WELCOME TO KONOHA CITY

di afterhour
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. A casa ***
Capitolo 2: *** 2. La festa ***
Capitolo 3: *** 3. Il posto segreto ***
Capitolo 4: *** 4. L'Akatsuki ***
Capitolo 5: *** 5. Indomabile ***
Capitolo 6: *** 6. Un altro addio ***
Capitolo 7: *** 7. Sotto le stelle ***
Capitolo 8: *** 8. Il rischio di un legame ***
Capitolo 9: *** 9. Il matrimonio ***
Capitolo 10: *** 10. Orochimaru ***
Capitolo 11: *** 11. Il rodeo ***
Capitolo 12: *** 12. Complicazioni ***
Capitolo 13: *** 13. Chiarimenti ***
Capitolo 14: *** 14. Tra due fuochi ***
Capitolo 15: *** 15. La fine di tutto ***
Capitolo 16: *** 16. Risveglio - Conclusione ***



Capitolo 1
*** 1. A casa ***


 

Allora..
E' da un po' che lavoro a questa cosa.. anche se non so bene come mi sia venuto in mente di scriverla..
E' un western!
E' piuttosto differente dal mio solito genere, con meno introspezione e più azione, e non sono sicura che sia una buona cosa, e che io sia capace di scriverlo decentemente!
Comunque sono curiosa di vedere se interessa a qualcuno.
Vi avviso che Sakura è estremamente OOC, avevo voglia di cambiare/la.


Devo ringraziare alfombra per tutta l'energia, la pazienza ed il tempo dedicati, se non fosse stato per lei avrei rinunciato da tempo, anzi, non avrei proprio fatto niente, per cui grazie, grazie mille, davvero!




WELCOME TO KONOHA CITY  


1.
A CASA


Sakura scese dal calesse che l'aveva riportata a casa e si guardò intorno eccitata.

La grande casa padronale le sembrava diversa, più piccola, e il portico che ricordava enorme si era come rimpicciolito.
Mentre la stalla, un po’ scostata, sulla destra, era cambiata completamente, dovevano averla ingrandita.
Diede appena un'occhiata alle altre costruzioni, più lontane, la mensa e il dormitorio dei cow boys, e poi si affrettò verso casa, senza neppure ricordarsi di ringraziare il ragazzo che era venuto a prenderla alla fermata della diligenza di Konoha, e che ora stava tirando giù i suoi bagagli.

Era tornata.

Era partita che era poco più di una bambina, ancora impacciata ed in imbarazzante ritardo nello sbocciare rispetto alle sue amiche, ed era tornata donna, dopo quattro anni di tortura in quel noiosissimo, e inutile se doveva dirla tutta, prestigioso collegio  dell’est.

In collegio le avevano insegnato tutte quelle cose superflue che a parer loro una vera signora doveva conoscere, come suonare il piano, dipingere, ed altre attività talmente inutili in un ranch del selvaggio west, che ne avrebbe riso fino alle lacrime se non fosse stato che era stata la sua vita, che erano stati suoi quei quattro interminabili anni sprecati.
Senza poter cavalcare se non raramente e con quelle scomodissime selle da cavallerizza, senza natura selvaggia da esplorare e circondata invece da astruse formalità cui lei non era abituata.
Aveva ricevuto più punizioni di quante potesse ricordare, aveva ascoltato senza capire, senza neppure prestare attenzione, le interminabili prediche che le venivano fatte, e non era neppure riuscita a farsi un’amica, incapace com’era di comprendere tutti quei piccoli intrighi e quelle sciocche beghe che sembravano fondamentali alle sue compagne di collegio.
Lei era una persona franca, e la franchezza non era apprezzata in quella scuola, anzi, era considerata un grosso difetto.
Non che le fosse importato, perché aveva sempre amato la solitudine e poteva starsene per giorni, per settimane, per mesi senza rivolgere la parola a nessuno.. in fondo era sempre stata una ragazza silenziosa.

E probabilmente era questo che aveva irritato di più le sue compagne, la sua totale indifferenza nei loro confronti.
Sapeva di essere considerata strana e si accorgeva delle occhiate che le venivano rivolte, dei discorsi interrotti quando lei passava, delle risatine sommesse nei suoi confronti.
Aveva anche sopportato in silenzio le piccole cattiverie che le venivano fatte.
Piccole cose fastidiose, come versarle un bicchiere d'acqua sul letto, su cui lei si sdraiava ugualmente facendo finta di niente, dopo averci appoggiato sopra un asciugamano, o farle trovare numerosi bigliettini sgradevoli, o semplicemente macchiarle, rovinarle gli abiti.
Rimaneva in silenzio perché erano anche così vigliacche dal nascondersi nel mucchio, dal non ammettere a viso aperto di detestarla, e a volte sorrideva tra sè perché sospettava che non la considerassero solo strana, ma anche pericolosa.

Erano stati quattro orribili anni sprecati in cui l’unico bagaglio buono che aveva accumulato, se ci pensava, erano i due bauli carichi di abiti audaci e di gran moda che si era portata a casa.
Almeno si sarebbe divertita a scompigliare un po’ quel noioso paese che si ricordava essere Konoha city.

 - Zia! - chiamò dalla soglia di casa.

 - Sakura! -

Si voltò seguendo la direzione da cui arrivava la voce, e vide la zia che si affrettava verso di lei, proveniente dalla stalla, con addosso un vecchio abito logoro con le maniche arrotolate a mostrare le braccia abbronzate.

 - Sakura.. - Tsunade si fermò studiandosela con attenzione, sentendosi improvvisamente impacciata, la sua Sakura era cresciuta, tanto.. troppo? Aveva sbagliato a farla star via così a lungo? - c'era una cavalla che stava partorendo, non potevo venire a prenderti  - spiegò.

 - Non importa! - esclamò lei avvicinandosi in fretta, felice - zia.. sono io! -

 - Sono tutta sporca, non.. -

Sakura non le aveva più badato ed era corsa ad abbracciarla.
Aveva sentito le braccia di Tsunade che la stringevano con forza e si era sentita trasportare indietro, a quando ancora era piccola e correva allo stesso modo tra le braccia della zia, un po’ per farsi coccolare, un po’ per coccolare a sua volta.

Si era staccata ed aveva guardato sua zia, che le sorrideva ora con gli occhi lucidi.
Sakura non ricordava di averla mai vista commossa e nel vederla ora così, visibilmente emozionata, sentì che finalmente, davvero, era ritornata a casa, perché per quattro anni non aveva avuto nessuno vicino che le volesse un po’ di bene, e le era sembrato che non fosse importante, che non ne avesse bisogno, ma evidentemente non era vero, e solo in quel momento capì con chiarezza quanto si era sentita sola.

Il resto della giornata lo aveva trascorso con la zia, in camicia e gonna corta, ad aiutarla, ad ascoltare i suoi racconti, e a raccontarle a sua volta delle assurdità della vita dell'est.
Nel frattempo aveva riconosciuto e salutato la vecchia cuoca ed i pochi ragazzi che non erano in giro con la mandria, assistendo divertita alle loro risposte imbarazzate, possibile che fosse cambiata così tanto?
C'era anche la vecchia Chiyo, la donna indiana che viveva con loro da sempre, che si era limitata a rispondere con un cenno al suo saluto, facendola sorridere.. almeno qualcuno non aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti!

Passò i giorni successivi a cavalcare, incurante dell'indolenzimento che le ricordava che era tornata da poco, troppo presa dalla sua riacquistata libertà, bramosa di cavalcare tutti i cavalli nuovi, di esplorare tutti i suoi vecchi posti per controllare se effettivamente erano ancora lì, immutati.
Rimase fuori per ore e ore, trascurando la zia, la pelle del viso che già era un po’ arrossata nonostante indossasse sempre il cappello.
Era troppo felice per stare ferma, perché era a casa, finalmente a casa, la sua casa.
Perché amava il vento tra i capelli, gli spazi enormi, inesplorati, selvaggi, la solitudine cercata e non forzata che poteva godersi qui.

Il quinto giorno si avventurò fino al ranch degli Hyuuga, che confinava con il loro, nella speranza di rivedere il suo vecchio amico Naruto, perché era curiosa di scoprire come fosse diventato, e si chiedeva come lui l'avrebbe trovata, e se avrebbe detto qualcosa, o meglio, se avesse imparato a dire qualcosa senza farla arrabbiare!
In quei giorni aveva ripensato spesso al ragazzino sbucato dal nulla diversi anni prima e fermatosi in pianta stabile nel ranch degli Hyuuga.
Sapeva che lui ora era il capo mandriano del ranch Hyuuga, e che si era fatto una reputazione per la sua affidabilità e la sua forza... buon, vecchio Naruto... ma all'epoca lui era un ragazzino libero e incosciente, e si fermava per giorni a dormire da loro, approfittando dell'ospitalità di Tsunade.
Per quello era stato il suo compagno di giochi, bistrattato e spesso ignorato dalla Sakura bambina, prepotente e insensibile, verso cui lui aveva sempre portato pazienza, sempre pronto ad aiutarla, sempre presente.
Fino a quando non era partita per quella noiosissima, inutile e polverosa scuola dell'est in cui Tsunade l'aveva spedita nonostante le sue lacrime e le sue proteste, relegandola lontana da casa, e dalle persone con cui era cresciuta.

Il ranch degli Hyuuga, assieme a quello della zia, era il più esteso della zona, ci volevano giorni per attraversarlo interamente, per cui lei aveva cavalcato per più ore ininterrottamente per raggiungerlo. Ma doveva sbrigarsi, perché era già iniziata la primavera e in quel periodo dell'anno venivano radunate le mandrie, e poi il bestiame doveva essere portato alla stazione ferroviaria più vicina, che distava centinaia di chilometri, e lei non avrebbe rivisto Naruto fino ad estate inoltrata.

Finalmente aveva riconosciuto la casa degli Hyuuga,  che spiccava nella piatta prateria, e man mano che si avvicinava notò che era bella come un tempo, in mattoni, dipinta di bianco, con un'aria spagnola che era sempre stata la sua caratteristica.
Infatti scorreva nobile sangue spagnolo nella famiglia Hyuuga, e questo evidentemente li autorizzava a sentirsi superiori agli altri.
Eppure, nonostante fossero una famiglia molto rigida e chiusa, erano anche persone oneste e leali.

Aveva subito scoperto che Naruto non c'era, era già partito per i pascoli, come le aveva detto il vecchio cow boy che stava dipingendo la staccionata, ed aveva sospirato delusa. Non c'era neppure Hinata, la figlia degli Hyuuga che aveva la sua stessa età, perché era ancora relegata in una scuola dell'est.
Ricordava che era partita più o meno nello stesso suo periodo, dato che tutte le ragazze che potevano permetterselo dovevano andare necessariamente in collegio, o almeno questa era stata l'unica spiegazione che le aveva dato a suo tempo Tsunade, 'prima o poi capirai e mi darai ragione', aveva chiuso il discorso la zia quella volta.
Ma non era stato così, ed anche adesso lei non ne capiva il perché, non capiva perché non aveva potuto restarsene a casa a cavalcare e ad imparare a sparare come facevano i maschi.

Ma forse per Hinata era diverso, magari lei apprezzava la vita dell'est, in fondo erano sempre state molto diverse loro due, e non avevano mai legato molto, in parte perché l'aveva vista raramente dato che non era libera come lei e Naruto, in parte perché Hinata era davvero troppo timida, e la vecchia, insensibile Sakura la trovava noiosa.

Prima di ripartire andò a salutare la sorellina di Hinata, che le aprì la porta di casa sorpresa prima di correre a chiamare a gran voce il padre.
Questi le diede freddamente il benvenuto guardandola leggermente contrariato.
Era sempre un piacere rivedere gli Hyuuga, pensò lei ironicamente.
Aveva risposto velocemente alle loro domande e ben presto si era congedata con la scusa che aveva molta strada davanti.

 - Sakura - l'aveva fermata il vecchio Hyuuga quando stava per ripartirsene - tua zia sbaglia a lasciarti andare in giro così da sola, non sono più i tempi -

Lei aveva pensato che si trattasse della vecchia mania di quell'uomo di considerare le donne creature deboli e bisognose di protezione, e si era allontanata ridendo, un po’ infastidita.
Tornò a casa nel tardo pomeriggio, e faceva fatica a camminare da quanto aveva cavalcato, quasi aveva dimenticato come fossero dilatate le distanze lì da loro.

Il giorno seguente, finalmente, la zia doveva fare delle commissioni in città e lei tornò presto dalle sue incursioni, perché voleva accompagnare sua zia e rivedere Ino, la sua unica amica, con cui era restata in corrispondenza in tutti quegli anni e che era ansiosa di riabbracciare.
Ricordava che un tempo andavano a Konoha una volta alla settimana, e ci stavano ore, tanto che si era sempre chiesta, ridendone con la sua amica, dove sparisse la zia durante quelle ore, visto che per gli acquisti all'emporio dei genitori di Ino impiegavano al massimo una mezz'ora.
Ed ora era tornata a casa e bisognava riprendere tutte le vecchie, buone abitudini, e lei non vedeva l'ora di ritrovare quelle ore spensierate passate con Ino al suo emporio, a parlare liberamente di tutto.
Le era mancata terribilmente un'amica, qualcuno con cui sentirsi libera e di cui potersi fidare.

Riportò il cavallo alla stalla dove lo affidò allo stalliere, il vecchio stalliere di sempre che ora la riveriva come fosse una signora, ma lei preferiva prima, quando la chiamava per nome e le dava del tu.
Poi corse dalla zia, con le guance arrossate per la lunga, pazza corsa ed i capelli che le ricadevano sciolti sulle spalle, in disordine.
Passò la veranda anteriore, con le colonne bianche ora un po’ screpolate dal sole ed il dondolo sulla sinistra che sembrava aspettarla da sempre, invitante, ed entrò in casa.
La zia non aveva risposto subito al suo richiamo e lei la cercò nello studio, la grande stanza sul retro che Tsunade chiamava studio, ma che era il suo rifugio.

Tsunade l’aveva sentita entrare e aveva sollevato la testa dalle carte appoggiando contemporaneamente il bicchiere ora vuoto di whisky. Si voltò a guardarla e cambiò espressione, felice di vederla, felice che fosse tornata a casa, dimentica dei suoi conti, quei maledetti conti che non volevano quadrare, come le aveva confidato la sera prima, quando aveva alzato troppo il gomito.

 - Come sei diventata bella! – aveva ripetuto.

 - Zia! - sorrise lei, e Tsunade pensò che il suo sorriso era l'unica cosa che non era cambiata, era il suo vecchio sorriso da bambina in un volto di donna, un sorriso raro che le distendeva il volto per un attimo, togliendole quell'aria lontana che aveva a volte - Me l'hai già detto cento volte! - aveva proseguito Sakura - Sono solo dimagrita e mi sono allungata, ma sono sempre la vecchia Sakura con la sua fronte troppo spaziosa, indice di grande intelligenza, mi dicevi tu... ricordi? -

 - Sei sempre stata intelligente... ma ora... chissà cosa dirà Naruto quando ti vedrà! -

 - Ancora con questa storia - finse di brontolare lei.
Prima di partire aveva promesso di sposare Naruto al suo ritorno, lo aveva fatto in un momento di esaltazione, quando pensava che quattro anni non sarebbero passati mai, lo aveva detto per renderlo felice e per convincersi che davvero sarebbe tornata... e forse, egoisticamente, perché lui nel frattempo non si dimenticasse di lei.
E ancora quella promessa aleggiava tra loro, come se fosse stata seria!
Ovviamente non aveva nessuna intenzione di mantenerla, ma aveva proprio voglia di rivederlo, il suo Naruto, come era sua la terra, e le colline, e la casa, la SUA casa.

 - Vai a prepararti, andiamo in città – la riscosse la zia sollevandosi dalla scrivania - e non vorrai venire tutta impolverata e con quella gonna corta da cavallerizza, quando hai portato due bauli interi di abiti da gran dama che non riuscirai ad usare in tutta la tua vita qui! -

Sakura aveva prontamente obbedito correndo a prepararsi, e portandosi via con sé quell'atmosfera di vitalità e forza di cui Tsunade aveva provato per quattro anni una potente nostalgia. Mise via la bottiglia di whisky, bevanda in cui indulgeva un po’ troppo frequentemente, e sorrise felice.  
Finalmente era tornata a casa la sua adorata nipotina, l'adorata figlia della sua unica sorella, morta di parto tanti anni prima dandola alla luce.
Si era trattato di una vicenda scandalosa, qualcosa che neppure lì, in quelle terre selvagge sarebbe stato accettato se si fosse venuto a sapere, perché sua sorella non aveva marito, il padre era morto prima di poter rimediare al suo errore, un errore imperdonabile che aveva costretto il padre e il fratello di Tsunade a lasciare la vecchia casa per non far crescere la bambina come bastarda, ed a trasferirsi tra gente sconosciuta, in un'allora remota landa dell'ovest.
Qui avevano investito proficuamente i soldi in quel ranch che era diventata la loro vera casa.
Ma inizialmente non era stato così per Tsunade, lei aveva preferito allontanarsi dalla sua famiglia e vivere una vita diversa, troppo presa dai suoi desideri prima, e dalla sua sofferenza poi, per pensare ad altro.
Alla fine era stata obbligata a tornare al ranch per occuparsi di tutto dopo la morte prematura di suo fratello, seguita da quella di suo padre.
In realtà avrebbe sempre rimpianto di non essere stata vicino a sua sorella quando questa aveva bisogno di lei, ma per fortuna non era tornata troppo tardi per occuparsi di sua nipote, e presto Sakura era diventata importantissima, l'unica cosa importante, l'unica che aveva.
Ora il ranch era la sua vera casa e non si sarebbe allontanata da lì per niente al mondo, era parte di lei... eppure senza Sakura era vuoto, e per quattro lunghissimi anni le era sembrato vuoto.

Quando più tardi sua nipote si era presentata con quell'abito bianco che lasciava scoperte le braccia, i capelli di quel colore straordinario raccolti sotto un cappellino audace, i piedi fasciati da scarpette bianche di cui, era sicura, non si era mai visto l'eguale in tutta Konoha city, era rimase un momento incantata, a bocca aperta.
Assomigliava a sua madre, ed anche se sua madre forse era stata più bella, Sakura aveva molto più fascino, con quel suo sguardo attento e il suo portamento altero.

 - Chi vuoi conquistare oggi, l'intera popolazione maschile di Konoha? - le chiese maliziosa.

   - Cara zia, manchi proprio di obbiettività - aveva osservato sua nipote, facendo contemporaneamente un giro su se stessa per mostrare meglio l'abito alla zia - Lì tutte avevano abiti simili! Ma non mi dispiacerà portare un po’ di scompiglio in città... a proposito, non ti ho ancora chiesto se è sempre Orochimaru che spadroneggia, lì, o se qualcuno finalmente lo ha fatto fuori! -

Tsunade aveva sorriso, suo malgrado - Spadroneggia sempre di più, ma scommetto che non è a scuola che ti hanno insegnato ad augurare la morte di qualcuno!-

 - No  - ammise lei mentre uscivano di casa e salivano sul calesse - è la dura legge del vecchio west che ho nel sangue! -

Durante il tragitto Tsunade e Sakura avevano chiacchierato liberamente, per lo più di pettegolezzi, ma gli argomenti principali erano stati due.
Da ormai un paio d'anni qualcuno aveva preso possesso del ranch Uchiha, abbandonato per più di dieci anni dopo lo sterminio della famiglia da parte di banditi di cui non si era mai scoperto il mandante.
E non era uno dei due misteriosi fratelli Uchiha di cui non si era mai scoperto il cadavere, e che la leggenda dava per sani e salvi da qualche parte (cosa impossibile visto che uno all'epoca era solo un bambino, ed anche se fosse riuscito a fuggire sarebbe morto di stenti, mentre l'altro, più grande, si narrava che fosse stato addirittura complice dei banditi). Ma probabilmente era solo parte della leggenda, e probabilmente i cadaveri dei due fratelli erano marciti in qualche anfratto delle colline che circondavano l'enorme casa in rovina degli Uchiha, in qualche buco nascosto.

Il nuovo proprietario si chiamava Danzo, e non piaceva affatto a Tsunade, anche per il fatto che si circondava di loschi individui che parevano più banditi che cowboy. Se si fosse semplicemente impossessato del ranch, o se l'avesse effettivamente comprato da chissà chi in chissà quale modo, era proprio un mistero.

Sicuramente era un individuo cinico e spietato che a modo suo poteva far concorrenza a Orochimaru.

 - Ti fa la corte, zia? - chiese Sakura curiosa, perché la zia era ancora una gran bella donna e in più possedeva un gran bel ranch, anche se aveva un carattere impossibile e dominatore, nonché un'allergia per la parola matrimonio.
La zia aveva riso e le aveva assicurato di no - Ma in compenso ha recintato tutta la sua proprietà, così le nostre bestie non possono più pascolare là... noi e gli Hyuuga siamo abituati diversamente -

L'altra grossa novità era il fidanzamento della sua amica Ino, che le era già stato anticipato per lettera.
Si era fidanzata con il banchiere della città, un ottimo partito, ed anche assai bello, come aveva scritto con dovizia di particolari Ino.

 - Mi ha detto che la definisce una deliziosa creatura e che le dà ancora del lei, perché la forma è importante! - rise Sakura - Ma dai! Proprio Ino! Non riesco a vedermela!-

 - E' proprio un uomo ammodo e... delizioso - replicò Tsunade - ma se mi porti a casa uno così ti diseredo! -

 - Non corri questo pericolo - rispose francamente lei - non voglio sposarmi, non voglio qualcuno che mi dica cosa fare, voglio essere libera -

E non lo diceva così alla leggera, lo pensava davvero.
Aveva sempre pensato di non essere fatta per il matrimonio, e ne aveva avuto conferma nel sentire i discorsi delle sue compagne di collegio: come si fa ad avere come massima aspirazione quello di accontentare e compiacere un uomo?
Lei non sarebbe mai dipesa da qualcun altro, e non la preoccupava la solitudine, amava stare da sola.
E poi era sicura che se si fosse sposata avrebbe vissuto una vita sacrificata ed orribile, ed avrebbe reso orribile anche la vita dell'altro.
No, non avrebbe potuto sopportare neppure Naruto, per quanto gli volesse bene.
Non era fatta per il matrimonio, tutto qua, amava troppo la propria libertà.

 - Non dirlo neanche per scherzo - aveva brontolato Tsunade - voglio dei nipotini -

Nel frattempo erano arrivate in città e avevano percorso l'affollata strada principale, e Sakura non poteva credere a quanto si fosse ingrandita, non riconosceva più la sua piccola, graziosa cittadina.
L'aveva vista solo di sfuggita quando era arrivata con la diligenza, pochi giorni prima, e le era sembrata più grande, ma non così tanto.
Brulicava di gente indaffarata, non sempre dall'aria affidabile, e lei non riconosceva nessun volto.
Tsunade con il calesse si era fermata proprio davanti all'emporio di Ino e l'aveva lasciata lì con la scusa di dover sbrigare alcune commissioni.
Così Sakura entrò da sola nel negozio facendo tintinnare il campanellino all'entrata e guardò la sua vecchia amica , che non era cambiata affatto, sempre bella, i capelli biondi lunghissimi raccolti in una coda alta.

Ino aveva alzato i grandi occhi azzurri e li aveva spalancati nel riconoscerla.

 - Sakura! - si precipitò ad abbracciarla  - Sei bellissima, e che vestito! Fa vedere! - l'aveva guardata con attenzione - vieni.. - disse poi - andiamo fuori che ti devo esibire! -

L'aveva trascinata fuori dal negozio ed aveva chiuso la porta, in cui spiccava ora un bel biglietto con su scritto torno subito, dietro di sè.

 - Andiamo - le fece prendendola sottobraccio e iniziando a camminare sul marciapiede di legno - spero di incontrare qualcuna delle ragazze... mi guardavano dall'alto in basso perché si erano sposate prima di me, con qualche buzzurro di contadino poi! Ma IO ora, modestamente, ho il mio Sai da esibire... quelle cretine! Voglio vedere le loro facce quando ti vedono con questo vestito... credimi... i loro vestiti nuziali erano stracci al confronto! -

Aveva continuato a chiacchierare del più e del meno e Sakura si sentiva davvero osservata mentre passeggiava, i tacchi che battevano sordi sul legno, gli sguardi dei passanti su di lei, ed era sorpresa di non riconoscere nessuno, di non conoscere più nessuno mentre Ino salutava tutti, e ogni tanto si fermava a parlare con qualcuno e presentava anche Sakura.
Nel frattempo le aveva chiesto com'era stato il ritorno e le aveva raccontato del suo fidanzato che la trattava come una cosa preziosa e rara, e spiegava che si sarebbe proprio arrabbiata se Sakura non fosse tornata in tempo per l'imminente matrimonio, visto che lì da loro i fidanzamenti erano brevi.

 - Devi trovare qualcuno anche tu se non vuoi più Naruto! – concluse – perché qui da noi già cominci ad essere vecchia e non vorrai diventare come tua zia! –

 - Perché no – replicò lei – sta benissimo ed è libera –

 - Che noia con questa storia della libertà! - sbuffò Ino – vuoi ritrovarti vecchia, sola e inacidita? Ma fa come vuoi, sei sempre stata testarda... io intanto mi sposo! -

 - Lo adoro il mio Sai! - aveva continuato poi - ...sai che abbiamo uno sceriffo nuovo? - aveva cambiato completamente argomento  - un tipo proprio misterioso, non sappiamo neanche che faccia ha... tanto sarà al soldo di Orochimaru e per noi non cambia niente... fermati... sai perché ti ho portata fuori? -

 - Per esibire il mio costosissimo abito? – chiese lei guardandosi intorno.

Erano ferme vicino al vecchio albergo (ora ce ne erano due di nuovi) che non sembrava aver ricevuto nessuna manutenzione in quegli ultimi quattro anni, a giudicare dall'aria cadente che aveva.

 - Anche, ma ieri sono arrivati degli stranieri in città, li ho visti passare ed uno di loro... oh, devi vederlo! -

  - Pensavo adorassi il tuo fidanzato -

 - Cosa c'entra, ho ancora gli occhi... e poi tu non dirai niente, no!? Sono così felice che sei tornata! Qualcuno con cui parlare liberamente invece di quelle quattro oche pettegole! -
 - Eccoli!  - si era interrotta poi -  questi sono con lui! -

Erano ferme di fianco all'entrata dell'albergo e dalla porta erano usciti due individui dall'aria non proprio rassicurante, con lunghi spolverini scuri ed i cappelli calcati sulla fonte.
Uno dei due le aveva viste e si tolse il cappello facendo contemporaneamente un buffo inchino non privo di galanteria.

 - E' un piacere incontrare due belle signorine come voi.. - sorrise, i lunghi capelli chiarissimi che gli nascondevano in parte il volto.

 - Smettila di fare l'idiota - cercò di trascinato via per la manica l'altro, e Sakura solo allora si era accorta che si trattava di una donna.

Lei ed Ino la guardarono sorprese, perché anche qui, benché le donne indossassero i pantaloni per comodità in alcune occasioni, una donna vestita da maschio provocava un certo scandalo.

 - Eccolo - disse la donna al compagno, ignorandole e scostandosi dal volto un ciuffo di chioma ramata.

 - E' lui - le sussurrò contemporaneamente Ino all'orecchio.

Sakura si era voltata in tempo per vedere arrivare un cavaliere che fermava il cavallo proprio di fronte ai due strani individui e smontava, ancora prima di fermarsi completamente, con sorprendente eleganza.

Lei aveva guardato il cavallo, perché era davvero un magnifico cavallo nero, un animale stupendo, e poi aveva studiato l'uomo che le dava le spalle.
Indossava uno spolverino lungo e nero e lo osservò mentre si toglieva il cappello e lo sbatteva un poco sulla gamba per togliergli la polvere, rivelando i capelli nerissimi tagliati in modo disordinato, così dritti e folti che formavano strani spigoli dandogli un'aria selvaggia.

 - Iuugo? - lo sentì chiedere agli altri con una voce bassa e morbida che le fece passare un leggero brivido sulla nuca.

 - Sta arrivando, eccolo... – ripeté la ragazza, che era in parte nascosta al loro sguardo dal nuovo venuto, e che aveva alzato il braccio per indicare qualcosa esattamente dietro le due ragazze.
Il cavaliere dai capelli neri si era voltato appena, rivelando un profilo perfetto come un cammeo.
Sakura rimase a guardarlo senza neppure rendersi conto di farlo, immobile, fino a quando lui non si voltò del tutto e lei non incrociò i suoi occhi scuri per un attimo.

 - Andiamo - aveva detto lui e le era passato davanti, seguito dagli altri due, sciogliendola finalmente da quella specie di incantesimo.

    - Te l'avevo detto - commentò Ino - non è incredibile? -

 - Sono pistoleri - replicò lei in tono dispregiativo.

 - Già – convenne l’altra - non è un peccato che sia destinato a morire giovane? -

Lei si era rifiutata di pensarci ancora.,. tutte sciocchezze... e si meravigliava di se stessa, farsi incantare così, neanche fosse una bambina, possibile che fosse così stupida?
Riprese a camminare senza rispondere, con grande delusione della sua amica.

 - Sakura! – la chiamò Ino indignata, raggiungendola - donna impossibile! Fai tanto la superiore, ma vedrai che ti innamorerai anche tu, magari proprio di un pistolero senza cuore che ti farà piangere e disperare! -

Lei si era voltata verso di lei ridendo - Se c'è una cosa di cui sono sicura - rispose - è che non sarò mai così stupida! -

Avevano continuato a chiacchierare del più e del meno ed Ino le aveva ricordato la gran festa annuale che c'era ogni primavera al ranch degli Hyuuga, una festa memorabile in cui arrivava gente da molto lontano, visto che per tradizione era aperta a chiunque bussasse.

 - Sarà l'ultimo anno – concluse Ino - poi anche il vecchio dovrà adattarsi a cambiare le tradizioni e a renderla una festa privata, con i ceffi che girano! -
 - Ci sarà anche una bella riunione di oche pettegole... sono lì che ti aspettano al varco per vedere come sei diventata e poter malignare - borbottò poi mentre si giravano per tornare indietro verso il negozio.
Sakura sorrise e prese Ino a braccetto, come le era mancata la schiettezza della sua amica!

Avevano fatto ancora pochi passi, avevano appena passato le vetrine di un ristorante, quando si erano interrotte, sorprese dal fragore di un vetro infranto.

Sakura si voltò e vide un uomo sanguinante sul marciapiede, era appena stato scaraventato fuori dalla finestra e cercava faticosamente di rialzarsi.
Attraverso la finestra rotta sopraggiunse un altro uomo visibilmente alterato, vestito con una giacca di pelle frangiata, che subito aveva afferrato il poveretto, lo aveva sbattuto ancora al suolo con violenza e gli aveva puntato una pistola alla testa.
L'uomo a terra sembrava un semplice contadino e probabilmente non era neppure armato. Guardava il suo aguzzino tremante, impaurito.

 - Pprego… - balbettava - ho famiglia -

Ma quello si era chinato ed aveva piantato la canna della pistola con forza sulla fronte del pover'uomo.
C’era un po’ di gente che guardava ora, ma nessuno sembrava voler intervenire in sua difesa, e Sakura aveva fatto per muoversi.

 - Ferma – la bloccò Ino per il braccio - sono scagnozzi di Oro, quelli sparano anche a te... allontaniamoci -

Ma Sakura non poteva, non voleva, e rimase immobile mentre l'uomo alzava il cane della pistola, ancora piantata sulla fronte dell'altro, e in un tempo fermato che era sembrato eterno, faceva esplodere il colpo.
Ora si vedeva solo un foro nel centro della fronte del contadino, circondato da bruciature, e nel volto gli era restata per sempre un'espressione impaurita, leggermente attonita, mentre si accasciava senza vita per terra.
Sakura si era portata la mano alla bocca perché istintivamente le era venuto da urlare, e qualcuno aveva urlato, lì in mezzo alla piccola folla che si era riunita.

 - Cosa guardate, andate a casa! - gridò l'assassino, guardandosi attorno euforico con la pistola ancora fumante in mano.

Ma Sakura ancora una volta non si era mossa, rimase lì, ancora incredula, mentre la gente si disperdeva ed Ino ancora cercava di trascinarla via - Qualcuno avrà chiamato lo sceriffo – tentava di convincerla.

Nel frattempo era uscito un altro uomo dal locale, trascinandone un quarto, sanguinante per delle percosse che doveva avere ricevuto, e tremante anch'esso come quello che ora giaceva morto nella polvere.

 - Vuoi morire anche tu come tuo fratello? - aveva fatto quello dalla giacca di pelle sollevando di nuovo la pistola.

 - No… - aveva pregato l'altro - no.. -

Ma quello aveva solo sorriso e si era chinato accanto al pover'uomo, appoggiando una gamba a terra, e Sakura era sicura che avrebbe ammazzato anche quello, per pura crudeltà, e che nessuno avrebbe fatto niente per fermarlo.
Si divincolò da Ino, non poteva permetterlo, non intendeva permetterlo.
Sapeva cosa succedeva alle famiglie dei contadini quando i capifamiglia morivano: finivano a chiedere la carità, donne, bambini.
Fece un passo, decisa a fare qualcosa, non sapeva cosa, e subito si fermò.

Una figura scura era sopraggiunta veloce e con un calcio sul volto aveva fatto cadere a terra l'uomo inginocchiato pronto sparare.
Questi cadde rovinosamente, colto di sorpresa, il sangue che gli colava ora dal naso, e la pistola gli era scivolata dalle dita.
Come per magia una pistola era apparsa nella mano del nuovo arrivato che aveva appoggiato uno stivale sul petto dell'altro costringendolo a terra.
Lei sapeva chi era, era il cavaliere dai capelli neri che aveva visto prima, e i suoi compagni si erano materializzati al suo fianco con una pistola in mano, una puntata alla testa del compare dell'uomo ora a terra.

 - Vattene - fece il cavaliere nero, con la pistola sempre puntata su quello a terra, il piede che lo schiacciava al suolo - torna a casa -

E il contadino che aveva scampato la morte per un pelo si era alzato, ancora tremante, e se ne era scappato via, senza neppure ringraziare.

 - Non uccidermi... non ti ho fatto niente - aveva implorato quello a terra.

 - Uccidilo pure, è un idiota -  si intromise una voce più lontana.

Sakura si era voltata a guardare il nuovo arrivato e lo aveva riconosciuto subito, non era cambiato di una virgola in quegli anni, era Kabuto, l'ombra di Orochimaru, in giacca e panciotto, sul naso i soliti occhialini tondi e dorati.

Lo straniero alzò la pistola e la puntò contro Kabuto, il braccio dritto e perfettamente fermo, lo spolverino svolazzante.

 - Kabuto - aveva mormorato mentre quello a terra cercava di recuperare la pistola a tentoni ed uno di loro, il ragazzo che le aveva fermate prima, lanciava un coltello che gli inchiodava la mano al terreno.

Kabuto si era fermato, aveva sgranato gli occhi per un momento ed aveva sorriso - Sasuke Uchiha – sembrò riconoscerlo - quanto tempo -

 - Dì al tuo padrone - aveva intimato l'altro, impassibile - che sono qui per ucciderlo -

Sakura aveva guardato lo straniero sorpresa, era così stupido? Si era condannato a morte da solo, perché Orochimaru non aveva onore, ed era circondato da assassini senza scrupoli.

 - Alla buon' ora - sussurrò Ino al suo fianco - lo sceriffo -

Lo sceriffo si stava in effetti avvicinando seguito da due uomini, evidentemente i suoi aiutanti, e nel contempo aveva fatto scattare la carica del fucile che aveva in mano, ad effetto.

 - Bene bene - commentò, il volto nascosto dal cappello e dal fazzoletto che gli copriva la bocca, e in quel modo non aveva un'aria più rassicurante degli altri - cos'abbiamo qui? -

 - Sceriffo - si avvicinò anche Kabuto - fortuna che è arrivato, deve arrestarli. Questi quattro banditi... -

Cosa stava raccontando? Non erano stati loro.
E Sakura si rese conto che nessuno avrebbe parlato in loro favore.
Li avrebbero lasciati accusare ingiustamente, tutti vigliacchi, tutti complici di quella farsa.

 - Sceriffo! - esclamò liberandosi finalmente della stretta di Ino e scendendo dal marciapiede sulla nuda terra della strada - Quest'uomo a terra ha ucciso l'altro, e quello è il suo compare... gli stranieri hanno impedito un secondo omicidio -

 - Bene, è andata così? - aveva chiesto lo sceriffo portandosi la mano alla tesa del cappello e sollevandolo, svelando un occhio bendato e l'altro maliziosamente sorridente.

 - Sì, ho visto tutto - ribadì lei e la gente intorno aveva finalmente annuito, i vigliacchi.

Sakura rimase immobile, ignorando la fastidiosa sensazione di essere osservata, ed attese mentre lo sceriffo e i suoi due aiutanti prendevano in custodia i due balordi e li portavano via.

Solo allora si voltò, ed incontrò due occhi scuri, penetranti, che la fissavano con una punta di curiosità subito repressa.
Si riscosse, imbarazzata, non pensava che lo straniero fosse così vicino, e non poté fare a meno di notare ancora una volta che era bello.
Ma sostenne lo sguardo di lui, rifiutandosi di abbassare il suo per prima.
   
 - Avete sbagliato - gli spiegò - non dovevate dire quella cosa a Kabuto, ora la vostra vita è in pericolo, guardatevi le spalle - lo mise in guardia.

 - So badare a me stesso – aveva risposto lui sorridendo appena - le vostre scarpe - concluse enigmaticamente, allontanandosi.

Lei si guardò le scarpe, le sue belle scarpette bianche irrimediabilmente rovinate da un bordo slabbrato scarlatto.
Si voltò, il cadavere era proprio dietro a lei, il volto pallidissimo e gli occhi ancora spalancati, e una macchia scura si stava allargando sotto di lui nella polvere, ed aveva raggiunto anche le sue scarpe ora macchiate di sangue.

 Questo è il west, si disse amara, il tuo amato, selvaggio west.. bentornata a casa.

Si voltò un'ultima volta a guardare il cadavere, e presa da un improvviso impulso si chinò al suo fianco per chiudergli occhi, perché gli rimanesse almeno un po’ di dignità.
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Capitolo 2
*** 2. La festa ***



Scusate il ritardo, ma non mi viene per niente facile scrivere questa roba.
Un conto è buttare giù in qualche modo, un conto poi è sistemare il tutto e renderlo coerente!

In più un giorno sì e un giorno no mi sembra che sia uno schifezzo inaudito..
Comunque ecco il secondo capitolo: non mi entusiasma particolarmente ma è assolutamente necessario (e almeno è lungo)!

Grazie ancora ad alfombra: ho messo la foto, visto?


2.
LA FESTA


Quella notte tre dei quattro stranieri se ne stavano seduti attorno ad un tavolo nel fumoso e buio saloon che si trovava a fianco del loro albergo.

 - Allora, cosa è successo? - chiese la ragazza.

 - Boh! - rispose Suigetsu, quello dai capelli lunghi e chiari, mentre giocherellava con un coltello - lo sceriffo ha detto che Orochimaru sostiene che non c'entra niente col massacro, che è stato Danzo o qualcosa del genere, quello che ha il ranch degli Uchiha adesso -

 - E Sasuke gli ha creduto? - aveva domandato il terzo, che era una specie di gigante.

 - No, ma dice che può esserci qualcosa di vero, e dobbiamo indagare -

 - E cosa dovremmo fare? - intervenne ancora la ragazza, accigliata - andare al ranch e farci assumere? -

 - Boh! Io preferisco stare qui... ah… pare che ci sia il fratello di Sasuke lì al ranch -

Si erano zittiti tutti un momento.

 - Ha un fratello? - chiese la ragazza sorpresa - e sta con loro... come l'ha presa, lui? -

 - Boh! Solita faccia di bronzo -

 - E metti giù quel coltello, idiota! - si era incazzata lei - Sai solo dire boh? Raccontaci bene TUTTO! -

Suigetsu aveva fatto sparire il coltello all'interno della giacca ed aveva preso le carte che erano sul tavolo, iniziando a mescolarle, poi aveva raccontato di come si era appostato con il fucile non molto lontano da dove Sasuke aveva appuntamento con lo sceriffo, ed aveva aspettato.

 - Dopo gli ho chiesto cosa gli aveva detto e basta – concluse bruscamente.

 - Sei scemo - aveva commentato lei.

 - Ma... - era intervenuto il gigante - ci si può fidare dello sceriffo? -
 
 - Alla fine non era una trappola, no?! - osservò allegramente Suigetsu - E magari lo sceriffo non è così male in fondo! Magari è dalla parte della giustizia... sì... e magari esistono gli angeli e il paradiso e l'inferno - ci aveva pensato un momento e poi aveva ripreso - l'inferno lo conosco, e il paradiso, una volta - si era fermato un'altra volta - mi state ascoltando, vero? Perché avevo iniziato a raccontarla anche a Sasuke ma neanche mi ascoltava, odio quando fa così, tu magari ti ritrovi a parlare tranquillamente e poi ti giri e lui neanche c'è più... una cosa davvero fastidiosa -

 - Sei scemo - aveva ripetuto lei versandosi abbondantemente da bere - forse è meglio se giochiamo -

 - E tu sei una palla Karin... sbrigati e vai a raccattare qualcuno che faccia da quarto, visto che il nostro capo è un asociale - borbottò Suigetsu, mentre appoggiava sul tavolo l'ennesimo bicchiere svuotato e riprendeva a mescolare le carte.

 - Perché non vai tu? - ribattè la donna - Sei tu quello che vuole sempre giocare! -

 - Ma se lo chiedi tu fa un altro effetto! - insisteva l'altro - Magari rimedi anche qualcuno di decente, col buio puoi sempre fare finta che sia lu... - non era riuscito a finire il discorso, lo schiaffo di Karin lo aveva interrotto prima.

 - Ma cosa ho detto! - esclamò indignato.

 - Giochiamo in tre, va bene lo stesso - intervenne il terzo.

Suigetsu aveva distribuito le carte sbuffando ed avevano giocato per un po’ in silenzio.

 - Ho bisogno di soldi, non voglio dormire da solo stanotte - aveva ripreso dopo un po’ Suigetsu - certo che... quelle signorine di oggi, non erano belle? Delle vere signore... mi sono sempre chiesto come deve essere andare a letto con una così... -

 - Una noia, lo fanno tutte vestite e si fanno il segno della croce prima - replicò la ragazza.

 - Però mi piacerebbe lo stesso provare, chissà se Sas'ke ha mai provato, lui che potrebbe... -

Karin lo aveva guardato indignata, quel cretino, mentre apriva le due carte che aveva appena cambiato.

 - Le signore aspettano di essere sposate - aveva commentato il gigante.

 - Cosa vorresti insinuare, Juugo? - lo aggredì la ragazza.

 - Che tu Karin non sei una signora.. - concluse Suigetsu.

La ragazza gli aveva mollato un ceffone così forte che gli aveva fatto girare la testa di lato.

 - Non potremmo giocare? - chiese Juugo, sospirando - ..comunque ho full d'assi, ho vinto ancora io -

 - Eh no, cazzo! - gridò Suigetsu gettando le carte sul tavolo ed alzandosi di scatto, il segno rosso delle dita stampato sulla guancia - Adesso basta! Me ne vado! - e davvero aveva preso e se ne era uscito incazzato.

 - A questo punto vado anch'io - osservò Juugo più calmo - ho sonno, tu? -

 - Vado a letto anch'io - approvò la ragazza guardando davanti a sè, pensierosa - ...chissà dov'è Sasuke -

Si era alzata ma non aveva raggiunto la sua stanza, invece era uscita ed aveva camminato lentamente finchè non lo aveva trovato, a stento visibile, appoggiato ad uno dei pali che sostenevano il portico, con una sigaretta tra le labbra.
Aveva sorriso e lo aveva raggiunto.

 - Sasuke - sussurrò cercando di passare la mano sotto il braccio di lui.

 - Va' via – le fece lui scostando il braccio, senza neppure voltarsi a guardarla.

 - Ma... -

 - Vai via - ripeté.

Karin aveva esitato per un momento ma conosceva quel tono secco, e sapeva che era inutile insistere quando lui era così.
Si allontanò in fretta decisa a fare come se niente fosse, in fondo non era come se non ci fosse abituata, e non era che le importasse così tanto.
Avrebbe aspettato un altro momento.

Aveva ormai raggiunto la porta dell'hotel quando qualcuno le aveva toccato la spalla.
Si voltò con l'improvvisa sensazione che fosse lui che aveva cambiato idea, ma era solo Suigetsu.

 - Facciamo un'altra mano di carte io e te? – le chiese.

 - Va bene - rispose cercando di convincersi che non era delusa, che era meglio di niente in fondo, tanto Sasuke se ne stava lì a pensare a chissà cosa… probabilmente alla sua vendetta, o forse a suo fratello.

Poi pensò che forse avrebbe potuto andare da lui più tardi, che forse lui aveva bisogno di lei, e all'idea sorrise finalmente soddisfatta.
Non era il caso di demoralizzarsi, era sicura che prima o poi avrebbe ammesso anche lui di avere bisogno di lei; in fondo cavalcavano insieme, e questo creava un legame, no?! Doveva pur contare qualcosa per lui!

__________

 
Nello stesso momento Kabuto stava parlando con il suo padrone.
Orochimaru se ne stava seduto con un'aria leggermente divertita dietro la massiccia scrivania, e giocava distrattamente con un fermacarte d'argento.
Indossava un'elegante camicia bianca ed un panciotto viola, e i lunghi capelli neri e lisci accentuavano il pallore del suo volto magro.

 - Non importa quello che crede - contraddisse il suo sottoposto - Importa quello che fa, e può davvero essermi utile. Danzo sta diventando davvero irritante -

 - A proposito, il nuovo sceriffo - aveva iniziato Kabuto.

 - Non preoccuparti, sono sicuro che non ci darà problemi -

__________
 

La settimana successiva Sakura si era allenata a sparare, con la pistola e con il fucile. C'era un posto che avevano sempre adibito a quell'uso, vicino al ranch, e lei aveva posizionato diverse lattine su alcuni spuntoni di roccia decisa a centrarle tutte almeno una volta prima di tornare a casa.
Una volta se la cavava decentemente, non poteva essersi dimenticata tutto in quei quattro anni di limbo, e non voleva più andarsene in giro senza una pistola addosso.
Orochimaru non aveva più limiti, era evidente, se nella sua città poteva succedere di tutto. Almeno prima era più discreto nelle sue punizioni, ed era in qualche modo giusto.
 Ma lo aveva visto con i suoi occhi, Konoha city era diventata davvero una città pericolosa, e lei non era il tipo che riusciva a starsene buona buona e a subire in silenzio.
Per cui era meglio che si esercitasse, se voleva riuscire almeno a tenere il braccio fermo.

Ed era lì che si esercitava con il fucile, arma con cui aveva sempre avuto più dimestichezza, quando si accorse di un cavaliere che si avvicinava, e che non aveva notato prima perché era troppo presa dal suo allenamento.
La direzione da cui proveniva era quella del ranch, ma non riusciva a riconoscerlo.

Man mano che questi si avvicinava distingueva una camicia di colore sgargiante, e poi i capelli biondi, e si rese conto che le si stava automaticamente allargando un sorriso, perché lo conosceva, non era cambiato poi tanto in quegli anni.

 - Sakura! - l'aveva chiamata, e lei riconosceva anche la voce, anche quella un po’ cambiata, solo un poco.

Lo aspettò tenendo la mano tesa sopra la fronte, per farsi ombra, mentre lui scendeva da cavallo.

 - Naruto! - esclamò poi e si avvicinò per guardare meglio il suo vecchio amico.
Lui l'aveva subito afferrata e l'aveva sollevata facendola girare.

 - Mettimi giù! - lo sgridò indignata e riuscì in qualche modo a liberarsi - non sono più una bambina! -

 - Al ranch mi hanno detto che eri qui! Non posso crederci! Sei diventata una signora! Tu! – scherzò, e lei aveva sentito forte l'affetto che la legava a lui, un affetto che ritrovava immutato, immutabile.

 - Non mi picchierai più adesso, vero? - continuò lui.

 - Dipende...sei il solito idiota o è cresciuto anche il tuo cervello? Perché sospetto che tu sia il solito idiota? Sono malfidente? -

Lo aveva guardato ancora, e per farlo aveva dovuto alzare il volto da quanto era cresciuto, ma le sembrava sempre lui, il vecchio Naruto, con il suo vecchio sorriso scanzonato e quell'aria un po’ da buffone.
Bene, perché non avrebbe sopportato di vedere cambiato anche lui.

 - Non eri via con la mandria? - gli chiese più seria.

 - Ehi! Non potevo partire senza vederti! Si è sparsa la notizia del tuo ritorno... fino ai pascoli! - aveva sorriso del suo solito ghigno - dicono che ora sei una signora con la puzza sotto il naso! -

Lei lo guardò seccata.

 - Ma non ci credo, non preoccuparti! - aveva specificato subito lui, un po’ preoccupato.

E per questo suo modo di mettere le mani avanti, per questo suo tratto così infantile, così da Naruto, lo aveva improvvisamente abbracciato, felice.
Non cambiare mai, aveva pensato, ma si era guardata bene dal dirglielo.
 - Bene - scherzò invece - perché sono pericolosa, ho un fucile qui... e non mi ricordo più bene come si usa -

Avevano scherzato ancora un po’ e lei aveva afferrato il fucile e tirato un colpo alla lattina posizionata più lontano, per fargli vedere che non era poi così schiappa come lui sosteneva.
L'aveva sentita tintinnare e l'aveva vista ondeggiare un poco e fermarsi senza cadere.

 - Accidenti! - esclamò lui andando a vedere - l'hai colpita davvero! Sei più brava di me con il fucile! -

Mentre tornavano al ranch Naruto le aveva spiegato che non era venuto solo per vederla, anche se il motivo principale era quello, si era affrettato ad aggiungere, il fifone! Aveva anche accompagnato una persona al loro ranch, una persona che lei non conosceva perché era già partita quando si era fatto vedere la prima volta, e che era un vecchio amico di Tsunade.

 - E' un vecchio perverso - le aveva spiegato ridacchiando - ma è anche una grande persona, mi ha insegnato tanto -

Lei era proprio curiosa, perché sapeva che la zia aveva girovagato per diversi anni quando era giovane, e dove fosse andata era un segreto che non le aveva mai rivelato: sapeva solo che era stata costretta a ritornare per occuparsi di tutto, e della stessa Sakura bambina, quando le erano morti, in successione, il fratello e il padre.

Così provò ad immaginarsi come potesse essere un vecchio amico della zia, ed aveva un po’ spaziato con la fantasia durante il breve tragitto fino al ranch, creandosi nella sua mente un personaggio enigmatico e affascinante.
Certo non si sarebbe mai aspettata l'individuo imponente, vestito con una vistosa giacca frangiata ornata di perline, ed un ancora più vistoso sombrero messicano, che stava parlando con sua zia.

Questi si era tolto il sombrero nel vederla, rivelando una chioma bianca e fluente.

 - Lui è Jiraiya – lp presentò la zia mollandogli contemporaneamente una pacca sulla nuca - e lei è MIA nipote Sakura, mi irrita anche che tu la guardi, sei avvisato! -

A Sakura non era sfuggito il tono leggero della zia e la guardò curiosa, era così allegra a causa di quell'uomo vagamente ridicolo? Era così importante quell'uomo per lei?

Rimasero ancora un poco a chiacchierare tutti insieme, commentando il nuovo proprietario del ranch Uchiha, che ora si chiamava ranch Akatsuki ed aveva, guarda caso, come marchio una nuvoletta, un marchio che posto sopra alla fiamma che era il marchio degli Hyuuga, o al doppio ferro di cavallo dei Senju, si sovrapponeva quasi completamente a questi.

Poi Tsunade aveva ricordato quello che era capitato in città qualche giorno prima.

 - Vuoi dire che lo ha assassinato così a sangue freddo? - aveva chiesto Naruto sorpreso, neppure Orochimaru poteva permettersi di fare qualcosa di simile, o almeno non in pubblico.

Avevano discusso anche dello straniero, perché poteva essere uno dei due fratelli, il cognome Uchiha non era certo comune.
La zia a suo tempo li aveva visti assai poco, ricordava un ragazzino troppo serio per la sua età e un bambino sorridente.

Sì, avevano gli occhi e i capelli neri, e sì, il più piccolo aveva dei capelli nerissimi dai riflessi blu che aveva fatto sospettare le vecchie matrone del posto che la madre non fosse poi così nobile come si credeva, che nelle sue vene scorresse sangue indiano.

 - Vecchie pettegole – aveva borbottato Tsunade tra sé.

 - Allora forse è davvero lui – mormorò invece mormorato Sakura, perché i capelli dello straniero avevano davvero dei riflessi blu che contrastavano con la sua carnagione chiara, e non voleva soffermarsi troppo sul fatto che aveva notato tutti quei particolari.
Piuttosto, cosa significava questo? Perché era tornato proprio ora se davvero era vivo? Perché non aveva reclamato la sua proprietà?

 - Lo scopriremo presto – commentò con una risata amara sua zia – da queste parti i segreti durano poco... un ultimo Uchiha… spero di vederlo con i miei occhi, erano gente affascinante –

In quel momento Sakura aveva girato la testa, e aveva sorpreso Naruto con lo sguardo perso nel vuoto, pensieroso, un'espressione stranamente sollevata.

 - Che c'è? - gli chiese.

Lui si era voltato dalla sua parte ed aveva assunto quella sua aria ostinata che la irritava tanto quando era piccola.

 - Niente, mi è venuta in mente una cosa che mi è successa tanti anni fa, prima di capitare qui – le spiegò rimanendo sul vago - comunque i ragazzi al pascolo hanno sentito delle voci, dicono che c'è anche un Uchiha tra quei banditi che si spacciano per cow boys... se è così ci sono due Uchiha... che siano tornati i due fratelli? Non è incredibile, dopo tutti questi anni? -

Nel frattempo Jiraiya si era allontanato ed era ritornato con in mano una grossa macchina fotografica che aveva iniziato a posizionando su un treppiede.
Insistette per fare una fotografia a Sakura e Naruto, e lei aveva sopportato pazientemente per tutto il tempo necessario, lasciando anche che Naruto le appoggiasse la mano sulla spalla.

Poi parlarono ancora un po’ degli Uchiha, proponendo congetture più o meno plausibili, fino a quando Naruto non aveva dovuto ripartire.
Aveva preso il pacco di vettovaglie che Tsunade aveva fatto preparare per lui ed aveva salutato tutti.

Era rimasto un momento a parlare con Sakura, tenendo il cavallo per la briglia.

 - Spero di riuscire a fare un salto alla festa ma non sono sicuro – le spiegò.

 - Conosci quei ragazzi, gli Uchiha? - gli chiese a bruciapelo lei.

Naruto era rimasto un momento zitto, sorpreso.

 - Sarai una moglie terribile! - esclamò poi.

 - Non vedo come la cosa ti riguardi, zuccone - borbottò lei - …allora? -

 - Uno dei due, lo conoscevo, prima di venire qui... e comunque la cosa mi riguarda proprio! -

Era salito a cavallo, senza darle il tempo di replicare, e l'aveva lasciata lì a porsi mille domande, a chiedersi quale dei due avesse conosciuto, e come lo avesse conosciuto.
 L'espressione che aveva colto nel viso di lui le aveva fatto intendere che non si trattava di una semplice conoscenza casuale e Naruto non aveva mai parlato della sua vita, era come non avesse avuto vita prima di capitare da loro, come se non volesse pensare al passato.
Era tornata indietro ed aveva trovato Jiraiya in posizione dietro alla sua macchina fotografica.

 - Allora, zia e nipote, pronte per essere immortalate? Sarete fissate in eterno in questo momento! -

E lei si era avvicinata a sua zia per sottoporsi a quel ridicolo rito, ed aveva dovuto aspettare ancora immobile per un tempo interminabile.

Da quel giorno Jiraiya si era fermato in pianta stabile al ranch, senza fare niente di niente a parte correre dietro alla giovane figlia della cuoca, starsene tutto il giorno in panciolle, o al massimo fare fotografie con quel suo trabiccolo.
Aveva occupato una stanza della casa con tutte le sue attrezzature e una volta aveva mostrato a Sakura tutti i suoi tesori: fotografie, custodite con cura, di un variegato numero di strani personaggi, tutti in posa per l'occasione.
C'era un numero notevole di pellerossa, e lei ne aveva studiato con interesse i ritratti.

 - Sei stato con loro? - aveva chiesto, curiosa suo malgrado.

E lui aveva risposto che aveva vissuto per qualche anno assieme a loro e che un giorno, quando avesse avuto tempo, le avrebbe raccontato qualcosa.
Lei lo aveva guardato scettica, non aveva abbastanza tempo ora, visto che non faceva niente?

 - Scusa bambina, ma ho da sistemare le mie foto, perché voglio farci un libro - l'aveva mandata via lui, per niente turbato.

Bambina a lei! Che razza di perdente fannullone! Non lo sopportava, e ancora meno sopportava che lui e la zia se ne restassero a parlare la sera fino a tardi, davanti ad un bicchiere di whisky... e non era gelosia la sua, era puro fastidio, quello aveva una cattiva influenza sulla zia!

 - Ma come fai a sopportare quel vecchio trombone - aveva chiesto una volta a Tsunade.

Lei aveva sorriso - Sei troppo giovane, Sakura - aveva risposto - le cose non sono mai o bianche, o nere, la vita è una sorprendente varietà di grigio -
Sakura aveva ascoltato perplessa, ma non aveva replicato niente.
E alla fine si era semplicemente rassegnata a vederselo sempre tra i piedi.

In quei giorni andava spesso in città, anche da sola, nonostante la zia non ne fosse molto contenta. Andava da Ino che si stava adattando per il matrimonio uno dei vestiti che Sakura aveva portato dall'est, e se ne stava a chiacchierare con lei.
Aveva conosciuto anche il famoso banchiere, una volta.
Era arrivato all'emporio di Ino con tre fiori in una mano, ed un bastone nell'altra.

 - Così voi siete la preziosa amica della mia Ino! - si era presentato, e le aveva fatto anche il baciamano.

Non si poteva negare che fosse davvero un distinto gentiluomo e che fosse bello, anche se lei non lo avrebbe mai guardato due volte.
Aveva un'espressione così poco naturale, ed uno sguardo così poco intrigante che davvero non riusciva a capire cosa ci trovasse Ino in lui.

Aveva passato l'intera ora in cui era stato con loro a parlare della meravigliosa vita che si conduceva all'est, e della fortuna che aveva avuto Sakura di poter ricevere un'educazione adeguata, cosa in cui purtroppo la sua Ino mancava, anche se vi sopperiva con numerose, altre, meravigliose virtù.
A Sakura veniva proprio da ridere: aveva sopportato a stento quelle maniere quando era in città e le parevano così fuori luogo qui, quei modi compiti, quell'atteggiamento formale!
Eppure aveva colto lo sguardo che Ino gli aveva lanciato, e vi aveva riconosciuto l'affetto. E per rispetto alla sua amica si sarebbe fatta piacere il signor Sai.
Di rimando le venne in mente che forse, per rispetto della zia, avrebbe dovuto provare a farsi piacere Jiraiya, ma al momento quello le sembrava davvero troppo.

__________


Era passato quasi un mese dal ritorno a casa di Sakura, e la vita aveva già ripreso a muoversi al ritmo delle stagioni, e già a Sakura sembrava di non essersi allontanata mai, che quei quattro anni passati via fossero solo una specie di sogno, o che fossero stati vissuti da un'altra persona, non da lei.
Si era innamorata di uno dei cavalli nuovi, una cavalla giovane, dal manto di un caldo marrone autunnale, snella, forte, resistente e veloce, uno dei cavalli più veloci che avesse mai posseduto, ne era sicura.
Le era piaciuto soprattutto il carattere generoso di Shuriken, si chiamava così, ed aveva subito sentito che poteva fidarsi di lei. Così era diventata la sua cavalla, ed aveva finito col cavalcare solo lei, e con l'occuparsene personalmente, giornalmente, intenzionata a conquistarsene l'affetto.

Nel frattempo aveva ritrovato il piacere di cavalcare completamente sola in quei posti selvaggi, di ritrovarsi completamente immersa nella natura, un prolungamento dell'erba, delle pietre, degli alberi... tutt'uno con la terra della quale era solo una forma di vita.
Se ne stava ore ad esplorare le colline, a rivisitare i vecchi posti, a cercare e ritrovare i passaggi che solo lei conosceva, le rocce, gli alberi, che accarezzava lentamente riconoscendone la consistenza.
Tutto sembrava immutato eppure, allo stesso tempo, nuovo.
C'era un posto in particolare che era stata impaziente di ritrovare.
Un posto che aveva desiderato rivedere per anni, e che non aveva cercato subito perché aveva avuto la sciocca, infantile paura di averlo idealizzato troppo in quei lunghi anni di attesa, e di rimanere delusa.
Era il suo nascondiglio segreto, un angolo di cui solo lei conosceva l'ubicazione, un posto che aveva scoperto da ragazzina, quando perdeva giorni e giorni ad esplorare le colline, e la cui esistenza non aveva rivelato a nessuno.
Era nascosto all'interno delle colline e si dovevano seguire dei precisi segnali per arrivarci.
Era stato con vera e propria trepidazione che aveva riconosciuto i vecchi segnali, l'albero spezzato dal fulmine, le due pietre gemelle che insieme ricordavano un bufalo, sì, era proprio un bufalo, lo riconosceva ancora... infine la parete di roccia con quella che sembrava una delle tante crepe ma si riconosceva dalle altre per il colore diverso, rossiccio, della roccia nel suo fianco destro.
Era scesa da cavallo eccitatissima, e lo aveva portato per le redini fino alla buia rientranza della crepa che nascondeva il passaggio attraverso la roccia. Da lì non si poteva cavalcare, doveva per forza andare a piedi, ed aveva proseguito lentamente con il cavallo che ci passava a stento.
In fondo al sentiero che correva tra due pareti rocciose e si arrampicava sulla collina, c'era il suo posto segreto: aveva camminato lentamente fino all'entrata, e lì si era fermata, il cuore che le batteva forte.
Era ancora lì, bellissimo, la piccola radura con pochi alberi e una minuscola caverna dentro cui ripararsi, e poi, soprattutto, ancora intatto, c'era un rivolo d'acqua pura e freschissima che formava una polla prima di nascondersi ancora all'interno della roccia, e l'erba tutta intorno di un verde così brillante che sembrava un dipinto, punteggiata di fiori viola e gialli.
Si era avvicinata alla sorgente d'acqua e vi si era chinata a fianco per abbeverarsi, era fresca, ed aveva ancora il meraviglioso sapore che ricordava.
Ne aveva bevute alcune sorsate e poi si era sdraiata sull'erba a guardare il cielo, un rettangolo di cielo così azzurro, circondato dalla roccia, di un azzurro così netto, così puro, che valeva la pena di vivere solo per poterlo guardare.
Era a casa, sì... era a casa, in pace, e non le importava altro.

__________


Quel sabato ci sarebbe stata la famosa festa a casa degli Hyuuga.
Sakura aveva indossato il più bell’abito che aveva portato dall’est, un abito verde chiaro scollato che le stava benissimo e che avrebbe attirato molti sguardi su di lei. Era un po’ vanitosa, lo sapeva.
E poi era possibile che si presentasse alla festa anche lo straniero visto che in fondo quella festa era sempre stata considerata terreno neutrale, vi erano sempre andati tutti e acerrimi nemici vi avevano conversato amabilmente, per riprendere a cercare di ammazzarsi l’un l’altro il giorno dopo.
Sempre se non se ne era andato, o se non era morto.

Era una cosa stupida ma sperava ardentemente di no, perché voleva rivederlo, lo ammetteva, non le piaceva mentire a se stessa.
Voleva rivederlo perché neppure se lo ricordava più bene, ed era curiosa di vedere se le faceva lo stesso strano effetto della prima volta.
Era sicura di no, ora era preparata, per cui se lo avesse rivisto e avesse potuto constatare che era solo un altro essere umano come tutti gli altri, anzi, più stupido degli altri, avrebbe potuto tornarsene a casa tranquilla e dimenticarlo a cuor leggero.
Non che importasse visto che se ancora non era morto lo sarebbe stato presto.

Partirono tutti e tre con il calesse, Jiraiya inevitabilmente tra i piedi, e Sakura non riusciva ad immaginare che cosa avrebbe potuto combinare quello in mezzo a tutte le ragazze che ci sarebbero state alla festa.

 - Allora Sakura - l'aveva ulteriormente innervosita lui - intanto via quel broncio e cerca di sorridere un po’, ma tua nipote non sa sorridere? - aveva chiesto a Tsunade - se continua così diventerà una vecchia zitella come te -

Non si era neppure presa la briga di rispondere, ma era fortunato che gli sguardi non potessero uccidere.

Arrivarono dopo un tempo interminabile e lasciarono il calesse in custodia agli stallieri, poi si avviarono tutti e tre verso la grande casa padronale.
Sakura non pensò più a Jiraiya e si sentì suo malgrado elettrizzata mentre si avvicinava.
Quanto tempo era passato! L'ultima volta che aveva partecipato a quella festa si era sentita goffa con il suo vestitino lungo, ed ora era abbastanza sicura di sé dall'indossare quell'abito che l'avrebbe posta al centro dell'attenzione.

Camminando riconosceva i fuochi accesi per rischiarare l'esterno, le decorazioni floreali e la consueta bellezza di quella casa, ma il numero considerevole di gente che passeggiava senza meta era una novità.
Si guardò intorno mentre entrava, e notò i tanti volti sconosciuti, le tante persone dall'aria poco raccomandabile, le tante pistole nascoste malamente sotto le giacche, e pensò che per quanto gli Hyuuga fossero molto legati alle proprie tradizioni, lei doveva convenire con Ino: quella tradizione era troppo pericolosa ora come ora, e la rottura della tregua armata era solo questione di tempo.
I tempi erano cambiati, ed anche gli Hyuuga, con le loro regole cristallizzate nel tempo, dovevano capirlo.

Soffermò ancora un po’ lo sguardo sulla grande sala dipinta di bianco e adorna di fiori, e sulla disparata folla di persone. Poi cominciò a distinguere i volti noti.
C'erano davvero tutti, ed aveva dovuto salutare tanti, troppi volti conosciuti col sorriso sulle labbra, ed ascoltare gli stessi commenti, ma come sei cresciuta, come sei diventata bella, e quando ti sposi (sì, alcuni avevano anche tirato fuori la promessa a Naruto), le stesse cose ripetute uguali.
Le ragazze le erano venute incontro tutte sorrisi e complimenti, mentre la studiavano con attenzione alla ricerca di qualche difetto, di qualche errore, ne era sicura, e in questo le ricordavano le vecchie compagne di scuola.

Finalmente era arrivata anche Ino, con il suo Sai, e a Sakura non era sfuggito lo sguardo perfido di invidia di alcune loro "amiche".
Aveva ascoltato sorridendo i complimenti rispettosi e formali che le indirizzava il futuro marito di Ino, il quale le aveva fatto anche il baciamano, ed era riuscita, eroicamente, a non scoppiare a ridergli in faccia.

 - E' sempre un piacere incontrare una mia pari - sorrise lui, ed era davvero uno strano sorriso, così costruito e così poco spontaneo che faceva ridere - la gente qui è un po’ rude - aveva proseguito con inaspettato candore - e non so mai bene come comportarmi -

 - Non preoccuparti, caro - lo rassicurò Ino, guardandoselo felice - tu chiedi a me che io ti spiego -

Che strana coppia che facevano quei due, non aveva potuto fare a meno di pensare Sakura, eppure che bella coppia, pensò improvvisamente poi, vedendoli ballare insieme.
E non era l'unica a pensarlo, si rese conto guardandosi intorno, perché molti occhi li seguivano ammirati, i lunghi capelli biondi di lei che contrastavano con quelli nerissimi di lui, neri come quelli dello straniero, ma senza riflessi blu. Osservandolo meglio si rese conto che anche un poco gli assomigliava, allo straniero, come se fosse una sua versione mediocre, scipita, vuota.
 
 - Sakura, sei proprio tu? - interruppe i suoi pensieri una voce dietro di lei.

Si era voltata ed aveva riconosciuto Kiba Inuzuka, la cui famiglia possedeva un allevamento di cavalli più a sud e che aveva più o meno la sua età .

 - Sembri una principessa! -

 - E' una sciocchezza vestirsi così da queste parti - era intervenuta, in un severo abito scuro, Tsume Inuzuka, la terribile matriarca della famiglia e madre di Kiba, guardandola dall'alto in basso.

 - E' un ballo, no?! - replicò Kiba.

 - Da queste parti non si scelgono le ragazze belle, ma quelle forti - aveva insistito lei prima di allontanarsi.

 - Non badarle - si era scusato Kiba - è acida -

 - Almeno non fa commenti alle spalle -

 - No, questo no, li fa ad alta voce, non se ne risparmia uno – le rispose serio - Allora - aveva cambiato argomento - ancora fidanzata con Naruto? -

 - Non sono fidanzata con nessuno! - esclamò lei, davvero stanca di questa storia.

 - Va bene va bene - si era schermito lui - meglio! Tanto ti toccherà sposarti uno di noi prima o poi, no?! -

 - Posso sempre non sposarmi affatto - aveva cercato di spiegargli esasperata.

 - Le donne si sposano, no?! -

Sakura aveva trattenuto la rispostaccia che le era venuta alle labbra.
Sposarsi sembrava essere considerata l'unica scelta possibile per una donna, e sarebbe stato del tutto inutile cercare di convincere Kiba che lei la pensava diversamente, non gli avrebbe fatto cambiare idea e non le avrebbe creduto qualsiasi cosa gli dicesse.

 - Mia zia non è sposata - gli fece notare.

 - Già, se neppure tu ti sposi la gente penserà che avete qualcosa che non va - aveva replicato lui, e probabilmente aveva anche ragione conoscendo la mentalità degli abitanti del posto - ma con tutti questi corteggiatori non dovresti correre questo rischio! - aveva scherzato poi.

Lei si era guardata attorno ed aveva colto più di uno sguardo diretto a lei.

 - Peccato che non so ballare - concluse Kiba.

Rimasero a parlare ancora un po' dei vecchi tempi e di come andavano le cose al ranch Inuzuka, e poi, visto che Kiba davvero non ballava, lei lo aveva salutato per accettare l'invito di un conoscente.

Per il resto del tempo si era divertita a farsi corteggiare, lo confessava, felice nel suo abito nuovo che spiccava per audacia e bellezza tra tutti.
Aveva accumulato una sfilza di persone con cui dover ballare e le era dispiaciuto solo che Naruto non fosse riuscito ad arrivare, visto che non si vedeva da nessuna parte.

Aveva ballato e ballato finché non aveva visto il ragazzo dai capelli lunghi e chiarissimi e non lo aveva riconosciuto, allora aveva smesso di ballare ed aveva iniziato a cercare.

Alla fine era uscita dalla grande casa, sul patio, incapace di restare ferma, di smettere quella ridicola ricerca, ed aveva camminato finchè non lo aveva visto, nel buio, una sigaretta in bocca, che parlava con la ragazza che per l’occasione aveva un abito femminile molto semplice e scollato ed i lunghi capelli sciolti.
Forse avrebbe dovuto ignorarli ma si avvicinò ugualmente, tanto da sentire le ultime parole che si scambiavano.

 - Vai ora, Karin – aveva fatto lui.

 - Va bene, ma questa notte vengo nella tua stanza – aveva sentito rispondere lei.

Aveva guardato da un'altra parte, imbarazzata perché aveva sentito troppo, perché una donna che si concedeva così ad un uomo che non era suo marito (o almeno lei credeva che non lo fosse) era considerata spazzatura anche lì, dove la legge stentava a farsi valere.

Eppure questo non l’aveva fermata ed aveva proseguito fino a trovarsi davanti a lui, che indossava una semplice camicia bianca che il suo portamento faceva sembrare elegante.
Alzò la testa a guardarlo, illuminato dalla luna, ed avvertì la stessa eccitazione, la stessa magia... ecco, ora poteva tornare indietro, aveva scoperto quello che voleva sapere, in fondo.

 - Siete ancora vivo – aveva invece parlato.

Il cuore le batteva forte, così forte.

 - Non guardatemi così – le rispose brusco, buttando il mozzicone di sigaretta a terra e spegnendola con il tacco dello stivale.

 - Così come? – aveva chiesto irrigidendosi.

 - Come se foste disposta a seguirmi ovunque –

Era arrossita, ed era una cosa che la infastidiva proprio, arrossire, e che non le capitava spesso – Mi dispiace se vi ho dato quest’impressione – replicò irritata – perché io non seguo nessuno –

 - Bene – aveva risposto lui – perché non vi piacerebbe il posto in cui sono diretto -

 - E dove state andando? – domandò curiosa.

 - Dritto all’inferno -

E per un fuggevole, assurdo momento, mentre lo guardava negli occhi, aveva pensato che sì, forse avrebbe anche potuto andare all’inferno, per lui.

 - Se continuate a mostrarvi in giro dopo aver minacciato Orochimaru in quel modo ci andrete sicuramente presto, e con una pallottola sulla schiena – rispose secca - e a proposito, siete parente degli Uchiha che avevano il ranch qui? –

Lui aveva sorriso, quel sorriso leggero che gli aveva visto anche quella volta in città – Sono il figlio – aveva detto semplicemente.

 - Perché non... – si era interrotta e lo aveva guardato ancora, i loro sguardi incollati, quell’attrazione innegabile che aleggiava tra loro, un’attrazione ridicola se ci pensava, che avrebbe deriso se non l’avesse provata così forte, così vera.
Lui si abbassò impercettibilmente facendola tremare, il respiro di lui sul suo viso.
Gli aveva guardato le labbra, labbra che sembravano così morbide.

 - C’è un posto in cui ci si può nascondere se si è inseguiti? – le aveva chiesto a bassa voce, ed era una domanda così inaspettata, così poco consona al momento che lo aveva guardato sorpresa.
Ma si era ripresa subito e si era staccata un poco.
Gli aveva descritto accuratamente il suo posto segreto, indicandogli con precisione dove si trovava, spiegandogli come riconoscere i punti di riferimento per trovarlo e dove doveva guardare per trovare il modo di entrarvi.

Dopo si rese conto che gli aveva rivelato in un attimo, senza alcun ripensamento, il nascondiglio segreto che non aveva rivelato mai a nessuno, neanche a Naruto, neanche ad Ino, neanche a sua zia.

Si voltò nell’udire suoni di passi e di voci che si avvicinavano, e con la coda dell'occhio notò che lo straniero era già svanito.
Dato che si trattava di sconosciuti, aveva fatto per allontanarsi anche lei, senza guardarsi attorno, ma era stata fermata da un ragazzo dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri, che sorrideva.

 - Ehi! Tornate dentro a ballare! - aveva esclamato - io sono appena arrivato e dovete ballare con me! -
Per un momento lei lo aveva guardato come si guarda un idiota.

 - Deidara, non disturbare la signorina - era intervenuto un uomo anziano, con un occhio bendato ed un bastone che lo aiutava a muoversi, ma non si era fatta ingannare neppure per un momento da quell'aria fragile, perché aveva colto nell'occhio scoperto un freddo, crudele scintillio subito cancellato.

 - Sono il padrone del ranch Akatsuki – le spigò lui - e questi sono i miei uomini - le aveva indicato il ragazzo biondo ed altre due persone - perdonatelo, non ci sono donne nei pascoli -

Lei nel frattempo aveva guardato gli altri due individui, uno di età indefinita e due piccoli occhi neri, mentre l'altro era piuttosto alto e portava i capelli chiari tirati indietro... e la guardava in maniera fastidiosa e insistente.

 - Scusate – si accomiatò - ma sono attesa -

Non sapeva se fosse solo perché era prevenuta, ma quelle persone non le piacevano.

