La promessa della Morte

di Miss Ron
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Harry Potter ***
Capitolo 2: *** Tom Riddle ***
Capitolo 3: *** L'inizio di una nuova vita ***
Capitolo 4: *** Nuovi incontri e primi scontri ***
Capitolo 5: *** Lo Smistamento... ogni anno da allora ***
Capitolo 6: *** La prima notte ***
Capitolo 7: *** Tipi mattinieri e non ***
Capitolo 8: *** Tra lezioni e discussioni ***
Capitolo 9: *** Volo ***
Capitolo 10: *** Dai compiti al Quidditch ***
Capitolo 11: *** Aria di Natale ***
Capitolo 12: *** Il Ballo dei Black ***
Capitolo 13: *** La fenice ***
Capitolo 14: *** Lo Specchio delle Brame ***
Capitolo 15: *** Fine delle vacanze ***
Capitolo 16: *** Guai in vista ***
Capitolo 17: *** Nella foresta ***
Capitolo 18: *** Vendetta ***
Capitolo 19: *** Esempio di solidarietà tra Case ***
Capitolo 20: *** Fuoco e complotti ***
Capitolo 21: *** Si torna a casa ***
Capitolo 22: *** Perdonami ***
Capitolo 23: *** La disfatta del più grande nemico di tutti gli innocenti fuorilegge di Hogwarts ***
Capitolo 24: *** Incubi e richieste ***
Capitolo 25: *** Il quarto anno ***
Capitolo 26: *** Il giorno in cui si aprirono le danze ***
Capitolo 27: *** Iniziò con una sfida e si concluse con una sfida ***
Capitolo 28: *** Quando non è destino ***
Capitolo 29: *** Fifteen days - prima parte ***
Capitolo 30: *** Fifteen days - seconda parte ***
Capitolo 31: *** Fifteen days - terza parte ***
Capitolo 32: *** E qui si narra di abiti eleganti e amiche impiccione ***
Capitolo 33: *** Ciò di cui tutti si sono accorti, ma che quasi nessuno sa ***
Capitolo 34: *** Se qualcuno ci lascia ***



Capitolo 1
*** Harry Potter ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (mi pare ovvio, no?) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Capitolo I

Harry Potter

1981

Horace Lumacorno, preside della prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, era appogiato al cancello di Privet Drive n. 4 con un fagotto di coperte tra le braccia. Una donna alta, magra e con setosi capelli neri raccolti in uno stretto chignon, gli chiese: -E’ proprio necessario, Horace?-.

-A me piange il cuore quanto a te, Minerva,- rispose l’uomo –Sapendo che genere di vita l’aspetta. Sai quanto fossi affezionato a sua madre, ma non abbiamo altra scelta. Harry è figlio della Salvatrice e ci sono ancora un sacco di Seguaci di Era Redbird in giro per il mondo che lo vogliono morto. Qui sarà al sicuro e poi non sarà solo: a poca distanza da qui abita Eileen Prince. Le ho chiesto di tenerlo d’occhio-.

Minerva lanciò un’occhiata al fagotto di coperte. Dentro, appena visibile c’era un bambino profeondamente addormentato, sotto il ciuffo di capelli neri s’intravedeva una cicatrice a forma di saetta.

-Be’ facciamo quello che siamo venuti a fare- disse il preside.

L’uomo estrasse dalle pieghe del suo mantello color zaffiro una bacchetta e la picchiettò contro il cancello che si aprì. Poi entrò in giardino e appoggiò il fagotto contro la porta. Infine infilò una lettera tra le coperte mormorando:-Buona fortuna, Harry-.

Dopo di che si allontanò lasciando il bambino al suo destino.

10 anni dopo

-Ragazzo!- Urlò una donna bionda contro lo sgabuzzino di casa sua. –Alzati! Ho messo dei biscotti nel forno e devi controllare che non si brucino. Ehi! Mi hai sentito?!-

-Arrivo!- rispose una voce dall’interno dello sgabuzzino.

-Muoviti!-

Il ragazzo, che aveva risposto al brusco appello, si alzò dal letto e si vestì velocemente. Poi uscì dallo sgabuzzino e si diresse in cucina, dove un omone decisamente in carne, stravacccato sul divano gli diede il buongiorno con un: -Preparami il tè e fai qualcosa a quei capelli-.

Il moro, ormai abituato a certi atteggiamenti, non rispose e si limitò a controllare i biscotti, deporli su un vassoio, e a preparare il tè.

Lo stava versando in una tazzina, quando suo cugino Dudley entrò come un tornado nella stanza e lo sbatté contro il muro, facendogli cadere la tazzina a terra.

Quando Harry vide suo zio avvicinarsi con aria minacciosa intuì che quel mattino non avrebbe fatto colazione.

***

-C’è un regalo in meno dell’anno scorso!- piagnucolò Dudley sbattendo i pugni contro il tavolo.

-Ma, tesoro,- cercò di rabbonirlo il padre –molti di questi regali sono più costosi di quelli dell’anno scorso-.

-Non m’importa!- sbottò il biondo.

-Tranquillo, Duddino, questo pomeriggio mammina e papino te ne compreranno un altro- lo rassicurò Petunia.

-Ah… allora va bene- accordò Dudley –E lui?- chiese poi indicando Harry che nel frattempo lavava le stoviglie della colazione.

-Andrà dalla signora Snape*, naturalmente.- rispose zio Vernon –Tranquillo, Dud, quel cattivone non ti rovinerà il compleanno-.

Harry trattene a stento un sorriso. Non voleva che i Dursley capissero che amava andare a casa Snape o glielo avrebbero impedito. A dire il vero detestava Tobias Snape, collega di suo zio e caratterialmente molto simile a lui, ma la signora Eileen Snape gli preparava sempre le sue pietanze preferite e poi c’era Sev, il suo unico amico.

Per Harry non c’era nulla di meglio che stare rannichiato con Sev sul tappeto del salotto di casa Snape con una fetta di torta alla melassa ad ascoltare le storie della signora Snape ambientate in castelli magici e con protagonisti maghi e streghe. Per il suo decimo compleanno la signora Snape gli aveva reglato, a insaputa dei Dursley, un libro (scritto a mano da lei) con tutte le sue storie preferite.

Harry si chiedeva sempre come una donna come lei avesse potuto sposare un uomo come Tobias Snape, che non solo era tremendamente noioso, ma la picchiava. Un giorno, aveva chiesto alla signora Snape, se lui l’avesse costretta a sposarlo, ma lei, con un sorriso triste, gli aveva risposto: -No, non mi ha costretto. Io lo amo-.

Harry non riusciva a capirla e neanche Sev. Quest’ultimo odiava il padre con tutto sé stesso.

Fu distratto dai suoi pensieri da zio Vernon che, appena ebbe finito di lavare le stoviglie, lo afferrò per il braccio e lo trascinò verso l’uscita diretto a casa Snape.

Con sua immensa gioia Tobias Snape era in ufficio. Eileen lo accolse con un gelato cioccolato fatto in casa e lui passò la giornata ridendo e scherzando con Sev. Mentre  l’amico allungava il cucchiaio per fargli assaggiare il suo gelato al caffè e Eillen canticchiava una strana canzone che parlava di calderoni, Harry si chiese perché la sua vita non poteva essere sempre così.

Mesi dopo

Al suono del campanello Eileen Snape andò ad aprire e si trovò davanti una donna vestita di verde smeraldo.

-Professoressa McGranitt- la salutò.

-Posso entrare?-

-Certo.-

Le due donne si accomodarono in salotto e Eileen preparò del the.

-Cosa ci fa qui?- chiese dopo un po’.

Minerva sorrise gentilmente.

-Credo tu già lo sappia. Non puoi non esserti accorta che tuo figlio ha doti magiche-.

Minerva aprì la borsa, ne estrasse una busta di pergamena pesante e la consegnò a Eileen.

Quest'ultima neanche l’aprì: sapeva già cosa c’era all’interno.

-In realtà,- continuò Minerva –essendo tu una strega non avrebbe dovuto essere necessario che io venissi di persona, ma tuo fratello ha ritenuto che sarebbe stato meglio-.

-To… Tobias non lo permetterà mai.- mormorò Eileen arrotolandosi nervosamente una ciocca di capelli.

Aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato. Il giorno in cui un membro della sua vecchia vita, con uno sguardo pieno di compassione malcelata, sarebbe venuto a portarle via suo figlio per riconsegnarlo al mondo a cui apparteneva, al mondo a cui era appartenuta anche lei prima di rinunciarci per amore.

E’ ora, il giorno in cui suo figlio avrebbe cominciato ad odiarla, era arrivato.

Minerva alzò un sopracciglio.

-Tobias Snape è un babbano.- le fece notare –Non può intervenire in questa faccenda. Nessun genitore babbano può. Noi ci limitiamo ad informarli e lasciamo la scelta ai figli, i quali non rifiutano mai l’invito-.

-Io…-

-Signora Snape!- Due bambini irruppero all’improvviso nella stanza.

Minerva li guardò e rimase di stucco. Un Tobias Snape e un James Potter in miniatura si trovavano di fronte a lei. Guardò il meno alto tra i due. Assomigliava molto a suo padre, ma era più basso, aveva l’aria meno curata e  la carnagione più chiara, per non parlare degli splendidi occhi verdi che brillavano sul viso, identici a quelli di Lily Evans.

-Harry, cosa ci fai qui?- chiese Eileen.

Il bambino abbassò gli occhi, colpevolmente. Sev ghignò.

-Dursley e la sua banda d’idioti se la stavano di nuovo prendendo con noi- spiegò –quando Harry gli ha fatto spuntare una coda di maiale! L’ho invitato a venire qui perché suo zio l’avrebbe ucciso appena scoperto ciò che è successo.-

-E tuo padre ammazzerà me- sospirò Eileen affranta.

-Per cosa?- chiese Harry –Io non fatto niente! Come avrei potuto fargli crescere una coda?- Neppure lui, però, pareva convinto delle sue parole.

Sev sbuffò.

-Se non sei stato tu, come te lo spieghi che gli è spuntata quando gli hai dato del maiale?-

-Il signor Snape ha ragione, signor Potter- intervenne Minerva.

-Lei chi è?- chiese Severus sospettoso.

-Sono Minerva McGranitt, vicepreside e docente di Trasfigurazione alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e sono venuta a comunicarvi che, lei signor Snape e lei signor Potter, siete dei maghi-.

*Snape=Piton

 

 

Ed ecco il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto e vi prego di recensire: sono affamata di opinioni sulla fic. Accetto di buon grado domande, critiche, consigli e, se il fato vorrà, complimenti.  

 

Il prossimo capitolo sarà intitolato: “Tom Riddle”

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Capitolo 2
*** Tom Riddle ***


Risposta alla recensione

Yuukimi: Sono felice che ti piaccia la mia fic, spero di non deluderti, e sì, Severus e Harry sono contemporanei e non solo loro, anche Tom lo è e l’elenco non è ancora finito. In pratica ho messo tutti i personaggi che m’interessavano nello stesso anno.

In quanto a Ginny, non è che la odi, mi è indifferente e non c’è la vedo bene insieme a Harry. Nessuno mi toglierà mai la convinzione che ciò che ha spinto Harry a sposarla è stato il desiderio di costruirsi una famiglia e avere una vita normale, più che l’amore. Comunque in questa fic la famiglia Weasley non ha un ruolo molto importante e Ron neanche compare. Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo.

 

Capitolo II

Tom Riddle

Se qualcuno quel giorno fosse andato a farsi un giro a Diagon Alley avrebbe trovato nella Sala Lettura del Ghirigoro un ragazzo undicenne immerso nella lettura di un libro  intitolato: I babbani scoprivano il fuoco, i maghi l’incanto Incendio.

Era un ragazzo molto attraente: alto per la sua età, con una carnagione d’avorio, che sembrava ancora più chiara se messa in confronto ai capelli color dell’ebano, e gli occhi di un singolare color ametista, ma talmente scuri da sembrare neri.

Era seduto su quella sedia da più di un’ora, rimanendo perfettamente immobile tranne che per la mano destra che cambiava pagina a intervalli regolari.

Una delle straordinarie capacità di Tom Orvoloson Riddle era la capacità di concentrazione. Anche se un argomento lo annoiava, non si perdeva una parola e la sua eccezionale memoria gli permetteva di ricordare tutto, analizzarlo e rielaborarlo.

Una delle maestre della scuola elementare che frequentava aveva commentato, pensando che lui non la sentisse, che il suo cervello faceva paura.

Il che era vero. Nessuno, tra gli adulti e i bambini che aveva frequentato nella sua vita, si sentiva a suo agio con lui. Tutti lo tenevano a distanza, era come se avesse avuto scritto in fronte ‘diverso’. Ed era esattamente così che Tom si sentiva: diverso, speciale. Per questo quando quella donna dall’aspetto severo gli aveva consegnato una lettera invitandolo ad iscriversi ad una Scuola di Magia lui non era rimasto minimamente sorpreso. Aveva sempre saputo di essere differente da quella massa di patetici individui che lo circondava.

Finito il XII capitolo, richiuse il libro e uscì. Il testo era molto noioso, ma probabilmente leggerlo gli avrebbe permesso di passare il primo trimestre di scuola senza studiare Storia della Magia.

Da quando aveva incontrato quella donna, aveva aumentato le sue fughe dall’orfanotrofio per visitare Diagon Alley. In particolare aveva passato molte ore nella sala lettura del Ghirigoro leggendo ogni tomo che attirasse la sua attenzione.

Voleva imparare il più possibile e il più in fretta possibile del mondo in cui era appena entrato a far parte. Dopotutto conoscenza voleva dire potere.

Si stava dirigendo verso il Paiolo Magico quando intravide un bambino che attirò la sua attenzione. Era situato di fronte al negozio di Madama McClan, circondato da pacchetti e pacchettini, e con in mano un astuccio di pelle rettangolare che, Tom lo sapeva perché ne possedeva una anche lui, conteneva una bacchetta di Olivander.

In realtà non aveva nulla di particolare. Era mingherlino e il viso chinato a terra era nascosto da una chioma nera ribelle e intricata. L’unica cosa di particolare in lui erano i vestiti babbani che indossava in cui avrebbero potuto entrare altri due o tre della sua costituzione. Tom si diede dello stupido: perché stava perdendo il suo tempo con un moccioso di otto ani che giocava con la bacchetta di suo fratello o sua sorella?

Stava per voltarsi e andarsene quando il bambino alzò il viso e Tom incrociò un paio di occhi di un verde stupefacente.

Puro. Fu questo l’aggettivo che venne in mente a Tom, osservando quel colore. Era totalmente trasparente, non nascondeva niente di ciò che provava: gioia, curiosità, eccitazione.

Rimasero a fissarsi per un po’ finché il bambino non gli sorrise e Tom suo malgrado si ritrovò a ricambiare il sorriso. Il che non era da lui. Era strano, ma percepiva una profonda affinità con quel bambino, come se fossero… uno parte dell’altro.

L’incanto fu spezzato da una donna alta e magra che gli coprì la visuale mettendosi di fronte al bambino. Tom la riconobbe: era Minerva McGranitt, la donna che gli aveva consegnato la lettera. I casi erano due: o quel bambino era suo parente oppure era più grande di quel che aveva ipotizzato.

“In ogni caso,” pensò “la questione non mi riguarda”. Voltò le spalle e si allontanò relegando l’incontro in un angolo della mente senza, però, riuscire a soffocare la speranza che il bambino avesse davvero tre anni in più di quanto gliene avesse attribuiti perché avrebbe significato che si sarebbero rivisti tra circa un mese.

Tom non poteva saperlo, ma quell’incontro e quegli occhi avrebbero mutato il suo destino.

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Capitolo 3
*** L'inizio di una nuova vita ***


Risposta alla recensione

Sono felice che ti piaccia come ho descritto Tom. E' sicuramente un personaggio molto complesso, difficile da rendere al meglio e spero di riuscire a mantenerlo credibile. Sì, Albus e Gellert hanno la stessa età di Sev, Tom e Harry, ma Gellert comparirà molto più avanti nella storia. Quanto a Hermione comparirà, ma non avrà un ruolo importante.

 

 

Capitolo III

L'inizio di una nuova vita

 

L’ultimo mese che Harry trascorse con i Dursley non fu affatto divertente. Anche se ora i Dursley avevano tanta paura del nipote da comportarsi come se non esistesse e Dudley non voleva stare neanche un attimo nella stessa stanza con lui. Per molti versi, questo rappresentava un netto miglioramento, ma dopo un po’ diventava deprimente.

Rimaneva tutto il giorno chiuso nella sua stanza, facendosi vedere solo per i pasti, in compagnia della civetta che gli aveva regalato Minerva McGranitt. Aveva deciso di chiamarla Edvige: Edvige Prince era stato un Ministro della Magia molto celebre e, a quanto pare, era un antenato di Sev. Il nome l’aveva trovato in una Storia della Magia. I libri di testo erano interessantissimi. Steso sul letto leggeva fino a notte fonda, con Edvige che entrava e veniva, libera, dalla finestra aperta.

***

Il mattino della partenza Harry si svegliò all’alba. Ricontrollò per l’ennesima volta di avere tutto ciò che gli serviva e poi, per far passare il tempo, cominciò a rileggere per la terza volta Il Quidditch attraverso i secoli, ma, nonostante il testo fosse molto interessante, non riusciva a concentrarsi. Continuava a darsi pizzicotti sul braccio come ad assicurarsi si non stare sognando. Sì, perché quello gli pareva ancora un sogno.

Circa un mese e mezzo prima si dondolava su un’altalena del parco municipale con Sev quando erano arrivati Dudley e la sua banda che volevano giocare al loro passatempo preferito ‘La caccia a Harry e Snape’.

Harry, furioso, aveva ordinato a Dudley di sparire e che era solo un maiale a cui avevano insegnato a camminare sulle zampe posteriori. Appena ebbe finito di pronunciare la frase a Dudley comparve sul fondoschiena una coda di suino. Severus era scoppiato a ridere per poi trascinarlo a casa sua, dichiarando che era meglio che stesse lontano da Privet Drive finché le acque non si fossero calmate, se voleva arrivare alla maggiore età.

A casa Snape avevano incontrato una signora, Minerva McGranitt, che li aveva informati di essere dei maghi. Scoprirono, inoltre, che anche la signora Snape era una strega, ma che non aveva più contatti col mondo magico da quando si era sposata.

A Harry fu rivelato che entrambi i suoi genitori, James e Lily Potter, erano maghi e che sua madre veniva considerata la Salvatrice del Mondo Magico perché aveva sacrificato la vita pur di sconfiggere la più potente strega oscura dai tempi di Morgana: Era Redbird. Anche Harry era stato presente allo scontro e la cicatrice che aveva sulla fronte era frutto di una maledizione della strega oscura a cui lui era sopravvissuto solo grazie al sacrificio della madre.

Dopo il racconto, la McGranitt lo aveva riaccompagnato a casa, aveva eliminato la coda di Dudley (placando parzialmente la furia dei Dursley), lo aveva fatto trasferire nella seconda camera da letto di Dudley e, il giorno dopo, lo aveva accompagnato a Diagon Alley dove avevano comprato l’occorrente per la scuola e anche abiti della sua taglia.

Harry si ritrovò a ripensare alla gita.

Gli venne in mente il senso d’appartenenza che aveva provato, come se fosse tornato a casa dopo tanto tempo, e poi le parole che Olivander gli aveva rivolto quando era entrato nel suo negozio. Il fabbricante di bacchette gli aveva fatto provare quasi tutte quelle che aveva in negozio per poi consegnarli una d’agrifoglio e piume di fenice, dicendogli che era una combinazione insolita, che aveva venduto la sua gemella solo la settimana prima e che la fenice, da cui aveva preso le piume per il nucleo della sua bacchetta, era il famiglio di Era Redbird. Aveva concluso il discorsetto affermando che sentiva che Harry era destinato a grandi cose.

Un’altra cosa che gli era rimasta impressa era l’incontro che aveva avuto mentre aspettava che la professoressa McGranitt tornasse dal Serraglio Stregato con Edvige. Be’ forse definirlo ‘incontro’ era un po’ esagerato, più che altro era stato un incrocio di sguardi. Non avrebbe saputo dire perché fosse rimasto tanto turbato, ma quando aveva incontrato gli occhi neri e… adulti di quel ragazzo aveva percepito che erano legati da un che d’impalpabile e indefinito; e poi gli era subito piaciuto. Harry riteneva assomigliasse un po’ a Sev (capelli neri, occhi scuri come la notte e carnagione d’alabastro), anche se a dirla tutta il Ragazzo Senza Nome era più… bello. Appena formulato il pensiero si ritrovò ad arrossire imbarazzato: non aveva mai definito nessuno bello.

Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri, e la sua mente si concentrò su Sev. Un’espressione triste gli si dipinse sul viso: non vedeva il suo migliore amico da quando aveva scoperto di essere un mago, ossia da più di un mese.

Dopo la gita a Diagon Alley, era andato a suonare al campanello di casa Snape. Fortunatamente gli aveva aperto Eileen che, con un grande livido sul volto che aveva fatto fremere Harry per la rabbia, gli aveva riferito che Sev si trovava a casa di suo zio, Teddeus Prince, e che probabilmente si sarebbero incontrati il primo settembre sul treno.

Harry era stato felice di sapere che Severus fosse lontano dal padre, ma non poteva fare a meno di sentirne la mancanza: non era mai successo che stessero separati per così tanto tempo.

Era talmente immerso nei suoi pensieri che quasi non si accorse dei rumori provenienti dal pian terreno,  rumori che indicavano che i Dursley si erano svegliati.

Harry sorrise: la sua nuova vita stava per cominciare.

 

Raggiunsero King’s Cross alle dieci e un quarto. Zio Vernon mollò il baule su un carrello, spingendolo poi personalmente fino alla stazione. Harry si stupì per quel gesto gentile, ma si ricredette quando zio Verno si fermò davanti ai binari e osservò: -Siamo arrivati. Binario nove, binario dieci… il tuo dovrebbe essere circa  a metà strada, ma non sembra che l’abbiano ancora costruito o sbaglio?-

Era evidente che aveva ragione.

-Buon anno scolastico- disse zio Vernon con un sorriso maligno e si allontanò con moglie e figlio senza aggiungere altro.

A Harry si seccò la bocca. Cos’avrebbe fatto? Stava già cominciando a disperarsi quando, dietro di lui, passò un gruppetto di persone e il ragazzo colse un brandello della loro conversazione.

-… non riuscirò mai comprendere perchè non si può usare la Metropolvere per andare a Hogwarts.-

-Beh, viaggiare in treno è più eccitante. Mette i nuovi studenti nel giusto umore.-

Harry si voltò di scatto. A parlare erano stata una signora bionda che si rivolgeva a due ragazzi. Il più alto, folti capelli rossi raccolti in una coda, spingeva un baule come quello di Harry. Il moretto li seguì fermandosi quando lo fecero loro.

-Bene, Albus, vai avanti tu-

Il maggiore si avviò verso i binari 9 e 10, ma proprio nel momento in cui aveva raggiunto lo spartitraffico, un folto gruppo di turisti gli passò davanti, togliendo la visuale a Harry, e quando l’ultimo zaino si fu tolto di mezzo, il ragazzo dai capelli rossi era sparito.

Ma come aveva fatto?

Harry si rivolse alla donna :-Mi scusi?-

-Salve- disse lei.

-Salve, dovrei prendere il treno per Hogwarts, ma… non so come…-

-Raggiungere il binario?- indovinò la donna.

Harry annuì.

-Devi soltanto camminare in direzione della barriera tra i binari 9 e 10. Non ti fermare e non aver paura di andarci a sbattere. Se sei nervoso, meglio andare a passo di corsa. E ora vai, coraggio.-

-Va bene- disse Harry.

Cominciò a camminare verso la barriera. Si chinò in avanti e spiccò una corsa. La barriera si avvicinava sempre di più… chiuse gli occhi, pronto all’urto, ma l’urto non venne. Aprì gli occhi.

Una locomotiva scarlatta era ferma in un binario gremito di gente. Harry si guardò indietro e vide un arco di ferro battuto con su scritto ‘Binario 9 e ¾’. Ce l’aveva fatta.

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Capitolo 4
*** Nuovi incontri e primi scontri ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Nota: Alcune delle frasi della mia fanfic sono citazioni della serie di Harry Potter.

Risposta alla recensione

 Anche Harry non capisce perchè Eileen deve subire tutto questo. In questa fic con lei cercherò di mostrare il lato più oscuro dell'amore che ti spinge a sacrificare tutto pur d'inseguirlo, che ti fa soffrire e diventa una droga, qualcosa che non ti dona gioia, ma di cui non puoi fare a meno. L'accenno sul nome della civetta è stata un'ispirazione dell'ultimo momento, felice che ti sia piaciuta. Era Redbird, invece, è un personaggio che approfondirò più avanti. Al prossimo capitolo. 

Capitolo IV

Nuovi incontri e primi scontri

 

Harry si fece strada tra la folla, trascinando il voluminoso baule a fatica e cercando uno scopartimento vuoto.

Appena lo trovò, sistemò al suo interno la gabbia di Edvige per poi tentare di sollevare il suo baule per portarlo sul treno. Ci provò più e più volte, ma quello non si mosse di un centimetro: decisamente la forza fisica non era il suo forte.

Era tutto concentrato nella difficile operazione quando il suo svillupato sesto senso avvertì un aurea alla sua destra. Alzò lo sguardo e con un impeto di gioia riconobbe Sev. Era un po’ diverso, però, dal Sev che conosceva, era vestito meglio, tanto per cominciare e aveva un aria più… curata e felice.

