Dillo Alla Luna

di milly92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Città Che Cambi, Gemella Che Trovi- Ogni Volta ***
Capitolo 3: *** Dalla Spagna Con Furore- La Strega ***
Capitolo 4: *** Una Nuova Amica- Ci Credi ***
Capitolo 5: *** Forse Questa partita La Vinco Io- Inguaribile Romantica ***
Capitolo 6: *** Quando Si Dice Andare In Guerra Senza Il Fucile- Marea ***
Capitolo 7: *** Altro Che Venerdì 17- Buoni O Cattivi ***
Capitolo 8: *** Sabotaggio- E Adesso Che Tocca A Me ***
Capitolo 9: *** Forse Non Bisogna Giudicare un libro Dalla Copertina- Senza Parole ***
Capitolo 10: *** Gemelle, Sorelle e… Confidenti?- Le Cose Che Non Dici ***
Capitolo 11: *** Ritorno a Firenze- Un Senso ***
Capitolo 12: *** Innamorata? Chi, io? …Cavoli, si!- Colpa Del Whisky ***
Capitolo 13: *** Il Christmas Party- Rewind ***
Capitolo 14: *** Cena A Casa Valenti-Io Perderò ***
Capitolo 15: *** “A Natale Puoi Fare Quello Che Non Puoi Fare Mai”- Occhi Blu ***
Capitolo 16: *** Tarocchi, Veggenti e Maledetti Post-Un Gran Bel Film ***
Capitolo 17: *** Quando Una Sigla Sbagliata Può Rovinarti La Giornata-L’Una Per Te ***
Capitolo 18: *** L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te ***
Capitolo 19: *** La Malattia Amore Esiste- Giocala ***
Capitolo 20: *** L’Ennesima Delusione-Sally ***
Capitolo 21: *** Magnifiche Sorprese Post Compleanno- Lo Show ***
Capitolo 22: *** Dillo Alla Luna ***
Capitolo 23: *** Vedi Un Mito Ma Ne Crolla Un Altro-E… ***
Capitolo 24: *** Non è Un Lieto Fine, Ma Un Giusto Inizio-Da Sola Con Te ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo!!!!!!!!!!!

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Prologo

 Mai come in quel momento le pareti color lilla della mia stanza, così diverse da quelle della sua color pesca, mi erano sembrate fredde e vuote. Non c’era nessuno che mi disturbava con le canzoni di Vasco che uscivano a tutto volume dal suo portatile, che si era portata dietro. Non discutevo con qualcuno da circa quattro mesi, dato che lei era l’unica con cui abbia mai discusso sul serio per motivi stupidi che vertevano sempre attorno alla stessa cosa.

Io non le avevo mai rubato niente, almeno non con la mia volontà, e lei non lo aveva mai capito in più di diciotto anni trascorsi insieme.

Il mio cellulare squillò, e vedendo chi mi stava chiamando staccai la chiamata, decidendo di spegnere il telefono, e ciò mi ricordò uno dei motivi per cui lei se ne era andata.

Mi mancava da morire, questa era la verità, senza di lei era tutto così normale, placido, noioso. Per la prima volta in vita mia, sentivo nei suoi confronti quel legame indissolubile che si dice esistere quando si è gemelle.  

Presa da un’idea improvvisa, mi diedi della stupida per non averci pensato prima e chiamai il mio migliore amico di sempre, Marco, che probabilmente era l’unica persona al mondo che mi avesse mai presa sul serio nonostante la nostra lontananza.

“Ciao, Stella! Dimmi!”.

“Marco, preparati. Da domani la tua migliore amica abiterà nella tua stessa città” dissi convinta appena rispose alla chiamata.

“Che cosa?”. La sua voce matura, ma tuttavia con un qualcosa di affascinante, era iper sorpresa. “Sei impazzita?”.

Risi. “No, non ce la faccio più a stare qui. Voglio venire da te, così potrò recuperare il tempo perso con Luna e…”.

“E pensi che lei sia disposta a chiarire? L’ho vista l’altro ieri, e mi sembra davvero felice da quando vi siete separate” mi tenne presente, con aria seria. “Ormai sembra nemmeno più badarmi quando la infastidisco…”.

Scossi il capo, ricordando il rapporto di puro odio che c’era tra il mio migliore amico e mia sorella. Entrambi stracolmi di orgoglio fino alla punta dei piedi, entrambi con una sorta di vena tormentata che li caratterizzava, entrambi facilmente soggetti ad incomprensibili sbalzi d’umore. Era ovvio che si odiassero, solo gli opposti si attraggono, come si dice.

“Non m’importa. Ho deciso. Ti va di venirmi a prendere alla stazione, domani?” chiesi poi.

“E me lo chiedi pure?”.

Sorrisi, dicendomi che avevo il migliore amico migliore del mondo.

Due ore dopo mia madre entrò nella stanza e restò sbalordita quando vide il mio trolley pieno per metà di vestiti, cinture e scarpe varie.

“Stella, ma cosa…?” chiese stralunata, corrugando la fronte nello stesso modo in cui lo facevo io.

“Mi licenzio mamma. Vado da Luna”. Il mio tono non era mai stato così naturale, mi sembrava una cosa ovvia, e mi sentivo stupida per averci impiegato quattro mesi per arrivarci. 

“Stai scherzando, vero?”.                                   

“No, non sono mai stata più seria. Te la cavi meglio senza di me e ci sono decine di persone che vorrebbero avere il mio posto di aiutante. Devo chiarire con Luna…” risposi, sentendo, chissà perché, le lacrime agli occhi.

Mamma sembrava sull’orlo di una mezza crisi, come se avesse constatato di avere una figlia da rinchiudere in una clinica di igiene mentale.

“Vi scannerete, lo sai, e poi, come farai con Christian….?”.

Bel tentativo, mamma, mettere quello che tu credi essere il mio ragazzo in mezzo per dissuadermi dalla mia scelta.

“L’ho lasciato, e da un lato sono contenta che Luna non abbia raggiunto il suo scopo, come fidanzato fa schifo. Essere quella adorata e privilegiata ha i suoi pregi, no?” dissi amaramente, piegando una maglia rossa.

“Stella…”.

“Mamma, parto domani”.

Lei incrociò le braccia e mi guardò male. “Vuoi dire che hai già fatto i biglietti?” chiese, con un’aria simile alla sfida.

Feci un sorriso tra l’amaro e il compiaciuto, incrociando le braccia a mia volta. “Vorrai dire il biglietto, quello di sola andata”.

 

*°*°*°*°*

Ciao a tutti! Eccomi tornata con una nuova storia a cui tengo particolarmente. Volevo postarla tra un po’, ma ora che sto scrivendo il quarto capitolo ho un piccolo blocco e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, anche se questo è solo il prologo,  per capire se devo continuare o meno.

Volevo solo aggiungere che il titolo che ho scelto, come avrete capito, è stato preso da una canzone di Vasco che metterò nel momento più importante della storia, e che ogni capitolo avrà un suo titolo più un sottotitolo che sarà il titolo di una canzone dello stesso cantante.

Cosa ve ne sembra?

Spero che mi lascerete una piccola recensione per sapere cosa ne pensate. Grazie in anticipo!

milly92.

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Capitolo 2
*** Città Che Cambi, Gemella Che Trovi- Ogni Volta ***


Città Che Cambi, Gemella Che Trovi- Ogni Volta

Desclaimer: Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.

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Capitolo 1

Città Che Cambi, Gemella Che Trovi

[Ogni Volta]

“Per il nati sotto il segno dell’Acquario: la Luna è nel vostro segno e vi aiuterà a realizzare un progetto per cui lavorate da mesi, anche se con qualche minima difficoltà. Ma le stelle irromperanno nella vostra giornata e non vi abbandoneranno fino a…”.

Cambiai stazione radio, cercando di reprimere un istintivo grugnito di rabbia. Proprio in un canale in cui stavano dicendo l’oroscopo dovevo inceppare? Possibile che delle sciocchezze inventate dall’uomo solo per passare il tempo e far guadagnare migliaia di euro a delle persone ignoranti che erano note come “astrologi” dovessero rovinarmi la giornata anche quando qualcosa per una volta mi era andato bene? Quel giorno, e di certo in quelli seguenti, nessuna stella mi avrebbe rotto le scatole, quella era la cosa di cui ero più sicura al mondo, più del fatto che la Terra non fosse piatta e che io mi chiamavo Luna Solari. Inceppai in una canzone di Vasco e iniziai a scacciare la brutta, vivida immagine, anzi il volto, che si era formato nella mia mente udendo la parola “stelle”, un volto purtroppo molto simile al mio, ovvero quello della mia gemella Stella, da cui mi ero separata da ben quattro mesi e senza di cui vivevo molto meglio nella storica casa dei miei nonni, a più di quattrocento chilometri di distanza da lei.

Quella canzone voleva proprio. Ogni volta. Sorrisi, era una delle mie canzoni preferite, in quanto gran fan di Vasco Rossi, eppure decisi di lasciar perdere il mio mp4, ero troppo di buon umore, anche se lo ero molto di più prima della soffiata dell’oroscopo, per potermi fermare a riflettere sui vari spunti che quella canzone mi offriva ogni volta, nonostante la conoscessi a memoria, parola per parola, nota per nota.

“E ogni volta che non sono coerente
e ogni volta che non è importante
ogni volta che qualcuno si preoccupa per me
ogni volta che non c'è
proprio quanto la stavo cercando”

Anzi, no, forse l’avevo tolta solo perché al momento non mi andava di perdermi in quella che era la pura verità. Ogni volta che avevo bisogno di qualcuno, ecco che questa scompariva come se nulla fosse… E in quel momento mi rendevo conto che questo qualcuno non ci teneva sul serio a me, come la mia ex migliore amica, Alessandra. Dalla prima media eravamo sempre state inseparabili, avevamo frequentato insieme il liceo e tutte le sfide che questo aveva comportato, sempre l’una fianco all’altra… Finchè non era giunto quello che lei definiva l’uomo della sua vita, che me l’aveva sottratta brutalmente. E lei? Lei non aveva nemmeno protestato, ovviamente. Cosa se ne faceva di me ora che aveva qualcuno che poteva offrirle molte cose in più rispetto a me, molta più compagnia, affetto e chi più ne ha più ne metta?

Scacciai questi pensieri con difficoltà e ci riuscii dopo vari tentativi.

Nonostante tutto, però, l’oroscopo ci aveva azzeccato, anche se in parte. Avevo realizzato il mio progetto del momento, ottenere un buon risultato dopo mesi di impegno.

Presi il cellulare e composi quel numero che ormai conoscevo a memoria, mentre uscivo dalla facoltà di Lingue di Napoli, sentendo di poter volare per la leggerezza che sentivo dentro, e aspettai pazientemente che qualcuno rispondesse. Le pareti bianche come il pavimento, la porta della segreteria, i vari annunci affissi sulla bacheca non mi erano mai sembrati così allegri in due mesi che frequentavo le lezioni.

“Luna! Tesoro, dimmi” mi invitò la voce solare di zia Kitty, quella che potevo definire la mia zia preferita e che sentivo più vicina di mia madre al momento.

“Indovina?” le domandai, sorridendo come un’ebete mentre raggiungevo la stazione per tornare a casa della nonna, dove vivevo al momento insieme a mio padre.

“Hai già fatto l’esame?” chiese sorpresa. “Non sono nemmeno le undici!”.

“Sono stata la seconda…” spiegai. “Su, indovina quanto mi ha messo il prof?” chiesi di nuovo, insistentemente.

Esitò per vari secondi, poi alla fine disse: “Mi arrendo, dai, dimmelo!”.

“Ventotto!” esultai, a voce così alta che due donne si voltarono verso di me, avvolte in lugubri cappotti neri e sciarpe abbinate. In effetti faceva molto freddo, ma dopotutto era il ventuno novembre e la città sembrava avvolta in una cupola grigia, cosa che non c’entrava con lo smog. Invece io mi sentivo così accaldata che probabilmente a breve mi sarei tolta anche il sottile giubbino di pelle che indossavo insieme alla sciarpa multicolore che mi aveva fatto nonna Luciana con le sue stesse mani. L’avevo messa come portafortuna, ed aveva funzionato.

“Ventotto? Ma sei la mia genietta, tesoro!” esclamò, gioiosa.

“Non ci posso credere, se vedevi com’era il professore, un tipo tutto tirato e altezzoso con la puzza sotto al naso! E parlava in un modo assurdo, ci volevano i sottotitoli per comprenderlo, infatti mi ha guardato male quando gli ho chiesto di ripetere la seconda domanda” spiegai, controllando l’orologio e constatando che il treno sarebbe arrivato da lì a tre minuti. Quella mattina mi ero svegliata con l’intento di strappare almeno un venticinque al mio primo esame all’Università, quindi potevo ritenermi soddisfatta.

“Intanto hai saputo tenergli testa” mi ricordò la zia. “Dobbiamo assolutamente festeggiare! Vieni a pranzo da me, ok?” mi invitò. “E porta anche papà, mi raccomando, gli farà piacere mangiare qualcosa diverso dalla pasta asciutta di nostra madre”.

Sorrisi spontaneamente ripensando alla nonna e alla sua cucina: era bravissima nel cucinare le polpette con le melanzane e la frittata di patate, ma la pasta non era proprio il suo piatto forte, però  nonostante tutto noi nipoti l’adoravamo, era molto schietta e solare, anche se a volte un po’ impicciona. “Va bene allora, grazie!  Ma non dire nulla  a nessuno del voto, ok? Voglio farlo io” le ricordai. Tutta la mia famiglia mi era stata vicina durante il periodo di studio, chi più, chi meno. Qualche cugino di buona volontà mi aveva aiutato con qualche traduzione, qualcun altro aveva ascoltato la mia esposizione di qualche argomento o mi aveva semplicemente fatto compagnia mentre vedevo le puntate di Gossip Girl in madrelingua, cosa che facevo dal liceo per fare sia il dovere che il piacere. 

“Come vuoi, cercherò di tenere la bocca chiusa”.

Devi tenerla chiusa” precisai, e scoppiammo a  ridere prima che di salutarci e staccare la telefonata. Riposi il cellulare nella tasca dei miei jeans preferiti, stretti al punto giusto e con delle decorazioni argentate nei presi delle tasche, e aspettai un altro minuto prima di vedere il treno arrivare e salirci su. Presi posto sul primo sedile vuoto che trovai e mi rilassai, nell’attesa di arrivare nella cittadina in cui avevo deciso di trasferirmi quattro mesi prima, dopo essermi diplomata.

Un paesaggio pieno di prati e alberi scorreva davanti ai miei occhi, mentre io cercavo di non sentire il russare insistente dell’uomo di mezz’età che si era seduto al mio fianco, addormentatosi dopo i primi tre secondi di viaggio e ancora in un coma apparente. Avevo cercato di evitare di provare fastidio rimettendomi le cuffie dell’mp4 nell’orecchio ma senza successo, visto che quel sottofondo odioso si sentiva ancora nonostante tutto, così me l’ero tolte e avevo deciso di sopportare in silenzio, cerando di consolarmi visto ciò che mi aspettava una volta arrivata a destinazione, una destinazione di certo non ambita da fresche diplomate piene di vita e voglia di fare nuove esperienze, ma si sapeva che io ero strana e a volte un po’ pazza, quindi passare dal vivere con mia madre e mia sorella a Firenze all’andare nell’ignota cittadina campana di Maddaloni da mio padre e la sua famiglia per me era una cosa normale e agognata dall’età di sedici anni.

Era stato un passo che mi aveva portato a molti cambiamenti, ma avrei fatto di tutto pur di non dover più sopportare il continuo confronto con la mia gemella e la vita passata alla sua ombra che ne conseguiva.

La convinzione nel volermi trasferire era giunta  quando avevo detto a mamma di aver preso ottantasette su cento all’esame di Stato al Liceo Linguistico che avevo frequentato e lei non si era scomposta più di tanto, anzi, aveva anche avuto il barbaro coraggio di dire: “Però, se ce l’avessi messa un po’ di più saresti arrivata a novanta. Fa niente!” quando aveva sorriso davanti al settantadue di Stella, diplomatasi nel Liceo Artistico della città. Già in precedenza c’erano stati altri episodi che mi avevano infastidita, quindi quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Per cui era ovvio che al momento il mio umore fosse alle stelle: per i prossimi mesi niente gemella rompiscatole e niente madre ingiusta alle calcagna. Dopotutto, io e Stella avevamo abitato in quella città fino all’età di sei anni, poi però avevamo dovuto trasferirci a Firenze per il lavoro di mamma, prima che lei e papà si separassero, circa quattro anni dopo.

Così papà era tornato nella sua città natale, ma mamma aveva insistito nel tenerci con lei a Firenze nonostante l’affidamento congiunto.

Alle undici e venti il treno si fermò nell’affollata stazione di Maddaloni, e fu con grande gioia che dissi addio all’interno squallido del mio scompartimento, e soprattutto al mio vicino che avevo dovuto svegliare con insistenza, anche se il primo istinto era stato quello di lasciarlo lì per ripagarlo delle pene che mi aveva fatto passare.

Con un’immensa spensieratezza respirai a pieni polmoni l’aria che si respirava nella stazione.

Stranamente, Maddaloni mi piaceva sempre di più, nonostante per certi versi potesse risultare molto squallida in confronto a Firenze. Era semplice, con un elevato numero di negozi forniti di tutto, e la vita si concentrava soprattutto attorno alla piazza principale, luogo di incontro della maggior parte della gioventù,  nonostante qualche busta di immondizia di troppo sparsa per le varie strade di tanto in tanto.

Una volta uscita dal territorio della stazione, così, iniziai  a camminare a passi svelti verso Via Roma, dove si trovava il locale in cui lavoravo da due mesi. Si chiamava “Speed dating”, ed era una sorta di bar in cui ogni mercoledì e venerdì decine di single si incontravano in una sorta di incontro al buio con altre persone per tre minuti alla volta, cercando di incontrare la propria anima gemella. Era un qualcosa di molto alternativo, un locale unico in tutta la città, dove si poteva mangiare qualche specialità orientale come il sushi o qualcosa di estremamente casareccio come la pastasciutta, e nonostante lo scetticismo  che provavo nei confronti di quel sistema per cercare di conoscere qualcuno molto interessante, avevo deciso di provare a fare domanda per essere assunta perché non volevo dipendere completamente da papà e volevo avere una mia piccola entrata ogni mese. E, per fortuna, ero stata presa.

“Buongiorno!” esclamai, entrando nel locale e sorridendo a due camerieri che pulivano i tavolini.

“Ciao, Luna!” dissero loro, Gianluca e Antonio.

“Ragazzi, c’è il Mister?” chiesi ironica. Tutti chiamavamo così Michele, il proprietario del locale, un uomo sulla quarantina un po’ bassino con una calvizie incipiente e una simpatia smisurata.

“Nel retro, sta facendo qualcuna delle sue solite birichinate” rispose Antonio, un ventenne con lunghi capelli scuri e un sorriso rassicurante. Era grazie a lui se il locale era ancora aperto, dato che spesso aveva fermato Michele nel fare qualche mossa azzardata come spendere tutti i suoi risparmi per qualche infruttuoso investimento.

“Ok, vado a salutarlo” .

“Ma hai fatto l’esame?” domandò Gianluca, fratello di Antonio, più grande di circa tre anni. Si somigliavano molto anche  se era molto più possente del fratello minore.

“Si” risposi.

“E quanto…?”.

“Ventotto!” rispose un vocione allegro alle mie spalle, e mi voltai stupita verso Michele che mi correva incontro a braccia aperte, avvolto nel suo grembiule preferito, giallo e verde.

“Chi te l’ha detto?” domandai, mentre mi abbracciava calorosamente.

“Un uccellino impiccione” rispose quando ci separammo, ed io sospirai.

“Zia Kitty non cambierà mai...” dedussi, immaginandola mentre entrava e annunciava la notizia facendo girare tutte le persone presenti nel locale a causa del suo tono enfatico.

Michele sorrise, scrollando le spalle. “E’ una brava donna, non riesco a capacitarmi come possa essere ancora single alla sua età una come lei” disse.

“Intanto non ti dispiace che non abbia un marito che le gironzola intorno, così sei libero di offrirle tutti i cappuccini che vuoi” lo punzecchiò Antonio, facendo l’occhiolino. 

Guardai sbieca verso l’uomo e lui arrossì, fingendo di arrabbiarsi. “Antonio, quando la smetterai?! Lo sai che dopo Lucilla non amerò mai nessun’altra donna” gli ricordò, accennando alla sua povera moglie defunta circa otto anni prima a causa di un tumore al seno. Indicò con lo sguardo la foto onnipresente della donna di fronte a noi, sorridente e bellissima il giorno del loro matrimonio, ed annuii seria.

“Lo sappiamo, Mister, non lo pensare. E poi mia zia deve restare single per farmi compagnia, lo sai” cercai di metterla sullo scherzo, dato che Michele diventava molto sensibile quando si toccava questo tasto, e per fortuna funzionò perché mi sorrise. 

Stava per dire qualcosa quando si sentì uno scampanellio, simbolo del fatto che qualcuno era entrato nel locale e  aveva causato quel rumore grazie al campanellino che si trovava sopra la porta, e quando vidi chi era entrato sbuffai, ricordandomi che forse l’oroscopo poteva avere ragione a modo suo, circa le stelle. Se Stella non poteva rompermi le scatole, ecco che il fato ci pensava a far si che ciò accadesse indirettamente, mediante qualcuno che stava dalla sua parte.

Michele mi fece segno di occuparmi del cliente con lo sguardo, tornando nel retro bottega, ed io ubbidii di malavoglia.

“Vedo che sei entusiasta di vedermi. Mi fa piacere”.

Avete mai conosciuto qualcuno che ritenete ridicolo per il suo costantemente essere contro di voi per il semplice scopo di dar ragione a chi vi sta contro? Io si, e questo qualcuno si chiamava Marco Valenti, un ventunenne cocciuto, convinto, occhialuto e, dulcis in fundo, storico migliore amico di mia sorella e suo primo ragazzo. La loro tempestosa storia era nata nel 2002 , quando entrambe eravamo venute per le vacanze estive a Maddaloni da nostro padre, e dal momento in cui lui e Stella si conobbero ad un corso estivo di piscina diventarono inseparabili. Io e la mia gemella avevamo undici anni, e lei non fece altro che vantarsi con me del primo fatidico bacio che aveva dato a quell’essere. Poi, a settembre, tornammo a Firenze e lei si innamorò di Giacomo Mirante,  un bullo che stava in terza media, così si inventò la solita scusa del “geograficamente incompatibili” e piantò Marco. Avrei aggiunto un povero prima del suo nome se nei mesi successivi lui non avesse continuato a farsi sentire, fino ad arrivare ad un livello di amicizia maturo e consapevole verso i tredici anni. Lui e mia sorella così si vedevano in estate e durante le vacanze natalizie, e cosa c’era di meglio per quell’idiota che torturarmi ora che ero lontana dalle grinfie di Stella? Doveva certamente continuare l’opera iniziata dalla sua migliore amica in diciotto anni.

“Ma piantala.  Sai che ci sono altri cinque locali nel raggio di trenta metri?” sbottai, decidendo di non guardarlo in faccia e iniziando ad asciugare alcuni bicchieri dietro al bancone.

Marco fece un verso che poteva assomigliare molto ad un “Si, ma preferirei restare a corto di acqua per le prossime due settimane piuttosto che non avere la soddisfazione di infastidirti”. Negli anni avevo imparato le varie sfumature che un minuscolo suono vocalico poteva avere.

“E allora perché….?” chiesi, esasperata e scocciata.

“Se mi guardi in faccia parlo altrimenti…”.

“Altrimenti?”.

“Altrimenti ti dico una cosa molto spiacevole che voglio farti scoprire da sola”.

Alzai automaticamente lo sguardo- smettendo di osservare il bicchiere che stavo asciugando come se sul fondo ci fosse incollata la foto di un modello particolarmente attraente- e vidi un velo di pura soddisfazione dipingersi sui suoi lineamenti marcati. La mascella un po’ quadrata, le labbra sottili incurvate in un sorriso di sfida, gli occhi di un azzurro intenso celati da occhiali dalla montatura nera, i capelli neri avvolti in ricci abbastanza fitti, la statura alta e a volte un po’ dinoccolata, facevano di lui la persona che meno sopportavo al mondo dopo la mia ex professoressa di latino e Lucia Matri, colei che al corso di letteratura spagnola si credeva miss-madrelingua-spagnola venuta in Italia. Non cito mia sorella perché, in quanto tale, dire di odiarla sarebbe crudele, ma spesso purtroppo ero arrivata a pensarlo, anche se alla fine ero giunta alla conclusione che tendevo a reagire male nei suoi confronti perché le volevo bene e ci restavo male quando una persona a me cara mi deludeva.

“Che paura, brrr” lo schernii con aria di sfida. “Ti sto guardando, quindi spara”.

“Oh, niente, oggi mi va di rischiare così sono venuto a prendere il caffè qui quando ti ho visto entrare dal fondo della strada” minimizzò, sedendosi su uno degli sgabelli che circondavano il bancone e poggiando la sua faccia da schiaffi sui suoi gomiti.

“Rischiare?” chiesi, socchiudendo gli occhi in due fessure.

Rise divertito e scosse il capo. “Ti hanno mai detto che sei molto lenta di comprendonio?” mi prese in giro, e non so quale forza divina mi aiutò a non scagliargli uno dei bicchieri addosso.

Respirai con rabbia e lui parve godersela un mondo. “Mi riferivo al fatto che avresti potuto avvelenarmi, mettendo chissà che nel caffè” spiegò.

“Devo ridere? Applaudire? Non è colpa mia se non capisco le tue battute deficienti” sbraitai.

Vidi Antonio affacciarsi da una delle colonne che adornavano il locale, conferendogli uno stile romano, probabilmente attratto dai toni che la conversazione stava acquisendo.

Inutile dire che Marco non si levò la sua maschera da ragazzo da faccia di schiaffi strafottente, così scrollò le spalle, alzandosi. “Ho capito, mi sa che farò a meno del caffè per il momento. Ma ti suggerisco di farne a meno a tua volta, oggi, perché troppa caffeina potrebbe farti stare ancora peggio quando verrai a sapere quella cosa” disse con aria saccente, aggiungendo anche una sorta di occhiolino ironico.

Incrociai le braccia. “Sei patetico. Non sai più cosa inventarti per darmi fastidio. Non mi provochi, Marco, mi sei totalmente indifferente” dichiarai, il che non era vero dato che aveva una stranissima capacità di farmi arrabbiare anche con mezzo sguardo.

“Se fossi in te non ne sarei sicuro. Ma per fortuna non lo sono, ah ah!” esclamò, per poi darmi le spalle e fare per uscire. “E mi raccomando, sii meno antipatica con me in futuro” aggiunse.

“Sarebbe come chiederti di far funzionare l’unico neurone che hai in quel cervello bacato che ti ritrovi per mezza volta!” risposi a voce alta, ma ormai la campanella mi aveva già annunciato la sua uscita.

“Rompe ancora quell’idiota?” chiese Antonio con aria protettiva, emergendo dal fondo del locale.

Scossi il capo, cercando di non sentirmi arrabbiata e stizzita a causa sua.

“Non badarci, proprio come faccio io, prima o poi si scoccerà di fare lo scagnozzo di Stella” borbottai, ritornando ad occuparmi dei bicchieri.

“Ma mi dà fastidio” precisò, avvicinandosi al bancone e obbligandomi ad alzare lo sguardo verso di lui dopo aver preso il mio mento nella sua mano destra.

“Abituatici come ho fatto io” risposi, cercando di sorridere e scostandomi. “E’ una cosa naturale, ormai, ci siamo sempre odiati e mi va bene così”. Antonio parve optare di convincersi almeno un po’, perché mi invitò a dirglielo nel caso che Marco avesse continuato con la sua solita aria protettiva e tornò alla sua occupazione.

Non capivo a cosa si riferisse Marco riguardo la cosa che stava per succedere, e decisi di non badarci più tanto, specialmente quando Michele e i ragazzi mi raggiunsero con una bottiglia di Baileys per brindare per il voto dell’esame.  

All’una, finito il mio turno, trovai papà fuori al locale ad aspettarmi, appoggiato alla sua Citroen nera,  e corsi verso di lui dopo averli salutati.

“Papà!” esclamai.

“Luna, allora?” chiese, impaziente. I capelli castani un po’ ribelli come sempre gli conferivano un’aria più giovane dei suoi quarantatré anni, del mio stesso colore, proprio come gli occhi. “Sono appena tornato dalla redazione, ho perso tutta la mattinata dietro un articolo sullo sfruttamento minorile in Kazakistan, non ti dico”.

“Questi sono i rischi e pericoli che corre un giornalista” ribattei sarcastica, accennando al suo mestiere che amava con tutto sè stesso. “Comunque, indovina?”.

“Mmm, non voglio esagerare, per cui dico ventisei” azzardò.

Scossi il capo e sorrise. “No? E allora quanto…?”.

“Ventotto!” esultai.

I suoi occhi vispi si allargarono in un’espressione radiosa e mi abbracciò. “No! Non mi dire! Magnifico!”.

Per tutto il tragitto non feci altro che raccontargli dettagliatamente l’esame, a partire dall’orribile cravatta del professore, tanto che mi dimenticai di dirgli che eravamo ospiti di zia Kitty, e me lo ricordai solo quando parcheggiò nel cortile del palazzo in cui abitava la nonna insieme a nonno Gianfranco.

“Vabbè, poso la borsa e andiamo” disse quando lo informai, invitandomi a seguirlo.

Obbedii, e due minuti dopo ci ritrovammo davanti zia Carola che ci aveva aperto la porta d’ingresso. Come tutte le donne di famiglia era bruna, con un’altezza media e una quarta abbondante di reggiseno, ma era raro vederla in giro dato che era una ginecologa e aveva sempre molto da fare. Era la sorella maggiore di papà, a lei si succedevano altre quattro sorelle e, infine, dopo tante preghiere del nonno, era arrivato papà.

“Zia, ciao!” la salutai, sorpresa nel trovarla lì a quell’ora. Non ci vedevamo da un paio di settimane. “Che ci fai qui?” chiesi.

Lei sorrise mentre mi dava un bacio sulla guancia. “E potevo mica mancare ad un simile evento!”.

Feci un respiro di rassegnazione, dato che sentivo mille voci diverse provenire dalla cucina.  “Zia Kitty ha sparso la voce anche qui” mormorai.

“Io non ho sparso un bel niente”.

Restai sorpresa nel trovarmi la mia zia preferita davanti, in contrario al nostro accordo precedente circa il pranzo. Aveva i suoi soliti capelli rosso ramato, ovviamente tinti, raccolti in una mezza coda e mi stava squadrando con i suoi occhi di un azzurro chiaro, che rendevano ancora più dolci i suoi lineamenti.

“E allora cosa…?” chiesi senza capire, cosa che però avvenne quando sentii un acuto: “Luna!” provenire da una voce che conoscevo molto bene.

Feci un passo indietro mentre mi ritrovavo davanti quella che sarebbe dovuta essere la mia copia genetica, più sorridente che mai, avvolta in un vestito di velluto blu elettrico che le metteva in risalto la lunga chioma castana tutta boccoli simile alla mia e il volto truccato perfettamente come se fosse una bambola di porcellana. E, peggio del peggio, alle sue spalle vidi comparire anche Marco.

“Stella” replicai freddamente, incredula. “Che ci fai qui?”.

Mi voltai verso papà, che sembrava a sua volta sorpreso di vederla. Tuttavia sembrò decidere di mettere da parte le domande e le si avvicinò per abbracciarla. Dal canto suo, Marco mi guardava con aria soddisfatta, con le braccia incrociate e il mento alzato.  

Stella, dopo essersi separata da papà, corse ad abbracciarmi a sua volta, mentre tutto il resto della famiglia ci guardava. “Non ce la facevo più a stare a Firenze, il lavoro con mamma non mi piace, mi sento la ruota di scarto, e così mi sono trasferita anche io qui, volevo farti una sorpresa… Non è magnifico? E poi mi mancavi tanto…”.

Feci una risata priva d’allegria, e mai come in quel momento mi sentii diversa da lei, lontana mille anni luce nonostante fossimo gemelle omozigote. Avrei preferito che quella  festa nonostante tutto sarebbe stata dedicata a me e al mio esame, e invece ecco che in un giorno così felice per me, passava quell’uragano di Stella a rovinarmi la giornata. Maledetto oroscopo. Ci aveva azzeccato. E maledetto quel Marco che non la smetteva di godersela.

“Giusto, ti mancavo” la canzonai.

Lei fece finta di non capire.

“Comunque ho preso ventotto” dissi ad alta voce, in direzione della nonna, una donnetta piccolina con i lunghi capelli bianchi legati in una crocchia.

“Ventotto? E’ buono?” chiese.

Seconda doccia di acqua fredda. Sbuffai, scansandomi dalla mia gemella.

“Ma in realtà stiamo festeggiando un’altra cosa, diciamo che più che altro abbiamo preso due piccioni con una fava…” s’intromise mia cugina Flavia, al fianco del suo fidanzato storico Clemente. Figlia di zia Carla, era sempre stata una sorta di modello della perfezione in famiglia; aveva venticinque anni e si era appena specializzata come architetto con il massimo dei voti.

“Si, infatti” asserì il suo fidanzato, cinque anni più grande di lei.

Non mi presi nemmeno la briga di domandare cosa fosse successo, anche perché subito Flavia disse: “A gennaio ci sposiamo!”, per poi mostrarmi l’anello che portava all’anulare sinistro, simbolo di quella promessa.

“Oh” mormorai. Certo, la sorpresa c’era, ma al momento ero presa dalla notizia della venuta di Stella, cosa che ritenevo impossibile fino a poche ore prima. Mi congratulai, come si era soliti fare.

“E mi hanno chiamato visto che io e la mia band suoneremo durante il ricevimento” aggiunse Marco, mentre Flavia gli sorrideva.

Lo fulminai con lo sguardo e lui imitò una faccia da angioletto.

“Scusate, devo andare in bagno, sono stanca, stamattina ho anche lavorato” ribadii mezzo minuto dopo, non potendone più,  ma quasi nessuno mi sentii, erano tutti presi dal chiedere qualcosa a Stella o ai neo sposini.

I miei momenti di gloria erano durati per quattro brevi lunghi mesi, troppo corti per poter ripagarmi diciott’anni vissuti all’ombra.

Sentii dei passi seguirmi nel corridoio e non mi presi nemmeno la briga di controllare chi fosse.

“So perché ce l’hai con me, ma non è colpa mia se lui ha preferito me a te!” disse la voce di Stella, esasperata. “E poi l’ho lasciato!”.

“Zitta, non hai la facoltà di essere al centro del mondo per quanto possa risultarti difficile, quindi lasciami in pace. Non me ne frega nulla di Chris, e ormai nemmeno di te” ribattei.

“Se così fosse non faresti questa scenata. E poi, di che ti lamenti? Non posso di certo biasimare quel tipo per aver scelto Stella! Sei così odiosa quando ti ci metti che sfido chiunque a sopportare la tua presenza per almeno dieci secondi” s’intromise Marco, che stava venendo verso di noi. Sembrava proprio infuriato, come se la questione riguardasse lui in prima persona.

Mi inalberai per la rabbia. Ci mancava solo il giudice difensore. “E allora perché non te ne vai visto che la mia presenza è così fastidiosa? E poi non mi sembra di aver chiesto il tuo giudizio!” esplosi, sentendo le guance andarmi a fuoco e il cuore battermi a diecimila.

Ecco rovinata la vita che per una volta mi ero scelta e mi piaceva. Li guardai un’ultima volta con risentimento prima di entrare in bagno e sbattergli la porta in faccia.

Ma ci restai male quando sentii i  passi della mia gemella allontanarsi decisi e non urla di protesta.

 

*°*°*°*°

Ciao a tutti! Ed ecco che ho aggiunto il primo capitolo… Cosa ve ne sembra? Al momento vedremo l’attenzione concentrarsi su Luna e Stella e sul loro  rapporto, ma non dimenticate che questa è una storia romantica, e ne vedremo delle belle se vi piacciono i "casini"…

Immagino ci sia stato un po’ di stupore nel vedere che la storia è narrata dal punto di vista di Luna quando nel prologo a parlare era Stella, ma ci tengo a precisare che la protagonista è proprio Luna, quindi non credo che vedremo qualche altra parte narrata dalla sua gemella.

Ribadisco che in ogni cap ci sarà un titolo più un sottotilo alias una canzone di Vasco che meglio rappresenta la situazione, anche perchè il titolo stesso della fic è dovuto ad una sua canzone.

Comunque, grazie mille a coloro che hanno messo la fic tra le storie seguite:

 Blair 95
brennan
chica KM
CriCri88
huli

 coloro che l’hanno messa tra i preferiti:

alina 95
pirilla88
vero15star
__piccola_stella_senza_cielo__

 
e coloro che hanno letto e che hanno recensito:

Blair95: Innanzitutto ti faccio per i complimenti per il nick, credo si riferisca a Blair di Gossip Girl, giusto? Io adoro quel telefilm e soprattutto Blair e Chuck… Infatti credo avrai visto dalla foto che ho messo a inizio cap che per rappresentare Luna ho scelto proprio Leighton Meester ^^ Comunque, spero che anche questo primo cap ti sia piaciuto! Io non ho una sorella, quindi diciamo che ho dovuto inventare come ci si sente ad avere una gemella come Stella xD

CriCri88: Carissima! Lo sai che non mi tormenti mai ^^ Eh si, i problemi ci sono, ma lo sai che non per me non c’è gusto a scrivere se non c’è caos e non si formano trame degne delle Guerre Mondiali xD Spero che anche questo cap ti sia piaciuto, e riguardo al blocco stai tranquilla perché sono in pieno periodo di interrogazioni a scuola, quindi dovendo studiare senza poter scrivere comporta un aumento di idee e voglia di scrivere. Un bacione carissima!

alina 95: Ciao, che bello vederti anche qui ^^ Mi fa piacere che la storia ti piaccia già, e riguardo a chi sarà la tua preferita, beh, hai tanti cap a disposizione per decidere, anche se credo che con il proseguire degli avanti Luna diventerà un po’ la preferita, a causa di alcuni comportamenti di Stella, anche se poi tutto è soggettivo. Per il blocco stai tranquilla, è superato, devo solo avere un po’ di tempo e mi metto a scrivere il 5°  ^^

vero15star: Tesoro, stai tranquilla, tutti siamo impegnati e a volte capita di non avere tempo ^^ Tanto so che posso contare  su di te come tu puoi contare sempre su di me =) E’ bello sapere che anche questa storia ti piaccia, sul serio, e so che sei sincera. Che dici, Marco ce lo dividiamo? xD Ti voglio un mondo di bene piccola!

_piccola_stella_senza_cielo_: Ecco qua il primo capitolo, spero che ti piaccia e che abbia colmato un po’ la tua curiosità ^^ Grazie mille =)

Angel Texas Ranger: Si si, questa volta si parla di due gemelline un po’ particolari… Spero ti sia piaciuto questo cap ^^ Un bacione!

 

Visto che mi sento magnanima xD vi lascio qualche anticipazione….:

 

“Parliamo italiano” disse Feliz, continuando a sorridermi. “Il piacere è tutto mio”.

 

“Piantala, lo sai che io sono dalla tua parte come quel Marco sta dalla parte di tua sorella” annunciò.

 

“Dico che vi auguro di fare più successo di quelli della pubblicità della Tim ora che avete la vostra Fiammetta” dissi sarcastica.

“Che cosa? Vuoi paragonarmi a quella sgallettata?” chiese Stella offesa.

 

… curiosi? Beh, allora non mi resta che dirvi che ne scoprirete molto di più nel prossimo cap! ^^

A presto,

la vostra milly92.

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Capitolo 3
*** Dalla Spagna Con Furore- La Strega ***


Dalla Spagna Con Furore- La Strega

Capitolo 2

Dalla Spagna Con Furore- La Strega

Restai chiusa in bagno cercando di non piangere e di non ricordare i mille motivi che mi avevano spinto ad andarmene da Firenze, ma invano. Improvvisamente davanti ai miei occhi non vedevo altro tutte le feste di compleanno festeggiate con Stella e di cui lei sembrava essere l’unica protagonista, tutte le coccole che aveva ricevuto da mamma ogni volta che un ragazzo l’aveva fatta soffrire, tutti i sorrisi e complimenti che si era guadagnata dalle colleghe della casa di moda di mamma.  E, infine, ma non per ordine di sofferenza, mi parve di vedere il volto di Christian Bellico davanti agli occhi. Per una masochista romantica come me era stato il colmo vedere che dopo tre anni passati ad amarlo segretamente, alla festa di fine liceo lui mi si era avvicinato e mi aveva chiesto il numero di mia sorella. E, come colpo di grazia, a metà serata lei si era presentata con indosso uno dei vestiti più belli che mamma avesse creato nonostante non fosse del Liceo Classico come me e Christian, giusto perché la festa della sua scuola si era rivelata monotona. Christian così le si era avvicinato e il giorno dopo erano usciti insieme. 

“Non puoi accusarmi di nulla, che ne potevo mai sapere io che quello ti piaceva da anni? Se ti confidassi con me ogni tanto, forse queste sceneggiate si potrebbero evitare!” mi aveva urlato contro Stella la sera prima della mia partenza per Maddaloni, quando ero tornata a casa con in mano il biglietto del treno. La cosa peggiore era che, ripensandoci a mente fredda, aveva ragione. Lei non lo sapeva e di certo non era scema nel farsi scappare uno come Christian. Se fossi stata al suo posto, capace di ammaliare chiunque, cosa avrei fatto? Mi sarei odiata? Certo che no.

Però ero così stufa di doverli vedere insieme che tornare nella mia città natale era stato un vero e proprio toccasana. Era stato bello riallacciare un rapporto con i miei cugini, sentirmi al centro dell’attenzione dei nonni che mi chiedevano se volevo che istallassero il decoder per vedere meglio la tv o se dovessero comprare il lettore dvd, iniziare l’esperienza universitaria con il supporto di zia Kitty che a volte sembrava una diciottenne peggio di me. Ed ora invece, ecco che anche la mia gemella si sarebbe trasferita nella casa in cui alloggiavo io.

Sobbalzai sentendo bussare contro la porta.

“Luna, hai fatto? Stiamo per brindare con Flavia e Clemente” mi disse la voce della nonna.

“Si, vengo subito” risposi, cercando di far risultare la mia voce normale e tirando lo sciacquone. Mi lavai le mani ed uscii, ritrovandomi di nuovo tra mezza famiglia. Anzi, durante la mia assenza erano arrivati anche gli altri membri della famiglia: la sorella maggiore, zia Elisabetta, con suo marito Francesco e i figli Andrea e Paolo e zia Carmela con sua figlia Liliana e suo fratello Vincenzo. Suo marito, zio Roberto, non c’era, dato che lavorava come infermiere nelle clinica locale ed evidentemente aveva da lavorare. mancava solo zia Giulia.

Li salutai ed evitai accuratamente lo sguardo di Stella e Marco mentre brindavamo alla salute della coppia, e per fortuna poi ognuno iniziò a parlare con uno dei nostri parenti. Sentii bussare alla porta quando mi allontanai per posare il bicchiere con cui avevo brindato, e quando ritornai nell’ingresso, mi sentii chiamare.

“Luna, auguri! Ho saputo!”.

Mi voltai, trovandomi davanti mia cugina Miriam,  che mi sorrideva incoraggiante. Aveva i capelli castano scuro lunghi fino alle spalle e gli occhi verdi abbastanza grandi, ereditati da suo padre, zio Carlo, marito di zia Giulia, l’ultima figlia femmina dei nonni. “Grazie, Miriam!” risposi, contenta che qualcuno avesse saputo e avesse deciso di congratularsi.

Lei mi sorrise. “Beata te! Non ce la faccio più a stare al liceo, ed è una cosa assurda che devo starmene ancora lì quando sono nata solo un mese dopo di te” aggiunse, sbuffando.

“Mi sono salvata grazie alla primina” le ricordai, scrollando le spalle. Alzai lo sguardo e vidi che Stella stava parlando animatamente con papà. Vicino a loro, Marco annuiva con fermezza e sorrideva di tanto in tanto. Miriam seguì il mio sguardo e parve comprendere.

“Quel tipo deve essere quel Marco che ti rompe le scatole, giusto?” chiese a bassa voce.

“Si” mormorai, cercando di trattenere la rabbia. La sua faccia mentre mi urlava contro di poco prima non l’avevo affatto dimenticata.

“Si vede che ha un qualcosa di odioso. Appena ho visto Stella quando sono entrata ci sono rimasta male per te. Ti va se oggi usciamo un po’ così ti sfoghi un po’?” propose cordiale, mettendomi una mano sulla spalla.

“Grazie, ma devo lavorare da Michele fino alle sette e mezzo”.

“E allora ti vengo a prendere quando finisci, ok? Così andiamo un po’ in giro”.

“Va bene, allora”.

Ero davvero affezionata a Miriam, sin da piccole era l’unica familiare che mi era mancata sul serio quando ci eravamo trasferite, e per fortuna in quei mesi uscivamo spesso insieme per recuperare il tempo perduto.

“Oh, io vado a congratularmi con Flavia e Clemente!” aggiunse, visto che i due si erano isolati per parlare al telefono con una zia del ragazzo e dirle la notizia ed erano ritornati. “Adoro andare ai matrimoni!”.

“Beata te. Mi sono indifferenti di solito, ma questo si annuncia davvero brutto per me. Marco e la sua band suoneranno al ricevimento” spiegai quando lei mi guardò senza capire.

“Oh. Sopravvivrai, dai” mi incoraggiò, prima di allontanarsi e recarsi dalla coppietta.

“Dai, su, tutti a tavola!” ci invitò nonno Gianfranco poco dopo, con il suo solito sorriso che gli rendeva il viso ancora più pieno di rughe simpatiche.

“Papà, scusaci ma non pranziamo a casa, Carlo deve tornare alle tre e Miriam deve studiare” si scusò zia Giulia, mentre Miriam faceva una smorfia.

Il nonno parve dispiaciuto quando anche zia Carola e zia Kitty si scusarono allo stesso modo, proprio come tutti gli altri, Marco incluso- che ovviamente prima di andarsene aveva continuato la sua mission impossibile, alias apparire un bravo ragazzo educato e giudizioso con i miei nonni e mio padre salutandoli con affetto per poi lanciarmi un ultimo sguardo che sfociava nel più totale disprezzo, ovviamente ricambiato- così restammo solo io, papà, lui e la nonna come sempre. Ah, e Stella, giusto. Tutti la salutarono molto affettuosamente e si limitarono a sorridermi, e feci una smorfia quando la nonna invitò Stella a sedersi al mio fianco.

“Nonna, a me giusto un mestolo di pasta, a Firenze ho perso cinque chili e non posso rimetterli, altrimenti come farò con il vestito del matrimonio?” disse sorridendo Stella.

“Hai fatto bene” replicai freddamente. Tra noi due, lei era sempre stata la più in carne e nonostante tutto mi aveva insegnato che non bisognava essere una modella fisicamente per piacere.

“Invece io ti vedo ancora più dimagrita” ribattè, sorridendo, come se volesse far finta di non avermi ascoltato.

“Si,  tutta colpa del fatto che non facciamo più le nostre scorpacciate di creepes insieme”.

“Non sai quanto mi mancano…”.

Levai un sopracciglio e vidi che papà la guardava intenerito. “E’ bello averti qui, Stella, mamma come ha preso la tua decisione?” domandò.

Stella fece una faccia strana, poi scrollò le spalle. “Ha accettato, ha detto che non faceva nulla, tanto è molto impegnata che le sarei stata solo di peso, ormai”.

“Ma non viene a trovarci qualche volta?” chiese la nonna.

“Verrà al matrimonio, no?”.

Il pranzo seguì tra le loro chiacchiere, mentre io me ne stavo immersa nei miei pensieri.

“Luna, quando ti va di parlare un po’ dimmelo…” mi disse Stella, fermandomi, quando feci per uscire dalla cucina.

La guardai incredula, poi compresi che era seria ed esitai qualche secondo. “Oggi no, dopo devo andare a lavoro” risposi freddamente, reduce della litigata avuta prima con lei e Marco. Non poteva cerare di spiegarsi e rifilarmi le sue sciocchezze come scuse o motivazioni e farsi perdonare diciotto anni di litigi e incomprensioni.

Fece un piccolo sbuffo udendo la risposta e andò nella nostra stanza, senza aggiungere altro.

Quella sera ci sarebbero stati i preparativi per il giorno dopo, in cui si sarebbe svolto l’ultimo “speeding date” della settimana, così avrei potuto stare con la mente occupata fino alle sette e mezzo. Uscii molto presto, dopo aver aiutato la nonna a sistemare la cucina e Stella se ne era andata a dormire senza alzare un dito visto che la poverina era stanca per il viaggio, e iniziai a camminare per il parco vicino a Via Roma, in attesa delle quattro, ora in cui Michele avrebbe aperto il locale.

Mi sentivo come se qualcuno mi avesse massacrato il cervello, frantumandolo in mille pezzi ed ognuno rappresentante di una determinata emozione. Rabbia, contraddizione, voglia di urlare. E la cosa assurda era che solo il 40% di tutto questo caos c’entrava con Stella, l’altro 60% se l’era aggiudicato Marco. Il suo volto irato e convinto mentre mi urlava contro, i suoi occhi blu pieni di risentimento e rimprovero, la mascella contratta, non volevano scomparire dalla mia mente, e avrei dato chissà che per potermi sfogare su di lui riempiendogli di pugni quel faccino saccente. Era ovvio che fosse il migliore amico di Stella, entrambi erano gli unici due scritti ad un nuovo sport internazionale, “Torturiamo Luna e Facciamola Impazzire”.

Perché Stella faceva tanto la santarellina nei miei confronti? Perché mi aveva raggiunto? Non sapevo cosa pensare.

Quando vidi il furgoncino di Michele mi affrettai a raggiungerlo per aiutarlo insieme ad Antonio e Gianluca; subito iniziammo ad organizzarci per la serata seguente finchè, nemmeno un’ora dopo, vidi entrare nel locale Flavia e Clemente, con al seguito due persone, un ragazzo e una ragazza.

“Oh, ciao” li salutai, curiosa. Non mi avevano mai fatto visita.

“Ciao Luna!”. Flavia sembrava davvero radiosa, il viso era illuminato da un non so chè di gioioso, e, cosa molo rara da lei, che era sempre stata una ragazza acqua e sapone come me, era perfettamente truccata. I lunghissimi capelli bruni erano raccolti in una treccia, e al suo fianco Clemente sembrava a sua volta entusiasta. “C’è il proprietario del locale?” mi chiese.

“Si… Te lo vado a chiamare?” chiesi cordiale, cerando di osservare meglio le due figure alle loro spalle. Ma mi dissi che era stato un grosso errore quando incrociai lo sguardo del ragazzo che se ne stava dietro di loro: lui mi sorrise con una dentatura perfetta e bianchissima. Non avevo colto il suo fascino prima di quel sorriso, e mi domandavo come ero potuto farmelo sfuggire. Aveva qualcosa di inumano. La sua pelle era olivastra, gli occhi castani-dorati erano un po’ tirati e aveva i capelli biondo scuro lisci e un po’ più lunghi del normale.

Nessuno parve accorgersi- per fortuna- del mio piccolo momento di smarrimento e Clemente disse: “Si, grazie. Sai, vorremmo ingaggiarlo per il pranzo nuziale e… Oh, giusto, non vi abbiamo nemmeno presentati!”.

“Giusto!” asserì Flavia. “Luna, loro sono Nina e Feliz, i due chef esperti in cucina spagnola che si occuperanno del catering. Vogliamo fare una cosa un po’ particolare a base di cibo spagnolo…”.

Ecco cos’era che rendeva il ragazzo inumano! Era spagnolo, appartenente alla razza più affascinante che Dio era riuscito a creare in soli sette giorni. Secondo il mio modesto parere, cinque giorni li aveva dedicati per creare solo i ragazzi iberici, e negli altri due si era occupato degli altri. Quello era uno dei motivi per cui adoravo gli spagnoli, la Spagna e lo spagnolo.

“Oh, piacere! Cioè, ehm, encantada” dissi, arrossendo come una pazza. La ragazza, Nina, rise ed io la guardai un pò imbarazzata. Era un po’ cicciottella, non molto alta e rendeva l’idea di essere molto simpatica, con il naso un po’ a patata e i capelli neri che le incorniciavano il viso.

“Parliamo italiano” disse Feliz, continuando a sorridermi. “Il piacere è tutto mio”. Si sentiva una sorta di cadenza spagnola mentre parlava, e la cosa non poteva non aumentare di altre dieci tacche il suo fascino.

Cercai di ricambiare il sorriso. “Scusate”.

De nada” disse Nina. “Ma Flavia ci ha detto che studi lingue a la universidad”.

Annuii prontamente. “Si, spagnolo e inglese…”.

E asì puedes aprovechar tu espanol si quieres hablar con nosotros en el tiempo che pasaremos aquì por el pranzo para la boda” (*) disse Feliz, facendo l’occhiolino.

Vale, serà un placer” risposi, sentendomi decisamente idiota.

“Luna, cosa…?” chiese una voce alle mie spalle, e mi voltai verso Michele. “Oh, scusate, l’avevo sentita parlare in spagnolo e allora...” si scusò, quando vide con chi ero. 

“Michele, lei è mia cugina Flavia con il suo futuro marito Clemente…” iniziai le presentazioni.

“Oh, piacere!”.

“Vede,  lei è famoso in tutta la città per le sue specialità etniche, e così abbiamo pensato di affidarci a lei visto che per il nostro matrimonio volevamo fare un pranzo a base di cibo spagnolo” spiegò mia cugina dopo i primi inconvenienti.

Dal canto mio, cercavo di non guardare in direzione di Feliz, ma volevo godermi quello spettacolo della natura finchè potevo, così mi limitai a  guardarlo di sbieco mentre mi fingevo interessata al discorso in atto.

“Ma certo!” rispose subito Michele.

“Solo che noi abbiamo affittato già un altro locale, non so se lei di solito…”.

“Per la cugina della mia commessa preferita posso fare tutte le eccezioni del mondo, anzi, mi onora la vostra scelta” la interruppe Michele, sorridendo come solo lui sapeva fare.

“La ringrazio” disse Clemente. “Noi avremmo già scelto tutte le pietanze, se vuole dare un’occhiata… Poi, se le va bene, potrà essere seguito da loro due, sono due capi chef di Toledo che sono qui per un corso extra e che saranno felici di aiutarla e darle qualche lezione”. Il suo tono cercava di non essere offensivo, e Michele lo comprese perché rise e annuì cordiale.

“Ma certo, il mondo è grande e non posso saper cucinare tutti i piatti del mondo, e poi è un’esperienza che voglio fare. Sarà un piacere lavorare con voi” disse, rivolto a loro due.

Gli sorrisero e restarono a leggere la lista delle cose da mangiare, organizzandosi sui vari ingredienti da comprare e cose simili.

“Luna, vieni a darmi una mano?” chiese Antonio, affacciandosi dal retro. Lo guardai con un’aria un po’ scocciata, ma il suo tono non ammetteva repliche così annuii, chiedendo scusa agli altri.

“Credimi, ti ho salvata da una bella figuraccia” disse appena entrai nel piccolo stanzino dove tenevamo gli ingredienti.

“Che cosa?” chiesi arrossendo.

“Si vede lontano un miglio che ti piace quel tipo, e se non la smettevi capiva quanto ti ha colpito” rispose con aria di ovvietà.

Levai un sopracciglio, incrociando le braccia. “Signorino, e chi ti dice che non volessi farglielo capire?”.

“Per favore. Tu, Luna, quella che non ha mai avuto un ragazzo e ha sbavato segretamente dietro al suo grande amore in silenzio per anni avresti il coraggio di esporti con uno spagnolo appena conosciuto e che non vedrai più dopo che questo matrimonio sarà finito?” mi schernì, ridendo.

“Piantala. Non ho bisogno che tu mi ricordi la mia biografia, ma non sono affari tuoi” ribattei.

“Come vuoi, ma la verità è quella” decretò. “Ora dammi una mano, prendi tutto ciò che ti passo e poggialo sullo scaffale”. Salì su una scala e iniziò a prendere varie confezioni di salatini, sale e cose simili.

La verità è quella? Ma pensa a te, e poi oggi non è giornata”.

“Per via di tua sorella?”.

Dal mio silenzio capì che ero rimasta sorpresa. “L’ho vista passare in macchina con quel tipo che è venuto stamattina quando sono andato a portare il caffè alla signora del tabacchino qui di fronte poco fa”.

Sospirai, mentre prendevo qualche altra confezione. “Si, è tornata anche lei nel suo paese natale a quanto pare”. Gli raccontai della litigata avuta con lei e Marco, e quando finii di parlare assunse un’aria mortificata. Scese dalla scala e mi guardò negli occhi.

“Allora, se le cose stanno così… Scusami, sono stato poco delicato prima, non volevo peggiorare la tua giornata” sussurrò deciso.

Scrollai le spalle, cercando di sorridere. “E’ la mia vita, Antonio, questa sono io, questa è la mia vita, questa è la mia realtà, e mi dispiace che tu debba conoscerla solo ora che è venuta Stella”.

Mi guardò con un’aria di rimprovero. “Che cosa? Tu non puoi permetterle di rovinarti, Luna! Devi reagire! Devi farle vedere chi sei…”.

“E chi sono, Antonio?” chiesi afflitta, cercando di non mettermi a piangere. “Sono solo io, quella che non ha nessuno che la difende e che…”.

“Piantala, lo sai che io sono dalla tua parte come quel Marco sta dalla parte di tua sorella” annunciò.

“Che cosa?”. Ero così sbalordita che mi sentii qualcosa di caldo propagarsi nel mio stomaco.

“Non fare la parte di quella  sorpresa, insomma, credo di essere tuo amico o no? Hai salvato la monotonia di questo locale, sul serio, te ne sono grato e penso che tu sia una bravissima ragazza” continuò. Non era il ragazzo da smancerie da quel che avevo capito, indossava sempre una maschera di ferro che celava i suoi veri pensieri e sentimenti, per cui era ovvio che mi sentissi stranita.

“G-Grazie” mormorai, arrossendo. Alzai lo sguardo verso di lui e ci sorridemmo. E, automaticamente, cosa che non avrei mai creduto possibile visto come si presentava, ci abbracciammo.

Forse è da quel momento che la nostra amicizia nacque sul serio, chissà, ma fatto sta che tre secondi dopo continuò a prendermi in giro riguardo Feliz, cosa che fu ancora più accentuata dal fatto che lui e Nina mezz’ora dopo entrarono nel retro con Flavia e Clemente per salutarci.

Adiòs, Luna” mi disse, salutandomi con la mano.

Adiòs! Adiòs, Nina” aggiunsi cordiale, cercando di non impappinarmi. “Ciao ragazzi, per qualsiasi cosa fatemi sapere” aggiunsi, e Flavia annuì.

Quel piccolo episodio aveva modificato un po’ l’andamento della giornata, e ciò migliorò ancora di più quando Miriam mi venne a prendere con la sua auto nuova di zecca.

“Sei stanca?” mi domandò quando entrai nell’auto.

“No, non ci crederai ma mi sono divertita a lavoro”.

“Beata te, io sono stata tutta il pomeriggio a studiare greco e geografia astronomica…”.

“Io invece ho conosciuto un tipo mozzafiato…”.

Le raccontai di Feliz, del ruolo che ricopriva, e alla fine lei si disse curiosa ed ammaliata dalle mie descrizioni, e non vedeva l’ora di conoscerlo. 

Tornai a casa verso le dieci, un po’ stanca ma soddisfatta del modo in cui ero riuscita ad aggiustare la giornata.

“Hai mangiato, Luna?” mi chiese mia nonna appena mi aprì la porta.

“Si, grazie” risposi. “Sono uscita con Miriam e siamo andate in pizzeria…”.

“E non mi hai portato niente?” chiese nonno Gianfranco, spuntando dal corridoio. Sorrideva e mi si avvicinò. Gli gettai le braccia al collo, sorridendo a mia volta. “No, ma la prossima volta giuro che andiamo in pizzeria solo io e te” dissi, facendogli l’occhiolino.

“E a me dove mi lasciate?” chiese la nonna, stando al gioco.

“Tu stai a casa a prepararmi il dolce” ribattè il nonno.

Scoppiammo a ridere, prima che le mie povere orecchie venissero investite da un suono di voci che provenivano dalla mia stanza.

“Uh, sono Stella e Marco, stanno cantando da oggi…”.

“Cantando?!”.

Mi recai nella mia stanza, dopo aver salutato papà che stava scrivendo un articolo con il suo portatile, e aprii di soppiatto la porta della mia stanza. La prima cosa che vidi fu un poster sula parete che prima non c’era: quello di Ligabue accanto a quello di Vasco che avevo affisso io. Io e Stella eravamo gli opposti anche in questo.

“Oh, sei tornata! Indovina un po’?” mi accolse Stella, stoppando la base di “Strani Amori” su cui stavano cantando. Marco sembrò farmi una sorta di radiografia con lo sguardo per poi volgere lo sguardo altrove.

“E un po’ difficile indovinare se non so di cosa stai…”.

“Faccio parte della band di Marco! Mi ha scelto, dice che gli piace la mia voce e canterò anche io al matrimonio, non è fantastico?” esultò.

Per un pelo non mi astenni dal riderle in faccia. Marco comprese perché mi guardò inarcando un sopracciglio.

“Cosa vorresti dire con quell’espressione?” chiese pungente.

“Dico che vi auguro di fare più successo di quelli della pubblicità della Tim ora che avete la vostra Fiammetta” dissi sarcastica.

“Che cosa? Vuoi paragonarmi a quella sgallettata?” chiese Stella offesa.

“Sinceramente, Stella, tu non mai cantato…”.

“Queste sono cose che sta a me decidere” mi interruppe Marco. Ovviamente ecco che la difendeva. Stella aveva il dono di sentirsi sempre adeguata in ogni situazione e nel fare ogni cosa, faceva parte del suo carattere, della sua estrema sicurezza, tanto che se non otteneva qualcosa si meravigliava e incolpava qualcun altro dato che non poteva essere stata colpa di un suo sbaglio. In questo modo Marco non faceva altro che renderla ancora più sicura in circostanze in cui lei non era esperta. E sapete come la chiamavo io, quando litigavamo? La strega, proprio come quella canzone di Vasco che in certe situazioni era azzeccatissima…

“…A lei piace ballare
ama farsi guardare
non sopporta la gente
che annoia e che rompe
alza sempre la voce
sa sempre tutto lei
e anche quando c'ha torto
non lo ammette mai
lei è molto sicura di essere sempre la prima
ed è molto nervosa proprio
come una diva”

Reduce da questi pensieri, guardai torva Marco. “Come vuoi. Anche perché di certo tu non sei il nuovo Michael Jackson asceso in terra… Sono fatti vostri. Ma almeno evitate di far fare una figuraccia a Flavia al suo matrimonio”.

Stella incrociò le braccia. “Ecco, lo sapevo. Sei solo gelosa…”.

“Perché dovrei esserlo?!” domandai.

“Perché io avrò un ruolo al matrimonio e tu no” obiettò con aria di sfida.

“Non dire cazzate. Io aiuterò Michele che ha avuto l’incarico del catering, e visto che il pranzo sarà a base di cibo spagnolo c’è anche uno di quegli spagnoli che tu con la tua ignoranza sai solo definire caliente, quindi vedi quanto me ne frega di te quanto potrò stare al fianco  di un bel ragazzo” risposi, sentendo di nuovo l’aria intrisa di scariche elettriche di pura rabbia.

“Appunto, potrai solo stargli vicino, di certo non ti calcolerà minimamente” la difese Marco.

Sbuffai. “Dimmi, Stella, lo paghi per farti da giudice difensore? Sai, ho la netta impressione che se non ci fosse lui non sapresti come cavartela. E leva quel poster di Ligabue, chi tardi arriva male alloggia” dissi decisa. “In quanto a te, Marco, piantala di darmi fastidio quando non ho alcuna intenzione di avere a che fare con te, sei davvero ridicolo. Non hai nient’altro da fare nella vita che seguire e difendere Stella dovunque?”.

Mi ero rotta le scatole sul serio quella volta, e mentre mi vedevo davanti agli occhi il viso di Antonio che mi ricordava che non ero sola pronunciai quelle parole.

Ovviamente Marco non fece altro che ridere e prendere la sua roba per andarsene. L’avevo battuto quella volta, ne ero certa, e mi lasciai trascinare dal sapore della vittoria mentre andavo a dormire, piena di emozioni vissute nell’arco di quella giornata che mi era parsa interminabile.

 

(*) “E così potrai mettere alla prova il tuo spagnolo se ti andrà di parlare con noi nel tempo in cui staremo insieme per il matrimonio”.

 

*°*°*°*°*

 

Ciao! Come va? Io al momento mi sono presa una pausa dallo studio per l’interrogazione di fisica di domani =S

Allora, cosa ve ne sembra di questo capitolo? Stella entra nel gruppo di Marco e Luna conosce Feliz… Al momento la trama può risultare un po’ noiosa, ma vi assicuro che già dal prossimo ne vedremo delle belle, promesso!

Allora, grazie alle 10 persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 5 che l’hanno messa tra i preferiti e coloro che hanno solo letto e recensito:

_Armonia_: Grazie mille, mi fa piacere sapere che hai deciso di leggere questa storia nonostante non sia il genere che leggi di solito e che tu l’abbia messa tra i seguiti ^^ Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, un bacio!

CriCri88: Stella docile? Mmm, vedremo cara, tra un po’ non potrai dire la stessa cosa per quello che farà…. O che non farà ma sembrerà che avrà fatto…. xD Luna è un peperino, certo, solo che dietro questo lato del suo carattere si cela una gran timidezza e insicurezza. Spero che anche questo cap ti sia piaciuto! E Maddaloni, beh, non potevo abbandonarla, è il paese in cui vivo e per ora mi sembra più credibile usarlo per fare capire la “disperazione” di Luna che si allontana da una grande città come Firenze per andare in questo paesino campano pur di allontanarsi dalla gemella… Un bacione!

vero15star: Certo che è corretto tesoro… E poi, stai tranquilla, anche se preferisci Marco puoi prendere lezioni di spagnolo da Feliz =P Grazie mille come sempre per il tuo appoggio e per avermi fatto sapere cosa ne pensi dei cap successivi, ti adoro tanto tanto mi querida! ^^

alina 95: Diciamo che Marco lo inizierai ad amare tra un po’, non proprio subito, perché continuerà a rompere le scatole e a rendere la vita impossibile alla povera Luna. Ma mi fa piacere sapere che hai scelto lei come tua preferita! Anche perché tra un po’ Stella inizierà a farsi odiare… Eheh! Un bacione tvb!

 

A presto girls, nel frattempo vi lascio qualche spoiler come al solito…

“Dobbiamo andarcene. Marco gioca in questa squadra!” dissi concitata. Paola si voltò verso di me, fissandomi con i suoi occhioni verdi.

 

Alcuni amici lo guardarono sghignazzanti e lui parve arrossire lievemente, anche se alla fine si salvò con un: “Oh, finalmente, ce l’hai fatta, Stella!”.

Gli risi in faccia. “Non far finta di non aver capito che sono…”.

 

“Hola, Luna! He conocido tu hermana, tu prima y sus amigos…” disse subito Feliz quando mi vide.

Con un certo moto di irritazione vidi che se ne stava seduto proprio vicino a Stella.

 

La vostra milly92.

 

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Capitolo 4
*** Una Nuova Amica- Ci Credi ***


Una Nuova Amica- Ci Credifg

Capitolo 3

Una Nuova Amica- Ci Credi

 Nei giorni che seguirono, la biblioteca comunale divenne l’unico luogo in cui potessi starmene un po’ in pace per studiare, e non solo. Anche quando non avevo nulla di preciso da  fare mi piaceva rinchiudermi tra quelle quattro mura, nel più totale silenzio, a leggere.

Ormai la casa dei miei nonni era diventata quasi inaccessibile per chi desiderasse un po’ di quiete a causa del matrimonio e, ovviamente, di mia sorella e della sua nuova smodata passione per il canto.

Spesso mi imbattevo in Flavia e sua madre che venivano a casa per far vedere alla nonna decine di opuscoli e chiedere consigli vari, e quando loro se ne andavano, ecco che Stella e Marco si piazzavano nella nostra stanza per la quotidiana lezione di canto. Avevano chiesto a Flavia e Clemente quali canzoni preferissero, e così si stavano cimentando nell’impararle tutte.

Quindi per me agognare un po’ di pace e tranquillità era normale, dato che anche da Michele c’era uno strano fermento per le cose da preparare nonostante mancasse poco meno di due mesi al grande evento, per cui oltre la biblioteca, l’altro luogo in cui spesso mi rifugiavo era la casa di Miriam.

Erano passate circa due settimane dal mio primo esame all’Università, e al momento dovevo ripetere per sostenere quello di letteratura spagnola che si sarebbe tenuto  il sette dicembre. Mancavano tre giorni all’esame, era un freddo martedì, ed avevo passato tutto il pomeriggio in biblioteca quando fui sorpresa di vedermi raggiungere da Miriam mentre stavo raccogliendo le mie cose. Era tutta trafelata, avvolta in un lungo cappotto nero; le sue guance erano arrossate e sembrava entusiasta.

“Ho chiamato a casa della nonna e mi aveva detto che eri qui” mi spiegò quando la guardai con aria sorpresa. “Devi assolutamente seguirmi” aggiunse.

“Seguirti? Dove?” chiesi accigliata.

“Al Palazzetto dello Sport. Lì al momento si sta allenando il futuro padre della mia prole, ne sono sicura” disse ridendo. Una ragazza non molto distante da noi ci guardò con aria di rimprovero per il volume delle nostre voci, e mi scusai con lo sguardo, prendendo la mia borsa, indossando il cappotto e afferrando Miriam per il braccio. Mi seguì al di fuori della biblioteca, finchè non mi decisi a dire: “Allora? Spiegami chi è questo…”.

“Si chiama Mattia, gioca nella squadra professionistica di basket della città e oggi ci siamo scontrati quando sono uscita da scuola. Mi è caduto il vocabolario di latino di mano e lui mi ha aiutato a riprenderlo, sorridendomi. Hai presente quelle cose che succedono nei film? Lei lo guarda e capisce che è lui quello che amerà per sempre? Ecco, questo è quello che mi è successo” disse tutto d’un fiato, con aria sognante, mentre salivamo nella sua auto  e lei metteva in moto.

La guardai incredula, e lei parve scambiare la mia ilarità per comprensione.

“Miriam…”.

“Lo so, non devo farmelo scappare….”.

“Ma sei sicura che…”.

“… E poi mi sono sempre piaciuti gli sportivi…”.

“Non credi…”.

“… E lo sai che si dice che gli uomini di cui ci innamoriamo sono lo specchio dei nostri padri? Ecco, anche papà adora lo sport, non il basket, certo, però hanno entrambi gli occhi verdi…”.

“Miriam… Per f…”.

“E magari potrei…”.

“Miriam, ascoltami!” la interruppi, non potendone più. Uno dei difetti di quella ragazza era proprio l’interromperti mentre stai parlando, e quella volta aveva reso alla perfezione l’idea di quel suo difetto.

“Si?” chiese, come se nulla fosse.

Incredibile! Possibile che sembrava che quasi quasi non era stata lei a fare quella sorta di idilliaco monologo?

“Ma sei sicura che… Insomma, come fai a sapere come si chiama e cosa fa?” chiesi, cercando di risultare educata. Non volevo risultare scettica, ma mi sembrava un bel po’ azzardato permetterle di farsi dei veri e propri film in testa quando lei e quel tipo si erano visti mezza volta.

“Me l’hanno detto le mie amiche, è il fratello di una loro conoscente” rispose lei. “Sono iper felice, sono secoli che volevo trovare un bel ragazzo e oggi è successo…” mormorò, facendo una curva con particolare destrezza e girando alla volta del palazzetto dello sport di Maddaloni. Lì si allenavano le varie squadre di basket della città e la domenica o il sabato pomeriggio si tenevano gli incontri con le squadre avversarie, alla fine si svolgeva un vero e proprio campionato.

“Potresti spiegarmi il tuo piano?” chiesi, mentre scendevamo dalla macchina.

“Semplice, di solito per ogni campo si allenano due squadre, e in quella che si allena insieme a quella di Mattia c’è un mio compagno di classe, ci siamo già accordati, così fingerò di essere lì per lui, ci siederemo sulle tribune e ci godremo la bella vista che offrono quei doni scesi dal cielo…” rispose.

La guardai. “Wow, ecco a cosa serve l’ingegnosità del liceo classico”.

“Eddai, non fare la scema, vedi che vedrai anche tu qualcuno di interessante!”.

Su questo ormai avevo i miei dubbi, ma non era mai detto così la seguii, consenziente. Entrammo nell’edificio, e dopo aver seguito qualche cartello ci ritrovammo sugli spalti dell’enorme palestra. Di fronte a noi c’erano i tabelloni su cui si segnavano i punti durante le partite e  vari posti erano occupati. Prendemmo posto dietro a due ragazze, e notammo che l’allenamento era già iniziato, anche se c’era solo una squadra in campo.

“Ecco! Ecco, è quello il numero tre! Oh, lo sapevo, non potevano che assegnargli il numero della perfezione…” esclamò, unendo le mani con espressione sognante. Aguzzai la vista e squadrai quel ragazzo: altissimo, biondo e con un’aria tutta da leader.

“Hai visto?” chiese mia cugina, esitante.

“Si…”.

“E come ti sembra?”.

“Bello, certo, ma non è il mio tipo, sai che mi piacciono i mori con gli occhi chiari” le ricordai.

Miriam emise un suono di dissenso. “Certo, infatti anche Feliz è biondo con gli occhi verdi! No, è perfetto…”.

“Sarà anche perfetto, ma non sai a casa quanto rompe!”.

A parlare era stata una delle ragazze che erano sedute avanti a noi; si era voltata e ci stava squadrando con aria d’ilarità.

Miriam divenne tutta rossa ed io scoppiai a ridere.

“Sono sua sorella, e a quanto pare tu sei una delle sue nuove fans” spiegò, anche se ormai si era capito. Continuava a sorridere e Miriam era sempre più imbarazzata.

“Tranquilla, sono la prima a dire che è un bel ragazzo… Terrò acqua in bocca, promesso” dichiarò, facendo l’occhiolino con aria complice. “E, comunque, io sono Paola”.

“Miriam”.

“Luna”.

Restammo a parlare con lei finchè una chioma corvina e riccia non catturò il mio sguardo mentre sfrecciava per il campo. Chiusi  gli occhi in due fessure e aspettai che si fermasse, poi desiderai non averlo fatto, anzi, desiderai non aver proprio messo piede lì dentro.  Marco giocava a sua volta in quella squadra. Possibile che non lo sapessi? Quando eravamo a  Firenze Stella mi raccontava ogni minimo dettaglio riguardo il suo migliore amico; mi aveva detto che andava alla facoltà di architettura, che era nato il 18 maggio, che indossava gli occhiali quando in realtà non ne aveva chissà quanto bisogno visto che aveva 0,25 di astigmatismo ad un occhio e 0,50 all’altro e… Com’ è che si era lasciata sfuggire quel piccolo dettaglio di vitale importanza? 

Non potevo starmene lì, chissà cosa avrebbe pensato nel vedermi… Non mi andava proprio di vedere la sua solita espressione sfacciata e quasi deliziata dal piacere di torturarmi ogni volta che ci imbattevamo l’uno nell’altra.

“Miriam, andiamo” dissi subito, chiedendo scusa a Paola che stava parlando per averla interrotta bruscamente.

“Che?” chiese mia cugina, guardandomi come se fossi pazza.

“Dobbiamo andarcene. Ora. Subito. Marco gioca in questa squadra!” dissi concitata, con lo stesso tono che probabilmente avrei usato nel caso fossi stata avvisata di una prossima esplosione di una bomba in quello stesso luogo. Paola si voltò verso di me appena udì il nome di quell’essere, fissandomi intensamente con i suoi occhioni verdi.

“Conosci Marco?” chiese, sorpresa e quasi con una minima ara di circospezione.

“Diciamo che conoscere è un eufemismo. E’ il migliore amico di mia sorella e non ci sopportiamo, quindi è meglio se me ne vado perché non voglio che si faccia strambe idee sulla mia presenza” mi affrettai a spiegare, mentre mi nascondevo il viso indossando il cappello di Miriam.

Paola continuava a guardarmi come se fossi un soggetto particolarmente interessante e buffo. “Migliore amico di tua sorella? Ma tu intendi Marco Valenti?” domandò ancora.

“Si”.

“Buffo, io so che è il miglior amico di mio fratello…”.

“Onestamente te lo cederei volentieri, non è uno spasso averlo sempre tra i piedi, ma ora devo andare sul serio” dissi rapidamente.

“Ma perchè? Insomma, non capisco questo tuo attaccamento” insisté Miriam, gli occhi fissi ancora sul campo e l’aria cocciuta che la caratterizzava quando non voleva lasciar in sospeso qualcosa che gli stava particolarmente a cuore.

“Miriam, sveglia! Oh, ok, me ne andrò da sola” sbottai esasperata, ed ero giusto in procinto di alzarmi e restituirle il cappellino che una voce dal basso disse: “Mi adori così tanto che mi segui anche qui?”.

Mi sentii il sangue raggelare nelle vene. La mia schiena fu percossa da un brivido di pura rabbia e mi dissi che  Miriam mi doveva un enorme favore. Non riuscii a fare a meno di socchiudere gli occhi, come per invocare una sorta di pazienza che alla fine mai sarebbe arrivata se sarebbe dovuta essere usata nei confronti di quell’essere, e sorrisi in un modo molto più che sarcastico.

“Ma si, guarda, come se fosse la mia più grande ambizione vederti sudato e in condizioni peggiori di una scimmia” ribattei, dicendomi di mantenere la calma e soprattutto il controllo.

Alcuni amici lo guardarono sghignazzanti e lui parve arrossire lievemente, anche se alla fine si salvò con un: “Oh, finalmente, ce l’hai fatta, Stella!”.

Gli risi in faccia. “Non far finta di non aver capito che sono…”.

“Sorellina, qualche problema?”.

Mi girai, trovandomi sul serio Stella alle spalle che sorrideva radiosa verso il suo migliore amico. “Potevo mica mancare alle prove pre partita e non conoscere i tuoi compagni di squadra!” disse sorridente, sbracciandosi in direzione di Marco, togliendosi il cappellino di lana beige che aveva usato per ripararsi dal freddo e salutando con la mano il resto della squadra, che la guardava con tanto d’occhi.

“Ehi, non sapevo che avesse una gemella, potevi dirmelo!” disse Mattia, e sentii Miriam soffocare un ringhio e Paola ridere. Evidentemente a mia cugina piacevano i tipi spiritosi…

 Il resto della squadra sghignazzò, e qualcuno approvò. Feci finta di non aver sentito l’affermazione di quel tipo e iniziai a respirare in un modo un po’ troppo veloce per i miei standard.

“Ragazzi, su, dobbiamo finire l’allenamento o altrimenti col cavolo che vinciamo contro la Juve Caserta!” strillò un uomo sulla trentina che fino ad allora se n’era stato seduto su una delle panchine che circondavano il campo. “Non abbiamo tempo per le ragazze pon pon, dovresti saperlo, Marco!”.

Marco sorrise. “Mister, sono le ragazze pon pon che perseguitano me” rispose, mandando un bacio in direzione di Stella, che ridacchiò entusiasta, per poi fare un cenno ai suoi compagni e cominciare a palleggiare per metà campo, pavoneggiandosi dieci volte di più di prima.

“Allora, che ci fai qui?”chiese Stella, che i ragazzi continuavano a guardare di tanto in tanto. Lanciò un’occhiata a Miriam e la salutò con la mano. “Hai deciso di fare amicizia con il mio migliore amico?”.

“Ti piacerebbe. Sono venuta con Miriam a guardare l’allenamento di un suo compagno di classe e non sapevo che Marco giocasse qui. Ah, e sai che non è solo il tuo migliore amico? A quanto pare devi dividertelo con un certo Mattia” risposi, beffarda.

Stella si mise una mano sul fianco destro e mi guardò sottecchi. “Vuoi mettere zizzanie, per caso? Guarda che lo so che è amico di Mattia!” ribadì, alzando il mento e guardandomi fisso negli occhi.

“Buon per te, allora” mi limitai a dire, ma provavo un senso di piccola soddisfazione visto che per una volta sembrava un po’ arrabbiata.

Stella levò un sopracciglio e poi scostò lo sguardo da me, avvicinandosi a Miriam e Paola.

“Comunque, Miriam, io vado…” dissi infine, non potendone più di stare in quel posto.

Lei mi guardò con aria di disapprovazione ed esasperazione. “Dai, cosa ti costa…”.

“Voglio andare a vedere se Michele ha bisogno di una mano” le feci notare, il che era vero. Quella sera ci sarebbe stata una serie di incontri ed io mi ero presa la sera libera visto il pomeriggio passati a studiare, ma il mio sesto senso mi diceva che lui aveva bisogno di una mano.  “Ma vado a casa da sola, stai tranquilla, ci vediamo domani…” la rassicurai, e lei parve più convinta.

“Se vuoi ti accompagno io, devo andare a ritirare delle fotocopie di un libro e devo muovermi altrimenti la cartoleria chiude” s’intromise Paola, che fino a quel momento sembrava conoscere già Stella visto che avevano scambiato qualche parola, sorridendo in modo incoraggiante.

“Oh, ma non…”.

“Eddai, mi fa piacere!” protestò, cordiale, e mi venne spontaneo sorriderle con calore. Ci conoscevamo da pochissimi minuti e già mi stava simpatica.

“Ok, grazie…” risposi.

Miriam parve sollevata della piega che aveva preso la situazione e guardò verso Stella.  “Tu resti qui?” chiese.

“Si, dopo devo conoscere gli amici di Marco”.

Inutile dire che per Miriam fu come vincere alla lotteria. “Ok, anche io devo restare, se vuoi ce ne andiamo insieme…”.

Ecco, tipica mossa femminile: di fronte alla possibilità di conoscere quello che si ritiene essere il futuro padre della propria prole, ogni ragazza tende a dimenticarsi dei vari schieramenti e trincee che la circondano ed è anche disposta a fraternizzare con il nemico pur di ottenere ciò che più desidera.

“Ma certo, mi fa piacere” rispose Stella, sedendosi al suo fianco e sorridendo mielosa. Mi lanciò uno sguardo come a dire “Una solo persona amica avevi e lei ora preferisce me a te”. Era in quei momenti che emergeva la sua tendenza a non sapere perdere; in quel caso non le andava giù che le avessi atto notare che non era l’unica amica stretta di Marco e così voleva cercare di inalberarsi in qualche altro modo. Però, onestamente, il fatto che Miriam fosse rimasta lì con lei al momento non mi infastidiva: non mi andava di continuare a sentire i suoi sproloqui su Mattia ed era meglio che lo conosceva al più presto così avrebbe potuto sostituire i fatti con le sue fantasie.

“Va bene, noi andiamo, ciao” mi affrettai a dire, e Paola mi imitò.

“Sbaglio o c’è qualche problemino tra te e la tua gemella?” mi chiese appena uscimmo dal palazzetto. I suoi occhi verdi, identici a quelli del fratello, erano accesi da una vena di educata curiosità. I capelli biondi, legati in una treccia, le conferivano un’aria da adolescente nonostante sembrasse molto più grande. Mi squadrava con una sorta di aria comprensiva che però voleva risultare pacata e non invadente.

“Problemino?” chiesi. “Ma no, è normale, cioè, noi non abbiamo mai non avuto problemini”.

“Che intendi?”.

“Intendo che siamo l’una l’opposto dell’altra, in tutto e per tutto. Poi si aggiunge il fatto che lei è sempre la star della famiglia, che si è messa con il ragazzo che mi interessava, e che mi ha seguito fin qui dopo che mi sono trasferita da Firenze” mormorai. Eppure, il solo spiegare la nostra situazione a qualcuno mi faceva bene.

“Cavoli, mi dispiace” disse subito Paola. “E’ un argomento delicato, non volevo costringerti a parlarne”.

Eravamo arrivate davanti la sua auto, lei mi invitò a salire ed obbedii. “Ma no, figurati! Cioè, so che ci conosciamo appena ma mi infondi un senso di fiducia, e parlarne con qualcuno ogni tanto mi fa bene” la rassicurai, cercando di risultare calorosa.

Paola sembrò sollevata e mi fece un cenno mentre metteva in moto. “Sai, una delle poche cose positive che la gente dice di me è che sono una buona ascoltatrice” sghignazzò, come se fosse una barzelletta.

“Ah, capirai, una delle cose positive che dicono di me è che almeno ho una taglia di seno in più rispetto a Stella, quindi direi che ti è andata bene” dissi, con un tono ilare e lei rise.

“Mi sa che io e te abbiamo molte cose in comune, Luna. A proposito, dove devi andare?”.

“A Via Roma, lavoro lì, in quel locale che si chiama “speed dating”, non so se hai presente”.

“Si, certo. Quindi lavori?”.

“Si, giusto per avere qualche spicciolo a fine mese, non voglio dipendere da mio padre ora che mi sono trasferita qui da lui” spiegai.

Paola annuì. “Beata te, anche io vorrei lavorare, ma i miei sono così fissati che dicono che non vogliono che uno dei loro figli si faccia vedere in pubblico mentre lavora, sarebbe un disonore per loro” mormorò, sbuffando.

“Oh, capisco”. Non sapevo cosa dire, e forse potevo già dire di aver inquadrato Paola: mi dava l’impressione di uno spirito libero che era costretto a starsene in gabbia contro volere.

“Preferirei che non capissi, onestamente, è una sensazione così brutta… Non vedo l’ora di laurearmi e lavorare sul serio, in modo da essere indipendente. Tu studi?” domandò, curiosa.

“Si, vado al primo anno all’Orientale a Napoli, studio inglese e spagnolo. Tu?”.

“Anche io studio a Napoli, alla facoltà di lettere moderne, al secondo anno. Quindi hai diciannove anni?”.

“No, diciotto, ne compio diciannove a febbraio. Ho fatto la primina. Quindi tu ne hai venti?” chiesi a mia volta.

“Quasi, li compio la settimana prossima. Ti va bene se faccio prima un salto in cartolibreria? Sono le otto meno venti e non vorrei che chiudesse, domani devo studiare e mi servono quelle fotocopie” spiegò.

“E me lo chiedi? Sei tu che mi stai facendo un favore” le ricordai, cordiale, e lei sorrise.

Si fermò in cartolibreria, per poi ritornare con una cinquantina di fotocopie tratte da un libro di letteratura, e tre minuti dopo ci ritrovammo a Via Roma.

“Ehi, ti va di entrare? Così ti offro una cioccolata calda, credo sia propria adatta con questo freddo, no?” proposi. Sentivo sempre di più una serie di sensazioni positive riguardo quella ragazza, mi sentivo a mio agio come se la conoscessi da tempo e questo mi succedeva molto raramente. Non ero mai stata brava nel coltivare amicizie, non sopportavo dover stare sempre al telefono con un’amica ogni volta che non ci sentivamo o per raccontarle ogni minima cosa.

Paola accettò, dicendo che tanto non aveva nulla da fare, e fu così che la condussi nel locale di Michele, pieno di coppie che erano nel bel mezzo dei loro incontri.

“Ciao, Mister!” esclamai, con Paola al seguito che si guardava intorno curiosa.

Michele quasi sobbalzò nel vedermi e parve assumere la faccia di chi non sapeva cosa fare.

“Luna, che ci fai qui?” chiese, come se stessi facendo qualcosa di molto illegare come sniffare coca o testare dei cosmetici su dei porcellini d’India indifesi.

“Sono venuta a salutarti e vedere come te la cavavi, tutto qui! E’ successo qualcosa?” chiesi dubbiosa.

“Oh, no, no…”.

“Bene, allora se per te va bene preparo due cioccolate calde. E poi volevo presentarti la mia amica Paola!” aggiunsi, indicandola.

“Piacere di conoscerla!” disse lei, avanzando e porgendogli la mano.

“Piacere mio” disse Michele senza entusiasmo, e poi borbottò qualcosa prima di scomparire.

“Che gli è preso?” chiese la ragazza con aria curiosa.

Scrollai le spalle, facendole cenno di seguirmi nei pressi del bancone e iniziando a preparare le due cioccolate calde. “Sarà che oggi c’è più gente del solito, non ti so dir… Oh!”. Guardai con rammarico la macchia di cioccolato che mi aveva macchiato il maglioncino che indossavo nei pressi del polso e sbuffai. “Sono sempre la solita imbranata” mi lamentai, vedendo che Paola ridacchiava. “Vado un secondo in bagno a prendere lo smacchiante, vengo subito”.

Mi avvicinai alla porta del bagno e restai stupita nel vederci Michele parato avanti. “Scusa ma non puoi entrare, il rubinetto perde e…”.

Sbuffai, spazientita. Certo che quando ci si metteva era davvero strano!

“Michele, mi dici che diamine sta succedendo?!”.

“Nulla, cosa dovrebbe…”.

“Allora fammi entrare”.

“Ma se ti ho detto…”.

“Ti do tre secondi!” gli intimai, scocciata, e alla fine lui si arrese.

Entrai nel bagno e restai stupita nel vederci dentro zia Kitty, tutta vestita elegante con un vestito a tubino nero e dei tacchi a spillo vertiginosi.

“Zia, ma cosa…?” chiesi senza capire, prima di fare due più due quando sentii il profumo che aveva indossato. Chanel n° 5, che usava solo quando usciva con qualcuno. Mi misi le mani sui fianchi e lei mi guardò esasperata, con aria di scuse.

“Luna, so come la pensi, ma mettiti nei miei panni! Mi sento sola, volevo conoscere qualcuno…”.

“E volevi conoscerlo proprio la sera in cui non lavoro? Insomma, cosa c’è di male?” le feci notare, guardandola con apprensione. Mi sembrava un’adolescente che ha disubbidito ai suoi genitori.

Lei abbassò lo sguardo. “So che disapprovi questo metodo e volevo fare le cose di nascosto e dirtelo solo nel caso ci fosse qualcuno di interessante…” mormorò.

Non riuscii a non sorridere di fronte a quella risposta. Zia Kitty poteva anche avere quarantasei anni, ma restava sempre un’eterna bambina bisognosa di cure, affetto e certezze per tutto quello che aveva passato nella vita. Amori tempestosi, tradimenti e un quasi matrimonio in cui era stata lasciata una settimana prima delle nozze per una lituana tutta forme. L’abbracciai, dicendo che quel gesto poteva valere più di mille parole, e lei ricambiò con affetto.

“Zia, anche se io non approvo questo metodo non vuol dire che non debba farlo tu, anche perché se continuo così mi sa che dovrò usarlo anch’io” ridacchiai, e vidi Michele sorriderci intenerito.

Così tornammo nel locale, le presentai Paola e poi  la lasciammo ai suoi numerosi tre minuti da passare con altri uomini interessanti. Alla fine andammo in un altro locale, optando per una focaccia con wurstel e patatine, dopo che ebbi avvisato papà che sarei tornata più tardi.

“Quindi, spiegami, com’è che tu e Marco vi odiate? Di solito lui è così gentile con le ragazze” disse all’improvviso Paola.

Feci un sorriso amaro al solo ricordo di quel ragazzo. “Si vede che sono un’eccezione, cosa devo dirti! Con me è odioso, e meno lo vedo meglio è. Non sai come mi sono sentita quando ho scoperto che anche lui giocava lì, al Palazzetto! Ci manca solo che inizi a pensare che lo seguo come lui prima seguiva me…”.

“Ti seguiva?”. Sembrava quasi turbata da questa notizia.

“No, nel senso che prima dell’arrivo di Stella veniva a rompermi le scatole nel negozio in cui lavoro, giusto perché non poteva farlo lei. Mi piace vederla così, anzi, sono sicura che è così: mi odia perché sa tutto ciò che c’è tra me e la sua migliore amica e vuole difenderla… E voi invece? Che rapporto avete?” chiesi, curiosa di conoscere il rapporto esistente tra lei e il migliore amico di suo fratello.

A quelle parole, Paola sorrise e appoggiò il viso sul suo braccio. “Diciamo che… Ci frequentiamo e stiamo molto vicini al metterci insieme”. Il suo tono era quasi sognante e improvvisamente gli occhi iniziarono a brillarle come le luci di un albero di Natale.

Spalancai la bocca, certa di aver sentito male. Si stavano per mettere insieme? Era assurdo, quella ragazza non poteva rovinarsi mettendosi con un tipo così!

“Che cosa? Paola, ma come…? E’ assurdo, ti rovinerai…” iniziai a blaterare, sconfortata, e a quella reazione la vidi ancora più rasserenata.

“Per questo ero lì, oggi, con la scusa che andavo a vedere mio fratello. E poi, dopo che ho saputo com’è il vostro rapporto, sono molto più serena: sei molto carina, e sapere che vi detestate è bello perché così almeno ho un ostacolo in meno da superare” sghignazzò, battendo la meni un paio di volte.

Inutile dire che continuavo a guardarla in un modo molto confuso. “Paola, ti senti bene? Insomma, perché dovrei essere un ostacolo…?”.

“Insomma, lo sai che Marco ha tante ragazze che gli vanno dietro!”.

“No, non lo so e mi stupisce saperlo! Senza offesa, ma non mi sembra sia uno per cui valga la pena sbavare”.

“Forse perché non conosci la sua parte più sensuale. Credimi, è meglio così” affermò. “E, ti ripeto, tutta questa situazione non fa altro che giovare alla tua entrata tra i cinque numeri più chiamati nella mia rubrica!”.

E fu così che io e Paola diventammo amiche. Ovviamente quelle su Marco erano solo sue battute, eppure, nonostante questi nostri gusti opposti, scoprimmo di avere molte cose in comune e ci mettemmo d’accordo per andare all’Università insieme, qualche giorno.

Mi accompagnò a casa alle undici passate, ed avevo voglia solo di una doccia infinita e il mio letto quando mi resi conto che li avrei ottenuti dopo un bel po’ di tempo: una volta a casa, scoprii che lì si era appena tenuta una cena tra Stella, Marco, Miriam, Mattia e… Feliz. Era sorridente, con i capelli senza nemmeno una minima traccia di gel.

“Hola, Luna! He conocido tu hermana, tu prima y sus amigos…” disse subito Feliz quando mi vide, agitando la mano in segno di saluto.

Con un certo moto di irritazione vidi che se ne stava seduto proprio vicino a Stella.

“C’è l’ha presentato Flavia, è passata qui con lui e Clemente perché avevano sistemato alcune cose per il catering e così è rimasto con noi a cena, i nonni sono  a casa mia” aggiunse Miriam, che sembrava essere molto ben disposta e allegra al momento. Mattia se ne stava al suo fianco ed annuii. “A proposito, tu e Mattia ancora non vi conoscete” aggiunse mia cugina, sorridendo a suo agio ed iper felice a quanto pareva.

Mattia annuì e si alzò per stringermi la mano. “Ci siamo visti oggi al campo… Comunque io sono Mattia”.

“Piacere, Luna” risposi brevemente. “Comunque, divertitevi, io vado a farmi una doccia e a dormire, sono stanca” mi affrettai a dire subito dopo, dato che il malumore cominciava ad assalirmi: era matematicamente certo che Stella avrebbe fatto la ruffiana con Feliz e a rimediare anche un appuntamento quando io, che lo conoscevo da due settimane, ero riuscita a stento a farlo ridere un paio di volte con le mie battute quando era venuto al locale.

Mi aspettavo che almeno Miriam mi avrebbe fermato, ma ci restai male quando ciò non accadde.

“Adesso voglio una vita diversa
da quella lì
è inutile che tu mi guardi di traverso
io sono sempre qui
è che la vita che cambia che cambia
è che ti svegli e non è ma quella
che credevi tu
Quante cose che si muovono che si dicono che si credono
quante cose che si pensano, e poi cambiano…”

Forse Miriam, come Alessandra, aveva trovato la strada per essere felice anche senza la mia presenza. Tutti cambiavano, tutti si evolvano, tutti imparavano… Solo io restavo sempre l’unica idiota che era sempre la stessa, profondamente pessimista, a volte fin troppo acida ma, in fondo, anche un po’ sognatrice. Solo che quando si presentavano episodi come quello che stavo vivendo, mi passava la voglia di illudermi ancora che forse una volta per tutte, nella mia vita ci sarebbe stata qualche svolta. Pensavo che Miriam ci sarebbe sempre stata per me, e invece eccola schierata con le persone che aveva criticato con me pur di conoscere Mattia. Riflettendoci, faceva bene. Non doveva sbagliare come me, che per colpa dell’orgoglio fingevo sempre di essere forte e non cercavo di aggiustare situazioni che mi erano di impedimento nel fare nuove amicizie. O forse ero io quella che agiva bene? Bah, ormai non aveva più importanza, avvolta nella tristezza com’ero.
Così, dopo un saluto generale, mi avvicinai alla mia stanza per prendere il pigiama e della biancheria intima pulita. Vidi che il bagno era occupato, quando mi avvicinai alla porta, ed attesi finchè non vidi Marco uscirne e regalarmi una delle sue solite occhiate.

“A quanto vedo hai fatto amicizia con Paola” disse subito, con un tono stranamente strisciante che lo rendeva ancora più odioso. Aveva la mascella contratta, le braccia incrociate, e mi squadrò da capo a piedi con la sua solita munizione invisibile di raggi X.

Alzai lo sguardo e lo guardai fisso negli occhi. “Si, qualche problema?”.

“Figurati, almeno un’amica dovevi pur trovartela nonostante il tuo essere asociale, ma…”.

“Ma cosa?” lo interruppi, ferita al massimo. Chiusi gli occhi in due fessure e mi ci avvicinai di qualche passo, in modo da fronteggiarlo.“Devo stare attenta a non essere sincera sul tuo lato squallido che conosco solo io? Tranquillo, le ho già detto quel che penso su di te, ma lei è decisa nel frequentarti, quindi vedi di non farla soffrire, è una brava ragazza e a mio parere non ti merita”.

Sembrò colpito dal fatto che già sapessi tutto, per cui si limitò a continuare a sorridere come chi è soddisfatto di qualcosa. “Bene, bene. E tu vedi di non mischiarle la tua pazzia”.

“Ah ah. Se così fosse non uscirebbe con te” lo zittii, e mi affrettai ad entrare in bagno, proprio come la prima volta che ci eravamo urlati contro in quella casa.

Perfetto. Mia cugina che sembrava aver tradito la mia compagnia per un ragazzo, una mia nuova amica che stava per mettersi con il ragazzo più idiota di tutti e mia sorella che faceva gli occhi dolci con l’unico ragazzo che ritenevo decente al momento.

Eccomi ritornata al 100% nella vera vita di Luna Solari.

 

*°*°*°*°

Hola a todos!

Eccomi di nuovo qui ad aggiornare. E così Luna ha una nuova amica il cui unico difetto è quello di frequentarsi con Marco… Miriam ha perso la testa per Mattia (quando, tra poco, vedrete la sua foto le darete ragione! =P), Stella ha conosciuto Feliz e zia Kitty è andata nel locale di Michele per conoscere qualcuno proprio il giorno in cui non lavorava Luna. Che cosa ve ne sembra di come si sta evolvendo la trama? Suggerimenti e opinioni sono sempre ben accettati! ^^

Ed ecco che vi posto quasi tutto il cast xD (mancano il padre di Luna, Flavia, Clemente e i nonni, non ho ancora trovato attori che vadano bene…)… Tadàààà =D:

Luna:

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Stella:

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 Marco:

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Feliz:

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Zia Kitty:

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Miriam:

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Paola:

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Michele:


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Mattia:

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Antonio:

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Che ne pensate?

Comunque, grazie mille alle 15 persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 7 che l’hanno messa tra i preferiti… Mi farebbe piacere se ognuno di voi mi facesse sapere cosa ve ne sembra di questo cap a cui tengo molto ^^ Grazie in anticipo!

