Un viaggio inaspettato

di LubyLover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Visita notturna ***
Capitolo 2: *** In volo ***
Capitolo 3: *** Pennellate ***
Capitolo 4: *** Buon anno, Luka ***
Capitolo 5: *** Sotto la neve ***
Capitolo 6: *** Confessioni dolorose ***
Capitolo 7: *** Risveglio ***
Capitolo 8: *** Josif e Maggie ***
Capitolo 9: *** Chicago, Illinois ***



Capitolo 1
*** Visita notturna ***


Capitolo 1: Visita notturna

 

Sente distintamente qualcuno bussare alla porta, ma decide di non muoversi. E' comoda; il maglione morbido e un po' sformato, i piedi allungati sul divano e il riscaldamento acceso sono tutte motivazioni più che sufficienti alla sua immobilità. Non vuole alzarsi, la giornata è stata pesante e stancante. Non ha fatto altro che parlare e stare con altre persone e adesso desidera solo starsene un po' in santa pace. In più, sa già che non può essere Carter, visto che è partito il giorno prima per andare a Boston da suo padre.

Ma il bussare la disturba ancora. E' più insistente, adesso, e,  Abby lo potrebbe anche giurare, è macchiato da una nota di disperazione. Quasi come se la risposta della donna fosse necessaria alla salvezza della persona sul pianerottolo. Abby mugola infastidita, molto infastidita, ma si alza, sconfitta. Trascina i piedi fino alla soglia, sentendo già che il suo corpo sta disperdendo il calore accumulato.

Gira la chiave ed apre un po' la porta: "Sì?"

Nessuna risposta dall'altra parte, ma lei riconosce l'uomo che si nasconde parzialmente alla sua vista. Perché, lei lo realizza improvvisamente, c'è solo una persona che si può materializzare alle dieci di sera. Soprattutto dopo il casino infernale che ha combinato ieri.  Con un gesto rapido toglie il chiavistello e spalanca la porta. Bingo, Abby!

Lui la osserva, in religioso silenzio, con lo sguardo di un bambino che sa di meritarsi una punizione. Uno strano contrasto, il suo corpo statuario e slanciato e forte, ma avvolto da fragilità e debolezza indescrivibili.

Abby gli fa un gesto con la mano, invitandolo ad entrare, ma lui non si muove. Sta aspettando, Dio solo sa cosa, visto che non si è ancora deciso ad aprire bocca e che non sembra minimamente intenzionato a farlo. Ed a quel punto lei nota la valigia blu scuro accoccolata ai piedi dell'uomo con il suo bel cartellino per l'identificazione ancorato alla maniglia. Abby solleva le sopracciglia in modo interrogativo e poi torna a fissarlo. Il colore dei suoi occhi è qualcosa di indefinito, un verde scuro mischiato al grigio, un colore riscontrabile solo nelle sue iridi; la carnagione è pallida, spenta, il tipico colore di chi si sta trascurando e due occhiaie bluastre disegnano archi profondi e drammatici sotto i suoi occhi. Sembra quasi un morto. Da quanto tempo starà così? Da prima di ieri, ma io non ho prestato troppa attenzione, anzi ci ho pure scherzato su.

"E quella?" Non può non domandare. Ne ha il diritto. D'altra parte è lui che si è presentato inaspettato alla sua porta.

"Sto per partire" E basta, non ritiene necessario aggiungere altro.

Lei continua a fissarlo per cercare una risposta oltre le sue orbite stanche, il viso un po' emaciato e le labbra screpolate. Ovviamente non ne sapeva nulla; ma quando mai ha saputo qualcosa di lui? Quando lui l'ha resa partecipe? Sbuffa, con un moto di stizza: è così tipico da parte sua metterla di fronte al fatto compiuto. Lo fa in continuzione. Lo faceva quando stavano insieme e ha continuato a farlo poi. E lo fa anche adesso, tante grazie. E' un comportamento così da Luka che a lei viene quasi da ridere.

Eppure qualcosa solletica la sua mente, un altro pensiero, un'altra conclusione, qualcosa capace di cancellare la stizza e lasciare spazio ad una sorta di orgoglio perverso. Si può senz'ombra di dubbio affermare che nessuno sa praticamente nulla di Luka. Nulla del suo passato, nulla dei suoi hobbies, nulla delle sue amicizie e frequentazioni. Ma lei è una specie di eletta, perché almeno lei è messa al corrente delle sue azioni irrazionali, Ed è sempre lui a volerla mettere al corrente, perché lei sa, lei può capirlo. Non ha bisogno di spiegare, non a lei.

"Parti?", solo un po' sorpresa.

Lui la fissa per qualche istante, le parole che ha pronunciato da contare sulla punta delle dita. Così da copione, così da lui, così familiare. Poi le afferra una mano, un gesto delicato ma deciso. E per nulla inaspettato. Lo sapevo. E lo aspettavo.

"Vieni con me"

Non è una domanda. E' risoluto nella sua affermazione, così come lo era lei nella stanza d'albergo, mille anni fa, quando gli ha sussurrato che non c'era bisogno di parlare. Ed era vero.

Lei gli stringe la mano, sentendo la sua pelle fredda in contrasto con la sua. La fissa con gli occhi spalancati ed il timore che lei si possa arrabbiare e lo possa mandare via. D'altronde ne avrebbe il diritto. Non è stato invitato lì. E lei non ha ancora chiaro il motivo della sua non-richiesta.

Abby pensa a John, il suo fidanzato, pensa che ha voluto mettersi insieme con lui, che hanno scelto il momento giusto. Pensa che ci sono stati tantissimi momenti belli tra di loro e che altri ce ne potrebbero essere, ma pensa che non è esattamente tutto come si aspettava. Ed è una lama fredda, più fredda delle mani di Luka, che non ha mai preteso nulla da lei, che non ha mai provato a giudicarla, aggiustarla o salvarla. Luka, che è lì, in quel momento, con una valigia chiusa ed il cartellino col nome. Luka che sta per partire e le ha fatto una proposta, che non sembrava una proposta, ma sotto sotto lo era, perché lei lo sa che è terrorizzato e fragile ed ha bisogno di conforto, lo stesso identico conforto che lei gli ha dato anni fa. E lei ha un ragazzo adorabile che, però, non è lì. Lo sa cosa sta per chiedere Abby, perché al destino non si può sfuggire, perché quando Luka si presenta alla tua porta dopo aver rischiato di buttare a puttane la sua carriera, essersi quasi ammazzato (ed aver quasi ammazzato Erin), e ha una valigia e ti dice che parte c'è solo una domanda, una, che si srotola, da sola, sulla lingua di Abby:

"Quando partiamo?"

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Capitolo 2
*** In volo ***


Capitolo 2: In volo

La risposta alla sua domanda “Quando partiamo?” era stata “subito”, ma, naturalmente, subito si era rivelato essere un po’ complicato. Abby aveva dovuto andare al County e praticamente implorare Kerry per avere del tempo libero. La rossa aveva storto il naso ed alzato la voce, ma la presenza pallida e smunta del Croato che aveva accompagnato Abby l’aveva fatta capitolare. Luka sarebbe stato meglio lontano da lì, lo aveva già deciso, e magari Abby gli sarebbe stata utile ad evitare di ammazzarsi.

Quindi l’infermiera avrebbe potuto partire ad una sola condizione: trovare qualcuno altrettanto esperto che potesse sostituirla. Haleh e Lydia, nonostante adorassero trascorrere il periodo natalizio insieme alle proprie famiglie, non avevano saputo resistere agli occhioni di Abby e Chuny non si sarebbe mai lasciata sfuggire l’ipotesi di vedere Abby partire con Luka mentre l’attuale fidanzato non ne sapeva nulla. Un ghiottissimo pettegolezzo.

Ripensando all’ultimo giorno di frenesia, Abby allunga un po' le gambe, mentre la hostess le appoggia il vassoio con il pranzo sul tavolino. Luka è quasi raggomitolato accanto a lei ed è sicuramente scomodo. Gli aerei non sono fatti per le persone alte.

“Vuoi che cambiamo posto? Magari sei più comodo vicino al corridoio…”

Sulle prime lui non risponde, intento a sollevare la pellicola trasparente che ricopre il suo vassoio, poi le arriva la sua voce:

“Preferisco il posto vicino al finestrino. Mi piace guardare giù”

Abby ridacchia tra sé, intimamente sorpresa e divertita: è la frase più lunga che lui ha pronuniciato da quando sono partiti. Forse allontanarsi da Chicago gli farà davvero bene. Si rilassa un po’ e decide di guardare cosa le hanno portato per pranzo.

Il vassoio non è particolarmente invitante; qualche maccherone, sicuramente freddo e scotto, un po’ di cocomero tagliato malamente, una fettina di carne, altrettanto fredda, un pezzo di formaggio, inquietatamente di colore giallo/verdognolo, un po’ di pane con una porzione di burro e qualcosa che dovrebbe essere una fetta di dolce, ma che sembra un mattone.

