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di serpeinseno
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** avviso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ssssh! Un po’ di silenzio, prego… sta per iniziare la mia nuova follia, prima in assoluto!
Non ho mai scritto ff, ma ho pensato che visto il mio amore per le parole avrei potuto provarci; per qualsiasi cosa non dubitate nel contattarmi e dirmi subito come la pensate, nel mio profilo potrete trovare i fili per arrivare al nodo, ora vi lascio alla lettura…



Tende la mano verso di me e si avvicina, a grandi falcate.

Il silenzio tra di noi assume significato quanto il mio rimanere pietrificata dallo spettacolo che si presenta davanti ai miei occhi: la sua mano è insanguinata, e si capisce perfettamente che quel sangue non gli appartiene.

Sul mio volto terrore, angoscia ed ansia non vengono celate, solo due tremanti parole riescono a fuggire dalle mie labbra “Che succede?”

Lui abbassa lo sguardo sulla sua mano rendendosi conto dell’errore e dalla sua bocca tenta di uscire una spiegazione. Che non arriva.

Perché finisco sempre per fidarmi di chi non merita neanche la minima attenzione da parte di un qualsiasi essere umano? È perché sento la necessità di farmi del male, e so benissimo che posso farlo dandogli continue chance.

Comincia a piovere, i suoi capelli si riempiono di gocce brillanti alla luce del lampione e i nostri sguardi non si spostano di un centimetro, imprigionandosi e facendosi milioni di domande silenziose che forse mai avranno risposta.


Allora… come vi sembra come introduzione?
Umh, non sento tante voci (anche perché altrimenti sarei potuta risultare matta), ma fatemi sapere, al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Per ogni momento una canzone, ascoltarla durante la lettura aiuta nella comprensione dei sentimenti

Bella: Viva la Gloria . Green day


Spingo il bottone della luce e la lampadina prende vita. Emana abbastanza calore da farmi sentire a casa. Mi siedo davanti all’isolotto della cucina affondando il mio scomodo fondo schiena sul pomposo cuscino ricoperto di pail e accendo il pc. Muovo una mano in cerca della borsa abbandonata a terra per recuperare il taccuino rapisci-parole e la mia stupida penna, che come al solito decide di non scrivere quando vuole che siano direttamente le mani a farlo.
È così che placo le mie ire post-stress-lavoro, e scrivere non fa che animare quel grigiore quotidiano che Parigi mi pone davanti ogni, dico ogni santissimo giorno.

Non so neanche perché ho scelto questo stupido patriottico paese.
O forse si: ne ero decisamente incantata. Ero. Esattamente. Qualsiasi cosa pur di non essere più ossessionata dalle preoccupazioni di mia madre. E dalle continue chiamate di mio padre che più che invitarmi pretendeva che l’andassi a trovare in quel posto sperduto e dimenticato dal mondo dove aveva deciso di mettere le sue radici. E diciamocelo, ero stanca di dovermi sentire tutti gli sguardi addosso solamente perché “la figlia del capo è in città per uno o due giorni”.
Povera figlia.

Trovato il taccuino, la penna e lo spazio mentale necessario per cominciare. Comincio a buttare giù un po’ di idee sul foglio di carta riciclata rilegato e dopo neanche dieci minuti squilla il telefono. Oh no. So già cosa vuol dire, anche perché la suoneria personalizzata mi avvisa.
“Dimmi, mia ancora di salvezza”, ovviamente la mia voce non può che essere ironica.
“Puoi dirlo forte! Stasera ti salvo io, ho trovato un nuovo posto in cui poter fare baldoria!” mi dovrei sentire allegra? Dovrei sprizzare gioia da ogni poro, vero? E allora perché non è esattamente il mio sentimento attuale?
“J so bene che ormai il tuo obiettivo è quello di trovare nuovi posti frequentabili da ragazze con un fascino sopraffine, ma sai… io ho un lavoro e dopo di questo una vita, della quale mi piacerebbe mantenere un certo equilibrio, se mi porti fuori a forza anche stasera non credo che il dott. Cheney mi potrà volere ancora nel suo staff.” Uhm, forse sto esagerando, ma in qualsiasi caso so che non si arrenderà facilmente.
“Su B, io muoio dalla voglia di entrare in questo locale, ho visto delle foto, ed ho anche preso il numero e la via, stavolta non ci perdiamo!” Eh si, il rischio c’è vista la volta in cui passammo l’intera notte non tanto nel cercare il locale, quanto nel ritrovare la via da dove eravamo venuti.
Che disastro!
La verità la conosco, ed è per colpa di questa se mi trascina su e giù per la città in una ricerca senza fine. J, o meglio Jasper, è innamorato cotto di una di quelle modelle per niente frivole, anzi, con un bel cervello tosto, forse per questo irraggiungibile. Anche per uno come lui.
“Senti, io posso stare fuori massimo un’ora, dopodiché potrò dire di averti seguito e di essermi prestata alle tue crudeltà e alla musica assordante che riempie quegli assurdi locali.”
“Perfetto! Tra venti minuti sono da te” Cosa? Così presto?
“Ehi J, sono appena tornata, dammi il tempo di mang…”
Il suo solito modo brusco “Bella, ho avuto una soffiata: lei sarà lì tra mezz’ora”.
“Va bene, a dopo”
Accidenti a me e a quando ho appoggiato tutta questa storia.
Senza aspettare mi dirigo in bagno per lavare via l’odore di una pesante giornata di lavoro e prepararmi al finto relax di un’uscita con J e i suoi cambiamenti di umore.

Mentre l’acqua scorre penso. Non faccio che pensare alla forza incondizionata che spinge Jasper ad aspettarla e venerarla da lontano, nonostante sappia perfettamente che lei non lo considera affatto, in quanto, a mio parere, non l’ha mai visto davvero. Un moscerino. Ecco cosa potrebbe essere J per Mary Alice.

Edward: Yann Tiersen . 8 mm

Pausa caffè. Chiudo gli occhi per isolarmi in questi pochi istanti senza il mio manager alle calcagna. Quanti cavolo di impegni mi prende senza calcolare la mia voglia di vivere, saranno due settimane che non riesco ad uscire per lo sfinimento. Due settimane di sfrugugliamento e idee strane per la mia musica e per la musica degli artisti che si fidano di lui e dei loro produttori, affibbiando tutto il loro futuro nelle mani di perfetti sconosciuti. Sinceramente non riesco a capire questo loro fidarsi e lasciarsi plasmare. Io mi ribellerei, fortuna che la casa produttrice è mia.
Grazie mamma.
Apro piano gli occhi col timore di potermi ritrovare Aro davanti, do una sbirciatina… no, non c’è, allora oggi caffè anche per me. Mi alzo e porto il mio corpo fuori dalla stanza di registrazione, che luogo caotico il corridoio…
“Ehi, Edward! C’è il nuovo cd dei Synopsis, hai visto la cover? Idea magnifica!” davvero? Esattamente… chi sono?
“Ehm… si, sarà stata opera di Faust” il nostro grafico maniaco di cioccolata.
“Capo, abbiamo dei singoli da farle ascoltare, quando ha un minuto di tempo…”
“Ora proprio no, magari lasciali sulla mia scr…”
“Edward, i produttori delle case discografiche di Londra hanno chiesto di spostare la riunion…”
Mi chiudo la porta a vetri alle spalle, appena in tempo. Faccio un lungo e quieto respiro per riprendere la coscienza lasciata al di là della porta delle registrazioni. Perché sono uscito proprio durante l’orario di punta? Già, c’è un orario di punta anche qui dentro, c’è troppa gente che gira.
Dovrò far mettere a Marcus dei limiti di traffico nel corridoio.
Che stupidaggine.
Prendo la cialda del caffè alla meringa e la infilo nella macchinetta, sento lo scrosciare dell’acqua e poi il calore del caffè che scende nella tazza, calma.
Mi siedo e comincio a dirmi che è ora di uscire da questo posto. Prendo la tazza, faccio un ultimo respiro e apro la porta, isolandomi da tutti e da tutto mi dirigo fuori, con il mio fidato amico nero tra le mani.

Venti minuti dopo.

Comincio a dirmi che la mia non è stata poi una meravigliosa ma soprattutto sana idea. Uscire per andare a zonzo senza meta. E mi ritrovo qui davanti, fermo, con una tazza di caffè quasi ghiacciato in mano e un’agenzia di viaggi che mi dice palesemente di entrare, prenotare il mio viaggio e andarmene via, magari a buttarmi sotto il primo ponte di strada. Che faccio? Tra le mete scritte sui fogli appesi ai fili della vetrina ci sono Londra, Berlino, Praga, Barcellona e Parigi. Parigi è fuori discussione. Naturalmente non sarebbe una vacanza per me andare a Parigi, visto il lavoro di quell’arpia di mia sorella e le continue feste a cui è invitata. Ovvio che il sottoscritto debba essere spinto a presentarsi a tutte queste imbarazzanti per non dire noiose feste.
Però mi manca.
Mi manca quel suo modo di capirmi all’istante, mi manca il suo affetto nei momenti in cui vorrei fuggire dalla mia monotonia. Forse andrò proprio a Parigi, non potranno guastarmi due o tre feste, il mio sarà un viaggio di quattro o cinque giorni, non ci sarà bisogno neanche di disfare le valigie, anzi. Facendo un biglietto andata-ritorno non avrò neanche il problema Alice. Non mi potrà costringere di rimanere.

Suoneria personalizzata per Jasper
Abbigliamento Bella
Abbigliamento Edward

Mi raccomando, recensite per dirmi cosa ne pensate!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Mi dispiace non aver aggiornato prima, ma l'influenza è dannatamente snervante, soprattutto se ti ostruisce la gola e il naso ARGH!
Approfitto di questo momento di pausa dal mal di gola per scrivere.
Ringrazio chi ha aggiunto la storia ai preferiti e chi la segue.
@Yle_cullen: eh già, io adoro Alice, non potevo non metterla nella ff! Grazie dell'appoggio morale che mi dai :*
Bene! Anche se è presto per dirlo e della storia c'è ben poco da leggere ancora, mi dispiace che non venga amata come lo sto facendo io... abbiate un briciolo di bontà dicendomi cosa ne pensate XD


