mica era attaccato
ai macchinari? A quest'ora sarà
morto ahah...-, disse poi, sadico.
Gli occhi di Roxy si riempirono di lacrime.
Dannazione, lei si stava preoccupando di essere rinchiusa in un ascensore quando tutti i pazienti dell'ospedale, Nobu
compreso, rischiavano la vita. Sapeva che gli ospedali avevamo
un generatore di emergenza, ma se in questo caso era stato impossibile
attivarlo? Si alzò di scatto, iniziando a picchiare i pugni sulla vetrata.
Il ragazzo si passò due dita sulle tempie. Aveva
voglia di prenderla e farle sbattere la testa contro la parete ripetutamente,
così almeno si sarebbe zittita.
- Stai zitta, stai
facendo un baccano immondo... -, disse nervoso. Cominciava a perdere il
controllo.
- Ma come fai ad essere
così insensibile? -, domandò lei, lasciandosi scivolare nuovamente a terra.
Si osservo i pugni doloranti, sentendosi
totalmente impotente.
- Non é questione di essere
insensibili... è questione che siamo chiusi qua dentro e non possiamo fare
niente, per cui mettiti l'anima in pace...-, spiegò secco.
Ci furono minuti di incessante
attesa, in cui entrambi rimasero senza scambiarsi una misera parola. Ad un
tratto Ritsuko sospirò, come a prendere coraggio per parlare.
- Senti Nishikado... -,
deglutì, - ... Perchè hai assunto quell'uomo per far del male a Nobu?
Il ragazzo si limitò a guardarla alcuni istanti e,
ignorando il cartello "No smoking" si accese una sigaretta.
- Semplicemente perché mi
rodeva che un fallito come lui avesse fatto piangere una tipa a posto come te...
Ritsuko alzò lo sguardo e incrociò quello di lui,
nell'ascensore buio, illuminato solo dalla luce della luna. Quella risposta
proprio non se l'aspettava.
… continua…
Ed ecco un altro capitoletto-etto-etto!!! Siamo proprio fiere del nostro lavoro (modeste ndVoi), questo perché è la prima volta che ci sentiamo così
coinvolte in una storia che scriviamo. Normalmente arrivate a questo numero di
capitoli le idee cominciano a scarseggiare, e non scriviamo più ad un ritmo
così frenetico. Qui invece è diverso, e questo lo dobbiamo
anche a voi, che ci sostenete nonostante la nostra non sia una fanfiction, ma una storia originale. Grazie a tutti quelli
che leggono e recensiscono, e un grazie particolare a:
Stefy88Splash: Ecco cosa succede a Rumiko...
speriamo di non averti fatta attendere troppo!!
Moonlight: Ancora con sto
"Cattive"? Non è vero non siamo cattive!!!!
Solo un po' sadiche XDDD No, a parte gli scherzi, eccoti il capitolo, l'abbiamo
pubblicato oggi tenendo conto del fatto che domani parti. Come faremo senza i tuoi commenti per un mese? ç____ç Beh comunque divertiti in vacanza (Anche per me povera sfigata
che ormai è il 2 Luglio e non ha visto il mare ancora nemmeno una volta!! ndRachel_sigh!)
Shaida Black: Si, è vero... lo ammettiamo, in questo siamo brave. Interrompere
sul più bello è un talento innato, ce l'abbiamo da
sempre =D. Anche noi sognamo
di andare in Giappone. Ti auguriamo di realizzare il tuo sogno, così come noi
ce la metteremo tutta per realizzare il nostro!!!
^___^
Lo guardava in quegli occhi scuri, che erano
celati dal buio della serata. Ormai il sole era calato e loro erano in
quell'ascensore da almeno tre ore.
" Semplicemente perché mi rodeva che un
fallito come lui avesse fatto piangere una tipa a posto come te... ", - si
trovò nuovamente a pensare Ritsuko, - "Non riesco proprio a capire che
cosa volesse intendere con questa frase, e nemmeno ho
avuto il coraggio di chiedergli il motivo. Ovviamente lui non me l'ha
spiegato... "
Volse lo sguardo in direzione dell'ospedale,
anche se non lo vedeva. Le luci non erano accese, si intravedevano
dalle enormi vetrate solo fiochi barlumi, probabilmente provenivano dalle
candele. In cuor suo continuava a sperare che almeno i macchinari fossero
tornati a funzionare, anche se la sua mente ormai si era
rassegnata. Daiki l'aveva proprio smontata. Inoltre la sua lieve claustrofobia cominciava a farsi sentire. Non
le aveva mai dato parecchi problemi, ma d'altronde non era mai neanche stata
chiusa in un ascensore,in bilico se cadere o meno, di
tre metri per tre, al buio, con il suo peggior nemico. Cominciò a tremare, e
chiuse gli occhi, immaginando di essere da qualche altra parte. Il respiro
cominciò a farsi irregolare. Avanti di quel passo avrebbe avuto un attacco
molto presto.
Diede una rapida occhiata alle buste che aveva
con sé il ragazzo, sperando avesse almeno una
bottiglietta d'acqua. L'avrebbe aiutata parecchio.
- Ni... Nishikado, hai per caso qualcosa da bere?
Il ragazzo sentì la voce tremante della ragazza e
si girò verso di lei. Era pallida e sudata, non era un buon segno.
- Stai bene?-, le chiese
preoccupato, rovistando nelle buste, gettando alla rinfusa sul pavimento
le cose che non gli servivano.
Roxy si portò una mano alla nuca, in seguito ad
un piccolo capogiro. Deglutì rumorosamente e rivolse lo sguardo verso Daiki.
- Sì... ovvio che sto bene...
Il ragazzo sospirò. L'orgoglio di quel confetto vivente
superava ogni sua immaginazione. Trovò in fondo ad una busta un succo di
frutta, ma niente acqua.
- Ehm... ho solo succo alla fragola...
però è fresco, può andarti bene?-, chiese imbarazzato. Ritsuko pensò che
era strano vedere un omaccione grande e grosso come
lui a cui piaceva il succo di frutta alla fragola.
Sorrise, prendendo la bottiglietta dalle mani di
Nishikado.
- Va benissimo, ti ringrazio... non pensavo ti
piacessero queste genere di cose, immaginavo che tu
andassi avanti ad alcolici, sai?
Daiki arrossì di rabbia, ma per chi l'aveva
preso?
- Se pensi io sia un
ubriacone ti sbagli di grosso...-, bofonchiò indispettito. Si lasciò scivolare
anche lui lungo la parete, accanto alla ragazza, e la osservò. Nonostante stesse bevendo tutti quegli zuccheri. il colorito era sempre quello. Era come avvolta da un
pallore cereo. Questo non andava affatto bene. - Sei
sicura di stare bene? Sai... Goro soffre di Claustrofobia...
quando ci troviamo in un luogo chiuso reagisce come te, sudando,
tremando e diventando di un colorito cadaverico.-, spiegò ripensando all'ultima
volta che era entrato in ascensore con Goro. Il bambino gli stava così
appiccicato che a momenti lui e i suoi vestiti sarebbero potuti diventare una
sola cosa.
- Soffro... soffro solo
un pochino di Claustrofobia... è in forma molto leggera, di solito non la
avverto, ma non mi era mai capitata una situazione simile. -, ammise lei, -
Ridicolo, vero?
Sorrise leggermente, poi la sua espressione si
tramutò in una smorfia. Si sentiva una sciocca, perchè ne
parlava con lui? Ora aveva un motivo in più per prenderla in giro.
"Complimenti Roxy" -, si disse
mentalmente.
- Capisco... -, fu tutto ciò che disse, prima di
rovistare di nuovo nella busta. Ne tirò fuori la scatola di un medicinale.
- Questo é un tranquillante... noi ne diamo un po'
a Goro... giusto metà compressa... quando ha uno dei
suoi attacchi. Non voglio somministrartelo a forza, però se ti sta per venire
qualcosa... dimmelo... può aiutare...-, spiegò pacato.
Alla fine del discorso le sorrise, diversamente dal solito. Non era ironico, né
pungente. Era un sorriso molto dolce, invero.
Ritsuko sbatté qualche volta le palpebre,
incredula.
- Ti ringrazio... ma
preferisco attendere un po', non mi va di impasticcarmi
per una forma lieve di malore... -, poggiò la mano su quella di Daiki, che
ancora teneva in mano il medicamento.
Afferrò la scatola solo alcuni minuti dopo,
iniziando a leggere il foglietto illustrativo, tanto per ignorare il tempo.
Ovviamente con quel buio non riuscì a leggere
nulla, e questo non fece altro che peggiorare il suo malessere. Cominciò a
respirare faticosamente e perse per un attimo l'equilibrio, cadendo di lato e
appoggiandosi su Daiki. Chiuse gli occhi e, afferrando un lembo della camicia
del ragazzo, strinse i denti. Si sentiva male, ma non voleva urlare. Doveva
combattere quella dannata malattia.
Nishikado, cominciando a preoccuparsi seriamente,
la incitò a prendere la pastiglia, ma lei non voleva sentire ragioni. Non poteva prendere un farmaco per una cosa così, andava contro
tutti i suoi principi. Era una cosa che doveva vincere contro se stessa. Si
portò le braccia intorno al ventre, iniziando a provare una
forte nausea.
- No... no... non vomitare... non or... troppo
tardi... -, farfugliò afflitto. La ragazza non gli aveva propriamente vomitato
addosso, ma si era sporcato comunque. La sua povera
camicia firmata Dolce & Gabbana... Si scosse. Non
era il momento di pensare a Dolce & Gabbana. La fece stendere e le fece appoggiare la testa sulle sue gambe. Prese un contenitore
di fazzoletti imbevuti (Fresh&Clean XDDD ndRachel) (Non facciamo
pubblicità, eh? ndSan) e li
passò sulla fronte di Ritsuko, per,almeno, rinfrescarla un po'.
La ragazza respirava terribilmente affannata e il
suo volto era diventato cadaverico. Ogni volta che apriva
gli occhi sembrava sul punto di perdere i sensi, si notava dal suo modo di
guardarsi in giro. Una lacrima le scese lungo la guancia, mentre afferrava un
lembo della camicia di Daiki.
-Mi... mi dispiace... -, riuscì
solamente a bisbigliare.
- Non dirlo neanche per scherzo... é a me che
dispiace di non poterti aiutare... e mi dispiace anche di aver fatto picchiare
quel tuo amico... e mi dispiace di aver causato tutti quei problemi a te e alla
tua amica... mi dispiace, davvero, piccola... perdonami... -, disse guardandola
seriamente. Era davvero mortificato, si vergognava di
se stesso. Cosa poteva fare per rimediare ai suoi
errori? Ma, ancora più importante, cosa doveva fare
adesso per farla stare meglio?
Roxy fece un sorriso stanco. Se
lo sentiva che in realtà Daiki non era cattivo, semplicemente viveva in una
situazione troppo sgradevole. E lei ne sapeva
qualcosa. La sua vita non era molto diversa da quella dei fratelli Nishikado,
ma lei aveva imparato a ribellarsi.
- Sei... ti capita mai di sentirti... sentirti veramente felice?
Il ragazzo si chiese dove volesse arrivare con
quella domanda.
- No... mai... o meglio, in una sola
occasione...-, non aggiunse altro.
Ritsuko alzò lo sguardo, per vederlo meglio in
viso. Era triste, ne era certa. Sapeva che non avrebbe
dovuto intromettersi, ma il suo carattere troppo impulsivo ebbe il sopravvento.
- Quale? -, domandò in un soffio, irrigidendosi.
Lui sorrise un po', non troppo convinto.
- Quando vedo la ragazza
che mi piace, mi pare ovvio... -, sussurrò incredibilmente serio. Era così
diverso, troppo in effetti, dal solito.
Il viso di Roxy prese un
espressione di totale sorpresa. Le venne quasi da ridere.
- Ah non credevo ti interessassero le ragazze... stai sempre con i maschi...
Sorrise dolcemente, prendendogli una mano e
iniziando a giocarci.
- Ti capisco... l'amore farà anche soffrire, ma
alla fine è la cosa che più ti rende felice. Che sia
amore fraterno, d'amicizia... che sia per una persona del sesso opposto al
tuo... sempre.
Il ragazzo le strinse la mano e si curvò un po' su
di lei, dandole un bacio sulla fronte.
Ritsuko arrossì, ma lui si giustificò dicendo che aveva solo voluto controllare la temperatura,
preoccupato che avesse potuto salirle in quelle condizioni.
- Non sono tanto checca da prendere
l'influenza per una sciocchezza simile... -, disse in tono offeso, voltando lo
sguardo dall'altra parte. Certo che quel ragazzo l'aveva
propriamente sorpresa, in quelle ore. Non immaginava minimamente che
potesse essere una persona simile, lo credeva più viscido sotto, sotto.
Improvvisamente si sentirono alcuni rumori.
L'ascensore si mosse, tornando ad un piano preciso, fino a
quel momento era stato metà e metà tra due piani. Le porte si aprirono e
la luce si accese. Erano salvi.
Daiki si affrettò a spingere via la ragazza, con
poca delicatezza. Si alzò, prese le sue buste e uscì dall'ascensore senza
nemmeno salutarla.
- Ahia... -, si lamentò la ragazza, iniziando a
riprendere un colorito roseo, sentendo l'aria fresca provenire dal corridoio
del centro commerciale.
Si affrettò ad uscire, raccogliendo le poche cose
che aveva con se.
- Nobu! -, esclamò portandosi una mano davanti
alle labbra.
Si era totalmente scordata del ragazzo. Corse
velocemente per le scale del grande edificio, uscendo in strada e dirigendosi
all'ospedale.
***
- Non ti preoccupare... ora rilassati e siediti...
i dolcetti me li porti domani!-, scherzò il biondino.
Ritsuko fu sollevata nel vederlo così bene, non sapeva nemmeno che gli avessero
tolto tutti quegli aggeggetti e tubi vari così
antipatici. D'altronde non aveva avuto il coraggio di dirgli
che in ascensore non era rimasta da sola, ma con Daiki Nishikado.
- Certo... -, disse sospirando, - Tu sei
veramente sicuro di stare bene? Cioè... ti hanno
subito soccorso gli infermieri?
Nobu riprese a parlare a raffica, raccontandole
di quello che era accaduto durante il black out,
mentre lei si era nuovamente persa fra i suoi pensieri. Si sentiva perplessa,
soprattutto nell'esser conscia di non poter raccontare a nessuno gli
avvenimenti di poco prima. Non riusciva, seriamente, a capire il perchè Daiki
le avesse raccontato quelle cose così apertamente, ma
soprattutto che si fosse scusato con lei per quello che aveva fatto passare
anche a Rumiko e al suo povero Nobu. Ad un certo punto allungò la mano fino a
prendere quella del ragazzo, che si fermò improvvisamente, guardandola
stranito.
- Scusami... credo che sia
meglio io vado a casa, mi sento un po' stanca... -, disse evitando lo sguardo
del biondino, che la guardava sospettoso.
Era sicuro che c'era
qualcosa che non andava, la conosceva troppo bene.
- Non preoccuparti... domani vieni?-, le chiese mentre lei si curvava a dargli un bacio sulla
guancia.
Ritsuko annuì e si diresse verso la porta, facendo
un cenno della mano. Prima di chiudere la porta alle sue spalle sentì Nobu che
urlava ‘Ricordati di portarmi dei dolcettiiiii!!!’. La ragazza scoppiò a ridere e se ne andò,
ancora un po' inquieta e stanca, tuttavia felice.
***
Sentì il telefono squillare e si alzò svogliatamente
dal divano. Arrivò con non poca fatica, finendo a sbatacchiare di qua e di là
contro i vari mobili. Daisuke era appena tornato a casa sua. L'aveva lasciata
sfogare finché non si era sentita meglio. Stava in silenzio
però era lì con lei, pronto a sostenerla in ogni istante.
- Rumiko? Sono Roxy! Scusa se non mi sono fatta vedere, ho avuto
un imprevisto nel pomeriggio...
Si era inserita la segreteria telefonica.
La moretta tamburellò con le dita sul mobile di
legno laccato, l’ultimo contro cui aveva sbattuto.
Ricordandosi di uno specchio appeso sopra di esso,
avvicinò il suo viso a pochi centimetri dall’oggetto. Aveva proprio un aspetto
terribile, ma sperava che la sua voce non fosse ancora spezzata dal pianto.
- Vabbè ho capito… sei arrabbiata! Prima
di tornare a casa passo un attimo da te, almeno mi
scuso di persona e ti spiego. Non chiudermi fuori, mi raccomando!
*Bip*
Un suono indicò che la segreteria si era appena
disinserita, iniziando a lampeggiare, segno di un messaggio vocale non letto.
Rumiko sospirò e cancellò il messaggio, trovando
il tasto esatto solo perché la lucetta rossa
lampeggiava. Voleva un paio d'occhiali, tuttavia pensava fosse
meglio non averli temporaneamente, perché si sarebbe spaventata da sola se si
fosse osservata allo specchio. Ricordò di essere in pigiama, ma non voleva che
Roxy la trovasse in quello stato vegetale, così decise di andare a cambiarsi.
Andò in camera sa, sbattendo un paio di volte contro
qualche mobile, e prese un paio di jeans e una T-Shirt dall'armadio. Il
campanello suonò e le sembrò strano che Ritsuko fosse già arrivata. Andò ad
aprire, pantaloni ancora sbottonati e T-shirt infilata solo per metà.
Sorrise alla nuova arrivata, ma si bloccò. Quella
non era la sagoma di Ritsuko. Non c'era niente di azzurro,
oltretutto.
Una voce piuttosto roca, seguita da un tonfo,
iniziò un ridicolo balbettio.
- Io... io... Ero
tornato per prepararti la cena...
… continua…
Questa volta vogliamo fare le persone serie
(o almeno io ci riesco facilmente, lei non so... ndSan) (cattiva ç___ç ndRachel).
Ringraziamo immensamente tutti coloro che continuano a
seguirci. Essere arrivate già al decimo capitolo é proprio un
bel traguardo ^-^. Stavolta abbiamo ricevuto una recensione di una
ragazza, Bevelle, che ci ha
lasciate davvero sorprese. Mai avremmo creduto di poter ricevere un commento
del genere da una lettrice, per cui vorremmo
dimostrarle la nostra gratitudine, dedicandole (come lo dedichiamo a tutte le
altre persone che ci sostengono), questo e tutti i prossimi capitoli che
verranno.
Moonlight: E' Lunedì, ormai sei partita, ma noi ti
rispondiamo comunque, leggerai la risposta al tuo
ritorno. Sei sempre molto gentile con noi, e paziente nel sopportare di leggere
lo strazio che ogni volta pubblichiamo (ahah =P). Però sappiamo anche che sei sincera, quando dici che la nostra storia ti piace, ed è appunto per questo
che ti urliamo un immenso grazie: GRAZIEEEEEEEEEE!!!!!eh eh.
Anche il nostro commento riguardo Yamato è questo: O___O La storia ci sta
sfuggendo di mano, eh eh...
i personaggi stanno crescendo e si stanno evolvendo senza che noi possiamo
controllarli. Sarà normale? No... decisamente no...
Speriamo comunque che anche se Yamato cambia tu ci seguirai comunque XDDDD
Shaida Black: La canzone dei Savage Garden é quella che ci ha ispirato al titolo. Pubblicammo il primo capitolo con un altro titolo ma poi io,
ossia Rachel, ho avuto l'idea di sostituirlo con il titolo di uno delle nostre canzoni preferite. Daisuke ne ha ancora di
strada da fare per raggiungere Rumi... anche noi non
sappiamo se effettivamente la raggiungerà.... staremo a vedere, mah boh chissà ^___^ Come puoi vedere Nobu per ora non é morto
eh... accontentata! ihih
Comunque abbiamo aggiornato presto, contenta? proprio
la sera stessa della tua recensione =P
Bevelle: Ed è giunto il momento di ringraziare
anche te. Quando ho aperto (Rachel) EFP ed ho trovato il tuo commento
ci sono rimasta di sasso ed ho detto subito a gemy di
andare a leggerlo. Siamo rimaste davvero estasiate. Felici come due bimbe a cui
è stato regalato un bel giocattolo... beh forse come
metafora non c'entra molto, però più o meno il senso è quello. Ci hai regalato
davvero una bella emozione, con le tue parole, chiare
e concise. Adoriamo le recensioni costruttive, e siamo state liete di leggere
la tua, che nonostante qualche piccola critica qui e lì, ha mantenuto il tono
gentile e affabile. Forse é vero, è un po' troppo drammatica, ma l'abbiamo
concepita così dall'inizio, spero che ti piacerà comunque
anche in seguito, quando probabilmente le cose si metteranno anche peggio per
le nostre protagoniste.
Con questo vi lasciamo, sperando vivamente
che continuerete a seguirci tutti fino alla fine ^___^
Successivamente Daisuke non avrebbe saputo spiegare ciò che successe in quel
momento. Furono cinque minuti di dominio incontrastato del Caos. L'urlo che
aveva cacciato Rumiko nel "vederlo" di fronte ad una se stessa mezza nuda fu degno di entrare nel guiness
dei primati. Il ragazzo si meravigliò non si fosse
rotto il vetro di nessuna finestra a quell'acuto assordante. Era sicuro, però, che l'avessero sentita anche dall'altra parte
del globo terrestre. Si massaggiò la nuca, mentre sentiva il mal di testa
diventare sempre più forte. Rumiko era corsa in salotto, sbattendo da tutte la
parti e, ora completamente vestita, sedeva sul divano rossa
come un pomodoro maturo.
- Senti mi dispiace...
-, provò ancora lui, mentre era impegnato ai fornelli, nella piccola cucina
adiacente al soggiorno.
La ragazza, occhi gonfi per le lacrime, non disse nulla, si limitò a mugolare come un cane bastonato.
Daisuke sospirò, afflitto. Ci mancava solo quella
figuraccia. Lei già non parlava praticamente mai. Ora
era diventata come una statua di pietra. Le labbra immobili, nessun suono ne
fuoriusciva, neanche fosse muta.
Lasciò cuocere le cibarie a fuoco basso, si lavò
le mani e, tolto il grembiule, si sedette sul divano accanto a lei. Si ritrovò
ad arrossire.
- Pensavo... -, attaccò discorso lui, - Perchè
non provi a mettere le lenti a contatto? Stai veramente bene senza gli
occhiali! Non che indossandoli stai male, a mio parere
sei comunque carina, ma eviteresti anche di rischiare di romperli o rigarli. E poi hai degli occhi così belli... piacerebbe anche a me
averli chiari, invece me li ritrovo nocciola!
Rise. Vedendo la ragazza che non si smuoveva di
un centimetro abbassò lo sguardo.
- Va beh... vado in
cucina, prima che bruci qualcosa.
La ragazza lo fermò per una manica. Lui si girò e
la osservò. Aveva il volto alzato verso di lui e due grossi lacrimoni
ai bordi degli occhi, le labbra serrate come a voler trattenere il pianto.
-... non l'ho più sentito... perché non si è più
fatto sentire... ? -, chiese al brunetto. Abbassò la
testa scoppiando in lacrime, e mentre con una mano si portava una lunga ciocca
di capelli neri dietro l'orecchio, con l'altra continuava a tenere un lembo
della maglia del ragazzo.
Il ragazzo, esitando un momento, la strinse fra
le braccia.
- Probabilmente è solo
rammaricato dalla situazione... era piuttosto furente. -, disse lui
dispiaciuto.
Un ulteriore singhiozzo
scosse Rumiko, che si strinse di più a Daisuke.
- Rumi-chan... dai, non
preoccuparti... vedrai che domani si farà sentire, ormai è piuttosto tardi, non
vorrà disturbare...
***
Ritsuko salì le scale sbuffando. Ma possibile che beccava sempre lo stesso tassista? Fortuna
che stavolta aveva i soldi appresso.
Arrivò davanti casa di Rumiko e inserì una copia
delle chiavi nella serratura. Aveva le chiavi perché era stata la signora Azuki
a fargliele fare, in modo che fosse più tranquilla riguardo
Rumiko, sapendo che Ritsuko poteva controllarla in qualsiasi momento. A Roxy
d'altro canto la signora Azuki le piaceva tantissimo, era dolce e gentile,
voleva tanto bene alla figlia e, cosa più importante, trattava anche lei quasi fosse una figlia. Non aveva mai avuto una mamma, ma sentiva
che il modo in cui la trattava Azuki era di quanto più simile potesse esserci
al comportamento di una madre. Il corridoio era buio, il
che le fece pensare che la ragazza dormisse già. Lo percorse
a passo felpato, notando poco dopo la luce del salotto accesa.
- Rumi, sono arriva...
Cacciò un urlo. Rumiko...
Rumiko avvinghiata ad un uomo? Rumiko che stava baciando un uomo? Rumiko
con un uomo? L'interpellato si voltò, rivelando il suo volto, al che Roxy
cacciò un secondo urlo. No, Rumiko non era con un uomo, ma peggio. Si trovava
fra le braccia di Daisuke Nishikado. Si appoggiò alla parete del soggiorno,
pallida come un cencio.
- Non è come pensi! -, si affrettò a
giustificarsi il bruno, alzandosi di scatto dal divano.
Rumiko non tentò nemmeno di giustificarsi, si
afflosciò sul divano e continuò a piangere.
Ritsuko si avvicinò al ragazzo, lo prese per il
colletto e lo sballottolò avanti e indietro, urlando
insulti che non sapeva nemmeno di conoscere.
- Non ti è bastato farle del male in ogni modo?
Dovevi anche provare a saltarle addosso! Mai fai proprio schifo! -, gli tirò uno sberlotto, lasciandolo cadere malamente
sul freddo pavimento.
- Ahia!-,
si lamentò lui.
Roxy lo ignorò, sedendosi accanto all'amica sul
divano.
- Rumi... Rumi stai bene?
Rumiko abbracciò l'amica.
- Mi odia... lui mi odia...
perché ama quella sgualdrina? Non é giusto...
Roxy rimase un po' perplessa. Chi amava chi e chi
odiava chi non l'aveva proprio capito, tuttavia lanciò un'occhiataccia a
Daisuke. C'entrava lui, di certo.
- Te la fai con lei malgrado la odi e ami
un'altra?! -, sibilò cattiva.
Il ragazzo iniziò a gesticolare in segno
disperato.
- Ma che diavolo stai
dicendo?! -, sbuffò.
La sua attenzione fu attirata da del fumo nero
che proveniva dai fornelli.
- LA
CENA!
Il ragazzo schizzò verso il
piano cucina, situato in un angolo della stanza dove c'era anche il
salottino, e prese a salvare il salvabile. Il suo povero arrosto con patate era
andato a farsi benedire...
Roxy lo osservò curiosa. Ma
che stava succedendo? Il mondo aveva cominciato a girare al contrario.
"Non bastava Daiki con i suoi attacchi di
stranezza, ci mancava anche il fratello", - ,
mugugnò poi offesa, - Se vorreste spiegarmi...
La moretta si rannicchiò su se stessa, portando
le ginocchia al petto e poggiando la fronte su di esse,
ancora scossa da terribili singhiozzi.
- Nishikadoooooooooooooo!
Il ragazzo, sentendosi interpellato, si girò di
scatto, inciampando e rovesciando l'acqua contenuta in una pentola a terra.
Rumiko finalmente smise di piangere e sbuffò,
ridendo un po' divertita.
- ... Nishikado, sei un
danno... -, sussurrò tra le risate. Daisuke la guardò un attimo, poi sorrise
anche lui, contento di averla fatta ridere. Si portò
una mano dietro la testa e rise insieme alla ragazza, chiedendo scusa per aver
pasticciato in cucina.
Roxy, ormai ridotta ad una mummia, aveva gli occhi
fuori dalle orbite. Il ragazzo si fece aiutare dalla
proprietaria dell'appartamento, se così si poteva dire, a mettere a posto. Siccome Rumiko non vedeva, gli indicava dove andavano
riposte, e di conseguenza dove si trovavano, le cose e, andando a tentoni, lo
aiutava nelle cose meno pericolose. Salvarono il recuperabile e misero sulla
placca una pentola d'acqua, per fare un piatto di pasta per accompagnare il
poco cibo rimasto, il tutto sotto l'occhio attento della vicina.
- Bene, questa volta starò attento a non bruciare
niente! -, disse entusiasta il più piccolo dei Nishikado, passandosi una mano
fra i capelli, con fare impacciato.
Rumiko annuì. - Ti ringrazio... -, sorrise e andò
a sedersi sul divano, completamente dimentica del perché avesse pianto ininterrottamente
da tre giorni a quella parte. Daisuke era stato molto gentile
con lei, e lei non aveva fatto altro che piagnucolare. Doveva darsi una
mossa.
- ODDIO! MANCO DA SCUOLA DA TRE GIORNI! ODDIO! FRA
UNA SETTIMANA C'È L'ESAME DI FINE TRIMESTRE... ODDIO, ODDIO, ODDIO!!!-, cominciò ad agitarsi correndo di qua e di là,
sbattendo ovunque, per cercare i suoi libri.
- Come fai a studiare se non porti gli occhiali? -, chiese con fare indifferente Ritsuko, prendendo ad osservarsi le
punte dei capelli. - Come mai non li indossi?
La mora si fermò di colpo, dannazione era vero,
lei non ci vedeva niente, come faceva a passare le sue solite giornate sui
libri?
- Perchè sono io suoi occhi,
per questo non ne ha bisogno! -, disse con fare orgoglioso il bruno.
Ritsuko guardò la faccia soddisfatta di Daisuke,
poi il sorrisino compiaciuto di Rumiko. Ok, il mondo
girava DECISAMENTE al contrario.
- Sai, Nishikado me li ha
rotti mentre eravamo al parco... così ha detto che finché non mi arriveranno i
nuovi sarà lui i miei occhi... é per questo che ogni giorno viene a casa mia e
mi aiuta con le pulizie e con i pasti.
Roxy si schiaffò una mano in fronte, guardando
poi alternativamente i due.
- Oh bene... allora vi dichiaro marito e moglie!
-, fece sarcastica.
Si alzò dal divano e si diresse in cucina,
prendendo con il mestolo uno spaghetto dalla piccola pentola.
Rumiko seguì l'amica.
- Ti sbagli. Appena questa storia finirà io e lui non avremo più niente a che fare l'uno con l'altra!-,
disse decisa. Daisuke annuì. Evidentemente la pensava allo stesso modo.
Ritsuko guardò i due con aria triste.
- Siete ingenui... una volta che ci si attacca ad
una persona, che si prende un'abitudine, è molto difficile cambiarla.
Sentireste sicuramente l'uno la mancanza dell'altra.
I due la guardarono straniti, mentre la ragazza
dai capelli azzurrini prendeva un secondo spaghetto. Ci soffiò sopra, per
raffreddarlo, e lo gustò con calma, rimuginando fra sé.
- Finireste con l'innamorarvi,
sapete? Pronti a correre il rischio? Anche se da parte
di Nishikado credo che la cosa sia già a livelli piuttosto alti...
Daisuke arrossì.
- Beh... in eff--
- MA COSA STAI BLATERANDO?
PENSA A STUDIARE PIUTTOSTO DI FANTASTICARE SU COSE INUTILI! ORA È GENTILE E MI
STA AIUTANDO, CIÒ NON TOGLIE CHE IO ODI DAISUKE
NISHIKADO, CON TUTTO IL CUORE!.-, Rumiko andò viae si chiuse a chiave nella sua camera,
lasciando i due perplessi e sorpresi.
- Ok, non ho speranze,
peccato che la tua teoria sia alquanto improbabile Matsumoto!
La ragazza rise, fiera del forte intuito che
possedeva. Era sempre stata la sua arma migliore, peccato funzionasse solo quando si trattava degli altri.
- Se ti odiasse non
saresti qui...
Il loro discorso fu interrotto dal suono del
campanello. Rumiko rimise il naso fuori dalla camera
ed, essendo la più vicina alla porta d'entrata, si diresse ad aprire.
Aperto l'uscio si chiese chi diavolo ci fosse davanti a lei. La sagoma le era familiare, ma non
riusciva a ricordare di chi fosse.
- Ehm... si, chi é?-, chiese nonostante la persona
stesse a neanche due metri da lei.
- Signorina bella, sei un po' stupida? -, domandò
una figura più bassa.
Rumiko aguzzò un po' l'udito, riconoscendo la
voce del piccolo Goro. Per deduzione, quindi, la persona con lui non era altro
che... Daiki Nishikado?!Che
diavolo voleva da lei, questa volta?
Improvvisamente capì.
- Ah, capisco. Sei venuto per quell'essere
di là... te lo vado a chiamare.
Una gocciolina si formò dietro la testa di Daiki.
Eppure era convinto che Daisuke gli avesse detto che
Rumiko era dolcissima ora con lui. Mah...
- Ehm... non ci fai accomodare?-, azzardò, con un sorrisetto simpatico.
- Neanche per sogno...-, rispose semplicemente lei
e andò a chiamare l'altro ragazzo. - C'è tuo fratello con tuo
cugino. Ci vediamo, ciao.-, disse porgendogli la
giacca che aveva preso dall'attaccapanni all'ingresso. Daisuke guardò la giacca
sghignazzando. Non era la sua giacca, era un cappotto
nero e lugubre, probabilmente di sua madre. Anzi, magari poteva anche essere
suo, dato che era facile la ragazzina si vestisse con
toni lugubri.
- Ehm... Rumi
cara, quella non è la mia giacca! Mi dispiace, ma io non porto colori tanto
oscuri, sono un ragazzo solare io!
La ragazza lo guardò indispettita, ordinandogli letteralmente di prendere il suo cappotto e di
uscire di casa sua.
- Non voglio lasciarti sola, senza occhiali poi!
All'improvviso sentirono un tonfo sordo provenire
dalla cucina. Roxy, che si era sporta per vedere chi avesse
suonato alla porta, era scivolata ed era caduta a terra.
- Ahi... aaaa! -, si
lamentò, - Nishi... Nishikado Junior, ci sono io con
lei, va pure a casa... in fin dei conti si è fatto
tardi...
Daisuke le lanciò uno sguardo truce. Ma di che s'impicciava quell'oca? Indispettito, tirò una
ciocca di capelli a Rumiko, facendole molto male, prese la sua giacca di jeans
dall'attaccapanni e uscì dalla casa, infuriato. Questa gliel'avrebbero
pagata. Lui che era stato tanto amichevole. Lui che era stato tanto disponibile. Molto bene. Quella era
la fine di un possibile rapporto mai cominciato!
Daiki fece spallucce.
- Bye, bye.-, disse trascinandosi Goro via, che si dimenava e
ordinava di lasciarlo, perché voleva passare la notte dormendo tra Ritsuko e
Rumiko. Il commento acido di Daiki fu che era letteralmente un "porco di
bambino".
***
Si fermò davanti al citofono, all'entrata della
palazzina, cercando il cognome di Roxy per poter suonare il campanello e farsi
aprire.
" Ah ecco, Matsumoto e Matsumoto...
perfetto... e ora quale premo? Mah... al massimo ne approfitto per scusarmi con la ragazzina lì... l'ho
abbandonata con il suo peggior nemico".
Fece per suonare a caso, quando una voce alle sue
spalle richiamò la sua attenzione.
- Ha bisogno di entrare? Aspetti, le apro io.
Una donna piuttosto giovane, all'incirca di
trentacinque anni e ancora alquanto bella, stava inserendo la chiave nella
toppa della porta, aprendola. Aveva lunghi e setosi capelli biondi, lisci come
la seta. Gli occhi erano di un colore grigio che variava fra l'azzurro e il
verde contemporaneamente. Capì immediatamente che la donna in questione era
straniera, in quanto sia occhi che capelli sembravano
naturali. Aveva un fisico piuttosto snello, fin troppo, che
però non nascondeva le curve che facevano di lei una donna matura. Aveva
un portamento piuttosto elegante, malgrado la divisa
da commessa di un supermercato. Quando gli sorrise gli
sembrò che il suo volto emanasse una luce angelica.
Si ritrovò ad arrossire come un bimbo alla sua
prima cotta. Chiamarono l'ascensore, siccome entrambi dovevano
salire di diversi piani.
- A che piano va? -, domandò il giovane uomo.
La graziosa donna premette il tasto che segnava il
sesto piano, sorridendogli.
- Sesto piano, grazie
Akito la guardò stranito. Che
colpo di fortuna, andavano pure allo stesso piano.
- Ah... anche io...
Seguì un lungo silenzio, interrotto solo dal
rumore dell'ascensore che segnava con un suono l'arrivo al piano successivo. Quando si aprirono le porte si diressero entrambi nella
stessa direzione, ma a due appartamenti adiacenti.
- Lei, lei per caso è la mamma di Rumiko
Matsumoto? -, domandò lui, tappandosi subito la bocca con una mano, per
l'arroganza appena dimostrata.
La giovane donna guardò il
ragazzo un attimo confusa, poi sorrise.
- Ma certo... tu devi essere uno dei ragazzi che
Rumiko ha appena conosciuto... un amico della piccola
Ritsuko.-, disse gentilmente, mentre il suo viso si illuminò in un sorriso
solare.
Akito deglutì. Quella donna era dannatamente
bella. Yamato gli aveva accennato qualcosa a riguardo la
prima volta che l'aveva vista, ma non credeva a tal punto.
Si ritrovò a pensare a quanto gli sarebbe
piaciuto se la signora Azuki fosse stata la sua donna e, per questo pensiero,
si ripromise di chiedere scusa al suo dio un'infinità di volte, aveva appena commesso il peccato più grande.
… continua…
Ohhh... e ora cosa accadrà? Aiuto, non vogliamo
saperlo nemmeno noi... sappiamo solo che Akito ha una certa capacità di ficcarsi
nei guai da solo... a buon intenditore, poche parole :D
Come sempre grazie a tutti coloro che ci sostengono,
e soprattutto a chi recensisce:
Bevelle: Ci segui addirittura da "Due gemelle
scatenate"? Ma è un sacco di tempo... Wow, siamo lusingate!!! Grazie di tutto
cuore per il 'contributo' morale che ci doni, commentando questi capitoli. Siamo
curiose di sapere cosa dirai in merito agli avvenimenti di questo nuovo
capitolo.
Blue: Ohhh una nuova lettrice!! Fichissimo ^o^
Grazie di averla aggiunta tra le tue storie preferite, non sappiamo quanto se lo
meriti davvero, però ci ha reso davvero euforiche saperlo!! W Truly Madly Deeply
e i Savage Garden eh? ^.-
Niky: Non stai + nella pelle, addirittura?
Wow, non sapevamo la nostra storia provocasse effetti del genere. Cmq é vero,
cerchiamo di far girare l'attenzione anche sui cooprotagonisti e i personaggi di
contorno. Sarebbe monotono se l'obiettivo fosse puntato solo su Rumi e Roxy, no?
Supponiamo la tua risposta sia si =P Facci sapere se supponiamo bene XD
Shaida Black: Ohhhh... non potevi mancare di
certo, ormai sei una delle nostre lettrici più affezionate (nel senso che noi
siamo affezionate a te :P) . Comq sempre thanks che continui a seguirci, come
puoi vedere Daisuke non le è saltato addosso... ma dopotutto lei non era
propriamente in mutande. Chissà se lo fosse stata, come avrebbe reagito?
^o^''''' Continua a seguirci, che stiamo per entrare nel vivo della situazione!!
La donna aprì la porta del suo appartamento,
entrò e appese il cappotto all'attaccapanni che si trovava proprio affianco a
lei.
- La luce è accesa, Rumiko sarà ancora sveglia,
penso che sia qui anche Ritsuko, vuoi entrare? -, domandò gentilmente.
- Grazie...-, disse semplicemente lui, rispondendo
alla donna. Era bella. Dio, se lo era! Sapeva che stava per imbucarsi in un
tunnel senza uscita, ma non poteva fare altrimenti. Doveva conoscerla. Era
bella, troppo perfetta per lasciarla andare via. Entrando urtò contro qualcosa,
ma non ci fece caso, troppo preso da alcuni calcoli mentali. Calcolava che per
avere una figlia di diciassette anni, doveva avere per forza più di trent'anni,
ma sicuramente meno di quaranta. Lui aveva 24 anni, così sicuramente avevano
più di dieci anni di differenza. Ma a lui non gliene fregava niente. Si era
portato a letto anche donne di vent'anni più grande, una decina erano una
bazzecola.
In fin dei conti era conosciuto come uno dei più
richiesti dongiovanni del paese. Dove passava lui lasciava una scia di donne di
tutte le età che cadevano ai suoi piedi come pere cotte. Se aveva voglia di
arrivare a rapporti intimi molto specifici, quasi bastava facesse solamente
schioccare le dita. Con Azuki, però, era diverso. Voleva conoscerla, sapere
tutto di lei. Le sue abitudini, i suoi gusti culinari e tutte le piccolezze che
da essi derivavano. Sentiva di non volere un'avventura, ma una storia vera e
propria. Si stava facendo del male, probabilmente la donna lo avrebbe deriso o
trattato come un moccioso, ma tentare non costava nulla, o almeno così si
diceva.
Si sentirono dei passi e Rumiko sbucò dalla
cucina.
- Mamma! Bentornata. -, disse la ragazza
abbracciando la madre. Ritsuko la seguì e notò la figura di Akito,
soprappensiero. Che diavolo ci faceva quell'imbecille lì? Rumiko dal canto suo
non dava segni di averlo visto, cieca com'era. - Sei stanca? Abbiamo preparato
degli spaghetti, li vuoi? Sono fatti da poco, quindi sono ancora buoni e non
sono colla. -, disse tutta entusiasta che quella sera la madre si fosse
ritirata prima del solito.
- Molto volentieri tesoro. -, affermò in tono
angelico la donna.
Andò veloce in camera da letto, tornando poi con
un completino di un bianco così candido che le davaun'aria ancor più celestiale, lasciando
interdetto il povero Akito, che ormai era ad un passo dall'esplodere. L'avrebbe
volentieri presa fra le braccia, per poi travolgerla nel bacio più passionale
che sarebbe mai riuscito a dare.
- Akki... si può sapere che ci fai qui? -, riuscì
finalmente a farlo tornare sulla terra ferma Ritsuko, dopo diversi e vani
tentativi.
Rumiko, sorpresa, si girò un po' di qua e di là, e
vide una sagoma poco lontano da dove doveva esserci, in teoria, l'attaccapanni.
Era una figura alta, almeno sul metro e ottantacinque. I capelli dovevano
essere neri e un po' lunghi, tenuti fermi da una visierina dellaNike. la figura sembrava magra, tuttavia i
vestiti, jeans e T-shirt, erano molto ampi. Quello era Akito, il bassista e
leader dallo sguardo truce della band di Ritsuko. Una simpatica canaglia che
l'aveva convinta a parlare con Daisuke Nishikado.
- Che tu possa bruciare sul rogo. -, disse Rumiko
al ragazzo senza pensarci due volte, dopodichè girò sui tacchi e andò in
cucina.
- Rumiko! -, la riprese Azuki seguendola in
cucina, - Non mi sembra modo di parlare ad un ospite!
Ritsuko si fermò nel piccolo corridoio con il
ragazzo, guardandolo di soppiatto.
- A cosa dobbiamo la tua gentil visita?
- Oh... non mi ricordo... aspetta... ah si... Nobu
é quasi guarito, dopodomani lo dimettono... però il tuo cellulare è
irraggiungibile così non potevo avvisarti. Domani non si può andare a
visitarlo, non ho capito perché, per cui andrete direttamente dopodomani per la
dimissione.-, spiegò pacato. - Volevo venire da te... ma poi ho visto la
mammina di Rumiko e non mi sono fatto pregare quando mi ha chiesto di
entrare... -, sorrise, compiaciuto di se stesso. Ritsuko lo guardò come fosse
una bestia immonda.
- Come sarebbe a dire che ti sei dimenticato di
Nobu?! Che cosa significa che non si può vedere domani? -, lo guardò truce,- E
non azzardarti a fare i tuoi strani pensieri sulla signora Azuki, o sta pur
certo che ti amputo qualche arto... non ci metto più di mezzo secondo a
castrarti!
Lo minacciò apertamente e Akito sorrise,
afferrando la sfida che gli era stata appena lanciata.
Rumiko tornò all'ingresso, ignorando Akito.
- Mamma ha detto che se vuoi puoi restare a cena,
anche se è tardi...-, disse meccanicamente senza nemmeno guardarlo, e tornò
nell'altra stanza. Ritsuko si chiese perché Rumiko ce l'avesse con Akito.
- Le hai fatto qualcosa? -, domandò sospettosa,
prima di iniziare ad incamminarsi in direzione della cucina, per aiutare
l'amica e la donna ad apparecchiare la tavola. Il giovane uomo la seguì
silenziosamente, guardandosi attorno divertito.
- Ah... questa casetta é piccola ma adorabile.-,
esclamò ignorando apertamente la domanda di Roxy, rivolgendosi alla signora Azuki.
Rumiko sbuffò e sbatté tutte le ante che chiudeva
dopo aver preso qualcosa dai vari mobili.
La donna lo guardò quasi con fare materno,
ringraziandolo di cuore per il complimento. Akito sentì la rabbia montargli,
non doveva trattarlo come fosse suo figlio.
- Prego, siediti pure. -, lo incitò, indicandogli
la tavola dove si era appena seduta.
Non se lo fece ripetere due volte e si sedette
accanto a lei, iniziando a chiacchierare animatamente. Rumiko e Ritsuko, la
quale aveva raggiunto la moretta e si era seduta affianco a lei, si scambiarono
uno sguardo complice, la cosa non andava giù ad entrambe. Erano certe che il
bassista avesse intenzioni poco nobili.
-... e così a fine Settembre finalmente ho la tesi
finale in medicina pediatrica. Adoro i bambini, sa. Dopo la tesi potrò
cominciare il tirocinio... mi spiace solo lasciare la band, i ragazzi sono come
una famiglia...-, spiegò animatamente. Azuki ascoltava con interesse. Rumiko
pensava stesse facendo un po' di scena per conquistare sua madre. Ritsuko d'altro
canto aveva smesso di masticare e guardava Akito a bocca aperta. Lasciare la
band?
Sbatté i pugni sul tavolo, attirando l'attenzione
delle tre persone sedute attorno ad esso. Lui non aveva mai parlato di lasciare
il gruppo, non aveva nemmeno mai rivelato di essere tentato dalla cosa.
- Ma che diavolo stai dicendo? Come puoi dire che
vuoi lasciare il gruppo?! -, domandò furente.
Una gocciolina si formò dietro la testa di Roxy.
- Secondo te perché volevo ti diplomassi e fossi
così certa di un futuro? Per passarti il testimone. Come leader del gruppo. Ma
non posso farlo se non finisci prima la scuola, perché se la band va a rotoli,
tu la seguiresti dopo poco.-, spiegò, calmo. Azuki annuì, ritrovandosi
d'accordo. Rumiko sbatté le palpebre un paio di volte. Gli occhi le bruciavano,
tuttavia non era il momento di andare a dormire. Ritsuko avrebbe avuto
sicuramente una crisi di nervi.
- Nobu e... Y...Ya... Yamato... lo sanno?-, chiese
la moretta con un piccolo sforzo.
Akito annuì.
- Sì, da mesi... ma sapevo che Roxy se la sarebbe
presa... così ho aspettato... stasera mi è sfuggito, mi ero completamente
dimenticato ci fosse anche lei, eh eh... -, rise divertito, portandosi una mano
dietro la testa, impacciato.
- Sei completamente stupido?! -, urlò la giovane
chitarrista, - E come credi che andrà avanti il gruppo senza bassista?! Ti
metteremo in playback?! Ti detesto quando fai così, sei un traditore!
Salutò veloce Rumiko e la signora Azuki e uscì
dal piccolo appartamento sbattendo la porta.
- Oh cielo... -, si portò una mano sul viso,
guardando la figlia e il ragazzo.
Akito sospirò.
Rumiko si alzò. - Io la seguo...
- Ma se non vedi niente... -, la riprese Akito.
- Non importa... non posso lasciarla da sola,
ora...-, disse tranquilla. Andò all'ingresso, prese un giubbotto di jeans
dall'attaccapanni e la giacca di Roxy e uscì di casa, chiudendo la porta alle
sue spalle.
- Mi dispiace... é stata colpa mia... -, disse
Akito, afflitto.
La donna scosse la testa, alzandosi da tavola.
- No, semplicemente la piccola Ritsuko è troppo
istintiva... si lascia facilmente trascinare dalle emozioni e, se la rabbia
prende il sopravvento, non se lo fa dire due volte, prima di scatenarla.
Riguardo Rumiko, invece, beh... lei è semplicemente troppo testarda. Pur di
aiutare una vera amica è disposta anche ad uscire in strada senza vedere
nulla...
Si diresse anche lei verso l'entrata, prendendo
il suo cappotto. Non poteva di certo lasciar andare la figlia, ceca come una
talpa, in giro di notte e da sola.
Akito seguì la donna all'ingresso.
- Vengo con lei. -, disse, seriamente mortificato.
Azuki sorrise, ma non disse nulla. Il ragazzo la prese come una risposta
positiva. Presero le chiavi e uscirono di casa, in cerca delle due amiche.
***
Stava correndo ormai da parecchi minuti, si era
allontanata assai da casa. Sentiva il freddo penetrarle perfino nelle ossa, che
stupida era stata a dimenticarsi la giacca, era proprio sbadata. Con quella
magliettina smanicata, che lasciava scoperto il ventre, avrebbe rischiato di
prendersi seriamente un malanno. Si fermò un attimo per riprendere fiato e si
guardò intorno, cercando di riconoscere il luogo in cui era capitata. Si
ricordò che lì vicino c'era un parco, ottimo posto per non farsi trovare e
rimanere sola. Riprese a correre in direzione della grande distesa verde e, non
appena arrivata, voltò un angolo e finì per sbattere addosso a qualcuno.
- Oh, mi scusi, mi scusi tanto, non volevo! -,
farfugliò rialzandosi da terra, scusandosi con lo sconosciuto.
Accidenti, non riusciva nemmeno a vedere ad un palmo
dal suo naso, forse non era stata una buona idea avventurarsi lì dentro.
La ragazza rimase di stucco. NO, non era
possibile. Ancora loro. Ma era una persecuzione!
- Ollallà... ehi fratellino guarda chi abbiamo
qui... Ritsuko Matsumoto. -, disse Daiki sorridendo ironicamente. Daisuke
lanciò uno sguardo di disprezzo alla ragazza e poi la ignorò. Goro dal canto
suo si attaccò ad una gamba della ragazza con la seria intenzione di non
lasciarla andare mai più.
Rabbrividì. Daisuke ce l'aveva a morte con lei per
averlo fatto uscire dalla casa di Rumiko. Daiki era direttamente un grande
stronzo, non appena era in compagnia e Goro... era peggio della colla.
- Che ci fai qui? -, chiese freddo il più piccolo
dei Nishikado, - Vuoi forse essere violentata da qualcuno?
La guardò truce, con quel sorrisetto da gran
bastardo che gli aveva dipinto il volto.
- Veramente stavo proprio pensando di andarmene,
eh! -, indietreggiò lei, tentando di staccarsi il bimbo dalle gambe, che le
impediva di muoversi liberamente.
Daiki la fermò per un braccio.
- Aspetta... cos'è tutta questa fretta? Eppure
l'altro giorno in ascensore eri così contenta di stare in mia compagnia.-,
rise, malefico. Ritsuko gli pestò un piede, ma non gli fece molto male. Al
contrario, lo fece molto arrabbiare.
Daisuke si portò accanto al fratello, facendo
schioccare le dita, per sgranchirle. Goro si staccò dalla gamba della ragazza.
C'era aria di guai, meglio lasciarla scappare senza il suo peso addosso.
Roxy strattonò più volte il braccio, sperando che
Daiki la lasciasse andare. Guardò i due con aria di sfida, ma in realtà il suo
sguardo era pieno di paura e la cosa non sfuggì ai diabolici fratelli.
- Ma che cosa volete da me?! -, urlò tutto d'un
fiato, cercando di mettere in pratica ciò che aveva imparato studiando arti
marziali, invano.
Daiki rise.
- Non vogliamo niente. Semplicemente ci dai fastidio, tutto qui.. -, disse
Daiki, anche se alla ragazza non sfuggì una nota di titubanza. - Facciamo un
patto... tu ci aiuti a far ritirare l'accusa del vostro amichetto avvocato, e
noi ti lasciamo in pace. Siamo d'accordo?-, chiese con un tono che sembrò più
un ordine che una richiesta.
Roxy lo guardò truce. Chi cavolo si credeva di essere quel Nishikado? Adesso
non aveva nemmeno diritto di andare al parco, perchè lì c'erano loro?
- Sei solo un bastardo... io a te non faccio nessun favore, anzi, credo che un
po' di tempo in galera ti potrebbe fare bene. Magari potresti diventare un po'
meno stronzo!
Il dolore lo avvertì subito. Fu lancinante. E bruciava da matti. Si portò una
mano alla guancia, gli occhi pieni di lacrime. Le aveva dato uno schiaffo così
forte da farla cadere a terra.
Goro si nascose dietro Daisuke, che con le braccia incrociate la osservava
dall'alto in basso, sorridendo. Daiki dal canto suo si guardò la mano.
"Oh cavolo... che ho fatto? La mano mi è partita da sola, senza che me ne
accorgessi... ", pensò nauseato di se stesso.
Daisuke rise di cuore.
- Oh... la povera piccola Roxy si sente indifesa? Povera piccola... ma non puoi
essere sempre così arrogante, sai? Si viene puniti, per questo.
Ritsuko si rialzò a fatica da terra, cercando di ignorare il male che la
guancia, in seguito allo schiaffo. le procurava.
- Adesso... ti senti realizzato? -, chiese alla volta di Daiki.
Daiki portò le mani davanti al petto, come per scusarsi.
- Oddio... mi dispiace.. non volevo, dico sul serio. Non ho mai alzato le mani
sulle donne, mi dispiace... solo che...-, non finì la frase.
Ritsuko alzò una mano, facendogli segno di tacere. Non voleva sentire. Non
voleva sentire niente. Aveva creduto quei due potessero essere un po' umani, ma
si sbagliava. Avevano preso in giro sia lei che la povera Rumiko.
- Fate solo schifo... non voglio più vedervi girare nei nostri dintorni,
altrimenti chiamo la polizia e questa volta non è più un gioco. -, si voltò
dirigendosi verso l'uscita del parco, ma poco prima si tirò fuori dal sentiero
e si sedette sotto un albero, dove finalmente lasciò libera via alle lacrime.
Accidenti se le aveva fatto male, non lo credeva viscido fino a quel punto. Non
credeva nemmeno così bastardo Daisuke, che con Rumiko si era dimostrato tanto
gentile e disponibile. Si era presa una paura atroce, non immaginava fossero
così pericolosi.
Sentì qualcosa posarsi su una sua spalla. Si girò, incontrando i grandi occhi scuri
del piccolo Goro.