 

Grazie a chi ha solo letto e a coloro che hanno recensito:

_piccola_stella_senza_cielo_: Grazie, è bello sapere che ritieni che la storia non sia noiosa! ^^  Riguardo Stella, ti consiglio di andarci piano con l’antipatia per ora visto che in seguito ne avrai bisogno in grande quantità xD Ancora grazie, un bacione!

CriCri88: Si, diciamo che ho una mezza fissa per gli spagnoli perché al momento sono gli unici che ho avuto modo di conoscere oltre gli italiani xD E la mia invidia nei tuoi confronti è salita a mille quando ho letto che ti sei frequentata con uno di Barcellona xD In realtà il Feliz che descrivo qui esiste sul serio, l’ho conosciuto ad aprile a Salamanca, anche se questo è molto più docile del “vero” dato che quest’ultimo dopo le undici e mezzo si trasformava da studente universitario a playboy ubriaco per tre quarti… xD Comunque, sono contenta di sapere che per ora sono riuscita a farti risultare più simpatica Stella, perché Luna va capita, ha un carattere un pò difficile che sarà più chiaro con il passare dei capitoli, anche se più in là Stella risulterà molto antipatica… Un bacione!

vero15star: Ti adoro anch’io cherieee! Ecco, ora siamo entrambe a livelli di pazzia spaventosa, ma fa niente xD Si, si, per ora facciamoci bastare Feliz che poi a Marcolino lo torturiamo per bene quando diventerà ancora più affascinante xD xD Ti voglio benissimo!!!

Blair95: Siii, concordo, il doppiaggio italiano fa pena, infatti quando mi capita di vedere le puntate in italiano dopo aver visto quelle in inglese resto un po’ scioccata perché ricordo che nella versione originale le battute erano ben diverse e più ricche di significato. Comunque, mi fa piacere sapere che la trama per ora non ti risulta noiosa ^^ Un bacione!

LoLa SteP: Weee, che bello vederti qui! Eh si, mi devi scusare ma a quanto pare esiste un’altra tipa che ti ha fregato il titolo di Strega, non posso farci nulla U_U xD Feliz ti ricorda qualcuno, di la verità… =D La battuta su Fiammetta è una delle più azzeccate secondo me, eheh! Un bacione! Tvbttttt.

_Armonia_: Ma che rompere, mi fa iper piacere leggere le considerazioni di chi legge e sappi che se in futuro deciderai di espormene altre saranno più che ben accettate, sul serio! ^^ In realtà Luna è consapevole del fatto che anche Stella non è perfetta, ce ne possiamo accorgere quando alla fine dello scorso cap Stella l’accusa di essere gelosa perché non avrà alcun ruolo nei preparativi del matrimonio e Luna ribatte dicendo che darà una mano con il catering e avrà a che fare con uno spagnolo che Stella con la sua ignoranza potrebbe solo definire “caliente”, quindi diciamo che Luna pur sapendo che la sorella non è perfetta (ad esempio è molto sfaticata, pigra, non è interessata allo studio e a maturare) le invidia le qualità che lei non ha mai avuto, come essere socievole, al centro dell’attenzione e ben voluta da tutti. Stella cercherà ancora un contatto con la gemella, Marco avrà una sua evoluzione com’è giusto che sia e mi ha fatto iper piacere che ti sia piaciuta la scena del nonno, mi piace inserire queste scene “familiari” per far capire quanto Luna si senta più a sua agio lì che a Firenze. E infine, sapere che trovi Antonio interessante è la ciliegina sulla torta perché io lo adoro e in seguito avrà un ruolo rilevante. Che dire, scusami se ho sproloquiato un po’, spero di non essere risultata fin troppo logorroica con questa risposta! xD Un bacione!

E come sempre eccovi qualche anticipazione:

“Ciao, secchiona. Ma dimmi, è normale starsene a casa di sabato sera?” chiese subito.

“Uffa, sei venuto qui per la predica?”.


“E allora a cosa ti riferivi?”.

“Mi sembrava strano che avessi capito subito…” mi fece notare, e quando lo guardai male si corresse con un: “Nel senso che non tendi ad avere molta fiducia in te stessa e allora un episodio del genere…”


“No, mi dispiace Marco ma preferisco passare tutta la giornata con lei” spiegò Feliz, in un modo tale che mi lusingò. Si voltò verso di me e ci sorridemmo per un istante.

“Ok, lascia perdere Marco” ribattè bruscamente Stella.

 

A presto girls (siete tutte ragazze o si nasconde qualche maschietto? xD),

aggiornerò il più presto possibile, promesso!

La vostra milly92.

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Capitolo 5
*** Forse Questa partita La Vinco Io- Inguaribile Romantica ***


Forse Questa partita La Vinco Io- Inguaribile Romantica
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Capitolo 4

Forse Questa partita La Vinco Io- Inguaribile Romantica

“Luna, hai visto la mia sciarpa rossa e bianca?”.

Stella si agitava freneticamente per tutta la stanza, mentre con una mano recuperava degli stivali neri e con l’altra cercava di indossare i suoi orecchini preferiti. Io, che me ne stavo dalla parte opposta della stanza con il libro di letteratura spagnola in mano, alzai lo sguardo.

“Ti sembro il tipo che indossa una sciarpa rossa e bianca? Non sapevo nemmeno che l’avessi” le tenni presente, spazientita.

“Ovvio che non lo sai, la nonna me l’ha finita di fare oggi, sai, proprio come ti ha creato quella tutta colorata che ti ha portato bene all’esame. Ho pensato che portasse fortuna se l’avessi indossata alla partita” spiegò.

All’udire quella parola chiusi il libro con uno scatto di nervosismo. La partita. Da dodici ore non si parlava d’altro! La partita di qua, la partita di là, la partita così, “Vinceremo!”, “Forza Artus!”, “Vestiamoci di rosso e bianco come la divisa della squadra”… Stavo impazzendo. La mia gemella, mia cugina e Paola erano in tumulto per questo incontro, dato che da questo, anzi, dal suo esito, dipendeva la felicità dei “loro uomini” e sia Miriam che Paola speravano in una bella festa post partita per poter far meglio breccia nel cuore dei loro amati.

Loro andavano alla partita ed io me ne sarei rimasta a casa a finire di ripetere dato che l’esame ci sarebbe stato tra soli due giorni ed io ci tenevo ad avere un buon voto. Non che me ne importasse dell’incontro, ovvio, non ci vedevo nulla di buon nel vedere quei ragazzi tutti sudati che si passavano la palla con fare troglodita quando non nutrivo alcun interesse nei loro confronti. Anzi, tra di loro c’era uno che meno vedevo meglio era.

Stella continuava ad aggirarsi per la stanza con fare sbrigativo, finchè non esultò quando trovò la fatidica sciarpa in uno dei cassetti. Così passò ad aggiustarsi il lucidalabbra, i capelli e il mascara, finchè il suono del campanello non annunciò l’arrivo di Miriam e Paola.

“Sicura di non voler venire?” mi chiese Paola, avvolta in un giubbino rosso che faceva pendant con gli stivali che indossava,  dopo che ebbi salutato sia lei che l’altra.

“No, grazie, devo finire di studiare” ribadii per quella che probabilmente era la centesima volta, e mi sforzai di sorridere. Miriam non mi guardava, era come se non ci fossi, e la cosa mi irritò un bel po’ dato che dimostrava sia il fatto del suo tradimento sia il fatto che fosse consapevole dell’aver commesso un errore nel non chiamarmi e parlarmi decentemente da quando aveva conosciuto Mattia.

Paola si arrese con un piccolo cenno, poi si voltò verso Stella.  “Ho parlato con Mattia e ha detto che dopo la partita andiamo a casa di Claudio, uno della squadra, così non sarai senza cavaliere” disse ammiccante, dandole una pacca sulla spalla.

Stella ridacchiò, sistemandosi una ciocca di capelli particolarmente ribelle. “Lo conosci?”.

“Si, è davvero molo carino, se è questo che volevi sapere”.

“Perfetto!”.

Inutile dire che continuavo  a guardarle come se fossi una sorta di aliena. Un quarto d’ora dopo uscirono, allegre per la serata che le aspettava, e fu così che restai sola a casa dato che i nonni erano a cena da zia Kitty insieme a papà.

Improvvisamente mi sentii sola come non lo ero mai stata, tanto che chiusi il libro di letteratura e mi gettai sul letto. Era facile comprendere la causa di tutto ciò: Miriam, che fino a quel momento era stata la mia unica confidente ed amica, era tutta presa da Mattia, mia sorella e la mia nuova amica non pensavano altro che a divertirsi e a conoscere ragazzi nuovi, zia Kitty stessa stava conoscendo nuovi uomini ed io…? Io mi sentivo vecchia, inutile, sola e inattraente.

Iniziavo a desiderare sul serio qualcuno al mio fianco, qualcuno che ci tenesse a me per quella che ero, consapevole delle mie pazzie, dei miei pensieri non sempre allegri e positivi… Qualcuno che amasse Luna Solari pur sapendo di stare con una ragazza per niente speciale. Nonostante la corazza che volevo mostrare esternamente, all’interno mi sentivo debole, quasi di cristallo, il cui unico tocco di qualcuno troppo poco prudente avrebbe potuto infrangermi. Anzi, infrangere il mio cuore, troppe volte ricostruito e rimesso insieme con una sorta di Attack che però non avrebbe potuto funzionare per sempre. Sorrisi tristemente ricordandomi di una canzone del “mio” Vasco che al momento sembrava fare proprio al caso mio… Com’era…? Come diceva? E poi le parole mi apparvero chiare e nitide nella mente.

“…Sei un'incredibile romantica
un po' nevrotica
ma non patetica
certo unica”

 
Buttai la testa sotto al cuscino, chiedendomi  se a questo punto valesse la pena ritornare a Firenze, quando il mio cellulare squillò. Era un sms.

“Un uccellino mi ha detto che sei sola a casa a studiare… Mi piace vedere la gente che studia, anche se nel tuo caso non ci capirei un’acca visto che lo spagnolo ed io non andiamo d’accordo, quindi ti va se ti raggiungo con frittelle, crocchè e focacce? Anto.”

Sorrisi come una bambina il giorno di Natale. Qualcuno allora si era ricordato della mia esistenza! Antonio era stato davvero gentile, e la cosa mi stupiva visto che ultimamente a lavoro non ci eravamo parlati più di tanto.

Se vieni posso anche fare a meno di studiare così facciamo due chiacchiere, anche se poi domani a lavoro io studio e tu mi sostituisci quando Michele esce XP Ti aspetto.

La consapevolezza del fatto che anche io avevo un amico su cui contare rendeva tutto migliore, così, dicendomi che mi bastavano altri due ripassi, posai il libro, indossai qualcosa di più presentabile  rispetto alla comodissima tuta rossa iper larga che avevo, ovvero dei pantaloni di velluto neri con un maglioncino bordeaux e cercai qualcosa da bere nel frigo oltre la solita acqua.

Antonio non si fece attendere, arrivò dieci minuti dopo, e quando aprii la porta mi sorrise come solo lui sapeva fare, in modo tra il sarcastico e il felice.

“Ciao!” dissi, facendolo entrare.

“Ciao, secchiona. Ma dimmi, è normale starsene a casa di sabato sera?” chiese subito.

“Uffa, sei venuto qui per la predica?”.

“No, per carità. Dove posso poggiare questo?” chiese, indicando un vassoio che teneva in mano.

“Vieni, in cucina”.

Gli feci fare un breve tour della casa, mi informò circa le ultime notizie sul lavoro e Michele, finchè non mi rivelò che era stata zia Kitty a dirgli che quella sera sarei stata da sola.

“Ormai mi conosci, sai che non ce l’avrei fatta a starmene lì a guardare quella partita quando non m’importa niente. Per non parlare del post partita, dover stare a contatto con quel Marco” gli spiegai quando ci sedemmo a tavola per mangiare.

“Ha fatto qualcos’altro?” chiese subito.

“Mah, le solite cose, niente di nuovo. E pensa che sta per mettersi con una ragazza che ho conosciuto ieri, Paola”.

Antonio mi ascoltava con educazione, ma avevo la netta impressione che stesse con la testa da tutt’altra parte. Subito mi rimproverai di essere noiosa e seccante visto che parlavo sempre della stessa cosa con lui, così mi decisi a cambiare argomento e dissi: “Invece tu che mi racconti di nuovo?”.

Lui addentò un pezzo di focaccia, masticò e poi mormorò: “Beh, ho una buona notizia per te”.

Restai con la frittella che stavo per imboccare a mezz’aria. Buone notizie per me?! “E cioè?” chiesi subito, senza dargli il tempo di aggiungere qualcos’altro.

Sorrise e assunse un’aria misteriosa. Odiavo quando faceva così!

“Dai, spara, dimmi cosa…?” lo esortai ancora. “Un aumento da parte di Michele?” tentai, anche se la cosa era alquanto improbabile visto che Michele mi pagava fin troppo per quei tre giorni a settimana in cui lavoravo.

Antonio scosse il capo. “No, un qualcosa di molto più… Romantico” annunciò, squadrando per bene la mia espressione. Ovviamente restò ancora più soddisfatto quando vide la mia confusione crescere a dismisura. Poi, un lampo di luce mi balenò in mente, accendendo la cosiddetta lampadina, e sospirai. Tutto quadrava: se era qualcosa di romantico voleva dire che aveva a che fare con zia Kitty e uno dei suoi incontri galanti che aveva avuto al locale. Ecco perché era stata lei a mandare Antonio a casa!

“Oh capito! Beh, ammetto che mi fa piacere” dissi alla fine, anche se la cosa non mi esaltava chissà quanto visto che l’uomo con cui si sarebbe vista era uno degli scapoli rifiutato da chissà quante donne e, quindi, pieno di difetti e con un losco passato.

“Ti fa piacere? Io credevo che avresti fatto i salti di gioia!” mi rimproverò Antonio, quasi scandalizzato.

Levai un sopracciglio, senza capire. “E perché, scusa? Conosci la mia opinione…” gli ricordai.

“Appunto. Ed è per questo che credevo che come minimo saresti andata in chiesa ad accendere un cero a qualche Santo per ringraziarlo!” continuò, sempre più incredulo.

La mia confusione continuava sempre di più, e alla fine, come pretesto, scelsi di ridere. “Cavoli, addirittura?! Voglio capire che la situazione sia alquanto nuova, ma Zia Kitty non è ridotta così male a tal punto da aver bisogno…”.

“Zia Kitty?”.

Antonio era al colmo dell’incomprensione e mi guardò come se fossi una malata terminale al centro di igiene mentale della città.

“Eh, si, zia Kitty! Insomma, non ti riferivi agli incontri di ieri sera?” chiesi spazientita e decisa a capirci qualcosa in più.

“Ma no!”. Antonio rideva a crepapelle, scuotendo il capo. Inutile dire che mi sentivo come se fossi ad uno spettacolo satirico ed ero l’unica a non comprendere una battuta particolarmente ironica.

Sbuffai, del tutto dimentica della frittella che aspettava solo di essere mangiata. “E allora a cosa ti riferivi?”.

“Mi sembrava strano che avessi capito subito…” mi fece notare, e quando lo guardai male si corresse con un: “Nel senso che non tendi ad avere molta fiducia in te stessa e allora un episodio del genere…”.

“Cavolo, mi dici che cavolo è successo?!” urlai alla fine, non potendone più.

“E’ successo, cara Luna, che oggi un certo Feliz, mentre mi aiutava a compilare una lista per alcuni ingredienti, mi ha chiesto che fine avessi fatto visto che non stavi lavorando e dopo varie esitazioni e commenti mi ha esplicitamente detto che gli piacerebbe uscire con te qualche volta” disse tutto d’un fiato, in un modo tale da lasciarmi incredula e rossa come un peperone, tonalità che avevo assunto già da quando avevo sentito il suo nome.

Sorrisi come un’ebete e poi, però, la realtà prese il sopravvento e scossi il capo con decisione. “E’ una cosa assurda. Lui ieri se ne stava qui con Stella e gli altri…”.

“Non sapeva che avessi una gemella e accettato l’invito solo per vederti a fine serata, anche perché all’inizio pensava che Stella fosse te” spiegò subito con l’aria di chi la sapeva lunga.

“Oh, sul serio?”. Miracolo. Miracolo. Alleluja! Dopo diciotto anni, un essere umano preferiva me alla mia gemella!

“Si, ma ora non montarti, eh!” mi ammonì scherzosamente, ma gli impedii di aggiungere altro visto che mi ci ero letteralmente gettata addosso per la felicità.

Possibile? Un ragazzo così bello, spagnolo, affascinante, intrigante e chi più ne ha più ne metta per la prima volta nella mia vita voleva vedermi a tal punto da desiderare di uscire con me?

Inutile dire che per il resto della serata non riuscii a pensare ad altro e il povero Antonio dovette sorbirsi le mie esclamazioni incredule, e tanto per alleviare l’atmosfera se ne usciva con battute tipo: “Avrei preferito starti a guardare mentre studi e parli spagnolo piuttosto che sentirti parlare solo di uno spagnolo!”.

Se ne andò alle undici passate, ora in cui tornarono anche i nonni e papà, che non riuscirono a non notare una particolare gioia nei miei occhi. Per questo decisi di andarmene a letto; ovviamente non riuscivo a dormire e pensavo all’indomani, a come avrei dovuto comportarmi se fosse venuto al negozio.

Ma i miei pensieri furono interrotti dal ritorno di Stella, a mezzanotte e mezza.

Accese la luce e, dopo essersi tolta gli stivali, si avvicinò al mio letto.

“Luna, sei sveglia?” chiese a bassa voce.

Mi voltai verso di lei e risposi con una sorta di grugnito.

“Bene, perché mi serve il tuo aiuto!” annunciò soddisfatta, come se mi stesse dicendo una delle cose più belle del mondo.

“Che?! Fatti aiutare dai tuoi amichetti…” risposi subito, infastidita.

“Ascoltami prima di giudicare! Ah, a proposito, abbiamo vinto!”.

“E cosa dovrei farci?!”.

“No, niente, la cosa che dovevo dirti riguarda il compleanno di Paola. Ti interessa?” chiese, ignorando quasi il mio commento pungente.

Mi rizzai a sedere, un po’ più disposta ad ascoltare.

“Bene, dimmi” sbuffai, cercando di mantenere un certo contegno.

Stella parve felice per il fatto di essere riuscita ad attirare la mia attenzione e sorrise. “Le stiamo organizzando una festa a sorpresa, visto che Mattia ha detto che non vuole fare niente di che per i suoi venti anni, e quindi credo che tu voglia dare un tuo contributo visto che sembrate così amiche” spiegò.

Feci un piccolo cenno. Certo, Paola mi sembrava una brava persona anche se la conoscevo da un solo giorno. Tuttavia, non volevo  isolarmi e volevo fare la mia parte.

“Capito. Cosa dovrei fare?” domandai.

“Quello che ti va. Io avevo pensato…”.

“… E quindi visto che l’hai pensato devo farlo…”.

“No! Dicevo, avevo pensato al fatto che potevi aiutarci a fare un bel cartellone con le sue foto visto che sei brava con Photoshop e magari potresti raccogliere i soldi per il regalo, cosa ne pensi?” propose, cercando di risultare cordiale e zuccherosa.

Ragionai un po’, e alla fine  accettai.

“Grazie! Sapevo che avresti accettato!” esclamò.

“Si, ma inizierò ad aiutarvi dopodomani, dopo l’esame” le feci notare, cosa che però, non mi feci scrupolo a violare l’indomani, quando mi recai a lavoro pur di riuscire a vedere Feliz.

Ovviamente avevo la testa tra le nuvole per la notizia appresa da Antonio la sera prima, a tal punto che non gli badavo più quando iniziava a prendermi in giro per ogni minima cosa. Appena Michele uscì per incontrarsi con il fornitore, subito estrassi il librone di letteratura spagnola per ripetere, sotto lo sguardo rassegnato di Antonio, ma lo scampanellio della porta d’ingresso del locale mi costrinse a chiuderlo con un tonfo.

“Hola, Luna!”.

Mi sentii il cuore battere all’impazzata appena vidi Feliz venirmi incontro, con i capelli un po’ scompigliati e un abbigliamento ancor migliore del solito, formato da una camicia bianca con sopra un maglioncino blu, dei jeans scuri e le All Star jeansate.

“Oh, Feliz! Hola” mormorai, sentendomi le guance in fiamme. Me ne stavo ritta e rigida dietro al bancone, quasi come se facessi parte dell’esercito Italiano e stessi salutando un mio superiore. Quella mattina mi ero preparata meglio del solito, mi ero truccata leggermente e avevo lasciati i miei capelli castani sciolti che mi ricadevano sulla schiena,avevo indossato una gonna nera che arrivava a metà coscia con un maglioncino rosso e degli stivali neri, quindi ciò mi spinse a sentirmi un po’ più sicura e meno imbarazzata del solito. Dovevo fingere di non sapere nulla…

“Stai studiando?” chiese, marcando le “s” in un modo tale che mi faceva uscire fuori dai gangheri.

“Oh, si, prima, sai, ho l’esame di letteratura spagnola dopodomani e allora avevo bisogno di un ultimo ripasso…” risposi, cercando di essere disinvolta al massimo. Il massimo che riuscii ad ottenere? Iniziare a torturare una ciocca di capelli come facevo sempre quando ero nervosa, diamine!

“Capisco. Cosa hai dovuto studiare?” domandò; sembrava sul serio interessato.

Esitai un secondo. Se continuava a guardarmi con tale intensità come facevo a ricordarmi una quisquilia come gli argomenti d’esame?!

Toda la Edad Media, los juglares, Gonzalo de Berceo….” risposi, sentendomi una deficiente patentata. Bene, avevo anche iniziato ad esporre i vari argomenti in madrelingua, quasi come volessi fargli sapere che sapevo come si diceva “Medioevo” e “Giullari” in spagnolo!

Ma per fortuna Feliz mi sorrise. “Sai, a scuola andavo muy bien in literatura. Se ti va, posso aiutarti a ripassare, domani ho la giornata libera” disse con cautela.

Il risultato? Sulle mie guance ci si poteva friggere tutto il buffet del matrimonio di Flavia, tanto che erano roventi.

“Grazie, è gentile da parte tua…” biascicai.

“Ehm, ehm, Luna, io vado un secondo nell’ufficio di Michele a controllare una cosa, se arriva qualcuno chiamami” disse improvvisamente Antonio. Lo guardai come se l’avessi visto per la prima volta in vita mia. Avevo totalmente dimenticato al sua presenza!

“Va bene, certo, tranquillo” dissi subito, e vidi che Feliz sorrideva.

“Allora ti va bene se ti lascio il mio indirizzo e vieni quando hai tempo, domani?” ripropose.

La mia gola era secca, a tal punto che quasi non riuscivo più a spiccicare parola. “Ok, ma dimmi tu quando devo venire…”.

“Mi farebbe piacere se venissi già dalla mattina” disse senza preamboli e sfoderando un sorriso luminoso che metteva in risalto i suoi denti perfetti e candidi.

“Allora… Ok…”.

Mi lasciò scritto il suo indirizzo su un foglio di carta, e stava per aggiungere altro quando mi ritrovai nel negozio Stella e Marco, che parvero subito sorpresi nel vedere con chi ero.

“Oh, ciao, Feliz!” esclamò subito Stella, salutandolo con due baci sulle guance.

“Ciao” aggiunse Marco, stringendogli la mano.

“Ciao” ribadì Feliz.

“Cosa ci fai qui?” aggiunse la mia amata gemella, tutta agghindata nel suo migliore stile invernale: fuseaux neri con una maglia che fungeva da vestitino grigio con sopra un cappottino corto nero e tacchi. Nella sua voce sembrava esserci una sorta di disappunto, cosa che mi irritò alquanto.

“Sono passato a salutare Luna” rispose candidamente lui, cosa che fece colorire le guance di Stella, che replicò con un freddo: “Ah”.

Marco parve notare il disappunto della sua amica, tanto che subito disse- probabilmente per farmi sentire esclusa-  con un tono stranamente gentile: “Stiamo organizzando un pranzo al ristornate di mio zio per domani, ti va di venire? Ci saranno anche Mattia, Miriam, Paola…”. I suoi occhi blu per un istante si volsero verso di e con aria saccente e di sfida, ed io ricambiai con forza la medesima occhiata, dicendomi che questa volta sarei stata io la vincitrice.

In quel momento ebbi una sensazione di pura vittoria, accresciuta dal fatto che Feliz rispose: “Domani? No, mi dispiace, ma domani ho la giornata libera così ho invitato Luna a casa mia, la aiuto a estudiar para el examen” rispose.

Marco lo guardò come se fosse impazzito e Stella sembrò sull’orlo di una crisi post adolescenziale. “E allora non puoi aiutarla a studiare la mattina  e poi vieni…?”ripropose Marco.

“No, mi dispiace Marco ma preferisco passare tutta la giornata con lei” spiegò Feliz, in un modo tale che mi lusingò. Si voltò verso di me e ci sorridemmo per un istante.

“Ok, lascia perdere Marco” ribattè bruscamente Stella. “Luna, ero venuta per lasciarti questo dépliant e vedere quale regalo preferisci fare a Paola. Dagli un’occhiata e mi dici cosa ne pensi oggi… Sempre se non sei impegnata con l’esame, ovvio. Ciao” e così dicendo se ne andò, trascinandosi Marco che mi guardava con i suoi occhi freddi ed intrisi d’odio. Non capivo. Ma che diamine gliene fregava? Gli dava fastidio che era già la seconda occasione in cui avevo qualcuno che mi accettasse per quello che ero, dopo Paola!

Feliz parve un po’ scombussolato da quell’incontro a sua volta, così decise di congedarsi con un: “Io me voy. Ti aspetto domani mattina!”.

“Va bene, ciao Feliz” risposi, e mi sentii ancora più imbarazzata quando si sporse verso di me per baciarmi una guancia.

“Finalmente questo tete a tete è finito. Mi stavo annoiando di là, senza avere nulla da fare quando qui ci sono le nuove tovaglie da mettere sui tavolini” brontolò Antonio, comparendo dal retro bottega.

“Oh, taci! Lasciami almeno godere la sensazione che sto vivendo! Per una volta Stella è stata messa K.O. insieme al suo amichetto…”.

Questo pensiero mi riempì la mente finchè non arrivai a casa. Salutai i nonni e papà, e stavo per entrare nella mia stanza quando la voce semi disperata di Stella che proveniva dall’altra parte della porta mi indusse a bloccarmi.

“…Si, ma, ti rendi conto? La preferisce a me! Ma che cavolo dici, Marco! Certo che non ho intenzione di dirle che mi piace!”.

Mi irrigidii e decisi di ritornare in cucina per bere un bicchiere d’acqua per non farle capire che avevo ascoltato la sua conversazione telefonica.

Per la prima volta il ragazzo che interessava ad entrambe preferiva me a lei. Non avevo nulla da rimproverarmi, anzi, la cosa per una volta mi lusingava. Altro che partita dell'Artus... Forse quella volta la vincitrice di quel match sarei stata io. Era la stessa cosa che era successa con Christian, no? Solo che, ripensandoci bene, lei non sapeva che io ero interessata a lui mentre io avevo appena avuto prova del suo interessamento per Feliz…

 

 

*°*°*°*°*

Hola!

Che ve ne sembra del capitolo? Si può dire che è da qui che inizia la vera e propria trama. Luna riesce ad ammaliare Feliz e Stella sembra tutta arrabbiata perché qualcuno preferisce la sua gemella a lei… Il prossimo capitolo sarà un po’ movimentato, parlerà del giorno dell’appuntamento di Luna e Feliz e succederà qualcosa di non molto piacevole, anche perché l’appuntamento inizierà a fine cap…

Comunque, cosa ve ne sembra della copertina della storia? Sono consapevole di essere un’imbranata cronica con Photoshop, così ho provato con Paint e so di non aver fatto chissà che, prometto che cercherò di migliorarla appena trovo qualche anima pia che mi spiega qualcosina! ^^

Come sempre, grazie mille alle 18 persone che hanno messo la storia tra le seguite, le 9 che l’hanno messa tra i preferiti, coloro che hanno letto e coloro che hanno recensito:

LoLa SteP: Il “Parla con Luna” su Facebook? Oddio, non ci avevo mai pensato, certo che sarebbe proprio divertente! Ma anche il “Parla con Marco” non sarebbe niente male secondo me, se vuoi crearlo sei libera di farlo xD Miriam ci ha deluso, eh si, ma questa storia verrà approfondita, promesso… Feliz una nuvola passeggera? Vedremo… Un bacione, tvbttttttt!

sam05: Grazie mille, e figurati, a tutti può capitare di dimenticare di recensire, anzi, mi fa piacere che tu abbia deciso di farlo! ^^ E’ bello sapere che il tuo personaggio preferito sia Luna, e riguardo Marco, beh, conosceremo molte altre sue sfaccettature nel corso della storia… Ci sarà un motivo per cui Paola e Stella gli vogliono bene, no? =D Un bacione e ancora grazie mille, se ti andrà di farmi sapere cosa te ne sembra anche di questo cap e di quelli a seguire mi farebbe molto piacere! ^^

yury_chan: Ciao ^^ Ti comprendo se stai vivendo una storia simile a quella di Luna e Stella con tua cugina, anche a me succedeva con mia cugina fino a qualche annetto fa, anche se in modo molto meno tragico di Luna e Stella xD, ed ora andiamo molto d’accordo =) Luna e Marco insieme? Chi leggerà vedrà, come dico sempre io, ihih! Un bacione e grazie mille per la recensione, spero che anche questo cap ti piaccia!

Blair 95: Grazie mille cara ^^ Riguardo marco e Luna, ovviamente non rispondo anche perché tu stessa mi ci hai autorizzato xD Miriam ci ha delusi, eh si, ma ti dico che tutta questa storia prenderà un’alta piega tra qualche capitolo… E’ bello sapere che l’idea delle foto sia piaciuta, è più facile leggere sapendo come sono fatti i personaggi secondo me, non credi? Un bacione!

CriCri88: Non sai quanto sia bello continuare a leggere le tue recensioni, invece, ogni volta mi riempi il cuore di gioia, sul serio ^^ Luna è sempre un po’ troppo esagerata, si, ma fa parte della sua indole e mano a mano vedremo che migliorerà quando le cose inizieranno a mettersi bene anche per lei e comprenderà che spesso non è tutto nero come lo dipinge lei. Marco non l’ha mai contata giusta, mi sa xD Riguardo il calimocho, beh, mi hai risvegliato un antico dubbio: ricordo di aver assaggiato una bibita scura offertami da un amico di Feliz che aveva più o meno il sapore degli ingredienti che dicevi tu ma non ricordavo come l’avevano chiamata, insieme ad un altro paio che non ho osato provare e che poi hanno fatto ubriacare la mia amica xD Un bacione cara, e grazie mille!

FukoChan: Grazie mille ^^ Feliz e Mattia hanno fatto scalpore a quanto vedo, ma è giusto così, sono proprio dei bei tipetti xD Luna ti assomiglia? Se è così, non posso che dire “bene!” perché adoro il carattere di quella ragazza ^^ Ancora grazie, mi farebbe piacere continuare a sapere cosa ne pensi di quest’altro cap! Un bacione!

rossy87: Si si, sono di Maddaloni ^^ Tu di dove sei? =) Mi fa piacere sapere che la storia ti piaccia! Riguardo la tua curiosità posso comprenderti, e poi io da piccola desideravo una sorella al posto di quell’impiastro di mio fratello xD quindi diciamo che siamo quasi sulla stessa lunghezza d’onda ^^ Sapere che i battibecchi tra Luna e Marco ti fanno morire mi rende ancora più felice, quando li scrivo non so perché mi viene spesso da ridere, ma ti dico che in seguito ce ne saranno altri ancora peggiori di questi ;-)  Diciamo che le cose tra Marco, Paola e Luna ovviamente si complicheranno perché Luna dovrà fronteggiare situazioni mai vissute prima… E i personaggi maschili hanno fatto scalpore con tutte lo scorso cap, eheh ;P Un bacione e grazie mille per i complimenti, spero ti piaccia anche questo cap! ^^

vero15star: Rodrigo è proprio un bel vedere, eh? Se l’avessi conosciuto un paio d’anni fa avrei potuto amare un po’ di più “I Promessi Sposi” grazie al suo nome, ma vabbè… xD Ammetto che anche io Marco lo immagino diverso, ma è maledettamente difficile trovare attori sulla ventina mori con gli occhi blu che m’ispirano, e poi ho voluto fare la particolarità che non è mozzafiato come Mattia e Feliz per vedere se con il passare dei cap riuscirà a conquistare il popolo femminile per il suo carattere =D Grazie mille tesoro, ti voglio tanto tanto bene! ^^

_Armonia_: Oh, non sei un ragazzo? Che peccato, uffi xD xD xD Idiozie mie a parte, l’avevo chiesto giusto per non offendere eventuali lettori segreti… Mi piace l’idea di un maschietto che legge fic romantiche *_* In effetti a me non piace concentrarmi su un solo personaggio, anzi, spesso tendo ad inventarne molteplici, fin troppi perché anch’io sono dell’idea che tutto sia noioso se si parla di una cosa sola, infatti tra un po’ conosceremo meglio le storie di altre personaggi e ne conosceremo nuovi, come la madre di Luna e Stella, la madre di Flavia e il fratello di Marco… Mi fa piacere che la zia sia piaciuta, e anticipo che lei avrà una storia tutta sua nel corso dei cap ^^ Feliz e Mattia hanno avuto un vero e proprio successo, eheh! Grazie mille, un bacione!

 

Come sempre, eccovi qualche anticipazione…

“Sai Luna, non ci crederai ma al momento t’invidio molto” sussurrò, ancora di spalle.

 

“Ma starò via solo un paio di giorni” ribattei. “Comunque, scusate ma ora vado altrimenti non ci arrivo più a casa di Feliz e devo assolutamente ripetere”.

 

“Prego, non c’è di che, si figuri, è stato un piacere ed un onore” ribattè meccanicamente, nel solito modo che mi faceva irritare.

Sbuffai ed incrociai le braccia. “Vedi? Vedi? Non posso essere seria che…”.

 

Mi raccomando, recensite ^^

A martedì,

la vostra milly92.

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Capitolo 6
*** Quando Si Dice Andare In Guerra Senza Il Fucile- Marea ***


Quando Si Dice Andare In Guerra Senza Il Fucile- Marea

Dedicato alla mia migliore amica Brunella che 

martedì compirà diciassette anni. 
Ti voglio un mondo di bene, tesoro! 
Grazie per tutto l'affetto che mi dimostri giorno dopo
giorno e per avermi spronato a scrivere questa storia... 

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Capitolo 5

Quando Si Dice Andare In Guerra Senza Il Fucile- Marea

La prima cosa che mi venne in mente, vista la situazione che si stava creando, fu quella di andare da zia Kitty e raccontarle tutto.

“Ammettilo, aspettavi questo momento da secoli” fu la prima cosa che mi disse dopo che ebbi finito di parlare. Sorrideva in un modo malandrino e mi strizzò l’occhio con fare audace.

“No! Cioè, nel senso… Avrei preferito non sapere che è interessata a Feliz” risposi subito, parandomi una mano davanti. La cosa assurda era che mi stavo facendo una marea di paranoie per una cosa che alla fine poteva anche non esistere, nel senso che forse Feliz,dopo aver passato un po’ di tempo con me, avrebbe deciso che non ero il suo tipo e non si sarebbe più fatto vivo.

“Ma dimmi, l’hai sentita espressamente fare il suo nome?” chiese curiosa, servendomi una tazza di tè caldo alla pesca.

Ci ripensai un secondo, cercando di fare mente locale. “No, ma è palese che sia lui” le tenni presente. “E’ l’unico ragazzo che conosciamo entrambe e che abbia dimostrato una preferenza per me”.

“Allora secondo me dovresti cercare di vedere come si mettono le cose e poi regolarti di conseguenza” stabilì infine lei, e fu con quelle parole che mi risuonavano nella mente che quella sera ebbi il coraggio di far finta di nulla con la mia gemella.

“Hai scelto il regalo per Paola dall’opuscolo?” mi chiese, in un modo fin troppo naturale che probabilmente mi avrebbe insospettita anche se non avessi saputo nulla.

Era entrata nella nostra stanza in cui stavo rileggendo alcuni appunti.

“Si, secondo me andrebbe bene una bella borsa, poi non so…” risposi subito, cercando di risultare a mia volta normale.

“Si, bella idea, domani vado a dare un’occhiata visto che ho la giornata libera”. Il tono che aveva usato sapeva molto di povera ragazzina desolata e abbandonata, ma feci finta di nulla ed annuii. “Appena mi tolgo quest’esame dalle scatole ti do una mano” buttai lì, giusto per dire qualcosa. 

Stella fece un piccolo cenno e restò in silenzio, mentre sistemava alcune maglie nell’armadio che divideva con me. “Sai Luna, non ci crederai ma al momento t’invidio molto” sussurrò, ancora di spalle. Quelle parole mi colpirono come un secchio d’acqua gelata, e scattai su, per sedermi meglio, come una molla che era stata colpita da una discreta quantità di elettricità.

“Cosa?” chiesi spaesata.

“Hai capito benissimo. T’invidio, perché al momento tu stai facendo molte cose utili per te stessa mentre io… Sto solo perdendo tempo, come ho sempre fatto” continuò, decidendo di voltarsi e sedendosi sul mio stesso letto. I suoi lineamenti dolci erano contratti, e sembrava che dire quelle parole le costasse uno sforzo sovrumano.

“Ma intendi l’università?” chiesi allibita. In tanti anni lei mi aveva sempre un po’ snobbato per il fatto che spesso me ne stavo a casa a studiare quando lei usciva con i suoi amici e preferiva il divertimento allo studio costante del liceo.

“Anche. Lavori, guadagni qualcosa di tuo…”.

“Ma anche tu lavoravi a Firenze, con mamma” le ricordai, assumendo un tono sincero e questa volta sul serio naturale e senza alcuna forzatura.

Fece un sorriso amaro e guardò altrove. “Hai detto bene. Con mamma. Ho girato mezza Firenze ma nessuno mi ha assunto per le mie capacità, quindi lavorare con lei è stata la mia ultima spiaggia. Il fatto è che non mi sento brava in nulla… E un domani vorrei anche io una laurea come te, ma non c’ho proprio la testa, capisci? E’ come se crescere diventasse una tortura per me, un qualcosa che non mi appartiene” continuò, con una voce un po’ più acuta del solito.

Forse fu quella la prima volta in cui la guardai con un occhio diverso dopo anni ed anni. Per una volta avevo davanti a me il suo lato umano, non quello della ragazza super. Non sapevo cosa dire, perché ero cosciente che tutte le cose che mi sarebbero uscite dalla bocca sarebbero stati dei mezzi rimproveri circa la sua condotta.

“Io  te siamo sempre state diverse, e so per certo,scusami se te lo dico, che tante volte hai sognato di stare al mio posto, ma volevo solo tu sapessi che al momento sono io quella che ti ammira “ borbottò, questa volta riuscendo a guardarmi in faccia.

“E perché mai hai deciso di dirmelo proprio ora?” chiesi. Inutile negare che in cuor mio quella potesse risultare l’ulteriore sua strategia per commuovermi e convincermi indirettamente a lasciarle Feliz.

Stella scrollò le spalle. “Così. Te lo volevo dire da quando sono venuta, ma visto che non ne abbiamo mai avuto l’occasione dato che spesso qui c’è Marco per le prove e tu non ti fai viva perché non lo sopporti…”.

“Anche lui non mi sopporta” la interruppi.

“Non è che non ti sopporta. Siete identici, la pensate allo stesso modo nella maggior parte dei casi e per questo vi è difficile comunicare. E’ per questo che gli voglio così bene: lui per me rappresenta ciò che rappresenti anche tu, solo che con te non riesco mai a comunicare e perciò lo faccio con lui visto che mi sembra di parlare con te” rivelò decisa e anche un po’ raddolcita.

“Sarà, ma resta il fatto che è lui che mi punzecchia ogni volta che mi vede. Povera Paola…” riuscii solo a dire, sospirando. Non osavo immaginare Paola e Marco insieme, di sicuro lui l’avrebbe mandata in esasperazione dopo la prima settimana.

“Guarda che lui e Paola sono davvero pazzi l’uno dell’altra, e sai la novità? Ha deciso di chiederle di mettersi con lui il giorno della festa” rivelò lei. “Quindi fai in modo che la tua amica sia psicologicamente preparata, quel giorno” aggiunse, facendo l’occhiolino e uscendo dalla stanza.

Mi lasciò totalmente allibita: possibile che avevamo iniziato a parlare e alla fine eravamo finite a parlare di Marco? Lei se n’era andata così, dopo aver fatto quella soffiata su lui e Paola, come se le parole che aveva detto prima non contassero più niente… E poi alla fine era anche colpa mia se io e lei non riuscivamo ad avere un dialogo?!

Con quei pensieri, dopo aver scritto un sms a Paola - dato che la stessa Stella mi ci aveva esortato- in cui le dicevo che ero venuta a sapere che nel giro di una settimana Marco si sarebbe deciso a mettersi definitivamente con lei, cercai di addormentarmi, ma invano, così che la mattina dopo fui costretta a chiedere in prestito a mia sorella il correttore per mascherare le evidente occhiaie bluastre che avevo sotto gli occhi.

L’idea di incontrare Feliz, e la certezza assoluta del fatto che in sua presenza non sarei riuscita a ripetere per bene nonostante l’indomani ci sarebbe stato l’esame, mi mandava in tilt, e così ci impiegai più di un’ora per prepararmi. Indossai dei pantaloni di velluto lilla con una maglia nera un po’ aderente, cercai di aggiustare quel groviglio di capelli che mi ritrovavo in testa ma invano, così che mi decisi a legarli in una treccia, e mi truccai un po’, anche se non ero avvezza ad usare cosmetici e roba simile. Nel frattempo, il mio portatile diffondeva le note del mio amato Vasco per tutta la stanza in modalità casuale e restai basita quando iniziò una canzone che non ascoltavo da secoli ma che sembrava fatta su misura per me e ciò che provavo al moment. Si chiamava “Marea”.

“Lo so
cos'è la marea
io lo so
com'è sentirsi a terra.....
Io non ho paura!!
di restare solo...
quando lo dico mi vengono i brividi
davvero
Sono così insicuro...
che non credo a niente...
non ho paura di nessuno ma
ho paura sempre!”

L’insicurezza in un momento simile non poteva non farsi sentire per una come me, che di esperienze in campo amoroso ne avevo meno di zero. Cosa avrebbe pensato Feliz di me? La risposta mi spaventava perché non la conoscevo nemmeno io.

“Piccola, dove vai?” mi domandò papà quando entrò in cucina, notando la borsa con i libri sulla tavola e che ero già vestita. Stavo bevendo un bicchiere di succo di frutta ad arancia, e per la quarta volta rifiutavo gentilmente una porzione di biscotti dalla nonna, che cercava premurosamente di far si che uscissi di casa ben nutrita.

“Vado a casa di Feliz, il ragazzo del catering, che si è offerto per aiutarmi a ripetere spagnolo” risposi. Non avevo intenzione di mentire.

“Ah. Va bene… Quando torni?” chiese, cercando di non far notare un certo velo di apprensione.

“Non lo so, papà, dipende. Ma stai tranquillo, insomma, tra due mesi avrò diciannove anni, sono grande abbastanza…”.

“Lo so, lo so, ma sai, ultimamente mi sono dovuto informare un po’ per scrivere un articolo sull’adolescenza al giorno d’oggi e alcune statistiche…”.

“Papà, calma, e poi diciamo che la fase dell’adolescenza l’ho quasi superata, eh, sono maggiorenne e vaccinata” lo esortai, disperata.

“Luna è una brava ragazza” dichiarò la nonna, e la sua sentenza bastò a far tacere papà.

“Grazie nonna” ribattei, alzandomi a schioccandole un rapido bacio sulla guancia. “I biscotti conservarli per quando torno” aggiunsi, certa che le avrebbe fatto iper piacere e che, anzi, al ritorno ne avrei trovati il doppio. Infatti ella sorrise entusiasta e mi accompagnò fino alla porta. Ero quasi fuori al condominio che sentii papà chiamarmi. Mi voltai e me lo ritrovai alle calcagna. Lo guardai interrogativa e lui si affrettò a dire: “Volevo solo dirti che tra due settimane tu, Stella e Flavia dovete andare a Firenze. Mi ha chiamato la mamma e ha detto che è appena arrivata la nuova collezione invernale per gli abiti da cerimonia e vuole che andiate lì per scegliere i vestiti per il matrimonio”.

Sapevo che mamma si sarebbe occupata dei vestiti, ma non avevo idea che avremmo dovuto raggiungerla fino a Firenze. “Oh, va bene…”.

“Vi ha già fatto i biglietti” aggiunse. Dal suo sguardo capii che un po’ era dispiaciuto: sapevo da sempre che tra i due, lui era quello più legato all’altro, e in cuor mio ero certa che provasse ancora un profondo affetto per mia madre. Quindi, probabilmente, non vederla visto che eravamo noi a dover andare a Firenze un po’ gli dispiaceva.

“Ok” riuscii solo a dire, e così ci separammo visto  che lui andò nel garage per prendere la sua auto.

Di nuovo a Firenze, wow. Ritornare lì dopo quattro mesi e più era una bella botta per me; avrei rischiato di incrociare la mia ex migliore amica Alessandra, le compagne del liceo, e poi… Christian, che di sicuro avrebbe saputo del ritorno di Stella e avrebbe chiesto di incontrarla. Cercai di distrarmi da quei pensieri rileggendo l’indirizzo di Feliz scribacchiato su un pezzo di carta che tenevo ben saldo in mano.

Via Brecciame n° 88.

Leggendo mi venne un colpo. Come potevo essere stata così stupida a non leggere prima l’indirizzo? Via Brecciame era dall’altra parte della città, diamine! Come cavolo ci sarei arrivata? Mi ci sarebbe voluta almeno un’ora dato che non sapevo nemmeno bene dove si trovasse di preciso. Prima che potessi formulare una soluzione precisa nel mio cervello, mi ritrovai a Via Roma, di fronte al locale di Michele, e lì mi venne l’idea. “Buongiorno!” esclamai.

Vidi Michele guardarmi senza capire, mentre si distraeva dal fare alcuni conti con la calcolatrice. “Ragazzina, tu proprio non vuoi saperne di non lavorare, vero?” mi prese in giro.

Ridacchiai e scossi il capo. “No, volevo solo chiedere un favore ad Antonio… Dov’è?” chiesi, guardandomi intorno, finchè non lo intravidi dietro ad una delle colonne greche che adornavano il locale. “Oh, ecco…ti”. Restai un po’ stupita nel vederlo parlare con Marco. Ma non aveva un tubo da fare quel tipo, oltre venire a rompere nel negozio?

“Ciao” dissi ad entrambi, decisa a muovermi.

Marco fece un cenno in mia direzione, mentre Antonio mi guardò perplesso. “Non dovresti essere a casa di Feliz?” chiese.

“Si, ed è per questo che sono venuta. Vedi, non avevo letto l’indirizzo, e ho visto che abita a via Brecciame. So che è lontana e non so nemmeno come arrivarci, quindi…”. Lo guardai con un’aria implorante e il più dolce possibile, ma lui scosse il capo.

“Luna, sto lavorando, mi dispiace” disse subito, facendo una faccia dispiaciuta.

“Oh. Ok, tranquillo, fa niente. Sai se c’è qualche autobus…?” aggiunsi, rivolta verso Michele che stava seguendo il nostro discorso nonostante stesse indossando il giubbino e stesse per uscire.

“Luna, qui non siamo a Firenze, non ci sono autobus che ti portano da una parte della città all’altra” mi ricordò lui.

“Oh, ti prego, non nominarmi Firenze che tra due settimane devo ritornarci per qualche giorno con Flavia e Stella per cercare il vestito per il matrimonio nella boutique di mamma” buttai lì, e con una certa nota di incomprensione vidi Marco farsi più interessato al discorso.

“Tra due settimane? Accidenti, proprio quando qui ci sarà il pienone per Natale” sbuffò Antonio. “Toccherà a me e Gianlu occuparcene”.

“Ma starò via solo un paio di giorni” ribattei. “Comunque, scusate ma ora vado altrimenti non ci arrivo più a casa di Feliz e devo assolutamente ripetere”.

Michele mi guardò, un po’ comprensivo. “E’ arrivato mio fratello, dobbiamo andare a fare un servizio. Mi dispiace,  ti avrei voluto accompagnare ma il furgoncino mi si è rotto e andiamo con la sua auto” disse, dispiaciuto.

“Tranquillo, Mister” lo rassicurai, e lui uscì sorridendomi. “Vabbè, io vado, ciao Anto” mi congedai, stringendolo rapidamente a me e baciandogli una guancia. “Ciao” aggiunsi rivolta a Marco, e lui rispose con un vago “Ciao” a sua volta.

Ritrovarsi nel freddo della città senza sapere bene come arrivare a casa di Feliz quando erano già le nove e mezza passate non era il massimo della mia aspirazione al momento, ma fui costretta a cavarmela da sola e chiesi alla signora Lina, la macellaia che aveva il negozio di fronte a quello di Michele, come arrivare a via Brecciame. Seguii le indicazioni e la ringraziai, ed avevo fatto nemmeno duecento metri che sentii un clacson suonare alle mie spalle. Convinta che non fosse per me continuai ad avanzare, ma fui obbligata a voltarmi quando sentii un: “Luna!” provenire da una voce che mai mi sarei aspettata di sentir chiamare il mio nome.  Mi bloccai, girandomi, e mi sentii totalmente confusa e incredula quando vidi che a parlare era stato proprio Marco, dalla sua auto nera. Abbassò il finestrino e disse: “Dai, sali, ti do io un passaggio”.

“Cosa? No, grazie, mi hanno dato delle indicazioni e so come arrivarci, non c’è bisogno…” risposi, cercando di essere sia un po’ educata che concisa.

“Muoviti, non c’è tempo per fare l’orgogliosa, ci sono altre auto dietro di me che devono passare, su” mi incitò, assumendo una faccia un po’ scocciata, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

“Orgogliosa? Insomma, per te ogni cosa…”.

Un insieme di clacson si levò alle mie spalle, qualcuno iniziò ad imprecare contro di me e battei un piede per terra sia per la frustrazione che per l’indecisione. Cosa fare? Sottomettermi o mandarlo definitivamente a quel paese? Dopotutto si era premurato di fermarmi, anche se non si era offerto subito di darmi un passaggio.

“Ti muovi si o no?” sbraitò. “Per una volta che voglio essere gentile…!”.

“Ma grazie” sbottai, e,probabilmente non in pieno delle mie facoltà mentali, aprii lo sportello ed entrai nell’abitacolo dell’auto, togliendomi lo zaino dalle spalle e poggiandolo ai miei piedi, iniziandomi a sentire imbarazzata.

“Finalmente” esclamò, e ripartì a tutto gas, con il sollievo delle auto che ci stavano dietro.

“Sono salita solo perché dietro c’era un ingorgo, precisiamo” dissi subito, guardando dritto davanti a me.

“Ma certo, l’avevo capito, tranquilla, non ho alcuna intenzione di fraintendere il motivo dei tuoi gesti” ribattè.

“Vabbè, comunque sia, grazie” decisi di dire una volta per tutte, guardando fuori dal finestrino.

“Prego, non c’è di che, si figuri, è stato un piacere ed un onore” ribattè meccanicamente, nel solito modo che mi faceva irritare.

Sbuffai ed incrociai le braccia. “Vedi? Vedi? Non posso essere seria che…”.

“Ok, ho capito, visto che mi hai ringraziato e  ti ho risposto a dovere possiamo anche smettere di parlare appena mi dici a che numero di via Brecciame abita Feliz” stabilì lui, ancora più scocciato di me.

“Numero ottantotto” risposi, imbronciata e scocciata a dovere. Ma guarda cosa mi toccava subire…

“Perfetto”.

“Non avevi detto che dovevamo smettere di parlare?” gli feci notare, voltandomi per la prima volta verso di lui. Aveva i capelli più ordinati del solito, senza alcuna traccia di gel o cose simili, indossava un cappotto nero e guidava con aria decisa.

Restai sbalordita quando per la prima volta lo vidi ridere- ridere, non sghignazzare perfidamente- in mia presenza senza alcuna nota di amarezza o insofferenza. Dovevo riconoscere che aveva un bellissimo sorriso.

“Che c’è?” chiesi, sentendomi di nuovo stranamente fuori luogo e imbarazzata.

Continuò a ridere, finchè non scosse il capo e, con ancora il sorriso dipinto sulle labbra, disse: “Sarà strano sentirtelo dire da me, ma credo che darti un passaggio sia statala prima cosa buona che ho fatto stamattina. Ero al negozio di Michele per fare colazione quando è venuta Flavia e mi ha detto che io e il mio gruppo non possiamo più suonare alle nozze perché  Clemente ha ingaggiato degli altri cantanti, ma ha comunque detto che sono comunque un invitato alle nozze. Comunque, dicevo… Sei troppo buffa quando  ti ci metti, mi fai morire dal ridere”.

Non risposi, ancora scioccata, e lui continuò con un: “Ecco, vedi? Anche quando fai così sei troppo buffa”.

“Non sto facendo nulla”lo corressi, con un’evidente nota di disappunto dipinta nella voce.

Marco si limitò a ridere ancora e aggiunse solo: “Questo lo credi tu”.

Non ci capivo nulla, quello non era il Marco che conoscevo. Aveva forse dimenticato chi ero, che era nella norma che dovesse rompermi le scatole, infastidirmi, punzecchiarmi e mandarmi in tilt con le sue battute odiose?

“Ti senti bene oggi?” chiesi sempre più scettica.

“Si, forse questo è il punto” mormorò, continuando a sorridere.

“Fino a tre secondi fa non mi sembravi così bendisposto” gli feci notare.

“Questo lo credi tu”.

“Ehi! Insomma, è già la seconda volta che mi rispondi così! Ma che hai, ti si è intaccato il disco?”.

Più sembravo irritarmi e lui più se la godeva. E meno male che Stella riteneva che fossimo identici di carattere… A questo punto lo consideravo un vero e proprio insulto!

La mia agonia terminò quando lui fermò l’auto davanti ad un palazzo dipinto di un colore giallino chiaro. “Ecco, siamo arrivati” disse.

“Bene. Grazie ancora e cerca di andare dal tuo analista appena hai tempo” gli consigliai, questa non riuscendo a trattenere un sorriso a mia volta.

“Si, certo. Mi raccomando, la prossima volta dobbiamo insultarci il doppio visto che oggi siamo stati due angioletti” ribadì, sorridendomi per quella che ero certa fosse l’ultima volta. Almeno mostrava un attacco di normalità in quel caso, meno male.

“Puoi giurarci. Solo l’ultima curiosità: tutto questo buon umore c’entra con Paola?”. Sapevo che non erano fatti miei, ma qualcosa mi aveva spinto a dirlo.

“Ora vuoi sapere troppo, Solari! Ma visto che oggi mi sento magnanimo, ti dico di si. Ciao” rispose. Gli occhi blu brillavano più del solito, e lì mi dissi che forse alla mia amica non sarebbe andata troppo male se riusciva a renderlo così solare e di buon umore.

“Ciao Marco” risposi, uscendo dall’auto e accennando un piccolo saluto con la mano.

Rispose con lo stesso gesto e partì, lasciandomi in balia di quello che potevo definire una sorta di primo appuntamento che avevo con un ragazzo. Lentamente, con una strana sensazione nello stomaco, mi avviai verso i citofoni. Per fortuna che c’erano scritti anche i nomi, mi dissi, perché non conoscevo nemmeno il cognome di Feliz, per cui premetti il pulsante che recitava “Feliz Rodrigo Van Perez” e qualche secondo dopo sentii la sua voce che diceva: “Chi es?”.

“Feliz, sono Luna” risposi, tremante.

“Luna! Subes a la planta cinco…(*)”. La sua voce era allegra, e ciò aiutò a farmi sentire più a mio agio.

Iniziai a respirare lentamente visto che mi sentivo invadere da una sorta di ansia, anche perché non sapevo a cosa fosse dovuta, e quando mi ritrovai davanti la porta di casa sua, già aperta, avrei preferito ritornarmene di corsa a casa per chissà quale assurdo motivo.

“Ciao!” esclamò Feliz, spuntando dall’ingresso della casa. Trattenni il fiato, vedendolo: indossava una camicia azzurra e dei jeans, i capelli erano un po’ scompigliati e il suo solito sorriso non si fece attendere.

“Ciao…”.

Mi si avvicinò e mi salutò con due baci sulle guance. “Entra… Ma… Non hai la borsa con los libros?” chiese, un po’ disorientato.

Se prima avrei preferito tornarmene di corsa a casa, in quel momento avrei ardentemente preferito sprofondare nel pavimento bianco che stava sotto ai miei piedi e non farmi vedere mai più in giro per i prossimi vent’anni. Ecco perché avevo quella sensazione! Avevo dimenticato la borsa nell’auto di Marco!

Trattenni il respiro e guardai Feliz rossa come un peperone. 

“Feliz, il tutto si può spiegare con un modo di dire italiano” buttai lì, cercando il modo migliore per sdrammatizzare il tutto.

“E cioè?”. Ovviamente il poverino pendeva dalle mie labbra visto che non ci stava capendo nulla, a buon ragione. Ecco, quello era l’episodio che gli avrebbe fatto capire con quale pazza si stava vedendo.

“Andare in guerra senza il fucile” risposi. E, nel frattempo, un’altra domanda affiorava repentina nella mia mente: ce l’avrei fatta a ripassare almeno una volta prima dell’’imminente esame dell’indomani?

Onestamente avevo i miei dubbi.

 

(*) “Sali al quinto piano”

 

 

*°*°*°*°*

Ciao a tutti!

Rieccomi con un nuovo chappy… Che dite, ce la farà Luna a ripetere per l’esame? Come andrà a finire l’appuntamento con Feliz? Scommesse e idee sono ben accettate xD Vi dico solo che per me il prossimo capitolo è uno dei più belli… ;-)

Ho aggiornato oggi perché martedì è il compleanno della mia migliore amica e avrò anche molto da studiare per l’imminente interrogazione di italiano il cui programma è vastissimo, comprende numerosissimi canti dell’Inferno =S

Volevo aggiungere che se vi va di leggere la scheda di Luna con tanto di particolari su carattere, curiosità etc… potete andare sul mio blog che dedico esclusivamente alle fic:

http://milly92.splinder.com/

La prossima volta metterò la scheda di Stella.

Comunque, grazie alle 11 persone che hanno messo la storia tra i preferiti e le 17 che l’hanno messe tra le seguite, chi legge solo e coloro che hanno recensito:

LoLa Step: Ovvio che sei sempre la prima, ti dico avverto sempre appena aggiorno sotto tua richiesta :P “Inguaribile romantica” anche io l’adoro, e riguardo Stella, diciamo che il suo proverbio è “Predica bene e razzola male” xD Dici che Feliz non è quello giusto per lei? Vedremo… Un bacione, tvbtttt!

CriCri88: Non sai quanto sia felice di vedere che continui a seguirmi *_* L’autostima di Stella ha ricevuto una bella botta, eh si, e come hai detto tu ora inizia ad uscire il carattere tanto lodato da Luna, ehehe! Riguardo al fratto che ne vedremo delle belle, ti dico che sarà proprio così, diciamo che si inizia a vedere qualche stralcio già da questo capitolo… Un bacione carissima!

Blair95: Grazie mille, sapere che più leggi e più ti viene voglia di leggere mi rende felicissima, sul serio! Anche perché al momento a me capita che più scrivo e più mi viene voglia di scrivere ma non ho molto tempo a causa della scuola xD Dici che Feliz non è quello giusto per Luna? Vedremo, avremo una risposta nel prossimo cap e soprattutto in quelli a seguire ^^  tra lei e Marco… Per ora c’è solo odi, poi vedremo se trionferà  Catullo con il suo “odi et amo” xD Un bacio!

_piccola_stella_senza_cielo_: Luna non dice a Stella che Feliz le piace perché vuole metterla alla prova e vedere come si comporta dopo che l’ha criticata dicendo che lei non sapeva nulla del fatto che, prima, Luna fosse innamorata di Christian e che sarebbe stato tutto diverso se glielo avrebbe detto. Riguardo Feliz e Luna… Beh, abbiamo tante cose da scoprire ancora… Chi leggerà vedrà xD un bacione!

sam05: Grazie mille per i complimenti ^^ Stella comprende che lei non è l’unica a brillare, certo, ma con il passare dei capitoli vedremo che non è tutto come ci può sembrare al momento… Luna e Marco? Per ora si odiano, poi…. Boh xD Un bacione!

vero15star: Si tesoro, nemmeno io sono una gran fan di Vasco ma le mie amiche mi hanno riempito la testa su di lui dopo che sono andate al concerto in cui ha preso quella fatidica caduta xD e mi hanno fatto ascoltare tantissime canzoni e quando ho sentito “Dillo alla Luna” mi è sembrata perfetta per questa storia… “Incredibile romantica” piace anche a me, è bellissima *_* Quasi quanto Feliz e Marcolino xD Un bacione tesoro, ti voglio tanto beneeee!

BizzarreBiscuit: Sei Gaelle, vero? Credo proprio che sia così per la G. e per il fatto del ritardo dell’e-mail (a proposito, ningun problema! ^^) poi spero di non aver fatto alcuna figuraccia xD Comunque grazie mille per i complimenti, ed è bello vedere che non hai alcuna particolare preferenza, dimostra che non ti soffermi all’apparenza dei fatti ^^  E poi, che bello,adori Antonio e Michele, due dei miei personaggi preferiti! Ancora grazie mille, e spero mi confermerai la tua identità altrimenti starò con il rimorso di aver fatto una figuraccia mostruosa anche se ne sono abbastanza sicura ^^ Un bacione!

rossy87: Figurati, ti capisco perfettamente, anche a me i prof mi stanno massacrando ed è per questo che aggiorno in anticipo, poi non avrei avuto tempo per aggiornare martedì… ^^ Il fatto della competizione tacita tra le due sorelle è una cosa che mi ha sempre affascinato a mia volta quindi spero di non far risultare banale lo sviluppo che ne risulterà con i prossimi cap. Antonio che ci vuole provare con Luna? Purtroppo non posso rispondere, ma ti dico che avrai una risposta nel capitolo 8 (ma non prendermi in parola perché non l’ho ancora finito e potrebbe cambiare tutto xD). Comunque conosco S. Maria Capua Vetere, ho un’amica che studia Giurisprudenza lì e mi piacerebbe andare a mia volta lì alla facoltà di Lettere una volta finito il liceo, poi non so… ^^ In effetti non siamo troppo lontane =) Un bacione!

 

Come sempre eccovi qualche anticipazione:

“Ehm, no, perdoname, solo che se le cose stanno così prefiero anticiparmi il lavoro per domani…”.

___________

“Diciamo solo che l’unica cosa buona che hai a mio giudizio è il saper tenermi testa, il che non è chissà quale opera super visto che sei l’unica che infastidisco”.

“E posso sapere perché mi infastidisci?”.

___________

Marco non riuscii a non farsi scappare una risata e disse: “Scema, sali, vieni da me a questo punto, non c’è nessuno e potrai studiare in pace nello studio di Mario finchè non torna qualcuno da te” con uno strano sorriso.

 

Non so quando aggiornerò, forse venerdì appena mis arò tolta l’interrogazione di italiano dalle scatole o nel week end.

La vostra milly92.

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Capitolo 7
*** Altro Che Venerdì 17- Buoni O Cattivi ***


Altro Che Venerdì 17- Buoni O Cattivi
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Capitolo 6

Altro Che Venerdì 17- Buoni O Cattivi

Feliz continuava a guardarmi senza capire, mentre io mi riempivo mentalmente la testa di insulti per la mia sbadataggine. Insomma, per una volta che riuscivo ad avere una sorta di appuntamento con uno che mi interessava, ecco che rischiavo di mandare tutto a monte con le mie solite figuracce da quattro soldi che dimostravano la mia goffaggine. Merda. Se solo non avessi avuto l’esame il giorno dopo… Mi persi per un secondo in quel pensiero e immaginai me e Feliz che trascorrevamo la giornata in giro, parlando, conoscendoci, passeggiando per un parco o bevendo qualcosa al bar… E invece poi, improvvisamente, in contrasto con quella stupenda ed illusoria visione vidi spuntare il viso di Marco che guastava tutto. L’auto in cui avevo dimenticato lo zaino era sua, accidenti, quindi era ovvio che avrei dovuto chiamarlo e chiedergli di restituirmi la borsa con i libri.

“Luna, mi puoi spiegare cosa è successo…?”. La voce melodiosa di Feliz mi riscosse dai pensieri e sussultai quasi vedendo il modo in cui mi guardava. Attento, curioso, scrutatore. Qualche uomo mi aveva mai guardata così in diciott’anni? Ma certo che no, mi risposi subito. A parte i professori del liceo quando mi interrogavano, mio padre quando voleva qualche spiegazione, il nonno quando mi chiedeva di spiegargli come usare il lettore dvd e il tabaccaio che aveva il negozio fuori al liceo in cui studiavo a Firenze che sembrava rapito da qualsiasi essere femminile che respirasse e che avesse almeno una terza di seno, certo…

“Feliz, scusa, è che mi ha accompagnato Marco con la sua auto e ho dimenticato i libri lì” spiegai subito, cercando di riprendere il controllo delle mie facoltà mentali, il che si rivelava sempre di più un’impresa epica come se dovessi compiere tutte le fatiche di Ercole ampliate di difficoltà dieci volte di più.

“Oh, capisco. E quindi…?” domandò, continuando a scrutarmi.

Sbuffai, incrociando le braccia. “E quindi mi sa che devo rintracciarlo, domani ho l’esame e non posso perdere tempo, mi sembra già di non ricordare più un fico secco!”  esclamai, con una nota di terrore ben scolpita e marcata nella voce.

Lui annuì, passandosi la mano tra i capelli in un modo decisamente sensuale e attraente. Cosa avrei dato per poter essere uno di quei capelli e conoscere per bene le sensazione che avrei provato grazie ad un suo minimo tocco…

Luna, diamine, concentrati! mi imposi, e fu con enorme sforzo che riuscii ad aggiungere: “Se ti va puoi accompagnarmi e poi studiamo insieme…”. Nel dire queste parole, con un tono bassissimo, arrossii come una matta e abbassai lo sguardo. Non riuscii a notare la sua reazione, ma mi sentii morire quando disse: “Ehm, no, perdoname, solo che se le cose stanno così prefiero anticiparmi il lavoro per domani…”.

Divenni ancora più rossa e sentii il mio piccolo cuoricino aumentare i battiti a dismisura, come se qualcuno mi stesse rincorrendo con una mazza da baseball in mano. Possibile? Dov’era finita la sua gentilezza? Non poteva cercare una scusa più decente ed educata per rifiutare?

“Oh, bene. Allora io vado. Grazie lo stesso, eh” lo apostrofai, voltandomi di spalle per non fargli vedere che stavo tremando per la rabbia e la delusione.

“Luna…” mi chiamò subito, ma io già avevo aperto la porta d’ingresso e me n’ero andata, a passo di marcia in modo da scendere due gradini alla volta.

Se ci tiene a rivedermi mi chiamerà e si scuserà, ho fatto la cosa giusta… Mi ripetevo mentalmente, per autoconvincermi. Per una volta che stavo per aprirmi con una persona, nascondendo la maschera della tipa dispettosa e fredda, ecco che il fato mi ripagava in un modo crudele. Perchè Feliz era stato così maleducato? Si era accorto che probabilmente uno del suo calibro non poteva uscire con una come me e così subito era corso ai ripari sfruttando la prima occasione che gli si era parata davanti, certo.

Mentre la mia mente ribolliva ancora di rabbia, senza accorgermene mi ero ritrovata fuori il condominio, nel caos delle undici di Via Brecciame. Cosa fare? Dovevo rintracciare Marco, questa era l’unica cosa ovvia che dovevo fare pur controvoglia. Non avevo nemmeno il suo numero… Avrei dovuto chiamare Stella per farmelo dare, ma non avevo voglia di farle capire che l’incontro con Feliz era  saltato- anche se prima o poi l’avrebbe scoperto, ovvio- per cui, l’unica alternativa fu quella di chiamare Paola. Sconsolata, presi il cellulare e composi il suo numero.  Mi rispose dopo qualche squillo, con un tono di voce un po’ frettoloso.

“Pronto, Luna!”.

“Ehi, Paola…”.

“E’ successo qualcosa?” chiese subito, e il suo tono si animò. Evidentemente, dato che la sera prima le avevo dato delle novità riguardo le intenzioni di  Marco, si aspettava qualche altra buona notizia.

“No, cioè, nulla di buono in realtà. Ma ti sto disturbando?” aggiunsi.

“Ma che, sono in treno, sto andando all’università. Comunque, dimmi cosa è successo…”.

Ci impiegai un po’ per spiegarle tutta la situazione- anche perché lei non sapeva della mia pseudo cotta per Feliz e  nemmeno delle mie supposizioni sull’interessamento di Stella per lui- e dopo averle detto che poi le avrei spiegato meglio, le chiesi il numero di Marco.

 Sentire che lo conosceva a memoria mi fece uno strano effetto, probabilmente per il fatto che il mio subconscio aveva riflettuto sulla soggettività della considerazione che si poteva avere di una persona, a volte totalmente opposta come nel caso mio e di Paola, ma comunque me lo segnai e la ringraziai, con la promessa che poi le avrei raccontato tutto.

Nel frattempo, ero arrivata in una sorta di parco giochi a duecento metri dalla casa di Feliz, così presi posto su una panchina visto l’operazione che mi stavo accingendo a compiere e presi un profondo respiro prima di decidermi a chiamare Marco. Ci impiegai circa venti secondi per premere il pulsante “chiama”, dato che ero certa che riascoltare la voce di Marco- che per telefono sarebbe risultata ancora più odiosa-  mi avrebbe stizzata ancora di più nonostante la sua versione ridanciana di quella mattina.

Dopo vari squilli, la sua voce mi rispose con un serio “Pronto?” dato che non conosceva il numero chiamante. Presi un altro po’ di fiato e cercai di moderare la voce prima di dire: “Pronto, Marco, sono Luna”.

E ovviamente sapete lui come rispose? Con l’ennesima risata. Ma era normale, dico io?! Cioè, ditemi se educato rispondere con una risata quando qualcuno ti chiama, manco se avessi la voce idiota di Paperino.

Digrignai i denti. “Bene, sono lieta di constatare che sei ancora di ottimo umore, ma io non lo sono quindi la farò breve: devi muoverti a raggiungermi e ridarmi la borsa con i libri che ho dimenticato nella tua auto”. Concisa, chiara e minacciosa, così bisognava essere con quell’essere.

Ci fu un secondo di pausa e poi un suo: “Che cosa?!”.

“Vedo che sei anche sordo, perfetto…”.

“Piantala Luna! Senti, l’auto ora non ce l’ho io, l’ho prestata a mio fratello per andare a fare un servizio a Napoli” rispose, in un modo stranamente cauto.

Ogni cellula del mio corpo improvvisamente iniziò a pretendere vendetta, ad urlare, scalpitare e magari a cercare un modo per poter diminuire la mia sfigataggine, magari accendendo un cero a qualche Santo. Quella non era assolutamente la mia giornata.

“Che cosa?” urlai con tutto il fiato che avevo in gola, tanto che un paio di signore ai miei lati mi guardarono scandalizzate.

Marco sospirò. “Si, l’auto al momento è a Napoli…”.

“E quando torna tuo fratello?” domandai, cercando di mantenere quel briciolo di lucidità post disgrazia che mi era rimasto.

“Ehm, oggi pomeriggio verso le sei… Aveva una riunione di lavoro e….”.

“E non m’importa un fico secco! Cazzo, ed ora come diamine faccio?!” chiesi al nulla. Addio raffinatezza. Ero così disperata che mi stavo mostrando in quello stato davanti al mio peggior amico. O miglior nemico, come dir si voglia.

“Luna, mi dispiace, non so cosa dire…”.

“Non potevi controllare, idiota? Insomma, avrai dovuto pur vedere che c’era la mia borsa…”.

Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale lo sentii respirare più forte. Il mio umore era sottoterra, e nemmeno una gru ultimo modello abituata ai lavori forzati sarebbe riuscita a risollevarlo.

“Luna, se mi dici dove sei ti raggiungo e poi prendiamo il treno, andiamo a Napoli e lo raggiungiamo” disse poi, lentamente.

In quell’istante avrei voluto avere le orecchie di Dumbo per essere sicura di aver sentito bene. Marco che si offriva di aiutarmi? Assurdo.

“Che co…”.

“Giuro che se replichi mi rimangio tutto e ti faccio aspettare fino a che non ritorna mio fratello!”.

“Senti, signorino, se mi trovo in questa situazione è anche colpa tua, capito? Se non avessi…”.

“Se non avessi cosa? Se non fossi stato gentile nel darti un passaggio?”chiese con aria di sfida e risentimento.

“No, se avessi usato per bene quegli occhiali che ti ritrovi per vedere che nell’auto c’era la borsa della sottoscritta!”.

Di nuovo silenzio tombale. Ognuno respirava a fatica, e un po’ mi pentii delle cose dette. Sospirai e decisi che questa volta il mio orgoglio se ne sarebbe andato a farsi friggere. “Ok, fai finta che non abbia parlato, accetto la tua idea” dissi, cercando di moderare il mio tono. Dopotutto, anche Atene e Sparta  si erano alleate una volta per fronteggiare i Persiani, no? Non faceva nulla se nel momento di bisogno mi lasciavo aiutare da Marco…

“Bene, buon per te. Ci vediamo tra dieci minuti al Bar Centrale, non m’importa dove sei ora, muoviti” e staccò la telefonata. In condizioni normale gli avrei lanciato una maledizione via cellulare, ma quella volta tutto era un’eccezione, e fu così che mi alzai dalla panchina- con la somma gioia delle signore che non ne potevano più delle mie urla isteriche- e iniziai a correre verso il bar.

Per fortuna arrivammo entrambi nello stesso momento nel luogo d’incontro, e dopo un’occhiata truce ci avviammo silenziosamente verso la stazione. Quel silenzio mi pesava, era opprimente, per cui mi decisi a rompere il ghiaccio dicendo: “Volevo scusarmi per la battuta sugli occhiali, è stata una battuta stupida, anche se tu me ne hai dette di peggiori come quella di essere un po’ tarda di comprendonio…” dissi, accelerando faticosamente la mia andatura per stargli dietro.

“Vedo che ricordi alla perfezione le mie affermazioni” ribattè, voltandosi e guardandomi con un’aria ghignante. Mostrò i suoi denti bianchissimi che solo quella mattina avevo notato sul serio per la prima volta e poi si passò una mano tra i capelli con la stessa disinvoltura che prima aveva usato Feliz.

“No, ricordo solo i tuoi insulti perché sei l’unica persona che me li rivolge” risposi, pronta a spegnere ogni suo tentativo di superarmi.

Marco fece ancora un mezzo sorriso.

“Ah, ti ho fatto sorridere! Dì la verità, ora come ora ti ho zittito…”.

“Ma che, zitta, non è vero…”.

“Si che lo è…”.

Continuammo a guadarci con aria di sfida, finchè lui non sospirò e disse: “Diciamo solo che l’unica cosa buona che hai a mio giudizio è il saper tenermi testa, il che non è chissà quale opera super visto che sei l’unica che infastidisco”.

“E posso sapere perché mi infastidisci?”.

La domanda mi era saltata fuori dalla bocca senza che ci avessi meditato su, e non so perché avrei tanto voluta rimangiarmela.

“Ci sono domande che devono restare tali. E alla tua non c’è una risposta” rispose subito, quasi fin troppo velocemente. Forse sapeva che un giorno gliel’avrei posta e si era preparato la risposta, chissà. Anche se, nel suo caso, non si poteva di certo parlare di una risposta.

Feci un verso scettico e lo guardai di traverso. “E’ inutile che fai il filosofo con me, non attacca. Secondo me tu non mi sopporti proprio perché sono la prima persona che incontri che non è ammaliata da te”  supposi, con l’aria di chi la sapeva lunga quando in realtà era la prima cosa che mi era venuta in mente.

Marco non rispose, non mi guardò, fece come se a parlare fosse stato un moscerino molto fastidioso. Ciò mi innervosì ulteriormente, ma per sua fortuna eravamo arrivati alla stazione, così facemmo i biglietti e aspettammo il prossimo treno per Napoli per circa dieci minuti, assorti in un silenzio tombale.

“Uffa, per favore, dici qualcosa, sono così nervosa che se sto zitta mi concentro ancora di più sui miei problemi ed è peggio…” sbottai dopo il primo minuto di viaggio passato nel silenzio più totale, dato che Marco si fingeva interessatissimo al paesaggio fuori al finestrino. Quando udì queste parole, alzò lo sguardo come se mi vedesse per la prima volta e scrollò le spalle.

“I tuoi guai?! E, dimmi, quali sarebbero? L’appuntamento mancato con Feliz?” mi prese in giro, ricominciando a ghignare. Quando si parlava di gossip e cose simile il tipo subito si animava e riprendeva possesso delle facoltà umane, eh.

Il solo udire quel nome mi fece innervosire ancora di più. “Ti prego, non parliamo di Feliz” sospirai, esausta, socchiudendo gli occhi.

Inutile dire che con questo atteggiamento lo incuriosii ancora di più, risvegliando probabilmente il suo buon umore di quella mattina.

“E perché? Ti ha detto che non vuole più vederti? Non gli do tutti i torti”.

“Piantala, Marco! Non mi ha detto nulla di tutto ciò, ma sono affari miei se permetti”.

“No, non permetto. Dai, dimmi, ho un dono per queste cose, potrei consigliarti…”. Il suo volto era illuminato da una visibile voglia di sapere per insultarmi ancora, ed io non avevo assolutamente voglia di parlare di Feliz con lui che avrebbe spifferato tutto a Stella, per cui ribattei con un secco: “E’ inutile, non ti verrò a dire i fatti miei, e poi non mi sembra di averti mai chiesto nulla sui fatti tuoi e di Paola, quindi sei pregato di rispettare la mia privacy”.

“Devo parlarti di me e Paola per sapere qualcosa?” dedusse.

“No, puoi anche fare un monologo su te e Paola, ma io non aprirò bocca, sono fatti miei”.

“In questo modo però mi induci a capire che è successo qualcosa di negativo” mi provocò, con un’aria da saggio da quattro soldi.

“Sei libero di pensare quel che vuoi, la fantasia è qualcosa di lecito in questo paese” lo zittii, dicendomi che forse sarebbe stato meglio non aver iniziato la conversazione poco prima. Io e Marco che viaggiavamo insieme in treno un freddo giorno di dicembre il giorno prima del mio secondo esame all’Università, wow, chi l’avrebbe mai detto che potessi vivere una scena simile  quando lo avevo conosciuto sette anni prima, avvinghiato alla mia gemella senza occhiali, vista l’occasione. Quando si dice che nella vita ti può succedere di tutto…

Marco parve arrendersi, per cui si limitò  guardarmi in cagnesco e dire: “Ok, ma io voglio sapere cosa ti dice Paola di me!”.

Sgranai gli occhi, incredula. “Oddio, ancora di lei stai parlando?! Si vede che ne sei proprio cotto, eh, Valenti”.

“Non c’è nulla di male. Dai, dimmi cosa ti dice di me”.

“Sai, non sei così importante da occupare le nostre conversazioni. Ci conosciamo da poco… E poi sei pregato di chiedere queste cose alla diretta interessata” risposi, con un tono falsamente mieloso e diabetico che però lo fece ridacchiare.

“Eddai, Miss Acidità” continuò imperterrito, “Dimmi qualcosina…”.

“Ma che vuoi che ne sappia io? So che le piaci e basta” risposi, cercando di fargli capire che non avevo l’intenzione di immischiarmi nei fatti loro. “Capisco che per te sia una cosa nuova che qualcuna ti caghi”-ecco che risvegliava la mia parte più brutale e volgare- “Ma credo che in queste cose sia bello dirsele in faccia le cose”.

La faccia di Marco era di pura disapprovazione, ma si limitò a biascicare qualcosa che riguardava il fatto che era molto richiesto dal pubblico femminile. Già Paola me lo aveva accennato ad essere onesti, ma io proprio non riuscivo a trovare il perché. Per me era un tipo come tanti, ma comunque mi imposi di cercare di trovare qualcosa di piacevole nel suo aspetto fisico senza essere influenzata dalla nostra secolare antipatia reciproca. Approfittai del fatto che stesse  guardando di nuovo fuori al finestrino e lo scrutai.  Di fisico non aveva nulla da lamentarsi, dopotutto di sicuro superava di qualche centimetro il metro e ottanta ed aveva una costituzione media, un fisico asciutto e ben piazzato grazie al basket; il suo volto era particolare, ma dovevo ammettere che nell’insieme era piacevole, soprattutto grazie agli occhi blu e le labbra un po’ carnose. I capelli, beh, non avevano nulla di straordinario, semplicemente neri e ricci. Conclusione? Boh. Non sapevo essere imparziale con lui, i pregiudizi che nutrivo nei suoi confronti accecavano tutto il resto.

Girai lo sguardo appena fece un minimo movimento e feci finta di nulla. Il resto del viaggio proseguì placido e tranquillo, e quando arrivammo alla stazione di Napoli lui mi fece strada per arrivare allo studio legale in cui il fratello aveva una riunione con altri colleghi avvocati. Si chiamava Mario e aveva ventotto anni, questo era ciò che sapevo grazie a Stella, ma non lo avevo mai incontrato e onestamente non ci tenevo a farlo, visto che colui che aveva lo stesso DNA di Marco non poteva essere chissà quanto diverso.

“Aspetta qui, salgo io e gli dico di darmi le chiavi” disse brevemente Marco quando ci ritrovammo davanti un enorme portone di legno antico ben curato, con una sorta di cortile in cui erano parcheggiate alcune auto. Feci un piccolo cenno di assenso, non desiderando altro che la mia borsa con i libri, ma Marco non fece almeno tre passi che si bloccò, riconoscendo l’uomo che era appena uscito dall’entrata principale dell’edificio, a circa dieci metri da noi.

“Oh, ecco Mario!” esclamò, e mi fece segno di seguirlo. “Mario, dov’è l’auto? Dentro c’era lo zaino di Luna e le serve perché dentro ci sono i libri per l’esame” disse, indicandomi. Feci un piccolo cenno e Mario mi guardò.

“Capisco. Comunque, piacere, io sono Mario. Stella ci parla spesso di te!”. Era molto più basso rispetto al fratello e sembrava anche più in carne; entrambi avevano gli stessi occhi blu ma avrei giurati che i capelli di Mario, oltre che più corti, fossero più chiari di quelli di Marco. Mi sorrise e le sue guance rivelarono delle simpatiche fossette. Mi stava decisamente più simpatico di suo fratello, ad essere onesti. Poi parve ricordarsi qualcosa e si batté una mano sulla fronte: “Oh, che sbadato! L’auto è all’autolavaggio! Faceva davvero pena, Marco, scusami, così mi sono permesso di…”.

“All’autolavaggio?!” chiedemmo in coro io e Marco. Insomma, si poteva avere più sfiga?!

Mario parve turbato dalla nostra veemenza e subito si parò le mani avanti. “Si, l’operaio dovrebbe riportarla tra una mezz’oretta… Aspettate qui, dai, tanto, mezz’ora più, mezz’ora meno.”- di certo io e quel tipo avevamo una percezione del tempo molto diversa, mi dissi mentalmente- “Tieni le chiavi, Marco, tornate a casa con l’auto, io mi faccio accompagnare da un amico, non voglio che resti qui all’aperto fino a oggi pomeriggio, rischia di sporcarsi di nuovo perché il tempo non è dei migliori. Ora devo scappare. Ciao, piacere di averti conosciuto, Luna!” e così dicendo si volatilizzò dall’altra parte dell’edificio, con diecimila cartelline in mano oltre che una ventiquattr’ore nera che si intonava col cappotto.

Scambiai un’occhiata con Marco e lui, miracolo!, parve mostrare un’espressione di comprensione. “Dai, mezz’ora  e poi puoi tornare a studiare…”.

“Ma dimentichi che siamo a Napoli e che per tornare a casa ci vogliono almeno altri quaranta minuti” dissi sconsolata.

“Ti capisco, credimi, mi successe una cosa simile quando avevo l’esame di matematica al primo anno…”.

“Matematica?”.

“Si, ad architettura c’è un difficilissimo esame di matematica da superare al primo anno, e di solito più di metà corso viene bocciato. Quando avevo quest’esame capitò che mia nonna si ammalò così, visto che sono il suo nipote prediletto se così vogliamo metterla, chiedeva sempre di me e non sapevo come studiare tra corsi, basket e studio. Arrivai all’ultimo giorno di studio sfinito…” spiegò, assumendo un’aria malinconica. Nel frattempo, ci eravamo seduti su una delle panchine che si trovavano fuori al portone, con tutte le auto che correvano veloci davanti a noi, per evitare il grande ingorgo di mezzogiorno.

“Mi dispiace, è stata una brutta situazione” mormorai, senza saper cosa dire.

“Ma è passato, ed ora la nonna sta bene, questo è l’importante” terminò lui con tono definitivo, così feci un piccolo cenno e restai zitta.

L’auto per fortuna arrivò venti minuti dopo, e subito partimmo alla volta di Maddaloni. Rivedere il mio zaino mi provocò un senso di quiete, come lo avrebbe provato una mamma che ritrova suo figlio, e per tutto il tragitto non feci altro che rileggere freneticamente degli appunti.

Marco mi riaccompagnò a casa, dato che era ormai ora di pranzo, ma, dulcis in fundo, restai impalata come una cretina quando nessuno mi rispose e ricordai di non avere le chiavi di casa dietro.

“No. Non ci posso credere! E’ una maledizione!” strillai, con le lacrime agli occhi per l’ira. Ma cos’era, la giornata “anti-Luna”? Marco, che stava aspettando che salissi, si affacciò dal finestrino.

“Non mi dire che…”.

“Sono fuori, si. Insomma, ma dov’è Stella? E’ vero che i nonni andavano a fare spese per il matrimonio con la zia, ma lei…”.

“E’ andata a cercarsi un lavoro, credevo lo sapessi” mi informò lui.

Sbuffai. “Bene. Allora vado da zia Ki… Oggi lavora fino alle quattro, magnifico. Ti prego Marco, vedi di farmi un anti malocchio o qualcosa simile se ne sei capire perché è assurdo, tutti contro di me oggi…”. Stavo così mal messa che iniziavo anche a blaterare con lui, wow.

Marco non riuscii a non farsi scappare una risata e disse: “Scema, sali, vieni da me a questo punto, non c’è nessuno e potrai studiare in pace nello studio di Mario finchè non torna qualcuno da te” con uno strano sorriso.

Levai le sopracciglia e replicai con un: “No grazie, ora vedo…”.

“E piantala, tanto si è capito che oggi la Divina Provvidenza ha stabilito che dovrò farti da supereroe” m’interruppe, aprendo la portiera del passeggero. “Poi da domani ritornerò a fare la parte del cattivo, promesso”.

Rassegnata, con la testa che mi girava al pensiero di dover rileggere tutto il libro di letteratura spagnola , dissi un flebile: “Grazie” e salii.

Quella giornata sarebbe rimasta nella storia, senz’altro, peccato solo che nessuno studente liceale l’avrebbe mai trovata in un libro per poter apprendere che, forse, ci sono dei giorni in cui tutto si ribalta e ti ritrovi ad odiare più chi ti andava a genio che chi credevi di odiare sul serio o, come dice il mio cantante preferito, buoni o cattivi non è la fine prima c'è il giusto o sbagliato da sopportare, che di per sè è maledetto perchè divide mentre qui tutto dovrebbe solo unire”.

 

*°*°*°*°*°*°*°*°*

 Ciao!

Come vi butta il vento? Qua butta di brutto, insieme ad un insistente pioggia che mi ricorda tanto quella del VI Canto dell’Inferno… Ops, scusate, ma per cinque giorni di fila non ho fatto altro che studiare alcuni canti della “divina” Commedia, e per quanto possa risultare abbastanza interessante, a lungo andare non se ne può più di Dante che piange e sviene ogni 3 secondi, Virgilio che lo spalleggia da buon boss e mostri odiosi come Cerbero (che mi ricordano tanto un prof che odio) che si danno il cambio giusto per rendere ancora più clownesca quell’opera che senza di loro ha già un nonsochè di buffonesco tra lontre, lupe e selve oscure.  Chi sta studiando o sta studiando quest’opera può capirmi.

Ok, la pianto qui, scusatemi, ma oggi ho fatto la tanto trepidata interrogazione d’italiano e per fortuna mi è andata bene.

Ma ora il test di arte su Giotto&co incombe insieme a quello di chimica, quindi forse la prossima settimana inizierò a sclerare su vari dipinti e informazioni su DNA, RNA ecc… xD

Comunque, cosa ve ne sembra di questo cap in cui gli assoluti protagonisti sono Luna e Marco?

Scusatemi se non rispondo alle vostre recensioni ma non ho proprio tempo questa volta, sappiate che ringrazio di cuore coloro che hanno letto lo scorso cap, inserito la storia tra i seguiti e i preferiti e coloro che hanno recensito alias LoLa SteP, vero15star, Blair95,CriCri88,_Armonia_,sam05 e rossy87.

Grazieeeeee vi adoro! Le vostre recensioni sono ossigeno per me!

Scusatemi ancora, spero mi farete sapere cosa ve ne sembra di questo cap!

Come sempre ecco qualche anticipazione:

“Ho trovato un lavoro!” squittì gioiosa, enfatizzando il tutto con un gesto della mano che simulava un pugno in aria come per indicare vittoria.

 

“Me l’ha detto Marco, no?” chiese con tono di ovvietà.

Ovvio, come avevo fatto a non arrivarci? Erano buoni amici dopotutto…

“Ah, e così Marco va a raccontare in giro le mie peripezie pre esame, eh?” chiesi sarcastica.

 

Fin qui non mi sembrava niente di che, perciò lei dopo il mio sguardo interrogativo aggiunse: “E lui subito mi ha respinto come se fossi infetta”.

Mi raccomando, recensite!

A presto (probabilmente mercoledì) ,

la vostra milly92.

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Capitolo 8
*** Sabotaggio- E Adesso Che Tocca A Me ***


Sabotaggio- E Adesso Che Tocca A Me

Capitolo 7

Sabotaggio- E Adesso Che Tocca A Me

 “Non sai quanto sono fiero di te, piccolina, un altro ventotto! Si vede proprio che non hai fatto altro che studiare…”. Papà mi guardava estasiato dall’alto dei suoi toast con burro e marmellata d’arance, con un’espressione gioiosa e degna di un bambino che ha ricevuto in anticipo i regali di Natale, nonostante fossero passate già venti ore dal mio esame. Ci voleva poco per far felice Dante Solari, a quanto pareva.

Stella si voltò verso di me e mi scrutò senza dire nulla, poi si ricompose in un sorriso e disse: “Allora a quanto pare abbiamo molto da festeggiare visto che anche io ho una buona notizia!”.

I nonni subito alzarono il capo dalla loro tazza di latte e la esortarono con uno sguardo, mentre papà sembrava un po’ scettico, come se per lui Stella per dover eguagliare la mia buona notizia dovesse per forza aver fatto un esame. Io mi limitai a concentrarmi meglio sui miei biscotti al cacao: possibile che non ce la facesse a lasciarmi la gloria per una sola volta senza intromettersi?

“E quale sarebbe?” domandò papà.

“Ho trovato un lavoro!” squittì gioiosa, enfatizzando il tutto con un gesto della mano che simulava un pugno in aria come per indicare vittoria. “Lavorerò come commessa nel negozio di abbigliamento di fronte a Michele!” aggiunse, voltandosi verso di me e sorridendo ancora di più.

“Oh, allora andremo a lavoro insieme la mattina, a quanto pare” risposi, dicendomi che alla fine era una buona cosa per lei, che l’avrebbe aiutata ad aumentare la sua soddisfazione anche se l’avrei vista ancora di più visto che lavorava proprio di fronte a me.

“Si, e non solo, lavorerò tutta la settimana dalle otto e mezzo all’una e dalle quattro e mezzo alle sette e mezzo tranne il giovedì in cui farò solo mezza giornata… Inizio proprio oggi!”. Sembrava una maestra che decantava le lodi del suo migliore allievo, e mi chiesi se il suo entusiasmo sarebbe durato a lungo visto ciò a cosa andava incontro. Io lavoravo solo tre giorni a settimana e a stento riuscivo a gestire la cosa, figuriamoci lei che con mamma lavorava pochissimo… Ma forse ciò l’avrebbe aiutata a maturare, chissà. Lo speravo per lei.

“Brava a nonna, lavorare è una buona cosa” ribattè nonna Luciana, sorridendole con fare materno.

“Infatti, poi qualche volta ti vengo a trovare per comprare un bel regalo alla nonna” aggiunse nonno Gianfranco, facendo l’occhiolino verso sua nipote, che ridacchiò ed annuì.

“Ma che devi fare, il regalo mio siete tu, i mie nipoti e i miei figli!” ribattè la nonna in un modo che mi fece tanta tenerezza e mi dissi che avrei dovuto farle sul serio un regalo anche io al più presto. Le volevo un mondo di bene, mi stava ospitando a casa sua ed era sempre gentile e disponibile nonostante la sua età e qualche impedimento dovuto ad un piccolo malfunzionamento dei reni.

Così, approfittando della libertà post esame, andato molto meglio di quanto mi aspettassi grazie ad una professoressa sorridente e che mi aveva messo a mio agio dopo la giornata di ripasso pazzo svolta a metà a casa di Marco e metà a casa dei nonni, e del giorno libero dal lavoro visto che era giovedì, andai un po’ in giro per negozi per comprare qualcosa alla nonna e controllare gli ultimi dettagli della festa di Paola, che ci sarebbe stata da lì a due giorni. In effetti, mancava l’ultima quota di soldi per poter comprare la borsa e gli occhiali da sole che avevamo scelto e dovevo portare a stampare il cartellone con le sue foto che avevo creato con Photoshop in una tipografia. Feci quest’ultimo servizio quando il mio cellulare squillò rivelando un sms da un numero sconosciuto.

Ciao Luna, sono Mattia, Stella mi ha detto che dovevo darti l’ultima quota per il regalo di Paola. Ti va bene se ci vediamo tra venti minuti davanti “Effetto Donna” così lo ritiriamo anche?

Restai un po’ stranita, pensavo che ci avrebbe pensato mia sorella, ma poi riflettendoci, la cosa era impossibile visto il suo nuovo lavoro, così risposi di si e nel giro di venti minuti raggiunsi il negozio, ritrovando già Mattia ad aspettarmi.

“Ciao” dissi, avvicinandomi. Non ci parlavamo da quando ci eravamo conosciuti, quasi una settimana prima, quindi era ovvio che mi sentissi un po’ a disagio vista la mia tendenza ad essere timida con chi non conoscevo.

“Ciao, Luna! Accidenti, che puntualità” rispose Mattia, e subito si fiondò a darmi due baci sulle guance.

“A quanto pare mi hai battuto tu” replicai.

“Di mezzo minuto, tranquilla”.

Tranquilla?! E perché mai non avrei dovuto esserlo? Non era nelle me priorità fare gare di precisione e puntualità.

“Ok, comunque, entriamo?” domandai, indicando la vetrina del negozio.

“Oh, si, si”.

Le comprammo una borsa nera e degli occhiali da sole Chanel, e uscimmo dal negozio in meno di venti minuti, dopo aver fatto impacchettare bene il regalo.

“Ho saputo delle varie peripezie che hai dovuto affrontare il giorno prima dell’esame”buttò li Mattia, con un tono scherzoso.

Ci impiegai qualche secondo per comprendere di cosa stesse parlando, e restai un po’ interdetta. “E come hai fatto a saperlo?” chiesi, visto che non avevo ancora parlato con la sorella e pensavo di farlo proprio quel giorno, andandola a trovare.

“Me l’ha detto Marco, no?” chiese con tono di ovvietà.

Ovvio, come avevo fatto a non arrivarci? Erano buoni amici dopotutto…

“Ah, e così Marco va a raccontare in giro le mie peripezie pre esame, eh?” chiesi sarcastica. Ripensare a quella giornata interminabile e stressante non faceva altro che farmi ricordare di Feliz e della mia delusione nei suoi confronti. Non mi aveva chiamato né fatto mezzo squillo da quell’episodio e la cosa mi rendeva assolutamente nervosa e di malumore.

“Non in giro, solo a me” precisò Mattia, probabilmente credendosi figo. Avere l’esclusiva sugli avvenimenti della vita dei conoscenti di Marco Valenti, wow, che onore!

“Ehm, senti Mattia” cambiai discorso, “Io vorrei fare visita a Paola, devo parlarle, potresti dirmi dove abitate?” domandai subito, ricordando che non conoscevo il loro indirizzo.

Mattia  a quelle parole parve dispiaciuto. “Oh, non è che puoi venire con me a posare il regalo a casa di una sua amica e poi ci andiamo insieme?” chiese, con tutta l’aria da perfetto gentleman. I suoi occhioni verdi erano puntati su di me e mi scrutavano, quasi ansiosi.

Scossi il capo. “No, scusami ma vado di fretta” risposi, scrollando le spalle.

“Ah, ok. Comunque è Via dei Pini numero trenta, vicino il ristorante “La Ruota”, dovresti trovarla in casa” mormorò, continuando a guardarmi in un modo che mi metteva soggezione.

“Perfetto, grazie mille”.

“Ci vediamo alla festa, allora, mi raccomando” mi salutò, e si voltò di spalle, procedendo nel senso opposto a quello in cui dovevo andare io con la busta del regalo in mano.

Riguardo la sua ultima affermazione avevo dei dubbi visto che Miriam lo avrebbe rapito per cercare di concludere qualcosa- non che conoscessi le sue intenzioni visto che non eravamo più uscite insieme- e mi soffermai a pensare proprio a quest’ultima e al fatto che ci ero rimasta male visto la piega che avevano preso le cose finchè non giunsi davanti il condominio in cui abitava Paola. Citofonai e lei parve felice di sentirmi, così salii al terzo piano.

Purtroppo, però, la voce allegra del citofono non sembrava appartenere alla Paola triste e sconsolata che mi ritrovai dietro la porta d’ingresso, avvolta in una tuta nera e con i capelli raccolti in una crocchia scomposta.

“Oh, Luna, fatti abbracciare!” esclamò con enfasi appena mi vide, stringendomi a sé.

“Paola, tutto bene?” domandai, mentre rispondevo all’abbraccio, sorpresa. Quella non era la ragazza innamorata degli ultimi giorni, assolutamente.

“Decisamente no” sbuffò, facendomi strada fino alla sua stanza. La casa era molto grande e illuminata, con uno stile molto elegante conferito dai minimi dettagli come centrotavola e candele. La sua stanza, invece, aveva le pareti lilla, proprio come quella della stanza che Stella aveva a Firenze, ed aveva al centro un grande letto a baldacchino. Prese posto su quest’ultimo e mi invitò ad imitarla. Obbedii e poi la guardai senza capire, esortandola  a parlare.

“Ieri sono andata a trovare Marco…” iniziò, giocherellando con una ciocca bionda che scendeva dalla crocchia.

Ahia. Il solo udire quel nome non faceva preludere nulla di buono.

“E allora?” la esortai, assumendo chissà perché un’aria grave a mia volta. Lei sospirò e alzò lo sguardo.

“Alla luce di ciò che mi avevi detto tu, del fatto che voleva farsi avanti una volta per tutte questa settimana, mentre stavamo parlando io… Io l’ho baciato” confessò, con un’aria triste.

Fin qui non mi sembrava niente di che, perciò lei dopo il mio sguardo interrogativo aggiunse: “E lui subito mi ha respinto come se fossi infetta”.