Edward Use somebody . Paramore version

I neon non sono illuminati come a Los Angeles, hanno qualcosa di fioco, caldo, morbido, non sono accecanti e freddi. O magari sono io, io e la mia mente bacata, stanca, confusa. Il mio albergo non dovrebbe essere tanto distante da qui. Non ho avvisato Alice. Ho preferito stare al di fuori del caos che gira in casa sua. Sicuramente pagherò per questo. Arrivo davanti ad una porta a vetri, mi sistemo la borsa sulla spalla e mi ritrovo in un ingresso circolare, al di sopra di un grande sole incastonato nel pavimento.
Uh. È artistico come posto, e le pareti color arancio danno la sensazione di aver davvero intrappolato qualche raggio solare.
Bonsoir monsieur, qu'est-ce que je peux faire pour vous?” Oh cavolo, questo parla francese…
“Emh… E-Emh Je suis Cullen… Edward Cullen… uh” Scena muta, sono pietrificato e non so cosa fare, cosa dire… Sono negato per il francese, a scuola mia sorella Alice aveva il massimo dei voti con la prof. Joly, mentre io me la cavavo con una sufficienza… diciamo che ero stato per parecchio tempo il preferito dell’insegnante.
“Oh! Il signor Cullen! Benvenuto in Francia!” Sia ringraziato il cielo.
“Grazie, mi scusi ma non parlo il francese”
“Si figuri, vuole vedere la sua stanza?” Quasi mi incanta questo suo accento, è gutturale ma allo stesso tempo delicato.
“Si, la ringrazio” sorrido al tipo della reception che prende dalla bacheca la chiave della mia suite. Mentre mi fa strada mi guardo intorno. È uno spettacolo, ogni colore si sposa perfettamente con le stanze e il mobilio, ad Alice piacerebbe. Mmh… potrei proporle un cambio. Vengo distolto dai miei pensieri quando si apre la porta della mia stanza, ma chiamiamolo portone, visto che è in legno massiccio.
“Eccole la chiave signor Cullen, le auguro un buon proseguimento di serata” mi sorride e torna al suo lavoro.
Poggio la borsa sul letto a baldacchino e mi guardo intorno. Due librerie. Drappi che dividono ogni stanza scendendo morbidamente sui muri ricoperti della stessa fantasia della trapunta del letto. Una porticina alla fine del salotto nasconde il bagno, e mi basta vedere gli asciugamani pronti sul bordo della vasca per decidere di passare la mia serata a rilassarmi… Alice può aspettare fino a domani, anche perché non sa ancora niente.
Uno squillo. Un altro squillo. Questa sarà sicuramente lei.
“Edward. Dove. Sei.” Oh, oh. Lo sa.
“Alice, ciao… s-sono… nella mia stanza! Tu?” Ti prego stasera lasciami al mio bagno rilassante, domani sarò tutto tuo, anche per lo shopping se vorrai.
“Scommetto che con la mia stanza non ti riferisci alla tua camera da letto monocolore del tuo appartamento di L.A., ma ad una suite che si trova nel quartiere Rive Gauche, in un colorato albergo a 4 stelle di Paris. Che aspettavi ad avvisarmi? Mi sarei occupata del viaggio, della tua sistemazione, sai quanto mi dispiace saperti in una stanza d’albergo e non a casa mia?”
“Alice, non volevo disturbarti, voglio dire… tu lavori, non sei di certo in vacanza…” e qui ovviamente parte la sua risata dall’altro capo del telefono.
“Ma per favore, sai bene anche tu che sono più in vacanza che a lavoro. Sai, sto per entrare a far parte della co-direzione di Elle, sarà meraviglioso poter stare così tanto a contatto con il mondo letterale della moda!” la immagino battere i piedi dalla felicità…
“Piccola peste, tu sei già nel mondo della moda… non ti accontenti mai!”
“Si ma sarà tutto un altro paio di maniche, ci sarà da lavorare seriamente… Ma non era di questo che volevo parlare… ti faccio venire a prendere tra un’ora. Fatti trovare pronto.” Non mi piaceva affatto la sua voce quando diventava seria ed autoritaria in quel modo. Voleva dire essere obbligati ad accontentare un suo capriccio. Ma non potevo dire di no.
“Va bene, ma non starò molto, sai… il viaggio è stato stancante”
“Si, certo. E magari domani vorrai dormire più del solito e ripartire nel pomeriggio e alla fine starai con me solamente due ore in tutto il tuo viaggio. Ti conosco. E stavolta non ti permetterò di portare la tua svogliatezza anche qui.” Mi conosce.
“Perfetto, avevo proprio bisogno di un cambiamento.” Ironia. O forse le mie parole non sono del tutto false, ho davvero bisogno di lasciarmi alle spalle le mie abitudini, adattarmi a qualcos’altro, per poi cambiare nuovamente. Non mi farebbe male provare qualcosa di nuovo.
È come per il dopobarba, non cambio dopobarba da quando ho saputo che è una delle cose di me che piacciono a Leah. La ragazza delle corde. Non la vedo da mesi, eppure ogni volta che ci incontriamo, anche per sbaglio, sento un magone, come se dovessi farle sapere che provo qualcosa, un sentimento senza nome.
Forse è solo ammirazione.
L’ho conosciuta durante una serata dedicata alla musica folk, lei e la sua viola erano lì, per esibirsi. Mi ha lasciato senza parole la sua performance, la musica, l’interpretazione e i suoi occhi. Così profondi.
Un suono acuto mi disturba mentre sogno ad occhi aperti.
“Edward, non posso stare al telefono con te all’infinito. Ho da fare. A dopo”
“Oh, va bene, a dopo”.
Poso il telefono sul tavolino del salotto e mi dirigo in bagno. Una doccia bollente non me la toglie nessuno.

Bella

Jasper non è di molte parole stasera. Magari è solo agitato.
"Ehi, tutto ok?" Idiota, la risposta sarà sicuramente secca.
"Mmh? Si, c'è traffico" Almeno mi ha dato spunto per deviare il discorso Mary Alice.
"Sai, hanno chiuso la via Bonaparte, sembra che stiano sistemando le fognature, eh si che ogni volta che si passava di lì si alzava un tanfo che…”
“Bella, non riesco a pensare a via Bonaparte in questo momento. Scusami” Cavolo, è super agitato.
“J, pensa che non è poi la fine del mondo, voglio dire… lei è umana, u-m-a-n-a quindi rilassati, prendi un grande respiro e concentrati su te stesso. Cos’è ciò che vuoi?”
Ovvio.
“Lei”
“Va bene. Non ci spreco neanche il fiato. Ora, visto il traffico e visto che siamo proprio qui davanti, tu scendi e la vai a cercare mentre io cerco un parcheggio non in divieto di sosta”
È incerto.
Apro lo sportello senza pensarci e scendo dalla macchina.
Vado dalla parte del guidatore e gli apro lo sportello “Scendi e muoviti”
“Hai ragione. Lei è solamente un essere umano, di cosa ho paura?” detto ciò prende la sua giacca dal sedile posteriore e mi lascia sola in mezzo al traffico delle nove in piena Parigi. Forse farò un po’ tardi.

La macchina di Jasper (scusate ma io provo uno smisurato amore per questo ferro arrugginito XD... e vista l'ambientazione ci stava proprio bene)
Abbigliamento Edward
Abbigliamento Jasper
Abbigliamento Bella

ps. L'albergo di Edward esiste veramente, è il Saint Germain, ma non sono riuscita a trovare delle foto chiare... appena ne troverò le caricherò.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Umh… *disapprovazione verso me stessa* so di aver messo Leah dove era meglio lasciarla fuori, ma dovevo appioppare a qualcuna il fardello, e Tanya veramente non la sopporto quindi l’ho direttamente fatta fuori dalla ff.
@samy88 i Cullen non sono vampiri, ma c’è qualcosa che Edward tiene nascosto agli altri… per ora non vi dico niente, lo scoprirete presto eheheheh
Grazie a chi recensisce, a chi legge, a chi ha inserito Light nei preferiti e a chi la segue.

Bella
Lucky man . The Verve

Non ci posso credere. Sto girando da mezz’ora e ancora non ho trovato un buco di parcheggio, sicuramente dovrò rimangiarmi le mie stesse parole, niente dopo un’ora vado via. Arriverò quando praticamente Jasper sarà già squagliato su una qualche poltrona e gran parte degli ospiti-infiltrati se ne saranno andati.
Oppure… “Scusi sta andando via?”
“No”
Che. Scocciatura.
“Grazie lo stesso” si ricomincia la ricerca…
Riesco a trovare un parcheggio praticamente sulla luna e quando arrivo davanti al locale resto letteralmente a bocca aperta: una meraviglia.
Un cortile esterno si apre su quello che una volta era un agglomerato di vecchi palazzi e tantissimi tavolini lo ricoprono quasi a far scomparire il mosaico formato sulla pavimentazione perlata che termina davanti ad una gigantesca vetrata. Da qui all’entrata ci saranno si e no venti metri e già da qui riesco a vedere l’affollamento davanti al bar e sulle scalinate situate agli angoli del gigantesco salone.
Jasper ormai posso dimenticarmelo.
Ai lati dell’entrata ci sono due salottini perfetti per prendere comodamente il tè delle tre e mezza ed alzando lo sguardo mi rendo conto delle enormi balconate che circondano l’intero locale. Che roba.
“Ehi Bella!” mi risveglia di soprassalto la voce di Jasper. Neanche la fatica di doverlo cercare.
“Ma che razza di posto è questo?” ho ancora la bocca spalancata
“Eheh, ti avevo detto che sarebbe stato unico. Però parlando di cose serie, lei c’è. Ho sentito qualcuno che parlava del suo abbigliamento poco da sera, ma chi se ne frega, lei starebbe bene anche con uno straccio addosso”
“E ancora non l’hai vista?” Mmh, strano.
“No… aiutami a cercarla”
Mi guardo un po’ intorno e non faccio che notare la gente che riempie il salone e maledico mentalmente l’ideatore di quella serata. Troppa gente. Decisamente troppa.
Una chioma castano scuro e la riconosco. Pantaloni di pelle nera, un semplice top nero e delicatezza. Jasper ha assolutamente ragione, lei sta bene con tutto.
“Ehi…” mi basta toccargli la spalla per fargli capire che l’ho trovata, vedo praticamente tutta la scena.
Lui si volta, spalanca gli occhi e la mascella gli cade a terra. Potrei anche abbandonarlo qui e venirlo a riprendere tra un anno. Dovrei dire qualcosa, incoraggiarlo, ma non so da dove cominciare.
“Senti, io vado a prendermi qualcosa al bar, tu che fai?”
“I-io…lei… splendore… bar… arrivo” Non ho capito molto, ho solo visto il suo soffermarsi sulle sillabe di splendore, ma a quanto pare preferisce essere lasciato da solo per un po’.
Lui e la sua visione celestiale.
Scendo giù e mi prendo un analcolico al bancone. Resto un po’ lì fin quando non adocchio Angela tra la folla. È una delle mie colleghe d’ufficio, sa sempre dove trovare uno spunto nuovo quando la creatività viene a mancare, e anche in una redazione seria e grigia come la nostra si ha bisogno di creatività.
Lascio il bancone e busso alla sua spalla “Angela!”
Si volta lentamente, ha un vestito attira-attenzione rosso accecante e non mi meraviglio di vederla in compagnia del nostro capo. Ogni volta che siamo tutti e tre nella stessa stanza mi sento talmente in imbarazzo che vorrei fuggire, è attenta ad ogni suo movimento, ogni sua decisione, ogni suo cambiamento di umore. E non riesco a capire se lui prova la stessa cosa per lei. Viene spontaneo pensare che lei farebbe qualsiasi cosa per Benjamin Cheney.
“Bella! Come mai qui?”
“Ho accompagnato Jasper, ti ricordi di lui?”
“Oh, certo, il tipo del bagno di mezzanotte…” mi sorride e come non imitarla? Jasper sembrava impazzito quella sera, forse era l’alcol che aveva in circolo, eravamo sulle rive della Senna e lui voleva farsi un bagno a tutti i costi, per di più con -5°.
“Già, l’ho lasciato di sopra ma sinceramente sono un po’ stanca e vorrei tanto poter tornare a casa…” Non lo sto facendo volontariamente, non voglio trovare un passaggio per tornare a casa, ma se sarà lei a propormelo…
“Se devo dirti la verità anch’io sono un bel po’ stanca…” mi accorgo del suo sguardo rivolto a Cheney, non credevo fossero arrivati a tanto… “ti va se torniamo assieme?”
“Va benissimo! Puoi aspettarmi? Vado ad avvisare Jasper” ringrazio mentalmente Angela e corro alla ricerca del bell’imbambolato che, non posso credere ai miei occhi, sta parlando con una tipa che non è Alice, ma è quasi al suo pari.
Mi dispiace ma io devo andare “Jasper…” gli sfioro la camicia e lui si volta completamente quasi dimenticando la modella da urlo, vuol dire che sta magheggiando qualcosa.
“B, dove eri finita?” Uhumh, e ora chi glielo dice?
“Ero di sotto al bar ed ho incontrato Angela, e siccome è un bel po’ tardi pensavo di tornare a casa con lei… non ti dispiace?” Non me lo perdonerà.
“Oh, ok. Ci sentiamo domani, ciao” e mi lascia un bacio sulla guancia.
Oh? Domani? Ciao? Ma che cavolo…
“Marie, il tavolo si è liberato potete venire!” una melodia dolce ed acuta allo stesso tempo mi rende più chiara la situazione. Sarà lui a dovermi spiegazioni domani.
Scendo e trovo Angela ad aspettarmi assieme a Benjamin, il quale è riuscito a rivolgermi solamente un cenno di saluto in tutto il tempo. Bah.
Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe. Perché l’amore è così frastornante? Jasper mi ha praticamente cancellata quando credevo di avergli fatto un torto. E Angela, Angela non sembra neanche lei con quel pezzo di stoffa addosso, ma c’è Cheney e so che è per lui che si concia in questo modo.
Oh, sulla mia strada incontro un paio di piedi e non faccio in tempo a realizzare che li sto per pestare quando due mani mi tengono per non farmi cadere all’indietro.
Imbarazzo Totale.
Vorrei cadere e sprofondare giù, mi sento una bambina che non guarda dove mette i piedi, mi sento un’idiota che al posto di chiedere scusa continua a dire “ohohohohoooooooops!”
Quando finalmente mi sento stabile e riprendo il controllo del mio corpo alzo lo sguardo e davanti a me c’è un angelo dai capelli color del bronzo e due occhi verdi in cui perdersi completamente, per non parlare del posto in cui sono poggiate le mie mani: Due. Solidi. Pettorali. E rimango quasi senza parole. Perché ovviamente qualche parola senza senso dovrà pur uscire dalla mia bocca.
“Stavo camminando senza pensare, cioè, stavo pensando senza camminare. Ohmiodio, voglio dire stavo pensando senza guardare dove mettere i piedi” Ora basta. Chiudo la bocca perché quel che ho davanti non sembra neanche reale. Se fossi in lui mi farei due belle risate davanti alla mia faccia da demente.
“Non si preoccupi, non mi ha fatto niente” e mi sorride, sorride a me, il ragazzo dagli occhi verdi e dal sorriso smagliante. Aiuto, mi sento mancare, ho bisogno di aria, aria, ari….a.
Tutto diventa improvvisamente appannato, ho bisogno di continuare a vedere, voglio poter guardare ancora quegli occhi, quelle labbra piene, riportatemi indietro!