- Scusali... sono stupidi... quando non possono avere quello che vogliono fanno
sempre così... e io sono come loro... però ti prego, perdona Daiki per lo
schiaffo... lui non voleva... -, disse con la sua vocina un po' acuta, ma tanto
dolce. - Non sono cattivi... o almeno Daiki non lo é... Daisuke... beh a quello
là non lo capisco nemmeno io... volta bandiera con una facilità incredibile...
però è innamorato di Rumiko, questo posso assicurartelo. -, si sedette accanto
a lei, sorridendo un po'. Io sono piccolo... non capisco bene queste cose...
però so che Daiki é buono... dagli una possibilità per dimostrartelo, per
favore. Tu sei buona, mi capisci, vero?-, le chiese con i suoi occhioni bagnati
dalle lacrime. Sembrava un cucciolo randagio senza casa, in quel momento.
Ritsuko fu quasi impietosita. Ma non poteva perdonare Daiki Nishikado. Né ora,
né mai.
Strinse forte a sé il bambino, che ricambiò l'abbraccio della ragazza.
- È... meglio che tu vada, i tuoi cugini ti staranno cercando e, se trovano te,
trovano anche me...
Il piccolo Goro si strinse ancora più a lei, con nessuna intenzione di
lasciarla andare.
- No... voglio che tu perdoni il cuginone... se no io non vado! Dormo anche con
te se non gli dici che è buono!
Roxy scosse la testa ripetutamente.
- Mi dispiace... non posso... non voglio...
- Ma lui ti vuole bene!!!-, disse il bambino alzando la voce e scoppiando in
lacrime. Ritsuko gli tappò la bocca, spaventata. L'avrebbero trovata di certo
se non avesse mandato via quella peste.
Si fece improvvisamente seria, e il suo tono diventò duro.
- Nishi... Daiki non mi vuole bene, Goro. Sei troppo piccolo per capire l'odio.
Per lui sono solo un bastone che gli sta intralciando la strada e per questo
deve eliminarmi. Il fatto che lui mi parli deriva solo da questo. Per favore...
và da loro e rimanici!
Si pentì subito di essere stata tanto severa con il bambino, ma stava mettendo
in pericolo la sua incolumità e non solo. Se i due fratelli non l'avessero
trovato, si sarebbe perso nel parco.
Il bambino si asciugò le lacrime.
- Daisuke ha ragione a dire che sei cattiva... non capiamo perché Daiki-chan
sia innamorato di una tipa come te...-, farfugliò imbronciato. Poi si alzò, si
spolverò i pantaloni dai fili d'erba e trotterellò via, dove aveva lasciato i
cugini.
Ritsuko rimase immobile qualche secondo, gli occhi fuori dalle orbite.
- CHE COSAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA?! -, si ritrovò ad urlare, tappandosi subito dopo
la bocca.
"No, ragioniamo con calma, è un bambino, solo un bambino. Si è inventato
tutto, calma Roxy, non prendere conclusioni affrettate, quello che ha detto il
piccolo Goro è praticamente impossibile."
Sospirò, sentendosi subito meglio, data la sua convinzione.
Sentì un altro tup-tup sulla sua spalla. Si girò
e rabbrividì. Daisuke l'aveva trovata.
- Se urli così mi pare ovvio che ti troviamo... -, rise, commentando
l'espressione terrorizzata della ragazza. - Non preoccuparti, non ti farò
nulla. Devo solo parlarti.
- E... e chi si nascondeva? Che... che vuoi? -,
domandò alzandosi da terra e allontanandosi ad una distanza di sicurezza dal
più piccolo dei Nishikado.
Si maledì mentalmente per non essersi diretta subito fuori dal parco, avrebbe
evitato tutte quelle situazioni sgradevoli. Era decisamente una giornata no.
- Si tratta di Rumiko. Aiutami, ti prego!-, si
inginocchiò di fronte a lei e incrociò le mani davanti al viso, gli occhi
chiusi, a mo' di preghiera.
Ritsuko lo guardò come fosse un verme particolarmente schifoso. Che diamine
voleva dire con quel "Si tratta di Rumiko, aiutarmi ti prego?".
Doveva essersi frullato il cervello.
- Rumiko? -, domandò, - Stalle alla larga il più
possibile... la tua presenza non può far altro che farla soffrire!
Si abbassò fino ad essere alla sua altezza, e gli diede un piccolo colpetto
sulla fronte, grazie al dito indice.
- È abbastanza chiaro il concetto?
Daisuke si ritrovò sorpreso. Perchè quella grinta non l'aveva dimostrata anche
prima, con lui e Daiki? Possibile che Rumiko fosse tanto importante per lei da
farla diventare così arrogante?
… continua…
Wow, siamo già al dodicesimo capitolo! Si va
spedite qui, eh! Ghghgh... Oh, questo capitolo lascia un certo alone di
mistero, non trovate? Ok, fermi, non uccideteci! Siamo consapevoli della nostra
perfidia nel chiudere i capitoli bastardamente! :P Ma passiamo ai
ringraziamenti per chi continua a seguirci e soprattutto per chi ci sostiene
recensendoci!
Solei: Eh, già! Savage Garden, l'ispirazione
del titolo deriva proprio da lì. :P
Shaida Black: Ci fa piacere tu non abbia
intenzione di abbandonarci! Litigi... riappacificazioni... mi sa che dovrai
farci l'abitudine, no? :D Dai, l'importante è che alla fine (si spera) tutto
si sistemi! Cosa ha per la testa Akki? Bella domanda, vorremo saperlo anche
noi... continua a leggere che forse riusciremo a capire cosa si è messo nella
zucca! :D
Bevelle: Apprezziamo tu ci abbia lasciato
una recensione malgrado la fretta! Nemmeno noi ci aspettavamo di far succedere
una cosa simile ma... l'idea ci ha attirato e l'abbiamo realizzata! :D Chiediamo
perdono per il ritardo... però ora è qui, tutto da leggere! Speriamo di non
arrivare mai a deluderti, ma al contrario, di sorprenderti sempre. Siamo veramente
onorate tu abbia tanta fiducia in noi!
Niky: Accidenti, ti piace veramente così
tanto? :D Ci rende felice la cosa! Eh... ormai i ragazzi sono un po' tutti
ambigui, finchè non gli metti tutte le carte in tavola chiaro e tondo possono
sempre risultare stronzi. Chi sceglierà Rumiko? Non lo sappiamo nemmeno noi...
e poi chi ci assicura che sceglierà uno dei due? Mah... mah... Attratta da
Akito, eh? Allora mi raccomando, mettigli il guinzaglio o scappa! :P
Stava andando a tentoni
per le vie della città. Con il buio vedeva ancora meno del normale e questo la
preoccupava parecchio. Roxy non la trovava e si chiedeva se sarebbe mai
riuscita a tornare a casa. Poco più in là, due ragazzi la videro procedere
sconsolata e... sola.
- Takumi... guarda quella ragazza... carina eh? Un po' ordinaria, ma non é
male... -, disse un ragazzo dai capelli corti e rossi ad un altro affianco a lui dai capelli neri e lunghi.
- Mh sì... è ben fornita fisicamente e anche il
viso è piuttosto carino... direi che stasera possiamo
divertirci, mi sembra pure ben ciecata, non ci riconoscerà mai.
I due ragazzi si sorrisero complici e si avvicinarono alla giovane, che ancora
andava avanti a tentoni.
- Ciao piccola... ti va di venire a divertiti con noi?
Mi sembri così annoiata qui... tutta sola...
La ragazza rabbrividì sentendo la voce di uno
sconosciuto. Si girò e vide due sagome alte almeno il doppio
di lei, dall'aria letale. Quella serata stava prendendo una brutta
piega. Pessima.
- Mi... mi rincresce, ma ora sono occupata, sto cercando una persona e...
beh... arrivederci... -, fece un piccolo inchino con il capo e si allontanò. Sentì dei passi dietro di lei, probabilmente la stavano
ancora seguendo. Cominciò ad aumentare il passo, andando sempre più veloce. Ma improvvisamente inciampò, non avendo visto il gradino del
marciapiede.
- Ehy piccola, vuoi giocare a nascondino? O magari preferisci giocare a prendersi? -, disse il ragazzo
dai lunghi capelli neri, passandole una mano fra i capelli.
Rumiko prese a tremare e iniziò ad indietreggiare, aiutandosi con le mani.
- Oh dai Takumi, così la spaventi... io direi di
passare immediatamente al sodo!
Si fiondò su di lei, tenendo il suo corpo premuto contro il freddo cemento,
impedendole qualsiasi movimento delle braccia.
Rumiko tentò disperatamente di divincolarsi , ma con scarsi risultati. Quell'uomo aveva una forza
immane. Gli graffiò il volto con le unghie delle mani, ma l'unico risultato che
ottenne fu di farlo infuriare ancora di più. Mise una mano tra le sue coscie e
velocemente raggiunse il punto d'unione delle due. Mentre le
lacrime presero a sgorgarle copiosamente dagli occhi, urlò disperatamente.
La strada era deserta, tra l'altro in un vicolo cieco e tra due palazzi
completamente disabitati. Era la fine. Iniziò a sbottonarsi i pantaloni, mentre
un espressione di piacere gli balenò sul volto. Il
secondo uomo, nel frattempo, le aveva sbottonato la
camicetta e ora stava tentando di slacciarle il reggiseno. Rumiko chiuse gli
occhi. Le avrebbero portato via la verginità, la cosa
che custodiva più preziosamente. Le sarebbe stato inciso un segno indelebile
che si sarebbe portata dietro tutta la vita. Chiuse gli occhi, pregando perché
quel supplizio finisse presto. Dio le doveva almeno questo. Stava per lasciarsi
andare, non c'era più nessuna speranza, quando improvvisamente sentì un tonfo
sordo e il peso sopra di lei scomparve. Aprì un occhio, ma non riuscì a capire
cosa fosse successo. La vista era peggiorata ancora per colpa delle tante
lacrime di cui gli occhi erano pieni. Sentì un altro tonfo e anche il ragazzo
dietro di lei era magicamente scomparso. Che stava succedendo? Sentì due forti braccia che la
sollevarono come fosse una piuma. Doveva sperare in bene o in peggio? E se fosse stato qualche altro uomo voglioso, che voleva
continuare quello lasciato a metà dagli altri due? Non aveva nemmeno la forza
per parlare...
- Non preoccuparti Rumi... è tutto finito... tutto... -, disse una voce
spezzata, che le parve familiare.
Era logico le fosse familiare. Era la voce di Yamato. Del suo Yamato.
- Yamato... io... io... -, la ragazza si strinse forte
a lui. - Mi dispiace per l'altra volta. Perdonami ti prego...
ti prego... -, lo pregò tra le lacrime.
Il ragazzo la poggiò delicatamente su una
panchina, sedendosi accanto a lei e abbracciandola forte.
- Non hai nulla di cui scusarti, è colpa mia che sono
stato troppo crudo a parlarti così, non avrei dovuto...
- No... no, avevi ragione... é stata colpa mia...
fidarmi di quello stupido di Nishikado... io da oggi non crederò
più a nessuno che non sia tu.-, disse decisa, asciugandosi le lacrime. Le sue
preghiere erano state esaudite. Era salva, e inoltre a slavarla era stato
l'uomo di cui era innamorata. "... grazie...", pensò volgendo gli
occhi al cielo.
- Rumiko... non devi iniziare a perdere la
fiducia nelle persone che ti stanno accanto, solo perchè hai avuto una brutta
esperienza. Probabilmente Nishikado non è la persona più affidabile della
terra, ma ciò non vuol dire che siano tutti così.
Le accarezzò na guancia, mentre la sua espressione divenne estremamente
dolce. La ragazza alzò lo sguardo su di lui. Come avrebbe voluto vederlo. E invece ciò di cui doveva accontentarsi era la sua sagoma. Alzò le mani verso il viso del ragazzo, e con le dita cominciò
a seguire i contorni del volto. Yamato era proprio bello e anche senza poterlo
vedere riusciva a sentire la perfezione di cui godeva. E
lei era così... così innamorata. Passò due dita sulle labbra del ragazzo e gli
occhi le si riempirono ancora, come ogni volta che
pensava che avrebbe voluto tanto baciarlo. Non aveva mai baciato nessuno, ma
sentiva che il primo bacio, se ricevuto da Yamato, sarebbe stato il più bello e
indimenticabile che avesse potuto ricevere da un ragazzo. Sapeva bene, però,
che questo non sarebbe mai stato possibile. Lei lo amava, ma lui non lo
ricambiava. Il suo cuore era occupato da un'altra, dall'infermiera di nome Aya.
Sospirò, staccandosi da lui e voltando lo sguardo nella direzione opposta.
Yamato le poggiò una mano sul viso, facendola voltare verso di sé. Le scostò la
frangetta e le diede un bacio sulla fronte.
- Ti accompagno a casa...
Rumiko scosse il capo.
- No. Ci torno da sola. Tu vai a cercare Ritsuko... é uscita sconvolta di casa,
potrebbe accaderle qualcosa.-, disse alzandosi e infilandosi la giacca che precedentemente i due maniaci le avevano strappato di dosso
con poca delicatezza. - Non dire sciocchezze, Roxy sa badare a se stessa.
Vorrei sapere come sei finita tu in questa parte della città, ma di certo non
ti lascio andare in giro da sola, potrebbero aggredirti nuovamente.
La prese per mano ed iniziò a tirarla in direzione del
suo condominio. La ragazza però con uno strattone ritirò la mano.
- Non tenermi per mano... non voglio. Potrebbe vederci qualcuno... fraintenderebbero... non è il
caso... -, disse acida. Perché doveva essere sempre
così dolce e gentile con lei? Doveva trattarlo male. Così anche lui non sarebbe
più stato gentile e lei l'avrebbe dimenticato. Yamato le riprese la mano.
- Non mi importa niente di cosa pensano gli altri,
voglio solamente essere sicuro di portarti a casa intera, non voglio mica
vederti distrutta da dei maiali come i due di prima. Direi
che rischiare di essere violentata due volte nel giro di così poco tempo è
sufficiente! La ragazza lo allontanò di nuovo.
- VA BENE, HO CAPITO, MA NON TOCCARMI!-, gridò infuriata. Ok, voleva
accompagnarla, ma che bisogno c'era di prenderla per
mano?
Il ragazzo la guardò spazientito. Accidenti se era testarda. Si chiese com'era possibile che
non mostrasse mai questo lato di sé, se non in casi estremi.
- Ma se non vedi ad un palmo dal tuo naso... finirei per perderti per le vie
della città... -, le fece notare indispettito. Lei scosse la testa.
- Non me ne frega, non devi toccarmi, perché mi fai schifo. -, disse infine,
algida. A mali estremi, estremi rimedi. Se lui era così zuccone, gliel'avrebbe fatto capire con le cattive.
Yamato la guardò perplesso.
- Ok, ok... ho capito... l'hai voluto tu!
Se la caricò in spalla, sotto gli urli della ragazza che prese a prendergli a pugni la schiena.
- Se non vuoi cadere ti conviene startene un po' tranquilla... -, disse lui,
ignorando le sue lamentele.
- Lasciami... Yamato fammi
scendere... giuro che mi metto a urlare, ti prenderanno tutti per un pedofilo.
-, improvvisamente si zittì. Era strano che anziché pervertito avesse detto pedofilo. Allora anche per lei contava la
differenza d'età? Anche Yamato sembrò essersi accorto
del piccolo particolare. Era finita, ora non aveva davvero più speranze, perché
ora lui sicuramente credeva che lei lo ritenesse "vecchio".
- Che pensino ciò che
vogliono, te l'ho già detto... la cosa non mi tocca. Si vede che verrò ritenuto un pedofilo, che devo dirti. -, aveva assunto
un tono di voce piuttosto gelido, il che rattristò la
ragazza.
Bene, ora l'aveva fatta davvero grossa. Si diede mentalmente della stupida.
Rumiko chiuse gli occhi e sospirò.
- Non mi fai schifo... anzi mi piaci anche troppo, é
per questo che vorrei tu ti allontanassi da me... se tu mi trattassi
gelidamente io riuscirei... a dimenticarti... e invece... tu sei sempre
gentile... perché... perché.?-, chiese con la voce spezzata, la bocca
straordinariamente arida.
- Perchè ti voglio bene... Perchè
anche se lo volessi non riuscirei a starti lontano. -, rispose lui
semplicemente, continuando a camminare per le vie di Tokyo, arrivando davanti
alla palazzina dove abitava la ragazza.
Yamato la lasciò scendere a terra e poi
l'abbracciò, chiedendole scusa. Si scusò perché non poteva corrispondere i suoi
sentimenti. Rumiko sorrise. Era proprio dolce, non c'era
niente da fare. Lo allontanò di nuovo, non poteva fare
altro.
- Sai... quando ti arrabbiasti nel vedermi con
Daisuke... mi arrabbiai... ma in cuor mio festeggiavo, pensando "Che
bello, è geloso". Ora mi rendo conto che mi sbagliavo, perché non eri
geloso, semplicemente ti eri preoccupato... grazie... grazie
che ti preoccupi sempre per me. Ti prometto che mi sforzerò di considerarti
come il fratello che non ho mai avuto. Alla fine ci riuscirò. Questa mia cotta
infantile passerà presto... ho solo diciassette anni... il vero amore
arriverà... anche senza di te... -, una lacrime le
solcò la guancia e si infranse sull'asfalto della strada. Era l'ultima. Non
avrebbe più pianto per Yamato. Quella era una promessa, che avrebbe mantenuto
di sicuro. Non avrebbe più pianto.
***
Si
trovò ad osservare per l'ennesima volta la donna, che chiamava a squarciagola
la figlia. Era veramentre preoccupata e lui si sentiva impotente. Non conosceva
bene Rumiko e, di conseguenza, non conosceva le sua abitudini.
Erano quasi due ore che giravano senza sosta per i quartieri di Tokyo, a piedi
e in taxi. Era quasi mezzanotte e non c'era traccia di nessuna delle due
ragazze.
Improvisamente Azuki ebbe un giramento di testa.
- Oh... stia attenta... -, disse Akito prendendola in braccio appena in
tempo. - Sarà meglio che ci sediamo un po'.
-
No... non voglio sedermi... la mia bambina... voglio
trovare la mia bambina e la piccola Ritsuko! -, si rialzò di scatto e fu colta
da un secondo capogiro che la obbligò a sedersi. Prese una delle salviettine
umide che teneva nella borsa e se la passò sulla fronte, poi su tutto il resto
del viso.
Akito cercò di volgere lo sguardo altrove. Non era
proprio il momento di lasciarsi prendere dagli ormoni. Cercò di calmare i
brividi elettrizzati che gli scendevano lungo la schiena, invano. Non si era
mai sentito così impotente accanto a qualcuno. Sapeva che qualunque cosa avessero potuto dire gli altri, non gliene fregava niente,
né che lei fosse più grande, né che fosse una donna divorziata e con una
figlia. Voleva stare accanto a lei. Cosa c'era di male
in questo?
Riuscì a convincere Azuki che la soluzione
migliore era tornare nel suo appartamento e la donna, dopo diverse esitazioni,
acconsentì. La accompagnò fino all'entrata del condominio, dove si fermò. Lei
era meglio tornasse a casa, ma lui poteva benissimo cercare ancora le due
ragazze, essendo uomo e rischiando molto meno.
- Tu non vieni?
***
Seduto accanto a Ritsuko, Daisuke osservava i
movimenti della ragazza, che si alzava, camminava avanti e indietro, e si
risiedeva a intervalli regolari, ma non accennava ad
andarsene. Rise.
- Perché rimani qui
nascosta?-, chiese lui sghignazzando. Era sicuro
non rimanesse nascosta per paura che Daiki la
trovasse. Doveva esserci qualcos'altro.
- Non sono affari tuoi! -, si affrettò a zittirlo
lei.
Una seconda risata di Daisuke ruppe il silenzio
che si era creato fra i due. Roxy, ora seduta vicino a lui, si trascinò un poco verso destra, per allontanarsi dal ragazzo.
- Tu hai problemi seri...
Lui scosse il capo.
- Affatto... sono sanissimo, in ottima forma, sono
ricco e sono bello... che problemi vuoi che abbia?-,
disse, molto modestamente.
Roxy si lasciò sfuggire una
risata. Non era ciò che aveva detto, piuttosto il modo in cui l'aveva detto,
che l'aveva fatta ridere. Così convinto...
- L'illusione è veramente una bella gatta da
pelare... -, rise di nuovo. Una risata cristallina, sincera.
Daisuke si ritrovò a guardarla, lasciandosi
sfuggire un sorriso. Doveva ammettere che, quando
lasciava da parte quel suo caratterino del cavolo, poteva
essere anche una persona minimamente accettabile.
- Senti... -, lo riprese dai
suoi pensieri, - Goro, il tuo cuginetto insomma,
spara tante cose irreali, giusto?
Daisuke rifletté un po'.
- E' un bambino che ha carenza
d'affetto, d'attenzione... cerca di attirare l'attenzione combinando marachelle
e pasticci vari... ma ti assicuro che bambino più sincero di lui non c'è. Che
Dio mi fulmini se Goro ha detto una sola bugia da
quando è nato.
Roxy deglutì, arrossendo un pochino. Si lasciò
cadere all'indietro, lasciando attutire la caduta
dalla morbida erba del prato.
- Beh, ma è pur sempre un bambino con le sue
fantasie...
Si passò un braccio sugli occhi, evitando lo
sguardo di Daisuke che la guardava curioso di sapere dove voleva arrivare.
- Non so cosa ti abbia detto...
ma posso assicurarti che é la verità... -, spiegò, pacato. Si alzò in
piedi, spolverandosi dai fili d'erba attaccati al pantalone. - Sarà meglio che
vada... e sarebbe meglio che anche tu tornassi a
casa... é mezzanotte passata da un pezzo... Rumiko sarà preoccupata. Ahah pensa se ti sta cercando... cieca come una talpa per
le vie di Tokyo... ce la vedo... -, rise, divertito.
- Sta zitto! -, ribatté infuriata. - Non sei
nemmeno un po' preoccupato per lei?! Akito e la
signora Azuki, inoltre, non penso siano così incapaci
da lasciarla uscire da sola senza occhiali!
Si alzò anche lei da terra e pestò con forza uno
dei piedi del ragazzo, accompagnando il gesto con tanto di smorfia e
linguaccia.
- Sei veramente un'idiota! Per questo e per tanto
altro!
Si diresse a passo d'elefante in direzione del
sentiero, maledicendo Daisuke e Daiki a più non posso.
Daisuke dal canto suo ululava ancora per il dolore.
Poi si ripresee
la guardò allontanarsi, sorridendo. Era proprio bravo a raggirare la gente. Ora
lei sarebbe tornata a casa e sarebbe stata al sicuro. E
lui poteva finalmente andarsene, senza il pensiero di aver lasciato una ragazza
da sola in un parco popolato da drogati e criminali.
***
Picchiettava nervosamente con il piede sul
pavimento del corridoio, tenendo lo sguardo basso su di esso.
Immaginava di aver davanti la batteria e di poterla suonare, così da poter sfogare tutto il suo nervosismo del momento. Rumiko
non era molto diversa da lui, con l'unica differenza che sembrava una mummia
egiziana, da quanto era immobile.
- Beh... -, prese coraggio, - Mi raccomando,
fatti una bel bagno caldo e poi vai subito a
dormire...
La ragazza annuì.
- Ti ringrazio... per tutto ciò che hai fatto per
me... tuttavia Yamato.... Yamato... -, la voce prese a
tremarle ancora, ma poi si scrollò l'ansia di dosso. Doveva darsi una regolata,
quel giorno aveva pianto così tanto da superare le
cascate del Niagara. - Yamato ti sarei ancora più grata se da oggi non ci fosse
mai più nessuna scusa per vederci... nulla... niente di niente... non voglio vederti mai più... -, disse, infine, con un nodo alla
gola grosso quanto una noce di cocco
Yamato alzò di scatto lo sguardo, cercando quello
di Rumiko. Doveva arrivare a tanto per dimenticarsi di lui?
- Io... io... ma io voglio vederti ancora... -,
buttò fuori in un soffio.
Rumiko prese la maniglia della porta e fece un
flebile sorriso.
- Non dire cose che nemmeno
pensi... -, fece per chiudere la porta, ma qualcosa glielo impedì. Yamato aveva spinto una mano sull'anta, facendola riaprire. I
suoi occhi avevano un'espressione strana, quasi terrorizzata.
- Non voglio perderti... Rumiko
io...
Le mani tremanti di lui si posarono sul viso
della ragazza, cominciando ad accarezzarlo. Sembrò imprimersi nella mente i tratti di lei, come per non dimenticarlo mai. Si abbassò un
poco, dandole un bacio sulla punta del naso.
- Io...
Incrociò i suoi occhi con quelli di lei,
abbassandosi un poco e unendo le sue labbra con quelle di Rumiko.
La ragazza si sentì travolgere in qualcosa a lei
sconosciuto, eppure cosi sorprendentemente piacevole.
Ancora una volta le lacrime furono più forti di lei, mentre si stringeva a lui
e corrispondeva quel contatto pieno di passione. Era una forza straordinaria,
quella che si impossessò di lei, facendole perdere
ogni facoltà intellettiva, riducendola al nulla. Ricambiò, con tutta la
passione che aveva in corpo. Ma così com'era venuto, quel
tifone si allontanò velocemente e improvvisamente. Aprì gli occhi e vide
la sagoma di Yamato abbastanza distante da lei. Cos'era successo?
Così vicini, e dopo un attimo così lontani. Che avesse
sognato tutto? No, impossibile. Si toccò le labbra, gonfie e turgide. Non
l'aveva sognato.
Il ragazzo si era portato le mani alle labbra,
mentre sembrava osservare qualcosa con fare terrorizzato. Rumiko si sporse un
poco in avanti, per poter avere la visuale del corridoio della palazzina e per
poco non ebbe un infarto, quando vide due figure a lei fin troppo familiari,
appena uscite dall'ascensore. Avevano visto tutto.
… continua…
E arrivarono anche al capitolo tredici! Chiediamo venia per il grande ritardo a pubblicarlo, ma erano mancate così tanto
anche solo le letture che abbiamo deciso di attendere un pochino, sapendo che
siamo in alta stagione con le vacanze! Siamo comunque
sempre qui pronte ad aggiornare e a ringraziare i lettori e i recensori!
Blue: Beh, ormai pensiamo che Akito sia un guaio
vivente! Trovi veramente sia in stile manga? :D Forte! Almeno abbiamo creato un’opera un originale anche
per lo stile!
Shaida Black: Non preoccuparti, è normale che tu dia spazio anche alla tua vita
privata! :] Ti fa pena Daisuke? Nadai, alla fine mostra solamente di tenere molto alla
nostra Rumi! Roxy e Daiki? Chissà… noi scriviamo e improvvisiamo. Non sappiamo
mai che idea ci balzerà nella mente. Tu aspetta e vedrai… :]
Scopriremo insieme cosa accadrà! Akki ormai il
discorso è sempre lo stesso… eheh! Addirittura crea dipendenza, dici? Chefigata! :D Sarebbe una forza!
- Ma... mamma... -,
esclamò Rumiko, nervosamente. - Cosa... cioè... sei
tornata... -, disse come fosse la cosa più strana del mondo che sua madre a
mezzanotte tornasse a casa.
La donna si avvicinò alla figlia, le lacrime che le
pungevano gli occhi.
- Come sarebbe a dire sono tornata?! Ti abbiamo cercato fino adesso Rumiko,
sei un incosciente! Io mi preoccupavo per te e tu eri qui a baciare un
ragazzo decisamente troppo grande per te!
- Non sta a te giudicare ciò che va bene o no per
me!-, disse in un soffio, e un bruciore insopportabile le attanagliò una
guancia. Sua madre le aveva dato uno schiaffo. Si
portò una mano sulla gota dolorante, chiedendosi come era
possibile passare dal paradiso all'inferno nel giro di cinque secondi netti.
- Chiedi subito scusa ad Akito per il tuo
comportamento, anche lui ti ha cercato a lungo ed entra subito in casa, non
voglio sentire ragioni!
Guardò infuriata la figlia, voltandosi poi in
direzione di Yamato.
- E a te cosa salta in testa?!
Ti rendi conto che mia figlia ha solamente diciassette anni?!
È ancora minorenne! Sei un avvocato, dovresti avere un po' più di sale nella
zucca, no?!
Yamato arrossì. Akito si passò
una mano tra i capelli, leggermente frastornato, poi si avvicinò ad
Azuki.
- Credo ci sia stato un malinteso... a me non è sembrato affatto si stessero baciando... Rumiko aveva
gli occhi rossi... magari semplicemente le stava soffiando nell'occhio per
toglierle un po' di polvere che le bruciava.... -, spiegò, pacato. Assunse
un'espressione così seria che per un attimo persino Yamato e Rumiko credettero
alla sua balla.
Rumiko iniziò a capire perchè
Akito fosse considerato il leader del gruppo, era davvero bravo a
togliere dai guai i suoi protetti. Azuki guardò confusa il giovane uomo, voltando
poi lo sguardo alla mano che aveva colpito la guancia della figlia.
- È... è la verità? -, domandò, evitando di
alzare lo sguardo incredulo.
Rumiko non aveva mai mentito a sua madre, ma
dopotutto da qualche parte si doveva pur cominciare. Lei e Yamato si guardarono
e probabilmente anche lui stava pensando che era
meglio dirle una piccola bugia, a fin di bene. Così Rumiko annuì, convinta.
La donna annuì. Ringraziò i due ragazzi ed educatamente chiese loro ti tornare alle proprie
abitazioni, entrando nella sua con la figlia.
Chiuse la porta, poi si ricordò di Ritsuko. Rumiko
non sapeva che espressione avesse la madre, tuttavia pensò la sua stessa
identica cosa.
- Ritsuko?-, si chiesero all'unisono.
La donna si sedette sul divano, lasciandosi
sprofondare nella sua morbidezza.
- Povera piccola... spero
sia tornata a casa sana e salva e che non le sia successo niente di grave...
Improvvisamente una scampanellata lunga e
assordante avvisò le due che Ritsuko era tornata. Rumiko corse ad aprire ed abbracciò
l'amica, per cui era stata in pena.
- Stai bene?-, chiese. Si accorse solo troppo tardi
che aveva preso un granchio, e pensò che la scampanellata di Daisuke assomigliava maledettamente a quella di Ritsuko. Arrossì e
si allontanò dal ragazzo, che aveva riconosciuto dalla statura e dal profumo di acqua di colonia, di cui ogni mattina si rovesciava tutto
il contenuto della boccetta addosso.
- Che vuoi?-, chiese acida,
anche se leggermente colpita da quella visita. - E'
mezzanotte passata, ti pare il caso di suonare il campanello a quel
modo?
Un ghigno divertito si dipinse sulle labbra del
ragazzo.
Un ghigno divertito si dipinse sulle labbra del
ragazzo.
- Quanto sei dolce ad
accogliermi con un abbraccio! -, si chinò su di lei, dandole un bacio sulla guancia.
Entrò non invitato nell'appartamentino,
guardandosi intorno.
- Ma quella sottospecie di confetto ancora non è tornato? Eppure ero convinto che dopo quella provocazione su
di te si sarebbe precipitata a vedere se tu stessi
bene! Beh, poco male, tu come stai Rumi cara? -, sorrise divertito voltandosi
nella sua direzione.
La ragazza, un po' imbarazzata per il bacio sulla
guancia, richiuse la porta e si avviò verso il piano cucina,
prendendo tre tazze.
- Vuoi un po' di caffé?-, chiese gentilmente. Odiava
Daisuke Nishikado, ovvio, ma non era una buona ragione per essere maleducata,
dopotutto. In quegli ultimi giorni era stata scortese con
molte persone, stare con certa gente le faceva male. Dov'erano
finiti tutti gli insegnamenti di sua madre? Non avrebbe mai dovuto innamorarsi
di un uomo più grande di lei di quasi dieci anni.
Daisuke annuì e si sedette su uno sgabello della
penisola, osservandola trafficare con acqua, caffé e tazze, un po'
maldestramente data la mancanza degli occhiali.
Iniziò a tamburellare con le dita, assumendo un espressione dolce nel vedere la goffaggine della ragazza.
- Sei preoccupata per la turchina? Guarda che è
grande e grossa... sa cavarsela benissimo da sola.
Rumiko si girò verso di lui, con gli occhi lucidi.
- Ritsuko... lei starà bene... la questione é
un'altra... -, farfugliò, arrabbiata con se stessa. Non voleva parlarne con
Nishikado, per niente. Ma non riusciva a fermarmi,
così sputò fuori tutto senza quasi accorgersene. - Yamato mi ha baciata... ma io sono convinta che mi abbia presa in giro...
lui é innamorato dell'infermiera nel reparto dove è ricoverato Nobu.... mamma
ci ha anche visti... se non fosse intervenuto Akito... le ho mentito... non
l'avevo mai fatto prima... se lo scoprisse mi odierebbe... -, disse, sicura che
sua madre non la stesse ascoltando, essendo sotto la doccia.
- Ehy! Calma, calma! Come sarebbe a dire che hai baciato un altro uomo?! -, urlò lui inferocito,
calmandosi quasi immediatamente, - Senti... ragioniamo con calma... tu dovresti
vivere la tua vita più spontaneamente, che preoccuparti sempre di ciò che è
stato di essa... insomma... adesso ti stai facendo i
complessi mentali perchè hai baciato un tizio e hai mentito a tua madre. Se non fosse successo ciò, saresti stata più felice? Anche
ammettendo che lui ti abbia presa in giro, se lui non
avesse unito le sue labbra con le tue lo avresti preferito?
Guardò l'espressione rimuginante di Rumiko, che
lasciava intendere solo tanta confusione.
- Io credo di no, anche se hai mentito a tua
madre sono certo che tu ora sei felice... di aver baciato quell'uomo... -,
sembrò rattristarsi.
La ragazza lo guardò un istante,
poi ripiombò nel baratro della frustrazione.
- Io lo amo... lo amo da
morire. Ma non puoi capire ciò che provo... fa così male, non essere corrisposti.... -, disse tremando. Si accovacciò a terra, persa nei
suoi pensieri. Ma perché doveva soffrire così tanto?
L'espressione di Daisuke si contorse in una
smorfia.
- Ti sbagli... capisco fin troppo bene ciò che
provi.
Si alzò dallo sgabello e si avvicinò alla
ragazza, mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Se lui ti ha baciata
vuol dire che hai qualche possibilità con lui... non rattristarti... è attratto
da te, non è detto che se ora non siete insieme in futuro sarà ancora lo
stesso...
Rumiko alzò lo sguardo verso di lui. In realtà non
lo vedeva bene, ma d'altro canto le piacque pensare che in quel momento Daisuke
avesse un'espressione sincera. Lo abbracciò. Per quella sera, solo per quella sera, voleva considerarlo suo amico, e non il ragazzo
che tanto odiava, non il suo peggior nemico.
Nishikado ricambiò l'abbraccio. Non strinse
troppo la presa, per paura di poterla rompere. Era così magra che gli sembrò
talmente fragile... Avrebbe tanto voluto che quel momento non finisse mai, che
Rumiko sarebbe stata fra le sue braccia per sempre.
Una lacrima gli scese lungo la guancia, lacrima che
prontamente asciugò.
- Senti... io so che fra di
noi non scorre buon sangue, ma se tu... se tu per qualsiasi cosa ti senti triste,
frustata... hai bisogno di parlare con qualcuno insomma... beh, sappi che il
sottoscritto è disponibile ventiquattro su ventiquattro eh...
Rumiko sorrise, e lo abbracciò più forte.
- Dopotutto sei un caro ragazzo,
Nishikado... peccato tu sia anche diabolico. -, scherzò, prima che un
urlo spezzasse la quiete della piccola abitazione. Azuki era entrata in cucina
in accappatoio ed era rimasta allibita alla vista di sua figlia a terra,
stretta ad un ragazzo che la stava baciando. O meglio,
questo era ciò che aveva visto lei da dietro. I due ragazzi schizzarono in
piedi.
- Mamma ma che ti prende?-, gridò frustrata Rumiko.
Se sua madre credeva avesse baciato Daisuke si sarebbe
incavolata a dovere.
La donna schizzò davanti alla figlia, posandole
le mani sulle spalle.
- Ma che ti prende?!
Stai diventando una poco di buono per caso? Oh figlia
mia...
Daisuke ridacchiò, guardando divertito la donna.
- Ma signora, stavamo
solo premeditando di fare l'amore, è umano! -, si beccò un'occhiata gelida
dalla giovane mamma, - Ehm... scherzavo, scherzavo...
la stavo solo aiutando ad alzarsi da terra! È caduta come una pera cotta!
- Mamma... stasera hai le
allucinazioni... vai a dormire, sei stanca. Stavo preparando il caffé, ma per
te forse é meglio una camomilla doppia. -, scherzò la ragazza tornando accanto al piano cucina e controllando il caffé sul fuoco.
La signora Azuki si passò una mano sulla fronte.
- Scusami... ma ultimamente mi stai
dando un sacco di preoccupazioni, assieme alla piccola Ritsuko, sai? A
proposito, è tornata? -, chiese con un tono piuttosto preoccupato.
Rumiko scosse la testa, pensando che la ragazza
si fosse rifugiata da Nobu. Si smentì poco dopo, ricordando che anche per il
giorno seguente sarebbe stato impossibile fargli visite.
Improvvisamente sentì dei rumori sul pianerottolo.
Daisuke si offrì di andare a controllare, da buon gentiluomo. Aprì la porta e
sorrise allegramente.
- Bentornata confettina!-,
esclamò abbracciando la ragazza, quasi strozzandola.
Roxy si dimenò dalla sua presa, guardandolo in
cagnesco.
- Che ci fai tu qui?! -,
urlò irritata, - Sei un incubo!
Entrò in fretta e furia nell'appartamento,
cercando Rumiko.
Prima che potesse sgridare
la moretta, questa le si avventò addosso, ringraziando il cielo perché era
tornata sana e salva.
- Non farci mai più
scherzi del genere!!!-, disse con la voce spezzata dalla felicità.
- Non ho fatto nessuno
scherzo. -, si giustificò lei, - Piuttosto tu, non mi avrai seguita
in strada, vero?!
Daisuke fece scollare Ritusko da Rumiko,
abbracciando quest'ultima.
- Affermativo confettino!
Rumiko rise di gusto, mentre Daisuke la osservava,
felice di quella situazione. Non poteva stare con lei, ma voleva impegnarsi a
tutti i costi per proteggerla, starle vicino ed essere il suo miglior amico, un
appiglio sicuro per non affogare nel suo mare di problemi. Amava quella
deliziosa, magrolina e dolcissima moretta, e nessuno l'avrebbe
toccata e fatta soffrire. Nemmeno se questo significava mettersi ancor di più
contro la sua più grande fonte di problemi: Yamato.
… continua…
Hello! Ohhhh… eccoci
qui con un altro succulento capitolo! Sentivate già il languorino,
vero? :DOk, ok la finiamo! Passiamo ai ringraziamenti ai lettori, ma
soprattutto ai recensori!
Maharet: Ci fa piacere ti sia mancata!
:D Eh, purtroppo può sembrare ingarbugliata solo perché
ci sono ancora tante cose da svelare! Cose che forse anche noi dobbiamo ancora
pensare… ghgh…
Shaida Black: Wow, più brave ad ogni capitolo? Figo! :D Comunque mai dare nulla
per scontato… come già detto la fic cresce con noi…
chissà, chissà!
- Mhhh... -, rimuginò
la ragazza, rigirandosi nel letto.
Il campanello trillò nuovamente e la figurina si
alzò, rimuginando ripetutamente.
- Arrivo, arrivo! -, urlò irritata, aprendo la
porta. - Rumiko, è mai possibile che tu debba sempre svegliarmi a quest'ora del mattino per andare a scuola in anticipo?!
Alzò lo sguardo sulla figura davanti a sé, mentre
la sua espressione si contraeva. Quella persona non era Rumiko. Pensò al
pigiama azzurrino con le paperelle che indossava, al
suo volto senza trucco, ai capelli spettinati... ma soprattutto al fatto che
Daiki Nishikado si trovasse davanti a lei.
Daiki sospirò deliziato.
- Sei A-D-O-R-A-B-I-L-E tesoro,
questo pigiamino fa così casual.... è uno style
originale, davvero trendy. -, la prese in giro
appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta, ridacchiando divertito.
Ritsuko abbassò lo sguardo, il viso ormai in
fiamme. Fece per sbattere la porta, ma il ragazzo la tenne aperta.
- Eclissati... -, borbottò poco convinta.
- Dai, dolce Ritsuko, il gallo ha chicchiriccato da ore... preparati, che andiamo a scuola.
-, disse serio. La ragazza lo guardò truce. Quale strana bestia sconosciuta gli
aveva fatto credere che lei sarebbe andata VOLENTIERI a scuola con lui?
- Evita quel tono melenso da perfetto gay e porta qualcun'altra a scuola, io dormo!
Richiuse la porta, che prese in pieno il naso di
Daiki, che lanciò un lamento per il dolore.
Rumiko, appena uscita dalla porta di casa sua,
aveva guardato la pietosa scenetta, e ora rideva divertita insieme a Daisuke.
Si avvicinò al povero Daiki e bussò piano alla porta.
- Roxy... é tardi... fra venti minuti cominciano le
lezioni, e io devo ancora andare a ritirare gli occhiali. -, disse con il suo
solito tono pacato. Daisuke incrociò le braccia e si
appoggiò al muro, pronto a fare tardi. Sicuramente avrebbero aspettato per
molto, molto, molto tempo. Si guardò un po' intorno, poi vide
due figure in lontananza. Inarcò le sopracciglia, infastidito. Quelli erano
Akito e quel coglione mongoplettico di Yamato. Se toccava Rumiko poteva considerarsi un coglione mongoplettico morto.
- Rumi... che sta succedendo qui?-, chiese Akito
confuso. Tutte le mattine lui e Yamato passavano a prendere Rumiko e Ritsuko
per accompagnarle a scuola, sotto richiesta di Azuki
che era preoccupata potesse accadere loro qualcosa. Ovviamente a quella
richiesta Akito non aveva potuto dire di no ed aveva coinvolto anche Yamato. Ma ora vedere i fratelli Nishikado con la moretta li aveva
un po' confusi.
- Sta di fatto... che oggi le signorine vengono
con noi, in quanto dobbiamo andare a ritirare a mie spese gli occhiali di
Rumiko. -, spiegò Daisuke con fare noncurante, da perfetto vincitore.
Si beccò un occhiata gelida
da Yamato, che però evitava di guardare la piccola moretta.
Daiki nel frattempo batteva i
pugni a più non posso sulla porta dell'appartamento di Ritsuko, tentando
anche di scassinarla per poter entrare.
Akito guardò perplesso il quadretto, credendo che
al manicomio ci fossero persone meno pazze.
Rumiko si avvicinò ad Akito sorridendo.
- La mamma sta dormendo perché ha fatto il turno di
notte... sono odiosi questi supermarket 24h su 24h non
credi? -, sorrise disgustosamente cordiale. Sapeva che qualcosa non quadrava,
voleva indagare. - Comunque ha lasciato un biglietto
sul tavolo.... c'è scritto che sarebbe felice se stasera venissi a cena. Ma tu hai da fare con il gruppo, non è così?-, suonò
terribilmente minacciosa.
Il ragazzo accolse la sfida, più che altro
desideroso di rivedere la bella donna.
- Oh no, stasera non abbiamo le prove, o almeno
non fino a tardi. Accetto volentieri l'invito.
La moretta boccheggiò un paio di
volte, poi guardò Yamato, lanciandogli segnali d'aiuto. 'Tiprego', sembrava chiedergli
con lo sguardo di un Cocker Spaniel che ha appena fatto un bisognino sul
tappeto di velluto del salotto.
Yamato si passò una mano tra i capelli, maledicendo
il giorno in cui aveva conosciuto Akito.
- Akki, mi dispiace, ma
stasera io ho da fare sul presto, così io e Roxy avevamo
pensato di rinviare le prove verso l'ora di cena.-, mentì, con un sorriso
nervoso.
- Vorrà dire che per
stasera salto le prove, sono curioso di assaggiare i manicaretti di Rumiko e
della sua mamma! -, lo fulminò lui.
Yamato lo maledisse con
lo sguardo, guardando mortificato Rumiko e alzando le spalle, in segno di resa.
Akito era il loro leader per qualcosa, infondo.
Rumiko digrignò i denti, con uno strano prurito
alle mani: doveva picchiare qualcuno. Si voltò verso Daisuke e gli tirò uno
scappellotto. Il ragazzo mugolò, chiedendo cosa avesse fatto, ma lei non
rispose, si limitò a camminare verso Daiki, spingerlo via dalla porta, entrare
in casa di Roxy e sbattere la porta in faccia al bruno, che ululò adirato. Di
quel passo gli avrebbero spaccato il naso. Si sentì un urlo straziante
provenire da dentro l'appartamento, e dei forti tonfi, come calci
contro qualcosa. La risata di Roxy echeggiò e si sentì un "L'avevo detto
io, tu non mi credevi" della trionfante confettina
azzurra.
I ragazzi si guardarono fra loro facendo
spallucce. Certo che le ragazze erano veramente un mistero.
***
- Dai Rumi, calma. Akito è un donnaiolo
incallito, non vorrà mai qualcosa di serio con tua madre, non è un invito a
nozze! La signora Azuki, oltrettutto, non mi sembra
sia attratta da lui in quel senso... lo vede un po' come il nostro papà, il nostro protettore, come un altro figlio da proteggere! -, la
rassicurò, ancora in preda alle risate.
Dopo circa dieci minuti uscirono dall'appartamento,
appena in tempo per vedere Daisuke mollare un pugno a Yamato. Per Rumiko
ovviamente il verbo "vedere" fu una questione relativa. Più che altro
sentì qualcuno dare un pugno a qualcun'altro, e questo
qualcun'alto cadere a terra con un sono "Ah!". Dalla voce riconobbe
Yamato e si precipitò accanto alla sagoma a terra.
- Oddio... chi é stato?-, alzò lo sguardo verso le
figure alzate.
- Il mio fratellino peperino!-, disse Daiki tutto
felice.
Roxy tappò, con uno schiaffo sonante sulle
labbra, la bocca di Daiki.
- Che cavolo è successo?!
Che gli è saltato in mente?! Non possiamo stare via un
attimo che vi ammazzate a vicenda?!
Rumiko rimase immobile, pietrificata. Cosa significava quella parola? Sposarlo? Yamato avrebbe chiesto
ad Aya di sposarlo? Alzò lo sguardo azzurro, che in quel momento dallo shock
aveva assunto una strana nota ghiacciata, gelida. Si alzò, ma le gambe non
ressero il suo peso. Tremò un po' e ricadde a terra, facendosi anche un po'
male. Ma non fece caso al dolore alle ginocchia,
perché quello che stava provando ora il suo cuore era mille volte più doloroso.
Yamato evitò il suo sguardo, si faceva schifo da
solo per il gesto che aveva compiuto, ma ormai la sua scelta l'aveva fatta. Daisuke,
sempre in posizione, era pronto a tirargli l'ennesimo pugno, se solo si fosse avvicinato a Rumiko. Tenendolo sotto controllo con la
coda dell'occhio si abbassò vicino alla moretta e la strinse forte a sé,
maledicendo quell'idiota ambulante.
- Sei proprio viscido...
-, sibilò cattivo, - Un codardo di prima categoria.
Rumiko si strinse un attimo a Daisuke, trattenendo
le lacrime.
- Gli occhiali... dobbiamo
andare a ritirarli... si... è tardi.. la scuola... andiamo, su...-, disse
meccanicamente, prendendo una mano di Daisuke. Il bruno la sentì tremare come
una foglia. Doveva portarla via da lì, prima che scoppiasse in lacrime,
umiliandosi.
La trascinò via, senza degnarsi di aspettare suo
fratello e Roxy, per portarla il più lontano possibile da quel deficiente di
Yamato. Gliel'avrebbe fatta pagare cara, immensamente, ma non con un pugno con
qualcosa di assai più doloroso.
Erano abbastanza lontani dal condominio, quando
voltarono un angolo e la ragazza si lasciò cadere a terra, con il viso nascosto
dai lunghi capelli neri, le braccia abbandonate lungo i fianchi, immobili.
- Rumi... Rumi... io
capisco che ora ti sembra che il mondo stia per crollarti addosso, ma non
demordere. Ci sono tante persone che ti vogliono bene e che desiderano tu vada avanti a vivere felice. Se ti è andata male con lui non vuol dire che sarà sempre così. Il tuo cuore ora
è ferito, ma può guarire! -, disse sicuro, sentendo una fitta al cuore.
Dolore, dolore nel
vedere la sua piccola Rumiko soffrire per un uomo che non la merita.
Rumiko rimase immobile, ferma come una statua,
fredda come un iceberg, inerme, ma nemmeno una lacrima solcò il suo viso. Il
capo basso, un po' inclinato su un lato, si alzò improvvisamente verso di lui.
Tese le braccia verso Daisuke.
- Mi abbracci?-, disse con una tale naturalezza da
essere così deliziosa. Era tenera, fragile e dolcissima. E Daisuke ancora una
volta penso che il suo cervello era andato a farsi
benedire.
- Se... se ti abbraccio?
-, domandò confuso, vedendo la ragazza avanzare verso di lui.
Tese anche lui le braccia nella sua direzione,
avvolgendola fra di esse e stringendo forte. Forte sì,
ma non fino a farle male, perchè quella era l'ultima cosa che desiderava.
Voleva vederla felice, finalmente serena. Non voleva provocarle altra
sofferenza.
Rumiko appoggiò il volto sul giubbotto del ragazzo.
- Perché non ci mettiamo
insieme?-, chiese, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
Daisuke spalancò gli occhi così
tanto che temeva le pupille potessero rotolare via. Ma
diceva sul serio?
Sospirò affranto, accarezzandole la testa con una
mano.
- Perchè non è ciò che tu vuoi veramente... stai
solamente cercando di vendicarti di quel coglione. Tu mi piaci veramente Rumiko
e, se tu vorrai metterti un giorno con me, sarà perchè sei davvero interessata,
non per rammarico verso un altro uomo.
Rumiko tentò di guardarlo, di
ricordare... Beh, dopotutto aveva ragione. Lei nemmeno ricordava
perfettamente i lineamenti del suo volto, dopo una sola settimana che non lo
vedeva. Non lo conosceva per niente. Ma come le era saltato
in testa di chiedergli una sciocchezza simile? E poi
lei doveva odiarlo, insomma! Lo spinse via e raccolse la sua cartella da terra.
- Andiamo dall'ottico e chiudiamo questa storia una volta per tutte, così potremo tornare nemici come
prima.-, disse algida.
- Io non ti odio né voglio farlo.
Sembrò esitare un poco, al che la ragazza lo
"guardò" con fare confuso ed irritato. Che
diavolo aveva ancora? Non poteva muoversi? Voleva i suoi occhiali nuovi e
andare finalmente a scuola, regolarmente e puntualmente.
- Potrà sembrarti strano... mi conosci poco tu,
ma io di te so praticamente tutto e, diciamocelo,
sarebbe l'ultima cosa al mondo che proverei per te, l'odio. Io ti voglio
bene...
Rumiko lo guardò distante, poi sorrise amaramente.
- Se solo tu non fossi
Daisuke, ma fossi Yamato... -, sussurrò cattiva. Per Daisuke fu come una
pugnalata al cuore. Lui le diceva che le voleva bene,
e lei rispondeva che avrebbe preferito glielo dicesse Yamato? Ma il limite di "stronzaggine"
di quella ragazza aveva un limite, o andava peggiorando?
- Se io fossi Yamato ti
avrei già pugnalata per la millesima volta alle spalle. Ti avrei mentito
nuovamente e ti avrei presa in giro. Sono contento di non
essere lui, almeno io sono sincero riguardo ai miei sentimenti e non un
viscido verme. -, si vendicò lui.
Iniziò a dirigersi verso l'ottico, desiderando di
chiudere quella storia. Aveva proprio esagerato, capiva
l'essere ferita, ma l'essere una pura stronza proprio no.
- Muoviti o ti lascio qui!
Rumiko lo seguì a testa bassa, senza proferire più
parola. Entrarono nel negozio, ritirarono le lenti di lei
che non perse tempo e subito le infilò. Si girò verso Daisuke, e finalmente
poté vedere il suo volto. Era strano. Diverso da come lo
ricordava. Sembrava sciupato e più vecchio di almeno dieci anni,
dimagrito e decisamente pallido. Uscirono dall'ottico
e giunse il momento del saluto.
Il ragazzo le dava le spalle, le mani tenute
nelle tasche dei pantaloni. Fece un cenno di saluto con il capo.
- Allora ognuno per la sua strada. Ti auguro sia
migliore di quanto non lo fosse avendomi tra i piedi. Ti saluto Matsumoto.
Era da un po' che non lo sentiva pronunciare il suo
cognome. Le fece uno strano effetto. Un po' triste, a dire il vero, fu la
sensazione che pervase il suo corpo. Gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla
guancia, spontaneamente, senza nemmeno pensarci su.
- Grazie di tutto... Nishi... Daisuke. Sì, grazie di tutto, Daisuke.-,
disse sorridendo. Poi girò suo tacchi e cominciò a
correre in direzione della scuola, senza mai voltarsi indietro.
Fu così che non vide il ragazzo piangere lacrime
amare per la perdita della persona a cui teneva di più al mondo.
… continua…
Salve a tutti. Grazie per seguirci
continuamente e grazie di cuore a Shaida e Fevva che ci hanno sostenuto anche
con le recensioni. Ci scusiamo per non ringraziarvi personalmente, ma
tra una cosa e l'altra non facciamo mai a tempo e
finiamo per aggiornare sempre tardissimo. Grazie di cuore ad entrambe, in ogni
caso.
Erano giorni che la pioggia non tormentava il
paesaggio che si poteva osservare dalle finestre dell'aula di Ritsuko, e la
ragazza, seduta all'ultimo banco con la testa tra le nuvole, pensava che era proprio
una disgrazia. Nobu era uscito dall'ospedale da un paio di giorni, quel
pomeriggio avrebbero voluto uscire insieme, andare da
qualche parte, ma con quella grandine era impossibile muoversi di casa. Sentì
qualcosa sbatterle sulla testa e la voce del professore richiamarla. Alzò lo
sguardo sul (a parere delle sue compagne di classe) affascinante professore di
matematica e fisica, e lo guardò truce. Come si permetteva di richiamarla dai
suoi pensieri, in quel modo brusco per altro?
- Signorina Matsumoto, visto che
è tanto brava da non aver bisogno delle mie spiegazioni, venga alla
lavagna e mi trovi il limite di quella funzione che i suoi compagni di classe
stanno tentando di svolgere sui loro quaderni. -, disse acido, con un
disgustoso sorrisetto di scherno dipinto sul volto.
Roxy osservò con fare annoiato la lavagna.
