LAZARUS

di KyleMcDale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Borgo Pass (Transilvania) 1900 ***
Capitolo 2: *** La cacciatrice ***
Capitolo 3: *** Londra 1819 ***



Capitolo 1
*** Borgo Pass (Transilvania) 1900 ***


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"Ogni generazione nasce una cacciatrice, una ragazza dotata di straordinari poteri... Purtroppo"

 

Borgo Pass (Transilvania) 1900

La osservava da giorni.
Ed ora lei era lì a pochi passi dal suo destino.
Ma stavolta sarebbe andata meglio dell'ultima.
Non aveva fretta.
L'oscurità era il suo rifugio, la sua salvezza, il suo regno.
Mentre lei camminava lui ne osservava i movimenti aggraziati, l'incedere ondeggiante ed incerto, quasi guardingo.
Quei posti non godevano di buona fama, la gente era diventata guardinga e timorosa, e sapeva difendersi.
Dal suo nido scuro, riusciva a scorgere tutti i movimenti della fanciulla, pronto a ghermirla come un falco.
Questa volta non avrebbe commesso lo stesso errore, avrebbe atteso il momento giusto, sarebbe stato paziente, e letale.
Non ci sarebbe stata un'altra cacciatrice nei paraggi. L'ultima l'aveva fatta fuori la settimana prima.
E il consiglio non avrebbe mai potuto rimpiazzarla così in fretta.
Stavolta non si sarebbe spostato tanto in fretta, avrebbe sicuramente approfittato della " vacanza ".
Stavolta le avrebbe prosciugate tutte, quelle dannate contadine. Lui era una bestia, e ne era fiero, se lo ricordava bene la cacciatrice appena uccisa, aveva pensato lui a ricordarglielo, trucidandogli la famiglia dinanzi agli occhi mentre lei, esanime quasi priva di sangue, aveva il suo bel da fare a raccogliere ciò che restava delle sue interiora sparse per la stanza. Appollaiato su uno spuntone di roccia, si stizzì di nuovo al pensiero che una di quelle dannate cacciatrici aveva osato disturbarlo di giorno durante il suo sonno.
Un'umiliazione così erano secoli che non la provava. Lei entrò furtiva e scoperchiò la sua cripta, destandolo di soprassalto.
' Io odio essere svegliato così ' pensò ' Mi vengono le rughe. '
La battaglia fu impari e lui quasi perì nel tentativo di resistere a quella moretta impetuosa piena di spocchia.
Il torpore gli impedì di difendersi e quasi ci lasciava le penne.
Per miracolo scampò, la cripta cedette sotto un calcio della cacciatrice ad una trave e lui restò sotto le macerie, protetto dall'abside convesso. Le ferite e le bruciature del sole lo tennero bloccato per giorni.
Senza poter uscire da la sotto, senza potersi nutrire, coi vestiti logori e la puzza del cimitero a fargli compagnia.
Il livore che gli si accumulò dentro fu grande a tal punto che attese che la madre della cacciatrice fosse in casa da sola, e si fece invitare passandosi per un prete. Quanto gli costò l'indossare quell'abito disgustoso.
Attese il rientro di tutta la famiglia, madre, padre, sorellina e fratellino piccolo. Una volta che furono tutti riuniti si fiondò in casa come un fulmine e con una unghiata aprì
lo stomaco della sua persecutrice, ma senza ucciderla, giusto perchè potesse assistere allo spettacolo che lui aveva preparato.
Dopo la festa tornò dalla cacciatrice in lacrime, e prima di succhiarla alla morte le recitò il suo epitaffio:
" A che serve il rancore... quando c'è la vendetta? "
Ma ora era passato, nulla lo avrebbe distolto dal suo pasto. Era affamato, dannatamente affamato. La luce dei lampioni sussultava ad ogni folata di vento, la solitudine accompagnava la ragazza. La strada era deserta, il sentiero che dal villaggio portava alla cappella era lungo e lugubre, e lui non capiva perchè le ragazze si azzardassero a compierlo da sole.
In realtà se lo era sempre chiesto, ma che differenza poteva fare ormai?
La giovane vittima era a portata di mano. Un volo, un fruscio, un alito di vento.
Il suo pasto.
Lesto ed invisibile, Lazarus scese sulla sua preda divorandola senza pietà.
Già, la pietà, quella che lui non ebbe dalla vita.
Coi denti affondati in quel collo vergine, mentre la lingua assaporava le carni dilaniate, comprese che forse,la sua ferocia derivava dal fatto che non aveva avuto la piet‡ che meritava da piccolo.
Ma si distrasse subito, inebriato com'era dalla fame e da quel sangue caldo come il magma, dolce come lo zucchero, e denso come la melassa, chissà come sarebbe stata come amante.
Mentre si cibava di lei, non potè fare a meno di apprezzarne le forme generose, la pelle liscia e profumata.
Pensò che probabilmente era l'unico vampiro poeta, che rimuginava così tanto durante la sua mensa. Ma la ragazza finì.
Esalò l'ultimo respiro e si raffreddo. Lazarus si staccò e gettò il cadavere a terra con sprezzo.
" Puà, se c'è una cosa che mi disgusta è succhiare sangue freddo da un cadavere freddo."
Ruttò, poi diede un calcio al cadavere e decise che era ora di tornare al suo nascondiglio.

