Just a Boy

di Gwillion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ballo Mancato ***
Capitolo 2: *** Nel laboratorio ***
Capitolo 3: *** Nella biblioteca ***
Capitolo 4: *** Il ragazzino che sapeva troppo ***
Capitolo 5: *** La decisione ***
Capitolo 6: *** Intermezzo ***
Capitolo 7: *** Anime nella notte ***



Capitolo 1
*** Ballo Mancato ***


Premessa:
Questa storia nasca per il concorso All Love Can Be, tenuto su http://www.damaverde.net/public/fanfictions/index.php L'ho scritta quindi qualche tempo fa, ma ho deciso di postarla a capitoli perchè le storie troppo lunghe rischiano di venir ignorate o quasi. Il racconto è ambientato ai tempi dei Malandrini più o meno, anche se i protagonisti sono Serpeverde. Rodolphus Lestrange è al sesto anno, Bellatrix al settimo, questa storia è per loro, spero che vi piaccia.


Il sole tramontava, e già la Sala Grande risplendeva di luci. Il giovane poteva osservarla, fermo in uno dei corridoi semivuoti, accanto ad una finestra dai vetri appannati di brina. Ma anche lì, lontani dalla festa, appesi ad ogni arco c'erano ghirlande di foglie da dove pendevano pipistrelli di zucchero nero. Il ragazzo non disse una parola. Aveva visto le grandi torte a forma di zucca che venivano portate verso il salone. E adesso poteva vedere dalle grandi vetrate illuminate le sagome delle coppie che danzavano strettamente abbracciate volteggiando nella melodia di una musica invisibile. E lui invece rimaneva nell'ombra. Anche il tramonto sfumava nel crepuscolo.
Il giovane prese da una tasca interna della sua veste un cofanetto e si fermò a osservare con occhi pensierosi la spilla all'interno. Tre rubini erano legati in un sottile ovale di rame, un disegno semplice eppure raffinato, scelto perché avesse le stesse linee dei gioielli che la sua dama, secondo fonte certa avrebbe indossato. Uno strano sorriso si disegnò sul volto angoloso del giovane. In realtà era certo che la sua Bellatrix fosse superiore a simili dettagli, come i fiori di carta mostrano la loro bellezza su pallide bambole di cera, ma poggiati su una fiamma possono solo svanire in un turbinio di faville, consumati dal suo splendore. E Bellatrix era fiamma viva, lo era negli occhi, nel chiarore del viso, nell'onda scura e inquieta dei capelli. Ma non avrebbe ballato con lui quella sera.
Il ragazzo chiuse gli occhi, aveva già rimesso via la spilla.
Bellatrix gli si era avvicinata al mattino, e aveva un'espressione stranamente seria.
- Non verrò stasera al ballo, non posso. - gli aveva detto.
- Non puoi? -
- No. -
- E' accaduto qualcosa? -
La giovane aveva serrato le labbra in una strana espressione, e l'altro non avrebbe saputo dire se di preoccupazione o di fastidio. Il ragazzo le aveva posto una mano sul braccio, ma lei si era sciolta dalla sua stretta, sorridendogli appena.
- Ci saranno altre notti Rodolphus, altre danze forse... -
- Non vuoi dirmi cosa sta accadendo? -
- Forse non c'è nulla da dire... - la donna voltò il capo per non fissarlo negli occhi - e non voglio stare qui a lamentarmi per dei compiti che devo rifare... uno dei libri che mi serviva si è liberato solo oggi, e devo consultarlo se voglio fare un buono lavoro... - Il ragazzo la guardò con aria confusa. C'era come una nota stonata nelle parole della giovane... - E' per questo che non verrai? Per perfezionare degli stupidi compiti? E credevo di essere io quello fissato con certe cose. -
La ragazza aveva borbottato qualcosa riguardo al fatto che non era il ragazzo ad avere gli esami finali quell'anno, e poi si era allontanata in fretta, troppo in fretta.
Rodolphus LeStrange sollevò il capo. Voltò le spalle alla finestra e alla festa. Se la sua fidanzata si sentiva a disagio perché lui aveva un anno di meno, o per qualche altro inspiegabile motivo, lui poteva far poco. O meglio... forse avrebbe potuto, ma non voleva! Doveva essere lei a scegliere di essere del tutto sincera, con se stessa prima di tutto, e poi con lui. Non l'avrebbe inseguita, no, era troppo orgoglioso per farlo. Avrebbe atteso il momento opportuno. Punto.
Non avrebbe nemmeno pensato a lei. O almeno ci avrebbe tentato. Non era facile, non era per niente facile non pensarle.
- Compiti... - borbottò il ragazzo, riversando in quella parola il veleno di una rabbia repressa. Era una scusa, ne era certo. Ma se lei non voleva confidarsi, non sarebbe stato lui a subissarla di domande. Per orgoglio. Sì, per puro e semplice orgoglio. O forse perché almeno lui doveva avere fiducia...
- Compiti... - ripetè il giovane, mentre scendeva le scale dei sotterranei.
Voleva fare la preziosa? Si divertiva a quel modo? Che facesse pure, lui non ci sarebbe cascato! Per un attimo LeStrange esitò di fronte alla porta del dormitorio, ma poi scosse la testa. C'era sempre il rischio di incontrare qualche altro studente, specie quelli dei primi anni, e lui non si sentiva affatto in vena di qualsiasi contatto con un altro essere senziente. Risalì una rampa di scale verso il laboratorio di pozioni. Se quella sera doveva essere consacrata allo studio così sarebbe stato!