“Che cosa?!”. Non ci credevo, era il colmo. Marco non poteva assolutamente averla rifiutata, insomma, stavamo parlando dello stesso ragazzo che solo due giorni prima mi aveva riempito la testa di domande riguardo Paola, che era di buon’umore grazie a lei…

“Si! Io… Io credevo di piacergli… Anche tu mi avevi detto che avevi saputo che in questi giorni voleva farsi avanti…” bofonchiò Paola, con gli occhi lucidi.

Subito mi ci avvicinai e la riabbracciai, dandole delle lievi pacche sulla schiena per consolarla. “Paola, sta tranquilla, lui è pazzo di te, credimi, non ha fatto altro che domandarmi cosa mi dicevi di lui il giorno prima dell’esame, diceva che era contento grazie  a te, quindi vedi che vi chiarirete” la rassicurai, certa che quell’idiota di Marco mi avrebbe dovuto delle spiegazioni.  E, nel caso non l’avesse fatto, ecco che le mie supposizioni su di lui si sarebbe rivelate esatte al 101% e avrei aiutato Paola a dimenticarlo perché non meritava un simile stronzo.

Lei sembrò illuminata dalle mie parole e subito mi guardò, attentamente. “Dici sul serio?” chiese. “Poi non mi hai raccontato più…”.

“Ah. Vabbè, che dirti, di certo sei più fortunata di me in fatto di sentimenti” mormorai, dicendomi che sfogarmi con qualcuno mi avrebbe fatto bene e che Paola avrebbe saputo ascoltarmi.

“E perché mai?” domandò, scrutandomi.

“Perché… Perché mi sa che mi sono presa una cotta per Feliz, lui mi ha chiesto di andare a casa sua per ripetere prima dell’esame, ci sono andata e ho dimenticato la borsa nell’auto di Marco che mi ha dato il passaggio per arrivare da lui. Così ho domandato a Feliz se gli andava di accompagnarmi per recuperare i libri per poi studiare… Ma lui mi ha risposto che a quel punto preferiva anticiparsi il lavoro per l’indomani. Sono due giorni che non si fa vivo, nemmeno mezzo squillo. In tutto questo, poi, ho scoperto da una conversazione tra Stella e Marco che anche a lei piace Feliz e non le andava bene che lui preferisse me a lei” sospirai, e nel preciso istante in cui pronunciai quelle parole, sentii un grande peso scivolarmi via dallo stomaco. Com’era bello avere una confidente!

La mia amica a quelle parole fece una faccia strabiliata, spalancando i suoi occhioni verdi, e poi scosse il capo con aria di disapprovazione. “Che stronzo. E Stella, poi! Sa che devi uscirci insieme e nemmeno te lo dice… Che vuole fare, il gioco sporco? Giuro che se Marco l’aiuta gli spezzo le gambe” disse decisa, in un modo così indignato che mi fece ridere, e lei mi seguì a ruota.

“Stai tranquilla, quel Feliz capirà cosa si sta perdendo e nel giro di poco ti correrà dietro come un cagnolino…” aggiunse poi, con aria profetica.

Scrollai le spalle, senza sapere bene come mi sentivo a riguardo. “E se poi fossi io a non volerlo più? Cioè, è bello, attraente, ma il fatto che quando pensi a lui provi solo rabbia e non risentimento e rimpianto mi da dei dubbi” ammisi pensierosa, senza sapere cosa pensare.

Paola annuì. “Beh, in questo caso vuol dire che è stata solo un’esperienza da cui hai imparato che i ragazzi belli o sono fidanzati, o sono stronzi o sono gay” disse saggiamente.

“Wow, si vede che vai alla facoltà di lettere…”.

“Lettere e Filosofia” precisò, ammiccante e fingendo di pavoneggiarsi. “Su, dobbiamo pur consacrare questo momento di sfiga in qualche modo, vieni in cucina, ho un po’ di sangria che mi ha portato mia zia”.

La guardai di sbieco. “Tra tante bibite proprio la sangria?!” chiesi, e lei subito scoppiò a ridere, ricordando il collegamento con Feliz e la Spagna.

“Oh, ok, allora… Ci sono, Bacardi al limone, va bene?”.

“Perfetto!” e fu così che passammo un paio d’ore a chiacchierare per distrarci dai nostri problemi. Era ufficiale, con Paola mi ci trovavo proprio bene e già la consideravo una grande amica.

Tornai a casa verso l’una, e trovai la nonna che si affaccendava in cucina per preparare il pranzo. “Nonna, ti serve una mano? Apparecchio la tavola?” domandai subito, tenendo il regalo che le avevo comprato dietro la schiena.

“Va bene, grazie” rispose lei, mettendo del sale nella pentola.

“Solo che prima devi aprire questo…” dissi, porgendole il pacchetto con tutta la grazia che possedevo, avvicinandomi.

La nonna guardò la confezione senza capire.

“E’ un regalo per te, dai, aprilo” la incitai, sorridendo come non mai. Spalancò gli occhi e parve sorpresa e lusingata.

“Un regalo per me?”.

“Si, e per chi, sennò? Un bel regalo per la mia nonna preferita che in questi mesi mi ha trattato peggio di una figlia e a cui mi sento legata tantissimo” recitai, con una bontà che raramente riuscivo ad esprimere.

Lei restò senza parole e mi baciò una guancia.  “Grazie, ma non dovevi, non è il mio compleanno…”.

“E che c’entra? Non deve esserci un motivo per ricevere un regalo”.

La nonna sorrise e poggiò il pacchetto sul tavolo, per poi aprirlo con delicatezza e scoprire che consisteva in un completo fatto di collana, bracciale e orecchini di perle, che lei adorava particolarmente.

“Oh, Luna, grazie, è magnifico!” sussurrò, emozionata, e mi abbracciò calorosamente. Cavoli, quanto le volevo bene. E’ possibile volere bene a persone come lei e zia Kitty con cui mi vedevo regolarmente da cinque mesi quando c’erano delle persone, alias mia sorella e mia madre con cui ho convissuto per tutta la vita e non provo gli stessi sentimenti? I misteri della vita, bah.

Pranzammo e poi passai il pomeriggio a riposarmi un po’ visto lo stress degli ultimi giorni, così finii per addormentarmi e mi svegliai alle sei del pomeriggio, sentendomi decisamente rimbambita. Odiavo dormire durante il giorno, mi faceva perdere la vitalità e poi la notte avevo problemi ad addormentarmi, con la conseguenza che il giorno dopo avevo la stessa cera di uno zombie uscito da Scary Movie. Constatai di essere sola in casa dopo aver letto un post-it vicino il mio comodino che diceva che i nonni erano andati a casa di Flavia e papà era dovuto tornare alla redazione, quindi mi avviai in cucina con passo pigro e feci per mangiare uno yogurt all’amarena quando bussarono alla porta. Convinta che fosse qualche parente, andai ad aprire senza esitazione e restai sorpresa di ritrovarmi nientepocodimeno che Marco davanti agli occhi, che subito mi guardò come se avesse visto il mostro di Loch Ness.

Non ci vedevamo dalla sera prima dell’esame, per cui dissi subito, senza nemmeno salutarlo: “Stella non c’è, è a lavoro”.

Marco, che sembrava parecchio scarmigliato rispetto al solito, mi guardò come se avessi detto un’eresia. “A lavoro?” domandò, come se volesse mettere in dubbio la mia parola e fissandomi in un modo che mi faceva venire i nervi.

“Si, è a lavoro, sai che è stata assunta in quel negozio di abbigliamento, no?” spiegai, con lo stesso tono che avrei usato per far capire ad un bambino un po’ ottuso che uno più uno fa due.

Continuava a sembrare confuso. “Che cosa? Non mi ha detto che aveva trovato lavoro, ha il cellulare spento da oggi, perciò sono venuto qui”.

“Beh, ora lo sai” tagliai corto.

Ci guardammo con una delle nostre solite occhiate affettuose e lui fece per andarsene senza dire nulla quando lo richiamai con insistenza.

“Che vuoi?” domandò, in un modo molto meno docile rispetto ad un cane randagio che abbaia insistentemente.

“Entra, devo dirti una cosa” spiegai, ricordandomi di Paola e di cercare di capire qualcosa in più sul fatto che l’aveva portato a respingerla.

Marco parve capire perché si irrigidì e abbassò lo sguardo. “Se ti riferisci a Paola…” iniziò, con un tono di voce bassissimo, che però all’improvviso si spense. Incrociai le braccia ed annuii.

“Ovvio che mi riferisco a lei! A chi vuoi che mi riferisca? Ti prego, entra…”. Io che supplicavo Marco Valenti di entrare in casa mia? Cosa non si faceva per amicizia… Marco sbuffò ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle e traendo un lungo respiro.

“Sono entrato solo per non far ascoltare le mie parole all’intero condominio. La mia vita privata non è affar tuo, per il giusto motivo per cui tu non mi hai parlato di Feliz”attaccò subito.

Sentire quel nome mi rese ancora più nervosa e lo guardai irata. “Devo dirti i fatti i miei per indurti a ragionare e farti capire che se fai soffrire la mia mica ti ammazzo?” dissi con voce stridula, non potendone più.

“No. Sai, Luna, avevi ragione l’altra volta… Paola non si merita uno come me. L’ho respinta perché non bacio mai una ragazza se non sono sicuro al 100% di quel che provo per lei, ok? E sei pregata di non dirglielo perché sto per farlo io” si decise a dire, con un’aria risoluta ma anche un po’ sofferente che mi colpì parecchio. Era la prima volta che sentivo che un ragazzo respingeva una bellissima ragazza come Paola per un simile motivo.

“Ma tu… Tu eri convinto, me lo hai detto l’altro ieri, dicevi di essere così felice per lei…” gli ricordai, immaginando la povera Paola e la sua reazione ad una simile notizia. “Hai obbligato Stella a farmi mandare un messaggio in cui dicevo che eri sicuro di dichiararti a lei in questi giorni…”.

“Stai zitta!”. Marco mi guardava come se avesse davanti a sé il peggiore dei mali sceso in terra, con il fiato corto e i pugni serrati. I suoi occhi blu erano ridotti in due fessure e la sua mascella era contratta. Sobbalzai, senza sapere cosa dire o fare. “Ho sbagliato, ok? Non ero sicuro di nulla e non lo sono tutt’ora, e visto che prendere in giro le persone non  è una mia prerogativa, ritengo chiuso il mio rapporto con Paola, e non m’inventerò nemmeno la scusa banale dell’essere solo amici perché so che è un’enorme stronzata. Quindi, alla luce dei fatti, sei pregata di tacere e lasciarmi fare ciò che ritengo giusto nei confronti della tua amica”.

“Ah, bella questa. Ecco cos’è ora per te Paola. La mia amica! Fino a poco fa era l’unico essere con cui avessi stretto amicizia ed ora l’essere mia amica è quasi una cosa spregevole. Siete tutti uguali, siete tutti degli idioti egoisti e stronzi…”. Senza rendermene conto stavo sfogando su di lui la mia rabbia repressa nei confronti della razza maschile, e soprattutto Feliz.

Marco rise amaramente e scosse il capo. “Non scaricare le tue delusioni personali su di noi, per favore. Uno come Feliz è meglio perderlo che trovarlo, credimi” disse, mi fece un ultimo cenno e aprì la porta di casa, andandosene, lasciandomi interdetta. Che cosa ne sapeva lui?! Poi feci due più due. Ovvio. Stupido gioco psicologico, ecco cos’era. Voleva indurmi a lasciar perdere Feliz per lasciarlo alla sua adorabile migliore amica. Sbuffai, decidendo che dovevo scoprirne di più su questa faccenda, non ne potevo più e fu così che mi ritrovai davanti al mio portatile, leggendo le conversazioni di Stella su msn mentre Windows Media Player, nella modalità casuale, riproduceva “E adesso che tocca a me” di Vasco.

Violazione della privacy o meno, non m’importava un tubo al momento. Ero troppo arrabbiata per poter prendere alcuna decisione sensata.

Il mio cuore accelerò i battiti quando vidi che, nell’elenco delle conversazioni registrate, ce n’era una con feliz85@mail.es.

Titubante, con le mani che tremavano, cliccai sulla cartella ed iniziai a leggere, certa che da quel momento in poi qualcosa sarebbe cambiato. E non avevo tutti i torti, mi dissi, quando iniziai a leggere le prime righe. Risalivano alla sera prima. 

Little Star scrive: Ciao Feliz!

Feliz scrive: Hola Estrella!

Little Star scrive: Estrella?!

Feliz scrive: Si, significa “stella” in spagnolo

Little Star scrive: Ah, capito, beh, mi dispiace ma io non sono Luna, non capisco lo spagnolo…

Non hai mai capito un fico secco, non solo lo spagnolo! Pensai tra me e me risentita. Continuai a leggere.

Feliz scrive: Lo so, era per fare una battuta visto che hai scritto il tuo nome in inglese

Little Star scrive: Io? No, dove l’hai visto?

Feliz scrive: Ma come, “star”…

Little Star scrive: Oh, si, giusto, non ci avevo mai pensato, sai? Mi piaceva come nick, ma non avevo mai associato il tutto a quest’idea! Sei un genio

Feliz scrive: Ma no, era solo che Luna si chiama “Moony” su msn e…

Little Star scrive: Ma che centra Luna mò?

Feliz scrive: Mò? Che significa?

Oddio, sembrano due marocchini che parlano al semaforo… Non sapevo se ridere o piangere di fronte a simili conversazioni. Continuai a leggere sciocchezze ben peggiori finchè ad un punto non mi bloccai, incredula. Non poteva essere…

Little Star scrive: No perché, sai, è inutile che perdi tempo  con una come Luna, non è il tuo tipo

Feliz scrive: E cosa ne sai tu del mio tipo di ragazza?

Little Star scrive: Si vede lontano un miglio. Lei è troppo chiusa, ostinata e antipatica quando ci si mette…

Feliz scrive: L’ho notato, sai?

Little Star scrive: Credimi, faresti un errore, non ha mai baciato un ragazzo in vita sua e pretenderebbe una storia seria quando so che tra qualche mese tornerai in Spagna, devi trovarti qualcuna diversa, migliore, più simile a te…

Feliz scrive: Ma sai che hai ragione? Non  mi è piaciuto molto come si è comportata quando le ho detto che non mi andava di accompagnarla a prendere la borsa…

Stunt.

Chiusi di botto il portatile e gettai per aria il peluche che se ne stava al mio fianco, appoggiato sul letto. Rabbia. Voglia di fare a pugni il bel visino di quella stronza, ecco ciò che provavo. Mi alzai di scatto e iniziai a calciare la parete prima di accasciarmi al suolo e iniziare a piangere. Un conto era sapere che la propria gemella aveva la potenzialità di soffiarti via la felicità, un conto era averne la prova certa. Ma non l’avrebbe assolutamente passata liscia. Oh no. Quella famigerata partita tra noi due era ancora aperta ed io le avrei fatto vedere i sorci verdi, oltre che a quel bamboccio di Feliz. E, come al solito, le note che si stavano diffondendo nella stanza dicevano un’assurda e incontrastabile verità.

“Adesso che non ho
Più le mie illusioni
Che cosa me ne frega
Della verità.
Adesso che ho capito
Come va il mondo
Che cosa me ne faccio della sincerità”

 
E, cosa inaspettata, in tutto questo… Marco aveva ragione, diamine, anche se ovviamente era dalla parte della mia gemella.

 

*°*°*°*°*°*°

Ciaooo!

Come va?

Io non vi tedierò come al solito con la mia vita scolastica, promesso xD Anche perché ho la febbre a 38, quindi non sono responsabile degli scleri che scriverò d’ora in poi  =D

Questo capitolo è un po’ scioccante, non credete? Marco che respinge Paola, che ammette di non provare più gli stessi sentimenti che provava prima e Luna che ha la conferma del “sabotaggio” di Stella.

Il prossimo capitolo continuerà ad essere un po’ scioccante per qualche altra rivelazione, poi però ci sono il 9 e il 10 in cui si respira un’aria decisamente differente…

Comunque, grazie mille come sempre a chi ha letto lo scorso cap, ha messo la storia tra i preferiti e le seguite e ovviamente coloro che hanno recensito:

CriCri88: Eh, tesoro, sto cercando di resistere anche se non è molto facile, avere la testa piena di informazioni sulla struttura di chiese, basiliche e via dicendo con la febbre addosso è molto difficile anche perché la memoria non è il mio forte, ma comunque ce la sto mettendo tutta ^^ Feliz… beh, è Feliz! xD nel prossimo capitolo scopriremo la verità su tutta questa storia, anche se in parte perché poi verrà spiegata per bene nel cap 9, e per quanto riguarda Marco… la gatta continuerà a covarci, purtroppo! =D Un bacione!

LoLa SteP: Carissima, ci hai azzeccato, era Marco che respinge Paola. Hai ragione, Luna si sarebbe aspettata una giornata non proprio così xD E Feliz anche io l’avrei trattato molto peggio, e lo avrei ridotto uno schifo quando avrei saputo la verità su tutto questo casino che scopriremo nel prossimo cap. Riguardo Marco… Concordo su tutto ciò che hai detto! =D Un bacione, tvtttttb!

sam05: Grazie mille per i complimenti, mi fai arrossire *_* Sei carinissima ^^ Comunque, non possiamo negare che gatta ci cova tra Marco e Luna, dai xD E riguardo Feliz, credo ti starà ancora più antipatico nel prossimo capitolo e in quelli a seguire xD Un bacione e ancora grazie!

_Armonia_: Ciao ^^ No, Marco non voleva fare bella impressione su un’amica della sua quasi ragazza, anche perché ha improvvisamente compreso di non amare Paola. Feliz non ha pensato che Stella avesse preso il posto di Luna, il suo comportamento è tipico di chi non se ne frega chissà quanto di una ragazza e nel prossimo capitolo scopriremo anche il perchè… In effetti hai ragione, solo con il seguito potremmo scoprire cosa sta succedendo in realtà! =D Un bacio e grazie mille!

Blair 95: Grazie mille cara, mi ci vuole proprio un imbocca al lupo per le varie verifiche ^^ E’ bello sapere che il cap ti sia piaciuto, è anche uno dei miei preferiti anche se credo che anche il capitolo 9, e soprattutto il 10, ti piaceranno molto! xD Marco e Luna sono davvero carini quando non si uccidono verbalmente, ma credo che ormai hanno anche un po’ di fascino quando litigano, ehehe! Un bacione e grazie mille!

rossy87: Ciao ^^ Non sai quanto ti capisco riguardo lo studio, sto agognando le vacanze di Natale come non ho fatto mai, il che è tutto dire visto che di solito inizio a fare il conto alla rovescia già a metà settembre xD La grande cafonaggine di Feliz avrà una sua spiegazione nel prossimo capitolo, e ancora di più nel 9, anche se già in questo non è che sia stato chissà quanto educato ;-) Marco è riuscito a risplendere in confronto a lui e la sua maleducazione, hai proprio ragione, e per quanto riguarda i due “piccioncini”, io li adoro soprattutto quando si “scannanno” e poi diventano improvvisamente seri. Grazie mille, un bacione!

 

Qualche Anticipazione:

 
“Vorresti trovare un modo per farla pagare a Marco per il modo in cui ti ha illuso?” domandai, esitante.

_____________

 
“Mattia, scusa, eh” dissi, allontanando la sua mano e facendo un passo indietro.

Parve contrariato e non sembrò comprendere il mio rifiuto. “Ma che ti prende? Non ho fatto nulla” disse, scocciato e risentito, sbuffando.
_____________ 

“Di la verità, hai capito tutto e vuoi farmela pagare, vero?” chiese, fronteggiandomi e guardandomi dritto negli occhi.
_____________

 

 

Non ebbi il tempo di finire la frase che mi fu impedito di farlo perché, per la primissima volta in vita mia, sentii le labbra di qualcun altro premere sulle mie, prima con delicatezza, poi sempre con più insistenza, mentre mi sentivo afferrare per la nuca e accarezzare i capelli.

 

Chi è che bacia Luna? Sono curiosa di conoscere le vostre deduzioni!

A Martedì, girls!

la vostra milly92

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Capitolo 9
*** Forse Non Bisogna Giudicare un libro Dalla Copertina- Senza Parole ***


Forse Non Bisogna Giudicare un libro Dalla Copertina- Senza Parole

Capitolo 8

Forse Non Bisogna Giudicare un libro Dalla Copertina- Senza Parole

 “Ho guardato dentro una bugia
e ho capito che è una malattia
dalla quale non si può guarire mai
e ho cercato di convincermi
che tu non ce l'hai”.

Il locale di Michele non mi era mai sembrato più ospitale di quel giorno, in tanti mesi che ci lavoravo. La radio stava mandando “Senza parole” di Vasco, ed io la canticchiavo cercando di non badare al suo significato, al fatto che anch’io fossi senza parole per una certa questione, al fatto che la prima frase della canzone potesse adattarsi moltissimo alla mia gemella.

Il piccolo albero di Natale poggiato sul bancone che faceva pendant con quello enorme posizionato all’entrata sembrava sorridermi ritmicamente con le sue luci bianche, rosse, verdi e blu, insieme a tutte le palline e le luci che decoravano le pareti, ma io non ero affatto dell’umore adatto per perdermi in ilari contemplazioni circa il Natale che era sempre più vicino. Era il dieci dicembre, il giorno in cui ci sarebbe stata la festa per i venti anni di Paola, e a me era stato commissionato da Mattia di andare a fare un giro con lei verso le sette per poi tornare a casa sua insieme verso le nove, per cui aspettavo con ansia il momento di incontrarla dato che il giorno precedente ero stata tutto il giorno a casa di zia Kitty per sfogarmi un po’ e non sapevo come si fossero messe le cose tra lei e Marco. Non che me ne importasse più di tanto, ma avevo pensato ad un piccolo piano per migliorare un po’ la situazione che mi trovavo a vivere aiutando anche Paola.

“Ehi, Luna, mi sono dimenticato di dirti che Stella ha invitato anche me alla festa”. La voce di Antonio mi riportò sulla terra e grugnii udendo quel nome. Feci un piccolo cenno e tornai a sistemare alcune bottiglie.

“Wow, che entusiasmo, è bello sapere quanto ti faccia piacere sapere che ci sarò anch’io” bofonchiò lui, sospirando.

“Anto, scusa ma se vuoi parlare con me non devi nominare il nome della mia gemella” risposi, con un tono di voce un po’ troppo duro che non si meritava.

Antonio sbuffò. Mi voltai e vidi che aveva incrociato le braccia. “Ancora? Luna, è un mese che è tornata, fattene una ragione, non capisco perché tu ce l’abbia ancora con lei!”.

“Ma bene, ecco un altro membro del suo fan club! Ma perché non formate un’associazione e unite i proventi per comprarle un cervello decente?!” strillai, poggiandomi con gli avambracci sul bancone e socchiudendo gli occhi.

Antonio mi squadrò e parve capire che c’era qualcosa che non andava, perché assunse una sorta di aria di scuse e si avvicinò di più. Sentii la sua mano sfiorarmi la guancia in un modo molto delicato e riaprii gli occhi di scatto.

“Luna, è successo qualcosa?” chiese lentamente, distogliendo subito la mano ma continuando ad essere serio.

“Ci sarà un motivo per cui Feliz viene sempre quando non ci sono, no?” chiesi retorica, alzando gli occhi al cielo al solo ricordo. Gianluca, il fratello di Antonio, mi aveva detto che Feliz aveva preso la strana abitudine di venere il martedì e il giovedì, i giorni in cui ero libera, e poche ore prima aveva mandato Nina al suo posto per sistemare alcune faccende con Michele.

Antonio mi squadrò per qualche frazione di secondo ed annuì. “Si, l’avevo notato e credevo fosse successo qualcosa tra voi due all’appuntamento”ammise, ma la sua espressione non era affatto dispiaciuta, anzi, trapelava una certa soddisfazione. Lo notai, per cui chiesi: “C’è qualcosa di divertente in tutto questo?”.

Arrossì e abbassò lo sguardo. “Di divertente no, ma di positivo sì. Io… Io ti ho incoraggiato perché volevo che per una volta tu fossi felice ma quel Feliz non mi è mai piaciuto ad essere onesti” sussurrò.

“Perché non mi hai detto che la pensavi così?”.

“Perché non volevo ti facessi strane idee o cose simili…”.

“Strane idee? In che senso?”.

Antonio era diventato un peperone ormai, ma io non ne capivo assolutamente il perché. “Ma quindi alla fine cos’è successo che ti rende così arrabbiata se si parla di tua sorella?” sviò discorso subito, con una tale maestria che il solo ricordo di Stella mi fece dimenticare di cosa stessimo parlando prima e mi fece assumere un’espressione triste.

“Il giorno prima dell’esame Marco mi ha dato fino a casa di Feliz ma ho dimenticato la borsa con i libri nella sua auto…” iniziai, e fu così che gli spiegai tutta la vicenda fino a quando non avevo letto la chattata tra lui e Stella. Antonio parve sorpreso, e commentò con una scrollata di spalle prima di tornare a scrivere il nuovo listino prezzi.

Poco dopo, così, dopo aver servito qualche Martini  di troppo ad una coppia di due amiche trentenni che sembravano molto depresse e deluse dalla vita, e cercando di non ricordare che una simile immagine l’avevamo rispecchiata io e Paola qualche giorno prima, la raggiunsi nella piazza di Maddaloni, nota come Corso I Ottobre, e subito iniziai a raccontarle quello che aveva fatto Stella dopo averle augurato buon compleanno.

“Che stronza” commentò, ravviandosi una lunga ciocca bionda dietro l’orecchio e con un’espressione dura. “Lei e il suo amichetto hanno proprio fondato il club degli stronzi” sentenziò poi, iniziando a camminare in un modo che  ricordava la marcia di un soldato.

“Perché, che ha fatto Marco?” domandai, decidendo che fosse meglio non dirle della “chiacchierata” che avevamo avuto a casa mia.

Udendo quel nome lei sbuffò e mi fece segno di sedermi su una delle panchine che circondavano il Corso, davanti ad una profumeria che ospitava un enorme Babbo Natale obeso che sorrideva in modo smielato e recitava ritmicamente “Oh, oh, oh! Merry Christmas!”.

 “E’ venuto da me e mi ha detto che ha capito di essersi sbagliato riguardo ciò che prova nei miei confronti, mi vuole bene ma non fino al punto da amarmi e che potevo anche dirgli di non farsi più vivo, perché avrebbe compreso che non mi meritavo un simile comportamento quando mi aveva ferita” disse amaramente, con lo sguardo basso.

“E tu cosa gli hai risposto?” chiesi, passandole un braccio attorno alla spalla con fare solidale.

Paola sorrise in un modo quasi sadico. “Cosa potevo mai dirgli? Non volevo dargli soddisfazione e gli ho detto che possiamo restare amici perché nemmeno lui alla fine mi ha colpito più di tanto, per non farlo montare, e che lo avevo baciato per vedere cosa avrei provato, in modo da decidere se valesse la pena stare con lui o meno” sussurrò. “E alla fine lui mi ha sorriso e se ne è andato dopo avermi dato un ridicolo bacio sulla fronte, manco se fosse mio padre!” strillò nervosamente in seguito, battendo un pugno sulle sue ginocchia.

Esitai, senza sapere cosa dire o fare. Alla fine optai per un abbraccio e un: “Sono tutti così stronzi, non ti merita e basta”.

La lasciai sfogare e poi, giusto perché avevo ancora indosso gli abiti da lavoro e avrei voluto regalarle un compleanno migliore, la trascinai, contro i miei veri e sani principi, in un negozio di abbigliamento per fare shopping.  Mi comprai un abitino a maglioncino marrone con lo scollo a V con i leggins neri sotto mentre Paola scelse un abito azzurro a minigonna che le fasciava il corpo perfetto.

“Dai, dopotutto è il tuo compleanno, restiamo con questi vestiti addosso!” proposi mentre ci squadravamo negli specchi del negozio. “Semmai usciamo anche, prima andiamo da te così apri il regalo che ti ho fatto insieme a Mattia e Antonio e poi andiamo a festeggiare da qualche parte” proposi, cercando tutta la mia bravura da attrice per far funzionare il piano secondo il quale si sarebbe trovata coinvolta nella festa a sorpresa senza sapere come, anche se l’idea di stare a contatto con mia sorella non mi faceva impazzire di gioia. Paola sembrò valutare la proposta e poi alla fine annuì. “Ok, questo ed altro per i miei venti anni! Ma poi facciamo lo stesso per i tuoi diciannove tra due mesi…”.

“Certo, certo” la rassicurai, e così pagammo e raccattammo i vestiti che indossavamo prima in una busta. Per fortuna che prima indossavo degli stivali, in modo che si abbinassero con l’abito.

Poi, mentre facevamo un ultima passeggiata per il corso, mi decisi ad esporre l’idea che mi era venuta in mente per rendere giustizia sia a me che alla mia amica, anche se in un modo un po’ meschino e vecchio. “Vorresti trovare un modo per farla pagare a Marco per il modo in cui ti ha illuso?” domandai, esitante.

“Ovvio, proprio come sono certa che tu vorresti fare lo stesso con tua sorella e quel Feliz” ribattè prontamente.

“Brava. Se vuoi, io un’idea ce l’avrei…” buttai lì, dicendomi che quelle cose non le avevo mai fatte prima e che non ne andavo fiera.

“Spara!” esclamò subito Paola, la cui disperazione non faceva altro che aumentare la voglia di riscatto, ma soprattutto un modo per far notare al suo amato Marco ciò che aveva perso e che, però, poteva ancora conquistare con un po’ di impegno.

“Vedi, se ti va bene… Dovresti fare  la scema con Feliz appena ne hai l’occasione. Insomma, Stella diceva che io non sono il tipo adatto a lui, ma tu lo sei e come, sei perfetta, bellissima e quando Marco vedrà che lo hai già rimpiazzato andrà su tutte le furie e Stella comprenderà che non è nessuno visto che il suo tentativo di allontanare Feliz da me per accaparrarselo lei è fallito grazie a te” spiegai, sentendo tuttavia un nodo allo stomaco. Era una cosa non di certo leale, ma quando mai la vita era stata leale con me? Dovevo fare la faccia tosta e vedere se fare la stronza ripaga.

“Oh, ok, ci sto! Bella idea!” approvò Paola, e battemmo il cinque in segno di accordo.

Così, poco dopo ci ritrovammo a casa sua e ci fu la solita solfa del “Sorpresa!” con tanto di luci che si accendono all’improvviso, decine di persone che si accalcavano verso la festeggiata, palloncini colorati e flash di macchine fotografiche. “Sapevi tutto e non me l’hai detto!” mi apostrofò Paola mentre si guardava intorno sorpresa.

“Si, è una festa a sorpresa, no? Venti anni sono sempre venti anni” dissi, ma mi bloccai nell’atto di aggiungere qualche altra cosa perché avevo appena visto che tra gli invitati c’era anche Feliz, avvolto in un completo elegante grigio perla. Parlava animatamente con Stella, nel suo migliore stile da festa con un abito viola abbastanza elegante e i lunghi capelli sciolti che le ricadevano lungo al schiena, ed entrambi se la stavano ridendo per chissà cosa. “Guarda chi c’è” sussurrai, quando lei mi guardò interrogativa. Seguì il mio sguardo ed annuì.

“Che dici, iniziamo il piano anche se Marco non c’è?”chiese. Era vero, di Marco non c’era traccia, forse aveva capito che non fosse giusto presentarsi dopo tutto quel casino anche se Paola gli aveva detto che potevano restare amici. Continuava a stupirmi, dopotutto il suo gesto era stato leale, avrebbe comunque potuto baciare a sua volta Paola, mettercisi insieme e prenderla in giro finchè avrebbe avuto voglia, invece aveva preferito essere sincero a tutti i costi.

“Se ti va” risposi, e lei annuì, sorridente.

“Si, mi va. Voglio divertirmi stasera” stabilì, mi fece l’occhiolino e si avviò con passo deciso verso i due che continuavano imperterriti la loro conversazione. Non riuscii a non sorridere nel vedere l’espressione confusa di Stella mentre  Paola attaccava bottone con Feliz senza degnarla di uno sguardo.

“Ehi, Luna, ce l’hai fatta”. Mi voltai, e vidi che a parlare era stato Mattia. Mi sorrideva apertamente e alzò la mano in segno di saluto.

“Si, alla fine ce l’ho fatta” risposi, cercando di risultare cordiale anche se avevo la testa da tutt’altra parte. Mattia continuava a sorridere; era davvero carino con i capelli non perfetti come al solito, dei jeans chiari e una camicia verde militare. A questo pensiero, poi, associai Miriam. Dov’era? Come se l’avessi chiamata, la vidi guardarci dall’altra parte della sala mentre parlava con un tipo che non conoscevo. Mattia seguì il mio sguardo  e parve capire qualcosa, perché disse: “Abbiamo litigato”.

Registrai la notizia con una certa difficoltà. “E perché?” volli sapere.

“Perché negli ultimi giorni mi ha rotto le scatole, era onnipresente e le ho detto che non mi piacciono le cozze che mi stano sempre appiccicate” ammise. Levai un sopracciglio e lui rise.

“Lo so, mi merito il premio del ragazzo con meno tatto possibile, ma sono fatto così, mi piace inseguire più che essere inseguito” rivelò, e mi fece l’occhiolino in un modo un po’ troppo ammiccante. Cosa voleva dire? Lo capii troppo bene quando avvertii la sua mano accarezzarmi lentamente il viso. Possibile che fosse interessato a me?!

“Mattia, scusa, eh” dissi, allontanando la sua mano e facendo un passo indietro.

Parve contrariato e non sembrò comprendere il mio rifiuto. “Ma che ti prende? Non ho fatto nulla” disse, scocciato e risentito, sbuffando.

“Allora meglio così. Ora scusami ma credo che andrò a prendere un po’ d’aria” sintetizzai freddamente. Non ero il tipo che subito iniziava a farsi film in testa, ma probabilmente Mattia era stato fin troppo esplicito nelle sue intenzioni, e visto che non mi interessava assolutamente e non volevo fare un orto a Miriam-per quanto si fosse comportata in modo un po’ troppo scostante nei miei confronti- decisi di troncare subito qualsiasi illusione. Per i tipi come Mattia già il fatto di essere andati a comprare il regalo per sua sorella poteva rappresentare una fonte di rigonfiamento per il proprio Ego. 

“Vengo con te, che ne dici?” insisté, in modo che mi faceva venire una sana voglia di schiaffeggiargli quel bel visino che si ritrovava. Non aveva ancora capito?

“Mattia, ti ringrazio ma mi sembra di averti detto che…”.

“Che cosa, Luna?” mi provocò, afferrandomi per un braccio. Improvvisamente gli vidi una luce più selvaggia negli occhi che mi fece paura. Un rifiuto lo rendeva così irascibile?

“Ehi, amico, calma, siamo ad una festa e ci sono altre decine di ragazze con cui provarci dopo il primo no” disse subito una voce. Ero così scossa che al primo impatto fui sollevata dal non avere più alcun contatto con la presa di Mattia dato che qualcuno lo aveva bruscamente allontanato, e in men che non si dica mi ritrovai da sola con Marco che mi aveva portato in una parte più appartata della sala, trascinandomi per un braccio, lontano da occhi indiscreti. Lo avevo riconosciuto a stento, non indossava gli occhiali ed era vestito in un modo molto più formale del solito, con dei pantaloni neri, una camicia bianca e un gilet grigio perla. Lo guardai stralunata, con un po’ di fiatone, e lui parve assumere un’aria un dispiaciuta.

“Scusalo, non è abituato a ricevere i no e si era un po’ illuso dopo che siete andati a comprare il regalo insieme e gli hai detto che vi sareste visti qui, alla festa” spiegò a bassa voce, cercando poi di riacquistare il solito tono freddo che usava solo nella modalità “parla con Luna”.

“Ma è lui che mi ha detto che ci saremmo visti qui, io non avevo capito che si riferisse a questo” ammisi, incredula.

Marco annuì. “Lo so, è un po’ particolare, ma se ti va posso convincerlo a farsi passare questa fissa per te”.

“Fissa per me? Ma se ci siamo visti a stento tre volte…” chiesi senza capire, colpita. Certo, un po’ ero lusingata, dopotutto Mattia era un bel ragazzo conteso da molte ragazze, ma non m’interessava assolutamente.

“Per certe cose non conta questo tipo di canoni che stai elencando”.

“Vabbè, come vuoi, comunque si, ti autorizzo a parlarci…”.

“Ok, tanto non sarà difficile, insomma, parliamo sempre di Luna Solari. Buon divertimento” e così dicendo, tronfio della sua ultima battuta, si allontanò e raggiunse l’amico, mentre io ormai non facevo più caso alle sue battute idiote, presa dalla notizia.

Così mi avviai verso il tavolo delle bibite dove mi ritrovai davanti un Antonio tutto sorridente, più carino del solito grazie al suo abbigliamento casual-elegante che consisteva in jeans scurissimi e camicia bianca. “Anto! Wow, stai benissimo!” lo salutai, entusiasta dalla prospettiva di avere un vero amico con me quella sera. Lui sorrise in un modo molto modesto e mi strinse a sé, dandomi un bacio sulla guancia.

“Nemmeno tu scherzi, sei bellissima” sussurrò, prendendomi per mano e facendomi fare un giro su me stessa.

“Grazie. A quanto pare allora non la pensi come Marco che ritiene che non ci vuole nulla per farsi passare una cotta per me” buttai lì, giusto per fare un po’ di conversazione.

Antonio mi guardò come se avessi detto un’eresia e scosse il capo. “Quello non capisce un fico secco, non è assolutamente vero…”.

“E tu che ne sai, scusa?” domandai distrattamente, visto che avevo appena notato Stella guardarci fisso mentre, poco distante, Paola continuava a parlare con Feliz.

“Nulla, era per dire” si difese lui, ma aveva assunto un colorito più intenso. Presa com’ero dallo sguardo di Stella, però, non vi badai. All’improvviso, la vidi venire verso di noi, in un modo che ricordava molto lo stesso modo di camminare di Paola quel pomeriggio, simile alla marcia.

“Di la verità, hai capito tutto e vuoi farmela pagare, vero?” chiese, fronteggiandomi e guardandomi dritto negli occhi.

Se in quel momento fossimo stati in uno di quei film in cui accade l’improbabile, probabilmente avrei sentito un coro di angioletti canticchiare soavemente”Alleluja!” e qualcuno, tipo il grillo parlante di Pinocchio, esortarmi con un: “Vai, rispondi, fatti valere!”. Ma, anche se non esisteva, gli avrei dato retta comunque. Ci ero rimasta troppo male per non chiarire in quel momento fatidico.

“Non ci sarebbe un modo adatto per fartela pagare al cento per cento, ma faccio del mio meglio. Non sono stronza come te ma sto imparando a difendermi bene, ormai” risposi a tono, fronteggiandola a mia volta e impugnando le mani in un modo ferreo.

Lei rise, sprezzante. “Ovvio, per tanti anni non sei mai stata buona a nulla e ora sei disposta a prendere in giro qualcuno anche se non te ne importa un fico secco di lui!” strillò, e decine di teste i voltarono vero di noi.

“Che? Guarda che a me interessava sul serio!  E poi, sei tu che prima fai tutta la moralista con me, lamentandoti del fatto che io non mi confido mai con te, e poi te ne esci con le tue telefonate malinconiche in stile: “Ti rendi conto, la preferisce a me! Ovvio che non ho intenzione di dirle che mi piace!” “la scimmiottai, in un modo forse fin tropo fedele, perché lei arrossì di brutto e si voltò verso il suo fedele Marco, che, alle sue spalle, parve stupito a sua volta. “E poi…”.

“Basta, smettila, ora cercheresti solo di ribaltare le carte a tuo favore!” urlò per l’ennesima volta, facendo si che tutti continuassero a voltarsi verso di noi e a fissarci sbalorditi, Paola inclusa.

“Come? Te ne vai nel momento in cui voglio dirti la cosa che più mi ha fato imbestialire?” chiesi, riferendomi alla chattata tra lei e Feliz, ma ormai lei era fuggita verso il bagno con Marco e sentii Antonio trascinarmi fuori al balcone, incurante del freddo che c‘era dato che era dicembre. Mi guardava in un modo strano, quasi ammirato.

“Luna, non ci posso credere…” sussurrò, cingendomi i fianchi con le sue braccia.

“Eh, nemmeno io…”.

“Cioè, è un cosa assurda, mi facevo tante paranoie e invece…”.

Io lo guardavo senza capire, cosa c’entravano le sue paranoie con me e Stella? Era una cosa assurda, come prima mi era successo con Mattia ora mi sembrava di avere davanti un Antonio diverso da quello che conoscevo. “Antonio, non capisco…”.

“Beh, in questi casi a cosa serve capire? Oh, sono così felice…”.

“Antonio, co…?”.

Non ebbi il tempo di finire la frase che mi fu impedito di farlo perché, per la primissima volta in vita mia, sentii le labbra di qualcun altro premere sulle mie, prima con delicatezza, poi sempre con più insistenza, mentre mi sentivo afferrare per la nuca e accarezzare i capelli. Non ci capivo nulla, nemmeno ciò che mi stesse accadendo, ma realizzai che stavo ricevendo il fatidico primo bacio che ogni ragazza aspettava con ansia solo quando sentii le labbra di Antonio cercare di dischiudere le mie, decisamente serrate, e la voce quasi remota di Stella, fin troppo acuta, che diceva: “Stronza! In questo modo fai del male solo a te visto che lo stai illudendo pur di farmi un dispetto!”.

Comprendendo il tutto, in un istante di pura lucidità che non mi aspettavo, feci due più due e mi staccai con forza dalla presa di Antonio che si faceva sempre più insistente, sentendo le lacrime agli occhi. “Ma che cavolo ti è preso, idiota?” urlai, allontanandolo da me. Lui parve incredulo, come se si aspettasse quasi un altro bacio per ciò che aveva fatto.

Mi voltai verso di Stella che mi guardava come se fossi la più malvagia delle megere esistenti al mondo. Ecco perché Antonio aveva frainteso, ecco perchè lei ci era rimasta male davanti a quella scena…

“Stella, fammi capire, sei innamorata di Antonio?” chiesi incredula. No, era assurdo, Stella avrebbe negato e mi avrebbe confermato che le interessava Feliz come credevo…

“Non cercare di farmi credere che non l’avessi capito!” disse lei, sempre con quel Marco alle calcagna che mi guardava in un modo che mi infastidiva alquanto, quasi come se avessi fatto un’azione degna della migliore delusione mondiale, entrando a sua volta nel balcone. Antonio, dal canto suo, sembrava ancora stordito dal momento vissuto precedentemente per emettere alcun suono.

Scossi il capo, quasi mortificata. “No! Io mi riferivo a Feliz, pensavo ti piacesse lui perché ho sentito la telefonata subito dopo che Feliz vi ha detto che avrebbe passato la giornata con me e…”.

“Ma no, io mi riferivo ad Antonio” precisò Stella.

“Si, si riferiva al fatto che il giorno prima lo aveva invitato alla partita ma lui aveva risposto che preferiva venire a trovarti…” lo spalleggiò Marco, con la sua solita voce glaciale che mi dava ai nervi.

“E’ assurdo! E allora come si spiega il fatto che hai chattato con Feliz dicendogli che non  ero il suo tipo, che era meglio se mi lasciava stare…” cercai di ragionare non comprendendoci più nulla. E così, a Stella piaceva Antonio che però sembrava aver frainteso tutto e mi aveva baciato dopo aver compreso che ero interessata a lui... Quella era la serata delle rivelazioni, possibile?

Stella fece un piccolo sorriso sarcastico. “Ovviamente hai spiato nella mia cartella delle conversazioni. Comunque, l’ho fatto perché avevo deciso di farvi allontanare dato che io e Marco abbiamo scoperto che Feliz è fidanzato già con una in Spagna e si sposerà tra sei mesi, così volevamo tenerti lontano da questa delusione e…”.

“Che cosa?”. Mi voltai verso Marco che sembrava sceso dalle nuvole proprio in quel momento.

Sbuffò e poggiò il braccio sulla spalla della sua migliore amica, come se non gli piacesse essere messo in mezzo. “Stella, io vado, questa festa è asfissiante, ti chiamo domattina” la salutò, e dopo un minuscolo cenno verso di noi scomparve.

Io continuavo a fissare Stella, che aveva gli occhi freschi di pianto.

“Credo che devo dirti molte cose, Luna, anche se è certo che siamo state vittime di un malinteso” dichiarò lei infine,e mi fece segno di seguirla in un’ altra stanza mentre Antonio faceva un piccolo cenno in mia direzione come a dire “poi parliamo anche noi”.

Le obbedii, curiosa di sapere cos fosse successo in realtà, e cosa c’entrassero lei e Marco con la decisione di tenermi lontana da Feliz. Ma una cosa era certa: la serata del mio primo bacio me l’aspettavo decisamente diversa, anche perché ora dovevo chiarire con un mio caro amico e fargli capire che non provavo assolutamente nulla per lui che andasse oltre l’amicizia.

 

 

*°*°*°*°*

Ciao ragazze!

Aggiorno di fretta e furia perché sono tornata da poco da scuola, vittima di un terribile compito di scienze che comprendeva sia chimica che biologia che geografia astronomica e ora devo correre a studiare per il compito di letteratura latina di domani. Domani non avrei potuto aggiornare quindi ho preferito farlo oggi come promesso anche se mi rincresce non potervi ringraziare una ad una per le recensioni che mi avete lasciato!  Grazie mille a CriCri88,chiaretta88, XXX_Ice_Princess_XXX, Blair95, BizzarreBiscuit, vero15star, Lola SteP e  rossy97 per le loro recensioni, coloro che hanno messo la storia tra i preferiti e le seguite e coloro che hanno solo letto. Scusatemi e grazie mille come sempre!

Ovviamente nessuno si aspettava che a baciare Luna fosse Antonio, ehehe… E così poi si scopre che tra le due gemelle non c’era stato altro che un malinteso, e nel prossimo capitolo avremo un vero e proprio chiarimento. Per ora ho scritto fino al capitolo 12, e vi dico che già dal prossimo inizieranno a succedere delle cose “strane” a Luna…

Per farmi perdonare delle risposte alle recensioni mancate così vi dico che nel 10 le due gemelle più qualcun altro torneranno a  Firenze per la questione dei vestiti per la cerimonia, conosceremo la loro mamma e Luna incontrerà qualcuno che fa parte del passato suo e di Stella, nell’11 avremo a che fare con versi di Catullo e Petrarca che aiuteranno, insieme a un vecchio diario, Luna a comprendere una cosa e nel 12 ci sarà un Christmas Party molto particolare ed… emozionante!

Ora scappo, eccovi come sempre delle anticipazioni:

 

“Per cui, pensa come ci sono rimasta il giorno dopo nel vedere che avevate una sorta di appuntamento. Marco era indignatissimo, non riusciva a crederci, per questo aveva fatto di tutto per non farvi stare insieme tutto il giorno” continuò.

_____________

La zia ridacchiò e mi fece segno di darmi una calmata. “Allora, si chiama Giuliano, è alto, moro, carnagione un po’ scura ed ha quarantadue anni, lavora come bancario a Caserta” rispose.

_____________

“So chi sei e so cosa fare, grazie tante” rispose lui, con una voce che mi fece sobbalzare. No, era impossibile. Quel tipo di cui avevo appena lodato il sedere aveva la stessa voce e la stessa dose di disprezzo di Marco Valenti!

A domenica,

la vostra milly92.

 

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Capitolo 10
*** Gemelle, Sorelle e… Confidenti?- Le Cose Che Non Dici ***


Gemelle, Sorelle e… Confidenti?- Le Cose Che Non Dici6r

Capitolo 9

Gemelle, Sorelle e… Confidenti?- Le Cose Che Non Dici

Io e Stella ci guardavamo senza dire nulla nella camera di Paola. Lei sembrava star meditando chissà che, e solo dopo una manciata di minuti si decise a dire: “Sai che se potessi evitare di farti soffrire lo eviterei, e diciamo che da buona gemella maggiore ne so un po’ più di te su come va il mondo”.

Ascoltai quell’ultima frase incredula ed entrambe non riuscimmo a non ridere come se avessimo ascoltato una barzelletta particolarmente ilare. “Stella, cavoli, sei nata solo otto minuti prima di me e poi si dice che i gemelli nati dopo siano i maggiori” le feci notare, ma lei si limitò a far sparire l’ultimo eco della sua risata e, cosa che non mi sarei aspettata, mi strinse a sé in un abbraccio che voleva dire chissà quante parole. Restai interdetta, tra di noi erano più che rare queste dimostrazioni d’affetto, per cui solo dopo qualche secondo mi limitai a stringerla a mia volta, battendole una pacca sulla spalle.

“Ti prego, Stella, dimmi tutta al verità riguardo Feliz…” la supplicai quando ci separammo, e lei si decise ad obbedire, iniziando a torturare una ciocca di capelli proprio come facevo io quando ero nervosa. Era una delle poche cose che avevamo in comune oltre l’aspetto esteriore.

“Vedi, io conobbi Feliz il giorno che tu conoscesti Paola” iniziò. “Cenò con me, Marco, Miriam e Mattia dopo che Flavia ce lo presentò e a metà cena il cellulare iniziò a squillargli insistentemente. Io, che ero seduta al suo fianco, vidi che il numero che lo stava chiamando era registrato in rubrica come “Mi Angel” e lui alla fine rispose, uscendo fuori dal balcone e scusandosi. Nel frattempo, poco dopo, parlando lui disse che non era fidanzato ma quando andò in bagno, non potendone per la curiosità anche perché ricordavo che dalle tue parole avrebbe potuto interessarti, controllai nella sua cartella degli SMS e ne lessi qualcuno. Non ci capì molto, erano tutti in spagnolo quelli da parte di questa “Mi Angel”, ma comunque una cosa era chiara: questa tipa si chiamava Ana Lucia, gli scriveva sempre “te quiero”, lo chiamava “amor” e parlava sempre di “Boda”. Così, dopo la cena, dopo che tu tornasti e andasti a letto, ne parlai con Marco e lui, che all’università ha fatto un esame di lingua obbligatorio, mi disse che “Boda” vuol dire matrimonio”. Stella si fermò, riprendendo un pò di fiato , e mi scrutò in attesa. Viste dal suo punto di vista le cose apparivano decisamente diverse, e non potei far altro che nutrire ancora più antipatia nei confronti di Feliz. “E poi?” domandai. C’erano altre mille cose che doveva spiegarmi, ad esempio il perché del suo comportamento freddo quando aveva scoperto che Feliz voleva uscire con me, la sua chattata con lui…

“E poi, il giorno dopo, segno del destino, dopo la partita non andammo più a casa dell’amico di Marco e Mattia ma in un locale che ha aperto da poco sulla Nazionale. Ad ordinare venne una cameriera che appena mi vide esclamò un: “Hola, Luna!” ed io la guardai confusa. Compresi che era qualcuno che conosceva te, così glielo spiegai e lei si scusò, dicendo di chiamarsi Nina, la collaboratrice di Feliz. Non so come arrivammo all’argomento dei matrimoni, forse per mezzo dei preparativi per quello di Flavia, che lei mi disse che non ne poteva più di queste “bodas” perché stava lavorando sia per quello di Flavia, che per quello di un’altra coppia e quello di Feliz stesso, la cui fidanzata era molto esigente circa il menù anche perché era agitatissima dato che mancavano poche mesi alle nozze dopo un fidanzamento di circa sette anni”.

“Alla faccia dello stronzo” mi riuscii solo di dire, stringendo i pugni e scuotendo il capo. Stella annuì e mi guardò con aria grave.

“Per cui, pensa come ci sono rimasta il giorno dopo nel vedere che avevate una sorta di appuntamento. Marco era indignatissimo, non riusciva a crederci, per questo aveva fatto di tutto per non farvi stare insieme tutto il giorno” continuò.

“Marco? Scusa, ma cosa gli importa?!” chiesi, non riuscendo a non rimproverarmi quella sorta di indignazione che mi aveva riempito ogni cellula del cervello. Dopotutto non aveva fatto nulla di male, niente di lesivo nei miei confronti, anzi.

Stella sospirò pazientemente e mi si avvicinò di più. Ormai la festa che si stava svolgendo a pochi passi da noi era un qualcosa di decisamente remoto, che non sarebbe mai riuscito a modificare l’atmosfera di reciproca comprensione che si stava istaurando tra me e la mia gemella.

“Marco non è quello che ti ostini a credere anche dopo che ti ha dato una mano il giorno prima dell’esame. Ti conosce molto meglio di quel che credi visto che gli parlo spesso di te, te l’ho detto numerose volte che mi trovo con lui proprio perché siete identici di carattere. Mi vuole bene come se fossi sua sorella e sa che nel caso qualcuno ti facesse star male io proverei i tuoi stessi sentimenti, quindi ha deciso di aiutarmi a impedire di scottarti con Feliz per questo motivo” disse con semplicità.

“Ah, bene, quindi ti ha aiutato solo perché tu avresti sofferto nel caso Feliz mi avesse fatto soffrire” dedussi.

“Più o meno. Io sono dell’idea che ormai senza di te a Maddaloni per lui non sarebbe la stessa cosa, io lo vedo molto affezionato a te nonostante le sue battute idiote”.

La guardai come se avesse detto un’eresia e lei ridacchiò. “Ok, ho capito, parentesi chiusa”.

“Brava. Ma… Stella, sul serio ci saresti stata male se…”.

“Ci puoi giurare, Luna. Credimi, la nostra lontananza in tutti questi mesi non ha fatto altro che aumentare il mio desiderio di averti più vicina, avere una vera gemella per cui soffrire di empatia, con cui confidarsi. E ammetto i miei errori… Avrei dovuto lasciare subito Christian, non prenderti in giro quando tu studiavi ed io uscivo per ubriacarmi con l’idiota di turno per poi obbligarti a mentire a mamma dicendo che ero a casa di qualche amica a studiare. E poi, ora che so come ci si sente ad essere interessata ad uno che non ha occhi che per la tua gemella, ti comprendo in tutto e per tutto e ti ammiro per la freddezza con cui puoi aver sopportato questo tipo di situazioni in anni ed anni” ammise, abbassando lo sguardo quasi come se provasse un po’ di vergogna.

Non so cosa mi prese in quell’istante, all’improvviso sentii un immaginario  muro di Berlino, il nostro muro, quello dell’incomprensione, abbattersi con un sonoro “stud!”, permettendomi di vedere in tutto e per tutto la mia gemella per quello che era senza alcuna parete che ci dividesse e non mi permettesse di vederla per bene, con occhi chiari e una visualità adeguata.

Eccola, Stella Solari,gemella di Luna Solari, che per una volta aveva imparato come ci sentiva ad essere nei panni dell’altra. Io stessa per una volta, quando Feliz mi aveva invitata a casa sua, mi ero sentita un po’ come lei, quindi, in quel momento, entrambe potevamo affermare di sapere e conoscere per bene i sentimenti dell’altra dopo aver vissuto esperienze comuni.

Trascinata da un momento di impeto e commozione l’abbracciai come lei aveva fatto poco prima, cercando di farle capire l’affetto che anche io provavo per lei e che mi aveva portato a soffrire quando avevo visto i suoi atteggiamenti che mi avevano ferito. Diceva bene chi riteneva che solo le persone a cui vogliamo bene ci fanno soffrire; il mio carattere mi aveva sempre portato a restarci di merda quando  venivo delusa dalle persone a cui tenevo, le persone che mi erano indifferenti non mi portavano per niente  a soffrire quando sbagliavano nei miei confronti.

“Ti voglio bene” sussurrai, incredula delle mie stesse parole.

“Anch’io, Luna, anch’io” rispose lei concitata, ed entrambe ci lasciammo trasportare dal momento con qualche lacrima.

Ci sorridemmo, e poi ridemmo nervosamente.

“E chi lo avrebbe mai detto che ci volesse una catastrofe del genere per spingerci a chiarire” mormorò lei.

Annuii, e notai di sentirmi decisamente più leggera e felice. “Si, solo che ora devi dirmi… Insomma, ti piace Antonio!” esclamai, quasi per sdrammatizzare, e lei annuì, assumendo un’espressione un po’ imbarazzata.

“Si! La sera della partita ero passata da Michele per invitarlo e lui rifiutò,dicendomi che preferiva venire da te che eri da sola a casa e il giorno dopo, quando venni da te e c’era Feliz, non mi salutò nemmeno, preso dal suo lavoro, e per questo ero così frustrata che ne stavo parlando al telefono con Marco quando mi hai sentito. Per questo ho fatto domanda di lavoro di fronte da voi, per poterci stare più a contatto, e pensavo l’avessi capito stasera quando vi ho visti così vicini…” rivelò, per poi darsi una botta in testa come a sottolineare lo sbaglio commesso.

Feci un piccolo cenno, sospirando. “Mi dispiace,cioè, è lui che ha fatto tutto, avrà anche capito che ti interessa perché avrà confuso le mie parole e avrà capito che mi interessa, per questo mi ha baciata, è sicuro. Stella, è tutto tuo, a me non importa, anzi, è tutto un casino perché gli voglio bene, e mi dispiace che abbia frainteso” ammisi. “Bel primo bacio”  aggiunsi poi.

Stella mi guardò come se fossi matta. “Primo…?”.

“Non lo sapevi?” risposi amaramente.

“No, non sapevo che, insomma… Se vuoi, io sono disposta a cercare di recuperare un po’ tutto, magari confidandoci” propose, quasi con un filo di voce.

C’erano troppe cose che non sapevo di lei e viceversa, e in quel momento l’unica cosa che desideravo di più al mondo era conoscere ciò che mi ero persa della mia gemella, ciò che l’aveva spinta ad assumere certi atteggiamenti.

“Per me va benissimo”.

“Allora da oggi in poi io ti dirò tutto ciò che mi passa per questa testa bacata che mi ritrovo” ironizzò, porgendomi il mignolo della mano destra in attesa che lo stringessi con il mio.

“Ci proverò  a mia volta” acconsentii, imitandola ed obbedendo.

Eccoci, con gli stessi atteggiamenti delle bambine che non eravamo mai state anni prima, quando invece di giocare con le bambole ci facevamo i dispetti.

“Son le cose che non dici
che capisco anche di più
sono quelle che mi taci
che mi danno più fastidio!
Perché se non me lo dici
non ti fidi più di me...”

“Solo che ora… Devo chiarire con Antonio” mi ricordai.

“Si… Io aspetterò un po’, poi magari vorrei vedere di parlarci un po’, comprendere se gli va di uscire anche solo come amici…”.

“Tanto che ti piace?” chiesi con un sorriso. Era bello vedere che per una volta non fosse interessata al solito fricchettone trasgressivo, stronzo ed esibizionista.

“Abbastanza” ammise. “Diciamo che ho una piccola cotta per lui da quando lo vidi fuori al negozio, il primo giorno che venni a Maddaloni”.

In quell’istante fui presa da un flashback: era il giorno in cui conobbi Feliz e Antonio mi richiamò nel retro, dicendo che aveva visto Stella in macchina con Marco! Per questo mi aveva richiamata? Già gli interessavo?

“E tu invece, allo stato delle cose, cosa provi per Feliz?” domandò lei, curiosa.

Scrollai le spalle. “Niente di che, non m’interessa. E’ solo un gran figo, questo non si può negare. Non lo conosco nemmeno, e poi è anche maleducato, sai che il giorno dell’appuntamento…?”. Le raccontai quella strana giornata che lei conosceva solo dal punto di vista di Marco, e si disse contenta del fatto che non fossi presa da lui.

“In quella chattata parlai un po’ male di te proprio perché volevo allontanarlo da te senza farti restare male” ammise a questo proposito, e fu con queste parole e il cuore più leggero che ci separammo. Lei se ne tornò a casa con Marco che se ne stava ancora in giro per la città e la sarebbe venuta  a prendere con l’auto, mentre io ne approfittai del passaggio di Antonio per chiarire, dopo aver salutato Paola e dirle che l’indomani l’avrei chiamata per raccontarle un po’ di cose. Lei annuì, onestamente un po’ brilla, e mi congedò cantandomi in un modo un po’ stonato un pezzo di “Lady Marmalade”. Poi, quando ero sul punto di uscire di casa, vidi Feliz con la coda dell’occhio. Feci un sorriso sadico e mi dissi che per una volta gliel’avrei fatta pagare a quell’idiota.

“Feliz?” lo chiamai, falsamente dolce e soave.

Vedendo che gli stessi dando retta parve incredulo, ma si voltò, chiedendo scusa alla ragazza con cui stava parlando, e disse: “Si, Luna?”.

“No, niente, volevo solo farti tanti auguri…”.

“Auguri per cosa?”.

Feci una risata falsa quanto una moneta da cinque euro  e inarcai un sopracciglio. “Ma come! Per il tuo matrimonio, no? Ho saputo che ti sposi tra un po’! Pensavo fossimo amici, perché non me l’hai detto?”.

Lo scemo stava per ribattere quando lo interruppi. “Oh, si, giusto. Perché sai che le brave ragazze italiane non escono con quelli spagnoli che stanno per sposarsi. Sono commossa, sai? Ma sappi che nemmeno alle ragazze spagnole piace stare con uno stronzo come te, quindi smettila di provarci con ogni prototipo di donna”- e qui accennai alla tipa che mi guardava scandalizzata- “Che per te deve avere l’unico requisito di respirare per poterci provare altrimenti spiffero tutto a Nina che di sicuro lo dirà a Ana Lucia visto che sono in buoni rapporti per i preparativi per la vostra boda”.

Se la soddisfazione si potesse esprimere in leggerezza probabilmente avrei iniziato a galleggiare sopra il pavimento meglio di Peter Pan. Feliz aveva la stessa espressione di un bambino che ha appena scoperto che i bambini non nascono sotto i cavoli e non vengono portati dalla cicogna e balbettò un mezzo suono mentre io gli lanciavo un’ultima occhiataccia e giravo i tacchi, seguendo Antonio che a sua volta sembrava sorpreso e anche un po’ ammaliato. Ma, ora come ora, mi toccava fare i conti anche con lui.

“Antonio, dobbiamo chiarire. E’ stato tutto un malinteso, sai che a me piaceva Feliz, sei tu che invece piaci a mia sorella. Non credo di averti mai dato false speranze” iniziai, dopo un burrascoso silenzio di circa tre minuti mentre mi riaccompagnava a casa.

Lui parve un po’ colpito dalla chiarezza di quelle parole, ma comunque ribattè con un: “Tu mi piaci dal primo momento che ti ho vista, credimi. Mi hai subito colpito, ma mi dicevo che alla fine non era nulla di che. Poi è arrivato quel Feliz e mi ha fatto comprendere quanto fossi geloso nel vederti su di giri per qualcun altro, ma speravo che poi lo avresti lasciato perdere e ti saresti accorta di me, per cui, stasera, quando ho visto che non gli parlavi e mi hai fatto quel complimento…” Si bloccò e sbuffò, girando verso via Roma. “Scusami, ero così felice che non ho esitato a baciarti, ma allo stato delle cose comprendo che non hai provato niente di quel che ho provato io”.

Quelle parole mi colpirono, non avrei mi pensato di fare un simile effetto a qualcuno in questo modo senza mettermi d’impegno nel conquistarlo. “No, mi dispiace. Non sai come mi sento, Anto, credimi, non voglio risultare banale ma io ti voglio bene come ne posso volere ad un caro am…”.

“Basta, Luna, va bene così, non mi devi nessuna spiegazione” mi interruppe subito, amaramente.

Mi sentii dispiaciuta quando si fermò davanti casa mia e mi salutò con un glaciale: “Ciao” appena sussurrato, ed iniziai a pensare con terrore al giorno dopo, quando avremmo dovuto lavorare insieme per l’inventario natalizio di Michele.

“Com’è andata?” mi chiese Stella appena entrai nella nostra stanza, qualche minuto dopo.

“Come doveva andare” risposi, posando la borsa e sedendomi sul letto per togliermi gli stivali visto che avevo i piedi distrutti. “Gli ho fatto capire come stanno le cose e lui ha accettato, salutandomi freddamente. Non oso immaginare come andranno le cose a lavoro, domani” mormorai.

“Ho capito. Comunque, mi ha chiamato mamma, ha detto che ci aspetta martedì mattina alla stazione, i biglietti dovrebbero arrivarci a breve e le sono arrivate dei vestiti magnifici” mi informò.

Feci un cenno e lei sospirò.

“Non sai con che soddisfazione l’ha detto. Il giorno che decisi di partire le dissi che avrei fatto solo il biglietto di andata… Ero sincera quando dicevo che mi mancavi sul serio, senza di te è tutto una noia”.

“Ora come ora ti credo” le risposi sorridendo, e così andai a  dormire un po’ più tranquilla.

Ma l’indomani ebbi una spiacevole sorpresa: Antonio non si presentò a lavoro, e Michele mi disse ingenuamente che si era ammalato e cercava disperatamente qualcuno che avrebbe potuto sostituirlo in quei giorni.

“Ah, e poi, visto che il Natale è alle porte, devi indossare questa divisa” aggiunse lui tutto allegro, estraendo qualcosa da una busta. Lo guardai senza capire, per poi comprendere che si trattava di una divisa rossa con lo stemma del negozio sul petto; era una sorta di abito a maniche lunghe che arrivava fino a un po’ prima del ginocchio con un grembiule bianco ben ricamato.

“Sai quanti clienti mi farai avere, vestita così!” ridacchiò soddisfatto, ed io lo guardai male.

“Mister! Tutte tu te le inventi” sospirai, quando udii uno scampanellio .

“Si, Mister, però mi dispiace, devo sottrarti questa velina mentre mi siedo a questo bel tavolino e tu ci servirai una bella cioccolata calda!”.

Mi voltai e vidi una raggiante zia Kitty venire verso di me, con indosso un elegante cappotto beige e un sorriso e trentadue denti.

“Zia! Ciao!” esclamai, e lei si avvicinò al bancone per darmi un affettuoso bacio sulla guancia. I capelli rossi erano lisci per una volta, ed era truccata alla perfezione.

“Dobbiamo parlare…” mormorò, facendo l’occhiolino, così Michele fece un verso di assenso mentre iniziava a preparare le due tazze di cioccolata e noi prendemmo posto in un tavolino remoto in fondo alla sala, tra luci, palline e piccoli Babbo Natale.

“Cos’ è successo?” le domandai, curiosa. “E ‘ da un po’ che non parliamo!”.

“Appunto! Oh, Luna, mi sono messa con uno!” esclamò tutto d’un fiato, peggio di un’adolescente ormonosa.

Inutile dire che a quell’informazione sbarrai gli occhi per la sorpresa. “Che cosa?”.

“Si, è una persona magnifica, l’ho conosciuta proprio qui quella famosa sera, ci siamo decisamente innamorati l’uno dell’altra” sospirò, appoggiando la testa al gomito con aria sognante.

“Oddio! Me lo devi far conoscere! Com’è? Cosa fa? Quanti anni ha? Come si chiama?” iniziai a domandare a raffica. Quanto la invidiavo! Anche a me sarebbe piaciuto avere qualcosa di simile da raccontare…

La zia ridacchiò e mi fece segno di darmi una calmata. “Allora, si chiama Giuliano, è alto, moro, carnagione un po’ scura ed ha quarantadue anni, lavora come bancario a Caserta” rispose.

“Quarantadue anni?”.

“Eh, lo so, sono la più vecchia tra i due ma l’amore non ha età!” esclamò sognante.

Scrollai le spalle, senza sapere cosa dire. “Allora mi fa piacere, basta che questo è un tipo ok…”.

“E’ super ok, credimi. Se vuoi te lo faccio conoscere appena è libero”.

“Ma è ovvio!”.

Così, giusto per non fare la parte di quella che non aveva nulla da raccontare, le informai della piega che le cose avevano preso tra me e Stella e la verità su quell’idiota di Feliz.

“Scusami se te lo dico ma iniziavo a sentire puzza di bruciato. Sai com’è, i ragazzi bellissimi come lui o sono fidanzati, o sono gay o sono stronzi, quindi mi sa che in questo caso lui si è beccato un bel due su tre tra queste due opzioni” disse saggiamente la zia. “E poi, finalmente tu e Stella vi siete chiarite! Vedi che era come ti dicevo io, non era interessata a Feliz?”. 

Era troppo su di giri per poter contestare qualsiasi cosa, così mi limitai ad annuire e a salutarla affettuosamente quando se ne andò, ritornando al mio lavoro.

La giornata trascorse monotona, così la sera chiamai Paola e le raccontai tutto.

Due giorni dopo, ritornando a lavoro, constatai che Michele aveva trovato il sostituto tanto agognato. Andai subito in bagno per indossare la divisa, senza nemmeno vederlo in volto e presentarmi, e quando uscii lo trovai inginocchiato nei pressi dell’armadio delle scorte mentre cercava qualcosa. L’unica cosa che riuscii a notare fu che aveva proprio un bel fondoschiena, messo in evidenza dai pantaloni neri della divisa.

“Se ti serve una mano posso aiutarti. Io sono Luna, l’altra commessa” dissi, cercando di risultare cordiale. Arrivare per ultimi a lavoro non era piacevole, lo sapevo per esperienza.

“So chi sei e so cosa fare, grazie tante” rispose lui, con una voce che mi fece sobbalzare. No, era impossibile. Quel tipo di cui avevo appena lodato il sedere aveva la stessa voce e la stessa dose di disprezzo di Marco Valenti! Che cosa assurda, non poteva essere….

Ma le mie certezze scivolarono via come neve al sole quando si alzò e mi guardò con disappunto, con una confezione di aromi in mano.

“Che ci fai qui?” domandai sconcertata. Cavoli, quei pantaloni erano una droga, lo facevano sembrare decisamente… Non dovevo pensarci nemmeno a quell’aggettivo che inizia con s e finisce con y, diamine!

“Ho bisogno di arrotondare un po’ visto che il viaggio a  Firenze è vicino e non ho chissà quanti risparmi per comprare i biglietti” rispose, incrociando le braccia.

“Viaggio a  Firenze?!” chiesi senza capire.

“Si, Stella non te l’ha detto?” domandò quasi scocciato.

“No, cosa avrebbe dovuto dirmi?!”.

“Che vengo a Firenze con voi, ho bisogno di visitare alcune chiese e basiliche che devo studiare per l’esame di gennaio” rispose meccanicamente. Sembrava quasi irrigidito, infastidito al massimo per tutte quelle domande, e non so perché mi sentii strana; provai un moto di nonsochè che non seppi definire.

“Ah, bene” riuscii solo a mormorare.

Marco levò un sopracciglio. “Bene?! Non fingere di essere contenta” mi ammonì, come se dovesse essere una cosa obbligatoria il fatto che sapendo che sarebbe venuto con noi avrei dovuto iniziare a fare il diavolo a quattro.

Sbuffai, guardandolo con la mia migliore espressione arrabbiata. “Sei un idiota, per una volta che volevo essere gentile con te…”.

“E perché dovresti esserlo?!”.

“Perché hai aiutato Stella ad impedire di farmi perdere la testa per Feliz, per il fatto che mi hai aiutato prima dell’esame, perché hai sostituito me e il mio ruolo di gemella con Stella per tutti questi anni, perché ti sei tirato indietro con una mia amica quando hai capito che non ti interessava evitandole di soffrire in futuro… Ma tanto, a te cosa importa? A te frega solo di te stesso!” strillai, ormai irata al massimo. Come ogni volta che litigavamo, sentii ogni singola cellula del mio corpo cercare un’ascia, una sega elettrica, una pistola, qualsiasi cosa che avrebbe potuto mettere a tacere quell’odioso spocchioso vestito da cameriere beneducato. Gli lanciai l’ultima occhiata torva e mi affrettai a ritornare dietro al bancone per preparare ciò che i clienti avevano ordinato, per sfogarmi un po’ su qualcosa di positivo. Era un imbecille e basta. Vedeva sempre tutto nero, non comprendeva che ogni tanto si può cambiare idea, che qualcuno potesse essergli riconoscente… E restai interdetta quando riconobbi che io mi comportavo decisamente come lui fino a pochissimo tempo prima.

Quel pensiero mi fece rabbrividire, non sapevo nemmeno il perché, così mi dedicai con più maestria del solito a preparare due piatti di antipasti. 

“Hai conosciuto il nuovo collaboratore?” disse la voce gaia di Michele quando entrai nel suo ufficio per prendere una copia del listino prezzi.

Lo guardai torva e lui ridacchiò. “Eddai, Luna, così almeno ora odierai un po’ questo lavoro, ti piace troppo, e questo non fa bene a un lavoratore” ironizzò.

“Avrei preferito una riduzione dello stipendio, onestamente, mi sarebbe bastato. Ora scusami ma ho decine di clienti da servire” e con un sorriso ipocrita e falsamente mieloso ritornai nella sala principale del locale, servii un paio di tavoli, presi le ordinazioni e continuai a lavorare fino alle otto, ora in cui mi ritrovai Paola davanti al bancone quando uscii dal bagno, di nuovo vestita  decentemente con i soliti jeans e maglioncino nero.

“Paola!” esclamai, sorpresa.

Mi sorrideva entusiasta e si avvicinò per abbracciarmi. “Ciao, Luna! Sono venuta a salutarti, passavo di qui e… Oh, al diavolo, volevo solo dirti che mi sento felice perché oggi non ho pensato minimamente a quello stronzo…”.

“Paola, abbassa la voce…” cercai di avvertirla, con tanto di gesto della mano, ma invano.

“… Di Ma…rco”.

Si immobilizzò, arrossendo come una furia, guardando alle mie spalle. Evidentemente aveva visto Marco. Mi voltai e vidi che era proprio così. Marco la guardava un po’ risentito e lei, senza dire nulla, come una furia, mi mormorò un piccolo: “Scusa” e si volatilizzò.

“Paola!” la chiamai, e quando uscii dal locale vidi la sua auto già sfrecciare lontana , verso il traffico maddalonese che si raggruppava a quell’ora nei pressi del semaforo di Via Napoli.

Ritornai nel locale, e notai Marco che se ne stava immobile, appoggiato a uno dei tavolini.

“Beh, non puoi biasimarla” mi decisi a dire, prendendo il mio cappotto.

“Infatti non lo sto facendo”  mi fu risposto, con il solito tono freddo.

“Buon per te. E’ sempre bello vedere che la tua sfera emotiva è così vasta da riuscire a contenerci al massimo due briciole di pane” lo ripresi, cercando di risultare più glaciale di lui.

Aspettai una risposta, ovviamente invano, così iniziai ad avviarmi con lentezza- ma anche un po’ di indignazione- verso la porta, ma poco dopo sentii una presa farsi sempre più forte nei pressi del mio braccio, una presa che mi obbligò a girarmi e a ritrovarmi faccia a faccia con lui, con i suoi occhi blu che sembravano scrutarmi in un modo diverso, quasi umano e dispiaciuto.

“Che vuoi?” chiesi, anche se dopo aver formulato la risposta, senza sapere il perché, mi sembrò di non ricordare le parole appena pronunciate.

Lui sospirò- era così vicino che sentivo il suo respiro battere in sincrono con il mio- e disse: “Scusami per prima, sono stato davvero maleducato, dopotutto tu non mi avevi detto niente di male. Sono un po’… Stressato, ultimamente, è un periodo un po’ particolare, spero capirai. Prometto che sarò più civile a lavoro, nei prossimi giorni, e cercherò di esserlo anche a Firenze”.

Non risposi subito. Se lui stava passando un periodo particolare, beh, si poteva dire che io stessi vivendo un momento particolare. Era come se per un istante avessi dimenticato dov’ero, con chi ero e cosa avrei dovuto fare a breve. Un lieve momento di blackout, che per fortuna passò e ebbi la forza di dire: “Meno male che l’hai capito”, strattonandogli il braccio in modo da obbligarlo a  mollare la presa.

Quella volta toccò a me fare la maleducata, perché uscii dal negozio senza salutarlo e mi avviai da sola a casa, nel freddo dell’aria dicembrina, immersa in pensieri di cui non ne comprendevo nemmeno il senso.

 

*°*°*°*

Hola chicas! Todo bien? xD

 Questa volta aggiorno con il sorriso sulle labbra perché negli ultimi tre giorni ho recuperato un po’ di energie e vitalità dopo quattro giorni da incubo, ma per fortuna ora a scuola c’è la cogestione ed è passato anche il giorno dei colloqui con i prof, quindi mi sento spensierata e positiva… E cerco di non pensare al fatto che sono ancora a zero con i regali di Natale! =S Voi a che punto siete?  Suggerimenti riguardo a ciò regalare alle mie amiche sono sempre ben accetti! ^^

Coooomunque… Capitolo abbastanza movimentato, non credete? Luna e Stella che finalmente si chiariscono e decidono di iniziare a recuperare il loro rapporto, Antonio che si finge ammalato, l’imminente partenza per Firenze e Marco che, oltre a sostituire Antonio, seguirà le due gemelle durante il viaggio…

Sapete che mi sono commossa mentre descrivevo la scena dell’abbraccio tra le due sorelle?

Il prossimo cap sarà uno dei miei preferiti, in cui conosceremo Cristiana,la madre delle ragazze,Alessandra, l’ex migliore amica di  Luna, e il famoso Christian Bellico…

Ok, la smetto di parlare e passo al sodo xD

Grazie a tutti coloro che leggono, mettono la fic tra i preferiti e le seguite e coloro che hanno recensito:

Lola Step: Dovevi studiare anche tu? Ma non mi dire! xD Ce la siamo cavata bene, dai, non possiamo proprio lamentarci U_U L’idea del link è ottima, sai? Lo seguirò dal prossimo cap, sei una genia :D Marcolì è stato dolce, si si, e l’ultima anticipazione… Eheheh, ora che hai letto immagino che stai sbavando davanti al monitor xD Un bacione e grazie mille! Tvttttb!

vero15star: Ciao mia cara adorabile birbona! :D Tranquilla, mi piacciono questi scherzi, ihihih! Le cose serie sono noiose a lungo andare… Ok, sto sclerando, torno seria anche se ci vorrà un po’ di tempo… Wait please… xD *eccomi!* Riguardo il bacio tra Luna e Marco… Boh… Al momento sembra chiedere la Luna ahaha, poi, chissà… )fingo i non averti già raccontato tutta la trama mesi fa U_U) xD  Un bacione tesoro, ti voglio tanto bene e speriamo di beccarci presto su msn! ^^

_piccola_stella_senza_cielo_: Grazie mille cara! In effetti nessuno si sarebbe mai aspettato che a Stella piacesse Antonio, nemmeno io se non lo sapessi per principio anche perché non li abbiamo mai visti parlare insieme… xD Un bacione! ^^

CriCri88: Ciao carissima! Si, diciamo che per ora mancano quindici mesi alla fine del liceo, ma per ora mi basta l’inizio delle vacanze natalizie… xD Feliz ormai è un caso clinico a parte, povera la sua futura mogliettina che non sa nulla, e Stella per una volta sembra umana al 100%. Antonio è sempre stato innamorato di Luna come ha detto lui stesso, e ogni tanto negli scorsi capitoli ho cercato di dare qualche indizio minimo come quando, nel primo, dice che non sopporta quando Marco la infastidisce, ma sai come sono, non espongo mai le cose al completo per aumentare l’effetto sorpresa xD Ti ringrazio come sempre e, se ti va, puoi chiamarmi con il mio nome “vero”, Mena (che vero non è visto che è un diminutivo :D) visto che ci conosciamo da mesi e ho notato che c’è ancora questa formalità del mio nick ^^ Un bacione!

Giulietta7: Ciao ^^Che bello sapere che hai letto “Love Generation” =) Ti ringrazio per il tuo commento, ammetto che nelle mie storie spesso ci impiego un po’ per arrivare ad un punto di stabilità in cui si delineano bene i personaggi, i loro caratteri e la storia e faccio si che i primi capitoli siano ancora introduttivi e risultino un po’ “Lenti”. Comunque mi consola sapere che la storia in seguito ti sia piaciuta e spero continuerai a farmi conoscere le tue impressioni ^^ Ancora grazie, un bacio!

rossy87: Ciaooo! In effetti ricordi che quando tu mi chiedesti se a Antonio piaceva Luna io ti risposi che bisognava attendere il cap 8 per una risposta? E così fu xD Hai proprio ragione, Luna non può proprio lamentarsi per tutti i ragazzi che ha dietro, ha l’imbarazzo della scelta e secondo me è pure un po’ scema visto che non gliene interessa nessuno, fosse per me mi accontenterei anche di Antonio (non che il poverino sia da buttare, ovviamente, anzi, è così dolce quando vuole, mi riferisco rispetto a ragazzi del calibro di Mattia) xD Ma per ora non è destinata all’amore… E dico ora nel senso che dobbiamo aspettare un paio di capitoletti per farla rendere conto di una cosa… *mi cucio la bocca perché adoro spoilerare e potrei andare avanti per ore* Comunque ti ringrazio vivamente per i tuoi complimenti, sei gentilissima! ^^ Un bacione cara!

Blair 95: Grazie mille per l’in bocca al lupo cara ^^ Eh si, nessuno si aspettava che fosse Antonio colui che la baciava, e diciamo che l’ho fatto apposta a mettere il nome di Mattia tra le anticipazioni ….Spero mi perdonerete…. xD In effetti Stella non è il mostro che sembra anche se comunque i suoi errori con Luna li ha fatti, e ora le due gemelline cercheranno di fare le brave e avere un buon rapporto basato sulla confidenza. Grazie mille, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, un bacione!

sam05: Ciao ^^ Tranquilla per il ritardo, capita a tutti di non avere mai tempo, a me per prima purtroppo! Comunque è un bene che inizi a rivalutare Stella, anche se in futuro ci sarà qualcosina che per un potrebbe farci cambiare di nuovo idea, ma nulla di grave =) La situazione è decisamente incasinata, si si, e lo diventerà sempre di più in seguito xD Un bacio e grazie mille!

BizzarreBiscuit: Carissima! Spero ti sia arrivata l’e-mail che ti ho mandato appena ho letto la recensione, ma in caso negativo, ti auguro un felicissimo Natale e un magnifico anno nuovo! Auguri per la nuova casa, sono certa che ti troverai benissimo! Comunque, si, tu hai proprio il dono di apprezzare i personaggi che all’inizio faccio apparire un po’ negativi, tipo Stacy, ricordi? *_* Quanti ricordi! Un bacione affettuoso, spero di sentirti al più presto! ^^

 

Volevo dirvi che ho già delineato la trama di ogni capitolo che mi manca e ne è uscito fuori che questa storia avrà 25 cap più un epilogo, ed è inutile dirvi che sto già pensando alla seconda parte della storia… So che è prematuro chiederlo visto che io sono arrivata a scrivere fino a metà del 13 cap, ma a voi farebbe piacere se questa storia avesse un seguito? Perché se mi date l’ok in questi mesi continuo a meditare su cosa far succedere visto che ho già qualche ideuzza… Fatemi sapere! ^^

E, come sempre, eccovi qualche Anticipazione:

 

Mamma gli sorrise in modo ammiccante. “Grazie, caro, tu si che ne capisci di arredamento!”.
Ok, mamma era anche molto egocentrica, e durante le litigate con Stella le avevo spesso rinfacciato di essere identica a lei, ma, visto come stavano i fatti, mi sarei volentieri rimangiata tutto.

________________

Le guance di Marco si colorarono lievemente e si alzò, avvicinandosi. “Quel che detto è detto, e anche se tu non sei Stella, beh, non posso negare che… Che stai bene, cioè, che così sei bellissima” sussurrò, riguardandomi dall’alto in basso.

________________

“Eh, si, stavo per dirtelo. Insomma, sai quelle cose in stile amore a prima vista? Ci… Ci siamo conosciuti in treno e da allora siamo inseparabili” mentii, e dalla stretta di Marco capii che dovevo stringerlo a mia volta per risultare almeno un po’ credibile.  Obbedii, stringendolo e appoggiandomi su di lui.

 

Che cosa avete intuito da quest’ultimo spoiler? Secondo voi con chi mente Luna? Si accettano scommesse xD

Aggiornerò il giorno della Vigilia per farvi gli auguri, care!

La vostra milly92

 

 

 

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Capitolo 11
*** Ritorno a Firenze- Un Senso ***


Ritorno a Firenze- Un Senso

Capitolo 10

Ritorno a Firenze- Un Senso

 
“Si parte, yeeeeah!”.

L’urlo euforico di Stella non piaceva affatto dato che ero ancora mezzo addormentata, proprio come Flavia che sonnecchiava sulla mia spalla destra. Il treno era appena partito ed io avevo già voglia di ritornare a casa dei nonni, stare tra le calde coperte del mio lettone e svegliarmi alle undici visto che era martedì e non dovevo lavorare.

“Stellina, capisco la tua euforia, ma per favore, abbassa la voce” sussurrò zia Carla, mentre sua figlia annuiva.

“Infatti, sono le sei e mezzo del mattino e tra qualche ora dovrò perdermi nei dettagli della chiesa di Santa Maria Novella, Santa Maria Del Fiore  e compagnia bella, quindi lasciami riposare un po’” sovvenne Marco, che se ne stava seduto vicino alla sua migliore amica con una misa stranamente quasi formale per l’occasione, che consisteva in pantaloni neri, camicia bianca con maglioncino blu che risaltava gli occhi.

“Quanto ti capisco!” mormorò Flavia, dall’alto della sua recente laurea in architettura. “Ma ne vale la pena, credimi.Yaaaaawn.  Se mi chiama Clemente al cellulare rispondi tu mamma, e digli che sto dormendo. Buonanotte” e così dicendo si sistemò su un fianco e si addormentò all’istante.

“Se i risultati sono questi, mi pento di aver scelto architettura” bofonchiò Marco, e quando lo guardai con disapprovazione lui mi sorrise quasi ingenuamente. Non era la prima volta che capitava, negli ultimi giorni a lavoro ci eravamo comportati in un modo molto civile ed educato, ma fuori da quella sede mi sembrava strano vederlo assumere un simile atteggiamento. Ma dopotutto non erano nemmeno le sette del mattino e un simile comportamento poteva essere concesso.

Poco dopo, anche zia Carla raggiunse sua figlia nel mondo dei sogni e così io, mia sorella e Marco restammo svegli in silenzio.

“Hai notizie di Antonio?” buttò lì Stella dopo la prima ora di viaggio.

Scossi il capo. “No, non è ancora ritornato e suo fratello Gianluca non vuole dirmi nulla” ammisi.

“Beh, però devo ringraziarlo, grazie a lui ho avuto il posto da Michele” ragionò Marco, scrollando le spalle.

“Si, però non venire a lavoro per così tanti giorni fingendosi ammalato mi sembra un po’ esagerato considerato ciò che è successo. Ci siamo chiariti e basta, non ha senso…” mormorai. Mi dispiaceva che avesse deciso di non venire per un po’ a lavoro a causa mia.

“Perché, mica è solo lui? Se ci fai caso anche Mattia ti evita da dopo la festa” mi tenne presente Stella. Le avevo raccontato quell’episodio e lei ci era rimasta.

“Vabbè, perché ha capito che ha esagerato” lo spalleggiò Marco. “Stai tranquilla e non farti film in testa, non gli interessi più” aggiunse.

“Guarda che a me non frega nulla” dissi con sincerità.

“A te no, ma a Miriam si” ridacchiò Stella. “Senza offesa, ma per me ha sbagliato… Non capisco perché diamine si sia allontanata da te in questo modo”.

“Non lo so. Miriam è un po’ particolare, forse avrà percepito l’imbarazzo nel riavvicinarsi dopo che si è allontanata, bah” buttai lì.

“In realtà il punto è un altro” intervenne Marco con aria quasi saggia.

Lo guardai senza capire, insomma, lui cosa ne sapeva? Parve comprendere la mia incomprensione, e , come se mi avesse letto nel pensiero, disse: “Mattia le ha detto che non gli interessa di lei e che  preferisce te, quindi è un po’ in fase di gelosia”.

“Sai sempre tutto, eh?” borbottò Stella con  aria furba.

“E’ ovvio, Mattia è il suo migliore amico” dedussi con ovvietà, incrociando le braccia e stiracchiandomi un  po’ sul mio sedile.

“Beh, si” concordò Marco. Wow, avere la soddisfazione di concordare con Marco Valenti non ha prezzo, giuro!

Il viaggio proseguì tra un sonnellino e l’altro, e quando arrivammo a Firenze erano ormai le undici passate del mattino. Ci volle un po’ per recuperare i bagagli, svegliare Flavia e la zia e riuscire a scendere dal treno indenni, ma per fortuna, dopo un po’ di caos, riuscimmo a scorgere la chioma scura e sempre perfetta di nostra madre, Cristiana Lo Buono, stilista abbastanza affermata nel campo fiorentino. Ormai quarantatreenne, sembrava avere la stessa stoffa di una ventenne sicura di sé, con un grande sorriso ampliato ancora di più dal rossetto rosso che ne risaltava la dentatura perfetta. Gli occhi verdi, che nessuna di noi due aveva ereditato, sembravano quasi illuminarsi mentre guardava in nostra direzione, e il completo blu che indossava con gran decoro, insieme ai tacchi a  spillo vertiginosi che aumentavano ancora di più la sua statura e la sua magrezza, le conferiva quell’aria da donna perfetta dalla carriera altrettanto perfetta. 

“Oh, finalmente! Fatevi salutare, piccole! Che bello vedervi di nuovo insieme!” cinguettò appena ci avvicinammo, allargando le braccia prontamente e continuando a sorridere. “Carla, ciao! Come stai?” disse subito dopo, dopo un abbraccio lampo dato a me e Stella come se l’ultima volta che c’eravamo viste fosse la sera prima. “Ed ecco la sposina! Oh, dov’è l’anello di fidanzamento?” proseguì, lasciando Flavia immobile e un po’ impacciata visto che si stava sporgendo per salutarla ma lei era, al contrario, presa solo dalla sua mano sinistra. “Marco! Mio Dio, ma quanto sei cresciuto?! Ti sei fatto proprio un bell’ometto, eh? L’ho sempre detto a Stella che se avesse avuto tutte le rotelle a posto sarebbe la tua fidanzata da anni ed anni, ma lei non mi vuol mai stare a sentire!” cinguettò, mentre Marco sembrava parecchio a disagio  e accentuò ancora di più questa mia impressione passandosi una mano dietro la nuca e sorridendo senza sapere cosa dire.

Altro che Uragano Cathrina, qua si parlava di Uragano Madre Cristiana. Mamma era sempre stata una persona molto volubile, caratteristica che aveva affascinato papà sin dalla tenera gioventù, e questa caratteristica parve essere ricordata nell’animo di persone come Flavia e Marco che non la vedevano da anni.

 “Ora andiamo a casa, così sistemate i bagagli, pranziamo e poi andiamo nella boutique, che ne dite?” propose lei, mentre uscivamo dalla stazione e ci addentravamo nel caos mattutino di Firenze. “E quanto a te, Marco, se vuoi puoi già iniziare le tue visite, Stellina e Lunetta saranno felici di farti da guida, vero? Giusto il tempo di posare i bagagli e potrai calarti nella tua amata arte!”.

Io e Stella la guardammo con rimprovero, arrossite, mentre Marco sembrava sia un po’ confuso che divertito. “Stellina e Lunetta!” mimò con le labbra, soffocando a stento una risata, e sia io che la mia gemella gli demmo un pugno sul braccio.

Ritornare a casa fu strano, per me. Pensavo sarebbe stato più doloroso, invece, alla luce dei recenti avvenimenti avvenuti tra me e Stella, nessuna nota negativa mi passò per la mente quando entrai nella mia stanza, dalle pareti color pesca e abbastanza ampia. Adiacente a questa, vi era quella lilla di Stella, delle stesse dimensioni e con il letto a baldacchino posizionato vicino la finestra.

“Wow, è proprio una bellissima casa, complimenti signora” si congratulò Marco dopo un breve tour che mamma aveva fatto fare sia a lui che alla zia che a Flavia.

Mamma gli sorrise in modo ammiccante. “Grazie, caro, tu si che ne capisci di arredamento!”.

Ok, mamma era anche molto egocentrica, e durante le litigate con Stella le avevo spesso rinfacciato di essere identica a lei, ma, visto come stavano i fatti, mi sarei volentieri rimangiata tutto. La solitudine sembrava aver danneggiato la già alta autostima di mamma, ad essere onesti. 

“Allora, per quanto riguarda i letti, Carla e Flavia voi  dormirete nella sala degli ospiti, va bene?” propose mamma. Annuirono, e poi lei si voltò verso Marco. “E in quanto a te, ti va bene se Luna dorme nel letto a due piazze e mezzo nella camera di Stella e tu dormi nella sua stanza da solo? Oppure preferisci dormire con loro due, così faccio spostare il letto?”.

Subito mi voltai verso Marco. “Tu dormire nel mio letto…? Mannaggia a me che non mi sono fatta comprare il letto più grande come quello di Stella!”.

“Così avresti potuto dormire con me?” chiese Marco provocatorio, visto che mamma si era distratta un attimo per mostrare un particolare vaso cinese alla zia.

Arrossii, notando quanto le mi parole potessero risultare equivoche visto che non mi ero spiegata per bene. “Ma no, idiota, nel senso che così avrei avuto il letto tutto per me e tu saresti potuto andare a dormire nella cuccia  del cane che avevamo anni fa! Li ti meriti di stare!”.

Mamma si voltò e chiese: “Allora?”.

“Allora Marco dorme con me al posto di Luna, sai che lei ha problemi ad abituarsi con gli altri materassi” mi salvò Stella, e le sorrisi apertamente per ringraziarla.

“Ok, perfetto” disse mamma con nonchalance.

“Ma mi raccomando, fratellino, giuro che se mi spiaccichi obbligandomi a dormire nell’angolo più remoto del letto sul serio ti faccio andare a dormire nella cuccia del cane!” gli rammentò seria e minacciosa Stella, in un modo tale che entrambe battemmo il cinque e Marco la guardò esasperato.

“Non capite un’acca voi due, chissà quante ragazze vorrebbero essere al vostro posto pur di avermi come ospite in casa loro, e voi mi trattate così!”.

“Ma vaaa!” lo canzonammo, e scoppiammo a ridere proprio come stava facendo Flavia che aveva seguito tutta la scenetta e non aveva resistito.  

Un quarto d’ora dopo, scorazzavo liberamente sul mio scooter azzurro con alle spalle quello nero su cui vi erano Stella e Marco, alla volta della Chiesa di Santa Maria Novella. Quanto mi era mancato, visto che non avevo potuto portarlo con me a Maddaloni!

“Wow, magnifica!” disse estasiato Marco appena si ritrovò davanti l’edificio. Il grande portone centrale, le quattro arcate laterali che si trovavano da ogni lato, il grande oculo centrale in alto che doveva evidentemente fungere da rosone, rappresentavano tutto ciò che Marco sembrava desiderare al momento, mentre fotografava il tutto con grande interesse.

“Insomma, è una chiesa, non so cosa ci sia di particolare” sbuffò Stella dopo i primi cinque minuti passati a fotografare la chiesa da ogni angolazione. 

La guardai di sbieco. “Dai, dopotutto per lui è importante, e poi questa chiesa è una delle più famose d’Italia…”.

Stella mi guardò come a dire: “Ah sì?”. Sbuffai, spazientita.

“E meno male che hai fatto il liceo Artistico!” la rimproverai.

Scrollò le spalle, come se non gliene fregasse nulla.

“Luna ha ragione, insomma, ci sono tantissime opere anche letterarie che trovano un pretesto letterario in questa chiesa!” intervenne Marco.

“Infatti” concordai. “Tipo… Tipo il “Decameron”, ecco! Insomma, è qui che i dieci giovani si incontrano e poi decidono di isolarsi sui colli Fiesolani per sfuggire alla peste del 1348 e creare una loro comunità!”.

Stella mi guardò quasi come se fossi un’aliena e poggiò le braccia sui fianchi, continuando a sbuffare. “Mica è colpa mia se quello sciroccato di Petrarca ha scelto questa chiesa…”.

“Guarda che è Boccaccio” dicemmo all’unisono io e Marco, per poi guardarci quasi un po’ sconvolti per il tempismo con cui avevamo pronunciato quelle parole.

“Oh, basta! Ma vi siete messi d’accordo voi due per farmi da professori stamattina? Dobbiamo visitare questa chiesa, e  visitiamola, su!” disse, quasi offesa, e ci superò, iniziando a camminare con passo di marcia verso l’entrata della chiesa.

Marco sospirò e mi seguii, mentre la seguivo. “Le voglio bene e tutto, ma quando fa la permalosa è insopportabile” sussurrò.

“Vabbè, dai, almeno puoi dire che un difetto ce l’abbiamo in comune” ironizzai.

Marco mi guardò, e accennò un sorriso.  “Si, anche se ora ai suoi occhi anche io e te abbiamo qualcosa in comune”.

Quella frase mi fece dimenticare ciò che avevo udito precedentemente e lo fissai come se avesse detto quasi un’eresia. Mi sentii quasi arrossire, e quasi non lo ascoltai quando spiegò: “Per il fatto che entrambi siamo universitari e ne sappiamo un po’ più di lei riguardo la cultura. Complimenti, eh, non ti facevo così brava anche in arte e letteratura”.

Mi ridestai da quel momento di nonsochè e lo  fissai con più intensità. “Guarda che io al liceo avevo la media del 7,8 e non ero una nullafacente. E poi arte e italiano mi sono sempre piaciute” gli feci notare, cercando di trasformare la mia momentanea confusione in una mezza aria offesa.

Lui scrollò le spalle. “Non lo metto in dubbio, Stella mi diceva sempre che studiavi molto… E anche ora te la stai cavando bene all’Università, insomma, io stesso al primo esame presi venticinque…”.

“Che ne sai tu dei miei voti?” chiesi.

“Lo dicesti tu il giorno che tornò Stella che avevi preso ventotto” mi ricordò.

“Ah, si, gius…”.

“Ehi, voi due, avete intenzione di arrivare fino in fondo alla chiesa passeggiando allegramente senza guardare nulla?” ci interruppe la voce infastidita di Stella, che ci aveva afferrato entrambi per i gomiti per bloccarci.

Senza rendercene conto, eravamo arrivati a metà chiesa tra una chiacchiera e l’altra. Per la prima volta avevamo parlato civilmente senza accusarci e offenderci… Che diamine stava succedendo?!

“Oh, scusa, Stella” si ridestò Marco, voltandosi verso di lei per poi bloccarsi, quasi con un’espressione estasiata. “Cavoli, “La Trinità” di Masaccio! Ditemi che gli interni si possono fotografare! E anche se così non fosse, chi se ne frega!” e si volatilizzò nei pressi di quel quadro che rappresentava Cristo sulla croce con la sua amata macchina fotografica digitale in mano, simile ad un bambino che vede la giostra dei suoi sogni al parco giochi.

Io, che ormai conoscevo la chiesa a memoria per tutte le volte  che l’avevo visitata, presi posto su una delle panche con Stella alle calcagna, che mi guardava in un modo quasi insistente.

“Che c’è?” domandai, non potendone più dei suoi sguardi.

“No, niente, è che… E’ stato bello vedervi calmi e uniti per una volta” sussurrò contenta. “Ormai sono sempre più convinta che il vostro punzecchiarvi sia solo una cosa abituale, secondo me non esiste più questo secolare odio che avete sempre provato nei confronti dell’altro”.

“Odio è una parola forte” riuscii solo a dire, quando poi poche settimane prima avrei confermato che l’odio era l’unica cosa che avrei potuto nutrire nei confronti di quel ragazzo. Negli ultimi giorni, a lavoro, eravamo arrivati a passare le ore lavorative insultandoci solo un paio di volte, ma sapevo che le cose tra noi non sarebbero mai cambiate così drasticamente fino al punto di farci intavolare una conversazione civile in tutto e per tutto senza punzecchiature.

A mezzogiorno e mezza trascinammo con forza Marco fuori dalla chiesa, visto che sembrava volesse accamparsi lì per i seguenti tre giorni, ma mi bastò nominare la chiesa di Santa Maria del Fiore per fargli comprendere che non gli conveniva perché aveva ancora molte cose da visitare.