Edward

Blablabla. L’amica di Alice non fa che parlare, mi sta facendo venire il mal di testa. Aveva attaccato bottone con il buon intento di farmi da Cicerone, ma poi dai monumenti è passata a “tizio che va a letto con pallina e caio che se la fa con sempronio”. Oddio. Neanche le conosco queste persone e già so più cose dei loro partner. Forse qui funziona così, solo cinque giorni e poi non sentirò più pettegolezzi affatto interessanti su chissà chi. Mi distraggo con la città al di fuori del finestrino, è così morbida l’atmosfera. Vorrei poter passeggiare per godermi la città appieno. Di certo non con un’amica di Alice.
La macchina si ferma. “Edward siamo arrivati, sicuramente troverai Alice al piano di sopra, le avevano tenuto un tavolo” scendo dalla macchina senza farmi scrupoli lasciandola sola nell’intento di trovare un parcheggio. Non è stato carino, ma avevo bisogno di aria.
Il posto è grande e affollato, non faccio in tempo a mettere un piede davanti all’entrata che ne sento due sopra i miei, prendendo al volo la ragazza che con niente perde l’equilibrio. Alza lo sguardo e due occhioni color nocciola mi travolgono in pieno, sembra di vederci una foresta d’autunno e perdersi tra tutte quelle sfumature come se fosse un enorme tappeto di foglie di un marrone arancione graduato, e le sue guance arrossate sono così colorate da sembrare due fragole messe in risalto dai suoi zigomi alti.
Nel momento in cui ha appoggiato le sue mani su di me ho sentito qualcosa, come se mi avesse passato una scossa elettrica con un solo tocco. Apre la sua piccola bocca e dice qualcosa senza senso
“Stavo camminando senza pensare, cioè, stavo pensando senza camminare. Ohmiodio, voglio dire stavo pensando senza guardare dove mettere i piedi”.
“Non si preoccupi, non mi ha fatto niente” le sorrido, magari riesco a tranquillizzarla un po’.
Sembra improvvisamente pallida, le guance non sono più colorate e si aggrappa alla mia felpa prima di chiudere gli occhi. Oddio è svenuta. La prendo in braccio e mi guardo un attimo intorno, possibile che nessuno la conosca?
“Bella!” Oh grazie al cielo. “Cosa le è successo?” La ragazza dal vestito rosso si rivolge a me, come se le avessi fatto qualcosa…
“Veramente non l’ho ben capito, credo non si sentisse molto bene, era pallida” intanto la sistemo su una panchina lì vicino all’entrata e mi rivolgo a quella che sembra essere una sua amica
“Non sono esperto in materia, ma mio padre è un dottore e so bene che quando si sviene bisogna alzare le gambe per permettere al sangue di riprendere la giusta circolazione e…” indico con un cenno il suo vestito “beh, io non posso farlo, ma intanto potrei procurarmi un po’ d’acqua per bagnarle i polsi”
“Ah, si, certo”
Mi allontano e mi chiedo come sia possibile una cosa del genere.
È svenuta per me? No, non posso essere così egocentrico. Potrebbe essere vero quel che ho detto alla sua amica, è venuta alla festa nonostante non si sentisse molto bene, perché no?
Vado al bar e chiedo una pezza bagnata con un bicchiere d’acqua.
Quando ritorno la ragazza svenuta sembra aver quasi ripreso totalmente i sensi anche se ha gli occhi chiusi.
La sua amica alza lo sguardo sorridendomi “Grazie, effettivamente Bella non stava molto bene, sembra avere la febbre”
Mi avvicino e le metto una mano sulla fronte, è calda.
”Stavate tornando a casa? Avete un passaggio? Dovrebbe riposare” ma perché mi preoccupo così tanto di una persona che neanche conosco? Edward, ritorna in te.
”Si, stavamo giusto andando… grazie di tutto”
”Oh, non c’è di che…” qualcosa mi dice di rimanere lì, ma poi riesco a sconfiggere questo istinto e voltandomi porto le mie gambe verso Alice.


L’abbigliamento di Alice ed Edward
L’abbigliamento di Angela

Ho scritto tanto… calcolando le 12.000 ed oltre battute, ma era anche per farmi perdonare.
Il prossimo capitolo arriverà presto, ma non prima di venerdì perché giovedì andrò all’anteprima di New Moon al Roma Film Festival e so già che mi prenderà tutta la giornata (qualcuna di voi ci sarà???).

Piccolo particolare: Bella lavora nella redazione di un quotidiano locale, il quale capo è Benjamin Cheney, lo stesso Ben di Twilight, solo che Benjamin mi sembrava più professionale (e poi ho anche una cotta per il personaggio Benjamin Button, quindi volevo mettercelo in qualche modo xD)
Il locale NON esiste, ma me ne sono fatto un disegnino sul mio taccuino, tanto per passare il tempo! Magari con un po’ di coraggio (e ce ne vuole solo a guardarlo) più in là lo posterò :D
A venerdì!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Una settimana e più! *mi prostro ai vostri piedi chiedendo umilmente perdono*
Cercherò di essere più rapida per i prossimi capitoli [è Edward che mi intrippa il cervello, è troppo complicato come personaggio!]
Ben! Buona lettura! :3

Bella


“Bella? Bella ma che combini vuoi riprenderti?” è la voce di Angela questa?
“U-umh?”
“Allora ci sei…” apro gli occhi e non riesco ancora a capire dove sono e perché.
“Ma… perché sono sdraiata su una panchina?”
“Questo devi dirmelo tu, mi giro un attimo e quando mi volto di nuovo ti vedo in braccio ad uno sconosciuto, per di più priva di sensi”
Allora occhi verdi esiste.
Spalanco gli occhi che sono convinta diano perfettamente l’idea delle mille domande che mi sto facendo in testa “Dov’è?”
“Chi? Lo sconosciuto? È andato a prendere dell’acqua. Vuoi alzarti?”
No. Proprio no. Lui potrebbe tornare da un momento all’altro, e quale sarebbe la mia scusa per lo svenimento? Demenza. Beh, sicuramente. Ma non posso dirglielo.
“Angela, mi devi aiutare” mi guarda perplessa, quindi continuo “Se ho avuto un mancamento è stato per colpa della sua bellezza, è irreale, non può esistere una creatura così angelica… non credi?”
“E cosa vorresti fare?”
“Facile, mi devi aiutare a fuggire dalla mia spiegazione allo svenimento” le sorrido “quando tornerà… farò finta di dormire e tu… tu gli dirai che effettivamente ho un po’ di febbre”.
Così mi sto vietando l’ultima visione delle più celestiali dell’angelo venuto in terra per farmi morire d’infarto. La mia non è per niente un’idea normale, ma voglio evitare figure sconvenienti?
Angela mi avvisa del suo arrivo e io serro gli occhi.
Sento il calore del suo corpo accanto quando Angela gli parla “Grazie, effettivamente la mia amica non sta molto bene, sembra avere la febbre” sento una mano sulla fronte, non è di Angela, è la sua. Cavolo Bella, non farti scoprire.
”Stavate tornando a casa? Avete un passaggio? Dovrebbe riposare” com’è calda la sua voce, sembra quasi vellutata, e mi viene voglia di aprire gli occhi per poter affondare di nuovo in quel verde intenso.
”Si, stavamo giusto andando… grazie di tutto”
”Oh, non c’è di che…” sento di doverlo fermare… ma poi per dirgli cosa? Oh, sai, non ti conosco, non so come ti chiami, ma sento una grande attrazione fisica per te. Che sciocca.

Appena alzata Angela mi ha presa sottobraccio e Benjamin ci ha accompagnate a casa. A me almeno.
Ho aperto la porta di casa e senza accendere luci mi sono buttata sul divano. Non è possibile una cosa simile, ho bisogno di togliermelo dalla testa.
Prendo il piumoncino ai piedi del divano e decido di addormentarmi qui.

Qualche ora dopo

Mi innervosisco non poco quando mi rendo conto di aver lasciato i suoni al cellulare dando così modo a chiunque di svegliarmi di soprassalto. Ovviamente chi poteva essere a chiamare alle sette di venerdì mattina?
Tra uno sbadiglio e l’altro alzo un braccio in cerca del telefono… “Buondì Jasper, cosa succede?”
Lo sento prendere un respiro… sicuramente sta per arrivare una notiziona.
”Ho ufficialmente un appuntamento con Mary Alice Cullen domani sera all’Alcazar.”
Non-ci-credo. “Jasper, dici sul serio?”
”Si” quasi lo vedo farmi di si con la testa molto, troppo convinto “a te come è andato il rientro ieri?”
Dovrei dirglielo?
”Tutto bene, sono crollata sul divano per la stanchezza”. Niente drammi. Niente preoccupazioni. Soprattutto niente confidenze se poi sono io la prima a prenderlo in giro per la sua Alice-ricerca-continua.
Dopo una decina di aneddoti sulla bellezza della sua divinità mi lascia alla mia giornata e al mio dovermi rialzare dopo aver passato una nottata sul divano del salotto.
Mi alzo lentamente, accendo la radio della cucina a vado verso il bagno con una voglia pazzesca di bolle di sapone alla fragola per togliermi dalla testa tutta la pesantezza della settimana lavorativa che sta per terminare.

Edward Showtime . Jon Brion

Non riesco neanche ad aprire gli occhi.
Stanchezza.
Provo a muovere le gambe, ci sono. Le braccia sono un po’ infreddolite. Le dita delle mani sembrano intrappolate nella roccia e proprio mentre cerco di stringerle in due pugni sentendole scrocchiare, nasce un mugolio. Credo provenga dal mio divano, dal divano della suite. Cos’è? O chi è?
Mugolio o no mi devo decidere ad aprire gli occhi.
Ho la mano destra a portata di occhio e noto un rossore intenso sulla parte del suo dorso.
Un altro mugolio.
Mi siedo sul letto ed esploro l’appartamento ma non vedo niente. Il divano è girato dalla parte opposta al letto, quindi mi alzo e mi rendo conto della finestra aperta. Prima di andare verso il divano la chiudo e riacquisto un po’ di calore grazie alla coperta che mi trascino dietro. Mi accosto al divano e divento tutto un brivido.
”TU. TU CHI SEI?” Sono spaventato. Mi trema la voce, le gambe, le mani, tremo tutto, dalla pianta dei piedi alle radici dei capelli. “CHI SEI?” Le urlo contro.
Anche lei è spaventata. È mezza nuda con il braccio sinistro totalmente coperto di sangue e mi guarda con occhi da vittima. Prova ad aprire bocca ma mi rendo conto che sicuramente non mi ha capito. Francese.
Non so che fare, rimaniamo a guardarci per cinque interminabili minuti.
Mi sembra inutile aprire bocca se tanto mi capisco da solo. Le vado vicino, contro la mia volontà le prendo il braccio e le indico la ferita con uno sguardo dubbio. Forse mi capisce. Mi risponde indicandomi.
Sono stato io.