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Capitolo 2
*** Nel laboratorio ***


La porta era aperta. Una luce fioca e rossastra veniva dal fondo della stanza. Sottili spirali di fumo di spandevano tutt'intorno.
Un sorriso storto si dipinse sulle labbra di Rodolphus, mentre faceva qualche passo avanti nella penombra della stanza.
- Inutile chiedersi chi potevo trovare qui a quest'ora, non è vero Severus? -
- Sei venuto anche tu. -
Rispose l'altro soltanto, il volto aquilino ancora chino sui semi di papavero che stava riducendo in polvere finissima e le radici che tagliava in strisce sottili, le dita sottili che si muovevano con una strana metodica frenesia tra pestello e tagliere.
- Sì, sono venuto. - ammise l'altro slacciandosi l'elegante mantello in un gesto nervoso, e lasciandolo scivolare su una sedia.
L'altro ragazzo sollevò appena lo sguardo, fissandolo con i suoi penetranti occhi neri.
Ma non disse una parola. Severus ascoltava. Non chiedeva mai. Tranne quando era necessario chiedere.
LeStrange sorrise, pensando che avrebbero creato un curioso contrasto agli occhi di un estraneo. L'uno con i capelli raccolti e le vesti di taglio settecentesco bordate d'argento, Rodolphus era del parere che era sufficiente indossare la tunica come divisa scolastica e non ci teneva a farlo anche ad un ballo, gli occhi violetti che guizzavano sugli oggetti che il compagno aveva disposto sul tavolo in un misto di curiosità e nervosismo. L'altro indossava la tunica da laboratorio, i capelli neri e scomposti che chiedevano di essere ricacciati indietro tutte le volte che si chinava sulla sua pozione, e gli occhi scuri che in quel momento avevano una strana fissità penetrante.
Ma le apparenze a volte erano ingannevoli.
Ancora un paio minuti e avrebbero iniziato a parlare di pozioni. Avrebbero parlato lo stesso identico linguaggio. E almeno per qualche ora, pensò Rodolphus, lui sarebbe riuscito a non pensare.
- Il papavero dà sempre l'oblio. - mormorò Severus, come se avesse intuito l'inquietudine dell'altro. Ma erano gli ingredienti su cui lavorava che indicò con la punta delle dita.
- A cosa stai lavorando? - domandò l'altro rimboccandosi le maniche.
- Sperimento alcune combinazioni nuove... e osservò gli effetti. - disse l'altro indicando gli alambicchi ricolmi di liquidi dei più diversi colori.
Per qualche attimo Rodolphus rimase in silenzio. Finì di tagliare una radice che l'altro aveva lasciato di lato.
- Tu vuoi chiedermi qualcosa, non è vero? - mormorò Severus, fissandolo in tralice.
Rodolphus sorrise, e lo ricambiò con il medesimo sguardo.
- Forse. Dipende dalla risposta che intendi darmi. -
Severus incrociò le braccia.
La domanda nell'aria... era qualcosa di cui avevano parlato a lungo. Ma era più facile farlo, se tutto restava sul piano puramente teorico. Trasporre la fantasia sulla realtà... diventava improvvisamente pericoloso, inquietante.
- Tu credi sia saggio? - mormorò infine Piton, quasi a malincuore.
- La saggezza a volte non ha nulla a che fare con le scelte che si devono compiere. -
Si fissarono. Il fumo del calderone si dipanava in lente e contorte spirali tutt'intorno.
- Perché stiamo a discutere, se entrambi sappiamo che lo faremo, alla fine? - sussurrò Severus.
- E' così? Lo sappiamo? - disse l'altro guardandolo cauto.
- Siamo solo ragazzi, ma questo non vuol dire che non ci rendiamo conto di quello che ci sta intorno. -
Rodolphus socchiuse appena gli occhi.
- Adesso basta. - sibilò Severus - Io ho detto abbastanza. Se hai cambiato idea sta bene. Non ne parleremo più. -
L'altro rise di una risata aspra.
- Non ho la benchè minima intenzione di cambiare idea! Il mondo sta cambiando là fuori, e io voglio essere parte del cambiamento. Non mi accontenterò di essere soltanto un ragazzo, no io mi rifiuto di farlo. E non permetterò che lei... che gli altri pensino questo di me. No, accetto i rischi per me, accetto il pericolo, per la mente e per l'anima. Ma non lascerò che i sogni restino solo sogni, per quanto cupi e tenebrosi siano! Perché altrimenti cosa resterebbe di me, se non un mucchio di cenere che sfugge tra le dita... -
- ...e un ingegno brillante, una famiglia nobile alle spalle, e tutto il denaro che potresti desiderare. - concluse l'altro con un sorriso obliquo.
- Tutto questo non è nulla se non è finalizzato a uno scopo, se si perde in un vacua auto esaltazione di se stessi e nessun contatto con il mondo reale. -
Rodolphus socchiuse gli occhi. Continuava a parlare con una foga che non riconosceva nei suoi modi pacati, ma c'era lei dietro a tutto, ancora una volta. Non le avrebbe permesso di allontanarsi da lui, le avrebbe dimostrato il proprio valore, sì, era questo che avrebbe fatto... e forse simili pensieri erano troppo poco per il piccolo incidente di quella mattina, ma lei era sua, non solo perché lo avevano deciso i loro genitori, non solo perché il loro matrimonio era stato deciso già da anni. Lei era sua perché lui la amava, e nulla, nemmeno i progetti di morte che si andavano intessendo tutt'intorno avrebbero potuto cambiare questa verità.
- Per il mondo reale però siamo ragazzi. E per questo ci tocca dimostrare il nostro valore. - Severus si passò una mano sul volto - Sai che stiamo per cacciarci in un guaio terribile, non è vero? -
- Sì. Ma ne vale la pena. E anche tu la pensi come me. Non te lo avrei chiesto altrimenti. -
Severus annuì lentamente, tornando a rimestare la pozione ribollente, aggiungendo con mano ferma uno degli alambicchi.
- Tu continueresti anche da solo, non è vero? - mormorò poi.
- Vuoi dire che tu non lo faresti? - disse l'altro in un sibilo.
- Dimmi se le radici di mandragola si sono arrostite a sufficienza. - rispose il giovane con un sogghigno storto.