Lasciò il baule e corse ad abbracciarlo. L’altro ragazzo ragazzo lo strinse talmente forte da far pensare che non lo volesse più lasciare andare. Evidentemente Harry non era l’unico a provere nostalgia.

Avrebbero potuto rimanere abbracciati tutto il giorno se un sonoro schiarirsi di gola non avesse attirato l’attenzione di Harry, che si sciolse dall’abbraccio e finalmente s’accorse della presenza accanto a Severus. Era un uomo molto alto e magro, con lunghi e lisci capelli castani e un vestito viola dall’aria costosa. Non assomigliava molto a Sev, ma qualcosa in lui fece intuire a Harry che doveva essere il famigerato lo zio.

L’uomo gli sorrise gentilmente. –Mister Potter, presumo. Severus mi ha parlato molto di te.-

Harry sorrise di rimando, un po’ impacciato. –E’ lei è… -

-Teddeus Prince, il fratello di Eileen.-

Lord Prince puntò la bacchetta verso i bauli di Harry e Sev e quelli si sollevarono e andarono a depositarsi all’interno dello scompartimento.

-Forte!- esclamò Harry.

-Entro la fine dell’anno lo saprai fare anche tu.- disse Prince –Gli incantesimi di levitazione sono nel programma del primo anno.-

Sev rivolse a suo zio uno sguardo quasi adorante.

-Ora vi lascio.- continuò Prince –E’ stato un piacere conoscerti, mister Potter. Severus, ci vediamo a scuola.-

-A scuola?- ripetè Harry, confuso.

-Zio Ted è un professore.- spiegò Severus – E’ Maestro di Pozioni e Direttore della Casa di Serpeverde.-

-Vero, ma come ti ho già detto non aspettarti trattamenti preferenziali e neanche tu, mister Potter-.

Il ragazzo in questione sbatté gli occhi, perplesso.

-Perché dovrebbe farmene?-

-Perché sei il mio figlioccio.-

Detto questo, li salutò e scomparve tra la folla.

Harry era esterrefatto: neanche sapeva di avercelo un padrino! –Credi sia vero?- chiese al suo migliore amico.

-Oh, è vero.- rispose quest’ultimo –Mi ha raccontato di essere stato il migliore amico di tua madre. Erano entrambi nello stesso anno, solo che tua madre era a Grifondoro e mio zio a Serpeverde.-

–Quindi eravamo destinati a diventare amici, noi due.- commentò Harry.

Sev sorrise. –Puoi vederla in questo modo, sì.-

Salirono sullo scompartimento e continuarono a chiacchierare animatamente, raccontandosi le rispettive estati.  Attraversarono un momento di tensione quando Harry accennò a Eileen.

Il giovane mago capì subito che l’amico non voleva sentir parlare della madre, la quale era colpevole di avergli tenuto nascosto il mondo magico e il suo meraviglioso zio. Quando Harry accennò al livido, Severus ribatté che la sua genitrice era una strega, era perfettamente in grado di difendersi, non era costretta a subire la violenza di Tobias, così come non era stata costretta a farla subire a lui.

Non sapendo cosa replicare Harry lasciò cedere l’argomento. Conosceva Severus abbastanza da sapere che in quel momento farlo ragionare era impossibile e poi aveva ragione. L’ultimo dei Potter non covava risentimento verso Eileen, anzi desiderava aiutarla, ma non comprendeva il suo atteggiamento. Possibile che l’amore fosse talmente devastante da farti mettere tutto il resto in secondo piano? Compresi la dignità e l’affetto per i propri figli?

Le sue riflessioni furono interrotte dal rumore della locomotiva che partiva. Osservando il paesaggio che sfilava dal finestrino, Harry sorrise raggiante e emozionato: non sapeva cosa lo stesse aspettando, ma non poteva essere peggio di ciò che si era lasciato alle spalle.

Pochi minuti dopo la partenza, un ragazzo aprì la porta del loro scompartimento. Harry lo riconobbe subito: era il figlio maggiore della donna che gli aveva indicato come raggiungere il binario 9 e ¾ . Il rosso sorrise osservandoli con i suoi penetranti occhi azzurri.

-Questi posti sono liberi?- chiese –Il treno è saturo.-

Harry sorrise gentilmente e rispose:- Siediti pure-.

Il ragazzo sistemò il baule vicino ai loro e poi si sedette. –Albus Dumbledore*- si presentò -E voi?-

-Harry Potter- rispose il moro poi, notando che Sev non parlava, ma si limitava a fissare Albus, continuò –e lui è Severus Snape.-

Quest’ultimo chiese: -Dumbledore come Percival Dumbledore? Siete parenti?-

-Sì, è mio padre- rispose il rosso un po’ imbarazzato.

-Chi è Percival Dumbledore?- chiese Harry.

-Il Ministro della Magia- gli rispose Severus.

-Tu sei figlio di Lily Potter?- chiese Albus per cambiare argomento: non aveva mai trovato piacevole essere additato come figlio del Ministro.

Harry, intuendo l’imbarazzo di Al (come lo aveva già ribattezzato), rispose:-Sì, era mia madre.-

-Mio padre mi ha parlato molto di lei.- disse Albus –Mi ha detto era una strega straordinaria, la donna migliore che abbia mai conosciuto.-

Harry arrossì compiaciuto. Aveva passato i primi dieci anni della sua vita con persone che fingevano che i suoi genitori non fossero mai esistiti, con l’unica eccezione di zia Marge che li nominava solo per insultarli. Ora, invece, non faceva che sentire complimenti nei loro confronti. A Diagon Alley gli era stato subito chiaro che venivano considerati eroi dalla comunità magica. Il moretto sperava solo di riuscire ad essere alla loro altezza.

-Ho sentito che sei cresciuto tra i babbani,- continuò Al –come sono?-

-Tremendi- dichiarò Severus.

-Be’, non tutti- aggiunse Harry per amor di giustizia.

Albus fissò Severus perplesso.

-Ma tu non sei figlio di babbani? Snape non è un cognome babbano?-

Sev strinse le labbra in una smorfia e disse:-No, mia madre è una Prince.-

Harry non sapeva il perché, ma percepiva che era meglio cambiare argomento, tuttavia si appuntò mentalmente di riaffrontare l’argomento Eileen con Sev alla prima occasione.

Chiese ad Albus da che parte dell’Inghilterra venisse e lui cominciò a parlargli di Godric’s Hollow.

Mentre chiacchieravano Harry si rese conto che, se si escludeva Sev, era la prima volta che conversava amichevolmente con qualcuno della sua età. Zia Petunia lo lasciava raramente uscire di casa, affermando che l’unico modo in cui poteva dare senso alla sua esistenza era dandole una mano coi lavori domestici e che un mostro come lui era meglio che stesse lontano dalla gente normale. L’unico luogo in cui Harry aveva occasione di frequentare bambini della sua età era la scuola, ma lì erano tutti troppo spaventati da Dud e la sua banda per avvicinarsi e i loro genitori, complici le chiacchiere di Petunia, li avvertivano di stare lontano da quello strano Potter che soffriva di disturbi mentali. Questa era la sua prima occasione di farsi un amico.

Ovviamente queste cose valevano anche per Sev, ma nonostante ciò il ragazzo non pareva troppo ansioso di unirsi alla conversazione: se ne stava sul suo sedile in silenzio, leggendo Storia di Hogwarts. S’interrompeva solo per lanciare occhiate malevole ad Albus. Harry aveva cercato più volte di coinvolgerlo nella conversazione, ma visti i scarsi risultati aveva rinunciato. Nonostante conoscesse Sev da una vita in quel momento non riusciva a comprenderlo.

Albus, invece, era certo di aver ben interpretato i sentimenti di Snape. Forse, rifletté, quella era la prima volta che divideva Harry con qualcuno, ma ci avrebbe dovuto fare l’abitudine o l’avrebbe perso.

Albus era un ragazzo sveglio, raramente si sbagliava nel giudicare le persone e una delle cose che aveva compreso di Harry Potter era che non si poteva tenere legato o sottomesso, era uno spirito ribelle che fuggiva da persone troppo possessive. Prima Snape lo avesse compreso, meglio sarebbe stato per lui.

Verso la mezza, una donna aprì la porta dello scompartimento e chiese loro se volevano qualcosa dal carrello. I tre ragazzi presero un po’ di tutto.

Albus e Harry cominciarono a giocare a ‘Chi Mangia Più Gelatine Tuttigusti+1 Di Seguito e Senza Vomitare’, mentre Sev scartò una Cioccorana in cui trovò una figurina rappresentante Lily Potter che regalò a Harry. Sul retro c’era scritto: “Lily Potter, ex membro della Società Internazionale per le Magie Sperimentali, famosa per aver sacrificato la vita pur di sconfiggere nel 1981 la strega Oscura Era Redbird. Lily Potter è nota anche per l’invenzione della pozione Anti-Lupo”.

Harry stava leggendo queste parole quando un ragazzo moro e paffuto entrò nello sgabuzzino con sguardo mogio.

-Per caso avete visto un rospo?- chiese.

Quando loro scossero la testa disse:-L’ho perso! Continua a scappare!-

-Sembrava sull’orlo delle lacrime e a Harry fece una gran pena. Gli sorrise gentilmente e dichiarò:-Ti do una mano a cercarlo-.

Il ragazzo sembrava incredulo dell’offerta e non era l’unico.

-Scherzi?!- esclamo Severus. 

Harry gli rivolse uno sguardo severo.

–No- disse, poi, rivolto al ragazzo sconosciuto, chiese –Come ti chiami?-

-Ne… Neville-

-Io sono Harry, andiamo.-

E uscì dallo scompartimento.

Lo cercarono inizialmente lungo il corridoio e nel bagno, infine bussarono ad ogni scompartimento. Harry aprì la sesta porta, ma quando vide chi c’era dentro desiderò non averlo fatto.

All’interno c’erano due ragazzi e una ragazza di circa undici anni, tutti e tre molto avvenenti. I due ragazzi non si somigliavano affatto. Uno era pallido, con occhi argentati e lunghi capelli biondo platino e lisci. L’altro era moro e riccioluto, con la carnagione dorata di chi passa molto tempo all’aria aperta e gli occhi grigio tempesta. Comunque era la ragazza colei a cui era rivolta l’attenzione di Harry. Aveva capelli neri come la pece, occhi altrettanto scuri e un aspetto elegante e raffinato.

Harry l’aveva incontrata da Madama McClan quando era andato a comprare l’uniforme e subito gli era stata antipatica. Era arrogante, prepotente e parecchio viziata, una versione femminile di Dudley.

-Ma guarda chi si rivede.- disse lei quando lo vide sulla soglia – Volevate…?-

-Neville ha perso il suo rospo- borbottò Harry –Per caso l’avete visto?-

-Un rospo?- chiese beffardo il biondo –Se mi fossi portato dietro un rospo avrei provveduto a perderlo il prima possibile.-

Neville arrossì fino alla punta dei capelli e il giovane Potter si chiese perché non ribattesse.

-Lucius!- esclamò la ragazza con finto tono di rimprovero –La penso come te, ma non è carino farglielo notare! Poverino, magari la sua famiglia non può permettersi altro!-

Harry sentì l’antipatia verso quella ragazza crescere.

-E magari tu dovresti imparare a chiudere quella fogna che ti ritrovi per bocca, Bella!-esclamò l’altro ragazzo dello scompartimento.

Harry gli sorrise e poi disse:-Presumo la risposta sia no. Bhe, togliamo il disturbo.- Fece per chiudere la porta, ma poi si fermò e continuò. –A proposito di cose con cui sarebbe meglio non farsi vedere, Lucius, se la tua burbanza è dovuta al fatto che Bellatrix è contagiosa, ti consiglio di starle lontano: potrebbero essere contagiose anche la sua acidità da vecchia zitella e l’amore per le battute stupide e scontate che non fanno ridere nessuno.-

Prima di chiudere la porta, fece in tempo a sentire una risata simile a un latrato. Harry non poteva ancora saperlo, ma quello sarebbe stato uno dei suoni caratteristici dei suoi anni a Hogwarts.

Harry ripensò alle parole che le aveva rivolto Bella da Madama McClan, su quanto fosse certa di finire a Serpeverde e si disse che qualunque fosse stata la sua Casa si sarebbe assicurato non fosse la verde-argento: non avrebbe retto sette anni a stretto contatto con una versione femminile di Dudley, più crudele e intelligente.

Neville, intanto, lo fissava a bocca aperta.

-Ma tu sai chi erano quelli?- chiese.

-Sì,- rispose Harry –due ragazzi arroganti e sbruffoni.-

-Erano Black e Malfoy!-

-E con ciò?-

-I Malfoy e i Black sono due potenti e antiche famiglie Purosangue. Non è saggio mettersi contro di loro!-

Harry roteò gli occhi.

-Per quel che me ne importa… Su, continuiamo a cercare il tuo rospo. A proposito come si chiama?-

-Oscar, me lo ha regalato mia nonna. Mi ammazzerà se lo perdo ancora prima di arrivare.-

-Non succederà- disse Harry con una tale sicurezza nella voce che Neville non poté fare a meno di credergli.

Alla fine trovarono Oscar nello scompartimento di un ragazzo di colore. Dopo aver trovato il famiglio si separarono e Harry tornò al suo scompartimento dove, insieme ad Albus e Severus, si cambiò e indossò l’uniforme.

Mentre il treno si fermava e i tre scendevano dalla locomotiva nessuno parlò. Erano molto nervosi e lo sarebbero stati ancora di più se avessero saputo cosa la loro carriera scolastica aveva in serbo per loro: incontrare la Morte non accadeva a tutti gli studenti di Hogwarts.  

 

 

*Dumbledore= Silente

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Capitolo 5
*** Lo Smistamento... ogni anno da allora ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Nota: Alcune delle frasi della mia fanfic sono citazioni della serie di Harry Potter.

Yuukimy: Grazie per la lunga recensione, non mi rompi affatto, anzo amo leggere i tuoi commenti.
Sì, naturalmente la risata è di Sirius. Non potevo non inserirlo, lo adoro! Quanto a Bellatrix, è vero ha classe da vendere.  
Fra lei e Harry ci sarà sempre guerra, e farà passare al nostro protagonista dei guai belli seri. 
Teddeus non è proprio il Sev della Row, il suo carattere è un po' diverso e poi l'amicizia tra lui e Lily non si è mai rotta.
Ah, ho già detto nel capitolo primo chi è il preside, è Lumacorno.
Eh, sì la Salvatrice era sposata con James. Spero che ti piaccia questo capitolo.

   

Capitolo V

Lo Smistamento… ogni anno da allora

 

Come ogni anno il primo settembre era arrivato, Hogwarts apriva i cancelli, vecchi studenti facevano ritorno e nuovi studenti ne solcavano il suolo per la prima volta. Erano passati più di mille anni dalla prima volta che ciò era accaduto e, mentre veniva portato di fronte alle matricole, il Cappello rifletté su quanto fosse cambiata la scuola da allora.

A Tosca si sarebbe spezzato il cuore nel notare la profonda ostilità che ora divideva le Case, in particolare Grifondoro e Serpeverde.

Il magico copricapo ripensò ai fondatori della Casa delle serpi e di quella dei leoni. Quei due erano l’opposto l’uno dell’altro e lo dimostravano anche l’ubicazione delle Sale Comuni e dei tavoli delle loro Case. Tuttavia per chi li conosceva bene, come Priscilla e Tosca, non era difficile notare che la loro natura più profonda era molto simile. Come amava ripetere la fondatrice della Casa di Tassorosso, menti diverse, anime uguali.

Le generazioni, però, della storia dei due avevano riportato solo il litigio, sfociato in un duello, che aveva portato all’allontanamento di Sal.

 

-Abbott Hannah!- lesse la professoressa McGranitt.

Una ragazza con buffi codini biondi si affrettò nervosamente verso il Cappello e inciampò nella veste, causando le risa di molti studenti.

Il Cappello sorrise mentalmente. Era una Tassorosso fatta e finita. Non particolarmente intelligente, né dotata, ma piena di buona volontà, auto ironia e onesta.

-TASSOROSSO!- Dichiarò infatti.

Poi fu il turno di…

-Black Bellatrix!-

La giovane Black era la degna erede della sua famiglia: intelligente, molto dotata, affascinante, ambiziosa, astuta e crudele. Voleva il meglio del meglio e andava fiera della purezza del suo sangue.

-SERPEVERDE!-

Il Cappello la Smistò appena se lo mise sul capo e la ragazza, compiaciuta, prese posto nella Sala Grande.

-Black Sirius!-

“Un altro Black?” chiese il Cappello incredulo.

“Io non sono un altro Black.” Replicò il ragazzo stizzito.

“Lo so,” rispose il Cappello “tu sei diverso dal resto della tua famiglia. Hai intelligenza, fascino e talento, come tua cugina, ma sei più altruista, più coraggioso e parecchio più incosciente. Credo che ti troverai bene a… GRIFONDORO!”

In seguito vennero Smistati due Corvonero, un Grifondoro, un Tassorosso e un Serpeverde. Dopo aver Smistato un certo Corner a Corvonero fu chiamato:-Dumbledore Albus!-.

Il Cappello si ricordava bene ciò che aveva trovato nella mente del padre e si sorprese nel notare che la mente del figlio fosse tanto differente.

C’era lo stesso coraggio, la stessa cavalleria, lo stesso senso di giustizia e la stessa intelligenza, ma Dumbledore junior aveva anche un lato oscuro. Il Cappello vide una grande ambizione e una grande voglia di risplendere, di distinguersi dalla massa. C’era anche un enorme sete di conoscenza, ma non fine a sé stessa, come quella dei Corvonero, Albus Dumbledore voleva la conoscenza perché era sinonimo di potere.

Per un attimo il Cappello prese in considerazione l’idea di mandarlo a Serpeverde, ma cambiò subito idea. Albus, rifletté, cercava di sopprimere questo lato di sé perché in lui era maggiore il desiderio di compiacere gli altri, cosa non tipica delle serpi. No, non avrebbe mai potuto essere un Serpeverde, anche perché per lui il mondo era in bianco e nero, esistevano solo giusto e sbagliato, Luce o Oscurità, invece le serpi erano abilissime nel cogliere le sfumature. Perciò…

-GRIFONDORO!-

Dopo vennero Smistati un ragazzo di nome Justin, Anthony Goldstain, discendente di un Ministro della Magia, Granger Hermione, ragazza sveglia e dal carattere deciso, Gregory Goyle, Lestrange Rodolphus e…

-Lupin Remus!-

“Sai, sei il primo della tua razza a frequentare questa scuola.”

“Tu sai?” chiese il ragazzo terrorizzato.

“Certo che so. E’ tutto qui dentro, nella tua testa. Il tuo dolore, la tua solitudine, la tua rabbia, le tue paure… e la tua felicità. Sei sorpreso, grato e felice di essere stato ammesso a Hogwarts. Lady Corvonero era animata dalla tua stessa ansia di conoscenza quindi CORVONERO!”

Dopo di lui venne Lucius Malfoy, cui il Cappello diede a mala pena il tempo di sedersi prima di assegnarlo a Serpeverde, McDougal, McMillan e Paciock Neville.

Neville indossò il Cappello tremando così tanto da farlo quasi cadere.

“Bhe, senza dubbio non sei un Serpeverde. Non  resisteresti una settimana là dentro. Sai, ti stanno guardando ora e molto male, anche. Soprattutto i giovani Malfoy e Black, credo che riceverai molti tiri mancini da parte loro”.

“Grazie per avermelo detto” rispose il ragazzo tremando ancor di più.

“Oh, te la caverai, ne sono certo. Penso che tu sia molto più coraggioso di quanto pensi. Sembreresti un Tassorosso, ma c’è un leone nascosto in te, un leone che verrà alla luce a GRIFONDORO!”

Dopo vennero due gemelle, smistate in Case diverse, una Tassorosso e…

-Potter Harry!-

Il Cappello Parlante aspettò impaziente il ragazzo. Si ricordava molto bene i suoi genitori. Due persone eccezionali, in particolare la madre: se non fosse stata di origini babbane il Cappello l’avrebbe Smistata a Serpeverde.

Quando il ragazzo se lo mise sulla testa al millenario copricapo fu subito chiaro che il suo carattere era un misto tra quello dei genitori.

“Ehm” sussurrò “Difficile, molto difficile. Vedo coraggio da vendere, e un cervello che lavora nel modo giusto. C’è talento, oh, accipicchia, sì… e anche un bel desiderio di mettersi alla prova. Molto interessante… Allora dove ti metto?”

 Harry volse lo sguardo verso il tavolo di Serpeverde  e intravide il sorriso fasullo sul volto di Bellatrix Black. I suoi occhi erano glaciali e il moretto avrebbe giurato che se gli sguardi potessero uccidere, lui si sarebbe già trovato metri e metri sotto il suolo.

“Non a Serpeverde!” pensò “Non a Serpeverde!”

“Sicuro? Potresti fare grandi cose, sai: qui, nella tua testa c’è di tutto e Serpeverde ti condurrebbe sulla via della grandezza, ti troveresti molto bene… No? Beh, se proprio non vuoi, allora… GRIFONDORO!”

Il ragazzo, soddisfatto, corse verso il tavolo rosso oro e si sedette vicino al giovane Dumbledore.

Il magico copricapo tornò a volgere la sua attenzione alle matricole non ancora Smistate. Due di loro stavano fissando intensamente il giovane che si era appena allontanato.

Uno aveva uno sguardo triste e deluso: evidentemente già lo conosceva ed era convinto di essere destinato ad una Casa diversa. L’altro, dallo sguardo enigmatico, fissava il giovane Potter con un’intensità quasi palpabile. Il neo Grifondoro lo avvertì e si voltò verso di lui, rimanendo incantato a sua volta. Un ‘Riddle Tom!’ venne a spezzare il magico momento.

Il moro dallo sguardo enigmatico si diresse verso il capello e lo indossò con un gesto deciso.

Era un Serpeverde.

Sicuramente.

Astuto, ambizioso, potente, brillante, calcolatore e provava un profondo disprezzo verso i babbani.

C’era solo un’ombra di dubbio in lui, un’ombra che aveva due splendidi occhi verde smeraldo. Ma non era abbastanza per non assegnarlo a…

-SERPEVERDE!-

Poi fu il turno di una ragazzina, Skeeter, dalla mente scaltra e curiosa, e di Snape Severus.

Nella testa del Mezzosangue c’erano molte qualità di Serpeverde: ambizione, astuzia e disprezzo verso la comunità non magica, ma c’era anche uno straordinario coraggio e desiderio di proteggere le persone a lui care. Sia Salazar che Godric sarebbero stati felici di averlo nella propria Casa, ma il ragazzo voleva essere una serpe.

“Vuoi andare a Serpeverde, eh?”

“E’ la Casa giusta per me”

“Sicuro di volerti separare da lui? A Hogwarts  stare in Case differenti vuol dire stare in due universi diversi. Temo che il vostro rapporto non sarebbe più lo stesso.”

Il dubbio s’insinuò nel moro, ma fu solo per un attimo.

“Voglio riscattare il nome dei Prince! Voglio stare il più lontano possibile dai babbani! Voglio il potere!”

“E sia… SERPEVERDE!”

Erano rimasti solo tre ragazzi: Tiger, Tonks e Zabini.

Blaise Zabini era una personalità a dir poco singolare. Non gli era mai capitato che tante qualità di Serpeverde e Tassorosso confluissero in una sola persona.

“Dove vuoi essere Smistato?” gli chiese.

“Questo non dovresti deciderlo tu?” replicò il moro dagli occhi di zaffiro.

“In teoria sì,” Convenne il copricapo divertito “ma di solito i Purosangue, come te, hanno le idee molto chiare su quest’argomento e se ne infischiano dei miei consigli.”

“Beh, io ripongo fiducia nei professionisti. A te la scelta.”

“La tua non è fiducia e solo che non vuoi scegliere. Tua madre era una Serpeverde e tu l’amavi molto finché non hai scoperto che aveva ucciso i suoi sette mariti, compreso tuo padre, pur di potersi arricchire, una vera Vedova Nera.”

“Zitto! STA ZITTO!”

“Non ti piace ascoltare la verità?” chiese il Cappello mellifluo “Dimmi, come ci si sente ad essere figli di un’assassina? Di una donna capace di uccidere senza ripensamenti il padre di suo figlio? Come ci si sente a sapere che la propria nascita è stata un incidente di percorso, di cui la propria madre si è sempre rammaricata? Diventerai anche tu così? Sedurrai giovani e innocenti fanciulle per poi derubarle e ucciderle?”

“IO NON SONO COME LEI!”

“Vero,” convenne il Cappello “assomigli a tua madre per molti versi, ma, quando ti togli la tua raffinata maschera gelida, sono evidenti le somiglianze con tuo padre un… TASSOROSSO!”

Il ragazzo si diresse verso il tavolo della sua Casa, visibilmente sconvolto (o almeno per i suoi standard). Il Cappello pensò che forse aveva un tantino esagerato, ma a volte i ragazzi andavano scossi per poter rivelare la loro vera natura.

Mentre la vicepreside lo portava via il copricapo si rese conto che non era mai accaduto che così tanti giovani maghi promettenti finissero nello steso anno.

Sì, sarebbero stati sette anni memorabili.

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Capitolo 6
*** La prima notte ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Nota: Alcune delle frasi della mia fanfic sono citazioni della serie di Harry Potter.