“Pensi che le compagnie aeree ci vogliano punire?”

Luka la fissa, masticando qualcosa. Non è troppo schizzinoso, non più almeno, non dopo aver provato cosa significhi davvero avere fame.

“Perché gli forniamo del lavoro e li stressiamo al posto di scegliere un’altra compagnia? Può darsi”

Sempre meglio: ci ha messo persino una battuta.

“Ma come fai a mangiarlo?”

“Mi aiuta a passare il tempo. E se mi avvelenano, li posso sempre denunciare”

“Se non muori prima”

Lui le sorride, anche se l’allegria non arriva ai suoi occhi: “In più, dopo anni di Doc Magoo’s ho degli anticorpi da battaglia”, lo osserva spalmare il burro sul pane con l’attenzione che dedica alle procedure mediche più complicate.

È questo a farla decidere, la dedizione che ci mette sempre, la dedizione che sembrava sparita. Toglie il cellophane, aspettandosi di sentire l’odore del cibo, che, però, non arriva.

“Non sa di nulla. Sembra plastica”

“Lo è, probabilmente”, distintamente si può sentire il rumore del cocomero che si spezza tra i suoi denti. Abby sente vacillare la sua intenzione di mangiare.

“Guarda che poi a Francoforte ci fermiamo poco… non so se riuscirai a prendere qualcosa da mangiare”

Si preoccupa per lei e la cosa lo fa stare bene. Era da un po’ che non provava più nulla; forse non tutto è perduto.

Lei non gli risponde, ma infilza un maccherone, portandoselo poi alla bocca. Sembra una bambina che deve prendere una medicina amara e lui sorride. Stavolta anche i suoi occhi si illuminano. L’unica che riesce a farlo rallegrare, anche se non vuole farglielo sapere.

Per qualche minuto mangiano in silenzio, gli occhi fissi sui piatti. Quando il silenzio diventa troppo pesante Abby lo rompe, con una frase inaspettata:

“Carter si è arrabbiato a morte”

“Lo puoi biasimare?”

“Per niente”

Silenzio di nuovo. Le dispiace per Carter, ma qualcosa le ha impedito di dire di no a Luka.

“Sai… Dubrovnik è una città molto romantica. Potresti invitarlo”

Lei lo fissa come si fissa chi ha perso la ragione: “Scusa? Mi stai dicendo che dovrei proporre al mio ragazzo di passare qualche giorno con me nella città del mio ex e che il mio suddetto ex sarà lì con noi? Mi vuoi morta?”

“Detto così suona terribile…”

“Luka, è terribile…”

“E comunque quello morto sarei io”

“Dai… non è vero!”

“Abby, Carter mi odia”

“E’ reciproco”

Non è vero!”, è offeso, adesso, “Io non lo odio…”, lei lo sta fissando intensamente. Luka si sente imbarazzato: “… mi irrita solo, ecco”

“Molto maturo. D’altra parte il combattimento di scherma è ancora fresco nella mia memoria”

Luka si concentra di nuovo sul piatto, spezzando con la forchetta il formaggio. È sempre più imbarazzato. Non gli piace ricordare quella giornata, anche se le varie figuracce fatte da Carter sono un bel ricordo per il suo orgoglio. Chi è che va in giro sempre a dire che sono un bravo ragazzo?

Abby sospira, appoggiando le posate di plastica nel piatto. Il suo pranzo è ancora quasi tutto lì; alla fine, non è riuscita a mangiare quell’accozzaglia di cibo plastificato. Adesso è persa in quel giorno di febbraio: sa che dovrebbe pensare a John, ma continua a sentire la voce di Luka che declama Amleto. Lo fissa di sottecchi, mentre sta ancora sminuzzando il formaggio.

“La prima notte di nozze, eh?”, lo chiede con dolcezza, prima ancora che la sua mente si renda conto di averlo chiesto. Di quante cose avrebbero dovuto parlare senza mai riuscirci davvero?

Lui chiude gli occhi per un secondo, cercando il modo di affrontare la risposta: “Ci amavamo molto”

Si stanno guardando adesso e lei vede i suoi occhi lucidi, quasi come se volesse piangere. Brava, Abby.

“Lo so. Credo di averti invidiato. Credo di invidiarti ancora… tu sei sempre così idealista riguardo all’amore. Ci amiamo allora ci sposiamo. Ci ameremo per sempre. L’amore paga. Lo fai sembrare semplice”

Lui allontana lo sguardo ed abbassa la voce: “Idealista? Non più ormai. Ormai non sono più nulla…”

Prima che lei possa chiedergli cosa ha detto vengono interrotti dalla hostess: “Caffè?”

Luka si riscuote, grato della presenza della giovane: “No, grazie”

Abby lo guarda incuriosita: “No?”

Lui si limita ad un “Legge di Murphy”, mentre la hostess versa il caffè ad Abby.

Lei lo osserva da sopra la tazza fumante, ricolma di liquido scuro ed aromatico: “Cioè?”

Lui sta per spiegare, quando una perturbazione improvvisa fa sussultare l’aereo. Abby, colta di sorpresa, si rovescia qualche goccia di caffè sulle dita: “Uh! Scotta!”

Lui la guarda, con un vero sorriso a dargli luce: “Appunto. Non appena la hostess ti verserà del caffè bollente, un’improvvisa perturbazione ti farà ustionare”

Lei, che ha appoggiato il caffè sul tavolino e si sta asciugando le dita, è costretta a scuotere la testa e sorridere, completamente divertita. Non lo sa cosa li apetterà durante il viaggio, ma è sicura che non si pentirà di essere partita con lui. 

 

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Capitolo 3
*** Pennellate ***


Capitolo 03: Pennellate

 

Capitolo 3: Pennellate

 

“Bello, vero?”

Abby sobbalza appena, spaventata dalla voce di Luka alle sue spalle. Si gira a guardarlo: sta reggendo una tazza di caffè. Neppure lui ha l’aria di aver dormito molto.

“E’ di tuo padre?”

Luka annuisce.

“Mi piace… lo trovo pieno di passione… e a proposito di tuo padre…”, Luka sa già cosa gli sta per dire e cerca di fermarla con un gesto della mano, ma lei non si lascia intimorire, “… non era necessario si trasferisse da tuo fratello”

“Ma lui voleva lasciarci la nostra privacy”. Luka accentua la parola proprio come aveva fatto Josip il giorno prima. Abby non può fare a meno di sorridere: c’è qualcosa di grottesco nel sentire Luka storpiare volutamente con accento dell’est una parola inglese. Come uno scherzo strano.

“Gli ho detto che siamo solo amici”

“Abby, non amici, ma amici”, mentre pronuncia la parola mima il gesto delle virgolette.

“Ma…”

“Lascia perdere. Uomini dei Balcani… sono dei testoni…”

“Ne so qualcosa”

“Già”

Tra loro ripiomba il solito silenzio. Hanno entrambi la mente occupata dai loro problemi; Luka l’attuale disastro che è diventata la sua vita ed Abby l’ennesima discussione con John. Si guardano per qualche minuto, cercando di trovare un argomento qualunque.

“Vuoi vederne altri?”

“Scusa?”, Abby è interdetta.

Luka fa un cenno al dipinto appeso al muro, “Di quadri, intendo”

Abby è momentaneamente sollevata: sono riusciti, di nuovo, ad allontanare il momento teso. “Certo, perché no?”

Lo segue per la casa e dentro lo studio del padre. È una stanza di dimensioni modeste ma ben illuminata. Su una delle pareti si apre una grande vetrata girata ad est. Sulle altri pareti ci sono alcuni quadri ed altre tele sono appoggiate sul pavimento.

“Wow…”

“Anni fa dipingeva più spesso… ormai credo che sia stanco”

Abby si aggira per la stanza, per poi fermarsi davanti ad una tela astratta. I suoi occhi inesperti vedono solo un insieme di pennellate colorate, ma si sente attratta.

“Questo è particolare”

“Siamo noi”

Abby si volta di scatto a fissare Luka: i suoi occhi hanno la medesima sfumatura verde del quadro.

“Noi?”

Lui la guarda, colpito dal suo tono incredulo. Poi capisce e scoppia a ridere: “No! Non noi inteso io e te, noi inteso la mia famiglia. Mio padre dice che in quel quadro ci siamo mia madre, mio fratello ed io”, la sua risata si è spenta con la stessa velocità con cui è nata.

Abby sposta di nuovo lo sguardo sul quadro, pensando al gesto tenero di un padre che dipinge la propria famiglia in modo che solo lui la possa riconoscere. Come se il loro amore fosse qualcosa di troppo intenso ed intimo per essere spiegato agli altri.

