Paranoid android,

di uchiha_girl e bloodnyar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Picche - 50 [«Sii solo e non sarai nessuno».] ***
Capitolo 2: *** Interiorità - 04 [«Perché un genio dovrebbe voler viaggiare dentro di me?»] ***
Capitolo 3: *** Esteriorità - 05 [«Via da me il vostro specchio inutile, miserabile complice di umane sciocche vanità».] ***
Capitolo 4: *** Estranei - 25 [«A noi la giustizia ci passò vicino».] ***
Capitolo 5: *** Figli - 28 [«Objects in mirror are closer than they appear».] ***
Capitolo 6: *** Troppo poco - 34 [«In quella caverna che tu chiami petto».] ***
Capitolo 7: *** Pioggia - 066 [«Hai avuto quel che meritavi?»] ***
Capitolo 8: *** Intermezzo - 002 [«Senza alcuno sforzo penetravano a vicenda nel proprio spirito».] ***



Capitolo 1
*** Picche - 50 [«Sii solo e non sarai nessuno».] ***


Raccolta a pairing misto – o almeno credo sarà così XD.
Non prenoto prompt perché davvero non ho idea di che fine farà questo insieme privo di senso di oneshot(s).

Mi dilungherò poco, sono piuttosto confusa io stessa riguardo il destino di... di questa «cosa».
Buona lettura.


Prompt: Picche [050].
Pairing: Matt!Mello.
Citazione:William Shakespeare.
Capitolo dedicato a Red S i n n e r; semplicemente perché l’ha stupidamente richiesta e finalmente ottenuta.





Paranoid android,
«Sii solo e non sarai nessuno».


Uno, due, tre.
Pacchetto chiuso, pacchetto aperto, sigaretta fra le labbra.
Un programma di comportamento ormai facente parte di una routine che, oh no!, non ti appartiene di certo.

Uno, due, tre.
Accendino stretto in pugno, accendino coccolato oltre i guanti, pollice ai posti di combattimento.
Non ricordi la prima sigaretta – d’altronde, lui lo ha sempre detto che hai una memoria di merda.

Giocavi con lo Zippo del classico «conoscente per caso», chiaramente; più che altro fissavi nel vuoto chiedendoti se quella situazione, fino ad allora ‘sì meravigliosamente assurda, avresti potuto anche solo ricordarla, immaginarla, magari, nel giro di qualche mese.
Osservavi la fiamma bruciare ossigeno, brillare della propria origine artificiale; proprio non riuscivi ad immaginare quel pericoloso passatempo baciare la stessa pelle che, fino a qualche ora prima, avevi osservato con preoccupazione e un poco, una briciola di ribrezzo.

Il tuo silenzioso compagno ti aveva poi rivolto la solita disinteressata domanda, quasi una routine: «Sicuro di non voler fare un tiro?»
Un po’ ci rimase male quando gli rubasti di mano il tabacco.

Uno, due, tre.
Scintilla, accensione, sospiro soddisfatto.
Ormai ti sei ridotto a fumare una marca veramente infima, una cosa orribile. Se fossi più orgoglioso, ti faresti schifo.

Eppure, lo sguardo che ti ha rivolto la prima volta lui è il miele che allontana l’amaro e che ha addolcito la gola irritata dai primi scarsi tentativi.

«Tu cosa
Un sibilo quasi in falsetto, gli occhi ridotti a due fessure gelide e irate.

«A volte capita», la risposta sorridente.

A volte capita – devo parlarti di api e di fiori?
La seconda parte non l’hai detta, però sarebbe stata una cosa stupenda per la tua autostima.

A volte capita.
«Un giorno ci si sveglia e ci si regala un cancro». Mello aveva annuito, parlando con l’aria, rifiutando di guardare un’altra volta il ghigno sul tuo volto arrossato.
A volte capita.