 - Ho incontrato il nuovo padrone del ranch Uchiha - aveva detto alla zia quando l'aveva raggiunta - Non mi piace per niente -

 - L'ho visto anch'io - intervenne Jiraiyia dietro di lei, stranamente serio - e ti assicuro che non piace neppure a me, e che è pericoloso -

Si era interrotto ed aveva fissato un punto in mezzo alla folla. Sakura, che si voltava verso di lui, aveva seguito il suo sguardo, curiosa, ed aveva notato un paio di ragazze che ammiccavano verso di lui chiacchierando e ridendo.

 - Vado - aveva fatto lui e si era diretto dalla loro parte.

 - Che idiota! - commentò Tsunade furiosa, e Sakura si chiese se sua zia non fosse per caso un po' gelosa di quell'idiota.

Il resto della serata lo aveva passato ballando ancora, fino ad essere esausta, ma non era più divertente come prima, e la sua testa era altrove, scioccamente persa dietro a due occhi scuri.
Per quanto si sforzasse di non cercarlo con gli occhi, si accorgeva di pensare spesso a dove poteva essere finito.
E poi c'era quell'uomo, quello dai capelli tirati indietro, che le aveva chiesto di ballare più volte e lei aveva dovuto accontentarlo di malavoglia. Ad un certo punto si era stancata e gli aveva gentilmente spiegato che aveva voglia di ballare anche con qualcun altro, contrariandolo, ne era sicura, e per qualche indefinibile ragione, forse solo per puro istinto, quell'uomo le piaceva sempre meno.

Costui però non si arrendeva e diventava sempre più insistente, e lei sapeva che stava per perdere la pazienza, che entro breve sarebbe diventata sgarbata, e sentiva che sarebbe stato pericoloso essere sgarbate con quella determinata persona.
In più non voleva che qualcuno, Kiba o Jirayia ad esempio, si accorgesse del suo disagio ed iniziasse una scena spiacevole che poteva portare a chissà cosa.
Così ad un certo punto aveva cercato l'uscita che ricordava portare sul retro della casa per evitarlo, aveva trovato ed aperto la porta ed aveva fatto qualche passo sul sentiero illuminato solo per un breve tratto... poi tutto era buio.

 - Siete voi - la chiamò una voce di donna, proveniente dal buio davanti a lei.

Si era avvicinata lentamente fino a quando non aveva cominciato ad abituarsi all'oscurità, e non aveva distinto il corpo della donna seduto scompostamente su quelli che sembravano dei barili.

 - Sei la gran dama che piace a Suigetsu - osservò l'altra, con la voce un po’ impastata, e Sakura si accorse che aveva in mano una fiaschetta.
Era ubriaca?

 - Pensi di incantare Sas'ke con i tuoi begli occhi e i tuoi vestiti di seta? - aveva proseguito sarcastica l'altra - pensi di convincerlo a sposarti e a fermarsi qui con te? -

Lei non aveva risposto, decisa ad essere superiore, non intendeva mettersi a discutere con un' ubriaca, ed iniziò a girarsi per tornare indietro.

 - Dove vai? - l'aveva fermata l'altra - Faccio così schifo? Hai paura che qualcuno ti veda con me?...ti ...vergogni? -

E lei davvero si era fermata, perché le era sembrato di riconoscere qualcos'altro dietro al tono sarcastico della voce della donna: solitudine, una punta di disperazione.
Si avvicinò e le si sedette accanto, curiosa di sapere com'era vivere una vita come la sua, senza regole, curiosa di conoscerla, di capire.

Ed anche Karin la guardava fissa, i pensieri un po’ confusi dall'alcool, pronta a classificarla come la solita, noiosa ragazza per bene, pronta a disprezzarla, perché era facile disprezzare, era la via più comoda e la faceva stare bene, la faceva sentire superiore come si sentivano loro nei suoi confronti... e che andassero al diavolo tutte quante... che se ne andasse al diavolo tutto il mondo.

 - Non mi vergogno di farmi vedere con te - Sakura aveva tentennato prima di darle del tu, ma era ridicolo fare diversamente.

 - Ha bisogno di me, capisci? - l'aveva interrotta l'altra, cambiando incoerentemente discorso - di una come me ...tu non gli servi, cosa può dargli una come te? Non sei capace di fare niente - aveva aggiunto con cattiveria, poi aveva sollevato la testa a fatica e l'aveva guardata - qualche notte viene da me - aveva riso, una risata da ubriaca – anzi... sono io che vado da lui... di solito mi manda via, ma qualche volta mi lascia restare... e non è stato l'unico... ti scandalizzo, eh?! Ma non mi importa, questa notte sarà con me, tra le mie braccia... e non mi importa se non sono una signorina per bene - aveva preso un altro sorso dalla fiaschetta - mi piace scandalizzare la gente -

 - Non sono scandalizzata - rispose lei, con più durezza di quanto intendesse, pronta ad alzarsi ed andare via, e a dire la verità neppure sapeva perché fosse così arrabbiata per poche frasi dettate dall'alcol, e cosa fosse quella leggera fitta di... gelosia? ...era gelosia quella che provava? A causa di... quella? Aveva cacciato immediatamente l'idea, ora arrabbiata con se stessa.

 - Ti faccio schifo? - insistette l'altra.

 - Non mi fai schifo - aveva replicato alzandosi, ora decisa ad andarsene, ne aveva abbastanza di quei deliri da ubriaca.

 - Vuoi sapere cosa sono io per lui? - aveva proseguito l'altra, con una punta d'amarezza - sai cosa sono per lui? - si era fermata un momento e Sakura aveva aspettato, in piedi, trattenendo il fiato, non sapeva neppure perché.

 - Niente... niente di niente -

E lei rimase in silenzio, senza sapere cosa dire, in parte scioccamente soddisfatta, in parte dispiaciuta suo malgrado per quella donna sconosciuta.

 - Sono... patetica? -

 - No - le rispose infine - a modo tuo sei coraggiosa -

L'altra aveva ancora riso, ma ora la risata era più roca, e assomigliava un po’ al pianto.

 - Tu, dall'alto della tua vita da principessa vedi il romantico dove c'è solo merda - le disse - però... - aveva proseguito - ci sono stati dei momenti... vivo dei momenti... che tu non vivrai mai - si era interrotta, ed aveva improvvisamente cominciato a piangere, e Sakura per un momento si era vergognata del suo status di privilegiata figlia di rancheros, che poteva permettersi di fare quello che voleva, di pensare quello che voleva, sicura di avere un posto cui tornare, e gente che le voleva bene e si prendeva cura di lei.

 - Ed ora... me ne vado... - concluse quella donna.

Ma non si era mossa e si erano zittite nel sentire la porta della casa che si apriva.
Sakura, ancora in piedi, rimase immobile e strinse il braccio dell'altra per farle segno di non fare rumore, sperando che l'altra lo capisse, perché i due che ne erano usciti erano quelli dell'Akatsuki, aveva riconosciuto quello biondo.

 - Non mi interessa - stava dicendo allegramente quello biondo - ...visto che è qui lo uccido io, lo sai che voglio ucciderlo io! -

 - Danzo ha detto di non fare niente qui - aveva replicato l'altro - e poi chi l'ha detto che devi farlo tu? -

 - ...io non li sopporto gli Uchiha, si credono chissà chi... -

 - Che te ne frega, non vedo che cosa ci puoi guadagnare, non è come se qualcuno ti pagasse per farlo - aveva continuato l'altro - e poi secondo me non riusciamo a prenderlo da dietro - e si erano allontanati nel buio, seguendo il retro e poi il lato della casa.

Parlavano di lui? - Devo andare ad avvisarlo - parlò finalmente.

 - Cosa... - aveva blaterato l'altra - non avvicinarti a lui, è... mio - aveva cercato di rialzarsi ma nemmeno riusciva a stare in piedi, e Sakura l'aveva mollata lì, non c'era tempo.

Rientrò dalla porta e si mise a scostare la gente alla sua ricerca, dov'era, dove accidenti era finito? Possibile che non potesse starsene dentro come tutti gli altri, per una volta?
Si era fatta largo il più in fretta possibile, senza fermarsi quando la salutavano, era uscita dall'entrata principale ed aveva continuato la ricerca all'aperto.
Da lì fece il giro della casa fino a quando non vide un gruppo di persone.
Si avvicinò al crocchio di gente, quasi correndo, il cuore in gola, incurante della voce di Jiraiya che la chiamava e le gridava di non muoversi.

Aveva scostato un paio di uomini ed aveva visto il tipo biondo, lì in piedi, che parlava con un'aria eccitata ed un sorriso quasi allegro, al SUO straniero, immobile davanti a lui.
Cosa si stavano dicendo?
Lì vicino c'erano l'altro dell'Akatsuki e lo stesso padrone che assistevano, ma lei dubitava che sarebbero stati fermi, che potesse essere un duello leale.

 - E dov'è, ora, mio fratello - avevano sentito chiaramente la voce dello straniero, anche se il tono non era alto.

 - Gente - era intervenuto il patriarca degli Hyuuga, avvicinandosi a loro - sapete che in quest'occasione, per tradizione... -

 - Torna dentro - era stata la secca risposta, e ancora una volta quella voce così fredda le aveva fatto scorrere un brivido.

L'altro aveva riconosciuto la minaccia, ed era indietreggiato.
E tutti sembravano avere avvertito il pericolo, perché avevano iniziato ad allontanarsi lentamente.

 - Cercate lo sceriffo! - aveva sentito qualcuno dire.

 - Hai i suoi stessi occhi - aveva parlato quello biondo, ancora eccitato, sorridente, ansioso di entrare in azione, ed aveva scostato la giacca mostrando la pistola che portava bassa sulla coscia - io li odio proprio i vostri occhi! -

 - Vuoi morire? - le sussurrò Jiraiya che si era materializzato accanto a lei.

 - Perché non fai qualcosa? - aveva ribattuto lei - Se solo avessi una pistola -

Poi era successo tutto in fretta, sembrava che i due dell'Akatsuki stessero tirando fuori le pistole contemporaneamente, e Sakura aveva pensato che Sasuke Uchiha sarebbe morto e lei non avrebbe più avvertito quello strano brivido, mai più.
Le sembrava di essere troppo lenta mentre si girava a guardarlo e si chiedeva da dove fossero spuntate fuori le pistole che lui impugnava per ciascuna mano.
Finchè Jiraiya non l'aveva buttata a terra e non aveva più potuto vedere niente, aveva solo sentito i colpi di pistola.

Infine c'era stato un silenzio irreale.
Doveva essere morto, non poteva essere sopravvissuto.
Lei aveva alzato la testa alla ricerca dello straniero e lo aveva finalmente scorto un po’ più in là, le sembrava che avesse una ferita alla spalla... ma era in piedi.
Solo dopo guardò anche gli altri due.
Erano a terra ambedue e lo straniero si era avvicinato a loro lentamente, aveva mormorato qualcosa e poi si era allontanato, sempre lentamente, a fatica.
Avrebbero potuto fermarlo con facilità, ma aveva continuato a camminare fino al suo cavallo, nessuno che osava intervenire.

La gente intanto si era riversata fuori dalla festa e correva a vedere.
Riconobbe il ragazzo che aveva visto in città, quello altissimo, che si avvicinava all'altro coi capelli lunghi, e si allontanavano insieme.
Era arrivato anche lo sceriffo e si era avvicinato ai corpi dei due, erano morti? Lo sceriffo aveva toccato il corpo di uno con il piede ed aveva parlato attraverso il fazzoletto che si ostinava a portare anche ora.

 - E' morto - disse - bel colpo tra l'altro, dritto al cuore -

In quel momento era spuntato fuori Danzo, che durante la sparatoria era sparito chissà dove, si era avvicinato ai due suoi uomini a terra e li aveva guardati, e non sembrava scosso, o preoccupato.

 - Deidara è ancora vivo, siete ancora qui, sceriffo? - chiese con un tono severo - Non arrestate il colpevole?-

 - Per quanto mi riguarda non vedo perché dovrei arrestarlo, erano due contro uno... forse tre - borbottò lo sceriffo, guardando fissamente il suo interlocutore.

Allora Danzo si era guardato intorno ed aveva fatto segno di avvicinarsi ad un altro di loro che sopraggiungeva, quello con i capelli tirati indietro che l'aveva così tanto infastidita, e gli aveva detto di correre dietro a quel ragazzo, che era ferito e non doveva essere difficile catturarlo.

 - Offro una ricompensa a chi me lo riporta! - aveva esclamato poi, ed alcuni uomini si erano allontanati dalla folla.

Più tardi aveva chiesto ad un paio di persone di sollevare il ferito e caricarlo su un carro, e se ne era andato a sua volta.

Gli Hyuuga si erano riuniti e guardare la scena con un'espressione cupa.
I tempi erano davvero cambiati, per la prima volta la tregua della festa non era stata rispettata, e Sakura suppose che non ci sarebbe stata un'altra festa l'anno successivo.
Poi lei si guardò il bel vestito, che si era rovinato e macchiato quando era stata buttata a terra.
Era destino che i suoi begli abiti si rovinassero, metafora dell'inutilità piena dei suoi anni passati in collegio.
Pazienza, forse era tempo di metterli in soffitta, erano meglio le sue gonne pratiche e corte, che le permettevano di cavalcare e di portare una pistola al fianco.

 - Uno in meno - commentò Jiraiya al suo fianco - quelli stanno bene morti -

Sakura non aveva detto niente ed aveva ascoltato i commenti attorno a lei senza prestarvi troppa attenzione.

Pensava allo straniero, solo, ferito ed inseguito, da qualche parte nella notte.

Presto li raggiunse anche sua zia, le chiese preoccupata se stava bene, se era ferita e poi, tranquillizzata, si mise a discutere con Jiraiya e il vecchio Hyuuga.
Lei ora aveva ascoltato con più attenzione di quel che mostrava i discorsi dei tre.
Aveva raccolto delle mezze frasi che l'avevano sorpresa ed aveva fatto un vero e proprio interrogatorio alla zia mentre tornavano a casa.
Aveva ascoltato in silenzio accigliata le spiegazioni che le venivano date.
Perché era stata tenuta all'oscuro?
Perché Jiraiya, un perfetto sconosciuto, sapeva più cose di lei?
Perché nessuno le aveva detto che il ranch aveva grossi problemi finanziari, e che a questo si aggiungeva il fatto che ultimamente venivano derubati di capi di bestiame, e che, purtroppo senza prove, sospettavano che in qualche modo l'Akatsuki non fosse completamente estranea alla cosa?
E che il nuovo proprietario del ranch Uchiha erano considerato estremamente pericoloso, e si prospettavano momenti davvero duri?

 - Ormai è pericoloso anche cavalcare da soli qui, non voglio che tu vada in giro da sola - aveva concluso Tsunade.

 - Non dirlo neanche per scherzo – la fermò subito lei - andrò in giro armata, tutto qui -

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kry333: Ciao! Eccomi qua anche se in ritardo.. e grazie per la recensione come al solito!!!! Grazie mille anche per l'altra recensione al racconto.. che sicuramente non era semplice, anzi.. e forse un po' troppo 'adulta'.. devo decidermi a scriverne un altro con un Sasuke più 'sano', con un futuro più sereno per loro!

Julia83: Bene!! Sono proprio contenta che il tuo computer sia a posto finalmente, e grazie mille per la recensione!! Io sono in clamoroso ritardo, ma, accidenti.. man mano che vado avanti mi vengono dubbi sulla trama, e quasi volevo rivoluzionare tutto.. per quello ho aspettato a postare anche se il capitolo era già bello e pronto.. non sapevo se modificare alcune cose con la prospettiva di un cambiamento futuro.  
Alla fine ho lasciato così, non avevo proprio voglia di rifare tutto, però ci sono alcune cose che non mi soddisfano per niente! Oltretutto mi rendo sempre più conto che in questo contesto non ci stanno bene certi tipi di riflessioni o introspezioni, così faccio proprio fatica a rappresentare alcuni momenti o alcuni personaggi!  Spero di risentirti presto! Un bacione!




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Capitolo 3
*** 3. Il posto segreto ***


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E' breve, lo so!


3.
IL POSTO SEGRETO


Il giorno successivo Sakura si era alzata presto per preparare una serie di medicinali indiani, aiutata dalla vecchia Chiyo.
Aveva imparato come curare la gente quando ancora era bambina, da Tsunade, che era famosa in tutta la zona per la sua abilità nel medicare le ferite da arma da fuoco e a volte veniva chiamata anche lontano per aiutare qualcuno.
Ma Chiyo non era da meno della zia, e a Sakura piaceva poter passare un po’ di tempo con lei, ascoltare i suoi suggerimenti brevi ma sempre precisi, e in più sapeva di poter contare sul suo silenzio, sapeva che non avrebbe detto niente a Tsunade.
Aveva riposto tutto in una sacca e vi aveva aggiunto il necessario per pulire e fasciare delle ferite.
Poi aveva preso il cavallo, il fucile, ed era partita.

Cavalcò fino alle colline diretta al suo posto, il suo nascondiglio.
Ecco l'albero spezzato dal fulmine, le due pietre a forma di bufalo (lui lo aveva riconosciuto o poteva vederlo solo lei?), ecco infine la parete di roccia con l'entrata, era stata una descrizione troppo vaga? Era così impercettibile la differenza tra l'entrata ed una qualsiasi crepa nella roccia, ora che ci faceva caso, e al buio doveva essere impossibile... no... non poteva aver trovato quel posto.
Era scesa da cavallo un po’ scorata ed era entrata nel passaggio seguita da Shuriken.
Arrivò in fondo allo stretto sentiero quasi sicura che avrebbe trovato deserto il suo posto segreto.
Entrò senza esitare guardandosi attorno con ansia, vide per primo il cavallo e tirò un sospiro di sollievo.

__________


A terra, vicino al cavallo, giaceva il ferito, steso in parte all'interno della caverna come se non fosse riuscito ad avanzare oltre. 
L'animale aveva sollevato la testa di scatto quando l'aveva sentita arrivare.
Nello stesso momento il suo padrone aveva aperto gli occhi ed aveva alzato verso di lei la mano armata di pistola, ma evidentemente era così debole che riusciva a tenere alzato il braccio a stento, anche se era il braccio sano.

Lei legò Shuriken il più lontano possibile dall'altro cavallo, mentre lui abbassava la pistola nel riconoscerla.
Si avvicinò lentamente, con cautela, attenta all'animale che sembrava voler proteggere il suo padrone, ammirandone contemporaneamente la fiera bellezza.
E il cavallo sembrava avere avvertito che lei non era una nemica perché si era allontanato, permettendole di avvicinarsi al ferito.

Si precipitò verso di lui e gli si inginocchiò accanto.

 – Fate vedere – chiese, ed esaminò la ferita.

Tentò di fare il più delicatamente possibile perché la ferita aveva fatto infezione e probabilmente doveva fargli male anche solo sfiorata.

 – Vi siete tolto la pallottola da solo? – domandò poi, curiosa, perché ci voleva un notevole sangue freddo per prendere un coltello, aprirsi una ferita e togliersi la pallottola da soli. 

Non aveva ricevuto risposta, e neppure se l' era aspettata, scommetteva che lui non aveva la forza di dire neppure una parola.
Gli strappò ulteriormente la manica della camicia e pulì la ferita, poi vi applicò sopra l'impacco maleodorante che aveva preparato precedentemente con Chiyo, ed infine fasciò il tutto con mano esperta.
Nel frattempo gli aveva sentito la fronte, era calda, doveva avere un po’ di febbre.
Andò alla fonte e bagnò alcune pezze di stoffa pulite che aveva portato con sé, poi tornò indietro e si chinò a rinfrescargli la fronte, il viso, chiedendosi se lui si rendeva conto della sua presenza, e poi restò lì a guardarlo ai suoi piedi, febbricitante, in dormiveglia, probabilmente poco cosciente di quello che gli accadeva intorno, e pensò che quasi sicuramente sarebbe morto se lei non l'avesse trovato.
Era rimasta così, a vegliarlo per ore, bagnandogli la fronte, porgendogli la borraccia ed aiutandolo a bere, controllando ancora la ferita.
Quando si era addormentato se ne era andata.

Il giorno dopo corse da lui il prima possibile, impaziente di scoprire come stava, se la medicina, come pensava, avesse fatto effetto; le era bastato vederlo per rendersi conto che stava meglio.
Lui si era svegliato in quel momento e l'aveva guardata più lucido del giorno prima, e riusciva anche a muovere un poco il braccio, buon segno.

 – Bevete questo – gli intimò, e lui aveva obbedito.

Aveva riso nel vedere la sua faccia disgustata.

 – E' una medicina potente – lo rassicurò – ma fa veramente schifo... siete stato bravo –

L'aveva fissata per un momento senza dire niente, ma il suo sguardo era molto eloquente, uno sguardo improvvisamente consapevole e freddo che l'aveva intimidita un po’, e questo non le piaceva, anzi, la irritava proprio, perché non era da lei farsi intimidire, mai, da nessuno.

 – Bravo bambino – lo prese ulteriormente in giro, di proposito, dopo che aveva finito di bere – ora dormite –

E davvero si era addormentato subito.
Rimase a vegliarlo per un po’, osservandolo mentre respirava lentamente nel sonno, un respiro regolare finalmente.
Lo aveva lasciato che ancora dormiva.

Il terzo giorno aveva dovuto restare al ranch per l'intera mattinata, incapace di inventarsi una scusa da propinare alla zia che la pregava di rimanere, e solo dopo pranzo era riuscita ad allontanarsi portando con sé del cibo, perché era sicura che lo avrebbe trovato affamato.

Era arrivata che era ormai pomeriggio e lo aveva trovato in piedi, che le puntava una pistola contro, possibile che non potesse rilassarsi neppure per una frazione di secondo? Evidentemente aveva appena finito di lavarsi e farsi la barba perché era a torso nudo ed era sbarbato di fresco.
Lui aveva subito abbassato la pistola, e lei era rimasta a fissarlo come una stupida, con le guance rosse, imbarazzata, non spaventata.
Non smise di guardarlo, senza neppure sapere il perché, mentre lui tirava fuori dalla bisaccia una camicia di riserva e se l' abbottonava lentamente... probabilmente andava male con una mano sola e in più la sinistra, ma lei non intendeva andare ad aiutarlo, rimase così, a fissarlo suo malgrado, imbarazzata suo malgrado.

 – Volete andarvene? – gli chiese infine.

 – Questa notte – 

 – Dovete stare attento, è troppo presto, e la ferita potrebbe riaprirsi – 

Non aveva aggiunto altro, il viso ora a terra, ed aveva appoggiato il cesto che aveva portato con sé.

 – Da quanti giorni sono qui? – le domandò mentre lei ancora non lo guardava e tirava fuori le vivande che aveva portato.

 – Questo è il terzo giorno –

Si erano seduti su una roccia piatta, e lui aveva mangiato in silenzio, evidentemente affamato.
Sakura non aveva più parlato, aveva guardato il suo posto segreto, ora contaminato da quella presenza estranea che la turbava, aveva guardato la sorgente, l'erba verdissima, ed aveva cercato di ignorare la presenza silenziosa al suo fianco.
Aveva preso coscienza della sensazione della pietra scaldata dal sole sotto di lei, del vento leggero che le scompigliava appena i capelli, del profumo dei fiori, dell'erba, dei colori.
Eppure non riusciva a togliersi di dosso quell'altra sensazione, quel fastidioso turbamento che le scorreva sulla pelle.

Rimasero ancora in silenzio dopo che lui aveva mangiato, seduti uno di fianco all'altro, e si stava bene così. Ogni tanto lo sbirciava con la coda dell'occhio, senza farsi notare, e ne studiava il bel profilo mentre lui guardava fisso davanti a sé, e sembrava non importargli niente.

Chissà cosa gli passava per la testa, chissà cosa pensava, cosa stava pensando in quel momento.
Si voltò a guardarlo ed incontrò lo sguardo di lui, che la fissava ora.
Sorrise e si sforzò di voltare la testa lentamente, per riprendere a studiare le foglie che galleggiavano sul piccolo specchio d'acqua.

Dopo un po’ era stata lei a rompere il silenzio.

 – Perché volete uccidere Orochimaru? – chiese semplicemente.

 – Perchè ho visto i suoi uomini quella notte –

Non era granché come spiegazione, ma non gli aveva chiesto altro al riguardo, aveva accennato con la testa che aveva capito e poi aveva fatto altre domande, così, direttamente, cercando di non mostrarsi troppo curiosa, ma senza giri di parole.
E una domanda dopo l'altra, benché lui le rispondesse a smozziconi, aveva finito per sapere alcune cose di lui, ed aveva sorriso mentre continuava a guardare dritto davanti a sé, perché era evidente che lui non amava parlare di sé, ma lo aveva comunque fatto.

 – Come vi siete salvato da bambino? –

 Lui rimase in silenzio per un po’ prima di parlare – Mio fratello mi ha portato via, siamo scappati da una finestra, e poi attraverso un sentiero nascosto che conoscevamo – rispose infine, senza guardarla.

Neppure lei lo aveva guardato, aveva continuato ad osservare le due foglie che si muovevano nell'acqua – Dove siete andati? – 

Altra pausa – Abbiamo camminato per giorni... poi abbiamo preso un treno e ci siamo saliti –

La ferrovia era lontana da lì, come potevano avere camminato così a lungo? Per quanti giorni? Ma non glielo aveva chiesto, chiedeva solo l'essenziale, soddisfatta che lui le rispondesse.

 – E siete arrivati da qualche parte? – 

 – ...da qualche parte – 

 – E cos'avete fatto? –

Una pausa ancora – Siamo sopravvissuti rubacchiando qua e là –

 – E vostro fratello? –

C'era stata una pausa più lunga – Ad un certo punto mi hanno preso e mi hanno messo in orfanatrofio, non so cosa sia stato di lui... pensavo fosse morto –

 – Com'era l'orfanatrofio? – gli aveva chiesto infine – Io sono sopravvissuta in collegio perché sapevo che un giorno sarei tornata a casa – aveva parlato mezza tra sé a sé, mezza rivolta a lui – voi, cosa pensavate? –

 – Niente – rispose lui dopo un po’ – volevo solo scappare e vendicare la mia famiglia –

Lei aveva pensato a tutta la sofferenza che doveva nascondersi dietro a quelle frasi brevi, pronunciate con indifferenza, ma non aveva aggiunto altro. 

 – Ora sei davvero in pericolo – gli spiegò solo, alla fine, dandogli improvvisamente del tu – devi scappare lontano, non puoi tornare subito... io posso parlare con gli altri qui, potremmo appoggiarti ed aiutarti e... –
 
 – No – l'aveva fermata lui – so già come fare – 

Lei si voltò finalmente a guardarlo, dispiaciuta, un po’ accigliata e preoccupata, preoccupata per lui, e rimase lì a fissarlo per un attimo, persa nella profondità di quegli occhi neri, trattenendo l'impulso di toccarlo.
Ed era come essere intrappolati in un angolo di mondo magico, il suono dell'acqua che scorreva, il rumore degli insetti, il profumo dei fiori, un ramo d'albero che formava una zona d'ombra proprio sulle loro teste, il cielo così terso, il verde dell'erba che si rifletteva negli occhi di lui, si avvicinò un poco, senza neppure accorgersene, attratta irrimediabilmente verso di lui.
Chi era lui, cosa si nascondeva dietro quel bel volto impassibile, cosa c'era nel fondo di quegli occhi?
Sentì che una forza invisibile la portava irresistibilmente verso di lui.
Lui, quasi le avesse letto nel pensiero, si era impercettibilmente ritratto, e lei, seguendo quell'istinto naturale, si era impercettibilmente avvicinata.
Lo aveva guardato ancora e aveva pensato che non sarebbe mai riuscito a sconfiggere Orochimaru e l'Akatsuki da solo, che era stupido, e che sarebbe morto e lei non lo avrebbe visto mai più, non avrebbe più avvertito la sua presenza al suo fianco, come un formicolio sulla pelle, e non avrebbe più potuto avvicinarsi a lui, non lo avrebbe mai... toccato.
Come poteva importarle così tanto, perché?
Avvicinò ancora il viso ed era così vicina ora che si era sentita percorrere da un leggero brivido che le partiva dalla nuca.
E poi così, come fosse una cosa naturale, aveva appoggiato le labbra su quelle di lui, ed era stata ferma così, indecisa per un secondo, la sensazione delle labbra morbide di lui che la faceva tremare.
Con lui che era troppo sorpreso per reagire, ne era sicura.
E infine lui le aveva sfiorato i capelli con la mano sinistra, e poi aveva appoggiato la mano sulla sua nuca e l'aveva stretta a sé, schiudendo le labbra.
Non appena sentì la lingua di lui sulla bocca si tirò indietro, spaventata, e lui l'aveva lasciata andare.
Lo aveva guardato eccitata, imbarazzata, ansimante, sapeva che si poteva baciare con la lingua, lo aveva sentito in collegio, dalle ragazze, e sapeva che era una cosa sconveniente.

Per un secondo rimase così, sospesa, ansimante, mentre lui la guardava con quegli occhi scuri che ora sembravano avere un fuoco dietro e la facevano sentire debole, languida, la facevano tremare.
Ma non si era ritratta, si era avvicinata ancora, ed ancora aveva appoggiato le labbra sulle sue ed aveva aperto la bocca, un po’ tremante, ma decisa.
Lui aveva fatto scivolare lentamente la lingua dentro di lei, e lentamente aveva iniziato a giocare con la lingua di lei.
Ed era una sensazione così forte, violenta, quella, che Sakura per un momento aveva avuto paura, proprio lei che non aveva paura di niente.
Si era irrigidita un momento ma poi si era lasciata andare ed aveva risposto piena di passione, conscia solo delle loro lingue che si cercavano affamate e dei i loro corpi accaldati, del suo corpo che veniva invaso da un'ondata di calore, di desiderio, di bisogno.
 
Si era staccata lei per prendere aria, le labbra socchiuse, lo sguardo languido, e si sentiva le guance arrossate. 

E aveva visto gli occhi di lui che ritornavano freddi, il corpo che si allontanava da lei e si irrigidiva come per riguadagnare il controllo.

 – Ora devi tornare a casa – le fece.

 – Perché? – non riusciva a capire cosa fosse successo, come lui potesse essere cambiato così, all'improvviso, mentre lei faceva ancora fatica a respirare propriamente.

 – Va' a casa –

 – Ma... –

 – Vattene – ripeté brusco, senza guardarla – trovati un bravo ragazzo e sposati, o sei così stupida da buttare tutto per il gusto di un'avventura... perché non sarà niente di più... e se non sbaglio ci sono cose che non vengono perdonate ad una donna – 

Non l'aveva più guardata e lei si era alzata ed allontanata, offesa. 
Era così arrabbiata che se non fosse stato ferito gli avrebbe tirato un pugno.
Come si permetteva di trattarla così? Per chi la prendeva, per un'oca che faceva le cose così, avventatamente? Un'avventura, era questo che pensava lui? Che si divertisse a baciare le persone per il gusto dell'avventura?

Aveva recuperato la cavalla e si era voltata un attimo a guardarlo mentre si dirigeva all'uscita, lui non la guardava, si stava arrotolando una sigaretta con una sola mano e sembrava totalmente indifferente.
Probabilmente gli aveva salvato la vita e lui non l'aveva neppure ringraziata.
Se ne andò lungo lo stretto sentiero con il cavallo che la seguiva obbediente, lasciandolo solo.

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kry333: Ciao!! Come vedi hanno scambiato più di qualche parola XDDD!! Grazie mille!! COME SEMPRE!!


Julia83: In realtà Sai non lo sopporto proprio neppure io :). Non l'ho mai sopportato (mi sarebbe piaciuto come 'cattivo'!), ma ultimamente non lo reggo proprio, si mette anche a dare consigli sentimentali.. lui che non ne capisce niente! Per non parlare di Sakura, che lo ascolta pure :D!
In quanto a Sakura, non commento la penosa dichiarazione (che a mio parere mette proprio una pietra sopra ad un eventuale NarutoxSakura, priva di sentimento com'è).. posso anche capirla.. ma dico.. era auspicabile un suo cambiamento e che la smettesse di frignare per Sasuke, però non così stupidamente!! Va bene.. spero per il futuro visto che sembra tutto confusionario al momento, ma probabilmente avrà un senso nell'insieme.. e spero davvero che sia la volta buona che Naruto affronta Sasuke, e che lo scontro non venga ancora rimandato!
Intanto mi sfogo con il western e con una Sakura un po' più sicura di sè :-)!!
Grazie mille per la recensione, apprezzatissima.. anche perchè me ne faccio parecchie di paranoie :D!
Questo capitolo è davvero breve, ma il seguito non c'entrava molto, per cui l'ho lasciato così.. vorrà dire che il prossimo sarà più lungo! Un bacione..


RBAA: E' più faticoso per me scrivere questa storia, probabilmente perchè ha una trama e di solito le mie storie ne sono praticamente prive XDD! Per cui grazie mille per la recensione.. ti assicuro che vale il tuo parere..   


FuoriTarget: Ciao!! In effetti era un po' che non postavo, però nel frattempo scrivevo..
Su questa storia ho ancora molti dubbi (come al solito :D), per cui grazie per la recensione incoraggiante. Spero di sentirti presto, baci!


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Capitolo 4
*** 4. L'Akatsuki ***



4.
L'AKATSUKI


Erano passati pochi giorni e Sakura era seduta sul dondolo sistemato sotto il portico davanti a casa.
Tsunade e Jiraiya erano in città e lei si era rifiutata di andare con loro, un comportamento molto infantile se ci pensava, perché in realtà avrebbe visto volentieri Ino, ma era davvero nervosa da qualche giorno a questa parte e dover sopportare Jiraiya e la zia insieme per l'intera durata del viaggio era davvero troppo, al momento.
Seguì per un po’ i pensieri che vagavano e poi cercò di concentrarsi sul fatto che presto ci sarebbe stata una riunione dagli Hyuuga, cui avrebbero partecipato diverse persone di Konoha City (ci sarebbe stato anche il padre di Ino) e i vari rancheros del circondario, nel tentativo di venire a capo della situazione che si era creata nella zona.
Ma chissà perché non riusciva a concentrarsi su niente.
Forse era meglio se andava a farsi una cavalcata.

Chissà dov'era lui, si arrese alla fine, perché sapeva che era quello il pensiero che la rendeva inquieta.

E il ricordo di quel bacio.

In realtà non era stato il suo primo bacio, perché anni prima, quando aveva promesso a Naruto di sposarlo, aveva appoggiato le labbra su quelle di lui per suggellare la sua sciocca promessa.
Ma non era stato niente, non le aveva fatto alcun effetto, mentre le labbra di Sasuke l'avevano fatta tremare, e nel sentire la lingua di lui aveva avvertito un'ondata di calore in tutto il corpo, e poi, arrossì ancora al ricordo, aveva sentito quell'improvviso bisogno… di cosa?

Quel giorno si era voltata, aveva recuperato le sue cose e si era diretta all'uscita arrabbiata, furiosa con lui.
Ma perché si era arrabbiata in fondo?
E perché non era tornata indietro?
Ora forse non lo avrebbe rivisto mai più.
Ed era per questo, proprio perché non avevano tempo che lei lo aveva baciato.
Non voleva perdere quell'occasione perché era sicura che non avrebbe mai più incontrato qualcuno che la faceva sentire così.
Lo aveva baciato perché non c'era tempo per conoscersi, per i corteggiamenti, non c'era tempo per aspettare, anche poco, come aveva fatto Ino, perché domani lui poteva essere morto, domani potevano essere morti tutti loro, e lei aveva solo l'oggi per dirgli che lui era importante per lei, che anche se non si conoscevano lui le era entrato dentro.
Che non lo avrebbe dimenticato.

E invece aveva lasciato passare quel momento che non sarebbe ritornato mai più.

Si riscosse nel notare la polvere che si sollevava lontano, indice che qualcuno si avvicinava a cavallo.
Non aspettava nessuno e corse in casa a prendere il fucile dalla rastrelliera, e poi aspettò mentre le sagome dei tre cavalieri prendevano forma.
Le sembrava di riconoscerli e non capiva assolutamente cosa venissero a fare lì al ranch.
Sollevò il fucile mentre due dei cavalieri si avvicinavano, l'altro che li seguiva un po’ più indietro.
Si fermarono tutti e tre ed uno scese.

Quello che era sceso si era tolto il cappello rivelando il volto giovane e allegro e i lunghi capelli biondi di quello che era stato ferito alla festa, anche se non sembrava ferito.

 – Cosa volete? – chiese lei facendo scattare la sicura.

 – Signorina – aveva sorriso l'altro – è questa la famosa ospitalità dell'ovest? –

 – Dipende da quello che volete – ribadì lei.

 – Il nostro compagno, qui, si è ferito e so che voi siete bravi a curare le persone –

Sakura aveva guardato la persona indicata, quella che era rimasta un po’ in disparte, ancora a cavallo. Notò solo allora che era assai minuto e quando quello alzò la tesa del cappello le sembrò proprio un ragazzino, poco più di un bambino.

 – Venite dal ranch Uchiha? – domandò.

 – Ora si chiama Akatsuki, gli Uchiha sono morti – aveva risposto l'ultimo cavaliere, scendendo a sua volta.

Aveva guardato anche quello, che era piuttosto alto, mentre si toglieva il cappello permettendole di riconoscerlo.
Riconobbe immediatamente i capelli chiari tirati indietro sul bel viso di età indefinibile, e riconobbe lo sguardo odioso che la fissava insistentemente, come l'aveva guardata alla festa degli Hyuuga.

Continuò a guardarli, senza abbassare il fucile.

 – Signorina... se potesse – le aveva chiesto quello a cavallo con una voce sorprendentemente adulta, e lei lo aveva fissato con più attenzione.
Ne aveva colto lo sguardo freddo, serio, ed aveva rabbrividito, no, non era un bambino, era un adulto con un volto fanciullesco, da bambino, ed era sicura che fosse anche pericoloso.

 – Ci penso io, Sakura –

Dietro di lei era apparsa Chiyo, un fucile tra le braccia, e Sakura, un po’ più rilassata, aveva abbassato il suo.
L'avevano seguita tutti all'interno della casa, fino alla stanzetta che loro usavano per infermeria, mentre la vecchia indiana teneva i tre uomini sotto tiro, la mano ferma.

 – Che ospitalità di m.. – il biondo lasciò la frase a metà e lei fece finta di niente mentre dava un'occhiata alla ferita.
Il ragazzo aveva una ferita da arma da fuoco ma la pallottola, che gli aveva perforato un fianco, era uscita dall'altra parte.

 – Mi risulta che non tutti gli Uchiha siano morti – commentò mentre prendeva il necessario per disinfettare la ferita, chiedendosi nel frattempo come se la fosse procurata.

 – Davvero? Si è sparsa la voce? – aveva chiesto quello biondo, mentre lei sentiva lo sguardo del terzo ostinatamente fisso su di sé.

 – Itachi è con noi.. – aveva continuato – e c'è il suo fratellino in città, devo ancora ucciderlo –

Sakura aveva fatto finta di niente ed aveva continuato a curare il ferito, che se ne stava silenzioso e indifferente.

 – Ucciderlo? – domandò con noncuranza – Avete già provato ad ucciderlo dagli Hyuuga, giusto? Pensavo foste rimasto ferito –

 – Ma no! – replicò l'altro indignato – Non mi faccio sconfiggere da un Uchiha! –

 – Se non era per un colpo di fortuna saresti morto – lo contraddisse il terzo – ti sei salvato solo perché avevi quella specie di portafortuna di metallo proprio sopra al cuore – aveva specificato.

 – Non era un portafortuna! Io sono un artista e... – aveva iniziato a spiegare orgoglioso quello biondo.

 – Parlate troppo – li interruppe l'uomo dalla faccia da bambino che lei stava ora fasciando.

Non avevano più parlato e lei si era sbrigata in fretta, gli occhi del terzo che insistevano fastidiosamente su di lei.

 – Avete trovato qualcuno con cui vi piaceva ballare... signora? – le aveva chiesto infine, con un tono di voce impercettibilmente insolente che l'aveva fatta irrigidire.

 – Hidan si è offeso, crede di essere irresistibile – aveva riso il biondo.

 – Sta zitto tu! – lo rimbeccò quello che si chiamava Hidan – che ti credi una specie di artista! –

 – Ho finito – li interruppe Sakura – andatevene ora – non vedeva l'ora che se ne andassero e neppure riusciva a fingere di non essere a disagio.

I tre si erano guardati senza dire una parola, e lentamente erano usciti, erano saliti a cavallo e finalmente se n'erano andati, il biondo che aveva ancora da ridire sulla poca ospitalità ricevuta.

 – La prossima volta, Sakura – commentò Chiyo – non li facciamo neppure entrare.. e guardati da quello alto –

Sakura aveva continuato a guardare l'orizzonte, preoccupata, perché non le era mai capitato di non sentirsi al sicuro in casa propria.
Un'ora dopo vide alzarsi di nuovo la polvere.
Tenne stretto il fucile decisa a non farli scendere da cavallo questa volta, fino a quando non riconobbe Naruto, assieme ad uno degli Hyuuga, distinguibile dai lunghi capelli scuri che contrastavano con i tipici occhi chiarissimi, quasi incolore.

 – Sakura! – esclamò Naruto, un sorriso che inevitabilmente gli si allargava nel vederla e subito svaniva – c'è stata una sparatoria al confine dei nostri ranch, abbiamo seguito le tracce fin qui! Tutto bene? –

Lei aveva raccontato brevemente quello che era accaduto ed aveva ascoltato le spiegazioni di Naruto, l'altro ragazzo che se ne stava silenzioso e pensieroso a cavallo. In realtà non sapevano bene neppure loro cosa fosse successo, erano arrivati che era già tutto finito, ma uno dei ragazzi degli Hyuuga era morto.

 – Sostengono che avevamo invaso il loro territorio, ma delle vacche erano andate dall'altra parte, è normale! Loro e quel dannato filo spinato! –

Naruto sembrava davvero preoccupato, lei non lo aveva visto mai così, e anche questo era un segno della gravità della situazione.

 – Ma cosa succederà se li raggiungete? – chiese, a sua volta preoccupata.

 – Intanto sentiamo cosa hanno da dire – era stata l'evasiva risposta.

Sempre la solita vecchia storia: la violenza doveva essere tenuta nascosta alle donne.

 – Non credo che vi accoglieranno a braccia aperte, e poi, anche se riusciste a catturarli, cosa fate, li portate dallo sceriffo, li impiccate? –

 – Non siamo a questo punto – era intervenuto lo Hyuuga – non vogliamo scatenare una guerra –

 – Sì Sakura, vogliamo solo sentire cos'hanno da dire! – si era giustificato Naruto – Ora dobbiamo andare, o li perdiamo –

Era salito a cavallo – Hanno parlato di uccidere il ragazzo Uchiha, ne sapete qualcosa? – chiese lei casualmente.

 – Non so perché ce l'abbiano con lui – rispose Naruto, ormai a cavallo – non so neanche se è ancora da queste parti –

Guardava leggermente di lato mentre le diceva questo, e lei aveva riconosciuto quella sua vecchia caratteristica: non sapeva raccontare bugie.

 – Lo hai incontrato – dedusse sbrigativamente mentre lui faceva girare il cavallo.

 – Non è possibile! – aveva esclamato lui, sorpreso – Se continui così non vorrò più sposarti! –

 – Non fai ridere – borbottò lei – e poi non vedo perché dovremmo sposarci –

 – Non ti ricordi più? Una promessa è una promessa! Vero Neji? – aveva urlato Naruto mentre spronava il cavallo.

Lo guardò allontanarsi corrucciata, perché non intendeva dargli corda in nessun modo con quella storia della promessa di matrimonio, neppure per scherzo.

Li seguì con lo sguardo fino a quando non erano diventati solo dei puntini scuri confusi nella polvere.
Era la seconda volta che Naruto le rispondeva evasivamente, e non ce ne sarebbe stata una terza. Conosceva bene Sasuke Uchiha? Quando lo aveva conosciuto, come? Lo aveva rivisto di recente? e in che rapporti erano? Amici.. o nemici?

E cos'avrebbero fatto una volta che avessero raggiunto quei tre?
Neji aveva ragione, non si poteva iniziare una guerra, sarebbe stato un disastro per tutti, ma se la guerra era già iniziata?

__________


Naruto e Neji avevano proseguito in silenzio, intenti a seguire le tracce dei fuggitivi.

 – Non mi piace che siano andati dai Senju – interruppe il silenzio Neji, il volto serio.

 – Neanche a me, per niente –

Ad un certo punto, ai piedi delle colline, le tracce si confondevano; evidentemente i fuggitivi si erano incontrati con altre persone, e poi si erano divisi, uno aveva proseguito con gli altri verso il loro ranch, altri due si dirigevano ad ovest.
Erano sicuri che almeno uno di quei due fosse uno di quelli che inseguivano, perché il suo cavallo aveva un riconoscibile ferro spezzato, e avevano deciso di seguire i due, gli altri erano troppi.

Più avanti le tracce si dividevano ancora, uno che proseguiva e l'altro che deviava verso sud.

Si erano guardati perplessi.

 – Dubito che tornino dai Senju, che senso avrebbe? –

 – Non lo so – rispose Naruto perplesso.

 – Forse si sono accorti di noi e si divertono –

Si erano divisi anche loro, Neji dietro a quello che andava a sud, Naruto che seguiva l'altro.

 – Vado direttamente dai Senju, non preoccuparti – aveva spiegato Neji e Naruto aveva annuito, il cavallo di Neji era più veloce, lo sapevano tutti e due.
Poi Naruto aveva continuato a seguire le tracce del terzo cavaliere, senza pensare a nient'altro, perché si fidava ciecamente di Neji.

Lo seguì fino all'interno delle colline, chiedendosi cosa diavolo stesse facendo quel tipo, visto che girava intorno seguendo un itinerario tortuoso, come se cercasse qualcosa, o qualcuno.

Forse davvero cercava Sasuke, il che poteva essere un vantaggio visto che lui sapeva dove era accampato.
Lo aveva scoperto il giorno prima, quando ai pascoli aveva incontrato un paio di indiani che conosceva che gli avevano riferito di aver visto stranieri accampati sulle colline, e lui era andato a controllare.

Erano anni che non si vedevano loro due, e avevano subito litigato, il che non era per niente strano: quasi gli ricordava i vecchi tempi, quando erano in orfanotrofio e litigavano sempre, ma erano sempre assieme.
No, Sasuke non era cambiato molto, era il solito testardo che si mostra impassibile, il bastardo, quasi che mostrare un po’ di emozione dovesse essere una debolezza inaccettabile. E poi si era affrettato a chiarire che non aveva tempo per i vecchi amici, e che quello che doveva fare lo voleva fare da solo, come al solito, come quando aveva deciso di andarsene per conto suo, dopo quell'anno che avevano passato a vagare in giro, quando erano scappati dall'orfanotrofio.
E non c'era modo di venirne a capo, aveva quella fissa della vendetta, e sembrava che nient'altro fosse importante al confronto.
Era qualcosa che Naruto aveva sempre fatto fatica a comprendere e che aveva sempre creato una sottile barriera tra di loro, ma questo non cambiava il fatto che gli voleva bene come ad un fratello, e che quando la gente parlava della propria famiglia, se lui pensava a qualcosa che corrispondesse, era a Sasuke che pensava.
E in fondo era anche questo il motivo per cui, ormai solo, aveva deciso di andare a vivere nei luoghi di origine di Sasuke, perché lui non aveva radici ed aveva preso in prestito quelle del suo amico, dell'unica sua famiglia.

Si rese conto che se avesse continuato a seguire le tracce avrebbe perso ore, le orme non si seguivano facilmente sulle rocce, e decise di rischiare e dirigersi direttamente all'accampamento.
Quando sentì il primo sparo spronò il cavallo, preoccupato.

__________

 
Sasuke era solo accanto al fuoco spento, seduto sopra un masso con la schiena alla parete della roccia, era ancora debole e la spalla gli faceva male. Karin e Suigetsu erano in città, Juugo era chissà dove in mezzo alle colline.

Era un po’ che avvertiva la presenza di qualcun altro lì intorno, ma chiunque fosse non si decideva ad uscire allo scoperto, dal che si deduceva che era nemico, non amico, e questo non era il momento migliore, visto che lui aveva ancora grossi problemi ad usare la mano destra.

E c'era sempre la possibilità che quello avesse un fucile e una buona mira e gli sparasse da lontano.

Si alzò lentamente e si avvicinò al limite della radura, in attesa, fino a quando non distinse un movimento tra gli alberi e non vide e riconobbe il tipo biondo che gli aveva sparato alla festa.

 – Sono sicuro di averti colpito al cuore, credevo fossi morto – gli fece.

 – Lo credevo anch'io – aveva risposto l'altro – e sono proprio incazzato con te –

Sasuke lo aveva guardato valutando freddamente la situazione, era notevolmente più lento con la sinistra, e questa era la seconda volta in pochi giorni che rischiava seriamente la vita.

Si erano guardati negli occhi un momento e si erano mossi nello stesso istante.

Sasuke si buttò a terra, sapendo che non avrebbe potuto battere l'altro in velocità, aveva sparato da terra, con la sinistra, e poi si era rotolato sul fianco per raggiungere il tronco d'albero alla sua destra, mentre l'altro gli sparava tre colpi in successione.
In questo modo aveva evitato di essere colpito, ma aveva dovuto appoggiarsi sulla spalla ferita, che gli aveva fatto un male cane. Era sicuro che la ferita si fosse riaperta, e mentre si sedeva puntellandosi sul braccio sano, sentì che la fasciatura si bagnava di nuovo di sangue.

Calcolò rapidamente le possibilità, il tizio aveva appena fatto esplodere quattro pallottole, per cui gliene restavano solo due. Sempre se aveva solo quella pistola.
Se riusciva a fargli sparare ancora due colpi lo scopriva subito.

Non aveva fatto in tempo neppure a finire il pensiero che qualcosa era stato gettato poco più in là di dove si trovava lui... che accidenti era... un piccolo candelotto di dinamite di forma insolita, con la miccia accesa.

Sparò alla miccia tranciandola di netto, ma lì vicino erano spuntati altri due candelotti, e poi un altro... quello era completamente pazzo.
Si era alzato sparando, ma non sarebbe mai riuscito a spegnerli tutti in tempo, così aveva afferrato l'altra pistola ed era uscito da dietro all'albero sempre sparando, tenendo la pistola di prima quasi scarica con la destra, nonostante il dolore.

Vide l'uomo che usciva allo scoperto per tirare un altro di quei marchingegni, e sparò altri tre colpi mentre correva per allontanarsi il più possibile da lì, ed era sicuro di avere colpito l'uomo almeno una volta.

Poi aveva sentito l'esplosione e ne era stato investito in parte… merda.
Riuscì a nascondersi dietro ad una grossa roccia.
Ora aveva una ferita alla gamba che sanguinava copiosamente e il braccio era completamente ricoperto di sangue. Quanti accidenti di candelotti poteva avere ancora quello?
Stava perdendo troppo sangue e se non faceva qualcosa, tra un poco diventava troppo debole per muoversi, per cui tanto valeva muoversi e rischiare ancora una volta, in fondo neppure l'altro doveva essere in buone condizioni, era sicuro di averlo colpito.
Si alzò cercando di mettere il peso solo su una gamba, ed uscì lentamente, la pistola in mano, dall'altra parte dello spuntone roccioso.
Non gli aveva sparato nessuno.
Si guardò intorno e si spostò lateralmente, camminando a fatica, la gamba che ora gli dava un dolore insopportabile, fino a raggiungere il punto in cui supponeva dovesse essere l'altro.
E infatti era lì, a terra, in ginocchio, una mano sulla ferita al petto che sanguinava, l'altra mano, armata, che non riusciva a sollevarsi nemmeno di poco.
Gli bastò un'occhiata per capire che l'altro era ridotto peggio di lui e non avrebbe retto per molto, se non fermava presto la fuoriuscita di sangue.
Si chinò di fronte a lui, stremato, e neppure lui aveva più energie, e non sapeva neppure se avrebbe avuto la forza di rialzarsi.
Era così, sarebbe morto così?
Com'era che sembrava tutto così poco importante, ora?

 – Tu lo sai, vero, dov'è l'oro – gli aveva sibilato l'altro.

Sasuke non sapeva neppure di cosa stesse parlando quello, e non si era preso la briga di rispondere.

 – Ehi! Rispondi! – si arrabbiò l'altro – Vi odio proprio a voi due, ma chi vi credete... scommetto... che anche tuo fratello fa solo finta di non sapere niente... ma lo troviamo prima o poi... e saremo ricchi… tutti –

 – Di cosa parli – gli chiese.

 – Adesso morirai, lo sai? Ho vinto io – rispose il tipo biondo, ridendo – sono più forte io... voi Uchiha... vi credete... chissà chi –

Sasuke lo aveva guardato senza capire e poi aveva seguito la direzione dello sguardo di quel pazzo.
C'era una serie di candelotti di dinamite legati tra di loro dietro di lui, la miccia nascosta e protetta da un tronco caduto, ed anche se fosse riuscito ad alzarsi, non sarebbe mai riuscito ad allontanarsi in tempo per evitare un'esplosione di quella portata.
L'unica cosa che gli venne in mente al momento era che sperava che il suo cavallo fosse legato sufficientemente lontano.
Ma cercò ugualmente di alzarsi e di arrivare abbastanza vicino per sparare alla miccia in tempo.

 – Sas'ke! aggrappati qui! – riconobbe la voce ed allungò il braccio sano mentre Naruto lo tirava su di peso e lo aiutava ad issarsi dietro di lui a cavallo.
 – Il mio cavallo – riuscì a dire mentre si allontanavano al galoppo.

 – L'ho slegato, credo che sia dietro di noi – aveva risposto Naruto.

Avevano continuato a cavalcare e si erano fermati solo quando avevano sentito l'esplosione, ormai al sicuro dall'altra parte della collina, e Sasuke aveva potuto constatare che il suo cavallo li stava davvero seguendo.

 – Fammi salire... sul mio – disse col poco fiato che ormai gli rimaneva.

 – Mi sa che mi cadi da cavallo se lo faccio –

 – Ancora sempre a fare l'eroe, eh?! –

 – Io sono un eroe, bastardo, e tu mi devi la vita... altro che tutto da solo... se non ci fossi io–

Aveva sentito che cominciava a scivolare, ormai senza più energie, e Naruto lo aveva tenuto su a forza.

 – Ti porto dove ti cureranno, dalla mia futura moglie – borbottò Naruto.

 – C'è una pazza... che ti vuole sposare? – sussurrò.

 – TUTTE vorrebbero un marito come me! – replicò indignato l'altro, ma Sasuke ormai non ascoltava più.

__________


Sakura era rimasta ancora un poco seduta sotto il porticato, il suo posto preferito, pensierosa.
Stava succedendo tutto così in fretta che non riusciva ad avere uno sguardo d'insieme delle cose, e l'incertezza le dava un senso di inquietudine, ma anche di eccitazione, come se da un momento all'altro tutto potesse cambiare nella sua vita.
E questo non le piaceva, le sembrava sciocco, perché non c'era proprio niente che stava cambiando nella sua vita. Niente.
Era tutto sotto controllo.
Quei tre erano venuti al ranch, ma avevano solo chiesto aiuto, come facevano spesso anche gli altri vicini, tutto qui, e Naruto e Neji Hyuuga sapevano esattamente cosa fare, nella remota ipotesi che riuscissero a raggiungerli.
Certo l' Akatsuki era un problema, ma un problema comune da quelle parti, infatti non era la prima volta che si trovavano costretti ad avere a che fare con delinquenti, bastava pensare a d Orochimaru e ai suoi uomini.
E soprattutto, quello che potevano fare gli Uchiha non doveva riguardarle se non molto indirettamente.
In fondo neppure li conosceva, non lo conosceva.
Ed era davvero stanca di ritrovarsi continuamente a pensare a lui.
Irritata con se stessa e la propria debolezza, si era alzata ed era andata ad allenarsi a sparare.

Prese un paio di lattine e qualche bottiglia e si mise a fare il tiro al bersaglio al suo solito posto, non molto lontano da casa.
Aveva annuito soddisfatta dopo che aveva scaricato il fucile: con quello se la cavava discretamente, era con la pistola che faceva abbastanza schifo, anche se quella si usava per distanze ravvicinate, per cui, sparando al busto, qualcosa doveva riuscire a colpire comunque.
Magari non un tiro perfetto, magari non dritto al cuore.

Scaricò anche la pistola e stava andando a prendere l'altra ancora carica che aveva portato con sé.

Si era fermata di botto, l'ombra di un uomo accanto a lei.

Si voltò e si trovò di fronte al tizio alto di prima, quello coi capelli tirati indietro, e non aveva potuto evitare un brivido di paura.
La pistola che aveva in mano era scarica e l'altra era lontana... si chiese se doveva mettersi a correre.

 – Cosa volete – chiese con voce ferma, non intendeva mostrare di essere spaventata.

Intanto pensava.
Se si metteva ad urlare la sentivano dalla casa? Non ne era sicura, perché si era allontanata così tanto?

L'altro non aveva risposto e la guardava solo.
Aveva fatto per muoversi e quello l'aveva bloccata per il braccio.

 – Lasciatemi andare. Subito. – sibilò, il cuore che le batteva forte.

 – Non fai più la smorfiosa, ora –

Provò a divincolarsi, ora davvero spaventata, e quando vide che non ci riusciva gli mollò uno schiaffo con tutte le sue forze.
Non aveva ottenuto niente.
Lui le aveva stretto il braccio fino a farle male e le aveva tirato un pugno in faccia, colpendole la guancia e facendola cadere, trattenuta solo da lui che la teneva ancora per il braccio.
Sentì il sapore del sangue e cercò di cacciare il dolore, sforzandosi di pensare lucidamente.

 – Non fate l'idiota – tentò di farlo ragionare – vi impiccheranno se mi fate del male –

 – Se mi prendono – sorrise l'altro.

Lo aveva guardato in faccia, la guancia che pulsava, e si convinse che davvero non gli importava di correre rischi, quell'uomo era pazzo.

 – Cosa volete – gli chiese più gentilmente – se sono stata sgarbata mi dispiace, non volevo –

 – Sei gentile, ora – aveva sorriso ancora, ed aveva allentato un po’ la stretta al braccio.

Ora o mai più.

Gli si era avventata addosso con tutte le sue forze, graffiando e scalciando, cercando di liberare il braccio.
L'uomo, colto di sorpresa, aveva allentato ancora più la stretta e lei si era liberata, mettendosi poi a correre con tutte le sue forze.
L'aveva subito inseguita, afferrandola per la stoffa della camicetta, ma lei non si era fermata ed aveva sentito la stoffa lacerarsi.
Riuscì ad afferrare la pistola proprio mentre lui riusciva a prenderla per la spalla, piantandole le dita nella carne.
In qualche modo riuscì a non far cadere la pistola nonostante il dolore, nonostante quello l'avesse scossa con violenza afferrandola anche per i capelli e tirandole la testa indietro.
Non sapeva neanche come fosse successo, era stato lui a farla girare su se stessa, le pareva, e lei non sapeva come ma era riuscita a impugnare la pistola propriamente ed aveva esploso un colpo contro di lui.
Pensava che fosse contro di lui, perché nel caos dell'azione poteva anche essersi sparata addosso.
Quello l'aveva guardata sorpreso, e lei pensava che le avrebbe tirato un altro pugno, e aveva stretto i denti, invece lui le aveva lasciato i capelli, e dopo aveva allargato anche la mano che aveva sulla sua spalla, e infine aveva cominciato lentamente a scivolare.
Le cadde ai piedi, e lei si guardò la mano che aveva tenuto contro il corpo di lui per difendersi: era sporca di sangue.
Era morto? Lo aveva ucciso?

Solo allora cominciò a sentire i suoni, a tornare cosciente di quello che la circondava.
Sentì un rumore e si voltò con la pistola ancora in mano, una mano che tremava. Anzi... si rese conto che non era solo la mano, era tutto il corpo.
Stava tremando visibilmente.
Vide che quello che si stava avvicinando di corsa, la pistola in mano, era Jiraiya, assieme a Neji Hyuuga, e che dietro di loro correva sua zia Tsunade, il volto fermato in una smorfia spaventata.

Jiraiya si era chinato sull'uomo mentre la zia correva ad abbracciarla.

 – E' morto? – si sentì chiedere con voce sorprendentemente ferma.

 – Sì, è stato fortunato, lo avrei impiccato subito se no –

Aveva ucciso un uomo, ma ancora non riusciva a rendersene pienamente conto mentre si abbandonava in parte tra le braccia della zia, che le toglieva la pistola dalla mano e la conduceva verso casa... a casa.

 – Da quando ricordo non era mai successo niente di così grave – aveva mormorato Tsunade.

 – Questa è una dichiarazione di guerra – confermò Neji.

__________


Sakura si era rifiutata di mettersi a letto come le consigliava la zia, cos'era, malata? Ma dopo essersi lavata e cambiata aveva accettato di bere le due dita di whisky che le passava Tsunade, mentre Jiraiya scambiava due parole con Neji.
Quella roba faceva veramente schifo, e Sakura non riusciva proprio a capire come sua zia potesse berne così tanta.
Però si sentiva meglio.

 – Brava ragazza tua nipote – era venuto a sedersi attorno alla tavola con loro Jiraiya, dopo che Neji se ne era andato – sei la degna nipote di tua zia – si rivolse direttamente a lei – tu non lo sai, ma quand'era giovane tua zia cavalcava come un uomo, sparava come un uomo... e beveva come un uomo! –

Era stato interrotto da un'occhiata feroce della zia.

 – La zia pensa che io sia una bambina piccola – spiegò lei amara – e che debba essere tenuta in una campana di vetro per sempre –

 – Non è quello – si giustificò Tsunade – è che per te, Sakura, vorrei una vita più serena... migliore della mia –

Sakura l'aveva guardata sorpresa e per la prima volta si era chiesta se sua zia fosse felice, e si rese conto del suo egoismo, del suo comportamento infantile, del suo infantile dare per scontato che la zia dovesse stare bene, dovesse per forza vivere una vita soddisfatta, senza rimpianti, felice di quello che aveva, di occuparsi del ranch e di sua nipote.
Lei che conosceva, in fondo, della zia, della vita che aveva vissuto, o di quello, si rese conto in quel momento, che non aveva vissuto?
Che ne sapeva di quello che la zia aveva sacrificato, di quello che avrebbe voluto e non aveva avuto?
Non ne sapeva niente e neppure le era mai veramente interessato: aveva sempre pensato solo a se stessa, e come poteva pretendere che la zia le parlasse, le parlasse veramente?
Forse era davvero solo una bambina viziata, forse la zia faceva bene a tenerla all'oscuro, protetta... e forse era ora che cominciasse a crescere.

 – Ho ucciso una persona – disse quasi tra sé e sé – se questo non mi fa crescere, se neppure questo mi fa diventare adulta ai tuoi occhi, non lo farà niente –

Tsunade l'aveva guardata fissamente, e poi aveva sorriso, quel sorriso tenero che rivolgeva solo a sua nipote – Sì – convenne – credo che sia ora di trattarti da adulta – e si versò un bicchiere di whisky.

 – Bene – approvò Jiraiya e intanto riempiva anche il suo bicchiere, e quello di Sakura – perché non abbiamo bisogno di bambocci qui – non che fosse la persona più adatta per fare questo tipo di discorsi.

Stavano ancora parlando e bevendo quando era arrivato Naruto.
Li aveva chiamati a gran voce, quando era ancora lontano, e lei si era precipitata fuori assieme agli altri.
Erano corsi ad aiutarlo a portare dentro il ferito, e dato che avevano bisogno di sdraiarlo su un letto lo avevano portato nella stanza in cui dormiva Jiraiya, la più vicina.

 – Ha perso molto sangue! – spiegò Naruto, e sembrava davvero spaventato – ho provato a fermare il sangue, ma non si fermava quel... –

 – Sakura! – lo interruppe Tsunade – Porta qui tutto l'occorrente, e chiama Chiyo! –

Lei aveva fatto il più in fretta possibile, il cuore in gola, perché aveva riconosciuto l'uomo ferito, possibile che quell'idiota dovesse sempre rischiare la vita? Chiamò Chiyo e insieme presero tutto quello che poteva servire, e lei era così agitata che se non ci fosse stata l'indiana avrebbe sicuramente dimenticato qualcosa.

Tornò di corsa da Tsunade, ed iniziò a passare un panno bagnato sul viso di lui.

 – Tu Sakura esci – le aveva detto secca Tsunade – mi aiuterà Chiyo –

 – Cosa? – replicò indignata, senza muoversi, continuando ad aiutare Tsunade a tagliare la camicia insanguinata, perché il sangue raggrumato rendeva impossibile toglierla in altro modo.

 – Sì, è vero che ho detto che ti avrei trattata da adulta – aveva spiegato bruscamente la zia – ma ora devo togliergli i pantaloni, e non sono ancora pronta a vederti toccare un uomo nudo, ci arriverò, ma non ora –

 – Ma –

 – Niente ma, fila! –

Uscì indignata, seguita da Naruto, che era stato a sua volta cacciato via perché intralciava.
Si erano seduti nuovamente al tavolo, con Jiraiya.

 – Allora Naruto – iniziò lei, di pessimo umore – ora mi vuoi raccontare come lo conosci? –

 – Eravamo amici prima che arrivassi qui – spiegò semplicemente lui – e per quanto mi riguarda l'amicizia non finisce, mai... e tu? – aveva poi chiesto con un tono più leggero – Come lo conosci tu? Eri un po’ troppo preoccupata per una che lo ha visto solo da lontano... come mia futura moglie dovrei essere geloso –

 – Finiscila con questa storia! – gli saltò addosso lei – scusami – se ne era pentita subito dopo, non era giusto scaricare la sua frustrazione su di lui – sono nervosa –

 – Niente niente, non preoccuparti – rispose lui sorridendo, il vecchio Naruto sempre pronto a perdonarla – invece... spiegami un po’ cosa ti sei fatta in faccia, hai fatto arrabbiare la zia? – scherzò – Sembra un pugno! –

 – E' un pugno – era intervenuto Jiraiya – Sakura ha avuto una brutta avventura, ma è una donna del west, e se l'è sbrigata da sola –

Poi si era messo a raccontare quello che era accaduto lì, facendo imprecare Naruto.

Jiraiya aveva commentato con un – Ora sono due in meno – e lei aveva cercato di minimizzare.

 – Sono tre in meno – lo corresse Naruto, ancora incupito – ma non riesco ancora a crederci... andare a casa di una ragazza e... – si era interrotto – non sono cose su cui si può passare sopra –

 – Infatti è morto – concluse Sakura cercando di chiudere l'argomento.

 – Comunque Danzo deve dare qualche spiegazione, in fondo era un suo uomo – aggiunse Jiraiya – vedremo cosa fa –

E dopo rimasero in silenzio, preoccupati, ognuno perso nei suoi pensieri.
Jiraiya dopo un po’ li aveva mollati lì e loro due avevano aspettato, sempre in silenzio, sempre preoccupati, fino a quando Tsunade non li aveva raggiunti e non aveva detto che era tutto a posto, che il ragazzo non era in pericolo di vita e presto si sarebbe svegliato.

 – Le ferite in sé non sono gravi – spiegò – ha solo perso molto sangue, ma dovrà starsene tranquillo per un po’, la ferita alla gamba deve guarire bene –

 – Posso vederlo? – domandò Naruto.

 – Lasciatelo riposare in pace – replicò lei guardando Sakura, guardandola male.

Naruto si era alzato ed aveva fatto un commentaccio sulle donne Senju, e poi si era diretto alla porta, perché doveva tornare al pascolo.
Sakura lo aveva accompagnato fino all'uscio e lui si era voltato verso di lei dai gradini del portico.

 – Dimenticavo – l'avvisò – c'è il suo cavallo qua da qualche parte... lasciatelo stare, è inavvicinabile, ed anche pericoloso, tale e quale il padrone! –

Lei si era guardata intorno finché non le era sembrato di scorgere un'ombra, in lontananza.

 – Ora vado... tra un po’ partiamo, lo sai, per portare le bestie a vendere... ma prima passo a vedere il bastardo... e te... mi raccomando, stai attenta, a tutto –

E poi se ne era andato, lasciandola lì a chiedersi a cosa si riferisse con quel "tutto".
Appena rientrata era stata accolta dalla zia.

 – Perché eri così agitata per questo sconosciuto? – la interpellò – uno sconosciuto piuttosto bello, ne convengo, ma non mi sembri il tipo che si confonde per così poco –

 – Non lo so neanche io – aveva risposto lei, ed era proprio la verità.

Tsunade aveva improvvisamente sorriso, era così vecchia da non ricordare più come ci si sente da giovani, davanti ad un bel ragazzo misterioso? In fondo Sakura era solo una ragazza, per quanto si comportasse spesso da adulta, per quanto sostenesse di snobbare certe cose.

 – Va di là a vederlo –  concesse – tra poco si sveglierà, e scommetto che gli farà piacere trovarsi davanti una bella ragazza –

Sakura si era sforzata di non badare troppo al tono accondiscendente e si era allontanata con calma, imponendosi di non correre.

Tsunade andò a cercare Jiraiya e lo trovò al suo solito posto, che trafficava con le sue foto.

 – Sono preoccupata per Sakura – esordì.

 – Per cosa, perché ha ucciso un uomo, o perché gliene piace un altro? –

 – Non fare lo spiritoso con me, non ho ancora bevuto abbastanza – lo ammonì.

 – Ehi... Tsunade... – aveva continuato lui, per niente preoccupato – lei è davvero grande, ora... non è che sei preoccupata per te stessa invece? Non è che ti preoccupi l'idea di non dovere più badare a lei, e di trovarti da sola con te stessa? –

Lei non aveva ribattuto niente e lui aveva sollevato la testa dal suo lavoro e l'aveva guardata.

 – Cosa è restato di noi? – chiese allora lei – Dei nostri sogni? Non... ti senti un fallimento, a volte? –

 – Quasi sempre Tsunade, quasi sempre... è quel quasi che mi rallegra le giornate – le rispose – guarda questa, è tua nipote –

Lei si era avvicinata ed aveva guardato la fotografia, era Sakura che sorrideva e fissava l'obiettivo curiosa – E' lei... è questa... e tu hai fatto un bel lavoro, il resto spetta a lei –
Lei aveva sorriso, aveva fatto un buon lavoro? Era anche un po’ merito suo se sua nipote era una persona intelligente e indipendente?

 – Invece, mi chiedevo – interruppe il filo del suo pensiero Jiraiya – se il ferito si è fregato il mio letto, dov'è che dormo io questa notte? –

 – Ti puoi sistemare in questa stanza, tra i tuoi tesori – rispose lei senza pietà.

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Juliettina: Grazie.. sapere che una storia piace fa sempre molto bene ovviamente, ma per questa storia ancora di più visto che ho ancora parecchi dubbi ed un giorno sì e un giorno no mi chiedo chi me l'ha fatto fare di mettermi a scriverla! Per cui davvero grazie.



Julia83: Mi diverto davvero molto a descrivere questa Sakura , e non è neppure difficile.. il difficile è sempre Sasuke, ovviamente :D!! Pensa che il capitolo precedente in origine l'avevo scritto dal punto di vista di lui ma poi ho cancellato tutto..
Però tutto sommato i capitoli come quello precedente non sono difficili da fare.. sono quelli come questo, così diversi dalle cose che scrivo di solito, che non mi convincono!.. anzi, non mi piacciono molto a dire la verità, e non so mai se vanno bene.. comunque in questo genere di storia sono necessari per cui mi tocca!!
E per quanto riguarda il manga.. ho l'impressione che Kishimoto dia sfogo alla sua vena sadica certe volte :D! E' che io sono una grande ottimista, è più forte di me.. E chiudo qui anch'io..
Grazie mille come al solito ed un bacione anche a te!


Kry333: Intanto grazie.. come sempre.. e poi mi sa che nel manga Sakura è estremamente confusa, anche se sicuramente vuole davvero bene a Naruto (e comunque Kishi si diverte a tenerci sulle spine il più possibile, visto che è scontato che Naruto vince ecc.. cerca di tenere in sospeso tutto il resto!).. chiudo qui perchè effettivamente ho già spoilerato troppo l'altra volta :D.. non so se ci hai capito qualcosa, ma al limite puoi sempre contattarmi personalmente e posso risponderti più diffusamente!  



RBAA: In effetti quello che mi interessa sono sempre i personaggi, e poi mi viene più facile capire e descrivere i 'pensieri' piuttosto che le azioni.. perchè insomma.. sotto sotto, anche se in versione molto ridotta, certe emozioni le conosci.. mentre le azioni.. booh..
Ed è per questo che in questa storia mi vengono ancora più dubbi del solito (se possibile)! Per cui grazie mille davvero..

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Capitolo 5
*** 5. Indomabile ***


Questa settimana non avevo voglia di fare niente (e stavo anche male), ma eccomi qua!

Un grazie ad alfombra.


5.
INDOMABILE



Sakura aveva avvicinato l'unica sedia della stanza al bordo del letto ed era restata a guardarlo mentre dormiva.

Era così bello, e sembrava così sereno nel sonno, così... vulnerabile.
Si mise a studiare ogni centimetro del suo volto, curiosa, e poi scese con lo sguardo fino all'attaccatura del collo e alla fasciatura alla spalla.
Si riscosse quando le sembrò di vederlo muovere e alzò la testa proprio mentre lui apriva gli occhi scuri e la metteva a fuoco, dapprima confuso, poi consapevole, infine distante.
Eppure quegli occhi distanti contenevano così tanta vita, erano così profondi che la presenza di lui, ora, sembrava riempire l'intera stanza.

– Non guardarmi così – aveva mormorato lui.

Si era subito riscossa, intenzionata a non mostrarsi debole, ed aveva sorriso.

– Sono solo sorpresa, è così difficile morire? Con tutto l'impegno che ci metti! –

– ..ho sete – cambiò argomento lui.

Lei aveva preso la brocca piena d'acqua fresca ed aveva riempito il bicchiere, poi si era affrettata ad aiutarlo a sollevarsi per bere, cercando di controllare l'imbarazzante sensazione che l'aveva invasa nel venire a contatto con la sua pelle nuda, e sforzandosi di non badare al lenzuolo che scendeva mentre lui si sollevava.

Quando si era nuovamente sdraiato lei gli aveva rimboccato le lenzuola, ancora imbarazzata.

– Allora ti sei svegliato – la voce di Tsunade, inaspettata, la fece sollevare all'improvviso, neanche l'avesse colta in fallo.

La zia si era avvicinata al letto ed aveva guardato curiosa il ferito – Così tu sei Sasuke Uchiha.. – osservò – assomigli a tua madre –

– Dovrai avere un po’ di pazienza con la ferita alla gamba, non potrai salire a cavallo per un po’ – aggiunse poi.

– Quanto –

– Dipende, un mesetto direi –

Lui aveva guardato davanti a sè e non aveva battuto ciglio.

– Troppo – mormorò solo.

– Non ti lamenterai – intervenne Jiraiya, che era sopraggiunto e se ne stava con il braccio appoggiato allo stipite della porta – con una bella infermiera che non vede l'ora di occuparsi di te! –

Sakura l'aveva guardato con un'espressione molto simile all'odio e la stessa Tsunade lo aveva fulminato con lo sguardo – Idiota – borbottò abbastanza forte da farsi sentire da tutti, e poi concluse sbrigativamente che il ferito aveva bisogno di riposo e dovevano uscire tutti e lasciarlo dormire ora.
Così erano usciti dalla stanza, Sakura ancora infuriata con Jiraiya.