"Ah... questa cosa me l'ha spiegata
Rumiko... è una scemenza, perchè devo sprecarmi a farla?" -, pensò mentre si avvicinava alla lavagna per svolgere il
problema.
Iniziò a risolverlo con facilità e sottolineato il risultato si voltò verso il professore.
- Allora, che ne dice?
L'uomosi avvicinò alla lavagna e cancellò
tutto, tranne la traccia, poi le diede di nuovo il libro in testa.
- Non c'era nemmeno mezzo calcolo esatto, signorina
Matsumoto. Riprovi!-, disse scuotendo il capo,
affranto.
Ritsuko si grattò la testa. Possibile avesse
sbagliato? Eppure era sicura avesse trovato bene il
limite di quella funzione! Guardò bene la traccia e capì il disastro che aveva
combinato: in qualche modo strano, che solo lei conosceva, aveva svolto quella
funzione come un'equazione fratta. Come, non lo sapeva nessuno. Fatto sta che
l'aveva fatto. Bene, questo era un altro voto negativo
sulla pagella. Guardò ancora quella traccia. Limiti... limiti...
ma come cavolo si trovavano i limiti?
Improvvisamente la porta si aprì, mostrando uno
studente ritardatario inzuppato d'acqua fino alle ossa. Il ragazzo, che altri non era che Daisuke Nishikado, entrò in classe senza nemmeno
salutare, buttò la sua cartella in malo modo accanto al banco e si sedette,
incurante degli sguardi posati su di lui. Il professore si schiarì la voce e
ignorò la scenetta, facendo finta di nulla. Non era il caso per un professore
giovane come lui, di appena ventiquattro anni, mettersi contro Nishikado e
rischiare di essere cacciato dalla scuola.
- Ehy! E a lui non dice
niente? Mi richiama perchè sono sulle nuvole, ma a lui la fa passare liscia per
il ritardo? Solo perchè è un Nishikado? Guardi che anche mio padre è
importante! -, si lamentò la ragazza dai capelli azzurrini, mettendo il
broncio.
Guardò in direzione di
Daisuke, sembrava tanto arrabbiato quanto
triste. Probabilmente la causa era ancora il litigio con Rumiko. Da quanto le
aveva raccontato la ragazza gli aveva praticamente
detto addio, dopo averlo ferito gravemente nell'animo.
- Non capisco di cosa stia parlando, Matsumoto. E
ora mi trovi quel maledetto limite!-, disse nervoso, sedendosi alla cattedra e
aprendo minacciosamente il registro dove appuntava le note positive
e negative.
Roxy sentì il fumo, conseguenza della rabbia,
uscirle dalle orecchie. Quell'uomo ce l'aveva con lei,
l'aveva sempre saputo.
- Stupido lecchino! -,
bofonchiò fra sé e sé continuando a guardare la lavagna.
Daisuke lanciò uno sguardo alla povera Roxy in
difficoltà. Si alzò in piedi, sbattendo una mano sul banco. Il professore
trasalì, terrorizzato.
- Mi scusi professore, la secchiona
della classe, ossia Ayuhara, mi ha appena confessato
di MORIRE dalla voglia di venire a svolgere quella funzione.-, disse secco,
sorridendo cordialmente all'insegnante.
Ritsuko per poco non cadde a terra dalla
sorpresa, mentre gli occhi le uscivano ormai dalle orbite. Daisuke Nishikado
l'aveva difesa? Chi l'aveva drogato? Sicuramente si aspettava qualcosa in
cambio, ne era certa. Lo continuava a guardare con
un'espressione confusa mentre il professore, assai
incavolato per l'intervento del ragazzo, la rimandava al posto. Si fermò un
attimo accanto al banco di Daisuke, che si trovava nella sua stessa fila,
quella vicino alla finestra.
- Ti ringrazio dell'aiuto, ma a cosa devo
l'onore?
Daisuke sorrise gentile.
- Anche se Rumiko mi ha detto addio io non mi arrendo... e tu potresti sempre tornarmi utile.
Una gocciolina si formò sulla testa di Roxy, mentre
una tempia iniziava a pulsarle ininterrottamente.
- Lo immaginavo... viscido sei
e viscido rimani!
Riprese a camminare con fare
infuriato, tornando al suo posto e sedendosi con la grazia di un elefante. Quando cavolo si sarebbe deciso a
lasciare in pace la piccola Rumiko?
Daisuke sghignazzò divertito. Era troppo spassoso
prenderla in giro. Lei credeva che l'avesse aiutata perché aveva secondi fini,
ed era giusto così. Non voleva assumere l'aria del buon samaritano, meglio che
tutti credessero che l'aveva fatto per arrivare ad uno
scopo ben preciso. Con Rumiko era finita, ma non era detto che Ritsuko dovesse
saperlo per forza.
Voltò lo sguardo verso l'esterno, mentre vedeva
l'immagine della moretta apparire sul vetro della finestra. Allungò la mano e toccò
la figura. Gli stava sorridendo.
"Va via... quella vera non lo farebbe
mai.", si ritrovò a pensare a voce forse troppo alta.
Una smorfia cattiva si dipinse sulle labbra del
riflesso di Rumiko, sparendo immediatamente.
Daisuke sospirò. Quel sentimento che si portava
dietro da più di quattro anni lo stava letteralmente
distruggendo dentro.
***
All'ora di ricreazione, Rumiko non seguì Yuko
e Nanako come al solito, ma andò verso la quinta
sezione del terzo anno, ossia la classe di Ritsuko. Si affacciò un po' alla
porta, sperando Daisuke non la vedesse e tentò,
invano, di attirare l'attenzione di Roxy.
"Eddai, girati!!!"-, pensò la moretta supplicando mentalmente l'amica
di raggiungerla prima che fosse Daisuke a vederla.
Ritsuko si voltò e solo allora Rumiko si accorse
che stava parlando al cellulare. Pensò subito si trattasse
di Nobu, nel notare l'espressione beata dell'amica. Rabbrividì vendendo Daisuke
arrivare proprio di fronte a lei. Chiuse gli occhi, immaginando tutti gli
insulti che avrebbe potuto lanciarle, ma al contrario il ragazzo le passò a
fianco ignorandola deliberatamente.
Il cuore di Rumiko si fermò per un istante. Perché l'aveva ignorata? Avrebbe preferito essere riempita di insulti, ma essere addirittura ignorata no, era troppo.
Era come se non esistesse più per lui, e questo faceva troppo, troppo male.
Mise il broncio, iniziando a rimuginare. Tanto
che le poteva importare se Daisuke la ignorava? Era stata lei in fin dei conti
a chiudere ogni rapporto con lui e non se ne pentiva. Entrò nell'aula di Roxy,
avvicinandosi a lei.
Roxy le fece segno di aspettarla
un momento, poi sarebbero andate insieme a mangiare in mensa. Rumiko le
sussurrò che l'avrebbe preceduta per prendere un tavolo, prima che fossero
tutti occupati. La ragazza uscì dall'aula della terza e si avviò in mensa. Si
guardò intorno, tutti i tavoli erano occupati, però si sentì posare una mano
sulla spalla.
- Daik... ehm... Nishikado, ciao. Che ci fai qui? La
sezione universitaria ha la sua mensa, no?-, chiese, incuriosita.
- Sì... effettivamente sì... ma io cercavo te.
Rumiko indietreggiò di due passi. Cosa voleva dire che cercava lei? Deglutì guardando fissa
il ragazzo negli occhi, che sorrideva beffardo.
- Che... che cosa vuoi da me?-, chiese
imbarazzata. E ora cosa stava succedendo? Cosa voleva farle? Perché
sicuramente voleva farle qualcosa, questo era certo.
- Oh... parlarti del mio fratellino, ma non c'è
con te quella piaga dai capelli azzurri? Pensavo che avesse bisogno della balia
ventiquattro ore su ventiquattro!
Diede una carezza sul viso di Rumiko, la quale
indietreggiò perdendo l'equilibrio. Fortunatamente Daiki la
prese al volo, evitandole una brutta caduta.
- Lui soffre per colpa tua.
Rumiko si divincolò dalla presa, spingendolo via. -
Non dire sciocchezze, io non ho nessuna colpa... é lui... che... é testardo...
e stupido.-, disse poco convinta. Lui avanzò di nuovo verso di lei e le bloccò
i polsi con le mani. Ora era davvero nella cacca.
- Lui soffre perchè è innamorato di te e tu continui
a star dietro ad un uomo che nemmeno ti considera. Elogi i
pregi di mio fratello, immaginando siano di quello schifoso avvocato.
Non ti senti parecchio viscida?
Il suo sguardo si era fatto tagliente, estremamente cattivo.
- Lasciami, mi stai facendo male!.-,
disse a denti stretti, senza alzare lo sguardo, ignorando i suoi commenti. Era
vero, aveva trattato male Daisuke, ma non l'aveva
fatto per cattiveria. Era semplicemente stata sincera, se questo era un male
allora avrebbe dovuto dire una bugia? Lui aveva
sofferto per lei, ma almeno lei non gli aveva mentito. Non avrebbe forse
sofferto di più se lei gli avesse mentito e lui poi l'avesse scoperto?
Non è niente in confronto a quello che sta
passando Daisuke!
La trascinò fuori dalla
mensa, per evitare gli sguardi indiscreti delle persone lì intorno. Non
avrebbero mai detto niente, ma gli davano fastidio.
- Lasciami andare, Nishikado, ti supplico...-,
disse con voce rotta mentre lui la trascinava via con
violenza. Uscirono in cortile, dove la pioggia continuava a cadere
insistentemente. Un flash illuminò il cielo nero e un rombo non molto lontano
spezzò la calma del luogo, disturbata solo dallo scroscio della pioggia e da
alcune voci provenienti dalle finestre dove molti studenti si erano affacciati
per osservare la scena tra il capo del consiglio d'istituto e il "capo
indiscusso" della scuola, sia sezione universitaria che
liceale.
- Lasciarti andare? Oh no... prima io e te dobbiamo parlare.
Si voltò e la trascinò più vicina a lui. Non era
sua vera intenzione farle del male, voleva solamente farle
capire che non era lei la vittima del momento, che non era l'unica a soffrire.
Gli bastava questo. Da quello che gli aveva raccontato
Daisuke, delle crudeli frasi che erano uscite dalle sua labbra, sembrava fosse
solo lei a capire come ci si sente a non essere ricambiati e a soffrire per
amore. Ma non era così. Per lei quella era una novità.
Conosceva Yamato da poche settimane. Ora la scuola era praticamente
finita e anche il suo accordo con Roxy sarebbe terminato. Daisuke ormai era
perso di lei da ben quattro anni, come poteva paragonare il suo infantile colpo
di fulmine al sentimento profondo di suo fratello?
- Tu.... non metterti in
mezzo se non sai di cosa stai parlando... o forse Daisuke é troppo codardo per
venirmele a dire lui queste cose ed ha chiesto al suo fratellone
di farlo?-, sputò fuori, acida, senza nemmeno rendersi conto della grande
sciocchezza che aveva detto. Daiki si avvicinò ulteriormente a lei e la prese
per i capelli, adirato. -Ah... lasciami i capelli... così mi fai davvero
male... RITSUKOOOOOOOO!!!-, urlò sperando che l'amica
sentisse.
***
- Ehi Matsumoto la secchiona
mora amica tua ti sta chiamando... -, le fece presente urlando un ragazzo
affacciato ad una finestra del corridoio. Molti altri annuirono. Ritsuko salutò
velocemente Nobu e andò ad affacciarsi, chiedendosi cosa
stesse succedendo. Inorridì, vedendo Rumiko che tentava di divincolarsi
dalla presa di Nishikado sui suoi capelli e su un suo
braccio.
- NISHIKADOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! -, urlò a
perdifiato saltando sui rami dell'albero che arrivava a fianco alle finestre
della sua classe.
Si trovavano al primo piano, quindi non rischiava
particolarmente di farsi male. Scese il più veloce possibile,
arrivando al centro del cortile della scuola dove stavano Rumiko e Daiki.
- Che cavolo stai facendo?!
Lasciala stare!
- Sta zitta, stupida.Questa linguaccia tagliente la deve pagare.
E' una fallita, e per quanto mi riguarda se morisse in
questo momento farebbe un favore al mondo... -, disse strattonandola un po'.
Rumiko strizzò le palpebre, con espressione sofferente.
Ritsuko si avvicinò al ragazzo, guardandolo
truce. Tirò a se Rumiko e gli mollò uno schiaffo in pieno viso.
- Ma chi ti credi di
essere per poter esprimere una simile congiura? Ti rendi conto di quello che
dici? Sei così speciale, il migliore di tutti, da poterti considerare meglio di
lei?!
Era arrabbiata, terribilmente. Come poteva dire
una cosa così crudele alla povera moretta? Cosa gli
aveva fatto di male per meritarsi quello?
Daiki la guardò dall'alto in basso.
- Sei così strana, Matsumoto... un tempo non te ne
sarebbe importato niente se una ragazza fosse stata
aggredita... ma forse é vero ciò che si dice in giro? Che
siete sorelle?-, chiese quasi ridendo. Pensare che quelle due potessero
essere sorelle era assurdo, ma era così divertente prenderle un po' in giro.
Roxy lo guardò stranita. Lei e Rumiko sorelle? Ma magari... non le sarebbe di certo dispiaciuto avere una
sorella alla quale volere bene, ma purtroppo lei era l'unica figlia di un ricco
uomo d'affari, che ignorava quasi la sua presenza.
- Non dire cazzate... è
ovvio che me la prendo se fai male ad una ragazza alla quale voglio bene, ma
ciò non significa che lei sia mia sorella. È mia
amica, potrei considerarla come una sorella, certo, ma non perchè portiamo lo
stesso cognome significa che lei lo sia. Perchè poi
sto a spiegare queste cose a te, non lo so.
Sembrò rimuginare un attimo, quando riprese a
parlare.
- Un tempo non mi sarebbe importato nulla di una ragazza
aggredita... che fai, mi tieni d'occhio? -, chiese con
uno sguardo malizioso, che tanto sapeva di sfida.
Il ragazzo sospirò.
- E' ovvio osservare e pensare ad una ragazza alla
quale voglio bene... -, disse seriamente, riprendendo le parole di poco prima
che Ritsuko aveva rivolto a Rumiko.
Gli occhi di Roxy uscirono dalle orbite, per la
seconda volta in quella giornata. Ma era stato drogato
insieme da Daisuke? No, effettivamente quello drogato
era lui, il più piccolo dei Nishikado aveva una ragione per essere dalla sua
parte.
- Ti sei bevuto il cervello? Sai, il tuo spirito
dell'umorismo non lo colgo, né mi tocca...
Improvvisamente le parole di Goro le balenarono
nella mente. Daiki, da quanto diceva, era innamorato di lei. Scosse la testa
ripetutamente. Sciocchezze, solo un mucchio di sciocchezze.
- Sì, in effetti mi sono
bevuto il cervello... molti anni fa... quando ho cominciato ad interessarmi
alla ragazza più stupida e imbranata di questo pianeta!!!-, scherzò guardandola
negli occhi. Era per questo che se l'era presa tanto.
Daiki capiva cosa provava Daisuke, perché lui provava
lo stesso per quel confetto vivente di Ritsuko Matsumoto.
- Sì, sì certo... nemmeno mi conosci e ti prendi
tanta confidenza con me, divertendoti a prendermi in giro... sei un tipo... -,
esitò un momento, - … alquanto ambiguo.
Roxy lo osservò per qualche minuto. Stava ad un
metro scarso da lei, ora. Quel Daiki Nishikado era veramente
strano, proprio non riusciva a capirlo. Cosa ci
trovava di tanto divertente nel torturare Rumiko e nel prendere in giro lei
stessa? Era veramente noioso...
- Dunque tu, in questo
momento, ti saresti dichiarato? -, domandò divertita.
Sapeva benissimo che non era così, ne era certa. Daiki, inoltre, non avrebbe mai ammesso una
cosa del genere davanti a tutto l'istituto.
Rumiko era ancora in ginocchio, la pioggia che
scendeva sempre più insistentemente, alzo lo sguardo
verso i due, i capelli neri appiccicati alla fronte. Un rombo squarciò il
silenzio creatosi, sovrastando la voce di Daiki. Era stata una sillaba, due
semplici letterine, che nessuno aveva sentito. Roxy stessa sembrava
non averle colte, ma lei si. Daiki aveva semplicemente detto
"Sì".
Ritsuko scosse il capo, non aveva capito e gli chiese di ripetere. Sapeva avesse detto una piccola
particella di due lettere, tuttavia il lampo così luminoso le aveva accecato la visuale e non aveva capito se lui avesse negato
o assentito.
Lui rimase zitto, immobile. Continuava ad osservala. Il trucco le colava lungo il viso. Scendeva prima
sulle gote, poi passava al collo ed infine scivolava lungo le braccia, fino a
fermarsi sulle mani, ma ciò nessuno lo notava, visto il diluvio. La trovava
così bella... anche senza tutta quella matita intorno agli occhi, che ormai era sparita. I suoi tratti erano estremamente
delicati. Gli occhi di un'incredibile color smeraldo,
strani trattandosi di una ragazza giapponese. Calcati con tutto quel trucco,
poi, erano ancora più incredibili. I capelli azzurrini, ancora più strani,
mossi e di un colore inusuale. Ora erano appiccicati
al viso, ma sembravano, nonostante tutto, soffici e morbidi. Le labbra erano
sempre rosse, ma di un colore comunque naturale. Il
suo caratterino, infine, contornava il tutto in un essere stupendo. Avrebbe
tanto voluto averla tutta per sé, ma sapeva non fosse
possibile. Lei amava un altro e questo non lo poteva
accettare. Non si sarebbe arreso, in ogni caso, sapeva
che un giorno sarebbe stata sua.
- Allora? Che cavolo hai
detto? Il tuono ha coperto la tua voce! -, si lamentò lei, incitandolo a
risponderle.
- Si. -, disse semplicemente lui,
poi colse la sua espressione confusa. - Ho detto di sì. Sì. Mi sono
dichiarato. Mi piaci... anzi dire mi piaci forse è
troppo poco... sono innamorato di te... da tanto di quel tempo che non ricordo
nemmeno più come è cominciata.
Ritsuko spalancò gli occhi, sorpresa, confusa, un
po' esagitata. Che significava quel "Sono
innamorato di te"? Non era proprio possibile. Forse aveva frainteso
qualcosa. Magari non aveva capito bene... avrebbe potuto
dire qualsiasi cosa, con tutto il frastuono di tuoni e pioggia non si capiva
niente. Aveva sicuramente capito male.
- Co-come? -, domandò
lei.
Si sentiva impotente, non
riusciva nemmeno a muoversi. Che cavolo gli era
preso? Era così divertente prenderla in giro? Era veramente incredibile quel
ragazzo.
Rumiko saltava con lo sguardo dall'uno all'altra
come fosse una partita di pingpong molto avvincente. Le cose stavano prendendo una
piega decisamente inaspettata, e anche non molto
bella. La cosa migliore comunque era non dire niente a
Nobu, perché avventato com'era avrebbe sicuramente fatto qualche sciocchezza.
- Hai capito, non farmi ripetere una cosa tanto
imbarazzante!!!!-, rispose lui sentendosi gli occhi
dell'intero liceo addosso. Alcuni risero, alcuni rimasero pietrificati, fatto sta che gli studenti erano assaliti da uno stupore generale
piuttosto spiacevole. Sela Matsumoto avesse detto
di no a Nishikado, ci sarebbero andati loro per sotto, se la sarebbe presa
sicuramente con gli studenti del liceo e dell'università.
- No, aspetta... mi stai prendendo in giro?
Guarda che non è divertente.
Sentiva il viso in fiamme, malgrado
la fredda pioggia le rendesse tutto il corpo piuttosto gelido, tanto da
provocarle la pelle d'oca. Guardò Daiki negli occhi, anche il suo viso aveva preso un colorito purpureo.
Daiki scosse la testa.
- Mai possibile tu abbia la testa così dura? Sapevo
fossi una zuccona, ma non fino a questo punto!!-,
borbottò offeso.
- Ho la testa dura?! E
ti sembra che non abbia una ragione per questo?!Praticamente tu ti sei comportato fino ad esso con odio, nei
miei confronti. Per poco non mi facevi crepare sotto ad un camion, ed adesso?
Adesso mi dici che ti piaccio? Ma
non siamo stupidi, non ci casco così facilmente! Non capisco dove vuoi
arrivare, nèvoglio saperlo!
Io amo... amo... sì... io amo un altro... lasciami in
pace... -, finì quelle frasi con il capo basso.
Che diavolo gli era preso a Daiki Nishikado? Non era di certo da lui
umiliarsi dicendo una cosa del genere, davanti a tutta la scuola poi. Perchè
allora l'aveva fatto? Che fosse tutto vero?
- Credi ciò che vuoi... la
cosa non mi tocca... tanto te lo assicuro, un giorno ti innamorerai di me!-,
disse lui con uno strano luccichio negli occhi, sorridendo. Girò sui tacchi e
se ne andò, lasciando le due sotto la pioggia, una con
braccio e testa doloranti e l'altra del tutto sconvolta.
Roxy si voltò in direzione di Rumiko, che la
guardava con quei suoi occhi incredibilmente azzurri.
- Per... per te...
diceva sul serio?
La moretta fece spallucce. - Non ne ho la più pallida
idea, e in questo momento non è la mia prima preoccupazione... muoviamoci ad
andare negli spogliatoi della palestra e mettiamoci la tuta... con questi
vestiti bagnati addosso e questo freddo rischiamo un
malanno e io non posso permettermi di stare altri giorni a casa... ho bisogno
del punteggio massimo alla fine di quest'anno se
voglio diplomarmi l'anno prossimo con cento e lode. -, spiegò seriamente
preoccupata per la sua media scolastica.
- Ti importa solo della
tua media scolastica? E di me? Niente di niente? Non mi importa di ammalarmi, sono semplicemente frustata da
questa storia. Ti rendi conto? Nishikado si è appena dichiarato a me, davanti a
tutto l'istituto... -, domandò incredula l'azzurrina.
Rumiko la guardò.
- Vuoi sapere cosa ne penso?-, si alzò in tutto il
suo metro e cinquantotto e guardò l'altra negli occhi, anche se dovette alzare
il viso dato che Ritsuko era più alta di lei di parecchi centimetri. - E va
bene te lo dico: quello é cotto stracotto e stracchino!!!-,
disse decisa indicando la direzione dove si era allontanato il ragazzo. - E'
proprio andato... partito completamente.
Roxy si lasciò cadere a terra,
continuando a guardare fissa l'amica.
- Com'è potuto accadere? -, fece una lunga pausa,
- E ora come farò a dirlo a Nobu? Accidenti...
Si portò una mano fra i capelli, con fare
nervoso. In che cavolo di guaio si era cacciata. Che diavolo gli era preso a quel cretino? Con tutte le
ragazze che gli ronzavano intorno perchè proprio lei? Cosa
aveva di speciale? Le aveva sempre fatto tutti i
dispetti possibili, anche prima di conoscere Rumiko. Non che si considerassero
molto, ma gli scontri fra di loro di certo non erano
mancati. Se n'era scordata, ma in quegli ultimi
giorni, dopo l'avventura con lui in ascensore, le erano tornati in mente.
Un altro lampo illuminò il cielo, quando la
campanella trillò. La pausa pranzo era terminata e
cominciavano le attività pomeridiane. Le folle accalcatesi alle finestre si
diradarono velocemente, così Rumiko poté inginocchiarsi accanto all'amica e
parlarle sicura che nessuno li sentisse.
- Senti... io non so cosa abbia in mente... non so niente di niente... tuttavia credo sarebbe meglio non
dire nulla a Nobu. Non per cattiveria, ma... lo sai com'è fatto, molto meglio
di me che lo conosco da pochi giorni. Ti ama... farebbe di tutto per te.... ed é proprio ciò che mi preoccupa. Non vorrei venisse accecato dalla rabbia e commettesse qualche follia.
Daiki Nishikado non è proprio il prototipo del bravo ragazzo, e se litigassero
stai pur sicura che non sarebbe Nobu a spuntarla... Nishikado é pronto ad usare
i mezzi più sporchi per averti... Nobu ha ancora il cuore di un bambino
ingenuo... si farebbe solo del male... tienilo fuori da
questa storia... é una cosa tra te, me e Nishikado... -, poi alzò lo sguardo
verso l'edificio, -... e il resto della scuola... -, sussurrò seriamente
preoccupata.
- No... tu non capisci... -, una lacrima le scese lungo la guancia, - Se non lo dico io a
Nobu stai pur certa che ci penserà Daiki... sarebbe peggio ancora... farà di
tutto pur di farci lasciare e farlo soffrire... non voglio...
Appoggiò la fronte sulle ginocchia, portate al
petto. Aveva paura, terribilmente paura. Non voleva si incrinasse il rapporto con il suo ragazzo, ora che
finalmente andava a gonfie vele. Aveva sognato di vivere con
lui quei momenti da una vita, Nishikado non aveva diritto di
portarglieli via. Nobu era la persona più importante della sua vita, quella che
la faceva sentire sicura, protetta e completa.
Dopo un attimo di esitazione,
Rumiko allungò una mano verso l'amica, appoggiandola sul suo capo,
accarezzandole delicatamente i capelli. La rabbia che covava nel cuore da un po' aumentava sempre di più. Ancora non sapeva
come la sua vita sarebbe cambiata da quel giorno in poi.
… continua…
Hello gente! Come vi va la vita? Speriamo bene. Ci spiace notare quanto
siano calate le recensioni alla fic… ma dove siete finiti tutti? Sigh,
sigh! :[ Confidiamo sia solo
un periodo passeggero… vabbè, ringraziamo comunque
chi continua a seguirci!
Shaida Black: Beh, l’importante è che
Rumiko sia contenta e con qualcuno che la merita, no? Speriamo che per lei le cose
non cadano troppo tragicamente (o almeno non più di così)! :D
Correva a perdifiato per i corridoi, cercando le
aule del primo anno. Si infiltrò nell'aula di Rumiko, ignorando il professore
che ancora stava parlando. Ormai la campanella era suonata, se lui non sapeva
tenere i tempi delle sue lezioni non erano affari suoi.
- Rumi, Rumi guarda! -, le passò sotto il naso
dei bigliettini colorati di forma rettangolare, - Sono i biglietti del nostro
primo concerto! Beh... è quello scolastico a dire il vero... ma mica male, no?!
Abbiamo la possibilità di farci conoscere!
l professore si schiarì la voce e lanciò
un'occhiataccia a Rumiko, che arrossì furiosamente. Si alzò, sorrise al
professore e gli chiese il permesso di uscire un secondo. Trascinò per i capelli
azzurrini l'amica e si richiuse la porta scorrevole alle spalle, con una
potenza inaudita.
- MA SEI IMPAZZITA?-, gridò infuriata. Poi guardò i
bigliettini che Ritsuko stava ancora facendo sventolare sotto il suo naso e ne
acciuffò un paio. - MIO DIO E' MAGNIFICO! UN CONCERTO! COME AVETE FATTO? OH NON
IMPORTA, VIENI QUI!!!-, allargò le braccia e abbracciò l'amica, entrambe prese
da scosse di risatine intrattenibili. Scoppiarono insieme dopo poco in una
grossa risata liberatoria, e stavano ancora ridendo quando il professore aprì
la porta e le guardò truce.
- Deduco che non le interessi avere i crediti nella
mia materia, vero signorina Matsumoto?-, sibilò guardando la moretta, che smise
all'istante di ridere e si strinse nelle spalle, affranta, l'umore piombato
improvvisamente sotto terra. Il professore non riservò loro nessuno sguardo
aggiuntivo e si avviò verso la sala degli insegnanti. Rumiko si diede una grattatina alla testa. Beh, pazienza, sapeva come farsi
perdonare, quel professore era un porco pedofilo che le stava dietro da quando
aveva messo piede là dentro, bastava fargli gli occhi dolci e avrebbe passato
su quello spiacevole incidente.
- Mi dispiace... -, farfugliò Roxy abbassando lo
sguardo.
Passò una mano fra i capelli della moretta,
spettinandola affettuosamente.
- Lascia perdere.... é solo un cretino... io
comunque per oggi ho finito, non ho impegni con il comitato degli studenti per
cui torno a casa... che fai, vieni con me?-, chiese tornando in classe e
riponendo le sue cose nella cartella. Ritsuko la seguì e pensò sul da farsi.
- Pensavo di trovarmi con Nobu a dire il vero...
sai, vorrebbe riprendere in mano la chitarra, lo scemo! -, rise di gusto.
Era bello vedere la passione del ragazzo per la
musica, era tale quale alla sua. Pura ed intensa. Niente avrebbe fermato la
loro voglia di suonare, nemmeno una ferita come quella del biondino.
- Perchè non vieni con me? Penso gli farebbe
piacere vederti!
Rumiko avrebbe detto volentieri si, se non fosse
per il piccolo particolare insignificante di nome Yamato. Se più tardi fossero
andati alle prove ci sarebbe stato anche lui e non aveva la benché minima
intenzione di vederlo.
- Oh... no... meglio di no... andrò a casa a
studiare per recuperare la figuraccia di oggi con il professore... dovresti
andare anche tu a studiare, hai ancora quattro insufficienze da recuperare e
siamo agli sgoccioli... è metà febbraio, fra poco più di due settimane finirà
l'anno e tu devi affrontare l'esame per il diploma.
- Lo so, lo so... ma in fin dei conti ultimamente
le prove sono andate spesso a farsi benedire! Ho bisogno anche di tenermi in
forma in campo musicale.
Una luce un po' triste le brillò negli occhi.
- Se non vuoi venire per Yama... sappi che oggi
non c'è, ha una causa.
Ok, le aveva detto una balla, ma non poteva farne a meno. Yamato non
ci sarebbe stato veramente, ma non per lavoro. Era andato da Aya, la donna che
amava. Aveva deciso di chiederle di sposarlo, voleva metter su famiglia.
- Non è una cosa, è la mia cicci!
Non è stupenda? Adoro troppo le sportive della Yamaha!
(Pubblicità? Ma quando mai? ndSan) Poi di colore
argento sono veramente da brivido! -, disse staccando il casco dalla catena,
attaccata alla ruota anteriore del mezzo.
- Dai, vedrai che con qualche curva presa giusta,
bella piegata, inizierai ad apprezzarla!
Sembrava veramente entusiasta della cosa, ma
soprattutto estremamente convinta, cosa che faceva paura alla moretta,
estremamente.
Solo salendo sulla... COSA, Rumiko sentì uno strano
senso di nausea attanagliarle lo stomaco. Da perfetta cattolica quale era si
fece il segno della croce e pregò tutti i santi esistenti perché la facessero
sopravvivere a venti minuti di moto dietro l'amica confettina.
Partirono e tutto ciò che accadde in quel tempo Rumiko non lo ricordava più
quando scese dalla 'cosa'. Si sentiva frastornata, spossata e decisamente
rassicurata ad essere tornata con i piedi per terra. Se non fosse stato poco
igienico si sarebbe inginocchiata a terra ed avrebbe baciato l'asfalto.
- Allora che ne dici? Non è una bomba? -, chiese
tutta entusiasta l'amica.
Rumiko preferì sviare la domanda e chiederle di
entrare. Roxy sbuffò.
- Accidenti, oggi non ho portato il ricambio! -,
lanciò un urletto, - No che palle, suonare con la
divisa! Mi toccherà lavarla e tutto... e mi prenderanno in giro... uffa!
- Vabbè dai... scommetto che Nobu sarà
contentissimo di vederti in divisa... -, si avvicinò un po' all'amica
slacciandole il cravattino e aprendole i primi due bottoni. - Ecco. Così fa più
casual e non ti prenderanno in giro!!!-, sorrise, dandole uno specchietto per
aggiustarsi la matita sotto gli occhi un po' squagliata e sciogliersi i
capelli, che da qualche giorno a quella parte Rumiko le costringeva a legare in
una treccia. Tenerli così lunghi, sciolti, mossi, scompigliati e per di più blu
e azzurri era contro almeno trenta regole della scuola.
- È quello che più mi fa paura... mi sento già i
suoi "sei adorabile" nelle orecchie! Che schifezza!
Si passò una mano fra i capelli per ravviarli e
guardò l'amica con una nota di tristezza. Relativa, perchè alla fine ricevere i
complimenti da Nobu le faceva pure piacere.
Ridacchiarono ed insieme entrarono nel solito,
piccolo, adorabile bar in cui solevano suonare. Era poco più tardi dell'ora di
pranzo e a quell'ora il locale era praticamente vuoto. Ritsuko saltellò verso
il bancone ordinando due bibite poi si avvicino a Nobu e Akito. Rumiko la
seguì. Entrambe rimasero un po' perplesse osservando gli sguardi preoccupati
dei due ragazzi. Ritsuko pensò che dovesse essere accaduto qualcosa di davvero
brutto per impedire a Nobu di fare commenti sul suo look.
- Cosa... é ... successo?-, chiese Rumiko in un
filo di voce. Nobu la guardò mordendosi il labbro inferiore, senza il coraggio
di risponderle. Fu Akito a prendere parola.
- Si tratta di Yamato... era seduto poco fa in un
tavolo poco lontano da qui con Aya... credo gliel'abbia chiesto... non so nulla
di preciso so solo che lui si è alzato in preda alla rabbia, ha rovesciato un
paio di tavoli e se ne è andato... con la mia macchina tra parentesi.-, spiegò
con un sangue freddo impensabile da parte sua.
La moretta sentì il mondo cascarle addosso. Bene,
gliel'aveva chiesto veramente alla fine. Gli stava bene se aveva ricevuto una
risposta negativa, proprio bene. Così la prossima volta avrebbe imparato a
cercare una tutta culo e tette! Ritsuko guardò con un
pizzico di terrore la moretta. Sembrava avvolta da un incendio, ma non di
rabbia, di piacere. Forse anche a lei la vendetta piaceva assai. Akito le
domandò se ne avesse voluto parlare, ma lei con un sorriso negò il tutto. Per
lei il discorso era chiuso, non c'era proprio niente da dire.
- Ehm... -, provò Roxy, non sapendo di preciso
cosa dire.
Rumiko riservò un sorriso anche all’amica, ma poi
su presa da una voglia di piangere troppo forte per resistere. Si asciugò
prontamente gli occhi e guardò i tre.
- Sapete teoricamente dove potrebbe essere
andato?-, chiese in un soffio, senza quasi rendersi conto di cosa stava per
fare.
- Anche a saperlo non credo sia una buona idea tu
vada da lui... -, le disse serio Akito, pensando alla possibile reazione del
ragazzo.
Per la piccola Rumiko sarebbe potuto diventare
pericoloso. Sicuramente Yamato si era preso una sbronza di quelle toste e, dato
il suo umore, sarebbe potuto diventare violento. Roxy guardò di sfuggita Nobu,
che ancora stava in piedi.
- E tu siediti, non vogliamo due componenti del
gruppo moribondi!
Prese il casco che aveva appoggiato su di un
tavolo lì affianco.
- Vado a cercarlo io...
Rumiko fermò l'amica strattonandola per il braccio.
- Ci vado io, dammi le chiavi!-, allungò una mano
verso quella in cui Ritsuko aveva le chiavi della moto.
Il viso di Roxy fece fatica a trattenere
l'espressione seria e il tutto si trasformò in una strana smorfia.
- Pfff... non dire
sciocchezze. Non hai la patente, hai paure delle moto e non sai guidarle!
Rumiko si morse il labbro inferiore.
- Bene... molto bene... andate al diavolo!!!-,
sbottò acida. Prese la giacca che aveva già riposto sull'attaccapanni, uscì dal
locale e si avviò verso il primo posto che le era venuto in mente, la sponda
del fiume di cui gli aveva parlato Yamato dicendo che lui, Akito e Nobu quando
avevano problemi andavano sempre lì a pensare, da soli.
Roxy scosse la testa. Che aveva fatto di male,
aveva solo detto la verità!
- Antipatica... -, sbuffò, prendendosi uno
scappellotto da Akito.
- Invece di criticarla, fermala! Sai che Yamato
se beve ed è incazzato diventa violento!
Nobu scosse il capo.
- Lasciala andare... credo sia l'unica che possa
calmarlo.. -, disse semplicemnte. Si sedette su uno sgabello, prese la chitarra
e cominciò a strimpellare qualche nota scompagnata, per riabituarsi a sforzare
un po' il braccio che era stato ferito.
Akito, preso il suo giubbotto, si fiondò fuori dal locale.
- La seguirò a debita distanza, meglio andare
tranquilli. Non voglio giustificarmi con sua madre perché la figlia è stata
malmenata dal nostro batterista! Poi la riaccompagno a casa!
- Ah, ora capisco qual'era
il tuo obiettivo... -, rise Roxy.
Nobu sospirò. Akito era proprio un cretino.
***
Si guardò intorno, a destra, a sinistra, avanti, ma
di Yamato non c'era traccia. Così decise di camminare ancora un po', non
sapendo bene quale fosse la sponda giusta, sapeva solo che più o meno quello
era il luogo, dato che le aveva accennato si trovasse accanto al ponticello
dove spesso si fermava un gruppetto di tre persone che facevano musica di
strada. Sbuffò. Ma come le era venuto in mente di andare a cercarlo? Yamato non
era più affar suo. Beh, era inutile mentire a se
stessa. Lo amava troppo per ignorare il fatto che lui in quel momento stava
soffrendo per una stupida demente senza cervello.
Aguzzò un poco l'udito, le sembrava di sentire un
suono, no... una melodia. Era il suono di un'armonica. Si fermò ad ascoltarla,
le dava la sensazione di essere cullata da essa. Si guardò in giro, cercando il
luogo di provenienza quando vide una familiare testa bionda. Le piaceva quella melodia, così si avvicinò piano. Non voleva
smettesse di suonare. Si sedette accanto a Yamato, che la vide, ma la cosa
quasi non lo toccò. La guardò un secondo, poi riprese a suonare. Aveva gli
occhi rossi e l'aria decisamente strana. Quella non era la sua solita
espressione. Era sicuramente arrabbiato, triste, amareggiato, piuttosto depresso
e quasi certamente aveva bevuto come una spugna, si disse guardando cinque o
sei bottiglie di non voleva sapere cosa, sparse alla rinfusa sull'erba umida.
Ne prese un paio, una di birra e una di un liquore
che non aveva mai sentito nominare, ma che doveva essere molto pesante, da quel
che aveva letto negli ingredienti. Lo guardò. Che strazio vederlo ridursi così
per un'infermierina da tre soldi. Tre, neanche
quattro. Solo tre! Se non due... Ma cosa stava pensando?
Il ragazzo smise di suonare e prese un sorso di
una bottiglia sfuggita dalla vista di Rumiko, ancora mezza piena.
- Vuoi un sorso? -, le domandò lui, totalmente
indifferente.
La ragazza fece una smorfia di disgusto. Lui era
ridotto male, ma il suo alito era anche peggio. Prese con disgusto la bottiglia
in mano, facendo segno di sì con la testa. Odorò il contenuto della bevanda e
per poco non rigettò tutto quello che aveva nello stomaco. Grappa, decisamente
disgustosa. Rovesciò il contenuto nel prato, assumendo un'espressione seria.
Doveva reagire, non lasciarsi distruggere da quella sgualdrina. Yamato la
guardò truce, lo sguardo più freddo di un intero ghiacciato.
- Ma che vuoi? L'ho pagata quella! Era pure di
qualità, accidenti a te! Che mocciosa impertinente! -, la maledisse, ma il tono
della sua voce faceva intendere pienamente quanto fosse sconnesso.
Rumiko scosse la testa. - Mi fai proprio pena... -,
disse convinta, sperando non la ammazzasse di botte, ridotto com'era sarebbe
stato capace di farle qualcosa di molto brutto senza rendersene conto.
- Grazie per avermelo fatto notare, lo sapevo già
senza che me lo dicessi e sono d'accordo con te... sono penoso... manco tenermi
stretta una donna so fare! -, prese a ridere a crepapelle, mentre le lacrime
gli scendevano insistentemente lungo tutto il viso, manco fosse un fiume in
piena.
Si sdraiò sul prato, prendendo ad osservare lo
scorrere dell'acqua.
- In questo momento mi ci tufferei dentro
volentieri...
Rumiko si portò prontamente una mano su una
guancia, asciugandosi una lacrima fuggiasca che non era riuscita a ricacciare
indietro. Con non chalance si portò sopra Yamato,
cosa che lo fece trasalire. Gli diede un piccolo buffetto sul volto.
- Se tu solo volessi ce l'avresti una donna da
tenere stretta... l'unico problema è che ti sei innamorato di una persona che
non ti merita...-, spiegò pacata, guardandolo dritto negli occhi.
- Vuol dire che sono un cretino. Che ti devo
dire? -, disse facendola scostare.
Schiacciandogli lo stomaco rischiava di fargli
vomitare l'anima.
Rumiko si passò una mano tra i capelli. Appoggiò i
gomiti sulle ginocchia portate al petto, e il volto sulle mani, sbuffando.
- Come diamine hai fatto a scolarti sei bottiglie e
mezza a quest'ora del pomeriggio?-, chiese tentando
di farlo smuovere un po'.
-È roba
buona. -, si giustificò lui.
Riprese a suonare l'armonica, tentando di
distrarre il pensiero dal suo corpo, che in quel momento lo stava assai
tradendo. Sarebbe stato malissimo nelle ore successive, ne era certo.
- Non è roba buona... è roba che ti spacca il
fegato... -, fece lei stancamente. Prese le bottiglie e fece per alzarsi e
andarle a buttare in un cestio della spazzatura poco
lontano, ma lui la fermò, facendola cadere all'indietro, alcune bottiglie si
infransero con l'impatto a terra. Lei si ritrovò sotto di lui.
- Ya... Yamato... cosa
c'è?-, chiese terrorizzata, anche se la sensazione che provava stando così
vicino a lui era piacevole.
- Non andare via... resta qui... non voglio
essere abbandonato di nuovo... -, disse stringendola forte a sé.
Nascose il viso nell'incavo tra il collo e la
spalla di lei, scosso da terribili singhiozzi. Ok,
era veramente ridotto male per farsi vedere piangere da una ragazza, per di più
se si trattava di Rumiko.
Le fece una tenerezza inaudita. Sapeva che non
doveva assecondare i suoi capricci, ridotto com'era. Ma proprio perché era
ridotto in quello stato, con il cuore infranto, alla pari di uno straccio,
decise di stare vicino a lui fin quando non si fosse ripreso almeno un po'. Lo
strinse forte, accarezzandogli i capelli.
- Io non ti abbandonerò mai, Yamato. Non vedo il
motivo per cui dovrei allontanarmi dalla persona che amo... -, sussurrò con gli
occhi chiusi, continuando a passare le mani tra i capelli del giovane uomo.
Sentì il peso di Yamato schiacciarla sempre di
più. Lo guardò preoccupata avesse avuto un collasso, invece si era
semplicemente addormentato, come un bimbo piccolo fra le braccia della mamma.
Trattenne una risata, per paura di svegliarlo.
Certo che faceva proprio un grande effetto agli uomini, lei. Con un po' di
forza lo girò, facendolo stendere sul prato. Si alzò a sedere e sospirò.
Qualcuno si sedette accanto a lei. Era Akito, per cui riservò un'occhiataccia.
Da quando ci provava con sua madre lo odiava dal profondo del cuore.
- Che vuoi?-, chiese, rozza.
- Ehy... sei veramente uno zucchero! -, le fece
notare contrariato. - Volevo solo ringraziarti di averlo calmato e portarmelo a
casa.
Fece per alzarsi per caricare in spalla Yamato,
ma ricadde a terra trattenuto dalla moretta.
Akito sorrise malizioso.
- Sola con due uomini in una casa che non è tua?
Ti fidi così tanto? -, guardò la ragazza deglutire, - Lascia perdere...
Rumiko si erse in tutta la sua altezza e gli mollò
un calcio, facendolo ululare tenendosi il ginocchio dolorante.
- TU-ORA-FARAI-COME-TI-DICO-IO-SENNÒ-COL-CAVOLO-CHE-TI-FACCIO-RIVEDERE-MIA-MADRE!!!-,
disse a denti stretti, decisamente infuriata.
Akito la bloccò per i polsi.
- Se io voglio vedere tua madre non sono affari
che ti riguardano e, oltretutto, non ho bisogno del tuo permesso! Fatti gli affaracci tuoi, che mocciosa!
Le diede una leggera spinta facendola cadere
all'indietro, si caricò Yamato sulle spalle e si avviò in direzione della
propria casa.
Rumiko si morse il labbro inferiore, cercando di
trattenere le lacrime. Lei voleva solo stare con Yamato, perché tutti glielo
impedivano? Si alzò asciugandosi gli occhi con una manica della camicia della
divisa, trattenendo dei singulti. La vita era così ingiusta...
***
Roxy tamburellava nervosamente sul tavolo. Doveva
dirglielo, ma non ce la faceva. Tra di loro era calato uno strano silenzio e
Nobu la fissava insistentemente, con fare sospetto.
- Ehm... se no come ti senti?
Nobu alzò un sopracciglio.
- Ok... sto bene... dimmi tu invece cosa ti senti, perché
sei strana... e non venirmi a dire che non è vero perché non ti credo, ti
conosco come le mie tasche.
- Eh, ma no... sono solo preoccupata per la tua
salute... e per Yamato sì... ne sono successe di cose strane ultimamente, no?
-, abbassò lo sguardo, sapendo di non passarla liscia tanto facilmente.
Nobu si alzò, fece il giro del tavolo e dopo
averla fatta alzare si sedette al suo posto, facendola adagiare sulle sue
gambe. La strinse forte fra le sue braccia, dandole un bacio sul collo. Roxy si
girò un pochino in modo da poterlo vedere negli occhi, gli circondò il collo
con le braccia.
- Si tratta di... Daiki, uno dei fratelli
Nishikado...
Nobu al suono di quel nome assunse uno sguardo
truce.
- Ti ha fatto qualcosa? Giuro che lo ammazzo,
quello... -, sibilò cattivo. Odiava i Nishikado per averlo fatto picchiare, li
odiava perché trattavano male Ritsuko e perseguitavano la piccola Rumiko. Non
aveva la minima idea di quanto fossero cambiate le cose nel periodo in cui era
stato ricoverato all'ospedale.
- No... non mi ha fatto niente... non scaldarti
subito... -, Si allontanò un pochino da lui per poterlo guardare attentamente
negli occhi. - Almeno... se così si può dire... lui... ehm... ecco...
Fece roteare lo sguardo, volgendolo in direzione
della porta del locale.
Nobu le prese il viso tra le mani, facendola girare
verso di lui. Le diede un piccolo bacio a fior di labbra.
- Piccolina, ma da quando hai paura di dirmi
qualcosa? Dai, cosa é successo? Lo sai che puoi dirmi tutto...-, sussurrò
dolcemente, stringendola forte a sé.
- Perchè tu non immagini nemmeno che cavolo gli è
passato per la testa a quello! -, sentì le lacrime pungerle gli occhi,
-Dannazione quello si è dichiarato, ha giurato che un giorno mi innamorerò di
lui, è pazzo! Non oso nemmeno immaginare cosa combinerà pur di metterci i
bastoni fra le ruote!
Sospirò esasperata. Gliel'aveva detto nel modo
sbagliato, ora sarebbero stati cavoli amari, accidenti.
Nobu la guardò un paio di secondi, sbattendo le
palpebre, come se il suo cervello stesse ancora incamerando le informazioni
inviategli dalla ragazza. Finito il lungo procedimento, il ragazzo scoppiò in
una fragorosa risata.
- Dichia.... ahahha... Nishikahahahahh....
bastoni fra le ruohohohohohoh.... innamorerai di luihihihihihihihih....
Una gocciolina si formò sulla testa di Ritsuko. Ma
era stupido o cosa? Non aveva capito o faceva solo finta di non aver capito?
- Nobu! Sono seria... chiedi a chiunque del mio
liceo o dell'università adiacente! Chiedi a Rumiko! Dannazione... io non volevo
credergli, credevo fosse un bluff... -, abbassò lo sguardo, - ... ma a quanto
pare mi sbagliavo.
Scese dalle gambe di Nobu, si fece dare dal
vecchio Asano una birra e iniziò a prenderne abbondanti sorsi.
Nobu la osservò, cinico, incredulo. Era
impossibile. Dopo tutto quello che le aveva combinato, le si dichiarava? Che mongoplettico patentato.
- Io non so cosa stia succedendo... il mondo ha
cominciato a girare al contrario... prima Akito mi ha raccontato di essere
cotto della signora Azuki... poi ieri Yamato mi ha detto che avrebbe chiesto
alla sua ex di sposarlo... poi di nuovo Akito che mi dice che Daisuke Nishikado
è innamorato di Rumiko... e ora questo? Ma che diamine sta succedendo?
- Non chiederlo a me... quella volta in ascensore
mi ero convinta fosse diverso... ma poi dopo mi sono resa conto che era solo un
viscido verme come credevo... comincio a credere soffra di doppia personalità
quello! Anzi, che cavolo dico, quello è il suo carattere di merda!
-, prese un altro sorso mentre il ragazzo la guardava incredula.
Ascensore? Daiki? Ma che diavolo... non gli aveva
mai detto una roba simile.
- Di che ascensore stai parlando?-, chiese mentre
il sangue cominciava a ribollire nelle sue vene. Ritsuko gli mentiva. Forse era
una bugiarda. Lo ingannava. Come poteva avergli tenute nascoste tutte quelle
cose? La guardò infuriato, mentre la prima crepa si formava nel loro rapporto
Diversi ragazzi si voltarono al passaggio di una
deliziosa biondina, che tanto sapeva di bambola. I soffici capelli boccolosi erano tenuti fermi da un nastrino, che le faceva da
cerchietto. Vestiva tutta elegante; maniche a sbuffo, pizzi e fiocchetti, con
tanto di calze autoreggenti ben messe in mostra e fiocchi ai polsi e al collo,
formavano il suo particolare look. Gli occhi, ben
truccati, di un grigio impressionante. Un colore freddo, che però risultava estremamente caldo, data la luce giocosa che le
faceva brillare gli occhi. Il fisico era piuttosto esile, ma ciò non toglieva
che aveva della curve da far girare la testa a
qualsiasi uomo. Si guardò intorno sorridente, una volta
arrivata all'uscita.
- Finalmente sono tornata... -, rise cristallina.
***
Nobu continuava a guardare Ritsuko, con fare
indagatore. La ragazza non accennava a rispondere. Perché
tutto quel mistero? Doveva forse sospettare che anche lei provava qualcosa per
Daiki Nishikado? - Il black out... ecco... non te l'avevo
detto per non darti pensiero, già che eri in ospedale per colpa sua... -, tentò
di giustificarsi, aiutata dall'alcool che ormai le scorreva nel sangue.
Poggiò la bottiglia sul bancone, facendosene dare immediatamente un'altra.
- Mi ha aiutata quando mi sono sentita male, tutto
qui...
Tutto lì? Come faceva a dire tutto lì? Le aveva nascosto che era rimasta
insieme ad un altro uomo, non uno qualunque oltretutto,
per tutto quel tempo in un microscopico spazio, dove chissà cosa le aveva
fatto.
- Sei... sei veramente... oh non so nemmeno io cosa sei... so solo che se becco
Nishikado gli spacco il naso!-, disse agitando un pugno in aria, furiosamente. Perché gliel'aveva tenuto nascosto? Cosa
c'era sotto? Non riusciva proprio a capire il comportamento di Ritsuko, fatto
stava che era comunque furioso. Arrabbiato con lei,
con lui e con se stesso per aver permesso accadesse
una cosa del genere. Ora poteva anche capire perché Nishikado l'aveva fatto
picchiare quel giorno, dopo che lui e Ritsuko avevano
avuto una piccola discussione riguardo i loro sentimenti. Se
Daiki Nishikado era davvero innamorato di Ritsuko come sosteneva, allora lui,
Nobu, doveva essere un grosso ostacolo, e avrebbe fatto di tutto per separarlo
dalla sua amata Roxy. Ma non l'avrebbe permesso. Si
avvicinò al confetto azzurro, strappandole la bottiglia da cui stava avidamente
bevendo una sorsata di birra. La prese tra le sue braccia, baciandole i capelli
azzurri, la fronte, le gote, il nasino e infine le dolci, rosse, labbra
carnose. Roxy ricambiò il suo bacio con passione, quando si sentì spingere
via con violenza dal ragazzo e finì a terra, picchiando le natiche a terra.
- Che diav... Si interruppe immediatamente, quando vide una ragazza
tutta frou-frou baciare Nobu, anche lui disteso a
terra, sulle labbra.
- Nobuccio, amore! Finalmente sono tornata qui, tutta per te! Ti farò da infermierina, così quella brutta feritaccia se ne andrà subito, subito!
Ritsuko sentì il suo cuore andare in frantumi.
Chi diavolo era quella? Come faceva a conoscere Nobu? Lui... l'aveva tradita?!
Nobu la spinse via, urlando spaventato.- AHHHH BRUTTA PAZZA CHE CI FAI QUI?
NESSUNO TI VUOLE, VATTENE!!!!-, il suo sguardo poi schizzò
su Ritsuko, che aveva gli occhi verdi pieni di lacrime di rabbia. - NO... no
Roxy... amore... calma... non è come credi... questa qui è
solo una stupida... ignorala... io amo solo te, lo sai!!
- Ma che dici tesoro?
Sei sempre stato l'amore della mia vita, mi hai detto
che mi ami da morire solo stamattina! -, piagnucolò la biondina, stringendosi
forte a lui. - Cattivone, non devi tradirmi così!
Nobu tentò di staccarsela invano, mentre guardava
Ritusko maledirlo, dargli dello stronzo ed uscire dal locale come una furia.
Nobu
sospirò. Ci mancava solo quella piaga vivente, ora.
***
Vide Akito
uscire dal cancello della villetta dove Yamato abitava da solo, diretto alla
farmacia. La più vicina distava almeno mezz'ora a piedi. Perfetto. Aveva tutto
il tempo di trovare un modo per entrare e raggiungere l'avvocato.
Si avvicinò al citofono con non chalance e provò a
bussare, ma nessuno rispose. Yamato stava ancora dormendo. Il cancello era
aperto, così entrò e lo richiuse. Ora il problema era
entrare in casa. La porta era chiusa, ed era anche inutile provare ad aprirla essendo blindata. Fece un giro per il grande cortile, arrivando nel retro della costruzione. Sorrise, vedendo una piccola scalinata dove in cima era situata una
porticina. Adorava le villette, mai che fossero sprovviste di porta sul
retro! Salì entusiasta la scalinata e aprì la porta, o almeno ci tentò.
Maledisse Yamato per ricordarsi sempre e comunque di
chiudere tutte le porte di casa. Si sedette su di uno scalino, sconsolata. E ora come avrebbe fatto? Il suo sguardo incrociò una
finestrella aperta. Perfetto, doveva solo riuscire a raggiungere la tettoia e sarebbe stata dentro! Il problema
era raggiungerla la finestrella!!! Vide poco più in là
nel cortile una vecchia scala di legno. Era proprio il suo giorno fortunato.
