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L'amore
può salvarci l'anima, o dannarla per sempre.
Christine
Daae appoggiò la fronte febbricitante al vetro freddo della carrozza nella
quale stava viaggiando.
Sperava
di trarne almeno un fittizio e momentaneo sollievo,e
così fu.
Per
un solo rinfrancante secondo, potè chiudere gli occhi e sperare di svegliarsi,
sudata e scarmigliata,nel proprio letto, all’Opera
Populaire.
Ma
non appenariaprì
gli occhi,disturbata da un violento scossone della vettura sulla strada,
comprese con amarezza che a nulla sarebbero valsi i suoi tentativi di
dimenticare,di fingere che fosse stato tutto un incubo.
Fino
a poche ore prima la sua vita aveva avuto il sapore romantico e dolce di una
fiaba.
Non
erano mancati i momenti tristi,come la perdita del suo
dolcissimo,adorato padre, e i lunghi e sofferti mesi di solitudine patiti dopo
il lutto.
Ma poi…nella sua vita era entrato l’Angelo.
Lo
splendente Angelo della Musica che Gustave Daae aveva promesso alla figlioletta
disperata e piangente,sul suo letto di morte.
Accarezzando
la soffice massa scura dei suoi capelli ricci,le aveva
mormorato queste rassicuranti parole,con l’ultimo filo di voce,un sorriso
stentato sulle labbra pallide ed esangui.
“Non
piangere,mia dolcissima Christine… non sarai sola,
quando io non ci sarò più. Lassù in Cielo c’è un angelo,un
angelo specialissimo, che attende per venirsi a prendere cura di te. E’un angelo diverso da tutti gli altri… Egli è l’Angelo
della Musica. Ti aiuterà a realizzare i tuoi sogni. Affidati a lui,e non sarai mai più sola…”
Era
morto quietamente,così come era vissuto, uomo dallo
straordinario talento e dalla grande umiltà.
E
lei nonostante quelle parole confortanti a cui si era appigliata con la forza
della disperazione, aveva passato mesi di angoscia,solitudine,rimpianto.
Era
poi giunta a Parigi,ed era stata affidata alle cure
amorevoli di Madame Giry, l’insegnante del corpo di ballo della celebre Opera
Populaire.
La
prima volta che aveva visto la donna era rimasta intimidita dalla sua aria
austera ed inflessibile.
Ma ben presto,vivendole accanto, scoprì quanto Madame
Giry sapeva essere materna e dolce, a dispetto dell’apparenza severa.
Si
affezionò a lei come ad una vera madre…in fondo la sua l’aveva appena
conosciuta, era morta di parto poco dopo averla data alla luce.Si affezionò moltissimo anche alla
figlioletta di Madame, Meg, che ben presto divenne la sua più grande amica e confidente.
Ma
nonostante questi nuovi affetti,le capitava spesso di
essere sommersa da una nuova ondata di dolore straziante,quando pensava alla
morte del suo adorato papà.
Aveva preso l’abitudine di scendere nella piccola, diroccata
cappella del Teatro, in disuso da anni ormai, e rannicchiata davanti ad un
piccolo altare, dopo aver acceso una candela per la sua memoria, pregava fervidamente per ore.
Lì,per la prima volta,udì la Voce.
La Voce d’oro.
Una
voce piena di compassione ed amore,che la implorò di
non piangere, e che cantò per lei, per farle tornare il sorriso.
Christine
fu colpita da questo evento, ma non si spaventò come
avrebbe fatto qualunque altra bambina. Quella voce non poteva che appartenere
all’Angelo della Musica, lo spirito guida promessole da suo padre.
Per
mesi quella voce si fece sentire solo di rado, nella quiete della cappella o al
momento di andare a letto.. quand’ella non riusciva a
prendere sonno, quel canto celeste la tranquillizzava e la conduceva verso
sogni felici.
Poi,quando aveva circa dodici anni, e già si esibiva come
ballerina di fila nel balletto dell’Opera, la Voce le aveva domandato di cantare. Lei,incerta,aveva gorgheggiato qualche nota di una vecchia
ballata nordica, una canzone che le aveva insegnato anni prima suo padre,per
rallegrarla durante i lunghi inverni svedesi.
Terminato
di cantare,Christine era rimasta interdetta.
Avrebbe
giurato che il suo Angelo stesse piangendo…
Ma
non era assolutamente possibile..gli Angeli non
piangono,vero?
Recuperando
un tono fermo di voce, l’Angelo l’aveva lodata per il suo talento,e da quel giorno in poi aveva iniziato ad impartirle
lezioni di canto.
All’inizio
lei seguì obbediente queste lezioni,ma senza
entusiasmo, quasi soltanto per compiacere il proprio Angelo…ma mentre il tempo
passava, si stupì dei propri progressi..e non solo.
Ogni
volta che cantava per lui, ogni volta che lui cantava per lei,era
come se in qualche modo la loro relazione si facesse più stretta, più forte.
Da
una parte questi nuovi sentimenti la terrorizzavano,
dall’altra la attraevano come il canto di una sirena.
Un
giorno,qualche anno più tardi, dopo che il famigerato
Fantasma dell’Opera (non si trattava di null’altro che una stupida leggenda,
ovviamente, ma tutti al teatro vi credevano ed erano pronti ad attribuirgli
ogni colpa!) aveva provocato degli incidenti in scena, la famosa Diva, la Carlotta, aveva piantato
in asso lo spettacolo.
Gli
impresari e il resto del cast erano assolutamente disperati… fu allora che
Madame Giry propose di far cantare la giovane
Christine Daae.
All’inizio
tutti le avevano scoccato uno sguardo di profondo
scetticismo.
Una
ballerina,che cantava nei panni della star? Assurdo…
Ma appena la sua voce era fluita cristallina nell’aria,
avevano cambiato parere.
Quella
stessa sera si era esibita come protagonista nei panni di Elissa,
e aveva dedicato nel suo cuore ogni applauso, ogni sorriso, ogni complimento al
suo amato Angelo.
Quella
stessa sera aveva anche ritrovato il suo più caro amico d’infanzia, Raoul…che
ora era diventato il Visconte de Chagny.
Come
sembravano lontani i tempi in cui, bambini appena, giocavano insieme in
Normandia… ora appartenevano a due mondi diversi ed inconciliabili.
O
almeno,così aveva pensato.
Ormai
quella presenza celeste era diventata come un’ossessione per lei, e quando
aveva trovato il coraggio di confidarsi con Meg, la ragazza le aveva dato della visionaria.
Non
esistono Angeli della Musica, aveva sentenziato.
Come
poteva saperlo con assoluta certezza?
Del
resto il suo Angelo non le si era mai mostrato, ne
aveva solo udito la voce.
E
se.. se fosse stata solo una sua allucinazione?
Un
sogno dettato dal disperato bisogno di una guida?
Per
giorni pianse,digiunò e implorò l’Angelo di mostrarsi
a lei.
Era
quasi allo stremo delle forze.. quando improvvisamente
l’Angelo apparve nella sua stanza, attraverso lo specchio.
Non
era un Angelo, ma un uomo.
Un uomo alto e forte, dallo sguardo penetrante e sicuro, ma
che indossava una mezza maschera bianca sulla metà sinistra del viso.
Con un brivido Christine si rese conto che l’Angelo era solo un uomo,e che l’uomo era il Fantasma dell’Opera.
Ciononostante
la strana attrazione che provava nei suoi confronti non
si affievolì.
Quell’uomo,quell’Angelo aveva stregato la sua anima,vinto ogni
resistenza del suo spirito.
L’amava,senza dubbio.
Le
sue parole non erano mai state dirette, ma la idolatrava come una Dea.
Però,poteva restare in sua compagnia la notte soltanto.
Il
suo angelo non abbandonava mai il suo sotterraneo
regno di tenebra, tranne che per qualche veloce incursione ai danni degli
impresari. Era lei a doverlo raggiungere laggiù…
Di
giorno Mademoiselle Daae cantava, esercitando la propria voce o esibendosi
negli spettacoli serali.
Con
gran stizza della Carlotta,era diventata lei la vera
attrazione del Teatro, la star per cui si faceva la fila al botteghino. Un
insperato trionfo a detta di tutti.
La
notte,scendeva nel suo regno e donava tutta la sua
arte e la sua anima all’Angelo.
Aveva
conosciuto la deformità del suo viso sfigurato,ma dopo
un’iniziale momento di terrore e smarrimento, ora non ne aveva più alcuna
paura.
Like the sound of silence calling,
I hear your voice and suddenly
I'm falling, lost in a dream.
Like the echoes of our souls are meeting, You say those words and my heart stops beating.
I wonder what it means.
What could it be that comes over me?
At times I can't move.
At times I can hardly breath.
Josh Groban, When you say you love me
Questa
doppia vita ovviamente lasciava le sue tracce sul viso sempre più smunto a
pallido di Christine.
Raoul,
che contro ogni buonsenso imposto dall’etichetta si era messo a corteggiarla,
non ci mise molto a comprendere cosa stava succedendo.
Spiandola scoprì il segreto dell’Angelo della Musica,e
tentò di strapparla dalle sue grinfie.
Una
sera le domandò di sposarlo,e in uno sventurato
momento, scossa per l’assassinio di Joseph Buquet e commossa dalla bontà di
sentimenti del suo amico, Christine accettò.
Da
quel momento iniziò una lenta catastrofe che li travolse tutti…fino alla caduta
del lampadario,e al suo rapimento durante la
performance del Don Juan Triumphant…
Il
Fantasma l’aveva trascinata nel suo regno,e l’aveva
messa di fronte ad una scelta terribile.
Avendo
catturato Raoul,l’aveva ricattata.
Se lei non lo avesse sposato, avrebbe ucciso il Visconte.
Se
invece lo avesse fatto, il ragazzo sarebbe stato libero,ma
lei sarebbe stata legata a lui per l’eternità.
Ricatto
crudele e meschino…ma dopo pochi istanti di smarrimento,lei
aveva capito cosa doveva fare.
Accettò
la sua proposta,infilandosi l’anello che lui le aveva
donato.
E dimentica dell’orrore del suo viso, ormai senza maschera,
lo aveva baciato.
Era stato il suggello del loro patto…accettava di essere legata a lui
per l’eternità.
Lo
aveva fatto per salvare Raoul da una morte certa ed orribile..
o forse no?
No.Perlomeno,
non solo.
Nonostante fosse sempre stata una ragazzina viziata, aveva
intuito se non compreso appieno la profonda disperazione che spingeva un uomo a
delitti tanto efferati, ad una pazzia tanto indomabile.
Lo
avrebbe aiutato a guarire sé stesso,le proprie oscure
ferite.
Dopo
tutto, per anni il suo Angelo aveva fatto ogni cosa
per lei.
Era
giunto il momento di ricambiare tanta dedizione.
Ma ancora una volta le cose erano andate diversamente da come
aveva immaginato.
Lui,piangendo,l’aveva respinta.
Aveva
sciolto il cappio che intrappolava il Visconte, e gli aveva ordinato di
riportare Christine in superficie.
Di
renderla felice….
Christine
da quel momento in poi rammentava poco o nulla.
Una
nebbia fitta ricopriva i suoi scarsi ricordi.
Aveva
pianto,si era dibattuta..o aveva accettato
passivamente il suo destino?
L’unica cosa certa è che in quel momento era in carrozza con il Visconte,e che non sapeva dove stessero andando. Si sentiva triste,vuota.
E
per la prima volta, dal giorno dell’incontro con l’Angelo,tanti
anni prima, si sentiva veramente sola.
I don't know how to love him
What to do, how to move him
I've been changed, yes really changed
In these past few days
When I've seen myself
I seem like someone else
I don't know how to take this
I don't see why he moves me
He's a man
He's just a man…
Andrew Lloyd Webber
Christine
inspirò profondamente l’aria umida dei sotterranei.
Il
corridoio era buio,e la candela che reggeva in mano poteva a malapena
illuminare il pavimento davanti a lei.
Sentiva brividi scorrerle nella schiena, per il freddo e l’umidità del luogo e
per la paura di ciò che stava per fare.
Inciampò
in una pozzanghera gelida,ed imprecò silenziosamente.
Le
ci erano voluti dei mesi per trovare il coraggio di liberarsi dalle circostanze
che ormai la destinavano senza scampo al matrimonio con il Visconte de Chagny.
Non
era stato difficile ribellarsi per paura dei pettegolezzi della gente, di cui
non le importava assolutamente nulla. Ma aveva esitato a lungo per non
infliggere un dolore a Raoul.
Non
avrebbe voluto per nulla al mondo farlo soffrire…
Ma
alla fine aveva dovuto farlo.
Non
poteva legare il suo destino a quello del ragazzo, non dopo aver acquisito la
cruda consapevolezza di non amarlo affatto. Gli voleva bene,questo è certo, ed
era lusingata dall’amore profondo che lui le dimostrava. Avrebbe sfidato ogni
legge della società in cui vivevano, e l’avrebbe sposata a dispetto della sua
umile condizione.
L’avrebbe
resa Viscontessa,e cosa molto più importante, avrebbe fatto tutto ciò che era
in suo potere per renderla felice.
Era
lei che non avrebbe potuto vivere una vita di menzogna.
Così,aveva
trovato la forza di rompere quel legame,e di fare ritorno all’Opera Populaire.
Indossava
un semplice,leggero vestito bianco, molto simile ad una camicia da notte.
Tese
le mani,mentre scendeva,e accarezzò le pietre fredde e levigate del muro.
Il
cuore le martellava dolorosamente in petto,e il corsetto allacciato troppo
stretto le rendeva difficile respirare regolarmente. L’emozione quasi la
stordiva.
Giunse
alla fine del tunnel, e nella fioca luce della sala sotterranea lo vide.
Era
chino sul suo organo a canne, e stava traendo da quello strumento note
meravigliose.
Deglutì
a fatica. La sua musica era splendida, possente, indomabile come un tempo.
Non
era cambiata, e la stregava nello stesso identico modo di allora..
Gli
si avvicinò sempre silenziosamente. Lui non la udì,preda com’era della musica.
Ogni
volta che suonava o cantava, anche in passato,ne era come posseduto, anima e
corpo.
Diventava
una cosa sola con le note che eseguiva,completamente abbandonato alla forza
della musica che lo attraversava.
Era
alle sue spalle ormai. Le sarebbe bastato allungare la mano per sfiorargli il
braccio…
Inghiottì
la sua paura,la sua emozione,e lo fece.
La
musica si interruppe.
L’Angelo
si voltò…e lei iniziò a gridare terrorizzata.
Di
lui non rimaneva altro che una maschera bianca,sulle ossa di un cadavere…
Lo
sgomento fu tale che le sue grida divennero sempre più alte,e forti…
“Christine!”
“Mademoiselle Daae!!”
Christine
spalancò gli occhi,agitandosi e scalciando senza controllo.
Si
rese conto di essere a letto, trattenuta a stento nel suo delirio dalle
cameriere che erano state messe al suo servizio da Raoul.
Di
nuovo quel sogno…di nuovo quell’incubo.
Sarebbe
mai finita,quella maledizione?
Era
da poco rientrata all’Opera Populaire.
Erano
trascorsi solo sei mesi dall’incendio che aveva quasi raso al suolo l’imponente
teatro,ma incredibilmente i lavori erano proceduti a passo spedito,e ormai
rimanevano ben poche,annerite tracce di quella notte di profanazione. Era come
se il Teatro stesso avesse contribuito alla propria riparazione..come se avesse
voluto medicare le proprie ferite, guarire la cicatrice bruciante di un ricordo
doloroso.
Christine,nonostante
il parere del medico che l’aveva in cura,e che la riteneva ancora troppo
debole, e nonostante il velato disaccordo di Raoul, aveva insistito per tornare
ad esibirsi in palcoscenico, con grandissima stizza della Carlotta che era
ormai certa di poter nuovamente esercitare il suo assoluto potere sugli
impresari e sull’intero teatro.
Ma
monsieur Andre e monsieur Firmin erano più che lieti di riaccogliere nel cast
la giovane Daae.
Non
solo la ragazza avrebbe rappresentato una valida antagonista per la Diva,la quale avrebbe dovuto
necessariamente frenare il suo pessimo carattere e le sue bizze assurde,per
timore di essere sostituita all’ultimo dalla rivale…ma oltretutto il nome della
giovane soprano in quei mesi era volato di bocca in bocca per tutta la Francia. In relazione ai
pettegolezzi sul suo misterioso rapimento e sul Fantasma,certo.. ma in fondo,
non era importante il motivo per cui se ne era parlato.
Il
fatto veramente importante è che i francesi avrebbero pagato qualunque cifra
per assistere all’esibizione della “sposa del Fantasma”,come veniva ora
chiamata con macabra allusione.
E
i due avidi signori lo sapevano molto bene,e ci contavano.
La
ristrutturazione del teatro era stata un vero salasso,e non c’era stato un solo
giorno in cui il nome di quell’efferato Fantasma dell’Opera non fosse maledetto
con tutta la rabbia e la veemenza possibile.
Nonostante
le imprecazioni colorite,in cuor loro quei bravi signori erano piuttosto
soddisfatti.
Una volta riaperta l’Opera al pubblico,sarebbero stati ampiamente ripagati dei
disagi economici subiti in quei mesi.
E
soprattutto…non avrebbero mai più subito le vessazioni di quel pazzo.
Tutti
erano infatti tacitamente d’accordo nel ritenere che il criminale fosse morto.
Il
suo covo era stato trovato vuoto, la sua spettrale maschera bianca era stata
ritrovata a pochi passi dalla riva del lago…forse,in un momento di rimorso o
pazzia,si era tolto la vita?
Le
uniche due persone che potevano essere ben informate sui fatti, ovvero Christine
Daae ed il Visconte Raoul de Chagny, si erano dimostrate incredibilmente
reticenti.
Nel
breve colloquio sostenuto con la polizia, avevano affermato di aver abbandonato
il nascondiglio sotterraneo lasciandolo in vita.
Ma
non avevano idea di cosa gli fosse accaduto in seguito.
L’ispettore
Barion, l’ufficiale che li aveva interrogati, era incredibilmente scosso.
Quella
sera,fra le vittime della caduta del grande lampadario, aveva dovuto
riconoscere la propria adorata sorella. Il suo stato d’animo era quindi fin
troppo chiaro, quando aveva cercato di fare pressione sulla ragazza.
“Mademoiselle..non
credo assolutamente che voi non sappiate dove lui possa essersi rifugiato. Non
siamo riusciti a trovarlo da nessuna parte,ma quei maledetti cunicoli sono scarsamente
illuminati,e pericolosamente simili ad un labirinto. Dio solo sa quanti
trabocchetti e passaggi segreti ci sono,là sotto! Voi dovete aiutarci a
scovarlo…o sarete arrestata come sua complice! Non dimenticatevi che quel
mostro è accusato di svariati omicidi…volete seguire il suo infame destino?”
Aveva afferrato rudemente il polso della ragazza, che lo fissava ad occhi
sbarrati,muta ed incapace di reagire, e la scuoteva energicamente.
Fu
immediatamente bloccato dall’indignato Visconte de Chagny.
“Ispettore,come
vi permettete? Dubitate della parola della mia fidanzata? La considero
un’offesa personale… Christine è totalmente incapace di mentire,e “aveva
aggiunto con tono gelido “ accusare lei significa accusare anche me. Abbiamo
abbandonato insieme quel luogo maledetto da Dio,e vi abbiamo già raccontato
tutto ciò di cui siamo a conoscenza. Dunque? Cosa intendete fare? Volete
arrestarci?”
L’ispettore
aveva taciuto immediatamente.
Inimicarsi
la potente famiglia de Chagny non gli avrebbe giovato, né all’indagine né alla
carriera.
Non
gli rimase altro da fare che profondersi in sentite scuse verso la ragazza, e
lasciarli andare.
Ma
mentre guardava la giovane Christine Daae allontanarsi,incespicando,sorretta
dal protettivo fidanzato,aveva represso un sogghigno.
Doveva
tenerla d’occhio,e prima o poi avrebbe avuto la testa di quel bastardo su un
piatto d’argento.
Non so come tu canti, mio signore!
Sempre ti ascolto
in silenzioso stupore.
La luce della tua musica
illumina il mondo.
Il soffio della tua musica
corre da cielo a cielo.
L'onda sacra della tua musica
irrompe tra gli ostacoli pietrosi
e scorre impetuosa in avanti.
Il cuore anela di unirsi al tuo canto,
ma invano cerco una voce.
Vorrei parlare, ma le mie parole
non si fondono in canti
e impotente grido.
Hai fatto prigioniero il mio cuore
nelle infinite reti
della tua musica.
Rabindranath Ragore
Nel
sereno silenzio della cappella, Christine accese due candele,e le depose sul
piccolo altare.
Il
ritratto del padre era rimasto appeso per tutto quel tempo…quella saletta era
stata fortunosamente risparmiata dalle fiamme.
Sospirò,inginocchiata,stringendo
fra le dita quel ricordo,ormai ingiallito dal tempo impietoso.
Avrebbe
voluto poter stringere allo stesso modo un altro ritratto, per poter
vedere,accarezzare i tratti dell’altro morto che le pesava nel cuore.
Sentì
le lacrime pungerle gli occhi,ma le ingoiò con rabbia.
Della
morte del padre non era responsabile. Era molto malato,e lei era soltanto una
bambina impotente.
Ma
per la morte del suo Angelo…era stata lei ad ucciderlo,con la sua stupida
indecisione.
Non
avrebbe dovuto lasciare che lui la scacciasse.
Aveva
agito per il suo bene, ma così facendo si era inutilmente sacrificato.
Inutilmente? Perché aveva avuto quel
pensiero?
Dopo
tutto,aveva accettato di sposare Raoul…non avrebbe mai osato lasciarlo.
Per fare cosa,in ogni
caso?
Ogni
volta che rifletteva su queste cose l’angoscia prendeva il sopravvento su di
lei…
“Christine!
Sei proprio tu!”
La
voce alle sue spalle le strappò un sorriso. Era assolutamente inconfondibile….
“Meg!!!
Mi sei mancata tanto!”
Si
alzò ed abbracciò con trasporto l’amica,ormai alta quasi quanto lei.
La
ragazzina era cambiata molto in quei mesi in cui erano rimaste
involontariamente separate.
Sembrava
più grande,più matura.,,un’altra persona davvero.
Aveva
perso quell’aria sparuta e timida di un tempo,e senza dubbio ciò a cui aveva
assistito quella notte aveva contribuito non poco alla sua trasformazione.
Meg
sorrise,ma notando lo spaventoso dimagrimento dell’amica le scoccò un’occhiata
preoccupata.
“Cosa
ti è successo Christine? Pensavo…” sembrò imbarazzata “ pensavo che questi mesi
trascorsi con Raoul… cioè,volevo dire,con il Visconte…”
Christine
sorrise,divertita dal suo imbarazzo sempre più palese.
Se
l’aspetto fisico tradiva la sua età, il carattere di Meg era rimasto semplice
ed innocente,non aveva subito alcuna trasformazione.
“Meg,calmati…
Puoi chiamarlo come ti pare con me! E credimi,neppure lui si offenderebbe se lo
chiamassi per nome. Raoul è diverso da tutti gli altri.”
Credeva
in quello che aveva appena detto,non era una posa.
Non
aveva mai conosciuto qualcuno di sentimenti più nobili di Raoul.
Era
l’uomo perfetto,in pratica.
Ma
Christine in fondo al cuore sentiva che tanta perfezione la metteva a disagio.
Lei
non era perfetta,e non lo sarebbe mai stata.
Meg
rise nervosamente.
“Sì,hai
ragione ….ma è che sarà così strano doverti chiamare Viscontessa,almeno in
pubblico! Ricordi quante volte da bambine sognavamo che sarebbe venuto un
Principe a prenderci per sposarci e condurci nel suo castello?” le strinse
affettuosamente la mano. “Non riesco quasi a credere che a te stia capitando
davvero!!”
Nemmeno io,se è per
questo,riflettè
Christine.
Meg
sembrò non notare il suo leggero disagio. Era veramente felice di rivederla.
“Hai
già avvertito maman? Sarà così felice di sapere che sei tornata…da quando nella
tua ultima lettera ci hai annunciato il tuo ritorno eravamo in ansia ogni
giorno..aspettavamo che da un momento all’altro ti affacciassi sulla porta! Non
vedevamo l’ora!!”
Saltellandole
attorno eccitata,notò le due candele accese sul piccolo altare.
Immediatamente
si fermò, ricordandosi del luogo in cui si trovava. Era pur sempre una chiesa.
Abbassò
gli occhi,e fece una smorfia.
“La
seconda…candela.. è per lui?”
Christine
arrossì vistosamente.
“In
effetti Meg…sì. Sono venuta qui a pregare per mio padre,all’inizio…ma in questo
luogo lo sento ancora vicino a me. Anche se so che non c’è più.”
Meg
trasalì a quelle parole. Nessuno di loro aveva trovato il corpo del Fantasma,e
quindi non c’era modo di sapere se fosse morto davvero.
Ma
ora,se Christine diceva questo…forse lei sapeva,e
aveva taciuto perché potesse riposare in pace…
In
ogni caso,quella discussione le stava mettendo i brividi.
Prese per mano Christine e la trascinò verso le scale.
“Maman
ora non c’è,ma devi assolutamente venire a salutare Lisette, Jeanne, Cosette e
le altre… non ti perdonerebbero mai se sapessero che sei qui da ore e non sei
ancora passata da loro!! Vieni!”
Christine
sospirò,lasciandosi trascinare stancamente ai piani superiori.
Non
provava particolare nostalgia per quelle ochette starnazzanti, ma in fondo era
cresciuta con loro,per anni. E poi sapeva bene cosa sarebbe accaduto se non
avesse continuato a comportarsi amichevolmente con loro: sarebbero piovute
accuse di essersi montata la testa a causa del suo nuovo lavoro come soprano,o
peggio,del suo fidanzamento con Raoul.
Non
era vero,e ne avrebbe sofferto molto.
Meglio
evitare dunque di dare adito ai pettegolezzi..a nuovi pettegolezzi,perlomeno.
Non
fare economie, perchè non é merce quella che si risparmia quando si tratta di
movimenti del cuore. Donare significa gettare un ponte sull'abisso della tua
solitudine.
Antoine-Marie-Roger
de Saint Exupery
Quella
notte, Meg Giry non riposò bene.
Aveva
trascorso una bellissima serata,insieme a Christine.
La
ragazza aveva accettato di rimanere a dormire al teatro da quel momento in poi,
nonostante Raoul avesse insistito per riportarla alla sua villa.
Christine, accarezzandogli dolcemente il viso, gli aveva spiegato che
l’indomani le prove sarebbero iniziate prestissimo,e che sarebbe stato meglio
per lei essere presente sin dal mattino. Gli aveva anche fatto notare che la
presenza delle cameriere che aveva messo al suo servizio,in quel luogo sarebbe
stata inopportuna,perché avrebbe dato l’idea che ormai si fosse montata la
testa. Era meglio dunque che le due ragazze tornassero alle loro faccende a
villa de Chagny.
Lui
aveva cessato ogni resistenza,e aveva annuito tranquillamente.
Era
incredibile quanto potere inconsciamente Christine avesse sul suo futuro
marito… oppure invece ne era perfettamente conscia e lo sfruttava a proprio
vantaggio?
No,la
sua amica non poteva essere così cinica,di questo Meg era sicura.
Ma
era un altro il motivo per cui non riusciva a prendere sonno .
Meg
era rimasta a lungo indecisa sul da farsi….mille pensieri e dubbi
l’assillavano.
Era
dal pomeriggio che aveva un'idea in testa,ma non riusciva a decidere se seguire
questa sua idea... oppure tenersi fuori da quella storia,e da tutto ciò che
essa comportava.
Dopo
tutto,se da un lato il suo gesto avrebbe potuto essere carino e premuroso,dall'altro
avrebbe potuto riaprire vecchie ferite non del tutto rimarginate…
Il
suo primo impulso fu di chiedere consiglio a sua madre.
Ma
Madame Giry non era al Teatro,quella notte, poichè si era recata ad un
collegio, fuori Parigi, per accompagnare,il giorno seguente, un nuova allieva
ballerina al teatro.
E
poi ormai sono cresciuta,pensò Meg. Non posso sempre rifugiarmi dietro a lei e
alle sue gonne!
Così,nel
bel mezzo della notte, Meg si alzò dal proprio letto e si mise a frugare
febbrilmente nell'armadietto accanto al suo giaciglio.
Ci
mise un po' a trovare quello che stava cercando, poichè mesi prima lo aveva
nascosto con estrema cura,seppellendolo sotto un cumulo di vestiti vecchi.
Eccola.
La
levigata,pallida maschera del Fantasma,che aveva trovato nel suo covo la notte
del Don Juan.
La
sfiorò con le dita,quasi con riverenza.
Si
era praticamente scordata di quel bizzarro ritrovamento,almeno fino a quel
pomeriggio.
Christine
non aveva neppure un ritratto di quell'uomo.
Forse
quello strano reperto l'avrebbe in parte consolata...
Meg
si gettò sulle spalle uno scialle leggero e,a piedi nudi, si inoltrò nel
corridoio.
Bussò
piano alla porta del camerino di Christine. Ma non ricevette risposta.
Girò
la maniglia e si affacciò nella stanza.
Vuota.
Ed il letto era intatto.
Ebbe
un fremito di preoccupazione. Dove poteva essersi cacciata?
La
cercò in lungo e in largo per i dormitori,ma non riuscì a trovarla da nessuna
parte.
Poi
le venne un'idea.
Il
suo istinto non l'aveva tradita. Eccola là.
Christine,in
camicia da notte,sedeva rannicchiata su un lato del palcoscenico.
Fissava
la nuova grande platea da poco ristrutturata, e l'imponente lampadario di
cristallo che la sovrastava.Tutte le
luci erano spente,fatta eccezione per una minuscola candela che Christine aveva
appoggiato a terra accanto a sè.
Quell'atmosfera
era surreale,quasi macabra.
Christine
sembrava ella stessa un fantasma.
Solo
il dolore fa crescere... ma il dolore va preso di petto, chi si svincola, o si
compiange, è destinato a perdere.
Susanna Tamaro
Fissava
intenta la sala,e non si accorse nemmeno della presenza di Meg fino a che la
ragazza non le si sedette accanto,a gambe incrociate.
Stupita,le
sorrise debolmente.
"Cosa
c'è Christine? Perchè sei venuta qui a quest'ora? Sei in camicia da notte! se
qualcuno ti avesse vista conciata così..insomma,non è decoroso...se lo sapesse
maman!"
Christine
rise delle preoccupazioni infantili della ragazza. "Prima di tutto...sei
in camicia da notte anche tu!"
Poi
si fece di nuovo seria,e tornò a contemplare la sala deserta.
"E'
tornato tutto...esattamente uguale a prima. Non riesco a notare nulla di
diverso,dal palco. Hanno fatto senza dubbio un lavoro eccellente." Si
accigliò.
"Vorrei
essere in grado di fare la medesima cosa..dentro di me. Lì invece non c'è più
nulla di uguale a prima."
Meg
soffriva nel vedere quanta pena l'amica portasse nel cuore.
Timidamente estrasse dalla propria tasca la
maschera,e gliela porse senza dire una parola.
Christine
spalancò gli occhi,e strinse fra le mani quella preziosa reliquia.
Quell'oggetto
le portava alla mente dolorosi ricordi,ma anche una sorta di quieta
rassegnazione.
Lo
sguardo di immensa gratitudine che rivolse a Meg convinse quest'ultima di aver
fatto la scelta più giusta.
Se
quella maschera era tutto ciò che rimaneva del Fantasma,o dell'Angelo,come lei
si ostinava a chiamarlo,era giusto che ne fosse in possesso, ultima depositaria
delle sue spoglie mortali.
L'amore
fa vedere le cose diversamente da come sono.