Risposta alle recensioni

Yuukimy: Allora, Gellert non l’hanno smistato perché non frequenta ancora Hogwarts, ora è a Durmstrang, comparirà solo più avanti. In quanto a Blaise ero molto indecisa sul suo Smistamento, ma alla fine ho preso questa decisione. Ho pensato che sarebbe stato interessante descrivere una serpe in mezzo ai tassi. Il Tonks che hai sentito è Ninfadora. Piccola parentesi sulla famiglia Black: Bellatrix è figlia unica e Ninfadora è figlia di Andromeda Black che, però, in questa storia è la sorella della madre di Sirius, Walburga, e del padre di Bella, Cygnus. Sì, anche Albus ha delle ombre che si vedranno tutte col passare del tempo, per quanto si sforzerà sempre di comportarsi da bravo ragazzo. Il dialogo tra il Cappello e Harry è preso quasi parola per parola, l’ho ritoccato solo un pochino. Sul perché abbia scelto Grifondoro dico qualcosa in questo capitolo.

Grazie tante per la recensione e spero che ti piaccia anche questo capitolo. Ciao! 

DiraReal:  Rispondo alla tua reensione su questo capitolo per quando ci arriverai. Sono felice che trovi la storia interessante e spero che continuerai a seguirla.

 

 

Capitolo VI

La prima notte

-Serpeverde, primo anno, da questa parte!-.

Severus si alzò dal tavolo e, insieme agli altri ragazzi del suo anno, si diresse verso una delle uscite della Sala Grande. Prima di varcarne la soglia, però, si voltò verso il lato opposto della Sala, dove le matricole Grifondoro si accingevano a seguire il loro Prefetto. Harry voltò la testa più o meno nello stesso istante e i loro sguardi s’incrociarono. Il neo Grifondoro gli sorrise mesto e fece appena in tempo a salutarlo con la mano quando un tornado, di nome Sirius Black, lo prese a braccetto e lo trascinò verso un’altra uscita, lontano da Severus.

Il Prince Mezzosangue non poté impedirsi di sentire un nodo allo stomaco. Stava per affrontare il suo futuro e lo stava facendo senza Harry, era strano considerando che per dieci anni avevano vissuto in simbiosi. I due avevano spesso immaginato di quando, maggiorenni, avrebbero lasciato le loro case e avrebbero affrontato il mondo, ma nei loro sogni lo avevano sempre fatto insieme.

-Quella che vi sto per mostrare- stava intanto dicendo il Prefetto Serpeverde, una ragazza alta, snella e con lunghi capelli rossi, -è la strada più veloce per giungere alla nostra Sala Comune. Fate molta attenzione-.

Scesero nei sotterranei e attraversarono una lunga serie di passaggi labirintici. Sev si chiese quanto tempo, in media, ci mettessero le matricole della Casa verde argento a memorizzarli, sicuramente almeno un mese.

Dopo circa venti minuti si fermarono davanti a un tratto di muro spoglio e la ragazza esclamò: -Melior pueritia!-.

Sev ghignò. Melior pueritia, ovvero miglior gioventù: una parola d’ordine in perfetto stile Serpeverde.

Una porta scorrevole, nascosta nella parete, si aprì. La Sala Comune di Serpeverde era un sotterraneo lungo e basso con le pareti e il soffitto di pietra mentre il pavimento e i tavoli erano rivestiti di marmo. In fondo alla sala vi era un caminetto in cui scoppiettava un fuoco dalle fiamme verdastre. L’ambiente era molto raffinato ed elegante.

Sev notò come tutto in quella stanza pareva essere stato progettato per accrescere lo spirito di competizione. Per esempio c’erano molte sedie (parecchio eleganti, ma scomode), poche poltrone e solo due divani. Il neo Serpeverde intuì che per appropriarsi di una poltrona o un divano la lotta non doveva essere indifferente. Era proprio come gli aveva raccontato suo zio: tra le serpi c’era una continua sfida per dimostrare il proprio valore agli altri, se riuscivi a sostenerla diventavi un leader, in caso contrario uno schiavetto.

-Quella- disse il Prefetto indicando una porta a destra –porta ai dormitori femminili, mentre quella scala conduce ai dormitori maschili. La porta vicino al caminetto, invece, è l’ingresso per le stanze del nostro Caposcuola. Se avete dei problemi rivolgetevi a lei, a noi Prefetti, oppure al direttore della nostra Casa, il professor Prince, insegnante di Pozioni. Le lezioni cominceranno domani mattina alle nove, l’orario vi verrà consegnato durante la colazione che è servita dalle sette alle dieci e trenta in Sala Grande-.

Detto questo, tacque e li fissò uno ad uno con sguardo inquisitorio.

Se c’era una cosa che il Prefetto, il cui nome era Mafalda Prewett*, aveva imparato, in quei quattro anni passati nella Casa del nobile Salazar, era valutare le persone. Be’ anche come trovare un marito perfetto, certo.

Il suo sguardo venne catturato per primo da un biondino dai tratti aristocratici, Lucius Malfoy. Aveva l’aria sprezzante di chi aveva sempre ottenuto tutto ciò che voleva ed era disposto a tutto per assicurarsi che fosse così in eterno. Accanto a lui vi era l’erede di un’altra potente famiglia Purosangue, Bellatrix Black. Entrambi erano molto belli ed emanavano un’aurea di potere notevole considerata l’età. “Loro non avranno problemi a farsi valere” pensò Mafalda.

Poi c’era una ragazza bionda dallo sguardo acuto e intelligente, non aveva nulla che attirasse particolarmente l’attenzione, ma il sorriso furbo che aveva sul viso fece intuire a Mafalda che non era tipo da sottovalutare.

L’ultima ragazza del gruppo sembrava del tutto insignificante. Era una Bulstrode, se Mafalda non ricordava male era imparentata con lei in qualche modo, ma questo non cambiava il fatto che in confronto alla bionda e alla mora, valeva quanto un’erbaccia in un aiola di rose.

Il Prefetto si concentrò sui ragazzi. Due di loro, alti, muscolosi, e dall’aria tonta, sembravano irrimediabilmente stupidi e Mafalda li ignorò. Affianco a loro c’era il giovane Lestrange che continuava a rivolgere sguardi di soppiatto alla Black. La rossa gli rivolse un sorriso: non che le avesse fatto una grande impressione, ma era pur sempre il fratello minore del suo fidanzato, Rabastan.

Erano rimaste solo due matricole. Una venne riconosciuta da Mafalda come il nipote di Prince, il figlio della Purosangue che aveva sposato un Babbano. La giovane Prewett, futura Lady Lestrange, amante com’era dei pettegolezzi si era fatta raccontare tutto sullo scandalo.

I Prince erano una rispettabilissima famiglia Purosangue, potenti e con origini antiche quanto i Malfoy e i Black. Questo fino a quando Eileen Prince aveva deciso di rompere il suo fidanzamento con un Purosangue per sposare un Babbano, di cui affermava essersi perdutamente innamorata. Con quel gesto aveva infangato il nome della famiglia. I coniugi Prince erano morti pochi anni dopo per il dolore e la vergogna. A Mafalda si ricordò che Eileen era promessa ad Abraxas Malfoy . Sarebbe stato interessante vedere come si sarebbero relazionati Lucius e Severus.

Rimaneva solo un’ultima matricola: Tom Ridde, se ben ricordava. Ripassò mentalmente i nomi delle famiglie Purosangue che conosceva, ma non le venne in mente nessun Riddle. Il ragazzo era indubbiamente molto bello: carnagione nivea, occhi e capelli scurissimi, lineamenti aggraziati,  fisico snello e ben proporzionato in cui, anche attraverso l’uniforme si potevano intravedere i muscoli affusolati e tonici. Sì, era affascinante, era circondato da un’aura di potere superiore a quella dei giovani Black e Malfoy e sembrava molto sicuro di sé. Il suo corpo e il suo sguardo non tradivano alcun segno del nervosismo tipico dei novizi. Mafalda si chiese se fosse davvero così tranquillo o fosse solo molto bravo a dissimulare i suoi sentimenti. Il Prefetto notò inoltre che indossava vestiti di seconda mano e provò pena nei suoi confronti. Abiti di seconda mano e un cognome Babbano… non lo aspettava una vita facile in quella Casa.

Lei sapeva quanto fosse dura entrare a Serpeverde con la zavorra di qualche Babbano tra i parenti stretti e nessun ricco patrimonio in banca perché anche lei c’era passata. Suo padre era un Magonò e faceva il ragioniere di mestiere mentre sua madre era Babbana. Come se ciò non fosse stato sufficiente suo padre era cugino di secondo grado di Molly Weasley, una traditrice del suo sangue.

Guadagnarsi il rispetto dei suoi compagni non era stato semplice, ma alla fine c’era riuscita. Ora era Prefetto, un membro del Lumaclub, la fidanzata dell’erede di una potente famiglia Purosangue,  quando si fosse diplomata l’aspettava un carriera come giornalista della Gazzetta e nessuno osava più fare anche solo un commento sulle sue origini. Farsi strada nella gerarchia della Casa di Serpeverde non era facile, ma se ci riuscivi avevi gloria e potere assicurati. E tutto il resto, (amore, amicizia, famiglia) in confronto alla sensazione di avere il rispetto e l’invidia di chi ti circonda e di avere influenza sulla vita delle persone, passava in secondo piano.

-Buonanotte- augurò ai novizi –e benvenuti a Serpeverde-.

Poi si diresse verso la porta a destra, seguita poco dopo dalle neo ragazze di Serpeverde, fermamente convinta che Eileen Prince non avesse capito nulla di ciò che era importante nella vita.

I ragazzi si diressero verso la scala e giunsero in un lungo corridoio, diviso in più piani. Dopo aver vagato per un po’, trovarono una porta su cui c’era inciso a lettere d’oro ‘Alunni del primo anno’. Entrarono in una stanza rettangolare dotata di un giradischi, un camino, una libreria e sei letti. Nel fondo della stanza, rispetto alla porta d’entrata, vi era un’ampia finestra. Sev notò che mostrava una parte del parco: sicuramente era incantata come il soffitto della Sala Grande.

Senza scambiarsi neanche una parola i sei ragazzi presero i loro bauli, che erano stati accatastati in un angolo, e si diressero verso un letto, cominciando a sistemare le loro cose nei tre armadi che avrebbero condiviso (Tom, Severus e Goyle da una parte, Lucius, Rodolphus e Tiger dall’altra).

-Snape, giusto?- chiese Lucius all’improvviso –Il figlio di una traditrice del suo sangue e di un lurido Babbano?-

Sev gli lanciò uno sguardo furioso, ma non seppe cosa replicare. Teddeus lo aveva avvertito: se fosse stato Smistato a Serpeverde, non sarebbe stato facile farsi accettare.

-Non si usa più presentarsi prima di fare domande?- chiese Tom Riddle con voce tranquilla mentre tirava fuori dal baule un maglione.

Lucius rivolse la sua attenzione su di lui. –Tu saresti…?-.

-Tom Riddle- si presentò questi.

-Mai sentito nominare. Chi sarebbero i tuoi genitori?-.

Dallo sguardo gelido che il moro rivolse al biondino, Sev intuì di non essere l’unico ad avere problemi con la propria famiglia in quella stanza.

-Forse sei sordo,- sibilò Tom –mi sembrava di averti appena fatto notare che è segno di cattiva educazione non presentarsi prima di iniziare una conversazione. Per tua fortuna oggi mi sento generoso, quindi ricominciamo da capo. Io mi chiamo Tom Riddle e tu?-.

L’ultima frase la disse molto lentamente come se avesse a che fare con un bambino ottuso. Severus per poco non scoppiò a ridere e Lestrange si lasciò sfuggire una risata mal celata da un colpo di tosse.

-Lucius Malfoy- rispose il biondo fremendo per la rabbia.

Aspettò che Tom continuasse a parlare, ma quest’ultimo pareva tutto concentrato nel ripiegare una camicia.

–Ti devo ripetere la domanda?-.

-No.- rispose Riddle –Al contrario di te ho un’ottima memoria, ma non vedo come l’identità dei miei genitori possa riguardarti.-

“Ora Malfoy lo ammazza” pensò Sev, ma contrariamente alle sue aspettative il biondo si limitò a dire, senza tradire il minimo segno d’imbarazzo o vergogna: -Evidentemente non ne vai fiero-. Poi si diresse verso una porta che probabilmente portava al bagno.

Lestrange si lasciò sfuggire un fischio e rivolse a Tom uno sguardo ammirato. –Sei una delle poche persone al mondo in grado di tenere testa a Lucius-.

Tom alzò le spalle, indifferente. –Non è che ci voglia molto- dichiarò.

Severus gli rivolse un sorriso grato. Di solito, a meno che non si trattasse di Harry, si vergognava quando qualcuno combatteva al suo posto una battaglia, ma Tom Riddle era riuscito a venire in suo aiuto senza umiliarlo.

Tom gli rivolse un ghigno di rimando, come a dirgli che non gli doveva nulla e che aveva agito solo per piacere personale.

***

Era mezzanotte passata.

Nonostante Sirius avesse avuto l’argento vivo addosso per tutta la sera, appena giunto nel dormitorio era crollato sul suo letto e ora dormiva profondamente. Lo stesso dicesi di Neville che ronfava alla grande nel letto affianco a quello del giovane Black. Anche Harry si era subito addormentato, ma doveva aver fatto un incubo perché si era risvegliato all’improvviso, molto sudato, e poi era corso in bagno per rinfrescarsi.

Albus, invece, non riusciva ad addormentarsi. Non era abituato a dover dormire con gente che russava (Neville), si muoveva in continuazione (Sirius) e parlava nel sonno (Harry). Nonostante non fosse figlio unico, la casa in cui viveva era abbastanza grande da avergli  permesso di avere sempre avuto una stanza tutta per sé. Era abituato ad avere i suoi spazi personali, dove tutto era silenzioso ed ordinato. Non sarebbe stato facile abituarsi ai suoi caotici e rumorosi compagni di dormitorio, ma sentiva che ne sarebbe valsa la pena. Erano tutti e tre molto singolari.

Neville era estremamente timido. A volte balbettava un po’, arrossiva per poco e pareva incapace di difendersi. Aveva raccontato loro di essere stato cresciuto da sua nonna e che tutta la sua famiglia lo aveva sempre considerato un Magonò. Albus si era chiesto dove fossero i suoi genitori, ma pareva l’unico ad aver notato l’omissione di Neville. Gli altri erano molto più interessati ai racconti su cosa suo zio Algie aveva fatto per ottenere da lui, anche solo una scintilla di magia.

Sirius, invece, era stato molto più reticente nel parlare della sua famiglia, aveva ignorato le domande di Hermione Granger e aveva ingaggiato con Harry una lunga conversazione sul Quidditch. I due avevano legato subito e quando Sirius aveva inseguito Pix per vendicarsi del fatto che il poltergeist gli avesse dato una legnata in testa, Harry lo aveva rincorso per dargli man forte. I due erano tornati ricoperti di gesso da capo a piedi, ma ridendo come matti e affermando che Pix d’ora in poi li avrebbe lasciati in pace. Il Prefetto Percy Weasley aveva fatto loro la predica per il resto del tempo necessario per raggiungere la Sala Comune, ma Albus era dell’opinione che il suo fosse stato solo fiato sprecato: tutto ciò che aveva detto era entrato in un orecchio dei due per uscire dall’altro.

In quel momento Harry rientrò nella stanza e si distese sul suo letto affianco a quello di Albus.

-Tutto bene?- gli chiese il rosso notando che il suo viso era molto pallido.

Harry gli rivolse uno sguardo vago. –Uh… Sì.- borbottò.

-Brutto sogno?- insistette Albus. La sua non era solo preoccupazione, ma, come gli rimproverava spesso sua madre, incapacità di farsi i fatti suoi.

Harry gli rivolse un piccolo sorriso, commosso da tutti quei riguardi nei suoi confronti. Aveva fatto bene a scegliere Grifondoro, pensò, lui voleva una famiglia, una famiglia che non avrebbe mai potuto costruirsi a Serpeverde.

-E’ un sogno che faccio spesso-.

-Parlamene- disse Albus curioso.

Harry chiuse gli occhi, come a voler rivivere la scena.

-Sono su una torre,- cominciò –il vento mi sferza i capelli, e… sono triste. Sento il cuore stretto in una morsa, sono angosciato e disperato. Vorrei solo piangere e urlare per sfogare il mio dolore, ma non posso perché c’è qualcuno che mi sta attaccando e so che se mi distrarrò, anche solo per un istante, morirò-.

Detto questo aprì gli occhi e Albus notò che sulla sua guancia destra era scesa una lacrima che il moretto si affrettò ad asciugare.

-Sogno singolare- commentò Albus.

-Già,- convenne Harry –ma dopotutto è solo un sogno-.

Si raggomitolò sotto le coperte, mormorò un ‘buonanotte’, chiuse le tende e in meno di un minuto era piombato in un sonno profondo da cui si sarebbe destato solo il mattino successivo.

 

 

 

 

 

*Mafalda Prewett esiste veramente, o meglio avrebbe potuto esistere. La Row sul suo sito ufficiale dice che pensava d’inserirla nel “Il Calice di Fuoco”. Era la figlia del cugino di secondo grado della signora Weasley, un Magonò. Ha detto che avrebbe voluto descriverla come una ragazza pettegola, ma molto intelligente che avrebbe fatto concorrenza a Hermione in quanto a voti scolastici e che sarebbe stata Smistata a Serpeverde.

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Capitolo 7
*** Tipi mattinieri e non ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Capitolo VII

Tipi mattinieri e non

Remus Lupin era un tipo mattiniero: non importava a che ora fosse andato a dormire il giorno precedente, si svegliava sempre in tempo per vedere l’alba, il segno tangibile che un’altra odiosa notte era passata. Come tutte le abitudini degli esseri umani, non importava se essi ne fossero consapevoli o meno, ciò si poteva ricondurre a qualche evento del suo passato e, in questo determinato caso, al fatto che in una notte di circa sette anni fa un lupo mannaro l’avesse morso decretando il suo destino.

Il suo primo giorno di lezione, in una delle scuole di magia e stregoneria migliori del mondo, non aveva fatto eccezione. Mentre la maggior parte dei suoi compagni erano immersi in un profondo sonno, lui aveva abbandonato la torre di Corvonero e, grazie alle indicazioni della Dama Grigia, aveva raggiunto la guferia dalla quale aveva spedito una lettera alla madre, Lauren.

Sarebbe stato difficile valutare chi fra madre e figlio fosse stato più felice dell’ammissione del giovane Lupin a Hogwarts, ammissione che per anni era sembrata un sogno irraggiungibile. Come si poteva, anche solo pensare di far convivere dei ragazzi normali con un ibrido che, una volta al mese, si trasformava in una belva assettata di sangue? Certo, grazie a Lily Potter esisteva l’Anti-Lupo, infuso in grado di acquietare la ferocia di un licantropo, facendo sì che si comportasse come un normale lupo,  ma era una pozione molto complicata e il numero di maghi e le streghe in grado di prepararla era esiguo. Inoltre pochi potevano permettersi  di pagare le loro parcelle e la famiglia Lupin, dopo la morte del capofamiglia, ucciso in uno scontro con un licantropo, non era fra questa elité.

L’ancora di salvezza per Remus era arrivata sotto le sembianze di Esme Redbird. Esme era una strega italiana molto affascinante con boccoli dorati, occhi verde chiaro e un corpo flessoso, nipote della famigerata Era Redbird ed ex Auror, la strega insegnava Difesa contro le Arti Oscure. La Maestra era cliente abituale di Madama McClan, negozio in cui Lauren Lupin lavorava come assistente, e con la sua parlantina sciolta e l’acuta intelligenza, ben presto aveva scoperto il segreto di Remus. Tuttavia invece di trattarlo come se fosse infetto dal vaiolo di drago, tipica reazione delle persone, si era sforzata di conoscerlo e, colpita dalla sua intelligenza, lo aveva informato che lui avrebbe frequentato Hogwarts, anche se non sapeva ancora in che modo.

Remus all’inizio non era rimasto molto colpito dalle sue parole. Le era grato per la sua gentilezza e per le buone intenzione, ma aveva imparato da molto tempo a non farsi illusioni: le illusioni servivano solo ad aumentare il dolore quando era giunto il momento di svegliarsi e, davvero, lui di dolore ne aveva provato già fin troppo.                                                                                         

In seguito Esme lo aveva rimproverato per il suo atteggiamento disfattista, dichiarando che lei non parlava mai tanto per parlare: quando affermava una cosa così era. E glielo aveva dimostrato. Un paio di giorni dopo, alle due di notte, si era smaterializzata nell’appartamento situato sopra Madama McClan, in cui viveva la famiglia Lupin, e aveva annunciato che presto avrebbe avuto Remus come allievo.

-L’unico requisito che ti manca, Remus,- aveva detto –è un pozionista abile che sia disposto a preparare l’Anti-lupo gratuitamente. Per tua fortuna, io conosco uno stregone molto dotato che mi deve un favore, e che, guarda caso, lavora a Hogwarts come insegnante-.

Teddeus Prince si era dimostrato disposto a preparare la pozione ancora prima dell’ingresso a Hogwarts e, per la prima volta da anni, Remus non aveva passato il giorno seguente la luna piena al San Mungo per farsi curare le ferite che si era auto inferto.

Dopo aver spedito la lettera, si diresse in Sala Grande, perdendosi circa cinque o sei volte, emozionato come non mai per il suo primo giorno di scuola.

***

Il primo giorno di lezione delle matricole di Hogwarts era traumatico per molti studenti. Questo accadeva perché la maggior parte dei Purosangue non avevano mai avuto un motivo per alzarsi prima delle undici. Scoprire che ora erano costretti a destarsi presto, se volevano arrivare in orario a lezione, era una sgradita novità che molti tendevano a non accettare.

Questo atteggiamento di rifiuto costringeva i loro compagni di dormitorio Nati Babbani (e quindi già abituati ai ritmi della scuola elementare), o Purosangue e Mezzosangue meno viziati ad assumere il ruolo di sveglie.

I ragazzi del primo anno di Grifondoro non aveva fatto eccezione a questa tradizione millenaria e avevano eletto come sveglia Albus Dumbledore.

A un’ora dall’inizio delle lezioni sia Sirius che Neville non accennavano ad alzarsi dal letto. L’unico mattiniero tra i camerati di Al era Harry, però non poteva dargli una mano con i due pigroni perché era sceso in Sala Grande con la speranza d’incontrarsi con il suo amico Snape prima dell’inizio dei corsi. Rimembrando la tortuosità dei corridori di e delle scale di quel castello, Albus pregò affinché il ragazzo non si perdesse.

Si stava facendo tardi e la sveglia decise di passare agli estremi rimedi. Afferrò dalla libreria un enorme tomo intitolato Storia della Magia e, con forza sorprendente considerata la corporatura snella, lo scagliò sulla testa del giovane Black.

-AHIA!- il moro si svegliò di soprassalto. –SEI IMPAZZITO?!- urlò. –VOLEVI ROMPERMI IL CRANIO?!-.

-Dovresti ringraziarmi.- replicò il rosso serafico. –Se non ti sbrighi, salterai la colazione e non mi sembra il caso di arrivare tardi alla prima lezione-.

-Chi se ne frega!- esclamò Sirius, ma si alzò e cominciò a togliersi l’uniforme spiegazzata con cui aveva dormito. Albus invece, già vestito di tutto punto, si diresse verso il letto dell’unico che ancora dormiva, ma non ebbe il coraggio di svegliarlo utilizzando lo stesso metodo usato con l’affascinante moretto: Neville, quando dormiva, faceva tenerezza tanto era indifeso.

-Come fa a dormire con tutto il baccano che abbiamo fatto?- chiese Sirius perplesso.

Albus sbuffò. –Da che pulpito! Era suonata la sveglia, ti avevo chiamato, avevo urlato, ti avevo tirato i capelli eppure tu continuavi a dormire come se nulla fosse-.

Sirius cercò di assumere un’espressione dispiaciuta, ma non ottenne molto successo.

-Quando dormo non sento niente e nessuno.- dichiarò con orgoglio.

Suo malgrado Albus era divertito e si chiese se ai Black dessero lezioni private per apparire distinti qualsiasi cosa facessero.

-Harry dov’è?- chiese il moro mentre si abbottonava la camicia.

-E’ sceso presto in Sala Grande per incontrare Snape-.

Sirius assunse un’espressione perplessa e chiese:-Chi è Snape?-.

-Severus Snape.- rispose Albus –Primo anno, Serpeverde. E’ un suo amico d’infanzia-.

Il moro era sempre più confuso.

-Come fa ad avere un amico d’infanzia tra i Serpeverde? Credevo che Harry fosse cresciuto tra i Babbani-.

-Snape è Mezzosangue- spiegò Albus. –Sua madre è la sorella del nostro insegnante di Pozioni, ma suo padre è Babbano-.

A Sirius venne un’illuminazione.

-Oh, sì. Credo di aver sentito parlare di quella donna un paio di volte. Eileen Prince, la strega che rifiutò un Malfoy- poi aggiunse –Comunque non dovrebbe frequentare i Serpeverde: sono infidi, ambiziosi e senza scrupoli-.

Albus alzò un sopracciglio e rivolse al giovane Black uno sguardo obliquo. –Se non erro quasi tutta la famiglia Black è stata Smistata a Serpeverde-.

Sirius ghignò. –Appunto-.

Quando ebbe finito di prepararsi, il moro si avvicinò al letto di Neville e propose:-Lo lasciamo qui?-.