Bella Sidewalk Flight . Jon Brion

“Pour La Tulipe” aspetto in silenzio che il magazziniere mi dia tutte le copie delle riviste d’arte della città e intanto guardo tra le copertine dei libri accatastati sulla sua scrivania, accanto al grande registro delle uscite. Mi incuriosiscono i libri vecchi, le copertine sono così curate ma allo stesso tempo rovinate dal passare degli anni dal cambiare delle epoche. Mentre prendo in mano i libri per leggerne i titoli e gli autori mi cade tra le mani un cartoncino. È un piccolo dipinto. Infatti scopro che non è un cartoncino ma una tela leggerissima grande 10x15 cm. I contrasti sono forti ma è forse grazie a questo metodo di utilizzare i colori che il soggetto risulta più chiaro e non nascosto, come sarebbe sembrato in una tela dai colori piatti o semplicemente normali. È un uomo che pesca un oggetto strano, non si capisce bene cosa sia…
Cade qualcosa dalla libreria dov’è il vecchio.
Nascondo in fretta la piccola tela nella mia borsa. Ma perché lo sto facendo? Oddio, se mi scopre è finita. Niente più riviste gratis, niente più libri in prestito, ma soprattutto niente più lavoro. Sarebbe uno scandalo scoprire che la recensista del La Tulipe è in realtà… una ladra.
”Eccole il suo lavoro, signorina!” è di ritorno con una pila di riviste e di book, e mi spaventa solo l’idea di doverle portare al di fuori di quel magazzino d’oro.
”Oh. Grazie Germano. Te li farò riavere entro domattina. Ancora grazie” gli sorrido cercando di nascondere l’angoscia provocata dal mio gesto impulsivo di due secondi fa.
Aiuto.

Un’ora dopo

Non riesco a concentrarmi. Ho sfogliato pagine e pagine d’arte. L’articolo dev’essere pronto tra quattro ore e io ancora non ho deciso su cosa farlo, cosa recensire, cosa criticare o rivalutare.
Colpa di questa piccola tela.
Quando sono entrata in ufficio con quella parete di libri l’unica a cui ho fatto un po’ di pena è stata Rosalie, che si è proposta di portarmi un tazzone di tè bollente a costo di un mio sorriso. È molto premurosa. Da quando ha deciso di mettere una pietra sul suo passato è diventata la mia seconda (bah, possiamo dire anche prima e unica vista la mia coetaneità mentale con la mia vera madre) mamma.
In pillole Rosalie, da poco sposata, rimase incinta. Al momento del parto ebbe vari problemi tra i quali una pesante febbre che la fece stare molto male, così tanto da rischiare la vita. Tutto questo le provocò un aborto spontaneo che scalfì la pietra dello scandalo secondo suo marito, che non ci pensò due volte a lasciarla. Diciamo che quello fu un buon pretesto per liberarsi di una preziosa ed invidiabile donna. Così rimasta sola, Rosalie non poteva farcela a superare il dolore per la perdita di un figlio, il dolore per il recupero del suo sentito corpo ma soprattutto il dolore della consapevolezza di aver rischiato di passare una vita intera con un essere freddo, vuoto da ogni sentimento ma soprattutto crudele, crudele per averla abbandonata proprio quando aveva più bisogno di appoggio di qualsiasi altro essere vivente. Quindi a questo punto entrai in gioco io, Isabella Swan. Ero in ospedale per caso e la incrociai davanti ad una finestra, io avevo avuto da poco uno dei miei soliti mancamenti, stavolta a causa della fantastica triade ago-siringa-sangue. Così chiacchierammo un po’ sulla mia pressione bassa, sul suo pancione vuoto e triste e sul suo sguardo spento. Era come aver trovato un porto sicuro ma chiuso al transito a causa della perdita di fondi del paese. Ma poi rimase chiuso per un altro po’ di tempo a causa di lavori in corso, per poi riaprirsi e donarmi una splendida amicizia della quale non posso fare a meno.
Accendo l a luce della lampada sulla mia scrivania.
Ho la tela sotto gli occhi ma so di non poterla analizzare.
Innanzitutto la devo riportare a Germano.
Secondo… potrei chiedergli della sua provenienza, chi è stato l’artista, l’anno di produzione.
Demente. Se gliela riporti ti denuncia ma prima ancora ti sbatte fuori con un mega calcio nel sedere.
”Bella, eccoti il tuo tè verde con riso soffiato, bevine a piccoli sorsi, vedrai come ti rilasserà…” come è dolce.
”Grazie Rose, sei troppo premurosa nei miei confronti… prima o poi dovrò farti una statua nella hall della redazione” le strappo un sorriso sincero mentre va via. Lei si occupa della sezione moda, ma non dovrebbe stare qui dentro, casomai su una passerella. Però dice di non voler avere più niente a che fare con la sua vecchia vita.
Mi alzo con la tazza in mano dirigendomi al pouf accanto alla finestra.
Appena mi poggio sul pouf sento tutta la stanchezza scendermi addosso. Chiudo per un secondo gli occhi ma poi decido di riaprirli per non rischiare di addormentarmi sul posto.
Mi ridirigo alla scrivania e comincio a scrivere: Sonno, freddo e Parigi.
---

Non ho ancora chiarito molto, lo so. Ma dovevo terminare qui.
Sonno, freddo e Parigi è il titolo della recensione che Bella farà per La Tulipe (poca fantasia, lo so). Potrete trovare l’immagine e la spiegazione che Bella sceglierà per l’articolo, nel mio blog (appena cominciato).
Sorpresina in campo Edward… cosa ne pensate? Vi prego, sparate a mille, sono troppo curiosa!
Il magazzino non so se esiste ma nella zona in cui voglio situare il magazzino c’è una libreria, questa.
L’abbigliamento di Bella con il resto delle cianfrusaglie.
L’Alcazar, ovvero, il locale dove Jasper ed Alice hanno l’appuntamento citato brevemente e rapidamente al telefono.
Per le musiche... ho rubato a Jon Brion, adoro Esotsm e niente mi sembrava più adatto.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Ho un po’ allentato la scrittura con Light, perché il non poter leggere neanche un minimo commento mi demoralizza, ovviamente scrivo innanzitutto per me quindi continuerò. Per chi passa di qui Buona Lettura ancora una volta!

Bella

L’uomo che pesca.
O forse è un uomo che semplicemente tira su qualcosa che non ha niente a che fare con la pesca.
Il resto è così confuso…
Sono le nove e sono rimasta da sola in redazione. La scusa era “sistemare alcune cose nel pc del mio ufficio”. In realtà sto spulciando gli archivi d’arte per capire cos’è e chi l’ha fatto. Ma ancora niente. Questo piccolo dipinto ha deciso di farmi impazzire.
Collego un attimo il cervello e dandomi della pazza decido di alzarmi e controllare il traffico, di sotto. Sembra che si sia ammucchiato davanti all’entrata della palazzina. Altro motivo per aspettare un po’ di più. Vado nella hall e mi faccio un caffè alla meringa, è la goccia che fa traboccare il vaso, la fame comincia a farsi sentire e traffico o non traffico prendo le mie cose, spengo la lampada sulla scrivania e lascio la redazione.
Scendo le scale e mi do una sberla mentale. Niente giacca, braccia scoperte, se non mi prende ora la febbre non mi prenderà più. Chiamo un taxi e mi faccio lasciare proprio davanti al portone di casa mia. L’ingresso è vuoto, come le cassettine della posta. Chiamo l’ascensore che ci mette una vita ad arrivare, entro e premo il tasto 4. Qualcuno dovrebbe pulirci qui dentro, forse è arrivato il momento di richiamare la signora delle pulizie, o starà ancora male?
Uscendo il nervoso quasi mi scivola via, grazie a un quadratino bianco poggiato sul mio tappetino. Lo punto e quando lo alzo mi nasce un sorriso che muore così presto che è come se non ci fosse mai stato.
Ehi Bella! Non ti ho chiamato per non disturbarti, visto che non ci sei sarai sicuramente ancora in redazione… Volevo farti sapere che Alice mi ha detto che se voglio posso portare qualcuno perché per sbaglio le hanno prenotato due tavoli e non può ritirare la prenotazione. Se vuoi ci vediamo lì, ci sarà anche suo fratello con un’amica. Baci J.
Mi soffermo sulle ultime parole circondate da tutto il resto. Suo fratello con un’amica. Non do tempo all’ansia di arrivare perché già l’angoscia si è fatto il suo meritato spazio. Pure troppo.
Allora facciamo mente locale: Alice ha prenotato due tavoli. Ma dovrebbero essere da due entrambi, perché uno da tre? E poi… io cosa c’entro? Farò bene a starmene a casa.
Già sento la voce di Jasper “Sempre la solita poltrona”.
Io non sono poltrona, è che spesso mi sento in imbarazzo e preferisco non mettermi troppo al centro dell’attenzione. E so già che nella situazione di trovarmi di fronte a due perfetti sconosciuti mentre Jasper si diverte con Alice, non mi sento molto accomodata.
Metto le chiavi nella toppa e accendo le luci dell’appartamento, fa decisamente freddo. Fortuna che siamo in aprile.
Poso le mie cose sul tavolino davanti alla porta e vado ad accendere i riscaldamenti. Stasera mi concedo insalata, toast e burro magari con un po’ di succo al mirtillo per tirarmi su. Accendo la tv e comincio ad ascoltare il notiziario, nonostante non me ne importi granché. Ultimamente siamo io e il mio mega cuscinone di pail, delle profonde serate passate in compagnia l’uno dell’altro. Ragazzi che chiacchierate!
Vago con lo sguardo fino alla pila di riviste accanto al divano. Accidenti. Le riviste!
Così presa dalla piccola tela ho dimenticato di dare le riviste ad Angela che domattina sarebbe dovuta andare da Germano. Bene. Vorrà dire che domattina mi alzerò all’alba per recuperare le riviste per poi rimettermi a dormire appena tornata a casa.
Dopo aver terminato la cena prendo una copertina e il mio cuscinone, mi siedo sul divano e aperto il portatile comincio a scrivere, ma non passa tanto tempo prima che il sonno mi faccia crollare. Stavolta ce la faccio a raggiungere la camera da letto e mi butto in quel ben di Dio composto da morbidi cuscini, un materasso molto comodo e aria calda.