FriedrichNietzsche
Il
giorno dopo, circa a metà mattinata, il Visconte Raoul de Chagny
si recò all’Opera Populaire.
A
quell’ora solitamente le prove di canto del mattino si interrompevano,per riprendere poi nel primo pomeriggio.
Aveva intenzione di fare una breve visita a Christine.
Negli
ultimi mesi avevano trascorso insieme la maggior parte della giornata, ed il
fatto che ora lei fosse tornata ai suoi impegni quotidiani di soprano per lui
rappresentava una vera seccatura.
Non
perché fosse contrario di per sé alla carriera della ragazza,ma
perché in questa sua vita nuovamente frenetica rimaneva poco tempo libero…poco
tempo per lui.
Mentre
entrava nel salone principale del teatro, il giovane Visconte riconobbe,di spalle,una figura assolutamente inconfondibile.
Quella
donna alta e magra, impeccabilmente fasciata in un modesto vestito nero, la
lunga treccia di capelli che le ricadeva morbidamente su un fianco, non poteva
essere altri che Madame Giry, insegnante del corpo di
ballo, nonché in pratica madre adottiva e guida di Christine.
Il
ragazzo si sentiva profondamente in debito con lei.
La
notte del Don Juan, senza il suo aiuto, non sarebbe
mai stato in grado di districarsi nei cunicoli misteriosi che si snodavano
sotto l’Opera Populaire.
Solo
grazie a lei aveva trovato la giusta via fino alla tana del mostro…solo grazie
a lei era arrivato in tempo per fermare la sua follia
omicida,e per salvare Christine da un destino ancor
più terribile della morte.
Arrossì
a quel pensiero. In realtà era stata lei a salvare lui.
Come
un vero babbeo si era lasciato sorprendere ed imprigionare da quel diavolo,e solo grazie all’immenso coraggio di Christine,
che era riuscita a mascherare il proprio terrore e a far credere a quella
bestia che sarebbe rimasta con lei… solo grazie a questo si erano salvati.
Per
qualche strana ragione,quell’essere
senza cuore né coscienza aveva pianto di fronte alla folle decisione di Christine,e li aveva liberati entrambi.
Ancora non riusciva a spiegarsene la ragione…
Accantonando
questi pensieri, si avvicinò a Madame Giry e la
salutò rispettosamente.
Quand’ella si voltò,il ragazzo spalancò gli occhi.
Ricordava
una donna robusta ed energica,ma davanti a sé non
rimaneva che un’ombra di quel ricordo.
Madame
era molto dimagrita in quei mesi, sciupata.. sembrava
invecchiata di diversi anni.
Anche
i suoi occhi,sempre fieri e battaglieri in passato,avevano
perduto parte di quel vivo bagliore, e sembravano come distanti.
La donna abbozzò un sorriso e un piccolo inchino.
“Visconte…è
un piacere riavervi fra noi.”
Dopo le solite formalità di rito, Raoul domandò,impaziente:
“Sapete per caso dov’è Christine? Sono venuto a salutarla, dal
momento che questa notte ha dormito qui.”
Madame
Girysembrò stupefatta dalla notizia. Il
suo labbro inferiore tremò leggermente.
“ChristineDaee..è
qui? E’tornata al teatro?”
Di
fronte allo sconcerto del Visconte,si affrettò a
chiarire.
“Perdonatemi
monsieur le Vicomte… sono
appena tornata da un viaggio fuori Parigi che si è protratto per alcuni giorni,e non sapevo che Christine fosse
già tornata. Mi aveva accennato alla sua intenzione di riprendere la carriera
di cantante,tempo fa,in una lettera…” fece una pausa
densa di significato “ ma credevo che si trattasse di un’idea passeggera,dovuta
alla nostalgia di Parigi e di questo mondo. Non credevo che dicesse sul serio.. gli impresari non mi hanno detto nulla…e poi pensavo che
voi…” lo guardò quasi con uno sguardo d’accusa. “Perdonate la mia sfacciataggine monsieur,ma pensavo che voi glielo
avreste impedito.Pensavo che con la
prospettiva di un matrimonio, avreste ritenuto inadeguato lasciare che la vostra fidanzata continui ad esibirsi.”
Raoul
spalancò le braccia in un gesto totalmente sconsolato.
“Madame,
dopo tutto siamo nel 1871. Certo,ci
sono molte persone che saranno scandalizzate da tutto questo, ma a me non
importa. Amo Christine,e non
potrei in nessun modo costringerla a fare,o non fare, qualcosa contro la sua
volontà. Anche se questo mi costasse la condanna da parte di
qualche vecchia cariatide…”
Madame non potè fare a meno di
sorridere davanti all’appassionata dichiarazione del giovane.
Perfino
un cieco si sarebbe reso conto di quanto amore,quanta
dedizione si celavano dietro quelle veementi parole di difesa.
Aveva fatto bene ad aiutarlo a salvare Christine
dalla follia del Fantasma,ora ne era completamente
convinta.
In
quel momento nel salone passarono le ballerine di fila, ridendo e
schiamazzando, pronte per la nuova prova. Fra di loro,
splendida nel suo nuovo candido tutù,c’era anche Meg.
Non
appena vide la madre abbandonò il gruppo e si slanciò verso di lei,a abbracciandola con foga.
Quei
pochi giorni di separazione le erano pesati come se si fosse trattato di mesi!
“Meg! Insomma, che maniere!” la rimproverò la madre,non senza provare un incredibile tenerezza per il genuino
affetto che le era appena stato per l’ennesima volta dimostrato.
“Perdonami
mamma,..è che mi sei mancata
davvero tanto!” si scusò imbarazzata la ragazza,rendendosi conto della presenza
divertita del Visconte.
Si inchinò compunta ed assunse un’aria il più possibile seria…
che la rendeva estremamente buffa.
“Io
e vostra madre stiamo cercando mademoiselleDaae…forse voi avete idea di dove si trovi?”
Meg annuì sorridendo…ma poi il sorriso
lentamente svanì.
“Allora,Meg? Il Visconte ti ha fatto una domanda… non abbiamo tutto il giorno. Se sai dove si trova Christine,
rispondi. Non l’ho neppure ancora salutata.” Madame sembrava seccata dalla sua
reticenza.
Meg sembrava davvero a disagio,ora,
saltellando impacciata da un piedino all’altro.
“Ehm…l’ho vista poco fa e..mi ha detto di
voler scendere in cappella. Ma”aggiunse
precipitosamente “sono sicura che fra pochissimi minuti sarà di ritorno! Perché non andate ad aspettarla seduti con comodo nel suo
camerino? Posso fare una corsa e andarla a chiamare…non è proprio necessario
che scendiate laggiù…”
Madame
alzò imperiosa la mano,ponendo fine a quel fiume di
chiacchiere.
“Basta
così,MegGiry.
Tu hai delle prove alle quali non puoi mancare,e sei
già in ritardo. Torna dalle tue compagne,ora. La
cappella non è lontana, vi condurrò io il Visconte. Su,vai.”
Il
suo tono non ammetteva repliche.
Megsi inchinò al Visconte,e corse
precipitosamente via,il cuore in tumulto per l’emozione.
“Speriamo
soltanto che non se ne accorgano….”ebbe solo il tempo
di pensare.
Time here,
all but means nothing, just shadows that move across the wall
They keep me company, but they don't ask of me
they don't say nothing at all.
And I need just a little more silence
And I need just a little more time
But you send your thieves to me
silently stalking me
Dragging me into your wall
Would you give me no choice in this? Sarah McLachlan,Time
“Ho
pensato spesso a te in questi mesi. Fisicamente non mi trovavo qui,ma ogni notte nei miei sogni ripercorrevo questi corridoi,
cercando la tua voce,la tua presenza. Non riuscivo ad accettare che tu fossi
davvero morto…sparito per sempre da questa terra. Che tu fossi davvero lontano da me. In un modo o
nell’altro,una piccola parte di me continuava a sperare. A considerare
quella notte come un incubo irreale,e niente
più.
Ma ora sono certa di essermi sbagliata. Non avresti mai
abbandonato questo teatro,né questa maschera,se
fossi ancora vivo.”
Le
parole di Christine erano poco più di un sussurro.
Era
di nuovo inginocchiata nella minuscola cappella, e aveva deposto sul piccolo
altare, accanto al ritratto del padre e ad un grazioso mazzolino di fiori di
campo,la maschera bianca che aveva ricevuto da Meg la sera precedente.
Il suo Angelo non avrebbe mai avuto una tomba,dal
momento che il suo corpo materiale non era stato ritrovato. Ma almeno ora
avrebbe avuto un simulacro,una specie di pietra
tombale dove piangerlo, pregarlo, confidarsi ed affidarsi a lui.
Accarezzò
ancora una volta il liscio materiale di cui era fatta la maschera,dalla parte interna,quella che era stata per anni a
contatto con il suo povero viso torturato.
Non
provava più alcun orrore,nel ripensarci.
Congiunse
la mani,ed iniziò a pregare.
Ma,
supplica dopo supplica,litania dopo litania,la sua
mente non potè frenarsi dal vagare.
Com’era
possibile che il suo Angelo,la creatura più
nobile e buona che avesse mai conosciuto,potesse anche celare una parte di
sé oscura,perversa e diabolica? Non c’era spiegazione per questo.
Dal
primo momento in cui aveva identificato il suo mentore nello spietato Fantasma
dell’Opera, responsabile di tante morti orribili e cruente, si era
sentita incredula e tradita.
Cosa poteva spingere un genio dal cuore immenso a
macchiarsi di colpevoli delitti?
Lui
in tanti anni non le aveva mai parlato di sé.
Non le aveva mai raccontato nulla del suo passato.
E lei,anche dopo aver visto la mostruosità del
suo volto, non si era mai interessata alla sua storia.
Si era comportata da egoista e da ingrata nei suoi confronti,e
solo ora se ne rendeva pienamente conto.
Ora
che era perfettamente inutile pensarci,si rammaricava
di non conoscere assolutamente nulla di lui… neppure il suo nome.
“Come
ti vorrei qui accanto a me…non saprò
scordarti mai…”
In
quel momento fu investita da un soffio di aria fredda.
Per una frazione di secondo,si illuse di poter
percepire la presenza del suo Angelo accanto a lei.
Ma
razionalmente si rese subito conto che si trattava solo di semplice corrente,dovuta alla porta alle sue spalle che si era aperta.
Voltandosi
vide sulla soglia Raoul,tenero e sorridente come
sempre…
E
dietro di lui,Madame Giry.
Si
alzò ed andò loro incontro,abbracciando
con entusiasmo la donna,che non vedeva da sei mesi.
Le
erano mancati molto i suoi modi fintamente bruschi,e
le sue prediche interminabili.
Pur
non perfetta, era l’unica madre che avesse conosciuto,dopo
tutto.
Le
sembrava così sciupata,però…
“Christine! Tesoro mio,sei un vero
splendore!”
Christine sorrise educatamente a quella benevola bugia.
Guardandosi
allo specchio spesso faticava a riconoscersi in quello spettro dagli occhi
tristi che vedeva riflesso..ma
avrebbe dovuto imparare a farci l’abitudine, probabilmente.
Le
due donne si misero confidenzialmente a scherzare e a parlare dei vari
personaggi del teatro..dal ritorno della Carlotta alla stolida idiozia dei due
impresari, quasi dimentiche della presenza del Visconte.
Il
quale, d’altro canto, sembrava estremamente
sollevato nel vedere Christine sorridere spensierata.
Aveva
temuto a lungo che il ritornare in quel luogo,fra
quella gente, le potesse provocare uno shock, un crollo emotivo. Dopo tutto, la sua vita era quasi andata in pezzi, pochi mesi
prima.
Avrebbe
avuto la forza necessaria per scacciare il peso di quegli infami ricordi,e per riconciliarsi con l’Opera Populaire?
A
quanto pareva però i suoi timori si rivelavano
del tutto infondati.
Per
fortuna…
D’un
tratto,però, quel perfetto equilibrio si
incrinò.
Nonostante
l’atmosfera semibuia, tipica della cappella,gli
occhi acuti di Madame Giry si fissarono sul piccolo
altare. Là,accanto al ritratto di GustaveDaae e ad un piccolo
mazzo di fiorellini colorati, c’era una maschera.
..E
mi manchi amore mio
tu mi manchi come quando cerco Dio
e in assenza di te
io ti vorrei per dirti che
tu mi manchi amore mio
il dolore è forte come un lungo addio
e l'assenza di te
è un vuoto dentro me
perchè di noi
è rimasta l'anima
ogni piega, ogni pagina
se chiudo gli occhi sei qui
che mi abbracci di nuovo così
e vedo noi stretti dentro noi
legati per non slegarsi mai
in ogni lacrima tu sarai per non dimenticarti mai
E mi manchi amore mio
così tanto che ogni giorno muoio anchi'io
ho bisogno di te
di averti qui per dirti che
Tu mi manchi amore mio
Il dolore è freddo come un lungo addio
e in assenza di te
il vuoto è dentro me…
Laura Pausini,In assenza di te
Madame
Giry non riusciva a staccare gli occhi da quell’oggetto,che risaltava sinistro alla luce dei moccoli
di candela. La bocca le si era contorta in una sorta di smorfia spaventosa.
Incuriosito,il
Visconte seguì il suo sguardo..e notò anche lui la
maschera.
Immediatamente
la sua espressione mutò,e con gelida calma, senza perdere le sue impeccabili
buone maniere, pregò Madame Giry di lasciarli soli.
“Madame,se
non vi è di eccessivo disturbo,potreste andare dagli impresari e riferire loro
che ho intenzione di discutere alcune cose riguardanti lo spettacolo della
prossima settimana? Ve ne sarei immensamente grato.”
Madame Giry, donna estremamente scaltra, comprese
l’antifona, e dopo aver rivolto a Christine uno
sguardo di malcelata preoccupazione, si eclissò.
Quando
rimasero soli, Raoul tacque per alcuni secondi.
Christine
si era nuovamente inginocchiata di fronte all’altare,e sembrava essere risprofondatanelle
sue preghiere.
“Christine…ti prego. Non fingere che non sia accaduto nulla.
Vorrei parlare.”
Christine sospirò.
Quanto
avrebbe voluto che Raoul ogni tanto perdesse la pazienza, alzasse la voce, la
trattasse con poco rispetto. Non avrebbe certo subito senza reagire… invece lui
era sempre gentile con lei.
Anche
quando era evidentemente arrabbiato.
“Raoul,
non vedo perché dovremmo parlare. Speravo di potermi godere un po’ di pace e
serenità almeno mentre sto pregando..”
“Lo
sai bene di cosa intendo parlare! Dove hi preso quella dannata maschera? Lui…”
Immediatamente,con
un tuffo al cuore, Christine comprese la
preoccupazione del fidanzato.
Temeva
che l’Angelo fosse tornato ad insidiarla.
Con
un mesto sorriso,lo rassicurò.
“No
Raoul. Questa maschera.. è stata Meg a darmela,ieri
sera. L’ha trovata quella notte,quando insieme agli altri del Teatro è scesa
nel suo covo. L’ha conservata per mesi..” esitò un attimo “ perché avessi un
suo ricordo. Lui è morto, Raoul. Non hai più nulla da temere.”
Raoul
deglutì,imbarazzato.
Non
era stata sua intenzione farle una scenata di gelosia,anzi.. si fidava
totalmente di Christine.
Dopo
tutto non era stata colpa sua, di quanto era accaduto sul palcoscenico durante
il Don JuanTriumphant… la
poverina non era chiaramente in sé, circuita e soggiogata dal male che quell’uomo sprigionava con il suo canto e la sua presenza.
Durante
quell’infernale duetto, aveva creduto davvero di aver
perso la sua dolce,innocente Christine.
Quella
donna determinata e spregiudicata che cantava non aveva nulla a che fare con la
sua tenera amica d’infanzia,con la compagna che avrebbe desiderato per la
vita.Era la degna metà di quell’assassino… disinibita,senza freni,senza pudore.
Era
come se all’interno del corpo di Christine si fossero
celate due anime, e lui ne conoscesse una soltanto.
Ma
era stata tutta suggestione, l’emozione del momento, la potenza devastante di
quella musica inarrestabile…
Raoul
strinse la mano di Christine, aiutandola a rialzarsi.
La circondò con le braccia, in un gesto paterno e protettivo.
Christine si appoggiò a lui, turbata dal fiume di ricordi
che le affollava la mente.
“Cosa
c’è,amore? Ti sento..triste. Posso aiutarti,in qualche
modo?”
Lei
scosse la testa, ostentando un falso sorriso.
“Non
è assolutamente nulla Raoul, davvero.. ero solo persa nei miei pensieri, poco
fa. Stavo pensando a quante morti, quanta distruzione ci siamo lasciati alle
spalle.”
Lo
sguardo di Raoul si indurì.
“Hai
ragione. Per fortuna sembra che quell’assassino sia
morto. La nostra vita, la vita dell’intera Opera Populaire
può finalmente rifiorire.”
Lei
inorridita, istintivamente si staccò da lui.
Non
c’era nulla da fare: sapeva che era davvero un assassino, lo aveva visto
uccidere con i suoi stessi occhi, per poco lo stesso Raoul non era rimasto
ucciso dalla sua furia omicida.. eppure il sentirlo marchiare in quel modo la
faceva ancora infuriare,tremare.
Soffrire.
Raoul
se ne accorse,e parve confuso da quella sua reazione. Forse osava ancora
difenderlo?
“Christine! Come puoi reagire così? Lo sai bene che era un
assassino. Lo hai visto all’opera… Dio, quella sera mi ha quasi strangolato.. e
tutte le persone morte nella caduta del lampadario…”
“Una.
Ne è morta una soltanto nella caduta del lampadario.. e sono sicura che si sia
trattato di un incidente.”
Christine
si stupì quasi della veemenza della propria difesa. Si stupì soprattutto nel
notare quanto ne fosse estremamente convinta. Prima ancora di giustificare le
sue azioni davanti a Raoul, lo stava difendendo dalla parte di sé stessa che lo
aveva condannato.
Raoul
alzò gli occhi al soffitto, in un gesto di rassegnazione.
“Riesci
ancora a provare compassione per lui? Dopo quello che ci ha fatto passare?
Davvero non riesco a comprenderti!”
Christine rabbrividì a quel rimprovero,ma non tacque.
“E’vero,
il suo comportamento è stato a dir poco inqualificabile, degno davvero di un
assassino. Ma come puoi sapere cosa lo ha spinto a diventare così? Forse,anzi
ne sono sicura, nella vita ha dovuto affrontare momenti terribili… solo questo
può spingere un cuore umano ad inaridirsi!”
Si
accorse di avere gli occhi gonfi di lacrime sincere, lacrime di compassione.. e
non solo.
Raoul,sinceramente
preoccupato per quello sfogo di Christine,
l’abbracciò stretta a sé, tentando di calmarla. Presto i suoi singhiozzi si
affievolirono,e lui si sentì più sollevato.
Senza
smettere di cullarla, le parlò a bassa voce, tentando di blandirla.
“Shhh…hai ragione,mia piccola Christine.
Senza dubbio un uomo che ha vissuto una vita tanto orribile ne è uscito
mutato…. Se tu gli eri tanto affezionata, aveva comunque mantenuto alcune delle
sue virtù. E’triste pensare che, con un’altra storia alle spalle, la sua vita
avrebbe potuto essere felice..”
Christine,senza dire una sola parola, si irrigidì nel suo
abbraccio, ma il ragazzo parve non rendersene conto.
Come
poteva Raoul parlare con tanta sicurezza del suo passato?
Fatta
eccezione per quella notte, non aveva mai avuto contatti diretti con l’Angelo.
Al
Teatro tutti vivevano nelle leggende dell’oscuro Fantasma, ma nessuno sapeva
con esattezza chi fosse, da dove venisse… dubitavano perfino che si trattasse
di un essere umano!
L’Angelo
era sempre stato molto geloso del suo passato,non ne aveva mai parlato neppure
con lei, la sua pupilla… come diavolo….
Poi
comprese chi era l’unica persona che poteva conoscere tutta la sua storia.
La
rabbia le montò dentro con la forza di un uragano.
Madame
Giry tutto sapeva e tutto aveva sempre taciuto.
Almeno,con
lei…a quanto pareva era stata più che felice di condividere la sua conoscenza
con Raoul…
Dopo
aver avvertito monsieurAndre
e monsieurFirmin di
prepararsi al colloquio con il loro mecenate, con una scusa aveva affidato le
prove di ballo alla sua assistente, e si era rifugiata nella propria camera,
ancora spaventata e tremante.
La
semplice visione di quella maschera l’aveva tremendamente turbata.
Erano
mesi che non vedeva Erik. Oh,lo
aveva rivisto dopo quella notte infernale, certo…
Una
notte, tornando all’appartamento che le era stato
offerto in sostituzione della stanza al teatro, durante i restauri, era stata
aggredita.
Una
mano era spuntata da un vicolo buio, tappandole la bocca e spingendola
nell’oscurità.
Dopo un primo momento di panico, aveva riconosciuto il tocco gelido di quelle
mani, e aveva cessato ogni resistenza.
La
mano l’aveva allora lasciata.
Nell’oscurità
avvolgente del vicolo non riusciva a vederlo in viso, ma sapeva bene chi era la
figura alta ed imponente,avvolta nel mantello scuro.
Non
poteva essere che Erik, l’uomo conosciuto per anni
come il Fantasma dell’Opera.
Madame
era spaventata da quell’apparizione,insolita
al di fuori dell’Opera Populaire, ma al tempo stesso
ogni resistenza sarebbe stata inutile.
Se
la sua morte era già stata programmata, non sarebbe
esistito modo di scamparla.
Per
quell’uomo uccidere era semplice e naturale quanto il
respirare per gli altri esseri umani.
Ma l’ombra rimaneva immobile.
Immobile
e silenziosa.
Era
stata lei a rompere quell’innaturale silenzio.
“Erik..” era stata solo in grado di
dire, portandosi unamano alla bocca, in
un gesto di sorpresa e compassione. “Ti credevo…tutti ti credono..”
“Morto?”
aveva terminato lui, la voce bassa e funerea. Lei aveva soltanto potuto
annuire.
Lui
aveva riso. Di un riso diabolico e rumoroso, che aveva
atterrito la povera Madame.
Era
la risata di un demonio… o più semplicemente di un pazzo.
“Madame…
alla vostra età ancora non sapete che i fantasmi non possono morire? Errore
grossolano da parte vostra,non vi pare?” il tono da
irridente si era ora rabbuiato.
Madame
aveva raccolto tutto il suo coraggio,per sibilare
soltanto: “Cosa vuoi ancora da me?”
Di nuovo quella sinistra risata.
“Cosa voglio? Che paghiate il vostro debito,per
esempio.”
Fulminea
una mano le si era serrata con forza intorno alla
gola.
Madame
aveva creduto che la sua ora fosse giunta, infine.
Ma lui l’aveva subito lasciata.
“Non
posso uccidervi,madame. E voi
lo sapete. Sebbene ve lo meritiate,per come vi siete
immischiata nella mia vita… per come abbiate sciupato quel poco di felicità che
ero riuscito ad ottenere. Ma ho contratto un debito,
con voi, tempo fa. E nonostante sia un fantasma,uno
spettro, un assassino, so mantenere un patto. Voi avete salvato la mia vita,ed ora io risparmio la vostra. Ma
dovrete aiutarmi.”
Madame
aveva spalancato gli occhi a quella richiesta.
Temeva
che lo sventurato potesse compiere un ultimo, disperato gesto per ritrovare
Christine Daae.
Ma si sbagliava.
“Ho
deciso di rimanere nei sotterranei dell’Opera. Non fate quella faccia sorpresa!
Pensate che là sotto esistesse un solo nascondiglio?
Ho sempre temuto che qualcuno entrasse nel mio regno, e per tempo mi ero costruito un altro rifugio. Ma specie in questi mesi in
cui l’Opera è invasa di operai ed artigiani,per me è
rischioso affacciarmi al mondo. Fantasma o diavolo, la legge ha pur sempre
messo una taglia sulla mia testa. Vi chiedo soltanto di aiutarmi come avete
sempre fatto,con qualche commissione nel mondo. Cibo,vestiti, medicinali se ne avrò bisogno. Li lascerete al
solito ingresso di RueScribe.
Non vi chiedo altro,e vi prometto che non mi vedrete
più.”
Madame
Giry,senza fiato per le
emozioni, aveva soltanto annuito.
L’ombra
era svanita nella nebbia, e non era più apparsa.
Madame
Giry,per la prima volta in
quei sei mesi, si interrogò sulla validità del proprio operato.
Aveva
aiutato il Visconte perché era assolutamente certa che fosse la cosa giusta da
fare.
Nonostante il senso di materna protezione che aveva sempre
nutrito per il povero, sfortunato Erik, non poteva
permettere che la sua insana passione rovinasse la vita di Christine.
Amava
quella ragazza quasi quantola Meg,
e non poteva volere che il meglio per lei.
Ed
il meglio non era un genio,un pazzo sfigurato nel viso
e nell’anima, un uomo ferito troppo nel profondo da una società che addita il
diverso,da esseri umani crudeli e perversi che lo avevano abituato all’odio e
alla morte.
No, il meglio per lei era l’amore
disinteressato e tenero di un uomo come il Visconte de Chagny.
Giovane,
onesto, di ottima famiglia e di buoni sentimenti.
Quei due non avrebbero
potuto essere più diversi..riflettè fra sé.
Certo
Christine si era trovata
davanti ad una decisione difficile da prendere, specialmente per lei che era
ancora soltanto una bambina… ma alla fine tutto era andato per il meglio.
Oppure no?
Quel
pomeriggio aveva visto Christine in uno stato davvero pietoso.
Era
ancora più pallida e magra del solito, e la cosa che l’aveva colpita
maggiormente era lo sguardo triste e rassegnato che la ragazza ora mostrava.
Così
diverso da quello vitale e fresco che aveva un tempo..
solo pochi mesi prima.
Quella notte ha cambiato
irrimediabilmente le vite di tutti noi. Non si può tornare indietro.
Sobbalzò
nell’udire dei secchi colpi alla porta.
“Avanti”
rispose,riprendendo il controllo di sé stessa.
La
testa di Christine fece timidamente capolino dalla
porta.
“Madame…
ho bisogno di parlarvi. Con urgenza.”
Entrò
nella stanza. Il suo viso non lasciava dubbi su quale sarebbe stato l’argomento
della conversazione.
La
donna esibì un sorriso artificioso.
“Mia
cara…anche io ho tante cose da raccontarti, ma in questo momento non mi sento
davvero molto bene…preferirei rimandare questo colloquio,se
non ti dispiace.”
Christine sospirò,evidentemente
frustrata da quella scusa.
Ma
accettò di malavoglia la sua risposta,e si voltò per
uscire. Si fermò solo un istante.
Senza più voltarsi,disse soltanto: “Madame, potete tacere
oggi o domani. Ma prima o poi dovrete raccontarmi
molte cose, e non accetterò altre scuse ridicole. Penso di non meritarle.”
Senza
attendere ulteriore risposta,richiuse la porta dietro
di sé.
Madame
Giry era sbalordita dall’audacia che Christine aveva appena dimostrato.
Un
tempo non avrebbe mai osato parlarle con tanta franchezza,né
con tanta energia.
Era
molto cambiata dalla timida ragazzina di pochi mesi prima.
Era
una donna, forse fragile e contradditoria,ma pur sempre un’adulta.
E come tale dovrò trattarla. Ha il diritto di sapere tutto.
Ritrovò
Christine a metà del corridoio,e
la prese per mano.
“Perdonami
per poco fa,bambina. Non volevo essere sgarbata…è solo
che questo argomento non lo tocco da tempo,e speravo
di poterlo seppellire con tutti gli altri brutti ricordi. Non ero preparata,tutto qui.”
Le
due donne tornarono negli appartamenti di Madame,e la
donna mise a bollire l’acqua per il tè.
Quando
la bevanda fu pronta,ne versò una tazza per sé ed una
per la ragazza.
Si
accomodarono l’una davanti all’altra, intrappolate in
un imbarazzante silenzio.
Madame
non avrebbe voluto far sapere a Christine che Erik era ancora vivo…ma a quanto
pare lei lo aveva intuito. Non sarebbe stato prudente mettersi fra loro per la
seconda volta,anche se sarebbe stata la cosa
intuitivamente migliore da fare.
Aveva
già rischiato la vita una volta,dopo tutto…
Stava
per mettersi a raccontare lo strano incontro avvenuto nel vicolo, quando Christine parlò.
E
disse qualcosa di inaspettato.
“Madame…vorrei
conoscere anch’io la storia del mio Angelo. A quanto pare Raoul conosce molto
bene i suoi trascorsi,e non può averli appresi che da
voi.”
I
suoi occhi erano lucidi di pianto e colmi di
sofferenza.
“Mi
sono chiesta spesso in questi mesi cosa può spingere un uomo a fare…ciò che lui
ha fatto. Vi prego, aiutatemi a dare un senso alla sua follia!”
Madame
si rilassò.
Non sa nulla di
lui…crede davvero sia morto! Devo fare
attenzione e non darle adito a sospetti.
“Ma
certo,ti capisco. Ho sbagliato a non raccontarti nulla
prima… ma l’ho fatto per proteggerti. Tu lo idolatravi
come un angelo,e i miei racconti te lo avrebbero reso
uomo. Non toccava a me rivelarti la sua vera natura…anche se
a posteriori devo ammettere che sarebbe stato meglio. Non importa,il passato è passato. Preparati Christine..ciò che ti racconterò ha dell’incredibile,ma ti posso
giurare su Meg, e tu sai che è ciò che ho di più caro
al mondo, che si tratta della pura verità.”
Ed iniziò il suo incredibile racconto.
Un
racconto che partiva dalla repulsione e dall’orrore con cui sua madre lo feriva
di continuo,da bambino, negandogli ogni affetto, per
arrivare ai lunghi anni di solitudine e paura di fiera in fiera, esibito come
figlio del Diavolo. Le botte,gli insulti, gli sputi
delle persone che lo consideravano come una bestia.
Il
primo omicidio,la fuga… l’efferata crudeltà richiesta
dal suo incarico al servizio dello Shah di Persia..ed infine il suo arrivo all’Opera Populaire.
Quando
Madame terminò il suo racconto,era pallida e
sconvolta.
Riportare
in vita,narrare ad un altro quegli orrori le aveva
fatto riprovare le sgradevoli sensazioni di molti anni prima, quando per la
prima volta le aveva udite raccontare dallo stesso Erik.
Christine,davanti a lei,sembrava
come morta.
Solo
le lacrime che le inondavano il viso denunciavano che in lei vivesse
ancora un’anima.
Non
un sospiro,non un movimento l’avevano tradita durante
tutto quel racconto.
La
sua mente lavorava febbrilmente, ricostruendo tutti i comportamenti folli del
suo angelo alla luce di quanto aveva appena udito. Nulla le sembrava più
incomprensibile alla luce di quanto aveva subito…tranne una sola, unica domanda
che continuava a martellare nella sua mente…
…come ha potuto,dopo tutto questo,essere ancora in grado di amare,,,,???
Si
alzò lentamente in piedi, aiutata da Madame.
“No,
davvero..sto
bene. Ora sto bene” ripetè,e
si diresse alla porta.
“Grazie
ancora, Madame Giry. Ora posso smettere di odiarlo per
i suoi crimini, ed iniziare a perdonarlo. E’il minimo che si può fare,per i nostri morti.”
Uscì
rapidamente dalla stanza, pur se barcollando.
Con nel cuore una nuova consapevolezza, scese di nuovo
in cappella.
Non avrebbe lasciato lì la maschera. Chiunque avrebbe potuto trovarla e
distruggerla.
No,
doveva conservarla. Conservarla come un tesoro…
Un
giorno ai suoi figli avrebbe raccontato la favola di quell’uomo
distrutto dal destino… avrebbe insegnato loro a non odiare il diverso,a non temerlo,a non disprezzarlo..
