Truly Madly Deeply

di San e Rachel
(/viewuser.php?uid=1189)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Prologo

CAPITOLO 1

 

Quando suonò la campanella il suo quaderno era ormai tutto scarabocchiato. Che strano, non si era nemmeno resa conto di aver mosso la penna su quel foglio, prima candido, per così tanto tempo. Era ancora assorta nei suoi pensieri, il viso appoggiato su una mano, lo sguardo volto oltre i vetri della finestra, quando una mano le si posò sulla spalla.

- Rumiko, noi andiamo a pranzo. Che fai, vieni?!-, fu la frase che la ripescò dal suo mondo.

Guardò l'amica, Nanako, poi posò la penna e il quaderno sotto il banco. - Certo... certo, vi raggiungo subito. -, rispose pacata, prendendo il suo obento dalla cartella appesa al lato destro del banco. Seguì le amiche fuori dall'aula. Non ascoltò le loro chiacchiere senza senso, non ne aveva voglia, né forza. Ormai erano giorni che una pesante apatia l'avvolgeva, rendendola incapace di provare la minima emozione.

Si sentiva letteralmente schiacciata dalle persone che la circondavano. Erano felici, loro. Lei sentiva la sua vita piatta, totalmente. Non aveva uno scopo, non aveva un ragazzo, la sua famiglia era un disastro. Aveva delle amiche, certo, anche molto care, ma non riuscivano a darle la carica giusta. E, ovviamente, c'erano loro... I due fratelli diabolici. Ultimamente si erano divertiti molto a prenderla di mira, probabilmente vedendola così apatica. Le facevano sempre scherzi cretini e si divertivano a prenderla in giro, e logicamente lei non reagiva.

Rumiko Matsumoto non era né più, né meno di una normalissima studentessa medio-borghese. Era presidentessa del consiglio degli studenti, caposcuola, capoclasse, era tutto ciò che una madre vorrebbe come figlia. Eppure a lei non bastava. Cosa se ne faceva dei buoni voti, se la sua vita era talmente noiosa? Scuola casa, casa scuola, era tutto ciò che sapeva. Rumiko era stanca di quella situazione. Non era particolarmente bella. Né particolarmente simpatica. Semplicemente era una buona studentessa, e tutti approfittavano di lei per farsi fare i compiti. Non aveva la forza di dire di no. Questo é il peggior difetto che un'adolescente come lei potesse mai avere. Ultimamente, poi, anche i suoi voti calavano. E come poteva concentrarsi nello studio, con quelle due piaghe dei fratelli Nishikado che le rendevano la vita impossibile? I genitori di quei due erano potenti, potevano comprare tutto, e non per nulla avevano tentato persino di farla espellere dall'istituto. Quella volta se l'era cavata per il rotto della cuffia. Ma ora era giunta al limite di sopportazione, presto sarebbe crollata.

Fece per raggiungere le amiche nel cortile della scuola, ma poco prima, fermò i suoi passi e alzo lo sguardo al cielo. Era di un turchese splendido, anche se macchiato di qualche nuvola bianca. La brezza era piacevolmente fresca, rinfrescava il clima un po' torrido della giornata. Si guardò intorno sospirando. Si sentiva cadere in un buco nero, ed era veramente una situazione sgradevole. Riprese a camminare sotto le urla civettanti di Nanako e Yuko, raggiungendole in pochi passi.

- E tu Rumiko che ne pensi? So che non sei particolarmente interessata agli uomini ma... dai...

- ... è veramente un grande figo! -, concluse Yuko indicando un ragazzo contornato da uno stormo di ragazzine strillanti.

Rumiko guardò il ragazzo e fu presa da uno spiacevole senso di nausea.

- E' l'essere più disgustoso che io abbia mai visto!-, rispose algida. Si sedette accanto a Nanako e non aprì neanche il suo obento. Si limitò a continuare ad osservare il ragazzo. Le sue amiche non potevano sapere ciò che Daisuke e Daiki Nishikado le avevano combinato, più di una volta. Non voleva la loro compassione, non voleva la compassione di nessuno. Ravviò i capelli corvini con una mano, portandoli dietro le spalle. Erano lunghi poco oltre le scapole, liscissimi, quasi spaghetti, e di un nero lucente, scintillante. I suoi occhi azzurro ghiaccio, un po' nascosti dalla montatura degli occhiali, si soffermarono ancora un po' sul ragazzo, ma quando incontrò gli occhi di lui si voltò da un'altra parte, rovesciando il suo obento che si aprì, lasciando cadere il suo contenuto sull'erba umida. "Che razza di giornataccia...", pensò mentre ripuliva. Poco male, non aveva nemmeno fame. Yuko e Nanako si guardarono preoccupate. Erano sicure che Rumiko nascondesse loro qualcosa.

 

***

 

 

Si fermò ansimante per la sfrenata corsa. Finalmente era arrivata. Questa volta se l'era svignata da scuola per un soffio, l'avevano quasi scoperta, ma fortunatamente grazie alle sue tecniche segrete l'aveva scampata di nuovo. Sistemò meglio la chitarra sulla spalla e prese a camminare normalmente. Guardò estasiata quel piccolo bar malandato. Era la loro salvezza, sua e del suo gruppo. L'anziano proprietario concedeva loro di suonare liberamente negli orari di apertura e, in cambio, qualche serata intrattenevano il pubblico con qualche concerto. Da giovane, raccontava sempre Asano, era uno dei capi di uno dei più famosi gruppi punk del momento. Non erano solo un gruppo nel contesto musicale, ma erano una banda vera e propria e, per questo, li sosteneva più che volentieri. Si infilò velocemente nei bagni del locale e levò la divisa per indossare dei vestiti più comodi. Ovviamente lo stile stava nei pantaloni a vita estremamente bassa e neri, maglia piuttosto stracciata nera anch'essa. Il tutto contornato da borchie qua e là, come bracciale o cintura, o anche direttamente sugli abiti.

Sciolse i lunghi capelli azzurri, arricchiti da meches blu metallizzato, che ormai le arrivavano fino a metà schiena. Aveva deciso di tingerli per mettere in risalto il suo stile ribelle, facendo anche una leggera permanente per renderli mossi. Lasciava solo la frangetta scalata liscia. Calcò incredibilmente la matita nera intorno agli occhi, mettendo in risalto il colore verde smeraldo dei suoi occhi e colorò le labbra leggermente con un rossetto marrone. Osservò la quantità incredibile di orecchini che aveva alle orecchie e sorrise compiaciuta.

Ripose disordinatamente la divisa del suo liceo, l'istituto superiore Hayabusa, che era una scuola per figli di papà, di norma inaccessibile a teppistelli quale era lei. Ma Ritsuko non se ne faceva un problema. Era in quella scuola grazie alle possibilità finanziarie del padre, ricco imprenditore, e se ne fregava se lui pagava per la sua istruzione. Lei preferiva svignarsela e correre incontro al suo sogno: diventare una grande musicista. Il padre era contro questo suo sogno, ma lei ci rideva su, e non rispettava nemmeno le punizioni che puntualmente le infliggeva. Semplicemente scappava. Era una vita che scappava. Aveva avuto piccoli problemini con la legge, ma suo padre aveva messo tutto a tacere sganciando enormi somme di denaro. A scuola andava piuttosto bene, nonostante non aprisse mai i libri... si riteneva una persona decisamente intelligente! Ma a lei della scuola non gliene importava un tubo. La musica era tutto ciò che contava nella sua vita. E le andava bene così, non voleva cambiare. Uscì dal bagno raggiungendo il localino sul retro del bar, dove di consueto provavano. Salutò con un cenno della mano il batterista del suo gruppo, l'unico già presente. Era un ragazzo piuttosto semplice, anche lui amante del nero. Aveva degli stupendi occhi nocciola con il tipico taglio orientale, ma più grandi. I capelli erano tenuti medio-lunghi in un taglio scalato ed erano logicamente tinti o, per meglio dire, ossigenati. Era l'unica ragazza nel gruppo, ma ciò non la faceva sentire a disagio, anzi. Si sentiva meglio con gli esseri maschili che con quelli femminili, troppe chiacchiere al vento e troppe pugnalate alle spalle, pensava lei. Subito dopo di lei entrò Nobu, il secondo chitarrista. Si alzò di scatto saltandogli letteralmente in braccio, ottima scusa per rubargli ogni volta la lattina di birra dalle mani. Nobu ormai ci aveva fatto l'abitudine e ogni volta si rassegnava a portarsi il doppio della sua normale razione di alcool.  Ecco, se vogliamo trovare un altro difetto in Ritsuko, nominata affettuosamente Roxy dagli altri membri del gruppo, era la bionda. Ne beveva a fiumi, letteralmente. Non era mai stata male per la birra, questo no, ma non si limitava di certo al mezzo a serata.

Dopo qualche minuto arrivò Akito, affettuosamente rinominato Akki da Ritsuko. Akki era il leader indiscusso della band. Alto, capelli ed occhi dello stesso colore della pece e un sorriso da urlo. Lui aveva un successo incredibile tra le ragazze che frequentavano il locale, cosa che faceva irritare non poco il povero Nobu, un ragazzo dolce e ingenuo, troppo sempliciotto per farsi le ragazze, ma troppo poco per non desiderare di farsele. I due ragazzi erano agli antipodi, ma Roxy non ci badava. Lei li considerava come fratelli, voleva loro un bene immenso, e suo padre poteva dire ciò che voleva sul loro conto, per lei erano la sua VERA famiglia.

Con loro rideva, scherzava, condivideva dei sogni... quando aveva bisogno, insomma, loro c'erano sempre. Stava bene quando era con loro, punto. In fin dei conti come poteva considerare reale la sua famiglia di sangue? Era figlia unica, suo padre, ricco uomo d'affari, passava praticamente la vita in ufficio e, se lo sentiva, era solamente tramite la segretaria o qualche colpo di telefono quando faceva qualche marachella più grave. Sua madre... beh, lei ormai non c'era più. Era morta, anche se non fisicamente, ma morta per lei. Quando aveva tre anni aveva deciso di andarsene di casa, senza avere nemmeno più la decenza di chiamarla una sola volta. Non sapeva dov'era e nemmeno le interessava. Bella madre, vero? Stupenda, proprio quella che tutti desiderano, per non parlare del padre. La sua vita escludendo il gruppo, insomma, era una vera piaga.

***

La pioggia continuava a cadere incessantemente, ma Rumiko non si degnò nemmeno di aprire l'ombrello, era troppo, troppo stanca per mantenerlo. Continuò a camminare tenendo il volto puntato in alto, gli occhi al cielo. Dei lampi attraversarono il grigio delle nuvole, seguiti da un fragoroso, assordante rimbombo. Non sussultò nemmeno. Era troppo presa dai suoi pensieri. Pensava che appena arrivata a casa avrebbe preparato la cena, cenato da sola perché la madre lavorava fino a tardi per portare a casa quei quattro soldi per mantenerla in un istituto esclusivo come l'Hayabusa, poi avrebbe studiato fino a mezzanotte passata e poi sarebbe andata a dormire. E le giornate si ripetevano. Tutte con lo stesso ritmo. Tutte con le stesse sfumature... sfumature cupe, sfumature grigiastre, sfumature tristi della vita di una ragazzina cresciuta troppo in fretta, il cui sogno di diventare avvocato era offuscato ogni giorno di più dal desiderio impellente che provava da ormai molti mesi. Il desiderio di scomparire dalla faccia della terra.

Arrivò davanti al suo condominio, fece un distratto segno di saluto all'anziana, bisbetica portiera, e salì le scale, fino al sesto piano dove c'era il monolocale in cui vivevano lei e sua madre, da sole, da ormai un anno. Sua madre aveva perso il lavoro di segretaria di un noto industriale, e tiravano avanti con i rari lavoretti part-time che riusciva a trovare. Inserì la chiave nella serratura e spalancò la porta. Entrò e non si degnò nemmeno di richiuderla. Semplicemente si lasciò cadere sulla poltrona all'ingresso, senza preoccuparsi minimamente della porta ancora aperta. "Tanto...", pensò, "... qui non c'è niente da rubare... che entrino pure...". Una lacrima le rigò il volto prima di infrangersi sul pavimento.

***

- Roxy che hai???-, sbraitò Nobu. - Stai sbagliando tutto. Che ti prende?

- Mh? Ma cosaaaaaaaaaaa? Stavo solamente provando un nuovo pezzo! Non senti che sto cantando parole differenti?

Yamato, il batterista, si schiaffò una mano in fronte. OK, era ubriaca fradicia, iniziavano bene. Nemmeno trenta minuti che provavano e Roxy era già completamente fuori. Akito posò il basso e guardò attentamente la ragazza.

- No, non dire nulla! -, cantilenò lei, - Scherzavo, scherzavo sono sobria! Non vado fuori per così poco ma, non so, oggi ho una strana sensazione addosso, non riesco a concentrarmi!

- Si... presentimenti... magari é la tua gemella segreta che sta per morire e tu senti che devi fare qualcosa per salvarla, anche se non sai nemmeno che lei esiste!-, ridacchiò Nobu, beccandosi in risposta un microfono in testa da parte della ragazza.

- Taci, é meglio... -, lo riprese Yamato, glaciale. Akki scosse il capo, rassegnato. Forse era meglio rinunciare alle prove.

- Roxy... -, decise di cambiare discorso, -... stavo pensando che forse dovremmo cambiare orari delle prove... ok per Nobu, lui è un analfabeta e non prenderà mai il diploma... ("CHE COSA?!?!", urlò Nobu)... ma non credo che a te faccia bene... tutte queste assenze... tuo padre poi se scopre che hai ripreso a marinare le lezioni...

Yamato e Nobu si guardarono. Forse Akito aveva ragione. Tuttavia aveva scelto il momento sbagliato per parlarne. Ritsuko era già incavolata per i fatti suoi , parlare del padre in quel momento era come rigirare il coltello nella piaga, ancora, ancora e ancora, fino allo sfinimento.

- No, vanno benissimo questi. - rispose lei gelida riprendendosi il microfono e cominciando a canticchiare una canzoncina che intonava sempre per calmare i bollenti spiriti.

Akito e Nobu si guardarono preoccupati, ricevendo un segno di consenso anche da Yamato che si alzò dal suo sgabello e, infilate le bacchette in una delle tasche posteriori dei Jeans, salutò Nobu e Akki con una pacca sulla spalla e Roxy, che per poco non lanciò il microfono in testa pure a lui, con un bacio sulla guancia. Fece appena in tempo a chiudere la porta che un tonfo sordo rimbombò per la stanza.

- YAMATO SEI UN CRETINO! -, urlò la ragazza tremando di rabbia.

Recuperò la chitarra e iniziò a suonare un qualche assolo estremamente veloce. Beh, pensarono gli altri due, almeno quella volta aveva deciso di usare la chitarra per sfogarsi e non il loro povero corpo.

- Hai proprio deciso di farti bocciare?-, chiese Akito, tenendosi pronto per scappare.

- E tu hai proprio deciso di farti ammazzare da lei?-, lo guardò accigliato Nobu, scuotendo la testa.

- Sta' zitto, cretino. Rispondi Ritsuko!!! Perché vuoi farti bocciare? E' l'ultimo anno di liceo, dopodiché sarai libera... fai un minimo sforzo, per la miseria. Nobu non si diploma perché è un caso disperato... ma io sto per laurearmi e Yamato lo é da un pezzo, ma come vedi riusciamo a dedicarci comunque alla musica. Dovresti impegnarti un po' di più. Hai diciannove anni suonati, ma ti comporti come una bimba delle elementari...

- Senti, evita di scassarmi le palle, mi sono proprio rotta. -, rispose scocciata la ragazza iniziando a raccogliere le sue cose, tentando di mandare giù il nodo in gola. - Sono cavoli miei quello che faccio, non ti deve riguardare.

Akito fece per mollarle un ceffone, ma fu fermato in tempo da Nobu. Roxy, i cui occhi erano ridotti a due fessure per la rabbia, lo guardò con disgusto ed uscì di corsa dal locale.

- Bella mossa boss... ma che cavolo ti è preso? Non ti è mai saltato per la mente di alzare le mani su di lei! Datti una calmata per la miseria! Capisco che sei preoccupato per il suo avvenire, ma stai esagerando!

Akito si divincolò facilmente dalla presa di Nobu, facendolo cadere all'indietro, e uscì velocemente dalla sala, raggiungendola e bloccandola. Nobu li raggiunse.

- Bene. Vorrà dire che finché la signorina non andrà a scuola almeno un mese tutto di fila, potrà scordarsi di rimanere vocalist ufficiale della band, siamo intesi?

Roxy sentì le lacrime pungerle gli occhi. No, quello non poteva farlo. Era stata lei a mettere su il gruppo e se non poteva né cantare né suonare la sua vita non aveva alcun senso.

- Sei proprio uno stronzo... -, disse in un soffio.

***

Il contenuto della padella era ormai cotto al punto giusto, così Rumiko spense il fuoco e prese due piatti. Si sentiva debole e una bella fetta di carne era proprio quello che ci voleva. Da quant'era che non mangiava carne? Non lo ricordava precisamente, ma era molto. Lei e sua madre, Azuki Kashiwagi, non potevano permettersi granché, così preferivano andare avanti a riso e zuppe. Ma qualche giorno prima sua madre aveva avuto una piccola gratifica, con 3.000yen di aumento sullo stipendio del suo ultimo lavoro, quello di commessa, così avevano deciso di permettersi questo piccolo lusso.

La tavola era apparecchiata, tutto già pronto, quando squillò il telefono.

- Pronto?-, rispose la ragazza.

"Rumiko, tesoro, sono la mamma."

- Mamma, é successo qualcosa?-, sapeva che era successo qualcosa, non sapeva cosa, ma era ovvio che la madre l'aveva chiamata per avvisarla che sarebbe tornata tardi, di non aspettarla per cenare.

"Mi dispiace Rumi, ma il lavoro è tanto, sai gli sconti di stagione... mi tratterrò in negozio ancora un po'... per cui non aspettarmi per cena, ok?". Rumiko annuì.

"Hai già preparato la cena tesoro?" - Rumiko scosse la testa, dimenticandosi di rispondere a parole, - "Oh, scusami tanto, avrei dovuto avvertirti prima, che sciocca che sono... scusami... Tienimela in caldo, la mangerò quando torno! Grazie mille!"

Salutò la figlia e pose fine alla conversazione. Rumiko rimase lì ferma qualche minuto con la cornetta in mano, non era riuscita nemmeno a spiaccicare una misera parola. Ripose il telefono sulla base e si diresse in camera sua, lasciandosi sprofondare nel materasso. Era stanca, non aveva nemmeno fame. Ultimamente l'unica cosa che faceva volentieri era dormire, sì dormire, perché era l'unico momento in cui non viveva. Si sentiva come morta ed era ciò che voleva, piuttosto che continuare la sua vita apatica.

Stava ormai tra le braccia di Morfeo, quando un tonfo sordo contro la porta d'ingresso la svegliò. Si alzò e uscì dalia sua stanza. Perché non avevano usato il campanello? Forse era guasto di nuovo...

- Si, chi é?-, chiese tenendo una mano sulla piccola catena sopra la maniglia. Non ricevendo risposta aprì di qualche centimetro la porta, senza però togliere il fermo.

- Nishi... Nishikado... cosa ci fai qui?-, con orrore indietreggiò di qualche passo, senza nemmeno chiudere la porta, permettendo ad una mano del ragazzo di togliere la catena ed aprire la porta.

- Esci subito di qui. Nishikado!

Era Daiki Nishikado, il maggiore dei fratelli diabolici. Ma come aveva fatto a sapere il suo indirizzo? Tra l'altro era anche quello che la tartassava di meno, dato che frequentava l'università, sempre all'istituto Hayabusa, ma nell'edificio affianco, così che non lo vedeva spesso. Forse era venuto per fargliela pagare del loro ultimo incontro, quando lei era riuscita a scappargli dandogli un calcio ben assestato dove non batte il sole. Rumiko inorridì quando, allungando il collo, vide anche il fratello Daisuke, appoggiato alla ringhiera delle scale.

Il ragazzo si avvicinò a lei, sorridendo malizioso.

- Oh, sei tutta sola? Noi siamo venuti a trovarti, non è vero Daiki? Eravamo ansiosi di rivederti!

La ragazza indietreggiò ancora, finché il muro le fece da ostacolo. Si fece piccola, piccola e pregò in cuor suo perché qualcuno l'aiutasse.

- Ragazzi... vi prego... non vi ho fatto niente... e comunque... potrei denunciarvi per violazione di domicilio!-, tentò di sembrare il più calma possibile.

Daiki sorrise. - Oh, ma noi non abbiamo fatto niente di male... siamo passati per un salutino. Vedi... ci stai dando così tanti problemi. Tu e il tuo dannato consiglio d'istituto. Se non fosse stato per nostro padre, Daisuke sarebbe già stato bocciato... e a noi questo non piace, dato che Daisuke é stato bocciato già l'anno scorso, a causa della qui presente signorina.-, spiegò pacato, avanzando verso la ragazza.

La ragazza deglutì. Non era stata solamente sua la colpa della bocciatura di Daisuke, se lui era un asino lei che poteva farci? Il consiglio d'istituto aveva deciso così, con il consenso di tutti i membri, lei aveva solamente dato l'annuncio, non ne era la diretta colpevole.

- Sai tesoro... -, cominciò Daisuke, - Non mi piace ripetere l'anno solo perché una sciaquetta come te ha deciso di rovinarmi la vita!

Si avvicinò alla ragazza e le alzò il viso, prendendola per il mento.

- Sei pure brutta conciata così, ma non hai un minimo orgoglio personale? -, le tolse gli occhiali, mentre la ragazza tremava come una foglia, - Ah ecco, ora va decisamente meglio non trovi? Oh, hai gli occhi azzurri, sono belli sai? È peccato nasconderli dietro a quei fondi di bottiglia!

Daiki richiamò il fratello. Possibile che dovesse fare il cascamorto con tutte le ragazze? E poi perché proprio con Rumiko Matsumoto? Poi d'un tratto un pensiero gli balenò per la mente. Ma certo! Suo fratello era un genio, stava proprio colpendo il punto debole della ragazza. I sentimenti. Soprattutto le attenzioni ricevute da un ragazzo, visto che era conosciuta anche come la santarellina di turno. Daisuke, infatti, fece scivolare una mano lungo la schiena della ragazza, provocandole un brivido.

- Sai, forse potremmo anche diventare amici, un giorno... ovviamente, però, dovrai evitare di mettermi i bastoni tra le ruote, intesi? -, si piegò leggermente sfiorando le sue labbra con quelle di Rumiko, che ancora non aveva spiaccicato una parola, - Considerarlo come un gesto per assicurare che il nostro patto non venga spezzato... Noi ti lasceremo in pace e tu eviterai di farmi perdere l'anno. Ok? Bene, siamo d'accordo!

Alcune lacrime bagnarono il volto della ragazza, che tremava come una foglia. Non poteva dargliela vinta, ma dopotutto lei non era nessuno per poterli contrastare. L'avrebbero perseguitata sempre, lo sapeva bene. Patto o meno, non l'avrebbero lasciata in pace comunque.

Si udì un rumore fuori dalla porta, qualcuno stava salendo le scale velocemente. Una ragazza dai lunghi capelli azzurri passò davanti alla porta senza fermarsi, ma poi tornò indietro e guardò la scena, chiedendo cosa stesse succedendo. Rumiko lanciò uno sguardo d'aiuto verso l'ultima arrivata. Era Ritsuko Matsumoto, la sua vicina di casa, una ragazza estroversa e un po' teppista, figlia del famoso imprenditore Seiya Matsumoto. Abitava da qualche settimana nel monolocale accanto al suo, e da quel che si diceva in giro era scappata di casa perché il padre non voleva farla suonare. Beh, a Rumiko non interessava chi fosse o cosa cavolo facesse. In quel momento sperava solo che l'aiutasse.

- Oh... Daisuke... ma questa tizia con i capelli turchesi non é mica una tua compagna di classe?-, chiese Daiki, curioso.

- Sì, purtroppo questa tizia è in classe con me... -, rispose Daisuke con una smorfia.

La ragazza si avvicinò ai due con fare minaccioso e un'espressione imbronciata dipinta sul volto.

- Questa tizia avrebbe anche un nome... -, fece notare Ritsuko ai due, ormai irritata. Lanciò uno sguardo al campanello dell'abitazione.

"Ah, giusto, si chiama Rumiko... che memoria del cavolo che mi ritrovo."

- Non credo che Rumiko vi abbia gentilmente invitato da lei o sbaglio? Levate le tende da qui, io vorrei andare a dormire, non ho nessuna intenzione di sentire i vostri grugniti fino nel mio appartamento!

- Sta' zitta e non impicciarti, piccola idiota... questi non sono affari tuoi.

La ragazza dagli occhi verdi strinse i pugni.

- Ohhh... guarda Daisuke, la signorina si sta incavolando... ora chiamerà il suo papino... beh, peccato che nostro padre sia anche più importante del suo e non ci possa fare niente.

Rumiko strinse gli occhi per non assistere alla scena: Ritsuko si era avventata su Daiki e gli aveva rotto il naso con un pugno, ora grondante di sangue.

- MA SEI PAZZA?!

"Mai mettersi contro una ragazza che ha praticato arti marziali...", pensò Rumiko, ricordandosi di non andare mai contro Ritsuko Matsumoto. "Che buffo... anche io mi chiamo Matsumoto... mio padre si chiamava così.”

Si ritrovò malinconicamente a pensare a suo padre, le dispiaceva essere rimasta solo con la mamma.

Ritsuko fulminò Daiki con lo sguardo, per poi passare a Daisuke.

- Cambiate aria o preferisci trovarti con qualche arto in meno anche tu?

Daisuke scosse il capo. Quella ragazzina si credeva forte. Bene, avrebbe avuto pane per i suoi denti. Porse una mano al fratello, aiutandolo a rialzarsi e se ne andarono, senza dire nulla. Rumiko si lasciò scivolare lungo il muro, inginocchiandosi a terra.

- G... grazie Matsumoto... grazie... -, disse solo, prima di scoppiare in un pianto liberatorio.

… continua…

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 1

Capitolo 2

Posò il vassoio sul tavolino, con due tazze fumanti, riempite fino all'orlo di cioccolata calda. Si sedette sulla poltrona di fronte al divano su cui era seduta la sua strana vicina di casa, Ritsuko Matsumoto.

Rumiko si sentiva un po' in soggezione con lei, ma l'aveva invitata ad entrare per ringraziarla dell'aiuto. Sapeva che quella ragazza dai capelli azzurrini viveva da sola, magari un po' di compagnia non le avrebbe fatto male. Anche se, pensandoci bene, Rumiko non si considerava granché come compagnia.

- Prego... -, disse la moretta prendendo una tazza e porgendola all'altra.

Ritsuko la guardò un paio di secondi, esitante. Perché quella tizia l'aveva invitata ad accomodarsi? Beh, poco male, stava giusto gelando dal freddo e una tazzona di cioccolata calda, bevuta accanto al caminetto acceso, era proprio ciò che ci voleva per asciugare i suoi abiti, tanto inzuppati da aver fatto penetrare l'acqua fin dentro le ossa. Si appuntò un piccolo promemoria mentalmente: mai dimenticarsi l'ombrello, anche se la mattina quando esci di casa c'è un sole che spacca le pietre.

- Grazie. -, bofonchiò iniziando a sorseggiare il contenuto della tazza, senza levare lo sguardo di dosso a Rumiko. Lei sembrava altamente a disagio, forse per la sua insistenza nell'osservarla. Le cadde, infatti, la tazza di mano, che andò in frantumi rovesciando la cioccolata sul pavimento. Rumiko emise un lamento contrariato e si scusò con lei, iniziando a raccogliere i cocci. La ragazza dai capelli azzurrini, di malavoglia, si chinò per aiutarla, in fin dei conti glielo doveva, quando si lasciò sfuggire una domanda.

- Non che siano affari miei, ma cosa volevano da te quei due? Se sai che ti perseguitano, dovresti evitare di aprir loro la porta...

Rumiko si bloccò nel movimento di raccogliere un coccio, e rimase immobile parecchi secondi, prima di parlare.

- E' stato un incidente... loro sono entrati senza che potessi fermarli, mi hanno presa alla sprovvista... I Nishikado mi perseguitano da quando ho esposto al consiglio degli studenti la situazione drammatica dei voti d e della condotta del più piccolo, Daisuke, facendolo così bocciare. Il padre venne a saperlo troppo tardi della decisione dei professori e non poté fermarli... ora Daisuke e suo fratello Daiki, che frequenta l'università nell'edificio accanto al nostro, ce l'hanno con me e... beh credo proprio che non mi lasceranno in pace finché non si stancheranno... loro sono cattivi... sono diabolici... e mi odiano... Non é una gran cosa essere odiata da quei due, sono i figli del più grande beneficiario della nostra scuola, ogni anno devolve milioni di yen in favore dell'istituto Hayabusa, dalla scuola materna all'università. Non ho scampo... Se per caso tentassi di ribellarmi mi farebbero espellere... mia madre fa tanti sacrifici per mantenermi in quella scuola... non posso darle questa delusione.

- Ah... -, emise semplicemente Ritsuko.

Era decisamente una brutta situazione, nei suoi panni avrebbe sicuramente anche lei reagito come Rumiko, facendo bocciare quell'asino di Daisuke, se lo meritava proprio. Il problema era averli contro, ora, per una ragazza come lei era sicuramente una situazione insopportabile. Roxy sapeva affrontare quei due, come prima aveva dimostrato, ma Rumiko sicuramente ne soffriva in un modo impressionante. Ritsuko sembrò rimuginare per qualche minuto, quando fu colta da un'illuminazione.

- Ma certo! -, esclamò entusiasta, - Senti, dato che tu vieni nella mia scuola e io sono obbligata a frequentarla almeno per un mese tutti i giorni, posso farti da guardia del corpo per un po' di tempo! Almeno evito di annoiarmi in assoluto e posso contare sul tuo aiuto per passare l'anno scolastico, come ringraziamento! Sono o non sono un geniaccio assurdo?!

Rumiko sgranò gli occhi.

- Gu... guardia del corpo?!-, squittì tremante. Lei, povera in canna, avere una guardia del corpo importante come Ritsuko Matsumoto? Ma era... era semplicemente...

- Assurdo!-, esclamò portandosi una mano sulle labbra. Ritsuko sorrise, facendo segno di vittoria. Quel sorrisino non prometteva nulla di buono.

***

Il giorno dopo, come promesso, Ritsuko non si scollò da Rumiko neanche un momento, provocando degli spasmi involontari a Daisuke Matsumoto, che più e vedeva gironzolare insieme della scuola, più sentiva il desiderio di schiacciarle come insetti.

- QUANTO LE ODIO! - urlò Daisuke, mentre tornava a casa assieme al fratello in limousine.

Strinse convulsamente i pugni, dando un calcio alla portiera della lussuosa macchina.

- Si può sapere che cavolo si è messa a fare quel confetto ambulante?! Vorrei proprio saperlo! Perché cavolo si è messa dalla parte di quella pezzente?! Che cosa ci guadagna, mi chiedo! Se voleva rompermi le uova nel paniere ci è proprio riuscita, dannata! Giuro che non la passerà liscia, però! Lo giuro sul mio onore!

Daiki, che fino a quel momento aveva ascoltato distrattamente, guardando fuori dal finestrino, si girò verso il fratello.

- Questa tua ossessione per Rumiko Matsumoto mi da da pensare... tu sei malato! E' un attaccamento morboso. Ma sei sicuro tu la segua solo perché ti ha fatto bocciare? Secondo me c'è dell'altro... magari ti rode ancora che quando lei stava in prima media e tu in terza, rifiutò di partecipare alla festa di Natale con te?-, chiese senza pensarci troppo. Dall'espressione del fratello doveva aver toccato un nervo scoperto. "Lo immaginavo...", pensò ridacchiando sotto i baffi.

Daisuke tirò un calcio al fratello, tentando di tornare del suo colorito naturale.

- Piantala di dire cazzate Daiki! Sei proprio un'idiota! Sai cosa mi può importare di quel mostro di Rumiko! Una volta poteva essere anche un poco carina, ma l'hai vista ora? È veramente oscena! Ti pare, poi, io mi abbassi a farmi piacere una di classe sociale così bassa?! Semplicemente non posso accettare che ora si sia pure presa quella cretina di Matsumoto due la vendetta come guardia del corpo!

Voltò lo sguardo verso il finestrino, senza realmente guardare le immagini che gli scorrevano davanti agli occhi. Gli rodeva, sicuro. Quella dannata di Rumiko lo aveva respinto come se nulla fosse, come se lui fosse uno comune, come se fosse un mostro!

Daiki sospirò, massaggiandosi il punto dolente dove l'aveva colpito il fratello. "E va bene, Daisuke. So mantenere un segreto, io!".

***

Rumiko e Ritsuko erano nell'immensa biblioteca della sezione universitaria. La mora stava tentando di far capire alla sua "guardia del corpo" i concetti base di geometria analitica. Trovò piacevole insegnare la matematica a quella ragazza, era molto intelligente e capiva tutto al volo. Continuando a studiare con quel ritmo avrebbe recuperato tutto entro la fine dell'anno, e sarebbe passata senza alcuna insufficienza.

Ritsuko si stiracchiò un pochetto, sbadigliando rumorosamente. Poggiò la testa sul libro e inizio a fingere di russare. Rumiko ridacchiò e le diede un leggero colpetto sulla testa, richiamando la sua attenzione.

- E daiiiiii... siamo qui da almeno due ore! La matematica è veramente noiosa... non la sopporto... ho voglia di suonaaaaaaaaaaaare... di cantaaaaare... ho voglia di vivere!

- In giro si dice che fai parte di una band, è vero?-, chiese incuriosita, accettando la "proposta" di fare una piccola pausa. Erano le 18.00 e lei non aveva intenzione di andarsene dalla biblioteca finché Ritsuko non avesse appreso tutti i concetti base dell'ellisse e dell'iperbole.

- Sì, è verissimo! -, i suoi occhi si illuminarono, - Praticamente è la mia famiglia, il mio gruppo! Dunque... c’è Nobu, il chitarrista, poi c'è Yamato, il nostro batterista, c'è quell'antipatico di Akito, soprannominato Akki, bassista e leader del gruppo e poi... e poi ci sono io! Seconda chitarrista e vocalist! Proviamo tutti i giorni in un bar piuttosto sgangherato, che è gestito da Asano, un vecchietto troppo forte! Ci sostiene sempre perché anche lui era un punk, quando era giovane. Oltre ad avere una band musicale l'aveva proprio nell'ambito della vita! Erano i ribelli della città! Proviamo in cambio di qualche concerto nei week-end!

Abbassò lo sguardo, prendendo un'aria piuttosto malinconica. Si passò una mano fra i capelli, levandoli dal viso e riponendoli dietro la schiena.

- Purtroppo Akki ha deciso di rompermi le scatole... ha detto che se non frequento la scuola per almeno un mese e non passo l'anno non mi permette più di suonare con loro... e pensare che sono stata io a mettere su il gruppo... -, il suo sguardo si addolcì, - Ma in realtà so che non lo farebbe mai, vuole solo spronarmi a fare del mio meglio per prendere il diploma, così dopo sono libera di suonare con loro ed intraprendere la carriera di musicista con una garanzia nel caso ci dimostrassimo dei totali fallimenti! -, rise.

Rumiko la guardò spaesata. Le dispiaceva ammetterlo, ma la invidiava. Non andava d'accordo con suo padre, ok, ma in ogni caso finanziariamente l'avrebbe sicuramente sempre sostenuta. Anche se con lui, a quanto si diceva, riusciva solo a litigare, aveva degli amici che la sostenevano e l'aiutavano ad andare avanti nella vita. Rumiko aveva sua madre, era vero. Ma non era un vera figura nella sua vita, non la vedeva mai, non le parlava mai, praticamente era solamente la sua tutrice che si preoccupava di mantenerla. Le voleva bene, questo sì, come lei ne voleva a sua madre, ma ciò di cui aveva bisogno non erano i soldi per la migliore istruzione, ma tanto, tanto affetto.

Rumiko sorrise.

- Sei proprio fortunata...-, sussurrò, senza farsi sentire. Poi riprese a parlare con un normale tono di voce. - Che ne dici di chiudere matematica e passare a qualcosa di più interessante? Che so... Scienze per esempio?-, il suo volto si illuminò. Rumiko adorava biologia, chimica, geologia, geografia astronomica e tutto ciò che faceva parte della sua materia preferita, appunto Scienze. A quanto pareva, però, Ritsuko non era altrettanto entusiasta. Avrebbe preferito continuare ad ingarbugliarsi tra parabole e circonferenze, piuttosto che studiare quella materia soporifera e nauseante.

- Noooooooo, ti prego! -, piagnucolò Ritsuko guardando l'orologio che portava al polso, - Che ne dici se invece vieni a vedere le nostre prove? Fra mezz’oretta iniziamo!

Fece un grande sorriso all'amica, quasi implorandola di smettere per un po' di studiare.

Rumiko posò la matita che aveva tra le mani e guardò l'orologio. Erano appena le 18.05pm.

- Non se ne parla. Chiamali e dici che andrai più tardi, tu resti qui a studiare fino alle 20.00.-, Ritsuko stava per obiettare, ma Rumiko l'anticipò, -... E NIENTE MA! Mi sono presa la responsabilità di farti passare l'anno, per cui starai a quello che dico.-, sentenziò senza ammettere nessuna alternativa. Era la prima volta che Ritsuko la vedeva così decisa, e le fece un po' impressione. Da dove le veniva fuori tutta quella grinta? Perché non l'aveva cacciata fuori anche contro i diabolici fratelli Nishikado?

- Rumiko dai, ho le prove! Per oggi ho imparato talmente tanto che posso essere felice per il resto della mia vita! -, decise di metterla alla prova, per vedere se riusciva a sostenere la sua tesi. - Capisco passare l'anno scolastico, ma fin dal primo giorno studiare tanto... può compromettere la mia salute mentale!

Rumiko le guardò un paio di secondi, poi riprese a scrivere le tracce di alcuni problemi che la sua allieva avrebbe dovuto svolgere a casa.

- Credo non ci sia niente da compromettere... la tua salute mentale è già abbastanza compromessa...

Ritsuko scosse la testa esasperata. La picchiò una qualche volta contro il tavolo della biblioteca e rialzò lo sguardo su Rumiko, con in più un bel bernoccolo sulla fronte.

- Sei crudele... uffa... ma qualche volta pensi a qualcosa che non sia lo studio?

Rumiko inarcò le sopracciglia. - OVVIO CHE Sì! Faccio volontariato da quando avevo quattordici anni! Tsk...-, esclamò come fosse la cosa più naturale del mondo.

Roxy per poco non cadde dalla sedia. A suo parere Rumiko aveva qualche problema, se fare volontariato lo riteneva un hobby! Raccattò in fretta e furia le sue cose e mise via anche quelle di Rumiko che la guardava stralunata. Prese a correre per la biblioteca, tenendo per mano l'amica, ed ignorò i richiami della bibliotecaria e della povera vittima che aveva un fiatone assurdo, non essendo abituata allo sport.

- RITSUKO LASCIAMI DEVO ANCORA FINIRE DI ASSEGNARTI I COMPITI!!! E DEVO COMPILARE L'AGENDA DEL CONSIGLIO D'ISTITUTO CON L'ATTUALE NUMERO DI PUNIZIONI E SOSPENSIONI!!!-, disse tutto d'un fiato, gridando a squarciagola. Ritsuko la ignorò e la trascinò fuori la scuola. Si fermarono davanti una moto, una bellissima moto. Ritsuko vi salì e fece segnò all'amica di saltare in sella, dietro di lei.

- Fossi matta! Il 75% di incidenti stradali a giovani sotto i 18 anni é provocato appunto da...

Ritsuko le tappò la bocca e la fece salire di forza. Le infilò il casco poco delicatamente e partì come un razzo, lasciando appena il tempo alla povera moretta di aggrapparsi con tutte le sue forze e prendere fiato per urlare dalla paura lungo tutto il tragitto.

***

- Allora siamo d'accordo? -, Daisuke sorrise beffardo, passando una busta bella piena ad un ragazzo piuttosto losco. - Mi raccomando, però, devi solo spaventarle, non devi far loro nulla di male!

Il ragazzo sospetto, i cui capelli erano sparati in aria da un quintale di gel e tinti di un verde acido, spruzzati qui e lì da meches rosse, blu e gialle, sorrise, e annuì con il capo, facendo segno ai Nishikado di non preoccuparsi. Daiki dal canto suo si preoccupava, eccome. L'idea del fratello lo rendeva inquieto. Se li avessero scoperti, difficilmente il padre sarebbe riuscito a far tacere lo scandalo.

- Perfetto! -, annuì entusiasta Daisuke, che non vedeva l'ora di attuare il suo piano.

E non immaginava nemmeno quanto presto avrebbe potuto vederlo in atto.

***

Un rombo di una moto squarciò l'aria tranquilla, e fin troppo silenziosa, del bar. Una ragazza tutta tremante scese dalla motocicletta sportiva, seguita subito dopo dall'autista. La patentata tolse il casco, rilevando la sua stravagante capigliatura e si girò tutta sorridente verso la disperata passeggera.

- Forza, ci siamo quasi! Ehi, era la tua prima volta? Sei andata alla grande! -, le fece l'occhiolino e, non appena anche l’altra tolse il casco, la trascinò in fretta e furia all'interno del locale.

- BUOOOOOOOOOOOONGIORNO FIDI CLIENTI DEL SIGNOR ASANO! -, urlò con un sorriso che non finiva più stampato sulle labbra.

Molti presenti si girarono verso le due, alcuni ridacchiarono, un ragazzo fece segno di saluto verso la ragazza dao capelli azzurri e si avvicinò alle due.

- Roxy, sei la solita casinara... -, disse Yamato, sorridendo all'amica e posandole una mano sulla testa, scompigliandole affettuosamente i capelli. Rumiko guardò l'amico di Ritsuko ed arrossì.

"E' davvero carino", pensò, prima di schiaffeggiarsi mentalmente. Non era da lei pensare che un ragazzo fosse carino. Non era proprio da lei.

Furono raggiunte subito dopo da Nobu, con le lacrimucce che dagli facevano DIN-DON-DAN. Roxy gli saltò letteralmente addosso ed iniziò ad accarezzargli la testa con fare materno.- No, pucci cucci di un bimbo, che è successo? Perché Nobu chan piange? Che è successo ad onii-chan?

Il ragazzo ossigenato si passo una mano sugli occhi per asciugare le lacrime e una sotto il naso, per evitare al moccio di colargli sul viso, al che si prese uno scappellotto dietro la testa dalla ragazza alquanto disgustata.- Ho... ho... ho perso il mio plettro preferito... ABUAAAAAAAAAAAAAAAAAH! -, piagnucolò ancora lui. Rumiko mise una mano davanti alle labbra, per non dare a vedere che riteneva la cosa talmente buffa da ridere di cuore.

Nobu improvvisamente si illuminò e si avvicino alla moretta, scrollandosi di dosso Ritsuko che cadde a terra con un tonfo sordo.

- Questa é tua sorella?-, chiese a Roxy, indicando Rumiko.

Ritsuko e Rumiko si guardarono.

- V... veramente saremmo diverse come il sole e la luna... -, puntualizzò Rumiko, togliendosi gli occhiali e pulendoli con un fazzolettino, rivelando uno sguardo azzurro e intenso.

- Oh no! -, insistette il biondino, - Non siete opposte, cioè, si fa per dire... ma c'è qualcosa che... non so...

Ritsuko e Rumiko si guardarono incerte, trattenendo a stento le risate.

- Ok, Nobu-chan, la birra questa sera ti ha fatto male! Ah, a proposito... -, sbatté un po' le palpebre facendogli gli occhioni dolci, - Ne hai una per la tua Roxy-Roxy?

Yamato scosse la testa e si diresse verso la sua batteria, sotto lo sguardo attento e sognante di Rumiko.

- Mi sembrava Akito ti avesse vietato di venire alle prove, o sbaglio?-, disse il batterista, gelido, verso l'amica.

Lo sguardo di Rumiko e quello di Nobu balzarono da Yamato a Ritsuko, da Ritsuko a Yamato. L'aria si era fatta improvvisamente pesante. Ritsuko stava per ribattere, quando i suoi occhi si allargarono quanto due palle da bowling. Non si sbagliava di certo, quelli seduti in fondo, nell'angolo, con un tizio tutt'altro che rassicurante, erano i diabolici fratelli Nishikado.

… continua…

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Si avvicinò quatta, quatta dietro Rumiko e la trascinò dietro le spalle di Yamato

CAPITOLO 3

 

Si avvicinò quatta, quatta dietro Rumiko e la trascinò dietro le spalle di Yamato.

- Yamato, non seccare ora, poi non me l'ha vietato, ha detto solo di frequentare la scuola! Rumi, guarda, laggiù! -, indicò il tavolo dove erano seduti i tre ragazzi, - I Nishikado e uno strano tizio con i capelli da arlecchino!

- Come se i tuoi, poi, fossero normali... -, sghignazzò Nobu. Ritsuko lo fulminò con lo sguardo, e un po' di birra gli andò di traverso.

- oh... no... non anche qui!-, alcune lacrime riempirono gli occhi della moretta, mentre si nascondeva meglio dietro Yamato e l'amica.

- Vi prego, non fate vedere loro che sono qui!!!-, li pregò, con voce rotta.

Roxy scosse la testa più volte.

- Oh non preoccuparti, Nobuccio, puoi chiedere ad Asano se può raccontar loro una delle sue storielle, dato che quel tizio si crede un punk? Almeno se ne andranno!

Il biondo iniziò a sbuffare, asciugandosi con una manica della logora maglia le labbra. Possibile che sapesse solamente usarlo con il suo schiavetto personale? Sospirò e annuì con la testa, avviandosi in direzione del bancone. Yamato si girò verso la ragazza dai capelli celesti e la riprese, nuovamente.

- È mai possibile che devi sempre sfruttare Nobu?! Le gambe le hai anche tu, non è il tuo servo personale!

Lo sguardo di Roxy si rabbuiò e guardo truce l'amico.

- Se io andassi a chiamare Asano rischierei di essere vista e, di conseguenza, i Nishikado verrebbero qui ogni santo giorno a rompere le scatole a me, pur di potersi avvicinare a Rumiko.

- È mai possibile che devi sempre sfruttare Nobu?! Le gambe le hai anche tu, non è il tuo servo personale!

Lo sguardo di Roxy si rabbuiò e guardo truce l'amico.

- Se io andassi a chiamare Asano rischierei di essere vista e, di conseguenza, i Nishikado verrebbero qui ogni santo giorno a rompere le scatole a me, pur di potersi avvicinare a Rumiko.

Yamato guardò l'amica, poi la moretta.

- Perché, che vogliono dalla tua amica?

- Beh... insomma... -, iniziò a borbottare Roxy, ma fu interrotta dalla mano di  Rumiko sulla sua spalla, che la pregò di lasciar parlare lei.

Prese un lungo sospiro e iniziò a raccontare a Yamato la sua disavventura con i due diabolici fratelli e lui, intanto, ascoltava parola per parola senza perdersene nemmeno una.

- Cosa? Sono arrivati ad aprire il tuo armadietto e rubarti le tue cose, portafogli compreso?-, disse il ragazzo, beccandosi uno scappellotto da Ritsuko, che gli faceva segno di abbassare la voce. Sarebbero punibili per legge, se tu sporgessi denuncia...

- MA NON CAPISCI? Suo padre li farebbe scagionare senza sforzi... è una partita persa...-, disse la moretta asciugandosi una lacrima. Yamato tentò di rassicurarla che non era così, che con una buona consulenza avrebbe potuto vincere, ma fu bloccato da una mano sulla spalla, che strinse così forte da fargli avere un movimento involontario del braccio. Si girò, incrociando uno sguardo nero come la pece. Era lo sguardo di Daisuke Nishikado.

- Buonasera. -, disse sorridendo meschinamente. Aveva sentito Yamato urlare e senza perdere tempo si era diretto verso il gruppetto, dopo aver individuato tra di loro la sua preda preferita. Daiki da lontano osservava con diffidenza. Non gli piaceva quella situazione. Suo fratello Daisuke si buttava nei guai con le sue stesse mani.

- Buonasera. -, rispose di rimando Yamato, porgendogli il suo biglietto da visita, - Sentirà presto parlare di me, gliel'assicuro.

Fece un inchino per salutare il ragazzo, completamente spiazzato e, mettendo una mano sulla spalla di Rumiko, l'allontanò dall'arrogante giovane.

Roxy si diede una grattatina alla testa, poi sorrise.

- Beh, direi che hai perso su tutta la linea cocco brutto!

Daisuke la guardò furibondo e fece per alzare le mani su di lei, per tirarle uno schiaffo.

Ma qualcosa bloccò il suo braccio. Si girò e vide un ragazzo poco più alto di lui, dai capelli biondo platino e l'espressione divertita.

- Le ragazze non si toccano nemmeno con un fiore... -, disse Nobu, canticchiando. - Ma, d’altra parte, gli uomini si possono anche pestare a sangue... ah, un'altra cosa prima di farti male... NON-OSARE-MAI-PIù-AVVICINARTI-A-ROXY!-, terminò stringendo i denti e mollandogli un pugno in pieno stomaco. Daisuke si inginocchiò a terra, sputando un po' di sangue.

Ritsuko guardò spaesata Nobu, abbassandosi a vedere la condizione di Daisuke.

- Ma sei tutto scemo Nobu?! -, gridò, - Siamo in un locale pubblico, che cavolo ti è saltato in testa?! Vuoi forse farti arrestare?!

La ragazza scosse la testa ripetutamente, guardando il ragazzo come se lo vedesse per la prima volta nella sua vita.

- Capisco che volevi aiutarmi, ti ringrazio, ma non dovevi arrivare a questo!

- MA SEI SCEMA? QUELLO STAVA PER SCHIAFFEGGIARTI... IO... AH, BASTA! MI FAI ESASPERARE!-, urlò di rimando Nobu. Si avvicinò ad un tavolo, e da una delle sedie prese la sua giacca di pelle. Si avviò verso l'uscita, urtando Akito che stava appena entrando, e se ne andò.

- Che diamine succede, qui?-, chiese Akito, curioso.

- Chiedilo a Yamato, è lui l'avvocato della situazione! -, rispose Roxy esasperata passandosi un braccio di Daisuke sulla spalla, poi il suo tono si fece più dolce, - Ce la fai a camminare?

Il ragazzo, contratto ancora in una smorfia di dolore, non rispose. Ritsuko guardò truce Daiki, possibile che potesse rimanersene lì calmo e tranquillo nonostante suo fratello fosse stato malmenato da Nobu? Ammetteva che non le piaceva prendere le difese di quell'asino, ma Nobu aveva sbagliato e lei non poteva peccare ancora, rischiando di farlo denunciare. In ogni caso, si chiedeva, com'era possibile che il maggiore dei Nishikado stesse così deliberatamente ignorando la situazione del più piccolo, ma non erano estremamente uniti?

Daiki, da parte sua, ignorò lo sguardo della ragazza. Imitò Nobu, uscendo anche lui dal locale. Rumiko lo guardò andarsene.

"Forse... forse ora mi lasceranno in pace... non voglio sperare, non voglio illudermi... però...", volse il suo sguardo verso Yamato, incontrando quello del ragazzo.

- Grazie...-, sussurrò sorridendo dolcemente. Yamato sorrise di rimando.

Le accarezzò i capelli e le diede un buffetto sulla guancia.

- Non preoccuparti, in qualche modo andrà tutto a posto.

Lo sguardo di Rumiko si illuminò, ma si rabbuiò quasi immediatamente. Ritsuko aveva posato Daisuke su una sedia del locale e aveva seguito Daiki, con la faccia di chi ha intenzione di fare la ramanzina. Colse nello sguardo di Akito la stessa preoccupazione.

- Sta tranquilla... -, finse lui, - Roxy se la sa cavare benissimo da sola, non preoccuparti. Penso che per te sia meglio andare a casa, non è posto per una ragazza fragile come te, Yamato accompagnala a casa per favore!

Incasso quella parola con una fitta al cuore.

"Fragile". Ma lei non era fragile. Perché doveva sembrare sempre fragile? Forse era il suo aspetto così... così... beh.... fragile!!! Ma lei non lo era. E non le piaceva che Yamato lo pensasse.

- ... gile...

Yamato la guardò, non sicuro avesse detto qualcosa.

- Scusa Rumi, puoi ripetere?

- non... io non... io non sono... fragile...-, sussurrò tremando.

Akito la guardò imbarazzato. Cavolo, lui non voleva mica ferirla... Semplicemente le sembrava una ragazza di quelle che ispiravano protezione, che non erano così forti nemmeno psicologicamente.

- Non... non volevo offenderti... scusami... è solo che... mi sembrava... beh... insomma...

Yamato scosse la testa, suo gesto abituale, e diede una pacca sulla spalla di Akki.

- Non sempre chi ha l'aspetto di persona fragile lo è, Rumi è molto forte. Veramente molto, per essere riuscita a sopportare da sola e in silenzio tutti questi disagi.

Rumiko alzò lo sguardo verso Yamato, improvvisamente quel tremolio l'aveva abbandonata.

Ancora... l'aveva difesa ancora. Quel ragazzo era così... dolce....

E poi era un avvocato! Diventare un avvocato di fama nazionale era il suo sogno. Lui era proprio il ragazzo che cercava. Anche se per essere laureato e svolgere già il lavoro di avvocato per qualche studio, significava fosse molto più grande di lei. Almeno venticinque, ventisei anni.

"Beh... sembra più piccolo!", si rassicurò da sola, appuntandosi mentalmente che dopotutto l'età non contava. E poi lui era proprio il suo uomo ideale, si.

Ora era decisa a conoscerlo meglio, Yamato, era certa di poter scoprire cose meravigliose su di lui e, questa, era la sua missione da quel momento in poi.

Beh... oltre insegnare la scienze a Ritsuko. Ma quella eta la sua missione impossibile, per cui non ci sperava più di tanto.

 

***

 

Lo stava seguendo ormai da dieci minuti buoni e sembrava determinata a non mollare. Lui continuava a fingere di non sentire le sue chiacchiere, ma lei non si dava per vinta.

- Stai cominciando a stancarmi... -, finì per arrendersi, - Mi vuoi dire perché hai lasciato tuo fratello nella cacca?

All'ennesimo rifiuto del ragazzo a risponderle prese a correre nella direzione di lui e si aggrappò alla manica della camicia della sua divisa.

Con uno strattone, Daiki, la fece allontanare malamente, facendola anche cadere a terra. Non si fermò ad aiutarla e riprese a camminare, diretto verso la limousine nera parcheggiata dall'altra parte della strada.

Roxy si rialzò da terra, spolverandosi i vestiti e, raggiunto il ragazzo, si mise davanti alla portiera, impedendogli di aprirla.

- Si può sapere che diavolo ti ho fatto per non meritarmi nemmeno una risposta?! Sei un bell'egoista. Sai chi fa così in genere? I bambini piccoli e viziati!

- Perché non chiudi un po' quella boccaccia? Sai chi parla quanto te? Le galline.-, rispose a tono, facendole il verso. Le prese un braccio con violenza, facendole male, e la fece spostare.

Ritsuko contrasse il viso in una smorfia di dolore; accidenti, era veramente forte! Sapeva di stare giocando con il fuoco, ma aveva bisogno di una risposta. Perché era arrivata a pensare, trovandosi matta, che quei due cercassero solo di attirare l'attenzione delle persone che stavano loro intorno. Non per egoismo, ma bensì per trovare un po' d'affetto. E non li biasimava, vedendoli cresciuti tali. Capiva bene la loro situazione, perché ci era passata anche lei. Gli uomini d'affari è raro che abbiano tempo libero da dedicare ai figli. Per questo decise di giocare l'ultima carta del suo mazzo.

- Cos'è, hai paura di rovinarti la reputazione e farti sgridare dal paparino?

Il ragazzo si girò verso di lei con una lentezza estenuante.

- Sei una piccole incosciente lo sai? Entra in macchina.-, le ordinò, senza ammettere repliche. La ragazza inorridì.

"Oddio, adesso vedi che questo vuole violentarmi!", si ritrovò a pensare, impallidendo ogni minuto di più. Lo guardò per almeno cinque minuti buoni, prima di spiaccicare una misera domanda.

- Come, prego?

Lui roteò gli occhi esasperato. La prese e con poca delicatezza la buttò sul sedile posteriore della limousine. entrò in macchina anche lui e ordinò all'autista di bloccarle le portiere e chiudere il doppio vetro dei finestrini, in modo che da fuori non si vedesse nulla.

Ritsuko cominciò a sudare freddo, mentre il ragazzo accanto a lei si accese una sigaretta, innervosito.

- Dunque, ascoltami bene. Non so chi sei, non so che vuoi, non me ne frega niente, ma cerca di non impicciarti di affari che non t riguardano. Daisuke quel pugno se l'è meritato... io gliel'avevo detto dall'inizio che con quella Rumiko non c'era storia, ma lui non mi ascolta...-, disse tutto velocemente, senza virgole, né parentesi. La ragazza dopo qualche secondo stava ancora registrando ciò che aveva detto, mentre lui faceva qualche tiro di paglia.

Si portò una ciocca ci capelli dietro l'orecchio e prese via la sigaretta al ragazzo, spegnendola nel posacenere.

- 1. Sono Ritsuko Matsumoto.

  2. Il fumo mi da terribilmente fastidio.

  3. Da te non voglio proprio niente, solo che lasciate in pace la povera Rumiko. Tuo fratello si meritava la bocciatura perché è un asino!

Si accomodò meglio sui sedili della limousine, decisamente più tranquilla.

- Sei di coccio? Ti ho chiaramente detto preché mio fratello perseguita quella Rumiko Matsumoto... ma tu sembri non capire... sei proprio lenta, ora capisco perché rischi la bocciatura...-, disse senza darle peso ed accendendosi un'altra sigaretta, questa volta ben attento a non farsela togliere di mano.

Roxy lo guardò spaesata, ma che cavolo stava dicendo quel cancro vivente? E poi che ne sapeva lui che lei rischiava la  bocciatura?

- Ehy, ehy! Frena intossicare! Non capisco proprio di che stai parlando e poi io non rischio nessuna bocciatura! -, affermò in vani tentativi di rubargli la paglia di bocca, rischiando di cadergli pure addosso per una brusca frenata del conducente.

Daiki sorrise.

- Lo sa mezza Tokyo che verrai bocciata, a meno che l'altra Matsumoto non ti recuperi sull'orlo del burrone. D'altro canto è ovvio che tu non capisca, sei una tale bambina... non puoi mica capire le questioni di cuore.-, sorrise, arcigno.

Roxy lo guardò con un cipiglio.

- Non sapevo ti affidassi tanto ai paparazzi, guarda che ho l'intelligenza per superare l'anno scolastico e, volendo, di superare a pieni voti l'università, ma non è il mio obiettivo. Io sarò una bambina a non capire le questioni di cuore, Nishikado, ma tu sei un mostro dal cuore di pietra e quindi le capisci ancora di meno, se non ti degni nemmeno di difendere tuo fratello!

Si voltò infastidita verso il finestrino sul suo lato della macchina.

- Mio fratello aveva semplicemente bisogno di una lezione. Credimi, Matsumoto, mio fratello è tutto ciò che mi rimane da quando nostra madre è morta. Tuttavia questa se l'è proprio meritata, doveva darmi ascolto. Beh, spero la lezione gli sia servita. Fare una figuraccia davanti alla ragazza che gli piace l'avrà colpito almeno un po', la prossima volta starà più attento.

La macchina si fermò, l sicure degli sportelli si sbloccarono e l'autista scese, girò intorno alla macchina ed aprì lo sportello al lato di Ritsuko.

- Bene, grazie della compagnia, Matsumoto. Ora scendi, vado di fretta.

Roxy rimase inchiodata lì qualche secondo, si voltò e guardò dritta negli occhi Daiki.

- Piantala di fare quel tono da presidente del mondo, puoi anche essere meno formale! Non sono mica un chissà quale essere di grande importanza! -, sorrise tendendogli la mano, - Beh, io ti saluto, ma prima mi puoi dire dove siamo finiti?

Aveva appena guardato fuori dalla portiera della macchina e il quartiere in cui erano finiti le risultava assolutamente sconosciuto.

Il ragazzo le strinse la mano e la spinse fuori. Si affacciò dal finestrino e le sorrise.

- Mi spiace, non ho tempo di spiegartelo, vado di fretta. Ciao bellissima.-, fece un occhiolino e con un piccolo rombo la macchina partì, perdendosi nel traffico di quella strada caotica.

La ragazza riconobbe vagamente alcuni particolari, tipici di quartieri come Roppongi. Bene, stava in un bel guaio ora. Lei abitava dalla parte opposta di Tokyo.

 

***

 

Stavano passeggiando ormai da diverso tempo, essendo l'abitazione di Rumiko piuttosto lontana. Yamato si era offerto di accompagnarla con un taxi, ma lei si era categoricamente rifiutata affermando che costava troppo e, solo l'idea di salire di nuovo sulla moto di Ritsuko, la faceva stare male. Aveva cercato di convincere il ragazzo che era in grado di tornare da sola, ma lui aveva insistito dicendole che era solo un piacere accompagnarla a casa, e ciò la rendeva felice.

- Allora... vai a scuola con Ritsuko?

Rumiko scosse il capo. Rispose, senza mai alzare lo sguardo, per paura di arrossire troppo.

- No. Lei é un anno avanti a me... vado in seconda...

Il ragazzo abbassò un po' il capo, leggermente abbacchiato.

- Sei piccolina, eh...-, borbottò contrariato.

La ragazza si portò una mano tra i capelli, facendoli cadere un po' più in avanti. Le piaceva nascondere il viso, non le andava a genio quando qualcuno riusciva a vederla bene. Sapeva perfettamente di non essere una bellezza celestiale, e preferiva nascondersi, piuttosto che essere presa in giro. E ora ci mancava solo si facesse scappare che lei era davvero troppo più piccola di lui. Lei e la sua mania di non dire bugie. Avrebbe dovuto dire che era stata bocciata un fantastiliardo di volte e che quindi aveva la sua età, ecco.

Yamato la fermò per un polso, la fece voltare verso di sé e le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Non capisco perché ti ostini tanto a coprirti il viso con i capelli. Guarda che è un peccato, sai? Poi sii più fiera di te e cammina a testa alta, sembrerai più sicura di te stessa e metterai anche in risalto il colore dei tuoi occhi, che è veramente stupendo. Non capita spesso di vedere una ragazza giapponese con gli occhi cerulei. Immagino tu abbia qualche parente stretto di qualche paese occidentale, giusto?

La ragazza divenne scarlatta a livello orecchie ed abbassò un po' il capo, incrociando le mani dietro la schiena, in un atteggiamento impacciato e goffo.

- Sì... sì i miei nonni materni erano europei... mia mamma è castana, ma io ho preso dai miei nonni... i miei capelli non sono neri... in realtà sono bionda ma li ho tinti per non dare nell'occhio... lo sai... i Giapponesi vedono i biondi come alieni.-, spiegò, pacata, la voce leggermente più acuta del solito.

Yamato la guardò estasiato.

- Uao! L'Europa! Non sai quanto darei per visitarla anche solo una volta, voglio vedere il paese e le persone che ci abitano! Sei veramente fortunata ad avere dei parenti che provengono da lì! Trovo che l'occidente sia un mondo così  vario, mentre l'oriente lo trovo troppo ripetitivo... per questo il mio sogno è di andare a vivere lì, un giorno o l'altro!

La ragazza alzò lo sguardo.

- Spero... spero si avveri... é anche il mio sogno... magari... magari ci incontreremo lì. Sarebbe stupendo, no?-, disse allontanandosi un po' da lui di qualche passo. Era arrivata a casa così si era avvicinata al portone del condominio. Prese la chiave dalla cartella della scuola e le inserì nella serratura. Aperto il portone, si girò verso di lui.

- Ti ringrazio, per avermi accompagnata... sei stato gentile, davvero.

Probabilmente, pensò Rumiko, ora Yamato tornava al bar. Il ragazzo, infatti, le sorrise e le fece un cenno di saluto con la mano, per poi voltarsi e incamminarsi nella stradina da cui erano appena sbucati per poi ripercorrerla in senso inverso.

La ragazza abbassò lo sguardo.

- Rumiko sei una stupida... dovevi invitarlo a salire...-, borbottò tra sé e sé.

"Sì, ma la casa é un disastro, non potevo!!!", rispose la sua coscienza.

Si sentiva stranamente un peso allo stomaco, come se qualcuno l'avesse aperto, vi avesse inserito del piombo, e l'avesse richiuso.

Lo guardò, mugugnò qualcosa fra sé e sé, e si voltò anche lei, ma verso l'entrata del palazzo. Chiuse bene il portone e salì la lunga scalinata fino ad arrivare alla porta del suo appartamento. Sospirò e mise la chiave nella toppa che, con un cigolio, si aprì. Mise le mani davanti alle labbra, ma cos'era successo?

 

***

 

Era arrivato alla fine della traversa, deciso a prendere un taxi per tornare al bar dove aveva lasciato le sue cose, quando sentì una voce familiare, troppo familiare, che avrebbe riconosciuto tra mille, litigare con qualcuno. Si guardò un po' intorno, finché individuò una folta e lunga capigliatura azzurra.

- Lo sapevo...-, ridacchiò avvicinandosi ai due. Era Roxy, che litigava animatamente con il conducente di un Taxi.

-... NON ME NE IMPORTA UN FICO SECCO, LEI NON SI MUOVE DA QUI!-, stava urlando quest'ultimo, in preda all'ira. Il suo volto aveva un vago colorito purpureo, e agitava i pugni in aria come a voler colpire qualcosa.

- MA LO SA CHI SONO IO?! SONO RITSUKO MATSUMOTO, FIGLIA DI SEYA MATSUMOTO! SA CHI É?! NO?! BENE SI INFORMI! -, tirò un lungo sospiro, - Senta, ragioniamo con calma, se io non vado a prendere il borsellino in casa, e non ho contanti con me, cosa facciamo? Rimaniamo qui a vita a litigare?

L'autista sembrò pensarci un attimo, poi tornò sulle sue decisioni.

- Chiami suo padre, chiami chi vuole, non mi importa, basta che mi paghi! E con gli interessi dell'attesa! - finì esasperato.

- Roxy... sei la solita mattacchiona... non puoi svignartela senza pagare un Taxi, lo sai?-, disse Yamato alle sue spalle, ridacchiando come un babbeo. Ritsuko si voltò lentamente verso di lui, con fare omicida.

- Scusa... scherzavo...

Si passò una mano sulla fronte e guardò disperata il ragazzo.

- Ti prego... dimmi che hai qui dei contanti, non lo sopporto più quest'uomo! -, chiese esausta.

Yamato annuì, con grande sollievo di Roxy, e frugò nelle tasche dapprima con calma, poi con un certo nervosismo.

- Merda... l'ho lasciato al bar...

Ritsuko picchiò qualche volta la testa contro il sedile anteriore dell'auto, ignorando l'uomo seduto al posto di guida che aveva ricominciato ad urlare. Le venne un'idea. Lanciò un mazzetto di chiavi all'amico, che la guardò incuriosito.

- Dovrebbe essere all'entrata o sul tavolo della cucina... l'appartamento è piccolo, non dovrebbe essere un'impresa difficile... -, arrossì un poco, - E guai se fai commenti sul disordine in casa!

- Il tuo appartamento? Forte! Ci vado subito!-, simulò una corsa sfrenata, beccandosi una scarpa della ragazza appresso, che lo mancò per un soffio.

Yamato aprì il portone e salì fino al quarto piano, dove si avviò verso l'appartamento 307, come indicato sull'etichetta appesa al mazzo di chiavi. Passò dinnanzi ad un appartamento con la porta aperta, senza darvi troppo peso, passando avanti, poi tornò indietro di qualche passo e sbirciò dentro. Su un mobile all'entrata c'era una foto di Rumiko, con quella che supponeva fosse sua madre. La casa era a soqquadro, e la cartella della ragazza era a terra, in mezzo all'ingresso.

 

…continua…

 

SAAAOOOO!!! Si siamo sempre noi, più sceme che mai, ancora per voi ^___^ (E chi ti dice che loro ci vogliano? NdSan) (Beh… beh… se non ci vogliono che scriviamo a fare? ndRachel) (…non ti rispondo neanche… ndSan).

 

Dunque, dunque, dunque. (Dici troppi dunque ndSan) (MA TE NE VAI?!!?!? DEVO SCRIVERE I RINGRAZIAMENTI!!!! SFASCIO TUTTTTOOOOO!!! ndRachel).

 

Ehm… ehm… bene, ora che ci siamo calmate (Io non dovevo calmarmi, eri tu quella agitata… ndSan) direi di procedere a ringraziare.

 

Ringraziamo tutti coloro  che ci seguono, soprattutto tutti quelli che hanno apprezzato i nostri lavori precedenti (colgo l’occasione per ricordarvi che “Endless Love – Due gemelle scatenate II” è ancora tutta da scrivere, siamo appena a metà ^___^ ndSan), e soprattutto ringraziamo tutti coloro che hanno lasciato una recensione alla nostra nuova fatica, non potete immaginare quanto ci sproni a proseguire una storia, il trovare vostri commenti, positivi o negativi che siano ^^. Ci fa sempre piacere sapere il vostro parere.

 

Shaida Black: Grazie ^o^ Ci fa un enorme piacere sapere di aver mosso il tuo interesse per la storia. Rumiko sta ancora tentando di fermare Ritsuko,che da quando hai detto che ti piace come personaggio non fa altro che saltellare di qua e di là, urlando di avere una fan e che molto probabilmente scriverà una canzone anche per te ^^’’’’

 

Faith: Ciao piccina picciò. ^O^ A te ti ringrazio particolarmente (sono Rachel) perché ti rompo sempre chiedendoti di leggere le ff mie e di gemy. Grazie di sopportarmi ^___^ Tvtttb.

 

Alla prossima! Sao sao *o*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Entrò nell'appartamento, chiedendo più volte il permesso di entrare, ma non gli giunse risposta, al che cominciò a preoccupars

Capitolo 4

Entrò nell'appartamento, chiedendo più volte il permesso di entrare, ma non gli giunse risposta, al che cominciò a preoccuparsi seriamente. Attraversò il corridoio d'entrata fino ad arrivare in un piccolo salottino. Si guardò in giro, avendo sempre più il cuore in gola. Che era successo a Rumiko? Improvvisamente un urlò squarciò il silenzio dell'inquietante appartamento. Si diresse velocemente in una delle camere da letto, da dove aveva sentito provenire la voce. E fu lì che rimase paralizzato dalla scena. Il ragazzo che aveva visto insieme ai fratelli Nishikado, nel bar del signor Asano, stava sopra Rumiko, tenuta sdraiata con la forza del peso del corpo dell’improvvisato punk, sul letto. La mano di lui che saliva con una velocità vertiginosa sulla gamba di lei, che piangeva in preda al terrore, che le si stava insinuando sotto la gonna, mentre l'altra mano che scivolava sotto la camicia della divisa. Si riscosse immediatamente, che stava facendo? Rimaneva a guardare mentre la piccola Rumiko veniva violentata da quell'animale? Scosse la testa, posò una mano sulla spalla dell'aggressore e lo girò con forza, piazzandogli un pugno dritto in pieno viso. Non riuscì nemmeno a spiaccicare una parola, sul momento, tanto disgustato com'era.

Lo sconosciuto cadde all'indietro, sbattendo contro la libreria, i cui libri gli si rovesciarono tutti addosso. Svenne.

Yamato non lo guardò neanche, ma la sua attenzione si focalizzò su Rumiko, che piangeva disperatamente, accucciata in un angolo del letto.

Le si avvicinò e, con un attimo di esitazione, l'abbracciò.

- Rumi... piccola... -, le levò una ciocca di capelli dal viso, - Non preoccuparti, è tutto a posto... Ora sei al sicuro.

Si schiaffeggiò mentalmente. Con tutte le cose che poteva dirle per rassicurarla, quella era veramente la cosa più stupida.

Lei non alzò lo sguardo verso di lui. Si raggomitolò ancora di più, presa dalla vergogna. Lui l'aveva trovata in quella situazione orribile, e lei si vergognava. Non era colpa sua, tuttavia non riusciva a fare altrimenti. Però Yamato l'abbracciò stretta, e lei si sentì così sicura. Pianse a dirotto, abbracciandolo a sua volta. L'aveva salvata. Doveva ringraziarlo. Perché non le uscivano le parole di bocca?

Fece per spiaccicare qualche parola sconnessa, ma lui le mise un dito sulle labbra, facendole capire che non era necessario dicesse nulla. Doveva solamente sfogarsi, ecco tutto, e lei non se lo fece dire due volte. Si voltò circondando il collo di Yamato con le braccia, iniziando a piangere e a sfogare tutto il suo dolore accumulato in quei lunghi anni. Voleva farlo da tanto, ma non aveva nessuna spalla su cui sfogarsi. Il ragazzo prese ad accarezzarle i setosi capelli e a sussurrarle qualche parola di conforto, incitandola a buttare fuori tutto quello che, da troppo tempo, teneva racchiuso dentro al suo cuore. Rimasero così a lungo, tanto che il batterista finì perfino per dimenticarsi dell'amica, ancora chiusa nel taxi.

***

Akito aveva finalmente trovato Nobu, se così si poteva dire. Sapeva sin dall'inizio dove si era rifugiato, ormai era così da diversi mesi. E lui ne sapeva il motivo. Si avvicinò al biondino e si accese una sigaretta, buttando fuori una folata di fumo.

- Che peccato essere nel mese di gennaio con questo freddo e non vedere nemmeno un fiocco di neve... -, si ritrovò a dire, tanto per attaccar discorso.

Nobu alzò lo sguardo verso l'amico in piedi accanto a lui, allungo il braccio e gli rubò la paglia di bocca, avvicinandola alle proprie labbra e respirando a pieni polmoni. Altro che sigaretta aveva bisogno di una buona dose di tranquillante, si sentiva così nervoso ed elettrizzato che avrebbe volentieri sfasciato qualcosa. Fortuna che si rifugiava sempre sulla riva del fiumiciattolo, così era impossibile sfasciare qualcosa. Non c'era niente, oltre l'erba umida che strappava ininterrottamente dal terreno da ormai quindici minuti.

- Ehy, un giorno o l'altro me le dovrai rimborsare tutte! Ultimamente vai troppo a scrocco, amico mio! -, gli fece l'occhiolino, - Beh, dai, scherzavo. Ne vuoi parlare?

Nobu sembrò non dargli retta, si distese e osservò le stelle, rapito dai propri pensieri. Akito si sedette accanto a lui, senza proferire parola. Sapeva che da un momento all'altro il ragazzo di fianco a lui sarebbe esploso.

- Ho già detto tutto ciò che c'era da dire al riguardo... ormai mi faccio pena da solo...

Appunto. Akito sorrise. Quel ragazzo stava diventato paranoico.

- Stai diventando paranoico... e anche piagnucolone.-, aggiunse, gli sembrò una buona idea scuoterlo un po'.

Nobu lanciò un'occhiataccia al leader della band.

- Stasera tutte le tue puttane sono occupate? Perché vieni a rompere il cazzo a me?-, chiese, quasi furibondo, ma troppo depresso per alzarsi e picchiarlo.

Akito fece spallucce.

- Non so... dovrei smetterla di farmele tutte e sceglierne una, che ne dici?

- Fai come vuoi...-, Nobu si girò sul lato e non disse più nulla, fino a quando, dopo più di dieci minuti, si alzò e prima di andarsene lo guardò qualche istante. - Lascia stare... tienitele tutte e non innamorarti di nessuna se non vuoi ridurti come me...

Akito sorrise, facendo un cenno di saluto all'amico.

- Invece io ti invidio, Nobu... l'amore farà soffrire, ma è un sentimento bellissimo che non può essere sostituito. Piacerebbe anche a me provarlo sai?