-No!- si oppose Albus vivamente.

-Beh, come proponi di svegliarlo?-

L’erede dei Dumbledore emise un sospiro esasperato, si avvicinò al proprio letto e estrasse qualcosa dal cassetto. Quando si riavvicinò al bel addormentato, Sirius ebbe modo di constatare che si trattava di una scatola di cioccolatini.

-Li ha fatti mia madre,- spiegò –anche se in realtà io preferisco altri tipi di dolci, ma lei continua ad insistere che i lecca lecca al sangue sono per i vampiri-.

-E cosa pensi di farne?- chiese Sirius –Spiaccicarglieli in faccia?-.

Il rosso ne prese uno e lo mise sotto il naso di Neville, il quale aprì la bocca per afferrarlo, ma mentre lo stava per mordere, Albus allontanò il dolce così tanto da costringere il padrone del rospo Oscar ad alzarsi dal letto.

Neville rimase in piedi con gli occhi chiusi per un paio  di secondi, poi gli aprì, sbadigliò e con voce assonnata augurò a tutti e due un buon giorno.

Sirius emise un fischio ammirato.

-Wow! Sei un genio-.

Albus scrollò le spalle e, con aria cupa, disse:-Con mia sorella funzionava sempre-.

 

Harry, intanto, era riuscito a raggiungere la Sala Grande. Si era trattato di puro miracolo. Mentre vagava tra il quinto e il quarto piano, senza la minima idea su dove andare, aveva incontrato il preside che, gentilmente, lo aveva accompagnato fino al piano terra. Harry riteneva fosse un tipo abbastanza piacevole, anche se aveva avuto l’impressione di essere sottoposto ad un esame. Il professor Lumacorno aveva passato tutto il tempo a lodare la madre del ragazzo, la sua allieva preferita: -Era talmente dotata, talmente intelligente, talmente affascinante e con un caratterino…-.

Ora, a Harry faceva piacere sentir parlare di sua madre, ma trovava la situazione piuttosto imbarazzante. Se avesse scoperto che il preside teneva una gigantografia di Lily Potter nella camera da letto, non si sarebbe sorpreso.

Giungere in Sala e separarsi dal mago era stato un sollievo, ma il suo buon umore si era guastato quando al tavolo dei Serpeverde, verso cui si era diretto per augurare buona giornata a Sev, aveva incontrato Bellatrix Black.

-Nel caso non lo avessi notato- gli disse lei –questo non è il tuo tavolo-.

-Stavo cercando Sev- disse Harry –per caso…-

-Sei suo amico?- chiese Lucius Malfoy –Questo spiega tutto-.

Harry cominciava ad arrabbiarsi. Nessuno poteva insultare Sev: era il suo migliore amico, quasi un fratello.

-Che vorresti dire?- chiese pronto ad una battaglia.

-Ignoralo. Non lo fa apposta, la maleducazione è nella sua natura- intervenne una voce profonda e vellutata alle sue spalle.

Harry si voltò di scatto e si ritrovò di fronte il moro dagli occhi neri incontrato a Diagon Alley. Visto da vicino era ancora più bello, ma il suo fascino non consisteva solo in quello. Anche Sirius era bello e lo stesso valeva per Malfoy. Quel ragazzo era carismatico, in lui vi era qualcosa che ammaliava al primo sguardo e non permetteva a nessuno d’ignorarlo.

Gli sorrise, gli porse la mano e disse: -Harry Potter, piacere di conoscerti-.

L’altro ragazzo gliela strinse: -Tom Riddle- disse, poi, rivolto a Malfoy, aggiunse: -e questa, Lucius, si chiama buona educazione-.

Il ragazzo dai capelli lunghi replicò: -Esperto di buone maniere, perché non dici al tuo nuovo amichetto di tornarsene al suo posto?-.

Bellatrix era esterrefatta: non era da Lucius rispondere in modo tanto blando a una provocazione. Rivolse al moro Serpeverde uno sguardo attento: cosa in lui aveva tanto colpito Lucius? D’accordo, era bello, ma finiva lì. Indossava abiti di seconda mano e non aveva mai neanche sentito nominare il suo cognome.

Tom ignorò sia le parole di Malfoy che lo sguardo della Black. Tutta la sua concentrazione era rivolta al Grifondoro. Ciò fece arrabbiare Bella: chi si credeva di essere?

Riddle disse: -Severus è con suo zio, adesso. Stanno facendo colazione nelle sue stanze-.

-Oh!- esclamò Harry, deluso. E pensare che si era alzato presto solo per poterlo incontrare.

-Beh,- continuò –per favore, quando lo vedi puoi chiedergli se questo pomeriggio, dopo le lezioni, possiamo incontrarci in Sala d’Ingresso?-.

Lucius ghignò divertito, pregustando la rispostaccia che Tom, ora, avrebbe dato a Potter. La sera prima si era reso conto che Tom Riddle non era il tipo di persona che si lasciasse sfruttare, umiliare, o prendere in giro e il figlio della Salvatrice aveva bisogno di essere rimesso al suo posto.

Rimase deluso quando Tom si limitò a dire: -Va bene-.

Harry lo ringraziò e poi si diresse verso il suo tavolo, dove poco dopo lo raggiunsero Sirius, Albus e Neville.

Tom non sapeva perché avesse accondisceso alla richiesto del ragazzo. Se si fosse trattato di Lucius non avrebbe mai acconsentito, ma Harry non gli aveva rivolto quella richiesta dando per scontato che gli fosse dovuta o con superbia. Tom sospettava che se la sua risposta fosse stata negativa , lui non sarebbe rimasto sorpreso e non avrebbe protestato: questo lo intrigava. Desiderava conoscerlo meglio, sapere perché un bambino di undici anni avesse uno sguardo tanto malinconico e fosse avvezzo a non aspettarsi atti di gentilezza dalle persone, a cos’era dovuta quell’affinità che percepiva tra loro. Sicuramente si sarebbe stufato molto presto, ma nel frattempo perché non soddisfare la sua curiosità? 

 Nel frattempo Bellatrix aveva deciso che Tom Riddle non era degno della sua considerazione, lui e qualsiasi altro ragazzo si lasciasse trattare come uno zerbino.

-Se ti diverte fare il gufo,- disse – affari tuoi, ma cerca di non infangare il nome della Casa a cui appartieni. Serpeverde ha una reputazione da difendere-.

Mai sguardo fu più glaciale di quello che Tom rivolse alla Black. Bella per un folle momento temette che volesse ucciderla. Avvertiva attorno a sé un’aura potente e oscura, che la immobilizzava sul posto e le rendeva difficile persino respirare.

-Mettiamo le cose in chiaro, Black.- disse con voce inespressiva -Non mi faccio dire da nessuno cosa posso o non posso fare, soprattutto non da una mocciosa viziata come te-.

Detto questo uscì dalla Sala.

Lucius ghignò. La ferita che era stata inferta al suo orgoglio la sera prima si era rimarginata. Anche se non l’aveva fatta pagare a Riddle, sapere che Bella aveva ricevuto lo stesso trattamento lo faceva sentire meglio: come si dice mal comune, mezzo gaudio.

Era convinto che l’amica fosse infuriata, ma lei aveva uno sguardo trasognato ed era arrossita. Inoltre, quando fu distribuito l’orario delle lezioni, si alzò dichiarando che doveva trovare Riddle per consegnarglielo o il ragazzo non avrebbe saputo dove dirigersi.

Rita Skeeter, che aveva assistito a tutta la scena, rimanendo in religioso silenzio, si chiese se la Black si rendeva conto che ora era lei a comportarsi come un gufo.

 

 

 

  Ringrazio tutti quelli che hanno messo questa storia tra i preferiti e chi l’ha messa tra le seguite. Commentino? T_T

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Capitolo 8
*** Tra lezioni e discussioni ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (altrimenti, invece che con Ginny, Harry starebbe con Tom) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:

Piccola Vero: Sono felice che ti piaccia! Per cercare di accontentarti a questo capitolo ho aggiunto un piccolo prologo che descrive la colazione di Teddeus e Severus. Non è uno dei miei scritti migliori, ma ho cercato di fare del mio meglio. Comunque Teddeus rimarrà un personaggio secondaio: ho troppi altri personaggi di cui occuparmi per approfondire anche lui. Spero continuerai a seguire questa fic. Ciao.

DiraReal:  Capisco che ti avesse lasciato perplessa (avevo anch'io dei dubbi e -diamine!- era una mia idea), però mi martellava in testa da troppo tempo e non bisogna mai dire dino all'ispirazione, quindi alla fine mi sono decisa a pubblicarla. L'idea di base era: se Harry avesse incontrato alcuni personaggi della saga quando erano dei ragazzi sarebbe riuscito a mutare il loro destino? Davvero credi che i miei personaggi siano IC? Grazie!!! Non sai quanto stia attenta a mantenerli credibili. Per quanto riguarda Mafalda Prewett ho sempre ritenuto che sarebbe stato un personaggio interessante e mi è dispiaciuto che la Row l'abbia eliminata, così lo inserita io, anche se avrà un ruolo secondario. Grazie mille per i complimenti, spero di leggere un altro tuo commento per questo capitolo. A presto.

Sssweety:  Bella? Originale? Ti ha catturata? Sono commossa la tua recensione mi ha motivato a finire in fretta questo cap. Spero ti piaccia.

  

Capitolo VIII

Tra lezioni e discussioni

Quella mattina, nella Sala Comune di Serpeverde,  un elfo domestico aveva consegnato a un ragazzo di nome Snape una pergamena in cui suo zio lo invitava a fare colazione insieme a lui (allegata vi era anche una mappa dei sotterranei). Sev era rimasto un po’ spiazzato perché desiderava poter incontrare Harry prima dell’inizio delle lezioni, ma non se l’era sentita di rifiutare l’invito.

Doveva molto a suo zio e ne era consapevole. Il giorno in cui Minerva McGranitt gli aveva consegnato la lettera d’ammissione ad Hogwarts, Severus aveva informato il padre che il primo settembre sarebbe partito per la scuola di magia. Questi lo aveva prima picchiato, poi rinchiuso in soffitta, affermando che avrebbe dovuto passare sul suo cadavere prima di entrare in quella scuola di mostri. Suo figlio lo avrebbe accontentato volentieri, ma essere chiuso a chiave non facilitava il compito. Quando aveva cominciato a perdere la speranza di liberarsi in tempi brevi, Teddeus si era smaterializzato a casa Snape, lo aveva liberato e lo aveva portato a casa sua. All’inizio Sev era preoccupato per la madre (prima che Tobias lo rinchiudesse aveva visto l’uomo spingerla giù dalle scale), ma ben presto la rabbia aveva preso il posto della preoccupazione.

Perché? Perché subiva quella violenza senza reagire? Perché l’aveva fatta subire a lui? Perché riteneva suo marito più importante del figlio? Sul treno Harry aveva risposto a queste domande dicendo: -Amore-, ma il Serpeverde riteneva che se l’amore ti riduceva in questo stato, allora era meglio non amare. Una volta giunto a questa conclusione si ripromise di non innamorarsi mai. Severus ancora non se ne rendeva conto, ma aveva infranto quella promessa ancora prima di farla.

In quel momento, quindi il Mezzosangue si trovava nel salotto del Maestro di Pozioni, mangiucchiando un pezzo di salsiccia.

-Com’è stata la tua prima notte a Hogwarts? Dormito bene?- chiese Teddeus mentre versava il latte nel the.

-Sì.- rispose Severus laconico.

Prince sorseggiò il liquido per un po’, poi posò la tazza e disse: -Avresti preferito essere Smistato a Grifondoro?-.

Suo nipote era sorpreso della domanda. –No, te l’ho già detto. Io volevo andare a Serpeverde, ho scelto questa Casa-.

-Ma mister Potter è a Grifondoro-.

Sev non seppe cosa replicare: affermare che non gli dispiaceva essere stato separato dall’amico equivaleva a mentire.

-Non ho mai avuto molti amici, fin da piccolo.- continuò Teddeus. –Il mio carattere chiuso tendeva a scoraggiare le profferte d’amicizia degli altri. Lily Evans, beh dovrei dire Lily Potter, fu la mia prima vera amica, forse l’unica.

La incontrai sull’espresso il primo giorno di scuola e mi piacque fin da subito. Tuttavia quando fummo Smistati in due Case diverse temetti di averla persa-.

-E’ così è stato?- chiese Sev –La vostra amicizia non ha resistito?-.

-Non fu facile- rispose –Abbiamo passato alcuni periodi di crisi, derivanti dal fatto che le nostre rispettive Case ci stavano insegnando a vedere le cose in modo differente, ma il giorno della sua morte eravamo legati dal medesimo affetto che ci univa il giorno della sua morte-.

Il discorso cadde in un silenzio interrotto dal più grande quando chiese: -Vuoi bene a Harry?-.

-Sì, molto,- affermò Sev senza esitazioni.

-Allora non temere.- concluse il professore con un sorriso –Lo Smistamento non è sufficiente a dividere due amici-.

***

Quel giorno Esme Redbird si era svegliata di buon umore. Beh, lo era quasi sempre il primo giorno di scuola. Adorava Hogwarts e le dispiaceva di non averla potuta frequentare come studentessa, per quanto anche quelli trascorsi nell’istituto di Giove fossero stati anni piacevoli. Tuttavia la scuola italiana era priva dell’antica storia e del prestigio che vantava Hogwarts.

Aveva desiderato con tutta sé stessa insegnare in Inghilterra perciò, per quanto fosse consapevole delle difficoltà che quell’obbiettivo prospettava, si era dimessa dal Ministero della Magia italiano e, contro il volere di sua madre, era tornata in patria.

Forse definirla patria era esagerato dopotutto non ci aveva mai vissuto prima. Suo padre si era trasferito in Italia pochi anni dopo il diploma e nella città eterna aveva incontrato sua madre che l’aveva convinto a non ripartire. Ma Esme, nonostante fosse nata e cresciuta in Italia, aveva sempre percepito il richiamo di quella grande isola. Aveva letto tutto il possibile sulla storia inglese e aveva pregato più volte i genitori affinché le permettessero di studiare a Hogwarts.

Nessuno dei suoi genitori aveva mai acconsentito e sua madre, dopo la morte del marito, era diventata irremovibile. La si poteva comprendere visto che Lord Redbird era morto durante un suo viaggio in Inghilterra, ucciso dalla sua stessa sorella.

In ogni caso quell’evento non aveva smorzato l’amore di Esme per quella terra lontana a cui sentiva di appartenere, per questo aveva deciso di fare domanda per ottenere il posto vagante di docente di Difesa. Ottenere la cattedra non era stato semplice: gli insegnanti di Hogwarts erano da sempre sottoposti a esami rigidissimi, ma da quando Horace Lumacorno era diventato preside ottenere un posto era diventato persino più difficile.

Esme era una strega molto dotata, ma quando, appena ventenne, si era presentata al preside vantando solo due anni d’esperienza come Auror, non gli aveva fatto molta impressione. Tuttavia, nessuno al mondo poteva affermare che Lumacorno non fosse bravo a valutare le persone e questo suo talento gli aveva permesso di comprendere che Esme era adatta al lavoro. Certo aveva aiutato il fatto che Esme fosse riuscita a superare tutti gli esami dell’Accademia Auror in un solo anno quando di solito ne occorrevano tre e avesse una lettera di raccomandazione firmata dal Ministro italiano, vecchia conoscenza del preside.

 

Seduta al tavolo delle autorità, Esme stava bevendo il caffé italiano che un elfo domestico preparava appositamente per lei ogni mattina. Per quanto il the nero inglese fosse buono, lei non riusciva connettere il cervello senza una dose di caffeina giornaliera.

-Prince?- chiese a Pomona Sprite. La mancanza del Maestro di Pozioni era un’altra delle cause del suo buon umore. I due docenti si odiavano cordialmente dal primo anno d’insegnamento di Esme, quando lui le aveva chiesto se era andata a letto col preside per ottenere la cattedra. E per quanto Esme gli fosse grata d’aver acconsentito a preparare l’Anti-Lupo per Remus e di mantenere il segreto col preside, la strega era felice di non dover vedere il suo viso di prima mattina.

-Sta facendo colazione nelle sue stanze con suo nipote.- le rispose la Direttrice della Casa di Tassorosso, nonché moglie del preside. –Sembra molto felice di averlo con sé-.

Esme era sorpresa. –Prince ha un nipote?- chiese –Non so perché, ma ero convinta che fosse figlio unico-.

Pomona che stava sorseggiando una tazza di the, la posò per rispondere alla giovane donna.

-Oh, certo tu non puoi saperlo. La sorella di Prince ha sposato un Babbano e da allora ha interrotto tutti i contatti con i membri del Mondo Magico, compreso suo fratello-.

Esme era scettica. –Ha tagliato lei i ponti o è stato il Mondo Magico a tagliare i ponti con lei?-.

La strega italiana era del parere che Prince avesse rinnegato la sorella.

Pomona colse la velata accusa e rispose: -Ti assicuro, cara, che Eileen Prince si allontanò di sua volontà. E’ vero i matrimoni tra Maghi e Babbani non sono ben visti, ma la comunità magica non è così incivile da ripudiare una strega o un mago solo per questo-.

Esme sbuffò. –Conosco molti Maghi abbastanza incivili per farlo-.

-Cosa sono quelle facce cupe?- chiese gioviale il preside, seduto alla destra della docente di Difesa. –Esme credevo che tu adorassi il primo giorno di scuola-.

La Redbird sorrise mesta. -E’ così-. La strega si sentiva in colpa nei confronti del preside perché aveva introdotto, a sua insaputa, un licantropo entro le mura della scuola. Le dispiaceva ingannarlo, ma non aveva scelta. Remus meritava di entrare ad Hogwarts e Lumacorno non glielo avrebbe mai permesso: era troppo conservatore.

-Quest’anno- continuò il preside –ho sentito molti nomi interessanti. Il figlio del Ministro, il nipote di Teddeus e ultimo, ma non per importanza, il giovane Potter. Chissà se hanno ereditato il talento dei loro parenti.- si chiese con aria calcolatrice.

-Oh, non cominciare subito col tuo Lumaclub!- lo rabbonì la moglie. –Mi sembrava avessimo concordato sul lasciare in pace questi ragazzi fino al quarto anno-.

-Sì, sì.- disse Lumacorno –Ma non puoi rimproverarmi per la mia impazienza. Sembrano esserci così tanti giovani promettenti quest’anno -.

I due si riferivano al club, fondato da Horace quand’era ancora vice preside. L’ex Direttore della Casa di Serpeverde aveva preso l’abitudine di scegliere fra gli studenti alcuni ragazzi, basandosi sulla loro intelligenza e sulla loro ambizione oppure sul loro fascino e il loro talento. Aveva una dote naturale nell’individuare coloro che sarebbero diventati personalità di spicco nei vari settori (politica, sport, arte, ricerca, commercio), li radunava attorno a sé, ne conquistava il favore con vari privilegi (per esempio permetteva a Tucan Dorks, capitano di Corvonero, di saltare le lezioni con la scusa che doveva allenarsi), gli aiutava a trovare il loro primo impiego e ne ricavava sempre qualcosa in cambio. Pomona era convinta che essere membri del Lumaclub aumentasse la nostalgia di casa degli studenti e aveva pregato Horace, prima per eliminare il circolo, poi affinché almeno ne escludesse gli studenti dei primi tre anni, che a suo parere erano troppo piccoli e dovevano ancora ambientarsi.

-Esme?- era la professoressa McGranitt, che si era alzata dal suo posto, in fondo al tavolo per parlarle. Esme le sorrise dolcemente. Anche la vice preside aveva avuto molti dubbi sulla sua assunzione, ma non aveva dato mostra della stessa maleducazione di Prince e alla fine aveva riconosciuto il valore della strega italiana.

-L’orario delle tue lezioni- disse porgendole un foglio.

Esme la ringraziò, poi esaminò la pergamena: tutta la mattina era occupata dai Grifondoro del primo anno.

-C’era qualcuno degno d’attenzione tra le matricole rosso oro?- chiese al preside per cominciare a farsi un idea della classe con cui avrebbe avuto a che fare. 

-Oh, sì- rispose Horace entusiasta. –C’era un Black, il primo Black Smistato a Grifondoro a memoria d’uomo, Dumbledore junior, il figlio di due famosi Auror e Harry Potter-.

-Capisco.- commentò la strega  –Dovrebbe essere una classe interessante-.

-Tutte le classi sono interessanti.- obbiettò Pomona.

-Ma alcune, amore, sono più interessanti di altre- insistette Horace. –Esme, mi raccomando studiali attentamente: voglio conoscere la tua opinione-.

 

-Esme Redbird? E’ parente di Era Redbird?- chiese Harry.

-Sì, ma non ha nulla a che fare con lei.- gli rispose Albus –Non si sono mai neanche incontrate e, per quel che ne so, il padre della nostra professoressa è morto per la bacchetta della Maga Oscura-.

“Allora abbiamo qualcosa in comune” pensò il moro.

-Buon giorno- augurò la docente entrando nell’aula. Tutti presero posto in fretta e la fissarono pieni di aspettativa.

Posò la cartella sulla cattedra, poi si sedette, li fissò uno ad uno e disse: -Il programma ministeriale non prevede che gli studenti del primo anno abbiano lezioni pratiche di Difesa, principalmente perché non ne sareste all’altezza. Difesa contro le Arti Oscure è una materia che rinchiude in sé altre discipline, quali Incantesimi e Trasfigurazione. Fino a che non avrete acquisito per lo meno le basi di queste materie, non sareste in grado di eseguire neanche un sortilegio di protezione basilare.

Tuttavia, io sono dell’opinione che per lo meno dovreste imparare a nascondere la vostra aura magica. Ora, qualcuno sa darmi la definizione di aura magica?-.

Hermione Granger riuscì ad alzare la mano prima di chiunque altro e la Redbird le fece cenno di rispondere.

-L’aura magica è l’emanazione esteriore dei poteri di un Mago-.

-Esatto,- convenne la professoressa –un punto a Grifondoro. Teoria della magia ha dedicato ben tre capitoli a quest’argomento, non ho intenzione di tediarvi ripetendo le stesse cose, anche perché i docenti di Incantesimi e Trasfigurazione riprenderanno sicuramente quest’argomento, ma vi farò un riassunto. I poteri di un Mago stanno nel sangue e si trasmettano attraverso il sangue tuttavia, per essere in grado di influenzare l’ambiente esterno, un Mago deve imparare esternarli, questa esternazione, come ha giustamente detto la signorina Granger prende il nome di aura. L’esito di un Duello dipende praticamente solo da questo: nell’abilità di esternare e controllare quest’aura. Questa capacità può essere migliorata attraverso l’uso di una bacchetta, o di ingredienti per pozioni.

Con l’allenamento si può imparare a percepire l’aura degli altri Maghi e questo permette di distinguere i Maghi dai Babbani e valutare il potere magico di un individuo. Ora perché quest’ultima cosa è negativa?-

Anche questa volta Hermione fu velocissima.

-Miss Granger.- disse la Redbird con l’accenno di un sorriso.

-Valutando l’aura magica del nemico, un Duellante è in grado di anticipare le mosse del proprio avversario-.

Esme, Harry e Albus cominciarono a chiedersi se la ragazza si fosse studiata a memoria l’intero libro di teoria magica: aveva un modo di parlare così accademico.

-Di nuovo esatto- convenne la Redbird –per questo voglio che voi impariate a controllare l’emanazione della vostra magia abbastanza bene da potervi permettere di non andare in giro con su scritto in fronte quanto siete potenti. La cosa non vi dovrebbe essere troppo difficile poiché al momento il livello delle vostre aure è davvero basso. Crescendo aumenterà e allora vi sarà più difficile controllarla, ma grazie a tutto l’esercizio che faremo quest’anno ci riuscirete. Ah, ricordate che la rabbia rende difficile se non impossibile controllare l’esternazione. La vostra mente deve essere calma: occorre disciplina-.

Dopo di ché cominciarono ad esercitarsi, la Redbird passava tra loro dando consigli e rimproverandoli se sbagliavano. Nascondere la propria aura sembrava molto più facile a dirsi che a farsi: alla fine della lezione solo Albus, Sirius e Harry erano arrivati vicini a nasconderla del tutto.

***

Tassorosso.

Ancora non riusciva ancora a crederci.

Com’era possibile che Blaise Zabini, suo amico da una vita, fosse stato Smistato in quella Casa di perdenti? Quando lui, Bella e Rodlphus incontrarono il ragazzo vicino al lago durante la pausa pranzo tutto solo, Lucius gli lanciò una lunga occhiata inquisitoria come a voler individuare in lui dei cambiamenti o una grossa “L” che stava per Loser. Tuttavia non vide nulla di tutto ciò, Blaise sembrava lo stesso di sempre e quando li vide si avvicinò con un sorriso gioviale.

Bella fissò la sua cravatta giallo nera con evidente disgusto: -Tassorosso… non posso crederci-.

–Neanch’io…- disse Rodolphus -Credete che il Cappello avesse bevuto un po’ di whisky incendiario ieri sera?-.

-Può darsi- convenne Lucius –Forse è vecchio: dovrebbero mandarlo in pensione. Tu non sei un Tassorosso, Blaise-.

Il moro scrollò le spalle, indifferente. –Per me una Casa vale l’altra. In ogni caso non sono stato l’unica sorpresa della serata. Che mi dici di tuo cugino, Bella? Grifondoro… a sua madre verrà un colpo-.