Ma
quando si trovò di fronte all’altare,ebbe una brutta
sorpresa.
La
maschera bianca era di già sparita. Provò un tuffo al
cuore.
Era
sparita la maschera,ed erano spariti i fragranti
fiorellini che aveva deposto accanto ad essa.
Al
loro posto, una rosa rossa.
Il
cuore di Christine perse un battito,mentre
la ragazza spalancava incredula gli occhi.
Quel
semplice fiore dai petali di acceso color cremisi le
portava alla mente ricordi dolcissimi,che credeva di avere ormai perduto.
Nei lunghi anni in cui il suo Maestro, il suo Angelo le era stato accanto,non dimenticava mai di lasciarle una rosa nel camerino,
dopo ogni loro lezione.
Era
un modo per esprimerle il suo affetto, il suo orgoglio
per i grandi inarrestabili progressi che compiva nell’arte del canto.
Era un modo per rivelarle il suo amore,ma all’epoca
lei non lo aveva compreso.
Sono stata davvero una
stupida a non interpretare correttamente quei doni floreali…. Lo aveva pensato
spesso.
Ma
non aveva mai creduto di ritrovarsi faccia a faccia
con uno di quei fiori ardenti di passione.
Raoul
non le regalava quasi mai delle rose, considerate fiori comuni e di poco
valore, e quando lo faceva prediligeva le tinte tenere e primaverili del bianco,del rosa,del giallo.
Rose dai colori infantili e dolci, adatte ad una ragazzina
come lei.
La rosa rossa invece portava con sé una passionalità,una
ricca atmosfera di mistero e seduzione che a malapena aveva saputo assaporare… quella notte….
Fra
le sue braccia, aveva compreso il valore e il significato di quelle rose.
E aveva anche compreso il significato di quel meraviglioso
nastro di seta nera con cui ornava sempre i suoi doni floreali.
Se
la rosa rossa era espressione dell’amore che aveva provato per lei, quel fiocco
nero aveva macabramente predetto la fine tempestosa di ogni
speranza per il loro amore.
Prese
in mano il fiore, e solo allora si accorse che era strettamente avvolto con un
nastro. Di seta. Nera.
Solo
lei e Madame Giry erano a conoscenza del significato
di quei fiori… e madame non le avrebbe mai giocato un
tiro simile.
Del
resto,era rimasta in sua compagnia fino a pochi
momenti prima…in nessun caso avrebbe potuto scendere in cappella, trafugare la
maschera e lasciare quella rosa.
Strinse
il fiore, non accorgendosi neppure delle spine che le ferivano le dita
delicate.
Il
sangue stillò, imporporandole il vestito candido,lacrime
di sangue sulla sua nuova consapevolezza.
L’Angelo
era ancora vivo, e non si era dimenticato di lei.
Caro
amore
i fiori dell'altr'anno
caro amore
sono sfioriti e mai più
rifioriranno
e nei giardini ad ogni inverno
ben più tristi sono le foglie.
..Ho
bisogno di stare con te
regalarti le ali di ogni mio pensiero
oltre le vie chiuse in me
voglio aprire il mio cuore
a ciò che è vero..
Carmen Consoli,Quello che sento
Le
ci vollero alcuni minuti per riprendersi.
Il
respiro era affannoso, la testa le girava e le pulsava, la nausea le stringeva
la gola.
Non
riusciva a dominare tutte quelle contrastanti emozioni che la stavano
lacerando.
Tentò
più volte di respirare normalmente, ed alla fine ci riuscì.
Risalì
le scale, e lentamente percorse i lunghi corridoi che portavano alla sua
stanza.
Una
volta lì,si sedette affranta sul divano, continuando
distrattamente a giocherellare con il fiore, mentre pensava freneticamente.
Doveva
vederlo,questo era ovvio.
Ma
non era sicura di ritrovare con certezza la strada in quel dedalo sotterraneo…
Aveva bisogno di aiuto.
Di lì ad un paio d’ore sarebbe arrivato Raoul.
Dovevano
cenare insieme,quella sera, il ragazzo glielo aveva
sollecitamente ricordato durante la visita del mattino.
Devo fare in fretta.
Devo escogitare un modo..un modo per sistemare tutto.
Senza esitazione, afferrò carta e penna dallo scrittoio e scrisse, scrisse.. un fiume di parole che le esplosero dal cuore, senza
doverci neppure pensare un secondo.
Non
ne aveva bisogno d’altronde… erano settimane che quei
pensieri prendevano forma e sostanza nella sua mente,nei suoi sogni,.. ma
mancava la scintilla vitale che li traducesse in realtà.
Le
semplici spine dolorose di una rosa rossa avevano scatenato un inestinguibile
incendio dentro di lei.
Nulla
ormai avrebbe potuto domarlo.
Circa
mezz’ora dopo, Christine scivolò furtivamente fuori dal proprio camerino, e per la seconda volta nella
giornata, bussò alla porta di Madame Giry.
La
donna aprì immediatamente.
La
confessione del pomeriggio l’aveva stranamente rinfrancata, quasi che
scaricando il peso di quei segreti, che aveva celato per anni, il suo spirito
si sentisse alleggerito.
La
guardò stupita. Christine non indossava più il
semplice vestitino bianco del mattino,ma un vestito
celeste più elegante, seppur sempre modesto nello stile.
Indossava
anche un mantello rosso, e la cosa parve strana a Madame.
Era presto, il Visconte non sarebbe arrivato prima delle
sei di sera.
“Come
mai sei già pronta Christine? Non dovresti essere alle
prove? Mi è parso di capire che il maestro Regnier..” nonpotè
finire la frase,perché Christine la interruppe con un
gesto risoluto.
“Lo
so Madame, ho fatto dire al Maestro che mi sentivo poco bene,e
che recupererò le prove domattina. Ho un’altra cosa da fare,di
molto più urgente. Dovete accompagnarmi nella casa sul lago. Nella casa di Erik.”
Madame sbiancò ed arrossì nel giro di pochi secondi. Doveva impedirglielo ad
ogni costo!
”Christine,sei forse impazzita? Là
sotto è tutto distrutto,nessuno può più metterci
piede!”
Christine la guardò ironicamente.
“Se non ci siete più scesa, come fate a sapere che è
distrutto? L’ultima volta che ci sono stata la via era perfettamente
percorribile.”
Madame
strinse i denti.
Non
era più facile come un tempo dominare lo spirito di quella ragazza.
Doveva
fare molta attenzione… non doveva tradire il segreto
che aveva giurato di mantenere. Erik sarebbe stato
capace di ucciderla davvero,questa volta.
“Oh,beh…io immagino che
sia tutto distrutto, certo sono anni ormai che non scendo oltre il terzo
livello. Onestamente Christine,non
rammento più la via. E’passato così tanto tempo.. ed
io ho fatto tutto il possibile per dimenticare. Non posso aiutarti, purtroppo.
E detto fra noi,bambina,non è saggio che tu vada
laggiù da sola. Dio solo sa quante trappole aveva disseminato
nei corridoi.. alcune potrebbero essere ancora innescate. Potresti fare una
fine terribile,e nessuno potrebbe più salvarti. Dammi
retta Christine,torna in
camera tua e cerca di riposare. Per oggi hai avuto abbastanza emozioni.”
L’occhio
di Madame cadde sulle abrasioni alle mani,che Christine tentava inutilmente di nascondere.
“Buon
Dio,cosa ti è accaduto?”
Istintivamente
Christine nascose le mani dietro la schiena.
“Non
è nulla madame Giry… mi sono ferita da vera sciocca con
delle forcine.”
Alzò
gli occhi e fissò interrogativamente Madame. Perché si opponeva con tanta foga alla sua discesa nei
sotterranei?
Non
poteva che esserci una spiegazione.
Lei
sapeva. Sapeva che lui era ancora vivo,e aveva recitato splendidamente la sua commedia. L’aveva
lasciata piangere disperata..senza dirle nulla.
E per qualche strana ragione, stava di nuovo tentando di
separarli.
Christine istintivamente sentì di dover stare in guardia.
Non
doveva assolutamente far sospettare a Madame di essere a conoscenza della
verità.
Doveva
mettere a frutto la sua arte recitativa.
Curvò
le spalle,assumendo una posizione meditabonda.
Le
lacrime le inondarono gli occhi, e guardò Madame, supplicandola.
“Vi
prego,vi prego..” belò
appena. “Da quando ho udito la storia della sua vita,di
ciò che ha dovuto passare.. mi sono ricordata che non ho neppure un suo
ricordo,fatta eccezione per la maschera. Vorrei ritornare in quella casa…e
prendere qualcosa che gli appartenesse.” Sospirò
rassegnata. Ma immagino che abbiate ragione voi, non sarebbe
saggio avventurarsi laggiù. Sono solo una sciocca bambina.” Le sorrise
debolmente, fra le lacrime. “Come farei senza i vostri preziosi consigli,
Madame…”
La
donna, finalmente rassicurata, le sorrise a sua volta,con
fare materno.
Le
porse un flacone, che aveva preso da un tavolino accanto alla porta.
“Questo
balsamo è un toccasana per le piccole ferite. Torna nella tua stanza, ungi le tue mani e bendale. Vedrai che non sentirai più alcun
dolore. Stenditi un poco sul letto, e vedrai che fra un paio d’ore tutto andrà
meglio.” Le accarezzò una guancia bagnata. “E’morto Christine..non ha più senso che tu
ti strugga per un passato che non potrà mai più rivivere. Hai un futuro felice
davanti a te… goditelo.”
Christine annuì compunta a quelle parole,come se le condividesse appieno.
In
realtà,sentiva per la prima volta in vita sua il
sangue ribollirle nelle vene.
Una
furia cieca che quasi le annebbiava la vista, già offuscata da quelle lacrime..lacrime sincere,le sue.
Di
frustrazione. Non capiva l’atteggiamento d madame Giry,
ma aveva tutta l’intenzione di agire di testa propria.
“Va bene Madame… vado a distendermi un po’. Mi farà bene.”
Le
volse le spalle e si incamminò lentamente verso i suoi
appartamenti.
Madame
chiuse la porta,e si appoggiò contro lo spesso legno.
Sospirò pesantemente.
Per
poco… per davvero poco, tutto sarebbe andato a monte.
Meno male che le cose si erano aggiustate così
facilmente…madame sorrise fra sé.
In
quel genere di imbrogli, lei era un’assoluta autorità.
Gli errori
fatali della vita non sono dovuti all'irragionevolezza di un uomo: un momento
irragionevole può essere il migliore. Sono dovuti alla parte razionale di un
uomo.
Oscar
Wilde
Pochi
minuti dopo, Meg stava andando verso la camera di sua madre.
Quel
giorno le prove si erano prolungate oltre ogni dire.
Prima
c’erano state le bizze incontenibili della Carlotta, insoddisfatta del suo
ruolo,del suo costume,del suo partner sulla scena..insomma,di tutto,come al
solito.
Le
erano quasi mancati i sonori ed indignati strilli della Diva… forse perché
erano mesi che non li sentiva.
Poi
ci si era messa d’impegno Lucine, l’ultimo acquisto del corpo di ballo,che
innervosita dalla nuova situazione aveva sbagliato un passo dopo
l’altro,sconvolgendo l’equilibrio delle altre ballerine e l’armonia
dell’esibizione.
Era
stata aspramente rimproverata dalla sostituta della madre…ma se ci fosse stata
Madame Giry ad assistere ad un’esibizione tanto penosa,la povera Lucine sarebbe
stata rimandata al collegio senza neppure il tempo di disfare le proprie
valigie!
Meg si sentiva davvero stanca… non era più abituata a quel ritmo serrato.
Aveva
soltanto una gran voglia di fare un bagno, mangiare qualcosa e poi infilarsi a
letto.
Quella
sera non avrebbe potuto contare neppure sulla compagnia di Christine, impegnata
a cena con il suo bel fidanzato..,.,
Non
aveva nulla contro Raoul,sia chiaro.
Era
un bravo e onesto giovane, di bell’aspetto,per di più ricco.
E
soprattutto adorava Christine oltre ogni dire. Però era stato anche la causa di
tanti problemi… dell’allontanamento di Christine dall’Opera e da lei…aveva
perduto la sua migliore amica per mesi.
E
quando Christine fosse stata sposata,l’avrebbe persa del tutto.
Posto
che l’amica continuasse a cantare, i suoi mille altri impegni di Viscontessa
l’avrebbero strappata a tutti i vecchi affetti,lei compresa…
Ma
Meg era una ragazza estremamente positiva.
Si
rifiutava di pensarea quel lontano
futuro, e cercava di godere di quelle settimane in cui lei e Christine
avrebbero potuto,ancora per un po’,godere della reciproca compagnia.
Svoltando
nel corridoio che conduceva alle stanze di Madame Giry, si trovò l’amica
davanti.
Era pallida, vestita come se dovesse uscire da un momento all’altro,e aveva
un’aria sofferente che non le piacque per nulla.
Sorridendole
gaia, iniziò a scherzare come suo solito.
“Oh
Christine! Dove ti era cacciata! E’successa una cosa buffissima alle prove!
Carlotta..” tacque stupita, mentre l’amica le indicava perentoriamente di fare
silenzio.
Christine
l’afferrò per una mano e la trascinò fino alla stanza costumi.
La
porta era chiusa, ma Christine come cantante aveva una copia della chiave.
Spinse
dentro l’esterrefatta Meg,e chiuse a chiave la porte dietro di loro.
“Insomma
Christine! Cosa diamine sta succedendo!!”
Era
la prima volta che le capitava di perdere la pazienza con l’amica, ma
quell’aria di mistero e di congiura le stava dando decisamente sui nervi.
Christine
non sembrava avere alcuna voglia di scherzare.
“Meg…ho
bisogno di un favore da te,un grosso favore. E devi anche promettermi di
mantenere assoluto silenzio su quanto sto per dirti. Non le tue solite
promesse…” le sorrise “ come quelle che fai a tua madre. Questa volta devi
impegnarti a non fare parola con anima viva…e specialmente non con tua madre.”
Meg
sgranò i suoi occhini blu. Cosa le stava chiedendo di fare?
Le
era capitato di dire a sua madre di quando in quando piccole innocenti
bugie,per scusare un ritardo alle prove o la sparizione di un paio di guanti…
ma Christine le stava chiedendo di mantenere un vero segreto!
Ne
sarebbe stata in grado?
“Christine,vorrei
aiutarti…ma lo sai,sono una chiacchierona.. e poi maman mi legge le cose in
fronte…non riuscirei mai ad ingannarla…” la curiosità però l’attanagliava,la
punzecchiava come un’ape dispettosa.
“Ma..di
cosa si tratta? Di Raoul…del Visconte,cioè?”
Christine
scosse il capo.
“No,è
qualcosa di più serio. E so che non parlerai con nessuno,perché mi vuoi
bene,non è vero Meg?”
Era
un ricatto morale in piena regola.
E
Meg lo accettò,conscia dei problemi che presto o tardi ne sarebbero derivati.
Di questo ne era certa.
“Il
Fantasma dell’Opera è ancora vivo.”
Meg
scoppiò a ridere,divertita.
Dunque
erano arrivate anche all’orecchio di Christine le sciocche farneticazioni del
vecchio Lumeaux, uno degli operai addetti ai trabocchetti del palco, il quale
giurava di aver intravisto un’ombra,in quegli ultimi giorni, dalle parti della
vecchia cappella?
“Christine
non ascoltare quel vecchio idiota! E’ubriaco dalla mattina alla sera.. non sa
quello che dice! E poi…Lumeaux vicino alla cappella? Ma per favore…quell’uomo
si avvicina solo agli spogliatoi delle ballerine, al massimo, o ai tavoli di
un’osteria!”
Christine era impallidita ulteriormente.
Non
sapeva nulla di quello strano “avvistamento”,ma tutto collimava con quanto
aveva immaginato.
Non
erano solo più vane fantasie…ora ne era assolutamente certa.
Tremando,
raccontò frettolosamente a Meg la storia della rosa.
Si
accorse,alla fine del racconto, di aver pianto.
Meg
era sconvolta.
Dunque
il vecchio aveva ragione..e loro lo avevano deriso per tutto il pomeriggio!
E
quel che era peggio…immaginava perfettamente ciò che voleva da lei l’amica.
“No
Christine! Non ti permetterò di scendere laggiù! Non chiedermelo neppure!”
Christine
non pianse,non supplicò,non gridò. Sapeva che non ne avrebbe avuto bisogno.
Mise
semplicemente una mano sulla spalla dell’amica, fissandola con occhi tristi e
rassegnati.
Meg
non potè sostenere a lungo quello sguardo colmo di rimpianto ed afflizione.
Sbuffò,alzando
le braccia al cielo.
“Oh,Dio,va
bene,va bene!Lo sai che non riesco a rimanere arrabbiata con te per più di
cinque minuti.. ma non vedo comunque perché non dovremmo dirlo alla mamma!
Insomma,lei sa benissimo come scendere là sotto, anche meglio di me,e…”
“Tua
madre non vuole aiutarmi, Meg.” Le rispose semplicemente Christine.
“Non
mi chiedere perché,ma non vuole farlo. Sono certa che lei sapesse che Erik era
vivo…e se non mi ha detto nulla è perché vuole tenerci separati.”
Meg
deglutì nervosamente. Quella situazione le piaceva sempre di meno.
“Erik?
E’questo il suo nome?”
Christine
annuì soltanto,pensosa.
Senza
rendersene conto,per la prima volta aveva pronunciato il suo nome ad alta
voce..le faceva uno strano effetto. Uno strano,meraviglioso effetto.
Meg
sospirò di nuovo. Le pesava fare quello che le aveva chiesto l’amica.
Mentire
a sua madre… più che altro si chiedeva se ne sarebbe stata in grado.
La
donna era sempre stata estremamente scaltra in passato,e lei invece era così
scioccherella in fondo… ma per Christine,avrebbe almeno tentato.
Anche
se l’idea di riportarla da quel mostro non le piaceva affatto…ma tentare di
dissuaderla sarebbe stato completamente inutile.
“D’accordo
Christine,andiamo. Lasciami il tempo di mettere un paio di scarpe chiuse…” le
sorrise.
“Le
punte non sono adatte per attraversare quel pantano!”
…Anything but
lonely
Anything but empty rooms
There's so much in life to share
What's the sense when no one else is there?
Anything but lonely
Anything but only me
Quiet is in too much space
That's the thing that's hard to face…
Andrew Lloyd Webber,Anything but lonely
Il
famigerato Fantasma dell’Opera rigirava nervosamente fra le mani la
maschera bianca che credeva perduta da tempo.Non era ovviamente l’unica in suo
possesso,ma era quella che preferiva. Ciononostante…Non riusciva a
credere di aver fatto una simile stupidaggine!
Non
avrebbe dovuto avventurarsi di nuovo ai piani superiori. Lo aveva giurato a
sé stesso, mesi addietro.
E
infatti per tutta la durata dei lavori di restauro nel teatro, rinchiuso nel
sicuro nascondiglio che la banda di persecutori non era stata in grado di
scovare, aveva mantenuto fede a quel giuramento.
Del resto, che attrattive poteva ancora avere per lui il mondo?
Da
quando Christine Daae era uscita dalla sua vita, tutto ciò che accadeva
sul pianeta per lui aveva perso interamente di significato.
Aveva
scacciato il ricordo di lei con tutta la forza di cui era stato capace.
Non
voleva essere debole, struggersi ancora,e per sempre, al ricordo di un amore
che era stata solo pura illusione,presto frantumata.
Eppure..
Scegli
me fra i tuoi re
un vortice ci avvolgera'
ti prendero', se mi vuoi
danzammo in due, lei se ne ando' ed io ora
ho i ricordi chiusi in te
la tristezza dentro me
tra due mani, le mie
di lacrime, poi si bagno'
il regno che ho chiesto a te, ed ora
ho i ricordi chiusi in te
la tristezza dentro me
tra due mani, le mie
sono i cieli neri che, io so
non si scioglieranno piu'
Bluvertigo,Cieli neri.
Eppure…pochi giorni addietro, aveva udito una voce femminile durante le
prove del nuovo spettacolo.
Non
era la voce gracchiante e stridula di quella Carlotta, né una voce
sconosciuta e nuova.
No,era
una voce familiare,perfetta, calda come il sole dell’estate e cristallina
come i raggi della luna nuova…
Una
voce che poteva appartenere solo alla sua Christine.
…che
ora non era più tale.
La
sua Christine… ora era la fidanzata di quel ragazzo,la sua promessa
sposa.
Non
sarebbe mai più stata la sua dolce ed ubbidiente allieva, e certo non
sarebbe mai stata la sua compagna.
Nel
momento stesso in cui lei aveva deciso di immolarsi, vittima sacrificale della
sua immensa follia, per salvare la vita di quello stupido idiota, qualcosa era
scattato dentro di lui.
Nell’istante
in cui erano stati uniti in quel bacio, era accaduto l’impensabile.
Per
la prima volta nella sua vita, sentendosi amato,aveva agito per amore, e non
per rabbia, gelosia, possesso.
L’aveva
lasciata andare,affidandola alle cure di quel ragazzo, e permettendole di
continuare a godere della luce del sole,dell’aria fresca, della compagnia
degli altri esseri umani.
Quella
vita di oscurità, di infelicità e solitudine, lui l’aveva
scelta coscientemente, dopo aver sperimentato per anni sulla propria pelle
quanto la razza umana è capace di ferire ed odiare il diverso.
Ma
una tale vita di dolore non poteva essere imposta contro la propria
volontà, non ad una ragazzina dotata di straordinaria bellezza, di
grande talento.. e di cuore ancora più grande.
Chi
avrebbe potuto provare affetto e compassione per un mostro, se non una persona
di sentimenti nobili e puri? Era terrorizzata da lui, dalla sua ferocia
assassina eppure avrebbe accondisceso a rimanere con lui..no, questo era
troppo!
Non
poteva farlo! Non poteva intrappolarla in quel buio infinito!
E
ora ne pagava le conseguenze.
Ogni
giorno, quando apriva gli occhi, malediceva il destino che lo aveva sfigurato.
E
lo benediceva per avergli fatto conoscere,anche se per brevissimo tempo, il
calore dell’affetto di un altro essere umano, un calore che perfino la
sua stessa madre, inorridita, gli aveva sempre negato.
Era
stato facile arrendersi all’idea di non rivederla mai più,dopo
tutto.
Ma
ora la ragazza era tornata all’Opera Populaire, e da alcuni stralci di
conversazione fra gli impresari, che aveva appositamente spiato, aveva appreso
con sgomento che aveva intenzione di tornare a calcare le assi del
palcoscenico. Questa decisione lo riempiva di stupore e di paura.
Stupore,
perché non immaginava che il Visconte fosse di idee tanto aperte da
concedere alla sua futura moglie di gestire come meglio credeva la propria vita
ed il proprio talento.
Paura,
perché temeva di non riuscire a controllare il dirompente amore che
provava per lei.
E
così era accaduto.
L’aveva
vista in cappella,commuoversi al ricordo del suo Angelo maestro…
l’aveva vista tornare con la sua maschera,e deporla accanto al ritratto
del padre venerato,come se il suo affetto per entrambi fosse il medesimo, come
se la perdita di entrambi avesse avuto per lei lo stesso doloroso significato.
Quella
maschera…era la maschera che aveva indossato nell’ultimo periodo
trascorso insieme a lei, la maschera che lei gli aveva strappato, per
curiosità, e aveva potuto vedere la deformità aberrante del suo
viso…senza morirne!
Credeva
che sarebbe morta di paura, quel giorno… e invece era tornata.
Aveva
trovato dentro di sé perfino il coraggio di baciarlo…
Commosso
inspiegabilmente da quei ricordi, aveva fatto qualcosa di davvero stupido.
Aveva
ripreso la vecchia maschera, e dopo aver furtivamente visitato il piccolo
giardino interno del teatro, al suo posto aveva lasciato una rosa
rossa…proprio come un tempo.
Lì
per lì non aveva calcolato le implicazioni di quel gesto.
Ma
ora era davvero confuso,e quasi atterrito. Cos’avrebbe fatto se lei fosse
scesa a cercarlo?
Era
escluso che la ragazza non collegasse il fiore a lui… Dio,cos’aveva
fatto?
Per
fortuna riteneva di essere stato sufficientemente persuasivo con Madame Giry.
Senza
dubbio, se conosceva Christine, la giovane era andata dalla madre adottiva per
chiedere consiglio.. e madame in qualche modo avrebbe saputo dissuaderla da
quella folle idea.
Le
avrebbe spiegato che si trattava di una coincidenza… forse si sarebbe
perfino attribuita la responsabilità di quel gesto. L’aveva
terrorizzata a morte nel loro ultimo contatto diretto…era più che
sicuro che non avrebbe disobbedito al suo ordine.
Per
il mondo, il Fantasma doveva essere morto.
Fu
in quel momento che degli strani rumori attrassero la sua attenzione.
C’era
qualcuno nel tunnel che portava alla casa… sembrava più di una
persona.
Rabbia
e paura riempirono in egual misura le sue vene. Qualcuno in cerca di guai,
evidentemente.
Imprecando,Erik
si alzò e afferrò il mantello da una sedia.
Quale occasione migliore per sfogare la sua rabbia…
“Christine!
Fai attenzione!”
Le
due ragazze procedevano a fatica lungo il corridoio scarsamente illuminato.
Christine
dovette ammettere con sé stessa che non sarebbe mai stata in grado di
trovare da sola la strada per la casa sul lago. Aveva fatto bene a fidarsi di
Meg…l’eccellente memoria dell’amica non aveva fallito.
L’unico
problema era riuscire a penetrare faticosamente nei corridoi parzialmente
inondati dall’acqua e infestati da roditori famelici. I loro vestiti si erano infradiciati fino
al ginocchio,e più di una volta avevano inavvertitamente calpestato la
coda a qualche animaletto,scatenando la sua furibonda reazione.
Il
candelabro che avevano portato laggiù illuminava troppo scarsamente la
via per mettere in fuga i topi, che sembravano determinati a ostacolare il
più possibile la loro spedizione.
Christine
ad ogni passo sentiva la paura crescere.
E
se si fosse sbagliata? Se si fosse trattato solo di una eccezionale
coincidenza,o del bieco tiro di qualcuno che era a conoscenza di quel loro
piccolo segreto…
No,si
rifiutava di credere a quella eventualità…
Eppure,proprio
perché ormai era sicura che lui fosse ancora vivo, che solo pochi passi
ormai li separassero…questa idea la riempiva di terrore.
Non
terrore di lui,ma della reazione che avrebbe potuto avere.
Conosceva
bene le intemperanze del suo Angelo, e la sua rabbia incontrollabile quando non
si sentiva padrone assoluto della situazione. Sebbene adesso riuscisse ad
interpretare diversamente questa sua sete assoluta di dominio, non poteva
comunque pensare di rimanere impassibile alla sua violenta reazione.
Cosa
avrebbe potuto dirgli,come..e poi,lui l’avrebbe voluta ascoltare?
Dopo
tutto il suo tradimento doveva essere stato per lui l’ennesimo duro colpo
che la vita gli aveva riservato…forse era furibondo con lei…
…no,questo mai!
Non mi avrebbe lasciato quella rosa se fosse ancora arrabbiato con me!!
Nonostante
quel pensiero,continuava a non sentirsi tranquilla.
Erik
attendeva dietro una colonna l’arrivo degli intrusi.
In
mano stringeva saldamente un cappio.
Era
maestro in quella macabra arte che era l’assassinio…arte che un tempo lo aveva
colmato di piacere, di quella sensazione di assoluta onnipotenza sugli altri
esseri viventi.
Era
stato temuto, riverito…
Ma
questo era prima. Prima di aver conosciuto i veri sentimenti umani.
Prima
di Christine.
E’ dentro
te…quella tua deformità…
Il volto
tuo…non mi turba più ormai…
Quella
notte, per la prima volta si era reso conto che la sua personalità,il suo
carattere, potevano atterrire anche più della sua orribile deformazione.
Aveva
provato non più compassione per sé stesso,ma orrore.
Era
durato poco,ovviamente.
Il
ritorno ad una vita di completa solitudine ed oscurità aveva riaperto le sue
vecchie ferite con il mondo , aveva nuovamente inasprito il suo carattere.
Certo,non
aveva più ucciso o terrorizzato nessuno.
Ma
solo perché non aveva avuto più contatti con il mondo dei piani
superiori,perché più nessuno era sceso a disturbarlo nel suo vasto dominio.
Qualora
fosse accaduto, non avrebbe avuto alcuna remora nello spezzare una vita in più.
E
così ora attendeva la sua vittima ignara, con uno strano senso di vuoto nel petto.
Ha davvero senso che io continui a
proteggermi in questo modo? La vita del mondo intero,la mia stessa vita non
sarebbero migliori se mi consegnassi alla giustizia e mi lasciassi giustiziare?
Niente più dolore,niente più solitudine…
Eppure
l’istinto di sopravvivenza era più forte di qualunque cosa.
Ecco,
il momento era giunto.
I
passi erano dietro l’angolo del corridoio…due persone,non una.
Contorse
la bocca in una smorfia malefica. Avrebbe avuto doppio divertimento.
Balzò loro di fronte con uno scatto felino, ma per fortuna riconobbe le sue
vittime prima che fosse troppo tardi. Spalancò gli occhi e rimase immobile,
stringendo convulsamente la sua arma fra le dita.
Decisamente
non se lo aspettava..
…Non
fu facile volersi bene, restare assieme
o pensare d'avere un domani e stare lontani;
tutti e due a immaginarsi: "Con chi sarà?" In ogni cosa un pensiero
costante,
un ricordo lucente e durissimo come il diamante
e a ogni passo lasciare portarci via da un' emozione non piena, non colta:
rivedersi era come rinascere ancora una volta…
Francesco Guccini, Farewell
Christine
sentiva il cuore esploderle nel petto.
Meg
continuava a stringerle forte il polso,completamente terrorizzata dalla
situazione.
Non
si era mai trovata così vicina al temibile Fantasma… perlomeno coscientemente.
Quella stretta infantile era l’unico contatto di Christine con la realtà.
Non
riusciva né a muoversi né a parlare.
Del
resto,non ne aveva bisogno, perché i suoi occhi brillavano di una luce
inequivocabile.
Le
era mancato così tanto…il suo Angelo, Erik..
Bruscamente,il
Fantasma si voltò,dando loro le spalle, e se ne andò a grandi passi.
L’incantesimo
che bloccava Christine si spezzò,e la ragazza turbata si liberò dell’amica e
gli corse dietro.
“Aspettami!
Aspetta… Erik! Aspetta!”
Nella
foga di raggiungerlo, inciampò e cadde nell’acqua putrida che infradiciava il
pavimento.
Gemette
di esasperazione a contatto con quel liquido immondo e gelido.
Erik
sussultò,mentre si allontanava.
Era
la prima volta che lei lo chiamava con il suo vero nome… non glielo aveva mai
neppure rivelato.
Quell’impicciona della
Giry,
concluse rabbiosamente.
Solo
lei sapeva tutta la sua storia.. eppure,non l’aveva chiaramente aiutata a
scendere là sotto.
Non
avrebbe mai permesso alla sua preziosa figliola di scendere in sua vece,ne era
certo.
Perlomeno,non
lo aveva tradito.
Cercava
di concentrarsi sugli aspetti logici della situazione per non dover fare i
conti con quel sordo pulsare nel petto che gli rammentava quanto ancora
l’amasse,del tutto disperatamente.
Aveva sfidato anche il buio,le trappole,i topi per vederlo.
Perché
allora lui stava scappando?
Non
poteva parlarle.
Non
poteva guardarla ancora un solo secondo negli occhi e trattenersi
dall’abbracciarla, dal baciarla, dall’inalare quel profumo dolcissimo ed unico
che apparteneva solo a lei,alla sua pelle vellutata e candida,ai suoi capelli
morbidi e setosi, alle sua labbra rosee ed imbronciate come quelle di una
bambina…
Strinse
forte i pugni per resistere a quell’improvvisa ondata di desiderio che lo stava
sopraffacendo.
