Home Is Where The Heart Is.

di _Joey_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo – We moved on, without even trying to do it. ***
Capitolo 2: *** Uno – But life moves on, you’re just another one. ***
Capitolo 3: *** Due – There’s not a place on earth I’d rather be than here. ***
Capitolo 4: *** Tre – There are no secrets to be told. ***
Capitolo 5: *** Quattro – There is no escaping from the heartache. ***
Capitolo 6: *** Cinque - How can I win if she keeps dragging me in? ***
Capitolo 7: *** Sei - I'm a lover, I'm not a fighter. ***
Capitolo 8: *** Sette – I can’t stop loving you. ***
Capitolo 9: *** Otto – Do you remember how it started? ***
Capitolo 10: *** Nove - Say three words like you used to do. ***
Capitolo 11: *** Dieci - Never thought we'd be this strong. ***
Capitolo 12: *** Undici – Home is where the heart is, where we belong. ***



Capitolo 1
*** Prologo – We moved on, without even trying to do it. ***


Prologo – We moved on, without even trying to do it.

I ricordi sono come dei vecchi indumenti: se non li vuoi buttare, li metti via, nei cassetti più alti del tuo armadio, e ti dimentichi di averli, fino a quando qualcosa, qualsiasi cosa, ti fa tornare in mente quando li hai indossati, un particolare giorno, un particolare evento, e allora li ripeschi e magari te li provi anche, come un tuffo nel passato.
I ricordi, anche loro vengono fuori, e basta solo un dettaglio, un insignificante particolare, che con la memoria torni a un giorno fa, un anno fa, due anni fa, torni a ricordarti la tua vita, com'era, com'è stata. E poi ci sono quei ricordi, quelli che ti rubano ogni certezza, quelli che ti fregano, e ti fanno capire che non sei cambiato quanto credevi di esserlo, che riescono a ribaltare ogni situazione, facendoti cambiare opinione e rivalutare i tuoi stessi pensieri.
Ce n'erano stati tanti di ricordi così, nelle loro menti, ne passavano tanti da lì, ma il più grande -se il migliore o il peggiore non si sa- doveva ancora arrivare, la bomba doveva ancora esplodere. Nessuno era in grado di dire quanti morti o feriti ci sarebbero potuti essere, ma tutti sapevano che quel giorno sarebbe arrivato, che il ricordo sarebbe stato così forte, così bello, così reale da volerlo fare tornare realtà, e accorgersi che forse non era mai stato troppo lontano dall'esserlo di nuovo; ognuno di loro sapeva che sarebbero tornati nelle loro vite, quei momenti, perchè l'amicizia è tale solo se ci si riprende, anche dopo essersi lasciati per tanto tempo.
In quegli anni la loro vita era stata un'inconsapevole attesa, processo di adattamento ad una routine speciale che li teneva occupati, tanto da non pensare troppo, non ricordare; era stata ciò di cui avevano avuto bisogno, nessuno poteva lamentarsi, sarebbe stato stupido, perché ci stavano bene nella loro vita, ma inconsciamente aspettavano qualcosa, che stava per arrivare. Stava per tornare.




*
Eccomi con una nuova ff, questa volta sui McFly. Questo è solo il prologo, ancora non faccio riferimento a nessun personaggio, ma spero possa incuriosirvi lo stesso! :) xoxo

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Capitolo 2
*** Uno – But life moves on, you’re just another one. ***


Grazie mille a RubyChubb e a chiunque abbia letto :P spero che questo primo capitolo vi piaccia!


Uno – But life moves on, you’re just another one.

Si chiedeva cosa diavolo fosse successo al tempo atmosferico di Londra, quello che si era abituato ad apprezzare negli anni, quello che quando credi che la giornata rimanga soleggiata, dopo un attimo c'è la pioggia a rinfrescarti con quel suo ticchettio ipnotico. Sulla capitale inglese splendeva un sole accecante ormai da un paio di giorni ed il caldo era diventato insopportabile per i poveri cittadini, abituati a tutt'altro genere di temperature estive.
Erano tornati a Londra da poco, i McFly, con il successo del loro ultimo tour ancora aggrovigliato tra i pensieri, insieme alle mille idee per nuove composizioni; avevano raccolto emozioni ed esperienze in giro per il mondo, tutti e quattro avevano lasciato un pezzetto di cuore in ogni città in cui avevano suonato, di cui avevano scoperto (o riscoperto) il calore e la passione per la musica, per il divertimento al ritmo della batteria, di quelle chitarre distorte, di quel basso veloce, delle parole conosciute.
Thomas Michael Fletcher era chiuso in casa, allegramente spaparanzato sul divano più grande del suo salotto: davanti a lui un ventilatore acceso, piuttosto potente, nonostante fosse acceso anche il condizionatore. Era appena rincasato dallo studio di registrazione, e continuava a chiedersi quando il classico tempo londinese sarebbe tornato, debellando quelle giornate che sembravano più adatte ad un clima tipicamente equatoriale che non continentale.
Aveva giusto iniziato a godersi quel refrigerio che sentì suonare alla porta, sbuffò, prima di alzarsi ed aprire, senza neppure chiedere chi fosse; aperta la porta una ventata d'aria calda sembrò quasi soffocarlo e, non appena scorse gli occhi chiari di un amico, lo invitò subito ad entrare, chiudendo velocemente la porta.
"Ero in giro e stavo letteralmente morendo dal caldo ed il primo posto a cui ho pensato per trovare del fresco era casa tua."
Harry Mark Christopher Judd entrò in casa Fletcher spiegando il motivo della visita, e mettendo in pratica il suggerimento di Tom, quando gli disse di accomodarsi davanti al ventilatore.
"Com'è andata in studio?"
Domandò il batterista, informandosi sul progresso delle registrazioni vocali di alcuni degli ultimi pezzi composti.
"Bene, siamo riusciti a finire una canzone; Danny è ancora in studio, stava registrando l'assolo dell'altra e domani dovremmo continuare."
Mentre Tom concludeva quel breve riassunto, il suo iPhone prese a suonare; parli del diavolo e spuntano le corna, pensò, lanciando uno sguardo al display.
Rispose al cellulare e si trovò a parlare con un Daniel Alan David Jones intrappolato nei suoi stessi pensieri.
"Doug è venuto a prendermi allo studio e mentre aspettavo qui fuori ho visto passare Gemma."
Aveva detto all'amico, cantante e chitarrista della band.
"Danny, avanti, Gemma è in America."
"Lo so. Ma..."
"Danny, quella ragazza non aveva neanche un piercing, niente di niente, non poteva essere lei. E poi l'hai vista passare in una macchina con dei vetri semi-oscurati, non puoi esserne sicuro."
Douglas Lee Poynter, affianco a Dan, tirava acqua al mulino di Fletcher, aiutandolo a far apparire la sua ipotesi come corretta, attraverso una serie di argomentazioni che sembravano più che valide.
"Fin quando non avremo la certezza che è in città non hai il diritto di lamentarti."
Anche Harry si era intromesso nel discorso, non appena era riuscito a captare le parole di Dan.
Razionalmente, lo sapeva anche lui che non c'era ragione di preoccuparsi, se fosse davvero tornata a Londra l'avrebbe saputo in qualche modo, le voci corrono, tra amici e parenti, ma emotivamente sapeva che se qualcosa lo aveva fatto subito chiamare Tom, un motivo doveva esserci.
"Ok, ci vediamo domani, Fletcher, salutami Harry!"
Dan si congedò con quelle poche parole, lasciando Tom ed Harry ad una qualsiasi conversazione, autoconvincendosi di aver visto la persona sbagliata, tornando con il sorriso sulle labbra.
"Ti mollo a casa?"
Gli chiese Doug, facendo su e giù con la testa quasi impercettibilmente sulle note di Adam's Song dei blink-182, che suonava ad un volume non troppo basso alla radio.
"No, andiamo a prenderci una birra o qualcosa."
Il bassista annuì e posteggiò nei dintorni del vicino lounge bar di un vecchio amico della band. Una volta scesi dalla nuova macchina di Doug, della quale il ragazzo continuava a vantarsi spudoratamente, sempre con in volto quel suo sorriso incredibilmente contagioso, presero entrambi posto vicino ad uno dei condizionatori del locale, avidi di un pò d'aria finalmente fresca. Ordinarono entrambi una Guinness, poi si misero a parlare, e Danny finì con il dimenticarsi di quei pochi istanti di dubbio che aveva avuto, finì con l'assuefarsi dell'idea che ognuno dei suoi amici aveva voluto rendere ai suoi occhi così reale e verosimile: lei non poteva essere in città, e lui non aveva tempo da sprecare ipotizzando qualcosa che sicuramente non gli avrebbe cambiato la vita.
Erano le sette di sera, il cellulare di Doug prese a squillare, sapevano entrambi chi stava chiamando: Frankie aveva tutti i diritti di reclamare il suo ragazzo almeno per l'ora di cena; Danny disse all'amico di andare, che qualcosa da fare l'avrebbe trovato. L'aveva detto con uno sguardo così eloquente che di domande non c'era bisogno: d'altra parte, ne cascavano tante di ragazze ai suoi piedi, avrebbe trovato qualcuno con cui intrattenersi anche quella sera.

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Capitolo 3
*** Due – There’s not a place on earth I’d rather be than here. ***



Due – There’s not a place on earth I’d rather be than here.