“Credo che esprima affetto… le pennellate sembrano carezze”

“E’ una bella descrizione… grazie”

Le si è avvicinato e lei sente il suo respiro caldo sopra la testa: “Questa casa l’ha costruita mio nonno insieme con mio padre. Quando hanno messo i muri portanti, mio padre è entrato e ha stabilito che qui avrebbe dovuto esserci il suo studio. Lo voleva rivolto ad est, in modo da poter vedere l’alba, perché lui si alza presto alla mattina e dall’alba trae ispirazione. Mia madre impazziva sempre, visto che lui la coinvolgeva nelle sue levatacce”

Abby ritrova lo stesso affetto del quadro nelle parole di Luka.

“Tua madre…?”

“Tumore all’utero. Io avevo sedici anni”

“Mi dispiace”, gli appoggia una mano sull’avambraccio, osservandolo chiudere gli occhi.

“Quando ho detto che venivo qui e che portavo te”, piccolo sorriso, “mio padre era tutto felice. Poi mi ha visto”

Abby non risponde. Cosa potrebbe dirgli? L’apparenza cadaverica di Luka è uno dei motivi per cui lei non ha voluto lasciarlo partire da solo.

“Credo che se ne sia andato da mio fratello perché io l’ho spaventato troppo. Gli faccio tornare in mente brutti momenti, e lui ormai è vecchio per queste cose”

Luka sente che gli manca l’aria; come ho potuto entrare qui dentro? Sapevo che sarebbe successo qualcosa del genere… cosa mi aspettavo di trovare? Deve uscire dalla stanza il prima possibile, prima che il cuore gli schizzi fuori dal petto dal troppo battere. Butta giù il resto del caffè con un sorso. È ancora troppo caldo e gli brucia la lingua, ma non gli importa.

“Ho finito il caffè. Vado a prenderne dell’altro”

Prima che lei possa reagire, Luka è già uscito dalla stanza. Abby rimane lì da sola, conscia del fatto che lui sta scappando. Si domanda quanto grave possa essere il malessere di Luka se lui ha paura persino dei quadri di suo padre. Sospira, e ricomincia a guardarsi intorno. Studia gli altri quadri con attenzione: non sono solo astratti… anzi, quello è…

Si accovaccia sul pavimento, ed incrocia un paio di occhi che conosce fin troppo bene. È un bel disegno a carboncino, il viso di Luka è tratteggiato con precisione ed abilità. Josip si è preso del tempo per ombreggiare con cura gli zigomi, la linea del naso e la fossetta sulla guancia. Ma sono gli occhi ad attirare la sua attenzione, perché sono vivi, pieni di passione, di intenti. E lei ricorda di averli visti almeno una volta dal vivo. Ne è sicura. Solleva la mano e ferma le dita a pochi centimetri dal disegno, quando un rumore improvviso la fa alzare di scatto.

Si affretta in cucina. Luka è in piedi, appoggiato al lavello e guarda a terra, dove la tazza di ceramica è andata in frantumi.

“Tutto bene?”

“Scusa… non volevo spaventarti. Mi è caduta”, la sua voce è roca, vicino alla rottura. Come se anche lui fosse una tazza distrutta sul pavimento. 

“Non ti preoccupare”, gli si avvicina, indecisa. L’aria è carica di tensione e di stanchezza.

“Vuoi una mano a pulire?”

“No… faccio da solo. Non avvicinarti!”

Ha paura. Ha paura di me. Abby lo fissa, specchiandosi, quasi, in quegli occhi enormi e lucidi. La sua risposta perentoria l'ha un po' ferita. Abbassa lo sguardo.

“E’ che non voglio che ti tagli… ne basta già uno qui con i punti”, detto questo si indica la garza sul sopracciglio. È un tentativo di battuta, Abby lo sa, ma non riesce: la voce dell’uomo è troppo debole e scoraggiata.

“Va bene, allora. Io sono di sopra a fare la doccia, ok?”

Esce senza aspettare la risposta. È sicura che non ci sarà.

 

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 Grace88: Grazie a te per aver letto. Spero che continuerai a seguire la storia.

 

 

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Capitolo 4
*** Buon anno, Luka ***


Capitolo 04: Buon anno, Luka

 

 

 

 

 

Capitolo 4: Buon anno, Luka

 

"Non hai freddo?"

Luka si volta verso di lei, facendo ondeggiare pericolosamente il bicchiere che sta reggendo. Alcune gocce di vino superano l'orlo e precipitano verso il terreno.

"Non troppo"

"Forse ha a che fare con quello...", Abby accenna al bicchiere.

Luka scrolla le spalle, con fare menefreghista: "Può essere"

"Guarda che l'assideramento lo rischi anche da ubriaco... anzi, lo rischi maggiormente da ubriaco"

"Non sapevo fossi diventata una dottoressa nel frattempo"

"Che spiritoso... dai, vieni dentro. O mettiti una giacca almeno"

Sbuffando, Luka si stacca dal balcone e rientra con lei in casa. Il salotto è pieno di persone che lui, non solo dovrebbe conoscere, ma che dovrebbe persino essere felice di rivedere. Ma come diventata sua abitudine, non sente più nulla. Non gliene frega nemmeno nulla. La cosa veramente assurda è che Abby, invece, sembra divertirsi. E per lei sono davvero degli sconosciuti.

Luka si avvicina ad un divano e ci si accascia sopra. Gli fa male la testa. Abby si siede accanto a lui.

"E' una bella festa"

"Già"

"E' stato gentile tuo fratello ad invitarci"

"Non che avesse molta alternativa. Da' una festa di Capodanno e il caso vuole che quel disgraziato di suo fratello sia in patria per l'avvenimento. Non poteva ignorarmi"

"Wow... mi stupisce sempre il livello che raggiumge la tua autocommiserazione. Non può essere che tuo fratello ti abbia invitato perché, non so... ti vuole bene?", lo guarda, cercando di leggere nella sua espressione cosa gli stia passando nella testa. Ma lui ha gli occhi chiusi.

A Luka sale dalla gola una risata amara. Una breve risata amara che nessuno fa in tempo a sentire. A parte lei, naturalmente.

"I rapporti affettivi tra me e Niko si risolvono con una telefonata a Natale, una a Pasqua e una per i nostri compleanni"

"Ma...", Abby ripensa a quando lui le aveva detto che la sua infanzia era stata felice. Ed ora cosa è rimasto?

"... cosa è successo? Dal modo in cui mi hai parlato di lui..."

Lui la interrompe bruscamente: "E sono sicuramente io che ho rovinato il rapporto, vero? Perché non chiedi a lui? E' lui che mi ha detto che...", scuote la testa, l'impeto sparito. Si alza, cerca l'equilibrio e si allontana.

Abby resta seduta a fissare la sua schiena allontanarsi. Sospira, parzialmente sconfitta. Con Luka è come vivere la vita di un gambero. Due passi avanti, un passo indietro. Le era sembrato sereno quando le aveva detto della festa. Ne avevano parlato e lui le aveva raccontatao di suo fratello, di sua cognata e dei loro figli. Ci aveva cacciato dentro anche qualche storia relativa ad alcuni amici che avrebbero incontrato. E invece la serata si sta rivelando un disastro. Oh, non la festa in sé, dove tutti  sembrano divertirsi. E' Luka il problema. Luka che continua a ritirarsi in sé, come una specie di tartaruga spaventata.

La donna afferra il cellulare e compone un numero. Non si stupisce troppo nel trovare la solita voce metallica della segreteria. Le cose non le vanno bene in Croazia e non le vanno bene a Chicago. Due uomini. E fallirà con entrambi. Apre il menu degli SMS e per qualche minuto guarda il piccolo cursore lampeggiante. Scrivere qualcosa che non sia troppo banale. Ma non sa cosa digitare, non sa come migliorare la situazione. Sospira, e lascia che le sua dita compongano liberamente.

"Ciao John. Qui ci siamo quasi... Buon anno. Chiamami quando puoi, ho voglia di sentire la tua voce. Ho voglia di parlare con qualcuno che non mi respinga in continuazione, con qualcuno che dice di capirmi, con qualcuno che ci prova almeno..."

Rilegge il messaggio ed arrossisce. Non può mandargli una cosa del genere. Ricomincia da capo:

"Ciao John. E' presto per te, ma... Buon anno. Telefonami quando leggi il messaggio. Abby."

Schiaccia invio dopo aver messo il destinatario e si alza, senza aspettare la conferma dell'avvenuta ricezione. Deve cercare Luka. Mentre si aggira tra le stanze dell'appartamento a lei sconosciuto, si sente vittima di un déjà vu molto molto recente. Quando lo trova seduto sul letto della camera di suo fratello e della moglie, ad Abby gira quasi la testa.

"Sta diventando un'abitudine..."

"Non mi chiederai di ballare, adesso?"

Abby lo fissa ad occhi spalancati. Le aveva detto di non ricordare cos'era successo quella sera. Evidentemente le ha mentito.