Edward

Lucie è andata via dopo avermi accertato con gesti ed espressioni molto convincenti, che non le ho fatto del male, o meglio, che a lei è piaciuta la nottata passata assieme perché è stata fatta da dolore misto a passione. Il dolore più grande sta nel non ricordare nulla. In più al non averci capito nulla. La cosa mi ha così tanto sconvolto che non sono uscito neanche per andare da mia sorella oggi. Tutto il giorno qui dentro. Sono uscito solo per mangiare qualcosa ma poi sono tornato qui, insieme ai dubbi che mi gravitavano e mi gravitano tutt’ora intorno alla testa. Che fa un male atroce.
Dovrei poterci capire qualcosa. Quella ragazza era insanguinata, cavolo. Sul mio divano. E si è spaventata non per il sangue ma per la mia reazione al suo sangue.
No, non capisco.
È possibile che abbia rimosso tutto quanto? Ma certo, è stata la stanchezza! Non ricordo niente perché prima il viaggio e poi la serata… sicuramente il sonno e lo stress postviaggio mi hanno indotto a dimenticare tutto. Però che cosa strana…
Porto in bagno le mie cose e riempio la vasca versando dentro Sali da bagno per tranquillizzarmi. Spero ci riescano.
Non riesco a mettere un piede nella vasca che il mio cellulare prende a squillare nervosamente. Rispondo affogando la volontà di far finta di niente.
”Edward, cosa stai facendo?”
”Alice, mostriciattolo sei tu, fra poco vado a letto, sono stanco ed ho avuto una giornata pesante” fatta di pensieri nella ricerca di risposte, senza aver trovato nulla di buono.
”Cosa? Già a letto? Edward sei un pensionato! Beh. Senti domani sera tu esci con me. Ho un appuntamento, a dire la verità è solo tra me e lui, ma siccome non lo conosco ho prenotato un altro tavolo per due non molto distante dal nostro, ti va di venire? Con te accanto mi sento un tantino più sicura…” Uuuuuh, smascherata la mia indipendente sorellina.
”Certo, ci sarò e ti farò da bodyguard da lontano” mentre rido quasi urlando la sento fare i versi dell’offesa.
”Edward, portati qualcuno, o qualcuna ovviamente”
”Chi? Non conosco nessuno qui…” l’unica persona che conosco sembra essersi sacrificata a chissà quale rito compiuto inconsapevolmente da me stesso. Madre.
”Bene. Allora dirò a lui di portare la sua amica, sembrano molto uniti, potrebbe fargli piacere”
”Ok, basta che riesca a dire almeno due parole in croce”.
”In tua presenza? Eh. Bene. Vestiti bene. A domani dormiglione.”
Non mi da il tempo di salutarla che già ha chiuso la chiamata e chissà a chi o cosa è indirizzato il suo pensiero adesso. Il mio è per il bagno, il rilassamento e il letto.

Bella

È meraviglioso svegliarsi con la tv del vicino smemorato. Cavoli io ho solo due giorni a settimana per dormire un po’ di più e te fai tutto questo baccano?
Tanto meglio. Devo andare a prendere le riviste da consegnare.
Mi alzo velocemente e mi sistemo per la sveglia temporanea. Cose scomode tanto starò via massimo mezz’ora. Mentre infilo le scarpe suona il telefono, quasi cado per prenderlo con una mano ancora infilata nella scarpa destra.
“Pronto?”
“Buongiorno Bella, sono Angela, sei già passata da Germano?”
“A dir la verità… no, mi sono appena svegliata Angie”
“Bene, anzi perfetto! Siccome ho avuto un contrattempo, potresti prendere la lista che ho sulla scrivania del mio ufficio? Sono pochi volumi da ritirare”
“Oh, ma si, non preoccuparti. Mi devo ancora far perdonare per la pessima scena dell’altra sera”
“Ahahah su Bella pensa positivo, io non l’ho detto a nessuno, immagina se al posto mio ci fosse stata…” “Jessica, già, mi vengono i brividi solamente a pensarci”
“Bene, allora ci sentiamo”
“Ok, ciao”
Bene, bene, bene. Mi dovrò portare un carrettino per trascinare tutto.
Appena uscita dal palazzo vengo investita dal sole cocente, non aspettavo altro per oggi, era quasi una settimana che il cielo si manteneva grigio. Passo per la redazione e una volta riempite le braccia prendo la metro per arrivare da Germano.
Ovviamente ho con me il dipinto.
Suono e nessuno risponde. E la cosa è un po’ imbarazzante quanto scomoda: ho le braccia occupate, quindi anche le mani, e mi sono ritrovata a dover suonare con il naso.
Sento qualcosa sbattere dietro la porta, come se qualcuno stesse appoggiando dei grandi manuali sulla scrivania all’entrata. Decido di risuonare, magari non mi ha sentito.
Ecco la porta che si apre! Cerco di sistemare le riviste che ho in mano.
“Salve Germano, scusi per l’ora ma sono venuta a restituire le rivi…” ecco, proprio in questo momento vorrei potermi sotterrare. Anche qui sul marciapiede va bene.
Le riviste che stavo tenendo quasi in equilibrio si sparpagliano a terra e quel che riesce ad uscire dalla mia bocca è un misero “No”.

---
Per l'abbigliamento di Bella qui

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Edward

Due giorni. Ne sono passati e ne rimangono. Stamattina non ho trovato niente di strano sul mio divano e nella mia testa, ma i ricordi ancora tardano ad affacciarsi.
Fuori il sole sembra voler sciogliere l’asfalto e non aspetto molto a decide di uscire, potrei andare in cerca di una libreria. Magari Alice ne conosce qualcuna ben fornita, sicuramente.
Compongo il suo numero ed attendo, uno squillo, due squilli… eccola
“Alice Cullen”
“Ehi bestiolina”
“Ciao Edward! Come mai già sveglio? Qualcuno ti ha buttato dal letto?”
“Ahah, non proprio… senti, conosci un posto a Parigi dove trovare buoni libri?”
“Umh… diciamo che ho un segreto più che conoscere un posto”
“AH. E come si chiama questo segreto?”
“Germano”
Dopo avermi spiegato come arrivarci, ed è davvero facile visto che si trova a pochissimi passi da qui, e il perché di questa sua “conoscenza” decido di far visita a questo Germano, provare non guasta mai.
Arrivo davanti ad un portoncino in legno scuro e suono il campanello sul lato sinistro.
Mi viene ad aprire un signore sulla sessantina “Bonjour”
Si dirige dietro la scrivania posta accanto all’entrata dietro una pila di libri e una lampada che emette luce ingiallita.
“Bon-Bonjour, je suis ici… pour quelques livres…”
“Lei signore, è Americano?”
“Si, si… sente?”
“Direi di si” mi sorride sotto le sue rughe non poco accennate. “Viene qui per nome di?”
“Alice, Mary Alice Cullen, sono il fratello”
“Ah, certo, la signorina Cullen. È davvero una ragazza d’oro. Quali libri le servono?”
“Umh… diciamo che sono un po’… introvabili”
Mi sorride beffardo.
“Beh, un Debussy del 1959 e uno Chopin del 1935”
Lo vedo allontanarsi tra gli scaffali stracolmi di libri e dopo un minuto non sento più neanche il rumore dei suoi passi. Questo posto è davvero fantastico, ci passerei giornate intere, forse perché mi viene ovvio pensare che non ci siano solamente libri in francese… Suonano alla porta. Mi volto però poi penso che non ho nessun diritto di aprire così senza sapere secondo quali presupposti bisogni suonare un campanello per entrare. Forse è un posto per i privilegiati, mi chiederà di pagare qualcosa al suo ritorno?
Eccolo, vedo sbucare prima due grossi volumi e poi la sua figura intera.
Appoggia i libri sul tavolo. Mi sembra il minimo avvertirlo.
“Mentre lei non c’era qualcuno ha suonato alla porta…”
Si siede alla scrivania e mentre apre il catalogo molto da biblioteca mi dice di aprire mentre lui segna i libri presi in prestito.
Allora non c’era nessun presupposto.
Apro la porta e c’è una ragazza che tiene in mano una pila esorbitante di riviste.
“Salve Germano, scusi per l’ora ma sono venuta a restituire le rivi…”
Si ferma dopo aver fissato i suoi occhi nei miei. Le riviste le scivolano dalle mani come se fossero liquide e mi rendo conto di chi è solamente quando le sue labbra pronunciano la sillaba “No”.
La ragazza dello svenimento, è lei!
“Ehi, come va la febbre?”
“C-cosa?!”
“La febbre, il locale dell’altra sera, il giramento di testa… non ricordi niente?” posso capirla.
Mentre aspetto una risposta la sento sussurrare “Occhi verdi…” ma è più una sensazione che una certezza.
“Si, ricordo…” sulle guance le si formano due batuffoli rosei mentre abbassa gli occhi “Umh-umh scusami tanto, cioè, mi scusi tanto per l’altra sera, ero un po’… un po’ stanca e non ce l’ho fatta a tenermi in piedi a causa della… della febbre!”
“Ti spiace se ci diamo del tu? Sai non sono di qui e non mi piace affatto che l’unica” non contando la vittima sacrificale “persona che conosco mi dia del lei. Io sono Edward” le porgo la mano e la sto per ritirare quando sento la sua piccola mano appoggiarsi e stringere la mia.

Bella

“Io sono Bella” una stupida e insulsa ragazza di fronte ad una beltà divina. Su Bella, metti due parole in fila, altrimenti come premio ti spetta la seconda figura da scema con questo Adone quasi conosciuto.
“Anch’io non sono di qui, ma sono un paio d’anni che mi sono trasferita ed ora ho buoni amici” guarda caso tutti americani “e un lavoro fisso” i miei occhi si posano sulle riviste a terra. Così decido di piegarmi a raccoglierle e nel mentre lo fa anche lui.
“Come mai questa scelta?”
Alzo lo sguardo ritrovando i suoi occhi a un palmo dai miei. Beh, così è difficile parlare.
“Scusami, sono stato scortese…”
“No, no, assolutamente. Ho deciso di staccarmi un po’ dalla mia vita da adolescente, da mia madre.”
“Per crearti una vita tutta tua” annuisce “io non so bene che farmene, quindi non l’apprezzo come dovrei”
Ah. Wow, neanche ci conosciamo e già siamo al punto delle confidenze.
“E allora perché sei qui?”
“Di passaggio. Fra due giorni torno a casa”
I miei tentativi di rilassamento svaniscono del tutto. Due giorni. Non lo vedrò mai più.
“Senti, credo che il signore qui dentro stia aspettando che qualcuno entri…”
Alzo lo sguardo e cerco di mettermi in piedi, lo guardo per un istante. Doveva esserci qualcosa di storto in tutto questo.
“Si”, entriamo e Germano è ancora lì a segnare i codici dei libri. Appena entro e lo saluto lo vedo sorridermi.
“Buongiorno Germano, ieri sera purtroppo ho lavorato fino a tardi e non mi sembrava il caso di consegnarle le riviste a tarda notte”
“Non preoccuparti, per La Tulipe si possono fare eccezioni”
Mi nasce un sorriso sulle labbra ma poi ripenso alle parole di Edward e un magone mi prende lo stomaco. Mi si mozza il respiro in gola.
Ok, tranquilla, pensa a qualcosa di bello… no, qualcosa di bello no, pensa a qualcosa di rilassante, di delicato, di luminoso.
“Ecco i suoi libri” con un colpetto li indirizza verso Edward e poi mi guarda in attesa.
“Oh, si, le sue riviste, e poi… Angela Weber mi manda per prendere dei volumi… ecco la lista”
La prende e l’osserva per memorizzare i titoli e sicuramente per ricordare gli scaffali dove sono sistemati.
Mentre Germano va nella sua ricerca Edward è ancora lì.
“La Tulipe?”
“È una rivista, io scrivo recensioni artistiche per La Tulipe” perché mi imbarazza così tanto parlare con lui?
In più sento anche di dover spiegazioni a Germano riguardo il piccolo furto alla sua tela.
“Ti impegna molto?”
Eh? In che senso? Ma poi, cosa gliene interessa a lui?
“Emh… no, è che mi piace, quindi ci passo giornate intere”
“Ah.” Sembra pensieroso… dovrei dire qualcosa, ora?
“U-umh… c’è qualcosa che non va?”
Mi guarda e restiamo in silenzio per un paio di minuti.
“Stasera sei impegnata?”
Oh.Mio.Dio.
Mi ha chiesto di uscire? Si, sicuramente, se mi chiede se sono impegnata il significato può essere solamente quello. Merda.
“E-Eh? Stasera? Io non… credo di si”
Oh merda. Proprio stasera devo uscire con Jasper e la sua fiamma.
“Bene, allora sarà per un’altra volta”
Mentre pronuncia le ultime parole vedo Germano che torna con la solita pila di libri e senza segnarli me li porge.
“Grazie” poi rivolgendomi ad Edward non posso che notare quella briciola di delusione nei suoi occhi, che basta a farmi sprofondare nel pavimento.
“Allora… ci vediamo?”
“Certo.” Mi sorride e io come un’ebete rimango per un po’ a guardarlo e poi fuggo via, in preda ad una voglia matta di piangere.


