WELCOME TO KONOHA CITY di afterhour (/viewuser.php?uid=56789)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. A casa ***
Capitolo 2: *** 2. La festa ***
Capitolo 3: *** 3. Il posto segreto ***
Capitolo 4: *** 4. L'Akatsuki ***
Capitolo 5: *** 5. Indomabile ***
Capitolo 6: *** 6. Un altro addio ***
Capitolo 7: *** 7. Sotto le stelle ***
Capitolo 8: *** 8. Il rischio di un legame ***
Capitolo 9: *** 9. Il matrimonio ***
Capitolo 10: *** 10. Orochimaru ***
Capitolo 11: *** 11. Il rodeo ***
Capitolo 12: *** 12. Complicazioni ***
Capitolo 13: *** 13. Chiarimenti ***
Capitolo 14: *** 14. Tra due fuochi ***
Capitolo 15: *** 15. La fine di tutto ***
Capitolo 16: *** 16. Risveglio - Conclusione ***
Capitolo 1 *** 1. A casa ***
Allora..
E' da un po' che lavoro a questa cosa.. anche se non so bene come mi
sia venuto in mente di scriverla..
E' un western!
E' piuttosto differente dal mio solito genere, con meno introspezione e
più azione, e non sono sicura che sia una buona cosa, e che
io sia capace di scriverlo decentemente!
Comunque sono curiosa di vedere se interessa a qualcuno.
Vi avviso che Sakura è estremamente OOC, avevo voglia di
cambiare/la.
Devo ringraziare alfombra per tutta l'energia, la pazienza ed il tempo
dedicati, se non fosse stato per lei avrei rinunciato da tempo, anzi,
non avrei proprio fatto niente, per cui grazie, grazie mille, davvero!
WELCOME TO KONOHA CITY
1.
A CASA
Sakura scese dal calesse che l'aveva riportata a casa e si
guardò intorno eccitata.
La grande casa padronale le sembrava diversa, più piccola, e
il portico che ricordava enorme si era come rimpicciolito.
Mentre la stalla, un po’ scostata, sulla destra, era cambiata
completamente, dovevano averla ingrandita.
Diede appena un'occhiata alle altre costruzioni, più
lontane, la mensa e il dormitorio dei cow boys, e poi si
affrettò verso casa, senza neppure ricordarsi di ringraziare
il ragazzo che era venuto a prenderla alla fermata della diligenza di
Konoha, e che ora stava tirando giù i suoi bagagli.
Era tornata.
Era partita che era poco più di una bambina, ancora
impacciata ed in imbarazzante ritardo nello sbocciare rispetto alle sue
amiche, ed era tornata donna, dopo quattro anni di tortura in quel
noiosissimo, e inutile se doveva dirla tutta, prestigioso
collegio dell’est.
In collegio le avevano insegnato tutte quelle cose superflue che a
parer loro una vera signora doveva conoscere, come suonare il piano,
dipingere, ed altre attività talmente inutili in un ranch
del selvaggio west, che ne avrebbe riso fino alle lacrime se non fosse
stato che era stata la sua vita, che erano stati suoi quei quattro
interminabili anni sprecati.
Senza poter cavalcare se non raramente e con quelle scomodissime selle
da cavallerizza, senza natura selvaggia da esplorare e circondata
invece da astruse formalità cui lei non era abituata.
Aveva ricevuto più punizioni di quante potesse ricordare,
aveva ascoltato senza capire, senza neppure prestare attenzione, le
interminabili prediche che le venivano fatte, e non era neppure
riuscita a farsi un’amica, incapace com’era di
comprendere tutti quei piccoli intrighi e quelle sciocche beghe che
sembravano fondamentali alle sue compagne di collegio.
Lei era una persona franca, e la franchezza non era apprezzata in
quella scuola, anzi, era considerata un grosso difetto.
Non che le fosse importato, perché aveva sempre amato la
solitudine e poteva starsene per giorni, per settimane, per mesi senza
rivolgere la parola a nessuno.. in fondo era sempre stata una ragazza
silenziosa.
E probabilmente era questo che aveva irritato di più le sue
compagne, la sua totale indifferenza nei loro confronti.
Sapeva di essere considerata strana e si accorgeva delle occhiate che
le venivano rivolte, dei discorsi interrotti quando lei passava, delle
risatine sommesse nei suoi confronti.
Aveva anche sopportato in silenzio le piccole cattiverie che le
venivano fatte.
Piccole cose fastidiose, come versarle un bicchiere d'acqua sul letto,
su cui lei si sdraiava ugualmente facendo finta di niente, dopo averci
appoggiato sopra un asciugamano, o farle trovare numerosi bigliettini
sgradevoli, o semplicemente macchiarle, rovinarle gli abiti.
Rimaneva in silenzio perché erano anche così
vigliacche dal nascondersi nel mucchio, dal non ammettere a viso aperto
di detestarla, e a volte sorrideva tra sè perché
sospettava che non la considerassero solo strana, ma anche pericolosa.
Erano stati quattro orribili anni sprecati in cui l’unico
bagaglio buono che aveva accumulato, se ci pensava, erano i due bauli
carichi di abiti audaci e di gran moda che si era portata a casa.
Almeno si sarebbe divertita a scompigliare un po’ quel noioso
paese che si ricordava essere Konoha city.
- Zia! - chiamò dalla soglia di casa.
- Sakura! -
Si voltò seguendo la direzione da cui arrivava la voce, e
vide la zia che si affrettava verso di lei, proveniente dalla stalla,
con addosso un vecchio abito logoro con le maniche arrotolate a
mostrare le braccia abbronzate.
- Sakura.. - Tsunade si fermò studiandosela con
attenzione, sentendosi improvvisamente impacciata, la sua Sakura era
cresciuta, tanto.. troppo? Aveva sbagliato a farla star via
così a lungo? - c'era una cavalla che stava partorendo, non
potevo venire a prenderti - spiegò.
- Non importa! - esclamò lei avvicinandosi in
fretta, felice - zia.. sono io! -
- Sono tutta sporca, non.. -
Sakura non le aveva più badato ed era corsa ad abbracciarla.
Aveva sentito le braccia di Tsunade che la stringevano con forza e si
era sentita trasportare indietro, a quando ancora era piccola e correva
allo stesso modo tra le braccia della zia, un po’ per farsi
coccolare, un po’ per coccolare a sua volta.
Si era staccata ed aveva guardato sua zia, che le sorrideva ora con gli
occhi lucidi.
Sakura non ricordava di averla mai vista commossa e nel vederla ora
così, visibilmente emozionata, sentì che
finalmente, davvero, era ritornata a casa, perché per
quattro anni non aveva avuto nessuno vicino che le volesse un
po’ di bene, e le era sembrato che non fosse importante, che
non ne avesse bisogno, ma evidentemente non era vero, e solo in quel
momento capì con chiarezza quanto si era sentita sola.
Il resto della giornata lo aveva trascorso con la zia, in camicia e
gonna corta, ad aiutarla, ad ascoltare i suoi racconti, e a raccontarle
a sua volta delle assurdità della vita dell'est.
Nel frattempo aveva riconosciuto e salutato la vecchia cuoca ed i pochi
ragazzi che non erano in giro con la mandria, assistendo divertita alle
loro risposte imbarazzate, possibile che fosse cambiata così
tanto?
C'era anche la vecchia Chiyo, la donna indiana che viveva con loro da
sempre, che si era limitata a rispondere con un cenno al suo saluto,
facendola sorridere.. almeno qualcuno non aveva cambiato atteggiamento
nei suoi confronti!
Passò i giorni successivi a cavalcare, incurante
dell'indolenzimento che le ricordava che era tornata da poco, troppo
presa dalla sua riacquistata libertà, bramosa di cavalcare
tutti i cavalli nuovi, di esplorare tutti i suoi vecchi posti per
controllare se effettivamente erano ancora lì, immutati.
Rimase fuori per ore e ore, trascurando la zia, la pelle del viso che
già era un po’ arrossata nonostante indossasse
sempre il cappello.
Era troppo felice per stare ferma, perché era a casa,
finalmente a casa, la sua casa.
Perché amava il vento tra i capelli, gli spazi enormi,
inesplorati, selvaggi, la solitudine cercata e non forzata che poteva
godersi qui.
Il quinto giorno si avventurò fino al ranch degli Hyuuga,
che confinava con il loro, nella speranza di rivedere il suo vecchio
amico Naruto, perché era curiosa di scoprire come fosse
diventato, e si chiedeva come lui l'avrebbe trovata, e se avrebbe detto
qualcosa, o meglio, se avesse imparato a dire qualcosa senza farla
arrabbiare!
In quei giorni aveva ripensato spesso al ragazzino sbucato dal nulla
diversi anni prima e fermatosi in pianta stabile nel ranch degli Hyuuga.
Sapeva che lui ora era il capo mandriano del ranch Hyuuga, e che si era
fatto una reputazione per la sua affidabilità e la sua
forza... buon, vecchio Naruto... ma all'epoca lui era un ragazzino
libero e incosciente, e si fermava per giorni a dormire da loro,
approfittando dell'ospitalità di Tsunade.
Per quello era stato il suo compagno di giochi, bistrattato e spesso
ignorato dalla Sakura bambina, prepotente e insensibile, verso cui lui
aveva sempre portato pazienza, sempre pronto ad aiutarla, sempre
presente.
Fino a quando non era partita per quella noiosissima, inutile e
polverosa scuola dell'est in cui Tsunade l'aveva spedita nonostante le
sue lacrime e le sue proteste, relegandola lontana da casa, e dalle
persone con cui era cresciuta.
Il ranch degli Hyuuga, assieme a quello della zia, era il
più esteso della zona, ci volevano giorni per attraversarlo
interamente, per cui lei aveva cavalcato per più ore
ininterrottamente per raggiungerlo. Ma doveva sbrigarsi,
perché era già iniziata la primavera e in quel
periodo dell'anno venivano radunate le mandrie, e poi il bestiame
doveva essere portato alla stazione ferroviaria più vicina,
che distava centinaia di chilometri, e lei non avrebbe rivisto Naruto
fino ad estate inoltrata.
Finalmente aveva riconosciuto la casa degli Hyuuga, che
spiccava nella piatta prateria, e man mano che si avvicinava
notò che era bella come un tempo, in mattoni, dipinta di
bianco, con un'aria spagnola che era sempre stata la sua
caratteristica.
Infatti scorreva nobile sangue spagnolo nella famiglia Hyuuga, e questo
evidentemente li autorizzava a sentirsi superiori agli altri.
Eppure, nonostante fossero una famiglia molto rigida e chiusa, erano
anche persone oneste e leali.
Aveva subito scoperto che Naruto non c'era, era già partito
per i pascoli, come le aveva detto il vecchio cow boy che stava
dipingendo la staccionata, ed aveva sospirato delusa. Non c'era neppure
Hinata, la figlia degli Hyuuga che aveva la sua stessa età,
perché era ancora relegata in una scuola dell'est.
Ricordava che era partita più o meno nello stesso suo
periodo, dato che tutte le ragazze che potevano permetterselo dovevano
andare necessariamente in collegio, o almeno questa era stata l'unica
spiegazione che le aveva dato a suo tempo Tsunade, 'prima o poi capirai
e mi darai ragione', aveva chiuso il discorso la zia quella volta.
Ma non era stato così, ed anche adesso lei non ne capiva il
perché, non capiva perché non aveva potuto
restarsene a casa a cavalcare e ad imparare a sparare come facevano i
maschi.
Ma forse per Hinata era diverso, magari lei apprezzava la vita
dell'est, in fondo erano sempre state molto diverse loro due, e non
avevano mai legato molto, in parte perché l'aveva vista
raramente dato che non era libera come lei e Naruto, in parte
perché Hinata era davvero troppo timida, e la vecchia,
insensibile Sakura la trovava noiosa.
Prima di ripartire andò a salutare la sorellina di Hinata,
che le aprì la porta di casa sorpresa prima di correre a
chiamare a gran voce il padre.