Il biondino si voltò sorridendo ironico.

- Non dire palle... tu sei fatto per rimanere il conquistatore delle donne, non sei fatto per legarti ad una sola persona... o sbaglio? Beh, io sono stanco... buona serata Akki.

Il bassista si accese un'altra paglia e fece qualche tiro, mentre guardava Nobu allontanarsi.

- Come ti sbagli, amico mio... come ti sbagli...

***

Entrò nell'appartamento allarmata. Che diavolo era successo? Perché Yamato non era più tornato? E perché le sue chiavi erano a terra, davanti all'entrata della casa di Rumiko? Fortuna che era riuscita a liquidare il tassista con l'arrivo di un suo amico che passava di lì e che le aveva prestato i soldi. E non era nemmeno in debito, perché questo tizio le doveva soldi da tempi remoti. Che fortuna, due piccioni con una fava.

Girò un po', sperando di non star prendendo un granchio, ma dalla confusione che regnava in quella casa poteva trattarsi solo di due cose: o era entrato un ladro, o un aggressore.

Bussò ad una porta socchiusa, dove spiccava un cartello colorato con il nome dell'amica. Non ricevette risposta, ma sentì dei lamenti provenire dall'interno, così si fece coraggio ed entrò. E ciò che vide la lasciò sconcertata.

Yamato era seduto sul letto, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa tra le mani, mentre Rumiko era accoccolata sotto le coperte, e sembrava dormire. Un ragazzo, lo stesso tipo losco che aveva visto con i fratelli Nishikado al bar quel pomeriggio, giaceva a terra privo di sensi.

- Yamato! -, lo richiamò dal suo stato di trance, - Ma che diavolo è successo? Ero preoccupata cavolo!

Si avvicinò al ragazzo e si inginocchiò davanti a lui, poggiandogli le mani sulle ginocchia. Deglutì con fare preoccupato.

- Ha aggredito Rumiko, vero?

Yamato annuì.

- L'ho trovata giusto in tempo... lui le stava strappando i vestiti... l'ho steso con un pugno... Rumiko é troppo scossa... ha pianto per più di mezz'ora e poi si é addormentata, esausta. Ho deciso di rimanere qui fino al ritorno della madre, per spiegarle ogni cosa. E quando Rumiko si sarà svegliata le chiederò se vorrà sporgere denuncia. Io le farò da avvocato... -, parlò senza pensare, la bocca straordinariamente arida.

Roxy annuì, scossa da un brivido di paura.

- Sì, sì... sono d'accordo... hai già avvertito le autorità?

- No... al momento non ho nemmeno le prove, accidenti... -, disse scuotendo la testa, deluso di se stesso.

La ragazza scosse la testa esasperata. Era incredibile come quel ragazzo, a volte, potesse rimanere così tanto fra le righe, accidenti a lui! Non erano importanti le prove, in quel momento, era di primaria importanza assicurarlo nelle mani della giustizia. Uscì dalla camera di Rumiko sotto lo sguardo curioso di Yamato e cercò il telefono. Il giovane uomo la seguì, subito dopo essersi assicurato che l'aggressore, anche se si fosse ripreso, non avrebbe potuto scalfire la sua protetta.

- Sto chiamando la polizia... -, annunciò Ritsuko.

- L'avevo capito. Tu non... oh... buonasera!-, il ragazzo si affrettò a fare un inchinò col capo in direzione della giovane donna appena entrata in casa. La signora Azuki era una bella donna, alta e ancora abbastanza giovane, aveva appena trentotto anni. Un po' scossa entrò in casa, facendo un piccolo slalom tra tutto ciò che era rovinosamente caduto a terra, molti oggetti dei quali erano frantumati in mille pezzi, come vasi o stoviglie.

- Chi... siete? Ah... tu sei la ragazza che abita qui affianco... Ma che é successo qui dentro? Dov'è Rumiko?-, chiese allarmata.

- Signora, sua figlia ora è al sicuro, la prego si calmi, le racconterò tutto dettagliatamente.-, disse Yamato mostrandole il biglietto da visita del suo studio. La donna si calmò un po' una volta saputo che quell'uomo era un avvocato.

- Dov'è mia figlia?-, entrò nella stanza da letto di Rumiko e cacciò un piccolo urlo nel vedere quel giovanotto disteso a terra, legato ad una gamba della scrivania tramite una corda improvvisata, che altro non era se non un foulard di Rumiko.

La donna si portò una mano sulla fronte, con fare stanco, e si sedette sul letto accanto alla figlia. Ritsuko si affrettò a prepararle un caffé forte, sotto ordine di Yamato, il quale iniziò a raccontarle tutta la vicenda che gli aveva narrato Rumiko. Azuki sembrò calmarsi, malgrado la forte angoscia che la colse nel sapere la situazione della figlia. Aveva immaginato che avesse dei problemi, in seguito alle sue lunghe assenze a casa per via del lavoro, ma non immaginava sicuramente che fosse caduta in una situazione tanto grave.

- Io, io la ringrazio veramente per la sua offerta... ma noi non possiamo permetterci di mantenere un processo e, soprattutto, un avvocato. Siamo, purtroppo, in una situazione economica piuttosto sfavorevole... se necessari ci trasferiremo, ma non me la sento di lasciare mia figlia in questo guaio.

Yamato scosse la testa allarmato. Finalmente Rumiko aveva trovato degli amici, delle persone che le volevano bene, come Roxy, ad esempio. Non era il caso di separarla da questo suo nuovo mondo, per lei era troppo difficile integrarsi, non avrebbe retto un ulteriore cambio di vita.

Ritsuko tornò con un vassoio e tre tazze di caffé piene fino all'orlo, e lo posò su un tavolino al centro della stanza, porgendole agli altri due e prendendo poi la sua. Bevve un sorso, pensando che dopotutto Rumiko era loro amica, Yamato poteva fare uno strapo alla regola e non farle pagare, o almeno fare un grosso sconto. E sorrise quando si rese conto che il suo amico stava facendo lo stesso pensiero.

- Signora, non vorrei sembrare insistente. Ma Rumiko é mia amica, anche se la conosco da poco. E' una ragazza che merita tutto il mio rispetto e per questo voglio aiutarla. La prego, mi permetta di farle da avvocato, per quanto il padre dei Nishikado possa sborsare, si tratta di violenza, per di più su minore, questa volta quei due non la passerebbero liscia, e imparerebbero a lasciar stare sua figlia.-, spiegò, deciso.

La donna annuì stancamente.

- Va bene... chiederò in negozio per fare qualche straordinario e, se lei è d'accordo, la pagherò a rate... verserò il più possibile al mese per risarcire il debito.

Yamato sgranò gli occhi.

- Non avrà bisogno di pagarmi, ormai l'ho preso come un fatto personale. Lo farò più che volentieri, non si preoccupi.

Roxy sorrise entusiasta, abbracciando l'amico e scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.

- Sei un mito!

Yamato arrossì un po'. No, non era un mito. Semplicemente aveva preso a cuore quella situazione più di quanto tutti si sarebbero aspettati da un tipo freddo e calcolatore come lui. Semplicemente perché accanto alla dolce Rumiko gli veniva naturale non essere freddo, così voleva "ricambiare il favore", in un certo modo.

All'incirca quindici minuti dopo arrivarono due poliziotti nell'appartamento Matsumoto, che arrestarono il delinquente e discussero con Yamato riguardo il processo e l'accusa del reato e, nella successiva mezzora anche lui e Roxy levarono le tende dall'appartamento di Rumiko, che ancora dormiva profondamente.

***

Sbalordendo Ritsuko, che non si aspettava di vedere l'amica a scuola il giorno dopo, Rumiko si presentò puntuale a casa sua, scampanellando allegramente di primo mattino. Erano appena le sei e mezza, quando Ritsuko aprì la porta e si trovò una Rumiko sorridente a cento denti che gironzolava per casa, preparandole la colazione e stirandole la divisa scolastica, buttata nell'armadio da chissà quanto tempo. Roxy non andava a scuola in divisa, semplicemente la odiava.

- Ma è presto Rumiko... -, si lamentò la ragazza dai lunghi capelli azzurri, - Io ho sonno... le lezioni cominciano fra un sacco di ore... lasciami dormire...

Si lasciò cadere stancamente sul divano e chiuse gli occhi, tenendosi un cuscino sul viso, per evitare di sentire le lamentele della ragazza sulla sua pigrizia.

Rumiko si avvicinò al divano dell'amica e tirò via il cuscino.

- Muoviti, pelandrona. Io arrivo a scuola puntuale alle sette e mezza, così ho il tempo di ripassare un'oretta prima delle lezioni!-, disse trascinandola giù dal sofà per un piede e, sempre per quest'ultimo, se la tirò dietro lungo tutto il corridoio, fino al bagno. Aprì la doccia e buttò l'amica sotto di essa. Una bella doccia ghiacciata di prima mattina era quello che ci voleva, pensò soddisfatta, mentre Ritsuko scoppiò nell'urlo più assordante che sia mai echeggiato sul pianeta terra.

Venti minuti dopo aveva preparato Roxy. L'aveva fatta lavare, vestire con la divisa, le aveva legato i capelli in un alta coda di cavallo e le aveva impedito di mettersi un minimo filo do trucco. L'amica la guardava furibonda.

- Senti... -, iniziò a reclamare mentre una venetta di rabbia le pulsava sulla tempia, - Mi hai svegliata, fatto una doccia gelida, fatto indossare la divisa... non evitarmi di truccarmi! Guardami, sembro una vecchia! Non posso farmi vedere in giro senza trucco!

Rumiko la guardò contrariata e la incitò ad uscire subito di casa siccome, a suo parere, erano già tremendamente in ritardo. Ritsuko scosse la testa e corse in bagno, inseguita dall'amica che non la raggiunse in tempo, si chiuse in bagno e finì, almeno, di truccarsi. All'incirca dieci minuti dopo uscì con il sorriso sulle labbra.

- Ahhhh... ora mi sento decisamente meglio!

Rumiko in risposta prese delle tovagliette struccanti e le passò freneticamente sul volto dell'amica, combinando un pasticcio.

- Struccati, E MUOVITI!-, urlò la moretta, livida di rabbia.

- Ma cosa hai fatto?! -, urlò l'altra, - Con tutta la matita e l'eyeliner che avevo messo, adesso rimediare a questo pasticcio mi costerà almeno altri venti minuti!

Sbuffò furiosa e si sciolse i lunghi capelli.

- Senti, apprezzo veramente l'aiuto che mi stai fornendo, ma non cercare di cambiarmi, per favore.

Rumiko dal canto suo la guardò con occhioni pieni di lacrime, con la stessa espressione che potrebbe avere un cucciolo che ha appena fatto la pipì sul tappeto del salotto.

- Fai come vuoi!-, mugolò offesa e uscì di casa, senza aspettare l'altra.

Arrivata in fondo alla strada sbatté contro qualcuno, nello svoltare l'angolo.

Si massaggiò il naso dolorante ed alzò il naso, un brivido freddo le corse lungo la schiena.

- ...shi... kado...-, sussurrò piano, spaventata. Daisuke, e poco più dietro Daiki Nishikado, erano davanti ai suoi occhi, con l'aria di chi ha... appena avuto una visitina dalla polizia e un avvocato di sua conoscenza.

… continua…

Ohhhhh il ritmo della storia comincia a farsi più serratoooo... (°o° ndRachel)(Che faccia da ebete... ndSan)(Noooo no no no LUI ha detto che non ho una faccia da ebete! ndRachel)(Lui chi? Il tizio che ti piace? Santa pazienza sei proprio andata... -.-''' ndSan)( ^O^ shi lo shono! ^///^ ndRachel). Bene. Che dire? Che siamo contente di come procede tutto, dalla storia ai commenti, dal numero di letture a tutto il resto ^___^ Grazie, grazie, grazie. Specialmente a:

Fevva: Tessooorrraaaaa (sono Rachy)(Si era capito… ndSan) da quanto tempo! >.< Come va? Shono troppo contenta che la nostra storia ti piaccia, anche perché mi ha sempre fatto un immenso piacere quando ci davi pareri su una nostra ff. ^o^ Sei troppo dolce. Per quanto riguarda Rumi e Yama non ti anticipo niente... ma ti assicuriamo che ne deve scorrere di acqua sotto i ponti perchè i pairing finali della storia possano essere intuiti… ^_- Continua a seguirci, mi raccomando! ^o^

Shaida Black: Oh non sai quanto ci rende felici il fatto che tu continui a seguirci. ^^ Le storie originali normalmente (soprattutto su questo sito) vengono sottovalutate, lette e recensite molto meno delle fan fiction basate su qualcosa di già esistente, per cui sapere che ti piace é una notizia fantastica! ^O^ Anche riguardo i personaggi da te citati non possiamo dirti niente, ma ti rimandiamo alla risposta data a Fevva. Riguardo alle tue storie, leggeremo e ti faremo sapere il nostro parere il prima possibile!

Beh, vi salutiamo, sperando ci sosterrete anche per i prossimi chappi! ^___^ Baci, baci.

San & Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 5

 

- Non dovevi farlo...

Suonò tutto in un ringhio, Daiki, prima che tentasse di avventarsi sulla ragazza, in preda alla rabbia. Il padre dei due fratelli Nishikado, saputo il fatto, aveva minacciato di diseredare i figli, se questi non avessero smesso con quelle stupide marachelle. Daisuke l'aveva fermato giusto in tempo, lui non voleva andare da Rumiko e, soprattutto, non voleva andare contro di lei. Non aveva nemmeno più il coraggio di guardarla in faccia, dopo l'accaduto. Avrebbe dovuto assicurarsi di trovare un vero socio d'affari e non un'idiota pezzente in cerca di denaro e divertimento assoluto, da vera adrenalina. Doveva pensare a proteggerla, non a passarla dalla padella alla brace.

- Scappa! -, si ritrovò ad urlare.

La ragazza si strinse la cartella tra le braccia, guardando il fratello minore.

Co... come?-, disse in un soffiò, paralizzata dalla paura.

Daisuke strattonò indietro il fratello, che si era quasi liberato dalla sua presa.

- Sei anche sorda, oltre che cieca? Ti ho detto di sbrigarti! Muoviti! Scappa!

Rumiko cadde inginocchiata a terra, terrorizzata. Le gambe avevano ceduto sotto il tremolio provocato dalla paura, le ginocchia non avevano retto il peso del corpo, sembrava quasi si fossero ammorbidite quanto la ricotta.

Ritsuko giunse accanto all’amica, accorsa grazie alle urla lanciate dai due ragazzi.

- Ma che diavolo... Nishikado, che diavolo stai facendo?! -, domandò riferita al maggiore dei due ragazzi.

Daisuke sospirò affaticato dall'enorme sforzo che stava facendo per trattenere Daiki.

- Matsumoto, andatevene via, se non volete finire in seri guai!

Daiki con uno strattone si liberò del fratello e si avvicinò a grandi falcate a Rumiko. La prese violentemente per le braccia, facendola alzare, i loro visi a pochi centimetri di distanza.

- Giuro che questa me la paghi, brutta puttanella da quattro soldi. -, sibilò cattivo. Se avesse potuto, gliel'avrebbe fatta pagare subito, in quell'istante, ma non era sua usanza picchiare le donne. O almeno non direttamente.

Ritsuko si aggrappò al braccio del ragazzo, strattonandolo con un'inaudita forza, nel vano tentativo di farlo allontanare dalla ragazza.

- Lascia stare Rumiko! -, urlò ferita nell'orgoglio per l'amica. Nessuno poteva osare insultare i suoi amici, erano la cosa più cara che aveva e non dovevano essere nemmeno scalfiti.

- Sei veramente uno stronzo, proprio uno stronzo di razza pura, il peggiore che possa esistere nell'intero universo!

Di riflesso il ragazzo si girò verso di lei e la spinse con forza. Ritsuko cadde giù dal marciapiede, finendo rovinosamente sull'asfalto umido della strada.. Sentì un clacson suonare, e si portò le mani davanti agli occhi. Non poteva finire così...

 

***

 

Corse più veloce che poteva. Conosceva quelle voci. Svoltò l'angolo, seguito a poca distanza da Yamato, giusto in tempo per vedere Ritsuko finire in mezzo alla strada. Un camion stava arrivando ad alta velocità. Senza pensarci due volte si buttò sulla ragazza, ed entrambi rotolarono nell'altra corsia, un istante prima che il grande veicolo li investisse.

Ritsuko aveva ancora gli occhi chiusi. Li aprì solo alle urla che Rumiko stava indirizzando verso il maggiore dei fratelli Nishikado. Si ritrovò tra le braccia di un ragazzo. Sussurrò il suo nome in un soffio, dopodichè lo abbracciò, trattenendo le lacrime. Nobu l'aveva salvata.

- Nobu... Nobu... -, riusciva solamente a ripetere, da quando l'aveva stretta ancora più forte a sé. Una lacrima scese fuggiasca lungo la sua guancia. Tremava, ma non aveva freddo. E Nobu sentiva ancor più il bisogno di proteggerla. La sua Roxy... lei sempre così forte e autoritaria, adesso così fragile ed indifesa. Si era presa veramente un bello spavento, come lui del resto. Quando Nishikado l'aveva spinta in strada, il suo cuore aveva mancato un battito e, senza pensarci due volte, si era lanciato su di lei, levandola dalla traettoria dell'automezzo. Non aveva avuto paura di morire, questo no, perchè se Ritsuko fosse morta, per di più sotto i suoi occhi, lui l'avrebbe sicuramente seguita in breve tempo, per morte psicologica.

Yamato e Rumiko si avvicinarono ai due.

- Oddio... come state... siete feriti?-, chiese Rumiko in apprensione. Il cuore le batteva ancora a mille per lo spavento. Ne aveva dette di tutti i colori ai fratelli Nishikado e poi era corsa dai due senza pensarci più di tanto.

- Siete tutti interi?-, le fece eco Yamato, preoccupato anche lui da morire.

Nobu scostò un ciocca di capelli di Roxy, che in risposta si strinse ancor più a lui, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla.

- Stiamo bene... credo... -, farfugliò guardando preoccupato la ragazza.

Yamato fece saettare lo sguardo in lungo e in largo.

- Leviamoci dalla strada, malgrado sia poco frequentata è rischioso rimanere qui. Giuro che farò dare ai Nishikado l'ergastolo.

I quattro salirono sul marciapiede opposto a dove ancora si trovavano i due fratelli diabolici. Ritsuko non si scollò da Nobu nemmeno un secondo, e continuava a tenergli la mano, e abbracciarlo di tanto in tanto. Non voleva più allontanarsi da lui, se lo faceva anche per pochi attimi, si sentiva persa e in pericolo.

- Io... io oggi credo... sia meglio non andare a scuola... -, borbottò Rumiko, cogliendo tutti di sorpresa, Ritsuko in primis. Gli altri tre annuirono. - Però... -, continuò lei,- ... non voglio tornare nemmeno a casa... non voglio rimanere sola tutto il giorno, mia madre torna stasera tardi...

Yamato le posò una mano sulla spalla.

- Non ti preoccupare, ti terrò compagnia io. Il tuo appartamento è ancora in disordine, vero? Se vuoi ti aiuto a sistemarlo.

Rumiko fece per ribattere, lei voleva stare al fianco di Ritsuko, dopo l'accaduto. Il giovane avvocato però, le fece capire, evitando di dirlo apertamente, che lei aveva bisogno solamente di rimanere con Nobu, quel giorno. La ragazza guardò l'amica e annuì silenziosamente. Fu colta da una piccola soddisfazione personale, che in quel momento trovò assai egoistica... in fin dei conti non le dispiaceva rimanere da sola con il suo affascinante batterista. Sentirono il rombo di una macchina. Fecero appena in tempo a voltarsi per vedere la limousine dei Nishikado svoltare l'angolo.

- Non dovevamo lasciarli andare così... -, fece notare con aria critica il biondino.

Yamato sorrise beffardo.

- Lasciali fuggire, finché possono. La via legale farà loro ancora più male di quella fisica. La psicologia batte sempre il corpo, credimi.

Nobu lo guardò, rassegnato.

- Questa é la parte peggiore di te...-, fu tutto ciò che disse, prima che l'altro e Rumiko si avviassero verso l'appartamento di lei.

 

***

 

Si erano diretti in un cafè poco lontano dall'abitazione di Roxy. Lei camminava poco più indietro di lui, e lo teneva ancora per mano. Aveva il capo basso, ma stava iniziando a riprendersi. Sembrava un po' meno rigida e, di conseguenza, più rilassata.

- Nobu... -, lo fermò ad un certo punto. Il ragazzo si girò a fissarla e le sorrise.

- Ecco io... grazie...

Le poggiò una mano sul capo, accarezzandola teneramente.

- Non devi ringraziarmi. Se tu fossi morta, sarei morto anche io... non potevo starmene a guardare mentre quel camion ti veniva a dosso.-, spiegò, pacato.

Avevano ripreso a camminare, essendo a pochi metri dal locale.

- Beh sì... non sarebbe stato certo uno bello spettacolo vedermi fare splash. -, tentò di fare un po' di spirito Ritusko.

Nobu rise, ma non disse niente. Entrarono nel locale, un cafè grazioso, rustico, in cui chi vi lavorava era così gentile da mettere i clienti a proprio agio. Una sensazione familiare.

I due si sedettero ad un tavolino accanto al finestrone centrale della sala.

- Cosa vuoi ordinare?-, le chiese il ragazzo mentre una cameriera molto carina si avvicinava al loro tavolo.

- Quello che prendi tu... per me è indifferente.

Iniziò a tamburellare con le dita sulla liscia superficie del tavolino di legno, voltando lo sguardo fuori dalla finestra. La cameriera si era avvicinata e aveva preso l'ordinazione dei due ragazzi, o per meglio dire, quella di Nobu per entrambi. Arrivò qualche minuto dopo con due tazze contenti un liquido scuro, caldo e fumante. Il biondo chitarrista trovava non ci fosse nulla di meglio di una bella cioccolata per rallegrare una fredda giornata d'inverno.

La ragazza stava ancora guardando fuori, quando Nobu la ripescò dai suoi pensieri.

- Solo qualche giorno fa faceva caldo, ricordi? Il giorno che Akito ti ha impedito di venire alle prove se non avessi frequentato la scuola un mese intero senza assenze... Vabbè, dai, quella di oggi non conta, vedrai che capirà, non ti preoccupare. -, la rassicurò, per poi soffiare sulla sua bevanda bollente, che gli aveva appena scottato la lingua.

- Già peccato... quel clima quasi primaverile mi piaceva... -, borbottò lei, sviando il discorso riguardo Akito.

Non le andava che il loro leader venisse a sapere dell'incidente di poco prima. Sicuramente l'avrebbe ripresa per essere stata tanto sfacciata con i Nishikado e, soprattutto, per non aver lasciato fare tutto a Yamato ed essersi, di conseguenza, intromessa un'altra volta. Prese la tazza fra le mani, ben attenta a non scottarsi e iniziò a sorseggiare il contenuto, alzando un poco lo sguardo sul ragazzo che le stava davanti.

Quando Nobu le sorrise, lei lo riabbassò sul tavolino e continuò a bere, come nulla fosse. In realtà non allontanava il tazzone dalle labbra per paura che si vedesse il rossore che le aveva tinto le gote. Si sentiva stranamente calda. Che stava succedendo? Quello era Nobu, per la miseria. Nobu! Il suo migliore amico da quando faceva ancora la pipì a letto!!! Non poteva arrossire davanti a Nobu!

Doveva ammettere, però, che il ragazzo era cambiato veramente tanto da quando erano piccoli. All'età dell'asilo Nobu era veramente un immaturo, si divertiva sempre a fare gli scherzi alle altre bambine e lei, leader delle piccole della scuola materna, era l'unica che lo contrastava sempre. Ed era così che si erano conosciuti, in quell'assurdo modo. All'inizio litigavano sempre, ma piano, piano avevano iniziato ad apprezzarsi a vicenda, iniziando a scoprire tanti punti che li accomunavano. Anni prima, poi, Nobu era veramente bruttino. Iniziando a frequentare il mondo dei punk era maturato veramente molto, aveva iniziato ad avere sue opinioni riguardo la vita e sosteneva quella scena meglio di chiunque altro. Un punk convinto, insomma. Ne aveva, di conseguenza, adottato perfino il look che gli donava veramente molto. Era diventato proprio un gran bel ragazzo.

- Senti... Roxy... io dovrei parlarti...-, disse lui poggiando la tazza fumante sul tavolino e guardandola seriamente. Forse non era il momento giusto, ma se continuava a tenerselo dentro sarebbe scoppiato. Meglio beccarsi un ceffone ora che un bidone domani.

La ragazza lo guardò con occhi curiosi.

- Parla pure... mi sembra che sono qui, no? -, sorrise, - Che faccino serio! Qual'è l'argomento in questione? Ora sono curiosa!

Si sporse un poco in avanti per essere più vicina a Nobu ed udire meglio ogni sua singola parola.

Il ragazzo arrossì in zona orecchie.

"NO... NO... se mi vieni così vicino come faccio?", si domandò mentalmente il ragazzo, che non riuscì più a frenarsi. Si avvicinò un po' alla ragazza, poggiando le sue labbra su quelle rosse e morbide di lei. Quello era il paradiso. Erano secoli che sognava di assaggiare il suo sapore, di sfiorare quelle labbra così belle, rosse come ciliegie. Era convinto che se fosse morto in quel momento, sarebbe morto felice e senza rimpianti.

Roxy sgranò gli occhi, completamente shockata. Nobu... Nobu... ma che diavolo stava succedendo? Chiuse per un momento gli occhi, assaporando quel dolce contatto, quando all'improvviso fece uno scatto all'indietro, alzandosi e rovesciando perfino la sedia. Non una parola riusciva ad uscire dalle sue labbra, rimaneva semplicemente lì, immobile a fissarlo.

Il ragazzo si schiaffeggiò mentalmente. Ma che diamine aveva combinato? Bene, ora l'avrebbe odiato.

- Ah... io... io... scusa... non sono riuscito a fermarmi... -, tentò di spiegare. Si alzò anche lui e si avvicinò un po' a lei, ancora scioccata. - Mi dispiace Roxy... puoi picchiarmi, se vuoi...-, farfugliò chiudendo gli occhi, aspettandosi qualche martellata in testa o qualcosa del genere... un qualcosa che comunque non arrivò.

- Tu... tu che volevi dire con questo? Mi hai... mi hai sempre considerata come una sorellina, no? Io... io non capisco...

Fece un passo all'indietro, finendo a toccare con la gamba destra la sedia rovesciata sul pavimento.

Nobu abbassò lo sguardo.

- No... non c'è niente da capire... Tu per me non sei una sorellina... non lo sei mai stata... da quando ti conosco la cosa che ho sempre desiderato più di tutto era poter passare il resto della mia vita al tuo fianco... -, deglutì, tremando. L'aveva fatto. Si era dichiarato. Le aveva praticamente detto che l'amava. Non si tornava più indietro, ora...

 

 

… continua…

 

 

Anfanf… scusate il ritardo del capitolo, ma purtroppo stanno iniziando a saltare fuori le vacanze e settimana sì o settimana no c’è una e non c’è l’altra. Per questo motivo ci scusiamo in anticipo se più avanti aggiorneremo più lentamente!

 

Shaida Black: Non è questione di cattiveria, noi siamo buone come il pane! ç__ç Sobbete! Dai, in fin dei conti se ha il destino di un futuro poco roseo noi che colpa ne abbiamo? :D

 

Fevva: Oh Fevvina, non essere frettolosa. Tutto a suo tempo,no? :D Sì, lo so, siamo bastarde… modestamente! Ti ringraziamo per ritenerci brave e per continuare a leggere la nostra storia! (soprattutto dopo i miei super stress ndSan)

 

Fragolina: Grazie, ecco a te il seguito! :D


Behhhh, grazie a tutti quelli che ci recensiscono e ci sostengono, anche solo a chi legge!

 

 

San&Rachel Dickinson

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Truly Madly Deeply

Capitolo 6

Roxy si passò una mano sulla fronte, mentre un brivido le percorse la schiena. Raccolse la sedia da terra e si risedette su di essa, seguita poco dopo da Nobu che tornò sulla sua.

- Nobu io... tu hai iniziato a chiamarmi sorellina... e da lì hai disilluso tutte le mie aspettative... e io avevo di conseguenza rinunciato a te, dimenticandomi della tua esistenza, se non come fratello.

Nobu si alzò dalla sedia di scatto, appoggiando le mani sul tavolo senza un minimo di delicatezza.

La cameriera graziosa di poco prima si avvicinò ai due.

- Si sente bene, signore? Ha bisogno di qualcosa?-, chiese preoccupata, vedendo il colorito cereo del ragazzo.

Nobu scosse un po' il capo, facendole cenno di no. Lasciò dei soldi sul tavolo.

- E' meglio... che io vada... sorellina...-, sussurrò piano, gli occhi arrossati come se stesse trattenendo a stento le lacrime.

Ritsuko fermò il ragazzo, prendendolo per mano. Lo abbracciò, rimettendogli i soldi in tasca e pagando lei il conto.

- Offro io, è il minimo. Ci vediamo, Nobu.

Detto ciò uscì a passo spedito dal localino, con lo sguardo cadaverico e gli occhi che promettevano di lasciar cadere tante lacrime da un momento all'altro.

Sentì dei passi dietro di lei, ma non si girò a guardare chi fosse, non le interessava. Fuori pioveva a dirotto, non aveva l'ombrello. Era strano come il tempo fosse cambiato repentinamente, nel giro di pochi minuti. Così come in pochi minuti i sentimenti celati nel suo cuore da così tanti anni erano mutati, diventando ancora più forti. Come aveva potuto essere così stupida? Oh, se solo se ne fosse resa conto prima, non avrebbe mai lasciato che le cose finissero in un modo così assurdo. La storia che poteva esserci tra lei e il SUO Nobu era finita anche prima di cominciare, era un record persino per una persona scostante come lei.

Si fermò ad osservare il cielo grigio. Anche lei in quel momento voleva essere come lui. Il suo umore era simile, ma quella grande distesa di nuvole poteva permettersi di versare gocce d'acqua, lei no. Non poteva piangere. Era colpa sua se si trovava in quella situazione e non meritava di potersi sfogare, così pensava. Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla e, non riconoscendo il tocco, si voltò di scatto cacciando un urlo soffocato.

La persona che le si parò davanti fu l'ultima che si aspettava. Un ragazzo altissimo, dallo sguardo scuro tagliente e l'aria letale. Era proprio il suo nemico numero uno, Daiki Nishikado.

- Cosa ci fa qui tutta sola la piccola Matsumoto?-, canticchiò divertito, mentre Daisuke, alle sue spalle, la guardava con puro disgusto.

Roxy scosse la testa.

- Fatti i cazzi tuoi, Nishikado. -, detto ciò si voltò indispettita e riprese a camminare con passo spedito, sperando di levarseli presto dai piedi.

Ancora una volta una mano la fermò, stavolta facendola voltare con violenza.

- Ancora no, bambina... stavolta non ti lascio andare tanto presto... credo che dobbiamo parlare...-, le sussurrò avvicinandosi al suo orecchio destro, così tanto che lei poteva sentire il suo respiro caldo sul collo. Daisuke si avvicinò di qualche passo, prendendo il fratello per un braccio e lo strattonò indietro.

- Ma sei stupido? Mi pare l'avessimo seguita per scusarci, non per spaventarla! -, disse collerico, digrignando i denti.

Daiki lo ignorò e tornò spedito vicino alla ragazza. Voleva parlare con lei, non sentire i lamenti idioti del fratello. Roxy lo guardò esasperata, volgendo poi lo sguardo al grande orologio vicino a lei.

- Senti, non mi importa di ciò che è accaduto prima, ma adesso avrei una certa fretta eh... a mai più rivederci! -, borbottò impaziente di andarsene.

- Aspetta... -, disse il ragazzo, fermandola per la terza volta, per il polso. - Aspetta... non te ne andare subito... -, la pregò, con un tono di voce così sincero da far rabbrividire la ragazza. Che diamine stava succedendo?

Si voltò nuovamente, guardandolo leggermente in cagnesco, come forma di difesa.

- D'accordo... d'accordo... dimmi quello che vuoi dirmi... -, roteò gli occhi fino a incrociare quelli così scuri e profondi del ragazzo.

Deglutì un momento. Le facevano paura quegli occhi, non riusciva a comprenderli. Erano così... così celati dalla volontà di Daiki che capire cosa gli passava per la testa era praticamente impossibile.

- Noi volevamo chiederti scusa... e poi... ti abbiamo sentita parlare con quel tuo amico... così... -, i due ragazzi si sorrisero. - Così abbiamo pensato fosse carino farci perdonare per stamattina...

La ragazza era confusa. Non capiva. Uno strano luccichio brillò negli occhi dei diabolici fratelli Nishikado, mentre un urlo disperato echeggiò in tutta la via, proveniente dal locale appena lasciato. Quella era la voce di Nobu...

***

Yamato sospirò, asciugandosi con il braccio il sudore che minacciava di colargli sul viso. Rumiko era seduta in un angolo del divano assai imbarazzata. Il ragazzo le aveva categoricamente vietato di alzare i pesi più grossi, ed essendo rimasti solo quelli stava lavorando solo lui e ciò la metteva a disagio, anche se c'era un altro motivo che la stava facendo arrossire. Il biondo batterista, preso dal caldo, stava lavorando senza un misero abito che gli copriva il torace.

- Uff... è l'ultimo! -, sorrise in direzione della ragazza.

Rumiko arrossì, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra...

- Oh... ha cominciato a piovere... eppure fino a poco fa c'era un sole che spaccava le pietre...-, disse tutto d'un fiato, imbarazzata.

- Ormai... -, fece con fare rassegnato lui, - Questo pianeta lo stiamo distruggendo ed è chiaro che climi e temperature non coincidano più con la norma... soprattutto il tempo, è diventato sempre più imprevedibile.

Una gocciolina si formò dietro la testa della ragazza, mentre pensava che Yamato non era normale. Un ragazzo qualunque non avrebbe parlato certamente di clima e temperature, solo in casa con una ragazza. Ma giustamente pensò che lei non era una ragazza qualunque: era brutta, secchiona, sempre seriosa e decisamente poco dolce e femminile. Una ragazza dall'aspetto così ordinario. E poi lui era molto più grande di lei... non aveva speranze.

- Hai fame? Ti preparo qualcosa...-, cambiò ancora discorso lei, alzandosi in piedi e dirigendosi verso il frigorifero.

Yamato la raggiunse e si mise dietro di lei, passandole un braccio davanti fino ad arrivare a prendere la bottiglia d'acqua che stava in frigorifero.

- Scusa l'arroganza, avevo sete e non volevo farti scomodare troppo

Le arruffò un poco i capelli, domandandole dove poteva trovare un bicchiere.

Lei balbettò qualcosa di sconnesso e indicò il mobiletto sopra al lavabo.

Lui prese in bicchiere, vi verso il contenuto della bottiglia e bevve con avidità. Alcune gocce fuoriuscirono dal bicchiere cadendo oltre le labbra, scendendo lungo tutto il collo. La ragazza arrossì ancora più visibilmente, mentre gli occhi le schizzarono fuori dalle orbite. Perché quel tizio doveva essere così schifosamente, dannatamente, esageratamente sexy?

Un forte capogiro l'avvolse, costringendola a sedersi sulla prima cosa che le capitò a tiro. E la prima cosa che le capitò a tiro fu la penisola che si estendeva dai mobili della cucina fino a un quarto della stanza. Senza badare a quanto la scena fosse buffa, lei vi si sedette sopra e portò le mani alla testa, sperando che il giramento di testa si calmasse. Lui la guardò preoccupato.

- Ti senti bene? -, le domandò levandole delicatamente le mani dalla nuca.

Le passò una mano sulla fronte, controllando se avesse preso l'influenza.

- Eppure non sei calda... hai la pressione bassa?

- No... mai sofferto di pressione bassa... è colpa tua... -, disse senza riuscire a fermarsi. Si tappò la bocca ficcandovi dentro quattro nocche delle dita. Era diventata scema o lo era sempre stata? Beh, non importava... ora la preoccupava più ciò che aveva appena detto.

Yamato si mise a ridere di gusto, piegandosi in due e tenendosi la pancia. Rumiko lo guardò confusa. Era così divertente quello che aveva detto o semplicemente non l'aveva presa seriamente? Sicuramente, pensò, non l'aveva nemmeno considerata. Si rabbuiò mentalmente, sforzandosi di mantenere comunque un espressione che non lasciava intendere i suoi pensieri.

- Tu... tu sei proprio buffa, Rumi! Lo devo prendere come un complimento? -, le domandò facendole l'occhiolino.

La ragazza quasi scivolò giù dalla penisola, ma Yamato la prese giusto in tempo fra le braccia, evitando che si facesse male.

Non sapeva perché, ma tra le sue braccia si sentiva così bene... non avrebbe più voluto separarsi da lui. Chiuse gli occhi, e si accoccolò meglio in quella posizione, ascoltando il suono dei battiti del suo cuore. Il suo respiro si fece più irregolare, mentre sentiva i suoi battiti accelerare ogni secondo di più. Com'era bella, quella sensazione...

Vide il viso di Yamato avvicinarsi sempre più pericolosamente al suo, quando improvvisamente si scostò bruscamente da lei. Prese dalla tasca il cellulare che vibrava incessantemente.

- Scusami il telefono...

Lei sorrise.

- ... niente...-, sussurrò impercettibilmente. In realtà sentì un grande vuoto nello stomaco, come se avesse trovato una cosa e l'avesse perduta subito dopo. Non c'era niente di cui doveva scusarlo. Ma allora perché non riusciva a perdonarlo? Perché? Non poteva aspettare qualche altro istante prima di rispondere? Eppure mancava così poco... Ma poco da cosa?

***

Lui si era diretto sul balcone del piccolo appartamento ed aveva un'aria piuttosto agitata, quando parlava al telefono. Rumiko in cuor suo, che lo osservava di soppiatto dal salotto, temeva fosse successo qualcosa. Pochi minuti dopo Yamato rientrò e cercò per la casa la camicia, correndo come un matto per rivestirsi in tutta fretta ed essere pronto ad uscire immediatamente. Si soffermò qualche secondo sulal ragazza dallo sguardo triste. Il suo viso si contrasse in un'espressione dolorante.

- Rumi... Nobu è all'ospedale... Roxy ha detto che è stato malmenato in un bar... pare sia piuttosto grave...

LA ragazza si alzò di scatto. Come aveva potuto? Come aveva potuto pensare che lui non avrebbe dovuto rispondere? Nobu era all'ospedale e... e lei... lei era un egoista.

- E' terribile! Posso venire con te?-, chiese agitata. Doveva andare da Nobu e da Roxy. Chissà Roxy come stava soffrendo lì da sola, pensando al povero Nobu in quelle condizioni. Quella mattina era stato chiaro come il sole che provava qualcosa per lui, da come non gli si era voluta più scollare di dosso dopo che l'aveva salvata.

- Certo che puoi venire, penso che Roxy avrà assolutamente bisogno di te. Soprattutto per essere trascinata fuori dall'ospedale, visto che non ammettono di assistere i pazienti a tempo pieno. Credo sarà un'impresa piuttosto ardua...

La prese per mano e le diede un bacio sulla guancia.

- Grazie...

Si sentiva uno schifo. L'aveva ringraziata. Dopo ciò che lei aveva pensato, lui l'aveva ringraziata.

"Sono disgustosa...", pensò mentre lasciava sul frigo un bigliettino per la mamma, e prendeva le chiavi all'ingresso. "... Davvero disgustosa... non ho il diritto di innamorarmi di un uomo come Yamato... lui é speciale...". Con questi ultimi pensieri si chiuse la porta alle spalle e scacciò il pensiero di lui dalla sua mente per tutta la sera. Ora era solo di Roxy e Nobu che doveva preoccuparsi.

***

Si guardò in giro spazientito, infischiandosene del tono di voce alterato.

- Le dico che è un mio amico! L'hanno ricoverato qui oggi per essere stato malmenato! C'è anche una nostra amica lì con lui! È impossibile non riconoscerla, ha i capelli azzurri! La prego, ci dica in che camera è ricoverato! -, insisté Yamato, in seguito all'ennesimo rifiuto dell'infermiera a lasciar vedere loro Nobu.

- Mi dispiace, le visite fuori orario in caso d'emergenza sono permesse solamente ai parenti.

Rumiko inarcò un sopracciglio, incollerita.

- Io sono sua cugina... -, disse meccanicamente, quasi senza accorgersene. La donna la squadrò innervosita.

- Mi mostri un documento...-, disse la donna, più furba di lei.

- Non porto con me la carta d'identità obbligatoriamente... perché sono ancora minorenne... -, spiegò incrociando le braccia, esasperata.

- Allora niente, mi spiace. -, disse l'infermiera voltando le spalle. La moretta si spazientì.

- No, brutta cretina, ora mi ascolta!!! Non per essere scortese, ma il mio amico qui fa pratica come avvocato nello studio del dottor Yamagishi, che come lei sa è conosciuto a livello internazionale. CI FACCIA VEDERE QUEL PAZIENTE O LE GIURO CHE LE FAREMO CAUSA!

Yamato la guardò con gli occhi fuori dalle orbite, iniziando a sudare freddo. Era una causa persa in partenza, ma l'infermiera sembrò vacillare momentaneamente.

- Chiamo il dottor Sasaki, ne discuterete con lui. È a conoscenza della condizione del paziente.

- Mi scusi! -, borbottò una vocina famigliare in direzione di un anziano signore. Una ragazza dai lunghi capelli mossi ed azzurri aveva appena urtato un uomo sulla settantina che la squadrò piuttosto infuriato, borbottando fra sé quanto fossero diventati maleducati i giovani.

- Roxy! -, urlarono in coro i due amici.

- Meno male siete qui! -, gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime, - Nobu non si sveglia...

Rumiko abbracciò l'amica. L'infermiera guardò i tre e decise di non andare dal dottor Sasaki.

- Va bene... andate pure...

Yamato le sorrise e fece un cenno per ringraziarla. Diede una pacca sulle spalle delle due.

- Si.. andiamo...-, disse solo Rumiko, e i tre salirono al piano di sopra, dove Nobu era sott'osservazione, attaccato ad alcune macchine dall'aria poco rassicurante. Ma dopo tutto, durante l'aggressione era stato colpito all'addome da un coltello, ed era facile intuire che senza quelle macchine non sarebbe sopravvissuto. Ritsuko intanto continuava a piangere, appoggiata all'amica, imprecando contro tutto e tutti perché il medico non aveva ancora fatto pervenire nessuna informazione riguardante la gravità delle ferite.

- Yamato... tu non puoi provare a farti dire nulla sullo stato di Nobu? -, domandò quando si fu un poco calmata. - Sai, in qualità di avvocato... magari qualche cosa te la spifferano...

Rumiko alzò lo sguardo sul biondino, che stava osservando l'infermiera che avevano incontrato all'entrata, mentre controllava i battiti cardiaci e altri dettagli dell'andamento fisico di Nobu.

- Sì, potrei provare... ma non credo cambierebbe qualcosa saperlo.

Rumiko scosse il capo.

- Come puoi essere così indelicato? Non cambierà le situazioni di Nobu, ma sicuramente servirebbe per Ritsuko... guarda come piange... si sta auto distruggendo... e tu non fai niente per aiutarla... -, buttò fuori tutto d'un fiato. Erano parole dure, semplicemente perchè dettate dalla gelosia. Perché fissava in quel modo quella stupida oca di un'infermiera? Solo perché probabilmente portava l'ottava di reggiseno? Si chiese tutto questo mentalmente, guardando truce l'uomo.

- Rumiko non fare la bambina. Lo so anche io che Roxy sta male, ma la condizione di Nobu è quella che vediamo anche noi. L'unica cosa che possiamo sapere è se è in pericolo di morte oppure no, cosa di cui non credo. Se lo fosse stato ci avrebbero già avvisato, stanne certa.

Voltò lo sguardo fuori dalla finestra. Pioveva ancor più di prima e, quel tempo, non faceva che alimentare la sensazione di tristezza che regnava tra il gruppetto.

Rumiko ignorò le parole del biondo e, quando vide il medico avvicinarsi, lo fermò.

- Mi scusi... la prego... può dirmi le condizioni di Nobu?-, chiese con la voce spezzata.

Il giovane uomo la guardò un po' dispiaciuto, prima di pronunciare una sola misera parola.

- Mi dispiace signorina... -, sembrò portare una brutta notizia, - Purtroppo le condizioni del paziente ci sono ancora incognite. Secondo il risultato delle analisi la ferita è piuttosto grave, sicuramente, ma a quest'ora si dovrebbe già dover essere ripreso. Non siamo in grado di dare una diagnosi riguardo la situazione del ragazzo. Sono mortificato. Se dovessimo scoprire qualcosa state certi che ve lo riferiremo, non è nostra abitudine tenere i parenti all'oscuro della situazione di un proprio caro.

Il medico si allontanò, lasciando i tre ancora più angosciati di poco prima. L'infermiera uscì dalla stanza di Nobu e si avvicinò a Yamato, sussurrandogli qualcosa. Rumiko e Ritsuko si guardarono. Ritsuko piangeva ancora, ma anche nella sua mente era balenato un pensiero: "Che diamine voleva quella tizia? Si vedeva lontano tremila chilometri che ci stava provando con Yamato, mentre cercava di rassicurarlo".

- Mah... non é il momento di pensare a questo... vuoi qualcosa da bere? Vado al distributore...-, disse Rumiko, scuotendo il capo, amareggiata e ancora più delusa di se stessa.

- Se vuole -, si intromise l'infermiera, - C'è anche un bar al primo piano, dove vendono anche panini e altro tipo di cibarie.

Sorrise con fare dolce, ma Rumiko l'aveva già capito, non era mica stupida lei. Quella era solamente una smorfiosa che tentava di fare la bella faccia davanti a Yamato. Quanto la schifava.

- Grazie mille...-, sorrise nervosamente, mentre una vena prese a pulsare ritmicamente in una sua tempia.

Sospirò e si allontanò, scacciando nuovamente, definitivamente, quei pensieri di testa.

… continua…

Ohhhh... Rumiko comincia a covare gelosia dentro di sè... ohhhh O.o Cosa accadrà? Mah, boh, chissà =P

Grazie a tutti quelli che continuano a seguirci, ma soprattutto un megagrazie a chi ci sostiene lasciando un commentino ^O^

Fevva: Cattive? Naaa... solo un tantino sadiche XDDD Eh già... Roxy e Nobu... chissà cosa succederà tra loro... mhhh... sono aperte le scommesse ^___^ Tessssora sei dolze dolze grazie dei complimenti non ce li meritiamo (parla per te ndSan) (zob ç__ç ndRachel). Continua a segurciiii ^O^

stefy88splash: UAHHH UAAAHHH KYAAAAHHHH! (/me urletta eccitata ndRachel) Adoriamo vedere commenti di nuovi lettori *O* E' sempre bellisshimo, shi shi, un'emozione unica :) Ti ringraziamo tanto, speriamo che anche questo capitoli, e quelli che seguiranno, saranno di tuo gradimento ^O^ Riguardo ciò che credi, su rumi e roxy... beh noi non ti diciamo nulla, vedrai, vedrai O=)


Behhhh, grazie a tutti quelli che ci recensiscono e ci sostengono, anche solo a chi legge! (l'avevi già detto ndSan)(Beh... non mi piace essere scortese... preferisco ripetere piuttosto che passare per scortese! ndRachel) (Tu non sei scortese... sei cretina, è diverso... ndSan) (Ma buuuhhh çç ndRachel)

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 7

 

Goro era un bambino decisamente fuori dal comune. In primis, suo padre era ricco da far schifo, così che i soldi gli uscivano dal di dietro. Era viziato, sì, ma non come un normale bambino di sei anni. I genitori gli permettevano tutto, era servito e riverito, ma soprattutto era temuto. Gli altri bambini avevano paura di lui, era violento e picchiava tutti. E i grandi lo detestavano perché non sapeva far altro che fare confusione. Non stava mai fermo, era pronto a rompere tutto, da vasi a giocattoli, da stoviglie a libri. Era un uragano e niente, NIENTE,  era capace di fermarlo.

E quell'uragano ora era ospite a casa di suo zio Nishikado, perché i suoi genitori erano in viaggio e lui non voleva rimanere solo con i domestici (o meglio, i suoi domestici ormai li aveva esauriti tutti, aveva bisogno di nuove prede).

E così Daiki e Daisuke erano stati costretti dal loro paparino a occuparsi della peste.

- Dannazione! -, ululò in fase di pianto Daisuke, - Pure i domestici si sono dileguati! Ci tocca subircelo tutto il pomeriggio, non vogliooooooooo!

Daiki lo zittì con lo sguardo. Ma che pensava, che a lui facesse piacere appiopparsi quel moccioso?

- Daikuccio... dobbiamo trovare una baby sitter, io questo qui fra i piedi non lo voglio!

Daiki si grattò il capo, con un'espressione sofferente.

- Non so che dirti... è il terzo giorno che è qui con noi, mancano ancora tre mesi prima che se ne vada, se ha già fatto scappare tutte le bambinaie che hanno accudito noi da piccoli... io altre non ne conosco...-, spiegò, afflitto.

- Sì, lo capisco, ma non possiamo nemmeno saltare per tre mesi le lezioni, anche perchè l'anno scolastico finisce prima! -, si lamentò mettendo il broncio. -, Se non vado a scuola non posso vedere nemmeno Rumiko... e dopo non possiamo nemmeno torturarla!

Daiki scosse la testa. - Credo ti stia a cuore più il non vederla per tre mesi, che il non torturarla per tre mesi...-, disse sconsolato, correndo appresso a Goro che stava trascinando per la coda Minako, la gattina bianca della loro nonnina di ottantadue anni Sachiko, e la sbatacchiava or di qua or di là.

- Ma va... -, disse arrossendo, - Piuttosto, perchè non lo portiamo al parco giochi? Almeno evita di distruggere qualcos'altro... insomma... siamo a quota tre vasi, mhhh... due piatti, sei statuette di cristallo e una ciotola cinese. Non credo possa fare troppo danni fuori di qui... così ne approfittiamo per guardare gli annunci al centro commerciale, chissà che non ci sia qualche bambinaia...

Daiki assentì.

- Ok... ma volevo passare prima in ospedale a trovare la nonna... sono tre giorni che non andiamo... vorrei vedere come sta.-, disse, serio.

Daisuke accettò. Bloccarono insieme Goro, facendogli indossare la giacca e il cappello e scesero nel seminterrato e poi nel loro supergarage con duecento macchine diverse, metà delle quali decappottabili. Ne scelsero una a caso tra quelle più piccole e maneggevoli in città e, Daiki alla guida, partirono, senza nemmeno avvisare l'autista o qualcun'altro. Goro era sul sedile posteriore che si divertiva ad aprire e chiudere i finestrini e disegnare sul vetro posteriore con un pennarello indelebile, beccandosi le migliori maledizioni di Daisuke.

- E se lo rifilassimo ad un'infermiera e poi non tornassimo più a prenderlo?! -, provò Daisuke, prendendosi un insulto dal fratello maggiore.

All'incirca venti minuti dopo, causa forte traffico, arrivarono nei pressi dell'ospedale. Daiki posteggiò in un parcheggio coperto e insieme alla piccola peste, che pretendeva di avere in quell'istante un budino alla fragola, entrarono nella grande struttura.

 

***

 

Rumiko porse una busta a Ritsuko, che era rimasta tutta la notte al capezzale di Nobu. Ormai erano tre giorni che la ragazza dai capelli azzurri non metteva piede fuori dall'ospedale.

- Tieni... ti ho portato un ricambio e qualcosa da mangiare... so che non hai fame, ma se continui così ti sentirai male... e sono sicura che Nobu quando aprirà gli occhi non vorrà vederti messa peggio di lui.-, la incitò la moretta. Ritsuko sorrise flebilmente, prese la busta dalle mani dell'amica e si avviò verso uno dei bagni riservati ai parenti che passavano la notte in ospedale.

Rumiko sospirò e si sedette accanto a Yamato. Lui anche aveva passato tre notti insonni, e lei non sapeva proprio come aiutarlo. Improvvisamente abbassò lo sguardo sui vestiti che indossava. Erano diversi dal giorno prima. Ed effettivamente anche quelli del giorno prima erano diversi dai giorni precedenti. Qui qualcosa non quadrava. Come aveva fatto a procurarsi dei ricambi? E perché era bello, fresco, pulito e profumato?

- Ma... gli abiti... chi te li ha...-, non finì la frase, interrotta dalla voce familiare dell’ avvenente infermierina.

- Yama... tesoro... io ho finito il turno, vuoi che ti porti qualcosa quando torno per il turno di stanotte?

- No grazie Aya, va bene così, sei stata fin troppo gentile.

La ragazza sorrise, salutando Rumiko e diede un bacio sulla fronte a Yamato.

- Sì, d'accordo... ma almeno qualcosa da mangiare te lo porto. Sono diventata brava ora a cucinare, sai? Ne farò in abbondanza, così anche le tue amiche non resteranno a stomaco vuoto! Ciao ragazzina, ciao Yama!

Diede una carezza sulla testa a Rumiko e si allontanò. La moretta, dal canto suo, era sul punto di esplodere.

"Ragazzina? COME SI PERMETTE?"

- Yama? Ehm... la conosci da molto...?-, chiese, facendo come nulla fosse, come se la cosa non la toccasse affatto.

- Era la mia ragazza ai tempi del liceo. -, rispose lui asciutto.

Voltò lo sguardo verso di lei, ma non era più quello che le aveva dedicato da quando l'aveva conosciuto. Ora era così... freddo. Rumiko sentì una fitta al cuore. Cosa aveva fatto di male per meritarsi quell'atteggiamento?

- Tu... la ami ancora... -, sussurrò lei, piano, ma non troppo, in modo che lui la sentisse. Si alzò in piedi e si avvicinò alla finestra, volgendo lo sguardo alle piccole goccioline di pioggia cadute sui vetri, che ora scendevano velocemente verso il davanzale. Pioveva ancora, ma un piccolo raggio di sole batté sui vetri, formando uno strano caleidoscopio di colori, mentre la pioggia smetteva piano e l'arcobaleno appariva nel cielo, ancora grigio. Una sola lacrima nacque dai suoi occhi prima di infrangersi sulla parte interna del davanzale come le gocce di pioggia. Si asciugò velocemente il viso, quando Yamato le si fece affianco. Stava per dirle qualcosa, ma fu interrotto da qualcosa che gli si era avventato addosso e lo stava prendendo a pugni. Un bambino diabolico la cui espressione ricordò a Rumiko quella dei diabolici Nishikado.

- Ma da dove diavolo sbuca questo marmocchio? Dovrebbero mettergli il guinzaglio! -, riuscì a dire, tra un respiro forzato ed un altro, per via delle mani del bambino intorno alla sua gola.

Sentirono una scivolata seguita da un tonfo, per poi veder sbucare da dietro l'angolo Daisuke.

- GoroOoOoOoOoOo! Torna subito qui!!! -, urlò prima di fermarsi improvvisamente, - Ru-Rumiko?!

La ragazza scattò sulla difensiva, guardando in tralice il brunetto.

- Che vuoi? Vattene via...-, disse brusca, e un po' tremante. Era spaventata. Tutti i loro incontri non erano mai piacevoli, e poi era stato lui a far picchiare il povero Nobu. Non l'avrebbe mai perdonato.

L'espressione del ragazzo si fece improvvisamente dura.

- Perchè piangi?

La moretta si asciugò velocemente.

- Non sto piangendo... e comunque non sono affari tuoi... non osare avvicinarti di nuovo a me e agli altri... -, poi si girò verso Yamato, il bambino addosso a lui aveva ormai preso il sopravvento e non tentava nemmeno più di cacciarlo via, impegnato com'era a pensare al pennarello indelebile con cui gli stava scribacchiando sulla camicia. - E portati via questa tua fotocopia rimpicciolita...

- Come scusa? -, domandò Daisuke, senza trattenere un'espressione alquanto perplessa.

- Mi sono innamorato! -, scandì meglio le parole il bimbo.

Daisuke trattenne una risata, poggiando una mano sotto al mento ed evitando di guardare il bambino.

- E di chi ti saresti innamorato?

- Di questa bella ragazza qui...-, disse indicando Rumiko, che si ritrovò ad arrossire. "OCCAVOLO MA CHE FACCIO? ARROSSISCO PER UN BAMBINO???", pensò la ragazza scuotendo la testa e schiaffandosi una mano in fronte.

- Bella ragazza? Io non vedo belle ragazze...-, disse Daiki divertito comparendo alle spalle di Yamato, che si era appena rialzato e che si girò guardando in cagnesco l'ultimo arrivato.

- Perchè ci sono ragazze qui? -, continuò Daisuke, facendosi prendere dal fratello.

Rumiko mise il broncio, possibile dovessero umiliarla perfino davanti a Yamato? Sembrò pensarci qualche secondo... che diavolo gliene importava a lei di lui? Quel maledetto stronzo... che se la tenesse stretta quella troietta di un'infermiera, a lei di certo non gliene poteva fregare nulla. Per lei poteva anche morire, non le cambiava di certo la vita. Conosceva Yamato da così poco, eppure... eppure quando gli era vicino sentiva una strana sensazione, qualcosa che le incatenava il cuore, soffocandolo, distruggendolo. Non era amore. No di certo. Era troppo presto. Ma una cosa era certa: si stava attaccando a lui morbosamente, come fosse una malattia. E si sentiva cattiva. Sporca. Disgustosa. Malefica ed egoista. Egoista, sì. Lei non meritava niente. La sua era una vita miserabile e lei non meritava di potersi innamorare di un uomo così meraviglioso. Era entrata in una nuova realtà che non le andava bene. Sua madre non era  stata felice con chi amava, quindi nemmeno lei se lo meritava.

- Siamo in un ospedale, cercate di regolare il vostro atteggiamento. -, disse gelido Yamato, dirigendosi verso il bar dell'ospedale.

Goro si attaccò ai piedi di Rumiko, che abbassò lo sguardo su di lui.

- Mi porti al parco giochi? -, domandò il bimbo innocentemente.

La ragazza spalancò la bocca e mosse un po' la gamba. Il bimbo non si staccava.

- AAHHHH SCOLLATELOOO!-, disse agitandosi.

- Da bravo Goro... -, tentò Daisuke, - Lascia in pace Rumiko, solo io posso torturarla!

Il piccolo mise il broncio, attaccandosi ancora più saldamente alla gamba della ragazza.

- Io resto con Rumi-chan!

Ritsuko tornò dal bagno. Rumiko l'abbracciò, il bambino ancora incollato con l'attack alla sua gamba.

- ROXY!!! STACCA QUESTO POLIPO DALLA MIA GAMBAA!-, le ordinò quasi in preda alle lacrime.

- E questo coso da dove sbuca? Sembra Daisuke... -, domandò lei, sempre con la solita tonalità piatta che aveva assunto dal ricovero di Nobu. - Ah... c'è anche Daisuke in versione grande... saranno diversi di età, ma di cervello non vedo molta differenza. Da bravo... lasciala andare piccolino...

Prese il bimbo per i fianchi, che lasciò finalmente andare la ragazza, buttando le piccole braccine intorno al corpo di Ritsuko.

- Sono innamorato ancora! -, disse il piccolo felice, prendendo con una manina un lembo della gonna di Rumiko e alternando lo sguardo sulle due.

Daisuke dal canto suo mollò un pugno in testa al bambino.

- PICCOLO DEFICIENTE! Hai alzato la gonna a Rumiko! Le si sono viste le mutan... oh aspetta... perché ti sto sgridando? Bravo bimbo, bravo!

Un fischio risuonò incessantemente per il corridoio. Gli occhi di Roxy si spalancarono, travolti dal terrore. Quel suono... proveniva dalla camera di Nobu. Rumiko si passò una mano sulle labbra. In genere non portava buone notizie. La ragazza dai capelli azzurrini corse nella camera di Nobu, staccando da sé Goro, in modo talmente brusco che iniziò a piangere. La moretta prese in braccio il bimbo, stringendolo forte a sé, pregando per la vita del ragazzo.

Ritsuko spalancò la porta e vide un Nobu ansante, ma sveglio, che trafficava con il tasto del campanello per chiamare gli infermieri.

- Ma questi cosi perché devono avere tremila tasti? Ho premuto il tasto d'emergenza invece di quello semplice!!!-, si scusò, parlando a fatica, sorridendo flebilmente alla ragazza.

La ragazza rimase immobile sulla porta, mentre calde lacrime iniziavano a scorrerle lungo le guance.

- No... Nobu...

Il ragazzo allungò una mano, facendole segno di avvicinarsi. Ritsuko non se lo fece ripetere due volte, si avvicinò velocemente al letto e gli prese la mano.

- Ti ho sognata, sai... non ho sognato nient'altro che te...-, sussurrò lui, stanco. Tossì un paio di volte, e chiuse gli occhi, stringendo la mano della ragazza.

Roxy sorrise un po' forzata, facendogli segno di non dire più niente.

- Non sforzarti... sei ancora debole, devi riguardarti. Vuoi uscire da qui o no?

Nobu annuì con un cenno del capo.

- Sì... però solo se mi prometti di stare con me per sempre... perché altrimenti non vale la pena di uscire di qui, si sta così bene...-, scherzò lui. Eppure a Ritsuko sembrò così serio.

La ragazza gli passò una mano fra i capelli, scendendo poi fino ad accarezzargli una guancia. Gli diede un bacio sulla fronte.

- Mi dispiace ti sia successo questo... Da... Daiki e Daisuke hanno... sono stati loro a... -, non riusciva a formulare una frase di senso compiuto, scossa com'era dai singhiozzi.

Nobu sorrise e le passò una mano tra i capelli.

- Non credevo... che per averti così vicina avrei dovuto essere in ospedale... se l'avessi saputo mi sarei fatto picchiare molto, molto tempo prima...-, rise ancora e Ritsuko pensò fosse in vena di ironia. Ma lo sguardo di Nobu si fece improvvisamente serio. - Resta con me... per sempre... ti prego...

Roxy prese la mano di Nobu, che ancora era fra i suoi capelli. Non gli tolse un attimo gli occhi di dosso, finendo poi per affogare in quelli di lui. Si avvicinò un poco di più, poggiando una mano sulla sua spalla e l'altra dietro alla sua nuca. Gli diede un bacio sulla punta del naso, sulla guancia, fino ad arrivare alle sue labbra. Gli diede un bacio leggero, quasi fuggiasco, allontanandosi un poco per riguardarlo negli occhi.

Nobu rimase quasi sconvolto da quel piccolo gesto d'affetto. Chiuse gli occhi ancora una volta ricacciando indietro le lacrime che volevano così insistentemente cadere lungo le sue guance.

- Ti amo, Ritsuko... ti amo... -, disse prima di addormentarsi, sorridente, ma esausto. L'elettrocardiogramma segnava i battiti un po' più veloci, che si regolarizzarono quasi subito, una volta che fu caduto tra le braccia di Morfeo. Era tenuto sotto sedativo per non fargli sentire dolore, così Ritsuko non disse nulla. Si sedette accanto a lui e rimase così tutto il resto della giornata, pensando a cosa gli avrebbe dovuto rispondere, una volta che si fosse svegliato. Ma dopotutto la risposta la sapeva. L'aveva sempre saputa.

 

***

 

Seduta su una panca in mezzo al corridoio, Rumiko stava giocando con il piccolo Goro ad una prova di riflessi con le mani. Goro la batteva sempre.

Yamato era andato a vedere la situazione di Nobu, ma a quanto pareva doveva aver visto qualcosa che l'aveva sconvolto. L'aveva semplicemente tranquillizzata ed aveva aggiunto che doveva andare a fumarsi una sigaretta per schiarirsi le idee.

Daiki e Daisuke intanto guardavano Rumiko e Goro da dietro un angolo.

- Come cavolo ha fatto a calmarlo? Che sia una strega?-, chiese Daiki, perplesso.

- No... è una donna e ci sa fare con i marmocchi... e poi è troppo dolce per essere presa in giro anche da Goro. Trovo che Rumiko sia una di quelle persone a cui ti affezioni immediatamente, è impossibile non volerle bene. -, fece un riso nervoso, - Ovviamente parlo dei mocciosi!

Daiki lo squadrò dall'alto in basso, come fosse una pulce.

- Vergognati... prenderti una sbandata per una ragazza ordinaria e squattrinata come quella. Ma da che pianeta vieni? Da che mondo e mondo i ricchi stanno con i ricchi e i poveri con i poveri...-, disse innervosito, mentre una venuzza pulsava insistentemente in una tempia.

- Ma che stai dicendo? A me non piace Rumiko! Io sono innamorato di... di... Kimiko! Hai in mente quella ragazza estremamente bella e ricca?

Daiki storse il naso.

- Lei si che è una vera donna. Ha tutte le curve al posto giusto ed è estremamente sexy. La cosa più importante, inoltre, è che è ricca sfondata. Ultimamente mi ha fatto capire di avere un certo interesse nei miei confronti e credo che non la rifiuterò proprio!

- Se parli di Kimiko Hibarashi... beh prima si chiamava Kimito, ed era un maschio... poi si è sottoposto ad un'operazione di chirurgia e si è fatto togliere l'uccello, facendosi costruire al suo posto la passerottina...-, spiegò imitando il verso di un usignolo, che risultò goffamente più simile ad una cornacchia. Una gocciolina bagnò la fronte di Daisuke.

- Ehm... ho sbagliato... intendevo Ruriko...-, si giustificò il ragazzo.

Daiki rise. - Ma chi, la figlia dell'imprenditore Hirogata? Lo sanno tutti che ha una relazione eretica con suo fratello gemello...

Daisuke arrossì. Lui non lo sapeva affatto!!!

- Finiscila! Vorrà dire che punterò ad un'altra donna! Tanto la nostra scuola pullola di belle donzelle!

Si finse altamente offeso, quando in realtà stava semplicemente morendo dalla vergogna. Daiki, dal canto suo, non riusciva più a  trattenere le lacrime dal troppo ridere.

Improvvisamente i due si bloccarono. Daisuke stava rosicando di rabbia, nel vedere Yamato che, seduto accanto a Rumiko, giocava insieme a Goro, che stranamente l'aveva preso in simpatia.

- Credevo fosse più pestifero... é un bimbo molto dolce...-, disse Yamato accarezzando il capo del bambino e scompigliandogli affettuosamente i capelli. Rumiko arrossì. - Sì... "Che bello... tutti e tre sembriamo una famigliola felice!!"-, pensò la ragazza tra le nuvole.

Yamato prese il bimbo sulle sue gambe, guardando attentamente Rumiko.

- Credo che noi due dobbiamo parlare...

 

 

… continua…

 

Papapapapapam, siamo già arrivate al settimo capitolo, ma anche se andremo in vacanza non vi lasceremo mai senza, contenti? :D Vabbè… potreste almeno far finta di sì eh! Siamo già andate parecchio avanti con i capitoli, quindi anche se una delle due manca l’altra può pubblicare… eh, come siamo brave! Ma passiamo ai ringraziamenti!

 

stefy88splash: Non ti preoccupare che piano, piano postiamo tutti i capitoli, non è nostra intenzione far soffrire i lettori… beh… forse un pochino sì! :P Ecco svelato a te il mistero di Nobu, contenta? ;)

 

Moonlight: Mh… no perché mai ci dai delle sadiche? Siamo così tenere ed innocenti… ghgh… Postiamo ad intervalli regolari di due- tre giorni, così lasciamo tempo a chi ancora non l’ha letta di leggersi piano, piano i capitoli, senza trovarsene una sfracassa. Con tutte le persone che postano è difficile vedere quando si aggiorna, no? :D Grazie ancora per i complimenti!

 

Faith: Davvero trovi che riusciamo a trasmettere le sensazioni dei nostri personaggi? Yaho! È proprio ciò che vorremo! Rendere i lettori partecipi di ciò che provano i protagonisti. Beh… ormai i Nishikado sono fatti così, o si accettano o si picchiano, come ha fatto Nobu! ;)

 

Grazie anche a tutti quelli che leggono, ma non lasciano una recensione. Questo ci dispiace molto, perché così non possiamo sapere il loro parere sulla storia… ma vabbè

Al prossimo chappo!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 8

 

Rumiko non alzò lo sguardo verso Yamato. Aveva già intuito quale fosse l'argomento di cui voleva discutere con lei e sicuramente, se l'avesse guardato, sarebbe scoppiata a piangere come una bambina delle elementari. Sapeva che non c'erano speranze e che stava per ricevere la sua prima delusione sentimentale. Aveva sempre odiato i ragazzi, e ora che il cuore le faceva tanto male sapeva anche il perché. Aveva fatto bene a rimanere sempre una ragazza ordinaria, che qualcuno cosa le accadesse intorno rimaneva nell'ombra, impassibile, inosservata. Con Yamato aveva voluto strafare. Aveva voluto conoscerlo, e aveva voluto farsi conoscere per ciò che era davvero: una ragazza come tante altre, che aveva tanto bisogno d'affetto e di uscire dal suo guscio. Aveva semplicemente sbagliato. Ora che se ne rendeva conto, era troppo tardi. Un piccolo sorriso ironico le deformò l'espressione per pochi istanti, prima di tornare seria. Che buffo... Ora che ci pensava bene aveva sempre creduto di sbagliare ad allontanare chiunque le si avvicinasse. E invece ora scopriva quanto avesse fatto bene. Anche con le amiche succedeva sempre così. Stava con loro per il pranzo, ma dopo la scuola non uscivano mai insieme, troppe divergenze di carattere. Avevano semplicemente bisogno del suo cervello, ecco. Lei faceva i compiti e loro copiavano. Punto. Era la regola, ormai. Ci aveva fatto l'abitudine, ma non poteva dire che le facesse piacere, questo mai. Alzò lo sguardo di ghiaccio sul giovane uomo. Non voleva le dicesse proprio nulla, non voleva una paternale.

- Non dirmi niente... so già tutto... -, disse con la voce spezzata. Non aveva forza di fare nemmeno un gesto. Riabbassò il capo, lasciando che i capelli le cadessero sul viso. Nessuno doveva vederla in volto, proprio come era sempre stato, fino a pochi giorni prima. Nessuno doveva più vederla in volto, nessuno doveva accorgersi del suo aspetto non proprio orientale, con gli occhi azzurro ghiaccio che della forma a mandorla avevano poco. Yamato era stata la sua prima delusione, e sarebbe stata anche l'ultima. Lo giurò a se stessa.

- E cos'è che sapresti già? -, domandò incuriosito Yamato, prendendo a scrutarla più attentamente. Attese finché la ragazza non si decise di parlare, sapeva benissimo che aveva bisogno di tempo. La piccola Rumiko... gli piaceva veramente quella ragazza e stava per commettere anche un grosso errore con lei. Aya e Rumiko erano pressoché identiche, se non per il colore degli occhi. Anche la giovane infermiera era di sangue misto e, all'età di Rumi, avevano lo stesso carattere. Iniziando a frequentarsi, per uno strano fatto, aveva finalmente iniziato ad aprirsi e a diventare quello che ora era, riuscendo sempre e comunque alla perfezione negli studi.

E guardando la piccola Rumiko si era reso conto di amare ancora Aya, e ciò che provava per Rumiko era una sorta di malinconia... nostalgia per i tempi passati in cui era stato con Aya. Si era anche reso conto dei sentimenti che la moretta stava cominciando a provare per lui, e un po' gli faceva anche piacere. Ma lui amava Aya, e Rumiko avrebbe solo sofferto, se lui non avesse subito messo le cose in chiaro.

- Lo so benissimo che... ti piace quell'infermiera... -, scandì le parole come fossero oro puro. Era troppo importante fargli capire quale fosse il suo stato d'animo.

- Sì in un certo senso sì... -, Rumiko sembrò quasi tornare a sperare, in cuor suo, - C'è una differenza però... a me non piace Aya, io la amo... da tanti anni ormai... Credevo ormai di aver sepolto questo sentimento, dopo quella lite... Non ci siamo visti per tanto tempo e io ero quasi certo di impazzire dalla sua mancanza. Le stagioni, poi, sono passate lente ed inesorabili e io cominciavo a reprimere il mio stato d'animo... ma poi sei arrivata tu... le somigli così tanto...

Goro guardò l'uomo, inarcando un sopracciglio. Ma cosa stava dicendo quel babbeo? Persino lui che aveva sei anni sapeva che non si dovevano mettere a confronto due donne, perché erano guai. Lui l'aveva fatto con due amichette dell'asilo, l'anno prima. Inutile dire che si era beccato due schiaffi contemporanei, uno su una guancia e uno sull'altra. Se ci ripensava vedeva ancora le stelle. Sapeva di essere considerato terribile, ma sapeva anche che contro le "donne" non c'era scampo, anche lui non poteva vincere. Guardò l'espressione sofferente nascosta dietro i lunghi capelli neri di Rumiko, che si era portare le mani sulle labbra per soffocare dei singhiozzi. Scosse la testa, scese dalle gambe di Yamato e andò da Daiki e Daisuke. Sapeva che qualche giorno prima i cuginoni avevano fatto picchiare quel tizio biondo perché aveva fatto piangere la tizia dai capelli azzurri. Bene, voleva dire che avrebbero fatto picchiare anche quest'altro tizio biondo, perché aveva fatto piangere la moretta Rumiko.

Daisuke, che non si era perso una sola parola della conversazione, aveva un espressione lugubre. Possibile che quel deficiente non si rendesse conto del reale valore della moretta? Stava forse scherzando? Preferire una sgualdrina come quell'infermiera alla sua Rumiko! Un momento, la sua Rumiko? Si schiaffeggiò mentalmente. Non poteva nemmeno permettersi, neanche nei suoi pensieri, di formulare una simile frase. Se per caso, un giorno, gli fosse sfuggita sarebbe successo il finimondo. Si voltò verso il fratello, che ancora aveva gli occhi puntati in direzione della camera dove era ricoverato Nobu.

- È così interessante quella stanza? Guarda che sei praticamente stato tu a farlo finire dove sta...

Daiki scrollò le spalle.

- Sta' zitto... dici solo cose inutili...-, tornò a guardare verso la stanza, come se stesse aspettando qualcosa.

Daisuke sospirò, poi si sentì tirare una manica della maglia. Abbassò lo sguardo su Goro.

- Fate picchiare il tizio biondo?-, chiese con espressione innocente.

- Fossi scemo... -, sibilò il più piccolo dei Nishikado, - Quello ci manderebbe in galera nel giro di mezzo secondo... Se venisse a scoprire che quel coso là è ricoverato per causa nostra sarebbe la fine...

Prese il cuginetto in braccio, dando poi un pizzico sulla guancia a Daiki.

- Vuoi andare o stai forse aspettando che qualcuno si decida ad uscire da lì? -, lo stuzzicò.

Daiki in risposta gli mollò un calcio nello stinco.

- T'ho detto che devi tacere.

Goro rise.

- Ah ah... ancora! Dagliene un altro!

Daiki e Daisuke si guardarono, poi Daiki sorrise e gli diede altri calci a raffica.

Daisuke implorava pietà al fratello e al cugino, che entrambi lo stavano riempiendo di botte. Ad un certo punto Daiki si, fermò improvvisamente, vedendo un fulmine blu passargli proprio davanti agli occhi.

- Yama! Rumi! Sbrigatevi, correte! Prima Nobu era sveglio, ora si è addormentato di nuovo! I medici mi hanno appena riferito che si rimetterà presto! -, sorrise radiosa in direzione dei due.

Vedendo l'atmosfera che regnava fra i due amici, si fermò improvvisamente, andando quasi a sbattere contro la parete del corridoio.

- Ma che è successo? Nobu non è mica morto...

Rumiko si alzò in piedi, asciugandosi le lacrime prima che Ritsuko la vedesse, e sorrise flebilmente all'amica.

- Mi fa piacere. Ora devo andare a studiare... Salutami Nobu quando si sveglia.-, senza aggiungere altro percorse velocemente il corridoio fino all'ascensore, che era occupato, così prese le scale a destra e corse via. Ritsuko guardò Yamato.