L’abbigliamento di Bella è come quello nel capitolo precedente.
L’abbigliamento di Edward è qui (omaggio a Remember me <3)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


@grepattz eheheh ma Bella ancora non lo sa! XD Grazie per i complimenti, spero di elaborarlo tutto in fretta
@RobyCullen B esce con Jasper per accompagnarlo alla cena assieme ad Alice, ma guarda caso… chi c’è lì? :D eheheheheh


Edward

Mi inorridisce la mia stessa persona. Per la fretta di trovare qualcuno di buona compagnia per stasera le ho chiesto di uscire… così su due piedi, me lo sarei dovuto aspettare: un rifiuto. E di quelli che più freddi non si può. Forse non sapeva cosa dirmi, magari ha anche il ragazzo. Idiota. Idiota, idiota, idiota. Che ne posso sapere io? A momenti non so neanche il suo nome.
Bella. No, lo so e come.
“Mi scusi, il suo nome?” il vecchio tira fuori un cartellino e segna una data.
“Bell… Emh-Edward” oddio santo. Spero non se ne sia accorto.
“Bene… Edward” segna il mio nome accanto a quelli dei libri presi “hai tempo fino a questa data, dopo la sua scadenza dovrai avvisarmi. Mi saluti tanto la signorina Cullen.”
“Certo, grazie” prendo il biglietto ed esco fuori, sotto quel sole, ma al freddo di una realtà troppo ghiacciata. Io non ho speranze, non riesco a capire cos’è che blocchi le donne in mia presenza. Forse sbaglio nell’arrivare subito al sodo nei rapporti. Dovrei concedermi una pausa anche in quel senso. Dovrei essere io quello freddo? Renderebbe le cose più semplici? O forse sarebbe peggio…
Eppure quando le ho detto degli unici due giorni che mi rimanevano qui a Parigi sembrava persa, come se le avessi dato una notizia deludente. Lavoro troppo di immaginazione, lo so.
Passo per il parco Luxembourg assieme ai miei libri, non posso fare altro che distrarmi ora, affogare nella loro storia, nelle loro note, nel loro senso, quel che la mia vita non ha ancora preso.

Bella

Merda.
Salgo velocemente le scale della palazzina. Il più veloce che i tacchi riescono a permettermi.
Ho avuto modo di pensare, ora basta. Ora mi lascio tutto alle spalle e mi dedico completamente a me stessa e al mio riposo fisico.
Dovrei anche essere un po’ felice. Mentre poggiavo i libri sulla scrivania di Angela mi è venuta un’illuminazione: forse ho un punto a favore del dipinto. Claude Monet dipingeva spesso uomini e barche, il che potrebbe aiutarmi nello scoprire il significato di quella tela. Nei libri ci sarà qualcosa…
In qualsiasi caso, non è il momento di cercare; apro la porta e lascio tutto sul tavolino, senza pensarci due volte mi tolgo le scarpe e mi butto sul letto. Dormire mi aiuterà a dimenticare.

Qualche ora dopo

Apro gli occhi. Ho fame. Mi stiro sul letto e quando provo a riaprire gli occhi sento il mio rumoroso stomaco brontolare. Che male. Guardo l’orologio: le 16:25. Cristo.
Mi alzo e senza pensare vado dritta in cucina, tiro fuori due uova, i pomodorini, qualche affettato e il formaggio per farmi una frittata veloce, tiro fuori una scodella per sbattere le uova ed accendo il gas. Ho sempre adorato cucinare, per me, per mia madre, quando ero a Forks, per mio padre. Ma ora ho solo voglia di mangiare, quindi bando alle ciance. Dopo aver unito tutti gli ingredienti verso il composto nella padella ed aspetto che prenda forma per girarla. Un paio di minuti ed è pronta. Prendo un piatto e un bicchiere e li posiziono sull’isolotto, dalla parte più vicina alla finestra, mangiare con il panorama della mia finestra non è male, se solo non ci fosse quel palazzo che copre la Torre Eiffel.
Sono a metà frittatina quando mi squilla il telefono.
“Pronto?”
“Bella! Come stai?”
“Ehi Jazz, sto bene, sto… mangiando. Te?”
“Sono in crisi.”
“Perché? Che è successo?”
“Non so che mettermi stasera”

Edward

Le serate di aprile non sono per niente calde, qui. Non che da me lo siano di più, ma la voglia di uscire dalla mia stanza avvolta dal calore dei sifoni è davvero poca. Nonostante tutto prendo la giacca e spengo le luci, scendo nella hall e lascio la chiave al tipo della reception. Ho appuntamento con Alice davanti il suo palazzo, spero che scenda subito. Entro nel primo taxi che riesco a fermare e in dieci minuti sono al freddo di un cortiletto ad aspettare. Uno. Tre. Cinque. Dieci minuti. Fa un freddo cane. Tredici. Il portone si apre ed Alice mi sorride a 32 denti. Grazie al cielo.
“Ed!” mi si butta al collo e mi strangola un po’, spero affettuosamente.
“Ehi, Alice, non ti sembra un po’ tardi? Quanto vuoi far aspettare la tua nuova conquista?”
Mi sorride ed arrossisce. Strano per lei.
“Non un minuto di più” si dondola come una bambina di cinque anni e poi si fionda sul mio braccio.
“Hai chiamato il taxi?”
“Veramente credo sia andato via dalla disperazione, ormai”
“Ok, allora andiamo a piedi”
Bene, vuol dire che mi abituerò al freddo prima di arrivare lì.
“Come l’hai conosciuto?”
“Chi?”
“Il tuo nuovo paio di scarpe ….Alice, il ragazzo di stasera!”
“Ah! Ad una festa, sai, quella dell’altro giorno…”
“E già…”
“No, ti prego, non metterti anche tu a dirmi che è presto per uscire”
Se sapesse che proprio stamattina ho invitato una sconosciuta totale per l’uscita di stasera, per di più rifiutata, scoppierebbe sicuramente in una sonorissima risata, meglio non dirle niente.
“Umh… e com’è?”
“In realtà ancora lo devo ben capire, è che mi ha colpito proprio questo, diversamente dagli altri, lui non si mette in mostra, non è come andare al supermarket, è più che altro come un puzzle da ricostruire, ed io ancora non ho neanche un tassello della sua personalità, né di quella vera, né di quella falsa che solitamente mi viene riproposta ogni giorno da qualsiasi persona nel mio ambito lavorativo, sai lì si fa di tutto per sopravvivere, anche schiacciare le proprie amiche. O meglio, molte di quelle che mi hanno scavalcata le consideravo amiche, ma poi…”
Mi fermo e l’abbraccio, è così piccola e indifesa, come fa a sopportare tutto questo? Io non ho mai avuto problemi del genere, a volte qualche casa discografica preoccupava il manager del marketing che mi riportava tutto sotto chiave di un “nuovo sistema di registrazione moderno necessario da acquistare”, ma sentirsi schiacciati, per di più da persone di cui ti fidi, deve essere orribile.
“Mi dispiace tanto, mi dispiace”
“Grazie Edward, ma sono forte” si scosta e mi sorride anche con gli occhi “sono andata avanti e lo farò sempre”
“Bene, allora andiamo a recuperare un tassello del tuo puzzle”


-------
Sono una torturatrice anche nei confronti di me stessa, interrompere così non è l’ideale per voi e me, ma per la storia si, c’è un motivo a tutto, anche alla tela che sembra essere messa nella storia un po’ a caso, in realtà non è così!

L’abbigliamento per Edward è qui
L’abbigliamento per Alice è qui
Potete trovare alcuni dei più bei dipinti di Monet su imbarcazioni e pescatori qui, fateci un giro, merita!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Si va bene, lo ammetto: sono un disastro. Ma aggiungo questo capitolo e presto ne avrete un altro. Mi scuso soprattutto perché era pronto da un bel po’, ma non ho avuto il tempo materiale per farlo, e diciamo anche che è stato un luuuunghissimo periodo no. Non mi era mai successo di averne per così tanto. Detto questo vi lascio alla lettura, anche questo è un capitolo di transito, ma necessario per capire un po’ di cose :)

Bella


Mi ritengo fortunata, ringrazio vivamente Rosalie per avermi dato delle dritte sullo stile maschile, che adorano le donne-modelle di oggi, durante quella velocissima ed agitatissima chiamata che separa casa mia da quella di Jasper. Posso dire di essermela giostrata bene davanti a quel guardaroba così misto e per di più country… spero di non averlo reso troppo… elegante rispetto al suo solito stile.
Stiamo prendendo il bolide quando comincio a pensare ad Alice e… a suo fratello con amica al seguito.
Non ho la più pallida idea di come possa essere, tanto meno Jasper, per cui cerco di ricordare le copertine di qualche rivista di gossip, quelle di attori o personaggi famosi con i parenti al seguito: solitamente i migliori in famiglia sono quelli che diventano famosi, mentre i fratelli vengono scartati soprattutto perché non hanno ricevuto in dono la stessa bellezza del favorito. Meglio così, vorrà dire che non sarà un problema, almeno stasera non mi sentirò totalmente a disagio.
Aspetto Jasper fuori dal garage, ma non sale nessuna macchina neanche dopo dieci minuti. Ho come l’impressione di dover andare a prenderlo di forza, sento che lo dovrò fare molte volte, stasera.
Apro il cancelletto e scendo, ci sono poche luci accese fuori dai box e quando arrivo davanti a quello di J mi viene quasi da ridere, ma non lo faccio per non rendere la situazione ancora più complicata di come lo è:
Jasper è immobile con la chiave in mano tesa verso la serratura della macchina, ma non accenna a continuare il gesto, ha bisogno di una scrollata.
Mi avvicino e gli strappo le chiavi di mano, apro lo sportello ed accendo la macchina, abbasso velocemente il finestrino e penso a due parole per farlo smuovere, ok, non dovrò essere troppo dura.
“Quando vuoi, una bella signorina ci sta aspettando”
Mi guarda per un attimo, sembra quasi in agonia, ma non ne trovo il senso, voglio dire… va bene con l’agitazione, ma fino a questo punto non sarà esagerato?
“Jasper, salta su, o il tuo appuntamento andrà a monte, e sai non voglio proprio perdermi una mangiata come quelle di stasera” gli sorrido quasi beffeggiandolo con la mia ironia. Solitamente non mi lascio andare alle mangiate, ma se può servire a qualcosa sono disposta anche ad abbuffarmi per tutta la notte.

Edward

Arriviamo davanti al ristorante e capisco perché Alice lo abbia scelto: elegante, alla moda ed artistico allo stesso momento, una buona trovata commercialistica, penso.
Un pinguino si avvicina a noi.
“Cullen”
Fa un cenno di assenso con la testa e ci indica i due tavoli, non troppo vicini, ma in vista, proprio sulla vetrata con un magnifico panorama. Uno dei tavoli è situato proprio al centro della vetrata, mentre un altro più a sud, preferisco passare inosservato, soprattutto perché non so cosa possa aspettarmi da un momento all’altro. Lascio la giacca su una delle due sedie del tavolino più a sud e mi avvicino ad Alice, un po’ persa nell’oscurità che caratterizza la finestra.
“Se già stata qui molte volte?”
“Umh?” si volta verso di me un po’ spaesata “solo due volte, è molto elegante”
“Già…” Mi prendo le mani in mano, che accidenti faccio per renderla tranquilla?
Comincia a dondolarsi sui talloni, vuol dire che sta pensando, meglio lasciarla un attimo sola.
“Mi potresti dire dov’è il bagno?”
Si volta e mi sorride, finalmente “devi tornare all’entrata e poi subito a destra, è davvero pulito, qui”
La sua vena critica è presente all’appello, vuol dire che non è poi tanto agitata come sembra.
Mentre volto a destra per entrare nel bagno sento una voce d’uomo che chiede “Mi sa dire qual è… il tavolo C-Cullen?” sorrido tra me e me… è arrivato.
Bene, così non dovrò far finta di stare troppo tempo in bagno. Mi guardo allo specchio e pensando che ovviamente neanche stasera i miei capelli sarebbero potuti essere in ordine, cerco di schiacciarli leggermente. Ovvio: operazione non riuscita.
Tra uno sbuffo e l’altro mi lavo le mani e resisto all’impulso di asciugarmele addosso. Alice se la prenderebbe, nonostante per stasera il suo sguardo non sarà affatto per me.
Apro la porta e dopo qualche passo mi rendo conto che la ragazza appena entrata nel bagno delle donne sembrava fissarmi… sarà stata solo un’impressione.