Questi le diede freddamente il benvenuto guardandola leggermente
contrariato.
Era sempre un piacere rivedere gli Hyuuga, pensò lei
ironicamente.
Aveva risposto velocemente alle loro domande e ben presto si era
congedata con la scusa che aveva molta strada davanti.
- Sakura - l'aveva fermata il vecchio Hyuuga quando stava per
ripartirsene - tua zia sbaglia a lasciarti andare in giro
così da sola, non sono più i tempi -
Lei aveva pensato che si trattasse della vecchia mania di quell'uomo di
considerare le donne creature deboli e bisognose di protezione, e si
era allontanata ridendo, un po’ infastidita.
Tornò a casa nel tardo pomeriggio, e faceva fatica a
camminare da quanto aveva cavalcato, quasi aveva dimenticato come
fossero dilatate le distanze lì da loro.
Il giorno seguente, finalmente, la zia doveva fare delle commissioni in
città e lei tornò presto dalle sue incursioni,
perché voleva accompagnare sua zia e rivedere Ino, la sua
unica amica, con cui era restata in corrispondenza in tutti quegli anni
e che era ansiosa di riabbracciare.
Ricordava che un tempo andavano a Konoha una volta alla settimana, e ci
stavano ore, tanto che si era sempre chiesta, ridendone con la sua
amica, dove sparisse la zia durante quelle ore, visto che per gli
acquisti all'emporio dei genitori di Ino impiegavano al massimo una
mezz'ora.
Ed ora era tornata a casa e bisognava riprendere tutte le vecchie,
buone abitudini, e lei non vedeva l'ora di ritrovare quelle ore
spensierate passate con Ino al suo emporio, a parlare liberamente di
tutto.
Le era mancata terribilmente un'amica, qualcuno con cui sentirsi libera
e di cui potersi fidare.
Riportò il cavallo alla stalla dove lo affidò
allo stalliere, il vecchio stalliere di sempre che ora la riveriva come
fosse una signora, ma lei preferiva prima, quando la chiamava per nome
e le dava del tu.
Poi corse dalla zia, con le guance arrossate per la lunga, pazza corsa
ed i capelli che le ricadevano sciolti sulle spalle, in disordine.
Passò la veranda anteriore, con le colonne bianche ora un
po’ screpolate dal sole ed il dondolo sulla sinistra che
sembrava aspettarla da sempre, invitante, ed entrò in casa.
La zia non aveva risposto subito al suo richiamo e lei la
cercò nello studio, la grande stanza sul retro che Tsunade
chiamava studio, ma che era il suo rifugio.
Tsunade l’aveva sentita entrare e aveva sollevato la testa
dalle carte appoggiando contemporaneamente il bicchiere ora vuoto di
whisky. Si voltò a guardarla e cambiò
espressione, felice di vederla, felice che fosse tornata a casa,
dimentica dei suoi conti, quei maledetti conti che non volevano
quadrare, come le aveva confidato la sera prima, quando aveva alzato
troppo il gomito.
- Come sei diventata bella! – aveva ripetuto.
- Zia! - sorrise lei, e Tsunade pensò che il suo
sorriso era l'unica cosa che non era cambiata, era il suo vecchio
sorriso da bambina in un volto di donna, un sorriso raro che le
distendeva il volto per un attimo, togliendole quell'aria lontana che
aveva a volte - Me l'hai già detto cento volte! - aveva
proseguito Sakura - Sono solo dimagrita e mi sono allungata, ma sono
sempre la vecchia Sakura con la sua fronte troppo spaziosa, indice di
grande intelligenza, mi dicevi tu... ricordi? -
- Sei sempre stata intelligente... ma ora...
chissà cosa dirà Naruto quando ti
vedrà! -
- Ancora con questa storia - finse di brontolare lei.
Prima di partire aveva promesso di sposare Naruto al suo ritorno, lo
aveva fatto in un momento di esaltazione, quando pensava che quattro
anni non sarebbero passati mai, lo aveva detto per renderlo felice e
per convincersi che davvero sarebbe tornata... e forse, egoisticamente,
perché lui nel frattempo non si dimenticasse di lei.
E ancora quella promessa aleggiava tra loro, come se fosse stata seria!
Ovviamente non aveva nessuna intenzione di mantenerla, ma aveva proprio
voglia di rivederlo, il suo Naruto, come era sua la terra, e le
colline, e la casa, la SUA casa.
- Vai a prepararti, andiamo in città –
la riscosse la zia sollevandosi dalla scrivania - e non vorrai venire
tutta impolverata e con quella gonna corta da cavallerizza, quando hai
portato due bauli interi di abiti da gran dama che non riuscirai ad
usare in tutta la tua vita qui! -
Sakura aveva prontamente obbedito correndo a prepararsi, e portandosi
via con sé quell'atmosfera di vitalità e forza di
cui Tsunade aveva provato per quattro anni una potente nostalgia. Mise
via la bottiglia di whisky, bevanda in cui indulgeva un po’
troppo frequentemente, e sorrise felice.
Finalmente era tornata a casa la sua adorata nipotina, l'adorata figlia
della sua unica sorella, morta di parto tanti anni prima dandola alla
luce.
Si era trattato di una vicenda scandalosa, qualcosa che neppure
lì, in quelle terre selvagge sarebbe stato accettato se si
fosse venuto a sapere, perché sua sorella non aveva marito,
il padre era morto prima di poter rimediare al suo errore, un errore
imperdonabile che aveva costretto il padre e il fratello di Tsunade a
lasciare la vecchia casa per non far crescere la bambina come bastarda,
ed a trasferirsi tra gente sconosciuta, in un'allora remota landa
dell'ovest.
Qui avevano investito proficuamente i soldi in quel ranch che era
diventata la loro vera casa.
Ma inizialmente non era stato così per Tsunade, lei aveva
preferito allontanarsi dalla sua famiglia e vivere una vita diversa,
troppo presa dai suoi desideri prima, e dalla sua sofferenza poi, per
pensare ad altro.
Alla fine era stata obbligata a tornare al ranch per occuparsi di tutto
dopo la morte prematura di suo fratello, seguita da quella di suo
padre.
In realtà avrebbe sempre rimpianto di non essere stata
vicino a sua sorella quando questa aveva bisogno di lei, ma per fortuna
non era tornata troppo tardi per occuparsi di sua nipote, e presto
Sakura era diventata importantissima, l'unica cosa importante, l'unica
che aveva.
Ora il ranch era la sua vera casa e non si sarebbe allontanata da
lì per niente al mondo, era parte di lei... eppure senza
Sakura era vuoto, e per quattro lunghissimi anni le era sembrato vuoto.
Quando più tardi sua nipote si era presentata con
quell'abito bianco che lasciava scoperte le braccia, i capelli di quel
colore straordinario raccolti sotto un cappellino audace, i piedi
fasciati da scarpette bianche di cui, era sicura, non si era mai visto
l'eguale in tutta Konoha city, era rimase un momento incantata, a bocca
aperta.
Assomigliava a sua madre, ed anche se sua madre forse era stata
più bella, Sakura aveva molto più fascino, con
quel suo sguardo attento e il suo portamento altero.
- Chi vuoi conquistare oggi, l'intera popolazione maschile di
Konoha? - le chiese maliziosa.
- Cara zia, manchi proprio di
obbiettività - aveva osservato sua nipote, facendo
contemporaneamente un giro su se stessa per mostrare meglio l'abito
alla zia - Lì tutte avevano abiti simili! Ma non mi
dispiacerà portare un po’ di scompiglio in
città... a proposito, non ti ho ancora chiesto se
è sempre Orochimaru che spadroneggia, lì, o se
qualcuno finalmente lo ha fatto fuori! -
Tsunade aveva sorriso, suo malgrado - Spadroneggia sempre di
più, ma scommetto che non è a scuola che ti hanno
insegnato ad augurare la morte di qualcuno!-
- No - ammise lei mentre uscivano di casa e
salivano sul calesse - è la dura legge del vecchio west che
ho nel sangue! -
Durante il tragitto Tsunade e Sakura avevano chiacchierato liberamente,
per lo più di pettegolezzi, ma gli argomenti principali
erano stati due.
Da ormai un paio d'anni qualcuno aveva preso possesso del ranch Uchiha,
abbandonato per più di dieci anni dopo lo sterminio della
famiglia da parte di banditi di cui non si era mai scoperto il mandante.
E non era uno dei due misteriosi fratelli Uchiha di cui non si era mai
scoperto il cadavere, e che la leggenda dava per sani e salvi da
qualche parte (cosa impossibile visto che uno all'epoca era solo un
bambino, ed anche se fosse riuscito a fuggire sarebbe morto di stenti,
mentre l'altro, più grande, si narrava che fosse stato
addirittura complice dei banditi). Ma probabilmente era solo parte
della leggenda, e probabilmente i cadaveri dei due fratelli erano
marciti in qualche anfratto delle colline che circondavano l'enorme
casa in rovina degli Uchiha, in qualche buco nascosto.
Il nuovo proprietario si chiamava Danzo, e non piaceva affatto a
Tsunade, anche per il fatto che si circondava di loschi individui che
parevano più banditi che cowboy. Se si fosse semplicemente
impossessato del ranch, o se l'avesse effettivamente comprato da
chissà chi in chissà quale modo, era proprio un
mistero.
Sicuramente era un individuo cinico e spietato che a modo suo poteva
far concorrenza a Orochimaru.
- Ti fa la corte, zia? - chiese Sakura curiosa,
perché la zia era ancora una gran bella donna e in
più possedeva un gran bel ranch, anche se aveva un carattere
impossibile e dominatore, nonché un'allergia per la parola
matrimonio.
La zia aveva riso e le aveva assicurato di no - Ma in compenso ha
recintato tutta la sua proprietà, così le nostre
bestie non possono più pascolare là... noi e gli
Hyuuga siamo abituati diversamente -
L'altra grossa novità era il fidanzamento della sua amica
Ino, che le era già stato anticipato per lettera.
Si era fidanzata con il banchiere della città, un ottimo
partito, ed anche assai bello, come aveva scritto con dovizia di
particolari Ino.
- Mi ha detto che la definisce una deliziosa creatura e che
le dà ancora del lei, perché la forma
è importante! - rise Sakura - Ma dai! Proprio Ino! Non
riesco a vedermela!-
- E' proprio un uomo ammodo e... delizioso -
replicò Tsunade - ma se mi porti a casa uno così
ti diseredo! -
- Non corri questo pericolo - rispose francamente lei - non
voglio sposarmi, non voglio qualcuno che mi dica cosa fare, voglio
essere libera -
E non lo diceva così alla leggera, lo pensava davvero.
Aveva sempre pensato di non essere fatta per il matrimonio, e ne aveva
avuto conferma nel sentire i discorsi delle sue compagne di collegio:
come si fa ad avere come massima aspirazione quello di accontentare e
compiacere un uomo?
Lei non sarebbe mai dipesa da qualcun altro, e non la preoccupava la
solitudine, amava stare da sola.
E poi era sicura che se si fosse sposata avrebbe vissuto una vita
sacrificata ed orribile, ed avrebbe reso orribile anche la vita
dell'altro.
No, non avrebbe potuto sopportare neppure Naruto, per quanto gli
volesse bene.
Non era fatta per il matrimonio, tutto qua, amava troppo la propria
libertà.
- Non dirlo neanche per scherzo - aveva brontolato Tsunade -
voglio dei nipotini -
Nel frattempo erano arrivate in città e avevano percorso
l'affollata strada principale, e Sakura non poteva credere a quanto si
fosse ingrandita, non riconosceva più la sua piccola,
graziosa cittadina.
L'aveva vista solo di sfuggita quando era arrivata con la diligenza,
pochi giorni prima, e le era sembrata più grande, ma non
così tanto.
Brulicava di gente indaffarata, non sempre dall'aria affidabile, e lei
non riconosceva nessun volto.
Tsunade con il calesse si era fermata proprio davanti all'emporio di
Ino e l'aveva lasciata lì con la scusa di dover sbrigare
alcune commissioni.