Si
infilò in un passaggio che si apriva nascosto in una parete.
Lì
non lo avrebbero trovato.
Qualche passo indietro,Meg aiutava faticosamente Christine a rimettersi in
piedi.
Il
vestito azzurro si era completamente inzuppato,e nella caduta la sua
acconciatura si era rovinata.
Le
lacrime le rigavano il viso,e nell’insieme aveva un aspetto davvero pietoso.
“Christine,dobbiamo
tornare… è tardissimo, e sicuramente maman o il Visconte ci staranno cercando!
Ti prego, rinuncia a questa idea folle…lo hai visto,era pronto a ucciderci!”
Meg era estremamente turbata. Fino all’ultimo
minuto,si era aggrappata alla speranza che tutto quello fosse solo un incubo,e
che il fantasma fosse morto da mesi.
Meglio
dover consolare un’amica dal cuore straziato che affrontare uno spietato
assassino, ecco ciò che aveva pensato. Aveva acconsentito a malincuore a quella
sortita,e solo dietro le suppliche silenziose dell’amica.
Ma
mai avrebbe immaginato…
“Meg?
Tu devi tornare.”
La
voce di Christine era stranamente calma mentre le impartiva quell’ordine.
La
fissò agghiacciata. Era forse impazzita?
“Non
ti lascio qui da sola! Non chiedermi anche questo adesso! Se dovesse tornare
indietro? Aveva quel micidiale laccio in mano, potrebbe farti del male! No tu
adesso mi segui e torniamo di sopra,di corsa!!”
Cercò
di trascinarla con tutte le sue forze,ma non la smosse di un centimetro.
Sembrava
essere diventata di pietra.
“Meg,non
ho intenzione di discutere. Tu adesso tornerai su,e se tua madre mi
cerca,saprai inventarti una scusa convincente. Ma ho bisogno di parlargli da
sola,senza di te. E non mi farà alcun male.”
Sorrise
tristemente.
“Non
me ne ha mai fatto…sono io ad essere stata ingiusta con lui.”
Voltò
le spalle a Meg ed imboccò uno dei corridoi, dopo aver sfilato una candela al
candelabro che l’amica reggeva fra le mani tremanti.
La
debole fiammella illuminava sinistramente il suo viso triste e provato.
“Christine!
Ti perderai! Dammi retta, torniamo a casa!”
Meg
era passata alle suppliche ora,ma sapeva bene che erano inutili.
La
luce determinata negli occhi di Christine indicava che non si sarebbe arresa
tanto facilmente.
“oh
no Meg… da qui ricordo perfettamente la strada. Per il ritorno,..sono certa che
sarò scortata. Non preoccuparti per me.”
Sembrava
tranquilla e fiduciosa ora.
Meg
si fece rapidamente il segno della croce.
Seguì
con sguardo ansioso il riverbero luminoso della candela che si allontanava,inghiottito
dall’opprimente buio del tunnel,fino a che non fu completamente sparito.
Solo
allora con riluttanza si avviò verso i piani superiori… continuando a masticare
fra sé e sé silenziose ed accorate preghiere.
Il
destino di Christine era nelle mani di un pazzo.
Capitolo 14 *** Folle scorre velenosa ebbrezza ***
CAPITOLO 14: folle scorre velenosa ebbrezza…
CAPITOLO
14: folle scorre velenosa ebbrezza…
I will remember you
Will you remember me?
Don't let your life pass you by
Weep not for the memories
Remember the good times that we had?
I let them slip away from us when things got bad
How clearly I first saw you smilin' in the sun
Wanna feel your warmth upon me, I wanna be the one
Sarah McLachlan
Rammentava
bene il percorso tortuoso che conduceva alla casa sul lago,dal corridoio in cui
si trovava.
Non
c’era traccia di Erik da nessuna parte,e questo le permise di calmarsi e di
riflettere,mentre camminava.
Non
c’era modo di prevedere le sue mosse,le sue parole… doveva prepararsi ad ogni
eventualità.
Sapeva
ciò che doveva dirgli,e lo avrebbe fatto…comunque andassero le cose.
Arrivo
fin troppo in fretta alla dimora sotterranea.
Era esattamente come l’aveva lasciata mesi prima,salvo che per un particolare.
La
casa allora era popolata di schizzi, spartiti, reperti di scenografie… pur
nella sua apparenza macabra e stravagante,sembrava una casa viva,pulsante,se
non gioiosa perlomeno vitale.
Ora
invece tutta quella febbrile attività aveva lasciato posto al vuoto assoluto.
Erano
spariti tutti gli oggetti che in qualche modo gli potessero ricordare il
passato ed il suo infelice amore per lei. Il manichino che aveva indossato il
suo vestito da sposa giaceva rotto in un angolo, dimenticato.
Sull’organo
a canne una polvere spessa testimoniava che lo strumento non era più stato toccato
da tempo,e frammenti di specchi giacevano scomposti sul pavimento,testimoni
della furia che lo aveva travolto dopo il suo abbandono.
Christine
si sentì improvvisamente a disagio,e si chiese di nuovo se avesse fatto bene a
discendere fino là.
Si
sentiva come se ogni oggetto,ogni statua, ogni cosa in quella casa la
indicasse, la incolpasse di essere stata la causa di tanto dolore,di tanta
smisurata pazzia.
Si
sedette all’organo, e soffiò via la polvere dalla tastiera.
Tossì
per la nuvola che l’avvolse, e si guardò intorno.
Del
suo angelo nessuna traccia.Ma prima o
poi avrebbe dovuto tornare.
Suonò
incerta qualche nota.
Sapeva
suonare quello strumento,ma in maniera basilare.. non ne era virtuosa.
Man
mano che riprendeva confidenza con la tastiera la sua esibizione migliorò,ed
iniziò a cantare all’unisono con la musica, dimentica del luogo dove si
trovava, del confronto che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco…
Esisteva
solo la musica che il suo Angelo le aveva insegnato..
O
silenzio,o gioia,o ineffabile mistero!
Snervante
languore!
Ascolto! E
comprendo questa voce solitaria che canta nel mio cuore!
Era
un’aria della Margherita faustiana…e Christine la cantò con tutta l’anima e la
passione che aveva in corpo,vibrando a quelle note e a quelle parole
struggenti.
Fu
interrotta da un secco applauso.
Si
voltò,e vide Erik a pochi passi di distanza. Non lo aveva sentito arrivare.
La
stava contemplando con uno sguardo indecifrabile.
Erik
non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Seduta
allo strumento che lui non aveva più avuto il coraggio di suonare,sedeva
Christine.
La
sua veste celeste aveva l’orlo strappato e zuppo d’acqua, i capelli ricadevano
arruffati e disordinati fuori dall’acconciatura, aveva le guance rosse ed il
respiro difficoltoso per la recente esibizione, negli occhi una luce di
apprensione a lui tristemente nota…eppure riflettendo doveva ammettere che non
l’aveva mai vista così bella.
O forse
sono gli occhi del rimpianto che me la fanno vedere così…
Si
schiarì la voce prima di parlare.
“Davvero
brava,Christine. Sei migliorata moltissimo in questi mesi. Davvero eccellente.”
Cercava
di mascherare ogni emozione nella sua voce, ma non ci riuscì.
Troppo
a lungo l’aveva sognata, immaginata di nuovo davanti a sé.. ora che era lì,
accanto a lui,non sapeva più come comportarsi.
Rancore,vendetta, rimorso, amore si mescolavano nelle sue vene paralizzando
ogni logico ragionamento.
Esisteva
lei,e lei soltanto… e questo lo faceva impazzire.
Era
di nuovo vittima del suo stesso incantesimo, e non riusciva a sopportare oltre
quella pressante debolezza.
Christine
si morse le labbra prima di parlare.
Non
riusciva a capire il perché di tanta indifferenza.
Si
era aspettata rabbia e livore…aveva sperato invece in un abbraccio e nel
perdono…ma non aveva valutato l’ipotesi di quella assoluta e ostentata
sicumera.
“Maestro…sono
tornata qui all’Opera da pochi giorni…e desideravo salutarvi.”
Non
sapeva neppure lei perché avesse usato quel tono formale.
Forse
per punirlo del suo atteggiamento freddo, forse solo perché si sentiva come una
bambina timida di fronte al suo tutore.
Le
labbra dell’Angelo si stirarono in una pallida imitazione di un sorriso.
“Era
molto tempo che non mi chiamavi così Christine…ma immagino che sia il modo più
giusto di chiamarmi. Per te non sono mai stato altro che un maestro. Almeno in
questo non ho fallito,la tua voce oggi è fra le più perfette che si siano mai
esibite.”
Pronunciò
lentamente queste parole, con tutto il rammarico di cui fu capace.
“Pensavo
che non avresti gradito se ti avessi chiamato con il tuo vero nome. Erik. In
tanti anni non me lo hai mai rivelato,ho dovuto saperlo costringendo Madame
Giry a parlare.”
Erik a quell’accusa ringhiò,terrorizzandola.
“In
tanti anni non te l’ho mai rivelato,è vero… e se tu non me lo hai mai
domandato,è perché te ne importava assai poco! In ogni caso non mi interessa
cosa ti ha raccontato quella vecchia stupida… non voglio nemmeno pensare che tu
sia scesa qui solo mossa dalla compassione! Io detesto la tua compassione,mi
hai capito!”
Non
l’aveva neppure sfiorata,ma la ragazza tremava come una foglia.
Pure,non
si era mossa, e continuava a guardarlo,quasi con sfida.
“Hai
ragione”replicò placidamente.
“Non
mi interessava,forse. Ma mi interessa ora. Sono tornata,ed intendo restare. Non
c’è nulla che tu possa dire o fare che possa farmi cambiare idea. A parte
uccidermi, ovviamente.Non mi avresti lasciato quella rosa,se non avessi voluto
rivedermi.”
Lo
sfidò con il sorriso sulle labbra, atteggiamento che contrastava apertamente
con lo sguardo impaurito che gli rivolgeva.
Erik
strinse i pugni per non esplodere.
La
storia della rosa purtroppo era vera,una parte inconscia di sé lo aveva
sperato,aveva sognato di vederla tornare…
Perché
continuava a tormentarlo?
Era
davvero una sciocca bambina viziata e nient’altro!
“Non
credo che il tuo fidanzato sarebbe entusiasta nel sentirti dire queste cose.
Certo come Viscontessa dovrai frequentare un altro tipo di persone… i poveri
mostri,i fenomeni da baraccone immagino non vi saranno inclusi.”la beffò. “E
neppure gli squallidi assassini…perché io non sono altro che questo,no?”
ringhiò nuovamente.
..perche’
perche’
vuoi rovinare tutto cosi’
con te
solo con te
respiro fino in fondo
amore non mi arrendo
anche se non mi vuoi
tu non mi perderai…
Laura Pausini,Anche se non mi vuoi
Christine
a quel punto fece qualcosa di inaspettato.
Scattò
in avanti,ed afferrò il suo braccio, obbligandolo a guardarla negli occhi.
Occhi
non più impauriti ora,ma sinceri.
“Erik,non
capisci? Io non sapevo nulla del tuo passato…come avrei potuto immaginare? Le
cose orribili che ti sono accadute non avrebbero potuto non modificare,non
esasperare il tuo carattere. In circostanze diverse tu non saresti diventato un
assassino…in circostanze diverse-“
“E’inutile
parlare di circostanze diverse! Io sono quello che sono,un assassino,e lo sarò
sempre! Non posso più cambiare!”reagì lui,strappandosi alla stretta della
ragazza. Ma il contatto con le sue mani gli aveva dato i brividi.
“E
invece sì. Io posso farti cambiare. Erik,permettimi di aiutarti. Se tu..” si
interruppe imbarazzata “se tu non mi vuoi più con te,non ha importanza.
Permettimi soltanto di pagare il mo debito,di aiutarti ad uccidere il tuo
passato e a far risorgere quell’Angelo buono e gentile che dorme in te…
quell’Angelo che ho amato con tutta me stessa.” I suoi occhi si erano
improvvisamente riempiti di lacrime brucianti. Erik non riusciva a tollerare
quella vista.
Chinò
il capo,rassegnato.
“Va
bene Christine…se pensi di poterci riuscire…”le voltò le spalle,e si diresse ad
una piccola credenza.
Estrasse
un paio di bicchieri e una piccola bottiglia colma di un liquido rosato.
Versò
il liquore nei bicchieri e tornò verso Christine, porgendogliene uno.
“E’un
liquore che ho imparato a conoscere ed amare in Persia. Credo che in questo
momento siamo entrambi sconvolti,bere un sorso ci farà bene.”
Christine
afferrò il bicchiere esitante.
In
vita sua non aveva mai bevuto del liquore,solo qualche raro sorso di vino o
champagne.
Ma
era incuriosita dal profumo squisito che emanava quel liquido rosato, e i suoi
nervi erano davvero scossi. Entrambi portarono il bicchiere alla bocca,ma Erik
finse soltanto di bere.
In
pochi secondi, Christine si accasciò sul pavimento.
Avrebbe
dormito profondamente per almeno un paio d’ore, se non di più.
Quel
liquore drogato era l’unica via di salvezza da quella tremenda situazione, ed
Erik lo aveva compreso.
Christine
sembrava determinata a rimanere con lui, e se da una parte questo lo colmava di
una gioia senza pari, temeva con tutto sé stesso che quella decisione fosse
stata presa d’impulso dopo il racconto dei suoi terribili e pietosi
trascorsi.
Non
aveva mai desiderato compassione,solo amore.
E
non avrebbe accettato quel sacrificio inutile.
Prese in braccio la ragazza,e lentamente risalì verso i piani superiori.
Con un po’ di fortuna,nessuno lo avrebbe notato.
Ed ora ho bisogno
Di ridere tanto
Di nascondermi
E non cercarti
Conoscere tutto di te
A cosa serve
A cosa serve…
Ed ora più che mai vorrei
Sentire il calore delle tue mani
Trovare il coraggio
Di fidarmi delle tue carezze
…fidarmi delle tue carezze
Carmen Consoli,Fidarmi delle tue carezze
Mentre
camminava, continuava a fissare il volto della ragazza fra le sue braccia,reso
inespressivo e al contempo malinconico da quel sonno artificiale.
Non
potè trattenersi dallo sfiorare delicatamente quelle labbra perfette con le
sue.
Non
fu un bacio, piuttosto un soffio leggero, un anelito disperato per ritrovare
una felicità da tempo scordata,e forse perduta per sempre.
Eppure
quel semplice sfiorarla non fu poetico e tenero,ma gli accese dolorosamente il
sangue di una passione ardente ed inestinguibile.
Non
credeva che quella ragazza avesse ancora un così grande, sconfinato potere su
di lui.
Doveva
allontanarla da sé, o si sarebbe ripetuta la tragedia che avevano già vissuto…e
non doveva assolutamente accadere.
O
questa volta niente e nessuno avrebbe potuto trattenerlo dal divorare
quell’anima, e farla sua per l’eternità.
Madame
Giry aveva detestato quell’uomo
a prima vista.
Si
ricordava bene dell’ispettore Barion, l’ufficiale che
aveva condotto le indagini per la morte di Buquet
prima e per la “strage del lampadario” dopo. Il destino lo aveva beffato
crudelmente: se fosse riuscito a mettere le mani sull’omicida di Buquet,quella notte nella folla di
persone ferite dal lampadario non ci sarebbe stata proprio la sua unica
sorella...l’unica donna rimasta uccisa nello schianto.
Madame
Giry comprendeva bene lo sguardo ossessionato con cui
l’ispettore la scrutava.
Lo
sguardo illuminato di odio e sospetto di chi vuole ad
ogni costo portare a termine una vendetta.
La
stessa Madame sapeva che avrebbe potuto trasformarsi in una furia,se qualcuno avesse fatto del male a Meg,
ma nonostante questa comprensione,non poteva fare a meno di provare un senso di
disagio e di disgusto, davanti ai meschini tentativi di estorcerle una qualche
confessione.
L’uomo infatti apparteneva alla fazione che non credeva
assolutamente alla morte del Fantasma dell’Opera… quella bestia in quanto
fantasma e demonio doveva essersi salvata per forza, svanendo nel nulla
all’arrivo della Gendarmerie e ritornando ad infestare ora il teatro dopo la
sua nuova apertura, prestando fede alle recenti voci di corridoio,che presto si
erano sparse anche fuori dall’Opera.
MonsieurFirmin si asciugò
nervosamente i baffetti con il fazzoletto, cercando
di mascherare per quanto possibile il suo violento nervosismo.
“Ispettore.. naturalmente noi vorremmo aiutarla in ogni modo. Quel
Fantasma ci ha praticamente rovinati…e poi è anche un
assassino efferato, certo” si affrettò ad aggiungere sotto lo sguardo
implacabile del funzionario.
“Ma
da qui a permettere a voi e alla vostra scorta illimitato accesso al teatro in
ogni ora del giorno… suvvia, solo per le chiacchiere di qualche pazzo,visionario ubriacone! Sapete bene come si canta… “la
calunnia è un venticello…”
intonò scherzosamente,ma la battuta non sortì
l’effetto sperato.
MonsieurAndre,meno compiacente del collega, sbottò furibondo.
“E’una vera pazzia! Accusarci di essere
complici di quel mostro! Non capite che non possiamo permettere ai
vostri agenti di andare e venire indisturbati? Il nostro pubblico sarebbe
inquieto se non terrorizzato, sempre in attesa di una
nuova e più tremenda catastrofe… bisogna dimenticare quanto è passato, non
continuare a riproporlo!!”
L’ispettore
Barion non sembrò turbato da queste esplosioni di
rancore e meraviglia, anzi sembrò esservi preparato.
Con
calma estrasse dal taschino un’ordinanza del procuratore di Parigi che, di
fatto, lo autorizzava a perlustrare a suo piacere l’intero perimetro del teatro,qualora lo avesse ritenuto opportuno.
Le
sue amicizie nella alte sfere erano state messe al
lavoro mesi prima per ottenere quel mandato.
“Come
vedete, desideravo solo essere gentile, domandandovene
il permesso. In realtà non ne ho alcun bisogno, e nel caso tentiate di mettermi
i bastoni fra le ruote, non esiterò ad arrestarvi”
I
due gentiluomini sembrarono sul punto di scoppiare, muti e rossi come tacchini,
boccheggianti per la sorpresa e la paura.
Solo MadameGiry sembrava
tranquilla davanti alle sue minacce….
Troppo
tranquilla, a giudizio dell’Ispettore.
“E voi, madame Giry?”
La
donna sollevò lo sguardo, stupito ma non impaurito, sul funzionario.
“Io,ispettore Barion? Cosa volete da me? Vi ho già detto tutto ciò che sapevo…”
Il
poliziotto sogghignò acidamente.
“O almeno, mi avete detto tutto ciò che volevate dirmi. Ma
sono certo che potreste dirmi molto di più,ed essere
utile alla mia indagine. Ho sentito voci che vi descrivevano come una specie di
salvatrice, di aiutante del fantasma,.. ma voi lo
avete sempre negato. Debbo credervi? O si trattava solo di un ingegnoso trucchetto
per tenermi a bada?”
Il
viso di Madame non tradì alcuna emozione.
Con
un sorriso educato accennò un inchino e rispose pacatamente.
“Sono
sempre a vostra completa disposizione,monsieur,ma non posso favoleggiare con la stessa facilità
delle ballerine, sull’argomento. Non ho la loro giovane e spensierata
fantasia…dal canto mio, sono stata costretta a raccontarvi la pura verità
soltanto.”
Prima
che Barionpotesse
replicare, qualcuno bussò alla porta dell’ufficio impresari.
Madame
andò ad aprire, e vide Meg, piuttosto concitata.
“Oh
monsieurFirmin, monsieurAndrè…dovete venire
subito! La
Carlotta ha litigato con alcune ballerine e sta
facendo di nuovo le valigie per andarsene! Ha un vero attacco
isterico…siamo alle solite! Dovete assolutamente venire a calmarla, o se
ne andrà davvero…sembra come impazzita!”
Borbottando
parole irripetibili, i due uomini uscirono
precipitosamente dall’ufficio, per blandire per l’ennesima volta la capricciosa
diva.
Madame
strinse Meg in un abbraccio protettivo,e fece per uscire con lei.
“Mademoiselle…avete il vestito zuppo e sporco.. che cosa vi è
successo?”
Il
tono di Barion era penetrante e sarcastico.
Agli
occhi di Madame Giry,come a
quelli dell’ispettore del resto,non sfuggì il rossore che imporporò rapidamente
il viso della ragazzina.
Deglutendo
imbarazzata la ragazza cercò di fornire una spiegazione abbastanza plausibile.
“Sono
uscita a passeggiare poco fa…e sono inciampata..in una pozzanghera! Sì,in una pozzanghera!”
Barion sorrise, fintamente divertito.
“Ma
davvero,mia cara bambina? Molto strano… sono giorni
che su Parigi non scende una goccia di pioggia.”
Madame
spinse viaMeg senza mezzi
termini.
“E’
molto tardi, fra pochi minuti il Visconte de Chagny
sarà qui.”
Guardò
con sfida il poliziotto. “Verrà a prendere la sua fidanzata, mademoiselleDaae,e la condurrà a cena fuori presso alcuni suoi amici. I
baroni de la
Coilles…. Immagino sappiate chi
siano.”
Lo irrise, per poi tornare a rivolgersi a Meg.
“Christine è andata qualche ora fa a riposarsi, nel suo
camerino. Vai a svegliarla, e pregala di prepararsi in fretta. Il Visconte non
deve essere lasciato a fare anticamera.”
Meg di colpo perse tutto il suo rossore e il suo
entusiasmo.
Si
fece pallida pallida, e a
fior di labbra mormorò scuse incomprensibili per procrastinare quel momento.
“Veramente non credo che ce ne sia bisogno..Christine è certo già sveglia,e nella sua camera c’è un
orologio, quindi immagino sappia che…”
“MegGiry!” la riprese aspramente
la madre.
“Sei
una vera scansafatiche! Ho capito, ho capito, andrò
io!”
Si
volse verso l’ispettore con un secco cenno del capo.
“MonsieurBarion…la strada per
l’uscita immagino la sappiate trovare da solo.”
Il
poliziotto non rispose,ma si toccò semplicemente il
cappello ed uscì compunto.
Stava
pensando, mettendo a fuoco dettagli e stranezze che aveva
riscontrato quel pomeriggio… sì, avrebbe dovuto pensarci a lungo forse, ma
prima o poi sarebbe riuscito nel suo scopo.
Christine si trovava in un posto buio e freddo.
Intorno a lei non
sembrava esserci nessuno, sebbene l’oscurità fosse totale,e
i suoi occhi si spalancassero, tutto fu vano, non riuscì a scorgere niente e
nessuno.
Un’oscurità permeata di
un silenzio aberrante, che le faceva fischiare le orecchie, e la stordiva come
una droga.
Si sentiva sola, così
sola e sperduta… il cuore nel petto le scoppiava per l’angoscia,la paura, il senso di vuoto.
Poi d’improvviso una
ridda di grida strazianti si levò, e insulti e botte piovvero su di lei come in
diluvio. Cercava di dibattersi, reagire, gridare pietà…ma
era come se delle mani invisibili la trattenessero, le straziassero le carni,le
graffiassero spietatamente il cuore e il volto.
Di nuovo, tutto finì.
Dolorante e senza forza, si ritrovò ancora una volta nell’oscurità. Ma questa
volta percepiva la presenza di qualcun altro.,…non era
più sola nell’oscurità.
Accanto a lei c’era il
suo Angelo… che le guariva le ferite, le accarezzava le membra affaticate e
vilipese, le cantava dolci note per aiutarla a dimenticare,a
riposare.
Ma poi anche quel dolce conforto le fu negato. Il suo angelo
le posò un lieve bacio, un soffio, sulle labbra esangui..e poi si allontanò,sparendo
dalla sua vista….
E tutto fu di nuovo dolore.
Christine gemeva debolmente, mentre Erik
la riportava nella sua stanza tramite il passaggio segreto situato dietro lo
specchio. Il profumo della ragazza gli stava andando alla testa, e non vedeva
l’ora di potersi allontanare da lei, prima che l’impulso di baciarla si facesse
invincibile.
Gli
sarebbe sembrato di farle ..un torto, un oltraggio,
una violenza.
Era
un mostro, forse, ma un’azione simile lo ripugnava.
Distese
placidamente la ragazza sul suo letto, carezzandole le mani ferite dalle spine
della rosa,e la coprì con una coperta leggera,
asciugandole teneramente una guancia.
Nel
sonno pesante ed inquieto indotto dalla droga che le aveva somministrato, la
sua giovane allieva stava piangendo, singhiozzando silenziosamente..
ma disperatamente, pervasa da un dolore che lui non riusciva a
comprendere,e che ugualmente lo feriva.
Per
quale motivo avrebbe potuto essere così sconvolta,se
non per il terrore provato nel rivederlo?
Poi,
dopo averle accarezzato leggermente la guancia destra,
febbricitante, fece per imboccare di nuovo il passaggio e sparire. Stavolta per
sempre.
Ma il suo sguardo fu attratto da una busta, vergata dalla
graziosa grafia di Christine.
Per
Raoul, diceva soltanto.
Non avrebbe dovuto spiare una simile missiva, non gli avrebbe
fatto che del male leggere le dolci parole di una fidanzata al suo promesso
sposo.
Afferrò
la busta, combattuto sul da farsi… e in quel momento udì dei passi rapidi
avvicinarsi.
Infilò
la lettera in tasca e richiuse silenziosamente lo specchio dietro di sé,
infilandosi nel passaggio con tutta l’intenzione di affrettarsi verso i
sotterranei.
Madame
era estremamente seccata dalle insistenze della figlia.
Meg stava cercando in tutti i modi di ostacolare, o almeno
ritardare il suo arrivo ai camerini, e questo aveva fatto nascere nella saggia
donna fortissimi sospetti.
Christine
aveva certo fatto qualche sciocchezza…
Girò
velocemente la maniglia, spalancando l’uscio,e tirò
involontariamente un sospiro di sollievo.
Christine giaceva a letto, pallida
e col viso rigato di lacrime, ma viva e in buona salute.
Più
di quanto si aspettasse.
Si
avvicinò alla ragazza, e le sfiorò la fronte con una mano.
Scottava,
e sembrava preda di un sonno profondo ed irrequieto.
Cercò
di scuoterla, di svegliarla,ma fu tutto inutile.
Solo
allora,con orrore,vide che la ragazza aveva il vestito
lacero e sporco, gli stivaletti ancora ai piedi,dalla suola umida.
Non
le ci volle molto a comprendere dove era stata…ma non
riusciva a spiegarsi invece cosa le fosse successo.
Non
poteva averle fatto del male, l’amava più della sua
stessa vita..ma allora cosa aveva ridotto Christine
in quello stato?
Meg la osservava con espressione infinitamente colpevole dalla
porta.
Non
era il momento per sgridarla… dovevano fare in fretta!
“Meg non stare lì impalata! Muoviti, chiudi la porta e vieni
qui!!”
A
fatica le due donne spogliarono e ripulirono Christine,
le infilarono una camicia da notte e la rimisero a letto.
Il
tutto con estrema difficoltà,perché la ragazza
continuava ad essere preda di quello strano torpore.
Non
appena l’ebbero rivestita, Madame la lasciò alle cure di Meg
e corse a cercare il medico dell’Opera. Doveva visitare immediatamente la
ragazza… il Visconte de Chagnysarebbe
stato lì a minuti, ormai, e non voleva essere lei a dovergli fornire
spiegazioni.
Meg stringeva trepidante la mano di Christine.
Anche lei non poteva credere che le avesse fatto qualcosa di
male.
Era
stato freddo con lei, le aveva voltato le spalle,non
aveva ascoltato le sue suppliche.. ma era poi così strano?In fondo lei lo aveva abbandonato per un
altro uomo…chi,al suo posto, non avrebbe fatto lo
stesso?
Il
dottor Polisse era piuttosto perplesso.
Conosceva
ChristineDaae da anni,da quando era poco più di una bambina.
L’aveva
curata per tutte le solite malattie che colpiscono i ragazzi,come
morbillo o varicella, e per altri malanni altrettanto comuni a ballerine e
cantanti: una distorsione alla caviglia, una brutta laringite…
Ma non si era mai trovato davanti ad un caso come questo.
Tecnicamente,dopo vari accertamenti, dovette constatare che la ragazza
non soffriva di nulla.
Era
molto stanca e deperita, forse, ma non aveva contratto
alcuna malattia o sindrome che portasse come effetto quella sonnolenza pesante
ed ininterrotta,che sembrava succhiarle le forze.
Perplesso,
si sfilò lo stetoscopio ed uscì dalla stanza, dove il giovane Visconte de Chagny lo attendeva con impazienza. Il ragazzo gli corse praticamente incontro. “Dottore! Mi dica tutto!”
Il
dottore si sfilò gli occhiali e prese a pulirli con sussiego.
“Vedete, monsieur le Vicomte…la
vostra fidanzata gode di un’ottima salute. L’unica spiegazione per un
tale stato di salute…sapete….”
Sembrava
imbarazzato.
“Allora?
Non tenetemi sulle spine!!”
Lo
sguardo del ragazzo era carico di ansia.
“Beh
potrebbe essere sotto l’effetto di qualche farmaco o droga simile al laudano.. queste sostanze, se somministrate in dose eccessiva
possono avere effetti anche deleteri sul ciclo del sonno e sulla salute
psichica di chi li assume.”
Fece una piccola pausa per permettere al Visconte di
assorbire la sconcertante notizia, poi proseguì. “Fortunatamente per
noi la vostra fidanzata pare essere più forte di quanto il suo delicato
sembiante suggerisce. In poche ore di sonno agitato smaltirà l’effetto di..beh,
di qualunque dannata cosa abbia preso!” terminò bruscamente,con uno sguardo di
rimprovero.
“Ma
d’ora in poi vi consiglio di vegliare con più attenzione su di lei.”
E
con un rapido inchino se ne andò.
Raoul
rimase seduto nell’anticamera, la testa fra le mani, incredulo per quanto aveva
appena udito.
Non
riusciva a spiegarsi un tale mistero…
Come
poteva Christine aver assunto un farmaco simile senza
saperlo? Che lui sapesse, non assumeva farmaci di
nessun tipo….
In
quel momento, gli giunse come un’eco lontana la ridda infantile delle voci
delle ballerine più giovani.
“Miss
Daae è in deliquio… e sappiamo bene tutti cosa vuol dire!!”
“Cosa vuol dire? Jammes non fare la
misteriosa!”
“Ma
sì,non può esserci che una spiegazione… è di nuovo
sotto la magia malefica del fantasma! Lei è tornata e lui vuole prendersela,
portarla all’inferno con lui…sono certa che sia così!”
“ma
no, tu sei sempre catastrofica..”
Raoul
non riusciva più a pensare chiaramente…udiva solo quelle voci, di continuo,
un’ossessione che non riusciva a placare in alcun modo.
Pensava
solo a Christine,a quanto la
amava…e a quanto facilmente avrebbe di nuovo potuto perderla.
E non potè frenare le lacrime.
Erik si sentiva inquieto.
Attratto
dalle voci che aveva udito provenire dal camerino di Christine,
era ritornato sui suoi passi, e aveva assistito al colloquio di Madame con il
dottore, e aveva udito la diagnosi siquest’ultimo.
Era
davvero preoccupato.
Quando aveva somministrato il liquore persiano drogato
a Christine, non aveva tenuto in conto la sua
delicata ed esile costituzione.
Le
sarebbero probabilmente bastate poche gocce per cadere addormentata, e ne aveva bevuto quasi un bicchiere…
Dio,
era solo colpa sua!!
In un modo o nell’altro
distruggo sempre ciò che amo! Pensò con rabbia.