Pranzammo grazie a zia Carla che si era premurata di mettere qualcosa in tavola visto che mamma aveva passato due ore a telefono a litigare con una sua collega sulla nuova collezione invernale, e alle quattro mamma ci trascinò nella sua boutique per scegliere i vestiti. Ovviamente lei si occupò dell’abito della sposa, così lasciò me e  Stella nelle mani di una commessa e zia Carla in quelle di un’altra. Marco si era comodamente seduto su uno dei sofà bordeaux con tanto di tavolini su cui c’erano caramelle e cioccolatini  dato che mamma gli aveva chiesto di restare per darci un consiglio per poi continuare la sua visita con la prima delle due che avrebbe trovato l’abito.

Quindi, mi proposi con tutta mi stessa di trovare mille difetti per ogni abito in modo da far terminare prima Stella e avere la possibilità di scegliere il tutto con calma, senza lo sguardo critico di quel Marco addosso.

“Cosa ne dici di questo?” mi propose la commessa, Gaia, nonché migliore amica di mia madre. Era abbastanza alta, con i capelli biondissimi a caschetto e un sorriso onestamente poco rassicurante. Il vestito che mi stava proponendo era nero, cortissimo, con una scollatura prominente.

“Oh, no, no, insomma, è un matrimonio, non un funerale” risposi subito.

“Ho capito,per te ci vuole qualche tinta pastello!” affermò gloriosa, quasi come se avesse trovato l’ottava meraviglia o scoperto l’arcano mistero del Santo Graal. Così dicendo,mi mostrò un lunghissimo abito color zucca.

“No, scusami” borbottai.

Me ne mostrò circa dieci, ognuno di svariate forme e colori, finchè il mio sguardo non fu attratto da uno su un manichino, di un blu delicato, con il corpetto semplice che designava la forma del seno e una fascia sotto e una  scollatura a forma di goccia dietro, nei pressi della schiena. Era di seta, e arrivava circa nei pressi del ginocchio.

“Gaia, voglio provare quello!” esclamai subito, colpita.

“Oh, che coincidenza, stavo per mostrartelo io!” esclamò lei. “Bella scelta”.

Prese il vestito della mia taglia e me lo diede, così andai nel camerino e lo provai. Il risultato mi colpì:  mi stava bene, valorizzava qualche punto un po’ debole del mio corpo ed era aggraziato, né troppo estroso né troppo volgare.

“Cara, prova queste scarpe, dovrebbero andarci divinamente! Va bene il numero trentotto?” mi disse la voce di Gaia dall’altra parte dello spogliatoio, entusiasta ancora più di prima.

“Si, è perfetto” risposi, prendendo le scarpe che mi stava passando. Erano carine, blu con il tacco alto e il cinturino in vita. Le provai e a loro volta andavano bene.

Uscii dal camerino soddisfatta e Gaia si sprecò in lodi. “Vai di là, fatti vedere da Cristiana! Sarà orgogliosissima di te, hai un fisico da bambolina!” esclamò, battendo le mani.

Ok, fisico da bambolina potevo anche accettarlo visto che era abbastanza minuto, solo che se cercava di farmi un complimento, beh, non ci era riuscita. Mentre raggiungevo mamma, mi sciolsi i capelli che avevo castigato in una coda sin dalla mattina perché il nodo dell’elastico si era allentato, e mi stavo giusto togliendo i capelli dal viso quando la voce di Marco mi fece sobbalzare.

“Cavoli, Stella, sei uno schianto! Sono senza parole!”.

Non riuscii a dire nulla, quasi sobbalzai e mi limitai a guardarlo in faccia, allibita, togliendomi i capelli dal viso e mostrando che non ero la mia gemella.

Marco si pietrificò, come se stesse assistendo ad un reato, stringendo con forza i braccioli del sofà, e deglutì. “Oh, scusami, pensavo…”.

“Ho capito, non c’è bisogno che ti giustifichi” sintetizzai, parandomi una mano avanti.

Le guance di Marco si colorarono lievemente e si alzò, avvicinandosi. “Quel che detto è detto, e anche se tu non sei Stella, beh, non posso negare che… Che stai bene, cioè, che così sei bellissima” sussurrò, riguardandomi dall’alto in basso.

Per la seconda volta in quella giornata arrossii, e non ci capii molto. Perché mai dovevo imbarazzarmi in quel modo?

“Ti ringrazio” sussurrai flebilmente.

“Oh, ma quanto sei bella, piccolina?” ci interruppe la voce di mamma, estasiata.

“Sul serio, stai benissimo, Luna!” intervenne Flavia. “Io sto ancora a zero” aggiunse tetra.

“Grazie” risposi. “Ora lo faccio vedere a Stella….”.

“Devi prenderlo, assolutamente, quel vestito l’ho disegnato con l’aiuto di François Sergreret, un mio amico stilista francese che ha tantissimo gusto!” esclamò mamma, girandomi attorno, e fu così che anche Stella espresse il suo consenso  e decisi di prendere quel vestito con sopra un di soprabito abbinato.

“Ora però accompagna Marco a visitare qualche altra chiesa, Luna, non è giusto che si annoi qui, tra noi donne” aggiunse mamma.

“Ma no, si figuri, posso andare da solo…” cercò di dire Marco, che sembrava ancora un po’ scosso, ma lei non volle ascoltare repliche e mi obbligò ad accompagnarlo.

Ci ritrovammo immersi nella fredda aria del tardo pomeriggio fiorentino, ognuno nei propri pensieri mentre camminavamo fianco a fianco. “Guarda che prima ero serio, se ti va puoi tornare a casa, io mi farò aiutare da una cartina, qui ne vendono a decine” disse lui, rompendo il silenzio dopo cinque minuti buoni di cammino. Al nostro fianco, le auto sfrecciavano veloci per la città, le persone uscivano dia negozi con numerose buste in cui probabilmente c’erano decine di regali di Natale per i loro cari, alcuni negozi diffondevano le note delle più varie canzoni natalizie per tutta la strada.

“Ma no, mi va di camminare un po’” buttai lì, scrollando le spalle. “E mi sono appena ricordata che sto a zero con i regali di Natale tra università e lavoro”.

“A chi lo dici! Non ho la minima idea di cosa comprare, specialmente a Stella, è il primo Natale che passiamo insieme da anni ed anni”.

“Se vuoi ti posso dare una mano” proposi, senza sapere da dove uscisse fuori quella cordialità. Eravamo arrivati davanti al mio scooter, così gli passai il casco e lo esortai a salire dietro di me.

“Grazie, mi faresti davvero un favore, fare un regalo ad una ragazza è sempre difficile” sospirò.

“Ma dai! Insomma, ci sono centinai di cose da comprare, invece per  noi donne è più difficile trovarne uno adatto per un uomo”precisai, mentre mettevo in moto.

“Vuol dire che tu ti accontenteresti del solito profumo o del solito braccialetto?” chiese scettico, mentre la città iniziava a sfrecciare attorno a noi.

“No, io no, ma solo perché si tratta di me. Cioè, non rifiuterei un regalo simile, ma diciamo che il mio regalo ideale sarebbe un altro…” risposi, alzando la voce visto che così era impossibile comunicare per bene.

“E sarebbe?”.

“Indovina”.

“Non sarà una di quelle cose in stile “trovare l’amore” e via dicendo, vero?”.

“Pensi che sia così scontata?”.

“In effetti no”.

“Ecco, bravo”.

Accelerai e lo sentii sbandare un po’. Mi voltai per una frazione di secondo per vedere se fosse tutto ok, e lo sentii domandare: “Ti spiace se mi reggo a te?”.

“No, ci mancherebbe, non ti voglio sulla coscienza” risposi automaticamente, ma sentii il mio stomaco annodarsi quando avvertii le sue braccia cingermi con decisione attorno alla vita. Quella non era assolutamente la mia giornata, no, non era da me sentirmi così strana per così tante ore. Non aveva alcun senso la sensazione di puro scombussolamento che stavo vivendo, accidenti!

 “Voglio trovare un senso a questa situazione
Anche se questa situazione un senso non ce l’ha

Voglio trovare un senso a questa condizione
Anche se questa condizione un senso non ce l’ha”

 Cercai di liberare la mente e ci riuscii dopo un po’, proprio nel momento in cui lui riprese  a dire: “Secondo me il regalo ideale per te non esiste”.

“Non è vero! Esiste eccome, ma mi sa che me lo farò da sola” precisai, sospirando e girando una curva, prendendo una scorciatoia per arrivare prima alla chiesa di Santa Maria del Fiore.

“Tanto che è irraggiungibile?” domandò interessato.

“No, se mi do una mossa. E’ solo che… E’ una cosa che interessa solo me, quindi è ovvio che devo regalarmela da sola…”.

“Posso sapere di che diamine stai parlando?” domandò infine, quasi esasperato dalla curiosità. Si allacciò meglio attorno alla mia vita e poggiò il mento sulla mia spalla per sentire meglio. Un’altra contrazione turbò il mio stomaco.

“Il biglietto per il concerto di Vasco al Palamaggiò il 9 febbraio” risposi, con gli occhi che brillavano al solo pensiero. “L’ho scoperto un paio di giorni fa e per fortuna c’erano ancora dei biglietti disponibili, per cui credo proprio che domani andrò a comprarlo. Cascasse il mondo, non posso perdermi Vasco” dissi decisa.

“Ammetto che è un regalo originale. Solo che… Fartelo da sola… Non ti sembra un po’ triste?” chiese.

Scrollai le spalle. “No, perché dovrebbe? Non conosco nessuno che sia un suo fan sfegatato come me, per cui mi sembra normale comprarmi il biglietto e andarci da sola” risposi, un po’ rigida, quando in realtà andarci con qualcuno mi avrebbe fatto sentire meglio.

“Capisco”.

Arrivammo a destinazione dieci minuti dopo, e sentii una sorta di sensazione di freddo e di vuoto quando ci separammo.

“Ecco la tua amata chiesa” dissi, cercando di dimenticare quella sensazione, e mi voltai per posizionare meglio lo scooter quando davanti a me vidi due delle ultime persone che avrei voluto vedere durante quel breve soggiorno.

“Oddio” sussurrai, bloccandomi.

Marco mi guardò senza capire mentre mi passava il casco. “Cos’è successo?”.

“Niente, niente, fai finta di nulla” dissi a mezza voce, mentre avanzavano verso di noi la mia ex migliore amica mano nella mano con Cristian Bellico. Che diamine di scherzo era quello?! Alessandra era fidanzata con Umberto, non poteva stare con quello che sapeva essere stato il mio amore segreto per anni ed anni.

“Ma quello è Christian!” esclamò Marco. “Stella mi fece vedere una sua foto…”.

“Si, e sta mano nella mano con la mia ex migliore amica” risposi amaramente, a bassa voce, voltandomi verso di lui.

Marco s’immobilizzò, spalancando gli occhi. “Mi dispiace…”.

Abbassai lo sguardo, socchiudendo gli occhi e cercando la forza di affrontare quella situazione nel migliore dei modi.  Ormai erano vicinissimi e cambiare strada era impossibile.

E infatti, tre secondi dopo fui scossa da un: “Oh, ma guarda chi c’è! Luna!” made in Alessandra.

“Oh, ciao, Alessandra” risposi, cercando di far notare il mio distacco visto che la chiamavo sempre Ale. Sembrava molto cambiata, i suoi capelli erano di un rosso ramato a dispetto dei soliti capelli castani ed era truccata pesantemente. “Ciao, Christian”. Alto e affascinante come sempre, sia lui che Alessandra mi salutarono con due baci sulle guance per poi iniziare a farmi le solite domande.

“Sono qui perché il mese prossimo si sposa mia cugina ed io e Stella volevamo prendere il vestito da mamma” spiegai, pronunciando con enfasi il nome della mia gemella tanto che Christian parve avere un brivido.

“Capisco. Io sto alla facoltà di giurisprudenza, proprio insieme a Chris, ed è lì che abbiamo deciso di metterci insieme dopo che mi sono lasciata con Umberto” cinguettò soave Alessandra, stringendo di più a sé Christian che iniziava a sembrare molto a disagio.

“Mi fa piacere, insomma, vedere che ti sei ripreso bene dalla rottura con Stella, Chris” dissi nel modo degno della migliore ochetta del posto. Vedere Alessandra in quegli atteggiamenti mi aveva decisamente infastidita, sembrava che anni ed anni di amicizia per lei fossero scomparsi come se nulla fosse.

“Oh, si, certo” rispose burbero lui, arrossendo.

“E tu invece? Ancora single?” chiese soddisfatta Alessandra.

“Io…”.

“Lei ha trovato l’amore a Maddaloni grazie al sottoscritto. Piacere, sono Marco, il suo ragazzo” disse sua voce al mio fianco, e lì fu un boom di emozioni: soddisfazione nel vedere la faccia di Alessandra sbiancare per la gioia mancata, incredulità per la bugia che Marco aveva inventato per me, confusione nel sentirlo cingermi i fianchi con un braccio e baciarmi una guancia.

“P-Piacere” rispose lei, seguita a ruota da Christian.

“Eh, si, stavo per dirtelo. Insomma, sai quelle cose in stile amore a prima vista? Ci… Ci siamo conosciuti in treno e da allora siamo inseparabili” mentii, e dalla stretta di Marco capii che dovevo stringerlo a mia volta per risultare almeno un po’ credibile.  Obbedii, stringendolo e appoggiandomi su di lui.

“Mi fa piacere, allora, che bello! Beh, noi ora dobbiamo andare… E’ stato un piacere” squittì stizzita la mia ex migliore amica, e con sollievo la vidi allontanarsi con il suo nuovo ragazzo alle calcagna.

Appena furono abbastanza lontani, io e Marco ci separammo e non ebbi il tempo di dire nemmeno mezza sillaba che lui mi ammonì con un: “L’ho fatto perché so come ci si sente in queste situazioni, e basta, capito?”.

Eccolo ritornato il solito tipo glaciale. Sospirai, annuendo. “Grazie, tanto so che sei cosciente del fatto che hai fatto tutto tu ed io non ti ho chiesto nulla”.

“Prego. Ora, andiamo, ho una chiesa da studiare” e così dicendo arrancai dietro di lui, in un luogo in cui avrei fatto bene a fare qualche preghiera visto i deterioramenti che stava subendo la mia anima ora dopo ora.

 

 

*°*°*°*

Salve chicas!

Come va?

Ho deciso di aggiornare un giorno prima perché domani le mie amiche hanno deciso di rapirmi letteralmente per passare insieme la giornata fino al momento del cenone visto che nell’ultimo mese ci siamo viste pochissimo.

Sono felicissima, adoro il dolce far nulla pre-natalizio ed adoro il giorno della vigilia di Natale, quindi sono in piena fase di adorazione e sorrisi diabetici ogni tre secondi xD

Mi dispiace solo che non mi sono trovata con i tempi e riuscire a pubblicare in questo periodo il cap 14 che ho finito di scrivere oggi e che parla proprio della giornata di Natale =(

Comunque, volevo dirvi che ho apportato una piccola modifica all’attore che “interpreta” Marco, perché quello di prima di non mi convinceva molto. E così, eccovi l’attore che ho scelto, ovvero Tom Welling anche se è molto più grande di Marco e ha gli occhi verdi  e non blu…

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Che ve ne sembra? Per voi va bene?

E poi, eccovi la madre delle ragazze:

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 Alessandra:

 
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e Christian:
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Vabbè, ora passiamo ai ringraziamenti… Come sempre grazie mille a tutti coloro che leggono, hanno inserito la storia tra i preferiti e le seguite e che hanno recensito lo scorso cap:

CriCri88: Ciao Cri ^^ In effetti mi sarebbe piaciuto mille volte di più chiamarmi Milena ma purtroppo devo accontentarmi di Filomena (anche se così mi hanno chiamato solo il prete che mi ha battezzato e la mia prof di musica delle medie in diciassette anni xD). Che intuito che ho a chiamare la madre delle gemelle come te senza saperlo xD xD xD Comuqnue… Fregarti non è nelle mie intenzioni, giuro, e se potessi giuro che ti direi tutta la trama già dall’inizio e chiederti consiglio, ma credo che tu preferisca conoscere i vari casini che creo capitolo dopo capitolo ^^’ Luna sta avendo i primi sintomi della cotta per Marco, verissimo, per cui particolarmente rilevante sarà il prossimo capitolo, ehehe, non dico altro… Un bacione!

_Armonia_: Ciao cara, tranquilla, anzi, ti capisco, io sto al quarto anno e già sono sfinita dopo tre mesi di scuola, quindi non oso immaginare cosa voglia dire stare all’ultimo ^^ Feliz ha sorpreso un po’ tutti, ma purtroppo spesso e volentieri quelli come lui che si agognano per tutta al vita non si dimostrano altro che delle delusioni totali, e per fortuna Luna l’ha presa abbastanza bene senza essersi scottata troppo. Un bacione!

_piccola_stella_senza_cielo_: No in realtà era Alessandra, ma Christian comunque era presente xD Per Stella e Antonio ti anticipo solo che non si metteranno insieme, mentre Marco… Boh, è sempre così misterioso e  strano! xD La scena dell’abbraccio ha fatto commuovere anche me, pensa un po’ ^^’  Un bacio cara!

vero15star:  Tesoro! Negli ultimi due giorni ti ho cercato su msn per torturarti un po’ e riempirti di chiacchiere ma non ti ho beccata, uffiiiii! Ma sappi che non la scamperai a lungo, sai??? xD Comunque, un bel Marcolino è quello che ci vorrebbe ben impacchettato sotto l’albero come regalo di Natale, non credi?        :-Q___ Grazie mille come sempre, mi manchi tantissimo! Ci becchiamo al più presto su msn o facebook, ok? Ti voglio un mondo di bene, baci!

Lola Step: E chi è che non vorrebbe Marco? Magari potessi stare con uno come lui *_* *magnifica l’ultima scena,quando Marco la blocca!Ti giuro,mi sono bloccata davanti al monitor con la bocca semiaperta e gli occhi sbrilluccicanti* è lo stesso effetto che ha fatto a me quando ho riletto il cap, giuro! per ora hai visto solo la metà degli avvenimenti fiorentini, eheh… Un bacione! Tvtttttb!

rossy87: Carissima ciao! Ogni volta che leggo le tue recensioni mi fai stampare il sorriso sulle labbra, davvero, e ti ringrazio di cuore <3 Per ora niente scazzottata con bacio finale, anzi, i due al lavoro sono stati fin troppo civili, ma ammetto che la tua era proprio una bella idea! Diciamo che la mia testolina ha già elaborato un’idea al riguardo e ti dico solo che Luna non sarà in pieno possesso delle sue facoltà mentali xD poi capirai meglio ma dobbiamo aspettare un po’… *devo dire che anche la riappacificazione e il chiarimento tra le sorelle mi è molto piaciuto..era intenso e commovente...davvero,la lacrimuccia quasi quais ci scappava!*  anche io mi sono commossa quando l’ho scritta, sai? *_* non potevo non aggiornare prima di Natale, se fosse per me pubblicherei molto più rapidamente ^^ Un bacione  e grazie mille!

Blair95: Augurissimi anche a te di buon Natale e felice anno nuovo! ^^ Riguardo il seguito allora siamo d’accordo, io già ho decine di idee, spero vi piaceranno anche se mancano mesi e mesi… Luna mentiva con Alessandra, ma Christian era presente, quindi stiamo lì xD I “momenti di vuoto” per Luna continueranno ancora nel prossimo capitolo ma realizzerà in pieno ciò che le succede solo nel prossimo capitolo! ^^ Un bacione cara e grazie mille!

 

Detto ciò…

Come sempre vi lascio delle anticipazioni!

 

“Niente, solo che li avete incontrati e che te la sei cavata bene nel farti valere. Oddio… Idiota, perché non mi hai detto che hai finto di essere il suo ragazzo?” strillò, bussando furiosamente alla porta, così la bloccai.

_____________

Mi gettai sul letto, con il cuore che mi batteva all’impazzata, e improvvisamente desiderai fare chiarezza con me stessa perché non ne potevo più di tutta quella trepidazione. Allora, dovevo ragionare con calma e razionalità. Il mio comportamento non era affatto normale, per niente.

_____________

Possibile che solo ora stessi realizzando quanto fosse splendidamente attraente e magnifico?

“Per me va bene, meglio passare una serata con te in un locale che qui” rispose, come se il fatto non lo riguardasse più di tanto.

 

Ma visto che a breve è Natale, vi dico anche un altro paio di cosucce…:

 

       - Il capitolo inizierà con una visione di Marco in pantaloncini

-          -Conosceremo la prof di spagnolo di Luna del liceo

-          -Leggeremo dei frammenti del diario di Luna di quando aveva 11 anni

 

Ora non mi resta che augurarmi un felicissimo Natale da passare con chi più desiderate nel migliore dei modi tra calma, pace e tranquillità…

AUGURIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

Mi lasciate una recensioncina per farmi sapere che ve ne sembra di questo capitolo, magari anche tra chi fino ad ora ha solo letto, come regalo di Natale? Grazie in anticipo!

A domenica!

la vostra milly92.

 

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Capitolo 12
*** Innamorata? Chi, io? …Cavoli, si!- Colpa Del Whisky ***


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Capitolo 11

Innamorata? Chi, io? …Cavoli, si!- Colpa Del Whisky

La mattina del diciotto dicembre mi ero svegliata con uno strano buonumore che si esprimeva con un bel sorriso sulle labbra, anche se non sapevo a cosa fosse dovuto. Forse dal fatto che tra una settimana era Natale ed io adoravo quella festa? Chissà, eppure non feci altro che canticchiare tra me e me dal momento in cui entrai nella doccia fino a quando non terminai di indossare i miei adorati e comodissimi stivali di camoscio beige, abbinati al gilet che avevo indossato sulla camicia bianca e i jeans.

Feci per andare in cucina quando, passando davanti alla stanza Stella, vidi che era impegnata in una singolare lotta con i cuscini con Marco.

Restai bloccata, con la bocca semi aperta, ma non per il fatto che Marco stesse letteralmente schiacciando mia sorella con una serie illimitata di cuscinate, bensì per il modo in cui egli era vestito: indossava solo un paio di pantaloncini neri e blu. Il resto era tutto “come mamma l’aveva fatto”, e restai ancora più sbalordita quando notai la perfezione dei suoi pettorali, proprio come le sue gambe né troppo magre né troppo grasse. Le sue braccia erano abbastanza muscolose e le muoveva con grazia mentre era sul punto di decidersi a smetterla.

“Luna! Salvamiii! Aiutooooo!” strillò Stella, che muoveva quasi con schizofrenia solo le gambe, dimenticandosi che usando le braccia avrebbe potuto far qualcosa, tipo fargli il solletico, per obbligarlo a smetterla.

Riprendendo buona parte delle mie facoltà mentali, così, mi avvicinai a quella scena pazzoide. Marco se la stava ridendo con un pazzo, e continuò ad avere un sorriso soddisfatto sulle labbra fino al momento in cui io non gli lanciai una cuscinata con l’altro cuscino che se ne stava inutilizzato sul letto, facendolo bloccare.

“I fatti tuoi non te li fai mai, eh?” mi rimproverò mentre mi allontanavo soddisfatta, con una strana voglia di evadere da quel posto.

“No, in questo sono molto simile alla tua migliore amica” risposi, ed ero quasi sul punto di uscire che mi sentii sollevare in aria.

“Ehi, ma che…?”.

“Così imparai a sparlare di me, ahaha!” sghignazzò Stella, che insieme a Marco mi aveva trascinato sul suo letto a una piazza e mezza ed ora mi stavano riempiendo di cuscinate  a loro volta.

“E tu dovresti imparare a non… Ahi… Fraternizzare con il nemico!” la rimbeccai, schivando un colpo. “Non vi stavate scannando fino a tre secondi fa?”.

“In guerra tutto è lecito”  disse saggiamente Marco, facendo l’occhiolino prima di scagliarmi un altro colpo. A sua volta, fu Stella a colpirlo e senza sapere come lo vidi barcollare fino a cadermi addosso come un sacco di patate. Trattenni il respiro, mentre Stella sembrava più agguerrita che mai, nonostante il suo pigiamone con i coniglietti verdi e gialli degni di una bambina di tre anni, e non sembrava avere voglia di smetterla di riempirci di cuscinate. Marco si parò una mano sulla testa per difendersi, ormai decisamente steso addosso a me, con la sua guancia che sfiorava la mia. Improvvisamente mi sentii catapultata in un'altra dimensione, la stessa che mi aveva ospitata il giorno prima quando si era stretto a me sul motorino, e mi parve di sentire remotamente Stella che diceva trionfante: “E poi, si dice in amore e in guerra tutto è lecito, scemo!”.

L’unica cosa di cui ero consapevole- oltre che il corpo di Marco fosse tremendamente caldo e piacevole con cui stare a contatto- era proprio  che al momento non ero decisamente consapevole di nient’altro.

“Luna, tieniti pronta” mi sussurrò all’orecchio lui, non sapendo ciò che mi stava succedendo, e senza capirci un’acca sentii le sue braccia circondarmi la vita e sollevarmi,  schivare Stella e passarmi miracolosamente un altro cuscino.

“Ah! Ora me la paghi!” urlò soddisfatto lui, e ritornò ad avventarsi su mia sorella come un bambino del Terzo Mondo che vede e assaggia la Nutella per la prima volta mentre il mio cellulare iniziò a squillare.

Allontanandomi da quel campo di battaglia, vidi che era Antonio che mi stava chiamando. “E’ Antonio” dissi sconcertata.

All’udire quel nome, Stella scattò su come una molla e si ricordò come si faceva a schivare una cuscinata. “Rispondi!” disse subito, come se dal mio gesto dipendesse la sua salvezza e glorificazione eterna.

“Si, si. Pronto?”.

“Ciao, Luna”.

Sorrisi ascoltando la voce di Antonio, non sembrava risentita. “Ciao, Anto! Sei vivo!” esclamai, cercando di simulare gioia invece che curiosità e voglia di sapere perché diamine si fosse allontanato così bruscamente.

“Si, si, sono vivo. Immagino tu non abbia creduto alla sciocchezza della febbre, vero?” sussurrò poi, cercando di risultare ironico.

“No. Puoi dirmi perché…?”.

“Luna, lo sai il perché. Questa settimana senza vederti è servita ed ora credo di sentirmi pronto per incontrarti a lavoro tra tre giorni. Scusami…”  continuò, ora decisamente più serio.

Lo potevo comprendere, ovvio. “Capisco, immaginavo sarebbe stato qualcosa di simile” ammisi.

“Beh, ora però non parliamone più, me lo prometti?” mi chiese, con un enfasi tale che sarebbe risultato impossibile rispondergli di no. E poi l’interessato era lui, non io, quindi non avevo nulla da obiettare.

“Certo, è il minimo. Allora… tutto come prima?” chiesi, comprendendo di risultare banale e scontata. Stella e Marco mi guardavano, seduti sul bordo del letto ormai nel massimo del suo disordine.

“Ci proverò. Comunque, cosa fai di bello? Com’è Firenze?” cambiò discorso, con un tono falsamente allegro.

Sospirai sollevata, anche se fingeva almeno era un passo avanti. “Firenze è la stessa di sempre ed ora,  dopo una lotta con i cuscini con Stella e Marco”- qui Stella alzò il pollice come a dire “Brava, fai bene a nominarmi”- “Andrò a fare colazione e poi andrò a fare un giro…”.

“Dove?” continuò, quasi come se gli importasse sul serio.

“Non lo so di preciso, so solo che devo trovare un biglietto per il concerto di Vasco del nove febbraio” risposi. Qui Marco fece una faccia interessata, probabilmente aveva ricordato la conversazione della sera prima.

“Concerto di Vasco? E dove?”.

“Al Palamaggiò…”.

“E figurati se una fan come te se lo perde” sentenziò, ridacchiando.

“Bravo… Tu che fai?” domandai, giusto per far vedere che l’interessamento non fosse solo il suo.

“Sto andando da Michele, ultimamente ci sono moltissimi clienti, si vede che non ci sei tu che li fai scappare via” ironizzò.

“Ah ah, spiritoso!”.

Continuammo a parlare per un altro paio di minuti, poi ci salutammo e fui costretta a subirmi il terzo grado di Stella.

“Sai,un pò mi manca” sussurrò dopo che ebbi  risposto in maniera esauriente a tutte le sue risposte.

Marco la spinse lievemente e la guardò con aria di disapprovazione. “Non è il tuo tipo” disse. “Conoscendoti, tra un paio di settimane lo avrai già dimenticato. Ora vado un attimo in bagno, non posso restare così per tutta la mattinata” e così dicendo prese dei vestiti dalla valigia e andò nel bagno della stanza.

“Perché stavate facendo quell’assurda lotta?” domandai appena lui si fu chiuso la porta alle spalle, guardandomi allo specchio e notando che i miei capelli, già ribelli di loro a causa della loro natura né liscia né riccia, fossero in condizioni orribili. Cercai di pettinarli con le mani e riuscii a domarli un po’.

“Perché ha detto che stanotte non l’ho fatto dormire e ho occupato i tre quarti del letto” disse.

Scossi il capo, ridacchiando. Solo loro potevano fare una cosa simile per un simile motivo.

“Comunque, mi ha raccontato l’episodio di ieri, quando avete visto Christian e Alessandra” buttò lì, mentre prendeva una gonna scozzese beige, rossa e nera e un maglioncino abbinato. “Sei stata grande nel dire a Christian che sembrava essersi ripreso bene dopo che l’ho lasciato”.

“Ah, allora Marco te l’ha detto” dedussi, sorpresa. Conoscendolo, non mi sarei mai aspettata che mi avesse riconosciuto dei meriti. “Pensavo ti avrebbe detto solo della sua brillante idea” ammisi.

“Quale idea?” chiese distrattamente lei, mentre cercava di trovare un paio di calzini.

“Come quale idea? Quella di fingersi il mio ragazzo, no?” risposi, come se fosse la cosa più logica del mondo.

Stella interruppe la sua ricerca e mi guardò come se le avessi appena detto che Natale quell’anno sarebbe giunto il quindici Agosto. “Che cosa? Ma lui non mi ha detto nulla!” disse, quasi scandalizzata.

“Eh? Scusa, e cosa ti ha raccontato?”.

“Niente, solo che li avete incontrati e che te la sei cavata bene nel farti valere. Oddio… Idiota, perché non mi hai detto che hai finto di essere il suo ragazzo?” strillò, bussando furiosamente alla porta, così la bloccai.

“Calma, insomma, è un dettaglio…” la feci ragionare, anche se a mia volta mi sentivo  un po’ scombussolata da quella rivelazione. Perché mai Marco aveva omesso quella parte? Ad interrompere il mio flusso di pensieri ci pensò Flavia, che entrò nella stanza tutta sorridente.

“Ragazze, volete venire a fare colazione si o no?” chiese.

“Si, ora vengo” risposi, dicendomi che  su quella sorta di mistero sarebbe stato meglio ragionarci a stomaco pieno.

“Io vi raggiungo tra un po’, datemi il tempo di lavarmi e vestirmi” soggiunse Stella, decidendo di utilizzare il bagno grande della casa visto che Marco, che non aveva risposto alle sue urla, sembrava non avere intenzione di uscire per la prossima mezz’ora.

Seguii Flavia fino alla cucina, dove vi trovai mamma, già perfettamente vestita con uno dei suoi soliti abitini invernali, che parlava con zia Carla riguardo chissà che.

“Ho sentito le vostra urla soavi” disse mamma, avvicinandosi per darmi un bacio. “Siete proprio diventate una bella squadra tu e tua sorella, vero? Vi ho visto molto più legate del solito” osservò, soddisfatta, mentre prendevo posto a tavola.

“Si, a quanto pare senza di te ce la stiamo cavando molto meglio” riposi ironica,anche se in tutto ciò vi era un fondo di verità. Mamma aveva sempre elogiato Stella, mettendomi un po’ da parte, quindi era ovvio che senza il suo giudizio sulle spalle le cose tra di noi andassero meglio.

“Ah ah, lo dico sempre che hai ereditato il sarcasmo di tuo padre”.

“Non è sarcasmo, è ironia”.

“Si, ma il fascino è sempre il tuo, zia” s’intromise Flavia, prima di scomparire a causa della telefonata mattutina di Clemente.

Pranzai con latte e biscotti per poi uscire per conto mio dato che quel giorno sarebbe arrivata la taglia giusta del vestito che Stella aveva scelto e Flavia sembrava aver trovato un modello adatto a lei su uno dei cataloghi di mamma. L’intento era quello di trovar il fatidico biglietto per il concerto, ma restai delusa dopo due ore di ricerca: tutto esaurito.

“Tutte a me capitano!” sibilai tra i denti, frustrata. Non potevo rinunciarci, assolutamente. Chiamai zia Kitty e le dissi di controllare a Caserta, così iniziai ad aspettare il suo responso.

Restai colpita quando mi ritrovai, senza volerlo, davanti al liceo in cui avevo studiato, il Liceo Linguistico “Giovanni Pascoli”. Era il solito palazzone bianco e antico di sempre, e ospitava anche il liceo pedagogico. Mi fermai un secondo ad osservalo, ricordando tutte le mattinate trascorse lì dentro, facendo il conto alla rovescia dei giorni che mancavano alle vacanze natalizie ed estive tra compiti con la terrificante professoressa di latino ed interrogazioni impossibili con quella pazzoide della professoressa di scienze. Ma c’erano anche bei ricordi: la fila per comprare qualcosa da sgranocchiare al piccolo bar dell’edificio, le ore di educazione fisica passate a chiacchierare, i tentativi di cercare di avere in anticipo la versione del compito… Mentre mi perdevo in questi pensieri,  riconobbi l’andatura di una donna che usciva dall’edificio, con lunghi capelli biondi e gli immancabili occhiali da sole.  

“Professoressa Boccia!” urlai senza rendermene davvero conto. Era la mia ex insegnante di spagnolo, che adoravo e che ritenevo una buona amica. Aveva trentasei anni e in cinque anni si era sempre comportata benissimo nei confronti di noi alunni, sempre disponibile, solare e giocherellona. Una di quei rari professori che uniscono l’utile al dilettevole.

Lei mi squadrò per un secondo prima di riconoscermi. “Luna! Ciao, ma che bello vederti!” esclamò. Ci avvicinammo e ci abbracciammo con calore, soffermandoci sul marciapiede. “Ma che fine hai fatto?”.

“Mi sono trasferita a Caserta, professoressa, e ora vado all’orientale di Napoli” risposi con una certa fierezza.

“Oh!”. Mi sorrise e fece un segno di assenso. “Bravissima, te l’ho sempre detto che quell’Università lì era la migliore per le lingue! E come ti sta andando? Hai fatto qualche esame?” domandò, interessata.

“Si, due, uno di inglese e uno di spagnolo e ho preso ventotto ad entrambi” risposi prontamente.

“E che me lo dici a fare, lo sapevo! Non sai quanto ho insistito alla maturità per fatti mettere novanta invece che ottantasette, ma quell’arpia della Crucci non ha voluto sentire ragioni” sospirò, riferendosi alla già citata e odiosa professoressa di latino. “Se fossi in te andrei lì e gli bucherei le ruote della macchina” ridacchiò, indicando un’auto antica e mezza rotta davanti a noi.

Risi a mia volta, scrollando le spalle. “Ormai non ho più niente da vedere con lei. Piuttosto, che si dice a scuola?”.

“Oh, sapessi, è cambiato il vicepreside, hanno nominato Sermoni…”.

“Oddio, immagino che caos!”.

“Puoi dirlo forte!”.

Trascorremmo una piacevole mezz’ora a parlare, finchè lei fu costretta a salutarmi perché aveva un impegno importante. “Se ti va, stasera c’è un Christmas Party organizzato dai ragazzi dell’ultimo anno, mi hanno dato dei biglietti gratis ma non posso andarci. Tieni, dopotutto non sei molto più anziana di loro” esclamò, facendomi l’occhiolino e mettendomi in mano due biglietti rossi ed oro.

“Oh, la ringrazio…”.

“Ancora a darmi del lei?! Tra un po’ saremo colleghe, Luna, chiamami Anna. Mi raccomando, vieni a trovarmi quando torni a Firenze!” e così dicendo, dopo un ultimo abbraccio, se ne andò, salutandomi con la mano.

Misi i biglietti in tasca, dicendomi che avrei chiesto a Stella se le andava di andarci, e tornai a casa dato che era mezzogiorno passato. Mi ero appena distesa per bene sul divano e stavo vedendo un po’ di tv quando il mio cellulare squillò per la seconda volta. Sperando che fosse zia Kitty risposi subito, per poi constatare che, invece, si trattasse di Paola.

“Luna, mi manchi tantissimo! Quando torni?” chiese subito dopo i primi inconvenevoli.

“Tra due giorni, in mattinata” risposi. “Tutto bene?”.

Il suo tono era afflitto e triste, inutile sperare in chissà quale risposta positiva. “No. Mi sento uno schifo, mi manca Marco, i nostri pomeriggi insieme, le nostre risate… E, cosa assurda, non faccio altro che pensare a quei gloriosi tre secondi in cui l’ho baciato”.

Ascoltare quella confessione mi fece contrarre dolorosamente lo stomaco, ma imponendomi che si trattasse solo della fame- che per altro non avevo- cercai di tirarla su. “Paola, non so che dirti, mi dispiace, forse comprenderà che ci tiene a te standoti lontano…” sussurrai.

“No, ma che… Senza di me sta meglio, credimi, non se ne frega proprio! Ora vado che devo preparare il pranzo, mamma è a lavoro”.

“Ok, allora ti chiamo io più tardi, ok?” proposi.

“Si, magnifico” approvò. “Ciao bella”.

“Ciao, un bacio” e così dicendo staccai la chiamata, gettando il cellulare sul divano. Che diavolo mi prendeva? Ogni volta che si parlava di quel Marco nelle ultime ore diventavo suscettibile e pazzoide. Scossi violentemente il capo, proprio nel momento in cui ricordavo l’episodio di quella mattina in cui me l’ero ritrovato addosso, e visto che al momento “I Simpson” non riuscivano a distrarmi, mi alzai dal divano e andai nella mia stanza per cercare di trovare qualcosa di interessante da leggere. Accesi lo stereo, mettendo il mio adorato cd di Vasco, e mentre partivano le note di “Colpa del Whisky” restai sorpresa ritrovando un vecchissimo diario segreto del 2002. Aveva la copertina bianca e un orsacchiotto stampato sopra, e senza sapere come mi ritrovai a sfogliarlo, seduta sul pavimento, perdendomi tra vecchi ricordi, mentre lo stereo continuava a diffondere le note della canzone nella stanza.

“Sarà colpa del whisky
O sarà colpa del
caffè
Ma non mi ricordo più
di te”

 

11 Gennaio 2002, ore 18:54

Caro diario,

non ti dico che rabbia. La professoressa di storia mi ha messo buono al compito nonostante abbia fatto solo un errore perché ritiene che in classe io sia troppo chiusa e dice che non mi metterà almeno distinto finchè non dimostrerò di essere più socievole con tutto il resto della classe. Ti sembra logico? Insomma, era un compito, non c’entra il tuo carattere. E invece a Stella ha messo più che sufficiente dopo che ha fatto tantissimi errori, solo perché è la sua cocca e dice che le ricorda molto lei quando era giovane. Non mi sembra giusto, uffa. Mannaggia a mamma e papà che ci hanno messo in classe insieme!

 

Non potei non ridere davanti a quell’indignazione, e continuai a leggere le varie rivelazioni lasciate tra quelle pagine un po’ ingiallite.

“Sarà che questa sera
Fa un freddo micidiale
Sarà che non ho neanche voglia
Di parlare”

24 Marzo 2002, ore 10:16

Caro diario,

è ufficiale. Mamma e papà si sono separati e lui tornerà a Maddaloni dai nonni. Non sai quanto sono triste, è brutto vederli litigare anche perché a me sono sempre sembrati molto innamorati.  Ultimamente litigavano sempre, ed io mi sento in colpa perché forse è anche colpa mia. Ad esempio, quando Stella si è messa a piangere perché avevamo litigato mamma mi ha rimproverato e papà mi ha difeso, dicendo che era anche colpa di Stella, così hanno iniziato a urlare tra di loro. Vorrei farli tornare insieme, come farò poi senza papà?

“Ma no non andartene adesso
Non andartene rimani
Dimmi almeno
Dimmi almeno come ti chiami”

 

18 Giugno 2002, ore 12:32

Caro diario,

oggi sono felicissima. Sono appena andata a ritirare le pagelle della prima media ed è andato tutto benissimo! Ho preso ottimo in italiano, inglese, educazione artistica, educazione tecnica, geografia, musica e scienze, distinto in matematica, e tutto il resto. Uffa, però io in storia vado davvero bene e non è giusto che quella continua a mettermi i voti più bassi perché sono timida. Non capisce che più insiste e più non le obbedisco. Ora vado, devo chiamare papà e dirgli tutto!

 

Sorrisi, e continuai a sfogliare i diario finchè non inceppai in una pagina piena di cuoricini rossi. Cos’era? Non lo ricordavo assolutamente. Incuriosita, iniziai a leggere, cercando di ricordare il motivo di tutti quei cuori.

“Ma dài scherzavo dài
Ma cosa ti salta in mente
Ricordo il tuo nome
Perfettamente
Ce l’ho stampato in testa
Fin da quando t’ho veduto
L’amavo già da prima
Prima ancora d’averti conosciuto

 

21 luglio 2002, ore 14: 09

Caro diario,

ricordi quando ti scrissi che io non mi sarei innamorata fino ai sedici anni? Beh, mi sbagliavo di grosso. Oggi mi sono innamorata! Ora ti spiego tutto. Allora, sai che sono tornata a Maddaloni da papà insieme a mamma e Stella, e oggi siamo andati tutti in piscina. All’improvviso mentre giocavo con papà, ho visto un bellissimo ragazzo che giocava a pallavolo nell’acqua. Aveva i capelli neri e gli occhi di un blu così bello che era ancora più bello di quello dell’acqua della piscina.

 

Cacciai un urlo e gettai il diario per l’aria, mettendomi una mano sul cuore. Come avevo potuto dimenticarlo? Per un glorioso ed interminabile giorno, ad undici anni, ero stata “innamorata”di Marco, miseriaccia! Improvvisamente vidi davanti ai miei occhi il primo sguardo che ci eravamo scambiati, lui mi aveva sorriso e poi… Poi aveva iniziato a giocare con Stella, pensando che fossi io, e così era nata la loro amicizia che li portò a quel breve “fidanzamento”.

Mi gettai sul letto, con il cuore che mi batteva all’impazzata, e improvvisamente desiderai fare chiarezza con me stessa perché non ne potevo più di tutta quella trepidazione. Allora, dovevo ragionare con calma e razionalità. Il mio comportamento non era affatto normale, per niente. Appena si trattava di Marco, soprattutto quando tra noi c’era un minimo contatto fisico, ero fuori di me e provavo sensazioni che non avrei assolutamente dovuto provare, tipo quelle di poche ore prima quando ci eravamo ritrovati l’uno addosso all’altra.

Quando Paola me ne avevo parlato, mi era sembrato di sentirmi quasi colpevole. Quando avevo saputo che non aveva detto a Stella della nostra “messinscena”,  qualche piacevole dubbio si era installato nel mio cuore. Se pensavo a quei due biglietti per la festa, uno poteva già ritenersi in suo possesso.

Che diamine voleva dire…?

“Mi piaci tu, Mi piaci tu, Mi piaci tu,
Ma come te lo devo dire?
Mi piaci tu, Mi piaci tu, mi piaci solo tu…
Ma come te lo devo dire?”

Cercai di scacciare tutti quei “Mi piaci tu” detti dalla canzone, ma invano. Non quello che pensi tu, assolutamente, scema. Tu non ne sei innamorata, tu lo odi con tutta te stessa! mi dissi tra me e me. Ma poi, un’altra vocina insistente, ribattè: Perché lo neghi? E’ un gran figo, gentile quando ci si mette, intelligente, bravo e brillante. E soprattutto testardo e orgoglioso come te!“Oh, no, no, no!” strillai decisa, stringendo i pugni. In questi casi ci voleva una distrazione. Avevo solo sbagliato lettura poco prima, tutto qui. Presi un libro a casaccio- che poi scoprii essere il libro di letteratura italiana del terzo anno- e iniziai a leggere la prima pagina che vi trovai. Un sonetto di Petrarca, magnifico. Lui si che avrebbe sciolto ogni mio dubbio dicendomi che era meglio pensare all’amore per Dio che a quello terreno.

Pace non trovo e non ho da far guerra
e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra;
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera,
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
e bramo di perire, e chieggio aita;
e ho in odio me stesso, e amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna, per voi.

 

No, quel sonetto era più che adatto alla mia situazione visto che parlava di sentimenti opposti provati dall’autore a causa della donna amata. No, assolutamente. Ci voleva qualcos’ altro. Presi quello di letteratura latina, dicendomi che tra quelle parole che non capivo mi sarei distratta, e aprii una pagina a caso per poi desiderare non averlo mai fatto.

 

“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior”.

 

“Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.

Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento”.

 

Ma ce l’avevano tutti con me? Quello era il frammento che più poteva esprimere i miei sentimenti, così chiusi il libro di botto e sentii una lacrima solcare la mia guancia con prepotenza, subito seguita da una seconda, una terza e così via, finchè non riuscii a tenere il conto.

Alla luce dei fatti, era evidente. Dovevo essere sincera con me stessa. Io ero innamorata di Marco Valenti e dovevo farmene una ragione. Probabilmente era una cosa che andava avanti già da un po’, ma ero troppo accecata dallo stereotipo del nostro rapporto conflittuale per poterne rendermene conto. Già da un po’ ai miei occhi era diventato l’esempio di ragazzo perfetto, mai scontato, affascinante e bellissimo, interessante… L’unica pecca di tutto ciò? Lui non mi sopportava ed era il ragazzo amato da una mia cara amica. Binomio incompatibile.

Mi asciugai le lacrime, dicendomi di dover essere forte. Avrei dovuto dimenticarlo e basta, anche perché l’idea di essere innamorata di lui non mi piaceva affatto. Per tanti anni non lo avevo sopportato e questa novità era inammissibile per me e il mio orgoglio. Diamine.

Il suono del campanello mi risvegliò dai miei pensieri e m asciugai in fretta le lacrime, posai il diario e i libri e andai ad aprire.

“Luna, cos’è successo?” chiese Flavia stravolta, entrando. Alle sue spalle, Stella e Marco mi guardavano senza capire. Il solo vedere quel ragazzo mi agitò alla luce della mia recentissima “scoperta”, così girai lo sguardo e dissi: “No, niente, in tv è appena finito “I passi dell’amore” e mi sono commossa come al solito, quel film mi fa piangere ogni volta che lo vedo” inventai, anche se era vero l’effetto che mi faceva quel film.

“Oh, ti capisco, vale lo stesso per me!” asserì Flavia. “Comunque, ho trovato il vestito! E’ magnifico!”.

“Meno male, che bello” mormorai, fingendomi interessata quando non lo ero per niente.

“Si, e poi stasera andremo a spassarcela!” esclamò Stella. “Scusami Luna, ma la figlia di Gaia ha organizzato una festa di Natale a numero chiuso e c’era Flavia con me, quindi ho potuto inserire solo me e lei nella lista…” disse con aria di scuse. Senza sapere il perché, il mio stomaco iniziò a ballare un focoso tango.

“Oh! Ed io che avevo due biglietti per il Christmas Party del mio ex liceo per stasera” rivelai, senza meditarci due volte.

Stella mi guardò dispiaciuta, poi parve illuminarsi. “E allora andateci voi due, no? Non è giusto che non ce la spassiamo e voi restate qua” disse come se fosse la cosa più logica del mondo, battendo le mani entusiasta.

Trattenni il respiro, senza sapere cosa dire o fare. Passare una serata con Marco alla luce di ciò che provavo per lui? Assurdo. Impossibile. Era un suicidio.

Mi voltai verso Marco che si mise le mani in tasca e scrollò le spalle. Possibile che solo ora stessi realizzando quanto fosse splendidamente attraente e magnifico?

“Per me va bene, meglio passare una serata con te in un locale che qui” rispose, come se il fatto non lo riguardasse più di tanto.

“O….Ok” sussurrai, consegnandogli il biglietto che diceva che la festa ci sarebbe stata alle nove al “Backstage”. E, insieme a quel pezzo di carta, gli consegnai anche la mia condanna assicurata. Il mio cuoricino non avrebbe retto nel vederlo ballare con qualche ragazza, ne ero certa.

E, come se non bastasse, il volto irato di Paola che mi urlava: “Traditrice!” si faceva sempre più vivido nella mia mente.

 

*°*°*°*°*
Ciao gente!

Come è andato il Natale? Avete mangiato abbastanza? xD

Io sono strapiena di dolci più che altro, ma almeno non mi sono ingozzata di pandoro dal momento che quest’anno il mio stomaco sembra non digerirlo dopo che alla festa che abbiamo fatto l’ultimo giorno di scuola l’ho assaggiato con la Nutella :D

Comunque… Non vedevo l’ora di postare questo fatidico capitolo. Chi l’avrebbe mai detto che Luna fosse innamorata di Marco? xD

Da questo momento in poi, avendo a che fare con “Luna versione innamorata” e non più con “Luna che odia Marco” iniziano i momenti più esilaranti per la poverina, che non saprà come gestire il suo povero cervellino tra i sensi di colpi nei confronti di Paola , la consapevolezza che Marco non minimamente attratto da lei e una sorta di colpevolezza verso sé stessa e il suo orgoglio dal momento che riteneva che non lo avrebbe mai sopportato. Oh, e dimenticavo i danni psicologici causati dalle improvvise apparizioni di quel ragazzo che le fanno tanto battere il cuore… xD

Nel prossimo capitolo ci sarà il Christmas Party, ma vi dico solo di prepararvi a una serie di eventi un po’ particolari, però non allarmatevi ^^

Come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso cap, messo le storie tra i preferiti e le seguite e ovviamente che hanno recensito:

Lola SteP: Cristiana ne capisce molto di uomini, non lo sai? U_U xD Mi fa piacere sapere che los corso capitolo ti sia piaciuto molto, in effetti è uno dei miei preferiti e poi per ora è l’unico in cui vediamo Marco apprezzare Luna e aiutarla in una simile situazione… Dici che Tom è perfetto? Io non ne sono ancora pienamente convinta ma è l’unico che assomigliasse al Marco che mi immagino io. Grazie mille per i complimenti! Tvttttttttb!

_piccola_stella_senza_cielo_: Grazie per gli auguri ^^ Per Stella e Antonio tranquilla, non sarà nulla di tragico visto che sarà lei a comprendere di non esserne innamorata =) Ci voleva proprio quella lezione ad Alessandra e Christian, eh? ^^ E Luna… Beh, ormai è ufficialmente innamorata di Marco, eheh! Un bacione!

CriCri88: Ciao cara! Per fortuna per ora non ho perso ancora niente di soldi per il semplice motivo che ho giocato solo a tombola con i miei cuginetti e quindi in palio c’erano caramelle :D ma ho la netta impressione che oggi alla tombolata con la mia classe mi ritroverò al verde xD a te come è andata? Comunque, Luna ha finalmente compreso i suoi sentimenti per Marco e ti dico già da ora che i suoi poveri nervi non avranno più pace dal momento che sono obbligata a tollerare colui che hanno sempre disprezzato…  Un bacione!

vero15star: Tesoro ma sai che bel regalo sarebbe incontrarti per i miei 18 anni? Vabbè che sarebbe un magnifico regalo sempre, ma renderebbe quell’occasione ancora più speciale *_* Ormai reduce dalla nostra chilometrica telefonata (è vero che su msn stavamo parlando da due ore, ma abbiamo battuto il record con le nostre tre ore e mezzo di chiacchiere telefoniche ;-) ) posso solo dire di essere contentissima per il fatto che ci siamo trovate bene e a nostro agio da subito e abbiamo iniziato a parlare come se ci conoscessimo da una vita e ci fossimo viste per l’ultima volta il giorno prima per un caffè. Ovviamente dobbiamo riparlare al più presto ^^ Grazie di tutto… Te ne sarò grata in eterno, ti voglio troppo bene! ^^

rossy87: Ciao ^^ Sapere che ti è piaciuto il capitolo a tal punto di considerarlo un bel regalo di Natale mi fa piacere perché è anche uno dei miei preferiti, e soprattutto perché sembra che sia riuscita la descrizione della scena… Grazie ^^ Quando inizio a far parlare quei due in un modo più civile mi sembra sempre di lasciarmi prendere la mano e ho sempre paura di risultare un po’ troppo eccessiva e bonaria, sai? Per il concerto di Vasco  non posso anticipare chissà che, ma dico solo che in seguito ricoprirà un ruolo fondamentale =) Non per niente ogni capitolo ha come sottotitolo una canzone di quel cantante… Ed ora che Luna ha ammesso con se stessa di provare qualcosa per Marco preparati ad un suo disfacimento interiore xD Un bacione cara!

sam05: Ciao, spero che tu ti sia  divertita fuori con tua nonna a dispetto di chi, come me, è rimasto nella propria città ^^ Comunque ti ringrazio, e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, specialmente nella parte del diario che attendevi =) E poi… Chi è che ormai non adora Marco? Ce ne vorrebbe uno come lui sotto l’albero, non credi? xD Un bacione!

 

Come sempre eccovi qualche anticipazione… :

 

“Finalmente. Capisco che per renderti accettabile ci vogliano ore, ma mi sembra molto scortese fare così tanto ritardo mentre siamo qui ad aspettarti, al freddo” mi accolse la voce glaciale di Marco, dal finestrino.

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Oddio. Era forse un magnifico scherzo? Non sembrava affatto visto che continuava ad accarezzarmi dolcemente il viso e le sue labbra si spostavano sempre di più verso gli angoli della mia bocca.  Cosa dovevo fare? Cosa gli era preso?

________________

“Egocentrico…” lo rimproverai, ma aveva ragione e, ridendo, dicendomi di essere pazza, mi ci avvicinai e presi posto sulle sue gambe, appoggiando le braccia sul suo petto.

 

Non so dirvi quando aggiornerò la prossima volta, ma dipende anche dalle recensioni… Non mi piace chiedervi di recensire,  però ho notato un piccolo calo nelle recensioni e quindi mi piacerebbe essere dovuto in modo da poter riparare se sto commettendo qualche errore che non è di vostro gusto nella trama, nel modo di esprimermi e via dicendo. Vi ringrazio in anticipo. ^^

And now… NON MI RESTA ALTRO CHE AUGURARVI UN BELLISSIMO 2010 RICCO DI GIOIA, EMOZIONI, NOVITà POSITIVE E FELICITà!

AUGURIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

La vostra milly92. 

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Capitolo 13
*** Il Christmas Party- Rewind ***


Il Christmas Party- Rewind

Capitolo 12

Il Christmas Party- Rewind

“Luna, hai fatto? Stella, Flavia e Marco ti aspettano giù, sono le nove passate!”.

La mia dolce mammina entrò nella stanza con fare impaziente, perfettamente truccata ancora più del solito e coperta da un elegantissimo cappotto nero. Lei e zia Carla avevano progettato una serata in un rinomato ristorante della città gestito da una sua ex compagna del liceo.

Dal canto mio, cercai quasi di nascondermi dietro qualche mobile. Quel pomeriggio, sapendo della festa, lei si era presentata a casa con tre vestiti per me, mia sorella e Flavia, rigorosamente della scorsa collezionale invernale che non aveva venduto e che riteneva un peccato sprecare visto che erano “alla moda”, “magnifici”, “in grado di risaltare i nostri corpicini e la nostra bellezza”.

“Oh, stai benissimo piccola!” aggiunse poi, dimenticandosi quasi del motivo per era venuta a ripescarmi in camera. “Il velluto ti dona tantissimo, risalta le forme giuste e ti fa sembrare meno magrolina…”.

Abbassai lo sguardo e mi decisi a guardarmi per l’ultima volta nello specchio: il vestito che aveva scelto per me era di velluto marrone,  lungo fino a un po’ prima del ginocchio, rigorosamente senza bretelle e con una sorta di scollo a V piccolissimo nei pressi del seno, dove c’era accennata la forma delle coppette, e questa sorta di scollo si trovava anche alla fine dell’abito, al centro, creando un piccolo spacco particolare. Sopra mi aveva fatto aggiungere una specie di giacca nera dal taglio strano, un po’ più lunga del solito, e per coronare il tutto  portavo un paio di scarpe dal tacco alto con il cinturino attorno alla caviglia, particolare senza di cui non avrei saputo come fare visto che già con i tacchi ero negata, figuriamoci senza il sostegno di qualcosa che mi impedisse di perdere la scarpa come se nulla fosse.

“Dici? Non ti sembro eccessiva?” chiesi preoccupata.

“Eccessiva? Tu non sai nemmeno cosa sia l’eccesso” mi rimproverò scuotendo il capo. “E poi Stella ti ha truccata benissimo”. Oh, certo, dimenticavo che anche la mia gemella ci si era messa con la sua pop art, sperimentandola sulla mia faccia con fondotinta, cipria, correttore, ombretto marroncino un po’ glitterato, matita nera come il mascara, fard sempre marrone come il lucidalabbra.

“Ho capito, dai, scendo” sbuffai terrorizzata, e mamma sorrise soddisfatta, aiutandomi ad indossare il cappottino nero.

“Divertiti, tesoro! Fate il più tardi possibile, mi raccomando! E soprattutto, tratta bene Marco!” cinguettò soavemente lei mentre salivo nell’ascensore del condominio visto che con quei tacchi non sarei riuscita a scendere nemmeno tre scalini. Per fortuna già ero dentro, altrimenti avrebbe visto la metamorfosi che aveva subito il mio viso all’udire di quel nome: il mio cuore aveva iniziato ad aumentare ritmicamente i battiti e le guance mi si erano arrossate dato che mi era venuto da pensare al momento in cui lo avevo incrociato nel corridoio circa un’ora prima, mentre mi stavo recando nella mia stanza dove mi aspettava Stella per truccarmi. Me l’ero trovato davanti agli occhi mentre entrava nella camera che condivideva con Stella, e in quel momento avevo compreso più che mai quanto mi sentissi attratta da lui, come se avessi una calamita che, ne ero certa, avrebbe trasformato la mia vita in una calamità, e non solo perché il mio orgoglio era andato a farsi fregare e perché era il ragazzo amato da Paola. No, perché per la successiva mezz’ora- mentre Stella parlava del suo favoloso abito per la cerimonia e ne decantava le lodi- io non facevo altro che pensare a lui, al suo sguardo, a quel corpo fasciato perfettamente da una camicia bianca, dei jeans neri e una giacca abbinata, al suo modo fluido di camminare con una certa disinvoltura…

Ed ora, il pensiero di doverci passare un’intera serata insieme da soli, senza Stella e Flavia, mi mandava in tilt. Come avrei fatto  gestire i miei sentimenti con uno che mi piaceva e non mi considerava nemmeno di striscio? Cosa sarebbe successo? Se ne sarebbe andato a ballare con qualche ragazzina carina ed io sarei rimasta sola come una deficiente, magari parlando ogni tanto con qualcuno del liceo che conoscevo, ne ero sicura.

Tra tutti questi pensieri non mi ero nemmeno resa conto di essere arrivati davanti alla macchina che mamma ci aveva prestato, e alla cui guida ovviamente c’era Marco.

“Finalmente. Capisco che per renderti accettabile ci vogliano ore, ma mi sembra molto scortese fare così tanto ritardo mentre siamo qui ad aspettarti, al freddo” mi accolse la voce glaciale di Marco, dal finestrino.

“La macchina ha il riscaldamento incorporato, incapace” sibilai in risposta, mentre sentivo una gran voragine farsi spazio nel mio stomaco. Ecco cosa pensava di me, che per rendermi accettabile ci volessero secoli…

“Luna, ti abbiamo lasciato il posto davanti libero” disse Flavia, “Visto che accompagnate prima noi”.

“Oh, perfetto” dissi, sedendomi sul sediolino accanto a quello di Marco, il quale non aveva ancora ribattuto. Meglio così.

“Allora, Stella, fammi da navigatore satellitare…” dichiarò, mettendo in moto. Stella obbedì e dieci minuti dopo arrivammo davanti al locale in cui avrebbero dovuto passare la serata.

“Marco, ti faccio io uno squillo quando devi venire a prenderci, ok?” disse Stella una volta che lei e Flavia scesero dall’abitacolo.

“Ok…”.

“Mi raccomando, tieni d’occhio la sposina e godetevi questo addio al nubilato anticipato!” esclamai, sorridendo.

Flavia rise e Stella annuì. Ci salutarono con la mano e nel giro di pochi istanti furono risucchiate dalla folla che se ne stava davanti alla discoteca.

Percepii subito la differenza che c’era nell’auto, dovuta al fatto che fossi sola con Marco per la prima volta da quando, circa nove ore prima, avevo scoperto di esserne innamorata. Il solo pensiero mi metteva in soggezione ma allo stesso tempo mi esaltava, senza sapere il perché.

“Ricordi dove si trova il “Backstage”? Stella mi aveva detto che devo girare a destra al primo incrocio che trovo…” domandò Marco, interrompendo il mio flusso di pensieri.

“Si, e poi devi continuare dritto fino a Via Dante Alighieri, giri a sinistra e entri nel viale che ti ritrovi di fronte” risposi subito.

Emise un piccolo suono di assenso, così ne approfittai per accendere lo stereo. Non sapevo che cd ci fosse, e resta sorpresa quando sentii le note di “Rewind” di Vasco.

“Oh, mamma ha conservato questo cd!” esclamai stupita e contenta allo stesso tempo. Forse era un suo modo per sentirmi più vicina ora che me n’ero andata, chissà…

“Non riesci ad ascoltare nient’altro, eh?” chiese Marco, ma nella sua voce non c’era alcuna nota di critica.

“Non è vero, mi piacciono altri cantanti, ma lui è il mio preferito e poi devo accontentarmi di sentirlo via cd visto che per il momento non riuscirò a vederlo dal vivo” sospirai affranta. Zia Kitty mi aveva chiamato tre ore prima e mi aveva detto che non era riuscita a trovare nemmeno mezzo biglietto.

“Perchè?”chiese.

“Perché c’è il tutto esaurito con i biglietti” rivelai, sprofondando con poca grazia nel sedile.

“Mi dispiace. Ma, sai come si dice, mai dire mai” mormorò, in un modo che quasi riuscì a rincuorarmi nonostante l’impossibilità della cosa.

nel frattempo, “Rewind” continuava a diffondersi nell’abitacolo e sorrisi udendo le parole.

“Mi aiuto con le illusioni
e vivo di emozioni che tu
che tu non sai neanche di darmi”

 

Gli indicai la strada e alla fine arrivammo a destinazione. Parcheggiò, e quando uscimmo fuori ci ritrovammo davanti al locale ben addobbato in modo natalizio fino alla nausea, in ogni particolare. L’insegna era fucsia e azzurro vivo, e c’era un’ampia folla davanti all’entrata.

“Hai preso il biglietto?” domandò Marco.

“Si, ovvio…”.

“No, perchè, sai, sapendo che sei il tipo che va a studiare da un amico senza i libri…”.

Gli assestai una bella gomitata, guardandolo male, anche perché, pensando a Feliz, mi accorsi che non me ne fregava più un fico secco al centodieci percento della sua bellezza mozzafiato. No, avevo occhi solo per quello scemo che continuava a sghignazzare mentre ci avvicinavamo alla folla.

“Idiota, taci! E poi non mi va di parlare di quello stronzo” sbottai, pronunciando l’ultima parola con disprezzo puro.

Ma, a dispetto di ciò che mi aspettavo, lui non sogghignò e assunse un’espressione seria. “Mi fa piacere vedere che la pensi così, cioè… Hai accettato il fatto che fosse uno stronzo che stava per sposarsi senza soffrirci e fare scenate” ammise, guardando un punto indistinto davanti a lui.

Quella parole mi colpirono e quasi quasi fecero accendere un barlume di piccola e minuscola speranza che poi subito scomparve appena mi ricordai le parole di Stella: non gliene fregava nulla di me, per lui l’unica cosa importante era non vedere Stella essere preoccupata per qualcosa.

“Gentile da parte tua, Stella mi ha detto come la pensi, insomma, che l’hai supportata solo perché non ti piace vederla star male” dissi, distaccata al massimo.

Non rispose e ci restai malissimo, anche perché c’era sempre quella minuscola parte di me che sperava in una negazione di ciò e che dicesse qualcos’ altro, magari che almeno un po’ ci teneva a me come amica. Ma come si poteva pretendere una cosa simile dal glaciale Marco Valenti, che al cui confronto l’albero di ghiaccio finto che se ne stava fuori al locale sembrava caloroso e poco rigido?

Sospirai, e aspettai con pazienza che la fila  diminuisse finchè non venne il momento di mostrare il nostro biglietto al bodyguard ed entrare.

“Credo sia opportuno posare i cappotti lì” mormorò Marco appena ci trovammo nell’ingresso del locale. Di fronte a noi c’era un bancone con un ragazzo dietro, e alle sue spalle c’era una sorta di guardaroba.

“Si, solo che puoi tenere tu il mio cellulare e il portafogli? Non mi fido a lasciarli nel cappotto” ammisi, estraendo entrambi gli oggetti dalla tasca e porgendoglieli.

“Certo” disse subito, li prese, li posò in tasca e mi aiutò a sfilarmi il cappotto con eleganza, con un gesto che ricordava tanto quello dei film in bianco e  nero con Audrey Hepburn. Subito si girò di spalle per posare i copri abiti, e sospirai con sollievo visto che non aveva fatto alcun commento sul mio vestito. Solo che mi sbagliavo: non aveva commentato solo perché non mi aveva visto.

Infatti, qualche minuto dopo, mi ritrovai a fargli dei visibili cenni con la mano visto che si guardava intorno come un’ebete.

“Marco!” lo chiamai infine, spazientita, e fui sorpresa di vederlo quasi sobbalzare mentre mi riconosceva e si avvicinava. In quel momento notai che non aveva gli occhiali, ed era ancora più attraente. “Un altro po’ dovevo farti i segnali di fumo! Capisco che non hai gli occhiali ma…”.

“Ho le lenti a contatto” mi riprese, e qui arrossii per la figuraccia. “E’ che… Lo ammetto, sei… Sei bella e lì per lì non credevo che fossi tu” sussurrò.

“Dovrei prenderlo per un complimento?” domandai, cercando di risultare ironica.

“Dovresti” rispose, e, senza aggiungere altro, mi prese sottobraccio e mi condusse all’entrata vera e propria del locale, dove c’era la pista da ballo illuminata da luci colorate e popolata già da gente. Tutt’attorno vi era una sala adiacente in cui vi erano dei tavolini illuminati da candele, e di fronte vi era un bancone di legno che fungeva da bar. “Cerchiamo di non scannarci stasera” soggiunse, guardandomi di sbieco.

“Sei sempre tu che inizi a rompere, se non lo farai tu non lo farò nemmeno io” risposi, quando in realtà avrei dimostrato il mio essere pacifico in un altro modo, magari attirandolo a me, lasciandomi stringere e…

Ero convinta di star continuando ad immaginare quando lo sentii bloccarsi, pararsi davanti a me e stringermi a sé con un braccio mentre la mano dell’altro braccio iniziava ad accarezzarmi la guancia. Mi irrigidii di botto, senza sapere cosa diamine stesse succedendo.

“Marco, cos…?” sussurrai, ma non riuscii a bofonchiare altro quando lo vidi farsi più vicino a me e baciarmi lentamente una guancia. Oddio. Era forse un magnifico scherzo? Non sembrava affatto visto che continuava ad accarezzarmi dolcemente il viso e le sue labbra si spostavano sempre di più verso gli angoli della mia bocca.  Cosa dovevo fare? Cosa gli era preso? Mi sentivo paralizzata da un’improvvisa incredulità mista ad una selvaggia gioia, e stavo quasi prendendo in considerazione l’idea di stringerlo a mia volta quando un: “Stai al gioco, ci sono Alessandra e Christian poco lontani” fece crollare tutto quel fantastico e magico castello di cristallo che la mia mente contorta stava costruendo.

Che stupida che ero. Un’illusa, scema ed idiota. Insomma, poteva mai essere vero che Marco si stesse comportando così di sua iniziativa per uno scopo serio?

“Ma che bisogno c’è di fingere così?” chiesi, probabilmente risultando infastidita, perché lui si staccò.

“Ci guardavano fissi e onestamente non mi va di parlare con loro” spiegò. “Certo che poi tu sei bravissima nel flirtare, eh… Ma dove hai vissuto fino ad ora, sulla Luna?” mi prese in giro.

“E meno male che dovevamo evitare di scannarci!” strillai infastidita, dandogli un pugno sul petto. Ma lui lo afferrò e mi intrecciò le nostre mani.

Amore, ma perché sei sempre così gelosa…?” chiese, facendomi capire che i due fossero molto vicini. “Andiamo a sederci, su” e così dicendo, mostrando a tutti che eravamo mano nella mano, mi condusse ad uno dei tavolini centrali vuoti. Stringere la sua mano mi faceva sentire più serena, tranquilla, e se fosse stato per me non l’avrei lasciata mai e poi mai.

“Dove si sono seduti?” domandai, visto che davanti a me non li vedevo.

“A tre tavolini di distanza da noi. Ci mancavano solo loro” sbuffò, e così dicendo prese la  mia mano di nuovo e la strinse nella sua destra.

“Guarda che non sei obbligato a fingere così tanti” mormorai, anche se non chiedevo altro che poter restare così per ore ed ore. Ma fingere non era assolutamente una cosa positiva, e conoscendomi quella notte non avrei dormito a furia di pensare a quei gloriosi momenti in cui mi si era avvicinato poco prima. Non andava assolutamente bene, lui era off limits e il mondo sapeva che lo detestavo; dovevo assolutamente dimenticarlo e mi imposi di riuscirci.

“Io ho iniziato questa messa in scena e io devo occuparmene ora” rispose, scrollando le spalle. Accarezzò la mano mentre la teneva e mi sentii quasi su di giri per un simile minuscolo movimento. Sembravo una tredicenne inesperta, ed in effetti lo ero, cambiava solo l’età, il che rendeva il tutto ancora più grave.

“Immagino che allora sei già convinto che non passerai una bella serata” buttai lì, stringendo a mia volta la sua mano.

Mi guardò come se avessi detto una bugia e scrollò le spalle. “Quanto sei pessimista. Più cerco di essere gentile e più cerchi di attirare la mia maleducazione”.

“No, no! E’ solo che, conoscendoti…”.

“Perché, tu credi anche di conoscermi? Lo sai che il Marco che conosci tu esiste solo per te” mi interruppe, con aria di ovvietà.

Restai interdetta e sospirai. “Ok, allora stasera voglio conoscerti, voglio vedere la parte che mi sono persa” dichiarai infine. Se amavo la parte odiosa di lui, figuriamoci quella gentile…

“Vale lo stesso per te. Mi chiedo tanto come sia la Luna di cui mi parla Stella”.

“Ce l’hai davanti agli occhi” risposi.

Non disse nulla, e l’arrivo del cameriere con gli antipasti in mano ci obbligò a separare le nostre mani, facendo sì che improvvisamente sentissi la mano appena abbandonata fredda e vuota.

Mangiammo, scambiammo qualche parola tra un sorso di birra e l’altro, e un’ora dopo ci alzammo entrambi dal tavolino. “Mi scusi un secondo? Devo andare in bagno” chiesi quando fece per andare verso la pista.

“Certo” rispose, e mostrò un piccolo sorriso di cortesia che mi fece letteralmente sciogliere. Ci impiegai anni per entrare e uscire dal bagno a causa della gente che vi era, e ogni tanto scorgevo qualche faccia conosciuta, specialmente delle ragazzine che l’anno prima erano al primo anno.

Mi stavo giusto sistemando i capelli- cercando di non pensare al fatto che a breve avrei visto Marco ballare-  quando una voce conosciuta mi chiamò.

Mi girai e vidi che a parlare era stata Giulia, la sorellina quindicenne di Alessandra. La riconobbi per un pelo, truccata e vestita com’era con un minuscolo abitino verde e oro fin tropo appariscente. Frequentava il secondo anno al pedagogico affiliato al linguistico e subito mi abbracciò.

“Che bello vederti! Come sei bella! Ale mi ha detto che ti sei fidanzata…” disse subito, eccitata e battendo le mani.

“Oh, si, si, sto con un ragazzo….” risposi, cercando di sorridere. Magari fosse vero…

“E’ qui?”.

“Si…”.

“E allora che aspetti? Devi presentarmelo, Ale ha detto che è molto bello… Quanti anni ha? Va all’università? Lavora?” continuò a domandarmi a raffica.  Era sempre stata troppo curiosa riguardo gli affari miei e della sorella, spesso origliava le nostre conversazioni telefoniche e  voleva a tutti costi uscire con noi, anche se nell’ultimo anno era migliorata un pochino.

Annuii e le feci segno di seguirmi. “Si,è qui. Si chiama Marco, ha ventun anni e studia architettura. Seguimi” e così dicendo la condussi fino al bordo della pista, dove Marco mi stava aspettando.

Amore, volevo presentarti Giulia, la sorella di Alessandra” dissi, facendolo voltare. Le sorrise, dato che sentendosi chiamare così all’inizio era sembrato un po’ confuso non avendola vista, e le porse la mano.

“Piacere, Marco”.

“Piacere, io sono Giulia! Oh, che fortunata che sei, Luna! E’ bellissimo! Ihihih!” esclamò lei, per poi scomparire nella folla.

Ridacchiai e Marco parve soddisfatto. “Hai visto, ti faccio fare anche bella figura!”.

“Ma che, sono io che la faccio fare a te!” lo rimproverai, fingendomi di darmi delle aree.

Dissentì sarcastico prima di prendermi per un braccio, mentre il dj faceva partire  un dolce lento. Oddio. Quanti erano i lenti che avevo ballato in vita mia? Uno in terza media con un compagno di classe, uno alla festa di fine anno del primo anno di liceo, qualcuno con papà… Ma non potevo ballare con Marco, accidenti, no, ne sarebbe andato della mia salute mentale!

Purtroppo però era troppo tardi, e Marco ormai già cingeva le mani attorno alla mia vita. Presi un respiro e cinsi le braccia attorno al suo collo, guardandolo negli occhi.

“Mentre eri in bagno ti ha chiamato Paola. Non ho risposto ma poi ti ha inviato un sms chiedenti se fosse tutto ok e poi ti ha chiamato di nuovo, così sono stato obbligato a rispondere”  mormorò, guardandomi a sua volta.

“Ah. E cosa ha detto…?” chiesi. Immaginai la povera Paola che chiamava me per sfogarsi e poi si sentiva rispondere da lui.

“Ovviamente appena ha sentito che ero io ha assunto un tono freddo e ha detto che voleva parlarti perché le avevi promesso che l’avresti chiamata tu”- qui spalancai gli occhi: era vero! Presa dai miei deliri personali dovuti alla scoperta della mia “cotta” me l’ero totalmente dimenticato!- “E quando le ho spiegato che eri bagno e che avevo risposto io perché eravamo ad una festa natalizia mi ha risposto dicendo che non le dovevo alcuna spiegazione e mi ha chiesto di dirti di chiamarla domattina” dichiarò, sospirando.

“Oh, mi dispiace, avrei dovuto tenere con me il telefono…” iniziai a biascicare, ma lui mi interruppe.

“No, sono solo io che ho sbagliato. L’ho illusa, ma ero certo dei miei sentimenti, cosa posso farci se poi nn lo sono stato più?” chiese retorico, stringendosi un po’ di più. “E poi, giorno dopo giorno mi accorgo di sentire sempre meno la sua mancanza. Per favore, Luna, falle capire che è stato meglio così visto che l’avrei solo presa in giro”. La sua espressione era così tenera che annuii subito, e lo avrei fatto anche se mi avesse chiesto di lavargli i vestiti per tutto il mese.

“Ok, ma posso sapere come hai fatto a capire che non ti interessava più? Solo il giorno prima eri pazzo di lei” obiettai.

“Credevo di esserlo. Quando mi ha baciato non ho provato nulla e lì ho avuto la prova che stessi prendendo in giro prima me stesso e poi lei. All’inizio accettare la sua proposta di uscire insieme…”.

“E’ stata lei a chiedertelo per prima?!”.

“Si, non lo sapevi? Dicevo, all’inizio l’idea era allettante, mi piaceva, ma non ci posso far nulla se non l’ho mai amata e al momento voglio una relazione vera, basata sull’amore vero e sincero… Non mi sento più in vena di storielle passeggere”.

Le note della canzone scorrevano lente ed io mi sentivo gli occhi pizzicare di lacrime. Eccolo il vero Marco, così dolce e serio. Come avevo fatto a non rendermi conto della sua specialità in tanti anni? Non sopportavo Stella e non sopportavo nemmeno lui solo perché stava dalla sua parte. Certo, spesso mi aveva attaccata, ma avrei dovuto capire che non si può giudicare un libro solo dalla copertina… Mi appoggiai al suo petto e fu un sollievo sentire che non mi respinse, continuando a dondolare sul posto. Che buon profumo che aveva, e il suo cuore batteva in un modo armonioso per le mie povere orecchie. Iniziai a seguire loro invece che il ritmo della musica, e il risultato fu che la canzone successiva, da discoteca, mi fece sobbalzare.

“Ti va se torniamo a sederci un po’? Queste scarpe sono insopportabili” inventai, anche e in parte era vero. “Oppure resta, io…”.

“No, ti seguo, sono un finto fidanzato educato, io” ridacchiò, e mi seguì.

“Che soddisfazione avere un finto fidanzato. Lo è per qualche ora e poi ritorni libera  e single come se nulla fosse” ironizzai, decidendo di dire qualcosa.

“Hai ragione, molto meglio fingere certe volte… Ad esempio, ora potrei andare lì e provarci con quella bionda che non fa altro che fissarmi e tu non potresti avere nulla da obiettare” stette al gioco.

“Quale bionda?” domandai.

“Quella a destra con l’abito nero”.

Mi voltai ed emisi un sospiro di trionfo: quella tipa non era nient’altro che Camilla Buonforte,  una stronzetta di un anno in meno di me che si era messa con Christian e aveva iniziato a rompermi le scatole quando aveva saputo, chissà a causa di chi, che a me piaceva.

“Camilla Buonforte, bel colpo. Ma ti dico che il suo cervello non è direttamente proporzionale alle tette” e così dicendo gli raccontai la storia.

“Oggi mi sento tanto Babbo Natale. Vieni, su” e così dicendo indicò le sue gambe.

“Che?”.

“Vieni, siediti qui così le farai capire chi sei e che resta lei l’idiota visto che tu tecnicamente e teoricamente ti puoi permettere colui su cui si starà facendo già molte fantasie” e rise di gusto.

“Egocentrico…” lo rimproverai, ma aveva ragione e, ridendo, dicendomi di essere pazza, mi ci avvicinai e presi posto sulle sue gambe, appoggiando le braccia sul suo petto. “Grazie” sussurrai, e mi appoggiai su di lui.

“Le ho subite anche io queste carognate” rispose, stringendomi a sé. “Ha gli occhi fuori dalle orbite la tipa”aggiunse in stile telecronaca.

Come mi sentivo bene. Mi infondeva una sicurezza mai provata prima, per una volta ero semplicemente felice anche se ero conscia che fosse tutta una finzione e che a breve saremmo ritornati ad essere peggio di cane e gatto. Ma, come si diceva, “Carpe diem”, ed io lo stavo facendo senza fregarmene delle numerose ferite che stavo infliggendo al mio cuore. Se prima ero certa che quella notte non avrei dormito, beh, in quel momento ero certa che per la prossima settimana non avrei chiuso occhio, continuando a rivivere quei momenti gloriosi come se avessi il rewind.

“Vorrei stringerti le braccia,
le braccia attorno al collo e baciarti,
baciarti dappertutto...”

Non so quanto tempo restammo così, tra una risata e l’altra, ma il momento in cui Stella chiamò venne troppo presto e fu così che, salutando Alessandra che solo ora sembrava averci visto, ritornammo in auto, passammo prendere le altre e due e ci ritirammo all’una passata.

“E’ stata una serata magnifica!” cinguettò Stella.

“Si, concordo! Ci siamo divertite tantissimo, non ero mai stata ad una festa così…. VIP!” ridacchiò Flavia, emozionata.

“E voi invece? Che avete fatto di bello?” chiese mia sorella, sbadigliando.

Io e Marco ci guardammo. “Cose così, abbiamo cenato lì, abbiamo bevuto un po’ e abbiamo ballato” rispose lui per me.

“Si, è stata una bella serata” ribadii, quando invece pensavo che fosse una serata strepitosa. Ero davvero ridotta male se avevo questo giudizio solo per quelle sciocche finzioni che c’erano state tra me e Marco…

Quando tornammo a casa constatammo che mamma e la zia non erano ancora tornate a casa con una mezza risata, dicendoci “qua i genitori sembriamo noi!”, ma eravamo troppo stanchi- ovvero, loro lo erano, io mi sentivo come se avessi appena assunto tre macchinette di caffè intere- per protestare e ci avviammo ognuno nella propria stanza per cambiarci.

Stavo andando in bagno per struccarmi quando mi imbattei in Marco, che aveva la stessa misa di quella mattina tranne per l’eccezione dell’aggiunta di una maglia bianca a mezze maniche.

“Ma non hai freddo?” chiesi, mentre lui usciva ed io stavo per entrare.

“No, e poi si sta bene, il piumone è così pesante…” ribattè burbero.

“Ok…”.

“Buonanotte, Luna” disse poi, e restai stupita quando si calò su di me per baciarmi una guancia. “Da domani preparati che ritornerò ad essere l’altro Marco”.

“Non vedo l’ora” mentii, ancora mezza scioccata per connettere del tutto, e lo salutai con la mano mentre entrava nella camera di Stella.

Ho già detto che ero ufficialmente innamorata di lui e che ero totalmente nei pasticci? Meglio ribadire catastrofi naturali del genere, non si sa mai.

 

 *°*°*°*°*°*

Salve chicas!

Ho deciso di aggiornare così presto per il sostegno che mi avete dimostrato in seguito alla mia preoccupazione circa il calo delle preferenze riguardo questa storia^^

Quindi dovrò rinnovare gli auguri di Buon Anno xD

Comunque, capitolo critico per i poveri nervi di Luna, ma anche ricco di emozioni, non trovate? E’ per questo che ho scelto come canzone “Rewind” omettendo le parti più censurabili, ovviamente :D :D :D

Nel prossimo capitolo l’allegra combriccola ritornerà a Maddaloni e vi dico che conosceremo anche i genitori di Marco, oltre suo fratello Mario che abbia già intravisto nel capitolo 6.

Per ora sto scrivendo il capitolo 18, che tratta del matrimonio di Flavia, e credo che a tempo debito vi piacerà moltissimo, ehehe =D

Ora come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso cap, le new entry tra i preferiti e le seguite e coloro che hanno  recensito:

_piccola_stella_senza_cielo_: Ciao ^^ Ti ringrazio, in effetti la mia preoccupazione era dovuta proprio al fatto che, essendo le vacanze natalizie, probabilmente un po’ di tempo per lasciare un commento dovrebbe esserci ma comprendo che in questi casi il tempo sia ancora minore del solito perché si è indaffarati nel fare tutto ciò che non si può durante il periodo scolastico xD Stella e Luna non litigano più, eh si, e tutti le preferiamo così, buone e dolci l’una con l’altra ^^ Auguri anche  a te :D Un bacione!

Lola SteP: Grazie, la devi smettere di dire queste cose perché sai che mi fai andare su di giri xD Per ora Marco è sempre lo stesso, a volte rompiscatole, a volte fin troppo gentile… Come hai visto in questo capitolo ne vedremo di tutti i colori ora che Luna è certa dei suoi sentimenti, per non parlare delle vocine dementi che si installano nella sua testolina certe volte… :D Grazie mille, ancora. Un bacio, tvttttttttb!

XXX_Ice_Princess_XXX: Ciao, spero ti sia divertita con i nonni ^^ A me è toccato restare nella mia città come al solito, ma almeno ci sono gli amici e i familiari a farmi compagnia… Come si dice, ç’est la vie xD La parte del diario è quella che ha fatto più furore, mi fa piacere che ti sia piaciuta, grazie mille! ^^ Un bacione!

vero15star: Tesoro, il primo argomento non potevano non essere i capelli, i nostri adorati migliori amici di sempre, e non fa niente se i nostri non sono “speciali” solo perché non sono tinti di verde fosforescente, viola o hanno i riflessi blu alla luce xD xD xD Non so da dove sia uscito questo sproloquio, ma tu mi perdoni, vero? Siamo vicine a Capodanno e si sa che ogni tanto un po’ di spumante in più nuoce alla testolina… :D Comunque, ad avere la cattiva memoria siamo in due, quindi chissà che mettendo insieme i nostri cervellini non mettiamo insieme almeno un cervello decente che ricorda tutto a dovere… E qui mi riferisco che al più presto, appena finiamo le nostre storie, dobbiamo scrivere qualcosa a quattro mani come dicemmo, magari facendo incontrare Luna e Marco con Maite e Davide ;-) Un bacione bambolina! Ti voglio un’infinità di bene! ^^

chiaretta88: Grazie mille ^^ Bacio?! Vabbè, dai, non posso essere sadica e negare l’evidente quando in questa storia la coppia principale sono Marco e Luna, ma ti dico che dovrai aspettare un po’ e che succederà in circostanze un po’ particolari xD Ancora grazie, un bacione!

CriCri88: Ciao Cri ^^ Spero che il mio sadismo sia stato perdonato almeno in minima parte con questo capitolo xD Però, hai visto, ho aggiornato tre giorni prima di Capodanno, quindi spero di ottenere ancora di più il tuo perdono :D Il tuo “finalmente” riguardo Luna è proprio azzeccato, ci sono voluti secoli per farle capire i suoi reali sentimenti per Marco, ma credo che d’ora in poi preferirai che non l’avesse mai scoperto per tutte le torture mentali a cui si sottoporrà U_U Sappiamo come è fatta, sigh… *da notare che ne parlo come se fosse una nostra conoscente xD*  Spero che il capitolo abbia soddisfatto la tua curiosità, cara! ^^ Un bacione!

Lamuchina: Ciao ^^ Quando mi sono trovata davanti agli occhi la tua recensione non ho potuto far altro che ringraziati mentalmente, davvero, sei stata troppo gentile e hai placato un po’ le mie insicurezze su questa storia, perché temo sempre di sbagliare qualcosa e di far si che ogni capitolo non sia gradito ^^ Riguardo Marco e la questione dell’attore, figurati, io metto le foto per far avere almeno una vaga idea di come immagino il personaggio, ma qui si tratta di storie scritte, non di film, quindi è d’obbligo il fatto che ognuno, leggendo, s’immagini una persona come più desidera, anzi, io stesso pur avendo scelto Tom Welling mi immagino Marco in tutt’altro modo, diciamo un incrocio tra il primo che avevo scelto e quest’ultimo =) Ancora grazie di cuore, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto dopo la fatica che devi aver fatto per leggere e recensire a quell’ora di notte ^^ Un bacione!

Blair95: Ciao cara, sono sicura che ti stai divertendo un mondo fuori, vero? ^^ Magari Luna riuscisse a mettere in atto le tue parole, lei per troppi anni ha subito il fatto che sua sorella scegliesse sempre chi piaceva a lei e sa come ci si sente, quindi non vuole commettere questo errore e far soffrire una sua cara inutilmente perché è certa che Marco non la ricambi affatto…  la parte del diario è quella che è piaciuta di più, è bello sapere che ti è piaciuta e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto… Ancora grazie e un bacio!

Giulietta7: Ciao ^^ Diciamo che per ora Luna non ha alcuna intenzione di mostrare i suoi sentimenti a Marco data la sua convinzione di essere respinta e che non sia giusto esporsi dal momento che Paola è ancora innamorata di lui… Ti ringrazio infinitamente, un bacio!^^

Sam05: Ecco qui il capitolo, cara ^^ Che bello sapere che ti sia piaciuto il contenuto del diario, ho notato che è stato il pezzo forte che è piaciuto a tutti per fortuna ^^’ Ti ringrazio tanto, un bacione!

 

Come sempre eccovi delle anticipazioni del prossimo cap:

 

 

Sbuffai ed incrociai le braccia. “Non mi sopporta, lo vuoi capire si o no?”.

“Se non ti interessasse mi avresti detto “Non ci sopportiamo”, bambolina mia. Ti ho fregato, ah!” esultò mamma, battendo le mani.

_______________

“Zia, non indovinerai mai chi è” iniziai, ancora stretta a lei. Ora avrebbe sparato qualche nome assurdo, ne ero certa.

La zia, però, come al solito, dimostrò la sua totale conoscenza di me e della mia vita. “Marco?”.

_______________

“Ci rispettiamo e basta, Stella, ciò non vuol dire che io e Luna condividiamo delle idee” soggiunse Marco, con un tono di voce freddo che non lo sentivo usare da secoli.

 

E visto che per ora ho scritto completamente fino al cap 17, e siamo vicino a capodanno xD, vi lascio un indizio per ogni capitolo a partire dal 14…

Cap 14: Ammiratore Anonimo

Cap 15: Veggente

Cap 16: Ennesima Discussione

Cap 17: Cinema

 

TANTISSIMI AUGURI DI UN BUON INIZIO DEL 2010 A TUTTI VOI!

A domenica,

la vostra milly92.

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Capitolo 14
*** Cena A Casa Valenti-Io Perderò ***


Cena A Casa Valenti-Io Perderò

Capitolo 13

Cena A Casa Valenti-Io Perderò

I seguenti due giorni che trascorsi a Firenze li passai il più possibile con Flavia, fingendomi interessata al suo abito, alle scarpe e alla pelliccia che avrebbe dovuto indossare al matrimonio più di quanto mi fossi mai interessata della moda in tutta la mia vita, ma ero disposta a tutto pur di stare lontana da Marco e perdere ancora di più la testa a causa sua e di ogni suo minimo movimento flessuoso e sensuale. Ogni mattina, però, in stile “predico bene e razzolo male”, non riuscivo a non entrare nella camera di Stella con la scusa di chiederle qualcosa pur di vederlo ancora beatamente addormentato o, ancora meglio, nella sua misa notturna così sexy.

Ma, come tutte le cose, anche il nostro  soggiorno a Firenze terminò,  e non posso negare che una parte di me, alla sola idea di non condividere più il tetto con Marco, era decisamente sconfortata.

“Tesoro, penso di aver capito una cosa” disse mamma la mattina della partenza, mentre eravamo giù al condominio ad aspettare che gli altri scendessero con le valigie per poi recarci alla stazione.

“Che cosa?” domandai distrattamente, dato che stavo leggendo un sms di Paola.

“Non vedo l’ora che torni, stasera andiamo in un nuovo locale a bere un po’ e a ballare con fighi pazzeschi che non rivedremo mai più… ;-)recitava il messaggio, e il solo leggerlo mi fece sentire peggio. Lei faceva di tutto per cercare di soffrire di meno a causa di Marco ed io al contrario me ne ero innamorata come una deficiente dopo che, numerose volte, le avevo detto che era solo uno stronzo che non la meritava.

Mamma sospirò e ridacchiò. “Mi ero sbagliata. Pensavo che fosse Stella invece sei tu”.

“Fosse cosa?”.

“Quella innamorata di Marco, ovvio! Si vede lontano  un miglio che sei pazza di lui” spiegò lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Mi guardava come se avesse vinto un premio alla lotteria e la cosa mi atterriva alquanto. Per tanti anni mi aveva spronato a trovarmi un ragazzo, quindi ora per lei scoprire che qualcuno fosse uscito a farmi sciogliere e abbassare la guardia doveva essere un trionfo.

Trattenni il respiro e subito iniziai a scuotere il capo, agitando convulsamente le mani. “No, no, no! Ma come ti salta in mente? E’ assurdo! Non m’interessa affatto, credimi!” dissi con voce stridula, arrossendo come una matta. “Il tuo intuito questa volta ha fallito”.

Purtroppo per me, mamma non aveva intenzione di accettare una simile (e anche falsa, diciamolo) sconfitta, per cui fece uno strano sorriso sarcastico e scosse il capo. “Inutile negare l’evidenza, piccolina. Dimmi, Stella che ne pensa del fatto che presto il suo migliore amico sarà anche suo cognato?” domandò, con un’aria così interessata che sembrava stessimo parlando della storia d’amore tra Brad Pitt e Angelina Jolie e lei avesse visto Brad scambiarsi effusioni con la Aniston. Dire che fosse interessata era molto riduttivo.

“Che cosa?!” chiesi, mezza atterrita. Conoscendo mamma, già stava progettando un abito da sposa e facendo mille progetti sui nomi da dare ai nipotini, anche se di certo mi avrebbe chiesto di attendere almeno tre anni prima di farla diventare nonna. “Mamma, ma stai vaneggiando? Ti ripeto, è una tua assurdità, non c’è nulla da…”.

“Si, certo, dammi un paio di mesi di tempo e poi quando ti chiamerò mi dirai che stai con lui. Anche perché, diciamocelo, nemmeno tu gli sei indifferente, ti guarda nello stesso modo in cui io osservo la mia boutique quando è gremita di clienti” continuò il suo sproloquio saggiamente, facendo anche un cenno di assenso.

Sbuffai ed incrociai le braccia. “Non mi sopporta, lo vuoi capire si o no?”.

“Se non ti interessasse mi avresti detto “Non ci sopportiamo”, bambolina mia. Ti ho fregato, ah!” esultò mamma, battendo le mani.

Arrossii e continuai a negare, finchè lei non si scocciò di aspettare gli altri quattro che non scendevano e mi disse di aspettarli lì.

“Ok, solo che… Puoi darmi il telefono? Devo chiamare papà e dirgli che stiamo per partire ma ho finito il credito sul mio” le dissi.

“Certo, tieni”.

Si allontanò, lasciandomi in compagnia del suo nuovissimo i-phone nero. Lo guardai quasi come se stessi dissezionando una rana. Mannaggia lei e alla sua fissa di seguire sempre l’ultima moda: io odiavo i telefoni con il touch screen, non sapevo dove mettere le mani… Mi ci vollero quasi dieci minuti per riuscire a comporre decentemente il numero con quella sorta di stuzzicadenti metallico!

Per fortuna riuscii a compiere quella piccola e assurda impresa, e quando staccai la telefonata, non so come, premendo chissà quale pulsante, vidi comparire la cartella degli sms di mia madre davanti ai miei occhi.

“Stupido co…so” sussurrai, senza fiato. Tutti i messaggi erano di un certo Carlo e, nell’anteprima degli sms, si leggeva che la chiamava amore.

Restai agghiacciata e incredula: doveva esserci un errore, era certo, mamma ce lo avrebbe detto se si fosse messa con qualcuno dopo la rottura con papà, ne ero più che sicura. Pensai che forse era un falso abbaglio, forse era solo un suo pretendente, ma la curiosità, si sa, non può essere repressa a lungo e così presi fiato e lessi un messaggio a caso.

Amore, sei tornata a casa? Io sono ancora in ufficio. Quando arrivano le tue figlie? Voglio conoscerle e poi non ce la farei a stare quattro giorni senza vederti. Un bacione, mi manchi tantissimo.

Subito uscii dall’archivio sms e, la prima cosa che vidi davanti ai miei occhi, fu la faccia del mio povero papà scioccata e triste. Perché mamma non ce l’aveva detto che aveva una relazione con un uomo?

Non ebbi il tempo di torturarmi ancora di più mentalmente perché lei stava giungendo verso di me con gli altri quattro alle calcagna, tutti carichi di valigie e zaini.

Cosa dovevo fare? Far finta di nulla? Tacere? Dirle che avevo saputo? Ero così indecisa che mi ritrovai nella macchina che ci avrebbe condotti alla stazione senza sapere come. E, come se non bastasse, Marco era seduto al mio fianco, stretto a panino vicino a me visto che dietro erano sedute anche Stella e Flavia. Mossi la mano e la ritirai subito quando sfiorai la sua. Mi girai, a disagio, e feci finta di essere interessata al paesaggio che Firenze offriva.

Quanti ricordi mi sarei portata dietro da quel viaggio, quante emozioni vissute segretamente… E il fatto di doverle cancellare mi rattristiva alquanto. Però dovevo, per il mio bene: sarebbe stato assurdo rincorrere Marco e fargli capire quanto avessi scoperto di amarlo. Si, ne ero certa. Lo amavo. Lo amavo come non avevo mai amato nient’altro in quei piatti diciotto anni. Ogni particolare, qualsiasi cosa che vedevo mi riconduceva a pensare a lui, al suo sorriso, alle sue parole sempre così maledettamente giuste e sensate. Come facevo a non sopportarlo, diamine? Era come se solo in quegli ultimi giorni avessi iniziato ad aprire per bene gli occhi e vedere ciò mi circondava a trecentosessanta gradi, senza quegli stupidi paraocchi chiamati pregiudizi.

Sospirai e non riuscii a non voltarmi verso di lui. Lo guardai e mi ci volle una forza di volontà estenuante per rigirarmi e far finta di nulla. Quanto avrei voluto poter appoggiarmi su di lui e restare tra le sue braccia per ore ed ore…

Un quarto d’ora dopo eravamo tutti alla stazione, e, non potendone più riguardo la faccenda di mamma, presi coraggio e, approfittando del fatto che mancassero venti minuti alla partenza, presi in disparte Stella.

“Stella, ho scoperto una cosa” iniziai a bassa voce.

Lei mi scrutò curiosa, inarcò un sopracciglio ed annuì. “Dimmi”.

“Mamma ha una storia con un certo Carlo, l’ho scoperto involontariamente quando, poco fa, mi ha prestato il cellulare per chiamare papà” spiegai cautamente, cercando di valutare per bene la sua reazione.

Trattenne il fiato per un istante, poi fece un cenno e  disse, sospirando: “L’avrei dovuto capire. Mamma spesso si isolava per rispondere al telefono e… Ho trovato un pigiama maschile nella cesta dei panni sporchi, due giorni fa”.

“E non mi hai detto nulla?” chiesi esterrefatta.

“Cosa dovevo dirti?! Volevo essere ottimista e non maliziosa” si difese, incrociando le braccia.

“Hai ragione, solo che, sai come si dice… A pensare male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca. Che facciamo?”.

“Glielo diciamo, no? Deve sapere che sappiamo” disse definitivamente lei, e, senza permettermi di ribattere, già stava chiamando mamma, incitandola ad avvicinarsi.

Lei sembrò un po’ curiosa per quella “riunione”, ma non obiettò nulla ed iniziò ad attendere che le dicessimo qualcosa. Stella mi incitò con lo sguardo e alla fine, dopo aver cercato di trovare le parole giuste, mi decisi a dire: “Mamma, sappiamo di Carlo”.

Mamma assunse diverse sfumature prima di decidersi a pronunciare qualche minima parola. Esitò, arrossì, scosse il capo, biascicò un: “Dovete sapere… Cioè… Però… In effetti…” e iniziò a contorcersi le mani coperte da dei guanti neri.

“Calma, mamma. Non l’ho fatto apposta, non so usare il tuo telefono e dopo aver chiamato papà ho premuto un tasto involontariamente e…”.

“Non mi devi nessuna spiegazione” mi interruppe lei, recuperando finalmente l’uso decente della parola in modo da farla distinguere da una balbuziente o una scimmia. I suoi occhi azzurri erano fissi in due fessure, li socchiuse e poi prese un bel respiro. “Avrei dovuto dirvelo. Dopo che entrambe ve ne siete andate mi sentivo così sola e Carlo ha iniziato a darmi delle attenzioni così dolci che due settimane fa mi sono decisa a mettermi con lui… Però ci sarà un motivo per cui non ve l’ho fatto conoscere, no? Io non sono sicura di lui, ecco. Probabilmente non mi innamorerò mai più, ed è giusto che sia così… Sappiate che ho veramente amato solo un uomo nella mia vita, e sapete che quello è vostro padre” spiegò.

“Ma potevi dircelo! Non dico presentarcelo, ma dircelo e non farcelo scoprire così!” le feci notare.

“Infatti, insomma, tu e papà vi siete separati…”.