Così Sakura entrò da sola nel negozio facendo
tintinnare il campanellino all'entrata e guardò la sua
vecchia amica , che non era cambiata affatto, sempre bella, i capelli
biondi lunghissimi raccolti in una coda alta.
Ino aveva alzato i grandi occhi azzurri e li aveva spalancati nel
riconoscerla.
- Sakura! - si precipitò ad abbracciarla
- Sei bellissima, e che vestito! Fa vedere! - l'aveva guardata con
attenzione - vieni.. - disse poi - andiamo fuori che ti devo esibire! -
L'aveva trascinata fuori dal negozio ed aveva chiuso la porta, in cui
spiccava ora un bel biglietto con su scritto torno subito, dietro di
sè.
- Andiamo - le fece prendendola sottobraccio e iniziando a
camminare sul marciapiede di legno - spero di incontrare qualcuna delle
ragazze... mi guardavano dall'alto in basso perché si erano
sposate prima di me, con qualche buzzurro di contadino poi! Ma IO ora,
modestamente, ho il mio Sai da esibire... quelle cretine! Voglio vedere
le loro facce quando ti vedono con questo vestito... credimi... i loro
vestiti nuziali erano stracci al confronto! -
Aveva continuato a chiacchierare del più e del meno e Sakura
si sentiva davvero osservata mentre passeggiava, i tacchi che battevano
sordi sul legno, gli sguardi dei passanti su di lei, ed era sorpresa di
non riconoscere nessuno, di non conoscere più nessuno mentre
Ino salutava tutti, e ogni tanto si fermava a parlare con qualcuno e
presentava anche Sakura.
Nel frattempo le aveva chiesto com'era stato il ritorno e le aveva
raccontato del suo fidanzato che la trattava come una cosa preziosa e
rara, e spiegava che si sarebbe proprio arrabbiata se Sakura non fosse
tornata in tempo per l'imminente matrimonio, visto che lì da
loro i fidanzamenti erano brevi.
- Devi trovare qualcuno anche tu se non vuoi più
Naruto! – concluse – perché qui da noi
già cominci ad essere vecchia e non vorrai diventare come
tua zia! –
- Perché no – replicò lei
– sta benissimo ed è libera –
- Che noia con questa storia della libertà! -
sbuffò Ino – vuoi ritrovarti vecchia, sola e
inacidita? Ma fa come vuoi, sei sempre stata testarda... io intanto mi
sposo! -
- Lo adoro il mio Sai! - aveva continuato poi - ...sai che
abbiamo uno sceriffo nuovo? - aveva cambiato completamente
argomento - un tipo proprio misterioso, non sappiamo neanche
che faccia ha... tanto sarà al soldo di Orochimaru e per noi
non cambia niente... fermati... sai perché ti ho portata
fuori? -
- Per esibire il mio costosissimo abito? – chiese
lei guardandosi intorno.
Erano ferme vicino al vecchio albergo (ora ce ne erano due di nuovi)
che non sembrava aver ricevuto nessuna manutenzione in quegli ultimi
quattro anni, a giudicare dall'aria cadente che aveva.
- Anche, ma ieri sono arrivati degli stranieri in
città, li ho visti passare ed uno di loro... oh, devi
vederlo! -
- Pensavo adorassi il tuo fidanzato -
- Cosa c'entra, ho ancora gli occhi... e poi tu non dirai
niente, no!? Sono così felice che sei tornata! Qualcuno con
cui parlare liberamente invece di quelle quattro oche pettegole! -
- Eccoli! - si era interrotta poi -
questi sono con lui! -
Erano ferme di fianco all'entrata dell'albergo e dalla porta erano
usciti due individui dall'aria non proprio rassicurante, con lunghi
spolverini scuri ed i cappelli calcati sulla fonte.
Uno dei due le aveva viste e si tolse il cappello facendo
contemporaneamente un buffo inchino non privo di galanteria.
- E' un piacere incontrare due belle signorine come voi.. -
sorrise, i lunghi capelli chiarissimi che gli nascondevano in parte il
volto.
- Smettila di fare l'idiota - cercò di trascinato
via per la manica l'altro, e Sakura solo allora si era accorta che si
trattava di una donna.
Lei ed Ino la guardarono sorprese, perché anche qui,
benché le donne indossassero i pantaloni per
comodità in alcune occasioni, una donna vestita da maschio
provocava un certo scandalo.
- Eccolo - disse la donna al compagno, ignorandole e
scostandosi dal volto un ciuffo di chioma ramata.
- E' lui - le sussurrò contemporaneamente Ino
all'orecchio.
Sakura si era voltata in tempo per vedere arrivare un cavaliere che
fermava il cavallo proprio di fronte ai due strani individui e
smontava, ancora prima di fermarsi completamente, con sorprendente
eleganza.
Lei aveva guardato il cavallo, perché era davvero un
magnifico cavallo nero, un animale stupendo, e poi aveva studiato
l'uomo che le dava le spalle.
Indossava uno spolverino lungo e nero e lo osservò mentre si
toglieva il cappello e lo sbatteva un poco sulla gamba per togliergli
la polvere, rivelando i capelli nerissimi tagliati in modo disordinato,
così dritti e folti che formavano strani spigoli dandogli
un'aria selvaggia.
- Iuugo? - lo sentì chiedere agli altri con una
voce bassa e morbida che le fece passare un leggero brivido sulla nuca.
- Sta arrivando, eccolo... – ripeté la
ragazza, che era in parte nascosta al loro sguardo dal nuovo venuto, e
che aveva alzato il braccio per indicare qualcosa esattamente dietro le
due ragazze.
Il cavaliere dai capelli neri si era voltato appena, rivelando un
profilo perfetto come un cammeo.
Sakura rimase a guardarlo senza neppure rendersi conto di farlo,
immobile, fino a quando lui non si voltò del tutto e lei non
incrociò i suoi occhi scuri per un attimo.
- Andiamo - aveva detto lui e le era passato davanti, seguito
dagli altri due, sciogliendola finalmente da quella specie di
incantesimo.
- Te l'avevo detto - commentò
Ino - non è incredibile? -
- Sono pistoleri - replicò lei in tono
dispregiativo.
- Già – convenne l’altra - non
è un peccato che sia destinato a morire giovane? -
Lei si era rifiutata di pensarci ancora.,. tutte sciocchezze... e si
meravigliava di se stessa, farsi incantare così, neanche
fosse una bambina, possibile che fosse così stupida?
Riprese a camminare senza rispondere, con grande delusione della sua
amica.
- Sakura! – la chiamò Ino indignata,
raggiungendola - donna impossibile! Fai tanto la superiore, ma vedrai
che ti innamorerai anche tu, magari proprio di un pistolero senza cuore
che ti farà piangere e disperare! -
Lei si era voltata verso di lei ridendo - Se c'è una cosa di
cui sono sicura - rispose - è che non sarò mai
così stupida! -
Avevano continuato a chiacchierare del più e del meno ed Ino
le aveva ricordato la gran festa annuale che c'era ogni primavera al
ranch degli Hyuuga, una festa memorabile in cui arrivava gente da molto
lontano, visto che per tradizione era aperta a chiunque bussasse.
- Sarà l'ultimo anno – concluse Ino -
poi anche il vecchio dovrà adattarsi a cambiare le
tradizioni e a renderla una festa privata, con i ceffi che girano! -
- Ci sarà anche una bella riunione di oche
pettegole... sono lì che ti aspettano al varco per vedere
come sei diventata e poter malignare - borbottò poi mentre
si giravano per tornare indietro verso il negozio.
Sakura sorrise e prese Ino a braccetto, come le era mancata la
schiettezza della sua amica!
Avevano fatto ancora pochi passi, avevano appena passato le vetrine di
un ristorante, quando si erano interrotte, sorprese dal fragore di un
vetro infranto.
Sakura si voltò e vide un uomo sanguinante sul marciapiede,
era appena stato scaraventato fuori dalla finestra e cercava
faticosamente di rialzarsi.
Attraverso la finestra rotta sopraggiunse un altro uomo visibilmente
alterato, vestito con una giacca di pelle frangiata, che subito aveva
afferrato il poveretto, lo aveva sbattuto ancora al suolo con violenza
e gli aveva puntato una pistola alla testa.
L'uomo a terra sembrava un semplice contadino e probabilmente non era
neppure armato. Guardava il suo aguzzino tremante, impaurito.
- Pprego… - balbettava - ho famiglia -
Ma quello si era chinato ed aveva piantato la canna della pistola con
forza sulla fronte del pover'uomo.
C’era un po’ di gente che guardava ora, ma nessuno
sembrava voler intervenire in sua difesa, e Sakura aveva fatto per
muoversi.
- Ferma – la bloccò Ino per il braccio -
sono scagnozzi di Oro, quelli sparano anche a te... allontaniamoci -
Ma Sakura non poteva, non voleva, e rimase immobile mentre l'uomo
alzava il cane della pistola, ancora piantata sulla fronte dell'altro,
e in un tempo fermato che era sembrato eterno, faceva esplodere il
colpo.
Ora si vedeva solo un foro nel centro della fronte del contadino,
circondato da bruciature, e nel volto gli era restata per sempre
un'espressione impaurita, leggermente attonita, mentre si accasciava
senza vita per terra.
Sakura si era portata la mano alla bocca perché
istintivamente le era venuto da urlare, e qualcuno aveva urlato,
lì in mezzo alla piccola folla che si era riunita.
- Cosa guardate, andate a casa! - gridò
l'assassino, guardandosi attorno euforico con la pistola ancora fumante
in mano.
Ma Sakura ancora una volta non si era mossa, rimase lì,
ancora incredula, mentre la gente si disperdeva ed Ino ancora cercava
di trascinarla via - Qualcuno avrà chiamato lo sceriffo
– tentava di convincerla.
Nel frattempo era uscito un altro uomo dal locale, trascinandone un
quarto, sanguinante per delle percosse che doveva avere ricevuto, e
tremante anch'esso come quello che ora giaceva morto nella polvere.
- Vuoi morire anche tu come tuo fratello? - aveva fatto
quello dalla giacca di pelle sollevando di nuovo la pistola.
- No… - aveva pregato l'altro - no.. -
Ma quello aveva solo sorriso e si era chinato accanto al pover'uomo,
appoggiando una gamba a terra, e Sakura era sicura che avrebbe
ammazzato anche quello, per pura crudeltà, e che nessuno
avrebbe fatto niente per fermarlo.
Si divincolò da Ino, non poteva permetterlo, non intendeva
permetterlo.
Sapeva cosa succedeva alle famiglie dei contadini quando i capifamiglia
morivano: finivano a chiedere la carità, donne, bambini.
Fece un passo, decisa a fare qualcosa, non sapeva cosa, e subito si
fermò.
Una figura scura era sopraggiunta veloce e con un calcio sul volto
aveva fatto cadere a terra l'uomo inginocchiato pronto sparare.
Questi cadde rovinosamente, colto di sorpresa, il sangue che gli colava
ora dal naso, e la pistola gli era scivolata dalle dita.
Come per magia una pistola era apparsa nella mano del nuovo arrivato
che aveva appoggiato uno stivale sul petto dell'altro costringendolo a
terra.
Lei sapeva chi era, era il cavaliere dai capelli neri che aveva visto
prima, e i suoi compagni si erano materializzati al suo fianco con una
pistola in mano, una puntata alla testa del compare dell'uomo ora a
terra.
- Vattene - fece il cavaliere nero, con la pistola sempre
puntata su quello a terra, il piede che lo schiacciava al suolo - torna
a casa -
E il contadino che aveva scampato la morte per un pelo si era alzato,
ancora tremante, e se ne era scappato via, senza neppure ringraziare.
- Non uccidermi... non ti ho fatto niente - aveva implorato
quello a terra.
- Uccidilo pure, è un idiota - si
intromise una voce più lontana.