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Capitolo 3
*** Nella biblioteca ***


- Che ora pensi che sia? - mormorò Rodolphus.
- Mezzanotte, più o meno. -
- Allora manca ancora un po' perché il ballo volga al termine. -
L'altro ragazzo annuì distrattamente. Era più preso dalle insolite bolle comparse sulla superficie della pozioni che da oziose considerazioni sull'ora.
- Io questa reazione sono sicuro di averla già studiata... - mormorò Severus con espressione intenta -Solo non ricordo... -
Rodolphus socchiuse gli occhi, snocciolando i titoli di una decina di libri, tutti uno più astruso dell'altro.
- Sì... è il De Potentissimis Potionibus! - fece l'altro schioccando le dite - Ma non rammento con esattezza il passaggio. -
- Nemmeno io lo ammetto. Eppure potrebbe essere utile controllare, vedere se esiste una variante. -
- Penso che andrò a dare un'occhiata... la Biblioteca è vuota adesso. Il momento migliore per ficcare il naso senza che nessuno veda. -
- Sei sicuro? Non vuoi che venga? -
- Mi sono mai cacciato nei guai? -
- Sì... -
- Ne sono mai uscito male? - puntualizzò Severus.
- No, questo no. E poi non possiamo lasciare la pozione a se stessa... -
- Se spegnessimo in effetti dovremmo rifare tutto da capo in effetti. -
- Io vado. Tornerò con il libro. E se non torno, va pure a dormire. -
- Sta bene... non metterti a litigare con qualche Grifondoro smarrito però. - gli disse l'altro tornando a concentrarsi sulla pozione - Quelli al massimo li useremo come cavie quando avremo finito. -
Severus si fece un po' cupo. L'argomento Grifondoro non era esattamente il suo preferito. Specie se si trattava di certi Grifondoro. Forse un altro giorno LeStrange non li avrebbe nominati, quella sera aveva il suo malumore come scusa. Il ragazzo osservò l'altro che lasciava il laboratorio, e scrollò appena le spalle, mentre tornava a rimestare uno dei calderoni sul fuoco.