“Anche se giuridicamente sarebbe illecito avere un partner con la separazione, sai mamma? Con la separazione dovrebbe cessare solo il diritto di coabitazione, quindi papà potrebbe anche denunciarti” dissi ironica, cercando di farle capire che più di tanto non potevamo dirle nulla. Lei era sola in una città così grande, aveva una vita frenetica ed era separata da papà da sette anni abbondanti… Riflettendoci, non c’era assolutamente nulla di negativo in quella situazione. Sarebbe dovuto succedere prima o poi, anche se ammetto che non avrei reagito così bene se avessi saputo che era papà ad avere una compagna. Le figlie sono sempre gelose dei papà, si sa.

Così, continuammo a parlare per un po’ e mamma ci promise che ce lo avrebbe presentato se fosse diventata una cosa seria e salii sul treno che ci avrebbe condotti alla stazione di Maddaloni con un peso in meno sullo stomaco.

All’inizio del viaggio mi addormentai, e quando mi svegliai, un’ora dopo circa, constatai che solo Marco se ne stava sveglio. 

“Dormito bene?” domandò.

“Diciamo” sussurrai, scrollando le spalle. “Come mai non hai schiacciato un pisolino?” chiesi.

“Non ho sonno… E poi mi ha chiamato mamma, trattenendomi quasi venti minuti a telefono. Ha detto che stasera tu e Stella siete invitate da noi per cena,vuole ringraziarvi per l’ospitalità che mi avete offerto” mi informò.

“Oh, che gentile! E’ davvero molto carina, ma non ce n’era bisogno”.

“Beh, è fatta così, vuole ringraziarvi e ripagarvi del disturbo…”.

“Quale disturbo?”. La frase mi era uscita di bocca prima che potessi meditare e subito iniziai a guardare fuori dal finestrino, passandomi i capelli davanti al volto, per non fargli vedere che ero arrossita un po’. “Cioè, insomma, sei stato un buon ospite” cercai di aggiustare, senza sapere cosa dire. Buon ospite? Lui era l’ospite dei sogni, il ragazzo che ogni ragazza vorrebbe vedersi catapultato in casa propria ogni mattina quando si sveglia per andare a scuola avendo l’incubo di una probabile interrogazione di matematica e se lo ritrova mezzo nudo mentre esce dal bagno…

“Ho capito, grazie” rispose, e notai che sorrideva. Cercai di ricambiare brevemente e poi ritornai seria, presa dai miei pensieri. Il momento in cui avrei rivisto Paola era sempre più vicino e non sapevo se avrei avuto il coraggio di guardarla dritto negli occhi, e sperai che non avesse l’intuito di mamma e non se ne accorgesse. Mi girai e sentii Stella spostarsi, ancora addormentata, e appoggiarsi sul mio braccio come se fossi un cuscino. In quell’istante realizzai che, nonostante la promessa di dirci sempre tutto che c’eravamo fatte la sera della festa della mia amica, io non le avevo detto della mia sbandata per il suo migliore amico.

Tu a breve lo dimenticherai quindi è inutile ammettere una cosa del genere con lei! E se poi lo dice scausalmente a Marco? Chi vuole fare questa figuraccia visto che non sarai mai ricambiata? mi sussurrò una vocina nella mia testa, e mi ritrovai a darle pienamente ragione. Io lo avrei dimenticato a breve, questo era poco ma sicuro. Altrettanto sicuro per me, però, era il fatto che un domani, anche se avessi incontrato qualcuno che mi avrebbe fatto perdere la testa almeno la metà di quanto l’avevo persa per Marco, mi sarei pentita di non aver provato a stare con Marco, a fregarmene di Paola e, soprattutto, avrei rimpianto i bei momenti trascorsi con lui durante quei quattro giorni a Firenze.

“Lo so
io perderò
questa partita qui
finirà così...
Che io mi pentirò,
che io rimpiangerò
questi momenti qui....
Vale la pena o no?”

 “Ti vedo pensierosa… Ti è dispiaciuto lasciare di nuovo Firenze?”. La voce di Marco mi fece ridestare dai miei pensieri e subito feci un cenno negativo con il capo. Che carino che era a chiedermi una cosa del genere… Poi, però, mi sentii uno schifo quando realizzai che l’aveva detto solo perché, essendo svegli solo noi due, si stava annoiando a morte.

“No, anzi, non vedo l’ora di rivedere zia Kitty, la nonna, Michele e gli altri… Ero solo pensierosa perché….”. Perché? Ed ora che mi sarei inventata? Potevo mica dirgli: “Ehi, bello, scusa ma pensavo al fatto che non ho ancora detto a mia sorella di vere una cotta stratosfera per te!”. “Perché stamattina ho scoperto che mamma ha una storia con uno” buttai lì, il che era anche vero.

Marco assunse un’espressione colpita e anche comprensiva. Si passò una mano tra i suoi ribelli ricci corvini ed esitò prima di dire: “E come ti senti al riguardo?”.

Scrollai le spalle. “Come dovrei sentirmi? Io e Stella l’abbiamo mollata, lei è bella e sola… Era ovvio che prima o poi sarebbe successa una cosa simile. L’importante è che lui ci tenga a lei e non la faccia soffrire, anche se è scontato dire  che preferirei che stesse ancora con papà” mormorai, incrociando le braccia e sospirando.

“Hai ragione” assentì.

Poco dopo le altre tre si svegliarono e passammo il tempo restante del viaggio chiacchierando. Quando arrivammo a Maddaloni, trovammo papà e Clemente ad aspettarci. Quest’ultimo subito saltò addosso alla sua sposina e papà ci abbracciò, chiedendo ironicamente  Marco: “Hanno fatto le brave?”.

“Io vado a salutare Michele, vuoi venire, così saluti anche Antonio?” domandai in modo eloquente a Stella mentre Marco diceva a papà della cena di quella sera.

Lei annuì, e quando sorrisi si parò una mano davanti e si spiegò con un: “Voglio solo vederlo per capire cosa provo sul serio, negli ultimi giorni non l’ho pensato proprio”.

La cosa mi lasciò alquanto perplessa, se fossi stata in lei lo avrei pensato in continuazione, ma parlavamo sempre di Stella Solari, colei che era capace di prendersi una sbandata e rinsavire ventiquattro ore dopo. Quando la invidiavo, anch’io avrei voluto avere un simile potere al momento…

Acconsentii, così dieci minuti dopo, dopo che papà ebbe preso i nostri bagagli con tanto di vestiti per la cerimonia e li ebbe caricati in macchina, ci ritrovammo nel locale del mio “capo” tutte sorridenti.

“’Giorno Mister!” esclamai entrando, e subito mi precipitai ad abbracciare Michele che aveva assunto un’espressione sorpresa da dietro il bancone.

“Luna! Finalmente sei tornata, non ne potevamo più senza di te, vero, Antò?” domandò, e, voltandomi, vidi Antonio spuntare dal retrobottega, vestito nello stesso modo in cui era toccato a Marco, e sorridermi.

“Ciao” esclamai.

“Ciao, Luna!”. Mi strinse brevemente a sé e poi si voltò verso di Stella, che lo salutò con la mano ed un sorriso. Ricambiò e poi si voltò di nuovo verso di me.

“Luna, sai che ti vedo diversa?” osservò Michele.

“Diversa?!” chiesi, senza capire.

“Si, hai uno sguardo diverso, più luminoso… Ti sarai mica innamorata a Firenze?” ridacchiò sarcastico, e sentii sia Stella che Antonio ridere.

Mi imposi di non arrossire e ridacchiai a mia volta. “Oh, si, mi sono innamorata di te Mister, mi mancavi troppo” ironizzai. Diedi sia a lui che ad Antonio e a Gianluca dei pensierini che avevo comprato loro a Firenze e li salutai, dicendo loro che ci saremmo visti l’indomani visto che era il mio giorno lavorativo.

Il pomeriggio passò lento e monotono, e Paola mi chiamò dicendo che non poteva farsi viva e mi sarebbe venuta a trovare al negozio l’indomani visto che Marco non ci lavorava più per il ritorno di Antonio. Il solo pensiero mi rattristì da morire ma mi imposi di far finta di nulla ed essere contenta visto che non mi sarei distratta ulteriormente e lo avrei visto di meno. Come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

L’idea di cenare a casa di Marco mi agitava non poco, e per fortuna mi venne a trovare zia Kitty nel primo pomeriggio e mi aiutò a rilassarmi un po’.

“Ho continuato a cercare i biglietti per il concerto di Vasco, ma invano” mi informò mentre le preparavo una tazza di thè alla pesca. Stella dormiva nella nostra stanza e i nonni erano di là a vedere la tv.

Sorrisi mesta. “Grazie lo stesso zia, non c’è problema” risposi, scrollando le spalle e voltandomi verso di lei dopo aver messo l’infuso nel pentolino.

“Luna, c’è qualcosa che devi dirmi?” domandò improvvisamente lei, quasi come se non le avessi risposto. “Ti vedo diversa!”.

Ancora??? Prima mamma, poi Michele, poi lei… Insomma, sembrava che per la prima volta in vita mia qualcuno mi notasse sul serio.

“No, zia, perché?” domandai voltandomi di spalle con la scusa di controllare il pentolino.

“Perché ti sei appena voltata di spalle per celare il tuo imbarazzo! Dimmi, ti piace qualcuno?”.

Ecco, ci mancava solo la fatidica domanda. “No!” risposi, forse con troppa veemenza, perché la zia fece un sorriso furbo e disse: “Su, piantala di fingere di essere interessata al thè e dimmi tutto, dopotutto sei la prima a cui ho parlato di Giuliano” .

“Ma non c’è nulla da dire” mentii, e così dicendo iniziai a versare la bibita in due tazze e presi una confezione di biscotti dalla dispensa, poggiandola sul tavolo.

“Luna, anche io ho avuto diciott’anni e conosco alla perfezione tutti i sintomi della malattia “amore under venti anni” e negare, arrossire e sembrare una pazzoide è tra questi” recitò sbrigativa, e mi obbligò a sedermi e a guardarla negli occhi. “Ora dimmi “Non sono innamorata” e poi ne riparliamo”.

Sbuffai, gettando prima la testa all’indietro per la noia e poi obbedii. “Non sono innamorata” ripetei meccanicamente, e non ero nemmeno a metà frase che la zia batté le mani soddisfatta.

“Bugiarda! Hai la faccia della menzogna… Ma perché non vuoi confidarti con me? Dove ho sbagliato? Dopo tutti  questi mesi non ti fidi ancora di me?” domandò, quasi offesa. Quando faceva così non potevo resisterle, assolutamente, aveva incrociato le braccia e aveva l’espressione di un’adolescente incompresa, accentuata ancora di più dai fiammanti capelli perfettamente lisciati e il lucidalabbra scintillante.

Come facevo a spiegarle che non riuscivo a dirglielo solo perché io stessa non avevo ancora metabolizzato bene la cosa? Ammetterlo con lei sarebbe significato ammettere al mondo quella verità che volevo soffocare e reprimere.

“Su, dimmi tutto appena termini la tua battaglia interiore” concesse, questa volta però sorridendo dolcemente.

Senza sapere come, mi ritrovai tra le sue braccia con gli occhi lucidi e un colorito più vivo che mai. Le sue parole avevano convinto quella parte di me che era ancora un po’ titubante ma che non desiderava altro che sfogarsi come un vulcano inattivo da secoli e secoli dopo quei tre giorni di lotte interiori.

“Zia, non indovinerai mai chi è” iniziai, ancora stretta a lei. Ora avrebbe sparato qualche nome assurdo, ne ero certa.

La zia, però, come al solito, dimostrò la sua totale conoscenza di me e della mia vita. “Marco?”.

Strizzai gli occhi, come se avesse pronunciato la più abominevole delle parolacce. “S-si”.

“Tutto qui? Luna, chissà da quanto tempo ti piace inconsciamente… Su, calmati, perché sei così… Turbata?” mi domandò, dandomi una pacca sulle spalle per poi obbligarmi a guardarla in volto, staccandosi da me.

“Perché? E me lo domandi pure? Perché lui non mi considera nemmeno di striscio se non per rompermi le scatole, perché è il ragazzo che piace a Paola, è il migliore amico di Stella che non  ho fatto altro che odiare in questi anni…” iniziai, appoggiando la testa su un braccio con aria afflitta.

Zia Kitty subito mi interruppe. “Luna, nella vita bisogna pensare prima a sé stessi e poi agli altri. Non puoi impedirti di amare qualcuno solo perché piace ad una tua amica che per altro lui non ha scelto. E’ vero, prima non lo sopportavi, e di sicuro era perché non sopportavi Stella, ma ora che vi siete chiarite hai scoperto di non poter continuare con il tuo odio insensato nei suoi confronti, qual è il problema? Solo gli scemi non cambiano idea. Stella sarebbe felice di sapere che a sua sorella interessa il suo migliore amico, dice sempre che siete le persone a cui tiene di più, ricordi?” dichiarò decisa, in un modo tale da sembrare una psicologa.

Sentii qualcosa sciogliersi dentro di me dopo la sua arringa. Aveva ragione, soprattutto sul motivo per cui solo ora mi accorgevo di Marco. Prima era solo l’alleato della mia “Nemica”, ora era l’alleato di mia sorella.  Non aveva senso inveire contro di lui, ormai. Mi aveva conquistato il cuore con il suo essere così serio ma allo stesso tempo disinvolto, scherzoso e affascinante. Ma gli altri punti per me restavano irrisolti: quello di Paola e quello del fatto che non si sarebbe mai remotamente interessato a me, nemmeno sotto tortura o scommessa.

“Zia, io mi sentirei uno schifo se ad una mia amica piacesse il ragazzo che amo e se ci facesse la scema” dissi.

“Ma per quel che ho capito tu non hai intenzione di farci la scema, per ora. Quindi iniziaglielo a dire, così per quando vi metterete insieme si sarà abituata”.

“Che cosa? Zia, scherzi?”.

La zia sorrise con aria saggia. “Smettila, si vede che lui non riesce a scrollarti gli occhi di dosso!”.

Tutti erano convinti che anche lui fosse interessato, ma io sapevo che fosse l’assurdità del millennio. Ne ero certa.

Aver ammesso una cosa del genere con un’altra persona, però, mi aveva aiutato, e così quella sera arrivai a casa un po’ più tranquilla a casa di Marco, dopo che lui passò a prenderci. Stella era tutta entusiasta- mentre ci preparavamo aveva detto che ormai Antonio gli era quasi indifferente e quindi era felice per il suo essere di nuovo libera e spensierata- di rivedere la signora Carmela e il signor Luigi, che spesso la trattavano come se fosse una dei loro figli. Io me ne stavo zitta zitta, cercando di non guardare il volto di Marco dallo specchietto retrovisore, e continuai con il mio mutismo anche quando ci ritrovammo fuori la porta di casa Valenti. Era vero, c’ero già stata il giorno prima dell’esame, ma all’epoca non c’era nessun altro oltre Marco.

Ci aprì una donna sui quarantacinque anni, con i capelli castani ricci e un sorriso materno stampato sul volto. Rimasi folgorata dai suoi occhi: erano gli stessi, identici e spiccicati di quelli di Marco.

“Ciao, Stella! Oh, tu sei Luna, vero?” ci accolse subito, chiudendo la porta alle nostre spalle.

“Si, piacere di conoscerla” dissi, sorridendo.

“Siete proprio due gocce d’acqua! Che bello conoscerti dopo tanti anni, Stella ci parla spesso di te!” continuò.

“Oh, Stella parla sempre di me, vero?” chiesi conferma, cercando di risultare simpatica,e per fortuna Stella annuì, ridendo.

“Si vede che siete molto affiatate! Datemi i cappotti, li sistemo di là” aggiunse, sempre più cordiale, tanto che mi mise subito a mio agio.

“Ecco, signora”.

“Chiamami pure Carmela, cara”.

“Oh… Ok”.

Carmela si allontanò con i cappotti e vidi venire verso di noi un ragazzo che conoscevo già, con i ricci capelli castani e molti tratti simili a Marco. “Ciao, Stella! Ciao, Luna!”  esclamò.

“Ciao Mario” risposi educatamente quando lui si avvicinò per baciarmi le guance.

“Come stai? Come è andato l’esame?” chiese.

“Bene, ho preso ventotto” risposi.

“Complimenti”. Si voltò verso Stella e li vidi abbracciarsi calorosamente e riempirsi di domande.

Ero un po’ stupita, nemmeno con Marco la vedevo assumere certi atteggiamenti, e quando  mi voltai confusa verso di lui parve capire i miei pensieri.

“Mi domando anch’io come mai non sia Mario il suo migliore amico, hanno un feeling pazzesco” sussurrò.

“Io non sapevo nemmeno che fossero così amici” dichiarai.

Marco scrollò le spalle, e in quell’istante, a terminare il quadretto familiare, ci pensò Luigi Valenti.

“Oddio, chi è Stella e chi è Luna?” ironizzò l’uomo entrando. Vedendolo restai sorpresa. Dietro un po’ di pancia si celava un uomo sorridente, con un viso fin troppo amichevole a forma un po’ squadrata. I capelli erano dello stesso colore di Marco, ma gli occhi erano di un grigio-verde particolare.

“Io sono Luna, piacere di conoscerla signor Valenti” mi feci avanti, porgendogli la mano.

“Giusto, quella che si confessa con Mario deve essere per forza Stella, eh?” ribattè lui, e strinse la mia mano.“Chiamami Luigi, nemmeno i miei clienti mi chiamano signor Valenti” disse, sempre con quel suo sorriso a diecimila denti. “Allora, che mi dici, Luna? Il nostro Marco ha fatto il bravo durante il viaggio o si è fatto riconoscere?”.

Esitai, e vidi Marco guardare suo padre come a dire: “Sei sempre lo stesso!”.

“No, è stato  un buon ospite e ha studiato le varie chiese tutto il tempo” risposi.

“Infatti, papà, ora mi credi?” ribattè Marco falsamente offeso.

“Solo se prenderai un buon voto all’esame,perché, insomma, è difficile studiare durante il viaggio con così due belle ragazze” e così dicendo fece un eloquente occhiolino.

“Luigi, non farti subito riconoscere da Luna” s’intromise sua moglie.

“Infatti, arriviamo almeno al dessert”asserì Marco. 

Poco dopo prendemmo posto a tavola ed ebbi modo di appurare, oltre che Carmela fosse un’ottima cuoca, che la famiglia di Marco fosse davvero stupenda oltre che semplice nonostante suo padre fosse un importante direttore d’azienda e sua madre una docente di storia e filosofia nel liceo classico in cui studiava Miriam.

“Dimmi, Luna, com’è vivere in un paesino come Maddaloni dopo aver vissuto per anni a Firenze?” domandò interessata Carmela mentre mangiavamo il secondo piatto.

“Devo ammettere che è rilassante, perché Firenze è molto più caotica e poi qui ho i miei familiari con cui mi trovo benissimo, lì avevo solo mamma e Stella” risposi.

“Concordo, per un paio d’anni studiai a Bologna e lì era molto più caotica, non ci capivo nulla tra metropolitane e via dicendo” confermò Luigi.

“Si, ma non ditemi che  non preferireste vivere ogni tanto in una città simile dove non bisogna fare chilometri per raggiungere una discoteca decente” disse Mario in generale.

“Infatti” concordò Stella. “La cosa che mi manca qui è un centro commerciale vicino”.

“Io credo che dipenda tutto dalle proprie esigenze” s’intromise Marco.

“Concordo” dissi senza esitare. Mi voltai e lo vidi annuire in mia direzione, e sua madre sorrise.

“E meno male che mi dicevi sempre che non andavano d’accordo, Stella!” disse ridendo.

“Ma è vero, anche se ammetto che ultimamente sono molto più calmi e bravi l’uno con l’altra. Il viaggio a Firenze è servito, dai” rispose lei, soddisfatta.

“Ci rispettiamo e basta, Stella, ciò non vuol dire che io e Luna condividiamo delle idee” soggiunse Marco, con un tono di voce freddo che non lo sentivo usare da secoli.

Ecco, l’ennesimo castello di cristallo infranto. Tanto che gli facevo schifo? Tanto che le mie idee gli sembravano stupide e insensate? Cos’avevo di così negativo?

“Oh, Marco, smettila! Luna è così educata e dolce…” ribattè Carmela, quasi indignata. Mi guardò, come aspettandosi chissà quale reazione indignata da parte mia.

Mi limitai a sorridere amaramente. “Carmela, si vede che a Marco non sto simpatica proprio a pelle. Ultimamente l’avevo rivalutato un po’, gli avevo riconosciuto dei pregi, e non è colpa mia se non mi sopporta” ribattei ancora più glacialmente di lui, se possibile. Evitai il suo sguardo e contai mentalmente fino a venti per impedire alle lacrime di uscire fuori.

“Marco non ne ha mai capito niente di ragazze, tipo quell’ultima ragazza con cui usciva, Paola, è così bella e dolce come te, Luna, e non ne vuole sapere più nulla, bah” disse la donna, guardando a stento suo figlio. “E’ così dolce con tutti, ma quando si fissa…”.

“Oh, mamma, non rompere!” sbottò lui. “Scusatemi, vado in bagno” aggiunse, e si allontanò con un passo degno del migliore uragano.

“In questo è simile  a te, eh, Luigi” sospirò lei, appoggiandosi con lo schienale contro la sedia.

“Carmela! Insomma, è nostro figlio, non solo mio, quindi avrà i difetti di entrambi…”  ribattè il marito, seccato.

“Mario sembra l’unico immune a tutto ciò” disse Stella con un gran sorriso, e vidi Mario ricambiare.

La cena proseguì lenta e placida; Marco quando tornò non pronunciò più di dieci parole in croce e non fece altro che evitare di guardarmi, tanto che alla fine si disse troppo stanco per accompagnarci e fece si che fosse Mario a condurci a casa.

“Scusatelo, ma ultimamente mio fratello è intrattabile, forse sarà a causa dell’esame” disse quest’ultimo quando arrivammo davanti casa nostra.

“Tranquillo Mario, anzi, grazie mille sei stato gentilissimo ad accompagnarci” risposi, lo salutai e poi scesi dalla macchina, recandomi verso il cancello.

Aspettai che Stella finisse di chiacchierare con lui  e poi entrammo in casa.

“Stella, mi dici dove ho sbagliato con Marco ora? Sono stata fin troppo educata” dissi mentre indossavamo il pigiama, non riuscendo a trattenermi.

Stella annuì comprensiva. “Lo so, lo so. Non lo capisco nemmeno io, ad essere onesti. Domani gli faccio una bella lavata di testa… Ma non pensiamoci ora, mancano cinque giorni a Natale!”.

Sospirai e mi fiondai sotto le coperte, senza sonno. Probabilmente Marco aveva capito che ero giunta a sopportarlo, ma io gli ero ancora moooolto antipatica. Sbuffai e cercai di dormire, pensando che il giorno dopo sarei dovuta andare a lavoro e avrei rivisto Paola che mi sarebbe venuta a trovare, ma ciò non fece altro che aumentare la mia insonnia. Quello sì che si prospettava uno strambo e pazzo Natale.

 

*°*°*°*°*°*

Hola!

Ed eccomi con il primo aggiornamento del 2010, in anticipo di un giorno… Avete passato un buon Capodanno?

Al momento io mi sento afflitta dall’incubo della scuola e dei compiti che devo ancora finire di fare, ma pazienza…

Comunque, questo capitolo fa si che Marco rispetti la promessa fatta a Luna alla fine dello scorso, in cui le diceva che dopo il Christmas Party avrebbe di nuovo avuto a che fare con il solito Marco ed entra in scena ancora di più Mario, che d’ora in poi sarà sempre più presente.

Nel prossimo capitolo ci sarà la descrizione del “Natale Maddalonese” delle due gemelle, il primo Natale che trascorrono pacificamente, e non mancheranno dei regali tanto agognati, e qualcuno anche da parte di un ammiratore anonimo…

Come sempre grazie  a chi legge,mette la storia tra i preferiti e le seguite e ovviamente ha recensito:

Lola SteP: Sei sempre la solita, pensi sempre e solo a farli “quagliare” ma, da brava sadica quale sono, ti dico che devi aspettare, eheh! La scena in cui Marco sembrava che la stesse baciando ha fatto morire anche me mentre la scrivevo, sai? xD A Marcolì ormai sembrano tante le scuse che adotta per fare il belloccio, ma poi torna sempre lo stesso rompiscatole, sigh… Grazie mille, un bacione! Tvtttttb!

k_Lu: Ciao! E’ bello sapere che Luna ti fa morire dal ridere, ti dico che vale lo stesso per me mentre scrivo i vari capitoli e le sue battute a volte un po’ troppo sprezzanti e a volte troppo simpatiche… Ti ringrazio e spero che continuerai a farmi sapere se la storia continua a piacerti! Un bacio!

Lamuchina: Ciao Ila! Ma sai che adoro il tuo modo di esprimere le tue opinioni riguardo i vari personaggi, con il meritato sarcasmo usato nei confronti di Marco (che si merita tutto! xD) ? ;D Hai ragione, Luna è assolutamente ingenua, infatti se ricordi nel capitolo scorso si definiva “come una tredicenne inesperta” con la sola differenza che lei aveva diciotto anni e il tutto rendeva la situazione ancora più grave. Questa è la più grande differenza che distingue lei e Stella, fin troppo consapevole del fascino che sa di poter  esercitare con chi la circonda. Luna dopotutto sta vivendo la sua prima vera cotta, perché lei prima di Christian amava soprattutto l’aspetto esteriore, non ha mai amato il suo essere interiore come con Marco (anche se non gli fa ribrezzo il suo aspetto, ovvio ;-) ) e quindi anche quando c’è da vedere un minimo comportamento positivo di lui verso sé stessa non lo nota e continua a ribadire di essere solo l’oggetto delle sue rotture di scatole e prese in giro. Per questo sia con la madre che con zia Kitty nega il fatto che Marco la guarda in un modo diverso dal solito, più intenso… Riguardo Marco, diciamo che per ora non posso dire nulla sui suoi sentimenti, ma alle sue spalle ha una situazione che si scoprirà verso il cap 20 che è responsabile dei suoi gesti e del suo essere improvvisamente scorbutico quando ci si mette. Grazie mille per i complimenti! Un bacione cara!

CriCri88: Ciao Cri, spero tu abbia passato un bel Capodanno! ^^ Hai ragione, diciamo che Marco finge di fingere xD Se fosse per me, anche io pubblicherei ogni giorno o al massimo ogni due giorni dal momento che ora sono arrivata a metà del cap 19, solo che poi, ritornando a scuola, non avrei più tempo per scrivere e mi ritroverei senza cap già scritti…  xD Un bacione cara!

rossy87: Ciao bella! Lo so, lo so, mea culpa visto che faccio destare pensieri poco casti con la versione di Marco in pantaloncini… Ma perché non sfruttare questo lato più intraprendente del nostro "beniamino" per sognare un po’ e perdere un po’ di bava? xD xD xD Comunque, tranquilla che non ho mai avuto intenzione di non continuare, anzi, durante le ferie ho scritto molto e sono arrivata al cap 19, era solo che mi ero preoccupata vedendo un calo di recensioni e avevo domandato dove fosse l’errore, ma niente di che… =) Non ti libererai facilmente di questa storia visto che ho già in mente qualcosina per un eventuale continuo, sempre se ti andrà di seguirlo ^^ E più andremo avanti e più vedrai che la coerenza di Marco andrà a farsi benedire, purtroppo… Riguardo l’ammiratore segreto, beh, bisognerà aspettare il prossimo cap ma ti dico che è di Luna ;-) Un bacione e grazie mille!

vero15star: Ciao tesoro, spero che tu ora stia meglio! Non sai quanto ti capisco, io soffro di cervicale e quando mi prende devo stare tutto il giorno con la sciarpa al collo, oltre che evitare di fare movimenti bruschi… Ed è anche colpa di questo freddo micidiale >.< Comunque, credo proprio che il cap del matrimonio ti piacerà, si si… ;-) Continuo a dire che non vedo l’ora di riscrivere a quattro mani con te! ^^ Un bacione, ti voglio bene!

sam05: Ciao ^^ Si, la storia è entrata nel vivo e più andremo avanti e più il puzzle si comporrà di vari tasselli sempre più difficili da incastrare… Luna e Marco piacciono a tutti noi, anche se spesso ci fanno esaurire con i loro battibecchi, eheh! Un bacione e grazie mille! ^^

 

Come sempre eccovi l’angolino delle anticipazioni….:

 “Wow, sorellina, un regalo a domicilio! Apri, su!” mi incitò Stella, battendo le mani e divorando il pacchetto con gli occhi.

“Ma non so nemmeno da parte di chi è…” obiettai, ancora incredula.

_____________

 Si bloccò, ed io la invitai a sedersi sul letto. Obbedì e poi tornò a guardarmi.

“Miriam, io ci sono rimasta male, e credo che lo sai, ma non ho fatto nulla per attirare l’interessa di Mattia” dissi subito.
_____________

 Mi ero giusto ricordata di dover anche ringraziare suo fratello che lo sentii aggiungere: “Mi fa piacere che non lo avevi già… Scusami per la scenata della cena” e avverti le sue braccia circondarmi la vita e compresi che fosse lui questa volta ad abbracciare me.

 
Credo che aggiornerò mercoledì per l’ultimo aggiornamento “natalizio”, sigh!

La vostra milly92.

 

 

 

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Capitolo 15
*** “A Natale Puoi Fare Quello Che Non Puoi Fare Mai”- Occhi Blu ***


“A Natale Puoi Fare Quello Che Non Puoi Fare Mai”- Occhi Blu

Capitolo 14

“A Natale Puoi Fare Quello Che Non Puoi Fare Mai”- Occhi Blu

La casa dei nonni era gremita di gente, le zie erano sedute comodamente sul divano e parlavano in modo molto concitato delle ultime novità che non si erano raccontate e alcuni zii fumavano spensieratamente fuori al balcone, con addosso i loro pesanti giubbini nuovi di zecca, regali delle mogli premurose che volevano fargli fare bella figura con gli altri parenti: non c’era alcun dubbio, era Natale.

Di neve non ce n’era nemmeno l’ombra, visto che ci trovavamo nel Sud Italia in un paesino situato in zona collinare, ma potevo comprendere che fossero le dieci passate del venticinque dicembre  a causa della frittura cucinata dalla nonna la sera per prima per il cenone che si trovava ancora ben piazzata sul mio povero stomaco. A svegliare me e Stella ci aveva pensato papà con un: “Sono venuti tutti a farci gli auguri, vestitevi, su!” e così io e mia sorella eravamo state costrette a mostrarci in tutto il nostro splendore notturno da mezza famiglia visto che eravamo state obbligate ad uscire dalla stanza ancora in pigiama per poter andare in bagno.

“Non è colpa mia se ieri il nonno ci ha tenuto sveglie fino alle due per giocare a tombola” borbottò Stella mentre indossava una felpa.

“Ed ho perso anche sei euro e settanta” brontolai. Come sempre, la fortuna non era mai dalla mia parte ed i numeri che mi servivano uscivano sempre dopo che già qualcuno aveva fatto l’ampo, il terno e via dicendo.

“Io ne ho vinti cinque” gongolò Stella.

“La solita culona” la rimbrottai, indossando un maglione lungo con i leggins sotto.

Lei sorrise e scrollò le spalle. “Su, andiamo a fare gli auguri agli altri” esclamò pimpante. “Ci voleva proprio un bel Natale in famiglia”.

Ci vollero dieci minuti buoni per augurare Buon Natale a tutti i parenti che erano venuti dalla nonna per portare un pensierino a lei e al nonno, o semplicemente una confezione di pandoro e champagne. Quello era il tipico Natale campano che mi era mancato molto.

“Non vedo l’ora di aprire i regali” disse Stella entusiasta, dopo che ci sedemmo nel soggiorno dei nonni vicino a zia Carla. Il nonno aveva detto che li avremmo aperti dopo pranzo, com’era solito fare. Era stato molto gentile, aveva organizzato delle attività per non annoiarci e per dimostrarci il suo affetto e la sua gioia nell’averci vicine dopo anni ed anni.

“Anche io. Chissà che mi hai regalato, spilorcia” la presi in giro.

“Cenere e carbone!”.

“Giusto, dimenticavo che sei la Befana!”.

Iniziammo a spingerci reciprocamente, urtando anche la zia, e ci decidemmo a smetterla solo dopo che zia Elisabetta, particolarmente famosa per il suo essere golosa, impicciona e anche un po’ bambina se ci si metteva, ebbe detto: “Invece di litigare perché non uscite con i fidanzatini?”.

Tutte le altre zie tacquero, in attesa. Era come se non aspettassero altro che conoscere qualche dettaglio della nostra vita sentimentale.

“Non abbiamo un ragazzo” dissi subito e Stella mi diede man forte.

“Si, insomma, siamo qui da poco e…”.

“E chi sono quei ragazzi con cui vi vediamo parlare in giro?” s’intromise zia Carmela.

“Ma quali ragazzi?” domandai. “Abbiamo degli amici…”.

“”Amici” è il nuovo termine per indicare ragazzi con cui si esce ma non c’è nulla di serio, volete capirlo si o no?” disse saggia zia Elisabetta.

“Ma non è così, non usciamo con nessuno e basta” disse infervorata Stella. Era molto riservata con chi non voleva, proprio come me.

A salvarci da quelle domande imbarazzanti e insensate ci pensò il suono  del campanello. “Andiamo ad aprire” dissi, prendendo Stella per il braccio.

Quando aprì la porta mi ritrovai davanti un ragazzo sconosciuto, un po’ bassino sulla ventina. “Luna Solari?” domandò ad alta voce.

“Si” risposi senza capire.

“Ho un regalo di Natale per lei. Firmi qui…”.

“Che cosa?” domandai incredula. Un regalo a domicilio? Era una cosa assurda, mai capitata prima, proprio come un mio quasi coetaneo che mi dava del “lei”…

“Deve firmare ed io le darò il regalo” ripetè il tipo con aria annoiata.

Obbedì, confusa, lui mi lasciò un sottile pacchetto regalo avvolto in una carta lucida ed argentata con sopra un fiocchetto rosso e se la squagliò.

“Wow, sorellina, un regalo a domicilio! Apri, su!” mi incitò Stella, battendo le mani e divorando il pacchetto con gli occhi.

“Ma non so nemmeno da parte di chi è…” obiettai, ancora incredula.

“E che te ne frega! Apri, muoviti!”.

“Va bene…”. Mi ritrovai ad aprire il pacchetto, constatando che dentro ci fossero due foglietti di carta. Presi il primo e lessi:

“Tanti auguri di Buon Natale, Luna. Spero che questo regalo ti sia gradito e sappi che  esprime solo in minima parte ciò che provo per te, anche se ammetto che tu e questo regalo avete in comune il fatto di essere rari e introvabili.

Ti aspetto alle due del nove febbraio al parco di Via Roma per condividerlo insieme… Nel frattempo, cercherò ulteriori conferme in te e me… Un bacio”.

Il cuore mi si fermò per qualche istante, e subito presi Stella per mano e la condussi in bagno, lontano da occhi indiscreti.

Due parole mi erano rimaste particolarmente impresse: nove febbraio. Solo una cosa per me era importane riguardo il nove  febbraio…

Una volta che ebbi chiuso la porta a chiave, presi un respiro, passai il biglietto a Stella e, con gli occhi chiusi, estrassi l’altro pezzo di carta dalla confezione. Quando li riaprii, per la prima volta nella mia vita ebbi davanti a me la proiezione di ciò che volevo e speravo di vedere: tra le mie mani non avevo altro che un biglietto per il concerto di Vasco Rossi! Miracolo! Era magnifico! Impossibile ma vero, avrei visto il mio mito di sempre dal vivo!

“Non ci credo, è impossibile, è assurdo ma… Ma tremendamente fantastico!” esclamai, con la mano sul cuore e mantenendo quel biglietto come se fosse un assegno da dieci milioni di euro.

“Ma chi te lo manda?” domandò Stella, dopo aver letto il bigliettino.

“Non lo so” ammisi, e, mettendo da parte la felicità per quella sorpresa, iniziai a domandarmelo a mia volta. Chi poteva mai essere? Il bigliettino d’auguri era così dolce…

“A chi hai detto che volevi andare al concerti di Vasco Rossi?” domandò in seguito Stella.

“Allora… A zia Kitty…”.

“Ma zia Kitty non avrebbe bisogno della pagliacciata del biglietto, insomma, deve essere un ragazzo!” obiettò.

Annuii, e quando pensai al nome di Marco visto che gliel’avevo detto venni pervasa da un velo di tristezza. Magari fosse lui, ma era impossibile…

“Poi, inutile citarlo, Marco e infine Antonio” dissi, ricordandomi che gliel’avevo accennato la mattina che mi aveva chiamato.

Stella rifletté, poi disse: “E’ ovvio che è Antonio allora”.

Esitai, senza sapere cosa pensare. Chi altri poteva mai essere, se non lui? Sapeva che adoravo quel cantante e forse voleva farmi felice e nel frattempo convincermi che lui fosse il ragazzo giusto per me, chissà.

“Nel frattempo, cercherò ulteriori conferme in te e me” recitava il biglietto.

“Non lo so, Stella” mormorai.

“Ma che te ne frega! E’ ovvio che è lui, ci metto la mano sul fuoco…”. Visto che eravamo in fase post cotta di lui non gliene fregava più nulla, così scelsi come compromesso un suono misto tra un’affermazione e uno sbadiglio e tornai in camera per conservare il biglietto in un posto sicuro.

Per tutta la mattinata non feci altro che rileggere quelle parole, e non potei non sentirmi un po’ lusingata. Il mittente riteneva che fossi rara come quel biglietto… Per la prima volta in tanti anni iniziavo a convincermi che forse non ero così male come avevo sempre creduto. Peccato che a pensarlo non fosse chi desideravo io!

Lentamente la casa dei nonni si svuotò, e restammo solo io, Stella e papà insieme a loro due. Quest’ultimo, non faceva altro che canticchiare tutto il suo repertorio natalizio allegramente con indosso un cappellino da Babbo Natale con sopra delle stelline che si illuminavano a intermittenza.

“Papà, non facevi così nemmeno quando avevamo tre anni” lo rimproverai ironicamente, mentre mangiavamo il primo piatto cucinato dalle esperte mani della nonna.

“Ti sbagli. Quando avevate due anni mi sono vestito da Babbo Natale con tanto di barba e sacco e vi ho fatto visita portando il regalo che desideravate, la casa di Barbie” mi corresse saggiamente.

“E come facciamo a ricordarlo?” chiese Stella, poi sospirò. “Se penso la fine che ha fatto quella casa…”.

Annuii, e facemmo una sorta di minuto di silenzio in memoria di quel giocattolo che avevamo tanto agognato. Il cane che avevamo all’epoca, Roxie, ce lo aveva distrutto dopo averci fatto sopra i suoi bisogni.

“Mi ricordo!” asserì la nonna. “Eravate così tristi e volevate obbligare i vostri genitori a portare Roxie al canile”.

Il pranzo trascorse sereno tra ricordi e chiacchiere, poi, finalmente, venne il momento di scartare i regali. Ce n’erano sei con il mio nome sopra, e subito mi fiondai ad aprirli, proprio come Stella. Il primo era un piccolo pacchetto avvolto in una carta blu, e dal modo in cui c’era scritto il mio nome sopra capii che fosse da parte di papà.

“Non so perché ma sono sicuro che ti piacerà” disse sorridendo lui, mentre apriva il regalo che io gli avevo fatto, ovvero il nuovo libro di Dan Brown, uno dei suoi scrittori preferiti. “Cavoli, ma è magnifico! E pensare che l’ho già ordinato in libreria, devo andare a disdire, grazie piccola!” esclamò, dandomi un bacio.

“Ero sicura che ti sarebbe piaciuto” lo imitai ridendo. “L’importante è che ora non ti metti nelle orecchie a spiegarmelo per filo e per segno…” aggiunsi. Quando leggeva un libro che lo appassionava, non faceva altro che spiegarmi parola per parole ogni capitolo.

“Si, però intanto con “Angeli e Demoni” ti sei appassionata così tanto che poi mi hai chiesto di prestartelo” mi ricordò.

“E che c’entra… Oh, oddio!”. Avevo appena aperto il regalo e avevo scoperto un i-pod da otto GB azzurro. “E’ stupendo… Grazie, papà! Quello che ho io è mezzo morto…”.

Lo abbracciai entusiasta, e così continuai a scartare i regali con una certa gioia visto che già il mio pensiero era rivolta a mezz’ora dopo, quando avrei riempito di canzoni il mio nuovo i-pod. Stella si disse felicissima del regalo che le avevo fatto, un abbonamento per un mese dal parrucchiere visto che da quando lavorava si lamentava per la mancanza di tempo da dedicare ai suoi amati capelli, e anche i nonni restarono soddisfatti. Dal canto mio, ancora contenta per il regalo di Paola, una trousse enorme con tanto di bigliettino che mi incitava ad usarla spesso visto la mia diffidenza e pigrizia nell’usare i trucchi, restai un po’ sorpresa dal regalo di Stella. Un libro. Stella Solari che regala un libro a qualcuno?! Era come dire che il papa fosse stato sorpreso a leggere un libro su come ricreare un movimento nazifascista.

Sulla copertina c’era il volto di una ragazza e poi, sotto, la scritta, “Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio”.

“So che non ti piace questo genere di libri, ma per favore, fidati, sono sicura che ti ricrederai” disse subito quando notò la mia espressione sorpresa.

Le sorrisi per rassicurarla. “Ma no, mi piace, solo che… Non sono abituata ad associare il tuo nome con un libro, ecco”.

“Le persone cambiano e non sono sempre come crediamo. E’ la lezione che impara Lizzie, la protagonista, e vorrei che lo imparassi anche tu”. Il suo tono era dolce, non accusatorio.  La abbracciai.

“Grazie. E poi già ho imparato una lezione simile con te…”.

“Si, ma devi imparare ad applicarla anche con qualche altra persona che non è come credi. Nel giro di poco sarai così pazza del protagonista maschile, Mr Darcy, che spererai di incontrarne uno simile anche tu, un giorno” sviò l’argomento. A chi era dovuta quella frecciatina?  “Devi imparare ad applicarla anche con qualche altra persona”. Si riferiva forse a Marco? Non potevo chiederglielo dimostrando di avere la cosiddetta “coda di paglia”, assolutamente, per cui feci finta di nulla e continuai a scartare i vari regali. Michele, Antonio e Gianluca mi avevano regalato un paio d’orecchini d’oro bianco molto graziosi e zia Kitty, invece, mi aveva regalato una maglietta dell’Hard Rock Cafè di Madrid blu. Di sicuro l’aveva ordinata via Internet, che gentile.

Quando tornai nella mia stanza erano le quattro passate; mi sentivo così piena che pensavo di non aver più bisogno di cibo per le prossime quarantotto ore. Provai l’i-pod, inserendo il primo centinaio di canzoni,  e stavo giusto cercando qualcun’altra da aggiungere per il momento che sentii il campanello bussare e, poco dopo,vidi Miriam entrare nella mia stanza quasi con timidezza.

Aveva i capelli castani un po’ mossi ed era ben truccata, stava molto bene.

“Ciao, Luna… Volevo farti gli auguri di Buon Natale” disse a mezza voce. Sembrava decisamente imbarazzata.

“Ma certo, anche io…”.

La guardai, sospirò e poi disse: “Non sono brava in queste cose però volevo chiarirmi con te. Insomma, nell’ultimo mese non mi sono fatta viva e non posso far altro che chiederti scusa. Mi sono lasciata prendere da Mattia senza accorgermi che non mi degnasse nemmeno di mezzo sguardo e ti ho trascurato, accettando di uscire con Stella, quando sapevo che non eravate in buoni rapporti, e i suoi amici pur di cercare di combinare qualcosa, con il risultato che quando ho visto che Mattia era interessato a te mi sono ingelosita da morire”. Si bloccò, ed io la invitai a sedersi sul letto. Obbedì e poi tornò a guardarmi.

“Miriam, io ci sono rimasta male, e credo che lo sai, ma non ho fatto nulla per attirare l’interessa di Mattia” dissi subito.

Annuì. “Lo so, lo so. Mi dispiace, ma ormai sentivo che eravamo così distanti che non ho avuto il coraggio di riprendere i contatti con te. Ogni giorno mi dicevo che dovevo scusarmi, e solo oggi ce l’ho fatta. E’ un periodo un po’ brutto, la scuola mi uccide e non riesco ad ottenere i risultati che vorrei, poi ci si è messa anche la fissa per quello stronzo…”.

“Ma da come parli sembra che…”.

“Che ho chiuso con lui, si, anche se non c’era nulla da chiudere. Ho capito che è un’idiota egocentrico e a causa sua ho messo molte cose a rischio, cose a cui tenevo” e così dicendo mi guardò profondamente.

Scrollai le spalle. Aveva sbagliato, ma ormai che senso aveva tenerle il muso?

“Miriam, io sono qui quando vuoi” dissi.

“Grazie, e non sai quanto mi dispiace, mi sei mancata tantissimo…” continuò, abbracciandomi.

“Anche tu, però promettimi che in futuro ci penserai due volte prima di designare… com’era…? Ah, si, il padre della tua futura prole!”.

“Promesso, ho imparato la lezione così bene tanto che mi piacerebbe conoscere in questo modo l’ultima di matematica” ridacchiò.

Essermi chiarita con mia cugina mi fece sentire ancora meglio e così passammo un’ora a parlare di tutti gli avvenimenti che non ci eravamo raccontati in quelle settimane. Restò sorpresa e contenta del chiarimento avuto tra me e Stella, le feci vedere in anteprima il vestito che avevo scelto per il matrimonio, e quando tornò a casa potei dire di aver vissuto un bellissimo Natale finchè…

“Pigrona, alza quel sedere e vestiti che dobbiamo andare da Marco e Mario per scambiarci i regali!”.

La voce da dittatrice di Stella mi fece sobbalzare e alla sola idea di dover rivedere Marco- dopo che non ci vedevamo da ben cinque giorni, anche a causa del suo comportamento maleducato alla cena- il mio stomaco minacciò di rigettare tutto il pranzo natalizio.

“Stella, non ho voglia, vacci solo tu…” tentai, ma fu inutile combattere con la mia gemella che già mi aveva estratto dei pantaloni e un maglione dall’armadio con aria minacciosa e aveva stabilito che tra mezz’ora sarei dovuta essere pronta.

Fu così che, sperando di diventare cieca, sorda e muta durante quella visita in modo da non vedere né sentire né dover ribattere tutto ciò che riguardasse Marco, indossai dei jeans e il maglione viola che Stella mi aveva preso dall’armadio.

Lei annuì con approvazione quando vide che ero pronta e così salimmo nell’auto di papà, che ci avrebbe accompagnato a casa Valenti. Come se non bastasse, la nonna mi aveva messo tra le mani una confezione di pandoro da dare alla madre dei ragazzi in segno di augurio.

“Ciao ragazze! Buon Natale!” ci accolse Mario, sorridente come sempre, quando varcammo la soglia di casa loro.

“Grazie, anche a te!” esclamò Stella, abbracciandolo.

“Auguri, Mario” dissi a mia volta.

Gentile e cordiale in un modo esemplare come sempre- e qui mi venne da pensare che avrebbe fatto bene a dare un paio di lezioni al fratello al riguardo- ci fece accomodare nel soggiorno.

Ci eravamo giusto sedute da un paio di minuti e avevo appena declinato l’offerta di prendere un cioccolatino che udii un: “Mario, dove cavolo hai messo il phon?” e mi vidi comparire davanti agli occhi Marco con indosso solo un asciugamano attorno alla vita e i capelli bagnati che gli conferivano un’aria decisamente ancora più sensuale del solito.

Luna, calma, calma, respira e girati! mi imposi mentalmente, e obbedii all’ultimo comando- omettendo gli altri tre- giusto in tempo per sentire Marco dire: “Oh, scusate non sapevo foste già, cioè... Mi vesto e vengo subito!”.

“Il phon sta nella stanza di mamma e papà” rispose ridacchiando Mario, e mezzo minuto dopo sentimmo il rumore del phon acceso a tutto spiano. “A volte penso che mio fratello sia un po’ sordo, insomma, non deve nemmeno aver sentito il rumore del citofono e del campanello!” aggiunse ridendo.

“Si, Marco è così, sente solo quel che dice lui” asserì Stella, e li vidi scambiare amichevolmente il cinque.

Marco tornò un quarto d’ora dopo, perfettamente vestito con dei jeans e una felpa e con i capelli più scompigliati del solito.

“Scusate per prima, non vi avevo sentito arrivare” disse, “Comunque auguri!” aggiunse, e si calò su Stella per darle due  baci sulle guance. Lo guardai un po’ diffidente, ma restai spiazzata come al solito quando, voltandosi verso di me, sorrise e disse: “Buon Natale, Luna” e mi diede a sua volta i due baci. Mi sentii immobilizzare nel moemnto in cui icnrociai il suo sguardo, ormai anche solo guardandomi avrebbe potuto indurmi a confessare qualsiasi cosa, tanto che erano magnetici, specchio della sua anima che sentivo di amare sempre di più…

“Se ti guardo dentro 'gli occhi
io m’innamorerei.
Ehi Occhi Blu
Ehi Occhi Blu …
La verità è che senza tante parole
io sento i brividi, i brividi d'amore! “

 

“Auguri” risposi, a stento conscia di ciò che dicevo, come se fossi sotto incantesimo.

“Allora, noi vi abbiamo fatto un regalo ciascuno…” iniziò Stella, porgendo due pacchetti in cui vi erano un orologio per Mario e una tuta della Legea per Marco visto il suo essere sportivo.

Ci eravamo divise i soldi per ogni regalo, in modo da non doverne farne due per ognuno di loro e impazzire circa le idee che non ci venivano, e i ragazzi parvero aver fatto la stessa pensata quando ci diedero un pacchetto ciascuno. L’idea di dovergli fare dei regali anche da parte mia all’inizio mi era sembrata un po’ sciocca visto che con Marco ci litigavo sempre e Mario lo conoscevo poco e niente, ma Stella aveva insistito, e, pensandoci, era una giusta idea visto che poi sarebbe risultato maleducato da parte mia fare finta di nulla.

“E poi la nonna manda questo ai vostri genitori” aggiunsi, indicando il dolce.

“Grazie, poi glielo diamo, ora  sono usciti per fare gli auguri a una zia di papà” spiegò Mario.

“E questi sono per voi” soggiunse Marco, porgendo un pacchetto ad ognuna.

Ringraziammo, e ci furono dei rumori di tramestio durante i quali si sentiva solo il rumore delle carte da regalo scartate e di nastri sciolti.

“Ma grazie, è favolosa!” esclamò Stella, mostrando una borsa nera di pelle con sopra stampato il volto di Marilyn Monroe. “E’ magnifica! Ne volevo giusto una così!”.

“Sul serio?” chiese Mario, soddisfatto.

“Hai visto? E tu che non ti fidavi” lo rimproverò Marco.

Ricordai quando, durante il primo giorno di soggiorno a Firenze, mi ero offerta di aiutarlo per trovare il regalo adatto a mia sorella, e mi venne una fitta di rimpianto. Quanto sarei voluta tornare indietro nel tempo e rivivere quei giorni all’infinito…

Nel frattempo, sorrisi quando vidi il regalo che mi avevano fatto: una compilation con i migliori live di Vasco Rossi.

“Ragazzi, non ho parole, sono mesi che cerco questo cd…!” esclamai, in preda all’emozione. Marco non aveva dimenticato, aveva tenuto a mente che un regalo adatto a me c’entrava qualcosa con quel cantante.

Mi voltai verso di lui, seduto di fronte a me, e vidi che mi sorrideva. Non riuscii a resistere, mi attraeva così tanto che, presa da uno slancio e un moto di affetto ancora più grande del solito, in un battibaleno mi ritrovai ad abbracciarlo per cinque gloriosi secondi. “Te ne sei ricordato…” fu l’unica cosa che riuscii a dire.

“Si, non potevo mica rischiare di farti un regalo banale” disse facendo l’occhiolino. “Hai visto Mario? C’ho azzeccato anche questa”.

Mi ero giusto ricordata di dover anche ringraziare suo fratello che lo sentii aggiungere: “Mi fa piacere che non lo avevi già… Scusami per la scenata alla cena” e avverti le sue braccia circondarmi la vita e compresi che fosse lui questa volta ad abbracciare me.

Come potevo ribattere e dirgli che ci ero rimasta malissimo? Come potevo fargli capire che mi sentivo al settimo cielo quando era così gentile? Per fortuna Stella e Mario erano presi da una loro chiacchierata, così ne approfittai per inebriarmi nel profumo del suo dopobarba  e restare stretta a lui chissà quanto tempo prima di separarmi e ringraziare a mia volta Mario.

“Oggi ti è andata bene, eh, sorellina? Giusto, voi non sapete nulla… Luna ha avuto un regalo da un ammiratore anonimo!” disse concitata Stella subito dopo.

“Stella, non esagerare…” la ripresi, ma lei non parve ascoltarmi perché continuò.

“Ha ricevuto un biglietto per il concerto di Vasco del nove febbraio con tanto di auguri fin troppo romantici… Il tipo diceva che era rara quanto quel biglietto visto che non se ne trovano più…”.

“Ma davvero? Che fortuna! Chi pensi che te l’abbia inviato?” domandò Marco interessato.

“Non lo so…” risposi.

“Ma certo che lo sai, concordiamo sul fatto che sia Antonio!” esclamò Stella.

“Si, infatti…” disse Marco. “Oppure Mattia, sai, continua a parlare con te di tanto in tanto”.

“Non ti so dire, ma resta il fatto che lo scoprirò perché mi ha dato un appuntamento alle due di quel giorno nel parco di Via Roma per andarci insieme” lo informai, pensierosa.

“Hai capito il tipo! Certo che hai fatto proprio colpo, eh, Luna?” disse Mario, strizzandomi l’occhio.

Arrossii e Marco rise.

“Luna non cambierà mai, è sempre la solita timida ed impacciata, eppure c’ha dietro un sacco di ragazzi ultimamente…” osservò mia sorella.

“Peccato che non mi interessano” sibilai tra i denti.

“E quando mai ti interessa qualcuno? Secondo me dovresti iniziare a valutare qualcuno di loro…”.

“Accontentarmi non fa parte della mia indole, a costo di restare zitella non mi metterò con uno se non per amore” ribattei decisa. Parlare di queste cose davanti a Marco mi metteva a disagio.

Mario mi guardò per qualche secondo prima di dire: “Stella, sai chi mi sembra Luna? Keira Knightley  in “Orgoglio e Pregiudizio”, non è vero? Ha detto la stessa identica frase più o meno”.

Guardai male mia sorella: possibile che con me c’entrasse sempre quel libro? Ma che cavolo!

“E’ vero, non è che lo hai visto, sorellina?” domandò.

“Davvero credi che sia la tipa che va a copiare le frasi dei film? Già è molto dover copiare il tuo aspetto per la nostra natura di gemelle” risposi, facendole la linguaccia. Ecco attivata la modalità “Luna antipatica e acida al massimo”!

Era la presenza di Marco che mi rendeva suscettibile e inquieta, per cui me ne andai verso le sette e mezzo visto che dovevo andare a trovare Paola quando, invece, Stella accettò di restare lì un altro po’.

Fu proprio Marco ad accompagnarmi alla porta, e stavo già scendendo le scale che mi richiamò.

“Si?” domandai.

Si avvicinò. “Volevo solo sapere se, insomma, sono stato perdonato per l’accaduto della cena” disse a bassa voce.

“Marco, ormai non ci faccio più caso e, anzi, mi meraviglio quando sei gentile con me” sviai.

Assunse uno sguardo colpevole e sospirò.

“Comunque ti ho perdonato oggi, solo perché è Natale” ironizzai.

“Giusto. “A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai”, vero?” disse, sorridendo, citando quella famosa canzone natalizia che già da fine novembre mi aveva rotto i timpani per tutte le volte che si sentiva per la strada o nelle pubblicità.

“Si, però vediti meno pubblicità, scemo” lo ripresi.

“Si, dimenticavo che tu non copi mai nessuno” disse, assumendo una finta aria smemorata.

“E ricordalo in futuro! Ciao…” e così dicendo lo salutai con la mano e continuai a scendere le scale, pensando che, dopotutto, quello era stato uno dei natali più belli della mia vita.

 

 °*°*°*°*°

 Salve chicas! Buona Epifania a tutti! Come state trascorrendo questo ultimo giorno di vacanze? Io la sto prendendo con filosofia e cerco di non pensare a cosa mi aspetta domani tra un pezzo di cioccolata e l’altra delle varie calze che ho ricevuto xD

Comunque, ironia della sorte, il cap di Natale è capitato proprio l’ultimo giorno di vacanze….. :D

Che ve ne sembra? Questa volta Marco è stato più gentile (e meno male!), sarà perché è Natale? xD

Credo che il prossimo cap vi divertirà un mondo dal momento che conosceremo due persone molto… Particolari… E Luna potrebbe essere lì per lì per ritornare a provare un po’ di risentimento per Stella U_U

Come sempre ringrazio le 21 persone che hanno messo la storia tra i preferiti e i 25 che hanno messo la storia tra le seguite e coloro che hanno recensito: chiaretta88, Lola SteP, CriCri88,vero15star, XXX_Ice_Princess_XXX, rossy87 e Blair95. Scusate se non vi ringrazio personalmente ma mio fratello mi sta rompendo le scatole perché gli serve il computer per giocare -.-‘

 

Come sempre ecco le anticipazioni:

Ploblemi d’amole?” domandò, sorridendo.

“Oh, no, no, io no, è… E’ la mia amica” risposi.

Cassandla molto blava, sul selio. Lei indovinale tutto su di me, quando mio fidanzato lasciò me tle anni fa” continuò con aria saggia.

__________________

“Io? Ma no, Cassandra, io non ho fatto nulla…” ribattei subito, cercando di mettere i puntini sulle i.

“Tu no, il ragazzo che amate si. Conoscendo te ha capito che Paola non faceva per lui…” continuò con un’aria saggia così accentuata che l’avrei presa a schiaffi.

__________________

 Mi sto innamorando di te, M.V. Non lo avrei mai creduto possibile, dopotutto ci conosciamo da così tanti anni….

Che bello l’amore! *_*

Stella

L’altra volta abbiamo dato una sbirciatina al diario di Luna, e nel prossimo spieremo un po’ il blog di Stella, da cui è tratta l’ultima anticipazione… ;-)

 
A Domenica!

La vostra milly92.

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Capitolo 16
*** Tarocchi, Veggenti e Maledetti Post-Un Gran Bel Film ***


1111Tarocchi, Veggenti e Maledetti Post Nel Blog-Un Gran Bel Film

Capitolo 15

Tarocchi, Veggenti e Maledetti Post Nel Blog-Un Gran Bel Film

“Penso sia giunto il momento di farti conoscere Giuliano, che dici?” mi domandò zia Kitty una fredda sera di fine dicembre. Ce ne stavamo per le strade della città senza una meta precisa , a guardare le vetrine  e a fare commenti. Fino ad allora avevamo parlato solo del Natale e soprattutto del mio regalo ricevuto dall’ammiratore anonimo fino allo sfinimento.

“Per me va benissimo, sono così curiosa!” esclamai. Ne avevo sentito parlare così tanto che ormai per me quell’uomo era una sorta di divo che non avrei mai potuto incontrare, quindi l’idea di vederlo e conoscerlo era allettante.

“Perfetto, allora se per te va bene ci vediamo il tre gennaio da me, che dici?” domandò.

Annuii. “Certo. Sai che sono sempre libera, cosa puoi aspettarti da una nipote così diligente e soprattutto single come me?” dissi con sarcasmo, tanto che la zia mi diede un colpo sul braccio.

“Ma la smetti? Insomma, dopo l’accaduto di Natale hai ancora  il coraggio di dire che gli sei indifferente…” mi rimbrottò.

La guardai di sbieco e sospirai, come una professoressa stanca di ripetere la stessa lezione per l’ennesima volta. “Zia, devi smetterla tu. Ormai ho capito come è fatto: è gentile, premuroso, se sbaglia se ne pente e a volte è anche educato a tal punto di chiedere scusa ma… Ma per lui io non sono nulla. Sono solo la sorella della sua migliore amica e basta”. Parlare di Marco senza fare nomi era una sana abitudine che avevamo preso e ormai non ci facevamo nemmeno più caso.

Lei si zittì, decisa a non discutere, e mi lasciò mezz’ora dopo visto che aveva delle commissioni da fare. Essendo uno dei miei giorni liberi, così, raggiunsi Stella al lavoro, che si stava annoiando dietro la scrivania del negozio di abbigliamento in cui lavorava. Stava scrivendo sul mio computer portatile che spesso si portava al lavoro, e appena mi vide abbassò il monitor.

“Meno male che sei venuta! Mi sto annoiando da morire, da oggi ho venduto solo un paio di maglie” disse.

“Non ti lamentare, al locale io ho sempre così tanto da fare che spesso mi trovo a desiderare di poter cacciare via la gente con la scusa che al bar di fronte regalano cioccolate calde gratis” ironizzai, sedendomi su uno sgabello. La padrona del negozio era una donna sulla cinquantina che durante le vacanze non si era fatta proprio viva a causa dei suoi impegni familiari e con il figlio ventenne che a causa di un incidente in moto si era rotto una gamba.

Stella scrollò le spalle, senza dire nulla. Il mio sguardo ricadde sul portatile e domandai: “Ehi, cos’è che scrivevi prima del mio arrivo?”.

“Un post sul mio blog che ti darò il permesso di leggere a casa” rispose prontamente.

“Quanti misteri… Dai, fammici dare solo una sbirciatina!”.

“No, non ho ancora finito!”.

Mentre discutevamo, non c’eravamo rese conto che nel negozio fosse entrata una coppia sulla quarantina.

“Buonasera” disse la donna, con un tono di voce un po’ altolocato e strascinato. Aveva dei capelli di un rosso vivo e molto lunghi, gli occhi truccati pesantemente con matita e ombretto nero e indossava una pelliccia fatta di chissà quale animale.

“Buonasera” aggiunse l’uomo al suo fianco. Sembrava più cordiale della donna, con i capelli scuri e un sorriso appena accennato, ma comunque il cappotto scuro e il modo di camminare gli conferivano un’aria decisamente elegante e altolocata.

“Salve, in cosa posso esserle utile?” domandò subito Stella, scattando su.

La donna si guardò intorno prima di rispondere con un: “Non lo so. Cercavo qualcosa di decente da indossare a Capodanno, andremo ad un importante festa nella villa di alcuni amici dei Parioli Nord e vorrei sembrare quantomeno accettabile”. Si voltò con aria minacciosa verso l’uomo che, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica, ricevendo il suo sguardo sussurrò: “Amore, ma tu sei sempre stupenda, altro che accettabile”. 

Lei ridacchiò e fece un gesto sinuoso con la mano. “Caro, mi lusinghi. Come dobbiamo fare con questi uomini?” chiese retorica, voltandosi verso mia sorella, la quale se la sviò con un: “Si vede che le vuole bene sul serio”.

Dal canto mio, guardavo quella scena un po’ nauseata e quasi quasi mi aspettavo di vedere un regista di Broadway spuntare da uno degli spogliatoi e dire: “Stop!” o almeno “Buona la prima!”. Non sopportavo quel tipo di persone un bel po’ tirata che si credeva chissà chi.

Stella mi lanciò un’occhiata di sbieco  e iniziò a mostrare dei vestiti eleganti alla donna.

“Qualcosa di argento ce l’ha? Voglio proprio fare pendant con il magnifico anello che il mio uomo mi ha regalato” continuò la donna, mostrando causalmente l’indice sinistro su cui vi era appollaiato un anello d’oro bianco con un diamante bianco enorme che scintillava alla luce delle lampade che illuminavano il negozio.

“Giusto un pensierino, chicca” disse in un modo modesto fin troppo falso lui, continuando a sorridere.

Non ne potevo più, il diabete stava raggiungendo vette inesplorate e così me la svignai con un: “Sorellina, io devo andare, è tardi, ci vediamo a casa…”.

Lei, che stava esibendo un sontuoso abito paillettato, rispose con un: “Non mi aspettare a casa, stasera… Esco, ci vediamo verso le undici”.

“Oh, ok”.

Se non ci fossero stati i clienti le avrei domandato con chi usciva, per cui le andò bene visto che fui costretta a fingere di non essere curiosa. Forse usciva con Marco… Il solo pensiero me la fece invidiare da morire.

Essere così innamorate in un periodo come quello era un suicidio per me. Vedere le coppiette felici per la strada che camminavano abbracciate non faceva affatto bene al mio povero cuoricino, che non desiderava altro che poter ritornare tra le braccia di Marco come il giorno di Natale. Come mi ero ridotta… Fino a un paio di settimane prima non avrei mai nemmeno remotamente pensato di poter provare simili sentimenti per qualcuno.

Ero così immersa nei miei pensieri che sobbalzai quando la suoneria del mio cellulare mi annunciò di aver ricevuto un sms.

“Ma dove sei? Ti ho cercata anche da Michele…”. 

Era Paola. Sospirai e risposi con una certa apprensione che ero a Via San Eustachio. In quei giorni dire che la stessi evitando era poco; stare in sua compagnia mi faceva sentire in colpa, specialmente quando attaccava con il discorso “Mi manca Marco”, e spesso ero stata sul punto di rivelarle i miei sentimenti per quel ragazzo, anche se poi alla fine mi ero codardamente tirata indietro. Come potevo darle una simile notizia dal momento che sapeva che lo vedevo spesso a causa di Stella?

“Sei molto carina, e sapere che vi detestate è bello perché così almeno ho un ostacolo in meno da superare” mi aveva detto la sera che ci eravamo conosciute a proposito del rapporto odioso che avevo con lui. Sapere che le cose non stavano così sarebbe stato tremendo per lei, che, anche se non lo ammetteva, continuava a sperare in un cambio d’idea da parte di Marco nei suoi confronti, quindi era inutile espormi tanto dal momento che non avevo intenzione di farmi avanti e sapevo che Marco non mi considerava minimamente sotto il lato sentimentale. 

“Aspettami vicino la profumeria allora, ti sto raggiungendo” mi rispose lei.

Obbedii, con una strana voglia di evadere, e dieci minuti dopo me la ritrovai davanti nel suo splendore, con un elegante cappottino bianco e nero e i capelli biondi ben arricciati.

“Luna! Ciao!” esclamò appena mi vide, abbracciandomi con slancio.

“Ciao Paola” risposi, ricambiando l’abbraccio.

“Su, seguimi, oggi facciamo una cosa particolare…”.

“Che cosa?”.

“Seguimi e basta, poi capirai”.

Assunsi un’espressione interrogativa, ma ormai ribattere era inutile e lei mi trascinò per un braccio per incitarmi a muovermi. Camminammo per mezzo chilometro, finchè non ci ritrovammo davanti ad un antico condominio un po’ malridotto. Per la strada non c’era nessuno nonostante non fossero nemmeno le sei e mezzo.

“Paola, ma cosa ci facciamo qui?” chiesi, onestamente un po’ intimorita.

“Qui abita Cassandra” mi spiegò lei, un po’ nervosamente, torturando la sciarpetta di lana che indossava con le mani.

“Cassandra?” chiesi. “E chi è?”. Di certo non era una sua amica dell’Università o una sua vecchia zia a giudicare dal luogo in cui ci trovavamo.

Paola abbassò lo sguardo. “E’… E’ una veggente”.

“Una che?!”.

“Una veggente!” ribadì con voce un po’ acuta. “Insomma, ci sono andate delle mie amiche e hanno detto che ha detto loro delle cose molto sensate e veritiere… Ci facciamo dire un po’ come sarà l’anno nuovo…”.

“E magari scoprire se Marco diventerà il tuo ragazzo?” chiesi con una voce un po’ dura. “Paola, non puoi ricorrere a questi stupidi mezzi per lui, ti prego, non cadere così in basso, sono solo sciocchezze…”.

Scosse il capo e batté un piede per terra. “Non puoi capire, Luna! Non puoi capire! Non sai cosa vuol dire amare uno che ormai ti ignora come se nulla fosse…”.

Quelle parole mi colpirono dritte al cuore. Certo che lo sapevo. Certo che sapevo cosa si provava in una simile situazione… Solo perché non lo sbandieravo ai quattro venti come lei non voleva dire che non ci soffrissi, ma addirittura sperare in una veggente e illudermi a causa delle sue parole mi sembrava un po’ eccessivo.

“Chi te lo dice, Paola?” scattai, per poi desiderare di non aver mai parlato. E se avesse capito?

Lei fece un triste sorriso, che mi preoccupò. “Scusami, dimenticavo che anche tu hai vissuto una storia simile con Christian”.

Fiuuuu. Pericolo scampato.

“Eh, si” buttai lì, sentendomi di una falsità enorme.

“Però, ti prego, per me è importante, facciamo questa cazzata, dai, che ci costa? Provi con me e al massimo ci facciamo due risate se spara qualche sciocchezza” provò a convincermi, cacciando il solito sguardo da cucciola abbandonata e bisognosa d’affetto.

Incrociai le braccia. “Sarò scema e stupida, ma… Ok.  Che non si ripeti più, però, eh!” l’ammonii.

“Si! Sei la migliore, Luna!” esclamò entusiasta lei, e mi fece segno di seguirla mentre iniziava a salire le scale.

Quando Paola bussò ad una porta del terzo piano, ci aprì una donna dall’aria orientale sulla trentina, bassa e con lunghi capelli scuri. Disse delle cose che non capii e poi ci condusse davanti la porta di una stanza dicendo un: “Plego”.

Paola esitò prima di entrare e mi prese per mano, come se temesse che me ne sarei scappata nel giro di pochi secondi. La strinsi forte, un po’ intimorita: ci eravamo ritrovate in una stanza buia, illuminata solo da candele. Al centro c’era un tavolino, e dietro di esso vi era una donna abbastanza grossa, con gli occhi truccati in un modo pesante, i capelli nerissimi e corti e un’aria quasi assente e severa. Nella stanza troneggiava uno strano odore pesante, quasi come se fosse d’incenso.

“Buonasera” biascicò Paola.

Cassandra fece un cenno e ci invitò a sedere su due sgabelli poggiati davanti al tavolino. Obbedimmo e ci guardammo, ansiose. Il mio sguardo era più uno in stile “E’ colpa tua se ci ritroviamo qui!” e Paola sembrava un po’ a disagio.

“Cinque euro ciascuno, prego” disse la veggente.

Ah, com’è, la voce per chiedere i soldi ce l’aveva, eh?

Iniziai a rovistare nel portafogli che avevo in tasca ma, come se lo sapesse, Paola mise una banconota da dieci euro sul tavolo e mi guardò come a dire che non dovevo preoccuparmi. Le feci un cenno per farle capire che dopo glieli avrei restituiti.

“Una alla volta, prego” continuò la donna, indicando la porta.

“Vado prima io, allora, dai” sussurrò Paola, e così uscii, chiudendo la porta e restando a guardarmi intorno. La donna orientale mi guardava incuriosita, seduta su una sedia a poca distanza da me.

Ploblemi d’amole?” domandò, sorridendo.

“Oh, no, no, io no, è… E’ la mia amica” risposi.

Cassandla molto blava, sul selio. Lei indovinale tutto su di me, quando mio fidanzato lasciò me tle anni fa” continuò con aria saggia.

“Oh, sul serio?” finsi di essere interessata, quando non volevo far altro che andarmene da lì.

“Si, disse che lui salebbe tolnato da me un anno dopo e così fu”.

“Sul serio?” ripetei. Non credevo ai poteri di quelle che si spacciavano per delle visionarie e dedussi che quella Cassandra non aveva avuto altro che un colpo di fortuna.

“Si. E tu? Fidanzata?” continuò interessata. “Ah, io comunque chiamale Kiki”.

“Io sono Luna” risposi, cercando di sviare la precedente domanda.

“E tu fidanzata Luna?” ridomandò imperterrita Kiki.

“No, no”.

Innamolata?”.

“Che? Oh, no” mentii.

“Non ci cledo… Tu avele sgualdo innamolato”.

Ma chi era quella odiosa cinesina del cavolo che pretendeva di conoscermi dopo tre minuti di conversazione? Mannaggia a Paola e alle sue idee del cavolo!

Vabbè che ci aveva azzeccato, ma questo era un altro conto…

“No, ma che”.

Paola uscì dalla stanza un quarto d’ora dopo, e insieme a lei giunse il momento per me di dover entrare in compagnia di quella donna dai fantomatici poteri. Sembrava un po’ sconvolta, e quando la guardai scosse il capo e mi prese in disparte, lontano dallo sguardo indagatore di Kiki che sembrava avere le orecchie dovunque. “Dica a Cassandra che la mia amica viene subito”. Obbedì ed entrò nella stanza. Paola mi trascinò nell’ingresso, con gli occhi lucidi.

“Che ti ha detto?” domandai subito.

“Ora non ho tempo, te lo dico dopo” dichiarò perentoria. “Devi solo farmi un favore, ora che vai lì. Devi fingere di essere innamorata di… Marco”.

Probabilmente il cuore mi si bloccò per un istante quando udii quelle parole. E se Cassandra, miracolosamente, le avesse detto che io era innamorata della stessa persona che amava lei? Se era un suo modo per mettermi alla prova?

“Ma non se ne parla, perché mai dovrei fingere una cosa simile” obiettai.

“Ti prego, ti prego! Ho bisogno di capire se ci è o ci fa, ecco. Così poi potrò stabilire se ciò che mi ha detto è vero!” mi supplicò, incrociando le mani come in segno di preghiera.

“Paola…”.

“Menti e basta, giuro che non ti chiederò più nulla”.

Sospirai ed annuii, anche perché dalla sua disperazione ebbi modo di comprendere che fosse sincera e che non stesse architettando nulla. Che assurdità, come poteva Cassandra averle detto una cosa simile? Non era altro che un’impostora… 

“Grazie, ora vai” mi disse, e fu così che mi ritrovai seduta davanti a quella veggente venti secondi dopo, con una sensazione mista tra la soggezione e l’imbarazzo.

Cassandra faceva degli ampi gesti con le mani; queste ultime erano piene di anelli che si intonavano con la veste blu e fuxia che indossava. Alzò lo sguardo e mi fissò negli occhi.

“Tu hai una gemella” dichiarò con una voce quasi da profeta automa.

Non era una domanda, e la cosa mi sorprese alquanto. Come diamine faceva a saperlo?

“S-si” confermai.

“Siete nate sotto il segno dell’Acquario…”.

Spalancai gli occhi ed ebbi un lieve fremito. Aveva tirato ad indovinare, ecco tutto. “Si”.

Cassandra sembrò soddisfatta. “Dimmi, cosa ti spinge qui, da Cassandra?”.

Parlava pure in terza persona, evvai…

“Problemi d’amore” dissi subito. La situazione che stavo vivendo era assurda: la mia amica mi aveva chiesto di fingere di vivere una situazione che stavo vivendo sul serio e probabilmente avrei iniziato  a sperarci anche se quella tipa mi avesse detto qualcosa di positivo…

“Come immaginavo. Hai un’aurea particolare, cara, un’aurea simile a quella delle persone tormentate dall’amore… Dimmi, come ti chiami?”.

E com’è, questo non riesci ad indovinarlo?!

“Luna”.

“Bene, Luna. Dimmi, perché questo amore ti affligge così tanto?” continuò, iniziando a mescolare delle carte con fare esperto.

“Perché… Perché ho buone ragioni per essere certa del fatto che non sono corrisposta e poi perché la mia amica che prima è venuta qui lo ama a sua volta, ma lui l’ha respinta” dissi senza meditarci, e lì per lì mi accorsi che quell’atmosfera mi rilassava. Era come se dopo quei giorni di silenzio tombale mi stessi sfogando con qualcuno e stessi cacciando fuori tutto ciò che mi turbava. Parlare con un’estranea era decisamente più facile.

Cassandra mi squadrò,sospirando, mi fece dividere il mazzo di carte in due e poi prese tre carte. Le esaminò e poi tornò a fissarmi.

“Come credevo. Sei tu la donna che ha portato via l’amore a Paola” disse, indicando la carta centrale su cui vi era disegnata una donna con una spada in mano.

“Io? Ma no, Cassandra, io non ho fatto nulla…” ribattei subito, cercando di mettere i puntini sulle i.

“Tu no, il ragazzo che amate si. Conoscendo te ha capito che Paola non faceva per lui…” continuò con un’aria saggia così accentuata che l’avrei presa a schiaffi.

Ecco, lo sapevo che non ci sarei dovuta andare… Mi avrebbe riempito la testa d’illusioni che mi avrebbero fatto star peggio e basta. Secondo la sua rosea visione Marco aveva respinto Paola perché era interessato a me… Certo, certo. Peccato solo che all’epoca ci insultavamo il doppio e non avevamo avuto modo di conoscerci meglio.

“Non può essere così” dissi con fermezza.

“Certo che è così, fidati. Solo che lui è molto orgoglioso e al momento non riesce ad avvicinarsi a te…”.

“E perché mai?” chiesi in tono di sfida, alquanto sarcastica.

“Perché per la prima volta in vita sua non riesce a gestire le sue emozioni, non sa cosa gli succede quando ti vede e teme di soffrire e di farti soffrire” spiegò, chiudendo gli occhi per poi riaprirli di scatto. “Sei fortunata, Luna”.

Ah si? Chissà perché, essendo io la diretta interessata, questa fortuna non la vedevo nemmeno di striscio in tutte quelle bugie che mi stava rifilando…

“Io lo so che le cose poi, non sono mai come...
Come te le aspettavi te
Io sono triste però
Io sono triste un po'
Dimmi pure dimmi subito che fortuna che ho!”

“Perché?” domandai.

“Perché sarai felice, devi solo aspettare che la luna abbia un ciclo intero e circa dieci giorni dopo otterrai ciò che più ti preme avere. Il prossimo anno ti porterà tante novità…”.

A Paola aveva evidentemente deciso di rovinarla mentre a me non aveva fatto altro che deliberatamente scegliere di rovinarmi con le sue frottole campate in aria. Secondo le sue parole, entro un mese e dieci giorni avrei ottenuto tutto ciò che desideravo e il resto dell’anno sarebbe stato fenomenale… Sentii la lucidità tornare in me appena uscii da quella casa spettrale, con Paola alle calcagna che mi riempiva di domande. Decisi di dirle tutto ciò che mi aveva detto Cassandra, tanto era evidente che fossero solo menzogne e si sarebbe rasserenata.

“Allora, dimmi che ti ha detto!”. Paola pendeva letteralmente dalle mie labbra mentre scendevamo le scale del condominio.

“Una marea di frottole. Ho detto che amavo lo stesso uomo che amavi tu e lei se ne è uscita dicendo che ero io quella di cui lui è innamorato, che io ti ho tolto la felicità visto che sono la donna che si è intromessa e che vivrò un anno ricco di gioie, novità e bla bla bla… Non credere a nulla di ciò che ti ha detto, Paola, se fosse stata brava avrebbe capito che mentivo” dissi rapidamente, in un modo ironico, e mi sentii sollevata quando la vidi sorridere.

“Oh, meno male! No, perché, sai, ha detto che Marco ama un’altra e che non ci metteremo mai insieme ma ha aggiunto che nel giro di una settimana mi innamorerò di un altro che a sua volta provava dei sentimenti per la donna che amava Marco, ahah! Proprio per dire starai bene con lo scarto di quell’altra giusto per farti sentire meno sfigata, ihih!” esclamò, ridacchiando e facendomi capire che si sentisse più serena.

“Ok, ma giurami che è la prima e ultima volta che facciamo una cosa simile” la ammonii.

“Promesso. E poi, se fosse stata davvero una veggente, non avrebbe bisogno di chiederci il nome, no?”.

“Infatti!”. Come stavano i fatti, secondo Cassandra Paola si sarebbe innamorata a breve di Antonio visto che era lui la persona che provava dei sentimenti per me… Che cosa assurda.  E nel giro di una settimana, poi! Ah! Paola si impose nel non accettare i cinque euro che prima aveva cacciato per me, e così facemmo un ultimo giro prima di separarci.

Eppure non riuscii a non pensare alle parole della veggente quando ritornai a casa, finchè non mi ritrovai davanti Marco quando mi aprirono alla porta. Trattenni il fiato e chissà quale spirito mi diede la forza di fare finta di nulla e di staccarmi dal fissare il suo viso come se fosse quello di un santo apparso chissà come.

“Marco, ciao” dissi, esitante, mentre entravo in casa.

“Ciao. Stella si sta cambiando e allora ha mandato me ad aprire…” spiegò subito, guardandosi intorno.

“Oh, capito. Esce con te stasera?” domandai, ricordando che lei aveva detto che sarebbe uscita quella sera.

Annuì. “Si, andiamo a mangiare una pizza…”.

“Bene, divertitevi” fu tutto ciò che riuscì a sussurrare mentre posavo il cappotto sull’attaccapanni. Dire che sarei tanto voluta essere al posto di mia sorella era ben poco.

“E tu? Stai a casa?” chiese, ma con lo stesso tono con cui io avrei chiesto a qualcuno di spiegarmi una formula matematica. Poteva anche non fingere di essere interessato, se doveva farlo così male.

“Si, domani devo anche lavorare. Ne ho approfittato e sono uscita oggi, con Paola” decisi di dire, giusto per vedere che effetto gli facesse sentire il suo nome.

Non parve nemmeno remotamente turbato, con mio grande sollievo. Certo che stavo diventando proprio egoista… “E come sta?” domandò.

“Bene. Ti pensa ancora se è questo che vuoi sapere, ma cera di andare avanti” risposi. Almeno gli parlavo di lei e cercavo- con pochissima volontà, certo-  di fargli capire quanto lei fosse ancora innamorata di lui.

“Non è questo che voglio sapere! E’ solo che mi dispiace se sta ancora così” ammise.

Scrollai le spalle, e ad interrompere quella subdola conversazione ci pensò Stella, tutta agghindata con dei jeans aderenti, una maglia marrone attillata e dei decolleté con il tacco altissimo. Si vestiva così per uscire con il suo migliore amico?!

“Sorellina! Noi andiamo, se hai tempo dopo vai sul mio blog e leggi l’intervento che ti ho dedicato, ok?” chiese, dandomi un bacio sulla guancia.

“Ok” asserì, e fu con uno sguardo di pura gelosia che la vidi uscire dalla porta con Marco.

Sospirai, e subito mi fiondai davanti al portatile per far andare a visitare il suo blog. Era ben curato, con uno sfondo lilla e alcune sue foto, e sorrisi leggendo le poche ma intense righe che mi aveva regalato.

Alla mia sorellina…

Non ho mai avuto una vera amica in tanti anni, ma da quando ci siamo chiarite sento che non sono mai riuscita a legare con un’altra ragazza perché quel posto era il tuo, Luna. Non sai come sono felice ora che riusciamo ad essere semplicemente noi stesse, sia quando ridiamo insieme che quando ci prendiamo in giro, è come se solo ora avessi la certezza che tu sei speciale proprio come credevo. Ogni volta che ci guardiamo mi sento rinascere nel constatare che è uno sguardo di pura complicità e sono certa che con il passare del tempo diventeremo peggio di due migliori amiche. Ti voglio bene, sorella! <3

Stella

Non avrei mai immaginato che simili parole potessero farmi commuovere, eppure mi ritrovai con il volto bagnato a causa di alcune lacrime prepotenti. Era dannatamente vero ciò che aveva scritto, e le ero grata per essere riuscita di esternare con così belle parole ciò che sentiva per me. Mi stavo giusto riproponendo di ringraziarla in qualche modo carino quando i post precedenti attirarono la mia attenzione.

Lessi il penultimo, senza sapere a cosa fosse dovuta questa sensazione.

Ancora a te…

Non mi ero sbagliata, e ne sono felice. Davvero, i miei sentimenti per te sono così autentici che mi sorprendo di me stessa. Ormai quando ti vedo provo una di quelle sensazioni che sembrano esistere solo nei film, quella a causa di cui hai lo stomaco in subbuglio, non hai fame e senti le cosiddette “farfalle nello stomaco”. Per non parlare di quando mi hai chiesto di uscire con te, ieri! Per un pelo non ci rimanevo secca. Sono così felice…! L’idea di uscire insieme, stare in tua compagnia per tutta la serata e potermi perdere all’infinito nei tuoi inimitabili occhi blu è tutto ciò che desidero. Mi sto innamorando di te, M.V. Non lo avrei mai creduto possibile, dopotutto ci conosciamo da così tanti anni….

Che bello l’amore! *_*

Stella

I miei occhi fissavano immobili il monitor; deglutii rumorosamente un paio di volte prima di alzare lo sguardo e gettarmi a peso morto sul letto. Era uno scherzo, era certo. Stella non poteva essere innamorata di un certo M.V. dagli occhi blu che consoce da tanti anni! No!

Non poteva essere innamorata di Marco!

Febbrilmente, iniziai a leggere anche il post precedente.

A te…

Sono tre giorni che mi sveglio pensando a te. Stanotte ho addirittura sognato di essere la tua ragazza… Quando mi sono svegliata mi sono sentita persa, vuota, ed è stato in quel momento che ho compreso cosa volessero dire tutte le emozioni che mi hai regalato ultimamente solo con una risata o uno sguardo. Solo pochi giorni fa credevo di essere cotta di un altro, ed ecco che ora non faccio altro che pensare a te.

Un po’ mi sento imbarazzata, dopotutto per tanti anni per me sei stato come una sorta di parente affettuoso ed iper protettivo… Come devo fare?

Non vedo l’ora di vederti, stasera… Stai dando un senso a queste giornate vuote, M.V., lo sai? Arrivo a sperare che tu un domani possa essere mio, in modo da poter scrivere qui con fierezza e gioia il tuo nome per intero, senza subdole iniziali, e il tutto preceduto da “Il mio ragazzo”.

Stella

Solo uno stolto non avrebbe compreso ci fosse quel M.V.

Improvvisamente mi sentii stolta io per non esserci mai arrivata, in tanto tempo: come si poteva essere così legati a uno come Marco senza mai innamorarsene? Solo una sciocca non si sarebbe mai innamorata di lui, alla fine, a causa del suo essere così maledettamente magnetico quando ci si metteva. Era una cosa logica che alla fine sarebbe successa una cosa simile tra loro.

“Io che credevo alle favole
e non capivo le logiche...”

Buttai la testa sotto al cuscino, cercando di scacciare delle odiose immagini in cui Marco e Stella, seduti al tavolino di un ristorante, eliminavano la distanza tra loro con un tenero bacio…

Se le cose stavano così, era ovvio che Marco fosse a sua volta preso da Stella. Ecco perché lei era così elegante…

Era forse Stella la ragazza per cui lui aveva compreso di non amare Paola?

Mille interrogativi mi affliggevano il cervello in quei lunghissimi minuti, e la cosa più brutta per me fu che compresi che, dopo tanto tempo, forse un altro muro si sarebbe eretto tra me e lei.

Si, perché io non avrei retto chissà quanto nel vederli insieme, un domani.

E sapere che questo domani sarebbe potuto essere molto ma molto vicino non fece altro che aumentare il mio senso di oppressione e la voglia di evadere in un mondo in cui i miei sentimenti per Marco non fossero mai esistiti. 

 

*°*°*°*°*°*°*

Ciao!

Aggiorno con un giorno di anticipo perché domani devo studiare tutto il giorno, spero vi faccia piacere ^^

Comunque, pensiamo alle cose belle… xD

Che ve ne sembra di Cassandra e Kiki? Immagino che molti di voi confidano nella “profezia” della veggente… Ovviamente poi, come già ho capito dalle recensioni, ognuno ha una propria teoria riguardo la situazione di Stella e questo M.V. , per cui vi dico che nel prossimo capitolo scoprirete tutto insieme a altre cose anche su Michele, i poveri nervi di Luna xD e sua zia Kitty.

Ho appena finito di scrivere il cap 21, non vi dico che calvario è stato quel capitolo, difficilissimo da scrivere per la sua importanza, poi capirete…

Comunque, come sempre grazie ai 21 che hanno messo la storia tra i preferiti e ai 30 che hanno messo la storia in quelle seguite e coloro che hanno recensito:

Pink Princess: Grazie mille, ho postato il prima possibile ^^ Spero che questo nuovo capitolo abbia soddisfatto la tua attesa! =) Un bacio!

vero15star: Dai tesoro, non potevo non alleviare la tortura dell’imminente ritorno a scuola se non con un Marco con solo l’asciugamano addosso, non credi? Così magari il giorno dopo invece di ascoltare le lezioni avremmo pensato a lui e alla sua apparizione celestiale xD Diciamo che Marco, oltre che di limoni, nutre la sua acidità anche con una bella dose di yogurt ma a Natale ha fatto uso solo di Pandoro&Co, perciò era così dolce :D Ti adoro tanto bambolina, speriamo di risentirci presto! Un bacione!

Blair 95: Ciao ^^ Hai ragione, la lettera è fin troppo romantica, chi è che non vorrebbe riceverne una simile, soprattutto a Natale? Come dici tu, Luna comprende di non essere insignificante come ha sempre ritenuto, ma comunque resta la sua totale insicurezza ed esclude completamente il pensiero di poter interessare a Marco… E riguardo la tua ipotesi su M.V., posso solo dire che lo scopriremo nel prossimo capitolo! =D Un bacione cara!

chiaretta88: Ciao cara, a me va tutto abbastanza bene, escludendo il rientro a scuola ovviamente! Quanto vorrei poter andare in letargo... xD A te? ^^ Riguardo la tua supposizione non posso smentire o confermare nulla purtroppo, posso solo confermarti che Luna andrà in crisi ovviamente (bella consolazione, lo so … xD)  e che alla fine tutto andrà per il meglio perché il mio motto è sempre “W l’ happy ending!”:D Un bacione!

Jes Potter: Ciao! Ti ringrazio per i complimenti anzi, ti ringrazio il doppio per aver letto “Confession of a teenage drama queen”, sono molto affezionata a quella storia e ai suoi seguiti per cui mi fa piacere sapere che ci sono ancora persone che la leggono nonostante sia passato tanto tempo ^^ Per il capitolo del concerto di Vasco bisogna attendere un po’, ci sarà nel cap 22, me spero che nel frattempo tutti gli altri che lo precederanno siano di tuo gradimento e servano a colmare un po’ la curiosità ^^ Ancora grazie mille, un bacione!

pometina94: Ciao Debora! Innanzitutto complimenti per il nome, io lo adoro *_* e poi volevo ringraziarti per aver letto tutte queste storie in così poco tempo, specialmente quelle che riguardano la storia di Deb perché ci sono particolarmente affezionata dato che ha scandito il mio passaggio dallo scriver fanfic su Harry Potter allo scrivere nella sezione degli originali (e poi, che bello sapere che anche tu ti sei “innamorata” di Andrea… *_*). Mi scuso in anticipo per gli eventuali errori che potresti riscontrare nelle fic su HP, a volte mi capita di rileggerle e di rimproverarmi per vari motivi, soprattutto per quanto riguarda “Scambio di corpi” che ho scritto circa tre anni fa e che è scritta in un modo forse un po’ troppo frettoloso… Per questo ti chiedo venia in anticipo!  xD xD Comunque, certo che conosco Acerra e poi che bello sapere che sei nata a Maddaloni =D Ti ringrazio ancora enormemente per la fiducia che mi hai dimostrato leggendo queste storie e per i complimenti, sul serio ^^ Un bacio enorme!

_____Yuki____: Ciao ^^ Inizio con il dirti che hai toppato in pieno il motivo per cui le due gemelle si chiamano così =) Inizialmente avevo pensato di fare un po’ il contrario chiamandole Sole e Luna, facendo sì che Sole fosse Luna e Luna fosse Stella, solo che il nome Sole era un po’ troppo inverosimile e alla fine ho optato proprio per questi “Nomi parlanti” che esprimono un po’ le loro personalità ^^ Concordo con te nel dire che Luna è troppo realista invece che pessimista, ed è il risultato delle numerose delusioni ricevute in tanti anni, non ultima quella  di Alessandra. Che bello sapere che ti piaccia la presenza delle canzoni in ogni capitolo ^^ , spesso ho l’impressione che non vengano considerate più di tanto, sai? Comunque, riguardo la tua teoria su M.V. non posso dire nulla ma lo scoprirai nel prossimo cap… :D Grazie mille, un bacione!

Lola SteP: Anche a te quella canzoncina ha rotto le scatole? xD Riguardo il biglietto, tutti sperano che sia di Marco ma ti dico che dovrai attendere il cap 20 per saperlo, eheh… E le zie impiccione mi sa che sono l’elemento forte della famiglia Solari xD Ti ringrazio come sempre, e non posso che essere felice del fatto che l’ultima scena ti abbia colpito, sul serio ^^ Un bacione, tvttttb!

rossy97: Ciao carissima! Innanzitutto in bocca al lupo per l’esame ^^ Poi, che dirti, tutte le sviolinate sono ben accette perché un po’ funzionano per farmi aggiornare presto ahahaha xD anche se vorrei poterne saper fare una e avere un risultato simile con il mio prof di mate e fisica e con quella di chimica ottenendo un bel voto alto alto xD xD xD Comunque… Ti prometto che gli attentati alla tua salute mentale con le apparizioni di Marco mezzo nudo sono finite, promesso, almeno per quanto riguarda i cap che ho scritto fino ad ora ;-) Il massimo che vedrai sarà un bel Marco affascinante con la sua misa per il matrimonio nel cap 18… Hai proprio ragione, il Natale campano è un qualcosa di inimitabile anche secondo me, specialmente per il modo in cui viene vissuto e le numerose tradizioni che altre regioni non hanno, avendo comunque delle proprie, per carità =) Per quanto riguarda le tue supposizioni, beh, purtroppo non posso dire nulla se non che bisogna aspettare alla fine del cap 20 per conoscere l’ammiratore ^^ Un bacione enorme e grazie mille! ^^

CriCri88: Ciao Cri ^^ Per quanto riguarda “Orgoglio e Pregiudizio” te lo consiglio se ti va di leggere un libro che nonostante sia stato scritto alla fine del ‘700  è moderno sotto tantissimi punti di vista, e anche abbastanza spiritoso quando l’autrice ci si mette, specialmente quando parla della madre della protagonista, Elizabeth, e delle altre tre sorelle di questa a parte sua sorella maggiore Jane che è un po’ la coprotagonista. Il tutto si concentra maggiormente sulla rivalutazione di Mr Darcy, un ricco signore che Elizabeth conosce e che sembra davvero egoista, scorbutico e quasi asociale…  Ma sai che mi incuriosisce molto questo fatto della versione “Remake”? Che cosa intendi? ^^ Comunque, le tue teorie troveranno una risposta nel capitolo 20 e come si sarà capito il blog è del presente di Stella^^ Un bacione carissima!

 

Come sempre eccovi delle anticipazioni….:

 

Mi parai una mano davanti,decisa. “No, no! A parte che quando lavorava qui io ancora sapevo di… Di essere interessata, ecco, e poi quella era pura antipatia, credimi, lui non mi sopporta come un diabetico non tollererebbe lo zucchero” spiegai.

“Si, però un diabetico vorrebbe tanto poter assumere lo zucchero ogni tanto anche se il suo corpo non lo tollera” mi rimbeccò saggiamente Michele.

______________

 

 

“Ti ripeto, smettila, tu… Tu sei stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

“Quindi sempre ce l’ho un po’ di colpa” mormorò, facendomi dondolare sul posto. “Sai, quando fai così mi fai paura, nel senso positivo della cosa, cioè… Per una volta mi sembri così umana che sei terribilmente affascinante. Potresti ordinarmi qualsiasi cosa ed io lo farei”.

______________

 

“Ciao, io sono G…” iniziò, prima di bloccarsi a sua volta. Evidentemente mi aveva riconosciuto.

 

Se avrò tempo aggiornerò martedì per un ultimo aggiornamento lampo, poi tornerò a postare una volta a settimana…

Un bacione,

la vostra milly92.

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Capitolo 17
*** Quando Una Sigla Sbagliata Può Rovinarti La Giornata-L’Una Per Te ***


Quando Una Sigla Sbagliata Può Rovinarti La Giornata-L’Una Per Te

Capitolo 16

Quando Una Sigla Sbagliata Può Rovinarti La Giornata-L’Una Per Te

Stella tornò a casa alle due passate, e finsi di dormire anche se riuscii a prendere sonno solo verso le tre e mezza a causa della mia spiacevole recente scoperta. Ma, quando la mattina dopo mi svegliai, presa da un momento di lucidità mi decisi a dirle che sapevo tutto e farle capire che ci ero rimasta male perché ci eravamo promesse di dirci tutto, così almeno mi sarei messa il cuore in pace sentendo la conferma dalla sua bocca. Bella ipocrisia la mia, poi, dal momento che io avevo tenuto la bocca chiusa  riguardo i miei sentimenti per quello che a breve sarebbe diventato mio cognato. Se non lo era diventato già, a giudicare dal sorriso a trentadue denti di mia sorella…

Ragion per cui la raggiunsi in cucina, ancora in pigiama, mentre lei beveva rapidamente un bicchiere di succo di frutta già vestita di tutto punto.

“Stella…” la chiamai debolmente, mentre la nonna si dava da fare vicino ai fornelli come suo solito.  Le feci un eloquente segno per farle comprendere che dovevo parlarle e lei mi seguì.

“Devo parlarti…” iniziai, con decisione.

“Anche io! Senti, ora devo scappare che sono in ritardo, ma vengo io all’una e mezza da Michele, pranziamo lì e parliamo, ok?” disse lei tutta pimpante, mentre prendeva il cellulare.

Oh, no! Ecco, ha ricevuto l’sms del buongiorno… Gemetti tra me e me, ma sospirai di sollievo quando lei disse: “Me lo  segno anche come promemoria sul telefono, così non lo dimentico con la testa che mi ritrovo ultimamente”.

La “testa che si ritrovava ultimamente”? Era partita, si, decisamente… Partita per quel paese dove tutto è fatto di cuoricini e cupidi che ti colpiscono con le freccette in cui io sarei tanto voluta essere ammessa.

“Allora è perfetto, ti aspetto” bofonchiai, prima di vederla sorridere in mia direzione e sparire dopo aver preso il giubbino, alla volta del negozio in cui faceva da commessa.

Mentre iniziavo a prepararmi per andare da Michele, non feci altro che pensare al fatto sarebbe stato meglio sentirmelo dire poco prima che si vedeva con Marco, come si dice, via il dente, via il dolore, invece che dover aspettare con terrore l’ora di pranzo. Ragion per cui, una volta arrivata al locale, non feci altro che starmene mogia mogia e iniziai ad andare nel panico quando lo stormo di clienti sembrò placarsi verso le undici e il mio cervello iniziava ad andare in paranoia immaginandosi odiose scene che Stella e Marco avrebbero potuto aver vissuto la sera prima. Antonio e Gianluca erano fuori per delle consegne, così, non avendo nulla da fare, restai seduta dietro al bancone con lo sguardo perso nel vuoto.

“Luna, tutto bene?” mi domandò la voce calorosa di Michele alle mie spalle.

Mi girai e lo vidi che mi sorrideva bonario, con in mano dei fogli e una calcolatrice che stava riponendo in uno dei cassetti.

“Se ti dicessi che va tutto meravigliosamente non mi crederesti, vero?” sussurrai, abbassando lo sguardo.

“No. Ti va di parlare un po’ con me? Mi sa che abbiamo bisogno di confidarci un po’, nell’ultimo mese non ci siamo visti proprio se non di striscio. Ad esempio, avresti potuto dirmi di aver fatto colpo su uno dei miei impiegati” ironizzò,facendomi l’occhiolino. Prese una sedia e si sedette di fronte a me, con un’espressione incoraggiante.

“Come l’hai saputo?” domandai.

“Ho poco meno di trent’anni in più a te, Luna, e so come vanno queste cose. Crederai mica che abbia creduto ad Antonio quando si è assentato con la scusa della febbre?”.

“Beh, allora hai visto giusto, ma ora è tutto sistemato, cioè….”.

“Lo so, lo so. Ma tu non sei felice lo stesso. Problemi d’amore?”.