Prese la scala, così pesante che quasi non la fece cadere indietro sotto il suo
dolce peso, e la posizionò sotto la finestra. Chiuse
gli occhi, facendo il segno della croce. Odiava salire quelle scale così
instabili. E poi soffriva di vertigini!!!Ogni scalino che saliva si sentiva sempre più tremante. La scala traballava incredibilmente, non era stabile. Aveva una paura
immonda. Arrivò, infine, all'ultimo scalino. Fece appena in tempo ad
arrampicarsi sul tetto che la scala cadde a terra, provocando un tonfo.
Ancora una volta ringraziò Dio per esserle stato
vicino. Si aggrappò bene alla grondaia, per paura di cadere e si avvicinò alla
finestra. La aprì del tutto, soddisfatta ed entrò in una camera che fu
deliziata nello scoprire fosse proprio la camera da
letto di Yamato, dove in quel momento il ragazzo riposava, sdraiato su un letto
di una piazza e mezza. Si sedette accanto a lui. Era sudato, per via della
sbornia, e i capelli bagnati erano appiccicati alla fronte. Gli spostò un paio di
ciocche indietro, sorridendo. Sembrava un bimbo indifeso, in quel momento. Lui
si mosse un po', e aprì gli occhi. Si era svegliato.
- Oh... mi dispiace... non volevo svegliarti... -,
disse, seriamente dispiaciuta. Sperava non si arrabbiasse
con lei.
Il giovane uomo rimuginò un pochino, voltandosi
su di un lato e rivolgendo la schiena verso Rumiko. Richiuse gli occhi,
tentando di riprendere sonno. Non capiva più nulla, nemmeno
si era reso conto della sua presenza.
Rumiko sospirò. Doveva essere ancora parecchio
brillo. Guardò l'orologio: erano le tre e nessuno di loro, Akito compreso,
aveva pranzato. Forse avrebbe dovuto permettersi di preparare qualcosina, nonostante non fosse questa grande
cuoca e quando pasticciava in cucina succedevano sempre guai. Beh, pazienza, aveva una voglia matta di cucinare a casa di Yamato, si sarebbe
sentita come una felice mogliettina. Uscì dalla stanza, chiudendo la porta e
scese due rampe di scale, arrivando al pian terreno. Quella villa era immensa,
proprio la casa dei suoi sogni. Prima di diventare avvocato, Yamato aveva
dovuto avere comunque una famiglia benestante alle
spalle che lo sosteneva finanziariamente. Entrò nell'immensa cucina, grande
almeno quattro volte quella di casa sua. Aprì il frigo e fu contenta di vedere
parecchia carne e verdure fresche. Questo era un bene,
avrebbe potuto preparare qualcosa di sostanzioso.
Mise il grembiule e iniziò a trafficare ai
fornelli, quando si sentì cingere la vita. Le vennero
scostati i capelli e piazzato un bacio sul collo. Bacio... piuttosto un
succhiotto. Si voltò di scatto, guardando perplessa il biondino che stava
dietro di lei. Yamato era lì, che la osservava
- Ah... ciao... ehm... scusa se non ti ho chiesto
il permesso, ma pensavo che ti saresti svegliato affamato!!!-,
disse tentando di cancellare la sensazione di eccitazione che le era scoppiata
in corpo a quel contatto.
- Sì ho fame... ma di
te, non di cibo... -, scherzò lui, anche se in parte era serio.
Rumiko lo guardò accigliata.
- Yamato... credo ci sia un
malinteso... fatti passare presto questa sbornia, stai prendendo un
granchio... io non sono Aya... -, spiegò, posando il coltello con cui stava
tagliando le verdure sul tagliere. Che odio. Ora la
scambiava anche per quell'oca. Beh, in effetti si
assomigliavano molto, avevano gli stessi lineamenti e la stessa presenza
fisica, con la differenza che Aya era castana con gli occhi castani ed aveva
tre taglie in più di reggiseno.
Il ragazzo rise di gusto, poggiandole le mani sul
fianco e lasciando scivolare la mano sul suo sedere, al che Rumiko lasciò
cadere il coltello. Rimase pietrificata da quel gesto. Con l'altra mano scivolò
sotto la sua camicetta, arrivando a toccarle il seno.
- Sì, va bene... va
bene... mia stupenda donna sexy. Che ne dici se lasciamo
perdere il pranzo e facciamo qualcos'altro? -, domandò scostando il
tagliere e gli ingredienti, prendendo in braccio la ragazza e facendola sedere
sul bancone.
Lei cercò di allontanarlo, un paio di volte. Dio,
ma da quando Yamato era così forte? Non riusciva a spostarlo di neanche mezzo
centimetro.
- Yamato... smettila... non sono Aya!!!-, tentò di dire, prima che lui la travolgesse in un
bacio che di casto e puro non aveva niente.
Le sue guance assunsero un colore rosso fuoco,
mentre lui le faceva scivolare una mano lungo la gamba, fino ad arrivare a
toccare un lembo della gonna. La sollevò un pochino e continuò la sua corsa
fino ad arrivare alla coscia. Levò la mano e la fece sdraiare, portandosi sopra
di lei.
- Non ti eccita? Rifare l'amore qui sopra... come
la prima volta...
La moretta strabuzzò gli occhi, allibita. L'amore?
Là sopra? Con Aya? Mabeeene...
era proprio fuso.
Il cuore le batteva così velocemente che per un
attimo temette potesse scoppiarle in petto. Tentò
ancora di spingerlo via, scoppiando a piangere. Lui aveva fatto l'amore con
Aya. Che stupida che era stata a pensare di poter prendere il
suo posto. Ma perché questo l'aveva sconcertata così
tanto? Era ovvio l'avessero fatto. Erano
entrambi adulti e vaccinati e lei... e lei era solo
una stupida innamorata della persona sbagliata. - Yamato... basta... -, sussurrò mentre la mano si lui si insinuava sotto gli slip.
- Yamato smettila... FERMATI, SONO RUMIKO!!!-, gridò
poi con una rabbia che non sapeva di covare dentro di sé.
- Rumiko? Amore, ma che stai dicendo? -, chiese
lui guardandola sconcertato.
Le diede un bacio a fior di labbra,
accarezzandole una guancia.
- Se non vuoi lasciamo perdere...
sarà per un'altra volta, ok?
Rumiko serrò le labbra e gli diede uno schiaffo.
- Brutto stupido... amore un corno... apri gli occhi e guardami bene... ti dice niente che ho gli
occhiali, i capelli neri e gli occhi azzurri ed ho tre taglie di reggiseno in
meno?-, commentò acida, con un pizzico di ironia.
Yamato si portò le mani alla testa, scendendo dal
bancone e lasciandosi scivolare a terra.
- Aya... amore... dove sei... perchè mi hai
lasciato? -, iniziò a scuotere la testa, senza lasciarla andare, mentre
iniziava a piangere, - Ti amo... ti amo... non dovevi
andare da quello, non da Kaito...
- Era il mio migliore amico... e me l'ha portata via... la mia piccola Aya... la mia bellissima
Aya... -, parlava sconnesso e Rumiko capì che, ora come ora, non poteva farci
nulla.
Vide una macchinetta del caffé, iniziò a
prepararlo e cercò dei biscotti. Attendendo che fosse pronto fece accomodare
Yamato sul grande divano di pelle del salotto. Non era
molto esperta di sbronze, ma sapeva che il caffé risanava un poco, ma
soprattutto cose tipo pane e biscotti asciugavano lo stomaco, in modo da ridurre
il tasso alcolico.
Preparato il caffé decise di zuccherarlo poco. Più
amaro era e prima faceva effetto. Prese il vassoio con le tazze e i biscotti e
andò a sedersi accanto a lui, posandoli tutto sul tavolino e dandogli una
tazzina.
- Bevi... ti farà bene...
-, farfugliò senza troppa convinzione.
- No... -, prese a fare i capricci lui.
In quel momento aveva una nausea terribile e
l'ultima cosa che proprio gli andava di fare era mangiare e bere. Voleva solo
dormire e... dimenticare.
La ragazza non insisté più di tanto. Quando se la sarebbe sentita, l'avrebbe bevuto da solo.
Prese due cuscini e glieli mise dietro la schiena per farlo stare più comodo.
- Allora... cosa é successo?-, chiese fredda.
Sapeva di mancare di tatto, ma prima affrontava la cosa e prima sarebbe guarito da quella depressione.
Yamato prese a ridere.
- Le ho chiesto di sposarmi e lei ha detto che fra due mesi si sarebbe unita in matrimonio con il
mio migliore amico dei tempi dell'università. Non è buffo? È
strano vedere come le persone ti raggirano facilmente!
Rumiko sospirò. Vederlo ridere in quel modo così
isterico e sprezzante le faceva ancora più male. Prese una sua mano e la
strinse, sperando si calmasse.
- Mi dispiace ti sia successo tutto questo... vorrei poterti aiutare... posso fare qualcosa?-, chiese
speranzosa.
- Per favore... lasciami solo... -, chiese lui
tornando improvvisamente serio. - Voglio solo rimanere solo...
Rumiko annuì.
- Si... certo... scusa... hai ragione... -, si
alzò, lasciando che i capelli ricadessero sul viso per nascondere le lacrime e
tornò in cucina. Tolse il grembiule, spense i fornelli e andò verso l'ingresso
dove poco prima di cucinare aveva posato la sua giacca.
Si fermò, però, quando la voce di Yamato la
bloccò. Si trovava ancora in salotto, ma la voce era chiara e limpida.
- Rumiko... ti ringrazio dell'aiuto e... scusami,
per quello che ho fatto... ci vediamo presto, forse.
Rumiko non rispose. Non era il caso. Si erano detti
tutto. Era buffo come prima le avesse chiesto di non
abbandonarlo e ora la medaglia si era capovolta. Le aveva chiesto
di lasciarlo solo. Non aveva bisogno di lei. Aprì la porta e la
richiuse con un tonfo sonoro, infuriata. Lo odiava. Però
lo amava. Era possibile odiare e amare un persona
nello stesso momento?
Fu con quello stato d'animo che si sedette sulle
scalinate dell'ingresso della villa, sotto la pioggia battente che sembrava
riapparire con il suo umore. Più era triste e più pioveva. Che
buffo...
***
Piangeva, piangeva come una bambina piccola. Anzi peggio. Era viziata e capricciosa
e lui proprio non la reggeva più, come mai non era
riuscita a fare. Maledì i suoigenitori, sicuramente artefici della
notizia alla cugina. La biondina boccolosa era
attaccata a lui peggio di una ventosa e non accennava a staccarsi.
- Perchè Nobuccio? Dopo tutto il viaggio che ho
fatto tu mi respingi così?
Ecco. Questo era uno dei suoi lati peggiori. Era
una vittima o, per meglio dire, amava far sentire in colpa la gente. Era una
brava attrice, non ne poteva dubitare, ma la schifava proprio per questo. Era
falsa. Terribilmente falsa.
- Ashley... prima di tutto staccati, sei peggio di
una sanguisuga... solo che anziché il sangue tu mi succhi via le energie!!! E poi... come hai osato dire certe sciocchezze di fronte
alla mia ragazza? -, la spinse via e si alzò, spolverandosi i vestiti. Affidò
la chitarra ad Asano ed uscì per cercare Roxy. Ovviamente pioveva,
poteva mai essere il contrario? Ashley lo seguì ed aprì un grazioso
ombrellino tutto fiocchi nastri e merletti, di un rosa pallido. Nobu si
schiaffò una mano in fronte. Preferiva andarsene sotto la pioggia piuttosto che
sotto quel... quel... quel robo
nauseabondo.
- Tesoro, vieni sotto il mio ombrellino,
altrimenti ti prenderai il raffreddore bagnandoti
tutto! -, sorrise a 918273645 denti.
Lo incitò con un gesto della mano.
- Se ti ammali dopo non potrai più uscire di casa per un pezzo, e io voglio avere qualche appuntamento
con te! Potremmo andare al Luna Park, al Karaoke...
dove preferisci tu!
Nobu la ignorò e riprese a camminare in direzione
del condominio dove abitava Ritsuko, distante parecchio dal locale. Dove poteva essere andata altrimenti? Sperava solo non facesse qualche incontro spiacevole.
La biondina gli si attaccò al braccio, sprizzando
allegria da tutti i pori.
- Oh, non preoccuparti, sarà andata dal suo
ragazzo, amore. Oppure a casa... uhm... no, non lo so e non mi
interessa! -, sorrise radiosa. - Andiamo un po' da te? Così ne approfitto per salutare i tuoi, visto che mi hanno
gentilmente invitata a stare da voi!
Nobu strabuzzò gli occhi e la guardò come fosse un aliena. A casa sua? E per
quanto? Si portò le mani ai capelli e urlò un assordante
"NOOOOOOOOOOOO!", incurante di quelli che passavano e lo prendevano
per pazzo.
- Lo so che ne sei felice! Anche
io lo sono! -, si alzò sulla punta delle scarpe che, malgrado
l'alta zeppa, ancora non le facevano raggiungere l'altezza del ragazzo. Gli
diede un bacio a fior di labbra e prese a giocare con i suoi capelli ingellati.
Lui la spinse via.
- LUNGI DA ME! NON TOCCARMI! GIURO CHE SE MI FAI LITIGARE CON ROXY TI SPEDISCO ALL'INFERNO A CALCI!!!-,
sbottò irritato. Corse via, lasciandola sola.
Lei sorrise, ma non aveva più quell'espressione
dolce.
- Vedremo mio caro Nobu... vedremo
per quanto tempo preferirai lei a me.
***
Stava correndo a perdifiato per le vie della
città, senza meta. La vista era accecata dalle lacrime, come avrebbe potuto
sapere dove andava? Le faceva male il petto, il cuore per la precisione. La
persona di cui più si fidava al mondo l'aveva tradita deliberatamente. Stranamente non si accorse di essere tornata nel parco di qualche
sera prima. Si sedette sotto lo stesso albero e pianse tutte le sue lacrime. Perché Nobu le aveva fatto questo? E lei che si era persino
preoccupata di dirgli di Nishikado... non meritava
nulla, NULLA! Alzò lo sguardo, incrociandolo con i rami e la
folta chioma dell'albero. Il suo sguardo fu catturato da qualcosa che si
muoveva. Due scoiattoli, prima giocosi fra di loro,
che rientravano veloci nella tana, per proteggersi dal freddo dell'inverno.
Pensò fosse un miracolo vederli, in genere in quel periodo la maggior parte
erano ancora in letargo.
Si appoggiò con la schiena al tronco dell'albero e
chiuse gli occhi, afflitta. Perché non poteva esserci
un solo fottutissimo giorno in cui tutto filava
liscio? Perché doveva sempre andarle storto qualcosa?
Sentì dei passi avvicinarsi e alzò lo sguardo,
sorpresa. L'unica persona che non voleva vedere era davanti a lei in tutto il
suo metro e ottantacinque di altezza, che sovrastava i
suoi pensieri come un dittatore indiscusso.
- Vattene. -, gli ordinò voltando lo sguardo.
Strinse i pugni fino a farsi male. Era anche
colpa di Nishikado se si trovava in quella situazione. Il ragazzo la ignorò e
si sedette accanto a lei. Roxy fece uno scatto, spingendolo via con tutta la
forza che aveva in corpo.
- Sparisci!
Lui gettò via l'ombrello, gli era solo di impiccio. La guardò come un cucciolo bastonato. Cosa poteva esserle successo?
- Matsumoto... guardati sei distrutta... cosa ti è accaduto? Giuro che se c'entra quel Nobu io... -, strinse i pugni, ma lei gli tappò la bocca con una mano,
incenerendolo con lo sguardo.
- Tu sei il maggiore colpevole dei miei guai! Tu
sei quello che mi fa soffrire più di tutti, alla fine. Che
ti ho fatto io? Lasciami in pace, sparisci dalla mia
vita! Se le cose con Nobu sono complicate è anche per
colpa tua! -, si alzò guardandolo dall'alto in basso. - Non voglio saperne
niente di te.
Per Daiki fu un duro colpo.
- Bene... molto bene.. -,
disse alzandosi e sovrastandola di nuovo. Le lanciò uno sguardo che voleva
simulare odio, ma che fu solo un tentativo goffo di farle capire quanto
l'avesse offeso. Senza nemmeno raccogliere il suo ombrello, il brunetto si allontanò, ferito nel profondo.
Roxy sospirò, appoggiandosi all'albero. Sapeva da
sempre che il suo destino era rimanere sola. Sua zia, la sorella di sua padre, glielo diceva sempre. Diceva
che una persona come lei, con il carattere che si trovava, non aveva futuro in
una vita sociale. Affermava che se sua madre li aveva abbandonati era colpa
sua, perchè lei era la più grande tragedia che potesse
capitarle. Che schifo di vita. Forse avrebbe dovuto semplicemente mettere fine a tutte le sue
sofferenze. Si, quella era una buona idea. La
disgrazia Ritsuko avrebbe tolto il disturbo, tutti sarebbero
stati più contenti. Era esattamente così che doveva andare. Si voltò in direzione del sentiero, quando sentì una mano
tremolante appoggiarsi sulla sua spalla. Si voltò con terrore e, quando
incrociò lo sguardo di un disgustoso vecchietto, tutto puzzolente d'alcool, si
portò una mano alle labbra. Sentiva lo stomaco rivoltarsi,
era davvero schifoso.
- Ciao ragazzina... ti sei
persa? Ti accompagno a casa, se vuoi... -, disse il vecchio, alitandole sul
collo. Roxy si sentì decisamente svenire.
- N-no... tutto a
posto... la ringrazio! -, strattonò la presa,
allontanandosi in retromarcia dall'anziano uomo.
Inciampò su qualcosa e cadde all'indietro
rovinosamente.
- Ahia... -, bofonchiò massaggiandosi la testa.
Alzò lo sguardo, quando si ritrovò circondata da
una decina di uomini. Uno le aveva fatto
lo sgambetto.
- Che carina... davvero
graziosa... -, disse un tizio che non riusciva a vedere bene in volto. Era
finita. Stavolta era davvero in un tunnel senza uscita. Perché aveva mandato via Nishikado, accidenti?
- Sì, tenera... soprattutto tutta bagnata!
Guardate, la divisa scolastica le si è appiccicata
tutta al corpo... è davvero bello!
Un altro uomo, dalla voce particolarmente roca
riprese i due.
- Non è il momento di sbavare dietro ad una mocciosa,
prendetele i soldi e filiamo!
Roxy si strinse nelle spalle, deglutendo. Soldi?
Bene... era messa proprio bene. Non aveva un centesimo con sé
e loro non ci avrebbero creduto di certo. Era veramente in guai seri.
… continua…
Hello a tutti! Che peccato, qui abbiamo notato che le letture, come le recensioni,
sono calate molto… ma dove siete tutti? :’( Abbiamo, però, una new entry, che ringraziamo di cuore
per seguirci anche in questa fic!
Ninphadora: Oh che bello ritrovarti anche nelle recensioni di
questa fic! Siamo veramente contente! Oh, ti riescono
ad appassionare tutti i personaggi di questa fic? Mabenone! :D
Nobu è un personaggio un po’ particolare… di cui siamo certe che ancora non ha
mostrato il suo vero carattere. Sicuramente riuscirà anche lui a tirarsi fuori
e a dimostrarsi utile alla storia! Vedremo come va! :]
Erano le quattro e mezza. Era più di un'ora che era
seduta là fuori sotto la pioggia, si sarebbe beccata
una broncopolmonite fulminante, ma non gliene fregava niente, voleva rimanere
accanto a Yamato ancora un po', anche se lui non sapeva che lei fosse lì. Sentì
il cigolio del cancello che si apriva e si nascose in fretta e furia dietro ad
un cespuglio. Akito era tornato con le medicine per Yamato. L’uomo, così
preoccupato per l’amico, non fece nemmeno caso alla porta, non chiusa a chiave.
Ora si sentiva più tranquilla, il suo batterista era
in buone mani. Quando fu sicura che Akito non sarebbe
uscito dalla villa, uscì dal giardino fino ad arrivare nella stradina del
quartiere. Si guardò gli abiti bagnati fradici, aveva
terribilmente freddo. Una voce richiamò la sua attenzione.
- Matsumoto? -, domandò non sicuro fosse realmente
lei.
Un bel ragazzo, dai tratti puramente giapponesi, le si avvicinò coprendola con il suo ombrello. Aveva i
capelli, corti e tenuti a spazzola, e gli occhi neri come la pece. Fisico
atletico, avvolto in vestiti comunque eleganti. Uno
dei migliori studenti di tutta la scuola. Era piuttosto
carino, oltre che brillante, lo doveva ammettere. Non ci aveva mai fatto caso prima. Si trattava di Shigure Ichinose, il suo
assistente nel lavoro del comitato scolastico.
- Ichi... Ichinose... -, sussurrò lei un po' affannata. Si sentiva
stanca, la testa le girava vorticosamente neanche fosse
appena uscita da una lavatrice, e il freddo pungente le era penetrato
fin dentro le ossa. Sei sentiva un po' febbricitante,
probabilmente la sua temperatura corporea era alterata.
- Stai bene? -, le domandò premuroso, appoggiando
le sue labbra sulla fronte della ragazza, - Accidenti! Tu scotti!
Si guardò intorno. Da quelle parti non c'era
nessun ospedale e sapeva bene che la moretta abitava troppo lontano da lì, per
arrivare a casa intera. Si abbassò un pochino, indicandole la sua schiena.
- Sali, ti porto a casa mia. È qui vicina. Lì
potrai cambiarti ed usufruire di un letto caldo. -, sorrise, - Non
preoccuparti, non disturbi. -, finì anticipandola.
La ragazza voleva rifiutare, ma poi ci ripensò. Non
aveva scelta, e di Ichinose ci si poteva fidare, era
un caro ragazzo.
- Ti... ringrazio Ichinose... -, sorrise. - Ma ti
seguirò a piedi... non posso accettare un passaggio sulle tue spalle, eh eh... -, disse, poi tossì un
po'. Il ragazzo annuì, commentando che era meglio sbrigarsi. Si avviarono alla
fine della strada, dove una piccola e deliziosa villetta azzurra si distaccava
dalle altre per essere un po' più piccola, ma anche la più carina.
- Questa è casa mia... non è
granché, è piccola in mezzo a tutte queste villone,
ma è casa.
Aprì il cancelletto
arrugginito, facendo entrare Rumiko.
- E' proprio carina!-, disse lei, che a confronto
con il suo appartamento trovava quella villetta una reggia pari a quelle di
Versailles o di Caserta.
Entrarono e la ragazza si tolse la giacca
inzuppata, appendendola sull'attaccapanni. Lui la accompagnò
al piano superiore, entrarono in un bagno candido e pulitissimo. Le
diede un accappatoio, due asciugamani nel caso le fossero
serviti e le indicò dove poteva trovare prodotti per la pulizia del corpo e dei
capelli.
- Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi. Fai
pure con calma, io ti preparo degli abiti di mia sorella come ricambio.
Dovrebbero andarti bene. I tuoi li metto in lavatrice.
Sorella? Da quando Ichinose aveva una sorella?
Era convinta fosse figlio unico.
Scosse il capo. Beh, dopotutto lei non ci aveva mai
avuto niente a che fare con lui. Non conosceva praticamente
niente della sua vita. Pensandoci bene non sapeva nemmeno quanti anni avesse effettivamente. Mentre
pensava a questo, il volto triste di Yamato passò di nuovo a sovrastare tutti
gli altri suoi pensieri, re incontrastato del suo cuore. Cosa
poteva fare per dimenticarlo? Ormai era chiaro che lui non volesse avere niente
a che fare con lei.
Shigure chiuse la porta del bagno. Si diresse in
una camera piuttosto lugubre ed aprì le ante di un armadio di legno. Scelse dei
vestiti a caso, fra l'enorme pigna che c'era e li portò in quella che sarebbe
stata la camera di Rumiko. Sorrise. Aveva avuto un colpo di fortuna pazzesco ad
incontrarla ed a farla andare a casa sua.
Era proprio ciò che aspettava da tempo, poter rimanere
solo con lei. Era una ragazza in gamba, carina, dolce... ed i suoi occhi era stupendi, era pazzo per quegli occhi.
***
Era preoccupato, terribilmente preoccupato.
Non si era diretta a casa e non aveva la minima idea di dove cercarla. Tutti i luoghi
dove da bambina si rifugiava li aveva già controllati e, di lei, non c'era
traccia.
Rimaneva l'ultimo posto, ma dubitava potesse
trovarsi lì, all'aria aperta, con quella pioggia così fitta che non si vedeva
un cavolo ad un palmo dal naso.
Sospirò. "Tentar non nuoce...", pensò
avviandosi verso il grande parco poco lontano dal
quartiere dove abitava.
All'entrata della grande
distesa verde, per sua sfortuna, si imbatté in Daiki Nishikado. Non era proprio
giornata quella, no proprio no. Tentò di ignorarlo,
passandogli di fianco senza degnarlo di uno sguardo, ma il bruno lo fece
voltare.
- Stai cercando la confettina?
Nobu strinse i pugni. Ma
come si permetteva quel cretino anche solo di rivolgergli la parola, e parlare
della sua Roxy con quel tono così disgustosamente arrogante? Stava per sbottare
in un acido "Sparisci", ma poi ci ripensò.
- L'hai vista? Ti prego, dimmi
che sai dov'è!-, disse calpestando il suo orgoglio come fosse un tappetino.
- E perchè mai dovrei
farlo? Non sono ritenuto a dirtelo... -, rise, ma
nella sua risata si notava solo tristezza, non cattiveria.
Nobu scosse la testa.
- Sei veramente stronzo... l'hai vista e l'hai
lasciata anche da sola sotto la pioggia, vero? Dimmi subito dove l'hai vista!-,
disse minaccioso, avvicinandosi a lui, serrando un
pugno e prendendolo per il colletto della camicia con l'altra mano.
- Non l'ho lasciata lì mia volontà, idiota. Ti
pare che sia così deficiente? Se non alzavo i tacchi
quella mi faceva a fettine microscopiche. Però
guarda... che strano, tu sei il suo ragazzo e nemmeno sai dove cercarla? Almeno
io so dove si rifugia. -, guardò in tono di sfida il biondino, - Già... quel
suo adorato albero vicino al sentierino... quella
vecchia quercia... ops, forse non dovevo dirlo!
Senza troppi preamboli, Nobu gli mollò quel dannato
pugno che voleva dargli da chissà quanto tempo, facendolo cadere malamente a terra. Quando Daiki si
rialzò per rispondere era già tardi, Nobu era corso via a cercare la sua
ragazza.
- Puah... idiota... -,
sibilò passandosi una mano tra i capelli bagnati. Ma
cosa aveva quel tizio più di lui?
***
- Sono tornato. -, annunciò all'amico, senza però
ricevere risposta.
Si tolse le scarpe e si diresse in direzione del
salotto. C'erano due tazze di caffé, della quale una ancora piena. Alcuni
biscotti ed un sacco di briciole. Andò in cucina, trovando diversi oggetti
caduti a terra, tra cui anche dei pezzi di carne. Akito si diede una grattatina alla testa. O Yamato
aveva dato di matto oppure non era solo.
- Yamatinooo... dai tesorinooooesci fuori, non ho
voglia di giocare a nascondinoooo... -, canticchiò
cercando qualcosa per pulire a terra.
Sentì dei passi frettolosi rimbombare per la casa
ed infine un tonfo. Vide arrivare il ragazzo direttamente in cucina, rotolando
per le scale.
- Rumiko?!
Si grattò ancora la testa, guardando il
biondo spalmato a terra come una sottiletta.
- Essere scaricati da così alla testa? Non
so... non mi è mai successo, modestamente... -, scherzò
avvicinandosi al peso morto che giaceva a terra. - Dai
alzati bello mio, vediamo di sciacquare via questa maledetta sbornia...-, disse
caricandoselo in spalla e portandolo sul divano in salotto. Chissà chi era
stato lì? Sicuramente non Aya, e neanche Nobu e Ritsuko, perché Nobu l'aveva
chiamato pochi minuti prima per chiedergli secondo lui
dove potesse essersi cacciata Ritsuko. Ci mancava solo questa. Ashley era un
terremoto. Akito conosceva Nobu da, praticamente,
sempre e conosceva anche la sua bella cuginetta tutto
pepe figlia di un americano e un'italiana. L'Italiana in questione era una
cugina del padre di Nobu, la cui madre a sua volta era Italiana. Infatti ogni tanto tendeva a dimenticarsi che nelle vene
dell'amico scorreva sangue Italiano.
- Ah... visto Yamato? Mi sto perdendo di
nuovo nei miei pensieri... non avevo più questa confusione in testa da molto...
i ragionamenti inconcludenti li facevo
sempre quando ero innamorato. Mi è capitato una sola
volta di esserlo... -, spiegò all'amico, più morto che vivo, mezzo
svenuto sul divano. - ... beh, con questa fanno due... Sono innamorato di Azuki... sono scemo, vero?-, chiese senza ricevere
risposta. Per un attimo però gli sembrò l'amico fosse tornato
lucido. Yamato infatti lo guardò e sorrise
flebilmente, come per dire che erano due idioti. Entrambi innamorati della
persona sbagliata. Congratulazioni...
***
Un altro calcio e sarebbe morta, quello era il pensiero preoccupato di Ritsuko in quell'istante.
Volevano i soldi, ma lei non aveva niente con sé. Perché non
le credevano. Cristo, se facevano male quei calci.
Ne aveva beccati due sulle gambe e una ventina nello
stomaco. Sentiva le forze abbandonarla, per di più c'erano un paio di quei
ladruncoli da strapazzo che presto o tardi le avrebbero fatto
qualcosa di spiacevole. Sentì già uno di loro abbassarsi addosso a lei e
infilare una mano sotto la sua gonna. Non ci mise molto ad insinuarla sotto gli
slip, molestandole clitoride e piccole labbra. Che schifo, se fosse
sopravvissuta non sarebbe bastata tutta l'acqua del pianeta a lavarle via quel
senso di sporco che le si stava attaccando addosso.
- Ehi... non c'è gusto... questa qui é
asciutta come una tavola di legno... -, disse il tizio che la stava toccando.
Un altro lo spinse via e, nonostante il
dolore Roxy tentò invano di divincolarsi e spingerlo via. Anche quest'altro
prese a toccarla, penetrando un po' con le dita, senza però spingersi
troppo oltre. - Cazzo, è vero... la stronza è asciutta
e ruvida, nemmeno le dita scivolano...
Una voce più anziana delle prime rise. -
Non c'è mica solo quel buco... -, disse saggiamente.
Roxy scoppiò a piangere: quando sarebbe finito quello strazio? Voleva morire. Il vecchietto fece scostare i suoi scagnozzi, iniziando a
massaggiarsi i genitali.
- Lasciate fare a me, mi faccio
vedere io come si eccita una donna!
I presenti inorridirono al solo pensiero di
vedere quel vecchietto mezzo nudo, farsi quellastronzetta. Lui, intanto, stava già abbassando la zip dei pantaloni, avvicinandosi alla ragazza dalla
chioma azzurra. La fece girare sulla schiena e le si sedette
sul ventre.
- E così tu non ti ecciti facilmente eh...
vediamo se almeno i lavoretti li sai fare bene! Hai
delle belle labbra, io dico che qualcosa di decente
puoi farlo!
Roxy utilizzando le sue ultime forze tentò di
levarsi l'anziano di dosso, ma questo qui le diede uno schiaffo, levandole
completamente le energie.
Ritsuko era immobile. Non valeva nemmeno
più la pena di divincolarsi, erano troppi contro una sola, e inoltre non sarebbe arrivato nessuno ad aiutarla. Chiuse gli occhi e in
testa le si materializzarono le immagini di Nobu e
Nishikado. Non sapeva cosa c'entrasse Daiki Nishikado, fatto stava che avrebbe
tanto voluto l'aiutasse. Ma
ancor di più voleva Nobu. Il suo Nobu. Avrebbe dovuto ascoltarlo. Le aveva urlato che non era come pensava, che non l'aveva tradita. Ma lei, troppo orgogliosa, non aveva voluto sentire nulla ed
era corsa via come una stupida. Un'ultima lacrima lasciò scappare, e poi decise
di non piangere più. Quella era la punizione che meritava per non aver avuto
fiducia nel suo ragazzo. Sentì la presa del vecchio farsi
serrata, mancavano pochi istanti e...
Un tonfo sordo, delle
voci, alcuni ragazzi che scappavano e le urla infuriate di qualcuno che
conosceva molto bene. Alzò un po' lo
sguardo. Nobu si era avventato contro il vecchio ubriacone, spostandolo con
violenza da sopra di lei, e ora lo stava picchiando a sangue, urlando tutta la
sua frustrazione.
- BRUTTO STRONZO! VECCHIO IDIOTA... COME
HAI OSATO TOCCARE LA MIA
RITSUKO? LEI È MIA, HAI CAPITO? MIA
SOLTANTO! TE LA FARÒ
PAGARE CARA. TI AMMAZZO!-, urlò senza
riuscire a fermarsi. Il vecchio aveva già perso conoscenza, ma Nobu non
accennava a calmarsi.
Roxy si tirò seduta a fatica, tenendosi lo
stomaco dolorante.
- Nobu... smettila... -, il
ragazzo sembrava non sentirla, - Finiscila!
Aveva alzato la voce più che poteva e il biondino
si era fermato. Si guardò le mani, completamente cosparse di sangue. Ancora un
pugno e l'avrebbe veramente mandato nell'aldilà.
Lasciò andare il vecchio pedofilo e si
avvicinò a Ritsuko.
- Ritsuko... la mia Roxy...
la mia piccola Roxy... -, disse ancora affannato. L'abbracciò, forte, ma
al contempo delicatamente, per non farle male. - Cosa ti hanno fatto... la mia
piccola Roxy... -, ripeté come fosse entrato in uno stato di trance.
Alcune lacrime bagnarono il suo volto. Come aveva potuto
permettere le succedesse una cosa del genere? Era davvero un fallito...
Ritsuko lo allontanò gentilmente da lei. Era
meglio così in fin dei conti. Prima si fosse scordato di lei
meglio sarebbe stato. Le parole di sua zia continuavano a rimbombarle
nella testa, anche se avrebbe tanto voluto sopprimerle. Voleva stare con Nobu,
con la persona che amava. Voleva sentirsi amata e, anche se era egoistico,
sapere che per lui era la cosa più importante del mondo.
- Grazie dell'aiuto, ma ora torna a casa. Sei
bagnato fradicio e rischi di prenderti una polmonite.
Io ce la faccio da sola. -, disse alzandosi e barcollando un poco per il
dolore, rischiando di rifinire a terra.
Lui la guardò come fosse un'aliena.
- Ma sei
impazzita?-, sbottò allibito.
- No, sono più sobria di quanto non lo sia mai
stata in vita mia. -, provò a guardarlo truce, ma il suo sguardo si rattristò
immediatamente, vedendo quello distrutto del ragazzo.
- Per favore... va a casa...
- Scherzi? Non ci penso neanche... non ti
lascio qui... né ti lascio andare!-, si alzò in piedi
e l'abbracciò forte. - Tu sei mia... capisci? LO
CAPISCI? Non uscirai mai dalla mia vita... mai...-, sussurrò
baciandole il viso, la fronte, le gote, e infine le labbra. Quelle
labbra così belle che non riusciva proprio a scacciare dalla sua mente.
- Ti amo Roxy... ti amo... ti amo... -, continuò a
dire baciandola, abbracciandola, accarezzandola. Ed
era vero. L'amava come, anzi, più della sua stessa vita.
Ritsuko si lasciò andare per un'ultima volta a quel
contatto. Le piaceva tanto il sapore delle labbra di Nobu e il suo modo di
baciare, così puro ed intenso allo stesso tempo. Quando il ragazzo la lasciò
andare, accarezzandole una guancia e guardandola negli occhi, attanagliato
dalla paura di perderla, lei prese parola.
- Guardami... io sono sporca... sono lurida... -,
susseguì un singhiozzo, - Anche a lavarmi non tornerò mai più linda come prima!
Mi faccio schifo da sola, come puoi accettarmi tu così ridotta?! Sono destinata a vivere nella mia solitudine! Perchè non
lo capisci?! Non voglio che tu soffra ancora! Sono
disgustosa!
Prese a piangere disperatamente, scossa da forti
brividi. No, non era il freddo che provava in seguito al freddo clima
susseguito dagli abiti fradici, era il suo cuore che soffriva. Nobu la guardò
disperato. Chi le aveva messo in testa tutte quelle
sciocchezze? Non era colpa sua se avevano tentato di violentarla. Come avrebbe
mai potuto schifarla per questo?
- Sei una sciocca... -, disse
accarezzandole i capelli, spostando la frangia appiccicata alla fronte. -
Ritsuko la colpa non è tua... è mia che ho permesso che una cosa del genere
accadesse... e sai che ti dico? Ora che ti hanno toccata io ti desidero ancora
di più, per poter disinfettare io stesso con i miei baci e le mie carezze le parti del tuo corpo che hanno reso impure. -,
spiegò sorridendole dolcemente. La desiderava. Eccome la desiderava. Ancora più
di prima.
Roxy alzò lo sguardo disperato su di lui, mentre
alcune lacrime ancora le rigavano il viso.
- Nobu... ti prego, fa
l'amore con me... -, disse sicura.
L'acqua non l'avrebbe mai ripulita e quel ricordo
sarebbe stato tarchiato a fuoco nella sua mente e nel suo cuore per sempre, ma
se lui l'avesse sostituito con uno più bello,
purificandole anche il corpo, allora era certa che sarebbe riuscita a tornare
serena.
- Aspetta un attimo... chiamo la polizia
per questo... coso... qui a terra.... e ti
riaccompagno a casa, okay?-, disse prendendo il telefonino dalla tasca e
componendo il numero della stazione di polizia di quel quartiere. Si voltò un
attimo di spalle, e Ritsuko sorrise nel vederlo agitare gambe e braccia,
piuttosto nervosamente. Era imbarazzato, che tenero.
Lo abbracciò da dietro, appoggiando il viso
contro la sua schiena.
- Ti amo Nobu... da morire...
***
Una dolce musica si sparse per tutta la stanza.
Prese il cellulare dalla tasca dei jeans.
- Pronto?! -, rispose tutto eccitato nel vedere
il numero della persona che lo chiamava.
- Oh Akito... sai per caso dove si trova Rumiko?
Ho paura sia sparita un'altra volta... anche la
piccola Ritsuko non c'è, spero si trovi con lei e siano andate a fare
compere...
Il giovane uomo sentì i muscoli irrigidirsi al
suono della dolce voce della signora Azuki.
- No, mi spiace non sono
assieme. Nobu e Roxy hanno litigato e ora lui la sta cercando. Probabilmente
Rumiko rincaserà a momenti... sai, è successo un putiferio oggi pomeriggio e
probabilmente avrà voluto rimanere da sola. Se non ti senti sicura a stare sola Azuki, se vuoi vengo
subito da te.
La donna sembrò pensarci un attimo, ed infine
rispose con un flebile sì. Sapeva di fare a cosa sbagliata,
ma Akito era l'unica persona della quale si fidava ciecamente. La faceva
sentire al sicuro e la sua presenza le faceva perfino estremamente
piacere. Era un uomo di bell'aspetto e non c'era
niente di male a sognare di avere ancora vent'anni,
così da poter intraprendere una nuova storia d'amore, magari questa volta con
una persona che avesse più riguardo per lei. Non era
pentita di aver avuto un matrimonio piuttosto fallimentare con il suo ex
marito, in fin dei conti aveva avuto due splendide
figlie da lui. Si chiese come stesse l'altra sua creatura e si rammaricò nel
non potersi rispondere. Purtroppo al momento del divorzio lei e il marito
avevano deciso di prendersi ognuno una figlia, in modo da non doversi mai più
sentire. O meglio... lui l'aveva obbligata, come
sempre. Aveva preso la maggiore così da non doverle dedicare tante attenzioni
come avrebbe dovuto fare con la più piccola. Si sentì
disgustata nel ricordare quell'uomo. Era bello, era ricco, ma era anche un gran
pezzo di stronzo. Aveva finito per doverlo sposare sotto ordine dei genitori,
dato che l'aveva messa incinta. Lui le aveva provate tutte pur di sottrarsene,
ma per evitare di essere trascinato in tribunale aveva acconsentito. Era un po'
come la sua sgualdrina, la ruota di scorta, date le sue innumerevoli amanti, ma
in un certo senso le voleva comunque bene. Perlomeno
lei aveva vissuto così il loro matrimonio, non sapeva se per lui fosse stato
diverso. Sapeva, però, che la maggior parte delle donne che si portava a letto
erano sue potenziali clienti, innamorate perse di lui. Forse lo faceva
solamente per assicurarsi il lavoro.
Akito sorrise soddisfatto. - A fra poco!!!-, disse tutto contento e mise fine alla
chiamata. Guardò Yamato, che si era un po' ripreso e che ora sorseggiava un
caffé bollente e amarissimo.
- Sei proprio un cretino... -, bofonchiò il
biondo guardando l'amico che si alzava, infilava il giubbotto fischiettando e
raccoglieva le sue cose.
- Può darsi, ma intanto passerò dei momenti
divini insieme ad una donna paragonabile ad un angelo
del paradiso! Ciao, ciaococchino
mio!
Uscì in fretta e furia dalla villa per dirigersi
verso l'appartamento di Azuki Matsumoto, più felice
che mai. Fischiettava pure allegro, cosa che ormai non
faceva da anni. Giunto alla fine della strada, passò
davanti alla villetta degli Ichinose. Li sapeva di nome perché il capofamiglia
era un collega che lavorava nello stesso studio di Yamato. Alzò lo sguardo su
una finestra del pian terreno, e vide una persona seduta su un divano. Una
figurina minuta con lunghi capelli neri. Gli sembrava di averla
già vista, ma poi scosse la testa. Era impossibile. Riprese a camminare
fischiettando, dimenticando ciò che aveva appena visto.
… continua…
ARGH O.O QUANTE
RECENSIONI. MAMMINA MIA, VOI CI FARETE PRENDERE UNO SPAVENTO XD.
No, scherzi a parte, siamo contentissime la
storia vi stia piacendo sempre di più Approfittiamo per ringraziare tutte
quelle che hanno lasciato un commentino o un commentone,
rendendoci felici e allegre come fossimo al settimo cielo ^O^
aledra_xan:Mhhh... che sospetto, wow... grazie ci
hai dato un'idea su come continuare ahah XD No, scherziamo. Pare che molti
siano x le Matsumoto/Nishikado... chissà cosa accadrà, chissà chissà...
NaughyDia: L'hai letta tutta d'un
fiato? Acci, però , che
veloce ^O^' Ci fa sempre piacere ricevere nuove "adepte" ahah E' vero, i Nishikado sono i migliori... (Tuttavia non
capisco xkè Rachel si ostini con Yamato, è pazza di
lui... ndSan) (Ohi lascia stare Yamatuccio,
è un po' st****o ma è tanto caruccio >O< ndRachel) ( ... ndSan)
Ninphadora: Hello girl, è sempre bello vederti, ormai si può dire
che siamo amiche XD Beh ultimamente non stiamo neanche aggiornando un paio di
volte a settimana, ma molto meno... Chiediamo scusa, ma tra scuola e altro è
sempre difficile trovare un po' di tempo per vederci e continuare la storia.
Volevo solo farvi sapere che abbiamo già alcuni
capitoli pronti, ma non li mettiamo tutti in una volta, per non farvi aspettare
troppo dopo. Abbiamo deciso di pubblicarne uno a settimana al massimo, così
siamo sicure che non vi lasceremo nessuna settimana senza il seguito. Insomma
crediamo che a voi può far più piacere aspettare una settimana tra un capitolo
e l'altro, piuttosto che vederli pubblicati tutti insieme
e poi aspettare un mese per la stesura dei nuovi.
Shaida Black: E tu ora l'hai scoperto che siamo pazze? XD Eh si
Ashley è proprio da definire "una tipa come quella" proprio per la
sua assurdità e irrazionalità. Ashley ha occhi solo per Nobu, vive per lui, e
tutto ciò che fa lo fa in funzione di lui. Più che
amore, si potrebbe chiamare attaccamento morboso, non credi anche tu? Comunque è vero Yamato è stato un po' cattivello con la
nostra Rumichan... (Ma io lo perdono, è così sexy
ndRachel_che_sbava) (Ma piantala T___T ndSan_con_mitra_puntato_verso_Rachel)
Cardel:A quanto pare è
scoppiata la Akki-mania perché non sei la sola pazza
di lui... mi sa che dovrai combattere con le unghie e con i denti per averlo ahah XD Beh, ma com'è, ultimamente tutti quelli che
scoprono la storia la leggono in una giornata? Ma siete dei fulmini o.oComunque spero che tu non sia
morta davvero dalla curiosità, aspettando questo capitolino, eheh. Grazie dell' "Ammirevole"...
ci hai commosse ç_çsighsob
Alweyn_Tail: Ecco, ecco, siamo andate avanti siamo andate avanti >.< Le cose cominciano a prendere strane
pieghe da questo capitolo, ma spero tu continuerai lo stesso a seguirci ^^ W Akki eh? =P
Rumiko si avvolse i capelli in uno degli
asciugamani puliti che le aveva dato Ichinose. Aveva
uno strano odore... non era quello dei tipici ammorbidenti che vendevano sul
mercato. Decise di sorvolare, controllò che l'accappatoio fosse chiuso bene e
uscì dalla stanza da bagno e chiamò Ichinose, per chiedergli dove aveva messo
gli abiti puliti.
Il ragazzo salì velocemente le scale e la
guardò stranito.
- Sono quelli piegati sul tappetino davanti
a te. -, disse lui, chiedendosi come mai non li avesse visti.
La ragazza inforcò gli occhiali che aveva
appoggiato su un mobiletto del bagno e guardò gli indumenti, cacciando un urlo.
- COSA? QUELLA
GONNA E' COSÌ PICCOLA CHE CI ENTRA SI E NO UNA SOLA GAMBA!!!-,
disse imbarazzata.
Shigure si passò una mano fra i capelli.
- Sono mortificato... purtroppo mia sorella ha
adottato questo look da anni, quindi sono tutti
vestiti simili e, credimi, quelli sono i più casti...
Rumiko prese in mano la magliettina
ed inorridì. Era microscopica, al massimo le avrebbe coperto
solamente il seno, se così si poteva dire. Era completamente
trasparente e si chiese il perchè delle maniche lunghe, totalmente inutili.
Che mettere un capo d'abbigliamento simile avrebbe
fatto prima a rimanere nuda!
Si schiarì la voce, che risuonò comunque più acuta del solito.
- Senti... non é che potresti prestarmi una
maglietta tua... fa freddo, con questa magliettina
qui morirei assiderata... -, iperbolizzò
per fargli capire la gravità della situazione.
- Lo farei volentieri, ma purtroppo pulita mi è rimasta solo la divisa e quella che ho addosso.
Mio padre non torna a casa da diversi giorni e non abbiamo domestica e, siccome
sarà assente ancora per molto, non mi sono sprecato a fare il bucato. Se vuoi
possiamo mettere tutto in macchina adesso, così per quando
andrai a casa saranno puliti ed asciutti i tuoi.
Sorrise radioso, invitandola ad indossare
momentaneamente gli abiti che le aveva fornito. Rumiko rimase immobile qualche secondo, il tempo necessario perché
il suo cervello si connettesse. Ma era del tutto
cretino? Sì, lo era, domanda retorica. Il piccolo barlume di speranza che lui
stesse scherzando scomparve, lasciandola nella più totale disperazione. Si
portò le mani tra i capelli, esasperata.
- NON LI INDOSSERÒ MAI, CAPITO?!
Ichinose sbuffò.
- Non puoi rimanere in accappatoio, è bagnato, ti
prenderai un accidenti! Non fare i capricci Matsumoto!
- No, senti, non fare tu i capricci... -,
disse lei riaprendo la porta e trovandolo a pochi centimetri da essa. Alzò lo sguardo azzurrino e lo guardò truce. - Io quei
cosi non me li metto neanche morta!
Il ragazzo fece finta di mollare la corda, ma per
tutta risposta le tolse velocemente la cintura dell'accappatoio, slacciandolo e
tirandola a sé velocemente.
- Se vuoi andare in giro nuda
prego... a me non dispiace di certo.
Non rispose. Arrossì visibilmente a quel
contatto. Se fosse stata in pieno possesso di tutte le sue facoltà mentali gli avrebbe mollato un pugno e se ne sarebbe andata.
Ma non lo era. Aveva perso ogni cognizione. Abbassò la
testa e non fece nulla per divincolarsi dalla presa. Ichinose la guardò
stranamente, ma lei non se ne accorse.
- Sei così bella Rumiko... e non capisco perchè
nascondi sempre il tuo corpo dietro ad abiti così antiquati... scommetto che
tutti i giorni ti ripetono quanto sono belli i tuoi occhi, non è vero? Come fai
ad averli di un colore tanto inusuale quanto bello? In
questo caso è peccato siano sempre celati da quegli occhiali...
Rumiko alzò lo sguardo. Magari avrebbe
potuto lasciarsi andare con lui. Gli piaceva, dopotutto. E
anche a lei un po' piaceva. Era bello, intelligente e gentile. Si magari avrebbe potuto... Cosa c'era da perdere? Solo la
verginità. Niente d'importante comunque. Se non poteva donare tutta se stessa a Yamato, allora uno
valeva l'altro.
Gli sorrise. - Penso che resterò in accappatoio. Ti andrebbe di offrirmi una
tazza di tè? Avete un salottino così carino... -, chiese in tono vago. Lui non
rispose nulla. La prese per mano e la scortò giù,
spegnendo le luci del piano di sopra. Entrarono nel salotto, dove il tè era già
caldo e pronto sul tavolino. Si sedettero vicini e lei gustò avidamente la sua
tazza, senza staccare gli occhi di dosso a lui. Pensandoci ancora meglio,
Shigure Ichinose aveva un qualcosa che risvegliava i suoi ormoni. Era piuttosto
sexy, un fisico da urlo e una voce vellutata e
suadente. Posò la sua tazza e prese anche quella del ragazzo. La posò sul
tavolino e si sedette su di lui, una gamba da un lato e una dall'altro. Fece
scivolare le braccia intorno al suo collo...
***
- Ecco guarda qui! -, disse mostrandogli un
articolo di giornale. - Mi ha preoccupata molto
leggerlo... sai, Rumiko ha degli occhi stranieri...
Akito lesse inorridito l'articolo. Una setta
satanica, nei pressi di Kyoto, raggirava e poi aggrediva giovani fanciulle per rubare loro gli occhi. Si diceva
che erano persone malate di mente, pericolose e ancora in circolo. Cercavano
soprattutto ragazze dai tratti stranieri in modo da poter aggiungere alla
collezione occhi chiari, tanto rari quanto belli.
Guardò Azuki sorridendole incoraggiante.
- Dai... stai
su... tanto sono a Kyoto... non fa nessun riferimento a Tokyo!- la rassicurò
prendendole una mano tra le sue.
- Ma ho paura lo stesso Akito... se dovesse
succedere qualcosa alla mia Rumiko io... io non me lo
perdonerei mai... -, disse appoggiando la nuca sulla spalla del ragazzo.
Akito l'abbracciò, accarezzandole i
capelli. Ma da quanto tempo erano così 'intimi'? Dio, quant'era bella. Aveva una
voglia matta di baciarla. E, dopotutto, perché non
farlo? Non ci avrebbe perso nulla. E poi sapeva, lo
sentiva, che anche lei era attratta da lui. Le alzò il viso con una mano e
poggiò le labbra sulla sua fronte, stringendola forte. Tremava un po', e a lui
non piaceva che lei si sentisse così insicura. Avrebbe
tanto voluto poter passare il suo futuro insieme a
lei. A lei e alla piccola Rumiko, perché no. Sarebbe
stato bello.
Le sistemò una ciocca di capelli dietro
l'orecchio, mentre si guardavano negli occhi.
- Mio dio, Azuki, sei
così bella... -, disse mentre il battito cardiaco si velocizzava e il respiro
perdeva la sua regolarità, diventando quasi affannato.
- A... Akito io... non mi sembra il caso se
Rumiko ci vedesse... mio dio, non immagino come potrebbe reagire.
Si allontanò un poco da lui, passandosi
nervosamente una mano fra i capelli.
- Vuoi un tazza di tè?
-, domandò dirigendosi automaticamente in cucina.
Akito si morse il labbro inferiore.
"Cristo Santo, di questo passo diventerò
pazzo!!! Ma che dico? Io già lo sono!".
Si alzò e la seguì, abbracciandola da dietro.
- Azuki io mi sono innamorato di te...-,
disse in un soffio, pregando perché Dio gliela mandasse buona.
- Non dire sciocchezze... io sono vecchia per te,
ho già avuto un marito... due figlie... non funzionerebbe
mai! -, finì la frase con rabbia, mentre una tazza le cadde di mano, finendo
rovinosamente sul pavimento e frantumandosi in mille pezzi.
- Non me ne potrebbe fregare di meno... e
poi non sei vecchia, sei matura, è diverso... Azuki, ti prego....-,
la girò verso di se, prendendole il volto tra le braccia. Le diede un bacio su
una gota, poi un altro e un altro ancora, fino ad arrivare alle labbra. Le
labbra che tutte le notti sognava e di cui doveva
assolutamente assaporarne il gusto, o sarebbe impazzito. Le passò la lingua sul
labbro inferiore, e poi fece si che si unissero,
cadendo entrambi in un bacio appassionato, furioso, vivo, intenso.
La donna si lasciò scivolare a terra, seguita da
Akito. Non interruppero il bacio, però. Lei si sdraiò mentre
il ragazzo le si fece sopra, quando la donna lo fermò.
- No ti prego basta... non tentarmi oltre... per
rispetto alle mie figlie, almeno...
Akito inarcò un sopracciglio. Credeva prima
avesse sbagliato dicendo due figlie... o che magari aveva capito lui male. Ma lo aveva ripetuto ancora.
- Azuki, scusa l'improvvisata... ma che
diavolo significa "Due figlie" e "Alle mie figlie"?-,
chiese, senza però spostarsi di dosso alla donna.
Lei si portò una mano sulle labbra, rendendosi
conto di ciò che aveva rivelato.
- Significa ciò che ho detto Akito... -, disse voltando lo sguardo.
Akito le spostò la mano, dandole un piccolo
bacio a fior di labbra.
- Beh... beh poi... ne riparliamo... e comunque stando con me non mancheresti di rispetto alle tue
figlie... sei sola da tanto... hai bisogno di qualcuno... Rumiko capirebbe, è
una ragazza intelligente... -, le sussurrò mentre le sbottonava la camicia.
Azuki sapeva che se non l'avesse allontanato subito non si sarebbe più fermata.