Lasciò quei due a chiacchierare ed andò a dormire presto, come al solito, ma non riusciva ad addormentarsi.
Gli avvenimenti della giornata le si presentavano davanti sotto forma di immagini e sensazioni, confusi.
La violenza dei capelli tirati indietro, la sua paura, il volto dell'uomo mentre scivolava giù e moriva. Avrebbe dovuto sentire qualcosa? Pietà per quella vita finita, per quella coscienza e per quei pensieri svaniti, per quel percorso spezzato?
Non ci riusciva, cercava di dirsi che sarebbe stato meglio ferirlo solo, dargli un'altra possibilità, ma non lo pensava davvero, era felice di sapere che non esisteva più, che non avrebbe potuto fare del male mai più.
Questo faceva di lei una persona insensibile, egoista? Forse lo era, forse sì.
O forse era davvero tornata a casa, in quel posto in cui tutto era aspro, selvaggio, dove la vita valeva poco, e la vita di chi sgarrava non contava niente.
E poi c'era lui, Sasuke.
La turbava e la infastidiva sentirsi così... stupida di fronte a lui.
Eppure doveva farsi continuamente forza per non comportarsi in maniera ancora più stupida, per mantenere il dovuto distacco.
Non andava bene così, no, non andava bene, quella parte di lei deboluccia e infantile non le piaceva, e odiava sentirsi confusa.
Si addormentò con l'immagine degli occhi di lui che sembravano prendersi gioco di lei.

Il giorno dopo si svegliò poco dopo l'alba, e si preparò la colazione, pensierosa.

Non voleva precipitarsi a vedere come stava lui, come avrebbe desiderato fare, lo ammetteva.
Aveva deciso di imporsi un regime, non sarebbe rimasta lì a guardarselo ammirata e a pendere dalle sue labbra.
Non ci pensava nemmeno.
Anche se questo le costava, molto.

Così finì la colazione con calma ed uscì.
Andò a controllare i cavalli e rimase a strigliare la sua Shuriken, pensando di fare un giro.
Ma c'era una cosa che le frullava per la testa, e decise di rimandare.
Era uscita dalla stalla e aveva scandagliato i dintorni fino a quando non le era sembrato di distinguere una sagoma, e si era incamminata in quella direzione.

Si era avvicinata controvento, fino a quando il cavallo non aveva avvertito la sua presenza e non aveva alzato la testa, le orecchie rizzate.
Allora si era fermata ed aveva aspettato.
Il cavallo era restato immobile, in allerta, per diversi minuti, e lei aveva potuto osservarlo a suo piacimento, era davvero un bellissimo esemplare, il manto marrone scurissimo, quasi nero, le proporzioni perfette, l'atteggiamento fiero.
Aspettò paziente, fino a quando l'animale non sembrò accettare la sua presenza, archiviandola come non pericolosa, e riprse a brucare con le briglie che scendevano libere a lato.

D'impulso provò con un approccio più diretto, si avvicinò fino a quando il cavallo non aveva scartato di lato, spaventato, e non lo aveva visto alzare la testa verso di lei con sfida, terrore, e furia.

Si era fermata consapevole che se si fosse avvicinata di più l'animale l'avrebbe attaccata.
Naruto le aveva detto di stargli alla larga, che era un cavallo pericoloso, ed aveva ragione, si trattava evidentemente di un cavallo selvaggio, un cavallo che, anche domato, era disposto ad accettare un solo padrone.
Sorrise tra sé, per niente preoccupata, lei di solito piaceva agli animali, e sapeva essere paziente.
Aspettò ancora un po’, e poi provò ad avvicinarsi lentamente, per fermarsi ancora quando il cavallo aveva di nuovo alzato la testa.
Continuò così per un paio d'ore, riuscendo ad avanzare solo di pochi passi.
Aveva passato il tempo immobile a guardarlo, con il cavallo che ogni tanto si fermava a controllarla sospettoso, ma non si allontanava.
Come primo giorno poteva bastare.

Rientrò in casa sentendosi molto meglio, chissà perché.
Icontrò la zia che usciva dalla camera di Sasuke.
– Gli ho cambiato la fasciatura – le aveva detto – è ancora piuttosto debole, ma va tutto bene.. –

Sakura era entrata nella stanza ed aveva preso posto sulla sedia accanto al letto.
Solo allora lo aveva guardato, lui dormiva ed era rimasta a guardarlo per un poco pensierosa.
Cosa doveva fare, come doveva comportarsi, come poteva restare lontano da lui, quando quello che voleva in realtà era starsene lì tutto il giorno, a guardarlo dormire, ad aspettare che si svegliasse?
Rimase lì ancora un po’, e poi si fece violenza ancora una volta per alzarsi da lì ed uscire dalla stanza.

I giorni successivi aveva trovato un equilibrio, di mattina tentava di addomesticare quel cavallo selvatico, avvicinandosi a lui un millimetro alla volta, parlandogli parole dolci per tutto il tempo, decisa ad arrivare a toccarlo, a togliergli la sella e strigliarlo.
Ormai era una specie di sfida, come se, addomesticando lui, potesse riuscire ad addomesticare il suo padrone.
Un modo di stare vicino a lui.
Poi aiutava la zia al ranch, senza più allontanarsi se non per brevi cavalcate, la vigliacca.
Nel tardo pomeriggio, finalmente, passava da lui.
I primi due giorni si era limitata a guardarlo mentre dormiva, poi, quando lui era stato meglio, avevano parlato, lo aveva rassicurato sulla sorte del suo cavallo ed aveva risposto alle sue domande, raccontando quel poco che sapeva sull'Akatsuki, su Orochimaru e i vari traffici che si sospettava conducessero.
Le piaceva rimanere lì con lui, ascoltare la sua voce bassa, trovare i suoi occhi che a volte la guardavano curiosi, ed era una sfida anche continuare a mantenere un tono distaccato, negarsi la tentazione di perdersi nei suoi occhi, di toccarlo.
Quando si accorgeva di iniziare a perdere la battaglia, di fare troppa fatica a staccare gli occhi da quelli di lui, si alzava e lo lasciava lì, la sensazione dello sguardo di lui sulla nuca quasi qualcosa di fisico.
Sempre, avvertiva la diffidenza di lui, si accorgeva delle parole misurate, pesate che le rivolgeva, e aspettava pazientemente, come faceva con il suo cavallo, che lui si abituasse a lei, che abbassasse un po’ la guardia, che iniziasse, un poco, forse, a fidarsi di lei.
A volte lui le sembrava più distaccato di quanto ricordasse, come se quella barriera trasparente che lui metteva tra se stesso e gli altri fosse ora più spessa di quando lo aveva curato la prima volta, e non capiva perché.
Era così pentito di quel bacio? Aveva paura che lei potesse volere qualcosa da lui?
Non ne era sicura, non riusciva a leggere niente dietro all'atteggiamento freddo di lui, ed anche per questo si sforzava lei stessa di mantenere una certa distanza.
E forse non era solo per quello, forse aveva anche un po’ di paura.
Un po’.
Paura di quelle sensazioni nuove e sconosciute, di quello che potevano significare, e di quello cui la potevano portare.
Paura di non essere più padrona di se stessa, di perdere la sicurezza e il controllo ferreo che aveva sulla propria vita.
Era la stessa cosa che temeva lui? Se era così, lo poteva capire.
Eppure era anche combattuta, se da un lato aveva paura, dall'altro ricordava ancora la sensazione del bacio che si erano scambiati, sulle labbra, sulla pelle, e desiderava con tutta se stessa riprovarla ancora.
Così aspettava, paziente, decisa a ricominciare tutto da capo, perché ora tutto era diverso, lei era diversa, lui era diverso, e la comunione che quel suo posto segreto aveva creato non esisteva più.
E comunque, molto più prosaicamente, non intendeva rischiare di essere rifiutata, mai più.

– Qualcuno sa che sono qui? – le aveva chiesto lui una volta.

– Nessuno –

Aveva guardato davanti a sé pensieroso, e lei, come ogni volta, si era chiesta che cosa lui stesse pensando.
Perché era così difficile da leggere? Eppure dovevano esserci dei segni, delle tracce che lei poteva interpretare, doveva solo imparare a riconoscerli.
L'unica cosa di cui era certa, e che la faceva sorridere soddisfatta, era che non gli era indifferente.
Lo capiva dalle molte volte in cui si accorgeva di essere osservata da lui, dallo sguardo curioso che a volte coglieva su di sé, dalla sensazione di essere fissata che avvertiva spesso quando evitava accuratamente di guardarlo direttamente, fingendosi interessata a qualsiasi altra cosa, al paesaggio al di là della finestra, alla scarsa mobilia della stanza, o semplicemente alle venature del legno del bracciolo della sedia.

– Devo avvertire gli altri che sono vivo – mormorò lui.

– E' possibile rintracciarli? –

– Abbiamo fissato un luogo in cui ritrovarci quando ci separiamo per un motivo qualsiasi –

– Posso andare io, puoi scrivere una lettera – suggerì allora – ed io posso consegnarla –

Lui aveva rivolto lo sguardo su di lei, come soppesando la sua proposta.

– No, è troppo distante, e comunque fissiamo l'appuntamento sei giorni dopo la separazione, e poi dodici giorni dopo se manca ancora qualcuno all'appello... è tardi per il primo, e presto per il secondo –

Lei ci aveva pensato ancora un po’, sorridendo – Che mirabile capacità di sintesi! – non aveva potuto che commentare, ed aveva sostenuto lo sguardo gelido di lui, come odiava essere preso in giro, anche se solo velatamente!
– Domani vado in città – gli propose – non posso trovarli lì? –

– Forse –

E così gli aveva portato tutto il necessario per scrivere e lo aveva guardato mentre scriveva con la mano destra, una fitta al braccio ferito che lo costringeva a fermarsi a tratti.
Aveva notato che lui non mostrava mai di provare dolore, ma aveva imparato a riconoscere l'impercettibile tensione che gli irrigidiva le spalle quando stava male.

– Vedo che sai scrivere – aveva sorriso – lo insegnano in orfanatrofio? – domandò indiscreta.

– No – le replicò secco.

– E loro, sanno leggere? –

– Solo Karin –

Le ritornò alla mente la ragazza dai capelli rossi e ne cacciò l'immagine.
Aveva trattenuto l'ennesima domanda curiosa ed aveva aspettato che lui finisse, ammirata dalla leggerezza della mano dalle lunghe dita di lui che tracciava con eleganza le parole sul foglio di carta, quasi non avesse mai fatto altro in vita sua.

Il giorno dopo si recò in città con la zia e Jiraiya, restandosene silenziosa ad ascoltare con un solo orecchio i discorsi dei due.

– E' un onore Sakura, averti qui con noi – le aveva rivolto la parola Jiraiya.

– Pensavo preferissi stare da solo con la zia – rispose lei.

– Anch'io pensavo preferissi restare con il ragazzo Uchiha, cosa vuoi, la vita è piena di sorprese –

Accidenti... possibile che riuscisse sempre ad avere l'ultima parola?

– Non farmi il muso – riprese lui sorridendo – è una cosa buona che ti piaccia un ragazzo, se ne deduce che anche tu sei umana! Però io faccio il tifo per Naruto, per la precisione mi aspetto che il nuovo venuto ti pianti in asso e il tuo vecchio amico ti consoli –

– Mi chiedo perché qualche volta non pensi un po’ anche ai fatti tuoi – lo rimbeccò lei, ora veramente seccata – hai presente, la trave e la pagliuzza –

Lui si era messo a ridere e Tsunade aveva intimato ad ambedue di finirla, subito, e di solito quando la zia intimava qualcosa era il caso di obbedirle, le sue rare e brevi sfuriate erano terribili.
Così avevano parlato d'altro, ritornando inevitabilmente al solito argomento, la situazione attuale, la riunione che ci sarebbe stata, le decisioni da prendere, il possibile, prossimo futuro.

– A proposito, ho chiesto al ragazzo che intenzioni aveva, voglio dire, in fondo potrebbe rivendicare qualche diritto sul ranch, potrebbe aiutarci, no?! – aveva raccontato Jiraiya – mi ha detto che non era tenuto a dirmelo, bah! La gioventù d'oggi... se hanno la testa dura! –

– Perché non ti ricordi com'eravamo noi! – commentò Tsunade.

– Mi ricordo, mi ricordo –

– E com'eravate voi? – aveva chiesto Sakura.

– Una di queste sere – fece Jiraiya – ti racconto un po’ di cosette –

Sì, certo, aveva pensato lei scettica, come le aveva raccontato degli anni trascorsi tra gli indiani.

Erano arrivati in città e Sakura si era fermata all'emporio di Ino, era scesa ed aveva guardato il calesse che proseguiva lungo la strada principale. Si chiese per l'ennesima volta dove sarebbero finiti quei due nel frattempo, quasi quasi le veniva voglia di seguirli per togliersi la curiosità.
Con Ino avevano parlato del matrimonio ormai imminente, di quanto il vestito fosse magnifico, di quanto Ino fosse felice, e la cosa era inequivocabile, così evidente! Ino era così felice che faceva fatica a concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse attinente al matrimonio, ed era anche buffo vederla così presa, così incapace di vedere al di là del proprio naso. In fondo era anche un bene, o si sarebbe subito accorta che Sakura le nascondeva qualcosa.
Non le aveva detto niente dell'ospite inatteso che avevano in casa, amava Ino, ma conosceva bene i suoi difetti e sapeva che non era in grado di mantenere un segreto, nemmeno il più importante, era più forte di lei, e non era proprio il caso di far sapere in giro che ospitavano una persona che un bel po’ di gente voleva morta.

Uscì sostenendo che doveva sbrigare una commissione, approfittando del fatto che erano entrati diversi clienti, ed Ino non aveva tempo di indagare sulle sue presunte commissioni.
Mentre si avviava, decisa, verso la sua destinazione, sentiva il nervosismo che la invadeva pian piano. Si rese conto che se non fosse stata sola, se ci fosse stata Ino con lei, si sarebbe sentita più sicura.
Tastò la tasca che conteneva la lettera e continuò a camminare, di certo non si sarebbe tirata indietro, già Sasuke le era sembrato scettico al riguardo, e comunque non era il tipo da tirarsi indietro per così poco.
Si fermò davanti alla porta del primo saloon, sperava solo che qualcuno non la vedesse e non andasse a riferire alla zia che era entrata in un posto del genere.
Aveva aperto la porta ed aveva fatto un paio di passi all'interno.
Era buio dentro ed aveva dovuto abituarsi alla mancanza di luce prima di notare le facce degli avventori rivolte verso di lei.
Li ignorò ed esaminò i pochi tavoli occupati alla ricerca di qualcuno di familiare.

– Cercate qualcuno, signorina? – le chiese un avventore con un sorriso che probabilmente doveva essere affascinante.

– Sì, ma sembra che non sia qui, grazie – rispose lei.

– C'è una sala in fondo per quelli che giocano grosso – l'aveva informata l'amico di lui – pare che stiano facendo una partita memorabile, ma non fanno entrare nessuno –

Si diresse velocemente verso la porta che le era stata indicata ed iniziò ad aprirla prima che il padrone del locale venisse a chiuderla di colpo – I signori non vogliono compagnia – aveva spiegato brevemente.

– Non importa – replicò lei, ed uscì spedita dal locale, senza guardarsi indietro.

Prima che il proprietario le chiudesse la porta, aveva fatto in tempo a sbirciare all'interno ed aveva visto due delle persone che stavano giocando al tavolo, due persone che mai si sarebbe aspettata di trovare lì, erano Orochimaru... e sua zia.

Ancora turbata si era diretta alla volta del prossimo saloon.
Nel frattempo pensava a quello che aveva visto, a quello che poteva significare.
Cosa saltava in mente alla zia di mettersi a giocare a carte, e con una persona come Orochimaru, e poi da quando la zia giocava? Le sembrava così assurdo! Si chiese se c'era qualcosa sotto che lei non sapeva e ripensò tristemente a quanto poco conosceva sua zia. E chissà dov'era Jiraiya, lei non lo aveva visto ma probabilmente c'era anche lui lì, capace di essere stato lui ad avere quella brillante idea, lo uccideva.
Arrivò alla porta del secondo saloon, se non errava ce n'erano quattro a Konoha, e onestamente ne aveva già abbastanza e sperava di non doverseli girare tutti. Spinse la porta ed entrò più decisa ora, se anche qualcuno l'avesse vista e avesse riferito qualcosa alla zia, ebbene, sicuramente a questo punto non aveva paura della sua reazione.

Si era guardata intorno ed aveva riconosciuto subito i due, che erano seduti ad un tavolo sulla destra e stavano bisticciando.
Li aveva raggiunti mentre i due alzavano la testa a guardarla stupiti, si era fermata proprio davanti a loro ed aveva sbattuto la lettera sul tavolo.

– Ho qui una lettera da parte di Sasuke – si limitò a dire.

Vide Karin afferrare la busta ed aprirla febbrile.

– Wow! – aveva esclamato Suigetsu ammirato alzandosi in piedi – Che entrata! E che coraggio... una signora come voi non dovrebbe mettere piede in un locale simile! –

– Sta zitto! – lo aveva interrotto Karin – E' da te? – aveva proseguito guardandola con occhi pieni di risentimento.
Non le aveva dato il tempo di rispondere – Se ti azzardi ad avvicinarti a lui con quei tuoi occhi da gatta e... –

– Non badate a Karin – intervenne di nuovo il suo amico – è invidiosa –

– Stai zitto!! – lo aggredì l'altra.

– E anche maleducata – si voltò ancora verso Sakura – non è una signora, lei! –

Karin si era alzata di scatto e si era avvicinata al suo amico con aria minacciosa, e Sakura ne aveva approfittato per fare un breve cenno di saluto, girare i tacchi e cominciare ad allontanarsi, sollevata di avere compiuto il suo dovere.

– Aspetta! – l'aveva fermata Karin, e Sakura si era voltata a guardarla.

– Voglio vederlo! –

– Mi ha detto solo di consegnare la lettera – replicò lei voltandosi nuovamente ed ignorando platealmente gli sguardi ora curiosi dei pochi avventori.

– Ma non posso aspettare così tanto!! – si lamentò l'altra.

– Perché, cos'è scritto – chiese il ragazzo – leggi tutta quella cavolo di lettera che ti ci vorrà tutto il giorno, con la tua velocità! –

– Parli tu che non sai leggere! –

Sakura si era allontanata senza più badare a loro, aveva fatto quello che le era stato chiesto, per cui lei si era offerta volontaria a dire il vero, e al momento non aveva voglia di mettersi a discutere con due perfetti estranei.

Mentre apriva la porta per uscire aveva sentito Karin che le sbraitava – Stai lontana da lui! – alle spalle.
Le tornò alla mente quello che la donna le aveva detto alla festa e provò un intenso fastidio, no, non era solo fastidio quello che sentiva mentre si sforzava di non badarci, era qualcosa di più, il pensiero dell'intimità che quella donna aveva vissuto con lui che le faceva stringere i pugni furiosa.

Durante il tragitto verso l'emporio passò ancora una volta davanti al primo saloon e sentì lo stomaco che le si chiudeva. Cosa faceva sua zia con Orochimaru, perché stava giocando a poker con lui? O piuttosto, perché stava giocando? E quanto si poteva perdere giocando a poker, si poteva perdere tutto? Anche un ranch?
Il solo pensiero le dava la nausea e le faceva girare la testa.
Doveva affrontare la zia e chiederle spiegazioni.

Ritornò da Ino ed ascoltò distrattamente per il resto del tempo, ringraziando il cielo che la sua amica fosse troppo presa da se stessa al momento, dalle sue cose, per potere fare attenzione a lei.

Tsunade le era sembrata sempre uguale quando era tornata a prenderla per riportarla a casa, solo le guance arrossate tradivano i bicchieri di whisky che aveva bevuto, e Sakura non aveva detto niente durante il tragitto, non aveva intenzione di parlarne davanti ad un terzo.

Non appena aveva messo piede in casa si era resa conto dell'impazienza che aveva trattenuto.
Oggi non lo aveva ancora visto.
Si avviò a passo spedito nella sua stanza chiedendosi come stava, come lo avrebbe trovato, se avesse sentito la sua mancanza.
Lui era diventato sempre più insofferente durante quella settimana, man mano che stava meglio, e Sakura lo aveva trovato in piedi, a torso nudo, la mano appoggiata al muro, mentre cercava di muoversi mettendo tutto il peso sulla gamba sana.
Gli si avvicinò arrabbiata, e gli permise di appoggiarsi sulla sua spalla, il contatto della sua pelle nuda che la teneva in tensione.

– La ferita si può riaprire! – esclamò esasperata.
Lui non aveva detto niente, ma si era seduto teso sul letto – Non sono un bambino –

Eppure sembrava proprio un bambino, frustrato e annoiato, e a lei era venuto da sorridere.
Gli si era avvicinata e gli aveva accarezzato i capelli, proprio come ad un bambino, ma la sensazione che aveva provato, lo sguardo di lui mentre alzava la testa a guardarla, non avevano niente di infantile.
Aveva ritirato la mano, improvvisamente imbarazzata, e poi era rimasta a guardarlo, si era arresa, incapace di distogliere lo sguardo.

Si erano riscossi al rumore di qualcuno che arrivava rumorosamente ed entrava nella stanza spalancando la porta.

Era Jiraiya e lei si era sentita così stupidamente imbarazzata notando il suo sorriso divertito, che quando lui l'aveva avvisata che la cena era già servita, e forse lei prima voleva rinfrescarsi, se ne era uscita dalla stanza senza dire una parola e senza voltarsi indietro.

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Julia83: Ciao! E tu come stai? Sono tutti un po' malandati in giro, anch'io sono reduce da vari malanni questa settimana, ma per fortuna questo capitolo era praticamente già scritto!
Grazie per la recensione.. ormai sono noiosa con i miei ringraziamenti, ma ti assicuro che le tue parole sono sempre apprezzatissime ed incoraggianti!!
A dire la verità ero molto indecisa sul fare o meno Naruto e Sasuke amici, anzi, se non fosse stata una ff avrei fatto Sasuke completamente solo, senza Hebi (Taka).. invece mi diverto un sacco a metterci qualche attinenza al manga quando è possibile, e così alla fine non ho resistito! Hidan invece era proprio l'unico che mi vedevo nella parte di pazzo maniaco, e così l'ho preferito a Sasori :D.
Comunque nel prossimo capitolo chiarisco almeno un pochino i sentimenti di Naruto e più avanti si vede anche Hinata! E non commento su Sai.. ultimamente mi sta quasi più sulle scatole di Danzo, il che è veramente difficile..
Grazie ancora mille ed un bacione!!


kry333: Il capitolo precedente era così diverso dalle cose che scrivo di solito, che davvero booh.. non capivo più neppure se era tutto chiaro od era un caos completo!!  Invece avrei voglia di scrivere una shot con Sasuke appena tornato a casa, così, per immaginarmi la reazione di Sakura (un paio di idee le avrei), ma non so se trovo il tempo.  Intanto grazie mille, per questa come per tutte le tue recensioni.. alla fine è vero che scrivo ff perchè mi diverto, però ogni tanto mi chiedo chi me lo fa fare a postarle:)!


RBAA: Nel prossimo capitolo ci sarà un po' più di romanticismo:D! Oltretutto faccio una fatica incredibile ad andare avanti con calma nella loro relazione.. non sono per i brodi lunghi, mi annoiano!:DD Però mi trattengo ancora per qualche capitolo prima di far capitolare (che orribile gioco di parole!) definitivamente Sasuke!:DD  
E grazie mille anche a te per la recensione, anche perchè, se ricordo bene, mi pare che non ami recensire.. per cui grazie.. davvero..

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Capitolo 6
*** 6. Un altro addio ***




6.
UN ALTRO ADDIO



Quella sera stessa, dopo cena, Sakura chiese alla zia se poteva parlarle in privato, ed aveva insistito quando Tsunade aveva osservato che Jiraiya non era un estraneo.

Erano andate nello studio e si erano sedute di fianco sulla scrivania.

 – Sakura.. – iniziò la zia – se ha a che fare con quel ragazzo –

 – Zia! – l’aveva fermata lei esasperata, possibile che non avessero altro argomento? – non è affatto quello, si tratta di te... ti ho vista giocare a poker... con Orochimaru –

Aveva visto lo shock nella faccia della zia stemperarsi in un'espressione così triste che si era pentita di avere aperto bocca, in fondo non erano fatti suoi.

 – Oggi? – chiese solo, e quindi era stato più di una volta, e chissà da quanto durava tutto questo.

 – Zia? Da quanto è iniziata –

Aveva ascoltato Tsunade confessarle che erano mesi ormai che si trovava lì, in quel saloon, una volta alla settimana, per proseguire un'unica partita che non sembrava finire mai, e poi raccontarle che una volta conosceva bene Orochimaru, quando erano giovani e lui ancora non era così privo di scrupoli, e alle rimostranze di sua nipote sul fatto che doveva subito finire di giocare, aveva spiegato che non poteva, non fino a quando non avesse avuto abbastanza soldi per pagare quello che aveva perso finora.
Sakura l'aveva guardata sconvolta, inorridita, pensando a tutte le implicazioni che questo portava.

 – Quanto hai perso? – domandò, la gola improvvisamente chiusa.

 – I soldi della vendita delle bestie dovrebbero bastare – rispose Tsunade – ma l'ultima volta ho vinto e magari... –

 – Devi smettere di giocare, immediatamente! – la bloccò subito.

Non c'era da sorprendersi che i conti non tornassero, Sakura deglutì, sperava solo che tutto andasse bene e si concludesse al più presto.
Guardò sua zia che ora aveva le spalle abbassate, come rassegnata, e all'improvviso le era sembrata fragile, insicura, vecchia, e Sakura aveva allungato la mano sul tavolo per stringere quella serrata sul legno della scrivania di lei.

 – Andrà tutto bene, sistemeremo tutto in qualche modo – le sussurrò.

 – Certo che andrà tutto bene – aveva replicato Tsunade riprendendosi subito, le spalle di nuovo dritte, l'espressione fiera – le donne della nostra famiglia hanno i loro difetti, ma non si arrendono mai! –

Aveva tirato fuori finalmente il famoso libro dei conti, e Sakura non aveva fatto alcun commento mentre scorreva con un dito le cifre e scopriva quanto la zia aveva perso.

 – Possiamo farcela – commentò Sakura alla fine – mi spieghi perché mi hai permesso di spendere tutto quel denaro in inutili vestiti? – chiese poi – non li uso neppure! –

 – Sei bellissima con quei vestiti –

 – Sciocchezze – aveva borbottato lei – mi chiedo quanto potremmo ricavarci se Ino me li vendesse –

Aveva ignorato imperturbabile le proteste della zia, decisa a caricare tutti i suoi abiti sul calesse, e portarli quanto prima ad Ino.

 – Tienine uno per il matrimonio almeno! – l'aveva pregata Tsuname.

 – Terrò il più sobrio – concesse Sakura – non voglio far sfigurare Ino –

 – Pensavo al tuo, di matrimonio – aveva specificato la zia.

Lei aveva sorriso appena, scettica, ed aveva trattenuto le parole amare che le erano venute alle labbra.

__________


Erano passati altri giorni in cui Sakura si era sforzata di non cambiare di una virgola la propria routine, e di non farsi dominare dalle preoccupazioni per il ranch che ricadevano ora anche sulle sue spalle.
Naruto era passato a salutarli una volta.
Lei era fuori a cavallo e si era precipitata a cercarlo non appena aveva saputo che lui era lì.
Lo aveva trovato nella stanza di Sasuke.

 – Ecco la mia Sakura! – esclamò Naruto quando lei era entrata – Non è la più bella ragazza di tutto il west? – aveva fatto – E non solo bella – continuò – è anche forte e coraggiosa, e spara meglio di me! –

Lei aveva incrociato gli occhi di Sasuke che la fissavano intensamente.  

 – Solo con il fucile – precisò lei, per amore di verità.

 – Ecco... – aveva ripreso Naruto portando lo sguardo da Sasuke a Sakura e viceversa – non credevo che sarebbe mai venuto questo giorno, nella stessa stanza con le due persone cui voglio più bene al mondo – sorrise allegramente – non c'è mai Jiraiya con il suo trabiccolo quando serve! –

Sakura si era seduta sul fondo del letto, visto che Naruto aveva occupato l'unica sedia della stanza, ed erano restati così a parlare.
Lei si era fatta raccontare da un improvvisamente riluttante Naruto di come loro due si erano conosciuti ed aveva ascoltato curiosa, cercando di immaginarsi la vita in orfanatrofio, "il posto più orrendo che abbia mai visto" lo aveva definito Naruto, e poi la loro fuga, e loro due che girovagavano per un intero anno insieme.
E per tutto il tempo aveva avvertito l'irritazione palpabile che emanava da Sasuke.

 – Non vuole restare qui, non sono riuscito a concludere niente – le spiegò Naruto quando erano usciti dalla stanza – è più testardo di..di.. non so.. di tutto.. è anche incazzato con me, va a capire perché – si fermò un momento – forse perché ho raccontato dell'orfanatrofio, perché prima ho solo parlato un po' di te, così... di tutte le cose che abbiamo combinato, di quando noi due ci siamo fidanzati e... –

 – Cosa ti è saltato in mente! – esclamò lei profondamente irritata, e trattenne l'impulso di ritornare dentro alla stanza e negare tutto.

 – Ehi! Cos'è tutta questa furia! – si era difeso Naruto, e poi l'aveva guardata dubbioso – non è che davvero ti piace il bastardo, vero? –

Lei si era subito raffreddata ed era rimasta in silenzio per un momento, incerta su cosa dire, incapace di negare l'evidenza, ed arrabbiata per non aver ancora chiarito con Naruto quella stupida cosa della promessa di matrimonio – Quando hai un po' di tempo dobbiamo parlare – gli disse infine – perché non so più bene se con questa storia del fidanzamento scherzi o fai sul serio –

Lui aveva annuito, senza ridere, senza neppure sorridere, ed era andato a salutare Jiraiya per dopo fermarsi a parlare ancora per qualche minuto con lei, come faceva di solito prima di partire.

 – Sai Sakura – le fece fuori dalla porta di casa, parlandole con un tono leggero che non l'aveva ingannata – forse a te sembra solo uno scherzo, ma ho aspettato tanto che tornassi a casa e... sono ancora qui che aspetto, ecco… perché ti voglio bene e sarò sempre qui per te, anche quando lui se ne andrà –

Lei lo aveva guardato, ancora così serio, e non era riuscita a rispondere subito, a dirgli brutalmente che doveva smetterla di aspettarla, che lei non lo avrebbe mai amato come voleva lui.

 - Naruto - aveva mormorato.

 – Ora sto via per un bel po’ – proseguì lui – ma poi, fino all'autunno c'è poco da fare, lo sai anche tu, per cui ci vedremo più spesso e... penserai a me qualche volta mentre sono via? –

Lei sorrise – Certo che ti penserò… zuccone… anch'io ti voglio bene, lo sai, ma... –

 – Ma non come te ne voglio io – aveva concluso lui con una punta di tristezza negli occhi che subito era sparita, seppellita finalmente dal suo sorriso contagioso – non importa, posso aspettare ancora... e non farti incantare da quello – l'avvisò – è totalmente incapace quando si tratta di sentimenti! –

Proseguirono fino al stalla e poi lei l'aveva salutato sciogliendosi il fazzoletto che aveva al collo e sventolandolo nella sua direzione.
Una volta lui le aveva raccontato che sarebbe stato il massimo vederla salutarlo così, e in fondo era così poco quello che poteva fare per lui.
Lo guardò finché lui non divenne un puntino in lontananza e, per la prima volta in quell'ultimo periodo, sentì il bisogno di cavalcare lontano, libera da tutto, dalle preoccupazioni per il ranch, da Jiraiya che non riusciva ad accettare probabilmente solo per il suo egoismo, da Naruto che soffriva per causa sua, da Sasuke che non le permetteva di avvicinarsi.

Si diresse veloce alla stalla ma si fermò prima e cambiò direzione, rallentando man mano il passo mentre si avvicinava al cavallo di lui, che si chiamava Chidori, come aveva saputo.
Gli ultimi passi li aveva fatti al rallentatore, e man mano che si avvicinava avvertiva il nervosismo del cavallo aumentare.
Si era fermata a pochi metri da lui, non si era mai avvicinata così tanto.
Fece un ulteriore passo mentre gli parlava dolcemente ed il cavallo aveva rizzato le orecchie, allarmato.
 – Ormai mi conosci – gli aveva mormorato lei, ed aveva fatto un altro passo.
Il cavallo aveva alzato la testa di scatto, a guardarla, e lei aveva aspettato pazientemente che lui si rilassasse nuovamente.
Un altro passo, un altro sguardo.
E aveva ancora aspettato.
Era avanzata così, un passo alla volta, finché non era arrivata così vicino che se avesse allungato il braccio avrebbe potuto toccarlo.
Aveva aspettato ancora, cercando di mantenere la calma, continuando a parlare dolcemente, ripetendo parole prive di significato.
Poi aveva allungato la mano, solo quello, il cavallo che scartava spaventato.
Rimase così, il braccio alzato, finché Chidori non si era tranquillizzato di nuovo.
Poi si ritrasse, lentamente, soddisfatta così.
La prossima volta le avrebbe permesso di accarezzarlo, ne era sicura.

Dopo andò alla stalla e sellò Shuriken.
Aveva cavalcato libera per tutto il pomeriggio, l'inquietudine che svaniva finalmente, ora che cavalcava veloce, il vento in faccia, nessun pensiero se non il piacere del corpo che si muoveva a ritmo del cavallo.

Il giorno dopo si avvicinò a Chidori lentamente, ma con naturalezza, e si fermò vicinissima a lui, ignorando il suo sguardo impaurito, lo scatto del suo collo, l'irrigidimento. Lo aveva guardato il più tranquillamente possibile perché sapeva che lui avrebbe fiutato la paura.
Aspettò che il cavallo si calmasse un poco e poi, parlandogli dolcemente, aveva allungato la mano e l'aveva posata sul manto di lui.
Lo aveva sentito tremare al suo tocco ma non si era ritratto, e lei aveva iniziato ad accarezzarlo lentamente.
Aveva continuato a lungo, e poi così, semplicemente, aveva afferrato le redini e lo aveva condotto fino alla stalla, sotto lo sguardo stupito dello stalliere, che aveva fatto un tentativo i primi giorni ed aveva già bollato il cavallo come indemoniato.
Portò Chidori in un box isolato, gli tolse la sella liberandolo finalmente da quell'ingombro, e si prese cura di lui.
Chissà, forse un giorno le avrebbe anche permesso di cavalcarlo.

Se ne uscì dalla stalla fiera ed eccitata.

 – Mi occuperò io di lui – aveva salutato lo stalliere.

 – E' tutto suo signorina Sakura, io non mi avvicino di sicuro – le aveva assicurato lui – e complimenti... giuro che non ci avrei creduto se non lo avessi visto! –

Quel giorno Sasuke aveva iniziato a camminare, a fatica, con l'aiuto di un bastone che gli avevano procurato.
Sakura rimase a guardarlo mentre fissava per un momento la fotografia che Jiraiya aveva fatto a lei ed a Naruto, ora appesa vicino all'entrata, e poi proseguiva.
Era arrivato fino alla veranda e si era seduto fuori, sul dondolo, guardando l'orizzonte come un animale in gabbia.
Vederlo così la faceva stare male, perché era qualcosa che poteva capire, provava anche lei quella sensazione, la sensazione che ci fosse qualcosa oltre le colline che la chiamava.
Ma questo significava anche che lui non sarebbe mai restato.

La seconda volta che era uscito Sakura aveva dovuto trattenerlo, perché voleva andare a cercare il suo cavallo.

 – Non devi sforzarti troppo, e lui sta bene, è nella stalla, strigliato e nutrito – gli aveva spiegato lei con naturalezza, come se fosse stata la cosa più semplice del mondo portarlo lì.

Aveva retto lo sguardo incredulo di lui con una certa soddisfazione.

 – E' impossibile –

 – Me ne occupo io personalmente – aveva insistito lei sorridendo – non si fa avvicinare da nessun altro –

Lui aveva riguadagnato la sua solita compostezza ed aveva distolto lo sguardo, senza chiedere niente, senza fare un solo commento, ma lei aveva sentito per tutto il giorno lo sguardo di lui che bruciava sulla sua pelle.

Infine era riuscito ad arrivare fino alla stalla da solo, zoppicando, e lei aveva assistito mentre il cavallo e il suo padrone si salutavano, ambedue visibilmente felici di rivedersi, e per una frazione di secondo si era sentita gelosa dell'affetto che lui mostrava così apertamente in quel momento, senza maschere.

Man mano che le giornate passavano Sakura si rendeva conto di diventare sempre più inquieta, e ne conosceva il motivo, erano tutti quei nodi ancora irrisolti, tutte quelle incertezze per il futuro che non aveva mai dovuto affrontare prima e che si accumulavano ora, l’incertezza sul futuro del ranch, il fatto che non aveva più parlato con Tsunade e non era così sicura che la zia fosse decisa a non giocare più, e il fatto che la gamba di lui stesse guarendo, e che presto se ne sarebbe andato.
Così un giorno si era semplicemente seduta di fianco a lui sul dondolo e aveva guardato lontano.

 – Da piccola mi chiedevo sempre cosa ci fosse dietro alle colline, ero convinta che ci fosse un posto incantato, misterioso e meraviglioso che mi aspettava, bastava solo essere abbastanza audaci da arrivare fin lì... ma ora so che non c'è niente –

Si voltò a guardarlo, lasciandosi avvolgere dal suo sguardo scuro.

 – Resta – gli chiese direttamente – potremmo aiutarci a vicenda, potresti avanzare richieste legali sul ranch, potremmo appoggiarti... tu potresti avere la tua vendetta, no, anzi... potresti avere qualcosa di più, potresti avere giustizia –

Lui aveva ripreso a guardare davanti a sé – Te l'ho già detto, la mia vendetta è qualcosa di personale, non voglio l'aiuto di nessuno – rispose secco.

 – Ma qualcuno ti aiuta – aveva replicato lei, decisa a cercare di farlo ragionare – non sei solo, ci sono quei tuoi amici, perché loro sì, perché non accettare il nostro, di aiuto –

 – Loro fanno quello che gli dico, è diverso –

 – Di cosa hai paura, esattamente? – chiese brusca, decisa ad andare fino in fondo, a rompere quella barriera una volta per tutte.

 – Non ho paura – asserì freddo, distaccato.

 – Hai paura di mettere qualche radice? Di provare... qualcosa? – aveva insistito lei e lui si era voltato a guardarla impassibile.

 – Non metterò radici, da nessuna parte –

Lei aveva retto lo sguardo di lui, la pazienza che iniziava ad abbandonarla, non era mai stata così paziente con nessun altro, mai.

 – Ma perché? – esclamò – Perché scartarlo a priori? –

Era stato lui a distogliere lo sguardo ed a guardare ancora una volta dritto davanti a sé.

 – Te lo dirò una sola volta – aveva iniziato con quel tono distaccato che la irritava così tanto – Non lo scarto a priori, ho già perso tutto, due volte... non succederà una terza volta, ora... c'è solo vendetta, e basta –

Lei ci aveva pensato un momento, sforzandosi di capire tutti i sottintesi, tutto quello che si nascondeva dietro alle sue parole – E non vuoi più avere niente per non rischiare di perderlo? – d'impulso aveva allungato la mano e l'aveva accarezzato in volto, e lui si era scostato, infastidito – Odio che mi si tocchi la faccia – l'ammonì.

 – La vendetta non ti porterà da nessuna parte, rinuncia... e resta – insistette ancora lei, non intendeva arrendersi, voleva una reazione, una qualsiasi.

 – Non importa – le aveva risposto, le parole scandite con durezza – tu devi starmi lontana, non lo capisci? Io senza la mia vendetta nemmeno esisto. Io sono solo quello –

Era stato il turno di lei di restare in silenzio, ora – Non sei solo quello – aveva parlato poi – e forse... è ora che pensi a chi sei veramente –
Si era avvicinata impercettibilmente.

 – Resta, per me – gli aveva sussurrato.

Lui si era voltato e il suo sguardo era così intenso ora che lei si era sentita bruciare, il cuore in gola.
Le aveva accarezzato una ciocca di capelli – Sakura... – aveva sussurrato, e il suo nome pronunciato da lui era improvvisamente nuovo, suonava dolce, misterioso, bellissimo – io... non ho futuro... non pensare a me, sposa Naruto e vivi una vita decente –

 – Non mi conosci abbastanza – mormorò lei – non sai che vita voglio vivere io –

Lui si era lentamente chinato ed aveva appoggiato il volto sull'attaccatura del suo collo, facendola improvvisamente tremare.

 – So che… – aveva sussurrato sulla sua pelle – potrei abituarmi alla tua compagnia... potrei... desiderare la tua compagnia –

Aveva sentito i denti di lui che premevano, la lingua di lui sulla pelle, e una scossa di elettricità le aveva attraversato il corpo.

 – Sas'ke – aveva detto, e il suo era poco più che un bisbiglio.

 – Ma che bella scenetta! –

Sakura aveva fatto un salto e Sasuke si era sollevato rigido alla voce di Jiraiya, immancabilmente, inevitabilmente tra i piedi.

 – Sakura, la zia ti cercava, deve chiederti un favore, credo –

Lei si era alzata di malavoglia, e si era allontanata lentamente.

 – Allora – domandò Jiraiya a Sasuke – che cosa hai intenzione di fare? –

 – Parto domattina – era stata la secca risposta.

 – Sei un idiota, ragazzo – aveva commentato Jiraiya, e si era messo a ridere.

Sakura era entrata nello studio e si era seduta di fianco alla zia, notando preoccupata la bottiglia mezza vuota di whisky che faceva bella mostra sulla scrivania.

 – So che vuoi essere aggiornata – le spiegò Tsunade aprendo il libro dei conti – e avevo omesso alcune spese, niente di grave – si era affrettata ad aggiungere.

 – Fa vedere... forse dovrei occuparmi solo io dei conti – replicò lei prendendo il libro e studiandolo, le nuove cifre che spiccavano fresche d’inchiostro – Sarò andata a scuola per qualcosa, oltre che per annoiarmi! –

 – Questi conti sono un disastro, Sakura, mi sa che davvero dovrei mettere in mano tutto a te... anzi... stavo seriamente pensando di intestarti il ranch, che ne dici? Forse è meglio se io non posseggo niente – rispose Tsunade con una risata un po’ amara.

 – C’è qualcosa che non so? – aveva chiesto lei allarmata.

 – No, no, non preoccuparti… è che mi sento un disastro anch’io, come i nostri conti, dovrei essere io ad occuparmi di mia nipote, non il contrario! –

 – Sciocchezze – aveva minimizzato lei – non sono più una bambina, e voglio essere informata su tutto – aveva spiegato – non devi mai più nascondermi le tue preoccupazioni pensando di proteggermi, non devi nascondermi niente, neanche le tue debolezze... voglio capire sempre cosa succede, per quanto brutto sia – l'aveva guardata seria – Io non voglio essere protetta, lo sai anche tu, e non voglio essere tenuta all'oscuro... ma tu fai la misteriosa su tutto, anche sul tuo passato! Cosa c'è di così misterioso sul tuo passato?–

 – Sakura – aveva sorriso Tsunade – tu sei come una figlia per me, lo sai, anzi, sei mia figlia, lo posso dire, perché ti ho tirata su io, sono io che ti ho fatto da madre, e ti assicuro che ci sono alcune cose che una madre non può dire ad una figlia, è una questione, come posso spiegarti, di pudore –

 – Questo lo posso capire – la rassicurò lei – anch'io ho cose che sono solo mie... non voglio sapere tutto, ma almeno non restare lì senza parole ogni volta che Jiraiya fa un'allusione!–

 – Hai ragione – la zia le aveva preso le mani con le sue e le aveva strette – partiamo da qui – aveva iniziato poi.

E le aveva raccontato, senza mai scendere nei particolari, interrompendosi spesso, di come non avesse voluto seguire la sua famiglia quando si era trasferita lì al ranch, perché a quel tempo era innamorata anche lei di qualcuno (ed aveva fermato Sakura prima che potesse protestare per quell'anche).
Costui era un soldato e lei lo aveva seguito fino al forte cui era destinato, e in cui avrebbero dovuto sposarsi. Ma non lo avevano mai fatto perché lui era morto troppo presto, durante un semplice giro di pattuglia, ucciso da dei balordi che gli avevano sparato alle spalle.

 – Tutto qui – aveva concluso sbrigativamente – questa è la mia piccola tragedia personale, a tua madre è accaduto di peggio, ma non sono riuscita ad accettarla, non potevo... ero soffocata dalla rabbia, e mi sentivo vuota, sola – si era interrotta ancora una volta, persa nei suoi ricordi, e Sakura aveva aspettato in silenzio – è stato allora che ho imparato a sparare ed ho conosciuto Jiraiya – aveva proseguito poi – ho girovagato per un po' assieme a lui, ed ho condotto una vita dura, selvaggia, e forse disperata –
E nel frattempo, in sua assenza, sua sorella era morta di parto, Sakura era nata ed aveva vissuto i suoi primi tre anni di vita, suo fratello era morto in seguito ad un tafferuglio in città, ed il cuore di suo padre probabilmente, semplicemente, non aveva retto la perdita di tutti i suoi figli… ma questo non occorreva dirlo, Sakura lo sapeva già anche se probabilmente non lo ricordava. Era troppo piccola allora, eppure aveva uno sguardo così fiero il giorno in cui Tsunade era arrivata al ranch e lei l'aspettava in piedi, tutta impettita, di fianco a Chiyo.

 – Va bene, basta – si riscosse infine Tsunade – Guarda – fece con un tono più sicuro, aprendo un cassetto della scrivania e tirandone fuori una scatola di legno. Aprì la scatola e all'interno c'era una pistola bellissima, dal calcio d'avorio consumato – era sua – e non c'era stato bisogno di specificare a chi si riferiva – e poi è stata mia... prendila... ora è tua, visto che preferisci queste cose agli abiti di seta! –

Sakura l'aveva sollevata senza sforzo, era pesante, ma lei era sempre stata forte – Dovrai anche insegnarmi ad usarla però! – commentò sorridendo.

 – In realtà te la cavi già più che bene per l'uso che ne devi fare, ma sì... ti insegnerò, parola –

 – E Jirayia  – chiese lei infine  – cos'è per te?  –

La zia aveva esitato un momento prima di parlare  – Gli voglio molto bene, tutto qui, in fondo è l'unica persona che mi resta del mio passato –

  – Era così pigro anche allora?  – non aveva resistito Sakura.

Tsunade aveva riso brevemente ed era subito tornata seria – Non era così pigro a quei tempi, eravamo tutti diversi allora, io, lui e anche Orochimaru. Pensavamo di essere migliori degli altri, e guarda come ci siamo ridotti... Orochimaru è sempre stato quello con meno scrupoli, ma egoisti... lo eravamo tutti e tre –

 – Non sei egoista! Questo te lo assicuro! – protestò lei.

La zia aveva sorriso  – Ho cercato di migliorare, non è troppo tardi, vero? –

 – No  – Sakura si era stretta a sua zia e l'aveva abbracciata   – no... ed ho ancora tanto bisogno di te –

Si interruppero perché si era fatto tardi, ed erano andate a mangiare.
Sasuke mangiava assieme a loro da quando poteva stare in piedi, e per Sakura i pranzi e le cene erano diventate una tortura, e un sottile piacere. Una tortura perché doveva imporsi di non incontrare mai il suo sguardo, decisa a non mostrare ulteriori debolezze, specialmente di fronte a terzi, un piacere per le rare volte in cui incrociava lo sguardo profondo, curioso, intensissimo di lui.
Lui se ne restava lì anche quella sera, in silenzio, senza degnarla di uno sguardo, mentre lei si sentiva ancora fremere, la sensazione dei suoi denti, della sua lingua sul collo, che non la voleva lasciare.
In più Jiraiya continuava a guardarla con quel suo sorrisetto ironico stampato sulla faccia, e il fatto che riservasse a Sasuke lo stesso trattamento non bastava a farglielo digerire.

 – Così hai deciso di andartene e non unirti a noi – aveva finalmente interrotto il silenzio Jiraiya, rivolto a Sasuke – sei sicuro di voler partire domattina? –

Sakura aveva alzato la testa di scatto ed aveva fissato Sasuke, voleva partire così presto?

 – Personalmente ti consiglio di aspettare ancora una settimana – intervenne la zia – può essere una noia, ne convengo, ma avresti la sicurezza di guarire perfettamente –

 – Ho un appuntamento domani – specificò brevemente lui.

 – Posso rinnovare la proposta? – proseguì la zia – Perché non resti qui? Saresti davvero il benvenuto –

 – Nonostante tu sia di scarsa compagnia – aveva aggiunto Jiraiya – e poi pensavo di immortalare te e il tuo cavallo –

 – Non dire niente – Tsunade aveva interrotto Sasuke prima che potesse rispondere – pensaci, questa notte, ma pensaci davvero... risponderai domani –

Sakura non era intervenuta, gli aveva solo lanciato un'occhiata furiosa prima di abbassare nuovamente lo sguardo sul piatto, incapace di trattenere la rabbia che provava, la rabbia e l'umiliazione, perché si era abbassata a pregarlo di restare, di farlo per lei, e lui non aveva neppure trovato necessario dirle che se ne sarebbe partito l'indomani.
Pensava di salutarla o pensava di scappare di nascosto la mattina presto, come un ladro?

Dopo cena si era alzata prima di tutti e se ne era andata a chiudersi nella sua stanza, furiosa con lui, furiosa con se stessa.
Se ne rimase sdraiata sul letto, ancora vestita, per un po’, fino a quando non aveva più sentito un rumore che non fosse quello dei grilli e degli animali notturni… probabilmente la zia e Jiraiya se ne stavano fuori davanti ad una bottiglia di whisky a ricordare i vecchi tempi, o qualsiasi altra cosa facessero quando se ne stavano a parlare e a bere seduti sul portico.
E Sasuke probabilmente era in camera sua a dormire, per potersi alzare abbastanza presto da non incontrare nessuno la mattina dopo.
Vigliacco.. vigliacco.. vigliacco..

Si lavò sulla bacinella piena d'acqua pulita ed indossò la sua camicia da notte.
Si sdraiò nuovamente sul letto, incapace di rilassarsi, e poi aveva sentito Tsunade e Jiraiya che rientravano e si dirigevano ognuno nella propria stanza.
Aveva aspettato ancora per un tempo che le era parso ragionevole, e comunque non sarebbe riuscita ad aspettare un secondo di più.
Perché la rabbia era diventata insostenibile, e doveva sfogarla in qualche modo, se solo avesse potuto cavalcare lontano... e cavalcare, cavalcare ancora, fino a non avere più forze.
Si alzò e camminò al buio chiudendo la porta della stanza dietro di sé.
Era arrivata alla stanza di lui ed aveva visto la striscia di luce che usciva dalla fessura della porta.
Aveva bussato ed era entrata senza aspettare risposta.

La finestra era aperta e lui stava fumando, seduto ancora vestito sul bordo del letto, e lei si chiese da quanto era lì, in quella posizione, a fumare.
Si era voltato e l’aveva guardata, e lei aveva sentito qualcosa che le si contorceva nello stomaco, e la rabbia era come evaporata via.
Gli si avvicinò e si sedette accanto a lui.
 – Così parti domattina – disse sedendoglisi accanto.

 – E' meglio per tutti –

 – Meglio per tutti – aveva ripetuto sarcastica – vuoi dire meglio per te –

 – Mi dispiace – le rispose distogliendo lo sguardo – io sono diverso da te, non posso darti quello che vuoi –

 – Non hai la più pallida idea di come sono io, o di quello che voglio – aveva sibilato lei, la rabbia che riprendeva a salire.

 – Va a dormire Sakura – le aveva fatto con un tono freddo che l'aveva fatta definitivamente infuriare.

Ma aveva stretto i pugni ed aveva trattenuto la tentazione di alzarsi... da dove le veniva tutta quella pazienza?
Si era voltata a guardare il suo profilo, mentre lui spegneva la sigaretta sul piattino che si trovava in cima al tavolino.

 – Perché sei sempre così... ostile? – gli chiese.

 – Siete tu e il tuo fidanzato che vi intromettete in cose che non vi riguardano –

 – Solo perché cerchiamo di farti ragionare? – osservò lei, amara – e poi Naruto non è il mio fidanzato – aveva precisato.

 – Davvero? Lui non la pensa così – era stata la secca risposta.

 – Sei... geloso? – un sottile sorriso che le si allargava all’idea.

 – No! –

Il sorriso le si era allargato ancora di più e gli si era avvicinata fino ad appoggiarsi a lui, proprio sulla spalla ferita, si rese conto scostandosi un po’ e permettendogli di girarsi dalla sua parte con un’espressione infastidita.

Lo guardò senza parlare, notando che lui si ritraeva impercettibilmente, come se avesse paura di essere toccato, e l'idea che lui avesse paura di lei era così attraente che, con un movimento quasi inconscio, puramente istintivo, si era avvicinata fino a toccarlo, e poi, inevitabilmente, con una spudoratezza di cui non riusciva a vergognarsi, gli aveva messo le braccia attorno al collo ed aveva appoggiato le labbra su quelle di lui.

Lui rimase immobile per una frazione di secondo, e poi rispose al suo bacio, e lei aveva sentito il sapore di tabacco mescolato a quello di lui.
Rimasero così, a baciarsi, lei con le braccia attorno al collo di lui, lui che alla fine le cingeva il busto a sua volta, e poi erano scivolati sul letto, continuando a baciarsi, e Sakura sentiva che non le bastava, che voleva di più, che voleva anche lei quello che aveva Karin, costasse quel che costasse, e non importava che forse neppure quello le sarebbe bastato.

Si era sentita tremare quando le dita di lui le avevano sfiorato appena il lembo di pelle sotto lo scollo della camicia, e quando lui si era staccato aveva aperto gli occhi delusa per guardarlo sopra di sé.

 – Ti fa male? – gli chiese rendendosi improvvisamente conto che nella posizione in cui erano lui doveva fare forza sulla gamba ferita.

 – Un po’ – aveva ammesso lui staccandosi completamente e sdraiandosi accanto a lei.

Lei si era sollevata scontenta, privata del calore di lui, e si era protesa dalla sua parte, trattenendo il desiderio di toccarlo – Sakura – le parlò lui, con uno sguardo così intenso che lei si era sentita tremare – non mi farai cambiare idea, non mi farai restare –

 – Non importa – aveva sussurrato, e si era chinata per baciarlo ancora.

Si era ritratta spaventata quando aveva sentito bussare alla porta.

 – Sakura – aveva sentito la voce della zia – sei lì? –

 – Arrivo! – si affrettò a rispondere.

 – Ti aspetto in camera! – era arrivata la brusca risposta.

Si alzò alla svelta e si voltò verso di lui, ancora sdraiato nel letto con lo sguardo di nuovo freddo.

 – Va’ a dormire – le aveva ordinato lui, come se fosse una bambina capricciosa, e lei lo aveva fissato improvvisamente scoraggiata, aveva paura che lei tornasse? Perché doveva sempre essere tutto così difficile? Perché ogni volta doveva forzarlo ad accettarla, perché sempre, di nuovo, lui l’allontanava?
 
 – Non aspettarti qualcosa da me – le aveva detto poi, facendole stringere i pugni, arrabbiata.
 
 – Non mi aspetto niente – aveva sussurrato – Niente.. –

 – Bene, perché niente avrai –

Rimase immobile, con la mano alla maniglia, fissandolo in silenzio, quasi potesse indurlo ad accettarla con la pura forza si volontà, e poi aprì la porta e se ne andò.

La sua stanza era l'ultima e mentre camminava in corridoio si era asciugata quell'unica lacrima che le era scesa suo malgrado.

Aprì la porta della camera e dentro c'era sua zia che l'aspettava in piedi; lei era entrata ed aveva rinchiuso la porta dietro di sé guardandola dritta negli occhi.
Tsunade si era avvicinata e le aveva tirato uno schiaffo, e Sakura l'aveva guardata sconvolta, perché sua zia non l'aveva mai toccata, nemmeno da piccola.

 – Vuoi fare la fine di tua madre? – sibilò Tsunade furiosa.

Lei non aveva risposto niente ma aveva fronteggiato la zia a testa alta, non aveva fatto proprio niente, anche se lo avrebbe fatto volentieri, e comunque era abbastanza grande da decidere della sua vita, e pensava che questo fosse stato ormai stabilito tra loro.
Vide la zia sforzarsi di contenere la rabbia a fatica.

 – Non hai niente da dire? – aveva proseguito la zia dopo un po’ – No?! – Aveva continuato dopo che non aveva ricevuto risposta – Ora ascoltami, non faremo parola con nessuno di questo, neppure con Jiraiya – e lei aveva trattenuto la risata che le saliva alle labbra, come se potesse desiderare di raccontare qualcosa proprio a lui – Per fortuna se ne va domattina, e mi toglie il fastidio di cacciarlo –

 – Non metterti tra lui e me, zia – parlò per la prima volta lei.

Tsunade aveva aperto la bocca e l'aveva richiusa senza dire niente, e sempre senza dire niente si era diretta alla porta e l'aveva aperta.

 – Ne parliamo domani, ora sono troppo arrabbiata con te – aveva concluso sbattendo la porta.

Ma in fondo non c'era proprio niente di cui parlare, aveva pensato Sakura, e si era infilata sul letto, la guancia ancora in fiamme, ma non era quella che faceva male.

Tsunade era entrata in camera ed aveva camminato avanti e indietro per la camera: cos'avevano le donne della famiglia Senju, perché non riuscivano a vivere come tutte le altre?
Eppure lei aveva fatto il possibile, si era anche privata di sua nipote per quattro lunghi anni, per farla crescere bene, come doveva crescere, come crescevano le altre ragazze attorno a loro, ed ora scopriva che non era servito a niente, e che anche Sakura si comportava in quella maniera avventata, incosciente, che non poteva portare a niente di buono... e con un ragazzo che evidentemente non voleva legami e che sembrava non avere futuro… e Tsunade non voleva che sua nipote facesse quella fine, che finisse sola e infelice... non lei, non Sakura.

Il giorno dopo Sakura si svegliò prima dell'alba, si vestì ed uscì ad aspettare nascosta nell’ombra del portico, insoddisfatta di quel povero addio, di quelle parole limitate, sbagliate, che si erano scambiati la sera prima.
Era appena l'alba quando lo vide arrivare e dirigersi verso la stalla.

Lo aveva seguito con lo sguardo quando lui era uscito portando il cavallo per la briglia e quando era saltato in groppa, impassibile nonostante il dolore che doveva aver provato nel salire, nel momento in cui per un poco aveva dovuto appoggiare tutto il peso sulla gamba ferita.
Si era voltato un attimo in direzione della casa e l'aveva vista, sotto il portico, e per un attimo i loro sguardi si erano incrociati.
Si era avvicinato lentamente a cavallo e si era fermato a pochi metri da lei.

  –  Grazie –  mormorò.

Poi aveva distolto lo sguardo ed era partito al galoppo.
Lei entrò in casa senza aspettare di vederlo sparire all'orizzonte, sapeva che lui non si sarebbe voltato.
Ma non sapeva cosa pensare.

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Julia83: Grazie mille invece perchè hai trovato il tempo!  Prima o poi Sasuke cede ovviamente, quel testone :D.. non manca ancora molto..
Acc.. mi veniva più facile descrivere i caratteri, le emozioni (e le paranoie) di ragazzi contemporanei! Perchè mi sono imbarcata in questa cosa:D? La prossima che scrivo, a parte un paio di shot che mi frullano per la testa e che appena (se) ho un po' di tempo butto giù, sarà sicuramente ambientata ai nostri tempi!!
Mi sono sempre dimenticata di dire che per quanto riguarda le shot, si accettano suggerimenti moolto volentieri.. per cui se tu (o le altre ragazze) hai qualcosa che ti piacerebbe veder scritto prova a dirmelo, se ne sono in grado la butto giù volentieri, anzi, mi fa piacere!
Sul manga sono perplessa anch'io (anche se Sai è stato stranamente bravino!), e Sakura dovrebbe rivolgersi ad un bravo terapeuta :D! E con lei un po' tutti.. perfino Sikamaru mi aveva lasciata perplessa con la sua solita frase buttata là un po' a sproposito. In più con la scusa di aiutare Naruto in realtà lo piantano in asso da solo e come al solito dovrà fare tutto lui! Forse è quello che sta preparando Kishi, il solito Naruto che ce la fa contro tutto e tutti! Non oso pensare a cosa ci aspetta :D!
Intanto ancora grazie mille, e bacioni a te!


sakusan: Ciao! Che bello! Mi fa proprio piacere risentirti! E grazie davvero per la recensione! Ci ho pensato un po' prima di mettere la storia come arancione, ma mi parevano fuori luogo descrizioni troppo esplicite.. il che non significa che si limitano a baciarsi per tutta la durata della storia :D !
Comunque sono davvero molto incerta sulla riuscita di questa storia.. spero di non deluderti troppo! Grazie ancora! (Ti piace Karin :D?)


kry333: Ciao, eccomi qua.. questo capitolo è stato più divertente da scrivere, almeno in alcune parti.. su Karin sono ancora indecisa, non so bene come procedere alla fine.. anche se sicuramente resta senza Sasuke, si sa :D! E per quanto riguarda Hinata.. qualcosa ho in mente, vediamo se riesco a renderlo decentemente :DD! Hai visto che nel manga almeno hanno spiegato la cosa della dichiarazione? Non che abbia molto più senso così :D! Grazie ancora per la recensione come sempre!!



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Capitolo 7
*** 7. Sotto le stelle ***



La parte finale di questo capitolo è vista dal punto di vista di Sasuke, come la parte iniziale del prossimo.
Finora ho evitato di scrivere dal suo punto di vista, mi sembrava che descriverlo distante e irraggiungibile facesse molto più 'western'! E ancora non sono sicura di avere fatto bene, anche se prima o poi era inevitabile suppongo!!




7.
SOTTO LE STELLE



Una volta rientrata in casa si diresse in cucina, attirata dal profumo di uova e bacon.
Pensava che si trattasse della cuoca ed invece incontrò Jiraiya che l'aveva salutata allegramente.

Non aveva proprio voglia di allegria – Almeno sai cucinare un uovo – commentò.

 – Siediti e mangia – rispose lui, e dopo averle servito la colazione si sedette a tavola con lei.
 – Allora.. – le fece dopo aver mandato giù un boccone – quand'è che chiariamo questa storia io e te? –

 – Quale storia –

 – Quella che ti sto sulle palle, gelosa del fatto che ti rubo l'attenzione della zietta? –

Lei aveva masticato in silenzio per un po’ – Forse in parte è questo – ammise – forse sono gelosa di quel passato misterioso che avete condiviso, o del fatto che conosci un lato della zia che non conosco... però non mi sono mai piaciuti i fannulloni, e tu non fai eccezione... penso che la zia potrebbe, come dire... avere di meglio –
Lo aveva guardato fissamente mentre diceva questo, sapeva di essere stata brutale, ma lui aveva preteso chiarezza, ed era qualcosa che andava bene anche a lei.
Si sarebbe aspettata di tutto ma non l'allegra risata che era scappata a Jiraiya.

 – E brava Sakura, diretta come una pallottola – esclamò – Quattro anni di collegio non sono riusciti ad insegnarti che le cose manuali non sono le più importanti – aggiunse guardandola.

 – Sarebbe questa la tua difesa? –   

 – Non è una difesa, è una constatazione – replicò lui – e sappi, per tua informazione, che quando è necessario muovo le chiappe anch'io... facciamo una tregua? – le chiese dopo.

 – Va bene – concesse – ma non stuzzicarmi troppo... e dato che ci sei smettila di correre dietro alle ragazze, sei ridicolo –

Aveva riso nel vedere l'espressione buffa nella faccia di lui ed aveva ripreso a mangiare continuando a ridacchiare.

 – E io che pensavo di essere affascinante! Pazienza... – aveva ammiccato lui.

E poi si erano voltati a guardare Tsunade che entrava.

Si era seduta vicino a loro dopo essersi presa un piatto.

 – Jiraiya – iniziò – vorrei parlare con mia nipote, da sola – ed aveva guardato Sakura con uno sguardo stanco mentre Jiraiya si alzava e si allontanava con la bocca piena, che almeno gli impediva di commentare.
Sakura la guardò a sua volta – Se ne è andato – mormorò continuando a guardare la zia – contenta? –

 – Sakura – aveva detto lei con voce stanca – non sono contenta, credimi, non c'è niente di cui essere contenti, speravo che mia nipote si comportasse in maniera più dignitosa, e non finisse per comportarsi come... – si zittì e passò le dita della mano libera sulla tempia, sospirando – Non tornerà, Sakura, vedi di crescere – aggiunse amara – spero che ne sia valsa la pena, perché di certo ci sarà un prezzo da pagare, non fosse altro per le notti che ti passerai a piangere – aveva sospirato – almeno non mi sembra il tipo che va a raccontarlo in giro –

 – Ti preoccupi per me o per la mia reputazione? – domandò incredula lei.

 – Per tutti e due –

 – Non ho fatto niente di quello che pensi, solo un bacio! E anche se fosse... tu giochi a poker con Orochimaru, non è della mia reputazione che ti devi preoccupare! –

Si era pentita subito di avere fatto uscire quella cattiveria, sapeva che la zia si sentiva già abbastanza in colpa.
Ma Tsunade aveva incassato bene  – Ha ragione Naruto – commentò con un sorriso – noi donne Senju abbiamo un caratteraccio! Ed è così che deve essere, non ci facciamo mettere i piedi in testa da nessuno, e scusa se sono saltata alle conclusioni – aggiunse – mi sono alzata perché non riuscivo a dormire e ho visto la luce in camera sua, e quando mi è sembrato di sentire la tua voce... mi è andato il sangue alla testa… fortuna che sono arrivata in tempo – concluse facendo esasperare Sakura – non sono nata ieri – aveva spiegato imperturbabile ignorando le proteste di sua nipote.

La zia era visibilmente soddisfatta di essersi sbagliata, e nonostante tutti i progressi che c’erano stati tra loro, evidentemente per lei sua nipote non sarebbe mai stata abbastanza grande per certe cose.

 – Era solo quello che ti preoccupava – l’accusò lei.

 – No Sakura, non è così, so che stai male anche se ti sforzi di non mostrarlo come al tuo solito, e, ti giuro, preferirei stare male io al posto tuo! Ma è solo una cotta, passerà, lo dimenticherai presto – aveva chiuso il discorso cinicamente la zia.

E mentre Sakura ascoltava, pensava che in fondo era esattamente il contrario, sentiva di poter gestire la sofferenza, ma era assolutamente certa che non lo avrebbe dimenticato.
Pensò di dirlo alla zia, di confidarsi, di cercare di venire a capo con lei delle sensazioni ingarbugliate che provava, in fondo sua zia era la persona che le era più vicina, e che più le somigliava.
Ma restò in silenzio a guardarla mangiare, una sorta di pudore che le impediva di parlare di sentimenti, di quello che sentiva lei.  Come se facendoli uscire potessero diventare pericolosamente reali, e incontrollabili.
E lei aveva bisogno di dominare quello che provava.
"Solitaria", come la definiva suo nonno da piccola, come la chiamava ancora scherzando la zia.

 – Non sto così male – si era sforzata di spiegare comunque – e non ho cambiato idea, te l'ho sempre detto che non voglio sposarmi e che sto bene da sola –

Eppure mentre si sentiva pronunciare quelle parole, per la prima volta le suonavano presuntuose, vuote, superficiali.

__________


Il giorno dopo avevano caricato i bauli sul calesse ed erano andate in città, Sakura si era fermata da Ino ed aveva guardato fisso la zia che proseguiva, diretta, sperava, da Orochimaru per dirgli che non intendeva giocare più, e per firmargli un pagherò.
Ino aveva preso in custodia i vestiti ma si era rifiutata di venderli prima del matrimonio, per paura che qualcuno li comprasse e potesse in qualche modo sminuire il suo abito nuziale.

Quella sera stessa Tsunade aveva mostrato a Sakura come usare la pistola, non prima di avere provato a sparare lei stessa ed aver brontolato a lungo per quanto fosse arrugginita.
Poi aveva osservato sua nipote sparare e le aveva spiegato dove sbagliava e cosa doveva fare per migliorare la mira.
Il tempo era volato e Sakura aveva goduto immensamente di quell'ora spesa assieme alla zia, soddisfatta di non essere più trattata come una ragazzina... perchè non si sentiva più una ragazzina, si sentiva una donna, con tutto quello che implicava in consapevolezza e responsabilità, con la sua piccola fetta di infelicità e frustrazione, nel bene e nel male.
Ed anche la zia era visibilmente divertita, e a volte, quando era particolarmente soddisfatta di un colpo, scoppiava in una breve risata che faceva sorridere a sua volta anche Sakura.

 – Sei mia nipote, non c'è che dire – commentò orgogliosa Tsunade alla fine, e quella sera si erano dirette in casa a braccetto, ridacchiando.

 – Ferme lì! Siete bellissime! – le fermò Jiraiya, e le obbligò ad aspettarlo mentre andava a prendere la macchina fotografica.

E poi avevano dovuto aspettare che lui facesse la maledetta foto, in posa, a braccetto, con la pistola in mano, Sakura che non riusciva a trattenere il riso ogni volta che Tsunade faceva qualche commento.

 – Ci somigliamo? – chiese Tsunade più tardi, a tavola.

 – Sì – aveva risposto lui – Sakura mi ricorda te da giovane, anche se non del tutto... tu eri un vulcano, ti ricordi? – si era interrotto per guardarle con attenzione – tu Sakura sei più ombrosa e introversa – spiegò – dovresti scendere ed amalgamarti con noi comuni mortali, non è così male, principessa! –

 – Mia nipote non è altezzosa! – l'aveva difesa Tsunade, stizzita  – E tu devi smetterla di punzecchiarla! –

 – Ti sbagli, non mi credo superiore a nessuno – aveva confermato lei – e pensavo ci fosse una tregua tra noi –

 – Hai ragione, me ne ero dimenticato! – aveva ammesso candidamente lui – e poi sei molto migliorata a dire il vero,. anche se secondo me avresti bisogno di un padrone che ti domi e.. –

Era stato interrotto da due sguardi furiosi, Tsunade che sbatteva il pugno sul tavolo, Sakura che si limitava a fissarlo indignata, ed aveva alzato le mani in segno di resa – Va bene, va bene – desistette – voi due state bene da sole! E chi vi vuole! –

Cambiarono discorso, ma Sakura non aveva più parlato e si era chiesta spaventata per buona parte della cena se per caso non era così cieca e presuntuosa da non rendersi neppure conto di essere arrogante, e di risultare odiosa per questo, fino a quando non aveva alzato le spalle, stanca di tutti quei dubbi oziosi, decisa a non farsi condizionare dai commenti di Jiraiya, a non farsi condizionare da nessuno.

__________


Due sere dopo c'era stata la riunione dagli Hyuuga.
Inizialmente avrebbe dovuto tenersi a Konoha, ma gli organizzatori temevano che Orochimaru lo venisse a sapere e riuscisse in qualche modo ad interromperla, ed alla fine era stato scelto un luogo il più possibile lontano dalla città.
C'erano alcuni notabili di Konoha, tra cui Inoichi Yamanaka, il padre di Ino, ed era arrivata anche Tsume Inuzuka benchè il suo ranch fosse distante e venisse toccato solo marginalmente dalla situazione pericolosa della zona. Ma c'era sempre la possibilità che il caos che si stava creando si propagasse fino a loro, aveva spiegato la donna.

Mancavano Naruto e tutti quelli che stavano conducendo la mandria lungo la pista, fino alla ferrovia.

 – C'è un branco di damerini di città che non ci capisce niente – commentò a bassa voce Jiraiya, che non era stato invitato ma era stato bene accolto da tutti, ed anzi, sembrava stimato perfino dal vecchio Hyuuga, che notoriamente diffidava di tutti.

 – E mancano quelli che ci capiscono qualcosa – concluse.

Avevano parlato principalmente di Orochimaru, di quella che era diventata la città sotto di lui.
Il padre di Ino aveva raccontato di come la situazione fosse diventata insostenibile, di come ora non solo dovessero pagare una quota mensile ad Orochimaru, ma anche fornire gratuitamente di tutto i suoi uomini che a volte sembravano comunque incontrollabili.
Un uomo che Sakura non conosceva aveva aggiunto che avevano paura, per loro e per le loro famiglie.
Ed anche se avevano concordato tutti sul fatto che il nuovo sceriffo sembrava vagamente affidabile, era chiaro che da solo non poteva fare niente se non farsi ammazzare.

 – Per me è già bello che morto – commentò qualcuno.

Infine avevano iniziato a parlare tutti insieme, arrabbiati, confusi, spaventati, e Sakura si rese conto che benché volessero ribellarsi, nessuna di quelle persone se la sentiva di fare qualcosa personalmente: nessuno di loro era un uomo d'azione, e comunque avevano troppo da perdere.

 – Vedrai che non fanno niente – sentì bisbigliare Jiraiya a Tsunade – solo tante chiacchiere –  

 – Allora – aveva aggiunto a voce alta – qualcuno di voi ha un piano o siete qui solo per sfogarvi? –

Un paio di persone avevano protestato offese ma poi erano rimasti tutti in silenzio fino a quando il padre di Ino non aveva preso la parola.

 – Stiamo pensando di pagare qualcuno che ammazzi Orochimaru – spiegò a nome di tutti, seguito da cenni di approvazione – ma non sappiamo a chi rivolgerci... Jiraiya – chiese – faremo una colletta per mettere insieme il denaro necessario, ma non sappiamo neppure da che parte cominciare, se incarichiamo voi, potete trovare qualcuno? –

Jiraiya assunse un'aria pensierosa che non gli si confaceva affatto, almeno a parere di Sakura – Vi rendete conto che si tratta di pagare un assassino? – fece notare.

 – Non vediamo altra via d'uscita –

 – Allora credo di poter trovare qualcuno –

 – Bene – concluse Inoichi Yamanaka sollevato.

Il resto del tempo lo avevano impiegato per mettersi d' accordo sui dettagli, ed alla fine erano riusciti ad accordarsi per una cifra ragguardevole, che avevano promesso di raccogliere entro un mese per consegnarla poi alla persona che Jirayia avrebbe loro indicato.

 – Sono disposto a sborsare quella cifra, ma dobbiamo liberarci di Orochimaru prima della fine dell'estate – concluse un uomo sovrappeso che doveva essere il proprietario di un ristorante.

A poco a poco se ne erano andati tutti, visibilmente soddisfatti degli accordi presi, ed alla fine erano restati solo loro, Tsume Inuzuka e tre degli Hyuuga, uno dei quali aveva tirato fuori una bottiglia di whisky.

 – Che massa di vigliacchi senza palle! – commentò Tsume versandosene una dose generosa – Jiraiya... conosci davvero gentaglia simile o hai detto così per dire? – aveva chiesto poi.

 – Non ho detto così per dire, ho un paio di idee –

 – Chi? – domandò direttamente Sakura.

 – Conosco un bel po' di gente in giro – aveva tagliato corto lui – e l'Akatsuki? ...versa qua – aggiunse intanto porgendo il bicchiere a Tsume.

 – L'Akatsuki sta diventando pericolosa quanto Orochimaru – intervenne Tsunade lanciando sovrappensiero un'occhiata a Sakura – più di Orochimaru… almeno per noi –

 – Ci ho pensato un po' su – iniziò Jiraiya – ed ho buttato giù qualche punto, sentite qua, i fatti conosciuti sono questi: Danzo arriva e fa recintare i suoi pascoli, deplorevole ma non illegale; si circonda di loschi figuri e le bestie cominciano a sparire... e guarda caso il marchio del suo bestiame copre piuttosto bene sia la fiamma degli Hyuuga, che il doppio ferro di cavallo dei Senju –

 – Mi sembra ovvio che il ladro è lui – aveva commentato Tsume.

 – Non abbiamo prove certe, ma i sospetti sono leciti – annuì Jiraiya.