A Londra era tutto così diverso. Tra sé e sé aveva pensato ad un milione di aggettivi per descrivere quel cambiamento, quel ritorno, per descrivere Londra, e le situazioni, ma si era quasi pentita di averne trovati solo di dispregiativi perché, in fondo, Londra era sempre casa sua. Lo era stata, almeno.
L'aggettivo peggiore le era venuto in mente quando, entrata da un tabaccaio, aveva chiesto un pacco di Lucky Strike blu e, dandole il pacchetto, le avevano riferito il prezzo; doveva avere fatto una faccia davvero strana, perchè il commesso le aveva detto qualcosa tipo "ma da dove vieni?", domanda piuttosto stupida, considerato il fatto che il suo accento era ancora presente, se non del tutto, in buona parte. Istintivamente fu come sentire la voce di Josh che le consigliava di portarsi le sigarette dall'America, perchè in Inghilterra costavano molto di più. Ma lei era fatta così, era testarda e solo in quel momento stava desiderando di avergli dato retta; aveva pagato, nonostante tutto, e si era presa le sue Lucky Strike, accendendosene una appena fuori dal negozio. Ne aveva proprio bisogno.
Gemma Sian Brigstocke camminava per le strade che avevano visto l'avanzare ed il progredire della sua vita; viveva a New York da due anni, ormai, ed era la prima volta che tornava in Inghilterra: guardava quelle vie, ed era come risentire le parole e le risate, colonna sonora di momenti che le tornavano in mente quasi mai.
La città era tappezzata di poster promozionali di un concerto dei McFly, era tornata da soli due giorni e ne aveva già visti a miliardi: ne avevano fatta di strada, avevano talento, e nessuno ci avrebbe scommesso, all'inizio, su quei quattro scalmanati. L'idea di andare a quel concerto le era balenata in testa subito, si era fermata ad osservare quella loro gigantografia, studiando i loro volti, i cambiamenti, e la curiosità si era fatta avanti, spavalda, temeraria. Tornata a casa di Haley, dove avrebbe alloggiato per tutto il tempo che avrebbe trascorso in città, aveva cercato il numero della Wembley Arena, e aveva domandato se i biglietti fossero ancora disponibili. Si era resa realmente conto di quanto fossero diventati famosi, di quanto il loro talento fosse apprezzato, quando la donna che le aveva risposto al telefono l'aveva informata, con voce piatta ed incolore, che il concerto era sold-out. Non sapeva se fosse positivo o meno. Ci aveva messo poco ad immaginare di rivederli, ed in quei due giorni era stato il suo pensiero fisso. Non sapeva se se la sentisse di incontrarli tutti, tutti e quattro. Ma per tre di loro era pronta, voleva vederli. Poi Haley Johnson, sua storica compagna di banco, di vita e di emozioni, l'unica londinese con cui aveva mantenuto i contatti, non le era certamente stata d'aiuto nel rimuovere quell'idea: aveva ripescato delle vecchie polaroid, tenute nascoste chissà dove, ed in quei giorni i ricordi non avevano fatto altro che tornare a galla, come fosse una gara per eleggere il migliore in assoluto, o il più divertente, o il più assurdo.
Fu in quell'istante, girovagando per le strade di un'incredibilmente calda Londra, che capì di doversi togliere quel sassolino dalla scarpa, quel peso dallo stomaco. Era fatta così, se le veniva un'idea in mente ci rimaneva finché non riusciva a farla diventare realtà, e l'idea di vederli era grande, era forte e scalpitava per diventare tangibile.
Con una serie di giri di telefonate, lei ed Haley erano riuscite a trovare quell'indirizzo di cui aveva bisogno, ci avevano messo una buona mezz'ora e non sapeva neanche se ne valesse la pena. Era nei pressi di casa di Tom, ebbe un attimo d'esitazione. Cosa voleva fare? Tornare nella loro vita? Cosa pretendeva, dopo poco meno di tre anni che non avevano una conversazione normale e due che non si vedevano? Si fece forza, voleva soltanto rivederli, non era un peccato capitale. Non vedeva nient'altro, dopo quell'incontro, non ci sarebbe stato nient'altro.
Fece un respiro profondo, percorse gli ultimi metri che la separavano da casa Fletcher, poi suonò il campanello.
Tom ci mise un attimo prima di realizzare che qualcuno stava aspettando davanti la sua porta, il suono del campanello si confondeva con la musica che stava ascoltando: Dookie dei Green Day continuò a girare nell'ipertecnologico lettore cd, regolato a volume più basso dal ragazzo, mentre si avvicinava a grandi passi all'entrata della villetta. Girò la chiave ed aprì la porta, trovandosi piuttosto confuso dopo aver messo a fuoco chi realmente aveva davanti. Le labbra erano distese in un sorriso timido, gli occhi scuri, appena illuminati dal sole, erano sempre gli stessi, così tanto specchi della sua anima; dal sopracciglio destro, dal lato sinistro del labbro inferiore e del naso erano spariti i piercings, dai capelli erano stati lavati via una volta per tutte quei colori assurdi di cui amava tingerli quando si erano conosciuti, la riga era a sinistra, dal ciuffo partiva una ciocca intrecciata, fermata al lato con una forcina, che poi si rituffava nei capelli mossi, lunghi, del loro colore naturale, castano ramato; il corpo esile era fasciato da un vestito semplice, mezze maniche, fantasia floreale, sui toni del beige, faceva risaltare quella sua pelle lievemente abbronzata, ai piedi aveva degli stivaletti senza tacco, dello stesso color cuoio della cintura e della borsa che portava a tracolla. Era cambiata, quello era ovvio, era cresciuta; ma il suo sguardo, il suo sorriso, i suoi lineamenti delicati rimanevano gli stessi.
Gemma era tornata. Era a Londra. Danny aveva ragione, l'aveva vista. Periodi semplici, pensieri veloci, quelli nella mente di Tom.
Lo salutò con un "ciao" sicuro, che contrastava decisamente con il gesto timido che accompagnò quella parola.
Le labbra del ragazzo si allargarono in un sorriso, dopotutto era contento di vederla. Quel sorriso fu prontamente ricambiato, Tom fece un passo in avanti, la strinse a sé per un attimo: fu la prima volta, in quei due giorni, in cui Gemma si sentì davvero a casa. Era grata a Fletcher per averle regalato quell'accoglienza, per non averla respinta. Le fece cenno di entrare, ed una volta dentro, chiuse la porta alle loro spalle.
"Quindi...sei tornata."
Disse il ragazzo, dopo aver fatto accomodare Gemma in salotto.
"Solo per l'estate. Ci sono molte cose che stanno andando avanti a New York, se vogliamo dire così."
Ammise lei, con un altro sorriso.
"Ok; presumo che vada tutto piuttosto bene, allora."
Si accertò lui, sempre premuroso e pieno di attenzioni per chiunque.
"Si, va tutto bene. Voi come state? Ho visto i poster per tutta Londra e, beh, essendo sold-out il concerto non ho potuto fare a meno di venire qui."
"Eh, sì, siamo abbastanza famosi."
Scherzò Tom, fingendo di vantarsi. Gemma rise con lui, poi gli chiese di Giovanna, la sua ragazza, nonché convivente da un pò, ormai.
"Lei sta bene, per ora è in tour con la compagnia di teatro, tornerà la prossima settimana."
La ragazza annuì, guardandosi attorno per un istante.
"Pensi di incontrare anche gli altri?"
Chiese, poi, il chitarrista e cantante della band. Avrebbe voluto rispondere che non ci aveva pensato, ma si trovò a rispondere altro.
"Magari Harry e Doug."
Tom capiva che evidentemente non si sentiva ancora troppo pronta per Danny. Non era finita bene, tra loro.
Il silenzio si fece di nuovo spazio tra i due ragazzi, Gemma captò la musica, suonava ad un volume molto basso, sorrise, non appena riconobbe la canzone.
"When I Come Around, eh?"
Sorrise, rivolgendosi a Tom.
"Si, stamattina mi sono svegliato e avevo voglia di sentire qualcosa dei Green Day."
Neanche fosse stata una premonizione. Dookie era stato uno degli album che aveva fatto da colonna sonora all'adolescenza di entrambi, uno dei punti di contatto tra loro che avevano scoperto non appena fatta la conoscenza l'uno dell'altra.
"Senti, stasera Dougie viene qui, dovevamo guardare un film, che ne dici di stare con noi? Harry lo puoi vedere un altro giorno, se venisse anche lui Dan s'insospettirebbe."
Anche perché gli era già sembrato di averti vista, avrebbe voluto aggiungere.
"Perché no?"
Rispose, sorridendo. Un pò la intimoriva, quel ritorno alle vecchie abitudini, i film, gli inviti dell'ultimo minuto, ma glielo doveva, dopo quell'incursione inaspettata. Ormai che aveva fatto trenta, cosa le costava fare trentuno?

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Capitolo 4
*** Tre – There are no secrets to be told. ***


Ancora grazie a Ruby, mi fa piacere che la storia ti incuriosisca, e spero tanto che anche i prossimi capitoli ti piacciano :) Ecco qui il terzo!


Tre – There are no secrets to be told.

Il caldo che in tanti avevano sperato sparisse, era volato via il giorno dopo la visita di Gemma a casa di Tom. La città era tornata ad essere un pò grigia, un pò bagnata, così come l'amavano i suoi abitanti: gli ombrelli dai mille colori sgargianti contrastavano con quelli spenti degli edifici più antichi, con il grigio del cielo. Londra sapeva accendersi di colore anche in mezzo alla pioggia.
Gemma scese dalla macchina di Haley correndo, cercando di evitare che quelle goccioline sottili come spilli la bagnassero più di tanto, ma sorridendo, perché corse come quella le erano mancate. Suonò il campanello, come il giorno prima e, come il giorno prima, le aprì Tom. Tom, e il suo sorriso, e quelle fossette, Tom e i suoi occhi nocciola, striati appena percettibilmente di un verde che si confondeva nel castano dell'iride. La salutò, la fece entrare, disse che non aveva avvisato Dougie, che voleva vedere la sua faccia sbalordita, risero entrambi, si avviarono in soggiorno. Risero ancora di più, quando la videro, la faccia un pò sopresa, un pò stupita, un pò felice di Doug. Gemma si avvicinò a lui, con dei passi lenti, il bassista, più impulsivo, corse e la strinse forte, forse per vedere se era davvero lei, davvero lì.
"Danny lo sa?"
La domanda del ragazzo fu veloce, impulsiva quanto il suo abbraccio. Spiazzò Gemma, Tom un pò meno.
"No."
La risposta della ragazza arrivò pronta, sicura, nonostante tutto.
"Ti ha vista, due pomeriggi fa e, a dire il vero, noi gli avevamo detto che non potevi essere tu. Insomma, sei cambiata!"
Come se la domanda riguardo Dan fosse stata più che legittima, Doug riprese a parlare, sorridendo, era allegro; Danny era solo un particolare nella storia tra i McFly e Gemma, lei era comunque amica di Poynter, Judd e Fletcher, e rivederla era bello.
"Rimani, allora? Guardi il film con noi?"
Era come un bambino, Dougie, con la sua voce sottile e quegli occhi meravigliosamente azzurri. Gemma sorrise ancora una volta, annuendo.
"Che film volevate vedere?"
Con quella domanda iniziò la discussione, Tom avrebbe voluto vedere per l'ennesima volta Ritorno al Futuro, o l'ultimo Star Wars, Dougie ne avrebbe volentieri fatto a meno, Gemma, a lei andava bene tutto, più o meno, non sopportava solo gli horror. Era come una pellicola vista e rivista, quella piccola, stupida e divertente discussione, ce n'erano state tante di simili, ricordarle riusciva a mettere un sorriso sulle labbra di ognuno di loro.
Avevano finito col non guardare nessun film.
Seduti per terra, avevano scherzato, parlato, bevuto e riso, si erano guardati negli occhi e avevano capito che le persone cambiano solo in parte, che c'è qualcosa che non può cambiare. Erano sempre andati d'accordo, si erano sempre divertiti insieme, e quello non sarebbe mai cambiato: avrebbero potuto non vedersi per altri due o tre anni, ma c'era un'intesa tra loro, ed era indelebile, si conoscevano, e non avrebbero smesso di farlo, perché insieme erano cresciuti.
"Non hai neanche smesso di fumare!"
Esclamò Dougie, non appena Gemma portò alle labbra una Lucky Strike, pronta ad accenderla.
"E' qualcosa che credo non farà mai."
Aggiunse Fletcher, ridendo. Rise anche Gemma, mentre Doug approfittò dell'attimo di distrazione dei due per rubare una sigaretta dal pacchetto della ragazza; fu colto in flagranza di reato, nonostante le risate.
"Ti capisco, Doug, qui costano un sacco di soldi."
Fece lei, lamentandosi. Entrambi i ragazzi risero all'espressione di Gemma, le dissero che poteva portarsele dall'America, le sigarette.
"Mi sembra di sentire il mio r..."
Aveva interrotto la frase a metà, non sapeva neanche perché. Aveva un'altra vita, a New York, non era neppure troppo difficile immaginarselo, era qualcosa di estremamente ovvio.
"Il tuo ragazzo?"
Avevano esclamato entrambi, in coro. Il sorriso era ancora sulle loro labbra, come volevasi dimostrare, non c'era nulla da temere, era normale. E loro erano curiosi. Chi è? Che fa? Quanti anni ha? Quanti soldi ha?
Le domande arrivarono a raffica, Gemma rise soprattutto dell'ultima, ovviamente di Dougie.
"Si chiama Josh, è un fotografo, ha un anno in meno di me, viviamo insieme a Soho, e di soldi ne ha abbastanza."
Rispose al questionario in poco tempo, sorridendo, come aveva fatto per tutta la serata. Poi, bevendo un sorso di birra dal bicchiere di Tom, chiese a Doug aggiornamenti sulla sua situazione sentimentale, visto che erano ormai entrati in tema.
"Io sto con Frankie."
Le aveva detto, contento, quasi orgoglioso. Gemma ci aveva messo poco a capire di chi si trattasse, ma aveva bisogno di certezze.
"Frankie degli S Club 8?"
Aveva domandato, con un filo di voce.
"Si."
A quella risposta era esplosa. Doug aveva sempre avuto una sottospecie di cotta per quella ragazza, quel genere di cosa che sai non accadrà mai, perché lei è famosa e tu non sei nessuno, in confronto, e invece era diventato famoso anche lui e si erano conosciuti, e stavano insieme.
Gemma era balzata in piedi ed era corsa tra le braccia dell'amico bassista, tutta contenta e soddisfatta, l'aveva abbracciato, erano caduti, ed avevano riso, mentre Tom li guardava come se fossero due casi disperati; forse avevano bevuto un pò troppo, si era detto tra sé e sé.
Erano ancora tutti e tre presi dall'euforia, quando sentirono il campanello trillare: il padrone di casa fece una faccia un pò stupita, chiedendosi chi potesse essere.
"Se non vai alla porta non lo saprai mai."
Disse Gemma, come se gli avesse letto nel pensiero. Lui aveva sorriso, e si era alzato, andando verso la porta: aprì senza pensarci, e si trovò davanti Harry, come qualche giorno prima. Il batterista salutò allegramente Tom, ed entrò, senza chiedergli se potesse farlo, perché quella era diventata anche un pò casa sua, era casa di tutti loro.
Avanzò verso il soggiorno, a destra dell'ingresso: le due stanze erano separate da un grande arco; si fermò proprio lì sotto, spalancò gli occhi, alla vista di Doug e Gemma.
"Harry, non ti aspettavamo!"
Disse Dougie, sorridendogli ed agitando una mano in segno di saluto. Gemma si era voltata, gli aveva sorriso, come sapeva fare solo lei, e lui aveva inevitabilmente ricambiato.
"Che ci fai qui?"
Aveva chiesto, il batterista, ancora un pò confuso.
"E' tornata per l'estate."
Aveva risposto Tom, dietro di lui, mentre Doug e la ragazza si alzavano da terra.
"Sono...Dio, da quant'è che non ci vediamo?"
"Due o tre anni."
La risposta di Gemma era tranquilla, per nulla imbarazzata, l'imbarazzo tra loro non ci sarebbe mai stato, lo sapeva. Harry era semplicemente sorpreso, si avvicinò a lei, sorridendo con un pò più di sicurezza, finalmente.
"Vieni qui."
Le disse, poco prima di abbracciarla. Sapeva essere così protettivo, Harry.
All'improvviso si chiese come diavolo aveva fatto a vivere tutto quel tempo senza loro, senza quelle sensazioni di tranquillità e serenità che riuscivano ad infonderle, che erano sempre stati capaci di farle provare anche quando tutto andava male. Si sorprese a pensare di essere più forte di quanto credesse, per essere riuscita ad andare avanti senza i suoi migliori amici.
Dopo aver sciolto l'abbraccio, anche Harry si sedette con loro, ed iniziarono di nuovo a parlare, a scherzare, bere, ridere, raccontarsi quegli anni, semplicemente ad essere loro stessi. Non la brutta copia di quel libro che erano stati, no, stavano scrivendo il seguito: stavano delineando qualcosa di nuovo, su quelle pagine bianche, con un inchiostro nero, indelebile, lo stesso del primo volume della loro storia.