Severus non era tornato. Rodolphus si era quasi appisolato, ma poi il ribollire del calderone gli disse che era già trascorso troppo tempo. Doveva essere ormai notte inoltrata, la Sala Grande era ormai vuota da ore. Il giovane si alzò di scatto. Spense il fuoco, e poi anche la luce fioca della lampada. Sarebbe andato a cercare l'altro.
LeStrange attraversò a passo svelto le sale scure, come covando un oscuro presentimento.
Trovò Severus fermo sulla soglia della Biblioteca, aveva due libri in una mano, la bacchetta sguainata nell'altro. E un'espressione di profondo disgusto sul volto. Stava fissando il giovane Sirius Black, che aveva tirato fuori anche lui la bacchetta, e sembrava letteralmente furioso.
- Ridammi il mio libro, Snivellus... -
- Vieni a prenderlo, idiota. - sibilò l'altro, di rimando.
Per un istante Rodolphus si fermò. Incerto se intervenire o meno. Poi venne avanti, con le braccia e incrociate e un sogghigno sul volto.
- Devo togliere qualche punto a Grifondoro? - domandò con voce di sera.
In fondo non aveva per nulla un distintivo da prefetto.
- Mi dispiace LeStrange... sei arrivato tardi! - esclamò Black.
Severus approfittò della distrazione dell'altro per dargli un calcio negli stinchi.
- Maledetto... idiota... - imprecò il Grifondoro saltellando su di un piede.
- Levati di torno Black! - disse Severus guardando l'altro cupamente.
- Ma io ti strozzo... -
Sarebbe saltato addosso all'altro se Rodolphus non lo avesse afferrato.
Negli incantesimi e nelle maledizioni Severus sapeva cavarsela benissimo. Ma era venti centimetri più basso del suo rivale, e LeStrange non poteva rimanere ad assistere mentre facevano a pugni.
- Cinque punti in meno a Grifondoro. E sono solo i primi se non sparisci. -
- Ah, no... io non me ne vado! - disse l'altro scostando i capelli scuri dagli occhi - Non mi perdo la parte più bella della serata... -
- Che vorresti dire? -
Sirius non fece a tempo a rispondere. Il miagolio di un gatto fece sobbalzare i tre giovani.
Rodolphus trascinò gli altri due in biblioteca, e chiuse la porta dietro di sé.

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Capitolo 4
*** Il ragazzino che sapeva troppo ***