Per quanto io cerchi di appartenere al mondo della luce, trasformo tutto
ciò che tocco in dannata oscurità!!!
Cercò
di dominare il suo senso di colpa.
Dopo
tutto, se quella viziata ragazzina non si fosse messa
in testa idee bizzarre.. non sarebbe stato costretto a ricorrere a quell’inganno.
Per
sedare la voce della sua coscienza, estrasse di tasca la lettera, destinata a
Raoul, che aveva trafugato poco prima.
Lacerò
la busta con rabbia, ed estrasse il foglio al suo interno.
Leggere
quelle ingenue parole d’amore lo avrebbe aiutato a non
sentirsi responsabile, avrebbe ucciso sul nascere qualunque compassione…
avrebbe riacceso il suo odio!
Mio caro, caro Raoul,
questa è la lettera più difficile che mi sia mai trovata a
scrivere.
Sei la persona che mi è
stata più vicina in questi mesi, e sai bene quale splendida amicizia, quale
perfetto e squisito legame unisca le nostre anime. Ci
siamo incontrati bambini, e ci siamo ritrovati adulti per non perderci mai più.
Mio padre, se fosse ancora vivo, sarebbe completamente felice al pensiero della
nostra unione, lui che ti amava come si ama un figlio.
Ma tutto ciò non è
sufficiente,Raoul. Non lo è più per me,almeno.
Non mi fraintendere:
provo per te un affetto immutabile ed illimitato, perché sei la persona più
onesta, buona e sincera che abbia mai incontrato. Ma
questo sentimento non è l’amore appassionato ed assoluto che fa di due persone compagni per l’eternità. Non riesco a provare
per te quel genere di sentimento, anche se ci ho lungamente provato.
Forse sono troppo
immatura per amare davvero, forse semplicemente non
siamo nati per questo destino, per essere marito e moglie. Questa pantomima di
fidanzamento si è trascinata fin troppo a lungo, e ti prego di credermi, da
parte mia non c’era alcuna intenzione di ingannarti.
Quasi ogni notte,in quest’ultimo periodo, ho
sognato di trovare il coraggio di dirti queste cose.Sono una vigliacca, lo so, per questo
preferisco scrivertele. Per non dover sopportare su di me il
tuo sguardo ferito e di biasimo. Farti del male non è mia intenzione
Raoul, ma non posso evitarlo, o ti darei un dolore che
dura una vita. Sarebbe peggio, non credi? Svegliarti
ogni giorno accanto a una persona che non ti ama,e che
ama invece un altro…
Sì Raoul, lo sai a chi
mi riferisco.
Per mesi ho pensato di
aver fatto la scelta giusta a fuggire con te, che sarei
stata più felice, più sicura.
Ora so che non mi interessa più essere felice o sicura, vorrei solo
amare,ed essere amata, dall’anima che il destino ha tenuto in serbo per me. Non
sei tu quell’anima, mio caro amico. Quello che per
tutti continua ad essere un Fantasma temibile e spaventoso, per me ha cessato
di essere un Angelo potente ed etereo, ed è diventato solo un uomo. Un uomo che
ha sofferto in maniera inimmaginabile nella sua vita, e mi vergogno ad
ammetterlo, anche a causa mia.
Sono stata crudele con
lui. Lo amavo,eppure ho lasciato che il giudizio del
mondo influenzasse le mie scelte.
L’ho abbandonato,
scordando che lui era stato la mia salvezza negli anni
bui, il mio amico, il mio maestro. Mi ha donato ogni cosa di sé,ed io l’ho lasciato per inseguire l’illusione di una vita
felice e…normale. Ma la normalità a voltepuò avvelenarti l’anima,lo sai?
Se mi ami, Raoul, se mi
hai mai amato, non tentare di cercarmi, di rivedermi,almeno
per un po’. Diamo tempo alle nostre ferite di rimarginarsi, per tornare forse
ad essere un giorno i grandi amici che siamo sempre
stati.
Non
amarmi perche' vivo all'ombra
non amarmi per cambiare il mondo
tanto il mondo non si cambia
e siamo tutti specchi
fatti per guardarsi
e diventare soli e vecchi
non amarmi per morire dentro
in una guerra di rimpianti e di ripensamenti
non amarmi per restare a terra
invece di volare come questo nostro amore deve fare.
Aleandro Baldi
Erik fissava sbigottito quella lettera, le mani tremanti e gli
occhi lucidi.
Non
riusciva a credere a quanto aveva appena letto.
Christine
senza mezzi termini aveva abbandonato il suo ricco,affascinante
e perfetto Visconte…per inseguire uno spettro nei sotterranei.
La ragazza aveva evidentemente scritto quella lettera prima di scendere alla
sua ricerca.
Non
era neppure sicura che lui fosse davvero vivo…e non poteva
certo immaginare la reazione che avrebbe dovuto fronteggiare.
Eppure,senza esitazione,aveva deciso di mandare all’aria un matrimonio
già praticamente pronto, ed una vita che qualunque ragazza della sua età e
della sua condizione sociale le avrebbe amaramente invidiato.
Tutto
questo solo per lui.
Per
lui, che l’aveva scacciata con freddezza da sé.
Per
lui, che nella frenesia di allontanarla era giunto a drogarla, a farle forse
rischiare la vita stessa…
Lacrime
di rabbia gli infuocarono gli occhi, mentre la coscienza, da troppo tempo in
lui sopita e azzittita, iniziava a rimordegli.
Aveva
tradito la sua allieva, la sua amica…il suo Angelo
della Musica.
Non
era degno di tanta abnegazione, non meritava l’affetto
di quella ragazza.
Accartocciò
nervosamente il foglio fra le mani, indeciso sul da farsi.
La
testa,il suo buonsenso gli ordinava imperioso di fare
ritorno alla casa sul lago, dimenticarsi di nuovo dell’intera faccenda e
proseguire con la sua vita tormentata.
Il cuore invece lo costringeva a rimanere dietro lo
specchio, a vegliare su di lei, quasi per voler riparare al male fatto. Non riusciva più a
staccare gli occhi da quel viso afflitto e straziato.
Non
poteva conoscere i sogni,gli incubi,le paure recondite
che stavano turbando il suo sonno, e d’altronde non conosceva altro modo per
guarirla…ma poteva almeno provare ad alleviare le sue sofferenze.
Scivolò
silenziosamente nella camera.
Era
notte ormai,e madame e sua figlia, dopo un’ultima
visita alla malata,erano andate a dormire, con il cuore pesante per la
preoccupazione.
Il
dottore aveva raccomandato di lasciar riposare la malata, in modo che l’umore
maligno della droga esaurisse il suo deleterio effetto nel minor tempo
possibile.
La
stanza era immersa in un irreale silenzio,e
nell’oscurità, violata solo da una candela sul comodino accanto al letto, Erik poteva percepire il forte profumo della sua rosa.
La
ragazza l’aveva evidentemente custodita come un tesoro nella propria camera.
A piccolo passi si avvicinò al letto, e si sedette in un
angolo.
Il
viso di Christine, sofferente e tormentato, si
contorceva nel pianto e nei singhiozzi.
Provò
una fitta al cuore…era solo colpa sua, solo colpa sua!
Rimboccò
con gentilezza il lenzuolo attorno alla ragazza, ed istintivamente le prese le
mani fra le sue.
Erano
gelide e nervose, pervase come da una forza oscura.
Erik fece l’unica cosa di cui era capace.
Cantò
per lei, a bassa voce.
Dormi,dormi, non piangerai
Io
veglierò sul tuo piccolo cuore
E le mani
ti stringerò
Sono
l’uomo dei sogni e farò
Magie le
più belle perché
Stanotte
ho scelto te
Dormi dormi ti scorderai
Dei
silenzi del giorno
Inibizioni
e paure
In un
angolo ionasconderò
Sono
l’uomo dei sogni e dirò
Poesie le
più belle per te
E tu danzerai per me
Stanotte
prenderemo la luna dal mare stellato
E la faremo girare su un dito
Ruberemo
il mantello alla notte e magari ridendo
Ci faremo un vestito
Fino a
respirare la polvere lunare
Portata su
dal vento ci farà starnutire
Gridando
contro un’eco saremo noi a rispondere
Dormi dormi non tremerai
Io
scalderò il tuo piccolo cuore
E le mani
ti stringerò
Sono
l’uomo dei sogni e sarò
Chi sogni
e non hai avuto mai
Chi hai pianto nel rimpianto più vivo che hai
Stanotte
prenderemo la luna dal mare stellato
E la faremo girare su un dito
Ruberemo
il mantello alla notte e magari ridendo
Ci faremo un vestito
Fino a
diventare due lacrime nel mare
Due ali
per fuggire su un raggio di luna
Per
attraversare gli oceani e le galassie
Che intanto si apriranno per noi…
Dormi dormi però…
Speri
presto ritornerò
Perché se tu lo vorrai non ti lascerò mai…
Fino a
diventare due lacrime nel mare
Due punti
indivisibili
Nelle
distanze che si creano gli uomini
Qui saremo
liberi noi….
Ma poi ad un tratto ti sveglierai…
Mentre
lui cantava,lentamente i lineamenti di Christine si erano distesi, aveva smesso di piangere ed una
specie di quieto sorriso le aveva increspato le labbra.
Ora
non era più lui a tenere le mani di lei fra le sue. Christine aveva stretto le sue piccole dita sul grande palmo delle mani di lui, come fanno i neonati.
Quel
leggero contatto sembrava averle dato pace.
Erik rimase accanto a lei fino all’alba,senza
addormentarsi un solo istante.
Solo
quando udì i passi affrettati ed inconfondibili di madame Giry
nel corridoio, lentamente si staccò da quella stretta e tornò a nascondersi
dietro lo specchio.
Era
la notte più felice che avesse trascorso in vita sua..la prima volta in cui aveva avvertito che un altro essere
umano,anche se incosciente, aveva bisogno di lui.
Madame
sospirò di sollievo,nel constatare che la febbre era
scesa e che la ragazza ora riposava tranquilla. Nonostante la sera precedente avesse fatto una bella lavata
di capo a Meg, la ragazza le aveva giurato di non
sapere cosa era accaduto all’amica.
Si
erano separate poco prima della casa sul lago, e lei era immediatamente tornata
al dormitorio.
Madame
sapeva quale affetto profondo legasse le sue due
ragazze, e quindi credeva alle parole di Meg: non le
avrebbe certo nascosto una cosa così importante.
Pure,era furibonda per l’aiuto che aveva offerto a Christine.
“Sei
per caso impazzita anche tu? Christine
sta per sposarsi, il teatro è sotto indagine dalla polizia, Raoul de Chagny sarebbe arrivato di lì a poco… e voi due,come se nulla fosse, ve ne siete andate a spasso nei
sotterranei?” l’aveva presa per le braccia,scuotendola con forza.
“Ti
rendi conto che avrebbe potuto uccidervi, se non vi
avesse riconosciuto? Lo sai che non avrebbe esitato a
farlo!”
Meg aveva deglutito,imbarazzata e
preoccupata.
La
madre aveva ragione.. e lei non le aveva neppure
raccontato del cappio che il Fantasma aveva in mano!
Per
fortuna…o dal grande spavento probabilmente sua madre le avrebbe assestato un bel paio di schiaffi!
Poi
madame si era calmata,e aveva lasciato che la figlia
andasse a letto a riposare.
Lei
invece non era stata in grado di dormire.
Si
era rigirata più volte nel letto,insonne.
Poi,verso le tre del mattino, scalza e in camicia,si era
avventurata fino al camerino di Christine.
Non
aveva fatto alcun rumore.. e lui,che come immaginava,
era nella stanza,non l’aveva udita.
Stava
cantando per lei, e attraverso il buco della serratura lo aveva visto seduto
sul letto accanto alla malata, che le stringeva dolcemente le mani,
l’espressione tesa, angosciata…colpevole.
Qualunque
cosa le avesse somministrato,se ne era pentito,e la
ragazza si stava riprendendo.
Almeno
un problema era stato risolto…ma ora ne sarebbero sorti
di nuovi.. e non sarebbe bastata una notte di sonno a spazzarli via!
Voci
che s'insinuano
alibi che crollano
libertà al limite è quel sospetto che ci offende
la gelosia che non si arrende mai
come cecchini alla finestra
mettersi in mostra non conviene...
lo sai...
Renato Zero,Vive chi vive
Barion si era precipitato al teatro, quando i suoi
agenti gli avevano riferito della preoccupante condizione di mademoiselleDaee. Non lo aveva
fatto certamente per educazione o per vera preoccupazione…no, a lui
interessava ben altra cosa.
Aveva
ascoltato placidamente tutti i commenti degli attori, delle ballerine, dei
lavoranti dell’Opera.
A
quanto sembrava,ognuno di loro dava una diversa
interpretazione a quanto era accaduto alla giovane soprano.
C’era
chi sosteneva che il fidanzato,dalla parvenza
così rispettabile, fosse invece un meschino seduttore che aveva tentato
di drogare la fidanzata per avere piaceri licenziosi prima delle nozze;
c’era chi sosteneva invece che la Carlotta, esasperata dalla bravura della rivale e
dai continui paragoni che la gente cominciava a mormorare,e da cui l’ex
diva usciva sempre perdente, avesse tentato con quel mezzo di rendere
inoffensiva la sua antagonista, poco prima dell’inizio della stagione
lirica.
Ma la voce che correva più spesso e a voce più
bassa, era quella che narrava del ritorno del Fantasma.
Il
quale,pazzo di gelosia per le imminenti nozze
dell’adorata fanciulla, a seconda delle versioni aveva tentato di
ucciderla, sedurla, stregarla..
Insomma,
nessuno era sicuro del perché lo avesse fatto,ma
un simile gesto scellerato poteva appartenere soltanto al fantasma!
L’ispettore
non sapeva se prestare fede o meno a tali chiacchiere.
A Parigi,e specialmente in ambiente teatrale, il
pettegolezzo era quasi uno sport nazionale.
Cosa c’era di più piacevole, per estraniarsi da una
realtà spesso invivibile, che rifugiarsi nei
sogni sfrenati e nelle malignità più aspre?
Chiese
agli impresari il permesso di avere un colloquio con la
soprano, e nonostante le vivaci proteste di madame Giry,
la quale sosteneva che Christine,seppure ormai
sveglia, fosse ancora troppo debole per poter ricevere visite, tale permesso
gli fu accordato.
MonsieurAndre e monsieurFirmin avevano ormai
troppa paura di quell’uomo potente e
vendicativo per osare ostacolargli la strada: la situazione delle patrie galere
non li incuriosiva affatto!
Christine si era svegliata nella tarda mattinata, pervasa
da una strana sensazione.
Sentiva
le membra pesanti, la testa vuota…ma soprattutto
ricordava lucidamente i terribili incubi che l’avevano dominata.
Per
una sola,lunga,terribile notte,le era parso di
rivivere la vita di Erik.
Era
come se i crudeli racconti che aveva udito da madame Giry
le fossero penetrati fino in fondo all’anima, sconvolgendola a tal punto
da farle vivere quel tremendo passato come se fosse reale.
Aveva
creduto di morire,per il dolore, il rifiuto, gli
insulti che le piovevano addosso da ogni direzione, da ogni individuo che le
era passato accanto.
Aveva
poi creduto di essere salva,dopo l’incontro con
il suo angelo.
Ma la pena di quell’abbandono
era stata una sorta di colpo di grazia per il suo povero cuore martoriato.
Sprofondata
nell’abisso dell’odio e della disperazione,aveva
invocato la morte,unica potenza liberatrice…
Ma
d’improvviso un insperato contatto,una dolce
melodia l’aveva strappata a quell’insopportabile
dolore, le aveva ridato la vita,la pace,la speranza.
Non
poteva esserci che una spiegazione logica per quanto era accaduto.
Il
suo Angelo era ritornato per salvarla.
Così,persa fra la confusione indotta da quegli incubi e la
rinnovata speranza di poter di nuovo contare sulla protezione e
sull’amore di Erik, Christine
udì a malapena il concitato bussare alla sua porta.
Ma
non appena vide l’identità dell’inopportuno visitatore,sbiancò.
Strinse
le coperte attorno a sé,a disagio per quella
situazione inaspettata.
Barion le fece un inchino
compito.
“Mademoiselle… sono venuto ad informarmi sulla vostra
salute.”
Il
tono era mellifluo e falsamente preoccupato,e fece
spazientire la già provata Christine.
“Ispettore…
sappiamo bene perché siete qui. In assenza del mio fidanzato,potete smettere di recitare questa ridicola commedia.
Domandatemi cosa desiderate sapere,e poi vi prego,
lasciatemi riposare. Mi sento ancora molto debole.”
La
ragazza aveva recuperato la sua presenza di spirito, a quanto sembrava.
Barion sorrise educatamente, fingendo di non notare con
quanto astio fossero pronunciate quelle parole.
“Immagino
che sappiate perché sono qui,mademoiselleDaae. Non capita
tutti i giorni che una giovane soprano subisca un
tentativo di avvelenamento,non vi pare? Mi sembra il minimo offrirvi i miei
servigi per incastrare il vostro nemico…” abbassò la voce,fingendo un tono protettivo e confidenziale.
“Sapete,
ho sentito raccontare molte storiequi all’Opera Populaire su quanto vi è accaduto, riguardo alla
Carlotta, al vostro fidanzato, il Visconte de Chagny…”
Christine
sorrise incredula. Davvero l’intero teatro aveva perso tempo a
favoleggiare in quel modo?
“….e sul ritorno del Fantasma…”
A
quelle semplici parole, involontariamente Christine
sussultò.
A
parte i pettegolezzi di quel vecchio ubriacone, riteneva che nessuno al teatro
credesse davvero ad un ritorno del Fantasma.
Madame
Giry e Meg non potevano aver parlato, di questo era sicura… possibile
che la gente avesse davvero incolpato il Fantasma per quanto le era accaduto?
O era soltanto un’astuta mossa di Barion
per farla cadere in contraddizione, per strapparle qualche informazione?
Cercando
di non tradire alcuna emozione, giocherellò
pigramente con le lenzuola, e rivolse al poliziotto un sorriso di compatimento.
“MonsieurBarion..perdonate
la mia franchezza, ma vi credevo un uomo intelligente.”
L’ispettore
avvampò a quella implicita messa in
ridicolo,mentre Christine proseguiva imperterrita.
“Insomma…
è una fortuna che voi non siate stato qui
all’Opera Populaire negli anni passati. Il
Fantasma era sempre il perfetto responsabile di tutto!”
Rise
apertamente,divertita da quel pensiero.
“Si
guastava un lume a gas? Era colpa del Fantasma. La diva all’ultimo minuto
perdeva la voce per una tracheite? C’era sicuramente sotto lo zampino del
Fantasma. Il quale se non erro era anche responsabile” enumerò
teatralmente sulle dita “ dell’insuccesso di alcune
opere, delle slogature alle caviglie delle ballerine, della mancanza di patroni
generosi..a volte perfino delle cattive condizioni
climatiche durante l’inverno!!”
Lanciò
un’ulteriore,eloquente occhiata
all’ispettore, e rise di nuovo,scuotendo la testa, come se la
stupidità di quella affermazione l’avesse messa di buonumore.
Barion incassò il colpo, e cercò di
stare al gioco.
“Sono
lieto mademoiselle che la mia battuta vi abbia aiutato a ritrovare il sorriso. Era il mio preciso
scopo. Ora,se volete scusarmi” concluse
cerimoniosamente “ho indagini assai più importanti che mi
aspettano,e temo che in questo voi non possiate essermi utile.”
Fece
una pausa,e aggiunse con finta noncuranza:
“Sapete, io e i miei uomini dobbiamo trovare un percorso per penetrare
nei sotterranei. Sono certo che là sotto si nasconde qualche elemento
chiave per chiudere questa brutta storia nel più breve tempo possibile.
Se quell’assassino è morto, il suo
cadavere deve essere là,non credete?”
Christine parve di nuovo a disagio,sotto
gli occhi inquisitori del poliziotto.
Barionsi inchinò di
nuovo, ed uscì rapidamente dalla stanza.
Era sicuro, più che sicuro che la ragazza fosse ancora in contatto con quell’assassino…e che lo coprisse
volontariamente, probabilmente perché in qualche modo
legata a lui,forse sua complice,perfino.
A
veva gettato l’esca,e
il pesciolino aveva abboccato: quella sciocca certamente, non appena si fosse
rimessa in piedi, avrebbe cercato di mettersi in contatto con il suo amante,e
tenendola d’occhio, avrebbe scoperto il nascondiglio di quell’infame.
Percorrendo
il corridoio alla ricerca del drappello dei suoi uomini, scorse il Visconte de Chagny,pallido ed evidentemente
preoccupato, che discuteva con Madame Giry della
salute ancora precaria della giovane. Involontariamente si trovò a
sorridere, pensando a quanto fosse ridicola la figura
di quel ragazzo.
Doveva
essere terribile essere messi da parte per un orrido assassino,e forse non rendersene neppure perfettamente conto.
Ma questi ovviamente non erano affari suoi.
Calcandosi
il cappello sulla testa, abbandonò la vista del Visconte e del suo
infelice amore non corrisposto e si immerse nei suoi
pensieri di vendetta.
…sei
tu che spingi avanti il
cuore ed il lavoro duro
di essere uomo e non sapere
cosa sarà il futuro
sei tu nel tempo che ci fa più grandi
e soli in mezzo al mondo
con l'ansia di cercare insieme
un bene più profondo
e un altro che ti dia respiro
e che si curvi verso te
con un'attesa di volersi di più
e non capir cos'è
e tu che mi ricambi gli occhi
in questo istante immenso
sopra il rumore della gente
dimmi se questo ha un senso
la vita è adesso…
Claudio
Baglioni
Erik
aveva assistito a questo colloquio, il cuore pesante ed una rabbia immensa che
gli incendiava le vene.
Avrebbe
voluto uscire dallo specchio,cogliere alle spalle quel bastardo che seppur
velatamente aveva osato minacciare la sua Christine, e strangolarlo senza
neppure che lui se ne rendesse pienamente conto..
Ma
ovviamente aveva dovuto dominarsi.
Non
sarebbe riuscito ad ucciderlo…non davanti agli occhi ingenui ed innocenti
di Christine.
Lei
non lo aveva mai visto davvero uccidere.
Non
poteva comprendere la sua sete di sangue, il suo bisogno quasi fisico di
proteggere sé stesso eliminando ogni possibile minaccia.
Come
avrebbe potuto?
Non
aveva vissuto la sua vita, non aveva avuto le stesse atroci esperienze, che lo
avevano mutato da preda in spietato predatore.
Vide
il poliziotto uscire, e Christine ricadere esausta sui cuscini, e scoppiare in
lacrime.
Lentamente
la ragazza si alzò,e in camicia com’era si avvicinò allo
specchio.
Era
bellissima vestita solo di quel tessuto leggero e morbido,e lui si sentì
mancare il fiato per l’ondata di desiderio che lo sommerse.
Christine,sempre
col viso rigato di lacrime, sfiorò reverente lo specchio.
“Erik…”sussurrò
semplicemente.
“Erik…sei
in pericolo! Ti prego, se puoi sentirmi, vieni da me!”
Deglutendo
a fatica per l’imbarazzo di trovarsi già lì, Erik fece
scattare il meccanismo, e scivolò fuori dallo specchio, gli occhi bassi.
Non
ebbe tempo di formulare una qualche scusa per ciò che le aveva
fatto,perché Christine si era slanciata contro di lui, e si era
rifugiata nel suo protettivo abbraccio,singhiozzando.
“Non
puoi rimanere qui…ti troveranno! Devi fuggire,fuggire!Il più
presto possibile!”
“Non
posso,Christine.”mormorò soltanto.
Lei
alzò gli occhi e lo guardò in viso, sbigottita dalla sua
risposta.
“No,no
non capisci! C’è un ispettore, lui ti sta cercando,e..”
“Lo
so” rispose lui laconico,staccandola da sé.
“L’ispettore
Barion. So tutto di quell’uomo, e comprendo il suo desiderio di vendetta.
Al posto suo farei lo stesso.”
Christine
non riusciva a capire.
“Ma..sai
tutto e non sei fuggito? Se ti prenderanno…c’è la pena di
morte per i delitti per cui sei ricercato!”
Erik
abbassò di nuovo lo sguardo a terra.
“Hai
detto una cosa giusta. Se mi prenderanno. Non sono ancora riusciti a
farlo,nonostante siano passati sei mesi, e dubito che avranno maggior fortuna
in futuro. Non intendo lasciare l’Opera Populaire,questo è tutto.
Questa è l’unica casa che abbia mai conosciuto.”
Christine
si asciugò gli occhi, ed incespicando si sedette sul bordo del letto.
Era ancora molto debole.
“Erik..
questa non è la tua casa. La nostra casa non è un
edificio,è solo ciò che portiamo nel cuore.”
Non
riusciva a spiegarsi meglio di così,e sentiva di doverlo assolutamente
convincere ad allontanarsi dal teatro.
Erik
ridacchiò sarcasticamente.
“Oh
sì,conosco questa storia. La casa è l’affetto delle persone
che ci portano nel cuore. Come no! In questo caso non ho mai avuto una casa in
vita mia!”
Christine
deglutì. “Ti sbagli.” Disse semplicemente.
Erik
la guardò gelidamente.
“Non
credo che tu possa immaginare cosa è stata la mia vita. Anche se Madame
può averti raccontato qualche sporadico episodio, nessuno che non
l’abbia vissuta può giudicarmi.”
“Io
non ti sto giudicando. Sto semplicemente dicendo che ti sbagli. Una casa ce
l’hai, in quel senso. Io non ti ho mai dimenticato.” Parlava
sommessamente ora,ma senza esitare.
La
reazione di Erik non si fece attendere,e fu più crudele del previsto.
“No,certo
che no! È stato per questo che quella notte mi hai abbandonato in balia
dei miei persecutori, per inseguire la felicità con quell’insulso
ragazzo!! Cosa c’è,principessina?”
La
beffò crudelmente. “il tuo romantico sogno d’amore non si
è rivelato all’altezza delle tue pretenziose aspettative? Il tuo
principe azzurro non è impeccabile come pensavi?”
Christine
si sentì in dovere di difendere Raoul.
“Sai
benissimo che non è così. Raoul è buono con me,lo è
sempre stato, e sarebbe un ottimo marito e padre. Ma-“
“Non
c’è nessun ma,in questo caso!”le ringhiò sul viso, un
‘espressione inferocita negli occhi ardenti.
“Smettila
di preoccuparti per me…esci nel mondo reale e vivi la tua dannata vita
alla luce del sole!”
Christine
lo guardò con un’espressione di compatimento misto a sfida. Come
poteva non capire??
“Erik
io…”
In
quel momento qualcuno bussò alla porta.
Dal
corridoio giunse la voce inconfondibile di Raoul de Chagny.
“Christine…Christine,posso
entrare? Sei sveglia?”
Erik
si voltò di scatto, e in due balzi fu oltre lo specchio.
Mentre
si voltava per richiudere il meccanismo, si accorse che,a fatica, Christine lo
aveva seguito.
E
aveva già fatto scattare il trabocchetto dietro di sé.
Il
Visconte de Chagny continuava a bussare inutilmente alla porta, chiamando a
gran voce la sua fidanzata,senza ottenere alcuna risposta.
Alla
fine, vincendo ogni naturale pudore per la grande preoccupazione, il ragazzo
spalancò la porta,impallidendo nel notare il letto vuoto e sfatto, ed i
vestiti di Christine sulla seggiola.
Uscì
precipitosamente dalla porta, chiamando a gran voce Madame Giry.
Erik
guardò Christine con un misto dirabbia e costernazione.
“Non
credo che sia stata una mossa saggia nasconderti,presto arriveranno anche
Madame e Meg e ..”
La
ragazza gli aveva messo un dito sulle labbra, ed il leone ora taceva per volere
dell’agnello.
Aperte ho l'ali al desiderio del cielo,
Vado a raggiungere le stelle cadenti
della mezzanotte, vado a precipitarmi
nell'ombra profonda.
Somiglio a nuvola estiva in balia dell'uragano,
la quale, gettato via l'aureo diadema,
appende la folgore come spada a una catena di lampi.
Corro con folle gioia giù pel sentiero polveroso
del reietto; m'avvicino alla Tua,
finale accoglienza.
Rabindranath Tagore
Senza
dire qualche altra inutile e superflua parola,Christine gli sfilò la
maschera e la lasciò cadere a terra.
Erik
rabbrividì per la sensazione dell’aria sulla pelle nuda, contatto
al quale era disabituato.
Christine
accarezzò lievemente la carne straziata che la maschera aveva celato
fino a quel momento, e con un’espressione incredibilmente triste sul viso
aveva innalzato il proprio viso fino a quello di lui.
E
aveva baciato con le tenerezza di una madre quel viso che aveva segnato e
rovinato tutta la sua esistenza.
Per
lei non aveva più nessun significato,se non per il fatto che le
ricordava,e le avrebbe costantemente ricordato, l’Inferno che il suo
Angelo aveva dovuto subire,senza averne alcuna colpa.
La
semplice e leggera pressione di quelle labbra vive e calde sulla propria pelle,
fredda ed insensibile per troppo tempo,lo aveva scioccato.
Non
era in grado di gestire una situazione simile, poiché aveva
scacciato,bandito dalla sua mente ogni sogno su un ritorno del suo Angelo, ogni
illusione che avrebbe contribuito solo a rendere più desolante e
difficile la realtà della solitudine.
“Christine…”riuscì
soltanto a mormorare. “Senza maschera…come posso non farti orrore?
La prima volta che mi hai visto tu..”
Di
nuovo Christine gli chiese di tacere,sfiorandogli le labbra con il dito indice.
“shhh..non
mi interessa. Non ho bisogno di nulla,se non di te.”
Gli
sorrise nella semioscurità. “Voglio poterti vedere,vedere il viso
dell’uomo che amo,e da cui non vorrei mai più separarmi.”
Non
era una dichiarazione elaborata o leziosa,ma ebbe su Erik l’effetto di
una scarica elettrica.
Senza
parlare,e senza più la sgradevole sensazione di essere nudo sotto lo
sguardo di qualcun altro, la prese per mano,conducendola ancora una volta nei
recessi oscuri del suo regno.
Quando
ebbero raggiunto la casa sul lago,improvvisamente si sentì a
disagio…gli sembrava di
essere un’aquila, uno spietato predatore che si approfittava vilmente
della sua preda.
Ma
la giovane donna che gli stava davanti non era impaurita o sotto costrizione,e
per la prima volta,nel loro tormentato rapporto,non c’era ombra di
compassione o timore nei grandi occhi che lo fissavano serenamente. Sembrava
così calma…
In
realtà Christine non lo era affatto.
Nella
sua mente si affollavano febbrilmente mille pensieri contrastanti.
Da
una parte non desiderava altro che trovarsi lì,in quel momento,con il
suo Angelo….
Come
se il resto del mondo si fosse fermato nel frattempo,solo per permettere a
quelle due anime senza pace di trovare rifugio e conforto nella reciproca
fusione.
D’altra
parte però la rigida educazione che aveva ricevuto e il radicato senso
del pudore con cui era stata cresciuta sin da bambina la tormentavano,e lei
sentiva il cuore trafitto da mille punte di spillo. Il senso di colpa non
l’abbandonava.. un conto era agire sotto una specie di malia, sotto una
falsa fede in un Angelo che era soltanto un uomo della terra e del cielo.. ma
ogni illusione si era completamente frantumata,ed entrambi erano perfettamente
consci di cosa stavano facendo.
Prima
che Christine potesse interrompere quello strano silenzio che era calato fra
loro, Erik estrasse di tasca un foglio spiegazzato e appallottolato.
La
ragazza sussultò,riconoscendo un foglio della propria carta da
lettere…
Ecco che fine ha fatto
la lettera che avevo scritto a Raoul….