Come a volte capita che si prenoti un orrendo posto s’un last minute per una cazzo di città, paesello, montagna in culo ai lupi in Giappone, tutto pur di arrivare il prima possibile, e non si trovi nessuna macchina   [nessun vecchio amico]   nel parcheggio.

«Scusa», il sussurro nella cornetta, «ora sto attaccato a un qualcuno che potrebbe rivelarsi utile: prendi un taxi fino a casa e non sentire la mia mancanza».

Sì che sentirai la sua mancanza – la mancanza del suo zigomo sotto al tuo pugno!

Come stessi facendo un dispetto all’uomo   [al bambino invecchiato]   che ti ha lasciato a piedi, ricominci a giocare con l’accendino: fuoco, non fuoco, uno stupido hobby che innervosisce Mihael e aiuta te a recuperare il minimo di salute mentale che vanti.

Ricominci a giocare con la fiamma   [con il fuoco]   , attendi un divano sul quale fingere di lavorare e un paio di schermi da tener d’occhio per duecento ore senza pause.

Uno, due, tre.
Almeno sai contare.

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Capitolo 2
*** Interiorità - 04 [«Perché un genio dovrebbe voler viaggiare dentro di me?»] ***


Ed eccoci con il secondo capitolo, questa volta una sorta di Kira centric che si trascina dietro un L a dir poco invisibile. Va be’ – amo la coppia ma sono incapace di trattarla.
Avrebbe dovuto far parte di una raccolta L-centric, progetto che si è poi perso nel vento XDXD. Amen.

Ringrazio infinitamente Mitsuki19 (Ciao splendida, che dire?, mi accontento anche di un saluto s’è da parte tua ;D Lo so, la flash era un aperto [?] riferimento a dei discorsi troppo stupidi e cari per essere riportati XD Je t’adore *^*) per la recensione ed Ai_Sellie per aver inserito fra i preferiti.


Prompt: Interiorità [004].
Pairing: Kira!L.
Citazione: Amy McDonald.



Paranoid android,
«Perché un genio dovrebbe voler viaggiare dentro di me?»


Lo guarda e non capisce.
Lo guarda e lo maledice.

Perché lui può farlo, no? Lui è Dio.

Lo guarda e maledice sé stesso, perché non può impedirsi di restare affascinato dalle complesse ragioni del nemico, dal suo silenzio riflessivo, dal suo silenzio mai vuoto o scontato.

Non può concedersi distrazioni, Light, sebbene potrebbe rivelarsi una buona strategia. «Entra a far parte di quel complicato circolare di informazioni, scova le radici e sradicale».

Perché lui può farlo, no? Lui è – ancora? – un semplice uomo.

Lo guarda e non dice nulla, attende la risposta che già ha previsto.
Lo guarda e non dice nulla, attende una risposta che spera di aver previsto e che sembra non arrivare. Si ostina con quel mutismo, il detective, si ostina a cercare un significato in una situazione che sembra non averne.   [Ne ha?]



Lo guarda e urla fra sé.
Lo guarda e urla, e ride, e geme di dolore e frustrazione, e si abbandona completamente a un sospiro di soddisfazione.

Si lascia studiare da la mente che gli è così limpidamente celata,
«Come ti ho già detto, penso di essere io Kira».
Poi, ricostruisce un contegno.



Perché lui può farlo, no? Lui è – ancora – un semplice assassino.

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Capitolo 3
*** Esteriorità - 05 [«Via da me il vostro specchio inutile, miserabile complice di umane sciocche vanità».] ***


Nuovo giorno, nuovo account, nuovo capitolo <3
Ringrazio per le nuove recensioni, mi rendete lietissima *^*: Red S i n n e r (Le tue recensioni sono meglio delle fan fiction – pentisciti! XD Grazie *^*), Ai_Sellie (Salve donna XD, mi dispiace che lei faccia fatica a interpretare le shot, m’impegnerò per renderle più comprensibili °^° Mi auguro questa possa piacerti ^^) e BloodNyar (Cara collega, mi fa piacere sapere che lei risorgerà per il progetto comune XD, mi piange il cuore di fronte ad una recensione ‘sì accorata *^* Grazie, grazie, grazie <3); grazie anche a chi ha inserito fra i preferiti e a chi ha solo letto.