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Capitolo 2
*** La cacciatrice ***


"Ogni generazione nasce una cacciatrice, una ragazza dotata di straordinari poteri... Purtroppo"

 

La notte più buia dell'anno, senza stelle ne luna. Una leggera nebbia intorbidiva il parco.
La pioggia; leggera, pungente, fastidiosa, come piaceva a lui. Viene proprio da chiedersi com'è che in serate come questa una ragazza sola, disarmata, indifesa e dall'inconfondibile odore di verginità, possa decidere di avventurarsi da sola per un percorso così tetro e pericoloso, a quest'ora di notte poi...
Probabilmente di ritorno da una festa, propbabilmente sorpresa dalla pioggia, probabilmente affannata.
L'odore della paura, una delle caratteristiche più accattivanti degli umani.
Il calpiccio affrettato dei passi sull'erba, il respiro corto, e l'odore della paura, sempre più forte.
Lui rimase immobile e attese che la vittima fosse a tiro. Non si era mai spiegato come mai le vittime sacrificali si fermassero sempre nei pressi del suo nascondiglio sentendo rumori provenienti da chissà dove, nel tempo era giunto alla conclusione che esisteva, forse, una giustizia maligna. Come si soleva dire..."A caval donato..."
Probabilmente se fosse capitato a lui non si sarebbe fermato ed avrebbe continuato la sua corsa verso casa.
Ma lui tirò quel bastoncino nel cespuglio poco lontano, e la ragazza si fermò, come da copione, e si voltò, consentendogli di scivolargli, silente, alle spalle. Lei si voltò di nuovo e quasi morì dallo spavento.
' Le cose fatte bene ' pensò lui sorridendo dentro di se...
La ragazza rimase impietrita, lui allargò le falde del mantello nero, e la avvolse, mordendola con tutta la furia che aveva in corpo.
Era un vampiro all'antica, e prediligeva le entrate plateali.
Prosciugò quel giovane corpo in pochi minuti, lasciando esanime la povera vittima, riversa sul terreno come un tetrapac spremuto dall'ultima goccia. Si allontanò di qualche passo, poi si arrestò di colpo. Avvertì l'arrivo di un tuono, e decise che l'avrebbe atteso.
Il tuono arrivò, fragoroso e roboante, accompagnato da un lampo di luce che lo illuminò sinistramente.
Gridò il suo nome, a monito per le creature che lo circondavano, che tutti i figli delle tenebre avessero timore di lui: Lazarus, la bestia.
<< Non sei troppo vecchio per questo tipo di cose? >>
Una voce interruppe il suo ego in espansione.
Lazarus abbassò le braccia ed espirò pesantemente. Si girò e scorse una figura in piedi su una panchina.
Un lampione poco lontano si illuminò, probabilmente la corrente era stata ripristinata, e la figura di una ragazza atletica e snella si stagliò nella notte.
<< Io sono la ca... >>
<< Si si, la cacciatrice, bla bla... Ma non sapete dire altro voi. >>
Lazarus era deluso, nei secoli non era mai cambiato nulla, ogni volta che ci si accingeva a dare spettacolo, a nutrirsi, a divertirsi, ne spuntava una come per magia, con le stesse fattezze, gli stessi modi di fare. Gli stessi slogan.
<< Ma è mai possibile che spuntiate come i funghi? Ne ho uccisa una la settimana scorsa. >>
<< E ne sei felice vero? Beh questa volta non ti sarà così facile, ce l'hai un nome oppure ti devo eliminare da anonimo? >>
Non la sopportava. In realtà non le aveva mai sopportate. A suo modo di vedere le cacciatrici erano il cancro del mondo, come le formiche.
<< Lazarus, mi chiamo Lazarus, e ti consiglio caldamente di dimenticarmi. Stasera non ho voglia di litigare, e sono in vena di assoluta bontà, ti lascio andare. >>
Detto questo si girò e fece per andarsene.
La ragazza restò di sasso, non credeva ai suoi occhi, il vampiro l'aveva snobbata. E se ne stava andando.
<< Dove credi di andare, torna qui e fatti palettare! >>
La ragazza lasciò la panchina e si lanciò sul vampiro, saltando per colpirlo con un calcio alla schiena.
Ma Lazarus era troppo lesto per lei, era un vampiro vecchio, molto, quasi troppo per la verità.
Scansò il calcio della cacciatrice e la prese per il collo stringendo con tutte le sue forze.
<< OK, piccina, l'hai voluto tu, sia chiaro, ero in vena di gentilezze, ma tu mi hai attaccato alla schiena, non ti ha insegnato l'educazione il tuo osservatore? >>
La ragazza era quasi cianotica, ma un calcio al basso ventre riuscì a scagliarlo, raccogliendo tutte le forze che aveva. Si ruppe la caviglia.
<< Ben ti stà, sai - disse lui con sprezzo e scherno - ho imparato ad uscire con la conchiglia d'acciaio, da quando una tua predecessrice (si dice?) tentò di evirarmi. >>
Il fiato della ragazza venne meno, e lei svenne, penzolante dalla mano del vampiro.
<< Non sei così resistente, ti facevo meglio preparata, probabilmente hai cominciato ieri, e sei stata sfortunata. >>
Lazarus depose la ragazza sull'erba, le sistemò i capelli, le abbottonò il golfino, e le diede una postura consona. Poi con un raptus le sfondò la testa con un calcio.
Gridò verso il cielo scuro la sua rabbia ed il suo nome.
Lazarus... la bestia!