Bella

“Oh Jasper smettila di avere quel muso, ma a che accidenti stai pensando?” non è possibile, da quando siamo usciti è così, vorrei potergli dare un cazzotto in faccia per risvegliarlo, ma visto l’appuntamento non potrei rovinargli un occhio così violentemente, me la farebbe pagare a vita.
“A quante poche probabilità ho di …affascinarla” l’ultima parola sembrava più sbuffata che parlata.
“Bene… posso dirti una cosa senza sembrare una maniaca?”
Si gira verso di me come non capendo quel che voglio dirgli “In che senso?”
“Umh… non so se ti ricordi di come ci siamo conosciuti”
“Certo che me lo ricordo, non potrei mai scordarlo” “Eheh ho fatto colpo, vero?”
“Tu e i tuoi strambi modi di fare: a volte pensierosa, a volte casinista, a volte allegra al punto di travolgerti e a volte così immersa nelle tue giornate no che non ti si poteva parlare”
“Ma ci ho messo tanto a farmi accettare come amica, da te”
“Più che altro io ci ho messo tanto a convincerti che ti potevi fidare a differenza dei francesi che avevi conosciuto fino a quel momento”
“Ah si, hai ragione questo particolare lo avevo quasi cancellato. La cosa speciale è che primo tu NON sei francese, ed è davvero difficile affrontare il mondo da soli senza qualcuno che capisca davvero i tuoi gerghi.” Rimasi un attimo a pensare, era vero, ma forse la cosa dipende più dai modi di fare che dalla lingua.
“E secondo?”
Sorrisi compiaciuta “Secondo non mi hai assalita con la strana voglia di sesso che hanno tutti i nostri coetanei qui”
“Ahahahahahah non te la sarai presa per questo, vero?”
“Per niente, te ne sono grata” dandogli un buffetto sul braccio. Lo ho risollevato. Grazie a Dio.
Io e Jasper ci siamo conosciuti nel bar della biblioteca. Io andavo lì a leggere (visto il mio solito vicino che adora alzare il volume al massimo di qualsiasi cosa, radio, telefono, televisione, persino della voce quando parla con chiunque gli capita a tiro) e lui a studiare. Si, ancora studia, ha preso la sua prima laurea in politica ed ora la tenta di biblioteconomia. La cosa l’ha affascinato un giorno che gli chiesi di accompagnarmi da Germano. Ne fui molto contenta, perché la cosa affascinava anche me.
Attaccò bottone perché era agitato per uno dei suoi ultimi esami prima della laurea e io cercare di incoraggiarlo facendogli pensare ai professori in modi e costumi buffi rispetto ai soliti.
“Ehi è qui il locale”
“Uh?”
“Un altro viaggio nei pensieri?”
Parcheggiai non troppo distante e facendo un grande respiro scesi insieme a Jasper.
Davanti alla porta c’è un uomo tutto in tiro pronto ad accoglierci. Spero solo che vada tutto bene…
“Jasper, devi chiedere il tavolo” gli sussurrai sorridendo.
“Mi sa dire qual è… il tavolo C-Cullen?”
“Certo signore, venga”
Bene, un altro lungo respiro e prepariamoci alla solitudine, anzi, a tenere in mano la candela per tutta la serata. Aaaah che bella la vita!
Come un'ebete sorrido in cerca di qualcuno, precisamente non so neanche chi. Ok, la smetto di cercare il nulla. Seguo Jasper, che è sicuramente la cosa migliore.
“Jazz, ehi!” voce cristallina. Riconosciuta. Mi preparo allo spettacolo.
“Alice, come stai?”
Non. Ci. Credo. Jasper è completamente a suo agio, ha lasciato la giacca sulla sedia e un bacio sulla guancia di Alice. Quest’uomo mi spaventa a volte. Ma che mi ha preso in giro finora?
“Ciao, tu sei Bella, vero?”
“S-si… ciao”
Guarda eh, ora sono io a fare la parte dell’idiota. Lei mi sorride e io non so che dire.
“Il tavolo è quello lì, mio fratello arriva subito, scusami”
E di cosa?
“Grazie” Almeno una parola l’ho detta. “S-senti Mary Alice..”
“Chiamami Alice, lo preferisco con gli amici”
Oh mio Dio perché ora dovrei sentirmi onorata come mi sento? Mica è la Madonna!
“Va bene” provo a sorriderle “Alice, sai dov’è il bagno?”
“Certo!”

Un paio di minuti dopo

Sono riuscita a fuggire e non vorrei dirlo ma mi sento meno sotto pressione di cinque minuti fa.
Che cavolo sto combinando? Jasper è sciolto e io che dovrei fregarmene di tutto sono un pezzo di ghiaccio.
Ah, ecco il bagno… Ma quello non è…?
Cavolo… Cavolo.Cavolo.Cavolo. Che ci fa qui? Ed ora che faccio?
Che idea! Mi rifugerò nel bagno per tutta la serata.
…per lo meno finché Jasper ed Alice non mi verranno a cercare.

L’abbigliamento di Bella è qui
Quello di Jasper qui
A fra pochi, pochissimi giorni!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Oggi vado un po’ di fretta, però come promesso sono riuscita ad aggiornare presto.
Ringrazio chi legge silenziosamente, spero vi piaccia la mia storia, anche se è ancora un po’ in fase sperimentazione, e @RobyCullen: grazie, grazie davvero per il sostegno!
Ok, vi lascio alla lettura!

Bella


Accidenti a me e a quando ho accettato di venire qui.
Su Bella, rilassati e guarda il positivo delle cose: non passerai la serata assieme a lui, ma sicuramente con uno squallido trentenne single in preda a crisi da devianza senile.
Forse sto esagerando anche in questo caso.
Oddio! Devo darmi una scrollata e andarmene dritta al mio tavolo senza cercarlo nella sala.
Andiamo.
Esco silenziosamente dal bagno, controllando che non ci sia nessuno. Mi sento una criminale.
Con passi leggeri mi avvicino al tavolo a testa bassa e una volta arrivata noto che è ancora vuoto. Dio. Ma è un idiota il fratello di Alice? Far aspettare così tanto una sconosciuta. Forse la sua amica è lenta a prepararsi… beh, mi sa che non ci sarà nessuna amica, qui è apparecchiato per due persone. Bah.
Mi volto e dirigo verso la vetrata, guardo di sotto, tante lucine, fari, neon, lampioni, formano centinaia di pois nel buio. Ecco, io mi sento come un pois tutto solo in quel buio pesto, e gli altri mi stanno così distanti da creare altri insiemi tutti intorno a me, lasciandomi al di fuori di tutto.
“Si notano solamente le luci superficiali, ci hai fatto caso?”
Una voce profonda mi aveva colpita alle spalle. Fin troppo famigliare.
Mi volto e l’infarto premeditato non arriva, meglio. Lo guardo e penso che è tutto così strano. Parigi è grande, come posso trovarlo sempre nei miei stessi luoghi?
Dopo trenta secondi di imbarazzo passati a guardargli la camicia, decido di alzare lo sguardo e i suoi occhi verdi non fanno che intrappolarmi senza darmi modo di pronunciare qualsiasi parola, finché non lo fa lui:
“Non ti pare strano il fatto che ci incontriamo nei posti più strani?”
Mi sorride alzando la guancia destra, lo zigomo accentuato rivela una nota di freschezza nel suo volto.
“A dir la verità… si.”
“A questo punto c’è da chiedersi: sono io che pedino te…. O lo stai facendo tu con me?”
Ok, questa riesce a strapparmi una risatina “Mah, davvero non saprei…”
“Così era questo il tuo impegno. Se non fossi incastrato con un’estranea ti inviterei al mio tavolo”
“U-un’estranea?” questo mi puzza.
Annuisce con la testa “Già, non chiedermi perché ho accettato”
Ma si, come ho potuto pensare anche minimamente che fosse interessato a me? Esce con le estranee e quindi non dovrei prendere sul serio la proposta di stamattina. Dietro non c’era niente. E io mi sono fatta fin troppi film riguardo la sua richiesta… mi sono pure sentita in colpa!
“Bella? Tu a che tavolo sei?”
“Uh? Quello lì vicino alla colonna, sto aspettando che arrivi la mia compagnia
“Ah.” Fa un piccolo sorriso alzando solamente un lato delle labbra e dopo qualche istante torna a guardarmi.
“Si da il caso che… stasera sia io la tua compagnia
Forse ho capito male. “Scusa?” Non ci credo, dopo aver pensato di tutto e di più sull’ipotetico fratello di Alice, mi ritrovo davanti lui, che in questi due giorni è quasi diventato l’unico oggetto dei miei desideri… e delle mie paure… di svenire di nuovo.
“Che ne dici se ci accomodiamo?”
“Emh… io… oh, ma sei sicuro che quello sia il tuo tavolo? Voglio dire… tu sei il fratello di Alice Cullen?”
“Se questo vuol dire “essere obbligato a vestirsi bene” oppure “presentarsi alle sue assurde e numerose feste” ed anche “accettare il suo buon grado di pazzia”… beh, si, sono il fratello di Alice, piccola pazza maniaca della moda”
Mi sorride. Mi sta sorridendo e io mi sento mancare.
NO. Ora no. Bella pensa all’alternativa: tu, il tuo cuscino e l’ospite speciale – il divano.
Pessima idea svenire di nuovo, meglio non metterla neanche in circolo.
Il locale comincia a riempirsi così come i tavoli intorno a noi, ed io sono ancora in piedi a cercare qualcosa da dire. Maledizione.
“Edward… ti chiami Edward, vero?” e come scordarlo il nome di occhi verdi!
Il solito sorriso che non si ferma alla bocca ma arriva fino agli occhi “Si”
Intanto ci avviciniamo al tavolo e gentilmente mi sposta la sedia per farmi accomodare, roba da una manciata di decenni fa.
“Senti, Edward… tu cosa fai nella vita?” aaaah potevo scegliere di meglio, tra tutti gli argomenti possibili proprio questo? Ora mi dirà sicuramente che è in procinto di matrimonio. Chi se lo lascerebbe scappare uno così?
”Sono un compositore”
”Davvero? E… cosa componi?”
”Melodie classiche… Si, ma non cercare di ricordare il mio nome, non l’avrai sicuramente sentito da nessuna parte. Ho preferito aprire uno studio di registrazione piuttosto che lanciarmi tra le onde senza avere poi la certezza di un futuro da musicista”
”Ma sei… sei giovane non è presto per darsi una certezza?”
Mi sembra strano sentirne parlare da un – credo – mio coetaneo. Io non mi sono mai abituata all’idea di fossilizzarmi nel La Tulipe, anzi, sono sicura che tra meno di un paio d’anni non lavorerò più lì. Non è quello il mio sogno.
”Bella, tu hai realizzato il tuo sogno?”
Umh… lo guardo dubbiosa, cosa vuole dirmi? “No, ma spero che un giorno ci riuscirò”
”Anch’io lo speravo, ma nonostante continui a farlo non voglio illudermi ed aspettare che qualcuno bussi alla mia porta dandomi in regalo il mio ambito futuro”
Mi irrigidisco sulla sedia e alla mia risposta lo fa anche lui.
”Non credo di aspettare qualcuno, o qualcosa. Io vivo e sperimento. A seconda di quel che percepisco dal mondo il mio sogno va avanti, si ingrandisce e spero, anzi SO che un giorno potrà vivere insieme a me.”
Ci guardiamo per un infinito istante negli occhi e so di essere stata fredda, forse al suo pari, o forse di più. Ma non voglio che pensi che mi sto solamente illudendo. Ognuno di noi lavora, sfida il destino, rischia la sua vita pur di sognare, pur di dar luogo a quel che abbiamo nel cuore. Altrimenti rimaniamo solo dei morti con una luce spenta negli occhi.
”I signori vogliono ordinare?”