Nella
confusione del suo torpore e degli avvenimenti recenti, si era completamente
scordata del benservito dato al fidanzato. Credeva avesse trovato la lettera.
Per questo motivo aveva chiesto a Madame di tenerlo lontano dalla sua stanza,
anche dopo essersi risvegliata…
Dunque
il povero Raoul non sapeva ancora nulla…
Erik
si schiarì la voce, resa roca dall’emozione che gli stringeva la
gola.
“Perché
hai scritto questa lettera al tuo fidanzato? Perché lo hai fatto,
rischiando di mandare al diavolo il tuo matrimonio,la tua vita? Se io non
l’avessi trovata…”
“Se
tu non l’avessi trovata le cose sarebbero già state sistemate. Ora
invece dovrò affrontarlo di nuovo.” Christine lo interruppe,con
una calma quasi rassegnata ad avvelenarle il tono.
“Non
capisci che in questo modo hai solo reso tutto più difficile?”
Erik
spalancò gli occhi.
Dunque
non aveva scritto quella lettera sulla base di un impulso momentaneo..,
possibile che credesse davvero alle cose che aveva raccontato a Raoul per
iscritto?
Non
poteva, non osava sperare tanto…
Christine
lo guardò con una nuova luce negli occhi.
“Erik
ti prego, canta per me. Canta come quella notte, la prima volta che mi hai
portato quaggiù. Quella canzone era semplicemente meravigliosa.”
Erik
aprì la bocca per cantare,ma la gola gli doleva,come se una mano lo
stesse soffocando.
Quelle
eccessive emozioni lo dilaniavano,lui così poco abituato al contatto con
gli esseri umani e con i loro sentimenti..
Christine
gli accarezzò lentamente il braccio,intrecciando la mano nella sua.
”Allora canterò io per te,anche se non sono sicura di rammentare
ogni parola…”
Chiuse
gli occhi, rievocando quelle note ormai lontane nel tempo.
“Quando
brami strane tentazioni
Quando
vuoi oscure sensazioni
Nella
notte senti
Immensi
sogni ardenti
Notte
lieve, colma di splendore
Chiama,
senti, offrile il tuo cuore
Guarda gli
occhi miei
Come in
sogno ti vorrei
Non
sarà la luce che davvero vuoi
La notte
è dolce musica per noi”
Erik
non potè trattenere un gemito.
Come
sembravano diverse quelle parole sulle labbra di Christine… rendevano
quel canto d’amore innocente eppure al tempo stesso lascivo,per le
fantasie che accendevano in lui, o meglio, per le fantasie che in lui giacevano
da anni, e a cui mai avrebbe pensato di poter condividere davvero con
lei….
“Chiudi
gli occhi ed arrenditi, adesso puoi
Per
salvarti i tuoi sogni infiammerò
Chiudi gli
occhi e il tuo angelo sarò
Fantasie
nel tuo calice berrò”
“Notte
nera che ti avvolge adesso
Tinte
tetre, sei in mio possesso
Vivi e
capirai, nell'immenso volerai
Se non hai
confini, so che tu lo puoi
La notte
è dolce musica per noi”
Christine
gli appoggiò la testa sul petto, e si lasciò serrare nel suo
possessivo abbraccio, come inebriata dalla musica che stava cantando,come uno
strumento che vibra al tocco del suo suonatore.
“Senti,
ormai la ragione è muta, fugge via
Coi
pensieri di un mondo non più tuo
Volerò
dove offenderci non può
Con l'idea
che perso in me ti avrò”
“Folle
scorre velenosa ebbrezza
Dammi,
ama, prendi ogni carezza
Resteremo
qui, lascia nascere così
Quell'immagine
d'amore che tu vuoi
Può
tutto questa musica per noi…”
Pronunciò
quest’ultima frase alzando sul suo viso occhi spalancati e teneri, gli
occhi di una bambina sperduta che sente finalmente, dopo lungo vagare, di aver
trovato la sua casa, il posto che le spetta nel mondo, il destino per cui
è nata.
Ed
Erik si chinò su di lei, catturando le sue labbra con le proprie,come a
reclamare per sempre il diritto di averla con sé, per sé, dentro
la sua stessa anima infuocata.
There for me, every time I've been away
Will you be there for me, thinking of me everyday
Are you my destiny, words I never dared to say
Will you be there for me?
Just think of you and me, we could never tow the line
It's such a mystery just to hear you say you're mine
And while you're close to me, so close to me
Just hold me…
When you're feeling cold and all the city streets are grey
Walking all alone and watching how the children play
Voices in the wind and faces from the past go dancing by
They're asking why… Sarah
Brightman&Josh Groban,There for me
Si staccarono solo quando la vista cominciò loro ad annebbiarsi per
l’assenza da ossigeno.
Erik,completamente in balia dei sentimenti che provava,cadde in ginocchio
davanti a lei,stringendo convulsamente quelle piccole,delicate mani fra le sue.
Strinse quelle dita sottili, mentre una profonda emozione gli incrinava la
voce.
“Christine…ti ho amato fin dal primo momento. So bene di avere
poco,nulla da offrirti…e forse per poco tempo soltanto. Ma..” si
interruppe come per raccogliere le forze,e proseguì esitante.
“Avrei voluto che ci fossimo incontrati in un’ora più felice
in questo mondo,in un posto diverso…le nostre anime racchiuse dietro
diversi volti.”
Tacque per un attimo.
“Avrei voluto che il nostro amore avesse il tempo di fiorire, sbocciare e
maturare lentamente…compiuto e perfetto. E invece,qui davanti a te ci
sono soltanto io,con il disperato,smisurato bisogno che ho di te…”
“Erik,tu…tu mi ami?”chiese piano Christine,come esitante.
Le mani nervose di Erik la strinsero più forte.
“Non esistono parole con cui descrivere l’amore che provo per te.
La vita mi è insopportabile ogni volta che ti sono
lontano…Dio,credevo di morire nei mesi passati! Quando odo il suono della
tua voce,quando sento il tuo passo…quando posso gustare il tuo tocco
sulle mie mani,io..”
“Erik…” balbettò lei in modo quasi incoerente,come
stordita, quasi incapace di penetrare a fondo il significato di quelle parole.
“tu…mi ami..tu mi ami…”ripetè come una nenia.
“Dopo tutto questo..ancora mi ami…”
Erik si premette le dita sottili di lei sul volto nudo, baciando quelle dita
delicate.
“Ti amo quasi troppo per una sola
vita,Christine…”bisbigliò con voce soffocata.
“Ma Christine,Angelo…riesci ad immaginare la gravità di
quello che ti sto chiedendo? Capisci quale sacrificio..”
Rapidamente,Christine si curvò e lo attirò a
sé,stringendolo teneramente al seno.
“So soltanto che ti amo” gli sussurrò in risposta.
“E che il tuo posto ora è fra le mie braccia.”
Le loro labbra si incontrarono di nuovo,parlando il vero linguaggio
dell’amore.
Lui la strinse in un abbraccio così travolgente che nulla parve
più esistere attorno a lei.
Will you be there for me, everytime I go
away
Will you be there for me, thinking of me everyday
Are you my destiny, words I never dared to say
Will you be there for me?
And while you're close to me, so close to me
Just hold me
Can you really want me more than for a little while?
What are the stories hiding there behind your smile?
Wishes in a dream and figures in a world that I could share
And everywhere
Will you be there for me
Will there ever come a day when all the world can see
Things were meant to be that way
Will you be there for me?
Can you hear the people say
That you're just
There for me.. Sarah
Brightman&Josh Groban,There for me
Christine aveva l’impressione di soffocare, d’essere trascinata in
un abisso oscuro di inesistenza,completamente incapace di pensare.
Gli occhi le si riempirono di lacrime,non sapeva neppure lei se di dolore,di
sollievo o di felicità.
Tuttavia,dopo un tempo che le sembrò fin troppo lungo,eppure
brevissimo,si raddrizzò e si asciugò le lacrime dal viso con
l’orlo di una manica.
Dunque è questo ciò che si prova…
Erik si rialzò,e l’attirò di nuovo stretta nel suo
abbraccio.
Ma questa volta sembrava deciso a non volerla turbare, o spaventare in nessun
modo.
Le bisbigliò piano all’orecchio: “Christine…dimmi che
anche tu mi ami.”
Christine si irrigidì nelle sue braccia.
“Senti di dovermelo chiedere?”
La sua bocca era premuta così strettamente contro le labbra di lui che
si chiese come potessero davvero intendere le parole l’uno
dell’altra.
“No,”rispose lui “ non è necessario che te lo
chieda…ma voglio sentirtelo dire.”
Deglutì a fatica. Non aveva mai udito nessuno dirgli una cosa simile,non
riusciva neppure ad immaginare come si sarebbe sentito…dopo.
“Non credo di poter continuare a vivere,altrimenti.”
All’improvviso Christine comprese cosa significava per lui quella
semplice frase.
Si sentì come se un potere divino le scorresse nelle vene,la ubriacasse
fin nel profondo.
Erik desiderava disperatamente quelle semplici,comuni parole..
Si staccò da lui,lo guardò nel profondo degli occhi e
mormorò:
“Ti amo Erik…credo di averti sempre amato” sospirò
“anche quando ero terrorizzata da te. In realtà ero molto
più terrorizzata da me stessa,dai sentimenti che provavo per la prima
volta.”
Lui le toccava le dita soltanto,ora,ma quel tocco era più intimo di un
appassionato abbraccio.
Christine in cuor suo avrebbe voluto che lui la stringesse ancora : tuttavia
sapeva che,se l’avesse fatto,lei sola sarebbe stata responsabile di
quanto poteva accadere.
Ripete sottovoce: “Erik..”
“Cosa c’è,angelo mio?” le domandò lui
incuriosito.
Christine sorrise, leggermente imbarazzata.
“Credo…credo di aver desiderato soltanto pronunciare il tuo
nome!”
Ammise con un sopraffacente senso di stupore.
“Erik…è un nome così bello…”
Erik la strinse di nuovo a sé,ma con dolcezza,quasi come temesse di
spezzarla.
“Mia piccola,adorata Christine.. Oddio,in questo momento non so
più nulla,non so più cosa voglio,ma non intendo sedurti.. io ti
amo, Christine,capisci!Ti amo!”
Sembrava esausto e disperato adesso.
“Ti amo..volevo dirtelo e cercare di farti comprendere…”
“Erik,io ti comprendo.” Disse soltanto Christine,stringendogli la
mano.
Rabbrividì per una folata gelida,ed Erik spalancò gli occhi nel
rendersene conto.
“Sei così poco vestita,e qui c’è tanta
umidità…aspetta, ti prendo un mantello.”
Scomparve rapidamente in un’altra stanza,e tornò con un mantello
lungo e morbido, di color azzurro cupo,e glielo drappeggiò sulle spalle.
L’aria laggiù era gelida, e nonostante il mantello Christine
continuò a rabbrividire.
Era strano…nonostante la felicità di quel momento attuale,
avvertiva un sottile presagio di pericolo,che sembrava aleggiare
nell’aria.
Persa nelle viscere della terra, lontana dal mondo quotidiano, le sembrava di
sentire l’oscurità gemere nel profondo,ed avvertiva una
insopportabile pesantezza che le offuscava mente e cuore.
A stento riuscì a trovare la forza di volontà necessaria a
camminare,e si appoggiò contro il petto di Erik.
Lui la baciò di nuovo,con tenerezza.
Ma nei suoi occhi la tenerezza aveva lasciato spazio ad un insopprimibile
desiderio.
Troppo a lungo l’aveva sognata…ed ora che la teneva fra le
braccia,non sapeva per quanto sarebbe riuscito a resisterle.
Christine sentiva uno strano calore pervaderle il corpo.
Non provava una vera paura,soltanto una strana inquietudine…
Ma questo era solo un pensiero sepolto nel profondo del suo essere:nel battito
del suo cuore, nella sua mente c’era posto per Erik soltanto.
Nella stanza c’era buio e silenzio,un’atmosfera quasi
sovrannaturale,una luce livida appena sufficiente a vedere l’imponente
letto a forma di cigno,intagliato nel nero ebano e ricoperto da velluto rosso.
Christine si staccò da Erik, e si sedette sul bordo del letto,mentre
Erik la guardava, spalancando quasi la bocca per la sorpresa che quella
decisione provocava in lui.
Erik tese un braccio a sfiorarle una guancia, e tirò lentamente uno dei
suoi riccioli ribelli, stringendolo fra le dita,e contemplandola a lungo.
Nulla aveva più importanza, se non le loro anime,e i loro corpi
trasfigurati.
Si sedette accanto a lei, e le passò un braccio intorno alla vita.
Erik si sporse verso il candelabro per spegnere le poche candele accese,ma
Christine lo fermò.
Non desiderava la completa oscurità,e non era per nulla impaurita da
ciò che stava per accadere.
Gli sorrise,per rassicurarlo.
Gli passò piano una mano fra i capelli,e la attirò verso di
sé,stendendosi sul letto.
Erano giunti davvero al punto di non ritorno.
La stagione dell'amore viene e va,
all'improvviso senza accorgerti, la vivrai, ti sorprenderà. Ne abbiamo avute di occasioni
perdendole; non rimpiangerle, non rimpiangerle mai.
Ancora un'altro entusiasmo ti farà pulsare il
cuore.
Nuove possibilità per conoscersi
e gli orizzonti perduti non ritornano mai.
La stagione dell'amore tornerà
con le paure e le scommesse questa volta quanto durerà…
Fiorella Mannoia,La stagione dell’amore
Non riusciva a rendersi conto di quante ore fossero passate. Minuti,ore,giorni…non ne aveva idea e non le
importava affatto.
Provava solo un po’ di apprensione per quanto
stava probabilmente succedendo al piano superiore.
Raoul doveva aver dato immediatamente l’allarme per la sua scomparsa, e
certamente anche Meg e Madame la stavano cercando ovunque,preoccupate…o
forse no.
Forse le sue buone amiche avevano capito cos’era successo, del resto
entrambe erano a conoscenza di quel passaggio dietro lo specchio del
camerino… ma avrebbero creduto che lei fosse scesa laggiù
volontariamente,e non sotto costrizione o minaccia?
Sospirò.
Quel senso inspiegabile di inquietudine stava di nuovo
prendendo il sopravvento su di lei.
Era riuscita a liberarsene solo mentre perdeva
sé stessa fra le braccia del suo angelo,mentre risorgeva a vita
nuova,come solo un’anima immortale riesce a fare.
In quegli istanti l’intero universo si era dissolto, rimescolato, aveva
stravolto ogni legge terrena per consentire loro di amarsi.
Ma gli incantesimi si spezzano facilmente..e Christine non riusciva a liberarsi
dalla paura,dal pensiero fisso della vendetta che Barion voleva portare a
compimento.
In un modo o nell’altro doveva assolutamente trascinare Erik fuori dall’Opera…era troppo rischioso per lui
rimanere.
Il suo regno era già stato violato una volta..cosa
sarebbe successo,se fosse accaduto di nuovo?
Si mosse appena,sollevando il capo e girandosi a guardare l’uomo che
giaceva addormentato accanto a lei.
Le stringeva ancora una mano, stretta contro il suo petto,come
un bambino…
Si sentì assalire da un’improvvisa ondata di tenerezza e amore.
Finalmente il suo angelo avrebbe avuto tutto ciò che per anni aveva
soltanto immaginato,sperato,idealizzato…e che
senza colpa un destino crudele gli aveva sottratto dalla nascita.
L’amore che spetta ad ogni essere umano.
Come se lo sguardo carezzevole di lei lo avesse raggiunto nelle
profondità del sonno,Erik aprì lentamente gli occhi. Per una
frazione di secondo,nel passaggio dal sonno alla
veglia, la sua razionalità gli suggerì che tutto quanto aveva
vissuto con la sua Christine non poteva essere stato che un sogno.
Ma il calore di quella mano,e il sorriso grato e
felice che si trovò davanti fugarono ogni suo dubbio a riguardo.
Erano finiti gli anni freddi e bui del sogno,del
dolore, della gelosia.
Christine era lì con lui.
L’afferrò per i fianchi,e la strinse a
sé con forza, passandole una mano fra i capelli.
“Mia,mia,mia.”
Non disse altro,ma quell’unica parola era
infinitamente eloquente.
E Christine si sentì finalmente al sicuro e in pace con sé
stessa.
Nel frattempo,all’Opera Populaire era scoppiata
una guerra.
Da un lato erano schierate Madame e sua figlia Meg,le quali sostenevano contro
ogni evidenza che probabilmente Christine, dopo essersi sentita meglio, era
uscita dal teatro.
Forse per far visita alla tomba del padre, o forse alla vecchia madame Valerius,che giaceva ancora a letto,molto malata. Il fatto che i
suoi abituali vestiti si trovassero ancora nella stanza
non era di per sé prova di nulla: la ragazza poteva aver indossato uno
dei molti vestiti di cui il Visconte le aveva fatto generosamente dono negli
ultimi mesi….
Secondo le due donne,era molto più prudente
tenere questo fatto nascosto a Barion e al suo drappello di guardie. Se
avessero subodorato qualcosa,ne sarebbe scoppiato solo
un inutile scandalo da titolone su Epoch, e sarebbe stata una pubblicità
assai negativa non solo per Christine,ma per il teatro stesso…e Dio sa se
di scandali ne avevano già avuti abbastanza nei mesi passati!!!
Dall’altro lato si schierava fieramente Raoul de Chagny, immensamente
preoccupato per la sorte della sua fidanzata. Più terrorizzato che
preoccupato,in verità.
Non aveva pensato per un solo istante che Christine potesse
aver abbandonato la struttura,anzi.
Era più che sicuro che il Fantasma l’avesse rapita di nuovo,
avvincendola nella sua oscura magia e trascinandola priva di volontà
negli abissi del suo inferno.
Non voleva neppure lui tirare in ballo la polizia, né l’ispettore
Barion, che sin dal primo momento gli aveva ispirato uno strano ribrezzo,lo stesso che si prova davanti ad un serpente.
Si è affascinati dalla sua vista, ma se ne intuisce senza fallo il
mortale pericolo.
Tuttavia non scorgeva altro mezzo per affrontare la questione,dal
momento che non si sentiva in grado di scendere per l’ennesima volta
là sotto,fra le mortali trappole del fantasma e la sua spietata mano
d’assassino.
Il Visconte non era un uomo pavido, ma il lanciarsi in una simile impresa era
stato sciocco da parte sua…la prima volta. Ritentare la sorte sarebbe
stato un errore imperdonabile.
Se lui e la sua amata Christine erano riusciti una
volta a sfuggire alla bestia, non avrebbero avuto di nuovo la stessa fortuna,
di questo era sicuro.
Il Fantasma aveva compreso di aver commesso un errore nel lasciarsi sfuggire
così la donna che rappresentava la sua ossessione,la
sua unica ragione di vita in quel baratro di pazzia.
Questa volta non la lascerà andare.
Nella terza fazione di questa strana battaglia si schieravano praticamente tutti gli altri lavoranti e attori del teatro,
capeggiati dagli impresari, completamente terrorizzati come pochi mesi prima, e
da una Carlotta inviperita e strepitante che pronunciava in spagnolo frasi
irripetibili per orecchie beneducate.
Questa compatta massa di persone non vedeva altra soluzione possibile se non
darsela a gambe, spalancando le porte del teatro alla Gendarmerie, alla
polizia, all’esercito e a chiunque diavolo avesse abbastanza fegato da
immischiarsi in quella maledetta faccenda!
Anche loro erano convinti che il Fantasma avesse portato a termine un suo
diabolico piano per rapire la giovane cantante, sebbene la Carlotta
avesse più volte acidamente rimarcato che, in ogni caso,non si poteva
parlare di rapimento,perché mademoiselle Daee era stata probabilmente
più che felice di ricongiungersi al suo antico amante.
La Diva aveva il
dente avvelenato dalla gelosia e dall’odio che provava per la sua bella e
talentuosa rivale, questo era risaputo: e quindi nessuno diede il minimo peso
al suo commento. Eppure, la donna anche se involontariamente aveva visto
giusto…
…e l’unico a riflettere su questa cosa e a cominciare a vagliare
effettivamente la possibilità che Christine avesse scelto di seguirlo
laggiù.
No,no,non era possibile.
Christine amava lui,aveva accettato di diventare sua
moglie,e…
E allora perché in quegli ultimi giorni dal suo rientro al mondo
dell’Opera, aveva fatto di tutto per evitarlo?
Si era perfino negata quella mattina, dopo essersi svegliata dal suo torpore
artificiale…
Era possibile che amasse ancora quel mostro…che lo avesse mai davvero
amato?
…Non dire no, che ti conosco e lo so
Cosa pensi
Non dirmi no.
È già da un po' che non ti sento
Parlare d'amore
Usare il tempo al futuro per noi
E non serve ripetere ancora che tu mi vuoi
Perché ora non c'è quel tuo
Sorriso al mattino per me
Perché non mi dai più niente di te..
Laura Pausini,Seamisai
Raoul era riuscito a fornirsi una ottima spiegazione razionale per quanto era
accaduto la notte della rappresentazione del Don Juan Triumphant.
E’ vero, aveva sofferto le pene d’amore della gelosia più
crudele,nel vedere la sua fidanzata,la sua dolcissima
Christine,persa nell’oscuro e sensuale abbraccio del micidiale Fantasma
dell’Opera,stretta a lui in un gesto appassionato ed intimo.
Ma non bisognava dimenticare che le parole di quell’opera maledetta e
blasfema,erano state scritte proprio dal genio perverso e mefistofelico del
Fantasma. Christine non aveva scelta…doveva cantare le sue battute, e
preda della musica e dell’emozione di trovarsi sul palco davanti a tutta
Parigi, forse non si era neppure resa conto, all’inizio,che
il suo compagno non era il vecchio Ubaldo Piangi,ma il suo spasimante
demoniaco…
..ed ovviamente quando se ne era resa conto,era troppo tardi per fuggire. Aveva dovuto stare al gioco, fingere per salvare la
sua stessa vita e quella di tutti i presenti in sala.
Dio solo poteva immaginare,altrimenti,che carneficina
sarebbe accaduta.
Altro che caduta del lampadario,se Christine lo avesse
fuggito!!
Raoul sospirò di rabbia e tristezza,a quel pensiero.
Forse si era sempre ingannato, aveva semplicemente chiuso gli occhi davanti ad
una realtà che gli era intollerabile immaginare. Cosa posso fare? Come posso
essere certo di non essermi sbagliato..come posso sapere che Christine lo ama
davvero, che non è stata costretta a fare ciò che ha fatto?
Il Visconte si alzò d’improvviso dalla seggiola su cui era
seduto,e battè vigorosamente il pugno sul tavolo. Lo strepito che si
agitava per la stanza tacque immediatamente,e decine
di occhi incuriositi lo fissarono, attendendo la sua decisione.
In fin dei conti, il mecenate era lui,e a lui spettava l’ultima parola,in
un frangente così delicato…l’idea poi che la vittima di tale
crimine fosse la sua stessa fidanzata faceva correre un brivido di eccitazione
e curiosità fra le ballerine,pronte a riconoscere i sintomi di una
tragedia romantica in ogni banale evento quotidiano…figuriamoci in un
momento simile!
Il Visconte si schiarì la voce prima di iniziare il suo discorso.
Il sentirsi al centro dell’attenzione lo innervosiva sempre,da quando era
soltanto un bambino.
“Signori, ho deciso che è una decisione molto più saggia
affidarsi alle menti esperte della Gendarmerie e della polizia parigina. Non
potremmo venire a capo di questo mistero,senza il loro indispensabile aiuto.
Perciò, da questo momento il teatro dovrà essere
evacuato,nell’attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine.”
Un subitaneo brusio di protesta si levò dal gruppo.
Mancavano solo pochi giorni al debutto stagionale,e sembrava una vera tragedia
perdere ore preziose di prove,e quello che è peggio,nessuno avrebbe
potuto assicurare loro che lo spettacolo si sarebbe potuto effettivamente
svolgere.
Ci sarebbero voluti giorni interi, forse anche settimane, per perlustrare gli
infiniti sotterranei dell’Opera Populaire.
E nel frattempo,di loro che sarebbe stato? Fuori dal teatro non erano nulla e
nessuno…
Questa era la triste realtà.
Fuori dal palcoscenico, nessuno di loro aveva una vita propria.
La loro intera esistenza passava quietamente fra fondali e prove, romanze e
balletti in cui riviveva lo spirito immortale di un compositore e dei suoi
personaggi mitici ed eterei…ma questo era tutto.
La storia non si sarebbe ricordata di loro,semplici esecutori materiali del
genio di qualcun altro.
Per la prima volta quella buona gente si trovava faccia a faccia con la propria
totale inadeguatezza davanti al mondo reale,che cominciava fuori dalle porte
dorate e massicce dell’Opera Populaire.
Il Visconte alzò imperiosamente un braccio, riportando il silenzio nella
sala.
Era quasi stupefatto dal sangue freddo che sembrava possedere,in un simile
momento.
“Per prima cosa,dunque,vorrei che recuperaste i vostri effetti personali
e foste pronti a lasciare il teatro entro questa sera. Da quel momento in
poi,l’edificio sarà sottoposto alle indagini, e la nostra presenza
qui sarebbe inopportuna e anche pericolosa. Manderò io stesso un
dispaccio all’ispettore Barion per convocarlo,con i suoi uomini,il prima
possibile. Vi ringrazio,per la vostra attenzione. Andate,ora.”
Ballerine e lavoranti uscirono borbottando,mentre monsieur Andre e monsieur
Firmin, sudati e balbettanti, sostenevano la povera Carlotta,che preda di una
crisi di nervi era crollata svenuta come un sasso in mezzo alla stanza.
Meg e Madame Giry stavano uscendo dalla sala insieme a tutti gli altri,ma
furono fermate da Raoul.
“Madame,aspettate. Vi devo parlare.”
Madame Giry fissò incuriosita il Visconte,stupefatta dalla
serietà e dalla forza del suo tono.
“Monsieur le Vicomte, devo preparare i bagagli,non posso
aspettare…” cercò di oltrepassarlo,ma il ragazzo le
sbarrò la strada.
“Voi non credete affatto che Christine abbia lasciato il teatro. Per una
volta nella vostra vita,siate sincera!”
Era risoluto e disperato al contempo.
Pessima accoppiata di emozioni. Madame si sentiva a disagio.
Fu allora che intervenne Meg.
“Monsieur…lasciate passare la mamma. Non abbiamo nulla a che fare
con questa storia,non potete rimproverarci nulla.” Sembrava sincera,anche
se tradiva un certo nervosismo.
Non comprendeva perché Christine sentisse la necessità di mandare
al diavolo un futuro sereno con un uomo perbene per inseguire una fantasia
romantica, un angelo idealizzato ma assolutamente non reale.
Ma la sua amica aveva diritto di vivere la propria vita come meglio credeva, e
né lei né nessun altro avrebbero dovuto interferire…lo
avevano già fatto in passato, e nonostante le migliori intenzioni erano
accadute soltanto disgrazie a ripetizione.
Proseguì,rincuorata da queste riflessioni.
“Christine non è una sciocca,ma pare che voi la riteniate tale.
Qualunque cosa le sia accaduta, saprà gestire al meglio la situazione.
Sa badare a sé stessa.”
Il Visconte perse la poca pazienza che gli era rimasta. Afferrò Meg per
le spalle e la scosse brutalmente.
“Non so se Christine si comporti da sciocca o meno, ma tu certamente lo
sei,ragazzina! Hai già dimenticato cosa stava per accadere alla tua
amica,solo pochi mesi fa, fra le mani di quel pazzo omicida?”
Meg si staccò bruscamente da lui,e con voce asciutta riferì
ciò che da mesi pensava,e non aveva mai osato esprimere a voce alta.
“Veramente, monsieur, quella notte non è accaduto nulla di male a
Christine. Piuttosto, se non fosse stato per lei, sarebbe accaduto qualcosa di
male a VOI!”
Il Visconte era di nuovo preda dei suoi dubbi.
Perfino quella stupida bambina lo riteneva così incapace,così
immeritevole dell’amore di Christine.
Meg Giry era sempre stata la migliore amica di Christine. Possibile che con lei
si fosse confidata?
Certo doveva averle parlato della sua attrazione per
quell’uomo…perché di attrazione si trattava certamente,non
poteva essere amore….
Sospirò pesantemente.
“Vi chiedo scusa, mademoiselle Giry. Cercate di perdonare il mio
abominevole comportamento,sono sconvolto e…beh,ora è meglio che
vada anch’io..”
Meg non era sicura di ciò che aveva visto,mentre il Visconte
frettolosamente si rinfilava guanti e cappello e usciva precipitosamente nel
corridoio,…ma avrebbe giurato che si trattavano di due lacrime di rabbia
e gelosia, quelle che ora scendevano inesorabili sulle guance arrossate del
povero giovane.
Nel frattempo, Christine si era svegliata,per la seconda volta,quel giorno.
Avevano fatto l’more,di nuovo,con una tenerezza ed un’estasi che
non avrebbe mai immaginato possibili.
Erik era nuovamente sprofondato nel sonno.
Christine, con movimenti lenti e misurati,in assoluto silenzio per non
svegliarlo, scivolò fuori dal letto.
Non perse tempo a rivestirsi,e si drappeggiò soltanto,intorno alle
spalle,come un’antica vestale, il mantello color del cielo.
Fece qualche passo incerto nel buio del rifugio sotterraneo.
Era stata varie volte in quel mondo parallelo e diverso da quello
reale…eppure non riusciva ancora a capacitarsi di come Erik avesse potuto
vivere per anni in quel posto.
Certo,era suggestivo,anche oscuramente affascinante… per qualche ora. Ma
non per una vita intera.
Sarebbe impazzita se avesse dovuto vivere laggiù per sempre.
Scacciò con fastidio quel pensiero, rimproverandosi perfino di averlo
formulato.
Non avrebbe avuto alcun bisogno di vivere laggiù,del resto.
Ora che Erik era sicuro del suo amore, non le avrebbe impedito di fare ritorno
alla luce.
Lei in ogni caso sarebbe sempre tornata dal suo angelo,dal suo maestro,
dall’uomo che le aveva strappato l’anima dal cuore,per unirla alla
sua.
Eppure,…continuava a sentirsi inquieta.
Rabbrividì,e si strinse il mantello indosso.
Faceva davvero troppo freddo,là sotto.
Decise di ritornare a letto…fra le braccia di Erik non avrebbe avuto
né brutti pensieri né brividi inopportuni.
Ritornando accanto al giaciglio,sorrise imbarazzata nel vedere i loro
abiti,mescolati e abbandonati in una lunga scia che portava fino al Cigno.
Si chinò e raccolse gli indumenti, appoggiandoli poi ad una poltroncina
poco distante.
Da ultimo, prese in mano la giacca di Erik,e da una tasca cadde un sottile
laccio, che immediatamente riconobbe come l’arma micidiale che spesso,in passato,
aveva usato.
Raccolse quell’oggetto all’apparenza inoffensivo, e lo strinse
convulsamente fra le mani.
Di quante morti innocenti,era stato responsabile?
Alzò gli occhi,tremando,e vide che Erik la stava osservando.
Mi ameresti anche al buio mi ameresti
con che slancio e che passione lo faresti
senza trucchi disonesti mi ameresti non lo so
e vivresti di quel poco che ti do...
Sembra facile lanciarsi
ma non è sempre così
con i giorni che ti inseguono
e ti inchioderanno lì.
Le promesse son le stesse, come i gesti
la paura di sentirsi un po’ diversi
quei percorsi delle mani
quell’idea di libertà
l’illusione che domani
quel tormento passerà
io non sono più sicuro
di riuscire a dirti si
d’inventarmi chissà cosa
per tenerti ancora qui...
Devi fuggire adesso
vai via tranquilla, mentre dormo vai via
ma fallo prima ch’io cambi idea...