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Capitolo 5
*** Quattro – There is no escaping from the heartache. ***


Per iniziare grazie mille a MsEllie! Sono contenta che anche tu abbia letto questi capitoli e che ti siano piaciuti! Ecco a voi il quarto =P


Quattro – There is no escaping from the heartache.

Era già passata una settimana. Ai suoi genitori, alla sua famiglia aveva detto che quel viaggio sarebbe durato poco più di metà mese, che sarebbe tornata in America presto, ma tutti, soprattutto Haley, erano stati contenti di sentirsi dire che sarebbe rimasta per molto più tempo. Nessuno le aveva chiesto il perché di quel cambiamento di programma, ne avevano semplicemente gioito, probabilmente si erano accontentati di credere che le fosse mancata casa più di quanto lei stessa credesse. Invece no, un motivo vero, tangibile c'era. Erano tre persone, persone importanti. Josh non l'aveva presa troppo bene, già gli mancava, la sua Gemma.
"Pensa che con te ci sto tutto l'anno, mentre per loro ho solo questo tempo."
Gli aveva detto, dopo aver spiegato come la situazione era cambiata, tra lei e quei tre ragazzi che non vedeva da un paio d'anni.
"Ok, ma non ti preoccupa il fatto che io sia qui a New York da solo?" Aveva risposto lui, con tono malizioso, sapendo che Gemma avrebbe capito a cosa alludeva.
"No, so che mi ami quanto ti amo io."
E con quelle parole aveva chiuso la chiamata, rimanendo con un sorriso divertito sul volto. Josh era stato come un regalo quando non è il tuo compleanno, una nuova inaspettata ventata d'aria fresca: non aveva neppure avuto troppo tempo per vivere New York da single, perché lui era arrivato presto, ed in poco tempo già condividevano passioni, interessi, ed una casa.
"E Danny?"
Haley entrò nella camera di Gemma, con una domanda ed un nome, non appena capì che aveva chiuso il telefono. Solo dopo un paio d'istanti, Gemma si ricordò di cosa stavano parlando prima che chiamasse Josh.
"Voglio dire, ormai è una settimana che ci sentiamo con i ragazzi..."
Durante la serata trascorsa in compagnia di Tom, Doug ed Harry a casa Fletcher, avevano tutti aggiornato le rubriche dei loro cellulari -iPhone e quant'altro- con i nuovi numeri e, non appena Giovanna era tornata dalla sua tournée, avevano organizzato una cena fuori, in città. Anche Haley aveva finalmente rivisto i McFly, era stata una delle serate migliori degli ultimi anni, ma mancava lui. Mancava Danny.
"...fare tutto questo alle sue spalle, non lo so, forse stiamo coinvolgendo tutti un pò troppo. Loro sono compagni di band."
Haley continuò il suo discorso, esponendo i suoi pensieri, cercando di afferrare quelli dell’amica.
"Lo so...mantenere questo genere di segreto non dev'essere il massimo."
Aveva ammesso, Gemma, accendendosi una sigaretta.
"Forse una soluzione c'è. Lo sai che non puoi sempre scappare, no?"
Non sapeva esattamente perché, ma c'era questa sottospecie di falsa leggenda metropolitana secondo cui lei cercava sempre la via più facile per fare ogni cosa, aggirando ogni ostacolo, scappando da tutto.
Un pò perché si rendeva conto di quanto fosse difficile, un pò perché voleva dimostrare quanto tutto quello fosse sbagliato, si trovò a dare la sua risposta.
"Non scapperò, infatti. Chiamiamo Tom, glielo diciamo, lo diciamo a Danny."
Così Tom si trovò a ricevere una chiamata che non avrebbe mai aspettato, non quelle parole, non da Gemma: l'aveva sorpresa, in positivo, era cresciuta davvero, allora. Lui, invece, lui era sempre lo stesso, non era cambiato più di tanto, voleva fare sempre del bene per tutti, aiutare tutti, ed aveva deciso che sarebbero stati loro a parlare con Jones, i suoi compagni di band: aveva deciso di sollevare Gemma dall'incarico. Un paio di ore e si sarebbero dovuti vedere in studio, si sarebbe tolto quel sassolino dalla scarpa relativamente presto.
Omettere praticamente tutto ciò che aveva fatto quella settimana dalle sue chiacchierate con Dan era stato difficile, ma non si era sentito troppo male, a farlo: aveva valutato le opzioni, prima d'imbarcarsi in quello strano viaggio dalla meta ignota, ed era cosciente del fatto che l'amico sarebbe stato in grado di perdonarlo, qualunque fosse stata la destinazione di quella traversata.
"Dobbiamo dirti una cosa."
Aveva esordito Dougie, l'unico dei tre che aveva protestato per quel compito che Tom aveva assegnato loro.
"Ok."
Danny si mise seduto sul divano, la chitarra classica sull'addome: pizzicava le corde di tanto in tanto, in attesa del discorso degli amici, di cui non conosceva la natura.
I tre si scambiarono delle occhiate, chiaramente il primo a parlare doveva essere Tom, che decise di non cercare le parole perfette, quelle ideali, ma di andare dritto al punto: sapeva che Jones non avrebbe apprezzato infiniti giri di parole.
"Gemma è davvero tornata in città, da una settimana, più o meno. E' venuta a casa mia, e ci siamo sentiti spesso, ultimamente."
Danny annuì, semplicemente. Aveva accusato il colpo, forte e ben assestato, proprio nello stomaco, ma non voleva darlo a vedere. Fece spallucce, come se in realtà non gliene importasse granché.
"Quindi non hai problemi di nessun genere?"
Domandò Harry, sospettoso.
"No."
Aveva risposto, cercando dentro di sé tutta la forza necessaria a non far trasparire un solo sentimento che non fosse l'indifferenza.
"Quindi se...non so, per esempio...domani, decidessimo di uscire tutti insieme tu verresti?"
Danny annuì alla nuova domanda del batterista, riprendendo a suonare la sua chitarra.
Dopotutto non faceva così male; forse il colpo iniziale era stato tanto forte da far sembrare quell’ultima domanda un nonnulla, forse era stato così ben assestato da anestetizzarlo dagli altri colpi, da farli sembrare infinitamente meno graffianti, meno dolorosi.
"Allora possiamo organizzare questa cosa, per domani?"
Le domande di Harry continuavano, le risposte di Danny erano sempre le stesse.
Così l'avrebbe rivista, il giorno dopo, la sera dopo. L'avrebbe rivista, Gemma Sian Brigstocke, una delle persone a cui aveva più voluto bene in tutti quegli anni, forse l'unica che aveva amato così ingenuamente come solo un ragazzino può fare. Ma, dopotutto, le persone che più ami sono le uniche in grado di trascinarti a fondo, di farti soffrire nel peggiore dei modi, perché sanno cosa toglierti, per farti star male, ti tolgono loro stesse e, proprio quando pensi di averle messe da parte, di aver dimenticato tutto quell'amore, ecco che tornano, inaspettatamente, come quando se ne sono andate.

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Capitolo 6
*** Cinque - How can I win if she keeps dragging me in? ***


Ok, è un'eternità che non mi faccio sentire ma questa storia l'avevo finita e penso sia giusto postarla. Così, siccome so di non avere tempo per starci dietro, la metto tutta oggi, e almeno chi ha letto avrà il suo finale per quanto questa ff l'abbia scritta davvero tanto tempo fa. Baci!


Cinque – How can I win if she keeps dragging me in?