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Capitolo 3
*** Londra 1819 ***


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LONDRA 1819

Prima parte

<< Non ti sta poi così male >>
<< Scherzi? mi sento impiccato con sto coso al collo >>
<< Cosa vorresti fare? Presentarti alla festa discinto come ti ho trovato? >>
<< Per lo meno ero libero e non dovevo sottostare a queste squallide pantomime per poter elemosinare un po' di cibo. Dalle mie parti... >>
<< Ecco, l'hai detto Lazarus, qui non siamo dalle tue parti, Londra è un'altra realtà, c'è un delicato equilibro che regge la società, e non sarai ne
tu ne nessun altro a turbare questo equilibrio; e poi ricordati che Sir Guy di Hellshare ti ha accolto con benevolenza, abbi un po' di rispetto. >>
Lazarus annuì; anche se a malincuore, aveva deciso di prestarsi a quella farsa solo perchè era troppo stanco e gli ultimi periodi non lo avevano visto navigare in acque felici.
Si sistemò il papillon, indossò il mantello ed il cilindro e seguì Sir Jhonatan Rosmond nell'ampio salone della sua dimora nel centro di Londra,
quindi nella spaziosa entrata che dava su un cortile interno al palazzo, dove una carrozza li stava già attendendo.
<< Quando saremo là ricordati di non parlare se non interpellato e non dispensare giudizi affrettati, non vorrei che gli altri pensassero che
sono solito circondarmi di persone di bassa macellazione. >>
Quelle parole gli scaldarono l'animo, gliel'avrebbe fatta vedere lui la macellazione, non appena ne avesse avuta l'occasione,
ma ora non era il momento, nell'ultimo mese era stato chiuso in una cassa in balia delle onde, senza cibo ed in fin di vita a causa
di una rivolta cittadina, che gli aveva fatto perdere la copertura, la tenuta di Liegi e lo aveva costretto a fuggire su un bastimento per la Scozia.
<< La mia nave... >> si fece sfuggire in preda ai ricordi.
<< Come? >> Chiese l'altro.
Lazarus non rispose e continò a rimuginare sull'incendio che si sviluppò a bordo, e sulla lotta che ebbe con la solita cacciatrice di turno,
che lo massacrò di botte prima che il boma impazzito le spezzasse la spina dorsale.
Le successive tre settimane lo videro incastrato in quella bara alla deriva sino a che venne trovato dai domestici di Sir Rosmond e portato
a Londra, dove lo stesso Rosmond stava cercando di introdurlo in quella realtà.
Arrivarono alla tentua di Hellshare, il cocchiere li lasciò dinanzi all'entrata della villa dopo aver percorso quasi un chilometro di parco.
Le enormi colonne dell'entrata erano di marmo bianco, Lazarus odiava il marmo bianco, dopo averne scavato tonnellate per due anni in Italia,
ne era diventato allergico.
I valletti aprirono loro le porte e Sir Rosmond gli impartì le ultime raccomandazioni: "
<< Mi raccomando, cerca di sembrare elegante, rispetta l'etichetta e le regole che ti ho spiegato, e per favore, concedi almeno un ballo