Tuttavia forse era inutile provare ancora, presto o
tardi sarebbe accaduto, perché lei desiderava fare l'amore con Akito, forse
anche più di quanto lo desiderasse lui.
***
Infilò la chiave nella toppa della porta con fare
nervoso, tanto che le cadde a terra. Si abbassarono entrambi
contemporaneamente, picchiando la testa assieme. Roxy scoppiò una fragorosa
risata.
- Scusami...
Si alzò, riuscendo finalmente ad aprire la porta.
Nobu si sentì inondato dal suo dolce profumo, che regnava incontrastato in
tutto l'appartamentino. Ritsuko accese la luce, levandosi poi
la giacca fradicia.
Nobu chiuse la porta alle sue spalle con
poca delicatezza e abbandonò il suo giubbotto da
qualche parte all'ingresso. Andarono nel salotto, mentre l'imbarazzo regnava
incontrastato tra i due.
- Ehm... -, Nobu stava cercando qualcosa di intelligente da dire, ma aveva la testa così vuota che se
qualcuno ci avesse urlato dall'interno sarebbe rimbombato tutto.
Roxy, seduta sul divano, accavallò le gambe e
aprì due bottoni della camicetta, che in precedenza aveva chiuso per il freddo.
Fece scrocchiare il collo per sciogliere la tensione
e riprese il coraggio di guardare il ragazzo in faccia.
- Vuoi... qualcosa da bere? Ti faccio una tazza
di tè?
Lui scosse il capo, negativamente.
- No... grazie... non ho
molta sete... -, poi si fece coraggio, le prese la mano e la tirò più vicino a
sé, baciandole il collo. -... ti amo... -, non poté fare a meno di ripeterlo.
Lei voleva fare l'amore con lui. Lui non era da meno. Allora cos'era tutto quel'imbarazzo, se lo volevano entrambi?
La tenne stretta tra le sue braccia, da
dietro, e prese a sbottonarle la camicia, sussurrandole dolci parole
all'orecchio. - Ora ti laverò via lo sporco di quei bastardi... -, disse
infine, baciandole il collo, bagnandolo con la punta della lingua. La sentì
rabbrividire tra le sue braccia. Sperava fosse per il piacere...
I suoi occhi verdi si erano riempiti nuovamente
di lacrime, al solo pensiero di ciò che le era accaduto in precedenza. Si voltò
buttando le braccia intorno al collo del ragazzo, travolgendolo in un
appassionato bacio.
- Ho freddo... tanto
freddo...
Nobu si diede mentalmente dello stupido. Ancora qualche minuto che rimaneva avvolta dalla divisa
fradicia e sarebbe finita in ospedale.
Improvvisamente ebbe una bella
idea.
- Ti va di fare il bagno insieme?-, chiese,
mentre le gote si coloravano di un vago scarlatto, rendendo la sua espressione
molto dolce.
La ragazza annuì. Si tolse del
tutto la camicetta e sfilò anche la gonna, rimanendo solamente in
intimo. Lanciò i vestiti nel primo posto che le capitò, ovvero
in faccia a Nobu.
- Vado a preparare la vasca.
Si fiondò in bagno,
aprì l'acqua fredda del rubinetto del lavandino e ci cacciò sotto la testa, per
rinfrescarsi le idee. Da quando era così poco pudica? Aprì anche l'acqua della
vasca da bagno, versando al suo interno il
bagnoschiuma alla cannella.
La vasca si riempì quasi del tutto, mentre
lei gironzolava per il bagno accendendo candele profumate. Voleva che quella
serata fosse speciale, e cosa c'era di più rilassante
di candele al muschio bianco e incenso?
Andò a chiudere il rubinetto, poi si girò
per andare a chiamare Nobu, ma con sua sorpresa se lo ritrovò davanti. Lui
sorrise con quell'espressione da furbetto che le riservava sempre
quando erano piccoli e pensava a quale marachella farle. Infatti nel giro di pochi secondi la prese di peso e la mise
nella vasca con molta delicatezza, seguendola poi dopo aver acceso
l'idromassaggio. Si sedette affianco a lei, baciandola
con trasporto. - Se é un sogno non svegliarmi, ok?-, disse il ragazzo, beatamente. Lei rise.
- Ma se mi dicevi prima che dovevo far il bagno vestita a metà, mi mettevo il costume da bagno!
-, scherzò lei alzando una gamba e facendola ripiombare subito dopo nell'acqua.
Nobu deglutì, preso dalla provocazione della
ragazza.
Ma poi decise di stare al gioco.
- Perché... chi ha detto
che farai il bagno mezza vestita?-, le chiese sorridendo a 100 denti. Allungò
una mano dietro la schiena di lei e fece il movimento
di slacciarle il reggiseno. Lei gli diede un pizzico sul braccio, per fermarlo.
Gli fece segno di no con la testa, sorridendo
maliziosa.
- Pensi di cavartela facendo il bimbo cattivo?
Voglio che tu mi stringi a te e mi baci... forse dopo ti lascerò passare a cose
un po' più... hot... -, disse queste ultime parole
mordendosi le labbra.
Le tornò in mente quante volte, da bambini, erano
finiti entrambi nudi. Puri ed innocenti ancora non si
rendevano conto di cosa li avrebbe portati in futuro, erano piccoli. Iniziavano
a fare il bagnetto con il costumino, ma poi notando
che dava terribilmente fastidio, finivano per privarsene.
Lui sembrò pensarci un po' su, poi la tirò
vicino, vicino a sé e la baciò come non aveva mai fatto in vita sua.
***
Le aveva insinuato le
mani sotto l'accappatoio e ora la stava accarezzando con passione, fin troppa.
Iniziava a sentire fastidio, quasi dolore. Ichinose si alzò in piedi, facendo
stringere le gambe della ragazza intorno al suo bacino, in modo che le loro
intimità fossero a contatto. Rumiko sentì la sua eccitazione distintamente. Lui
la buttò poco delicatamente sul divano, iniziando a stimolarla. La ragazza si
lasciò scappare un gemito di piacere, mentre passava le mani nei capelli del
ragazzo. Sentiva il suo corpo ardere dal desiderio di fare l'amore con lui,
anche se nella sua mente l'uomo che le stava sopra non era Shigure, bensì
Yamato. Lasciò che lui le aprisse completamente l'accappatoio e la vide così,
come madre natura l'aveva fatta. Si tolse anche lui velocemente la maglietta, seguita
subito dopo dai pantaloni. La ragazza stava per
abbandonarsi definitivamente a quel piacere estremo che le provocava lui
toccandola, ma improvvisamente qualcosa la riportò in sé. Un
'bripbrip'
insistente. Un telefonino. Shigure ignorò il trillo, ma lei era sicura di
conoscere il tono di quella suoneria. Era il cellulare di Ritsuko. Lo spinse
via, chiedendosi cosa diamine stesse facendo. Se sua
madre l'avesse saputo... non voleva pensare cosa avrebbe detto di lei. Richiuse
l'accappatoio e corse verso la sua cartella, che si portava dietro da quando era uscita da scuola. L'aprì e vide il cellulare
della sua amica dai capelli azzurri. Non ricordava cosa ci facesse lì, fatto
stava che doveva ricordarsi di ringraziare Ritsuko, perché senza quel
telefonino, avrebbe commesso l'errore più grande della
sua vita.
- Rumiko... lascia perdere
quel cellulare... -, disse contrariato il ragazzo.
Si avvicinò e l'abbracciò da dietro, baciandole
il collo. Rumiko sospirò e lo allontanò gentilmente.
- Ma perchè?! È
sufficiente un telefono che squilla per farti cambiare idea?!
La ragazza fece un mezzo sorriso, in segno
di scuse.
- Mi spiace... devo
andare... -, disse piano. Salì al piano di sopra entrando in bagno e prese i
suoi vestiti, ancora un po' bagnati. Li indossò velocemente e poi scese di
nuovo al piano di sotto. Si avvicinò al ragazzo con aria imbarazzata.
- Scusami... davvero... io non so cosa mi
sia preso... oggi é stata una giornata orrenda... dimentica tutto... -,
farfugliò in frasi sconnesse. Andò verso l'ingresso, indossò il cappotto, prese
la cartella e aprì la porta. Il ragazzo la fermò per un braccio e si chinò
verso di lei, dandole un piccolo bacio a fior di labbra. Rumiko chiuse gli
occhi, assaporando quel momento. Che caro ragazzo.
Avrebbe dovuto essere adirato con lei e invece la baciava
dolcemente. Quando lui si allontanò un po' lei riaprì
gli occhi e sorrise. - Ci vediamo a scuola.-, fu tutto ciò che disse, prima di
uscire. La pioggia aveva smesso di cadere da un po' e, stringendosi nella
giacca per ripararsi dal freddo pungente di Febbraio, si avviò
verso casa, ignara del fatto che Ichinose era ancora sulla porta ad osservarla.
***
Le diede un bacio sulla fronte, facendo attenzione a non svegliarla. Lei mugugnò un pochino,
voltandosi ed aprendo gli occhi. Li strizzò un paio di volte per mettere a
fuoco e, quando vide la sua figura davanti a sé, si avvicinò abbracciandolo.
- Grazie Akito... Sei
stato molto dolce...
Il giovane uomo sospirò, beato. Se fosse stato per lui, avrebbe fermato il tempo e sarebbe
rimasto in quegli istanti, per sempre. Peccato che le
lancette dell’orologio continuavano a girare, velocemente. Erano le sei e mezza e, a meno che non le fosse successo qualcosa,
Rumiko sarebbe tornata.
- Devo andare... -, sussurrò un po' triste.
Azuki grugnì qualcosa, contrariata. Si staccarono malvolentieri e Akito prese i
suoi vestiti. Andò in bagno a farsi una veloce doccia, mentre la donna cercava
qualcosa nell'armadietto dei medicinali. Era sicura che doveva
avere ancora una scatola di pillole anticoncezionali. E
infatti le trovò dopo poco. Guardò il retro dello
scatola, la data di scadenza rimandava al 2007. Perfetto, c'era ancora
tempo. Andò in cucina e ne ingollò una con un bicchiere d'acqua fresca. All'incirca una decina di minuti dopo Akito
uscì dalla doccia, pulito, profumato e vestito. Azuki lo guardò,
il suo sguardo aveva già assunto un'aria malinconica.
- Te ne vai già? -, domandò con la voce rotta, -
Non vuoi rimanere a cena?
Lui sorrise, le si
avvicinò e l'abbracciò, dandole un bacio tra i profumati capelli biondi.
- Non so... credo che per stasera sarebbe
meglio di no, mi comporterei in modo strano davanti Rumiko, non voglio farmi
scoprire subito... eh eh...
-, disse stringendola forte. - Ti va di andare a cena
insieme un giorno che non hai il turno serale?-, chiese poi improvvisamente,
scostandola un po' per guardarla negli occhi.
Azuki scosse tristemente la testa.
- Mi piacerebbe... ma quando non ho il turno, l'ho promesso a Rumiko, sto sempre con lei... già sono sempre
assente...
Akito sospirò.
- Vabbè, non importa. Allora vengo io a
cena qui!-, disse con un dolce sorriso. Si baciarono
ancora, quando infine sentirono dei passi per le scale, e decisero che era
meglio separarsi.
Rumiko entrò dopo poco in casa e vide sua
madre in vestaglia, seduta sul divano, e Akito seduto accanto a lei, che
tentavano di comporre un numero di telefono.
- Oh... Rumiko... stavamo per chiamare a
scuola per vedere se eri ancora lì... -, fu la 'piccola' bugia di Akito. Rumiko sentì una strana nota nella voce del
ragazzo, ma non ci fece caso più di tanto. La sua
mente invece volò da tutt'altra parte, precisamente a
casa di Yamato.
- CHE DIAVOLO CI
FAI TU QUI? NON DIRMI CHE L'HAI LASCIATO SOLO, PERCHÈ
GIURO CHE TI AMMAZZO!-, gridò avvicinandosi al moro e prendendolo per il
colletto della camicia.
Akito sbuffò. Che noia che era quella ragazzina,
quando c'era di mezzo Yamato.
- Mi hai preso per un'idiota? Yamato è abituato a
bere, quando sono uscito di casa era già praticamente
sobrio!
Rumiko guardò la madre con una vena d'odio.
- Caccia via questo tizio, altrimenti giuro
che lo accoltello mentre taglio le verdure per la
cena!!!-, sibilò convincente. Aveva davvero l'intenzione di farlo, se non se ne
fosse andato in quell'istante.
… continua…
Ecco il nuovo aggiornamento!! Siamo
state brave? Siamo state veloci??? Si vero? ^O^ Evviva!
Ehm... coffcoff... passiamo alle cose
serie.................. I ringraziamenti, si, i ringraziamenti.
Grazie a tutti coloro che ci seguono
affettuosamente e in particolar modo a chi ci lascia il suo parere nelle
recensioni ^o^
Shaida
Black- Eh, che intenzioni avrà l'amichetto di
Rumichan? Come puoi vedere intenzioni
non molto caste e pure ohoh ^o^''' Povera
Rumi... Per quanto riguarda Roxy, per lei le cose si metteranno molto meglio eh
eh
Alweyn_Tail- Siamo brave ad
incasinare tutto? Beh, allora ci fa piacere di riuscire nel
nostro intento principale eheh... una cosa poco
incasinata non è interessante, vero? Proprio no.
Beh... che "non finisse mai" ci sembra un po' troppo, però
tranquillizzati, non abbiamo in programma di terminarla in un futuro molto
prossimo ^^ Abbiamo ancora tanto da raccontare e tanta
voglia di farlo, quindi dovrai sopportarci ancora per un po' ^_-
Ninphadora -
Ciao amichetta!!! A quanto pare non siamo le uniche a
cui Ichinose sta un po' sulle scatole, vero? Eh eh, in effetti non è propriamente ciò che si dice un angioletto
con l'aureola.
Ashel -
Che bello, una nuova lettrice ^o^ Ci fa sempre piacerissimo
quando accade. Siamo dei mostri??? E' un
complimento? Speriamo di si =P Grazie dell'entusiasmo,
ci farebbe piacere se continuassi a farci sapere, prossimamente, i tuoi pareri
sull'evoluzione della trama per le nostre Matsumoto preferite.
VISITATE LA NOSTRA COLLECTIVE: San & Rachel Dickinson * Our
Collective ~http://hpdickinson.altervista.org~ La nostra collective in cui sono raccolti tutti i nostri siti ^^
Capitolo 21
Stava ancora assaporando le sue labbra, quando le
slacciò con un gesto veloce e conciso il reggiseno. Sentì la ragazza
irrigidirsi fra le sue braccia e, quindi, decise di stringerla ancora più forte
a sé, per rassicurarla.
- Ahi... -, si lamentò Roxy stringendo i denti
per il dolore.
Le botte che aveva preso le facevano ancora male.
Nobu sospirò. Era un disastro. Lei si irrigidiva ad ogni piccolo contatto, ma quanto tentava di
rassicurarla ecco che spuntava fuori qualche nuovo livido che non aveva ancora
visto.
Forse sarebbe stato meglio uscire dalla
vasca scomoda e andare a letto. Si alzò sotto lo sguardo attento e vigile di
lei, curiosa di sapere ora cosa avesse in mente, e la
prese tra le braccia. - Non ci sgriderà nessuno, vero, se bagneremo le lenzuola?-, chiese divertito portandola in camera da
letto e facendola sdraiare delicatamente sul lettone a due piazze, le cui
coperte assorbirono quasi subito l'acqua e la schiuma che ancora lambiva i loro
corpi.Roxy sorrise mortificata. Povero Nobu... lui stava facendo di tutto pur di farla sentire a
suo agio e lei si irrigidiva sempre più, forzata dai
lividi. Tirò a sé il ragazzo, sistemandosi meglio.
- Non ti preoccupare. Non sentirò
più il male, voglio essere tua. Voglio sentirmi in paradiso e sono
sicura che tu riuscirai a mandarmici. E poi domani mi aiuterai a pulire casa. -, gli fece una
linguaccia, mentre l'espressione del ragazzo diventava estremamente
dolce.
Gli diede un bacio
appassionato, gli fece sentire tutta se stessa. Lui le passò una mano
fra capelli, mentre con l’altra iniziava a sfilarle gli slip, seguiti poco dopo
dai suoi boxer. Erano entrambi nudi, ma mai avrebbero avuto freddo, riscaldati dal calore di ambedui
i corpi. Ed erano eccitati nel sentire la calda pelle
dell'altro a contatto con la propria. Era una sensazione bellissima. Le carezze
che si scambiavano erano focose, certo, ma non sarebbero mai
state rozze. Questo mai. Perchè il contatto fisico fra due persone che
si amano non sarà mai solo sesso... Fu così, passo per
passo, che consumarono la loro prima notte insieme.
***
- Io vado... -, disse Rumiko senza
controllare che la madre avesse sentito o meno. Era
ancora arrabbiata con lei, perché permetteva sempre ad Akito di provarci, senza
mai avere il coraggio di mandarlo via da casa loro. Richiuse la porta alle
proprie spalle e andò a bussare da Ritsuko, sperando l'amica fosse pronta,
perché erano in ritardo mostruoso. Con sua enorme sorpresa, e arrossendo fino
alla punta dei capelli, fu un Nobu mezzo nudo che le aprì la porta. Aveva i
capelli bagnati e delle goccioline che ancora gli scorrevano sul petto, indossava solo un asciugamano in vita ed aveva stampato sul
volto il sorriso più beato che gli avesse mai visto.
- Oh.. beh... ehm...
salve... Ritsuko è pronta?-, chiese meccanicamente voltandosi da tutt'altra parte, per evitare di guardarlo. Nobu si diede una grattatina alla testa, sorvolando sul
comportamento della moretta.
- Beh a dire il vero...
Fu interrotto da una voce femminile, totalmente
euforica.
- Rumi!!! Che bella
sorpresa, come mai sei qui stamani?!
Rumiko scosse la testa, mentre una gocciolonale si formava dietro
alla nuca. Roxy era totalmente andata, se si era dimenticata perfino della
scuola. In genere, anche se negativamente, se ne ricordava. Si voltò di scatto
per farle una ramanzina. No, non era vero... non era
possibile... era una cosa indecente!
- Ritsuko... ti... sei... ehm... hai...
ecco...-"Perché
indossi solo la camicia del pigiama e per il resto sei mezza nuda?",
avrebbe voluto chiederle, ma non ce la fece. - La scuola...
la scuola, si... dovremmo andare a scuola... -, fu tutto ciò che disse,
guardandola sconcertata.
A Rumiko parve di vedere i capelli di Roxy
rizzarsi in testa. Ovviamente era una cosa metaforica... lunghi com'erano non sarebbero stati ritti nemmeno con tutta la lacca, il sapone
ed il gel di tutto il pianeta. La musicista diede un bacio sfuggente sulle
labbra a Nobu, seguito da uno più intenso che mise in serio imbarazzo l'ospite.
- Uffa... devo andare a
scuola e lasciarti tutto solo... devo separarmi da te... -, piagnucolò.
Rumiko evitò di guardarli.
- Beh... magari puoi
venire alla seconda ora... io ti precedo... ciao Nobu, ci vediamo... -,
e detto questo corse via, pensando che erano così sdolcinati che vederli un
altro po' insieme le avrebbe procurato sicuramente il diabete mellito.
Arrivò in fondo alla strada, quando sbatté
contro qualcuno, cadendo a terra. Ma
era un vizio? Perché doveva incontrarla sempre così la
gente? Beh... forse perché correva sempre, senza mai guardare dove andasse.
Alzò lo sguardo, mettendo a fuoco la figura altissima dinnanzi a lei.
- Oh... Ichinose...
-., arrossì ancora più che alla vista di Nobu mezzo nudo, ricordandosi di ciò
che era accaduto con Shigure Ichinose il giorno precedente.
- Matsumoto... -, sorrise lui porgendole la mano.
Rumiko vi si aggrappò con tutte le forze,
facendosi aiutare volentieri ad alzarsi.
- Sei stupenda come sempre...
L'aveva davanti a sé. I loro corpi si sfioravano, i loro visi erano a pochi centimetri. Vide il
ragazzo piegarsi in avanti per darle un bacio sulle labbra. Fece per
abbandonarsi al futuro contatto, quando vi si sottrasse. La curiosità aveva
vinto su di lei. Che cavolo ci faceva Ichinose da
quelle parti? Abitava parecchio lontano da lì!
- Ehm... cosa ci fai qui?-, chiese schietta, evitando il suo sguardo dispiaciuto per
essersi sottratta al bacio.
La prese per mano,
iniziando ad incamminarsi in direzione della scuola.
- Sono venuto a prenderti, che domande! Sei
troppo spesso in giro da sola e la cosa non mi piace. Ho
paura un giorno possa succederti qualcosa...
Lei lo guardò stranita, ma non commentò la
cosa. Era gentile da parte sua, ma forse era meglio non dargli troppa corda.
Dopotutto il giorno prima era stato solo un errore, e
lui aveva quasi sicuramente frainteso. Era meglio fargli capire che non era
interessata ad una relazione con lui. O si?
Dopo una quindicina di minuti, passati quasi del
tutto in silenzio, arrivarono all'istituto. Shigure
aveva tentato per tutto il tragitto di attacar discorso, ma lei rispondeva a monosillabe
o non rispondeva per niente. Non le andava di parlare con lui, proprio no. Voleva essere fredda, voleva che lo capisse da solo che
la soluzione miglior era che lui le stesse lontano.
Una figura, appostata davanti al cancello, sembrò guardarli con odio.
- Daiki guarda... -, disse indicando al fratello
la coppietta. - Noi ci sprechiamo ad attenderle qui, per evitare i loro odiosi
amici, e ci tradiscono così! Anzi, il confetto manco è venuto! E tu che l'hai pure chiamata per chiederle dov'era, visto il
suo stato d'animo! Spero sia finita sotto un camion
quella!
Daiki scrollò le spalle.
- Ehi, ma quello non è Ichinose della tua
sezione? E' un gran fallito... si atteggia a studente modello, ma l'ho visto
qualche sera fa in quella discoteca nuova di Roppongi... è un cretino... era
circondato da ragazze urlanti e adulanti.... le
puttane del locale... -, spiegò ad un Daisuke sempre più livido di rabbia. Cosa cavolo ci faceva un pervertito con la sua Rumiko?
Lei non era una puttana, che se l'andasse a fare con le sue amichette lasciandola in pace.
- Io quello lo ammazzo... se prova ad avvicinarsi
a lei ancora una volta, lo ammazzo...
Daiki guardò i due senza rispondere al
fratello. Erano strani. C'era una strana atmosfera tra loro, non il solito
imbarazzo che c'è normalmente tra due compagni di
scuola. Sembrava quasi fossero intimi. Forse si
conoscevano da parecchio? Eppure non gli sembrava che Rumiko Matsumoto fosse una tipa così poco sveglia da non rendersi conto di avere un
amico come quello. Decise di ignorare la cosa. Tanto se l'avesse
fatto notare a Daisuke, impulsivo com'era, l'avrebbe sicuramente ignorato, dicendo che quello aveva fatto un sortilegio alla sua
Rumiko. Si diresse verso l'università, senza far caso
ai richiami del più piccolo dei Nishikado. Roxy non c'era e lui non aveva altro
motivo per rimanere lì. Arrivati davanti al
cancello Rumiko passò davanti a Daisuke senza degnarlo di uno sguardo. Qualche
passo più avanti sentì il braccio di Ichinose sulle
sue spalle, ma non aveva voglia di allontanarlo anche davanti a Nishikado, così
gliela mandò per buona. Ichinose le sorrise dolcemente, poi
si girò verso Daisuke, che lo guardava con rabbia estrema. Poi spalancò
gli occhi, stranito. Il sorriso che gli stava rivolgendo Shigure Ichinose era
il più cattivo che avesse mai visto in tutta la sua
vita. Neanche suo fratello Daiki era capace di terrorizzarlo tanto. No. Qualcosa non quadrava. Ce l'aveva con
lui o cosa? Sicuramente aveva capito che per lui Rumiko era importante, ma...
qualcosa ancora gli puzzava. Che interesse aveva nel
comportarsi così possessivamente con la ragazza? Che
fosse innamorato di lei in gran segreto e le avesse rivelato i suoi sentimenti?
Che la moretta avesse deciso di stare con lui?
Impossibile. Aveva capito benissimo quanto era profondo il sentimento
di lei per Yamato, malgrado si conoscessero da pochissimo tempo, per
questo si era tirato indietro, decidendo di starle accanto solo come amico.
Forse da parte sua poteva essere per vendetta... ma per quell'Ichinose? Di
certo non era innamorato di lei, avrebbe perso il
tempo a preoccuparsi di come conquistarla, che in qualche discoteca con delle
puttane. A meno che non fosse un assetato di sesso la
cosa non quadrava. E se lo fosse stato le cose
sarebbero peggiorate ancora. Si passò nervoso una mano fra i capelli.
Dannazione a quella ragazza, perchè doveva sempre dargli tante preoccupazioni? Ichinose comunque non si accorse che
anche la ragazza si era girata di sottecchi verso Nishikado.
"... vorrei parlargli..", pensò afflitta. Ora se ne rendeva conto, Daisuke
Nishikado le era stato così vicino, soprattutto quando
lei era triste per colpa di Yamato. Forse era stata davvero troppo cruda con
lui.
Daisuke incrociò lo sguardo di
lei. Gli faceva schifo tenerlo un minuto in più puntato addosso ad
Ichinose. Colse la sua vena triste. No... qualcosa decisamente
non andava. Decise di parlarle all'ora di pranzo, lì
avrebbe chiarito tutto.
***
Rumiko sospirò, prendendo il cellulare
dalla cartella. Quella mattina in preda all'imbarazzo si era dimenticata di
restituirlo a Ritsuko, ed ora le toccava andare nella sua aula a portarglielo.
Sperava di non incontrare né Nishikado, con cui non aveva assolutamente il
coraggio di parlare al momento, né Ichinose, che si era appena ricordata
frequentasse proprio la classe di Roxy e Daisuke. Si alzò dal suo banco sbuffando un pochino. Si affacciò alla porta
e quatta iniziò la sua missione. Quando vide arrivare
Ichinose si nascose subito dietro un angolo, fra il corridoio principale ed uno
secondario. Sentì il cuore salirle in gola, se lui si fosse accorto della sua
presenza sarebbe stato un problema. Fortunatamente,
quando la superò, Rumiko notò che il ragazzo era intento a leggere qualcosa e,
avendo la testa china, non l'aveva vista. Sospirò e quando Ichinose fu ad una
distanza di sicurezza uscì dal suo nascondiglio, errore fatale. Non appena
svoltato l'angolo andò a sbattere proprio addosso a Daisuke.
Lui la guardò accigliato, come a volerle
chiedere se non ci vedesse neanche con gli occhiali. Ma
scosse la testa, ripensandoci. Il loro rapporto era già in bilico, anzi diciamo che non avevano proprio nessun tipo di rapporto,
quindi era meglio evitare certe battutine idiote.
- Ehm.. scusa...
-, farfugliò imbarazzata. Lui l'aveva sicuramente vista nascondersi dalla vista
di Ichinose. Probabilmente stava pensando che era una povera matta.
- Mi sembra di vedere una spia all'opera...
forte! -, ironizzò lui.
La spinse nel corridoio secondario, dove
passavano meno studenti. La moretta lo guardò preoccupata. E
adesso?
- Fuggi da Ichinose, eh? Non eravate così in
rapporti intimi? -, chiese con un sorrisone che non
prometteva nulla di buono.
Lei abbassò lo sguardo, afflitta. Se
Daisuke avesse saputo di ciò che era successo a casa di Ichinose,
l'avrebbe odiata. Beh, non che non l'odiasse già, questo era
ovvio. Tuttavia pensava che non c'era mai fine al
peggio, e che se poteva sembrare che le cose non potessero andare più male di
così... beh, si sbagliava alla grande. Meglio tacere tutto. O
forse avrebbe dovuto dirglielo? L'avrebbe odiata, ma non sapeva
con chi parlarne... Ritsuko l'avrebbe sicuramente disgustata...
- Non sono affari che ti riguardano... il
rapporto che c'è tra me e Ichinose... beh... non puoi capirlo... -, disse poco
convinta. In effetti nemmeno lei credeva in ciò che
aveva detto.
- Mhhh... tu prova a spiegarmelo, poi si vedrà. Non credo tu mi conosca
così a fondo da poter giudicare se io sia o meno in
grado di comprendere.
La guardava fisso, quasi supplichevole di
raccontargli tutto. In fin dei conti se veniva a
conoscenza del rapporto reale fra i due, avrebbe saputo prenderla meglio per
metterla in guardia su Ichinose.
Lei si guardò intorno, assicurandosi non ci
fosse nessuno nei paraggi, poi lo guardò speranzosa. Forse lui avrebbe potuto
aiutarla a superare quel momento così brutto, in cui si sentiva tremendamente
sporca.
- Stavamo per fare... quella cosa... lì...
dai, quella.. su, che hai capito... -, sussurrò imbarazzatissima, assumendo un delizioso color gamberetto
in volto.
Daisuke si sentì crollare il mondo addosso, la
guardava incredula mentre il suo volto diventava
completamente cereo. Rumiko... sesso... Ichinose...
non era possibile. Le appoggiò le mani sulle spalle e la scosse un pochino.
- Stai dando di matto per caso?!
Quasi nemmeno lo conosci e vuoi... vuoi... ahhh! Rumiko senti, so che ora la prenderai come una
scenata di gelosia, ma ti assicuro che sono sincero. Non mi importa
più che tu sia mia, certo non mi dispiacerebbe, ma non è la mia priorità. Ho
accettato che ami un altro, d'accordo, ma non che tu
stia con un viscido verme con Ichinose! Tu credi sia perfetto, vero? Ti sbagli, ti sbagli Rumiko! Con quello non sarai mai al
sicuro! Gira pure voce che faccia parte di una qualche setta satanica, quello è
pazzo! Stagli alla larga!
Le lacrime si fecero
stradanegli occhi azzurri della
moretta. Decise che per una volta voleva lasciarsi andare. Lo abbracciò,
stringendosi forte a lui.
- Non volevo... ti giuro, non volevo... ma Yamato... lui aveva appena chiesto ad Aya di
sposarlo... lei gli ha detto di no, ma io ero disperata... ed ero sola... mi ha
detto che dovevo andarmene da casa sua, che voleva stare solo... e... e anche
io... mi sentivo così sola... e non c'era nessuno che potesse starmi vicino...
ho deciso di gettare la spugna, credevo che ormai niente più avesse senso nella
mia vita.... se non fosse stato per quel cellulare io... io... -, non riuscì a
finire la frase, ma scoppiò in un misto di lacrime e singulti. Si stava
umiliando davanti al suo peggior nemico, tuttavia non gliene importava nulla.
Aveva solo bisogno d'affetto.
Daisuke la strinse forte a sé.
- Sei una stupida... perchè non sei venuta da me o non sei andata da Ritsuko se avevi
bisogno di parlare? Sai benissimo che non ti ascoltiamo sempre volentieri e
vogliamo solo il tuo bene... capisco come tu ti sia
sentita, ma promettimi che non finirai mai più a fare una cosa simile!
La allontanò leggermente da se e, con i pollici,
le asciugò le lacrime che scendevano incessantemente, rigandole le guance.
- Il giorno in cui deciderai di concederti a qualcuno sarà perchè tu saprai che lui sarà la persona
giusta. Non devi darti al primo che passa perchè sei disperata... è una cosa
tua, solo tu puoi decidere quando è il momento giusto
per perdere la verginità. Ricordati solo che una volta persa non potrai più
tornare indietro... e sarebbe peccato sprecare una cosa così cara ad una
ragazza con l'uomo sbagliato, no? -, le domandò dolcemente.
Fu più forte di lei. Lo abbracciò di nuovo,
gettandogli le braccia al collo. In quel momento era stato così dolce, così
gentile che era stata assalita da una voglia matta di stringerlo forte e
coccolarlo.
- Ti voglio bene.-, fu tutto ciò che disse,
lasciando interdetto lui, ma soprattutto se stessa. Non credeva di saper
esprimere i propri sentimenti con tanta sincerità, però si era tolta un peso
dallo stomaco, dicendoglielo. Era una sensazione magnifica, avrebbe dovuto
imparare ad esternare le sue sensazioni così, con una schiettezza che la
rendeva più sicura di sé. Daisuke si passò una mano fra i capelli imbarazzato, prima di cingerle la
vita con una mano, mentre l'altra le accarezzava i setosi capelli.
- Anche io Rumiko... non sai quanto... -, disse mentre il suo sguardo si rabbuiava.
La avvolse totalmente fra le braccia, tirandola
stretta al suo petto. Non voleva lei lo vedesse
triste. No. Doveva essere forte, doveva sostenerla,
non poteva fare il debole. Che uomo sarebbe stato? Non
lo sarebbe stato direttamente, avrebbe potuto essere
definito una checca.
Lei lo allontanò e gli diede un bacio sulla
guancia, in segno di ringraziamento.
- Senti... io devo
portare il cellulare a Ritsuko... verresti con me? Non vorrei rischiare di
incontrarlo, credo si sia messo in testa che sono la
sua ragazza... -, bofonchiò un po' afflitta.
Nishikado annuì con un cenno del capo e, tenendo
la mano della ragazza per non perderla durante il tragitto fra i corridoi, si
avviò assieme a lei in direzione della sua aula. Fortunatamente non
rincontrarono Ichinose, con grande sollievo per Rumiko.
Daisuke si fermò sulla porta, osservando la moretta che trotterellava
allegramente in direzione dell'amica.
- Buh...-, fece
alle spalle di Ritsuko, che sussultò, rovesciando il suo obento a terra.
Fortunatamente era ben chiuso.
Si portò una mano sul cuore, stringendo la stoffa
della camicetta. Da brava attrice quale era, aggiunse anche un respiro
affannato, susseguito da una finta mancanza di forte. Finse di aver quasi avuto
un infarto, in parole povere. Rumiko le diede in testa in cellulare. Possibile
che doveva sempre ingrandire le cose? Era pazzesca.
- Il mio cellulare! -, urlò Roxy alzandosi in
piedi di scatto, - Pensavo di averlo perso, meno male! Grazie Rumiko! Grazie,
grazie, grazie! Ma dove l'hai ripescato?!
- Era nella mia borsa... -, rispose vaga,
senza accennare nient'altro. - Io vado a pranzo con Nishikado... ti unisci a
noi?-, chiese poi, allegramente.
Lo sguardo della ragazza dai capelli azzurrini si
fece altamente incredulo. Daisuke giurò che la ragazza avesse
visto il viso di Rumiko mutare in quello di un alieno, fornito di
carnagione verde, antennine e tutto ciò che
comportava l'aspetto di un extraterrestre.
- Credo di non aver udito bene... o sono
direttamente diventata pazza? Mi è sembrato tu dicessi
di voler pranzare con quel coso laggiù! -, disse indicando il bruno che stava
sulla porta.
Rumiko annuì, sorridendo. Si voltò un
attimo verso Daisuke, salutandolo, cosa che lo lasciò sorpreso e imbarazzato,
poi si girò nuovamente verso l'amica.
- E' così carino, non
trovi? Ora che Yamato ho chiuso pensavo di
uscire con lui
Ritsuko giurò di sentire il suo
mento toccare terra, tanta era la sorpresa. Ok,
Rumiko aveva dato di matto e doveva essere ricoverata al manicomio. Era tutto
chiaro.
- Tu sei fuori di testa...
ti accompagno solo perchè non voglio tu rimanga sola con lui, visto che deduco
tu sia irremovibile sulla tua decisione, non mi fido di quello! Ah, e
ovviamente voglio la conferma non ci sia nei dintorni Nishikado seniõr!
Incrociò le braccia e il suo sguardo divenne incredibilmente
fiero.
- Ti ricordo che Ritsuko Matsumoto, per gli amici
intimi Roxy, è la tua guarda del corpo!
Lanciò qualche pugno e qualche
calcio in aria, come per dar dimostrazione di ciò che era capace.
Una grossa goccia comparve sulla testa di
Rumiko.
- Mah... -, fu tutto ciò che disse prima di
avviarsi con l'amica verso Daisuke. Arrivata accanto a lui gli
sorrise e lo prese per mano. - Andiamo!!-,
disse coinvolta. Lui annuì, rosso come un bel pomodoro maturo. I tre si
avviarono in mensa, ignari che Ichinose, appena
entrato in aula dall'altra porta non sorvegliata da Daisuke, aveva sentito
tutto il discorso, e ora meditava vendetta.
… continua…
Tatatatatatatata! Ed ecco a voi un altro chappy sfornato
con tanto amore tutto per voi! Ma passiamo a
ringraziare chi ci segue sempre e, soprattutto, chi lascia una recensione!
Caramella: Dai, vedi che piano, piano stai imparando anche tu i nomi? ^o^
Siamo contente ti piaccia tanto la fiction e speriamo
che continuerai a seguirci anche in futuro!
Shaida Black: Aiuto, quante domande! Speriamo che siamo
riuscite a rispondere a sufficienza ai tuoi questiti.
^o^ Che ne dizi? Siamo contente ti sia piaciuto il chappy precedente! Oh, qui
si nota che se puntiamo al romantico piace alle nostre lettrici, che bello! Ma
noi siamo troppo bastarde per far andare tutto bene… Sooooorry! :D
Ninphadora: No, non morire! Per carità! Una delle nostre
lettrici più fedeli non può abbandonarci così! Purtroppo non possiamo
accontentare la tua richiesta, anche se ci piacerebbe molto farti felice. Siccome sappiamo che per un motivo o per l’altro, tra
impegni e altre cavolate, finiamo sempre o per non vederci, o per non aver
tempo, o chissà per cos’altro… non possiamo permetterci di aggiornare due volte
a settimana! Raggiungeremmo troppo presto i capitoli scritti e finireste per
rischiare di non avere nemmeno un capitolo a settimana, il che sarebbe peggio,
no? ^^
Yuna: Oh che bello! Un’altra lettrice che si è
aggiunta! ^o^ Ed ecco una fan
di Yamato! Ahah! Grazie mille dei complimenti!
VISITATE LA NOSTRA COLLECTIVE: San & Rachel Dickinson * Our
Collective ~http://hpdickinson.altervista.org~ La nostra collective in cui sono raccolti tutti i nostri siti^^
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Capitolo 22
Il grande cortile
iniziava ad inondarsi di gente. C'erano tanti tipi di persone, ognuno con un
suo stile che conseguiva uno musicale. Però nessuno si
scannava, no, andavano tutti d'accordo. Si divertivano insieme, in attesa che i gruppi iniziassero a suonare. Ce n'erano in programma cinque, per ben cinque ore di divertimento. Le
scalette iniziavano già a girare fra il pubblico e i grandi cartelloni
informativi erano circondati di gente. Sul palco iniziava la prova luci e il checksound. Il primo gruppo già
iniziava a trafficare e a sonnecchiare qualcosa di veloce, tanto per provare
l'audio. Rumiko, che aveva avuto un pass grazie a
Roxy, si era diretta dietro al palco, dove gli artisti chiacchieravano fra
loro, si preparavano e facevano quello che volevano fare, insomma. Avevano
improvvisato dei mini camerini dove le loro star della
scuola potessero prepararsi a dovere. Si guardò un po' in giro, in cerca
dell'amica dai capelli azzurri o di un qualche componente
del suo gruppo. Poco lontano vide Akito e Yamato che
trafficavano con i fili di due amplificatori. Da quel giorno non aveva più
parlato con Yamato, e a dirla tutta non ne aveva
nemmeno voglia. Ma lui ormai l'aveva vista, fare finta
di nulla sarebbe stato scortese. Si avvicinò ai due, sorridendo incerta.
- Ciao... -, farfugliò imbarazzata. - Bella
giornata, eh...?-, chiese, indicando il soffitto con
un dito. Si diede mentalmente della stupida.
Yamato e Akito le sorrisero nervosamente.
Entrambi avevano avuto qualche divergenza con la
piccola Rumiko e la cosa non era il massimo.
- Ciao Rumiko...
- Sì, ciao Rumiko!
La moretta avvertì il loro tono scocciato e sentì
la rabbia salirle. Lei li salutava educatamente e loro le facevano capire che
era di troppo? Bene. Proprio bene. Si appuntò mentalmente di
non far più entrare Akito in casa sua, ben gli stava. E
riguardo a Yamato... beh lui... poteva anche andarsene al diavolo! Gli avrebbe
fatto vedere cosa si era perso!
- Ma che
gentili... -, osservò lei, prima di sentire una mano posarsi sulla sua spalla.
Si girò, incontrando lo sguardo bruno di Shigure Ichinose.
- Oh... Ichinose... ah-ehm... ma che
sorpresa... che ci fai dietro le quinte?-, chiese,
infastidita. Yamato e Akito guardarono il bruno. Akito
aveva trovato, quella mattina, unsms
sul telefonino che diceva "Attenti al ragazzo che segue Rumiko ovunque, un
certo Ichinose. E' un pervertito, e si sospetta faccia parte di una setta
satanica...". Il messaggio ovviamente era anonimo, magari era solo uno
scherzo di qualche buon tempone, ma era meglio stare
allerta.
- Ti cercavo... sai, un gruppo che suona lo conosco, sono amici miei. Sono il gruppo metal...
eheh! Trovo sia stata un'ottima idea scegliere un
gruppo per ogni genere di musica, almeno si accontenta un po'
tutti, non trovi? -, sorrise alla moretta, senza lasciarle il tempo
materiale di rispondere, - Vieni con me, te li faccio conoscere!
La ragazza si divincolò gentilmente dalla
presa.
- Ehm.. perdonami,
Ichinose...
- Chiamami Shigure.
- Si... ehm... Shigure...
-, la ragazza si diede una grattatina alla testa. - Io non posso
venire, ora... vedi questi ragazzi... loro sono del gruppo punk, sono
miei amici... e... beh... devo andare dalla loro cantante, Matsumoto Ritsuko,
perché dovevo aiutarla a prepararsi... -, spiegò guardando speranzosa Akito e
Yamato, perché l'aiutassero.
- Ah capisco... posso contare che tu venga a conoscerli dopo?
Yamato prese parola, mentre le parole
di quel messaggio ancora gli rimbombavano nella testa.
- Roxy è laggiù... -, disse indicando una porta con su scritto a caratteri cubitali "camerini".
Akito annuì, mentre iniziava a strimpellare
qualcosa con il basso.
- Yamato, tu nel frattempo dovresti andare a
verificare se la batteria ha tutti i piatti che ti
servono per i nostri pezzi. Non perdere tempo qui a cianciare.
Yamato annuì.
Rumiko fece un piccolo sorriso in segno di
scuse a Ichinose, e il ragazzo assunse un'aria un po'
delusa. Si abbassò verso di lei, dandole un bacio casto a fior di labbra, prima
che lei potesse fermarlo o scostarsi. Akito e Yamato impallidirono.
Rumiko salutò i tre con un gesto meccanico e si
avviò irrigidita in direzione di Ritsuko.
- Uno a zero per me... -, bofonchiò Ichinose
sorridendo maleficamente ai due musicisti.
Akito e Yamato si guardarono perplessi, pensando
entrambi la stessa cosa.
Ichinose si allontanò e Akito diede una
pacca sulla spalla al biondino.
- Ok... so che
non è il momento adatto... ma cerca di marcare il tuo
territorio... devi strappare Rumiko a quel tizio, prima che accada
l'irreparabile... quello non è come i Nishikado... é tremila volte peggio!-,
sussurrò sudando freddo. Yamato sembrava tranquillo, ma la sua espressione
tradiva cioè che voleva dare a vedere. In realtà era
arrabbiato nero.
- Akito... quello gira
voce faccia parte di una setta... ho paura che possa far del male a Rumiko, ma
io non posso starle vicino... sai com'è... non è che tu potresti...
Si sentì un verme a domandare ciò al suo leader, ma sapeva che con la sua vicinanza la moretta
avrebbe sofferto sicuramente il doppio.
Akito scosse il capo.
- Io non posso avvicinarmi a Rumiko.. mi odia... e poi... -, si guardò in giro, prudente. -
Ecco... non vorrei scoprisse che sono stato a letto
con sua madre... -, terminò la frase allontanandosi da Yamato, schivando il suo
pugno.
- Che diavolo hai
fatto?! -, si ritrovò ad urlare. - Sei un animale! Vuoi proprio farla soffrire?
Con tutte le donne che te la danno perchè proprio sua madre?!
Provò a mollargli un altro pugno, che Akito
schivò nuovamente.
- Perché la amo!-, fu la risposta
tempestiva di Akito, che fece fermare a mezz'aria
l'ennesimo colpo di Yamato.
L'amava. E lui lo
capiva. E' impossibile stare lontano dalla persona che si ama, lui questo lo sapeva bene.
- Ti giuro che non farò soffrire Rumiko...
lei per ora non sa niente... non lo sospetta minimamente...
però ti prego, non farmi stare con lei troppo tempo... se ne
accorgerebbe... devi proteggerla tu!-, lo pregò, affranto.
Yamato scosse la testa, passandosi una mano fra i
capelli.
- Amico mio... quanto ti detesto in certi
momenti... -, sorrise, facendogli capire che l'avrebbe aiutato.
Era giusto così in fin dei conti. Ancora soffriva
per Aya e sicuramente la figlia di Azuki per lui, ma
non l'avrebbe mai abbandonata. No, questo mai.
***
- Ritsuko... hai visto Nishikado?-, chiese
la moretta entrando nel camerino ormai vuoto, dove l'ultima rimasta era
Ritsuko, essendo la cantante e chitarrista dell'ultima band
che si sarebbe esibita quella sera.
- Oh Rumi... come faccio ad averlo visto? Sono
stata fino ad adesso qui dietro e Nishikado non ha un
pass, deduco.
La ragazza si alzò dalla sedia dove era seduta,
rivelando il suo look. La moretta rimase altamente perplessa era... era... troppo provocante!
I capelli erano stati agghindati da tante extension color rosso. Al collo portava un collarino
piuttosto semplice. Il seno era avvolto da una fascia nera e la maglietta nera che indossava, ovviamente che lasciava scoperto il
ventre, era a maniche lunghe, certo, ma era fatta tutta a rete.La gonna a pieghe che indossava era decisamente TROPPO corta e la cintura che portava aveva due
file di borchie assurde. Erano dei veri e propri proiettili. Indossava delle
calze che le arrivavano poco sotto la gonna e che erano tenute su da un
reggicalze. Ai piedi indossava degli anfibi, che completavano il suo look perennemente nero. E, per
completare l'opera, era ancor più truccata del solito. L'azzurrina le sorrise,
prendendo in mano un sacchetto pieno di abiti.
- Ti stavo giusto attendendo, ora tocca a te!
Rumiko alzò un sopracciglio.
- Tocca a me fare cosa, scusa?-, chiese,
ingenuamente, guardando la pila di vestiti tirata fuori dalla
busta. Erano tanti top mini, pantaloni inguinali e
gonnelline giropassera. Si sentì mancare. Che diavolo erano quegli stracci?
L'amica sorrise beffarda.
- Devi rimodernare il tuo look, non puoi seguire un nostro concerto così vestita, sembri una santarellina! È
una brutta pubblicità, no? Dunque vediamo...
Ritsuko prese dalla pigna di abiti
un delizioso top rosso a fantasia scozzese e una microscopica gonnellina a
pieghe, comunque più lunga della sua.
- Sì, per iniziare direi
che questi sono perfetti!
Rumiko spalancò gli occhi
così tanto che dovette richiuderli in fretta, per paura che le pupille
potessero rotolare fuori.
- SEI IMPAZZITA? NON MI VESTIRÒ MAI COSÌ! MI SENTIREI... UNA... UNA... UNA BATTONA... -, disse con quel briciolo di
dignità che ancora conservava.
Le sembrò che gli occhi di Roxy si inondassero di lacrime, mentre abbassava lo sguardo.
- Allora... tu... mi consideri una di quelle...
In quel momento la odiava, sapeva che lo faceva
per convincerla. Era la sua tecnica più studiata: far sentire in colpa tutti
per ottenere ciò che voleva.
- No, ma che dici? Rovinerebbe il look! E poi con le gambe che ti ritrovi ci vuole! Pensa a come ci rimarrà di sasso Nishikado! Ghgh... secondo me ci farà affondare nella sua saliva! E poi, in ogni caso, non ne ho più lunghe!
Iniziò a levare la maglia da nonna dell'amica,
infilandole il microscopico top. La fermò appena in
tempo, posandole il dito indice sulle labbra.
- Non dire nulla, all'inizio di sentirai a
disagio, ma ti ci abituerai! Ah, inoltre daremo una rimodernatina
anche ai tuoi capelli, al tuo trucco al momento
inesistente e faremo sparire quegli occhiali! Sarai una bomba!
Rumiko si allontanò di scatto.
- NON OSERAI TOCCARE I MIEI OCCHIALI!!! TE LO IMPEDIRÒ! DOVRAI PASSARE SUL MIO CADAVERE!!
Ritsuko fece spallucce. Non l'aveva neanche
realmente ascoltata. Avrebbe fatto tutto quello che voleva lei, alla fine. Lo
sapeva che sotto, sotto Rumiko voleva essere così affascinante da far mangiare
i gomiti a Yamato. D'altronde... chi non l'avrebbe voluto?
Una mezzoretta dopo,
finalmente, Roxy aveva finito di rimodernare l'amica. Le aveva
fatto indossare gli abiti da lei scelti, le aveva regolato a suo
piacimento la frangia e fatto indossare le lenti a contatto.
- Peeeeeeeeeeeerfetto!
-, commentò entusiasta.
Rumiko strabuzzò un paio di volte gli
occhi, senza la minima intenzione di guardarsi allo specchio. Per sua sfortuna
una spinta da parte dell'amica la fece arrivare
proprio di fronte all'anta di un armadietto, dove era appeso il suo peggior
nemico. Dopo un attimo di incertezza, si osservò.
- ... non male... -, si meravigliò lei
stessa nel dirlo. E lo pensava davvero. Si sentiva...
carina... non bella... ma almeno desiderabile. Beh, una nota di sensualità
avrebbe ritoccato il tutto, peccato le fosse una frana
in atteggiamento sexy. Ma dopotutto andava bene così.
Meglio una cosa per volta. Guardò Ritsuko, commossa.
- Grazie...-, fu tutto ciò che disse,
mentre tratteneva le lacrime per evitare che la matita sotto gli occhi
sbavasse.
- E di che? Io mi sono
divertita un pacco! Se stasera non attiri almeno una ventina di
uomini vuol dire che sono proprio ciechi, credimi! -, rise contenta,
guardando l'orologio appeso ad una parete dello stanzino. - Che
ne dici se raggiungiamo gli altri? Fra una ventina di minuti iniziano a
suonare... Sono curiosa di vedere che sanno fare gli
altri!
La moretta annuì. Barcollando un po' sui
suoi passi, imbarazzata nei panni della nuova se stessa, uscì dal camerino al
fianco dell'amica.
***
- Ma dove si é cacciata quella benedetta
ragazza?-, fu il commento acido di Akito. Senza
Ritsuko non potevano ripassare i cambiamenti dell'ultimo minuto negli accordi di alcune canzoni.
Cacciò un urlo due secondi dopo, sorpreso alle
spalle da due mani gelide, infilate sotto la maglietta.
- Sono benedetta? -, domandò
mentre una falsa aureola le si formava sulla nuca.
Akito la spinse 'gentilmente' via.
- DANNATA A...r...pi...a... -, il suo urlo
si sfiatò nel guardare la ragazza accanto a Ritsuko, identica ad Azuki con la
differenza che i suoi capelli erano neri. - Ehm... ehm... chi sei tu?-, chiese perplesso alla moretta.
Nobu e Yamato si girarono ad osservare la
scena.
Roxy prese parola, mentre i
suoi occhi, ora illuminati da una luce orgogliosa, sembrarono dire
tutto.
- Pensi che io arrivi in ritardo ad un
avvenimento del genere per qualcosa di irrilevante? Diciamo che... ho dato una rimodernatina
alla nostra Rumi!
Nobu sputacchiò la birra che stava bevendo
su alcuni cavi, che fecero delle scintille, spaventandolo. Yamato dal canto suo
ignorò l'amico e si avvicinò al trio, senza staccare gli occhi di dosso a
Rumiko. La trovava semplicemente splendida.
La moretta arrossì come un bel pomodoro
maturo, ma l'euforia del momento fu troncata da una mano poco rassicurante
appoggiatasi su una sua spalla. Non si girò neanche, sapeva già chi fosse.
- Ciao, Ichinose...-, bofonchiò abbattuta.
Possibile che ogni volta che stava per parlare con Yamato, arrivava quel
guastafeste???
- Come siamo stupende, Rumi cara! Finalmente il
fiore è sbocciato... -, le baciò una mano, come i
galantuomini, - Le andrebbe di seguirmi?
Rumiko ritirò la mano velocemente.
- Ora ho da fare... -, rispose
meccanicamente, evitando il suo sguardo. Quando si
voltò da un'altra parte, vide l'espressione curiosa di Yamato e le venne un
colpo al cuore. Perché nessuno faceva nulla per
mandarlo via?
Ichinose sembrava perdere la pazienza. Possibile
che la moretta volesse sempre e solo stare con quegli sfigati?
No, non poteva continuare così, stava mandando tutto a rotoli.
- Non mi sembra tu abbia da fare, ti stanno tutti
deliberatamente ignorando, dato che stai parlando con
me. Bah, ci vediamo dopo Rumiko.
Si avvicinò al gruppo che era composto da suoi amici, iniziando a bisbigliare qualcosa ed a
indicare la ragazza. Avevano un'aria lugubre, per niente rassicurante.
- Io l'ho sempre detto... -,
s'intromise Roxy, - Quello lì non la conta giusta, è falso.
Le gambe di Rumiko presero a tremare. Le
sentì cedere sotto il suo peso, e cadde a terra priva di forze. Cosa stava succedendo? Ichinose era sempre stato gentile,
perché ora si comportava in quel modo losco? Ce l'aveva
con lei per ciò che era accaduto a casa sua, questo era certo. Si strinse nelle
spalle, tremando come una foglia. Ritsuko si inginocchiò
accanto a lei e Akito la imitò, posando una mano sulla spalla della moretta.
Rumiko guardò i due e sorrise flebilmente. Qualunque cosa avesse in mente
Ichinose non le importava, perché lei aveva i suoi
amici dalla sua parte. O almeno li avrebbe avuti
finché nessuno avesse saputo di ciò che era accaduto. D'improvviso qualcosa
scattò nel suo cervello. Si alzò e si guardò intorno. Voleva
vedere Nishikado... Voleva vedere Daisuke Nishikado.
Ignorò i richiami degli amici, dirigendosi fuori dai camerini.
***
- Sono preoccupata... -, buttò fuori d'un fiato Roxy, avendo l'assenso del suo gruppo.
Yamato prese in mano il cellulare, cercando il
messaggio anonimo che aveva ricevuto.