-Non quanto alla tua- ribatté la ragazza –Grifondoro è pur sempre meglio di Tassorosso. E comunque me lo aspettavo: Sirius è sempre stata una delusione e ora quella Casa rovinerà ancor di più il so carattere-.  

-Sei sempre così negativa.- disse Blaise –Pensi che anch’io mi rovinerò?-.

-Bene non ti farà- dichiarò la mora.

-Cerca di stare il più lontano possibile dai tuoi compagni- gli consigliò Lucius. Voleva bene a Blaise, come ad un fratello, non avrebbe sopportato di perderlo o di vederlo cambiare: Zabini era perfetto così com’era.

Il moro dagli occhi azzurri scoppiò a ridere: -Sarà difficile considerando, che mangiamo, dormiamo, abitiamo e frequentiamo le lezioni insieme- poi, rivolto a Bella, aggiunse –Ho conosciuto tua cugina, sai. Sapevi che era una Metaphormagus?-.

-Io non ho cugine- sibilò Bella. –Solo cugini: Sirius e Regulus-.

-Come vuoi.- disse Blaise: se a Bellatrix piaceva ignorare la realtà non sarebbe stato lui a risvegliarla dai suoi sogni ad occhi aperti.

-I vostri compagni come sono?- chiese cambiando argomento.

-Beh, ci sono due completi imbecilli…- cominciò Bellatrix.

-Non sottovalutarli- intervenne Lucius. –Goyle è un demente, ma credo Vincent possa rivelarsi più astuto di quel che sembra-.

-Se lo dici tu… Poi abbiamo il figlio di Eileen Prince-.

-Chi?- chiese Blaise.

-Ma come non ti ricordi? Eppure tu adori i pettegolezzi.- disse Rodolphus –Eileen Prince, la strega Purosangue che ha sposato un Babbano-.

-Spiacente, non mi dice nulla. Qualcun altro?-.

-Beh, Bellatrix si è presa una cotta per un ragazzo.- fece Lucius ghignando.

-Uh uh uh, Bella, non perdi tempo. Chi è il fortunato?- chiese il Tassorosso malizioso, mentre Rodolphus s’incupiva.

-Nessuno!- ribatté Bella stizzita –Solo… è un tipo interessante-.

In quell’istante suonò la campanella che indicava l’inizio delle lezioni pomeridiane e Blaise si separò dal gruppo per dirigersi verso le serre.

A prescindere da ciò che dicevano i suoi amici, Blaise non era infelice di essere stato Smistato alla Casa giallo nera, o almeno non troppo. Perdenti, sottomessi, vittime, mediocri, senza spina dorsale, straccioni… gli insulti che aveva sentito rivolgere ai membri di quella Casa erano molti. Del tutto privi di carisma e fin troppo onesti, i tassi non godevano di molta stima.

Quando da piccolo si chiedeva in che Casa sarebbe stato Smistato s’immaginava sempre a Serpeverde, o al limite, a Grifondoro o Corvonero. Mai a Tassorosso. Eppure lui aveva amato suo padre, un Tassorosso, più di quanto amasse la madre, una Serpeverde. Suo padre era colui che passava giornate intere con lui in campagna, che gli aveva insegnato a nuotare, che lo aveva portato a vedere il suo primo spettacolo teatrale e che gli raccontava fiabe della buona notte prima di andare a dormire. Aveva cinque anni quand’era morto. Per morforite, una malattia magica, avevano detto i Guaritori, ma Blaise tre anni dopo aveva scoperto la verità. Suo padre era stato avvelenato da sua madre. Forse i Tassorosso erano stupidi e sempliciotti, ma non era meglio essere troppo buoni piuttosto che troppo crudeli?

-Blaise!- gridò una ragazza dietro di lui, Zabini si voltò e vide una ragazza con strambi capelli rosa che gli correva dietro.

-Ciao Ninfadora- si limitò a dire il ragazzo.

-Non chiamarmi così!- lo rimproverò la ragazza raggiungendolo.

-Fino a prova contraria è il tuo nome.- disse Blaise.

-Ma lo odio! Ninfadora… chissà cos’è passato nella mente di mia madre quando mi ha affibbiato quello stupidissimo nome! Voglio che tu mi chiami per cognome-.

-Spiacente non lo farò solo perché me lo chiede una ragazza piagnucolona-.

Dora sbuffò e i suoi capelli si scurirono.

-Certo che sei antipatico forte!-.

Blaise trattene a stento un sorriso: era così facile prendere in giro i Tassorosso. Come faceva Dora a non capire che più si arrabbiava, più lui si divertiva a prenderla in giro? La sera prima aveva detto ad una ragazza giallo nera che aveva urgentemente bisogno di una dieta e lei non aveva ribattuto, non lo aveva insultato e non aveva cercato di picchiarlo o ignorato. No, era scoppiata a piangere. Blaise quasi non credeva ai suoi occhi, neanche avesse avuto due anni. Dora sosteneva che era stato crudele e in tutta onestà il moro aveva dovuto ammettere che forse aveva peccato d’insensibilità dicendole: “Ehi, scrofa! Non toccare quella fetta di torta! Te ne sei già mangiate cinque e non mi sembra che tu abbia bisogno d’ingrassare: sei ricoperta di lardo, ancora un po’ e i vestiti ti si scoppieranno addosso”, Sì, forse aveva un po’ esagerato, ma lei si stava prendendo l’ultima fetta di zuppa inglese!

Immerso com’era nei suoi pensieri quasi non si accorse di Sirius Black, che lo chiamava a gran voce. Il Grifondoro alla fine raggiunse il Tassorosso e lo salutò. Blaise gli rivolse un sorriso sincero. Bella poteva dire quello che voleva, ma a lui il maggiore dei suoi cugini era simpatico. Certo era molto avventato e non rifletteva quasi mai prima di agire, ma nessuno era perfetto, giusto? Persino Blaise doveva ammettere di non essere privo di difetti, per quanto essi fossero molto pochi e insignificanti.

Accanto al giovane c’erano un ragazzino talmente esile che Blaise si ritrovò a chiedersi se a casa sua gli davano da mangiare e un altro, più alto, dai lunghi capelli rossi.

-Sirius, questa è l’altra tua cugina- li presentò il Tassorosso divertito.

Ninfadora e Sirius si squadrarono da capo a piedi, come a cercare somiglianze che però mancavano. Dora aveva preso da suo padre, mentre Sirius, almeno fisicamente, era un vero Black. La signora Tonks non aveva contatti con i membri della sua famiglia da quando aveva sposato un Nato Babbano, tale Ted Tonks, di conseguenza i giovani Dora e Sirius non si erano mai incontrati, né erano mai stati ansiosi di farlo, tuttavia s’intesero a meraviglia e alla fine della lezione di Erbologia il giovane Black aveva assegnato a Dora la carica di ‘Cugina Preferita’. Blaise aveva commentato, smorzando l’entusiasmo di Dora, che non aveva poi molta concorrenza.

La lezione era stata abbastanza divertente, avevano passato il tempo a rinvasare pianticelle e arbusti dall’aspetto strano mentre la professoressa ne elencava le qualità. Neville pareva avere una dote naturale per quella materia e ricevette cinque punti per la sua abilità. Blaise, invece, aveva dichiarato di odiare Erbologia e l’espressione disgustata che aveva in viso quando si erano dovuti infilare i grembiuli e quando aveva notato lo stato in cui erano ridotte le unghie di Pomona Sprite, era stata comica. Eppure anche lui era molto bravo: aveva portato a termine tutti compiti con maestria e rapidità e la docente aveva assegnato cinque punti anche alla Casa giallo nera. Sia Neville che Blaise parevano avere quella materia nel sangue.

***

-Quindi non conosci l’identità dei tuoi genitori- disse Severus.

-Esatto- rispose Tom.

Erano le nove di sera e i due si trovavano in Sala Comune, dove si erano accaparrati due delle poltrone vicine al camino. Il pomeriggio era trascorso tranquillamente. Dopo la sua prima lezione d’Incantesimi, Sev si era incontrato con Harry in Sala d’Ingresso dopodichè si erano diretti insieme in biblioteca dove avevano portato a termine i rispettivi compiti.

Il Serpeverde si era sentito un po’ a disagio all’inizio. Non sapeva i perché, ma vedere Harry circondato dai suoi nuovi amici lo aveva infastidito. E parecchio.

Dalla Sala aveva osservato il gruppetto, formato da quattro Grifondoro e due Tassorosso, dirigersi verso il castello ridendo e scherzando. A un certo punto il cugino di Bellatrix aveva circondato con un braccio spalle di Harry e gli aveva scompigliato i capelli.

Fino a quel momento quello era stato un gesto esclusivo di Sev.

Fino a quel momento Sev era stato l’unico con cui Harry assumeva quell’espressione serena e felice.

Il Serpeverde era stato invaso dalla paura, la paura di perderlo, e, come reazione a essa, aveva assunto un atteggiamento scorbutico e si era lasciato coinvolgere da Black in una scaramuccia infantile, comportamento molto poco Serpeverde. Harry però, come sempre, aveva intuito i reali sentimenti che il suo atteggiamento volevano dissimulare e pur non comprendendo la motivazione del suo disagio, era riuscito a farlo rilassare. Nessuno lo conosceva bene come Harry, nessuno riusciva a vedere oltre la sua maschera d’indifferenza bene come Harry.

Dopo la sessione di studio in biblioteca erano scesi in Sala Grande. Severus si era seduto affianco a Tom e aveva avuto modo d’osservare come l’atteggiamento dei compagni nei suoi confronti fosse mutato: Bellatrix non aveva abbandonato il suo modo di fare altezzoso, ma non gli lanciava più sfrecciatine velenose in continuazione com’era successo a pranzo; Lucius lo aveva ignorato, ma non era più apertamente ostile; Rodolphus era stato abbastanza gentile.

Sev era dell’opinione che il merito andasse attribuito a Tom Riddle. Quel ragazzo aveva un enorme influenza su tutti: in una sola giornata si era guadagnato il rispetto dei suoi compagni e, siccome pareva che Sev fosse entrato nelle sue grazie, questo rispetto era stato esteso anche a lui.

Al concludersi della cena i due erano scesi in Sala Comune e avevano discusso delle loro famiglie di provenienza o meglio, Sev gli aveva raccontato della sua famiglia, Tom gli aveva detto ciò che non sapeva sulla sua famiglia.

-Beh, credo tu sia Mezzosangue*. Voglio dire tua madre dev’essere stata una Babbana: le streghe non muoiono di parto-.

-Sì, è la stessa conclusione a cui sono giunto io-.

A Tom piaceva Severus Snape. Era un ragazzo intelligente, maturo e riflessivo. Da quel che gli aveva raccontato, l’orfano aveva compreso che aveva avuto un infanzia difficile e, proprio come lui, era privo di un qualcosa degno di essere definito famiglia. Snape gli aveva parlato anche di Harry e di quanto fossero orribili i Babbani da cui era stato allevato. Tom cominciava a comprendere perché avesse avvertito un legame con quel ragazzo:avevano tutti e tre qualcosa in comune: ognuno di loro era abbandonato a sé stesso.

-Dovresti parlare con mio zio.- gli disse Snape –Conosce quasi tutte le famiglie Purosangue inglesi e potresti anche cercare in biblioteca: nel reparto di storia vi è un intero settore dedicato alle genealogie magiche-.

-Ci avevo già pensato.- dichiarò Tom –Vorrei cercare anche in Sala Trofei: se mio padre, o un altro Riddle, ha frequentato Hogwarts forse troverò qualche traccia-.

-E’ una buona.- convenne Sev –Se vuoi una mano…-

-No,- lo interrupe Tom –preferisco fare da solo-.

Severus era interdetto. Aveva cominciato a credere che lui e Riddle stessero diventando amici, ma con quelle parole l’orfano aveva eretto una barriera invisibile tra loro e un’amicizia non poteva nascere quando ci sono muri di mezzo.

-Sai,- commentò il mezzo Prince –queste tue parole potrebbero essere interpretate come un velato insulto-.

-Non era mia intenzione.- chiarì Tom –E’ solo che sono abituato ad agire da solo e poi un forte spirito d’indipendenza è una caratteristica Serpeverde-.

-Come vuoi,- disse Sev –ma se dovessi cambiare idea la mia proposta è sempre valida-.

“Non succederà” penso il ragazzo dagli occhi color ametista.

***

Albus era sostanzialmente un pacifista. Nei limiti del possibile, cercava sempre di porre fine ad un litigio tramite una pacata conversazione. Ci riusciva grazie alla sua mente geniale che gli permetteva di rimanere emotivamente distaccato dalle dispute, anche se esse lo riguardavano da vicino. Suo fratello Aberforth  lo accusava di essere freddo e menefreghista, rifiutandosi di comprendere che solo così si poteva fare l’analisi oggettiva di un problema e, di conseguenza, risolverlo. Il minore dei Dumbledore affermava che la rabbia e l’emotività erano parti indissolubili dell’essere umano e che ne erano immuni, o fingevano di esserlo, solo i superbi arroganti che volevano atteggiarsi a dei.

Sirius doveva esser della stessa opinione di Aberforth, visto la velocità con cui s’infiammava.

“E questo conferma la mia tesi.” pensò il figlio del Ministro “Se Sirius non si lasciasse coinvolgere a un livello tanto profondo dalle cose, avrebbe la lucidità mentale necessaria per capire che insultare Snape, davanti a Harry, non lo porterà da nessuna parte”.

-Ti rendi conto che mi ha dato del cane pulcioso?- chiese Sirius rivolto a Harry, situato in piedi, di fronte alla sedia in cui si trovava Al.

Era sera inoltrata e i tre si trovavano nella loro Sala Comune.

-Non avrebbe dovuto,- ammise Harry –ma anche tu hai esagerato: non avresti dovuto chiamarlo Snivellus*1 e chiedergli quand’era stata l’ultima volta che si era fatto uno shampoo-.

-E’ una domanda legittima considerata lo stato dei suoi capelli-.

-Non tutti possono essere belli come te-.

-Non è questo il punto. So che non tutti possono essere belli come me-.

Sia Albus che Harry sorrisero, divertiti dalla vanità del moro Purosangue.

L’erede dei Potter si sedette e pregò affinché la discussione fosse terminata. E’ superfluo specificare che la sua preghiera non fu esaudita: raramente le preghiere del figlio della Salvatrice lo erano.

-Il punto - continuò –è che il tuo carissimo Sev è una viscida serpe e tu dovresti stargli alla larga-.

Harry assottigliò gli occhi e lanciò a Sirius uno sguardo talmente minaccioso da farlo indietreggiare di qualche passo.

-Non osare.- sibilò –Sev è come un fratello per me, è tutta la mia famiglia e non permetto a nessuno di parlare male di lui, chiaro?-.

-Sì, signore- fece Albus mettendosi sull’attenti.

Col suo intervento riuscì a far scoppiare ridere i due amici e a placare i loro animi.

-Harry,- disse –non ci possono piacere tutti, non puoi pretendere che Snape sia simpatico a Sirius a tutti i costi. E tu, Sirius, il fatto che qualcuno non susciti la tua simpatia, non ti esime dal comportarti educatamente nei suoi confronti-.

-E’ stato lui a cominciare!- replicò Sirius. –E non capisco perché voi due non siate arrabbiati. Mi ha detto che sono un idiota tutto muscoli e niente cervello-.

-Vero,- convenne Al –ma solo dopo che tu hai insultato la sua Casa d’appartenenza. Le persone quando sono arrabbiate tendono a dire cose che non pensano-.

Sirius in risposta si limitò a sedersi, ma non abbandonò l’espressione irata del suo viso.

-Io voglio molto bene a Sev- intervenne Harry – e l’unica cosa che ti chiedo è di non insultarlo e non attaccare briga con lui-.

-Ci proverò- promise il Purosangue senza sbilanciarsi.

-Grazie- disse il Mezzosangue e sorrise.

“Ha un bel sorriso:” pensò Al “sincero, luminoso, e va dritto al cuore. Occorre essere di pietra per rimanere indifferenti”.    

 

 

 

*In questa fanfic distinguerò tra Mezzosangue inteso come figlio di un Mago e di un Babbano o con un genitore Purosangue e un altro Mezzosangue (versione inglese Halfblood) e Mezzosangue inteso come Nato Babbano (versione inglese Mudblood). Questi ultimi li definirò Sanguesporco.

*1 Snivellus=Mocciosus  

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Capitolo 9
*** Volo ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:

DiraReal: Non sai quanto sono felice che la mia fic ti piaccia, è bello ricevere recensioni positive dall'autrice di una delle tue fic preferite. Tom e Severus sono due dei miei personaggi preferiti e giocherò molto sul loro rapporto, credo che il loro carattere sia molto simile per certi versi. Anch'io spero di non scendere di qualità, anche perché mi sono appena resa conto di quanto diventerà lunga questa fic, ma ti prometto che m'impegnerò al massimo e tu, per favore, se vedi qualcosa che non va o che non ti convince dimmelo subito. In quanto allo spoilerino beh, saranno quasi tutte yaoi (più che altro perché tutti i miei personaggi principali sono maschi) Tom/Harry senza dubbio, poi Gellert/Albus e credo Sirius/Remus, c'è ne sarà un'altra importante, ma quella rimarrà segreta fino all'ultimo. Grazie ancora per il commento, ci vediamo al prossimo cap (tuo o mio)!

Sssweety: Ciao! Grazie mille per la recensione sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto. Harry e Tom sono anche i miei personaggi preferiti e sono felice che ti piaccia Albus, lui è un altro personaggio abbastanza complesso da descrivere. Oh, mi divertirò un mondo a descrivere Blaise a Tassorosso. Sono stata molto indecisa prima di prendere questa decisione. Desideravo mettere almeno un personaggio di uno certo spessore in ogni Casa, il problema era che non trovavo nessuno che andasse bene per la Casa giallo nera. Stavo per scegliere Dora quando ho avuto l'illuminazione: e se facessi in modo che Blaise sceglieese Tassorosso? Dopotutto anche lo Smistamento di Harry si è basato su una scelta. Ed ecco il risultato. Addiritura un Dio? Pensavo a più a un principe, ma insomma... Oh, sì Harry mwrita tutta la tua pietà: la sua storia d'amore con Tom non sarà affatto facile. Il loro rapporto sarà un alternarsi di alti, bassi e poi di nuovo alti e non solo a causa di Bella. Fammi sapere cosa pensi di questo cap! Baci 

Capitolo IX

Volo

Forse i manici di scopa, come i cavalli, lo sentivano quando avevi paura, pensò Harry; c’era stato un tremito, nella voce di Neville, che aveva tradito il suo desiderio di rimanere con i piedi piantati in terra.

(da Harry Potter e la Pietra Filosofale)

Harry amava Hogwarts.

Frequentava la scuola da neanche due settimane e già si sentiva come se fosse casa sua. Tuttavia non avrebbe saputo dire se fosse merito di Al e  Sirius, con cui era diventato inseparabile, dell’accogliente dormitorio o delle lezioni.

I suoi corsi preferiti erano Difesa contro le Arti Oscure e Trasfigurazione. Quest’ultima era terribilmente complicata, ma risultare uno dei migliori nella prima lezione gli aveva dato un enorme soddisfazione. Lui, Al, Sirius e Hermione Granger erano stati gli unici a riuscire ad apportare modifiche negli stuzzicadenti che avrebbero dovuto diventare aghi. Quelli di Sirius e Hermione erano diventati d’argento, mentre a quelli di Albus e Harry mancava solo il buco per poter completare la trasformazione. La professoressa li aveva premiati con dieci punti ciascuno e uno dei suoi rari sorrisi. Harry aveva la netta sensazione che lui e Al fossero diventati due dei suoi allievi preferiti.

La lezione di Difesa era stata mitica. All’inizio Harry era abbastanza prevenuto perché la cattedra era stata assegnata a una strega italiana nipote di Era Redbird, la professoressa Esme Redbird, ma si era subito ricreduto. La Redbird era fantastica. Non c’era da stupirsi se tutti gli studenti l’adorassero e Harry aveva scoperto che alcuni di loro avevano fondato un suo fan club.

A Harry piaceva molto anche Incantesimi, tenuto dal piccolo professor Vitious, e Erbologia era abbastanza divertente, quando non inciampavi nella liana di una pianta velenosa e rimanevi il resto della giornata chiuso in Infermeria, com’era capitato a Lavanda Brown. Storia della Magia, invece, era tremendamente noiosa e aveva qualche difficoltà a rimanere sveglio durante Astronomia.

Un’altra materia in cui aveva delle difficoltà era Pozioni. Non che fosse proprio negato (come Neville che alla prima lezione, non si sapeva come, aveva fuso il suo paiolo), ma era privo dell’attitudine di cui aveva dato mostra in altre materie e che altri studenti (Sev, Al, Tom) dimostravano. Prince aveva commentato, funereo, che il sangue di suo padre, negato anch’egli per la materia, doveva aver avuto la meglio su quello della madre, abile e famosa pozionista. In ogni caso anche quella materia aveva dei lati positivi: vedere Bellatrix Black  con i capelli verdi e sparati in aria a causa di un esplosione del paiolo di Goyle era stato impagabile.

L’unica nota stonata della sua nuova vita era la lontananza con Sev. Sembrava che stare in due Case diverse volesse dire vivere in due universi differenti.

Riuscivano a vedersi solo un’ora o due al pomeriggio, ma erano talmente pieni di compiti che li trascorrevano in biblioteca a studiare. Sev gli dava una mano in Pozioni e il Grifondoro aiutava l’amico in Trasfigurazione in cui aveva qualche difficoltà.

Harry non riusciva a capire se Severus andasse d’accordo o meno con i suoi compagni di Casa. Lo vedeva raramente in compagnia di uno di loro, ma ogni volta che l’erede dei Potter attaccava Black o Malfoy, il Serpeverde li difendeva a bacchetta tratta. Tuttavia il leone riteneva che fosse solo per solidarietà tra membri della stessa Casa, dopotutto lui faceva lo stesso quando Severus se ne usciva con commenti malevoli su Sirius.

I due, nonostante la predica che il figlio della Salvatrice aveva fatto a entrambi, continuavano a dare mostra di una profonda antipatia l’uno nei confronti dell’altro. Harry sospettava che il loro antagonismo fosse dovuto per lo più alla rivalità che divideva la Casa dei leoni da quella delle serpi da quando, più di mille anni fa, Salazar Serpeverde  aveva abbandonato la scuola dopo un litigio con Godric Grifondoro. Harry riteneva che la faccenda fosse molto stupida: come si faceva ad odiarsi per qualcosa accaduto prima che tu e tutte le persone che conosci fossero anche solo state concepite?

Eppure era così. Ogni volta che il moretto si faceva vedere in compagnia di Sev, sentiva un sacco di sguardi inquisitori su di sé, come se fosse inconcepibile che tra un Grifondoro e un Serpeverde potessero esserci legami d’amicizia.

Una volta ne aveva discusso con Albus e lui si era dimostrato d’accordo sulla stupidità di questi pregiudizi, tuttavia si era ben guardato dal rivelarli che, secondo lui, l’antipatia che Snape provava per Sirius non dipendeva dal fatto che quest’ultimo fosse un Grifondoro, ma piuttosto dal fatto che il Serpeverde si sentiva defraudato dal ruolo di suo migliore amico, in altre parole era geloso.

Per Sirius, invece, la questione era differente e su questo avevano convenuto entrambi. La sua antipatia verso i Serpeverde derivava dal fatto che tutta la sua famiglia lo fosse e, da quel che Harry e Al avevano potuto intuire (l’amico non ne parlava mai), non ci andava molto d’accordo. Harry non aveva difficoltà a crederlo, insomma se tutti i Black erano come sua cugina Bellatrix…

Al contrario di quest’ultima e di Albus, che ricevevano un gufo da casa quasi ogni giorno, a Sirius fino ad ora era stata consegnata una singola lettera. Harry non aveva idea su cosa ci fosse scritto sopra, ma considerando che il Purosangue l’aveva buttata nel caminetto e che era stato di cattivo umore per il resto della giornata, immaginava non fossero auguri di buon anno scolastico.

***

 

-Muoviti!- gli urlò dietro Harry.

-A cosa si deve tutta questa eccitazione?- gli chiese Severus.

Il Grifondoro gli rivolse un sorriso radioso, talmente luminoso da fare concorrenza al sole, o almeno questa era l’opinione di Sev.

-Desidero imparare a volare più di qualsiasi altra cosa al mondo- spiegò Harry.

Era il secondo giovedì dall’inizio della scuola e i ragazzi di Grifondoro e Serpeverde stavano per avere la loro prima lezione di Volo.

-Conosci il Quidditch?- gli chiese Sev, sperando che la risposta fosse negativa per poterglielo spiegare. Non ne capiva il motivo, ma ultimamente quando si trovava con Harry, era sempre posseduto dal desiderio di mettersi in mostra, di vantarsi delle sue capacità e delle sue conoscenze. Presumeva che ciò dipendesse dal fatto che in quelle settimane il tempo che aveva passato con l’amico era davvero esiguo. Lui era perennemente appiccicato a Sirius Black e Dumbledore. Sev non riusciva a capire cosa ci trovasse in loro e neanche perché quel maledetto Cappello l’avesse Smistato a Grifondoro, Harry era così palesemente un Serpeverde.

In ogni caso, fu deluso.

-So tutto sul Quidditch!- esclamò, infatti, Harry –Sai, la prima volta che ho incontrato Bellatrix Black è stato da Madama McClan e aveva nominato questo sport. Dopo quella conversazione, mi sono sentito talmente ignorante che al Ghirigoro ho comprato un libro che trattava l’argomento-.