Sakura si era voltata a guardare il nuovo arrivato e lo aveva
riconosciuto subito, non era cambiato di una virgola in quegli anni,
era Kabuto, l'ombra di Orochimaru, in giacca e panciotto, sul naso i
soliti occhialini tondi e dorati.
Lo straniero alzò la pistola e la puntò contro
Kabuto, il braccio dritto e perfettamente fermo, lo spolverino
svolazzante.
- Kabuto - aveva mormorato mentre quello a terra cercava di
recuperare la pistola a tentoni ed uno di loro, il ragazzo che le aveva
fermate prima, lanciava un coltello che gli inchiodava la mano al
terreno.
Kabuto si era fermato, aveva sgranato gli occhi per un momento ed aveva
sorriso - Sasuke Uchiha – sembrò riconoscerlo -
quanto tempo -
- Dì al tuo padrone - aveva intimato l'altro,
impassibile - che sono qui per ucciderlo -
Sakura aveva guardato lo straniero sorpresa, era così
stupido? Si era condannato a morte da solo, perché
Orochimaru non aveva onore, ed era circondato da assassini senza
scrupoli.
- Alla buon' ora - sussurrò Ino al suo fianco - lo
sceriffo -
Lo sceriffo si stava in effetti avvicinando seguito da due uomini,
evidentemente i suoi aiutanti, e nel contempo aveva fatto scattare la
carica del fucile che aveva in mano, ad effetto.
- Bene bene - commentò, il volto nascosto dal
cappello e dal fazzoletto che gli copriva la bocca, e in quel modo non
aveva un'aria più rassicurante degli altri - cos'abbiamo
qui? -
- Sceriffo - si avvicinò anche Kabuto - fortuna
che è arrivato, deve arrestarli. Questi quattro banditi... -
Cosa stava raccontando? Non erano stati loro.
E Sakura si rese conto che nessuno avrebbe parlato in loro favore.
Li avrebbero lasciati accusare ingiustamente, tutti vigliacchi, tutti
complici di quella farsa.
- Sceriffo! - esclamò liberandosi finalmente della
stretta di Ino e scendendo dal marciapiede sulla nuda terra della
strada - Quest'uomo a terra ha ucciso l'altro, e quello è il
suo compare... gli stranieri hanno impedito un secondo omicidio -
- Bene, è andata così? - aveva chiesto
lo sceriffo portandosi la mano alla tesa del cappello e sollevandolo,
svelando un occhio bendato e l'altro maliziosamente sorridente.
- Sì, ho visto tutto - ribadì lei e la
gente intorno aveva finalmente annuito, i vigliacchi.
Sakura rimase immobile, ignorando la fastidiosa sensazione di essere
osservata, ed attese mentre lo sceriffo e i suoi due aiutanti
prendevano in custodia i due balordi e li portavano via.
Solo allora si voltò, ed incontrò due occhi
scuri, penetranti, che la fissavano con una punta di
curiosità subito repressa.
Si riscosse, imbarazzata, non pensava che lo straniero fosse
così vicino, e non poté fare a meno di notare
ancora una volta che era bello.
Ma sostenne lo sguardo di lui, rifiutandosi di abbassare il suo per
prima.
- Avete sbagliato - gli spiegò - non dovevate dire
quella cosa a Kabuto, ora la vostra vita è in pericolo,
guardatevi le spalle - lo mise in guardia.
- So badare a me stesso – aveva risposto lui
sorridendo appena - le vostre scarpe - concluse enigmaticamente,
allontanandosi.
Lei si guardò le scarpe, le sue belle scarpette bianche
irrimediabilmente rovinate da un bordo slabbrato scarlatto.
Si voltò, il cadavere era proprio dietro a lei, il volto
pallidissimo e gli occhi ancora spalancati, e una macchia scura si
stava allargando sotto di lui nella polvere, ed aveva raggiunto anche
le sue scarpe ora macchiate di sangue.
Questo è il west, si disse amara, il tuo amato,
selvaggio west.. bentornata a casa.
Si voltò un'ultima volta a guardare il cadavere, e presa da
un improvviso impulso si chinò al suo fianco per chiudergli
occhi, perché gli rimanesse almeno un po’ di
dignità.
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Capitolo 2 *** 2. La festa ***
Scusate il ritardo, ma non mi viene per niente facile scrivere questa
roba.
Un conto è buttare giù in qualche modo, un conto
poi è sistemare il tutto e renderlo coerente!
In più un giorno sì e un giorno no mi sembra che
sia uno schifezzo inaudito..
Comunque ecco il secondo capitolo: non mi entusiasma particolarmente ma
è assolutamente necessario (e almeno è lungo)!
Grazie ancora ad alfombra: ho messo la foto, visto?
2.
LA FESTA
Quella notte tre dei quattro stranieri se ne stavano seduti attorno ad
un tavolo nel fumoso e buio saloon che si trovava a fianco del loro
albergo.
- Allora, cosa è successo? - chiese la ragazza.
- Boh! - rispose Suigetsu, quello dai capelli lunghi e
chiari, mentre giocherellava con un coltello - lo sceriffo ha detto che
Orochimaru sostiene che non c'entra niente col massacro, che
è stato Danzo o qualcosa del genere, quello che ha il ranch
degli Uchiha adesso -
- E Sasuke gli ha creduto? - aveva domandato il terzo, che
era una specie di gigante.
- No, ma dice che può esserci qualcosa di vero, e
dobbiamo indagare -
- E cosa dovremmo fare? - intervenne ancora la ragazza,
accigliata - andare al ranch e farci assumere? -
- Boh! Io preferisco stare qui... ah… pare che ci
sia il fratello di Sasuke lì al ranch -
Si erano zittiti tutti un momento.
- Ha un fratello? - chiese la ragazza sorpresa - e sta con
loro... come l'ha presa, lui? -
- Boh! Solita faccia di bronzo -
- E metti giù quel coltello, idiota! - si era
incazzata lei - Sai solo dire boh? Raccontaci bene TUTTO! -
Suigetsu aveva fatto sparire il coltello all'interno della giacca ed
aveva preso le carte che erano sul tavolo, iniziando a mescolarle, poi
aveva raccontato di come si era appostato con il fucile non molto
lontano da dove Sasuke aveva appuntamento con lo sceriffo, ed aveva
aspettato.
- Dopo gli ho chiesto cosa gli aveva detto e basta
– concluse bruscamente.
- Sei scemo - aveva commentato lei.
- Ma... - era intervenuto il gigante - ci si può
fidare dello sceriffo? -
- Alla fine non era una trappola, no?! - osservò
allegramente Suigetsu - E magari lo sceriffo non è
così male in fondo! Magari è dalla parte della
giustizia... sì... e magari esistono gli angeli e il
paradiso e l'inferno - ci aveva pensato un momento e poi aveva ripreso
- l'inferno lo conosco, e il paradiso, una volta - si era fermato
un'altra volta - mi state ascoltando, vero? Perché avevo
iniziato a raccontarla anche a Sasuke ma neanche mi ascoltava, odio
quando fa così, tu magari ti ritrovi a parlare
tranquillamente e poi ti giri e lui neanche c'è
più... una cosa davvero fastidiosa -
- Sei scemo - aveva ripetuto lei versandosi abbondantemente
da bere - forse è meglio se giochiamo -
- E tu sei una palla Karin... sbrigati e vai a raccattare
qualcuno che faccia da quarto, visto che il nostro capo è un
asociale - borbottò Suigetsu, mentre appoggiava sul tavolo
l'ennesimo bicchiere svuotato e riprendeva a mescolare le carte.
- Perché non vai tu? - ribattè la donna
- Sei tu quello che vuole sempre giocare! -
- Ma se lo chiedi tu fa un altro effetto! - insisteva l'altro
- Magari rimedi anche qualcuno di decente, col buio puoi sempre fare
finta che sia lu... - non era riuscito a finire il discorso, lo
schiaffo di Karin lo aveva interrotto prima.
- Ma cosa ho detto! - esclamò indignato.
- Giochiamo in tre, va bene lo stesso - intervenne il terzo.
Suigetsu aveva distribuito le carte sbuffando ed avevano giocato per un
po’ in silenzio.
- Ho bisogno di soldi, non voglio dormire da solo stanotte -
aveva ripreso dopo un po’ Suigetsu - certo che... quelle
signorine di oggi, non erano belle? Delle vere signore... mi sono
sempre chiesto come deve essere andare a letto con una
così... -
- Una noia, lo fanno tutte vestite e si fanno il segno della
croce prima - replicò la ragazza.
- Però mi piacerebbe lo stesso provare,
chissà se Sas'ke ha mai provato, lui che potrebbe... -
Karin lo aveva guardato indignata, quel cretino, mentre apriva le due
carte che aveva appena cambiato.
- Le signore aspettano di essere sposate - aveva commentato
il gigante.
- Cosa vorresti insinuare, Juugo? - lo aggredì la
ragazza.
- Che tu Karin non sei una signora.. - concluse Suigetsu.
La ragazza gli aveva mollato un ceffone così forte che gli
aveva fatto girare la testa di lato.
- Non potremmo giocare? - chiese Juugo, sospirando -
..comunque ho full d'assi, ho vinto ancora io -
- Eh no, cazzo! - gridò Suigetsu gettando le carte
sul tavolo ed alzandosi di scatto, il segno rosso delle dita stampato
sulla guancia - Adesso basta! Me ne vado! - e davvero aveva preso e se
ne era uscito incazzato.
- A questo punto vado anch'io - osservò Juugo
più calmo - ho sonno, tu? -
- Vado a letto anch'io - approvò la ragazza
guardando davanti a sè, pensierosa - ...chissà
dov'è Sasuke -
Si era alzata ma non aveva raggiunto la sua stanza, invece era uscita
ed aveva camminato lentamente finchè non lo aveva trovato, a
stento visibile, appoggiato ad uno dei pali che sostenevano il portico,
con una sigaretta tra le labbra.
Aveva sorriso e lo aveva raggiunto.
- Sasuke - sussurrò cercando di passare la mano
sotto il braccio di lui.
- Va' via – le fece lui scostando il braccio, senza
neppure voltarsi a guardarla.
- Ma... -
- Vai via - ripeté.
Karin aveva esitato per un momento ma conosceva quel tono secco, e
sapeva che era inutile insistere quando lui era così.
Si allontanò in fretta decisa a fare come se niente fosse,
in fondo non era come se non ci fosse abituata, e non era che le
importasse così tanto.
Avrebbe aspettato un altro momento.
Aveva ormai raggiunto la porta dell'hotel quando qualcuno le aveva
toccato la spalla.
Si voltò con l'improvvisa sensazione che fosse lui che aveva
cambiato idea, ma era solo Suigetsu.
- Facciamo un'altra mano di carte io e te? – le
chiese.
- Va bene - rispose cercando di convincersi che non era
delusa, che era meglio di niente in fondo, tanto Sasuke se ne stava
lì a pensare a chissà cosa…
probabilmente alla sua vendetta, o forse a suo fratello.
Poi pensò che forse avrebbe potuto andare da lui
più tardi, che forse lui aveva bisogno di lei, e all'idea
sorrise finalmente soddisfatta.
Non era il caso di demoralizzarsi, era sicura che prima o poi avrebbe
ammesso anche lui di avere bisogno di lei; in fondo cavalcavano
insieme, e questo creava un legame, no?! Doveva pur contare qualcosa
per lui!
__________
Nello stesso momento Kabuto stava parlando con il suo padrone.
Orochimaru se ne stava seduto con un'aria leggermente divertita dietro
la massiccia scrivania, e giocava distrattamente con un fermacarte
d'argento.
Indossava un'elegante camicia bianca ed un panciotto viola, e i lunghi
capelli neri e lisci accentuavano il pallore del suo volto magro.
- Non importa quello che crede - contraddisse il suo
sottoposto - Importa quello che fa, e può davvero essermi
utile. Danzo sta diventando davvero irritante -
- A proposito, il nuovo sceriffo - aveva iniziato Kabuto.