Erano giochi di sensazioni, intercettazioni di sguardi, schivi ma curiosi. Sì, probabilmente era solo curiosità. Una smodata ed indomabile, morbosa curiosità per le vite che avevano vissuto l'uno senza l'altra. Nessuno dei due pensava che potesse essere così, incontrarsi di nuovo, avevano immaginato la tristezza, avevano immaginato l'imbarazzo, e la testa e gli occhi bassi. Invece no. La testa era alta, gli occhi si cercavano, Gemma e Danny si cercavano, continuamente. Lei era stretta ad Harry, quella sera non accompagnato dalla sua ragazza, Danny s'intratteneva con la giovane donna che aveva portato con sé, conosciuta una sera in chissà quale esclusivo pub frequentato da "very important people". Gemma ogni tanto fissava il display del suo iPhone, in attesa di una chiamata di Josh che tardava ad arrivare, in cerca di un rifugio da quello sguardo che continuava a cercare il suo, mentre intorno a loro i ritrovati amici scherzavano e ridevano in tutta tranquillità. A loro sembrava che Danny si stesse dedicando solo a quella rossa naturale che l'aveva accompagnato, parlandole a bassa voce e scherzando con lei: eppure il modo di spiare Gemma lo trovava, nonostante la rossa, trovava il modo di incontrare i suoi occhi scuri. Stava ridendo con Doug ed Harry per qualcosa che lui non aveva sentito, mentre Haley parlava con Giovanna, Tom e Frankie; tra le risate, seppure più lievi, Gemma sentì finalmente squillare l'iPhone. Si alzò, dicendo che quella chiamata doveva proprio prenderla: capirono tutti al volo, compreso Danny, grazie ad una soffiata che Dougie gli aveva fatto il giorno prima. La ragazza si diresse verso il piano superiore del locale, un soppalco utilizzato come zona relax, con divani da due posti e luci colorate, a detta di tutti destinate a qualcosa come una cromoterapia. Gemma prese a camminare avanti e indietro, raccontando al suo ragazzo cosa aveva fatto quel giorno, dove si trovava in quel momento. Non accennò a Danny. Josh non sapeva neppure della sua esistenza, pensava che gli amici fossero solo Tom, Harry e Doug, e a dir la verità non era qualcosa di totalmente sbagliato. Dan non era suo amico, non più, almeno. Era stato ben altro, molto di più, ma, in quel momento, sembrava non fosse più niente.
Ascoltò distrattamente il resoconto della giornata di Josh, poi iniziarono a scherzare, parlarono della mostra a cui avevano proposto di partecipare al ragazzo, poi le disse che gli mancava.
"Beh, puoi sempre venire a trascorrere qui le tue vacanze, invece di non fare nulla lì a New York."
Aveva risposto, non troppo seriamente. Josh aveva riso, poi avevano deciso di chiudere quella chiamata, prima che iniziasse a costare troppo ad entrambi.
Una volta riattaccato, ripose l'iPhone nella sua clutch, abbandonata a se stessa in uno di quei divani neri. Appoggiata alla parete a sinistra della scala, per un attimo persa nei suoi pensieri, Gemma non si era neppure accorta che qualcuno fosse salito, raggiungendola in quell'angolo. Si ritrovò a dover fronteggiare lo sguardo di Danny, quegli occhi azzurrissimi che sembravano volerle dire tutto e niente, quegli occhi che l’avevano fissata tutta la sera, curiosi. Fece un paio di passi in avanti, Dan si avvicinò ancora di più a lei, ancora in silenzio, tutto quello che si sentiva era il loro respiro; non una sola parola, nessuno dei due aveva voglia di parlare, perché il significato di quegli sguardi era impossibile da fraintendere.
“Non si torna indietro, il passato è passato.”
Gemma continuava a ripetere quelle parole a se stessa: sapeva quello che voleva, sapeva quanto fosse sbagliato. Ma è così, quando desideri qualcosa: o è irraggiungibile, o è proibito. Chi desidera qualcosa di facilmente conseguibile? Dan si avvicinò ancora un pò a lei, volevano la stessa cosa, lo sapevano entrambi, ma a lui non sembrava importare di quanto fosse giusto o sbagliato, perché era ciò che voleva.
Ormai le distanze si erano accorciate, la mano destra di Danny si posò sul collo di Gemma, delicatamente, avvicinò a sé il suo viso, le sorrise appena, poi le loro labbra furono le une sulle altre, la baciò. Gemma non lo allontanò, non lo rifiutò, dischiuse la bocca, non lasciò semplicemente che la baciasse, ricambiò quel bacio, per quanto fosse sbagliato.
Le loro labbra si separarono, Dan e Gemma si allontanarono appena, si guardarono di nuovo negli occhi. Nessuno dei due stava pensando: "Cosa diavolo abbiamo fatto?". Erano consapevoli di quel gesto, erano consapevoli di quello che avevano provato, dentro di loro. Quel desiderio non era un rimasuglio della loro storia, c’entrava poco con il passato, era nuovo, era più forte, era pericoloso, forse.
"Perché mi hai lasciato, Em?"
Quella domanda, quel nomignolo. Dan stava accarezzando la guancia di Gemma con il pollice della mano destra, piano, lo faceva scorrere sulla sua pelle liscia, aspettando una risposta, gliela doveva. Ma non arrivò. Gemma abbassò lo sguardo per un attimo, poi torno a guardarlo.
"Dovremmo tornare dagli altri."
Disse, risoluta. Danny sorrise, come se si fosse aspettato quelle parole; la sua mano tornò lungo il suo fianco, Gemma iniziò a scendere le scale, lui la seguì. Tornati al tavolo, nessuno dei ragazzi chiese cosa avessero fatto, solo la rossa domandò qualcosa a Danny, che rispose con poche parole, inventando una scusa qualsiasi, usata e riusata; poi sembrò che fosse tornato il Jones di sempre, cominciò a scherzare, ridere, con tutti, compresa Gemma. Tom, Giovanna, Haley, Harry, Doug, e persino Frankie, sembrarono tutti sollevati da quella scena; Gemma, lei era semplicemente pensierosa. L'aveva capito, però; aveva imparato la lezione, ormai. Daniel Alan David Jones era il suo punto debole, e lo sarebbe rimasto a lungo.

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Capitolo 7
*** Sei - I'm a lover, I'm not a fighter. ***


Sei - I'm a lover, I'm not a fighter.

Il giorno seguente a quella rimpatriata, Tom fu svegliato da una telefonata: si rigirò tra le lenzuola, prima di capire che rispondere sarebbe stato l'unico modo per mettere fine a quella tortura. Non guardò neppure il display del suo iPhone, rispose e basta, con la voce ancora impastata dal sonno.
"Hey Tom, ho bisogno del numero di Em!"
Aveva detto un Danny Jones troppo pimpante per quell'ora.
"Ok, te lo mando per sms."
Fletcher provò a tagliare corto, ma l'amico proseguì.
"Devo dirti una cosa."
"Cosa?"
"Ci siamo baciati."
"COSA?!"
Quella volta non era una domanda, era un'esclamazione, che svegliò anche Giovanna, prima addormentata accanto al suo ragazzo.
"Ci siamo baciati."
Aveva ripetuto, Danny.
"L'ha baciata! Danny ha baciato Gemma!"
Tom si era sentito in dovere di comunicare la grande notizia anche alla sua ragazza, facendola sorridere appena, nonostante il sonno.
"Cos'è che ti fa pensare che l'abbia baciata io?"
Domandò Jones.
"Beh, lei ha un ragazzo."
Disse Tom, facendo spallucce, come se l'amico potesse vederlo.
"Si, ma non è che mi abbia esattamente impedito di..."
"Ok, fermo, fermo: non voglio i particolari."
Risero entrambi, quella era una frase che Fletcher ripeteva spesso, quando Dan raccontava delle sue conquiste anche agli altri due amici.
"Senti, voglio essere diretto: cos'hai intenzione di fare?"
"Non lo so Fletcher, è strano."
"Va bene, due minuti e ti arriva il numero. Ci sentiamo."
Danny salutò l'amico, in attesa dell'sms che arrivò, come promesso, in poco tempo.
Non aveva idea di cosa avrebbe fatto, non aveva un piano, non sapeva nulla, solo che voleva vederla di nuovo, sentire la sua voce.
Memorizzò il numero nella rubrica, poi la chiamò. Gemma rispose dopo appena due squilli.
"Hey!"
La salutò lui, cordiale.
"Danny?"
Domandò lei, non troppo stupita.
"Si, sono io! Dove sei?"
"A casa di Haley."
"Vengo lì tra un pò, ti porto la colazione. Ciao Em!"
Non le aveva neanche dato il tempo di replicare, aveva riattaccato, non voleva sentirsi dire di no da lei. Gemma aveva posato il cellulare sul tavolo della cucina, aveva sospirato, ma aveva sorriso. Quel diminutivo, tutto suo. Le mancava, sentirsi chiamare così. Era l'unico a farlo. Gemma, Gem, Em. Ecco qual era stata l'evoluzione per arrivare a quel nomignolo, tra intere giornate passate nelle vie di Londra a ridere, scherzare, e farsi notare da tutti, nel bene e nel male.
"Sta arrivando Danny."
Annunciò Gemma, fermandosi sulla porta del bagno, dove Haley si stava truccando.
"Occhio a quello che fate, io sto per uscire."
Rispose la ragazza dai capelli biondi, con un sorriso malizioso.
"Non faremo niente di niente."
"Si, proprio come ieri sera."
Le parole di Haley erano piene di sarcasmo, ma erano comunque accompagnate dal suo sorriso. Per lei era come si potesse di nuovo parlare al plurale di loro due, come se fossero già tornati un'unica cosa. Ma si sbagliava. Dan e Gemma erano stati fondamentali per quella compagnia, se loro non si fossero mai incontrati non ci sarebbero stati anni di divertimento insieme; si erano messi insieme a diciassette anni, si erano lasciati a venti, ma per tutti era come se fossero stati insieme una vita intera, e la speranza di vederli di nuovo uniti non era mai andata via fino in fondo.
Haley andò a lavoro, salutando Gemma con nuove raccomandazioni. Dopo cinque minuti trillò il campanello: Gem si alzò dal divano, sentì il battito del suo cuore farsi appena più forte, più deciso; aprì la porta, Danny la salutò con uno dei suoi sorrisi, ed un abbraccio veloce, perché nella mano sinistra aveva la loro colazione. Gemma gli disse di andare in cucina, chiudendo la porta alle sue spalle, dando prima un'occhiata fuori.
"E' sempre così?"
Chiese a Danny, dopo averlo raggiunto.
"Così come?"
"Così, con le persone che ti fotografano dalle macchine."
"Oh, si, ogni tanto c'è qualcuno che ci insegue, sono paparazzi, per lo più."
Sembrava tutto naturale, per lui. Gemma non pensava che fossero famosi a tal punto da essere inseguiti dai paparazzi, in macchina.
"E questo è sempre così?"
Danny le stava porgendo un grande bicchiere di cartone beige, con quel marchio verde inconfondibile: la loro colazione era sempre di Starbucks.
"Ovvio."
Prese il suo Frappuccino Dolce alla cannella, notando che anche il caffè preferito di Danny non era cambiato: tra le sue mani un semplice Caffè Mocha. Gemma invitò il ragazzo a sedersi, mentre lei prendeva dei tovaglioli per entrambi.
"Allora...New York, com'è?"
"E' New York. E' un caos, ma è la città più bella del mondo. C'è tutto quello che puoi immaginare, e per il lavoro è stupenda, ormai mi occupo per lo più di moda."
In fondo Danny e Gemma erano sempre loro, erano complessi, estremamente complicati. La sera prima si erano baciati ed il giorno dopo se ne stavano lì, nella cucina di casa di Haley, a parlare delle loro vite, quasi come se niente fosse. Quasi. Perché dentro di loro c'era qualcosa, un pensiero continuo: un ricordo, più recente degli altri, non se ne voleva andare dalle loro menti.
"Quindi non organizzi più feste per ricconi e basta, ora sono ricchi e anche modaioli."
"Beh, organizzo feste dopo le sfilate, e alcune sfilate stesse. E' qualcosa di nuovo, ma sembra mi riesca piuttosto bene."
Sorrisero entrambi, Gemma notò che anche Dan aveva finito il suo caffè, così si alzo per buttare entrambi i contenitori. Si voltò, e Danny fu subito proprio davanti a lei.
"Non avrò la risposta alla domanda che ti ho fatto ieri, vero?"
Le chiese, diretto, i suoi occhi azzurri fissi in quelli scuri di Gemma.
"No."
Non gli aveva dato spiegazioni quando l'aveva lasciato, figuriamoci se l'avrebbe fatto in quel momento. E poi era stata estremamente egoista, se lui avesse saputo il reale motivo non l'avrebbe più guardata in faccia, e non era ciò che voleva, non in quell'istante. Quello che voleva era tutt'altro. E glielo si leggeva in faccia, e per lui che la conosceva era ancora più facile, era come un libro aperto.
"Pensavo che la tua teoria fosse quella del 'il passato è passato, non si torna indietro'."
Disse Danny, sorridendo beffardo, a pochi centimetri di distanza dal suo volto.
"Lo pensavo anch'io."
Non poté fare a meno di cedere. E' così che succede: tu hai dei principi, pensi di saperli rispettare, poi arriva qualcuno e, puff!, tutti i tuoi buoni propositi se ne vanno a quel paese, non sai cosa fartene dei sani principi, perché il tuo cuore riesce sempre ad avere la meglio sul tuo cervello, in un modo o nell'altro.
"Cosa stai facendo, Em?"
Danny mormorò quella domanda sulle sue labbra. L'aveva fatto, Gemma l'aveva baciato, di nuovo. E un altro bacio fu l'unica risposta che ottenne.
"Hai un ragazzo."
Conosceva bene Gemma, non voleva che poi lei lo accusasse di non aver neppure provato a fermarla. Il suo desiderio era più forte che mai, ma non voleva che lei gli rinfacciasse di essere un irresponsabile, o di aver pensato solo a se stesso.
"Lo so."
Ma lei aveva fatto la sua scelta. Non era un tuffo nel passato, quello, lo sapeva bene. Se fosse stata un'altra persona, avrebbe provato a fermare il suo cuore, ma era Dan, ed era il suo punto debole, ed il suo cuore correva veloce e continuava a vincere contro il suo cervello. Non poteva fermarsi, non voleva ricordare quello che era stato, i primi baci, le prime impacciate volte a fare l'amore, voleva semplicemente vivere quelle emozioni, quel nuovo sentimento che stava crescendo, e che lo stava facendo neanche troppo lentamente.
Danny l'aveva sognato per almeno un anno, quel momento, quando lei sarebbe tornata tra le sue braccia, e non era successo; aveva passato l'anno dopo provando a dimenticarsi di lei, dei suoi occhi, delle sue labbra, del suo sorriso, della sua voce, e lei era tornata proprio quando pensava di esserci riuscito, e non era stato capace a resistere.
Si dice che quando lasci andare via una persona, se torna indietro sarà tua per sempre.
Gemma era tornata indietro, era tornata da lui. Ma Dan aveva come l'impressione che, prima di poterla definire sua, ci sarebbe voluto molto tempo.