Parlando erano arrivati al campo da Quidditch, dove già si trovavano i loro compagni di Casa, con al fianco un manico di scopa. Non ci sarebbe neanche bisogno di specificare che si erano posizionati gli uni al lato opposto degli altri. Harry si mise tra Al e Sirius mentre Severus prese posto affianco a Tom.

Quasi subito giunse Madama Bumb, una donna alta, dal fisico agile e scattante, che vantava un passato come Capocannoniere nelle Holidays Parkers.

-Siete qui- cominciò –per imparare l’Arte del Volo. Il corso durerà fino a marzo e alla conclusione, se supererte l’esame, vi verrà consegnato un brevetto senza il quale non vi sarà permesso entrare in una squadra di Quidditch e volare fuori dall’ambiente domestico.-

Severus si ritrovò a pensare, a quanto avrebbe preferito rimanere dentro al castello per leggere il nuovo libro di Pozioni che gli aveva regalato suo zio.

-Bene, la prima fase necessaria per il Volo è ottenere la fiducia del vostro manico di scopa.-

“Fiducia?” pensò Sev “E’ un pezzo di legno!”.

Harry, invece, pendeva dalle labbra della donna.

-Dovete dimostrargli che non avete paura, che non lo temete, che volete veramente volare.- dicendo questo lanciò un’occhiata torva a Neville che stava tremando come una foglia.

-Stendete il braccio che usate per la bacchetta sopra il manico e dite: ‘SU!’-

Un coro di ‘SU!’ aleggiò sul campo.

I manici di scopa di Harry, Bellatrix, Sirius, Malfoy e Tom si sollevarono immediatamente all’altezza giusta per essere impugnati, ma furono gli unici.

Quello di Lestrange arrivò a metà strada, quello di Albus si limitò a rotolare per terra  e quelli di Severus e Neville non si mossero.

-Riprovateci!- li incitò l’insegnante –Nessun tremore nella voce e metteteci desiderio: dovete volerlo!-

Ci vollero una ventina di tentativi affinché tutti ci riuscissero.

Dopo di che, Madama Bumb passò uno ad uno, per mostrare loro l’esatta posizione che dovevano avere le mani e le gambe, e disse: -Salite sopra i manici e quando fischierò datevi una leggera spinta. Restate in aria cinque minuti, poi rivolgete il manico verso il suolo e ritornate a terra. Fate il tutto lentamente, ricordate il controllo è fondamentale.-

Nonostante le parole dell’insegnante, Neville, per la paura di non riuscire a sollevarsi,

scalciò troppo forte e si sollevò a parecchi metri da terra.-

-Torna subito giù!- gli gridò Madama Bumb, ma era evidente che Neville aveva perso completamente il controllo della scopa visto che continuava a salire.

Harry neanche rifletté sulle sue azioni, agì d’istinto. Rivolse il manico verso l’alto e si sollevò fino a raggiungere la stessa altezza di Neville, sorridendo alla sensazione dell’aria che gli scorreva tra i capelli.

In cielo riprovava la stessa sensazione che aveva avvertito al Paiolo Magico, quella di un ‘bentornato a casa’. Volare era bello, era facile, era meraviglioso.

 Con la disinvoltura di chi non aveva fatto altro in tutta la sua vita, si diresse verso Neville. Una volta vicino, staccò la mano sinistra dal suo manico per metterla su quello del ragazzo in pericolo, bloccandolo. Poi si sollevò dalla sua scopa per andare a posizionarsi su quella del compagno. Neville, nel panico totale, lo abbracciò da dietro e si lasciò condurre a terra.

Harry fu accolto da applausi e pacche sulle spalle da parte dei suoi compagni e da un ‘esibizionista’ mormorato da Bellatrix Black. L’euforia che aveva pervaso il moretto, però, si spense appena vide l’espressione della Maestra di Volo: era livida.

-Mister Potter,- sibilò –che cosa credeva di fare? L’eroe?-

-Ma, Madama, ha solo aiutato Neville!- obbiettò Sirius.

-Non ho chiesto il suo parere, mister Black.-

-E’… è vero, madama, la colpa è mia.- balbettò Neville, ancora scosso.

-E neanche il suo, mister Paciock. Mister Potter mi segua. Voi altri rimanete qui. Se uno di voi osa anche solo toccare un manico, 50 punti in meno alla sua Casa e otterrà una punizione talmente lunga che arriverà al giorno del diploma senza averla ancora conclusa.-

Detto ciò si diresse al castello con Harry, mortificato, che arrancava nella sua scia.

Madama Bumb si diresse in Sala Insegnanti, dove si trovava la McGranitt, e cominciò a discutere animatamente con lei. Il moretto sperò che non intendessero togliere 50 punti a Grifondoro.

Dopo la conversazione, di cui Harry non riuscì a cogliere una sola parola, il maghetto venne prese in consegna dalla vicepreside che lo portò di fronte all’aula d’Incantesimi.

Aprì la porta e chiese: -Filius, mi presteresti Thomas per un attimo?-

Thomas? Chi era Thomas?

Dean Thomas era un ragazzo do origine africana di circa quindici anni, alto, muscoloso e, a giudicare dalla cravatta rosso oro, appartenente a Grifondoro.

-Seguitemi- ordinò la docente e li condusse nel suo studio.

Una volta dentro lì presentò. –Mister Potter, lui è il Capitano di Grifondoro, Dean Thomas. Dean, ti ho trovato un Cercatore.- disse con voce tremante per l’emozione.

***

-E così sei nella squadra- commentò Severus noncurante. Harry, invece, era entusiasta e non riusciva smetterla di parlare.

Si trovavano in biblioteca, all’interno una sala di lettura caduta in disuso e il Grifondoro ne aveva approfittato per raccontare al suo migliore amico l’eccitante novità. Novità, che però, era stata accolta dal Serpeverde con la più totale indifferenza.

Per un momento il Grifondoro avvertì la mancanza di Sirius, che stava organizzando una festa in suo onore, e di Albus, che aveva ascoltato per cinque volte il suo racconto fingendosi sempre interessato. Tuttavia se ne pentì subito. Sev era Sev, con i suoi pregi e difetti, e Harry gli voleva bene anche perché sembrava sempre impassibile, non amava gli sport e non si fingeva interessato a qualcosa che lo annoiava. La serpe non si preoccupava di non ferire i sentimenti altrui, non si sforzava di stare simpatico agli altri e diceva sempre le cose come stavano, ma a Harry queste sue qualità erano utili.

Non avendo mai avuto i genitori, o una figura adulta e autorevole che rispettava, aveva bisogno di qualcuno come lui che gli dicesse quando sbagliava senza usare mezzi termini.

Il Serpeverde non avrebbe potuto essere più diverso dal Grifondoro di così: Harry era impulsivo e spontaneo, Sev era calmo e riflessivo, Harry era trasparente, Sev impenetrabile, Harry era sensibile, generoso e cercava sempre di fare la cosa giusta anche discapito di sé stesso, a Sev importava solo del benessere suo e di un ristretto gruppo di persone. Erano opposti, ma non come l’olio e l’acqua, inconciliabili, più come la terra e l’acqua, che avevano bisogno l’uno dell’altro per essere completi.

Il neo Cercatore decise di cambiare argomento e stavano discutendo di un argomento accennato dalla Redbird durante una lezione di Difesa, qualcosa a proposito delle Maledizioni ad ampio raggio, quando Tom Riddle li raggiunse.

-Complimenti per la tua nomina- disse.

Harry non era molto sorpreso del fatto che il Serpeverde  fosse a conoscenza di un evento accaduto solo poche ore prima: Tom Riddle sapeva sempre tutto su tutto. Nel corso di sole due settimane  con la sua intelligenza, il suo fascino e la sua abilità si era conquistato l’attenzione, l’ammirazione e il rispetto di quasi tutta la scuola. Durante le lezioni aveva dato mostra di un talento senza pari, era impossibile coglierlo di sorpresa, non commetteva mai un errore e tutto in lui, a partire dal suo aspetto fisico per finire con la sua mente brillante, pareva perfetto.  Certo, le stesse cose si potevano dire anche di Albus, ma in qualche modo le doti di Al erano giustificate. Quest’ultimo era pur sempre il figlio del Ministro e che possedesse qualità straordinarie era ciò che tutti si aspettavano da lui. Era cresciuto in un ambiente stimolante e prima di entrare ad Hogwarts aveva avuto come precettori, ottimi Maestri il cui valore era riconosciuto a livello nazionale. Inoltre, per quanto fosse dotato di un ottimo carattere, Harry riteneva che il comportamento degli altri nei suoi confronti fosse influenzato, almeno in parte, dalla carica che ricopriva il padre. Tom Riddle, invece, era un emerito sconosciuto. Prima che entrasse ad Hogwarts nessuno si ricordava di aver mai sentito parlare di lui o di un qualsiasi altro Riddle, il che rendeva il fatto che ora tutti, all’interno della scuola, sapevano chi fosse, straordinario.

-A volte penso che tu sia onnisciente.- disse mentre il nuovo arrivato si sedeva -Come ti è arrivata la notizia? Credevo non fosse ancora uscita dalla Sala Comune della mia Casa-.

-Rita- spiegò Tom. –Non occorre essere onniscienti se hai dei buoni informatori-.

Il Grifondoro si lasciò sfuggire una smorfia: possibile che la Skeeter non avesse nulla di meglio da fare che impicciarsi di affari che non la riguardavano?

-Ma devi stare attento agli informatori, però.- commentò –Alcuni tendono a manipolare le notizie per i loro fini e la Skeeter è fra questi-.

-Lo so, ma a me non mentirebbe mai-.

Il Grifondoro neanche si chiese da dove derivasse tanta sicurezza: qualcosa nello sguardo o nel tono di voce del Serpeverde, gli fece intuire che le cose stavano così, punto.

-Ha detto- aggiunse Tom –che sei il giocatore di Grifondoro più giovane degli ultimi duecento anni, ne sarai orgoglioso-.

“Ecco un'altra differenza tra Tom e Sev” realizzò Harry.

Non era la prima volta che Riddle partecipava a una delle loro sessioni di studio in biblioteca. Il neo Cercatore, quindi, aveva avuto modo di osservarlo attentamente e notare che lui e il suo migliore amico avevano molto in comune, ma anche molto che li differenziava. Innanzitutto sembravano entrambi indossare una maschera che impediva agli altri di vedere com’erano veramente, ma mentre quella di Sev era fatta d’ironia pungente e indifferenza, quella di Tom conteneva gentilezza e modestia. Harry aveva la sensazione che ogni cosa in lui fosse artificiosa, come in quel momento, l’aveva visto compiere pochi gesti davvero spontanei.

Era un eccellente simulatore, senza alcun dubbio, ma Harry era sempre stato bravo a cogliere l’essenza di chi lo circondava ed era certo che si fosse complimentato solo per accattivarselo: la cosa lo faceva infuriare. Prima di tutto si sentiva sottovalutato (Tom lo considerava tanto stupido da lasciarsi incantare da certi mezzucci?) e poi moriva dalla voglia di toglierli quella maschera per vedere cosa ci fosse sotto, forse avrebbe trovato un bambino sofferente e bisognoso d’amore come lui e Sev. “O forse mi sto illudendo,” pensò Harry “forse troverei solo un emerito bastardo, degno compare di Bellatrix Black e Malfoy”.

-Non occorre che tu finga di complimentarti.- gli disse –Lo so che non ritieni il mio ingresso in squadra degno di nota-.

Tom lo fissò, sorpreso di essere stato smascherato, e poi sorrise, sorrise veramente: due fossette gli comparvero sulle guance e il suo sguardo si addolcì. Il figlio della Salvatrice non sapeva il perché, ma ogni volta che vedeva quel sorriso di una bellezza inumana, il suo cuore mancava un paio di battiti.

-Sei stato straordinario.- si complimentò sinceramente il Serpeverde. –Era la prima volta che salivi su un manico di scopa, vero? Però, mi chiedo se la professoressa McGranitt e il professor Lumacorno non siano stati un po’ parziali decidendo di concederti il permesso per entrare in squadra-.

-Che vuoi dire?- chiese Sev.

-Beh, i provini non si sono ancora svolti e per quanto tu sia dotato poteva esserci qualcuno più dotato e con più esperienza. Credo che la Direttrice della tua Casa e il preside si siano lasciati influenzare dalla fama di tuo padre-.

Harry aggrottò la fronte, perplesso. –Che c’entra mio padre?-.

-E’ stato Capitano e Cercatore della squadra di Quidditch di Grifondoro.- rispose Tom –Nella Sala Trofei c’è una sezione per i meriti sportivi, se ci vai, troverai le foto delle squadre vincitrici dei vari anni con sotto una targhetta col nome del Capitano: tuo padre è presente in sei foto e nelle ultime quattro il nome sulla targhetta è il suo. Ha anche ricevuto un riconoscimento speciale per essere stato ammesso a solo quindici anni in una squadra professionista-.

Harry sentì un moto d’ammirazione nei confronti del padre crescere dentro di lui. Dovette anche riconoscere che probabilmente Tom aveva ragione sulle cause del suo ingresso in squadra e che era un’ingiustizia nei confronti di tutti gli altri aspiranti, che non avrebbero neanche potuto sostenere un provino.

-Pensi che dovrei rifiutare l’offerta?- chiese Harry che cominciava a sentirsi in colpa. Una voce nella sua testa, molto simile a quella di Albus, gli faceva notare che non era onorevole ottenere vantaggi su gli altri studenti approfittando di una parentela.

 -Tu vuoi giocare?- gli chiese Tom semplicemente.

-Sì, quello che ha avuto per il Quidditch è stato amore a prima vista.- rispose Sev al posto del neo Cercatore, intuendo la sua lotta interiore.

-Allora, gioca.- dichiarò Tom –Non ti deve interessare perché ti hanno ammesso nella squadra, perché sei veramente bravo, devi solo dimostrarlo a tutti-.

Harry sorrise al bel Riddle, felice di aver discusso con lui del suo ingresso in squadra: il ragazzo era stato franco facendogli notare che, probabilmente la sua nomina era dovuta più ai meriti del padre che ai suoi, ma l’aveva anche spinto a dare il massimo per dimostrare a tutti che era il degno figlio di James Potter.

Quando a un quarto alle nove si diresse in Sala Comune per la festa a sorpresa che Sirius gli aveva preparato (a sorpresa per modo di dire), si chiese se il Cappello non avesse avuto ragione nell’affermare che si sarebbe stato molto bene a Serpeverde. Di sicuro stava molto bene con Tom Riddle.

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Capitolo 10
*** Dai compiti al Quidditch ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Nota: Le parole in corsivo sono in Serpentese.

Risposta alle recensioni:

DiraReal: Grazie per i complimenti e spero di non deluderti neanche con questo capitolo. Sono felice che ti piaccia Harry, vuol dire che sono riuscita a renderlo bene. Preparati a un bel po' di capitoli. Se non cambio idea lungo la strada dovrei parlare dei loro primi sei anni di scuola più un epilogo che parla del loro futuro.

DJKIKA:  Una nuova lettrice! Benvenuta! Sono felice che trovi la storia interessante e complimenti per aver notato il particolare delle bacchette gemelle! In effetti ci sarà un duello e accadrà qualcosa di singolare, ma non esattamente quello che è successo nel quarto libro. Baci e alla prossima!

Sssweety: Harry sta riscontrando parecchi successi, che la sua popolarità superi quella di Tom? Grazie mille per la recensione, mi piace leggere i tuoi commenti. Ah, in quanto alle maledizioni comincia pure colo voodoo.

Piccola Vero: Ciao! Grazie per i complimenti. Come vedi sono stata abbastanza veloce nell'aggiornare. Fammi sapere cosa pensi di questo cap!

Capitolo X

Dai compiti al Quidditch

-Hannah, lui è un Rettilofono. Tutti sanno che quello è un segno di Magia Oscura.

Hai mai sentito dire che un mago per bene parli ai serpenti?-.

(da Harry Potter e la Camera dei Segreti)

Harry sbuffò e guardo torvo la borsa di scuola che aveva appesa al collo. Erano le sette e mezza di sera e mentre i suoi compagni stavano cenando, lui aveva dovuto tornare in fretta dal campo di Quidditch (aveva un allenamento), trangugiare un pezzo di polpettone e ora si stava dirigendo in biblioteca per cercare del materiale per il tema di Storia della Magia che, teoricamente, avrebbe dovuto consegnare quella mattina.

Non è che non avesse voluto fare i compiti e che neanche si ricordava che Rüf li avesse assegnati. Passava la maggior parte delle ore di Storia in uno stato di trans, perdendosi più della metà dei discorsi del Maestro. Probabilmente Rüf aveva assegnato il tema mentre lui pensava al pranzo, o giocava all’impiccato, o chiacchierava, o leggeva Bolidi e Boccini, o… insomma le possibilità erano innumerevoli. Per fortuna Rüf non si era reso conto che era stato consegnato un tema in meno (molti sostenevano che il professore neanche si era reso conto di essere morto).

In ogni caso Harry, quella mattina, era convinto  che fosse solo questione di tempo prima che l’insegnante se ne accorgesse, poi Sirius gli aveva fatto notare che sarebbe bastato che avesse infilato il suo tema tra gli altri prima della fine della giornata e lui sapeva come fare. I professori tenevano i compiti in Sala Insegnanti e per scansare la punizione sarebbe stato sufficiente che i due fossero penetrati di nascosto nella Sala durante la notte. Harry si era rifiutato di conoscere i particolari su come il Purosangue avesse scoperto la parola d’ordine indispensabile per entrare, ma aveva intuito che in qualche modo centravano una ragazza Prefetto di Tassorosso, uno sgabuzzino delle scope e l’innegabile fascino dei Black.

In quel momento il figlio della Salvatrice stava combattendo contro la tentazione di fregarsene dei compiti, andare in Sala Comune e dormire qualche ora prima di Astronomia. Probabilmente avrebbe già ceduto, ma non desiderava far perdere punti a Grifondoro per una sciocchezza come quella.

Tutti, dalla professoressa McGranitt al fantasma Nick, erano ossessionati dal desiderio di vincere la Coppa delle Case. Serpeverde aveva vinto la Coppa per sette anni consecutivi e gli altri tre dormitori erano disposti a tutto pur d’interrompere questa serie di vittorie. Se avesse fatto perdere punti alla Casa rosso-oro per un compito non svolto la vicepreside lo avrebbe messo in punizione per una settimana.

Harry tornò a pensare al tema. Non è che odiasse Storia della Magia, ma il docente, per quanto erudito, era tremendamente noioso e il periodo che stavano studiando in quel momento era privo di avvenimenti interessanti. Fosse dipeso da lui avrebbero fatto avanti veloce fino al medioevo, un’era fondamentale per la storia magica. Risalivano al medioevo, molte delle più grandi scoperte della magia e molti dei più grandi maghi che la storia ricordasse. Merlino e Oz risalivano a quel periodo e… beh, anche la famosa Morgana, antenata di Priscilla Corvonero, soprannominata ‘la Fata’ per il suo rinomato fascino: era stata la più grande strega del suo secolo. Il suo contributo culturale era stato incalcolabile e il suo talento fuori ogni norma e tutti lo riconoscevano anche se era stata una Maga Oscura, ma d’altronde, come le aveva fatto notare Sev, allora la Magia Oscura era legale.

Nonostante fosse immerso nei suoi pensieri notò la presenza di Remus Lupin e della professoressa Redbird, su una scala alla sua destra. Quasi incosciamente si nascose diestro un gargoyle, celando la sua presenza. Che ci faceva il castano con la Redbird?

Remus Lupin era una matricola di Corvonero. Harry lo aveva conosciuto ad Astronomia che i Grifondoro seguivano con i membri della Casa blu-bronzo. Nonostante un gruppo di ragazzi, costretti ad abbandonare i loro letti caldi per dirigersi su una torre fredda e inospitale a osservare le stelle, non fosse dell’umore adatto per socilaizzare, Harry e Remus si erano piaciuti subito e, ogni tanto, s’incontravano per studiare, giocare a scacchi, fare passeggiate nel parco oppure andavano a trovare il guardiacaccia insieme.

Ora, però, Remus avrebbe dovuto essere in infermeria: Padma Patil gli aveva detto che quel giorno aveva saltato tutte le lezioni perché non si sentiva bene.

Se si fosse trattato di Sirius, Harry avrebbe desunto che avesse simulato un malore per saltare le lezioni e che la Redbird lo stesse sgridando, ma Remus era uno di quelli che (come Hermione, che era difficile vedere senza un libro in mano, e Albus) prendevano lo studio molto seriamente. Era improbabile che avesse voluto marinare i corsi.

A ben guardare forse stava costruendo un castello di carta. Probabilmente Remus si sentiva meglio ed era andato dalla Redbird a chiedere un chiarimento su una lezione.

Nonostante la logica di questo ragionamento quando il Grifondoro notò l’assenza del Corvonero al corso di Astronomia cominciò a chiedersi se il dolce e affabile Remus Lupin non nascondesse qualcosa.

***

-SVEGLIA!- esclamò Sirius, scostando energicamente le coperte del letto di Harry. Quest’ultimo si limitò a mugolare e a voltarsi dall’altra parte.

Erano due minuti buoni che il Purosangue cercava di convincere l’ultimo dei Potter a svegliarsi e, non essendo un tipo particolarmente paziente, per lui era già fin troppo. Con un movimento della bacchetta fece sollevare e avvicinare a sé la brocca dell’acqua che tenevano sul davanzale della finestra. La posizionò sopra il corpo dell’amico e poi gliela rovesciò addosso.

-AAAH!- urlò Harry e in un lampo si precipitò fuori dal letto che, grazie all’intervento di Sirius ora era gelido.

-MA SEI IMPAZZITO?!- urlò rabbrividendo.

Sirius osservò l’amico attentamente. In quel momento aveva un aspetto anche più tenero del solito. A causa della sua corporatura minuta e degli occhioni da cerbiatto, Harry aveva immediatamente ispirato in Sirius un istinto di protezione che non era consono al suo carattere. L’erede dei Black aveva capito presto che il ragazzo dagli splendidi occhi verdi era perfettamente in grado di difendersi da solo, anzi a volte faceva quasi paura, ma in quel momento, bagnato e tremante com’era, sembrava un gattino indifeso. Un gattino indifeso molto veloce a tirare fuori le unghie, certo. Il Cercatore tirò fuori la bacchetta e diede prova della sua abilità negli incantesimi di levitazione lanciando a Black tutti gli oggetti a portata.

Mezz’ora dopo i due scesero in Sala Comune dove Harry ricevette molte pacche sulle spalle, sorrisi e parole d’incoraggiamento. Con un groppo nello stomaco il Mezzosangue si ricordò che quel mattino avrebbe giocato la sua prima partita di Quidditch: Grifondoro contro Serpeverde.

-Nervoso?- gli chiese Fred Weasley, battitore di Grifondoro, a colazione.

La matricola si limitò ad annuire.

-Beh, è normale.- lo rassicurò il gemello George, altro battitore di Grifondoro –Tutti lo sono alla loro prima partita-.

-A te com’è andata?- chiese il moro rivolgendosi al più gentile e sensibile tra i gemelli Weasley. Certo, questo ammesso e non concesso, che ci fosse qualcuno di gentile tra i gemelli Satana e Lucifero.

Il battitore assunse un’espressione entusiasta.

-Alla grande!- esclamò. –Un quarto d’ora dopo l’inizio della partita ho colpito alla testa il Cercatore avversario, spedendolo in infermeria per il resto della giornata. Tra l’altro quella era anche la sua prima partita-.

Harry, pallido, replicò: -Credo che andrò a fare una passeggiata-, poi si alzò e uscì dalla Sala.

-E il premio per il Miglior Incoraggiamento va George Weasley!- dichiarò Fred.

George, sinceramente perplesso, chiese: -Ma che ho detto?-.

Nessuno gli rispose: se non riusciva a comprenderlo da solo, era veramente senza speranza.

Harry, intanto, si era diretto nelle cucine per fare colazione (lui e Sirius avevano scoperto l’ingresso la terza settimana di scuola) e mentre ne usciva, per dirigersi fuori e fare effettivamente una passeggiata,  si chiese perché non si era rifiutato di essere Smistato a Grifondoro. Avrebbe dovuto chiedere di essere mandato a Tassorosso, i membri di quella Casa erano tutti così gentili.

“Beh, quasi tutti.” rammentò a sé stesso quando incrociò Blaise Zabini per la strada. Harry era un po’ sorpreso di vederlo. Di solito, nei fine settimana, nessuno lo vedeva prima delle dieci, ma probabilmente a farlo alzare presto (proprio com’era accaduto per Sirius) era stato il pensiero della partita di Quidditch.

A due mesi dall’inizio della scuola nessuno aveva ancora capito perché mister Zabini fosse stato Smistato a Tassorosso. Blaise era carismatico, arrogante e vanitoso quasi quanto Malfoy, inoltre pareva che l’elevata considerazione che aveva di sé stesso gli impedisse di mescolarsi tra i suoi compagni di Casa. L’unica con cui andava d’accordo era Tonks, ma dopotutto come si faceva a litigare con quella ragazza? Va bene, era un po’ troppo invadente e chiacchierona, ma era molto simpatica e non si arrabbiava mai.

Nonostante i suoi modi altezzosi Blaise era soggetto di una vera e propria adorazione da parte dei suoi compagni: aveva chi gli faceva i compiti, chi ritirava i suoi vestiti in lavanderia e chi gli portava la colazione se nei week-end si svegliava tardi.