Mi arrangerò promesso
non sarò io quello crudele
non sarò io il grande seduttore
ora che puoi
non farti male
vai via così
senza nessun rumore, rimorso, rancore...vai!
Mi ameresti. Non provarci perderesti.
Da una vita stravissuta che ti aspetti
noi non siamo tutti uguali
ma l’amore non lo sa
e fa danni devastanti ovunque va...
è difficile capire
il momento quale sia
se lottare o rinunciare
se è un bisogno o una mania...
Mi ameresti sono certo mi ameresti
come è vero che col tempo capiresti...
Che il sorriso che ho da darti
sufficiente non sarà
perché ha già viaggiato tanto
quanto è stanco non si sa
c’è più amore a scoraggiarti
a mentirti perché no
quello che meriteresti
è il coraggio che non ho...
Devi fuggire adesso
vai più veloce e più lontana che puoi
spezzami il cuore se ce la fai
non esitare troppo
se capirò che sei importante
che senza te la vita è niente, allora
t’impedirò di farmi male
io sparirò senza nessun rumore...rimorso...rancore...
Via! Via! Via! Via
Renato Zero, Mi ameresti
Christine sentì le guance avvampare sotto lo sguardo di Erik.
Lui non le disse nulla,semplicemente si alzò e le strappò quel
laccio di mano, un’espressione indecifrabile sul viso. Era come se
fosse…arrabbiato con lei.
Istintivamente tese una mano nella sua direzione,ma lui le voltò le
spalle.
Rigirando il laccio fra le mani, fece qualche passo, e poi lo gettò su
un tavolino poco distante.
Senza aggiungere una parola,diede un pugno esasperato alla parete.
Christine si sentiva di nuovo debole,la testa le pulsava ed uno strano senso di
nausea la stava pervadendo. Inghiottì l’amara saliva che le
riempiva la bocca e gli si avvicinò.
Neppure lei disse una parola,ma si appoggiò alla sua
schiena,abbracciandolo da dietro.
Lui rimase fermo per qualche istante,poi le sfiorò le mani con le
proprie.
“Christine… mi dispiace. Ma questo è quello che sono,mi
dispiace se in qualche modo ti ho illusa. Non ti ho mai promesso di
cambiare,non ti ho mai mentito.”
Il suo tono era amaro,come deluso di sé stesso.
Lei lo strinse con più forza.
“Non ho bisogno di stupide promesse,Erik. Non ti chiedo di promettere di
cambiare,dall’oggi al domani. Ma sarà la vita che vivremo
d’ora in poi a cambiarti,senza che tu te ne accorga. L’amore
è la magia più potente che esista,un sortilegio a cui nessuno di
noi può sottrarsi. So che non ucciderai mai più,se non vi sarai
costretto per legittima difesa.”
Lo fece voltare lentamente davanti a sé,e lo fissò con tenera
determinazione negli occhi.
“D’ora in poi ogni volta che penserai di dover uccidere,vedrai
davanti a te i miei occhi, e gli occhi con cui un giorno ti guarderanno i
nostri figli. E prenderai la scelta migliore,la più saggia.”
Erik fece un passo indietro,fissandola sbalordito.
Non aveva mai contemplato seriamente l’idea di avere una famiglia con
lei.
Neppure nelle ultime ore era riuscito a perdersi in un simile castello in
aria….
È vero,lei aveva detto d’amarlo.
Ma anche quella sovrumana felicità sarebbe presto finita,era
inevitabile…
Christine non sarebbe mai rimasta a vivere laggiù con lui,non avrebbe
mai potuto domandarle un simile perpetuo sacrificio…e certamente un luogo
simile non sarebbe stato adatto a crescere dei bambini….che avrebbero
potuto oltretutto nascere deformi ed orribili quanto lui!
No,simili pensieri non si potevano certo tradurre in realtà…
…eppure Christine continuava a guardarlo serenamente,con tutta la forza
del suo amore e del suo spirito di sacrificio….
“Erik…cosa c’è? Perché mi fissi a questo
modo?”
Sembrava sinceramente stupita della sua reazione.
Lui strinse forte i pugni,mentre cercava di scegliere le parole più
adatte.
“Christine…non parlare di un futuro che non ci sarà mai. Io
sono una creatura della notte, dell’oscurità, di queste infernali
viscere della terra. Tu sei una giovane donna splendida,ed appartieni al mondo
della luce. Come pensi che potremo avere davvero un futuro?”
Christine impallidì di nuovo.
I suoi timori di poco prima stavano prendendo piede nella realtà.
Ma se voleva convincerlo a seguirla fuori dall’Opera,non c’era che
un modo d’agire.
L’unica strategia possibile…
“Io rimarrò qui, Erik. Qui con te,solo tu ed io.”
Lui spalancò di nuovo gli occhi,a metà fra l’indignato e
l’atterrito.
Come poteva pensare di gettare davvero la sua vita in un modo
simile…seppellendosi sottoterra senza che ve ne fosse un reale motivo?
Era forse completamente impazzita?
“Christine,non dire sciocchezze. Tu tornerai questa sera stessa,e-“
“No,non lo farò.”
Incrociò cocciutamente le braccia davanti al petto,come una bambina che
si ribella al proprio genitore.
“Se hai potuto confinarti tu quaggiù,senza che avessi alcuna colpa
da scontare, lo potrò fare anch’io. E non sarò neppure sola
come sei stato tu,per anni e anni…avrò te.”
“Ma non capisci?” ringhiò lui esasperato.
“Ti ammalerai,perderai la salute,la forza,la tua bellezza…non posso
permettere che tu faccia una sciocchezza simile! Per poco non ti ci ho costretto
io,un tempo,è vero, ma ero folle di amore e gelosia,ora non posso
pensare ad una cosa simile!”
“Erik,non rinuncerò a te. Se tu sei deciso a non abbandonare
questi sotterranei,a non uscire più nel mondo reale,allora io
rimarrò con te. Non ho intenzione di discuterne.”
Gli volse le spalle e prese a rivestirsi febbrilmente,come seccata da quella
conversazione.
Erik era completamente confuso e sbalordito.
Si accasciò sul pavimento, il viso fra le mani.
Dopo pochi secondi sentì la fresca mano di Christine sulla fronte.
Alzò il viso, ed incontrò il suo sguardo tranquillo e pieno
d’amore.
Il suo meraviglioso angelo era pronto a sacrificarsi per lui….
Si alzò,deciso.
Le prese il viso fra le mani e le baciò la fronte candida.
“Bene,ce ne andremo,allora. Questa sera stessa lasceremo il teatro,e
andremo dove tu vorrai.”
Christine dentro di sé esultò. Aveva raggiunto il suo scopo!
Gli accarezzò teneramente,per l’ennesima volta,la povera guancia
martoriata dal fato.
“Qualunque cosa succeda,io non ti lascerò. Ti amo,Erik.”
Lui la baciò con passione,e fu la sua risposta.
Chi mai
Sapra' capire gli occhi tuoi?
Chi potra' darti piu' di me
Chi ti proteggera'
Chissa' se l'hai capito tu...?
La testa mi ripete "lascialo!"
"e' il tuo momento, ce la farai!"
Peccato che pero'
Sfortunatamente io
Mi sento destinata a te
Ed io saro' dove sei
Dentro l'aria che respiri
Dovunque tu andrai
Sono destinata a te
Destinata solo a te
Disperatamente a te!
Ma si', lo so come mi vedi
Sempre indecisa tra un si' e un no
Ed io ti stupirei
Inesorabilmente se
Non fossi destinata a te
Ed io saro' dove sei
Dentro l'aria che respiri
Dovunque tu andrai
Sono destinata a te
Destinata solo a te
Sono destinata a te
Grease,versione italiana
Il bacio che suggellò la loro promessa per un futuro insieme fu
interrotto assai poco romanticamente da un tonfo sordo,e da un urlo
agghiacciante.
Erik vide Christine sbarrare gli occhi, e sbuffò seccato.
“Qualche idiota è caduto in uno dei miei trabocchetti.”
Christine istintivamente si coprì la bocca con una mano,gli occhi colmi
d’orrore.
Ma Erik si affrettò a tranquillizzarla.
“Non ti preoccupare,chiunque sia non è morto…è
semplicemente precipitato in qualche botola.”
Abbassò gli occhi. “Ho modificato le mie trappole,dopo la tua
visita dell’altro giorno. Non potevo pensare che tu o l’altra
ragazza, tornando, avreste potuto incorrere in un serio pericolo… ma allo
stesso tempo,a quanto pare, ho fatto bene a non disattivare del tutto le
botole.”
Digrignò mestamente i denti. “Non ci lasceranno mai in
pace!”
Christine lo prese per mano,supplichevole.
“Ti prego,andiamo a vedere di chi si tratta,e liberiamolo. Poi usciremo
di qui, subito. E’pericoloso indugiare a lungo…quel Barion prima o
poi capirà qualcosa!”
Erik annuì. In effetti non aveva una grande stima per le capacità
dell’investigatore, ma quando si è sotto il maligno effetto della
sete di vendetta,le nostre capacità si affinano notevolmente.
I due si incamminarono verso il corridoio esterno da cui erano provenute quelle
grida.
Vari piani più sopra,il Visconte de Chagny si aggirava per i saloni
deserti dell’Opera Populaire.
Quel luogo,solitamente rumoroso ed affollato, possedeva quasi una strana
sacralità,così immerso nella quiete. Come una stravagante,blasfema
cattedrale.
Si sentiva a disagio,pervaso da una strana tristezza,un amaro senso di
sconfitta e di abbandono.
Il ragazzo era in subbuglio.
Aveva fatto convocare l’ispettore Barion,e lo aspettava a minuti ormai.
D’improvviso udì grida infuriate provenire dall’atrio. Era
la voce di Barion.
Corse verso quell’ala,e vide il compassato ispettore scuotere
selvaggiamente uno dei suoi uomini, rimasto di guardia al teatro.
“Razza di dannato imbecille! Non dovevo affidarti una missione del
genere! Com’è possibile che quella ragazza non sia uscita dalla
propria camera? Dovrei credere che è semplicemente scomparsa nel nulla!?
No,è colpa tua! Ti sei assentato,forse anche solo pochi minuti, e lei ne
ha approfittato per fuggire e correre da quell’assassino! Dovrei farti
arrestare per questo!”
Gli appioppò un paio di solenni ceffoni,mentre il
ragazzo,balbettando,provava a scusarsi,a giustificarsi.
“La prego,ispettore,mi creda! Non è uscito nessuno da quella
stanza…è entrato il Visconte de Chagny per ultimo,ha bussato e non
avendo risposta ha spalancato la porta…pochi minuti dopo che lei stesso
era uscito…e la camera era vuota! Inspiegabilmente vuota! Di mademoiselle
Daae non c’era traccia da nessuna parte,ed io…”
L’ispettore si accorse della presenza del Visconte. Era troppo fuori di
sé per rispettare regole e norme dell’etichetta, così si
precipitò verso di lui e l’afferrò per il bavero della
giacca.
“Ascoltatemi,razza di stupido ragazzino viziato! Per me è di
vitale importanza trovare quell’uomo..e immagino che ora che ha rapito la
vostra futura sposa,” Sogghignò come folle “la cosa rivesta
una certa importanza anche per voi. Com’è possibile che Christine
Daae sia semplicemente scomparsa dal suo camerino? E’impossibile!”
Raoul de Chagny reagì indignato a questa aggressione verbale e fisica.
Si sottrasse all’inopportuna stretta dell’ispettore,lanciandogli
un’occhiata gelida.
Nel frattempo però nella sua mente si affollavano mille pensieri..ed un
ricordo in particolare.
Christine continuava a camminare verso la sua immagine,e la sua immagine
camminava verso di lei. Le due Christine,il corpo e il riflesso,finirono col
confondersi, e Raoul tese le braccia per stringerle di colpo entrambe.
Ma per una sorta di miracoloso abbacinamento,che lo fece barcollare, Raoul fu
gettato di colpo all’indietro, mentre un vento gelato gli spazzava il
viso; vide non più due,ma quattro,otto,venti Christine,che si misero a
girare attorno a lui con tale leggerezza,beffeggiandolo e sfuggendogli
così rapidamente che la sua mano non non potè toccare nessuna.
Alla fine tutto tornò immobile,e Raoul vide riflesso nello specchio solo
sé stesso. Ma Christine era sparita.
Si precipitò verso lo specchio,e lo urtò. Nessuno!
Ma certo,come aveva potuto essere così stupido! Il passaggio dietro lo
specchio, quello tramite cui il Fantasma aveva osservato Christine per
anni… la ragazza un giorno glielo aveva confidato,ma lui non aveva dato
peso a quelle fantasticherie. Immaginazione sovraeccitata di una bambina a dir
poco terrorizzata…
..ora invece era assalito dall’atroce dubbio che non si trattasse di un
sogno ad occhi aperti,ma della pura verità.
Doveva assolutamente sincerarsene.
“Ispettore,mi ritengo insultato da queste vostre parole! Non
dubitate,presto risponderete di questa ingiustificata offesa ai vostri diretti
superiori.”
Lo gelò di nuovo con un eloquente occhiata, di cui però
l’ispettore a malapena si avvide.
“Sarò nell’ufficio degli impresari,se avrete bisogno di me.
Altrimenti,vi prego di non disturbarmi. Come avete con poco tatto
sottolineato” inarcò drammaticamente le sopracciglia “la
scomparsa della mia fidanzata mi ha molto turbato,gradirei essere lasciato da
solo per un po’. A più tardi.”
Senza neppure attendere una qualche risposta,il Visconte gli voltò le
spalle e si incamminò lungo l’atrio.
Barion sembrò pensieroso per un attimo,poi sul suo viso nacque un
sorriso folle.
Certo,il Visconte pensava di avere a che fare con un completo idiota. Era bravo
a recitare il ragazzo,ma il vero idiota era lui,in fin dei conti.
Lo aveva informato, in modo del tutto superfluo, di volersi ritirare
nell’ufficio degli impresari, che si trovava nell’ala est del
teatro…
…allora perché marciava risoluto a grandi passi verso l’ala
ovest?
Quella,per intenderci,dove si trovavano camerini e dormitori….
Non poteva che esserci una spiegazione: il Visconte si stava recando nella
stanza della fidanzata.
A passi felpati, Barion si mise a seguirlo.
Erik e Christine si trovavano nel corridoio principale del sotterraneo.
In mezzo al pavimento si apriva una squarcio,la fatale botola che aveva fermato
l’inopportuno visitatore prima che giungesse nel dominio del Fantasma.
Quasi inconsciamente, Erik aveva assunto un’espressione feroce, che si
raddolcì in parte nel sentire la mano di Christine cercare
protettivamente la sua,nel buio.
La ragazza non sembrava aver alcuna paura.
“Probabilmente si tratta di qualche operaio ficcanaso, o di uno degli
scagnozzi di quel maledetto ispettore! Non ti far vedere..darò
un’occhiata io. A me non farebbero alcun male,se anche fossero
armati… per te è troppo pericoloso. Ti vogliono morto,in un modo o
nell’altro.”
Lui le afferrò un braccio. “Christine…fai attenzione,ti
prego.”
Lei gli sorrise spavalda. Ma cosa pensava,che fosse ancora una bambina?
Christine si avvicinò allo squarcio,da cui provenivano dei sordi gemiti.
Avrebbe giurato…
Spalancò gli occhi per l’orrore.
“Oh mio Dio! Meg!”
Christine era sbiancata d’improvviso,nel riconoscere,al fondo della
trappola, la sua buona amica Meg, rannicchiata e dolorante, che si lamentava
sommessamente stringendosi una caviglia fra le mani.
Erik si calò con una corda nella trappola,e in pochi secondi ne
uscì con la povera Meg aggrappata alla schiena.
Immediatamente la riportarono nel rifugio sul lago, dove Christine tentò
di fasciare la caviglia, evidentemente slogata, e di ripulire i graffi e le
escoriazioni superficiali che si era procurata nella rovinosa ed inaspettata
caduta.
Erik rimase in disparte durante tutte queste operazioni.
Si sentiva responsabile per quanto era successo… e ringraziò il
suo buonsenso per aver tolto i trabocchetti mortali di mezzo. Dio solo sa come
avrebbe reagito Christine,alla morte della sua amica…per colpa sua.
Aveva davvero avuto senso nascondersi a quel modo nel suo mondo sotterraneo,
spaventare ed uccidere chiunque gli si avvicinasse? Questo esilio volontario
gli aveva apportato forse qualche beneficio?
La sua vita era stata un deserto,prima e dopo l’arrivo all’Opera
Garnier…
… l’unico spiraglio di speranza e felicità,in tutto
questo,era proprio la sua Christine.
Decisamente,doveva darle retta,ed abbandonare quel luogo maledetto prima che le
colpe dei suoi precedenti,immondi peccati lo soffocassero con il peso della
loro vendetta.
Meg,una volta ripresasi dal dolore e dallo shock,ritrovò la sua solita
parlantina.
Strinse le mani dell’amica fra le sue,un’espressione angosciata sul
viso.
“Christine..come hai potuto?” gli occhi le si erano riempiti di
lacrime. “Stavamo impazzendo tutti per la preoccupazione…
perché sei scomparsa in quel modo? Ti ci ha costretto lui?”
Christine le sorrise,sfiorandole la fronte escoriata con la mano.
“Shhh Meg,cerca di riposarti… No,non sono stata costretta a venire
qui. L’ho fatto…”si volse,a cercare con occhi ansiosi ed
amorevoli la figura di Erik,semicelata nell’ombra, “..perchè
era quello che volevo. Quello che ho sempre voluto, e non ho avuto mai il
coraggio di pretendere dalla mia vita.”
Meg non sembrò stupita di questa appassionata confessione:
rincuorata,semmai.
Covava da tempo il sospetto che la devozione di Christine al suo Maestro,al suo
Angelo, non fosse altro che un sentimento ben più profondo,e solidamente
celato,con ostinazione,al mondo intero…perfino a sé stessa.
Nelle ultime ore non aveva avuto quasi più dubbi a riguardo…ma in
fin dei conti quell’uomo rimaneva un individuo pericoloso,che in qualche
modo avrebbe potuto convincerla con lusinghe o minacce a seguirlo.
Sentirla parlare con tanta tranquillità le fugava ogni dubbio.
Ma non era l’unico motivo per cui era scesa laggiù…
“Christine,dovete affrettarvi ad andarvene. Raoul ha fatto sgomberare il
teatro,e di qui a poco sarà invaso dalla polizia… non potete
restare. Sono scesa qui di nascosto da Maman solo per avvertirvi. Certo,”
alzò sarcasticamente la voce perché lui la udisse, “Non
pensavo che avrei rischiato la vita,venendo qui…”
Christine aveva perso il sorriso. Il senso di inquietudine che
l’avvolgeva da ore si faceva sempre più pressanti di fronte a
questa rivelazione inaspettata. Si programmava una caccia in piena regola,
dunque.
Se solo Raoul avesse letto quella maledetta lettera,pensò con rabbia.
Non c’era però tempo per analizzare i ma e i se. Dovevano agire in
fretta…
“Meg?te la senti di camminare?”
L’amica annuì,anche se non era sicura di reggere quella sofferenza
fino ai piani superiori. La caviglia slogata, sebbene immobilizzata alla
bell’e meglio,continuava a dolerle terribilmente.
Chissà quanto si arrabbierà maman…un po’
perché le ho disobbedito e sono ridiscesa quaggiù,e un po’
perché con la caviglia rotta non potrò danzare per parecchio
tempo…pensò amareggiata.
Il Visconte de Chagny era entrato nel camerino di Christine.
Come gli era familiare quella stanza… era lì che aveva ritrovato
la sua dolce compagna di giochi,solo pochi mesi prima. Non era più una
vispa bambina con le trecce e le gote arrossate per le troppe corse,ma una
splendida giovane donna.
Ne era rimasto letteralmente stregato,e non ne aveva fatto alcun mistero.
Aveva sopportato le critiche di amici, parenti..perfino del suo stesso amato
fratello.
Avrebbe fatto qualunque cosa per quella ragazza, pur di conquistare il suo
amore.. perchè lei accettasse di diventare sua moglie.
E aveva davvero fatto di tutto.
Non aveva sfidato solo i pettegolezzi,ma aveva rischiato la sua stessa vita per
strapparla dalle grinfie di quell’uomo perverso.
Credeva che fosse tutto finito,che presto avrebbero pensato a
quell’incubo come a un qualcosa di lontano, di smarrito nelle nebbie del
tempo…
E invece,non appena ebbe varcato la soglia di quella stanza,comprese di essersi
illuso. Amaramente illuso.
Su un basso tavolino accanto al letto,c’era una rosa.
Una rosa rossa,stretta in un nastro nero, che iniziava inesorabilmente ad
appassire,eppure spandeva ancora intorno il suo profumo intenso,forte…
quel fragrante effluvio gli diede quasi il capogiro.
Barcollando,accecato dalla rabbia, incespicò fino al grande specchio,che
copriva quasi tutta la parete di fondo.
Certo doveva esserci un marchingegno,un contrappeso…una dannata leva che
aprisse quel varco sull’Inferno!
Lo trovò. D’improvviso lo specchio iniziò a muoversi, e
lentamente girò sui cardini,svelando l’oscuro passaggio che
discendeva fino alla tana del mostro.
Deglutendo,sempre più determinato,afferrò un candelabro e si
introdusse nel passaggio segreto.
Sapeva che era quanto di più stupido potesse fare..ma aveva bisogno di
sapere.
E, comunque, dagli eventi accaduti sei mesi prima, non usciva mai di casa senza
essersi assicurato di avere il revolver carico nella tasca della giacca.
Nella fretta di scendere nel nascondiglio,però, il Visconte de Chagny
aveva commesso un imperdonabile errore.
Non aveva richiuso il passaggio dietro di sé…
E fu così,aperto ed invitante, che lo trovò l’ispettore
Barion pochi istanti dopo.
Dici bene, questo non è il posto mio,
Non l'ho deciso io …
Quando questa strada ha scelto me,
Chissà dov'era Dio!
Quando sceglievo fra il bene e il male…
Quando il mondo è dovunque uguale…
Quando niente non bastava, mai!
Quando studiavo da ingegnere,
E non avevo un ponte da progettare…
E sul quel ponte, sopravvivo!
Se mi cerchi, sono sempre qua!
Puntuale sono qua…
E la morte io già so cos'è…
Viaggia insieme a me!
Quando offrirò il mio profilo migliore…
Quando ho imparato che bisogna salire…
E fare finta che amore, tu non sai cos'è!
E ogni volta dirò che è la prima volta…
Affidandomi al caso e alla mia incoscienza…
Lasciando sull'asfalto, un po’ di me!
Senza sapere mai…
Che cosa sei ? Perché lo sai… E per chi!
Niente è più importante …
Salvami,
Dalla strada che non sa…
Fra giorno e notte, quanti figli ha!
Fra questa gente in cerca d'allegria,
Che compra e vende, questa pelle mia!
Salvami … Oh, no!
Io non cerco nelle tasche tue, la verità…
Salvami…
Dalla notte che verrà…
Senza mai un nome, senza identità…
Questa strada non è la mia,
Voglio presto fuggire, via!
Salvami!
Ma la fortuna nasce insieme a te…
O senza te…
Ti manca sempre un'occasione in più,
Perché tu non sia tu…
E allora…
Salvami!
Dalla strada che non sa…
Fra giorno e notte, quanti figli ha!
Questa strada, non è la mia!
Voglio presto fuggire, via!
Salvami!
Oh, no!
Oh, salvami!
Renato Zero,Salvami
Erik si era allontanato per un po’ dalle due ragazze,lievemente a
disagio.
Non si era ancora del tutto abituato a gestire il suo rapporto con
Christine..pretendere che riuscisse serenamente anche a dividere le sue
attenzioni con altri,sarebbe stato decisamente eccessivo.
Era poi tornato nella stanza in cui avevano fatto distendere Meg,ed era rimasto
per un attimo a contemplare quel semplice quadro. Due ragazze innocenti, che
scherzavano e sorridevano confidandosi e parlando di amore e sogni…
sentì una stretta al cuore.
Christine aveva perduto l’affetto dei suoi genitori,ma non aveva mai
conosciuto la desolazione del vuoto nel cuore, che deriva dal non avere mai
avuto l’affetto sincero di nessuno..per fortuna quella pena le era stata
risparmiata.
Ed ora quel meraviglioso angelo si voltava a guardarlo,con il sorriso sulle
labbra e la felicità negli occhi e nel cuore… non riusciva ancora
a capacitarsene completamente.
Si avvicinò alle due ragazze, e notò con un certo ironico
compiacimento che Meg si ritraeva istintivamente davanti a lui. Certo,che
stupido che era stato…non si era rimesso la maschera!
L’orrore della sua deformità era completamente visibile..
A dire il vero,non era riuscito a trovarla,quel mattino…ma lì per
lì non ci aveva badato.
Era strano come se ne fosse completamente scordato.
Proprio lui,abituato a passare giorni interi,settimane,mesi forse a pensare e
ripensare al suo spaventoso aspetto.
Ma c’era una ragione,se non gli era più successo,nelle ultime ore.
Christine.
Christine.
Sempre lei. Una costante nella sua vita.
Christine lo guardava con gli occhi dell’amore,senza notare,forse senza
neppure davvero vedere lo strazio del suo viso. Lo guardava come avrebbe
guardato ogni altro essere umano in grado di rubarle anima e cuore.
Per la prima volta dal giorno della sua nascita,si era sentito normale.
La maggior parte degli esseri umani lotta una vita intera per conquistare un
posto di rilievo,nella società,per sviluppare talenti o
particolarità che li rendano diversi dagli altri loro simili.
Lui possedeva straordinarie doti,un talento musicale inspiegabile, doti
intellettive superiori all’uomo comune… eppure avrebbe dato tutto
il suo talento,ogni goccia del suo maledetto sangue, per essere solo un giorno,
un’ora, un minuto… normale.
Si chinò verso Meg. Di nuovo,la ragazza si ritrasse,evidentemente
spaventata.
Quel gesto lo spazientì.
Senza dire una parola, aprì il piccolo vasetto che teneva fra le mani e
lo porse a Christine.
“sarà meglio che lo faccia tu…la piccola Meg non ha ancora
superato la paura del Fantasma,a quanto pare.
Spalmale la caviglia,servirà ad addormentare per un po’ il
dolore… riuscirà a camminare più facilmente.”
Detto questo, si allontanò di nuovo.
Ma rimase dietro la porta,ad ascoltare.
Christine spalmò delicatamente il balsamo sulla caviglia slogata, senza
dire una parola, e con le sopracciglia leggermente aggrottate in un implicito
gesto di rimprovero.
Meg se ne accorse,e si sentì a disagio.
Ma l’amica continuava a tacere.
“Christine…che cosa pretendi da me? La prima volta che siamo scese
quaggiù per poco non siamo morte strangolate, torno quaggiù per
avvertirti di un pericolo e ci è mancato un soffio che mi rompessi
l’osso del collo… potrei forse non essere spaventata?” si
morse il labbro inferiore.
“Lo so che tu lo ami…ma rimane un uomo pericoloso. Questo non devi
dimenticarlo.”
Christine la guardò con serietà. “No Meg,non è un
uomo pericoloso. Lo è stato,e ha avuto anche un mare di ragioni per
diventarlo. Non nego che nel passato si sia macchiato di colpe anche indegne,ma
esiste la redenzione per chiunque a questo mondo. E quindi anche per lui. Ho
fiducia in lui.”
Meg, da un lato scettica come era sempre stata,era però affascinata
dalla fede incrollabile che Christine dimostrava nei confronti del suo antico
mentore e nuovo amore.
Nei mesi passati il Fantasma aveva imperversato nel teatro come un’ombra
maligna, distruggendo e uccidendo tutto ciò che si poneva fra lui e la
sua Christine.
Era giunto a rapirla in scena,pazzo di gelosia, e a ricattarla giocando con la
vita del Visconte de Chagny.. potevano pochi mesi di forzata solitudine avergli
fatto recuperare davvero il senno?
Sorrise a Christine,riconoscente. Il balsamo stava iniziando davvero a fare
effetto…dunque le voci che narravano di incredibili talenti dello Spettro
anche in campi come la scienza e la medicina non erano infondati…
Si alzò zoppicando,e provò incerta qualche passo. La giunzione le
doleva ancora,ma saltellando sull’altro piede e reggendosi a Christine
era senza dubbio in grado di ritornare ai piani superiori.
Si avvide che il Fantasma non se ne era andato.
Rimaneva in ombra, abbastanza lontano da loro da non disturbarle e abbastanza
vicino da poter controllare la sua Christine…. No,non controllare.
Contemplare.
I suoi occhi blu,ardenti e spalancati sotto la maschera,così
contrastanti con il suo cereo pallore, erano indubbiamente gli occhi di un
pazzo.
Ma non erano nient’altro che gli occhi di un uomo pazzo d’amore,non
di un efferato assassino.
In quel momento,la paura di Meg svanì. Un uomo in grado di amare con
tanta intensità doveva per forza celare nel profondo del suo animo delle
buone qualità.
Se Christine continuava a pensare a lui come ad un angelo… avrà
avuto i suoi buoni motivi,no?
Timidamente,si avvicinò all’uomo,che teneva gli occhi bassi in
terra,come perso nei suoi pensieri.
Gli mise una mano sul braccio,e lo sentì sussultare.
Cercando di dominare la sua emozione,gli disse soltanto: “Grazie.”
Erik ancora una volta si sentiva estraneo a quelle parole,a quel comportamento.
Non era la prima volta, nel corso tumultuoso della sua vita, che compiva un
atto di altruismo.
Aveva spesso messo a frutto, in varie situazioni,la sua conoscenza delle erbe
medicinali e della fisiologia, ma perfino quando questi suoi rimedi avevano
salvato delle vite, non aveva avuto in cambio che sguardi di odio, di timore,
di diffidenza.
Sempre e solo quello.
Christine studiava a debita distanza quella scena,con un sorriso divertito ad
incresparle le labbra.
Non aveva avuto bisogno di parlare a Meg, di rimproverarla.
Sapeva che il cuore della ragazza era generoso, e che la sua paura del Fantasma
era l’ovvio frutto di una mente abituata ad imbeversi dei maligni
pettegolezzi, e delle crudeli passate azioni, del famigerato Fantasma.
Era commovente vedere l’inadeguatezza di entrambi loro a quella
situazione, ed il modo circospetto con cui sembravano guardarsi, parlarsi.
D’ora in poi per Erik sarebbe stato tutto diverso: doveva imparare che
non tutti gli essere umani erano crudeli. Avrebbe dovuto affrontare per
l’ennesima volta il mondo, ma ogni volta che sarebbe caduto, che avrebbe
perso la speranza,lei sarebbe stata al suo fianco, ad aiutarlo e motivarlo. Ad
amarlo.
Un grido lacerante straziò l’aria e li riscosse da quel magico
momento.
Il sangue di Christine gelò nelle sue vene,e dovette appoggiarsi al muro
per non cadere.
Capitolo 27 *** L'angoscia di un cuore spezzato ***
CAPITOLO 26: l'angoscia di un cuore spezzato
CAPITOLO 26: l'angoscia di un cuore spezzato
Dolce amore non fiatare
sono fin troppo angosciata dalle tue ansie
da quando ho scoperto di essere il tuo ripiego
ho provato vergogna per ciò che ho pensato
per ciò che avrei voluto fare e non ho fatto
per come avrei voluto ucciderti
sentivo l'odore
Mentre sprofondavi tra le sue labbra
pregavi perché non finisse
mentre ti annientavi tra le sue braccia
speravi che non fosse breve
Dolce amore randagio ecco cosa cercavi
tra i rifiuti e gli scarti del genere umano
talvolta il conflitto tra sacro e maligno mi sfianca
quel martellante pulsare di insano piacere
per ciò che avrei voluto fare e non ho fatto
per quanto avrei voluto infliggerti
sentivo l'odore
Mentre sprofondavi tra le sue braccia
pregavi perché non finisse
mentre ti annientavi tra le sue braccia
speravi che non fosse breve
che non fosse breve
che non fosse breve
che non fosse breve
e tutto questo per dirti solamente che
ho pagato fino in fondo
ho pagato fino in fondo
ho pagato fino in fondo….