Gli sorride brevemente, sforzandosi di non apparire infastidita: "Solo se tu non ti metti a dirmi quanto ti manco"

"La sincerità è un valore passato di moda?", si è alzato ed è a pochi centimetri da lei. Proprio come pochi giorni prima. Di nuovo, le accarezza un braccio. Si fissano, immobili.

Dopo qualche secondo, Abby riesce a scuotersi: "Luka...", un sussurro. Ha paura, deve ammetterlo. Non c'è niente e nessuno che potrebbe fermare ciò che potrebbe accadere, perché nella stanza accanto non c'è John, non ci sono Susan, o Gallant, o Erin. C'è solo un gruppo di estranei che probabilmente crede che tra lei e Luka ci sia una qualche relazione sentimentale.

Luka sospira con fatica, chiudendo brevemente gli occhi. Quando li riapre, Abby vi legge un'incredibile tristezza.

"Lo so... tu stai con lui, siete felici e bla-bla-bla. Me lo hai già detto. Però dimmi una cosa, qui e ora: perché sei partita? Avresti potuto dirmi di no e sbattermi la porta in faccia. Non saresti stata la prima. Allora? Perché?"

Abby si mordicchia le labbra, indecisa. Non sa cosa dirgli, ed il suo profumo non la aiuta a pensare chiaramente. Basterebbe un attimo di distrazione e...

"Eccovi! Venite, che manca pochissimo alla mezzanotte!", una delle donne, Anica, si è affacciata sulla porta.

Luka si allontana velocemente, lanciando ad Abby un ultimo sguardo. Lei rimane sola per qualche istante, cercando di calmarsi. Ci è andata vicina, lo sa fin troppo bene. E non va bene. Perché non vuole ferire John. Forse dovrebbe tornare a casa e lasciare Luka da solo.

Quando il suo respiro è tornato normale raggiunge gli altri. Rimane sullo stipite un po' in disparte, in modo da poter comunque controllare i movimenti di Luka.

Qualcuno ha iniziato il conto alla rovescia:

10!

Abby lo vede. Appoggiato al muro, sguardo distante.

9!

Abby è sulla porta, non lo vuole vicino. A Luka manca il fiato.

8!

Non le piace cosa legge nei suoi occhi. Paura. E solitudine.

7!

E' solo sull'orlo del precipizio. E sa di aver allontanato l'unica persona che poteva impedirgli la caduta.

6!

L'emozione e l'eccitazione aumentano. Il nuovo anno porterà una ventata di speranza.

5!

Il 2002 sta per finire. Varrà la pena vedere cosa gli riserverà il 2003?

4!

Non è un inizio, non per lui, è solo la fine. Abby sente il suo respiro strozzarsi.

3!

Deglutisce. E' senza speranza. Non ha la forza, non più.

2! 

Abby si muove rapida, sgusciando tra le persone festanti. Deve raggiungerlo prima che sia troppo tardi.

1!

Chiude gli occhi, sperando di non doverli riaprire più. Non vuole sapere, non vuole sperare, non vuole più nulla, Vuole solo finirla.

Buon anno!

La mano che si intrufola nella sua è calda e familiare. Così come calda e familiare è la voce che sente al suo orecchio:

"Auguri, Luka"

Apre gli occhi ed incontra i suoi. Sta respirando di nuovo, il precipizio più lontano.

"Grazie. Auguri anche a te"

Continua a stringergli la mano. Non lo lascerà cadere.  

 

 

 

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Capitolo 5
*** Sotto la neve ***


Capitolo 05: Sotto la neve

Capitolo 05: Sotto la neve

L’idea non le era sembrata malvagia. Camminare un po’ sotto la neve, che cadeva lentamente, e sperare che l’aria fredda del primo giorno dell’anno riuscisse ad eliminare la sbornia madornale che Luka si era preso. Solo che adesso la situazione è peggiorata: la neve è aumentata d’intensità, per le strade non c’è quasi nessuno, ma non sono tutti festaioli pazzi i croati?, e le labbra di Luka stanno diventando blu.

“Ma quanto manca?”

“Ancora un po’… ci siamo quasi… credo”

“Ma io sono stanco”, nel dirlo si sbilancia in avanti, inciampando nei suoi piedi.

Abby lo odia. A fondo. Intensamente. Totalmente. E prova lo stesso sentimento nei confronti di se stessa. Perché mai nella vita riesce a sfuggire dai casini; no, piuttosto ci si butta a capofitto.

Sbuffando, aumenta la stretta sul braccio di Luka, ben conscia del fatto che, comunque, non riuscirebbe a tenerlo in piedi.

“Ma non possiamo fermarci un attimo?”

“No… non sotto questa tempesta di neve”, ma lui si è già seduto sulla panchina di una pensilina dell’autobus. Abby cerca di farlo alzare un paio di volte, ma si vede costretta a demordere. Rimane in piedi, di fronte a lui, saltellando per non morire di freddo.

“Sistemati almeno la sciarpa intorno al collo”

Lui la guarda allucinato: “Ma non ho freddo!”

“Guarda cosa mi tocca fare…”, con movimenti rapidi gli lega al meglio la sciarpa, assicurandosi che fiocchi di neve e vento gelido non si intrufolino sotto il cappotto.

Silenzio.

Abby si guarda attorno. Sono da soli. E di sicuro non passerà nessun autobus.

“Bello, vero?”

La voce del croato ha quasi perso la sua intonazione ubriaca. Sembra quasi sobrio, se non fosse per gli occhi lucidi.

Abby non risponde, non sapendo bene a cosa lui si stia riferendo. Continua a saltellare sul posto, maledicendo la neve sempre più intensa. E Luka non sembra intenzionato a muoversi tanto presto.

"Sembra un presepe... la vedi quella chiesa?", fa un cenno con la testa, indicando qualcosa alle spalle di Abby.

Lei si gira momentaneamente e nota, tra i fiocchi larghi ed infiniti, il tetto di un campanile. Continua a guardare, ascoltando la voce di Luka.

"E' dove mi hanno battezzato, ho fatto Confessione, Comunione e Cresima. E naturalmente è lì che mi sono sposato"

"E i tuoi figli...", si blocca. Deglutisce imbarazzata.

"Solo Jasna è stata battezzata lì. Marko... be'... eravamo già a Vukovar ai tempi e spostarsi non era facilissimo. Il funerale... quello è un'altra storia"

Abby sospira, pensando a quanto deve essere angosciante passare davanti alla chiesa in cui hai celebrato così tanti momenti allegri, pensando, inevitabilmente, al fatto che i tuoi figli non si potranno sposare lì dentro, che non potrai accompagnare tua figlia all'altare. La forza dell'ultimo pensiero è come un pugno che la stende. Si siede accanto a lui, dimentica del freddo, desiderando di essere ubriaca a sua volta. Gli passa una mano attorno alle spalle, cercando di essere la sua ancora, nello stesso modo in cui gli ha preso la mano qualche ora prima.

Luka non dice più nulla. Rimane fermo a guardare davanti a sé, immaginandosi i bei momenti che non verranno mai, ricordandosi la chiesa bardata a festa. Ecco Danijela, con il vestito bianco a sfiorare il terreno e il velo di tulle sul viso; e Jasna, a piangere come una disperata per l'acqua che il prete le ha versato sulla fronte. Polvere eri e polvere ritornerai. Nel frattempo, una bella merda di purgatorio, anzi no, un bell'inferno in terra, per te, maledetto, che sei sopravvissuto una volta in più del previsto. Così impari a cercare di mischiare le carte, a cercare di decidere cosa è meglio per gli altri. Non sei padrone nemmeno della tua, di vita, cosa ti da' il diritto di decidere per chi ti ama?

Luka si prende il volto tra le mani, chinandosi in avanti. Abby è colpita dal movimento repentino ed improvviso.

"Luka..."

Lui non le risponde. Continua a tenersi la faccia tra i palmi, torturato da ciò che era e da ciò che è.

E bravo, già che ci sei, trascina giù nello schifo persino Abby, che ha avuto solo la colpa di volersi prendere cura di te. Ed adesso è qui, su questa fottutissima panchina, in mezzo a questa fottutissima tempesta, quando invece potrebbe starsene al caldo del suo appartamento di Chicago a godersi il Nuovo Anno insieme al suo ragazzo. Kovac, lasciatelo dire, che magari non ti è ancora chiaro: fai schifo. Sei un essere disgustoso e detestabile; avresti dovuto restarci secco qualche sera fa sulla Viper e invece hai quasi fatto fuori la piccola e dolce Erin, anche lei vittima innocente. Smettila. Lascia perdere. Falla finita. Qualunque cosa, ma piantala di trascinarti dietro chi conta qualcosa, chi ti mostra un minimo di comprensione.