Questa shot è particolare, l’argomento trattato è molto particolare e, alla stessa maniera, ho temuto a lungo di esser andata OOC.
A quanto pare (XD), è anche poco Nonsense...!
Mi ritiro, la pappa mi aspettaa~

Buona lettura.



Prompt: Esteriorità [005].
Pairing: Halle centric.
Citazione: «Dracula Opera Rock».



Paranoid android,
«Via da me il vostro specchio inutile, miserabile complice di umane sciocche vanità».


La pelle viene nascosta, coccolata da una crema color latte – ha uno strano odore, fra il chimico e il cetriolo.
Gli occhi azzurri brillano, rimandano silenziosamente la luce sporca della lampada.

Lo specchio sorride; non le sono mai piaciute simili smancerie, interrompe quindi il contatto aprendo lo sportello del mobile.
Vaglia i prodotti e i tubetti, ordinatamente allineati, sempre ai loro posti, sempre ai loro stramaledetti posti, uno dopo l’altro, uno accanto all’altro, sempre in ordine, sempre allineati, i nomi nati solo per esser ricordati bene in vista.
Non le importa – non davvero –, afferra lo spazzolino e il dentifricio con uno scatto irato.

[Dov’è il muffin ai mirtilli?
Ecco il muffin ai mirtilli!]


Strofina velocemente le setole ammorbidite dall’uso su denti, lingua e palato – tutto per eliminare quel sapore come di malattia.
Forse ha bisogno di tornare a casa, ha bisogno di una vacanza degna di questo nome con i genitori, e se il tempo è buono potrebbe andare anche a trovare Jenny, abita proprio in fondo alla strada.

Come quand’era bambina, come quand’erano due bambine che sognavano di fare la maestra di PE e la casalinga. Avrebbero vissuto insieme, ancora da capirsi chi avrebbe lavorato e chi avrebbe fatto la mantenuta.

[Certo, l’aspetto non è dei migliori, però non è fatto certo per esser guardato.]

Lo specchio le fa cambiare idea: le sorride ancora, la malizia dell’Invidia ad illuminare gli occhi truccati con delicata eleganza.
Una caramella per la gola, una spruzzata di profumo sui capelli accuratamente stirati, un’ombra a risaltare il colore dell’iride.

Lo specchio continua a ghignare – lei continua a ignorarlo.

Un’ombra di donna, un’ombra di trucco, un’ombra riflessa.

Buio, nel bagno.
[Lui non è te.]

«Salve Ridner».

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Capitolo 4
*** Estranei - 25 [«A noi la giustizia ci passò vicino».] ***


Eeeccoci col nuovo capitolo.
Non avevo voglia di scriverlo o postarlo oggi, è troppo presto, né m’andava d’inciampare in un argomento banale e abusato come il rapporto fra gli orfani della Wammy’s House e l’immagine ideale di L.

Non m’importa – ho la scusa, dopotutto, sono malata :D
Ringrazio le due [posso dire splendide?] donne che hanno recensito, Lady_Nene (Mi ricorderò di non rivelare il preSioso segreto <3) e Red S i n n e r (Tu non meriti risposte, sei solo... sei solo un uke inconsapevole! Ammettilo che sei uke, dai, ammettilo!) e chi ha aggiunto ai preferiti la raccolta. Grazie, grazie per il sostegno, grazie a tutti <3.

Voglio fare una cosa, un’azione stupida che non ha ragioni.
Posso dedicare questa shot a Giada, ho il permesso? All’angelo mio che si sottovaluta troppo e che disegna... disegna come Linda [!] ?

Buona lettura ^^.