-Pronto a essere sconfitto?- chiese a mo’ di saluto Zabini.

-Non oggi e non a Quidditch- replicò Harry, mostrandosi molto più sicuro di quanto in realtà fosse.

-Quindi l’articolo su Hogwarts News non ti ha minimamente innervosito?-.

Hogwarts News era il giornalino di Hogwarts, la cui capo redattrice era Mafalda Prewett. Harry lo aveva letto una volta e aveva cercato di dimenticare tutto il suo contenuto: odiava i pettegolezzi. La settimana scorsa il giornale aveva pubblicato un articolo su una certa persona che approfittava della sua parentela con un due persone famose per ottenere i privilegi che voleva, firmato Rita Skeeter. Harry, dopo la chiacchierata con Tom,  se lo era aspettato e aveva ignorato sia le battutine velenose, sia quelli che gli parlavano dietro.

-Non leggo certa spazzatura!- dichiarò fieramente.

-Buon per te.- disse il Tassorosso con un sorriso mellifluo –Sai, Bella, ha scommesso dieci galeoni che cadrai dalla scopa-.

-Li perderà- disse il Cercatore, determinato.

Zabini gli sorrise di nuovo, questa volta sincero. –Buona fortuna,- augurò –io ho puntato sulla tua vittoria e non perdo mai una scommessa- dopo di che si allontanò, diretto in Sala Grande.

Harry cominciava a comprendere perché Blaise Zabini era stato Smistato a Tassorosso. Con le sue parole taglienti era riuscito ad incoraggiarlo: la bontà e l’astuzia non si escludono reciprocamente.

 

 

Tom Riddle quel giorno si era destato molto presto, considerando che era rimasto sveglio fino a tardi per leggere Nobiltà di Natura: Genealogia Magica.

E non aveva ottenuto niente! Non era riuscito a trovare un solo ‘Riddle’ in tutto il libro!

Fece un profondo respiro per calmarsi. Era frustrato. Da quando aveva parlato con Severus della sua famiglia, aveva trascorso quasi ogni momento libero a fare ricerche che, però, si erano concluse in un buco nell’acqua.

Era nato e cresciuto in un orfanotrofio babbano e tutto ciò che desiderava era scoprire come ci fosse arrivato: era chiedere troppo? Detestava non sapere. L’ignoranza lo faceva sentire inerme e indifeso, dopotutto come si faceva a difendersi da qualcosa che non conosci? Quella notte non aveva quasi chiuso occhio e appena il sole era sorto, era sgusciato fuori dal letto per farsi un giro nella Foresta.

Non era la prima volta che infrangeva le regole della scuola e s’inoltrava in quel luogo proibito. Quel bosco gli infondeva serenità, gli era familiare, come se avesse dovuto significare qualcosa per lui. La paura d’imbattersi in qualche creatura pericolosa o che fosse sbagliato infrangere le regole della scuola erano pensieri che neanche sfioravano la sua mente. Non c’era niente di sbagliato nel trasgredire a un regolamento finché qualcuno non ti scopriva. Non doveva essere l’unico a pensarla in quel modo perché Harry Potter si trovava a pochi metri da lui, seduto sotto un grande faggio. Tom si fermò e rimase ad osservarlo da un’angolazione che rendeva impossibile che il Grifondoro lo notasse.

Quel ragazzo lo incuriosiva ed era raro che qualcuno catturasse il suo interesse. Di solito si stufava subito delle persone. Erano tutti così prevedibili: c’era chi voleva il potere e faceva di tutto per ottenerlo; chi lo desiderava, ma sapeva di non essere in grado di ottenerlo perciò si limitava a leccare i piedi di chi lo aveva; e infine chi lo bramava, ma fingeva che gli fosse indifferente a causa di qualche ridicola idea sul bene e sul male.

All’inizio aveva inserito Harry Potter nell’ultima categoria, ma si era dovuto ricredere. Le gesta del Grifondoro parevano davvero essere disinteressate. Per esempio, passava molto del suo tempo a salvare quella nullità di Paciock dagli attacchi di Bellatrix che aveva promosso il ragazzo al ruolo di giocattolo preferito. Tuttavia, nonostante, ogni due per tre a Potter toccasse correre per aiutare l’imbranato Grifondoro, sembrava non volere nulla in cambio. Ora tutti volevano qualcosa in cambio, che si trattasse di semplice riconoscenza, di un favore e di far tacere la propria coscienza, nessuno faceva niente per niente.

-Non dovresti vagare da solo per terre sconosciute e se ti accadesse qualcosa?- chiese, decidendo di rivelare la propria presenza.

Il ragazzo si voltò e fissò Tom con quegli occhi verde smeraldo che avevano colpito il Serpeverde la prima volta che gli aveva visti. E ora che conosceva la sua storia lo colpivano ancor di più: come faceva qualcuno ad avere occhi tanto puri con l’infanzia che aveva avuto? Come aveva fatto Harry a rimanere incontaminato da tanta crudeltà?

Il Grifondoro rivolse al giovane Riddle un sorriso radioso.

-Ciao!-.

Se ci fosse stata Bellatrix al posto del moretto avrebbe risposto alla sua provocazione con malizia. Potter, invece, si limitava a manifestare la sua felicità nel vederlo.

Il Serpeverde si avvicinò e gli si sedette affianco. –Che ci fai tutto solo?-.

La sua non era una domanda di circostanza, era davvero sorpreso di vederlo solo. Mister Green era costantemente circondato da persone: attirava gli altri come un fiore faceva con le api.

-Non sono solo.- rispose il Cercatore enigmatico.

Il Serpeverde gli rivolse uno sguardo stralunato e l’ultimo dei Potter rise della sua perplessità.

 -Sono con lei- spiegò Harry.

Quando concluse la frase, un serpente decise di palesare la sua presenza, spuntò fuori da sotto la maglia di Harry e si attorcigliò attorno al suo collo.

-Lei?- ripeté Tom chiedendosi come facesse il Grifondoro ad essere certo del suo sesso.

-Sì, lei, umano- sibilò il serpente.

-Ha detto…- Harry si accinse a tradurre.

-Lo so cos’ha detto- lo interruppe Tom.

Il Cercatore sbatté gli occhi, sorpreso, ma poi sorrise.

-Continuo a dimenticarmi che sono in una scuola di magia e che le abilità, che prima consideravo strane, qui sono normali-.

-In realtà,- obbiettò il serpente –anche tra i maghi sono pochi quelli che comprendono la lingua della mia razza-.

Harry annuì. –Sì, neanche Sev riusciva a capirmi quando parlavo con i serpenti-.

-Era da tanto che non incontravo dei rettilofoni-.

-Dei cosa?- chiese il Grifondoro.

-Viene definito rettilofono chi è in grado parlare e  comprendere il Serpentese, la lingua dei rettili- gli spiegò Tom.

-Tu come ti chiami?- chiese il serpente rivolto a Tom.

-Tom Riddle-.

-Siete maghi Purosangue?-

-No, io sono Mezzosangue- disse Harry.

-E tu, Tom Riddle?-.

-Non lo so- rispose il verde-argento con voce atona.

Nonostante l’apparente indifferenza con cui erano state pronunciate quelle parole, Harry colse una nota di dolore nell’affermazione. Quindi, istintivamente, strinse la mano di Tom con la sua, e con tono sicuro disse: -Lo scoprirai-.

Tom fissò intensamente la mano del Grifondoro, senza desiderare di scostarla da sé. Il che era strano. Di solito evitava i contatti fisici, lo infastidivano, li considerava superflui, però il calore di quella mano era piacevole.

-Sapete,- disse la serpe –In Serpentese non si può mentire e un giuramento compiuto in questa lingua è vincolante per l’eternità-.

-Allora lo giuro- dichiarò Harry tranquillamente –Tu, Tom Riddle, scoprirai le tu origini-.

Tom alzò le sopracciglia, scettico. –E se così non fosse?-.

-Non mettere in dubbio le parole di un rettilofono!- esclamò Harry col tono di un padre che rimproverava il figlio.

Il serpente emise un suono che i due giovani interpretarono come una risata.

-Siete due umani singolari.- disse –Prendetemi con voi: sarò la vostra fedele compagna-.

Harry aggrottò le sopracciglia. –Beh, io un famiglio ce l’ho già, ma se ti vuole Tom…-.

Lasciò in sospeso la frase, permettendo al Serpeverde di prendere una decisione. Il ragazzo allungò un braccio in direzione del rettile, il quale si arrotolò subito attorno al suo braccio.

-Come ti chiami?- le chiese.

-Nagini- rispose l’animale.

-Bel nome- dichiarò Harry, alzandosi in piedi e lasciando la mano di Tom.

Quest’ultimo provò una strana sensazione quando la mano calda del Grifondoro lasciò la sua sempre fredda. Sarebbe passato molto tempo prima che riuscisse a darle un nome.

-Dove vai?- chiese.

-Alla partita di Quidditch. Sono anche in ritardo, Dean mi ammazzerà. Vedrai a vedermi?- .

Tom, quella mattina, non ne aveva avuto la minima intenzione. Aveva assistito a una amichevole tra Serpeverde la terza settimana di scuola e la cosa lo aveva annoiato. Non è che detestasse quello sport, ma proprio non capiva perché gli altri lo amassero così tanto e che ci fosse di divertente nello svolazzare qua e là inseguendo palle. Tuttavia non riuscì a dir di no allo sguardo speranzoso che gli lanciò l’altro, quindi annuì, dimenticandosi, come Harry d’altronde, che essendo un Serpeverde avrebbe dovuto tifare per la squadra avversaria.

Poi disse: -Harry, il fatto che siamo entrambi rettilofoni deve rimanere tra noi due, va bene?-.

Il figlio della Salvatrice spalancò gli occhi, sorpreso. –Perché?- chiese.

Tom si morse il labbro inferiore, indeciso. Doveva dirglielo?

Quando la professoressa McGranitt gli aveva consegnato la lettera d’ammissione a Hogwarts lui le aveva parlato di questa sua abilità e lei aveva cominciato a trattarlo come un appestato. In seguito Tom aveva scoperto che parlare e comprendere il Serpentese, la lingua maledetta, era universalmente considerato il sintomo di una naturale predisposizione alla Magia Oscura.

A lui non importava, considerava le Arti Oscure affascinanti, e poi essere un rettilofono lo aveva aiutato a conquistarsi il rispetto dei suoi compagni, ma Harry non era lui. Tanto per cominciare apparteneva a Grifondoro, una Casa dove non vigeva molta tolleranza per il Lato Oscuro (dopotutto era stato Godric Grifondoro a lottare affinché Arti Oscure venisse cancellata dal programma d’insegnamento della scuola inglese).

E poi Harry era, così… innocente. Odiava i pregiudizi ed era fiducioso nei confronti del suo prossimo. Se gli avesse confidato i suoi timori non gli avrebbe creduto, avrebbe diffuso la notizia per dimostrargli che sbagliava, e sarebbe rimasto ferito nel momento in cui avrebbe notato che il comportamento degli altri nei suoi confronti era mutato. Oddio, si stava veramente preoccupando per lui? Desiderava proteggerlo?

Provò del disgusto nei propri confronti, ma si limitò a dire: -Fidati, meno persone lo sanno, meglio è-.

Harry era ancora dubbioso, ma decise di fidarsi. In Serpentese non si poteva mentire, giusto?

-Va bene,- acconsentì e poi si allontanò, diretto al campo.

Quando sparì dalla vista, Tom avvertì uno strano senso di vuoto.

 

Sproloqui di una pazza (ovvero ecco cosa esce fuori quando non collego la bocca al cervello):

Sono già arrivata al decimo cap?! Quasi non ci credo! E ho raggiunto le quindici recensioni! URRAH! O.K. la parte iniziale di questo cap era già pronta (l'avevo preparato nel momento stesso in cui ho deciso di inserire Remus nella fic), ma sono piuttosto veloce, comunque. Spero solo di non essere scesa di qualità. Ringrazio tutti quella che stanno seguendo questa fic e chi la messa tra i preferiti, ma soprattutto chi ha recensito. I vostri commenti mi motivano, quindi è grazie a voi se sono stata tanto rapida. Baci!!!!

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Capitolo 11
*** Aria di Natale ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono (se così fosse vi posso assicurare che Harry non starebbe con Ginny) e non scrivo a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:   

Non ho tempo di rispondere come si deve, ma ringrazio DiraReal e Sssweety per le recensioni (vi giuro che al prossimo cap vi ringrazierò come si deve) e spero che mi direte cosa pensate anche di questo capitolo. Baci!

 

Capitolo XI

Aria di Natale

Sì, credo che Silente avesse indovinato.

Silente non mi ha mai apprezzato quanto gli altri.

(da Harry Potter e la Camera dei Segreti)

 

Sirius Black era furioso e questo non era mai un buon segno. Di solito quando Sirius Black era furioso qualcuno finiva in infermeria, alla Casa di Grifondoro veniva tolto qualche punto e il Purosangue si beccava una punizione.

L’ultima volta aveva ingaggiato un duello con Vincent Tiger, alla fine del quale il Serpeverde si era ritrovato senza capelli. Il Grifondoro ancora non capiva perché la professoressa McGranitt si fosse tanto arrabbiata visto che Madama Chips gleli aveva fatti ricrescere in un attimo.

-Non è questo il punto!- aveva urlato la donna. –Lei deve imparare a riflettere prima di agire, mister Black. Cosa aveva fatto di tanto grave mister Tiger?-.

-E’ nato.- aveva risposto Sirius sfacciatamente e lei lo aveva obbligato a pulire tutti i bagni maschili della scuola, senza magia.

Al momento l’oggetto della sua furia era la cugina Bellatrix. Beh, non lei in quanto persona, ma lei in quanto rappresentante della famiglia. Quel sabato mattina, a colazione, la ragazza si era diretta al tavolo di Grifondoro e gli aveva detto di abbandonare i suoi piani sul rimanere a Hogwarts per le vacanze natalizie perché, a Natale, i Black avrebbero tenuto il tradizionale Ballo del Ceppo e lui avrebbe dovuto essere presente.

Non voleva. Non voleva tornare a Grimmauld Place per le vacanze, non voleva rivedere i suoi genitori e il resto della famiglia, ma sapeva che se si fosse rifiutato di tornare in estate sua madre gliel’avrebbe fatta pagare amaramente.

 Istintivamente, si passò una mano sulla cicatrice che lady Black gli aveva inferto sull’avambraccio quando, a tre anni, aveva rotto, volando sulla sua scopa giocattolo, un preziosissimo vaso proveniente dalla Cina. Walburga Black non ci andava leggera con le punizioni.

Si stava dirigendo verso il campo da Quidditch, sperando di riuscire a sfogare la sua rabbia con un volo, quando intravide Severus Snape. Un’espressione esterrefatta si dipinse sul volto del Purosangue. Che ci faceva Snivellus al campo di Quidditch? Di sicuro non era andato lì per farsi un volo, non sapeva neanche volare: quante risate gli aveva fatto fare facendosi disarcionare dalla scopa durante il corso di Madama Bumb? In ogni caso era strano anche solo vederlo fuori dal castello. Quella sotto specie di pipistrello, da brava serpe qual’era, passava tutto il suo tempo libero rintanato nei sotterranei, il che accentuava la sua carnagione pallida da malato terminale.

Un ghigno malvagio comparve sul volto del giovane Black. Lui aveva bisogno di qualcuno su cui sfogarsi e Snape pareva essere spuntato fuori apposta. O.k., aveva promesso a Harry di lasciare in pace il suo amichetto, ma se il Serpeverde lo avesse attaccato per primo, lui avrebbe avuto il sacrosanto diritto di difendersi, giusto?

-Ehi, Snape!- esclamò richiamando la sua attenzione. –Che ci fai alla luce del sole? Credevo ci fossi allergico-.

Severus si voltò nella sua direzione con le labbra piegate in una smorfia di disgusto. Sapeva che non era una buona idea al campo: lui ci era andato per cercare Harry (quel ragazzo sprecava un’incredibile quantità di tempo in sella alla sua Nimbus 2000) e chi aveva trovato? Black. Della serie oltre il danno, la beffa.

-Cosa faccio e perché la faccio non sono in alcun modo affari tuoi.- disse.

Black si portò una mano sul cuore, fingendosi addolorato, e replicò: -Così mi ferisci! E io che mi preoccupavo per te-.

-Che vuoi, Black? Cerchi rogne?- chiese il Serpeverde già adirato. Il Purosangue lo stava prendendo in giro e lui odiava essere preso in giro.

-Ma che caratteraccio che abbiamo! Dovresti imparare a rilassarti un po’, mio piccolo Sev-.

Le ultime parole pronunciate dal Grifondoro fecero perdere l’autocontrollo a Severus: ‘mio piccolo Sev’ era il modo in cui lo chiamava sua madre e quel giorno Snape non era dell’umore adatto per sentire il nomignolo uscire dalle labbra dell’odiato Black.

Tirò fuori la bacchetta e lanciò al Grifondoro una fattura degna di un ragazzo del terzo anno. Sirius, tuttavia, grazie ai suoi ottimi riflessi riuscì a scansarla, dopo di ché si lanciò sul Serpeverde e gli tirò un pugno. Era stato Snape a cominciare lanciandogli fatture, Harry non avrebbe potuto rimproverargli nulla.

Il Serpeverde cercò di rispondere ai colpi di Sirius, ma con la sua gracile corporatura non aveva speranza di competere con i muscoli di Black. Le cose per il mezzo Prince si stavano facendo brutte quando una figura s’infilò tra loro e si prese un pugno del Grifondoro al posto suo. Appena il Purosangue si accorse dell’errore smise di tirare pugni e si allontanò, ma ormai era tardi, il danno era fatto. Un ragazzo castano dagli occhi color ambra giaceva davanti a lui: del sangue gli usciva dal naso, probabilmente deformato.

-Levati!- disse il Serpeverde, scostando bruscamente il ragazzo da sé e rialzandosi in piedi.

-Potresti essere più gentile.- lo rimproverò il Grifondoro. –Ti ha appena salvato il culo-.

-Non avevo bisogno del suo aiuto! Me la sarei cavata benissimo da solo!- ribatté il Mezzosangue adirato.

-Come no!- fece Sirius ironicamente.

-Se fosse stato un vero Duello e non uno scontro alla babbana, ti avrei battuto facilmente-.

-Che paura!- lo derise l’amante del Quidditch.

Severus fece per puntare nuovamente la bacchetta in direzione del rosso-oro, ma il ragazzo castano intervenne di nuovo, dicendo: -Piantatela. Non so perché stiate litigando, ma in questo modo non risolverete nulla-.

-Non c’è niente da risolvere, infatti.- sbottò Sev –E la prossima volta cerca di farti gli affaracci tuoi, tu!-. Detto questo, si voltò e si diresse verso il castello.

 Sirius lo osservò allontanarsi, poi rivolse le sue attenzioni al castano: il naso aveva un pessimo aspetto e doveva fargli parecchio male.

-Mi dispiace.- gli disse sinceramente.

-Tranquillo,- fece il castano –è stata colpa mia, sono stato io a mettermi in mezzo-.

Sirius rimase spiazzato da quella replica: si era aspettato dei rimproveri. A quelli avrebbe saputo come reagire, ma alla sua gentilezza immeritata no. Osservò attentamente il giovane e lo riconobbe: era Remus Lupin, un ragazzo del suo stesso anno di Corvonero.

-Uh... Lupin, giusto?- chiese.

Il Corvonero annuì.

-Ti accompagno in infermeria.- offrì il Purosangue –E se Madama Chips ti chiede come ti sei rotto il naso, dille pure la verità: non voglio che ti metti nei guai per colpa mia-.

Remus sorrise dolcemente.

-Sei gentile,- disse –ma le dirò che sono caduto dalle scale. Mi sentirei in colpa se finissi in punizione perché io sono incapace di farmi gli affari miei-.

Sei gentile. Nessuno aveva mai detto a Sirius Black che era gentile. Che era figo, brillante e pieno di talento sì, ma mai che era gentile. Il Purosangue non sapeva il perché, ma quel piccolo complimento fattogli da quel ragazzo dagli occhi color miele, gli riscaldò il cuore e sentì svanire la rabbia e la tristezza che lo avevano pervaso al pensiero di un altro Natale a casa Black.

 

Severus si diresse verso la sua Sala Comune più arrabbiato che mai. Quella giornata era iniziata male e non sembrava destinata a migliorare.

A colazione aveva ricevuto una lettera da parte della madre, in cui lei gli chiedeva se, per favore, fosse tornato a casa per le vacanze natalizie. Beh, il Serpeverde riteneva di essere già a casa: Hogwarts era diventata la sua nuova casa. Nel castello si sentiva più a suo agio ed era più felice di quanto non fosse mai successo a Little Whinging, però...

Gli mancava sua madre. Il suo sorriso, i suoi abbracci, il suo canticchiare stonato, i suoi baci, i suoi ‘mio piccolo Sev’.

Inoltre era preoccupato per lei. Quante volte si era messo in mezzo tra lei e Tobias per impedire al padre di farle del male? Innumerevoli e ora non c’era più nessuno a difenderla. Suo zio lo incitava a dimenticarsi di lei, affermando che sua madre aveva fatto una scelta e ora doveva conviverci. Severus era d’accordo con lui, tuttavia la sensazione di averla abbandonata continuava a persistere.

-Non sei stato tu ad abbandonarla.- gli diceva suo zio. –E’ lei che abbandonava te, ogni volta che permetteva a tuo padre di picchiarti, quando mi ha impedito di conoscerti e non dicendoti che sei un mago-. Aveva ragione, aveva maledettamente ragione e il risentimento che covava nei confronti della madre era ancora tutto lì, però...

Un paio di occhi verde smeraldo fecero capolino tra i suoi pensieri. Se Harry fosse stato in lui sarebbe tornato da Eileen ne era certo. In un certo senso il Grifondoro era la voce della sua coscienza ed era per questo che lo aveva cercato quel giorno, per parlargli della lettera della madre e permettere a Harry di convincerlo a fare la cosa giusta: tornare da sua madre, confortarla e difenderla dal padre. -Perché tua madre ti ama, Sev, lo sai.- gli avrebbe detto. –Non quanto ama Tobias, forse, ma ti ama-.

Arrivato alla Sala Comune, entrò, e per prima cosa vide Bellatrix e Rita, impegnate in una partita a Gobbiglie.

-Dov’eri?- chiese la mora bruscamente.

Sev la fissò, sorpreso: da quando la bella Black s’interessava a ciò che faceva?

-Tom ti stava cercando- continuò lei con tono irritato.

Oh, ecco, quindi il punto non era lui, ma il fatto che avesse fatto perdere a Tom, anche solo un briciolo del suo tempo.

-Cosa voleva?- chiese.

-Non ce l’ha detto- dichiarò Rita con tono affranto. Naturalmente. Tom Riddle non giustificava mai le sue azioni. -Ma pareva un po’ infastidito e ci a chiesto di comunicarti che ti aspetta in biblioteca-.

-Muoviti.- fece Bella con tono minaccioso. Come se Tom avesse bisogno di qualcuno che facesse valere i suoi diritti.

In ogni caso Severus le obbedì. Quando Tom Riddle cercava qualcuno, questo qualcuno si affrettava ad andare da lui.

***

Albus Dumbledore era considerato uno degli studenti migliori che la scuola avesse mai avuto. E per ottime ragioni. Era straordinariamente dotato e intelligente, di buon carattere, inoltre c’era qualcosa in lui che ispirava fiducia. Sirius sosteneva che era come se andasse in giro con su scritto sulla fronte: ‘Vomitatemi addosso i vostri problemi, con la mia immensa saggezza li risolverò’.

Non c’era una materia scolastica in cui non eccellesse e godeva del rispetto e dell’ammirazione di tutti gli insegnanti. Per questo, quando Teddeus Prince lo aveva selezionato per far parte della squadra che avrebbe partecipato ad una gara contro il collegio di Beauxbatons (riguardante il programma di Pozioni dei primi quattro anni), lui non era rimasto sorpreso, raramente rimaneva sorpreso.

L’idea della sfida lo entusiasmava. Non amava Pozioni quanto Trasfigurazione, ma il pensiero di confrontarsi con allievi di altre scuole (e probabilmente piú grandi) era eccitante. Il suo entusiasmo, tuttavia era un po’ scemato quando gli erano stati riferiti i nomi degli altri membri del gruppo, tra cui, naturalmente, vi era Tom Riddle.

Non sopportava quel ragazzo. Se qualcuno gli avesse chiesto perché gli stesse antipatico, non avrebbe saputo trovare una motivazione degna di questo nome, ma era così.

Tom Riddle era, apparentemente, perfetto. Brillante e dotato quanto Albus, se non di piú, il Sepeverde si era accattivato ogni insegnante della scuola e, col suo fascino, aveva ammorbidito pure quella vipera di Bellatrix Black. 

Tuttavia il rosso riteneva avesse qualcosa d’inquietante. Nessuno poteva essere tanto perfetto e delle persone che fingevano di esserlo si doveva diffidare perché solitamente quando si rivelavano per com’erano veramente non si aveva mai una bella sorpresa.

-Cominciamo senza di lui?- chiese Diana Dagworth-Granger (quarto anno, Corvonero, membro del Lumaclub). La ragazza si riferiva a Severus Snape che era in ritardo di un quarto d’ora.

-Fra cinque secondi è qui.- dichiarò Tom e, in effetti, cinque secondi dopo, Severus si era unito a loro, in una delle sale di studio della biblioteca, e si stava scusando per il ritardo.