Michele mi stava facendo lo stesso effetto di Cassandra: improvvisamente ebbi solo voglia di dirgli tutto, sfogarmi, renderlo partecipe del motivo per cui sembravo sempre così assente. Ragion per cui, sospirando, annuii con vigore.

“Mi sono innamorata dell’ultimo ragazzo con cui avrei mai creduto di poter condividere qualcosa in passato. E andrebbe tutto a gonfie vele solo se lui fosse un po’ gentile con me ogni tanto, non credesse che sono una sfigata e non fosse l’oggetto d’amore di una mia cara amica e mia sorella” iniziai a sfogarmi, battendo un pugno sulla mia gamba con aria frustrata.

“E questo tipo, per caso, è uno che ha lavorato qui?” domandò Michele, comprensivo.

“No, non è Antonio, io non lo ricambio…”.

“Mi riferivo a Marco” mi interruppe.

Alzai lo sguardo, un po’ incredula. Possibile che lo avesse compreso subito, come zia Kitty? Era così evidente? Comprese il mio stato di confusione, perché, come se mi avesse letto nel pensiero,  dichiarò: “Vi ho visti mentre lavoravate insieme, Luna, e ho visto anche come lo guardavi mentre serviva ai tavoli. Tra di voi c’è una tensione così evidente… Ma non è una tensione negativa, insomma, io la vedo come una finta dimostrazione di antipatia per evitare di saltarsi addosso”.

“Oh, a volte ci è mancato poco che ci saltassimo addosso per picchiarci…”.

“Io intendevo saltarvi addosso in un senso un po’ più passionale” spiegò ammiccante lui, facendomi arrossire.

Mi parai una mano davanti,decisa. “No, no! A parte che quando lavorava qui io ancora sapevo di… Di essere interessata, ecco, e poi quella era pura antipatia, credimi, lui non mi sopporta come un diabetico non tollererebbe lo zucchero” spiegai.

“Si, però un diabetico vorrebbe tanto poter assumere lo zucchero ogni tanto anche se il suo corpo non lo tollera” mi rimbeccò saggiamente Michele.

Che assurda metafora era quella? Che cosa diamine voleva dire? Inutile domandarselo, tanto conoscevo la risposta e sapevo pure che fosse errata.

“Michele, non è come credi. Ieri nel blog di mia sorella ho scoperto che esce con un certo M.V. dagli occhi blu che conosce da tempo, e ieri era proprio uscita con Marco. Lui vuole lei, non c’è altra spiegazione. E in tutto questo c’è Paola che pensa ancora a lui e non fa altro che ricordarmelo e nominarlo facendomi stare peggio… Ieri mi ha addirittura portato da una veggente! E sai che mi ha detto? Che il duemiladieci sarà un anno bellissimo e che nel giro di poco più di un mese sarò felice. Tsk.” Sembravo un fiume in piena, e lui lo comprese perché continuò a guardarmi comprensivo prima di lasciarsi sfuggire un sospiro quasi stanco.

“Essere innamorati è un bel fardello, e lo so per esperienza” disse, guardando la cornice della sua povera moglie defunta.

Annuii. “Lo so, insomma, mi dispiace per tua moglie…”.

“Io in realtà mi riferivo a… All’unica donna che abbia mai amato oltre lei. Andavamo a scuola insieme, con lei ho ballato il rock ‘n’ roll per la prima volta e negli ultimi anni mi sono ritrovato a pensarla molto più del dovuto. E’ una brava donna, solo che ora è impegnata” ammise, rattristito.

“Oh, e chi è?” domandai. Era la prima volta che Michele parlava di una donna che non fosse sua moglie.

“La conosci molto bene” mi rammentò, guardando improvvisamente altrove.

“E chi è?” ripetei, senza riuscire a comprendere chi fosse questa donna misteriosa.

“Tua zia Kitty” rivelò, scrutandomi attentamente per valutare la mia reazione, che non si fece attendere. Lo fissai, quasi come la sera prima avevo scrutato il monitor del mio computer, e sgranai gli occhi che sarebbero usciti dalle orbite se avessero potuto.

“Zia Kitty?”.

Ricordai quando, il giorno del mio primo esame, Michele aveva detto che la zia fosse davvero una brava donna e si meravigliava del fatto che non fosse sposata, ma aveva ripreso Antonio quando gli aveva rammentato di essere felice della sua libertà visto che era libero di offrirle tutti i cappuccini che voleva.

“Si. Io te l’ho detto giusto per fartelo sapere, ma sappi che non voglio intromettermi tra lei e il suo compagno, che tra l’altro ha conosciuto in questo locale…” disse subito.

“Oh, Michele! Cavoli, non sai come mi piacerebbe se la zia stesse con te! Tu si che sei l’uomo giusto per lei, sei così bravo! Giuro che se questo Giuliano non mi convince farò di tutto per…”.

“Luna, per l’amor del cielo, no. Se la zia sta bene con lui è giusto che sia felice” mi riprese, ma rise quando lo abbracciai con slancio. Non ci avevo mai pensato, eppure Michele era l’uomo che avrebbe portato fine alle sofferenze della mia pazza zia, nonostante fossero così diversi: lui pacato e dolce, lei estroversa e pazza quando ci si metteva.

L’arrivo di un cliente, però, pose fine al nostro colloquio, e passai il resto della mattinata a fare delle telefonate per Michele riguardo il buffet per il matrimonio di Flavia. Mi ritrovai a parlare anche con Nina, e per fortuna non mi passò Feliz dato che ci mancava solo la voce di quell’ebete per rovinare ancora di più la mia gioiosa e spensierata mattinata.

All’una e mezza, mentre sistemavo le ultime cose, mi ritrovai davanti Stella con Marco alle calcagna. Cavoli. Non mi ero ancora preparata psicologicamente per bene e lei già arrivava, con quel ragazzo per di più. Ora si sarebbero seduti e mi avrebbero parlato del loro amore imperituro tenendosi per mano e magari baciandosi appassionatamente sotto il mio sguardo isterico ed invidioso.

“Sorellina, allora, vieni! Scusaci Michele, ma ti rubiamo un attimo Luna…” disse pimpante Stella.

Michele le sorrise, accordandole il permesso, per poi scambiare con me un’occhiata di sostegno, come a dirmi di stare tranquilla.

Ma come facevo a stare tranquilla? Le basi per quel dispiacere c’erano, ed erano anche evidenti.

Presi posto ad uno dei tavolini, e subito mi decisi a prendere parola, interrompendo Stella che stava per parlare.

Al suo fianco, Marco mi squadrò quasi sorpreso. Quella mattina era ancora più bello del solito, se possibile, e il tutto era dovuto probabilmente all’amore che nutriva per la mia gemella. Ma dovevo guardare la nota positiva, doveva esserci un lato positivo in ogni disgrazia, no? Però mi diedi della stupida quando pensai al fatto che il massimo che potesse capitarmi per alleviare il mio dolore fosse fingere di essere lei qualche volta…

Oh, diamine, piantala di divagare e sputa quel bel rospo che ti tieni nello stomaco da più di dodici ore!

Stella mi guardava in attesa. Presi un bel po’ di fiato e dissi, cercando di sorridere: “E’ inutile che vi perdete in tante chiacchiere… Ieri ho letto il post che mi hai dedicato, Stella, ti ringrazio, è dolcissimo ma… Ma ho continuato a leggere i due post precedenti e ci sono rimasta male nello scoprire che ti sei innamorata di lui,  avevi promesso che mi avresti detto tutto. Ma fa niente, posso comprendere e… Beh, mi fa piacere per voi due, l’importante è che siate felici, se non lo siete voi che vi conoscete così be…”.

Mi bloccai, smettendo di pronunciare il mio sproloquio,rapita dagli sguardi di pura incomprensione che  mi stavano lanciando, quasi come se avessi detto un’eresia.

“Ma che stai blaterando?” chiese Marco, quasi scandalizzato.

“Come cosa sto blaterando!” m’infervorai. “Credete che sia scema? Insomma, ieri siete usciti o no insieme? E Stella non fa altro di parlare di un certo M.V. dagli occhi blu che conosce da tanto… Chi può essere se non te?”  gli feci notare con un certo sarcasmo. Mi sentivo il viso in fiamme e mi dissi di calmarmi. Va bene essere arrabbiate per la mancanza di fiducia di una sorella, ma se facevo così sarebbe sembrato troppo eccessivo. “Insomma, dai, dimmelo chi può essere oltre che te!” lo sfidai. Di male in peggio…

Marco levò un sopracciglio e mi squadrò con aria di superiorità. “Forse mio fratello?” rispose a tono, saccente più che mai. “Se non sbaglio, lui si chiama Mario Valenti, traducibile con la sigla M.V., ha gli occhi blu come me e conosce Stella da sette anni come il sottoscritto. Com’è, ora non ribatti più, Conan?” dichiarò soddisfatto, mentre mia sorella annuiva timidamente.

“Che cosa? Stella, tu… Tu esci con Mario?” domandai, cercando di trasformare la mia improvvisa felicità in confusione.

“Si, Luna! Era di Mario che parlavo! Mi dispiace non avertene parlato prima ma volevo essere sicura al cento per cento dei miei sentimenti per non essere giudicata male visto che fino a poco fa mi piaceva Antonio… Ma ho capito di essermene innamorata sul serio, credimi, e sono felicissima. Per questo ieri c’era Marco a casa e non lui, volevo aspettare di vedere l’esito della serata per esserne certa e dirtelo…” mi spiegò, con gli occhi che le brillavano.

Io me ne stavo mogia mogia quando in realtà avrei voluto ballare la conga. Come al solito, ecco che c’era stato uno stupido equivoco! Come avevo fatto a non pensare anche a Mario? Era ovvio che fosse lui il prescelto, ogni volta che lui e Stella si vedevano erano sempre così amichevoli!

“Mi fa piacere per voi, allora, Mario è proprio un bravo ragazzo” le dissi sorridente.

“Vuoi dire che Marco non lo è? Avresti fatto storie se mi fosse piaciuto lui?” chiese Stella facendo l’occhiolino, mentre Marco sbuffava, quasi scocciato.

“Ma no, era solo per dirti che credevo ti fidassi di me a tal punto di parlarmi della tua nuova cotta, tutto qui” mentii.

“In quel caso avrei fatto delle storie io, invece… Avere te come cognata, che guaio” esclamò Marco, facendo finta di tremare, e si zittì solo quando Stella gli diede un pugno sul braccio.

Improvvisamente mi sentii felice come non mai, anche nel sapere che Stella sembrava sul serio presa da Mario e che avrebbero continuato a frequentarsi, ma le parole di Marco e la sua espressione non mi abbandonarono facilmente.

Così, mia sorella continuò a parlare della sua meravigliosa uscita con Mario, che aveva tutta l’aria un vero e proprio latin lover stando ai suoi racconti, e quando tornammo a casa quella sera per uscire con papà e comprargli il vestito per le nozze di Flavia lei commentò il tutto con un: “Ora tocca a te e papà”.

“In che senso?” domandai, mentre papà ci diceva che stava venendo.

“Nel senso che siete gli unici single della famiglia, ora che io esco con Mario e mamma con Carlo”.

Si bloccò, e quando mi girai notai che papà ci guardava senza capire.

“Carlo?” domandò. “Vostra madre ha… Ha un ragazzo?” chiese, quasi incredulo.

Scambiai un’occhiata con Stella e lei mi fece comprendere che non sapeva cosa fare.

“Perché, non lo sapevi?” se ne uscì lei, falsamente sorridente.

“No, non lo sapevo. E, ditemi, lo avete anche conosciuto quando siete state a Firenze?” insinuò, con un’aria tradita.

“No, papà, no! Mamma non è ancora sicura di ciò che prova per lui, dice che tu sei l’unico che abbia mai amato e ha detto che ce lo presenterà solo se diventerà una cosa seria. Ma è una storia nata da pochissime settimane…” cercai di dire, rapidamente.

Però papà non aggiunse altro e ci fece cenno di uscire di casa con lui. In questo gli assomigliavo molto, come me spesso tendeva a restare taciturno quando ci restava male per qualcosa e si richiudeva a riccio in sé stesso.

Nessuno nominò più la mamma e la sua relazione durante il tragitto da casa al negozio di abbigliamento maschile, e fui sicura di avere le allucinazioni quando vidi Marco lì fuori che si guardava intorno, con le mani in tasca. Possibile che ormai lo vedessi dovunque?

“Oh, ecco Marco! Papà, mica ti dispiace se c’è anche lui? Deve comprare l’abito per la cerimonia a sua volta e aveva bisogno di un consiglio” disse Stella, mentre apriva la portiera dell’auto.

“No, figurati” borbottò papà, e fu l’ultima parola che disse prima di dieci minuti buoni, durante il quale non fece altro che scrutare alcuni completi eleganti e scartarli.

“Ma è successo qualcosa?” mi domandò Marco, dopo aver valutato un abito nero. “A tuo padre, intendo. Di solito quando ci vediamo mi riempie la testa di chiacchiere… Gli dà fastidio che io sia qui?”.

“Oh, ma no, che dici! E’solo che ha appena scoperto che mamma sta con uno e ci è rimasto male” gli spiegai.

“Capisco, deve essere una brutta sensazione” mormorò.

“Si, più che altro deve essere stato il modo in cui l’ha saputo, non deve essere stato bello scoprirlo da una conversazione delle tue figlie, per caso” dichiarai, ripensando a quanto papà si potesse sentire anche un po’ umiliato.

“In effetti…”.

Ci guardammo per qualche secondo, finchè lui non distolse lo sguardo e disse: “Mi dai una mano? Stella è tutta presa da vostro padre”.

“Ok, l’importante è che tu abbia spiegato così audacemente il perché hai scelto me al posto suo” risposi amaramente, senza riuscire a trattenermi. Ora ci mancava solo che iniziassi a dimostrare il mio essere assurdamente gelosa e stavo apposto!

“Ovvio, nella vita bisogna sempre spiegare per bene le proprie intenzioni”.

Fece finta di non ricevere l’occhiata torva che gli lanciai e iniziò ad esaminare un abito nero.

“No, te lo sconsiglio” esclamai, storcendo il naso.

“Sai che il solo sconsigliarmelo da parte tua potrebbe indurmi a provarlo, vero?” domandò con il suo solito ghigno divertito.

Ed evidentemente il suo divertimento aumentò quando battei un piede per terra per il nervosismo. “E che cazzo mi chiedi a fare di darti una mano, allora? Resterai sempre il solito idiota, nemmeno un bambino di tre anni farebbe questi giochetti scemi! Ma quando ti deciderai a crescere?” strillai, in un modo tale che molte persone si voltarono a guardarmi con un’aria scandalizzata. Non ne potevo più, a causa sua- e non solo- stavo vivendo dei giorni iper stressanti e continuare a capire che per lui non fossi altro che un pupazzo da torturare e con cui divertirsi prendendolo in giro mi faceva vedere tutto nero davanti agli occhi.

Lui mi guardava quasi incredulo per quella scenata, e lo fu ancora di più quando non riuscii ad impedire ai miei occhi di diventare lucidi. Papà mi guardava sconvolto, seguito  a ruota da Stella.

“Papà, ci vediamo a casa, mi sono appena ricordata di dover fare una commissione” m’inventai.

“Sei sicura? Ti accompagno?” domandò, tenendo in mano dei pantaloni neri.

“No, no, Stella, aiutalo tu” bofonchiai, scuotendo il capo, e in men che non si dica uscii come una furia dal negozio, camminando con una velocità che non sapevo di avere.

Perché mai  un simile dispetto di quell’idiota doveva farmi stare così male? Era una stupida battuta, proprio come ne aveva dette a centinaia in tanto tempo, perché dovevo rendermi ridicola?

…Perché la consapevolezza di non poterlo avere tutto per me, oppure avere almeno solo il suo rispetto mi faceva impazzire. Fingere si rivelava sempre più difficile per me, che non ero mai stata una buona attrice. Come si può fingere con i sentimenti? Come si può fingere di disprezzare chi non fai altro che pensare, adulare e sognare?

“Questa sera, questa sera
non lo so
c'è qualcosa nell'aria stasera
che non si può!
....Non si può spiegare....
a meno che
non ritorni per forza a parlare...
ancora di te!”

 

Nel turbinio di questi pensieri non mi ero nemmeno accorta che qualcuno mi stesse chiamando, quando ero ormai a decine di metri di distanza dal negozio.

Data la mia innata pazzia, quella voce non era altro che frutto della mia fervida immaginazione, ne ero più che certa. Avrei voluto che fosse Marco, certo, ma quando mai le mie richieste venivano esaudite? Io e la fortuna, o quello che era, non avevamo mai legato più di tanto in così tanti anni.

“La fortuna, la fortuna,
la fortuna
quando c'è
aiuta sempre comunque
gli audaci
e mica me!
Io che c'ho paura
perfino che
che un giorno in testa mi cada
la luna.....
o di perdere te!”

“Cavolo, Luna, fermati!” urlò per l’ennesima volta quella voce.

Incredula, mi sentii decisamente meglio quando avverti delle braccia possenti agguantarmi per la vita, da dietro, e mi sentii stretta a panino contro il torace di quel qualcuno che non era altro che Marco.  Sentivo il suo respiro affannato contro i miei capelli, e in quel momento non avrei desiderato altro che potermi girare e farlo mio con un bacio, nonostante la rabbia.

“L-Lasciami!” protestai con falsa volontà, ma la sua stretta era così decisa che mi era impossibile fare alcun movimento.

“Luna, che ti è preso? Non credevo te la saresti presa così tanto” sussurrò vicino al mio orecchio, in un modo che mi sentii tremare.

“E invece si! Mi sono scocciata di essere presa per i fondelli, va bene? Se ti piace tanto giocare e scherzare comprati una bambola, ma non rompere le scatole a me” risposi agguerrita, sentendo di nuovo le lacrime pizzicare al lato degli occhi. Cercai di scacciarle, ma invano.

“Stai piangendo…?” chiese, e per un istante lo sentii mollare la presa, cosicché ne approfittai per allontanarmi. Passare dal caldo del suo corpo al freddo fu una sensazione spiacevole. Mi asciugai le lacrime, e non feci in tempo ad accorgermene di nient’altro quando lo sentii trascinarmi in un angolo sicuro della strada e stringermi a sé.

“Io non sto piangendo.....
adesso no!”

“No, no, vattene! Lasciami in pace!” lo ammonii, spingendo contro il suo petto, ma, come prima, non riuscii a fare granché. Avvertii la sua testa poggiarsi sulla mia spalla e poi sfiorare i miei capelli.

“Mi credi se ti dico che mi sento un deficiente?” disse, aumentando la presa. “Se c’è una cosa che odio è essere il responsabile delle lacrime di una ragazza”.

“N-non darti tanta importanza, s-sono solo stressata…” mentii.

“Mi dispiace. E’ solo che ti ho sempre vista così forte che non credevo possibile farti piangere” ammise.

“Ti ripeto, smettila, tu… Tu sei stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

“Quindi sempre ce l’ho un po’ di colpa” mormorò, facendomi dondolare sul posto. “Sai, quando fai così mi fai paura, nel senso positivo della cosa, cioè… Per una volta mi sembri così umana che sei terribilmente affascinante. Potresti ordinarmi qualsiasi cosa ed io lo farei”.

Ah si? Allora amami, dimmi che è solo me che vuoi…

“E non ho paura
adesso che
se guardo in alto c'è ancora
la luna
e qui vicino ho te!”

“Allora smettila di fare il coglione visto che mia sorella e tuo fratello si stanno frequentando” riuscii solo a dire, non trovandoci nemmeno un giusto senso logico.

“Hai ragione, hai ragione” sussurrò, baciandomi una guancia.

Sarei voluta restare così per anni ed anni nonostante il freddo e l’imminente pioggia che annunciavano le nubi di quel tardo pomeriggio, ma purtroppo lui si separò da me.

“Giuro che è l’ultima volta che la passi liscia” dissi.

“Ok, quindi diciamo che per ora ho avuto una semplice ammonizione con il cartellino giallo”.

“E spero per te che farai di tutto per non farlo diventare rosso…”.

“Ricevuto. Ora, che cosa ne dici di accompagnarmi in un altro negozio d’abbigliamento per cercare di comprare qualcosa?  Senza offesa, ma quello è un po’ troppo da anziani per me”.

“Va bene…”.

Come diavolo faceva a farmi sciogliere ed acconsentire a qualunque richiesta in quel modo? Nuoceva gravemente alla mia salute, ecco la verità.

Stranamente, probabilmente reduce per i sensi di colpa, non fece altro che ridere e sorridermi durante la ricerca dell’abito, e in cuor mio mi dissi che avrei voluto stare sempre a contatto con la sua versione gentile e sorridente nei miei confronti. Arrivammo addirittura a fare delle sciocche battute su Mario e Stella, e quando mi riaccompagnò a casa, dopo aver acquistato un completo blu che gli donava particolarmente addosso,  non feci altro che sentirmi beata, proprio come durante il Christmas party di Firenze.

Come dovevo fare con quel ragazzo? Se fossi stata un’altra, subito mi sarei iniziata ad illudere, ma sapevo che il suo essere gentile e disponibile al momento fosse dovuto ad un senso di colpa per la visione delle mie sciocche lacrime.

Il ricordo di quelle ore serene mi accompagnò fino al tre gennaio, giorno in cui mi recai a casa di zia Kitty per la fatidica cena con Giuliano. Ovviamente tenni la bocca chiusa riguardo ciò che mi aveva rivelato Michele, anche perché lui stesso nei giorni seguenti mi aveva chiesto di far finta di nulla.

Capodanno era passato, e dopo una pazza nottata passata con Paola e Miriam- Stella era stata a casa dei Valenti per una tombolata lunga tutta la notte- in cui eravamo state sveglie fino alle otto meno dieci del mattino, ero ritornata alla vita di sempre, conscia del fatto che all’inizio di febbraio avrei dovuto dare l’ultimo esame del semestre.

Aiutai la zia a preparare la cena, e nel frattempo le raccontai gli ultimi avvenimenti, a partire dal mio mezzo infarto dovuto al fatto che credevo che Stella stesse uscendo con Marco.

“E così la nostra Stellina si frequenta con il Valenti senior” ridacchiò lei, aggiustando il centrotavola.

“Meglio così, Mario è davvero un tipo a posto” dissi, sedendomi sul divano.

“E meno male che avete risolto anche questo equivoco! Altrimenti ci sarebbero state altre tremila incomprensioni”osservò.

“In effetti… Ma resta il fatto che sono felice per lei”.

“E per te, invece sei felice?”.

Sorrisi amaramente, abbassando il capo. “No, affatto. Tu sei felice con Giuliano, Stella lo è per Mario, addirittura mamma ha colmato la sua solitudine con quel Carlo… Ed io mi sento triste, sola e depressa nel vedere Marco senza potermi esporre più di tanto” dissi, sconsolata.

“Ti fai troppi problemi, ecco tutto. Oh!” esclamò, all’udire il suono del campanello. Divenne improvvisamente tutta pimpante, come se fosse stata colpita da una scossa elettrica, e mi fece segno di restare dov’ero.

Dal canto mio, morivo di curiosità.

Sentii un entusiasto: “Amore!”, e tre secondi dopo mi ritrovai davanti l’uomo che stava donando la gioia a mia zia dopo tanto tempo.

Eppure, quando alzai lo sguardo, desiderai non averlo mai fatto. Affascinante ed elegante, quello che doveva essere uno sconosciuto quarantaduenne per me non fece altro che accendere un vivido ricordo nella mia mente. Non so perché ma associai il suo viso ad un anello d’oro bianco con una pietra enorme, poi mi ricordai e compresi. Io quell’uomo l’avevo già visto nel negozio di Stella, al fianco di quell’odiosa donna dai capelli rossi che aveva amabilmente chiamato “amore” e “chicca”.

“Ciao, io sono G…” iniziò, prima di bloccarsi a sua volta. Evidentemente mi aveva riconosciuto.

Poteva mai essere? Possibile che la zia stesse con quel farabutto snob?

Probabilmente lei percepii che ci fosse qualcosa che non andava, perché domandò: “Tutto bene?”.

“No” dissi subito. “Zia, io lo conosco già…”.

Giuliano mi guardò spaventato, e arrossì violentemente, dandomi prova della sua colpevolezza.

Che coraggio aveva nel fingere con mia zia dopo che stava con quell’altra tipa ancora più altolocata di lui? Ecco perché la zia mi aveva detto che Giuliano aveva da lavorare anche a Capodanno! Ovvio, perché doveva andare dagli amici dei Parioli Nord con l’altra donna!

Presi fiato e organizzai le idee. Dovevo solo cercare il modo meno brusco per riportare mia zia alla realtà e annunciarle l’ennesima delusione amorosa, mentre continuava a guardarmi senza capire. 

 

 

*°*°*°*

Hola a todos!

Eccomi qui con un nuovo cap… Vi dico solo che stanotte dovrò svegliarmi alle 3 perché alle 4:15 devo partire per andare in gita a Roma per partecipare ad un’udienza con il Papa…

Molti di voi sono riusciti ad indovinare la vicenda di M.V., e quasi quasi mi sento triste perché io adoro fare le sorprese ma ammetto che questa volta me la sono proprio cercata, starò perdendo qualche colpo? xD

Personalmente, la scena che più ho adorato scrivere è stata quella in cui Marco si scusa con Luna per l’ennesima volta… Ora, però, tocca a zia Kitty interrompere la sua bella favola, sigh!

Passando ai ringraziamenti, grazie di cuore alle 23 persone che hanno la storia tra i preferiti e alle 30 che hanno inserito la storia tra quelle seguite e coloro che hanno recensito:

XXX_Ice_Princess_XXX: Ciao ^^ Beh, come abbiamo visto M.V. era Mario ed ora mi sa che Luna e Marco ne passeranno delle belle con i rispettivi sorella e fratello innamorati :D Grazie mille, ho aggiornato appena possibile, un bacio!

Cappie: Ciao ^^ Innanzitutto devo dire che mi sento un po’ colpevole per aver fatto prolungare la tua pausa studio per cui se è qualcosa scambio due chiacchiere io con il/la prof di biologia xD Poi ti ringrazio infinitamente per il tuo parere sulla storia e, che dirti, benvenuta tra le fans di Marco che di giorno in giorno crescono sempre di più, magari si potesse conoscere uno come lui, sigh! :D Ancora grazie mille, un bacio! ^^

Jes Potter: Ciao ^^ Si, in realtà ci vorrebbe proprio una bella denuncia ai signori Valenti per averli chiamati Marco e Mario da parte di Luna, dato che le hanno procurato quasi un bell’infarto con tutta l’ansia che ha provato, ma per fortuna tutto si è risolto per il meglio dai =) Luna ormai vive sempre peggio il fatto di essere innamorata di uno coem Marco che è sempre gelido, ma in questo capitolo, un po’ come in quello di Natale, dovrebbe essersi fatto perdonare… Ancora grazie, un bacio!

____Yuki____: Ciao ^^  Con “hai toppato” intendevo proprio “ci hai preso”, tranquilla ^^  Luna non ha il coraggio di parlare con Paola proprio perché si riconosce molto in lei quando Stella stava con Christian e preferisce non dirle della sua “cotta” visto che è sicura che non serve a nulla dato che Marco non le si avvicinerà mai, però tutto può succedere e tutto può cambiare, chissà, a partire dal prossimo capitolo… :D Ti ringrazio, un bacio! ^^

CriCri88: Ciao cara ^^ Eh, ormai lo so che Stella ti ha assunto come giudice difensore, che ti credi U_U xD Scherzi a parte, anche se M.V. fosse stato Marco non credo che l’avremmo detestata visto che ormai ha dimostrato il suo migliore lato e ci siamo affezionati tutti a lei, e come dici tu, non possiamo scegliere di chi innamorarci e, in questo caso, Luna docet, mi sa xD  Da quel che mi hai detto il libro mi sembra interessante, anzi, spero che gli zombie ammazzino dei personaggi che non sopporto come Lady Catherine, la zia del protagonista, per cui appena andrò a fare un giro in libreria vedrò se c’è =) Un bacione Cri ^^

pometina94: Ciao cara ^^ Innanzitutto in bocca al lupo per i compiti in classe ^^ Per quanto riguarda “Scambio di corpi” concordo in pieno con te, anzi, penso che ci siano tantissime cose da modificare, a partire dalla trama stessa secondo me ma dopotutto è bello comprendere che almeno un po’ si è migliorati con l’esercizio  =) M.V. era proprio Mario, eheh, ora non dobbiamo far altro che sperare in una riuscita di Stella insieme a lui… Grazie mille per la recensione, un bacione!

Lola Step: Teoria confermata?! xD Comunque hai proprio ragione, ci vorrebbe proprio un bel giro da una veggente giusto per sapere come sarà questo 2010.. Un bacio! Tvtttttb!

rossy87: Ciao ^^ Posso chiamarti perfida riguardo il tuo pensiero su Paola? xD Ma sappi che sono d’accordissimo con te, penso anche io che si deve togliere dalle scatole per cui vedrò cosa posso fare… Ma ti dico che non sarà facile e le cose non andranno come sembrano, alla fine. Riguardo Marco e la questione delle sue “mise” ti annuncio che potrai rischiare un altro infarti nel cap 22, quindi hai un po’ di tempo per prepararti psicologicamente ahahah! :D E per lo spoiler… Era proprio Marco che lo diceva, impossibile ma vero… In stile anche i miracoli accadono, eheh! Penso che ora siamo tutti più sereni nel sapere che M.V. è Mario, no?  Anche se, come dici tu, anche se fosse stato Marco  Stella non avrebbe avuto colpe vista la situazione e proprio perché al cuor non si comanda, sarebbe impossibile non innamorarsi di uno come Marco e lei lo sa dato che ci è stata insieme alla tenera età di 11 anni.. Mica scema la ragazza xD Grazie mille come sempre tesoro, un bacione!

Blair95: Ciao cara! Le tue teorie sono state confermate, eheh! ^^ Luna si è dimostrata proprio sciocchina nel continuare  a credere che M.V. fosse Marco, ma purtroppo quando si è innamorate si pensa sempre al peggio e si hanno sempre gli occhi bendati, senza riuscire a comprendere situazioni molto semplici e logiche… E poi ormai Stella la adoriamo tutti con il suo brio e il suo essere spontanea ^^ Ti ringrazio per i complimenti, un bacione!

varo15star: Chiedo scusa tesoro, lo sai che quando posso mettere una scena in cui Marco è in accappatoio e simili colgo la palla al balzo xD Tutte le supposizioni avranno una risposta come sempre lo sai, e alla fine credo che gli istinti omicidi nei miei confronti si placheranno (o almeno spero… xD). Un bacione tesoro, ti  voglio tanto tanto tanto bene!

 

Poi, eccovi qualche anticipazione…:

 

“Perché, devono dirci qualcosa?” feci a mia volta.

Marco si voltò e ghignò. “Perché pensi che ci abbiano convocati qui, allora?” dichiarò retorico, sospirando. “Non so te, ma da quando si vedono sto uscendo pazzo, Mario è decisamente fuori di sé” si lamentò.
____________

 "Ma sei pazza? Perchè hai cacciato quella scusa? Ora Paola inizierà a farsi mille problemi sul perché ho fatto chiamare te e non ho chiamato io” mi attaccò subito Marco, con un tono grave. Sbatté le mani sul volante.

“Oh, ma piantala! Senza offesa ma credo che tu sia l’ultimo dei suoi pensieri dal momento che sta a casa da sola con Antonio…” gli feci notare con sarcasmo.

 ______________

“Sono brava nel non ascoltare, fidati, e poi posso sempre spostarmi…” ribattei, anche se quella era l’ultima cosa che volevo. Che senso aveva stare in quel cinema se non starci vicino e sentirlo al mio fianco?

“Provaci. E poi chi mi farà da cuscino quando mi addormenterò per questa palla di film?”  domandò retorico.

Fare da cuscino? Io? Ma pure da materasso con tanto di piumone, no problem!

 

Aggiornerò martedì prossimo, girls, mi aspetta una settimana infernale dopo questa gita, piena di interrogazioni T_T

La vostra milly92.

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Capitolo 18
*** L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te ***


L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te

Capitolo 17

L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te

“Non ci posso credere! Come fai a stare con lei quando stai anche con quell’odiosa donna che era con te, quel pomeriggio al negozio?” esclamai, alzando di un bel po’ la voce.

Giuliano si parò una mano davanti e la zia mi guardò come se fossi impazzita.

“Che hai detto, Luna?” chiese.

“Zia, lui non sta solo con te! Qualche giorno fa ero al negozio dove lavora Stella e lui è venuto con una donna dai capelli rossi che doveva comprarsi un abito per la notte di Capodanno, per andare ad una festa da alcuni amici dei Parioli Nord! La chiamava “Amore” e “Chicca”, le ha regalato un anello grande quanto una noce… Come ti giustifichi?” domandai, rivolta verso Giuliano che dal rossore era passato al colorito cereo. “Chi era quello, per caso il tuo gemello?” aggiunsi sarcastica.

“E’ vero? Giuliano, tu hai un’altra?” strillò la zia, con il viso deformato dalla scoperta e un rossore che mano a mano faceva sì che il suo viso s’intonasse con i capelli. “Ed è rossa come me? E’ con lei che eri a Capodanno?”. Il suo tono ovviamente era sia incredulo che pervaso da una minima speranza che fosse tutto uno scherzo di cattivo gusto.

Giuliano abbassò lo sguardo e sospirò. “Kitty, è una lunga storia…”.

“Se fai così devo dedurre che è una lunga storia che si può riassumere con la frase “Sei uno stronzo e basta!”, che dici?” lo sfidò, innervosita al massimo.

Guardare quella scena, e soprattutto le condizioni della zia, mi fece male al cuore.

“Luna, per favore, credo sia meglio se torni a casa” se ne uscì lei quando Giuliano continuò con il suo mutismo colpevole. La sua voce era incontrollata, tremava a dismisura.

“Ma zia…” protestai invano, ma mi zittì.

“E’ una cosa mia, devo risolvere questa situazione per bene. Ti prego, và a casa, ti chiamo io dopo” mi salutò, passandomi il giubbino, e nel giro di due istanti mi ritrovai fuori la porta, salvo poi sentire le sue urla irate.

Mi sentivo male nel pensare ciò che la zia stesse provando al momento, l’ennesima delusione dopo che si era illusa di aver trovato l’uomo giusto, e aspettai invano una sua telefonata fino all’una passata di notte.

Cosa dovevo fare? Volevo starle vicino, ma non volevo nemmeno essere invadente. Averla vista in lacrime per la prima volta mi aveva colpita, e finalmente avevo realizzato quanto la ammirassi: era riuscita a superare i tanti ostacoli che la vita le aveva presentato pur di non omologarsi e accontentarsi della prima scelta che le capitava davanti agli occhi. Al posto suo non avrei sopportato i numerosi momenti di buio che aveva vissuto, e non sarei mai arrivata a quarantasei anni così allegra ed energica.

Aspettai una sua telefonata invano fino al giorno dell’Epifania, così quel giorno mi decisi a farle visita con una bella calza strapiena di cioccolato e un sorriso comprensivo stampato in faccia.

Bussai alla porta e mi aprì dopo un po’, con evidenti occhiaie bluastre sotto agli occhi e i capelli scarmigliati.

“Ciao zia! Non potevo non farmi vedere il giorno della Befana”  esclamai, abbracciandola e porgendo la calza.

Stavo per aggiungere qualcos’altro quando lei mi precedette, con un tono di voce deciso e stranamente tranquillo.

“E’ inutile che ci giriamo intorno: ho lasciato Giuliano e non ho nemmeno voglia di arrendermi a causa sua. Chi potevo mai sperare di incontrare in uno speed dating? Avevi ragione, ci sono solo gli scarti degli scarti, persone che non fanno per me. Ma non mi arrenderò, oh, no. Sono certa che da qualche parte esiste un uomo per me, dolce, gentile che mi ami per quello sono” disse, conducendomi in cucina, dove prendemmo posto. Mi venne da sorridere pensando che quella descrizione corrispondesse in tutto e per tutto a Michele, e fu in quel momento che decisi di fare di tutto per farli avvicinare senza dire niente a nessuno. Conoscendo la zia avrebbe subito apprezzato Michele per le sue qualità; ci sarebbero solo voluti dei casuali incidenti che li avrebbero obbligati a stare un po’ più a contatto e poi tutto sarebbe andato per il meglio. Non ero il tipo di ragazza che amava fare da Cupido, ma in quel caso l’avrei fatto volentieri, spinta dall’affetto verso quelle due persone che secondo me meritavano di essere felici insieme dopo tanti anni di solitudine.

Però quel pomeriggio mi resi conto che a non avere affatto bisogno di Cupido fosse mia sorella, che ormai sembrava decisamente partita per il pianeta dell’amore insieme a Mario.

Mentre mangiucchiavo un pezzetto di cioccolato fondente che avevo trovato nella maxi calza che mi avevano regalato i nonni, quest’ultima entrò di soppiatto nel soggiorno. “Luna, vestiti che stanno venendo Marco e Mario” ordinò.

La guardai scocciata, accasciandomi con la schiena contro il divano su cui ero seduta comodamente. “Che cosa? Io tra un po’ volevo andare da Paola…” sbuffai. Per quel giorno avrei preferito non vedere Marco; non lo vedevo da circa una settimana e i miei nervi stavano meglio dal momento che riuscivo a dormire di più dal momento che non occupava la mia mente con i suoi sorrisi e i suoi più innocenti gesti che ero obbligata a vedere e a notare ogniqualvolta ci vedevamo.

“E ci andrai dopo,muoviti, su!” mi incitò.

“Dimmi, ne approfitti perché siamo sole in casa e così con la scusa del tuo migliore amico vedi anche Mario?” chiesi perfidamente, facendole la linguaccia.

“Scema! Che ne puoi capire, tu!” mi rimbrottò falsamente sarcastica, facendo a sua volta una smorfia.

Purtroppo per me, però, restava il fatto che avrei rivisto Marco a breve e che avrei dovuto sostenere uno dei miei monologhi interiori per resistere. Quell’aspettativa però, faceva sì che lo pensassi ancora di più del dovuto nell’attesa di rivederlo, bello e distinto come sempre.

 

“Sto pensando a te
mentre cammino, mentre parlo, mentre rido, mentre respiro
sto pensando a te
mentre mi sveglio, quando corro tutto il giorno
sto pensando a te
mentre mi spoglio di ogni orgoglio mentre guardo il mio destino
sto pensando a te
quando ricordo mentre ancora sento il tuo profumo”

 

 Inoltre, mi ritrovai a sperare che dopo quella visita almeno Paola stesse in buona vena e non avrebbe iniziato a piagnucolare con i suoi soliti discorsi depressivi su quanto quel ragazzo fosse il suo ossigeno e bla bla bla.

Indossai una camicia blu con dei jeans, ed ebbi a stento il tempo di aggiustare quel groviglio di capelli che mi ritrovavo in testa che sentii il campanello suonare.

“Vado!” trillò Stella, tutta agghindata con una delle sue solite mise appariscenti. Il rumore dei soliti tacchi chilometrici scandiva i suoi passi, e sentii ticchettare per una decina di secondi. Aveva decisamente perso la testa, si, ne ero più che certa.

Ebbi appena il tempo di ritornare in salotto e fare finta di star sfogliando una rivista che Marco entrò nella stanza con un passo quasi felpato e rapido.

“Ciao” esordì.

“Ciao Marco” risposi. “Siediti” lo invitai, fingendomi una buona padrona di casa, e così prese posto al mio fianco. “Stella e Mario…?” domandai poi, fingendomi curiosa quando sentivo ancora i battiti del mio cuore ancora un po’ accelerati. Il mio stomaco era ancora stordito dal lieve pugno che aveva creato l’apparizione del ragazzo.

“Non me lo chiedere, stavano bofonchiando con aria decisa, perciò sono subito venuto qui. Cosa pensi che ci dovranno dire?” chiese.

“Perché, devono dirci qualcosa?” feci a mia volta.

Marco si voltò e ghignò. “Perché pensi che ci abbiano convocati qui, allora?” dichiarò retorico, sospirando. “Non so te, ma da quando si vedono sto uscendo pazzo, Mario è decisamente fuori di sé” si lamentò.

Annuii con vigore. “Si! Ti giuro, Stella è decisamente partita, fa cose senza senso, ride ogni tre secondi, però un po’ la invidio” mi lasciai sfuggire, senza  riuscire a trattenermi. Mi posai la mano destra sulla bocca, come se avessi detto la più abominevole delle parolacce, e Marco mi guadò curioso.

“La invidi? Come mai?” domandò, continuando a scrutarmi in un modo che mi metteva decisamente in soggezione.

Scrollai le spalle e girai lo sguardo altrove, imbarazzata. “Perché è bello amare ed essere amati. Non che lo sappia per esperienza personale, però da quel che vedo deve essere decisamente il massimo che si può chiedere alla vita” sussurrai.

“Hai ragione” disse, e quasi mi sentii sciogliere per il tono che aveva usato. Ritornai con lo sguardo su di lui, sorpresa, ma l’arrivo dei nostri fratelli ci obbligò a chiudere lì quella conversazione.

Stella si schiarì la voce; alle sue spalle, Mario sembrava sentirsi un po’ fuori luogo, imbarazzato ma decisamente felice.

“Allora, cosa dovete dirci?” domandai impaziente.

“Infatti, ci siamo scocciati di aspettare…” mi diede man forte Marco, e così dicendo poggiò una mano sulla mia spalla in un modo così innocente che però mi fece quasi sobbalzare lo stesso.

“Come siete impazienti! Beh, c’è che…” iniziò Stella, per poi voltarsi verso Mario.

“Ieri ci siamo messi insieme!” dissero all’unisono, dopo uno sguardo d’intesa.

“L’avevo capito, che vi credete, pensate che non vi abbia visti dallo specchio mentre ero nella mia stanza e voi vi stavate baciando?” esclamò Marco, ridendo.

“Potevi fotografarli” lo rimbrottai, ma sorrisi e mi alzai, raggiungendo mia sorella, per poi abbracciarla con calore. “Sono felicissima per voi” mormorai.

“Grazie, tesoro” sussurrò. Non mi aveva mai chiamata così, si vedeva che l’amore le dava proprio alla testa.

“Allora d’ora poi posso chiamarti cognatino?” presi in giro Mario appena mi separai da Stella.

“Puoi chiamarmi come vuoi” acconsentì, abbracciandomi. “Però anche tu sarai la mia cognatina, allora”.

Marco fece lo stesso, e non dimenticherò mai lo sguardo che ci scambiammo poco dopo, uno sguardo quasi di consapevolezza. “Abbiamo passato i guai, ora. Prepariamoci al loro primo litigio” ridacchiò lui, salvo poi schivare un colpo opera di suo fratello.

Ero davvero felice per Stella, per il fatto che stesse con uno che l’amava davvero, perché si vedeva da un miglio di lontananza lo sguardo da pesce lesso innamorato che Mario assumeva quando la guardava.

Passammo un’oretta felice a chiacchierare tra noi, poi, quando mi allontanai per andare a bere un bicchiere d’acqua in cucina, Marco mi seguì.

”Che dici, ce la squagliamo? Si vede che vogliono restare un po’ da soli” disse a bassa voce, deciso. “Come minimo ora si staranno mangiando la faccia, durante la nostra assenza”.

Finii di bere ed acconsentì. “In realtà io avevo in programma di andare a trovare Paola prima che di sapere della vostra visita”.

“Anche io dovevo andare a trovare Mattia…” disse, quasi incredulo. “Che dici, allora, andiamo?” propose.

“Ok… Ma dimmi, tutta questa gentilezza proviene dagli ultimi residui di aria natalizia?” domandai, cercando di buttarla sullo scherzo, mentre mi recavo nell’ingresso per prendere il mio cappotto sull’attaccapanni.

“No, perché oggi è la tua festa, no?” rispose, facendo uno stupido occhiolino.

“Ah ah ah. Se io sono la Befana tu chi sei, l’elfo di Babbo Natale?”.

“Scema. Ehi, piccioncini, noi usciamo che abbiamo delle visite da fare, ok?” aggiunse ad alta voce, rivolto a Stella e Mario.

Ci fu uno strano suono di assenso e così uscimmo di casa, volti verso la sua auto.

Non so perché ma mi venne il dubbio di chiamare Paola, per vedere se era in casa e non far sì che alla fine mi sarei trovata solo Mattia tra le calcagna. Marco mi guardava curioso mentre aprivo il cellulare e cercavo il numero in rubrica.

“Chiamo Paola e vedo se è in casa, non vorrei fare la figura della scema se non la trovo” spiegai.

“Giusto. Puoi domandarle se Mattia è in casa? Così evito a mia volta” chiese con gentilezza, in un modo tale che nemmeno la persona più cattiva del mondo gli avrebbe saputo rispondere di no.

“Certo…”. Il cellulare non faceva altro che riempirmi la testa con i suoi “tu,tu,tu” e quando stavo per staccare mi rispose una voce che non apparteneva alla mia amica.

“Pronto, Paola?” domandai come una scema, pur sapendo che quella fosse una voce maschile. Probabilmente era Mattia.

“Luna, Paola è di là… Sono Antonio”.

Ebbi la sensazione di essermi persa qualche pezzo mentre ricollegavo quell’affermazione al suo senso logico. Antonio a casa di Paola? Che ci faceva lì? Era forse andato da lei per una consegna di dolci o giù di lì?

“Antonio!” esclamai, e qui Marco mi guardò come se fossi impazzita. “Ma che ci fai da Paola?” domandai, curiosa e desiderosa di capirci qualcosa.

“No, niente, mi trovavo da quelle parti… Tu, piuttosto?” chiese.

“Io? Oh, no, niente, niente, è solo che sono con Marco e visto che non riusciva a rintracciare Mattia mi ha chiesto di chiamare Paola per sapere se è in casa” mentii spudoratamente, tanto che Marco assunse un’espressione indignata.

“No, Mattia non c’è, in realtà non c’è nessun altro” ammise, in un tono quasi eloquente.

Che cosa? Paola e Antonio da soli in casa dopo che non li avevo mai visti così in confidenza? Il mondo stava letteralmente impazzendo, non c’erano altre spiegazioni.

“Va bene, gli dirò di riprovare  a chiamarlo, grazie. Salutami Paola, eh”.

“Certo, ciao Luna” e subito staccò. Riposi il cellulare in tasca e mi guardai intorno quasi con confusione.

“Ma sei pazza? Perchè hai cacciato quella scusa? Ora Paola inizierà a farsi mille problemi sul perché ho fatto chiamare te e non ho chiamato io” mi attaccò subito Marco, con un tono grave. Sbatté le mani sul volante.

“Oh, ma piantala! Senza offesa ma credo che tu sia l’ultimo dei suoi pensieri dal momento che sta a casa da sola con Antonio…” gli feci notare con sarcasmo.

“Infatti, è un'altra cosa che non capisco, insomma, ci sono rimasto quando ti ho sentito nominarlo” ammise, scuotendo il capo. “Non sapevo che fossero amici”.

“Nemmeno io se è per questo. Ma Antonio aveva un tono strano, sai? Tipo quella dei criminali dopo che hanno commesso un delitto” cercai di spiegare. “E se fosse una sorta di appuntamento?” domandai al nulla.

“Mi fa piacere per loro, vuol dire che ci hanno dimenticati finalmente” disse Marco.

“Si, ma poi, se le supposizioni di Stella sono esatte, dovrei restituire il biglietto del concerto ad Antonio…” dissi sconsolata.

Marco non disse nulla per qualche istante. “Io ti consiglio di far finta di nulla, se lui te lo chiede nel caso voglia andarci con Paola glielo ridai, altrimenti, che te ne frega. Ma sai quanti altri ragazzi possono essere?”  domandò.

“Mi prendi in giro?” chiesi con amarezza. Oltre Antonio e al massimo Mattia non poteva essere nessun altro, era ovvio.

“No. Perché dovrei? Vedi che sei tu che ti butti così giù anche quando io cerco di essere gentile?” mi rimproverò.

Mi ci volle una forza sovrumana per trattenere un sorriso, dopotutto quella frase gli doveva essere costata molto.

“Piuttosto, dove andiamo?” domandò. Sembrava quasi un tassista un po’ annoiato ad essere onesti.

“Non lo so, insomma, puoi lasciarmi qui se hai da fare…”. Non volevo essergli da impedimento se aveva qualcosa da fare, era già stato abbastanza gentile nel darmi il passaggio.

“Non ho nulla da fare stasera. Se tornassi a casa mi metterei a studiare e ne ho abbastanza di chiese e monumenti, ad essere onesti”.

“E allora…?” chiesi esitante, senza sapere dove volesse arrivare.

“E allora ti va se andiamo al cinema? Ho proprio voglia di rilassarmi un po’ mangiando un chilo di pop corn” ammise, voltandosi e sorridendo incoraggiante. “Ho bisogno di energie, domani ho il primo allenamento dell’anno”.

Se avessi potuto, in quel momento gli sarei saltata addosso e lo avrei tenuto avvinghiato a me per le prossime dodici ore. Andare al cinema con lui?

Si! Si! Si! urlavano gli spiritelli maligni che mi avevano ormai invaso il cervello. E mi raccomando, scegliete un film horror che più horror non si può così hai la scusa per gettarti addosso e non scrollarti più! aggiunsero.

Scacciai quel pensiero e feci un cenno di assenso, quasi come se per me fosse un qualcosa di irrilevante. Ero consapevole che dopo quelle ore passate in sua compagnia non avrei dormito per le seguenti dieci notti, ma visto che ultimamente ero diventata molto masochista, non vedevo l’ora di passare due ore seduta al suo fianco.

“Cosa vorresti vedere?” gli domandai mentre facevamo la fila per i biglietti.

“Non lo so… Tu che dici? “Io&Marilyn”?” disse poco convinto.

“Mmm…” dissi vaga, guardandomi intorno. Diedi un fugace sguardo a tutte le locandine, per poi restare ammaliata da una delle tante, che aveva come copertina due visi, uno di un ragazzo e  uno di una ragazza con sotto la scritta “Dieci Inverni”. “So che ora dirai di no, ma quello mi ispira” ammisi, indicando quel tabellone.

Marco seguì il mio dito  e poi valutò la proposta in silenzio.

“E’ inutile, lo so che non acconsentirai mai  a vedere un film romantico” lo presi in giro.

Mi guardò con aria di sfida e cacciò uno di quei sorrisi che tanto amavo. “Credi che non lo vedrei?”.

“No, perché poi ti commuoveresti e faresti la figura dell’idiota” dissi saccente, con l’aria di chi la sapeva lunga. I ragazzi erano così, volevano fare i duri vedendo film d’avventura ed azione solo perché davanti ad uno d’amore si sarebbero sciolti e avrebbero dimostrato le loro debolezze. Avevo letto la trama su una rivista, di quel film: parlava di un ragazzo e una ragazza che si erano incontrati per la prima volta a diciott’anni su un vaporetto che li avrebbe condotti a Venezia nel 1999, per poi far continuare ad evolvere il loro rapporto nei dieci anni successivi che li porterà dall’amicizia all’amore e poi ai litigi, passando da Venezia fino a Mosca.

(http://www.movieplayer.it/film/24905/dieci-inverni/)

“Io non mi commuovo assolutamente” protestò, e fu così che dieci minuti dopo ci ritrovammo nella sala in cui proiettavano proprio quel film. Io sorridevo soddisfatta mentre lui mangiava i pop corn con aria decisa, come per sfogare in quel modo la sua frustrazione e la sua sottomissione dovuta al fatto che mi avesse accontentata solo per farmela vedere.

Le luci della sala erano ancora accese, e Marco sembrava essere lì solo per mangiare.

“Giuro che devo infastidirti al massimo per tutto il film con il rumore della mia mascella al lavoro” disse risoluto quando notò che lo guardavo un po’ schifata.

“Sono brava nel non ascoltare, fidati, e poi posso sempre spostarmi…” ribattei, anche se quella era l’ultima cosa che volevo. Che senso aveva stare in quel cinema se non starci vicino e sentirlo al mio fianco?

“Provaci. E poi chi mi farà da cuscino quando mi addormenterò per questa palla di film?”  domandò retorico.

Fare da cuscino? Io? Ma pure da materasso con tanto di piumone, no problem!

“Chi ti dice che ti farò da cuscino?” chiesi acida, fingendo di non essere allettata dall’idea.

In quell’istante, le luci iniziarono a spegnersi e poco dopo ci ritrovammo immersi nel buio più totale. “Io. Sei uno scricciolo, non hai la forza per respingermi”.

Non ribattei; sentii il viso improvvisamente in fiamme e per dispetto presi una manciata di pop corn dal suo contenitore enorme. Il film iniziò e mi catturò dal primo istante; sorrisi malinconicamente nel vedere che i protagonisti del film, Silvestro e Camilla, erano identici a me e Marco quando litigavano, e dal primo istante, però, almeno loro sembravano essere fatti l’uno per l’altra quando solo loro non se ne rendevano conto.

Il primo tempo terminò e restai scandalizzata quando vidi Marco andare a comprare un’altra confezione di pop corn con un sorriso divertito sulle labbra, anche se per fortuna ritornò con una confezione mini che divorò in meno di quattro minuti.

Il secondo tempo iniziò dopo poco e mi sentii entrare in un’altra dimensione quando avvertii Marco appoggiarsi sulla mia spalla.

“Almeno sei comoda, dai” disse altezzoso, appoggiandosi meglio.

“Prego, eh” sbuffai, ma, decidendo di non fregarmene e seguendo il mio istinto meno nobile, mi appoggiai a mia volta su di lui. “Così non sei solo tu che uscirai da qui ben riposato” mentii, più spavalda di quanto sapevo di essere.

“Ma certo, non vedo dove sia il problema, almeno sei leggera e non mi schiaccerai sotto il tuo peso” osservò con nonchalance. Eravamo viso contro viso mentre parlavamo; sarei rimasta così ancora tanto tempo, a perdermi nelle sue magnifiche iridi blu che al buio scintillavano ancora di più, e mi sentii morire quando lo avvertii aiutarmi a poggiarmi su di lui. Poggiò il capo sul mio, circondò le mie spalle con un braccio e domandò: “Va bene così?”.

“S-Si” bofonchiai incerta. Speravo che non stesse avvertendo il mio cuore battere all’impazzata in quei momenti, e chiusi gli occhi per calmarmi. Che bella sensazione era starsene così, al caldo, avvinghiata al ragazzo che amavo… Ma la consapevolezza di sapere che per lui non fossi alto che un mezzo di comodità mi logorava l’anima.

Perché diamine si comportava così? Per lui non contavo nulla, ero solo la compagnia dal momento visto che il suo migliore amico non c’era.

“Cosa faresti al posto mio
se ogni pensiero
se ogni pensiero fossi io?
Cosa faresti tu?
Cosa faresti tu?”

Purtroppo, però, quando si sta bene il tempo vola, e fu così che ci ritrovammo a tornare seduti per bene appena le luci iniziarono a riaccendersi.

Non ci guardammo negli occhi per un bel po’, fissando ognuno in direzioni diverse mentre uscivamo dalla sala. Mi sentivo intontita, anche se a riportarmi alla pazza e burrascosa realtà ci pensò un sms di Paola.

Luna, scusami per prima. Comunque, non ci crederai, ma domani io e Antonio andiamo a cena fuori insieme… Ho mille cose da dirti! ;-) Ti voglio bene!

Lo lessi quando ero ormai nell’auto di Marco che mi stava riportando  a casa, e non riuscii a non ridere nervosamente.

“Che c’è?” chiese lui.

“C’è che avevamo intuito bene, Paola si vede con Antonio. Magnifico, mia sorella e la mia più cara amica sono occupate, ci manca solo Miriam e sto apposto!” esclamai sarcastica, senza riuscire a trattenermi.  Come diavolo si erano conosciuti per bene? Paola aveva molte cose da raccontarmi, decisamente.

“Non dire queste cazzate,pensa che è  meglio soli che male accompagnati” se ne uscì Marco, quasi con una voce ostile che mi fece ricordare i momenti in cui si comportava sgarbatamente.

Lo guardai male e non parlammo più fino al momento in cui arrivammo sotto casa dei nonni.

“Beh, allora ciao” dissi, mentre aprivo la portiera.

“Ciao”.

Non aggiunse altro, quasi come se mi avesse fatto un piacere venendo al cinema con me dopo che me lo aveva proposto. Come dovevo fare? Dove avevo sbagliato? Possibile che fosse così lunatico, ancora peggio di me?

Mi trascinai in casa desiderosa di andare a letto nonostante fosse ancora presto, ma scoprii che mi sarebbe stato inutile quando ad aprirmi la porta ci pensò mia madre, perfettamente truccata come sempre, insieme ad un suo urletto: “Sorpresa!”.

“Mamma, ma che ci fai qui?” domandai. “Ti aspettavamo tra quattro giorni” le ricordai, visto che sarebbe venuta per le imminenti nozze di Flavia.

“Flavia ha dei problemi con l’abito, glielo devo stringere un po’ e così eccomi qua in anticipo, non sei contenta?” chiese allegra, abbracciandomi.

“Ma certo…”. Perfetto, ci mancava solo lei e le sue subdole supposizioni sulla mia cotta per Marco e potevo dire di aver avuto tutto dalla vita!

“Vieni di là, mi sto divertendo un mondo con tua sorella e il suo ragazzo!” esclamò, prendendomi per un braccio e conducendomi in soggiorno.

“Vuoi dire che hai già saputo e metabolizzato la cosa?” chiesi.

“Ma certo! Anche se mi dispiace che sia sempre Stella quella ad avere un ragazzo e non tu…”.

“Mamma!”.

“Ok, non fiaterò più, promesso” disse, con finta aria da vittima.

Papà arrivò poco dopo, e appena vide mamma sbiancò.

“Dante! Caro, torni a casa tutte le sere a quest’ora?” domandò mamma, con la sua solita risatina, abbracciandolo. Era sempre molto affettuosa con lui, nonostante la separazione, ma dal modo in cui papà si separò e la guardò compresi che era molto freddo.

“E tu compari sempre così all’improvviso, Cristiana. Ti dispiace venire un secondo di là? Dovrei parlarti” rispose a tono lui, in un modo glaciale che raramente gli avevo visto dipinto in faccia.

Evidentemente le avrebbe chiesto della sua relazione e del perché non glielo aveva detto.

Guardai Stella, che sospirò.

“Non voglio vederli litigare anche ora che si sono separati” mormorò, appoggiandosi sulla spalla di Mario che le accarezzò dolcemente la testa. Com’erano belli insieme, dovevo ammetterlo. Era una coppia perfetta, ben proporzionata ed equilibrata: lui simpatico ma allo stesso tempo serio e responsabile, lei estroversa e un po’ pazza quando ci si metteva, ma con un gran cuore.

“Tranquilla, amore” la tranquillizzò lui, stringendola a sé.

Per fortuna, anche se i nostri genitori avevano avuto un diverbio, il tutto si era probabilmente risolto rapidamente perché tornarono nella nostra stanza poco dopo, papà più calmo e mamma più sorridente.

“Allora, Stella, non fai conoscere il tuo ragazzo a papà?” chiese mamma ammiccante.

Papà guardò entrambe come se avesse udito un’eresia e subito Mario, che al loro ingresso si era separato da Stella, scattò su.

“Cioè, Stella, tu hai un ragazzo e lo sa tua madre che è appena venuta da Firenze e non io? Possibile che qui sono sempre l’ultimo a sapere le cose?” chiese papà, quasi esasperato ma con la solita espressione del papà geloso dipinta in volto.

“Papà! Ci siamo messi insieme ieri, è solo un caso! Comunque lui è il mio ragazzo Mario, il fratello di Marco” esclamò Stella, e quasi mi venne da ridere nel vedere la scena in cui Mario e papà si stringevano la mano e si guardavano, l’uno intimorito, l’altro minaccioso.

Fu così che Mario si fermò a cena e conobbe anche i nonni. Ogni volta che lo guardavo cercavo di non notare i tratti di somiglianza che lo accumunavano a Marco, ma invano, e il pensiero di doverlo obbligatoriamente vedere per tutta la giornata al matrimonio, ben quattro giorni dopo, mi turbava alquanto. Ormai era una parte fondamentale della mia vita, ed ero certa che, a modo mio, sarebbe sempre stato lui il mio “amore”, anche se un domani avrei avuto la fortuna di incontrare qualcuno che ricambiasse i miei sentimenti e mi avrebbe amata per quella che ero.

 

*°*°*°*

Hola chicas!

Rieccomi con un nuovo capitolo in anticipo per XXX_Ice_Princess_XXX dato che non avrebbe potuto leggerlo se avessi aggiornato martedì poiché dopodomani partirà per andare in gita e a cui auguro di divertirsi un mondo anche per me che non ci sto comprendendo più nulla tra compiti e interrogazioni ^^

Comunque, immagino che cap dopo cap avrete notato che c‘è un certo avvicinamento tra i due e anche Marco sembra molto più gentile e dolce, anche se alla fine ritorna improvvisamente gelido… Beh, vi dico solo che probabilmente il prossimo cap, in cui ci sarà il matrimonio di Flavia, vi piacerà molto!

Scusatemi se non ho il tempo di rispondere alle vostre recensioni, ma sappiate che ringrazio di cuore le 27 persone che hanno inserito la storia tra i preferiti e le 32 che l’hanno inserita tra le storie seguite, e ovviamente coloro che hanno recensito, ovvero:

XXX_Ice_Princess_XXX

Blair95

Lola SteP

CriCri88

Fattucchiara

vero15star

rossy87

 

Spero continuerete a seguirmi, sappiate che ogni vostra recensione mi fa sorridere peggio di una bambina perchè sapere che Luna&co vi stanno facendo appassionare e sorridere proprio come succede a me è magnifico… GRAZIE!

 
Come sempre eccovi qualche anticipazione…:

“Ti giuro che è vero! Verissimo! Lo amo alla follia però tu devi stare zitta, capito? Capito? Altrimenti io… Io dico a Mario che…”.

“Che gli dici?” mi sfidò, ridendosela. Si stava per caso prendendo il gioco della sua povera gemella fuori di senno?

_____________

“Voglio proprio vedere. Insomma, se foste una coppia sareste abbastanza impegnati a litigare tra voi per rompere le scatole a me e a Mario…” insisté Stella in un modo così deciso che replicai subito con un: “Però non stiamo insieme e la questione non si pone, ok? E ora zitta che mi fai aumentare il mal di testa”.

_____________

“Scusami, non avrei dovuto, è colpa della febbre, io… Scusa…” biascicai, e ci restai malissimo quando non udii alcuna risposta, salvo poi avvertire le sue braccia stringermi a sé.

Perchè secondo voi Luna chiede scusa? Cos'è che "Non avrebbe dovuto"? Si accettano scommesse xD

 Spero di riuscire ad aggiornare venerdì, girls!

Un bacione,

la vostra milly92

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Capitolo 19
*** La Malattia Amore Esiste- Giocala ***


Capitolo 18

 Capitolo 18

La Malattia Amore Esiste- Giocala

“Miriam, me ne versi un altro po’?”.

“Luna, ma sei pazza? Insomma, domani vuoi venirci o no al matrimonio? Devo pensare che questo sia un tuo stratagemma per passare tutta la giornata con le dita in gola ed evitare di passare un giorno sui tacchi?”.

Era la sera prima delle nozze di Flavia, il nove gennaio, ed io, mia sorella, mamma, Miriam, zia Carla, zia Kitty e la futura sposa ce ne stavamo nel locale di Michele per un semplice addio al nubilato, che per me si era rivelato una catastrofe dal momento che mia sorella se ne stava al telefono con Mario da circa un’ora e tredici minuti grazie ad un’odiosa ed economica promozione che si erano fatti sul cellulare per potersi sentire in ogni momento della giornata, Miriam mi aveva detto che un ragazzo della sua scuola le faceva il filo, mamma non faceva altro che messaggiare con Carlo e, al contrario, zia Kitty e Michele non si sfioravano nemmeno con lo sguardo anche dopo che avevo accidentalmente fatto andare la zia al locale un’ora prima, quando Michele era occupato nel preparare la sala.

Insomma, tutti avevano un partner con cui erano felici o almeno avevano qualcuno che si interessasse a loro, tutti tranne me che dopo la serata cinema con Marco mi sentivo come un drogato in astinenza. Non ci vedevamo da circa novantasei ore, accidenti.

Quindi, la mia unica amica al momento- dato che Paola era uscita di nuovo con Antonio- era quella bella bottiglia di vodka al melone che mi troneggiava davanti, fino a tre secondi prima, ovviamente, quando Miriam me l’aveva sequestrata.

“Non è che voglio evitare i tacchi, voglio evitare qualcun altro…” ammisi. Ero ubriaca, decisamente, si, stavo fuori peggio di un balcone. Ma è da lì che si vedono meglio le stelle, no?

“Chi? Ah, ho capito…” e lo sguardo di Miriam si fece comprensivo al massimo.

“No, non puoi aver capito, no…”iniziai a blaterare, come se dalla segretezza del fatto che fossi innamorata di Marco dipendesse la mia vita.

“Ti capisco, credimi” continuò Miriam, prendendomi la mano. “Ma sappi che ti supporterò…”.

“Sul serio?” chiesi, quasi dimentica di tutto, peggio di una bambina che chiede protezione a uno sconosciuto,o, peggio, al proprio peluche. La testa mi faceva terribilmente male, mi girava lo stomaco e mi sentivo accaldata.

“Si, insomma, ce ne vogliono di forze per placare le zie quando si intromettono e iniziano a rinfacciarti che Stella ha un ragazzo e tu no. Sai come sono, romperanno un po’ e poi troveranno qualcun altro da torturare, magari me”.

Le lanciai un’occhiata un po’ confusa; solo metà parte di me aveva compreso che me l’ero scampata e che Miriam si riferisse ad un altro fatto, per cui mi limitai a sorridere come un’ebete in modo diabetico finchè non si alzò e raggiunse Flavia, tutta emozionata e trepidante per ciò che le spettava l’indomani.

Mi appoggiai con la testa sul tavolo visto che mi sentivo stordita, e quando la rialzai, vedendo Stella che veniva verso di me, fui presa da uno strano moto di slancio e mi ci gettai addosso. Improvvisamente, le mie doti cerebrali mi ricordarono che ero una traditrice visto che mia sorella, a cui avevo promesso di dire tutto, non sapeva che fossi innamorata del suo migliore amico.

Probabilmente al di sotto c’era il fatto che avevo bisogno di sfogarmi con qualcosa che non fosse la vodka- da notare che in vita mia non ero mai arrivata al punto di bere così tanto- , per cui la presi in disparte e dissi a bassa voce: “Stella, perdonami, io volevo dirtelo però credevo che mi sarebbe passata…”.

“Luna, ma che dici? Hai bevuto?” chiese lei, sostenendomi per non farmi cadere.

“Un pochino, ahah…!”.

“Ma tu sei ubriaca! Luna…”.

“Credimi, quello che ti dirò non ha nulla a che fare con l’ubriacatura, io devo d-d-dirtelo” esclamai, lasciandomi sfuggire un singhiozzo.

Mia sorella sembrava essere passata dall’incomprensione alla curiosità, per cui annuì e mi trascinò fuori al locale. Sarei dovuta morire di freddo, ma sentivo un caldo asfissiante che rendeva ogni singola cellula del mio corpo un po’ indolenzita.

“Allora, che è successo?” chiese impaziente. Attorno a noi, poco distanti dal marciapiede su cui ci eravamo posizionate, tante macchine si affrettavano e sfrecciavano in quella che, ubriaca com’era, avrei definito la “movida” maddalonese.

“E’ successo che… Che dal diciotto dicembre io ho scoperto di essere innamorata di Marco, va bene?” dissi tutto in una volta.

Inutile dire che Stella mi guardava come se fossi un’aliena particolarmente brutta. “Che cosa? Luna, tu sei ubriaca, non ragioni…”.

“Ti giuro che è vero! Verissimo! Lo amo alla follia però tu devi stare zitta, capito? Capito? Altrimenti io… Io dico a Mario che…”.

“Che gli dici?” mi sfidò, ridendosela. Si stava per caso prendendo il gioco della sua povera gemella fuori di senno?

“Che hai delle orrende mutandine con le mucche viola e gialle, vedi come ti l-lascia” dissi convinta, presa dall’ennesimo singhiozzo, senza curarmi delle sue risate inesauribili.

Dopo quelle parole, i miei ricordi sono vani, indefiniti, e ripartono direttamente dal mattino dopo, quando un’orribile sveglia mi fece sussultare, alle sette e mezzo.

La testa mi scoppiava in un modo assurdo e la sensazione di calore ancora mi abbandonava. Mi girai dall’altro lato, e vidi che Stella mi squadrava, seduta a gambe incrociate sul suo lettino. Spensi la sveglia con una botta secca  e mi tirai a sedere, non senza difficoltà.

“Stella, che ore sono?” domandai.

“Le sette e mezzo. Come ti senti?” chiese, e, anche se ero mezzo intontita, non riuscii a non notare un sorrisetto che le increspava le labbra.

“Diciamo, ho caldo…” fu l’unica cosa che riuscii a mormorare. Mi poggiai una mano sulla fronte e restai agghiacciata nel sentire che era calda. “Oddio, avrò mica la febbre?” esclamai atterrita. Ci mancava solo la febbre il giorno del matrimonio per colmare la mia sfiga, evvai!

Lei subito si alzò e iniziò a rovistare in un cassetto per cercare un termometro, e me lo porse appena lo recuperò.

“Se hai la febbre, beh, si potrebbe spiegare tutto” ammise. “Ma tanto so che è vero” aggiunse.

“Che cosa?” domandai, dopo aver posizionato il termometro per bene e aspettando i tre minuti necessari per rilevare o meno la quantità della temperatura.

Stella rise e si appollaiò sul mio letto, guardandomi con aria furba. Si schiarì la voce ed iniziò a canticchiare: “Sai, la gente strana prima si odia e poi si ama, cambia idea improvvisamente…”.

Quella stupida canzoncina l’ascoltai con un moto di terrore. Sentii ancora più caldo e Stella continuò a ridere, battendo le mani soddisfatta. “Sei tutta rossa! Ah! Eddai, che male c’è se sei pazza del mio migliore amico?” esclamò.

“Stella! Oddio! Te l’ho detto io….?” domandai, cercando di ricordare le idiozie che avevo sparato la sera prima dopo aver bevuto. Va bene che quella non era assolutamente un’idiozia, però…

“Si! Non ci volevo credere, però poi dopo che mi hai minacciato di tenere acqua in bocca con minacce assurde mi sono dovuta ricredere… Oh, Luna, perché non me l’hai detto subito?” domandò, con un tono caritatevole mi esprimeva a tutto tondo il mio essere mal ridotta.

Levai lo sguardo dai suoi occhioni nocciola e, dopo aver tolto il termometro, sbuffai. “Trentasette e nove, che palle”.

“Vabbè, vedi che ti passa, ora prendi qualcosa e stara meglio, non puoi saltare il matrimonio. Comunque, sii seria, Luna, e dimmi tutto” mi incoraggiò, poggiando un braccio sulla mia spalla.

Sospirai, guardando altrove. Perché diavolo non avevo taciuto? Perché mi ero esposta anche con la mia gemella? In vita mia non avrei mai più bevuto, mai più, se quelli erano i risultati!

“Stella, per favore, devi promettermi che non lo dirai ad anima viva. Io… Io mi sono sentita uno schifo quando, leggendo il tuo blog, ho creduto che quello di cui ti eri innamorata fosse Marco perché probabilmente sono consapevole che non resisterò ancora a lungo senza cercare di… Di capire cosa pensa di me. E’ la prima volta che lo ammetto, credimi, non sono mai riuscita nemmeno a pensarlo. Mi facevo tanto problemi, anche a causa di Paola, ma ora lei esce con Antonio… Non sai come mi sento solo vedendolo, Stella, è una sensazione nuova ogni volta, sempre più intensa; sarà banale da dire, ma sono letteralmente impazzita per quello scemo” dissi tutto d’un fiato, e restai sorpresa quando Stella mi abbracciò.

“Oh, Luna, non sai che bello sentirti dire queste parole! Mia sorella innamorata del mio migliore amico, wow, finalmente hai capito che Marco non è l’idiota che pensavi!” dichiarò.

“Sarà anche bello per te, ma è inutile, insomma, lui non mi pensa minimamente, oppure avresti il coraggio di contraddirmi?” chiesi, anche se ero lievemente speranzosa.

Stella si staccò e meditò un secondo. “No, non posso contraddirti ma sappi che lui con me ha ammesso di esserti molto affezionato e di averti rivalutata molto” disse.

Levai un sopracciglio e mi decisi ad alzarmi, stiracchiandomi, salvo constatare che mi sentivo più indolenzita che mai.

“Stella, è inutile, lo dici anche tu che lo conosci benissimo. Te l’ho detto per correttezza e per condividere i miei sentimenti con mia sorella, e poi ero ubriaca per di più, ma ora fa finta di niente” la supplicai, cercando di restare impassibile, ma senza successo.

“Luna! Insomma, non posso nemmeno, come dire, indagare? Vedervi insieme per me sarebbe magnifico…”.

“Indagare?!”.

“Si, dai, parlarci un po’ a tu per tu, sapere se gli interessa qualcuna…”.

“No, capirebbe subito. Ed ora, su, cerca di rendermi più presentabile anche se mi sento uno schifo” dissi, e per fortuna l’arrivo di mamma, già pimpante ed energica nonostante non fossero nemmeno le otto del mattino, pose fine alla nostra chiacchierata.

Quando lei, papà e i nonni seppero che avevo la febbre scoppiò il diluvio universale: nonna Luciana subito mi propose un bicchierone di latte caldo con il miele, nonno Gianfranco iniziò a battibeccare con lei e mamma e papà iniziarono a discutere sul tipo di medicina da darmi.

Il risultato fu che, mentre ancora discutevano, Stella già mi aveva sistemato i capelli, dopo avermi passato per bene la piastra sulla parte liscia della testa e aver ravvivato i boccoli che il giorno prima mi aveva creato la parrucchiera verso l’estremità della chioma.

Fui obbligata ad ingurgitare una tazza di latte con il miele-dopo che non mi piaceva nemmeno- per poi prendere la tachipirina, e nonostante tutto la temperatura non si abbassò nemmeno un po’.

“Però, guarda il lato positivo, con queste belle guanciotte rosse che ti ritrovi non devo nemmeno metterti il fard e poi puoi sfruttare gli occhi lucidi per far finta di commuoverti, durante la cerimonia” ironizzò Stella mentre mi truccava. Ormai mi ero completamente affidata a lei, e in cuor mio non vedevo l’ora che quella cerimonia terminasse per potermi riposare. Che sfiga, non prendevo la febbre da due anni e non ero il tipo di persona molto sensibile alle malattie, possibile che proprio quel giorno mi dovessi ammalare?

“Scema, taci che mi fai sentire peggio. E, per favore, truccami in un modo semplice, non voglio sembrare un clown visto che già camminerò in un modo orribile a causa di quei tacchi altissimi” la pregai, e per fortuna mi accontentò, visto che il risultato fu decisamente ottimo. Oltre cipria e fondotinta, mi aveva messo sugli occhi un ombretto blu delicato, ci aveva abbinato la matita e il mascara e poi aveva aggiunto solo il lucidalabbra di un rosa delicato.

Indossai l’abito e le scarpe, dei gioielli che mamma mi aveva portato da Firenze e alla fine mi dissi di potermi autorizzare a sentirmi decisamente carina.

“Tesoro della mamma, giuro che se fossi solo un pò più estroversa e sorridente ogni tanto ti prenderei come modella, sei una gioia per i miei occhi!” esclamò mamma entusiasta, vedendomi. “Dante, hai visto com’è magnifica tua figlia?” aggiunse, rivolto a papà che mi stava ancora squadrando.

“Certo, sono senza parole” sussurrò lui, quasi ipnotizzato.  “Sei magnifica, piccolina”.

“Grazie papà” biascicai, mentre al mio fianco Stella, con il suo elegantissimo abito nero un po’ ricamato e i capelli ribelli piastrati alla perfezione sembrava non accettare la mancanza di commenti nei suoi riguardi. “Anche Stella è fenomenale, vero?” domandai, notando il suo disappunto, facendo si che lei mi sorridesse apertamente.

“Si, si, però, Stellina, di la verità, hai messo un altro paio di chiletti, eh?” chiese mamma, squadrando i suoi fianchi.

“Mamma! Quando fai così ti strozzerei!” la rimbeccò Stella, voltandosi e andando a mettersi il soprabito.

Guardai a mia volta nostra madre con una nota di disappunto e lei sbuffò  con i suoi soliti modi. Eppure, miracolo, per una volta mi aveva elogiato. Si vedeva proprio che le mancavo, eh…

Stavo giusto indossando a mia volta il soprabito blu che sentii il campanello suonare.

“Oh, è lui!” sussurrò Stella, voltandosi a guardarmi con fare ammiccante.

“Lui…?”.

“Si, Marco! Vai ad aprire, su” mi incitò, e si avvicinò.

“Che fai? Non ho intensione di andare ad aprire la porta, intesi?” domandai, pentendomi amaramente di averle detto tutto riguardo i miei sentimenti. Senza che riuscii ad obiettare, la vidi sfilarmi il soprabito che avevo appena indossato, e non ebbi modo di aggiungere altro che ci accorgemmo che qualcun altro aveva aperto la porta e in un battibaleno sentii la sua voce così calda e dolce dare il buongiorno alla mia famiglia.

Stella continuava a mettermi in soggezione con le sue occhiate sdolcinate.

“Buongiorno, ragazze”.

Oddio. Oddio. Mi sarebbe bastato girarmi per vederlo nel suo miglior stile da cerimonia.

“Marco! Ciao!” disse Stella, avvicinadosi e dandogli un bacio sulla guancia.

Presi coraggio e così mi voltai a mia volta. “Ciao” sussurrai.

Era come se tutto si fosse fermato, nel momento in cui lo avevo visto: io lo guardavo e lui faceva lo stesso con me. Come si poteva essere così attraenti?! Dire che sembrava uscito da un sogno era ben poco, era stupefacente con i bei lineamenti signorili accentuati ancora di più dall’abito elegante blu scuro che indossava, con una camicia bianca e una sottile cravatta blu di raso che sembrava essersi accordata con i suoi magnetici ed irresistibili occhi.

“Ciao Luna” disse a sua volta, e restai imbambolata quando lo vidi salutarmi con un bacio sulla mia gota già rossa ed accaldata di per sé.

Mi guardò stranito; aveva notato che ero accaldata perché disse: “Luna, ma scotti”.

Annuii, ritornando indietro per riprendere il soprabito. “Si, ho la febbre quasi a trentotto” ammisi.

“Oh, hai preso qualcosa?” domandò cordialmente.

“Si, la tachipirina, spero faccia effetto al più presto” risposi.

Stava aggiungendo qualcos’ altro quando l’arrivo della mamma lo interruppe. “Marco! Come stai bene! Hai visto Luna com’è bella, oggi?” trillò gaiamente.

Le lanciai l’ennesimo sguardo infuocato, rassegnata; in quel modo  Marco sarebbe stato obbligato a mentire.

“Si, sta proprio bene, glielo stavo giusto dicendo” rivelò, voltandosi di nuovo verso di me, che avevo girato lo sguardo altrove.

“Grazie” sussurrai. Poi registrai la frase che aveva detto per ultima… Glielo stavo giusto dicendo? Si, si, certo, ed io ero la regina d’Inghilterra.

“Marco, senti, per te va bene portare nell’auto con te le ragazze? Perché noi dobbiamo passare a prendere anche Kitty e con i nonni siamo al completo” chiese papà, raggiungendoci frettoloso, mentre si aggiustava la cravatta. Alla fine, quel burrascoso pomeriggio in cui avevo fatto la mia sfuriata nel negozio di vestiti, aveva scelto di comprare un semplice smoking grigio scuro sotto consiglio di Stella.

“Non c’è problema, anzi, pensavo fosse sottinteso” rispose garbatamente Marco, sorridendo a papà. “E’ davvero una forza vestito così, se lo faccia dire, signor Solari” aggiunse.

“Ti ringrazio, Marco. Perché non dici a tuo fratello di dirmi qualcosa del genere, ogni tanto? Così ai miei occhi risulterebbe più simpatico, ogni tanto, visto che è il ragazzo di una delle mie bambine” ironizzò lui. Risero entrambi, e Marco rispose con gusto che ci avrebbe provato, guadagnandosi un’occhiataccia mista a una gomitata da parte di Stella.

Quando salimmo nella sua auto Stella iniziò a fare un mucchio di storie perché non voleva sedersi avanti. “Sai che odio mettere la cintura di sicurezza, e questa macchina del cavolo inizia con quei rumorosi “Biiip” dopo quaranta secondi che quelli seduti avanti non la mettono” protestò, sedendosi al mio fianco.

“Ma odio stare da solo con le persone dietro, sembro un tassista!” disse Marco, voltandosi verso di noi.

“Allora vacci tu avanti, Luna, dai” mi incoraggiò Stella.

“Che? No, dai” dichiarai, sentendo la testa appesantirsi sempre di più.

“Decidetevi, una deve stare avanti altrimenti mi rifiuto di guidare”.

“Uffa, ok, vado io, contenta, pigrona? Anche quando non mi sento bene devi farmi stressare. E la cintura bisognerebbe metterla sempre, capito?” sbottai a malincuore, sbuffando e sedendomi sul sedile anteriore e allacciando la cintura. “Se poi mi viene da vomitare non sono responsabile” aggiunsi con un’occhiataccia rivolta alla mia adorabile gemella. Ero sicura che fosse tutta una scusa per farmi stare vicino a Marco, ma, insomma, a che serviva farmi sedere dal lato del passeggero quando comunque non era un’azione chissà quanto tempestiva e decisiva per farlo innamorare di me? Stella sapeva la verità da poche ore e già mi aveva decisamente rotto le scatole.  

“Hai dato un bacio a Mario da parte mia, stamattina?” chiese poi lei,  ridendosela un mondo.

Marco la guardò di sbieco, mentre attraversavamo il Corso I Ottobre, e assunse uno strano cipiglio,  come a chiedersi se poteva mandarla a quel paese o meno.  “No, ma gli ho detto di tenerti al telefono tutta la giornata così non mi romperai le scatole” rispose scocciato.

“Magari! Uffi, mi manca” .

“Abbiamo già detto che con questi due insieme abbiamo passato i guai, vero?” mi domandò Marco, voltandosi rapidamente verso di me per poi ritornare a guardare fisso davanti a sé.

“Si” risposi sorridendo, ricordando il giorno dell’Epifania, solo quattro giorni addietro.

“Ma sentiteli! Perché non vi mettete insieme voi, così la piantate di rompere?” domandò Stella offesa. Il solo udire quelle parole mi fece arrossire e mi voltai di scatto per lanciarle un’occhiataccia. Basta a lei e alle sue subdole frecciatine!

“Guarda, lo farei anche solo per poterti infastidire almeno la metà di quanto stai facendo tu” rispose sereno lui, inviandole una smorfia mediante lo specchietto retrovisore.

“Voglio proprio vedere. Insomma, se foste una coppia sareste abbastanza impegnati a litigare tra voi per rompere le scatole a me e a Mario…” insistè Stella in un modo così deciso che replicai subito con un: “Però non stiamo insieme e la questione non si pone, ok? E ora zitta che mi fai aumentare il mal di testa”.

Marco annuì saggiamente e mia sorella fece l’ennesimo sbuffo prima di iniziare a messaggiare con il suo adorato fidanzatino.

Per fortuna fu obbligata a smetterla con il suo odioso picchiettio sui tasti dal momento che poco dopo arrivammo in chiesa. Fuori c’era già tutta la famiglia al completo, Michele, Antonio e Gianluca inclusi.

“E pensare che noi oggi avremmo dovuto cantare” sussurrò malinconico Marco rivolto a Stella.

Ricordai quella fredda sera, quando avevo conosciuto Feliz e, tornando a casa, mi avevano detto che erano stati ingaggiati da Flavia e Clemente come band. Ci eravamo insultati tutti e tre come al solito… Sospirai, ripensando a quante cose fossero cambiate in quel mese e mezzo.

“Luna! Mio Dio, sei favolosa! Passata la sbornia?” ridacchiò Miriam venendomi incontro, avvolta in un grazioso abito verde mela.

“Miriam, shh!” l’implorai, mentre mi abbracciava. Vidi zia Kitty poco distante, per cui chiesi scusa a mia cugina e mi ci avvicinai . Era molto graziosa con il suo abito bianco e nero e i capelli avvolti in una pettinatura elaborata, più rossi che mai.

“Scusami, bella ragazza, ti posso conoscere?” ironizzai, imitando una voce maschile in un modo che la fece sobbalzare visto che sembrava immersa nei suoi pensieri.

“Luna! Oh, mi hai fatto prendere un colpo, certo che la voce maschile ti viene proprio uno schifo, eh?” mi prese in giro, prima di baciarmi una guancia. “Sei caldissima!”.

“Lo so, ho la febbre quasi a trentotto” ripetei per l’ennesima volta. La nostra chiacchierata, però, fu interrotta dai genitori di Clemente che ci invitarono a prendere posto in chiesa, e così mi sedetti sulla stesa panchina insieme a Miriam, Stella, Marco, Zia Kitty, Michele e i ragazzi del locale.

Lo sposo aspettava con ansia la sua amata, parlando di tanto in tanto con il testimone. Indossava un abito grigio perla, con il modello molto simile a quello di Marco, e aveva i capelli scuri più corti del solito. Il suo viso si illuminò appena comparve la sua futura moglie sul fondo della chiesa, accompagnata dalla marcia nuziale e da due piccole damigelle; una era una cuginetta di Clemente e l’altra era nostra cugina Elisa di sette anni, che camminava fiera e sorridente mentre reggeva il velo di Flavia. Quest’ultima era decisamente stupenda: sorrideva in un modo mai visto prima,  incantevole; aveva i capelli castani che le ricadevano sulle spalle, raccolti solo verso l’estremità, e l’abito era bellissimo nella sua semplicità che consisteva in un gonnellone non troppo sfarzoso e un corpetto ricamato.

L’invidiai molto quando, una volta vicina a Clemente, lui la guardò con un’espressione rapita, e, senza volerlo, mi voltai per un nanosecondo verso Marco, alla mia sinistra, che guardava ostentatamente davanti a sé. Come avrei voluto che mi avesse guardato così solo mezza volta!

La messa fu abbastanza piacevole e non chilometrica, ragion per cui a mezzogiorno meno dieci eravamo di nuovi fuori l’edificio, intenti nel lanciare il riso verso quelli che ormai erano i coniugi Di Rossi.

“Chissà quando toccherà a noi” sospirò sognante Stella mentre ci recavamo al ristorante. “Devo assolutamente riuscire a prendere il bouquet, quando Flavia lo lancerà!” aggiunse poi.

“Guarda che mio fratello è ancora giovane per compiere un simile gesto insensato con te, Stellina” la prese in giro Marco, e così iniziarono a battibeccare lasciandomi libera di perdermi nei miei pensieri, visto che la febbre sembrava star aumentando.

Una volta giunti al ristorante misurai di nuovo la temperatura, andando in bagno, e con rammarico notai che era arrivata a trentotto e sei. Bell’effetto che aveva fatto la tachipirina!

“Luna, grazie per essere venuta nonostante la febbre” disse con gentilezza e gratitudine Flavia, avvicinandosi al tavolo che dividevo con i miei familiari e Marco.

“Infatti, te ne siamo grati” aggiunse Clemente.

“Non potevo mancare” mormorai flebilmente, tossendo. “Però sappiate che come ringraziamento pretendo di venire con voi in viaggio di nozze in Argentina, dopotutto vi farei un gran favore visto che non conoscete lo spagnolo”.

“Ma certo!” stette al gioco Flavia, prima di tornare a posto visto che stavano servendo il secondo.

“Dante, dopo balli con me?” chiese mamma.

“Non vorrei che il tuo Carlo fosse geloso” soggiunse amaramente papà, pur cercando di risultare un po’ sarcastico.

“Carlo non lo è mai stato, a differenza di te” rispose infastidita mamma, guardando nel piatto. La vidi assumere un colorito più intenso; si voltò verso Marco e disse: “Ballerai tu con me, allora, Marco?”.

Lui le sorrise cordialmente ed annuì. Fu una strana cosa vederli ballare insieme un’ora e mezzo dopo; tutte le zie guardavano mamma con una certa nota di disapprovazione. Dopotutto non l’avevano mai tollerata, avevano sempre giudicato papà un pazzo per aver sposato una donna simile, sempre un po’ libertina e fin troppo estroversa, ma se dovevo scegliere, preferivo mia madre per il semplice fatto che lei fosse sempre stata sé stessa e non come loro che si celavano dietro la loro aria da donne perfettine quando poi cercavano solo di non essere giudicate male da chi li circondava, ricevendo  solo critiche in compenso.

“A te non chiedo di ballare perché hai il tuo Mario” ridacchiò Marco rivolto verso Stella quando terminò di ballare con nostra madre, avvicinandosi al nostro tavolo, “Ma visto che sono un gentleman lo chiedo a Luna. Ti va? Ce la fai?” chiese premurosamente, poggiandomi delicatamente la mano sulla fronte per controllare la temperatura.

Alzai lo sguardo, incredula, e mi dissi di accettare perché altrimenti me ne sarei pentita in futuro. Mi accompagnò al centro della pista sostenendomi per la vita, e cercò di essere il più cauto possibile. Dire che mi ancorai totalmente addosso a lui- sotto lo sguardo indagatore di zia Elisabetta- era ben poco, ma solo perché avevo paura di cadere, e lui lo comprese. Era un momento troppo delicato per poterlo rovinare, eppure il mio stato di salute del cavolo ci riuscì, facendo sì che nel giro di trenta secondi mi vedessi tutta la sala girare attorno, come se si trovasse nell’occhio del ciclone.

Era una sensazione bruttissima, era come se non mi sentissi più la terra sotto ai piedi. “Ma-Marco, fermati, io…” riuscii a dire a stento, alzando a malapena il volto, prima di accasciarmi, ancora aggrappata a lui.

“Luna!” esclamò, afferrandomi prontamente, impedendomi di cadere per terra. Mi sentii sollevare in aria, e avvertii le sue braccia stringermi.

Proprio come era successo la sera prima, i ricordi che seguirono sono radi e vani, e la mia memoria riparte per bene dal momento in cui mi ero ritrovata stesa sul mio letto. Ci vedevo un po’ sfocato, e quasi credetti di avere un’allucinazione quando, voltandomi, vidi Marco seduto ai miei lati. Sgranai gli occhi, iniziando ad agitarmi, ma lui mi fece segno di calmarmi.

“Ma non eravamo al matrimonio?” fu la prima cosa che riuscii a domandare, dopo vari tentativi in cui, pur cercando di parlare, mi era mancata la voce.

Eravamo, si, ma ti ho accompagnato qui dopo che sei peggiorata, non ricordi nulla?”  domandò quello che ormai dovevo denominare il “mio salvatore”. Sembrava quasi sollevato, e la cosa mi fece sentire un po’ meglio.

“No… E gli altri? Dove sono?”.

“Ancora al matrimonio”.

Lo guardai confusa e cercai di tirarmi su, senza successo. Ero ancora tutta indolenzita. “Ma che ore sono?”.

“Le sette e dieci”.

“E ti sei perso il matrimonio per accompagnarmi qui?” continuai il mio interrogatorio, sentendomi sempre più grata nei confronti di quel ragazzo, sebbene fossi anche un po’ incredula.

Fece un breve sorriso ed annuì, aiutandomi poi a sedermi con il suo fare premuroso che mai mi sarei scocciata di elogiare. “Si.  Non volevo far perdere la cerimonia ai tuoi, dopotutto ero l’unico non familiare oltre Michele e gli altri due e così... A quanto pare mi sono perso le ballerine cubane e i loro magnifici balletti, ma la salute di un’amica è più importante” dichiarò.

Il mio cuore aumentò i battiti e mi sentii quasi le lacrime agli occhi per una simile cosa che per qualcun altro sarebbe potuta risultare una quisquilia.

“A-Amica?” chiesi, incredula.

“Perché, non sei una mia amica?” domandò, sorpreso.

Scrollai le spalle e poi il capo, dicendomi di star facendo una figuraccia decisamente stupida.

“Lo spero. Tu invece sei il mio salvatore”. La febbre mi dava alla testa, era poco ma sicuro.

“Luna, devo dedurre che prendi troppo sul serio i miei modi, ogni tanto. Io… Ti stupirai, ma ti voglio bene” ammise, cacciando quella sua espressione un po’ imbarazzata ma decisa che tanto amavo.

“Non lo avrei mai creduto possibile se non me lo avessi detto tu, sai?” domandai. “Io…”. Mi sentivo il cervello che ribolliva, che dava vari ordini confusi al resto del corpo, tanto che mi ritrovai ad alzarmi chissà in che modo. “Io te ne voglio davvero tanto” dissi infine, cercando di restare in equilibrio ma invano, tanto che, di nuovo, Marco fu obbligato a sostenermi. Lo guardai dritto negli occhi, con le braccia attorno al suo collo e le sue che mi sostenevano saldamente attorno ai fianchi. 

“Mi fa piacere saperlo. Ma mi dici che cosa vuoi fare? Devi riposare, stare a letto” disse, trattenendomi meglio per farmi restare in equilibrio. Tuttavia sembrava stupito, come se gli avessi appena detto di aver una prova inconfutabile del fatto che a breve ci sarebbe stata un’incursione marziana nella nostra città.

Lì per lì non dissi nulla; le mie facoltà, già dimezzate dalla temperatura elevata, erano impegnate nello scrutare il suo viso, eccessivamente e pericolosamente vicino al mio.  “Possibile che per farti essere così gentile nei miei confronti devo solo ammalarmi?” riuscii a dire infine con un filo di voce, pensando ad alta voce, senza smettere di reggermi a lui come se fosse la mia unica ancora di salvezza.

I suoi sorrisi a una distanza così breve erano ancora più da infarto, constatai quando ne imitò un altro, ancora più ampio. 

“Luna, smettila, se fai così mi sento in colpa” mormorò.

“Devi sentirti in colpa perché quando ti comporti male o mi rispondi freddamente dopo che ci stavamo comportando decentemente mi fai soffrire, lo sai…?”. A parlare ormai era quella parte di me più viva e sincera; tutte le finzioni e le costrizioni che mi impedivo di seguire ogni santo minuto che trascorrevo in sua compagnia erano andate a farsi benedire da un bel po’ di tempo.

“Che cosa? Non capisco, sei anche tu che però mi attacchi, a volte…” ribattè deciso, prendendomi sul serio.

“Che cosa c'è
ti sei pentita
vorresti ritornare indietro
e dirgli cosa
che sei cambiata
che sei diversa
che in questi quattro soli giorni
sei cresciuta”

Non ne potevo più, sentirsi rinfacciare simili parole era troppo per me, i miei nervi e il mio povero animo che, per una volta, invece di subire in silenzio, stava decisamente decidendo di agire per bene.

Era come se solo in quel momento sentissi in pieno tutto l’ardore e la passione mascherata e vissuta sin dai quei quattro fatidici giorni a Firenze, ragion per cui, aiutata dalla febbre, decisi in pieno di espormi.


“Ma c'è qualcosa che ti frena
si chiama orgoglio
quello che ti frega
corri e fottitene
dell'orgoglio
ne ha rovinati più lui
che il petrolio
ci fosse anche solo
una probabilità
giocala...giocala...giocala
giocala...giocala...giocala!”


“Io ti attacco perchè altrimenti finirei per fare questo!” esclamai con voce acuta, e l’ultima cosa che vidi fu il suo cipiglio interrogativo e incredulo prima di annullare la distanza tra noi e baciarlo con un desiderio che non sapevo di poter possedere. L’unica parte un po’ lucida che mi restava non faceva altro che aspettare i fatidici secondi dopo il quale lui mi avrebbe respinto, proprio  come aveva fatto con Paola, e più passava il tempo e più restavo stupita nello scoprire che questo momento non arrivava. 

Mi bloccai, ancora ferma sulle sue labbra che erano ancora più soffici ed invitanti di quel che avevo immaginato, ma poi mi dissi che ormai la frittata era fatta e tanto valeva approfittare del momento. Mi strinsi a lui con più decisione, e sentii qualcosa sciogliersi dentro di me quando avvertii che Marco stava rispondendo al bacio con altrettanta enfasi, attirandomi a sé e facendo sì che potessi stringermi meglio a lui. Rapide ed invitanti come un tocco di rugiada, sentivo le sue labbra accarezzare con maestria le mie, in un modo esperto che io non avrei mai potuto eguagliare e nemmeno immaginare. Era come se quel contatto eguagliasse l’effetto che faceva il sole ad una persona che, prima del suo arrivo, stesse rischiando di morire assiderata.

La sua mano sinistra mi reggeva attorno la schiena e la sua destra mi accarezzava il viso dolcemente, trattenendomi a sé, in un modo che mai avrei potuto pensare di ricevere. Dal canto mio, piegai la testa di lato per cercare di approfondire quell’estenuante bacio ancora di più, per sentirlo sempre più mio anche solo per quei gloriosi istanti, e con un briciolo di soddisfazione lo avvertii assecondarmi mentre continuava a baciarmi a sua volta. Forse, se qualcuno che non ci conosceva ci avrebbe visti, avrebbe anche potuto pensare che Marco nutrisse un po’ di interesse nei miei confronti.

Fui costretta a separarmi per la mancanza di ossigeno chissà quanto tempo dopo, sempre più bollente e accaldata- ora non solo più a causa delle temperatura elevata- e non so come trovai la forza per farmi scappare delle lacrime quando, alzando lo sguardo, lo vidi guardarmi in un modo quasi colpevole, oltre che ancora stupito. Ecco, se n’era pentito, mi aveva solo assecondato preso dal suo istinto maschile, niente di più, quando invece per me quello era stato il mio primo vero bacio

Avevo un gran voglia di piangere e mi scostai dalla sua presa, sedendomi sul letto.

“Luna, cos’hai? Cosa…?” domandò Marco, con la voce stranamente un po’ roca, avvicinandosi e passandomi premurosamente un braccio attorno alle spalle. Ero ancora persa nel suo profumo inebriante, che mai avrei dimenticato insieme alle sensazioni che quell’unico bacio mi aveva regalato.

“Scusami, non avrei dovuto, è colpa della febbre, io… Scusa…” biascicai, e ci restai malissimo quando non udii alcuna risposta, salvo poi avvertire le sue braccia stringermi a sé.

“Devi solo pensare  a guarire, Luna, mi hai fatto prendere un bello spavento” furono le uniche parole che disse prima di iniziare a cullarmi per quel che poteva, facendomi addormentare di nuovo come una neonata.

E meno male che pensavo che dopo un eventuale bacio non sarei riuscita a chiudere occhio per giorni e giorni… Ci mancava solo che diventassi incoerente! Ero proprio ridotta male, decisamente.

 

I RAGAZZI AL MATRIMONIO....
LUNA:

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STELLA:
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 MARCO (Scusate la posa ma era l'unica foto in cui si vedesse bene il vestito, anche se in realtà è blu xD) :

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E INFINE ECCOVI MARIO...:

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*°*°*°*

Ciao!

Finalmente ho pubblicato questo capitolo, non vedevo l’ora :D Sono in anticipo come al solito ma per il semplice fatto che ormai ogni giorno spuntano almeno due compiti in classe per i giorni seguenti e sto piena fino a lunedì… Quindi, essendo consapevole che tra domani e dopodomani non sarei riuscita a vedere il pc nemmeno di striscio e che nel week end devo studiare per i compiti di letteratura inglese e grammatica spagnola oltre che per un’eventuale interrogazione di matematica ho deciso di farvi questo regalino (con tanto di foto di Marco in una posa da acquolina in bocca xD!