Prompt: Estranei [025].
Pairing: Wammy’s House.
Citazione: Notredame de Paris.

Note: séptimo = settimo in spagnolo.



Paranoid android,
«A noi la giustizia ci passò vicino».



Abbandona il capo in avanti, il mento a sfiorare la clavicola sinistra.
I gomiti sono appoggiati sui fianchi, le mani stringono fra le cosce per mantenere il calore.

La Luna, poco più piccola di un penny, illumina in maniera a dir poco spettrale la piccola sala comune.
Il ragazzino resta al proprio posto, inginocchiato sotto il pianoforte – ha sempre trovato quella posizione significativa, gli permette di vedere da un’angolazione completamente differente lo svolgimento degli eventi, il sottile filo del destino che si dirama fra gl’infiniti avvenimenti unendoli in una trama dalle tinte sgargianti.

Appoggia le palme delle mani sul marmo freddo, si lascia poi scivolare fuori dal nascondiglio alla maniera di un serpente.

«Shwooo», sibila divertito, cercando di ripetere il suono prodotto dal rettile che sta imitando. «Shwooo, shwooo», si trascina con i gomiti sulla pavimentazione gelata, completamente assorbito dal misterioso gioco.

E, shwooo, raggiunge la lavagna posizionata durante il pomeriggio sulla parete a sinistra.

«Shwooo?», solleva la testa, rotolando sul pavimento fino a guardare a testa in giù la tabella ormai conosciuta come la propria lingua madre.

«Séptimo».
Resta ad osservare il proprio nickname scritto dalla mano sicura di Roger con un pennarello nero sulla superficie bianca.

Sarebbe così facile cancellarlo   [ sarebbe così facile cancellare sé stessi, dopo aver perso il nome, la vita ]   e sostituire la propria posizione con quella di qualcun altro.

Il settimo al mondo, il settimo paladino, il settimo adepto, il settimo orfano.
Al primo posto Near, al secondo Mello – L che posizione occupa?

Lo zero è il nulla, mentre L è molte cose.
L è giustizia, L è sogno e aspirazione – L è un fantasma distante, L è un riflesso mai visto a cui tutti cercano di assomigliare.

Allontana da sé quei pensieri, il numero sette.
Si è fatto tardi, se Roger lo dovesse beccare in sala oltre le undici lo metterebbe in punizione. E le undici, oh sì!, sono passate da un pezzo.

Shwooo.

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Capitolo 5
*** Figli - 28 [«Objects in mirror are closer than they appear».] ***


La citazione di questa volta è la scritta che ho trovato in macchina da mia nonna XD, a chi devo creditarla?
Avrei voluto scrivere qualcosa riguardo Halloween, però mi sono trovata ispirata poco o nulla, in quella direzione.

Grazie a Bloodnyar (Ohh, anche a me piace lavorare con i personaggi secondari, sono una sfida più complicata dei personaggi meglio conosciuti – hai in mano pochi indizi e devi costruire una psicologia basata su di essi, insomma, è molto stimolante! <123 Grazie per la recensione, a me basta sapere che leggi, non ti preoccupare XD) e Red S i n n e r (Io propongo eliminazione sistematica; insomma, le tue recensioni mi fanno montare troppo la testa, meriti di venire eliminata! KIRAAA! In ogni caso, una cura c’è – la lobotomia è ancora illegale, vero? *kuku*); ringrazio anche chi ha aggiunto fra i preferiti e chi ha letto soltanto.
Oggi sono allegra, non tanto perché sto meglio, piuttosto perché si è prospettata essere tutto sommato una buona giornata e mi aspetta una [spero] bella serata. Peccato io detesti i film horror *In lacrime*...!

Buona lettura ^^.





Prompt: Figli [028].
Pairing: Kira centric.
Citazione: [?].
Capitolo dedicato a Nene senza una motivazione ben precisa – Raito-kuuun! <123



Paranoid android,
«Objects in mirror are closer than they appear».