Carmen Consoli, Sentivo l’odore
Raoul de Chagny pensava di essere preparato a tutto.
Ma in realtà non lo era.
Anche se sapeva che era una speranza quasi impossibile, avrebbe voluto con
tutto sé stesso trovare Christine legata, pallida, implorante,
spaventata.
Questo lo avrebbe rassicurato dell’amore che lei provava per lui, del
fatto di essere l’unico uomo della sua vita.
Ben più lucidamente, temeva di trovarla fra le braccia di quel
depravato, ammaliata nel subire le sua oscene carezze, i suoi baci
immondi…
Una vista che,lo sapeva, gli avrebbe scatenato una furia cieca nelle vene.
E invece, nulla di tutto ciò era apparso ai suoi occhi spalancati ed
increduli.
Innanzitutto, il mostro e Christine non erano soli.
La giovane Giry era lì con loro, evidentemente scesa nei bui sotterranei
per avvertirli dell’arrivo delle forze dell’ordine…
E poi..la ragazza sorrideva,per nulla intimorita dalla spaventosa vista di quel
viso maledetto dalla nascita,e si appoggiava al suo braccio,zoppicando
leggermente.
Sussultò anche lei nel vederlo arrivare.
Il Fantasma sollevò su di lui occhi freddi e rabbiosi,ma non si mosse.
Chi invece reagì insensatamente fu Christine.
Lo fissò con incredulità mista ad una strana paura: quasi come se
lo aspettasse da un momento all’altro, ma paventasse l’esito di
quell’incontro.
Dunque era questo che provava,la donna che stava per fare sua davanti a Dio,per
l’eternità…lo temeva.
Questo pensiero gli trafisse il cuore come un coltellata.
Era ovvio,Christine non temeva per sé stessa.
Lo conosceva troppo bene, e sapeva quale animo gentile e placido albergasse in
lui.
No, Christine non temeva affatto per la sua vita.
Temeva che,reso folle di gelosia, potesse fare qualcosa contro quel
mostro…ucciderlo, se avesse avuto davvero una sfacciata fortuna.
Ma Raoul non era stato spinto nei sotterranei da un vero desiderio di vendetta.
Di verità,semmai.
Rimpiangeva, certamente, l’occasione perduta di sbarazzarti di lui per
sempre, quel lontano giorno del duello al cimitero dei Santi Innocenti.
Sarebbe bastato ignorare le suppliche accorate di Christine, e tutta la
tragedia che era poi conseguita non sarebbe mai accaduta…
Raoul de Chagny non era rimasto sordo alle preghiere di grazia della sua
fidanzata.
Non avrebbe potuto, per l’amore che le portava teneramente.
Né avrebbe potuto ignorarle in quel momento.
Sapeva che le avrebbe inflitto un dolore troppo grande,dal momento…che
lei lo amava.
Senza ombra di dubbio.
Inghiottì quell’amara constatazione come una medicina alla quale
non ci si può sottrarre.
Rimanendo immobile,si sforzò di sorridere.
Evitava accuratamente di guardare verso Meg Giry e il Fantasma, e parlò
come se lui e Christine fossero soli nella stanza.
“Christine…vedo che stai bene. Ero molto preoccupato per te,il
dottore aveva detto che eri molto debole,e.. e.. io non sapevo che fine avessi
fatto…” inarcò le sopracciglia.
“Dovresti vestirti di più,qui nei sotterranei l’aria
è molto fredda,e…”
Christine sentiva gli occhi bruciare per la voglia di piangere, ma tentò
di dominarsi.
“Raoul..” lo interruppe. “Non sei qui per parlare dei miei
vestiti,lo sappiamo entrambi.”
Raoul abbassò lo sguardo a terra,e strinse i pugni,le braccia rigide
lungo il corpo.
Sembrava fare uno sforzo immane per non scoppiare in lacrime.
“No Christine,non sono qui per parlare del tuo abbigliamento…né
di nient’altro.”
Alzò gli occhi e la fissò. Sembrava sbalordita.
“Non c’è nulla che io possa fare,ormai. Mi sono illuso per
mesi che l’affetto che esisteva da sempre tra noi potesse
mutarsi…in quello che io provo per te. Ma non è stato così.
E ti voglio troppo bene Christine,per volere la tua infelicità. Se sei
davvero convinta che sia questo” fece un gesto plateale indicando il
sotterraneo “quello che davvero vuoi per la tua vita… Io mi
arrendo. Ma se cambierai idea, io sarò sempre là fuori, ad aspettarti.
Ti amo, Christine,come non amerò mai nessun altra.”
E' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.
Fabrizio de Andrè
Con circospezione, a piccoli passi, Christine gli si avvicinò.
Con grande angoscia di Erik,che nel frattempo senza rendersene conto si era
messo a tremare per la rabbia e lo sforzo sovrumano di dominarla, la ragazza
prese la mano del fidanzato fra le sue.
Senza dire una parola,si sfilò una sottile fede d’oro dal dito,e
la posò nel palmo aperto di Raoul, stringendovi poi delicatamente
attorno le dita.
Era l’anello di fidanzamento che Raoul le aveva regalato solo pochi
giorni prima.
L’esatta copia di quello che le aveva donato l’anno precedente,e
che era andato misteriosamente perduto.
Non che Raoul avesse creduto a questa menzogna, sia ben chiaro.
Aveva visto benissimo tutta la scena,mentre spingeva in acqua la piccola
imbarcazione per fuggire,quella notte maledetta.. la notte in cui aveva creduto
di aver vinto,e ora scopriva dolorosamente di aver solo dato ulteriore respiro
alle proprie stupide illusioni.
Lei gli aveva lasciato il loro anello.
Sul momento Raoul si era ripetuto che si trattava soltanto di un gesto di umana
pietà, un ricordo simbolico, un ringraziamento tacito al suo antico
maestro per i suoi insegnamenti e per averli liberati, nonostante la sua follia
li avessi quasi uccisi…
“Sono sempre stato un maledetto idiota,Christine. Per questo non mi hai
mai amato.”
Il tono non era arrabbiato o triste. Piuttosto neutro,distante,come se parlasse
di un argomento di scarsa rilevanza.
Christine scosse il capo.
“Non lo sei Raoul,e non lo sei mai stato. Sei un uomo buono, che
saprà rendere molto felice la donna che ti meriterà.
Semplicemente,non sono io. Ci siamo rifugiati entrambi nel nostro amore
infantile per paura di crescere,di cambiare, di soffrire. Ma non si può
sfuggire alla vita. E’inesorabile, e come vedi è riuscita a
penetrare nel nostro esilio dorato, a vincere le nostre resistenze. Mi sono
innamorata Raoul,e ho sofferto per questo. Succederà anche a te, e alla
fine avrai quella felicità a cui hai diritto,e che io non avrei mai
saputo darti.”
Raoul annuì. Non gli rimaneva altro da fare,comunque.
Erik,nell’angolo in cui era rimasto, si accorse che il suo respiro stava
tornando normale.
Senza avvedersene, aveva iniziato stranamente a sudare, a fremere…a
soffrire di nuovo.
Per pochi folli istanti aveva dubitato della fede di Christine, e vederla
così tenera e premurosa con il suo fidanzato…aveva risvegliato in
lui atavici istinti di uccidere….
Rabbrividì. Aveva giurato a Christine di non farlo più. Non lo
aveva giurato con le labbra…quanti vuoti giuramenti si fanno in quel
modo!! Lo aveva giurato nel suo cuore,e intendeva non tradire quella
promessa,non tradire la fiducia illimitata che lei gli aveva dimostrato.
Anche in quel momento… anche in quel momento aveva dubitato di lei, e si
era sbagliato.
Non avrebbe dovuto farla andar via quella notte,solo adesso se ne rendeva
conto. E’vero,lui era folle e crudele, l’aveva spietatamente
ricattata…ma lei non era rimasta per compassione, o solo per salvare la
vita del ragazzo.
Era decisa allora come era decisa adesso.
Raoul strinse forte l’anello nel palmo, prova tangibile delle sue
speranze infrante.
sapeva di averla perduta per sempre,ma una piccolissima parte di lui non si
sarebbe arresa, e avrebbe continuato a sperare,a sognare,a lottare invano
contro quel destino.
E’ inevitabile,quando si ama.
Non andartene, amore, senza avvertirmi.
Ho vegliato tutta la notte e ora i miei occhi
sono pesanti di sonno.
Ho paura di perderti mentre dormo.
Non andartene, amore, senza avvertirmi.
Mi sveglio e stendo le mani per toccarti. Ti sento e
mi domando: "E' un sogno?"
Oh, potessi stringere i tuoi piedi col mio cuore
e tenerli stretti al mio petto!
Non andartene, amore, senza avvertirmi.
Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così solita e banale
come tante,
che non merita nemmeno due colonne su un giornale o una musica o parole un po'
rimate,
che non merita nemmeno l' attenzione della gente, quante cose più
importanti hanno da fare,
se tu te la sei voluta, a loro non importa niente,
te l' avevan detto che finivi male...
Francesco Guccini,Piccola storia ignobile
Raoul rimase in silenzio per alcuni istanti,e poi si schiarì la voce.
“Dobbiamo affrettarci,abbandonare questo luogo. Tutti quanti.”
Aggiunse dopo una strana pausa imbarazzata.
“tra poco un’orda di poliziotti si riverserà nel
sotterraneo…non possiamo rischiare di farci trovare qui.”
“Non così in fretta,monsieur le Vicomte!”
Quella voce impastata e trionfante risuonò alle loro spalle,e fece
correre un brivido fra tutti loro.
L’ispettore Barion sbucò dalle ombre del corridoio più
vicino,la pistola spianata davanti a sé, un’espressione folle e perversamente
soddisfatta a illuminargli i lineamenti enfiati di collera e disgusto.
Squadrò con uno sguardo stupito la giovane mademoiselle Giry. Non si
aspettava di trovarla laggiù, la ragazzina doveva evidentemente
possedere più coraggio di quanto ci si aspettasse dal suo aspetto timido
e delicato.
Contemplò invece senza alcuna sorpresa mademoiselle Christine
Daaè,e il tremito di paura che la scosse nel fissarlo con astio.
Entrambi sapevano che il momento della resa dei conti era giunto.
Chi invece non mostrò né paura nel livore alla sua vista fu
proprio l’odioso assassino.
Forse nella sua aberrante follia si illudeva davvero di essere un Fantasma, di
essere immune alle pallottole ed alla morte? Eppure quella notte mesi prima era
stato ferito,aveva perso molto sangue…. Era una bestia,ma non aveva nulla
di diabolico. Era disgustosamente umano…
Barion sorrise crudelmente, mentre si avvicina,passo dopo passo, con smodata e
snervante lentezza, come un serpente che strisci seduttivo fino ad ingoiare la
sua preda.
Ma il suo passo fu sbarrato.
Il Visconte de Chagny gli si parò innanzi,stendendo imperiosamente una
mano.
“Ispettore,vi devo chiedere di non proseguire oltre.”
Barion esplose in una risata pazza e macabramente drammatica.
“E chi sareste voi per impedirmelo? Vi ricordo che state ostacolando un
arresto, e questo è un reato grave! Scostatevi imbecille, e non vi fate
più vedere! Questo non è posto per un damerino come voi!”
Gli agitò contro la mano nella quale reggeva l’arma,ma quello
sciocco non si mosse di un centimetro.
Per la prima volta da quando aveva avuto occasione di conoscerlo,Barion
pensò al giovane Visconte come ad un uomo,anziché come ad un
bambino viziato e codardo. Una luce strana gli animava lo sguardo, una smorfia
decisa gli induriva la bocca ed i lineamenti. Era…determinato,sì,
fermo nella sua opposizione.
Che imprudente.
La voce di Barion questa volta si fece fredda,quasi glaciale.
“Non ho intenzione di ripetermi,Visconte. Toglietevi di mezzo,per
l’amor di Dio!”
Di nuovo,il ragazzo non si mosse.
“Ispettore,neppure io amo ripetermi. Questo palazzo sarà anche
sottoposto ad indagine, ma in qualunque momento una mia nota di disappunto
potrebbe comparire sulla scrivania di un vostro superiore. A Parigi lo stemma
de Chagny conta ancora qualcosa…”aggiunse con un sorriso
sarcastico. “Quindi vi prego di seguire il mio consiglio. Tornate ai
piani superiori e non parlate a nessuno di ciò a cui avete assistito.
Sarà meglio per tutti,credete.”
L’ispettore abbassò la pistola, guardando allarmato il ragazzo e
soppesando la minaccia implicita contenuta nelle sue parole.
Certo una simile nota avrebbe distrutto la sua carriera futura. Aveva delle
conoscenze,è vero, ma il suo nome non era nulla paragonato al rispetto
ed alla deferenza dovuta ad un qualunque membro dell’alta aristocrazia. E
quel bastardo arrogante ed imberbe apparteneva ad una delle casate in assoluto
più importanti dell’intera Francia…
Ogni pallottola ha il suo bersaglio.
Guglielmo III
Senza più esitazioni, Barion risollevò l’arma e fece fuoco,
colpendo il giovane Visconte,che ancora si frapponeva fra lui e la sua vittima,
in pieno torace.
Mentre l’assordante rumore lacerava l’aria e la riempiva della
polvere pesante del piombo, una macchia cremisi e scintillante nella scarsa
luce dell’ambiente si allargò, intridendo il candido panciotto del
ragazzo.
La sue labbra tremarono solo leggermente mentre si accasciava di schianto a
terra.
Né Meg né Christine poterono trattenersi dall’urlare,ma
questo non sembrò scomporre in alcun modo il crudele ispettore.
Avrebbe avuto la sua vendetta, a costo di dover compiere una vera strage.
Senza la possibilità di scegliere l'uomo può creare condizioni
sfavorevoli per la propria esistenza. E io non ho avuto alcuna scelta. Il
coraggio di cambiare si manifesta quando si ha la possibilità di
scegliere.
Terry Anderson
Erik aveva istintivamente spinto Meg Giry dietro le sue spalle,facendole scudo
con il suo corpo.
Sentiva le piccole mani della ragazza aggrapparsi a lui,alla sua schiena con
tutta la forza della disperazione di cui erano capaci. Velocemente,senza
esitazioni, sempre proteggendo la ragazzina, si avvicinò alla sua
Christine, per fare scudo anche a lei.
Nella mente,un guazzabuglio di pensieri allucinati ed incoerenti.
Su tutti,uno.
Perché diavolo si era liberato del Laccio del Punjab?
Stupido,maledetto stupido!!
Barion spinse il corpo esanime del Visconte da un lato,con un calcio.
Sulle sue labbra aleggiava una strana smorfia di onnipotenza e
noncuranza…Erik provò un brivido nel pensare che,probabilmente,
quella stessa smorfia gli aveva attraversato crudelmente le labbra dopo ogni
efferato omicidio,dopo ogni stupido eccidio…
Quanto disgusto provava ora per sé stesso, paragonandosi mentalmente a
quel bastardo…
..anzi,era stato anche peggiore di lui, a ben pensarci.
A Barion bisognava pur concedere un’attenuante: quella di agire spinto
dalla furia vendicativa, dall’odio che provava per l’assassino di
sua sorella. Un odio legittimo,in un certo senso.
Lui invece aveva ucciso solo per un distorto senso di sopravvivenza,senza
emozioni né rimorsi.
Era vero,era stato davvero un mostro…ed ora gli era negata anche la
possibilità di rimediare al male compiuto, di cambiare il suo destino.
Doveva morire,ora che finalmente la sua vita aveva un senso.
Sentì sulla propria spalla la stretta forte e decisa di
Christine,così diversa da quella tremante e lieve di Meg.
Le ragazze,lo vedeva con la coda dell’occhio, erano pallide e provate
dallo shock di vedere il loro giovane amico ucciso così a sangue freddo,
eppure la tensione alla sopravvivenza le aiutava a non perdere totalmente il
controllo.
La risata rauca e sempre folle di Barion riecheggiò sinistra
nell’antro oscuro.
“Chi lo avrebbe mai detto…” ammiccò, “un
assassino dal cuore tanto tenero da proteggere due povere fanciulle
indifese..” rise di nuovo,come un demonio.
“Non ti devi preoccupare, bestia. Non è la loro testa quella che
voglio. Se ne possono andare anche ora,a patto che non cerchino di mettermi i
bastoni fra le ruote,come ha fatto questo idiota.”
Fece cenno loro con la mano.
“Su,sparite di qui,stupide!”
Erik annuì lentamente, come a confermare loro quell’ordine.
Meg non se lo fece dire due volte, e lentamente, pur zoppicando, si
staccò dal suo rifugio e si avventurò verso l’uscita. Si
fermò però subito, stupita, nel voltarsi e vedere che Christine
era rimasta immobile.
Spalancò gli occhi muti di orrore, senza trovare il coraggio di emettere
un fiato, un grido,un avvertimento di prudenza alla sua amica.
Christine la guardava,evidentemente allarmata dalla situazione, ma non turbata
più di tanto.
Le rivolse uno stentoreo sorriso,e annuì impercettibilmente verso il
corridoio.
Meg prese un respiro, e si incamminò il più rapidamente
possibile.
Doveva assolutamente trovare aiuto..ne andava della vita di tutti loro.
Era chiaro che l’ispettore era ormai privo di qualunque controllo.
Barion non riusciva a capacitarsi della situazione.
La ragazza più giovane, la ballerina figlia di Madame Giry, piena di
buonsenso, era già fuggita con tutta la fretta che dei problemi alla
caviglia, forse i postumi di una slogatura, le avevano permesso.
L’altra,invece…cosa diavolo pensava di fare?
Di rimanere lì a morire insieme a quel diavolo!?
“Cosa c’è, mostro? La tua puttana ha deciso di condividere
il tuo stesso destino? Parla,maledizione!”
Per la prima volta finalmente Erik parlò.
“Non vi permetto di parlarle così. Questa ragazza non ha nulla a
che fare con me… non so neppure chi sia, né come abbia fatto a
giungere indenne sin qui.”
Aggrottò minacciosamente le sopracciglia.
“In ogni caso,non ha nulla a che fare con la questione per cui tu sei
qui,e per cui vuoi uccidermi. Allontanala.”
Aveva usato un tono crudele, distaccato, che lo aveva ferito profondamente.
Soffriva nel mostrare disinteresse per Christine,ma non c’era altro modo
per salvarle la vita.
Barion scrollò le spalle con un gesto frettoloso.
“Non è affar mio,che lei vada o resti… Ma sappiamo entrambi
perché è qui, e non nego che la cosa mi dia un bel po’ di
soddisfazione.”
I suoi occhi brillarono nell’oscurità, avvelenati d’odio,
brillanti di una rabbia animalesca.
“Nel momento in cui vi ucciderò,ed accadrà fra poco,mi
riempie di gioia sapere che qualcuno soffrirà atrocemente per
questo…come io ho dovuto soffrire a causa vostra! Io, e non io
soltanto…i miei piccoli nipoti hanno perduto una madre amorevole,mio
cognato ha perduto una moglie fedele ed amata..e solo per un vostro giochetto,
un vostro pazzo capriccio!”
La voce dell’ispettore era intervallata da pianto e profondi singhiozzi
ora.
Nonostante la spaventosa situazione,il cuore di Christine si strinse a sentire
quelle parole.
Ancora una volta, il crudele passato di Erik tornava a punirli,a tormentarli,
ad estirpare sul nascere quell’amore finalmente sbocciato,e che
già era destinato ad appassire nelle gelide spire della vendetta.
Abbandonò il sicuro rifugio dietro la schiena del suo angelo,e fece un
passo avanti, verso il poliziotto.
Con la coda dell’occhio percepì un leggero tremito preoccupato sul
viso colmo d’angoscia di Erik.
Certo lui avrebbe preferito che lei si mettesse in salvo insieme a Meg…ma
che senso avrebbe avuto la sua vita ormai,senza di lui?
Non poteva abbandonarlo al suo destino.
Doveva almeno provare a salvarlo….
Barion sollevò uno sguardo pieno di rancore, fissando gli occhi di lei.
“Non voglio la vostra compassione, ragazzina! Non voglio la compassione
di nessuno… voglio solo il suo sangue, a qualunque prezzo! Non pensate
nemmeno, di provare a fermarmi..”
Christine deglutì, ed allungò lentamente una mano,in un tentativo
placido di consolarlo, di blandirlo… di disarmarlo, forse?
L’uomo non le permise di sfiorarlo, e le diede un forte spintone,
gettandola riversa a terra, di lato.
Fu lesto a risollevare la canna della pistola,però, perché quel
rabbioso gesto di stizza verso la ragazza sembrava aver risvegliato la bestia
dinanzi a lui.
Sogghignò.
“Ora che abbiamo sistemato la ragazzina….”
La tensione sul grilletto salì “non c’è più
nulla da dire, fra noi. Riposa all’Inferno, maledetto assassino!”
Il colpo rimbombò nell’antro, con un fracasso spaventoso ed
assordante, mescolandosi ad un grido che non aveva nulla di umano.
Ma non raggiunse il suo obiettivo.
Si fermò prima.
La pallottola si conficcò dolorosamente nel petto di Christine Daae, che
con un grido degno di una furia si era rimessa in piedi, e slanciata come scudo
al corpo del suo angelo….
Cadde fra le braccia di Erik, simile ad una farfalla,nel suo mantello azzurro
cupo…simile ad una farfalla a cui un ragazzino viziato avesse per gioco
strappato le ali.
All’uomo che la amava più di chiunque altro al mondo mancò
perfino il fiato per gridare la sua disperazione: potè soltanto
stringerla forte a sé,con dita convulse.
Qualcosa di caldo gli macchiò le mani…il sangue di una vittima
sacrificale…
Barion ansimava sbigottito.
Non era rimorso ciò che provava,perché in quel momento nessuna
emozione davvero umana riusciva a penetrare nel suo animo malato.
Era però assolutamente incredulo.
Una donna aveva sacrificato la propria vita per salvare
quell’infame… questo non poteva essere vero, non poteva!
Prima che Erik potesse fare alcunché,un terzo sparo pose fine a quella
tragica vicenda.
Alle loro spalle, un pallidissimo ed esangue Visconte da Chagny era riuscito,
allo stremo delle forze, ad estrarre il revolver dalla propria tasca.
Il Visconte era sempre stato un eccellente tiratore, e neppure questa volta
mancò il suo bersaglio.
Una pallottola trapassò la nuca di Barion,che si afflosciò a
terra, morto sul colpo prima di aver perpetuato la sua vendetta, ma troppo
tardi per evitare di versare sangue innocente…
Raoul ansimò pesantemente,prima di risprofondare nell’incoscienza.
La sua ferita non si era rivelata mortale, ma sufficiente per strapparlo quasi
alla vita.
Vita che invece stava rapidamente abbandonando la giovane Christine.
La ragazza aveva gli occhi spalancati, e batteva freneticamente le palpebre,
come inondata da una luce che nel corridoio scuro non c’era.
Un debole sorriso di soddisfazione le stirò le labbra pallide.
Erik pianse,pianse,pianse stringendola contro il suo petto.
Sentiva il calore abbandonare lentamente quella pelle di porcellana, sentiva il
cuore perdere lentamente i suoi battiti, mentre il sangue di lei inzuppava
copioso i vestiti di entrambi.
Sentiva che di lì a pochi minuti, la sua solitudine sarebbe stata di
nuovo eterna,e più dolorosamente di prima.
Sentiva che tutto il male che aveva compiuto in vita sua era ora scontato,
rimesso da quel gesto d’amore supremo che lei gli aveva appena
dimostrato,perdendo la propria vita per lui.
Esiste qualcosa di più grande e più puro rispetto a ciò
che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l'anima, sussurra ai cuori e li unisce.
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi, ci fa veleggiare nel firmamento
dello spirito, ci avvicina la cielo; ci fa sentire che il corpo è nulla
più che una prigione, e questo mondo è un luogo d'esilio.
Kahlil Gibran
Non ci fu una parola,fra loro.
Solo un gioco di sguardi in cui le loro anime si impartirono un ultimo,
esasperato addio.
Non era destino che il loro amore vivesse felice, ed Erik aveva imparato anni
prima che non si può disobbedire al fato che domina perverso le nostre
vite.
Presto, il suo giovane angelo giacque freddo,immobile e zuppo di sangue fra le
sue mani…
Erik non seppe dire quanto tempo fosse passato.
A lui parvero ore,ma probabilmente non si trattò che di pochi minuti.
Intorno a lui esplosero le grida disperate di Meg e di Madame Giry,
accompagnate da alcune ballerine, che tentarono di rianimare il
Visconte,riportandolo ai piani superiori e correndo a chiamare polizia e
dottori.
Madame accarezzò con occhi colmi di lacrime di angoscia il viso della
sua piccola Christine.
Non riusciva ancora a credere a quanto era successo.Non voleva farlo…
Meg si era rintanata in un angolo, come impazzita di dolore, e continuava a
piangere disperata, addossandosi ogni colpa per quella morte improvvisa,
giungendo perfino a percuotere di pugni infantili il cadavere di Barion, come
in cerca di una vendetta impossibile.
Erik non dava segni di vita,sembrava essersi mutato in granito.
Si mosse solo per scostare le mani di Madame, che tentavano di sollevare il
cadavere dalle sue braccia.
Strinse la ragazza ancora più a sé, cullandole la testa contro il
petto, e fissando ostinatamente il vuoto.
Madame comprese la sua necessità di rimanere solo.
Dovevano dargli qualche ora per affrontare quella situazione….
Prese Meg per un braccio, e insieme alle altre risalì decisa verso il
mondo esterno.
Le lacrime solcavano ancora le guance di entrambe,e il cuore di Madame sembrava
essersi improvvisamente ricordato di provare umani sentimenti.
Soffriva per essere stata una delle cause involontarie di quella
tragedia… e non se lo sarebbe perdonata mai, di questo era certa: la sua
coscienza non glielo avrebbe permesso.
Non appena furono rimasti soli in quel luogo buio e intriso del tremendo odore
della morte e del sangue, Erik sospirò, asciugandosi due ultime furtive
lacrime.
Sollevò il suo angelo fra le braccia, e lo portò fino alla sponda
del freddo lago sotterraneo.
Lì la depose a terra,rimanendo per un attimo a contemplare quei tratti
di assoluta e perfetta bellezza, esaltati dalla debole luce che si rifletteva
sulla superficie d’acqua e dalla luce tremula delle poche candele ancora
accese.
Deglutì, cercando di vincere quel tremendo groppo alla gola.
Si allontanò da lei per un attimo soltanto.
Il tempo di ritrovare una corda, e di legare i polsi della donna che lo aveva
amato tanto da donare la sua vita per lui, ai suoi.
Nello stringere indissolubilmente quei nodi, non provava quasi più
tristezza. Sapeva che avrebbe deluso le sue aspettative,vanificato il suo folle
sacrificio. Ma sapeva di non poter più vivere senza l’amore
che,anche solo per poco,aveva assaporato con lei.Non provava più vero
dolore…
Anzi,un inaspettato senso di sollievo…fra poco, sarebbero stati di nuovo
insieme,in una dimensione dove nessuna colpa, nessun crudele passato, nessuna
deformità aberrante avrebbe potuto distorcere i loro sentimenti, le loro
anime…il loro puro,perfetto,splendente amore.
Sollevò per l’ultima volta quel corpicino gracile e freddo fra le
braccia, e insieme con lei si avventurò verso il centro del lago, dove
l’acqua si faceva più fredda, torbida e profonda.
Posò un ultimo disperato bacio sulle sue labbra bianche,e poi chiuse gli
occhi, attendendo che l’oscurità intorno a loro si facesse
profonda,più profonda…eterna.
Que lui avez-vous fait, pour qu'elle s'en aille ?
Que lui avez-vous fait, quelle bataille ?
Avez-vous gagné, à nous séparer ?
Que lui avez-vous fait, pour qu'elle choisisse
De mourir loin de moi
Sans que je puisse, la serrer dans mes bras ?
Que lui avez-vous fait, pour qu'elle me laisse
Le poids de vos regrets, de ma tristesse ?
C'est fini, je m'en vais
Je voulais savoir la vie, maintenant je sais
Je suis si fatigué
Je ne veux plus rien
Simplement m'allonger, et lui prendre la main
La poser sur mon cœur, oublier ma douleur
C'est fini, je m'en vais
Je voulais savoir la vie, maintenant je sais
Le miel de ses baisers
La douceur de ses yeux
Je vais les emporter
Et les donner à Dieu
Adieu ma Juliette
C'est l'éternité, qui nous attend
C'est fini, je m'en vais
Enfin trouver l'oubli trouver la paix
Je suis si fatigué
Je ne veux plus rien savoir
Simplement m'allonger
Traverser le miroir
Retrouver ma Juliette pour l'éternité
Elle nous attend...
Mort de Romeo, Romeo&Juliette
MegGiry,anni
dopo, rievocò tutta questa storia, ridendo,tremando e piangendo.
Era chiaramente sconvolta.
Nel pomeriggio, insieme ai propri figli e al marito, era stata al cimitero.
Era l’anniversario di morte di sua madre, e mentre vagava fra le tombe,
era capitata di fronte a quella di GustaveDaae. La vista di quella povera pietra tombale,abbandonata da tutti, le aveva riportato alla mente
dolorose memorie.
Nessuno conosceva la storia di quanto era accaduto nei sotterranei
dell’Opera.
Nessuno,tranne il Visconte de Chagny.
Lo aveva trovato, curvo e stanco,dinanzi alla tomba di sua madre.
Il Visconte si era salvato per miracolo da quel colpo di pallottola, e non si
era mai perdonato di non aver recuperato i sensi,la
forza prima…pochi,fatali secondi che avevano strappato la vita alla sua
dolce Christine.
Aveva vissuto una vita di rimpianti e di dolore.
Non si era mai sposato, e da allora viveva da recluso in mezzo ai suoi ricordi.
Era bastato un sorriso di comprensione fra loro, un’amichevole stretta di
mano,perché tutto il peso di quell’angoscia li travolgesse.
Chiedendo al marito di riportare a casa i bambini, si incamminò
lungo i viali di cipressi del camposanto, riportando alla vita
persone,luoghi,eventi sepolti nelle sabbie pesanti del tempo.
Raoul si asciugò una lacrima traditrice.
“Sapete, madame Lefrave….” Le disse,chiamandola per la prima volta con il suo nome da sposata
“ho sentito che le autorità hanno deciso di far perlustrare il
lago sotterraneo. La storia della strana morte di Bariona quanto pare è destinata a fare nuovo
scalpore… Suppongo abbiano intenzione di trovare il cadavere del suo
assassino,giusto per mostrare alla nazione la solerzia delle proprie forze
dell’ordine.”
Meg abbassò lo sguardo, uno strano sorriso le
illuminava ora lo sguardo.
“Non troveranno nulla, in quei sotterranei.”
Raoul la guardò stupito.
“Allora voi…allora sapete cosa è accaduto loro in
realtà?”
Meg scrollò le spalle con noncuranza.
“Ho visto il cadavere di Christine con i miei
stessi occhi,era morta per davvero. Ma esiste qualcosa
al di là del corpo, e le loro anime sono andate
in quel luogo, migrate dal nostro mondo che non le aveva accettate e comprese.
Là sono state, e sono ancora, sicuramente felici.”
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare eccoci con un po' più di speranza eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.
Arrivederci fratello mare, NazimHikmet
Raoul
annuì,sospirando,e porgendo il braccio a Meg.
Il tramonto si stagliava rosso sopra di loro, e un lieve soffio di brezza
scompigliò loro i capelli.
L’ultima carezza di quegli angeli agli affetti che avevano abbandonato il
mondo terreno.