- Che diamine le hai fatto? Era distrutta poverina... -, gli tirò uno scappellotto dietro alla nuca, - Non si fanno piangere le donne!

Il piccolo Goro emise un grido di gioia, tornando nei pressi della ragazza, completamente d'accordo con lei. Non che lui non facesse piangere le bambine dell'asilo... ma la bella moretta non doveva soffrire, non per colpa di quel biondino tanto brutto.

Daiki e Daisuke seguirono il bambino.

- Goro, vieni... andiamo a trovare la nonna al piano di sopra... -, disse Daiki senza rivolgere lo sguardo neanche una volta agli altri due.

- Non voglio vedere la nonna... voglio rimanere con la fata turchina!

Roxy per poco non cadde a terra.

- Chi sarebbe la fata turchina?!

Daiki scosse la testa. Si avvicinò al bambino e cominciò a tirarlo per le gambe, mentre Goro rimaneva attaccato come una sanguisuga ad una gamba di Ritsuko.

- Molla la presa, piccolo idiota!-, grugnì il ragazzo tirandolo senza troppa convinzione. Aveva un p' paura di spezzargli le gambe. Se fosse successo suo zio l'avrebbe ucciso.

- Che indelicatezza... -, borbottò Roxy prendendo il bambino in braccio e passandolo poi nelle braccia di Daiki. - Sì, un grazie è sufficiente...

Daiki ignorò i commentini della ragazza e si avviò verso l'ascensore, dove Daisuke lo stava aspettando.

Rumiko, appena uscita dall'ospedale, si tolse gli occhiali e si asciugò le lacrime. Prese un lungo respiro e scacciò quelle che ancora minacciavano di scenderle lungo le guance.

"Fatti forza Rumiko!"- , pensò, -  "È risaputo che gli uomini sono solo un ammasso di idioti!"

Girò leggermente lo sguardo, sentendo un formicolio alla spalla destra. Si diede una grattatina, ma pochi secondi dopo quel tocco fastidioso si ripresentò. Vide una mano sbucare sulla sua spalla e cacciò un urlo che riecheggiò per tutta l'area circostante.

- Sono la mano della famiglia Addams... arggggh!

Un ragazzo rise di gusto, sbucando da dietro le sue spalle.

- Scusami, non volevo spaventarti, solo che mi sembravi tanto triste che pensavo ti avrebbe fatta ridere un po', invece ti ho solo spaventata, mi rincresce...

La ragazza, ancora presa da tremolii vari, guardo il ragazzo scossa, gli occhiali le scesero lungo il naso rendendo la sua espressione ancora più buffa, le lacrime ancora sulle guance, la candela al naso.

- A... A... A... Aki... Akit... Akito... co... co... co... co... coccodè... no che dico?! Cosa ci fai qui?

Il ragazzo trattenne una risata, porgendole un fazzolettino di carta per soffiarsi il naso, mentre  con un altro le asciugava le lacrime che ancora erano sparse sul suo viso.

- Credo di esser venuto qui per il tuo stesso motivo, o mi sbaglio?

La ragazza si sistemò, guardandolo con diffidenza. Non le piaceva quel tipo, era eccessivamente... beh, non sapeva come definirlo, però le sembrava un teppista.

- Si... -, rispose solo, senza dargli confidenza più di tanto.

- Come sta Nobu? Purtroppo non sono potuto passare prima e non so niente sulla sua condizione attuale... -, iniziò ad attaccare discorso lui.

- Mhh... si rimetterà... -, rispose vaga, riprendendo a camminare. Abbassò il viso, facendo in modo che i lunghi, lucenti, setosi capelli neri le scivolassero lungo le guance e coprissero il volto.

Akito sorrise, pensando che quella ragazza, se solo fosse stata un'attrice, avrebbe sicuramente ottenuto lei la parte di Sadako Yamamura, la protagonista del famoso horror Ring.

- Capisco... capisco... e tu come mai sei in fuga? -, chiese iniziando ad osservare le unghie delle sue mani.

- Non sono in fuga... -, rispose velocizzando un po' il passo, per seminare quello scocciatore. Voleva andare a casa, buttarsi sul letto e piangere da sola in camera sua per il resto della settimana, perché quel tizio la ostacolava?

- Ah... capisco... e scommetto che non stavi nemmeno piangendo, vero?

Continuò a seguirla, riempiendola di domande assurde, tentando di allacciare un discorso di senso compiuto, cosa assai difficile.

La ragazza si fermò e rimase con lo sguardo rivolto all'asfalto.

- Non ti riguarda...-, sussurrò semplicemente. Gli lanciò uno sguardo tagliente, il cui effetto glaciale era reso ancora meglio dai suoi occhi del colore di un iceberg. Riprese a camminare, ignorando l'espressione colpita del giovane. La ragazza si fermò e rimase con lo sguardo rivolto all'asfalto.

- Non ti riguarda...-, sussurrò semplicemente. Gli lanciò uno sguardo tagliente, il cui effetto glaciale era reso ancora meglio dai suoi occhi del colore di un iceberg. Riprese a camminare, ignorando l'espressione colpita del giovane.

- Va bene, va bene... -, si fece coraggio lui, iniziando a seguirla in silenzio.

Rumiko sentì il suo umore innervosirsi sempre di più. Si poteva sapere che diavolo voleva quello? Akito colse un fiore di ciliegio da un albero del viale in cui si trovavano, prendendosi un'occhiataccia dalla ragazza. Era pure un assassino della natura, perfetto!

- Non si staccano i fiori dalle piante...-, lo riprese, indispettita.

Lui sorrise. La fermò, le tirò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e vi appoggiò il fiorellino come fosse stato un fermaglio per mantenere la ciocca.

- Stai meglio così, te l'hanno mai detto? Sembri più solare... altrimenti mi ricordi Sadako... -, ridacchiò.

Rumiko tocco lievemente il piccolo fiore. Era un gesto carino... ma le aveva messo un cadavere di pianta addosso! Che razza di animale, si ritrovò a pensare. Akito la prese per una mano, facendola sedere su una panchina lì vicino, sedendosi poi a sua volta.

- Penso che quel ragazzo laggiù sia estremamente preoccupato per te, sai? Attenta a non far capire che l'hai visto... -, la riprese, notando che Rumiko guardava in direzione del bruno, - Penso che se ne parlassi con lui staresti meglio... sai, ci segue dall'ospedale, è proprio determinato!

Rumiko incrociò un momento lo sguardo di Daisuke. Il ragazzo arrossì di botto e fece finta di allacciarsi una scarpa. Rumiko lo guardò truce.

- Oddio, speriamo non mi segua fino a casa... se no finisce come l'altra volta! Solo che l'altra volta c'era Ritsuko a salvarmi... -, disse, parlando per la prima volta a raffica, fregandosene della vergogna.

Akito sorrise, contagiato dall'ingenuità della ragazza.

- Non credo proprio voglia farti del male, men che meno saltarti addosso...

La ragazza scosse la testa.

- Ma stai scherzando? Quello é uno dei Nishikado... è diabolico... e mi odia... ha tentato di farmi violentare, ha mandato Nobu all'ospedale, ha quasi fatto investire Roxy... e chi più ne ha, più ne metta...-, disse agitandosi le braccia come una forsennata, mentre il suo viso veniva attraversato da tante espressioni diverse, come tristezza e rabbia.

Akito tornò serio, guardandola fisso per qualche secondo. Era certo che quella ragazza ne aveva passate di tutti i colori... eppure...

- Prova a parlargli una volta... se non ti fidi di lui ti aspetto qui... anche se sono certo non ti farà del male.

Rumiko inarcò le sopracciglia. Ma era impazzito? Parlare con Daisuke Nishikado? Era come chiedere alla Morte in persona di portarla con sé prima del tempo.

- Tu sei malato dove ti pettini... -, disse saggiamente.

- E tu sei troppo testarda ed ingenua...

Si alzò, ben deciso a lasciarla lì dove stava. Le stava offrendo il suo aiuto e lei gli dava del pazzo? Perfetto. Roxy avrebbe dovuto pagargli caro questo favore. L’aveva fatto volontariamente, ma Rumiko era pur amica sua!

Rumiko guardò il ragazzo alzarsi.

- Aspetta, aspetta.-, lo tirò per una manica. - Resta qui, ti prego... vado a parlargli, ma tu resta qui, vicino a me!-, lo pregò. Voleva parlare con Daisuke Nishikado, sapere cosa gli passava per la testa, e mandargli tanti di quegli insulti per i suoi "scherzetti" che avrebbe ricordato per tutta la vita. Ma non da sola. Doveva esserci qualcuno con lei, perché, anche se non voleva ammetterlo ad alta voce, aveva terrore di Daisuke, e avrebbe preferito gettarsi da un crepaccio piuttosto che rivolgergli la parola.

- Io non mi muovo da qui... -, sorrise lui, con uno strano luccichio negli occhi, che diede a Rumiko i brividi.

Era proprio sicura di potersi fidare di quello lì? Scosse la testa, iniziando ad avvicinarsi a grandi falcate a Daisuke, che faceva finta di guardarsi in giro.

- Oh... Rumi-chan, che coincidenza trovarti qui!

La ragazza si tolse il fiorellino dai capelli e lo gettò a terra, lasciando che i capelli tornassero a coprirle il viso. Quello stupido di Nishikado era l'ultimo che poteva guardarla.

- Non... non capisco... perchè... mi stia seguendo.. tu... però... -, deglutì. Era difficile parlare con lui. - ... però so che mi da fastidio, ecco... si può sapere cosa vuoi?

Daisuke assunse un'aria severa.

- Non sei così importante da essere seguita... Se sono qui è solo una coincidenza, prendine coscienza. Non ho nessun motivo per girarti nei dintorni.

Si maledì mentalmente per la stupidità che aveva appena dimostrato.

Lei sospirò.

- Bene... meglio così...-, si voltò senza nemmeno salutarlo e fece per ripercorrere i suoi passi, quando sentì una mano del ragazzo serrarsi sul suo braccio, poco più su del gomito, e tirarla verso di lui.

 

 

… continua…

 

Accidenti! Scusate il grande ritardo per la pubblicazione di questo chappy, ma abbiamo avuto diverse complicazioni. Non preoccupatevi, se tutto va bene da oggi aggiorniamo di nuovo regolarmente!!!

 

Mandy Slade: Troppe virgole? O_o Mah, se lo dici tu! Grazie dell’avviso! ;)Tenteremo di regolarci con i capitoli che verranno in futuro! Chiediamo venia! :P Grazie per trovarla comunque scorrevole. Per la tua curiosità la risposta è molto semplice, noi amiamo il Giappone. Avremmo potuto ambientarla benissimo in Inghilterra o Italia, o in chissà quale altro luogo, ma non avremmo avuto l’ispirazione attuale. Ci piace vedere vivere i nostri personaggi in ambienti che noi sogniamo di visitare ogni giorno e beh… intanto sogniamo grazie a loro! Speriamo di aver dato una risposta concisa alla tua curiosità e che continuerai a seguirci! ;)

 

Moonlight: Ma dai, tentiamo di tener ancorati i lettori allo schermo anche grazie alla curiosità! :P Eheh… chissà, chissà cosa accade qua e là! Nananan! Siamo veramente contente ti piaccia il nostro modo di scrivere e, anche se diventiamo ripetitive a dirlo, ci fa sempre piacere ricevere complimenti!

 

stefy88splash: Sì, esattamente. Ci siamo ispirate al titolo di quella canzone perché piace molto ad entrambe e ci sembrava rispecchiasse la fan fiction. La canzone, inoltre, ha parole veramente stupende e, che dire… la consigliamo a tutti i lettori!

 

Shaida Black: Ahah, succede, non c’è problema! Oh, vedresti sotto un camion Aya? Dai, poveretta, in fin dei conti fa solo il suo lavoro… un po’ esageratamente, no? ;) Per le coppie si vedrà, si vedrà! Eheh… c’è ancora tanto da scrivere… (Scusa se non sono andata avanti a leggere e commentare la tua fic, ma sono partita per il mare e sono tornata oggi, rimedierò nei prossimi giorni! ;) ndSan)

 

 

Al prossimo chappo!

 

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 9

 

Quella pelle era così morbida e profumata, che riusciva a dargli i brividi, anche se la proprietaria era ancora così lontana da lui, e non parlava solo di distanza fisica. La tirò un poco più vicino, rabbrividendo a quel piccolo contatto. La fece voltare verso di sé, carezzandole una guancia.

- Mi dispiace... -, bisbigliò quasi impercettibilmente.

Rumiko spalancò gli occhi azzurri, sconvolta. Cos'era tutta quella dolcezza? Che fosse impazzito?

- Co... LASCIAMI SUBITO!-, gridò a pieni polmoni, spaventata. Voleva sicuramente farle qualcosa di brutto, magari di osceno. Non era proprio il caso, no no.

- Guarda che non ti salto mica addosso... -, disse lui con tono offeso, - Non sono così stupido da fare un atto del genere in un luogo pubblico, ci tengo alla mia libertà di pubblico cittadino!

Le passò una mano fra i capelli, guardandola con una strana espressione.

- Lascialo perdere quello stronzo, non ti merita. -, buttò fuori tutto d'un fiato, - E non farti abbindolare dal primo maschio che si dimostra un po' gentile con te!

Guardò fulmineo in direzione di Akito, divorandoselo con lo sguardo.

- Beh... beh magari.. Yamato non mi merita... -, alcune lacrime le riempirono gli occhi, - ... ma tu non meriti nemmeno di toccarmi o passarmi vicino, vedi un po' te!!!-, disse decisa. Poi si portò una mano alla bocca, spaventata. "Oddio, ora mi ammazza...", pensò afflitta.

Daisuke la lasciò andare, voltando lo sguardo al pavimento.

- Hai ragione... lo so di essere indegno di toccarti, siccome sono stato il primo a farti soffrire... ma ciò non significa che lascio che quell'idiota ti faccia soffrire! -, arrossì di botto, rendendosi appena conto di ciò che aveva appena detto, si corresse immediatamente. - Ehm... solo io posso farlo!

Rumiko alzò un sopracciglio, perplessa. "Ma si è rincretinito di botto? No, forse lo è sempre stato... cretino, intendo... Oddio ma che sto pensando? Rumiko riprenditi. E' quel cretino che ti ha fatta violentare... beh, quasi... non c'è mica riuscito... si però non cambia!!! ... Ma ora che gli prende?", il suo dissidio interiore era più o meno questo, e continuò per almeno cinque minuti buoni, prima che uno dei due parlasse di nuovo.

La moretta scosse un po' la testa, per riprendersi, e per un istante alzò lo sguardo verso il ragazzo, incontrando di nuovo quegli occhi scuri così taglienti solitamente, eppure così imbarazzati, in quel momento.

- Lasciami in pace, Nishikado... -, si portò le mani alle labbra. - Ti prego... lascia in pace me e i miei amici... io... io ormai sono stremata... hai raggiunto il tuo obiettivo, mi hai fatta stancare della vita, contento? Ora... però... basta... ti prego... non portarmi via l'ultimo frammento di me stessa che vuole ancora vivere... é proprio l'ultimo... è unico... tolto quello, di me non resterà più nulla... -, pianse, mandando a farsi benedire il proprio orgoglio e la propria dignità. Pianse tanto, come non aveva mai fatto.

Fece per allungare la mano, per stringerla forte a sé, dirle che non doveva sentirsi così, che meritava di vivere una vita felice più di chiunque altro, ma la ritirò immediatamente. Era colpa sua se si era ridotta così, faceva proprio schifo. Non si meritava nemmeno di sfiorarla, aveva ragione lei.

- Io... non volevo rovinarti la vita... volevo cercare di proteggerti e di attirare insieme la tua attenzione... ma ho sbagliato tutto... Ammetto che all'inizio è iniziato tutto per la bocciatura, ma poi le cose sono cambiate, anzi, per il tuo rifiuto al ballo.-, sputò fuori in un soffio, mentre sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi, chiedendogli di essere lasciate cadere e il nodo alla gola farsi sempre più soffocante. - Mi dispiace veramente Rumiko... se... se questo può farti sentire meglio denunciami pure, mandami in prigione, dove vuoi... non mi importa... me lo merito ed è giusto che tu abbia la tua vendetta.

Alzò lo sguardo fiero, cercando gli occhi della ragazza, che lo guardava perplessa.

La ragazza fu scossa da tanti singhiozzi. Decise di non rispondere neanche. Girò sui tacchi e ancora una volta mentre stava per andarsene fu fermata dal ragazzo, che nel tirarla di nuovo a sé perse l'equilibrio. Caddero entrambi rovinosamente a terra.

Dopo qualche secondo Rumiko aprì gli occhi e, senza neanche vedere in che stato fosse ridotto Daisuke, che era rimasto schiacciato sotto il suo peso, prese a cercare gli occhiali. Nel cadere le erano scivolati dal naso, e sperava non si fossero rotti cascando a terra.

Daisuke si mosse un poco, cercando di far capire alla ragazza che non era propriamente un peso piuma, quando udirono un suono che fece rabbrividire Rumiko.

- Ops... -, emise il ragazzo nel sentire il crack che si susseguì alla troppa pressione esercitata sugli occhiali della moretta.

Rumiko cercò di mettere a fuoco, inutilmente, l'oggetto che era stato schiacciato dal dolce peso del ragazzo. Non ci vedeva niente e non riusciva a distinguere la gravità del danno.

- Come faccio? No... ora come faccio? Non posso permettermi occhiali nuovi...-, disse con gli occhi ancora pieni delle lacrime di poco prima, che scesero inesorabilmente lungo le guance.

- Mi... mi dispiace... -, balbettò lui, prendendo in mano gli occhiali e accorgendosi del danno piuttosto grave che aveva provocato agli occhiali.

Rumiko lo guardò con quello sguardo da cucciolone, che lo fece sentire ancora più in colpa.

- Te... te ne farò avere un altro paio... se... se andiamo dall'ottico e gli ordiniamo subito non ci metteranno tanto a fornirtene di nuovi...

La ragazza si girò verso di lui, senza capire bene che espressione avesse. Magari stava ridendo di lei. Era probabile. Improvvisamente però si scosse. Cosa diamine gliene fregava se stava ridendo di lei? Non sarebbe comunque stata la prima volta.

- Lascia perdere... hai... già fatto troppo... -, rispose ironicamente. Si rialzò e fece per allontanarsi, poi tornò indietro e, con gli occhi un po' chiusi per mettere a fuoco, sempre inutilmente, cercò a tentoni il ragazzo. Toccò un suo braccio e prese un lembo della sua maglia.

- Senti, scusa... non ci vedo niente... da che parte si va per casa mia?-, chiese imbarazzata, tenendo il volto rivolto verso il basso, rossa come un pomodoro maturo.

- Sei veramente un talpa... -, scherzò lui, - Senti, visto che il tuo amico se ne è già andato da un po', e di conseguenza non può aiutarti, resterò con te finché non avrai gli occhiali nuovi. I miei occhi saranno i tuoi. Ci stai?

Rumiko strizzò un poco gli occhi, che le bruciavano, cercando di mettere a fuoco il viso di Daisuke. Ma la stava prendendo in giro o parlava sul serio?

Non vide bene il movimento, ma capì che lui aveva teso una mano verso di lei. Abbassò lo sguardo verso l'arto, senza vederlo. Non sapeva se fidarsi, ma dopotutto non aveva alternative. Lei non aveva un cellulare, così non poteva chiamare nessuno che potesse aiutarla. Allungò anche lei la mano, e stranamente trovò subito quella del ragazzo. Sentì la stretta di Daisuke farsi serrata, decisa.

- Sei... un tipo strano... -, fu tutto ciò che disse.

Lui sorrise dolcemente, iniziando a camminare in direzione della casa di Rumiko, la quale lo seguiva docilmente senza fare resistenza. Rimasero in silenzio piuttosto a lungo. Daisuke dal canto suo non aveva la minima idea di cosa dirle, era certo di aver detto fin troppe sciocchezze per quel giorno. Sicuramente l'aveva preso per un cretino, tale era.

Arrivarono in poco tempo davanti al condominio. Prima di arrivare al cancello, Rumiko passò davanti a qualcuno, ma non si prese la briga di salutare né nulla, non sapeva nemmeno se la conosceva, quella persona. Però sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Si girò e fu sicura che chi le era dinnanzi non era Daisuke.

- ... ya... ma... -, non riusciva a parlare, la bocca le sembrò improvvisamente così arida.

- Si può sapere dove sei stata?! Ero preoccupato e sono venuto a cercarti... -, alzò il tono della voce, - E con chi ti trovo? Con Daisuke Nishikado, colui a cui, assieme al fratello, abbiamo fatto causa!

Era furente. Lo sentiva dal tono della sua voce, malgrado non vedesse la sua espressione.

- Non... non c'è motivo di arrabbiarsi... mi si sono rotti gli occhiali... e Dais... Nishikado mi ha accompagnata a casa perchè sono cieca come una talpa... tutto qui...-, spiegò pacata, strattonando un po' la spalla in modo che lui mollasse la presa.

- E magari nel frattempo avete pomiciato un po'?! -, sibilò lui cattivo, nel vedere i due per mano, distruggendo Daisuke con lo sguardo.

Rumiko indietreggiò di qualche passo. Dov'era finito il ragazzo tanto dolce che aveva conosciuto?

- Non... non le ho fatto nulla... -, provò a giustificarsi il bruno.

Rumiko si passò una mano tra i capelli, per portarli dinnanzi al viso. Odiava quando il vento glieli portava indietro. Si girò e senza dire null'altro a Yamato chiese a Daisuke di accompagnarla al suo appartamento.

Il ragazzo le strinse più forte la mano, acconsentendo con il capo e dirigendosi verso l'entrata del palazzo.

- Mi hai deluso Rumiko... -, finì Yamato, dirigendosi a passo veloce lontano dal condominio.

La ragazza sentì le lacrime pungerle gli occhi, che richiedevano di scendere copiose.

- Lascialo perdere... -, provò Daisuke, - È solo uno stronzo...

Rumiko cadde in ginocchio, dando fondo a tutte le sue riserve di lacrime. Il suo cuore era come lacerato, sentiva che niente avrebbe guarito quella ferita. O almeno credeva.

 

***

 

- La pasticceria... la pasticceria... oh dannazione!

Roxy stava vagando nel nuovo centro commerciale, situato a poca distanza dall'ospedale. Era passato qualche giorno dal ricovero di Nobu e il ragazzo aveva acquistato un certo appetito. Gli aveva promesso di prendere qualche dolcetto, dato che il cibo che gli veniva servito era assai disgustoso, a quanto diceva. Era, inoltre, la cosa di cui era più goloso al mondo e ogni scusa era buona per farsene comprare qualche porzione. Si fermò a guardarsi intorno. Niente. Possibile che in quel dannato negozio non avessero una misera pasticceria? Si ritrovò ad imprecare contro il gestore, maledicendolo mentalmente.

Si fermò davanti ad un tabellone con la mappa di quel centro commerciale, era la prima volta che vi entrava e non sapeva come orientarsi. Vide che una pasticceria era proprio due piani sopra dove si trovava lei in quel momento. Si avviò verso l'ascensore e vi entrò.

Iniziò a tamburellare con le dita sul vetro dello specchio situato nell'abitacolo. L'ascensore, completamente pieno, non faceva altro che salire e scendere i piani di tutta la struttura, senta però fermarsi a quello che desiderava lei. All'incirca venti fermate dopo l'ascensore fu praticamente vuoto e finalmente riuscì a premere il tasto che l'avrebbe portata al sesto piano. Si appoggiò alla parete, ignorando l'altra persona che stava dalla parte opposta alla sua. Ora era il suo turno, non le importava se quell'essere dovesse andare ad un altro piano, era già di fretta e non voleva tardare la visita giornaliera a Nobu. La sera avrebbe dovuto studiare con Rumiko, quindi se avesse tardato ulteriormente avrebbe dovuto rinunciare a lui, perchè la moretta non le avrebbe di certo permesso di saltare l'abituale routine serale.

- Ferma!!! Aspetta, ti prego, ho perso già tempo... se non ritrovo quella peste i miei mi uccideranno!!!-, disse tutto d'un fiato il ragazzo nell'ascensore con lei. La ragazza si schiaffò una mano in fronte. Conosceva quella voce: Daiki Nishikado.

- Ehy no! -, si affrettò a contraddirlo, - Anche io sono di fretta! Aspetta il tuo turno! È colpa tua se ti sei perso Goro, sei un irresponsabile!

Si affrettò a schiacciare nuovamente il tasto del sesto piano, subito dopo che Daiki aveva premuto quello per il primo.

Il ragazzo stava per tirarle una ciocca degli lunghi capelli azzurrini, ma qualcosa lo fermò Un rumore non molto tranquillante risuonò nell'ascensore.

- Cosa é stato?-, chiese agitato.

Roxy si avvicinò alla vetrata che dava sul parcheggio. Rabbrivì, al pensiero dell'altezza a cui si trovavano.

- Ci... ci siamo fermati direi... -, guardò in apprensione il ragazzo, - Perchè ci siamo fermati? Scommetto che è colpa tua, non dovevi premere il pulsante per il primo piano!

- Guarda che sei tu che hai premuto quello del sesto a ripetizione facendogli fare scintille!-, puntualizzò pacato, seppur nella sua voce risuonasse una piccola nota di collera. - Beh non agitarti... ora si sblocca...

Appena chiuse bocca, mancò anche la corrente. La luce andò via.

- Wow... -, esclamò lei in una nota di ironia, - Si è sbloccato veramente... e se ora io dico che precipita? Accade veramente?

Daiki le si fiondò addosso tappandole la bocca con una mano.

- ... Ashi... ashiami... 'chezavo... -, si dimenò lei.

- Sta' zitta... sento dei rumori... -, disse tappandole meglio la bocca con una forza che Ritsuko non credeva possedesse. Le fece male.

Alcuni rumori provennero dalla tettoia dell'abitacolo. Si sentì una voce lontana.

- ... vi libereremo al più presto... aspetteremo torni la luce... é un black out di tutta Tokyo, ci vorrà un po'... ma non spaventatevi...

Dopodichè l'ascensore si mosse un po', scendendo forse di qualche metro. La voce era così lontana che non si sentiva più niente.

Ritsuko tentò in un vano tentativo di mordere la mano di Daiki, che la lasciò andare immediatamente. Respirò a pieni polmoni, guardandolo poi in cagnesco.

- Mi hai fatto male, idiota! Ti prego corrente... torna presto... voglio uscire di qui! -, diede un piccolo colpetto alla porta dell'ascensore, che si mosse in un movimento assai sospetto, facendo rabbrividire i due.

- Ma vuoi stare ferma? Fai solo guai!!!-, la riprese inferocito.

La ragazza si rannicchiò in un angolino, poggiando la fronte sulle ginocchia tirate al petto.

- Sei una palla... lasciami in pace... è tutta colpa tua se siamo qui dentro... -, alzò un attimo lo sguardo verso l'enorme finestra, che lasciava intravedere l'ospedale della città, - Chissà come sarà preoccupato Nobu...

- Ah.. il biondo... come sta?-, chiese senza troppa convinzione. - Mica era attaccato ai macchinari? A quest'ora sarà morto ahah...-, disse poi, sadico.

Gli occhi di Roxy si riempirono di lacrime. Dannazione, lei si stava preoccupando di essere rinchiusa in un ascensore quando tutti i pazienti dell'ospedale, Nobu compreso, rischiavano la vita. Sapeva che gli ospedali avevamo un generatore di emergenza, ma se in questo caso era stato impossibile attivarlo? Si alzò di scatto, iniziando a picchiare i pugni sulla vetrata.

- Fatemi uscire! -, urlò disperata, - Nobu... Nobu!!!

Il ragazzo si passò due dita sulle tempie. Aveva voglia di prenderla e farle sbattere la testa contro la parete ripetutamente, così almeno si sarebbe zittita.

- Stai zitta, stai facendo un baccano immondo... -, disse nervoso. Cominciava a perdere il controllo.

- Ma come fai ad essere così insensibile? -, domandò lei, lasciandosi scivolare nuovamente a terra.

Si osservo i pugni doloranti, sentendosi totalmente impotente.

- Non é questione di essere insensibili... è questione che siamo chiusi qua dentro e non possiamo fare niente, per cui mettiti l'anima in pace...-, spiegò secco.

Ci furono minuti di incessante attesa, in cui entrambi rimasero senza scambiarsi una misera parola. Ad un tratto Ritsuko sospirò, come a prendere coraggio per parlare.

- Senti Nishikado... -, deglutì, - ... Perchè hai assunto quell'uomo per far del male a Nobu?

Il ragazzo si limitò a guardarla alcuni istanti e, ignorando il cartello "No smoking" si accese una sigaretta.

- Semplicemente perché mi rodeva che un fallito come lui avesse fatto piangere una tipa a posto come te...

Ritsuko alzò lo sguardo e incrociò quello di lui, nell'ascensore buio, illuminato solo dalla luce della luna. Quella risposta proprio non se l'aspettava.

 

… continua…

 

Ed ecco un altro capitoletto-etto-etto!!! Siamo proprio fiere del nostro lavoro (modeste ndVoi), questo perché è la prima volta che ci sentiamo così coinvolte in una storia che scriviamo. Normalmente arrivate a questo numero di capitoli le idee cominciano a scarseggiare, e non scriviamo più ad un ritmo così frenetico. Qui invece è diverso, e questo lo dobbiamo anche a voi, che ci sostenete nonostante la nostra non sia una fanfiction, ma una storia originale. Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono, e un grazie particolare a:

 

Stefy88Splash: Ecco cosa succede a Rumiko... speriamo di non averti fatta attendere troppo!!

 

Moonlight: Ancora con sto "Cattive"? Non è vero non siamo cattive!!!! Solo un po' sadiche XDDD No, a parte gli scherzi, eccoti il capitolo, l'abbiamo pubblicato oggi tenendo conto del fatto che domani parti. Come faremo senza i tuoi commenti per un mese? ç____ç Beh comunque divertiti in vacanza (Anche per me povera sfigata che ormai è il 2 Luglio e non ha visto il mare ancora nemmeno una volta!! ndRachel_sigh!)

 

Shaida Black: Si, è vero... lo ammettiamo, in questo siamo brave. Interrompere sul più bello è un talento innato, ce l'abbiamo da sempre =D. Anche noi sognamo di andare in Giappone. Ti auguriamo di realizzare il tuo sogno, così come noi ce la metteremo tutta per realizzare il nostro!!! ^___^

 

Al prossimo chappo,

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 10

 

Lo guardava in quegli occhi scuri, che erano celati dal buio della serata. Ormai il sole era calato e loro erano in quell'ascensore da almeno tre ore.

" Semplicemente perché mi rodeva che un fallito come lui avesse fatto piangere una tipa a posto come te... ", - si trovò nuovamente a pensare Ritsuko, - "Non riesco proprio a capire che cosa volesse intendere con questa frase, e nemmeno ho avuto il coraggio di chiedergli il motivo. Ovviamente lui non me l'ha spiegato... "

Volse lo sguardo in direzione dell'ospedale, anche se non lo vedeva. Le luci non erano accese, si intravedevano dalle enormi vetrate solo fiochi barlumi, probabilmente provenivano dalle candele. In cuor suo continuava a sperare che almeno i macchinari fossero tornati a funzionare, anche se la sua mente ormai si era rassegnata. Daiki l'aveva proprio smontata. Inoltre la sua lieve claustrofobia cominciava a farsi sentire. Non le aveva mai dato parecchi problemi, ma d'altronde non era mai neanche stata chiusa in un ascensore,in bilico se cadere o meno, di tre metri per tre, al buio, con il suo peggior nemico. Cominciò a tremare, e chiuse gli occhi, immaginando di essere da qualche altra parte. Il respiro cominciò a farsi irregolare. Avanti di quel passo avrebbe avuto un attacco molto presto.

Diede una rapida occhiata alle buste che aveva con sé il ragazzo, sperando avesse almeno una bottiglietta d'acqua. L'avrebbe aiutata parecchio.

- Ni... Nishikado, hai per caso qualcosa da bere?

Il ragazzo sentì la voce tremante della ragazza e si girò verso di lei. Era pallida e sudata, non era un buon segno.

- Stai bene?-, le chiese preoccupato, rovistando nelle buste, gettando alla rinfusa sul pavimento le cose che non gli servivano.

Roxy si portò una mano alla nuca, in seguito ad un piccolo capogiro. Deglutì rumorosamente e rivolse lo sguardo verso Daiki.

- Sì... ovvio che sto bene...

Il ragazzo sospirò. L'orgoglio di quel confetto vivente superava ogni sua immaginazione. Trovò in fondo ad una busta un succo di frutta, ma niente acqua.

- Ehm... ho solo succo alla fragola... però è fresco, può andarti bene?-, chiese imbarazzato. Ritsuko pensò che era strano vedere un omaccione grande e grosso come lui a cui piaceva il succo di frutta alla fragola.

Sorrise, prendendo la bottiglietta dalle mani di Nishikado.

- Va benissimo, ti ringrazio... non pensavo ti piacessero queste genere di cose, immaginavo che tu andassi avanti ad alcolici, sai?

Daiki arrossì di rabbia, ma per chi l'aveva preso?

- Se pensi io sia un ubriacone ti sbagli di grosso...-, bofonchiò indispettito. Si lasciò scivolare anche lui lungo la parete, accanto alla ragazza, e la osservò. Nonostante stesse bevendo tutti quegli zuccheri. il colorito era sempre quello. Era come avvolta da un pallore cereo. Questo non andava affatto bene. - Sei sicura di stare bene? Sai... Goro soffre di Claustrofobia... quando ci troviamo in un luogo chiuso reagisce come te, sudando, tremando e diventando di un colorito cadaverico.-, spiegò ripensando all'ultima volta che era entrato in ascensore con Goro. Il bambino gli stava così appiccicato che a momenti lui e i suoi vestiti sarebbero potuti diventare una sola cosa.

- Soffro... soffro solo un pochino di Claustrofobia... è in forma molto leggera, di solito non la avverto, ma non mi era mai capitata una situazione simile. -, ammise lei, - Ridicolo, vero?

Sorrise leggermente, poi la sua espressione si tramutò in una smorfia. Si sentiva una sciocca, perchè ne parlava con lui? Ora aveva un motivo in più per prenderla in giro.

"Complimenti Roxy" -, si disse mentalmente.

- Capisco... -, fu tutto ciò che disse, prima di rovistare di nuovo nella busta. Ne tirò fuori la scatola di un medicinale.

- Questo é un tranquillante... noi ne diamo un po' a Goro... giusto metà compressa... quando ha uno dei suoi attacchi. Non voglio somministrartelo a forza, però se ti sta per venire qualcosa... dimmelo... può aiutare...-, spiegò pacato. Alla fine del discorso le sorrise, diversamente dal solito. Non era ironico, né pungente. Era un sorriso molto dolce, invero.

Ritsuko sbatté qualche volta le palpebre, incredula.

- Ti ringrazio... ma preferisco attendere un po', non mi va di impasticcarmi per una forma lieve di malore... -, poggiò la mano su quella di Daiki, che ancora teneva in mano il medicamento.

Afferrò la scatola solo alcuni minuti dopo, iniziando a leggere il foglietto illustrativo, tanto per ignorare il tempo.

Ovviamente con quel buio non riuscì a leggere nulla, e questo non fece altro che peggiorare il suo malessere. Cominciò a respirare faticosamente e perse per un attimo l'equilibrio, cadendo di lato e appoggiandosi su Daiki. Chiuse gli occhi e, afferrando un lembo della camicia del ragazzo, strinse i denti. Si sentiva male, ma non voleva urlare. Doveva combattere quella dannata malattia.

Nishikado, cominciando a preoccuparsi seriamente, la incitò a prendere la pastiglia, ma lei non voleva sentire ragioni. Non poteva prendere un farmaco per una cosa così, andava contro tutti i suoi principi. Era una cosa che doveva vincere contro se stessa. Si portò le braccia intorno al ventre, iniziando a provare una forte nausea.

- No... no... non vomitare... non or... troppo tardi... -, farfugliò afflitto. La ragazza non gli aveva propriamente vomitato addosso, ma si era sporcato comunque. La sua povera camicia firmata Dolce & Gabbana... Si scosse. Non era il momento di pensare a Dolce & Gabbana. La fece stendere e le fece appoggiare la testa sulle sue gambe. Prese un contenitore di fazzoletti imbevuti (Fresh&Clean XDDD ndRachel) (Non facciamo pubblicità, eh? ndSan) e li passò sulla fronte di Ritsuko, per,almeno, rinfrescarla un po'.

La ragazza respirava terribilmente affannata e il suo volto era diventato cadaverico. Ogni volta che apriva gli occhi sembrava sul punto di perdere i sensi, si notava dal suo modo di guardarsi in giro. Una lacrima le scese lungo la guancia, mentre afferrava un lembo della camicia di Daiki.

-Mi... mi dispiace... -, riuscì solamente a bisbigliare.

- Non dirlo neanche per scherzo... é a me che dispiace di non poterti aiutare... e mi dispiace anche di aver fatto picchiare quel tuo amico... e mi dispiace di aver causato tutti quei problemi a te e alla tua amica... mi dispiace, davvero, piccola... perdonami... -, disse guardandola seriamente. Era davvero mortificato, si vergognava di se stesso. Cosa poteva fare per rimediare ai suoi errori? Ma, ancora più importante, cosa doveva fare adesso per farla stare meglio?

Roxy fece un sorriso stanco. Se lo sentiva che in realtà Daiki non era cattivo, semplicemente viveva in una situazione troppo sgradevole. E lei ne sapeva qualcosa. La sua vita non era molto diversa da quella dei fratelli Nishikado, ma lei aveva imparato a ribellarsi.

- Sei... ti capita mai di sentirti... sentirti veramente felice?

Il ragazzo si chiese dove volesse arrivare con quella domanda.

- No... mai... o meglio, in una sola occasione...-, non aggiunse altro.

Ritsuko alzò lo sguardo, per vederlo meglio in viso. Era triste, ne era certa. Sapeva che non avrebbe dovuto intromettersi, ma il suo carattere troppo impulsivo ebbe il sopravvento.

- Quale? -, domandò in un soffio, irrigidendosi.

Lui sorrise un po', non troppo convinto.

- Quando vedo la ragazza che mi piace, mi pare ovvio... -, sussurrò incredibilmente serio. Era così diverso, troppo in effetti, dal solito.

Il viso di Roxy prese un espressione di totale sorpresa. Le venne quasi da ridere.

- Ah non credevo ti interessassero le ragazze... stai sempre con i maschi...

Sorrise dolcemente, prendendogli una mano e iniziando a giocarci.

- Ti capisco... l'amore farà anche soffrire, ma alla fine è la cosa che più ti rende felice. Che sia amore fraterno, d'amicizia... che sia per una persona del sesso opposto al tuo... sempre.

Il ragazzo le strinse la mano e si curvò un po' su di lei, dandole un bacio sulla fronte.

Ritsuko arrossì, ma lui si giustificò dicendo che aveva solo voluto controllare la temperatura, preoccupato che avesse potuto salirle in quelle condizioni.

- Non sono tanto checca da prendere l'influenza per una sciocchezza simile... -, disse in tono offeso, voltando lo sguardo dall'altra parte. Certo che quel ragazzo l'aveva propriamente sorpresa, in quelle ore. Non immaginava minimamente che potesse essere una persona simile, lo credeva più viscido sotto, sotto.

Improvvisamente si sentirono alcuni rumori. L'ascensore si mosse, tornando ad un piano preciso, fino a quel momento era stato metà e metà tra due piani. Le porte si aprirono e la luce si accese. Erano salvi.

Daiki si affrettò a spingere via la ragazza, con poca delicatezza. Si alzò, prese le sue buste e uscì dall'ascensore senza nemmeno salutarla.

- Ahia... -, si lamentò la ragazza, iniziando a riprendere un colorito roseo, sentendo l'aria fresca provenire dal corridoio del centro commerciale.

Si affrettò ad uscire, raccogliendo le poche cose che aveva con se.

- Nobu! -, esclamò portandosi una mano davanti alle labbra.

Si era totalmente scordata del ragazzo. Corse velocemente per le scale del grande edificio, uscendo in strada e dirigendosi all'ospedale.

 

***

 

- Non ti preoccupare... ora rilassati e siediti... i dolcetti me li porti domani!-, scherzò il biondino. Ritsuko fu sollevata nel vederlo così bene, non sapeva nemmeno che gli avessero tolto tutti quegli aggeggetti e tubi vari così antipatici. D'altronde non aveva avuto il coraggio di dirgli che in ascensore non era rimasta da sola, ma con Daiki Nishikado.

- Certo... -, disse sospirando, - Tu sei veramente sicuro di stare bene? Cioè... ti hanno subito soccorso gli infermieri?

Nobu riprese a parlare a raffica, raccontandole di quello che era accaduto durante il black out, mentre lei si era nuovamente persa fra i suoi pensieri. Si sentiva perplessa, soprattutto nell'esser conscia di non poter raccontare a nessuno gli avvenimenti di poco prima. Non riusciva, seriamente, a capire il perchè Daiki le avesse raccontato quelle cose così apertamente, ma soprattutto che si fosse scusato con lei per quello che aveva fatto passare anche a Rumiko e al suo povero Nobu. Ad un certo punto allungò la mano fino a prendere quella del ragazzo, che si fermò improvvisamente, guardandola stranito.

- Scusami... credo che sia meglio io vado a casa, mi sento un po' stanca... -, disse evitando lo sguardo del biondino, che la guardava sospettoso.

Era sicuro che c'era qualcosa che non andava, la conosceva troppo bene.

- Non preoccuparti... domani vieni?-, le chiese mentre lei si curvava a dargli un bacio sulla guancia.

Ritsuko annuì e si diresse verso la porta, facendo un cenno della mano. Prima di chiudere la porta alle sue spalle sentì Nobu che urlava ‘Ricordati di portarmi dei dolcettiiiii!!!’. La ragazza scoppiò a ridere e se ne andò, ancora un po' inquieta e stanca, tuttavia felice.

 

***

 

Sentì il telefono squillare e si alzò svogliatamente dal divano. Arrivò con non poca fatica, finendo a sbatacchiare di qua e di là contro i vari mobili. Daisuke era appena tornato a casa sua. L'aveva lasciata sfogare finché non si era sentita meglio. Stava in silenzio però era lì con lei, pronto a sostenerla in ogni istante.

- Rumiko? Sono Roxy! Scusa se non mi sono fatta vedere, ho avuto un imprevisto nel pomeriggio...

Si era inserita la segreteria telefonica.

La moretta tamburellò con le dita sul mobile di legno laccato, l’ultimo contro cui aveva sbattuto. Ricordandosi di uno specchio appeso sopra di esso, avvicinò il suo viso a pochi centimetri dall’oggetto. Aveva proprio un aspetto terribile, ma sperava che la sua voce non fosse ancora spezzata dal pianto.

- Vabbè ho capito… sei arrabbiata! Prima di tornare a casa passo un attimo da te, almeno mi scuso di persona e ti spiego. Non chiudermi fuori, mi raccomando!

*Bip*

Un suono indicò che la segreteria si era appena disinserita, iniziando a lampeggiare, segno di un messaggio vocale non letto.

Rumiko sospirò e cancellò il messaggio, trovando il tasto esatto solo perché la lucetta rossa lampeggiava. Voleva un paio d'occhiali, tuttavia pensava fosse meglio non averli temporaneamente, perché si sarebbe spaventata da sola se si fosse osservata allo specchio. Ricordò di essere in pigiama, ma non voleva che Roxy la trovasse in quello stato vegetale, così decise di andare a cambiarsi. Andò in camera sa, sbattendo un paio di volte contro qualche mobile, e prese un paio di jeans e una T-Shirt dall'armadio. Il campanello suonò e le sembrò strano che Ritsuko fosse già arrivata. Andò ad aprire, pantaloni ancora sbottonati e T-shirt infilata solo per metà.

Sorrise alla nuova arrivata, ma si bloccò. Quella non era la sagoma di Ritsuko. Non c'era niente di azzurro, oltretutto.

Una voce piuttosto roca, seguita da un tonfo, iniziò un ridicolo balbettio.

- Io... io... Ero tornato per prepararti la cena...

 

 

… continua…

 

Questa volta vogliamo fare le persone serie (o almeno io ci riesco facilmente, lei non so... ndSan) (cattiva ç___ç ndRachel). Ringraziamo immensamente tutti coloro che continuano a seguirci. Essere arrivate già al decimo capitolo é proprio un bel traguardo ^-^. Stavolta abbiamo ricevuto una recensione di una ragazza, Bevelle, che ci ha lasciate davvero sorprese. Mai avremmo creduto di poter ricevere un commento del genere da una lettrice, per cui vorremmo dimostrarle la nostra gratitudine, dedicandole (come lo dedichiamo a tutte le altre persone che ci sostengono), questo e tutti i prossimi capitoli che verranno.

 

Moonlight: E' Lunedì, ormai sei partita, ma noi ti rispondiamo comunque, leggerai la risposta al tuo ritorno. Sei sempre molto gentile con noi, e paziente nel sopportare di leggere lo strazio che ogni volta pubblichiamo (ahah =P). Però sappiamo anche che sei sincera, quando dici che la nostra storia ti piace, ed è appunto per questo che ti urliamo un immenso grazie: GRAZIEEEEEEEEEE!!!!!  eh eh. Anche il nostro commento riguardo Yamato è questo: O___O La storia ci sta sfuggendo di mano, eh eh... i personaggi stanno crescendo e si stanno evolvendo senza che noi possiamo controllarli. Sarà normale? No... decisamente no... Speriamo comunque che anche se Yamato cambia tu ci seguirai comunque XDDDD

 

Shaida Black: La canzone dei Savage Garden é quella che ci ha ispirato al titolo. Pubblicammo il primo capitolo con un altro titolo ma poi io, ossia Rachel, ho avuto l'idea di sostituirlo con il titolo di uno delle nostre canzoni preferite. Daisuke ne ha ancora di strada da fare per raggiungere Rumi... anche noi non sappiamo se effettivamente la raggiungerà.... staremo a vedere, mah boh chissà ^___^ Come puoi vedere Nobu per ora non é morto eh... accontentata! ihih Comunque abbiamo aggiornato presto, contenta? proprio la sera stessa della tua recensione =P

 

Bevelle: Ed è giunto il momento di ringraziare anche te. Quando ho aperto (Rachel) EFP ed ho trovato il tuo commento ci sono rimasta di sasso ed ho detto subito a gemy di andare a leggerlo. Siamo rimaste davvero estasiate. Felici come due bimbe a cui è stato regalato un bel giocattolo... beh forse come metafora non c'entra molto, però più o meno il senso è quello. Ci hai regalato davvero una bella emozione, con le tue parole, chiare e concise. Adoriamo le recensioni costruttive, e siamo state liete di leggere la tua, che nonostante qualche piccola critica qui e lì, ha mantenuto il tono gentile e affabile. Forse é vero, è un po' troppo drammatica, ma l'abbiamo concepita così dall'inizio, spero che ti piacerà comunque anche in seguito, quando probabilmente le cose si metteranno anche peggio per le nostre protagoniste.

 

Con questo vi lasciamo, sperando vivamente che continuerete a seguirci tutti fino alla fine ^___^

 

San & Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 11

 

 

Successivamente Daisuke non avrebbe saputo spiegare ciò che successe in quel momento. Furono cinque minuti di dominio incontrastato del Caos. L'urlo che aveva cacciato Rumiko nel "vederlo" di fronte ad una se stessa mezza nuda fu degno di entrare nel guiness dei primati. Il ragazzo si meravigliò non si fosse rotto il vetro di nessuna finestra a quell'acuto assordante. Era sicuro, però, che l'avessero sentita anche dall'altra parte del globo terrestre. Si massaggiò la nuca, mentre sentiva il mal di testa diventare sempre più forte. Rumiko era corsa in salotto, sbattendo da tutte la parti e, ora completamente vestita, sedeva sul divano rossa come un pomodoro maturo.

- Senti mi dispiace... -, provò ancora lui, mentre era impegnato ai fornelli, nella piccola cucina adiacente al soggiorno.

La ragazza, occhi gonfi per le lacrime, non disse nulla, si limitò a mugolare come un cane bastonato.

Daisuke sospirò, afflitto. Ci mancava solo quella figuraccia. Lei già non parlava praticamente mai. Ora era diventata come una statua di pietra. Le labbra immobili, nessun suono ne fuoriusciva, neanche fosse muta.

Lasciò cuocere le cibarie a fuoco basso, si lavò le mani e, tolto il grembiule, si sedette sul divano accanto a lei. Si ritrovò ad arrossire.

- Pensavo... -, attaccò discorso lui, - Perchè non provi a mettere le lenti a contatto? Stai veramente bene senza gli occhiali! Non che indossandoli stai male, a mio parere sei comunque carina, ma eviteresti anche di rischiare di romperli o rigarli. E poi hai degli occhi così belli... piacerebbe anche a me averli chiari, invece me li ritrovo nocciola!

Rise. Vedendo la ragazza che non si smuoveva di un centimetro abbassò lo sguardo.

- Va beh... vado in cucina, prima che bruci qualcosa.

La ragazza lo fermò per una manica. Lui si girò e la osservò. Aveva il volto alzato verso di lui e due grossi lacrimoni ai bordi degli occhi, le labbra serrate come a voler trattenere il pianto.

-... non l'ho più sentito... perché non si è più fatto sentire... ? -, chiese al brunetto. Abbassò la testa scoppiando in lacrime, e mentre con una mano si portava una lunga ciocca di capelli neri dietro l'orecchio, con l'altra continuava a tenere un lembo della maglia del ragazzo.

Il ragazzo, esitando un momento, la strinse fra le braccia.

- Probabilmente è solo rammaricato dalla situazione... era piuttosto furente. -, disse lui dispiaciuto.

Un ulteriore singhiozzo scosse Rumiko, che si strinse di più a Daisuke.

- Rumi-chan... dai, non preoccuparti... vedrai che domani si farà sentire, ormai è piuttosto tardi, non vorrà disturbare...

 

***

 

Ritsuko salì le scale sbuffando. Ma possibile che beccava sempre lo stesso tassista? Fortuna che stavolta aveva i soldi appresso.

Arrivò davanti casa di Rumiko e inserì una copia delle chiavi nella serratura. Aveva le chiavi perché era stata la signora Azuki a fargliele fare, in modo che fosse più tranquilla riguardo Rumiko, sapendo che Ritsuko poteva controllarla in qualsiasi momento. A Roxy d'altro canto la signora Azuki le piaceva tantissimo, era dolce e gentile, voleva tanto bene alla figlia e, cosa più importante, trattava anche lei quasi fosse una figlia. Non aveva mai avuto una mamma, ma sentiva che il modo in cui la trattava Azuki era di quanto più simile potesse esserci al comportamento di una madre. Il corridoio era buio, il che le fece pensare che la ragazza dormisse già. Lo percorse a passo felpato, notando poco dopo la luce del salotto accesa.

- Rumi, sono arriva...

Cacciò un urlo. Rumiko... Rumiko avvinghiata ad un uomo? Rumiko che stava baciando un uomo? Rumiko con un uomo? L'interpellato si voltò, rivelando il suo volto, al che Roxy cacciò un secondo urlo. No, Rumiko non era con un uomo, ma peggio. Si trovava fra le braccia di Daisuke Nishikado. Si appoggiò alla parete del soggiorno, pallida come un cencio.

- Non è come pensi! -, si affrettò a giustificarsi il bruno, alzandosi di scatto dal divano.

Rumiko non tentò nemmeno di giustificarsi, si afflosciò sul divano e continuò a piangere.

Ritsuko si avvicinò al ragazzo, lo prese per il colletto e lo sballottolò avanti e indietro, urlando insulti che non sapeva nemmeno di conoscere.

- Non ti è bastato farle del male in ogni modo? Dovevi anche provare a saltarle addosso! Mai fai proprio schifo! -, gli tirò uno sberlotto, lasciandolo cadere malamente sul freddo pavimento.

- Ahia!  -, si lamentò lui.

Roxy lo ignorò, sedendosi accanto all'amica sul divano.

- Rumi... Rumi stai bene?

Rumiko abbracciò l'amica.

- Mi odia... lui mi odia... perché ama quella sgualdrina? Non é giusto...

Roxy rimase un po' perplessa. Chi amava chi e chi odiava chi non l'aveva proprio capito, tuttavia lanciò un'occhiataccia a Daisuke. C'entrava lui, di certo.

- Te la fai con lei malgrado la odi e ami un'altra?! -, sibilò cattiva.

Il ragazzo iniziò a gesticolare in segno disperato.

- Ma che diavolo stai dicendo?! -, sbuffò.

La sua attenzione fu attirata da del fumo nero che proveniva dai fornelli.

- LA CENA!

Il ragazzo schizzò verso il piano cucina, situato in un angolo della stanza dove c'era anche il salottino, e prese a salvare il salvabile. Il suo povero arrosto con patate era andato a farsi benedire...

Roxy lo osservò curiosa. Ma che stava succedendo? Il mondo aveva cominciato a girare al contrario.

"Non bastava Daiki con i suoi attacchi di stranezza, ci mancava anche il fratello", - , mugugnò poi offesa, - Se vorreste spiegarmi...

La moretta si rannicchiò su se stessa, portando le ginocchia al petto e poggiando la fronte su di esse, ancora scossa da terribili singhiozzi.

- Nishikadoooooooooooooo!

Il ragazzo, sentendosi interpellato, si girò di scatto, inciampando e rovesciando l'acqua contenuta in una pentola a terra.

Rumiko finalmente smise di piangere e sbuffò, ridendo un po' divertita.

- ... Nishikado, sei un danno... -, sussurrò tra le risate. Daisuke la guardò un attimo, poi sorrise anche lui, contento di averla fatta ridere. Si portò una mano dietro la testa e rise insieme alla ragazza, chiedendo scusa per aver pasticciato in cucina.

Roxy, ormai ridotta ad una mummia, aveva gli occhi fuori dalle orbite. Il ragazzo si fece aiutare dalla proprietaria dell'appartamento, se così si poteva dire, a mettere a posto. Siccome Rumiko non vedeva, gli indicava dove andavano riposte, e di conseguenza dove si trovavano, le cose e, andando a tentoni, lo aiutava nelle cose meno pericolose. Salvarono il recuperabile e misero sulla placca una pentola d'acqua, per fare un piatto di pasta per accompagnare il poco cibo rimasto, il tutto sotto l'occhio attento della vicina.

- Bene, questa volta starò attento a non bruciare niente! -, disse entusiasta il più piccolo dei Nishikado, passandosi una mano fra i capelli, con fare impacciato.

Rumiko annuì. - Ti ringrazio... -, sorrise e andò a sedersi sul divano, completamente dimentica del perché avesse pianto ininterrottamente da tre giorni a quella parte. Daisuke era stato molto gentile con lei, e lei non aveva fatto altro che piagnucolare. Doveva darsi una mossa.

- ODDIO! MANCO DA SCUOLA DA TRE GIORNI! ODDIO! FRA UNA SETTIMANA C'È L'ESAME DI FINE TRIMESTRE... ODDIO, ODDIO, ODDIO!!!-, cominciò ad agitarsi correndo di qua e di là, sbattendo ovunque, per cercare i suoi libri.

- Come fai a studiare se non porti gli occhiali? -, chiese con fare indifferente Ritsuko, prendendo ad osservarsi le punte dei capelli. - Come mai non li indossi?

La mora si fermò di colpo, dannazione era vero, lei non ci vedeva niente, come faceva a passare le sue solite giornate sui libri?

- Perchè sono io suoi occhi, per questo non ne ha bisogno! -, disse con fare orgoglioso il bruno.

Ritsuko guardò la faccia soddisfatta di Daisuke, poi il sorrisino compiaciuto di Rumiko. Ok, il mondo girava DECISAMENTE al contrario.

- Sai, Nishikado me li ha rotti mentre eravamo al parco... così ha detto che finché non mi arriveranno i nuovi sarà lui i miei occhi... é per questo che ogni giorno viene a casa mia e mi aiuta con le pulizie e con i pasti.

Roxy si schiaffò una mano in fronte, guardando poi alternativamente i due.

- Oh bene... allora vi dichiaro marito e moglie! -, fece sarcastica.

Si alzò dal divano e si diresse in cucina, prendendo con il mestolo uno spaghetto dalla piccola pentola.

Rumiko seguì l'amica.

- Ti sbagli. Appena questa storia finirà io e lui non avremo più niente a che fare l'uno con l'altra!-, disse decisa. Daisuke annuì. Evidentemente la pensava allo stesso modo.

Ritsuko guardò i due con aria triste.

- Siete ingenui... una volta che ci si attacca ad una persona, che si prende un'abitudine, è molto difficile cambiarla. Sentireste sicuramente l'uno la mancanza dell'altra.

I due la guardarono straniti, mentre la ragazza dai capelli azzurrini prendeva un secondo spaghetto. Ci soffiò sopra, per raffreddarlo, e lo gustò con calma, rimuginando fra sé.

- Finireste con l'innamorarvi, sapete? Pronti a correre il rischio? Anche se da parte di Nishikado credo che la cosa sia già a livelli piuttosto alti...

Daisuke arrossì.

- Beh... in eff--

- MA COSA STAI BLATERANDO? PENSA A STUDIARE PIUTTOSTO DI FANTASTICARE SU COSE INUTILI! ORA È GENTILE E MI STA AIUTANDO, CIÒ NON TOGLIE CHE IO ODI DAISUKE NISHIKADO, CON TUTTO IL CUORE!.-, Rumiko andò via  e si chiuse a chiave nella sua camera, lasciando i due perplessi e sorpresi.

- Ok, non ho speranze, peccato che la tua teoria sia alquanto improbabile Matsumoto!

La ragazza rise, fiera del forte intuito che possedeva. Era sempre stata la sua arma migliore, peccato funzionasse solo quando si trattava degli altri.

- Se ti odiasse non saresti qui...

Il loro discorso fu interrotto dal suono del campanello. Rumiko rimise il naso fuori dalla camera ed, essendo la più vicina alla porta d'entrata, si diresse ad aprire.

Aperto l'uscio si chiese chi diavolo ci fosse davanti a lei. La sagoma le era familiare, ma non riusciva a ricordare di chi fosse.

- Ehm... si, chi é?-, chiese nonostante la persona stesse a neanche due metri da lei.

- Signorina bella, sei un po' stupida? -, domandò una figura più bassa.

Rumiko aguzzò un po' l'udito, riconoscendo la voce del piccolo Goro. Per deduzione, quindi, la persona con lui non era altro che... Daiki Nishikado?! Che diavolo voleva da lei, questa volta?

Improvvisamente capì.

- Ah, capisco. Sei venuto per quell'essere di là... te lo vado a chiamare.

Una gocciolina si formò dietro la testa di Daiki. Eppure era convinto che Daisuke gli avesse detto che Rumiko era dolcissima ora con lui. Mah...

- Ehm... non ci fai accomodare?-, azzardò, con un sorrisetto simpatico.

- Neanche per sogno...-, rispose semplicemente lei e andò a chiamare l'altro ragazzo. - C'è tuo fratello con tuo cugino. Ci vediamo, ciao.-, disse porgendogli la giacca che aveva preso dall'attaccapanni all'ingresso. Daisuke guardò la giacca sghignazzando. Non era la sua giacca, era un cappotto nero e lugubre, probabilmente di sua madre. Anzi, magari poteva anche essere suo, dato che era facile la ragazzina si vestisse con toni lugubri.

- Ehm... Rumi cara, quella non è la mia giacca! Mi dispiace, ma io non porto colori tanto oscuri, sono un ragazzo solare io!

La ragazza lo guardò indispettita, ordinandogli letteralmente di prendere il suo cappotto e di uscire di casa sua.

- Non voglio lasciarti sola, senza occhiali poi!

All'improvviso sentirono un tonfo sordo provenire dalla cucina. Roxy, che si era sporta per vedere chi avesse suonato alla porta, era scivolata ed era caduta a terra.

- Ahi... aaaa! -, si lamentò, - Nishi... Nishikado Junior, ci sono io con lei, va pure a casa... in fin dei conti si è fatto tardi...

Daisuke le lanciò uno sguardo truce. Ma di che s'impicciava quell'oca? Indispettito, tirò una ciocca di capelli a Rumiko, facendole molto male, prese la sua giacca di jeans dall'attaccapanni e uscì dalla casa, infuriato. Questa gliel'avrebbero pagata. Lui che era stato tanto amichevole. Lui che era stato tanto disponibile. Molto bene. Quella era la fine di un possibile rapporto mai cominciato!

Daiki fece spallucce.

- Bye, bye.-, disse trascinandosi Goro via, che si dimenava e ordinava di lasciarlo, perché voleva passare la notte dormendo tra Ritsuko e Rumiko. Il commento acido di Daiki fu che era letteralmente un "porco di bambino".

 

***

 

Si fermò davanti al citofono, all'entrata della palazzina, cercando il cognome di Roxy per poter suonare il campanello e farsi aprire.

" Ah ecco, Matsumoto e Matsumoto... perfetto... e ora quale premo? Mah... al massimo ne approfitto per scusarmi con la ragazzina lì... l'ho abbandonata con il suo peggior nemico".

Fece per suonare a caso, quando una voce alle sue spalle richiamò la sua attenzione.

- Ha bisogno di entrare? Aspetti, le apro io.

Una donna piuttosto giovane, all'incirca di trentacinque anni e ancora alquanto bella, stava inserendo la chiave nella toppa della porta, aprendola. Aveva lunghi e setosi capelli biondi, lisci come la seta. Gli occhi erano di un colore grigio che variava fra l'azzurro e il verde contemporaneamente. Capì immediatamente che la donna in questione era straniera, in quanto sia occhi che capelli sembravano naturali. Aveva un fisico piuttosto snello, fin troppo, che però non nascondeva le curve che facevano di lei una donna matura. Aveva un portamento piuttosto elegante, malgrado la divisa da commessa di un supermercato. Quando gli sorrise gli sembrò che il suo volto emanasse una luce angelica.

Si ritrovò ad arrossire come un bimbo alla sua prima cotta. Chiamarono l'ascensore, siccome entrambi dovevano salire di diversi piani.

- A che piano va? -, domandò il giovane uomo.

La graziosa donna premette il tasto che segnava il sesto piano, sorridendogli.

- Sesto piano, grazie

Akito la guardò stranito. Che colpo di fortuna, andavano pure allo stesso piano.

- Ah... anche io...

Seguì un lungo silenzio, interrotto solo dal rumore dell'ascensore che segnava con un suono l'arrivo al piano successivo. Quando si aprirono le porte si diressero entrambi nella stessa direzione, ma a due appartamenti adiacenti.

- Lei, lei per caso è la mamma di Rumiko Matsumoto? -, domandò lui, tappandosi subito la bocca con una mano, per l'arroganza appena dimostrata.

La giovane donna guardò il ragazzo un attimo confusa, poi sorrise.

- Ma certo... tu devi essere uno dei ragazzi che Rumiko ha appena conosciuto... un amico della piccola Ritsuko.-, disse gentilmente, mentre il suo viso si illuminò in un sorriso solare.

Akito deglutì. Quella donna era dannatamente bella. Yamato gli aveva accennato qualcosa a riguardo la prima volta che l'aveva vista, ma non credeva a tal punto.

Si ritrovò a pensare a quanto gli sarebbe piaciuto se la signora Azuki fosse stata la sua donna e, per questo pensiero, si ripromise di chiedere scusa al suo dio un'infinità di volte, aveva appena commesso il peccato più grande.

 

… continua…

 

Ohhh... e ora cosa accadrà? Aiuto, non vogliamo saperlo nemmeno noi... sappiamo solo che Akito ha una certa capacità di ficcarsi nei guai da solo... a buon intenditore, poche parole :D

Come sempre grazie a tutti coloro che ci sostengono, e soprattutto a chi recensisce:

 

Bevelle: Ci segui addirittura da "Due gemelle scatenate"? Ma è un sacco di tempo... Wow, siamo lusingate!!! Grazie di tutto cuore per il 'contributo' morale che ci doni, commentando questi capitoli. Siamo curiose di sapere cosa dirai in merito agli avvenimenti di questo nuovo capitolo.

 

Blue: Ohhh una nuova lettrice!! Fichissimo ^o^ Grazie di averla aggiunta tra le tue storie preferite, non sappiamo quanto se lo meriti davvero, però ci ha reso davvero euforiche saperlo!! W Truly Madly Deeply e i Savage Garden eh? ^.-

 

Niky: Non stai + nella pelle, addirittura? Wow, non sapevamo la nostra storia provocasse effetti del genere. Cmq é vero, cerchiamo di far girare l'attenzione anche sui cooprotagonisti e i personaggi di contorno. Sarebbe monotono se l'obiettivo fosse puntato solo su Rumi e Roxy, no? Supponiamo la tua risposta sia si =P Facci sapere se supponiamo bene XD

 

Shaida Black: Ohhhh... non potevi mancare di certo, ormai sei una delle nostre lettrici più affezionate (nel senso che noi siamo affezionate a te :P) . Comq sempre thanks che continui a seguirci, come puoi vedere Daisuke non le è saltato addosso... ma dopotutto lei non era propriamente in mutande. Chissà se lo fosse stata, come avrebbe reagito? ^o^''''' Continua a seguirci, che stiamo per entrare nel vivo della situazione!!

 

Continuate a seguirci, mi raccomando ^o^

 

San & Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 12

 

 

La donna aprì la porta del suo appartamento, entrò e appese il cappotto all'attaccapanni che si trovava proprio affianco a lei.

- La luce è accesa, Rumiko sarà ancora sveglia, penso che sia qui anche Ritsuko, vuoi entrare? -, domandò gentilmente.

- Grazie...-, disse semplicemente lui, rispondendo alla donna. Era bella. Dio, se lo era! Sapeva che stava per imbucarsi in un tunnel senza uscita, ma non poteva fare altrimenti. Doveva conoscerla. Era bella, troppo perfetta per lasciarla andare via. Entrando urtò contro qualcosa, ma non ci fece caso, troppo preso da alcuni calcoli mentali. Calcolava che per avere una figlia di diciassette anni, doveva avere per forza più di trent'anni, ma sicuramente meno di quaranta. Lui aveva 24 anni, così sicuramente avevano più di dieci anni di differenza. Ma a lui non gliene fregava niente. Si era portato a letto anche donne di vent'anni più grande, una decina erano una bazzecola.

In fin dei conti era conosciuto come uno dei più richiesti dongiovanni del paese. Dove passava lui lasciava una scia di donne di tutte le età che cadevano ai suoi piedi come pere cotte. Se aveva voglia di arrivare a rapporti intimi molto specifici, quasi bastava facesse solamente schioccare le dita. Con Azuki, però, era diverso. Voleva conoscerla, sapere tutto di lei. Le sue abitudini, i suoi gusti culinari e tutte le piccolezze che da essi derivavano. Sentiva di non volere un'avventura, ma una storia vera e propria. Si stava facendo del male, probabilmente la donna lo avrebbe deriso o trattato come un moccioso, ma tentare non costava nulla, o almeno così si diceva.

Si sentirono dei passi e Rumiko sbucò dalla cucina.

- Mamma! Bentornata. -, disse la ragazza abbracciando la madre. Ritsuko la seguì e notò la figura di Akito, soprappensiero. Che diavolo ci faceva quell'imbecille lì? Rumiko dal canto suo non dava segni di averlo visto, cieca com'era. - Sei stanca? Abbiamo preparato degli spaghetti, li vuoi? Sono fatti da poco, quindi sono ancora buoni e non sono colla. -, disse tutta entusiasta che quella sera la madre si fosse ritirata prima del solito.

- Molto volentieri tesoro. -, affermò in tono angelico la donna.

Andò veloce in camera da letto, tornando poi con un completino di un bianco così candido che le dava  un'aria ancor più celestiale, lasciando interdetto il povero Akito, che ormai era ad un passo dall'esplodere. L'avrebbe volentieri presa fra le braccia, per poi travolgerla nel bacio più passionale che sarebbe mai riuscito a dare.

- Akki... si può sapere che ci fai qui? -, riuscì finalmente a farlo tornare sulla terra ferma Ritsuko, dopo diversi e vani tentativi.

Rumiko, sorpresa, si girò un po' di qua e di là, e vide una sagoma poco lontano da dove doveva esserci, in teoria, l'attaccapanni. Era una figura alta, almeno sul metro e ottantacinque. I capelli dovevano essere neri e un po' lunghi, tenuti fermi da una visierina della  Nike. la figura sembrava magra, tuttavia i vestiti, jeans e T-shirt, erano molto ampi. Quello era Akito, il bassista e leader dallo sguardo truce della band di Ritsuko. Una simpatica canaglia che l'aveva convinta a parlare con Daisuke Nishikado.

- Che tu possa bruciare sul rogo. -, disse Rumiko al ragazzo senza pensarci due volte, dopodichè girò sui tacchi e andò in cucina.

- Rumiko! -, la riprese Azuki seguendola in cucina, - Non mi sembra modo di parlare ad un ospite!

Ritsuko si fermò nel piccolo corridoio con il ragazzo, guardandolo di soppiatto.

- A cosa dobbiamo la tua gentil visita?

- Oh... non mi ricordo... aspetta... ah si... Nobu é quasi guarito, dopodomani lo dimettono... però il tuo cellulare è irraggiungibile così non potevo avvisarti. Domani non si può andare a visitarlo, non ho capito perché, per cui andrete direttamente dopodomani per la dimissione.-, spiegò pacato. - Volevo venire da te... ma poi ho visto la mammina di Rumiko e non mi sono fatto pregare quando mi ha chiesto di entrare... -, sorrise, compiaciuto di se stesso. Ritsuko lo guardò come fosse una bestia immonda.

- Come sarebbe a dire che ti sei dimenticato di Nobu?! Che cosa significa che non si può vedere domani? -, lo guardò truce,- E non azzardarti a fare i tuoi strani pensieri sulla signora Azuki, o sta pur certo che ti amputo qualche arto... non ci metto più di mezzo secondo a castrarti!

Lo minacciò apertamente e Akito sorrise, afferrando la sfida che gli era stata appena lanciata.

Rumiko tornò all'ingresso, ignorando Akito.

- Mamma ha detto che se vuoi puoi restare a cena, anche se è tardi...-, disse meccanicamente senza nemmeno guardarlo, e tornò nell'altra stanza. Ritsuko si chiese perché Rumiko ce l'avesse con Akito.

- Le hai fatto qualcosa? -, domandò sospettosa, prima di iniziare ad incamminarsi in direzione della cucina, per aiutare l'amica e la donna ad apparecchiare la tavola. Il giovane uomo la seguì silenziosamente, guardandosi attorno divertito.

- Ah... questa casetta é piccola ma adorabile.-, esclamò ignorando apertamente la domanda di Roxy, rivolgendosi alla signora Azuki.

Rumiko sbuffò e sbatté tutte le ante che chiudeva dopo aver preso qualcosa dai vari mobili.

La donna lo guardò quasi con fare materno, ringraziandolo di cuore per il complimento. Akito sentì la rabbia montargli, non doveva trattarlo come fosse suo figlio.

- Prego, siediti pure. -, lo incitò, indicandogli la tavola dove si era appena seduta.

Non se lo fece ripetere due volte e si sedette accanto a lei, iniziando a chiacchierare animatamente. Rumiko e Ritsuko, la quale aveva raggiunto la moretta e si era seduta affianco a lei, si scambiarono uno sguardo complice, la cosa non andava giù ad entrambe. Erano certe che il bassista avesse intenzioni poco nobili.

-... e così a fine Settembre finalmente ho la tesi finale in medicina pediatrica. Adoro i bambini, sa. Dopo la tesi potrò cominciare il tirocinio... mi spiace solo lasciare la band, i ragazzi sono come una famiglia...-, spiegò animatamente. Azuki ascoltava con interesse. Rumiko pensava stesse facendo un po' di scena per conquistare sua madre. Ritsuko d'altro canto aveva smesso di masticare e guardava Akito a bocca aperta. Lasciare la band?

Sbatté i pugni sul tavolo, attirando l'attenzione delle tre persone sedute attorno ad esso. Lui non aveva mai parlato di lasciare il gruppo, non aveva nemmeno mai rivelato di essere tentato dalla cosa.

- Ma che diavolo stai dicendo? Come puoi dire che vuoi lasciare il gruppo?! -, domandò furente.

Una gocciolina si formò dietro la testa di Roxy.

- Secondo te perché volevo ti diplomassi e fossi così certa di un futuro? Per passarti il testimone. Come leader del gruppo. Ma non posso farlo se non finisci prima la scuola, perché se la band va a rotoli, tu la seguiresti dopo poco.-, spiegò, calmo. Azuki annuì, ritrovandosi d'accordo. Rumiko sbatté le palpebre un paio di volte. Gli occhi le bruciavano, tuttavia non era il momento di andare a dormire. Ritsuko avrebbe avuto sicuramente una crisi di nervi.

- Nobu e... Y...Ya... Yamato... lo sanno?-, chiese la moretta con un piccolo sforzo.

Akito annuì.

- Sì, da mesi... ma sapevo che Roxy se la sarebbe presa... così ho aspettato... stasera mi è sfuggito, mi ero completamente dimenticato ci fosse anche lei, eh eh... -, rise divertito, portandosi una mano dietro la testa, impacciato.

- Sei completamente stupido?! -, urlò la giovane chitarrista, - E come credi che andrà avanti il gruppo senza bassista?! Ti metteremo in playback?! Ti detesto quando fai così, sei un traditore!

Salutò veloce Rumiko e la signora Azuki e uscì dal piccolo appartamento sbattendo la porta.

- Oh cielo... -, si portò una mano sul viso, guardando la figlia e il ragazzo.

Akito sospirò.

Rumiko si alzò. - Io la seguo...

- Ma se non vedi niente... -, la riprese Akito.

- Non importa... non posso lasciarla da sola, ora...-, disse tranquilla. Andò all'ingresso, prese un giubbotto di jeans dall'attaccapanni e la giacca di Roxy e uscì di casa, chiudendo la porta alle sue spalle.

- Mi dispiace... é stata colpa mia... -, disse Akito, afflitto.

La donna scosse la testa, alzandosi da tavola.

- No, semplicemente la piccola Ritsuko è troppo istintiva... si lascia facilmente trascinare dalle emozioni e, se la rabbia prende il sopravvento, non se lo fa dire due volte, prima di scatenarla. Riguardo Rumiko, invece, beh... lei è semplicemente troppo testarda. Pur di aiutare una vera amica è disposta anche ad uscire in strada senza vedere nulla...

Si diresse anche lei verso l'entrata, prendendo il suo cappotto. Non poteva di certo lasciar andare la figlia, ceca come una talpa, in giro di notte e da sola.

Akito seguì la donna all'ingresso.

- Vengo con lei. -, disse, seriamente mortificato. Azuki sorrise, ma non disse nulla. Il ragazzo la prese come una risposta positiva. Presero le chiavi e uscirono di casa, in cerca delle due amiche.

 

***

 

Stava correndo ormai da parecchi minuti, si era allontanata assai da casa. Sentiva il freddo penetrarle perfino nelle ossa, che stupida era stata a dimenticarsi la giacca, era proprio sbadata. Con quella magliettina smanicata, che lasciava scoperto il ventre, avrebbe rischiato di prendersi seriamente un malanno. Si fermò un attimo per riprendere fiato e si guardò intorno, cercando di riconoscere il luogo in cui era capitata. Si ricordò che lì vicino c'era un parco, ottimo posto per non farsi trovare e rimanere sola. Riprese a correre in direzione della grande distesa verde e, non appena arrivata, voltò un angolo e finì per sbattere addosso a qualcuno.

- Oh, mi scusi, mi scusi tanto, non volevo! -, farfugliò rialzandosi da terra, scusandosi con lo sconosciuto.

Accidenti, non riusciva nemmeno a vedere ad un palmo dal suo naso, forse non era stata una buona idea avventurarsi lì dentro.

La ragazza rimase di stucco. NO, non era possibile. Ancora loro. Ma era una persecuzione!