- Non preoccuparti, sono sicuro che non ci darà
problemi -
__________
La settimana successiva Sakura si era allenata a sparare, con la
pistola e con il fucile. C'era un posto che avevano sempre adibito a
quell'uso, vicino al ranch, e lei aveva posizionato diverse lattine su
alcuni spuntoni di roccia decisa a centrarle tutte almeno una volta
prima di tornare a casa.
Una volta se la cavava decentemente, non poteva essersi dimenticata
tutto in quei quattro anni di limbo, e non voleva più
andarsene in giro senza una pistola addosso.
Orochimaru non aveva più limiti, era evidente, se nella sua
città poteva succedere di tutto. Almeno prima era
più discreto nelle sue punizioni, ed era in qualche modo
giusto.
Ma lo aveva visto con i suoi occhi, Konoha city era diventata
davvero una città pericolosa, e lei non era il tipo che
riusciva a starsene buona buona e a subire in silenzio.
Per cui era meglio che si esercitasse, se voleva riuscire almeno a
tenere il braccio fermo.
Ed era lì che si esercitava con il fucile, arma con cui
aveva sempre avuto più dimestichezza, quando si accorse di
un cavaliere che si avvicinava, e che non aveva notato prima
perché era troppo presa dal suo allenamento.
La direzione da cui proveniva era quella del ranch, ma non riusciva a
riconoscerlo.
Man mano che questi si avvicinava distingueva una camicia di colore
sgargiante, e poi i capelli biondi, e si rese conto che le si stava
automaticamente allargando un sorriso, perché lo conosceva,
non era cambiato poi tanto in quegli anni.
- Sakura! - l'aveva chiamata, e lei riconosceva anche la
voce, anche quella un po’ cambiata, solo un poco.
Lo aspettò tenendo la mano tesa sopra la fronte, per farsi
ombra, mentre lui scendeva da cavallo.
- Naruto! - esclamò poi e si avvicinò
per guardare meglio il suo vecchio amico.
Lui l'aveva subito afferrata e l'aveva sollevata facendola girare.
- Mettimi giù! - lo sgridò indignata e
riuscì in qualche modo a liberarsi - non sono più
una bambina! -
- Al ranch mi hanno detto che eri qui! Non posso crederci!
Sei diventata una signora! Tu! – scherzò, e lei
aveva sentito forte l'affetto che la legava a lui, un affetto che
ritrovava immutato, immutabile.
- Non mi picchierai più adesso, vero? -
continuò lui.
- Dipende...sei il solito idiota o è cresciuto
anche il tuo cervello? Perché sospetto che tu sia il solito
idiota? Sono malfidente? -
Lo aveva guardato ancora, e per farlo aveva dovuto alzare il volto da
quanto era cresciuto, ma le sembrava sempre lui, il vecchio Naruto, con
il suo vecchio sorriso scanzonato e quell'aria un po’ da
buffone.
Bene, perché non avrebbe sopportato di vedere cambiato anche
lui.
- Non eri via con la mandria? - gli chiese più
seria.
- Ehi! Non potevo partire senza vederti! Si è
sparsa la notizia del tuo ritorno... fino ai pascoli! - aveva sorriso
del suo solito ghigno - dicono che ora sei una signora con la puzza
sotto il naso! -
Lei lo guardò seccata.
- Ma non ci credo, non preoccuparti! - aveva specificato
subito lui, un po’ preoccupato.
E per questo suo modo di mettere le mani avanti, per questo suo tratto
così infantile, così da Naruto, lo aveva
improvvisamente abbracciato, felice.
Non cambiare mai, aveva pensato, ma si era guardata bene dal dirglielo.
- Bene - scherzò invece - perché sono
pericolosa, ho un fucile qui... e non mi ricordo più bene
come si usa -
Avevano scherzato ancora un po’ e lei aveva afferrato il
fucile e tirato un colpo alla lattina posizionata più
lontano, per fargli vedere che non era poi così schiappa
come lui sosteneva.
L'aveva sentita tintinnare e l'aveva vista ondeggiare un poco e
fermarsi senza cadere.
- Accidenti! - esclamò lui andando a vedere -
l'hai colpita davvero! Sei più brava di me con il fucile! -
Mentre tornavano al ranch Naruto le aveva spiegato che non era venuto
solo per vederla, anche se il motivo principale era quello, si era
affrettato ad aggiungere, il fifone! Aveva anche accompagnato una
persona al loro ranch, una persona che lei non conosceva
perché era già partita quando si era fatto vedere
la prima volta, e che era un vecchio amico di Tsunade.
- E' un vecchio perverso - le aveva spiegato ridacchiando -
ma è anche una grande persona, mi ha insegnato tanto -
Lei era proprio curiosa, perché sapeva che la zia aveva
girovagato per diversi anni quando era giovane, e dove fosse andata era
un segreto che non le aveva mai rivelato: sapeva solo che era stata
costretta a ritornare per occuparsi di tutto, e della stessa Sakura
bambina, quando le erano morti, in successione, il fratello e il padre.
Così provò ad immaginarsi come potesse essere un
vecchio amico della zia, ed aveva un po’ spaziato con la
fantasia durante il breve tragitto fino al ranch, creandosi nella sua
mente un personaggio enigmatico e affascinante.
Certo non si sarebbe mai aspettata l'individuo imponente, vestito con
una vistosa giacca frangiata ornata di perline, ed un ancora
più vistoso sombrero messicano, che stava parlando con sua
zia.
Questi si era tolto il sombrero nel vederla, rivelando una chioma
bianca e fluente.
- Lui è Jiraiya – lp presentò
la zia mollandogli contemporaneamente una pacca sulla nuca - e lei
è MIA nipote Sakura, mi irrita anche che tu la guardi, sei
avvisato! -
A Sakura non era sfuggito il tono leggero della zia e la
guardò curiosa, era così allegra a causa di
quell'uomo vagamente ridicolo? Era così importante
quell'uomo per lei?
Rimasero ancora un poco a chiacchierare tutti insieme, commentando il
nuovo proprietario del ranch Uchiha, che ora si chiamava ranch Akatsuki
ed aveva, guarda caso, come marchio una nuvoletta, un marchio che posto
sopra alla fiamma che era il marchio degli Hyuuga, o al doppio ferro di
cavallo dei Senju, si sovrapponeva quasi completamente a questi.
Poi Tsunade aveva ricordato quello che era capitato in città
qualche giorno prima.
- Vuoi dire che lo ha assassinato così a sangue
freddo? - aveva chiesto Naruto sorpreso, neppure Orochimaru poteva
permettersi di fare qualcosa di simile, o almeno non in pubblico.
Avevano discusso anche dello straniero, perché poteva essere
uno dei due fratelli, il cognome Uchiha non era certo comune.
La zia a suo tempo li aveva visti assai poco, ricordava un ragazzino
troppo serio per la sua età e un bambino sorridente.
Sì, avevano gli occhi e i capelli neri, e sì, il
più piccolo aveva dei capelli nerissimi dai riflessi blu che
aveva fatto sospettare le vecchie matrone del posto che la madre non
fosse poi così nobile come si credeva, che nelle sue vene
scorresse sangue indiano.
- Vecchie pettegole – aveva borbottato Tsunade tra
sé.
- Allora forse è davvero lui –
mormorò invece mormorato Sakura, perché i capelli
dello straniero avevano davvero dei riflessi blu che contrastavano con
la sua carnagione chiara, e non voleva soffermarsi troppo sul fatto che
aveva notato tutti quei particolari.
Piuttosto, cosa significava questo? Perché era tornato
proprio ora se davvero era vivo? Perché non aveva reclamato
la sua proprietà?
- Lo scopriremo presto – commentò con
una risata amara sua zia – da queste parti i segreti durano
poco... un ultimo Uchiha… spero di vederlo con i miei occhi,
erano gente affascinante –
In quel momento Sakura aveva girato la testa, e aveva sorpreso Naruto
con lo sguardo perso nel vuoto, pensieroso, un'espressione stranamente
sollevata.
- Che c'è? - gli chiese.
Lui si era voltato dalla sua parte ed aveva assunto quella sua aria
ostinata che la irritava tanto quando era piccola.
- Niente, mi è venuta in mente una cosa che mi
è successa tanti anni fa, prima di capitare qui –
le spiegò rimanendo sul vago - comunque i ragazzi al pascolo
hanno sentito delle voci, dicono che c'è anche un Uchiha tra
quei banditi che si spacciano per cow boys... se è
così ci sono due Uchiha... che siano tornati i due fratelli?
Non è incredibile, dopo tutti questi anni? -
Nel frattempo Jiraiya si era allontanato ed era ritornato con in mano
una grossa macchina fotografica che aveva iniziato a posizionando su un
treppiede.
Insistette per fare una fotografia a Sakura e Naruto, e lei aveva
sopportato pazientemente per tutto il tempo necessario, lasciando anche
che Naruto le appoggiasse la mano sulla spalla.
Poi parlarono ancora un po’ degli Uchiha, proponendo
congetture più o meno plausibili, fino a quando Naruto non
aveva dovuto ripartire.
Aveva preso il pacco di vettovaglie che Tsunade aveva fatto preparare
per lui ed aveva salutato tutti.
Era rimasto un momento a parlare con Sakura, tenendo il cavallo per la
briglia.
- Spero di riuscire a fare un salto alla festa ma non sono
sicuro – le spiegò.
- Conosci quei ragazzi, gli Uchiha? - gli chiese a bruciapelo
lei.
Naruto era rimasto un momento zitto, sorpreso.
- Sarai una moglie terribile! - esclamò poi.
- Non vedo come la cosa ti riguardi, zuccone -
borbottò lei - …allora? -
- Uno dei due, lo conoscevo, prima di venire qui... e
comunque la cosa mi riguarda proprio! -
Era salito a cavallo, senza darle il tempo di replicare, e l'aveva
lasciata lì a porsi mille domande, a chiedersi quale dei due
avesse conosciuto, e come lo avesse conosciuto.
L'espressione che aveva colto nel viso di lui le aveva fatto
intendere che non si trattava di una semplice conoscenza casuale e
Naruto non aveva mai parlato della sua vita, era come non avesse avuto
vita prima di capitare da loro, come se non volesse pensare al passato.
Era tornata indietro ed aveva trovato Jiraiya in posizione dietro alla
sua macchina fotografica.
- Allora, zia e nipote, pronte per essere immortalate? Sarete
fissate in eterno in questo momento! -
E lei si era avvicinata a sua zia per sottoporsi a quel ridicolo rito,
ed aveva dovuto aspettare ancora immobile per un tempo interminabile.
Da quel giorno Jiraiya si era fermato in pianta stabile al ranch, senza
fare niente di niente a parte correre dietro alla giovane figlia della
cuoca, starsene tutto il giorno in panciolle, o al massimo fare
fotografie con quel suo trabiccolo.
Aveva occupato una stanza della casa con tutte le sue attrezzature e
una volta aveva mostrato a Sakura tutti i suoi tesori: fotografie,
custodite con cura, di un variegato numero di strani personaggi, tutti
in posa per l'occasione.
C'era un numero notevole di pellerossa, e lei ne aveva studiato con
interesse i ritratti.
- Sei stato con loro? - aveva chiesto, curiosa suo malgrado.
E lui aveva risposto che aveva vissuto per qualche anno assieme a loro
e che un giorno, quando avesse avuto tempo, le avrebbe raccontato
qualcosa.
Lei lo aveva guardato scettica, non aveva abbastanza tempo ora, visto
che non faceva niente?
- Scusa bambina, ma ho da sistemare le mie foto,
perché voglio farci un libro - l'aveva mandata via lui, per
niente turbato.
Bambina a lei! Che razza di perdente fannullone! Non lo sopportava, e
ancora meno sopportava che lui e la zia se ne restassero a parlare la
sera fino a tardi, davanti ad un bicchiere di whisky... e non era
gelosia la sua, era puro fastidio, quello aveva una cattiva influenza
sulla zia!
- Ma come fai a sopportare quel vecchio trombone - aveva
chiesto una volta a Tsunade.