Questo legge sullo specchietto della macchina Light Yagami, mentre sfreccia nel traffico al fianco del padre verso la centrale.

Gli oggetti nello specchio sono più vicini di quanto sembrino.

Ma è quindi lo specchio a illudere colui che vi si riflette, allontanando le preoccupazioni e i timori tutti, o è il resto del mondo un inganno pronto a ritirarsi al minimo soffio di vento?

[ Chi comanda cosa?
Chi sovrasta, condiziona, sopprime? ]

È un’insolita fretta, quella che li sospinge verso la meta, come la tempesta alle spalle che gonfia le vele e dona rinnovata velocità. La maggior parte dei semafori è verde, i buchi nel traffico sembrano esser stati messi l’ apposta per loro.
Il destino che, come un bambino impaziente di vedere lo sviluppo della vicenda, forza la nave giocattolo ad andare più veloce.

È impaziente, l’infantile e glorioso fato.
È impaziente di vedere lo sguardo brillante di Kira riflesso nel figli del Detective; questo perché gli oggetti nello specchio sono più vicini di quanto sembrino.

[ Inavvicinabile Raito,
osserva meglio. ]

Dispone i pezzi del domino, l’uno dopo l’altro, pronto ad assistere all’inesorabile caduta del pezzo finale – orgoglioso, il vecchio soldatino di stagno attende il proprio destino.

[ È sangue quello? ]

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Capitolo 6
*** Troppo poco - 34 [«In quella caverna che tu chiami petto».] ***


Salve cari ^^
Nuovo tempo da passare, nuova oneshot da postare XDD.
Non so bene il perché sia nata, so solo che c’è e va debellata.
Ringrazio accoratamente keli (*Balla* Collega, luce dei miei occhi! Mi hai dato della malata di mente e con quella tua frase affermi che Mello deve essere uke – posso adorarti, vero? XDD Grazie, anche se costretta XDD), Lady_Nene (*Trallalla~*, a questo punto sembra io sia costretta a scrivere una Light/Naomi, che cosa amorevole XDD) e Red S i n n e r (Io. Adoro. Le tue. Recensioni. Le amo dal profondo dell’anima XDD, le amo quasi più di quanto ami te *addita*) per aver recensito; un appuntino anche ai gentiVissimi che hanno aggiunto la raccolta nei preferiti o nei seguiti.

Citazione della precedente Naomi centric [It’s not my choice] riconoscibile, qui il significato è completamente stravolto.

Buona lettura—


Prompt: Troppo poco [034].
Pairing: Light Yagami!Naomi Misora.
Avvertimenti: AU.
Citazione: My Chemical Romance.





Paranoid android,
«In quella caverna che tu chiami petto».



Un profumo che t’inebria, un sussurro sommesso capace di animarti dal profondo.
Non risponderesti, pur di sentirlo ancora – ancora, sì, ancora una volta!

Eppure, lei si allontana.
Lei appartiene al mondo, lei appartiene a Lawliet.

«Grazie, Raito».
Sorride e il suo volto è pieno, completo. Naomi è nata per quel sorriso, è nata per quella ragione d’esistere e a quella ha consacrato sé stessa – Naomi è nata per rimanere al fianco di L., prima come collaboratrice e ora come amante.

Quel sorriso, quel volto, lo senti, lo sai, finiranno con l’ucciderti.

   [ Light è un vero genio:
    potrebbe succedere a L., sai? ]

Quel sorriso, quel volto, lo sai – non lo senti, t’imponi sarà così –, t’apparterranno.
Un giorno non lontano lei sarà tua.


Un giorno
non lontano
chiameranno te.


Fino ad allora, ricambia con gentilezza al gesto di Misora.
Riprendi il tomo di Cultura che le hai prestato la settimana scorsa, china appena il capo in avanti e poi rispondi guardandola negli occhi.