- Se compare Gazza nascondetevi dietro gli scaffali. - disse LeStrange in tono sbrigativo - Dirò che ci sono solo io qui dentro. -
Coprire un Grifondoro era l'ultima cosa che desiderava. Ma Severus a quattordici anni non aveva ancora alcun titolo che gli permettesse di andarsene in giro la notte. Forse non avrebbe proprio dovuto lasciarlo andare.
Con un sospiro LeStrange prese i libri che il ragazzo aveva con sé.
- Petalium Veneficum... - lesse sottovoce.
Sirius aveva un orecchio poggiato sulla porta, pronto a scappare al primo cenno di pericolo. Al momento non faceva troppo caso agli altri due.
- Ho controllato, era lì la variante. - sussurrò Severus.
L'altro libro era più curioso.
Allevare gli Snasi. Diceva il titolo. Rodolphus inarcò un sopracciglio mentre scorreva l'indice. Il tuo Snaso è allegro e felice? Il cibo dello Snaso. Come impedire al tuo Snaso di distruggere la tua casa. Come indurre il tuo Snaso a distruggere la casa del vicino.
Quest'ultimo capitolo era stato segnato in rosso.
Rodolphus si chiese se il ragazzino non avesse dei progetti distruttivi riguardanti la dimora di Grimmauld Place. Forse sarebbe stato il caso di indagare.
- Mi ridai il libro? - chiese Sirius con espressione fintamente ingenua.
- Non credo proprio. -
- Se me lo dai ti dico che cosa è successo stanotte. -
Rodolphus gettò un'occhiata verso Severus. Era livido. E aveva permesso all'altro di dire due frasi di seguito senza insultarlo. Di sicuro qualcosa non andava.
- Ho passato già troppo tempo con questo idiota. - sussurrò Piton, digrignando i denti - Leviamoci di torno, prima che provi a strozzarlo. -
- Ma tu va pure a nanna, Snivellus! - disse l'altro allegramente - In fondo la faccenda non ti riguarda sai, questi sono affari di famiglia! -
- Cos'hai detto? - esclamò Rodolphus, con espressione tagliente.
- Inghiottiti la lingua imbecille! - imprecò Severus.
- Preferisci dirglielo tu cosa abbiamo visto stanotte? -
- Crepa... -
- Ma la tua versione dei fatti sarebbe così noiosa, Severus... -
- Adesso basta. - intervenne LeStrange, afferrando il Grifondoro per il bavero - O mi dici di che vai blaterando o ti consegno a Gazza con in testa un fiocco rosso e oro. -
- Dirtelo? Ma se non chiedo di meglio! - ridacchiò l'altro.
Severus si nascose il volto dietro una mano. Ma l'altro Serpeverde non gli diede peso.
- Io e Snivellus stavamo discutendo "amichevolmente" dietro quegli scaffali, quando è entrato qualcuno... in biblioteca. La mia cuginetto preferita... e non era sola! -
Rodolphus strinse le dita attorno al libro di pozioni, quasi spasmodicamente, ma non disse una parola.
- Non vuoi sapere con chi era? - - Sembri così ansioso di dirmelo... - sussurrò l'altro sputando le parole come se fossero veleno.
- Lucius Malfoy... piuttosto strano non credi... dato che ha sostenuto il MAGO due anni fa. -
LeStrange serrò le labbra. Strane immagini gli passarono di fronte agli occhi. Comprendevano il ragazzino di Grifondoro steso a terra, e la sua testa spaccata che grondava sangue.
Solo quando vide l'espressione terrorizzata negli occhi di Sirius si accorse di aver sollevato la bacchetta, e di stargliela puntando alla gola.
- Che fossi stupido lo sapevo. Ma non fino a questo punto. - mormorò Severus in quel momento, le braccia incrociate, la schiena appoggiata ad una delle librerie.
- Voi avreste preferito far finta di nulla, non è vero? E' questa l'ipocrisia dei Serpeverde? -
- Parli tu... l'unico motivo per cui hai aperto bocca è ridere alle spalle di qualcun altro. - disse l'altro, cupo.
Rodolphus invece rimaneva in silenzio. Cruciatus era l'unica parola che galleggiava nell'onda rossa della sua mente. Cruciatus...
Ma quando schiuse la bocca furono altre le parole che salirono sulle sue labbra.
- Dimmi cos'è che hai visto, che trovi così divertente. E poi sparisci immediatamente, o non risponderò più delle mie azioni! -
L'altro non sorrideva più. Nei suoi occhi c'era un'espressione cattiva.
- Parlavano di te, se proprio vuoi saperlo. E Bellatrix ha detto che non vuol dirti nulla... perché sei troppo giovane, solo un ragazzo, e rischieresti di prenderla nella maniera sbagliata. -
Poi si voltò, e sgusciò fuori dalla biblioteca, correndo via quasi a rotta di collo.
- La pagherà. - disse Severus, in tono calmo, o che si sforzava di essere tale - E non credo che a Bellatrix dispiacerebbe la morte di suo cugino... -
- Bellatrix non deve sapere nulla! Hai capito? -
Rodolphus si passò una mano tra i capelli, e non voleva sapere se le sue dita tremavano in quel momento.
- Sai che non sarò io a parlare. - mormorò Severus.
- Giusta osservazione. - sibilò Rodolphus, lo sguardo fisso sulla porta.
- Rodo, detesto immischiarmi, ma... -
- Non farlo, appunto. - disse l'altro cupamente, posando le dita sulla maniglia della porta - Torna al dormitorio, è la cosa migliore. Io vado ad annodare la lingua al ragazzino che sapeva troppo. -

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Capitolo 5
*** La decisione ***