Sente la bile salire veloce lungo la sua trachea e, prima di poter dire qualunque cosa, si trova a rigettare il poco che ha mangiato e il molto che ha bevuto al party. Confusamente, sente la mano di Abby che gli tiene indietro i capelli e che gli evita di vomitarsi sul cappotto. Finiti i conati, lascia passare ancora qualche secondo prima di tirarsi su. Quando si solleva, il suo mondo perde i contorni e si allunga e allarga davanti ai suoi occhi, come visto attraverso un caledoscopio. La tempesta, con i suoi fiocchi larghi e confusi, non lo aiuta di certo. Sbatte gli occhi un paio di volte, e il mondo sembra tornare suo amico.

"Meglio?"

Abby gli sta massaggiando la schiena, visibilmente preoccupata. La temperatura dev'essere scesa ancora, e Luka non è decisamente più nelle condizioni di stare fuori. E se adesso non riesco più a farlo camminare? Se dobbiamo rimanere qui ad aspettare che passi qualcuno? Ma se la tempesta blocca tutto?

"Scusami"

"Dobbiamo muoverci. Tu hai bisgno di bere qualcosa di caldo. E anche io", rispondendogli si alza, muovendo i piedi per riattivare la circolazione.

La prospettiva di mettere qualcosa nello stomaco fa tornare la nausea a Luka, ma sa che lei ha ragione. E poi, non è giusto che lei si penda tutto il gelo perché lui è un inutile idiota.

"Ok. Dammi una mano"

Lei gli allunga un braccio e lui gli si aggrappa con tutta la forza che ha. Si solleva pesantemente, per nulla stabile. La testa lo sta uccidendo e la neve rende tutto più difficile.

"Ti ricordi la strada, vero?"

"Be'... sì"

"Allora andiamo. Tirami fuori da questa tempesta", ha il tono di chi sa che si può fidare. Persino nella sua folle crisi d'identità, Abby rimane uno dei suoi punti fermi.

Lei gli sorride brevemente, emettendo piccole nuvolette di vapore condensato: "Da questa parte"

E, insieme, aggrappati l'uno all'altra, si avviano verso casa.

 

---

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Confessioni dolorose ***


Capitolo 06: Confessioni d'inizio anno

 

Capitolo 06: Confessioni dolorose

 

“Dai, bevi!”

Luka osserva la tazza fumante di camomilla. Il suo stomaco rumoreggia in maniera preoccupante.

“Non credo che possa farlo... a meno che tu non voglia vedermi vomitare per la... mhhh... terza... no, quarta volta”

Abby è infastidita: “Non mi va molto l’idea. Anche se te lo meriteresti. E ritieniti fortunato a non essere finito in ospedale”

“ Fortunato... diamo due interpretazioni ben diverse a questo concetto”, Luka tiene lo sguardo basso, fissando la tazza che ha di fronte. Con l’indice della mano destra ne accarezza il contorno umido e caldo. Rabbrividendo, si stringe nella coperta di lana in cui è avvolto.

“Luka, mi spieghi cosa...”

“Non c’è nulla da spiegare”

Abby sente crescere l’irritazione. Non è mai stata tanto vicina ad odiarlo. Respira a fondo un paio di volte cercando di controllare la rabbia. Luka la osserva.

“Che c’è adesso?”

Questo è troppo. Decisamente.

“Che c’è adesso?! E me lo chiedi pure!” Si alza di scatto, spingendo la sedia all’indietro.  Lo stridore delle gambe di metallo sul pavimento acuisce il mal di testa di Luka, che impallidisce ulteriormente. Abby non può nascondere un sorrisetto maligno. Ben ti sta.

“Credi di essere tanto bravo, il buon San Luka... mi guardi con quegli occhi lì da vittima martoriata e pretendi che tutti capiscano che tu, poverino, hai il diritto di stare male. Va bene, Luka, può anche darsi, ma spiegamelo. Perché stai male? Cosa ti è successo? Non puoi pretendere di trascinarmi qui e poi tacere, facendo finta che ti vada tutto a meraviglia”

Lo guarda per qualche secondo, gli occhi fiammeggianti d’ira, ma lui non ricambia lo sguardo. Abby scuote la testa, delusa.

“Sembra che non te ne freghi nemmeno nulla, ed è questo il problema. Non so... come se trovassi giusto far star male gli altri a causa tua, come in una specie di vendetta fuori tempo”

Abby si sporge in avanti, un po’ addolcita e gli sfiora una mano: “Io vorrei aiutarti, ma vorrei che tu me lo lasciassi fare”

Rimane ferma un attimo, aspettando una risposta che non arriva. Sospira di nuovo, sconfitta. Raddrizza le spalle, gli volta la schiena ed inizia ad allontanarsi. È si e no sulla soglia della porta quando la voce di Luka la raggiunge.

“Come?”

Lei non è sicura di aver capito, visto che lui ha parlato a bassissima voce, quasi più rivolto a se stesso che a lei; ad esser sinceri, non è nemmeno sicura che lui abbia detto qualcosa. Si volta comunque e ciò che vede è in grado di radere a zero tutto ciò in cui crede. È qualcosa che la scuote nel profondo dell’anima, è qualcosa di cui non avrebbe voluto essere testimone.

Luka la sta fissando e lei è certa di non aver mai visto nello sguardo di nessuno una tale mancanza di fiducia e speranza. Ritorna con la mente a qalche giorno prima, quando nel salottino lo aveva ripreso, nello stesso modo di oggi, praticamente, e lui aveva sollevato lo sguardo su di me ed io… e mi aveva guardata così, proprio come oggi, anzi, oggi è peggio, ed io non so cosa dirgli, né come aiutarlo, perché sembra soltanto in attesa di qualcosa che termini tutto. Ed io non vorrei, ma se lui si rifiuta di collaborare io non posso aiutarlo.

“Come?”

“Appunto. Come posso uscire da questo schifo? Come posso farmi aiutare? Io non credo ne valga nemmeno la pena e…”

“Non puoi dirlo, non puoi saperlo”, è perentoria. Sente di aver già fallito molte volte nella sua vita e non vuole fallire anche con lui. Torna sui suoi passi e si siede di nuovo. Lo fissa, avvolto nella sua coperta, con la pelle bianca, le labbra bluastre, gli occhi cerchiati. E quello sguardo, lo sguardo di chi è pronto a buttare via tutto. Non puoi farmi questo, brutto figlio di puttana. Non puoi. Punto.

La cattiveria del suo pensiero la spaventa un pochino: ha paura che lui possa leggerle nella mente e recepire l'insulto che gli ha rivolto. Allunga di nuovo la mano, afferrando quella di Luka che giace inerte sul tavolo.

"Come puoi dire che non ne vale la pena?"

Nessuna risposta, solo un leggero tremolio.

Abby abbassa un po' la voce, assumendo un tono dolce, carezzevole: "Eh, Luka, come? Come puoi averne la certezza? Io mi ricordo di come eri... mi ricordo di un uomo dolce e protettivo che si prendeva cura di me. E dei suoi pazienti. Ricordo come sorridesse raramente, ma quei sorrisi... dov'è finito quell'uomo, Luka? Perché lo nascondi?"

"Quell'uomo è morto, Abby, defunto"

Lei deglutisce, annientata dai suoi occhi, ma si fa forza. Non può mollare ora: "Non è vero. E tu lo sai. E per questo che fa così male"

Sulle prime Luka non ribatte. Ma poi:"Quello che sono adesso l'ha ucciso. Ho fatto cose che...", si blocca allontanando lo sguardo.

Abby lo incoraggia a proseguire: "Pensi che io non abbia mai fatto nulla di imbarazzante ed umiliante? Luka... cos'è successo?"

"Io... non volevo continuare a ferirle. Tutte si sarebbero aspettate una mia chiamata, ma non potevo... la metà delle volte non ricordavo nemmeno i loro nomi", ride di una risata amara che fa spavento. Ad Abby gela il sangue nelle vene. Se non conoscesse Luka giurerebbe si trovarsi in una sala interrogatorio di fronte ad un serial killer.

"E allora... la prima volta è stato imbarazzante e sporco, ma poi..."

"Cos'è successo? Luka, piantala di girarci intorno", non vorrebbe, ma ha di nuovo alzato il tono della voce. È solo che ha la pelle d'oca e si sente su un terreno minato.

"Le ho pagate, va bene? Per fare sesso. per poter...", si ferma ed Abby osserva, con un misto di stupore ed orrore, la sua faccia che si accartoccia e si spezza. Si alza di scatto e, in piedi dietro a lui, lo abbraccia. Sente il suo corpo scosso dai singhiozzi e sono le lacrime di chi è tanto - troppo - tempo che non piange più. A farsi fottere tutti i discorsi sul machismo dominante. Tira fuori tutto, Luka, fregatene. Tanto non sei mai stato come tutti gli altri e, grazie a Dio, mai lo sarai.