«Grazie, Raito».
«Di nulla».

 

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Capitolo 7
*** Pioggia - 066 [«Hai avuto quel che meritavi?»] ***


Grazie a Camilla per la recensione, parlerei di più però l’orda (?) selvaggia di compiti che incombe m’ha fatto passare la voglia di sproloquiare a lungo XDD.

Questa flash non è originale: [Spin-off di: «I don’t love you», Anis_Angel ©]
Ho modificato un poco la situazione; nella fanfic alla quale mi sono ispirata trascorrevano quattro anni fra partenza di Mello e nuovo incontro, qui ne sono passati decisamente di più, approssimativamente sei o sette.

Vi auguro una buona lettura ^^.


Prompt: Pioggia [066].
Pairing: Mello!Matt.
Citazione: My Chemical Romance.



Paranoid android,
«Hai avuto quel che meritavi?»



[ Non pensavi che ti avrebbe aspettato sul serio. ]
   Non pensava che te ne saresti andato sul serio.

Non credeva che lo avresti sul serio abbandonato in quello stupido rudere ad aspettare gli avversari, ad aspettare la morte.

«Fermo qui», sussurrasti.
E lui, stupido bambino spaventato, ha reagito alla maniera di uno stupido bambino spaventato, pronunciando stupide parole che trasudavano una stupida, fottutissima paura.
«D0ve vai?», gli occhi sgranati e le dita che artigliavano la tua manica sinistra.

Un bacio a sfiorare le sue labbra, poi l’ordine al quale non avrebbe potuto disobbedire, la voce che avrebbe seguito fino a quando non avesse sentito il pestilenziale fiato di Lucifero su di sé.

«Lasciami e sta’ fermo qui. Tornerò subito».

Oh, certo, saresti tornato subito – subito dopo esserti fatto beccare da un vecchio porco, subito dopo esserti scopato chi necessario per arrivare al cospetto di Rodd.
Grazie a dio, quando arrivò quel momento le numerose referenze ti avrebbero permesso di poter continuare a indossare i pantaloni.

[ Matt stava davvero aspettando che tu lo rintracciassi. ]

I pantaloni te li tolsero per un’altra ragione, una motivazione appena vitale: strano ma vero, in quegli anni Mail aveva mantenuto attiva la stessa scheda SIM.
Rapido nel rispondere, ancor più celere nel mandarti a quel paese con tanto di madre e sorella mai conosciute e la cui occupazione sperasti essere meno squallida.

Sbuffavi mentre il taxi attendeva che il semaforo diventasse verde – ti eri ridotto a prendere un taxi!, come minimo la ragione di quello stupido idiota avrebbe dovuto riguardare un trafficante argentino di cioccolata.

[ Matt sapeva che lo avresti cercato,
   perché avrebbe dovuto nascondersi? ]

Ma lei, lei, lei...
Lei aveva le scarpe blu, e dalle scarpe da tennis spuntavano delle piccole calze bianche; il resto era nascosto da un grembiulino scolastico sporco di pennarello.

[ Matt sapeva che non avresti sparato.
   E, quando si parlava di te, era lui il numero uno. ]

Lei aveva le scarpe blu e due piccole fossette sulle guance paffute.
Quelle non doveva averle ereditate dal padre: ricordi che il suo volto appariva liscio e morbido quando ti sorrideva, ancora due stupidi bambini circondati da informazioni troppo importanti, troppo serie.

[ Matt non sapeva cosa avresti fatto dopo. ]

Pioveva, quando te ne andasti.
Pioveva forte e faceva freddo, un freddo che ti impediva di avere la piena padronanza delle tue dita nelle tasca, dita che stringevano l’impugnatura della pistola.

La strada di fortuna che ti avrebbe portato all’appartamento regalatoti da Loss anni prima era piena di un fango che rallentava il passo.
Sembrava quasi il mondo fosse pronto a inghiottirti – forse davvero era così.