Lei aveva sorriso - Sei troppo giovane, Sakura - aveva risposto - le
cose non sono mai o bianche, o nere, la vita è una
sorprendente varietà di grigio -
Sakura aveva ascoltato perplessa, ma non aveva replicato niente.
E alla fine si era semplicemente rassegnata a vederselo sempre tra i
piedi.
In quei giorni andava spesso in città, anche da sola,
nonostante la zia non ne fosse molto contenta. Andava da Ino che si
stava adattando per il matrimonio uno dei vestiti che Sakura aveva
portato dall'est, e se ne stava a chiacchierare con lei.
Aveva conosciuto anche il famoso banchiere, una volta.
Era arrivato all'emporio di Ino con tre fiori in una mano, ed un
bastone nell'altra.
- Così voi siete la preziosa amica della mia Ino!
- si era presentato, e le aveva fatto anche il baciamano.
Non si poteva negare che fosse davvero un distinto gentiluomo e che
fosse bello, anche se lei non lo avrebbe mai guardato due volte.
Aveva un'espressione così poco naturale, ed uno sguardo
così poco intrigante che davvero non riusciva a capire cosa
ci trovasse Ino in lui.
Aveva passato l'intera ora in cui era stato con loro a parlare della
meravigliosa vita che si conduceva all'est, e della fortuna che aveva
avuto Sakura di poter ricevere un'educazione adeguata, cosa in cui
purtroppo la sua Ino mancava, anche se vi sopperiva con numerose,
altre, meravigliose virtù.
A Sakura veniva proprio da ridere: aveva sopportato a stento quelle
maniere quando era in città e le parevano così
fuori luogo qui, quei modi compiti, quell'atteggiamento formale!
Eppure aveva colto lo sguardo che Ino gli aveva lanciato, e vi aveva
riconosciuto l'affetto. E per rispetto alla sua amica si sarebbe fatta
piacere il signor Sai.
Di rimando le venne in mente che forse, per rispetto della zia, avrebbe
dovuto provare a farsi piacere Jiraiya, ma al momento quello le
sembrava davvero troppo.
__________
Era passato quasi un mese dal ritorno a casa di Sakura, e la vita aveva
già ripreso a muoversi al ritmo delle stagioni, e
già a Sakura sembrava di non essersi allontanata mai, che
quei quattro anni passati via fossero solo una specie di sogno, o che
fossero stati vissuti da un'altra persona, non da lei.
Si era innamorata di uno dei cavalli nuovi, una cavalla giovane, dal
manto di un caldo marrone autunnale, snella, forte, resistente e
veloce, uno dei cavalli più veloci che avesse mai posseduto,
ne era sicura.
Le era piaciuto soprattutto il carattere generoso di Shuriken, si
chiamava così, ed aveva subito sentito che poteva fidarsi di
lei. Così era diventata la sua cavalla, ed aveva finito col
cavalcare solo lei, e con l'occuparsene personalmente, giornalmente,
intenzionata a conquistarsene l'affetto.
Nel frattempo aveva ritrovato il piacere di cavalcare completamente
sola in quei posti selvaggi, di ritrovarsi completamente immersa nella
natura, un prolungamento dell'erba, delle pietre, degli alberi...
tutt'uno con la terra della quale era solo una forma di vita.
Se ne stava ore ad esplorare le colline, a rivisitare i vecchi posti, a
cercare e ritrovare i passaggi che solo lei conosceva, le rocce, gli
alberi, che accarezzava lentamente riconoscendone la consistenza.
Tutto sembrava immutato eppure, allo stesso tempo, nuovo.
C'era un posto in particolare che era stata impaziente di ritrovare.
Un posto che aveva desiderato rivedere per anni, e che non aveva
cercato subito perché aveva avuto la sciocca, infantile
paura di averlo idealizzato troppo in quei lunghi anni di attesa, e di
rimanere delusa.
Era il suo nascondiglio segreto, un angolo di cui solo lei conosceva
l'ubicazione, un posto che aveva scoperto da ragazzina, quando perdeva
giorni e giorni ad esplorare le colline, e la cui esistenza non aveva
rivelato a nessuno.
Era nascosto all'interno delle colline e si dovevano seguire dei
precisi segnali per arrivarci.
Era stato con vera e propria trepidazione che aveva riconosciuto i
vecchi segnali, l'albero spezzato dal fulmine, le due pietre gemelle
che insieme ricordavano un bufalo, sì, era proprio un
bufalo, lo riconosceva ancora... infine la parete di roccia con quella
che sembrava una delle tante crepe ma si riconosceva dalle altre per il
colore diverso, rossiccio, della roccia nel suo fianco destro.
Era scesa da cavallo eccitatissima, e lo aveva portato per le redini
fino alla buia rientranza della crepa che nascondeva il passaggio
attraverso la roccia. Da lì non si poteva cavalcare, doveva
per forza andare a piedi, ed aveva proseguito lentamente con il cavallo
che ci passava a stento.
In fondo al sentiero che correva tra due pareti rocciose e si
arrampicava sulla collina, c'era il suo posto segreto: aveva camminato
lentamente fino all'entrata, e lì si era fermata, il cuore
che le batteva forte.
Era ancora lì, bellissimo, la piccola radura con pochi
alberi e una minuscola caverna dentro cui ripararsi, e poi,
soprattutto, ancora intatto, c'era un rivolo d'acqua pura e
freschissima che formava una polla prima di nascondersi ancora
all'interno della roccia, e l'erba tutta intorno di un verde
così brillante che sembrava un dipinto, punteggiata di fiori
viola e gialli.
Si era avvicinata alla sorgente d'acqua e vi si era chinata a fianco
per abbeverarsi, era fresca, ed aveva ancora il meraviglioso sapore che
ricordava.
Ne aveva bevute alcune sorsate e poi si era sdraiata sull'erba a
guardare il cielo, un rettangolo di cielo così azzurro,
circondato dalla roccia, di un azzurro così netto,
così puro, che valeva la pena di vivere solo per poterlo
guardare.
Era a casa, sì... era a casa, in pace, e non le importava
altro.
__________
Quel sabato ci sarebbe stata la famosa festa a casa degli Hyuuga.
Sakura aveva indossato il più bell’abito che aveva
portato dall’est, un abito verde chiaro scollato che le stava
benissimo e che avrebbe attirato molti sguardi su di lei. Era un
po’ vanitosa, lo sapeva.
E poi era possibile che si presentasse alla festa anche lo straniero
visto che in fondo quella festa era sempre stata considerata terreno
neutrale, vi erano sempre andati tutti e acerrimi nemici vi avevano
conversato amabilmente, per riprendere a cercare di ammazzarsi
l’un l’altro il giorno dopo.
Sempre se non se ne era andato, o se non era morto.
Era una cosa stupida ma sperava ardentemente di no, perché
voleva rivederlo, lo ammetteva, non le piaceva mentire a se stessa.
Voleva rivederlo perché neppure se lo ricordava
più bene, ed era curiosa di vedere se le faceva lo stesso
strano effetto della prima volta.
Era sicura di no, ora era preparata, per cui se lo avesse rivisto e
avesse potuto constatare che era solo un altro essere umano come tutti
gli altri, anzi, più stupido degli altri, avrebbe potuto
tornarsene a casa tranquilla e dimenticarlo a cuor leggero.
Non che importasse visto che se ancora non era morto lo sarebbe stato
presto.
Partirono tutti e tre con il calesse, Jiraiya inevitabilmente tra i
piedi, e Sakura non riusciva ad immaginare che cosa avrebbe potuto
combinare quello in mezzo a tutte le ragazze che ci sarebbero state
alla festa.
- Allora Sakura - l'aveva ulteriormente innervosita lui -
intanto via quel broncio e cerca di sorridere un po’, ma tua
nipote non sa sorridere? - aveva chiesto a Tsunade - se continua
così diventerà una vecchia zitella come te -
Non si era neppure presa la briga di rispondere, ma era fortunato che
gli sguardi non potessero uccidere.
Arrivarono dopo un tempo interminabile e lasciarono il calesse in
custodia agli stallieri, poi si avviarono tutti e tre verso la grande
casa padronale.
Sakura non pensò più a Jiraiya e si
sentì suo malgrado elettrizzata mentre si avvicinava.
Quanto tempo era passato! L'ultima volta che aveva partecipato a quella
festa si era sentita goffa con il suo vestitino lungo, ed ora era
abbastanza sicura di sé dall'indossare quell'abito che
l'avrebbe posta al centro dell'attenzione.
Camminando riconosceva i fuochi accesi per rischiarare l'esterno, le
decorazioni floreali e la consueta bellezza di quella casa, ma il
numero considerevole di gente che passeggiava senza meta era una
novità.
Si guardò intorno mentre entrava, e notò i tanti
volti sconosciuti, le tante persone dall'aria poco raccomandabile, le
tante pistole nascoste malamente sotto le giacche, e pensò
che per quanto gli Hyuuga fossero molto legati alle proprie tradizioni,
lei doveva convenire con Ino: quella tradizione era troppo pericolosa
ora come ora, e la rottura della tregua armata era solo questione di
tempo.
I tempi erano cambiati, ed anche gli Hyuuga, con le loro regole
cristallizzate nel tempo, dovevano capirlo.
Soffermò ancora un po’ lo sguardo sulla grande
sala dipinta di bianco e adorna di fiori, e sulla disparata folla di
persone. Poi cominciò a distinguere i volti noti.
C'erano davvero tutti, ed aveva dovuto salutare tanti, troppi volti
conosciuti col sorriso sulle labbra, ed ascoltare gli stessi commenti,
ma come sei cresciuta, come sei diventata bella, e quando ti sposi
(sì, alcuni avevano anche tirato fuori la promessa a
Naruto), le stesse cose ripetute uguali.
Le ragazze le erano venute incontro tutte sorrisi e complimenti, mentre
la studiavano con attenzione alla ricerca di qualche difetto, di
qualche errore, ne era sicura, e in questo le ricordavano le vecchie
compagne di scuola.
Finalmente era arrivata anche Ino, con il suo Sai, e a Sakura non era
sfuggito lo sguardo perfido di invidia di alcune loro "amiche".
Aveva ascoltato sorridendo i complimenti rispettosi e formali che le
indirizzava il futuro marito di Ino, il quale le aveva fatto anche il
baciamano, ed era riuscita, eroicamente, a non scoppiare a ridergli in
faccia.
- E' sempre un piacere incontrare una mia pari - sorrise lui,
ed era davvero uno strano sorriso, così costruito e
così poco spontaneo che faceva ridere - la gente qui
è un po’ rude - aveva proseguito con inaspettato
candore - e non so mai bene come comportarmi -
- Non preoccuparti, caro - lo rassicurò Ino,
guardandoselo felice - tu chiedi a me che io ti spiego -
Che strana coppia che facevano quei due, non aveva potuto fare a meno
di pensare Sakura, eppure che bella coppia, pensò
improvvisamente poi, vedendoli ballare insieme.
E non era l'unica a pensarlo, si rese conto guardandosi intorno,
perché molti occhi li seguivano ammirati, i lunghi capelli
biondi di lei che contrastavano con quelli nerissimi di lui, neri come
quelli dello straniero, ma senza riflessi blu. Osservandolo meglio si
rese conto che anche un poco gli assomigliava, allo straniero, come se
fosse una sua versione mediocre, scipita, vuota.
- Sakura, sei proprio tu? - interruppe i suoi pensieri una
voce dietro di lei.
Si era voltata ed aveva riconosciuto Kiba Inuzuka, la cui famiglia
possedeva un allevamento di cavalli più a sud e che aveva
più o meno la sua età .
- Sembri una principessa! -
- E' una sciocchezza vestirsi così da queste parti
- era intervenuta, in un severo abito scuro, Tsume Inuzuka, la
terribile matriarca della famiglia e madre di Kiba, guardandola
dall'alto in basso.
- E' un ballo, no?! - replicò Kiba.