Per un bel po', Abby non ha la forza di dire nulla; si limita a stringere Luka, mettendo da parte il dolore dei muscoli in tensione. Lui non fa altro che singhiozzare, come a volersi purgare di tutto lo schifo che ha ingoiato e regalato agli altri. Dopo una buona mezzora, inizia a calmarsi: il respiro è più regolare e le lacrime stanno diminuendo. Abby si stacca da lui e si gli mette in parte per guardarlo: ha ancora uno sguardo disperato, ma meno sconvolto. Almeno non sembra più uno psicopatico omicida.

Gli accarezza i capelli distrattamente. Lui chiude gli occhi, cullato dal tocco leggero delle dita di lei. Sta bene così, è come essere in barca in una notte di luna piena. Dopo qualche minuto deglutisce e sente la gola arida. Indica la tazza:"Posso?"

Abby è lesta, ma non sbrigativa, nell'afferrare la tazza. Gliela porge e lo controlla mandare giù un paio di sorsate, come una madre controllerebbe il figlio malato che si sta riprendendo.

"Meglio?"

"Non lo so... peggio non di sicuro, però"

"Bene"

Lei gli si avvicina ancora e lui le poggia la testa contro il petto. Lei lo sente respirare profondamente. Speriamo non si addormenti qui.

"Abby?", anche la voce è pericolosamente vicina al sonno.

"Dimmi"

"Per tirarmi fuori da 'sto casino... come facciamo?"

E lei, nonostante tutto, sentendo il suo plurale, sorride: c'è ancora speranza.  

 

 

 

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Capitolo 7
*** Risveglio ***


Capitolo 07: Risveglio

 

Capitolo 07: Risveglio

Apre gli occhi con calma, sapendo che la luce del sole ha il potenziale di disintegrare le sue cellule cerebrali. Non che ne siano rimaste molte, comunque.

Con gli occhi semi-aperti si guarda intorno, rendendosi conto di non essere a letto. Sta considerando l'idea di rimettersi a sonnecchiare ancora per qualche minuto quando qualcosa elimina l'ultima traccia di sonno dalla sua mente.

No!

Abby. Addormentata. Accanto a lui. Sotto la sua stessa coperta. Con un braccio intorno alla sua vita.

Lo shock è accecante e destabilizzante: non riesce a ricordarsi cosa è successo la notte, o mattina, precedente e sa che dovrebbe svegliarla per chiedere ed affrontare le conseguenze, ma ha paura. Tra tutto quello che poteva succedere, quella era proprio l'ultima cosa che doveva capitare. Luka sospira, osservandola: l'ha sempre trovata bellissima mentre dorme. Stupenda e senza problemi come la protagonista di uno di quei film adolescenziali, una di quelle belle attrici giovani il cui unico problema è il colore del vestito da mettere al ballo della scuola. Luka passa un dito sulla mascella di Abby, senza fermarsi a pensare, anche perché se ci pensasse capirebbe quanto è sbagliato il suo gesto. Lei continua a dormire, bellissima, e Luka ricorda quanto abbia sempre amato guardarla dormire. Ti guardavo, seguivo con gli occhi il movimento delle tue palpebre, perse in qualche sogno, e poi la curva del tuo collo, e il modo intrigante in cui la spallina della camicia da notte ti scivolava lungo la spalla, e poi, ancora, mi rifacevo gli occhi con i tuoi capelli, le tua labbra. E pensavo a quanto avrei voluto svegliarti per dirti quanto fosse fondamentale, per me, avere te da guardare come prima cosa al mattino, ma poi tu ti svegliavi e vedevo subito le prime linee di fatica e sofferenza che segnavano il tuo viso, ed era come se anch'io contribuissi ad aumentare i tuoi problemi, perciò me ne stavo zitto. E non l'ha mai saputo. Ed è franato tutto. Ma adesso...

Allontana lo sguardo, togliendo il dito dal viso di lei. Si guarda intorno, soffermandosi sugli oggetti che hanno fatto parte della sua infanzia. Ed una parte di lui sa che dovrebbe vedere Abby come un'estranea se paragonata a ciò che c'è in quella casa, ma non ci riesce. Abby, anche se così distante da lui, non gli è mai stata estranea.

Sospira di nuovo e riporta lo sguardo su loro due per accorgersi di una cosa: i vestiti. Sono completamente vestiti. L'unica cosa che manca sono le scarpe. E a Luka torna in mente quanto successo poche ore prima, e si rivede, con lei, seduto al tavolo, a confessarle i suoi peccati più turpi, a tirare fuori la sua vergogna per quello che ha fatto. Chiude gli occhi, sopprimendo un tremito.

Abby, scusami...

Ed è ovvio, quando lui riabbasa gli occhi su di lei, Abby lo sta fissando. Un giorno te lo dirò che hai gli occhi del color del cioccolato al latte. Scuote la testa per allontanare quello sciocco pensiero sdolcinato ed inappropriato. Un'ondata di nausea minaccia di travolgerlo.

"Brutta mossa"

Lui è solo leggermente più colorito delle pareti bianche, "Già"

Abby lo osserva respirare a fondo, e si augura di non doverlo vedere vomitare di nuovo. Passa qualche minuto.

"Come va?"

Luka riapre gli occhi. "Gira tutto, ma forse si ferma"

"Si chiama post-sbronza"

"Credo che il proposito del nuovo anno per me sia smetterla"

"Decisione saggia"

Rimangono in silenzio ancora un po'; Luka è imbarazzato. A questo punto è quasi sicuro che non sia successo nulla, ma vuole esserne certo al 100%. La fissa intensamente, mordicchiandosi le labbra: "Noi, non abbiamo... sai...", gesticola nervosamente indicando il divano.

Lei sorride brevemente: "No, tranquillo. Ci siamo solo addormentati. Anzi, io mi sono addormentata, tu sei praticamente entrato in coma"

"Spiritosa"

Lei lo fissa per un momento mentre gioca con una delle frange della coperta di lana: "E poi credevi davvero che avrebbe potuto succedere qualcosa?"

Luka fa spallucce.

"Wow, hai una grande considerazione di me", Abby vorrebbe evitare il tono amaro, ma proprio non ce la fa, anche perché non riesce a smettere di pensare ad un lontanissimo non sei così carina, non sei così speciale. "Se te lo fossi dimenticato, io ho una relazione. Una relazione a cui tengo. E sono una persona fedele"

"Questo lo so... non vorrei che io... sai..."

Abby capisce. Non ha dubbi su di lei, ma su di lui.

"... mi hai fatto un'avance da ubriaco? Non questa volta"

"Non erano avances da ubriaco le altre volte"

"Luka..."

"Tranquilla, va tutto bene. E non ho intenzione di ripetermi. Non credo sia un segreto per nessuno cosa provo. Motivo per cui Carter mi tiene bene alla larga. Anche se io non sono proprio così spudorato"

Si solleva e si prende la testa tra le mani: "Ho un'emicrania mostruosa" Discorso chiuso.

"Ti faccio un caffè. Ti verrà un buco nello stomaco, ma almeno domiamo il mal di testa", quasi senza riflettere gli passa una mano sulla schiena. Sente le ossa della colonna vertebrale. Devi ingrassare un pochino, Luka. Basta buttarti via.

"Dovrebbero esserci anche delle fette biscottate, ne sono sicura"

"Cibo..."

"Lo so, ma hai bisogno di mangiare qualcosa"

Abby, però, non riesce ad alzarsi, non subito. Sospira.

"Luka, promettimi una cosa. Promettimi che ti impegnerai per stare un pochino meglio. Io ti prometto che se avrai bisogno di un orecchio sarò qui, ma tu devi fare il lavoro duro. Promettimi almeno che ci proverai"

"Abby... non lo so. Adesso mi sembra troppo presto per qualunque pensiero razionale. E' un lavoro grosso, ed io non so nemmeno se riuscirò ad alzarmi di qui senza ammazzarmi. Non so se ho la forza di dare la classica svolta", e mi dispiace per te, se ti deludo, ma mi sento troppo stanco per qualunque cosa. Voglio solo... non lo so... non pensare, non cercare di essere ciò che non sono. Non voglio più aspettative. Abby, ti perderò, probabilmente, ma sono un codardo, come aveva detto mio fratello.

A quel punto Abby si alza e gli si mette di fronte. Appoggia le mani sui cuscini, ai lati delle sue cosce e sposta il peso in avanti. Lo fissa per qualche istante, come uno scienzato che controlla l'esito di un esperimento. Luka giura a se stesso che non abbasserà lo sguardo, perché, va bene, la deluderà, ma non vuole più sentirsi in imbarazzo per quello che è.

Dopo un paio di minuti Abby produce una specie di sorriso soddisfatto e si allontana leggermente.