Ma non ti saresti lasciato trascinare a fondo così facilmente.
Avresti scalciato, avresti lottato, avresti portato con te quanta più gente possibile.

[ Non lo sapeva e non voleva immaginarlo, per non trovarsi
   a inseguirti sotto la pioggia come se fosse
vitale raggiungerti. ]



«Dispiace anche a me».

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Capitolo 8
*** Intermezzo - 002 [«Senza alcuno sforzo penetravano a vicenda nel proprio spirito».] ***


Questa avrebbe dovuto essere una Matt/Mello...
Ahh, la vergogna! Ahh, l’abominio! XD

Baah, nonostante tutto, la fan fiction in generale mi soddisfa – ovviamente sappiamo tutti l’incidenza di Linda, quanto quindi possa il suo personaggio essere aderente a sé stesso XD. Io ci ho provato, gente: la vita è fatta di scale, c’è chi scende e chi rotola per tutti e i centottanta gradini continuando a pestare i gomiti e le ginocchia.
Vi amo, lo sapete? E ancora di più adoro Noemi, grazie alla quale questa piccola raccolta senza capo né cosa è finita fra le scelte. Potete crederci? Io noo!, mi rifiuto XD!

Dai, buona lettura ;D



Prompt: Intermezzo [002].
Pairing: Matt&Linda.
Citazione: Virginia Woolf.



Paranoid android,
«Senza alcuno sforzo penetravano a vicenda nel proprio spirito».



Matt non chiedeva molto dalla vita: sigarette, un computer pronto ad aprirsi di fronte a lui come un fottuto Mar Rosso e, quando proprio andava di lusso, un divano. Un paio di birre il venerdì sera e sul divano ci avrebbe ballato.
Inutile ricordare il buio e l’aria cambiata attraverso un buon sistema di ventole – i clienti sapevano bene di avere a che fare con il classicissimo genio bastardo e complessato; gli facevano quindi avere quel che chiedeva, insieme con una discreta somma di denaro o, decisamente più apprezzate e «produttive», informazioni.

Noto al pubblico con differenti nomi, il più diffuso: Ryuzaki, Mail era insoddisfatto e reso sempre più inquieto da quella continua ricerca.

«Andrà tutto bene»,
lo aveva salutato Linda;
parole accompagnate da un materno
bacio sulla fronte.


Lei che sapeva sempre un dannatissimo passo avanti a lui, nella comprensione dell’umano cruccio.
Lei che sorrideva con dolcezza quando i nuovi bambini chiedevano timidamente aiuto e che rideva di gusto quando l’aspirante L. di turno sfidava apertamente i primi della graduatoria.

[Lei che piangeva, stringendo al petto
 un paio di occhiali da motociclista con le lenti rotte.]

«Sicuro»,
aveva esclamato in risposta.


Tuffandosi all’indietro sul piccolo divano grigio che si era conquistato, soppesa con gli occhi e con la mano il cellulare spento.



Digita il numero senza guardare i tasti – se lo facesse, molto probabilmente finirebbe col darsi dello stupido e attaccare prima che lei abbia avuto il tempo di rispondere, rimandando per l’ennesima volta la telefonata.

Avvicina poi la cornetta all’orecchio.
Se la Fortuna volesse perseverare nella propria azione, non farebbe rispondere la donna come non gli permette di rintracciare Mello.

«Pronto?», sembra aver cambiato idea, «Matt?»
Tossisce un sorriso per nulla convinto, poi recupera le parole dal fumo in cui si sono perse.
«Risposta corretta».

Senza pensarci troppo, recupera dal marsupio che ha gettato sotto il tavolo gli occhiali che lei stessa gli ha affidato il giorno della separazione.

«Come...»
Percepisce nella sua voce una nota d’insicurezza. «Come va?»

Annuisce, ridendo poi non appena ricorda che Linda non può vederlo.

«Meglio;
tu?»

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