 – Hanno ucciso uno dei miei uomini – intervenne allora uno degli Hyuuga –  e alla festa si sono messi due contro uno... e Neji ci ha riferito di Sakura, questi sono fatti!–

 – La sparatoria sui pascoli la possono giustificare col fatto che i tuoi hanno invaso la loro proprietà – aveva spiegato Tsunade – e per il resto, possono sostenere che si è trattato di iniziative personali –

 – Sentite qua – li interruppe Jiraiya – mi sono preso la libertà di cercare un po’ di informazioni, come ho già detto conosco un bel po' di gente in giro... e Danzo non è il proprietario del ranch, pare che sia qualcun altro, qualcuno che l'ha ereditato –

 – Uno dei ragazzi Uchiha! – esclamò Tsume.

 – No, di certo non Sasuke Uchiha – la corresse lui – e neppure suo fratello, e poi perchè dovrebbero nascondersi dietro ad un prestanome? Comunque nessuno dei due fratelli risulta proprietario, di questo sono sicuro –

 – E allora chi è? –

 – Non lo so, è un mistero. Magari è il vecchio Hyuuga sotto mentite spoglie... scherzo! – si affrettò a specificare Jiraiya, e a Sakura non era sfuggito il calcio che la zia gli aveva rifilato sotto il tavolo – il fatto è che questa cosa suona un po’ strana – aveva proseguito poi – perché uno se ne sta nell'ombra? E' costretto per qualche motivo? E che intenzioni ha veramente? Credo che sia davvero importante scoprire chi è il vero proprietario e perché si nasconde. Inoltre sappiamo davvero poco di quello che accade in quel ranch, anche perché è recintato... ci stiamo basando su quello che ha fatto credere Danzo, ma in realtà non sappiamo neppure se ci stanno effettivamente allevando vacche o se non ne hanno proprio... i ragazzi su al pascolo hanno detto che non hanno visto mandrie al di là del recinto, solo qualche gruppo di vacche sparso... il ranch è grande quindi non si può mai dire, però è tutto un po' troppo misterioso –

Sakura era rimasta in silenzio ad ascoltare, e non poteva impedirsi di provare una certa ammirazione per la lucida analisi che stava facendo Jiraiya, evidentemente davvero muoveva le chiappe quando era necessario, o almeno, mentre se ne stava a non far niente, pensava anche a qualcosa che non implicava il gentil sesso.

 – Chi se ne frega di quello che hanno in mente! – aveva sbattuto il pugno sul tavolo Tsume – vanno eliminati e basta! –

 – E questo ci riporta a quella misteriosa faccenda del massacro degli Uchiha – proseguì lui ignorandola – hanno fatto fuori tutti, Fugaku e sua moglie, e il fratello di lui con relativa famiglia... si sono salvati i due più piccoli perché sono spariti, chi e perché ha sterminato un'intera famiglia? –

 – Si è sempre detto che era stato Orochimaru – era intervenuto uno Hyuuga.

 – Però non ha molto senso, perché Orochimaru avrebbe dovuto farlo? –

 – Forse è lui il misterioso proprietario del ranch? – aveva azzardato Sakura.

 – E' possibile –

 – Vogliamo passare a qualcosa di più utile? Ad esempio come ammazzare quei banditi? – insisteva irosa Tsume.

 – Rilassati Tsume! Abbiamo tutta l'estate! Al momento non abbiamo molte bestie da rubare... comunque passiamo alla strategia, per prima cosa pensavo di andare a ficcare un po’ il naso al ranch Akatsuki –

 – Cosa? – esclamò Tsunade.

 – Ma sì... sono un fotografo girovago o no? Mi inventerò una scusa –

 – Quelli ti sparano se ti beccano al di là del filo spinato! – cercò di farlo ragionare la zia.

 – Non preoccuparti mia cara, ho vissuto con gli indiani, ricordi? A starsene in panciolle ed osservare si imparano un sacco di cose utili –

 – Forse dovremmo mandare Naruto a dare un’occhiata all’interno del ranch, conosce quei posti come le sue tasche  – aveva proposto allora il vecchio Hyuuga.

Erano andati avanti a discutere ancora a lungo, ma non avevano aggiunto altro di utile ed avevano deciso di aggiornarsi per la fine dell'estate.

 – Ci troveremo tutti da me per il rodeo di fine estate – concluse Tsume Inuzuka – mi diceva Tsunade che tu vuoi partecipare alla corsa e sei convinta di vincere – interpellò Sakura.

 – Sì, la mia cavalla è imbattibile, ne sono sicura –

 – Lo sai, vero, che le donne non partecipano alle gare... perfino Hana non vi ha mai partecipato, ed è mia figlia! –

 – C'è un regolamento che lo vieta? – chiese lei.

 – No, ma non voglio stranezze al mio ranch – aveva risposto l'altra brusca – E poi quella cavalla l'ho venduta io a tua zia – aveva continuato scettica – è un buon esemplare, ma ti assicuro che vincerà un mio di cavallo, come sempre! –

Al ritorno Sakura aveva assistito distratta alla discussione infinita tra la zia e Jiraiya.
Nel frattempo pensava a lei e Naruto da ragazzini che esploravano le colline che circondavano il ranch Uchiha, e ricordava perfettamente l'emozione nel perlustrare la casa abbandonata, i giorni perduti a cercare gli inesistenti cadaveri dei due fratellini, che Naruto, ora capiva perché, aveva sempre negato esistessero, e la loro infantile convinzione che dovesse per forza esistere un tesoro nascosto da qualche parte, e che per quello la famiglia fosse stata assassinata.
Sì, Naruto conosceva bene quei posti, ma Sakura li conosceva altrettanto bene.
In più era una donna, e la possibilità che osassero spararle era ridotta.

__________


Due giorni dopo ricevettero una visita inattesa al ranch.
Si presentò Danzo in persona, seguito da uno scagnozzo che se ne era rimasto fuori ad aspettare, mentre il padrone entrava e si sedeva attorno al tavolo assieme a Tsunade, presto raggiunta da Sakura.  

 – Ho saputo che c'è stata una riunione tra rancheros l'altra sera – aveva iniziato lui appoggiando il bastone al muro – sono rimasto sorpreso di non essere stato invitato, ho avuto anch'io delle perdite –

 – Davvero? – rispose Tsunade con un sorriso pericolosamente gentile, i gomiti sul tavolo e le mani incrociate davanti alla bocca – se avessimo saputo che anche lei era interessato l'avremmo invitata senz'altro! – concluse con incredibile faccia tosta.

 – Certo che sono interessato – proseguì Danzo – siamo vicini e colleghi, e come ho detto, ho avuto furti di bestiame anch'io –

 – Ne terremo conto per la prossima volta – aveva assicurato Tsunade – però gli Hyuuga hanno perso un uomo per mano dei vostri, e non sono nelle migliori disposizioni nei vostri confronti –

 – Lo so, lo so... è stato un deplorevole errore, avevo detto chiaramente che non volevo spargimento di sangue, a difesa dei miei uomini posso dire che erano stati provocati, e comunque ormai due di loro sono morti – si era interrotto ed aveva guardato Sakura – e a proposito, sono venuto anche per porgerle le mie scuse, ho sentito che è stata aggredita da uno dei miei uomini... sono sicuro che si è trattato di un malinteso, ma certamente si è trattato di un fatto riprovevole e non rimpiangerò la sua morte, chi non sa comportarsi con una signora non merita di essere annoverato tra i miei uomini –

 – Bene, perché non tollereremo altri episodi del genere – spiegò freddamente Tsunade.

Non era stato lì a lungo, se ne era andato zoppicando portando via con sè quell'atmosfera gelida e formale che lo circondava.

 – Non hai avuto anche tu la tentazione di sparargli qui e chiudere la partita? – aveva chiesto la zia a Sakura.

 – Assolutamente sì –  

__________


Era passata una settimana da quando Sasuke se ne era andato, e durante quella settimana Sakura si era sforzata di non pensare a lui, senza riuscirci pienamente come avrebbe voluto.
Così era spesso arrabbiata con se stessa, e profondamente arrabbiata con lui, perchè era testardo e... stupido.
Avrebbe voluto rivederlo solo per ripeterglielo all'infinito: sei uno stupido... ah... la soddisfazione!

Forse era proprio per quello, per smettere di pensare a lui, che decise di dare un’occhiata all'interno del ranch Akatsuki: solo un'occhiata, sarebbe tornata subito indietro, non sarebbe stata fuori più del necessario.
Si era ripetuta che lei conosceva i posti, che avrebbe saputo dove nascondersi, ed era più che sicura che, qualora l’avessero scoperta, non avrebbero osato sparare ad una donna, ma in realtà si era trattato di una decisione puramente istintiva, anche se allora le era sembrato di vederci una logica, le era parsa una buona idea. Anzi, probabilmente era stata la sua smania di fare qualcosa, di agire... la sua incapacità di restarsene ferma ad aspettare, e il suo desiderio di starsene un po' lontana da casa, di passare una notte lontana dai ricordi recenti, una notte sotto le stelle.

Sapeva che la zia non le avrebbe permesso di andare, e che non avrebbe sentito ragioni, così, nove giorni dopo che Sasuke se ne era andato (ne teneva il conto anche se si odiava per questo), avvisò Tsunade che intendeva fare un'escursione che forse l’avrebbe costretta a dormire dagli Hyuuga per un paio di notti.
Le ripugnava raccontare bugie, e non era neppure brava a farlo, ma preferiva non allarmare inutilmente la zia, e quando, se, un giorno fosse venuta fuori la verità, sarebbe stato molto tempo dopo, quando ormai tutto era già avvenuto.
Tsunade era ugualmente contraria, aveva ricordato a Sakura che non si era mai allontanata per più giorni da quando era tornata, e che non era affatto necessario andare così lontano, che i tempi delle cavalcate spericolate erano finiti.

Ma lei era stata irremovibile, aveva preparato tutto il necessario, aveva chiuso il fucile nel fodero, ed aveva portato con sé anche la pistola.
Salutò la zia con un bacio e se ne partì, la zia che neppure usciva nel portico per salutarla, troppo preoccupata ed arrabbiata per dare in qualche modo una parvenza di legittimazione.

Appena fuori dal ranch aveva incontrato Chiyo che l'aspettava.

 – Nascondila sempre nello stivale quando esci dal ranch – le disse porgendole una piccola pistola che poteva stare sul palmo di una mano. Poi se ne era ritornata indietro senza neppure salutarla, ma Sakura sapeva che quello era il suo modo per dire che era preoccupata per lei.  
Aveva nascosto la pistola all'interno dello stivale ed era ripartita.

Cavalcò per l'intera mattinata, passando le colline e proseguendo lungo la prateria, diretta all'altro gruppo di colline che sbucava appena all'orizzonte, nero per la distanza.
Quelle erano sempre state chiamate le colline Uchiha.
Quando era arrivata a vedere la recinzione di filo spinato nel pomeriggio, le colline non sembravano essersi avvicinate di un passo.
Aveva cavalcato ancora a lungo fino a quando non era arrivata di fronte alla barriera di filo spinato, che sembrava estendersi all'infinito nell'immensa prateria.
 – Non c'è nessun pericolo, vedi? – mormorò alla cavalla controllando l'orizzonte con attenzione, alla ricerca di qualche segno di vita.

Poi scese, prese dalla bisaccia la tenaglia che aveva portato e si mise a tagliare i fili dell'alto filo spinato. Risalì a cavallo e passò al di là del confine, e poi cavalcò ancora.
Presto avrebbe dovuto scendere e prepararsi a dormire in mezzo alla prateria, sotto una coltre di stelle.

Al tramonto era smontata da cavallo ed era rimasta in piedi, con l'erba che le arrivava sopra le ginocchia, indecisa se fermarsi o andare avanti ancora e raggiungere i piedi delle colline. Aveva deciso di fermarsi, aveva bisogno di riposarsi, ed anche Shuriken era sfinita.
Diede da bere alla cavalla riempiendosi il cappello d'acqua, e poi portò la borraccia alla bocca e bevve a sua volta.
Infine prese la coperta, ma prima di sdraiarsi rimase ancora ferma sull'erba alta che si muoveva al vento della sera.
Aveva voltato lo sguardo tutto intorno e non si vedeva niente alla luce irreale del crepuscolo, solo la distesa infinita del cielo, solo quell'immenso mare d'erba, le ombre scure delle colline in lontananza che sembravano deboli miraggi.
Si era preparata un giaciglio sull'erba calpestata pensando di addormentarsi subito, perché era sfinita.
E invece era rimasta sveglia, con le braccia incrociate dietro la testa, a guardare il cielo.
La luce che diventava sempre più irreale, l’azzurro che si scuriva in un blu profondo, le stelle che iniziavano ad accendersi una per una.
E i pensieri che vagavano.
Aveva chiuso gli occhi cosciente di essere all’interno del ranch Akatsuki, e che c’era sempre la remota possibilità che la trovassero e le sparassero. Non aveva detto a nessuno dove andava, ed avrebbero potuto non trovare mai il suo cadavere, e la zia l’avrebbe aspettata sempre più angosciata.
Cacciò quei pensieri deprimenti classificandoli come infantili, ma si chiese perché era stata così avventata da partire senza dire a nessuno dove era diretta.
Perchè aveva fatto una cosa così stupida? Dov'era la sua presunta maturità? Perché doveva essere fatta così, perché doveva essere sempre così “solitaria”?
Aprì gli occhi.
Nella notte non c'era un suono, solo il fruscio dell'erba mossa dal vento che sovrastava qualsiasi altro rumore.
E lei era immersa nello spazio intero, e milioni di stelle, densissime, la circondavano, così vicine che avrebbe potuto toccarle se avesse allungato la mano.
 
Restò come sospesa a guardarle, una sensazione inspiegabile che le prendeva lo stomaco e le faceva trattenere il respiro.
Erano poche le cose che riuscivano a muoverle qualcosa dentro in quel modo.

Non era possibile, vero? Scoprire cosa c’era al di là delle stelle.
Doveva restare così a guardarle, come annichilita.
Sola.

Era così piccola e insignificante in quell'immensità che non era più di un filo d’erba, solo un altro filo d’erba in mezzo a tutti gli altri.
Le sembrò che tutti gli esseri umani fossero solo dei fili d’erba che guardavano il cielo, tutti chiusi nel loro piccolo mondo di fili d’erba, incapaci di una vera comunione.
E si chiese se fosse possibile davvero fondersi con una persona, capirla veramente, capirla fino in fondo, ed essere capita.
Forse era colpa sua, doveva essere lei che non ne era capace.

Senza alcun preavviso aveva sentito le lacrime riempirle gli occhi.

Ma le era sempre andato bene così.
Aveva sempre pensato di essere lei così, e che se fosse stata se stessa, avrebbe potuto essere felice.
In un modo suo, speciale, non di quella felicità debordante che stava provando Ino adesso.
Una felicità più discreta ma quotidiana, solida, duratura.
La felicità che le dava la consapevolezza di sé e della natura attorno a sé.

Ma era quello che voleva veramente?
E cos’era quell’inquietudine che la prendeva ogni tanto?
E voleva davvero restare da sola, stava davvero meglio da sola?

In fondo non era neppure sola.
Voleva bene a sua zia, e con lei si sentiva sicura, accettata e amata.
Voleva bene ad Ino, e con lei si sentiva libera, e voleva bene a Naruto, che poteva capire come non capiva nessun’altro.
Eppure era ancora, in qualche modo, sola.
Sì, certo, era lei che lo voleva, ma se non avesse più voluto, se avesse sentito il bisogno di qualcosa di più, sarebbe stato possibile?
Era possibile sentirsi in sintonia con qualcuno, era possibile che un filo d’erba riuscisse a sentirne un altro, nel profondo?

Forse era solo lei che non riusciva, era lei quella sbagliata.

Restò ancora a guardare il cielo e pensò a lui.
Era a causa sua che si sentiva così incompleta? In realtà era lui che voleva stringere in pugno, che voleva sentire?
Ma lui non voleva, ed era umiliante subire il suo sguardo freddo, le sue parole dure.
All’improvviso sentì con una percezione più forte di quanto le fosse mai accaduto che il loro tempo era limitato, che tutto poteva finire in un attimo, la sua vita, quella di lui, come era finita quella di quell’uomo che aveva ucciso, senza regalargli neppure un pensiero di rimorso.
Eppure anche quell’uomo sentiva la vita scorrergli dentro, e anche lui avvertiva la propria esistenza, si sentiva unico, importante, vivo.

Come si sentiva lei, come si sentiva anche Sasuke.

Vivi... ma separati, lontani, incapaci di comunicare.
Solo dei fili d'erba che si muovevano al vento, nella notte.

Continuò a guardare le stelle e si chiese se anche lui in quel momento le stesse guardando, e se pensava a lei qualche volta.

Si era alzata all'alba ed era montata a cavallo dopo avere mangiato qualche galletta secca che aveva portato con sè, sentendosi più sicura.
La luce del sole aveva dissipato tutte le sue inquietudini, come aveva sbiadito le stelle, fino a renderle invisibili.

Ora doveva solo raggiungere la sua destinazione e dare un'occhiata.
Era montata a cavallo dirigendosi verso le colline, e solo allora aveva iniziato ad incontrare radi gruppi di vacche.
Cavalcò ancora, ininterrottamente, fino a raggiungere, finalmente, i piedi delle colline.
Si diresse sicura lungo uno stretto sentiero, si sentiva perfettamente a suo agio ora, in fondo un tempo aveva controllato ogni anfratto della zona alla ricerca di un tesoro.

Una volta inoltratasi all'interno aveva cavalcato più lentamente, alla ricerca di un segno, di un indizio qualsiasi.
Dopo un po’ aveva cominciato a notare tracce di presenza umana, resti di bivacchi, ed aveva seguito con attenzione le tracce fino a quando non aveva scoperto i primi segni di scavi sul terreno.
Aveva proseguito ancora, ora attentissima, notando alcuni crateri, parti di roccia fatte saltare con la dinamite: allora era proprio così, cercavano davvero un tesoro, pensavano davvero che potesse esserci qualcosa, presumibilmente dell'oro, nascosto da qualche parte.

__________


Non appena Sasuke era arrivato e aveva notato gli scavi aveva ripensato a quello che gli aveva detto quel pazzo dinamitardo prima di morire, e subito dopo gli tornò alla mente un ricordo dell'infanzia, lui che seguiva Itachi facendolo sospirare annoiato.

 – Ti ho detto di restare a casa, sei troppo piccolo! – gli aveva spiegato per l'ennesima volta suo fratello, ma lui non lo aveva ascoltato, come al solito, e come al solito lo aveva pregato di farlo salire dietro, a cavallo, che sarebbe stato zitto e avrebbe fatto finta di non esistere.

Quella volta suo fratello aveva allungato il braccio, rassegnato, e lo aveva fatto salire a cavallo, portandolo con sé.
Avevano cavalcato fino alle colline e Itachi aveva ceduto ancora alle insistenze di suo fratello e lo aveva portato fino all'entrata della grotta che  usava come nascondiglio. La prima volta gli aveva assicurato che gli avrebbe staccato la testa se avesse spifferato a qualcuno di quel posto, e Sasuke a quel tempo era estremamente orgoglioso di essere riuscito a mantenere il giuramento.
Erano rimasti un po’ lì dentro, a parlare, e poi Itachi si era allontanato lasciandolo lì da solo.
Incapace di starsene buono e fermo come gli aveva ordinato il fratello, si era arrampicato sopra la massa di pietre franate che ostruiva una parte della grotta ed aveva iniziato a cercare qualcosa di interessante, deciso ad impressionare Itachi.
Sapeva di non doverlo fare, sapeva che Itachi gli aveva raccomandato di non avvicinarsi alla frana, perché era pericoloso e poteva franare ancora, ma era per quello che era interessante, no?! Perché non ci andava nessuno.

E qualcosa aveva trovato alla fine, anche se suo malgrado. Parte della parete era franata davvero, trascinata da un masso cui lui si era aggrappato, e lui era caduto rovinosamente mentre la terra gli pioveva sopra.
Si era liberato lentamente dei detriti, constatando che non si era fatto male e quindi era tutto a posto, se Itachi non lo uccideva ovviamente, ma poi aveva visto qualcosa brillare ed aveva sollevato quello strano, bellissimo sasso trionfante.
In realtà non era andata come sperava lui, suo fratello si era infuriato lo stesso e gli aveva fatto promettere di non dire niente a nessuno, cosa che lui aveva fatto, sapeva che se la mamma ne fosse venuta  a conoscenza gli avrebbe proibito di uscire ancora con Itachi, e ora che ci pensava non aveva più saputo che fine avesse fatto quella pietra.
Era quello? Era per causa di quella maledetta pietra che erano morti tutti?

Lui sapeva dov'era quel maledetto posto, e lo sapeva anche Itachi.
Aveva cercato di ricordare come arrivarci, la memoria che sembrava tornargli man mano che proseguiva.
Infine scese da cavallo e si avventurò a piedi all'interno di un grosso crepaccio, i ricordi di quando era bambino che si affacciavano sempre più nitidi alla mente... lentamente si avvicinò ad una montagna di detriti. Il posto non c'era più, era seppellito da quella massa di terreno franato, e questo poteva significare diverse cose, ed una di queste era che suo fratello non aveva raccontato niente.

Tornò indietro fino al cavallo e  cavalcò diretto ad un altro posto che lo riportava all'infanzia. E quello era proprio lì, identico, il vecchio albero cavo in cima alla collina che sovrastava il ranch. Proseguì fino alla parte più alta della collina e guardò giù, in fondo, dove c’era il ranch, la sua vecchia casa.
Da quella distanza si vedeva poco, ma notò che era stato sistemato grossolanamente, e nonostante tutto era lo stesso ranch, riconoscibile, di quando era bambino.
Riconosceva la vecchia parte anteriore in pietra, con il portico tenuto in piedi da colonne classiche, un capriccio di sua madre che aveva poco senso in quei posti selvaggi, e c’erano ancora gli alberi che sua madre aveva voluto far piantare lì davanti, nonostante suo padre fosse contrario e lo ritenesse pericoloso perché toglieva la visuale.
Le siepi e le aiuole di fiori lilla, anch’esse poco consone al luogo, erano invece scomparse.
Si era riscosso ed era tornato all’albero per lasciare un messaggio all'interno della cavità, in cui specificava il luogo e l'ora dell'appuntamento, e si era allontanato: quel posto era molto vicino al ranch ed era pericoloso fermarsi lì.
Si fermò al di sopra di un’altra collina, più distante, per accendere un fuoco con sterpaglie verdi, che avrebbero fatto fumo.
Era un azzardo, e quel fuoco lo avrebbero visto tutti, ma era abbastanza sicuro che Itachi avrebbe riconosciuto il loro segnale, e che sarebbe andato a controllare all’interno dell’albero... per il resto... non sapeva che aspettarsi da suo fratello.
L'ultima volta che lo aveva visto era stato quando lui era stato preso e sbattuto in orfanatrofio, e Itachi gli aveva giurato che sarebbe tornato a liberarlo.
Ma non era mai arrivato, e lui aveva pensato che fosse morto, o forse aveva preferito pensare così, perché qualsiasi altra spiegazione era più dolorosa.

Quando il fumo si era levato spesso nel cielo, se ne era andato ed aveva cercato un posto adatto per un bivacco, un posto rialzato da cui poteva controllare chiunque si avvicinasse.

Rimase rintanato lì tutto il giorno, nascosto da tutti quelli che potevano gironzolare lì intorno attirati dal fumo.
La notte aveva dormito pochissimo, anche se si fidava totalmente di Chidori e dei suoi sensi. Si era svegliato nel bel mezzo di un sogno che non riusciva a ricordare e non era più riuscito ad addormentarsi.
Aveva continuato a guardare le stelle sopra di sé e poi aveva chiuso gli occhi, cercando di non pensare a niente.

Ma quella notte gli si presentavano alla mente frammenti di ricordi che credeva di avere seppellito da tempo, ricordi di un'altra notte, in cui tutto era cambiato: gli spari, la confusione, Itachi che lo buttava giù dal letto e gli diceva di vestirsi perché dovevano scappare.
Erano anni che non pensava più a quel bambino, al bambino che era stato, ed ora le sensazioni, le immagini, gli si presentavano sorprendente nitide: il battito del suo cuore quando si erano nascosti per non farsi trovare da quegli uomini, la paura, il volto dei due uomini che erano passati davanti al loro nascondiglio, due uomini che aveva visto poche ore prima, lì, a casa loro, in compagnia di Orochimaru.
Il corpo di sua madre, quando avevano dovuto passare per quella stanza.
'Non guardare' gli aveva mormorato Itachi, ma lui aveva guardato, sorpreso da tutto quel sangue, aveva guardato lo zio a terra, suo cugino... e poi sua madre che sembrava inginocchiata.
Sasuke si era staccato dalla mano di suo fratello che teneva la sua, ed era corso da sua madre, perché non sembrava morta, non poteva essere morta, non l'aveva vista viva, poco prima, quando era venuta a rimboccargli le coperte? Come poteva, ora, essere morta?
'Mamma' aveva sussurrato e l'aveva toccata, lei si era rovesciata a terra, il volto di profilo che sembrava guardarlo, la bocca aperta piena di sangue che le scendeva sul mento, sui vestiti.
'Ti avevo detto di non guardare!' lo aveva sgridato Itachi sottovoce, poi lo aveva afferrato e spinto via, avevano scavalcato la finestra ed erano scivolati fuori, nella notte.

Ancora, dopo tutti quegli anni, provava fastidio nel ricordare quel bambino che continuava a piangere mentre seguiva Itachi, spaventato e stanco, ed aveva cacciato infastidito quell'immagine, perché odiava l'idea che quel bimbetto frignante, fragile, spaventato, fosse lui.
Eppure non riusciva ad arrestare i frammenti incoerenti di memorie che ancora gli si presentavano alla mente: i giorni successivi alla loro fuga, la stanchezza che sembrava insopportabile, i suoi sforzi per andare avanti senza lamentarsi mai anche quando gli sembrava che non fosse possibile camminare ancora, ed avere così tanta fame, e sonno, ed essere così stanco.
La paura di essere un peso per Itachi, di essere lasciato indietro.

Era passato, e lui era sopravvissuto.
Non aveva più importanza in fondo, e non era stato così terribile essere lasciati indietro, era stato solo un momento, il momento in cui aveva realizzato che era solo, giusto quello, quel momento di totale, completa, devastante vulnerabilità. Poi era passato e si era abituato.
Ed ora che si era abituato, che la solitudine faceva parte di quello che era lui, della natura delle cose, della sua natura, non voleva più tornare indietro.
Era l'unico modo per essere completamente libero.

Riaprì gli occhi a  guardare le stelle che ricoprivano il cielo.
E non pensò al passato, a suo fratello, ma in qualche modo quella ragazza si era insinuata tra i suoi pensieri, non cercata, a tradimento, e non se ne voleva andare. E lui non capiva il perché, non voleva capire il perché.

Il giorno dopo partì per il luogo dell’appuntamento, un altro luogo pieno di ricordi, un boschetto che si arrampicava in parte sulla parete di roccia, come se la stesse invadendo, con un sottobosco pieno di rovi e arbusti.  Si appostò un po’ distante con il cavallo di fianco e il fucile tra le braccia, perché per quel che ne sapeva suo fratello poteva presentarsi con venti uomini, o magari non presentarsi affatto, era più nel suo stile.

Aveva aspettato immobile, paziente, fino a quando non aveva sentito avvicinarsi qualcuno, qualcuno che evidentemente non si faceva scrupolo di fare rumore, ed aveva riconosciuto suo fratello che sbucava da dietro una massa di cespugli, il cavallo per le redini.
Non era cambiato molto negli anni, stessi capelli lunghi raccolti in una coda, stesso volto imperturbabile.

 – Esci pure Sasuke – gli disse senza guardarsi intorno – ci sono solo io, sono passato al ranch per dire che avevo acceso io quel fuoco, e fortunatamente nessuno poteva smentirmi –

Lui aveva rimesso il fucile nel fodero accanto alla sella e si era avvicinato. Quanti anni erano che non si vedevano? Aveva perso il conto.
Aveva guardato suo fratello, i ricordi evocati la sera prima che si presentavano vividi alla memoria.
Si chiese irritato se quel bambino era ancora vivo da qualche parte dentro di lui, poi ricacciò indietro quel grumo di emozioni, non è niente, si disse, e guardò suo fratello impassibile.

 – Ciao fratellino – lo aveva apostrofato Itachi – sei cresciuto –

Rimasero così, immobili, per alcuni secondi, fissandosi ancora una volta in silenzio.

 – Credevo fossi morto – ruppe il silenzio Sasuke.

 – Sono solo subentrare altre priorità – aveva risposto l'altro – non sei il centro del mondo... ed eri così debole che ormai eri solo un intralcio –

E lui aveva dovuto trattenere la rabbia che lo stava improvvisamente assalendo, e il desiderio irrazionale di prendere la pistola e scaricargli tutto il tamburo addosso.

 – Voglio solo che tu risponda ad alcune domande – gli fece quando aveva ripreso il controllo – cosa succede qui e quanto ha a che fare con la morte della nostra famiglia? Cercano oro? – domandò – non può essere solo per una pietra trovata per caso, giusto? –

 – Parli di quella pietra? – aveva replicato Itachi – non era neppure oro –

 – C'è dell'oro? – insistette lui.

 – Oro – aveva mormorato l'altro – si tratta sempre di quello in fondo, in un modo o nell'altro, è quello che interessa anche a te?  – lo aveva osservato curiosamente.

 – C'è davvero dell'oro? – aveva ripetuto lui, secco, ignorando il fastidio che il tono di suo fratello gli suscitava e ritornando indietro all'atmosfera tesa, euforica, che c'era in famiglia nei mesi che precedevano l'assassinio – E' per quello che hanno ucciso tutti? Allora perché non è ancora stato trovato? –

 – Perché non esiste, non è mai esistito, state tutti inseguendo un miraggio –

Lui aveva guardato suo fratello spazientito, innervosito dalle risposte evasive che riceveva.

 – Non sono più un bambino, Itachi, e sono stanco di essere preso in giro, chi è Danzo, e se non è lui il vero proprietario del ranch, chi lo è? Tu? –

 – Chi dice che Danzo non è il proprietario? – obiettò Itachi – io e lui siamo soci, e siamo gli unici padroni... ovviamente anche tu avresti qualche diritto ma non ti interessa, giusto? –

Sasuke scrutava suo fratello sempre più irritato e cercava di riconoscere in lui qualcosa del vecchio Itachi, cos'era stato dell' Itachi che ricordava? Cosa lo aveva fatto diventare così? Non riusciva a riconoscerlo: quest'uomo non era più niente per lui, era uno sconosciuto.
 – Continui a non prendermi sul serio – ribadì – i furti di bestiame? Siete voi, giusto? Avete bisogno di soldi facili o c’è un piano più vasto dietro? –

Itachi lo aveva guardato per un momento annoiato e si era mosso lentamente, come se volesse andarsene – Hai qualche prova? – chiese.

Sasuke cercò ancora una volta di leggere il suo bluff, di riuscire a ritrovare in quell’estraneo qualcosa della persona che ricordava, di capire.
Ma era impossibile riuscire a leggere qualcosa in quella faccia impenetrabile, d'altronde l'autocontrollo era sempre stato una caratteristica della loro famiglia, e Itachi era sempre stato più bravo di lui, in tutto.

 – Ma che importanza ha per te? –  proseguì Itachi ormai voltato di un quarto – A te interessa solo uccidere Orochimaru –

Lui non aveva smesso di fissare il profilo di suo fratello, consapevole che solo un filo, ormai, gli impediva di perdere completamente il controllo  – Credo che avesse un complice, qualcuno che gli ha parlato dell'oro – lo studiava attentamente mentre parlava – Vuoi scoprire chi è stato? – domandò a bruciapelo, cercando ancora di capire, di trovare una logica – E’ per quello che sei qui in realtà? –

Ma Itachi aveva sorriso appena mentre si voltava ancora verso di lui – Il ranch Uchiha non esiste più, la famiglia Uchiha non esiste più... tu vivi nel passato – aveva replicato guardandolo ora con leggera sufficienza – io sono andato avanti –

Si erano fronteggiati ancora per qualche momento in silenzio, Itachi impassibile, lui che tratteneva la rabbia.

 – Mi stai raccontando una montagna di cazzate – commentò infine, freddo.

Itachi non aveva reagito ed aveva fatto un passo spostandosi a lato del fratello e girando appena il capo verso di lui – Sempre pronto a credere solo quello che ti fa comodo, eh, fratellino? – aveva mormorato – va a uccidere Orochimaru o fatti uccidere da lui… e togliti dai piedi –

Sasuke aveva estratto la pistola con un riflesso automatico, e contemporaneamente suo fratello aveva fatto lo stesso.

Poi aveva sentito il freddo metallo della canna posato sulla fronte, ed aveva guardato impassibile Itachi, continuando a premere la sua pistola sul cuore dell'altro.

Rimasero così, il dito sul grilletto, nessuno dei due che abbassava l’arma, per un tempo eterno.

 – Io dico che non riesci a premere il grilletto con una pallottola nel cervello – osservò Itachi, imperturbabile.

 – Io dico che il tuo cervello te lo spappolo, se non abbassi l’arma – si era aggiunta una terza voce, e Sasuke l'aveva immediatamente riconosciuta.
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Accidenti, credo che sia la prima volta che lascio in sospeso così! Normalmente non amo i cliffhanger, ma per vari motivi non mi piaceva l'idea di interrompere dopo.. scusate!




kry333: Bene.. ti assicuro che si rivedono presto.. moolto presto.. cosa mi tocca inventare con questa storia :D! E per quanto riguarda il manga.. hai proprio ragione.. pensa, se un po' di gente si fosse fatta gli affaracci suoi Sasuke sarebbe tornato a casa da un pezzo (anzi, neppure sarebbe partito!) :D!
Intanto grazie mille, come sempre!

Julia83: E' proprio per quello che mi diverto a scrivere questa Sakura.. è una specie di sublimazione delle frustrazioni che mi dà quella vera :DD!! Anche se a volte mi sento in colpa perchè magari è un po' Mary Sue.. ma poi mi dico che ogni tanto bisogna pur sfogarsi.. e non sai la soddisfazione!
Comunque sicuramente le tue 'richieste' saranno soddisfatte, perchè in realtà sono cose che avevo già mezza idea di scrivere, tutte  e due.. anzi, ho già iniziato tempo fa una shot con Sasuke che tornava a casa.. solo che non è per niente facile (anzi.. è piuttosto difficile), e scrivendo il western non ho molto tempo per concentrarmici!! E poi è da parecchio che ho voglia di riscrivere qualcosa sul genere della seconda shot (sono cose molto divertenti da scrivere!).. quindi il problema in realtà è solo uno: devo trovare il tempo di dedicarmici!
E meglio che mi risparmi i commenti sul manga.. comincia a procurarmi una certa ansia.. spero solo che Sakura non incontri Sasuke.. sento che altrimenti si farà una figura di m..!
Intanto grazie mille per la recensione.. un bacione!!

 sakusan: Ciao! Grazie mille! Il prossimo capitolo ti piacerà molto (spero), dopodichè dovrò dedicarmi un po' alla trama.. accidenti.. era più facile scrivere cose senza trama :D! E su Karin.. mi sarebbe piaciuto farne un bel personaggio tragico, ci sarebbe stato.. ma non volevo farla completamente OOC, per cui ho fatto un po' un compromesso..
Ancora grazie!!



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Capitolo 8
*** 8. Il rischio di un legame ***


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Non so bene cosa pensare di questo capitolo, però mi sono divertita molto a scriverlo!
Prossimamente sarò un po' indaffarata, quindi sicuramente non posterò per venerdì.. intanto buone feste!!



8.
IL RISCHIO DI UN LEGAME


Sakura?

 – Conto fino a tre e sparo – aveva continuato fredda lei, e Sasuke era sicuro che non scherzava, che lo avrebbe fatto.

Evidentemente anche Itachi aveva colto la determinazione nella voce, perché aveva abbassato lentamente l’arma.
Sasuke lo aveva imitato e si era voltato a guardarla, in piedi con il fucile imbracciato, pronta a sparare.
 
 – Getta la pistola a terra – proseguì lei continuando a prendere di mira Itachi.

Questi aveva eseguito ancora una volta.

 – E' meglio che ve ne andiate alla svelta, tu e la tua ragazza... fratellino – commentò poi, ancora impassibile – questa è proprietà privata –

E si era voltato, incurante di dare loro la schiena, allontanandosi senza fretta all'interno della boscaglia.

Sasuke lo aveva guardato allontanarsi e poi aveva aspettato Sakura che gli si era avvicinata e gli si era piantata davanti.
Lei non aveva mai smesso di guardarlo mentre camminava e continuava a guardarlo anche adesso, e lui pensò che non c'era una macchia, un'ombra negli occhi verdi di lei, che erano così perfetti e trasparenti che ci si poteva vedere attraverso.
Diretti, chiari, e totalmente privi di malizia... come lei.

 – Cosa fai qui? – le chiese, con un tono più duro di quello che intendeva usare.

 – Credevo che tuo fratello volesse ucciderti – aveva cambiato argomento lei – sbagliavo? –

 – Non lo so – rispose più a se stesso che a lei – cosa ci fai qui? – ripetè poi – Sei sola? –

Aveva letto il senso di colpa, e la sfida nelle iridi limpide, cristalline di lei – Qualcuno sa che sei qui? – le chiese allora, ma sapeva già la risposta –torna a casa –

Sakura lo aveva guardato apertamente con sfida ora, senza rispondere subito – Faccio quello che mi pare – replicò infine.

Era stato lui che aveva abbassato gli occhi per un momento, sforzandosi di tenere sotto controllo quell'improvvisa voglia di scuoterla, al diavolo!

 – Ti porto a casa – concluse impassibile, alzando ancora gli occhi – non ho più niente da fare qui –

Lei aveva risposto con uno sguardo arrabbiato – Fa quello che vuoi – si era limitata a dire, e poi si era girata – anch'io ho scoperto quello che dovevo scoprire –

Era andato a riprendere Chidori e poi l'aveva raggiunta per camminare al suo fianco, senza guardarla.
Odiava gli imprevisti, lo irritavano terribilmente, per quanto piccoli fossero, e lei era orgogliosa, e ombrosa, e irragionevole.

Neppure lei lo aveva degnato di uno sguardo ed era salita a cavallo non appena possibile, allontanandosi veloce.
L'aveva presto ripresa – Facciamo un giro più largo per uscire dalla proprietà – le spiegò – non mi fido di Itachi, potremmo avere qualcuno alle calcagna... Cerca di passare sulla roccia così non lasci tracce – suggerì dopo, e l'aveva vista irrigidirsi, offesa.

 – Lo so – gli fece secca.

Avevano proseguito lentamente, tornando indietro per cancellare le tracce più visibili.

Erano arrivati alla sponda di un torrente che scorreva veloce nel fondo di un crepaccio, ed avevano proseguito sul greto dell'acqua, più veloci ora che non temevano di lasciare tracce.
Sasuke la guardava cavalcare davanti a lui, con la grazia e l'eleganza di chi è nato a cavallo, e poteva leggere la tensione che le faceva ancora irrigidire le spalle.
Era arrabbiata con lui, non l'aveva ringraziata, era vero, ed era stato brusco come sempre con lei.
Non sapeva cosa farci, gli veniva più facile così.
Tenerla lontana in qualche modo.

Avevano cavalcato per un'ora senza parlare, lei che continuava a precederlo senza voltarsi mai a guardarlo.
E lui non riusciva a staccare gli occhi dalla sua figura snella.
Gli piaceva guardarla, guardare come si muoveva, come parlava.
Tutto di lei in qualche modo lo attirava.

Si sforzò di distogliere lo sguardo da lei per portarlo sul paesaggio.
Era solo una ragazza.
E doveva restarle lontano, perché era pericolosa.

Cominciò a considerare quello che gli aveva detto Itachi e i pensieri si concentrarono su di lui.
A quello che gli aveva detto e a tutte le cose che gli aveva taciuto.
Era stato reticente, è vero, ma i fatti parlavano chiaro: viveva con quella gente, nella loro vecchia casa.
E del loro legame non era rimasto niente.
O forse era lui che ricordava male, che aveva visto cose che non esistevano, forse all'epoca era solo un bambino restato improvvisamente solo che aveva bisogno di appoggiarsi a suo fratello maggiore, di convincersi di essere amato. O forse la morte dei loro parenti, dei loro genitori, aveva tolto a lui e ad Itachi la capacità di amare.
O probabilmente era così per tutti... la gente credeva di sentirsi vicina a qualcuno ma era solo un inganno, una debolezza.

Restavano i nudi fatti, incontrovertibili, crudi, reali: il fatto che avesse riconosciuto gli uomini di Orochimaru quella notte, il fatto che Itachi era vivo e non voleva avere niente a che fare con lui. Quello era Itachi, o almeno quello che era diventato.
Una persona che seguiva i suoi propri interessi, quali che fossero, interessi che non prevedevano ricordi, legami, od emozioni.

Guardò ancora Sakura che cavalcava silenziosa davanti a lui.
E lui, cos’era diventato lui? Chi era Sasuke Uchiha? Cosa voleva veramente, cos'era diventato?
Cosa sarebbe stato di lui?
Erano domande cui aveva dato risposta tanto tempo prima, e che non avevano senso ora, si trattava di pensieri oziosi, inutili e pericolosi.

E anche lei era solo un inganno, una debolezza.

Non era cambiato niente e doveva concentrarsi sui suoi obiettivi, che al momento erano due, scoprire chi era il proprietario del ranch, e uccidere Orochimaru.
Suo fratello per lui era morto tanto tempo prima.
E il resto erano solo distrazioni.

Sakura aveva portato il cavallo fuori dall'acqua ed era scesa sulla sponda erbosa del torrente.
Lui l'aveva raggiunta.

 – Perché ti sei fermata? –

 – Voglio mangiare qualcosa – si era voltata a guardarlo – Non sei obbligato a fermarti, non ti ho chiesto di venire con me –

Aveva preso una piccola borsa dalla bisaccia e si era seduta su una pietra.
Dopo avergli offerto del cibo che lui aveva rifiutato aveva iniziato a mangiare, continuando ad ignorarlo.
Lui non era sceso subito da cavallo, aveva considerato la possibilità di proseguire ed andarsene, in fondo nessuno li aveva seguiti, poi era smontato e si era seduto poco distante aspettando in silenzio, i gomiti sulle ginocchia.
Non la guardava ma non riusciva ad essere indifferente, non completamente, e questa incapacità iniziava ad irritarlo.
Aveva pensato di essersi liberato di quell'incantesimo una volta uscito dal ranch, ma era ancora qui, palpabile, come un alone attorno a lei.

Un alone che lo faceva sentire vulnerabile, come lo era una volta, da bambino, come non voleva essere.
Non voleva provare sensazioni impalpabili, difficili da definire, da capire e tenere sotto controllo.
Sensazioni inutili, dannose, pericolose.
Non voleva provare niente.

E per questo era meglio saperla arrabbiata, e lontana. Ed era meglio che anche lei capisse che non poteva esserci niente tra loro, perché era così, lui non aveva nessun futuro cui pensare, niente da offrirle se non solitudine e dolore, e non era ancora caduto così in basso dal prendere quello che lei poteva dargli senza pensare alle conseguenze, non voleva farle del male.

E dato che era difficile da tenere distante, difficile da dimenticare, prima si allontanava da lei meglio era.
Doveva andarsene e non pensare più a come si sentiva ora, vicino a lei.

 – Tuo fratello ti ha detto qualcosa a proposito degli scavi? – gli chiese lei, e la sua voce era risuonata come uno sparo nel silenzio del pomeriggio.

 – Solo che non c'è oro –

 – E cosa cercano, allora? Sai chi è il vero proprietario del ranch? –

 – No –

Silenzio – ...non ne sai niente o... non vuoi dirmelo? – gli aveva domandato ancora, piuttosto tranquillamente.

 – Non so niente, non mi ha detto niente – chiuse bruscamente il discorso lui.

Rimasero di nuovo in silenzio – Ci ho pensato – aveva parlato infine lei – e non credo che volesse ucciderti veramente –

Lui aveva aspettato che continuasse, teso, irritato, ma lei non aveva aggiunto altro e si era alzata per avvicinarsi all'acqua, e lui l'aveva vista sciogliersi il fazzoletto che aveva al collo e bagnarlo, per passarselo sul viso.
E poi l'aveva guardata mentre si toglieva gli stivali per bagnarsi i piedi.
Aveva fissato distrattamente le sue caviglie sottili, e aveva alzato lo sguardo sui polpacci, e sulle ginocchia, quando lei aveva sollevato un po’ la gonna per entrare in acqua.

 – E' freschissima! – aveva esclamato voltandosi a guardarlo.

Lui aveva alzato in fretta lo sguardo dalle gambe agli occhi ora ridenti di lei ed aveva pensato che in quell'istante, così, con la gonna un po' sollevata e gli occhi ridenti, era bellissima.
Continuarono a fissarsi in silenzio per un lungo momento e poi lui riprese a guardare davanti a sé, mentre lei usciva in fretta dall'acqua, improvvisamente imbarazzata, e si sedeva lontano da lui ad asciugarsi al sole.

Non era successo niente, eppure qualcosa era cambiato, ora, tra loro, e quell'atmosfera così palpabile di attesa gli faceva scorrere un brivido lungo la schiena.
Considerò febbrilmente tutte le ipotesi, anche quella di alzarsi e lasciarla lì, scappare lontano... ma alla fine rimase seduto su quella pietra, il caldo sole estivo che penetrava attraverso la stoffa dei vestiti.
In fondo doveva solo portarla al di là del filo spinato e sparire.
Continuò a guardare dritto davanti a sé sentendosi un animale in trappola.

Aveva aspettato per un tempo interminabile – Andiamo? – chiese alzandosi, aveva fretta di liberarsi di lei.

L'aveva sentita alzarsi più che vederla ed era andato a raggiungere il cavallo.

 – Lo senti anche tu... o sono solo io – gli mormorò in un soffio, a pochi passi di distanza, lì, accanto a Chidori.

 – Cosa – le chiese senza voltarsi, anche se in realtà lo sapeva, perché la sentiva anche lui quell'atmosfera sospesa, quell'attrazione strisciante.

Non gli aveva risposto, invece era restata ferma a pochi passi da lui, e sentiva la sua presenza, il suo sguardo su di sé.

 – Non ti senti mai solo Sasuke? – gli chiese – Non senti mai il desiderio di …riposarti per un momento, senza quelle barriere, senza paure? Non vorresti, a volte, chiudere gli occhi e sentirti a casa? –

 – Non ho tempo da dedicare a pensieri inutili – rispose, senza riuscire a voltarsi e guardarla in faccia.

 – Ma un giorno finirà tutto questo – aveva insistito lei, e gli si era avvicinata ancora, avrebbe potuto toccarlo se avesse alzato la mano – e cosa farai, tu? –

 – Non credo che sopravvivrò abbastanza per pensarci – le spiegò per l'ultima volta, salendo a cavallo più in fretta di quanto fosse necessario, perché era proprio così, aveva fatto le sue scelte tanto tempo prima, e non c'era spazio per ripensamenti.
L'aveva guardata dall'alto e pensò che era davvero bella, così fiera, così coraggiosa e diretta, priva di ambiguità e civetteria, così diversa dalle donne che aveva conosciuto.

 – Hai paura, Sasuke Uchiha – constatò lei, e poi era saltata in groppa al suo cavallo.

Lui aveva fatto partire Chidori con un impercettibile movimento del corpo ed era andato avanti, sopprimendo tutto quello che sentiva, come era così bravo a fare. Sopprimendo i desideri, le paure, le scelte possibili che non poteva prendere, e quella sensazione odiosa che lo prendeva a volte quando era vicino a lei, e che assomigliava alla disperazione.

__________


Avevano raggiunto la prateria ed avevano cavalcato ancora, fino a sera.
La recinzione non era ancora visibile e lei onestamente cominciava ad essere stanca, inoltre non vedeva la necessità di cavalcare ad oltranza fino a notte, era evidente che nessuno li inseguiva.
Così si fermò e scese da cavallo.
Subito si era fermato anche lui, con uno sguardo interrogativo.

 – Mangio, e dormo – gli spiegò brevemente.

Senza aspettare la sua autorizzazione si era tirata fuori le poche cose che le erano restate da mangiare, chiedendosi se era poi così pericoloso accendere un fuoco lì, in fondo non si vedeva nessuno.

 – Accendiamo un fuoco? – gli domandò quando era smontato anche lui da cavallo.

 – No –

Aveva dovuto trattenere la tentazione di tirargli uno schiaffo.
Durante quelle ore non le aveva mai rivolto la parola ed aveva stroncato ogni tentativo di conversazione.
E al momento lei era davvero troppo stanca per sopportarlo.
Voleva soltanto tornarsene a casa e dimenticarselo.

Guardò il sole che stava sparendo all'orizzonte e sentì ancora forte la percezione del tempo che scorreva inesorabile.
Altre ore preziose sprecate.
Ma era tutto inutile, e lei era stanca di provarci, stanca di sentirsi respinta, stanca di stare così male.

Questa volta aveva mangiato anche lui seduto per terra, ed erano rimasti così, senza dirsi una parola, seduti a pochi passi l'uno dall'altra, distantissimi.
Sakura aveva guardato Il cielo che si scuriva e le prime stelle che spuntavano una dietro l'altra.
Quando aveva finito era andata a prendersi la coperta decisa ad addormentarsi ed ignorarlo apertamente.
Che se ne andasse al diavolo, o all'inferno, o dove diavolo era diretto lui.

Sistemò la coperta e rimase in piedi a guardare l'erba, e il cielo, pensando che era dannatamente difficile ignorarlo quando era così vicino, quando avrebbe voluto così tanto sentire il sapore dei suoi baci, le sue mani su di lei.
Si voltò a guardarlo mentre lui si avvicinava al suo cavallo, la luce che calava, cosciente che forse non lo avrebbe più rivisto, ed aveva fermato lo sguardo sui suoi movimenti leggeri, sul suo corpo che si appoggiava con naturalezza alla sella, sul suo viso ora in parte nascosto da ciuffi di capelli neri.
Pensò che era bello, e che faceva male vederlo così, fisicamente vicino, eppure irraggiungibile.
No, non poteva lasciare passare quelle ultime ore ignorandolo come avrebbe voluto, come forse avrebbe dovuto fare.

 – Mi trovi proprio detestabile, vero? – chiese amara guardando di nuovo l'orizzonte.

 – Detestabile? Tu? – le aveva risposto di getto, e lei si era voltata sorpresa, e come al solito era restata a fissarlo incantata, schiava di quell'attrazione inspiegabile che faceva così male.

 – Sì – aveva insistito – ti dò così fastidio? –

 – Vuoi davvero sapere cosa penso di te e perché ti sto lontano? – domandò lui, e c'era un accenno di rabbia nella sua voce di solito così calma e distante.

Lo aveva guardato con sfida ora – Sì, voglio saperlo –
 – Dimmelo – gli intimò poi, visto che non rispondeva, e gli si avvicinò fino ad essere a pochi millimetri di distanza da lui.

Lui aveva fatto un passo indietro, senza parlare.

 – Perché scappi sempre? – aveva esclamato, ma non riusciva a sentirsi in collera, non più, era solo triste ora, e sconfortata.
Perché non c’era niente che potesse fare, non poteva cambiare le cose, non poteva cambiare lui, e non poteva cambiare neppure se stessa.

 – Ti dò così fastidio? – chiese ancora in un sussurro – rispondi –

 – Sakura – le aveva mormorato con una voce così bassa che faceva fatica a sentirlo – non riesco a ragionare lucidamente quando mi sei vicina –

Gli si era avvicinata ancora, e prima che lui potesse indietreggiare aveva appoggiato la testa sul suo petto.
...si stava bene lì, anche se lui non faceva niente, stava fermo senza cacciarla, senza abbracciarla, e lei sentiva il battito accelerato del cuore di Sasuke nell'orecchio e si chiedeva cosa lo faceva battere così ora, la rabbia? Il fastidio? La paura?

 – Il tuo cuore batte così forte... perché? – aveva mormorato.

Era rimasta lì ad aspettare, il capo sul petto di lui, convinta che non avrebbe risposto, il calore del suo corpo che la faceva sentire confusa.

E aveva chiuso gli occhi quando lui le aveva sfiorato la guancia con le dita, così delicatamente, come se avesse paura di farle del male, e ad occhi chiusi aveva sentito le dita di lui che continuavano a disegnarle il contorno del viso.
Aveva la gola secca e piccoli brividi le percorrevano il corpo mentre le dita di lui le accarezzavano il collo e passavano dietro, sulla nuca, sui capelli.
Aveva alzato la testa ed aveva spalancato gli occhi per trovarli fissi su quelli di lui, il respiro di lui sulla bocca.

 – Devi starmi lontano – aveva sussurrato lui – non ho futuro, non ho niente, non sono niente... non posso darti quello che vuoi... posso solo farti del male –

 – Ma... –

Le dita di lui si erano posate delicatamente sulle sue labbra per farla tacere.

 – Devi starmi lontano – aveva ripetuto – perché ho voglia di toccarti, ma se ti tocco ancora non so se riuscirò a fermarmi –

Lei aveva alzato le braccia e aveva passato le dita tra i capelli di lui, mettendosi in punta di piedi per avvicinarsi a lui, alla sua bocca.

 – Forse – gli aveva risposto a pochi millimetri dalla sua bocca – non voglio che ti fermi –

 – Non capisci, domani me ne andrò, e farò di tutto per non pensare a te – aveva mormorato lui, le labbra che si muovevano appena sopra alle sue.

Lei aveva cacciato la piccola punta di dolore che quelle parole avevano evocato, e lo aveva guardato decisa, senza più incertezze, inebriata dalla vicinanza di lui, dal fatto che in quel momento lui era lì con lei, inerme, senza barriere, e le permetteva di toccarlo... di sentirlo.

 – Non mi importa di quello che succederà domani, e non mi importa del mio futuro, della mia reputazione... di sposarmi – gli aveva spiegato – mi importa solo di essere con te, qui... senti – aveva preso la mano di lui, l'aveva fatta passare tra i loro corpi e se l'era messa sopra il cuore – anche il mio cuore accelera quando sei vicino, quando mi guardi... anch'io ho bisogno di toccarti, di sentire le tue mani su di me –

Il cuore ora davvero batteva all'impazzata al contatto della mano di lui sul suo petto, ma non riusciva a vergognarsi dell'audacia delle sue parole e dei suoi gesti, era quello che sentiva, che voleva con così tanta forza da dimenticare tutto il resto.  

 – Domani potremmo essere morti tutti e due... ma oggi... oggi ho bisogno di te, di sentirti... per non essere sola, e perchè mi sento bruciare – aveva proseguito sulle sue labbra, la voce roca, gli occhi che si perdevano nelle pozze nere dei suoi – E tu devi spegnere questo fuoco –

Aveva trattenuto il respiro quando aveva sentito la mano di lui che si chiudeva sopra il suo seno.

 – Sakura – le labbra di lui toccavano a tratti le sue mentre pronunciava il suo nome – Sakura –
 
Aveva preso in qualche modo coscienza delle stelle attorno a loro che si riflettevano negli occhi di lui, e poi aveva schiuso appena le labbra, per accogliere quelle di lui, pensando che nient'altro aveva importanza se non loro due, due fili d'erba intrecciati che potevano, per un unico, prezioso momento, diventare uno.

Avevano unito appena le labbra e lei lo aveva attirato a sé, decisa a non farlo andare via mentre si perdeva tra le sue labbra, nella sua bocca.
Erano caduti in ginocchio continuando a baciarsi avvinghiati, la tensione di quella giornata che si scioglieva nella passione con cui si stringevano e si cercavano frementi, nella forza con cui lei gli prendeva i capelli, e lui la stingeva a sé.

 – Sas'ke – era riuscita a mormorare dopo che lui si era staccato ed aveva preso a baciarle le guance, e il collo.

Lui si era fermato e l'aveva guardata, uno sguardo così intenso che l'aveva lasciata senza fiato.
Aveva alzato la mano per toccarlo, per sentirlo, per essere sicura che fosse reale, e poi lo aveva stretto a sé di nuovo, per paura che lui volesse cacciarla via anche questa volta.
Ma lui non se ne era andato, ed erano finiti stesi sull'erba a baciarsi.

Sakura aveva sentito tremante le mani di lui che scendevano dal suo viso fino al collo, ed aveva lasciato che lui le sbottonasse la camicia e scivolasse con la mano al di sotto, sfiorandole i seni e facendole uscire un sospiro strozzato.
Gli aveva permesso di spogliarla interamente, senza vergogna sotto la luce delle stelle, e lo aveva guardato spudorata mentre si spogliava a sua volta.
L'unica cosa che aveva pensato era a come era bello, il profilo del suo corpo che si stagliava sul cielo stellato, i capelli che gli scendevano davanti come nastri di buio.
Poi avevano avuto importanza solo i loro corpi allacciati, le bocche ansimanti che si cercavano, le mani che si toccavano in quell'atto istintivo ed eterno che li univa per quella notte.

Rimase avvinghiata a lui anche dopo e non voleva permettergli di staccarsi, di allontanarsi.
Si ripararono dal vento freddo della notte coprendosi con la coperta, e rimasero ancora così, i loro corpi nudi a contatto che le permettevano di sentire quella comunione che aveva tanto cercato.

E nel tentativo di prolungarla ancora aveva baciato il viso di lui, il mento, gli occhi, le spalle, ed aveva accarezzato il suo petto, la cicatrice ancora fresca, le sue braccia, ancora il suo viso, facendolo scostare infastidito.

 – Domani te ne andrai – gli aveva sussurrato – lasciami fare... –

Aveva portato la mano al suo viso e lo aveva sfiorato di nuovo con le dita, e poi era scesa sul suo corpo e lo aveva accarezzato con una consapevolezza nuova, ed aveva guardato le stelle quando lui aveva baciato ogni centimetro della sua pelle nuda, il calore che le scorreva ora sul corpo e la faceva sentire ancora incompleta.
E quando avevano fatto di nuovo l'amore non aveva più sentito il dolore, solo il desiderio che la dominava, il piacere che sembrava come crescere finché non era esploso e non aveva invaso completamente il suo corpo tremante.

Non gli aveva chiesto niente, non aveva detto più niente, felice di averlo così, nudo, vulnerabile tra le sue braccia.
Timorosa di rovinare quella notte perfetta con parole crude, amare.

Era rimasta sveglia a lungo a guardarlo accanto a sé, chiedendosi come poteva essere così vicina a lui, ed avere così tanta paura.

__________


Il giorno seguente erano ancora allacciati.
Si era svegliato prima lui, quando iniziava ad albeggiare, ed aveva osservato la creatura che dormiva tra le sue braccia pensieroso.

Vide gli occhi di lei aprirsi e prendere improvvisamente vita mentre si perdevano nei suoi, e sollevò la mano per accarezzarle i capelli, il viso.
Lei lo aveva stretto a sé ed aveva affondato il volto sul suo petto e lui aveva sentito un calore, uno strano calore che gli prendeva lo stomaco e non aveva a che fare con il sesso, non solo con il sesso... quella donna lo legava a sé con vincoli più profondi, che gli facevano paura.
E lui era andato troppo oltre, e non poteva tornare indietro e rinnegare le proprie azioni, per quanto potessero essere sbagliate, o per quanto lo desiderasse.
Doveva imparare a controllare anche quello, in qualche modo.

Si era staccato a fatica, avvertendo una ridicola sensazione di perdita che aveva cacciato infastidito, e si era sollevato cosciente dello sguardo di lei che indugiava sul suo corpo nudo.

Si era rivestito e l'aveva guardata a sua volta alzarsi e cercare i propri vestiti, mentre lui si soffermava sui particolari del suo corpo, per imprimerseli nella memoria per sempre.
Poi aveva guardato la luce all'orizzonte, consapevole che tra poco sarebbe stato giorno, e che non avevano tempo, non c'era più tempo per loro.

__________


Sakura si era rivestita, cacciando l'imbarazzo insensato che l'aveva presa nel sentire gli occhi di lui che la studiavano con attenzione, sentendosi improvvisamente inadeguata, non abbastanza bella per lui.
Ma non era quello che la faceva respirare a fatica, piena di incertezze, era quella sua espressione impassibile, il suo non dirle una parola, che le trasmetteva la sensazione di qualcosa che le sfuggiva tra le dita, di lui che le sfuggiva tra le dita, una sensazione che le chiudeva lo stomaco e le faceva male, ed era un dolore forte, un dolore nuovo che non aveva mai provato.
E faceva male, dannatamente male.
Evitò di guardarlo perché non avrebbe sopportato di vedere la sua espressione distaccata, come se avesse archiviato già quella notte e stesse pensando ad altro.

Si ritrovò a stringere i pugni, ora furente con Sasuke, anche se sapeva che era stupido da parte sua.
Lui non le aveva promesso niente ed era stata lei a volerlo, a volere intensamente quella notte, a voler essere una persona sola con lui, sentirsi unita a lui totalmente, anche solo per un momento.
Era quello che aveva avuto, e lo avrebbe avuto per sempre, chiuso nel suo cuore.

 – Questa volta accendo il fuoco – gli aveva annunciato con una voce il più possibile neutra, resa un po’ roca dal sonno – devo bere un caffè –

Non aveva aspettato la sua risposta ed aveva iniziato a sollevare il terreno con lo stivale, prima di andare a prendere il necessario per accendere il fuoco.
Si era avvicinata a Shuriken rendendosi conto che non sapeva proprio come sarebbe riuscita a cavalcare in quello stato, visto che in mezzo alle gambe era tutta dolorante, e anche quello era colpa di Sasuke, aveva pensato irrazionalmente.

Si mise ad accendere il fuoco e a preparare il bricco per farsi il caffè mentre lui si arrotolava la coperta e la metteva via.

 – Cosa c'è – le aveva chiesto lui quando si era seduto accanto a lei.

Lei non gli aveva risposto ed aveva aspettato che il caffè fosse ben caldo per versarlo sulle due tazze che aveva portato, poi gli porse la tazza piena di liquido bollente e restò a guardare l'alba con la sua tazza in mano.
Si era bevuta tranquillamente il suo caffè, lo sguardo perso all'orizzonte, e si era alzata per spegnere il fuoco buttandoci sopra un po’ di terra smossa.
Infine aveva caricato le sue cose nella bisaccia appesa alla sella di Shuriken.
Il caffè le aveva fatto bene, stava molto meglio.

 – Cosa c'è – le chiese di nuovo lui, ora in piedi dietro di lei – ti sei già pentita? –

Lei si era impercettibilmente inclinata all'indietro per cercare il calore di lui.

 – Sas'ke –

Lui aveva capito e si era avvicinato, permettendole di appoggiarsi a lui, circondandola con le braccia, facendole mettere da parte per qualche secondo tutte le paure, tutti i dubbi.
Perché non potevano restare così per sempre?

 – Non sono pentita – aveva parlato alla fine – Tu? Sei pentito? –

L'aveva stretta con forza ed aveva appoggiato il viso sulla sua spalla, in un gesto di abbandono che l'aveva sorpresa e le aveva fatto rilassare le spalle, uno strano miscuglio di tenerezza e tristezza che la invadeva e le faceva desiderare di chiudere gli occhi e non pensare a niente.

 – Andiamo – le disse solo lui, staccandosi da lei e facendola ripiombare nella realtà – qualcuno potrebbe aver visto il fuoco –

E così erano montati a cavallo ed avevano cavalcato in silenzio. E lei aveva guardato ostinatamente davanti a sé, melanconica, quella strana tristezza languida che sembrava penetrare all'interno del suo corpo attraverso i pori della pelle, e scorrerle nelle vene assieme al sangue.
Avevano raggiunto il filo spinato a metà mattina. Lui l'aveva aiutata a tagliarlo ed erano passati dall'altra parte.

 – Bene, ora te ne puoi andare – lo congedò – non corro più pericolo –

 – Ti accompagno per un tratto – le aveva detto lui salendo a cavallo, e lei aveva dovuto farsi forza per rispondere di no.

 – Come vuoi – aveva acconsentito lui.

Lei aveva mascherato in qualche modo la delusione, sapeva già che avrebbe risposto così, che non avrebbe insistito, cosa le prendeva ora?
 – Cosa farai adesso? – gli chiese in un soffio.

 – Voglio scoprire chi è il vero proprietario del ranch, e penso che salterà fuori se ne rivendico la proprietà, in fondo sono un erede diretto –

 – Così avranno un motivo in più per ucciderti – aveva osservato amara.

Negli occhi di lui era passata un'ombra che lei non era riuscita a decifrare, ed era subito svanita.
Poi lui aveva guardato dritto davanti a sé – E' meglio che tu vada, hai ancora un bel po’ di strada –

 – Sì – aveva mormorato – sarò a casa a sera –
 – Allora... – non era riuscita ad aggiungere altro e lui si era voltato a guardarla.

Rimasero fermi per un momento così, incapaci di distogliere lo sguardo.
E per quei pochi secondi in cui lui l'aveva guardata lei aveva potuto leggere tutto nei suoi occhi, la stessa passione di quella notte, un desiderio inconfessato, inespresso, e interesse, ammirazione, attrazione... per lei.
Aveva continuato a fissarlo ripromettendosi di non dimenticare mai quello sguardo, un'altra delle preziose cose che avrebbe racchiuso per sempre nel suo cuore.

 – Il mio posto segreto – aveva iniziato – magari... – la gola le si era chiusa per un momento, come odiava chiedere, come era umiliante chiedere... era restata lì senza proseguire.

 – Non so cosa farò e dove sarò per un po’ di tempo – l'aveva interrotta.

Lei aveva solo annuito – Io sarò lì tra venti giorni – gli aveva detto ugualmente.

Lui non aveva risposto e l'aveva guardata un'ultima volta, uno sguardo incongruamente triste che era durato un momento e si era subito indurito, poi aveva avvicinato il cavallo e si era chinato verso di lei a rubarle un bacio.

 – Non guardarmi così... – le aveva sussurrato.

 – Come ti guardo –

 – Come se fosti disposta ad aspettarmi per sempre – aveva risposto prima di partire al galoppo, senza darle il tempo di replicare, e questa volta lei non era riuscita ad andarsene prima di averlo visto scomparire all'orizzonte, anche se sapeva che non si sarebbe voltato.

Poi aveva cavalcato fino a casa senza interruzione, e non le importava che cavalcare fosse diventato sempre più doloroso, perché il dolore fisico le impediva di pensare ad altro.
Era arrivata al ranch che ormai era buio, stremata, dolorante, aveva fatto un cenno di saluto al ragazzo che gironzolava ancora a quell'ora, ed era finalmente scesa da cavallo. Le ultime forze le aveva spese per portare la cavalla nella stanza e toglierle la sella.

 – Ti striglierò domattina – la salutò.

Ora doveva entrare in casa ed affrontare la zia, e non avrebbe potuto raccontarle bugie, perché era sicura di avere scritto tutto in faccia, e sapeva che sarebbe crollata alla prima domanda.
Sperava solo di riuscire a buttarsi a letto senza parlare con la scusa che era troppo stanca.

Non aveva neppure dovuto raggiungere la casa, la notizia del suo ritorno era già stata data, forse dal ragazzo di prima, e la zia le era corsa incontro – Sei tornata! – l'aveva abbracciata – Non stare mai più via per più di un giorno – le aveva detto tenendola stretta – non ho chiuso occhio! ..vieni.. ti ho fatto preparare la vasca con l'acqua calda ogni sera, perché volevo che la trovassi, non sono una brava zia? –

 – Sì… davvero – aveva concesso lei e poi aveva seguito Tsunade nella sua stanza constatando felice che davvero di fianco al letto c'era la vasca piena d'acqua.

Non aveva ringraziato la zia ma il suo sguardo di gratitudine doveva essere stato eloquente, perché Tsunade le aveva dato un bacio e le aveva detto che l'aspettava dopo per mangiare qualcosa.

Sakura si spogliò ed entrò nell'acqua sentendosi immediatamente meglio, chiuse gli occhi e restò sdraiata lì dentro per un'eternità senza pensare a nulla.
Era uscita con i palmi delle mani e dei piedi tutti raggrinziti e aveva indossato soddisfatta biancheria e vestiti puliti.
Si era seduta davanti allo specchio pensando che aveva lavato via tutto lo sporco, e la stanchezza, ma alcune cose erano restate, il ricordo di quella notte, la sensazione dei baci di lui sulla sua pelle, e gli occhi di lui che la guardavano.
La zia era entrata mentre si stava spazzolando.

 – Vieni – le disse, poi l'aveva fatta sedere sul letto e le aveva spazzolato a lungo i capelli, come faceva quando era bambina, e quel gesto semplice che la rimandava alla sua infanzia l'aveva come rasserenata.
Si era appoggiata alla spalla della zia e non era più riuscita a trattenere le lacrime.
Lacrime stupide, ingiustificate, inutili, che non riusciva a fermare.
Neppure sapeva perché piangeva, sentiva solo che tutta la sua forza, tutto il suo coraggio se ne erano momentaneamente andati e lei era ancora, per un'ultima volta, la bambina piccola che aveva bisogno della zia.
E forse piangeva anche per quello, perché sapeva che quella Sakura bambina non c'era più, e con lei la Sakura che avrebbe potuto essere, la Sakura che avrebbe potuto vivere una vita diversa, semplice, spensierata... senza provare così tanto dolore e solitudine.

 – Va tutto bene – le aveva sussurrato la zia mentre lei singhiozzava sulla sua spalla – Va tutto bene... – aveva continuato a ripeterle stringendola a sé – Domani mi racconti cosa è successo, oggi importa solo che sei tornata –

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julia83: Ciao! Grazie per avere trovato il tempo di lasciare la recensione!
Mi sono davvero divertita a scrivere questo capitolo (non che faccia ridere anzi, è serio!) e spero sia divertente anche leggerlo, perchè, in generale, scrivendo questa storia non solo mi diverto un sacco ad inserire i luoghi comuni del genere, ma anche a buttarci dentro certe frasi e certe situazioni, e spero sempre di non esagerare (a volte mi viene da ridere da sola!):D!
Non so bene quando posterò il prossimo capitolo, perchè spero di andare via per qualche giorno e di non pensare alla storia per un po' (ad un certo punto non ci capisco più niente e devo proprio disintossicarmi:)!).
E sul manga.. ci siamo capite.. tanto mi sa che Sakura neanche lo vede Sasuke.
Buone feste!


sakusan: L'altra volta sono stata un po' sadica, lo ammetto, ma questa volta in compenso non ho lasciato niente in sospeso, quasi mi dispiace XD! ..invece spero che il tutto rientri senza problemi nel rating arancione XD! Intanto ciao! Buone feste! E grazie per la recensione!  



kry333: Intanto grazie mille, davvero.. era proprio Sakura come vedi:)! Mentre su Itachi.. suona proprio cattivo, lo so, ed era quello che volevo! Non posso dirti ancora niente su di lui, altrimenti ti tolgo tutta la (poca) sorpresa.. però ovviamente in futuro spiegherò come stanno esattamente le cose, e perchè lui si è comportato così! (acc.. continuo a sentirmi un po' sadica.. mai come Kishimoto comunqueXD!). Ancora grazie e a presto! Buon Natale!

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Capitolo 9
*** 9. Il matrimonio ***



Buon anno!
Ci ho messo un bel po' di tempo.. e il capitolo non è neppure un granchè.. il prossimo è un po' meglio, credo!


9.

IL MATRIMONIO


Il mattino seguente Sakura si svegliò più tardi del solito e per una frazione di secondo desiderò di restarsene ancora a letto, non alzarsi e non affrontare quella nuova giornata, ma subito aveva cancellato quella punta di pigrizia e si era alzata.
Aveva gli occhi gonfi ma non si sentiva poi così male.
Era a casa, avrebbe ripreso la sua vita di tutti i giorni, e sarebbe stata bene.

In cucina non c'era nessuno, avevano già fatto colazione tutti quanti, e lei si era preparata un pasto abbondante, aveva mangiato poco o niente per diversi giorni, e aveva fame.
Si sforzò di finire il piatto, gli ultimi bocconi che non volevano scendere, poi uscì, si  guardò attorno alla ricerca della zia e di Jiraiya senza trovarli, ed andò a strigliare la sua cavalla.
Il ranch era pressoché deserto, i ragazzi erano tutti sulla pista per portare la mandria a vendere e quelli rimasti a casa si davano da fare con i lavori di manutenzione.

Aveva trovato la zia con un paio di uomini e diversi barattoli di colore che dovevano servire per rinfrescare il colore della casa.

 – Ma sta bene del colore del legno, no?! Che bisogno c'è di colorarla – brontolava uno dei due, un ragazzo davvero giovane di cui non ricordava il nome, perché buona parte dei cowboys era cambiata in quegli anni, e non li aveva visti abbastanza per imparare a conoscerli.

 – Signorina Sakura! – l'aveva salutata l'altro, che fungeva anche da stalliere e non era propriamente un ragazzo, anzi, e la conosceva da quando era bambina – vostra zia è un cerbero, perché non possiamo prendere ordini da voi che invece siete così giovane e carina? –

 – Zitti e lavorate! – aveva esclamato perentoriamente la zia mentre la portava via.

 – Vedo che stai meglio – le aveva detto poi mentre camminavano – mi sono pentita di averti lasciato partire, e sappi che la prossima volta dirò ai ragazzi di prenderti al lazo e legarti –

 – Non lo farebbero mai – replicò spavalda.

 – Scommettiamo? Gli dico che il primo che ci riesce potrà portarti al prossimo ballo, o al matrimonio di Ino –

 – Non oseresti! –

 – Oserei, oserei – si era fermata e l'aveva guardata preoccupata – allora, come stai... e cosa è successo? –

 – Sto bene zia, ero solo stanca – aveva guardato la zia che aspettava – non ho voglia di parlarne – concluse.

 – Sei andata a incontrarti con lui, vero? –

Aveva aperto la bocca per protestare, ma si era resa conto che era proprio stupido negare il dettaglio, quando i fatti potevano smentirla, quando in fondo, anche se era stato un caso, era stata con lui.
E così rimase in silenzio.

 – Va bene – aveva sospirato Tsunade – è da quando sei partita che ci penso, e sono stata proprio stupida, avrei dovuto capire subito che andavi ad incontrarti con lui – aveva fatto una pausa ed aveva ripreso a parlare con un tono più brusco – non preoccuparti, non ti sgrido, tanto non serve a niente, no? Hai dovuto sbatterci il naso, e penso che la tua punizione l'abbia già avuta –
Si era fermata e l'aveva guardata pensierosa – ...adesso almeno hai capito anche tu che devi togliertelo dalla testa –

La zia sembrava così sicura, come se non potesse esserci che un epilogo, come se lei non potesse che ritrovarsi pentita e desiderosa di cancellare i ricordi, e forse era vero, come era vero che stava male, ma... sapeva c'era un prezzo da pagare, come per tutte le cose, ed era disposta a pagarlo, e magari sbagliava, magari era davvero solo giovane e avventata e non aveva capito niente, perché pensava ancora che ne valesse la pena, e perché, purtroppo, ancora aspettava, anche se non voleva, e non sapeva neppure cosa.

Tsunade la stava guardando ed aveva sorriso appena – Non preoccuparti – riprese fraintendendo la sua aria incerta – andrà tutto bene, ci ho pensato, sai, e sono sicura che Naruto ti vorrà sposare lo stesso… non che debba venirlo a sapere – precisò, divertita dall'espressione indignata di sua nipote – se un giorno vorrai sposarti, ovviamente –

 – Non commento neppure – mormorò davvero indignata – E non voglio più parlarne, ti prego –

 – Neppure io, ma ti dico un'ultima cosa – l'aveva fissata decisa – sappi che sono qui, con te, e che troveremo una soluzione per tutto... tutto... e se per caso... fossi incinta, ebbene, agguanto io il ragazzo Uchiha e ti faccio sposare STAI ZITTA – l'aveva bloccata – è solo un pezzo di carta, poi può sparire e fare quello che gli pare, e se muore, meglio... l'importante, quello che volevo dirti, è che non sei sola, che non ti lascerò mai sola come ho lasciato tua madre –

 – Lo so – aveva risposto lei sentendo un improvviso calore, in qualche modo commossa per quelle parole – io... grazie –

E poi Tsunade l'aveva abbracciata ed aveva sussurrato – Passerà – e al il suono di questa semplice parola, all'idea che la zia provasse pena per lei, si era improvvisamente irrigidita, imbarazzata, ed aveva dovuto trattenere ancora le lacrime.