"Sai, Luka, adesso ti dirò una cosa che non ho mai detto. Sarai il destinatario di un discorso che non è da me pronunciare, ma... ricordo i tempi in cui ero io quella che si svegliava dopo una sbornia colossale chiedendosi quando la vita avrebbe smesso di fare schifo, ma non facendo praticamente nulla per migliorare la situazione. Tu sei una persona intelligente, anche se a volte ti piace fingere di non esserlo. Perciò ascoltami bene che non ripeterò di sicuro, non qui e non da qualche altra parte. Ti voglio bene, nonostante tutto, e continua ad importarmi di te. Io ti guardo adesso, avvolto in questa coperta, ed hai, credimi, l'aspetto di un pulcino abbandonato ai bordi di una strada isolata e deserta. E, proprio come Calimero, stai qui a lamentarti di quanto sia ingiusta la tua vita. E fino a stamattina la cosa mi faceva arrabbiare da matti, perché, accidenti, ne hai già passate tante e non puoi arrenderti proprio adesso. E, ascoltando le tue parole, credevo che comunque fosse troppo tardi, che, forse, in tutti questi anni, mi ero sbagliata sul tuo conto, che non era vero che eri determinato e coraggioso, ma che stavi fingendo per non so che motivo ed ero pronta a rinunciare. Stavo per andarmene di sopra, chiudere la valigia ed andarmene, pronta ad implorare John di perdonarmi e pronta, ed è questo che mi avrebbe fatto più male, a dirgli che aveva ragione sul tuo conto. Sì, non sei esattamente sulla lista delle sue persone preferite, anche se già lo sai. Ma poi... non sono le parole Luka, non lo sono mai state. E' quello che vedo"

Detto questo, Abby riprende fiato, sentendo il battito accelerato del suo cuore. Non ha mai fatto un discorso del genere a lui, ma vuole dirglielo che non è tutto perduto, anche se lui sembra esserne convinto. Lo osserva ancora un attimo, in silenzio, amando segretamente la confusione che legge sul suo volto ed amando ancora maggiormente la speranza che scorge dietro la confusione. Non l'ha capita, ma è sicura che ci arriverà. Tempo al tempo Abby.

Si china ancora verso di lui per deporre un bacio leggero sulla guancia ruvida di barba. Fa per allontanarsi, ma ha un'ultima idea: posiziona le labbra all'altezza del suo orecchio e sussurra pianissimo, quasi da non farsi sentire nemmeno da lui: "Io ti vedo ancora lì sotto, Luka. Non sei morto"

Dopo di che si solleva, sorridendo: "Posso dirti un'altra cosa? L'ultima, te lo prometto"

Lui annuisce, continuando a pensare al discorso di poco prima.

"Una doccia, Luka. Non sarebbe una cattiva idea"

Lui sorride: "Non credo di potermi alzare dal divano"

"Ti conviene invece. L'alternativa è prenderti a secchiate d'acqua. Acqua gelida"

Lui sbuffa sapendo che, sotto sotto, la pazza che ha di fronte potrebbe anche mettere in atto il suo piano. Si solleva un po' a malincuore e, ciondolando sempre avvolto nella coperta, si avvia verso il bagno.

Abby lo osserva, soddisfatta. Sì, ci sei ancora lì sotto. E credo che sia quasi il momento di tornare a Chicago, perché è una constatazione che non mi fa stare del tutto tranquilla.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Josif e Maggie ***


Capitolo 08: Josif e Maggie

 

Capitolo 08: Josif e Maggie

 

Si incrociano in corridoio, uscendo dalle rispettive camere da letto. Entrambi reggono un telefono; Abby il cellulare e Luka il cordless.

Si fissano, come se si trovassero davanti ad uno specchio deformante del Luna Park.

"Tua madre?"

"Tuo padre?"

Le domande sono praticamente in contemporanea. Ed anche le risposte:

"Già"

"Già"

La sensazione "specchio del Luna Park" adesso è fortissima, e Luka sorride divertito. Divertito, sì, c'è qualche problema? Le ho promesso di impegnarmi a migliorare la situazione.

"Prima tu"

"Luka..."

"Dai, sono Europeo, adoro queste cose da gentleman"

"Ed io sono Abby, e detesto essere inquadrata in ruoli prestabiliti"

Luka sorride di nuovo, due sorrisi in due minuti, è sicuramente un record, ricordandosi di come, quando stavano insieme, lei non volesse nemmeno farsi aprire la portiera della macchina.

"Va bene, va bene. Ho avvisato mio padre che domani partiamo"

"E lui?"

"Le parole dicevano che ne era dispiaciuto, visto che ci siamo visti pochissimo in questi giorni, ma il tono..."

"... come se fosse meglio che tu tornassi in America"

"È triste... però è giusto. Ho smesso di essere suo figlio tempo fa. Sai che sperava che io, prima o poi, trovassi una bella ragazza da sposare?"

Abby spalanca gli occhi: "Non gli avrai raccontato di me?"

"Perché non avrei dovuto? Quando sono tornato nel Natale del 2000 io e te stavamo insieme"

Ad Abby non sfugge la certezza con cui pronuncia l'anno. E sì che di solito gli uomini con le date...

"E così te ne andavi in giro a raccontare di me..."

"Mi piace... piaceva parlare di te, di noi"

"Grazie... credo", lo guarda in maniera indecifrabile. Si sente un po' in imbarazzo e decide di cambiare argomento: "Ed ha lasciato perdere l'idea della bella ragazza da sposare?"

"Credo che abbia lasciato perdere quasi tutti i progetti su di me. Penso che gli basti sapere che sono ancora in vita da qualche parte"

"Non mi sembri troppo dispiaciuto"

"Lo sono, ma me lo sono cercato. Non che lui non mi voglia bene, ma... il Luka di dieci anni fa, lui sì che è morto"

Abby non sa bene cosa sia successo, ma dalla loro chiacchierata del primo gennaio le cose sembrano essere migliorate. Luka è ancora troppo pallido e troppo magro, ma sembra in convalescenza, indirizzato sulla strada giusta. Ha una capacità di recupero spaventosa. Dovresti esserne contenta, no?

Stanno scendendo le scale, e lui è qualche centimetro dietro di lei. Abby sente la sua presenza fisica, il calore che emana il suo corpo.

"E tua madre?"

"È un po' come per tuo padre: sembra contenta che torni così presto, ma il tono la tradisce. Credo che abbia timore che mi intrometta tra lei e mio fratello"

"Lui è ancora...?"

"Senza cure? Sì. Adesso stanno provando ad affrontare la questione insieme"

"Ma lei sta prendendo le sue medicine"

"Per adesso", si blocca, pensierosa, come se cercasse di ricordare qualcosa, "Tu prima hai detto che tuo padre non ti considera più figlio, nel mio caso è un po' l'opposto, sono io a non essermi mai considerata del tutto sua figlia"

"Abbiamo ciò che ci meritiamo, eh?"

"Ci lamentiamo di loro, ma poi..."

"... noi non siamo tanto migliori"

Sono in salotto, adesso, seduti sullo stesso divano che li ha accolti qualche giorno prima. La coperta di lana, il loro caldo rifugio, è piegata ordinatamente su uno dei cuscini.

"Lo sai cosa mi fa arrabbiare? Che io, Eric, l'ho sempre seguito quando, da bambini, lei era fuori di testa. E adesso lui mi esclude, così, come se niente fosse, e vuole lei al suo fianco", Abby scuote la testa, passandosi le mani sugli occhi.

Di nuovo silenzio. Poi Abby sente Luka ridacchiare. Lo fulmina con uno sguardo.

"Scusa... stavo solo pensando... ricordi quando ho conosciuto Maggie? Ho dovuto medicarle una mano..."

Anche Abby ride adesso: "Oddio! E lei ti ha tolto un ciglio dal viso e ti ha detto di esprimere un desiderio!"

Ridono per qualche minuto. Ciò che fa calmare Abby è il ricordo di Maggie che le confida che lui la guarda sempre, soprattutto quando lei non se ne accorge. Si domanda se prestare maggiore attenzione alla cosa avesse potuto fare qualche differenza, ma si rende conto che non avrà mai le risposte che cerca.

Torna seria: "Grazie"

"E per cosa?"

Perché ci sei e... "Mi hai fatto ridere. Hai migliorato per qualche attimo la mia giornata"

"Lo sai che mi piace vederti sorridere"

"Dovresti impegnarti di più, allora"

"E come?"

La piega che sta prendendo la conversazione non è auspicabile per la situazione in cui si trovano, soprattutto considerando il modo in cui lui la sta guardando e il fatto che sembra essersi avvicinato a lei in maniera pericolosa. Ed Abby non sa cosa deve fare, cioè sa cosa deve fare, ma non sa se può farlo. Luka è come una fiamma: sai che se la tocchi ti bruci, ma ti attira talmente tanto che...

DRIIN!

"È la porta. Vado io"

Abby sospira di sollievo. Adesso vuole tornare a Chicago. Deve tornare a Chicago. Deve rivedere Carter. Voglio rivederlo, il mio adorabile e prevedibile e semplice John. Sempre che riesca a farmi perdonare...