Un altro stupido, inutile giorno volgeva al termine. A Rodolphus sembrava di aver passato ogni istante a cercare di evitare qualcuno... I Grifondoro che volevano sapere perché il loro amichetto era stato colpito da afasia improvvisa. A evitare Severus, che in realtà aveva cercato di parlargli una volta sola, e poi si era opportunamente tenuto a distanza. E poi Bellatrix, forse perché aveva paura di scoprire che sarebbe stata lei ad evitarlo, se solo l'avesse cercata.
Evitava i suoi pensieri. Non voleva scoprire quanto era folle di gelosia.
E poi a tratti sollevava lo sguardo dai libri su cui si era buttato, e gli sembrava di scorgere la piega dei capelli neri di Bellatrix, o l'eco della sua risata. E rideva di lui...
- Stanotte c'è il novilunio. - disse Rodolphus raggiungendo Piton, nel punto più nascosto della biblioteca - Secondo il libro che hai trovato è il momento opportuno per raccogliere l'ingrediente che sai. -
LeStrange aveva parlato in tono spiccio. Come a dire che l'episodio della sera prima non esisteva neppure. Ma non potè fare a meno di notare che il ragazzo aveva nascosto frettolosamente una pergamena, quando l'aveva visto comparire.
E la prese da sotto il libro dove l'aveva ficcata l'altro. Pur avendo la netta sensazione che sarebbe stata meglio lì sotto.
- Tanto era per te... - disse il ragazzino, passandosi una mano stancamente sugli occhi - Volevo mettere per iscritto quello che ho sentito ieri. Fra un mese, o anche due, saresti venuto a chiedermi quello che avevo sentito. E io non avrei potuto ricordarlo chiaramente come adesso. -
- Che pensiero gentile... - disse l'altro, in tono un po' aspro. E non avrebbe voluto, ma i suoi occhi già correvano lungo la calligrafia angolosa dell'amico.
"Non so cosa sarebbe peggio... se cercasse di rifiutare ogni cosa, se volesse accettare solo per condiscendenza, o con un improvviso lampo d'interesse negli occhi..."
Rodolphus accartocciò la pergamena, in un gesto improvviso.
- No. Dovrà essere lei a parlarmi. Lei a cercarmi. Non voglio sapere nulla adesso... non da te, almeno. -
- Nemmeno se ti dico che non c'era nulla nel comportamento di Bellatrix che lasciasse intendere... quello che suo cugino ha insinuato? - gli domandò Severus scivolando giù dalla sedia.
- Non è questo il punto. - disse l'altro, con forzata calma.
Severus rimase in silenzio. Gli occhi scuri del ragazzo sembravano più seri del consueto.
- Vieni. - disse Rodolphus - Se dobbiamo... continuare a parlare... forse faremo meglio a lasciare la biblioteca. -
L'altro lo seguì, con un sorriso un po' storto sul viso.
- Non è che se poi ti lasci sfuggire qualcosa di troppo poi senti il bisogno di chiudermi la bocca per sempre? -
- Sei preoccupato per la tua incolumità? - gli domandò l'altro - O è un modo un po' obliquo per spingerti a sfogarmi con te? -
- Certo, tutti i quattordicenni appassionati di arti oscure non hanno altro desiderio che diventare i confidenti delle pene d'amore dei loro compagni più grandi. - rispose il ragazzino con una smorfia. Rodolphus si fermò. Aveva l'irresistibile tentazione di battere il pugno contro la più vicina parete, ma si trattenne a stento.
- Io non sono geloso. - sibilò il ragazzo. Ed era talmente falso che si ritrovò lui stesso a scuotere la testa - Va bene, è vero, sono geloso. Ma non permetto alla gelosia di annebbiare il mio giudizio. - - Non è accaduto nulla per cui dovresti essere geloso, se può confortarti. -
- Credi che non lo sappia? - sussurrò Rodolphus voltandosi di scatto - Se Black avesse avuto in mano qualcosa di più di una semplice frase ambigua non avrebbe esitato a sbattermela in faccia con un ghigno idiota sul volto. Ma non è sufficiente. -
Severus socchiuse gli occhi, le braccia incrociate all'altezza del petto.
- Lei è... a volte vorrei... - Rodolphus tornò a scuotere la testa.
- Sto seriamente iniziando a prendere in considerazione l'uso del veritaserum. - sussurrò Severus - Sei sul punto di scoppiare, è talmente chiaro... ed io non credo di avere la delicatezza necessaria a cavarti le parole di bocca, non con le buone, almeno. -
- Avevo quattordici anni la prima volta che l'ho baciata. E non sapevo ancora che i nostri genitori si stavano accordando per il fidanzamento ufficiale. Lei lo aveva intuito, ma ha scelto di tacere. Per esser certa che io seguissi il mio cuore, e non la volontà della mia famiglia. -
Era così Bellatrix. Non sarebbe mai andata contro la dignità e il lustro del suo nome, della sua casata, ma non avrebbe nemmeno mai accettato di piegarsi passivamente alle loro regole. Avrebbe difeso con gli occhi brucianti ciò in cui credeva, ma non si sarebbe curata se questo avesse significato infrangere un singolo motto o precetto, se il motivo era giusto. Era la perenne tensione dell'arco, un legno sottile sempre sul punto di spezzarsi all'apparenza, ma tesa la corda, la freccia scagliata era fatale ogni volta.
LeStrange sollevò il capo, solo per vedere Severus che lo osservava con un sopracciglio inarcato.
- Lei aveva promesso di non nascondermi mai più una cosa simile. E adesso invece lo sta facendo di nuovo. Io non so che cosa non voglia dirmi... ma... -
- E tu non le nascondi nulla? - gli domandò l'altro quasi a bruciapelo.
- Devo farlo. - sussurrò Rodolphus - Non ho scelta, mi sembra. -
- Una scelta c'è sempre. -
- So che Bellatrix non è tipo da aspettarmi mentre io rischio la vita... Ma non posso chiederle di seguirmi quando ancora non so a cosa sto andando incontro. Al momento opportuno le racconterò ogni cosa. E questo è quanto. -
- E di sicuro Bellatrix accoglierà con la massima calma la tua decisione di averla tenuta all'oscuro dei tuoi progetti mentre ti spingevi in avanti per sondare il terreno. -
- Ovviamente no. Ma lei non l'ha scoperto ancora... e sono io quello infuriato, invece. -
Mormorò Rodolphus, anche se in quel momento gli sembrava che almeno una piccola parte della sua rabbia fosse scivolata via.
- Stasera, andremo nella foresta. - sussurrò poi in fretta.
Severus si limitò ad annuire.
- Parlale. - disse poi soltanto, mentre si allontanava.
Ma non poteva farlo. Fosse gelosia, fosse orgoglio... No.
Sarebbe impazzito, piuttosto che fare il primo passo.
No. No. Se Bellatrix preferiva altri... confidenti... non sarebbe stato lui a rinfacciarglielo.
Serrò gli occhi, ricordando che il confidente scelto dalla donna trasudava fascino e arroganza... Poco dopo sentì un forte dolore alle nocche. Aveva dato davvero quel pugno alla parete. Per fortuna nessuno lo aveva visto.
Doveva star calmo. Non poteva permettersi di perdere il controllo.
No, non poteva. Nemmeno per lei. E poi Bellatrix non glielo avrebbe perdonato se lo avesse fatto.
No. Quella notte sarebbero andati nella foresta. E nemmeno un distintivo di prefetto valeva qualcosa contro una simile infrazione. Al resto avrebbe pensato dopo. Doveva fare così, non c'era altra scelta.