- Ollallà... ehi fratellino guarda chi abbiamo qui... Ritsuko Matsumoto. -, disse Daiki sorridendo ironicamente. Daisuke lanciò uno sguardo di disprezzo alla ragazza e poi la ignorò. Goro dal canto suo si attaccò ad una gamba della ragazza con la seria intenzione di non lasciarla andare mai più.

Rabbrividì. Daisuke ce l'aveva a morte con lei per averlo fatto uscire dalla casa di Rumiko. Daiki era direttamente un grande stronzo, non appena era in compagnia e Goro... era peggio della colla.

- Che ci fai qui? -, chiese freddo il più piccolo dei Nishikado, - Vuoi forse essere violentata da qualcuno?

La guardò truce, con quel sorrisetto da gran bastardo che gli aveva dipinto il volto.

- Veramente stavo proprio pensando di andarmene, eh! -, indietreggiò lei, tentando di staccarsi il bimbo dalle gambe, che le impediva di muoversi liberamente.

Daiki la fermò per un braccio.

- Aspetta... cos'è tutta questa fretta? Eppure l'altro giorno in ascensore eri così contenta di stare in mia compagnia.-, rise, malefico. Ritsuko gli pestò un piede, ma non gli fece molto male. Al contrario, lo fece molto arrabbiare.

Daisuke si portò accanto al fratello, facendo schioccare le dita, per sgranchirle. Goro si staccò dalla gamba della ragazza. C'era aria di guai, meglio lasciarla scappare senza il suo peso addosso.

Roxy strattonò più volte il braccio, sperando che Daiki la lasciasse andare. Guardò i due con aria di sfida, ma in realtà il suo sguardo era pieno di paura e la cosa non sfuggì ai diabolici fratelli.

- Ma che cosa volete da me?! -, urlò tutto d'un fiato, cercando di mettere in pratica ciò che aveva imparato studiando arti marziali, invano.

Daiki rise.
- Non vogliamo niente. Semplicemente ci dai fastidio, tutto qui.. -, disse Daiki, anche se alla ragazza non sfuggì una nota di titubanza. - Facciamo un patto... tu ci aiuti a far ritirare l'accusa del vostro amichetto avvocato, e noi ti lasciamo in pace. Siamo d'accordo?-, chiese con un tono che sembrò più un ordine che una richiesta.
Roxy lo guardò truce. Chi cavolo si credeva di essere quel Nishikado? Adesso non aveva nemmeno diritto di andare al parco, perchè lì c'erano loro?
- Sei solo un bastardo... io a te non faccio nessun favore, anzi, credo che un po' di tempo in galera ti potrebbe fare bene. Magari potresti diventare un po' meno stronzo!
Il dolore lo avvertì subito. Fu lancinante. E bruciava da matti. Si portò una mano alla guancia, gli occhi pieni di lacrime. Le aveva dato uno schiaffo così forte da farla cadere a terra.
Goro si nascose dietro Daisuke, che con le braccia incrociate la osservava dall'alto in basso, sorridendo. Daiki dal canto suo si guardò la mano.
"Oh cavolo... che ho fatto? La mano mi è partita da sola, senza che me ne accorgessi... ", pensò nauseato di se stesso.
Daisuke rise di cuore.
- Oh... la povera piccola Roxy si sente indifesa? Povera piccola... ma non puoi essere sempre così arrogante, sai? Si viene puniti, per questo.
Ritsuko si rialzò a fatica da terra, cercando di ignorare il male che la guancia, in seguito allo schiaffo. le procurava.
- Adesso... ti senti realizzato? -, chiese alla volta di Daiki.
Daiki portò le mani davanti al petto, come per scusarsi.
- Oddio... mi dispiace.. non volevo, dico sul serio. Non ho mai alzato le mani sulle donne, mi dispiace... solo che...-, non finì la frase.
Ritsuko alzò una mano, facendogli segno di tacere. Non voleva sentire. Non voleva sentire niente. Aveva creduto quei due potessero essere un po' umani, ma si sbagliava. Avevano preso in giro sia lei che la povera Rumiko.
- Fate solo schifo... non voglio più vedervi girare nei nostri dintorni, altrimenti chiamo la polizia e questa volta non è più un gioco. -, si voltò dirigendosi verso l'uscita del parco, ma poco prima si tirò fuori dal sentiero e si sedette sotto un albero, dove finalmente lasciò libera via alle lacrime.
Accidenti se le aveva fatto male, non lo credeva viscido fino a quel punto. Non credeva nemmeno così bastardo Daisuke, che con Rumiko si era dimostrato tanto gentile e disponibile. Si era presa una paura atroce, non immaginava fossero così pericolosi.
Sentì qualcosa posarsi su una sua spalla. Si girò, incontrando i grandi occhi scuri del piccolo Goro.
- Scusali... sono stupidi... quando non possono avere quello che vogliono fanno sempre così... e io sono come loro... però ti prego, perdona Daiki per lo schiaffo... lui non voleva... -, disse con la sua vocina un po' acuta, ma tanto dolce. - Non sono cattivi... o almeno Daiki non lo é... Daisuke... beh a quello là non lo capisco nemmeno io... volta bandiera con una facilità incredibile... però è innamorato di Rumiko, questo posso assicurartelo. -, si sedette accanto a lei, sorridendo un po'. Io sono piccolo... non capisco bene queste cose... però so che Daiki é buono... dagli una possibilità per dimostrartelo, per favore. Tu sei buona, mi capisci, vero?-, le chiese con i suoi occhioni bagnati dalle lacrime. Sembrava un cucciolo randagio senza casa, in quel momento. Ritsuko fu quasi impietosita. Ma non poteva perdonare Daiki Nishikado. Né ora, né mai.
Strinse forte a sé il bambino, che ricambiò l'abbraccio della ragazza.
- È... meglio che tu vada, i tuoi cugini ti staranno cercando e, se trovano te, trovano anche me...
Il piccolo Goro si strinse ancora più a lei, con nessuna intenzione di lasciarla andare.
- No... voglio che tu perdoni il cuginone... se no io non vado! Dormo anche con te se non gli dici che è buono!
Roxy scosse la testa ripetutamente.
- Mi dispiace... non posso... non voglio...
- Ma lui ti vuole bene!!!-, disse il bambino alzando la voce e scoppiando in lacrime. Ritsuko gli tappò la bocca, spaventata. L'avrebbero trovata di certo se non avesse mandato via quella peste.
Si fece improvvisamente seria, e il suo tono diventò duro.
- Nishi... Daiki non mi vuole bene, Goro. Sei troppo piccolo per capire l'odio. Per lui sono solo un bastone che gli sta intralciando la strada e per questo deve eliminarmi. Il fatto che lui mi parli deriva solo da questo. Per favore... và da loro e rimanici!
Si pentì subito di essere stata tanto severa con il bambino, ma stava mettendo in pericolo la sua incolumità e non solo. Se i due fratelli non l'avessero trovato, si sarebbe perso nel parco.

Il bambino si asciugò le lacrime.
- Daisuke ha ragione a dire che sei cattiva... non capiamo perché Daiki-chan sia innamorato di una tipa come te...-, farfugliò imbronciato. Poi si alzò, si spolverò i pantaloni dai fili d'erba e trotterellò via, dove aveva lasciato i cugini.
Ritsuko rimase immobile qualche secondo, gli occhi fuori dalle orbite.
- CHE COSAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA?! -, si ritrovò ad urlare, tappandosi subito dopo la bocca.
"No, ragioniamo con calma, è un bambino, solo un bambino. Si è inventato tutto, calma Roxy, non prendere conclusioni affrettate, quello che ha detto il piccolo Goro è praticamente impossibile."
Sospirò, sentendosi subito meglio, data la sua convinzione.

Sentì un altro tup-tup sulla sua spalla. Si girò e rabbrividì. Daisuke l'aveva trovata.
- Se urli così mi pare ovvio che ti troviamo... -, rise, commentando l'espressione terrorizzata della ragazza. - Non preoccuparti, non ti farò nulla. Devo solo parlarti.

- E... e chi si nascondeva? Che... che vuoi? -, domandò alzandosi da terra e allontanandosi ad una distanza di sicurezza dal più piccolo dei Nishikado.
Si maledì mentalmente per non essersi diretta subito fuori dal parco, avrebbe evitato tutte quelle situazioni sgradevoli. Era decisamente una giornata no.

- Si tratta di Rumiko. Aiutami, ti prego!-, si inginocchiò di fronte a lei e incrociò le mani davanti al viso, gli occhi chiusi, a mo' di preghiera.
Ritsuko lo guardò come fosse un verme particolarmente schifoso. Che diamine voleva dire con quel "Si tratta di Rumiko, aiutarmi ti prego?". Doveva essersi frullato il cervello.

- Rumiko? -, domandò, - Stalle alla larga il più possibile... la tua presenza non può far altro che farla soffrire!
Si abbassò fino ad essere alla sua altezza, e gli diede un piccolo colpetto sulla fronte, grazie al dito indice.
- È abbastanza chiaro il concetto?
Daisuke si ritrovò sorpreso. Perchè quella grinta non l'aveva dimostrata anche prima, con lui e Daiki? Possibile che Rumiko fosse tanto importante per lei da farla diventare così arrogante?

 

… continua…

 

Wow, siamo già al dodicesimo capitolo! Si va spedite qui, eh! Ghghgh... Oh, questo capitolo lascia un certo alone di mistero, non trovate? Ok, fermi, non uccideteci! Siamo consapevoli della nostra perfidia nel chiudere i capitoli bastardamente! :P Ma passiamo ai ringraziamenti per chi continua a seguirci e soprattutto per chi ci sostiene recensendoci!

 

 

Solei: Eh, già! Savage Garden, l'ispirazione del titolo deriva proprio da lì. :P

 

Shaida Black: Ci fa piacere tu non abbia intenzione di abbandonarci! Litigi... riappacificazioni... mi sa che dovrai farci l'abitudine, no? :D Dai, l'importante è che alla fine (si spera) tutto si sistemi! Cosa ha per la testa Akki? Bella domanda, vorremo saperlo anche noi... continua a leggere che forse riusciremo a capire cosa si è messo nella zucca! :D

 

Bevelle: Apprezziamo tu ci abbia lasciato una recensione malgrado la fretta! Nemmeno noi ci aspettavamo di far succedere una cosa simile ma... l'idea ci ha attirato e l'abbiamo realizzata! :D Chiediamo perdono per il ritardo... però ora è qui, tutto da leggere! Speriamo di non arrivare mai a deluderti, ma al contrario, di sorprenderti sempre. Siamo veramente onorate tu abbia tanta fiducia in noi!

 

Niky: Accidenti, ti piace veramente così tanto? :D Ci rende felice la cosa! Eh... ormai i ragazzi sono un po' tutti ambigui, finchè non gli metti tutte le carte in tavola chiaro e tondo possono sempre risultare stronzi. Chi sceglierà Rumiko? Non lo sappiamo nemmeno noi... e poi chi ci assicura che sceglierà uno dei due? Mah... mah... Attratta da Akito, eh? Allora mi raccomando, mettigli il guinzaglio o scappa! :P

 

Al prossimo chappo!!!

 

San&Rachel Dickinson

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 13

 

 

Stava andando a tentoni per le vie della città. Con il buio vedeva ancora meno del normale e questo la preoccupava parecchio. Roxy non la trovava e si chiedeva se sarebbe mai riuscita a tornare a casa. Poco più in là, due ragazzi la videro procedere sconsolata e... sola.
- Takumi... guarda quella ragazza... carina eh? Un po' ordinaria, ma non é male... -, disse un ragazzo dai capelli corti e rossi ad un altro affianco a lui dai capelli neri e lunghi.

- Mh sì... è ben fornita fisicamente e anche il viso è piuttosto carino... direi che stasera possiamo divertirci, mi sembra pure ben ciecata, non ci riconoscerà mai.
I due ragazzi si sorrisero complici e si avvicinarono alla giovane, che ancora andava avanti a tentoni.
- Ciao piccola... ti va di venire a divertiti con noi? Mi sembri così annoiata qui... tutta sola...

La ragazza rabbrividì sentendo la voce di uno sconosciuto. Si girò e vide due sagome alte almeno il doppio di lei, dall'aria letale. Quella serata stava prendendo una brutta piega. Pessima.
- Mi... mi rincresce, ma ora sono occupata, sto cercando una persona e... beh... arrivederci... -, fece un piccolo inchino con il capo e si allontanò. Sentì dei passi dietro di lei, probabilmente la stavano ancora seguendo. Cominciò ad aumentare il passo, andando sempre più veloce. Ma improvvisamente inciampò, non avendo visto il gradino del marciapiede.

- Ehy piccola, vuoi giocare a nascondino? O magari preferisci giocare a prendersi? -, disse il ragazzo dai lunghi capelli neri, passandole una mano fra i capelli.
Rumiko prese a tremare e iniziò ad indietreggiare, aiutandosi con le mani.
- Oh dai Takumi, così la spaventi... io direi di passare immediatamente al sodo!
Si fiondò su di lei, tenendo il suo corpo premuto contro il freddo cemento, impedendole qualsiasi movimento delle braccia.

Rumiko tentò disperatamente di divincolarsi , ma con scarsi risultati. Quell'uomo aveva una forza immane. Gli graffiò il volto con le unghie delle mani, ma l'unico risultato che ottenne fu di farlo infuriare ancora di più. Mise una mano tra le sue coscie e velocemente raggiunse il punto d'unione delle due. Mentre le lacrime presero a sgorgarle copiosamente dagli occhi, urlò disperatamente. La strada era deserta, tra l'altro in un vicolo cieco e tra due palazzi completamente disabitati. Era la fine. Iniziò a sbottonarsi i pantaloni, mentre un espressione di piacere gli balenò sul volto. Il secondo uomo, nel frattempo, le aveva sbottonato la camicetta e ora stava tentando di slacciarle il reggiseno. Rumiko chiuse gli occhi. Le avrebbero portato via la verginità, la cosa che custodiva più preziosamente. Le sarebbe stato inciso un segno indelebile che si sarebbe portata dietro tutta la vita. Chiuse gli occhi, pregando perché quel supplizio finisse presto. Dio le doveva almeno questo. Stava per lasciarsi andare, non c'era più nessuna speranza, quando improvvisamente sentì un tonfo sordo e il peso sopra di lei scomparve. Aprì un occhio, ma non riuscì a capire cosa fosse successo. La vista era peggiorata ancora per colpa delle tante lacrime di cui gli occhi erano pieni. Sentì un altro tonfo e anche il ragazzo dietro di lei era magicamente scomparso. Che stava succedendo? Sentì due forti braccia che la sollevarono come fosse una piuma. Doveva sperare in bene o in peggio? E se fosse stato qualche altro uomo voglioso, che voleva continuare quello lasciato a metà dagli altri due? Non aveva nemmeno la forza per parlare...
- Non preoccuparti Rumi... è tutto finito... tutto... -, disse una voce spezzata, che le parve familiare.

Era logico le fosse familiare. Era la voce di Yamato. Del suo Yamato.
- Yamato... io... io... -, la ragazza si strinse forte a lui. - Mi dispiace per l'altra volta. Perdonami ti prego... ti prego... -, lo pregò tra le lacrime.

Il ragazzo la poggiò delicatamente su una panchina, sedendosi accanto a lei e abbracciandola forte.
- Non hai nulla di cui scusarti, è colpa mia che sono stato troppo crudo a parlarti così, non avrei dovuto...

- No... no, avevi ragione... é stata colpa mia... fidarmi di quello stupido di Nishikado... io da oggi non crederò più a nessuno che non sia tu.-, disse decisa, asciugandosi le lacrime. Le sue preghiere erano state esaudite. Era salva, e inoltre a slavarla era stato l'uomo di cui era innamorata. "... grazie...", pensò volgendo gli occhi al cielo.

- Rumiko... non devi iniziare a perdere la fiducia nelle persone che ti stanno accanto, solo perchè hai avuto una brutta esperienza. Probabilmente Nishikado non è la persona più affidabile della terra, ma ciò non vuol dire che siano tutti così.
Le accarezzò na guancia, mentre la sua espressione divenne estremamente dolce. La ragazza alzò lo sguardo su di lui. Come avrebbe voluto vederlo. E invece ciò di cui doveva accontentarsi era la sua sagoma. Alzò le mani verso il viso del ragazzo, e con le dita cominciò a seguire i contorni del volto. Yamato era proprio bello e anche senza poterlo vedere riusciva a sentire la perfezione di cui godeva. E lei era così... così innamorata. Passò due dita sulle labbra del ragazzo e gli occhi le si riempirono ancora, come ogni volta che pensava che avrebbe voluto tanto baciarlo. Non aveva mai baciato nessuno, ma sentiva che il primo bacio, se ricevuto da Yamato, sarebbe stato il più bello e indimenticabile che avesse potuto ricevere da un ragazzo. Sapeva bene, però, che questo non sarebbe mai stato possibile. Lei lo amava, ma lui non lo ricambiava. Il suo cuore era occupato da un'altra, dall'infermiera di nome Aya. Sospirò, staccandosi da lui e voltando lo sguardo nella direzione opposta. Yamato le poggiò una mano sul viso, facendola voltare verso di sé. Le scostò la frangetta e le diede un bacio sulla fronte.
- Ti accompagno a casa...

Rumiko scosse il capo.
- No. Ci torno da sola. Tu vai a cercare Ritsuko... é uscita sconvolta di casa, potrebbe accaderle qualcosa.-, disse alzandosi e infilandosi la giacca che precedentemente i due maniaci le avevano strappato di dosso con poca delicatezza. - Non dire sciocchezze, Roxy sa badare a se stessa. Vorrei sapere come sei finita tu in questa parte della città, ma di certo non ti lascio andare in giro da sola, potrebbero aggredirti nuovamente.
La prese per mano ed iniziò a tirarla in direzione del suo condominio. La ragazza però con uno strattone ritirò la mano.
- Non tenermi per mano... non voglio. Potrebbe vederci qualcuno... fraintenderebbero... non è il caso... -, disse acida. Perché doveva essere sempre così dolce e gentile con lei? Doveva trattarlo male. Così anche lui non sarebbe più stato gentile e lei l'avrebbe dimenticato. Yamato le riprese la mano.
- Non mi importa niente di cosa pensano gli altri, voglio solamente essere sicuro di portarti a casa intera, non voglio mica vederti distrutta da dei maiali come i due di prima. Direi che rischiare di essere violentata due volte nel giro di così poco tempo è sufficiente! La ragazza lo allontanò di nuovo.
- VA BENE, HO CAPITO, MA NON TOCCARMI!-, gridò
infuriata. Ok, voleva accompagnarla, ma che bisogno c'era di prenderla per mano?

Il ragazzo la guardò spazientito. Accidenti se era testarda. Si chiese com'era possibile che non mostrasse mai questo lato di sé, se non in casi estremi.
- Ma se non vedi ad un palmo dal tuo naso... finirei per perderti per le vie della città... -, le fece notare indispettito. Lei scosse la testa.
- Non me ne frega, non devi toccarmi, perché mi fai schifo. -, disse infine, algida. A mali estremi, estremi rimedi. Se lui era così zuccone, gliel'avrebbe fatto capire con le cattive. Yamato la guardò perplesso.
- Ok, ok... ho capito... l'hai voluto tu!
Se la caricò in spalla, sotto gli urli della ragazza che prese a prendergli a pugni la schiena.
- Se non vuoi cadere ti conviene startene un po' tranquilla... -, disse lui, ignorando le sue lamentele.

- Lasciami... Yamato fammi scendere... giuro che mi metto a urlare, ti prenderanno tutti per un pedofilo. -, improvvisamente si zittì. Era strano che anziché pervertito avesse detto pedofilo. Allora anche per lei contava la differenza d'età? Anche Yamato sembrò essersi accorto del piccolo particolare. Era finita, ora non aveva davvero più speranze, perché ora lui sicuramente credeva che lei lo ritenesse "vecchio".

- Che pensino ciò che vogliono, te l'ho già detto... la cosa non mi tocca. Si vede che verrò ritenuto un pedofilo, che devo dirti. -, aveva assunto un tono di voce piuttosto gelido, il che rattristò la ragazza.
Bene, ora l'aveva fatta davvero grossa. Si diede mentalmente della stupida. Rumiko chiuse gli occhi e sospirò.
- Non mi fai schifo... anzi mi piaci anche troppo, é per questo che vorrei tu ti allontanassi da me... se tu mi trattassi gelidamente io riuscirei... a dimenticarti... e invece... tu sei sempre gentile... perché... perché.?-, chiese con la voce spezzata, la bocca straordinariamente arida.

- Perchè ti voglio bene... Perchè anche se lo volessi non riuscirei a starti lontano. -, rispose lui semplicemente, continuando a camminare per le vie di Tokyo, arrivando davanti alla palazzina dove abitava la ragazza.

Yamato la lasciò scendere a terra e poi l'abbracciò, chiedendole scusa. Si scusò perché non poteva corrispondere i suoi sentimenti. Rumiko sorrise. Era proprio dolce, non c'era niente da fare. Lo allontanò di nuovo, non poteva fare altro.
- Sai... quando ti arrabbiasti nel vedermi con Daisuke... mi arrabbiai... ma in cuor mio festeggiavo, pensando "Che bello, è geloso". Ora mi rendo conto che mi sbagliavo, perché non eri geloso, semplicemente ti eri preoccupato... grazie... grazie che ti preoccupi sempre per me. Ti prometto che mi sforzerò di considerarti come il fratello che non ho mai avuto. Alla fine ci riuscirò. Questa mia cotta infantile passerà presto... ho solo diciassette anni... il vero amore arriverà... anche senza di te... -, una lacrime le solcò la guancia e si infranse sull'asfalto della strada. Era l'ultima. Non avrebbe più pianto per Yamato. Quella era una promessa, che avrebbe mantenuto di sicuro. Non avrebbe più pianto.

 

***

 

Si trovò ad osservare per l'ennesima volta la donna, che chiamava a squarciagola la figlia. Era veramentre preoccupata e lui si sentiva impotente. Non conosceva bene Rumiko e, di conseguenza, non conosceva le sua abitudini. Erano quasi due ore che giravano senza sosta per i quartieri di Tokyo, a piedi e in taxi. Era quasi mezzanotte e non c'era traccia di nessuna delle due ragazze.
Improvisamente Azuki ebbe un giramento di testa.
- Oh... stia attenta... -, disse
Akito prendendola in braccio appena in tempo. - Sarà meglio che ci sediamo un po'.

- No... non voglio sedermi... la mia bambina... voglio trovare la mia bambina e la piccola Ritsuko! -, si rialzò di scatto e fu colta da un secondo capogiro che la obbligò a sedersi. Prese una delle salviettine umide che teneva nella borsa e se la passò sulla fronte, poi su tutto il resto del viso.

Akito cercò di volgere lo sguardo altrove. Non era proprio il momento di lasciarsi prendere dagli ormoni. Cercò di calmare i brividi elettrizzati che gli scendevano lungo la schiena, invano. Non si era mai sentito così impotente accanto a qualcuno. Sapeva che qualunque cosa avessero potuto dire gli altri, non gliene fregava niente, né che lei fosse più grande, né che fosse una donna divorziata e con una figlia. Voleva stare accanto a lei. Cosa c'era di male in questo?

Riuscì a convincere Azuki che la soluzione migliore era tornare nel suo appartamento e la donna, dopo diverse esitazioni, acconsentì. La accompagnò fino all'entrata del condominio, dove si fermò. Lei era meglio tornasse a casa, ma lui poteva benissimo cercare ancora le due ragazze, essendo uomo e rischiando molto meno.

- Tu non vieni?

 

***

 

Seduto accanto a Ritsuko, Daisuke osservava i movimenti della ragazza, che si alzava, camminava avanti e indietro, e si risiedeva a intervalli regolari, ma non accennava ad andarsene. Rise.

- Perché rimani qui nascosta?-, chiese lui sghignazzando. Era sicuro non rimanesse nascosta per paura che Daiki la trovasse. Doveva esserci qualcos'altro.

- Non sono affari tuoi! -, si affrettò a zittirlo lei.

Una seconda risata di Daisuke ruppe il silenzio che si era creato fra i due. Roxy, ora seduta vicino a lui, si trascinò un poco verso destra, per allontanarsi dal ragazzo.

- Tu hai problemi seri...

Lui scosse il capo.

- Affatto... sono sanissimo, in ottima forma, sono ricco e sono bello... che problemi vuoi che abbia?-, disse, molto modestamente.

Roxy si lasciò sfuggire una risata. Non era ciò che aveva detto, piuttosto il modo in cui l'aveva detto, che l'aveva fatta ridere. Così convinto...

- L'illusione è veramente una bella gatta da pelare... -, rise di nuovo. Una risata cristallina, sincera.

Daisuke si ritrovò a guardarla, lasciandosi sfuggire un sorriso. Doveva ammettere che, quando lasciava da parte quel suo caratterino del cavolo, poteva essere anche una persona minimamente accettabile.

- Senti... -, lo riprese dai suoi pensieri, - Goro, il tuo cuginetto insomma, spara tante cose irreali, giusto?

Daisuke rifletté un po'.

- E' un bambino che ha carenza d'affetto, d'attenzione... cerca di attirare l'attenzione combinando marachelle e pasticci vari... ma ti assicuro che bambino più sincero di lui non c'è. Che Dio mi fulmini se Goro ha detto una sola bugia da quando è nato.

Roxy deglutì, arrossendo un pochino. Si lasciò cadere all'indietro, lasciando attutire la caduta dalla morbida erba del prato.

- Beh, ma è pur sempre un bambino con le sue fantasie...

Si passò un braccio sugli occhi, evitando lo sguardo di Daisuke che la guardava curioso di sapere dove voleva arrivare.

- Non so cosa ti abbia detto... ma posso assicurarti che é la verità... -, spiegò, pacato. Si alzò in piedi, spolverandosi dai fili d'erba attaccati al pantalone. - Sarà meglio che vada... e sarebbe meglio che anche tu tornassi a casa... é mezzanotte passata da un pezzo... Rumiko sarà preoccupata. Ahah pensa se ti sta cercando... cieca come una talpa per le vie di Tokyo... ce la vedo... -, rise, divertito.

- Sta zitto! -, ribatté infuriata. - Non sei nemmeno un po' preoccupato per lei?! Akito e la signora Azuki, inoltre, non penso siano così incapaci da lasciarla uscire da sola senza occhiali!

Si alzò anche lei da terra e pestò con forza uno dei piedi del ragazzo, accompagnando il gesto con tanto di smorfia e linguaccia.

- Sei veramente un'idiota! Per questo e per tanto altro!

Si diresse a passo d'elefante in direzione del sentiero, maledicendo Daisuke e Daiki a più non posso.

Daisuke dal canto suo ululava ancora per il dolore. Poi si riprese  e la guardò allontanarsi, sorridendo. Era proprio bravo a raggirare la gente. Ora lei sarebbe tornata a casa e sarebbe stata al sicuro. E lui poteva finalmente andarsene, senza il pensiero di aver lasciato una ragazza da sola in un parco popolato da drogati e criminali.

 

***

 

Picchiettava nervosamente con il piede sul pavimento del corridoio, tenendo lo sguardo basso su di esso. Immaginava di aver davanti la batteria e di poterla suonare, così da poter sfogare tutto il suo nervosismo del momento. Rumiko non era molto diversa da lui, con l'unica differenza che sembrava una mummia egiziana, da quanto era immobile.

- Beh... -, prese coraggio, - Mi raccomando, fatti una bel bagno caldo e poi vai subito a dormire...

La ragazza annuì.

- Ti ringrazio... per tutto ciò che hai fatto per me... tuttavia Yamato.... Yamato... -, la voce prese a tremarle ancora, ma poi si scrollò l'ansia di dosso. Doveva darsi una regolata, quel giorno aveva pianto così tanto da superare le cascate del Niagara. - Yamato ti sarei ancora più grata se da oggi non ci fosse mai più nessuna scusa per vederci... nulla... niente di niente... non voglio vederti mai più... -, disse, infine, con un nodo alla gola grosso quanto una noce di cocco

Yamato alzò di scatto lo sguardo, cercando quello di Rumiko. Doveva arrivare a tanto per dimenticarsi di lui?

- Io... io... ma io voglio vederti ancora... -, buttò fuori in un soffio.

Rumiko prese la maniglia della porta e fece un flebile sorriso.

- Non dire cose che nemmeno pensi... -, fece per chiudere la porta, ma qualcosa glielo impedì. Yamato aveva spinto una mano sull'anta, facendola riaprire. I suoi occhi avevano un'espressione strana, quasi terrorizzata.

- Non voglio perderti... Rumiko io...

Le mani tremanti di lui si posarono sul viso della ragazza, cominciando ad accarezzarlo. Sembrò imprimersi nella mente i tratti di lei, come per non dimenticarlo mai. Si abbassò un poco, dandole un bacio sulla punta del naso.

- Io...

Incrociò i suoi occhi con quelli di lei, abbassandosi un poco e unendo le sue labbra con quelle di Rumiko.

La ragazza si sentì travolgere in qualcosa a lei sconosciuto, eppure cosi sorprendentemente piacevole. Ancora una volta le lacrime furono più forti di lei, mentre si stringeva a lui e corrispondeva quel contatto pieno di passione. Era una forza straordinaria, quella che si impossessò di lei, facendole perdere ogni facoltà intellettiva, riducendola al nulla. Ricambiò, con tutta la passione che aveva in corpo. Ma così com'era venuto, quel tifone si allontanò velocemente e improvvisamente. Aprì gli occhi e vide la sagoma di Yamato abbastanza distante da lei. Cos'era successo? Così vicini, e dopo un attimo così lontani. Che avesse sognato tutto? No, impossibile. Si toccò le labbra, gonfie e turgide. Non l'aveva sognato.

Il ragazzo si era portato le mani alle labbra, mentre sembrava osservare qualcosa con fare terrorizzato. Rumiko si sporse un poco in avanti, per poter avere la visuale del corridoio della palazzina e per poco non ebbe un infarto, quando vide due figure a lei fin troppo familiari, appena uscite dall'ascensore. Avevano visto tutto.

 

… continua…

 

E arrivarono anche al capitolo tredici! Chiediamo venia per il grande ritardo a pubblicarlo, ma erano mancate così tanto anche solo le letture che abbiamo deciso di attendere un pochino, sapendo che siamo in alta stagione con le vacanze! Siamo comunque sempre qui pronte ad aggiornare e a ringraziare i lettori e i recensori!

 

Blue: Beh, ormai pensiamo che Akito sia un guaio vivente! Trovi veramente sia in stile manga? :D Forte! Almeno abbiamo creato un’opera un originale anche per lo stile!

 

Shaida Black: Non preoccuparti, è normale che tu dia spazio anche alla tua vita privata! :] Ti fa pena Daisuke? Na dai, alla fine mostra solamente di tenere molto alla nostra Rumi! Roxy e Daiki? Chissà… noi scriviamo e improvvisiamo. Non sappiamo mai che idea ci balzerà nella mente. Tu aspetta e vedrai… :] Scopriremo insieme cosa accadrà! Akki ormai il discorso è sempre lo stesso… eheh! Addirittura crea dipendenza, dici? Che figata! :D Sarebbe una forza!

 

Bacione e al prossimo chappo!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 14

 

 

- Ma... mamma... -, esclamò Rumiko, nervosamente. - Cosa... cioè... sei tornata... -, disse come fosse la cosa più strana del mondo che sua madre a mezzanotte tornasse a casa.

La donna si avvicinò alla figlia, le lacrime che le pungevano gli occhi.

- Come sarebbe a dire sono tornata?! Ti abbiamo cercato fino adesso Rumiko, sei un incosciente! Io mi preoccupavo per te e tu eri qui a baciare un ragazzo decisamente troppo grande per te!

- Non sta a te giudicare ciò che va bene o no per me!-, disse in un soffio, e un bruciore insopportabile le attanagliò una guancia. Sua madre le aveva dato uno schiaffo. Si portò una mano sulla gota dolorante, chiedendosi come era possibile passare dal paradiso all'inferno nel giro di cinque secondi netti.

- Chiedi subito scusa ad Akito per il tuo comportamento, anche lui ti ha cercato a lungo ed entra subito in casa, non voglio sentire ragioni!

Guardò infuriata la figlia, voltandosi poi in direzione di Yamato.

- E a te cosa salta in testa?! Ti rendi conto che mia figlia ha solamente diciassette anni?! È ancora minorenne! Sei un avvocato, dovresti avere un po' più di sale nella zucca, no?!

Yamato arrossì. Akito si passò una mano tra i capelli, leggermente frastornato, poi si avvicinò ad Azuki.

- Credo ci sia stato un malinteso... a me non è sembrato affatto si stessero baciando... Rumiko aveva gli occhi rossi... magari semplicemente le stava soffiando nell'occhio per toglierle un po' di polvere che le bruciava.... -, spiegò, pacato. Assunse un'espressione così seria che per un attimo persino Yamato e Rumiko credettero alla sua balla.

Rumiko iniziò a capire perchè Akito fosse considerato il leader del gruppo, era davvero bravo a togliere dai guai i suoi protetti. Azuki guardò confusa il giovane uomo, voltando poi lo sguardo alla mano che aveva colpito la guancia della figlia.

- È... è la verità? -, domandò, evitando di alzare lo sguardo incredulo.

Rumiko non aveva mai mentito a sua madre, ma dopotutto da qualche parte si doveva pur cominciare. Lei e Yamato si guardarono e probabilmente anche lui stava pensando che era meglio dirle una piccola bugia, a fin di bene. Così Rumiko annuì, convinta.

La donna annuì. Ringraziò i due ragazzi ed educatamente chiese loro ti tornare alle proprie abitazioni, entrando nella sua con la figlia.

Chiuse la porta, poi si ricordò di Ritsuko. Rumiko non sapeva che espressione avesse la madre, tuttavia pensò la sua stessa identica cosa.

- Ritsuko?-, si chiesero all'unisono.

La donna si sedette sul divano, lasciandosi sprofondare nella sua morbidezza.

- Povera piccola... spero sia tornata a casa sana e salva e che non le sia successo niente di grave...

Improvvisamente una scampanellata lunga e assordante avvisò le due che Ritsuko era tornata. Rumiko corse ad aprire ed abbracciò l'amica, per cui era stata in pena.

- Stai bene?-, chiese. Si accorse solo troppo tardi che aveva preso un granchio, e pensò che la scampanellata di Daisuke assomigliava maledettamente a quella di Ritsuko. Arrossì e si allontanò dal ragazzo, che aveva riconosciuto dalla statura e dal profumo di acqua di colonia, di cui ogni mattina si rovesciava tutto il contenuto della boccetta addosso.

- Che vuoi?-, chiese acida, anche se leggermente colpita da quella visita. - E' mezzanotte passata, ti pare il caso di suonare il campanello a quel modo?

Un ghigno divertito si dipinse sulle labbra del ragazzo.

Un ghigno divertito si dipinse sulle labbra del ragazzo.

- Quanto sei dolce ad accogliermi con un abbraccio! -, si chinò su di lei, dandole un bacio sulla guancia.

Entrò non invitato nell'appartamentino, guardandosi intorno.

- Ma quella sottospecie di confetto ancora non è tornato? Eppure ero convinto che dopo quella provocazione su di te si sarebbe precipitata a vedere se tu stessi bene! Beh, poco male, tu come stai Rumi cara? -, sorrise divertito voltandosi nella sua direzione.

La ragazza, un po' imbarazzata per il bacio sulla guancia, richiuse la porta e si avviò verso il piano cucina, prendendo tre tazze.

- Vuoi un po' di caffé?-, chiese gentilmente. Odiava Daisuke Nishikado, ovvio, ma non era una buona ragione per essere maleducata, dopotutto. In quegli ultimi giorni era stata scortese con molte persone, stare con certa gente le faceva male. Dov'erano finiti tutti gli insegnamenti di sua madre? Non avrebbe mai dovuto innamorarsi di un uomo più grande di lei di quasi dieci anni.

Daisuke annuì e si sedette su uno sgabello della penisola, osservandola trafficare con acqua, caffé e tazze, un po' maldestramente data la mancanza degli occhiali.

Iniziò a tamburellare con le dita, assumendo un espressione dolce nel vedere la goffaggine della ragazza.

- Sei preoccupata per la turchina? Guarda che è grande e grossa... sa cavarsela benissimo da sola.

Rumiko si girò verso di lui, con gli occhi lucidi.

- Ritsuko... lei starà bene... la questione é un'altra... -, farfugliò, arrabbiata con se stessa. Non voleva parlarne con Nishikado, per niente. Ma non riusciva a fermarmi, così sputò fuori tutto senza quasi accorgersene. - Yamato mi ha baciata... ma io sono convinta che mi abbia presa in giro... lui é innamorato dell'infermiera nel reparto dove è ricoverato Nobu.... mamma ci ha anche visti... se non fosse intervenuto Akito... le ho mentito... non l'avevo mai fatto prima... se lo scoprisse mi odierebbe... -, disse, sicura che sua madre non la stesse ascoltando, essendo sotto la doccia.

- Ehy! Calma, calma! Come sarebbe a dire che hai baciato un altro uomo?! -, urlò lui inferocito, calmandosi quasi immediatamente, - Senti... ragioniamo con calma... tu dovresti vivere la tua vita più spontaneamente, che preoccuparti sempre di ciò che è stato di essa... insomma... adesso ti stai facendo i complessi mentali perchè hai baciato un tizio e hai mentito a tua madre. Se non fosse successo ciò, saresti stata più felice? Anche ammettendo che lui ti abbia presa in giro, se lui non avesse unito le sue labbra con le tue lo avresti preferito?

Guardò l'espressione rimuginante di Rumiko, che lasciava intendere solo tanta confusione.

- Io credo di no, anche se hai mentito a tua madre sono certo che tu ora sei felice... di aver baciato quell'uomo... -, sembrò rattristarsi.

La ragazza lo guardò un istante, poi ripiombò nel baratro della frustrazione.

- Io lo amo... lo amo da morire. Ma non puoi capire ciò che provo... fa così male, non essere corrisposti.... -, disse tremando. Si accovacciò a terra, persa nei suoi pensieri. Ma perché doveva soffrire così tanto?

L'espressione di Daisuke si contorse in una smorfia.

- Ti sbagli... capisco fin troppo bene ciò che provi.

Si alzò dallo sgabello e si avvicinò alla ragazza, mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Se lui ti ha baciata vuol dire che hai qualche possibilità con lui... non rattristarti... è attratto da te, non è detto che se ora non siete insieme in futuro sarà ancora lo stesso...

Rumiko alzò lo sguardo verso di lui. In realtà non lo vedeva bene, ma d'altro canto le piacque pensare che in quel momento Daisuke avesse un'espressione sincera. Lo abbracciò. Per quella sera, solo per quella sera, voleva considerarlo suo amico, e non il ragazzo che tanto odiava, non il suo peggior nemico.

Nishikado ricambiò l'abbraccio. Non strinse troppo la presa, per paura di poterla rompere. Era così magra che gli sembrò talmente fragile... Avrebbe tanto voluto che quel momento non finisse mai, che Rumiko sarebbe stata fra le sue braccia per sempre. Una lacrima gli scese lungo la guancia, lacrima che prontamente asciugò.

- Senti... io so che fra di noi non scorre buon sangue, ma se tu... se tu per qualsiasi cosa ti senti triste, frustata... hai bisogno di parlare con qualcuno insomma... beh, sappi che il sottoscritto è disponibile ventiquattro su ventiquattro eh...

Rumiko sorrise, e lo abbracciò più forte.

- Dopotutto sei un caro ragazzo, Nishikado... peccato tu sia anche diabolico. -, scherzò, prima che un urlo spezzasse la quiete della piccola abitazione. Azuki era entrata in cucina in accappatoio ed era rimasta allibita alla vista di sua figlia a terra, stretta ad un ragazzo che la stava baciando. O meglio, questo era ciò che aveva visto lei da dietro. I due ragazzi schizzarono in piedi.

- Mamma ma che ti prende?-, gridò frustrata Rumiko. Se sua madre credeva avesse baciato Daisuke si sarebbe incavolata a dovere.

La donna schizzò davanti alla figlia, posandole le mani sulle spalle.

- Ma che ti prende?! Stai diventando una poco di buono per caso? Oh figlia mia...

Daisuke ridacchiò, guardando divertito la donna.

- Ma signora, stavamo solo premeditando di fare l'amore, è umano! -, si beccò un'occhiata gelida dalla giovane mamma, - Ehm... scherzavo, scherzavo... la stavo solo aiutando ad alzarsi da terra! È caduta come una pera cotta!

- Mamma... stasera hai le allucinazioni... vai a dormire, sei stanca. Stavo preparando il caffé, ma per te forse é meglio una camomilla doppia. -, scherzò la ragazza tornando accanto al piano cucina e controllando il caffé sul fuoco.

La signora Azuki si passò una mano sulla fronte.

- Scusami... ma ultimamente mi stai dando un sacco di preoccupazioni, assieme alla piccola Ritsuko, sai? A proposito, è tornata? -, chiese con un tono piuttosto preoccupato.

Rumiko scosse la testa, pensando che la ragazza si fosse rifugiata da Nobu. Si smentì poco dopo, ricordando che anche per il giorno seguente sarebbe stato impossibile fargli visite.

Improvvisamente sentì dei rumori sul pianerottolo. Daisuke si offrì di andare a controllare, da buon gentiluomo. Aprì la porta e sorrise allegramente.

- Bentornata confettina!-, esclamò abbracciando la ragazza, quasi strozzandola.

Roxy si dimenò dalla sua presa, guardandolo in cagnesco.

- Che ci fai tu qui?! -, urlò irritata, - Sei un incubo!

Entrò in fretta e furia nell'appartamento, cercando Rumiko.

Prima che potesse sgridare la moretta, questa le si avventò addosso, ringraziando il cielo perché era tornata sana e salva.

- Non farci mai più scherzi del genere!!!-, disse con la voce spezzata dalla felicità.

- Non ho fatto nessuno scherzo. -, si giustificò lei, - Piuttosto tu, non mi avrai seguita in strada, vero?!

Daisuke fece scollare Ritusko da Rumiko, abbracciando quest'ultima.

- Affermativo confettino!

Rumiko rise di gusto, mentre Daisuke la osservava, felice di quella situazione. Non poteva stare con lei, ma voleva impegnarsi a tutti i costi per proteggerla, starle vicino ed essere il suo miglior amico, un appiglio sicuro per non affogare nel suo mare di problemi. Amava quella deliziosa, magrolina e dolcissima moretta, e nessuno l'avrebbe toccata e fatta soffrire. Nemmeno se questo significava mettersi ancor di più contro la sua più grande fonte di problemi: Yamato.

 

 

… continua…

 

Hello! Ohhhheccoci qui con un altro succulento capitolo! Sentivate già il languorino, vero? :D Ok, ok la finiamo! Passiamo ai ringraziamenti ai lettori, ma soprattutto ai recensori!

 

Maharet: Ci fa piacere ti sia mancata! :D Eh, purtroppo può sembrare ingarbugliata solo perché ci sono ancora tante cose da svelare! Cose che forse anche noi dobbiamo ancora pensare… ghgh

 

Shaida Black: Wow, più brave ad ogni capitolo? Figo! :D Comunque mai dare nulla per scontato… come già detto la fic cresce con noi… chissà, chissà!

Al prossimo chappo!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 15

 

 

*Dlin Dlon*

- Mhhh... -, rimuginò la ragazza, rigirandosi nel letto.

Il campanello trillò nuovamente e la figurina si alzò, rimuginando ripetutamente.

- Arrivo, arrivo! -, urlò irritata, aprendo la porta. - Rumiko, è mai possibile che tu debba sempre svegliarmi a quest'ora del mattino per andare a scuola in anticipo?!

Alzò lo sguardo sulla figura davanti a sé, mentre la sua espressione si contraeva. Quella persona non era Rumiko. Pensò al pigiama azzurrino con le paperelle che indossava, al suo volto senza trucco, ai capelli spettinati... ma soprattutto al fatto che Daiki Nishikado si trovasse davanti a lei.

Daiki sospirò deliziato.

- Sei A-D-O-R-A-B-I-L-E tesoro, questo pigiamino fa così casual.... è uno style originale, davvero trendy. -, la prese in giro appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta, ridacchiando divertito.

Ritsuko abbassò lo sguardo, il viso ormai in fiamme. Fece per sbattere la porta, ma il ragazzo la tenne aperta.

- Eclissati... -, borbottò poco convinta.

- Dai, dolce Ritsuko, il gallo ha chicchiriccato da ore... preparati, che andiamo a scuola. -, disse serio. La ragazza lo guardò truce. Quale strana bestia sconosciuta gli aveva fatto credere che lei sarebbe andata VOLENTIERI a scuola con lui?

- Evita quel tono melenso da perfetto gay e porta qualcun'altra a scuola, io dormo!

Richiuse la porta, che prese in pieno il naso di Daiki, che lanciò un lamento per il dolore.

Rumiko, appena uscita dalla porta di casa sua, aveva guardato la pietosa scenetta, e ora rideva divertita insieme a Daisuke. Si avvicinò al povero Daiki e bussò piano alla porta.

- Roxy... é tardi... fra venti minuti cominciano le lezioni, e io devo ancora andare a ritirare gli occhiali. -, disse con il suo solito tono pacato. Daisuke incrociò le braccia e si appoggiò al muro, pronto a fare tardi. Sicuramente avrebbero aspettato per molto, molto, molto tempo. Si guardò un po' intorno, poi vide due figure in lontananza. Inarcò le sopracciglia, infastidito. Quelli erano Akito e quel coglione mongoplettico di Yamato. Se toccava Rumiko poteva considerarsi un coglione mongoplettico morto.

- Rumi... che sta succedendo qui?-, chiese Akito confuso. Tutte le mattine lui e Yamato passavano a prendere Rumiko e Ritsuko per accompagnarle a scuola, sotto richiesta di Azuki che era preoccupata potesse accadere loro qualcosa. Ovviamente a quella richiesta Akito non aveva potuto dire di no ed aveva coinvolto anche Yamato. Ma ora vedere i fratelli Nishikado con la moretta li aveva un po' confusi.

- Sta di fatto... che oggi le signorine vengono con noi, in quanto dobbiamo andare a ritirare a mie spese gli occhiali di Rumiko. -, spiegò Daisuke con fare noncurante, da perfetto vincitore.

Si beccò un occhiata gelida da Yamato, che però evitava di guardare la piccola moretta.

Daiki nel frattempo batteva i pugni a più non posso sulla porta dell'appartamento di Ritsuko, tentando anche di scassinarla per poter entrare.

Akito guardò perplesso il quadretto, credendo che al manicomio ci fossero persone meno pazze.

Rumiko si avvicinò ad Akito sorridendo.

- La mamma sta dormendo perché ha fatto il turno di notte... sono odiosi questi supermarket 24h su 24h non credi? -, sorrise disgustosamente cordiale. Sapeva che qualcosa non quadrava, voleva indagare. - Comunque ha lasciato un biglietto sul tavolo.... c'è scritto che sarebbe felice se stasera venissi a cena. Ma tu hai da fare con il gruppo, non è così?-, suonò terribilmente minacciosa.

Il ragazzo accolse la sfida, più che altro desideroso di rivedere la bella donna.

- Oh no, stasera non abbiamo le prove, o almeno non fino a tardi. Accetto volentieri l'invito.

La moretta boccheggiò un paio di volte, poi guardò Yamato, lanciandogli segnali d'aiuto. 'Ti prego', sembrava chiedergli con lo sguardo di un Cocker Spaniel che ha appena fatto un bisognino sul tappeto di velluto del salotto.

Yamato si passò una mano tra i capelli, maledicendo il giorno in cui aveva conosciuto Akito.

- Akki, mi dispiace, ma stasera io ho da fare sul presto, così io e Roxy avevamo pensato di rinviare le prove verso l'ora di cena.-, mentì, con un sorriso nervoso.

- Vorrà dire che per stasera salto le prove, sono curioso di assaggiare i manicaretti di Rumiko e della sua mamma! -, lo fulminò lui.

Yamato lo maledisse con lo sguardo, guardando mortificato Rumiko e alzando le spalle, in segno di resa. Akito era il loro leader per qualcosa, infondo.

Rumiko digrignò i denti, con uno strano prurito alle mani: doveva picchiare qualcuno. Si voltò verso Daisuke e gli tirò uno scappellotto. Il ragazzo mugolò, chiedendo cosa avesse fatto, ma lei non rispose, si limitò a camminare verso Daiki, spingerlo via dalla porta, entrare in casa di Roxy e sbattere la porta in faccia al bruno, che ululò adirato. Di quel passo gli avrebbero spaccato il naso. Si sentì un urlo straziante provenire da dentro l'appartamento, e dei forti tonfi, come calci contro qualcosa. La risata di Roxy echeggiò e si sentì un "L'avevo detto io, tu non mi credevi" della trionfante confettina azzurra.

I ragazzi si guardarono fra loro facendo spallucce. Certo che le ragazze erano veramente un mistero.

 

***

 

- Dai Rumi, calma. Akito è un donnaiolo incallito, non vorrà mai qualcosa di serio con tua madre, non è un invito a nozze! La signora Azuki, oltrettutto, non mi sembra sia attratta da lui in quel senso... lo vede un po' come il nostro papà, il nostro protettore, come un altro figlio da proteggere! -, la rassicurò, ancora in preda alle risate.

Dopo circa dieci minuti uscirono dall'appartamento, appena in tempo per vedere Daisuke mollare un pugno a Yamato. Per Rumiko ovviamente il verbo "vedere" fu una questione relativa. Più che altro sentì qualcuno dare un pugno a qualcun'altro, e questo qualcun'alto cadere a terra con un sono "Ah!". Dalla voce riconobbe Yamato e si precipitò accanto alla sagoma a terra.

- Oddio... chi é stato?-, alzò lo sguardo verso le figure alzate.

- Il mio fratellino peperino!-, disse Daiki tutto felice.

Roxy tappò, con uno schiaffo sonante sulle labbra, la bocca di Daiki.

- Che cavolo è successo?! Che gli è saltato in mente?! Non possiamo stare via un attimo che vi ammazzate a vicenda?!

Rumiko rimase immobile, pietrificata. Cosa significava quella parola? Sposarlo? Yamato avrebbe chiesto ad Aya di sposarlo? Alzò lo sguardo azzurro, che in quel momento dallo shock aveva assunto una strana nota ghiacciata, gelida. Si alzò, ma le gambe non ressero il suo peso. Tremò un po' e ricadde a terra, facendosi anche un po' male. Ma non fece caso al dolore alle ginocchia, perché quello che stava provando ora il suo cuore era mille volte più doloroso.

Yamato evitò il suo sguardo, si faceva schifo da solo per il gesto che aveva compiuto, ma ormai la sua scelta l'aveva fatta. Daisuke, sempre in posizione, era pronto a tirargli l'ennesimo pugno, se solo si fosse avvicinato a Rumiko. Tenendolo sotto controllo con la coda dell'occhio si abbassò vicino alla moretta e la strinse forte a sé, maledicendo quell'idiota ambulante.

- Sei proprio viscido... -, sibilò cattivo, - Un codardo di prima categoria.

Rumiko si strinse un attimo a Daisuke, trattenendo le lacrime.

- Gli occhiali... dobbiamo andare a ritirarli... si... è tardi.. la scuola... andiamo, su...-, disse meccanicamente, prendendo una mano di Daisuke. Il bruno la sentì tremare come una foglia. Doveva portarla via da lì, prima che scoppiasse in lacrime, umiliandosi.

La trascinò via, senza degnarsi di aspettare suo fratello e Roxy, per portarla il più lontano possibile da quel deficiente di Yamato. Gliel'avrebbe fatta pagare cara, immensamente, ma non con un pugno con qualcosa di assai più doloroso.

Erano abbastanza lontani dal condominio, quando voltarono un angolo e la ragazza si lasciò cadere a terra, con il viso nascosto dai lunghi capelli neri, le braccia abbandonate lungo i fianchi, immobili.

- Rumi... Rumi... io capisco che ora ti sembra che il mondo stia per crollarti addosso, ma non demordere. Ci sono tante persone che ti vogliono bene e che desiderano tu vada avanti a vivere felice. Se ti è andata male con lui non vuol dire che sarà sempre così. Il tuo cuore ora è ferito, ma può guarire! -, disse sicuro, sentendo una fitta al cuore.

Dolore, dolore nel vedere la sua piccola Rumiko soffrire per un uomo che non la merita.

Rumiko rimase immobile, ferma come una statua, fredda come un iceberg, inerme, ma nemmeno una lacrima solcò il suo viso. Il capo basso, un po' inclinato su un lato, si alzò improvvisamente verso di lui. Tese le braccia verso Daisuke.

- Mi abbracci?-, disse con una tale naturalezza da essere così deliziosa. Era tenera, fragile e dolcissima. E Daisuke ancora una volta penso che il suo cervello era andato a farsi benedire.

- Se... se ti abbraccio? -, domandò confuso, vedendo la ragazza avanzare verso di lui.

Tese anche lui le braccia nella sua direzione, avvolgendola fra di esse e stringendo forte. Forte sì, ma non fino a farle male, perchè quella era l'ultima cosa che desiderava. Voleva vederla felice, finalmente serena. Non voleva provocarle altra sofferenza.

Rumiko appoggiò il volto sul giubbotto del ragazzo.

- Perché non ci mettiamo insieme?-, chiese, come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Daisuke spalancò gli occhi così tanto che temeva le pupille potessero rotolare via. Ma diceva sul serio?

Sospirò affranto, accarezzandole la testa con una mano.

- Perchè non è ciò che tu vuoi veramente... stai solamente cercando di vendicarti di quel coglione. Tu mi piaci veramente Rumiko e, se tu vorrai metterti un giorno con me, sarà perchè sei davvero interessata, non per rammarico verso un altro uomo.

Rumiko tentò di guardarlo, di ricordare... Beh, dopotutto aveva ragione. Lei nemmeno ricordava perfettamente i lineamenti del suo volto, dopo una sola settimana che non lo vedeva. Non lo conosceva per niente. Ma come le era saltato in testa di chiedergli una sciocchezza simile? E poi lei doveva odiarlo, insomma! Lo spinse via e raccolse la sua cartella da terra.

- Andiamo dall'ottico e chiudiamo questa storia una volta per tutte, così potremo tornare nemici come prima.-, disse algida.

- Io non ti odio né voglio farlo.

Sembrò esitare un poco, al che la ragazza lo "guardò" con fare confuso ed irritato. Che diavolo aveva ancora? Non poteva muoversi? Voleva i suoi occhiali nuovi e andare finalmente a scuola, regolarmente e puntualmente.

- Potrà sembrarti strano... mi conosci poco tu, ma io di te so praticamente tutto e, diciamocelo, sarebbe l'ultima cosa al mondo che proverei per te, l'odio. Io ti voglio bene...

Rumiko lo guardò distante, poi sorrise amaramente.

- Se solo tu non fossi Daisuke, ma fossi Yamato... -, sussurrò cattiva. Per Daisuke fu come una pugnalata al cuore. Lui le diceva che le voleva bene, e lei rispondeva che avrebbe preferito glielo dicesse Yamato? Ma il limite di "stronzaggine" di quella ragazza aveva un limite, o andava peggiorando?

- Se io fossi Yamato ti avrei già pugnalata per la millesima volta alle spalle. Ti avrei mentito nuovamente e ti avrei presa in giro. Sono contento di non essere lui, almeno io sono sincero riguardo ai miei sentimenti e non un viscido verme. -, si vendicò lui.

Iniziò a dirigersi verso l'ottico, desiderando di chiudere quella storia. Aveva proprio esagerato, capiva l'essere ferita, ma l'essere una pura stronza proprio no.

- Muoviti o ti lascio qui!

Rumiko lo seguì a testa bassa, senza proferire più parola. Entrarono nel negozio, ritirarono le lenti di lei che non perse tempo e subito le infilò. Si girò verso Daisuke, e finalmente poté vedere il suo volto. Era strano. Diverso da come lo ricordava. Sembrava sciupato e più vecchio di almeno dieci anni, dimagrito e decisamente pallido. Uscirono dall'ottico e giunse il momento del saluto.

Il ragazzo le dava le spalle, le mani tenute nelle tasche dei pantaloni. Fece un cenno di saluto con il capo.

- Allora ognuno per la sua strada. Ti auguro sia migliore di quanto non lo fosse avendomi tra i piedi. Ti saluto Matsumoto.

Era da un po' che non lo sentiva pronunciare il suo cognome. Le fece uno strano effetto. Un po' triste, a dire il vero, fu la sensazione che pervase il suo corpo. Gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia, spontaneamente, senza nemmeno pensarci su.

- Grazie di tutto... Nishi... Daisuke. Sì, grazie di tutto, Daisuke.-, disse sorridendo. Poi girò suo tacchi e cominciò a correre in direzione della scuola, senza mai voltarsi indietro.

Fu così che non vide il ragazzo piangere lacrime amare per la perdita della persona a cui teneva di più al mondo.

 

… continua…

 

Salve a tutti. Grazie per seguirci continuamente e grazie di cuore a Shaida e Fevva che ci hanno sostenuto anche con le recensioni. Ci scusiamo per non ringraziarvi personalmente, ma tra una cosa e l'altra non facciamo mai a tempo e finiamo per aggiornare sempre tardissimo. Grazie di cuore ad entrambe, in ogni caso.

 

Al prossimo chappo,

 

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 16

 

 

Erano giorni che la pioggia non tormentava il paesaggio che si poteva osservare dalle finestre dell'aula di Ritsuko, e la ragazza, seduta all'ultimo banco con la testa tra le nuvole, pensava che era proprio una disgrazia. Nobu era uscito dall'ospedale da un paio di giorni, quel pomeriggio avrebbero voluto uscire insieme, andare da qualche parte, ma con quella grandine era impossibile muoversi di casa. Sentì qualcosa sbatterle sulla testa e la voce del professore richiamarla. Alzò lo sguardo sul (a parere delle sue compagne di classe) affascinante professore di matematica e fisica, e lo guardò truce. Come si permetteva di richiamarla dai suoi pensieri, in quel modo brusco per altro?

- Signorina Matsumoto, visto che è tanto brava da non aver bisogno delle mie spiegazioni, venga alla lavagna e mi trovi il limite di quella funzione che i suoi compagni di classe stanno tentando di svolgere sui loro quaderni. -, disse acido, con un disgustoso sorrisetto di scherno dipinto sul volto.

Roxy osservò con fare annoiato la lavagna.

"Ah... questa cosa me l'ha spiegata Rumiko... è una scemenza, perchè devo sprecarmi a farla?" -, pensò mentre si avvicinava alla lavagna per svolgere il problema.

Iniziò a risolverlo con facilità e sottolineato il risultato si voltò verso il professore.

- Allora, che ne dice?

L'uomo  si avvicinò alla lavagna e cancellò tutto, tranne la traccia, poi le diede di nuovo il libro in testa.

- Non c'era nemmeno mezzo calcolo esatto, signorina Matsumoto. Riprovi!-, disse scuotendo il capo, affranto.

Ritsuko si grattò la testa. Possibile avesse sbagliato? Eppure era sicura avesse trovato bene il limite di quella funzione! Guardò bene la traccia e capì il disastro che aveva combinato: in qualche modo strano, che solo lei conosceva, aveva svolto quella funzione come un'equazione fratta. Come, non lo sapeva nessuno. Fatto sta che l'aveva fatto. Bene, questo era un altro voto negativo sulla pagella. Guardò ancora quella traccia. Limiti... limiti... ma come cavolo si trovavano i limiti?

Improvvisamente la porta si aprì, mostrando uno studente ritardatario inzuppato d'acqua fino alle ossa. Il ragazzo, che altri non era che Daisuke Nishikado, entrò in classe senza nemmeno salutare, buttò la sua cartella in malo modo accanto al banco e si sedette, incurante degli sguardi posati su di lui. Il professore si schiarì la voce e ignorò la scenetta, facendo finta di nulla. Non era il caso per un professore giovane come lui, di appena ventiquattro anni, mettersi contro Nishikado e rischiare di essere cacciato dalla scuola.

- Ehy! E a lui non dice niente? Mi richiama perchè sono sulle nuvole, ma a lui la fa passare liscia per il ritardo? Solo perchè è un Nishikado? Guardi che anche mio padre è importante! -, si lamentò la ragazza dai capelli azzurrini, mettendo il broncio.

Guardò in direzione di Daisuke, sembrava tanto arrabbiato quanto triste. Probabilmente la causa era ancora il litigio con Rumiko. Da quanto le aveva raccontato la ragazza gli aveva praticamente detto addio, dopo averlo ferito gravemente nell'animo.

- Non capisco di cosa stia parlando, Matsumoto. E ora mi trovi quel maledetto limite!-, disse nervoso, sedendosi alla cattedra e aprendo minacciosamente il registro dove appuntava le note positive e negative.

Roxy sentì il fumo, conseguenza della rabbia, uscirle dalle orecchie. Quell'uomo ce l'aveva con lei, l'aveva sempre saputo.

- Stupido lecchino! -, bofonchiò fra sé e sé continuando a guardare la lavagna.

Daisuke lanciò uno sguardo alla povera Roxy in difficoltà. Si alzò in piedi, sbattendo una mano sul banco. Il professore trasalì, terrorizzato.

- Mi scusi professore, la secchiona della classe, ossia Ayuhara, mi ha appena confessato di MORIRE dalla voglia di venire a svolgere quella funzione.-, disse secco, sorridendo cordialmente all'insegnante.

Ritsuko per poco non cadde a terra dalla sorpresa, mentre gli occhi le uscivano ormai dalle orbite. Daisuke Nishikado l'aveva difesa? Chi l'aveva drogato? Sicuramente si aspettava qualcosa in cambio, ne era certa. Lo continuava a guardare con un'espressione confusa mentre il professore, assai incavolato per l'intervento del ragazzo, la rimandava al posto. Si fermò un attimo accanto al banco di Daisuke, che si trovava nella sua stessa fila, quella vicino alla finestra.

- Ti ringrazio dell'aiuto, ma a cosa devo l'onore?

Daisuke sorrise gentile.

- Anche se Rumiko mi ha detto addio io non mi arrendo... e tu potresti sempre tornarmi utile.

Una gocciolina si formò sulla testa di Roxy, mentre una tempia iniziava a pulsarle ininterrottamente.

- Lo immaginavo... viscido sei e viscido rimani!

Riprese a camminare con fare infuriato, tornando al suo posto e sedendosi con la grazia di un elefante. Quando cavolo si sarebbe deciso a lasciare in pace la piccola Rumiko?

Daisuke sghignazzò divertito. Era troppo spassoso prenderla in giro. Lei credeva che l'avesse aiutata perché aveva secondi fini, ed era giusto così. Non voleva assumere l'aria del buon samaritano, meglio che tutti credessero che l'aveva fatto per arrivare ad uno scopo ben preciso. Con Rumiko era finita, ma non era detto che Ritsuko dovesse saperlo per forza.

Voltò lo sguardo verso l'esterno, mentre vedeva l'immagine della moretta apparire sul vetro della finestra. Allungò la mano e toccò la figura. Gli stava sorridendo.

"Va via... quella vera non lo farebbe mai.", si ritrovò a pensare a voce forse troppo alta.

Una smorfia cattiva si dipinse sulle labbra del riflesso di Rumiko, sparendo immediatamente.

Daisuke sospirò. Quel sentimento che si portava dietro da più di quattro anni lo stava letteralmente distruggendo dentro.

 

***

 

All'ora di ricreazione, Rumiko non seguì Yuko e Nanako come al solito, ma andò verso la quinta sezione del terzo anno, ossia la classe di Ritsuko. Si affacciò un po' alla porta, sperando Daisuke non la vedesse e tentò, invano, di attirare l'attenzione di Roxy.

"Eddai, girati!!!"-, pensò la moretta supplicando mentalmente l'amica di raggiungerla prima che fosse Daisuke a vederla.

Ritsuko si voltò e solo allora Rumiko si accorse che stava parlando al cellulare. Pensò subito si trattasse di Nobu, nel notare l'espressione beata dell'amica. Rabbrividì vendendo Daisuke arrivare proprio di fronte a lei. Chiuse gli occhi, immaginando tutti gli insulti che avrebbe potuto lanciarle, ma al contrario il ragazzo le passò a fianco ignorandola deliberatamente.

Il cuore di Rumiko si fermò per un istante. Perché l'aveva ignorata? Avrebbe preferito essere riempita di insulti, ma essere addirittura ignorata no, era troppo. Era come se non esistesse più per lui, e questo faceva troppo, troppo male.

Mise il broncio, iniziando a rimuginare. Tanto che le poteva importare se Daisuke la ignorava? Era stata lei in fin dei conti a chiudere ogni rapporto con lui e non se ne pentiva. Entrò nell'aula di Roxy, avvicinandosi a lei.

Roxy le fece segno di aspettarla un momento, poi sarebbero andate insieme a mangiare in mensa. Rumiko le sussurrò che l'avrebbe preceduta per prendere un tavolo, prima che fossero tutti occupati. La ragazza uscì dall'aula della terza e si avviò in mensa. Si guardò intorno, tutti i tavoli erano occupati, però si sentì posare una mano sulla spalla.

- Daik... ehm... Nishikado, ciao. Che ci fai qui? La sezione universitaria ha la sua mensa, no?-, chiese, incuriosita.

- Sì... effettivamente sì... ma io cercavo te.

Rumiko indietreggiò di due passi. Cosa voleva dire che cercava lei? Deglutì guardando fissa il ragazzo negli occhi, che sorrideva beffardo.

- Che... che cosa vuoi da me?-, chiese imbarazzata. E ora cosa stava succedendo? Cosa voleva farle? Perché sicuramente voleva farle qualcosa, questo era certo.

- Oh... parlarti del mio fratellino, ma non c'è con te quella piaga dai capelli azzurri? Pensavo che avesse bisogno della balia ventiquattro ore su ventiquattro!

Diede una carezza sul viso di Rumiko, la quale indietreggiò perdendo l'equilibrio. Fortunatamente Daiki la prese al volo, evitandole una brutta caduta.

- Lui soffre per colpa tua.

Rumiko si divincolò dalla presa, spingendolo via. - Non dire sciocchezze, io non ho nessuna colpa... é lui... che... é testardo... e stupido.-, disse poco convinta. Lui avanzò di nuovo verso di lei e le bloccò i polsi con le mani. Ora era davvero nella cacca.

- Lui soffre perchè è innamorato di te e tu continui a star dietro ad un uomo che nemmeno ti considera. Elogi i pregi di mio fratello, immaginando siano di quello schifoso avvocato. Non ti senti parecchio viscida?

Il suo sguardo si era fatto tagliente, estremamente cattivo.

- Lasciami, mi stai facendo male!.-, disse a denti stretti, senza alzare lo sguardo, ignorando i suoi commenti. Era vero, aveva trattato male Daisuke, ma non l'aveva fatto per cattiveria. Era semplicemente stata sincera, se questo era un male allora avrebbe dovuto dire una bugia? Lui aveva sofferto per lei, ma almeno lei non gli aveva mentito. Non avrebbe forse sofferto di più se lei gli avesse mentito e lui poi l'avesse scoperto?

Non è niente in confronto a quello che sta passando Daisuke!

La trascinò fuori dalla mensa, per evitare gli sguardi indiscreti delle persone lì intorno. Non avrebbero mai detto niente, ma gli davano fastidio.

- Lasciami andare, Nishikado, ti supplico...-, disse con voce rotta mentre lui la trascinava via con violenza. Uscirono in cortile, dove la pioggia continuava a cadere insistentemente. Un flash illuminò il cielo nero e un rombo non molto lontano spezzò la calma del luogo, disturbata solo dallo scroscio della pioggia e da alcune voci provenienti dalle finestre dove molti studenti si erano affacciati per osservare la scena tra il capo del consiglio d'istituto e il "capo indiscusso" della scuola, sia sezione universitaria che liceale.

- Lasciarti andare? Oh no... prima io e te dobbiamo parlare.

Si voltò e la trascinò più vicina a lui. Non era sua vera intenzione farle del male, voleva solamente farle capire che non era lei la vittima del momento, che non era l'unica a soffrire. Gli bastava questo. Da quello che gli aveva raccontato Daisuke, delle crudeli frasi che erano uscite dalle sua labbra, sembrava fosse solo lei a capire come ci si sente a non essere ricambiati e a soffrire per amore. Ma non era così. Per lei quella era una novità. Conosceva Yamato da poche settimane. Ora la scuola era praticamente finita e anche il suo accordo con Roxy sarebbe terminato. Daisuke ormai era perso di lei da ben quattro anni, come poteva paragonare il suo infantile colpo di fulmine al sentimento profondo di suo fratello?

- Tu.... non metterti in mezzo se non sai di cosa stai parlando... o forse Daisuke é troppo codardo per venirmele a dire lui queste cose ed ha chiesto al suo fratellone di farlo?-, sputò fuori, acida, senza nemmeno rendersi conto della grande sciocchezza che aveva detto. Daiki si avvicinò ulteriormente a lei e la prese per i capelli, adirato. -Ah... lasciami i capelli... così mi fai davvero male... RITSUKOOOOOOOO!!!-, urlò sperando che l'amica sentisse.

 

***

 

- Ehi Matsumoto la secchiona mora amica tua ti sta chiamando... -, le fece presente urlando un ragazzo affacciato ad una finestra del corridoio. Molti altri annuirono. Ritsuko salutò velocemente Nobu e andò ad affacciarsi, chiedendosi cosa stesse succedendo. Inorridì, vedendo Rumiko che tentava di divincolarsi dalla presa di Nishikado sui suoi capelli e su un suo braccio.

- NISHIKADOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! -, urlò a perdifiato saltando sui rami dell'albero che arrivava a fianco alle finestre della sua classe.

Si trovavano al primo piano, quindi non rischiava particolarmente di farsi male. Scese il più veloce possibile, arrivando al centro del cortile della scuola dove stavano Rumiko e Daiki.

- Che cavolo stai facendo?! Lasciala stare!

- Sta zitta, stupida. Questa linguaccia tagliente la deve pagare. E' una fallita, e per quanto mi riguarda se morisse in questo momento farebbe un favore al mondo... -, disse strattonandola un po'. Rumiko strizzò le palpebre, con espressione sofferente.

Ritsuko si avvicinò al ragazzo, guardandolo truce. Tirò a se Rumiko e gli mollò uno schiaffo in pieno viso.

- Ma chi ti credi di essere per poter esprimere una simile congiura? Ti rendi conto di quello che dici? Sei così speciale, il migliore di tutti, da poterti considerare meglio di lei?!

Era arrabbiata, terribilmente. Come poteva dire una cosa così crudele alla povera moretta? Cosa gli aveva fatto di male per meritarsi quello?

Daiki la guardò dall'alto in basso.

- Sei così strana, Matsumoto... un tempo non te ne sarebbe importato niente se una ragazza fosse stata aggredita... ma forse é vero ciò che si dice in giro? Che siete sorelle?-, chiese quasi ridendo. Pensare che quelle due potessero essere sorelle era assurdo, ma era così divertente prenderle un po' in giro.

Roxy lo guardò stranita. Lei e Rumiko sorelle? Ma magari... non le sarebbe di certo dispiaciuto avere una sorella alla quale volere bene, ma purtroppo lei era l'unica figlia di un ricco uomo d'affari, che ignorava quasi la sua presenza.

- Non dire cazzate... è ovvio che me la prendo se fai male ad una ragazza alla quale voglio bene, ma ciò non significa che lei sia mia sorella. È mia amica, potrei considerarla come una sorella, certo, ma non perchè portiamo lo stesso cognome significa che lei lo sia. Perchè poi sto a spiegare queste cose a te, non lo so.

Sembrò rimuginare un attimo, quando riprese a parlare.

- Un tempo non mi sarebbe importato nulla di una ragazza aggredita... che fai, mi tieni d'occhio? -, chiese con uno sguardo malizioso, che tanto sapeva di sfida.

Il ragazzo sospirò.

- E' ovvio osservare e pensare ad una ragazza alla quale voglio bene... -, disse seriamente, riprendendo le parole di poco prima che Ritsuko aveva rivolto a Rumiko.

Gli occhi di Roxy uscirono dalle orbite, per la seconda volta in quella giornata. Ma era stato drogato insieme da Daisuke? No, effettivamente quello drogato era lui, il più piccolo dei Nishikado aveva una ragione per essere dalla sua parte.

- Ti sei bevuto il cervello? Sai, il tuo spirito dell'umorismo non lo colgo, né mi tocca...

Improvvisamente le parole di Goro le balenarono nella mente. Daiki, da quanto diceva, era innamorato di lei. Scosse la testa ripetutamente. Sciocchezze, solo un mucchio di sciocchezze.

- Sì, in effetti mi sono bevuto il cervello... molti anni fa... quando ho cominciato ad interessarmi alla ragazza più stupida e imbranata di questo pianeta!!!-, scherzò guardandola negli occhi. Era per questo che se l'era presa tanto. Daiki capiva cosa provava Daisuke, perché lui provava lo stesso per quel confetto vivente di Ritsuko Matsumoto.

- Sì, sì certo... nemmeno mi conosci e ti prendi tanta confidenza con me, divertendoti a prendermi in giro... sei un tipo... -, esitò un momento, - … alquanto ambiguo.

Roxy lo osservò per qualche minuto. Stava ad un metro scarso da lei, ora. Quel Daiki Nishikado era veramente strano, proprio non riusciva a capirlo. Cosa ci trovava di tanto divertente nel torturare Rumiko e nel prendere in giro lei stessa? Era veramente noioso...

- Dunque tu, in questo momento, ti saresti dichiarato? -, domandò divertita.

Sapeva benissimo che non era così, ne era certa. Daiki, inoltre, non avrebbe mai ammesso una cosa del genere davanti a tutto l'istituto.

Rumiko era ancora in ginocchio, la pioggia che scendeva sempre più insistentemente, alzo lo sguardo verso i due, i capelli neri appiccicati alla fronte. Un rombo squarciò il silenzio creatosi, sovrastando la voce di Daiki. Era stata una sillaba, due semplici letterine, che nessuno aveva sentito. Roxy stessa sembrava non averle colte, ma lei si. Daiki aveva semplicemente detto "Sì".

Ritsuko scosse il capo, non aveva capito e gli chiese di ripetere. Sapeva avesse detto una piccola particella di due lettere, tuttavia il lampo così luminoso le aveva accecato la visuale e non aveva capito se lui avesse negato o assentito.

Lui rimase zitto, immobile. Continuava ad osservala. Il trucco le colava lungo il viso. Scendeva prima sulle gote, poi passava al collo ed infine scivolava lungo le braccia, fino a fermarsi sulle mani, ma ciò nessuno lo notava, visto il diluvio. La trovava così bella... anche senza tutta quella matita intorno agli occhi, che ormai era sparita. I suoi tratti erano estremamente delicati. Gli occhi di un'incredibile color smeraldo, strani trattandosi di una ragazza giapponese. Calcati con tutto quel trucco, poi, erano ancora più incredibili. I capelli azzurrini, ancora più strani, mossi e di un colore inusuale. Ora erano appiccicati al viso, ma sembravano, nonostante tutto, soffici e morbidi. Le labbra erano sempre rosse, ma di un colore comunque naturale. Il suo caratterino, infine, contornava il tutto in un essere stupendo. Avrebbe tanto voluto averla tutta per sé, ma sapeva non fosse possibile. Lei amava un altro e questo non lo poteva accettare. Non si sarebbe arreso, in ogni caso, sapeva che un giorno sarebbe stata sua.

- Allora? Che cavolo hai detto? Il tuono ha coperto la tua voce! -, si lamentò lei, incitandolo a risponderle.

- Si. -, disse semplicemente lui, poi colse la sua espressione confusa. - Ho detto di sì. Sì. Mi sono dichiarato. Mi piaci... anzi dire mi piaci forse è troppo poco... sono innamorato di te... da tanto di quel tempo che non ricordo nemmeno più come è cominciata.