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Capitolo 8
*** Sette – I can’t stop loving you. ***


Sette – I can’t stop loving you.

Il problema dei pensieri è che quando li vuoi fermare non ce la fai mai, sono troppo veloci, troppo sfuggenti, vorresti semplicemente goderti la tua vita, cogliere l'attimo e, invece, senza neppure volerlo, inizi a pensare e non riesci a fermarti.
Nei pensieri di Gemma c'era New York, c'era Josh; era stretta a Danny, e stava bene, lo guardava negli occhi, e stava bene, ma non riusciva ad impedirsi di pensare che quella felicità avesse una scadenza. E Dan si chiedeva cosa significasse per lei: non era il tipo che si faceva troppi problemi con le ragazze, non si domandava mai cosa sarebbe successo, ma Gemma era diversa, perché a lei ci teneva; in quegli anni gli era sempre mancato qualcosa, l'aveva capito, ed aveva imparato a non badarci troppo, ma quando era stato con lei aveva compreso che era tutto ciò che gli mancava, per essere felice, per essere completo.
Ancora stretti l'uno all'altra, distesi sul letto, le mani di Dan scorrevano tra i capelli di Gemma, li accarezzavano dolcemente, piccola consuetudine che tornava a ripetersi dopo anni; gli occhi scuri di lei fissavano quelli chiari ed azzurrissimi di lui, come se non avesse bisogno d'altro. Rimanevano in silenzio, l'unica interruzione erano i baci, dolci, lunghi, inaspettati. Non avevano idea di che ore fossero, era come se essere insieme fosse l'unica cosa ad importare davvero, come un sogno in cui loro due erano protagonisti, ed unici personaggi. Sogno che si concluse bruscamente, non appena entrambi sentirono squillare il cellulare di Gemma. Guardare il nome sul display, rispondere, e sapere che Josh si fidava di lei: Em era consapevole di dover sopportare quel fastidio infondo al cuore che queste azioni provocavano in lei, ma era una cosa da poco, non riusciva a sentirsi in colpa, perché quello che la legava a Dan era un sentimento a cui non sapeva opporsi, e lo sapevano entrambi.
"Cosa facevi?"
Mentre Josh le faceva questa domanda, e lei rispondeva di stare solamente aspettando che Haley tornasse a casa, Danny si rivestiva, veloce, sperando che quella telefonata finisse presto. Doveva solo rimettersi le scarpe, quando anche il suo iPhone squillò; rispose prontamente, una volta letto il nome comparso sullo schermo.
"Doug, dimmi."
Disse, con fare sbrigativo.
"Tom ha detto ad Harry, che l'ha detto a me, che sei da Gemma."
Rispose subito il bassista, malizioso.
"Siete peggio delle donne, voi tre."
Si trovò a dire, ridendo, il cantante e chitarrista.
"Comunque, sì, sono da Em, cos'è successo ve lo dico dopo."
Continuò Dan.
"Ok, volevo dirti che stasera siamo da me, Frankie voleva organizzare una cena e penso che dopo andremo in giro per locali!"
"Perfetto, credo che ci saremo."
"Già parli al plurale, Jones? Non pensi di correre un pò?"
Danny rise sommessamente, per poi congedarsi dall'amico.
"Sta' zitto, Poynter, ci sentiamo!"
Quando riattaccò, trovò davanti a sé una Gemma sorridente, che lo scrutava, curiosa. Anche lei si era già rivestita, doveva avere chiuso presto la telefonata con il suo ragazzo.
"Dov'è che saremo?"
Chiese, chiudendo per un istante le palpebre e tornando a rivelare quegli occhi dolci subito dopo.
"Da Dougie, lui e Frankie hanno organizzato una cena."
"Oh, ok."
Si avvicinarono ancora un pò, le mani di Dan cercarono quelle di Gemma, le accarezzarono, delicatamente, dolcemente.
"Come sta Josh?"
Domandò il ragazzo, ironico, inarcando un sopracciglio. Gemma fece spallucce, guardava Dan negli occhi e tutto quello che desiderava era solo un altro bacio, ed era un desiderio così incontrollabile, e così naturale, che era difficile da chiamare errore. Era stato il più importante, il più incondizionato amore che avesse mai vissuto, e sapeva esserlo ancora, dopo anni. Entrambi si chiedevano se fosse un incantesimo, o qualcosa del genere, quello che li legava, si domandavano cosa sarebbe successo, se lo domandavano tutti e due, ma non lo dicevano ad alta voce, forse per paura di sentire la risposta.
"Devo andare in studio, Em."
Mormorò Dan sulle labbra della ragazza, prima di salutarla con un nuovo bacio; si avviarono entrambi verso la porta della casa.
"Passi a prendermi alle sette?"
Chiese Gemma, sorridendo.
"Certo."
Un altro bacio, istintivo, dolce, e la porta si aprì, rivelando gli occhi vispi di Haley.
"Ciao Dan, Ciao Gemma!"
Disse, ridendo, entrando a casa sua.
"Ciao Haley!"
La salutarono in coro, sorridendo, non appena le loro labbra si separarono.
"Ci vediamo stasera."
Con queste parole il chitarrista si congedò e, pochi istanti dopo, mentre Haley apprendeva cosa fosse successo, Dan si trovò a guidare verso lo studio di registrazione. Quando entrò nell'appartamento adibito a studio, si avviò verso l'angolo dov'era collocata la batteria: avevano iniziato a registrare una nuova canzone e la base per ogni registrazione è il ritmo, per questo sapeva di trovare gli amici in quell'angolo. Harry, dietro la batteria, fu il primo a vedere Danny, si fermò ed incominciò a lanciare strani urletti, pregandolo di dirgli cos'era successo, ridendo, presto anche Doug e Tom si unirono al coro, facendolo ridere di gusto.
"Dovrei riprendervi e mettere questo video su youtube!"
Disse, continuando a ridere.
"Chi se ne frega! Dicci cos'è successo!"
Si trovò ad ubbidire all'ordine del batterista, per prevenire eventuali discussioni: Harry sapeva diventare realmente insopportabile.
"Ok, le ho portato la colazione, abbiamo parlato, e poi..."
"Poi?"
Chiesero, allegri.
"Poi potete immaginare."
Concluse, con quel suo bellissimo sorriso in volto.
"Io c'avrei scommesso, che finivate di nuovo così!"
Ammise Dougie, contento.
"Anch'io!"
Concordò Harry.
"Io no."
Tom fu la voce fuori dal coro: Dan sapeva cosa volesse dire, con quella negazione. Tra tutti e tre, Tom era quello che conosceva più a fondo la situazione in cui Danny si era trovato per un anno intero, dopo essere stato lasciato da Gemma, ma ancora prima che lei partisse; quell'anno era stato difficile per Daniel, si era domandato continuamente se fosse giusto tornare da lei, e chiederle perché, o se dovesse semplicemente andare avanti. Aveva scelto la seconda opzione, ed era stato complicato dimenticarsela, almeno momentaneamente. Il problema era proprio quello, Tom pensava che l'amico avrebbe potuto resistere, nonostante infondo credesse che fossero fatti l'uno per l'altra, non pensava che Dan avrebbe baciato Gemma ancora prima di intrattenere con lei una conversazione sensata, com'era successo al locale la sera prima, e dopo aver sentito che erano anche stati insieme non aveva saputo trattenere quella nota di dissenso, appena accennata, ma presente. Sapeva che Danny non avrebbe frainteso, anzi, che avrebbe capito, perché sapeva che lo stesso accenno di incertezza albergava anche in lui, ed era il motivo di quel silenzio quando gliel'avevano detto, che Gemma era tornata: era arrendersi all'evidenza, era la consapevolezza di non saperle resistere.

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Capitolo 9
*** Otto – Do you remember how it started? ***


Otto – Do you remember how it started?