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Capitolo 6
*** Intermezzo ***


Le stelle bruciavano in un cielo scuro e senza luna.
Figure nere si aggiravano nella radura della foresta. Erano prive di volto, nel nero dei loro cappucci scintillavano maschere d'argento.
Due ragazzi si erano nascosti in un cespuglio, e fissavano attoniti la scena.
Rodolphus lanciò uno sguardo verso l'altro Serpeverde.
- Era quello che volevamo in fondo. - sibilò Severus, gli occhi socchiusi e la mano sulla bacchetta. - No, se ci facciamo uccidere prima. -
Le figure nere si erano fatte inquiete.
- Sento magia qui intorno! - esclamò uno degli uomini con voce soffocata - E non viene dal castello! -
Lampi verdi attraversarono il cielo. Lampi che parlavano di morte.
- Calmati. - sussurrò un altro dei maghi mascherati afferrando il braccio di uno di quelli che avevano estratto la bacchetta - Non ricordi dove siamo? Se al castello percepiscono la nostra presenza da cacciatori potremmo diventare cacciati. -
LeStrange gettò appena un'occhiata verso Severus. Aveva due anni di più. Era stato lui a trascinarlo nella foresta.
Non disse una parola. Scattò in piedi, corse via dai cespugli.
- Avanti... venitemi a prendere! - gridò il ragazzo, e si tuffò verso il sentiero.