Ritsuko spalancò gli occhi, sorpresa, confusa, un po' esagitata. Che significava quel "Sono innamorato di te"? Non era proprio possibile. Forse aveva frainteso qualcosa. Magari non aveva capito bene... avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, con tutto il frastuono di tuoni e pioggia non si capiva niente. Aveva sicuramente capito male.

- Co-come? -, domandò lei.

Si sentiva impotente, non riusciva nemmeno a muoversi. Che cavolo gli era preso? Era così divertente prenderla in giro? Era veramente incredibile quel ragazzo.

Rumiko saltava con lo sguardo dall'uno all'altra come fosse una partita di ping pong molto avvincente. Le cose stavano prendendo una piega decisamente inaspettata, e anche non molto bella. La cosa migliore comunque era non dire niente a Nobu, perché avventato com'era avrebbe sicuramente fatto qualche sciocchezza.

- Hai capito, non farmi ripetere una cosa tanto imbarazzante!!!!-, rispose lui sentendosi gli occhi dell'intero liceo addosso. Alcuni risero, alcuni rimasero pietrificati, fatto sta che gli studenti erano assaliti da uno stupore generale piuttosto spiacevole. Se la Matsumoto avesse detto di no a Nishikado, ci sarebbero andati loro per sotto, se la sarebbe presa sicuramente con gli studenti del liceo e dell'università.

- No, aspetta... mi stai prendendo in giro? Guarda che non è divertente.

Sentiva il viso in fiamme, malgrado la fredda pioggia le rendesse tutto il corpo piuttosto gelido, tanto da provocarle la pelle d'oca. Guardò Daiki negli occhi, anche il suo viso aveva preso un colorito purpureo.

Daiki scosse la testa.

- Mai possibile tu abbia la testa così dura? Sapevo fossi una zuccona, ma non fino a questo punto!!-, borbottò offeso.

- Ho la testa dura?! E ti sembra che non abbia una ragione per questo?! Praticamente tu ti sei comportato fino ad esso con odio, nei miei confronti. Per poco non mi facevi crepare sotto ad un camion, ed adesso? Adesso mi dici che ti piaccio? Ma non siamo stupidi, non ci casco così facilmente! Non capisco dove vuoi arrivare, voglio saperlo! Io amo... amo... sì... io amo un altro... lasciami in pace... -, finì quelle frasi con il capo basso.

Che diavolo gli era preso a Daiki Nishikado? Non era di certo da lui umiliarsi dicendo una cosa del genere, davanti a tutta la scuola poi. Perchè allora l'aveva fatto? Che fosse tutto vero?

- Credi ciò che vuoi... la cosa non mi tocca... tanto te lo assicuro, un giorno ti innamorerai di me!-, disse lui con uno strano luccichio negli occhi, sorridendo. Girò sui tacchi e se ne andò, lasciando le due sotto la pioggia, una con braccio e testa doloranti e l'altra del tutto sconvolta.

Roxy si voltò in direzione di Rumiko, che la guardava con quei suoi occhi incredibilmente azzurri.

- Per... per te... diceva sul serio?

La moretta fece spallucce. - Non ne ho la più pallida idea, e in questo momento non è la mia prima preoccupazione... muoviamoci ad andare negli spogliatoi della palestra e mettiamoci la tuta... con questi vestiti bagnati addosso e questo freddo rischiamo un malanno e io non posso permettermi di stare altri giorni a casa... ho bisogno del punteggio massimo alla fine di quest'anno se voglio diplomarmi l'anno prossimo con cento e lode. -, spiegò seriamente preoccupata per la sua media scolastica.

- Ti importa solo della tua media scolastica? E di me? Niente di niente? Non mi importa di ammalarmi, sono semplicemente frustata da questa storia. Ti rendi conto? Nishikado si è appena dichiarato a me, davanti a tutto l'istituto... -, domandò incredula l'azzurrina.

Rumiko la guardò.

- Vuoi sapere cosa ne penso?-, si alzò in tutto il suo metro e cinquantotto e guardò l'altra negli occhi, anche se dovette alzare il viso dato che Ritsuko era più alta di lei di parecchi centimetri. - E va bene te lo dico: quello é cotto stracotto e stracchino!!!-, disse decisa indicando la direzione dove si era allontanato il ragazzo. - E' proprio andato... partito completamente.

Roxy si lasciò cadere a terra, continuando a guardare fissa l'amica.

- Com'è potuto accadere? -, fece una lunga pausa, - E ora come farò a dirlo a Nobu? Accidenti...

Si portò una mano fra i capelli, con fare nervoso. In che cavolo di guaio si era cacciata. Che diavolo gli era preso a quel cretino? Con tutte le ragazze che gli ronzavano intorno perchè proprio lei? Cosa aveva di speciale? Le aveva sempre fatto tutti i dispetti possibili, anche prima di conoscere Rumiko. Non che si considerassero molto, ma gli scontri fra di loro di certo non erano mancati. Se n'era scordata, ma in quegli ultimi giorni, dopo l'avventura con lui in ascensore, le erano tornati in mente.

Un altro lampo illuminò il cielo, quando la campanella trillò. La pausa pranzo era terminata e cominciavano le attività pomeridiane. Le folle accalcatesi alle finestre si diradarono velocemente, così Rumiko poté inginocchiarsi accanto all'amica e parlarle sicura che nessuno li sentisse.

- Senti... io non so cosa abbia in mente... non so niente di niente... tuttavia credo sarebbe meglio non dire nulla a Nobu. Non per cattiveria, ma... lo sai com'è fatto, molto meglio di me che lo conosco da pochi giorni. Ti ama... farebbe di tutto per te.... ed é proprio ciò che mi preoccupa. Non vorrei venisse accecato dalla rabbia e commettesse qualche follia. Daiki Nishikado non è proprio il prototipo del bravo ragazzo, e se litigassero stai pur sicura che non sarebbe Nobu a spuntarla... Nishikado é pronto ad usare i mezzi più sporchi per averti... Nobu ha ancora il cuore di un bambino ingenuo... si farebbe solo del male... tienilo fuori da questa storia... é una cosa tra te, me e Nishikado... -, poi alzò lo sguardo verso l'edificio, -... e il resto della scuola... -, sussurrò seriamente preoccupata.

- No... tu non capisci... -, una lacrima le scese lungo la guancia, - Se non lo dico io a Nobu stai pur certa che ci penserà Daiki... sarebbe peggio ancora... farà di tutto pur di farci lasciare e farlo soffrire... non voglio...

Appoggiò la fronte sulle ginocchia, portate al petto. Aveva paura, terribilmente paura. Non voleva si incrinasse il rapporto con il suo ragazzo, ora che finalmente andava a gonfie vele. Aveva sognato di vivere con lui quei momenti da una vita, Nishikado non aveva diritto di portarglieli via. Nobu era la persona più importante della sua vita, quella che la faceva sentire sicura, protetta e completa.

Dopo un attimo di esitazione, Rumiko allungò una mano verso l'amica, appoggiandola sul suo capo, accarezzandole delicatamente i capelli. La rabbia che covava nel cuore da un po' aumentava sempre di più. Ancora non sapeva come la sua vita sarebbe cambiata da quel giorno in poi.

 

 

… continua…

 

Hello gente! Come vi va la vita? Speriamo bene. Ci spiace notare quanto siano calate le recensioni alla fic… ma dove siete finiti tutti? Sigh, sigh! :[ Confidiamo sia solo un periodo passeggero… vabbè, ringraziamo comunque chi continua a seguirci!

Shaida Black: Beh, l’importante è che Rumiko sia contenta e con qualcuno che la merita, no? Speriamo che per lei le cose non cadano troppo tragicamente (o almeno non più di così)! :D

 

Al prossimo chappo,

 

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 17

 

 

Correva a perdifiato per i corridoi, cercando le aule del primo anno. Si infiltrò nell'aula di Rumiko, ignorando il professore che ancora stava parlando. Ormai la campanella era suonata, se lui non sapeva tenere i tempi delle sue lezioni non erano affari suoi.

- Rumi, Rumi guarda! -, le passò sotto il naso dei bigliettini colorati di forma rettangolare, - Sono i biglietti del nostro primo concerto! Beh... è quello scolastico a dire il vero... ma mica male, no?! Abbiamo la possibilità di farci conoscere!

l professore si schiarì la voce e lanciò un'occhiataccia a Rumiko, che arrossì furiosamente. Si alzò, sorrise al professore e gli chiese il permesso di uscire un secondo. Trascinò per i capelli azzurrini l'amica e si richiuse la porta scorrevole alle spalle, con una potenza inaudita.

- MA SEI IMPAZZITA?-, gridò infuriata. Poi guardò i bigliettini che Ritsuko stava ancora facendo sventolare sotto il suo naso e ne acciuffò un paio. - MIO DIO E' MAGNIFICO! UN CONCERTO! COME AVETE FATTO? OH NON IMPORTA, VIENI QUI!!!-, allargò le braccia e abbracciò l'amica, entrambe prese da scosse di risatine intrattenibili. Scoppiarono insieme dopo poco in una grossa risata liberatoria, e stavano ancora ridendo quando il professore aprì la porta e le guardò truce.

- Deduco che non le interessi avere i crediti nella mia materia, vero signorina Matsumoto?-, sibilò guardando la moretta, che smise all'istante di ridere e si strinse nelle spalle, affranta, l'umore piombato improvvisamente sotto terra. Il professore non riservò loro nessuno sguardo aggiuntivo e si avviò verso la sala degli insegnanti. Rumiko si diede una grattatina alla testa. Beh, pazienza, sapeva come farsi perdonare, quel professore era un porco pedofilo che le stava dietro da quando aveva messo piede là dentro, bastava fargli gli occhi dolci e avrebbe passato su quello spiacevole incidente.

- Mi dispiace... -, farfugliò Roxy abbassando lo sguardo.

Passò una mano fra i capelli della moretta, spettinandola affettuosamente.

- Lascia perdere.... é solo un cretino... io comunque per oggi ho finito, non ho impegni con il comitato degli studenti per cui torno a casa... che fai, vieni con me?-, chiese tornando in classe e riponendo le sue cose nella cartella. Ritsuko la seguì e pensò sul da farsi.

- Pensavo di trovarmi con Nobu a dire il vero... sai, vorrebbe riprendere in mano la chitarra, lo scemo! -, rise di gusto.

Era bello vedere la passione del ragazzo per la musica, era tale quale alla sua. Pura ed intensa. Niente avrebbe fermato la loro voglia di suonare, nemmeno una ferita come quella del biondino.

- Perchè non vieni con me? Penso gli farebbe piacere vederti!

Rumiko avrebbe detto volentieri si, se non fosse per il piccolo particolare insignificante di nome Yamato. Se più tardi fossero andati alle prove ci sarebbe stato anche lui e non aveva la benché minima intenzione di vederlo.

- Oh... no... meglio di no... andrò a casa a studiare per recuperare la figuraccia di oggi con il professore... dovresti andare anche tu a studiare, hai ancora quattro insufficienze da recuperare e siamo agli sgoccioli... è metà febbraio, fra poco più di due settimane finirà l'anno e tu devi affrontare l'esame per il diploma.

- Lo so, lo so... ma in fin dei conti ultimamente le prove sono andate spesso a farsi benedire! Ho bisogno anche di tenermi in forma in campo musicale.

Una luce un po' triste le brillò negli occhi.

- Se non vuoi venire per Yama... sappi che oggi non c'è, ha una causa.

Ok, le aveva detto una balla, ma non poteva farne a meno. Yamato non ci sarebbe stato veramente, ma non per lavoro. Era andato da Aya, la donna che amava. Aveva deciso di chiederle di sposarlo, voleva metter su famiglia.

- Non è una cosa, è la mia cicci! Non è stupenda? Adoro troppo le sportive della Yamaha! (Pubblicità? Ma quando mai? ndSan) Poi di colore argento sono veramente da brivido! -, disse staccando il casco dalla catena, attaccata alla ruota anteriore del mezzo.

- Dai, vedrai che con qualche curva presa giusta, bella piegata, inizierai ad apprezzarla!

Sembrava veramente entusiasta della cosa, ma soprattutto estremamente convinta, cosa che faceva paura alla moretta, estremamente.

Solo salendo sulla... COSA, Rumiko sentì uno strano senso di nausea attanagliarle lo stomaco. Da perfetta cattolica quale era si fece il segno della croce e pregò tutti i santi esistenti perché la facessero sopravvivere a venti minuti di moto dietro l'amica confettina. Partirono e tutto ciò che accadde in quel tempo Rumiko non lo ricordava più quando scese dalla 'cosa'. Si sentiva frastornata, spossata e decisamente rassicurata ad essere tornata con i piedi per terra. Se non fosse stato poco igienico si sarebbe inginocchiata a terra ed avrebbe baciato l'asfalto.

- Allora che ne dici? Non è una bomba? -, chiese tutta entusiasta l'amica.

Rumiko preferì sviare la domanda e chiederle di entrare. Roxy sbuffò.

- Accidenti, oggi non ho portato il ricambio! -, lanciò un urletto, - No che palle, suonare con la divisa! Mi toccherà lavarla e tutto... e mi prenderanno in giro... uffa!

- Vabbè dai... scommetto che Nobu sarà contentissimo di vederti in divisa... -, si avvicinò un po' all'amica slacciandole il cravattino e aprendole i primi due bottoni. - Ecco. Così fa più casual e non ti prenderanno in giro!!!-, sorrise, dandole uno specchietto per aggiustarsi la matita sotto gli occhi un po' squagliata e sciogliersi i capelli, che da qualche giorno a quella parte Rumiko le costringeva a legare in una treccia. Tenerli così lunghi, sciolti, mossi, scompigliati e per di più blu e azzurri era contro almeno trenta regole della scuola.

- È quello che più mi fa paura... mi sento già i suoi "sei adorabile" nelle orecchie! Che schifezza!

Si passò una mano fra i capelli per ravviarli e guardò l'amica con una nota di tristezza. Relativa, perchè alla fine ricevere i complimenti da Nobu le faceva pure piacere.

Ridacchiarono ed insieme entrarono nel solito, piccolo, adorabile bar in cui solevano suonare. Era poco più tardi dell'ora di pranzo e a quell'ora il locale era praticamente vuoto. Ritsuko saltellò verso il bancone ordinando due bibite poi si avvicino a Nobu e Akito. Rumiko la seguì. Entrambe rimasero un po' perplesse osservando gli sguardi preoccupati dei due ragazzi. Ritsuko pensò che dovesse essere accaduto qualcosa di davvero brutto per impedire a Nobu di fare commenti sul suo look.

- Cosa... é ... successo?-, chiese Rumiko in un filo di voce. Nobu la guardò mordendosi il labbro inferiore, senza il coraggio di risponderle. Fu Akito a prendere parola.

- Si tratta di Yamato... era seduto poco fa in un tavolo poco lontano da qui con Aya... credo gliel'abbia chiesto... non so nulla di preciso so solo che lui si è alzato in preda alla rabbia, ha rovesciato un paio di tavoli e se ne è andato... con la mia macchina tra parentesi.-, spiegò con un sangue freddo impensabile da parte sua.

La moretta sentì il mondo cascarle addosso. Bene, gliel'aveva chiesto veramente alla fine. Gli stava bene se aveva ricevuto una risposta negativa, proprio bene. Così la prossima volta avrebbe imparato a cercare una tutta culo e tette! Ritsuko guardò con un pizzico di terrore la moretta. Sembrava avvolta da un incendio, ma non di rabbia, di piacere. Forse anche a lei la vendetta piaceva assai. Akito le domandò se ne avesse voluto parlare, ma lei con un sorriso negò il tutto. Per lei il discorso era chiuso, non c'era proprio niente da dire.

- Ehm... -, provò Roxy, non sapendo di preciso cosa dire.

Rumiko riservò un sorriso anche all’amica, ma poi su presa da una voglia di piangere troppo forte per resistere. Si asciugò prontamente gli occhi e guardò i tre.

- Sapete teoricamente dove potrebbe essere andato?-, chiese in un soffio, senza quasi rendersi conto di cosa stava per fare.

- Anche a saperlo non credo sia una buona idea tu vada da lui... -, le disse serio Akito, pensando alla possibile reazione del ragazzo.

Per la piccola Rumiko sarebbe potuto diventare pericoloso. Sicuramente Yamato si era preso una sbronza di quelle toste e, dato il suo umore, sarebbe potuto diventare violento. Roxy guardò di sfuggita Nobu, che ancora stava in piedi.

- E tu siediti, non vogliamo due componenti del gruppo moribondi!

Prese il casco che aveva appoggiato su di un tavolo lì affianco.

- Vado a cercarlo io...

Rumiko fermò l'amica strattonandola per il braccio.

- Ci vado io, dammi le chiavi!-, allungò una mano verso quella in cui Ritsuko aveva le chiavi della moto.

Il viso di Roxy fece fatica a trattenere l'espressione seria e il tutto si trasformò in una strana smorfia.

- Pfff... non dire sciocchezze. Non hai la patente, hai paure delle moto e non sai guidarle!

Rumiko si morse il labbro inferiore.

- Bene... molto bene... andate al diavolo!!!-, sbottò acida. Prese la giacca che aveva già riposto sull'attaccapanni, uscì dal locale e si avviò verso il primo posto che le era venuto in mente, la sponda del fiume di cui gli aveva parlato Yamato dicendo che lui, Akito e Nobu quando avevano problemi andavano sempre lì a pensare, da soli.

Roxy scosse la testa. Che aveva fatto di male, aveva solo detto la verità!

- Antipatica... -, sbuffò, prendendosi uno scappellotto da Akito.

- Invece di criticarla, fermala! Sai che Yamato se beve ed è incazzato diventa violento!

Nobu scosse il capo.

- Lasciala andare... credo sia l'unica che possa calmarlo.. -, disse semplicemnte. Si sedette su uno sgabello, prese la chitarra e cominciò a strimpellare qualche nota scompagnata, per riabituarsi a sforzare un po' il braccio che era stato ferito.

Akito, preso il suo giubbotto, si fiondò fuori dal locale.

- La seguirò a debita distanza, meglio andare tranquilli. Non voglio giustificarmi con sua madre perché la figlia è stata malmenata dal nostro batterista! Poi la riaccompagno a casa!

- Ah, ora capisco qual'era il tuo obiettivo... -, rise Roxy.

Nobu sospirò. Akito era proprio un cretino.

 

***

 

Si guardò intorno, a destra, a sinistra, avanti, ma di Yamato non c'era traccia. Così decise di camminare ancora un po', non sapendo bene quale fosse la sponda giusta, sapeva solo che più o meno quello era il luogo, dato che le aveva accennato si trovasse accanto al ponticello dove spesso si fermava un gruppetto di tre persone che facevano musica di strada. Sbuffò. Ma come le era venuto in mente di andare a cercarlo? Yamato non era più affar suo. Beh, era inutile mentire a se stessa. Lo amava troppo per ignorare il fatto che lui in quel momento stava soffrendo per una stupida demente senza cervello.

Aguzzò un poco l'udito, le sembrava di sentire un suono, no... una melodia. Era il suono di un'armonica. Si fermò ad ascoltarla, le dava la sensazione di essere cullata da essa. Si guardò in giro, cercando il luogo di provenienza quando vide una familiare testa bionda. Le piaceva quella melodia, così si avvicinò piano. Non voleva smettesse di suonare. Si sedette accanto a Yamato, che la vide, ma la cosa quasi non lo toccò. La guardò un secondo, poi riprese a suonare. Aveva gli occhi rossi e l'aria decisamente strana. Quella non era la sua solita espressione. Era sicuramente arrabbiato, triste, amareggiato, piuttosto depresso e quasi certamente aveva bevuto come una spugna, si disse guardando cinque o sei bottiglie di non voleva sapere cosa, sparse alla rinfusa sull'erba umida.

Ne prese un paio, una di birra e una di un liquore che non aveva mai sentito nominare, ma che doveva essere molto pesante, da quel che aveva letto negli ingredienti. Lo guardò. Che strazio vederlo ridursi così per un'infermierina da tre soldi. Tre, neanche quattro. Solo tre! Se non due... Ma cosa stava pensando?

Il ragazzo smise di suonare e prese un sorso di una bottiglia sfuggita dalla vista di Rumiko, ancora mezza piena.

- Vuoi un sorso? -, le domandò lui, totalmente indifferente.

La ragazza fece una smorfia di disgusto. Lui era ridotto male, ma il suo alito era anche peggio. Prese con disgusto la bottiglia in mano, facendo segno di sì con la testa. Odorò il contenuto della bevanda e per poco non rigettò tutto quello che aveva nello stomaco. Grappa, decisamente disgustosa. Rovesciò il contenuto nel prato, assumendo un'espressione seria. Doveva reagire, non lasciarsi distruggere da quella sgualdrina. Yamato la guardò truce, lo sguardo più freddo di un intero ghiacciato.

- Ma che vuoi? L'ho pagata quella! Era pure di qualità, accidenti a te! Che mocciosa impertinente! -, la maledisse, ma il tono della sua voce faceva intendere pienamente quanto fosse sconnesso.

Rumiko scosse la testa. - Mi fai proprio pena... -, disse convinta, sperando non la ammazzasse di botte, ridotto com'era sarebbe stato capace di farle qualcosa di molto brutto senza rendersene conto.

- Grazie per avermelo fatto notare, lo sapevo già senza che me lo dicessi e sono d'accordo con te... sono penoso... manco tenermi stretta una donna so fare! -, prese a ridere a crepapelle, mentre le lacrime gli scendevano insistentemente lungo tutto il viso, manco fosse un fiume in piena.

Si sdraiò sul prato, prendendo ad osservare lo scorrere dell'acqua.

- In questo momento mi ci tufferei dentro volentieri...

Rumiko si portò prontamente una mano su una guancia, asciugandosi una lacrima fuggiasca che non era riuscita a ricacciare indietro. Con non chalance si portò sopra Yamato, cosa che lo fece trasalire. Gli diede un piccolo buffetto sul volto.

- Se tu solo volessi ce l'avresti una donna da tenere stretta... l'unico problema è che ti sei innamorato di una persona che non ti merita...-, spiegò pacata, guardandolo dritto negli occhi.

- Vuol dire che sono un cretino. Che ti devo dire? -, disse facendola scostare.

Schiacciandogli lo stomaco rischiava di fargli vomitare l'anima.

Rumiko si passò una mano tra i capelli. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia portate al petto, e il volto sulle mani, sbuffando.

- Come diamine hai fatto a scolarti sei bottiglie e mezza a quest'ora del pomeriggio?-, chiese tentando di farlo smuovere un po'.

-  È roba buona. -, si giustificò lui.

Riprese a suonare l'armonica, tentando di distrarre il pensiero dal suo corpo, che in quel momento lo stava assai tradendo. Sarebbe stato malissimo nelle ore successive, ne era certo.

- Non è roba buona... è roba che ti spacca il fegato... -, fece lei stancamente. Prese le bottiglie e fece per alzarsi e andarle a buttare in un cestio della spazzatura poco lontano, ma lui la fermò, facendola cadere all'indietro, alcune bottiglie si infransero con l'impatto a terra. Lei si ritrovò sotto di lui.

- Ya... Yamato... cosa c'è?-, chiese terrorizzata, anche se la sensazione che provava stando così vicino a lui era piacevole.

- Non andare via... resta qui... non voglio essere abbandonato di nuovo... -, disse stringendola forte a sé.

Nascose il viso nell'incavo tra il collo e la spalla di lei, scosso da terribili singhiozzi. Ok, era veramente ridotto male per farsi vedere piangere da una ragazza, per di più se si trattava di Rumiko.

Le fece una tenerezza inaudita. Sapeva che non doveva assecondare i suoi capricci, ridotto com'era. Ma proprio perché era ridotto in quello stato, con il cuore infranto, alla pari di uno straccio, decise di stare vicino a lui fin quando non si fosse ripreso almeno un po'. Lo strinse forte, accarezzandogli i capelli.

- Io non ti abbandonerò mai, Yamato. Non vedo il motivo per cui dovrei allontanarmi dalla persona che amo... -, sussurrò con gli occhi chiusi, continuando a passare le mani tra i capelli del giovane uomo.

Sentì il peso di Yamato schiacciarla sempre di più. Lo guardò preoccupata avesse avuto un collasso, invece si era semplicemente addormentato, come un bimbo piccolo fra le braccia della mamma.

Trattenne una risata, per paura di svegliarlo. Certo che faceva proprio un grande effetto agli uomini, lei. Con un po' di forza lo girò, facendolo stendere sul prato. Si alzò a sedere e sospirò. Qualcuno si sedette accanto a lei. Era Akito, per cui riservò un'occhiataccia. Da quando ci provava con sua madre lo odiava dal profondo del cuore.

- Che vuoi?-, chiese, rozza.

- Ehy... sei veramente uno zucchero! -, le fece notare contrariato. - Volevo solo ringraziarti di averlo calmato e portarmelo a casa.

Fece per alzarsi per caricare in spalla Yamato, ma ricadde a terra trattenuto dalla moretta.

Akito sorrise malizioso.

- Sola con due uomini in una casa che non è tua? Ti fidi così tanto? -, guardò la ragazza deglutire, - Lascia perdere...

Rumiko si erse in tutta la sua altezza e gli mollò un calcio, facendolo ululare tenendosi il ginocchio dolorante.

- TU-ORA-FARAI-COME-TI-DICO-IO-SENNÒ-COL-CAVOLO-CHE-TI-FACCIO-RIVEDERE-MIA-MADRE!!!-, disse a denti stretti, decisamente infuriata.

Akito la bloccò per i polsi.

- Se io voglio vedere tua madre non sono affari che ti riguardano e, oltretutto, non ho bisogno del tuo permesso! Fatti gli affaracci tuoi, che mocciosa!

Le diede una leggera spinta facendola cadere all'indietro, si caricò Yamato sulle spalle e si avviò in direzione della propria casa.

Rumiko si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere le lacrime. Lei voleva solo stare con Yamato, perché tutti glielo impedivano? Si alzò asciugandosi gli occhi con una manica della camicia della divisa, trattenendo dei singulti. La vita era così ingiusta...

 

***

 

Roxy tamburellava nervosamente sul tavolo. Doveva dirglielo, ma non ce la faceva. Tra di loro era calato uno strano silenzio e Nobu la fissava insistentemente, con fare sospetto.

- Ehm... se no come ti senti?

Nobu alzò un sopracciglio.

- Ok... sto bene... dimmi tu invece cosa ti senti, perché sei strana... e non venirmi a dire che non è vero perché non ti credo, ti conosco come le mie tasche.

- Eh, ma no... sono solo preoccupata per la tua salute... e per Yamato sì... ne sono successe di cose strane ultimamente, no? -, abbassò lo sguardo, sapendo di non passarla liscia tanto facilmente.

Nobu si alzò, fece il giro del tavolo e dopo averla fatta alzare si sedette al suo posto, facendola adagiare sulle sue gambe. La strinse forte fra le sue braccia, dandole un bacio sul collo. Roxy si girò un pochino in modo da poterlo vedere negli occhi, gli circondò il collo con le braccia.

- Si tratta di... Daiki, uno dei fratelli Nishikado...

Nobu al suono di quel nome assunse uno sguardo truce.

- Ti ha fatto qualcosa? Giuro che lo ammazzo, quello... -, sibilò cattivo. Odiava i Nishikado per averlo fatto picchiare, li odiava perché trattavano male Ritsuko e perseguitavano la piccola Rumiko. Non aveva la minima idea di quanto fossero cambiate le cose nel periodo in cui era stato ricoverato all'ospedale.

- No... non mi ha fatto niente... non scaldarti subito... -, Si allontanò un pochino da lui per poterlo guardare attentamente negli occhi. - Almeno... se così si può dire... lui... ehm... ecco...

Fece roteare lo sguardo, volgendolo in direzione della porta del locale.

Nobu le prese il viso tra le mani, facendola girare verso di lui. Le diede un piccolo bacio a fior di labbra.

- Piccolina, ma da quando hai paura di dirmi qualcosa? Dai, cosa é successo? Lo sai che puoi dirmi tutto...-, sussurrò dolcemente, stringendola forte a sé.

- Perchè tu non immagini nemmeno che cavolo gli è passato per la testa a quello! -, sentì le lacrime pungerle gli occhi, -Dannazione quello si è dichiarato, ha giurato che un giorno mi innamorerò di lui, è pazzo! Non oso nemmeno immaginare cosa combinerà pur di metterci i bastoni fra le ruote!

Sospirò esasperata. Gliel'aveva detto nel modo sbagliato, ora sarebbero stati cavoli amari, accidenti.

Nobu la guardò un paio di secondi, sbattendo le palpebre, come se il suo cervello stesse ancora incamerando le informazioni inviategli dalla ragazza. Finito il lungo procedimento, il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata.

- Dichia.... ahahha... Nishikahahahahh.... bastoni fra le ruohohohohohoh.... innamorerai di luihihihihihihihih....

Una gocciolina si formò sulla testa di Ritsuko. Ma era stupido o cosa? Non aveva capito o faceva solo finta di non aver capito?

- Nobu! Sono seria... chiedi a chiunque del mio liceo o dell'università adiacente! Chiedi a Rumiko! Dannazione... io non volevo credergli, credevo fosse un bluff... -, abbassò lo sguardo, - ... ma a quanto pare mi sbagliavo.

Scese dalle gambe di Nobu, si fece dare dal vecchio Asano una birra e iniziò a prenderne abbondanti sorsi.

Nobu la osservò, cinico, incredulo. Era impossibile. Dopo tutto quello che le aveva combinato, le si dichiarava? Che mongoplettico patentato.

- Io non so cosa stia succedendo... il mondo ha cominciato a girare al contrario... prima Akito mi ha raccontato di essere cotto della signora Azuki... poi ieri Yamato mi ha detto che avrebbe chiesto alla sua ex di sposarlo... poi di nuovo Akito che mi dice che Daisuke Nishikado è innamorato di Rumiko... e ora questo? Ma che diamine sta succedendo?

- Non chiederlo a me... quella volta in ascensore mi ero convinta fosse diverso... ma poi dopo mi sono resa conto che era solo un viscido verme come credevo... comincio a credere soffra di doppia personalità quello! Anzi, che cavolo dico, quello è il suo carattere di merda! -, prese un altro sorso mentre il ragazzo la guardava incredula.

Ascensore? Daiki? Ma che diavolo... non gli aveva mai detto una roba simile.

- Di che ascensore stai parlando?-, chiese mentre il sangue cominciava a ribollire nelle sue vene. Ritsuko gli mentiva. Forse era una bugiarda. Lo ingannava. Come poteva avergli tenute nascoste tutte quelle cose? La guardò infuriato, mentre la prima crepa si formava nel loro rapporto

 

… continua…

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 18

 

 

Aeroporto di Tokyo.

Ore 14.30.

Diversi ragazzi si voltarono al passaggio di una deliziosa biondina, che tanto sapeva di bambola. I soffici capelli boccolosi erano tenuti fermi da un nastrino, che le faceva da cerchietto. Vestiva tutta elegante; maniche a sbuffo, pizzi e fiocchetti, con tanto di calze autoreggenti ben messe in mostra e fiocchi ai polsi e al collo, formavano il suo particolare look. Gli occhi, ben truccati, di un grigio impressionante. Un colore freddo, che però risultava estremamente caldo, data la luce giocosa che le faceva brillare gli occhi. Il fisico era piuttosto esile, ma ciò non toglieva che aveva della curve da far girare la testa a qualsiasi uomo. Si guardò intorno sorridente, una volta arrivata all'uscita.

- Finalmente sono tornata... -, rise cristallina.

 

***

 

Nobu continuava a guardare Ritsuko, con fare indagatore. La ragazza non accennava a rispondere. Perché tutto quel mistero? Doveva forse sospettare che anche lei provava qualcosa per Daiki Nishikado?
- Il black out... ecco... non te l'avevo detto per non darti pensiero, già che eri in ospedale per colpa sua... -, tentò di giustificarsi, aiutata dall'alcool che ormai le scorreva nel sangue.
Poggiò la bottiglia sul bancone, facendosene dare immediatamente un'altra.
- Mi ha aiutata quando mi sono sentita male, tutto qui...
Tutto lì? Come faceva a dire tutto lì? Le aveva nascosto che era rimasta insieme ad un altro uomo, non uno qualunque oltretutto, per tutto quel tempo in un microscopico spazio, dove chissà cosa le aveva fatto.
- Sei... sei veramente... oh non so nemmeno io cosa sei... so solo che se becco Nishikado gli spacco il naso!-, disse agitando un pugno in aria, furiosamente. Perché gliel'aveva tenuto nascosto? Cosa c'era sotto? Non riusciva proprio a capire il comportamento di Ritsuko, fatto stava che era comunque furioso. Arrabbiato con lei, con lui e con se stesso per aver permesso accadesse una cosa del genere. Ora poteva anche capire perché Nishikado l'aveva fatto picchiare quel giorno, dopo che lui e Ritsuko avevano avuto una piccola discussione riguardo i loro sentimenti. Se Daiki Nishikado era davvero innamorato di Ritsuko come sosteneva, allora lui, Nobu, doveva essere un grosso ostacolo, e avrebbe fatto di tutto per separarlo dalla sua amata Roxy. Ma non l'avrebbe permesso. Si avvicinò al confetto azzurro, strappandole la bottiglia da cui stava avidamente bevendo una sorsata di birra. La prese tra le sue braccia, baciandole i capelli azzurri, la fronte, le gote, il nasino e infine le dolci, rosse, labbra carnose.
Roxy ricambiò il suo bacio con passione, quando si sentì spingere via con violenza dal ragazzo e finì a terra, picchiando le natiche a terra.
- Che diav...
Si interruppe immediatamente, quando vide una ragazza tutta frou-frou baciare Nobu, anche lui disteso a terra, sulle labbra.
- Nobuccio, amore! Finalmente sono tornata qui, tutta per te! Ti farò da infermierina, così quella brutta feritaccia se ne andrà subito, subito!

Ritsuko sentì il suo cuore andare in frantumi. Chi diavolo era quella? Come faceva a conoscere Nobu? Lui... l'aveva tradita?!
Nobu la spinse via, urlando spaventato.- AHHHH BRUTTA PAZZA CHE CI FAI QUI? NESSUNO TI VUOLE, VATTENE!!!!-, il suo sguardo poi schizzò su Ritsuko, che aveva gli occhi verdi pieni di lacrime di rabbia. - NO... no Roxy... amore... calma... non è come credi... questa qui è solo una stupida... ignorala... io amo solo te, lo sai!!

- Ma che dici tesoro? Sei sempre stato l'amore della mia vita, mi hai detto che mi ami da morire solo stamattina! -, piagnucolò la biondina, stringendosi forte a lui. - Cattivone, non devi tradirmi così!

Nobu tentò di staccarsela invano, mentre guardava Ritusko maledirlo, dargli dello stronzo ed uscire dal locale come una furia.

Nobu sospirò. Ci mancava solo quella piaga vivente, ora.

 

***

 

Vide Akito uscire dal cancello della villetta dove Yamato abitava da solo, diretto alla farmacia. La più vicina distava almeno mezz'ora a piedi. Perfetto. Aveva tutto il tempo di trovare un modo per entrare e raggiungere l'avvocato.
Si avvicinò al citofono con non chalance e provò a bussare, ma nessuno rispose. Yamato stava ancora dormendo. Il cancello era aperto, così entrò e lo richiuse. Ora il problema era entrare in casa. La porta era chiusa, ed era anche inutile provare ad aprirla essendo blindata. Fece un giro per il grande cortile, arrivando nel retro della costruzione. Sorrise, vedendo una piccola scalinata dove in cima era situata una porticina. Adorava le villette, mai che fossero sprovviste di porta sul retro! Salì entusiasta la scalinata e aprì la porta, o almeno ci tentò. Maledisse Yamato per ricordarsi sempre e comunque di chiudere tutte le porte di casa. Si sedette su di uno scalino, sconsolata. E ora come avrebbe fatto? Il suo sguardo incrociò una finestrella aperta. Perfetto, doveva solo riuscire a raggiungere la tettoia e sarebbe stata dentro!
Il problema era raggiungerla la finestrella!!! Vide poco più in là nel cortile una vecchia scala di legno. Era proprio il suo giorno fortunato. Prese la scala, così pesante che quasi non la fece cadere indietro sotto il suo dolce peso, e la posizionò sotto la finestra. Chiuse gli occhi, facendo il segno della croce. Odiava salire quelle scale così instabili. E poi soffriva di vertigini!!! Ogni scalino che saliva si sentiva sempre più tremante. La scala traballava incredibilmente, non era stabile. Aveva una paura immonda. Arrivò, infine, all'ultimo scalino. Fece appena in tempo ad arrampicarsi sul tetto che la scala cadde a terra, provocando un tonfo.

Ancora una volta ringraziò Dio per esserle stato vicino. Si aggrappò bene alla grondaia, per paura di cadere e si avvicinò alla finestra. La aprì del tutto, soddisfatta ed entrò in una camera che fu deliziata nello scoprire fosse proprio la camera da letto di Yamato, dove in quel momento il ragazzo riposava, sdraiato su un letto di una piazza e mezza. Si sedette accanto a lui. Era sudato, per via della sbornia, e i capelli bagnati erano appiccicati alla fronte. Gli spostò un paio di ciocche indietro, sorridendo. Sembrava un bimbo indifeso, in quel momento. Lui si mosse un po', e aprì gli occhi. Si era svegliato.

- Oh... mi dispiace... non volevo svegliarti... -, disse, seriamente dispiaciuta. Sperava non si arrabbiasse con lei.

Il giovane uomo rimuginò un pochino, voltandosi su di un lato e rivolgendo la schiena verso Rumiko. Richiuse gli occhi, tentando di riprendere sonno. Non capiva più nulla, nemmeno si era reso conto della sua presenza.

Rumiko sospirò. Doveva essere ancora parecchio brillo. Guardò l'orologio: erano le tre e nessuno di loro, Akito compreso, aveva pranzato. Forse avrebbe dovuto permettersi di preparare qualcosina, nonostante non fosse questa grande cuoca e quando pasticciava in cucina succedevano sempre guai. Beh, pazienza, aveva una voglia matta di cucinare a casa di Yamato, si sarebbe sentita come una felice mogliettina. Uscì dalla stanza, chiudendo la porta e scese due rampe di scale, arrivando al pian terreno. Quella villa era immensa, proprio la casa dei suoi sogni. Prima di diventare avvocato, Yamato aveva dovuto avere comunque una famiglia benestante alle spalle che lo sosteneva finanziariamente. Entrò nell'immensa cucina, grande almeno quattro volte quella di casa sua. Aprì il frigo e fu contenta di vedere parecchia carne e verdure fresche. Questo era un bene, avrebbe potuto preparare qualcosa di sostanzioso.

Mise il grembiule e iniziò a trafficare ai fornelli, quando si sentì cingere la vita. Le vennero scostati i capelli e piazzato un bacio sul collo. Bacio... piuttosto un succhiotto. Si voltò di scatto, guardando perplessa il biondino che stava dietro di lei. Yamato era lì, che la osservava

- Ah... ciao... ehm... scusa se non ti ho chiesto il permesso, ma pensavo che ti saresti svegliato affamato!!!-, disse tentando di cancellare la sensazione di eccitazione che le era scoppiata in corpo a quel contatto.

- Sì ho fame... ma di te, non di cibo... -, scherzò lui, anche se in parte era serio.

Rumiko lo guardò accigliata.

- Yamato... credo ci sia un malinteso... fatti passare presto questa sbornia, stai prendendo un granchio... io non sono Aya... -, spiegò, posando il coltello con cui stava tagliando le verdure sul tagliere. Che odio. Ora la scambiava anche per quell'oca. Beh, in effetti si assomigliavano molto, avevano gli stessi lineamenti e la stessa presenza fisica, con la differenza che Aya era castana con gli occhi castani ed aveva tre taglie in più di reggiseno.

Il ragazzo rise di gusto, poggiandole le mani sul fianco e lasciando scivolare la mano sul suo sedere, al che Rumiko lasciò cadere il coltello. Rimase pietrificata da quel gesto. Con l'altra mano scivolò sotto la sua camicetta, arrivando a toccarle il seno.

- Sì, va bene... va bene... mia stupenda donna sexy. Che ne dici se lasciamo perdere il pranzo e facciamo qualcos'altro? -, domandò scostando il tagliere e gli ingredienti, prendendo in braccio la ragazza e facendola sedere sul bancone.

Lei cercò di allontanarlo, un paio di volte. Dio, ma da quando Yamato era così forte? Non riusciva a spostarlo di neanche mezzo centimetro.

- Yamato... smettila... non sono Aya!!!-, tentò di dire, prima che lui la travolgesse in un bacio che di casto e puro non aveva niente.

Le sue guance assunsero un colore rosso fuoco, mentre lui le faceva scivolare una mano lungo la gamba, fino ad arrivare a toccare un lembo della gonna. La sollevò un pochino e continuò la sua corsa fino ad arrivare alla coscia. Levò la mano e la fece sdraiare, portandosi sopra di lei.

- Non ti eccita? Rifare l'amore qui sopra... come la prima volta...

La moretta strabuzzò gli occhi, allibita. L'amore? Là sopra? Con Aya? Ma beeene... era proprio fuso.

Il cuore le batteva così velocemente che per un attimo temette potesse scoppiarle in petto. Tentò ancora di spingerlo via, scoppiando a piangere. Lui aveva fatto l'amore con Aya. Che stupida che era stata a pensare di poter prendere il suo posto. Ma perché questo l'aveva sconcertata così tanto? Era ovvio l'avessero fatto. Erano entrambi adulti e vaccinati e lei... e lei era solo una stupida innamorata della persona sbagliata. - Yamato... basta... -, sussurrò mentre la mano si lui si insinuava sotto gli slip. - Yamato smettila... FERMATI, SONO RUMIKO!!!-, gridò poi con una rabbia che non sapeva di covare dentro di sé.

- Rumiko? Amore, ma che stai dicendo? -, chiese lui guardandola sconcertato.

Le diede un bacio a fior di labbra, accarezzandole una guancia.

- Se non vuoi lasciamo perdere... sarà per un'altra volta, ok?

Rumiko serrò le labbra e gli diede uno schiaffo.

- Brutto stupido... amore un corno... apri gli occhi e guardami bene... ti dice niente che ho gli occhiali, i capelli neri e gli occhi azzurri ed ho tre taglie di reggiseno in meno?-, commentò acida, con un pizzico di ironia.

Yamato si portò le mani alla testa, scendendo dal bancone e lasciandosi scivolare a terra.

- Aya... amore... dove sei... perchè mi hai lasciato? -, iniziò a scuotere la testa, senza lasciarla andare, mentre iniziava a piangere, - Ti amo... ti amo... non dovevi andare da quello, non da Kaito...

- Era il mio migliore amico... e me l'ha portata via... la mia piccola Aya... la mia bellissima Aya... -, parlava sconnesso e Rumiko capì che, ora come ora, non poteva farci nulla.

Vide una macchinetta del caffé, iniziò a prepararlo e cercò dei biscotti. Attendendo che fosse pronto fece accomodare Yamato sul grande divano di pelle del salotto. Non era molto esperta di sbronze, ma sapeva che il caffé risanava un poco, ma soprattutto cose tipo pane e biscotti asciugavano lo stomaco, in modo da ridurre il tasso alcolico.

Preparato il caffé decise di zuccherarlo poco. Più amaro era e prima faceva effetto. Prese il vassoio con le tazze e i biscotti e andò a sedersi accanto a lui, posandoli tutto sul tavolino e dandogli una tazzina.

- Bevi... ti farà bene... -, farfugliò senza troppa convinzione.

- No... -, prese a fare i capricci lui.

In quel momento aveva una nausea terribile e l'ultima cosa che proprio gli andava di fare era mangiare e bere. Voleva solo dormire e... dimenticare.

La ragazza non insisté più di tanto. Quando se la sarebbe sentita, l'avrebbe bevuto da solo. Prese due cuscini e glieli mise dietro la schiena per farlo stare più comodo.

- Allora... cosa é successo?-, chiese fredda. Sapeva di mancare di tatto, ma prima affrontava la cosa e prima sarebbe guarito da quella depressione.

Yamato prese a ridere.

- Le ho chiesto di sposarmi e lei ha detto che fra due mesi si sarebbe unita in matrimonio con il mio migliore amico dei tempi dell'università. Non è buffo? È strano vedere come le persone ti raggirano facilmente!

Rumiko sospirò. Vederlo ridere in quel modo così isterico e sprezzante le faceva ancora più male. Prese una sua mano e la strinse, sperando si calmasse.

- Mi dispiace ti sia successo tutto questo... vorrei poterti aiutare... posso fare qualcosa?-, chiese speranzosa.

- Per favore... lasciami solo... -, chiese lui tornando improvvisamente serio. - Voglio solo rimanere solo...

Rumiko annuì.

- Si... certo... scusa... hai ragione... -, si alzò, lasciando che i capelli ricadessero sul viso per nascondere le lacrime e tornò in cucina. Tolse il grembiule, spense i fornelli e andò verso l'ingresso dove poco prima di cucinare aveva posato la sua giacca.

Si fermò, però, quando la voce di Yamato la bloccò. Si trovava ancora in salotto, ma la voce era chiara e limpida.

- Rumiko... ti ringrazio dell'aiuto e... scusami, per quello che ho fatto... ci vediamo presto, forse.

Rumiko non rispose. Non era il caso. Si erano detti tutto. Era buffo come prima le avesse chiesto di non abbandonarlo e ora la medaglia si era capovolta. Le aveva chiesto di lasciarlo solo. Non aveva bisogno di lei. Aprì la porta e la richiuse con un tonfo sonoro, infuriata. Lo odiava. Però lo amava. Era possibile odiare e amare un persona nello stesso momento?

Fu con quello stato d'animo che si sedette sulle scalinate dell'ingresso della villa, sotto la pioggia battente che sembrava riapparire con il suo umore. Più era triste e più pioveva. Che buffo...

 

***

 

Piangeva, piangeva come una bambina piccola. Anzi peggio. Era viziata e capricciosa e lui proprio non la reggeva più, come mai non era riuscita a fare. Maledì i suoi  genitori, sicuramente artefici della notizia alla cugina. La biondina boccolosa era attaccata a lui peggio di una ventosa e non accennava a staccarsi.

- Perchè Nobuccio? Dopo tutto il viaggio che ho fatto tu mi respingi così?

Ecco. Questo era uno dei suoi lati peggiori. Era una vittima o, per meglio dire, amava far sentire in colpa la gente. Era una brava attrice, non ne poteva dubitare, ma la schifava proprio per questo. Era falsa. Terribilmente falsa.

- Ashley... prima di tutto staccati, sei peggio di una sanguisuga... solo che anziché il sangue tu mi succhi via le energie!!! E poi... come hai osato dire certe sciocchezze di fronte alla mia ragazza? -, la spinse via e si alzò, spolverandosi i vestiti. Affidò la chitarra ad Asano ed uscì per cercare Roxy. Ovviamente pioveva, poteva mai essere il contrario? Ashley lo seguì ed aprì un grazioso ombrellino tutto fiocchi nastri e merletti, di un rosa pallido. Nobu si schiaffò una mano in fronte. Preferiva andarsene sotto la pioggia piuttosto che sotto quel... quel... quel robo nauseabondo.

- Tesoro, vieni sotto il mio ombrellino, altrimenti ti prenderai il raffreddore bagnandoti tutto! -, sorrise a 918273645 denti.

Lo incitò con un gesto della mano.

- Se ti ammali dopo non potrai più uscire di casa per un pezzo, e io voglio avere qualche appuntamento con te! Potremmo andare al Luna Park, al Karaoke... dove preferisci tu!

Nobu la ignorò e riprese a camminare in direzione del condominio dove abitava Ritsuko, distante parecchio dal locale. Dove poteva essere andata altrimenti? Sperava solo non facesse qualche incontro spiacevole.

La biondina gli si attaccò al braccio, sprizzando allegria da tutti i pori.

- Oh, non preoccuparti, sarà andata dal suo ragazzo, amore. Oppure a casa... uhm... no, non lo so e non mi interessa! -, sorrise radiosa. - Andiamo un po' da te? Così ne approfitto per salutare i tuoi, visto che mi hanno gentilmente invitata a stare da voi!

Nobu strabuzzò gli occhi e la guardò come fosse un aliena. A casa sua? E per quanto? Si portò le mani ai capelli e urlò un assordante "NOOOOOOOOOOOO!", incurante di quelli che passavano e lo prendevano per pazzo.

- Lo so che ne sei felice! Anche io lo sono! -, si alzò sulla punta delle scarpe che, malgrado l'alta zeppa, ancora non le facevano raggiungere l'altezza del ragazzo. Gli diede un bacio a fior di labbra e prese a giocare con i suoi capelli ingellati.

Lui la spinse via.

- LUNGI DA ME! NON TOCCARMI! GIURO CHE SE MI FAI LITIGARE CON ROXY TI SPEDISCO ALL'INFERNO A CALCI!!!-, sbottò irritato. Corse via, lasciandola sola.

Lei sorrise, ma non aveva più quell'espressione dolce.

- Vedremo mio caro Nobu... vedremo per quanto tempo preferirai lei a me.

 

***

 

Stava correndo a perdifiato per le vie della città, senza meta. La vista era accecata dalle lacrime, come avrebbe potuto sapere dove andava? Le faceva male il petto, il cuore per la precisione. La persona di cui più si fidava al mondo l'aveva tradita deliberatamente. Stranamente non si accorse di essere tornata nel parco di qualche sera prima. Si sedette sotto lo stesso albero e pianse tutte le sue lacrime. Perché Nobu le aveva fatto questo? E lei che si era persino preoccupata di dirgli di Nishikado... non meritava nulla, NULLA! Alzò lo sguardo, incrociandolo con i rami e la folta chioma dell'albero. Il suo sguardo fu catturato da qualcosa che si muoveva. Due scoiattoli, prima giocosi fra di loro, che rientravano veloci nella tana, per proteggersi dal freddo dell'inverno. Pensò fosse un miracolo vederli, in genere in quel periodo la maggior parte erano ancora in letargo.

Si appoggiò con la schiena al tronco dell'albero e chiuse gli occhi, afflitta. Perché non poteva esserci un solo fottutissimo giorno in cui tutto filava liscio? Perché doveva sempre andarle storto qualcosa?

Sentì dei passi avvicinarsi e alzò lo sguardo, sorpresa. L'unica persona che non voleva vedere era davanti a lei in tutto il suo metro e ottantacinque di altezza, che sovrastava i suoi pensieri come un dittatore indiscusso.

- Vattene. -, gli ordinò voltando lo sguardo.

Strinse i pugni fino a farsi male. Era anche colpa di Nishikado se si trovava in quella situazione. Il ragazzo la ignorò e si sedette accanto a lei. Roxy fece uno scatto, spingendolo via con tutta la forza che aveva in corpo.

- Sparisci!

Lui gettò via l'ombrello, gli era solo di impiccio. La guardò come un cucciolo bastonato. Cosa poteva esserle successo?

- Matsumoto... guardati sei distrutta... cosa ti è accaduto? Giuro che se c'entra quel Nobu io... -, strinse i pugni, ma lei gli tappò la bocca con una mano, incenerendolo con lo sguardo.

- Tu sei il maggiore colpevole dei miei guai! Tu sei quello che mi fa soffrire più di tutti, alla fine. Che ti ho fatto io? Lasciami in pace, sparisci dalla mia vita! Se le cose con Nobu sono complicate è anche per colpa tua! -, si alzò guardandolo dall'alto in basso. - Non voglio saperne niente di te.

Per Daiki fu un duro colpo.

- Bene... molto bene.. -, disse alzandosi e sovrastandola di nuovo. Le lanciò uno sguardo che voleva simulare odio, ma che fu solo un tentativo goffo di farle capire quanto l'avesse offeso. Senza nemmeno raccogliere il suo ombrello, il brunetto si allontanò, ferito nel profondo.

Roxy sospirò, appoggiandosi all'albero. Sapeva da sempre che il suo destino era rimanere sola. Sua zia, la sorella di sua padre, glielo diceva sempre. Diceva che una persona come lei, con il carattere che si trovava, non aveva futuro in una vita sociale. Affermava che se sua madre li aveva abbandonati era colpa sua, perchè lei era la più grande tragedia che potesse capitarle. Che schifo di vita. Forse avrebbe dovuto semplicemente mettere fine a tutte le sue sofferenze. Si, quella era una buona idea. La disgrazia Ritsuko avrebbe tolto il disturbo, tutti sarebbero stati più contenti. Era esattamente così che doveva andare. Si voltò in direzione del sentiero, quando sentì una mano tremolante appoggiarsi sulla sua spalla. Si voltò con terrore e, quando incrociò lo sguardo di un disgustoso vecchietto, tutto puzzolente d'alcool, si portò una mano alle labbra. Sentiva lo stomaco rivoltarsi, era davvero schifoso.

- Ciao ragazzina... ti sei persa? Ti accompagno a casa, se vuoi... -, disse il vecchio, alitandole sul collo. Roxy si sentì decisamente svenire.

- N-no... tutto a posto... la ringrazio! -, strattonò la presa, allontanandosi in retromarcia dall'anziano uomo.

Inciampò su qualcosa e cadde all'indietro rovinosamente.

- Ahia... -, bofonchiò massaggiandosi la testa.

Alzò lo sguardo, quando si ritrovò circondata da una decina di uomini. Uno le aveva fatto lo sgambetto.

- Che carina... davvero graziosa... -, disse un tizio che non riusciva a vedere bene in volto. Era finita. Stavolta era davvero in un tunnel senza uscita. Perché aveva mandato via Nishikado, accidenti?

- Sì, tenera... soprattutto tutta bagnata! Guardate, la divisa scolastica le si è appiccicata tutta al corpo... è davvero bello!

Un altro uomo, dalla voce particolarmente roca riprese i due.

- Non è il momento di sbavare dietro ad una mocciosa, prendetele i soldi e filiamo!

Roxy si strinse nelle spalle, deglutendo. Soldi? Bene... era messa proprio bene. Non aveva un centesimo con sé e loro non ci avrebbero creduto di certo. Era veramente in guai seri.

 

… continua…

 

Hello a tutti! Che peccato, qui abbiamo notato che le letture, come le recensioni, sono calate molto… ma dove siete tutti? :’( Abbiamo, però, una new entry, che ringraziamo di cuore per seguirci anche in questa fic!

 

Ninphadora: Oh che bello ritrovarti anche nelle recensioni di questa fic! Siamo veramente contente! Oh, ti riescono ad appassionare tutti i personaggi di questa fic? Ma benone! :D Nobu è un personaggio un po’ particolare… di cui siamo certe che ancora non ha mostrato il suo vero carattere. Sicuramente riuscirà anche lui a tirarsi fuori e a dimostrarsi utile alla storia! Vedremo come va! :]


Un bacio a tutti e al prossimo chappo!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 19

 

 

Erano le quattro e mezza. Era più di un'ora che era seduta là fuori sotto la pioggia, si sarebbe beccata una broncopolmonite fulminante, ma non gliene fregava niente, voleva rimanere accanto a Yamato ancora un po', anche se lui non sapeva che lei fosse lì. Sentì il cigolio del cancello che si apriva e si nascose in fretta e furia dietro ad un cespuglio. Akito era tornato con le medicine per Yamato. L’uomo, così preoccupato per l’amico, non fece nemmeno caso alla porta, non chiusa a chiave. Ora si sentiva più tranquilla, il suo batterista era in buone mani. Quando fu sicura che Akito non sarebbe uscito dalla villa, uscì dal giardino fino ad arrivare nella stradina del quartiere. Si guardò gli abiti bagnati fradici, aveva terribilmente freddo. Una voce richiamò la sua attenzione.
- Matsumoto? -, domandò non sicuro fosse realmente lei.

Un bel ragazzo, dai tratti puramente giapponesi, le si avvicinò coprendola con il suo ombrello. Aveva i capelli, corti e tenuti a spazzola, e gli occhi neri come la pece. Fisico atletico, avvolto in vestiti comunque eleganti. Uno dei migliori studenti di tutta la scuola. Era piuttosto carino, oltre che brillante, lo doveva ammettere. Non ci aveva mai fatto caso prima. Si trattava di Shigure Ichinose, il suo assistente nel lavoro del comitato scolastico.

- Ichi... Ichinose... -, sussurrò lei un po' affannata. Si sentiva stanca, la testa le girava vorticosamente neanche fosse appena uscita da una lavatrice, e il freddo pungente le era penetrato fin dentro le ossa. Sei sentiva un po' febbricitante, probabilmente la sua temperatura corporea era alterata.

- Stai bene? -, le domandò premuroso, appoggiando le sue labbra sulla fronte della ragazza, - Accidenti! Tu scotti!

Si guardò intorno. Da quelle parti non c'era nessun ospedale e sapeva bene che la moretta abitava troppo lontano da lì, per arrivare a casa intera. Si abbassò un pochino, indicandole la sua schiena.

- Sali, ti porto a casa mia. È qui vicina. Lì potrai cambiarti ed usufruire di un letto caldo. -, sorrise, - Non preoccuparti, non disturbi. -, finì anticipandola.

La ragazza voleva rifiutare, ma poi ci ripensò. Non aveva scelta, e di Ichinose ci si poteva fidare, era un caro ragazzo.

- Ti... ringrazio Ichinose... -, sorrise. - Ma ti seguirò a piedi... non posso accettare un passaggio sulle tue spalle, eh eh... -, disse, poi tossì un po'. Il ragazzo annuì, commentando che era meglio sbrigarsi. Si avviarono alla fine della strada, dove una piccola e deliziosa villetta azzurra si distaccava dalle altre per essere un po' più piccola, ma anche la più carina.

- Questa è casa mia... non è granché, è piccola in mezzo a tutte queste villone, ma è casa.

Aprì il cancelletto arrugginito, facendo entrare Rumiko.

- E' proprio carina!-, disse lei, che a confronto con il suo appartamento trovava quella villetta una reggia pari a quelle di Versailles o di Caserta.

Entrarono e la ragazza si tolse la giacca inzuppata, appendendola sull'attaccapanni. Lui la accompagnò al piano superiore, entrarono in un bagno candido e pulitissimo. Le diede un accappatoio, due asciugamani nel caso le fossero serviti e le indicò dove poteva trovare prodotti per la pulizia del corpo e dei capelli.

- Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi. Fai pure con calma, io ti preparo degli abiti di mia sorella come ricambio. Dovrebbero andarti bene. I tuoi li metto in lavatrice.

Sorella? Da quando Ichinose aveva una sorella? Era convinta fosse figlio unico.

Scosse il capo. Beh, dopotutto lei non ci aveva mai avuto niente a che fare con lui. Non conosceva praticamente niente della sua vita. Pensandoci bene non sapeva nemmeno quanti anni avesse effettivamente. Mentre pensava a questo, il volto triste di Yamato passò di nuovo a sovrastare tutti gli altri suoi pensieri, re incontrastato del suo cuore. Cosa poteva fare per dimenticarlo? Ormai era chiaro che lui non volesse avere niente a che fare con lei.

Shigure chiuse la porta del bagno. Si diresse in una camera piuttosto lugubre ed aprì le ante di un armadio di legno. Scelse dei vestiti a caso, fra l'enorme pigna che c'era e li portò in quella che sarebbe stata la camera di Rumiko. Sorrise. Aveva avuto un colpo di fortuna pazzesco ad incontrarla ed a farla andare a casa sua.

Era proprio ciò che aspettava da tempo, poter rimanere solo con lei. Era una ragazza in gamba, carina, dolce... ed i suoi occhi era stupendi, era pazzo per quegli occhi.

 

***

 

Era preoccupato, terribilmente preoccupato. Non si era diretta a casa e non aveva la minima idea di dove cercarla. Tutti i luoghi dove da bambina si rifugiava li aveva già controllati e, di lei, non c'era traccia.

Rimaneva l'ultimo posto, ma dubitava potesse trovarsi lì, all'aria aperta, con quella pioggia così fitta che non si vedeva un cavolo ad un palmo dal naso.

Sospirò. "Tentar non nuoce...", pensò avviandosi verso il grande parco poco lontano dal quartiere dove abitava.

All'entrata della grande distesa verde, per sua sfortuna, si imbatté in Daiki Nishikado. Non era proprio giornata quella, no proprio no. Tentò di ignorarlo, passandogli di fianco senza degnarlo di uno sguardo, ma il bruno lo fece voltare.

- Stai cercando la confettina?

Nobu strinse i pugni. Ma come si permetteva quel cretino anche solo di rivolgergli la parola, e parlare della sua Roxy con quel tono così disgustosamente arrogante? Stava per sbottare in un acido "Sparisci", ma poi ci ripensò.

- L'hai vista? Ti prego, dimmi che sai dov'è!-, disse calpestando il suo orgoglio come fosse un tappetino.

- E perchè mai dovrei farlo? Non sono ritenuto a dirtelo... -, rise, ma nella sua risata si notava solo tristezza, non cattiveria.

Nobu scosse la testa.

- Sei veramente stronzo... l'hai vista e l'hai lasciata anche da sola sotto la pioggia, vero? Dimmi subito dove l'hai vista!-, disse minaccioso, avvicinandosi a lui, serrando un pugno e prendendolo per il colletto della camicia con l'altra mano.

- Non l'ho lasciata lì mia volontà, idiota. Ti pare che sia così deficiente? Se non alzavo i tacchi quella mi faceva a fettine microscopiche. Però guarda... che strano, tu sei il suo ragazzo e nemmeno sai dove cercarla? Almeno io so dove si rifugia. -, guardò in tono di sfida il biondino, - Già... quel suo adorato albero vicino al sentierino... quella vecchia quercia... ops, forse non dovevo dirlo!

Senza troppi preamboli, Nobu gli mollò quel dannato pugno che voleva dargli da chissà quanto tempo, facendolo cadere malamente a terra. Quando Daiki si rialzò per rispondere era già tardi, Nobu era corso via a cercare la sua ragazza.

- Puah... idiota... -, sibilò passandosi una mano tra i capelli bagnati. Ma cosa aveva quel tizio più di lui?

 

***

 

- Sono tornato. -, annunciò all'amico, senza però ricevere risposta.

Si tolse le scarpe e si diresse in direzione del salotto. C'erano due tazze di caffé, della quale una ancora piena. Alcuni biscotti ed un sacco di briciole. Andò in cucina, trovando diversi oggetti caduti a terra, tra cui anche dei pezzi di carne. Akito si diede una grattatina alla testa. O Yamato aveva dato di matto oppure non era solo.

- Yamatinooo... dai tesorinoooo esci fuori, non ho voglia di giocare a nascondinoooo... -, canticchiò cercando qualcosa per pulire a terra.

Sentì dei passi frettolosi rimbombare per la casa ed infine un tonfo. Vide arrivare il ragazzo direttamente in cucina, rotolando per le scale.

- Rumiko?!

Si grattò ancora la testa, guardando il biondo spalmato a terra come una sottiletta.

- Essere scaricati da così alla testa? Non so... non mi è mai successo, modestamente... -, scherzò avvicinandosi al peso morto che giaceva a terra. - Dai alzati bello mio, vediamo di sciacquare via questa maledetta sbornia...-, disse caricandoselo in spalla e portandolo sul divano in salotto. Chissà chi era stato lì? Sicuramente non Aya, e neanche Nobu e Ritsuko, perché Nobu l'aveva chiamato pochi minuti prima per chiedergli secondo lui dove potesse essersi cacciata Ritsuko. Ci mancava solo questa. Ashley era un terremoto. Akito conosceva Nobu da, praticamente, sempre e conosceva anche la sua bella cuginetta tutto pepe figlia di un americano e un'italiana. L'Italiana in questione era una cugina del padre di Nobu, la cui madre a sua volta era Italiana. Infatti ogni tanto tendeva a dimenticarsi che nelle vene dell'amico scorreva sangue Italiano.

- Ah... visto Yamato? Mi sto perdendo di nuovo nei miei pensieri... non avevo più questa confusione in testa da molto... i ragionamenti inconcludenti li facevo

sempre quando ero innamorato. Mi è capitato una sola volta di esserlo... -, spiegò all'amico, più morto che vivo, mezzo svenuto sul divano. - ... beh, con questa fanno due... Sono innamorato di Azuki... sono scemo, vero?-, chiese senza ricevere risposta. Per un attimo però gli sembrò l'amico fosse tornato lucido. Yamato infatti lo guardò e sorrise flebilmente, come per dire che erano due idioti. Entrambi innamorati della persona sbagliata. Congratulazioni...

 

***

 

Un altro calcio e sarebbe morta, quello era il pensiero preoccupato di Ritsuko in quell'istante. Volevano i soldi, ma lei non aveva niente con sé. Perché non le credevano. Cristo, se facevano male quei calci. Ne aveva beccati due sulle gambe e una ventina nello stomaco. Sentiva le forze abbandonarla, per di più c'erano un paio di quei ladruncoli da strapazzo che presto o tardi le avrebbero fatto qualcosa di spiacevole. Sentì già uno di loro abbassarsi addosso a lei e infilare una mano sotto la sua gonna. Non ci mise molto ad insinuarla sotto gli slip, molestandole clitoride e piccole labbra. Che schifo, se fosse sopravvissuta non sarebbe bastata tutta l'acqua del pianeta a lavarle via quel senso di sporco che le si stava attaccando addosso.

- Ehi... non c'è gusto... questa qui é asciutta come una tavola di legno... -, disse il tizio che la stava toccando.

Un altro lo spinse via e, nonostante il dolore Roxy tentò invano di divincolarsi e spingerlo via. Anche quest'altro prese a toccarla, penetrando un po' con le dita, senza però spingersi troppo oltre. - Cazzo, è vero... la stronza è asciutta e ruvida, nemmeno le dita scivolano...

Una voce più anziana delle prime rise. - Non c'è mica solo quel buco... -, disse saggiamente. Roxy scoppiò a piangere: quando sarebbe finito quello strazio? Voleva morire. Il vecchietto fece scostare i suoi scagnozzi, iniziando a massaggiarsi i genitali.

- Lasciate fare a me, mi faccio vedere io come si eccita una donna!

I presenti inorridirono al solo pensiero di vedere quel vecchietto mezzo nudo, farsi quella stronzetta. Lui, intanto, stava già abbassando la zip dei pantaloni, avvicinandosi alla ragazza dalla chioma azzurra. La fece girare sulla schiena e le si sedette sul ventre.

- E così tu non ti ecciti facilmente eh... vediamo se almeno i lavoretti li sai fare bene! Hai delle belle labbra, io dico che qualcosa di decente puoi farlo!

Roxy utilizzando le sue ultime forze tentò di levarsi l'anziano di dosso, ma questo qui le diede uno schiaffo, levandole completamente le energie.

Ritsuko era immobile. Non valeva nemmeno più la pena di divincolarsi, erano troppi contro una sola, e inoltre non sarebbe arrivato nessuno ad aiutarla. Chiuse gli occhi e in testa le si materializzarono le immagini di Nobu e Nishikado. Non sapeva cosa c'entrasse Daiki Nishikado, fatto stava che avrebbe tanto voluto l'aiutasse. Ma ancor di più voleva Nobu. Il suo Nobu. Avrebbe dovuto ascoltarlo. Le aveva urlato che non era come pensava, che non l'aveva tradita. Ma lei, troppo orgogliosa, non aveva voluto sentire nulla ed era corsa via come una stupida. Un'ultima lacrima lasciò scappare, e poi decise di non piangere più. Quella era la punizione che meritava per non aver avuto fiducia nel suo ragazzo. Sentì la presa del vecchio farsi serrata, mancavano pochi istanti e...

Un tonfo sordo, delle voci, alcuni ragazzi che scappavano e le urla infuriate di qualcuno che conosceva molto bene. Alzò un po' lo sguardo. Nobu si era avventato contro il vecchio ubriacone, spostandolo con violenza da sopra di lei, e ora lo stava picchiando a sangue, urlando tutta la sua frustrazione.

- BRUTTO STRONZO! VECCHIO IDIOTA... COME HAI OSATO TOCCARE LA MIA RITSUKO? LEI È MIA, HAI CAPITO? MIA SOLTANTO! TE LA FARÒ PAGARE CARA. TI AMMAZZO!-, urlò senza riuscire a fermarsi. Il vecchio aveva già perso conoscenza, ma Nobu non accennava a calmarsi.

Roxy si tirò seduta a fatica, tenendosi lo stomaco dolorante.

- Nobu... smettila... -, il ragazzo sembrava non sentirla, - Finiscila!

Aveva alzato la voce più che poteva e il biondino si era fermato. Si guardò le mani, completamente cosparse di sangue. Ancora un pugno e l'avrebbe veramente mandato nell'aldilà.

Lasciò andare il vecchio pedofilo e si avvicinò a Ritsuko.

- Ritsuko... la mia Roxy... la mia piccola Roxy... -, disse ancora affannato. L'abbracciò, forte, ma al contempo delicatamente, per non farle male. - Cosa ti hanno fatto... la mia piccola Roxy... -, ripeté come fosse entrato in uno stato di trance. Alcune lacrime bagnarono il suo volto. Come aveva potuto permettere le succedesse una cosa del genere? Era davvero un fallito...

Ritsuko lo allontanò gentilmente da lei. Era meglio così in fin dei conti. Prima si fosse scordato di lei meglio sarebbe stato. Le parole di sua zia continuavano a rimbombarle nella testa, anche se avrebbe tanto voluto sopprimerle. Voleva stare con Nobu, con la persona che amava. Voleva sentirsi amata e, anche se era egoistico, sapere che per lui era la cosa più importante del mondo.

- Grazie dell'aiuto, ma ora torna a casa. Sei bagnato fradicio e rischi di prenderti una polmonite. Io ce la faccio da sola. -, disse alzandosi e barcollando un poco per il dolore, rischiando di rifinire a terra.

Lui la guardò come fosse un'aliena.

- Ma sei impazzita?-, sbottò allibito.

- No, sono più sobria di quanto non lo sia mai stata in vita mia. -, provò a guardarlo truce, ma il suo sguardo si rattristò immediatamente, vedendo quello distrutto del ragazzo.

- Per favore... va a casa...

- Scherzi? Non ci penso neanche... non ti lascio qui... né ti lascio andare!-, si alzò in piedi e l'abbracciò forte. - Tu sei mia... capisci? LO CAPISCI? Non uscirai mai dalla mia vita... mai...-, sussurrò baciandole il viso, la fronte, le gote, e infine le labbra. Quelle labbra così belle che non riusciva proprio a scacciare dalla sua mente. - Ti amo Roxy... ti amo... ti amo... -, continuò a dire baciandola, abbracciandola, accarezzandola. Ed era vero. L'amava come, anzi, più della sua stessa vita.

Ritsuko si lasciò andare per un'ultima volta a quel contatto. Le piaceva tanto il sapore delle labbra di Nobu e il suo modo di baciare, così puro ed intenso allo stesso tempo. Quando il ragazzo la lasciò andare, accarezzandole una guancia e guardandola negli occhi, attanagliato dalla paura di perderla, lei prese parola.

- Guardami... io sono sporca... sono lurida... -, susseguì un singhiozzo, - Anche a lavarmi non tornerò mai più linda come prima! Mi faccio schifo da sola, come puoi accettarmi tu così ridotta?! Sono destinata a vivere nella mia solitudine! Perchè non lo capisci?! Non voglio che tu soffra ancora! Sono disgustosa!

Prese a piangere disperatamente, scossa da forti brividi. No, non era il freddo che provava in seguito al freddo clima susseguito dagli abiti fradici, era il suo cuore che soffriva. Nobu la guardò disperato. Chi le aveva messo in testa tutte quelle sciocchezze? Non era colpa sua se avevano tentato di violentarla. Come avrebbe mai potuto schifarla per questo?

- Sei una sciocca... -, disse accarezzandole i capelli, spostando la frangia appiccicata alla fronte. - Ritsuko la colpa non è tua... è mia che ho permesso che una cosa del genere accadesse... e sai che ti dico? Ora che ti hanno toccata io ti desidero ancora di più, per poter disinfettare io stesso con i miei baci e le mie carezze le parti del tuo corpo che hanno reso impure. -, spiegò sorridendole dolcemente. La desiderava. Eccome la desiderava. Ancora più di prima.

Roxy alzò lo sguardo disperato su di lui, mentre alcune lacrime ancora le rigavano il viso.

- Nobu... ti prego, fa l'amore con me... -, disse sicura.

L'acqua non l'avrebbe mai ripulita e quel ricordo sarebbe stato tarchiato a fuoco nella sua mente e nel suo cuore per sempre, ma se lui l'avesse sostituito con uno più bello, purificandole anche il corpo, allora era certa che sarebbe riuscita a tornare serena.

- Aspetta un attimo... chiamo la polizia per questo... coso... qui a terra.... e ti riaccompagno a casa, okay?-, disse prendendo il telefonino dalla tasca e componendo il numero della stazione di polizia di quel quartiere. Si voltò un attimo di spalle, e Ritsuko sorrise nel vederlo agitare gambe e braccia, piuttosto nervosamente. Era imbarazzato, che tenero.

Lo abbracciò da dietro, appoggiando il viso contro la sua schiena.

- Ti amo Nobu... da morire...

 

***

 

Una dolce musica si sparse per tutta la stanza. Prese il cellulare dalla tasca dei jeans.

- Pronto?! -, rispose tutto eccitato nel vedere il numero della persona che lo chiamava.

- Oh Akito... sai per caso dove si trova Rumiko? Ho paura sia sparita un'altra volta... anche la piccola Ritsuko non c'è, spero si trovi con lei e siano andate a fare compere...

Il giovane uomo sentì i muscoli irrigidirsi al suono della dolce voce della signora Azuki.

- No, mi spiace non sono assieme. Nobu e Roxy hanno litigato e ora lui la sta cercando. Probabilmente Rumiko rincaserà a momenti... sai, è successo un putiferio oggi pomeriggio e probabilmente avrà voluto rimanere da sola. Se non ti senti sicura a stare sola Azuki, se vuoi vengo subito da te.

La donna sembrò pensarci un attimo, ed infine rispose con un flebile sì. Sapeva di fare a cosa sbagliata, ma Akito era l'unica persona della quale si fidava ciecamente. La faceva sentire al sicuro e la sua presenza le faceva perfino estremamente piacere. Era un uomo di bell'aspetto e non c'era niente di male a sognare di avere ancora vent'anni, così da poter intraprendere una nuova storia d'amore, magari questa volta con una persona che avesse più riguardo per lei. Non era pentita di aver avuto un matrimonio piuttosto fallimentare con il suo ex marito, in fin dei conti aveva avuto due splendide figlie da lui. Si chiese come stesse l'altra sua creatura e si rammaricò nel non potersi rispondere. Purtroppo al momento del divorzio lei e il marito avevano deciso di prendersi ognuno una figlia, in modo da non doversi mai più sentire. O meglio... lui l'aveva obbligata, come sempre. Aveva preso la maggiore così da non doverle dedicare tante attenzioni come avrebbe dovuto fare con la più piccola. Si sentì disgustata nel ricordare quell'uomo. Era bello, era ricco, ma era anche un gran pezzo di stronzo. Aveva finito per doverlo sposare sotto ordine dei genitori, dato che l'aveva messa incinta. Lui le aveva provate tutte pur di sottrarsene, ma per evitare di essere trascinato in tribunale aveva acconsentito. Era un po' come la sua sgualdrina, la ruota di scorta, date le sue innumerevoli amanti, ma in un certo senso le voleva comunque bene. Perlomeno lei aveva vissuto così il loro matrimonio, non sapeva se per lui fosse stato diverso. Sapeva, però, che la maggior parte delle donne che si portava a letto erano sue potenziali clienti, innamorate perse di lui. Forse lo faceva solamente per assicurarsi il lavoro.

Akito sorrise soddisfatto. - A fra poco!!!-, disse tutto contento e mise fine alla chiamata. Guardò Yamato, che si era un po' ripreso e che ora sorseggiava un caffé bollente e amarissimo.

- Sei proprio un cretino... -, bofonchiò il biondo guardando l'amico che si alzava, infilava il giubbotto fischiettando e raccoglieva le sue cose.

- Può darsi, ma intanto passerò dei momenti divini insieme ad una donna paragonabile ad un angelo del paradiso! Ciao, ciao cocchino mio!