A quanto pare mi ritrovo a dovervi lasciare così… un po’ a bocca asciutta ma fremo anch’io per continuare a scrivere su questa serata >.< Siamo arrivati alla prima incomprensione, povero cuoricino mio.
Prometto di postare il nuovo capitolo mooolto presto

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Anche oggi ce l’ho fatta a postare, scusate il ritardo ma in questa settimana ho ripreso i corsi all’uni e… sono stanchissima! Ok, alcuni chiarimenti:
@RobyCullen già già, anche se più che malinteso direi presa di posizione, come lo stesso Edward dice a Bella negli scorsi capitoli della sua vita non sa che farsene = non ha messo in gioco se stesso e i suoi sogni, quindi preferisce stazionarsi su un futuro già pre-impostato senza troppe ambizioni. E la nostra “eroina” cerca di fargli capire l’importanza dei sogni per qualsiasi uomo… troppo intricato come argomento?
Jasper e Alice…. Eeeeeh *occhi a cuoricino* arrivano, arrivano!
@Austen95 grazie! Purtroppo la mia vita è un bel po’ pienotta ma questo non mi giustifica nella mia non-presenza in questi mesi passati, prometto di postare più velocemente possibile :*

Edward


“I signori vogliono ordinare?”
Non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, sono come due nocciole che ti trafiggono ed esplorano, cercando di cogliere una risposta, che non so darle.
“Preferite che ripassi tra un paio di minuti?”
Maledetto pinguino. “No,” prendo il menu e gli indico un piatto a caso “per me questo”
“E per la signorina?”
“Va bene anche per me, grazie”
“Di niente, per il secondo?”
“Bella sta a te la scelta ora” le sorrido nonostante sia ancora confuso per lo scambio di pensieri appena avuto.
“Uhm… un’omelette di salmone?”
Annuisco con il capo.
“Perfetto. Da bere cosa posso portarvi?”
“Cosa ci consiglia?”
“Un bianco aromatico”
“E sia”
Prende i menu e torna verso la cucina per lasciare il nostro ordine.
Io mi volto verso Bella e la vedo abbassare istintivamente gli occhi.
“So benissimo di non aver mai dato il giusto peso alla cosa, ma per ora, per ora mi va bene così.”
“Questo per ora potrebbe prolungarsi senza che tu te ne accorga. Io sono fuggita da tutto questo, non capisco perché anche tu non possa farlo.”
Potrei dirle che il mio sostare in questo campo da gioco, lavorare in questo modo senza dare la minima considerazione ai miei… desideri, se si possono chiamare così, è dovuto solamente ad una donna? Cosa mi risponderebbe? Ovviamente che sbaglio. Ma poi prenderebbe le sue cose lasciandomi solo con il mio risotto all’astice e nessuna voglia di mangiare.
E dopotutto di Leah non mi interessa neanche così tanto. È solamente un’attrazione dovuta alla sua passione per la musica, al vedere come un vero artista si realizza dandosi importanza, creandosi il suo spazietto nella storia.
Le poche sillabe scambiate tra di noi stanno a significare l’importanza che entrambi diamo a questo rapporto, ovvero nessuna. Inutile continuare a sperarci.
“Credo di non poterlo fare. Chi prenderebbe in mano tutto questo lavoro? E poi… cosa dovrei fare? Non so se la voglia di rendermi nuovamente instabile di fronte al mio futuro sia forte come la voglia di continuare a vivere in questo modo.”
“Beh, allora non mi dire che la cosa ti va bene per ora, mi sembra più che ti vada bene per sempre

Alice All of me. Michael Bublé

La tappezzeria è coordinata perfettamente e il contrasto con la pavimentazione è perfetto, per non parlare della musica, rilassante e per niente fastidiosa. Anche le luci si adattano all’ambiente, né troppo forti, né troppo soffuse. Bene. Ora che faccio? Come al solito quando sono agitata arrivo in anticipo e… dopo aver fatto il punto della situazione del locale, mi mangio le mani. Jasper ti prego fa veloce! Anzi no… meglio che ci metta un po’, magari riesco a calmarmi, potrei saltargli addosso immediatamente e… oh accidenti a me.
Che diavolo vado a pensare? Respira profondamente. Uno. Ancora, due. Un altro respiro… tr-eccolo! Vorrei saltare dalla gioia ma sarebbe meglio ricomporsi un attimo. È venuta la sua amica, per fortuna, altrimenti avrei dovuto lasciare quell’asociale di Edward da solo. È carina più di quanto mi aspettassi. Ho dovuto convincere Jasper a dirle una bugia, altrimenti non si sarebbe presentata per cenare con uno sconosciuto.
La capisco, ma mi serviva proprio Edward, con lui mi sento davvero al sicuro, nonostante di Jasper mi fidi.
L’altra sera alla festa è stato davvero carino, mi ha fatto sentire tranquilla in mezzo al caos, dedicandomi attenzioni che molte persone dimenticano a casa, sotto il proprio cuscino, appena alzati.
Mi sposto dal tavolo per poter colmare la distanza tra noi “Jazz, ehi!”
Lui mi guarda e mi sconvolge col suo sorrido sicuro e non più incerto come l’altra sera “Alice, come stai?”
Lascia la giacca su una delle due sedie e si avvicina a me dandomi un inaspettato bacio sulla guancia lasciandomi un attimo senza fiato.
“Sto bene” gli sorrido, spero di non sembrare troppo ebete. “Ciao, tu sei Bella, vero?”
Le sorrido e lei ricambia con un sorriso timido “Si… ciao”
Ma dove cavolo è finito Edward? Doveva andare in bagno proprio adesso?! Accidenti a lui!
“Il tavolo è quello lì, mio fratello arriva subito, scusami…”
“Grazie, senti Mary Alice…”
“Chiamami Alice, lo preferisco con gli amici”
“Va bene Alice, sai dov’è il bagno?”
“Certo!” Le spiego brevemente il tragitto e spero vivamente che non faccia il primo incontro con quell’idiota in bagno, qui ci sarà anche la perfezione del pulito, ma sarebbe squallido.
Dopo aver lasciato gli occhi su Bella per un minuto sento Jasper fremere nel richiedere il mio sguardo.
Torno davanti alla mia sedia e il sorriso mi arriva fin sulle orecchie, era da molto che desideravo che accadesse. Ora lui è qui, io sono qui, dovrei solo impormi di vivere, a questo punto.

Jasper

Controllo di aver lasciato tutta la timidezza e la codardia nelle tasche della giacca e poi cerco lo sguardo di
Alice. Di Alice. La mia dea.
Cavolo, sono già arrivato al possessivo. Diamoci dei limiti, Jasper.
Guardarla fa quasi male, ma lei mi sorride e le rispondo nascondendo il dolore e la gioia nel poter sentire il suo respiro e vedendo i movimenti del suo volto.
“È simpatica Bella”
“Si, più di come lo sembra stasera, credo sia agitata per la cena”
“Oh, può stare tranquilla, mio fratello è un tipo come si dice all’antica. A volte lo prendo in giro per questo, forse non riesce a trovarsi un’adeguata compagna di vita proprio perché pretende che sia almeno un tantino come lui.”
“Bel quadro che mi hai fatto Alice”
Volto la testa a destra e un ragazzo alto qualche centimetro più di me, con una leggerissima, quasi assente, somiglianza alla mia dea mi pone la sua mano.
“Ciao, sono Edward, tu dovresti essere Jasper” mi sorride.
Mi alzo dalla sedia per poter rispondere al saluto “Ciao…”
“Non ti invidio proprio, passare una serata sorbendosi Alice…”
“Oh, stai zitto Ed, piuttosto muoviti ad andare al tuo tavolo, non vorrai far aspettare la tua compagnia?!”
“Mi sembra più che giusto, allora vi lascio alla vostra cena”
Detto ciò va via e io torno a sorridere ad un’Alice un po’ imbronciata.
”Siete molto legati, dev’essere bello”
“Lo era, quando abitavamo nello stesso posto, anche se passavamo più tempo a bisticciare per idiozie più che volerci bene. Tu hai fratelli?”
“Umh… a dir la verità no, ho sempre desiderato averne uno da bambino, ma poi ho capito che chiunque può essere anche meglio di un fratello, sembrerà scontato dirlo e allo stesso tempo strano, ma io con Bella mi sento me stesso, non ho paura di mostrarle come sono e quel che mi aiuta di più è vedere che anche per lei è così. Mi infastidisce sentire che la gente pensa che non possa esserci un’amicizia vera tra un uomo e una donna. Tutto sta nel prendersi le proprie responsabilità.”
Mi interrompo un attimo, anche se avrei ancora tantissime cose da aggiungere all’argomento, ma non voglio annegarla con i miei discorsi.
Mi annuisce seria “Si, credo sia giustissimo quel che dici, mi piacerebbe poter avere un amico come te, o come Bella. Poter condividere anche solo una risata, una passeggiata, un film, una corsa in bicicletta, tutto nella reale onestà e semplicità di un’amicizia senza scopi personali. A meno che non si tratti di affetto.”
Così però è troppo semplice cedere alla tentazione.
“Beh, allora benvenuta nel club, Alice.
Per stasera, mia cara signorina, sono previsti deliri in riva alla Senna – e oso dire di essere un professionista al riguardo – abbuffate di cibo take away e ovviamente… bevute fino al mal di testa, ovviamente dopo aver parcheggiato l’auto nel garage”
Soffio divertito puntando lo sguardo verso l’alto in attesa dei suoi risolini e difatti vengo accontentato subito. Alice è una meraviglia.
Sorridiamo assieme e vorrei non sbagliare nel decifrare quello sguardo. È davvero incredibile, posso già dire di essere al settimo cielo.

Ammaccabanane!
Ok, in qualche modo dovevo spezzare la delusione e il silenzio formato dopo questa pagina. Gnam, gnam… cosa sto facendo? Mi sto mangiando le unghie e sapete bene perché. Purtroppo la serata di Bella ed Edward non ha preso una bella piega… finora. Ma non vi dico niente! Mentre Jasper… ok. Meglio tenersi per sé i propri commenti, aspetto con ansia di leggere i vostri! Ditemi, ditemi, ditemi… sono tutt’orecchi anche (soprattutto) per le critiche negative!
Beh, ora… vi lascio solo con un dubbio: svolta decisiva o addio?!
Al prossimo capitolo! ^^

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Capitolo 12
*** avviso ***


Salve a tutti, ho preso una decisione un po' difficile per me, perché nonostante tutto mi piace scrivere questa storia, altrimenti non l'avrei affatto partorita, ma l'averle fatto prendere una piega così lenta e il girare così al largo alle battute e alle scene clou mi fa male, quindi preferirei prendermi una pausa per riflettere sul da farsi e magari ricominciare a scriverla. Sento di aver postato frettolosamente alcuni capitoli che andavano approfonditi ed altri lasciati un po' lì al loro destino.
Spero non ve la prendiate, ma per ora ho deciso di mettere on-hiatus anche Light. Non dico che la cancellerò, come ho fatto con l'altra, ma sicuramente dopo questa rimessa in ordine aggiornerò i capitoli, o aprirò un'altra storia dopo aver chiuso questa. Prometto di avvisare! (purtroppo non posso avvisarvi uno per uno - chi mi ha messo tra i preferiti o seguiti, perché efp ha tolto la facoltà di vedere chi preferisce o segue la storia - ma lascerò un post qui, prometto!)
Intanto mi dedicherò alla lettura delle vostre efp! :]
Un bacio, Cami

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