- Abbiamo preso il ragazzo più giovane. -
- Ha lanciato delle luci perché lo vedessimo. Ci aspettava a braccia conserte. -
- In caso contrario avremmo cercato soltanto l'altro. -
- Una saggia idea... così sappiamo chi cerchiamo. -
- E' compito mio andarlo a prendere. -
- Noi aspetteremo. -
- Sì, voi aspetterete. -

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Capitolo 7
*** Anime nella notte ***


Gli alberi fischiavano malevoli. Il vento era cupo e crudele. Rodolphus si voltò. Lo avevano seguito? La notte sibilava intorno a lui. E le tracce di antiche rovine si confondevano nelle tenebre. LeStrange stringeva la bacchetta fra le dita. Era davvero solo? Lo avevano lasciato andare così... senza quasi provare a fermarlo? Non era quello che voleva... E poi scorse la luna, immobile lungo il sentiero.
La maschera del mangiamorte brillava, quasi di luce propria. La sagoma ammantata di nero rimaneva immobile, come un mistero insoluto.
- Chi sei? - sibilò figura - Perché ti trovi qui? -
- Il mio nome è Rodolphus LeStrange. - rispose il giovane, e avrebbe tentato un accenno d'inchino, ma si disse che era troppo pericoloso distogliere lo sguardo dall'altro, anche solo per un istante - E mi trovo nella foresta perché non tutte le lezioni che desidero apprendere vengono insegnate al castello di Hogwarts. -
- Per questo hai abbandonato la sicurezza del tuo giaciglio? Per il sapere? - sussurrò l'altro, avvicinandosi d'improvviso.
- Il sapere fine a se stesso è nulla. Ed io so al servizio di chi voglio porre il mio. - mormorò il giovane, con un lampo fiero negli occhi.
- Sembra che tu abbia preparato attentamente le tue parole... - disse il mangiamorte studiandolo.
- Non sapevo che vi avrei incontrato, stanotte. -
- Sai cosa può farti questa? - sussurrò l'altro, sollevando la bacchetta. E la sua voce era strana e roca.
Rodolphus non rispose. I suoi occhi erano fissi sulle dita bianche e affusolate che stringevano la bacchetta. Dita... troppo note...
- Può farmi... più male di quel che credi... Bellatrix. - mormorò il giovane, con voce soffocata.
- Non è a Bellatrix, che devi rendere conto del tuo operato, stanotte. -
- Non è a lei? - sussurrò l'altro venendo avanti.
- No! Tu devi imparare... che esistono solo maschere... nella notte... -
Ma Rodolphus aveva raggiunto la donna, e aveva poggiato le dita sui fianchi di lei.
- Non è vero. - sussurrò il giovane - E io ti riconosco... oltre le vesti di mangiamorte. -
Gli occhi della donna scintillavano vividi oltre la maschera. Ma lei non si scostò dalla stretta dell'altro.
- Ciò che siamo non è nulla nelle tenebre, - disse lei, piano - e il nostro solo compito è servire il Signore Oscuro. -
- E' per questo che non hai voluto confidarmi il tuo segreto? Perché temevi che io non mostrassi... la tua stessa dedizione? - mormorò lui, mordendosi appena le labbra - Temevi che non fossi all'altezza, che accettassi di seguirti solo per accondiscendenza, o per interesse... Ma io sono qui, e non perché ti ho seguito. -
- Perché sei qui... - ripetè la donna, mentre la maschera scivolava via dal suo viso.
- Perché non posso accettare di rimanere passivo e inerte, e fra le due parti in lotta io ho scelto la notte. -
Le labbra della giovane erano rosse nel volto pallido. La bocca di Rodolphus ebbe un tremito.
- E poi... sarebbe un crimine così grave volerti seguire? Io... ti amo, Bellatrix. -
- Non sai a cosa stai andando incontro, giovane LeStrange... -
Rispose lei, ma le loro bocche già si sfioravano.
- Imparerò. - disse lui, e all'improvviso la stringeva quasi fino a farle male - Io sono veloce ad apprendere. E poi ormai è tardi... per me, come per te. -
- Tardi... - ripetè Bellatrix, con voce roca, mentre lui si chinava a baciarla, sino a toglierle il fiato. I secondi passarono lenti, e poi le loro bocche tornarono a sciogliersi.
- Non sei stato sorpreso di vedermi... - mormorò poi la giovane, lasciando scivolare le dita lungo il volto angoloso dell'altro.
- Sapevo che la notte ci avrebbe chiamato entrambi. Solo non conoscevo ancora il tempo e il modo. -
I loro occhi si fissarono. Ancora una volta il tempo sembrava come fermarsi.
Poi non parlarono. Scivolarono verso il sentiero che portava nell'oscurità. Insieme.

FINE

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