… Avete visto? Luna ce l’ha fatta e ha baciato il nostro Marco, anche se sotto l’effetto della febbre, ma sappiamo che ci sarebbe voluta una cosa simile per indurla a compiere un simile gesto xD Solo che ovviamente non tutto sta come vorremmo visto che Marco alla fine è sembrato strano… 

Vi anticipo solo che nel prossimo cap conosceremo la sintesi della sua vita amorosa con tanto di nomi delle ex fidanzate… :D

Il titolo di questo capitolo l’ho preso da quello di una puntata di un telefilm, “Compagni di scuola”, che ho visto pochi giorni fa e che mi sembrava adatto a questo cap.

Comunque, grazie alle 28 persone che hanno messo la storia tra i preferiti e le 31 che l’hanno inserita tra le preferite e ovviamente coloro che hanno recensito (scusate se vi rispondo con una sola frase ma ovviamente ho chimica e mate che aspettano di essere studiate dalla sottoscritta =( ):

Lola Step ( ho fatto la brava, hai visto? Non ho tagliato nulla di nulla U_U xD! Un bacio!)

pometina94 (per ora la mossa se l’è data Luna, più che altro Stella rompe le scatole ancora di più per cercare di farli smuovere xD Un bacio!)

_piccola_stella_senza_cielo_ (hai indovinato! Si sono baciati, eh si, cioè, l’ha baciato Luna ma lui non sembrava chissà quanto contrario :D Vederemo… Un bacio!)

CriCri88 (si, lo ammetto, è tutta colpa delle interrogazioni, ma nel senso che se avessi più tempo per scrivere sarei ancora più perfida xD Marco come dici ormai è sempre più gnorri, eheh! E ci aveva azzeccato circa il bacio :D Un bacio!)

XXX_Ice_Princess_XXX (spero ti stia divertendo in gita cara! ^^ Luna e Marco potrebbero stare insieme, non c’è nessun problema dal punto di vista giuridico, alla fine sono solo due sorelle che stanno con due fratelli, è tutto legale ^^ Un bacio!)

Blair95 (grazie cara sei troppo gentile con i tuoi complimenti! Ho detto che vi sarebbe piaciuto per via del bacio, quindi spero ti sia piaciuto ^^ Un bacio!)

vero15star (bravissima per spagnolo, cucciola! Ecco qui il fatidico capitolo del concerto,spero di aver espresso tutto come si deve ma in caso contrario sai che devi farmelo sapere ok? :D Un bacio te quiero! ^^)

 Eccovi qualche anticipazione....:

“Marco ha la febbre a sua volta”.

O santi cavoletti di Bruxelles. Ecco, ci mancava solo che ora andassi in giro a mischiare la febbre alla gente e stavo apposto. Era tutta colpa mia, accidenti, se non lo avessi baciato non si sarebbe ammalato!

_________

“Comunque, il giorno del matrimonio Marco ha lasciato la sua cravatta qui, appoggiata alla sedia… Appena stai definitivamente bene perché non lo vai a trovare con la scusa che gliela riporti?” disse lei poco dopo.

“Che? No, lo eviterò per il resto dei miei giorni!”.

_________

Marco staccò la chiamata e tornò a sedersi.

“Scusami, ora lo spengo”.

“Non ce n’è bisogno, anche perché ho da fare e devo scapppare…” dissi gelidamente, ferita al massimo.

Solita domanda per chi vuole scommettere xD: Perchè secondo voi Luna si sente ferita? Cosa può essere successo?

A lunedì girls!

la vostra milly92.

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Capitolo 20
*** L’Ennesima Delusione-Sally ***


L’Ennesima Delusione-Sally
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Capitolo 19

L’Ennesima Delusione-Sally

Camminavo in un corridoio illuminato solo da un paio di fioche torce, con indosso un lungo mantello che mi impediva di correre, onde rischiare di inciampare.

Mi sembrava di conoscere quel luogo da sempre, tanto che imboccai una rapida scorciatoia per poi ritrovarmi in una sala ampia, dove decine di persone, vestite con sontuosi e barocchi abiti dai mille colori, ballavano un valzer spensieratamente.

Guardavo dappertutto, cercando chissà quale volto, e sospirai di sollievo quando notai che una ragazza dalle sembianze identiche alle mie, se non fosse stato per il fatto che lei sembrava una principessa grazie al suo abito di satin rosa mentre io una povera mendicante, mi si stava avvicinando, con un’aria di circospezione, dopo essersi gentilmente allontanata dal suo accompagnatore dagli occhi blu e dal sorriso gentile.

La ragazza appena mi guardò per bene in faccia mi trascinò fuori dalla sala, in una parte remota dell’ennesimo corridoio e sospirò con disapprovazione.

“Luna, dovresti essere a pulire la casa del conte Valenti” sussurrò con rimprovero.

Scossi violentemente il capo e afferrai il suo braccio con veemenza. “No! Non posso continuare a fare la sua serva a vita, mi rifiuto! Sei una traditrice, come hai potuto presentarti alla sua festa di fidanzamento quando sai che il cuore della tua povera gemella appartiene a lui? Dovevo esserci io al posto di quella poco di buono, io!” dissi con aria afflitta.

Stella mi squadrò da capo a piedi prima di ridere…. Una risata di scherno, ecco cos’era. “Non sei più mia sorella dal momento che hai commesso un così ignobile atto, un così simile scempio… Ora sono solo la contessa Valenti, moglie del fratello dell’uomo che non avrai mai! Per colpa tua e della tua nefandezza sono stata adocchiata per settimane da tutta la corte….” precisò, rabbrividendo alla sola idea. Spostò un ricciolo che scendeva dall’acconciatura perfetta e incrociò le braccia, liberandosi dalla mia presa come se fossi infetta.

Dal canto mio mi lasciai sfuggire un mezzo ringhio, mentre la guardavo con odio. “Almeno io ho avuto il coraggio di tentare…”.

“Tentare che? A mettermi in ridicolo?”.

“Se fai così sei tu che metti in ridicolo me! Dov’è finito il nostro affetto, l’appoggio che davamo l’una all’altra? Tu dovresti solo dire che faccio bene a non arrendermi e  che quel bacio…”.

La mia gemella assunse un’espressione simile  a quella di chi ha ingoiato un limone e mi interruppe. “Non osare pronunciare più quella parola! Il Conte Marco ha ormai rimosso questa parte spiacevole del suo passato ed ora il suo unico pensiero è la Marchesa. Dio mio, quando fai così sembri uscita da un altro secolo…” e così dicendo ci ritrovammo in un luogo affollatissimo, pieno di luci e in cui si respirava uno strano odore.

Il mantello che indossavo precedentemente era scomparso, e invece ora avvertivo una sensazione di vuoto, dovuto al minuscolo completo di paillettes argento accompagnato da un paio di scarpe con la zeppa che mi ero ritrovata indosso. Cercavo di comprendere dove fossi, dov’era finita la mia gemella dalle sembianze barocche, quando, peggio di una calamita, i miei occhi furono attratti da qualcosa al centro della sala. Era una discoteca anni ’70, ecco cos’era, e mi ritrovai a correre al centro quando vidi che c’era Marco che si scatenava con alcune ragazze. Non dovevano toccarlo, no, lui era mio…!

… Una luce bianca mi stava disturbando, e fu così che riaprii di scatto gli occhi, come se mi avessero gettato addosso un secchio d’acqua gelida. Mi ci volle un po’ per mettere tutto a fuoco, e la prima cosa che vidi fu il volto di mia madre che mi sorrideva dispiaciuta.

“Amore mio, come ti senti? Stai dormendo da dieci ore...” domandò premurosamente, con molta più dolcezza di quanto ne dimostrasse di solito.

Ancora stordita mi tirai a sedere, con la testa che mi scoppiava. Era tutto un sogno? Era tutto frutto della mia immaginazione quella serie di immagini di cui io ero la protagonista? Non ebbi il tempo di chiedermelo dato che fui colpita dal fatto che mamma indossasse un cappotto nero e, dietro di lei, vi era una valigia.

“Devo tornare a Firenze, devo andare a una sfilata oggi pomeriggio” rispose alla mia tacita domanda.

Feci un piccolo cenno, non del tutto cosciente. Mi diede un bacio sulla fronte, e a stento notai papà, Stella e al Mario vicino al mio letto.

“Continua a riposarti” aggiunse, e fu così che obbedii, ma solo perché era la prima cosa che mi venne da fare, non avendo compreso in pieno quelle parole, troppo stordita e inconsciamente desiderosa di sistemare tutto, perché Marco non poteva sposare  la Marchesa o ballare con altre ragazze in una discoteca anni ’70, assolutamente!

 

 

Nei giorni che seguirono la mia stanza divenne un viavai di gente e di parenti. Visto che la febbre sembrava non volesse diminuire e la gola iniziava a farmi male da morire, papà chiamò il medico di famiglia che si espresse dicendo che avevo preso una bella influenza e mi prescrisse alcune medicine dal gusto odioso per farmi stare meglio, con il risultato che riuscii a migliorare e a sentirmi remotamente bene solo dopo il quarto giorno di malattia.

“Luna, prima indovina chi è venuto a trovarti mentre dormivi?” mi domandò Stella il quinto giorno, dopo che mi aveva portato la cena a letto.

Subito mi sentii il viso andare a fuoco  e cercai di scacciare la marea di immagini del giorno del matrimonio che si creavano nella mia mente, in cui io baciavo Marco come se fosse l’ultima azione che avevo a disposizione nella vita.

Probabilmente mia sorella- ignara dell’accaduto dal momento che ero stata troppo male anche solo per chiedere un bicchiere d’acqua- comprese ciò che stavo pensando perché si affrettò ad aggiungere: “No, non è Marco, mi dispiace. Anzi, a proposito, ora che stai meglio posso dirtelo…”.

“Dirmi cosa?” chiesi precipitosamente, tossendo. Gliel’aveva detto? Le aveva raccontato del gesto insensato della sua gemella ormai decisamente impazzita?

“Marco ha la febbre a sua volta”.

O santi cavoletti di Bruxelles. Ecco, ci mancava solo che ora andassi in giro a mischiare la febbre alla gente e stavo apposto. Era tutta colpa mia, accidenti, se non lo avessi baciato non si sarebbe ammalato! Che stupida che ero, e pensare che aveva un esame in quei giorni!

“Per questo non è venuto a  trovarti, me lo ha detto a telefono due giorni fa” continuò a spiegare.

“No, non sarebbe venuto a trovarmi lo stesso” dissi, salvo poi dirmi di essere una stupida. Cos’è, negli ultimi giorni non conoscevo più la differenza tra pensare e parlare ad alta voce?  

“E perché?” domandò Stella, che sembrava non capire sul serio. Quel fatto mi convinse che Marco non aveva fiatato circa il bacio, ma non potevo continuare a nasconderglielo dal momento che prima o poi lo avrebbe saputo di certo per mano del suo migliore amico, quindi, meglio fare subito la figuraccia che farne una doppia in futuro.

“Perché…”. Presi un bel respiro e la guardai negli occhi, decisa. “Perché dopo che mi ha accompagnato qui ed io mi sono svegliata abbiamo parlato un po’ e… E io l’ho baciato” sussurrai in un modo quasi indistinto.

“Tu cosa? Giuro che non ho capito” disse mia sorella, curiosa al massimo.

“L’ho baciato!” esclamai con più convinzione, tirandomi meglio a sedere e aspettando la sua reazione, che non si fece attendere, ovviamente. Mi sembrava che ad aver pronunciato quelle parole potesse essere chiunque tranne che me, ad essere onesti.

“Tu hai baciato Marco?”. Era sospesa tra l’incredulo e il felice; le guance le si colorarono e batté le mani entusiasta. Il modo in cui l’aveva domandato rendeva il tutto ancora più impossibile. “Tu sì che sei la mia sorellona! E, dimmi, cos’è successo? Oh, non ci credo…”.

“Lui ha risposto al bacio…” iniziai, sentendomi di nuovo invadere da una grande quantità di imbarazzo nell’ammettere una simile cosa con la mia gemella, con la quale non avevo mai fatto simili confessioni… Non che ci fossero mai state!

Stella spalancò la bocca e poi se la coprì con la mano destra, avvicinandosi ancora di più. “Nooo! E, dimmi, come bacia Marco?” chiese nella sua migliore aria intraprendente.

“Stella! Ma che domande, che ne so io… Cioè, non ho la tua esperienza, è il primo che bacio decentemente!” le feci notare, sempre più imbarazzata.

“Eddai! Ad esempio, metti caso che devi fare un confronto con Antonio…”.

Ripensai- non che ce ne fosse bisogno per dare una risposta- a quanto fossero stati diversi quei baci. Durante quel frettoloso e non voluto bacio con Antonio non ci avevo capito chissà quanto, era stato tutto un insieme di voci nella mia testa che mi ordinavano di staccarmi perché non era ciò che volevo, mentre il bacio con Marco era stato un qualcosa di eccezionale, l’ultima cosa a cui ripensavo prima di andare addormentarmi e magari risognarlo. Mi sembrava ancora tutto vivido nella mia mente, sentivo ancora le labbra accoglienti di quel ragazzo che rispondevano al mio bacio, il suo profumo, le sue braccia che mi trattenevano a sé…

“Il confronto con Antonio non si può fare, Marco bacia benissimo” mi decisi a dire, cercando di essere un po’ più spavalda.

“Ecco ciò che volevo sentirmi dire… Dimmi, e poi? Dopo che vi siete baciati?” continuò Stella.

“Niente, nel senso che mi ha guardato quasi con aria colpevole ed io ho pianto come una deficiente. Mi ha detto che dovevo solo pensare  a guarire e basta… Sono perfettamente consapevole che mi ha baciato a sua volta solo per il suo naturale istinto maschile, niente più” ammisi sconsolata, appoggiandomi contro il cuscino.

“E com’è che questo istinto maschile non gli ha impedito di respingere Paola?” chiese insistente e sarcastica Stella, incrociando le braccia.

“Perché a Paola voleva bene come amica, invece con me, non fregandosene, non gli importava di ferirmi o meno” ribattei. Che credeva, che non ci avevo pensato? Era stata la prima cosa che mi era venuta in mente quando avevo ritrovato un po’ di lucidità, e ne ero ancora fervidamente convinta.

Mia sorella mi mostrò appieno la sua disapprovazione scuotendo il capo e dicendo che non voleva spingersi molto oltre dicendo che Marco fosse interessato a me, ma che quantomeno rispondendo al mio bacio si era tradito da solo e da lì poteva iniziare a comprendere che, se il suo subconscio gliel’aveva concesso, un motivo doveva pur esserci. Continuò con il suo monologo per circa un quarto d’ora, svelando anche che mi aveva regalato “Orgoglio e Pregiudizio” proprio per farmi capire che stavo sbagliando nel giudicare Marco anche se non credeva che mi avrebbe fatto addirittura quest’effetto (cosa impossibile dal momento che non lo avevo ancora iniziato a leggere) prima che mi decidessi ad interromperla.

“Piuttosto, perché non hai pietà della tua povera gemella e mi racconti un po’ della vita amorosa di Marco? Quante ragazze ha avuto? Come si comportava con loro?” domandai.

“Marco ha avuto due relazioni serie, una quando aveva sedici anni che durò otto mesi e un’altra a diciannove, che durò quasi un anno. Poi ha avuto tante storie di poco conto, tipo al mare. L’ultima storiella è di agosto scorso, con una certa Elisabetta, ma non so perché ogni volta che ricade sull’argomento diventa taciturno, bah” disse prontamente lei.

“E perché quelle due storie serie sono finite?” chiesi, sempre più curiosa. Non so perché ma non riuscivo ad immaginarmi un Marco fidanzato seriamente con una.

“La prima perché scoprì che lei, Giulia, lo aveva tradito numerose volte con un compagno di classe e anche perché aveva mentito sul fatto che per lei Marco fosse stato il primo con cui fosse andata a letto quando poi lui con lei aveva perso la verginità” disse, e nel solo udire quelle parole mi sentii febbricitante. Immaginare Marco versione hot non era- almeno per il momento- da me, ma pensai che dopotutto quella Giulia era stata una gallina idiota patentata nel lasciarsi sfuggire l’opportunità di avere Marco tutto per sé visto che non era mai stato con altre prima di lei. “E la seconda perché la ragazza, Claudia, era troppo possessiva, anche se Marco ci teneva molto dal momento che conoscendo lei era riuscito a dimenticare in tutto e per tutto Giulia. Era diventata intollerabile, entrava su msn con il suo contatto, controllava ogni minima chiamata effettuata  e ricevuta… Era arrivata al punto di mettergli delle spie dietro e fare dei lunghi interrogatori a Mario per vedere se le cose che gli diceva Marco combaciassero o meno con quello che sapeva lei” continuò, facendo una faccia quasi disgustata all’idea, cosa che imitai. Come si poteva essere così gelosi?

“Capisco… Ma quando sento queste cose vi invidio molto, sia a te, sia Marco sia qualunque altra persona che abbia un minimo di esperienza. Mi sento uno schifo al pensiero di essere così inesperta, non so nemmeno se so baciare decentemente” ammisi. Il pensiero di aver fatto una figuraccia ancora più colossale con Marco in quel campo mi faceva rabbrividire.

“Ma finiscila! Baciare è la cosa più semplice di questo mondo… Anzi, diciamo che la più semplice è un’altra…” aggiunse pensierosa, per poi sorridere in modo ammiccante. Lo faceva apposta per farmi notare quanto fossi indietro e  ingenua a tal punto di non capire nemmeno di cosa parlasse, non avevo dubbi. Poi, però, lo capii decisamente quando vidi la sua espressione.

“E quale sarebbe? Così vediamo se ho indovinato…” la sfidai.

“Andare a letto con chi ami, no?” chiese retorica, alzando gli occhi al cielo come se fossi decisamente ritardata.

“Me lo chiedi? Mi dispiace ma non saprei rispondere… Aspetta un momento! Vuoi dire che tu e Mario…”.

“No! No, cioè, non ancora” si corresse, e per la prima volta la vidi arrossire a dismisura. Si guardò intorno, come se fosse a disagio. Non conoscevo a menadito la sua vita sentimentale, ma non ero cieca e sapevo che era stata con molti ragazzi in tutti i sensi, specialmente durante il periodo dei sedici-diciassette anni, quando usciva con un tipo diverso ogni volta e tornava a casa tutta ubriaca.

“Stella, calma, pensi che ti giudicherei? Insomma, non c’è nulla di male, e poi sono tua sorella…” la incoraggiai.

Mi sorrise e parve ritornare in sé. “No, figurati, è solo che mi pento del mio passato, delle mie azioni… Farlo la prima volta in una cinquecento mezza rotta non è il massimo, quando non hai nemmeno compiuto sedici anni e stai con uno solo perché ti sembra figo e perchè tutte le tue amiche t’invidiano” disse, sempre un po’ mesta ma tuttavia guardandomi in faccia.

Non sapevo cosa risponderle, ero consapevole del fatto che qualsiasi cosa le avrei detto non sarebbe servita a nulla, per cui presi la sua mano e la strinsi. “Beh, però con Mario sarà diverso, no?” le feci notare, sorridendo.

Si illuminò un po’ ed annuì. “Si, per questo stiamo andando molto piano, senza bruciare le tappe. Ma com’è che siamo finite a parlare della mia vita privata?” aggiunse sarcastica.

“Non saprei” risposi, cercando di trattenere una risatina.

Nonostante le mie azioni insensate, riuscivo comunque a sentirmi un po’  soddisfatta della mia vita per la piega che stavano prendendo le cose tra me e mia sorella; ci eravamo rappacificate da poco più di un mese e conoscevamo molto più dell’altra. Io stessa ora potevo comprendere un po’ di più la sua natura più estroversa e le sue azioni del passato.

“Comunque, il giorno del matrimonio Marco ha lasciato la sua cravatta qui, appoggiata alla sedia… Appena stai definitivamente bene perché non lo vai a trovare con la scusa che gliela riporti?” disse lei poco dopo.

“Che? No, lo eviterò per il resto dei miei giorni!”.

“Sai che è impossibile!”.

“Il mio motto è “nulla è impossibile se ci credi”, quindi…”.

“Quindi, dal momento che non ci credi e so che non vedi l’ora di rivederlo, tu ci andrai!”.

“Oh, è va bene! Comunque mi stavi dicendo chi era venuto a trovarmi mentre dormivo” le ricordai per sviare un po’ l’argomento.

Stella parve ricordarlo solo in quel momento ed annuì. “Giusto! Era Mattia, ti ha portato dei cioccolatini, sembrava così carino e dispiaciuto visto che dormivi… Secondo me è lui che ti ha regalato il biglietto” osservò poi, pensierosa.

Meditai un po’ a mia volta  e mi dissi che, anche se strano, era l’unica opzione plausibile visto che Antonio, dal momento che usciva con Paola, mi avrebbe parlato e chiesto di restituirglielo. Probabilmente Mattia aveva sentito Marco parlare della mia passione per Vasco, chissà.

Fatto sta che, comunque, Antonio sembrava davvero preso da Paola a tal punto che sia lui che l’altra non mi vennero a trovare durante la mia convalescenza. Anzi, sembrava proprio che Paola si fosse dimenticata della mia esistenza, non mi aveva né chiamato, né mandato un semplice sms, né contattato via e-mail.

“Ha aggiunto che nel giro di una settimana mi innamorerò di un altro che a sua volta provava dei sentimenti per la donna che amava Marco” mi aveva detto il giorno della visita della veggente. Ripensandoci, se miracolosamente la donna amata da Marco fossi io, quel ragionamento aveva un senso… E se Paola ci avesse creduto e si fosse arrabbiata con me per non averle detto nulla?

Decisi di non valutare una simile proposta dal momento che fosse irrealizzabile.

Con questi pensieri, così, due giorni dopo tornai a sentirmi decisamente bene e nel pomeriggio, sapendo che Marco fosse solo a casa grazie a Mario, mi decisi a portargli la cravatta visto che anche lui stava decisamente meglio, con la febbre che non arrivava a trentotto.

Mi sentivo super nervosa, tanto che ci impiegai un’ora a prepararmi dato che ogni oggetto che prendevo in mano lo facevo cadere. Indossai dei jeans con una maglia un po’ larga grigia e, sopra, un maglione nero che si abbottonava davanti e arrivava fino a metà coscia, legai i capelli in una coda e, per allungare i tempi, mi recai a piedi verso casa Valenti, con la cravatta ben piegata in una piccola bustina.

Decisi di salire  a piedi i tre piani invece che usufruire dell’ascensore, per cui persi altri cinque minuti per riposarmi, ma alla fine, traendo un bel respiro, fui obbligata a bussare. Attesi con ansia il momento in cui la porta si sarebbe aperta, cosa che accadde circa due minuti dopo, quando un Marco in tuta mi vene ad aprire, con i capelli disordinati e gli occhiali poggiati sul palmo del naso.

Mi guardò sorpreso, e cercai di sorridere nonostante tutto.

“Ciao, Marco, ti volevo restituire la cravatta che hai dimenticato da me il… Il giorno del matrimonio” dissi in un baleno, accelerando soprattutto le ultime quattro parole.

“Oh! Oh, si, giusto, grazie… Entra, entra” mi invitò, dopo che ebbi mostrato la busta.

“Grazie”.

Io e lui in quella casa da soli per la seconda volta… Impiegai tutta la mia buona volontà per distrarmi e non immaginare una cena in cui ci chiarivamo e finivamo per approfondire il discorsetto che non avevamo concluso bene quel funesto dieci gennaio… Già mi sembrava di risentire le labbra di quel ragazzo sulle mie e la mia mente ormai poteva dirsi partita per un pianeta proibito… Inutile dire che ci volle chissà quale sforzo per tornare seria e lucida, senza trovare una minaccia di distrazione in ogni suo movimento flessuoso e inconsciamente attraente.

Mi fece accomodare in cucina, e, dopo aver declinato l’offerta di qualcosa da bere dissi: “Mi dispiace che ti sei ammalato, ora come stai?”.

“Meglio, grazie, era un po’ di febbre ma ora riesco anche a stare alzato, poco fa avevo la febbre a trentasette e tre” rispose, quasi come se fosse una domanda da quiz. 

“Bene, mi fa piacere”. Dovevo cercare un modo per introdurre l’argomento del bacio, tutto lì, dovevo solo cercare uno stupido modo….

Ad interrompere la mia breve ricerca, però, ci pensò il suo cellulare che iniziò a squillare insistentemente in un’altra stanza. “Scusami, torno subito, il cellulare è in camera” mi disse, e così dicendo uscì dalla cucina.

Ritornò subito dopo, con il telefono tra le mani. Lo poggiò sul tavolo e mi chiese: “Stavi dicendo?”.

Cosa stavo dicendo? Ormai non lo ricordavo nemmeno io, l’imbarazzo che provavo era eccessivo, e poi mi distraeva, sempre così maledettamente attraente pur non indossando e facendo nulla di che.

“Dicevo che mi dispiace anche perché che è evidente che te l’ho mischiata io” dissi senza meditare, per poi darmi della deficiente patentata subito dopo. Ma che avevo in testa? Letame?

Lo sguardo di Marco, però, sembrò animarsi al suono di quelle parole. Mi guardò dritto negli occhi e accennò un mezzo sorriso. Possibile che sorridesse? A me al solo pensiero sarebbe venuto da piangere!

“Sai che ci ho pensato anche io? E credevo anche che, insomma, non ne avremo riparlato subito” ammise, muovendo le  mani nervosamente.

“Ti dispiace riparlarne?” domandai subito.

“No, no, anzi, insomma, è meglio…” borbottò. Era sul punto di dire quando sentii il tavolo tremare e notai che era di nuovo il suo cellulare con la vibrazione. Abbassai lo sguardo e vidi ciò che non avrei mai voluto vedere: la chiamata proveniva da “Elisabetta”. Elisabetta non era l’ultima delle sue fiamme estive, stando a ciò che diceva Stella? Mi aveva detto che non parlava spesso di lei… Ci sarà stato pure un motivo, no?

“Oh, scusami” disse Marco, prima di riprendere il cellulare e rispondere, alzandosi e allontanandosi un po’. “Pronto? Si, ti ho detto dopo, si, dopo mi riconnetto e parliamo… Certo,si, ovvio,ti ho detto che ci vediamo giovedì! Si. Anch’io”.

L’ultima parola mi fece tremare. Probabilmente sbiancai dal momento che “anch’io” poteva solo essere associato come risposta ad un “ti amo”. Marco staccò la chiamata e tornò a sedersi.

“Scusami, ora lo spengo”.

“Non ce n’è bisogno, anche perché ho da fare e devo scapppare…” dissi gelidamente, ferita al massimo. Ecco perché aveva respinto Paola e tutto il resto, lui pensava ancora a quella tipa!  Il solo pensiero, saperlo tra le braccia di qualcun’altra, mi mandava in tilt, ma a questo punto era un buon motivo per dimenticarlo e farmene una ragione del fatto che non ci sarei mai stata insieme.

“Ma come, mi stavi dicendo…” mi ricordò lui, come se fossi impazzita, mentre mi alzavo.

“Eh, si, ti stavo dicendo di stare tranquillo e non farti seghe mentali riguardo quel bacio visto che sai fin troppo bene che non potrei mai essere attratta da te. Stavo male e ho detto una marea di stronzate, credo che tu l’abbia capito, no?” mentii, con il tono ancora più freddo e metallico di quello delle operatrici telefoniche, guardandolo dritto in quelle pozze blu.

Sembrò spaesato e colpito, ma annuì rapidamente. “Si, lo so, certo…”.

“Perfetto, allora abbiamo chiarito. Ciao, vado di fretta” esclamai voltandomi. Mi seguì, per cui mi voltai dicendo: “Conosco la strada, non c’è bisogno che ti esponi alla corrente… Non vorrei recarti altri danni, altrimenti giovedì non potrai adempiere al tuo impegno”.

“Sally è già stata punita
per ogni sua distrazione o debolezza,
per ogni candida carezza
data per non sentire l'amarezza!”

Si fermò, fissandomi come se avessi detto chissà che, e accelerai il passo, sempre più turbata. Avevo una grande voglia di urlare come una pazza e inveire contro quella Elisabetta che era riuscito a prenderselo. Per una volta che avevo quasi trovato il coraggio di chiarirmi con lui, ecco che il destino mi bloccava!

Sbattei la porta d’entrata e uscii dal condominio, vagando per la città senza meta, come se fossi una vagabonda.

“Sally cammina per la strada sicura
senza pensare a niente,
ormai guarda la gente
con aria indifferente...
Sono lontani quei momenti
quando uno sguardo provocava turbamenti
quando la vita era più facile
e si potevano mangiare anche le fragole....”

Non riuscivo a tollerare il pensiero che Marco fosse sul serio di un’altra, che era riuscito a soffiarlo prima a Paola e poi a me; era inaccettabile pensare che dovevo farmene una ragione e far finta di nulla le successive volte che lo avrei visto.

Proprio nel momento in cui forse mi ero decisa a cercare di fare mezzo avanti il moto degli eventi me ne aveva fatti fare cinquanta indietro…

Senza nemmeno rendermene conto, mi ero ritrovata a Via Roma, nei pressi del locale di Michele. Dovevo vederlo, sfogarmi con lui, perché Stella era con Mario e zia Kitty era ancora afflitta dalla fine della storia con Giuliano per poter badare alla mia depressione.

E nel frattempo mi venne in mente anche un ulteriore proposito: dire tutto a Paola e assicurarla che non c’era nessun pericolo visto che il tipetto era interessato ad un’altra ragazza. Ci voleva coraggio, certo, ma forse quell’occasione me ne aveva conferito a sufficienza…

Entrai nel locale di soppiatto, salvo poi desiderare non averlo mai fatto: c’era proprio Paola che stava baciando passionalmente Antonio, dietro al bancone. Erano arrivati già a quel punto in poco più di dieci giorni? Buon per loro.

“Oh,scusate!” dissi, facendoli separare di botto. In un istante, la mia codardia mi disse di tacere: che senso aveva turbare Paola per nulla ormai, dato che ora sembrava importarsi solo di Antonio?

Quest’ultimo mi guardò quasi imbarazzato, mentre lei, dopo il primo momento si stupore, mi sorrise.

“Luna! Figurati, anzi, sei la prima persona a cui diciamo che ci siamo messi insieme circa dieci minuti fa, vero, amore?” domandò raggiante, stringendo a sé Antonio.

“Oh, ma è bellissimo! Sono felicissima per voi…” dissi, un po’ sconcertata. Dov’era finito tutto l’ardore che Paola provava per Marco e che mi aveva causato molti problemi?

“Grazie” disse Antonio.

“Sapessi, sono pazza del tuo collaboratore, Luna, perciò trattamelo bene!” aggiunse la mia amica.

“Ovvio. Ma dov’è Michele?” domandai.

“Non c’è, aveva una commissione da sbrigare…” rispose Antonio.

Ecco perché avevano assunto quei comportamenti… Quando il gatto non c’è, il topo balla.

“Va bene, grazie, io vado” li salutai, e così dicendo, con il cuore ancora in pezzi, mi decisi a ritornare a casa e sfogare la mia tristezza nello studio, dopotutto l’ultimo esame del semestre era vicino ed io non avevo ancora studiato un’acca.

Mia sorella era felice con Mario, ora Paola lo era con Antonio… Era destino che rimanessi sola.

Sospirai, e sobbalzai quando il cellulare mi rivelò un sms di Miriam.

Si era fidanzata anche lei, per caso?

Ma sorrisi quando vidi che mi invitava a uscire con lei quella sera. Accettai, dicendomi che un po’ di distrazione era ciò che mi ci voleva… E mi ci sarebbe voluto ancora  a lungo, per cercare di dimenticare quel Marco.

 

 

*°*°*°*°

Ciao ragazze!

Che bello essere qui ed aggiornare… Non vedevo l’ora! Sono preoccupata perché, non avendo tempo, sono ferma da settimane sul cap 23, quindi appena finisco qui cercherò di finirlo e magari iniziare con il cap 24, approfittando del fatto che domani a scuola c’è l’assemblea d’istituto.

Comunque, come avete visto per una volta le gemelline hanno aperto qualche discorso un po’ più hot xD e ora conosciamo qualcosa in più sia su Stella che su Marco… Per non parlare di questa Elisabetta che rompe le scatole proprio nel “Momento clou” :D E scusatemi per la parte dello sclero con quel sogno assurdo, all'inizio, volevo sottolineare in che stato fosse Luna...

Vi dico che nel prossimo cap ci sarà il compleanno delle ragazze e poi scopriremo il famoso autore del regalo- biglietto, quindi ci sarà un salto temporale di circa un mese.

Prima di passare alle recensioni, volevo fare un po’ di pubblicità occulta xD ad una ragazza che sta pubblicando la sua prima fic e che secondo me merita un po’ più di sostegno, la carissima Valviol… Quindi vi lascio il link se vi va di dare un’occhiata e farle sapere cosa ve ne sembra della sua storia! ----------->Le cose che abbiamo in comune

Come sempre grazie alle 32 persone che hanno messo la storia tra i preferiti, le 33 che l’hanno inserita tra le storie seguite e coloro che hanno recensito:

XXX_Ice_Princess_XXX: In bocca al lupo per le verifiche allora! Ti dico che sono reduce dal compito di spagnolo, letteratura inglese e interrogazione di storia dell’arte, quindi posso capirti ^^ Beh, ora abbiamo scoperto perché Luna si sente ferita, eheh… Un bacione e grazie mille!

Lola SteP: Ma grazie, sei sempre troppo carina con me *___* In effetti la scena iniziale ha fatto morire anche me, anche, forse dovevo essere proprio ubriaca  amia volta perché di solito non trovo idee così assurde xD Sapevo che avresti reagito così leggendo il bacio, perciò ho reso le cose ancora dieci volte peggio ahaha xD Un bacio, tvtttttb!

CriCri88: E brava Cri, hai indovinato, era proprio una ragazza che l’ha chiamato e quell’”anch’’io” ha scatenato il putiferio… Probabilmente Luna è stata frettolosa come sempre nel reagire, ma ti dico che dovrai soffrire solo un altro capitolo e poi potrai sapere la verità… Sono perdonata? Un bacione!

rossy87: Tranquilla cara, purtroppo i pc scelgono sempre i momenti meno opportuni per dare problemi quando magari non lo abbiamo usato per un po’ e funzionava una meraviglia…. Ti posso capire perfettamente ^^ Comunque la battuta sugli slip con le mucche non so da dove mi sia uscita, ma può darsi che sia dovuto al fatto che forse ero un po’ brilla anche io, boh xD Mi sa proprio che Marco ci sta facendo diventare tutte incoerenti, ci fa impazzire ma non possiamo non amarlo :D :D :D Un bacione bella!

Blair95: Grazie cara , ricambio l’imbocca al lupo nel caso anche tu sia sommersa dai compiti ^^ Comunque hai ragione, ora quello che ci fa disperare è proprio marco anche se luna è sempre la solita che subito si scoraggia traendo decisioni un po’ troppo affrettate… E hai indovinato anche il motivo per cui Luna ci è rimasta male ^^  Un bacione!

vero15star: Mi querida, estàs tranquila que puedes ejercitarte cuànto quieres xD Mi fa piacere sapere che ti sia piaciuto il modo in cui ho descritto quel fatidico momento, ero molto incerta! Stai certa che ho sentito sia il coro degli angioletti che cantavano alleluia sia tutte el canzoni di natale e/o della chiesa mentre scrivevo… xD te queiro muchisimo! Besos!

vampistrella: Grazie mille per i complimenti ^^ In effetti anche io avevvo pensato a James Lafferty per Marco, solo che l’attore è castano con gli occhi scuri e quindi non andava bene, ma il viso doveva essere più o meno quello! ^^ Spero che il continuo ti piaccia! Un bacione!

BizzarreBiscuit: Ciao carissima, che bello risentirti! Oddio, sapere che sei stata sveglia così tanto per leggere mi fa sentire in colpa, quindi non posso far altro che ringraziarti per la fiducia che hai dimostrato mettendo a rischio così tante ore di sonno per leggere ^^ E sapere che la tua preferita è Stella non fa altro che rendermi felice visto che alla fine i personaggi che si credevano “cattivi” si rivelano sempre i migliori… E’ bello vedere che è stata apprezzata. Riguardo Tom Welling, non ti dio che casino per riuscire a trovare un attore adatto, alla fine era l’unico che assomigliasse un po’ al Marco che immagino io soprattutto per colore di capelli , anche se ammetto di non aver mai seguito Smallville xD Ancora grazie cara, un bacione e buona giornata!

 

Come sempre eccovi delle anticipazioni…:

 

"Non ti so dire, Mister" fu la risposta vaga di Antonio, e così dicendo scomparve nel retrobottega senza aggiungere altro. Che strano. Era come se all'improvviso fosse diventato scorbutico ed apatico nei miei confronti, cosa gli avevo fatto?

__________

 

Mia sorella parve spaventata allo stesso modo perché si affrettò a domandare: “In clinica? Cos’è successo? Stai bene?”.

“Si, io sto bene, tranquilla, è Elisabetta che ha… Ha avuto dei problemi. Ora non posso parlare, per favore, ma voglio solo dirti che io ed Eli non stiamo insieme, ok? E’ tutto un casino”.

__________

 
“Infatti, grazie mille” rincarò la dose mia sorella. “Ci voleva proprio una bella festa! E poi è la prima volta che festeggio il compleanno avendo anche un ragazzo! Vieni, Luna, vediamo cosa dobbiamo indossare!” mi incitò, e fu così che lasciammo la zia e la nonna al lavoro mentre decidevamo cosa indossare per l’occasione.

__________

 
Subito si allontanò, piegandosi in due.“Così impari, deficiente! Ti credi di star armeggiando con una bambola di gomma? Se prima mi facevi un po’ di tenerezza, ora hai chiuso!” strillai, e non riuscii a non assestargli anche uno schiaffo in piena faccia.

 A venerdì!

LA vostra milly92.

 

 

 

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Capitolo 21
*** Magnifiche Sorprese Post Compleanno- Lo Show ***


Magnifiche Sorprese Post Compleanno- Lo Show

Capitolo 20

Magnifiche Sorprese Post Compleanno- Lo Show

Quando mi ritrovai davanti  agli occhi il voto dell'ultimo esame del primo semestre dell'università iniziai a convincermi che forse la lontananza da Marco mi faceva bene. Il mio primo trenta, wow. Era ormai il sei febbraio, e avevo trascorso gli ultimi venti giorni studiando come un'ossessa, senza nemmeno andare al lavoro da Michele.

Avevo deciso di prendermi un mese sabbatico dal lavoro per studiare e non pensare ad altro, riuscendo ad emarginarmi un bel pò dal resto del mondo che mi circondava.

Almeno, l'isolarmi era servito, e non solo a me: papà mi sorrise per la prima volta dopo circa due settimane in cui era stato mogio tutto il tempo, per una causa ignota a me e  a mia sorella.

"Bravissima, Luna, sei un mito, il mio mito personale!"aveva detto quel pomeriggio, quando ero tornata a casa un pò più felice del solito ed avevo esibito entusiasta il mio libretto degli esami. Stella mi aveva sorriso debolmente, poi, dopo avermi trascinato in camera, mi aveva fatto uno dei suoi soliti discorsetti.

"Luna, non puoi continuare così per molto tempo. E' assurdo, insomma, il semestre è finito, i prossimi esami ci saranno tra qualche mese,ora con cosa ti sfogherai? Sul lavoro? Devi parlare con Marco, chiarirti, dirgli la verità se serve..." mi aveva detto implorante, con un'aria degna della migliore psicologa.

Ma era fuori questione: Marco era scomparso da quel famoso giovedì in cui doveva vedersi con Elisabetta e non si era fatto più vivo.

 I signori Valenti sapevano che fosse a casa di un amico di Napoli per aiutarlo a studiare per l'esame che lui aveva già dato il giorno prima del matrimonio, senza dirci nulla, e per cui mi ero preoccupata inutilmente quando avevo scoperto che si era ammalato, ma in realtà Stella mi aveva rivelato che Marco era dovuto restare da quella tipa per motivi che lo stesso Mario ignorava, ma che per me era facile intuire: si erano messi insieme e ovviamente voleva passare del tempo con lei. Elisabetta abitava a San Marco- che coincidenza buffa!- per quel che sapevo, un paesino vicino a Maddaloni.

Comunque, tra l'esame e la mia afflizione non ero riuscita a combinare nessun incontro tra zia Kitty e Michele. Probabilmente aiutare due cuori fatti l'uno per l'altra a mettersi insieme mi avrebbe aiutato a sentirmi meglio, ragion per cui quando il sei febbraio stesso ritornai a lavoro da Michele, mandai un sms alla zia per dirle di venirmi a trovare lì dato che avevo qualcosa da dirle e poi, cinque minuti prima dell'appuntamento, andai a consegnare il caffè alla signora di un negozio che abitava dall'altra parte della strada.

"Anto, per favore, vieni con me" dissi al mio "collega" a mezza voce, mentre Michele rileggeva alcune carte importanti nel suo ufficio.

Antonio mi guardò stranito. "E perchè?".

"Il perchè te lo spiego dopo, per favore, è importante" lo implorai rapidamente, facendo un gesto eloquente con lo sguardo. Ma Antonio scosse il capo, quasi con una decisione che mi spaventò. "No, Luna, tra un pò passa Paola a salutarmi" tagliò corto, togliendo lo sguardo dal mio e iniziando a dedicarsi alla preparazione di uno dei tavolini.

"Oh, va bene" dissi, senza capire il motivo di tanta diffidenza."Allora io vado, però cerca di non stare tra i piedi a Michele, poi capirai" sussurrai, prendendo il vassoio con i bicchieri di caffè su entrambe le mani dopo aver indossato il giubbino.

"Come vuoi" disse con indifferenza, quasi come se mi stesse facendo un favore che gli costasse un occhio. Ci restai decisamente male per il modo in cui mi stava trattando, ma decisi di non dargli molto peso e andai a consegnare il caffè.

Riconobbi l'auto della zia in lontananza, per cui mi voltai di spalle e affrettai il passo, girai l'angolo e sospirai di sollievo. Di certo in mia assenza mi avrebbe aspettato e nel frattempo avrebbe scambiato due chiacchiere con quello che sarebbe diventato il mio futuro zietto acquisito, ne ero certa.

Riflettendoci, però, non era chissà quale idea e decisi che quella sera avrei pensato un modo per riflettere e farli ritrovare per bene, magari per un vero appuntamento. Ero cosciente di essere una pessima Cupido, lo sapevo.

Ritornai nel negozio quasi venti minuti dopo e, con mia grande soddisfazione, quando rientrai vidi la zia che parlava spensieratamente con Michele.

"Scusami, Mister, ma la signora mi ha chiesto di restare a fare la guardia al negozio mentre andava a fare un pò la spesa" dissi, fingendo di avere il fiatone per la corsa che in teoria avrei dovuto fare.

"Figurati, Luna, stavo giusto raccontando a Kitty uno dei tanti aneddoti che succedono ogni giorno qui al locale" disse Michele sorridente,proprio come se parlare con la zia fosse l'unica cosa che agognava, con mia grande soddisfazione.

"Mi fa piacere, continuate pure allora" dichiarai, ma la zia scosse il capo e disse: "Non voglio disturbare Luna, e poi ho altri servizi da fare. Cosa mi dovevi dire?".

"Niente di particolare, solo che ho preso trenta all'esame oggi, ma non mi andava di dirtelo via cellulare" ammisi, sorridendo.

Lei ricambiò il sorriso  e si alzò per abbracciarmi, entusiasta. "Bravissima, piccola! Sei una grande!" esclamò entusiasta.

"Si, hai visto? Almeno la sua assenza qui è servita a qualcosa, ci siamo annoiati a morte senza Luna che inciampava ogni tre secondi e minacciava di far cadere dei bicchieri, vero, Antò?" domandò Michele, lasciandosi sfuggire un sorriso a sua volta.

"Non ti so dire, Mister" fu la risposta vaga di Antonio, e così dicendo scomparve nel retrobottega senza aggiungere altro. Che strano. Era come se all'improvviso fosse diventato scorbutico ed apatico nei miei confronti, cosa gli avevo fatto? Continuai a domandarmelo, e quando ne parlai con Stella, tornata come sempre di buon umore dalla sua uscita quotidiana con Mario, si espresse con un: "Non è che è l'influenza di Paola a farlo agire così? Insomma, tu prima gli interessavi e lei è mica scema, sa che lavorate insieme e ha paura di poterlo perdere a causa di una sua nuova cotta nei tuoi confronti".

"Che cosa? Oh, no, per favore, non farmi pensare a quest'ipotesi, sarebbe troppo cattiva e insensata" dichiarai decisa, scuotendo il capo. Mia sorella mi guardò con una delle sue occhiatacce che stavano a dire "Sei sempre troppo ottimista con chi non merita".

Poco dopo andammo a letto e notai ch stava fissando la sveglia che se ne stava sul suo comodino con aria pensierosa. "Ci pensi, Luna? Altri trentaquattro minuti e avremo diciannove anni..." mormorò, per poi mettersi a pancia in su e fissare il soffitto.

"Si... Vorrei tanto che questi siano migliori dei diciotto" sospirai, un pò troppo sognante per i miei gusti. Inutile dire che davanti ai miei occhi non vidi altro che il volto di Marco che mi sorrideva.

"Hai ragione, speriamo..." sussurrò lei. "Io più che altro spero che continuino nel modo in cui sono finiti i diciotto, sempre con Mario e te al mio fianco".

"Concordo per l'ultima parte...".

"E inoltre vorresti che la prima si realizzasse anche per te, con l'unica differenza che al posto di Mario ci sia suo fratello" completò lei per me, facendomi l'occhiolino in modo eloquente.

"Scema!" trillai, lanciandole il cuscino.

"Scema ci sarai tu! E anche bugiarda se hai il coraggio di ammettere che non è vero" ribattè, rilanciandomi il suo cuscino a sua volta.

Fu così che terminarono i nostri diciotto anni, tra una cuscinata e l'altra, e facemmo capolino ai nostri diciannove tra una risata e l'altra, come due sorelle che per tutti quegli anni non avevano fatto altro che condividere tutto ciò che la vita aveva offerto loro.

"Auguri, Stella!" dichiarai quando la sveglia segnò la mezzanotte.

"Auguri anche a te, Luna!" rispose lei, e mentre ci stavamo abbracciando dopo esserci date un bacio di augurio, ecco che papà entrò nella stanza di soppiatto e ci abbracciò mentre ce ne stavamo ancora strette l'una all'altra.

 "Auguri alle mie gemelline! Come sono emozionato, i diciannove anni arrivano una volta solo nella vita..." urlò come se fosse impazzito.

"E perchè, i venti? Vengono per caso due volte?" chiesi ironica, ricambiando la stretta.

"Infatti!" concordò Stella.

"Ma ora non pensate ai venti che poi mi tocca subirmi le vostre lagne riguardo le prime rughe d'espressione..." ci rispose lui, ironico. "Comunque, desidero essere il primo a darvi il regalo, quindi chiudete gli occhi, piccoline!" ci ammonì. Era troppo entusiasta, si vedeva che non festeggiavamo il compleanno con lui da quando avevamo compiuto quattordici anni.

"Regalo? Questa parola sì che mi piace!" urlò Stella battendo le mani, prima di obbedire e chiudere gli occhi proprio come avevo fatto io. Passarono alcuni secondi prima che papà ci dicesse di riaprirli. Restai senza parole quando vidi che reggeva in mano due cofanetti di velluto blu con dentro due collane d'oro bianco, uno con una "L" e uno con una "S" come ciondolo,entrambe ricoperte con delle pietre scintillanti.

"E'... E' magnifico!" ammisi raggiante, nonostante i gioielli non fossero mai stati il mio regalo ideale, ma quelle collane erano troppo belle.

"Grazie, papà!" esclamò mia sorella, ed entrambe lo abbracciammo di nuovo, ancora con più slancio.

"In realtà è anche un regalo per farmi perdonare del fatto che ho accettato un incarico a lavoro che mi terrà un pò lontano da voi" mormorò lui quando ci separammo. "Devo andare a Roma per qualche settimana per scrivere un articolo. E' il primo incarico importante che mi danno da inviato da quando ho cambiato redazione e così non ho potuto rifiutare" continuò, assumendo un'espressione dispiaciuta.

Subito io e Stella lo tranquillizzammo, dicendo che non c'era alcun problema- cosa assolutamente vera- e fu così che si calmò e si sentì meno colpevole mezz'ora dopo, quando tornò a dormire, dicendo che sarebbe partito il giorno dopo.

"Oh, Mario mi ha mandato il messaggio di auguri a mezzanotte e dodici secondi! Ovviamente fa gli auguri anche a te" fu l'ultima cosa che sentii dire da Stella, prima di addormentarmi presa da un improvviso attacco di sonno.

La mattina dopo fui svegliata dall'odore caldo di cornetti e ciambelle, e fu una delizia ritrovarsi davanti agli occhi i nonni che reggevano due vassoi da colazione pieni zeppe di delizie fatte in casa.

"Auguri, gemelline!" ci augurò nonna Luciana.

"Buon compleanno!" disse a sua volta il nonno. Ognuno poggiò un vassoio su uno dei letti e poi ci abbracciarono.

"Grazie" dicemmo in coro io e Stella.

"Oggi dovete pensare solo a divertirvi e a rilassarvi, quindi dormite un altro pò se volete, ma poi uscite" ci incoraggiò la nonna.

Fu così che un’ora dopo io e Stella scorrazzavamo liberamente per la città, rigorosamente a braccetto, nell’intento di comprare il regalo all’altra. Era una tradizione che in realtà avevamo attuato solo per il nostro quindicesimo compleanno, l’anno in cui andavamo un po’ più d’accordo del solito, e per quell’anno ci eravamo decise a attuarla per la seconda volta.

“Sei cosciente del fatto che qualsiasi regalo mi farai non sarà mai ciò che più desidero, vero?” mormorai mentre guardavamo l’esposizione in un negozio di abbigliamento, nella zona degli accessori. Improvvisamente, vedendo un modello dagli occhi blu esposto su un cartellone pubblicitario, mi ero ricordata per l’ennesima volta Marco ed ero di nuova in preda alla malinconia.

Stella smise di esaminare una sciarpa verde acqua e mi squadrò, annuendo. “Certo che lo so, so che non potrò regalarti un clone di Marco ma da buona gemella e migliore amica di quello scemo dopo lo chiamerò per riuscire a sapere qualcosa in più su cosa sta combinando… E metterò il vivavoce, giusto per farti sentire la sua voce” aggiunse, cercando di farmi sorridere.

Cercai di ricambiare, con scarso successo, ma almeno quella prospettiva era una delle poche cose positive che sarebbero successe, anche a costo di avere  la conferma certa che Marco stesse con quella Elisabetta; saperlo da lui era meglio che continuare a brancolare nel buio, immaginandomi scene orribili di cui lui e questa ragazza- che la mia mente contorta immaginava chissà perché rossa con dei fiammeggianti occhi verdi- erano i protagonisti insieme a odiose parole d’amore che lui le avrebbe detto.

“Che dici, sister, questi stivali ti piacciono?” domandai a Stella poco dopo, nel suo negozio di scarpe preferito. Erano degli stivali neri con il tacco a spillo di dieci centimetri. http://www.luisaviaroma.com/images/small50I/G0Y/7008.JPG

Appena li vide le si illuminarono gli occhi, ragion per cui andai alla cassa e glieli comprai.

Lei invece mi regalò un orologio della Guess http://www.torregioielli.com/guess/I13062L1-BUDDLY.jpg che mi aveva particolarmente colpita quando eravamo entrate nella gioielleria, d’oro con delle pietre arancio.

Proseguimmo la mattinata con del sano shopping, e mano a mano fui costretta ad ammettere che fosse un’ottima terapia contro la tristezza e il malumore, cosa che invece prima avevo sempre rifiutato di accettare.

A mezzogiorno e mezzo chiamammo i nonni per dir loro che avremmo pranzato fuori, precisamente da Michele, che ci accolse appena ci vide e si precipitò a farci gli auguri. Ordinammo il  pranzo, ma dopo che ci ebbe servito, Michele si allontanò perché disse di avere delle carte da revisionare del suo ufficio, ragion per cui, non essendoci altri clienti, dopo aver mangiato Stella si decise a chiamare il suo migliore amico, mettendo il vivavoce.

Rispose dopo circa cinque squilli. “Oddio, Stella, scusami ma ti giuro che ti stavo inviando un sms per farti gli auguri di compleanno!” disse senza nemmeno salutare, come se avesse commesso un reato. Udire la sua voce quasi quasi mi fece ribaltare il pranzo nello stomaco per l’emozione, ragion per cui Stella mi fece segno di calmarmi, leggendo quei sentimenti nei miei occhi.

“Eh? Mario mi ha detto che gli avevi detto di farmeli, idiota! Non ti meriti un fratello come lui che ti copre anche…” disse Stella, fingendosi offesa.

“Ma no, gliel’ho detto, solo che, sai, dopotutto volevo farteli anche di persona…”.

“Si, certo… Comunque, amico mio, potresti gentilmente dirmi che fine hai fatto? Dove sei? Quando torni, o, almeno, hai intenzione di tornare?” chiese a raffica, cercando comunque di ostentare una certa ironia.

Marco ci impiegò un bel po’ per rispondere. “Stella, ne parliamo domani, quando torno. Sono a San Marco, precisamente alla clinica privata del paese” disse un po’ amaramente.

All’udire le ultime parole mi venne da cacciare gli occhi fuori dalle orbite e fui percossa da un brivido di paura: cosa lo aveva indotto a stare in un luogo simile? Cosa gli era successo?

Mia sorella parve spaventata allo stesso modo perché si affrettò a domandare: “In clinica? Cos’è successo? Stai bene?”.

“Si, io sto bene, tranquilla, è Elisabetta che ha… Ha avuto dei problemi. Ora non posso parlare, per favore, ma voglio solo dirti che io ed Eli non stiamo insieme, ok? E’ tutto un casino”.

Proprio come la preoccupazione tre secondi prima, il sollievo prese posto nel mio cervello, nel mio stomaco, in qualunque parte di me che potesse essere cosciente della notizia ricevuta: mi ero sbagliata, come al solito ero stata troppo frettolosa nel giudicare una situazione. Ma cosa ne potevo sapere io? Dopo quell’ “anch’io” non ci avevo capito più niente, e a buon ragione. Cosa poteva mai voler significare quella risposta, allora? Sinceramente ormai non me ne importava più, sapere che Marco fosse ancora libero fece accendere in me un barlume di speranza mai vista, e fui pervasa da una voglia di chiarirmi una volta per tutte con lui, e per bene, anche a costo di sentire un suo rifiuto, cosa che ovviamente sarebbe successa.

“Ammetto che mi fa piacere saperlo, domani mi spieghi…” rispose mia sorella dopo uno sguardo eloquente verso di me, ricco di gioia.

“Si. Solo che… Luna è nelle vicinanze?” chiese, cambiando tono.

“Si, è… E’ in bagno, siamo da Michele a pranzo, sai. Perché?” mentì.

“Me la passi?”.

“Si, un secondo che la chiamo…” rispose Stella, facendomi l’occhiolino  e il segno di aspettare un po’. “Luna?” finse di chiamarmi, giusto per rendere la scena credibile.

“Si?” stetti al gioco.

“Marco al telefono…”.

Così persi il cellulare, avvicinandolo a me,emozionata, e dissi: “Pronto?”.

“Ciao Luna, tutto bene?”.

“Si, grazie. A te?” domandai, come se fosse una cosa di poca rilevanza.

“Diciamo, più che altro non vedo l’ora di tornare. Comunque volevo augurarti buon compleanno” dichiarò lentamente, con un tono che mi stupì per la gentilezza.

“Oh, grazie mille” risposi, sentendo gli occhi assumere una forma di cuore. Il mio tono era più caldo, tanto che sarei rimasta a chiacchierare con lui per ore.

“Stai passando un bel compleanno?” aggiunse, sempre con quel tono che raramente aveva usato nei miei confronti, che mi faceva sognare.

“Si, io e Stella abbiamo fatto un po’ di shopping e poi ci siamo scambiate i regali… Va meglio ora che mi sono tolta l’esame dalle scatole” rivelai, cercando di trattenere quella conversazione il più a lungo possibile. Mi mancava troppo, la sua assenza l’avevo sentita decisamente in quelle settimane e volevo colmare la sensazione di vuoto che avevo provato nelle ultime settimane.

“Sul serio? Come è andata?”.

“Bene, ho preso trenta…”.

“Auguri il doppio, allora!”.

Purtroppo la mia adorabile gemella mi obbligò a staccare visto che aveva poco credito, così lo salutai e restai stupita quando mi disse: “Ci vediamo presto, allora”. Voleva dire che ormai aveva dimenticato la questione del bacio ed era certa che sarebbe filato tutto normalmente, su questo non c’erano dubbi.

Erano ormai le tre passate quando io e Stella  tornammo a casa, e restammo sorprese nel vedere che nonna Luciana e zia Kitty si stessero dando da fare in cucina.

“Gli invitati stasera dovranno pur mangiare qualcosa, no?” chiese la nonna, sorridendo.

“Gli invitati?” chiedemmo in coro io e Stella.

“Si, gli invitati! Avevate intenzione di non festeggiare i vostri diciannove anni? Noi stiamo preparando tutto da una settimana, una semplice festa tra intimi, io ho chiamato tutti quanti a vostra insaputa… Anzi, ora vi do la lista e mi dite se ne manca qualcuno” disse zia Kitty con la sua aria intraprendente, estraendo un foglio dalla tasca e mostrandocelo. Lo presi e Stella iniziò a leggere da sopra la mia spalla, notando che c’erano tutti i nostri amici e parenti più stretti.

“Grazie, allora” dissi grata.

“Infatti, grazie mille” rincarò la dose mia sorella. “Ci voleva proprio una bella festa! E poi è la prima volta che festeggio il compleanno avendo anche un ragazzo! Vieni, Luna, vediamo cosa dobbiamo indossare!” mi incitò, e fu così che lasciammo la zia e la nonna al lavoro mentre decidevamo cosa indossare per l’occasione.

Fu divertente passare il tempo con lei, rovistando i nostri armadi per cercare qualcosa di adatto per indossare quella sera. Quel giorno ebbi la concreta certezza del fatto di aver recuperato alla grande il nostro rapporto dopo secoli di incomprensione, e capii che ero arrivata al punto di non poter più fare a meno di lei nella mia vita. Aveva sostituto il posto vuoto che mesi prima Alessandra aveva lasciato nella mia vita, anzi, occupandone uno ancora più grande, dal momento che la stessa Paola- che non ero mai arrivata a considerare “la mia migliore amica”- sembrava sempre più lontana da me. Ed ebbi la prova più certa di quest’ultima congettura quando quella sera non vidi l’ombra né la sua ombra né quella di Antonio alla nostra festa.

Alla fine Stella mi aveva convinto ad indossare dei pantaloni neri aderenti con una maglia arancio sopra, un po’ attillata e ben decorata, che si intonava con l’orologio che mi aveva regalato. Lei, invece, inaugurò gli stivali che le avevo donato con miniabito nero a maniche lunghe  e un po’ plissettato.

Ci fu il solito rituale degli auguri e alle nove e mezza c’erano tutti gli invitati tranne la coppietta.

“Michele, sai perché Antonio non è venuto?” domandai al mio capo mentre se ne stava vicino al tavolo delle bevande a sorseggiare del bitter.

“No, oggi si è preso il pomeriggio libero, non ti so dire” ammise, dispiaciuto. “Ma vedi che viene anche se in ritardo” aggiunse, cercando di convincermi.

Annuii, e mi avvicinai a Mattia per domandargli di Paola. Stava parlando con Mario e Stella, ma sembrò quasi illuminarsi quando mi ci avvicinai.

“Luna! Finalmente ti sei liberata dagli invitati… Volevo dirti che sei bellissima, ancora più del solito” disse, chiedendo scusa agli altri due e prendendomi quasi in disparte.

Cerai di abbozzare un sorriso. Mi dispiaceva sapere che fosse ancora interessato a me, che non lo ricambiavo affatto. “Ti ringrazio. Volevo solo sapere come mai Paola non è venuta…” dichiarai.

Mattia assunse un cipiglio un po’ strano prima di rispondere: “E’ a casa, è da ieri che non sta bene… Mi ha detto di farti tanti auguri”.

“Ah. E non poteva farmelo sapere almeno via sms…?”.

“Non lo so, Luna, può darsi che avrà finito il credito”.

Annuii, poco convinta. Possibile che fossero quelle le sue motivazioni? Esisteva il telefono di casa, msn, Facebook… Eravamo nel duemiladieci, cavolo!

Da quando stava con Antonio era scomparsa dalla circolazione, sembrava che mi evitasse e lo stesso Antonio si comportava in modo diffidente verso di me.

“Comunque, ti va di ballare con me?” domandò Mattia speranzoso.

Esitai, e guardai in direzione di Miriam che mi sorrise, come a dire di non preoccuparmi. “Ok” mormorai infine, giusto perché ero una delle festeggiate e mia sorella stava ballando con Mario.

Ballare con Mattia non era ciò che volevo da quella serata, nonostante tutto, e quando lo sentii stringersi a me mi ricordai la serata del Christmas Party, quando il suo posto era occupato da Marco. Improvvisamente mi venne voglia di piangere,  e ci volle chissà che cosa per trattenermi.

“Sai, mi dispiace per come mi sono comportato alla festa di Paola, due mesi fa. Non volevo risultare insistente o aggressivo, è solo che mi piacevi da matti, Luna, e continuo a provare questi sentimenti” ammise, sussurrandomi nell’orecchio  mentre continuavamo a ballare.

Alzai lo sguardo e per la prima volta da quando stavamo ballando lo guardai in faccia. “Mattia, lo sai che non provo la stessa cosa, vero?”.

Sospirò e fece un breve cenno. “Lo immaginavo…”.

“Per cui se vuoi sono disposta  a restituirti il biglietto del concerto” dissi a malincuore, senza preamboli, decidendo di rivelare tutto, perché altrimenti sarei risultata fin troppo egoista nel far finta di nulla fino due giorni dopo, quando ci saremmo incontrati nel parco di Via Roma e avrei dovuto fingere di essere sorpresa.

Però la sorpresa la fece lui a me guardandomi con una faccia da pesce lesso. “Ma di cosa parli? Quale concerto?”.

“Mattia, per favore, è inutile continuare a fingere. Ho apprezzato il tuo regalo di Natale, probabilmente avrai saputo che adoro Vasco Rossi e ti sarai procurato i biglietti per il concerto, ma…”.

“Ma cosa, Luna? Ti giuro che non ti ho regalato nessun biglietto per il concerto; sapevo che avevi ricevuto questo regalo anonimo, ma mi dispiace dire che non sono io” rivelò.

Nel frattempo, ci eravamo fermati dato che la canzone era finita, e senza che potessi dire nulla mi trascinò in cucina, che era deserta.

“Mattia,che..?”.

“Luna, ti prego, dammi una possibilità! Voglio farti conoscere quella parte di me che non è quella del  ragazzo ammirato dalle ochette e con l’autostima a mille, anche perché a causa tua mi sento il più sfigato tra gli sfigati…” mi implorò, afferrando la mia mano tra le sue.

Socchiusi gli occhi, senza sapere come agire. Era un bellissimo ragazzo, non c’era che dire, ma non mi attirava per nulla. Come dovevo fare per farglielo capire?

“Mattia, senti, non so come fartelo capire…” dissi decisa, ma lui si avvicinava sempre di più, tanto che alla fine, per indietreggiare, mi ero ritrovata schiacciata contro il muro. “Vedi, se fai così perdi ancora più punti…” cercai di dire, arrabbiata a causa di quel comportamento. La verità era che quelle parole le avrei tanto voluto vedere da parte di qualcun altro, e il non poterle accettare da parte di chi non amavo mi faceva sentire colpevole. Non essere ricambiati era brutto, lo sapevo, ma non potevo fare altrimenti con Mattia.

“Non sto facendo nulla, voglio solo cercare di convincerti a pensarci un po’ su, tutto qui” sussurrò lui, in modo che forse a qualcun’altra sarebbe potuto sembrare sexy.

“E’ inutile…” risposi, prima che lui, rapido come un fulmine, mi diede un bacio a timbro sulle labbra. “Ecco, vedi, smettila! Piantala prima che inizi a urlare…”  sbottai, cercando di svicolare da quella trappola che mi ero costruita senza volerlo, allontanandolo lievemente da me.

“Un secondo e ti lascio libera…” mormorò, e, senza che riuscii a fare nulla, iniziò a farmi il solletico nei pressi del collo.

“Smettila! Smettila! Il solletico no!” protestai, senza riuscire a non ridere, e fu in quel frangente di tempo che riuscì a baciarmi, questa volta sul serio. Mi strinse a sé con una morsa quasi inumana, mentre io cercavo di separarmi. Sembrava voler approfondire sempre di più il bacio, lo sentii dischiudere le labbra con un modo quasi disperato, finchè non avvertii addirittura la sua mano scivolare sotto la mia maglia , e l’unica cosa che riuscii a fare per farlo allontanare, l’ultima opzione che mi rimaneva, fu quello di dargli un calcio ben assestato nei pressi dei paesi bassi visto che era quasi arrivato nei pressi del mio reggiseno. Subito si allontanò, piegandosi in due.

“Così impari, deficiente! Ti credi di star armeggiando con una bambola di gomma? Se prima mi facevi un po’ di tenerezza, ora hai chiuso!” strillai, aggiustandomi la maglia, e non riuscii a non assestargli anche uno schiaffo in piena faccia. “Voglio vedere se ti piaccio ancora così tanto dopo che hai scoperto il mio lato manesco!” lo provocai, guardandolo con gli occhi ancora ridotti in due fessure prima di voltarmi e tornare in soggiorno, indignata. Cosa credeva di fare quell’idiota? Nessuno si era mai permesso di toccarmi in quel modo di allora, quindi figuriamoci senza il mio consenso.

“Ma cosa è successo?” chiese zia Kitty, che evidentemente insieme agli altri aveva ascoltato le mie urla.

“Sei tutta rossa!” aggiunse Miriam.

“Niente di che, ho solo dato una lezione  a Mattia” dissi con falsa nonchalance, e lei mi guardò quasi raggiante, come per farmi capire che avevo fatto bene.

Stella ci rise su quando le raccontai l’accaduto, dicendo che quei tre ragazzi che avevo baciato o che mi avevano baciato dopotutto non erano niente male, ma comunque pensare che alla festa non ci fosse chi amavo mi diede ancora più tristezza.

Ma la vita proseguiva, mi dissi, e così con quel pensiero il nove febbraio mi imposi di pensare solo a Vasco, l’unico amore di sempre che non mi aveva mai deluso.

“Ti prego, vacci lo stesso all’appuntamento a Via Roma, voglio sapere chi cavolo è che ti ha mandato il biglietto!” mi implorò mia sorella, che incrociai all’uscita di casa. La sera prima era tornata tardissimo e quella mattina era andata a lavoro, per cui non avevo avuto modo di sapere cosa le avesse detto Marco.

“No, non m’importa, tanto di sicuro, se non era Mattia era Antonio che non avrà avuto il coraggio di dirmi in faccia che era stato lui” ribattei, mentre indossavo il giubbino. Sotto avevo dei pantaloni neri con una maglia di cotone e una canotta, visto che mi avevano detto che al concerto si morisse di caldo.

“Eddai, che ne sai, magari è uno dell’università, ti prego! Se fai così giuro che ci vado io al posto tuo, tanto siamo gemelle…”.

Non so come mi convinse, ma fatto sta che alle due precise ero nel parco di Via Roma, da sola come una deficiente visto che a quell’ora non c’era mai nessuno.

Attorno a me c’era solo tanto verde e qualche panchina sparsa. A pochi metri di distanza, il locale di Michele era vuoto e vedevo il suo proprietario spazzare per terra.

 Sbuffai, incrociando le braccia.

“Non devo mai più ascoltare Stella! Mai! Insomma, possibile che avessi creduto di trovarci qualcuno?” sbottai, arrabbiata con me stessa e stringendo i pugni. Il flusso di maledizioni si bloccò solo quando udii le note di una canzone che non ascoltavo da chissà quanto tempo diffondersi per il parco. Mi ci volle un po’ per riconoscere quella canzone, ma alla fine la riconobbi: “Dillo Alla Luna” di Vasco.

Mi guardai intorno, senza capire da dove provenisse, e quasi cacciai un urlo quando, appoggiato all’albero alle mie spalle, vidi Marco, a braccia incrociate, che mi sorrideva.

Sembrava una di quelle visioni angeliche che si vedono al massimo una volta sola durante la vita, come dopo un’operazione particolarmente difficile e rischiosa. Le gambe mi tremavano e avvertii il pranzo che avevo mangiato poco prima rivoltarsi nello stomaco.

Era uno scherzo, non c’era dubbio. Dopotutto a breve sarebbe stato Carnevale, no? Ecco, quello era un magnifico scherzo di Carnevale, giusto per farsi due risate alla visone della mia povera faccia da idiota mentre vedevo il ragazzo che amavo presentarsi a quella sorta di appuntamento.

“Marco, che ci fai qui?” chiesi, anche se il primo istinto era quello di avvicinarmi e tastarlo per constatare che non fosse solo frutto della mia fervida immaginazione. Era ancora più attraente del solito, forse perché non lo vedevo da esattamente ventitré giorni.

Non posso negare che una parte di me iniziò subito ad illudersi, farsi film chilometrici in testa in cui Marco mi faceva una bellissima e imperitura dichiarazione d’amore.

Lui continuava a sorridere in un modo che quasi mi stordiva, ad essere onesti, come se tutti quei diverbi e incomprensioni tra noi non fossero mai esistiti, come se mi stesse vedendo per la prima volta in vita sua. Mi avvicinai, e restai ancora più interdetta quando lo vidi raccogliere il mio viso tra le sue mani.

“Ma come che ci faccio qui? Sono io che ti ho regalato il biglietto, no?” domandò come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Deglutii dato che non è facile affrontare qualcosa che si è sognato per mesi ed io non sapevo come affrontare quella magnifica visione adeguatamente, certa che fosse tutta una mia utopia. Ma, se c’era una cosa certa, era che non me ne sarei andata di lì finchè non avrei saputo tutto, anche a costo di soffrire il doppio sapendo qualche motivazione negativa.

“Quello che so
è che dentro di me
è tutto logico
quell'atmosfera di festa che ho
dentro allo stomaco
fa che non sia un'altra vana bugia!
Contano su di me!
E stai tranquillo che non andrò via
io sono qui per te!”

Mi sentivo quasi mancare, ancora di più quando continuò a  fissarmi con quei bellissimi occhi blu, continuando con quel comportamento così gentile e dolce che sembravano volessero dirmi chissà che cosa.

 Qui si che urgevano delle spiegazioni per non far cessare di battere il mio povero cuoricino che sembrava essere impazzito!

 

*°*°*°*°*

Holaaaaaaa!

…. Eheh, capitolo finalmente soddisfacente per il contenuto finale, non trovate?

Ho aggiornato prima come al solito sotto richiesta di Pink Princess ^^ e perché come sempre domani mi sarebbe stato impossibile farlo.

Volevo solo dirvi che ho finito di scrivere questa storia, che sarà composta da 23 cap più epilogo e appena ho tempo inizio a scrivere la seconda parte, per cui ho già tantissime idee quindi preparatevi sin da ora se vi andrà di seguirla =)

Mi scuso per non riuscire a ringraziarvi tutti per la solita mancanza di tempo, ma sappiate comunque che ringrazio di cuore tutti coloro che leggono, hanno messo la fic tra i preferiti e coloro che hanno recensito, alias Pink Princess, CriCri88, Blair95, Lola SteP, pometina94,_Yuki_, vampistrella, XXX_Ice_Princess_XXX e rossy97.

Grazie infinite come sempre, vi adoro!

 

Eccovi qualche anticipazione dal prossimo capitolo, che vi annunciò si chiamerà proprio “Dillo alla Luna”, quindi se vi va ascoltatela per cercare di capirci qualcosina xD… Preparatevi già da ora… xD :

 

 

“Marco, se è uno scherzo dimmelo, ti prego, non ci posso credere…” sussurrai, trovando un po’ di fiato per pronunciare quelle parole chissà come.

Spalancò i suoi occhi blu che tanto amavo e scosse risoluto il capo.

_____________

“Ma l’ho fatto perché… Diamine, per favore, possiamo cercare di non litigare per mezz’ora?” aggiunse ridendo, abbracciandomi.

“Ok, ma non credo sia possibile a lungo” sospirai.

_____________

“Valenti, dillo che non vedi l’ora di avermi nel tuo letto stanotte senza troppi preamboli” lo provocai, e fu una soddisfazione vederlo arrossire.

“Luna, ma che… Insomma… In buona fede, non…”balbettò.

Secondo voi quale occasione indurrà Luna a fare quella domanda nell’ultimo spoiler?? :D

A martedì girls!

La vostra milly92.

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Capitolo 22
*** Dillo Alla Luna ***


21
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Capitolo 21

Dillo Alla Luna

Ogni singola cellula di me mi ripeteva che a tutto c’era una spiegazione, ma l’illusione che al momento stavo vivendo era così densa e forte che non vi avrei rinunciato facilmente. Pensare che Marco fosse lì perché fosse interessato a me era una cosa assurda, lo sapevo, ma tremendamente allettante dopo tanti momenti di sconforto.

Ad interrompere il mio flusso di pensieri- durante il quale ero anche arrivata a meditare di darmi un pizzico per vedere se non fosse solo un sogno, uno di quelli così realistici durante il quale ti sembrava di star vivendo la realtà- ci pensò proprio l’oggetto e il soggetto dei miei pensieri, dei miei sogni, della mia quotidianità ormai.

“Luna, la senti questa canzone?” chiese, accennando il suo cellulare che continuava a diffondere le parole di “Dillo Alla Luna”.

Feci un gesto quasi impercettibile per dirgli di sì.

“Sai cosa dice, no?” continuò a chiedere, accarezzandomi il volto che teneva ancora tra le sue mani.

“Si, si, cioè, credo di ricordare…” sussurrai. Non riuscivo a dire nulla di sensato ormai, presa com’era da quello shock. E poi, come facevo a ricordare qualsiasi cosa che non c’entrasse con lui? Mi avrebbero potuto chiedere chi era Vasco Rossi in quel momento ed io avrei risposto che probabilmente era il  mio vicino di casa.

“E cosa ricordi?” domandò, come se fosse importante. “Quali frasi ricordi?”.

Feci mente locale, chiedendomi perché si stesse interessando tanto a quella canzone.

Guardami quando mi parli,guarda se e' vero,guardami quando  mi parli,guarda se tremo…” recitai a memoria, e, non so perché, girai lo sguardo.

“Si, brava. Però dice dell’altro… Smettila di parlare guardando il muro e se qualcosa mi devi dire, dimmelo duro. Guardala in faccia la realta' e quando e' dura sara' sfortuna. Perciò, Luna, ti prego, guardami in faccia e dimmi se è vero al cento per cento quello che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti. La voglio in faccia la verita'e se sara' durala chiamero' sfortuna” continuò a citare.

Obbedii, decidendo di guardarlo dritto negli occhi, ma non in modo passivo. Io dovevo dirgli in faccia la verità? E lui?

“Ti sto guardando, Marco, ma non credi che dovresti essere tu a dirmi la verità? Insomma, non capisco, quel biglietto che hai scritto a Natale, se è vero che sei tu ad averlo inviato perché ancora ci credo…”.

“Sono io, giuro, perché non ci credi? Anzi, pensavo l’avessi capito…”.

“Capito? Ma come facevo a capirlo, Marco? Anzi, io non ho ancora capito perché sei qui, tu… Tu non mi sopporti, tu mi hai guardato con aria colpevole dopo che ti ho baciato, tu te ne sei andato per correre dietro a quella Elisabetta…” elencai, frustrata al massimo.

Ci guardammo per una lunga frazione di secondo, poi lo vidi passarsi una mano sulla fronte e sospirare, come se stesse per prendere coraggio.

“Cazzo, Luna, lo vuoi capire che io ti amo o no?” urlò, questa volta come se fosse arrabbiato.

Mi irrigidii, sbattendo le palpebre, convinta di aver sbagliato ad ascoltare. Ero diventata anche sorda? Era impossibile che Marco avesse detto quelle parole…

“Guardala in faccia
la realta'
e' piu' sicura
guardala in faccia
la realta'
e' meno dura
se c'e' qualcosa
che non ti va
dillo alla luna
puo' darsi che porti fortuna
dillo alla luna”

“C-Che cosa?” domandai, sentendo il viso ardere e, non so perché, gli occhi inumidirsi. Le gambe mi tremavano e, senza riuscire a trattenermi, mi accovacciai sul prato. Quello era il momento che sognavo segretamente da settimane, diamine! Marco mi imitò, respirando quasi a fatica.

“Ecco, te l’ho detto. Dio, non sai che peso mi sono tolto! Finalmente lo sai, Luna. Io ti amo, capito? Ti amo! Ci sono rimasto uno schifo quando sei venuta da me e mi avevi detto che per te quel bacio non contava nulla, perché non sai che sforzo mi ci è voluto per astenermi dal ribaciarti. Ti amo dal giorno prima del tuo esame probabilmente, ma l’ho realizzato solo durante il Christmas Party…” spiegò rapidamente, prendendo le mie mani tra le sue e accarezzandole dolcemente. Mi guardò, come invitarmi a proferire parola, ma io ormai mi sentivo tramortita.

Non potevo crederci, era assurdo, era impossibile. Lui innamorato di me da tutto quel tempo? No, no. E se era così, chi era l’idiota che mi aveva trattato male anche dopo il Christmas Party? Chi era quello che si sentiva con la sua fiamma estiva?

“Marco, se è uno scherzo dimmelo, ti prego, non ci posso credere…” sussurrai, trovando un po’ di fiato per pronunciare quelle parole chissà come.

Spalancò i suoi occhi blu che tanto amavo e scosse risoluto il capo. “Ma perché sei così convinta che debba essere uno scherzo? Luna, sono io e ti sto dicendo e ripetendo che ti amo, quindi, per favore, non tenermi in bilico e dimmelo se è vero che mi hai baciato senza un particolare motivo…”.

Deglutii e lo guardai quasi come se gli fossi grata, e senza riuscirmi  trattenere mi buttai tra le sue braccia, iniziando a singhiozzare. “E tu ci hai anche creduto? Io desideravo baciarti dal giorno del Christmas Party, ed ero venuta da te proprio per cercare di farti capire i miei sentimenti ma tu… Tu eri preso da quella E-Elisabetta…” dichiarai con voce acuta.

Ancora stretta contro il suo petto, lo sentii rilassarsi. Sentivo che qualcosa si era sciolto dentro di me, e niente e nessuno mi avrebbe potuto fermare da quel fiume di parole che sentivo dentro e che volevo esporre a tutti i costi. Mi decisi a guardarlo negli occhi, infischiandomene del fatto che probabilmente avevo tutto il mascara sciolto e dovevo essere orribile. Continuavo a stringere la sua mano, prova concreta del fatto che quello che aveva detto di amarmi fosse lui e non un pupazzo. “Io e te non siamo mai andati d’accordo, ma è da dicembre, diciamo da quando sei venuto a lavorare da Michele, che quando eri nei paraggi non ci capivo più niente e ho realizzato che mi interessavi il secondo giorno che siamo stati a Firenze. Ma tu… Tu sei sempre stato così scorbutico con me, anche alla cena dei tuoi e poi c’era Paola che era pazza di te, il mio orgoglio del cavolo che diceva che non potevi piacermi e così…” spiegai, scrollando le spalle.

Marco assunse un’aria colpevole; mi sollevò il mento con la mano libera, obbligandomi a guardarlo di nuovo in faccia. “Luna, sappi che è quasi la stessa cosa che è successa a me, ma prima devo spiegarti il casino di  Elisabetta” ammise, prendendo un bel respiro.

Annuii vigorosamente, come se non desiderassi altro da secoli. “Si! E quell’”anch’io” che le hai detto, poi!”.

Restai basita quando lo vidi accennare una risata cristallina. “Non ha il significato che intendi tu…  Dicevo, ho avuto una storia con lei al mare, e pensavo che avesse capito che era solo una cosa passeggera, invece a novembre mi ha chiamato la sua migliore amica, Sara, che conoscevo già, che mi ha detto che Elisabetta si era ammalata di anoressia perché credeva che io mi sarei fatto vivo in autunno e ci teneva così tanto a me che era caduta in uno stato depressivo e non mangiava più” iniziò.

 Mi coprii una mano con la bocca, incredula. Poverina! Ed io che l’avevo sempre immaginata come una rivale perfettina e sicura di sé… Dopotutto, anche io sarei stata male al suo posto, forse non  a tal punto da andare in depressione, ma si vedeva che forse era una ragazza troppo fragile emotivamente. Marco comprese i miei pensieri evidentemente, perché fece un ceno e mi accarezzò il volto. Quelle sue carezze erano diverse, quasi più decise e consapevoli del solito, e mi trasmettevano una dolcezza che avrebbe potuto farmi rinascere.

“Fu così che mi decisi e l’andai a trovare; parlammo un po’ e le feci capire che mi era dispiaciuto non essere stato chiaro e averla fatta soffrire. Mi disse che aveva capito e che avrebbe cercato di guarire, di tornare a mangiare, ma Sara mi richiamò il giorno che tornammo da Firenze, poco prima della cena con te e Stella, dicendomi che Elisabetta stava ancora peggio. Perciò ero così nervoso, Luna, per questo ho mandato a quel paese mamma quando ha accennato Paola… Io sono responsabile della malattia di quella ragazza,ho fatto soffrire Paola…. Sono consapevole di non essere un principe azzurro, ho diecimila difetti ed è questo che mi ha tenuto lontano da te, oltre al fatto che credevo di non interessarti, e in questi giorni ho cercato di rimediare con Eli dato che a dicembre le avevo promesso che gli sarei stato vicino. Ero una sorta di infermiere ormai,per lei, tutti mi hanno scambiato per il suo ragazzo lì, in clinica, ed ora sta un po’ meglio. Quell’”anch’io” serviva come risposta al suo “spero di guarire con te vicino”, capisci? Luna, credimi, la mia più grande paura è quella di far soffrire anche te, in questi mesi ho cercato di reprimere i miei sentimenti, ma ho fallito” terminò, abbassando il capo.

Mi sentivo decisamente commossa da quelle parole, e non so quanto sforzo impiegai per non cacciare ulteriori lacrime. Ero stramaledettamente felice, tanto che mi sentivo quasi la testa girare per la gioia, come in preda ad un’assunzione di chissà quale sostanza stupefacente. Marco si era spiegato, mi amava… Inutile dire che ancora ci credevo pienamente.

Gli gettai le braccia al collo, entusiasta nel poterlo sentire così vicino a me. Il suo cuore batteva a ripetizione, e quella fu una delle prove che mi convinsero a lasciarmi andare e a credere un po’ di più alle sue parole.

“Marco…?” lo chiamai, schiarendomi la voce, sempre stretta  a lui.

“Si?”.

“Anch’io” dissi sorridente più che mai, prima di ridere nervosamente.

Mi guardò un po’ scioccato prima di accennare un sorriso. “Non ho capito…”.

“Allora sarà meglio che te lo spieghi meglio. Per prima cosa devi sapere che negli ultimi due mesi non mi hai assolutamente reso la vita facile, signorino, in primis con le tue parole pungenti e poi per le tue apparizioni in pantaloncini e via dicendo…” spiegai, non riuscendo a non sorridere al pensiero delle reazioni che i miei poveri ormoni avevano avuto ogni volta che l’avevo incrociato per casa in pantaloncini o, peggio, a Natale, quando era entrato nella stanza solo con l’asciugamano in vita.

“Senti chi parla!” mi rimbeccò. “Mi stava venendo un infarto quando ti ho vista con il vestito per il matrimonio nella boutique o al Christmas Party, eri ancora pi favolosa del solito…”.

“Si, ma almeno io non ero mezza nuda come qualcun altro…” ribattei a mia volta. Scosse il capo, e approfittai di quel momento per stringermi ancora di più. Fu una soddisfazione per me sentire le sue braccia attirarmi di conseguenza e stringermi con decisione. Ho già detto che a stento credevo in ciò che stavo vivendo?

“E poi” continuai, “Sappi che non mi pentirò mai di aver scelto te come persona da amare, Marco, perché, si,  anch’io ti amo, e non sai nemmeno quanto” conclusi con la voce che mi tremava. Cavoli, il mio primo “ti amo”… Chi l’avrebbe mai immaginato che dirlo fosse un qualcosa di così emozionante?

Mi sentii andare in estasi quando lo vidi sorridere peggio di un bambino. “Allora mi ami anche tu?” chiese. Sembrava incredulo a sua volta.

“Si, ma se fai così mi fai ricredere…” lo presi in giro.

“No, assolutamente… Ti amo Luna, ti amo…” sussurrò, e fu in quel momento che compresi le tue intenzioni: mi attirò ulteriormente a sé e chiusi istintivamente gli occhi. Risentire le sue labbra baciare le mie dopo quasi un mese mi regalò una gioia indescrivibile, un boom di emozioni concentrate nella pancia, pronte ad esplodere. Non ci stavo capendo più nulla; me ne stavo così, inginocchiata sul prato, con le braccia attorno le spalle possenti di Marco, Marco, quello che inaspettatamente  aveva detto di amarmi, mentre lui teneva il mio viso stretto tra le sue mani e mi baciava con passione, in un modo che, non sapevo che lo avrei mai ammesso, non sfiorava nemmeno il ricordo del nostro primo bacio. Poteva sembrare una cosa assurda dal momento che quel primo bacio mi era sembrato fenomenale, ma era la verità: questa volta non c’erano costrizioni, formalismi, paura di essere respinti. Entrambi volevamo da morire un contatto più profondo con l’altro, e non mi stupii quando mi ritrovai con le spalle contro la corteccia dell’albero su cui prima si era appoggiato lui, lui che ora era impegnato nel cingermi la vita con le mani e nel cercare di approfondire quel bacio all’infinito.

Ci separammo chissà quanto tempo dopo per la mancanza di ossigeno, guardandoci negli occhi con una nuova e stupefacente consapevolezza, quella di sapere di essere ricambiati.

“Non ci credo…” sussurrai, iniziando a delineare i suoi dolci tratti con un dito.

Spostò la testa di lato, assecondando i miei movimenti, e mi regalò l’ennesimo sorriso. “Nemmeno io se è per questo. Ci ho creduto quando mi hai detto che per te quel bacio non aveva significato nulla, proprio nel momento in cui avevo iniziato a sperare un po’”.

“E pensa a me, allora che ho ricevuto quella falsa batosta quando ero certa di non interessarti minimamente” gli feci notare.

“Luna! Insomma, pensavo l’avessi capito dopo il cinema…” mi esortò.

“No! Proprio perché eri stato così freddo con il tuo “meglio soli che mal accompagnati” avevo le speranze sotto zero…” ribattei.

“Ma l’ho fatto perché… Diamine, per favore, possiamo cercare di non litigare per mezz’ora?” aggiunse ridendo, abbracciandomi.

“Ok, ma non credo sia possibile a lungo” sospirai. “Siamo sempre noi, Luna e Marco, quelli che litigano ogni tre parole pronunciate, ma questo è il bello, no?” domandai retorica, perdendomi nel suo profumo.

“Si. Cavoli, io e te siamo peggio di una bomba a mano se ci mettiamo…” osservò.

Gli accarezzai i capelli. “Lo so, ma siamo noi e basta…”.

“Hai ragione Luna, allora… Meglio essere, ehm ehm, formali… Ci tieni a passare un guaio secolare con il sottoscritto ed essere identificata  come la sua ragazza?” domandò, riprendendo le mie mani tra le sue e baciandole in un modo che quasi sfiorava la devozione.

Forse fu quel gesto a farmi rendere conto della situazione decisamente reale che si era creata, tanto che mi sentii scuotere da un brivido di felicità. ”Si” sussurrai, e senza meditarlo, senza alcuna esitazione, lo ribaciai a mia volta, sentendo che probabilmente non ne avrei avuto mai abbastanza di lui per tutto il tempo che lo avevo agognato.

“A proposito, mi stavo dimenticando… Ancora buon compleanno” dichiarò quando ci separammo, frugando nella tasca. Lo guardai interrogativo,per poi comprendere che valore avesse il pacchetto che mi stava offrendo. Un regalo di compleanno. Possibile che si fosse disturbato anche per quello dopo il meraviglioso regalo che mi aveva fatto quel giorno?

“Marco, ma perché? Non dovevi, sul serio, i biglietti ti saranno costati un occhio della fronte e poi me l’hai fatto ora il regalo che più desideravo per il mio compleanno” dissi.

“Dai, non fare tanti complimenti… Spero ti piaccia” aggiunse.

“Come potrebbe non piacermi un tuo regalo?” domandai, scuotendo il capo, per poi sorridere mentre lo scartavo. Mi aveva regalato un bellissimo bracciale d’argento con un cuore che pendeva. “Grazie, è bellissimo…”.

Lo guardai con espressione quasi devota e mi sorrise, ristringendomi a sé. Ci eravamo abbracciati, o almeno eravamo stati così a contatto, già qualche volta ma ora si percepiva la differenza: proprio come per il bacio, c’era una strana atmosfera tra noi, decisa, che si traduceva in una quasi insana voglia di non staccarsi mai più.

Non so per quanto tempo restammo così, semplicemente abbracciati, io con la testa nell’incavo della sua spalla e lui che ogni tanto mi ricordava che fosse tutto vero con un semplice e quasi timido bacio sulla tempia o tra i capelli.

“Marco…” lo chiamai dopo tutto quel silenzio.

“Si?”.

“Niente, volevo solo sentire la tua voce” ammisi, allontanandomi e sorridendo.

Rise, scuotendo il capo. “Penso che dovremmo organizzarci, comunque, sono quasi le tre. Preferisci andare già ora al Palamaggiò per il concerto, così prendiamo un posto decente? Ci saranno centinaia di persone” propose, continuando a tenere un braccio attorno alla ma vita.

“Per me va bene…” risposi, scrollando le spalle. “Solo che, insomma, ti rendi conto che ora come ora il fatto di vedere Vasco per la prima volta non mi elettrizza più del dovuto in confronto a ciò che è appena successo?” gli feci notare, per poi assumere un’espressione quasi confusa.

“Sono certo che appena lo vedrai cambierai idea…”.

“Scemo, io volevo farti capire che…”.

“Shh…” sussurrò, poggiandomi un dito sulle labbra e avvicinandosi pericolosamente al mio viso, poggiandosi poi contro la mia fronte. “Lo so” e così dicendo mi ribaciò prima di aiutarmi ad alzarmi.

Ero così stordita che solo quando, girando lo sguardo, vidi l’insegna del locale di Michele a nemmeno venti metri dal parco realizzai che lui avrebbe potuto vedere tutto. E infatti, tre secondi dopo lo vidi mostrarsi da dietro la vetrina, mentre mi salutava con un sorriso a diecimila denti, facendomi un segno con la mano che valeva a dire “Parliamo domani”. Arrossii, e voltandomi verso Marco capii che aveva compreso tutto, perché salutò a sua volta Michele con un cenno della mano, quasi strafottente, e poi, con mia enorme sorpresa mi prese per mano, intrecciando le nostre dita nel modo più naturale possibile.

Probabilmente notò il mio stupore, perché dichiarò: “Dimmelo se ti sembra affrettato, posso capire, dopotutto non lo sa ancora nessuno” allentando un po’ la presa.

Mossi con vigore il capo con un cenno negativo, stringendo di più la sua mano. “Ma no, e poi questo può diventare il nostro modo per urlarlo al mondo intero, no?” domandai. Oddio, che schifo di parole, stavo forse diventando una sorta di poetessa da quattro soldi sdolcinata e falsamente sensibile? La Luna di due mesi prima non avrebbe mai detto una cosa simile!

“Concordo” approvò, prima di passare un braccio attorno alla sua vita mentre camminavamo. Fu così che facemmo i pochi metri che segnavano l’uscita dal parco e il percorso verso la sua auto, invece che tornare a camminare mano nella mano, e quando mi ritrovai nella macchina mi venne da pensare che forse era lì che era iniziato tutto.

“Non per continuare a rivangare il passato, ma sono curiosa: posso sapere quand’è che forse ho iniziato a interessarti? Cioè, sul serio il giorno prima dell’esame?” chiesi,avida di informazioni, mentre metteva in moto.

“Si, ormai ne sono certo. Ricordo che già quando avevo saputo che ti saresti vista con Feliz provai un’irritazione fortissima, e nel sapere che non avevi un passaggio il mio istinto mi disse di cercarti e quando salisti in auto e iniziammo a battibeccare un po’ mi sentii quasi felice, di buon umore, non irritato come al solito quando discutevamo” spiegò.

“Intanto però mi dicesti che ti sentivi bene per Paola, ricordi? Anche nel treno, mi rompevi le scatole circa il fatto che l’appuntamento era saltato…”.

“Quello era il mio modo per saperne di più, inconsciamente, e…. E mi sono sentito bene quando ti ho scoperta mentre mi fissavi, in treno, anche se non sembravi essertene accorta che ti avevo visto” ammise, appoggiandosi meglio sullo schienale del sediolino. Mi lanciò un’occhiata di sbieco, giusto in tempo per vedermi arrossire al solo ricordo del momento in cui l’avevo squadrato e avevo iniziato a dirmi che non ci trovavo nulla di speciale in lui.

Glielo spiegai, e lui continuò dicendo che fu a causa mia  per il fatto che si ritrovò a pensarmi più del dovuto nei giorni successivi che respinse Paola. “Solo che, un po’ come te, non ci volevo credere, restava il fatto che non ci eravamo mai sopportati e così ho brancolato nel buio fino alla sera del Christmas Party. Ricordi quando ti feci sedere sulle mie gambe con la scusa di far ingelosire quella bionda?” continuò.

“Si, e chi se lo scorda” commentai ironica.

“Eh, anche io” disse, ridendo. “Dicevo, fu in quel momento, avendoti tra le mie braccia che capii per bene il perché delle mie azioni, la causa del fatto che la sera prima, dopo avermi parlato del concerto di Vasco, fossi subito andato a procuramene due per poterci andare insieme… Ma ho vissuto tutto in modo così affrettato che decisi di regalarteli in modo anonimo a Natale e vedere cosa avrei provato fino a quel giorno. Beh, il risultato l’hai visto, mi sono convinto e non ho fatto altro che capire di amarti, specialmente dopo il bacio e standoti così lontano” concluse.

Non riuscivo  a parlare, quasi mi sentivo di aver perso la voce, tanto che mi appoggiai sul suo braccio, accarezzandolo. 

“Ehi…” disse, baciandomi di sfuggita una tempia.

“M-Mi tolgo subito” mi scusai, solo che fu li a trattenermi.

“Non mi dai assolutamente fastidio, sciocchina” mi tenne presente, continuando a guidare.

“Oh, ok. E’solo che devo ancora abituarmi. Insomma, sai che non sono mai stata con nessuno e mi sento un po’ imbranata” ammisi, impacciata come al solito nell’ammettere una cosa simile.

“Lo so, Luna, questa era una delle cose che mi tratteneva dall’avvicinarmi a te perché avevo paura di non essere adatto, ma voglio tu sappia che ci andrò piano, cercherò di fare il possibile per essere un ragazzo esemplare” disse con quella sua voce vellutata che avrei voluto ascoltare ancora e ancora, senza stancarmi mai. All’improvviso sentì un’esplosione di gioia, frutto di tutte le ondate di felicità che mi avevano scosso nell’ultima ora, prendere il possesso delle mie facoltà e desiderai vivere quei momenti all’infinito. Era tutto così bello quando si amava e si era ricambiati, ora lo sapevo per certo anche se faticavo ancora a realizzare il tutto con concretezza; stavo vivendo tutte quelle emozioni che si vivono solo durante quei sogni tremendamente realistici ma allo stesso tempo irrealizzabili.

“Se avessi spifferato tutto il giorno del matrimonio mi avresti evitato un mese di pene” lo rimproverai affettuosamente poco dopo, mentre camminavamo alla volta del luogo del concerto dopo aver parcheggiato l’auto.

“Si, si, conoscendoti avresti pensato che fosse tutto frutto della febbre nel caso ti avessi rivelato di amarti allora. E poi sono un tipo preciso io, lo sai, dovevo rispettare la data che mi ero prefissato, alias oggi! Ma resta il fatto che quel bacio non era niente male, posso solo riprovare per vedere se ricordo bene…?” chiese, fermandosi di botto su un marciapiede deserto, data l’ora, attirandomi a sé.

“Sbruffone! No, ora ti freghi” lo rimproverai, fingendomi arrabbiata per la sua risposta del cavolo. Sorrisi quasi con falsa perfidia prima di scostarmi dalla sua presa.

Non si arrese, e il risultato fu che mezzo  minuto dopo ci stavamo baciando sotto lo sguardo delle auto che passavano veloci, infischiandocene dei commenti. Io che facevo una cosa simile senza preoccuparmi? Inaudito!

E diedi pienamente ragione a chi sosteneva che l’amore ti cambiava la vita, mentre io e quello che ormai era il mio ragazzo non riuscivamo a separarci e a smettere di sorriderci tra una pausa e l’altra di quel bacio infinito e il mio cellulare, che squillava ripetutamente, restava ignorato.

Alla fine divenne così insistente che fui obbligata a rispondere, senza nemmeno vedere chi fosse.

“Luna!” disse la voce mia sorella. “Finalmente mi hai risposto! Mi hai fatto mettere paura, pensavo che il tipo dell’appuntamento fosse un maniaco…”.

“No, non è un maniaco Stella” rivelai, non riuscendo a non gongolare. Scambiai uno sguardo con Marco e vidi che mi faceva segno di non dire nulla, con aria divertita. Lo guardai con aria interrogativa e scrollò le spalle, come a dirmi che spettava a me inventarmi un nome.

“E chi è?” chiese, curiosa.

“Ma tu a quest’ora non dovresti lavorare?” chiesi, per guadagnare tempo e cercando febbrilmente qualche nome da rifilarle.

“Non c’è nessuno al negozio. Dai, dimmi chi è!” insisté.

Sbuffai. “Non lo conosci, è un ragazzo dell’Università” . Marco alzò il pollice con aria di approvazione.

“Sul serio?”.

“Si, sapessi che delusione…” sospirai, falsamente afflitta.

Mia sorella si lasciò scappare un mezzo gemito di compassione. “Mi dispiace, Luna. E’ brutto?”.

“Si, tanto tanto brutto” mentii, guardando con aria di sfida Marco che levò un sopracciglio. “E anche pomposo…” aggiunsi.

“Oh! Luna, come avrei voluto che fosse Marco…”.

“Devi vedere io…”.

Cercai di non ridere nonostante lui mi stesse facendo segno come a dire: “Dopo facciamo i conti”, e finalmente lei si decise  a dire: “In realtà volevo anche chiederti un favore. Potresti appoggiarmi e dire ai nonni che dormiamo da un’amica? Mario mi ha chiesto di dormire da lui visto che i suoi sono fuori”.

Il suo tono era dolce quanto quello di un’alunna un po’ lecchina, e non so perché non fece altro che aumentare il mio buonumore.  Guardai Marco, il quale sembrava non aver capito nulla a buon ragione, dal momento che non stavo usando il vivavoce.

“Dormi da Mario perché i suoi non ci sono? E io dove dormo, se devo fingere di stare da un’amica con te?” domandai. Marco spalancò gli occhi e poi rise, agitando le mani in segno di preghiera.

“Da zia Kitty, no?”.

“Va bene, va bene, allora le mando un sms” buttai lì, desiderosa di staccare dal momento che Marco mi stava ristringendo a sé e mi stava sfiorando il collo con le dita, provocandomi un lieve solletico.

Quando riposi il cellulare in tasca lo strinsi a mia volta e gli spiegai la situazione.

“Se ti va potresti dormire anche tu da noi, allora, così diciamo anche ai piccioncini che stiamo insieme” propose. “E poi il concerto finisce tardi, tua zia potrebbe addormentarsi…”.

“Valenti, dillo che non vedi l’ora di avermi nel tuo letto stanotte senza troppi preamboli” lo provocai, e fu una soddisfazione vederlo arrossire.

“Luna, ma che… Insomma… In buona fede, non…”balbettò.