Uscì in fretta e furia dalla villa per dirigersi verso l'appartamento di Azuki Matsumoto, più felice che mai. Fischiettava pure allegro, cosa che ormai non faceva da anni. Giunto alla fine della strada, passò davanti alla villetta degli Ichinose. Li sapeva di nome perché il capofamiglia era un collega che lavorava nello stesso studio di Yamato. Alzò lo sguardo su una finestra del pian terreno, e vide una persona seduta su un divano. Una figurina minuta con lunghi capelli neri. Gli sembrava di averla già vista, ma poi scosse la testa. Era impossibile. Riprese a camminare fischiettando, dimenticando ciò che aveva appena visto.

 

 

… continua…

 

ARGH O.O QUANTE RECENSIONI. MAMMINA MIA, VOI CI FARETE PRENDERE UNO SPAVENTO XD.

No, scherzi a parte, siamo contentissime la storia vi stia piacendo sempre di più Approfittiamo per ringraziare tutte quelle che hanno lasciato un commentino o un commentone, rendendoci felici e allegre come fossimo al settimo cielo ^O^

 

aledra_xan: Mhhh... che sospetto, wow... grazie ci hai dato un'idea su come continuare ahah XD No, scherziamo. Pare che molti siano x le Matsumoto/Nishikado... chissà cosa accadrà, chissà chissà...

 

NaughyDia: L'hai letta tutta d'un fiato? Acci, però , che veloce ^O^' Ci fa sempre piacere ricevere nuove "adepte" ahah E' vero, i Nishikado sono i migliori... (Tuttavia non capisco xkè Rachel si ostini con Yamato, è pazza di lui... ndSan) (Ohi lascia stare Yamatuccio, è un po' st****o ma è tanto caruccio >O< ndRachel) ( ... ndSan)

 

Ninphadora: Hello girl, è sempre bello vederti, ormai si può dire che siamo amiche XD Beh ultimamente non stiamo neanche aggiornando un paio di volte a settimana, ma molto meno... Chiediamo scusa, ma tra scuola e altro è sempre difficile trovare un po' di tempo per vederci e continuare la storia. Volevo solo farvi sapere che abbiamo già alcuni capitoli pronti, ma non li mettiamo tutti in una volta, per non farvi aspettare troppo dopo. Abbiamo deciso di pubblicarne uno a settimana al massimo, così siamo sicure che non vi lasceremo nessuna settimana senza il seguito. Insomma crediamo che a voi può far più piacere aspettare una settimana tra un capitolo e l'altro, piuttosto che vederli pubblicati tutti insieme e poi aspettare un mese per la stesura dei nuovi.

 

Shaida Black: E tu ora l'hai scoperto che siamo pazze? XD Eh si Ashley è proprio da definire "una tipa come quella" proprio per la sua assurdità e irrazionalità. Ashley ha occhi solo per Nobu, vive per lui, e tutto ciò che fa lo fa in funzione di lui. Più che amore, si potrebbe chiamare attaccamento morboso, non credi anche tu? Comunque è vero Yamato è stato un po' cattivello con la nostra Rumichan... (Ma io lo perdono, è così sexy ndRachel_che_sbava) (Ma piantala T___T ndSan_con_mitra_puntato_verso_Rachel)

 

Cardel: A quanto pare è scoppiata la Akki-mania perché non sei la sola pazza di lui... mi sa che dovrai combattere con le unghie e con i denti per averlo ahah XD Beh, ma com'è, ultimamente tutti quelli che scoprono la storia la leggono in una giornata? Ma siete dei fulmini o.o Comunque spero che tu non sia morta davvero dalla curiosità, aspettando questo capitolino, eheh. Grazie dell' "Ammirevole"... ci hai commosse ç_ç sigh sob

 

Alweyn_Tail: Ecco, ecco, siamo andate avanti siamo andate avanti >.< Le cose cominciano a prendere strane pieghe da questo capitolo, ma spero tu continuerai lo stesso a seguirci ^^ W Akki eh? =P

 

Al prossimo chappo!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 20

 

 

Rumiko si avvolse i capelli in uno degli asciugamani puliti che le aveva dato Ichinose. Aveva uno strano odore... non era quello dei tipici ammorbidenti che vendevano sul mercato. Decise di sorvolare, controllò che l'accappatoio fosse chiuso bene e uscì dalla stanza da bagno e chiamò Ichinose, per chiedergli dove aveva messo gli abiti puliti.

Il ragazzo salì velocemente le scale e la guardò stranito.

- Sono quelli piegati sul tappetino davanti a te. -, disse lui, chiedendosi come mai non li avesse visti.

La ragazza inforcò gli occhiali che aveva appoggiato su un mobiletto del bagno e guardò gli indumenti, cacciando un urlo.

- COSA? QUELLA GONNA E' COSÌ PICCOLA CHE CI ENTRA SI E NO UNA SOLA GAMBA!!!-, disse imbarazzata.

Shigure si passò una mano fra i capelli.

- Sono mortificato... purtroppo mia sorella ha adottato questo look da anni, quindi sono tutti vestiti simili e, credimi, quelli sono i più casti...

Rumiko prese in mano la magliettina ed inorridì. Era microscopica, al massimo le avrebbe coperto solamente il seno, se così si poteva dire. Era completamente trasparente e si chiese il perchè delle maniche lunghe, totalmente inutili. Che mettere un capo d'abbigliamento simile avrebbe fatto prima a rimanere nuda!

Si schiarì la voce, che risuonò comunque più acuta del solito.

- Senti... non é che potresti prestarmi una maglietta tua... fa freddo, con questa magliettina qui morirei assiderata... -, iperbolizzò per fargli capire la gravità della situazione.

- Lo farei volentieri, ma purtroppo pulita mi è rimasta solo la divisa e quella che ho addosso. Mio padre non torna a casa da diversi giorni e non abbiamo domestica e, siccome sarà assente ancora per molto, non mi sono sprecato a fare il bucato. Se vuoi possiamo mettere tutto in macchina adesso, così per quando andrai a casa saranno puliti ed asciutti i tuoi.

Sorrise radioso, invitandola ad indossare momentaneamente gli abiti che le aveva fornito.
Rumiko rimase immobile qualche secondo, il tempo necessario perché il suo cervello si connettesse. Ma era del tutto cretino? Sì, lo era, domanda retorica. Il piccolo barlume di speranza che lui stesse scherzando scomparve, lasciandola nella più totale disperazione. Si portò le mani tra i capelli, esasperata.

- NON LI INDOSSERÒ MAI, CAPITO?!

Ichinose sbuffò.

- Non puoi rimanere in accappatoio, è bagnato, ti prenderai un accidenti! Non fare i capricci Matsumoto!

- No, senti, non fare tu i capricci... -, disse lei riaprendo la porta e trovandolo a pochi centimetri da essa. Alzò lo sguardo azzurrino e lo guardò truce. - Io quei cosi non me li metto neanche morta!

Il ragazzo fece finta di mollare la corda, ma per tutta risposta le tolse velocemente la cintura dell'accappatoio, slacciandolo e tirandola a sé velocemente.

- Se vuoi andare in giro nuda prego... a me non dispiace di certo.

Non rispose. Arrossì visibilmente a quel contatto. Se fosse stata in pieno possesso di tutte le sue facoltà mentali gli avrebbe mollato un pugno e se ne sarebbe andata. Ma non lo era. Aveva perso ogni cognizione. Abbassò la testa e non fece nulla per divincolarsi dalla presa. Ichinose la guardò stranamente, ma lei non se ne accorse.

- Sei così bella Rumiko... e non capisco perchè nascondi sempre il tuo corpo dietro ad abiti così antiquati... scommetto che tutti i giorni ti ripetono quanto sono belli i tuoi occhi, non è vero? Come fai ad averli di un colore tanto inusuale quanto bello? In questo caso è peccato siano sempre celati da quegli occhiali...

Rumiko alzò lo sguardo. Magari avrebbe potuto lasciarsi andare con lui. Gli piaceva, dopotutto. E anche a lei un po' piaceva. Era bello, intelligente e gentile. Si magari avrebbe potuto... Cosa c'era da perdere? Solo la verginità. Niente d'importante comunque. Se non poteva donare tutta se stessa a Yamato, allora uno valeva l'altro.

Gli sorrise. - Penso che resterò in accappatoio. Ti andrebbe di offrirmi una tazza di tè? Avete un salottino così carino... -, chiese in tono vago. Lui non rispose nulla. La prese per mano e la scortò giù, spegnendo le luci del piano di sopra. Entrarono nel salotto, dove il tè era già caldo e pronto sul tavolino. Si sedettero vicini e lei gustò avidamente la sua tazza, senza staccare gli occhi di dosso a lui. Pensandoci ancora meglio, Shigure Ichinose aveva un qualcosa che risvegliava i suoi ormoni. Era piuttosto sexy, un fisico da urlo e una voce vellutata e suadente. Posò la sua tazza e prese anche quella del ragazzo. La posò sul tavolino e si sedette su di lui, una gamba da un lato e una dall'altro. Fece scivolare le braccia intorno al suo collo...

 

***

 

- Ecco guarda qui! -, disse mostrandogli un articolo di giornale. - Mi ha preoccupata molto leggerlo... sai, Rumiko ha degli occhi stranieri...

Akito lesse inorridito l'articolo. Una setta satanica, nei pressi di Kyoto, raggirava e poi aggrediva giovani fanciulle per rubare loro gli occhi. Si diceva che erano persone malate di mente, pericolose e ancora in circolo. Cercavano soprattutto ragazze dai tratti stranieri in modo da poter aggiungere alla collezione occhi chiari, tanto rari quanto belli.

Guardò Azuki sorridendole incoraggiante.

- Dai... stai su... tanto sono a Kyoto... non fa nessun riferimento a Tokyo!- la rassicurò prendendole una mano tra le sue.

- Ma ho paura lo stesso Akito... se dovesse succedere qualcosa alla mia Rumiko io... io non me lo perdonerei mai... -, disse appoggiando la nuca sulla spalla del ragazzo.

Akito l'abbracciò, accarezzandole i capelli. Ma da quanto tempo erano così 'intimi'? Dio, quant'era bella. Aveva una voglia matta di baciarla. E, dopotutto, perché non farlo? Non ci avrebbe perso nulla. E poi sapeva, lo sentiva, che anche lei era attratta da lui. Le alzò il viso con una mano e poggiò le labbra sulla sua fronte, stringendola forte. Tremava un po', e a lui non piaceva che lei si sentisse così insicura. Avrebbe tanto voluto poter passare il suo futuro insieme a lei. A lei e alla piccola Rumiko, perché no. Sarebbe stato bello.

Le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre si guardavano negli occhi.

- Mio dio, Azuki, sei così bella... -, disse mentre il battito cardiaco si velocizzava e il respiro perdeva la sua regolarità, diventando quasi affannato.

- A... Akito io... non mi sembra il caso se Rumiko ci vedesse... mio dio, non immagino come potrebbe reagire.

Si allontanò un poco da lui, passandosi nervosamente una mano fra i capelli.

- Vuoi un tazza di tè? -, domandò dirigendosi automaticamente in cucina.

Akito si morse il labbro inferiore.

"Cristo Santo, di questo passo diventerò pazzo!!! Ma che dico? Io già lo sono!". Si alzò e la seguì, abbracciandola da dietro.

- Azuki io mi sono innamorato di te...-, disse in un soffio, pregando perché Dio gliela mandasse buona.

- Non dire sciocchezze... io sono vecchia per te, ho già avuto un marito... due figlie... non funzionerebbe mai! -, finì la frase con rabbia, mentre una tazza le cadde di mano, finendo rovinosamente sul pavimento e frantumandosi in mille pezzi.

- Non me ne potrebbe fregare di meno... e poi non sei vecchia, sei matura, è diverso... Azuki, ti prego....-, la girò verso di se, prendendole il volto tra le braccia. Le diede un bacio su una gota, poi un altro e un altro ancora, fino ad arrivare alle labbra. Le labbra che tutte le notti sognava e di cui doveva assolutamente assaporarne il gusto, o sarebbe impazzito. Le passò la lingua sul labbro inferiore, e poi fece si che si unissero, cadendo entrambi in un bacio appassionato, furioso, vivo, intenso.

La donna si lasciò scivolare a terra, seguita da Akito. Non interruppero il bacio, però. Lei si sdraiò mentre il ragazzo le si fece sopra, quando la donna lo fermò.

- No ti prego basta... non tentarmi oltre... per rispetto alle mie figlie, almeno...

Akito inarcò un sopracciglio. Credeva prima avesse sbagliato dicendo due figlie... o che magari aveva capito lui male. Ma lo aveva ripetuto ancora.

- Azuki, scusa l'improvvisata... ma che diavolo significa "Due figlie" e "Alle mie figlie"?-, chiese, senza però spostarsi di dosso alla donna.

Lei si portò una mano sulle labbra, rendendosi conto di ciò che aveva rivelato.

- Significa ciò che ho detto Akito... -, disse voltando lo sguardo.

Akito le spostò la mano, dandole un piccolo bacio a fior di labbra.

- Beh... beh poi... ne riparliamo... e comunque stando con me non mancheresti di rispetto alle tue figlie... sei sola da tanto... hai bisogno di qualcuno... Rumiko capirebbe, è una ragazza intelligente... -, le sussurrò mentre le sbottonava la camicia. Azuki sapeva che se non l'avesse allontanato subito non si sarebbe più fermata. Tuttavia forse era inutile provare ancora, presto o tardi sarebbe accaduto, perché lei desiderava fare l'amore con Akito, forse anche più di quanto lo desiderasse lui.

 

***

 

Infilò la chiave nella toppa della porta con fare nervoso, tanto che le cadde a terra. Si abbassarono entrambi contemporaneamente, picchiando la testa assieme. Roxy scoppiò una fragorosa risata.

- Scusami...

Si alzò, riuscendo finalmente ad aprire la porta. Nobu si sentì inondato dal suo dolce profumo, che regnava incontrastato in tutto l'appartamentino. Ritsuko accese la luce, levandosi poi la giacca fradicia.

Nobu chiuse la porta alle sue spalle con poca delicatezza e abbandonò il suo giubbotto da qualche parte all'ingresso. Andarono nel salotto, mentre l'imbarazzo regnava incontrastato tra i due.

- Ehm... -, Nobu stava cercando qualcosa di intelligente da dire, ma aveva la testa così vuota che se qualcuno ci avesse urlato dall'interno sarebbe rimbombato tutto.

Roxy, seduta sul divano, accavallò le gambe e aprì due bottoni della camicetta, che in precedenza aveva chiuso per il freddo. Fece scrocchiare il collo per sciogliere la tensione e riprese il coraggio di guardare il ragazzo in faccia.

- Vuoi... qualcosa da bere? Ti faccio una tazza di tè?

Lui scosse il capo, negativamente.

- No... grazie... non ho molta sete... -, poi si fece coraggio, le prese la mano e la tirò più vicino a sé, baciandole il collo. -... ti amo... -, non poté fare a meno di ripeterlo. Lei voleva fare l'amore con lui. Lui non era da meno. Allora cos'era tutto quel'imbarazzo, se lo volevano entrambi?

La tenne stretta tra le sue braccia, da dietro, e prese a sbottonarle la camicia, sussurrandole dolci parole all'orecchio. - Ora ti laverò via lo sporco di quei bastardi... -, disse infine, baciandole il collo, bagnandolo con la punta della lingua. La sentì rabbrividire tra le sue braccia. Sperava fosse per il piacere...

I suoi occhi verdi si erano riempiti nuovamente di lacrime, al solo pensiero di ciò che le era accaduto in precedenza. Si voltò buttando le braccia intorno al collo del ragazzo, travolgendolo in un appassionato bacio.

- Ho freddo... tanto freddo...

Nobu si diede mentalmente dello stupido. Ancora qualche minuto che rimaneva avvolta dalla divisa fradicia e sarebbe finita in ospedale.

Improvvisamente ebbe una bella idea.

- Ti va di fare il bagno insieme?-, chiese, mentre le gote si coloravano di un vago scarlatto, rendendo la sua espressione molto dolce.

La ragazza annuì. Si tolse del tutto la camicetta e sfilò anche la gonna, rimanendo solamente in intimo. Lanciò i vestiti nel primo posto che le capitò, ovvero in faccia a Nobu.

- Vado a preparare la vasca.

Si fiondò in bagno, aprì l'acqua fredda del rubinetto del lavandino e ci cacciò sotto la testa, per rinfrescarsi le idee. Da quando era così poco pudica? Aprì anche l'acqua della vasca da bagno, versando al suo interno il bagnoschiuma alla cannella.

La vasca si riempì quasi del tutto, mentre lei gironzolava per il bagno accendendo candele profumate. Voleva che quella serata fosse speciale, e cosa c'era di più rilassante di candele al muschio bianco e incenso?

Andò a chiudere il rubinetto, poi si girò per andare a chiamare Nobu, ma con sua sorpresa se lo ritrovò davanti. Lui sorrise con quell'espressione da furbetto che le riservava sempre quando erano piccoli e pensava a quale marachella farle. Infatti nel giro di pochi secondi la prese di peso e la mise nella vasca con molta delicatezza, seguendola poi dopo aver acceso l'idromassaggio. Si sedette affianco a lei, baciandola con trasporto. - Se é un sogno non svegliarmi, ok?-, disse il ragazzo, beatamente. Lei rise.

- Ma se mi dicevi prima che dovevo far il bagno vestita a metà, mi mettevo il costume da bagno! -, scherzò lei alzando una gamba e facendola ripiombare subito dopo nell'acqua.

Nobu deglutì, preso dalla provocazione della ragazza.

Ma poi decise di stare al gioco.

- Perché... chi ha detto che farai il bagno mezza vestita?-, le chiese sorridendo a 100 denti. Allungò una mano dietro la schiena di lei e fece il movimento di slacciarle il reggiseno. Lei gli diede un pizzico sul braccio, per fermarlo.

Gli fece segno di no con la testa, sorridendo maliziosa.

- Pensi di cavartela facendo il bimbo cattivo? Voglio che tu mi stringi a te e mi baci... forse dopo ti lascerò passare a cose un po' più... hot... -, disse queste ultime parole mordendosi le labbra.

Le tornò in mente quante volte, da bambini, erano finiti entrambi nudi. Puri ed innocenti ancora non si rendevano conto di cosa li avrebbe portati in futuro, erano piccoli. Iniziavano a fare il bagnetto con il costumino, ma poi notando che dava terribilmente fastidio, finivano per privarsene.

Lui sembrò pensarci un po' su, poi la tirò vicino, vicino a sé e la baciò come non aveva mai fatto in vita sua.

 

***

 

Le aveva insinuato le mani sotto l'accappatoio e ora la stava accarezzando con passione, fin troppa. Iniziava a sentire fastidio, quasi dolore. Ichinose si alzò in piedi, facendo stringere le gambe della ragazza intorno al suo bacino, in modo che le loro intimità fossero a contatto. Rumiko sentì la sua eccitazione distintamente. Lui la buttò poco delicatamente sul divano, iniziando a stimolarla. La ragazza si lasciò scappare un gemito di piacere, mentre passava le mani nei capelli del ragazzo. Sentiva il suo corpo ardere dal desiderio di fare l'amore con lui, anche se nella sua mente l'uomo che le stava sopra non era Shigure, bensì Yamato. Lasciò che lui le aprisse completamente l'accappatoio e la vide così, come madre natura l'aveva fatta. Si tolse anche lui velocemente la maglietta, seguita subito dopo dai pantaloni. La ragazza stava per abbandonarsi definitivamente a quel piacere estremo che le provocava lui toccandola, ma improvvisamente qualcosa la riportò in sé. Un 'brip brip' insistente. Un telefonino. Shigure ignorò il trillo, ma lei era sicura di conoscere il tono di quella suoneria. Era il cellulare di Ritsuko. Lo spinse via, chiedendosi cosa diamine stesse facendo. Se sua madre l'avesse saputo... non voleva pensare cosa avrebbe detto di lei. Richiuse l'accappatoio e corse verso la sua cartella, che si portava dietro da quando era uscita da scuola. L'aprì e vide il cellulare della sua amica dai capelli azzurri. Non ricordava cosa ci facesse lì, fatto stava che doveva ricordarsi di ringraziare Ritsuko, perché senza quel telefonino, avrebbe commesso l'errore più grande della sua vita.

- Rumiko... lascia perdere quel cellulare... -, disse contrariato il ragazzo.

Si avvicinò e l'abbracciò da dietro, baciandole il collo. Rumiko sospirò e lo allontanò gentilmente.

- Ma perchè?! È sufficiente un telefono che squilla per farti cambiare idea?!

La ragazza fece un mezzo sorriso, in segno di scuse.

- Mi spiace... devo andare... -, disse piano. Salì al piano di sopra entrando in bagno e prese i suoi vestiti, ancora un po' bagnati. Li indossò velocemente e poi scese di nuovo al piano di sotto. Si avvicinò al ragazzo con aria imbarazzata.

- Scusami... davvero... io non so cosa mi sia preso... oggi é stata una giornata orrenda... dimentica tutto... -, farfugliò in frasi sconnesse. Andò verso l'ingresso, indossò il cappotto, prese la cartella e aprì la porta. Il ragazzo la fermò per un braccio e si chinò verso di lei, dandole un piccolo bacio a fior di labbra. Rumiko chiuse gli occhi, assaporando quel momento. Che caro ragazzo. Avrebbe dovuto essere adirato con lei e invece la baciava dolcemente. Quando lui si allontanò un po' lei riaprì gli occhi e sorrise. - Ci vediamo a scuola.-, fu tutto ciò che disse, prima di uscire. La pioggia aveva smesso di cadere da un po' e, stringendosi nella giacca per ripararsi dal freddo pungente di Febbraio, si avviò verso casa, ignara del fatto che Ichinose era ancora sulla porta ad osservarla.

 

***

 

Le diede un bacio sulla fronte, facendo attenzione a non svegliarla. Lei mugugnò un pochino, voltandosi ed aprendo gli occhi. Li strizzò un paio di volte per mettere a fuoco e, quando vide la sua figura davanti a sé, si avvicinò abbracciandolo.

- Grazie Akito... Sei stato molto dolce...

Il giovane uomo sospirò, beato. Se fosse stato per lui, avrebbe fermato il tempo e sarebbe rimasto in quegli istanti, per sempre. Peccato che le lancette dell’orologio continuavano a girare, velocemente. Erano le sei e mezza e, a meno che non le fosse successo qualcosa, Rumiko sarebbe tornata.

- Devo andare... -, sussurrò un po' triste. Azuki grugnì qualcosa, contrariata. Si staccarono malvolentieri e Akito prese i suoi vestiti. Andò in bagno a farsi una veloce doccia, mentre la donna cercava qualcosa nell'armadietto dei medicinali. Era sicura che doveva avere ancora una scatola di pillole anticoncezionali. E infatti le trovò dopo poco. Guardò il retro dello scatola, la data di scadenza rimandava al 2007. Perfetto, c'era ancora tempo. Andò in cucina e ne ingollò una con un bicchiere d'acqua fresca. All'incirca una decina di minuti dopo Akito uscì dalla doccia, pulito, profumato e vestito. Azuki lo guardò, il suo sguardo aveva già assunto un'aria malinconica.

- Te ne vai già? -, domandò con la voce rotta, - Non vuoi rimanere a cena?

Lui sorrise, le si avvicinò e l'abbracciò, dandole un bacio tra i profumati capelli biondi.

- Non so... credo che per stasera sarebbe meglio di no, mi comporterei in modo strano davanti Rumiko, non voglio farmi scoprire subito... eh eh... -, disse stringendola forte. - Ti va di andare a cena insieme un giorno che non hai il turno serale?-, chiese poi improvvisamente, scostandola un po' per guardarla negli occhi.

Azuki scosse tristemente la testa.

- Mi piacerebbe... ma quando non ho il turno, l'ho promesso a Rumiko, sto sempre con lei... già sono sempre assente...

Akito sospirò.

- Vabbè, non importa. Allora vengo io a cena qui!-, disse con un dolce sorriso. Si baciarono ancora, quando infine sentirono dei passi per le scale, e decisero che era meglio separarsi.

Rumiko entrò dopo poco in casa e vide sua madre in vestaglia, seduta sul divano, e Akito seduto accanto a lei, che tentavano di comporre un numero di telefono.

- Oh... Rumiko... stavamo per chiamare a scuola per vedere se eri ancora lì... -, fu la 'piccola' bugia di Akito. Rumiko sentì una strana nota nella voce del ragazzo, ma non ci fece caso più di tanto. La sua mente invece volò da tutt'altra parte, precisamente a casa di Yamato.

- CHE DIAVOLO CI FAI TU QUI? NON DIRMI CHE L'HAI LASCIATO SOLO, PERCHÈ GIURO CHE TI AMMAZZO!-, gridò avvicinandosi al moro e prendendolo per il colletto della camicia.

Akito sbuffò. Che noia che era quella ragazzina, quando c'era di mezzo Yamato.

- Mi hai preso per un'idiota? Yamato è abituato a bere, quando sono uscito di casa era già praticamente sobrio!

Rumiko guardò la madre con una vena d'odio.

- Caccia via questo tizio, altrimenti giuro che lo accoltello mentre taglio le verdure per la cena!!!-, sibilò convincente. Aveva davvero l'intenzione di farlo, se non se ne fosse andato in quell'istante.

 

… continua…

 

Ecco il nuovo aggiornamento!! Siamo state brave? Siamo state veloci??? Si vero? ^O^ Evviva!

Ehm... coff coff... passiamo alle cose serie.................. I ringraziamenti, si, i ringraziamenti.

Grazie a tutti coloro che ci seguono affettuosamente e in particolar modo a chi ci lascia il suo parere nelle recensioni ^o^

 

Shaida Black - Eh, che intenzioni avrà l'amichetto di Rumichan? Come puoi vedere intenzioni non molto caste e pure ohoh ^o^''' Povera Rumi... Per quanto riguarda Roxy, per lei le cose si metteranno molto meglio eh eh

 

Alweyn_Tail - Siamo brave ad incasinare tutto? Beh, allora ci fa piacere di riuscire nel nostro intento principale eheh... una cosa poco incasinata non è interessante, vero? Proprio no. Beh... che "non finisse mai" ci sembra un po' troppo, però tranquillizzati, non abbiamo in programma di terminarla in un futuro molto prossimo ^^ Abbiamo ancora tanto da raccontare e tanta voglia di farlo, quindi dovrai sopportarci ancora per un po' ^_-

 

Ninphadora - Ciao amichetta!!! A quanto pare non siamo le uniche a cui Ichinose sta un po' sulle scatole, vero? Eh eh, in effetti non è propriamente ciò che si dice un angioletto con l'aureola.

 

Ashel - Che bello, una nuova lettrice ^o^ Ci fa sempre piacerissimo quando accade. Siamo dei mostri??? E' un complimento? Speriamo di si =P Grazie dell'entusiasmo, ci farebbe piacere se continuassi a farci sapere, prossimamente, i tuoi pareri sull'evoluzione della trama per le nostre Matsumoto preferite.

 

Alla prossima, baci ^_-

 

San&Rachel Dickinson

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Truly Madly Deeply

VISITATE LA NOSTRA COLLECTIVE:
San & Rachel Dickinson * Our Collective ~ http://hpdickinson.altervista.org ~ La nostra collective in cui sono raccolti tutti i nostri siti ^^

 

Capitolo 21

 

 

Stava ancora assaporando le sue labbra, quando le slacciò con un gesto veloce e conciso il reggiseno. Sentì la ragazza irrigidirsi fra le sue braccia e, quindi, decise di stringerla ancora più forte a sé, per rassicurarla.

- Ahi... -, si lamentò Roxy stringendo i denti per il dolore.

Le botte che aveva preso le facevano ancora male.

Nobu sospirò. Era un disastro. Lei si irrigidiva ad ogni piccolo contatto, ma quanto tentava di rassicurarla ecco che spuntava fuori qualche nuovo livido che non aveva ancora visto.

Forse sarebbe stato meglio uscire dalla vasca scomoda e andare a letto. Si alzò sotto lo sguardo attento e vigile di lei, curiosa di sapere ora cosa avesse in mente, e la prese tra le braccia. - Non ci sgriderà nessuno, vero, se bagneremo le lenzuola?-, chiese divertito portandola in camera da letto e facendola sdraiare delicatamente sul lettone a due piazze, le cui coperte assorbirono quasi subito l'acqua e la schiuma che ancora lambiva i loro corpi. Roxy sorrise mortificata. Povero Nobu... lui stava facendo di tutto pur di farla sentire a suo agio e lei si irrigidiva sempre più, forzata dai lividi. Tirò a sé il ragazzo, sistemandosi meglio.

- Non ti preoccupare. Non sentirò più il male, voglio essere tua. Voglio sentirmi in paradiso e sono sicura che tu riuscirai a mandarmici. E poi domani mi aiuterai a pulire casa. -, gli fece una linguaccia, mentre l'espressione del ragazzo diventava estremamente dolce.

Gli diede un bacio appassionato, gli fece sentire tutta se stessa. Lui le passò una mano fra capelli, mentre con l’altra iniziava a sfilarle gli slip, seguiti poco dopo dai suoi boxer. Erano entrambi nudi, ma mai avrebbero avuto freddo, riscaldati dal calore di ambedui i corpi. Ed erano eccitati nel sentire la calda pelle dell'altro a contatto con la propria. Era una sensazione bellissima. Le carezze che si scambiavano erano focose, certo, ma non sarebbero mai state rozze. Questo mai. Perchè il contatto fisico fra due persone che si amano non sarà mai solo sesso... Fu così, passo per passo, che consumarono la loro prima notte insieme.

 

***

 

- Io vado... -, disse Rumiko senza controllare che la madre avesse sentito o meno. Era ancora arrabbiata con lei, perché permetteva sempre ad Akito di provarci, senza mai avere il coraggio di mandarlo via da casa loro. Richiuse la porta alle proprie spalle e andò a bussare da Ritsuko, sperando l'amica fosse pronta, perché erano in ritardo mostruoso. Con sua enorme sorpresa, e arrossendo fino alla punta dei capelli, fu un Nobu mezzo nudo che le aprì la porta. Aveva i capelli bagnati e delle goccioline che ancora gli scorrevano sul petto, indossava solo un asciugamano in vita ed aveva stampato sul volto il sorriso più beato che gli avesse mai visto.

- Oh.. beh... ehm... salve... Ritsuko è pronta?-, chiese meccanicamente voltandosi da tutt'altra parte, per evitare di guardarlo. Nobu si diede una grattatina alla testa, sorvolando sul comportamento della moretta.

- Beh a dire il vero...

Fu interrotto da una voce femminile, totalmente euforica.

- Rumi!!! Che bella sorpresa, come mai sei qui stamani?!

Rumiko scosse la testa, mentre una gocciolona le si formava dietro alla nuca. Roxy era totalmente andata, se si era dimenticata perfino della scuola. In genere, anche se negativamente, se ne ricordava. Si voltò di scatto per farle una ramanzina. No, non era vero... non era possibile... era una cosa indecente!

- Ritsuko... ti... sei... ehm... hai... ecco...-  "Perché indossi solo la camicia del pigiama e per il resto sei mezza nuda?", avrebbe voluto chiederle, ma non ce la fece. - La scuola... la scuola, si... dovremmo andare a scuola... -, fu tutto ciò che disse, guardandola sconcertata.

A Rumiko parve di vedere i capelli di Roxy rizzarsi in testa. Ovviamente era una cosa metaforica... lunghi com'erano non sarebbero stati ritti nemmeno con tutta la lacca, il sapone ed il gel di tutto il pianeta. La musicista diede un bacio sfuggente sulle labbra a Nobu, seguito da uno più intenso che mise in serio imbarazzo l'ospite.

- Uffa... devo andare a scuola e lasciarti tutto solo... devo separarmi da te... -, piagnucolò.

Rumiko evitò di guardarli.

- Beh... magari puoi venire alla seconda ora... io ti precedo... ciao Nobu, ci vediamo... -, e detto questo corse via, pensando che erano così sdolcinati che vederli un altro po' insieme le avrebbe procurato sicuramente il diabete mellito.

Arrivò in fondo alla strada, quando sbatté contro qualcuno, cadendo a terra. Ma era un vizio? Perché doveva incontrarla sempre così la gente? Beh... forse perché correva sempre, senza mai guardare dove andasse. Alzò lo sguardo, mettendo a fuoco la figura altissima dinnanzi a lei.

- Oh... Ichinose... -., arrossì ancora più che alla vista di Nobu mezzo nudo, ricordandosi di ciò che era accaduto con Shigure Ichinose il giorno precedente.

- Matsumoto... -, sorrise lui porgendole la mano.

Rumiko vi si aggrappò con tutte le forze, facendosi aiutare volentieri ad alzarsi.

- Sei stupenda come sempre...

L'aveva davanti a sé. I loro corpi si sfioravano, i loro visi erano a pochi centimetri. Vide il ragazzo piegarsi in avanti per darle un bacio sulle labbra. Fece per abbandonarsi al futuro contatto, quando vi si sottrasse. La curiosità aveva vinto su di lei. Che cavolo ci faceva Ichinose da quelle parti? Abitava parecchio lontano da lì!

- Ehm... cosa ci fai qui?-, chiese schietta, evitando il suo sguardo dispiaciuto per essersi sottratta al bacio.

La prese per mano, iniziando ad incamminarsi in direzione della scuola.

- Sono venuto a prenderti, che domande! Sei troppo spesso in giro da sola e la cosa non mi piace. Ho paura un giorno possa succederti qualcosa...

Lei lo guardò stranita, ma non commentò la cosa. Era gentile da parte sua, ma forse era meglio non dargli troppa corda. Dopotutto il giorno prima era stato solo un errore, e lui aveva quasi sicuramente frainteso. Era meglio fargli capire che non era interessata ad una relazione con lui. O si?

Dopo una quindicina di minuti, passati quasi del tutto in silenzio, arrivarono all'istituto. Shigure aveva tentato per tutto il tragitto di attacar discorso, ma lei rispondeva a monosillabe o non rispondeva per niente. Non le andava di parlare con lui, proprio no. Voleva essere fredda, voleva che lo capisse da solo che la soluzione miglior era che lui le stesse lontano. Una figura, appostata davanti al cancello, sembrò guardarli con odio.

- Daiki guarda... -, disse indicando al fratello la coppietta. - Noi ci sprechiamo ad attenderle qui, per evitare i loro odiosi amici, e ci tradiscono così! Anzi, il confetto manco è venuto! E tu che l'hai pure chiamata per chiederle dov'era, visto il suo stato d'animo! Spero sia finita sotto un camion quella!

Daiki scrollò le spalle.

- Ehi, ma quello non è Ichinose della tua sezione? E' un gran fallito... si atteggia a studente modello, ma l'ho visto qualche sera fa in quella discoteca nuova di Roppongi... è un cretino... era circondato da ragazze urlanti e adulanti.... le puttane del locale... -, spiegò ad un Daisuke sempre più livido di rabbia. Cosa cavolo ci faceva un pervertito con la sua Rumiko?

Lei non era una puttana, che se l'andasse a fare con le sue amichette lasciandola in pace.

- Io quello lo ammazzo... se prova ad avvicinarsi a lei ancora una volta, lo ammazzo...

Daiki guardò i due senza rispondere al fratello. Erano strani. C'era una strana atmosfera tra loro, non il solito imbarazzo che c'è normalmente tra due compagni di scuola. Sembrava quasi fossero intimi. Forse si conoscevano da parecchio? Eppure non gli sembrava che Rumiko Matsumoto fosse una tipa così poco sveglia da non rendersi conto di avere un amico come quello. Decise di ignorare la cosa. Tanto se l'avesse fatto notare a Daisuke, impulsivo com'era, l'avrebbe sicuramente ignorato, dicendo che quello aveva fatto un sortilegio alla sua Rumiko. Si diresse verso l'università, senza far caso ai richiami del più piccolo dei Nishikado. Roxy non c'era e lui non aveva altro motivo per rimanere lì. Arrivati davanti al cancello Rumiko passò davanti a Daisuke senza degnarlo di uno sguardo. Qualche passo più avanti sentì il braccio di Ichinose sulle sue spalle, ma non aveva voglia di allontanarlo anche davanti a Nishikado, così gliela mandò per buona. Ichinose le sorrise dolcemente, poi si girò verso Daisuke, che lo guardava con rabbia estrema. Poi spalancò gli occhi, stranito. Il sorriso che gli stava rivolgendo Shigure Ichinose era il più cattivo che avesse mai visto in tutta la sua vita. Neanche suo fratello Daiki era capace di terrorizzarlo tanto. No. Qualcosa non quadrava. Ce l'aveva con lui o cosa? Sicuramente aveva capito che per lui Rumiko era importante, ma... qualcosa ancora gli puzzava. Che interesse aveva nel comportarsi così possessivamente con la ragazza? Che fosse innamorato di lei in gran segreto e le avesse rivelato i suoi sentimenti? Che la moretta avesse deciso di stare con lui? Impossibile. Aveva capito benissimo quanto era profondo il sentimento di lei per Yamato, malgrado si conoscessero da pochissimo tempo, per questo si era tirato indietro, decidendo di starle accanto solo come amico. Forse da parte sua poteva essere per vendetta... ma per quell'Ichinose? Di certo non era innamorato di lei, avrebbe perso il tempo a preoccuparsi di come conquistarla, che in qualche discoteca con delle puttane. A meno che non fosse un assetato di sesso la cosa non quadrava. E se lo fosse stato le cose sarebbero peggiorate ancora. Si passò nervoso una mano fra i capelli. Dannazione a quella ragazza, perchè doveva sempre dargli tante preoccupazioni? Ichinose comunque non si accorse che anche la ragazza si era girata di sottecchi verso Nishikado.

"... vorrei parlargli..", pensò afflitta. Ora se ne rendeva conto, Daisuke Nishikado le era stato così vicino, soprattutto quando lei era triste per colpa di Yamato. Forse era stata davvero troppo cruda con lui.

Daisuke incrociò lo sguardo di lei. Gli faceva schifo tenerlo un minuto in più puntato addosso ad Ichinose. Colse la sua vena triste. No... qualcosa decisamente non andava. Decise di parlarle all'ora di pranzo, lì avrebbe chiarito tutto.

 

***

 

Rumiko sospirò, prendendo il cellulare dalla cartella. Quella mattina in preda all'imbarazzo si era dimenticata di restituirlo a Ritsuko, ed ora le toccava andare nella sua aula a portarglielo. Sperava di non incontrare né Nishikado, con cui non aveva assolutamente il coraggio di parlare al momento, né Ichinose, che si era appena ricordata frequentasse proprio la classe di Roxy e Daisuke. Si alzò dal suo banco sbuffando un pochino. Si affacciò alla porta e quatta iniziò la sua missione. Quando vide arrivare Ichinose si nascose subito dietro un angolo, fra il corridoio principale ed uno secondario. Sentì il cuore salirle in gola, se lui si fosse accorto della sua presenza sarebbe stato un problema. Fortunatamente, quando la superò, Rumiko notò che il ragazzo era intento a leggere qualcosa e, avendo la testa china, non l'aveva vista. Sospirò e quando Ichinose fu ad una distanza di sicurezza uscì dal suo nascondiglio, errore fatale. Non appena svoltato l'angolo andò a sbattere proprio addosso a Daisuke.

Lui la guardò accigliato, come a volerle chiedere se non ci vedesse neanche con gli occhiali. Ma scosse la testa, ripensandoci. Il loro rapporto era già in bilico, anzi diciamo che non avevano proprio nessun tipo di rapporto, quindi era meglio evitare certe battutine idiote.

- Ehm.. scusa... -, farfugliò imbarazzata. Lui l'aveva sicuramente vista nascondersi dalla vista di Ichinose. Probabilmente stava pensando che era una povera matta.

- Mi sembra di vedere una spia all'opera... forte! -, ironizzò lui.

La spinse nel corridoio secondario, dove passavano meno studenti. La moretta lo guardò preoccupata. E adesso?

- Fuggi da Ichinose, eh? Non eravate così in rapporti intimi? -, chiese con un sorrisone che non prometteva nulla di buono.

Lei abbassò lo sguardo, afflitta. Se Daisuke avesse saputo di ciò che era successo a casa di Ichinose, l'avrebbe odiata. Beh, non che non l'odiasse già, questo era ovvio. Tuttavia pensava che non c'era mai fine al peggio, e che se poteva sembrare che le cose non potessero andare più male di così... beh, si sbagliava alla grande. Meglio tacere tutto. O forse avrebbe dovuto dirglielo? L'avrebbe odiata, ma non sapeva con chi parlarne... Ritsuko l'avrebbe sicuramente disgustata...

- Non sono affari che ti riguardano... il rapporto che c'è tra me e Ichinose... beh... non puoi capirlo... -, disse poco convinta. In effetti nemmeno lei credeva in ciò che aveva detto.

- Mhhh... tu prova a spiegarmelo, poi si vedrà. Non credo tu mi conosca così a fondo da poter giudicare se io sia o meno in grado di comprendere.

La guardava fisso, quasi supplichevole di raccontargli tutto. In fin dei conti se veniva a conoscenza del rapporto reale fra i due, avrebbe saputo prenderla meglio per metterla in guardia su Ichinose.

Lei si guardò intorno, assicurandosi non ci fosse nessuno nei paraggi, poi lo guardò speranzosa. Forse lui avrebbe potuto aiutarla a superare quel momento così brutto, in cui si sentiva tremendamente sporca.

- Stavamo per fare... quella cosa... lì... dai, quella.. su, che hai capito... -, sussurrò imbarazzatissima, assumendo un delizioso color gamberetto in volto.

Daisuke si sentì crollare il mondo addosso, la guardava incredula mentre il suo volto diventava completamente cereo. Rumiko... sesso... Ichinose... non era possibile. Le appoggiò le mani sulle spalle e la scosse un pochino.

- Stai dando di matto per caso?! Quasi nemmeno lo conosci e vuoi... vuoi... ahhh! Rumiko senti, so che ora la prenderai come una scenata di gelosia, ma ti assicuro che sono sincero. Non mi importa più che tu sia mia, certo non mi dispiacerebbe, ma non è la mia priorità. Ho accettato che ami un altro, d'accordo, ma non che tu stia con un viscido verme con Ichinose! Tu credi sia perfetto, vero? Ti sbagli, ti sbagli Rumiko! Con quello non sarai mai al sicuro! Gira pure voce che faccia parte di una qualche setta satanica, quello è pazzo! Stagli alla larga!

Le lacrime si fecero strada  negli occhi azzurri della moretta. Decise che per una volta voleva lasciarsi andare. Lo abbracciò, stringendosi forte a lui.

- Non volevo... ti giuro, non volevo... ma Yamato... lui aveva appena chiesto ad Aya di sposarlo... lei gli ha detto di no, ma io ero disperata... ed ero sola... mi ha detto che dovevo andarmene da casa sua, che voleva stare solo... e... e anche io... mi sentivo così sola... e non c'era nessuno che potesse starmi vicino... ho deciso di gettare la spugna, credevo che ormai niente più avesse senso nella mia vita.... se non fosse stato per quel cellulare io... io... -, non riuscì a finire la frase, ma scoppiò in un misto di lacrime e singulti. Si stava umiliando davanti al suo peggior nemico, tuttavia non gliene importava nulla. Aveva solo bisogno d'affetto.

Daisuke la strinse forte a sé.

- Sei una stupida... perchè non sei venuta da me o non sei andata da Ritsuko se avevi bisogno di parlare? Sai benissimo che non ti ascoltiamo sempre volentieri e vogliamo solo il tuo bene... capisco come tu ti sia sentita, ma promettimi che non finirai mai più a fare una cosa simile!

La allontanò leggermente da se e, con i pollici, le asciugò le lacrime che scendevano incessantemente, rigandole le guance.

- Il giorno in cui deciderai di concederti a qualcuno sarà perchè tu saprai che lui sarà la persona giusta. Non devi darti al primo che passa perchè sei disperata... è una cosa tua, solo tu puoi decidere quando è il momento giusto per perdere la verginità. Ricordati solo che una volta persa non potrai più tornare indietro... e sarebbe peccato sprecare una cosa così cara ad una ragazza con l'uomo sbagliato, no? -, le domandò dolcemente.

Fu più forte di lei. Lo abbracciò di nuovo, gettandogli le braccia al collo. In quel momento era stato così dolce, così gentile che era stata assalita da una voglia matta di stringerlo forte e coccolarlo.

- Ti voglio bene.-, fu tutto ciò che disse, lasciando interdetto lui, ma soprattutto se stessa. Non credeva di saper esprimere i propri sentimenti con tanta sincerità, però si era tolta un peso dallo stomaco, dicendoglielo. Era una sensazione magnifica, avrebbe dovuto imparare ad esternare le sue sensazioni così, con una schiettezza che la rendeva più sicura di sé. Daisuke si passò una mano fra i capelli imbarazzato, prima di cingerle la vita con una mano, mentre l'altra le accarezzava i setosi capelli.

- Anche io Rumiko... non sai quanto... -, disse mentre il suo sguardo si rabbuiava.

La avvolse totalmente fra le braccia, tirandola stretta al suo petto. Non voleva lei lo vedesse triste. No. Doveva essere forte, doveva sostenerla, non poteva fare il debole. Che uomo sarebbe stato? Non lo sarebbe stato direttamente, avrebbe potuto essere definito una checca.

Lei lo allontanò e gli diede un bacio sulla guancia, in segno di ringraziamento.

- Senti... io devo portare il cellulare a Ritsuko... verresti con me? Non vorrei rischiare di incontrarlo, credo si sia messo in testa che sono la sua ragazza... -, bofonchiò un po' afflitta.

Nishikado annuì con un cenno del capo e, tenendo la mano della ragazza per non perderla durante il tragitto fra i corridoi, si avviò assieme a lei in direzione della sua aula. Fortunatamente non rincontrarono Ichinose, con grande sollievo per Rumiko. Daisuke si fermò sulla porta, osservando la moretta che trotterellava allegramente in direzione dell'amica.

- Buh...-, fece alle spalle di Ritsuko, che sussultò, rovesciando il suo obento a terra. Fortunatamente era ben chiuso.

Si portò una mano sul cuore, stringendo la stoffa della camicetta. Da brava attrice quale era, aggiunse anche un respiro affannato, susseguito da una finta mancanza di forte. Finse di aver quasi avuto un infarto, in parole povere. Rumiko le diede in testa in cellulare. Possibile che doveva sempre ingrandire le cose? Era pazzesca.

- Il mio cellulare! -, urlò Roxy alzandosi in piedi di scatto, - Pensavo di averlo perso, meno male! Grazie Rumiko! Grazie, grazie, grazie! Ma dove l'hai ripescato?!

- Era nella mia borsa... -, rispose vaga, senza accennare nient'altro. - Io vado a pranzo con Nishikado... ti unisci a noi?-, chiese poi, allegramente.

Lo sguardo della ragazza dai capelli azzurrini si fece altamente incredulo. Daisuke giurò che la ragazza avesse visto il viso di Rumiko mutare in quello di un alieno, fornito di carnagione verde, antennine e tutto ciò che comportava l'aspetto di un extraterrestre.

- Credo di non aver udito bene... o sono direttamente diventata pazza? Mi è sembrato tu dicessi di voler pranzare con quel coso laggiù! -, disse indicando il bruno che stava sulla porta.

Rumiko annuì, sorridendo. Si voltò un attimo verso Daisuke, salutandolo, cosa che lo lasciò sorpreso e imbarazzato, poi si girò nuovamente verso l'amica.

- E' così carino, non trovi? Ora che Yamato ho chiuso pensavo di uscire con lui

Ritsuko giurò di sentire il suo mento toccare terra, tanta era la sorpresa. Ok, Rumiko aveva dato di matto e doveva essere ricoverata al manicomio. Era tutto chiaro.

- Tu sei fuori di testa... ti accompagno solo perchè non voglio tu rimanga sola con lui, visto che deduco tu sia irremovibile sulla tua decisione, non mi fido di quello! Ah, e ovviamente voglio la conferma non ci sia nei dintorni Nishikado seniõr!

Incrociò le braccia e il suo sguardo divenne incredibilmente fiero.

- Ti ricordo che Ritsuko Matsumoto, per gli amici intimi Roxy, è la tua guarda del corpo!

Lanciò qualche pugno e qualche calcio in aria, come per dar dimostrazione di ciò che era capace.

Una grossa goccia comparve sulla testa di Rumiko.

- Mah... -, fu tutto ciò che disse prima di avviarsi con l'amica verso Daisuke. Arrivata accanto a lui gli sorrise e lo prese per mano. - Andiamo!!-, disse coinvolta. Lui annuì, rosso come un bel pomodoro maturo. I tre si avviarono in mensa, ignari che Ichinose, appena entrato in aula dall'altra porta non sorvegliata da Daisuke, aveva sentito tutto il discorso, e ora meditava vendetta.

 

… continua…

 

Tatatatatatatata! Ed ecco a voi un altro chappy sfornato con tanto amore tutto per voi! Ma passiamo a ringraziare chi ci segue sempre e, soprattutto, chi lascia una recensione!

 

Caramella: Dai, vedi che piano, piano stai imparando anche tu i nomi? ^o^ Siamo contente ti piaccia tanto la fiction e speriamo che continuerai a seguirci anche in futuro!

 

Shaida Black: Aiuto, quante domande! Speriamo che siamo riuscite a rispondere a sufficienza ai tuoi questiti. ^o^ Che ne dizi? Siamo contente ti sia piaciuto il chappy precedente! Oh, qui si nota che se puntiamo al romantico piace alle nostre lettrici, che bello! Ma noi siamo troppo bastarde per far andare tutto bene… Sooooorry! :D

 

Ninphadora: No, non morire! Per carità! Una delle nostre lettrici più fedeli non può abbandonarci così! Purtroppo non possiamo accontentare la tua richiesta, anche se ci piacerebbe molto farti felice. Siccome sappiamo che per un motivo o per l’altro, tra impegni e altre cavolate, finiamo sempre o per non vederci, o per non aver tempo, o chissà per cos’altro… non possiamo permetterci di aggiornare due volte a settimana! Raggiungeremmo troppo presto i capitoli scritti e finireste per rischiare di non avere nemmeno un capitolo a settimana, il che sarebbe peggio, no? ^^

 

Yuna: Oh che bello! Un’altra lettrice che si è aggiunta! ^o^ Ed ecco una fan di Yamato! Ahah! Grazie mille dei complimenti!

 

 

VISITATE LA NOSTRA COLLECTIVE:
San & Rachel Dickinson * Our Collective ~ http://hpdickinson.altervista.org ~ La nostra collective in cui sono raccolti tutti i nostri siti  ^^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Truly Madly Deeply

VISITATE LA NOSTRA COLLECTIVE:
San & Rachel Dickinson * Our Collective ~ http://hpdickinson.altervista.org ~ La nostra collective in cui sono raccolti tutti i nostri siti  ^^

 

Capitolo 22

 

 

Il grande cortile iniziava ad inondarsi di gente. C'erano tanti tipi di persone, ognuno con un suo stile che conseguiva uno musicale. Però nessuno si scannava, no, andavano tutti d'accordo. Si divertivano insieme, in attesa che i gruppi iniziassero a suonare. Ce n'erano in programma cinque, per ben cinque ore di divertimento. Le scalette iniziavano già a girare fra il pubblico e i grandi cartelloni informativi erano circondati di gente. Sul palco iniziava la prova luci e il check sound. Il primo gruppo già iniziava a trafficare e a sonnecchiare qualcosa di veloce, tanto per provare l'audio. Rumiko, che aveva avuto un pass grazie a Roxy, si era diretta dietro al palco, dove gli artisti chiacchieravano fra loro, si preparavano e facevano quello che volevano fare, insomma. Avevano improvvisato dei mini camerini dove le loro star della scuola potessero prepararsi a dovere. Si guardò un po' in giro, in cerca dell'amica dai capelli azzurri o di un qualche componente del suo gruppo. Poco lontano vide Akito e Yamato che trafficavano con i fili di due amplificatori. Da quel giorno non aveva più parlato con Yamato, e a dirla tutta non ne aveva nemmeno voglia. Ma lui ormai l'aveva vista, fare finta di nulla sarebbe stato scortese. Si avvicinò ai due, sorridendo incerta.

- Ciao... -, farfugliò imbarazzata. - Bella giornata, eh...?-, chiese, indicando il soffitto con un dito. Si diede mentalmente della stupida.

Yamato e Akito le sorrisero nervosamente. Entrambi avevano avuto qualche divergenza con la piccola Rumiko e la cosa non era il massimo.

- Ciao Rumiko...

- Sì, ciao Rumiko!

La moretta avvertì il loro tono scocciato e sentì la rabbia salirle. Lei li salutava educatamente e loro le facevano capire che era di troppo? Bene. Proprio bene. Si appuntò mentalmente di non far più entrare Akito in casa sua, ben gli stava. E riguardo a Yamato... beh lui... poteva anche andarsene al diavolo! Gli avrebbe fatto vedere cosa si era perso!

- Ma che gentili... -, osservò lei, prima di sentire una mano posarsi sulla sua spalla. Si girò, incontrando lo sguardo bruno di Shigure Ichinose.

- Oh... Ichinose... ah-ehm... ma che sorpresa... che ci fai dietro le quinte?-, chiese, infastidita. Yamato e Akito guardarono il bruno. Akito aveva trovato, quella mattina, un sms sul telefonino che diceva "Attenti al ragazzo che segue Rumiko ovunque, un certo Ichinose. E' un pervertito, e si sospetta faccia parte di una setta satanica...". Il messaggio ovviamente era anonimo, magari era solo uno scherzo di qualche buon tempone, ma era meglio stare allerta.

- Ti cercavo... sai, un gruppo che suona lo conosco, sono amici miei. Sono il gruppo metal... eheh! Trovo sia stata un'ottima idea scegliere un gruppo per ogni genere di musica, almeno si accontenta un po' tutti, non trovi? -, sorrise alla moretta, senza lasciarle il tempo materiale di rispondere, - Vieni con me, te li faccio conoscere!

La ragazza si divincolò gentilmente dalla presa.

- Ehm.. perdonami, Ichinose...

- Chiamami Shigure.

- Si... ehm... Shigure... -, la ragazza si diede una grattatina alla testa. - Io non posso venire, ora... vedi questi ragazzi... loro sono del gruppo punk, sono miei amici... e... beh... devo andare dalla loro cantante, Matsumoto Ritsuko, perché dovevo aiutarla a prepararsi... -, spiegò guardando speranzosa Akito e Yamato, perché l'aiutassero.

- Ah capisco... posso contare che tu venga a conoscerli dopo?

Yamato prese parola, mentre le parole di quel messaggio ancora gli rimbombavano nella testa.

- Roxy è laggiù... -, disse indicando una porta con su scritto a caratteri cubitali "camerini".

Akito annuì, mentre iniziava a strimpellare qualcosa con il basso.

- Yamato, tu nel frattempo dovresti andare a verificare se la batteria ha tutti i piatti che ti servono per i nostri pezzi. Non perdere tempo qui a cianciare.

Yamato annuì.

Rumiko fece un piccolo sorriso in segno di scuse a Ichinose, e il ragazzo assunse un'aria un po' delusa. Si abbassò verso di lei, dandole un bacio casto a fior di labbra, prima che lei potesse fermarlo o scostarsi. Akito e Yamato impallidirono.

Rumiko salutò i tre con un gesto meccanico e si avviò irrigidita in direzione di Ritsuko.

- Uno a zero per me... -, bofonchiò Ichinose sorridendo maleficamente ai due musicisti.

Akito e Yamato si guardarono perplessi, pensando entrambi la stessa cosa.

Ichinose si allontanò e Akito diede una pacca sulla spalla al biondino.

- Ok... so che non è il momento adatto... ma cerca di marcare il tuo territorio... devi strappare Rumiko a quel tizio, prima che accada l'irreparabile... quello non è come i Nishikado... é tremila volte peggio!-, sussurrò sudando freddo. Yamato sembrava tranquillo, ma la sua espressione tradiva cioè che voleva dare a vedere. In realtà era arrabbiato nero.

- Akito... quello gira voce faccia parte di una setta... ho paura che possa far del male a Rumiko, ma io non posso starle vicino... sai com'è... non è che tu potresti...

Si sentì un verme a domandare ciò al suo leader, ma sapeva che con la sua vicinanza la moretta avrebbe sofferto sicuramente il doppio.

Akito scosse il capo.

- Io non posso avvicinarmi a Rumiko.. mi odia... e poi... -, si guardò in giro, prudente. - Ecco... non vorrei scoprisse che sono stato a letto con sua madre... -, terminò la frase allontanandosi da Yamato, schivando il suo pugno.

- Che diavolo hai fatto?! -, si ritrovò ad urlare. - Sei un animale! Vuoi proprio farla soffrire? Con tutte le donne che te la danno perchè proprio sua madre?!

Provò a mollargli un altro pugno, che Akito schivò nuovamente.

- Perché la amo!-, fu la risposta tempestiva di Akito, che fece fermare a mezz'aria l'ennesimo colpo di Yamato.

L'amava. E lui lo capiva. E' impossibile stare lontano dalla persona che si ama, lui questo lo sapeva bene.

- Ti giuro che non farò soffrire Rumiko... lei per ora non sa niente... non lo sospetta minimamente... però ti prego, non farmi stare con lei troppo tempo... se ne accorgerebbe... devi proteggerla tu!-, lo pregò, affranto.

Yamato scosse la testa, passandosi una mano fra i capelli.

- Amico mio... quanto ti detesto in certi momenti... -, sorrise, facendogli capire che l'avrebbe aiutato.

Era giusto così in fin dei conti. Ancora soffriva per Aya e sicuramente la figlia di Azuki per lui, ma non l'avrebbe mai abbandonata. No, questo mai.

 

***

 

- Ritsuko... hai visto Nishikado?-, chiese la moretta entrando nel camerino ormai vuoto, dove l'ultima rimasta era Ritsuko, essendo la cantante e chitarrista dell'ultima band che si sarebbe esibita quella sera.

- Oh Rumi... come faccio ad averlo visto? Sono stata fino ad adesso qui dietro e Nishikado non ha un pass, deduco.

La ragazza si alzò dalla sedia dove era seduta, rivelando il suo look. La moretta rimase altamente perplessa era... era... troppo provocante!

I capelli erano stati agghindati da tante extension color rosso. Al collo portava un collarino piuttosto semplice. Il seno era avvolto da una fascia nera e la maglietta nera che indossava, ovviamente che lasciava scoperto il ventre, era a maniche lunghe, certo, ma era fatta tutta a rete.  La gonna a pieghe che indossava era decisamente TROPPO corta e la cintura che portava aveva due file di borchie assurde. Erano dei veri e propri proiettili. Indossava delle calze che le arrivavano poco sotto la gonna e che erano tenute su da un reggicalze. Ai piedi indossava degli anfibi, che completavano il suo look perennemente nero. E, per completare l'opera, era ancor più truccata del solito. L'azzurrina le sorrise, prendendo in mano un sacchetto pieno di abiti.

- Ti stavo giusto attendendo, ora tocca a te!

Rumiko alzò un sopracciglio.

- Tocca a me fare cosa, scusa?-, chiese, ingenuamente, guardando la pila di vestiti tirata fuori dalla busta. Erano tanti top mini, pantaloni inguinali e gonnelline giropassera. Si sentì mancare. Che diavolo erano quegli stracci?

L'amica sorrise beffarda.

- Devi rimodernare il tuo look, non puoi seguire un nostro concerto così vestita, sembri una santarellina! È una brutta pubblicità, no? Dunque vediamo...

Ritsuko prese dalla pigna di abiti un delizioso top rosso a fantasia scozzese e una microscopica gonnellina a pieghe, comunque più lunga della sua.

- Sì, per iniziare direi che questi sono perfetti!

Rumiko spalancò gli occhi così tanto che dovette richiuderli in fretta, per paura che le pupille potessero rotolare fuori.

- SEI IMPAZZITA? NON MI VESTIRÒ MAI COSÌ! MI SENTIREI... UNA... UNA... UNA BATTONA... -, disse con quel briciolo di dignità che ancora conservava.

Le sembrò che gli occhi di Roxy si inondassero di lacrime, mentre abbassava lo sguardo.

- Allora... tu... mi consideri una di quelle...

In quel momento la odiava, sapeva che lo faceva per convincerla. Era la sua tecnica più studiata: far sentire in colpa tutti per ottenere ciò che voleva.

- No, ma che dici? Rovinerebbe il look! E poi con le gambe che ti ritrovi ci vuole! Pensa a come ci rimarrà di sasso Nishikado! Ghgh... secondo me ci farà affondare nella sua saliva! E poi, in ogni caso, non ne ho più lunghe!

Iniziò a levare la maglia da nonna dell'amica, infilandole il microscopico top. La fermò appena in tempo, posandole il dito indice sulle labbra.

- Non dire nulla, all'inizio di sentirai a disagio, ma ti ci abituerai! Ah, inoltre daremo una rimodernatina anche ai tuoi capelli, al tuo trucco al momento inesistente e faremo sparire quegli occhiali! Sarai una bomba!

Rumiko si allontanò di scatto.

- NON OSERAI TOCCARE I MIEI OCCHIALI!!! TE LO IMPEDIRÒ! DOVRAI PASSARE SUL MIO CADAVERE!!

Ritsuko fece spallucce. Non l'aveva neanche realmente ascoltata. Avrebbe fatto tutto quello che voleva lei, alla fine. Lo sapeva che sotto, sotto Rumiko voleva essere così affascinante da far mangiare i gomiti a Yamato. D'altronde... chi non l'avrebbe voluto?

Una mezzoretta dopo, finalmente, Roxy aveva finito di rimodernare l'amica. Le aveva fatto indossare gli abiti da lei scelti, le aveva regolato a suo piacimento la frangia e fatto indossare le lenti a contatto.

- Peeeeeeeeeeeerfetto! -, commentò entusiasta.

Rumiko strabuzzò un paio di volte gli occhi, senza la minima intenzione di guardarsi allo specchio. Per sua sfortuna una spinta da parte dell'amica la fece arrivare proprio di fronte all'anta di un armadietto, dove era appeso il suo peggior nemico. Dopo un attimo di incertezza, si osservò.

- ... non male... -, si meravigliò lei stessa nel dirlo. E lo pensava davvero. Si sentiva... carina... non bella... ma almeno desiderabile. Beh, una nota di sensualità avrebbe ritoccato il tutto, peccato le fosse una frana in atteggiamento sexy. Ma dopotutto andava bene così. Meglio una cosa per volta. Guardò Ritsuko, commossa.

- Grazie...-, fu tutto ciò che disse, mentre tratteneva le lacrime per evitare che la matita sotto gli occhi sbavasse.

- E di che? Io mi sono divertita un pacco! Se stasera non attiri almeno una ventina di uomini vuol dire che sono proprio ciechi, credimi! -, rise contenta, guardando l'orologio appeso ad una parete dello stanzino. - Che ne dici se raggiungiamo gli altri? Fra una ventina di minuti iniziano a suonare... Sono curiosa di vedere che sanno fare gli altri!

La moretta annuì. Barcollando un po' sui suoi passi, imbarazzata nei panni della nuova se stessa, uscì dal camerino al fianco dell'amica.

 

***

 

- Ma dove si é cacciata quella benedetta ragazza?-, fu il commento acido di Akito. Senza Ritsuko non potevano ripassare i cambiamenti dell'ultimo minuto negli accordi di alcune canzoni.

Cacciò un urlo due secondi dopo, sorpreso alle spalle da due mani gelide, infilate sotto la maglietta.

- Sono benedetta? -, domandò mentre una falsa aureola le si formava sulla nuca.

Akito la spinse 'gentilmente' via.

- DANNATA A...r...pi...a... -, il suo urlo si sfiatò nel guardare la ragazza accanto a Ritsuko, identica ad Azuki con la differenza che i suoi capelli erano neri. - Ehm... ehm... chi sei tu?-, chiese perplesso alla moretta.

Nobu e Yamato si girarono ad osservare la scena.

Roxy prese parola, mentre i suoi occhi, ora illuminati da una luce orgogliosa, sembrarono dire tutto.

- Pensi che io arrivi in ritardo ad un avvenimento del genere per qualcosa di irrilevante? Diciamo che... ho dato una rimodernatina alla nostra Rumi!

Nobu sputacchiò la birra che stava bevendo su alcuni cavi, che fecero delle scintille, spaventandolo. Yamato dal canto suo ignorò l'amico e si avvicinò al trio, senza staccare gli occhi di dosso a Rumiko. La trovava semplicemente splendida.

La moretta arrossì come un bel pomodoro maturo, ma l'euforia del momento fu troncata da una mano poco rassicurante appoggiatasi su una sua spalla. Non si girò neanche, sapeva già chi fosse.

- Ciao, Ichinose...-, bofonchiò abbattuta. Possibile che ogni volta che stava per parlare con Yamato, arrivava quel guastafeste???

- Come siamo stupende, Rumi cara! Finalmente il fiore è sbocciato... -, le baciò una mano, come i galantuomini, - Le andrebbe di seguirmi?

Rumiko ritirò la mano velocemente.

- Ora ho da fare... -, rispose meccanicamente, evitando il suo sguardo. Quando si voltò da un'altra parte, vide l'espressione curiosa di Yamato e le venne un colpo al cuore. Perché nessuno faceva nulla per mandarlo via?

Ichinose sembrava perdere la pazienza. Possibile che la moretta volesse sempre e solo stare con quegli sfigati? No, non poteva continuare così, stava mandando tutto a rotoli.

- Non mi sembra tu abbia da fare, ti stanno tutti deliberatamente ignorando, dato che stai parlando con me. Bah, ci vediamo dopo Rumiko.

Si avvicinò al gruppo che era composto da suoi amici, iniziando a bisbigliare qualcosa ed a indicare la ragazza. Avevano un'aria lugubre, per niente rassicurante.

- Io l'ho sempre detto... -, s'intromise Roxy, - Quello lì non la conta giusta, è falso.

Le gambe di Rumiko presero a tremare. Le sentì cedere sotto il suo peso, e cadde a terra priva di forze. Cosa stava succedendo? Ichinose era sempre stato gentile, perché ora si comportava in quel modo losco? Ce l'aveva con lei per ciò che era accaduto a casa sua, questo era certo. Si strinse nelle spalle, tremando come una foglia. Ritsuko si inginocchiò accanto a lei e Akito la imitò, posando una mano sulla spalla della moretta. Rumiko guardò i due e sorrise flebilmente. Qualunque cosa avesse in mente Ichinose non le importava, perché lei aveva i suoi amici dalla sua parte. O almeno li avrebbe avuti finché nessuno avesse saputo di ciò che era accaduto. D'improvviso qualcosa scattò nel suo cervello. Si alzò e si guardò intorno. Voleva vedere Nishikado... Voleva vedere Daisuke Nishikado.

Ignorò i richiami degli amici, dirigendosi fuori dai camerini.

 

***

 

- Sono preoccupata... -, buttò fuori d'un fiato Roxy, avendo l'assenso del suo gruppo.

Yamato prese in mano il cellulare, cercando il messaggio anonimo che aveva ricevuto.

- Io non volevo dirtelo, sapendo come ti saresti scaldata, ma ora credo sia importante.

Fece passare ai tre amici l'oggetto, in modo che tutti potessero leggere.

Akito iniziò a camminare nervosamente in cerchio, una mano portata al mento. Non era ben in chiaro su quella storia, ma se Azuki avesse saputo una cosa simile sarebbe morta di paura. Dopo l'articolo di giornale che gli aveva fatto leggere, quella voce non era di certo una rassicurazione. Fu Nobu, però, a citarlo.

- Io... stavo pensando all'articolo uscito su un quotidiano questa settimana... riguardante una certa setta satanica di Kyoto... non so... magari non c'entra nulla... questo SMS potrebbe essere un semplice scherzo, anche piuttosto stupido... ma se non lo fosse sono preoccupato... le vittime di quella setta vengono sempre violentate, per poi essere uccise... vengono strappati via gli occhi e i cadaveri gettati in burroni o torrenti... -, spiegò guardando uno ad uno i suoi amici. Ritsuko dovette sedersi, conscia che probabilmente sarebbe svenuta da un momento all'altro per lo shock.

- Mio dio... Rumiko... -, borbottò mentre le lacrime le pizzicavano gli occhi.

Nobu si sedette accanto a lei, passandole un braccio sulle spalle e una mano fra i capelli, per rassicurarla.

- Qualcuno deve starle vicino per tutta la durata del concerto. -, s'intromise Yamato, - C'è qualcuno di cui vi fidate ciecamente? Noi purtroppo abbiamo il buco dove suoniamo e al concerto non possiamo rinunciare.

Fu Akito a parlare.

- Nishikado. -, fu tutto ciò che disse, e nello sconcerto generale se ne andò, per cercare il più piccolo dei fratelli diabolici, che tutto sommato non erano poi così diabolici.

- Nishikado? E' impazzito?-, chiese Nobu, strabuzzando gli occhi verso Ritsuko e Yamato.

Roxy alzò lo sguardo verso il suo ragazzo.

- No. -, disse semplicemente, - Forse è l'unica persona che può veramente proteggere Rumiko.

Yamato strinse i pugni e annuì silenzioso. Se c'era qualcuno che poteva stare vicino alla ragazza e sottrarla alle grinfie di Ichinose, quello era proprio Nishikado.

Si sorprese però nel constatare di aver provato un vago senso di rabbia nell'udire quel nome. L'idea che Nishikado stesse accanto a Rumiko gli dava abbastanza fastidio, e inoltre sapeva che questo fastidio era provocato da qualcosa che andava ben oltre la preoccupazione che Nishikado potesse farle qualche scherzetto come accadeva fino a pochi giorni prima. No, non era questo ciò che più lo spaventava.

 

… continua…

 

Hello gente, scusate se non abbiamo aggiornato in questi giorni come promesso… e nemmeno abbiamo avuto occasione di scrivere, né per questa fic, né per Endless

Love (Due gemelle scatenate II), ma purtroppo abbiamo avuto entrambe dei gravi problemi a livello personale e famigliare e ci è risultato impossibile. Oggi, però, abbiamo deciso di darci una mossa ad aggiornare almeno Truly Madly Deeply, ma non sappiamo quando sarà il prossimo, nemmeno per l’altra fic. Ci scusiamo ancora e speriamo abbiate pazienza di sopportare la nostra lentezza ancora un po’… ci faremo perdonare! :D

 

Shaida Black: Mhhhh… tu cosa pensi che voglia Ichinose? :D

 

Al prossimo chappo!

San&Rachel Dickinson

 

VISITATE LA NOSTRA COLLECTIVE:
San & Rachel Dickinson * Our Collective ~ http://hpdickinson.altervista.org ~ La nostra collective in cui sono raccolti tutti i nostri siti  ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 23

 

 

Nishikado stava sospirando esasperato. Goro non faceva altro che correre fra le bancarelle prendendo in mano tutti gli oggetti che più gli ispiravano simpatia, iniziando ad urlare a squarcia gola "lo voglio, lo voglio" e, se non lo assecondava, iniziava a fare i capricci e a piangere disperatamente, dicendo che era un povero bambino, che era maltrattato e altre sciocchezze simili. Così lui veniva rimproverato dalle dolci fanciulle che gestivano le bancarelle... rovinandosi la reputazione. Daiki, che li seguiva a poca distanza, era assediato da almeno cinque ragazzine urlanti, che facevano moine a più non posso, pur di ottenere anche un misero sguardo dal ragazzo. Daisuke lanciò un'occhiataccia di pura invidia al fratello, e poi quasi inciampò nei suoi stessi piedi, mentre Goro lo tirava  verso la bancarella di alcuni giocattoli elettronici. Si avvicinò ad un piccolo robottino di Mazinga Z che sbraitava qualcosa del tipo "Pugno fotonico" e rise come un pazzo. "Lo voglio, lo voglio!!!!", gridò anche per questo, ridacchiando felice.

- No Goro... adesso basta. Hai già riempito due intere borse di giocattoli! -, disse mostrando al bimbo i due enormi sacconi che si portava dietro.

Gli occhi del piccolo si riempirono di lacrime, mentre il suo corpo iniziava ad essere scosso da alcuni singhiozzi. Daisuke incrociò le braccia, assumendo un espressione decisa.

- N-O!!! Questa volta non mi freghi!

Mentre il bimbo stava per irrompere nel pianto più sfrenato della sua vita, una mano porse i soldi al venditore e prese il giocattolo, dandolo poi al bambino. Goro si asciugò le lacrime e abbracciò il giocattolo, ancora imbronciato, mugugnando qualcosa di imprecisato. - Grazie, zio Akki!-, disse il bimbo, in direzione dell'uomo che gli aveva comprato il robottone. Akito sorrise e gli scompigliò i capelli, affettuosamente.

Daisuke guardò esterrefatto i due.

- Zio Akki? Tu conosci questo tizio? -, domandò spaesato al piccolo, che ancora coccolava il robot.

Goro alzò un sopracciglio e guardò in malo modo sui cugino Daisuke.

- Ma sei stupido? Beh, domanda retorica, ovvio che lo sei... zio Akki, è zio Akki! Come fai a non conoscerlo... certo che sei proprio cretino...-, bofonchiò incavolato Goro, abbracciando Akito, che lo prese in braccio e lo fece sedere su una sua spalla, tenendolo ben saldo.

Daisuke li guardò perplesso, mentre un gran rabbia gli montava dentro. COME SI PERMETTEVA QUEL MOCCIOSO DI DARGLI DELLO STUPIDO? E poi chi gli aveva insegnato parole come "Retorica"? Nemmeno lui conosceva il significato di quella sconosciuta. Chissà cos'era... Si scosse ad uno scappellotto di Daiki dietro la sua testa.

- Babbeo...-, disse il maggiore dei Nishikado, prima di guardare Akito. - Ho sentito parlare di te da mia madre... ma non parla mai della vostra famiglia davanti a mio padre, per noi siete Tabù... sei il fratello della madre di Goro, eh? Ma non credevo che quell'Akito fossi proprio tu, uno degli amici delle Matsumoto. Ti dirò, la cosa mi ha piacevolmente sorpreso.-, spiegò Daiki, mentre Daisuke, appollaiato a terra, si massaggiava la testa dolorante.

Akito sorrise amaro.

- La vita è sempre piena di sorprese... ma la vostra famiglia ancora non ha superato quella storia? Andiamo, ormai sono sposati da dieci anni... solo perchè mia sorella non è ricca dovete far diventare l'elemento tabù? Siete veramente pessimi...

Daiki si passò una mano tra i capelli, sorridendo.

- A me sinceramente non importa niente di ciò che siete per i miei genitori... ricchi, poveri... è tutto relativo, no? Io e te non dobbiamo frequentarci, quindi quello che sei non conta, basta che non mi dai fastidio ed è tutto ok.

Daisuke li scrutò dal basso, curioso. Non riusciva a capire la logica di quella discussione. Non sapeva nemmeno che la madre di Goro avesse un fratello così giovane. Beh, non che lei fosse vecchia: aveva solo trentadue anni, e ci aveva provato spesso con Daiki. Però lui non aveva mai saputo il finale di quella storia. Chissà se suo fratello c'era stato?

- Non sono io che ho chiesto un legame con i Nishikado, ma siete voi che state invadendo il mio mondo... -, sibilò cattivo.

Daisuke scattò immediatamente.

- Ehy, Rumiko non è di tua proprietà!

Akito scosse il capo.

- Bene... non sarei d'accordo, su questo, ma ora come ora non c'è tempo per discutere... sentite ho fretta, fra poco comincia il concerto e noi siamo fra i gruppi che suonano, devo sbrigarmi... Nishikado, ti affido Rumiko!!!-, disse serio, posando le mano sulle spalle di Daisuke e con gli occhietti sbrilluccicosi, tanto da farlo rabbrividire. Daiki pensò che la scenetta sembrava quello di un padre che dava il suo assenso ad un ragazzo che voleva frequentare la figlia.