 – Non è niente – mormorò, decisa a non parlarne mai più.

Ne avevano dovuto parlare ancora, di sfuggita, a cena.
Aveva inventato che agli Hyuuga era giunta la notizia, una bugia ridicola, che Sasuke intendeva chiedere legalmente la sua eredità, facendo gongolare Jiraiya – Questo smuoverà parecchio le acque, e il proprietario misterioso dovrà venire fuori! – aveva commentato, e poi aveva ascoltato curioso quando lei aveva parlato di scavi e oro, senza specificare come ne era venuta a conoscenza, lasciando intendere che fosse sempre la stessa imprecisata fonte.

 – Davvero? Dovrò controllare di persona... però è una cosa che fa proprio pensare – aveva borbottato, poi l'aveva guardata fissamente per qualche secondo, ma incredibilmente non aveva fatto domande curiose o imbarazzanti.

 – E tu? – gli chiese affrettandosi a cambiare il discorso – hai trovato una persona che possa uccidere Orochimaru? –

 – Non ancora – aveva risposto tranquillamente lui – magari nel frattempo lo uccide Sasuke e le cose si sistemano da sole! –

Sakura lo aveva guardato incerta – Scherzi? – gli aveva domandato per sicurezza.

 – No, perché? –

 – Non preoccuparti Sakura – intervenne Tsunade – Jiraiya sa quello che fa... non è così semplice trovare una persona del genere –

Lei aveva trattenuto le risposte amare, come faceva a trovare una persona del genere standosene comodamente seduto lì?
Stupida lei che ci aveva in qualche modo sperato, che aveva sperato che davvero lui trovasse qualcuno e Sasuke non dovesse più rischiare la vita per la sua vendetta.

 – Ho intenzione di andare a fare un lungo giro e sistemare un po' di cosette – aveva spiegato alla fine Jirayia, guardandola divertito – sto solo aspettando che tornino i ragazzi… un paio di loro deve restare fisso al ranch d'ora in poi, non mi fido di un ragazzino e di un vecchio –

__________


Itachi si trovava all'interno della sua vecchia casa, in una stanza del retro, era in piedi accanto alla finestra e guardava fuori. Lì dietro il breve portico in legno era completamente ingombro di legname e di ciarpame vario gettato a caso nel mucchio: un'immagine di rovina e desolazione. Non c'era niente lì che rimandava a com'era stato una volta, come non rimaneva niente all'interno, nelle poche stanze che erano state risistemate in maniera essenziale, incomparabilmente diverse da quelle arredate con cura che ricordava.

 – Ormai non manca molto – parlò Danzo, seduto ad un tavolo che fungeva da scrivania nella stanza spoglia.

Lui non gli aveva risposto ed aveva continuato a guardare fuori.

 – Non vedo l'ora di concludere – continuò l’altro senza cambiare espressione – presto recupereremo l'oro, estirperemo l'organizzazione e tutto sarà concluso –

Aveva dato un'occhiata ad Itachi – Ho deciso – aveva aggiunto cercando di studiare la reazione dell'altro – intendo fermarmi qui, per sempre... mi piace questo posto, potrei farne un buon posto... e me lo merito, per tutti questi anni passati ad inseguire un fantasma... naturalmente legalmente è tuo, ma possiamo trovare un accordo –

 – C'è anche mio fratello –

 – Tuo fratello non vivrà abbastanza – replicò l'altro – non è migliore di loro, lo sai, vero? –
 
Finalmente Itachi aveva voltato la testa ed aveva guardato l'altro.

 – Forse – aveva detto solo.

 – Non può esserci utile in alcun modo ed è una persona pericolosa ed inaffidabile... e noi non possiamo permetterci errori – precisò Danzo continuando a fissarlo – sono anni che aspettiamo –

Itachi non aveva risposto e aveva ripreso a guardare fuori, e Danzo non era riuscito a scorgere niente, neppure il più piccolo segnale, anche se lo aveva fissato per tutto il tempo.
Il suo sguardo si era fatto per un momento diffidente, si trattava comunque di un Uchiha, e poi era ritornato impenetrabile: mancavano pochi mesi, e in realtà non era veramente preoccupato, sapeva che quel determinato Uchiha avrebbe fatto il proprio dovere, come sempre.
E dopo non sarebbe più servito.

Nel frattempo Itachi aveva continuato a guardare fuori dalla finestra, consapevole che l'arrivo di suo fratello, proprio adesso, rischiava di compromettere tutto.
E lui doveva cambiare piani, priorità.

__________


Sakura non aveva più pianto dopo la prima sera.
Si alzava presto la mattina e lavorava duramente come tutti quelli che si trovavano al ranch (a parte Jiraiya ovviamente).
Lavorava alla stalla e aiutava in tutti i piccoli lavori di manutenzione che si stavano svolgendo, si era messa perfino a dipingere la casa facendo diventare improvvisamente zelanti anche i due cowboys addetti al lavoro.

Ogni giorno andava a sparare, e stringeva con tanta forza il fucile che il rinculo le aveva procurato un segno bluastro sulla spalla, facendole preferire la pistola per un po’. Provava una certa soddisfazione nel colpire sempre più spesso il bersaglio, quasi che ogni pallottola frantumasse una piccola parte di lei che voleva distruggere.
A volte usciva con Chiyo quando ancora albeggiava, andavano alla ricerca di piante medicinali e lei si faceva insegnare quali erbe prendere, per poi imparare ad usarle una volta che erano ritornate a casa.
Per lo più era solo un rinverdire i ricordi dell'infanzia, quando se ne stava ore a guardare affascinata la vecchia indiana che lavorava, pendendo dalle sue labbra.
Anche adesso alcune volte Chiyo si limitava ad indicarle una pianta, come allora, spiegandole brevemente qual era il suo effetto se veniva usata in determinati modi.
Così lei conosceva anche le piante velenose, e quelle allucinogene, o altre che potevano provocare la morte delle vacche se queste le ingurgitavano, e come fare per vanificarne gli effetti.

La sera andava a letto sfinita e si addormentava subito, per alzarsi all'alba, non appena apriva gli occhi, pronta ad affrontare un'altra giornata.
Qualche volta, raramente, si svegliava durante la notte e non riusciva più ad addormentarsi.
Allora si alzava ed andava alla finestra, e restava a guardare il cielo stellato rassegnata, perché sapeva che avrebbe pensato a lui.

Erano passati tredici giorni da quando era tornata, e l'atmosfera di attesa che si respirava aveva contagiato anche lei, perché ogni giorno poteva essere quello tanto atteso del ritorno dei ragazzi dalla pista.
In realtà lei non aspettava solo quello, tra quattro giorni, di sabato, ci sarebbe stato il matrimonio di Ino.
E poi... cercava, si sforzava di non pensare al fatto che presto sarebbero passati venti giorni da quando aveva visto Sasuke, e anche se si ripeteva che lui non sarebbe mai venuto all'appuntamento, non riusciva a fare a meno di contare i giorni.

Eppure tutto sommato andava piuttosto bene, lei stava bene e si sforzava di non pensare a niente, o meglio, di fare in modo di pensare al suo futuro senza neppure considerare la possibilità di rivederlo.
Le pareva di stare arrivando lentamente ad un punto di svolta, di essersi quasi rassegnata al fatto che aveva vissuto intensamente quel momento, quell'incontro, ma che era questa la sua vita, più monotona e faticosa, ma reale, e che doveva semplicemente accettarla ed apprezzarla per quello che aveva da offrirle.
Anche se a volte le sembrava poco, quando si fermava un momento e guardava lontano, a nord, dove si stagliavano le colline.

Stava tornando dalla stalla quando aveva visto da lontano i cowboys che ritornavano in fila indiana.
Apparivano stanchi anche da lontano e Sakura si era unita alla zia e agli altri due cowboys per accoglierli.

Conosceva bene Asuma, il loro capomandriano, era l'unico dei cowboys ad essere sposato, e Tsunade aveva regalato a lui e alla moglie un pezzo di terra in cui vivevano nella casa che lui aveva costruito.
Anche per quello non lo aveva più rivisto da quando era tornata, perché ogni minuto libero lo dedicava alla moglie ora, canzonato per questo dagli altri.

Lui era sceso con un'espressione trionfante ed era entrato in casa con Tsunade, seguito da Sakura, mentre i ragazzi proseguivano ancora fino al dormitorio.

Una volta dentro Asuma si era sfilato la cintura ed aveva tirato fuori i soldi che vi erano nascosti all'interno.

 – Non vedevo l'ora di liberamene – fece – contateli –

Tsunade li aveva contati davanti a lui ed aveva cominciato a ridere quando si era accorta di quanti erano – Come diavolo avete fatto – domandò con un ghigno soddisfatto.

 – Siamo arrivati prima di tutti, e Naruto è stato moolto convincente, dovevate vederlo all'opera signorina Sakura –

Gli Hyuuga ed i Senju infatti avevano unito le bestie e gli uomini per il trasporto, e lei aveva sorriso immaginando Naruto che contrattava.

 – Posso immaginarlo – rispose mentre faceva dei rapidi conti felice, con quei soldi avrebbero potuto pagare il debito con Orochimaru, e pazienza se poi restava ben poco e avrebbero dovuto andare a credito per le provviste invernali  – ma una volta mi chiamavi solo Sakura e mi davi del tu –

 – Una volta non eravate una signora sofisticata – aveva spiegato lui – si parla di voi in giro per i pascoli, e vi assicuro che i ragazzi sono piuttosto orgogliosi di lavorare per questo ranch!

 – E fanno bene! – approvò Tsunade, ma Sakura per una frazione di secondo si era sentita stupidamente a disagio all'idea che quei ragazzi, che trascorrevano una vita durissima e solitaria, potessero averla messa su un piedistallo, immeritatamente.

 – Temevo che i furti di bestiame ci avessero danneggiati di più – aveva commentato poi la zia.

 – Sono appena cominciati, non hanno fatto in tempo a danneggiarci – osservò brevemente Asuma – i problemi grossi, se ci saranno, inizieranno quest'autunno –

Asuma le aveva lasciate presto, desideroso di tornare a casa il prima possibile.
Sarebbe ritornato l'indomani per ricevere la paga, e per festeggiare assieme agli altri.

 – Porta anche Kurenai domani a pranzo – lo aveva salutato Tsunade.

Il giorno dopo i ragazzi si aggiravano eccitatissimi per il ranch, avevano ricevuto la loro paga felici, e si erano tirati a lustro per il tradizionale pranzo con la padrona che si svolgeva ogni anno dopo la vendita delle bestie.
Ma prima si erano messi orgogliosi in posa davanti alla macchina fotografica.

Durante il pranzo Sakura si sedette vicino alla zia, nella grande tavolata preparata nella mensa a fianco dei dormitori, e cercò di imprimersi nella mente il volto e il nome di tutti.
Aveva salutato Kurenai, che non vedeva da tempo, ed aveva ascoltato divertita i racconti certamente esagerati dei cow boys ancora eccitati per il viaggio.

Avevano continuato a scherzare per tutto il tempo e avevano parlato di quello che avrebbero fatto con la paga e con i giorni liberi che Tsunade aveva loro concesso, lanciandosi battute e insulti più o meno amichevoli.
Non si era sorpresa nel sentire che alla fine sarebbero finiti tutti in città a bersi l'intera paga, sapeva che la maggior parte dei cowboys faceva così.

Aveva anche ricevuto i loro imbarazzanti allegri complimenti, e le loro lamentele sul fatto che lei fosse fidanzata con Naruto, cosa a loro parere ingiusta, dato che non era del ranch Senju.

 – Dovrebbe scegliere uno di noi – commentò uno di loro, Rock Lee, un ragazzo che lei non conosceva bene, con delle spesse sopracciglia per cui veniva ripetutamente preso in giro, e che sembrava davvero gentile.

L'unica volta in cui lei non intendeva smentire quella stupida storia del fidanzamento, Jiraiya aveva pensato bene di intervenire e assicurare che Sakura non era ancora fidanzata, scatenando un allegro evviva da parte degli altri.
E così lei aveva dovuto subire le più o meno scherzose attenzioni di tutti quanti, e si era dovuta sforzare di rispondere allegramente e di stare al gioco, visto che sapeva che lì nel west non c'erano molte ragazze, e quelle che c'erano si sposavano prestissimo, e che ai ragazzi bastava sognare un po'.

Dopo il pranzo erano spariti tutti, uno ad uno, decisi a passarsi in città i giorni di libertà, e probabilmente la maggior parte di loro avrebbe davvero speso la paga di più mesi in alcool e donne.

Rimasero solo Asuma e la moglie, ed avevano parlato un po' dell'Akatsuki.
Kurenai aveva guardato preoccupata il marito e Sakura aveva pensato a lei che passava la vita a lavorare duramente da sola nel suo pezzo di terra, aspettando il marito che soprattutto ora, con quei ladri di bestiame, rischiava la vita ogni giorno.
Se gli fosse successo qualcosa non sarebbe stata solo una terribile disgrazia, sarebbe stata la fine della sua vita, ed aveva provato pena.

 – Aspetto un bambino – spiegò loro sorridente prima di andarsene, e i begli occhi castani le si erano accesi improvvisamente di una luce nuova, di serena attesa, di gioia, e Sakura aveva sentito improvvisamente che si era sbagliata, che Kurenai era davvero felice, e aveva avvertito un'improvvisa fitta di invidia che l'aveva profondamente sorpresa e di cui si era vergognata.

Dopo che Asuma e la moglie se ne erano partiti si accorse di Rock Lee che aspettava di parlare con lei, il capello in mano.

 – Non sei andato in città? – gli chiese Tsunade.

 – No, non voglio spendermi tutti i soldi, voglio mettermeli via per il futuro –

 – Saggio ragazzo – aveva approvato lei.

 – Signorina– aveva poi trovato il coraggio di rivolgersi direttamente a Sakura – so che si sposa la signorina Ino questo sabato, sono stato invitato anch'io al suo matrimonio, avete già deciso con chi andare? – aveva chiesto.

 – Non c'è bisogno di un cavaliere per andare ad un matrimonio – si era schermita lei.

 – Invece sì – aveva insistito lui – dalle mie parti si usa così... e poi se la sposa dovesse gettare il bouquet e se doveste prenderlo voi – non aveva completato la frase e l'aveva guardata speranzoso.

 – Non ho proprio considerato l'idea di farmi accompagnare da qualcuno – spiegò lei – anche perché devo stare vicino ad Ino, ma se dovessi decidere di farlo terrò a mente l'offerta – rispose il più diplomaticamente possibile, e questo era stato sufficiente per farlo allontanare sorridendo.

 – Seduttrice –commentò Jiraiya, facendola irritare pericolosamente.

Il giorno dopo, come Sakura aveva previsto, si era presentato Naruto.
Non si era neppure preso la briga di parlare del viaggio, che considerava già archiviato.

 – Vieni con me al matrimonio di Ino, vero? – asserì, convinto.

Cos'era questa improvvisa convinzione generale che qualcuno dovesse per forza accompagnarla al matrimonio?

 – Sono la sua damigella – aveva cercato di spiegargli – non ho bisogno di accompagnatori... e comunque ti hanno già preceduto –

 – E chi sarebbe? Non sarà mica... –

 – Uno dei ragazzi – lo bloccò subito, prima che pronunciasse il suo nome, non voleva sentirlo.

 – Uno dei ragazzi, eh?! – aveva ridacchiato lui – dopo mi dici chi è –

Naruto rimase a mangiare con loro e parlarono a lungo, di tutto, e Sakura, mentre lo guardava, pensava che davvero gli voleva bene, che davvero stava bene con lui, che lo stimava e lo considerava una delle migliori persone che avesse mai conosciuto.
Vicino a lui si sentiva sicura, amata, ed era allegra e serena.
Improvvisamente si chiese perché doveva essere così sbagliata, perché non poteva comportarsi come si sarebbe comportata qualsiasi altra ragazza al suo posto... avere un marito era quasi indispensabile lì da loro, ed un matrimonio tra lei e Naruto sarebbe stato ben visto da tutti, avrebbe fatto felici tutti, la zia, e soprattutto Naruto, almeno loro.

__________


Andò da sola al matrimonio.
Era partita il giorno prima ed aveva dormito da Ino, o meglio, non avevano dormito per tutta la notte perché ogni volta che Sakura sentiva gli occhi appesantiti chiudersi per il sonno, l'amica la svegliava per raccontarle qualche particolare del rinfresco che avrebbe dato dopo la cerimonia nella sua nuova casa, o della cerimonia, o per chiederle qualcosa.
Si erano svegliate presto la mattina dopo ed Ino ormai aveva la testa completamente tra le nuvole.
Era buffo vederla così, continuava a parlare, e parlare mentre faceva colazione.

 – Oggi mi sposo – continuava a ripetere – e questa notte sarà la mia prima notte di nozze, sono nervosissima, e eccitatissima... poi ti racconterò com'è... come sarà secondo te? – non aspettava neppure la risposta – alcune dicono che è bellissimo, altre che si divertono solo i maschi, io penso che sarà bellissimo, e poi avrò tre, no, quattro bambini... due maschi e due femmine... Sai mi ama tanto... e io sono così felice! –

Sakura ascoltava solo in parte e lasciava i pensieri vagare, e vagare, e si chiedeva come doveva essere sentirsi così felici, e così sicure di essere amate, e così fiduciose nel futuro, e ancora non riusciva ad immaginarlo, non riusciva proprio ad immaginarsi così.

Più tardi erano arrivate altre due ragazze, due amiche di Ino già sposate che lei conosceva di vista, ed insieme avevano aiutato la sposa a prepararsi e a non dimenticare niente.
Sakura si era divertita, non poteva negarlo, e l'atmosfera di festa e d'eccitazione aveva in qualche modo contagiato anche lei.
Aveva ascoltato divertita tutte le cose benauguranti che Ino doveva fare ed indossare perché il matrimonio iniziasse bene, ed aveva anche ascoltato indulgente, senza parteciparvi, i pettegolezzi a volte maligni che le tre ragazze si scambiavano, uno particolarmente odioso diretto ad una ragazza che lei non ricordava.

 – …si è rovinata con le sue mani! –

 – Certo che anche lui non è stato molto discreto – commentò Ino guardandosi nel frattempo allo specchio, non troppo interessata alle chiacchiere, niente sembrava toccarla quel giorno.

Ma le altre ragazze l'avevano subito zittita, indignate, come se la colpa fosse interamente e solo della ragazza, e per lui fosse stato un diritto approfittarne.

 – Non mi è mai piaciuta quella lì! E ora dovrà andarsene da qui se vuole trovare qualcuno che la sposi! – aveva concluso malignamente una delle ragazze.

Sakura aveva ascoltato ancora una volta in silenzio, chiedendosi se quelle stesse parole sarebbero state indirizzate anche a lei un giorno, sentendosi miglia e miglia lontana da quelle ragazze, da quella mentalità.
Era la stessa cosa che aveva provato in collegio, la stessa sensazione di estraneità, di non appartenenza.
Eppure l'ambiente in cui si trovava ora era completamente diverso, le persone erano quelle con cui era cresciuta, persone più semplici, meno artificiali e formali.
E allora perché si sentiva diversa da loro come dalle ragazze del collegio, diversa anche da persone come Karin?
A chi si sentiva vicina, con chi si sentiva veramente in sintonia, c'era qualcuno?
Di nuovo provò quella sensazione di estraneità, di non essere nè carne nè pesce.
Di essere sola.

Arrivarono in chiesa incredibilmente in ritardo, quando ormai tutti erano già arrivati (ed era davvero una montagna di gente), perché Ino sosteneva che questa era la tradizione.
Sai aspettava in piedi con un abito scuro con le code ed aveva esibito un'espressione così soddisfatta ed adorante quando aveva visto la sposa, che faceva davvero tenerezza.
La cerimonia era stata breve, Sai si era comportato in maniera impeccabile, come ci si aspettava da un perfetto gentiluomo, mentre la commozione di Ino era palpabile, e contagiosa, e aveva fatto uno strano effetto a Sakura, un misto di indulgenza e rassegnazione.

Fuori fecero una foto di gruppo e poi lei si avvicinò alla zia, mentre Jiraiya scattava un'altra foto agli sposi.
Sorrise a Naruto che le si metteva a fianco e lasciò che lui le cingesse la vita con il braccio, non sapeva neppure bene perché, forse era l'atmosfera, vedere la sua amica felice, pensare che anche lui, almeno lui avrebbe potuto essere felice se lei fosse stata diversa, se fosse stata meno stupida, meno egoista.
E a volte era così stanca di sentirsi sola.

 – Anche noi due, un giorno – aveva scherzato lui.

Sakura aveva guardato il suo ghigno felice, e poi l'espressione complice e soddisfatta della zia.
Cercò di immaginarsi nel futuro come una sposa felice, o almeno serena, una sposa che sorrideva estasiata come Ino, o appagata come Kurenai, ma non riusciva a vedersi se non infelice, soffocata da una vita che non voleva, un alone di infelicità che si propagava fino alla gente che le era vicina, fino a rovinare la felicità di tutti.

Anche se a volte avrebbe voluto, non poteva, non riusciva a cambiare se stessa, quello che provava, quello che sentiva.
E non aveva neppure un futuro da desiderare, perché in un modo o nell'altro ogni pensiero sul futuro veniva fuori tutto sbagliato, e lei non poteva vivere una vita semplice e tranquilla con Naruto, come non poteva viverla con Sasuke, anche se per due motivi completamente diversi.
E magari era meglio così, vivere un momento di passione e ricordarlo per sempre, piuttosto di lasciar morire quel fuoco nell' insofferenza reciproca di dover rendere conto a qualcuno, nelle piccole e grandi costrizioni che la parola matrimonio rinchiudeva, nell'insoddisfazione che rischiava di avvolgere sia lei che... lui… soprattutto lui, più lui… perché lei forse, con lui, avrebbe potuto provare.
Ma andava bene anche così. Non era quello che aveva sempre pensato in fondo? Che lei era fatta per una vita più libera e solitaria.
E allora non poteva lamentarsi, perché finora aveva avuto esattamente quello che aveva chiesto, e forse anche qualcosa di più di quello che si era aspettata, anche se meno di quello che una piccola parte di lei aveva sperato.
E prima o poi avrebbe imparato a controllare quell'ombra di insoddisfazione, quella sensazione di incompletezza che faceva ormai parte di lei (di cui lui era la causa), senza più pensare ad un futuro che non sarebbe mai arrivato, che non conosceva.
Che sia quel che sia, si disse come rasserenata, non ho paura del futuro, non ho paura di vivere.

In quel momento la sposa aveva gettato il bouquet verso il gruppetto di ragazze, tutte più giovani di lei, che attendevano impazienti, ma Naruto, quando si era allontanato da lei? le aveva precedute e lo aveva afferrato al volo ridendo.
Lo aveva portato a lei, le ragazze che urlavano e protestavano.

 – Cosa sarebbe questo? – gli chiese perplessa.

 – Per te Sakura, per quando sarai stanca di essere sola –

E così veloce che lei non aveva potuto opporsi le aveva rubato un bacio, suscitando fischi e svariate urla di protesta dai ragazzi che li circondavano.

__________


Sasuke fermò il cavallo improvvisamente a disagio.
Suigetsu era sempre a conoscenza di quelle frivole, inutili notizie, e lui di solito non l'ascoltava neppure, annoiato, però quello lo aveva sentito, il fatto che si sposava la ragazza dell'emporio, una bella ragazza che era l'amica della signorina che aveva curato Sasuke, e che magari anche la signorina era lì, anzi, sicuramente era lì.

Aveva archiviato la notizia come inutile e non ci aveva pensato più, eppure si era ritrovato a passare lì, proprio davanti alla chiesa, mentre la gente usciva, profondamente irritato con se stesso.
Si era fermato dall'altra parte della strada, nascosto all'ombra di un albero, ed aveva cercato suo malgrado la figuretta familiare di lei.

L'aveva vista avvicinarsi alla zia e gli era sembrata felice, tranquilla.
Poi aveva visto Naruto che si avvicinava e le metteva un braccio attorno alla vita, in un gesto così intimo che gli aveva fatto distogliere gli occhi in fretta, colpito.
Eppure era ritornato a guardarla ed aveva assistito da lontano al lancio del bouquet, ed al bacio che era seguito.

Si era voltato ed aveva ripreso a cavalcare lungo la strada.
Sapeva che lei non sarebbe restata ad aspettare per sempre una persona che non sarebbe tornata… ma aveva fatto davvero presto a dimenticarlo.
Prima di quanto avesse fatto lui.

Ma in fondo non era meglio così? Non era quello che voleva anche lui?
Ora poteva cancellarla completamente, poteva essere completamente libero, libero come era prima.
E allora perché faceva così male?

Uscì da Konoha diretto al luogo in cui erano accampati.

Lì Juugo e Karin aspettavano soli, Juugo seduto davanti al fuoco, lei che continuava a camminare avanti e indietro, arrabbiata.

 – Secondo te è andato anche lui a vedere il matrimonio? – aveva chiesto alla fine, incapace di trovare pace.

 – Sasuke? – chiese lui sorpreso – Perché? Non gli interessano quelle cose –

 – Sei un cretino Juugo! – aveva esclamato lei esasperata, poi si era zittita ed aveva ripreso a camminare – Dopo che avremo ucciso Orochimaru... – aveva cambiato completamente argomento – non gli serviamo più –

 – Ci sono altre cose che dobbiamo fare – la contraddisse lui – e poi... magari possiamo stare insieme lo stesso –

 – Sei proprio un cretino! – gli urlò di nuovo – Non capisci niente? Vedrai se non ci manda via... io... – si era interrotta ancora e si era fermata, lo sguardo a terra – e pensare che io... non voglio andarmene senza di lui! – si lamentò tirando un calcio ad un pezzo di legno.

 – Anch'io sto bene con voi –

Lei lo aveva guardato seccata – Cosa ti importa a te! E poi sei un maschio! Io da sola... merda… non voglio stare da sola –

 – Penso che Suigetsu –

 – Cosa c'entra Suigetsu! – lo interruppe lei.

 – Credevo... una volta... – si era difeso lui.

 – Ero ubriaca! – aveva gridato indignata – e Sas'ke non mi voleva! –

Si era bruscamente interrotta e aveva dato un altro calcio ad un paio di sassi che aveva davanti.

 – Non voglio stargli lontana, ma tu non capisci… per te e Suigetsu non è importante come per me –

 – Non so quanto è importante per te, ma tu lo hai seguito per caso – aveva osservato allora Juugo con lo sguardo perso lontano, improvvisamente triste – per me e Suigetsu è diverso, ci ha tolti da quella prigione in Messico e gli dobbiamo la vita – rimase così, in silenzio, lo sguardo lontano e un'espressione smarrita, come se quel pensiero gli fosse venuto solo in quel momento – Io non so dove andare da solo – aveva mormorato – non ho niente... e nessuno... –

 – Sei grande e grosso – aveva brontolato lei – di cosa ti preoccupi –

Poi avevano visto Sasuke che arrivava e lei gli si era avvicinata non appena era sceso da cavallo.

 – Dove sei stato? – gli chiese appoggiando come per caso la mano sul suo petto.

Lui l'aveva ignorata scostandole la mano e si era seduto accanto al fuoco.

 – Suigetsu è andato a vedere il matrimonio – proseguì lei sedendosi a sua volta – sei andato anche tu? – insistette gelosa, odiava quella ragazza, quella che lo aveva curato, la odiava con tutta se stessa, come non aveva mai odiato nessuno, e non si prendeva neppure la briga di chiedersi se era giusto, sapeva solo che Sasuke pensava a quella ragazza, ne era sicura, come era sicura che invece non pensava mai a lei, non aveva mai pensato a lei.

Sasuke non le aveva risposto, come era prevedibile, e lei aveva girato la testa di scatto verso di lui, stizzita.

 – Scommetto che ci sei andato per vedere quella! – osservò brusca, amara.

 – Smettila Karin – chiuse il discorso lui, e a lei, incredibilmente, era scesa una sola lacrima, di rabbia supponeva.

 – Cos'ha quella? – aveva insistito lei – Non credo che con lei –

 – Smettila! – aveva ripetuto secco e lei si era zittita ed aveva guardato Juugo fulminandolo con lo sguardo, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

 – E' ora di uccidere Orochimaru –  spiegò Sasuke senza neppure guardarli – Sono stanco di aspettare –

 – E dopo... dopo che Orochimaru è morto – aveva chiesto lei nervosa – cosa faremo? –

 – E' solo per questo che siamo insieme – replicò lui – poi potete fare quello che volete –

 – Cosa vuol dire?! – gli aveva urlato lei mentre Juugo continuava a restarsene in silenzio, probabilmente imbarazzato – non contiamo qualcosa? – aveva finito con una nota isterica.

 – Mi dispiace – mormorò Sasuke – ma era questo l'accordo –

Furiosa aveva alzato lo sguardo, pronta a fare una scenata.

 – Potremmo aiutarti con Danzo – intervenne Juugo.

Nel frattempo Suigetsu li aveva raggiunti ed avevano aspettato mentre lui smontava da cavallo e si sedeva accanto a loro, attorno al fuoco.

 – Che bel matrimonio! – aveva iniziato Suigetsu, ignaro dell'atmosfera tesa attorno a lui – Dovevi proprio vederlo Karin, tutte le ragazze erano commosse, magari ti commuovevi anche tu – aveva cominciato a ridere – sapevo di non poter dire questa cosa e restare serio – aveva spiegato ridendo.

 – Sei un cretino! – gli aveva urlato lei e si era alzata decisa a mollargli uno schiaffo.

Sasuke l'aveva fermata con il braccio ed aveva guardato Suigetsu per una frazione di secondo, facendogli abbassare lo sguardo – Cosa ho detto! – esclamò l’altro.

 – Lasciala stare – replicò lui, e l'altro si era guardato intorno curioso.

 – Cosa mi sono perso? –

 – Niente – rispose Juugo – parlavamo di Orochimaru, è ora di portare a termine il nostro piano –

 – Davvero? Bene! Non capivo cosa stavamo aspettando! – aveva commentato Suigetsu, ed avevano iniziato a parlare di quello.

Era da tempo che sapevano come fare, si trattava di una cosa semplice, in fondo.

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Julia83: Ciao! Buon anno! Le feste sono andate bene.. il solito più che altro, solite corse, solite cene e soliti pranzi! E sì.. i bambini sono terribili.. in compenso loro si divertono un sacco!!  
Grazie per la tua recensione (al solito!)! E sai.. in realtà anch'io ho considerato l'idea di fare Sasuke solo e inavvicinabile fino alla fine.. ma poi mi annoiavo! :D.. inoltre non sono sadica come Kishimoto, che si diverte a lasciare tutto in sospeso con lui.. ma proprio tutto.. sarà che si sa già che Naruto alla fine vincerà su tutta la linea ecc.. ecc.. e aveva bisogno di sfogarsi.. ma.. accidenti.. ha davvero esagerato con Sasuke.. potrebbe pure diventare cieco!
Un bacione!

kry333:Buon anno e grazie mille per la recensione! In effetti sono una romanticona anch'io, non so perchè mi sono messa a descrivere sparatorie.. vabbè.. ormai mi tocca andare avanti, ed ho anche un bel pò di cose lasciate in sospeso da chiarire! :DD  
Ancora grazie, buon anno e a presto!!

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Capitolo 10
*** 10. Orochimaru ***



10.

OROCHIMARU


L'occasione si era presentata pochi giorni dopo.
Suigetsu e Juugo si erano fermati in città, e Suigetsu era tornato di corsa all'accampamento con la notizia che Orochimaru era al saloon, e c'erano solo un paio di scagnozzi con lui, a parte Kabuto.

 – Dobbiamo solo aspettare che esca di lì... Juugo è ancora lì che controlla – aveva concluso.

Si erano diretti tutti e tre insieme a Konoha ed avevano cavalcato fino al centro della città, una volta lì avevano lasciato i cavalli in un posto appartato e facilmente raggiungibile, ed avevano camminato fino al saloon.
Suigetsu si era affacciato un momento alla porta e aveva fatto cenno a Juugo che erano arrivati, Juugo aveva risposto al cenno e loro avevano proseguito per fermarsi non molto lontano di lì, sotto al portico, in piedi, ad aspettare.
Era passata poco più di un'ora prima che Juugo uscisse e li raggiungesse.

Sasuke buttò la sigaretta e scese dal marciapiedi, seguito dagli altri tre.
Camminarono affiancati tutti e quattro in mezzo alla strada, l'aria involontariamente minacciosa con gli impermeabili svolazzanti e le armi bene in vista, la gente che cambiava strada nel vederli.

Poi Suigetsu e Karin si erano staccati ed erano spariti dietro alle case, mentre Sasuke e Juugo proseguivano.

Orochimaru era uscito dal retro del locale ed aveva percorso un vicolo dopo aver superato un paio di case, per tornare nella strada principale, seguito dai suoi due uomini.
Kabuto era andato via da tempo, e sicuramente era già passato dallo sceriffo per lasciargli l'ambasciata con la richiesta, no, l'ordine di presentarsi da lui quella sera stessa.
Orochimaru aveva bisogno di parlargli e chiarire una volta per tutte come stavano le cose, chi comandava e quali cose erano e non erano consentite: lo sceriffo stava dimostrando una fastidiosa indipendenza che doveva essere subito repressa.
Evidentemente lui non era stato abbastanza chiaro, o lo sceriffo era più stupido di quel che sembrava, eppure l'accordo era semplice: o lo sceriffo faceva come lui voleva, o era morto.
Sorrise, aveva già in mente chi mettere come nuovo sceriffo, e la seccatura non meritava altra attenzione da parte sua.

Fortunatamente il mondo era popolato da persone deboli, incapaci di pensare, e troppo pavide per osare anche guardare al di là del proprio naso, e la cosa andava tutta a suo vantaggio, perché lui sapeva cosa voleva e sapeva come ottenerlo, e non era così stupido da non approfittare delle debolezze altrui.
Ripensò con compiacimento a Tsunade che era stata più che lieta di farsi convincere a continuare a giocare.
Lui e la sua vecchia amica avevano appena finito una mano e si sarebbero trovati ancora la settimana successiva, e poi quella dopo, e quell'altra ancora.
Il gioco era un vizio, un vizio piuttosto pericoloso: i giocatori incalliti erano così, pensavano sempre di poter vincere la volta successiva, e Tsunade non faceva eccezione.
Povera vecchia Tsunade che si fingeva così forte, e indipendente, e neppure si accorgeva di quello che era diventata, una donna così vinta dalla solitudine e dal fallimento che doveva bere e giocare per sentirsi viva.
Era divertente passare del tempo con lei, osservarla mentre si crogiolava nella sua miseria, e forse era per quello che lui non si decideva a chiudere quella determinata partita anche se avrebbe potuto farlo da tempo, perché provava un sottile piacere nel prolungarla ancora, e ancora, nel vederla struggersi, ed illudersi, ed ancora struggersi… nel vederla così debole.

Ma prima o poi quel gioco doveva finire, e chissà, magari standosene comodamente seduto a giocare avrebbe potuto entrare anche lui nel ramo dell'allevamento, diventare un collega di Danzo.
Un’altra persona che avrebbe volentieri eliminato dalla faccia della terra, assieme al suo padrone. Non sapeva neppure bene da dove spuntasse, o cosa avesse a che fare con il ranch, a parte il fatto che con lui c'era Itachi Uchiha.
Naturalmente a suo tempo si sarebbe presentato a riscuotere i suoi crediti, in fondo erano stati loro a venirlo a cercare per proporgli un patto, erano stati loro ad avere bisogno di lui, e se quel Danzo era quello che comandava adesso, avrebbe trattato con lui, in fondo uno valeva l'altro, no?!
Certo che la gente era proprio ingrata, a volte, ma lui non intendeva mettersi da parte ed essere privato del suo profitto.
E tanto meno farsi prendere in giro.
Dicevano che il misterioso oro non era stato trovato, anche se Itachi Uchiha era con loro, ed avrebbe dovuto saperne qualcosa. Magari aveva qualcosa in mente anche lui, non si poteva mai sapere con gli Uchiha, e non ci si poteva fidare di loro.
Ma in fondo, se fossero stati così in gamba non sarebbero morti quasi tutti.
Sorrise.
Se i suoi soci credevano che lui si fosse dimenticato o rassegnato con il passare del tempo, sbagliava di grosso.

In quel momento li aveva visti che avanzavano ed aveva capito subito che portavano morte.

Si fermò e fermò anche i suoi uomini prima che tirassero fuori le pistole, non era ancora il momento.

 – Come sei cresciuto, Sasuke – aveva parlato con un leggero sorriso divertito – decisamente un Uchiha, non ci si può sbagliare... così – proseguì – hai deciso di non metterti dalla mia parte, peccato –

Sasuke lo aveva guardato senza nessuna deferenza e paura, e Orochimaru sorridendo aveva pensato che era proprio un peccato ammazzarlo.

 – Non penserai davvero di uccidermi, vero? – continuò con una punta di curiosità, ancora con quel sorriso divertito che gli incurvava le labbra.

 – Ti considero già morto – rispose lui, e gli si era fermato di fronte, mentre il ragazzo che era con lui si spostava un po' di lato.

Non c'era nessuno nei dintorni, la gente era come svanita, spaventata, consapevole dell' aria di morte che li circondava.

 – Parole grosse – commentò Orochimaru – ma vedi mio caro, io non ho nemmeno la pistola, non vorrai assassinarmi a sangue freddo –

Sasuke aveva preso una delle due pistole che aveva ai fianchi e gliel'aveva lanciata tenendola per la canna, ma lui si era guardato bene dall'afferrarla, e la pistola aveva colpito il suo braccio, cadendo poi nella polvere.

 – Prendila –

 – Non so cosa pensavi di fare – rispose lui – ma non dire che non è stata colpa tua... Sakon, Jirobo – aveva esclamato rivolgendosi ai due uomini che erano con lui, e poi aveva guardato Sasuke – tu sei morto –

I due uomini al suo fianco avevano preso simultaneamente la pistola e l'avevano sollevata, ma prima di riuscire ad alzarla ad altezza d'uomo si erano piegati in due, colpiti da due pallottole.
Orochimaru aveva guardato Sasuke e il suo compagno con le pistole ancora fumanti in mano, e poi, per niente impressionato, aveva guardato i suoi uomini cadere.
Ma subito dopo aveva sentito un altro sparo ed aveva alzato la testa giusto in tempo per vedere Kidomaru cadere esanime dal tetto, morto, e una faccia ghignante sbucare in alto, sopra il cornicione.
Aveva voltato la testa dall'altra parte della strada ed aveva visto l'altro suo uomo che sollevava le braccia ed una figura dietro di lui che lo teneva sotto tiro.
Guardò Sakon e Jirobo a terra, uno era decisamente morto mentre l'altro si contorceva per il dolore, e infine, ora decisamente seccato, alzò la testa a fronteggiare il volto impassibile dell'Uchiha.

 – Ti abbiamo seguito per un po' – spiegò il ragazzo con disprezzo, mentre il suo compagno si allontanava e si metteva ad aspettare sotto al portico – e sei un abitudinario nelle tue precauzioni. Ora siamo solo io e te –

Orochimaru non aveva parlato e lo aveva guardato immobile mentre pensava.
Non era più abituato a combattere lealmente, uno contro uno, ma era stato un pistolero temibile, e non temeva certo un ragazzo.
Sorrise. Bastava trovare la soluzione giusta.

Aveva incontrato lo sguardo di Sasuke Uchiha davanti al lui, ed aveva letto nei suoi occhi determinazione, e forza, e per una frazione di secondo, per la prima volta dopo decenni, aveva avuto paura.

 – Sono sempre disarmato – osservò.

 – Raccogli la pistola – insistette l'altro, e ripose nel fodero la pistola che aveva in mano – ora –

 Ma lui non si era mosso ed aveva alzato impercettibilmente le mani, e poi aveva sollevato lentamente la sinistra, Sasuke che lo guardava sospettoso.

 – Adesso mi giro, non vorrai spararmi alle spalle, vero? – fece sorridendo, sapeva che la gente tende a focalizzarsi troppo sul mezzo, si fa troppi scrupoli, invece che sul fine: non spara alle spalle, e per quello perde.

Si girò ora più velocemente, e come prevedeva, Sasuke gli si era avvicinato da dietro e lo aveva preso per la spalla tirandolo a sé e cercando di farlo girare su se stesso.
Orochimaru aveva sollevato le braccia ed aveva fatto scivolare dalla manica una piccola derringer, e contemporaneamente si era voltato per fronteggiarlo ed aveva fatto partire un colpo.
Contro il vuoto.
Sasuke doveva avere in qualche modo intuito quella mossa perché non era più dietro di lui ma al suo fianco e gli aveva tirato un pugno in faccia facendolo cadere.

Orochimaru lo aveva guardato incredulo da terra e poi aveva tentato di ignorare il dolore lancinante al naso, ed automaticamente aveva cercato con la mano la derringer che doveva essere accanto a lui, deciso a non sbagliare mira questa volta.
Ma nel farlo aveva incrociato lo sguardo di Sasuke ed era restato fermo.

 – Avanti. Prendi la pistola – gli ordinò l’altro ancora una volta.

Lui si era ben guardato dal farlo – Dovevi spararmi invece di colpirmi con un pugno – gli replicò – hai perso la tua occasione –

 – Prendi la pistola, o ti ammazzo lo stesso! –  

Si era rifiutato di muoversi.

 – Come vuoi – concluse Sasuke.

Subito dopo Orochimaru si era ritrovato con una pistola puntata alla testa ed aveva guardato scioccato la figura leggermente chinata su di lui, per incontrare due pozzi neri così pieni d'odio che ancora una volta, per la seconda volta, aveva avuto paura di morire.

 – Non posso morire – mormorò.

Aveva guardato ipnotizzato il grilletto che si muoveva con estenuante lentezza, incapace di credere a quello che vedeva, che sarebbe morto.
Vide paralizzato che il grilletto veniva premuto completamente e sentì il rumore dello sparo, assordante per la vicinanza, ed il dolore alla guancia.
Eppure non era morto, Sasuke aveva deviato di pochi centimetri la canna della pistola e quella sulla guancia, aveva constatato toccandosela, era solo una bruciatura.

 – Basta così! – la voce dello sceriffo era risuonata forte nel silenzio irreale, e Orochimaru aveva fatto uscire il fiato che neppure si era accorto di trattenere.

Ma la pistola era restata lì, puntata, il braccio fermo.

 – Se lo ammazzi così sarò costretto ad arrestarti per omicidio – aveva proseguito lo sceriffo – verrai impiccato, ne vale la pena? Metti via la pistola –

Sasuke era rimasto fermo per un tempo interminabile, o almeno così era parso ad Orochimaru, ma infine aveva obbedito ed aveva rimesso la pistola nel fodero.

 – Bravo – approvò lo sceriffo – non mi piacciono quelli che vanno in cerca di guai –

 – Arrestatelo immediatamente – aveva sibilato Orochimaru alzandosi, il naso gli pulsava dolorante, e la guancia bruciava maledizione! Quel ragazzo era morto!

 – E' un ragazzo un po' irruento – obbiettò lo sceriffo, facendo un cenno ai due aiuto sceriffo che nel frattempo erano sopraggiunti con i fucili spianati – ma insomma – aveva proseguito mentre si guardava intorno e raccoglieva la derringer – anche lei... –

 – Era legittima difesa! – aveva esclamato lui furioso – questo ragazzo stava per uccidermi a sangue freddo, e lei lo deve arrestare! –

 – Lo avresti meritato, come tu hai fatto con la mia famiglia! – replicò Sasuke.

 – Sciocchezze, non hai nessuna prova – aveva precisato lui ora di nuovo calmo, cercando di togliersi un po' di polvere di dosso.

 – E' un'accusa grave, questa – intervenne lo sceriffo.

 – Eri a casa nostra quel pomeriggio, mi ricordo, e la sera io e Itachi abbiamo riconosciuto i tuoi uomini –

 – Tutte sciocchezze, tu eri solo un bimbetto, chissà cosa hai visto – aveva sorriso – e tuo fratello non è qui... e poi perché avrei dovuto farlo? –

Sasuke lo aveva guardato freddo – Lo chiederò al tuo complice. Sei stato tagliato fuori, vero? E ti rode –

Orochimaru aveva dovuto trattenere l'impulso di saltare alla gola di Sasuke e stringere fino a strozzarlo, ma era troppo facile morire così, e quel ragazzo non sarebbe stato così fortunato, oh no...

 – Va bene –li interruppe lo sceriffo – intanto che ci penso vi metto in prigione tutti e due, in celle separate ovviamente... una notte in galera non può che farvi bene, me la sento –

Lo sceriffo aveva retto tranquillo due paia di occhi increduli, ed aveva cacciato seccato le persone che ora cominciavano ad avvicinarsi.
Ma Juugo non lo aveva ascoltato e si era piazzato vicino a Sasuke, presto seguito da Suigetsu, e da Karin che aveva lasciato l'uomo di Orochimaru ed era corsa a raggiungerli.

 – Non mettetevi in mezzo ragazzi – li avvisò lo sceriffo – non vorrete diventare tutti fuorilegge... è una vita scomoda, e molto corta, quella dei fuorilegge –

 – Lasciate stare – li fermò Sasuke.

 – Bravo – aveva approvato lo sceriffo – tornate a prenderlo domani a mezzogiorno, forse... –

Aspettarono il segno di approvazione del loro capo prima di allontanarsi, Karin che continuava a voltarsi preoccupata.
Lo sceriffo aveva camminato dietro ai due uomini tenendoli costantemente sotto tiro, ed una volta alla prigione li aveva davvero rinchiusi in due celle separate, Orochimaru che ancora non voleva crederci.

 – Tu, Kakashi, hai finito di fare lo sceriffo qui, o da qualsiasi altra parte – sibilò attraverso le sbarre che separavano il corridoio dalla cella – e tu – fece verso la cella di Sasuke, sicuro che dietro al muro l'altro lo stava ascoltando  – non uscirai vivo di qui! –

 – Qual è il problema, pensavo che andasse bene anche a te – aveva osservato lo sceriffo per niente turbato – così possiamo parlare liberamente, no?! –

Sasuke si era seduto per terra nella sua cella senza badare a loro, cercando di venire a capo della situazione in cui si trovava.
Per un momento si sentì furioso, furioso con se stesso, perché non lo aveva ammazzato.
Aveva aspettato tutta la vita di trovarselo davanti e premere il grilletto, e non lo aveva fatto.
Non era riuscito a sparare a sangue freddo ad un uomo disarmato.
Ed ora non avrebbe avuto altre occasioni.
Aveva sbagliato, ma doveva pensare al presente, doveva pensare ad uscire di lì al più presto, prima che gli uomini di Orochimaru arrivassero, perché sarebbero arrivati, lo sapeva.

________


Erano passate un paio d'ore e tutto sembrava sistemato.
I due vice se ne erano andati, per niente felici, anzi, probabilmente avrebbero dato chissà cosa per potersi licenziare e scappare lontano.
O magari lo avevano già fatto e stavano tradendo lo sceriffo alle spalle proprio in quel momento, niente di cui meravigliarsi.

Kakashi avrebbe dormito nel suo ufficio quella notte, anche se la compagnia era piuttosto noiosa.
Il ragazzo se ne stava silenzioso a pensare ai fatti suoi, e Orochimaru, dopo aver proferito svariate minacce, era diventato sempre più tranquillo, e si era addormentato sulla scomoda branda anche piuttosto soddisfatto, o almeno così sembrava.

Kabuto era passato per la prigione e se ne era andato dopo aver cercato di far rilasciare il suo capo con le buone, e non prima di aver guardato Orochimaru mettendosi a posto gli occhiali con un dito.
Si erano capiti al volo quei due, come sempre.

E aveva capito al volo anche Kakashi.
Il giorno dopo, una volta che Orochimaru fosse stato fuori, avrebbero risolto le cose con le cattive e si sarebbe deciso una volta per tutte chi comandava in città.

Si chiese curioso che cosa avrebbero fatto i suoi vice, sarebbero restati dalla sua parte?
L’avrebbe scoperto presto.

Si chiese anche se non doveva liberare il ragazzo Uchiha prima che fosse troppo tardi.
No, una notte in prigione se la meritava proprio, non gli avrebbe fatto quel favore, per non parlare di Orochimaru, che stava proprio bene rinchiuso in una cella.
Ormai il dado era tratto.
E forse poteva farsi un sonnellino fino al mattino successivo, era sicuro che non ci sarebbero stati problemi quella notte, era troppo presto e dovevano organizzarsi.
Sbarrò la porta e si piazzò il più comodo possibile sulla sedia, le gambe sopra alla scrivania.
Prese uno dei suoi amati libri dal cassetto ed iniziò a leggere.
Non era il caso di preoccuparsi prima del tempo, ci avrebbe pensato l'indomani.

__________


Man mano che la scadenza dei venti giorni si avvicinava Sakura diventava sempre più inquieta, e ridicole speranze iniziavano ad insinuarsi tra i suoi pensieri... senza rendersene conto cercava di riportare alla mente ogni particolare del volto di lui, ed anticipava nella mente quello che avrebbero potuto dirsi se lui per caso si fosse presentato, quello che avrebbe potuto succedere... da quando era diventata una sognatrice?
Sapeva che era stupido, ma per quanto si sforzasse di vivere nella realtà e cacciare quei pensieri, non ci riusciva, anzi, quei pensieri diventavano sempre più insistenti fino a quando, il giorno precedente, l'attesa non era diventata intollerabile.

Quella mattina aveva detto che andava a fare un giretto nei dintorni, ed era partita decisa a non aspettarsi niente.
Eppure aveva percorso la strada pervasa da un' agitazione che aumentava man mano che si avvicinava al luogo dell'appuntamento. Quante probabilità c'erano che lui ci fosse? Per quel che ne sapeva tutto era possibile, ma non voleva illudersi, lui avrebbe potuto essere troppo lontano, o avrebbe potuto essergli successo qualcosa... o più probabilmente non voleva presentarsi, semplicemente non voleva.

Stava sempre peggio mentre cavalcava verso il luogo dell'appuntamento, e si sentiva ormai malissimo quando era arrivata e si era messa a far finta di non aspettarlo.
Aveva respirato male, con il cuore che batteva troppo velocemente, pervasa da una strana sensazione di irrealtà, per tutto il tempo in cui aveva aspettato, ore in cui aveva continuato a ripetersi che lo sapeva che non sarebbe venuto, che era assolutamente logico non aspettarsi niente, che era tutto a posto e che non stava poi così male.
Il tempo era passato lentissimo a scandire quella giornata orribile, passata ad aspettare, ed aspettare, ed aspettare... mentre le speranze che aveva nutrito, per quanto avesse negato di nutrirne, svanivano lentamente.
Eppure aveva indugiato il più possibile, anche quando sapeva che era troppo tardi, quando non le era rimasta neppure la più piccola speranza.

E alla fine aveva accettato l'evidenza.
Lui non era venuto e lei doveva tornare a casa.
Doveva rassegnarsi, doveva finalmente, definitivamente rassegnarsi e non pensarci più.

Tornò tardi e si aspettava i rimproveri della zia perché era restata via per troppo tempo.
Invece la zia l'aspettava in cucina con un'espressione grave.

 – Cos'è successo? – domandò con un filo di voce, con la sensazione che il cuore avesse smesso di battere per un momento.

 – Ero in città oggi – aveva raccontato Tsunade – c'è stata una sparatoria... Sasuke è in prigione, dicono che ha sparato ad Orochimaru.

Sasuke era in prigione, e aveva sparato ad Orochimaru, e lo avrebbero impiccato.
E lei, e lei non lo avrebbe rivisto mai più.
In qualche modo l’idea le risultava intollerabile.
Non poteva permetterlo.

 – Devo vederlo, adesso – si sentì sussurrare.

 – Non preoccuparti – intervenne Jiraiya che era entrato nella stanza – anche Orochimaru è in prigione, anche se sembra impossibile, e Sasuke non corre pericoli immediati, mi fido dello sceriffo  –

 – Non posso – aveva cercato di spiegargli – non posso aspettare –

 – Invece aspetterai, va bene? – aveva asserito la zia.

 – Ora la prigione è chiusa, non potresti vederlo, non ha senso andarci, domattina ti accompagno personalmente a fargli visita – concluse Jiraiya.

 – Sì – gli aveva risposto meccanicamente, cercando di dirsi che avevano ragione loro, che non aveva senso fare qualcosa ora.
Era andata a dormire, ma ovviamente non aveva chiuso occhio.
Rimase sveglia chiedendosi cosa poteva fare, studiando piani improbabili ed assurdi che la facevano sentire meno impotente.
Non poteva pensare che lui morisse, che non ci fosse più… non poteva semplicemente accettarlo: non gli aveva chiesto niente, probabilmente non avrebbe mai avuto più niente da lui, ma sapere che lui era vivo da qualche parte, che i loro cammini avrebbero potuto incrociarsi ancora una volta, magari per caso, magari solo per condividere uno sguardo, anche solo uno sguardo.. in qualche modo inspiegabile le era necessario.

__________

Sakura si era addormentata ad un certo punto, e si era svegliata di soprassalto, tardi, precipitandosi giù dal letto per prepararsi in tutta fretta.
Era uscita dalla sua stanza ed aveva sentito la voce di Naruto provenire dalla cucina.
La notizia era arrivata anche agli Hyuuga e lui era passato da loro prima di dirigersi in città.

 – Dicono che gli ha spaccato il naso con un pugno – stava raccontando – Non vedo l’ora di vedere Orochimaru col naso rotto –

 – Allora davvero è un uomo morto – commentò Jiraiya – Secondo voi mi lasciano fare una foto? –

 – E a chi vorresti farla? – era intervenuta Tsunade sarcastica – al naso rotto? – poi aveva visto Sakura e si era zittita.
Si erano voltati tutti a guardarla.
 
Naruto l'aveva guardata improvvisamente serio, si era grattato la nuca ed aveva sospirato - Non preoccuparti, non lo lascerò impiccare – l’aveva rassicurata - a costo di far saltare quel cazzo di prigione, ok? -

Lei aveva sorriso, stanca, i piani che aveva studiato quella notte che ora le apparivano chiaramente irrealizzabili. Aveva mangiato un paio di biscotti al volo, poi aveva nascosto una pistola nella tasca della gonna, ed era pronta.

Partirono tutti e quattro insieme.
Jiraiya guidava il calesse e percorsero la strada senza parlare molto.
Non appena arrivati lei e Naruto erano scesi e si erano diretti velocemente all’ufficio dello sceriffo, mentre Jiraiya, accompagnato da Tsunade, li seguiva con più calma.

Loro due erano entrati spediti ed avevano trovato quello strano sceriffo seduto con i piedi sopra alla scrivania, la bocca nascosta sotto il fazzoletto, un libro in una mano e nell'altra il fucile casualmente puntato su di loro.

 – Vi ho visto dalla finestra –  spiegò – non mi sembrate un'esca o cosa simile, giusto? –

Lei lo aveva guardato incerta e poi aveva deciso di ignorare la battuta.

 – Rilascia subito Sasuke Uchiha! – aveva esclamato invece Naruto avvicinandosi.

 – Non ci penso nemmeno – replicò lo sceriffo imperturbabile – e non fare troppo il furbo che metto dentro anche te –

 – Voi cosa volete signorina? – aveva chiesto più gentilmente.

 – Voglio vederlo – rispose semplicemente lei.

 – Sempre quello giovane e carino, suppongo – aveva concluso lui – Ehi! Uchiha! Hai una visita! – aveva urlato, poi aveva fatto scendere i piedi dal tavolo ed aveva guardato Naruto – solo la signorina… – aveva spiegato – non mi fido di te, testa calda! –
 
Sakura aveva preso per il braccio Naruto per bloccarlo prima che si mettesse definitivamente nei guai, ed aveva seguito lo sceriffo che si alzava e si dirigeva verso la prima delle celle sulla destra.

 – Non voglio vedere nessuno – l’accolse Sasuke seduto sulla sua branda, i gomiti sulle ginocchia, una sigaretta tra le dita, lo sguardo a terra.

 – Sasuke – aveva sussurrato lei aggrappandosi alle sbarre.

 – Neppure te – aveva chiarito lui guardandola solo per un attimo.

 – Non so cosa gli prende, eppure gli ho fatto portare la colazione... che strano! – aveva commentato lo sceriffo.

 – Posso entrare? – aveva chiesto lei, rifiutandosi di farsi scoraggiare, decisa ad ignorare quell'atteggiamento insensato, e crudele.

 – Ma certo! – assentì Kakashi tirando fuori le chiavi ed aprendo la cella. Aveva guardato Sasuke con il suo solo occhio sorridente – Mi dispiace, preferisco accontentare la signorina – aveva spiegato mentre lei si muoveva per entrare.

Orochimaru era in piedi appoggiato alle sbarre della cella accanto, e l'aveva guardata – Guarda guarda chi viene a trovare questo poco di buono – lo sentì commentare – non affezionarti troppo, è un uomo morto... e una signorina come te dovrebbe aspirare a qualcosa di meglio – lei non lo aveva degnato di uno sguardo ed era entrata – tale zia tale nipote – aveva proseguito lui a bassa voce alle sue spalle, ma non abbastanza per non farsi sentire da lei.

  – Non badategli, è un po’ invidioso credo – aveva detto lo sceriffo ed aveva richiuso la porta dietro di lei  – Cinque minuti – le aveva fatto allontanandosi.

Sasuke si era alzato mentre lei entrava e le aveva dato le spalle, evitando di guardarla in faccia.
Lei aveva cercato di cacciare la tentazione di toccarlo, di stringerlo, di costringerlo a guardarla, ad accettarla, come doveva fare ogni volta.
 – Devi uscire di qui, siamo venuti ad aiutarti – gli disse senza avvicinarsi.

 – Tu e Naruto? – le aveva chiesto freddo – Non ho bisogno del vostro aiuto –

 – Smettila – esclamò senza più riuscire a trattenere la rabbia, e la delusione.

Aveva così tanto desiderato rivederlo, ed abbracciarlo!
Non sapeva cosa si era aspettata, ma non quel rifiuto, quel muro... lui era stato così diverso l’ultima volta, così dolce, ricordava il suo sguardo di quella notte, i suoi occhi quando si erano salutati... come si permetteva, ora, di trattarla così, come se non fosse successo niente!

Gli si era avvicinata e gli si era parata davanti, ignorando il suo dannatissimo sguardo freddo, e gli aveva strappato la sigaretta dalle labbra per spegnerla a terra senza staccare gli occhi da quelli di lui.
Sentì che il tempo non era abbastanza, come sempre quando era assieme a lui, e cosciente che non c’era davvero tempo si era avvicinata ancora, ma lui aveva distolto lo sguardo, vigliacco, facendole stringere i pugni furiosa.

 – Cosa vuoi – le aveva sussurrato – torna a casa –

Rimase così, immobile, furiosa, cercando di riguadagnare la calma, e quei pochi, brevi minuti erano come scivolati via, inutilmente.

 – Deve uscire signorina – le aveva fatto un’altra persona, non lo sceriffo, probabilmente era arrivato il  vice.

Lei si era avviata verso l’uscita, ancora arrabbiata con lui, ma poi si era girata e si era avvicinata veloce a Sasuke, e gli aveva dato un bacio, leggero, a fior di labbra.
Nel frattempo gli aveva fatto scivolare la pistola sulla mano e lui l’aveva nascosta veloce dietro, sulla cintola dei pantaloni.

 – Signorina! –

Era uscita spedita senza voltarsi più a guardarlo, ed aveva raggiunto gli altri nell’altra stanza.

 – La tua ragazza se la godrà qualcun'altro – aveva parlato Orochimaru sempre appoggiato alle sbarre dell'altra cella – un peccato, vero? Ma tu sei morto, lo sai –

 – Ti sbagli – aveva risposto Sasuke – sei tu che sei morto –

Orochimaru aveva riso – Non credevo fossi un sognatore – aveva commentato divertito.

Nell'ufficio c'erano anche Jiraiya e la zia ora, e Sakura si era unita a loro.

 – Non c'è un cane in giro – stava dicendo Jiraiya – avete presente la calma prima della tempesta? –

 – Sciocchezze – rispose placidamente lo sceriffo – tra un paio d'ore li rilascio, e se non vogliono aspettare, che vengano pure a prenderli... ho un arsenale qui dentro, e anche un vicesceriffo, l'altro si è licenziato, credo –

 – Ma se rilasciate Sasuke ora, lo uccideranno! – aveva esclamato Naruto – lo aspetteranno fuori e lo assassineranno! E assassineranno anche lei! E' pazzo? –

 – Non ho intenzione di farmi assassinare – aveva spiegato lo sceriffo – e ora, se volete cortesemente andarvene, io devo aspettare mezzogiorno –

Se ne erano usciti fuori con Naruto che imprecava sottovoce e Sakura che non riusciva a pensare a niente, non più arrabbiata con Sasuke, perché la consapevolezza del filo sottile che separava la vita dalla morte, quell’orribile sensazione del tempo che fuggiva che era indissolubilmente legata a lui, il rischio tangibile di perderlo per sempre, le faceva male al cuore e le faceva desiderare di piangere.
Ma non voleva più piangere, soprattutto non per lui.

 – Io resto nei dintorni – aveva parlato Naruto.

 – Anch'io – si unì decisa Sakura.

E alla fine erano restati tutti e quattro.

All'interno il vice sceriffo aveva guardato nervoso il suo capo che se ne stava ancora comodamente seduto dietro la scrivania.
Era rimasto in piedi, a disagio, per pochi minuti, poi aveva iniziato a camminare su e giù per la stanza, incapace di stare fermo, e infine si era diretto con decisione verso le celle.

 – Cosa fai? – chiese Kakashi.

 – Li libero ora –

 – Mancano ancora un'ora e mezza – aveva obiettato lo sceriffo sollevandosi dalla sedia.

 – Mi dispiace – aveva risposto l'altro ed aveva alzato la pistola contro di lui – ho famiglia –

Lo sceriffo aveva alzato le mani mentre il suo vice (ex vice, doveva supporre) girava la chiave nella toppa della cella di Orochimaru e lo faceva uscire.
Orochimaru era uscito, perfettamente tranquillo, un sorriso odioso sulle labbra, ed aveva preso la pistola e il mazzo di chiavi che l'altro gli porgeva.
Poi si era avvicinato alla cella di Sasuke ed aveva aperto la porta, mentre il vice teneva sotto tiro lo sceriffo, le mani che gli tremavano visibilmente.
Kakashi aveva guardato con le mani alzate, pensieroso, chiedendosi cosa poteva fare prima che fosse troppo tardi.
Ma era già tardi, e già sentiva un fastidioso senso di colpa per quella morte che avrebbe potuto evitare, se solo fosse stato più prudente.

Orochimaru era entrato nella cella e si era avvicinato a Sasuke che se ne stava ancora seduto sulla branda, poi aveva sollevato la pistola sorridendo.

 – Sei fortunato – gli disse – perché preferisco ammazzarti subito, e togliermi questo fastidioso sassolino dalla scarpa... ora guardami, perché voglio vedere finalmente sciogliersi quella faccia di bronzo, no?! – aveva osservato quando aveva incrociato lo sguardo impassibile dell'altro – neppure la morte ti fa paura? La faccia di tua madre non era così fredda quando le... –

La parola gli era morta in gola quando aveva visto la pistola nella mano di Sasuke, aveva cercato di sparare anche lui ma era perfettamente cosciente di essere troppo lento, che era troppo tardi... perfettamente cosciente di morire mentre gli passavano davanti immagini della sua vita, ricordi di momenti banali, dimenticati, che non avevano alcun significato.
Eppure era impossibile, una parte di lui non riusciva a crederci, ancora si diceva che non poteva morire, non lui, non così.
Ma il colpo era partito e il corpo di Orochimaru era crollato a terra, colpito al cuore.
 
Il vicesceriffo si era voltato per un momento, sorpreso, e Kakashi ne aveva approfittato per buttarglisi addosso e colpirlo con un pugno allo stomaco che l'aveva fatto piegare in due.
Lo sceriffo aveva recuperato la pistola che era scivolata di mano al suo vice ed aveva guardato Sasuke che ora era in piedi al suo fianco.

 – Ora devo tenerti ancora in prigione – gli spiegò.

 – Io lì dentro non ci torno – chiarì Sasuke – dovrà spararmi – e si era girato dandogli le spalle.

Kakashi lo aveva guardato recuperare il cinturone ed era restato per un momento indeciso, poi aveva dovuto occuparsi del suo vice che si stava rialzando.
Adesso che Orochimaru era morto ci sarebbero stati un bel po' di cambiamenti, e un bel po' di casino.
Aveva tante cose di cui occuparsi.

Sakura e Naruto si erano diretti spaventati all'ufficio dello sceriffo quando avevano sentito lo sparo, ma poi avevano visto Sasuke uscire e Sakura gli era corsa incontro, precedendo Naruto.

 – Sas'ke – lo chiamò – cosa è successo –

Lui l'aveva guardata così freddo che si era sentita ancora una volta ferita, se quella durezza poteva avere un senso in prigione, se lì lui aveva potuto farlo per proteggerla, ora non aveva che un significato.

 – Torna a casa – le disse – con Naruto –

Lo aveva trattenuto per il braccio ed aveva avvertito una scossa nell'appoggiare le dita sulla pelle di lui, e lui per un momento aveva abbassato la guardia e l'aveva guardata con occhi diversi, un momentaneo, profondo calore che gli accendeva lo sguardo.

  – Perché non vieni via con me, ora – gli sussurrò.

 – Sakura – e come sempre quando lui pronunciava il suo nome lei aveva trattenuto il respiro e il cuore aveva battuto più velocemente nel petto   – ... grazie, per la pistola –

Non aveva aggiunto altro ed aveva distolto lo sguardo facendola arrabbiare ancora.
Stupido e vigliacco.

 – Adesso la smetti di fare il testardo – era intervenuto Naruto che li aveva raggiunti – vieni con noi, o Orochimaru ti ammazzerà –

  – Orochimaru è morto – rispose, ed aveva fatto per andarsene.

 – Ma allora... – lo aveva fermato Naruto – ancora di più vieni con noi! Stai con noi, abbiamo bisogno di te e tu di noi! –

In quel momento avevano visto i tre compagni di Sasuke che si avvicinavano e lei aveva sostenuto infastidita lo sguardo d'odio che la ragazza le rivolgeva.
 – Lascialo andare – fece a Naruto, e lo tirò per il braccio – andiamocene… – aveva insistito tirandoselo dietro.
Non c'era niente che potessero fare in quel momento.
Niente.
Forse, se fosse stata da sola con lui... forse.
Si allontanarono insieme, Naruto che brontolava e lo insultava.

E Karin aveva notato furiosa che Sasuke aveva seguito quella ragazza con lo sguardo prima di allontanarsi a sua volta verso di loro.
 
Loro due avevano raggiunto Tsunade e Jirayia in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.

 – Orochimaru morto, non riesco ancora a crederci – commentò Jiraiya – …meglio che sia morto, vero Tsunade? –

Sakura aveva fissato un momento la zia, perché il tono che aveva usato Jiraiya nel chiamarla l'aveva improvvisamente insospettita, e l'espressione colpevole di sua zia aveva confermato i suoi sospetti.
Cacciò la punta di delusione ed amarezza, Orochimaru era morto, non aveva più importanza.

 – Alla fine sembra che non debba più cercare un pistolero – concluse Jiraiya.

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Juilia83: Ciao! Grazie mille! Le tue recensioni sono sempre utilissime oltre che gradite! ..Sia per le azioni che per i personaggi, a rileggere non si capisce mai se le cose sono effettivamente abbastanza chiare, o sembrano chiare a me perchè so cosa volevo dire! :DD
Poi.. eh eh..guarda caso Sasuke passava proprio davanti alla chiesa.. cosa mi tocca inventare! :DD a volte rido tra me e me per le cose che tiro fuori.. e ho scritto anche di peggio (vedrai il prossimo capitolo :DD)! D'altronde devo pur divertirmi! (E a questo proposito.. anche far morire Orochimaru non è stato male come divertimento.. e, senza anticiparti niente, mi piace proprio la fine che ho in mente, se riesco a renderla come vorrei, e mi pare si adatti bene a questa storia..).
Altre parti non mi soddisfano molto, ma devo scriverle lo stesso ovviamente.
E sul manga.. ormai sono anni che non si sa se Sasuke muore, diventa cattivo, perde la vista ecc.. è un po' troppo mi pare! Tutto il resto è anche troppo scontato (come la futura figura di emme di Sakura).. perchè Kishimoto non lascia un po' in pace Sasuke e non ci stupisce con Sakura? :D Non sarebbe bello?
Un bacione e a presto!

kry333: Grazie mille, al solito!! E in effetti non vedo l'ora di eliminare Danzo.. in maniera stupida anche, niente di troppo eroico, non se lo merita! :DD Comunque nel prossimo capitolo arriva Hinata!

RBAA: Ciao! Mi fa proprio piacere risentirti!! e mi fa piacere che ti siano piaciuti i pensieri di Sakura.. scrivendo una storia in cui 'succedono' cose, mi sembra di non riuscire a sviluppare i sentimenti e i caratteri dei personaggi nel modo in cui vorrei, e non sono ben sicura che siano abbastanza definiti.. i soliti dubbi! Grazie!

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Capitolo 11
*** 11. Il rodeo ***


Ci sono alcune cose che non mi convincono, ma non riesco a sistemarle come vorrei, per cui mi accontento.

11.

IL RODEO


L'estate era ormai trascorsa, lenta, indolente e monotona, e a breve ci sarebbe stata l'adunata di fine estate dagli Inuzuka.
Poi sarebbe ricominciata la vita frenetica del ranch, e dopo la pigra pausa estiva i cowboys sarebbero ripartiti per i pascoli alla ricerca dei nuovi nati da marchiare, e allora si sarebbe ripresentato il problema dei furti di bestiame, ed il problema dell'Akatsuki.

Sakura era seduta sul dondolo e lo muoveva dolcemente col piede.
Era quasi autunno e d'autunno sempre soffiava un vento forte tutto intorno la casa.
E forse era quel vento che la faceva sentire così inquieta, perché da quando poteva ricordare era sempre stato così.
Ogni autunno l'inquietudine che di solito era chiusa e sedata dentro di lei se ne usciva fuori, senza più vincoli che la trattenevano dentro, e lei se ne sentiva dominare completamente.
Quand'era piccola se ne stava seduta sotto lo stesso portico a guardare le colline in fondo alla pianura, scure per la distanza, e le sembrava che la chiamassero, che il vento parlasse con una voce che lei non riusciva a comprendere.
Che cosa c'era dietro alle colline?

Ma ora sapeva che dietro alle colline non c'era niente, solo altre pianure, e poi altre colline, e quell'inquietudine non aveva più senso.
E neppure era la stessa inquietudine, non era quella sottile aspettativa, quel desiderio di libertà, di un futuro in qualche modo ancora misterioso, tutto possibile, ora era più un'insoddisfazione strisciante che non aveva ragione di esistere, perché era a casa finalmente, dove pensava che sarebbe stata in pace per sempre.
Cos'era allora quella sottile ansia che la pervadeva e che non se ne andava, non se ne voleva andare neppure quando correva veloce a cavallo, neppure quando tornava a casa sfinita, neppure quando si appisolava in poltrona e sentiva le dita della zia che l'accarezzava piano?

Eppure faceva un sacco di cose, aiutava nei lavori manuali, non solo in casa dove le donne la cacciavano via ridendo, ma ovunque. Le piaceva il lavoro manuale e si divertiva a strigliare i cavalli, a cercare maldestramente di piantare i pali del recinto che stavano costruendo, con gli uomini che la guardavano divertiti e ammirati, ed era sempre lei a cavalcare per portare notizie, attrezzi, o solo viveri ai cowboys che in quel periodo non si allontanavano mai troppo dal ranch.
Aveva imparato a conoscerli tutti e ad apprezzare il loro spirito pratico, la loro voglia di scherzare.
Aveva visto spesso anche Naruto, e, finalmente, aveva ascoltato la sera i meravigliosi racconti di Jiraiya sugli indiani.
In più ora se la cavava discretamente a sparare anche con la pistola.

E allora... se la sera si buttava nel suo letto distrutta e si addormentava subito, se non aveva tempo neppure per pensare, cos'era quell'inquietudine? Era la condizione umana che non permetteva l'appagamento, la pace definitiva, o era lei che aveva qualcosa che non andava?
Perché, se viveva e faceva tutto quello che aveva sempre sognato di fare, come mai si chiedeva delusa se davvero era tutto qui?

Era a causa di Sasuke? Ma ormai non lo aspettava più, non si aspettava più niente.
Allora perché ancora non riusciva a toglierselo dalla mente, anche se evitava accuratamente di parlare di lui, anche se si sforzava di pensare ad altro ogni volta che qualcosa glielo ricordava, anche se era così stupido, e inutile, e inevitabile pensare a lui?

Per un po' tutti avevano parlato di lui (aveva ucciso Orochimaru, e questo lo aveva reso famoso), facendole disertare le conversazioni così bruscamente che si sentiva gli sguardi sorpresi della gente sulla schiena mentre si allontanava.

Ma presto c'erano state altre novità, argomenti più urgenti, più recenti: a Konoha lo stato delle cose era in continua evoluzione.
Kabuto aveva provato a prendere il posto del suo padrone ma non ne era stato in grado, gli uomini obbedivano ad Orochimaru, e non avevano alcun rispetto per lui. Così era sparito chissà dove portandosi via tutto il denaro e tutte le carte che si trovavano chiusi in cassaforte.

Al momento la situazione in città era piuttosto caotica, però tutti speravano che fosse un caos governabile senza nessuno che lo pianificava nell'ombra, e che lo sceriffo e i suoi uomini riuscissero a gestirlo in qualche modo, aiutati da tutta la brava gente di Konoha che vedeva la possibilità di vivere in una città finalmente libera.
Era ancora presto per vedere come si sarebbero evolute le cose, ma a settembre ci sarebbero state le elezioni del nuovo sindaco, ed i cittadini sembravano pronti ad eleggere una persona capace di dare un segnale forte di stabilità e legalità, un chiaro segnale che era davvero finito il tempo in cui Konoha era una città selvaggia e senza legge, proprio come andava ripetendo il candidato più autorevole, uno degli uomini che Sakura aveva visto alla riunione degli Hyuuga.

Tsunade nel frattempo non permetteva a Sakura di andare a Konoha, riteneva che fosse troppo pericoloso e che fosse necessario aspettare fino a quando la situazione non si fosse stabilizzata.
Così Sakura era riuscita a recarsi solo una volta a trovare Ino nella sua nuova, linda casetta in città, novella sposa con gli occhi che brillavano.
Le aveva detto che doveva assolutamente, assolutamente sposarsi, perché sposarsi era bellissimo, ed era bellissimo quello che succedeva di notte, una cosa indescrivibile che Sakura non poteva neppure immaginarsi, e per quello doveva assolutamente trovarsi un uomo, uno che la facesse innamorare come Sai aveva fatto con lei.
Ma Sakura lo sapeva che cosa si provava, conosceva l'ebbrezza di essere accarezzata da un uomo, di essere tutt'uno con un uomo che si desiderava, che forse... forse si amava.