“Scherzavo, lo so” dissi, ponendo fine al suo sproloquio. Per una volta era bello vederlo imbarazzato, constatai. “Per me va benissimo, anche se so che stanotte non chiuderò occhio. Insomma,stare con te e poi vedere dal vivo Vasco sono cose troppo belle e adrenaliniche per poterci dormire su” ammisi, questa volta con serietà.

Fu bello vederlo donarmi l’ennesimo sorriso rassicurante prima di farmi un cenno per poter continuare a raggiungere il Palamaggiò.

“Nemmeno io dormirò, mi sa. E poi abbiamo così tante cose da dirci ancora...”.

In condizioni normali, vedendo tutta la gente che si accalcava in quel luogo per poterci entrare mi avrebbe trasmesso un’ansia pazzesca, ma in quella situazione, avendo Marco al mio fianco non m’importava più di nulla che non gravitasse attorno a lui e alla sua orbita, anzi, la nostra.

“Cavoli, è ancora chiuso, dopotutto è prestissimo…. Seguimi un secondo” disse lui, prendendomi per mano e conducendomi dall’altra parte del Palamaggiò, vicino una porta secondaria. Nelle vicinanze vi erano delle auto e, seduto su una sedia a leggere in un giornale- in un modo così interessato in un simile onesto, con un freddo agghiacciante e una calca di gente dall’altra parte dell’edificio- vi era un uomo sulla cinquantina dalla carnagione un po’ scura e con indosso un cappello rosso.

Vedendo, Marco sembrò esultare.

“Ignazio!” esclamò, avvicinandosi. “E’ uno dei collaboratori” aggiunse  a mezza voce.

L’uomo chiamato Ignazio sussultò e alzò lo sguardo. Ci squadrò, poi sorrise in direzione di Marco. “Marco, figliolo, sei tu!” esclamò, sorridendo apertamente e rivelando un dente mancante.

“Si! Tutto bene?”.

Dopo i primi inconvenienti, durante i quali mi sentii un po’ un’intrusa, Marco mi presentò come la sua ragazza.

“Hai bei gusti, eh, Marco? Complimenti signorina, Marco è un ragazzo davvero d’oro, proprio come suo padre, Luigi. E’ grazie a quest’ultimo se oggi ho un lavoro e posso sfamare mia moglie e i miei figli” disse con un tono ossequioso, simile a mio nonno quanto decantava le lodi di Totò, vedendo un suo film.

Annuii, comprendendo il motivo per il quale si conoscessero.

“Comunque noi ora andiamo, Ignazio, c’è tanta folla e se non ci sbrighiamo non entriamo più per il concerto” disse Marco, preoccupato.

L’uomo lo guardò come se avesse detto un’eresia. “Secondo te ti lascio fare la fila? Seguitemi” annunciò, e così dicendo obbedimmo, seguendolo attraverso la porta secondaria dopo che ebbe controllato che nessuno ci stesse guardando.

Ci ritrovammo in uno stretto corridoio, e poi, dopo una decina di passi, eccoci nella zona dedicata al concerto, enorme, in cui dei tecnici del suono stavano sistemando l’impianto.

“Grazie, Ignazio” dissi subito, grata al diecimila per cento. In questo modo avremmo potuto vedere il concerto da vicino!

“Questo e altro per il figlio dell’uomo che più stimo e la sua fidanzata” disse lui, togliendosi il cappello con galanteria e accennando un mezzo inchino. “Ora devo andare, salutami tanto mamma e papà, Marco! Arrivederci signorina!” ci salutò, e così scomparve, lasciandoci lì. Mancavano circa quattro ore al concerto.

“Che tipo strano, però” commentai dopo un po’.

“Si, diciamo che è un po’ pomposo ma ha un gran cuore” rispose Marco, annuendo. “Solo che ora dobbiamo trovare un modo per passare il tempo…” aggiunse, prendendo posto su uno dei gradini del retro. Lo imitai e mi appoggiai sulla sua spalla, cacciando fuori il mio nuovo i-pod dalla tasca e sbandierandolo.

“Posso sempre darti delle ripetizioni su Vasco in vista del concerto, no?” gli tenni presente con aria furba, passandogli una cuffietta che afferrò prontamente.

“Si, solo che devi sapere che mi sono istruito a dovere a mia volta, ho scaricato  tantissime canzoni ed è così che, ascoltando “Dillo alla luna” ho subito pensato a te, alla nostra situazione, insomma, a noi” spiegò.

“Ripeti l’ultima parola, è così bella…”sussurrai mentre per la seconda volta in quella giornata riascoltavamo le note di quella canzone.

Comprese a cosa mi riferivo perché sorrise e, accarezzandomi i capelli, disse: “Noi. Noi. Noi. Marco e Luna, quelli che di certo non saranno una delle solite coppie smielate”.

“Si, tipo i nostri fratelli…” ridacchiai, e lui annuì con vigore. “L’importante è distinguersi e essere noi stessi…” aggiunsi, prima di baciarlo, lasciandomi trasportare dalle note che quella che ormai si poteva definire un po’ la nostra canzone.

 

 

*°*°*°*°*

Ciao e buon 1° febbraio! Diciamo che con questo cap l’abbiamo iniziato bene il mese di S. Valentino, no? :D

Al momento mi trovo a casa a causa di un atroce mal di denti, e mamma ritiene che sia dovuto al famoso dente del giudizio, bah… E così decido di aggiornare ancora prima del solito con il capitolo tanto atteso,ehehe!

Nel mio blog dopo secoli ho inserito la scheda di Stella e a breve ci sarà quella di Marco, quindi, se vi va di vederla, ecco il link...: 

http://milly92.splinder.com/

Prima di passare ai ringraziamenti, volevo solo precisare un po’ qualcosa riguardo la scelta della malattia di Elisabetta: forse potrà sembrarvi un po’ eccessivo che si sia ammalata di anoressia per un amore finito, ma posso assicurarvi che conosco una ragazza che si trova nelle stesse condizioni per una causa simile oltre che problemi familiari, quindi ho cercato di essere il più naturale possibile.

Comunque, chiusa questa piccola parentesi di chiarimento, come sempre ringrazio le 32 persone che hanno messo la storia tra i preferiti, le 34 che l’hanno messa tra le seguite  e le 32 persone che mi hanno aggiunta tra gli autori preferiti, oltre coloro che hanno letto e recensito, ovvero:

Pink Princess: Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo per il modo un po’ brutale in cui ho terminato lo scorso cap! ^^ Grazie mille, un bacione!

CriCri88: Tranquilla, saranno due storie, sul serio non ci sarà la terza come successe con quella di Deb :D Comunque… Era giusta la tua ipotesi sul ricovero di Elisabetta? Invece riguardo Paola e Antonio,beh, scopriremo tutta al verità nel prossimo capitolo… Un bacione Cri! ^^

pometina94: Si, da ora mancano due capitolo più l’epilogo,perché dobbiamo tenere presente che a causa del prologo la fic porta sempre un cap in più ^^  comunque stai tranquilla perché appena pubblico l’epilogo vi metto il link del prologo della seconda parte, spero ti faccia piacere =) Un bacione! p.s. mi piace il soprannome “lùlù” per Luna :D :D

Lola SteP: Aggiornato! Lo so che hai rischiato l’infarto tesoro, quindi spero mi perdonerai al più presto con questo chappy… E per Paola e Antonio, beh, scopriremo tutto nel prossimo cap! Bacioni, tvttttttb!

Blair95: Grazie mille per tutti i complimenti cara, mi fai arrossire! Ho solo cercato di essere il più naturale possibile visto che ero emozionata a mia volta quando è giunto il momento di scrivere questi ultimi fatidici cap e non vedevo l’ora di scriverli, sin da quando ho iniziato a scrivere la storia… E sapere che ti è piaciuto non fa altro che farmi sentire felice! *_* Per quanto riguarda la seconda parte, ti dico che pubblicherò il prologo lo stesso giorno in cui metterò l’epilogo di questa e scriverò il link in modo da farvelo leggere subito, spero ti faccia piacere! Un bacione cara!

rossy87: Carissima, come sto dicendo a tute le altre stai tranquilla che il giorno che pubblicherò l’epilogo pubblicherò anche il prologo della seconda parte mettendo il link nella stessa pagina, in modo da darvi l’opportunità di leggere subito qualcosina riguardo la seconda parte, anche se il prologo non è chissà quanto lungo, ma conoscendoti so che ti piacerà molto visto che è anche dal punto di vista di Marco, ehehe! Poi mi è sembrato di capire che tu studi psicologia? Se è così ti faccio i miei complimenti, secondo me è una bellissima facoltà! ^^ Un bacione cara e grazie mille! ^^

Come sempre eccovi qualche anticipazione….:

 

“Domani mattina avrà una bella sorpresa” constatò lui, prima di farmi segno di recarmi con lui in cucina. “Ho una fame… Vieni, facciamo lo spuntino delle due”.

“Ok. Dopotutto, non si può vivere solo d’amore” gli ricordai con falsa aria saggia.

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“Ho sentito dei pa…” si giustificò,  voltandosi. Seguii il suo sguardo e restai un bel po’ sorpresa nel vedere nientepocodimeno che la mia gemella che ci fissava sbalordita, rigorosamente in slip e reggiseno neri.

“Voi… Voi due…” balbettò, strofinandosi gli occhi.

Esitai, cercando di non ridere. “Sorellina, mettiti qualcosa addosso e poi ne parliamo…” le consiglia vivamente.

________________

 
Ma Paola sembrò non udire la mia domanda mentre Antonio ci faceva segno di non farci caso. Aveva il viso in fiamme, gli occhi gonfi dal pianto e  capelli svolazzanti, cosa non da lei.

“Perché tu hai la mano sulla sua spalla?” domandò rivolta a Marco, con una voce quasi da automa.

 

A giovedì o venerdì, ragazze!

la vostra milly92.

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Capitolo 23
*** Vedi Un Mito Ma Ne Crolla Un Altro-E… ***


Vedi Un Mito Ma Ne Crolla Un Altro-E…

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Vedi Un Mito Ma Ne Crolla Un Altro-E…

Gente che urlava, ragazzi che si passavano indisturbatamente qualcosa che di certo non erano sigarette, odore di birra e di alcolici in generale… Sapevo cosa sarebbe significato andare al concerto di Vasco Rossi, ma la mia immaginazione non era stata molto fervida, ad essere onesti. E a proposito di questo punto, pensai che mi sarei potuta concedere il lusso di illudermi un po’ di più quando avvertii le braccia di Marco stringermi a sé dopo che un ragazzo pieno di piercing e delle ciocche di capelli rosso fuoco che contrastavano il suo naturale colore biondo mi aveva fatto un occhiolino di apprezzamento.

Il mio mito se ne stava a nemmeno dieci metri di distanza da noi dopo essere entrato con un’acclamazione degna di uno dei migliori divi hollywoodiani, che si meritava tutto a mio parere per il modo in cui le sue parole avevano accompagnato la mia adolescenza e mi avevano consolato nei momenti più bui, ragion per cui non esitai ad iniziare a dimenarmi come una pazza quando iniziò a cantare le canzoni più movimentate.

“Mi piace questa tua versione isterica” urlò Marco mentre Vasco cantava “Rewind” ed io battevo le mani, con le braccia alzate. Mi girai verso di lui, ridendo, e senza un perché mi ci gettai addosso come se fossi ubriaca e lo baciai rapidamente, prima di tornare a d ascoltare la canzone.

Lo avvertii mentre si ristringeva a me, cantando a sua volta. Aveva proprio una bella voce, pensai, e fu in quel momento che mi ricordai che fino a poco prima aveva una band che avrebbe dovuto suonare e cantare al matrimonio di Flavia.

Il caos più totale ci fu con “Vita spericolata” e, per quanto riguardava me e Marco, con “Dillo alla luna”. Quella fu l’unica canzone che non cantammo; l’ascoltammo, in silenzio, quasi senza muoverci se non per scambiarci un’occhiata d’intesa ogni tanto, sorriderci e dirci con lo sguardo tutte le cose che forse a voce non saremmo mai riusciti a dirci.

Poi, quando iniziai a sentire le note di “E…” fui attraversata da uno strano brivido, e provai una certa consapevolezza che non sapevo da dove uscisse. L’avevo sempre considerata molto romantica nonostante in una parte il cantante ammettesse di non essere mai stato fedele, e ascoltarla lì, con Marco, per me era un bellissimo regalo.

Tutti continuavano a dimenarsi, vidi un paio di coppiette davanti a noi stringersi di più, e mi sentii piacevolmente stordita quando Marco iniziò a canticchiare nel mio orecchio.

“…Vieni qui
Tu per me
Te lo dico sottovoce
Amo te
Come non ho fatto in fondo
con nessuna
resta qui un secondo”

 

“Non ho intenzione di andarmene…” commentai, avvicinandomi di più a lui, per poi voltarmi e passare un braccio attorno al suo collo mentre con l’altra mano gli accarezzavo i capelli. Poco contava che alle mie spalle ci fosse Vasco, avevo molte altre canzoni da ascoltare, ora contava solo il mio ragazzo e quelle parole che mi stava dedicando…

“Per fortuna lo so…” rispose, prima di continuare.

“E...
se hai bisogno
e non mi trovi
cercami in un sogno amo te
quella che non chiede mai
non se la prende
se poi non l'ascolto”

 

“Guarda che io me la prendo invece, se non mi ascolti” gli tenni presente ridendo, dato che anche lui aveva fatto una faccia un po’ scettica canticchiando le ultime frasi.

Annuì con aria consapevole. “So anche questo. Ma sappi che vale lo stesso anche per me, eh!” ribadì. “Penso di poter cantare fino a qui dal momento che io sono fedele” aggiunse, quando Vasco continuò a cantare.

“Buon per te” dissi minacciosa, facendolo ridere. Mi voltai di nuovo e così continuammo ad ascoltare tutte le altre canzoni.

Era ormai l’una passata quando Vasco se ne andò, dopo aver gloriosamente afferrato un reggiseno merlettato nero di una fan, e, se avevamo avuto una grazia entrando dall’entrata secondaria, per uscire io e  Marco fummo obbligati ad aspettare tutta la folla che si riversava fuori, per poi essere liberi di respirare un po’ d’aria pura dopo quattro ore in cui non avevamo fatto altro che respirare tutta quell’anidride carbonica, odore di sigarette, alcolici e canne.

“Non posso far altro che ringraziarti” dissi appena ci ritrovammo fuori l’edificio. “Se non fosse stato per te il massimo che avrei potuto vedere di questo concerto sarebbe stata qualche minima pare su Youtube”.

Alzai lo sguardo al cielo e mi persi nella contemplazione della mezzaluna e di tutte le stelle che decoravano quell’enorme strato blu al di sopra di noi. Fu così che mi ricordai della predizione di Cassandra… Era passato esattamente un mese e qualche giorno! A stento ascoltai Marco che mi rispondeva, colta da quell’improvvisa illuminazione. Cassandra aveva indovinato tutto: la data, il fatto che Marco amasse me, che avevo sottratto l’amore a Paola che, a sua volta però, aveva trovato l’amore in chi prima era attratto da me…

Quando raccontai tutto a Marco restò colpito quanto me.

“Allora perché non ci torni, però questa volta con me?” ironizzò, mentre guidava, alla volta  di casa sua.

“No, non ci sarebbe gusto, le daremmo troppa soddisfazione dopo che avrà predetto che avremmo litigato a breve e poi, di conseguenza, avremmo subito una discussione davanti  a lei per una delle solite sciocchezze” dissi sbadigliando, accoccolandomi per bene contro lo schienale.

“Hai freddo?” domandò improvvisamente.

“No, sto bene…” risposi, e così dicendo, contro ogni previsione, mi addormentai, poggiando la testa di lato.

Riaprii gli occhi molto tempo dopo, quando avvertii qualcuno che mi toglieva la cintura. Li spalancai di botto, e quasi credetti di star sognando quando vidi le iridi blu di Marco, che contrastavano con il buio, così vicine al mio viso.

Mi ci volle qualche istante per carburare il cervello e ricordare, anzi, confermare tutto ciò che avevo vissuto nelle ore precedenti. Per i primi secondi mi sembrò di essermi inventata tutto, che era stato solo un bellissimo sogno quello in cui ero al concerto con Marco, poi però, vedendo l’espressione di puro affetto dipinta sul suo volto, riuscii a convincermi.

“Non volevo svegliarti” si scusò con dolcezza, mentre mi rialzavo e mi aiutava a scendere dalla macchina.

“Ma che, anzi, avresti dovuto svegliarmi prima… Quanto ho dormito?” chiesi, mentre ci avviavamo verso l’entrata del condominio. Mi sentivo ancora un po’ stordita ad essere onesti, di solito quando mi svegliavo mi ci volevano minuti interi prima di farmi passare la sensazione di un lieve capogiro.

“Una quarantina di minuti. Non ti vedevo dormire dal giorno del matrimonio” aggiunse poi, con un mezzo sorriso.

Sospirai al solo ricordo. “Ma almeno lì indossavo un abito da cerimonia, invece ora mi sa che ho tutto il mascara sciolto” sbuffai. Entrammo in ascensore e, vedendomi nello specchio di fronte  a noi, confermai la mia ipotesi: il mio viso era pallidissimo, quasi diafano, con delle lieve occhiaie sotto gli occhi e il mascara si era sciolto insieme alla matita nera. Poi però sorrisi: era la prima volta che vedevo riflesso il mio volto accompagnato da quello di Marco, e non era niente male.

“Non credo che Stella e Mario siano ancora svegli” sussurrò dopo che ebbe aperto al porta con le sue chiavi.

“Infatti” concordai. Mi venne da pensare a quando Stella mi aveva detto che lei e Mario avevano intenzione di “andarci piano”: chissà perché, eppure ero convinta che quella sera, avendo la casa libera, il loro termine fosse scaduto.

Infatti la porta della stanza di Mario era chiusa.

“Stella non sa nemmeno che sono qui” dissi con un ghigno, mentre lui mi aiutava a togliere il giubbino.

“Domani mattina avrà una bella sorpresa” constatò lui, prima di farmi segno di recarmi con lui in cucina. “Ho una fame… Vieni, facciamo lo spuntino delle due”.

“Ok. Dopotutto, non si può vivere solo d’amore” gli ricordai con falsa aria saggia.

Mangiammo dei toast con prosciutto e maionese nonostante l’ora, parlammo un po’- e non so come l’argomento ricadde su Paola e sul fatto che ormai mi evitava da settimane- e quando sistemammo tutto e andammo in camera sua erano ormai le due e mezza.

“Se aspetti un secondo recupero qualcosa di mia madre da farti usare come pigiama” disse, quando notò la mia espressione che equivaleva a dire: “E ora con cosa dormo?”.

Annuii e lo vidi tornare poco dopo, con una camicia da notte rosa a maniche lunghe.

“C’era anche azzurra, ma, sai, non ti ho mai vista con qualcosa rosa addosso” disse con aria malandrina.

“Diciamo che non è il mio colore preferito” dissi, guardandolo di sbieco.

“Ma per me puoi sempre fare un’eccezione, no?”.

“Solo per stanotte” concessi.

Sorrise, mentre prendeva il suo solito pantaloncino e una t-shirt blu con Bart Simpson sopra che mostrava in modo ribelle il suo fondoschiena e dalla cui bocca usciva il fumetto con la scritta “ciucciati il calzino!”. “Cambiati qui, io vado in bagno” dichiarò, e così dicendo chiuse la porta.

Dal canto mio, dopo essermi tolta i pantaloni, mi appoggiai sul suo letto a una piazza e mezza. In quel momento di momentanea solitudine ebbi modo di riflettere, meditare, cercare  di comprendere cosa fosse cambiato ora che avevo esaudito il mio desiderio più grande. Constatai di sentirmi fin troppo esaltata, un po’ fuori di senno, e non so perché, mi venne da ridere. Scuotendo il capo, mi affrettai ad indossare la camicia da notte della signora Carmela, che mi arrivava fino al ginocchio e mi andava un bel po’ larga. Ero proprio ridicola, era ufficiale, e non riuscii a non astenermi dal ridere questa volta, quando pensai di star indossando una camicia da notte della professoressa di filosofia e storia di mia cugina.

Sentii bussare alla porta e dissi: “Entra”.

Marco mi guardava divertito, e non riuscii a non arrossire. Lui, proprio come a Firenze, era maledettamente attraente e l’idea di dover dormire al suo fianco mi mandò in un bel bordo di giuggiole. “Scusami se non dormo mezza nuda come te, eh” l’apostrofai, voltandomi di spalle e incrociando le braccia.

“Ammetto che preferirei” rispose, ghignando. “Dai, scherzavo, per me vai benissimo così, sul serio…”.

“Non hai un qualcosa di tuo, magari una maglia un po’ lunga? E’ che è un po’ troppo pesante e accollata” ammisi, il che era verissimo dato che era di flanella e stringeva attorno al collo.

Lo vidi assumere un’espressione quasi deliziata al solo pensiero, e subito scattò vicino al suo cassetto, estraendone una maglia extra large bianca. “Va bene? Volevo proportela ma non sapevo cosa avresti detto” ammise.

“E’ perfetta” sentenziai, felice di poter togliermi di dosso quel camicione. Questa volta fui io ad andare in bagno per cambiarmi, e per fortuna mi sentii più leggera e comoda, oltre che entusiasta dal fatto che si sentisse anche il suo profumo.

Piegai la camicia rosa e gliela passai appena entrai. Notai il suo sguardo fulmineo soffermarsi sulle mie gambe dal momento che la maglia arrivava  a stento a metà coscia prima di voltarsi  per andare a posare l’indumento nell’altra stanza. Quando ritornò prese posto accanto a me sul letto e disse: “Te la prendi se ti dico che ti preferisco così?” con un tono un po’ scherzoso.

“Cuciti quella bocca, Valenti” l’apostrofai, strizzando gli occhi. Mi alzai sulle ginocchia e feci per andare sotto le coperte quando mi sentii cingere la vita per l’ennesima volta.

“E se me la cucissi tu..?” chiese, malizioso, mentre la sua bocca sfiorava pericolosamente il mio collo.

Improvvisamente sentii il mio cervello andare in blackout e non capirci più un fico secco che non c’entrasse con lui e la sua bocca che mi stava baciando con fin troppo slancio. Ogni bacio mi regalava una sensazione decisamente più profonda e meravigliosa del precedente, capace di mandarmi in tilt. Possibile l’effetto che mi faceva quel ragazzo nonostante non fosse la prima volta che ci baciassimo? Ero ancora intenta nel baciarlo quando lo sentii staccarsi.

“Ho sentito dei pa…” si giustificò,  voltandosi. Seguii il suo sguardo e restai un bel po’ sorpresa nel vedere nientepocodimeno che la mia gemella che ci fissava sbalordita, rigorosamente in slip e reggiseno neri.

“Voi… Voi due…” balbettò, strofinandosi gli occhi.

Esitai, cercando di non ridere. “Sorellina, mettiti qualcosa addossa e poi ne parliamo…” le consigliai vivamente.

Solo in quell’istante parve ricordarsi delle sue condizioni, perché si allontanò rispondendo un: “Senti chi parla!”.

Marco rideva come un pazzo, e così facendo mi fece segno di seguirlo nella stanza di Mario.

Stella aveva appena indossato una camicia da notte di seta e stava agitando il suo ragazzo per farlo svegliare.

“Dovete spiegarmi! Insomma! Bugiarda! E meno male che all’appuntamento c’era uno dell’università…” mi ricordò indignata lei. Mario aveva appena aperto gli occhi e la guardò come se fosse impazzita, poi sussultò vedendo suo fratello e me. “Hai capito, Mario? Ho beccato questi due che si baciavano nella stanza di Marco e…”.

“Cara, spero che il tuo essere così scandalizzata non sia dovuto al bacio dal momento che hai percorso il corridoio di casa mia in bikini” disse tranquillamente Marco, con quel suo tono placido e tranquillo che solo lui sapeva imitare. Annuii con vigore.

Invece Mario sembrava ancora parecchio assonnato,a  giudicare dal modo in cui scrollò le spalle. “E allora?”.

“E allora che c’è che io e Marco stiamo insieme da circa dodici ore, ok?” mi decisi a dire, troppo divertita da quella situazione. “Volevamo dirvelo domani” aggiunsi con un’occhiata di rimprovero nei confronti di mia sorella, che, come se non lo avesse capito prima, emise un urletto e si precipitò ad abbracciarmi.

“Oh! Oh, ma che bella cosa! Finalmente! Devi spiegarmi tutto!” trillò pimpante, per poi abbracciare anche Marco. “E tu, idiota! Ti piace mia sorella e non me l’hai mai detto!”.

“Amore, scusami ma perché non abbassi la voce? Essere denunciato per frastuono notturno dal vicino non sarebbe il massimo per la mia carriera di avvocato appena iniziata” disse sbadigliando Mario, che sembrava proprio distrutto.

Marco lo guardò levando un sopracciglio. “Fratello,ti vedo proprio stanco e provato. Stella, ma dico io, non devi farlo stancare così tanto…” la rimproverò sarcastico, guadagnandosi un colpo al braccio da parte della mia gemella, che era arrossita violentemente.

“Uffa! Ho capito, parliamo domani… E pensare che devo pure andare a lavoro!” sbuffò lei, spingendoci fuori dalla stanza.

“Mica è colpa nostra se fai le ore piccole” la rimbeccai con un eloquente occhiolino, ridendo.

L’ultima cosa che vedemmo fu la sua espressone seccata prima che richiudesse la porta, e così tornammo nella stanza di Marco.

“Direi che dobbiamo proprio dormire” sussurrò lui, facendomi accomodare sul letto.

“Sì. Ora che ci penso domani devo anche andare a lavoro…” sbuffai.

“Ti sveglio io, tranquilla” mi rassicurò, mentre entrambi ci sistemavamo sotto le coperte. “Se mi dici l’orario…”.

“Verso le sette, che poi devo anche tornare a casa per cambiarmi” risposi, guardandolo con un’espressione grata.

“Sarà fatto”.

Ci sorridemmo, e fu una sensazione meravigliosa quando mi strinse a sè, contro il suo petto, permettendomi di addormentarmi in quella posizione così comoda e che mi ispirava così tanta protezione… Fu così che presi nuovamente sonno, con lui che mi accarezzava i capelli e il suo respiro in sincrono con il mio. Dopo tanto tempo feci un bellissimo sogno che però al risveglio non ricordavo, l’unica cosa che avevo ancora a mente erano le sensazioni piacevoli che mi aveva regalato. Eppure, il momento in cui mi sentii scrollare con dolcezza venne troppo presto.

Aprii gli occhi lentamente e sorrisi spontaneamente nel vedere il volto di Marco che mi scrutava quasi con gaiezza. Le sue iridi fissavano le mie e fu così che, alzandomi e sedendomi, gli diedi un bacio di buongiorno, quasi come se fosse una prova per vedere per l’ennesima volta se fosse tutto così felicemente vero.

“Sono le sette e dieci” disse, dopo avermi augurato buongiorno. “Mi sono svegliato ora anch’io” aggiunse.

“Tranquillo…” lo rassicurai, troppo rapita della sua visione mattutina in cui il sole lo illuminava per metà e lo faceva sembrare quasi simile a un dio greco illuminato da una sorta di aureola.

“Posso accompagnarti io da tua nonna e da Michele?”.

“Certo. Vado un attimo in bagno e mi vesto”.

Così mi ritrovai a fare lo stesso gesto due volte oppure a impiegarci svariati minuti solo per vestirmi visto che ero ancora intontita dal sonno e dall’emozione. Quando uscii dal bagno, vestita, lavata e pettinata, ridacchiai nel vedere Stella che aspettava con impazienza.

“Non solo a casa, ma anche qui devi rubarmi il bagno?!” domandò, falsamente seccata.

“Non è colpa sua se come te è affascinata dal fascino degli uomini Valenti” rispose Mario al posto mio, mentre si recava in cucina.

Stella sbuffò ed entrò in bagno senza aggiungere altro.

“Grazie per la risposta” gli dissi mentre lo seguivo in cucina. Mi sentivo fin troppo a mio agio lì, come se ci abitassi e da anche molto tempo.

Mario mi sorrise, perfettamente vestito con un completo elegante addosso. “Figurati. Ora possiamo dire di essere doppi cognati così tu mi dai una mano con Stella ed io ricambierò con mio fratello. Tra parentesi, sono felicissimo per voi due” aggiunse con calore. “Ho sempre sospettato che tu piacessi a Marco, ma, se devo essere onesti, mai che tu lo ricambiassi”.

“Sono stata molto brava a mascherare i miei sentimenti, forse, anche se io non l’avrei mai detto di esserci riuscita. In realtà sono contenta anche perché è bello avere il fratello del tuo ragazzo che è così gentile e simpatico” rivelai, e fu così che ci sorridemmo e ci abbracciammo.

Quando uscì dal bagno, Stella scongiurò me e Marco di dirle tutto, e restò sorpresa ed entusiasta quando seppe la verità, anche se l’istinto omicida nei confronti del suo migliore amico per averle nascosto una simile cosa, alias amare sua sorella in segreto, ci mise un po’ a svanire.

Marco mi accompagnò dai nonni, dove presi dei pantaloni neri e un maglioncino rosa, l’unico che avevo, giusto per farla vedere a Marco ricordando le sue parole di quella notte.

“Nooo, ma sei tremenda, amore” disse appena mi vide, dato che avevo aperto la cerniera del giubbino per mostrargliela causalmente.

Mi bloccai, presa da un’improvvisa emozione che prese forma come al solito nel mio stomaco e, non so perché, mi sentii arrossire.

“Che c’è?” domandò, quando notò quello che poteva sembrare sconcerto.

Subito scossi violentemente il capo e mi affrettai ad allacciare la cintura giusto per fare qualcosa. “Niente, è che mi hai chiamata…”.

Amore. E allora?” chiese, voltandosi verso di me.

“E’ bello sentirsi chiamare così, ecco, ed è la prima volta che mi succede” sussurrai, prima di sorridergli in modo rassicurante.

“Mi è uscito in modo spontaneo” dichiarò.

“Ma non devi spiegarmi… Mi fa piacere…Oddio, sembro una deficiente” sbuffai, con le pupille rivolete verso l’alto.

Marco rise di cuore e rimise in moto. “Si, ma sei la mia deficiente, tranquilla” disse, guadagnandosi un bel colpo sul braccio.

Quando arrivammo da Michele, Marco disse di volermi accompagnare dentro, per vedere se Michele fosse solo e starmi vicino visto che ovviamente avrebbe fatto delle domande, ragion per cui restammo entrambi allibiti nel vedere che per terra c’era un bicchiere frantumato di vetro e una Paola decisamente sconvolta inveiva contro Antonio.

“… Non capisci niente, ecco cos’è! Anzi, quella che non capisce niente sono io, sono sempre troppo ottimista e buona con chi…” stava urlando, prima di bloccarsi nel vedere me e Marco che mi stringeva una spalla.

“Paola, ma cosa…?” domandai senza capire, anche un po’ spaventata, nel vedere tutto quel caos.

Ma Paola sembrò non udire la mia domanda mentre Antonio ci faceva segno di non farci caso. Aveva il viso in fiamme, gli occhi gonfi dal pianto e  capelli svolazzanti, cosa non da lei.

“Perché tu hai la mano sulla sua spalla?” domandò rivolta a Marco, con una voce quasi da automa.

Marco sembrò colto alla sprovvista. Entrambi ormai eravamo convinti che Paola avesse superato il sentimento che provava per lui, ma dal tono che aveva usato sembrava il contrario. Però, probabilmente scelse il metodo “via il dente via il dolore” perché disse: “Perché io e Luna da ieri pomeriggio stiamo insieme” disse cautamente.

E lì fu il putiferio.

Paola si avventò contro di me e, con tutto lo sdegno che possedeva, mi diede una schiaffo sonoro che mi provocò un bruciore enorme sulla guancia. La guardai come se fosse impazzita, scostandomi, sentendo la rabbia montare a diecimila,  e in breve  Marco e Antonio le si pararono davanti per bloccarla e impedirle di scagliarsi ancora su di me. Eppure ciò non le impedì di continuare a sbraitare.

“Tu! Stronza! Ma che ti sei messa in testa, vuoi rubare tutti i miei uomini? Prima Antonio, poi mio fratello che a causa tua sta male e poi anche il ragazzo che…”.

“Il ragazzo che cosa, Paola? Io non sono di tua proprietà e Luna te ne avrebbe parlato se non l’avessi evitata ultimamente!” mi difese Marco, mentre io non credevo alle mie orecchie.

Lo spostai, in un modo che non mi togliesse la visuale e da fronteggiare quella che avevo reputato sempre una grande amica. “Paola! Io non ti ho rubato nulla, e per tua informazione l’unico che mi interessa da metà dicembre è Marco ma all’inizio non te l’ho detto per non aumentare la tua disperazione, e proprio quando avrei voluto parlartene tu hai iniziato ad evitarmi!” dissi, cercando di rimanere calma ma senza successo.

Alle mie spalle, Antonio chiuse la porta del negozio con il cartello “Torno subito” e ci fece spostare nell’ufficio di Michele per non dare spettacolo a eventuali clienti.

“Ma resti una stronza e basta! Tu… Tu hai fatto finire la mia storia d’amore…” continuò a inveire.

“Io che?” chiesi, e così dicendo, proprio come Marco, il mio sguardo si posò su Antonio che, alzando lo sguardo, disse: “Ti sarei resa conto del fatto che con te ero sempre più freddo, Luna”.

Annuii.

“Era per Paola, non tollerava che lavorassi con una ragazza che mi era piaciuta per gelosia, ed è diventata così oppressiva che non ce l’ho fatta più e ieri l’ho lasciata” spiegò.

“Ma è assurdo! Paola, lo sai che…” tentai di dire, ma lei continuò con le sue urla isteriche.

“Tu! Tu! Dì la verità, ho fatto bene a essere così gelosa, tu sei invidiosa di me e vuoi togliermi via tutti gli uomini che mi stanno dietro perché a te non ti ha mai pensato nessuno!” urlò, dimenandosi. “Sei una stronza, sei, sei una tr…”.

Non finì di parlare perché questa volta ero stata io a darle uno schiaffo, che però di certo non poteva eguagliare quello sonoro che mi aveva dato lei poco prima.

“Per questo hai fatto amicizia con me, devo dedurre! “Sei carina e il fatto che non ti piaccia Marco è ancora meglio”… Eri mia amica solo perché ti sentivi superiore con la sfigata di turno, dì la verità! Ma a questo punto mi sembra che sia tu ad avere paura di me!  Dimmi, eri gelosa dell’affetto che provava Antonio?” la sfidai, non potendone più.

“Che prova, che prova, non che provava! Lui ti pensa ancora, una volta mi ha addirittura chiamata Luna!” strillò, ora faccia a faccia con me. I ragazzi ci guardavano senza sapere cosa fare.

“Paola, piantala, queste sono tue considerazioni e basta” intervenne Antonio, rosso in volto, dato che Marco lo fissava con un certo disappunto.

“No! Tu la pensi ancora! Ho fatto bene a preoccuparmi…”.

“Preoccuparti di che? Io non ho mai fatto nulla per attirare il suo interesse, sappi che il mondo non ha come unico pensiero quello di soffiarti il ragazzo!” dissi decisa a mia volta, mentre Antonio annuiva.

“Ma resta il fatto che tu stai con Marco!” aggiunse, come se volesse per forza trovare un motivo per farmi passare per la stronza di turno.

“Resta il fatto che io sto Marco sapendo che a te non te ne frega minimamente, o che non ti dovrebbe fregare, dal momento che stai o stavi con Antonio” ribattei, avanzando di un passo verso di lei, socchiudendo gli occhi in due fessure.

“E poi mi dispiace dirtelo ma io non sono di tua proprietà e nessuno deve chiederti il permesso per avvicinarsi a me” aggiunse scocciato Marco.

“Stà zitto tu! Stai zitto! Tu me lo dovevi dire…”.

“Ma tu non ti sei presentata alla mia festa, non ti fai più viva, non rispondi alle mie e-mail e poi credevo di essere indifferente a Marco, ragion per cui mi sembrava meglio tacere a questo punto” le feci notare, incrociando le braccia e alzando il mento.

“Ovvio che credevi di essere rifiutata, dopo che ha rifiutato me!” disse lei con aria insolente e perfida.

“Ma chi cavolo ti credi di essere, Paola?” urlai, non potendone  più e utilizzando tutte le mie energie per non aggredirla.

“Tu non puoi paragonarti minimamente a Luna, non c’è confronto! Mai come ora sono contento di averti respinto! Lei è una signora in confronto a te, una signora che ha taciuto i suoi sentimenti, che ti ha supportato e che tu hai ripagato con l’indifferenza e con l’invidia, sottraendogli anche quasi l’amicizia di Antonio! In tutto questo la scema di turno sei tu, che hai costruito castelli in aria per la semplice paura che nutri verso di lei, sai a questo punto quanto valga più di te!” aggiunse Marco infervorato, rimettendomi una mano sulla spalla.

Paola scoppiò a piangere ancora più forte e si sedette sula sedia di Michele. “Ti odio Luna, ti odio, non ti fare più viva!”.

“Spero che anche tu mi faccia questo piacere, Paola” ribattei freddamente. “Antonio, dì a Michele che oggi non me la sento di lavorare e che lo chiamo  io dopo” dissi decisa, e, stretta a Marco, uscii dal locale, certa di aver ricevuto l’ennesima delusione in ambito amichevole. Paola mi aveva deluso, proprio come Alessandra, per tutti quei mesi. Stella aveva ragione con le sue teorie e nel dire che le facesse paura il fatto che Antonio prima era cotto di me. Dire che mi sentivo amareggiata era ben poco, dentro di me sentivo la solita sensazione di vuoto e tristezza che ero solita provare quando litigavo con Stella, ma se c’era una cosa di cui ero certa al momento era che non sarei mai tornata sui miei passi per scusare quella ragazza che per tanti mesi mi era stata accanto per un motivo increscioso e infantile. Anche io avevo i miei torti ovviamente, ma almeno non l’avevo mai allontanata per Marco e mai avrei allontanato lui da lei se fossimo state ancora amiche.

“Amore, non ci pensare ora…” sussurrò Marco, stringendomi ancora più forte e comprendendo tutto ciò che mi passava per la testa. Il suo sguardo era pieno di affetto e comprensione.

Scrollai le spalle, certa che al momento ero sfortunata in amicizia ma almeno fortunata in amore. E mi rilassai quando pensai che al momento Marco era il mio ragazzo, disposto ad ascoltarmi  e a sostenermi.

 

*°*°*°*

Ciao!

Mi scuso per il ritardo, ma purtroppo in questi giorni, oltre al solito studio, ci si è messo anche il pc di mio padre che ha deciso di rompere le scatole, quindi ho dovuto prestargli il mio dato che gli serviva per lavoro.

Comunque, ormai siamo arrivati al punto finale della storia, e il prossimo cap sarà l’ultimo prima dell’epilogo. Ora sappiamo cosa frulla nella testa di Paola, e così Luna ha avuto l’ennesima delusione nell’ambito delle amicizie, ma almeno ora ha Marco al suo fianco… Però vi dico che non è mai tutto perso, e nella seconda parte ci sarà spazio per nuove amicizie,eheh!

Come sempre grazie a tutti coloro che hanno messo la fic tra i preferiti e le storie seguite, e ovviamente grazie mille a coloro che hanno recensito, ovvero Lola SteP, CriCri88, Blair95, XXX_Ice_Princess_XXX, rossy97 e vero15star.

Prometto che la prossima volta risponderò alle vostre recensioni, non sapete quanto mi piaccia farlo ma purtroppo qua il tempo è tiranno e ho preferito aggiornare oggi, che dopotutto è il fatidico 9 febbraio in cui si mettono i due piccioncini, altrimenti avrei dovuto attendere fino a venerdì.

Come ultima cosa volevo segnalarvi questo bellissimo Forum che è un vero e proprio rifugio per chi ama scrivere e leggere fanfic http://ourdreamland.forumcommunity.net/

vi consiglio di dargli un’occhiata perché ne vale la pena! ^^

 

Come sempre ecco l’anticipazioni time:

 

 

Marco sorrideva, sicuro di sé.

“Mirko, Luigi, lei è Luna” disse, indicandomi con un qualcosa che, con mia somma gioia, poteva tradursi in fierezza.

____________

“Mi avrà notata, ne sono certa!” esclamò una.

“No, avrà notato me!” protestò l’altra.

Non riuscii a non trattenere un sorriso quando, contro ogni loro rosea previsione, Marco si avvicinò a me con un sorriso stampato in faccia.

____________

Alla fine ci guardammo con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi: “Ormai siamo abbastanza grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a essere felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni tanto…”.

 

A venerdì girls!

La vostra milly92.

 

 

 

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Capitolo 24
*** Non è Un Lieto Fine, Ma Un Giusto Inizio-Da Sola Con Te ***


Non è Un Lieto Fine, Ma Un Giusto Inizio-Da Sola Con Te

Capitolo 23

Non è Un Lieto Fine, Ma Un Giusto Inizio-Da Sola Con Te

01/03/10, ore 15: 48

Caro diario,

eccomi qui a scrivere la quindicesima pagina sotto consiglio di Marco. Solo a lui poteva venire in mente un’idea malsana come quella di tenere entrambi un diario in cui raccontare i vari momenti della nostra storia! Se ci penso, quasi quasi mi pento di avergli rivelato di aver scoperto di amarlo anche grazie ad un vecchio diario, ma, vabbè, sapevo a cosa andavo incontro quando ho deciso di perdere la testa per lui e quindi mi accontento xD

Non mi sembra vero che stiamo insieme da quasi un mese ormai, e l’unica cosa che me ne fa rendere conto è il fatto che all’Università chiedo spesso gli appunti a Grazia, una ragazza che frequenta i miei stessi corsi, dato che non faccio altro che distrarmi o divertirmi a disturbarlo con squilli ed sms quando so che anche lui è in facoltà. Mi sto proprio rincretinendo, ne sono pienamente consapevole, sembro Stella2, la vendetta! Ma cosa ci posso fare se ogni secondo passato con Marco mi resta scolpito nell’anima, come se l’avessi scritta con un pennarello indelebile?

Ieri siamo andati ad una mostra di quadri di un suo professore, sai quanto adora l’arte, e giuro che se non ci fosse stato lui al mio fianco avrei dato di matto nel vedere decine di quadri in cui non si capiva un tubo, fin troppo astratti e dalle forme incomprensibili. Eppure, non potevo non sorridere nel vedere l’espressione rapita che assumeva ogni volta che un quadro attirava la sua attenzione in modo particolare, e alla fine, al ventottesimo quadro, quando l’ha notato ha detto: “Perché mai allora non ridi anche quando guardo te così?”. Ho smesso di ridere all’istante e ho abbassato lo sguardo come la più grande delle deficienti, finchè non ho sentito il suo braccio attorno al mio fianco e la sua voce che mi sussurrava che anche lui ne aveva abbastanza di quella mostra e voleva andare a mangiare qualcosa con me *_*.

Comunque, non ti dico quante risate che si fa zia Kitty quando le parlo di me e Marco… Dice che siamo nati per essere una coppia, un insieme di due persone che non avrebbero il loro fascino al fianco di qualcuno che non sia l’altro. Ricordo ancora quando le dissi che io e lui stavamo insieme… Hai presente un terremoto con i capelli rossi e due braccia pronte a stritolarti? Ecco, quella era lei. Per non parlare dei nonni! Due giorni fa mi hanno beccata mentre” salutavo” Marco fuori al portone, ma non hanno fatto obiezioni e sono felici per me. L’unica ancora incredula e scettica ormai è Miriam, che non vede l’ora di averci come ospiti alla sua festa per i diciannove anni dopodomani…

Ora vado, tra un po’ devo chiamare papà e vedere che sta combinando e soprattutto sapere quando cavolo finisce quel servizio che gli ha assegnato la redazione!

Luna.

Posai il diario e la penna in quello che chiamavo il “Mio cassetto segreto” e mi affrettai a prendere il cellulare. Papà era partito da quasi un mese e ogni santa volta che lo chiamavamo diceva che sarebbe tornato a breve, ma così dicendo erano passate già tre settimane. Ero un po’ preoccupata, anche se non avevo motivo di esserlo, ad essere onesti.

In realtà da quando stavo con Marco non avevo avuto modo di pensare più di tanto alla sua assenza dal momento che ero presa dalle nostre uscite, solo che non volevo farlo insospettire con telefonate rade e rapide.

Stavo giusto componendo il numero che la vibrazione mi informò di un sms ricevuto e sorrisi nel vedere la bustina gialla sul display. Ovviamente, dimentica dell’azione che stavo per compiere, mi precipitai a leggere, vedendo che il mittente fosse Marco.

“Mi hanno convocato per la partita di domani… Vieni all’allenamento oggi? Voglio presentarti un paio di amici”.

“Ok… Basta solo che poi mi dedichi qualche canestro, sempre se riuscirai a farlo, distratto dalla mia presenza XP” risposi ridacchiando. Inviai l’sms e attesi trepidante una risposta, che come al solito non si fece attendere.

“Mi dispiace ma durante gli allenamenti il mio unico amore è sempre e solo la palla da basket, che almeno non può parlare e infastidirmi come fai tu XP XP XP”.

“Che scemo” dissi ad alta voce, salvo poi scoppiare a ridere a più non posso. Lo adoravo ancora di più quando ci prendevamo in giro, se possibile, tranne quando eravamo soli e finivamo col fare a gara a chi si buttava di più addosso all’altro tra una carezza e un bacio e l’altro, ovvio…

“Qualcuno qui sta ridendo?” chiese la voce gaia della mia gemella, entrando nella stanza. Mi voltai e la vidi mentre teneva in mano una pila di biancheria intima appena lavata e la poggiava sul suo letto.

Annuii e mi affrettai a rispondere all’sms, ricordando che più tempo ci avrei impiegato nel rispondere e più soddisfazione gli avrei dato.

“Allora presenta la palla ai  tuoi amici e sbaciucchiati lei la prossima volta U_U” risposi rapidamente, salvo poi dedicarmi a mia sorella che aveva l’aria di volermi dire qualcosa.

“Stasera i nonni vanno a cena da Flavia e Clemente” disse con noncuranza. “Per cui volevo dirti che se vuoi puoi invitare Marco a casa visto che io e Mario andiamo al cinema” aggiunse.

La guardai un po’ incredula, levando un sopracciglio. “Da dove esce tutto questo altruismo?” chiesi, fissandola con aria sospetta.

“Dal semplice fatto che non mi va di stare chiusa in casa, fidati” dichiarò, sbadigliando. “Già sto sempre chiusa in quel negozio…”.

“Il lavoro inizia a pesarti, eh?” osservai, prima di notare che Marco mi aveva risposto.

“Che rispostacce! Ho capito, devo raddolcirti un po’… Ti passo a prendere alle cinque e andiamo a prendere una bella creepes, che dici?”.

Sorrisi tra me e me e Stella rise.

“Va bene scemo. E porto il cd di Vasco che ascolteremo in auto così  ti romperò le scatole per fartela pagare!”

“Ma tu non mi rompi mai le scatole, semmai me le fai solo girare un po’ ma è per questo che ti amo… ;-)”

“Ti sei salvato in calcio d’angolo con la frase finale… Ti amo anch’io”.

Ero consapevole del fatto che se qualcuno avesse letto gli sms che io e Marco ci mandavamo, raramente avrebbe compreso che stavamo insieme, ma io ero felice per questo e per il fatto che non fossimo una di quelle coppie smielate e monotone.

Erano le quattro e un quarto, così iniziai a prepararmi per l’uscita e stavo giusto sistemando i capelli che mia sorella, mentre si infilava le sue amate Hogan bianche, disse improvvisamente: “Stamattina ho visto Paola”.

Mi rabbuiai all’istante e le lanciai un’occhiataccia attraverso lo specchio: da quando io e quella ragazza non eravamo più amiche il solo sentila nominare mi faceva imbestialire perché davanti a me non vedevo altro che l’ennesima delusione in ambito delle mie amicizie e non sopportavo tutti gli artifici e le idee che si era fatta su di me. “E allora?” chiesi strafottente.

“E allora c’è che non mi ha salutato e mi ha girato la faccia. Non voglio farti arrabbiare nominandola, ma il fatto è che non mi capacito di cosa sia stata capace! Intanto, però, te l’avevo detto che teneva Antonio lontano da te…” disse con una strana aria saggia mentre si rialzava e prendeva la borsa.

“Carissima, non so che farmene del tuo “te l’avevo detto”, lo sai, no?” sbuffai, posando la spazzola e voltandomi verso di lei.

“Io so solo che se fossi stata in te le avrei dato molto di più che un semplice schiaffo” disse risoluta. “E suo fratello non è da meno, rompere l’amicizia con Marco e cambiare squadra solo perché di sicuro gliel’ha ordinato la sorellina…” disse con disprezzo, e così dicendo indossò il cappotto e mi salutò.

Esitai un minuto, ricordando gli avvenimenti che si erano succeduti dopo la fine dei rapporti tra me e Paola: Mattia aveva fatto una partaccia a Marco per non avergli detto di essere interessato a me, ovviamente aveva difeso Paola in tutto e per tutto, avevano litigato e lui aveva accettato la proposta di un allenatore di Caserta, così che non dovesse più stare nella squadra di Marco.

Spesso mi ritrovavo a pensare che probabilmente io e Marco avevamo sbagliato nel non esporre i nostri sentimenti con i nostri amici, ma che colpa ne avevamo se a stento noi eravamo certi di ciò che provavamo per l’altro, presi dalle lotte con il nostro orgoglio e la convinzione di non interessare all’altro?

Il suono del citofono mi risvegliò dai miei pensieri, così risposi e dissi a Marco di aspettare qualche minuto. Presa da un’improvvisa idea, aprii il frigo e la dispensa, e dopo aver appurato che ci fosse cibo a sufficienza, mi dissi mentalmente di dover comprare solo qualche candela.  

“Stasera sei invitato da me per una cenetta intima!” esclamai appena entrai nell’auto, per poi baciare il mio ragazzo che mi trattenne a sé che per chissà quanto tempo prima di staccarsi e lanciarmi un’occhiata curiosa. “I nonni non ci sono e Stella esce con Mario” spiegai, allacciando la cintura.

Si aprì in un sorriso ed annuì con fermezza. “Perfetto allora! Ci voleva proprio una seratina solo per noi due…” aggiunse a bassa voce, guardandomi con profondità.

Dire che udendo quel tono non mi stessi sciogliendo sarebbe stata una bugia colossale, ragion per cui cercai di sostenere il suo sguardo finchè non finimmo per baciarci di nuovo, questa volta come se avessimo dei tentacoli che ci impedivano di scioglierci. Ero decisamente partita per quel pianeta in cui esistevamo solo io e Marco, ormai ne ero consapevole mentre lo avvertivo stringermi con sempre più decisione e avvertivo il suo respiro incontrollato più che mai… E maledii mentalmente l’auto della signora del secondo piano che, alle nostre spalle, iniziò a suonare il clacson infastidita dato che doveva parcheggiare. Scoppiai in una risatina nervosa mentre il mio ragazzo sbuffava e ritornava alla guida.

“Secondo me è stata una cattiva idea inviarti all’allenamento, mi sa che non riuscirò a fare nemmeno mezzo punto” annunciò mentre entravamo nel Palazzetto dello Sport, rigorosamente mano nella mano.

“Meraviglioso! Non sai che la squadra avversaria mi ha ingaggiata proprio per distrarre il fuoriclasse dell’altra squadra?” ironizzai, felice più che mai. Grazie  a lui avevo dimenticato i brutti pensieri che prima stavano occupando la mia mente.

“Almeno i miei avversari hanno bei gusti… Ehi, ragazzi!” esclamò improvvisamente, muovendo la mano libera in direzione di due ragazzi che parlottavano tra loro vicino una porta bianca. Eravamo entrati nel Palazzetto e c’era un via vai di gente, sia delle squadre che avevano appena finito l’allenamento che di quelle che stavano per iniziare. I due ragazzi alzarono lo sguardo e gli fecero un cenno, prima di bloccarsi alla mia vista.

Marco sorrideva, sicuro di sé.

“Mirko, Luigi, lei è Luna” disse, indicandomi con un qualcosa che, con mia somma gioia, poteva tradursi in fierezza.

I tipi chiamati Mirko e Luigi- entrambi bruni con gli occhi scuri e la solita stazza enorme, tipica dei giocatori di basket- erano ancora increduli mentre mi stringevano la mano ed io li salutavo. Marco notò che sembravo sorpresa dal comportamento dei due ragazzi, per cui si congedò e mi condusse fino alla spogliatoio. “Tutti sono rimasti colpiti sia da te che da Stella quando veniste all’inizio di dicembre” spiegò. “E non credevano che sarei riuscito a stare con te” aggiunse, con una certa soddisfazione.

“Ah, ed è così che ti vanti,eh?” lo presi in giro, dandogli un colpo sul braccio.

“Si, proprio come fai tu” rispose, stringendomi a sé.

“Io non mi vanto di te” protestai, ma ormai era inutile lottare contro di lui, la sua presa sempre più forte e il suo viso sempre più vicino al mio…

“Ehm ehm, scusateci piccioncini” disse la voce di Luigi mentre ci stavamo baciando, approfittando del fatto che lo spogliatoio fosse ancora vuoto. Sentii Marco sbuffare sulle mie labbra prima di allontanarsi e guardare con rimprovero i suoi compagni.

“Ok, ho capito, io vado sugli spalti” dissi, comprendendo che al momento il mio ragazzo avrebbe dovuto rispondere alle numerose domande dei suoi amici proprio come era toccato a me quando avevo detto la novità a Miriam e ad alcune amiche dell’Università che avevo conosciuto ultimamente.

Uscii dalla stanza e poco dopo mi ritrovai seduta sugli spalti, con un paio di tipe dietro di me che aspettavano entusiaste l’entrata dei ragazzi in campo.

“Io ho sentito che il numero diciassette è niente male” disse una delle due, di cui non potei distinguere il volto vista la sua posizione, ma potevo comunque percepire l’eccitazione che palpava ogni parola da lei pronunciata.

“Ma che, il numero dieci è il migliore, è un fenomeno in tutti i sensi, bellissimo, bravo e affascinante!” rispose l’altra.

Sorrisi ascoltando quella mezza conversazione, ricordando quando ero andata lì la prima volta con Miriam. Fu in quel momento che mi resi conto di non sapere che numero avesse Marco.

Aspettai una decina di minuti, poi vidi l’allenatore entrare insieme ai ragazzi.

“Ecco, ecco il numero dieci! Quello con i capelli neri!”continuò imperterrita la ragazza, evidentemente indicando anche con il dito.

All’udire quella frase scattai su, e fui pervasa da un moto di gelosia quando notai che il numero dieci fosse proprio Marco. Lo conosceva?

“Ho capito chi è! Hai ragione, è troppo figo, quello due anni fa stava con Claudia, l’amica di mia sorella, hai presente…?”.

Ignorale,ignorale e basta, tanto è tutto tuo… mi diceva in continuazione una vocina dentro di me, e non so quanto sforzo impiegai per ascoltarla.

L’allenamento proseguì rapidamente, non riuscivo a non staccare gli occhi di dosso a Marco; pensare che tre mesi prima l’avevo definito sudato e in condizioni peggiori di una scimmia per descriverlo mentre giocava mi risultava assurdo. Era come se al momento per lui esistesse sola la palla e il suo corpo con cui si muoveva armoniosamente, come se stesse danzando… Segnò numerosi canestri e lo vidi guardarmi con la coda dell’occhio, sotto le incitazioni dell’allenatore che gli chiedeva di passare la palla ad un altro ragazzo.

“Ooooh, che darei per poter essere quella palla ed essere toccata così da lui!” disse una delle ragazzine all’improvviso.

“Si, che dici, dopo scendiamo a congratularci?” propose l’altra.

L’udire quelle parole fece sì che la mia gelosia aumentasse del triplo, così mi dissi di fare un bello scherzetto alle due tipette appena ne avrei avuta l’occasione.

“Si! Così semmai riusciamo anche a sapere come si chiama e lo aggiungiamo su Facebook” continuò l’amica.

“Giusto! Così chattiamo, gli chiediamo il numero…”.

Lasciai che le loro fantasie vagassero e raggiungessero limiti mai visti, mentre venivo distratta dal mio cellulare che mi annunciò di aver ricevuto l’ennesimo sms.

“Luna, appena puoi vieni a casa, devo dirti un po’ di cose…”

Era zia Kitty. Subito risposi con un: “Ok, ma posso avere un’anticipazione?” sperando che non si trattasse ancora di eventuali sofferenze dovute ancora a quel Giuliano. Mi sentivo un po’ in colpa perché nelle ultime settimane c’ero stata poco e niente per lei, presa da Marco, per cui volevo subito rimediare.

“No, niente anticipazioni! Ti aspetto a casa domani pomeriggio, ok?” furono le sue uniche parole di risposta, così fui costretta a rassegnarmi e a ritornare ad ascoltare il chiacchiericcio delle due ochette, che si spense solo quando il Mister fischiò segnando la fine dell’allenamento. Senza che gli dicessi nulla, Marco mostrò l’intenzione di volermi raggiungere sugli spalti e, ovviamente, notandolo, le due ragazze iniziarono a fremere.

“Mi avrà notata, ne sono certa!” esclamò una.

“No, avrà notato me!” protestò l’altra.

Non riuscii a non trattenere un sorriso quando, contro ogni loro rosea previsione, Marco si avvicinò a me con un sorriso stampato in faccia.

“Amore, sei stato bravissimo!” dissi con enfasi per poi baciarlo rapidamente, nonostante fosse sudato. “Permetti che ora sono io che mi vanto per un minuto di te!” sussurrai, e così dicendo mi voltai verso le due ragazze che ci guardavano allibite, con l’aria simile a quella di un killer che sta progettando l’omicidio del secolo.

“Scusatemi, ma ho cercato di farvelo capire nel modo più educato dopo tutte le vostre congetture e sogni che purtroppo devo infrangere” dissi, con una faccia tosta che non sapevo di possedere, cercando di non ridere mentre continuavano a fissarmi, questa volta con più odio che incredulità.

Presi Marco per mano e lo condussi lontano dalle loro maledizioni, spiegandogli il tutto con adeguati particolari, con il risultato che per un pelo non si piegò in due dalle risate.

Era in quei momenti che capivo che ormai lui per me era molto di più che un semplice fidanzato; ormai era una persona su cui avevo fatto totalmente affidamento, e adoravo condividere con lui ogni singola gioia ed emozione perché avevo l’impressione che riuscisse a capirmi già prima che terminassi di esporre il mio pensiero.

“Lo sai cos’è
Io non posso stare senza te”

Un’ora dopo eravamo a casa dei nonni, e mentre lui se ne stava spaparanzato sulla sedia dopo le innumerevoli fatiche dell’allenamento, io cercavo di cucinare qualcosa che, nel suo insieme, potesse almeno remotamente definirsi cena.

“Che ne dici se questo fine settimana non diciamo ai miei che stiamo insieme? Ormai sono convinto che sospettano qualcosa…” propose mentre cucinavo dei wurstel nella padella.

Mi bloccai, arrossendo un po’. “Perché dovrebbero sospettare?” domandai evasiva, ancora di spalle.

“Perché mi chiedono sempre come mai esco così spesso ultimamente, perché faccio più tardi del solito, e soprattutto perché sono sempre sorridente…” spiegò, decidendo di alzarsi e avvicinandosi con passo felpato, per poi abbracciarmi da dietro. “Per te è un problema?” aggiunse premurosamente.

“In realtà io… Non lo so, mi sento in imbarazzo, ecco” ammisi, voltandomi verso di lui, dimentica del cibo in padella.

Lo fissai negli occhi e vi lessi un moto di comprensione. “Capisco. Ma lo sai che mamma ti adora, vero? Non fa altro che chiedermi di te, cosa che con Stella non è mai successa” mi fece notare, continuando a fissarmi deciso.

Esitai, senza sapere cosa dire. Il perché del mio comportamento non lo sapevo nemmeno io… Non volevo tenere segreta la mia relazione con Marco, ma era come se avessi paura che, una volta usciti allo scoperto al cento per cento, qualcuno avrebbe potuto portarmelo via, proprio come quelle ragazzine poco prima all’allenamento. Era la mia prima storia, e per di più era partita con buoni propositi ed una certa serietà, ma ciò non voleva dire che dovevamo sentirci soffocati da cene di famiglia e via dicendo, non volevo che un domani, nel caso qualcuno dei due avrebbe deciso che non se la sentiva di continuare la relazione, si sarebbe dovuto sentire condizionato dal fatto che i genitori già sapessero tutto e questo potrebbe portarlo all’astenersi da prendere un provvedimento, anche se era un brutto pensiero da fare visto che eravamo così felici.

Ma comunque, ripensandoci, non dovevo farmi condizionare da quei pensieri, e i signori Valenti erano delle splendide persone che non si sarebbero comportate “all’antica”.

 “E va bene, glielo diciamo, ma lo sai che voglio che ciò non cambi nulla, niente cene frequenti dai suoceri e via dicendo” acconsentii infine, decidendo di mettere i puntini sulle i.

“Ovvio, e poi non le sopporterei. Mia madre potrebbe tirare fuori da un momento all’altro un album di vecchie foto e videocassette e mettermi in imbarazzo…” rispose lui, cercando tuttavia di mettere la situazione sull’ironico.

Sorrisi al solo pensiero, prima di sentire un certo fruscio provenire dalla padella e ricordarmi dei poveri wurstel quasi abbrustoliti. “Oddio!” esclamai, liberandomi dalla sua presa e spegnendo subito i fornelli, mentre Marco iniziava a ridere come un cretino, guadagnandosi una serie di occhiate torve.

“Diciamo che il cibo troppo cotto non è il mio preferito, giusto per fartelo sapere per un’altra eventuale cenetta” disse sarcastico un quarto d’ora dopo, mentre mangiavamo i wurstel conditi con ketchup e accompagnati da alcune frittelle a lume di candela. Se la rideva un mondo, il signorino, sembrava così divertito… In quei momenti mi veniva da chiedermi se non si fosse messo con me solo per assicurarsi delle risate certe a causa della mia goffaggine ogni santo giorno.

Non risposi, decidendo di fingermi offesa, mentre mangiavo una frittella.

“Eddai, scherzavo, lo sai che non sono un bravo consolatore” sussurrò, un po’ più serio.

“E’ solo colpa tua perché mi hai distratto con i tuoi discorsi. A Firenze ero io la cuoca di casa, quindi devi ringraziarmi se la tua migliore amica non è mai morta di fame o di colesterolo per tutte le volte che sarebbe dovuta andare al Mc Donald’s in assenza di mamma” ribadii seria , con un tono glaciale. E, senza dire altro, fregai un wurstel dal suo piatto e ne mangiai un pezzo. “Visto che ti fa tanto schifo…” spiegai con nonchalance.

Mi guardava senza parole, non capivo se stesse per scoppiarmi a ridere in faccia o meno.

“Che c’è? So che sono bella da guardare, ma l’aria da pesce lesso non ti dona” sbuffai. Cavoli, e meno male che volevo fare la finta offesa! Me la stavo pendendo sul serio, non era possibile…

“Invece a te quella arrabbiata ti dona eccome” se ne uscì lui, per nulla turbato, e sii riprese la metà del wurstel che mi ero gentilmente fregata.

Ci scambiammo un’occhiata truce prima di scoppiare e ridere eccessivamente circa la nostra stupidaggine. Il risultato fu che completammo la cena con una busta di patatine e una di pop corn, io rigorosamente seduta sulle sue gambe e lui che sembrava badare più al cibo che a me, che ogni tanto fingevo di imboccarlo per poi mangiare  a mia volta la patatina che volevo dargli.

Non erano nemmeno le dieci che sentimmo la chiave nella toppa della porta d’ingresso, mentre continuavamo a mangiare, e non ci muovemmo certi che fosse Stella visto che i nonni non si portavano mai le chiavi dietro, sapendo che o io o mia sorella fossimo in casa. Ragion per cui feci un balzo di mezzo metro quando vidi entrare in cucina papà, che ci fissava allibito.

“P-papà!” biascicai, rossa in viso, mentre Marco si passava una mano tra i capelli, imbarazzato. “Bentornato” aggiunsi, cercando di alleviare la pillola. Era sempre stato molto geloso, quindi di certo non gli doveva aver fatto molto piacere vedermi addosso a un ragazzo, abbracciata a lui mentre mi accarezzava i capelli ed io lo stavo imboccando. Sentii il mio ragazzo deglutire a forza la patatina che gli avevo dato prima di guardarmi nervosamente.

“Ciao Luna, ciao Marco, a quanto pare mi sono perso qualcosa in mia assenza…” disse, con un tono quasi severo, ma poi, cosa che credevo fosse un miraggio, mi sorrise calorosamente. “Sapevo già che vi foste messi insieme” spiegò pazientemente, prima di avvicinarsi e abbracciarmi con calore.

Lo guardammo con tanto d’occhi, stupiti.

“E chi…?” chiesi, ma lui mi interruppe.

“Ti spiego tutto dopo” disse, per poi voltarsi verso Marco. “L’ho sempre saputo che eri cotto di mia figlia, ragazzo, ma ho sperato fino all’ultimo che continuaste a fare finta di nulla, cosa che ovviamente non è successa. Mi raccomando, se ti azzardi a fare un passo falso te la vedi con me” e così dicendo sorrise candidamente prima di far scoccare le nocche in un modo alquanto minaccioso.

Lui restò un attimo interdetto prima di annuire e ricambiare il sorriso, stringendogli la mano. “Ma certo, stia tranquillo, anche perché credo proprio che Luna se la sappia cavare da sola…”.

“Infatti, diglielo”  ribadì, facendo l’occhiolino.

“Resta il fatto che mi stai più simpatico di tuo fratello, Marco” disse infine papà, e mi lasciai scappare un risolino, contenta che non fosse stata una cosa imbarazzante.

“Luna, ho chiamato Stella e sarà qui a momenti, dovete venire un attimo con me che vi devo dire una cosa importante. Puoi venire anche tu, Marco, tanto mi sa che viene anche Mario” aggiunse educatamente.

“Cosa ci devi dire?” chiesi subito, un po’ preoccupata. “Quella della redazione ti hanno proposto di lavorare per sempre fuori?”.

“Ma no, Luna, no. E’ una cosa che credo vi farà molto piacere” mi rassicurò, e fu così che venti minuti dopo io, Marco, Stella e Mario ci ritrovammo in macchina con lui, tra le strade silenziose di Maddaloni.

“Non capisco da dove provenga tutto questo mistero, papà, mi stai facendo morire dalla curiosità” sbottò Stella ad un certo punto, ed io annuii con vigore. Marco e Mario se ne stavano in religioso silenzio, quasi come se si sentissero imbarazzati.

“Ne varrà la pena, Stella, credimi” disse solo papà, e non potei non dargli ragione quando lo vidi sostare a via Nino Bixio, davanti al condominio in cui avevamo vissuto prima di partire tutti per Firenze.

“Non ci posso credere! Papà, vuoi dirmi che torneremo a vivere qui…?” chiesi subito, sentendo un’eccitazione pervadermi. Il palazzo era sempre lo stesso, con sei piani e delle balconate enormi, sulle quali io e Stella da piccole prendevamo il sole per imitare le ragazze delle pubblicità, in estate, o facevamo deporre la piscina gonfiabile.

“Tutto a tempo debito, un attimo di pazienza.  Resta il fatto che dovete salire, su” rispose rapidamente, aprendo il cancello e facendoci segno di seguirci.

“E’ la nostra vecchia casa” sussurrò Stella a Mario.

Ritrovarsi in quel condominio fu strano, tutto mi parve decisamente più piccolo di quanto ricordassi, forse perché all’epoca ero ancora una bambina; ricordavo che le scale fossero chilometriche, la finestra di ogni piano mi era sempre sembrata troppo alta per potermici affacciare, invece ora avevo la sensazione di essere una gigantessa in confronto alle vecchie proporzioni.

L’emozione di ritrovarmi davanti la porta del quarto piano, in noce come sempre con una targhetta dorata con su scritto i nomi dei miei genitori fu indescrivibile.

“Nessuno ci ha mai più abitato qui?” domandai, ma non aspettai risposta dal momento che vidi papà suonare il campanello.

“Perché suoni…?” domandai, ma la domanda mi restò intrappolata in gola quando vidi la porta essere aperta e, dietro di essa, comparire mia madre, sorridente e in ghingheri come al solito.

Io e Stella ci bloccammo, interdette, e probabilmente i ragazzi si guardarono confusi.

“Mamma?” biascicammo senza capire, e non ricordo come e perché mi ritrovai seduta nel nostro vecchio salone, con le pareti color pesca che prima invece erano bianche. C’era la stessa mobilia del solito, ma si vedeva che era stato messo tutto a nuovo. Non ci capivo nulla, cosa poteva mai significare tutta quella situazione?

“Ci potete spiegare cosa succede?” chiesi infine Stella, non potendone più di tutto quel mistero.

Papà e mamma si guardarono con uno sguardo d’intesa, all’impiedi al centro della stanza. Sembravano nervosi e noi non riuscivamo ad afferrarne il significato.

“Innanzitutto non posso non esprimere il mio consenso per il fatto che stai con Marco, Luna!” iniziò mamma. Sbuffai, e con una certa nota di disapprovazione vidi mia sorella guardarsi intorno un po’ imbarazzata.

“Gliel’hai detto tu?” chiesi, incrociando le braccia.

Stella continuava a guardarsi intorno, evasiva. “Beh, si, continuava a chiedermi di te e così…”.

“Cosa ti avevo detto, piccolina? Due mesi e mi dirai che state insieme, anche se a dirmelo è stata tua sorella! Oh, come sono felice, posso abbracciarvi…?” la interruppe mamma, con il suo solito brio, stringendo me e Marco con fare fin troppo coinvolgente. Ecco chi aveva detto a papà di noi! Se  Stella l’aveva detto a mamma,era ovvio che lei lo avesse detto a papà…

“Grazie, signora…” borbottò Marco.

“Chiamai Cristiana, caro!” gli impose lei, così annuì e mi guardò con un mezzo sorriso.

“Si, ma ora volete dirci cosa ci facciamo qui e perché mamma è qui a Maddaloni?” chiesi spazientita, appoggiandomi con le schiena contro il divano, in attesa di una buona e esauriente spiegazione.

Annuirono, e dopo un’ultima occhiata papà iniziò con un: “Vedete, ragazze, vi ho mentito. In questo mese non ho lavorato, ma sono tornato a Firenze da vostra madre. Quando Luna è stata male, ci siamo ritrovati a parlare dei vecchi tempi, quando voi eravate piccole e vi ammalavate e facevamo i turno per starvi vicino, e non so come vostra madre mi ha confessato di aver deciso di lasciare Carlo perché in quella situazione aveva capito che ciò che provava per lui non si poteva remotamente chiamare amore”.

Tutti e quattro li guardammo con tanto d’occhi, fin quando, dopo una breve pausa, mamma non prese la parola.

“Così ho chiesto a vostro padre se gli andava di aiutarmi a lasciare Carlo, per questo lui, contro ogni mia aspettativa, ha accettato e ci siamo messi d’accordo per una sua eventuale visita appena si sarebbe liberato dal lavoro. A febbraio è venuto, mi è stato vicino quando ho detto a l’altro che era finita, e poi… Poi è stato tutto un caos, e in pochi giorni abbiamo capito che probabilmente, come siete cresciute voi siamo cresciuti anche noi insieme all’affetto che proviamo per l’altro e abbiamo deciso di ritornare insieme, cercando di recuperare questi otto anni  persi ma che comunque ci sono serviti” terminò, e fu una cosa bellissima vederla afferrare la mano di papà con decisione.

Stella scoppiò in un’esclamazione gioiosa mentre io non riuscii a non commuovermi con qualche lacrima di troppo. I miei genitori di nuovo insieme? Era magnifico, il regalo che tutti i ragazzi che hanno i genitori separati vorrebbero ricevere. Cercai di nascondere le mie lacrime, ma Marco comprese e mi strinse a sé, proprio come mamma e papà poco dopo.

“E’ b-bellissimo” riuscii solo a biascicare, sorridendo tra le lacrime.

“Allora è per questo che siamo qui? Torneremo a vivere in questa casa?” chiese speranzosa mia sorella, ancora abbracciata a mamma.

I nostri genitori si guardarono per un attimo prima di sospirare.

“In realtà no, cioè , abbiamo riflettuto molto e abbiamo deciso che non è giusto che stiate ancora sulle spalle dei nonni e sapendo che non avreste lasciato di nuovo Maddaloni” e così dicendo papà lanciò uno sguardo molto colloquiale ai due ragazzi, “Abbiamo comprato di nuovo l’appartamento per consentirvi di viverci da sole, visto che noi, se per voi va bene, vorremmo vivere insieme a Firenze. Vostra mamma mi ha già trovato un lavoro in una redazione lì, la stessa in cui lavoravo prima della separazione….”.

“Ma se voi volete ancora vostro padre vicino non ci sono problemi, verrò nei week end….” aggiunse subito mamma, vedendo che io e Stella non rispondevamo.

Alla fine ci guardammo con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi: “Ormai siamo abbastanza grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a essere felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni tanto…”.

Stella fece un cenno di assenso, stringendomi un braccio. “Si, e poi noi abbiamo Marco e Mario che baderanno a noi” disse con un sorriso.

“In realtà è questo che mi preoccupa” borbottò papà, sempre ironico, e fu così che decidemmo che quella sarebbe stata la nostra casa per la seconda volta.

Io e Stella da sole in casa, senza nonna Luciana che ci preparava pranzo e cena e teneva in ordine l’appartamento… Bollette da pagare, spese da fare, panni da lavare e stirare… Di certo non ci aspettavano dei mesi semplicissimi, ovvio, ma la cosa bella era che non eravamo sole e poi, dopo i diverbi che avevamo superato, convivere da sole risultava la cosa più semplice del mondo.

 

*°*°*°

E così eccoci arrivati all’ultimo capitolo prima dell’epilogo! Cosa dire, mi sento stranamente emozionata, anche perché quando ho iniziato a scrivere questa storia quel non troppo lontano 29 settembre ero così indecisa che ho riscritto i primi due capitoli centinaia di volte. Non so perché, ma ho sempre contato molto su questa storia, più che altro è stata una mia sfida personale perché ho parlato di cose che non fanno parte della mia realtà: non ho una sorella, non ho una zia fantastica come zia Kitty, purtroppo non ho mai conosciuto i miei nonni (nel senso quelli maschi), non sono un’universitaria, non ho i genitori separati e ovviamente non ho mai avuto l’opportunità di conoscere il “Mio Marco”. Non dico questo perché in una fic si debba inserire la propria fotocopia, assolutamente, era solo per cercare di farvi capire che più che altro è stato un progetto di immedesimazione e immaginazione allo stato puro, quindi mi scuso per eventuali errori commessi, passaggi non approfonditi etc…

E con questo vi dico che purtroppo non sono riuscita a scrivere nemmeno tutto il primo cap della seconda parte, cosa a cui tengo assolutamente ma che purtroppo mi sta capitando di scriverla in un periodo che non è uno dei più rosei, specialmente dal punto di vista creativo. Vi è mai successo di leggere qualcosa da voi scritto e pensare che non valga assolutamente la pena leggerlo? Ecco, io ora mi sento così. Non che mi sia mai vantata di essere eccellente, al contrario, ma quel poco di soddisfazione e entusiasmo che provavo leggendo i vari cap mi è passata e non so nemmeno perché, così, all’improvviso. Ogni volta che provo a scrivere mi ritrovo a cancellare quasi tutto senza esitazione, e ciò non fa altro che spaventarmi perché non mi era mai successa una cosa simile; il massimo che mi è capitato in questi quasi tre anni che pubblico fic è stata la mancanza d’ispirazione, nulla più. Questo è uno dei motivi che mi hanno condotto ad aggiornare in ritardo, oltre al fatto che a scuola mi sono iscritta ad un corso di teatro che mi sta sottraendo del tempo. Mi scuso per lo sproloquio, ma volevo solo farvi capire uno dei motivi che probabilmente mi porterà a pubblicare solo il prologo della seconda parte e che provvederò ad aggiungere i capitoli successivi appena questo periodo passerà, perché ci tengo molto a questa storia e non vorrei danneggiarla scrivendo in un momento no, anche perché ho tantissime idee che mi balenano in testa e spero di riuscire ad esporle nel migliore dei modi il più presto possibile.

Detto ciò, ringrazio di cuore tutti coloro che seguono questa storia, la inseriscono tra i preferiti e le seguite e che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero Lola SteP, XXX_Ice_Princess_XXX e Cricri88. Grazie di cuore!

 La vostra milly92.

 

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


epilogo

Epilogo

“Vuoi tu, Caterina Solari, prendere il qui presente Michele Crescenti come tuo legittimo sposo, promettendo di rispettarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nelle malattia, in ricchezza e in povertà finchè morte non vi separi?”.

La voce di Padre Eugenio riecheggiò nella chiesa, ma io quasi non lo ascoltavo, presa dall’emozione mentre per la primissima volta nella mia vita non facevo altro che pensare ad una frase in stile Baci Perugina, ovvero che alla fine l’amore trionfa sempre nonostante tutti gli ostacoli. Qualche mese prima mi sarei sparata al solo pensiero di poter pensare una simile frase sdolcinata, eppure eccomi lì, che cercavo di non piangere per la gioia mentre la mia zia preferita si stava per sposare con l’unico uomo che a mio giudizio l’avrebbe mai potuta meritare.

“Si, lo voglio” rispose lei, bellissima nel suo abito nuziale immacolato, come l’aveva sempre desiderato, abbastanza sfarzoso e decorato.

“Ehi, calmati, così inonderai la chiesa” mi sussurrò papà all’orecchio, stringendomi il braccio.

“Insensibile” soffiai in risposta. Ce ne stavamo ai lati della zia, visto che lei ci aveva scelto come testimoni di nozze, mentre di fronte a noi se ne stavano la sorella e un cugino di Michele.

Nel frattempo, il sacerdote aveva formulato la fatidica domanda anche a quest’ultimo, emozionato come non mai.

“Si, lo voglio”.

“Allora io vi dichiaro marito e moglie”.

Mi alzai dalla panca come un’ossessa e iniziai a battere le mani, entusiasta al massimo, mentre loro due si scambiavano un bacio d’affetto. Ero troppo felice, quasi come se a sposarmi fossi stata io.

Organizzare quella cerimonia era stato abbastanza difficile visto che avevamo avuto solo un mese a disposizione; infatti, il giorno dopo aver saputo che mamma e papà erano tornati insieme ero andata a trovare la zia come mi aveva detto ed ero rimasta felicemente scioccata nel trovare Michele nel soggiorno, che mi guardava felice. Durante quei venti giorni in cui non ero stata molto presente, loro due erano usciti insieme numerose volte dopo essersi incontrati per caso al cinema e così i loro sentimenti erano venuti a galla e la zia non aveva esitato a capire cosa rappresentasse ormai per lei quell’uomo così garbato e dolce.

L’idea di sposarsi li aveva colti ad aprile; ormai certi del loro amore non avevano esitato a darci la notizia ed ora eccoci in quella chiesa, in cui si erano sposate due persone che avevano dimostrato che sul serio non c’è un’età precisa per innamorarsi e che alla fine aspettare senza mai accontentarsi della prima proposta ripaga sempre.

“Oh, quanto sono felice! Mister, ora però sei mio zio…” sussurrai, avvicinandomi alla coppia, già sommersa dagli invitati. Li abbracciai entrambi con slancio e loro ricambiarono. “Vi faccio i miei più sinceri auguri”.

“Grazie, Luna” disse la zia, sorridendomi con sincerità.

“Grazie” ribadì Michele, che quasi stentavo a riconoscere con indosso quel completo così elegante, abituata alla solita misa lavorativa che includeva anche un bel grembiule colorato.

“Su, su, sorella, fammi spazio, largo, largo!” inveì raggiante Stella, spingendomi da parte per congratularsi con gli sposi.

“Sempre gentile e beneducata tu, eh, sorellina?” domandai sarcastica.

“Almeno oggi evitate di discutere” disse una voce al mio orecchio, alias quella del mio ragazzo.

Sospirai e mi voltai verso di lui. “E tanto a te che importa, mica sei tu che hai una sorella che svolge le faccende domestiche mezza volta alla settimana, facendo sgobbare me per tenere la casa in ordine dopo che devo anche studiare!” sibilai tra i denti, poggiando le mani sui fianchi.

Se all’inizio avevo pensato che portare avanti una cosa con Stella sarebbe stato facile, ora avevo capito che avevo sbagliato di grosso: la mia adorabile sorellina lavava i piatti e faceva il bucato solo quando le andava, ovvero al massimo due volte a settimana. Non ordinava mai la sua stanza, lasciava il bagno in condizioni orribili…

“Sempre a contestare tu, sei peggio di una casalinga disperata” disse soavemente Stella, ricomparendo tra la folla.

“Se fossi per te vivremo tra le pulci! Stamattina mi hai fatto preparare in fretta e furia perché hai occupato il bagno per tre ore e hai rischiato di farmi rompere l’osso del collo visto che stavo scivolando a causa del laghetto d’acqua che hai lasciato per terra!” sbottai, con un tono minaccioso se pur sussurrando, onde non far ascoltare nulla alle mie zie spia che sapendo notizie del genere avrebbero trovato pane per i loro denti, dato che rappresentavano ottimo materiale su cui spettegolare.

“Ragazze, ora basta, su!” intervenne Mario, mentre uscivamo dalla chiesa , allontanandoci.

“Tu non t’intromettere” dissi. “Anzi, dì alla tua ragazza che se proprio non vuole collaborare, almeno si metta  a pagare una tata che faccia le cose al posto suo visto che lavora e sa solo spendere i soldi che guadagna comprando vestiti e trucchi”.

“Che cosa..? Ma come osi…?” urlò Stella.

“Ora basta sul serio! Stella, per favore, Luna è solo un po’ nervosa per gli esami, tutti qui…” s’intromise a sua volta Marco, sapendo che mancavano due settimane all’esame di inglese e dovevo ancora studiare moltissimo, cosa che mi era difficile fare con tutti quegli impegni che avevo.

“Ma se fino a mezzo minuto fa era tutta commossa per la zia” puntualizzò lei, prima di allontanarsi con Mario alle calcagna.

Io e Marco ci fermammo davanti la sua auto, mentre tutti gli invitati lanciavano il riso addosso agli sposi.

“Amore, devi stare un po’ più calma, con Stella ci parlo io” cercò di tranquillizzarmi, con un tono a cui era impossibile dire di no, vellutato e rassicurante come sempre. Feci un piccolo cenno prima di abbracciarlo e perdermi nel suo profumo inebriante.

“Si, è solo che ho paura di non andare bene, la notte ho gli incubi… E’ che non riesco a combinare nulla con lei che ascolta la musica e parla al telefono per ore” mi lamentai. Ormai io e mia sorella avevamo passato la fase delle coccole e delle parole dolci dopo la nostra riappacificazione, ora il nostro rapporto era normale, solo che ognuna comprendeva l’altra e  ci sopportavamo; purtroppo il convivere da sole, senza i nonni che ci tenevano un po’ più a bada, aveva fatto sì che ognuna riscoprisse i difetti e le carenze dell’altra.

Marco mi accarezzò i capelli con fare sempre più rassicurante. “Domani andiamo in biblioteca e studiamo ok? Tutto il pomeriggio, da soli, senza nessuno che ci disturba” domandò.

“Si! E poi andiamo a cena fuori?” proposi, colta da quella bella prospettiva rilassante.

“Se abbiamo smaltito il cibo del pranzo di oggi perché no” rispose ridendo, contagiandomi e facendo sì che in un battibaleno ritornassi ad abitare su quella piccola nuvoletta privata in cui solo noi eravamo i protagonisti.

“E, tra parentesi, buon terzo mesiversario” dichiarò.

Lo guardai di sottecchi, con un’aria quasi sarcastica. “Finalmente! Te lo sei ricordato! Di la verità, hai letto che oggi era il nove maggio sulla partecipazione e ti è venuto in mente…” dissi, decidendo di punzecchiarlo un po’ anche se ero certa che le cose non stessero nemmeno così.

“Oh,no, in realtà l’ho ricordato perché sono abituato al fatto che ogni mese io e te festeggiamo giusto un giorno dopo il mio mesiversario con l’altra mia ragazza…” disse con falsa aria da finto tonto, guadagnandosi uno scappellotto. “Miriam, salvami dalle grinfie della mia ragazza!” aggiunse con voce terrorizzata, rivolto a mia cugina che passava per di lì, diretta verso l’auto dei suoi genitori. 

Carina come sempre ed elegante più che mai, lei scosse il capo divertita. “No, se si sta comportando così vuol dire che te lo meriti!” rispose sadica.

“Brava!” approvai con un’occhiata di approvazione, mentre lui si fingeva sconsolato.

Ma quella scenetta idilliaca fu bloccata dal sopraggiungere di Mario, che si trascinava alle calcagna mia sorella, decisamente imbronciata.

Li guardai curiosa, e compresi l’intenzione del ragazzo quando annunciò: “A nome di Stella ti dico che ti promette che sarà più responsabile, ordinata e che rispetterà i suoi turni per quanto riguarda le faccende domestiche”.

Sospirai, incrociando le braccia e scrutando mia sorella che non accennava alcun movimento che potesse farmi capire che era dispiaciuta per i suoi atteggiamenti.

“Allora vuol dire che d’ora in poi tu sarai il mio avvocato, Mario, e mi aiuterai tu con le faccende di casa se la tua ragazza si sottrae. Voglio proprio vedere se hai il coraggio di far sgobbare il tuo povero fidanzatino” spiegai perfida.

Mario assunse un’espressione quasi incredula e sentii suo fratello ridere. “Dì la verità, solo io potevo avere una ragazza così geniale…”.

Stella storse il naso. “E va bene! Sul serio, Luna, farò ciò che mi spetta, nessuna faccenda in più, nessuna faccenda in meno” dichiarò.

“Perfetto” esclamai, e così dicendo ci stringemmo la mano in segno di tacito accordo.

 

 

“Ma è possibile che io e te non riusciamo a non arrivare mai fino alla fine di un matrimonio e dobbiamo sempre andarcene prima?” domandò ridacchiando Marco, appena entrammo nella mia stanza, quella che occupavo nella mia “Nuova casa”. Era simile a quella che avevo a Firenze, con le pareti pesca e una bella scrivania che purtroppo mi ritrovavo ad utilizzare solo per studiare e non, magari, per usare il mio amato portatile.  

“Guarda che gli sposi se n’erano andati da tempo, dimmi perché dovevamo restare lì a sorbirci le chiacchiere degli altri invitati senza motivo” chiesi, sedendomi sul letto e togliendomi le scarpe dal tacco vertiginoso insieme alla stola che avevo abbinato al vestito color lavanda. “E poi è dopo un matrimonio che ci siamo dati il primo bacio” aggiunsi, invitandolo a sedersi accanto a me, chiedendomi che cosa c’entrasse quella frase.

Obbedì come un cagnolino, sorridendo al solo ricordo. “Che mi hai dato il primo bacio” mi corresse con aria da saputello, avvicinandosi sempre di più.

Ci scambiammo uno sguardo complice, a sentendo i suoi occhi blu fissi  su di me mi sentii andare lievemente fuori dai gangheri.

“Intanto rispondesti al bacio come un mezzo assatanato” precisai, scostandomi di qualche centimetro. Come se avessi una calamita, lui mi seguii.

“Sono solo dettagli, e poi avevo i miei buoni motivi” sussurrò, chiudendo gli occhi e poggiando le labbra sulla mia spalla nuda a causa dell’abito a bretelle.

Improvvisamente, socchiudendo gli occhi a mia volta, mi sentii leggera, presa da una strana sensazione paradisiaca che provavo ogni volta che io e lui eravamo solo ed eravamo sul punto di osare un po’ di più.

Avverti il suo tocco arrivare nei pressi del collo, e così mi aggrappai sulle sue spalle. Mano a mano arrivò a baciarmi le labbra, ma brevemente, prima di tornare a torturarmi dal collo in giù.

Non so come in pochi minuti mi ritrovai seduta addosso a lui, intenta nell’allentargli il nodo della cravatta con le mani tremanti e gli occhi ostentatamente chiusi. 

La mia bocca sfiorò il lobo del suo orecchio e, incredula, lo sentii fare degli sforzi sovrumani per astenersi dal fremere, tradito dalla sua espressione rapita. Possibile che potessi avere un simile potere su di lui con un simile minimo gesto…?

“Luna…” sussurrò.

“Si?” chiesi, accarezzandogli il petto, ormai agendo istintivamente, senza meditare ogni mossa.

“E’ meglio se…”.

“Se…?”.

“Se forse ci fermiamo qui per oggi…” disse, ma mi sembrava di percepire una volontà pari a zero. La sua voce roca era maledettamente eccitante ad essere onesti e mi faceva andare ancora di più in tilt.

“E perché?”domandai, visto che non ne avevo la minima voglia.

Esitò, allontanandomi un secondo dal suo viso. “Ma se fai così mi rendi tutto più difficile...”.

“Io credo che così sia più facile, invece… Marco, stiamo insieme da tre mesi e abbiamo sempre fatto i finti tonti! Insomma, io…”. Arrossii ancora di più pronunciando quelle parole, dato che in quei mesi non avevamo parlato mai della nostra prima volta, quasi come se fosse un tabù.  Ogni volta che ci ritrovavamo in quelle condizioni finivamo sempre per fermarci a causa di qualcosa. Avevamo impiegato secoli per metterci insieme, figuriamoci compiere un passo come quello senza fare gli idioti come nostro solito…! “Io voglio farlo con te. E invece mi sembra che la sola idea al momento ti faccia schifo” dissi con sincerità, frustrata. Come faceva a controllarsi così tanto se io invece impazzivo per una minima carezza da parte sua? Voleva dire che c’era qualcosa che non andava in me, che non lo attiravo fisicamente… La sua espressione paradisiaca di poco prima sembrava essere stata solo un’utopia.

Però Marco sembrò pensarla diversamente visto che mi fissò come se stessi dicendo una pazzia. “Amore, ma cosa ti salta in mente? Tu non sai che effetto mi fai… Vuoi sapere la verità?” domandò, alzandosi sui gomiti. “Tu sei capace di farmi perdere la lucidità anche solo compiendo un gesto banale come mangiare qualcosa con un cucchiaino e farmi desiderare di essere al suo posto! Non sai quante volte mi ritrovo a fissarti, pensare a quanto tu sia così eccitante e il pensiero di volerti tutta per me diviene incontrollabile, ma ora non possiamo, Luna, non qui con tua sorella che sta per venire e i tuoi genitori che potrebbero fare la pensata di venirti a salutare da un momento all’altro… Inoltre ti avevo anche promesso che sarei stato un ragazzo esemplare, e voglio che sia così, non dobbiamo correre…” ammise, con un’aria un po’ frustrata che mi fece comprendere quanto in realtà anche lui desiderasse lasciarsi andare.

Non dissi nulla, alzandomi di dosso a lui e cercando di scacciare il rossore dalle mie guance, cosa che non voleva assolutamente andare via. “Per le prime due opzioni ti capisco, ma per quanto riguarda l’ultima, pensa che la scelta sta a me, non puoi decidere al posto mio. Insomma, è ridicolo, se tu vuoi ed io voglio non capisco perché mai…”.

Non potei continuare perché non ne ebbi il tempo,dal momento che Marco mi aveva attratto di nuovo a sé e mi ero ritrovata sul letto, schiacciata sotto il suo corpo, mentre lui mi ribaciava e le sue mani accarezzavano con maestria le mie gambe.

“Lo dico sempre che sei la mia rovina… Saresti capace di farmi esaudire qualsiasi richiesta…” sussurrò.

Sembrava quasi impossessato da un altro spirito, quello del Marco passionale e non più razionale, e la cosa non poteva che piacermi. Era lui il mio sogno proibito, e quasi non credevo possibile di essere lì, su un letto con un ragazzo così magnificamente attraente che riusciva a farmi isolare dalla realtà circostante con gesti semplici, che miliardi di persone di ogni paese, di ogni continente, conoscono da millenni.

“Non mi sembra ti dispiaccia…” ribattei sospirando.

“No, certo che no…”.

Era tutta una serie di sfioramenti, carezze, baci, e gli stavo giusto sbottando la camicia- con le mani che tremavano e un’emozione che mi avvolgeva sempre di più, annebbiandomi il cervello e aumentando la percezione di ogni singolo movimento- mentre sentivo la lampo del vestito scendere sempre più giù avvertii passi nell’ingresso.

“Luna, sei in casa?”.

Ma che cavolo, proprio ora mia sorella doveva decidersi a tornare? Maledii la mia povera privacy ormai andata a farsi benedire, mentre io e Marco ci staccavamo ansanti e correvo a chiudere la porta.

“Si, sono in camera con Marco!” risposi, cercando di utilizzare un tono neutro, cosa che mi riusciva assolutamente impossibile, dato il fiatone. Il mio ragazzo mi guardava tra il seccato e il “cosa ti avevo detto?” e non potei non dargli ragione a malincuore.

“Stanno venendo mamma e papà a salutarci che devono ripartire per Firenze” mi informò, e poi la sentii chiudere con uno scatto la porta del bagno, poco distante dalla mia camera.

“Che palle” sbottai, facendomi aria con la mano.

“Concordo” asserii lui.

“Ma sappi che non è finita qui, riprendiamo il discorso appena possibile, signorino…” sussurrai, dandogli un ultimo bacio prima di tornare a sistemarmi. Se papà mi avesse visto così sconvolta non avrebbe esitato a restare con noi a Maddaloni per sorvegliarmi!

“Mi piace questo discorso circa quel discorso…” disse ironico, alzandosi a sua volta e sistemandosi la cravatta, lanciandomi un’occhiata eloquente. Si notava la sua frustrazione, però, proprio come la mia. Non riuscivo a non immaginare cosa sarebbe successo se nessuno ci avesse interrotti, e un sorriso malandrino prese possesso delle mie labbra, perché sapevo che molto presto sarebbe successo ciò che ora potevo solo immaginare, e non ne vedevo l’ora.

Eccoci, semplicemente noi due mano a mano che scavalcavamo ogni gradino della nostra storia con calma, senza fretta, consapevoli di avere tutto il tempo del mondo a nostra disposizione dopo aver rischiato di non vivere un amore così vero e autentico a causa di pregiudizi e paura di non essere ricambiati…

Il nostro futuro era ancora incerto come quello degli altri, ovvio, ma l’unica cosa sicura che sapevamo era che ogni ostacolo derivante da conclusioni affrettate e dall’eccessività di orgoglio lo avremmo scacciato, continuando il nostro percorso mano nella mano, come un tutt’uno solido e compatto dopo tutto il tempo impiegato per diventare così indissolubile, quasi come una fusione.

 

*°*°*°*°*

E così eccoci giunti anche all’epilogo… Ma se vi và di avere almeno un piccolo scorcio di quella che sarà la seconda parte della storia, non vi resta che andare qui per leggere il prologo del seguito,  

Thinking Of You


L’altra volta vi avevo detto che avevo iniziato un corso di teatro, ed ora, dulcis in fundo, ci si è messo anche l’esame di spagnolo, il DELE, per il livello B1 che devo sostenere a maggio, quindi vi dico che purtroppo non avrò tempo per scrivere chissà quanto e quindi aggiornerò la seconda parte tra un po’ di tempo, ma sappiate che non l’abbandonerò perché questa storia è parte di me e sono felice di essere stata incoraggiata dalle vostre recensioni così sempre affettuose!

Un ringraziamento speciale và a Lola SteP che ha citato questa storia nel forum di Efp, proponendola nella sezione “Pubblicizzare una fanfic” per cercare di farla inserire tra le storie scelte. Grazie tesoro, non sai quanto sia stato importante, dolcissimo, inaspettato e magnifico questo tuo gesto! *____*

 

Comunque, bando alle ciance, xD devo assolutamente passare ai ringraziamenti U_U

Grazie a coloro che hanno messo la storia tra le seguite, ovvero:

 araba89
BizarreBiscuit
Blair 95
brennan
chiaretta88
chica KM
CriCri88
flisss
Giulietta7
huli
I love sasunaru
Jes Potter
jesskiss85
kiravf
Kyryu
LadyCassandra
lady_free
Lamuchina
lilysol
littlestar23
mondred
pazzamente unica
pieno_pieno
PinkPrincess
princessarx
Purple
Red76
rossy87
roxy81
S chan
salf
shikon93
StArStArMinnie
Veronica91
___Yuki___

Coloro che hanno messo al storia tra le preferite:

 

95_angy_95
alina 95
B r o K e n
Billie Joe Fan
Fattucchiara
ffdipendente
gargi89
Giulietta7
Giu__xX
HOLLYWOOD
Kiky_Cullen96
kira83pc
k_Lu
Lamuchina
lillay
lilyjuve
LoLa SteP
micino
PatoPato
pometina94
Purple
sam05
StArStArMinnie
Sweet Stella
Truelove
vampistrella
vero15star
vincy93hp
XXX_Ice_Princess_XXX [Contatta]

Ylenia_
yury_chan
 
_Bella_Swan_
__piccola_stella_senza_cielo__

Coloro che hanno letto e coloro che hanno recensito:

XXX_Ice_Princess_XXX: Ciao cara, grazio di cuore per le tue parole! In effetti è un periodo un po’ no, ma comunque ho tantissime idee per il seguito e diciamo che mi sento già meglio, appena avrò un po’ di tempo libero continuerò  a scrivere anche se pubblicherò i capitoli tra un po’ ^^ Il corso di teatro poi ti fa anche molte energie… E pensa che il regista è il mio prof di latino e greco xD Grazie ancora cara, spero che il seguito i piacerà se ti andrà di seguirlo! ^^ Un bacione!

Giulietta7: Grazie mille, sei stata gentilissima, sto seguendo in pieno il tuo consiglio, anche perché in questi giorni le idee sono aumentate e appena avrò un po’ di tempo e ispirazione in più mi metterò “all’opera” xD I sentimenti sono  stati in gran parte inventati come dicevo, e mi fa piacere sapere che secondo te non sembra, e soprattutto che i personaggi siano stati ben caratterizzati. Ancora grazie, un bacione! ^^

Lola SteP: *_____* La faccina esprime tutto. Grazie. Grazie. Grazie. Tesoro, mi stai dimostrando una fiducia che mi sbalordisce, davvero non ci credevo quando mi hai dato la notizia! E’ stato un gesto stupendo, ma non è nulla in confronto alle bellissime parole che mi dedichi sempre, sul serio, se potessi ti farei una statua, e poi è anche a questo tuo gesto che mi sento un po’ meglio… ^^ Non so davvero cosa dirti ancora, lo sai che non sono brava in queste cose… G R A Z I E *_* un bacione, tvttttttttttb!

CriCri88: Ciao Cri! Lo so, ci mancava solo il corso di teatro, ma pensa che ora devo pure prepararmi per l’esame del DELE, ragion per cui seguirò il tuo consiglio, anche se mi dispiace moltissimo stare un po’ lontana dalle ff ma purtroppo è necessario, sigh. Solo che poi ti avverto, non avrai pace quando “ritornerò” perché sto preparando altri piani alla beautiful xD Riguardo i due piccioncini, beh, ora vogliono spingersi un (bel) po’ oltre e questa sarà una uestione centrale della prima parte del seguito… Grazie mille ancora per avermi seguita e sopportata anche qui cara! Un bacione!

Non mi resta che fare un po’ di pubblicità a questo forum meraviglioso ideato da Chiara-fallsofarc in cui le amanti delle fanfic possono dare ampio sfogo ai loro sogni… Lì c’è anche una sezione dedicata alle mie storie, quindi potrete vedere anche lì eventuali messaggi e notizie sul mio “ritorno”à http://ourdreamland.forumcommunity.net/

Cosa dirvi, GRAZIE DI CUORE EPR AVERMI SEGUITA, spero darete una sbirciatina anche al prologo del seguito!

La vostra milly92.

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