Detto ciò salutò con un bacio sulla guancia e un arruffata di capelli il nipotino e si diresse in direzione del palco. Daisuke alternò il suo sguardo fra l'acquisito parente e il fratello.

- Ohibò! -, fu solo capace di dire, mentre sentiva la felicità salire alle stelle.

Daiki scosse il capo.

- Non salire subito di testa... non è mica suo padre, non te l'ha affidata in quel senso, stupido... c'è qualcosa sotto.... ha detto che loro sono impegnati con il concerto stasera... ciò significa che forse dobbiamo star con Rumiko Matsumoto per essere sicuri che non le accada niente? Ma perché poi proprio a noi lo chiedono? Mhhh... non capisco...

 

***

 

Uscì quatta, quatta dai camerini. Dopo il suo quasi svenimento quella sanguisuga di Nobu non le si voleva più scollare di dosso e lei si sentiva asfissiata. Ok, era dolce. Si preoccupava. Dimostrava di tenerci a lei. Ma a tutto c'era un limite! Si guardò intorno, mentre si inoltrava nella folla che già circondava il palco. Il primo gruppo aveva da poco iniziato suonare, e sembrava pure avere un successone. "Tipico", fu il suo primo pensiero. Era un gruppo pop e, malgrado le costasse ammetterlo, sicuramente era il favorito. Pop equivaleva a commerciale, ovvero a vendita facile. Se i dipendenti delle major lì intorno si sarebbero interessate a qualcuno, probabilmente quel qualcuno erano le “Candy”. Cinque giovani ragazze in abiti provocanti che canticchiavano dolci canzoncine... disgustoso. Fortunatamente la scena del punk, in quegli ultimi anni, stava riprendendo parecchio e questo la rassicurava molto. Il suo pensiero saettò su Rumiko. Doveva trovarla, ma come fare? Si avviò verso la metà del parco opposta a quella del palco, dove ora c'erano tante bancarelle delle più diverse varietà. Si guardò intorno, cercando una ragazza carina, con i capelli neri e con i suoi abiti. Ma nessuno lì intorno, nemmeno di spalle, assomigliava vagamente alla sua amica. Cominciò seriamente a preoccuparsi che Rumiko si fosse già imbattuta in quel bastardo di Ichinose.

Ripensò a quando si erano conosciute, quando Rumiko veniva maltrattata dai Nishikado. Era così strano tutto ciò. Era passato poco tempo, eppure ora era proprio a quegli stessi Nishikado che prima disprezzavano che volevano chiedere di proteggere Rumiko. Buffo...

Si voltò un paio di volte indietro, avendo avuto la strana sensazione di essere seguita da qualcuno, ma le prime volte pensò fosse stata una sua impressione. La terza volta che si girò, però, si trovò faccia a faccia con l'individuo che più odiava sulla faccia del pianeta (dopo Ichinose ovviamente): Daiki Nishikado.

- Potrei farti arrestare, lo sai?! Violazione di privacy, di spazio personale! Sei a meno di un metro da me. E, tanto per appesantire la dose, mi stai seguendo come fossi un pazzo maniaco omicida, in procinto di mettermi le mani addosso e che so... rapinarmi? Violentarmi? Non oso immaginare! -, bofonchiò stizzita, ricominciando a camminare alla ricerca dell'amica.

Daiki continuò a seguirla, ignorando i suoi commenti, nonostante essere denominato "pazzo maniaco omicida" l'aveva disturbato.

- Non sono mica così disperato da mettere le mani addosso a te... -, commentò prima di tornare serio. Lei si girò lanciandogli un'occhiataccia, ma lo sguardo freddo di lui la mise a tacere. - Voglio sapere cosa sta succedendo... tu che corri nella folla come un'ossessa... il tuo amico Akito che dice a Daisuke che gli avrebbe affidato Matsumoto, l'altra, non tu... esigo una spiegazione, qui, ora, subito!

- Io non sono tenuta a dirti niente... fai pagare dal tuo paparino qualche spia e magari saprai qualcosa... -, alzò un sopracciglio, evidentemente contrariata, - Andiamo, a te che ne può fregare se fra me ed i miei amici corrono acque poco tranquille?

- Non mi fregherebbe niente se non aveste buttato in mezzo a questa cosa anche Daisuke, che ora ha il cervello in fumo perché non riesce a capire cosa vogliate da lui… -, disse assumendo un'espressione che Ritsuko non gli aveva mai visto.

Lo osservò bene, poi si portò una mano sulle labbra, per trattenere le risate. Quello era forse uno sguardo da fratello maggiore che si preoccupa per il fratellino minore? Che dolce!

Non riuscì a trattenere le risate, e alla fine scoppiò, scaricando tutta la tensione che i suoi nervi avevano accumulato quella giornata.

Daiki fece per lanciarle un insulto poco fine, ma si trattenne. Se voleva spillarle qualche cosa doveva essere il più accondiscente possibile con lei. Roxy si asciugò una lacrima, che minacciosa rischiava di scenderle lungo il viso, rovinandole il trucco.

- Non avrei... mpf... mai detto che ti saresti preoccupato così per tuo fratello...

Daiki le diede un piccolo sberlotto in testa.

- Stupida... siamo cresciuti senza una madre... saremo anche i temibili diabolici fratelli Nishikado, ma siamo pur sempre cresciuti da soli... secondo te non dovrei preoccuparmi per mio fratello? Beh, io non posso farne a meno... è così stupido, se non ci fossi io il mondo lo inghiottirebbe con la sua cattiveria. - spiegò pacato. Ritsuko pensò che lo sberlotto che le aveva dato non era stato ostile, era stato semplicemente per farle capire che faceva sul serio. E pensò che dopotutto anche nel suo discorso non c'erano note di rabbia o rancore. Stava semplicemente spiegando, parlando civilmente, come avrebbe fatto un qualsiasi altro suo amico. Forse doveva ricredersi, non era poi così terribile, e non era nemmeno difficile parlare con lui. Dopotutto era un ragazzo come tanti altri, cresciuto senza una madre, e per dirla tutta senza neanche un padre, dato che era troppo preoccupato a pensare ai suoi soldi e al suo lavoro, e che doveva occuparsi di suo fratello. Lo osservò meglio, e si sentì quasi penetrata da quegli occhi sconosciuti che erano così diversi dalle espressioni che solitamente i suoi amici serbavano per lei. Era uno sguardo intenso, che nascondeva qualcosa di misterioso. E per un attimo si sentì attratta da quel mistero celato in quegli occhi color della pece.

- Beh... -, farfugliò impacciata, - Io non so cosa vuol dire avere un fratello o una sorella... sono figlia unica...

Fece una mezza piroetta su se stessa, per poi tornare a guardare Daiki. Aveva assunto un visino imbarazzato che Nishikado non seppe se prenderlo in positivo o in negativo.

- ... però... -, continuò, - Secondo me Daisuke è fortunato ad avere te che badi a lui.

Daiki la guardò appena due secondi, come inebetito, poi si scosse.

- Sì... sì... ok... ma non cambiare discorso... -, disse voltandosi da un'altra parte, imbarazzato.

Sentiva lo sguardo di lei puntargli sulla schiena, innervosendolo parecchio. Ad un certo punto sentì un "toc-toc" sulla sua spalla.

- Guarda che non cambio discorso... tu gentilmente mi hai spiegato la vostra situazione ed io ti ho dato un mio parere! -, disse spostandosi di fronte al ragazzo e sorridendogli dolcemente.

Lui fece un paio di passi indietro, e la guardò in un misto tra il disgustato e l'imbarazzato.

- MA CHE HAI OGGI MATSUMOTO? RIPRENDITI!!! DOV'È FINITA LA BESTIA CHE È IN TE???-, disse poggiandole le mani sulle spalle e scuotendola un po'. Che quella ragazza fosse così dolce l'aveva sorpreso, e anche un po' spaventato. Ora sentiva il cuore battergli a mille.

- Ehy! EHYYYYYYYYYYYY! -, iniziò ad urlare lei, cercando di scollarselo di dosso, - Non lo sai che le donne non si toccano nemmeno con un fiore?! Animale!

Finì la frase piantandogli un pugno ben assestato in pieno cranio.

- ... e poi io non sono una bestia...

Lui si massaggiò la testa, pensando che era strano ricevere pugni, di solito era lui che li dava a Daisuke.

- Si che lo sei... sei un elefante sgraziato... se fossi più femminile piaceresti anche ad altri ragazzi... se piaci a quel Nobu è solo perché ti compatisce... -, disse sperando di ferirla, ma si accorse lui stesso che era suonato tremendamente ridicolo. Lei sbuffò. Ma come poteva essere così idiota? - Senti, cambiando discorso... torniamo a mio fratello e alla tua amica secchiona...

- Semplicemente non ci va stia con Ichinose... quello è falso, invece Daisuke le sbava dietro, quindi non le farebbe mai del male... -, continuò acida, - Se vuoi scusarmi... Rumiko al momento è in giro da sola, quindi ho un impegno più importante che parlare con te! Ciao, ciao!

Il ragazzo la fermò, trattenendola per il polso. La tirò verso di sé e le diede un bacio sulla guancia.

- Ti ringrazio.-, disse facendole l'occhiolino, e se ne andò, perdendosi tra la folla. Ritsuko lo guardò andarsene perplessa, poi cadde a terra, le ginocchia tremolanti non avevano retto il suo peso. Si portò una mano sulla guancia, e pensò che era una grande stupida, perché per un attimo aveva pensato che le avrebbe dato un bacio sulle labbra.

 

***

 

"No... No... No... ", pensava scrutando fra tutti quei ragazzi. Nessuno che aveva anche una misera somiglianza con Nishikado, accidenti. Da quando se n'era andata dagli altri, presa dall'impulso irrefrenabile di vederlo, era già passata almeno un'abbondante mezzora. Sentiva la stanchezza impossessarsi di lei, non era abituata a camminare tanto fra così tanta gente. Doveva fare uno slalom assurdo e spesso rimaneva intrappolata fra dei bestioni di ragazzi, in delirio per le cantanti sul palco. Era stancante, insomma. Lei,che era pure una frana nell'attività fisica, doveva trovarsi in una situazione simile. Era una cattiveria. Vide in lontananza una bancarella che vendeva bibite fresche e il suo sguardo si illuminò. Finalmente una fortuna nella sfortuna! Riuscì a districarsi dalla folla e corse verso il fulcro della sua attenzione, in quel momento, quando improvvisamente si sentì cingere per la vita. Era in un posto piuttosto isolato, lontano dalle bancarelle e lontano dal palco, e non poteva urlare perché lo sconosciuto dietro di lei le stava premendo la mano sulle labbra. Si sentì mancare, e si accorse per un attimo che tra la mano  e le sue labbra c'era qualcosa, un pezzo di stoffa... un fazzoletto. Imbevuto di qualcosa che le stava facendo perdere i sensi. Lottò con tutte le sue forze per liberarsi, ma il narcotizzante ebbe la meglio su di lei, che svenne e fu raccolta dallo sconosciuto prima di sbattere a terra con un tonfo. Ichinose si guardò intorno, assicurandosi che nessuno l'avesse vista. Ovviamente no, erano tutti troppo occupati a fare i deficienti e urlare per il gruppo di quelle cinque oche sul palco. Beh, che se le tenessero pure. Lui ora aveva qualcosa di molto più prezioso: la ragazza più dolce e bella della scuola. Ed era solo sua.

 

***

 

Mugugnò, sbattendo qualche volte le palpebre per mettere a fuoco. Gli occhi le bruciavano un poco, probabilmente a causa delle lenti a contatto. Non era abituata ad usarle. Si guardò intorno. Dove cavolo era finita? Ehi... perchè era legata peggio di un salame su di un letto?! Rabbrividì. Ok, calma e sangue freddo, doveva prima scoprire dov'era, poi dopo si sarebbe chiesta perché era legata e imbavagliata. Si guardò intorno ancora una volta, ma la stanza era piuttosto buia, così non riuscì a vedere nulla, oltre un paio di rami pieni di foglie non vedeva nulla. Improvvisamente fece caso ad uno strano profumo. Un profumo che ricordava bene. Quella era acqua di colonia maschile, una fragranza molto in voga ora tra i giovani, l'aveva sentita anche sui vestiti di Akito e di Yamato. E se la memoria non la ingannava, era una fragranza che usava anche Ichinose.

Che uno di loro tre l'avesse ridotta in quello stato era categoricamente impossibile. Akito, per quanto avrebbe voluto sicuramente liberarsi di lei, non si sarebbe mai permesso una mossa simile. Era adulto e responsabile, non un moccioso. Yamato... beh, il suo Yamato nemmeno era da citare. Ichinose. Beh, lui avrebbe potuto voler continuare quello che avevano lasciato in sospeso, magari con un giochino un po' hot... No, impossibile. Era troppo dolce per fare una cosa simile. In mezzo a quello folla avrebbe potuto esser stato chiunque, così come a portar quel profumo tanto alla moda. Sospirò provando a muovere le braccia e le gambe. Le corde le facevano male, erano troppo strette... Pian piano, comunque, i suoi occhi si stavano abituando al buio. Si accorse che la tavola dura su cui poggiava non era propriamente un letto, bensì una cattedra. Gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime quando si rese conto che i rumori della festa arrivavano fin lì, ed erano così forti che anche urlando nessuno l'avrebbe sentita. All'improvviso sentì dei passi avvicinarsi sempre di più al suo corpo. Tremava come una foglia, aveva paura.

- Oh piccola mia... non devi avere paura... presto ti sentirai meglio. -, disse una voce artefatta, mentre tentava di farle ingerire un bicchiere d'acqua. - Avrai sete... bevi. La ragazza serrò le labbra, ma sentì un dolore lancinante alle guance. Lo sconosciuto stava forzando la sua mascella per farle aprire la bocca e ingerire quel liquido dall'odore disgustoso, sicuramente qualche droga.

- Mhhh... - tentò di urlare lei, riuscendoci con scarsi risultati. Strinse gli occhi, arrendendosi al forte dolore ai lati del viso. Aprì la bocca e lasciò che quella bevanda disgustosa emanasse le proprie sostanze, che entrarono in circolo in poco tempo. Si sentì un'altra quasi subito. Una minuscola parte di sé ancora cosciente capì cosa stava per succedere: non aveva più il controllo del proprio corpo, come se un'altra personalità avesse preso il sopravvento. Lui, che al buio ancora non era riuscita a riconoscere seppur la sagoma le fosse familiare, si tolse la giaccia e la slegò dalle corde strette, che le avevano segato polsi e caviglie. Lei voleva scappare, ma non ci riusciva: il suo corpo si muoveva, ma non faceva ciò che voleva lei.

- Dunque... io trovo non sia giusto che i preliminari tocchino sempre a me... -, disse prendendo la mano della ragazza e poggiandola sulle sue parti basse. -, Che ne dici di coccolarmi un po'? Ho voglia che mi stimoli... voglio sentirmi eccitato, ma non preoccuparti che nel frattempo io penserò a te, non voglio di certo farti male quando lo faremo. Beh... quello te lo farò di certo, sei vergine... ma verrà presto cancellato dal piacere, vedrai.

Meccanicamente Rumiko si alzò, ormai anche la sua parte razionale era assopita dentro di lei.

 

… continua…

 

Mamma mia gente, scusate per questi ritardi mostruosi, soprattutto per Endless Love! Abbiamo ancora diversi capitoli già scritti di Truly e nemmeno il tempo di aggiornare, figuratevi scrivere quelli che mancano di Endless! Chiediamo venia, ma purtroppo tra impegni privati e scolastici siamo out e senza un pizzico di tempo libero.

 

Ninphadora: Accidenti amichetta, che cattivo sto fratellone! >O< Ti porta via da noi! Ultimamente non ti si vede più (parliamo proprio noi ahah)! Speriamo che tuo fratello la prossima volta ti lasci più tranquilla per poter leggere le nostre OPERE tranquillamente! :D Ghgh! Grazie sempre e comunque per i complimenti!

 

Shaida Black: Ahah dici che siamo diaboliche? Sì, è vero… :D Ma devi ammettere che ci stanno anche dei fatti simili, rendono più interessante e strabico ( come noi) il racconto! Eh, purtroppo non è arrivato a breve, ma con l’arrivo delle vacanze invernali… forse… e sottolineamo FORSE, riusciremo ad essere più costanti. *O* Oddio siamo magiche? Questa ci mancava! Che figata! :D Siamo anche noi delle maghetteahah!

 

Al prossimo chappo gente!

San&Rachel Dickinson

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 24

 

 

Daisuke correva come un disperato fra la folla, trascinandosi dietro il piccolo Goro,il quale aveva le lacrimucce agli occhi. Daisuke lo teneva per mano e lo trascinava di qua e di là senza curarsi di assicurarsi che, dove passava, riuscissero a passare tutti e due. In questo modo lui finiva sempre a sbattere contro tutte le persone che incontravano.

- Dai... - lo chiamò la prima volta Goro, flebilmente, per paura che il cugino di incavolasse più di quando già non lo fosse.

Daisuke non si curò di lui, non gli diede nemmeno la soddisfazione di farli capire che almeno lo aveva sentito e aveva capito che era stanco. Doveva trovare Rumiko, subito.

Continuò la sua sfrenata corsa, finché non arrivò ad una bancarella che vendeva bibite.

- Prendiamo qualcosa da bere e poi ripartiamo, Rumiko non può rimanere da sola. -, disse secco.

Goro lo guardò stranito.

- Ma Rumichan non è mica sola... - disse mentre il cugino gli porgeva una bella bibita ghiacciata con cannuccia.

Daisuke lo guardò stranito.

- Certo che è sola... con chi dovrebbe essere scusa?

Il bambino fece una bella bevuta, tirando su con la cannuccia e guardando il cugino che cominciava ad essere impaziente ed imprecare. Quando ebbe finito i suoi comodi sorrise.

- Con quel ragazzo che laggiù - indicò un spazio vuoto tra alcune bancarelle, davanti ad un vicolo - le ha premuto un fazzoletto sulle labbra e lei gli è caduta tra le braccia.

Gli occhi di Daisuke uscirono dalle orbite e i suoi piedi misero il turbo verso il vicolo, facendo poi marcia indietro per trascinarsi da parte il pestifero cuginetto, tornando poi nel famigerato luogo.

- Qui?! Hai detto proprio qui?! Ma non c'è nulla!

Goro si passò una mano tra i capelli neri, con espressione da macho, e lo guardò con aria di superiorità.

- Che stupido sei... perché dovrebbe esserci qualcosa qui, se sono entrati li?- indicò con l'indice destro una porta d'acciaio, logora e arrugginita, poco distante da loro, in fondo al vicolo cieco. Era l'ingresso di una costruzione vecchia e disabitata, probabilmente cadente e che era impossibile ristrutturare. L'unica soluzione era buttarla giù e farla da capo. Daisuke osservò la porta inorridito. La SUA Rumichan era là dentro?

- Ma che schifo! -, esclamò disgustato, - Spero non si prenda la peste per essere stata in un posto tanto logoro!

Si avvicinò alla struttura e, con un espressione disgustata, prese un fazzoletto dalla tasca e provò ad abbassare la maniglia della porta. Si ritrovò con un milione di punti esclamativi che gli ronzavano intorno alla testa.

- È aperta? Sei sicuro di quello che dici Goro? Mi sembrerebbe un po' da cretini rapire una persona e nemmeno curarsi di chiudere la porta...

Goro fece spallucce.

- Io non sbaglio mai! - disse convinto, estraendo un lecca-lecca dalla tasca, scartandolo e cominciando a leccarlo con gusto. Daisuke alzò un sopracciglio, perplesso. Fidarsi o meno? Beh tentare non costava nulla, e se Goro aveva davvero visto ciò che sosteneva e lui avesse trovato Rumi là dentro, allora gli avrebbe comprato il giocattolo più grande e bello del mondo.

Entrò in quel sudiciaio, notando poco più avanti una stanza con una luce accesa. Andò a sbattere contro qualcosa, non prima di raggiungere la porta da dove filtrava la tenue luce. Prese da una tasca un accendino che portava sempre con se, anche se non fumava, e imprecando lo accese per vedere meglio. Era un tavolo, ma non uno normale. Deglutì al solo guardarlo. Che cazzo ci facevano oggetti da medico lì sopra? Sembrava che chi gli avesse messi lì volesse squartare un animale! Sentì uno strano rumore provenire da una stanza li affianco, con la porta socchiusa. Avanzò verso questa seconda entrata e inizialmente non riuscì a mettere a fuoco ciò che stava vedendo. Forse perché non voleva vedere, davvero. Sentì un impulso elettrico attraversare il suo cervello, come per spingerlo a fare qualcosa, fermare quell'orrore. Rumiko.... la sua Rumiko... Goro aveva ragione... lei era li... sotto... sotto un uomo che di spalle non aveva riconosciuto, ma che sapeva fosse la persona più inutile e sporca del pianeta. Non riuscì a riflettere con razionalità per più di due secondi che si lanciò verso il tizio, poggiandogli una mano sulla spalla lo fece voltare. Si rivelò essere proprio chi credeva che lui fosse...

- Ichi... Ichinose... -, disse quasi incredulo.

Il suo sguardo saettò su Rumiko... sembrava così strana, aveva un'espressione vuota...

- Che diavolo le hai fatto sporco maiale psicopatico?! -, urlò tirandogli un pugno in pieno viso.

Shigure Ichinose cadde dal tavolo su cui era inginocchiato, capitombolando all'indietro e sbattendo contro una parete. La costruzione, così vecchia e fatiscente, tremò un po' prima di assestarsi nuovamente. Daisuke lo guardò disgustato.

- Cos... Nishikado... come hai fatto ad entrare? - chiese incredulo, osservando il ragazzo in piedi di fronte a lui che slegava Rumiko e la prendeva tra le sue braccia con fare protettivo. Subito si alzò da terra e si avventò sull'ultimo arrivato.

- NON TOCCARLA, LEI È MIA!-  urlò disperato.

- Lei non è tua... sei sporco, completamente sporco... ma non ti vergogni nemmeno un po'? Se l'amassi veramente non la costringeresti a fare cose che non vuole, la lasceresti libera di decidere cosa fare della sua vita!

Ichinose non rispose nemmeno. Corse verso l'altra stanza e tornò con il set completo del piccolo chirurgo, con tanto di coltello, forbici e bisturi. Rise con una faccia da psicopatico.

- Vediamo chi la spunta, Nishikado - ghignò divertito.Gli occhi di Daisuke si ridussero a due fessure.

- Fammi passare Ichinose o, ti assicuro, che te ne pentirai amaramente. Ancora non ti rendi conto di cosa vuole dire metterti contro un Nishikado... -, rise, - La mia famiglia è talmente potente che ha il potere di far sparire la tua esistenza, tutta la tua vita, con un solo accenno positivo. Non risulteresti più esistito per nessuno... ma non moriresti, questo no... soffriresti fra le pene dell'inferno!

Ichinose strinse il bisturi in una mano, tagliandosi anche, poi si buttò contro Daisuke, che lasciò ricadere Rumiko sul tavolo, ma non si spostò per difendersi né niente. Rimase immobile, guardandolo come fosse l'essere più inutile del pianeta. Ichinose vacillò un attimo dinnanzi a  tutta questa sicurezza, rallentando la sua carica, ma arrivato di fronte a lui lo colpì comunque, affondando l'oggetto tagliente nel braccio sinistro del ragazzo.

L'espressione di Daisuke si piegò in una smorfia, che nemmeno lui seppe dire se di dolore o di un autentico disgusto nei confronti del compagno di classe. Chiuse gli occhi un momento, per meditare sul da farsi, quando sentì un lamento soffocato di Ichinose e un tonfo sordo. Li aprì di scatto, trovandosi davanti suo fratello maggiore. Daiki?! Che diavolo ci faceva lì Daiki? Il suo pensiero saettò a Goro. Quella piccola peste era di sicuro andato a chiamarlo. Sorrise. In fin dei conti quel suo pestifero cuginetto non era tanto male quando voleva.

- Grazie... Daiki... -, disse flebilmente prima di accasciarsi a terra, stringendosi il braccio.

Destata da tutto quel trambusto, con Goro che piangeva e Daiki che diceva a Daisuke di non chiudere gli occhi e farsi forza, Rumiko aprì gli occhi e, ancora un po' stonata, si alzò a sedere e si portò le mani alle tempie, presa da un lancinante dolore alla testa. Si guardò intorno e notò una pozza di sangue a terra. Si sporse un po'di più e inorridì. Daisuke Nishikado era svenuto, il braccio grondante sangue era tagliato di lungo, sull'avambraccio. Probabilmente era stata toccata una vena o un'arteria. Ignorò il suo mal di testa e scese dal tavolo, avvicinandosi a Daiki, tremando.

- Cosa... cosa é successo?- chiese con la vista ancora un po' appannata.

- Ti spiego dopo Rumiko... -, disse caricandosi in spalla in fratello. - Tu rimani qui con Goro, io porto Daisuke in infermeria, in ospedale, dove cazzo lo possano curare!

Rumiko scosse il capo. - Prima devi fermare l'emorragia sta perdendo troppo sangue, morirà prima che arriviate in ospedale!-, disse tentando di riacquistare la sua caratteristica razionalità. La verità era che era preoccupata per Daisuke e stava rivolgendo tutte le sue preghiere a lui, perché non morisse. Non poteva lasciarla così. Non ora. Pensò che era buffo: non aveva mai creduto al detto che si capisce di tenere ad una persona solo quando la si sta perdendo. Beh, lei se ne era resa conto  proprio in quel momento, e non gli avrebbe permesso di andarsene così. Lanciò un'occhiata di disgusto ad Ichinose, poi disse al maggiore dei Nishikado di stendere il fratello sul tavolo. Mentre Daiki ubbidiva, lei si guardò intorno e con sollievo notò nell'altra stanza un secondo tavolo con tutta l'attrezzatura da chirurgo. Chissà quel malato di mente di Ichinose cosa le avrebbe fatto se non fossero arrivati Daisuke e Daiki. Si avviò al tavolo e notò garze sterili ancora ben impacchettate, betadine, acqua ossigenata e tutto l'occorrente per improvvisare una medicazione che placasse temporaneamente l'emorragia.

- Hai mai fatto una cosa del genere? -, domandò Daiki prendendo dalla tasca dei pantaloni il cellulare. L'unica era chiamare un'ambulanza e, per smuoverli di muovere il sedere, doveva utilizzare il loro nome. Era l'unica soluzione, se non voleva perdere Daisuke.

Rumiko lo guardò sicura di poter fare un ottimo lavoro.

- Si, al corso di pronto soccorso l'estate scorsa. Non era un'emorragia vera, ma  ti assicuro che sono brava in queste cose. -, disse indossando un paio di guanti, sterili anch'essi. Almeno non si poteva dire che Ichinose fosse uno non attento ai suoi strumenti da chirurgo psicopatico.

- O-ok... Io porto fuori Goro che è spaventato e chiamo un'ambulanza, indicando loro dove raggiungerci. Dopo torno subito ad aiutarti. -, disse portando fuori il piccolo, che sentiva di poter piangere da un momento all'altro.

Rumiko annuì e poi riversò tutte le sue attenzioni su Daisuke.

- Ti prego.... ti prego non lasciarmi... - sentì gli occhi pizzicarle, ma ricacciò indietro le lacrime. Doveva essere forte. Cominciò il suo lavoro, sperando di non sbagliare niente. Lo sentì muoversi sotto il suo tocco per legargli la benda, dopo aver disinfettato e inibito la perdita di sangue. Il ragazzo aprì gli occhi per pochi istanti e la guardò. Sorrise. stava bene... meno male.

- Sono in paradiso? -, domandò con voce flebile, - Se è così non voglio più tornare a vivere, perchè se gli angeli sono tutti così belli e candidi non ne vale la pena.

Si alzò leggermente carezzandole con la mano destra la guancia.

- Rumiko... quanto ti amo... -, disse prima di ricadere sdraiato sul tavolo.

Rumiko fu un po' scossa dall'affermazione, ma non fece una piega, completando il suo lavoro. Tolse i guanti e li gettò sul tavolino dove c'erano tutti gli strumenti che aveva usato. Lo guardò e gli accarezzò la fronte, portandogli indietro i capelli appiccicati al viso sudaticcio. Lo guardò un istante e poi si curvò un po' verso di lui, dandogli un piccolo bacio a fior di labbra.

- Anche io, Nishikado... - sussurrò con voce spezzata.

 

***

 

Pochi minuti dopo arrivò Daiki con gli infermieri, che caricarono Daisuke su una barella e lo portarono in ambulanza, dove fu seguito anche da Rumiko. Ormai la notizia si era diffusa fra gli studenti e, purtroppo, anche fra i professori, che decisero di interrompere il festival decisi a prendere seri provvedimenti per l'accaduto. Uscita dalla costruzione fatiscente, e quindi dal vicolo, Rumiko si ritrovò sommersa da una baraonda di gente che voleva sapere l'accaduto, tutti troppo spaventati per poter chiedere a Daiki Nishikado. Fu salvata in extremis da Ritsuko che piombò davanti a lei e guardò in cagnesco tutti quelli che la infastidivano.

Scortò Rumiko per i pochi metri che le mancavano a salire sull'ambulanza e le sorrise dolcemente.

- Sei stata brava, proprio una grande! Meriteresti il premio nobel!

Rumiko crollò, e mentre alcuni infermieri caricavano la barella con Daisuke sull'ambulanza, lei abbracciò l'amica piangendo.

- Promettimi che mi raggiungerai subito all'ospedale... l'infermiere ha detto che verrà portato in sala operatoria.... ti prego vieni... - si strinse forte a Ritsuko, distrutta.

La ragazza dai capelli turchini la strinse forte a sé, avvolgendola tutta in un abbraccio.

- Non temere, probabilmente sarà per chiudere meglio la ferita e per fare i punti, Daisuke, grazie a te, starà bene. Non gli succederà niente, non preoccuparti.

Rumiko annuì e si staccò da lei, salutandola con un flebile sorriso. Guardò oltre l'amica, Daiki che le aveva ceduto il posto sull'ambulanza, Nobu, Akito, Yamato... sorrise a tutti loro come per rassicurare più se stessa che loro, poi salì sull'ambulanza, le cui porte si richiusero alle sue spalle.

Il maggiore dei Nishikado si avvicinò a Ritsuko, dandole una pacca sulla spalla.

- Quella Rumiko è proprio una tipa in gamba... se fosse stata ancora svenuta, non so come avrei fatto con Daisuke, io non sarei sato capace di medicarlo, probabilmente sarebbe morto dissanguato.

Ritsuko lo guardò e lui si asciugò gli occhi. Aveva una voglia matta di piangere. LUI, che non aveva mai pianto. Ora aveva troppa paura di perdere suo fratello, l'unico familiare di cui proprio non poteva fare a meno.

Ritsuko gli sorrise, pizzicandogli una guancia con fare affettuoso.

- Lo so, la nostra Rumiko è un mito! -, finì la frase convinta, buttandogli poi le braccia al collo e abbracciandolo forte, forte. - Smettila di trattenere i tuoi sentimenti, se vuoi piangere fallo. Dopo uno spavento simile è chiaro averne il desiderio. Io non so cosa vuol dire avere un fratello di sangue, ma so che se perdessi Rumiko starei malissimo, perchè lei per me non è solo un'amica, ma una sorella in tutto e per tutto.

Daiki guardò Nobu, che lo stava lacerando letteralmente con lo sguardo, ma se ne fregò altamente e strinse forte a sé la ragazza.

Akito e Yamato diedero una pacca in contemporanea sulle spalle di Nobu.

- Dai, non prendertela... Roxy é fatta così... - disse solo Akito. Yamato annuì, poi l'altro continuò a parlare. - Che ne dite, raggiungiamo Rumi in ospedale? Sarà distrutta, poverina... ah Yamato non ho soldi sul cellulare, prestami il tuo che avverto Azuki.-

Il giovane uomo gli porse l'apparecchio iniziando a rimuginare. Sorrise tristemente, se l'era proprio cercata, se l'era lasciata fregare sotto il naso e, il bello della faccenda, era che era stata colpa sua se si era allontanata da lui. Era proprio un'idiota. Mentre Akito telefonava alla sua dolce metà, tirò via Nobu da Ritsuko e Nishikado, iniziando a trascinarlo in direzione della sua auto, che aveva appena ricevuto per lavoro dalla sua ditta.

- MOLLAMIIII! IO QUELLO LO DISINTEGRO!!! - ruggì Nobu accecato dalla gelosia. Yamato gli diede uno scappellotto sulla testa per zittirlo, con buoni risultati. Aprì la portiera dell'auto e lo buttò dentro, poi si voltò verso Ritsuko chiedendole se fosse andata con loro.

Daiki prese parola - Se vuoi puoi venire con me, ho l'auto parcheggiata qua dietro...- tentò di sembrare il più distaccato possibile, con scarso successo agli occhi di Nobu.

Roxy si avvicinò alla macchina, aprì la portiera posteriore e diede un bacio a fior di labbra a Nobu.

- Scusa Nobu, lui al momento ha bisogno di qualcuno al suo fianco... e sento il bisogno di aiutarlo. Ci vediamo in ospedale.

La ragazza si avviò verso Daiki. Nobu la guardò stralunato. Poi guardò Yamato. - Se ne sta andando con lui... sente il bisogno di aiutarlo... - farfugliò sconvolto. Yamato fece spallucce e quando akito entrò in macchina, lui mise in moto, alla volta dell'ospedale.

 

… continua…

 

Oh oh oh! Buon natale gente e, già che ci siamo anticipiamo un Buon anno! Ahhhh, come vedete è finito tutto bene per la piccola Rumiko, su su, visto che non siamo tanto perfide? :D Vogliamo bene ai nostri personaggi! Ma passiamo ai ringraziamenti, senza perderci troppo in ciance!

 

Lanya: Woooow! Che figata, una nuova lettrice! Yuhuuu! Dici che è la storia perfetta? O_O Ma dai, ci sentiamo lusingatissime dalla cosa! Che bello!!! :D Ci fa piacere ti piaccia tanto (che gioco di parole… )! Speriamo vivamente che continuerai a seguirci, come affermato, e che non ti deluderemo!!!

 

Shaida Black: Ed ecco qui una delle nostre lettrici più fedeli! Ma sciao!!! :D Eheh, allora ti piace la piega che sta prendendo, eh? Benone, benone! Purtroppo, per il mostro, abbiamo scelto una possibilità un po’ più realistica e legale. Se il nostro Dai lo avesse fatto a fettine, sarebbe andato in prigione finendo lontano da Rumiko per anni e anni, no? Meglio metterci Ichinose! :P Siamo pazze? Ma sì, sempre con molta modestia lo affermiamo anche noi! Ahah!

Al prossimo chappo gente!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 25

 

 

Roxy era persa con lo sguardo nel paesaggio che le saettava di fianco, oltre il finestrino dell'auto di Daiki. Si sentiva in imbarazzo. Perchè diavolo le era saltato in testa di andare con lui, al posto che con Nobu, Akki e Yamato? Era stata proprio una cretina. E se la portava in un posto che non era l'ospedale? E se le saltava addosso? E se la violentava?! Scosse la testa. Non era il momento di mettersi in testa sciocchezze simili, Daiki non sarebbe mai stato capace di una cosa simile, sperava. Lo osservò meglio. Non era sicura se ne fosse capace o meno, ma di certo non era quello il momento in cui avrebbe potuto farlo. Suo fratello era in ospedale, e sul suo volto era dipinta la stessa faccia che aveva lei quando Nobu era ricoverato. Buffo... e pensare che era stato proprio lui a mandarlo lì, ed ora lei era in macchina accanto a lui, a pensare che dopotutto non era un tipo tanto male. Si diede mentalmente della cretina, chiedendosi come poi era finita ad avere quel rapporto così, se si poteva dire, intimo. E pensare che prima era suo nemico, in quanto protettrice di Rumiko. E, a proposito di Rumiko, come era successo che l'amica si era innamorata di Daisuke? Perché era evidente. Ed era accaduto così, da un giorno all'altro. Fino a pochi giorni prima si struggeva per Yamato, e ora... dicendolo in termini semplici: non le importava più un emerito cavolo di Yamato. Fece senza nemmeno rendersi conto spallucce, sospirando profondamente e attirando l'attenzione di Daiki il quale, anche se non lo dava a vedere, era piuttosto teso. Non si sarebbe mai aspettato che la ragazza, in precedenza, lo abbracciasse e consolasse e, per di più, aveva seguito lui in auto, non i suoi amici ed il suo ragazzo.

- Sai, sono sorpreso... - disse vagamente, mentre scalava di una marcia e teneva gli occhi fissi sulla strada trafficata di Tokyo.

La ragazza si voltò un poco verso di lui, guardandolo spaesata.

- Sorpreso di che cosa?

- Che tu sia venuta con me... e poi... é così strano quello che hai fatto prima... -, sorrise alludendo a pochi minuti prima quando l'aveva abbracciato.

- Beh... -, iniziò a farfugliare lei, non convinta di cosa dirgli, - Lasciarti guidare da solo in condizioni disperate potrebbe costarti un incidente... e poi mi sembravi così disperato e sul punto di piangere che... boh... non volevo rischiare ti suicidassi!

- Sei una tipa strana... - fu il commento di Daiki in risposta. E lo pensava davvero. Ma dopotutto anche lui era strano. Fino a poco tempo prima si odiavano, e a guardarli in quel momento non si sarebbe mai detta una cosa del genere.

- Ha parlato quello normale! -, iniziò ad aggredirlo lei, suscettibile com'era. Ci pensò un momento, ed effettivamente non era del tutto comune, a cominciare dai suoi capelli.

Lui sorrise. - Eh eh... calmati dai, non era un'offesa... anzi era un commento positivo... sei un po' strana... ma sei unica... è per questo che mi piaci, Ritsuko.

La ragazza trasalì. Al di là delle parole, era la prima volta che la chiamava per nome, e con un tono così amichevole e dolce.

- Ehy, da quando ti prendi tanta confidenza? -, si allarmò. - E poi come sarebbe a dire che ti piaccio? Non mi odiavi?

Ok, era evidente, era sulla difensiva, ma che altro poteva fare? Se quel "mi piaci" era nel senso che sperava non fosse, come avrebbe reagito? Lei stava con Nobu, e poi Nishikado... beh, doveva ammetterlo, non le era troppo indifferente.

Nel giro di pochi secondi si imbottigliarono nel traffico. Così lui tirò il freno a mano e poté finalmente voltarsi a guardarla. - Scusami Matsumoto, ma sentivo il bisogno di dirtelo... scusami... comunque non è il momento di parlarne ora... mio fratello... non è il caso... - tagliò corto voltandosi verso il sedile posteriore. Prese una borsa da cui estrasse il cellulare. Compose velocemente un messaggio di scuse per il suo autista, a cui aveva preso la macchina in un momento che era distratto, e poi prese una sigaretta. Aprì il finestrino e l'accese. Tirò un lungo respiro, per scaricare tutta l'ansia accumulata quella sera. Tutte queste azioni le fece sotto gli occhi attenti e vigili di Roxy.

- Io capisco tu sia preoccupato per tuo fratello... ma questa non è una buona scusa per deviare il discorso. In ogni caso scherzavo, se ti va puoi benissimo chiamarmi per nome, almeno se chiami me lo so e non mi confondo con Rumiko.

Fece una smorfia al forte odore di fumo che la raggiungeva.

- Ma tu da quando piffero fumi? È la prima volta che ti vedo farlo, non l'avrei mai immaginato tanto perfettino come sei. O, al massimo, ti facevo tipo da sigari. -, rise.

La guardò tossire un po' soffocata da tutto quel fumo e spense la sigaretta. - Scusa, non pensavo ti dessero fastidio. -, si curvò verso di lei, per un attimo in cui lei fu presa dal panico. In realtà lui aveva solo aperto il finestrino per fare uscire presto la puzza di fumo.

- Di solito non mi da tanto... fastidio... solo che questo luogo è piccolo e stretto e... si sente più a lungo... -, disse deglutendo rumorosamente e avvicinandosi di più alla sua portiera, per allontanarsi dal ragazzo.

Lui la guardò, nuovamente sorpreso. - Di che hai paura? Guarda che non ti faccio niente...

- Io? Paura? Ma quando mai! Semplicemente puzzi di fumo! -, si salvò lei in extremis.

- Ah si? Allora se mi avvicino così non ti metti a piangere e urlare? - chiese curioso fermandole i polsi con una mano e avvicinandosi a lei così tanto che i loro nasi si sfioravano.

- Mollami o ti mordo e, ti assicuro, che ho i denti aguzzi e fanno male affondati nella propria carne! -, si difese lei, dimenandosi dalla presa.

- Davvero? Allora anche se faccio questo mi mordi... -, si avvicinò ancora di più annullando la distanza tra le loro labbra. Si staccò quasi subito per passare a baciarle una guancia, poi l'altra, per poi andare più affondo e baciarle lo spazio tra l'attaccatura dei capelli e l'orecchio, e infine il collo. In tutto questo lei rimase immobile, come ipnotizzata.

Lo guardò spaesata, in quegli occhi così scuri e profondi, mentre un brivido le percorreva la schiena. Si sentiva incapace di reagire, di pensare, di lasciarsi andare. Di fare qualsiasi cosa. Sentiva solo il desiderio di sparire.

Vedendo che lei non reagiva si allontanò, lasciandola andare.

- Peccato, speravo in una qualche risposta di qualsiasi genere. -, disse ironicamente. Si tirò a sedere e sentì improvvisamente dei clacson suonare con insistenza. La fila aveva ripreso a muoversi. Rimise in moto e procedette, alla volta dell'ospedale. Per un attimo Roxy non capì niente, l'unica cosa che attirava la sua attenzione in quel momento erano le guance arrossate e le pupille dilatate di lui. Che significava? Si era imbarazzato?

Non colse la sua ironia, ma piuttosto pullulava incessantemente una domanda nella sua mente.

- Perché? -, buttò fuori di un fiato.

Il ragazzo ci pensò un paio di secondi. Non aveva ben capito lei a cosa si riferisse. - Perché cosa? Ti andrebbe di mettere un soggetto un verbo e un complemento oggetto, tesoro caro?- chiese ridacchiando.

- Perché hai fatto questo.

- Questo cosa? -, cominciava ad innervosirsi.

- Come sarebbe a dire questo cosa?! Mi hai appena baciata in tutti, o quasi, i modi possibili. Perché?! Per divertirti? Per prendermi in giro? Per quale dannato motivo?!

La guardò per un istante, poi tornò a guardare la strada, poi la guardò ancora sospirando e infine tornò a concentrarsi e guardare davanti a sé. -, Mi pare di avertelo già detto.

- Spiegamelo, perché mi deve essere sfuggito. -, si morse il labbro inferiore, sentendosi completamente ferita. Bene, ora aveva perfino tradito Nobu. Tradire voleva dire fare qualcosa. Ma lei aveva fatto di peggio, niente! Non aveva nemmeno impedito a Daiki di avvicinarsi a lei.

- Cosa vuoi che ti dica, Matsumoto? Cosa vuoi sentirti dire, eh? -, la voce di lui suonava leggermente affannata per l'ansia e il nervosismo.

- Non voglio sentirmi dire niente di particolare, se non la verità. Sai benissimo che ho il ragazzo e questo tuo gesto è ovvio mi lasci spiazzata, visto che mi hai sempre odiata o, perlomeno, hai sempre fatto del male alle persone a cui tengo di più. Voglio sapere perché l'hai fatto, quale dannata forza te l'ha fatto passare per la mente! -, disse innervosita, anche se la sua espressione più che arrabbiata era triste e confusa.

Improvvisamente Ritsuko sentì la macchina fermarsi. Guardò fuori dal finestrino: erano arrivati. Daiki spense il motore e le disse di scendere. Scese anche lui e inserì l'allarme, con il quale tutti i finestrini aperti si chiusero e le portiere sbloccate si bloccarono. - Andiamo... -, disse solamente, avviandosi verso le porte scorrevoli d'ingresso.

Roxy si piantò lì, ferma ed immobile. Una leggera pioggerellina iniziava a scendere dal buio cielo di Tokyo, il quale sembrava rispecchiare il suo cuore in quel momento.

- Io non vado da nessuna parte se non rispondi alla mia domanda. -, disse solo.

Il ragazzo si voltò verso di lei, i capelli leggermente mossi dal venticello fresco, gli occhi socchiusi per guardarla meglio oltre la pioggia che ora scendeva fitta.

- Cosa posso dirti, Ritsuko... non mi crederesti... e comunque a cosa servirebbe? Tu hai già il ragazzo, l'hai detto tu stessa.

- Sei un'egoista... fai e dici solo ciò che fa comodo a te! Che cazzo ne sai di cosa penso o credo io?! Un emerito niente, quindi non fare tanto il sapientone con me perchè non attacca! Non sono una di quelle ragazzette sceme che frequenti tu di solito, mettitelo nella zucca! A me i piedi in testa non li metti!

Abbassò il capo sussurrando qualcosa che lei non capì, così lui lo ripeté, stavolta alzando la voce.

- Io non credo che le ragazze che frequento siano sceme... non voglio metterti i piedi in testa... semplicemente mi pare inutile dirti una cosa tanto ovvia... ormai te ne sarai accorta, e non mi pare che le cose cambierebbero in alcun modo favorevole se te lo dicessi apertamente. - si zittì un attimo e poi le si avvicinò. - O forse... sei tu che vuoi sentirtelo dire?

La ragazza rimase ferma, ma il suo sguardo si fece truce.

- Io non voglio sentirmi dire niente da te, Nishikado. Guarda, in questo momento per me potresti anche buttarti in un burrone, non mi farebbe né caldo né freddo. Avevo sbagliato a credere fossi diverso... in realtà sei e rimani uno stronzo. Sei gentile solo quando e con chi ti fa comodo, basta che tu raggiunga i tuoi scopi.

Daiki alzò velocemente le mani, e lei chiuse gli occhi credendo volesse picchiarla, ma si sorprese quando le sentì posarsi delicatamente sulle sue guance, proprio come la fronte di lui sulla sua.

- Ti amo... -, la voce di lui era spezzata. - Ti amo, e non posso farci niente…

Il volto di Roxy fu inondato di lacrime, che però non credette Nishikado vedesse, tanta era la pioggia che cadeva. Era scossa da singhiozzi e non poteva farne a meno. Perché diavolo quel ragazzo riusciva a sconvolgerla tanto? Proprio non lo sapeva. Fino ad allora per lei c'era sempre e solo stato Nobu, e le andava bene. Era convinta di provare amore per lui, e di certo lo provava. Ma era proprio sicura fosse quello che provano due anime gemelle legate dal filo rosso del destino? No. Non lo era affatto. Da quando Daiki era prepotentemente entrato nella sua vita nulla le sembrava più ovvio. Ed il bello era che non pensava lui la conoscesse. Ed infatti un ulteriore domanda la colse alla sprovvista, che forse non sarebbe stato il caso rivelare.

- Da... Daiki... ma perché io? Non mi conosci quasi... o perlomeno così poco... come è possibile che tu provi un sentimento tanto profondo per una tipa così stramba ed opposta a te?

- Chi ti dice che non ti conosco? Cosa pensi che abbia fatto negli ultimi dieci anni? Siamo sempre stati nella stessa scuola... e mi sei sempre piaciuta... così bella... così ribelle... così grintosa, eppure dolce al tempo stesso. Come potevo non innamorarmi di te?

Roxy sentì il mondo crollarle addosso. Dieci anni? Daiki la seguiva da dieci anni, ormai? Com'era possibile non si fosse mai accorta della situazione?

- Die-eci anni?! Ma stai scherzando?! Perchè cavolo in dieci anni vieni a dirmelo adesso, perchè non allora?! Non... non ti capisco... -, disse asciugandosi con il palmo della mano la guancia destra.

- Perché per dieci anni ho creduto ti piacesse quel tuo amico... Nobu... ed avevo ragione, cristo santo!-, disse lasciandola e allontanandosi da lei, dandole le spalle. Si avviò verso l'entrata dell'edificio senza dire più nulla. Si era accorto delle sue lacrime, ma sicuramente erano per lo stupore, per altro. Lei non avrebbe mai ricambiato un fallito come lui.

La ragazza affrettò il passo, raggiungendolo. Lo prese per mano e lo fece voltare, ma non disse nulla. Semplicemente lo guardava. Non sapeva che diavolo le fosse saltato per la mente, ma sentiva il forte desiderio di non lasciarlo andare.

- Andiamo... da Daisuke... -, cambiò discorso abbassando lo sguardo smeraldo.

Lui annuì semplicemente, osservandola un istante. Ma quant'era bella? E quanto si era frullato il cervello a dirle tutto?

Si avviarono così alla reception, per chiedere del più piccolo dei Nishikado. Ancora si tenevano per mano, ma Daiki apparentemente aveva ripreso il suo carattere freddo e distaccato, nel rivolgersi all'infermiera. Roxy, al contrario, stava incredibilmente zitta e con lo sguardo basso, seguendolo come un cagnolino tremante per il freddo, incapace di fare altro.

Mentre Daiki parlava con l'infermiera, Roxy si voltò verso l'ascensore. Vide Nobu e Akito uscire e per riflesso lasciò velocemente la mano di Daiki e si avvicinò ai due. Daiki la guardò avvicinarsi a Nobu ed abbracciarlo. Abbassò il capo, scuotendolo, rassegnato, poi tornò a rivolgersi all'infermiera. - La ringrazio... - disse senza nemmeno farla finire di parlare, avviandosi verso il gruppetto. Mentre Ritsuko rimaneva appiccicata a Nobu, lui guardò Akito. - Come sta?- chiese scacciando del tutto la ragazza dai capelli azzurrini di mente e concentrandosi ora sul pensiero del fratello in sala operatoria.

- Se ti dico che già ha gli occhi aperti e si fa viziare da Rumiko tu che mi dici? -, gli rispose sorridente.

Roxy si strinse di più a Nobu, mentre Daiki le passava a fianco per raggiungere il fratello, nascondendo il viso contro il petto di lui, come per non farsi vedere dal ragazzo, sentendo di vergognarsi infinitamente. Non meritava nemmeno di stare attaccata al biondo, ma al momento era l'unica fonte di appoggio sicura che aveva trovato. Si sentiva confusa e avrebbe voluto semplicemente tornarsene da sola nel suo appartamentino, per buttarsi sul letto e piangere tutte le sue lacrime.

 

***

 

Daiki entrò nella stanza e vide Rumiko seduta accanto al letto di Daisuke, che gli teneva la mano. Stavano ridendo, probabilmente suo fratello aveva detto qualche cosa stupida delle sue.

- Non riuscirò mai a liberarmi di te... - disse per attirare l'attenzione dei due. Rumiko saltò in piedi e lo guardò. - Finalmente sei arrivato... dov'è Ritsuko?

Daiki la guardò un istante e le indicò il corridoio. La moretta guardò Daisuke. - Ti lascio con tuo fratello, torno dopo, magari...

Uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

- Non è carina? È troppo tenera! -, esclamò gioioso Daisuke, per poi tornare serio, - Cos'è quella faccia scura? Sembra che tu abbia appena visto la morte in faccia!

- Uhm... ci sono andato vicino dichiarandomi a Matsumoto... l'altra, non la tua... - rettificò sedendosi accanto al fratello e guardando Goro addormentato sul letto accanto a lui.

La faccia di Daisuke, in seguito alla frase del fratello, non era nemmeno descrivibile. Troppe espressioni messe insieme.

- Ti... ti sei dichiarato a Ritsuko?! Ma se dicesti che non l'avresti mai fatto, nemmeno sotto tortura!

- Che vuoi farci... eravamo fuori dall'ospedale... in macchina l'avevo baciata per stuzzicarla un po'... e mi è sembrato razionale approfittarne per dirglielo... poi si è messa a piangere... o almeno credo, pioveva forse erano gocce di pioggia... non ho capito bene ciò che è successo... in realtà ho una grande confusione in testa.. so solo che appena entrati ha visto quel Nobu e si è appiccicata addosso a lui, guardandomi in cagnesco.

- Semplicemente l'avrai confusa da morire... su dai, non farne una tragedia, se son rose fioriranno fratellone!

Detto questo si sistemò meglio sul letto e si ristese, socchiudendo gli occhi stanchi. Daiki si lasciò sfuggire un sorriso, talmente flebile che poteva essere scambiato per una smorfia. La cazzata l'aveva fatta, ora toccava al futuro decidere cosa far accadere, lui di certo non avrebbe smesso di sperare. In fin dei conti era dieci anni che lo faceva, perchè smettere ora?

 

… continua…

 

 

Accidenti gente, sappiamo che noi per motivi scolastici spariamo spesso, ma voi non siete di meglio, eh? ç_ç I nostri recensori e lettori adorati sono quasi tutti spariti! Sigh…. ci dispiace non avere più il parere di tante persone sullo svolgimento della storia, vogliamo sapere le diverse idee! Beh… speriamo sia solo un periodo transitorio, eh? :D Noi ci speriamo fermamente!

Shaida Black: Ma ciao affezionata lettrice! Siamo contente ti affascini la coppia di Rumi e Daisuke, ci sembrava un po’ scontato farla mettere da subito con il suo primo amore… purtroppo nella vita reale molto raramente finisce così, se non praticamente mai. Nobu ti diverte? :D Fantastico, lo rendi contento! Lui è qui ad affliggersi per la sua Roxy… non pensava di certo di risultare divertente! Riguardo Ichinose… personalmente per il momento preferiremmo dimenticarlo… se riapparirà o no in futuro questo è un mistero anche per noi, ma di certo al momento preferiamo non vederlo! Ci dispiace! :] Eheh!

Al prossimo chappo!!!

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 26

 

 

"Chiudi la porta a chiave, non aprire a nessuno, a meno che tu non sia sicura che sia la piccola Ritsuko, mangia tutto quello che ti ho preparato, perché sei troppo dimagrita ultimamente e vai a letto presto. " erano le raccomandazioni annotate su un bigliettino lasciato da Azuki alla figlia. Ultimamente era molto presa dal lavoro, essendo stata promossa da normale commessa a caporeparto del quinto piano del centro commerciale 24h su 24h, così si assentava spesso da casa, lasciando Rumiko sola.

La ragazza però quasi mai seguiva tutte le istruzioni della madre. Era passata una settimana dal ricovero di Daisuke, e lei gli telefonava tutte le sere, anche quando era già passata a trovarlo nel pomeriggio. Che fosse dimagrita molto era vero, la bilancia segnava ben sei kg in meno dal mese prima, quasi le si potevano vedere le ossa. Ma la cosa non faceva molta differenza, preferiva comunque non mangiare, le disturbava anche solo sentire l'odore del cibo, e anche dopo aver assaggiato un misero pezzo di pane, vomitava perfino le viscere. Sapeva che Daisuke era molto preoccupato, ma lei lo tranquillizzava, dicendo che non era nulla di che, e che presto le sarebbe passata. Era solo una banale influenza, a suo parere. Nel profondo del suo cuore sapeva che era così per vari motivi: il trauma subito solo una settimana prima, l'essersi incolpata che Daisuke fosse in ospedale, e... non essere più riuscita a parlare con Yamato. Lei ora era innamorata di Daisuke, questo era sicuro, il solo sentirlo le provocava le farfalle allo stomaco. Però, nonostante il brunetto avesse spodestato Yamato dal trono di sovrano incontrastato del suo cuore, ci teneva comunque molto al giovane avvocato, e il non sentirlo più l'aveva ormai fatta cadere in depressione. Ora era seduta nella sua stanza, alla scrivania, aveva dimenticato di chiudere la porta a chiave, la cena preparatale da sua madre era ancora tutta sui fornelli, ormai fredda, era già mezzanotte passata e lei era ancora china sui libri per recuperare tutto ciò che aveva lasciato indietro nell'ultimo periodo.

Appoggiò la matita sul foglio, si stiracchiò e si stropicciò gli occhi. Aveva un sonno tremendo e, quest'ultimi, le bruciavano da matti. Decise di andarsi a prendere un bel bicchiere d'acqua e a sciacquarsi il viso. Doveva assolutamente finire quei problemi di matematica per l'indomani, non poteva permettersi di dormire. Non appena aprì la porta della stanza rimase immobile, quasi pietrificata, e aguzzò le orecchie. Dalla cucina provenivano dei rumori di stoviglie picchiate fra loro e sentiva distintamente lo scorrere dell'acqua di un rubinetto. Che sua mamma fosse già tornata? Possibile? In genere prima delle due del mattino non rientrava mai.

Si guardò intorno, aggiustando gli occhiali che le erano scivolati giù dal naso quando si era bloccata di colpo sentendo quei rumori. Il suo sguardo di posò sul portaombrelli, e riflettendo un po' aveva deciso che era meglio armarsi. Così prese l'ombrello più lungo e robusto che aveva e si avviò quatta, quatta verso la cucina. Si sentiva tremare... e se non fosse stata sua mamma? Avrebbe veramente avuto il coraggio e la forza di riuscire a difendersi dall'invasore? E perchè mai uno sconosciuto avrebbe dovuto pulirle la cucina? No, c'era decisamente qualcosa che non quadrava. Era quasi giunta in cucina, quando vide la figura di un'ombra andare verso la direzione dell'uscita di questa, dove si trovava lei. Si spalmò tipo sottiletta contro la parete, dietro la porta e quando questa si aprì non riuscì a vedere chi fosse, ma certamente non era sua madre, era la sagoma di una persona molto più alta e certamente non femminile. Strizzando gli occhi si fece coraggio e con una forza al di là dei suoi canoni colpì lo sconosciuto dietro la schiena, prendendolo alla sprovvista e facendolo cascare a terra con un lamento di dolore ed un tonfo sonoro. Rumiko non sentì la figura alzarsi e, a questo punto, aprì gli occhi. Lasciò cadere l'ombrello a terra, guardando la persona che giaceva distesa a terra. Non era possibile, non riusciva a crederci... Non poteva essere vero! Che cavolo ci faceva Yamato in casa sua, a quell'ora, e in cucina?!

Entrò nel panico, la schiena attraversata da brividi di orrore, la mente attanagliata dal caos più totale e il cuore batteva all'impazzata. L'aveva colpito. Gli aveva anche fatto molto male. Era svenuto. E... e ora cosa doveva fare?

Fece qualche passo verso di lui, si curvò un po' e tentò di trascinarlo verso il divano del salotto.

- Cacchio, pesi più di quanto non sembri, dannato!- bofonchiò una volta che era riuscita a portarlo sul divano, lasciandosi poi cadere sfinita sulla poltrona accanto. Fu in quel momento che lui riprese i sensi.

Sbatteva piano, piano le palpebre, probabilmente per mettere a fuoco il paesaggio circostante. Si portò una mano alla testa e se la passò fra i capelli.

- Che male... - si lamentò il giovane uomo, pensando alla schiena dolorante.

La moretta si alzò e velocemente si inginocchiò accanto al divano, prendendo una mano di lui tra le sue.

- Oh Yamato, mi dispiace. Davvero, scusami, sono mortificata, io...

Il biondo le fece un cenno con la mano per fermarla, poi le sorrise. Dopotutto aveva fatto bene a colpirlo, lui non l'aveva mica avvisata che era entrato in casa.

- Non preoccuparti, avrei dovuto pensare a venirti ad avvisare, invece di entrare senza permesso, dato che era aperto e al campanello non rispondevi... - sorrise - Come stai Rumi?

Lei lo guardò un attimo con gli occhi lucidi, poi le sue labbra si schiusero in un dolce sorriso.

- Mi sei mancato... mi sei mancato tanto... - disse appoggiando il capo sulla spalla di lui, lasciando che le lacrime scendessero senza fermarle. Voleva solo piangere un po', poi non l'avrebbe più fatto.

Yamato si allarmò un pochino, ma poi decise di ignorare i suoi pensieri e di stringerla a sé. Sicuramente era un po' frustrata per l'assenza della madre e per il ricovero di Daisuke, aveva bisogno di piangere.

- Shhh.... Dai Rumi, se continui a piangere così ti si rovinerà il viso! - tentò di sembrare carino, ma forse il suo tentativo di approccio non era il più delicato.

Lei annuì e poi si allontanò da lui, gentilmente.

- Sai Yamato... ora io e Daisuke stiamo insieme. Quindi... volevo dirti di non preoccuparti più per me... è vero ho sofferto per te... ma ora va bene... e a me farebbe piacere se potessimo tornare amici.- spiegò lei evitando di guardarlo negli occhi. Si sentiva imbarazzatissima, e non riusciva a capire il perché.

Fra i due calò il silenzio, che a Rumiko sembrò non finire mai.

- Non voglio metterti i bastoni fra le ruote, però ti voglio bene e non posso di certo abbandonarti quando hai bisogno di aiuto. Non puoi chiedermi di non farlo.

Si abbassò un pochino sul viso della ragazza, e le diede un bacio sulla fronte.

Lei arrossì. Il suo cuore sembrò esploderle in petto a quel contatto. Si sentiva una traditrice nei confronti di Daisuke, ma avere Yamato così vicino, tutto per lei, le faceva un effetto fin troppo strano.

- Va bene... non te lo chiederò. Mi fa piacere... se ti preoccupi... per me... - finì con un filo di voce.

Il biondo sorrise, accarezzandole la testa.

- Dovresti andare a dormire Rumiko... hai delle profonde occhiaie, non dovresti fare le ore piccole! E non dovresti nemmeno saltare i pasti... hai un aspetto debolissimo... da quanto non mangi?

Lei lo guardò un attimo confusa.

- Eh... no... più che altro dimmi cos'è che ci facevi tu nella cucina di casa mia!!!

Lui sembrò pensarci un attimo, poi si passò una mano fra i capelli, con fare imbarazzato.

- Ho visto che non rispondevi, sono entrato... ho visto la porta della tua stanza chiusa e pensavo dormissi... allora, siccome avevo sete, sono andato in cucina... e visto il casino ho pensato di mettere un po' a posto...

- Mi hai spaventata a morte... solo perché avevi sete?- disse lei non riuscendo a nascondere il suo stupore. Inevitabilmente le sue labbra si arricciarono, prima di scoppiare in una risata cristallina. - Ma... ahhaha... Yamato sei un danno!

Contagiato dal buon umore della moretta si lasciò scappare un sorriso, che però non riusciva a nascondere la sua preoccupazione. Rumiko era strana... troppo strana. O forse chi veramente era strano era lui. La voleva al suo fianco, anche solo come una sorellina... ma perchè allora provava il desiderio di farla sua? Perchè assomigliava alla sua ex? No, questo sicuramente no.

 

***

 

- Ma dove sono finiti quei due? Akito è normale che marini le prove, lo fa sempre! Ma Yamato?! Che fine ha fatto???- chiese Nobu guardando la ragazza dai capelli azzurri che accordava la sua chitarra in tutta tranquillità.

- E io che ne so? - rispose facendo spallucce e provando qualche melodia, per testare l'accordatura. - Domandalo ad Ashley, lei sa tutto...

Guardò di traverso il biondo. Avevano appena litigato ed ovviamente il motivo qual'era? Ashley. Roxy non la sopportava più. Ogni volta che si trovavano da soli o con il gruppo per provare puntualmente spuntava anche lei. Sembrava l'ombra di Nobu!

- Cosa diamine vuoi che ne sappia, Ash?- chiese ingenuamente, senza cogliere l'ironia della battutina della sua ragazza.

Intanto quell' "ASH" aveva stizzito Ritsuko non poco. Ora la chiamava anche Ash? Bene, il cammino per arrivare a chiamarla "zuccherino" era davvero poco, ora.

- Voglio dire che ASH, pettegola ed impicciona com'è, sa sempre tutto... non mi sorprenderebbe se sapesse perfino l'ora in cui vai in bagno! Secondo me il ruolo di spia le calzerebbe a pennello, diventa l'ombra delle sue vittime! - bofonchiò appoggiando la chitarra e iniziando a sorseggiare la sua birra.

Quel ragazzo era troppo ignorante, certe volte. Quando faceva così le faceva partire i nervi perché non capiva mai se facesse finta o no di essere tanto ingenuo.

- ASH NON TI HA FATTO NIENTE! SMETTILA DI PARLARE COSÌ DI LEI! È MIA CUGINA, DEVO RICORDARTELO?- chiese cominciando ad irritarsi. Ritsuko pensò che era davvero difficile far perdere le staffe a Nobu, forse stava esagerando.

- Sì, sì... va bene... è tua cugina... - disse sorseggiando un altro po' della sua bionda.

Fortuna che c'era la birra, altrimenti in quel momento avrebbe mandato a quel paese il ragazzo. Ok, forse lei stava esagerando, ma lui non le stava di certo dimostrando che, come ragazza, Ashley gli fosse indifferente. Lei si appiccicava a lui, gli dava tanti bacetti per tutto il viso puntando le labbra, gli preparava pranzetti e leccornie, faceva mille cose per aggraziarselo e Nobu non faceva nulla per respingerla. Anzi, si faceva viziare volentieri!

Uomini! Tutti fatti con lo stesso stampo difettoso. C'era sempre qualcosa che non andava in loro, e la maggior parte delle volte era una cosa molto semplice: erano un mucchio di stupidi porci in astinenza!

Il ragazzo la guardò storto, ma poi pensò che in effetti, forse, aveva ragione. Ma, d'altronde, lei non faceva niente per mettere a tacere le voci che giravano per scuola su una presunta relazione tra lei e Nishikado. E a lui questo dava fastidio. Perché non alzava un muscolo. Come per riflesso condizionato, si avvicinò velocemente a lei e l'abbracciò forte. La ragazza perse la presa sulla lattina di birra, che cadde a terra rovesciando fuori il suo contenuto.

- Non... non lasciarmi... mai... - disse tentando di sopprimere quella vocina nel cervello che ormai da giorni gli diceva che Ritsuko l'avrebbe lasciato.

Roxy lo allontanò il necessario per guardarlo negli occhi.

- Ma che stai dicendo Nobu? Sto facendo di tutto per farti notare che tu stai cedendo alle avances di tua cugina e chiedi a me di non lasciarti? Dovrei essere io a dirlo...

Sospirò, scuotendo la testa. Non era lei quella nel torto.

- Quel... quello stupido... Nishikado... ti sta portando via da me... ne sono certo!-

Lei sussultò. Come osava insinuare una cosa del genere? Cosa c'entrava ora quel babbeo di Nishikado? Perché sospettava di lei in quel modo? E, inoltre, come diavolo gli era saltata in mente una cosa del genere?

Gli diede uno scappellotto dietro la nuca, guardandolo corrucciata.

- Stai dando di testa Nobu?! Cosa diavolo vuoi che me ne freghi di Nishikado! L'ho sempre evitato per hobby?!

No, effettivamente non era proprio così. Non lo evitava, semplicemente lui aveva una vita e lei un'altra. Prima della vicenda di Rumiko non l'aveva mai nemmeno notato... o forse sì?

Nobu scosse la testa. Proprio non capiva.

Improvvisamente si sentì una melodia allegra spezzare il silenzio imbarazzato. Era il cellulare di Ritsuko. La ragazza rispose e fu sorpresa di sentire la voce di Akito. Sembrava distrutto...

- Ho capito... aspetta, prendo la moto e arrivo, così ne parliamo con calma.

Nobu la osservava attento, ma proprio non riusciva a capire cosa le stava dicendo l'amico, ma a quanto pareva era successo qualcosa di grave, se Roxy voleva raggiungerlo. La seguì con lo sguardo, mentre prendeva giacca, chiavi e casco.

Lei si voltò a guardarlo. Nobu le si avvicinò e le diede un piccolo bacio a fior di labbra.

- Ti amo, lo sai. Non fare caso a ciò che ho detto...

- Ne riparliamo poi... non possiamo sempre chiudere le nostre discussioni così, altrimenti i problemi non li risolveremo mai... ci vediamo dopo. - ricambiò il bacio e si avviò verso l'uscita, iniziando ad allacciarsi la giacca.

No, in quel momento non riusciva a dire a Nobu che lo amava, perchè non era ciò che sentiva. Per lui, ora come ora, provava solamente irritazione, forte irritazione per il suo comportamento verso Ashley e lei stessa.

Indossò velocemente il casco, uscì dal locale seguita a distanza dal ragazzo, salì sulla moto e partì quasi subito scomparendo dalla vista preoccupata di Nobu, che si pentì di averle detto tutte quelle cose. Era stata così fredda nel salutarlo. Aveva paura che quello fosse l'inizio della fine.

 

***

 

Con una frenata poco aggraziata fermò la sua corsa alla volta del nuovo luna park. L'avevano appena aperto e si trovava nei dintorni della casa di Rumiko. Akito si era rifugiato lì, nell'attesa della ragazza dai capelli turchesi. Essendoci tanta gente era sicuro di non rischiare di incontrare Azuki, che per chiedergli scusa lo aveva rincorso. Ritsuko posteggiò la moto nel primo spazio che trovò, legò il casco alla ruota anteriore e si avviò alla ricerca del giovane uomo.

Trovarlo fu molto semplice. Era seduto su una panchina dinnanzi al ristorante del parco giochi, poco lontano dalle montagne russe. Gli si avvicinò e si sedette accanto a lui. Il ragazzo non diede segno di averla vista. Era fermo, immobile, come sospeso a mezz'aria in un mondo tutto suo, lontano da tutto e da tutti, irraggiungibile e al sicuro. Eppure, improvvisamente, lo vide scuotersi e parlare.

- ... lo ha fatto per Rumiko, sai...

- Forse è solamente una fase di transizione... magari prima vuole chiarire le cose con lei. - rispose vagamente lei, non del tutto consapevole dell'accaduto.

Le aveva solamente accennato che Azuki aveva deciso di tagliar i ponti con lui, i dettagli della vicenda ancora le erano oscuri.

- ... no... non chiarirà nulla... "Non dobbiamo vederci mai più" così ha detto...

Era distrutto. Si portò le mani sul volto e sospirò, cercando di trattenere le lacrime. Non poteva piangere, non davanti a Ritsuko!

La ragazza prese a giocare con i capelli corvini di Akito, intuendo lo stato d'animo del ragazzo.

- Guarda che se mi chiami perché hai dei problemi, questo implica lo sfogarsi non solo con il parlare eh...

Azuki lo aveva mollato per proteggere la figlia, comprensibile. Ma, in fin dei conti, sapeva benissimo dall'inizio il rischio che correva. Se l'era cercata lui.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. L'abbracciò, stringendola forte, e scoppiò in lacrime. Ritsuko continuò ad abbracciarlo, accarezzandogli i capelli e cullandolo come un bimbo. Non aveva mai visto Akito così distrutto in vita sua, neanche qualche anno prima, quando era morta sua sorella. Pensandoci bene, si erano conosciuti più o meno in quel periodo, ed Akito aveva cominciato subito a trattarla come una sorellina minore, non l'aveva mai presa in considerazione come possibile ragazza neanche una volta. E così la piccola infatuazione che lei aveva per lui era sfociata subito in amore fraterno. Lui era suo fratello, e non le andava giù che dovesse soffrire in quel modo. Non l'aveva mai visto piangere, davvero.

Gli sussurrò qualche parola dolce per consolarlo e si guardò intorno preoccupata, notando gli sguardi curiosi delle persone che passavano lì intorno. Quanto li disgustava... la gente così impicciona era veramente la cosa più oscena che potesse esistere sulla faccia della terra. Ad un tratto il suo cuore mancò un battito. Perchè lui era lì? E perché la stava fissando? Oddio... e ora cosa avrebbe pensato su di lei e Akito?

 

… continua…

 

Ma sciao gentaglia!

Che dite? Inizia a farsi tutto scottante? E come si risolveranno le cose fra Azuki e Akito? E fra Roxy e Nobu? E Nobu ed Ashley? E che combineranno Rumiko e Yamato? :D Lo saprete nel prossimo capitolo, sì ! Dunque, passiamo a ringraziare i nostri cari lettori, e come sempre, i nostri carissimi recensori, che ci sostengono tanto, tanto con i loro commenti!

 

Shaida Black: Ma ciao cara! :D Ti è piaciuto che Daisuke considerasse tenera Rumiko? Beh, noi non sapremmo come definirla, se non così. Per la storia Roxy-Nobu o Roxy-Daiki… chi ti dice che la nostra azzurrina cederà al fascino del bel Daiki e che non rimanga con il dolce Nobu? Non si può mai dare nulla per scontato, ah i sentimenti umani… sono così volubili, ma allo stesso momento così forti… quindi mai dare nulla per scontato! ;)

 

Faith: Mhhh… Nobu e Daiki che si sbranano a vicenda, magari arrivando a fare un duello mortale dove solo uno sopravviverà? Potrebbe anche essere un’idea! :D Vedremo chi l’avrà vinta per conquistare la bella azzurrina!

 

Al prossimo chappo gente!

 

San&Rachel Dickinson

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 27

 

 

Lanciò un ulteriore sguardo preoccupato ad Akito e poi osservò nuovamente la figura in lontananza. Perché diamine Daiki era lì? Guardò verso il ragazzo sconcertata, quando voltò lo sguardo. Che diamine le saltava in testa? Lei non gli doveva proprio niente. Fosse stato Nobu era una cosa, siccome stavano insieme, ma Daiki non era nient'altro che un conoscente.

Lo vide avvicinarsi lentamente. Cosa diavolo voleva ora?

Daiki arrivò a pochi passi dai due e osservò la ragazza dai capelli azzurri.

- Ti... trovo bene... - disse senza aggiungere nulla. Era dal giorno della dichiarazione che non si vedevano. Mentre aspettava una risposta di lei, visibilmente impacciata, osservò il moro. Non era da Akito ridursi in quello stato, doveva essere successo qualcosa di terribile.

- Scusa Daiki, non è il momento... - rispose lei, distogliendo lo sguardo preoccupato e ripuntandolo su Akito, che non accennava a distogliere il viso dal suo grembo. Stava ancora piangendo, sentiva distintamente il suo corpo sussultare dai singhiozzi.

- Mi meraviglio di te Akki... - disse in finto tono amichevole il ragazzo. - Non è proprio da te ridurti così, lo sai? Mi fai pena... - doveva farlo reagire. Incassò l'occhiata omicida di Ritsuko senza fare storie e poi vide Akito alzarsi in piedi e guardarlo, asciugandosi gli occhi.

- Ma... cosa... vuoi saperne tu? Assolutamente niente...

Un ghigno divertito si dipinse sulle labbra del bruno Nishikado. Ne sapeva eccome, sapeva anche lui cosa voleva dire soffrire... e una delle ragioni di questo sentimento in lui era proprio lì davanti. E con questo passo per tirare su Akito, ne era certo, con lei avrebbe chiuso definitivamente. Non gliel'avrebbe mai perdonato questo colpo basso sul moro.

- Daiki. - s'intromise infatti Ritsuko - Per favore, non ti intromettere. Non ti riguarda.

Akito allungò un braccio davanti a Roxy, facendole segno di starne fuori. Poi sorrise.

- Tu... sei tutto scemo... - affermò Daiki ridendo. Akito lo guardò seriamente, ma poi si lasciò andare anche lui e rise. Rise tanto, più che poteva, liberandosi di quella sensazione di costrizione che gli attanagliava lo stomaco.

Ritsuko dal canto suo era completamente confusa. Cosa diavolo stava succedendo? Da quando quei due erano così amiconi?

Guardò alternativamente Daiki e Akito, iniziando ad innervosirsi. Che funzionasse così fra uomini? Probabile. Le era già capitato spesso d'imbattersi in una situazione simile, in fin dei conti aveva frequentato quasi sempre solamente ragazzi. Si diede una grattatina alla testa, alzandosi anche lei dalla panchina, aspettando una qualche parola dagli altri due.

Daiki fu il primo a riprendersi dall'attacco di risatine. Guardò la ragazza, sorridendole. Sorridendole come solo lui sapeva fare.

- Non preoccuparti, Matsumoto, non siamo impazziti... sai abbiamo fatto una bella chiacchierata io e lui, il giorno che Daisuke fu ricoverato in ospedale... non potresti capire comunque...- spiegò pacato.

E lei pensò che sentirsi chiamare ancora Matsumoto con quel tono così distaccato faceva un male straziante al suo povero cuore.