__________


Gli Inuzuka organizzavano ogni anno un rodeo a fine estate, durante il quale parte dei cavalli allo stato brado che avevano catturato nel corso dell'estate venivano domati. E infatti inizialmente si era trattato di un lavoro che si doveva svolgere, ma nel tempo si era trasformato in un pretesto per una vera e propria festa.
Durava tre giorni e Sakura e sua zia, assieme ad alcuni degli Hyuuga, avevano il privilegio di dormire all'interno della casa, ospiti degli Inuzuka, mentre la maggior parte della gente si accampava nei dintorni del ranch per assistere e partecipare.
Si sarebbero accampati fuori anche i cowboys del ranch Senju, quelli che avevano il permesso di parteciparvi, perché qualcuno doveva restare al ranch assieme a Jiraiya, che aveva sostenuto di avere visto già abbastanza rodei nella sua vita, anche se Tsunade sospettava volesse rimanere per avere il ranch sotto controllo con i tempi che correvano.
Così Sakura sistemò nella stanza in cui avrebbe dormito con Tsunade le poche cose che si era portata, e poi lasciò la zia che parlava con Tsume Inuzuka, uscì all'aperto e si guardò intorno curiosa. In fondo era di nuovo come se si trattasse della prima volta per lei.
Il ranch Inuzuka era cambiato poco in quegli anni, era ancora semplice, squadrato e piuttosto grezzo come un tempo, e c'era già parecchia gente che gironzolava allegra e senza meta, l'aria di festa evidente nelle espressioni rilassate.
Aveva cercato con gli occhi qualcuno che conosceva e poi se era messa a guardare i cavalli da domare ammassati all'interno del recinto, appoggiata alla staccionata. Ce n'era uno che l'aveva colpita molto, dal manto bianco, ed anche se non le erano mai piaciuti molto i cavalli bianchi, questo aveva un'aria nobile e fiera che balzava all'occhio.

 – Ciao Sakura! Eccoti qui! – la colse di sorpresa Kiba Inuzuka – Bello eh?! – aveva ammiccato al cavallo.

 – Davvero bello, ma io ho già la mia Shuriken –

 – La conosco, è una brava cavallina, lo so, ma non c'è confronto... guardalo... forte, veloce –

 – Immagino – replicò lei stizzita – ma perché pensate tutti che Shuriken sia lenta? Scommetto che lo batte quel cavallo! –

 – Davvero? E quanto scommetteresti? Questo lo domo io e intendo partecipare con lui alla corsa finale... ma è vero che vuoi iscriverti anche tu? –

 – Sì che è vero – aveva risposto lei, ormai era diventata una questione di principio per quanto a tratti si sentisse ridicolmente cocciuta, come le aveva fatto notare Tsunade ridendo – tu piuttosto – replicò poi – Vuoi davvero partecipare con un cavallo selvaggio? –

 – Sarà docile come un cagnolino per dopodomani – aveva asserito convinto lui – ti tiri indietro? –

 – Puoi scommetterci che mi iscrivo – gli assicurò lei, e non diceva così per dire, difficilmente cambiava idea una volta presa una decisione.

C'era un bel po' di gente che se ne stava attorno alla staccionata a dare un'occhiata ai cavalli ed alcuni l'avevano guardata curiosi.

 – Io scommetto sulla signorina – aveva fatto un cowboy che se ne stava lì vicino – scusa Kiba ma è più carina di te! –

 – Fa pure, se proprio vuoi perdere i tuoi soldi! – aveva scherzato Kiba.

 – Avete già cominciato a scommettere? – era intervenuto Naruto che si era piazzato fra loro due.

 – Sei qui da solo? –chiese Kiba – e gli Hyuuga? –

 – Stanno arrivando... è tornata Hinata, sai Sakura? – aveva aggiunto Naruto.

 – Davvero! – aveva esclamato lei, da quanto tempo non la vedeva! E chissà com'era diventata, se era riuscita a vincere la timidezza patologica che la bloccava, e se era felice anche lei di essere ritornata a casa – sono così curiosa di vederla! L'hai vista? Com'è? –

 – Non l'ho ancora vista, e sono curioso anch'io –

 – Bene! – commentò Kiba – prima te, Sakura, ora Hinata... due belle e ricche ragazze da sposare, potremmo mettervi in palio per qualche gara particolarmente pericolosa, che ne dite? –

 – Non fai ridere – rispose infastidita – Perché non metti in palio quel tuo cavallo bianco? –

 – Che permalosa! Scherzavo! – aveva ridacchiato lui – guarda, io metto davvero in palio il mio bel cavallo per la corsa, contenta? Anche tu devi mettere qualcosa però, mi basta anche un bacio –

 – Non ci penso nemmeno – era stata la secca risposta, ne aveva abbastanza di baci, ed automaticamente aveva guardato male Naruto, il quale aveva fatto finta di niente, o magari davvero non aveva fatto il collegamento, l'idiota!
 
 – Paura di perdere? – l'aveva presa in giro Kiba.

 – No, ma è una cosa stupida, metto anch'io la mia cavalla – replicò, cacciando il dubbio che l'aveva presa perché non avrebbe sopportato di perdere Shuriken, le era così affezionata che forse era davvero meglio scommettere un bacio.

 – Ripensamenti? – aveva continuato a deriderla Kiba guardandola in faccia.

 – No, sarai tu a pentirtene – asserì sorridendo, in fondo doveva solo vincere ed era tutto sistemato.

Qualcuno dietro di loro era intervenuto gridando che avrebbe scommesso su Sakura e lei aveva riconosciuto uno dei suoi cowboys.
Erano intervenuti altri ragazzi ed avevano iniziato a scherzare e scommettere tutti insieme, ed anche Naruto alla fine aveva assicurato che avrebbe scommesso su Sakura, facendo sbuffare Kiba, che aveva borbottato qualcosa sull'invidia e stupidità della gente.
Ne era nata una vera e propria discussione cui avevano partecipato tutti quelli che erano vicino a loro, e visto che le scommesse erano prese sul serio da quelle parti qualcuno aveva anche iniziato a infervorarsi.

 – Ah! Ecco gli Hyuuga! – aveva fatto ad un certo punto Kiba – quella dietro a Neji è Hinata? –

Naruto e Sakura si erano voltati ed avevano visto una bella ragazza dai lunghi capelli neri e dagli occhi chiarissimi tipici degli Hyuuga. Era vestita da cittadina, con un bell'abito chiaro un po' fuori luogo lì, e Sakura sorrise, sapeva che si sarebbe presto stancata di quegli abiti, come era successo anche a lei. Hinata (com'era che non l'aveva riconosciuta subito?) era avanzata ancora ed aveva fermato i bellissimi occhi pieni di calore su lei e poi su Naruto, sorridendo ed arrossendo appena.

Sakura aveva osservato curiosa Naruto che fissava imbambolato la ragazza davanti a sé, ed aveva provato un'improvvisa e immotivata fitta di gelosia che aveva subito razionalizzato e scartato, cosa voleva, tenerselo per sempre accanto come un cagnolino, o come seconda scelta?
Gli aveva dato comunque una piccola spinta.

 – Sveglia e chiudi quella bocca – gli sussurrò ridacchiando.

 – Hai visto che bella che è diventata? – si era giustificato lui.

Poi Hinata li aveva raggiunti assieme a Neji.
Era tornata da appena un giorno ed era felice, immensamente felice di essere di nuovo a casa, come aveva spiegato a Sakura.
Solo il fatto di essere accomunate da quell'esperienza gliel'avrebbe resa simpatica,  ammise Sakura, ma Hinata sembrava davvero cresciuta, con solo una traccia della vecchia timidezza, mentre sembrava le fosse restata intatta la vecchia, innata bontà... ed anche la cotta per Naruto ad occhio e croce, anche se lui non sembrava rendersene minimamente conto.

Avevano scambiato qualche altra parola e poi Sakura si era distratta, persa nei suoi pensieri, mentre gli altri parlavano del più e del meno, Naruto che diceva a Neji che avrebbe partecipato anche lui al rodeo e Kiba che scherzava rumorosamente.

Aveva vagato con lo sguardo in mezzo ai gruppi di persone sparse lì intorno ed aveva notato l'uomo dell'Akatsuki che quella volta lei aveva curato, assieme ad un altro paio di individui dall'aria poco raccomandabile.
Li seguì con lo sguardo e li vide avvicinarsi ad una quarta persona che riconobbe immediatamente, perché lo aveva già visto e gli assomigliava molto, era Itachi Uchiha, il fratello di Sasuke.
 
Si era allontanata dagli altri con una scusa ed aveva camminato alla volta di quei quattro, senza neppure ben sapere il perché, chiedendosi nel frattempo se avrebbe rivisto anche Sasuke.
Si era sentita perfettamente tranquilla, sicura che lui non ci sarebbe stato, ed ora era proprio irritata con se stessa perché sentiva il cuore che iniziava a batterle più forte nel petto all'idea di poterlo rivedere, e non riusciva a farci niente.

Si fermò ad una certa distanza da loro e guardò quei quattro che parlavano tra loro, chissà cosa si dicevano e chissà se lei poteva avvicinarsi abbastanza da riuscire ad ascoltarli.
Poi aveva visto Tsume Inuzuka che si univa a loro ed iniziava a parlare animatamente, ed anche lei si era avvicinata ancora un poco, curiosa.
Tsume non era certo famosa per la sua diplomazia e la sua abilità di mediatrice, tanto che si malignava sul suo stato di vedovanza e molti si dicevano convinti che il marito in realtà fosse scappato di casa.

 – A vostro rischio – stava dicendo senza rivolgersi a nessuno in particolare – se qualcuno vi spara merita un premio, Sakura! – si era rivolta a lei quando l'aveva vista – non ti avvicinare, meglio che stai lontana da questi ceffi, fanno parte di quei ladri di bestiame –

 – Non siamo ladri – l'aveva interrotta uno dei quattro, uno che lei non aveva mai visto – e le conviene smetterla di insultarci, o qualcuno potrebbe arrabbiarsi e cominciare a sparare davvero, chiaro? –

 – Cosa? – esclamò indignata l'altra – mi stai minacciando? –

 – Mamma... – era intervenuta Hana, la figlia maggiore – lascia stare, sono qui per fare festa, non per litigare –

Sakura nel frattempo osservava curiosa il fratello di Sasuke, prendendo nota delle somiglianze, e le differenze tra i due. Chissà cosa aveva trasformato un fratello amorevole in una persona pronta ad ammazzare il suo unico familiare ancora in vita.
Chissà cosa aveva in mente poi, le sembrava così enigmatico, così ambiguo il suo comportamento.
Itachi aveva sentito lo sguardo di lei su di lui perché si era voltato a guardarla a sua volta, senza mostrare di riconoscerla, senza mostrare niente a dire il vero.
Peggio di suo fratello.

Lei aveva sostenuto il suo sguardo con sfida, ed aveva continuato a reggerlo mentre Hana portava via sua madre e gli altri si disperdevano.
Lui era rimasto fermo per qualche secondo e poi le si era avvicinato.

 – Siete la ragazza di Sasuke – asserì più che chiedere.

Sakura non lo aveva smentito – E voi siete suo fratello, uno strano fratello –

Lui non aveva cambiato espressione ed aveva continuato a guardarla con due occhi scuri simili a quelli di suo fratello, eppure diversi, più stanchi... forse tristi... forse solo indifferenti – Volete bene a mio fratello? – le chiese bruscamente, ed aveva aspettato paziente la sua risposta.

 – Sì – si era decisa a rispondere lei dopo un po'.

 – E allora ditegli che ha già ucciso Orochimaru, che la smetta con la sua vendetta –

Lei non aveva distolto lo sguardo mentre cercava la risposta adeguata.

 – Non riesco assolutamente a capire che intenzioni avete – gli disse alla fine – Cosa sono tutti quei misteri, cosa nascondete e perché... e soprattutto… perché vi comportate come se non vi importasse niente di vostro fratello, quando vi importava così tanto una volta, cosa c'è dietro? –  

 – Niente – le rispose – non ci sono misteri, né secondi fini, anche se alla gente piace immaginare che esistano… in quanto a mio fratello… semplicemente non mi interessa... non ci siamo visti per molti anni e i legami di sangue sono solo un'invenzione –

 – Però vi preoccupate per lui, giusto? Volete che non corra più pericoli –

Non era riuscita a scorgere neppure un impercettibile cambiamento nell' espressione vuota dell'altro.

 – Quello che fa della sua vita non mi riguarda più – le spiegò – ma preferisco non sprecare le mie energie inutilmente, e abbiamo già abbastanza nemici –

Lei lo aveva guardato con sfida – Non vi credo – gli aveva replicato.

 – Siete una sciocca ragazza se non credete né alle parole, né ai fatti –

 – Se non si ha una visione d'insieme, si può essere tratti inganno anche dai fatti, vero? – gli aveva risposto di getto – e comunque non lo avete ucciso, avreste potuto tendergli una trappola, o farlo inseguire e... –

 – Oltre ai misteri vedete anche buone intenzioni dove non ci sono – la interruppe lui – ma in fondo non importa quello che pensate voi – aveva dato un'occhiata attorno a sé – vi consiglio solo di tenerlo lontano dal nostro ranch, se ne siete in grado... ed ora perdonatemi, ma preferisco andarmene, non mi piace la confusione – si era congedato e si era allontanato in fretta, lasciandola lì a farsi domande cui non riusciva a rispondere.

In seguito non lo aveva più rivisto e ne aveva dedotto che se ne fosse davvero andato, a differenza di almeno due di quelli che erano prima con lui che gironzolavano lì intorno.

Ma presto non si era più interessata a loro.

Aveva assistito allo spettacolo senza perdersi nulla, dai primi preparativi, con i cowboys che si sceglievano il cavallo che volevano domare, a tutti i tentativi, tutte le scommesse.
Non era facile domare i cavalli, soprattutto alcuni cavalli, ed aveva guardato divertita i voli dei cowboys che venivano disarcionati dagli animali inferociti. Alcuni non erano neppure riusciti a mettere la sella al loro animale.
Naruto si era rifiutato anche di provarci ed aveva assistito con lei alle prodezze degli altri.

 – Quasi quasi mi vien voglia di provare anche a me – lo sentì borbottare ad un certo punto.

 – Meglio di no, se ti fai male non potrai più corteggiare le ragazze – lo prese in giro lei, e notò divertita ed intenerita che lui arrossiva.

 – Sono curiosa di vedere Kiba – aveva cambiato argomento – ci scommetto che vuole domare quello bianco al più presto –

Gli Inuzuka e i ragazzi che lavoravano per loro erano dei veri maestri nel domare i cavalli, era il loro lavoro in fondo, e vederli all'opera era sempre uno spettacolo entusiasmante.
E infatti Kiba aveva inscenato un vero e proprio spettacolo, con tutti gli occhi puntati su di lui, mentre il cavallo sgroppava, si alzava su due zampe, girava su se stesso, provava anche a saltare senza che Kiba perdesse neppure per un secondo la presa su di lui, neanche fosse incollato alla sella, e quando il cavallo aveva provato a sbattere con il fianco sul recinto per togliersi di dosso quel peso insopportabile, Kiba aveva tolto la gamba dalla staffa ed era scivolato agilmente dall'altra parte per pochi secondi, per ritornare nella posizione di prima come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
Alla fine il cavallo aveva iniziato a correre e Kiba aveva fatto aprire il cancello trionfante, lasciando poi che l'animale corresse a briglia sciolta, ormai sapeva di aver vinto, perché ora il cavallo si sarebbe sfinito nella corsa e presto non avrebbe più avuto la forza di far niente, sconfitto.

Kiba tornò più tardi e scese da cavallo proprio di fronte a loro – Lo chiamerò Akamaru – annunciò accarezzando il muso dell'animale – e sarà il mio cavallo –

 – E vincerà la corsa – aveva fatto in direzione di Sakura.

 – Arriverà secondo – rettificò lei – che non è male... ma forse avrò pietà di te e non riscuoterò il mio premio –

 – Vincerò io – aveva insistito lui – e il premio lo riscuoterò, non transigo sulle scommesse –

Questo lo sapeva anche Sakura, lì le scommesse erano sacre.

 – A meno che tu non mi dia il bacio – concluse Kiba sorridendo.

La sera Sakura aveva mangiato con la zia e gli Hyuuga assieme agli Inuzuka, ed aveva avuto modo di parlare un poco con Hinata.
Ora che lei era tornata a casa era stato il turno di sua sorella Hanabi di partire per l'est, benché la poverina non ne fosse stata affatto contenta.

 – Io ho profondamente odiato ogni minuto trascorso in collegio – raccontò Sakura – anche tu? –

Per Hinata non era stato così terribile, anche se era contenta di essere di nuovo a casa, ma in quegli anni aveva conosciuto persone cui si era affezionata e le era piaciuto molto imparare a suonare il piano, anche se non era così brava, si era schermita subito.
Ebbene, Sakura doveva rassegnarsi al fatto che era solo lei che proprio non era fatta per il collegio, e in più le pareva che Hinata fosse un po' sulle sue, non si sentisse totalmente libera con lei, e subito aveva pensato si trattasse della solita vecchia timidezza, ma poi aveva notato che l'altra si comportava in maniera più rilassata con tutti gli altri, e solo con lei era un po' rigida.
Forse semplicemente lei non le era simpatica, e poteva anche capirla, in fondo non era stata molto gentile quando erano piccole, o magari era la sua immaginazione, si era detta ad un certo punto decisa a non farci più caso, ed aveva ascoltato le spacconate di Kiba che insisteva con quella storia che quel suo cavallo sarebbe arrivato primo alla gara.

Il giorno dopo Sakura si era alzata di buon umore ed aveva assistito alle gare con il lazo.
Naruto le aveva vinte tutte, come da pronostico visto che la sua bravura in quel campo era diventata leggenda, e anche lei lo aveva visto un paio di volte scherzare e gareggiare con altri cowboys, e lanciare il lazo a velocità incredibile, senza sbagliare mai la mira.
Ad una gara aveva partecipato anche uno dell'Akatsuki, piuttosto bravo, e quando Naruto lo aveva battuto la gente intorno aveva urlato soddisfatta.
Il malumore che correva tra quelli dell'Akatsuki e tutti gli altri era sempre più palpabile, e Sakura aveva sentito il padre di Hinata commentare preoccupato che c'era solo da sperare che non ne venisse fuori niente di grave durante quei giorni di festa.

Nel pomeriggio, dopo aver assistito ancora al rodeo, andò a fare una cavalcata da sola nei dintorni, stupita di vedere quant'era la gente accampata fuori dal ranch.
Non si era allontanata molto perché non conosceva bene quei posti e non c'erano colline visibili in lontananza, non c'erano alberi, era tutto assai più brullo che da loro, ed era tornata indietro quando la vegetazione aveva iniziato a diradarsi, perché sapeva che di lì in poi iniziava il deserto.

Al ritorno aveva dovuto assistere ai rimbrotti di sua zia che l'aveva cercata senza risultato per un bel po'.

 – …sparire così – aveva cercato di farla ragionare, inutilmente supponeva.

 – Ho fatto solo un breve giro – si giustificò infatti lei.

 – Da sola – commentò Tsunade – anche se i tuoi amici sono qui – aveva sospirato – comunque c'è Sasuke, me l'ha detto Naruto – aveva aggiunto studiandola.

Lei aveva sentito che il cuore aveva iniziato a battere più velocemente nel petto ed aveva deciso di ignorarlo e ostentare tranquillità almeno all'esterno, rassegnata – Dov'è? – chiese il più casualmente possibile, guardandosi intorno suo malgrado.

 – Spero se ne sia già andato – replicò Tsunade seria – per un momento ho temuto fossi sparita da qualche parte con lui... dovrei avere un po' più di fiducia ma preferisco considerare tutte le possibilità... e sì, lo so… non sono un grande esempio – la precedette sorridendo un po' amara – ma in ogni caso cerca di non combinare guai, mi raccomando… è che per fortuna non ne avrai grandi possibilità in mezzo a tutta questa gente, giusto? –
 
Lei aveva portato la sua cavalla alla stalla ed era tornata indietro guardandosi attorno con uno spirito completamente diverso da prima.
Anche se si era detta che non era neppure sicura di volerlo rivedere, e già immaginava l'espressione impassibile nella faccia di lui.

Le era sembrato di vederlo per un attimo ma non era più riuscita a rintracciarlo e forse lo aveva solo immaginato.
Eppure aveva sentito il cuore fermarsi per un momento e le ci era voluta tutta la sua forza di volontà per non mettersi a correre alla sua ricerca, fare qualcosa, trovarlo e andare da lui e dirgli qualcosa, qualsiasi cosa.
 
Più tardi Naruto le disse che neppure lui lo aveva ancora visto, che però era sicuro che ci fosse perché aveva riconosciuto quelli che erano con lui, e che lo avrebbe cercato con calma il giorno successivo se non lo vedeva prima, perché aveva un bel po' di cose da dirgli.
 
La sera, dopo cena, lei ed Hinata uscirono e passeggiarono fino al recinto dei cavalli.
C'era ancora gente in giro e al buio si vedevano brillare i fuochi degli accampamenti tutti attorno al ranch.
Hinata aveva alzato lo sguardo al cielo ed aveva sorriso.

 – Ecco, vedi – spiegò – in città non c'erano mai tutte queste stelle –

Sakura aveva guardato il cielo a sua volta ed aveva sorriso – No, è vero, in città è tutto come sbiadito... anche le persone –

Hinata non aveva commentato ed aveva continuato a guardare le stelle – Forse è meglio se torniamo – fece dopo un po' – mio padre è molto apprensivo –

Sakura conosceva il vecchio Hyuuga ed annuì.
Erano tornate indietro lentamente, facendo un ampio giro, Sakura che continuava a guardarsi intorno suo malgrado, fino a quando non aveva scorto un'ombra che le era sembrato di riconoscere.

 – Va' avanti, ti raggiungo subito – disse ad Hinata e si incamminò in direzione di quella vaga ombra, il cuore che ancora accelerava i battiti, non molto orgogliosa di se stessa mentre si chiedeva se non cominciava a correre dietro ai fantasmi.

Eppure era sicura di non essersi sbagliata, in qualche modo sapeva che era lui, e infatti lo aveva riconosciuto chiaramente man mano che si avvicinava, il cuore che le batteva sempre più velocemente nel petto. Se ne stava appoggiato al muro di una piccola costruzione di fianco alla casa principale, ed aveva quella dannata sigaretta in bocca che lei odiava proprio, perché sembrava dargli un'aria ancora più indifferente di quella che già aveva.
Lui l'aveva vista avvicinarsi, di questo lei era sicura, ma si era mosso come per andarsene.

 – Aspetta! – esclamò ora davvero arrabbiata, era arrivato al punto di scappare non appena la vedeva?

Lui si era fermato e si era degnato di aspettarla, e lei gli si era parata davanti, furiosa, e giurò a se stessa che questa sarebbe stata l'ultima volta che gli imponeva la sua presenza.

 – Questa è l'ultima volta che ti importuno – esternò il suo pensiero guardandolo fisso.
 
Lui non aveva detto niente e lei aveva trattenuto la tentazione di fare qualcosa, colpirlo, urlare, qualsiasi cosa per farlo reagire.
Lo aveva guardato ed il buio ombreggiava i suoi tratti, i suoi occhi, rendendo la sua espressione ancora più impassibile
Rimasero a fissarsi in silenzio per un'eternità, la rabbia che le sbolliva così, contro la sua volontà, solo perché non riusciva più a cacciare il ricordo vivissimo dell'ultima volta che lo aveva visto alla luce delle stelle.

 – Orochimaru è morto. Posso chiederti che intenzioni hai adesso? Non hai già portato a termine la tua vendetta? – gli chiese cercando di riguadagnare il controllo.

 – Voglio parlare con Danzo – le aveva risposto dopo un po' – poi deciderò –

 – E per l'eredità? –  domandò allora, come se fosse solo curiosa, le importasse solo questo, non lui – hai scoperto qualcosa? –

 – Ho già contattato un notaio – le aveva detto – sto aspettando –

Lei aveva fissato lo sguardo a terra ora, perché era davvero difficile guardarlo in faccia e trattenere la tentazione di toccarlo, di provare ancora una volta a forzarlo ad accettare la sua presenza.

 – Bene – si congedò – tolgo il disturbo – e fece per allontanarsi.

Ma lui l'aveva trattenuta per il braccio e lei si era voltata a guardarlo leggermente sorpresa.

 – Cosa vuoi – aveva detto, la sensazione della mano di lui sul suo braccio che le ricordava altre sensazioni, più forti.

 – Tu e Naruto, cosa c’è tra voi? – le aveva chiesto lui, e benché il tono fosse neutro la domanda era così fuori luogo e così... pregna di significato che Sakura aveva dovuto trattenere il sorriso che le era venuto alle labbra, era geloso? Era davvero geloso?

 – Niente – rispose semplicemente, cosciente che lui non aveva ancora lasciato andare il suo braccio, un leggero brivido che le attraversava il corpo.

 – Niente? – aveva insistito lui – Mai? Eppure sembrate molto intimi –

Stava per rispondergli a tono, irritata ora, come si permetteva di parlarle così quando la trattava come se lei fosse solo una seccatura? Quale diritto aveva di farle quel genere di domande?

 – Lo hai mai baciato? – l'aveva incalzata lui e questo era davvero troppo.

 – Forse sì, ma non sono fatti tuoi – replicò guardandolo arrabbiata, con lui e con se stessa, per quell'ingiustificata traccia di senso di colpa che aveva provato.
Sasuke l'aveva guardata intensamente, ora evidentemente irritato, e questo l'aveva resa furiosa, con se stessa, perché si sentiva tremare sotto quello sguardo, e con lui... era lui quello che girava con una donna con cui a quanto pareva scambiava più di qualche bacio.
Come si permetteva? Stupido, stupido... stupido.

 – Forse sì – aveva ripetuto lui senza ancora lasciarle andare il braccio.

Non aveva continuato e si erano guardati dapprima furiosi, e poi erano restati a guardarsi immobili.
Stupida, stupida anche lei che si perdeva nei suoi occhi e non capiva più niente.
E già la rabbia se ne era sparita, nonostante si sforzasse di tenerla viva, e aveva solo voglia di baciarlo ancora, di approfittare di quella nuova occasione, di quel nuovo momento che poteva vivere.

Senza neppure sapere come aveva avvicinato il viso a quello di lui, e lui aveva fatto altrettanto, e non avevano più pensato a niente mentre si baciavano, i loro corpi incollati.

Si erano staccati coscienti che non era il luogo, non era il momento, che chiunque avrebbe potuto sorprenderli.

 – Cerchiamo un posto più appartato – le aveva sussurrato facendola tremare di desiderio.

 – No – gli aveva risposto d'impulso, sforzandosi di ricacciare indietro il desiderio, la voglia di cedergli.

Non poteva, Hinata sarebbe venuta presto a cercarla, e si sarebbe allarmata se non l'avesse trovata.
E non voleva, non così, in fretta, in qualche buco nascosto con il rischio di venire sorpresa da qualcuno.
O forse era solo orgoglio il suo, perchè lei non era Karin, e non intendeva farsi trattare come un oggetto a disposizione, in base al capriccio del momento.

 – No? – le aveva chiesto lui continuando a stringerla.

 – No – ribadì lei, ma non era già più così sicura – sono stanca di tutto questo –

Allora lui l'aveva lasciata e lei si era allontanata in fretta, senza voltarsi a guardarlo, chiedendosi se lui era rimasto lì, e cosa aveva pensato, già pentita di non avergli detto di sì, di non aver potuto sentire ancora il suo corpo sopra il suo.

Hinata l'aspettava poco lontano e la guardava con una strana aria indecisa.

 – Non occorreva che mi aspettassi – le fece Sakura, leggermente brusca suo malgrado.

 – Scusa... io... – aveva iniziato l'altra, ed era evidente che cercava di raccogliere tutto il suo coraggio – non volevo lasciarti sola, al buio... e... ti ho seguita e ti vista baciarlo – aveva respirato a fondo – non sono fatti miei ma... allora tra te e Naruto non c’è niente? –

 – No, non c'è niente – rispose – e penso che saresti una buona moglie per lui... davvero – concluse guardandola fisso, ed era sicura che l'altra fosse arrossita anche se al buio non si vedeva.

 – Quel ragazzo... – aveva aggiunto poi Hinata mentre rientravano – non era un cowboy, mi sembrava pericoloso –

 – Non preoccuparti, so badare a me stessa – e poi aveva sorriso – non dire niente a mia zia –

 – A nessuno – le aveva assicurato lei sorridendo a sua volta.

Sakura era andata nella sua camera e si era seduta sul letto, la zia non c'era ancora, e lei rimase ferma a chiedersi perché stava così male, perché gli aveva detto di no e stava così male, non più sicura di quello che voleva, sorpresa e delusa di quella irresolutezza che non le apparteneva, perché di solito sapeva esattamente cosa voleva fare, per quanto potesse essere sbagliato.
Si sentiva un peso sullo stomaco, e si diceva che se doveva stare male comunque, almeno valeva la pena di dirgli di sì, di sentirsi ancora viva tra le sue braccia.
Si chiese se quel rifiuto, se quel no, avevano sgretolato quel legame così flebile, così incerto che li univa, e si sforzò di cacciare l'orribile sensazione che le stringeva lo stomaco, la sensazione di avere commesso un errore enorme, irreparabile, di avere perduto per sempre qualcosa di prezioso, di importante, di avere chiuso per sempre qualcosa che non voleva chiudere.
Per una frazione di secondo smise di respirare, spaventata all'idea che quella paura, quel peso allo stomaco, fossero il preludio di un futuro non tanto lontano, un futuro assolutamente probabile. Restò così, seduta nel letto, cosciente ancora una volta della caducità della vita, del fatto che davvero poteva essere stata l'ultima volta in cui lo aveva visto, improvvisamente terrorizzata all'idea di non vederlo più, mai più, di non poterlo baciare mai più.

Ricordò la prima volta che lo aveva visto, con Ino. Allora aveva detto che non sarebbe mai stata così stupida da innamorarsi di uno come lui.. e invece.. come aveva potuto essere così stupida?
Perché sapeva, benché avesse provato così tanto a negarlo, che non c'era altro modo per chiamare quello che provava per lui.
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Julia83:Ciao! Qui tutto bene, spero anche a te! Grazie per la recensione! Sai che anch'io come cattivo preferivo Oro? Madara continua a lasciarmi perplessa, forse tutto sommato è meglio Danzo..  
Kakashi è divertente e semplice da descrivere, un po' perchè è 'caratteristico', un po' perchè comunque è più facile quando si stratta solo di piccole parti, senza bisogno di approfondire il personaggio! Mentre, ebbene sì, con questa Sakura mi prendo un bel po' di soddisfazioni!! A volte mi sembra di esagerare.. ma insomma.. perchè no alla fine!
E Karin è particolarmente presente nel manga in effetti.. e a volte mi vengono i dubbi più atroci su tutto, per cui anche su questo.. però è davvero moolto improbabile un sasukarin finale, anche perchè sarebbe impopolare, e Kishimoto deve fare i conti anche con questo!! Forse è la sua solita vena sadica e vuole spaventarci (o magari vuole per metterla in contrapposizione con Sakura che arriva e invece di limitarsi a guardare interviene! - see.. impossibile..). Un bacione!


kry333: Ciao! Grazie come sempre! Ormai sono monotona con i miei ringraziamenti! Oro è andato, ma ho un bel po' di gente da eliminare, ancora..  sai che è proprio divertente far morire i personaggi di carta? Non credevo di avere un lato sadico!:D Ma non sono così sadica da far morire i protagonisti..
Sul manga (ormai mi viene l'ansia a leggerlo), sarebbe stato davvero bello vedere ancora Itachi.. io spero sempre che salti fuori in qualche modo, e soprattutto che possa parlare con suo fratello, hai presente, qualcosa come Minato con Naruto.. magari fosse quello il 'potere' che Itachi ha dato a Naruto! E non so se voglio che Sakura e Sasuke si vedano ora.. mi immagino già la scena penosa.. tanto si sa che sarà Naruto a 'salvare' il suo amico, non lei.   


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Capitolo 12
*** 12. Complicazioni ***



La parte finale del cap è parecchio incasinata ma non riesco più a rileggerla.. ormai non capisco più niente! Spero solo che capiate qualcosa voi: alla peggio la modifico in futuro, ora sono stanca ed odio essere in ritardo!
Comunque le cose stanno diventando complicate ed i prossimi capitoli sono tutti da rifare.. quindi non sono sicura di riuscire a postare per venerdì! Scusatemi in anticipo!


12.

COMPLICAZIONI


Sakura aveva dormito malissimo quella notte e la mattina dopo si era svegliata stanca e di pessimo umore... e c'era la corsa.
Per una frazione di secondo considerò l'ipotesi di non iscriversi, di lasciare perdere, in fondo non le sembrava più così importante, ma poi aveva cacciato quel pensiero, non si tirava mai indietro quando iniziava qualcosa, quasi mai, si corresse pensando alla sera prima.

Aveva fatto colazione pensierosa e in silenzio, gli altri che per fortuna pensavano fosse eccitata per la corsa imminente, e poi si era diretta al luogo deputato alla partenza.
C'era già un buon numero di spettatori e si mise in fila per iscriversi assieme ad altri due ragazzi che non conosceva.
Aveva notato gli sguardi curiosi della gente su di lei mentre rispondeva alle poche domande del cowboy addetto all'iscrizione che sedeva accanto a Tsume in persona.

 – Così vuoi iscriverti davvero – aveva commentato Tsume – farai la figura del fenomeno da baraccone –

 – Parla per te – le aveva risposto con cattiveria, e per la prima volta aveva capito perfettamente il motivo per cui molta gente non sopportava quella donna.

Subito dopo andò da Shuriken e rimase con lei fino a quando non era stata l'ora.
Si avvicinò lentamente alla linea di partenza in groppa alla sua cavalla, accolta da grida di incoraggiamento e gioia da tutti i cowboys del ranch Senju, e da Naruto, Tsunade ed Hinata... nonchè da alcuni cowboys sconosciuti che avevano scommesso su di lei perché era una bella ragazza, come le avevano urlato. C'era anche Asuma, era lì solo per quella mattina, poi sarebbe tornato dalla moglie.
Chissà perché tutti questi schiamazzi l'avevano imbarazzata invece di incoraggiarla.

Si posizionò in linea di partenza ed osservò gli altri partecipanti.
Un paio non le sembravano affatto pericolosi, con dei cavalli dozzinali che Shuriken avrebbe battuto facilmente, poi c'era Kiba con il cavallo bianco che scalpitava, che l'aveva salutata sollevando il cappello. Dopo c'erano un paio di cowboys con dei cavalli che sembravano buoni, ma niente di speciale, anche se non si poteva mai dire, e infine c'era uno dei membri dell'Akatsuki con un bell'animale che l'aveva impensierita un po'.
Quindi Kiba non era l'unico da battere.
Ma poi si disse che quello dell'Akatsuki non le faceva paura, era grande e grosso e la sua stazza avrebbe rallentato il cavallo, lei invece non pesava molto e questo era un grosso vantaggio, lo sapeva anche Kiba.
Poteva farcela, si era detta ora veramente eccitata.

La stessa Tsume, dopo aver urlato a suo figlio di vincere, aveva alzato la pistola ed aveva sparato il colpo di partenza.

Si erano lanciati tutti al galoppo lungo il percorso che si snodava dritto e semplice per qualche chilometro, e dopo una curva a gomito tornava indietro per la stessa strada.

Alcuni cavalli erano restati subito indietro, e presto era stato chiaro che la gara si sarebbe svolta tra lei, Kiba e quello dell'Akatsuki.
Quell'uomo era un barbaro, aveva pensato lei disgustata guardandolo mentre piantava gli speroni sui fianchi dell'animale ferendolo a sangue, e con il frustino lasciava sul suo manto lunghe strisce rosse.
Poi lei aveva cavalcato decisa a non guardarsi più intorno, piegata completamente in avanti, incoraggiando Shuriken a parole.
Erano quasi arrivati alla curva ed erano ormai solo loro tre, pressoché allineati, quando lei aveva colto con la coda dell'occhio quello dell'Akatsuki alzare il frustino e batterlo con violenza sul fianco del povero animale.

 – Bastardo – le scappò ad alta voce.

Erano alla curva, il punto più difficile, ed aveva visto inorridita l'uomo ora al suo fianco alzare il frustino come se volesse colpirla.
Ma lei non aveva rallentato, ed aveva guardato dritta davanti a sé, ignorandolo, mentre Kiba urlava un "Ehi!" e si distraeva un attimo, quel tanto sufficiente a far perdere per un momento il passo al cavallo non del tutto addomesticato, e lei lo aveva sentito imprecare, perché sapeva anche lui di essersi giocato la vittoria con quell'errore.
Avevano passato la curva ed erano ritornati indietro affiancati, Kiba appena più indietro, e in quell'ultimo rettilineo lei aveva colpito appena Shuriken con i talloni, perché non indossava speroni, e la cavalla, che non era abituata ad essere incitata, aveva impercettibilmente accelerato, ancora, e ancora, fino a quando lei non si era sentita tutt'uno con la cavalla, e con il vento, e neppure importava più la gara, l'arrivo, solo l'adrenalina che scorreva potente nelle sue vene.

Passò così la linea del traguardo e non era neppure sicura di avere vinto, ma poi aveva fatto fermare il cavallo ed aveva visto tutti che le si avvicinavano urlando, e dietro c'era Kiba incazzato, e l'altro addirittura furioso.

 – Sei stata grande! – urlò Tsunade abbracciandola non appena scesa da cavallo – la prima donna che vince! No! La prima donna che partecipa! sono fiera di te! –

Lei si era messa a ridere ed aveva ascoltato senza neppure capire i commenti accanto a lei, ancora stordita dalla corsa, aveva abbracciato anche Naruto e poi, suo malgrado, si era guardata intorno sperando di vedere lui, di incontrare il suo sguardo, ma lui non c'era, magari se ne era andato, e questo pensiero le aveva tolto tutta l'eccitazione, tutta la gioia della vittoria, e non le era più importato di niente.

Kiba volle a tutti i costi cederle il suo cavallo, sostenendo che una scommessa era una scommessa, anche se si vedeva che gli costava molto, ed alla fine lei era andata da Tsume spiegandole che quel cavallo mezzo selvaggio non le serviva proprio, e chiedendole se lei poteva fare cambio con qualche altra bestia.
Tsume aveva acconsentito e Sakura era andata alla stalla con Asuma, ed aveva fatto scegliere a lui.
Lui aveva scelto un animale solido e tranquillo che gli era piaciuto subito, e Sakura aveva pensato che visto che a lei non interessava glielo avrebbe regalato, per la sua fattoria.
Anzi, lo avrebbe portato direttamente a Kurenai perché lui era anche capace di rifiutarlo.

Era uscita da poco dalla stalla ed aveva notato un piccolo gruppo di gente radunata vicino al recinto dei cavalli, e altri cow boys che correvano e si univano a loro, e tra quelli aveva riconosciuto un paio dei suoi cowboys.
Si avvicinò a passo svelto, curiosa.

 – Signorina Sakura – l'aveva fermata Asuma – è meglio che stiate lontana –

 – Perché? Cosa succede? – chiese, ma Asuma le aveva fatto cenno di aspettare e si era avvicinato di corsa al gruppo.

Allora lei aveva fermato un ragazzo che si stava allontanando – Cosa succede? – chiese anche a lui.

Quello si era tolto il cappello ed aveva abbassato lo sguardo imbarazzato.

 – Dimmi – aveva insistito.

 – Sono quelli dell'Akatsuki – aveva spiegato lui titubante.

 – Con chi ce l'hanno? –

L'altro aveva ostinatamente tenuto la terra abbassata.

 – Con i ragazzi del ranch Senju? – aveva tirato ad indovinare lei.

 – E' che... quello che ha perso ...dice che le donne non possono partecipare alle gare –

 – Che idiota! Che lo lascino parlare, c'è altro? – insistette perché il ragazzo le sembrava sempre più reticente.

 – Ha fatto commenti su di voi e i ragazzi si sono arrabbiati –

 – Commenti? –

 – Sì... dice che vi ha vista ieri sera mentre – aveva alzato la testa e l'aveva guardata seriamente imbarazzato – nessuno gli crede ma i ragazzi sono arrabbiati e...–

Ma lei non lo ascoltava più e si era avvicinata di corsa al gruppo incurante delle persone che superava e si giravano a guardarla.
Si era avvicinata ancora, scostando quelli che si trovava davanti, ed aveva visto i suoi uomini discutere con l'uomo grosso che aveva partecipato alla gara e con un suo amico, ed un paio di ragazzi che gli si paravano davanti.
Aveva guardato Asuma che si stava avvicinando mentre uno dei suoi ragazzi, sembrava Rock Lee, tentava di prendere per la collottola il tipo grosso, e aveva visto l'altro dell'Akatsuki che tirava fuori la pistola.
E poi aveva registrato nitidamente tutti gli avvenimenti, la gente che si spostava e la faceva passare, quello dell'Akatsuki che alzava l'arma, Asuma che quasi era arrivato, un terzo membro dell'Akatsuki, quello dalla faccia da bambino, che stava sopraggiungendo, e poi più lontano, Tsunade Naruto e Neji che correvano.
Infine era partito un colpo e Rock Lee si era accasciato a terra, e Asuma aveva tirato fuori la pistola a sua volta ma non aveva sparato, aveva colpito la mano dell'altro con il calcio della pistola facendogli cadere l'arma.
Era corsa anche lei per avvicinarsi al ferito, ed aveva visto con chiarezza quello grosso dell'Akasuki e il suo compare appena sopraggiunto alzare le pistole verso Asuma.
Si era sentita urlare "Attento!" e Asuma si era voltato verso di loro, la pistola in mano, per venire falciato da una raffica di colpi dai due uomini.
Per un secondo si era sentita paralizzata e le era parso di camminare al rallentatore, mentre gli altri ragazzi guardavano sconvolti la scena e neppure fermavano i tre dell'Akatsuki che si allontanavano senza guardarsi indietro.

 – Prendeteli! – aveva urlato qualcuno, e forse qualcun altro si era mosso per seguirli, ma non ne era sicura, non era più sicura di niente.

Sapeva solo che in qualche modo aveva raggiunto i due uomini a terra e si era inginocchiata accanto a loro, ed aveva tenuto premute le mani sulla ferita al petto di Asuma urlando come una pazza di fare altrettanto per Rock Lee, ma il sangue continuava a scorrerle tra le dita e non riusciva a fermarlo, ed era ancora lì quando erano arrivati Tsunade e Naruto, tutta sporca di sangue, mentre Asuma apriva la bocca per dire qualcosa ma faceva uscire solo un gorgoglio indistinto, la bocca che gli si riempiva di sangue.

Lei aveva continuato a premere la ferita ed a ripetere non morire, non morire, non morire, e neppure si era resa conto che Asuma aveva chiuso gli occhi ed ora sembrava quasi addormentato, se non fosse stato per la bava rossa che gli colava dalle labbra.

 – Lascia stare Sakura – mormorò con gentilezza la zia, spostandole con fermezza, eppure con dolcezza, le braccia – è morto ormai –

Ma lei non poteva crederci perché aveva appena deciso di regalargli il cavallo nuovo e neppure aveva fatto in tempo a dirglielo, e perché non riusciva a pensare alle parole con cui avrebbero potuto dirlo a Kurenai, e perché avevano litigato per colpa sua, perché aveva voluto partecipare a quell'inutile gara, e si sentiva tremendamente in colpa.

Si era alzata ed aveva chiesto come stava l'altro, Rock Lee, e almeno lui era vivo, poi era andata a lavarsi ed aveva ascoltato assente la zia che le diceva di prepararsi, che tornavano a casa.
Si era cambiata gli abiti macchiati di sangue ed era uscita, aveva ignorato gli sguardi della gente e non aveva ascoltato le persone che parlavano concitate accanto a lei, e si era diretta alla stalla.

Aveva sellato Shuriken benché la cavalla fosse ancora stanca per la corsa ed aveva cavalcato fuori dal ranch senza pensare a quello che stava facendo. Aveva iniziato a controllare gli accampamenti a caso lì intorno, e non pensava a niente.

Aveva cercato fino a quando non aveva visto la ragazza, e gli altri due, che stavano smontando il campo e si era fermata davanti a loro.

 – Abbiamo visto la gara! – l'aveva accolta il ragazzo dai capelli lunghi ghignante – Ma non avevo puntato su di voi ed ho perso! E' Karin che mi ha convinto, mi ha confuso! – aveva ignorato il commento sgarbato dell'interessata – dovevo seguire il mio fiuto... – aveva proseguito – eravate bellissima con i capelli spettinati e lo sguardo eccitato –

Ma a lei la gara sembrava lontanissima ora, come se fosse accaduta un anno prima, ed aveva cercato con lo sguardo Sasuke senza neppure rispondere.

 – Sta zitto! – lo aveva rimbeccato invece l'altra – cerchi Sasuke?– le aveva fatto – E' andato avanti… ormai è lontano – aveva spiegato con un tono soddisfatto.

Lei aveva abbassato la testa a terra e si era sentita come se fosse tutto inutile, come se quel suo rifiuto, quel suo no della sera prima, potesse davvero sigillare per sempre tutto quello che era stato, tutto quello che erano loro, e per un attimo, anche se razionalmente sapeva che era assurdo, si era sentita disperata.

 – Volete che gli riferisca un messaggio? – era intervenuto il ragazzo alto con cui lei non aveva mai parlato.

 – Sì – gli aveva risposto, e non le importava che poteva essere compromettente quello che stava per dire, per quanto potesse cercare di essere il più scarna possibile – Sì – aveva ribadito ormai decisa – Ditegli – aveva abbassato la voce in modo che la sentisse solo lui, sperando che non lo ripetesse subito ai suoi amici, sapendo però di non poter contare sul suo silenzio – tra quindici giorni, nel mio posto, lui capirà –

Era arrossita suo malgrado sotto lo sguardo ora curioso dell'altro, ma poi lui aveva sorriso senza malizia – lo farò – le aveva assicurato, e lei si era allontanata con le guance ancora in fiamme.

_____


Gli Inuzuka avevano prestato loro un carro per trasportare il ferito ed il cadavere di Asuma, e loro erano partite con un paio di ragazzi, gli altri erano ancora all'inseguimento dei tre dell'Akatsuki.

Sakura era preoccupata per il viaggio scomodo che avrebbe dovuto affrontare Rock Lee ferito, ma il ragazzo non aveva voluto restare dagli Inuzuka.

 – Non sto così male – aveva spiegato a Sakura mentre lei gli controllava la ferita.

Si erano fermati spesso per farlo riposare ed avevano proceduto molto lentamente per evitargli troppi scossoni, così erano stati costretti ad accamparsi per la notte.

Sakura aveva cercato e trovato alcune erbe medicinali e le aveva spezzettate con le mani impaccandole poi con l'acqua per appoggiarle sopra la ferita.
Era il più entusiasta ed ottimista di tutti, e le sembrava assurdo che potesse morire.

La sera lui era restato nel carro a dormire mentre loro mangiavano attorno al fuoco.

 – Ha sempre parole di incoraggiamento per tutti, è il più buono di noi – stava spiegando uno degli altri cowboys – …io dico che non è giusto... Asuma aveva una moglie... e se muore anche lui... non è giusto... era meglio se me la beccavo io quella pallottola –

Lei ascoltava in silenzio mentre l'altro continuava dicendo che non credeva più in Dio se moriva anche quel ragazzo e rimase pensierosa, senza commentare nulla.

Non aveva mai pensato agli avvenimenti come giusti e ingiusti, era la natura umana, era la vita... accadevano, e basta... e non ci si poteva fare niente. Se c'era un Dio aveva deciso fin dall'inizio di non intervenire, o forse per lui anche la sofferenza più grande era solo un attimo di dolore destinato a perdersi in mezzo all'eternità... o magari ci voleva troppa fede per cambiare il corso delle cose e loro non ne avevano abbastanza.
L'unica cosa di cui era certa era che ogni momento di vita le era sempre stato prezioso, e anche quando soffriva, anche quando aveva paura, perfino quando si annoiava a morte in collegio aveva la percezione della vita che scorreva, della preziosità del momento che viveva, passava e non tornava mai più.

 – Tutto dipende da questa notte, se la supera è salvo – concluse Tsunade.

Non erano riusciti a dormire e Sakura aveva trascorso le ore successive seduta dietro al carro con lui, tenendogli stretta la mano, ripetendogli che doveva resistere ancora un poco e poi sarebbero arrivati a casa.

Lui era pallidissimo e continuava a sudare, la febbre che gli faceva gli occhi lucidi e grandissimi e Sakura aveva pensato che davvero sarebbe morto.

 – Se mi tenete la mano così ce la farò – le rispose ingenuamente lui con una voce flebile – i ragazzi saranno gelosi di questo... sapete – aveva proseguito – ...io non posso morire – aveva spiegato serio, e Sakura non era sicura che fosse completamente consapevole di quello che le stava dicendo, e aveva stretto un po' di più la mano mentre gli bagnava il viso con un fazzoletto bagnato – perché non ho mai baciato una ragazza, non è possibile morire così, vero? –

Non gli aveva risposto, non sapeva se sarebbe sopravvissuto e non riusciva a mentirgli, non riusciva a formulare poche semplici parole che potessero dargli sollievo, speranza, anche se capiva che era crudele non dargli quella piccola, innocente bugia di cui avrebbe avuto bisogno.

Non molto dopo si erano avvicinati anche gli altri e si era messi tutti attorno a lui.

 – Perché siete tutti qui? – chiese lui quando aprì gli occhi un momento, la febbre che lo rendeva poco cosciente – siamo arrivati? –

 – Certo che siamo arrivati! – aveva mentito con sicurezza il cowboy di fianco a lei – e tu ormai sei salvo, lo ha detto anche Chiyo... e lo sai che la vecchia non sbaglia mai… e così avrai una bella cicatrice da esibire… e non potremo più prenderti in giro, mi fai perfino rabbia! –

Il ragazzo aveva sorriso – Non pensavo tirassero fuori le pistole – aveva detto in un soffio, e poi aveva chiuso gli occhi e si era addormentato.

Sakura si voltò a guardare i cowboys accanto a sè, e Tsunade, e si accorse che avevano tutti gli occhi lucidi, pensavano che sarebbe morto? Eppure c'erano ancora speranze, ne era sicura.

Benchè avessero predisposto dei turni per vegliare il ferito, nessuno di loro era riuscito a dormire, aspettavano tutti l'alba con il verdetto che avrebbe portato.
E il mattino dopo Rock Lee era ancora vivo, debole ma vivo: il peggio era passato e l'umore del gruppo era cambiato.

 – Questa volta ci hai proprio spaventati – avevano brontolato i cow boys, e poi, come se si fossero messi d'accordo, si erano voltati tutti e due a guardare il corpo di Asuma, nascosto da una coperta.

Arrivarono al ranch nel pomeriggio e trasportarono Rock Lee all'interno della casa per affidarlo a Chiyo, poi tornarono al carro.
Tsunade e i ragazzi dovevano proseguire fino alla fattoria di Asuma, e Sakura voleva andare con loro.
La zia aveva scosso il capo – No Sakura – aveva detto – e non lo faccio per risparmiarti qualcosa, tocca a me, tutto qui –

Ma non aveva più obiettato quando Sakura aveva insistito, invece aveva acconsentito in silenzio facendole posto sul carro.

Quando erano arrivate in vista della piccola fattoria Kurenai era andata loro incontro, e non c'era stato bisogno di parole, cos'altro poteva essere, loro che si presentavano da lei sopra ad un carro e la guardavano così serie, ed Asuma non c'era.

Kurenai li aveva guardati, si era avvicinata al retro del carro ed aveva scostato la coperta che nascondeva il cadavere.
Poi aveva allungato la mano, un momento, per sfiorare il volto rigido di lui.
Aveva subito ritratto la mano ed aveva chiesto – ...cosa è successo? – in un soffio.
Tsunade le aveva raccontato a grandi linee l'accaduto e Kurenai aveva ascoltato in silenzio: aveva sempre saputo che poteva succedere, aveva avuto paura a volte, ma aveva sempre creduto che non sarebbe successo. Ed era strano, ma ancora non riusciva a crederci.

__________


A gruppi di due erano tornati a casa anche i cowboys che avevano provato ad inseguire gli assassini, delusi ed amareggiati.
Avevano seppellito Asuma due giorni dopo, all'interno della sua fattoria.
Si era sparsa la voce della sua morte ed era arrivata gente anche dalla città per assistere al breve funerale, perché Asuma era conosciuto, e stimato. C'era stata una brevissima cerimonia, uno dei cowboys aveva detto qualche parola e Tsunade aveva recitato una preghiera.

Kurenai più tardi aveva raccontato a Tsunade e Sakura che probabilmente sarebbe partita, che non era in grado di occuparsi della fattoria da sola con un bambino in arrivo, e quando loro due le avevano offerto aiuto aveva risposto che ci avrebbe pensato.

 – Almeno non fosse incinta – aveva commentato Tsunade più tardi – che sfortuna –

I giorni successivi i cowboys avevano iniziato a partire per il pascolo, ed anche se avevano ripreso a scherzare tra di loro a Sakura sembravano diversi, più duri, più determinati.
Li salutò uno per uno mentre partivano, chiedendosi se sarebbero tornati a casa tutti sani e salvi, se li avrebbe rivisti tutti.
Ed alla fine era restato solo Rock Lee, anche se stava molto meglio e si preoccupava continuamente di essere un peso.

 – Bisognerà trovare un buon capo mandriano, non so cosa possono combinare senza nessuno con un po' di buon senso che li guidi – commentò Tsunade a cena.

 – Asuma aveva detto che il peggio sarebbe cominciato questo autunno con i ladri di bestiame – aveva mormorato Sakura – e i ragazzi sono pronti a sparare a vista a quelli dell'Akatsuki... possibile che non ci sia niente che possiamo fare? –

 – Dobbiamo coglierne uno in flagrante così siamo sicuri che i ladri siano loro – spiegò Jiraiya.

 – E poi ucciderli tutti uno per uno – aveva continuato Tsunade.

Sakura era restata in silenzio, pensierosa, distratta.
Erano passati nove gorni dalla gara, l'appuntamento con Sasuke si avvicinava, e lei non riusciva più a controllare quell'inutile senso di attesa... eppure era sicura che lui non sarebbe venuto.

__________


Quel pomeriggio Itachi aspettava nascosto all'interno di una piccola costruzione abbandonata, e ormai in rovina, non molto distante dalla città. Era arrivato di proposito in ritardo di diverse ore all'appuntamento, che era stato fissato da tempo per le due, e si era seduto immobile, sicuro di dovere aspettare ancora.
Invece non molto tempo dopo aveva sentito dei rumori ed aveva visto dalla finestra l'uomo smontare da cavallo.

 – Scusa il ritardo – si era limitato a dire costui non appena entrato – Come sta Danzo? – aveva chiesto dopo essersi seduto davanti ad Itachi – Sempre simpatico? – poi aveva sospirato rassegnato... purtroppo Itachi Uchiha era totalmente privo di senso dell'umorismo – ...ho visto tuo fratello – aveva aggiunto più seriamente.

Itachi aveva ascoltato in silenzio mentre l'altro raccontava a grandi linee com'era morto Orochimaru.

 – Le versioni che avevo sentito prima erano alquanto diverse – commentò infine sorridendo appena.

 – La mia è quella buona... io c'ero... Tornando a noi, il telegramma ha confermato che verrà rilasciato tra due settimane – aveva proseguito – aggiungici il tempo di arrivare fin qui… – aveva fatto una pausa ed aveva aspettato, invano, che Itachi facesse un qualche commento – Quanti sono rimasti al ranch? – chiese dopo un po'.

 – Quattro... esclusi me e Danzo –

 – Quattro... poi bisogna vedere se lui arriva da solo –

 – Lo vedremo –

 – Già... è tutto piuttosto approssimativo, vero? Ma suppongo che non ci sia altro modo – si era alzato per congedarsi, meno stavano insieme meglio era – è quasi finita, poi puoi riavere la tua vita indietro –
Itachi non aveva risposto, nè aveva cambiato espressione, ma in qualche modo non gli aveva creduto, non aveva mai pensato di poterne uscire vivo.

 – Ascolta – proseguì l'altro – So che ti fidi di Danzo e di quello che rappresenta, ma non fidarti troppo di lui... lo conosco bene... ucciderebbe sua madre se potesse servirgli –
Aveva salutato Itachi e aveva fatto per allontanarsi.

 – Sai una cosa? – aveva aggiunto dopo aver fatto qualche passo – se alla fine di tutto non scopriamo dov'è l'oro, rido per una settimana! –

Poi Kakashi era salito a cavallo ed era tornato lentamente in città, non era che morisse dalla voglia di tornare con tutta quella gentaglia che girava pronta a combinare guai, visto che purtroppo toccava proprio a lui mettere ordine, ma era meglio non pensarci e prendere le cose una alla volta man mano che si presentavano.
Invece, mentre cavalcava, pensava ad Itachi.
Lo aveva incontrato per la prima volta anni prima, assieme a Danzo, durante un'altra 'operazione', ed aveva sempre pensato che Itachi fosse un uomo di Danzo sotto molti aspetti, in fondo era cresciuto con lui, sotto di lui, ed inevitabilmente doveva condividerne la mentalità e gli ideali.
Sapeva che Danzo e la sua logica potevano sembrare inevitabili, ci lavorava assieme da molti anni, ed anche lui un tempo aveva creduto che il fine giustificasse sempre i mezzi, ma poi era cresciuto, aveva imparato a sue spese.
Ed ora sapeva che quell'uomo proprio non gli piaceva, non gli piaceva la spregiudicatezza di decidere chi doveva vivere e chi doveva morire, e di programmare senza ombra di rimorso la morte di innocenti se questa poteva essergli utile.
Onestamente l'idea di giustizia di Danzo era distorta, e casualmente tutta a suo favore... a volte pensava che non era meglio di quei delinquenti cui davano la caccia, altre volte ne era sicuro.

Ora aveva anche deciso di sacrificare due anni della sua vita per fare l'infiltrato, e Kakashi onestamente avrebbe preferito non averlo tra i piedi, anche se ammetteva che finora l'altro non aveva mai interferito, lasciandolo libero di fare come più gli piaceva.
Certo che doveva essere proprio ossessionato con quella storia per intervenire di persona.
I soldi erano tanti, ma Kakashi aveva l'impressione che si trattasse anche di una questione personale, di una partita a scacchi.
Non che la cosa lo riguardasse, ma il fatto era che lui non si fidava più di Danzo, da tanto tempo, e per quello, probabilmente, gli venivano i dubbi più astrusi. Ad esempio: avevano cercato l'oro dappertutto e non era spuntato fuori. Ma era davvero così? E se invece era spuntato fuori? Se Danzo aveva deciso di tenerselo?

E Itachi? Itachi era cresciuto con Danzo, sfruttato e manipolato da Danzo... lo avrebbe capito prima o poi? Avrebbe imparato?
Sorrise perché Itachi era illeggibile, però lui si era fatto qualche idea, del tutto arbitraria, aleatoria… anzi… proprio inventata (ma da tempo aveva constatato che le sue idee improvvisate erano buone quanto qualsiasi altra suffragata da chissà quali prove), e forse era solo che gli piaceva proprio l'idea che quel ragazzo non fosse disposto ad obbedire a Danzo ciecamente, ma sperava proprio che non fosse un semplice burattino come faceva credere.
Se per caso, per puro caso, per un caso assolutamente improbabile, anzi impossibile (e chissà come gli venivano quelle idee), Itachi sapeva dov'era l'oro, allora non aveva voluto dirlo a Danzo, ed aveva fatto proprio bene secondo lui, Danzo con tutto quel denaro poteva anche decidere di mettersi in proprio, di diventare lui lo Stato, la Giustizia.

__________

 
Karin era arrivata per prima all'appuntamento con Sasuke, Suigetsu la seguiva distanziato di poco, mentre Iuugo era restato indietro a cancellare le tracce.
Lei era scesa in fretta da cavallo e si era precipitata da Sasuke che se ne stava seduto a terra, un ginocchio piegato a sorreggergli il gomito.
Sapeva che lui l'aveva vista anche se non la guardava, e gli si era seduta il più vicino possibile... era tanto, troppo che non lo vedeva.

 – Sei teso – gli sussurrò appoggiandosi alla sua spalla – posso aiutarti a rilassarti –

Lui l'aveva scostata senza risponderle e lei aveva sollevato le spalle come se non le importasse, perché Suigetsu li aveva raggiunti e davanti a  quello lì doveva sempre stare attenta e mantenere un atteggiamento distaccato e superiore.

 – Quando ti arrenderai? – le aveva chiesto infatti quel gran maleducato sedendosi davanti a loro – non è così dispera... –

Lo schiaffo aveva interrotto la frase a metà.

 – Smettetela – intervenne Sasuke – ...scoperto qualcosa? –

 Karin aveva alzato le spalle.

 – Ho sentito che c'erano un paio di uomini dell'Akatsuki in città – aveva risposto Suigetsu – e che sembravano eccitati per qualche cosa... magari hanno trovato davvero l'oro, chi lo sa! Tu? – aveva fatto in direzione di Sasuke – hai notizie da parte di Danzo? –

 – Ho un appuntamento con lui in città tra una decina di giorni –

 – C'è da fidarsi? –

La domanda di Karin era rimasta sospesa nell'aria per un momento.

 – Hai ancora bisogno di noi, eh?! – esclamò Suigetsu ridacchiando.

 – Se siete d'accordo – aveva risposto Sasuke.

 – Siamo insieme, no?! – aveva replicato Karin in fretta – Certo che siamo d'accordo! –

Sasuke non aveva risposto, improvvisamente infastidito, perché sembrava fosse impossibile liberarsi di tutte quelle piccole, invisibili catene che lo legavano agli altri... mentre lui era stanco, voleva ritornare libero, solo, senza più catene, senza più legami che lo trattenevano e lo condizionavano, solo come era prima, quando non doveva pensare a nessuno se non a se stesso, quando poteva scegliere qualsiasi cosa e niente cambiava, e niente faceva male davvero.

 – Grazie – acconsentì – …è l'ultima volta, non dovete più rischiate la vita per me –

 – Prego – aveva risposto Suigetsu – e magari davvero c'è dell'oro e diventiamo ricchi, eh?! –

Nel frattempo Juugo li aveva raggiunti e si era seduto con loro, prestando orecchio in silenzio ai battibecchi tra Karin e Suigetsu.
Solo più tardi aveva avvicinato Sasuke, quando lo aveva visto da solo – Ho un'ambasciata per te – aveva iniziato, e Sasuke aveva ascoltato attento, sorpreso ed irritato per il grumo di emozioni che l'aveva assalito e che era riuscito a dominare a fatica.
Dopo si era guardato un momento le mani e si era accorto che tremavano leggermente.
Non aveva bisogno di riflettere per trovare una risposta, era semplice quello che doveva fare: non doveva andare all'appuntamento con lei e doveva chiudere tutto, definitivamente.

__________


Il giorno successivo, verso sera, Itachi e Danzo camminavano verso il ranch Akatsuki.
Danzo aveva deplorato ancora una volta ad alta voce la morte dell'uomo dei Senju , ma non sembrava veramente preoccupato, in fondo mancava talmente poco che non poteva succedere niente di grave nel frattempo.
Itachi ascoltava appena, pensava ad altro: si erano separati da poco da Kisame e gli altri, e lui li aveva ascoltati indifferente mentre parlavano dell'incontro che Danzo aveva programmato con Sasuke Uchiha, e dell'esito di quell'incontro.

Itachi aveva incontrato Danzo molti anni prima, quando ancora era un ragazzino, poco dopo che lui e Sasuke si erano separati.
Danzo era a capo di una potente agenzia che lavorava per lo stato, i cui uomini si chiamavano Root, e gli aveva dato un posto in cui stare ed uno scopo cui dedicarsi... e Itachi gli aveva sempre obbedito senza discutere, perchè quell'uomo era sempre stato un buon maestro e perchè la sua visione delle cose, per quanto cinica potesse sembrare, gli era sempre parsa lucida e realistica.
Eppure non avrebbe obbedito questa volta.

Avevano proseguito fino alla costruzione ed erano entrati nella stanza buia.

 – Dov'è la lampada? – domandò Danzo – credevo di averla lasciata accesa... è necessario, sappilo – cambiò bruscamente argomento, e ambedue sapevano che si riferiva alla morte di Sasuke.
Si era mosso per cercare la lampada, come se il discorso fosse chiuso per lui.

 – No –

 – Sono io che decido cosa fare – aveva insistito Danzo voltandosi verso di lui, anche se non riusciva a vederlo – so io cosa è giusto fare! –

 – Non è necessario e non verrà fatto – lo corresse Itachi.

L'altro nel frattempo aveva trovato la lampada ed aveva preso un fiammifero.

 – IO decido! – aveva sibilato accendendo la lampada, e la debole fiamma aveva illuminato il suo volto dandogli un'aria sinistra – IO sono la legge... tuo zio è libero e sta arrivando – aveva abbassato appena la voce – e dobbiamo eliminare ogni suo possibile alleato –

Itachi non aveva cambiato espressione ed aveva guardato al di là di Danzo, come se all'improvviso non contasse più.

 – E' chiaro? – continuò Danzo – qui sono rimasti in pochi e il cerchio si sta chiudendo, e anche se non sappiamo ancora dov'è l'oro – pausa – ...siamo a pochi passi dallo scoprire tutto, dal trovare delle maledette prove dopo anni che gli dò la caccia... ora finalmente sta arrivando e si fida di te, e di conseguenza di me... e cosa pensi di fare? rinnegare tutto quello che hai fatto ed in cui hai creduto? – lo aveva fissato con durezza – Mi deludi profondamente –
Non aveva più parlato ed aveva iniziato a camminare, l'unico suono il rumore del bastone che picchiava sul legno del pavimento.

 – Non cambierò idea – replicò freddamente  Itachi.

Danzo si era voltato ancora una volta dalla sua parte mentre la fiamma prendeva vita – Dovevo aspettarmelo da te, ma non importa, farò senza di te, o pensi di fermarmi? –

 – Se è necessario lo farò –

Il rumore di un applauso lento, ripetuto, aveva fatto voltare Danzo con un movimento secco, concitato.
La luce della lampada ora illuminava buona parte della stanza e dove l'alone di luce finiva ed iniziava il buio si scorgevano un paio di gambe allungate davanti ad una sedia.
L'uomo si era alzato dalla sedia ed era uscito alla luce con una pistola in mano.

Era uno strano tipo, dalla carnagione lattea ed i capelli color sabbia, e gli occhi di colore diverso, uno chiaro ed uno scuro, gli davano un aspetto irreale.

 – Allora Itachi, sei con noi o contro di noi? – aveva chiesto sorridendo.

 – E' con noi, ovviamente... la famiglia prima di tutto, vero, nipote? – si era aggiunta un'altra voce che proveniva da un angolo della stanza in cui il buio era fitto e si scorgeva solo una sagoma.

L'uomo con gli occhi di colore diverso si era avvicinato a Danzo e lo aveva guardato sorridendo, aveva tirato fuori un coltello dalla cintura e si era messo al suo fianco senza smettere di guardarlo – E questo? Ci serve ancora? –

Danzo si era irrigidito, pronto a scattare.

 – Non ci è mai servito –

Era successo talmente velocemente che nessun altro era sembrato muoversi. L'uomo aveva preso il coltello e lo aveva passato sulla gola di Danzo, così… e il sangue era schizzato fuori, sul pavimento, alcune gocce che macchiavano il volto di Itachi.
Danzo si era accasciato al suolo senza emettere un suono, morto ancora prima di toccare terra.

 – Una fine miserabile per un uomo miserabile, non trovate? – commentò l'uomo misterioso uscendo dall'ombra – Pensava davvero di fregarmi? Che illuso! Allora Itachi... sai dov'è l'oro? Sono assolutamente sicuro che tu sai dov'è e non glielo hai mai detto –

 – Pensavo lo sapessi tu – rispose lui osservando il volto conosciuto – non è tuo? –

L'altro aveva riso – Certo che è mio! Ma non l'ho nascosto io… per cui… avrai sentito tuo padre e tuo zio parlarne in quei giorni, no?! –

 – Non mi era permesso ascoltare le conversazioni dei grandi – spiegò – ed ero un figlio ubbidiente –

 – Già, è vero… era Sasuke quello impulsivo e indisciplinato… allora chiederemo a lui... ma ne parleremo più avanti, ora ho alcune cose da fare – si era avvicinato ed aveva passato un braccio sulle spalle di Itachi – non vedo l'ora, la famiglia finalmente riunita, non è meraviglioso? –

Itachi si scostò silenziosamente e guardò con la coda dell'occhio la sagoma dell'uomo lì a terra: era sembrato forte ed invincibile ed era morto così, in un momento, incommensurabilmente lontano dal realizzare tutto quello che aveva perseguito con tanto accanimento, per tanto tempo.
Non che l'insensatezza dell'esistenza lo cogliesse di sorpresa, e la morte era forse la cosa più naturale con cui avesse a che fare.

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Julia83: E ovviamente la nostra eroina doveva vincere la gara! No comment... Grazie per la recensione, come al solito..
Sai che anch'io in questa fic mentre scrivo mi immagino diverse parti come se le vedessi ? E anche a te piace il rifiuto di Sakura (e ti va bene anche Itachi!) mi sa che sono proprio io quella che si fa troppe paranoie! I prossimi capitoli però sono davvero tutti da risistemare..
Ho scritto anche una shot, un improbabile, anzi impossibile incontro tra Sakura e Sasuke ora (niente di speciale), ma aspetto di vedere cosa succede nei prossimi numeri di Naruto prima di postarla.. ho iniziato anche l'altra sul ritorno di Sasuke (che mi piace, stranamente).. però non ho tempo di pensare al seguito!
Sul manga.. come ho detto anche a kry333, sarà la solita bufala.. vedrai! ..ma a questo punto non vedo l'ora che arrivi Naruto e ponga fine a questa lentissima tortura.. non so perchè ma ho l'impressione che invece dovremo tenerci i nostri dubbi ancora a lungo!
Un bacione!


881: Ciao! Grazie mille!! Non intendo andare avanti ancora molto con questa fic, dovrebbero mancare ancora 4 o 5 capitoli, salvo cambiamenti dell'ultima ora.. e sul finale.. non posso svelartelo! Devo mantenere un po' di suspence! ;)) Intanto grazie ancora!


kry333: Immagino che tu ormai faccia fatica ad inventarti cose da scrivere nelle recensioni:D, non credere che non lo apprezzi.. mi segui da.. sempre!
Come vedi ho eliminato anche Danzo.. ora devo darmi una calmata o finisce che qui non sopravvive nessuno!:DDD
Sì, anch'io sono preoccupata per Sasuke, Kishi sembra avere puntato quasi tutto su di lui per creare suspence, ed i dubbi sono sempre gli stessi poi.. non so se hai letto l'ultimo cap.. è diventato così 'cattivo'? Scommetto che nel prossimo capitolo (o peggio, tra più cap) si scopre che era tutto un trucco! Kishi è sadico, ed è ossessionato da Sasuke! :(  Spero solo che non vada avanti così, con tutti questi dubbi, per altri cinque anni.. sta diventando davvero stressante.. ed io per fortuna sono ottimista!


RBAA: Eh! Grazie! I due punti che non mi convincevano erano proprio quelli che hai citato!:D Non ero sicura che il rifiuto di Sakura fosse coerente, ed in quanto ad Itachi, in questa fic non sono riuscita a dargli il ruolo completamente tragico che avrei voluto, per cui proprio non mi piace, sigh! Pazienza..

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Capitolo 13
*** 13. Chiarimenti ***



Allora.. ho optato per un capitolo più breve per essere puntuale.. anche se non mi soddisfa completamente (ma che strano!:DD)..
Per quanto riguarda il prossimo, spero di postarlo venerdì come al solito, ma non sono sicura!!

Non ho più ringraziato alfombra, che davvero mi è indispensabile per questa storia (si è anche subita le mie periodiche paranoie!!).




13.
CHIARIMENTI


I quindici giorni erano passati troppo in fretta e ormai i ragazzi erano partiti tutti, tranne Rock Lee che ancora non era guarito del tutto, e girava senza pace per il ranch con un paio di stampelle mentre continuava noiosamente a ringraziare e a scusarsi per il disturbo.
Il vento soffiava tutto attorno alla casa ed era tutto tornato come prima, tutto come se niente fosse accaduto, e Sakura pensò amara che presto la gente si sarebbe dimenticata di Asuma, morto in una rissa, e della vita troppo breve che aveva vissuto, e pensò che per Kurenai non doveva essere una sfortuna essere incinta, che la zia sbagliava, perché per quanto potesse essere più difficile, almeno aveva qualcosa che la legava ancora con forza a lui.
Si ripromise di non dimenticarlo neppure lei, come non avrebbe mai dimenticato che era morto per colpa sua, per colpa della sua testardaggine, di un suo capriccio.

Il mattino del quindicesimo giorno era uscita quando appena albeggiava, ed aveva spiegato a Chiyo, che l'osservava in silenzio sulla soglia di casa (come faceva a sapere sempre tutto?), che andava fare una lunga cavalcata e sarebbe tornata presto, nel primo pomeriggio.
Aveva cavalcato fino al suo nascondiglio con uno stato d'animo ben diverso da quello dell'ultima volta: non si aspettava niente, anzi, era sicura che lui non ci sarebbe stato, e mentre cavalcava si accorgeva di guardarsi intorno con più attenzione di quanta non avesse mai posto, come se all'improvviso avessero ragione Tsunade, e gli Hyuuga, e fosse diventato pericoloso anche cavalcare all'interno delle proprie terre.
Era arrivata senza alcun problema alle colline e si era diretta sicura all'entrata del suo nascondiglio, ma poi era ritornata indietro, per un lungo tratto, per cancellare le poche tracce che aveva lasciato. Ormai stava diventando paranoica.
Solo quando era stata abbastanza soddisfatta del suo lavoro era entrata nel passaggio e lo aveva percorso.

Era sola, non che si aspettasse diversamente, eppure era lì, ed aspettò seduta per terra, soffermandosi su ogni particolare di quel posto, sulle foglie che si muovevano al vento, sui differenti strati di roccia con le loro sfumature, e poi sull'erba sotto di lei che contrastava, con il suo verde brillante, col terreno rossiccio.
Quel posto era permeato di significati nuovi ormai, e la sua bellezza le parlava in maniera completamente diversa da prima.
Le parlava di lui.

Aveva portato con sé delle provviste nel caso avesse dovuto star via l'intera giornata e prese la borraccia vuota per riempirla alla fonte, forse era solo suggestione, ma quell'acqua le era sempre parsa più buona.
Aveva bevuto l'acqua freschissima direttamente dalla fonte e aveva sgranocchiato qualcosa durante l'attesa, e man mano che il sole si spostava nel cielo aveva sentito una cappa di tristezza che le calava addosso.
Evidentemente non era vero che non si aspettava niente, evidentemente qualcosa si aspettava.
Illusa.

Iniziò a pensare a quello che avrebbe dovuto fare l'indomani per non farsi prendere dallo sconforto, decisa ad andarsene entro breve, e si riscosse di colpo quando sentì un rumore alle sue spalle.

Aveva alzato la pistola, sorridendo al ricordo di come le fosse sembrato eccessivo quando lui aveva fatto la stessa cosa, e l'aveva abbassata subito... era lui.
Il sorriso le si era allargato perché questo significava moltissime cose, significava che lui pensava a lei, che non voleva, o non poteva starle lontano, significava... tutto.
Lo guardò mentre lasciava libero il cavallo e si avvicinava a lei, ed era sorprendente come la memoria l'avesse ancora una volta ingannata, come lui fosse diverso da come lo ricordava, più bello.
Lui si fermò e la guardò con occhi che bruciavano, e rimasero a fissarsi in silenzio, perché era difficile trovare qualcosa da dire, e Sakura si sentiva improvvisamente imbarazzata, come se dovessero ricominciare da capo, dovessero trovare il modo di comunicare.

 – Sei qui – sussurrò, avvicinandosi a lui ed appoggiando il capo sul suo petto.

Aveva sentito le braccia di lui attorno alle sue spalle e la tensione che l'irrigidiva si era sciolta.

 – Temevo non volessi vedermi più – aveva ammesso senza vergogna, senza imbarazzo.

Lui aveva sorriso appena e le aveva accarezzato i capelli, e lei aveva alzato la testa per perdersi nei suoi occhi, e perché voleva che lui la baciasse.