Cibo ovunque, posate sparse qua e là insieme a lattine di birra semivuote, ognuno dei presenti che ringraziava mentalmente qualcuno lassù per essere capitati a fare casino in un appartamento insonorizzato perché, se non fosse stato così, tra musica e risate, i vicini avrebbero chiamato la polizia: nello studio di registrazione dei McFly regnava sovrano il caos, l'appartamento era stato messo a soqquadro da dieci persone; tutto era iniziato quando Giovanna e Gemma avevano deciso di fare una sorpresa a Tom e Danny, portandogli la cena in studio, scoprendo che con loro c'era anche Antony (amico di lunga data della band, nonché coinquilino di Danny), che era già uscito parecchie volte con loro, che non aveva intenzione di fare il 'quinto incomodo' e che aveva chiamato Haley, per rimediare. Haley, dal canto suo, comprese che in studio c'erano già un pò di persone e chiamò Frankie e Doug, che, a loro volta, avevano un impegno con Izzy ed Harry, ai quali non dispiacque raggiungere tutti in studio. Così da cinque erano diventati il doppio. Si erano divertiti, era qualcosa che tutti non facevano da troppo tempo, un pò di sano casino, era sentirsi a proprio agio, stare bene con ognuna delle persone in quell'appartamento a nord del centro di Londra, era stato un pò come ritrovare se stessi. Lo era stato per Gemma, stretta tutta la sera, tutta la notte, a Danny, senza problemi che se ne andavano a zonzo per la sua testa, finalmente felice tra le sue braccia, contenta per i sorrisi, e gli sguardi, e le parole, e i ricordi. Le erano venuti in mente tanti ricordi, erano venuti in mente a tutti loro, avevano tirato fuori i più divertenti, i più strani, poi Dan e Gemma si erano messi da parte e, da soli, come un rituale segreto, avevano ricordato l'inizio, l'inizio di tutto, anni prima.
Si erano conosciuti in uno di quei pomeriggi in cui esci con un paio di amici, senza una meta precisa, e poi finisci nella solita sala giochi, anche se di giocare proprio non ne hai voglia, ma piove troppo per camminare e di tornare a casa non se ne parla. Gemma non aveva potuto fare a meno di notare quei due ragazzi, erano un paio di giorni che li vedeva lì, così era andata a presentarsi: quelle strette di mano erano diventate subito fiumi di parole, aveva appreso che Tom e Danny, così si chiamavano i due ragazzi, stavano lavorando a delle canzoni, perché pensavano di riuscire ad ottenere un contratto discografico, apprese che Danny era di Bolton, e che si era trasferito a casa di Tom per quel sogno, per farlo crescere ed avverare; e avevano iniziato a parlare di tutto e di più, mentre gli amici di Gemma guardavano quel trio un pò incuriositi, perché era tutto un "Oddio, io amo quella canzone!", "Oddio, è tra i miei film preferiti!", "Oddio, finalmente trovo una persona che è d'accordo con me su questa cosa!". Alla fine di quel pomeriggio si erano scambiati i numeri di telefono, con la promessa di sentirsi. E l'avevano mantenuta: da quel giorno avevano iniziato a vedersi sempre più spesso e, mentre Daniel iniziava ad apprezzare di più la sua vita a Londra, Gemma si rendeva conto che la sua si stava incasinando un pò, perché non aveva più tempo, perché c'erano i vecchi amici, i nuovi amici, centomila hobbies, e la scuola da tenere sotto controllo. Ma il tempo passava, Dan e Tom avevano ottenuto il loro contratto e, oltre a un bassista e un batterista, avevano bisogno di supporto, e Gemma voleva darglielo, voleva con tutta se stessa, ma c'era qualcosa: era scattata un'intesa, con Dan, che non aveva con nessun altro, e ormai questa cosa era al centro dei suoi pensieri, continuamente. E l'avevano capito tutti, che quei due si piacevano, tutti tranne i diretti interessati, che poi contro i loro sentimenti ci avevano sbattuto, ed inevitabilmente avevano finito per mettersi insieme.
Gemma li aveva seguiti in ogni tour, dal duemilaquattro al duemilasei, aveva diciott'anni, poteva decidere della sua vita: aveva abbandonato ogni genere di studio e l'unico lavoro che svolgeva, quando tornava a Londra, era dare una mano all'agenzia di party planner di sua zia, ed il problema era stato proprio questo.
Arrivati a raccontarsi, tra aneddoti e qualche bacio, fino all'anno di pubblicazione di Wonderland, secondo album della band, Dan e Gemma crollarono, così com'erano già crollati tutti i ragazzi nello studio. Nonostante la baldoria fatta, e il disordine nell'appartamento, la notte trascorse tranquilla, dormirono tutti senza interruzioni, per svegliarsi quando il sole era già alto in cielo, e giocava a nascondersi tra le nuvole, timido.
Una volta fatto ordine nello studio, ripulito da tutte le lattine, ed i piatti, e le posate, ognuno tornò ai suoi impegni, Doug accompagnò Frankie alle prove del gruppo, Harry e Tom raggiunsero i locali di una radio per un'intervista, Izzy e Giovanna decisero di andare a fare un pò di sano shopping, Antony riaccompagnò a casa Haley, Em e Danny andarono a fare un giro nel centro di Londra, proprio come quando avevano iniziato a frequentarsi.
Se ne andavano in giro mano nella mano, sorridenti per la città, come due adolescenti innamorati per la prima volta, di nuovo. Ogni tanto qualcuno fermava Dan per chiedergli un autografo, o una foto, ed era strano perché erano quei dettagli a far capire ad entrambi quanto tante cose fossero cambiate.
"Sei cresciuto, Daniel Jones!"
Gli aveva detto, guardandolo come una madre orgogliosa guarda suo figlio che è diventato famoso, e ridendo con quella sua risata cristallina.
"Sei cresciuta anche tu, Gemma Sian Brigstocke."
Le rispose, sorridendole come solo lui sapeva fare, fermandola e dandole un bacio a fior di labbra.
"Ed io che pensavo di rimanere una diciottenne con i capelli viola per tutta la vita!"
Risero entrambi, a quell'esclamazione di Em.
"Puoi sempre essere una ventitreenne con i capelli viola."
Aveva replicato lui, facendo spallucce, sorridendo, e riprendendo quella mano dalle dita sottili nella sua. Era incredibilmente inverosimile, tutto quello era qualcosa a cui entrambi si erano sforzati di non pensare, era qualcosa che Dan aveva provato a dimenticare e che Gemma non aveva voluto immaginare, una volta tornata a Londra.
Ad interrompere quella passeggiata era arrivata la suoneria dell'iPhone di Gemma: il numero lo riconobbe presto, il prefisso era americano.
"Tyler!"
Esclamò, piuttosto sorpresa, ma incapace di trattenere un sorriso, mentre Dan la guardava curioso.
"Tesoro, come stai?! Qualche giorno fa ho incontrato Josh al Public e mi ha detto che sei a Londra! Perché non ne sapevo niente?!"
"A dire il vero è stata una decisione presa in fretta."
Ammise la ragazza, cercando di dare spiegazioni ma fermandosi non appena l'amico iniziò a parlare.
"Beh, ho delle notizie mooolto speciali per te! Quando Josh mi ha rivelato che tu sei a Londra io ero davvero sconvolto, voglio dire, Londra! Così mi ha detto anche che gli avevi detto di venire a trascorrere lì le sue vacanze, invece di non fare nulla a New York, e...indovina un pò! Verremo! Fra tre giorni! Non potevo perdermi la capitale inglese!"
"Oh, wow...ora ti devo lasciare, Ty, ma mi faccio sentire...presto."
Gemma chiuse la chiamata senza neppure aspettarsi una risposta, mentre dal suo volto era sparito il sorriso e la sua mano sinistra si era allontanata dalla destra di Dan.
"Hey, cos'è successo?"
Domandò il ragazzo, prendendo il volto di Gemma tra le mani, forse un pò più preoccupato del dovuto.
"Josh viene a Londra con un mio amico di New York."
Eccola, la scadenza, arrivata anche prima del previsto. Un pugno nello stomaco, uno schiaffo in volto: forse era meglio chiedere un time-out, o qualcosa del genere, perché per combattere bene avevano bisogno di raccogliere le forze, indolenziti da quel cocktail esplosivo di nuovi sentimenti e ricordi che li aveva sopraffatti durante quella settimana; eppure, in qualche modo, erano sicuri di farcela, perché stavano, seppur lentamente, mettendo a fuoco ciò che volevano, probabilmente la stessa cosa e, si sa, l'unione fa la forza.

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Capitolo 10
*** Nove - Say three words like you used to do. ***


Nove - Say three words like you used to do.

E' possibile rendersi conto, in pochi giorni, che quella che chiamavamo felicità era solo un briciolo di qualcosa che ci si avvicinava molto, alla felicità? E' possibile capire che tutto quello che cercavamo era quello che prima avevamo avuto e che per chissà quale motivo avevamo lasciato? Perché tutto questo era ciò che Gemma credeva fosse successo a lei. Lei che, in quei giorni passati più con Josh che con i suoi parenti ed i suoi amici, aveva realizzato quanto Daniel fosse la cosa migliore mai capitata alla sua vita, lei che aveva realizzato quanto Londra fosse l'unico posto che poteva davvero chiamare casa, e lei che aveva finalmente ammesso quanto pensare ad un modo per lasciare Josh le facesse paura. Ne aveva parlato con Dan, con Haley, e aveva capito che l'unica cosa da fare era dire la verità. Dopotutto, Josh ripeteva sempre che "meglio soffrire per la verità, che star bene grazie ad una bugia". Lui non aveva immaginato niente, inconsapevole, aveva gioito per lei, quando Gemma gli aveva rivelato di aver recuperato i rapporti anche con Danny, oltre che con gli altri tre, quando, presentandogli Harry e Dan, era andata a prenderlo con loro all'aeroporto. E Josh era stato cordiale, simpatico, si era presentato con quel suo accento palesemente americano, puramente newyorkese, e aveva scherzato con loro, mentre Tyler, vicino a Gemma, le rivelava ridacchiando quali fossero state le sue ultime conquiste, e quanto pensava fossero carini i suoi amici.
"Devo chiederti una cosa."
Gemma fece il suo ingresso in casa di Danny borbottando quelle parole. Non che chiedergli di quella manciata di anni le facesse proprio piacere, anche perché conosceva bene Daniel e sapeva che genere di relazioni avesse potuto intrattenere, ma nella mente della ragazza c'era qualcosa che aveva sentito e della cui veridicità dubitava, per questo aveva deciso di chiedere al diretto interessato.
"Ok."
Le aveva risposto Danny, facendo spallucce, e rivolgendole un sorriso.
"Ero in giro con Josh, l'altro pomeriggio..."
Iniziò a dire Gemma, mentre Dan, sentito il nome del suo ragazzo, alzò gli occhi al cielo e sbuffò, come se già non ne potesse più di sentirne parlare.
"Dai, non fare il cretino, è una cosa che riguarda te!"
Lo riprese la ragazza, nonostante il sorriso fosse sulle sue labbra. Daniel si avvicinò a lei e, stringendo i suoi fianchi, le regalò un bacio. Lei si allontanò velocemente, intenzionata a finire il suo discorso.
"Mi ha fermata una ragazza e mi ha chiesto se stavo con te."
Continuò, imperterrita, Gemma, una volta libera da Danny. Lui rise, lei lo fulminò con un'occhiataccia.
"Ci sono delle foto di noi, qui, davanti casa tua, che ci abbracciamo, e questa fan le aveva nel suo cellulare. Me le ha fatte vedere, allora io le ho risposto che non stiamo insieme, che siamo solo amici di lunga data, e poi lei mi ha detto qualcosa tipo: "E' un bene che lui non stia con nessuna, per ora, visto che sta uscendo da una storia importate.". E questa cosa un pò mi ha colta di sorpresa perché non sapevo di nessuna storia importante, e..."
"Ok, Em, ferma, frena."
Dan fece un respiro profondo, ed iniziò a spiegarle come erano andate le cose.
"In effetti, una storia c'è stata."
"Ah, bene. E perché i ragazzi non hanno detto niente? Non me l'aspettavo, da loro che sono più pettegoli di un gruppo di allegre signore di terza età."
Danny rise alle parole un pò acide di Gemma.
"Sei gelosa?"
Le chiese, avvicinandosi di nuovo a lei.
"No."
Rispose Em, sicura.
"Lo sei."
Disse lui, dolcemente, facendo incontrare le loro labbra, interrompendo quella conversazione con un nuovo bacio.
"Sono stato con lei per un paio di anni, ma poi mi sono...diciamo, intrattenuto con altre ragazze, e lei mi ha lasciato dicendo che era stata con me solo per la fama."
Ammise Danny, concludendo il racconto di quella relazione durata un pò.
"Ci sei stato tanto male?"
Domandò Gemma, mentre il suo tono di voce tornava ad essere quello dolce di sempre.
"All'inizio, si. Poco, però. Ho sofferto di più, per un'altra persona."
Gemma alzò gli occhi al cielo, sapeva cosa sarebbe successo di lì ad una manciata di istanti. Dan le avrebbe chiesto di nuovo il perché. Il perché della loro rottura, quel perché del quale non era mai venuto a conoscenza. Lei ora sapeva tutto di lui, di quegli anni senza di lei, e a Danny di lei mancava solo quel particolare, l'ultimo pezzo del puzzle.
"Non te lo dirò!"
Rise Dan, facendo il verso a Gemma; le aveva chiesto quel perché molteplici volte, e la sua risposta era sempre stata quella, ormai aveva imparato a prenderla con ironia.
Anche Gemma rise, sentendo l'imitazione di Danny, ma capì che glielo doveva, gli doveva quella dannata spiegazione.
"E invece stavolta ti sorprendo..."
Mormorò, guardandolo negli occhi chiarissimi.
"Se non vorrai più parlarmi o guardarmi in faccia o qualunque cosa, lo capisco."
Aggiunse, respirando profondamente.
"Dimmelo e basta, ok?"
La pregò, Dan, una volta realizzato che stava per dirglielo davvero.
"E' stato egoista, totalmente egoista...Non avevo la più piccola prospettiva di un futuro e dovevo trovarla assolutamente."
Fondamentalmente, Gemma non sapeva come spiegarlo, non sapeva trasformare in parole quello che aveva sentito di dover fare.
"Tutto qui?"
Danny sembrava non comprendere.
"Beh, pensi che stando con te l'avrei trovata? Ero sempre in tour con voi, Dan, dipendevo da te."
La ragazza provò ancora una volta a spiegarsi, a farsi capire, ma era come se le parole giuste le sfuggissero continuamente.
"Io non..."
Danny si mise una mano tra i capelli, sembrava confuso.
"Lo capisco, capisco il motivo e tutto, ma...lasciarmi? Non potevi dirmi solo che non volevi stare più in tour? Che dovevi avere un lavoro, qualcosa di tuo? Pensavi che non avrei capito?"
Troppe domande, e la risposta era una sola.
"Non avresti capito, Dan."
Gemma si avvicinò a lui, sperando con tutta se stessa che non si allontanasse, lo guardò negli occhi, gli sorrise dolcemente, con le dita della mano destra iniziò a giocare con i suoi ricci castani.
"Lo capisci ora, perché sei cresciuto, cambiato, ma tre anni fa non avresti capito, mi avresti detto qualcosa tipo: "Meglio rompere, piuttosto che stare lontani.", non credi?"
Dan sorrise, quanto odiava ammettere la sconfitta. E' che con lei anche quello diventava più bello, più semplice; aveva ragione, e non poteva fingere che non fosse così, fingere che lei avesse torto, che non lo conoscesse così maledettamente bene.
"Hai ragione."
Ammise, sussurrando quelle parole sulle sue labbra. La baciò, e sembrò che fosse la cosa più giusta che avesse mai fatto. Era sempre così, con lei, era stare bene, sentirsi migliore, in grado di amare come pochi sapevano fare.
"Danny, devo andare da Josh. Ti giuro che entro questa settimana sistemo anche questa faccenda."
Mormorò, allontanandosi da lui, dopo avergli dato ancora un altro bacio.
"Ok, ci sentiamo."
Gemma si diresse verso l'ingresso dell'appartamento, mentre Danny la seguiva in silenzio. Aprì la porta, ma poco prima lui la fermò.
"Em?"
La raggiunse, si avvicinò di nuovo a lei.
"Si?"
La baciò, un'altra volta.
"Ti amo."
Lo disse, perché lei era l'unica persona a cui l'avesse mai detto, sentendolo davvero, e lo disse, perché doveva, perché lei doveva capire quanto fosse importante, tutto quello che avevano.
"Ti amo."
La risposta arrivò subito, rassicurante, dolce come lo era sempre stata. Un sorriso, un bacio, e Gemma aprì di nuovo la porta, uscendo, tornando fuori, con la pioggia che batteva sui suoi vestiti e sui capelli, correndo per raggiungere in fretta la fermata della metropolitana, ma sorridendo. Non aveva smesso neanche per un attimo di amarlo, mai, lo sapeva, e un pò le veniva da ridere perché quel pensiero suonava così sdolcinato, nella sua testa, però era incredibilmente vero. Era come se quell'amore si fosse evoluto, perché non era più il semplice divertimento e la più schietta compatibilità che avevano a diciassette anni, era qualcosa di più grande, di più adulto, era voler fare qualcosa di quel 'noi'.