- Io non volevo dirtelo, sapendo come ti saresti
scaldata, ma ora credo sia importante.
Fece passare ai tre amici l'oggetto, in modo che
tutti potessero leggere.
Akito iniziò a camminare nervosamente in cerchio,
una mano portata al mento. Non era ben in chiaro su quella storia, ma se Azuki
avesse saputo una cosa simile sarebbe morta di paura.
Dopo l'articolo di giornale che gli aveva fatto leggere, quella voce non era di
certo una rassicurazione. Fu Nobu, però, a citarlo.
- Io... stavo pensando all'articolo uscito
su un quotidiano questa settimana... riguardante una certa setta satanica di
Kyoto... non so... magari non c'entra nulla... questo SMS potrebbe essere un
semplice scherzo, anche piuttosto stupido... ma se non lo fosse sono
preoccupato... le vittime di quella setta vengono
sempre violentate, per poi essere uccise... vengono strappati via gli occhi e i
cadaveri gettati in burroni o torrenti... -, spiegò guardando uno ad uno i suoi
amici. Ritsuko dovette sedersi, conscia che probabilmente sarebbe svenuta da un
momento all'altro per lo shock.
- Mio dio... Rumiko... -, borbottò
mentre le lacrime le pizzicavano gli occhi.
Nobu si sedette accanto a lei, passandole un
braccio sulle spalle e una mano fra i capelli, per rassicurarla.
- Qualcuno deve starle vicino per tutta la durata
del concerto. -, s'intromise Yamato, - C'è qualcuno di cui vi fidate
ciecamente? Noi purtroppo abbiamo il buco dove suoniamo e al concerto non
possiamo rinunciare.
Fu Akito a parlare.
- Nishikado. -, fu tutto ciò che disse, e
nello sconcerto generale se ne andò, per cercare il
più piccolo dei fratelli diabolici, che tutto sommato non erano poi così
diabolici.
- Nishikado? E' impazzito?-, chiese Nobu,
strabuzzando gli occhi verso Ritsuko e Yamato.
Roxy alzò lo sguardo verso il suo ragazzo.
- No. -, disse
semplicemente, - Forse è l'unica persona che può veramente proteggere Rumiko.
Yamato strinse i pugni e annuì silenzioso. Se
c'era qualcuno che poteva stare vicino alla ragazza e sottrarla alle grinfie di Ichinose, quello era proprio Nishikado.
Si sorprese però nel constatare di aver
provato un vago senso di rabbia nell'udire quel nome. L'idea che Nishikado stesse accanto a Rumiko gli dava abbastanza fastidio, e
inoltre sapeva che questo fastidio era provocato da qualcosa che andava ben
oltre la preoccupazione che Nishikado potesse farle qualche scherzetto come
accadeva fino a pochi giorni prima. No, non era questo ciò che più lo
spaventava.
… continua…
Hello gente, scusate se non abbiamo aggiornato in questi giorni come
promesso… e nemmeno abbiamo avuto occasione di scrivere, né per questa fic, né per Endless
Love (Due gemelle scatenate II),
ma purtroppo abbiamo avuto entrambe dei gravi problemi a livello
personale e famigliare e ci è risultato impossibile. Oggi, però, abbiamo deciso
di darci una mossa ad aggiornare almeno TrulyMadlyDeeply, ma non sappiamo quando sarà il prossimo, nemmeno per l’altra fic. Ci scusiamo ancora e speriamo abbiate pazienza di
sopportare la nostra lentezza ancora un po’… ci faremo perdonare! :D
Shaida Black:Mhhhh… tu cosa pensi che voglia
Ichinose? :D
Al prossimo chappo!
San&Rachel Dickinson
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Nishikado stava sospirando esasperato. Goro non
faceva altro che correre fra le bancarelle prendendo in mano
tutti gli oggetti che più gli ispiravano simpatia, iniziando ad urlare a
squarcia gola "lo voglio, lo voglio" e, se non lo assecondava,
iniziava a fare i capricci e a piangere disperatamente, dicendo che era un
povero bambino, che era maltrattato e altre sciocchezze simili. Così lui veniva rimproverato dalle dolci fanciulle che gestivano le
bancarelle... rovinandosi la reputazione. Daiki, che li seguiva a poca
distanza, era assediato da almeno cinque ragazzine urlanti, che facevano moine
a più non posso, pur di ottenere anche un misero
sguardo dal ragazzo. Daisuke lanciò
un'occhiataccia di pura invidia al fratello, e poi quasi inciampò nei suoi
stessi piedi, mentre Goro lo tiravaverso la bancarella di alcuni
giocattoli elettronici. Si avvicinò ad un piccolo robottino
di Mazinga Z che sbraitava qualcosa del tipo
"Pugno fotonico" e rise come un pazzo.
"Lo voglio, lo voglio!!!!", gridò anche per
questo, ridacchiando felice.
- No Goro... adesso
basta. Hai già riempito due intere borse di giocattoli! -, disse mostrando al
bimbo i due enormi sacconi che si portava dietro.
Gli occhi del piccolo si riempirono di lacrime, mentre
il suo corpo iniziava ad essere scosso da alcuni singhiozzi. Daisuke incrociò
le braccia, assumendo un espressione decisa.
- N-O!!! Questa volta
non mi freghi!
Mentre il bimbo stava per irrompere nel pianto più sfrenato della sua
vita, una mano porse i soldi al venditore e prese il giocattolo, dandolo poi al
bambino. Goro si asciugò le lacrime e abbracciò il giocattolo, ancora
imbronciato, mugugnando qualcosa di imprecisato. -
Grazie, zio Akki!-, disse il bimbo, in direzione
dell'uomo che gli aveva comprato il robottone. Akito
sorrise e gli scompigliò i capelli, affettuosamente.
Daisuke guardò esterrefatto i due.
- Zio Akki? Tu conosci
questo tizio? -, domandò spaesato al piccolo, che ancora coccolava il robot.
Goro alzò un sopracciglio e guardò in malo
modo sui cugino Daisuke.
- Ma sei stupido?
Beh, domanda retorica, ovvio che lo sei... zio Akki,
è zioAkki! Come fai a non conoscerlo... certo che sei proprio cretino...-,
bofonchiò incavolato Goro, abbracciando Akito, che lo prese in braccio e lo
fece sedere su una sua spalla, tenendolo ben saldo.
Daisuke li guardò perplesso, mentre un gran rabbia gli montava dentro. COME SI PERMETTEVA QUEL
MOCCIOSO DI DARGLI DELLO STUPIDO? E poi chi gli aveva
insegnato parole come "Retorica"? Nemmeno lui conosceva il significato
di quella sconosciuta. Chissà cos'era... Si scosse ad
uno scappellotto di Daiki dietro la sua testa.
- Babbeo...-, disse il maggiore dei
Nishikado, prima di guardare Akito. - Ho sentito parlare di te da mia madre... ma non parla mai della vostra famiglia davanti a
mio padre, per noi siete Tabù... sei il fratello della madre di Goro, eh? Ma
non credevo che quell'Akito fossi proprio tu, uno
degli amici delle Matsumoto. Ti dirò, la cosa mi ha
piacevolmente sorpreso.-, spiegò Daiki, mentre Daisuke, appollaiato a terra, si
massaggiava la testa dolorante.
Akito sorrise amaro.
- La vita è sempre piena di sorprese...
ma la vostra famiglia ancora non ha superato quella storia? Andiamo, ormai sono sposati da dieci anni... solo perchè mia
sorella non è ricca dovete far diventare l'elemento tabù? Siete veramente
pessimi...
Daiki si passò una mano tra i capelli,
sorridendo.
- A me sinceramente non importa niente di
ciò che siete per i miei genitori... ricchi, poveri...
è tutto relativo, no? Io e te non dobbiamo frequentarci,
quindi quello che sei non conta, basta che non mi dai fastidio ed è tutto ok.
Daisuke li scrutò dal basso, curioso. Non
riusciva a capire la logica di quella discussione. Non sapeva nemmeno che la
madre di Goro avesse un fratello così giovane. Beh, non che
lei fosse vecchia: aveva solo trentadue anni, e ci aveva provato spesso con
Daiki. Però lui non aveva mai saputo il finale
di quella storia. Chissà se suo fratello c'era stato?
- Non sono io che ho chiesto un legame con i
Nishikado, ma siete voi che state invadendo il mio mondo... -, sibilò cattivo.
Daisuke scattò immediatamente.
- Ehy, Rumiko non è di tua proprietà!
Akito scosse il capo.
- Bene... non sarei d'accordo, su questo,
ma ora come ora non c'è tempo per discutere... sentite ho fretta, fra poco
comincia il concerto e noi siamo fra i gruppi che suonano, devo sbrigarmi...
Nishikado, ti affido Rumiko!!!-, disse serio, posando
le mano sulle spalle di Daisuke e con gli occhietti sbrilluccicosi,
tanto da farlo rabbrividire. Daiki pensò che la scenetta sembrava
quello di un padre che dava il suo assenso ad un ragazzo che voleva frequentare
la figlia.
Detto ciò salutò con un bacio sulla guancia e un arruffata di capelli il nipotino e si diresse in
direzione del palco. Daisuke alternò il suo sguardo fra l'acquisito parente e
il fratello.
- Ohibò! -, fu solo capace di dire, mentre
sentiva la felicità salire alle stelle.
Daiki scosse il capo.
- Non salire subito di testa... non è mica
suo padre, non te l'ha affidata in quel senso, stupido... c'è qualcosa sotto.... ha detto che loro sono impegnati con il concerto
stasera... ciò significa che forse dobbiamo star con Rumiko Matsumoto per
essere sicuri che non le accada niente? Ma perché poi
proprio a noi lo chiedono? Mhhh... non capisco...
***
Uscì quatta, quatta dai
camerini. Dopo il suo quasi svenimento quella sanguisuga di Nobu non le si voleva più scollare di dosso e lei si sentiva
asfissiata. Ok, era dolce. Si preoccupava. Dimostrava
di tenerci a lei. Ma a tutto c'era un limite! Si
guardò intorno, mentre si inoltrava nella folla che
già circondava il palco. Il primo gruppo aveva da poco iniziato suonare, e
sembrava pure avere un successone. "Tipico",
fu il suo primo pensiero. Era un gruppo pop e,
malgrado le costasse ammetterlo, sicuramente era il favorito. Pop equivaleva a
commerciale, ovvero a vendita facile. Se i dipendenti delle major lì intorno si sarebbero interessate a qualcuno,
probabilmente quel qualcuno erano le “Candy”. Cinque giovani ragazze in abiti provocanti che canticchiavano dolci
canzoncine... disgustoso. Fortunatamente la scena del punk, in quegli
ultimi anni, stava riprendendo parecchio e questo la rassicurava molto. Il suo
pensiero saettò su Rumiko. Doveva trovarla, ma come fare? Si avviò verso la metà del parco opposta a quella del palco, dove
ora c'erano tante bancarelle delle più diverse varietà. Si guardò intorno,
cercando una ragazza carina, con i capelli neri e con i suoi abiti. Ma nessuno lì intorno, nemmeno di spalle, assomigliava
vagamente alla sua amica. Cominciò seriamente a preoccuparsi che Rumiko si
fosse già imbattuta in quel bastardo di Ichinose.
Ripensò a quando
si erano conosciute, quando Rumiko veniva maltrattata dai Nishikado. Era così
strano tutto ciò. Era passato poco tempo, eppure ora era proprio a quegli
stessi Nishikado che prima disprezzavano che volevano chiedere di proteggere
Rumiko. Buffo...
Si voltò un paio di volte indietro, avendo
avuto la strana sensazione di essere seguita da qualcuno, ma le prime volte
pensò fosse stata una sua impressione. La terza volta
che si girò, però, si trovò faccia a faccia con
l'individuo che più odiava sulla faccia del pianeta (dopo Ichinose ovviamente):
Daiki Nishikado.
- Potrei farti arrestare, lo sai?! Violazione di privacy, di spazio
personale! Sei a meno di un metro da me. E, tanto per appesantire la dose, mi stai seguendo come fossi un pazzo maniaco omicida, in
procinto di mettermi le mani addosso e che so... rapinarmi? Violentarmi? Non
oso immaginare! -, bofonchiò stizzita, ricominciando a camminare alla ricerca
dell'amica.
Daiki continuò a seguirla, ignorando i suoi
commenti, nonostante essere denominato "pazzo maniaco omicida"
l'aveva disturbato.
- Non sono mica così disperato da mettere
le mani addosso a te... -, commentò prima di tornare serio. Lei si girò
lanciandogli un'occhiataccia, ma lo sguardo freddo di lui la mise
a tacere. - Voglio sapere cosa sta succedendo... tu che corri nella
folla come un'ossessa... il tuo amico Akito che dice a
Daisuke che gli avrebbe affidato Matsumoto, l'altra, non tu... esigo una
spiegazione, qui, ora, subito!
- Io non sono tenuta a dirti niente... fai pagare dal tuo paparino
qualche spia e magari saprai qualcosa... -, alzò un sopracciglio, evidentemente
contrariata, - Andiamo, a te che ne può fregare se fra me ed i miei amici
corrono acque poco tranquille?
- Non mi fregherebbe niente se non aveste buttato in mezzo a questa cosa anche Daisuke, che ora
ha il cervello in fumo perché non riesce a capire cosa vogliate da lui… -,
disse assumendo un'espressione che Ritsuko non gli aveva mai visto.
Lo osservò bene, poi si
portò una mano sulle labbra, per trattenere le risate. Quello era forse
uno sguardo da fratello maggiore che si preoccupa per
il fratellino minore? Che dolce!
Non riuscì a trattenere le risate, e alla
fine scoppiò, scaricando tutta la tensione che i suoi nervi avevano accumulato
quella giornata.
Daiki fece per lanciarle un insulto poco fine, ma
si trattenne. Se voleva spillarle qualche cosa doveva
essere il più accondiscente possibile con lei. Roxy
si asciugò una lacrima, che minacciosa rischiava di scenderle lungo il viso,
rovinandole il trucco.
- Non avrei... mpf...
mai detto che ti saresti preoccupato così per tuo
fratello...
Daiki le diede un piccolo sberlotto in testa.
- Stupida... siamo
cresciuti senza una madre... saremo anche i temibili diabolici fratelli
Nishikado, ma siamo pur sempre cresciuti da soli... secondo te non dovrei
preoccuparmi per mio fratello? Beh, io non posso farne a meno... è così
stupido, se non ci fossi io il mondo lo inghiottirebbe
con la sua cattiveria. - spiegò pacato. Ritsuko pensò
che lo sberlotto che le aveva dato non era stato ostile, era stato semplicemente per farle capire
che faceva sul serio. E pensò che dopotutto anche nel suo discorso non c'erano note di rabbia o rancore. Stava
semplicemente spiegando, parlando civilmente, come avrebbe fatto un qualsiasi
altro suo amico. Forse doveva ricredersi, non era poi così terribile, e
non era nemmeno difficile parlare con lui. Dopotutto era un ragazzo come tanti
altri, cresciuto senza una madre, e per dirla tutta senza neanche un padre,
dato che era troppo preoccupato a pensare ai suoi soldi e al suo
lavoro, e che doveva occuparsi di suo fratello. Lo osservò meglio, e si sentì
quasi penetrata da quegli occhi sconosciuti che erano così diversi dalle
espressioni che solitamente i suoi amici serbavano per lei. Era uno sguardo
intenso, che nascondeva qualcosa di misterioso. E per
un attimo si sentì attratta da quel mistero celato in quegli occhi color della
pece.
- Beh... -, farfugliò impacciata, - Io non so
cosa vuol dire avere un fratello o una sorella... sono
figlia unica...
Fece una mezza piroetta su se stessa, per poi tornare a guardare Daiki. Aveva assunto un
visino imbarazzato che Nishikado non seppe se
prenderlo in positivo o in negativo.
- ... però... -, continuò, - Secondo me Daisuke è fortunato ad avere te che badi a lui.
Daiki la guardò appena due secondi, come
inebetito, poi si scosse.
- Sì... sì... ok...
ma non cambiare discorso... -, disse voltandosi da un'altra parte, imbarazzato.
Sentiva lo sguardo di lei
puntargli sulla schiena, innervosendolo parecchio. Ad un certo punto sentì un
"toc-toc" sulla sua spalla.
- Guarda che non cambio discorso... tu gentilmente
mi hai spiegato la vostra situazione ed io ti ho dato un mio parere! -, disse
spostandosi di fronte al ragazzo e sorridendogli dolcemente.
Lui fece un paio di passi indietro, e la
guardò in un misto tra il disgustato e l'imbarazzato.
- MA CHE HAI OGGI
MATSUMOTO? RIPRENDITI!!! DOV'È FINITA LA BESTIA CHE È IN TE???-,
disse poggiandole le mani sulle spalle e scuotendola un po'. Che quella ragazza
fosse così dolce l'aveva sorpreso, e anche un po'
spaventato. Ora sentiva il cuore battergli a mille.
- Ehy! EHYYYYYYYYYYYY! -, iniziò ad urlare lei,
cercando di scollarselo di dosso, - Non lo sai che le donne non si toccano
nemmeno con un fiore?! Animale!
Finì la frase piantandogli un pugno ben assestato
in pieno cranio.
- ... e poi io non sono
una bestia...
Lui si massaggiò la testa, pensando che era
strano ricevere pugni, di solito era lui che li dava a Daisuke.
- Si che lo sei...
sei un elefante sgraziato... se fossi più femminile piaceresti anche ad altri
ragazzi... se piaci a quel Nobu è solo perché ti compatisce... -, disse
sperando di ferirla, ma si accorse lui stesso che era suonato tremendamente
ridicolo. Lei sbuffò. Ma come poteva essere così
idiota? - Senti, cambiando discorso... torniamo a mio fratello e alla tua amica
secchiona...
- Semplicemente non ci va stia con Ichinose...
quello è falso, invece Daisuke le sbava dietro, quindi non le farebbe mai del male... -, continuò acida, - Se vuoi
scusarmi... Rumiko al momento è in giro da sola, quindi ho un impegno più
importante che parlare con te! Ciao, ciao!
Il ragazzo la fermò, trattenendola per il
polso. La tirò verso di sé e le diede un bacio sulla guancia.
- Ti ringrazio.-, disse facendole
l'occhiolino, e se ne andò, perdendosi tra la folla.
Ritsuko lo guardò andarsene perplessa, poi cadde a terra, le ginocchia
tremolanti non avevano retto il suo peso. Si portò una
mano sulla guancia, e pensò che era una grande
stupida, perché per un attimo aveva pensato che le avrebbe dato un bacio sulle
labbra.
***
"No... No... No...
", pensava scrutando fra tutti quei ragazzi. Nessuno che
aveva anche una misera somiglianza con Nishikado, accidenti. Da quando
se n'era andata dagli altri, presa dall'impulso irrefrenabile di vederlo, era
già passata almeno un'abbondante mezzora. Sentiva la
stanchezza impossessarsi di lei, non era abituata a camminare tanto fra
così tanta gente. Doveva fare uno slalom assurdo e spesso rimaneva intrappolata
fra dei bestioni di ragazzi, in delirio per le cantanti sul palco. Era
stancante, insomma. Lei,che era pure una frana
nell'attività fisica, doveva trovarsi in una situazione simile. Era una
cattiveria. Vide in lontananza una bancarella che vendeva bibite fresche e il
suo sguardo si illuminò. Finalmente una fortuna nella
sfortuna! Riuscì a districarsi dalla folla e corse
verso il fulcro della sua attenzione, in quel momento, quando improvvisamente
si sentì cingere per la vita. Era in un posto piuttosto isolato, lontano dalle
bancarelle e lontano dal palco, e non poteva urlare perché lo sconosciuto
dietro di lei le stava premendo la mano sulle labbra. Si sentì mancare, e si
accorse per un attimo che tra la manoe le sue labbra c'era qualcosa, un
pezzo di stoffa... un fazzoletto. Imbevuto di qualcosa che le
stava facendo perdere i sensi. Lottò con tutte le sue forze per
liberarsi, ma il narcotizzante ebbe la meglio su di
lei, che svenne e fu raccolta dallo sconosciuto prima di sbattere a terra con
un tonfo. Ichinose si guardò intorno, assicurandosi che nessuno l'avesse vista.
Ovviamente no, erano tutti troppo occupati a fare i deficienti e urlare per il
gruppo di quelle cinque oche sul palco. Beh, che se le
tenessero pure. Lui ora aveva qualcosa di molto più prezioso: la ragazza
più dolce e bella della scuola. Ed era solo sua.
***
Mugugnò, sbattendo qualche volte le palpebre per
mettere a fuoco. Gli occhi le bruciavano un poco, probabilmente a causa delle
lenti a contatto. Non era abituata ad usarle. Si guardò intorno. Dove cavolo
era finita? Ehi... perchè era legata peggio di un
salame su di un letto?! Rabbrividì. Ok,
calma e sangue freddo, doveva prima scoprire dov'era, poi dopo si sarebbe chiesta perché era legata e imbavagliata. Si guardò
intorno ancora una volta, ma la stanza era piuttosto buia, così non riuscì a
vedere nulla, oltre un paio di rami pieni di foglie non vedeva nulla. Improvvisamente
fece caso ad uno strano profumo. Un
profumo che ricordava bene. Quella era acqua di colonia maschile, una
fragranza molto in voga ora tra i giovani, l'aveva sentita anche sui vestiti di Akito e di Yamato. E se la
memoria non la ingannava, era una fragranza che usava anche Ichinose.
Che uno di loro tre l'avesse ridotta in quello stato era categoricamente impossibile. Akito, per quanto
avrebbe voluto sicuramente liberarsi di lei, non si sarebbe mai permesso una
mossa simile. Era adulto e responsabile, non un moccioso. Yamato... beh, il suo
Yamato nemmeno era da citare. Ichinose. Beh, lui avrebbe potuto voler
continuare quello che avevano lasciato in sospeso, magari con un giochino un po' hot... No, impossibile. Era troppo dolce per fare una cosa simile. In mezzo a
quello folla avrebbe potuto esser stato chiunque, così come a portar
quel profumo tanto alla moda. Sospirò provando a muovere le braccia e le gambe.
Le corde le facevano male, erano troppo strette... Pian piano, comunque, i suoi occhi si stavano
abituando al buio. Si accorse che la tavola dura su cui poggiava non era
propriamente un letto, bensì una cattedra. Gli occhi cominciarono a riempirsi
di lacrime quando si rese conto che i rumori della
festa arrivavano fin lì, ed erano così forti che anche urlando nessuno
l'avrebbe sentita. All'improvviso sentì dei passi avvicinarsi sempre
di più al suo corpo. Tremava come una foglia, aveva
paura.
- Oh piccola mia... non devi
avere paura... presto ti sentirai meglio. -, disse una voce artefatta, mentre
tentava di farle ingerire un bicchiere d'acqua. - Avrai
sete... bevi. La ragazza serrò le
labbra, ma sentì un dolore lancinante alle guance. Lo sconosciuto stava
forzando la sua mascella per farle aprire la bocca e ingerire quel liquido
dall'odore disgustoso, sicuramente qualche droga.
- Mhhh... - tentò
di urlare lei, riuscendoci con scarsi risultati. Strinse gli occhi,
arrendendosi al forte dolore ai lati del viso. Aprì la bocca e lasciò che
quella bevanda disgustosa emanasse le proprie sostanze, che entrarono in
circolo in poco tempo. Si sentì un'altra quasi subito. Una minuscola parte di
sé ancora cosciente capì cosa stava per succedere: non aveva più il controllo
del proprio corpo, come se un'altra personalità avesse preso il sopravvento.
Lui, che al buio ancora non era riuscita a riconoscere seppur la sagoma le
fosse familiare, si tolse la giaccia e la slegò dalle
corde strette, che le avevano segato polsi e caviglie. Lei voleva scappare, ma
non ci riusciva: il suo corpo si muoveva, ma non faceva ciò che voleva lei.
- Dunque... io trovo non sia giusto che i preliminari tocchino sempre a me... -, disse prendendo
la mano della ragazza e poggiandola sulle sue parti basse. -, Che ne dici di coccolarmi un po'? Ho voglia che mi
stimoli... voglio sentirmi eccitato, ma non
preoccuparti che nel frattempo io penserò a te, non voglio di certo farti male
quando lo faremo. Beh... quello te lo farò di certo,
sei vergine... ma verrà presto cancellato dal piacere, vedrai.
Meccanicamente Rumiko si alzò, ormai anche
la sua parte razionale era assopita dentro di lei.
… continua…
Mamma mia gente, scusate per questi ritardi mostruosi,
soprattutto per Endless Love! Abbiamo ancora diversi
capitoli già scritti di Truly e nemmeno il tempo di
aggiornare, figuratevi scrivere quelli che mancano di Endless! Chiediamo venia, ma purtroppo tra impegni privati
e scolastici siamo out e senza un pizzico di tempo
libero.
Ninphadora: Accidenti amichetta, che cattivo sto fratellone! >O< Ti porta via
da noi! Ultimamente non ti si vede più (parliamo proprio noi ahah)! Speriamo che tuo fratello la prossima volta ti lasci
più tranquilla per poter leggere le nostre OPERE tranquillamente! :DGhgh! Grazie sempre e comunque per i complimenti!
Shaida Black:Ahahdici che siamo diaboliche? Sì, è vero… :D Ma devi ammettere che ci stanno anche dei fatti simili,
rendono più interessante e strabico ( come noi) il racconto! Eh, purtroppo non
è arrivato a breve, ma con l’arrivo delle vacanze invernali… forse… e sottolineamo FORSE, riusciremo ad essere
più costanti. *O* Oddio siamo magiche? Questa
ci mancava! Chefigata! :D Siamo anche noi delle maghette…
ahah!
Daisuke correva come un disperato fra la folla,
trascinandosi dietro il piccolo Goro,il quale aveva le
lacrimucce agli occhi. Daisuke lo teneva per mano e lo trascinava di qua e di
là senza curarsi di assicurarsi che, dove passava, riuscissero
a passare tutti e due. In questo modo lui finiva sempre a sbattere contro tutte
le persone che incontravano.
- Dai... - lo chiamò la prima volta Goro,
flebilmente, per paura che il cugino di incavolasse
più di quando già non lo fosse.
Daisuke non si curò di lui, non gli diede
nemmeno la soddisfazione di farli capire che almeno lo aveva sentito e aveva
capito che era stanco. Doveva trovare Rumiko, subito.
Continuò la sua sfrenata corsa, finché non arrivò
ad una bancarella che vendeva bibite.
- Prendiamo qualcosa da bere e poi ripartiamo,
Rumiko non può rimanere da sola. -, disse secco.
Goro lo guardò stranito.
- Ma Rumichan non
è mica sola... - disse mentre il cugino gli porgeva
una bella bibita ghiacciata con cannuccia.
Daisuke lo guardò stranito.
- Certo che è sola... con chi dovrebbe essere
scusa?
Il bambino fece una bella bevuta, tirando
su con la cannuccia e guardando il cugino che cominciava ad essere impaziente
ed imprecare. Quando ebbe finito i suoi comodi
sorrise.
- Con quel ragazzo che laggiù - indicò un spazio vuoto tra alcune bancarelle, davanti ad un vicolo
- le ha premuto un fazzoletto sulle labbra e lei gli è caduta tra le braccia.
Gli occhi di Daisuke uscirono dalle orbite e i
suoi piedi misero il turbo verso il vicolo, facendo poi marcia indietro per
trascinarsi da parte il pestifero cuginetto, tornando
poi nel famigerato luogo.
- Qui?! Hai detto proprio qui?!Ma non c'è nulla!
Goro si passò una mano tra i capelli neri,
con espressione da macho, e lo guardò con aria di superiorità.
- Che stupido sei...
perché dovrebbe esserci qualcosa qui, se sono entrati li?- indicò con l'indice
destro una porta d'acciaio, logora e arrugginita, poco distante da loro, in
fondo al vicolo cieco. Era l'ingresso di
una costruzione vecchia e disabitata, probabilmente cadente e che era
impossibile ristrutturare. L'unica soluzione era buttarla giù e farla da capo.
Daisuke osservò la porta inorridito. La SUA Rumichan
era là dentro?
- Ma che schifo! -,
esclamò disgustato, - Spero non si prenda la peste per essere stata in un posto
tanto logoro!
Si avvicinò alla struttura e, con un espressione disgustata, prese un fazzoletto dalla tasca e
provò ad abbassare la maniglia della porta. Si ritrovò con un milione di punti
esclamativi che gli ronzavano intorno alla testa.
- È aperta? Sei sicuro di quello che dici Goro?
Mi sembrerebbe un po' da cretini rapire una persona e nemmeno curarsi di
chiudere la porta...
Goro fece spallucce.
- Io non sbaglio mai! - disse convinto,
estraendo un lecca-lecca dalla tasca, scartandolo e cominciando a leccarlo con
gusto. Daisuke alzò un sopracciglio, perplesso. Fidarsi o
meno? Beh tentare non costava nulla, e se Goro aveva davvero visto ciò
che sosteneva e lui avesse trovato Rumi là dentro, allora gli avrebbe comprato il giocattolo più grande e bello del mondo.
Entrò in quel sudiciaio,
notando poco più avanti una stanza con una luce accesa. Andò a sbattere contro qualcosa, non prima di raggiungere la porta da dove filtrava
la tenue luce. Prese da una tasca un accendino che portava sempre con se, anche
se non fumava, e imprecando lo accese per vedere
meglio. Era un tavolo, ma non uno normale. Deglutì al solo guardarlo. Che cazzo ci facevano oggetti da medico lì sopra? Sembrava
che chi gli avesse messi lì volesse squartare un animale! Sentì uno strano rumore provenire da una stanza li affianco, con la porta socchiusa. Avanzò verso questa seconda entrata e
inizialmente non riuscì a mettere a fuoco ciò che stava vedendo. Forse perché non voleva vedere, davvero. Sentì un impulso
elettrico attraversare il suo cervello, come per spingerlo a fare qualcosa,
fermare quell'orrore. Rumiko.... la sua Rumiko... Goro
aveva ragione... lei era li... sotto... sotto un uomo che di spalle non aveva
riconosciuto, ma che sapeva fosse la persona più inutile e sporca del pianeta.
Non riuscì a riflettere con razionalità per più di due secondi che si lanciò
verso il tizio, poggiandogli una mano sulla spalla lo fece voltare. Si rivelò
essere proprio chi credeva che lui fosse...
- Ichi... Ichinose... -, disse quasi incredulo.
Il suo sguardo saettò su
Rumiko... sembrava così strana, aveva un'espressione vuota...
- Che diavolo le hai fatto sporco maiale
psicopatico?! -, urlò tirandogli un pugno in pieno
viso.
Shigure Ichinose cadde dal tavolo su cui
era inginocchiato, capitombolando all'indietro e sbattendo contro una parete.
La costruzione, così vecchia e fatiscente, tremò un po' prima di assestarsi
nuovamente. Daisuke lo guardò disgustato.
- Cos... Nishikado...
come hai fatto ad entrare? - chiese incredulo, osservando il ragazzo in piedi
di fronte a lui che slegava Rumiko e la prendeva tra le sue braccia con fare
protettivo. Subito si alzò da terra e si avventò sull'ultimo arrivato.
- NON TOCCARLA, LEI È MIA!-urlò disperato.
- Lei non è tua... sei sporco, completamente sporco... ma non ti vergogni nemmeno un po'? Se l'amassi
veramente non la costringeresti a fare cose che non
vuole, la lasceresti libera di decidere cosa fare della sua vita!
Ichinose non rispose nemmeno. Corse verso l'altra
stanza e tornò con il set completo del piccolo chirurgo, con tanto di coltello,
forbici e bisturi. Rise con una faccia da psicopatico.
- Vediamo chi la spunta, Nishikado - ghignò
divertito.Gli occhi di Daisuke si ridussero a due fessure.
- Fammi passare Ichinose o, ti assicuro, che te
ne pentirai amaramente. Ancora non ti rendi conto di cosa vuole dire metterti
contro un Nishikado... -, rise, - La mia famiglia è talmente potente che ha il
potere di far sparire la tua esistenza, tutta la tua vita, con un solo accenno positivo. Non risulteresti più
esistito per nessuno... ma non moriresti, questo no... soffriresti fra le pene
dell'inferno!
Ichinose strinse il bisturi in una mano,
tagliandosi anche, poi si buttò contro Daisuke, che lasciò ricadere Rumiko sul
tavolo, ma non si spostò per difendersi né niente. Rimase immobile, guardandolo
come fosse l'essere più inutile del pianeta. Ichinose vacillò un attimo
dinnanzi atutta
questa sicurezza, rallentando la sua carica, ma arrivato di fronte a lui lo
colpì comunque, affondando l'oggetto tagliente nel braccio sinistro del
ragazzo.
L'espressione di Daisuke si piegò in una smorfia,
che nemmeno lui seppe dire se di dolore o di un autentico disgusto nei
confronti del compagno di classe. Chiuse gli occhi un momento, per meditare sul
da farsi, quando sentì un lamento soffocato di Ichinose
e un tonfo sordo. Li aprì di scatto, trovandosi davanti suo fratello maggiore.
Daiki?! Che diavolo ci faceva lì Daiki? Il suo
pensiero saettò a Goro. Quella piccola peste era di sicuro andato
a chiamarlo. Sorrise. In fin dei conti quel suo pestifero cuginetto
non era tanto male quando voleva.
- Grazie... Daiki... -,
disse flebilmente prima di accasciarsi a terra, stringendosi il braccio.
Destata da tutto quel
trambusto, con Goro che piangeva e Daiki che diceva a Daisuke di non chiudere
gli occhi e farsi forza, Rumiko aprì gli occhi e, ancora un po' stonata, si
alzò a sedere e si portò le mani alle tempie, presa da un lancinante dolore
alla testa. Si guardò intorno e notò una pozza di
sangue a terra. Si sporse un po'di più e inorridì.
Daisuke Nishikado era svenuto, il braccio grondante sangue
era tagliato di lungo, sull'avambraccio. Probabilmente era stata toccata
una vena o un'arteria. Ignorò il suo mal di testa e scese dal tavolo, avvicinandosi
a Daiki, tremando.
- Cosa... cosa é
successo?- chiese con la vista ancora un po' appannata.
- Ti spiego dopo Rumiko... -, disse caricandosi
in spalla in fratello. - Tu rimani qui con Goro, io porto Daisuke in
infermeria, in ospedale, dove cazzo lo possano curare!
Rumiko scosse il capo. - Prima devi fermare
l'emorragia sta perdendo troppo sangue, morirà prima che arriviate in
ospedale!-, disse tentando di riacquistare la sua caratteristica razionalità.
La verità era che era preoccupata per Daisuke e stava rivolgendo tutte le sue
preghiere a lui, perché non morisse. Non poteva lasciarla così. Non ora. Pensò
che era buffo: non aveva mai creduto al detto che si
capisce di tenere ad una persona solo quando la si sta perdendo. Beh, lei se ne era resa contoproprio in quel momento, e non gli avrebbe permesso di andarsene così. Lanciò un'occhiata di disgusto ad Ichinose, poi disse al
maggiore dei Nishikado di stendere il fratello sul tavolo. Mentre
Daiki ubbidiva, lei si guardò intorno e con sollievo notò nell'altra stanza un
secondo tavolo con tutta l'attrezzatura da chirurgo. Chissà quel malato di
mente di Ichinose cosa le avrebbe fatto se non fossero
arrivati Daisuke e Daiki. Si avviò al tavolo e notò garze sterili ancora ben
impacchettate, betadine, acqua ossigenata e tutto
l'occorrente per improvvisare una medicazione che placasse
temporaneamente l'emorragia.
- Hai mai fatto una cosa del genere? -, domandò
Daiki prendendo dalla tasca dei pantaloni il cellulare. L'unica era chiamare
un'ambulanza e, per smuoverli di muovere il sedere, doveva utilizzare il loro
nome. Era l'unica soluzione, se non voleva perdere Daisuke.
Rumiko lo guardò sicura di poter fare un
ottimo lavoro.
- Si, al corso di pronto soccorso l'estate
scorsa. Non era un'emorragia vera, mati assicuro che sono brava in queste
cose. -, disse indossando un paio di guanti, sterili anch'essi. Almeno non si
poteva dire che Ichinose fosse uno non attento ai suoi
strumenti da chirurgo psicopatico.
- O-ok... Io porto fuori Goro che è spaventato e chiamo un'ambulanza,
indicando loro dove raggiungerci. Dopo torno subito ad aiutarti. -, disse
portando fuori il piccolo, che sentiva di poter piangere da un momento
all'altro.
Rumiko annuì e poi riversò tutte le sue
attenzioni su Daisuke.
- Ti prego.... ti
prego non lasciarmi... - sentì gli occhi pizzicarle, ma ricacciò indietro le
lacrime. Doveva essere forte. Cominciò il suo lavoro, sperando di non sbagliare
niente. Lo sentì muoversi sotto il suo tocco per legargli la benda, dopo aver
disinfettato e inibito la perdita di sangue. Il
ragazzo aprì gli occhi per pochi istanti e la guardò. Sorrise. stava bene... meno male.
- Sono in paradiso? -, domandò con voce flebile,
- Se è così non voglio più tornare a vivere, perchè se gli angeli sono tutti
così belli e candidi non ne vale la pena.
Si alzò leggermente carezzandole con la mano
destra la guancia.
- Rumiko... quanto ti amo... -, disse prima di
ricadere sdraiato sul tavolo.
Rumiko fu un po' scossa dall'affermazione,
ma non fece una piega, completando il suo lavoro. Tolse i guanti e li gettò sul
tavolino dove c'erano tutti gli strumenti che aveva usato. Lo guardò e gli
accarezzò la fronte, portandogli indietro i capelli appiccicati al viso
sudaticcio. Lo guardò un istante e poi si curvò un po' verso di lui, dandogli
un piccolo bacio a fior di labbra.
- Anche io,
Nishikado... - sussurrò con voce spezzata.
***
Pochi minuti dopo arrivò Daiki con gli
infermieri, che caricarono Daisuke su una barella e lo portarono in ambulanza,
dove fu seguito anche da Rumiko. Ormai la notizia si era diffusa fra gli
studenti e, purtroppo, anche fra i professori, che decisero
di interrompere il festival decisi a prendere seri provvedimenti per
l'accaduto. Uscita dalla costruzione fatiscente, e
quindi dal vicolo, Rumiko si ritrovò sommersa da una baraonda di gente che
voleva sapere l'accaduto, tutti troppo spaventati per poter
chiedere a Daiki Nishikado. Fu salvata in extremis da Ritsuko che piombò
davanti a lei e guardò in cagnesco tutti quelli che la infastidivano.
Scortò Rumiko per i pochi metri che le mancavano
a salire sull'ambulanza e le sorrise dolcemente.
- Sei stata brava, proprio una grande!
Meriteresti il premio nobel!
Rumiko crollò, e mentre alcuni infermieri
caricavano la barella con Daisuke sull'ambulanza, lei abbracciò l'amica
piangendo.
- Promettimi che mi raggiungerai subito
all'ospedale... l'infermiere ha detto che verrà
portato in sala operatoria.... ti prego vieni... - si strinse forte a Ritsuko,
distrutta.
La ragazza dai capelli turchini la strinse forte
a sé, avvolgendola tutta in un abbraccio.
- Non temere, probabilmente sarà per chiudere
meglio la ferita e per fare i punti, Daisuke, grazie a te, starà bene. Non gli
succederà niente, non preoccuparti.
Rumiko annuì e si staccò da lei,
salutandola con un flebile sorriso. Guardò oltre l'amica, Daiki che le aveva ceduto il posto sull'ambulanza, Nobu, Akito, Yamato...
sorrise a tutti loro come per rassicurare più se stessa che loro, poi salì
sull'ambulanza, le cui porte si richiusero alle sue spalle.
Il maggiore dei Nishikado si avvicinò a
Ritsuko, dandole una pacca sulla spalla.
- Quella Rumiko è proprio una tipa in
gamba... se fosse stata ancora svenuta, non so come avrei fatto con Daisuke, io
non sareisato capace di
medicarlo, probabilmente sarebbe morto dissanguato.
Ritsuko lo guardò e lui si asciugò gli
occhi. Aveva una voglia matta di piangere. LUI, che non aveva
mai pianto. Ora aveva troppa paura di perdere suo fratello, l'unico
familiare di cui proprio non poteva fare a meno.
Ritsuko gli sorrise,
pizzicandogli una guancia con fare affettuoso.
- Lo so, la nostra Rumiko è
un mito! -, finì la frase convinta, buttandogli poi le braccia al collo e
abbracciandolo forte, forte. - Smettila di trattenere i tuoi sentimenti, se
vuoi piangere fallo. Dopo uno spavento simile è chiaro averne il desiderio. Io
non so cosa vuol dire avere un fratello di sangue, ma so che se perdessi Rumiko
starei malissimo, perchè lei per me non è solo
un'amica, ma una sorella in tutto e per tutto.
Daiki guardò Nobu, che lo stava lacerando
letteralmente con lo sguardo, ma se ne fregò altamente e strinse forte a sé la
ragazza.
Akito e Yamato diedero
una pacca in contemporanea sulle spalle di Nobu.
- Dai, non prendertela... Roxy é fatta così... - disse solo Akito. Yamato annuì, poi l'altro continuò a parlare. - Che ne dite, raggiungiamo Rumi in ospedale? Sarà distrutta, poverina...
ah Yamato non ho soldi sul cellulare, prestami il tuo
che avverto Azuki.-
Il giovane uomo gli porse l'apparecchio iniziando
a rimuginare. Sorrise tristemente, se l'era proprio cercata, se l'era lasciata
fregare sotto il naso e, il bello della faccenda, era che era stata colpa sua
se si era allontanata da lui. Era proprio un'idiota. Mentre Akito telefonava
alla sua dolce metà, tirò via Nobu da Ritsuko e
Nishikado, iniziando a trascinarlo in direzione della sua auto, che aveva
appena ricevuto per lavoro dalla sua ditta.
- MOLLAMIIII! IO QUELLO LO DISINTEGRO!!! - ruggì Nobu accecato dalla gelosia. Yamato gli diede
uno scappellotto sulla testa per zittirlo, con buoni risultati. Aprì la
portiera dell'auto e lo buttò dentro, poi si voltò verso Ritsuko chiedendole se
fosse andata con loro.
Daiki prese parola - Se
vuoi puoi venire con me, ho l'auto parcheggiata qua dietro...- tentò di
sembrare il più distaccato possibile, con scarso successo agli occhi di Nobu.
Roxy si avvicinò alla macchina, aprì la portiera
posteriore e diede un bacio a fior di labbra a Nobu.
- Scusa Nobu, lui al momento ha bisogno di
qualcuno al suo fianco... e sento il bisogno di aiutarlo. Ci vediamo in
ospedale.
La ragazza si avviò verso Daiki. Nobu la
guardò stralunato. Poi guardò Yamato. - Se ne sta andando con lui... sente il
bisogno di aiutarlo... - farfugliò sconvolto. Yamato fece spallucce e quando
akito entrò in macchina, lui mise in moto, alla volta dell'ospedale.
… continua…
Oh ohoh! Buon natale
gente e, già che ci siamo anticipiamo un Buon anno! Ahhhh,
come vedete è finito tutto bene per la piccola Rumiko, su su, visto che non siamo tanto perfide? :D Vogliamo bene ai nostri personaggi! Ma
passiamo ai ringraziamenti, senza perderci troppo in ciance!
Lanya:Woooow! Chefigata, una nuova lettrice! Yuhuuu! Dici che è la storia
perfetta? O_O Ma dai, ci sentiamo lusingatissime
dalla cosa! Che bello!!! :D Ci fa piacere ti piaccia
tanto (che gioco di parole… )! Speriamo vivamente che continuerai a seguirci,
come affermato, e che non ti deluderemo!!!
Shaida Black: Ed ecco qui una delle nostre lettrici più fedeli! Ma sciao!!! :D Eheh,
allora ti piace la piega che sta prendendo, eh? Benone,
benone! Purtroppo, per il mostro, abbiamo scelto una
possibilità un po’ più realistica e legale. Se il
nostro Dai lo avesse fatto a fettine, sarebbe andato in prigione finendo
lontano da Rumiko per anni e anni, no? Meglio metterci Ichinose! :P Siamo pazze? Ma sì, sempre con
molta modestia lo affermiamo anche noi! Ahah!
Roxy era persa con lo sguardo nel paesaggio che
le saettava di fianco, oltre il finestrino dell'auto di Daiki. Si sentiva in
imbarazzo. Perchè diavolo le era saltato in testa di andare con lui, al posto che
con Nobu, Akki e Yamato? Era stata proprio una
cretina. E se la portava in un posto che non era l'ospedale? E se le saltava
addosso? E se la violentava?! Scosse la testa. Non era il momento di mettersi
in testa sciocchezze simili, Daiki non sarebbe mai stato capace di una cosa
simile, sperava. Lo osservò meglio. Non era sicura se ne
fosse capace o meno, ma di certo non era quello il momento in cui avrebbe
potuto farlo. Suo fratello era in ospedale, e sul suo volto era dipinta la
stessa faccia che aveva lei quando Nobu era ricoverato. Buffo... e pensare che
era stato proprio lui a mandarlo lì, ed ora lei era in macchina accanto a lui,
a pensare che dopotutto non era un tipo tanto male. Si diede mentalmente della cretina, chiedendosi come poi era
finita ad avere quel rapporto così, se si poteva dire, intimo. E pensare che
prima era suo nemico, in quanto protettrice di Rumiko. E, a proposito di Rumiko, come era successo che l'amica si era
innamorata di Daisuke? Perché era evidente. Ed era accaduto così, da un giorno
all'altro. Fino a pochi giorni prima si struggeva per Yamato, e ora...
dicendolo in termini semplici: non le importava più un emerito cavolo di
Yamato. Fece senza nemmeno rendersi conto spallucce,
sospirando profondamente e attirando l'attenzione di Daiki il quale, anche se
non lo dava a vedere, era piuttosto teso. Non si sarebbe mai aspettato che la
ragazza, in precedenza, lo abbracciasse e consolasse e, per di più, aveva
seguito lui in auto, non i suoi amici ed il suo ragazzo.
- Sai, sono sorpreso... - disse vagamente,
mentre scalava di una marcia e teneva gli occhi fissi sulla strada trafficata
di Tokyo.
La ragazza si voltò un poco verso di lui,
guardandolo spaesata.
- Sorpreso di che cosa?
- Che tu sia venuta con me... e poi... é
così strano quello che hai fatto prima... -, sorrise alludendo a pochi minuti
prima quando l'aveva abbracciato.
- Beh... -, iniziò a farfugliare lei, non
convinta di cosa dirgli, - Lasciarti guidare da solo in condizioni disperate
potrebbe costarti un incidente... e poi mi sembravi così disperato e sul punto
di piangere che... boh... non volevo rischiare ti
suicidassi!
- Sei una tipa strana... - fu il commento
di Daiki in risposta. E lo pensava davvero. Ma dopotutto anche lui era strano.
Fino a poco tempo prima si odiavano, e a guardarli in quel momento non si
sarebbe mai detta una cosa del genere.
- Ha parlato quello normale! -, iniziò ad
aggredirlo lei, suscettibile com'era. Ci pensò un momento, ed effettivamente
non era del tutto comune, a cominciare dai suoi capelli.
Lui sorrise. - Eh eh...
calmati dai, non era un'offesa... anzi era un commento positivo... sei un po'
strana... ma sei unica... è per questo che mi piaci, Ritsuko.
La ragazza trasalì. Al di là delle parole,
era la prima volta che la chiamava per nome, e con un tono così amichevole e
dolce.
- Ehy, da quando ti prendi tanta confidenza? -,
si allarmò. - E poi come sarebbe a dire che ti piaccio? Non mi odiavi?
Ok, era evidente, era sulla difensiva, ma che altro poteva fare? Se
quel "mi piaci" era nel senso che sperava non fosse, come avrebbe
reagito? Lei stava con Nobu, e poi Nishikado... beh, doveva ammetterlo, non le
era troppo indifferente.
Nel giro di pochi secondi si
imbottigliarono nel traffico. Così lui tirò il freno a mano e poté finalmente
voltarsi a guardarla. - Scusami Matsumoto, ma sentivo il bisogno di dirtelo...
scusami... comunque non è il momento di parlarne ora... mio fratello... non è
il caso... - tagliò corto voltandosi verso il sedile posteriore. Prese una
borsa da cui estrasse il cellulare. Compose velocemente un messaggio di scuse
per il suo autista, a cui aveva preso la macchina in un momento che era
distratto, e poi prese una sigaretta. Aprì il finestrino e l'accese. Tirò un
lungo respiro, per scaricare tutta l'ansia accumulata quella sera. Tutte queste
azioni le fece sotto gli occhi attenti e vigili di Roxy.
- Io capisco tu sia preoccupato per tuo
fratello... ma questa non è una buona scusa per deviare il discorso. In ogni
caso scherzavo, se ti va puoi benissimo chiamarmi per nome, almeno se chiami me
lo so e non mi confondo con Rumiko.
Fece una smorfia al forte odore di fumo che la
raggiungeva.
- Ma tu da quando piffero fumi? È la prima volta
che ti vedo farlo, non l'avrei mai immaginato tanto perfettino
come sei. O, al massimo, ti facevo tipo da sigari. -, rise.
La guardò tossire un po' soffocata da tutto
quel fumo e spense la sigaretta. - Scusa, non pensavo ti dessero fastidio. -,
si curvò verso di lei, per un attimo in cui lei fu presa dal panico. In realtà
lui aveva solo aperto il finestrino per fare uscire presto la puzza di fumo.
- Di solito non mi da tanto... fastidio... solo
che questo luogo è piccolo e stretto e... si sente più a lungo... -, disse
deglutendo rumorosamente e avvicinandosi di più alla sua portiera, per allontanarsi
dal ragazzo.
Lui la guardò, nuovamente sorpreso. - Di
che hai paura? Guarda che non ti faccio niente...
- Io? Paura? Ma quando mai! Semplicemente puzzi
di fumo! -, si salvò lei in extremis.
- Ah si? Allora se mi avvicino così non ti metti
a piangere e urlare? - chiese curioso fermandole i polsi con una mano e
avvicinandosi a lei così tanto che i loro nasi si sfioravano.
- Mollami o ti mordo e, ti assicuro, che ho i
denti aguzzi e fanno male affondati nella propria carne! -, si difese lei,
dimenandosi dalla presa.
- Davvero? Allora anche se faccio questo mi
mordi... -, si avvicinò ancora di più annullando la distanza tra le loro
labbra. Si staccò quasi subito per passare a baciarle una guancia, poi l'altra,
per poi andare più affondo e baciarle lo spazio tra l'attaccatura dei capelli e
l'orecchio, e infine il collo. In tutto questo lei rimase immobile, come
ipnotizzata.
Lo guardò spaesata, in quegli occhi così scuri e
profondi, mentre un brivido le percorreva la schiena. Si sentiva incapace di
reagire, di pensare, di lasciarsi andare. Di fare qualsiasi cosa. Sentiva solo
il desiderio di sparire.
Vedendo che lei non reagiva si allontanò,
lasciandola andare.
- Peccato, speravo in una qualche risposta
di qualsiasi genere. -, disse ironicamente. Si tirò a sedere e sentì
improvvisamente dei clacson suonare con insistenza. La fila aveva ripreso a
muoversi. Rimise in moto e procedette, alla volta dell'ospedale. Per un attimo
Roxy non capì niente, l'unica cosa che attirava la sua attenzione in quel
momento erano le guance arrossate e le pupille dilatate di lui. Che
significava? Si era imbarazzato?
Non colse la sua ironia, ma piuttosto pullulava
incessantemente una domanda nella sua mente.
- Perché? -, buttò fuori di un fiato.
Il ragazzo ci pensò un paio di secondi. Non
aveva ben capito lei a cosa si riferisse. - Perché cosa? Ti andrebbe di mettere
un soggetto un verbo e un complemento oggetto, tesoro caro?- chiese
ridacchiando.
- Perché hai fatto questo.
- Questo cosa? -, cominciava ad
innervosirsi.
- Come sarebbe a dire questo cosa?! Mi hai appena
baciata in tutti, o quasi, i modi possibili. Perché?! Per divertirti? Per
prendermi in giro? Per quale dannato motivo?!
La guardò per un istante, poi tornò a
guardare la strada, poi la guardò ancora sospirando e infine tornò a
concentrarsi e guardare davanti a sé. -, Mi pare di avertelo già detto.
- Spiegamelo, perché mi deve essere sfuggito. -,
si morse il labbro inferiore, sentendosi completamente ferita. Bene, ora aveva
perfino tradito Nobu. Tradire voleva dire fare qualcosa. Ma lei aveva fatto di
peggio, niente! Non aveva nemmeno impedito a Daiki di avvicinarsi a lei.
- Cosa vuoi che ti dica, Matsumoto? Cosa
vuoi sentirti dire, eh? -, la voce di lui suonava leggermente affannata per
l'ansia e il nervosismo.
- Non voglio sentirmi dire niente di particolare,
se non la verità. Sai benissimo che ho il ragazzo e questo tuo gesto è ovvio mi
lasci spiazzata, visto che mi hai sempre odiata o, perlomeno, hai sempre fatto
del male alle persone a cui tengo di più. Voglio sapere perché l'hai fatto,
quale dannata forza te l'ha fatto passare per la mente! -, disse innervosita,
anche se la sua espressione più che arrabbiata era triste e confusa.
Improvvisamente Ritsuko sentì la macchina
fermarsi. Guardò fuori dal finestrino: erano arrivati. Daiki spense il motore e
le disse di scendere. Scese anche lui e inserì l'allarme, con il quale tutti i
finestrini aperti si chiusero e le portiere sbloccate si bloccarono. -
Andiamo... -, disse solamente, avviandosi verso le porte scorrevoli d'ingresso.
Roxy si piantò lì, ferma ed immobile. Una leggera
pioggerellina iniziava a scendere dal buio cielo di Tokyo, il quale sembrava
rispecchiare il suo cuore in quel momento.
- Io non vado da nessuna parte se non rispondi
alla mia domanda. -, disse solo.
Il ragazzo si voltò verso di lei, i capelli
leggermente mossi dal venticello fresco, gli occhi socchiusi per guardarla
meglio oltre la pioggia che ora scendeva fitta.
- Cosa posso dirti, Ritsuko... non mi
crederesti... e comunque a cosa servirebbe? Tu hai già il ragazzo, l'hai detto
tu stessa.
- Sei un'egoista... fai e dici solo ciò che fa
comodo a te! Che cazzo ne sai di cosa penso o credo io?! Un emerito niente,
quindi non fare tanto il sapientone con me perchè non attacca! Non sono una di
quelle ragazzette sceme che frequenti tu di solito, mettitelo nella zucca! A me
i piedi in testa non li metti!
Abbassò il capo sussurrando qualcosa che
lei non capì, così lui lo ripeté, stavolta alzando la voce.