- Ah capisco... - fu solo capace di dire, abbassando lo sguardo, ma riprendendo subito la sua aria sicura. - Allora vi lascio chiacchierare da soli, così posso tornare a casa! Dopo una giornata così straziante ci vuole un bell'idromassaggio! Ci si vede gente!

Si voltò, corrucciando subito lo sguardo. Che la chiamava a fare Akito, quando poteva chiedere a Nishikado, che tanto ci metteva due secondi e mezzo a farlo riprendere? Ok, era una bambinata, ma ci era rimasta male, si sentiva ferita nell'orgoglio. Lei voleva tanto bene ad Akito e desiderava essere LEI a riuscire a consolarlo.

Akito la fermò subito per un braccio.

- Scusa Roxy, io vado da Azuki... devo parlarle... tu resta qui. Daiki ha qualcosa da dirti!

La ragazza vide distintamente Akito fare un occhiolino a Daiki. Ma l'aveva presa per scema? Ma cosa stava succedendo? Il mondo girava a rovescio...

Si appuntò mentalmente di tirare il collo ad Akito. Lei lo aiutava e lui la tradiva. Stupendo. Guardò il moro allontanarsi sempre di più, senza distogliere lo sguardo anche quando sparì dalla sua visuale. E ora? Che doveva fare? Si sentiva tremendamente a disagio a rimanere con Daiki nei dintorni, figurarsi sola con lui.

Improvvisamente sentì una mano posarsi sulla sua testa in un gesto delicato e lento. Si voltò e incontrò lo sguardo del bruno. Si accorse che lui era così alto, la sovrastava di parecchi centimetri, era grande e forte, e stare con lui, nonostante le provocasse un certo disagio, la faceva sentire quasi protetta.

- Ti va di fare un giro, già che ci siamo? Stare fermi qui come due babbei fa tanto... babbei!

Ritsuko scosse meccanicamente la testa, in segno di negazione.

- No... io... io voglio sapere cosa devi dirmi... - affermò sentendosi una stupida.

Non poteva fare una cosa del genere! Lei era la dura della situazione, non poteva fare la timida e dolce ragazzina!

Lui sospirò.

- Ma è una cosa scema... non mi viene mica da dirtela così all'improvviso... come puoi pretendere mi venga così? Che stupida... - disse incrociando le braccia e scuotendo la testa, stizzito.

Roxy mise il broncio. Ah, ora era anche stupida perché gli domandava cosa voleva dirle? Ma non stava né in cielo né in terra!

- Quando fai così mi viene un enorme voglia di prenderti a schiaffi! - ammise, iniziando ad incamminarsi all'interno del luna park.

Lui sorrise. Lei poteva dire ciò che voleva, ma intanto stava camminando come gli aveva chiesto. Ah, era così facile manipolarla...

La raggiunse in poche falcate e le indicò le montagne russe.

- Ti fai un giro? Il primo che grida paga pegno... - le fece l'occhiolino e senza lasciarle il tempo di rispondere la prese per mano e la trascinò verso l'attrazione.

La ragazza tentò di fare resistenza, puntando i piedi a terra. Vinta dalla sua curiosità aveva deciso di seguirlo nel luna park, ma non aveva intenzione di fare il suo burattino!

- Io invece dico di andare su quell'altra! - disse indicando una giostra che faceva il giro della morte.

Lui sorrise.

- Perfetto. Vincerò facilmente allora. Su quella urlerai come una matta e mi pregherai di portarti in salvo ah ah ah!- rise sguaiatamente facendo dietro front e arrivando nei pressi dell'altra giostra, con Ritsuko che si mordicchiava le labbra irritata. Perché non riusciva a farlo arrabbiare, accidenti?!

- Tu sei troppo sicuro di te stesso... - ammise, pensando al giro che l'attendeva.

Avrebbe messo la mano sul fuoco che il primo a gridare sarebbe stato lui, perfettino tale era sicuramente non era abituato ad emozioni forti come quelle.

Daiki prese due biglietti, poi fece un piccolo inchino facendole cenno di passare avanti, si assicurò che le sue cinture fossero fissate per bene e le sorrise. La ragazza non poté fare a meno di chiedersi da dove arrivava, ora, tutta quella galanteria. Voleva abbindolarla? Beh lei non ci cascava, avrebbe mantenuto il suo atteggiamento diffidente, lei si fidava solo di se stessa.

Voltò lo sguardo in avanti, notando che la giostra cominciava a muoversi. Era il momento della verità, aveva già la vittoria in tasca, se lo sentiva a pelle. Gliel'avrebbe fatto pagare quel suo atteggiamento da lecchino, proprio non lo reggeva.

- Preparati a perdere Nishikado! - affermò sicura, mentre un sorriso di sfida si dipinse sulle sua labbra.

Lui non si smosse. Assunse un'espressione seria e rimase immobile e zitto.

Roxy non riusciva a capire come mai non reagisse alle sue provocazioni. Beh, poco male, tanto il pegno l'avrebbe pagato lui. Chissà poi di che pegno di trattava?!

La giostra cominciò a prendere velocità. Lei sentì l'arietta fresca colpirle il volto e attraversarle i capelli che, lunghi com'erano, probabilmente sbattevano in faccia al passeggero seduto dietro. Sicuramente, anzi.

Non si preoccupava della velocità sempre in aumento, era abituata ad andare su quelle giostre, non sarebbe successo nulla, avrebbe vinto lei.

Cominciarono ad avvicinarsi alla prima curva, la meno spaventosa, e quasi inconsciamente, nei due secondi in cui erano stati a testa in giù, si lasciò sfuggire un lamento impercettibile. Serrò le labbra. Cosa cavolo era stato? Era stata lei? Come? Perché? Si voltò verso Daiki, sulle cui labbra si era disegnato un sorrisetto trionfante. "Dannato, non l'avrai vinta così!!!" pensò lei. Poi vide una curva gigantesca e decisamente ad alta quota, ad almeno 50 metri dal suolo. Fu assalita dai brividi.

Sentì il suo stomaco rigirarsi in una morsa di dolore e nausea. Accidenti, a pranzo era passata da McDonald's, se n'era scordata! Ok, aveva fatto una sciocchezza, era chiaro che il suo corpo reagisse automaticamente al tartassoso percorso. Lanciò una mezza imprecazione e iniziò a concentrarsi sul percorso, per non rischiare di rimettere l'anima. Doveva distogliere i suoi pensieri dallo strano comportamento di Daiki.

- Tutto bene?- chiese il ragazzo, alzando un po' la voce per farsi sentire, in viso stampata ancora la solita espressione irritante. Ritsuko aveva voglia di dargli un pugno sul naso.

- E perché mai non dovrebbe?! - sbottò irritata, cercando di ignorarlo, ma non resistì dal lanciarli una frecciatina - Vedi piuttosto di pensare a te stesso, tanto non ti dovrebbe essere difficile!

Lui aggrottò la fronte. Quello era stato un colpo basso e non gli era proprio piaciuto.

- Sai una cosa Matsumoto?

Lei lo guardò. Cosa doveva sapere?

Lui sorrise e gli indicò di guardare davanti. Lei si voltò e diventò cerea, erano giunti al giro della morte. Era finita. Avrebbe vomitato.

Chiuse gli occhi, terrorizzata, quando la giostra frenò di colpo. Daiki si guardò in giro preoccupato. Perchè diavolo si era fermata a metà del giro della morte? Che ci fosse qualche problema tecnico? Quando la ragazza dai capelli azzurri riaprì gli occhi si lasciò scappare un verso sorpreso. Girò la testa talmente di scatto verso Daiki che lui giurò quasi le si staccasse dal collo.

I lunghi capelli azzurrini penzolavano giù. Lei chiuse gli occhi, evitando di guardare giù e per riflesso condizionato prese la mano di lui, stringendo le labbra per non vomitare e per non gridare dalla paura.

Gliela strinse così forte che Daiki finì per non sentirla più dal dolore.

- Quando riparte questa cosa?! - disse posando la mano libera sulle labbra.

Improvvisamente lasciò andare un pochino la presa, mentre sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Stava male, anzi malissimo. La testa le girava e si sentiva mancare.

Daiki tentò di dire qualcosa ma poi il suo sguardo cadde allarmato sulle cinture della ragazza. Stavano cedendo.

 

***

 

Chiuse il libro, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi gli occhi. Guardò il volto addormentato di Daisuke e finì per sentirsi offesa. Lei si offriva di offrirgli ripetizioni e lui si addormentava come un ghiro? Antipatico!

Ripensò alla sera prima, con un pizzico di nostalgia. Yamato era rimasto a farle compagnia fino a tardi. Avevano mangiato, avevano guardato la TV, poi lei si era addormentata appoggiata a lui e tutto ciò che ricordava erano le sue forti braccia che la prendevano e la portavano nella stanza, a letto. Era felice, e per questo nauseata. Nauseata di se stessa. Era innamorata di Daisuke, eppure Yamato era rientrato prepotentemente nella sua vita e, soprattutto, nel suo cuore. Cosa sarebbe successo? Guardò il ragazzo castano con il viso appoggiato sulla braccia, che dormiva beatamente. Che faccia da angioletto aveva così. Gli passò una mano sul viso, e gli spostò una ciocca di capelli ricadutagli sulla fronte. Con o senza gel, Daisuke era davvero bellissimo, questo non lo cambiava nulla.

- Cosa devo fare?- sussurrò tra sé e sé, avvicinandosi a lui e appoggiando la testa accanto a quella del ragazzo, per sentirlo vicino.

Eppure era ancora così lontano... e non riusciva a capire se era lei ad essere lontana da lui o viceversa.

- Mhhh... potresti darmi un bacio e farmi tante coccole... - mugugnò lui, riaprendo gli occhi e passandole una mano fra i capelli - Mio dio Rumiko... quanto sei bella...

Passò una mano dietro la nuca della ragazza, annullando la distanza fra le loro labbra e baciandola dapprima dolcemente, poi con forte passione.

Lei si staccò quasi subito da lui, e non ebbe neanche il coraggio di guardarlo negli occhi.

- No... ehm... cioè volevo dire... non dobbiamo, può entrare qualcuno e sono ancora in pochi a sapere che stiamo insieme!

Lui le accarezzò una guancia.

- Di che cosa hai paura Rumiko? - le domandò innocentemente, scrutando nei suoi occhi di ghiaccio.

Daisuke, che era affianco a lei, le afferrò una mano, facendola voltare verso di sé e attirandola fra le sue braccia.

- Amore mio... stavo pensando una cosa, cioè sai, insomma... sempre che ti vada... non devi sentirti obbligata... questa estate mi piacerebbe tanto fare un viaggio insieme a te, possibilmente noi due soli... stavo pensando di andare a Parigi, ho sempre desiderato andarci con la mia ragazza... - ammise un po' impacciato, mentre il suo viso si tingeva di un vago colore scarlatto.

Lei spalancò gli occhi, sorpresa. Ok, questa davvero non se l'aspettava.

- Io... devo pensarci... e poi devo chiedere a mamma... - il suo volto assunse un'espressione dolce. - Sono felice tu me l'abbia chiesto. - si voltò verso di lui e lo baciò. - Ti amo, Dai...

Ed era vero. Lo amava tantissimo. Solo che si sentiva inferiore, perché sapeva che l'amore che provava per lui era intorpidito dai sentimenti che ancora nutriva per Yamato.

 

… continua…

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 28

 

 

Il ragazzo sentì un campanello d'allarme risuonare nella sua testa. Le cinghie che trattenevano Ritsuko stavano davvero cedendo. Perché? Non poteva essere. Le aveva controllate lui stesso, poco prima. Ed era sicuro di averle chiuse bene. E poi Ritsuko aveva un fisico molto esile, quindi sicuramente avrebbero dovuto mantenerla. Che fossero rotte già da prima, e lui non se ne era reso conto? Guardò la ragazza negli occhi, si accorse che il suo volto era di un colorito cereo e che le lacrime le scendevano dagli occhi, cadendo sotto di loro, nel vuoto. Doveva dirle che era in pericolo. Ma come? Se si fosse agitata sarebbe caduta all'istante.

Roxy guardò il ragazzo negli occhi, trovandosi confusa all'espressione di lui.

- Dai, vedrai che ripartirà... - disse tentando di sembrare positiva, pensando lui fosse sconvolto dall'improvvisa fermata della giostra.

Daiki la guardò ancora un attimo prima di allungare la mano e intrecciarla con quella destra della ragazza.

- Promettimi... promettimi di non agitarti... devo dirti una cosa, ma è assolutamente indispensabile che tu rimanga immobile.- disse ignorando il dolore lancinante alla nuca, colpa del sangue che stava scendendo in testa.

- Ah... si vede tanto che ho la nausea? - domandò lei imbarazzata, arrossendo visibilmente sulle gote.

Pensava di averlo mascherato piuttosto bene, tutto sommato, vedendo la situazione in cui si trovavano. Fortuna che non erano in un luogo chiuso, come quella volta in ascensore, lì sarebbe stato tremendo.

- No... cioè si... ma che c'entra?? Senti fammi parlare, ok? E' una cosa davvero molto, molto importante, ma finché non mi prometti che dopo che te l'avrò detto non muoverai un muscolo, non ti dirò nulla!- sbottò secco. Non era il momento di parlare della sua nausea!

Ritsuko lo guardò confuso.

- Come faccio a prometterti una reazione che non posso sapere di avere?! - sbottò, iniziando ad irritarsi.

Possibile che lui dovesse sempre girare intorno alle cose? Quanto le dava fastidio questo atteggiamento nelle persone, preferiva quando andavano subito al dunque.

- E va bene, va bene. Stai per cadere giù, cosa che sicuramente ti farà sfracellare al suolo. SPLAT come una sottiletta... - disse nervosamente. Che bisogno c'era di rispondergli in quel modo? L'aveva fatto incavolare. Sapeva che non era il momento, ma quella ragazza era l'unica persona che riuscisse a dargli i nervi.

- E gli asini volano... - rispose lei a tono, semplicemente.

La prendeva in giro o cosa? Idiota... Ok che voleva vincere la scommessa a tutti i costi, ma non era il momento per fare stupide battute.

Decisamente irritato, lui avvicinò una mano al capo della ragazza, che si ritrasse un po' chiudendo gli occhi, impaurita. Voleva picchiarla?

Ma, stranamente, non lo fece. Quando aprì gli occhi vide che lui le aveva fatto girare un po' la testa all'ingiù (o meglio, in su). Lo sguardo cadde sulle cinghie che la tenevano attaccata al sedile. Stavano per aprirsi.

Improvvisamente la parlantina provocatoria della ragazza cessò. Guardò più attentamente le cinghie della giostra, scuotendo la testa. No, no non era vero. Era un sogno, sicuramente. Al 100%. Non voleva mica morire!

- Roxy... ti giuro che non ti lascerò cadere... però... devi fare esattamente come ti dico.- disse lui prendendole di nuovo la mano e stringendola.

La ragazza tirò un sospiro, mentre sentì le lacrime pungerle gli occhi.

- Calma. Sangue freddo. È solo un incubo. - si ripeté un paio di volte, prima di riguardare Daiki -Ti ascolto...

Strinse la mano del bruno ancora più forte, per sentirlo più vicino a sé.

- Guarda dove ora tieni i piedi appoggiati... come puoi vedere c'è uno spazio vuoto tra questa piccola pedana e il sedile dove siedi. Prova a reggerti bene con i piedi lì... sei leggera riuscirei sicuramente a tenerti per le mani, ma senza un piccolo aiuto da parte tua che ti mantieni con le gambe mi scivoleresti via facilmente. Devi solo fare come ti ho detto, al resto ci penso io, se la cintura cederà non agitarti e non preoccuparti... ti tengo... non permetterò che ti accada niente. - disse seriamente. Doveva proteggerla. VOLEVA proteggerla. Non poteva stare con lei, ma non avrebbe di certo permesso che la ragazza che amava morisse. Questo mai. Se fosse sopravvissuta a quella situazione, non avrebbe voluto più nulla da lei. Gli bastava fosse viva.

La ragazza annuì, facendo come le aveva detto. Un brivido di freddo le percorse l'intera schiena. Un vento gelido aveva appena iniziato a soffiare. Si sentì tremare, ma non solo dal freddo. La testa le girava fortemente, tanto che cominciava a sentirsi mancare. Si portò la mano libera alla fronte, tentando di mettere a fuoco quello che le stava davanti.

- Daiki... - pronunciò flebilmente.

Daiki le strinse forte la mano, per incoraggiarla. E improvvisamente le cinghie cedettero. Ritsuko si sentì come sospesa nel vuoto, e chiuse gli occhi, impaurita. Ma quando li riaprì notò di essere a mezz'aria. Non era riuscita a mantenersi alla piccola pedana con i piedi, però, cadendo e oscillando, Daiki le aveva preso anche l'altra mano e ora gliele teneva strette entrambe, impedendo che scivolasse via. Lo vide strizzare gli occhi per lo sforzo.

-  Tieniti... - strinse i denti - Tieniti forte... stanno salendo a prenderti, li vedo da qui.

- Daiki... mi dispiace... mi dispiace... - riusciva solamente a dire, ormai completamente presa dal panico. - Così rischio di far del male anche a te... mi dispiace...

Il ragazzo scosse la testa, cercando di raccogliere tutte le sue forze e tirarla a sé, sulla giostra, per non rimanere in quella posizione ancora più brutta, dove rischiava di non farcela a reggerla. Se fosse riuscito a portarla alla sua altezza avrebbe potuto farle trovare un appoggio dove sostenersi almeno in parte.

Concentrò tutta la sua forza e piano, piano la tirò su. La ragazza se ne accorse all'improvviso, e quando aprì gli occhi notò che ora era a soli pochi centimetri dal viso di lui.

- Roxy... ora ti lascio una mano... devi appoggiarla immediatamente qui, al bracciolo della giostra. Devi usarlo come maniglia e poi ci devi fare leva su per girarti e venire tra le mie braccia, in modo da poterti cingere con una delle due  cinghie che tengono me. - le spiegò velocemente, sperando lei capisse cosa intendeva.

- E se non ci riesco? Rischierai di cadere anche tu... e poi con una cinghia sola... rischieresti comunque... E io non voglio... non voglio che anche tu...

Lui scosse la testa.

- Ascoltami bene... è questione di pochi minuti... il tempo che salgono a prenderci... ma io non resisterò ancora per molto, devi appoggiarti a qualcosa... ti prego, Ritsuko ascoltami. Non permetterò ti accada niente. Finché ci sono io, non ti accadrà niente, te lo giuro! - il tono con cui aveva parlato era quasi solenne.

Lei annuì. Seguì alla lettera tutte le istruzioni che il ragazzo le diede e, quando si ritrovò fra le sue braccia, avvolgendo le sue al collo di lui, nascose il viso sulla spalla di Daiki, dando libero sfogo al pianto. Non avrebbe mai creduto di poter provare tanta paura in vita sua, mai. Di una cosa però era certa, d'ora in avanti non avrebbe mai più messo piede su di una giostra, a meno che non fosse stata una di quelle per bambini!

 

***

 

- E poi? Insomma... cosa é successo prima che venissero a prendervi?- chiese Rumiko con uno strano luccichio negli occhi.

Roxy si chiese se avesse fatto bene a raccontare tutto. Sembrava si fosse appassionata alla storia peggio che ad una soap opera. Rumiko non conosceva la differenza tra realtà e finzione, si lasciava trasportare troppo facilmente dai sentimenti. La ragazza dai capelli azzurrini rise a tutto quell'entusiasmo e decise di raccontare il seguito, prima che cadesse svenuta per l'ansia.

- Beh... per tutto il tempo ha tentato di tranquillizzarmi e di farmi rimanere cosciente, era preoccupatissimo. Dopo che sono svenuta poi non so che è successo. Quando mi sono svegliata, come ben sai, ero a casa mia... con te di fianco al mio letto presa dall'ansia.

Si portò due dita sulle labbra. Ricordava anche un'altra cosa, a dire il vero. Durante il suo sonno era riuscita a sentire un gustoso calore che le inumidiva le labbra. Si chiese se Rumiko le avesse fatto bere un qualcuno dei tè ai mille gusti che sua madre teneva in casa... o cosa.

Il luccichio negli occhi azzurrini, solitamente freddi, della moretta si spense.

- Come... tutto qui?- chiese, con un tono sentitamente deluso.

Una venuzza prese a pulsare in modo celere sulle tempie di Ritsuko. COS'ALTRO SAREBBE DOVUTO SUCCEDERE?

- Se desideri vedere scene di sesso mielose con trame intricate, amanti e tradimenti o chissà cos'altro... guarda beautiful! - sbottò contrariata e divertita allo stesso tempo.

Un immaginario punto interrogativo spuntò sulla testa di Rumiko, Ritsuko poteva vederlo distintamente scrutando la sua espressione confusa. Non era possibile... sapeva fosse un po' tonta, pensasse solo allo studio, odiasse la TV etc, ma non credeva fino a questo punto. Come faceva a non conoscere quella cosa orribile e interminabile di fattura americana denominata Beautiful? Era assurdo.

Scosse la testa, dandole una pacca sulla spalla.

- Una soap Rumiko... non so come tu non faccia a conoscerla... purtroppo te la ritrovi a tutte le ore su più canali!

Rumiko annuì. - Non so di cosa tu stia parlando, e nemmeno mi interessa... ho cose più interessanti da fare, io... - disse rovistando nella sua borsa e tirandone fuori un piccolo blocco note pieno di appunti. Com'era possibile studiasse persino il giorno della consegna dei diplomi? Era l'ultimo giorno di scuola. Non poteva. Era inconcepibile. Non si smentiva proprio mai. Eppure era risultata, all'esame di fine anno, miglior studentessa del secondo anno. Cosa voleva di più?

Ritsuko strappò poco delicatamente il blocco note di mano all'amica, indicandole un ragazzo bruno poco più distante da loro.

- Perchè non ti congratuli con Daisuke per il diploma, al posto di perdere tempo a studiare quando è finita la scuola?!

Rumiko arrossì.

- Sono... giorni... ho perso il conto di quanti siano... che io e Daisuke non ci parliamo... - disse abbassando sempre di più la voce, fino a farla divenire flebile e sottile.

Ritsuko spalancò la bocca, guardandola boccheggiando come un pesce. Non parlava con Daisuke da giorni? E perché mai? Cosa era successo, ora? Possibile non potesse lasciarla sola un momento, che le accadeva qualcosa o con Daisuke o con Yamato?

Si alzò iniziando ad agitare le braccia.

- E allora perché non vai a parlarci ora? Avete litigato?! - chiese confusa, indicando il ragazzo - Se ti ha fatto qualcosa di male lo ammazzo!

Grugnì in direzione del moro, tornando poi a sedersi.

Rumiko si fece piccola, piccola, soffocando un lamento. - Vuole fare un viaggio con me... io e lui soli... gli ho detto che devo pensarci... ma non riesco ad ammettere un possibile si... non voglio andare con lui in viaggio... però non voglio neanche che soffra, così non riesco a dirgli no... - spiegò rannicchiandosi in posizione fetale e nascondendo il volto sulle ginocchia.

- No aspetta... uno ricco sfondato come lui, che guarda caso è pure il tuo ragazzo, ti propone un viaggio, e tu non accetti?!

Si alzò di scatto, afferrando Rumiko per un braccio e trascinandosela dietro in direzione di Daisuke. Un viaggio sola con lui. Ritsuko pensò fosse un sogno. Forse era la volta buona che quella ragazza aprisse un poco gli occhi su ciò che era veramente il mondo reale.

Rumiko puntò i talloni a terra, provocando una brusca frenata a Roxy e facendola cadere a terra, seguendola poi a ruota atterrando scomodamente sulla sua schiena.

- Ti ho detto che non voglio parlarci, mi vergogno!- le spiegò alzandosi e spolverandosi la gonna della divisa. Vagò con lo sguardo in cerca di Daisuke e lo vide attorniato dalle stupide ragazzine del primo e del secondo anno che gli chiedevano di dar loro un bottone della sua divisa.

- Brutte civette... - disse assalita da un'incontenibile rabbia. Cominciò a camminare a passo d'elefante verso il gruppetto urlante e Ritsuko sorrise in segno di vittoria. Insomma, in un modo o nell'altro dovevano parlarsi quei due. Si rialzò anche lei, decisa a non perdersi la scena, e zoppicando leggermente per la caduta di poco prima. Dannata Rumiko, era proprio tonta.

La moretta si fece largo tra le diverse ragazze, pronunciando un "permesso" non troppo aggraziato. Sembrava avesse appena ringhiato una tigre. Non appena riuscì ad arrivare al ragazzo si piantò davanti a lui, lo sguardo truce. Lo sguardo di Daisuke, al contrario, si illuminò.

- Rumi-chan! - esclamò felice, abbracciandola stretta, stretta.

Lei lo spinse via, senza abbandonare lo sguardo algido con cui lo squadrava.

- Sei un cretino... non cambierai mai... e non incollarti più a me, non ho intenzione di rivolgerti più la parola... e io che mi ero data pena di non farti soffrire declinando il tuo invito a fare un viaggio insieme... ma va a quel paese... sei solo un don giovanni, e se io ti avessi detto subito no non avresti sofferto... tanto hai tutte queste ochette qui intorno che fanno “quack quack” ad ogni tua parola!- disse furente, gli occhioni azzurri bagnati di lacrime di rabbia. Sempre il solito.

Lui la guardò confuso, gli occhi velati di rabbia.

- Hai veramente tanta fiducia in me, vero Rumiko? Se queste ragazze mi stanno intorno e mi pongono delle domande, tu subito devi pensare che io ci stia con loro, vero? Perché io sono tanto idiota da rincorrere te, se mi interessano loro e voglio stare con loro.

Non era colpa sua se quelle insistevano per avere i suoi bottoni. Ok, glieli aveva dati... tutti tranne uno però. Perché quel bottone era quello speciale, era quello che aveva conservato gelosamente per lei, era quello che mai avrebbe ceduto ad un'altra. Eppure ancora risultava colpevole, perché lei, sempre così sull'attenti, pensava ad ogni possibile occasione che la potesse tradire. Come poteva costruire un rapporto con lei se nemmeno si fidava della sua parola?

La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata. Improvvisamente sentì gli sguardi dei presenti puntati su di lei e sentì un conato di vomito salirle rendendosi conto di essersi comportata in modo vistoso davanti a tutti. Ora tutti la guardavano. Ora tutti la giudicavano. Era la fine. Si sentiva male. Avrebbe voluto sotterrarsi o scavare una buca e infilarci la testa dentro come gli struzzi. Lei ODIAVA attirare l'attenzione della gente.

E, improvvisamente come le era venuto, il conato di vomito passò. Che egoista. Che schifosa egoista. Pensava che la gente poteva giudicarla, in quel momento, ma non pensava alle parole rivoltale da Daisuke.

- Che... sciocca...- si disse da sola, portandosi una mano tremante alle labbra, trattenendo l'ennesima nausea. Ma stavolta non era perché potevano guardarla e giudicarla. Stavolta si sentiva male perché era davvero nauseata di se stessa.

"Perdonami" avrebbe voluto dire. "Scusami, ti amo" avrebbe dovuto dire. Ma non ci riuscì. Alzò lo sguardo azzurro ghiaccio sul ragazzo. Si vedeva lontano un miglio che era incavolato nero. Ed aveva ragione ad esserlo.

Sentì le mani di Roxy posarsi sulle sua spalle. Evidentemente era preoccupata. Daisuke osservò l'esile figura della moretta e scosse la testa. Si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla fronte, allontanandosi subito dopo seguito da tutto il gruppo di ochette.

- Rumi... Scusa forse non avrei dovuto insistere...

Rumiko nascose il viso tra le mani.

- Non... devo... ngh... piangere... - serrò le labbra cercando di rimanere calma. Da quando conosceva Yamato e Daisuke non aveva fatto altro che piangere. Ma perché era diventata così piagnona? Ora basta. Doveva darsi un contegno.

Si voltò velocemente verso Roxy e l'abbracciò.

- È ... l'ultima volta.... ora piango un po'... per l'ultima volta... e poi non lo faccio più.... lo giuro... lo giuro...

L'amica l'abbracciò, accarezzandole dolcemente i capelli.

- Non devi avere paura di piangere e di esprimere i tuoi sentimenti Rumiko. Essere sensibile non vuol dire essere debole e, beh... se senti il bisogno di piangere fallo! - sorrise - Quando si è innamorate è normale piangere tanto... succede a tutti. L'amore può portare al più grande stato di gioia, ma purtroppo porta anche momenti in cui si soffre. L'importante è far al più presto la pace e ritrovarla!

 

… continua…

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 29

 

 

Il sole di Aprile batteva insistentemente sull'asfalto. Erano appena le nove di mattina, eppure faceva già molto caldo. Le giornate nuvolose e fresche che si erano susseguite per tutto Marzo erano completamente svanite, senza lasciare neanche una scia di quell'arietta umida e piacevole che faceva ancora formare la brina sull'acciaio delle vetture parcheggiate in strada, durante la notte.

Pensando ciò, Ritsuko varcò il portone dell'immenso edificio universitario, annesso al suo vecchio liceo. Alzò gli occhi al cielo, portando una mano avanti al viso per proteggerlo dal sole battente e sorrise.

Era il primo Aprile e quel giorno cominciava la sua nuova vita da Universitaria.

Non aveva detto a nessuno che aveva tentato gli esami di ammissione alla facoltà di lettere, aveva fatto un figurone quando, la sera della cerimonia del diploma, al ristorante con i componenti della band e Rumiko, aveva annunciato che era stata ammessa con la sufficienza piena ai corsi di Lingue Occidentali. Rumiko non aveva smesso di farle le feste per tutte le due settimane a seguire.

Fortunatamente la sua vita scolastica andava bene, visto che quella sentimentale ormai era un disastro. Nobu... ormai loro due quasi non si rivolgevano più la parola. Ma non era colpa del ragazzo, era sua. Da quell'avvenimento con Daiki era rimasta assai confusa, anche se il problema più grande erano le ore che aveva passato sui libri di scuola. In tutta la sua vita non aveva mai studiato tanto, ma non sarebbe durato a lungo. Era già stufa della cosa.

Si guardò intorno, cercando con lo sguardo qualcuno di sua conoscenza. Si meravigliò nel constatare che l'edificio della sezione universitaria era grande almeno il triplo di quello delle superiori, così in giro c'era tantissima gente che non aveva mai visto, che frequentavano l'Hayabusa solo per quell'ultimo corso di studi. Era strano girarsi e vedere tante facce sconosciute, per lei che aveva frequentato l'istituto Hayabusa sin dalle elementari. Dopo poco, comunque, scorse poco lontano Daisuke Nishikado. Si lasciò scappare una risata. Ma come si era conciato? Non l'aveva visto così in ordine neanche il giorno del diploma. Aveva fatto qualcosa per domare i suoi capelli che ora, al contrario di quando era sparati da tutte le parti, erano lisci e lucenti, e gli incorniciavano il viso, risaltando i suoi lineamenti di signorino di buona famiglia, seppur diabolico. Decise di provare a parlargli, per scoprire come fossero messe le cose tra lui e Rumiko, dato che quest'ultima non voleva rivelarle nulla.

- CIAAAAAAAAAAAAAAAO DAISUKE! - urlò a squarciagola, facendogli fare un salto di almeno venti metri.

Era troppo divertente prenderlo in giro.

- Come mai così infrichettato? Ghgh... quanto sei brutto!

- Sarai bella te... - disse lui osservandola accigliato. Com'era serio. Com'era strano. Ma che aveva? Possibile fosse così depresso dalla storia con Rumiko?

- Ovvio che lo sono. - affermò convinta, appoggiandosi con un braccio alla spalla del ragazzo, anche se dovette alzarsi in punta di piedi, essendo lui molto più alto di lei - Cosa c'è che non va ciccio? Con Rumiko tutto ok?

Lui la guardò perplesso. Ma da quando Ritsuko era amica sua? Smosse un po' la spalla, facendo scivolare il braccio di lei, che cadde a terra con un tonfo.

Lei lo guardò truce, porgendogli una mano.

- Idiota, mi hai fatta cadere... - fece una smorfia mettendosi ad urlare - Almeno aiutami a rialzarmi! Che razza di uomo sei se mi lasci qui a terra?!

Lui si lasciò sfuggire un sorriso. Le strinse la mano e la fece alzare senza il minimo sforzo. - Accipicchia, come sei leggera... sembri molto più grassa, a guardarti... - sghignazzò divertito.

Il volto di Roxy passò tutte le tonalità purpuree, frattanto che pizzicava il braccio a quell'animale di Daisuke. Come osava definirla grassa?!

- Se io sono grassa tu sei un pachiderma! - ribatté con una linguaccia.

Daisuke fece spallucce e cominciò ad avviarsi verso l'entrata dell'edificio. Almeno aveva sviato il discorso, quindi che lei lo prendesse in giro non lo toccava minimamente. L'importante era non parlare di Rumiko.

Dopo la litigata alla cerimonia di diploma non si erano più né visti né parlati. Quanto gli faceva male.  E pensare che lui aveva fatto tutto il possibile pur di cercare di teneresela stretta, invece per una sciocchezza l'aveva persa. Perfetto.

Ritsuko lo seguì trotterellando allegramente.

- A che facoltà sei iscritta? Chissà che non abbiamo qualche corso insieme... - chiese lui curioso, osservando la ragazza farsi al suo fianco e fischiettare..

- Mhhh... ho deciso di concentrarmi sulle lingue occidentali... mi hanno sempre affascinato, e tu? - domandò continuando a guardare avanti, tra un fischiettio e l'altro.

- Economia e commercio... - rispose senza aggiungere null'altro. Lei ci rimase un po' male. Era brutto non conoscere nessuno. Poi le venne in mente che da qualche anno c'era l'obbligo di studiare almeno una lingua straniera in ogni facoltà. - Che lingua estera hai scelto?- chiese speranzosa.

- Francese, come Daiki.

Ritsuko sentì un masso enorme caderle sulla testa. "... come Daiki"? Significava che oltre Daisuke, avrebbe frequentato la stessa lezione anche di Daiki? No, un momento. Lui si apprestava a cominciare il terzo anno di Medicina, era impossibile frequentassero lo stesso corso, avrebbe dovuto frequentare il terzo anno anche del corso di Francese. O no? Decise di chiedere a Daisuke che anno di Francese frequentasse Daiki, e lui rispose vagamente con un "Se non sbaglio comincia quest'anno... il primo biennio ha fatto inglese..."

Okey, quell'anno sarebbe stato un incubo. Con Daisuke le andava più che bene, in fondo le era pure simpatico, a volte… ma Daiki!!!

- Perché tutti e due francese?! Non poteva continuare Inglese?! - sbottò nervosa, prendendosela con il ragazzo che non c'entrava nulla.

Lo prese per il colletto della camicia e lo scosse più volte.

- DimmeloOoOoOoOo! Sniff...

Daisuke la guardò stranito. Poi si ricordò che Daiki le si era dichiarato. Doveva sentirsi imbarazzata, forse.

- Lui va tutte le estati a Londra, da alcuni nostri zii, quindi l'inglese lo sa più che bene, ha finito  tutti gli esami in due anni... siccome aveva la possibilità di fare un'altra lingua, ha deciso di iscriversi a Francese, in modo da aiutare anche me... sa che non sono molto bravo con le lingue, mentre lui è un secchione, anche se non può sembrare, quindi ha pensato di aiutarmi... tutto qui, davvero... non sapeva neanche tu ci fossi, quindi non credo si sia iscritto per te... - spiegò calmo, cercando di incoraggiarla, ma ottenendo l'effetto contrario.

Roxy ciondolò, rischiando di finire a terra per la risposta di Daisuke.

- Non insinuavo quello... - bofonchiò, lo sguardo un po' triste e le gote leggermente arrossate.

Evitò il suo sguardo inquisitore, scuotendo poi la testa, dipingendo sulle labbra un sorriso forzato.

- Andiamo a lezioneeeeeeeee!

Lei si avviò avanti, e lui la seguì, senza proferire più parola. Meglio non combinare altri disastri.

 

***

 

Sbuffò un pochino, notando la ragazza dai capelli azzurrini dirigersi verso l'interno dell'istituto assieme a suo fratello. Si era tenuto a debita distanze per non rischiare di incrociarla, ma lo stesso non la perdeva d'occhio un momento.

Si avvicinò infine ai due, poiché continuare ad evitarli così era davvero una cosa assurda.

- Sei in ritardo... - disse al fratello minore, ignorando la ragazza, che sussultò sentendo la sua voce provenire da un punto poco lontano al suo lato destro.

Daisuke si voltò, portandosi una mano dietro la nuca, ridendo nervoso.

- Ah... ehm... beccato... ahah... Come stai fratelluccio mio?! - gli fece qualche moina, tanto per assicurarsi non lo sgridasse già di prima mattina.

Daiki lo ignorò ed entrò nella classe di Francese. Ritsuko impallidì. Possibile avessero lezione insieme già alla prima ora? Ma era una congiura?

Improvvisamente sentì un tonfo sulla propria testa, si grattò e si voltò. Un bel ragazzo, sicuramente più grande di lei di qualche anno, le aveva dato un libro in testa, non troppo forte, in modo quasi amichevole.

- Ragazzi, sono già tutti dentro, la lezione sta per cominciare, dovreste entrare anche voi... - disse aggiustandosi gli occhiali sul naso e rivelando così due profondi e grandi occhi cerulei. Daisuke lanciò un'occhiatina alla valigetta che aveva in mano il ragazzo, e notò con disappunto che era un professore. Sulla 24 ore infatti spiccava una targhetta con su scritto "Professore". Dannazione, farsi beccare in ritardo già il primo giorno. Bell'inizio.

Ritsuko scosse la lunga chioma azzurra, ignorando l'insegnante, e dirigendosi in fondo all'aula, in uno degli ultimi banchi di fianco alla finestra. Fortunatamente in quell'università erano tutti secchioni, quindi amavano sedersi ai primi banchi.

Daisuke la seguì e si sedette accanto a lei.

- Potevi evitare di fare la superiore davanti ad un prof... spera solo non ti prenda di mira... - borbottò aprendo la borsa e prendendo un quaderno per gli appunti ed una biro nera.

Lei voltò lo sguardo verso la finestra, guardando il cortile sottostante.

- Non ho fatto la superiore... semplicemente non ho risposto.

Daisuke sospirò. Notò che il professore si era fermato a parlare fuori con un collega, così nell'aula regnava il caos più totale. Sentì improvvisamente picchettarsi sulla spalla e si voltò, incontrando lo sguardo di una ragazza molto carina, con gli occhi scuri, i capelli castani e scalati che le ricadevano leggermente sul un lato del volto e il portamento elegante e aggraziato.

- Errr... posso aiutarti? - le domandò, chiedendosi cosa volesse.

Lei si portò una mano davanti alle labbra, senza nascondere l'espressione sorpresa.

- Ohhhhh! Sei proprio tu, Daisuke Nishikado! Sei più carino di quanto si dica in giro!

Gli porse la mano, sorridendo a 9238746156 denti.

- Piacere, io mi chiamo Miyuki Honjo!

Lui rimase un attimo fermo, rigido come un blocco di pietra, mentre le gote assumevano un vago colorito purpureo.

- Ehm... ehm... ah... si... eh... pia... cere... - disse meccanicamente, stringendo la mano di lei nella sua. Si sorprese a pensare che manina piccola e delicata avesse. Roxy dal canto suo guardò in cagnesco la tipa castana. Cosa voleva da Daisuke? E perché quel cretino di Nishikado faceva tanto il carino timidone? Questa non l'avrebbe passata liscia. Dare corda a quella, era come tradire Rumiko.

Gli diede un calcio da sotto il banco, gli sillabò il nome della moretta e si rigirò in direzione della finestra.

Miyuki si girò verso Ritsuko, dandole un colpetto sulla spalle e facendola girare nuovamente, assai di malavoglia.

- Piacere, tu come ti chiami?

Roxy la guardò ostile, senza però proferir parola. Quella voleva prendere il posto di Rumiko, alias le stava sulle scatole.

Daisuke prese parola, guardando l'espressione di Ritsuko, che quasi stava sbranando la Honjo con l'ho sguardo.

- Ehm... lei è Ritsuko Matsumoto... - disse sperando che la ragazza dai capelli azzurrini non lo uccidesse poi per aver detto il suo nome per intero. Riflettendoci, forse Ritsuko non vedeva quella Miyuki di buon occhio per qualche strano motivo a lui sconosciuto. "Mah... le femmine..." pensò sospirando. Chissà cosa stava facendo Rumiko? Aveva tanta voglia di vederla...

Sospirò un pochino, assumendo uno sguardo triste.

Quanto gli mancava...

- Oh, il prof è appena rientrato. Meglio che vada al mio posto, prima che mi sgridi! A dopo Daisuke... a dopo Ritsuko!

Daisuke? Ritsuko? Neanche li conosceva e già si prendeva tanta confidenza con loro? Roxy l'avrebbe ammazzata. Frattanto Daisuke stava disegnando sul suo quaderno una Rumiko in miniatura, fra tanti cuoricini, senza nemmeno accorgersi di Miyuki che si allontanava.

Il professore intanto aveva appoggiato la sua borsa sulla cattedra e ora guardava gli studenti con un sorriso enigmatico.

- Piacere di conoscervi, ragazzi. Siccome abbiamo quasi la stessa età mi farebbe piacere, davvero, se mi deste del tu e mi chiamaste per nome, Hiro.

Vari mormorii di apprezzamento si levarono in classe. Quel professore così giovane e allegro era già simpatico a tutti, alle ragazze in particolar modo.

- Sono laureato da poco, ho appena 24 anni, quindi perdonatemi se sarò un po' inesperto in alcune cose. Sostituisco il professor Yamada, che, mi duole molto informarvene così, è ricoverato in ospedale. Non so precisamente cos'abbia, ma pare non potrà tornare a fare lezione per molto tempo, quindi io sarò suo supplente per l'intero anno, forse anche oltre.

Daisuke lo guardò attentamente. Hiro? Ma dov'era che l'aveva già visto quel tizio? Proprio non ricordava, eppure sapeva di averlo già incontrato in passato. Guardò Daiki e si meravigliò nel constatare che il fratello stava già guardando nella sua direzione, aspettando che lui si girasse. Video Daiki sillabare qualcosa, ma non capì.

Il fratello, vedendolo spaesato, scosse la testa. Se avesse detto “guarda che Rumiko ti aspetta in una suite di un love hotel”, sicuramente avrebbe capito al volo.

 

***

 

La cerimonia d'inizio anno era volata. Rumiko era seduta in classe, la sua nuova classe, all'ultimo banco di fronte alla lavagna. Come al solito non voleva attirare l'attenzione di quelli che sarebbero stati suoi compagni per tutto l'anno, così rimase silenziosa e tranquilla, e se i professori chiedevano qualcosa per testare il livello generale della classe, evitava di alzare la mano, nonostante sapesse tutte le risposte, per non attirare antipatie.

La campana era appena suonata, segnando la fine delle lezioni, e la moretta si alzò dalla sedia tranquillamente, raccolse le sue cose posandole ordinatamente nella cartella e si avviò verso l'uscita dell'aula. Tre ragazze carine e dall'aria civettuola le si pararono davanti.

- Rumiko Matsumoto, giusto?- chiese una di queste, quella in mezzo e che pareva essere la 'leader' indiscussa del trio.

Rumiko le osservò curiosa, sbattendo le palpebre. Poi annuì, senza proferire parola.

- Sai, Matsumoto, abbiamo sentito parlare spesso di te... - continuò la capo-branco - ... ma siamo sempre state in ale opposte dell'edificio così non abbiamo

mai avuto il piacere di conoscerti. Sappiamo che sei la ragazza di Nishikado... - finì vagamente la frase, con una nota d'irritazione. Rumiko era una ragazza intelligente, e intuì subito cosa volevano quelle tre da lei. Dovevano essere alcune delle famose partecipanti al fan club di Daisuke.

Sicuramente quelle vipere le volevano intimare di allontanarsi dal ragazzo. Che stronze. Ma che ne sapevano loro della sua vita con Daisuke? Come si permettevano di mettersi in mezzo a loro? Con che diritto osavano solamente presentarsi davanti a lei! Quanto avrebbe voluto dir loro queste cose, ma non poteva. Non ce la faceva. Quanto si odiava quando reagiva così, odiava il suo carattere. Avrebbe tanto voluto essere più simile a Roxy, in questo senso. Lei si che aveva la faccia tosta di andare contro tutto e tutti. Beata Ritsuko, si trovò a pensare nuovamente.

Notando lo sguardo basso di Rumiko la "capo branco" riprese a parlare.

- Ci da fastidio, ne sei consapevole? Tu non sei altro che una secchiona, brutta e senza carattere. Daisuke si merita di meglio. Lui è perfetto: bello, ricco, affascinante. Bravo negli sport e con un carattere eccezionale. È così buono che forse è proprio per questo che ha avuto compassione di te...

Rumiko lasciò che i capelli neri e lucidi le ricadessero davanti al volto per nascondere gli occhi azzurri pieni di lacrime. Era vero. Avevano ragione loro. Perché Daisuke aveva scelto una tipa lugubre come lei? Lui era solare, dolce, e, particolare non da meno, davvero molto bello. Doveva forse lasciarlo? Forse non meritava di stare con lui, già.

Stava per rispondere qualcosa, le era balenato in mente di annuire e dar ragione loro, ma una mano posata sulla sua spalla la fece sussultare. Sentì la voce di una ragazza rispondere a tono.

- Lo sapete che siete proprio tre oche? Nishikado ha il diritto di scegliere chi vuole, e devo dire che ha scelto bene, perché Rumi è trentamila volte migliore di voi!!!

Rumiko si voltò verso la voce conosciuta. Era Nanako. E affianco a lei c'era Yuko che annuiva furiosamente, sorridendo maliziosamente.

- Ragazze... io... - tentò di dire, ma Yuko alzò una mano in segno di vittoria poi le fece segno di stare zitta, come volesse invitarla ad osservare il piccolo scontro psicologico tra Nanako e le tre papere.

- Vi credete meglio di Rumiko? Ma guardatevi! Siete brutte, siete assolutamente classiche. Non fate altro che pensare alla moda, vi vestite tutte uguali, vi pettinate tutte uguali... pensate veramente che Nishikado preferisca degli stampini come voi a una ragazza originale come Rumiko?! Inoltre... siete veramente stupide. Vi conosco bene, siete le classiche ragazze da anatre! Non fate altro che accumulare brutti voti e, i pochi voti sufficienti che prendete, sono perché avete fatto fare i vostri compiti ad altra gente!

Sorrise soddisfatta, notando l'esitazione delle tre. Yuko si sentì sprizzare di gioia da tutti i pori. Non c'era nessuno migliore di Nanako nel contrastare gli atri. Sapeva analizzare bene ogni singolo particolare degli avversari, ritorcergli contro la ragione che pensavano d'avere e schiacciarli fino a vincere su tutta la linea. Era un mito!

Rumiko dal canto suo era totalmente sorpresa. Quella era Nanako? La calma, seria, gentile, dolce, saggia e matura Nanako? Beh, aveva appena scoperto un lato di lei che non conosceva. E lei che le aveva sempre considerate semplici compagne di scuola. E invece eccole pronte a correre in suo aiuto. Forse quando i Nishikado la maltrattavano, se avesse detto tutto loro, l'avrebbero aiutata. Anzi era certamente così. Perché non se ne era mai accorta? Che stupida era stata. Loro la consideravano una cara amica, e lei invece le aveva sempre ignorate, credendole ragazze troppo solari per una come lei. Istintivamente prese la mano di Yuko, mentre le altre quattro battibeccavano. Alzò il viso e si girò verso di lei.

- Grazie... davvero... non so come avrei fatto senza di voi... - disse in un soffio.

La ragazza le fece l'occhiolino, stringendo a sua volta la presa.

- Siamo amiche no? E fra amiche ci si aiuta.

Rumiko annuì. Le tre vipere intanto si erano arrese, e si stavano allontanando indirizzando epiteti poco carini a Rumiko, Yuko e, soprattutto, Nanako.

- Uffa che scocciatura... ma tu guarda se dovevamo capitare in classe con quelle tre... - si lamentò Nanako, alzando le braccia verso l'alto, con le mani incrociate, stiracchiandosi. Si voltò allegramente verso Rumiko e le sorrise. - Tutto ok? Ti hanno fatto qualcosa di sgradevole?

Rumiko scosse il capo in segno di diniego e ricambiò il sorriso. Uscirono insieme dalla classe, dirette verso casa.

 

***

 

- Oh, ci voleva proprio un riposino, dopo tutte queste lezioni. Sono pesanti, vero? L'unico professore che non ti fa annoiare è Hiro!!!- canticchiò Mizuki, appoggiata al tronco di un albero, con i primi bottoni della camicia sbottonati, i capelli raccolti con una molla dietro la nuca e una sigaretta fumante tra le dita della mano sinistra. Daisuke e Roxy la osservavano curiosi. Non riuscivano a capire come fosse quella ragazza. Schietta e socievole si era capito da subito, ma prima in aula l'avevano presa per una ragazza normale, tranquilla e per nulla teppista. Ora si stava rivelando l'esatto contrario. Daisuke si sentiva in qualche modo interessato a conoscerla meglio e Ritsuko non era da meno, aveva qualche punto del carattere in comune con quella ragazza, e anche se non abbassava la guardia e proteggeva Daisuke dai suoi tentativi di abbordaggio, era interessata a lei.

Decise, infatti, di prendere parola.

- Dimmi Mizuki... in genere cosa fai nel tempo libero? Cioè, insomma, quali sono i tuoi hobby? - domandò curiosa.

Mizuki sorrise all'interessamento. - Suono la chitarra in una band e vado in giro con Bessy, la mia moto...

Gli occhi di Ritsuko si illuminarono. Prese le mani dell'altra e sorrise, in segno di fratellanza. Mizuki non capì, ma era contenta. Daisuke dal canto suo pensava che una Ritsuko bastava e avanzava, non ne voleva un'altra tra i piedi.

- Che orrore... non bastava l'azzurrina... - si limitò a dire, catturando uno sguardo omicida di Roxy.

- Ma che vuoi tu, scimmione?! - sbottò, infatti, innervosita - C'è Qualche cosa di male se abbiamo le stesse passioni?

Tornò poi a guardare la bruna, gli occhi sbrillucicosi.

- Anche io suono la chitarra in una band, che però è andata un po' a rotoli, e canto anche! E ho una moto stupendamente stupendosa!

Mizuki sorrise maliziosa. Lo sapeva, certo che lo sapeva. Si era informata bene sui due prima di avvicinarsi a loro, non era mica stupida. Non voleva di certo rischiare di fare un buco nell'acqua.

- Una volta mi farai assistere alle prove del tuo gruppo? - domandò supplicante Ritsuko - Ti prEeEeEeEeEeEeEeEego!

Mizuki annuì entusiasta. - Certo che si!!! Ora siamo un po' fermi, perché il bassista sta per laurearsi e il batterista è avvocato ha un po' da fare... mentre l'altro chitarrista, che è il mio ex, è a Londra con gli amici, torna il mese prossimo. Però penso che quando torna lui, riprendiamo!!! - spiegò, mentre gli occhi di Ritsuko si allargavano a dismisura. Cavolo, ma la band di Mizuki era gemella alla sua?

Intanto Daisuke era inquieto. Non gli piaceva che Roxy trovasse un'amica così simile a lei. E Rumiko? Se Ritsuko e Mizuki fossero diventate amiche, non ci sarebbe stato spazio per la sua piccola Rumiko.

Si scosse. Ma di che si preoccupava? Lui e Rumiko avevano litigato, a lui non interessava niente di ciò che accadeva. Ecco. Appunto. Sì. Era un bugiardo, persino con se stesso. Ovvio che gli interessava di Rumiko. Si voltò verso la sezione liceale, sentendo il suono della campanella. Essendo il primo giorno di scuola non c'erano lezioni pomeridiane, quindi Rumiko di li a poco sarebbe uscita dall'edificio per andare a casa. Voleva parlarle... lo desiderava così tanto. Dopo pochi minuti infatti la vide uscire con quelle due sue amiche, di cui non sapeva neanche i nomi. Sembrava rilassata e di buon'umore. E bellissima come sempre. Si alzò istintivamente, senza capire neanche lui cosa stesse facendo e corse verso il muretto basso che separava i due edifici, lo scavalcò senza sforzi e corse verso le tre, sotto gli occhi incuriositi di Ritsuko e lo sguardo indecifrabile, ma sicuramente contrariato, di Mizuki.

 

 

Fine Capitolo 29

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Truly Madly Deeply

 

Capitolo 30

 

 

- Rumiko! - gridò, vedendo che la ragazza non l'aveva nemmeno notato.

Le due ragazze che le stavano intorno si voltarono immediatamente nella sua direzione, al contrario della mora. Continuava a camminare dritta, guardando avanti a sé. Aveva pure accelerato il passo lasciando un po' indietro le altre due.

Ma che le era preso? Non l'aveva sentito o faceva semplicemente finta di non vederlo?

La chiamò nuovamente, correndo più veloce e piantandosi proprio davanti a lei.

- Dannazione... Rumiko non hai sentito che ti chiamavo? - le accarezzò una guancia, dopo averle fatto rialzare il viso, che la ragazza aveva abbassato immediatamente, nascondendolo dietro alla folta chioma corvina. - Ehy piccola... c'è qualcosa che non va? Sei… sei ancora arrabbiata con me?

Quell'ultima frase la urtò, e molto anche. Certo che era ancora arrabbiata. Come doveva essere? Felice, sorridente e gentile. Ma neanche morta. Voleva le sue scuse. Anzi le pretendeva. È vero, forse esagerava. Ma solo due settimane prima faceva il cascamorto con tutte quelle civette, dando a tutte loro i bottoni della sua divisa. Poteva sognarlo che lo avrebbe perdonato facilmente.

Gli diede un pizzicotto sulla mano con cui la stava accarezzando, facendogliela ritirare. - Non toccarmi... - disse gelida, affrettando il passo verso il cancello. Yuko e Nanako la seguirono.

Ma Daisuke non la lasciò andare, la prese per il polso e la fece voltare nuovamente verso di lui. Frugò nella tasca della giacca, trovando quello che cercava e glielo porse.

- Tieni... è il bottone più importante della divisa... l'ho... l'ho tenuto per te... volevo ti appartenesse.

Rumiko sentì il cuore saltarle in gola. Il bottone? Cosa ci faceva li quel bottone? Lui... li aveva dati tutti. L'aveva visto con i suoi occhi, vicino alla divisa non ce ne erano più quando litigarono. Com'era possibile? Significava che l'aveva conservato apposta per lei.

- Daisuke... tu... l'avevi... conservato al sicuro... per me?- chiese alzando finalmente lo sguardo e guardandolo dritto in quei grandi occhi nocciola che tanto amava.

- Ovvio che sì! La mattina l'ho staccato e l'ho infilato nella tasca dei pantaloni, per evitare di perderlo o che qualcuna me lo strappasse via! - sorrise facendole l'occhiolino - Non avrai mica pensato che l'avessi dato via? No, no, quel bottone doveva essere solo tuo.

Si passò una mano dietro la nuca, ovviamente imbarazzato. Stava prendendo di nuova troppo confidenza con lei, era arrabbiata... non avrebbe dovuto.

La ragazza prese il bottone dalla mano che Daisuke aveva ancora a mezz'aria e lo osservò, prima di perdere il controllo e abbracciarlo forte.

- Scusami... scusami non volevo, mi dispiace... ero solo nervosa... solo... io... - si allontanò qualche centimetro, quel tanto per guardarlo bene in volto. - Facciamolo! Il viaggio. Ad Agosto. Insieme!!! Ti va ancora?- chiese sorridendo flebilmente.

Doveva ridere? Doveva allarmarsi? Doveva esserne sorpreso? Doveva esserne felice? Non lo sapeva. Sentiva solo il suo viso andare in fiamme, immaginando stesse cambiando tutte le tonalità purpuree esistenti.

- I-il viaggio? - domandò praticamente a se stesso - Certo che voglio farlo!

Rumiko sorrise ancora e lo abbracciò di nuovo. Nanako diede una pacca sulle spalle a Daisuke, che la guardò curioso. Lei sorrise, facendogli segno di vittoria. Daisuke rispose al sorriso allegramente, mentre le due amiche di Rumiko si allontanavano e li lasciavano soli.

 

***

 

-Chi é quella ragazza?- chiese Mizuki con un tono vago. Lei non sapeva mica che Daisuke aveva la ragazza. Le era sfuggito il particolare più importante di tutti nelle sue ricerche.

Roxy la guardò distratta, ripuntando immediatamente lo sguardo sulla coppietta.

- Si chiama Rumiko... È la mia migliore amica, oltre ad essere la ragazza di Daisuke. Non l'avevi capito? Eppure è così evidente. Ormai lo sanno anche le pietre che quei due si piacciono. - sembrò pensarci un attimo, poi si portò una mano davanti alla labbra - SCUSA! Che scema, era impossibile tu lo sapessi!

Effettivamente, non ci aveva pensato. Mizuki sembrava sapere talmente tante cose su loro, o almeno averne tante in comune con lei e Daisuke, che il particolare "Rumiko" nemmeno le era saltato per la mente. Dava per scontato lo sapesse.

Mizuki scosse il capo, sorridendo. -Oh, ma di nulla, figurati, non c'è problema. Sembra... una ragazza... molto dolce... - disse poi guardando la moretta, in lontananza.

Roxy annuì in silenzio.

- Lo è... secondo me come ragazza è molto vicina alla perfezione. Dolce e pacata. Tranquilla ed intelligente. Brava a scuola, figlia modello. Insomma... quella da cui tutti direbbero: prendiamo esempio. Sicuramente la dolcezza l'ha ereditata da sua mamma... è una donna veramente speciale. Sai... non è molto presente nella vita di Rumiko, perché lavora tantissimo per mantenerle gli studi... ma io la invidio... piacerebbe anche a me avere una mamma come la sua... - sospirò - Purtroppo ho solamente un padre stronzo ed egoista. Peccato.

Mizuki colse la palla al balzo. -Io vivo da sola. Mio padre è un imprenditore, non aveva mai tempo per me, lo vedevo massimo a Natale... non so chi sia mia madre, se ne è andata quando ero piccolissima... - spiegò abbassando lo sguardo ed assumendo un'espressione teatralmente triste.

Lo sguardo di Ritsuko, se possibile, si fece ancora più lugubre.

- Tu mi assomigli per così tanti lati... sembra quasi tu abbia una vita gemella alla mia... è così assurdo che sembra quasi falso.

Un fulmine sembrò trafiggere Mizuki, che impallidì fino a diventare cerea.

Una risata della ragazza dalla chioma azzurrina riecheggiò.

- Ahah, è proprio strano! Forse è il destino che ci ha fatte incontrare, per sostenerci a vicenda!

Mizuki si tranquillizzò. Che fortuna, non si era accorta di nulla. Improvvisamente qualcuno si abbassò in ginocchio, alle spalle di Ritsuko e le diede un quaderno in testa. La ragazza si voltò irritata.

- Matsumoto, la tua risata è così sguaiata che si sente persino da dentro l'edificio... - era Daiki Nishikado, che a quanto pareva voleva riprendere il vecchio rapporto di "Io ti prendo in giro, tu ti incavoli, io mi diverto".

Inizialmente la ragazza abbassò lo sguardo, poi lo rialzò, fiero ed orgoglioso come sempre.

- Ma che vuoi Daiki?! Se ti da fastidio sentire la mia voce perché sei venuto fino a qui?! - sbottò irritata, levandogli perfino il quaderno di mano.

Come? Ritsuko frequentava perfino Daiki? Anche quel particolare le era decisamente sfuggito. Non li aveva mai visti insieme... eppure sembravano così, così... così disgustosamente intimi.

Accidenti possibile che tutte le fortune capitassero a quella dannata testa azzurra? Era rivoltante.

Lo sguardo di Daiki si posò sulla nuova amica dell'azzurrina, ed arricciò il naso contrariato, nel vedere l'espressione stizzita della sconosciuta, che per trattenere la rabbia stava mangiucchiando tutte le unghie della mano destra, mentre l'altra ticchettava insistentemente sulla scatola del suo bento.

-E questa chi é?- chiese il bruno, accigliato. Ritsuko gli diede a sua volta il quaderno in testa, chiamandolo 'Cafone!'.

- Questa, come la chiami tu, è Mizuki. Amica mia e di Daisuke! È pure in classe con noi a francese, non te ne sei accorto? Ma ascolti il professore quando fa l'appello? Tu dovresti farlo, dato che sei una secchia!

L'aveva osservato per tutta la lezione ed era certa che non si fosse perso una sola parola proveniente dal loro supplente.

La ragazza, sfoderando uno dei suoi sorrisi più smaglianti, gli porse la mano in segno di saluto.

- Molto piacere Nishikado, io sono Mizuki, Mizuki Honjo.

Con lui non era il caso di domandare se già potesse chiamarlo Daiki. Non era accondiscente come il fratello.

Daiki arricciò di nuovo il naso, disgustato.

- L'ipocrisia è una brutta bestia... - disse alzandosi e spolverandosi il pantalone da fili di erba. - Ci si vede Matsumoto, occhio alle persone false... - disse vagamente, prima di allontanarsi.

Una gocciolina apparve sulla testa di Ritsuko: ma che cavolo diceva quel babbeo?

Si accorse di avere ancora in mano il quaderno del ragazzo. Si scusò con l'amica, tramite un piccolo inchino, e si congedò da lei, rincorrendo l'antipatico bruno che faceva finta di non udirla.

 

***

 

- NISHIKADOOOOOOOOOOOO! FERMATI! NON VOGLIO PORTARMI APPRESSO, FINCHÉ SFORTUNATAMENTE TI VEDO DI NUOVO, I TUOI GERMI! - urlò sventolando il quaderno, tenendolo solo con l'indice e il pollice destri.

Lui si fermò improvvisamente e lei, non frenando in tempo, gli sbatté contro, facendosi molto male al naso. Nishikado si voltò verso di lei, ma non sembrava arrabbiato, a dispetto da cosa si poteva pensare vedendolo di spalle. Anzi, sul volto aveva disegnato un amabile sorriso.

- Stupida, questo quaderno è tuo... l'hai dimenticato in aula, prima.- spiegò aprendo il quaderno e facendole leggere il nome scritto a caratteri cubitali, e con colori psichedelici, sulla prima pagina.

- Ah... eh... mio? – domandò lei sentendosi una perfetta imbecille.

Aveva appena insultato il suo tenero, dolcissimo, cucciolissimo quaderno. Se lo strinse al petto, evitando di guardare Daiki, quando un flash le balenò nella mente. Un momento... allora Daiki l'aveva seguita fin lì per ridarglielo. Lo guardò confusa, dandosi una grattatina alla testa. L'avevano drogato?

Lui sembrò coglier ei suoi pensieri e le poggiò una mano sulla testa.

- Sono preoccupato, Matsumoto... stai attenta a quella ragazza... non mi piace per nulla... quando parla suona così terribilmente finta... ti prego, fa' attenzione.- le raccomandò, accarezzandole i soffici capelli azzurrini.

- Perché dici questo? Finalmente... finalmente io ho trovato una persona che condivide i miei stessi interessi... la mia stessa vita... e tu mi dici che è falsa e di starne alla larga? ... ma perché? Lei capisce la mia sofferenza... - esitò un momento - ... finalmente conosco qualcuno che la può capire!

Le ultime parole sembravano tristi, totalmente tristi. Daiki si sentì spiazzato. Non le aveva mai visto quell'espressione sul viso. In genere quando si parlava della sua vita se ne faceva sempre beffe. Forte com'era mostrava sempre il sorriso ed, effettivamente, non aveva senso. Che stupido. Era così preso dalla sua positività che non aveva mai pensato a come potesse vivere la sua vita, soprattutto quella familiare. Non aveva mai pensato che la sua piccola Roxy potesse soffrire dentro, in fondo al suo cuore, che potesse fuggire da una realtà troppo cruda.

Le passò la mano dietro la nuca e la spinse un po' verso di sé, in modo da poterla circondare con le braccia.

- Non credevo... potessi soffrire tanto. Mi spiace... però Ritsuko, ti prego fidati di me... sai i miei sentimenti, dovresti capire che non farei niente per farti soffrire... voglio solo metterti in guardia da una persona tutto qui... e ... poi... tu hai l'altra Matsumoto, no? Lei ti capisce, mi sbaglio? Hai davvero così bisogno di una persona falsa come quella, per stare bene con te stessa? Hai tanti amici, hai il tuo ragazzo, ora hai anche Daisuke, che mi ha confessato di voler diventare davvero tuo amico... e hai me... perché hai bisogno di quella Honjo?- chiese seriamente in pena per lei.

Roxy scosse la testa, trattenendo le lacrime, che però sembravano non voler fermarsi. Iniziarono a scendere copiosamente, inumidendole le guance.

- Perché per quanto una persona possa tentare di comprendermi... non può capire la mia vita... non può capire quello che ho passato. Mia madre mi ha abbandonato. Mio padre rifiuta ancora oggi la mia presenza. Perché allora mi hanno fatto nascere se entrambi mi rinnegano? Perché? Sono una presenza così sgradita a questo mondo?

-NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO!- si infervorò lui. Le passò le mani sulle spalle, scuotendola un po'. -Ti prego... fai quello che vuoi... non mi importa... se vuoi quella come amica va bene... ma non... dire... più una cosa così... per favore, è troppo... troppo... fa troppo male, anche per me... - disse poi lasciandola andare, allontanandola un po'. -È meglio che vada...- si voltò di spalle, ma Ritsuko lo vide lo stesso asciugarsi gli occhi con una manica della maglia. Stava piangendo? E se si, perché?

- Daiki... - lo richiamò lei, la voce flebile.

Piangeva, piangeva ancora. Dannazione a lei. Doveva smetterla. Non ce la faceva più. Come poteva continuare a vivere non sapendola sua? Non sapendo di averla al suo fianco? Dannazione. Più passava il tempo e più sentiva la presenza di quella ragazza indispensabile nella sua vita. Come faceva a trattenersi anche solamente dal guardarla? Era impossibile.

Un rombo di tuono attraversò la quiete dell'aria, spezzandola. Ritsuko alzò il viso verso il cielo, mentre gocce di pioggia cominciavano a scendere giù, velocemente. Quando si era guastato il tempo? Non se ne era neanche resa conto, era successo molto velocemente, era sicura che fino a pochi minuti prima ci fosse ancora il sole, anche se leggermente fiacco. Ancora con lo sguardo rivolto in alto, non si rese conto che Daiki le si era avvicinato di nuovo. Sentì la mano di lui accarezzarle il viso, lo vide abbassarsi verso di lei e chiuse gli occhi, sapendo perfettamente cosa stesse succedendo. Pregò dio perché le perdonasse cosa stava per fare, ma era più forte di lei. Neanche l'immagine di Nobu apparsa nella sua mente la sviò dalla sua azione, e fu così che, mentre il cielo veniva attraversato da un altro accecante lampo di luce, i due si baciarono. Non era il primo bacio che dava a Daiki, ma quello fu essenzialmente diverso. Perché anche lei lo voleva. Che buffo, pensò mentre assaporava le sue labbra. Ogni volta che succedeva qualcosa tra loro, scoppiava un temporale. Era piuttosto ironico.

Meccanicamente si strinse più forte a lui, ricambiando il bacio. Lo stava tradendo... l'avrebbe ferito a morte... ma come poteva frenarsi? Non poteva mentire a se stessa, con Nobu le cose andavano decisamente male e la colpa era solamente del ragazzo. Lui e la sua dannata cugina Ashley... da quando era arrivata non aveva passato più il tempo con Nobu. Mai. E, per quel poco che lo vedeva, non erano mai soli. Le faceva così male... Anche se, infondo, non le dispiaceva essersi staccata un po' da lui. Così poteva dedicare più tempo agli amici... agli studi... alla chitarra e al canto... ai giri in moto... e perché no, anche a Daiki. Lui era così dolce con lei, anche se  la prendeva sempre in giro. Alla fine si preoccupava e l'ascoltava, anche se a fine discorso ogni volta finiva per arrabbiarsi. Si staccarono per riprendere fiato e non poté fare a meno di scrutare quegli occhi così belli. Di solito erano freddi... eppure quando stava con lei sembravano addolcirsi, sempre.

- Daiki... io... io...

Daiki non le permise di continuare la frase, ma la baciò di nuovo, e poi ancora, e ancora. Non gli importava nulla di tutta quella pioggia, voleva solo stare con lei. Quando tornò un momento in possesso delle sue facoltà intellettive, si rese conto che erano bagnati zuppi.

- Ehm... forse dovremmo ripararci... la mia macchina è proprio dietro l'angolo... che fai, vieni con me?- chiese titubante, sperando lei non fraintendesse. Ovviamente fraintese.

Fece per tirargli uno schiaffo, che lui ovviamente fermò. Aveva freddo, tremava ed era visibilmente scossa. Ovvio che avesse i riflessi rallentati. Le baciò la mano, stringendola poi vicino al suo viso.

- Prima le mie labbra e ora anche la mia mano? Che vuoi appropriarti di me?! Oh no, ma io non ti lascio fare quello che vuoi! Non pensarci nemmeno a saltarmi addosso, perché è la volta che ti ritrovi castrato, te lo assicuro!

- Ti sembrano discorsi da fare? Sei tutta bagnata, se non ti togli quei vestiti zuppi ti becchi una broncopolmonite...- disse scuotendo il capo, divertito.

- Quando gli asini voleranno io mi leverò questi vestiti fradici al di fuori di casa mia!

Lui la guardò ammutolito due secondi, poi si curvò verso di lei, se la montò in spalla come un sacco di patate e, ignorando i pugni sulla sua schiena e le grida strazianti di lei, arrivò vicino alla macchina, con tutta la calma possibile prese le chiavi, aprì la portiera del sedile posteriore e buttò la ragazza dentro, poi richiuse la portiera, entrò anche lui, sedendosi al posto del guidatore sul sedile anteriore e bloccò tutte le sicure prima che lei fuggisse.

- Cambiati... fortunatamente ci sono dei vestiti miei nel pacco vicino a te, li ha ritirati uno dei miei camerieri stamattina in lavanderia e sono qui non so perché, ma tu indossali comunque... andranno un po' grandi, ma almeno sono asciutti. Ah... non preoccuparti dei finestrini, sono quelli scuri fuori, nessuno può vedere dentro... - spiegò pacato, mettendo in moto e imbottigliandosi nel traffico caotico in pochi minuti. Una venuzza di rabbia prese a pulsare su una tempia di Ritsuko. Ma che cavolo, non era di quelli fuori che si preoccupava, ma di lui. Sicuramente avrebbe sbirciato, nessuno poteva assicurarle che non lo avrebbe fatto.

- Non ci penso nemmeno a mettermi i tuoi vestiti puzzolenti, nella tua macchina... e soprattutto con te dentro!

Mise il broncio, tentando di scassinare nuovamente la portiera.

- Potrei farti arrestare per sequestro di persona, lo sai?!

- Se non ti cuci quella bocca ti do un altro bacio... - la prese in giro lui, non credendo che la minaccia avrebbe fatto davvero effetto. Lei si zittì all'istante, mentre il cervello rianalizzava gli eventi di poco prima. Cavolo, si erano baciati davvero. E con una passione che con Nobu non aveva mai neanche creduto possibile. Lui rise, guardandola dallo specchietto retrovisore, mentre lei tratteneva un paio di starnuti. - Sei una stupida, orgogliosa. Mettiti quei vestiti ho detto, giuro che non guardo... - disse facendo uno spergiuro con le dita della mano destra, in modo visibile perché lei se ne accorgesse. Infatti Ritsuko se ne accorse e gli buttò dietro la testa la prima cosa che le passò sotto mano, in questo caso il suo famoso quaderno, tutto inzuppato d'acqua.

Si portò sul sedile accanto a lui, scavalcando un po' qua e un po' là, incrociando poi le braccia e volgendo lo sguardo fuori. Daiki sbuffò seccato, anche se divertito allo stesso tempo.

- Non ti darò mai la soddisfazione di vedere il mio magnifico corpo senza vestiti.

Lui scosse il capo.

- Sei proprio di coccio, tu... torna dietro, copro lo specchietto retrovisore, te lo prometto... - disse con fare conciliante.

- No. - rispose lei secca, nuovamente. - Non voglio punto e basta. Arrivo a casa e mi cambio. Ecco. Se poi devo ammalarmi sia lodato il cielo, almeno Rumi non mi obbliga ad andare a scuola!

- Mi spiace io a casa non posso portarti... è finita la benzina, visto che siamo davanti casa mia credo sia meglio che rimani qui... - disse allegramente, posteggiando. Fu come se un masso le avesse colpito la testa in pieno, frantumandola. Non era possibile. Quel giorno succedevano tutte a lei!!! Beh, sarebbe tornata a casa a piedi. No, impossibile, abitavano ai due poli diversi di Tokyo.

Scese dalla macchina con una velocità impressionante, chiudendo poco delicatamente la portiera.

- Prenderò un TAXI, visto che tu sei così deficiente da non fare nemmeno il pieno alla macchina.

No. A casa di Daiki. Cambiarsi da lui. Stare da lui chissà fino a quando. MAI!

Lui la guardò. Si stava divertendo come un matto. - Bene, aspetta pure un taxi... ciao ciao... - disse avviandosi verso il cancello dell'enorme villa dei Nishikado. O, meglio, una delle tante. Ma Ritsuko non sapeva quella fosse solo una villa secondaria, e che lui l'aveva portata li solo per prenderla un po' in giro. Avrebbe dovuto chiamare anche Daisuke per avvisarlo di raggiungerlo li con l'altra Matsumoto, tanto per stare un po' tutti insieme. Magari riusciva a far riprendere Ritsuko dall'effetto "Lavaggio del cervello by Mizuki Honjo".

Roxy frugò nella tasca della gonna della divisa, cercando il cellulare e chiamare quel maledetto taxi. Impallidì quando notò che non c'era.

- NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! - si ritrovò a urlare a squarciagola.

Allora la sfortuna ce l'aveva proprio con lei! Aveva lasciato la cartella con dentro tutte le sue cose vicino a quella di Daisuke, dove stava anche Mizuki.

Si avviò a passo d'elefante alla porta dell'immensa villa, suonando sclerotica il campanello, quando le aprì un divertito e strafottente Daiki.

- DOVE... C'È... UN... TELEFONOOOOOOOOOO?!

Daiki fece spallucce.

- Mi spiace, il temporale deve aver fatto saltare qualche palo del telefono, sono tutti muti...

- Vaffanculo... - sbottò lei per niente finemente. - La odio questa giornata, la odio con tutto il cuore! DAMMI IL TUO CELLULAREEEEEEEEEEEEEEE!

Daiki si diede una grattatina. - Ops... credo di averlo dimenticato all'Uni... - rispose vagamente, trattenendosi dal ridere a crepapelle.

Si spaventò un momento vedendo l'espressione della ragazza. Sembrava indemoniata, fumava come se dentro di lei ci fosse stato un incendio. Era evidentemente furiosa. Se continuava così avrebbe dovuto chiamare di lì a poco un'esorcista. Che brutta cosa.

Le posò una mano sul capo con accondiscendenza, e lei subito si calmò. Sembrava quasi quello fosse diventato il gesto di rito per calmarla. Come se quelle carezze le trasmettessero pace e tranquillità.

- Dai, resta un po' qui, fra poco Daisuke e Rumiko arriveranno, appena spiove vi accompagno a casa... - disse dolcemente. - E poi devi cambiarti subito, sei fradicia... qui ci sono dei vestiti di mia mamma, ma lei non li usa più, si rifà il guardaroba da capo ogni mese, così penso che puoi usarli tranquillamente.

Alla parola Rumiko la ragazza si tranquillizzò. Si fece indicare da Daiki una stanza in cui cambiarsi, dopo aver scelto degli abiti vagamente accettabili, si chiuse a chiave dentro e non ci uscì più finché non arrivarono gli altri due. Chissà cosa avrebbe atteso i quattro, per il tempo che sarebbero stati insieme in quella villa.

 

… continua…

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=41614