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Capitolo 11
*** Dieci - Never thought we'd be this strong. ***


Dieci - Never thought we'd be this strong.

Per quanto tutti avessero immaginato l'opposto, l'arrivo di Josh non aveva cambiato troppo le cose: Gemma e Dan avevano continuato a vedersi, nonostante non fosse eticamente corretto, avevano continuato a scherzare, durante le cene ed i dopocena che il gruppo aveva continuato ad organizzare. Quella sera era casa di Antony e Danny ad ospitare l'intera comitiva, solo che il primo si era fatto prendere la mano, invitando anche qualche altro amico e, da una semplice cena, l'appartamento londinese si era trovato a dover ospitare una festa: fortunatamente il vino non mancava, così come il cibo, e il gruppo, tra la sorpresa per l'arrivo di tutti quegli ospiti e le risate nervose, riuscì a sostenere la situazione.
Nel pieno della festa, quando la musica aveva iniziato a suonare già da un pò e tutti si facevano strada al centro del salotto, improvvisata pista da ballo, Gemma si diresse in cucina, pronta a versarsi un bicchiere di semplice acqua: aveva pensato che almeno qualcuno dovesse rimanere sobrio, per aiutare i padroni di casa, quando tutto sarebbe finito; lasciò il grande salone, mentre un allegro Josh parlava con un Doug un pò brillo, seguita da Danny che, appena la vide, non si fece scappare l'occasione di rimanere qualche istante solo con lei.
"Ti stai divertendo, vero? Antony ha un talento innato per queste cose!"
Disse Dan a Gemma, ridendo, perché lui era il primo a non aspettarsi tutta quella gente.
"Si, direi che è un talento difficile da ignorare!"
Rispose la ragazza, con una punta di sarcasmo nella voce, ma continuando a sorridere.
"A proposito di Antony, c'è Tyler che ci prova con lui da tutta la sera!"
Disse Gemma ridendo, appoggiata al bancone della cucina, mentre Danny si avvicinava a lei.
"Già! Forse qualcuno di noi dovrebbe dirgli che Ant è totalmente etero."
Riuscì a dire il ragazzo, tra le risate. Tyler era così, non aveva mai neppure provato a nascondere le sue preferenze, neanche quando da adolescente aveva capito di essere gay, non era mai riuscito a rinnegare se stesso, lui era così, spontaneo, schietto, e dichiaratamente omosessuale. E ci stava provando con Antony, senza troppi problemi, senza alcuna traccia di discrezione. Discrezione che, per esempio, Dan e Gemma avevano dovuto mantenere costantemente: erano riusciti a trovare un equilibrio, si mostravano come dei semplici amici, e ancora non avevano commesso alcun errore in quel gioco di parti recitate; eppure entrambi sapevano quanto potesse essere facile sbilanciarsi, cadere da quel sottile filo sul quale continuavano a camminare. Ma in quel momento erano soli, non potevano sbagliare, perché nessuno poteva vederli. Cedere alla tentazione fu estremamente facile, assolutamente istintivo, prima che potesse chiedersi cosa stesse facendo, Danny si trovò a baciare Gemma, con passione, bisogno.
"Aspetta. Non possiamo, Dan."
La ragazza lo fermò soltanto dopo pochi istanti, separandosi da lui.
"Em, è già complicato stare lontano da te quando siamo in compagnia, ora vuoi tenermi a distanza anche quando siamo da soli?"
Dan mormorò quella domanda sulle labbra di Gemma, guardandola negli occhi, e, proprio in quell'istante, quando il suo cuore stava finalmente per averla vinta sulla mente, qualcuno entrò nella stanza.
"Forse lo fa perché non siete soli."
Il tono di voce di Josh era freddo, distante, i suoi occhi verdi erano glaciali, guardavano Gemma con disprezzo, Dan si voltò immediatamente verso di lui, nonostante l'indecisione si fosse ormai impossessata del chitarrista: doveva recitare la classica frase "Non è come sembra." oppure dire che in realtà era tutto esattamente quello che sembrava? In quel momento si sarebbe aspettato di tutto, tranne che arrivasse Josh. Gemma, invece, lei lo sapeva, che lui sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro, e nonostante si sentisse un pò sollevata dal fatto che Josh sapesse di quello che c'era tra loro, non era così che voleva lo scoprisse.
"Da quant'è che va avanti?"
Domandò l'americano; Gemma l'aveva sentito usare quel tono di voce solo poche volte, sul lavoro, principalmente, quando gli venivano revocate piccole libertà che credeva di potersi prendere, che credeva fossero ormai sue.
"Anzi, no. Non lo voglio sapere. Dimmi, avevi intenzione di tornare a New York con me? O mi avresti lasciato? E' una cosa seria?"
Il ragazzo fece una pausa veloce, fece un respiro profondo.
"Ora capisco perché non avevi paura che io ti tradissi a New York. Lo stavi già facendo tu qui!"
Gemma continuava a fissarlo, come se sperasse di scioglierlo con il suo sguardo, come se sperasse di capire cosa avrebbe detto dopo, cosa sarebbe successo, dopo.
"Forse dovremmo parlare di tutto questo da soli."
La risposta della ragazza fu altrettanto fredda, nonostante tutto. Parole misurate, pronunciate senza farsi prendere dall'emozione, o dalla paura. Daniel fece per lasciare la stanza, ma lo sguardo di Josh viaggiò immediatamente su di lui.
"Non credo."
Disse Josh, rispondendo a quella che era la sua ragazza; l'americano si voltò, e in pochi istanti, aveva già assestato un pugno sullo zigomo destro di Dan.
"Sei impazzito tutto d'un colpo? Che diavolo stai facendo?"
Josh non si fermava, nonostante le parole di Gemma, ma Danny stava iniziando a reagire: bastò poco perché la situazione si ribaltasse completamente, ora il vantaggio era tutto dell'inglese.
"Harry!"
Fu la prima persona che Gemma riuscì a chiamare, abbastanza vicino da sentire, abbastanza alto e atletico da fermarli.
Non appena il batterista capì per quale motivo Em l'avesse chiamato, fece segno ad Antony di seguirlo in fretta, pensando che da solo non ce l'avrebbe fatta. Harry prese Danny dalle spalle, ed Antony seguì il suo esempio con Josh, ci volle un pò più del previsto, e nel frattempo Giovanna, Tom e Dougie avevano raggiunto la cucina, cercando spiegazioni da Gemma.
"Josh è entrato e ha visto me e Danny, ed è successo un macello, ha iniziato a dare di matto, il che è comprensibile, probabilmente...poi ho detto che dovevamo parlarne soltanto io e lui, allora Danny stava uscendo, ma Josh l'ha fermato, con un pugno. Che faccio, ora?"
Gemma spiegò a Giovanna cosa fosse successo, ancora indecisa su quello che avrebbe potuto fare, su quello che avrebbe dovuto fare.
"Senti, tu va' da Josh. Digli quello che devi, che a Dan ci pensiamo noi."
Fu quello il consiglio di Gi, mentre Tyler seguiva Antony e Josh in una camera, e Tom seguiva invece Dougie, Harry e Dan nella camera del chitarrista e cantante.
"Ok."
Quella risposta fu un soffio, e anche Gemma sparì in quella camera, con Antony e Josh, proprio come aveva fatto Tyler, proprio come avrebbe fatto a New York. In poco tempo sia Ant che Ty capirono che la cosa giusta da fare era lasciarli da soli, e così fecero. Josh e Gemma si trovarono in silenzio, gli sguardi che si scontravano e le parole giuste che facevano fatica a venir fuori.
"E' una cosa seria."
Fu la prima cosa che le venne in mente, e la disse, comprendendo solo dopo che, probabilmente era tutto tranne che quella giusta.
"So che è sbagliato, che ti ho tradito, ma non posso chiamarlo errore, per il semplice fatto che lo rifarei."
Gemma sapeva che non era facile sopportare di sentirsi dire quelle cose, lo immaginava, ma era la verità.
"Sono stata con lui fino a tre anni fa, lo amo, non ho mai smesso. Questo non significa che non abbia mai amato te. Ma voglio stare con lui."
Gemma concluse quel monologo con un sospiro, si alzò dalla poltrona sulla quale era seduta, lasciò a Josh un ultimo sguardo, più dolce, poi si chiuse la porta alle spalle, sospirando per la seconda volta.
La porta della camera di Danny era aperta, vide uscire Frankie, che rientrò poco dopo con una borsa del ghiaccio. Non avrebbe mai voluto che succedesse così, che Josh scoprisse tutto in quel modo, ma almeno si erano tolti un peso, il peso. Sorrise appena, a quel pensiero, ed entrò nella camera di Dan, trovandolo disteso a pancia in su sul letto, con Francesca che gli diceva di chiamare in caso gli servisse qualunque cosa. La ragazza sorrise a Gemma, non appena entrò, per poi chiudersi la porta alle spalle, lasciando alla coppia la privacy che si meritava.
Gemma si distese sul letto, accanto a Danny, i gomiti appoggiati al materasso, sul copriletto beige, sorreggevano la schiena, la testa era appena inclinata, lo sguardo attento, ma dolce.
"Che c'è?"
Domandò il ragazzo, mentre un sorriso si faceva strada sul suo viso.
"Oggi ti sei battuto per me. Non l'avevi mai fatto, neanche a diciassette anni."
Rispose Gemma, ricambiando il sorriso.
"Chi ti dice che sia stato per te? Magari avevo solo voglia di fare a pugni."
"Hai sempre voglia di scherzare, eh?"
Gemma si avvicinò a Dan, regalandogli un bacio a fior di labbra. Si sentiva leggera, spensierata, si sentiva felice. Tornò a guardare Daniel, con quel sorriso dolcissimo sul volto, allungò un braccio verso il suo zigomo destro, liberato poco prima dalla borsa del ghiaccio, vi passò sopra l'indice della mano destra, poi il medio, sfiorando appena la zona livida, con la massima delicatezza; Danny rabbrividì appena al tocco dei polpastrelli freddi.
"Fa tanto male?"
Domandò la ragazza, quasi sottovoce.
"Non troppo. Dopotutto, mi sono battuto per te."
Un nuovo sorriso illuminò il viso di Dan, fece risplendere i suoi occhi azzurri, Gemma sorrise di rimando, e rimasero così, a guardarsi e sorridersi, consapevoli di non conoscere a cosa stessero per andare incontro, ma altrettanto consapevoli di essere stati più forti di quanto loro stessi potessero credere, consapevoli di essere ormai un'unica cosa.