- Io non credo che le ragazze che frequento
siano sceme... non voglio metterti i piedi in testa... semplicemente mi pare
inutile dirti una cosa tanto ovvia... ormai te ne sarai accorta, e non mi pare
che le cose cambierebbero in alcun modo favorevole se te lo dicessi
apertamente. - si zittì un attimo e poi le si avvicinò. - O forse... sei tu che
vuoi sentirtelo dire?
La ragazza rimase ferma, ma il suo sguardo si
fece truce.
- Io non voglio sentirmi dire niente da te,
Nishikado. Guarda, in questo momento per me potresti anche buttarti in un burrone,
non mi farebbe né caldo né freddo. Avevo sbagliato a credere fossi diverso...
in realtà sei e rimani uno stronzo. Sei gentile solo quando e con chi ti fa
comodo, basta che tu raggiunga i tuoi scopi.
Daiki alzò velocemente le mani, e lei
chiuse gli occhi credendo volesse picchiarla, ma si sorprese quando le sentì
posarsi delicatamente sulle sue guance, proprio come la fronte di lui sulla
sua.
- Ti amo... -, la voce di lui era spezzata.
- Ti amo, e non posso farci niente…
Il volto di Roxy fu inondato di lacrime, che però
non credette Nishikado vedesse, tanta era la pioggia
che cadeva. Era scossa da singhiozzi e non poteva farne a meno. Perché diavolo
quel ragazzo riusciva a sconvolgerla tanto? Proprio non lo sapeva. Fino ad
allora per lei c'era sempre e solo stato Nobu, e le andava bene. Era convinta
di provare amore per lui, e di certo lo provava. Ma era proprio sicura fosse
quello che provano due anime gemelle legate dal filo rosso del destino? No. Non
lo era affatto. Da quando Daiki era prepotentemente entrato nella sua vita
nulla le sembrava più ovvio. Ed il bello era che non pensava lui la conoscesse.
Ed infatti un ulteriore domanda la colse alla sprovvista, che forse non sarebbe
stato il caso rivelare.
- Da... Daiki... ma perché io? Non mi conosci
quasi... o perlomeno così poco... come è possibile che tu provi un sentimento
tanto profondo per una tipa così stramba ed opposta a te?
- Chi ti dice che non ti conosco? Cosa
pensi che abbia fatto negli ultimi dieci anni? Siamo sempre stati nella stessa
scuola... e mi sei sempre piaciuta... così bella... così ribelle... così
grintosa, eppure dolce al tempo stesso. Come potevo non innamorarmi di te?
Roxy sentì il mondo crollarle addosso. Dieci
anni? Daiki la seguiva da dieci anni, ormai? Com'era possibile non si fosse mai
accorta della situazione?
- Die-eci anni?! Ma
stai scherzando?! Perchè cavolo in dieci anni vieni a dirmelo adesso, perchè
non allora?! Non... non ti capisco... -, disse asciugandosi con il palmo della
mano la guancia destra.
- Perché per dieci anni ho creduto ti
piacesse quel tuo amico... Nobu... ed avevo ragione, cristo santo!-, disse
lasciandola e allontanandosi da lei, dandole le spalle. Si avviò verso
l'entrata dell'edificio senza dire più nulla. Si era accorto delle sue lacrime,
ma sicuramente erano per lo stupore, per altro. Lei non avrebbe mai ricambiato
un fallito come lui.
La ragazza affrettò il passo, raggiungendolo. Lo
prese per mano e lo fece voltare, ma non disse nulla. Semplicemente lo
guardava. Non sapeva che diavolo le fosse saltato per la mente, ma sentiva il
forte desiderio di non lasciarlo andare.
- Andiamo... da Daisuke... -, cambiò discorso
abbassando lo sguardo smeraldo.
Lui annuì semplicemente, osservandola un
istante. Ma quant'era bella? E quanto si era frullato
il cervello a dirle tutto?
Si avviarono così alla reception,
per chiedere del più piccolo dei Nishikado. Ancora si tenevano per mano, ma
Daiki apparentemente aveva ripreso il suo carattere freddo e distaccato, nel
rivolgersi all'infermiera. Roxy, al contrario, stava incredibilmente zitta e
con lo sguardo basso, seguendolo come un cagnolino tremante per il freddo,
incapace di fare altro.
Mentre Daiki parlava con l'infermiera, Roxy
si voltò verso l'ascensore. Vide Nobu e Akito uscire e per riflesso lasciò
velocemente la mano di Daiki e si avvicinò ai due. Daiki la guardò avvicinarsi
a Nobu ed abbracciarlo. Abbassò il capo, scuotendolo, rassegnato, poi tornò a
rivolgersi all'infermiera. - La ringrazio... - disse senza nemmeno farla finire
di parlare, avviandosi verso il gruppetto. Mentre Ritsuko rimaneva appiccicata
a Nobu, lui guardò Akito. - Come sta?- chiese scacciando del tutto la ragazza
dai capelli azzurrini di mente e concentrandosi ora sul pensiero del fratello
in sala operatoria.
- Se ti dico che già ha gli occhi aperti e si fa
viziare da Rumiko tu che mi dici? -, gli rispose sorridente.
Roxy si strinse di più a Nobu, mentre Daiki le
passava a fianco per raggiungere il fratello, nascondendo il viso contro il
petto di lui, come per non farsi vedere dal ragazzo, sentendo di vergognarsi
infinitamente. Non meritava nemmeno di stare attaccata al biondo, ma al momento
era l'unica fonte di appoggio sicura che aveva trovato. Si sentiva confusa e
avrebbe voluto semplicemente tornarsene da sola nel suo appartamentino, per
buttarsi sul letto e piangere tutte le sue lacrime.
***
Daiki entrò nella stanza e vide Rumiko
seduta accanto al letto di Daisuke, che gli teneva la mano. Stavano ridendo,
probabilmente suo fratello aveva detto qualche cosa stupida delle sue.
- Non riuscirò mai a liberarmi di te... -
disse per attirare l'attenzione dei due. Rumiko saltò in piedi e lo guardò. -
Finalmente sei arrivato... dov'è Ritsuko?
Daiki la guardò un istante e le indicò il
corridoio. La moretta guardò Daisuke. - Ti lascio con tuo fratello, torno dopo,
magari...
Uscì dalla stanza, chiudendosi la porta
alle spalle.
- Non è carina? È troppo tenera! -, esclamò
gioioso Daisuke, per poi tornare serio, - Cos'è quella faccia scura? Sembra che
tu abbia appena visto la morte in faccia!
- Uhm... ci sono andato vicino
dichiarandomi a Matsumoto... l'altra, non la tua... - rettificò sedendosi
accanto al fratello e guardando Goro addormentato sul letto accanto a lui.
La faccia di Daisuke, in seguito alla frase del fratello,
non era nemmeno descrivibile. Troppe espressioni messe insieme.
- Ti... ti sei dichiarato a Ritsuko?! Ma se
dicesti che non l'avresti mai fatto, nemmeno sotto tortura!
- Che vuoi farci... eravamo fuori
dall'ospedale... in macchina l'avevo baciata per stuzzicarla un po'... e mi è
sembrato razionale approfittarne per dirglielo... poi si è messa a piangere...
o almeno credo, pioveva forse erano gocce di pioggia... non ho capito bene ciò
che è successo... in realtà ho una grande confusione in testa.. so solo che
appena entrati ha visto quel Nobu e si è appiccicata addosso a lui, guardandomi
in cagnesco.
- Semplicemente l'avrai confusa da morire... su
dai, non farne una tragedia, se son rose fioriranno fratellone!
Detto questo si sistemò meglio sul letto e si
ristese, socchiudendo gli occhi stanchi. Daiki si lasciò sfuggire un sorriso,
talmente flebile che poteva essere scambiato per una smorfia. La cazzata l'aveva fatta, ora toccava al futuro decidere cosa
far accadere, lui di certo non avrebbe smesso di sperare. In fin dei conti era
dieci anni che lo faceva, perchè smettere ora?
… continua…
Accidenti gente, sappiamo che noi per motivi
scolastici spariamo spesso, ma voi non siete di meglio, eh? ç_ç
I nostri recensori e lettori adorati sono quasi tutti spariti! Sigh…. ci dispiace non avere più il parere di tante persone
sullo svolgimento della storia, vogliamo sapere le diverse idee! Beh… speriamo
sia solo un periodo transitorio, eh? :D Noi ci speriamo fermamente!
Shaida Black: Ma ciao affezionata
lettrice! Siamo contente ti affascini la coppia di Rumi e Daisuke, ci sembrava
un po’ scontato farla mettere da subito con il suo primo amore… purtroppo nella
vita reale molto raramente finisce così, se non praticamente mai. Nobu ti
diverte? :D Fantastico, lo rendi contento! Lui è qui ad affliggersi per la sua
Roxy… non pensava di certo di risultare divertente! Riguardo Ichinose…
personalmente per il momento preferiremmo dimenticarlo… se riapparirà o no in
futuro questo è un mistero anche per noi, ma di certo al momento preferiamo non
vederlo! Ci dispiace! :] Eheh!
"Chiudi la porta a chiave, non aprire a
nessuno, a meno che tu non sia sicura che sia la
piccola Ritsuko, mangia tutto quello che ti ho preparato, perché sei troppo
dimagrita ultimamente e vai a letto presto. " erano le raccomandazioni
annotate su un bigliettino lasciato da Azuki alla figlia. Ultimamente era molto
presa dal lavoro, essendo stata promossa da normale commessa a caporeparto del
quinto piano del centro commerciale 24h su 24h, così
si assentava spesso da casa, lasciando Rumiko sola.
La ragazza però quasi mai seguiva tutte le
istruzioni della madre. Era passata una settimana dal ricovero di Daisuke, e
lei gli telefonava tutte le sere, anche quando era già passata a trovarlo nel
pomeriggio. Che fosse dimagrita molto era vero, la
bilancia segnava ben sei kg in meno dal mese prima, quasi le si potevano vedere
le ossa. Ma la cosa non faceva molta differenza, preferiva comunque
non mangiare, le disturbava anche solo sentire l'odore del cibo, e anche dopo
aver assaggiato un misero pezzo di pane, vomitava perfino le viscere. Sapeva
che Daisuke era molto preoccupato, ma lei lo tranquillizzava, dicendo che non era nulla di che, e che presto le sarebbe
passata. Era solo una banale influenza, a suo parere. Nel profondo del suo
cuore sapeva che era così per vari motivi: il trauma subito solo una settimana
prima, l'essersi incolpata che Daisuke fosse in ospedale, e... non essere più
riuscita a parlare con Yamato. Lei ora era innamorata di Daisuke, questo era
sicuro, il solo sentirlo le provocava le farfalle allo stomaco. Però,
nonostante il brunetto avesse spodestato Yamato dal
trono di sovrano incontrastato del suo cuore, ci teneva comunque
molto al giovane avvocato, e il non sentirlo più l'aveva ormai fatta cadere in depressione.
Ora era seduta nella sua stanza, alla scrivania, aveva dimenticato di chiudere
la porta a chiave, la cena preparatale da sua madre era ancora tutta sui
fornelli, ormai fredda, era già mezzanotte passata e lei era ancora china sui
libri per recuperare tutto ciò che aveva lasciato indietro nell'ultimo periodo.
Appoggiò la matita sul foglio, si stiracchiò e si
stropicciò gli occhi. Aveva un sonno tremendo e, quest'ultimi,
le bruciavano da matti. Decise di andarsi a prendere un bel bicchiere d'acqua e
a sciacquarsi il viso. Doveva assolutamente finire quei
problemi di matematica per l'indomani, non poteva permettersi di
dormire. Non appena aprì la porta della stanza rimase
immobile, quasi pietrificata, e aguzzò le orecchie. Dalla cucina provenivano dei
rumori di stoviglie picchiate fra loro e sentiva distintamente lo scorrere
dell'acqua di un rubinetto. Che sua mamma fosse già
tornata? Possibile? In genere prima delle due del
mattino non rientrava mai.
Si guardò intorno, aggiustando gli occhiali che le
erano scivolati giù dal naso quando si era bloccata di
colpo sentendo quei rumori. Il suo sguardo di posò sul
portaombrelli, e riflettendo un po' aveva deciso che era meglio armarsi. Così
prese l'ombrello più lungo e robusto che aveva e si avviò quatta, quatta verso la cucina. Si sentiva tremare... e se non fosse
stata sua mamma? Avrebbe veramente avuto il coraggio e
la forza di riuscire a difendersi dall'invasore? E
perchè mai uno sconosciuto avrebbe dovuto pulirle la cucina? No, c'era decisamente qualcosa che non quadrava. Era quasi giunta in
cucina, quando vide la figura di un'ombra andare verso la direzione dell'uscita
di questa, dove si trovava lei. Si spalmò tipo sottiletta contro la parete,
dietro la porta e quando questa si aprì non riuscì a vedere chi fosse, ma certamente non era sua madre, era la sagoma di una
persona molto più alta e certamente non femminile. Strizzando gli occhi si fece coraggio e con una forza al di là dei suoi canoni colpì
lo sconosciuto dietro la schiena, prendendolo alla sprovvista e facendolo
cascare a terra con un lamento di dolore ed un tonfo sonoro. Rumiko non sentì
la figura alzarsi e, a questo punto, aprì gli occhi. Lasciò cadere l'ombrello a
terra, guardando la persona che giaceva distesa a terra. Non era
possibile, non riusciva a crederci... Non poteva essere vero! Che cavolo
ci faceva Yamato in casa sua, a quell'ora, e in
cucina?!
Entrò nel panico, la schiena attraversata da
brividi di orrore, la mente attanagliata dal caos più
totale e il cuore batteva all'impazzata. L'aveva colpito. Gli aveva anche fatto
molto male. Era svenuto. E... e ora cosa doveva fare?
Fece qualche passo verso di lui, si curvò un po'
e tentò di trascinarlo verso il divano del salotto.
- Cacchio, pesi più di
quanto non sembri, dannato!- bofonchiò una volta che era riuscita a portarlo
sul divano, lasciandosi poi cadere sfinita sulla poltrona accanto. Fu in quel momento che lui riprese i sensi.
Sbatteva piano, piano le palpebre, probabilmente
per mettere a fuoco il paesaggio circostante. Si portò una mano alla testa e se
la passò fra i capelli.
- Che male... - si
lamentò il giovane uomo, pensando alla schiena dolorante.
La moretta si alzò e velocemente si inginocchiò accanto al divano, prendendo una mano di lui
tra le sue.
- Oh Yamato, mi dispiace. Davvero, scusami, sono
mortificata, io...
Il biondo le fece un cenno con la mano per
fermarla, poi le sorrise. Dopotutto aveva fatto bene a colpirlo, lui non
l'aveva mica avvisata che era entrato in casa.
- Non preoccuparti, avrei dovuto pensare a
venirti ad avvisare, invece di entrare senza permesso, dato che era aperto e al
campanello non rispondevi... - sorrise - Come stai Rumi?
Lei lo guardò un attimo con gli
occhi lucidi, poi le sue labbra si schiusero in un dolce sorriso.
- Mi sei mancato... mi sei mancato tanto... -
disse appoggiando il capo sulla spalla di lui,
lasciando che le lacrime scendessero senza fermarle. Voleva
solo piangere un po', poi non l'avrebbe più fatto.
Yamato si allarmò un
pochino, ma poi decise di ignorare i suoi pensieri e di stringerla a sé.
Sicuramente era un po' frustrata per l'assenza della madre e
per il ricovero di Daisuke, aveva bisogno di piangere.
- Shhh.... Dai Rumi, se continui a piangere così ti si rovinerà il
viso! - tentò di sembrare carino, ma forse il suo tentativo di
approccio non era il più delicato.
Lei annuì e poi si allontanò da lui, gentilmente.
- Sai Yamato... ora io e Daisuke stiamo insieme. Quindi... volevo dirti di non preoccuparti
più per me... è vero ho sofferto per te... ma ora va
bene... e a me farebbe piacere se potessimo tornare amici.- spiegò lei evitando
di guardarlo negli occhi. Si sentiva imbarazzatissima,
e non riusciva a capire il perché.
Fra i due calò il silenzio, che a Rumiko sembrò
non finire mai.
- Non voglio metterti i bastoni fra le ruote,
però ti voglio bene e non posso di certo abbandonarti quando
hai bisogno di aiuto. Non puoi chiedermi di non farlo.
Si abbassò un pochino sul viso della ragazza, e
le diede un bacio sulla fronte.
Lei arrossì. Il suo cuore sembrò esploderle in
petto a quel contatto. Si sentiva una traditrice nei
confronti di Daisuke, ma avere Yamato così vicino, tutto per lei, le faceva
un effetto fin troppo strano.
- Va bene... non te lo chiederò.
Mi fa piacere... se ti preoccupi... per me... - finì
con un filo di voce.
Il biondo sorrise, accarezzandole la testa.
- Dovresti andare a dormire
Rumiko... hai delle profonde occhiaie, non dovresti fare le ore piccole!
E non dovresti nemmeno saltare i pasti... hai un
aspetto debolissimo... da quanto non mangi?
Lei lo guardò un attimo confusa.
- Eh... no... più che altro dimmi
cos'è che ci facevi tu nella cucina di casa mia!!!
Lui sembrò pensarci un attimo,
poi si passò una mano fra i capelli, con fare imbarazzato.
- Ho visto che non rispondevi, sono entrato... ho
visto la porta della tua stanza chiusa e pensavo dormissi...
allora, siccome avevo sete, sono andato in cucina... e visto il casino ho
pensato di mettere un po' a posto...
- Mi hai spaventata a
morte... solo perché avevi sete?- disse lei non riuscendo a nascondere il suo
stupore. Inevitabilmente le sue labbra si arricciarono, prima di scoppiare in
una risata cristallina. - Ma... ahhaha...
Yamato sei un danno!
Contagiato dal buon umore della moretta si lasciò
scappare un sorriso, che però non riusciva a nascondere
la sua preoccupazione. Rumiko era strana... troppo strana.
O forse chi veramente era strano era lui. La voleva al
suo fianco, anche solo come una sorellina... ma perchè allora provava il
desiderio di farla sua? Perchè assomigliava alla sua ex? No, questo sicuramente
no.
***
- Ma dove sono finiti
quei due? Akito è normale che marini le prove, lo fa sempre! Ma Yamato?! Che fine ha fatto???- chiese
Nobu guardando la ragazza dai capelli azzurri che accordava la sua chitarra in
tutta tranquillità.
- E io che ne so? -
rispose facendo spallucce e provando qualche melodia, per testare
l'accordatura. - Domandalo ad Ashley, lei sa tutto...
Guardò di traverso il biondo. Avevano appena
litigato ed ovviamente il motivo qual'era?
Ashley. Roxy non la sopportava più. Ogni volta che si trovavano da soli o con
il gruppo per provare puntualmente spuntava anche lei.
Sembrava l'ombra di Nobu!
- Cosa diamine vuoi che
ne sappia, Ash?- chiese ingenuamente, senza cogliere
l'ironia della battutina della sua ragazza.
Intanto quell' "ASH"
aveva stizzito Ritsuko non poco. Ora la chiamava anche Ash?
Bene, il cammino per arrivare a chiamarla "zuccherino" era davvero
poco, ora.
- Voglio dire che ASH,
pettegola ed impicciona com'è, sa sempre tutto... non mi sorprenderebbe se
sapesse perfino l'ora in cui vai in bagno! Secondo me il ruolo di spia le calzerebbe a pennello, diventa l'ombra delle sue vittime! -
bofonchiò appoggiando la chitarra e iniziando a sorseggiare la sua birra.
Quel ragazzo era troppo ignorante, certe volte.
Quando faceva così le faceva partire i nervi perché non capiva mai se facesse finta o no di essere tanto ingenuo.
- ASH NON TI HA FATTO NIENTE! SMETTILA DI PARLARE
COSÌ DI LEI! È MIA CUGINA, DEVO RICORDARTELO?- chiese
cominciando ad irritarsi. Ritsuko pensò che era davvero
difficile far perdere le staffe a Nobu, forse stava esagerando.
- Sì, sì... va bene... è
tua cugina... - disse sorseggiando un altro po' della sua bionda.
Fortuna che c'era la birra, altrimenti in quel
momento avrebbe mandato a quel paese il ragazzo. Ok, forse lei stava esagerando, ma lui non le stava di
certo dimostrando che, come ragazza, Ashley gli fosse
indifferente. Lei si appiccicava a lui, gli dava tanti bacetti
per tutto il viso puntando le labbra, gli preparava pranzetti e leccornie,
faceva mille cose per aggraziarselo e Nobu non faceva nulla per respingerla.
Anzi, si faceva viziare volentieri!
Uomini! Tutti fatti con lo stesso stampo
difettoso. C'era sempre qualcosa che non andava in loro, e la maggior parte
delle volte era una cosa molto semplice: erano un mucchio di stupidi porci in
astinenza!
Il ragazzo la guardò storto, ma poi pensò che in
effetti, forse, aveva ragione. Ma, d'altronde, lei non
faceva niente per mettere a tacere le voci che
giravano per scuola su una presunta relazione tra lei e Nishikado. E a lui questo dava fastidio. Perché non
alzava un muscolo. Come per riflesso condizionato, si avvicinò
velocemente a lei e l'abbracciò forte. La ragazza perse la presa sulla lattina
di birra, che cadde a terra rovesciando fuori il suo contenuto.
- Non... non
lasciarmi... mai... - disse tentando di sopprimere quella vocina nel cervello
che ormai da giorni gli diceva che Ritsuko l'avrebbe lasciato.
Roxy lo allontanò il necessario per guardarlo
negli occhi.
- Ma che stai dicendo
Nobu? Sto facendo di tutto per farti notare che tu
stai cedendo alle avances di tua cugina e chiedi a me
di non lasciarti? Dovrei essere io a dirlo...
Sospirò, scuotendo la testa. Non era lei quella
nel torto.
- Quel... quello
stupido... Nishikado... ti sta portando via da me... ne sono certo!-
Lei sussultò. Come osava insinuare una cosa del
genere? Cosa c'entrava ora quel babbeo di Nishikado? Perché sospettava di lei in quel modo? E,
inoltre, come diavolo gli era saltata in mente una cosa del genere?
Gli diede uno scappellotto dietro la nuca,
guardandolo corrucciata.
- Stai dando di testa Nobu?!
Cosa diavolo vuoi che me ne freghi di Nishikado! L'ho
sempre evitato per hobby?!
No, effettivamente non era proprio così. Non lo evitava, semplicemente lui aveva una vita e lei un'altra.
Prima della vicenda di Rumiko non l'aveva mai nemmeno notato... o forse sì?
Nobu scosse la testa. Proprio non capiva.
Improvvisamente si sentì una melodia allegra
spezzare il silenzio imbarazzato. Era il cellulare di Ritsuko. La ragazza
rispose e fu sorpresa di sentire la voce di Akito.
Sembrava distrutto...
- Ho capito... aspetta, prendo la moto e arrivo,
così ne parliamo con calma.
Nobu la osservava attento, ma proprio non
riusciva a capire cosa le stava dicendo l'amico, ma a quanto pareva era
successo qualcosa di grave, se Roxy voleva raggiungerlo. La seguì con lo
sguardo, mentre prendeva giacca, chiavi e casco.
Lei si voltò a guardarlo. Nobu le
si avvicinò e le diede un piccolo bacio a fior di labbra.
- Ti amo, lo sai. Non fare caso a ciò che ho detto...
- Ne riparliamo poi... non
possiamo sempre chiudere le nostre discussioni così, altrimenti i
problemi non li risolveremo mai... ci vediamo dopo. - ricambiò il bacio e si
avviò verso l'uscita, iniziando ad allacciarsi la giacca.
No, in quel momento non riusciva a dire a Nobu
che lo amava, perchè non era ciò che sentiva. Per lui, ora come ora, provava
solamente irritazione, forte irritazione per il suo
comportamento verso Ashley e lei stessa.
Indossò velocemente il casco, uscì dal locale
seguita a distanza dal ragazzo, salì sulla moto e partì quasi subito
scomparendo dalla vista preoccupata di Nobu, che si pentì di
averle detto tutte quelle cose. Era stata così fredda nel salutarlo.
Aveva paura che quello fosse l'inizio della fine.
***
Con una frenata poco aggraziata fermò la sua
corsa alla volta del nuovo luna park. L'avevano appena aperto e si trovava nei
dintorni della casa di Rumiko. Akito si era rifugiato lì, nell'attesa della
ragazza dai capelli turchesi. Essendoci tanta gente era sicuro di non rischiare
di incontrare Azuki, che per chiedergli scusa lo aveva
rincorso. Ritsuko posteggiò la moto nel primo spazio che trovò, legò il
casco alla ruota anteriore e si avviò alla ricerca del giovane uomo.
Trovarlo fu molto semplice. Era seduto su una
panchina dinnanzi al ristorante del parco giochi, poco lontano dalle montagne
russe. Gli si avvicinò e si sedette accanto a lui. Il ragazzo non diede segno di averla vista. Era fermo, immobile, come sospeso a
mezz'aria in un mondo tutto suo, lontano da tutto e da tutti, irraggiungibile e
al sicuro. Eppure, improvvisamente, lo vide scuotersi
e parlare.
- ... lo ha fatto per Rumiko, sai...
- Forse è solamente una fase di
transizione... magari prima vuole chiarire le cose con lei. - rispose
vagamente lei, non del tutto consapevole dell'accaduto.
Le aveva solamente accennato
che Azuki aveva deciso di tagliar i ponti con lui, i dettagli della vicenda
ancora le erano oscuri.
- ... no... non chiarirà
nulla... "Non dobbiamo vederci mai più" così ha detto...
Era distrutto. Si portò le mani sul volto e
sospirò, cercando di trattenere le lacrime. Non poteva piangere, non davanti a
Ritsuko!
La ragazza prese a giocare con i capelli corvini di Akito, intuendo lo stato d'animo del ragazzo.
- Guarda che se mi chiami perché hai dei
problemi, questo implica lo sfogarsi non solo con il parlare eh...
Azuki lo aveva mollato per proteggere la figlia,
comprensibile. Ma, in fin dei conti, sapeva benissimo
dall'inizio il rischio che correva. Se l'era cercata
lui.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte.
L'abbracciò, stringendola forte, e scoppiò in lacrime. Ritsuko continuò ad
abbracciarlo, accarezzandogli i capelli e cullandolo come un bimbo. Non aveva
mai visto Akito così distrutto in vita sua, neanche qualche
anno prima, quando era morta sua sorella. Pensandoci bene, si erano
conosciuti più o meno in quel periodo, ed Akito aveva
cominciato subito a trattarla come una sorellina minore, non l'aveva mai presa
in considerazione come possibile ragazza neanche una volta. E
così la piccola infatuazione che lei aveva per lui era sfociata subito in amore
fraterno. Lui era suo fratello, e non le andava giù che dovesse
soffrire in quel modo. Non l'aveva mai visto piangere, davvero.
Gli sussurrò qualche parola dolce per consolarlo
e si guardò intorno preoccupata, notando gli sguardi curiosi delle persone che
passavano lì intorno. Quanto li disgustava... la gente
così impicciona era veramente la cosa più oscena che potesse esistere sulla faccia
della terra. Ad un tratto il suo cuore mancò un battito. Perchè lui era lì? E perché la stava fissando? Oddio... e ora cosa avrebbe
pensato su di lei e Akito?
… continua…
Masciao gentaglia!
Che dite? Inizia a farsi tutto scottante? E come si risolveranno le cose fra Azuki e Akito? E fra Roxy e Nobu? E Nobu ed
Ashley? E che combineranno Rumiko e Yamato? :D Lo saprete nel prossimo capitolo, sì sì!
Dunque, passiamo a ringraziare i nostri cari lettori,
e come sempre, i nostri carissimi recensori, che ci sostengono tanto, tanto con
i loro commenti!
Shaida Black:
Ma ciao cara! :D Ti è
piaciuto che Daisuke considerasse tenera Rumiko? Beh, noi non sapremmo come definirla,
se non così. Per la storia Roxy-Nobu o Roxy-Daiki… chi ti dice
che la nostra azzurrina cederà al fascino del bel Daiki e che non rimanga con il
dolce Nobu? Non si può mai dare nulla per scontato, ah i
sentimenti umani… sono così volubili, ma allo stesso momento così forti…
quindi mai dare nulla per scontato! ;)
Faith: Mhhh… Nobu
e Daiki che si sbranano a vicenda, magari arrivando a fare un duello mortale
dove solo unosopravviverà? Potrebbe
anche essere un’idea! :D Vedremo chi l’avrà vinta per
conquistare la bella azzurrina!
Lanciò un ulteriore
sguardo preoccupato ad Akito e poi osservò nuovamente la figura in lontananza. Perché diamine Daiki era lì? Guardò verso il
ragazzo sconcertata, quando voltò lo sguardo. Che
diamine le saltava in testa? Lei non gli doveva proprio niente. Fosse stato
Nobu era una cosa, siccome stavano insieme, ma Daiki non era nient'altro che un
conoscente.
Lo vide avvicinarsi lentamente. Cosa diavolo voleva ora?
Daiki arrivò a pochi passi dai due e osservò la
ragazza dai capelli azzurri.
- Ti... trovo bene... - disse senza aggiungere
nulla. Era dal giorno della dichiarazione che non si vedevano.
Mentre aspettava una risposta di lei, visibilmente
impacciata, osservò il moro. Non era da Akito ridursi in
quello stato, doveva essere successo qualcosa di terribile.
- Scusa Daiki, non è il momento... - rispose lei,
distogliendo lo sguardo preoccupato e ripuntandolo su
Akito, che non accennava a distogliere il viso dal suo grembo. Stava ancora piangendo, sentiva distintamente il suo corpo
sussultare dai singhiozzi.
- Mi meraviglio di te Akki...
- disse in finto tono amichevole il ragazzo. - Non è proprio
da te ridurti così, lo sai? Mi fai pena... - doveva
farlo reagire. Incassò l'occhiata omicida di Ritsuko senza fare storie e poi
vide Akito alzarsi in piedi e guardarlo, asciugandosi gli occhi.
Un ghigno divertito si dipinse sulle labbra del
bruno Nishikado. Ne sapeva eccome, sapeva anche lui cosa voleva dire
soffrire... e una delle ragioni di questo sentimento in lui
era proprio lì davanti. E con questo passo per tirare su Akito, ne era certo, con lei avrebbe chiuso definitivamente. Non
gliel'avrebbe mai perdonato questo colpo basso sul moro.
- Daiki. - s'intromise infatti
Ritsuko - Per favore, non ti intromettere. Non ti riguarda.
Akito allungò un braccio davanti a Roxy,
facendole segno di starne fuori. Poi sorrise.
- Tu... sei tutto scemo... - affermò Daiki
ridendo. Akito lo guardò seriamente, ma poi si lasciò andare anche lui e rise.
Rise tanto, più che poteva, liberandosi di quella sensazione di costrizione che
gli attanagliava lo stomaco.
Ritsuko dal canto suo era completamente confusa. Cosa diavolo stava succedendo? Da quando quei due erano così
amiconi?
Guardò alternativamente Daiki e Akito, iniziando
ad innervosirsi. Che funzionasse così fra uomini?
Probabile. Le era già capitato spesso d'imbattersi in
una situazione simile, in fin dei conti aveva frequentato quasi sempre solamente
ragazzi. Si diede una grattatina alla testa,
alzandosi anche lei dalla panchina, aspettando una qualche parola dagli altri
due.
Daiki fu il primo a riprendersi dall'attacco di
risatine. Guardò la ragazza, sorridendole. Sorridendole come
solo lui sapeva fare.
- Non preoccuparti, Matsumoto, non siamo
impazziti... sai abbiamo fatto una bella chiacchierata io e lui, il giorno che
Daisuke fu ricoverato in ospedale... non potresti
capire comunque...- spiegò pacato.
E lei pensò che sentirsi chiamare ancora Matsumoto con quel tono
così distaccato faceva un male straziante al suo povero cuore.
- Ah capisco... - fu solo capace di dire, abbassando
lo sguardo, ma riprendendo subito la sua aria sicura. - Allora vi lascio chiacchierare da soli, così posso tornare a casa!
Dopo una giornata così straziante ci vuole un bell'idromassaggio!
Ci si vede gente!
Si voltò, corrucciando subito lo sguardo. Che la chiamava a fare Akito, quando poteva chiedere a
Nishikado, che tanto ci metteva due secondi e mezzo a farlo riprendere? Ok, era una bambinata, ma ci era
rimasta male, si sentiva ferita nell'orgoglio. Lei voleva tanto bene ad Akito e
desiderava essere LEI a riuscire a consolarlo.
Akito la fermò subito per un braccio.
- Scusa Roxy, io vado da
Azuki... devo parlarle... tu resta qui. Daiki ha qualcosa da dirti!
La ragazza vide distintamente Akito fare un
occhiolino a Daiki. Ma l'aveva presa per scema? Ma cosa stava succedendo? Il mondo girava a rovescio...
Si appuntò mentalmente di tirare il collo ad
Akito. Lei lo aiutava e lui la tradiva. Stupendo. Guardò il moro allontanarsi
sempre di più, senza distogliere lo sguardo anche quando sparì dalla sua
visuale. E ora? Che doveva
fare? Si sentiva tremendamente a disagio a rimanere con Daiki nei dintorni,
figurarsi sola con lui.
Improvvisamente sentì una mano posarsi sulla sua
testa in un gesto delicato e lento. Si voltò e incontrò lo sguardo del bruno. Si
accorse che lui era così alto, la sovrastava di parecchi centimetri, era grande
e forte, e stare con lui, nonostante le provocasse un certo disagio, la faceva
sentire quasi protetta.
- Ti va di fare un giro, già che ci siamo? Stare
fermi qui come due babbei fa tanto... babbei!
Ritsuko scosse meccanicamente la testa, in segno
di negazione.
- No... io... io voglio
sapere cosa devi dirmi... - affermò sentendosi una stupida.
Non poteva fare una cosa del genere! Lei era la dura della situazione, non poteva fare la timida e
dolce ragazzina!
Lui sospirò.
- Ma è una cosa scema...
non mi viene mica da dirtela così all'improvviso... come puoi pretendere mi
venga così? Che stupida... - disse incrociando le
braccia e scuotendo la testa, stizzito.
Roxy mise il broncio. Ah, ora era anche stupida
perché gli domandava cosa voleva dirle? Ma non stava
né in cielo né in terra!
- Quando fai così mi viene un
enorme voglia di prenderti a schiaffi! - ammise, iniziando ad
incamminarsi all'interno del luna park.
Lui sorrise. Lei poteva dire ciò che voleva, ma
intanto stava camminando come gli aveva chiesto. Ah, era così facile
manipolarla...
La raggiunse in poche falcate e le indicò le
montagne russe.
- Ti fai un giro? Il primo che grida paga pegno... - le fece l'occhiolino e senza lasciarle il
tempo di rispondere la prese per mano e la trascinò verso l'attrazione.
La ragazza tentò di fare resistenza, puntando i
piedi a terra. Vinta dalla sua curiosità aveva deciso di seguirlo nel luna
park, ma non aveva intenzione di fare il suo burattino!
- Io invece dico di andare su quell'altra!
- disse indicando una giostra che faceva il giro della morte.
Lui sorrise.
- Perfetto. Vincerò facilmente allora. Su quella
urlerai come una matta e mi pregherai di portarti in salvo ah
ahah!- rise sguaiatamente facendo dietro
front e arrivando nei pressi dell'altra giostra, con Ritsuko che si
mordicchiava le labbra irritata. Perché non riusciva a farlo arrabbiare,
accidenti?!
- Tu sei troppo sicuro di te stesso... - ammise,
pensando al giro che l'attendeva.
Avrebbe messo la mano sul fuoco che il primo a
gridare sarebbe stato lui, perfettino tale era sicuramente non era abituato ad emozioni forti come
quelle.
Daiki prese due biglietti, poi fece un piccolo
inchino facendole cenno di passare avanti, si assicurò
che le sue cinture fossero fissate per bene e le sorrise. La ragazza non poté
fare a meno di chiedersi da dove arrivava, ora, tutta quella galanteria. Voleva
abbindolarla? Beh lei non ci cascava, avrebbe mantenuto il suo atteggiamento
diffidente, lei si fidava solo di se stessa.
Voltò lo sguardo in avanti, notando che la
giostra cominciava a muoversi. Era il momento della verità,
aveva già la vittoria in tasca, se lo sentiva a pelle. Gliel'avrebbe
fatto pagare quel suo atteggiamento da lecchino, proprio non lo reggeva.
- Preparati a perdere Nishikado! - affermò
sicura, mentre un sorriso di sfida si dipinse sulle sua
labbra.
Lui non si smosse. Assunse un'espressione seria e
rimase immobile e zitto.
Roxy non riusciva a capire come mai non reagisse
alle sue provocazioni. Beh, poco male, tanto il pegno l'avrebbe pagato lui.
Chissà poi di che pegno di trattava?!
La giostra cominciò a prendere velocità. Lei
sentì l'arietta fresca colpirle il volto e attraversarle i capelli che, lunghi
com'erano, probabilmente sbattevano in faccia al passeggero seduto dietro.
Sicuramente, anzi.
Non si preoccupava della velocità sempre in
aumento, era abituata ad andare su quelle giostre, non sarebbe
successo nulla, avrebbe vinto lei.
Cominciarono ad avvicinarsi alla prima curva, la
meno spaventosa, e quasi inconsciamente, nei due secondi in cui erano stati a
testa in giù, si lasciò sfuggire un lamento
impercettibile. Serrò le labbra. Cosa cavolo era
stato? Era stata lei? Come? Perché? Si voltò verso
Daiki, sulle cui labbra si era disegnato un sorrisetto trionfante. "Dannato, non l'avrai vinta
così!!!" pensò lei. Poi vide una curva gigantesca
e decisamente ad alta quota, ad almeno 50 metri dal suolo. Fu
assalita dai brividi.
Sentì il suo stomaco rigirarsi in una morsa di
dolore e nausea. Accidenti, a pranzo era passata da McDonald's,
se n'era scordata! Ok, aveva fatto una sciocchezza,
era chiaro che il suo corpo reagisse automaticamente al tartassoso
percorso. Lanciò una mezza imprecazione e iniziò a concentrarsi sul percorso,
per non rischiare di rimettere l'anima. Doveva distogliere i suoi pensieri
dallo strano comportamento di Daiki.
- Tutto bene?- chiese il ragazzo, alzando un po'
la voce per farsi sentire, in viso stampata ancora la
solita espressione irritante. Ritsuko aveva voglia di dargli un pugno sul naso.
- E perché mai non dovrebbe?!
- sbottò irritata, cercando di ignorarlo, ma non resistì
dal lanciarli una frecciatina - Vedi piuttosto di
pensare a te stesso, tanto non ti dovrebbe essere difficile!
Lui aggrottò la fronte. Quello era stato un colpo
basso e non gli era proprio piaciuto.
- Sai una cosa Matsumoto?
Lei lo guardò. Cosa
doveva sapere?
Lui sorrise e gli indicò di guardare davanti. Lei
si voltò e diventò cerea, erano giunti al giro della
morte. Era finita. Avrebbe vomitato.
Chiuse gli occhi, terrorizzata, quando la giostra
frenò di colpo. Daiki si guardò in giro preoccupato. Perchè diavolo si era
fermata a metà del giro della morte? Che ci fosse
qualche problema tecnico? Quando la ragazza dai
capelli azzurri riaprì gli occhi si lasciò scappare un verso sorpreso. Girò la
testa talmente di scatto verso Daiki che lui giurò quasi le
si staccasse dal collo.
I lunghi capelli azzurrini penzolavano giù. Lei
chiuse gli occhi, evitando di guardare giù e per riflesso condizionato prese la
mano di lui, stringendo le labbra per non vomitare e
per non gridare dalla paura.
Gliela strinse così forte che Daiki finì per non
sentirla più dal dolore.
- Quando riparte questa cosa?!
- disse posando la mano libera sulle labbra.
Improvvisamente lasciò andare un pochino la
presa, mentre sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Stava male, anzi
malissimo. La testa le girava e si sentiva mancare.
Daiki tentò di dire qualcosa ma
poi il suo sguardo cadde allarmato sulle cinture della ragazza. Stavano
cedendo.
***
Chiuse il libro, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi
gli occhi. Guardò il volto addormentato di Daisuke e finì per sentirsi offesa.
Lei si offriva di offrirgli ripetizioni e lui si
addormentava come un ghiro? Antipatico!
Ripensò alla sera prima, con un pizzico di
nostalgia. Yamato era rimasto a farle compagnia fino a tardi. Avevano mangiato,
avevano guardato la TV,
poi lei si era addormentata appoggiata a lui e tutto ciò che ricordava erano le
sue forti braccia che la prendevano e la portavano nella stanza, a letto. Era
felice, e per questo nauseata. Nauseata di se stessa. Era innamorata di
Daisuke, eppure Yamato era rientrato prepotentemente nella sua vita e,
soprattutto, nel suo cuore. Cosa
sarebbe successo? Guardò il ragazzo castano con il viso appoggiato sulla braccia, che dormiva beatamente. Che
faccia da angioletto aveva così. Gli passò una mano sul viso, e gli
spostò una ciocca di capelli ricadutagli sulla fronte. Con o senza gel, Daisuke
era davvero bellissimo, questo non lo cambiava nulla.
- Cosa devo fare?-
sussurrò tra sé e sé, avvicinandosi a lui e appoggiando la testa accanto a
quella del ragazzo, per sentirlo vicino.
Eppure era ancora così lontano... e non riusciva
a capire se era lei ad essere lontana da lui o
viceversa.
- Mhhh... potresti
darmi un bacio e farmi tante coccole... - mugugnò lui, riaprendo gli occhi e
passandole una mano fra i capelli - Mio dio Rumiko... quanto sei
bella...
Passò una mano dietro la nuca della ragazza,
annullando la distanza fra le loro labbra e baciandola dapprima dolcemente, poi
con forte passione.
Lei si staccò quasi subito da lui, e non ebbe
neanche il coraggio di guardarlo negli occhi.
- No... ehm... cioè
volevo dire... non dobbiamo, può entrare qualcuno e sono ancora in pochi a
sapere che stiamo insieme!
Lui le accarezzò una guancia.
- Di che cosa hai paura Rumiko? - le domandò
innocentemente, scrutando nei suoi occhi di ghiaccio.
Daisuke, che era affianco a lei, le afferrò una mano, facendola voltare verso di sé e
attirandola fra le sue braccia.
- Amore mio... stavo pensando una cosa, cioè sai, insomma... sempre che ti vada... non devi sentirti
obbligata... questa estate mi piacerebbe tanto fare un viaggio insieme a te,
possibilmente noi due soli... stavo pensando di andare a Parigi, ho sempre
desiderato andarci con la mia ragazza... - ammise un po' impacciato, mentre il
suo viso si tingeva di un vago colore scarlatto.
Lei spalancò gli occhi, sorpresa. Ok, questa davvero non se l'aspettava.
- Io... devo pensarci... e poi devo
chiedere a mamma... - il suo volto assunse un'espressione dolce. - Sono felice tu me l'abbia chiesto. - si voltò verso di lui e
lo baciò. - Ti amo, Dai...
Ed era vero. Lo amava tantissimo. Solo che si
sentiva inferiore, perché sapeva che l'amore che provava per lui era intorpidito
dai sentimenti che ancora nutriva per Yamato.
Il ragazzo sentì un campanello d'allarme risuonare nella sua
testa. Le cinghie che trattenevano Ritsuko stavano davvero cedendo. Perché? Non
poteva essere. Le aveva controllate lui stesso, poco prima. Ed era sicuro di averle
chiuse bene. E poi Ritsuko aveva un fisico molto esile, quindi sicuramente
avrebbero dovuto mantenerla. Che fossero rotte già da prima, e lui non se ne
era reso conto? Guardò la ragazza negli occhi, si accorse che il suo volto era
di un colorito cereo e che le lacrime le scendevano dagli occhi, cadendo sotto
di loro, nel vuoto. Doveva dirle che era in pericolo. Ma come? Se si fosse
agitata sarebbe caduta all'istante.
Roxy guardò il ragazzo negli occhi, trovandosi confusa
all'espressione di lui.
- Dai, vedrai che ripartirà... - disse tentando di sembrare
positiva, pensando lui fosse sconvolto dall'improvvisa fermata della giostra.
Daiki la guardò ancora un attimo prima
di allungare la mano e intrecciarla con quella destra della ragazza.
- Promettimi... promettimi di non agitarti... devo dirti una
cosa, ma è assolutamente indispensabile che tu rimanga immobile.- disse
ignorando il dolore lancinante alla nuca, colpa del sangue che stava scendendo
in testa.
- Ah... si vede tanto che ho la nausea? - domandò lei
imbarazzata, arrossendo visibilmente sulle gote.
Pensava di averlo mascherato piuttosto bene, tutto sommato,
vedendo la situazione in cui si trovavano. Fortuna che non erano in un luogo
chiuso, come quella volta in ascensore, lì sarebbe stato tremendo.
- No... cioè si... ma che c'entra??
Senti fammi parlare, ok? E' una cosa davvero molto,
molto importante, ma finché non mi prometti che dopo che te l'avrò detto non
muoverai un muscolo, non ti dirò nulla!- sbottò secco. Non era il momento di
parlare della sua nausea!
Ritsuko lo guardò confuso.
- Come faccio a prometterti una reazione che non posso sapere
di avere?! - sbottò, iniziando ad irritarsi.
Possibile che lui dovesse sempre girare intorno alle cose?
Quanto le dava fastidio questo atteggiamento nelle persone, preferiva
quando andavano subito al dunque.
- E va bene, va bene. Stai per cadere giù, cosa che
sicuramente ti farà sfracellare al suolo. SPLAT come una sottiletta... - disse
nervosamente. Che bisogno c'era di rispondergli in quel modo? L'aveva fatto
incavolare. Sapeva che non era il momento, ma quella
ragazza era l'unica persona che riuscisse a dargli i nervi.
- E gli asini volano... - rispose lei a tono, semplicemente.
La prendeva in giro o cosa? Idiota... Ok
che voleva vincere la scommessa a tutti i costi, ma
non era il momento per fare stupide battute.
Decisamente irritato, lui avvicinò una mano al capo della
ragazza, che si ritrasse un po' chiudendo gli occhi, impaurita. Voleva
picchiarla?
Ma, stranamente, non lo fece. Quando aprì gli occhi vide che
lui le aveva fatto girare un po' la testa all'ingiù (o meglio, in su). Lo sguardo cadde sulle cinghie che la tenevano
attaccata al sedile. Stavano per aprirsi.
Improvvisamente la parlantina provocatoria della ragazza
cessò. Guardò più attentamente le cinghie della giostra, scuotendo la testa.
No, no non era vero. Era un sogno, sicuramente. Al
100%. Non voleva mica morire!
- Roxy... ti giuro che non ti lascerò cadere...
però... devi fare esattamente come ti dico.- disse lui prendendole di
nuovo la mano e stringendola.
La ragazza tirò un sospiro, mentre sentì le lacrime pungerle
gli occhi.
- Calma. Sangue freddo. È solo un incubo. - si ripeté un paio
di volte, prima di riguardare Daiki -Ti ascolto...
Strinse la mano del bruno ancora più forte, per sentirlo più
vicino a sé.
- Guarda dove ora tieni i piedi appoggiati... come puoi
vedere c'è uno spazio vuoto tra questa piccola pedana e il sedile dove siedi.
Prova a reggerti bene con i piedi lì... sei leggera riuscirei sicuramente a
tenerti per le mani, ma senza un piccolo aiuto da parte tua che ti mantieni con
le gambe mi scivoleresti via facilmente. Devi solo fare come ti ho detto, al
resto ci penso io, se la cintura cederà non agitarti e non preoccuparti... ti
tengo... non permetterò che ti accada niente. - disse seriamente. Doveva
proteggerla. VOLEVA proteggerla. Non poteva stare con lei, ma non avrebbe di
certo permesso che la ragazza che amava morisse. Questo mai. Se fosse
sopravvissuta a quella situazione, non avrebbe voluto più nulla da lei. Gli
bastava fosse viva.
La ragazza annuì, facendo come le aveva detto. Un brivido di
freddo le percorse l'intera schiena. Un vento gelido aveva appena iniziato a
soffiare. Si sentì tremare, ma non solo dal freddo. La testa le girava
fortemente, tanto che cominciava a sentirsi mancare. Si portò la mano libera
alla fronte, tentando di mettere a fuoco quello che le stava davanti.
- Daiki... - pronunciò flebilmente.
Daiki le strinse forte la mano, per incoraggiarla. E improvvisamente
le cinghie cedettero. Ritsuko si sentì come sospesa nel vuoto, e chiuse gli
occhi, impaurita. Ma quando li riaprì notò di essere a mezz'aria. Non era
riuscita a mantenersi alla piccola pedana con i piedi, però, cadendo e
oscillando, Daiki le aveva preso anche l'altra mano e ora gliele teneva strette
entrambe, impedendo che scivolasse via. Lo vide strizzare gli occhi per lo
sforzo.
-Tieniti...
- strinse i denti - Tieniti forte... stanno salendo a prenderti, li vedo da
qui.
- Daiki... mi dispiace... mi dispiace... - riusciva solamente
a dire, ormai completamente presa dal panico. - Così rischio di far del male
anche a te... mi dispiace...
Il ragazzo scosse la testa, cercando di raccogliere tutte le
sue forze e tirarla a sé, sulla giostra, per non rimanere in quella posizione
ancora più brutta, dove rischiava di non farcela a reggerla. Se fosse riuscito
a portarla alla sua altezza avrebbe potuto farle trovare un appoggio dove
sostenersi almeno in parte.
Concentrò tutta la sua forza e piano, piano la tirò su. La
ragazza se ne accorse all'improvviso, e quando aprì gli occhi notò che ora era
a soli pochi centimetri dal viso di lui.
- Roxy... ora ti lascio una mano... devi appoggiarla
immediatamente qui, al bracciolo della giostra. Devi usarlo come maniglia e poi
ci devi fare leva su per girarti e venire tra le mie braccia, in modo da
poterti cingere con una delle duecinghie che tengono me. - le spiegò
velocemente, sperando lei capisse cosa intendeva.
- E se non ci riesco? Rischierai di cadere anche tu... e poi
con una cinghia sola... rischieresti comunque... E io non voglio... non voglio
che anche tu...
Lui scosse la testa.
- Ascoltami bene... è questione di pochi minuti... il tempo
che salgono a prenderci... ma io non resisterò ancora
per molto, devi appoggiarti a qualcosa... ti prego, Ritsuko ascoltami. Non
permetterò ti accada niente. Finché ci sono io, non ti accadrà niente, te lo
giuro! - il tono con cui aveva parlato era quasi solenne.
Lei annuì. Seguì alla lettera tutte
le istruzioni che il ragazzo le diede e, quando si ritrovò fra le sue braccia,
avvolgendo le sue al collo di lui, nascose il viso sulla spalla di Daiki, dando
libero sfogo al pianto. Non avrebbe mai creduto di poter provare tanta paura in
vita sua, mai. Di una cosa però era certa, d'ora in avanti non avrebbe mai più
messo piede su di una giostra, a meno che non fosse stata
una di quelle per bambini!
***
- E poi? Insomma... cosa é successo prima che venissero a
prendervi?- chiese Rumiko con uno strano luccichio negli occhi.
Roxy si chiese se avesse fatto bene a raccontare tutto.
Sembrava si fosse appassionata alla storia peggio che ad una soap opera. Rumiko
non conosceva la differenza tra realtà e finzione, si lasciava trasportare
troppo facilmente dai sentimenti. La ragazza dai capelli azzurrini rise a tutto
quell'entusiasmo e decise di raccontare il seguito, prima che cadesse svenuta
per l'ansia.
- Beh... per tutto il tempo ha tentato di tranquillizzarmi e
di farmi rimanere cosciente, era preoccupatissimo.
Dopo che sono svenuta poi non so che è successo. Quando mi sono svegliata, come
ben sai, ero a casa mia... con te di fianco al mio letto presa dall'ansia.
Si portò due dita sulle labbra. Ricordava anche un'altra
cosa, a dire il vero. Durante il suo sonno era riuscita a sentire un gustoso
calore che le inumidiva le labbra. Si chiese se Rumiko le avesse fatto bere un
qualcuno dei tè ai mille gusti che sua madre teneva in casa... o cosa.
Il luccichio negli occhi azzurrini, solitamente freddi, della
moretta si spense.
- Come... tutto qui?- chiese, con un tono sentitamente
deluso.
Una venuzza prese a pulsare in modo celere sulle tempie di
Ritsuko. COS'ALTRO SAREBBE DOVUTO SUCCEDERE?
- Se desideri vedere scene di sesso mielose con trame intricate,
amanti e tradimenti o chissà cos'altro... guarda beautiful! - sbottò
contrariata e divertita allo stesso tempo.
Un immaginario punto interrogativo spuntò sulla testa di
Rumiko, Ritsuko poteva vederlo distintamente scrutando la sua espressione confusa.
Non era possibile... sapeva fosse un po' tonta, pensasse solo allo studio,
odiasse la TVetc, ma non credeva fino a questo punto. Come faceva a non
conoscere quella cosa orribile e interminabile di fattura americana denominata
Beautiful? Era assurdo.
Scosse la testa, dandole una pacca sulla spalla.
- Una soap Rumiko... non so come tu
non faccia a conoscerla... purtroppo te la ritrovi a tutte le ore su più
canali!
Rumiko annuì. - Non so di cosa tu stia
parlando, e nemmeno mi interessa... ho cose più interessanti da fare, io... -
disse rovistando nella sua borsa e tirandone fuori un piccolo blocco note pieno
di appunti. Com'era possibile studiasse persino il giorno della consegna dei
diplomi? Era l'ultimo giorno di scuola. Non poteva. Era inconcepibile. Non si
smentiva proprio mai. Eppure era risultata, all'esame di fine anno, miglior
studentessa del secondo anno. Cosa voleva di più?
Ritsuko strappò poco delicatamente il
blocco note di mano all'amica, indicandole un ragazzo bruno poco più
distante da loro.
- Perchè non ti congratuli con Daisuke per il diploma, al
posto di perdere tempo a studiare quando è finita la
scuola?!
Rumiko arrossì.
- Sono... giorni... ho perso il conto di quanti siano... che io e Daisuke non ci parliamo... - disse
abbassando sempre di più la voce, fino a farla divenire flebile e sottile.
Ritsuko spalancò la bocca, guardandola boccheggiando come un
pesce. Non parlava con Daisuke da giorni? E perché mai? Cosa era successo, ora?
Possibile non potesse lasciarla sola un momento, che
le accadeva qualcosa o con Daisuke o con Yamato?
Si alzò iniziando ad agitare le braccia.
- E allora perché non vai a parlarci ora? Avete litigato?! - chiese confusa, indicando il ragazzo - Se ti ha fatto
qualcosa di male lo ammazzo!