- Da queste parti non si scelgono le ragazze belle, ma quelle
forti - aveva insistito lei prima di allontanarsi.
- Non badarle - si era scusato Kiba - è acida -
- Almeno non fa commenti alle spalle -
- No, questo no, li fa ad alta voce, non se ne risparmia uno
– le rispose serio - Allora - aveva cambiato argomento -
ancora fidanzata con Naruto? -
- Non sono fidanzata con nessuno! - esclamò lei,
davvero stanca di questa storia.
- Va bene va bene - si era schermito lui - meglio! Tanto ti
toccherà sposarti uno di noi prima o poi, no?! -
- Posso sempre non sposarmi affatto - aveva cercato di
spiegargli esasperata.
- Le donne si sposano, no?! -
Sakura aveva trattenuto la rispostaccia che le era venuta alle labbra.
Sposarsi sembrava essere considerata l'unica scelta possibile per una
donna, e sarebbe stato del tutto inutile cercare di convincere Kiba che
lei la pensava diversamente, non gli avrebbe fatto cambiare idea e non
le avrebbe creduto qualsiasi cosa gli dicesse.
- Mia zia non è sposata - gli fece notare.
- Già, se neppure tu ti sposi la gente
penserà che avete qualcosa che non va - aveva replicato lui,
e probabilmente aveva anche ragione conoscendo la mentalità
degli abitanti del posto - ma con tutti questi corteggiatori non
dovresti correre questo rischio! - aveva scherzato poi.
Lei si era guardata attorno ed aveva colto più di uno
sguardo diretto a lei.
- Peccato che non so ballare - concluse Kiba.
Rimasero a parlare ancora un po' dei vecchi tempi e di come andavano le
cose al ranch Inuzuka, e poi, visto che Kiba davvero non ballava, lei
lo aveva salutato per accettare l'invito di un conoscente.
Per il resto del tempo si era divertita a farsi corteggiare, lo
confessava, felice nel suo abito nuovo che spiccava per audacia e
bellezza tra tutti.
Aveva accumulato una sfilza di persone con cui dover ballare e le era
dispiaciuto solo che Naruto non fosse riuscito ad arrivare, visto che
non si vedeva da nessuna parte.
Aveva ballato e ballato finché non aveva visto il ragazzo
dai capelli lunghi e chiarissimi e non lo aveva riconosciuto, allora
aveva smesso di ballare ed aveva iniziato a cercare.
Alla fine era uscita dalla grande casa, sul patio, incapace di restare
ferma, di smettere quella ridicola ricerca, ed aveva camminato
finchè non lo aveva visto, nel buio, una sigaretta in bocca,
che parlava con la ragazza che per l’occasione aveva un abito
femminile molto semplice e scollato ed i lunghi capelli sciolti.
Forse avrebbe dovuto ignorarli ma si avvicinò ugualmente,
tanto da sentire le ultime parole che si scambiavano.
- Vai ora, Karin – aveva fatto lui.
- Va bene, ma questa notte vengo nella tua stanza –
aveva sentito rispondere lei.
Aveva guardato da un'altra parte, imbarazzata perché aveva
sentito troppo, perché una donna che si concedeva
così ad un uomo che non era suo marito (o almeno lei credeva
che non lo fosse) era considerata spazzatura anche lì, dove
la legge stentava a farsi valere.
Eppure questo non l’aveva fermata ed aveva proseguito fino a
trovarsi davanti a lui, che indossava una semplice camicia bianca che
il suo portamento faceva sembrare elegante.
Alzò la testa a guardarlo, illuminato dalla luna, ed
avvertì la stessa eccitazione, la stessa magia... ecco, ora
poteva tornare indietro, aveva scoperto quello che voleva sapere, in
fondo.
- Siete ancora vivo – aveva invece parlato.
Il cuore le batteva forte, così forte.
- Non guardatemi così – le rispose
brusco, buttando il mozzicone di sigaretta a terra e spegnendola con il
tacco dello stivale.
- Così come? – aveva chiesto
irrigidendosi.
- Come se foste disposta a seguirmi ovunque –
Era arrossita, ed era una cosa che la infastidiva proprio, arrossire, e
che non le capitava spesso – Mi dispiace se vi ho dato
quest’impressione – replicò irritata
– perché io non seguo nessuno –
- Bene – aveva risposto lui –
perché non vi piacerebbe il posto in cui sono diretto -
- E dove state andando? – domandò
curiosa.
- Dritto all’inferno -
E per un fuggevole, assurdo momento, mentre lo guardava negli occhi,
aveva pensato che sì, forse avrebbe anche potuto andare
all’inferno, per lui.
- Se continuate a mostrarvi in giro dopo aver minacciato
Orochimaru in quel modo ci andrete sicuramente presto, e con una
pallottola sulla schiena – rispose secca - e a proposito,
siete parente degli Uchiha che avevano il ranch qui? –
Lui aveva sorriso, quel sorriso leggero che gli aveva visto anche
quella volta in città – Sono il figlio –
aveva detto semplicemente.
- Perché non... – si era interrotta e lo
aveva guardato ancora, i loro sguardi incollati,
quell’attrazione innegabile che aleggiava tra loro,
un’attrazione ridicola se ci pensava, che avrebbe deriso se
non l’avesse provata così forte, così
vera.
Lui si abbassò impercettibilmente facendola tremare, il
respiro di lui sul suo viso.
Gli aveva guardato le labbra, labbra che sembravano così
morbide.
- C’è un posto in cui ci si
può nascondere se si è inseguiti? – le
aveva chiesto a bassa voce, ed era una domanda così
inaspettata, così poco consona al momento che lo aveva
guardato sorpresa.
Ma si era ripresa subito e si era staccata un poco.
Gli aveva descritto accuratamente il suo posto segreto, indicandogli
con precisione dove si trovava, spiegandogli come riconoscere i punti
di riferimento per trovarlo e dove doveva guardare per trovare il modo
di entrarvi.
Dopo si rese conto che gli aveva rivelato in un attimo, senza alcun
ripensamento, il nascondiglio segreto che non aveva rivelato mai a
nessuno, neanche a Naruto, neanche ad Ino, neanche a sua zia.
Si voltò nell’udire suoni di passi e di voci che
si avvicinavano, e con la coda dell'occhio notò che lo
straniero era già svanito.
Dato che si trattava di sconosciuti, aveva fatto per allontanarsi anche
lei, senza guardarsi attorno, ma era stata fermata da un ragazzo dai
lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri, che sorrideva.
- Ehi! Tornate dentro a ballare! - aveva esclamato - io sono
appena arrivato e dovete ballare con me! -
Per un momento lei lo aveva guardato come si guarda un idiota.
- Deidara, non disturbare la signorina - era intervenuto un
uomo anziano, con un occhio bendato ed un bastone che lo aiutava a
muoversi, ma non si era fatta ingannare neppure per un momento da
quell'aria fragile, perché aveva colto nell'occhio scoperto
un freddo, crudele scintillio subito cancellato.
- Sono il padrone del ranch Akatsuki – le
spigò lui - e questi sono i miei uomini - le aveva indicato
il ragazzo biondo ed altre due persone - perdonatelo, non ci sono donne
nei pascoli -
Lei nel frattempo aveva guardato gli altri due individui, uno di
età indefinita e due piccoli occhi neri, mentre l'altro era
piuttosto alto e portava i capelli chiari tirati indietro... e la
guardava in maniera fastidiosa e insistente.
- Scusate – si accomiatò - ma sono
attesa -
Non sapeva se fosse solo perché era prevenuta, ma quelle
persone non le piacevano.
- Ho incontrato il nuovo padrone del ranch Uchiha - aveva
detto alla zia quando l'aveva raggiunta - Non mi piace per niente -
- L'ho visto anch'io - intervenne Jiraiyia dietro di lei,
stranamente serio - e ti assicuro che non piace neppure a me, e che
è pericoloso -
Si era interrotto ed aveva fissato un punto in mezzo alla folla.
Sakura, che si voltava verso di lui, aveva seguito il suo sguardo,
curiosa, ed aveva notato un paio di ragazze che ammiccavano verso di
lui chiacchierando e ridendo.
- Vado - aveva fatto lui e si era diretto dalla loro parte.
- Che idiota! - commentò Tsunade furiosa, e Sakura
si chiese se sua zia non fosse per caso un po' gelosa di quell'idiota.
Il resto della serata lo aveva passato ballando ancora, fino ad essere
esausta, ma non era più divertente come prima, e la sua
testa era altrove, scioccamente persa dietro a due occhi scuri.
Per quanto si sforzasse di non cercarlo con gli occhi, si accorgeva di
pensare spesso a dove poteva essere finito.
E poi c'era quell'uomo, quello dai capelli tirati indietro, che le
aveva chiesto di ballare più volte e lei aveva dovuto
accontentarlo di malavoglia. Ad un certo punto si era stancata e gli
aveva gentilmente spiegato che aveva voglia di ballare anche con
qualcun altro, contrariandolo, ne era sicura, e per qualche
indefinibile ragione, forse solo per puro istinto, quell'uomo le
piaceva sempre meno.
Costui però non si arrendeva e diventava sempre
più insistente, e lei sapeva che stava per perdere la
pazienza, che entro breve sarebbe diventata sgarbata, e sentiva che
sarebbe stato pericoloso essere sgarbate con quella determinata persona.
In più non voleva che qualcuno, Kiba o Jirayia ad esempio,
si accorgesse del suo disagio ed iniziasse una scena spiacevole che
poteva portare a chissà cosa.
Così ad un certo punto aveva cercato l'uscita che ricordava
portare sul retro della casa per evitarlo, aveva trovato ed aperto la
porta ed aveva fatto qualche passo sul sentiero illuminato solo per un
breve tratto... poi tutto era buio.
- Siete voi - la chiamò una voce di donna,
proveniente dal buio davanti a lei.
Si era avvicinata lentamente fino a quando non aveva cominciato ad
abituarsi all'oscurità, e non aveva distinto il corpo della
donna seduto scompostamente su quelli che sembravano dei barili.
- Sei la gran dama che piace a Suigetsu - osservò
l'altra, con la voce un po’ impastata, e Sakura si accorse
che aveva in mano una fiaschetta.
Era ubriaca?
- Pensi di incantare Sas'ke con i tuoi begli occhi e i tuoi
vestiti di seta? - aveva proseguito sarcastica l'altra - pensi di
convincerlo a sposarti e a fermarsi qui con te? -
Lei non aveva risposto, decisa ad essere superiore, non intendeva
mettersi a discutere con un' ubriaca, ed iniziò a girarsi
per tornare indietro.
- Dove vai? - l'aveva fermata l'altra - Faccio
così schifo? Hai paura che qualcuno ti veda con me?...ti
...vergogni? -
E lei davvero si era fermata, perché le era sembrato di
riconoscere qualcos'altro dietro al tono sarcastico della voce della
donna: solitudine, una punta di disperazione.
Si avvicinò e le si sedette accanto, curiosa di sapere
com'era vivere una vita come la sua, senza regole, curiosa di
conoscerla, di capire.
Ed anche Karin la guardava fissa, i pensieri un po’ confusi
dall'alcool, pronta a classificarla come la solita, noiosa ragazza per
bene, pronta a disprezzarla, perché era facile disprezzare,
era la via più comoda e la faceva stare bene, la faceva
sentire superiore come si sentivano loro nei suoi confronti... e che
andassero al diavolo tutte quante... che se ne andasse al diavolo tutto
il mondo.
- Non mi vergogno di farmi vedere con te - Sakura aveva
tentennato prima di darle del tu, ma era ridicolo fare diversamente.