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Capitolo 12
*** Undici – Home is where the heart is, where we belong. ***


Undici – Home is where the heart is, where we belong.

Era una normalissima mattina di fine luglio in una Londra un pò meno grigia del solito. A dire il vero, quella mattina fu normale solo in principio, iniziò a non esserlo più quando Doug e Tom si presentarono a casa di Haley, cercando Gemma, e trovandola, ancora un pò assonnata, seduta in cucina e intenta a leggere, sullo schermo del suo MacBook, un'e-mail che qualcuno le aveva mandato da New York.
"Che leggi?"
Domandò subito Dougie, curioso, dopo che entrambi i ragazzi l'ebbero salutata.
"Cose di lavoro, appunti che mi hanno mandato per due feste che dovrò iniziare ad organizzare non appena torno al di là dell'oceano."
Il tono di voce di Gemma si fece sarcastico alla fine della frase. C'era così tanto da dire, e così poca voglia di dirlo.
"Era proprio di questo che volevamo parlarti."
Iniziò a dire Tom, serio. Vedendoli insieme, se l'era aspettata, Gemma, un'imboscata nella quale si sarebbe trovata a dover dare spiegazioni, o a trarre conclusioni.
"Di una festa per un dopo-sfilata?"
Ironizzò, lei. Entrambi i ragazzi sorrisero.
"No. Di New York, e di Danny."
Spiegò Tom. In realtà Gemma sapeva già di cosa erano andati a parlarle Fletcher e Poynter, e si stava domandando perché Harry non fosse con loro, generalmente c'era lui dietro queste mosse, era lui a voler tenere sotto controllo tutto, in senso buono, ovviamente.
"Sappiamo che è una cosa seria tra te e lui, ma il tuo lavoro è al di là dell'oceano, come hai detto tu. Sarà complicato mantenere il rapporto..."
"...così come potrebbe essere complicato tornare a lavorare a Londra."
Per un momento a Gemma venne da sorridere: i ragazzi non stavano facendo quel discorso solo per Danny, per paura che lui stesse male come la prima volta che si erano lasciati, se non peggio, quel discorso era per Gemma stessa, che si stava accorgendo di quanto tutto quel preoccuparsi per lei le fosse incredibilmente mancato. Quando vivi in una nuova città, una città come New York, in cui a molti interessa semplicemente di se stessi, dimentichi com'è avere al tuo fianco qualcuno che ti conosce meglio di quanto ti conosci tu, qualcuno a cui interessa davvero di te, e che farebbe praticamente di tutto per non vederti star male.
"Il rapporto non lo manterremo a distanza, so che è una cosa complicata, e non ho intenzione di provarci, e credo che Dan concordi su questo."
Iniziò a rispondere Gemma, sorridendo.
"Trasferirsi non dovrebbe essere così difficile...dopotutto, ho iniziato a lavorare qui, quindi basterà parlare con l'agenzia e chiedere un normale trasferimento. E' ovvio, prima dovrò tornare a New York per sistemare questi ultimi party, per regolare le carte e i documenti, ma è quasi routine."
La spiegazione della ragazza sembrava non fare alcuna grinza, o piega, sembrava la cosa più naturale, come se non ci fosse neppure da chiedere.
"Ma tu e Dan ne avete parlato, di questa cosa, in generale?"
"No, Doug, non ne abbiamo avuto il tempo. Considera che siamo andati avanti con la consapevolezza che tutto dipendeva da come avrebbe reagito Josh."
Dougie annuì, ed in pochi istanti i tre concordarono tacitamente che era meglio cambiare discorso. Parlarono delle registrazioni, dei McFly che credevano di avere tra le mani alcuni dei migliori pezzi mai scritti, parlarono di Antony che aveva detto a Tyler di stare con Haley per fargli capire che non aveva opportunità, risero di altri pettegolezzi che erano giunti alle loro orecchie, poi decisero di andare a pranzare insieme. Avevano appena pagato il conto del ristorante quando l'iPhone di Gemma squillò, rivelando sul display il nome di Danny.
"Puoi raggiungermi in Tanner Street? E' una traversa fra Tower Bridge Road e Bermondsey Street."
Domandò il ragazzo, con un tono di voce piuttosto entusiasta, subito dopo averla salutata.
"Penso di si, sono con Tom e Dougie, gli chiedo un passaggio."
Rispose Gemma, non troppo convinta da quella richiesta. Che lei sapesse non c'era nulla di particolare a Tanner Street, era un paio di isolati lontana da casa di Tom, ma non ci abitava nessuno che lei conoscesse, in quella via.
"Ok, ti aspetto lì!"
Non le diede neppure il tempo di replicare, che chiuse la chiamata. Se lo immaginava, in quel momento, con quel suo sorriso stampato in volto, era lo stesso sorriso che increspava le sue, di labbra: era un sorriso che sapeva di felicità, non di semplice allegria o buonumore, felicità.
"Dov'è che ti dobbiamo dare un passaggio?"
Chiese subito Tom, indossando gli occhiali da sole, dato che i tre ragazzi erano appena usciti dal locale.
"Tanner Street, fra Tower Bridge Road e..."
"Oh, so dov'è, non preoccuparti, è vicino casa!"
"Ci abita qualcuno, lì?"
Gemma approfittò per chiedere agli amici qualche informazione, troppo curiosa come sempre.
"Non che io sappia."
Le rispose Doug, mentre Tom faceva spallucce, lasciandole intendere la stessa cosa. Il tempo che occorse per raggiungere la meta fu minore di quanto si aspettassero, in poco tempo si trovarono nella via indicatagli da Danny. Gemma scese dalla macchina di Tom, mentre i due ragazzi salutavano l'amico dai finestrini, e sfrecciavano via per poi scomparire dietro un incrocio.
"Allora, che ci facciamo qui?"
Domandò Gemma, mentre Dan le metteva un braccio intorno alle spalle, guidandola all'interno di uno dei palazzi della via.
"C'è una cosa che devi vedere."
Le rispose, facendo scontrare per un attimo il suo sguardo con quello di Em.
Entrarono in un condominio di costruzione evidentemente recente, parlando del più e del meno, mentre Gemma osservava attentamente tutto intorno a lei: i muri erano di mattoni grigi sia all'esterno che all'interno, in netto contrasto con gli infissi d'acciaio, modernissimi; entrarono nell'ascensore, a vetri, e salirono all'ultimo piano, il sesto, poi Danny aprì la porta dell'unico appartamento in quel piano, facendo entrare Gemma per prima, e poi chiudendosi la porta alle spalle. Il pavimento era di parquet, in noce, i muri ancora di mattoni grigi, e le finestre ampie lasciavano entrare moltissima luce nel loft, ancora vuoto.
Gemma stava ancora inquadrando il tutto, quando Dan si spostò davanti a lei, la guardò, sorridendole appena, incapace di decidere se fosse quello il momento adatto. Poi decise di buttarsi, come sempre, com'era da lui.
"Vieni a vivere qui con me."
Le disse, senza riuscire a trattenere un sorriso entusiasta. Gemma fece un respiro profondo, non si aspettava di certo quel genere di sorpresa.
"Da quando è partito Josh sei sempre stata da me, e lì c'è anche Antony, quindi non è proprio il massimo. Io stavo pensando già da un pò ad un appartamento mio, quindi ho colto l'occasione, questo mi piaceva e l'ho comprato. Ma se ci fossi anche tu con me sarebbe molto meglio."
Continuò a dire il ragazzo, avvicinando Gemma a sé, piano, mettendole le mani sui fianchi.
"Ho ancora delle faccende da sbrigare a New York per il lavoro, perché ho intenzione di chiedere il trasferimento qui, nella filiale dell'agenzia di Londra. Questo significa che starò via almeno per un mese. Se l'offerta sarà ancora valida, mi piacerebbe venire a vivere qui con te."
Concluse la ragazza, lasciando che le sue labbra incontrassero quelle di Dan in un nuovo bacio.
"Siamo finiti di nuovo così dopo tre anni, Em, pensi davvero che dopo un mese l'offerta non sarebbe ancora valida?"
Mormorò Daniel sulle labbra di Gemma, sorridendo appena, per poi baciarla di nuovo.
Ecco che era arrivato, quel nuovo inizio, ecco che finalmente stavano facendo qualcosa di quel 'noi', ecco che, contro ogni previsione, la vacanza di Gemma a Londra, era diventata un nuovo progetto per entrambi, qualcosa che non aveva davvero nessuna scadenza, la dimostrazione che, con una seconda occasione, c'è rimedio anche allo sbaglio più grande.

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