Grugnì in direzione del moro, tornando poi a sedersi.
Rumiko si fece piccola, piccola, soffocando un lamento. -
Vuole fare un viaggio con me... io e lui soli... gli ho detto che devo pensarci... ma non riesco ad ammettere un possibile si...
non voglio andare con lui in viaggio... però non voglio neanche che soffra,
così non riesco a dirgli no... - spiegò rannicchiandosi in posizione fetale e
nascondendo il volto sulle ginocchia.
- No aspetta... uno ricco sfondato
come lui, che guarda caso è pure il tuo ragazzo, ti propone un viaggio, e tu
non accetti?!
Si alzò di scatto, afferrando Rumiko per un braccio e
trascinandosela dietro in direzione di Daisuke. Un viaggio
sola con lui. Ritsuko pensò fosse un sogno. Forse era la volta buona che
quella ragazza aprisse un poco gli occhi su ciò che
era veramente il mondo reale.
Rumiko puntò i talloni a terra, provocando una brusca frenata
a Roxy e facendola cadere a terra, seguendola poi a ruota atterrando
scomodamente sulla sua schiena.
- Ti ho detto che non voglio parlarci, mi vergogno!- le spiegò
alzandosi e spolverandosi la gonna della divisa. Vagò con lo sguardo in cerca
di Daisuke e lo vide attorniato dalle stupide ragazzine del primo e del secondo
anno che gli chiedevano di dar loro un bottone della sua divisa.
- Brutte civette... - disse assalita da un'incontenibile
rabbia. Cominciò a camminare a passo d'elefante verso il gruppetto urlante e
Ritsuko sorrise in segno di vittoria. Insomma, in un modo o nell'altro dovevano
parlarsi quei due. Si rialzò anche lei, decisa a non perdersi la scena, e
zoppicando leggermente per la caduta di poco prima. Dannata Rumiko, era proprio
tonta.
La moretta si fece largo tra le diverse ragazze, pronunciando
un "permesso" non troppo aggraziato. Sembrava avesse appena ringhiato
una tigre. Non appena riuscì ad arrivare al ragazzo si piantò davanti a lui, lo
sguardo truce. Lo sguardo di Daisuke, al contrario, si illuminò.
Lei lo spinse via, senza abbandonare lo sguardo algido con
cui lo squadrava.
- Sei un cretino... non cambierai mai... e non incollarti più
a me, non ho intenzione di rivolgerti più la parola... e io che mi ero data
pena di non farti soffrire declinando il tuo invito a fare un viaggio insieme... ma va a quel paese... sei solo un don giovanni, e se io ti avessi detto subito no non avresti
sofferto... tanto hai tutte queste ochette qui intorno che fanno “quackquack” ad ogni tua parola!-
disse furente, gli occhioni azzurri bagnati di
lacrime di rabbia. Sempre il solito.
Lui la guardò confuso, gli occhi velati di rabbia.
- Hai veramente tanta fiducia in me, vero Rumiko? Se queste
ragazze mi stanno intorno e mi pongono delle domande, tu subito devi pensare
che io ci stia con loro, vero? Perché io sono tanto idiota da rincorrere te, se
mi interessano loro e voglio stare con loro.
Non era colpa sua se quelle insistevano per avere i suoi
bottoni. Ok, glieli aveva dati... tutti tranne uno
però. Perché quel bottone era quello speciale, era quello che aveva conservato
gelosamente per lei, era quello che mai avrebbe ceduto ad un'altra. Eppure
ancora risultava colpevole, perché lei, sempre così sull'attenti, pensava ad
ogni possibile occasione che la potesse tradire. Come
poteva costruire un rapporto con lei se nemmeno si fidava della sua parola?
La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata. Improvvisamente
sentì gli sguardi dei presenti puntati su di lei e sentì un conato di vomito
salirle rendendosi conto di essersi comportata in modo vistoso davanti a tutti.
Ora tutti la guardavano. Ora tutti la giudicavano. Era la fine. Si sentiva
male. Avrebbe voluto sotterrarsi o scavare una buca e infilarci la testa dentro
come gli struzzi. Lei ODIAVA attirare l'attenzione della gente.
E, improvvisamente come le era
venuto, il conato di vomito passò. Che egoista. Che schifosa egoista. Pensava
che la gente poteva giudicarla, in quel momento, ma
non pensava alle parole rivoltale da Daisuke.
- Che... sciocca...- si disse da sola, portandosi una mano
tremante alle labbra, trattenendo l'ennesima nausea. Ma stavolta non era perché
potevano guardarla e giudicarla. Stavolta si sentiva male perché era davvero
nauseata di se stessa.
"Perdonami" avrebbe voluto dire. "Scusami, ti
amo" avrebbe dovuto dire. Ma non ci riuscì. Alzò lo sguardo azzurro
ghiaccio sul ragazzo. Si vedeva lontano un miglio che era incavolato nero. Ed
aveva ragione ad esserlo.
Sentì le mani di Roxy posarsi sulle sua
spalle. Evidentemente era preoccupata. Daisuke osservò l'esile figura
della moretta e scosse la testa. Si avvicinò a lei e le diede
un bacio sulla fronte, allontanandosi subito dopo seguito da tutto il gruppo di
ochette.
- Rumi... Scusa forse non avrei
dovuto insistere...
Rumiko nascose il viso tra le mani.
- Non... devo... ngh...
piangere... - serrò le labbra cercando di rimanere calma. Da quando conosceva
Yamato e Daisuke non aveva fatto altro che piangere. Ma perché era diventata
così piagnona? Ora basta. Doveva darsi un contegno.
Si voltò velocemente verso Roxy e l'abbracciò.
- È ... l'ultima volta.... ora piango un po'... per l'ultima
volta... e poi non lo faccio più.... lo giuro... lo giuro...
L'amica l'abbracciò, accarezzandole dolcemente i capelli.
- Non devi avere paura di piangere e di esprimere i tuoi
sentimenti Rumiko. Essere sensibile non vuol dire essere debole e, beh... se
senti il bisogno di piangere fallo! - sorrise - Quando si è innamorate è
normale piangere tanto... succede a tutti. L'amore può portare al più grande
stato di gioia, ma purtroppo porta anche momenti in cui si soffre. L'importante
è far al più presto la pace e ritrovarla!
Il sole di Aprile batteva insistentemente sull'asfalto. Erano
appena le nove di mattina, eppure faceva già molto caldo. Le giornate nuvolose
e fresche che si erano susseguite per tutto Marzo erano completamente svanite,
senza lasciare neanche una scia di quell'arietta umida e piacevole che faceva
ancora formare la brina sull'acciaio delle vetture parcheggiate in strada,
durante la notte.
Pensando ciò, Ritsuko varcò il portone dell'immenso edificio
universitario, annesso al suo vecchio liceo. Alzò gli occhi al cielo, portando
una mano avanti al viso per proteggerlo dal sole battente e sorrise.
Era il primo Aprile e quel giorno cominciava la sua nuova
vita da Universitaria.
Non aveva detto a nessuno che aveva tentato gli esami di
ammissione alla facoltà di lettere, aveva fatto un figurone quando, la sera
della cerimonia del diploma, al ristorante con i componenti della band e
Rumiko, aveva annunciato che era stata ammessa con la sufficienza piena ai
corsi di Lingue Occidentali. Rumiko non aveva smesso di farle le feste per
tutte le due settimane a seguire.
Fortunatamente la sua vita scolastica andava bene, visto che
quella sentimentale ormai era un disastro. Nobu... ormai loro due quasi non si
rivolgevano più la parola. Ma non era colpa del ragazzo, era sua. Da
quell'avvenimento con Daiki era rimasta assai confusa, anche se il problema più
grande erano le ore che aveva passato sui libri di scuola. In tutta la sua vita
non aveva mai studiato tanto, ma non sarebbe durato a lungo. Era già stufa della
cosa.
Si guardò intorno, cercando con lo sguardo qualcuno di sua
conoscenza. Si meravigliò nel constatare che l'edificio della sezione
universitaria era grande almeno il triplo di quello delle superiori, così in
giro c'era tantissima gente che non aveva mai visto, che frequentavano
l'Hayabusa solo per quell'ultimo corso di studi. Era strano girarsi e vedere
tante facce sconosciute, per lei che aveva frequentato l'istituto Hayabusa sin
dalle elementari. Dopo poco, comunque, scorse poco lontano Daisuke Nishikado.
Si lasciò scappare una risata. Ma come si era conciato? Non l'aveva visto così
in ordine neanche il giorno del diploma. Aveva fatto qualcosa per domare i suoi
capelli che ora, al contrario di quando era sparati da tutte le parti, erano
lisci e lucenti, e gli incorniciavano il viso, risaltando i suoi lineamenti di
signorino di buona famiglia, seppur diabolico. Decise di provare a parlargli,
per scoprire come fossero messe le cose tra lui e Rumiko, dato che quest'ultima
non voleva rivelarle nulla.
- CIAAAAAAAAAAAAAAAO DAISUKE! - urlò a squarciagola,
facendogli fare un salto di almeno venti metri.
Era troppo divertente prenderlo in giro.
- Come mai così infrichettato? Ghgh... quanto sei brutto!
- Sarai bella te... - disse lui osservandola accigliato.
Com'era serio. Com'era strano. Ma che aveva? Possibile fosse così depresso
dalla storia con Rumiko?
- Ovvio che lo sono. - affermò convinta, appoggiandosi con un
braccio alla spalla del ragazzo, anche se dovette alzarsi in punta di piedi,
essendo lui molto più alto di lei - Cosa c'è che non va ciccio? Con Rumiko
tutto ok?
Lui la guardò perplesso. Ma da quando Ritsuko era amica sua?
Smosse un po' la spalla, facendo scivolare il braccio di lei, che cadde a terra
con un tonfo.
Lei lo guardò truce, porgendogli una mano.
- Idiota, mi hai fatta cadere... - fece una smorfia
mettendosi ad urlare - Almeno aiutami a rialzarmi! Che razza di uomo sei se mi
lasci qui a terra?!
Lui si lasciò sfuggire un sorriso. Le strinse la mano e la
fece alzare senza il minimo sforzo. - Accipicchia, come sei leggera... sembri
molto più grassa, a guardarti... - sghignazzò divertito.
Il volto di Roxy passò tutte le tonalità purpuree, frattanto
che pizzicava il braccio a quell'animale di Daisuke. Come osava definirla
grassa?!
- Se io sono grassa tu sei un pachiderma! - ribatté con una
linguaccia.
Daisuke fece spallucce e cominciò ad avviarsi verso l'entrata
dell'edificio. Almeno aveva sviato il discorso, quindi che lei lo prendesse in
giro non lo toccava minimamente. L'importante era non parlare di Rumiko.
Dopo la litigata alla cerimonia di diploma non si erano più
né visti né parlati. Quanto gli faceva male.E pensare che lui aveva fatto tutto il possibile pur di cercare di
teneresela stretta, invece per una sciocchezza l'aveva persa. Perfetto.
Ritsuko lo seguì trotterellando allegramente.
- A che facoltà sei iscritta? Chissà che non abbiamo qualche
corso insieme... - chiese lui curioso, osservando la ragazza farsi al suo
fianco e fischiettare..
- Mhhh... ho deciso di concentrarmi sulle lingue
occidentali... mi hanno sempre affascinato, e tu? - domandò continuando a
guardare avanti, tra un fischiettio e l'altro.
- Economia e commercio... - rispose senza aggiungere
null'altro. Lei ci rimase un po' male. Era brutto non conoscere nessuno. Poi le
venne in mente che da qualche anno c'era l'obbligo di studiare almeno una
lingua straniera in ogni facoltà. - Che lingua estera hai scelto?- chiese
speranzosa.
- Francese, come Daiki.
Ritsuko sentì un masso enorme caderle sulla testa. "...
come Daiki"? Significava che oltre Daisuke, avrebbe frequentato la stessa
lezione anche di Daiki? No, un momento. Lui si apprestava a cominciare il terzo
anno di Medicina, era impossibile frequentassero lo stesso corso, avrebbe
dovuto frequentare il terzo anno anche del corso di Francese. O no? Decise di
chiedere a Daisuke che anno di Francese frequentasse Daiki, e lui rispose
vagamente con un "Se non sbaglio comincia quest'anno... il primo biennio
ha fatto inglese..."
Okey, quell'anno sarebbe stato un incubo. Con Daisuke le
andava più che bene, in fondo le era pure simpatico, a volte… ma Daiki!!!
- Perché tutti e due francese?! Non poteva continuare
Inglese?! - sbottò nervosa, prendendosela con il ragazzo che non c'entrava
nulla.
Lo prese per il colletto della camicia e lo scosse più volte.
- DimmeloOoOoOoOo! Sniff...
Daisuke la guardò stranito. Poi si ricordò che Daiki le si
era dichiarato. Doveva sentirsi imbarazzata, forse.
- Lui va tutte le estati a Londra, da alcuni nostri zii,
quindi l'inglese lo sa più che bene, ha finitotutti gli esami in due anni... siccome aveva la possibilità di fare
un'altra lingua, ha deciso di iscriversi a Francese, in modo da aiutare anche
me... sa che non sono molto bravo con le lingue, mentre lui è un secchione,
anche se non può sembrare, quindi ha pensato di aiutarmi... tutto qui,
davvero... non sapeva neanche tu ci fossi, quindi non credo si sia iscritto per
te... - spiegò calmo, cercando di incoraggiarla, ma ottenendo l'effetto
contrario.
Roxy ciondolò, rischiando di finire a terra per la risposta
di Daisuke.
- Non insinuavo quello... - bofonchiò, lo sguardo un po'
triste e le gote leggermente arrossate.
Evitò il suo sguardo inquisitore, scuotendo poi la testa,
dipingendo sulle labbra un sorriso forzato.
- Andiamo a lezioneeeeeeeee!
Lei si avviò avanti, e lui la seguì, senza proferire più
parola. Meglio non combinare altri disastri.
***
Sbuffò un pochino, notando la ragazza dai capelli azzurrini
dirigersi verso l'interno dell'istituto assieme a suo fratello. Si era tenuto a
debita distanze per non rischiare di incrociarla, ma lo stesso non la perdeva
d'occhio un momento.
Si avvicinò infine ai due, poiché continuare ad evitarli così
era davvero una cosa assurda.
- Sei in ritardo... - disse al fratello minore, ignorando la
ragazza, che sussultò sentendo la sua voce provenire da un punto poco lontano
al suo lato destro.
Daisuke si voltò, portandosi una mano dietro la nuca, ridendo
nervoso.
- Ah... ehm... beccato... ahah... Come stai fratelluccio
mio?! - gli fece qualche moina, tanto per assicurarsi non lo sgridasse già di
prima mattina.
Daiki lo ignorò ed entrò nella classe di Francese. Ritsuko
impallidì. Possibile avessero lezione insieme già alla prima ora? Ma era una
congiura?
Improvvisamente sentì un tonfo sulla propria testa, si grattò
e si voltò. Un bel ragazzo, sicuramente più grande di lei di qualche anno, le
aveva dato un libro in testa, non troppo forte, in modo quasi amichevole.
- Ragazzi, sono già tutti dentro, la lezione sta per
cominciare, dovreste entrare anche voi... - disse aggiustandosi gli occhiali
sul naso e rivelando così due profondi e grandi occhi cerulei. Daisuke lanciò
un'occhiatina alla valigetta che aveva in mano il ragazzo, e notò con
disappunto che era un professore. Sulla 24 ore infatti spiccava una targhetta
con su scritto "Professore". Dannazione, farsi beccare in ritardo già
il primo giorno. Bell'inizio.
Ritsuko scosse la lunga chioma azzurra, ignorando
l'insegnante, e dirigendosi in fondo all'aula, in uno degli ultimi banchi di
fianco alla finestra. Fortunatamente in quell'università erano tutti secchioni,
quindi amavano sedersi ai primi banchi.
Daisuke la seguì e si sedette accanto a lei.
- Potevi evitare di fare la superiore davanti ad un prof...
spera solo non ti prenda di mira... - borbottò aprendo la borsa e prendendo un
quaderno per gli appunti ed una biro nera.
Lei voltò lo sguardo verso la finestra, guardando il cortile
sottostante.
- Non ho fatto la superiore... semplicemente non ho risposto.
Daisuke sospirò. Notò che il professore si era fermato a
parlare fuori con un collega, così nell'aula regnava il caos più totale. Sentì
improvvisamente picchettarsi sulla spalla e si voltò, incontrando lo sguardo di
una ragazza molto carina, con gli occhi scuri, i capelli castani e scalati che
le ricadevano leggermente sul un lato del volto e il portamento elegante e
aggraziato.
- Errr... posso aiutarti? - le domandò, chiedendosi cosa
volesse.
Lei si portò una mano davanti alle labbra, senza nascondere
l'espressione sorpresa.
- Ohhhhh! Sei proprio tu, Daisuke Nishikado! Sei più carino
di quanto si dica in giro!
Gli porse la mano, sorridendo a 9238746156 denti.
- Piacere, io mi chiamo Miyuki Honjo!
Lui rimase un attimo fermo, rigido come un blocco di pietra, mentre
le gote assumevano un vago colorito purpureo.
- Ehm... ehm... ah... si... eh... pia... cere... - disse
meccanicamente, stringendo la mano di lei nella sua. Si sorprese a pensare che
manina piccola e delicata avesse. Roxy dal canto suo guardò in cagnesco la tipa
castana. Cosa voleva da Daisuke? E perché quel cretino di Nishikado faceva
tanto il carino timidone? Questa non l'avrebbe passata liscia. Dare corda a
quella, era come tradire Rumiko.
Gli diede un calcio da sotto il banco, gli sillabò il nome della
moretta e si rigirò in direzione della finestra.
Miyuki si girò verso Ritsuko, dandole un colpetto sulla
spalle e facendola girare nuovamente, assai di malavoglia.
- Piacere, tu come ti chiami?
Roxy la guardò ostile, senza però proferir parola. Quella
voleva prendere il posto di Rumiko, alias le stava sulle scatole.
Daisuke prese parola, guardando l'espressione di Ritsuko, che
quasi stava sbranando la Honjo
con l'ho sguardo.
- Ehm... lei è Ritsuko Matsumoto... - disse sperando che la
ragazza dai capelli azzurrini non lo uccidesse poi per aver detto il suo nome
per intero. Riflettendoci, forse Ritsuko non vedeva quella Miyuki di buon
occhio per qualche strano motivo a lui sconosciuto. "Mah... le
femmine..." pensò sospirando. Chissà cosa stava facendo Rumiko? Aveva
tanta voglia di vederla...
Sospirò un pochino, assumendo uno sguardo triste.
Quanto gli mancava...
- Oh, il prof è appena rientrato. Meglio che vada al mio
posto, prima che mi sgridi! A dopo Daisuke... a dopo Ritsuko!
Daisuke? Ritsuko? Neanche li conosceva e già si prendeva
tanta confidenza con loro? Roxy l'avrebbe ammazzata. Frattanto Daisuke stava
disegnando sul suo quaderno una Rumiko in miniatura, fra tanti cuoricini, senza
nemmeno accorgersi di Miyuki che si allontanava.
Il professore intanto aveva appoggiato la sua borsa sulla
cattedra e ora guardava gli studenti con un sorriso enigmatico.
- Piacere di conoscervi, ragazzi. Siccome abbiamo quasi la
stessa età mi farebbe piacere, davvero, se mi deste del tu e mi chiamaste per
nome, Hiro.
Vari mormorii di apprezzamento si levarono in classe. Quel
professore così giovane e allegro era già simpatico a tutti, alle ragazze in
particolar modo.
- Sono laureato da poco, ho appena 24 anni, quindi
perdonatemi se sarò un po' inesperto in alcune cose. Sostituisco il professor
Yamada, che, mi duole molto informarvene così, è ricoverato in ospedale. Non so
precisamente cos'abbia, ma pare non potrà tornare a fare lezione per molto
tempo, quindi io sarò suo supplente per l'intero anno, forse anche oltre.
Daisuke lo guardò attentamente. Hiro? Ma dov'era che l'aveva
già visto quel tizio? Proprio non ricordava, eppure sapeva di averlo già
incontrato in passato. Guardò Daiki e si meravigliò nel constatare che il
fratello stava già guardando nella sua direzione, aspettando che lui si
girasse. Video Daiki sillabare qualcosa, ma non capì.
Il fratello, vedendolo spaesato, scosse la testa. Se avesse
detto “guarda che Rumiko ti aspetta in una suite di un love hotel”, sicuramente
avrebbe capito al volo.
***
La cerimonia d'inizio anno era volata. Rumiko era seduta in
classe, la sua nuova classe, all'ultimo banco di fronte alla lavagna. Come al
solito non voleva attirare l'attenzione di quelli che sarebbero stati suoi
compagni per tutto l'anno, così rimase silenziosa e tranquilla, e se i
professori chiedevano qualcosa per testare il livello generale della classe,
evitava di alzare la mano, nonostante sapesse tutte le risposte, per non
attirare antipatie.
La campana era appena suonata, segnando la fine delle
lezioni, e la moretta si alzò dalla sedia tranquillamente, raccolse le sue cose
posandole ordinatamente nella cartella e si avviò verso l'uscita dell'aula. Tre
ragazze carine e dall'aria civettuola le si pararono davanti.
- Rumiko Matsumoto, giusto?- chiese una di queste, quella in
mezzo e che pareva essere la 'leader' indiscussa del trio.
Rumiko le osservò curiosa, sbattendo le palpebre. Poi annuì,
senza proferire parola.
- Sai, Matsumoto, abbiamo sentito parlare spesso di te... -
continuò la capo-branco - ... ma siamo sempre state in ale opposte
dell'edificio così non abbiamo
mai avuto il piacere di conoscerti. Sappiamo che sei la
ragazza di Nishikado... - finì vagamente la frase, con una nota d'irritazione.
Rumiko era una ragazza intelligente, e intuì subito cosa volevano quelle tre da
lei. Dovevano essere alcune delle famose partecipanti al fan club di Daisuke.
Sicuramente quelle vipere le volevano intimare di
allontanarsi dal ragazzo. Che stronze. Ma che ne sapevano loro della sua vita
con Daisuke? Come si permettevano di mettersi in mezzo a loro? Con che diritto
osavano solamente presentarsi davanti a lei! Quanto avrebbe voluto dir loro
queste cose, ma non poteva. Non ce la faceva. Quanto si odiava quando reagiva
così, odiava il suo carattere. Avrebbe tanto voluto essere più simile a Roxy,
in questo senso. Lei si che aveva la faccia tosta di andare contro tutto e
tutti. Beata Ritsuko, si trovò a pensare nuovamente.
Notando lo sguardo basso di Rumiko la "capo branco"
riprese a parlare.
- Ci da fastidio, ne sei consapevole? Tu non sei altro che
una secchiona, brutta e senza carattere. Daisuke si merita di meglio. Lui è
perfetto: bello, ricco, affascinante. Bravo negli sport e con un carattere
eccezionale. È così buono che forse è proprio per questo che ha avuto compassione
di te...
Rumiko lasciò che i capelli neri e lucidi le ricadessero
davanti al volto per nascondere gli occhi azzurri pieni di lacrime. Era vero.
Avevano ragione loro. Perché Daisuke aveva scelto una tipa lugubre come lei?
Lui era solare, dolce, e, particolare non da meno, davvero molto bello. Doveva
forse lasciarlo? Forse non meritava di stare con lui, già.
Stava per rispondere qualcosa, le era balenato in mente di
annuire e dar ragione loro, ma una mano posata sulla sua spalla la fece
sussultare. Sentì la voce di una ragazza rispondere a tono.
- Lo sapete che siete proprio tre oche? Nishikado ha il
diritto di scegliere chi vuole, e devo dire che ha scelto bene, perché Rumi è
trentamila volte migliore di voi!!!
Rumiko si voltò verso la voce conosciuta. Era Nanako. E
affianco a lei c'era Yuko che annuiva furiosamente, sorridendo maliziosamente.
- Ragazze... io... - tentò di dire, ma Yuko alzò una mano in
segno di vittoria poi le fece segno di stare zitta, come volesse invitarla ad
osservare il piccolo scontro psicologico tra Nanako e le tre papere.
- Vi credete meglio di Rumiko? Ma guardatevi! Siete brutte,
siete assolutamente classiche. Non fate altro che pensare alla moda, vi vestite
tutte uguali, vi pettinate tutte uguali... pensate veramente che Nishikado
preferisca degli stampini come voi a una ragazza originale come Rumiko?!
Inoltre... siete veramente stupide. Vi conosco bene, siete le classiche ragazze
da anatre! Non fate altro che accumulare brutti voti e, i pochi voti
sufficienti che prendete, sono perché avete fatto fare i vostri compiti ad
altra gente!
Sorrise soddisfatta, notando l'esitazione delle tre. Yuko si
sentì sprizzare di gioia da tutti i pori. Non c'era nessuno migliore di Nanako
nel contrastare gli atri. Sapeva analizzare bene ogni singolo particolare degli
avversari, ritorcergli contro la ragione che pensavano d'avere e schiacciarli
fino a vincere su tutta la linea. Era un mito!
Rumiko dal canto suo era totalmente sorpresa. Quella era
Nanako? La calma, seria, gentile, dolce, saggia e matura Nanako? Beh, aveva
appena scoperto un lato di lei che non conosceva. E lei che le aveva sempre
considerate semplici compagne di scuola. E invece eccole pronte a correre in
suo aiuto. Forse quando i Nishikado la maltrattavano, se avesse detto tutto loro,
l'avrebbero aiutata. Anzi era certamente così. Perché non se ne era mai
accorta? Che stupida era stata. Loro la consideravano una cara amica, e lei
invece le aveva sempre ignorate, credendole ragazze troppo solari per una come
lei. Istintivamente prese la mano di Yuko, mentre le altre quattro
battibeccavano. Alzò il viso e si girò verso di lei.
- Grazie... davvero... non so come avrei fatto senza di
voi... - disse in un soffio.
La ragazza le fece l'occhiolino, stringendo a sua volta la
presa.
- Siamo amiche no? E fra amiche ci si aiuta.
Rumiko annuì. Le tre vipere intanto si erano arrese, e si
stavano allontanando indirizzando epiteti poco carini a Rumiko, Yuko e,
soprattutto, Nanako.
- Uffa che scocciatura... ma tu guarda se dovevamo capitare in
classe con quelle tre... - si lamentò Nanako, alzando le braccia verso l'alto,
con le mani incrociate, stiracchiandosi. Si voltò allegramente verso Rumiko e
le sorrise. - Tutto ok? Ti hanno fatto qualcosa di sgradevole?
Rumiko scosse il capo in segno di diniego e ricambiò il
sorriso. Uscirono insieme dalla classe, dirette verso casa.
***
- Oh, ci voleva proprio un riposino, dopo tutte queste
lezioni. Sono pesanti, vero? L'unico professore che non ti fa annoiare è
Hiro!!!- canticchiò Mizuki, appoggiata al tronco di un albero, con i primi
bottoni della camicia sbottonati, i capelli raccolti con una molla dietro la
nuca e una sigaretta fumante tra le dita della mano sinistra. Daisuke e Roxy la
osservavano curiosi. Non riuscivano a capire come fosse quella ragazza.
Schietta e socievole si era capito da subito, ma prima in aula l'avevano presa
per una ragazza normale, tranquilla e per nulla teppista. Ora si stava
rivelando l'esatto contrario. Daisuke si sentiva in qualche modo interessato a
conoscerla meglio e Ritsuko non era da meno, aveva qualche punto del carattere
in comune con quella ragazza, e anche se non abbassava la guardia e proteggeva
Daisuke dai suoi tentativi di abbordaggio, era interessata a lei.
Decise, infatti, di prendere parola.
- Dimmi Mizuki... in genere cosa fai nel tempo libero? Cioè,
insomma, quali sono i tuoi hobby? - domandò curiosa.
Mizuki sorrise all'interessamento. - Suono la chitarra in una
band e vado in giro con Bessy, la mia moto...
Gli occhi di Ritsuko si illuminarono. Prese le mani
dell'altra e sorrise, in segno di fratellanza. Mizuki non capì, ma era
contenta. Daisuke dal canto suo pensava che una Ritsuko bastava e avanzava, non
ne voleva un'altra tra i piedi.
- Che orrore... non bastava l'azzurrina... - si limitò a
dire, catturando uno sguardo omicida di Roxy.
- Ma che vuoi tu, scimmione?! - sbottò, infatti, innervosita
- C'è Qualche cosa di male se abbiamo le stesse passioni?
Tornò poi a guardare la bruna, gli occhi sbrillucicosi.
- Anche io suono la chitarra in una band, che però è andata
un po' a rotoli, e canto anche! E ho una moto stupendamente stupendosa!
Mizuki sorrise maliziosa. Lo sapeva, certo che lo sapeva. Si
era informata bene sui due prima di avvicinarsi a loro, non era mica stupida.
Non voleva di certo rischiare di fare un buco nell'acqua.
- Una volta mi farai assistere alle prove del tuo gruppo? -
domandò supplicante Ritsuko - Ti prEeEeEeEeEeEeEeEego!
Mizuki annuì entusiasta. - Certo che si!!! Ora siamo un po'
fermi, perché il bassista sta per laurearsi e il batterista è avvocato ha un
po' da fare... mentre l'altro chitarrista, che è il mio ex, è a Londra con gli
amici, torna il mese prossimo. Però penso che quando torna lui, riprendiamo!!!
- spiegò, mentre gli occhi di Ritsuko si allargavano a dismisura. Cavolo, ma la
band di Mizuki era gemella alla sua?
Intanto Daisuke era inquieto. Non gli piaceva che Roxy
trovasse un'amica così simile a lei. E Rumiko? Se Ritsuko e Mizuki fossero
diventate amiche, non ci sarebbe stato spazio per la sua piccola Rumiko.
Si scosse. Ma di che si preoccupava? Lui e Rumiko avevano
litigato, a lui non interessava niente di ciò che accadeva. Ecco. Appunto. Sì.
Era un bugiardo, persino con se stesso. Ovvio che gli interessava di Rumiko. Si
voltò verso la sezione liceale, sentendo il suono della campanella. Essendo il
primo giorno di scuola non c'erano lezioni pomeridiane, quindi Rumiko di li a
poco sarebbe uscita dall'edificio per andare a casa. Voleva parlarle... lo
desiderava così tanto. Dopo pochi minuti infatti la vide uscire con quelle due
sue amiche, di cui non sapeva neanche i nomi. Sembrava rilassata e di
buon'umore. E bellissima come sempre. Si alzò istintivamente, senza capire
neanche lui cosa stesse facendo e corse verso il muretto basso che separava i
due edifici, lo scavalcò senza sforzi e corse verso le tre, sotto gli occhi
incuriositi di Ritsuko e lo sguardo indecifrabile, ma sicuramente contrariato,
di Mizuki.
- Rumiko! - gridò, vedendo che la ragazza non l'aveva nemmeno
notato.
Le due ragazze che le stavano intorno si voltarono
immediatamente nella sua direzione, al contrario della mora. Continuava a camminare
dritta, guardando avanti a sé. Aveva pure accelerato il passo lasciando un po'
indietro le altre due.
Ma che le era preso? Non l'aveva sentito o faceva
semplicemente finta di non vederlo?
La chiamò nuovamente, correndo più veloce e piantandosi proprio
davanti a lei.
- Dannazione... Rumiko non hai
sentito che ti chiamavo? - le accarezzò una guancia, dopo
averle fatto rialzare il viso, che la ragazza aveva abbassato
immediatamente, nascondendolo dietro alla folta chioma corvina. - Ehy
piccola... c'è qualcosa che non va? Sei… sei ancora arrabbiata con me?
Quell'ultima frase la urtò, e molto anche. Certo che era
ancora arrabbiata. Come doveva essere? Felice, sorridente e gentile. Ma neanche
morta. Voleva le sue scuse. Anzi le pretendeva. È vero, forse esagerava. Ma
solo due settimane prima faceva il cascamorto con tutte quelle civette, dando a
tutte loro i bottoni della sua divisa. Poteva sognarlo che lo avrebbe perdonato
facilmente.
Gli diede un pizzicotto sulla mano con cui la stava
accarezzando, facendogliela ritirare. - Non toccarmi... - disse gelida,
affrettando il passo verso il cancello. Yuko e Nanako la seguirono.
Ma Daisuke non la lasciò andare, la prese per il polso e la
fece voltare nuovamente verso di lui. Frugò nella tasca della giacca, trovando
quello che cercava e glielo porse.
- Tieni... è il bottone più importante della divisa...
l'ho... l'ho tenuto per te... volevo ti appartenesse.
Rumiko sentì il cuore saltarle in gola. Il bottone? Cosa ci
faceva li quel bottone? Lui... li aveva dati tutti.
L'aveva visto con i suoi occhi, vicino alla divisa non ce ne erano più quando litigarono. Com'era possibile? Significava che
l'aveva conservato apposta per lei.
- Daisuke... tu... l'avevi... conservato al sicuro... per
me?- chiese alzando finalmente lo sguardo e guardandolo dritto in quei grandi
occhi nocciola che tanto amava.
- Ovvio che sì! La mattina l'ho staccato e l'ho infilato
nella tasca dei pantaloni, per evitare di perderlo o che qualcuna me lo strappasse via! - sorrise facendole l'occhiolino - Non avrai
mica pensato che l'avessi dato via? No, no, quel bottone doveva essere solo
tuo.
Si passò una mano dietro la nuca, ovviamente imbarazzato.
Stava prendendo di nuova troppo confidenza con lei, era arrabbiata... non
avrebbe dovuto.
La ragazza prese il bottone dalla mano che Daisuke aveva
ancora a mezz'aria e lo osservò, prima di perdere il controllo e abbracciarlo
forte.
- Scusami... scusami non volevo, mi dispiace... ero solo
nervosa... solo... io... - si allontanò qualche centimetro, quel tanto per
guardarlo bene in volto. - Facciamolo! Il viaggio. Ad Agosto. Insieme!!! Ti va ancora?- chiese sorridendo flebilmente.
Doveva ridere? Doveva allarmarsi? Doveva esserne sorpreso?
Doveva esserne felice? Non lo sapeva. Sentiva solo il suo viso andare in fiamme,
immaginando stesse cambiando tutte le tonalità purpuree esistenti.
- I-il viaggio? - domandò
praticamente a se stesso - Certo che voglio farlo!
Rumiko sorrise ancora e lo abbracciò di nuovo. Nanako diede
una pacca sulle spalle a Daisuke, che la guardò curioso. Lei sorrise,
facendogli segno di vittoria. Daisuke rispose al sorriso allegramente, mentre
le due amiche di Rumiko si allontanavano e li lasciavano soli.
***
-Chi é quella ragazza?- chiese Mizuki con un tono vago. Lei
non sapeva mica che Daisuke aveva la ragazza. Le era sfuggito il particolare
più importante di tutti nelle sue ricerche.
Roxy la guardò distratta, ripuntando
immediatamente lo sguardo sulla coppietta.
- Si chiama Rumiko... È la mia migliore amica, oltre ad essere
la ragazza di Daisuke. Non l'avevi capito? Eppure è così evidente. Ormai lo
sanno anche le pietre che quei due si piacciono. - sembrò pensarci un attimo,
poi si portò una mano davanti alla labbra - SCUSA! Che
scema, era impossibile tu lo sapessi!
Effettivamente, non ci aveva pensato. Mizuki sembrava sapere
talmente tante cose su loro, o almeno averne tante in comune con lei e Daisuke,
che il particolare "Rumiko" nemmeno le era saltato per la mente. Dava
per scontato lo sapesse.
Mizuki scosse il capo, sorridendo. -Oh, ma di nulla,
figurati, non c'è problema. Sembra... una ragazza... molto dolce... - disse poi
guardando la moretta, in lontananza.
Roxy annuì in silenzio.
- Lo è... secondo me come ragazza è molto vicina alla
perfezione. Dolce e pacata. Tranquilla ed intelligente. Brava a scuola, figlia
modello. Insomma... quella da cui tutti direbbero: prendiamo esempio.
Sicuramente la dolcezza l'ha ereditata da sua mamma...
è una donna veramente speciale. Sai... non è molto presente nella vita di
Rumiko, perché lavora tantissimo per mantenerle gli studi...
ma io la invidio... piacerebbe anche a me avere una mamma come la sua...
- sospirò - Purtroppo ho solamente un padre stronzo ed egoista. Peccato.
Mizuki colse la palla al balzo. -Io vivo da sola. Mio padre è
un imprenditore, non aveva mai tempo per me, lo vedevo massimo a Natale... non
so chi sia mia madre, se ne è andata quando ero
piccolissima... - spiegò abbassando lo sguardo ed assumendo un'espressione
teatralmente triste.
Lo sguardo di Ritsuko, se possibile, si fece ancora più
lugubre.
- Tu mi assomigli per così tanti lati... sembra quasi tu abbia una vita gemella alla mia... è così assurdo che sembra
quasi falso.
Un fulmine sembrò trafiggere Mizuki, che impallidì fino a
diventare cerea.
Una risata della ragazza dalla chioma azzurrina riecheggiò.
- Ahah, è proprio strano! Forse è
il destino che ci ha fatte incontrare, per sostenerci a vicenda!
Mizuki si tranquillizzò. Che fortuna, non si era accorta di
nulla. Improvvisamente qualcuno si abbassò in ginocchio, alle spalle di Ritsuko
e le diede un quaderno in testa. La ragazza si voltò irritata.
- Matsumoto, la tua risata è così sguaiata che si sente
persino da dentro l'edificio... - era Daiki Nishikado, che a quanto pareva
voleva riprendere il vecchio rapporto di "Io ti
prendo in giro, tu ti incavoli, io mi diverto".
Inizialmente la ragazza abbassò lo sguardo, poi lo rialzò,
fiero ed orgoglioso come sempre.
- Ma che vuoi Daiki?! Se ti da
fastidio sentire la mia voce perché sei venuto fino a qui?!
- sbottò irritata, levandogli perfino il quaderno di mano.
Come? Ritsuko frequentava perfino Daiki? Anche quel
particolare le era decisamente sfuggito. Non li aveva mai visti insieme...
eppure sembravano così, così... così disgustosamente intimi.
Accidenti possibile che tutte le fortune capitassero a quella
dannata testa azzurra? Era rivoltante.
Lo sguardo di Daiki si posò sulla nuova amica dell'azzurrina,
ed arricciò il naso contrariato, nel vedere l'espressione stizzita della
sconosciuta, che per trattenere la rabbia stava mangiucchiando tutte le unghie
della mano destra, mentre l'altra ticchettava insistentemente sulla scatola del
suo bento.
-E questa chi é?- chiese il bruno, accigliato. Ritsuko gli
diede a sua volta il quaderno in testa, chiamandolo 'Cafone!'.
- Questa, come la chiami tu, è Mizuki. Amica mia e di
Daisuke! È pure in classe con noi a francese, non te ne sei accorto? Ma ascolti
il professore quando fa l'appello? Tu dovresti farlo,
dato che sei una secchia!
L'aveva osservato per tutta la lezione ed era certa che non
si fosse perso una sola parola proveniente dal loro supplente.
La ragazza, sfoderando uno dei suoi sorrisi più smaglianti,
gli porse la mano in segno di saluto.
- Molto piacere Nishikado, io sono Mizuki, Mizuki Honjo.
Con lui non era il caso di domandare se già potesse chiamarlo Daiki. Non era accondiscente
come il fratello.
Daiki arricciò di nuovo il naso, disgustato.
- L'ipocrisia è una brutta bestia... -
disse alzandosi e spolverandosi il pantalone da fili di erba. - Ci si vede
Matsumoto, occhio alle persone false... - disse vagamente, prima di
allontanarsi.
Una gocciolina apparve sulla testa di
Ritsuko: ma che cavolo diceva quel babbeo?
Si accorse di avere ancora in mano il quaderno del ragazzo.
Si scusò con l'amica, tramite un piccolo inchino, e si congedò da lei,
rincorrendo l'antipatico bruno che faceva finta di non udirla.
***
- NISHIKADOOOOOOOOOOOO! FERMATI! NON VOGLIO PORTARMI
APPRESSO, FINCHÉ SFORTUNATAMENTE TI VEDO DI NUOVO, I TUOI GERMI! - urlò
sventolando il quaderno, tenendolo solo con l'indice e il pollice destri.
Lui si fermò improvvisamente e lei, non frenando in tempo,
gli sbatté contro, facendosi molto male al naso. Nishikado si voltò verso di
lei, ma non sembrava arrabbiato, a dispetto da cosa si poteva pensare vedendolo
di spalle. Anzi, sul volto aveva disegnato un amabile sorriso.
- Stupida, questo quaderno è tuo... l'hai dimenticato in
aula, prima.- spiegò aprendo il quaderno e facendole leggere il nome scritto a
caratteri cubitali, e con colori psichedelici, sulla prima pagina.
- Ah... eh... mio? – domandò lei sentendosi una perfetta
imbecille.
Aveva appena insultato il suo tenero, dolcissimo,
cucciolissimo quaderno. Se lo strinse al petto, evitando di guardare Daiki,
quando un flash le balenò nella mente. Un momento... allora Daiki l'aveva
seguita fin lì per ridarglielo. Lo guardò confusa, dandosi una grattatina alla
testa. L'avevano drogato?
Lui sembrò coglier ei suoi pensieri e le poggiò una mano
sulla testa.
- Sono preoccupato, Matsumoto... stai attenta a quella
ragazza... non mi piace per nulla... quando parla
suona così terribilmente finta... ti prego, fa' attenzione.- le raccomandò,
accarezzandole i soffici capelli azzurrini.
- Perché dici questo? Finalmente... finalmente io ho trovato
una persona che condivide i miei stessi interessi... la mia stessa vita... e tu
mi dici che è falsa e di starne alla larga? ... ma
perché? Lei capisce la mia sofferenza... - esitò un momento - ... finalmente
conosco qualcuno che la può capire!
Le ultime parole sembravano tristi, totalmente tristi. Daiki
si sentì spiazzato. Non le aveva mai visto quell'espressione sul viso. In
genere quando si parlava della sua vita se ne faceva sempre beffe. Forte
com'era mostrava sempre il sorriso ed, effettivamente, non aveva senso. Che
stupido. Era così preso dalla sua positività che non aveva mai pensato a come
potesse vivere la sua vita, soprattutto quella familiare. Non aveva mai pensato
che la sua piccola Roxy potesse soffrire dentro, in fondo al suo cuore, che
potesse fuggire da una realtà troppo cruda.
Le passò la mano dietro la nuca e la spinse un po' verso di
sé, in modo da poterla circondare con le braccia.
- Non credevo... potessi soffrire tanto. Mi spiace... però Ritsuko, ti prego fidati di me... sai i miei
sentimenti, dovresti capire che non farei niente per farti soffrire... voglio
solo metterti in guardia da una persona tutto qui... e ... poi... tu hai
l'altra Matsumoto, no? Lei ti capisce, mi sbaglio? Hai davvero così bisogno di
una persona falsa come quella, per stare bene con te stessa? Hai tanti amici,
hai il tuo ragazzo, ora hai anche Daisuke, che mi ha confessato di voler
diventare davvero tuo amico... e hai me... perché hai bisogno di quella Honjo?-
chiese seriamente in pena per lei.
Roxy scosse la testa, trattenendo le lacrime, che però sembravano non voler fermarsi. Iniziarono a
scendere copiosamente, inumidendole le guance.
- Perché per quanto una persona possa tentare di
comprendermi... non può capire la mia vita... non può capire quello che ho
passato. Mia madre mi ha abbandonato. Mio padre rifiuta ancora oggi la mia
presenza. Perché allora mi hanno fatto nascere se entrambi mi rinnegano?
Perché? Sono una presenza così sgradita a questo mondo?
-NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO!- si infervorò lui. Le passò
le mani sulle spalle, scuotendola un po'. -Ti prego... fai quello che vuoi...
non mi importa... se vuoi quella come amica va bene... ma
non... dire... più una cosa così... per favore, è troppo... troppo... fa troppo
male, anche per me... - disse poi lasciandola andare, allontanandola un po'. -È
meglio che vada...- si voltò di spalle, ma Ritsuko lo
vide lo stesso asciugarsi gli occhi con una manica della maglia. Stava
piangendo? E se si, perché?
- Daiki... - lo richiamò lei, la voce flebile.
Piangeva, piangeva ancora. Dannazione a lei. Doveva
smetterla. Non ce la faceva più. Come poteva continuare a vivere non sapendola
sua? Non sapendo di averla al suo fianco? Dannazione. Più passava il tempo e più
sentiva la presenza di quella ragazza indispensabile nella sua vita. Come
faceva a trattenersi anche solamente dal guardarla? Era impossibile.
Un rombo di tuono attraversò la quiete dell'aria,
spezzandola. Ritsuko alzò il viso verso il cielo, mentre gocce di pioggia
cominciavano a scendere giù, velocemente. Quando si era guastato il tempo? Non
se ne era neanche resa conto, era successo molto
velocemente, era sicura che fino a pochi minuti prima ci fosse ancora il sole,
anche se leggermente fiacco. Ancora con lo sguardo rivolto in alto, non si rese
conto che Daiki le si era avvicinato di nuovo. Sentì
la mano di lui accarezzarle il viso, lo vide abbassarsi verso di lei e chiuse
gli occhi, sapendo perfettamente cosa stesse
succedendo. Pregò dio perché le perdonasse cosa stava per fare, ma era più
forte di lei. Neanche l'immagine di Nobu apparsa nella sua mente la sviò dalla
sua azione, e fu così che, mentre il cielo veniva
attraversato da un altro accecante lampo di luce, i due si baciarono. Non era
il primo bacio che dava a Daiki, ma quello fu essenzialmente diverso. Perché
anche lei lo voleva. Che buffo, pensò mentre
assaporava le sue labbra. Ogni volta che succedeva qualcosa tra loro, scoppiava
un temporale. Era piuttosto ironico.
Meccanicamente si strinse più forte a lui, ricambiando il
bacio. Lo stava tradendo... l'avrebbe ferito a morte... ma come poteva
frenarsi? Non poteva mentire a se stessa, con Nobu le cose andavano decisamente
male e la colpa era solamente del ragazzo. Lui e la sua dannata cugina Ashley...
da quando era arrivata non aveva passato più il tempo con Nobu. Mai. E, per
quel poco che lo vedeva, non erano mai soli. Le faceva così male...
Anche se, infondo, non le dispiaceva essersi staccata un po' da lui.
Così poteva dedicare più tempo agli amici... agli studi... alla chitarra e al
canto... ai giri in moto... e perché no, anche a Daiki. Lui era così dolce con
lei, anche sela
prendeva sempre in giro. Alla fine si preoccupava e l'ascoltava, anche se a
fine discorso ogni volta finiva per arrabbiarsi. Si staccarono per riprendere
fiato e non poté fare a meno di scrutare quegli occhi così belli. Di solito
erano freddi... eppure quando stava con lei sembravano addolcirsi, sempre.
- Daiki... io... io...
Daiki non le permise di continuare la frase, ma la baciò di
nuovo, e poi ancora, e ancora. Non gli importava nulla di tutta quella pioggia,
voleva solo stare con lei. Quando tornò un momento in possesso delle sue
facoltà intellettive, si rese conto che erano bagnati zuppi.
- Ehm... forse dovremmo ripararci... la mia macchina è
proprio dietro l'angolo... che fai, vieni con me?- chiese
titubante, sperando lei non fraintendesse. Ovviamente fraintese.
Fece per tirargli uno schiaffo, che lui ovviamente fermò.
Aveva freddo, tremava ed era visibilmente scossa. Ovvio che avesse
i riflessi rallentati. Le baciò la mano, stringendola poi vicino al suo viso.
- Prima le mie labbra e ora anche la mia mano? Che vuoi
appropriarti di me?! Oh no, ma io non ti lascio fare
quello che vuoi! Non pensarci nemmeno a saltarmi addosso, perché è la volta che
ti ritrovi castrato, te lo assicuro!
- Ti sembrano discorsi da fare? Sei tutta bagnata, se non ti
togli quei vestiti zuppi ti becchi una broncopolmonite...- disse scuotendo il
capo, divertito.
- Quando gli asini voleranno io mi leverò questi vestiti
fradici al di fuori di casa mia!
Lui la guardò ammutolito due secondi, poi si curvò verso di
lei, se la montò in spalla come un sacco di patate e, ignorando i pugni sulla
sua schiena e le grida strazianti di lei, arrivò vicino alla macchina, con
tutta la calma possibile prese le chiavi, aprì la portiera del sedile
posteriore e buttò la ragazza dentro, poi richiuse la portiera, entrò anche
lui, sedendosi al posto del guidatore sul sedile anteriore e bloccò tutte le sicure prima che lei fuggisse.
- Cambiati... fortunatamente ci sono dei vestiti miei nel
pacco vicino a te, li ha ritirati uno dei miei camerieri stamattina in
lavanderia e sono qui non so perché, ma tu indossali comunque... andranno un
po' grandi, ma almeno sono asciutti. Ah... non preoccuparti dei finestrini,
sono quelli scuri fuori, nessuno può vedere dentro... - spiegò pacato, mettendo
in moto e imbottigliandosi nel traffico caotico in pochi minuti. Una venuzza di
rabbia prese a pulsare su una tempia di Ritsuko. Ma che cavolo, non era di
quelli fuori che si preoccupava, ma di lui. Sicuramente avrebbe sbirciato,
nessuno poteva assicurarle che non lo avrebbe fatto.
- Non ci penso nemmeno a mettermi i tuoi vestiti puzzolenti,
nella tua macchina... e soprattutto con te dentro!
Mise il broncio, tentando di scassinare nuovamente la
portiera.
- Potrei farti arrestare per sequestro di persona, lo sai?!
- Se non ti cuci quella bocca ti do un altro bacio... - la
prese in giro lui, non credendo che la minaccia avrebbe fatto davvero effetto.
Lei si zittì all'istante, mentre il cervello rianalizzava
gli eventi di poco prima. Cavolo, si erano baciati davvero. E con una passione
che con Nobu non aveva mai neanche creduto possibile. Lui rise, guardandola
dallo specchietto retrovisore, mentre lei tratteneva un paio di starnuti. - Sei
una stupida, orgogliosa. Mettiti quei vestiti ho detto, giuro che non guardo...
- disse facendo uno spergiuro con le dita della mano destra, in modo visibile
perché lei se ne accorgesse. Infatti Ritsuko se ne accorse
e gli buttò dietro la testa la prima cosa che le passò sotto mano, in questo
caso il suo famoso quaderno, tutto inzuppato d'acqua.
Si portò sul sedile accanto a lui, scavalcando un po' qua e
un po' là, incrociando poi le braccia e volgendo lo sguardo fuori. Daiki sbuffò
seccato, anche se divertito allo stesso tempo.
- Non ti darò mai la soddisfazione di vedere il mio magnifico
corpo senza vestiti.
Lui scosse il capo.
- Sei proprio di coccio, tu... torna dietro, copro lo
specchietto retrovisore, te lo prometto... - disse con fare conciliante.
- No. - rispose lei secca, nuovamente. - Non voglio punto e
basta. Arrivo a casa e mi cambio. Ecco. Se poi devo ammalarmi sia lodato il
cielo, almeno Rumi non mi obbliga ad andare a scuola!
- Mi spiace io a casa non posso portarti... è finita la
benzina, visto che siamo davanti casa mia credo sia meglio che rimani qui... -
disse allegramente, posteggiando. Fu come se un masso le avesse colpito la
testa in pieno, frantumandola. Non era possibile. Quel giorno succedevano tutte
a lei!!! Beh, sarebbe tornata a casa a piedi. No,
impossibile, abitavano ai due poli diversi di Tokyo.
Scese dalla macchina con una velocità impressionante,
chiudendo poco delicatamente la portiera.
- Prenderò un TAXI, visto che tu sei così deficiente da non
fare nemmeno il pieno alla macchina.
No. A casa di Daiki. Cambiarsi da lui. Stare da lui chissà
fino a quando. MAI!
Lui la guardò. Si stava divertendo come un matto. - Bene,
aspetta pure un taxi... ciao ciao...
- disse avviandosi verso il cancello dell'enorme villa dei Nishikado. O,
meglio, una delle tante. Ma Ritsuko non sapeva quella fosse solo una villa
secondaria, e che lui l'aveva portata li solo per
prenderla un po' in giro. Avrebbe dovuto chiamare anche Daisuke per avvisarlo
di raggiungerlo li con l'altra Matsumoto, tanto per
stare un po' tutti insieme. Magari riusciva a far riprendere Ritsuko
dall'effetto "Lavaggio del cervello byMizuki Honjo".
Roxy frugò nella tasca della gonna della divisa, cercando il
cellulare e chiamare quel maledetto taxi. Impallidì quando
notò che non c'era.
- NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! - si ritrovò a urlare a
squarciagola.
Allora la sfortuna ce l'aveva
proprio con lei! Aveva lasciato la cartella con dentro tutte le sue cose vicino
a quella di Daisuke, dove stava anche Mizuki.
Si avviò a passo d'elefante alla porta dell'immensa villa,
suonando sclerotica il campanello, quando le aprì un divertito e strafottente
Daiki.
- DOVE... C'È... UN... TELEFONOOOOOOOOOO?!
Daiki fece spallucce.
- Mi spiace, il temporale deve aver fatto saltare qualche
palo del telefono, sono tutti muti...
- Vaffanculo... - sbottò lei per niente finemente. - La odio
questa giornata, la odio con tutto il cuore! DAMMI IL TUO
CELLULAREEEEEEEEEEEEEEE!
Daiki si diede una grattatina. - Ops...
credo di averlo dimenticato all'Uni... - rispose
vagamente, trattenendosi dal ridere a crepapelle.
Si spaventò un momento vedendo l'espressione della ragazza.
Sembrava indemoniata, fumava come se dentro di lei ci fosse stato un incendio. Era
evidentemente furiosa. Se continuava così avrebbe
dovuto chiamare di lì a poco un'esorcista. Che brutta cosa.
Le posò una mano sul capo con accondiscendenza, e lei subito
si calmò. Sembrava quasi quello fosse diventato il
gesto di rito per calmarla. Come se quelle carezze le trasmettessero pace e
tranquillità.
- Dai, resta un po' qui, fra poco Daisuke e Rumiko
arriveranno, appena spiove vi accompagno a casa... - disse dolcemente. - E poi
devi cambiarti subito, sei fradicia... qui ci sono dei vestiti di mia mamma, ma lei non li usa più, si rifà il guardaroba da
capo ogni mese, così penso che puoi usarli tranquillamente.
Alla parola Rumiko la ragazza si tranquillizzò. Si fece
indicare da Daiki una stanza in cui cambiarsi, dopo aver scelto degli abiti
vagamente accettabili, si chiuse a chiave dentro e non ci uscì più finché non
arrivarono gli altri due. Chissà cosa avrebbe atteso i quattro, per il tempo
che sarebbero stati insieme in quella villa.