 – Credevo fossi tu a non volermi più – le aveva replicato con una traccia di incertezza nella voce – che fossi stanca di me –

 – Non era vero, era solo una bugia... e Naruto è solo un buon amico – chiarì definitivamente lei, per togliere ogni inutile ombra tra loro, e poi appoggiò le labbra su quelle di lui, chiuse gli occhi e si lasciò andare al bacio, la bocca che si schiudeva, il corpo che si abbandonava tra le braccia di lui – e tu... – gli aveva chiesto poi tra i baci, passando la mano sui ciuffi di capelli neri – la smetterai di scappare da me? –

 – Non è cambiato niente, non posso darti quello che vuoi – le aveva risposto, le labbra sulla sua pelle.

Si era fermata, scoraggiata per un momento, delusa da quelle parole vaghe che erano sempre le stesse – E tu, cosa vuoi... Sasuke? –  aveva insistito stringendo i capelli di lui tra le dita – cosa vuoi veramente? –

 – Non so più cosa faccio – le confessò in un sussurro – so solo che mi dico che devo starti lontano... e invece sono qui –

Lei aveva tirato con delicatezza i capelli di lui, finché lui non aveva alzato la testa a guardarla e lo aveva studiato seria, decisa – Sono contenta se ti faccio questo effetto – aveva ammesso – E' lo stesso che sento io, che per qualche motivo inesplicabile noi ci apparteniamo... tu mi appartieni –

Ed era proprio così, e per quello tutti i discorsi di Tsunade non avevano senso, come non avevano senso le regole, o i principi, o la rigida morale che vigeva nelle relazioni tra uomo e donna... solo loro avevano senso, ed era qualcosa che non poteva essere spiegato a parole, esisteva, e basta, come esisteva qualsiasi altro istinto primordiale e necessario, l'istinto di sopravvivenza, o la consapevolezza della morte.

 – E allora – proseguì continuando a guardarlo, a studiarlo – perché negare... o scappare... perché non... – si era interrotta solo un momento persa in quegli occhi neri che sembravano scavare un solco dentro di lei – vivere quello che abbiamo? –

 – Non capisci, Sakura... tu… non vivresti meglio se non mi avessi mai incontrato? – le chiese, e la guardava, la guardava così intensamente da provocarle un leggero fremito lungo il corpo.

 – Io? –  replicò lei – perché? Forse forse sarei più serena... ma non vorrei mai non averti incontrato, la mia vita sarebbe più semplice, ma molto più vuota... io... con te sento di vivere pienamente, e se fosse anche solo per poco… va bene... è meglio di niente –

Sasuke aveva sollevato le braccia per prendere il viso di lei tra le mani e ancora l'aveva fissata come se volesse leggerle dentro, come se volesse farle sentire, con la sola forza del suo sguardo, quello che sentiva lui – Ma ora non sei più libera come prima, dipendi in parte da me, da quello che faccio io… e ti faccio stare male – aveva cercato di spiegarle e lei poteva capirlo, come capiva anche che era lui a stare male, lui a non sentirsi più libero – e ci sono così tante cose che possono essere sbagliate – aveva proseguito lui –  che possono ferirti... e anche se non succede niente, non mi conosci… Sakura, e un giorno... un giorno ti accorgerai che non sono niente, che sono... molto peggio di Naruto... e te ne pentirai –

Lo aveva abbracciato ed aveva stretto, stretto con tutte le sue forze – Hai paura – gli sussurrò – ma io non mi pentirò, credimi, e tu non sei così come credi... permettimi di vivere tutto questo, permetti a te stesso di viverlo –

 – Non posso essere quello che vuoi tu –

 – E non esserlo... non esserlo… sii quello che sei, e a me andrà bene – risppose esasperata.

 – Me ne andrò – insistette lui con quella cattiveria gratuita che evidentemente riteneva necessaria, che lui chiamava onestà – Non riesco ad immaginarmi fermo in un posto, e cosa potrei fare qui, in un ranch, per anni? –

Era questo allora? Aveva pensato lei delusa suo malgrado, era solo che voleva andarsene, era solo che già sapeva che non gli importava abbastanza? Ancora una volta si era staccata da lui e lo aveva studiato con attenzione, cercando di leggere all'interno di quello sguardo, di quegli occhi che bruciavano – E allora vedremo – mormorò infine – cosa vuoi che ti dica? Stai con me finché vuoi e vattene quando non vorrai più? In fondo, in un certo senso, è quello che ti ho già detto – aggiunse amara – …vuoi che ti dica che è quello che voglio anch'io? Che non mi farà male? E' questo che vuoi? Non capisco – aveva concluso scostandosi ulteriormente da lui, ora scontenta, scoraggiata, dovevano trovarsi all'infinito a quel punto? Dovevano ripetere sempre le stesse parole, gli stessi gesti, tentativi... gli stessi errori?  

Lui continuava a guardarla con occhi pieni di passione che la facevano sentire debole, e solo per questo lei aveva abbassato il capo, un momento.

 – Sakura – le mormorò – Non è così semplice – si era interrotto e lei si aveva ripreso a guardarlo, sostenendo di nuovo il suo sguardo acceso – non voglio che tu ti penta, non ho mai voluto farti del male –

Rimase a guardarlo ancora, così serio, e così pieno di passione, il suo sguardo che bruciava e ancora la faceva sentire debole.

 – Non importa – spiegò cercando le parole giuste, perché era come se parlassero due linguaggi diversi e non riuscissero a comunicare, e lei si chiedeva ancora una volta, per l'ennesima volta, se era possibile comunicare, se la sua non era semplicemente un'illusione – non sono pentita di niente, non mi pentirò – aveva spiegato nuovamente – solo… non può essere più come prima, non puoi fare finta di non vedermi domani, non ha più senso… e come puoi decidere adesso che un giorno te ne andrai? Perché non aspetti e non segui il tuo cuore, per una volta –

Era rimasto in silenzio, e forse, forse non era possibile comunicare.

 – Seguire il cuore – aveva risposto infine lui, senza guardarla – ...non mi interessa, è pericoloso – aveva confessato, e lei lo sapeva, aveva sempre saputo che lui aveva paura.

Così non aveva sorriso, né si era arrabbiata o era rimasta delusa, aveva solo continuato a studiarlo, ora decisa ad imporre il suo sguardo, ad imporgli la sua presenza, la sua volontà – Fallo lo stesso, anche se è difficile, fallo per me – e lo aveva fissato ancora, in attesa.

Lui aveva di nuovo sostenuto il suo sguardo e lei per un momento in quegli occhi aveva letto ogni cosa, come in un libro finalmente aperto: la paura, il dubbio, il desiderio – Non guardarmi così – le sussurrò lui sfiorando con un dito il profilo della sua guancia, facendole corrugare la fronte: come lo guardava, cosa vedeva lui...
 – …sono qui... –proseguì Sasuke – non significa qualcosa? –

E forse bastava, forse di più non poteva avere da lui, e non era già tanto in fondo? Quella mezza confessione che lui aveva paura, quella sghemba ammissione che gli importava di lei. Sakura aveva chiuso gli occhi trattenendo il respiro e le parole, e la tentazione di buttarsi tra le sue braccia.

 – E cosa significa? – aveva ribattuto, decisa ad ottenere una risposta, anche se tremava impercettibilmente mentre la mano di lui le sfiorava il braccio ora, provocandole piccole scosse.

La mano di lui si era staccata, lasciandole una spiacevole sensazione di vuoto, e lei aveva aperto gli occhi sostenendo ancora quelli di lui carichi di passione, le gambe che le tremavano leggermente. Aveva alzato la mano per sfiorargli il viso a sua volta e solo per un secondo aveva chiuso di nuovo gli occhi, cosciente per un momento del profumo di lui, della sua presenza che sembrava invadere ogni poro della sua pelle.

 – Allora – riuscì a dirgli con voce sorprendentemente calma – significa che mi vuoi, ora? – e lo guardava fisso.
Aveva goduto della scintilla di desiderio che era passata negli occhi di lui.

 – Significa questo? – aveva insistito.

Lui l'aveva guardata infastidito ora, e lei aveva sorriso leggermente.
Le aveva afferrato il viso tra le mani e l'aveva fissata.

 – Non giocare con me... Sakura – aveva sussurrato.

 – Non sto giocando – replicò sicura, anche se sapeva che non era del tutto vero, che davvero un po' aveva giocato – e non mi fai paura –

Lui aveva avvicinato il viso a quello di lei e l'aveva baciata con forza, senza lasciarle andare il viso.

 – Naruto è migliore di me – le mormorò poi sulle labbra – dovresti davvero scegliere lui –

 – E' questa la tua risposta? – chiese ancora, ansimando.

 – Te l'ho detto – le fece – non riesco a non pensare a te, a non volerti –

 – E domani? – gli aveva sussurrato testarda, insistente, anche se non avrebbe dovuto, anche se era pericoloso.

 – Se sarò vivo – aveva mormorato lui – non so come, né quando, ma tornerò sempre da te... –

 – Allora – rispose lei a voce bassa – devi promettermi di non morire –

Lui le aveva baciato le labbra delicatamente ora, un momento, e poi aveva appoggiato la fronte su quella di lei.

 – Non faccio promesse che non posso mantenere, e non so se posso farti una promessa simile – le sussurrò – Sakura –

Lei aveva sentito un brivido passarle sul corpo – Eppure in un certo senso mi hai chiesto di aspettarti – aveva insistito, incurante di sembrare infantile.

 – E' perché quando sono con te, mi dimentico di me stesso... dimentico quello che sono – aveva continuato lui, le loro bocche a pochi millimetri l'una dall'altra.

Allora lei si era arresa, incapace di aspettare ancora, di giocare ancora, ed aveva chiuso lo spazio tra loro.
Si erano baciati con passione, le lingue impazienti, i corpi incollati, le braccia di lui che la stringevano e la facevano sentire viva.
Si erano sdraiati, cercando una posizione comoda, senza staccare le bocche, ed avevano iniziato a spogliarsi affamati.
Lei aveva sentito il calore della roccia scaldata dal sole, la morbidezza dell'erba sotto la pelle nuda, e poi il contatto della pelle di lui. Aveva stretto le mani attorno al collo di lui, e poi aveva passato le dita sui suoi capelli per attirarlo ancora a sé.

Dopo erano restati abbracciati, il sole che asciugava il velo freddo di sudore che era restato sulla loro pelle, dopo il calore dei loro corpi avvinghiati ed uniti.
Si erano rivestiti in parte mentre il sole calava al di là della parete rocciosa, e ancora erano rimasti così, sdraiati uno accanto all'altro, le mani che si intrecciavano e restavano allacciate.
Più tardi si erano seduti sulla lastra di roccia che stava davanti alla piccola caverna e lei aveva portato le dita sul viso di lui, facendolo ritrarre infastidito e facendola sorridere.

Mangiarono quello che aveva portato lei e rimasero ancora lì, nessuno dei due che aveva voglia di ritornare alla vita che li attendeva.
Era stato lui ad alzarsi alla fine, ed aveva iniziato ad abbottonarsi la camicia.

 – Hai parlato con Danzo? – gli chiese.

Non avevano più parlato di quello che li aspettava fuori di lì, come se in quel luogo, in quel momento, tra loro, non ci fosse spazio per tutto il resto.
Si era voltato a guardarla, ed era davvero bella adesso, assorta e pensierosa.

 – No – si era alzato per avvicinarsi al cavallo, deciso a non guardarla più, a non farsi distrarre più.

 – Come pensi di trovarlo? –

 – Devo vederlo tra qualche giorno in città –

 – Come? Te l'ha chiesto lui? –

 – Suppongo sia per l'eredità –

 – Ma... – aveva protestato lei – sei sicuro? Può essere una trappola! –

 – Devo davvero andare ora – tagliò corto lui.

 – Ascolta – si era interrotta mentre si alzava anche lei e iniziava a sistemare le sue cose – dove devi incontrare Danzo? – aveva insistito mentre prendeva il cavallo per le redini – Possiamo venire anche noi e... – .

Si era voltato a guardarla d'un tratto incupito – No – l'aveva interrotta.

Lo aveva guardato a sua volta nervosa, pronta ad arrabbiarsi – Cosa pensi di fare? –

 – E' qualcosa che non ti riguarda – le rispose secco.

Gli si era avvicinata davvero arrabbiata ora – Non mi riguarda! – aveva esclamato – Allora vattene pure via! – gli aveva urlato improvvisamente furiosa, incapace di trattenersi per quanto si sforzasse, per quanto volesse mostrarsi forte, indifferente... perché era tutto come prima, era stata sciocca a credere altrimenti, e non c'era niente che poteva fare per cambiarlo, niente – me ne vado – concluse dandogli le spalle – Ti dimenticherò, se è quello che vuoi! –

Si era avvicinata al suo cavallo e si era irrigidita nel sentire il corpo di lui dietro di lei, il respiro di lui sulla pelle.

 – Non voglio che mi dimentichi – le aveva sussurrato.

 – Non credo che potrei – ammise lei, e come sempre la rabbia le era come scivolata via, come se non fosse mai stata lì, fosse stata solo un gioco tra loro, una recita – ma tu – aveva proseguito, il cuore in tumulto, perché aveva ricordato ancora che lui poteva morire e aveva sentito il cuore battere all'impazzata – tu non puoi comportarti come se io non ci fossi, devi stare attento –

 – Ho già preso le mie precauzioni con Danzo, non devi preoccuparti –

 – Almeno non andare via subito, resta qui ancora un po'– gli aveva sussurrato attirandolo a sé.

Ed aveva sorriso tra le sue braccia, perché sapeva che lui sarebbe restato.

Più tardi, il crepuscolo ormai vicino, Sakura aveva guardato Sasuke in piedi vicino al cavallo e si era avvicinata apparentemente serena, mentre, forse perché era sera, o forse perché ora davvero si dovevano separare, o forse perché tutto era sempre appeso ad un filo e non sapeva cose le avrebbe portato l'indomani, in realtà aveva di nuovo paura, paura per lui.

 – Ciao Chidori – salutò il cavallo, e gli accarezzò il muso.

 – Non riesco ancora a crederci, non si fa avvicinare da nessuno – e lei aveva chiuso un momento gli occhi, perdendosi nel suono della sua morbida voce, chiedendosi per l'ennesima volta se l'avrebbe ascoltata ancora – …non credevo fosse possibile, l'ho catturato io stesso e mi ci è voluta una vita per riuscire a domarlo –

Lei aveva aperto gli occhi ed aveva sorriso – Ho le mie armi – aveva risposto enigmaticamente.

 – Lo so –   

Lo aveva guardato direttamente in faccia ed aveva incontrato i suoi occhi neri che la scrutavano come per leggerle dentro.
Ed aveva sorriso nel vederlo così vicino, e non solo fisicamente, così tranquillo, come se tenesse la guardia abbassata senza sforzo, come se potessero parlare normalmente, parlare davvero.

 – Quando ci rivedremo – mormorò, e non aveva potuto evitare che un' importuna e fastidiosa ombra di insicurezza le si leggesse negli occhi, non riusciva a nasconderla, non era brava come lui in quello.

Lui aveva abbassato gli occhi a terra un momento e poi li aveva alzati ancora ed erano rimasti fermi così, il mondo intorno che rallentava, sfumava e perdeva d'importanza.

 – Tra venti giorni – rispose alla sua domanda inespressa – sarò qui, va bene? –

 – Ci sarò anch'io – rispose in un sussurro.

__________


Sakura si era separata da poco da Sasuke e stava tornando velocemente a casa quando si era accorta di essere inseguita.
Era poco più di una sensazione, e forse si sbagliava, forse in qualche modo si stava facendo influenzare da tutte quelle voci che circolavano sull'Akatsuki.
Aveva accelerato l'andatura, comunque spaventata, fino a quando non aveva udito chiaramente il rumore di zoccoli alle sue spalle e non si era fermata e voltata decisa ad affrontare l'intruso, pistola alla mano.
L'aveva abbassata quando aveva riconosciuto l'uomo, forse avrebbe dovuto, ma non aveva paura di lui.

Itachi si era avvicinato e l'aveva guardata in silenzio per qualche secondo con quel suo sguardo illeggibile, lontano.

 – Non avete paura? – le chiese, riferendosi all'arma abbassata.

 – No, dovrei? –

 – Vi siete incontrata con mio fratello? –  ignorò la domanda lui.

 – Sì – aveva ammesso semplicemente lei – Cosa volete? –

 – Avvisarvi... Danzo è morto, e la persona che ne ha preso il posto è molto più pericolosa –

Lei lo aveva guardato sorpresa, perché le diceva questo? Non riusciva a capire.

 – Tenete – le disse lui senza cambiare espressione mentre si avvicinava abbastanza da allungare la mano, e lei aveva steso la sua ed aveva preso la busta che lui le porgeva – E' per Sasuke – le spiegò – vi prego di consegnargliela solo nel caso io dovessi morire prima di riuscire a parlargli –

 – Chi siete veramente voi? – provò a chiedergli lei – e cosa sta succedendo? –

Lui non le aveva risposto e l'aveva guardata ancora con quel suo sguardo lontano prima di parlare.

 – Mio fratello non ha radici, e non si fida di nessuno… ma si fida abbastanza di voi –

 – Cosa volete dire? – domandò sorpresa.

 – Niente... mi piacerebbe che il ranch Uchiha potesse rivivere, ma forse è solo un sogno –

Sakura aveva cercato in qualche modo di capire, di leggere al di sotto delle parole.

 – Pensate che possa essere io a trattenerlo? – provò infine, scettica.

Ma ancora lui non aveva risposto, e si era congedato in fretta.

 – Ora devo andare – l'aveva salutata – sono stato via anche troppo a lungo –

Aveva girato il cavallo e si era allontanato senza darle il tempo di replicare.
Rimase lì, con la busta in mano, mille domande che le attraversavano la mente.. e per un momento aveva anche pensato di provare ad inseguirlo ed esigere delle risposte, ma sapeva con certezza che lui non ne avrebbe comunque date, perché era come suo fratello, una persona abituata a fare i conti solo con se stessa, una persona che poneva quello che doveva fare davanti a quello che voleva fare, anche se quello che doveva fare era assurdo, e comportava l'autodistruzione.
Nascose la lettera all'interno della bisaccia e ripartì diretta a casa.

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Julia83: Alla fine eccomi qua anche questo venerdì.. in realtà c'è solo una parte di questa storia che devo ancora definire completamente e per cui sono indecisa.. il resto è buttato giù in fretta (o solo nella mia testa), ma abbastanza chiaro.. è che fino a quando non sistemo quella parte non sono contenta!!
Grazie come al solito per la recensione (sai che mi era venuta la tentazione di far morire anche Rock Lee? Mi stavo facendo prendere la mano! :-D). Sì, non manca molto alla fine di questa fic, la situazione sta precipitando!
Poi non vedo l'ora di scrivere la shot su un possibile ritorno di Sasuke, in realtà pensavo di farne tre capitoli.. l'introduzione, con le reazioni di lui e quelle di Sakura, l'ho già scritta.. e come ti dicevo mi piace abbastanza.. ora devo pensare al seguito, ma non ho tempo di dedicarmici!!
E sottoscrivo per il manga, quest'ultimo cap l'ho letto proprio in fretta, semidisgustata.. non capisco più dove vuole andare a parare Kishi e spero solo non vada avanti ancora per anni in questo modo..  
Un bacione!



FuoriTarget: Ciao!! Non preoccuparti e grazie mille per questa recensione, davvero! Mitiga un po' i miei innumerevoli dubbi! ..a volte mi deprime la trama, altre volte i personaggi principali.. ne ho sempre una.. :D
Probabilmente bisognerebbe lasciar decantare tutto per qualche mese e rileggere a mente fredda.. ma chi resiste! :D
E sono particolarmente contenta che ti piaccia Itachi, che in questa storia è un'inesauribile fonte di dubbi.. poveraccio.. lo vorrei sempre colpevole di qualche orrendo misfatto compiuto in buona fede, ed abbandonare il fratellino in questo caso non mi sembrava sufficientemente orrendo!


881: Grazie!! Devi resistere ancora poco, però ti assicuro che sono piuttosto soddisfatta della mia 'fine', non so se ti basta! :DD  comunque non devi preoccuparti!!  


RBAA: Grazie per la recensione! L'idiota è andato all'appuntamento, anche se è scemo, confermo.. anche più scemo della media maschile, che già di suo è deprimente!! :DD  E con Itachi in effetti hai ragione.. solo che lui non riesco ad immaginarmelo se non 'tragico' (e idiota, in maniera diversa da suo fratello ma sempre idiota.. è un tratto di famiglia)!


kry333: Ciao!! Questo è quello che mi è venuto, qualche coccola c'è! E grazie davvero, come sempre.. altro che scusarti!!
Effettivamente il manga in questo momento è ..preoccupante.. sigh!  Spero ancora che Karin non muoia (non è morta neanche Shizune che, francamente, chissenefrega!), che Sakura arrivi e la salvi o simili.. perchè se muore per Sasuke è più difficile 'redimersi'.. uffa! siamo tutti nelle mani di Kishimoto.. non vedo l'ora che chiuda questa 'fase'! Certo che Danzo è stato proprio una delusione.. pensavo avesse un ruolo più importante, invece era solo un ottuso codardo e avido di potere!

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Capitolo 14
*** 14. Tra due fuochi ***


Scusate il ritardo..
Per riuscire a postare ho tagliato il capitolo, anzi, l'ho troncato brutalmente! Il prossimo è davvero tutto da sistemare.. e non so proprio quanto ci metterò!!



14.
TRA DUE FUOCHI


Sakura tornò a casa tardi, che ormai era buio, preparata a ricevere i rimproveri della zia.
Mentre si avvicinava alla casa aveva sentito più voci provenire dall'interno, era entrata curiosa ed aveva trovato la zia e Jiraiya attorno al tavolo assieme a Naruto e Neji che si voltavano a guardarla.

 – Cosa succede? – domandò.

 – Sakura! – esclamò Tsunade alzandosi dalla sedia – dove sei sparita! Ancora un po' e mandavo qualcuno a cercarti! –

 – Ero in giro per le colline – rispose evasivamente lei, arrossendo un poco, consapevole com'era di avere ancora l'odore di Sasuke addosso.

 – Immaginavo fossi lì! – era intervenuto Naruto con un ghigno – sei sempre stata fissata con quelle colline! – si interruppe e la guardò più serio – però ero preoccupato anch'io –

 – La devi smettere di andartene in giro da sola – brontolò sua zia rimettendosi a sedere con un'espressione cupa – è troppo pericoloso! –

Lei aveva annuito e si era seduta con loro senza accettare il bicchiere con due dita di whisky che Jiraiya le porgeva.
Aveva preferito versarsi dell'acqua mentre la zia, ancora arrabbiata, le porgeva un piatto in cui aveva radunato il poco cibo avanzato.

 – Non farlo mai più – ribadì Tsunade – mai più, chiaro? –

Sakura aveva di nuovo annuito distratta, nel frattempo pensava a cosa raccontare, a come dire dell'incontro avuto con Itachi Uchiha senza dover dare ulteriori spiegazioni.

 – Come mai siete qui? – chiese intanto riferendosi a Naruto e Neji.

 – Passavamo da queste parti... volevamo sapere se qualcuno di voi andava all'elezione del sindaco dopodomani, visto che nessuno degli Hyuuga ci va – rispose Naruto per tutti e due – e poi abbiamo aspettato che tu arrivassi, visto che tua zia era preoccupata, tra un po' venivamo a cercarti nelle colline! –

Avevano parlato ancora dell'elezione a sindaco, di quello che significava per la città, e poi Sakura aveva dovuto ascoltare ancora la zia, spalleggiata da tutti gli altri (perfino Neji aveva fatto un cenno di approvazione), che le ripeteva che lei non doveva andarsene più in giro da sola così lontano, che doveva iniziare a capire che era diventato pericoloso, che doveva essere più prudente e meno spericolata.

Poco dopo gli ospiti si erano alzati per andarsene, e Sakura li aveva accompagnati fuori, come al solito.

 – Posso parlarti da solo per un momento? – chiese a Naruto, e Neji era montato a cavallo e si era allontanato immediatamente.

 – Finalmente hai capito che sono l'uomo della tua vita? – scherzò lui, e continuò a sorridere in attesa, mentre Sakura esitava per un momento.

Esitava perché voleva bene a Naruto e sapeva che gli avrebbe dato un dolore, e non credeva ci volesse così tanto coraggio per farlo.
Per una frazione di secondo aveva pensato di dirgli solo dell'incontro con Itachi, di nascondergli tutto il resto, poi si era decisa.

 – Oggi mi sono incontrata con Sasuke – esordì, gli occhi su quelli limpidi di lui che la fissavano sorpresi.

Naruto aveva abbassato un momento lo sguardo per rialzarlo subito dopo, non più sorpreso ma ancora incerto.

 – Così vi vedete di nascosto – aveva constatato abbastanza tranquillamente – e... come... cioè... cosa... –

 – Siamo insieme – aveva tagliato corto lei, usando di proposito quell'espressione chiara e imbarazzante, ed aveva continuato a guardarlo nonostante si sentisse le guance bruciare.

Era stato Naruto ad abbassare ancora lo sguardo ed a fissarlo a terra per un momento.
Ma quando aveva alzato la testa l'aveva guardata preoccupato, non deluso.

 – Insieme ma di nascosto – commentò – se non sistema alla svelta questa cosa... –

 – Non voglio sposarmi – lo aveva fermato lei un po' troppo in fretta.

 – E che cosa vuoi? –

Non era riuscita a rispondere, non poteva rispondere, non voleva rispondere.

 – Non era questo quello che dovevo dirti – aveva vigliaccamente cambiato discorso, rimandando a dopo le risposte confuse che le erano venute alla mente – Sasuke mi ha detto che deve vedere Danzo tra qualche giorno ma... ho parlato con Itachi... L'ho incontrato per caso mentre tornavo a casa – aveva preceduto l'altro prima che la interrompesse – mi ha detto che Danzo è morto, e che al suo posto c'è una persona davvero pericolosa –

 – Chi? –

 – Non me lo ha detto, ma Sasuke doveva incontrare Danzo e non so bene cosa stia succedendo... sono preoccupata per lui –

 – Va bene, parlo io con Sasuke, non vedo l'ora di vederlo... se non altro per spaccargli la faccia –

 – No – lo fermò lei, per niente divertita – Non devi dirgli che ti ho riferito... di noi –

 – Tanto non ho bisogno di spiegazioni per spaccargli la faccia – aveva insisto lui grattandosi la nuca – ok... – si era arreso infine – gli dirò solo che Danzo è morto... però voi due non state facendo le cose come vanno fatte, dovresti capirlo anche tu, soprattutto tu –

 – Questo non ha importanza, ora –

Naruto aveva aperto la bocca per protestare, ne era sicura, ma poi non aveva detto niente, si era voltato per salire a cavallo e lei lo aveva fermato, una mano sul suo braccio – Naruto, mi dispiace –

 – Non preoccuparti – minimizzò lui voltando il capo verso di lei e sorridendole – va bene così… in fondo l'ho sempre saputo che non mi volevi –

Era salito a cavallo e se ne era andato senza aggiungere altro, il suo buon Naruto, con il cuore spezzato e la testa alta.

__________


Due giorni dopo Jiraiya si recò in città ad assistere all'elezione del nuovo sindaco.
Si svolgeva nella sala che veniva usata per le assemblee cittadine, e lui aveva dovuto fare la fila e lasciare la pistola all'ingresso, dove lo sceriffo l'aveva presa in custodia assieme a quella di tutti i partecipanti.
Non si era neppure seduto in una delle poche sedie ancora libere ed aveva ascoltato, in piedi in fondo alla sala, i discorsi dei vari candidati.
Una massa di idioti a suo parere.
Non che il suo parere contasse, non aveva neppure diritto di voto.

Fino a quando non si era alzato uno sconosciuto da una delle ultime file, un tipo di un pallore malaticcio, i capelli di un biondo slavato e gli occhi di colore diverso l'uno dall'altro che gli davano uno sguardo insano.
Si era messo a fianco della pedana ed aveva alzato le braccia.

 – Salve a tutti! – esclamò a gran voce, e per una frazione di secondo Jiraiya aveva pensato che si trattasse di un malato di mente.

 – Non occorre più perdere tempo con un'elezione! – aveva continuato il pazzo – il sindaco c'è già, ha già preso possesso dell'ufficio e voi non dovete preoccuparvi più! –

Quasi tutti si erano alzati in piedi e la gente aveva iniziato a protestare a gran voce.

 – Lo so lo so... – continuò quello imperterrito – l'idea vi entusiasma e siete pieni di gratitudine... ma non eccedete... non è neppure qui! –

 – Di chi diavolo stai parlando! – esclamò qualcuno tra la folla.

 – Ah già... non l'ho detto... è un Uchiha, ed è anche il vero padrone del ranch Uchiha, ovviamente –

C'era stato un vero e proprio boato ed era scoppiato il caos.

Jiraiya nel frattempo aveva notato un paio di ceffi che osservavano la scena con attenzione, e non aveva dubitato neppure per un momento che non fossero armati, nonostante i divieti ed i controlli.
A questo punto sapeva già come sarebbe andata a finire. Era riuscito a sgusciare fuori dalla stanza senza farsi notare ed aveva anche recuperato la pistola prima di tornare a casa, potere di tutti quegli anni passati a svignarsela da qualche marito infuriato.

Bene, pensò, adesso erano stretti tra due morse, il ranch e Konoha.
C'era da scommetterci che quei fifoni di cittadini non avrebbero fatto un bel niente, per cui sembrava che toccasse a loro sistemare un po' le cose, e questa volta era proprio il caso di muovere le chiappe.

__________


Naruto aveva fatto presto a scoprire dove si trovava Sasuke, grazie ad un colpo di fortuna: conosceva tantissima gente, tutti i vagabondi, gli indiani nomadi e gli strani personaggi che vivevano nascosti ed isolati. Aveva fatto qualche domanda in giro e fortunatamente qualcuno lo aveva visto di recente.
Così, mentre Jiraiya si dirigeva in città, lui aveva raggiunto l'accampamento di Sasuke.
Era sceso da cavallo giusto poco prima di arrivare sperando di coglierlo di sorpresa, così, solo per rompergli le scatole, ma non ci contava troppo e probabilmente lo avevano già visto.

Superò gli ultimi alberi ed uscì nella piccola radura.
Sasuke era seduto e lo guardava con un gomito appoggiato al ginocchio e la mano sul mento. In piedi lì vicino c'era la ragazza dai capelli rossi, e l'uomo alto era uscito dal nascondiglio in cui evidentemente era rintanato.

Naruto legò il cavallo al ramo di un albero ed andò a pararsi davanti a Sasuke.

 – Bastardo – lo salutò guardandolo dall'alto in basso.

 – Idiota – aveva risposto l'altro.

Proprio come ai vecchi tempi, aveva ghignato Naruto – Non sai che voglia che avrei di spaccarti la faccia – ringhiò tra i denti.

Sasuke non aveva risposto ma si era alzato e lo aveva guardato con sfida.

Rimasero a guardarsi in cagnesco fino a quando Naruto non si era schiarito la voce.

 – Cosa dici... forse è meglio se le cose le sistemiamo tra noi due, ok? –

Sasuke aveva corrugato la fronte, ma poi aveva fatto cenno agli altri due di allontanarsi.

 – Cosa vuoi –domandò quando i due erano scomparsi al di là degli alberi.

Naruto si era fermato a pensare prima di aprire bocca, doveva stare attento, perché aveva promesso a Sakura che non avrebbe parlato di lei, ma come faceva, quando aveva così voglia di urlargli di smetterla di fare il bastardo, quando voleva così tanto prenderlo per la collottola e fargli capire cosa doveva fare a forza di calci sul sedere!
Quell'idiota... in qualche modo avrebbe potuto anche essere contento per loro alla fine, sì, avrebbe potuto esserlo se solo avessero fatto le cose per bene, come andavano fatte, ma così... così riusciva già ad intravvedere il prevedibile disastro, e i successivi rimpianti, e il dolore.

 – Ti ricordi di quella volta che ti sei preso quella bastonata in testa e pensavo che fossi morto? – cominciò all'improvviso – e piangevo? –

 – Cosa tiri fuori adesso – lo aveva interrotto l'altro, infastidito.

 – E quando ci siamo tagliati il polso per diventare fratelli di sangue, ti ricordi? – aveva insistito Naruto.

 – Avevamo bevuto… sei venuto fin qui per ricordare i vecchi tempi? – gli domandò Sasuke seccato.

 – Vorrei solo... solo... aaaggh! –esclamò esasperato alzando un momento le braccia – Non sei stanco di andartene sempre? – urlò – Cazzo! Non pensi mai, ma proprio mai di restare? Sai cosa ho sempre voluto io? – aveva cercato di spiegargli – Il mio sogno? Volevo sposarmi, avere una famiglia mia, quella che non ho mai avuto... e un ranch tutto mio... ma è solo un sogno, lo so... e tu... tu potresti avere tutto e nemmeno ci provi! Lo capisci perché sono incazzato? –

 – Stai delirando, Naruto – commentò Sasuke incrociando le braccia.

Naruto si era avvicinato fino ad essere ad un passo di distanza da lui – Se te ne vai per me va meglio, così posso avere Sakura – lo aveva fissato – stai lontano da lei se non hai intenzioni serie, capito? – lo minacciò.

 – E' lei che viene da me – gli aveva risposto l'altro iniziando a voltarsi.

Naruto non ci aveva più visto, furioso lo aveva afferrato per la spalla e lo aveva colpito con un pugno che lo aveva buttato a terra.

 – Non parlare così di Sakura! –ringhiò.

Sasuke aveva passato il dorso della mano sulla bocca sporca di sangue e lo aveva guardato un momento sorpreso, prima che l'espressione gli si indurisse di nuovo.
Si alzò di scatto e si buttò addosso all'altro, e rotolarono a terra.
Erano stati interrotti da Juugo e Karin sopraggiunti di corsa, e Juugo era riuscito a bloccare momentaneamente Naruto fermandogli le braccia dietro la schiena.

 – Lascialo andare –ordinò Sasuke sollevandosi.

 – Sicuro? – aveva domandato Karin.

 – Sì –

Juugo aveva obbedito e Naruto si era subito alzato, ancora furioso.

 – Andatevene – chiese Sasuke.

Poi fronteggiò di nuovo il suo vecchio compagno, in silenzio, pronto ad attaccare, mentre gli altri si allontanavano lentamente, di malavoglia.

 – Non intendevo quello – si era in qualche modo scusato, senza abbassare la guardia – intendevo che... lo so anch'io che potrebbe avere di meglio –

L'altro si era rilassato un poco – Lo sapevo che non eri così bastardo –borbottò – e se la smettessi, se ti fermassi una buona volta? –

 – Pensavo che mi volessi fuori dai piedi – aveva commentato lui sfiorandosi con le dita il labbro inferiore macchiato di sangue.

Naruto aveva passato la mano sulla nuca ed aveva guardato a terra, poi aveva fissato l'amico deciso – Con Sakura devi fare le cose per bene –spiegò.

Le cose per bene... Sasuke pensò spaventato a quell'implicita richiesta, cosa avrebbe dovuto fare, avere una casa, una famiglia? Tornare lì e… ricominciare? Lui? In quei posti pieni di ricordi, pieni di dolore? – Ormai dovresti avere capito che faccio solo del male – rispose amaro.

 – Per quello sono qui! – aveva esclamato Naruto ed aveva improvvisamente sorriso –Tu ascolta me, vedrai che impari! E comincia da qui... testone... smettila di voler fare tutto da solo, Danzo è morto e c'è un tizio pericoloso al suo posto –

– Morto? – fece sorpreso – Come lo sai? –

Naruto aveva pensato alla risposta adatta, e poi aveva optato per la verità.

 – Tuo fratello lo ha detto a Sakura –

Sasuke aveva continuato a guardarlo senza davvero vederlo: perché Itachi avrebbe dovuto farlo? Per aiutarlo? Per un momento avvertì una leggera ma distinta sensazione, una sensazione che faticava a riconoscere ma che proveniva direttamente dalla sua infanzia e credeva di avere cancellato completamente. Sakura, Itachi, Naruto... com'era che si ritrovava così, improvvisamente incapace di provare distacco, di essere davvero indifferente, non più forte, libero e intoccabile?

 – Tu avevi un appuntamento con Danzo, giusto? – aveva proseguito Naruto, e lui aveva annuito, pensieroso, incerto.

__________


Il giorno dopo c'era stata una breve riunione al ranch Senju cui avevano partecipato anche Naruto, Neji e lo stesso sceriffo, Kakashi.
Anche Rock Lee aveva ascoltato seduto in silenzio, sentendosi particolarmente inutile con le stampelle appoggiate al suo fianco.

Avevano discusso della situazione, del nuovo padrone della città che si era autonominato sindaco, ed aveva già licenziato lo sceriffo per mettere al suo posto uno dei suoi scagnozzi. E che a quanto pareva era il vero padrone dell'Akatsuki.
Non avevano parlato a lungo ed avevano convenuto che non c'erano molte alternative, che dovevano andare tutti ad affrontarlo, per liberare la regione di quella gentaglia una volta per tutte, e dovevano farlo subito, prima che quel tizio prendesse saldamente il controllo della situazione.

 – Ma come pensate di fare? –chiese perplessa Sakura ad un certo punto.

Aveva ascoltato quell'abbozzo confuso di piano, anzi, quell'idea fumosa, che consisteva semplicemente nell'andare da quella persona ed affrontarla.

 – Siamo io, Neji, Jiraiya e lo sceriffo Kakashi… siamo abbastanza, te lo dico io –concluse Naruto – e ci aiuteranno anche Sasuke e i suoi – aveva aggiunto guardando Sakura di sfuggita – gli ho parlato ieri –

 – Potete contare anche su di me –  intervenne Tsunade – mi ricordo ancora come si tiene in mano una pistola –

 – Voglio fare qualcosa anch'io – aveva detto Sakura a sua volta, decisa.

 – Perché non far venire anche Rock Lee e Chiyo a questo punto? – fece ironicamente Jiraiya – mancano solo i bambini e poi abbiamo il circo al completo –

 – Come ti permetti? – si era infuriata Tsunade, e ne era seguita un'accesa discussione che Jiraiya sembrava destinato a perdere.

 – Mi dispiace interrompere, ma è inutile parlarne ora –intervenne a un certo punto Kakashi, e i due si erano voltati verso di lui.
 – …per quel che ne so Madara Uchiha non è neppure in città in questi giorni – aveva continuato lui – secondo me dobbiamo studiare un po' la situazione e formulare un piano più decente – aveva concluso.

 – E mi sembra ovvio –brontolò Tsunade, ancora in collera – mi sembrate una massa di testoni, escluso Neji, ovviamente, che neppure parla –

 – E tu inve... – Jiraiya si era fermato a metà della parola e ci aveva ripensato – mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi –borbottò tra i denti, ma non sembrava arrabbiato.

 – Sentite, che questo Madara sia al ranch? – aveva domandato Naruto ritornando al punto.

 – Ho un infiltrato là dentro, se solo riuscissi a parlargli! –fece Kakashi – ma non so se si può muovere al momento, avrà i suoi problemi anche lui, forse dovrei provare ad avvicinarmi al ranch e cercarlo –

 – Andiamo tutti e chiudiamo la partita, eh?! – aveva proposto Naruto, e l'idea gli piaceva proprio, semplice e diretta.

 – Non così e a casa loro, è troppo pericoloso – smontò l’idea Jiraiya – intanto io e Naruto andiamo all'appuntamento di Sasuke con Danzo, visto che non è stato annullato e qualcuno si presenterà... vediamo se scopriamo qualcosa... nel frattempo Kakashi cerca informazioni e ci aggiorniamo tra una settimana –

Erano restati d'accordo così e Sakura se ne era andata a letto poco più tardi, decisa a fare qualcosa anche lei, a non essere lasciata a casa ad aspettare: non poteva e non intendeva rimanere sempre ad aspettare con le mani in mano.
Si era addormentata tardi, il cuore che le batteva veloce nel petto, perché i giorni seguenti sarebbero stati cruciali e carichi di pericoli: per tutti loro, per tutte le persone che amava, e specialmente per Sasuke.

__________


Pochi giorni dopo Sasuke entrò da solo nella stanza in cui lo avrebbe dovuto attendere Danzo, Juugo aveva dovuto aspettare in piedi subito fuori dalla porta, mentre gli altri due erano restati a gironzolare all'esterno dell'edificio.

Sasuke aveva trovato il falso Danzo già seduto dietro ad una scrivania, probabilmente con l'unico scopo di intimidirlo, e si era seduto a sua volta sull'altra sedia libera.
Non c'era nessun altro nella stanza, e di fianco alla scrivania c'era una porta interna, chiusa, che Sasuke teneva sotto controllo con la coda dell'occhio. Non gli piaceva quella porta e non gli piaceva l'idea di dare le spalle all'altra porta, aveva tutti i sensi all'erta, pronto a scattare a qualsiasi minimo rumore.

Guardò l'uomo con curiosità: aveva un occhio scuro ed uno chiaro e non corrispondeva assolutamente alla descrizione che gli era stata fatta, ma non sembrava importargli.

 – Allora? –chiese lui dopo un po', annoiato.

Danzo o chi diavolo era aveva appoggiato una mano davanti a sé, sulla scrivania – Ci sono molte cose che dobbiamo discutere – aveva iniziato teatralmente, come se stesse recitando – ma al momento preferisco evitare discorsi lunghi, per cui... cosa vuoi esattamente per rinunciare ad ogni pretesa sul ranch? –  

Sasuke aveva sorriso leggermente.

 – Il ranch non mi interessa –  spiegò brevemente – ma voglio sapere esattamente cosa succede, e come e perché è morta la mia famiglia –

L'altro aveva battuto per un momento con le dita sul legno della scrivania, e lo aveva guardato con la sua faccia asimmetrica e inespressiva.

 – E' facile, è stato Orochimaru ad assassinare la tua famiglia per un suo qualche scopo, ed ora è morto – rispose velocemente.

 – Come siete venuti in possesso del ranch? – lo aveva incalzato lui – Chi c'è dietro? E poi, c'è davvero dell'oro, e che rapporto ha con tutto questo? –

L'altro non si era mosso e non aveva accennato a rispondere.

 – Se rispondete a queste mie domande – concluse Sasuke – vi cedo volentieri la mia metà del ranch –

Il finto Danzo non sembrava intenzionato a parlare e continuava a guardarlo con quell'espressione sconclusionata, che gli dava sui nervi... era pazzo?
Dopo un po' lui aveva scostato la sedia per alzarsi.

 – Sto solo perdendo tempo –

 – Aspetta un momento! – lo aveva fermato l'uomo – troveremo un accordo! –

 – Non c'è altro accordo – gli aveva spiegato lui alzandosi e dirigendosi alla porta.

 – L'oro non c'è, o meglio, non sappiamo dov'è... i tuoi sono stati uccisi troppo presto! –

Sasuke si era fermato e si era voltato, aveva fatto un passo verso la scrivania restando poi in piedi a fronteggiare l'altro.

 – C'era quest'oro –proseguì quello che si spacciava per Danzo – ed in qualche modo lo è venuto a sapere anche Orochimaru... li ha uccisi per quello... per niente –

 – Perché il ranch è restato abbandonato per anni? –

 – Perché – l'uomo aveva fatto una pausa – ci sono state delle indagini, e perché l'erede del ranch a quel tempo non poteva prenderne possesso, ma voleva impedire ad Orochimaru di usurpargli la proprietà, qualcosa del genere, non conosco i dettagli –

 – Chi sei tu? –

 – Mi chiamo Danzo e vengo pagato, tutto qui –

Sasuke in un lampo aveva afferrato la scrivania e l'aveva scaraventata addosso all'uomo saltandoci poi sopra.
Nel frattempo aveva estratto la pistola ed ora la puntava contro l'altro che era rimasto incastrato sotto al mobile e lo guardava sorpreso.

 – Balle –sibilò – tutte balle –

In quel momento la porta a fianco, quella interna, si era aperta e Sasuke aveva estratto l'altra pistola per puntarla contro l'uomo che stava entrando.

 – I giovani d'oggi – aveva osservato il nuovo venuto – non c'è più rispetto per nessuno –

 – Madara – aveva mormorato il finto Danzo tentando di rialzarsi.

 – Zio? – fece sorpreso Sasuke, senza abbassare le pistole – allora sei davvero in città –

 – Ma che bravo! Ti ricordi di me... eri solo un bambino – lo aveva guardato sorridente, una grossa cicatrice che gli attraversava la parte sinistra del volto e passava sopra l'occhio sinistro – ma immagino di essere riconoscibile, metti giù quelle pistole prima che qualcuno si faccia male – aveva aggiunto poi – ti spiegherò tutto io –

E mentre Sasuke abbassava le armi lui si chinava per sollevare la scrivania ed aiutare l'altro a rialzarsi.

 – Tu vai pure, Zetsu –concluse Madara sedendosi poi sul bordo della scrivania.

L'uomo aveva obbedito in silenzio, lanciando un'occhiata indecifrabile in direzione di Sasuke prima di uscire dalla stessa porta da cui era entrato l'altro.

 – Senza offesa nipotino –commentò quello in direzione di suo nipote – ma da bravo Uchiha dovresti riuscire a controllare meglio il tuo caratterino – aveva sorriso e la cicatrice aveva conferito alla sua espressione un'ombra sinistra – devi avere preso da tuo zio... sospetto che andremo molto d'accordo io e te –

Sasuke era rimasto in piedi, le pistole ora nei foderi, e lo studiava in silenzio.

 – Allora – iniziò Madara – innanzitutto, come avrai già capito, dietro a tutto ci sono io –

Sasuke ancora non aveva parlato e l'altro aveva presto proseguito.

 – Purtroppo, per miei piccoli, personali problemi, non ho potuto essere qui prima –

 – Avevano detto che eri morto – aveva parlato finalmente lui, sempre in piedi.

 – Chi, tuo padre e tuo zio? – non gli aveva lasciato il tempo di rispondere – bei fratelli minori – aveva sorriso ancora – mi hanno cacciato, mi hanno fregato i miei risparmi, e mi hanno anche dato per morto! – aveva guardato la faccia perplessa di suo nipote – forse è il caso che ti racconti le cose dall'inizio, anche se non ti piacerà... la famiglia Uchiha ha molti scheletri nell'armadio – si era sistemato meglio sopra alla scrivania ed aveva cominciato a raccontare.

 – Non voglio passare per santo – aveva premesso – sono stato in prigione fino ad ora a causa di alcune rapine, niente di serio, sentito parlare della grande rapina al treno di dodici anni fa? – aveva sorriso orgoglioso – montagne di lingotti d'oro sparite nel nulla? Ebbene, non sono finito mica in prigione per quella! – si era schermito – ma... – aveva sogghignato – quel capolavoro è opera mia –

Sasuke ancora non parlava e cercava di far entrare questa nuova informazione in uno schema plausibile, che desse senso a tutto quello che conosceva.

 – Tuo padre e tuo zio dovevano custodire i lingotti, era un favore personale che gli chiedevo, e me lo dovevano, visto che in fondo avevo lasciato loro l'intero ranch... invece – si era fermato ed aveva guardato fisso suo nipote – mi hanno fregato i lingotti e mi avrebbero denunciato se non fossi scappato, mi avrebbero fatto marcire in prigione... no... peggio... siccome, non per colpa mia, era morto qualche tizio durante quella rapina, mi avrebbero fatto impiccare, a me! che ho sempre pensato ai miei due fratellini piccoli! Praticamente li ho allevati io! – fece un'altra pausa, con un'aria rattristata che poco gli si addiceva – eppure… – aveva proseguito – ho pianto quando ho saputo cosa aveva fatto Orochimaru, vedi... – aveva abbassato la voce – in qualche modo ha saputo dell'oro, ma io l'ho fregato, non ha potuto impossessarsi del ranch come voleva, in fondo spettava a me... e a voi due ragazzi... come sono felice di sapervi sani e salvi! –
 – Bene – concluse poi saltando giù dalla scrivania – ora cerchiamo insieme quel dannato oro, poi facciamo finta di aver trovato una miniera e lo ricicliamo... o investiamo in qualche modo in bestiame, vedremo... quando saremo ricchi mi libererò di quella massa di delinquenti che purtroppo mi ha aiutato a fare quella rapina... e poi diventeremo dei grandi allevatori, io, te e tuo fratello Itachi… magari ci compriamo anche gli altri ranch, che dici? – aveva aggiunto alla fine sorridendo.

 – Allora? – aveva insistito impaziente mentre Sasuke ancora non diceva niente – Che ne pensi? –

 – Non so neppure se crederti – rispose lui alla fine – devo pensarci... Itachi? – aveva chiesto poi.

 – Tuo fratello? Danzo l'ha incontrato tanto tempo fa che vagava senza meta, ti aveva lasciato da poco in orfanotrofio, convinto che tu saresti stato molto meglio lì, e si sentiva molto solo senza il suo caro fratellino –

Sasuke aveva stretto i denti ma non aveva detto una parola.

 – Danzo lo ha preso sotto le sue ali – aveva continuato l'altro – ed io gliene sono stato davvero grato, e mi sono fidato di lui, quasi fidato... ma questo è un altro discorso... il fatto è che purtroppo allora ero in prigione per alcune sciocchezze che avevo commesso, non potevo prendermi cura di voi due – aveva allargato teatralmente le braccia – ma ora Danzo è morto, pace all'anima sua, e noi siamo tutti di nuovo insieme, Itachi sarà così felice di vederti... e a proposito... grazie per avere ucciso Orochimaru, hai fatto un favore a tutti noi, anch'io volevo vendicare la nostra famiglia –

Aveva fatto per avvicinarsi al nipote ma si era fermato, l'espressione fredda dell'altro era poco incoraggiante.

 – Bene –concluse invece – ora pensaci, e poi unisciti a noi, va bene? –

Sasuke guardava davanti a sé e pensava, pensava ad Itachi che non era stato per niente felice di vederlo, anzi… aveva fatto di tutto per allontanarlo, eppure suo zio aveva detto la verità su di lui, ora ne era sicuro, ed Itachi lo aveva lasciato in orfanotrofio convinto di fare il suo bene… ed ora, perché lo voleva tenere lontano? voleva proteggerlo, da chi? Da suo zio?
Lo guardò di sfuggita, non si fidava di lui, eppure tutto aveva un senso, anche le parole di quello dell'Akatsuki che lui aveva ucciso, era l'oro della rapina quello che cercavano, era l'oro della rapina che aveva creato tutto quello scompiglio in famiglia prima del massacro, a causa di quell'oro erano morti tutti... e lui credeva di sapere dove si trovava, sotto una montagna di detriti... perché ricordava i discorsi frammentati che aveva origliato, anche se all'epoca aveva pensato si riferissero ad altro oro, e se era così allora anche Itachi lo sapeva... e allora... e allora... doveva pensare, doveva pensarci.
Doveva parlare con Itachi.

 – Devo pensarci –ripeté tra sé e sé.

 – Ma certo! – aveva sorriso suo zio – ci rivediamo qui domani, va bene? –

 – Va bene – aveva mormorato lui ed aveva portato la mano alla maniglia della porta.

Si era fermato e si erano voltato leggermente verso Madara, il quale aveva allargato il sorriso mentre sussurrava – Sei solo un ragazzo – e poi, improvvisamente serio, aveva aggiunto – Attento a quello che fai –

Sasuke aveva sorriso un momento a sua volta, all'improvviso tutti i pezzi del puzzle che si incastravano – Sei stato tu a dire dell'oro ad Orochimaru – mormorò – eri tu il suo complice –

Si voltò lentamente, le mani lungo i fianchi, e lo scintillio minaccioso nell'occhio di Madara sembrava rispondere da solo.
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Julia83: Ciao! Grazie della recensione come sempre!! Effettivamente la difficoltà di comunicazione, soprattutto tra maschio e femmina, è una cosa che mi ha sempre incuriosito.. seeembra facile comunicare, tu spieghi le tue ragioni, l'altro le sue, ed è fatta, nooo?! E invece no accidenti! In realtà qui posso solo accennare a queste cose, ci sono tutte quelle altre complicazioni (leggi azione!)! Fortuna che ho chiarito un po' di cose.. ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di avere ingarbugliato tutto troppo.
Forse Sakura era troppo 'piccola' per capire Sasuke all'epoca.. non che abbia fatto molti progressi:( , almeno Naruto ha detto che finalmente capiva Sasuke.. lei.. mah!
Insomma, da qualunque parte la giri lei sembra sempre restare indietro.. vedremo ora, anche se anch'io ormai sono rassegnata alla probabile 'figura di emme'. Ho anche buttato giù una shot che prosegue il capitolo 482.. ma non so se postarla, dovrei farlo prima dell'uscita dell'altro! Ci penso.. Un bacione, a presto.


881: Ciao! Questo capitolo risponde alla tua domanda sull'oro.. e almeno questa volta ti ho tolto il dubbio! Grazie ancora per la recensione!!

coccolina: Ciao!! Non sai quanto mi abbia fatto piacere ricevere la tua recensione! Sì, mi faccio sempre troppe paranoie.. Grazie per esserti presa la briga di scrivermi per farmi i complimenti e grazie per le tue parole incoraggianti, di cuore! Un bacione!

kry333: Su Sasuke hai perfettamente ragione.. faccio sempre una faticaccia a descriverlo!! Tutta colpa sua che è così complicato.. d'altronde se fosse semplice non lo guarderemmo neppure! :D Intanto grazie per la recensione, come al solito.
Danzo mi ha deluso perchè speravo quasi che fosse davvero 'cattivo'.. invece così è solo un vigliacco (prendere un ostaggio!) che con la scusa del bene del villaggio si macchia di atrocità convinto anche di essere nel giusto (tipo ufficiale nazista insomma).. o almeno questo penso io, ecco.. magari sono solo io!!:D Ed ora? Hai letto? Suppongo che quello di Sakura sia un piano.. sono curiosissima.. ma non voglio illudermi visti i precedenti!! Ciao e grazie ancora!!


miry_28: Ciao! Non preoccuparti per il ritardo! Anche perchè non lo sei.. la storia non è ancora finita :) Grazie mille invece!


RBAA: Grazie! La prima parte della fic l'avevo già vista e rivista.. tutti questi ultimi capitoli invece li avevo solo buttati giù e li sto riscrivendo ora, per cui non ho il tempo di rileggerli a mente fredda! Per quello li trovo tutti così.. insoddisfacenti! (a parte la mia inguaribile paranoia ovviamente).  Per il resto.. in realtà non manca molto alla fine della storia.. mancano pochi capitoli ormai, due, o tre, così non devi soffrire a lungo per vedere cosa succede.. perchè mi sento così incredibilmente malvagia nel lasciare tutti questi dubbi? Grazie ancora!

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Capitolo 15
*** 15. La fine di tutto ***



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Allora.. non so neppure da che parte cominciare per scusarmi per il ritardo.. il mio computer è entrato in coma e non sapevo cosa fare.
Scusatemi..

Ora dovrebbe essere tutto a posto.

Purtroppo, nonostante il ritardo, questo capitolo fa schifo.. al momento non mi viene di meglio, ma un giorno (forse) lo cambierò tutto.. in compenso è molto lungo.. anche se non so se le dimensioni contano in questo caso!!




15.

LA FINE DI TUTTO

Sasuke dava le spalle alla porta e fissava suo zio, ora sicuro che quell'uomo fosse il complice di Orochimaru ed avesse ordinato la morte dei suoi stessi fratelli.

 – Attento – ripeté Madara – sono stato generoso con te, non farmene pentire –

In quel momento si era sentita una serie di spari, ed il frastuono di una porta che veniva sfondata.

 – Cosa è – aveva chiesto Madara – non possono essere i tuoi, sono tutti sotto tiro –

 – No, questo è Naruto – Sasuke lo aveva guardato con freddezza mentre si udivano ancora spari – Ci siamo messi d'accordo, e comunque non sarei mai stato tuo complice in questa follia –concluse avvicinandosi.

Portò le mani alle pistole ma la porta interna si era aperta di colpo, rivelando un'ombra con le armi spianate.
Sasuke si era buttato a terra sollevando le pistole a sua volta.
Aveva sparato ma poi era stato il caos, dietro di lui qualcuno aveva spalancato l'altra porta e Sasuke si era voltato, sempre a terra, solo per vedere Juugo che crollava a terra, colpito alle spalle da qualcuno.
Sparò due colpi in quella direzione ma non vedeva niente, solo fumo, e quando si voltò per controllare l'altra porta Madara era già sparito. Si era alzato per seguirlo, le pistole spianate, ed aveva sentito il fischio di una pallottola che lo sfiorava.
Era riuscito lo stesso ad arrivare alla porta interna ma dall'altra parte non c'era niente, solo un'altra stanza e un'altra porta spalancata sulla strada da cui provenivano altri spari.
Provò a dare un'occhiata al di fuori.

 – Torna dentro! – gli aveva urlato qualcuno, gli pareva la voce di Jiraiya – il pezzo grosso è scappato, e c'è un tizio sul tetto! –

 – Merda – mormorò lui – Coprimi! – gridò a Jiraiya, e si buttò in strada mentre una raffica di spari impediva all’uomo sul tetto di sporgersi.

Proseguì fino a raggiungere un vicolo e vi si infilò dentro cercando in fretta un punto da cui potersi arrampicare.
 Aveva rinfoderato le pistole ed era salito sopra una catasta di legname, da lì si era sollevato fino ad un terrazzino ed era entrato all'interno di una stanza, senza guardarsi intorno e senza badare alle urla che l’avevano accolto. Spalancò un paio di porte e poi salì di corsa lungo le scale fino alla soffitta, dove aprì la botola che portava al tetto.
Una volta in cima camminò fino al tetto successivo cercando con lo sguardo l’uomo appostato, e quando lo vide che tentava di sporgersi verso la strada gli si avvicinò abbastanza da tenerlo sotto tiro.
 – Getta la pistola! – gridò, ma l’altro si era voltato di scatto con la pistola in mano ed aveva sparato mancandolo di poco.

 – Pessima mira – mormorò mentre sparava a sua volta.

Subito dopo aveva raggiunto l’uomo e lo aveva guardato contorcersi a terra per il dolore – Dov’è andato Madara? – chiese.

 – Non so niente, mi hanno pagato per controllare quella porta –

Sasuke aveva alzato ancora la pistola.

 – …avevano i cavalli qua fuori... sono già lontani –

 – Lascialo andare – lo interruppe Jiraiya che lo aveva raggiunto – Questo non sa niente, e ridotto così non ci può più nuocere –

Lui aveva annuito in silenzio e si era allontanato senza più badargli, la cosa non lo interessava veramente.

Scese passando per la botola spalancata e ritornò in strada, per rientrare dalla porta sul retro, le pistole ancora in mano; raggiunse Juugo a terra, rinfoderò una pistola e gli sentì il polso. Non batteva. Era morto.
Aveva sollevato lo sguardo ed aveva incontrato il volto ghignante di Naruto che sopraggiungeva.

 – Li abbiamo colti di sorpresa e ne abbiamo sistemati un paio... e qui? – gli aveva chiesto.

 – Madara è scappato – rispose secco lui – e Juugo è morto –

Non avevano fatto in tempo a scambiare altre parole perché erano arrivati gli altri, Suigetsu che guardava Juugo con un'improvvisa aria smarrita e Karin che correva a controllare che Sasuke stesse bene, lui che l'allontanava infastidito ed usciva in strada, e proseguiva dando appena un'occhiata ai due cadaveri che se ne stavano sdraiati nella polvere.

Si era guardato intorno cercando un indizio, una traccia, ma non c'era niente, nessuno, tutti rintanati in casa, spaventati dagli spari. Ed era sicuro che Madara fosse già lontano.

 – Me ne vado – fece ai due che lo avevano raggiunto – da solo... seppellite Juugo –

 – Ma dove vai! –chiese Karin, cercando invano di afferrargli un braccio – Perché da solo! –

 – La nostra piccola alleanza è sciolta – spiegò brutalmente lui – ora faccio da solo –

 – Ma non... –

 – Togliti dai piedi, non voglio più vederti –

E Karin si era fermata, perché aveva riconosciuto la determinatezza nello sguardo di lui, e sapeva quando era inutile discutere – Perché... –aveva provato a chiedere, ma lui neppure aveva risposto ed aveva proseguito in silenzio, mentre pensava che doveva trovare suo fratello perché sapeva che loro due, insieme, avrebbero dovuto concludere quella faccenda, gli altri non c'entravano, e non aveva senso farli morire per qualcosa che non li riguardava.

 – Andiamo – aveva fatto Karin a Suigetsu, ma lui voleva restare, perché Juugo era morto, ed anche se era una rottura dovevano almeno seppellirlo.

 – Ormai è morto – aveva cercato di farlo ragionare lei, ma poi si era arresa e lo aveva seguito all'interno della casa sbuffando, Suigetsu era tutto quello che le restava per il momento, finché Sasuke non cambiava idea, e forse era tutto quello che aveva avuto, sempre.

__________


Sasuke proseguì per la strada ed ignorò Naruto che lo aveva raggiunto di corsa.

 – Aspetta! – lo aveva fermato Naruto e lo aveva fronteggiato serio – Cosa è successo lì dentro? – aveva insistito – mi dispiace per il ragazzo – aveva aggiunto abbattuto – ma i tuoi erano sotto tiro, abbiamo fatto il possibile, cosa volevano da te? –

 – Era davvero Madara, mio zio – aveva risposto sbrigativamente lui – voleva che... mi unissi a loro – non aveva aggiunto altro, non aveva tempo né voglia di spiegare tutto – Per qualche motivo ha bisogno di me –

 – Ora vado – concluse quando era sopraggiunto anche Jirayia.

 – Perché da solo? Dobbiamo studiare un piano! – aveva cercato ancora di fermarlo Naruto, irritato.

 – Devo trovare mio fratello, devo parlare con lui – aveva spiegato lui, ed aveva ripreso a camminare.

 – Aspetta! Vengo con te! –

 – No –

Naruto lo aveva seguito ancora, esasperato – Cosa dovrei dire a Sakura? – aveva urlato.

 – Non ho tempo, adesso, di pensare a lei – aveva risposto lui senza fermarsi.

 – Ti ho detto di aspettare un momento! – aveva esclamato Naruto e lo aveva trattenuto ancora per il braccio, ma Jirayia gli aveva messo la mano sulla spalla.

 – Ora basta – aveva fatto guardando minaccioso prima l'uno poi l'altro – litigherete dopo... vai avanti – fece a Sasuke – …non abbiamo bisogno di gente come te –

__________


Jiraiya e Naruto rimasero ancora in città, alla ricerca di informazioni e di appoggio.
Naruto era restato cupo e silenzioso per tutto il tempo, e mentre tornavano a casa avevano scambiato poche parole.

 – Arrabbiato con Sasuke? E' solo un egoista, non capisci? – aveva sbottato ad un certo punto Jiraiya, stanco di quell'atteggiamento.

 – E' che è suo zio, e poi c'è suo fratello... pensa che siano cose sue – lo aveva difeso lui – e è anche morto un suo amico –

 – Non puoi sempre difendere tutti... e a Sakura? Non pensi a lei? –

 – Cosa c'entra Sakura? – chiese seccato lui.

 – Col tuo atteggiamento tanto comprensivo non otterrai niente, nè amici, nè ragazza, e tantomeno un ranch... non era quello il tuo sogno? –

 – Ci sono cose più importanti – aveva borbottato Naruto – ora vado... domani passo da voi con Neji – si era congedato in fretta, e Jiraiya aveva proseguito da solo dopo aver dato un' ultima occhiata al ragazzo che si allontanava.
Imparerà, si disse.

Era il tramonto quando Jiraiya aveva raggiunto il ranch, e mentre si avvicinava aveva constatato perplesso che nonostante l'ora non c'erano luci accese, eppure doveva esserci sicuramente qualcuno in casa.

Aveva fatto scorrere lo sguardo in giro, sospettoso, alla ricerca di qualche altra cosa fuori posto, ma non aveva visto nient'altro di strano, e si era diretto velocemente verso la buia casa padronale.

Non appena fu abbastanza vicino da notare che la porta era socchiusa si precipitò all'interno – Tsunade! Sakura! – chiamò, troppo spaventato per essere prudente.
Rimase fermo al centro dell'entrata, in silenzio, la casa che gli sembrava troppo vuota e deserta, mentre cominciava ad abituarsi alla scarsa luce che entrava dalle finestre.

Poi gli era parso di udire un gemito ed era corso di nuovo fuori.
Aveva quasi calpestato la sagoma che prima non aveva scorto, seminascosta nel buio del portico... era Rock Lee, e lui si era chinato al suo fianco controllando velocemente le sue condizioni, non che ci vedesse molto.

 – Sei ancora vivo –borbottò tra sé e sé – hai più vite di un gatto –

Lo aveva sollevato e l'aveva portato in casa, adagiandolo sullo stesso letto che aveva occupato prima di tornare a dormire al dormitorio. Accese la lampada che si trovava a fianco del letto ed aspettò che Rock Lee aprisse gli occhi.

 – Cos'è successo? – gli domandò – dove sono gli altri? –

 – Non ho potuto fare niente... – aveva mormorato l'altro – ...sono inutile –

 – Dove sono? – aveva domandato con un tono più alto Jiraiya, spazientito.

 – Forse… – e quell'idiota era svenuto di nuovo.

Jiraiya lo aveva lasciato lì ed aveva perlustrato l'intera casa con la lampada in mano, poi era uscito e si era diretto alla stalla. Al di là della porta lo stalliere giaceva a terra, morto, e a quel punto lui cominciava ad essere davvero preoccupato.
A meno che non si fossero nascoste... solo in quel momento aveva pensato alla botola.
Tornò in casa e corse in cucina, impaziente, notando ora il tappeto in parte scostato, e più tranquillo lo sollevò ed aprì la botola che si nascondeva al di sotto.

Lo aveva accolto un urlo di spavento.

 – Sono Jiraiya! – aveva esclamato facendo uscire un sospiro di sollievo – siete lì? –

Ma ne era uscita solo la cuoca, tremante, assieme alla figlia.

 – Dov'è Tsunade? – aveva chiesto di nuovo in pensiero.

 – Sono arrivati degli uomini… – aveva risposto lei – …le hanno portate via! –

Jiraiya non aveva più badato a loro, si era rialzato in fretta ed era uscito, nuovamente diretto alla stalla, perché doveva prendere un cavallo fresco, il suo era troppo stanco.
Rapite? Si chiedeva intanto, chi diavolo aveva potuto fare una cosa simile, e perché? Erano stati quelli dell'Akatsuki? Erano diretti al ranch? Perché rapire due donne?
Si fermò e guardò dritto davanti a sé... era buio, era impossibile seguire le tracce.

Era montato ugualmente a cavallo ed era uscito dal ranch, da che parte poteva dirigersi così a caso?

Indeciso aveva guardato ancora davanti a sé, e razionalmente sapeva che non aveva senso muoversi a caso, da solo.
Fece pochi metri e poi tornò indietro, imprecando, ed aiutò le donne a disinfettare e fasciare la ferita sul petto di Rock Lee.
Non sarebbe servito a niente partire ora, l'indomani, all'alba, avrebbe seguito le tracce.

 – Dov'è Chiyo? –  chiese rendendosi finalmente conto che mancava anche lei.

 – Quella? ...è sparita – aveva risposto la cuoca con disprezzo – cosa c'è da aspettarsi da un'indiana? –

Detto da una che si era nascosta subito nella botola e c'era restata chissà per quanto suonava davvero ironico.
Rock Lee nel frattempo si era svegliato ed aveva cercato goffamente di sollevarsi.

 – Bisogna... inseguirli – aveva biascicato.

 – Tu no di certo – replicò Jiraiya.

Rock Lee aveva protestato, insistendo che bisognava andare subito, che non si poteva aspettare, ed aveva ascoltato sconfortato le spiegazioni di Jiraiya.

 – Naruto sarebbe già partito  – aveva mormorato prima di chiudere gli occhi.

Già, aveva pensato Jiraiya, Naruto sarebbe già partito, perchè lui non pensa prima di agire... l'idiota... tanti anni prima, forse, avrebbe fatto la stessa cosa anche lui, perchè una volta era un idiota anche lui, mentre ora era cresciuto... o magari, si confessò amareggiato, era solo vecchio.

Alle prime luci dell'alba Jiraiya era uscito ed aveva presto trovato la traccia da seguire.
Cavalcò in silenzio, per ore, fino a quando non vide una sagoma scura che si muoveva lentamente, e spronò il cavallo: chi diavolo poteva andarsene in giro a piedi da quelle parti?

Aveva finalmente riconosciuto Tsunade che arrancava stanca ma decisa, ed era subito sceso con la borraccia in mano.
Lei aveva bevuto avidamente, non sembrava ferita, solo stremata, e poi finalmente Jiraiya aveva incrociato i suoi occhi e vi aveva letto il terrore, ma non per se stessa, per sua nipote.

 – L'hanno portata via – gli aveva sussurrato – quelli dell'Akatsuki... ci hanno fatto buttare le armi e... non credevo potessero fare qualcosa del genere... mi hanno lasciata a piedi ed hanno proseguito con Sakura... non c'era niente che potevo fare, niente, capisci? –

 – Non preoccuparti, non le faranno del male – aveva cercato di rassicurarla lui.

 – Hanno detto che volevano solo parlarle – lo aveva fissato terrorizzata – devi raggiungerli tu, io sono a piedi e ti rallenterei –

 – E lasciarti qui? –

 – Devi! – gli aveva urlato prendendolo per il collo della giacca.

 – Ascolta – l'aveva afferrata per le braccia e l'aveva scossa appena, cercando di calmarla – è evidente che si sono diretti al ranch, ora ti riporto indietro e vado lì con Naruto e Neji –

 – Non c'è tempo! – lo aveva guardato disperata – dammi il cavallo allora, vado io! –

 – Non stai neppure in piedi, non preoccuparti, non le faranno del male, e la riporteremo indietro, ok? –

__________


Il mattino successivo Sakura si trovava all'interno del ranch Akatsuki, in una stanza del piano terra, e quei bastardi l'avevano legata saldamente ad una sedia.

Era preoccupata per la zia anche se sapeva di non avere motivo di preoccuparsi, Jiraiya sicuramente era tornato al ranch da un bel pezzo e doveva averla già rintracciata... e probabilmente aveva chiamato Naruto e presto avrebbero trovato il modo ti tirarla fuori di lì. Non voleva neppure pensare a Rock Lee, o agli altri che si trovavano al ranch... erano tutti morti? Non lo sapeva, né poteva farci niente.

Lei e la zia erano vicino alla stalla quando avevano visto la nuvola di polvere che indicava l'arrivo di qualcuno, e non si erano preoccupate al momento pensando si trattasse di Jiraiya e Naruto, e magari, aveva sperato lei, non solo di loro due.

Solo più tardi, quando si erano accorte che si trattava di estranei, erano corse in casa a prendere i fucili, ma una volta tornate fuori, seguite da Rock Lee, costoro avevano iniziato a sparare ancora prima di scendere da cavallo.
Avevano colpito Rock Lee, avevano minacciato di finirlo e di ammazzare tutti, e loro avevano dovuto abbassare i fucili per evitare uno spargimento di sangue, ma non avrebbero mai neppure lontanamente immaginato che quei pazzi avessero l'intenzione di rapirle.
In realtà Sakura non aveva capito, e continuava a non capire che intenzioni avessero, erano completamente impazziti?
Pensavano di rapire una ragazza e restarsene impuniti?
E perché poi, non riusciva a capire proprio quale fosse il loro scopo... pazzi... non riusciva a trovare un'altra spiegazione, e l'assurdità e imprevedibilità delle loro mosse faceva paura, e infatti lei aveva paura, una paura dannata, anche se le seccava ammetterlo.

Materialmente non l'avevano trattata male, durante il viaggio non l'avevano neppure legata e le avevano permesso di muoversi liberamente all'interno dell'accampamento, in quelle due notti che avevano passato all'aperto… perché se l'erano presa comoda, come se non temessero di essere inseguiti (benché avesse notato la precauzione con cui avevano scelto i luoghi in cui accamparsi, ed il fatto che almeno tre di loro restavano sempre di guardia).
Nel frattempo aveva imparato a distinguerli.
Tre li conosceva già: quello grande e grosso che lei aveva battuto alla gara si chiamava Kisame, poi c'era Sasori, l'uomo dalla faccia da bambino, mentre il terzo, il più vecchio di loro, si chiamava Kakuzu, ed era anch'esso al rodeo.
Gli altri quattro non li aveva mai visti, probabilmente erano nuovi, si capiva anche da come venivano trattati, dal fatto che non avevano alcuna autorità. Non era riuscita ad imparare i loro nomi e li distingueva in base alle caratteristiche che aveva notato durante il viaggio: uno aveva i capelli piuttosto lunghi ed incolti, uno aveva un folto ciuffo grigio, gli altri due erano 'quello che rideva per niente' e 'quello che brontolava spesso'.

Cercò di muovere i polsi incastrati sotto la corda, accidenti... era stato Kisame a legarla, e l'aveva legata stretta, ma doveva comunque provare a liberarsi.
Alla fine si era arresa, non sarebbe mai riuscita a sciogliere quella corda da sola, doveva tagliarla, ma aveva già controllato ogni centimetro della stanza che riusciva a vedere, e non c'era niente che potesse esserle utile, per l'esattezza non c'era niente lì dentro a parte la sedia cui era legata ed un tavolo malconcio.
La stanza era vuota, la tappezzeria stracciata e macchiata, mentre il pavimento in pietra intarsiata, una cosa assai rara da quelle parti, era ricoperto di detriti.
Non aveva visto molto della casa quando era stata portata lì, ma non le pareva ridotta così male, evidentemente non usavano quella stanza.
Eppure se la ricordava così bella! Ricordava ancora le visite furtive che lei e Naruto avevano fatto alla casa, quando, nonostante l'aria di abbandono, lì dentro c'era ancora buona parte della mobilia e dei soprammobili.
Ricordava le macchie di sangue sulla parete e sul pavimento di quella stessa stanza, o almeno quelle che loro avevano ritenuto fossero macchie di sangue, in fondo già allora erano passati anni, e loro erano solo ragazzini… e ricordava con sorprendente chiarezza il senso di mistero e proibito che quella casa evocava in lei e Naruto. E pensare che lei lo aveva deriso, e non aveva mai capito che la titubanza di Naruto era dovuta all'onda emotiva che innescavano quei posti in lui.
Ora poteva capire, anche per lei era diverso, ora, perché pensava a Sasuke bambino, lo immaginava mentre viveva lì, lo immaginava terrorizzato mentre i suoi venivano uccisi.
Non solo la madre ed il padre, anche lo zio e la zia, e i due cugini ormai grandi: possibile che gli Uchiha avessero solo figli maschi? Come se fosse il momento di pensare a quello, o al fatto che magari lei poteva essere incinta e con lei potesse morire un altro Uchiha, proprio lì, per non parlare del fatto che poi, involontariamente, si ritrovava a pensare, inevitabilmente, a lui... Sasuke... chissà come si era risolto quella specie di agguato che Naruto aveva accordato con lui, chissà se lui sapeva di lei ed era preoccupato per lei, o se si era già pentito delle promesse che le aveva fatto, se già cercava di dimenticarla.

Quell'insieme di pensieri incoerenti era stato interrotto dalla porta che si apriva.
Era entrato Sasori.
Proprio lui doveva essere, si era detta delusa, quello era il più pericoloso di tutti, ed era anche il più furbo, sicuramente non sarebbe riuscita a circuirlo in alcun modo.

Le si avvicinò e tirò fuori un coltello, e prima ancora che lei riuscisse a rendersene conto tagliò le corde che la legavano alla sedia.

 – Ci scusiamo per l'inconveniente – le fece bruscamente.

 – Inconveniente? – aveva risposto sarcastica lei.

Lui aveva fatto sparire il coltello dentro una tasca interna della giacca e l'aveva guardata senza espressione, con quella sua faccia liscia, inquietante, da bambino.