Allunga il collo in direzione della voce per capire chi è che ha suonato. Un uomo. Abby riconosce la voce: è Josif. Forse non è vero che Luka non è più un figlio.

Si alza con discrezione e sale al piano di sopra, riflettendo. Se lui può appianare le cose con suo padre, perché io non posso? Maggie è mia madre, che la cosa mi piaccia o meno. Ed è giusto che Eric abbia bisogno di lei. È suo figlio, allo stesso modo in cui lo sono io.

Si chiude la porta della camera alle spalle, promettendo a se stessa che, una volta rientrata negli Stati Uniti, contatterà Maggie per parlare di Eric. E si comporterà da figlia. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Chicago, Illinois ***


Capitolo 09: Chicago, Illinois

 

 

Eccoci alla fine. Un grazie a tutti coloro che si sono presi del tempo per leggere la mia storia. Grazie.

 

Capitolo 09/09: Chicago, Illinois

 

Stanno in piedi, quasi immobili, a guardare in religioso silenzio il tabellone luminoso che dovrebbe annunciare a breve il nastro su cui verranno scaricate le loro valigie.

Non hanno molta voglia di parlare, ma Abby sa che c'è una domanda da fare, una domanda che aleggia nell'aria da un bel po'. Ma non si sente ancora pronta, perciò, quando la necessità di parlare si fa troppo forte, se ne esce con un:

"Dici che dovremo aspettare ancora a lungo?"

"Perché?"

Lei lo fissa, contrariata: "Perché sono stanca e vorrei andare a casa"

"Pensavo fosse perché non mi sopporti più"

Sulle prime Abby si preoccupa, non vorrebbe mai fargli credere una cosa del genere, ma poi nota la luce scherzosa che illumina i suoi occhi.

Sorride: "Beh... non volevo offenderti"

"Già... è vero che tu e la sincerità... dai, là ci sono delle sedie"

Se la trascina praticamente dietro e la fa sedere. La plastica usurata rumoreggia sotto il peso dei loro corpi.

"Non pensi mai che potrebbero perderti i bagagli?"

"Certo. È per questo che non ci metto mai dentro qualcosa di prezioso"

Abby pensa alla camicia di seta che ha comprato per Carter: le darebbe molto molto fastidio se andasse persa. Incrocia mentalmente le dita.

"Cosa ci hai messo dentro di importante?", la capisce, come sempre.

"Ma niente!"

Luka la occhieggia: "Dopo questo viaggio hai ancora il coraggio di nascondermi le cose?"

Il tono è leggero, ma lei capisce di averlo ferito. E non può non dispiacersene.

"C'è un regalo per John"

"Penso che il regalo migliore per Carter sia tu che torni da lui"

"Non torno da lui... punto primo, non ero scappata, e punto secondo, non sono una sua proprietà"

"Dovresti spiegarglielo, allora"

"Cosa vorresti dire?", sta alzando la voce, irritata.

Lui non sembra colpito dal tono di lei: "Semplicemente che Chicago non è Dubrovnik. Tu lo sai che, stando così le cose, io e te, qui, non possiamo essere amici?"

"Perché?"

"Abby... ma come facciamo? Mi vedi, non so, venire da te e chiederti di uscire a prendere un caffè?"

Lei ripensa a quei momenti elettrici che ci sono stati in Croazia. Sospira: Luka ha ragione. Come facciamo ad essere amici? Ma siamo amici? Sente come uno strappo doloroso, come se qualcuno le avesse strappato via qualcosa. Ha freddo.

"Ma se volessi scambiare due chiacchiere con te?"

Lui scrolla le spalle: "Non so, magari tra un paziente e l'altro", e dimentichiamoci di quella mattina sul mio divano, o di quando mi ha abbracciato per consolarmi. D'altronde, io la mia possibilità me la sono già giocata.

"Potrei dirlo a Carter... voglio dire, io e lui eravamo amici quando io e te..."

"E guarda com'è finita. Abby, non sarà mio amico, ma devo ammetterlo: non è un idiota. Sa chi deve tenere lontano da te"

"Non lo può fare!"

"Lo sta già facendo. Ma va bene così. Fossi stato io più accorto mi sarei comportato allo stesso modo"

"E avresti snaturato la persona che sei. Mi piaceva il fatto che avessi, non so, libertà"

Lo guarda e vede nei suoi occhi qualcosa di strano. È come un dolore nascosto, misto a rimpianto.

"Eri geloso di me?"

Luka sorride, tristemente, guardandosi le mani appoggiate in grembo: "Ero geloso di quello che non riuscivo ad avere con te. Volevo solo che tu fossi felice... guarda, ci sono le valigie", si alza di scatto, lasciandola confusa. Continua a farlo. Mi infastidisce con le sue sparate sentimentali da terapista di coppia e poi mi tira fuori l'unica frase che ha il potere di farmi dimenticare tutto. Dovrei odiarlo per questo, ma come si può odiare Luka?

Lo segue con lo sguardo mentre si avvicina al nastro. Guarda il suo portamento, il modo un po' timoroso di camminare, il modo in cui tiene le spalle leggermente curve, come se avesse paura di rivelarsi per quello che è veramente. E, nonostante questo suo nascondersi, è indubbiamente un uomo affascinante. E se un giorno lo vedrò davvero? Se sarò testimone della persona che è veramente, quella che sa ridere, quella di cui si vedono solo scorci di tanto in tanto? Sarò in grado di reggere il colpo? Non vuole pensarci. 

Si alza e lo raggiunge. Lui, da vero gentiluomo, ha già messo da parte la valigia di lei e sta scrutando il nastro alla ricerca della sua.

"Grazie, Luka"

"Figurati. Il regalo è arrivato a destinazione"

In quel momento il cellulare di Abby bippa. Lei, stranamente imbarazzata, lo toglie dalla tasca del cappotto per controllare, C'è un SMS. Non sa perché, ma il contenuto la fa sospirare stancamente. Non sai perché? Cosa sei, imbecille?

"Tutto OK?", Luka ha recuperato anche la sua valigia e la sta osservando.

"John... scrive che sta parcheggiando qui fuori"

Luka non dice nulla.

"Non è che non lo voglia rivedere, è solo che... non mi va, adesso, di litigare con lui. Ma credo di doverglielo. Sono io quella che è sparita senza dire nulla"

"Andrà tutto bene"

"Come fai a saperlo?"

Lui si limita ad un sorrisetto enigmatico. Abby si trova a domandarsi quale sia il significato che lui da' alla parola bene, ma non vuole indagare troppo. Sono quasi all'uscita, adesso, quando lui si ferma e resta qualche passo dietro di lei.

"Cosa...?"

"Tra poco... bah, lo sai anche tu. Io volevo solo ringraziarti...", Luka deglutisce nervoso. È come un addio. E lui detesta gli addii. E questo è ancora peggio, perché non è un addio, io continuerò a vederla ancora e ricorderò queste giornate trascorse insieme. Chiude gli occhi brevemente.

Abby capisce che è arrivato il momento della domanda che la sta tormentando. La lascia uscire da sola, leggera, e perfetta:

"Perché mi hai portata in Croazia?"

La risposta è altrettanto leggera e perfetta: "Perché avevo bisogno di te"

La spiegazione lunga e complessa delle sue parole - perché tu mi sai ascoltare, perché non mi giudichi, perché, di fronte a te, non posso vergognarmi né avere paura, perché tu, in un certo senso, mi conosci, tu sai, tu ci sei - rimane impronunciata. Dirla rovinerebbe tutto. Ma non importa, perché Abby, e Luka ha ragione, Abby sa. Ed è l'unica cosa che conta.

Gli si avvicina e, sollevandosi sulle punte, gli bacia la guancia con dolcezza.

Sta per riprendere a camminare, ma lui la blocca afferrandola per la manica: "Un'altra cosa...", dalla tasca produce un pacchetto incartato con carta rossa e bianca con un bel fiocco rosso sulla sommità, "... buon compleanno, Abby"

Abby è troppo sorpresa per dire qualcosa, si limita semplicemente a guardare il pacchetto, sentendo nelle sue orecchie la voce di Luka pronunciare ... non ci metto mai dentro qualcosa di prezioso... , e non riesce a muoversi, perché, al solito, Luka ha fatto un altro gesto meraviglioso ed inaspettato.

Ed è proprio la voce dell'uomo a scuoterla: "Ecco là Carter. Mi sa che ti conviene andare"

Abby sorride a Luka per un ultima volta e, camminando piano, si avvicina a Carter. Luka li guarda, osserva attento il modo un po' freddo con cui John la saluta e il modo un po' possessivo con cui le stringe le spalle e se la porta via.

La guarda allontanarsi e perdersi nella folla. Non è un addio, ora lo sa. Perché, prima o poi, il loro momento giusto, quello perfetto, magico ed indescrivibile, arriverà. E lui sarà pronto ad afferrarlo. Perché lei è Abby.  

 

 

 

 

 

 

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