- Ha bisogno di me, capisci? - l'aveva interrotta l'altra,
cambiando incoerentemente discorso - di una come me ...tu non gli
servi, cosa può dargli una come te? Non sei capace di fare
niente - aveva aggiunto con cattiveria, poi aveva sollevato la testa a
fatica e l'aveva guardata - qualche notte viene da me - aveva riso, una
risata da ubriaca – anzi... sono io che vado da lui... di
solito mi manda via, ma qualche volta mi lascia restare... e non
è stato l'unico... ti scandalizzo, eh?! Ma non mi importa,
questa notte sarà con me, tra le mie braccia... e non mi
importa se non sono una signorina per bene - aveva preso un altro sorso
dalla fiaschetta - mi piace scandalizzare la gente -
- Non sono scandalizzata - rispose lei, con più
durezza di quanto intendesse, pronta ad alzarsi ed andare via, e a dire
la verità neppure sapeva perché fosse
così arrabbiata per poche frasi dettate dall'alcol, e cosa
fosse quella leggera fitta di... gelosia? ...era gelosia quella che
provava? A causa di... quella? Aveva cacciato immediatamente l'idea,
ora arrabbiata con se stessa.
- Ti faccio schifo? - insistette l'altra.
- Non mi fai schifo - aveva replicato alzandosi, ora decisa
ad andarsene, ne aveva abbastanza di quei deliri da ubriaca.
- Vuoi sapere cosa sono io per lui? - aveva proseguito
l'altra, con una punta d'amarezza - sai cosa sono per lui? - si era
fermata un momento e Sakura aveva aspettato, in piedi, trattenendo il
fiato, non sapeva neppure perché.
- Niente... niente di niente -
E lei rimase in silenzio, senza sapere cosa dire, in parte scioccamente
soddisfatta, in parte dispiaciuta suo malgrado per quella donna
sconosciuta.
- Sono... patetica? -
- No - le rispose infine - a modo tuo sei coraggiosa -
L'altra aveva ancora riso, ma ora la risata era più roca, e
assomigliava un po’ al pianto.
- Tu, dall'alto della tua vita da principessa vedi il
romantico dove c'è solo merda - le disse -
però... - aveva proseguito - ci sono stati dei momenti...
vivo dei momenti... che tu non vivrai mai - si era interrotta, ed aveva
improvvisamente cominciato a piangere, e Sakura per un momento si era
vergognata del suo status di privilegiata figlia di rancheros, che
poteva permettersi di fare quello che voleva, di pensare quello che
voleva, sicura di avere un posto cui tornare, e gente che le voleva
bene e si prendeva cura di lei.
- Ed ora... me ne vado... - concluse quella donna.
Ma non si era mossa e si erano zittite nel sentire la porta della casa
che si apriva.
Sakura, ancora in piedi, rimase immobile e strinse il braccio
dell'altra per farle segno di non fare rumore, sperando che l'altra lo
capisse, perché i due che ne erano usciti erano quelli
dell'Akatsuki, aveva riconosciuto quello biondo.
- Non mi interessa - stava dicendo allegramente quello biondo
- ...visto che è qui lo uccido io, lo sai che voglio
ucciderlo io! -
- Danzo ha detto di non fare niente qui - aveva replicato
l'altro - e poi chi l'ha detto che devi farlo tu? -
- ...io non li sopporto gli Uchiha, si credono
chissà chi... -
- Che te ne frega, non vedo che cosa ci puoi guadagnare, non
è come se qualcuno ti pagasse per farlo - aveva continuato
l'altro - e poi secondo me non riusciamo a prenderlo da dietro - e si
erano allontanati nel buio, seguendo il retro e poi il lato della casa.
Parlavano di lui? - Devo andare ad avvisarlo - parlò
finalmente.
- Cosa... - aveva blaterato l'altra - non avvicinarti a lui,
è... mio - aveva cercato di rialzarsi ma nemmeno riusciva a
stare in piedi, e Sakura l'aveva mollata lì, non c'era tempo.
Rientrò dalla porta e si mise a scostare la gente alla sua
ricerca, dov'era, dove accidenti era finito? Possibile che non potesse
starsene dentro come tutti gli altri, per una volta?
Si era fatta largo il più in fretta possibile, senza
fermarsi quando la salutavano, era uscita dall'entrata principale ed
aveva continuato la ricerca all'aperto.
Da lì fece il giro della casa fino a quando non vide un
gruppo di persone.
Si avvicinò al crocchio di gente, quasi correndo, il cuore
in gola, incurante della voce di Jiraiya che la chiamava e le gridava
di non muoversi.
Aveva scostato un paio di uomini ed aveva visto il tipo biondo,
lì in piedi, che parlava con un'aria eccitata ed un sorriso
quasi allegro, al SUO straniero, immobile davanti a lui.
Cosa si stavano dicendo?
Lì vicino c'erano l'altro dell'Akatsuki e lo stesso padrone
che assistevano, ma lei dubitava che sarebbero stati fermi, che potesse
essere un duello leale.
- E dov'è, ora, mio fratello - avevano sentito
chiaramente la voce dello straniero, anche se il tono non era alto.
- Gente - era intervenuto il patriarca degli Hyuuga,
avvicinandosi a loro - sapete che in quest'occasione, per tradizione...
-
- Torna dentro - era stata la secca risposta, e ancora una
volta quella voce così fredda le aveva fatto scorrere un
brivido.
L'altro aveva riconosciuto la minaccia, ed era indietreggiato.
E tutti sembravano avere avvertito il pericolo, perché
avevano iniziato ad allontanarsi lentamente.
- Cercate lo sceriffo! - aveva sentito qualcuno dire.
- Hai i suoi stessi occhi - aveva parlato quello biondo,
ancora eccitato, sorridente, ansioso di entrare in azione, ed aveva
scostato la giacca mostrando la pistola che portava bassa sulla coscia
- io li odio proprio i vostri occhi! -
- Vuoi morire? - le sussurrò Jiraiya che si era
materializzato accanto a lei.
- Perché non fai qualcosa? - aveva ribattuto lei -
Se solo avessi una pistola -
Poi era successo tutto in fretta, sembrava che i due dell'Akatsuki
stessero tirando fuori le pistole contemporaneamente, e Sakura aveva
pensato che Sasuke Uchiha sarebbe morto e lei non avrebbe
più avvertito quello strano brivido, mai più.
Le sembrava di essere troppo lenta mentre si girava a guardarlo e si
chiedeva da dove fossero spuntate fuori le pistole che lui impugnava
per ciascuna mano.
Finchè Jiraiya non l'aveva buttata a terra e non aveva
più potuto vedere niente, aveva solo sentito i colpi di
pistola.
Infine c'era stato un silenzio irreale.
Doveva essere morto, non poteva essere sopravvissuto.
Lei aveva alzato la testa alla ricerca dello straniero e lo aveva
finalmente scorto un po’ più in là, le
sembrava che avesse una ferita alla spalla... ma era in piedi.
Solo dopo guardò anche gli altri due.
Erano a terra ambedue e lo straniero si era avvicinato a loro
lentamente, aveva mormorato qualcosa e poi si era allontanato, sempre
lentamente, a fatica.
Avrebbero potuto fermarlo con facilità, ma aveva continuato
a camminare fino al suo cavallo, nessuno che osava intervenire.
La gente intanto si era riversata fuori dalla festa e correva a vedere.
Riconobbe il ragazzo che aveva visto in città, quello
altissimo, che si avvicinava all'altro coi capelli lunghi, e si
allontanavano insieme.
Era arrivato anche lo sceriffo e si era avvicinato ai corpi dei due,
erano morti? Lo sceriffo aveva toccato il corpo di uno con il piede ed
aveva parlato attraverso il fazzoletto che si ostinava a portare anche
ora.
- E' morto - disse - bel colpo tra l'altro, dritto al cuore -
In quel momento era spuntato fuori Danzo, che durante la sparatoria era
sparito chissà dove, si era avvicinato ai due suoi uomini a
terra e li aveva guardati, e non sembrava scosso, o preoccupato.
- Deidara è ancora vivo, siete ancora qui,
sceriffo? - chiese con un tono severo - Non arrestate il colpevole?-
- Per quanto mi riguarda non vedo perché dovrei
arrestarlo, erano due contro uno... forse tre - borbottò lo
sceriffo, guardando fissamente il suo interlocutore.
Allora Danzo si era guardato intorno ed aveva fatto segno di
avvicinarsi ad un altro di loro che sopraggiungeva, quello con i
capelli tirati indietro che l'aveva così tanto infastidita,
e gli aveva detto di correre dietro a quel ragazzo, che era ferito e
non doveva essere difficile catturarlo.
- Offro una ricompensa a chi me lo riporta! - aveva esclamato
poi, ed alcuni uomini si erano allontanati dalla folla.
Più tardi aveva chiesto ad un paio di persone di sollevare
il ferito e caricarlo su un carro, e se ne era andato a sua volta.
Gli Hyuuga si erano riuniti e guardare la scena con un'espressione cupa.
I tempi erano davvero cambiati, per la prima volta la tregua della
festa non era stata rispettata, e Sakura suppose che non ci sarebbe
stata un'altra festa l'anno successivo.
Poi lei si guardò il bel vestito, che si era rovinato e
macchiato quando era stata buttata a terra.
Era destino che i suoi begli abiti si rovinassero, metafora
dell'inutilità piena dei suoi anni passati in collegio.
Pazienza, forse era tempo di metterli in soffitta, erano meglio le sue
gonne pratiche e corte, che le permettevano di cavalcare e di portare
una pistola al fianco.
- Uno in meno - commentò Jiraiya al suo fianco -
quelli stanno bene morti -
Sakura non aveva detto niente ed aveva ascoltato i commenti attorno a
lei senza prestarvi troppa attenzione.
Pensava allo straniero, solo, ferito ed inseguito, da qualche parte
nella notte.
Presto li raggiunse anche sua zia, le chiese preoccupata se stava bene,
se era ferita e poi, tranquillizzata, si mise a discutere con Jiraiya e
il vecchio Hyuuga.
Lei ora aveva ascoltato con più attenzione di quel che
mostrava i discorsi dei tre.
Aveva raccolto delle mezze frasi che l'avevano sorpresa ed aveva fatto
un vero e proprio interrogatorio alla zia mentre tornavano a casa.
Aveva ascoltato in silenzio accigliata le spiegazioni che le venivano
date.
Perché era stata tenuta all'oscuro?
Perché Jiraiya, un perfetto sconosciuto, sapeva
più cose di lei?
Perché nessuno le aveva detto che il ranch aveva grossi
problemi finanziari, e che a questo si aggiungeva il fatto che
ultimamente venivano derubati di capi di bestiame, e che, purtroppo
senza prove, sospettavano che in qualche modo l'Akatsuki non fosse
completamente estranea alla cosa?
E che il nuovo proprietario del ranch Uchiha erano considerato
estremamente pericoloso, e si prospettavano momenti davvero duri?
- Ormai è pericoloso anche cavalcare da soli qui,
non voglio che tu vada in giro da sola - aveva concluso Tsunade.
- Non dirlo neanche per scherzo – la
fermò subito lei - andrò in giro armata, tutto
qui -
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kry333: Ciao! Eccomi qua anche se in ritardo.. e grazie per la
recensione come al solito!!!! Grazie mille anche per l'altra recensione
al racconto.. che sicuramente non era semplice, anzi.. e forse un po'
troppo 'adulta'.. devo decidermi a scriverne un altro con un Sasuke
più 'sano', con un futuro più sereno per loro!
Julia83: Bene!! Sono proprio contenta che il tuo computer sia a posto
finalmente, e grazie mille per la recensione!! Io sono in clamoroso
ritardo, ma, accidenti.. man mano che vado avanti mi vengono dubbi
sulla trama, e quasi volevo rivoluzionare tutto.. per quello ho
aspettato a postare anche se il capitolo era già bello e
pronto.. non sapevo se modificare alcune cose con la prospettiva di un
cambiamento futuro.
Alla fine ho lasciato così, non avevo proprio voglia di
rifare tutto, però ci sono alcune cose che non mi soddisfano
per niente! Oltretutto mi rendo sempre più conto che in
questo contesto non ci stanno bene certi tipi di riflessioni o
introspezioni, così faccio proprio fatica a rappresentare
alcuni momenti o alcuni personaggi! Spero di risentirti
presto! Un bacione!
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