 – Dovete considerarvi un'ospite, e vi prego di non muovervi da questa stanza fino a quando non vengono a parlare con voi – le aveva spiegato brevemente.

Ospite un accidente, aveva pensato lei mentre muoveva le dita delle mani per far riprendere la circolazione; ma ora era libera, e se la lasciavano sola poteva provare a scappare in qualche modo. Nascose il sorriso di trionfo che le era venuto istintivamente alle labbra guardando per terra.

 – Perché mi avete rapita – provò a chiedere per la centesima volta – E' una cosa molto stupida –

 – Siete un'ospite, l'ho già detto... Itachi o il capo vi spiegheranno tutto, e poi vi faranno accompagnare a casa –

Lui si era allontanato ed aveva parlato ancora quando ormai aveva aperto la porta – Non muovetevi –

Probabilmente avrebbe dovuto fare così, starsene ad aspettare, era sicura che Itachi non le avrebbe fatto del male. Lui no, ma lui non era l'unico.
E comunque non intendeva stare lì ad aspettare neppure per pochi secondi.

Si alzò dalla sedia avvertendo solo in quel momento la stanchezza, e la fame: non era riuscita a riposarsi, ed aveva mangiato appena. Camminò lentamente fino alla porta, non proveniva alcun rumore dall'altra parte, e provò ad abbassare la maniglia. Ovviamente l'avevano chiusa a chiave, alla faccia dell'ospitalità.
Si diresse più decisa verso la finestra e guardò fuori: c'era uno spiazzo libero, e poi un gruppo di alberi con le colline sullo sfondo, da cui si alzava un isolato filo di fumo, mentre sulla destra, spostata, si scorgeva la stalla.
E non si vedeva anima viva.
Tentò di aprire la finestra ma era bloccata, provò anche a forzarla un po' senza alcun risultato.
Poi sentì il rumore della chiave che girava nella toppa, si allontanò dalla finestra alla svelta e sedette sulla sedia. Si voltò in tempo per veder la porta aprirsi ed Itachi entrare nella stanza.

 – Cosa sta succedendo? – gli aveva chiesto – perché sono qui? –

Itachi come al solito non aveva mostrato nessun tipo di reazione, facendola irritare ancora di più.

 – Al momento non correte pericolo –

 – Mi volete spiegare perché mi hanno portato qui? – aveva insistito lei, pericolosamente vicina a perdere la calma del tutto, e sapeva che era inutile con lui, oltre al fatto che era l'unico da cui non si sentiva minacciata e che forse poteva aiutarla.

 – Credo che mio zio sia deciso ad usare maniere drastiche – le rispose finalmente lui – probabilmente inizia a farsi prendere dal panico, ha paura di non riuscire a trovare più il suo oro –

Lei si era alzata dalla sedia ed aveva aspettato in silenzio che lui continuasse.

 – Qualcuno dell'Akatsuki ha visto voi e Sasuke al rodeo, e mio zio pensa di usarvi come... persuasivo per convincere mio fratello a rivelargli il nascondiglio – aveva concluso lui freddamente.

Lei lo aveva guardato ancora confusa, ed incredula.

 – Non capisco... e Sasuke saprebbe dove si trova quest'oro? –

 – Ve l'ho detto, sono misure drastiche –

Sakura aveva considerato le scarne parole di Itachi, le poche informazioni che aveva, ed aveva pensato a tutte le possibilità, a tutto quello che avrebbe potuto succedere, ma non riusciva a giungere che ad una conclusione: erano andati troppo oltre ed alla fine, comunque andassero le cose, l'avrebbero uccisa… ed ora davvero aveva paura, perché non voleva morire, non ancora.
E con questa gente disposta a tutto e totalmente priva di scrupoli non rischiava di morire solo lei, erano in pericolo Sasuke, lo stesso Itachi, erano in pericolo tutti.

 – E voi... cosa farete, voi – gli aveva chiesto.

 – Sto cercando una soluzione –

Lo aveva fissato pensierosa e lui aveva risposto con quel suo sguardo lontano, illeggibile.

 – Da solo? –mormorò, sempre e unicamente da solo, come suo fratello.

 – Al momento non correte pericolo – aveva concluso lui senza risponderle –  ma non fate niente di avventato... io devo allontanarmi dal ranch per qualche ora e Madara ha assoldato uomini nuovi che non conosco e di cui non mi fido –

 – Come se gli uomini dell'Akatsuki fossero affidabili – aveva mormorato lei abbassando la testa, avevano ucciso Asuma, e sparato due volte a Rock Lee.
Ed ogni volta, la causa era sempre stata lei.

Itachi non rispose, non che lei se lo aspettasse, e le raccomandò un'ultima volta di non muoversi prima di andarsene.
Lei rimase in piedi a chiedersi se non fosse proprio Itachi l'infiltrato di cui aveva parlato Kakashi... comunque sentiva che poteva fidarsi di lui, anche se le aveva detto di starsene lì buona ad aspettare, come se fosse possibile, come se ne fosse capace.

Dalla finestra aveva visto Itachi e Sasori uscire insieme, dirigersi verso la stalla, raggiungerla e poi sparire dietro l'angolo del fabbricato, e si domandò se qualcuno fosse restato al ranch e chi.
Continuò a camminare avanti e indietro lungo la stanza per un po' e poi raggiunse la porta, solo per constatare che era ancora chiusa a chiave, “anche tu, Itachi”, infine andò alla finestra e provò a sbatterla con forza, facendo un rumore che le era parso assordante.
Dopo un po' l'aveva sbattuta ancora, con più forza, ed aveva aspettato, ma nessuno era corso a controllare, e così aveva preso la sedia e l'aveva lanciata contro il vetro della finestra… a mali estremi.
Subito dopo sporse la testa al di fuori attraverso i vetri rotti e non vide nessuno, così scavalcò il davanzale della finestra, e una volta all'esterno si guardò intorno senza badare ai tagli che si era procurata sulle braccia.
Ora doveva solo riuscire a raggiungere il suo cavallo, presumibilmente nella stalla, ed allontanarsi, ma per farlo avrebbe dovuto camminare allo scoperto per un ampio tratto.

Si avviò spedita guardandosi continuamente attorno e si fermò solo per raccogliere un bastone che forse avrebbe potuto esserle utile.
Sembrava che non ci fosse nessuno in giro e sicuramente avrebbe sentito il rumore dei cavalli se qualcuno si fosse avvicinato.
Continuò ad avanzare tenendo lo sguardo ora fisso sulla stalla, sull'angolo dietro cui erano spariti Itachi e Sasori, ed era ormai a metà strada quando proprio da lì erano spuntati Sasori ed un altro, 'quello che rideva per niente'.
L'avevano guardata sorpresi e poi avevano preso le pistole, e questo non andava bene, perché lei contava sul fatto che non volessero spararle.

 – Ferma! – aveva esclamato Sasori – vi avevo detto di non muovervi! –

Si era fermata davvero, indecisa sul da farsi, e poi si era voltata e si era messa a correre verso gli alberi.

 – Ferma, o sparo! –

Ma Sakura aveva continuato a correre, non credeva volessero spararle davvero, sperava non intendessero spararle davvero.

 – Fermati! – continuavano ad urlare.

Aveva sentito il fischio delle pallottole sopra la testa ma ancora non si era fermata.
Stupida stupida... non aveva speranza, non c'erano posti in cui nascondersi e gli alberi erano troppo lontani, e lei aveva sbagliato tutto fin dall'inizio, avrebbe dovuto aspettare Itachi.
Sentì un dolore improvviso al fianco, una pallottola l'aveva colpita di striscio: le stavano sparando addosso davvero, e lei aveva in mano un misero bastone.
Si era fermata per riprendere fiato e si era voltata in tempo per vedere il tizio che rideva per niente sollevare la pistola e prendere la mira, e pensò che sarebbe morta, così, da idiota, perché era troppo orgogliosa per starsene ferma ad aspettare, e che non avrebbe più rivisto nessuno, non avrebbe più rivisto Sasuke.
Sentì gli spari ma vide l'uomo accasciarsi a terra mentre Sasori si metteva a sparare, ma non verso di lei, verso qualcuno dietro di lei.

Si voltò, e c'era Chiyo davanti a lei, tra gli alberi, che cadeva colpita a sua volta dopo averle salvato la vita.

Sakura non aveva più badato al dolore al fianco e neppure alle pallottole che la sfioravano, aveva lasciato cadere il bastone ed aveva ripreso a correre con tutte le sue forze fino a quando non aveva raggiunto Chiyo e l'aveva trascinata dietro il tronco di un albero.
Poi aveva impugnato la pistola che era scivolata di mano all'indiana ed aveva sporto la testa dal tronco per dare un'occhiata in direzione di Sasori. L'aveva subito ritirata quando una pallottola l'aveva sfiorata, ma prima era riuscita a sparare a sua volta un colpo nella direzione da cui provenivano gli spari.
La fronte le bruciava e c'era qualcosa di bagnato, sangue, che le colava dalla tempia, evidentemente una pallottola l'aveva colpita.

Diede un'occhiata veloce a Chiyo, la ferita all'addome sembrava brutta, ma l'indiana non aveva perso conoscenza e la guardava perfettamente lucida – Ora scappa – le disse – c'è il mio cavallo più avanti –

Lei non si era mossa, non intendeva andarsene, non poteva, si sporse ancora dall'albero per cercare Sasori, ormai doveva essere vicino, ma non riusciva a vederlo da nessuna parte.

Cominciò a scrutarsi febbrilmente intorno, con la pistola in mano, cercando di capire dove diavolo poteva essere finito lui, perché sicuramente voleva coglierla di sorpresa.
 – Attenta! – aveva esclamato Chiyo.

Si voltò giusto in tempo per vederlo che le piombava addosso. Da dove diavolo era spuntato fuori? Senza pensare aveva premuto il grilletto e quasi simultaneamente era stata scaraventata contro il tronco dell'albero.

Si era afflosciata a terra stordita e la pistola le era scivolata di mano, ma anche Sasori, in piedi di fronte a lei, perdeva sangue da un punto imprecisato subito sotto alla spalla ed aveva lasciato cadere la pistola.

 – Ora basta – le sibilò.

Si era sollevata carponi decisa a riprendere l'arma, ma un calcio sul fianco le aveva fatto perdere l'equilibrio ancora una volta.
Si era riparata in qualche modo con le braccia e lui le aveva tirato un altro calcio sulla schiena, un dolore lancinante che le toglieva il respiro.

 – Sei pazza – aveva mormorato lui e si era chinato per recuperare anche lui la pistola.

Non sapeva neppure da dove le fosse venuta la forza di muoversi, sapeva solo che doveva fare qualcosa e finirla adesso, ora o mai più.
Da carponi si era mossa di scatto e si era lanciata verso la pistola, l'aveva afferrata ed aveva sparato un paio di colpi in fretta, da un angolo tutto sbagliato.
Lo aveva colpito sulla coscia e si era voltata verso di lui mentre veniva raggiunta da un fiotto di sangue: lo vide accasciarsi improvvisamente sulle ginocchia stringendosi la ferita, guardandola con una strana espressione stanca.
Il sangue continuava ad uscirgli a fiotti dalla gamba, e sapevano ambedue che andava fermato subito o lui sarebbe morto.
Sakura si alzò in piedi a fatica con la pistola in pugno e lo guardò ancora: lui era nella stessa posizione di prima e si stringeva la ferita con le mani, invano.
Cosa doveva fare? Doveva sparargli ancora? Aiutarlo a fermare il sangue?

 – Sakura –

Non aveva più badato a lui e si era avvicinata a Chiyo.

 – E' già morto – le aveva sussurrato – ora scappa –

 – Non posso lasciarti qui! –

Chiyo aveva fatto un mezzo sorriso, ed in tutti quegli anni era la prima volta che lei la vedeva sorridere.

 – Sono ferita, ma torno a casa lo stesso – e Sakura sapeva, con assoluta certezza, che Chiyo non mentiva mai.

Si girò verso l'edificio alle sue spalle ed udì chiaramente il suono degli zoccoli di cavalli in lontananza, allora si alzò e riprese a correre per allontanarsi dall'indiana il più possibile, in modo che non si accorgessero di lei.
Corse nella direzione opposta al ranch, in mezzo agli alberi, la pistola ancora in mano.

Mentre correva cercava di pensare lucidamente, di formulare un piano, di capire cosa doveva fare.
Chi stava arrivando? Si trattava di più di un cavallo, ne era sicura.
Si chiese anche se non potesse essere qualcuno che veniva in suo aiuto, ma non poteva rischiare di aspettare e vedere.
Intanto aveva una pistola, doveva solo controllare quante pallottole le rimanevano.

Lentamente si accorse che non correva ormai più, camminava, e cominciò a prendere coscienza dello stato in cui era il suo corpo, aveva male dappertutto, la tempia le pulsava ed il sangue le era sceso sopra all'occhio sinistro impedendole di vederci bene, e probabilmente aveva tagli ovunque, visto che era piena di macchie di sangue.
In più aveva male al fianco, ed alla schiena.
Però non doveva essere niente di serio, a meno che in realtà non stesse morendo e fosse pura adrenalina quella che la faceva andare avanti.
Ma ora non poteva distrarsi con questi pensieri inutili mentre continuava a muoversi senza neppure sapeva bene dove, sperava fosse nella direzione che le aveva indicato Chiyo ma non riusciva a ricordare, e cominciava ad accusare la stanchezza.
Forse era davvero pazza, forse avrebbe dovuto semplicemente stare ad aspettare che la lasciassero andare, forse non volevano farle del male, e sapeva che non voleva morire, non ancora, c'erano tante cose che doveva fare, e altrettante che doveva dire.

Poi aveva visto il cavallo ed all'improvviso tutti quei pensieri inutili non avevano più importanza.
Sorrise nel riconoscerlo, era la sua cavalla, era Shuriken, Chiyo le aveva portato Shuriken, ed era così felice di vederla, come se fosse una persona, come se non fosse più sola.

Shuriken aveva voltato il muso verso di lei e l'aveva salutata con un basso nitrito, lei si era avvicinata e le aveva accarezzato il collo, rasserenata, poi aveva stretto i denti e si era issata in groppa all'animale.
Le ci era voluta tutta la sua forza per farlo, ma ora era finita, era davvero finita.
 
Iniziò a cavalcare sentendosi finalmente libera, sicura di poter ritornare a casa... la sua cavalla l'avrebbe riportata a casa.

Stava considerando la possibilità di legarsi alla sella, per non cadere nel caso che si addormentasse o svenisse durante la cavalcata, quando sentì echeggiare due spari in successione.
Si era fermata, raggelata, perché il suono era così vicino che per un momento aveva pensato di essere stata scoperta... non era ancora finita?
Si era guardata intorno senza riuscire a vedere niente e dopo averci pensato un po' giunse alla conclusione che il rumore degli spari doveva provenire da un punto alla sua sinistra, al di là di un dosso che si vedeva più avanti.

Invece di ignorarli e proseguire per la sua strada, come avrebbe dovuto fare, lo sapeva, si era diretta da quella parte.

In vicinanza della collinetta era scesa da cavallo, e la fiacchezza che aveva avvertito quando aveva appoggiato le gambe a terra le aveva ricordato che era ferita, e stremata.

Doveva andarsene al più presto, tornare a casa, ma prima doveva scoprire di cosa si trattava, cosa stava succedendo, e così si arrampicò a fatica, con cautela, fino in cima, e sbirciò giù.
Aveva chiuso e riaperto gli occhi un momento, pensando si trattasse di un'allucinazione.
C'era Sasuke, a cavallo, le pistole in mano e l'impermeabile nero che gli aveva visto addosso quel primo giorno, tanti mesi fa.

Davanti a lui c'era Kisame, il tizio grande e grosso che aveva ammazzato Asuma, anch'esso a cavallo, la mano che reggeva la pistola abbassata sul fianco, mentre un altro, l'uomo che brontolava spesso, era sceso da cavallo e teneva le braccia alzate in segno di resa.

 – Perché non discutiamo pacificamente... Madara vuole allearsi con te – stava dicendo Kisame.

All'improvviso lei notò un movimento con la coda dell'occhio e voltò il capo in tempo per vedere qualcuno spuntare sulla destra, alle spalle di Sasuke: era l'uomo dal ciuffo grigio, nascosto dietro ad un gruppo di arbusti, e solo il riflesso dell'arma colpita dalla luce del sole aveva permesso a Sakura di notarlo.

Al diavolo, non sapeva come stessero le cose ma lei aveva sollevato la pistola e aveva sparato.

Aveva visto l'uomo cadere e poi tutti si erano voltati dalla sua parte.
Sakura aveva guardato Sasuke che la fissava così serio, e teso, e preoccupato per lei, lo sentiva.

 – Che fortuna – le si era rivolto Kisame – avevo proprio bisogno di te –

 – Lasciatela andare – replicò brusco Sasuke sollevando ancora le pistole – vattene! – le aveva urlato.

La stanchezza le impediva di ragionare con chiarezza e rimase lì indecisa per una frazione di secondo, poi prese coscienza della pistola che impugnava e si voltò per scendere da lì ed allontanarsi, perché così gli era solo di intralcio e doveva trovare un posto sicuro in cui ripararsi e guardargli le spalle.

Ma non aveva fatto neppure un passo perché un altro cavaliere era sopraggiunto, neppure capiva da dove, e si era parato appena sotto di lei.
Era quello dai capelli lunghi ed incolti.
Lei aveva alzato ancora la pistola, aveva premuto il grilletto e non era successo niente, c'era stato solo il clic del colpo a vuoto.
Allora le pallottole erano finite.

Senza pensare si era chinata, aveva preso una manciata di terra e gliel'aveva lanciata negli occhi.
Lo aveva sentito imprecare ma non aveva fatto in tempo a fare altro, una voce dietro di lei l'aveva bloccata.

 – Sta ferma! – aveva esclamato alle sue spalle – non sono abituato a sparare alle donne, ma non mettermi alla prova –

Lei chiuse gli occhi, la testa che le girava, sforzandosi di restare ferma, in piedi, e cercando di mantenere l'attenzione, di schiarirsi la mente stanca, annebbiata.

Aveva sentito un'altra voce, più lontana, di qualcuno che evidentemente si rivolgeva a Sasuke – …scendi da cavallo e getta le pistole se vuoi che non le accada niente di male –

 – Non farlo, non mi uccideranno! – aveva espresso a voce alta lei, non potevano ucciderla adesso, avevano bisogno di lei.
Si era mossa, decisa a scendere da lì e deviare di lato per superare l'uomo a cavallo davanti a lei, ma aveva sentito un colpo di pistola, e subito dopo aveva avvertito un dolore al braccio, aveva guardato con uno strano torpore il punto in cui la pallottola le aveva trapassato la carne, sull'avambraccio.

 – La prossima volta prendo la mira – spiegò l'uomo alle sue spalle mentre lei si portava la mano al braccio e stringeva i denti per il dolore.

Si era voltata a guardarlo, era Kakuzu, e poi aveva guardato più in là, verso Sasuke che le dava le spalle, e lo aveva visto gettare le pistole a terra.

 – Cosa vuoi? – aveva chiesto Sasuke all'altro con una voce così fredda che lei si era irrazionalmente arrabbiata: uno non si poteva condannare a morte da solo e parlare con una voce così fredda.

Quello, Kisame, era sceso da cavallo e gli si era avvicinato lentamente, il frustino in mano.

 – Dov'è l'oro? – lo sentì chiedere.

 – Non ne ho la più pallida idea –

L'uomo lo aveva colpito in faccia e Sasuke non aveva neppure cercato di difendersi, ma era riuscito a restare in piedi in qualche modo.

 – Sta ferma! – l'aveva preceduta Kakuzu che la teneva sotto tiro.

Ma lei non poteva starsene lì impotente e cercava di pensare a cosa fare, e neppure sentiva più il dolore al braccio, o quello al fianco, sentiva solo la testa che le pulsava e quel torpore che le impediva di essere lucida.

 – Ci ammazzeranno comunque! – gli aveva urlato.

 – Uccidetela – sentì la voce di quello grosso, e guardò impotente mentre Kakuzu iniziava a premere il grilletto.

 – Aspetta! – lo aveva fermato Sasuke e lei si era voltata proprio mentre lui si voltava a guardarla a sua volta, un filo di sangue che gli tagliava il bel viso pallido, e poi aveva incontrato i suoi occhi, e vi aveva letto la paura, paura per lei.

Stupido, possibile che non riuscisse a capire che così condannava a morte tutti e due?
Ma poi lui le aveva sorriso un attimo e lei gli aveva sorriso a sua volta, stupida anche lei, ed aveva pensato che forse non tutto era perduto, che forse lui sapeva cose che lei non conosceva.

 – Non sono sicuro che sia il posto giusto, ma se la lasci tornare a casa ti porto lì –

Quello lo aveva colpito ancora, arrabbiato.

 – Non provarci neppure, Uchiha! – gli aveva urlato – adesso sono io che dico cosa fare! Fa salire la ragazza con te – aveva ordinato a Kakuzu – tu verrai con noi, e non provare a fare scherzi –

Kakuzu l'aveva trascinata giù, fino al suo cavallo, poi l'aveva fatta salire in malo modo davanti a sé e lei non era riuscita più a vedere niente, il busto dell'uomo che le faceva da scudo e le impediva di voltarsi indietro.
Si guardò per un momento le mani e si chiese quando le era caduta di mano la pistola, non lo ricordava più.

Seguirono le indicazioni di Sasuke e a lei era sembrato di cavalcare per ore, la stanchezza che le faceva venire voglia di chiudere gli occhi ed addormentarsi, ma la tensione ed il dolore delle ferite le impedivano di rilassarsi.

Arrivarono infine di fronte ad una collina spaccata da una grossa crepa che si allargava poi per diventare un vero e proprio crepaccio, e lì scesero da cavallo perché il passaggio era troppo stretto e lo si poteva attraversare solo a piedi.

Appena scesa Sakura aveva sentito le gambe che improvvisamente cedevano, e sarebbe davvero caduta a terra se qualcuno non l'avesse sorretta.

 – Sasuke – era riuscita a sussurrare.

Lui aveva slacciato il fazzoletto che lei aveva al collo e lo aveva arrotolato svelto attorno al suo braccio per cercare di fermare il sangue.

 – Resisti, aspettavo Itachi – le aveva sussurrato intanto, ma lei non era riuscita assolutamente a capire che cosa intendesse.

 – Muovetevi! – aveva gridato qualcuno alle loro spalle, e lei aveva iniziato a camminare adagio, cercando di ignorare il dolore che ormai avvertiva in ogni parte del corpo.

Avevano camminato lentamente, Sasuke che l'aiutava nei punti più difficili, ed erano arrivati davanti ad una parete franata.

 – Qui sotto – aveva indicato i detriti Sasuke.

 – E noi come facciamo a saperlo? – si era lamentato uno di loro, 'quello che brontolava sempre'.

 – Provate a scavare – fece secco Kisame.

 – Fai presto a dirlo, tu – aveva commentato l'altro.

Poi lui e Kakuzu avevano iniziato ad arrampicarsi sulle macerie ed avevano provato a spostare alcune pietre, provocando di proposito piccole frane.
Kisame li guardava senza muoversi mentre l'ultimo, quello dai capelli lunghi cui lei aveva tirato la manciata di terra, li teneva sotto tiro.

Sakura si era seduta a terra ed aveva appoggiato la schiena ad un masso, stremata, la testa che le girava confusa, aveva chiuso gli occhi un momento e li aveva riaperti a fatica, lottando contro il languore, contro l'istinto di chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
Non poteva lasciarsi andare, doveva sforzarsi di rimanere sveglia, di restare viva.
Si accorse che Sasuke si era spostato impercettibilmente verso Kisame, che sembrava momentaneamente distratto.
Sforzandosi di cacciare indietro il torpore, cercò a tentoni con le mani fino a quando non trovò un grosso sasso e non lo strinse tra le dita con tutta la forza che le era restata, dicendosi che come diversivo poteva andare.

 – Fermati! – urlò il tizio dai capelli lunghi in direzione di Sasuke, e Sakura, raccogliendo tutte le sue forze, aveva cercato di alzarsi con il sasso stretto in pugno.

L'uomo l'aveva sentita muoversi e si era voltato verso di lei, e lei gli aveva tirato quel dannato sasso, mancandolo perché non aveva più un briciolo di energia, mentre quello alzava la pistola per spararle, e lei aveva pensato che sarebbe morta, questa volta sarebbe morta davvero, e aveva ancora tutte quelle cose da fare, e quelle parole non dette che erano come un buco sullo stomaco, più pesanti delle ferite... e aveva guardato Sasuke che si muoveva verso di lei, e quasi voleva urlare, urlargli che lo amava, una cosa davvero stupida.
Aveva sentito il colpo di pistola ed aveva istintivamente chiuso gli occhi, ma non aveva provato niente, nessun dolore, e li aveva riaperti in tempo per vedere l'uomo cadere.

Si era voltata verso Sasuke che fissava un punto alla sua sinistra, mentre Kisame guardava nella stessa direzione e sembrava sorpreso e indeciso.

Seguì il loro sguardo e come in un sogno vide Itachi che sollevava ancora il fucile e sparava in direzione degli uomini in piedi sul versante franato, facendo cadere uno dei due con la pistola ancora in mano.
E poi Itachi voltava il fucile verso Kisame, mentre Sasuke si chinava a prendere la pistola del morto e la puntava a sua volta contro Kakuzu ora immobile sul crinale della collina.
Allora, forse... finalmente, era tutto finito?

 – Itachi? – aveva chiesto sorpreso Kisame facendo cadere l'arma che aveva in mano e sollevando le braccia.

 – Madara lo sapeva che bisognava farvi fuori tutti e due – aveva commentato Kakuzu.

Itachi si era avvicinato ed aveva dato un'occhiata a Sakura per ritornare con lo sguardo sui due uomini.

 – Mi dispiace – disse rivolto a lei, e a suo fratello – tutto questo doveva finire molto prima –

 – Ma allora – aveva chiesto Kisame – hai sempre fatto finta? –

 – Dovevo uccidere Madara – spiegò lui, e Sakura sapeva che anche se non lo guardava stava parlando a Sasuke, solo a lui – nessuno di noi due era al sicuro fino a quando non moriva, aspettavo solo che si facesse vedere, ed un'occasione –

 – Hai sempre saputo che c'era lui dietro ad Orochimaru? – aveva parlato Sasuke.

 – Sì, l'ho sempre sospettato... mi dispiace fratellino, speravo che restassi fuori da tutto questo. Ha perso molto sangue – aveva fatto poi rivolto a Sakura – portala via –

Si era voltato per un attimo verso suo fratello e si erano guardati per una frazione di secondo.

 – Non volevo lasciarti lì – aveva aggiunto improvvisamente.

 – Lo so, non importa – rispose Sasuke.

Ed era stato tutto.

Sakura ormai teneva gli occhi aperti a fatica, forse poteva riposarsi, poteva chiudere gli occhi un momento?
Era davvero finita?
Con la coda dell'occhio vide Kakuzu che spostava la mano all'interno della giacca ed aprì la bocca per urlare, ma prima che potesse farlo si era accorta che c'era qualcosa che non andava, ed aveva guardato al di là di Itachi.

 – Attento – avrebbe voluto gridare, ma la voce era uscita flebile ed era già troppo tardi, perché c'era stato uno sparo ed Itachi si era accasciato al suolo senza un suono, e dietro di lui erano apparsi due tizi che non conosceva, uno con una grossa cicatrice che sorrideva.

Non era finita, no, non ancora, e come in un gioco a scatole cui non c'era una fine, come in un incubo lei aveva cercato di muoversi senza riuscirci, il suo corpo ora così pesante che sollevare una mano le costava uno sforzo inumano, allora aveva guardato impotente Sasuke e tutto sembrava ondeggiare davanti a lei: Sasuke che alzava l'arma, e poi tutti che sparavano, e Kakuzu che cadeva a terra mentre quello con la cicatrice si avvicinava.

E poi, con orrore, si era accorta che anche Sasuke era stato colpito e scivolava poco lontano da lei, con la schiena appoggiata alla parete rocciosa, accovacciandosi in qualche modo a terra.

 – Non so perché non li abbiamo fatti fuori prima – sentì commentare uno dei nuovi arrivati – Sono sicuro che il mio oro è davvero lì, finalmente –

Ormai Sakura non sentiva più niente, vedeva soltanto Sasuke ferito, e in qualche modo si sollevò carponi, a fatica, e poi provò ad alzarsi aggrappandosi alla roccia, per raggiungerlo e poterlo abbracciare, toccare, ma aveva fatto solo un passo ed era ricaduta carponi, sfinita... ed allora si era trascinata, rifiutandosi di arrendersi, strisciando a tratti fino a quando non era riuscita finalmente a sfiorare la mano di lui e non si era fermata.
Era rimasta lì un poco, respirando a fatica, poi aveva allungato la mano fino ad afferrare quella di lui, e lui aveva girato appena la testa e l'aveva guardata, uno strano sorriso che gli aleggiava tra le labbra.

 – Non puoi morire, lo sai, lo hai promesso – gli aveva sussurrato stringendogli la mano, e lui l'aveva stretta appena a sua volta.

 – E' colpa mia – aveva risposto enigmaticamente lui con un filo di voce – hai sempre avuto ragione tu, su tutto –

Rimasero così, le mani unite, e lei aveva pensato che non era un modo orrendo di morire quello, che ci poteva stare, poteva accettarlo, e le lacrime che le scendevano sulle guance non erano dovute a quello, era solo che non riusciva a capire bene cosa intendeva dire lui, e non voleva che si sentisse in colpa.

 – Ti aspetterò lo stesso – aveva mormorato – sempre –

 – Che scenetta commovente – li aveva interrotti brusco qualcuno, Kisame, o lo sconosciuto, neppure sapeva chi.

 – Morirete tutti impiccati – aveva sussurrato allora, rivolta a loro.

 – Ma no ma no... presto sarà tutto mio qui intorno – aveva sentito come in un sogno, e poi aveva alzato lo sguardo ed aveva visto l'uomo con la cicatrice davanti a loro, la pistola sollevata contro di lei.

 – Addio ragazza – l'aveva salutata – non servi più –

Aveva stretto con le ultime forze la mano di Sasuke ed aveva chiuso gli occhi.

Poi c'erano stati due spari in successione, ma non sentiva male, non sentiva niente, neppure il dolore al braccio, solo un intorpidimento generale, e la mano di Sasuke che allentava pian piano la stretta sulla sua.

 – Non sono in ritardo, vero? Gli eroi non sono mai in ritardo –

Aprì gli occhi sorpresa, e c'era Naruto non molto lontano da lei che si avvicinava di corsa, e dietro ancora c'era Jiraiya, e qualcun altro... la zia?
Ed anche se sembrava un sogno, sapeva che non lo era... che era vero, che era davvero finita.

Ma non importava, perché la mano di Sasuke ora era inerme sulla sua, e lei si era voltata verso di lui, ma lui non la guardava, aveva gli occhi chiusi, e la macchia di sangue sul suo petto diventava sempre più larga.
C'era qualcuno che urlava e le impediva di pensare, di capire, e stupita si accorse che era lei.


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Scusate ancora.
Spero si capisca qualcosa in tutta questa confusione, e che la profusione di deus ex machina sia accettabile :((
Kisame e Kakuzu sono nomi messi più o meno a caso per mitigare la confusione.. peccato che per gli altri avessi esaurito i nomi..

Ringrazio per le recensioni del cap precedente, purtroppo neppure ricorderete più cosa mi avete scritto visto il tempo che ci ho messo! :(

Grazie mille come sempre, non sapete quanto mi siano indispensabili le vostre parole:


Julia83: Grazie mille!!.. non sai come amo le tue lunghe recensioni.. il prossimo è l'ultimo capitolo ed ho un bel po' di cose da chiarire, ma è un capitolo molto, mooolto più facile di questo.. sul manga.. alla fine siamo punto e a capo mi sa.. non si conclude niente neppure questa volta.. evidentemente Kishi non ha ancora finito di pagare il mutuo della casa! E che Sakura non conti molto ormai è ampiamente dimostrato.. no comment..

kry333: Grazie mille, ci sei e mi incoraggi sempre, grazie anche per la recensione alla shot che mi ha proprio rallegrata!! .. spero che questo capitolo sia almeno in parte comprensibile.. che casino! E per il manga.. alla fine siamo ancora qui con i soliti dubbi.. speriamo bene!

RBAA: ..e grazie mille anche a te.. quando vedo che hai recensito tiro un sospiro di sollievo, vuol dire che il cap non faceva proprio così schifo come temevo.. (grazie anche per la recensione alla shot).. comunque una cosa è certa, non scriverò mai più una storia con tutta questa azione.. :(
 

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Capitolo 16
*** 16. Risveglio - Conclusione ***


Eccomi qua con l'ultimo capitolo.. questa volta non vi ho fatto aspettare!
In realtà poi sarebbero due capitoli, ma li ho uniti! Sarò brava!


16.

RISVEGLIO


Sakura si era svegliata nel suo letto, e per una frazione di secondo si era illusa che fosse stato tutto un sogno, un orribile incubo: il rapimento, la fuga, Sasuke ferito, e il viaggio di ritorno, soprattutto quello, lei che prendeva conoscenza a tratti e chiedeva di Sasuke, e nessuno le rispondeva, nessuno le diceva niente.

Ma poi cercò di alzarsi e sentì il dolore al braccio.
Rimase immobile, paralizzata dalla delusione e dall'angoscia.

Prima che potesse provare a riordinare le idee dalla porta aperta era entrata Tsunade, con un volto stanco che si era illuminato non appena si era accorta che Sakura era cosciente.

 – Ti sei svegliata finalmente! – aveva esclamato gioiosa.

 – Sasuke –mormorò lei sollevandosi sul braccio sano e scostando le coperte, tutta l'ansia che le si riversava addosso come un getto d'acqua fredda.

 – Sta sdraiata – l'aveva ammonita la zia – sei ancora debole –

 – Dov'è Sasuke? – chiese ancora ricadendo sul letto, senza forze.
 
Quando la zia non aveva risposto l'aveva guardata allarmata, il cuore che iniziava a battere più velocemente nel petto.
Tsunade era in piedi, ferma, e fissava il volto a terra.

 – Sta bene vero? ...zia? – aveva implorato lei, come se la zia potesse fare qualcosa, potesse cambiare la realtà delle cose.

Tsunade si era avvicinata e si era seduta accanto a lei, sul bordo del letto – Non sta bene – aveva risposto sinceramente, spingendola dolcemente giù quando lei aveva cercato di sollevarsi – ha una brutta ferita, non sappiamo se ce la farà –

Sakura provò a scostare la mano della zia che ancora la teneva ferma, decisa ad alzarsi... voleva alzarsi, doveva alzarsi – Devo vederlo – aveva cercato di spiegarle, il cuore che ora batteva all'impazzata, l'angoscia che le impediva di respirare bene.

 – E' nell'altra stanza, non cambierà niente se vai più tardi, devi ristabilirti anche tu – insistette Tsunade.

Ma non c'era stato niente da fare, Sakura non aveva voluto sentire ragione, ed alla fine la zia si era arresa.
Così aveva fatto portare la sedia più comoda che avevano, larga e con braccioli, al capezzale di Sasuke, di modo che la nipote potesse stare vicino a lui senza stancarsi troppo, ed aveva aiutato personalmente Sakura a camminare fino all'altra stanza.

Sakura si era fermata un momento in piedi a guardarlo, immobile sul letto, il segno della frustata ancora visibile sul volto pallidissimo.

 – Non ti permetterò di morire – sussurrò quando si era seduta ed aveva afferrato la mano inerme di lui – non provarci neppure –

Rimase a fissarlo così per qualche minuto, ascoltando il movimento lento ed irregolare del suo respiro, decisa a non considerare neppure la possibilità che lui morisse, pronta a tenerlo in vita con la pura forza di volontà se necessario.

 - Non morirai –

Aveva chiuso gli occhi un momento e poi li aveva riaperti.

 – Chiyo? – chiese.

 – Chiyo sta bene, è già in piedi, tra poco la vedrai... ne dubitavi? –

Lei aveva sorriso appena, no, non ne aveva mai dubitato.

 – Sta bene anche Rock Lee – continuò Tsunade – è morto lo stalliere purtroppo –

Sakura aveva riportato alla memoria il volto del vecchio stalliere, schivo fino a sembrare burbero e per quello oggetto di continui scherzi da parte di lei e di Naruto ragazzini, un'altra presenza che aveva immaginato eterna, un altro volto da ricordare – …e Itachi? – aveva domandato.

 – Era già morto quando siamo arrivati –

Sakura aveva chiuso ancora gli occhi ed aveva pensato ad Itachi, e poi aveva stretto con forza la mano di Sasuke, lui era vivo e non sarebbe morto, non gli avrebbe permesso di morire.

 – Cosa dice Chiyo? – chiese dopo un po'.

Tsunade era restata un momento in silenzio – Dice che morirà – aveva risposto infine.

 – Non morirà – le aveva replicato secca.

__________


Sasuke era rimasto tra la vita e la morte per tre giorni, durante i quali Sakura aveva dimenticato se stessa e lo aveva vegliato continuamente, allontanandosi raramente dalla stanza, solo quando non poteva farne a meno, e dormicchiando in qualche modo sulla sedia resa più comoda da qualche cuscino.

Ed alla fine lui aveva aperto gli occhi, e lei era riuscita a sollevarlo con il braccio sano e a fargli bere dell'acqua prima che li richiudesse.

 – Avrebbe già dovuto essere morto – aveva risposto Chiyo quando lei le aveva chiesto cosa ne pensava – forse vivrà –

E questo le bastava.

Quando lui aveva ripreso ancora conoscenza era rimasto sveglio un po' più a lungo, e allora era stata sicura che sarebbe vissuto, e finalmente le si era sciolta quella tensione che era come un peso enorme che le impediva di muoversi, di respirare propriamente.

__________


Il giorno successivo Sasuke si era svegliato e si era guardato intorno, pienamente cosciente.
Sakura non era accanto a lui, eppure aveva avvertito costantemente la sua presenza accanto a sé, aveva sentito la sua voce, e l'aveva vista quando, non molto lucido, aveva aperto gli occhi, un'ora od un anno prima.

C'era Tsunade nella stanza, che aveva sorriso quando aveva letto la delusione nel volto di lui – E' stata al tuo capezzale per l'intera settimana – aveva risposto alla sua domanda inespressa – credo che ti abbia tenuto in vita a forza, aveva bisogno di riposarsi anche lei –

 – Madara? – le chiese, la voce che gli usciva un po' roca per la gola secca.

Tsunade aveva versato dell'acqua nel bicchiere e gliel'aveva portata alle labbra, aiutandolo a bere.

 – In prigione – rispose sbrigativamente – verrà processato ed impiccato –

 – Mio fratello? – aveva domandato lui dopo aver bevuto.

Lei aveva riposto il bicchiere sul comodino e gli aveva rimboccato le coperte.

 – E' morto – ripose infine.

Aveva guardato il ragazzo fissare un punto imprecisato davanti a sé ed era uscita dalla stanza in silenzio, non c'era assolutamente niente che potesse dirgli.

__________


In seguito Sasuke aveva trovato Sakura accanto a lui ogni volta che si era svegliato, ed ogni volta lei gli teneva stretta la mano e lui la ritraeva lentamente, a disagio, anche se non le aveva mai chiesto di non farlo più, ed ogni volta che incrociava gli occhi di lei gli sembrava che lei sapesse, leggesse cose dentro di lui che lui non conosceva, che si rifiutava di vedere.
Allora distoglieva lo sguardo per un po', ma per poco, ed alla fine ritornava a guardarla senza neppure accorgersene e restava così, a fissarla senza dirle una parola, fino a quando non richiudeva gli occhi, sicuro che l'avrebbe ritrovata lì la volta successiva.

Presto aveva cominciato a stare meglio, a restare sveglio più a lungo, a cercare di muoversi, insofferente perché non sopportava di essere costretto immobile a letto, senza niente da fare se non pensare, e ricordare.

Una volta era passato a trovarlo Naruto ed aveva raccontato del giorno in cui li avevano salvati, di come avessero trovato Chiyo quand'erano arrivati al ranch Uchiha, e di come lei li avesse indirizzati nella giusta direzione, di come avessero trovato Shuriken assieme ad evidenti tracce di altri uomini, e infine di come avessero seguito quelle tracce, sempre più preoccupati perché si erano accorti di non essere gli unici a seguirle.
E poi c'erano stati gli spari, e la corsa a piedi quando non avevano più potuto proseguire a cavallo, e la paura di non riuscire ad arrivare in tempo.

Sasuke aveva risposto a fatica alle domande di Naruto e spiegato brevemente che stava aspettando Itachi quando aveva incontrato Kisame, e che quindi pensava (o sperava) che suo fratello li stesse seguendo, come in effetti era stato.

Naruto subito dopo aveva cambiato argomento e ridendo aveva raccontato delle sue peripezie per riportare Chidori, il cavallo di Sasuke, al ranch.
Lui era rimasto ad ascoltare in silenzio fino a quando Sakura non aveva portato fuori Naruto per permettergli di riposare. Quei due erano restati a parlare fuori dalla stanza e lui non era riuscito ad afferrare una parola di quello che si dicevano.
La cosa lo aveva infastidito, ed era assurdo ed inspiegabile quel fastidio che provava ogni volta che li vedeva assieme, che notava la loro complicità, ed anche quella volta aveva finito, inevitabilmente, con l'arrabbiarsi con se stesso per la sua debolezza.

Quando Sakura era ritornata nella stanza lui era palesemente di pessimo umore.
Si era seduta nella sua sedia, accanto a lui, e lo aveva guardato mentre lui si voltava a studiarla a sua volta.
Ma quando lei gli aveva sorriso non era riuscito a non sorridere a sua volta, sconfitto.

__________


Sakura stava bene, era debole per il sangue perso ma le sue erano state tutte ferite superficiali a parte quella al braccio, ed anche lì la pallottola aveva passato la carne da parte a parte senza fare grossi danni e la ferita stava guarendo facilmente e velocemente.
Sakura stava bene fisicamente, ed era felice.
Da quando Sasuke era fuori pericolo era assurdamente felice, felice di essere viva, che lui fosse vivo, felice di condividere quei preziosi momenti, quei giorni. Felice di ogni istante che passava accanto a lui, pronta a vivere tutto intensamente, fosse anche il semplice contatto della sua mano.
E non le importava altro, tutte le insicurezze, i dubbi, le sembravano solo residui inutili della sua vita passata, quando aveva tempo da perdere in pensieri futili, mentre ora le bastava guardarlo negli occhi e sapere, con assoluta certezza, che lui provava la stessa cosa che provava lei.

Solo più avanti, quando lui era stato in grado di stare sollevato sul letto con un cuscino sulla schiena, gli aveva consegnato la lettera di Itachi.
Subito dopo era uscita dalla stanza in silenzio, sapeva che si trattava di una cosa solo sua e che non l'avrebbe condivisa; più tardi gli avrebbe stretto la mano e lui avrebbe saputo che c'era, che sapeva, che capiva abbastanza da non chiedergli niente.
__

Sasuke aveva tenuto la lettera in mano per un lungo momento prima di aprirla, ricordando le ultime parole che lui ed Itachi si erano scambiati in quello che, lo aveva capito dopo, era stato un commiato, poi aveva stracciato il bordo della busta ed aveva iniziato a leggere.

Non c'era scritto molto.


"Ciao fratellino,

Avrei voluto parlarti e spiegarti di persona tutto quanto, ma è evidente che non ne sono stato in grado. Non dispiacerti per me, va bene così, vivere non mi è mai sembrato facile, o divertente.

Temo che ti deluderò anche questa volta.
Probabilmente tu vuoi sapere cosa è successo veramente quella notte, chi sono io, chi è Danzo, chi è Madara, ma adesso mi sembra che tutti questi giochi di potere, tutto quello che è successo, perfino tutti i nostri morti non siano importanti.

Non è di questo che mi preme parlarti, e neppure di quello che ci siamo detti quando ci siamo incontrati, o del fatto che ti abbia lasciato in orfanatrofio, quando ti avevo promesso che sarei tornato a prenderti.
In quei momenti non ho potuto comportarmi altrimenti, ed ora fa parte del passato.
Sappi che ho fatto quello che dovevo fare, sempre, ma di tutta la mia esistenza, fratellino, tu sei l'unica cosa reale che mi è restata.
 
Per questo voglio che tu pensi al futuro, non che tu viva di ricordi, di passato, e per questo spero che alla fine di tutto tu sia vivo, che ritorni a casa, al nostro ranch, e ricominci a vivere una vita reale, circondato da persone reali, non da fantasmi o surrogati, o da persone sfiorate per necessità, senza averne veramente bisogno.

Forse tu puoi, perché sei diverso da me.
Nostro padre, ricordi? riteneva che tu fossi troppo emotivo e cercava in tutti i modi di correggerti. Noi Uchiha siamo persone fredde, e tu sembravi così sbagliato.
Ma non è vero, solo i morti non hanno emozioni ed in un certo senso a volte mi sento così, come se fossi morto anch'io quella notte, con loro.
A volte penso che tutta la mia vita dopo quella notte sia stata un non pensare, un rimandare, una lunga attesa di qualcosa che non si verificherà mai, che neppure conosco.

Per questo voglio che per te sia diverso, ed è solo questo ciò che mi preme dirti, che conto sul fatto che tu viva anche per me, che tu costruisca quel qualcosa che avevamo, che quindi esiste, ma io non sono più in grado di trovare.
Ho bisogno di sapere che almeno tu sei a casa e tutto va bene.


Itachi"



Sasuke aveva riletto quelle poche righe più volte, come se potesse essergli sfuggito qualcosa.
Poi aveva appoggiato la lettera sul tavolino accanto al letto, si era preparato una sigaretta con il tabacco che si era fatto portare, aveva preso un fiammifero ed aveva acceso la sigaretta. Era tanto che non fumava.
Rimase a fumare cercando di capire, di non essere così deluso, perché erano solo poche parole vaghe, che non spiegavano niente, lasciavano l'amaro in bocca e cercavano di inchiodarlo ad un destino che non era sicuro di riuscire a compiere, di voler compiere.

Ancora una volta Itachi aveva preso la decisione al suo posto, convinto di sapere cosa sarebbe stato meglio per lui.

Dopo un po' prese la lettera e l'accartocciò tra le dita.

Sakura rientrò più tardi e si sedette accanto a lui, ed anche se sicuramente il suo sguardo attento aveva notato i resti accartocciati della lettera sul tavolino, non gli aveva chiesto niente, gli aveva solo preso la mano e l'aveva tenuta tra la sua, e lui per una volta non l'aveva ritratta.
Ma non l'aveva guardata ed aveva continuato a pensare alla lettera, ad Itachi, alla vita che Itachi aveva condotto, che non conosceva e non avrebbe mai potuto conoscere.

Era stata Sakura a togliere la propria mano per prima, e lui si era voltato a guardarla mentre lei sollevava ancora la mano e gli accarezzava il viso, tracciando con le dita il segno ora sbiadito della frustata.
Non si mosse, infastidito da quel contatto che lo faceva sentire vulnerabile, indifeso, ed aspettò paziente che lei smettesse.
Ma lei non aveva smesso ed aveva avvicinato il viso per appoggiare le labbra sulle sue.
Lui aveva allungato il braccio a sua volta per attirarla a sé.

 – Era tanto che avevo voglia di baciarti – gli confessò dopo, quando si erano staccati, ed era restata a guardarlo con quei suoi occhi di cristallo che lo scrutavano nel profondo e sembravano leggergli dentro.

Aveva distolto lo sguardo ed aveva preso la lettera.

 – In questa lettera non è scritto niente – mormorò.

 – Niente? –

 – Niente, mi spieghi cosa cazzo significa? – chiese senza più provare a nascondere la rabbia – Sono parole vuote, non vogliono dire niente, niente! Cosa capisci da questo? – aveva aggiunto passandole il foglio dopo averlo lisciato appena con le dita.

Sakura aveva preso in mano la lettera ed aveva iniziato a leggerla, ma subito non era riuscita a capire niente, le parole che le si confondevano davanti, troppo agitata da quel gesto, dal suo significato, dal fatto che Sasuke si fidasse abbastanza da fargliela leggere.

Finalmente aveva ritrovato la calma e dopo avere letto aveva ripiegato il foglio e l'aveva consegnato a Sasuke.

 – Penso che ti abbia voluto molto bene, e che sia stato molto solo... anche se forse poteva fare altre scelte, non allontanarti – osservò pacatamente – sei... arrabbiato con lui per questo? –

Lui non aveva risposto ma l'aveva ancora attirata a sé e l'aveva ancora baciata.

__________


Ecco, non sapeva, forse era stata ingenua, o forse aveva abbassato troppo la guardia senza accorgersene, sbagliando: non sapeva quando avesse smesso di essere la vecchia Sakura concreta e indipendente e quando aveva iniziato a pensare, aveva lasciato che si insinuassero dei pensieri sbagliati, e ridicoli... e neppure suoi, e da stupida, come una stupida, aveva creduto che forse, che ora le cose sarebbero state diverse.
Come se lui potesse accettare finalmente di fare una vita più semplice, più... comune.
Come se lei potesse essere felice con una vita più ordinaria, una vita dalla strada già tracciata, come erano tracciate quelle delle altre donne che lei conosceva, come quella di... Ino.

E probabilmente era stato per quello, per quella sua momentanea debolezza, che aveva sentito così male la prima volta che lo aveva visto seduto sotto al portico, sul dondolo, che guardava lontano con desiderio, e nostalgia.

Il vento gli aveva mosso i capelli e poi si era voltato a guardarla, ed anche se aveva sorriso lei non si era sentita rassicurata.

Da quel momento aveva cercato di trattenersi, di tornare indietro, di ricostruire tutte le sue barriere, ma come poteva riuscirci se in cuor suo sapeva che non intendeva allontanarsi da lui, se invece aveva ancora più bisogno di stargli vicino, di toccarlo, proprio perché sapeva che non aveva tempo, perché sentiva che se ne sarebbe andato?

Così ogni giorno lottava invano contro se stessa e cercava di ritrovare un po' di distacco, di realismo, ed ogni volta, stanca di tutte quelle incertezze che aveva pensato di aver eliminato per sempre, si sedeva di nuovo accanto a lui, e poi chiudeva gli occhi e gli si avvicinava abbastanza da sentire il calore del suo corpo attraverso i vestiti.

 – Quel giorno – si era decisa a chiedergli una volta, mentre era seduta sul dondolo accanto a lui – quando mi hai detto che era colpa tua, che avevo sempre avuto ragione io, cosa intendevi? –

 – Ho detto così? – aveva provato a negare lui.

 – Lo ricordo bene – aveva tagliato corto lei senza farsi intimidire – Cosa intendevi? – aveva insistito.

Lui era rimasto in silenzio, e Sakura aveva dovuto trattenere il nervosismo e sforzarsi di aspettare pazientemente.

 – Pensavo che fossero state tutte le mie azioni, i miei errori, a portarti lì... – si era deciso a parlare infine – in quel momento pensavo che, se solo fossi stato diverso, avrei potuto costruire qualcosa – aveva fatto una pausa – invece di distruggere –

Lei lo aveva fissato pensierosa, non completamente sicura di quello che lui voleva dire, eppure conscia che non significava niente, che lui non stava promettendo niente, che forse, invece, stava tentando di metterla in guardia, di prepararla.

 – Non guardarmi così – aveva interrotto i suoi pensieri lui.

Sakura non aveva saputo che rispondere ed aveva continuato ancora a guardarlo, incapace di distogliere lo sguardo dagli occhi scuri di lui, incapace di mantenere distacco, di nascondere le sue paure, i suoi desideri, la speranza che nonostante tutto non riusciva a soffocare.
Lui la scrutava con un fuoco nel fondo degli occhi, un fuoco che aveva già visto, che riconosceva.
Le aveva scostato un ciuffo di capelli dal viso.

 – E tu? Mi aspetterai... sempre? – le aveva domandato.

Aveva continuato a guardarlo sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime, era così allora, era davvero così? – Te ne andrai? – gli aveva ribattuto amara.

 – Perché – aveva mormorato lui chinandosi appena verso di lei –  mi seguirai? –

Subito non era riuscita a parlare, la vicinanza di lui che la faceva sentire debole, languida, conscia del proprio corpo.

 – Vieni da me questa notte – le aveva sussurrato poi, a pochi millimetri di distanza, e solo sentire il fiato di lui sul suo collo le faceva girare la testa – Ti voglio –

 – Sei sicuro? – aveva chiesto prosaicamente, in fondo era appena guarito, ma la voce era uscita un po' tremante, ed era consapevole che anche se lui se ne fosse andato domani non gli avrebbe detto di no, non voleva dirgli di no.

Lui aveva appoggiato le labbra sul suo mento ed aveva fatto passare le dita sul profilo del suo corpo, poi le aveva portate sull'attaccatura del suo collo ed aveva slacciato un unico bottone della camicetta, tracciando con un dito la pelle al di sotto della stoffa – Sì – le aveva risposto infine.

__________


CONCLUSIONE


Grazie all'aiuto di Kakashi erano riusciti a ricostruire a grandi linee tutto quello che era accaduto.
Partendo dalla rapina al treno avevano messo insieme i vari pezzi: come Madara avesse chiesto l'aiuto di Orochimaru per assassinare gli Uchiha, come fosse poi finito in prigione, e come quei due non si fossero mai fidati l'uno dell'altro, avessero continuato a minacciarsi, e per questo il ranch fosse stato per lungo tempo abbandonato.
Poi c'era stato Danzo, che lavorava per un'agenzia non governativa che da anni ormai cercava di sgominare la banda di Madara e di recuperare il bottino.
Itachi, che era servito da tramite tra Madara e Danzo, faceva parte della stessa organizzazione, mentre quell'accozzaglia di banditi che si divertiva a rubare e spadroneggiare era parte della banda di Madara.
In realtà il furto di bestiame, avevano dedotto, era stato solo qualcosa di accessorio, o forse non era così e davvero Madara pensava di poter rovinare gli altri ranch e diventare l'unico padrone di tutto il territorio, in fondo era nel suo carattere.

A Konoha avevano ripetuto le elezioni del sindaco ed era stato eletto uno dei notabili del luogo, come prevedibile, un uomo che aveva diversi interessi in città ma sembrava sufficientemente onesto.
Madara era stato trasferito e sarebbe stato processato altrove, anche se l'esito del processo era scontato.
Kakashi, rieletto sceriffo, era andato con un bel po' di uomini a scavare nel luogo che gli avevano indicato, e al di là della parete di detriti avevano trovato una caverna, con all'interno i lingotti della vecchia rapina, ancora intatti.
Probabilmente, aveva raccontato Sasuke a Sakura una volta, la pietra che lui aveva trovato da bambino non era neppure oro.
C'era una ricompensa per il ritrovamento dell'oro, e con una logica non del tutto chiara neppure agli stessi beneficiari, era stata divisa tra Sasuke e Naruto.

Non che Naruto fosse d'accordo all'inizio, anzi, aveva protestato con veemenza, sostenendo che lui non aveva diritto a niente e che la ricompensa spettava solamente a Sasuke.

Un giorno era venuto al ranch ed era rimasto a lungo a parlare con Sasuke.
Sakura li aveva lasciati soli e li aveva visti discutere animatamente, seduti all'aperto, Naruto che sembrava arrabbiato e si infervorava, e Sasuke che rispondeva pacatamente.

Quando li aveva visti tornare Naruto aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro, e Sakura aveva pensato che non lo aveva mai visto così felice, mentre Sasuke aveva solo l'ombra di un sorriso, come se l'allegria di Naruto avesse contagiato in parte anche lui, senza che lo volesse.

Quel giorno Sasuke aveva sottoscritto una specie di contratto alla loro presenza in cui rendeva Naruto suo socio nel ranch.

 – Ho deciso che se è impazzito del tutto tanto vale approfittarne – biascicò Naruto, improvvisamente imbarazzato perché gli sembrava di approfittare del suo amico.

 – Taci e firma, idiota – rispose secco Sasuke.

Lei lo avevo fissato sorpresa, curiosa, perché non lo aveva mai sentito usare un tono così leggero prima di allora, e poi aveva guardato Naruto e intenerita si era accorta che aveva gli occhi lucidi, commosso.
Jiraiya aveva commentato con un - Non avrei mai detto che ti sarebbe andata così bene - ma mentre parlava sorrideva e sembrava piuttosto soddisfatto.

 – Vedi Sakura? – aveva esclamato Naruto più tardi, prima di andarsene – alla fine tutto va per il meglio!! –

Sakura gli aveva sorriso, immensamente felice per lui, perché sapeva cosa significava per lui diventare proprietario di un ranch, e se c'era qualcuno che meritava di veder realizzati i propri sogni quello era Naruto, proprio perché aveva sempre dato tutto per gli altri e non aveva mai pensato a sé, non aveva mai fatto niente per se stesso.

Anche Tsunade era contenta, sembrava sicura che Sasuke si sarebbe fermato ed aveva spiegato a Sakura che quella donazione era stata la cosa più intelligente da fare, visto che lui non aveva la più pallida idea di come mandare avanti un ranch mentre Naruto era un esperto al riguardo, e sarebbe stato ben lieto di sobbarcarsi tutto il lavoro.

 – E poi c'è anche il nostro ranch di cui occuparsi, toccherà a te, lo sai – aveva aggiunto allegramente, e chissà cosa aveva in mente esattamente, quali scenari immaginava e quale futuro credeva di vedere per Sakura.

Ma lei sapeva esattamente come stavano le cose e per quello non era contenta della scelta di Sasuke, perché sapeva che non era così come pensavano gli altri, non solo almeno.
La verità era che così Sasuke poteva andarsene.

Non ne avevano più parlato ma lei lo sapeva, lo avvertiva ogni volta che gli stava accanto, ogni volta che lui la guardava, le parlava, la toccava.
Sentiva, come un costante rumore di sottofondo, che tutto questo era temporaneo.
A tratti avrebbe voluto che lui si decidesse e se ne andasse subito, se era così che doveva finire, perché l'attesa era insopportabile, ma proprio per questo si abbandonava con un'intensità maggiore ad ogni momento vissuto assieme a lui, proprio perché lo avvertiva effimero.

Aveva cercato di mantenere un certo distacco, di abituarsi alla partenza di lui cacciando mentalmente qualsiasi altra possibilità, non dando ascolto neppure alla più piccola voce di speranza, rassegnandosi fin da ora all'inevitabile, ma si era abituata ad avere il corpo di lui vicino, ad avere lui vicino, ad avvertire la sua presenza in ogni istante, anche quando era da sola.
Perché era quello che le dava lui, ogni volta che la rendeva partecipe dei suoi pensieri, delle sue idee, anche solo tramite un gesto, uno sguardo... ogni volta che si toccavano, baciavano, amavano, lei avvertiva una completezza che non aveva mai provato, che non aveva mai creduto possibile.
Con lui non era più sola.

Ma un giorno lui se ne sarebbe andato e lei sarebbe ritornata come prima, si sarebbe riabituata alla sua vita, si sarebbe riabituata ad essere sola.

 – Cosa pensi di fare ora, ragazzo? – gli chiese Jiraiya a cena una sera.

 – Ci sto ancora pensando – aveva risposto lui.

 – Ma resterai al ranch, giusto? Al tuo ranch, è casa tua, no? – aveva insistito lui – è ora che la smetti di girare e che pianti radici – aveva aggiunto dando un'occhiata a Sakura.

 – Forse – era stata l'evasiva risposta.

Tsunade non era intervenuta ma Sakura aveva visto la rabbia che le accendeva lo sguardo, e più tardi era andata da sua zia e le aveva chiesto espressamente di non intervenire, di lasciare che si arrangiasse lei con Sasuke.

 – Spero che se ne vada al diavolo – aveva replicato la zia, ma non aveva mai commentato ad alta voce di fronte a lui.

___

E poi erano arrivati quei due, Suigetsu e Karin.
Il ragazzo l'aveva salutata allegramente mentre la ragazza l'aveva guardata con odio, come ogni volta, e Sakura aveva risposto al suo sguardo con fermezza.
Li aveva lasciati da soli, non erano fatti suoi quelli che dovevano dirsi, ma si era accorta di provare una sottile inquietudine all'idea che fossero venuti a chiedergli quando poteva andarsene, che fossero venuti a prenderlo.
E questo ulteriore segno di debolezza l'aveva infastidita ancora di più.

Invece quei due se ne erano usciti come erano entrati, lui esattamente allo stesso modo, con un saluto allegro, lei con uno sguardo improvvisamente smarrito che aveva colpito profondamente Sakura, perché vi si era in qualche modo riconosciuta.

 – Sasuke ci ha ceduto la sua parte di ricompensa, grande eh?! – aveva esclamato Suigetsu felice.

 – Non pensare di averlo per molto – le aveva sibilato Karin, ma non era riuscita a mettere abbastanza odio nelle sue parole, ed il dolore era risuonato netto sotto il grossolano tentativo di ferirla.

 – Dai Karin, andiamo – l'aveva chiamata Suigetsu con una punta di tenerezza che aveva fatto abbassare il capo alla sua compagna.

Subito dopo Karin aveva alzato la testa ed aveva iniziato ad allontanarsi velocemente – …che vada al diavolo... – aveva mormorato tra i denti.

E Sakura non aveva capito a chi si riferisse, se a lei o a Sasuke.

 – Mi dispiace – mormorò tra sé mentre ritornava in casa, senza voltarsi a guardarli.

Nel pomeriggio, quando si erano trovati da soli glielo aveva chiesto, gli aveva chiesto cosa si erano detti.

 – Volevano che andassi con loro – le spiegò brevemente lui, studiandola attentamente con gli occhi mentre parlava, facendole chiedere che cosa avesse scritto in faccia – abbiamo vissuto molte cose insieme – concluse.

E quelle semplici parole le avevano fatto, di nuovo, ancora una volta, male al cuore.
Ma non aveva detto niente, non gli aveva chiesto niente, ed era stato lui a continuare.

 – Non so cosa faranno loro – le disse – ma per me quel periodo della vita è chiuso, per sempre –

E nonostante il sollievo che provava, Sakura aveva pensato che faceva paura questo suo modo di chiudere, di tagliare completamente con il passato, ed ancora una volta si era sentita debole.
Cosa voleva fare adesso Sasuke, cosa voleva tenere, e cosa voleva, così facilmente, buttare?

Eppure si era limitata ad aspettare, perché non voleva chiedergli niente, non gli avrebbe più chiesto niente, non gli avrebbe più imposto niente.
Anche se si erano baciati nella notte, e si erano accarezzati, amati, e lei si era aggrappata a lui trattenendo i gemiti, trattenendo le parole che le venivano alle labbra ogni volta che i loro corpi nudi si univano e si fondevano in uno.

Finché non rimasero a parlare, una sera, nella veranda, mentre il dondolo si muoveva appena e le stelle si accendevano nella notte.

 – Ho fatto l'ospite per troppo tempo – aveva iniziato lui.

Lei si era irrigidita, consapevole che l'attesa era finita, e per un momento avrebbe voluto tapparsi le orecchie e rimandare ancora, poter aspettare ancora.
Si riscosse subito.

 – Vuoi dire che hai deciso? – domandò in fretta, con il tono più neutro che era riuscita ad usare.

 – Non riesco a ragionare lucidamente vicino a te – le rispose, facendola irritare.

 – Vuoi dire che non capisci cosa vuoi fare perché... ti distraggo? – gli aveva domandato ironica.

 – Mi trattieni – fece lui, facendola arrabbiare davvero ora.

 – Ti trattengo – aveva ripetuto amara.

 – …perché so quello che voglio fare, so che non posso restare qui – le spiegò semplicemente – mi sento come in gabbia... mi sento soffocare – si era interrotto un momento continuando a guardare dritto davanti a sé – so che non sono ancora pronto per fermarmi da qualche parte –

E lei aveva capito.

 – Quando – gli chiese solo.

 – Domani, o dopodomani –

Sakura si era alzata di scatto senza più parlargli, senza voltarsi neppure una volta a guardarlo.

 – Aspetta – le aveva chiesto lui.

Ma non aveva aspettato, non gli avrebbe dato la soddisfazione di chiedergli di restare, non si sarebbe fatta vedere debole, non avrebbe pianto... non lo avrebbe trattenuto.

Da quel momento aveva evitato di restare da sola con lui.
Il giorno dopo lui era ancora lì e lei lo aveva evitato di proposito, che se ne andasse in fretta, visto che lo voleva così tanto.
Occupò il tempo con il lavoro manuale, dedicandosi a tutte le attività che aveva trascurato da quando c'era lui, cercando un po' di sfogo nella fatica fisica.

Aveva avvertito lo sguardo di lui su di sè per tutto il tempo in cui si erano trovati nella stessa stanza, ma aveva continuato ad ignorarlo, incurante di sembrare infantile.
Lo aveva guardato solo una volta, mentre ritornava dalla stalla: lui era seduto sull'altalena, al solito, ad annoiarsi a morte, e non la guardava.

Sul tardi Naruto passò a trovarli ed ascoltò stupito la novità.
Lei si era allontanata ed aveva lasciato che loro due si parlassero da soli, e quando Naruto l'aveva chiamata a gran voce si era avvicinata in silenzio, gli occhi puntati solo su di lui, ancora decisa a non incrociare lo sguardo di Sasuke.
Naruto commentò infuriato il comportamento del suo amico, lo definì un completo, totale, imbecille senza speranza, ma questo non l'aveva fatta stare meglio, nè aveva fatto cambiare idea a Sasuke.

 – Dovevamo andare a vedere insieme il ranch! – continuò a imprecare lui – dovevamo decidere cosa sistemare e tu bastardo preferisci andartene a zonzo senza neppure dire dove, o per quanto! –

 – Suppongo che dovrai fare da solo – aveva tagliato corto lei, sempre senza guardare Sasuke.

 – Va bene, me ne vado – si arrese lui allontanandosi – peggio per lui, mi prenderò la mia parte di ricompensa per il ritrovamento dell'oro, e metterò su un ranch perfetto! E tu non potrai avere niente da ridire, e quando tornerai dovrai stare zitto ed obbedire al tuo socio, coglione! – esclamò alla volta di Sasuke.

Più tardi Sakura aveva accompagnato Naruto per un tratto, lui che teneva il cavallo per la briglia, e si erano fermati un momento davanti alla staccionata, appoggiandovi le braccia sopra.

 – Stai male, vero? – interruppe il silenzio lei guardando davanti a sé, con un tono più triste di quello che voleva usare.

 – Neanche più di tanto – aveva risposto lui – ormai lo conosco –

Si era voltata a guardarlo e davvero lui non le sembrava triste come pensava, non triste come... lei.

 – Vuoi sposarmi? – le chiese all'improvviso.

 – No – aveva risposto lei frettolosamente – non credo che mi sposerò ma – aggiunse.

 – Neanche se te lo chiede Sasuke? – l'aveva tentata.

Lei aveva sorriso – E' una cosa così irreale che non riesco neanche a considerarla –

 – Intanto non hai detto no – commentò lui – Sakura... – aveva cambiato tono – io invece voglio una famiglia, una mia, qualcuno da cui tornare a casa... l'ho sempre voluta – aveva fatto una pausa – credo che corteggerò Hinata se per te va bene – aveva concluso portando le mani sulla nuca, con un'aria di nuovo spensierata che Sakura aveva trovato fuori luogo, eppure le aveva fatto nascere un sorriso alle labbra.

 – Sarei proprio felice per voi – gli rispose.

 – Credo di piacerle – aveva proseguito lui.

 – E a te piace? – gli domandò curiosa, anche se conosceva già la risposta.

 – Sì – aveva risposto lui – sì… incredibile, eh? Sì, mi piace proprio – aveva ripetuto sorridendo – ed ora non sono più un semplice cow boy, per cui anche il vecchio non potrà avere niente da ridire! –

Lei aveva guardato ancora davanti a sé, improvvisamente corrucciata – E allora perché mi hai chiesto di sposarti? – lo sgridò.

 – Ti ho amata da sempre, lo sai, e comunque, te lo dovevo –

Stupido, stupido, Naruto, così nobile, così... grande.

 – Hinata è una donna fortunata, lo sai? – sorrise ancora suo malgrado.

Lui stranamente non aveva risposto ed aveva appoggiato le braccia sulla staccionata.

 – Sai, per Sasuke – le aveva detto, e a lei si era subito spento il sorriso – tornerà – aveva proseguito lui – lo so, credimi... ho visto come ti guarda... tornerà da te –

Lei aveva considerato per un attimo le sue parole.

 – Non so se sarò qui ad aspettarlo – rispose infine, e non aggiunse altro.

__________


La sera lui ancora non se ne era andato e Sakura si era rinchiusa nella sua camera, arrabbiata, furiosa con lui, e con se stessa per questo suo comportamento irrazionale, stupido.
Lo sapeva che lui se ne sarebbe andato, lo sapeva che lui non era fatto per starsene fermo in un ranch, per sporcarsi le mani.
Sollevò le sue, di mani, e si guardò i palmi: erano callosi, induriti.
Mani di una persona che lavorava.
Le mani di Sasuke erano morbide, perfette, erano le mani di una persona che sparava.

Ecco, la rabbia si stava affievolendo, e lei sapeva che dopo ci sarebbe stato solo il dolore.
Dolore per la perdita, per non essere stata abbastanza, per non essere stata scelta, dolore perchè sarebbe rimasta sola.
Ma sarebbe passato, prima o poi sarebbe passato... prima o poi lui sarebbe diventato solo un ricordo, doveva solo stringere i denti ed aspettare.

Solo che non era mai stata brava ad aspettare.

Si alzò ed iniziò a preparare i bagagli: se ne sarebbe andata anche lei per qualche giorno, forse avrebbe chiesto ospitalità ad Ino, era sicura che gliel'avrebbe data volentieri, tutto pur di non starsene lì a vederlo partire, pur di non vedere il ranch vuoto.

Il mattino successivo Sakura stava pranzando assieme alla zia ed a Jiraiya.
Sasuke non c'era ma lei sapeva che non era ancora partito.
Lei aveva preparato Shuriken prima di sedersi a tavola, caricando sulla sella le bisacce preparate la sera prima, decisa a non aspettare oltre e ad andarsene via per un po', magari non da Ino, magari, visto che l'Akatsuki non esisteva più, poteva anche andare fino alle colline e dormire all'aperto per un paio di notti, forse anche per una settimana, perchè no.

Guardò un momento la zia, curiosa, cogliendo lo sguardo che l'altra lanciava distrattamente all'uomo accanto a sé.
La zia era piuttosto distratta in quel periodo, e Sakura ne conosceva il motivo.
Aveva anche scovato Jiraiya che sgusciava via dalla camera della zia una mattina, ed aveva osservato tra sé e sé, sorridendo, che c'era davvero un notevole via vai di gente di notte in quella casa.
Ed era felice, non lo avrebbe mai pensato, ma era felice per lei, per loro, come era felice per Naruto.

 – Sai zia – osservò casualmente – forse dovresti sposarti tu –

Tsunade l'aveva guardata momentaneamente sorpresa e poi aveva sorriso.

 – Questo ranch è mio e tuo – aveva spiegato – niente ulteriori proprietari legittimi –

 – Questa donna è avida – commentò Jiraiya passandole un braccio sulle spalle, ma sembrava felice anche lui, stupidamente felice.

 – Allora non correrai più dietro alle donne – buttò lì Sakura perfidamente.

Tsunade aveva ghignato – Se ci tiene alla vita – aveva precisato.

 – E Sasuke? – cambiò argomento lui, introducendo di proposito quell'argomento sgradito, il rompiscatole – Pare che vada proprio via, chissà dove, chissà perché – l'aveva guardata pensieroso – gioventù – aveva commentato poi – ma prima o poi capirà anche lui che si sta meglio con delle radici –

 – Forse – mormorò lei cupa.

E proprio allora, mentre parlavano di lui, Sakura aveva avvertito la sua presenza e si era girata in tempo per vederlo entrare nella stanza.
Era pronto ad andarsene, lo spolverino addosso ed il cappello in mano.
Non lo aveva più guardato negli occhi da quella sera e restò colpita, suo malgrado, dalla forza del suo sguardo.
Rimase a guardarlo con la consapevolezza che era l'ultima volta.

Sasuke non aveva neppure degnato di uno sguardo gli altri, si era avvicinato a lei continuando a fissarla in silenzio, e poi aveva allungato la mano, con il palmo rivolto verso l'alto.

 – Sakura – parlò finalmente – vieni via –

Lei non aveva capito dapprima, e poi avrebbe voluto chiedergli dove, chiedergli un migliaio di cose, e invece lo aveva guardato in silenzio, incerta.

 – Non so... – aveva provato a dire.

 – Vieni con me –

Lentamente si era alzata, senza quasi rendersene conto, come ipnotizzata, e voleva dirgli di no, dirgli che quella era la sua casa, che non lo avrebbe seguito.
Ma aveva fatto un passo verso di lui, improvvisamente leggerissima.
E tutto il resto, e tutti gli altri, non avevano più avuto importanza.

Tsunade si era alzata di scatto ed aveva cercato di trattenerla mentre lei prendeva la mano che Sasuke le offriva e lo seguiva in silenzio.

Era stato Jiraiya a fermare Tsunade, e lei si voltò a guardarlo mentre Sakura e Sasuke uscivano dalla stanza, diretti alla stalla diretti... dove?

 – E' mia nipote, è come mia figlia per me! –

 – Non puoi trattenerla contro la sua volontà –  replicò Jiraiya.

 – Se ne pentirà! – aveva cercato di spiegargli, possibile che non lo capisse!

 – Può sempre tornare, tu sarai qui ad aspettarla –

 – Non capisci... non può... non posso rinunciare a lei – balbettò incoerentemente.

 – Tornerà – l'aveva rassicurata lui stringendola tra le braccia – torneranno tutti e due –

 – Non puoi dirlo – mormorò debolmente lei, ma aveva così voglia di credergli.

 – Siamo stati anche noi come loro, ma ora abbiamo cambiato idea. Succederà anche a loro, lo so, lo sai anche tu. Torneranno, fidati di me – aveva sorriso lui – e tu avrai i tuoi dannati nipotini –

Tsunade si era stretta a lui ed aveva lasciato che il cuore riprendesse a batterle nel petto più lentamente.
Voleva credergli, aveva bisogno di credergli.

Insieme si avvicinarono alla finestra e lei li vide uscire dalla stalla attraverso le lacrime, e poi li guardò allontanarsi a cavallo, diretti chissà dove.
Sakura si era voltata un momento dalla sua parte e non sembrava preoccupata, o insicura, sembrava solo libera, e felice.


FINE
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Accidenti.. ci sono stati dei momenti in cui ho disperato di riuscire a scrivere la parola fine.. che faticaccia!
E pensare che era stato così divertente all'inizio!
Spero che il finale vi sia piaciuto.. io me li immagino ritornare tra qualche anno, magari con un paio di bambini in braccio!!

Va bene, ora vi saluto.. ma prima ringrazio alfombra, perchè davvero senza di lei questa storia si sarebbe persa per strada, e poi grazie a tutti voi che avete letto, commentato, o messo la storia tra i preferiti/ seguiti o quant'altro!

Grazie in particolare a Julia83, kry333 e RBAA che mi hanno sempre incoraggiato, e a tutte le ragazze che mi hanno recensito.

Per Saku_Nami: Ciao! Grazie mille per la recensione!! No.. non ho fatto morire loro due, odio le storie che finiscono male!


RBAA: Eh eh! Pensavi che lei restasse sola al ranch Uchiha con un figlio? Sarebbe stato molto più drammatico e d'effetto forse, ma sono dell'idea che sia sempre meglio un lieto fine per quanto banale possa essere!!   Ciao e grazie di tutto!


kry333: Spero che il finale ti abbia soddisfatta abbastanza, come vedi ho aggiunto il Naru/Hina!! E prometto che nella prossima AU che scriverò lascerò vivo anche Itachi!! Grazie.. per tutte le recensioni!




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