alla Duchessa di Kensinghton, è lei che ci procura il cibo per il banchetto. >>
Lazarus deglutì, e strinse i denti senza ribattere, deciso ad aspettare il suo momento.
La luna era alta, argentea e piena nel cielo di maggio, e non c'era una sola nube ad oscurarla. Le porte si chiusero dietro di loro.
La sala da ballo era gremita di personalità della Londra " bene ", signore in fascinosi abiti lunghi, gentlemen in frac.
I preziosi lampadari illuminavano a giorno la festa che pareva riuscita, a giudicare dai sorrisi e dall'allegria che regnava in quel posto
colmo di magia. Un'orchestra di 21 elementi mesceva nell'ambiente una soave melodia che invitava i convitati alle danze.
I due entrarono dal soppalco, che dava sul salone leggermente interrato, e due valletti gli si fecero incontro e presero il loro mantelli
ed i cappelli. La sala si apriva davanti a loro, e Sir Rosmond chiese:
<< Non è meraviglioso? >>
<< Non lo trovo necessario, è uno spreco di tempo e risorse >>
<< Sei uno zotico -sentenziò- e pure ripetitivo. Non capisci che vivere così è divertente? La mondanità è un effetto collaterale
che però rende la nostra vita più semplice e meno solitaria. Non ci deve essere solo violenza e crudeltà nella vita ma anche l'arte,
la grazia e la poesia nel fare le cose. >>
<< Noi non siamo... >>
<< Ora basta! -lo zittì Rosmond- Scendiamo e mescoliamoci alla festa, e poi ti presenterò a Sir Hellshare. >>
I due scesero tra la gente che popolava la sala. Lazarus si diresse al buffet in mezzo agli sguardi dei signori ed alle occhiate
cariche di malizia, provenienti dai capannelli di signorine sparsi qua e là.
Dopo mezz'ora si era già annoiato, tutti quei chiacchiericci e quelle inutili profusioni in convenevoli lo stordivano ed egli cominciò a fremere.
Decise di prendere una boccata d'aria.
Uscendo urtò accidentalmente un tizio strano dalla chioma biondiccia, che immediatamente reagì afferrandolo per i risvolti della giacca,
minacciandolo di morte.
<< Attento a te giovane disgraziato, se hai deciso di morire, oggi è il tuo giorno. >>
Lazarus non si scompose, memore degli avvertimenti di Sir Rosmond, e rispose garbatamente cercano di controllare la rabbia che stava
montando come un'esplosione dentro di lui.
<< Ma che dite signore, non l'ho certamente fatto apposta, le chiedo scusa. >> <<
<< William. William andiamo. Non vorrai farmi perdere questo ballo, lascia perdere quel tizio o ballerò col tuo amico. >> Disse una voce
femminile proveniente da dietro. Il ragazzo biondo si calmò, aggiustò i baveri di Lazarus e gli sorrise
<< Sei fortunato sai, vivrai. >> Detto ciò lo lasciò e raggiunse la fanciulla che lo stava attendendo con impazienza.
Lazarus era appoggiato allo steccato del parapetto; lo spezzò dal livore...

 

 

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