-Come facevi a saperlo?- chiese, colpito, Cedric Diggory (quarto anno, Tassorosso, membro del Lumaclub e nominato da Prince loro capogruppo).

-Intuito.- disse Riddle con un sorriso.

Severus volse lo sguardo da l’uno all’altro, perplesso.

“Ha percepito la sua aura.” dedusse Albus “Ma come ha fatto? Severus c’è l’ha ridotta al minimo. Io non ho avvertito nulla”.

-In pratica come si svolgerà la gara?- chiese Diana, cambiando argomento.

-Beh, il professor Prince ha detto di preparare una ricerca, a livello pratico e teorico, su una pozione a nostra scelta.- rispose Cedric. –I nostri rivali di Beauxbatons faranno altrettanto e, a febbraio, noi  ci trasferiremo in Francia per un paio di settimane, dove i nostri lavori verrano giudicati da una commissione. I membri della squadra vincitrice saranno premiati e la loro relazione verrà pubblicata nella sezione Giovani Speranze della rivista Il Pozionista Pratico-.

-Febbraio?- ripeté Severus. –Non abbiamo molto tempo, circa un mese e mezzo. Hai già in mente una pozione in particolare?-.

Il Tassorosso annuì. –Stavo pensando di analizzare il fenomeno delle pozioni mutevoli, sapete, quelle il cui effetto cambia a secondo del tempo che intercorre tra la preparazione e l’assunzione, ma... – esitò e si morse il labbro inferiore.

-Ma le pozioni mutevoli sono programma di terzo e quarto anno. Quindi noi non vi saremo di alcuna utilità, giusto?- concluse Tom per lui con un sorriso sul volto.

-Uh... beh...- Cedric era titubante. –Non intendevo proprio questo-.

-Io, sì.- dichiarò Diana. –Sono evidenti le motivazioni che hanno spinto Prince a mettere in squadra il figlio del Ministro e il suo nipotino. E non hanno nulla a che fare con Pozioni-.

-E io?- chiese Tom, sottolineando la sua mancanza di famigliari influenti. –Perché sono in squadra, secondo te?-.

-Perché nessuno potesse accusarlo di fare favoritismi.- spiegò Diana. Non aggiunse le parole ‘figlio di nessuno’, ma quelle aleggiarono nell’aria. Tom, tuttavia, non sembrava minimamente offeso, anzi aveva l’aria di chi si stava divertendo.

“Diana Dagworth-Granger, alla fine della gara, rimpiangerà amaramente queste parole” profetizzò Severus. Il mezzo Prince cominciò a provare pena nei confronti della ragazza: poverina, non sapeva cosa l’attendeva.

-Piantala, Diana!- la redarguì Cedric. –Lei voleva dire- continuò –che prima di dividerci le mansioni dobbiamo avere un’idea chiara sulle vostre conoscenze in Pozioni-.

Dopo di ché cominciò un interrogatorio nel quale, tutte e tre le matricole dimostrarono che Prince non aveva fatto errori di valutazione. In ogni caso, la Corvonero non era ancora convinta: Pozioni era un’arte, imparare a memoria delle nozioni non era sufficiente per essere abili pozionisti.

Il loro incontro durò un paio d’ore. I ragazzi stilarono un programma del lavoro che avrebbero dovuto svolgere e si assegnarono dei compiti che avrebbero portato a termine durante le vacanze natalizie.

Alla fine della riunione i due ragazzi del quarto e il Grifondoro lasciarono la biblioteca mentre i Serpeverde rimasero e Tom chiese al compagno di Casa: -Come mai sei arrivato in ritardo? Spero non per un altro bisticcio con Black, state diventando patetici-.

Sev s’incupì. –Anche,- rispose. –ma il motivo principale è che ero soprapensiero. Non so se tornare o meno a casa per le vacanze-.

-Perché dovresti?- domandò l’orfano. –Pensavo fossi determinato a non tornare mai piú in quella casa. Tuo zio è disposto ad ospitarti anche per le vacanze estive, no?-.

Sev gli raccontò della lettera della madre e confessò che era preoccupato per lei.

-Tutto questo è ridicolo.- dichiarò Tom. –Sono i genitori a doversi prendere cura dei figli, non viceversa. E, in ogni caso, non le devi niente. Lei non ti ha mai protetto quando tuo padre ti picchiava e poteva. E’ una strega: un movimento della bacchetta e tuo padre non avrebbe potuto sfiorarti. Tua madre ha fatto le sue scelte, Severus, e ora ne deve affrontare le conseguenze-.

-Sono piú o meno le stesse cose che mi ha detto mio zio.- commentò Sev.

-Beh, ha ragione. Hai il diritto di vivere la tua vita senza sentire il dovere di prenderti cura di qualcuno che non vuole prendersi cura di sé stessa-.

Sev fece un profondo sospiro. –Harry, mi direbbe...-.

-Harry vuole che tu sia felice e con i tuoi genitori non lo sei- concluse Tom fermamente.

***

-Tocca a te, Al!- lo invitò Sirius, porgendogli una confezione di Gelatine Tuttigusti+1.

I due si trovavano, insieme a Harry e Hermione Granger, nella loro Sala Comune. Albus e Hermione giocavano a scacchi, mentre Harry e Sirius chiacchieravano spensierati e quanti si stavano divertendo a ingurgitare gelatine il cui gusto diventava sempre piú schifoso.

Il giovane Dumbledore ne prese una color ambra, speranzoso, e se la mise in bocca. Gli altri tre non dovettero aspettare molto per vedere un’espressione disgustata fiorire sul suo viso. 

-Lo sapevo!- esclamò il rosso. –Cerume!-.

I suoi amici scoppiarono a ridere.

-Certo, che sei proprio sfortunato.- disse Sirius prendendone una marrone. Dopo che l’ebbe messa in bocca, sorrise e dichiarò trionfante: -Cioccolato!-.

-Se non è un’ingiustizia, questa.- borbottò il piccolo genio mentre la torre di Hermione faceva a pezzi il suo alfiere.

-Come hai trascorso il pomeriggio, Harry?- chiese Sirius.

-Da Hagrid- rispose il Mezzosangue. –Abbiamo preso il the e poi lo aiutato a curare un ippogrifo ferito-.

-Non hai visto il tuo amichetto?- chiese il Purosangue con finto tono disinvolto.

-No- rispose Harry, lentamente. –Perché me lo chiedi? C’è forse qualcosa che dovrei sapere?- continuò, sospettoso.

-Assolutamente no!- negò l’erede dei Black. –Ero solo curioso-. Non è che avesse paura dell’amico, ma riteneva fosse meglio non farlo arrabbiare.

Sia Harry che Albus lanciarono al Purosangue uno sguardo inquisitorio: non credevano alle sue parole e a ragione.

-Spero tu non abbia di nuovo combinato qualche guaio- intervenne Hermione. –Non abbiamo bisogno di perdere punti per un’altra delle tue bravate-.

Sirius sbuffò. –Oh, avanti, siamo in cima alla classifica-.

-Alla pari con Serpeverde- specificò la castana. –E, comunque, non per merito tuo. Dobbiamo tutto a Harry, al suo triplo giro della morte e alla sua rovesciata bradipa-.

-Capovolta bradipa- la corresse il figlio della Salvatrice –ma grazie per il complimento-.

I due si riferivano alla prima partita di Quidditch della stagione, nella quale Grifondoro, grazie soprattutto all’eccellente prestazione del Cercatore, aveva inferto una sonora sconfitta a Sepeverde e guadagnato cinquanta punti per la sua Casa.

-Sicuro di non aver attaccato briga con Sev?- chiese Harry, nuovamente.

Sirius gli rivolse uno sguardo fintamente offeso. –Perché nessuno ha mai fiducia in me?-.

-Perché ti conosciamo.- risposero gli altri tre all’unisono e poi scoppiarono a ridere.

-Molto divertente- borbottò il Purosangue.

Finito il momento d’ilarità, Harry disse: -Albus ha visto Sev, oggi. Vi dovevate incontrare per preparare la gara di pozioni interscolastica, no?-.

-Oh, giusto,- si ricordò Sirius –il team di geni-.

A Hermione sfuggì una smorfia. Harry si chiese se fosse infastidito perché Prince non l’aveva inserita nel gruppo, nonostante avesse ottimi voti nella sua materia. Beh, anche in tutte le altre materie.

-Mmh- mormorò Al.

-Tutto qua?- chiese il giovane Black. –Di solito sei piú loquace-.

-E’ andato tutto bene.- disse il rosso –Abbiamo parlato di pozioni, pozioni e ancora pozioni. Non credo v’interessi, nessuno di voi è particolarmente appassionato alla materia-.

Harry aggrottò le sopracciglia: quando Albus era tanto vago, nascondeva qualcosa.

-Qualcosa è andato storto?- provò a chiedere. –Magari con gli altri membri del gruppo?-.

-No, sono tutti qualificati- rispose Al. –Il nostro capogruppo è Cedric Diggory di Tassorosso: è molto abile, ha organizzato il lavoro in un attimo-.

-Sai, questo si chiama cambiare grossolanamente argomento- osservò Sirius.

Albus sospirò. Aveva gli occhi di tutti e tre puntati addosso e sapeva, per esperienza personale, che non avrebbero mollato finché non avesse ingurgitato il Veritaserum: erano tutti e tre molto determinati.

-Non sono troppo felice di essere in squadra con Tom Riddle- confessò.

-Perché?- chiese Hermione. –E’ un ragazzo brillante, dotato e, al contrario di certa gente,- e qui lanciò uno sguardo molto eloquente a Sirius –non se ne vanta in continuazione-.

-Non c’è niente di male a vantarsi- disse Al, spezzando una freccia in favore del Purosangue. –Se sei bravo e sai di esserlo, fingere che così non sia è sintomo d’ipocrisia-.

-E credi che Tom sia un ipocrita?- chiese Harry con voce neutra.

Al lo fissò intensamente e, per la prima volta da quando lo conosceva, si accorse di non comprendere ciò che gli passava per la testa. Sapeva che il ragazzo andava abbastanza d’accordo con Riddle, ma non si era mai fatto un’idea chiara della sua opinione su di lui. Sperò che Harry si fosse accorto che il Serpeverde indossava una maschera, molto ben fatta e che gli stava a pennello, ma pur sempre una maschera.

-Quel ragazzo non mi piace- dichiarò. -E' inquietante-.

-Non sarà invidia la tua?- lo provocò Sirius, sapendo che l'amico non si sarebbe arrabbiato. Al non si arrabbiava mai.

-No- negò Albus sinceramente. -Davvero, ho una brutta sensazione su di lui-.

Hermione annuì. -In effetti, è fin troppo perfetto-. 

-Ed è un Serpeverde- aggiunse Sirius.

-Questo non vuol dire niente.- lo redarguì Al -Dovresti piantarla con questi pregiudizi. Sono usciti Maghi Oscuri anche da Grifondoro e Corvonero. L'unica Casa che può vantare di aver sfornato solo Maghi della Luce è Tassorosso-.

-Anche se Tom indossasse una maschera,- intervenne Harry -non ci sarebbe niente di male. Tutti lo facciamo. Non ditemi che voi siete sempre sinceri con tutti perché non ci credo-.

-Sì, hai ragione- convenne Albus dopo una breve pausa di silenzio. -Smettiamola di parlare degli assenti-.

Hermione prese le sue parole alla lettera e diede l'avvio ad una conversazione riguardante i loro progammi per Natale. Harry rimase un po' in disparte per tutto il tempo.

"Lui non ha mai avuto niente di tutto questo" rifletté Albus "Non ha mai avuto regali o qualcuno che gliene facesse".

-Preferirei rimanere ad Hogwarts.- dichiarò Sirius ad un certo punto. -Non ho voglia di mettermi un abito da cerimonia e volteggiare per una sala-.

-Oh, giusto! Il Ballo del Ceppo dei Black!- esclamò Al. -Mio padre riceve l'invito tutti gli anni, ma non è mai andato perché nella stessa serata si tiene il Ballo organizzato dal Ministero per i suoi dipendenti. Non riesce a capire perché continuino a invitarlo-.

-Lo fanno solo per una questione d'etichetta. Al Ballo dei Black vengono invitate le più potenti famiglie Purosangue inglesi, non possono non mandare un invito al Ministro.- gli spiegò Sirius. -In realta inorridirebbero se tuo padre accettasse. Non hanno una grande stima di lui, sai, la sua politica è troppo filobabbana. Inoltre, da quando ha assunto la carica, le leggi per la restrinzione della Magia Oscura sono aumentate-.

-Che lavoro fanno i tuoi genitori?- gli chiese Hermione.

-Mio padre si occupa di aumentare il patrimonio di famiglia con vari affari, legali e non. Mentre mia madre concentra tutte le sue energie nel tentativo di rovinare l'esistenza di chi le sta intorno, in particolare la mia-.

-Non può essere così orribile- dichiarò la castana.

Sirius le rivolse uno sguardo saputo. -Fidati, lo è. Ti basti sapere che adora Bella: la considera la figlia femmina che non ha mai avuto-.

-Ma ci dev'essere qualcuno a cui vuoi bene nella tua famiglia- insistette la ragazza.

-Beh, zio Alphard e un tipo a posto-.

-E tuo fratello?- chiese Harry -Tu hai un fratello, giusto?-.

-Io e Regulus è come se parlassimo due lingue diverse-.

-Non gli vuoi bene?- indagò l'ultimo dei Potter.

-Sì, resta sempre il mio fratellino, ma è un gran fifone e asseconda sempre i desideri di nostra madre-.

-Essere ubbidienti non è un crimine- obbiettò Hermione.

-Io ti capisco- dichiarò, invece, Al. -Anch'io voglio bene a mio fratello, ma riusciamo a mala pena a concordare su che tempo fa. Mi sento molto più a mio agio con voi che con Aberforth-.

Sentita l'ultima frase Hermione arrossì.

Il rosso diede un'occhiata alla scacchiera (stavano ancora giocando) e esclamò: -Scacco matto!-.

I suoi amici lo guardarono esterrefatti: quando la sua regina si era avvicinata così tanto al re di Hermione?

-Sei straordinario!- si complimentò la ragazza, battendo le mani. -Non perdi mai!-.

-Anche tu sei brava.- disse Al -Il tuo problema, e anche quello di Harry e Sirius, è che non sei disposta a fare sacrifici. Cerchi sempre di arrivare a fine partita col minor numero di perdite possibili e questo è controproducente. Ho lasciato che mi decimassi le pedine perché non m'importava di loro. Bisogna ignorare le loro suppliche, i loro piagnistei, e mirare all'obbiettivo-.

-Il fine giustifica i mezzi, quindi?- riassunse Harry.

Il rosso annuì.

-Molto Serpeverde da parte tua-.

-Può darsi, ma è vero. Infatti non perdo mai-.

 

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Capitolo 12
*** Il Ballo dei Black ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni

Pentesilea: Grazie mille, davvero, i tuoi complimenti mi fanno molto piacere. Credo che per un’autrice (o almeno per me) non ci sia niente di meglio di qualcuno che oltre ad apprezzare le tue idee, apprezzi anche il modo di scrivere. Per quanto riguarda i personaggi, in effetti, cerco di renderli più IC che posso, per quanto non sempre sia possibile, visto che una persona è il frutto dell’ambiente in cui è cresciuto e delle esperienze che ha vissuto. Tom, per esempio, non è Voldemort, ma non è neanche il Riddle sedicenne della Row: non ha ancora ucciso nessuno, non conosce ancora la triste storia di sua madre e poi ha Harry che lo influenza positivamente. Spero che continuerai a leggere la fic e di non deluderti. Ciao!

Sssweety: Sono felice che anche questo cap ti sia piaciuto. In effetti, ho sempre visto Remus come un freno per Sirius, qualcuno che tempra il suo carattere un tantino infiammabile. Albus… Albus… Albus… non lo trovi buffo? Afferma che Tom è inquietante e fin troppo perfetto, senza rendersi conto che, a volte, le persone pensano la stessa cosa di lui. Personalmente, l’ho trovato molto IC in questo capitolo (anche se forse il mio parere non conta): la sua ostilità verso Tom e il suo essere disposto a fare sacrifici. Comunque vedremo che effetti avrà l’incontro con Gellert su di lui. In quanto a Harry e alla maschera di Tom… beh, lui si è accorto che ne indossa una, solo che il più delle volte riesce a vederci attraverso e (come hai detto tu), a volte Tom se la toglie quando è con lui, ma non sempre. Sì, a Diana possiamo anche cominciare a scavare la tomba. Ma devi comprenderla, lei non ha ancora capito con chi a che fare e quando lo capirà sarà troppo tardi. Sev con chi si metterà? Su questo ho le labbra cucite, prova a indovinare. Hai ragione, il fatto che Tom, Harry e suo zio siano gli unici di cui si fida è un po’ triste, ma se ci pensi la Row gli ha dato una sola persona a cui voleva bene durante l’infanzia (Lily), quindi io sono già stata generosa. Volevo dirti qualcosa anche a proposito dei Malandrini. Per andare dritti al punto hai toccato un tasto dolente. I Malandrini, come li descrive la Row non potranno esserci. Tanto per cominciare, non occorrono. Felpato, Ramoso e Codaliscia erano diventati animagi per stare vicini a Remus durante le trasformazione (perché, a quei tempi, non esisteva l’Anti-Lupo), ma nella mia storia il licantropo, durante la luna piena, si limita a dormire nell’ufficio della Redbird. Ho pensato che avrei potuto far comunque diventare Sirius un animagus, ma solo lui. Spero non ti dispiaccia troppo. Bene, mi auguro che ti piaccia anche questo cap, fammi sapere cosa ne pensi. Baci

DiraReal: Grazie! Grazie! Grazie! Non sai quanto mi fa piacere che questa storia ti piaccia. Il rapporto tra Harry, Sev e Tom diventerà sempre più complicato col passare del tempo e Albus… Albus riuscirà a complicare ancor di più le cose. In quanto a Sirius, hai ragione è un bullo, ma d’altronde come altro lo si potrebbe definire nel quinto libro della Row? Lui e James attaccavano Severus solo per divertimento. Comunque, maturerà, dagli tempo. Baci, baci. Spero ti piaccia anche questo capitolo e ti prego di farmi sapere cosa ne pensi.

TheSunMaster: Sì, Tom decisamente è amato da tutti. In quanto alla sua sexy descrizione… beh, non in questo capitolo e neanche nel prossimo, ma nel XIV può darsi (non mi sbilancio). Grazie per il complimento, vuol dire che la mia storia riesce ad essere realistica. La storia dell’assenza di Draco in questa fic è buffa perché all’inizio doveva esserci lui, ma   non Blay. Tuttavia quando cominciai a scrivere mi resi conto che in qualche modo stonava. Assomigliava terribilmente a come mi ero sempre immaginata Lucius ai tempi della scuola e così, alla fine l’ho sostituito. Poi ho avuto, l’illuminazione di un Blaise a Tassorosso è così… Comunque lui non è solo. Ha Lucius, Sirius e poi si vedrà. Spero ti piaccia questo cap. Ciao!

MissyMary : Grazie mille per i complimenti! Eh, no, non penso che tu stia sbroccando. Ho mescolato così tanto i personaggi di varie ere che non avrebbe stonato neppure Salazar. Tom è ufficialmente il personaggio più amato nella saga. Personalmente trovo il modo in cui si è fatto accettare abbastanza realistico. E’ vero: era un Mezzosangue con abiti di seconda mano che era stato Smistato a Serpeverde, una Casa in cui la famiglia di provenienza non è tutto, ma molto sì. Non deve aver avuto vita facile all’inizio. In quanto a Harry, forse è un po’ OC, ma ritengo abbia senso. Secondo me, l’amicizia con Sev ha influito su di lui. E sì, in questa fic sarà in prima linea per l’unione delle Case. In quanto ad Albus, aspetta a dire che non è manipolatore. Ha sempre avuto una grande influenza su Harry nei libri e non ho intenzione di cambiare le cose. Tom non gli piace e non vorrà che lui e Harry diventino amici (o qualcosa di più). Magari non lo farà nemmeno intenzionalmente, ma riuscirà ad influire sul loro rapporto. Sono contenta che trovi interessante l’idea di mandare Blaise a Tassorosso. E’ una scelta di cui vado fiera e hai intuito uno dei motivi per cui l’ho fatta. Ah, Lily, beh, è stata lei salvare il mondo da Voldemort la prima volto! L’unica cosa che ha fatto Harry è stato rimanere nella sua culla, bello e tranquillo. E poi, Silente lo sapeva! Sapeva grazie a chi Harry si era salvato, ma non ha mai detto una parola al resto del mondo. In realtà Harry dovrebbe essere chiamato Il-bambino-che-è-sopravvisuto-solo-grazie-alla-madre. Questo è maschilismo! E’ un’ingiustizia! In quanto a Lumacorno, ho sempre pensato che sarebbe potuto essere un buon preside. E poi dandogli quella carica, ho voluto attribuire maggior potere al Lumaclub, che nei libri della Row non è molto preso sul serio. Ah, non ti devi scusare per il poema, mi piacciono i poemi. Te ne ho scritto uno anch’io. Ciao!

 

Capitolo XII

Il Ballo dei Black

-Li odiavo tutti: i miei genitori, con la loro mania del sangue puro,

convinti che essere un Black ti rendesse praticamente di stirpe reale...

Il mio fratello idiota, così sciocco da crederci-

(da Harry Potter e l’Ordine della Fenice)

 

Mafalda osservò attentamente il suo riflesso allo specchio. Indossava un sontuoso abito da cerimonia azzuro ghiaccio, i suoi lunghi capelli rossi erano lasciati sciolti ed era truccata con maestria. Nell’insieme era davvero molto carina, ma non era soddisfatta. Afferrò una salvietta, si tolse il rossetto e se ne mise uno di una tonalità più chiara.

-Smettila, Mafalda, sei stupenda-.

La rossa si voltò e si ritrovò davanti Rabastan Lestrange, Prefetto Serpeverde e suo fidanzato. Evidentemente aveva assistito a tutta la scena.

-Voglio essere perfetta.- disse la Mezzosangue mentre il ragazzo si avvicinava e l’abbraciava.

-Tu sei sempre perfetta.- affermò Rabastan e la baciò sulla fronte.

-Non abbastanza!- ribatté la strega, un po’ isterica. –Questo è il mio ingresso in società! Al Ballo dei Black sono invitate tutte le migliori famiglie di Maghi della nazione. Se farò una brutta figura davanti a loro...-

-Non succederà- mormorò Rabastan.

Mafalda alzò le sopracciglia, scettica. -Hai presente la faccia che ha fatto tua madre quando mi hai presentata come tua fidanzata? Sembrava che avesse appena ingoiato un limone-.

-Ma si è ricreduta, no?- le ricordò il ragazzo –Ora ti adora: mi ha detto che non avrei potuto fare scelta migliore e alla fine di questa serata, amore, lo penseranno tutti-.

-Lo spero.- dichiarò la rossa, ancora nervosa.

-Sai a cosa mi fa pensare vederti con questo vestito adosso?- chiese l’erede dei Lestrange, cercando di tranquilizzarla.

-A cosa?- chiese Mafalda con un sorriso malizioso.

-A quanto sarai sexy quando te lo toglierò- rispose il Purosangue, scendendo con le labbra fino al collo della giovane.

-Dopo il ballo- mormorò Mafalda, scostandolo da sé.

-E’ una promessa- suggellò Rabastan.

-Tuo fratello è pronto?- chiese poi la rossa.

-Da circa mezz’ora. Sai, credo che questa cotta per Bellatrix Black sia una cosa seria. Non l’ho mai visto tanto impaziente di andare ad un ballo-.

-Non ha speranze.- dichiarò Mafalda. –Per Bella esiste solo Tom Riddle-.

Rabastan assunse un’espressione perplessa. –Sarà anche molto potente, ma resta un Mezzosangue, per di più povero. Lord Cygnus non permetterà mai a sua figlia di fare sul serio con lui. In ogni caso, quella di Bellatrix potrebbe essere solo una cotta infantile, dopotutto ha solo undici anni-.

Mafalda scosse la testa. –No, lei fa sul serio, Rabastan. Ricorda le mie parole: Tom Riddle, un giorno, potrebbe conquistare il mondo e credo che Bella sia disposta a tutto pur di assicurarsi di essere al suo fianco quando questo accadrà-.

***

-Sia chiaro, se mi metterai in imbarazzo davanti ai nostri ospiti, la pagherai cara.- disse Walburga Black al maggiore dei suoi figli.

Suo fratello Alphard tentò di rabbonirla. –Tranquillizzati, è solo un ballo-.

-Per te, forse.- gli rispose la donna, poi si diresse verso la sala dei ricevimenti per discutere gli ultimi dettagli con l’elfo Kreacher.

Alphard sorrise al nipote. –Non prendertela. E’ solo che questo ballo è una tradizione di famiglia e sai quanto tenga alle tradizioni-.

L’erede dei Black, avvolto in un costoso abito da cerimonia blu notte, sbuffò. –Io non volevo neanche partecipare- disse allo zio. –Non può andarci Regulus? Anno in più, anno in meno, che differenza fa?-.

-Sicuramente, quando arriverà il suo momento, porterà più onore alla famiglia di te – intervenne una voce alle spalle del Grifondoro.

Alphard e Sirius si voltarono: era Bellatrix. Splendida, non c’era altro aggettivo per definirla. I capelli neri erano raccolti in un elegante chignon, da cui fuggiva solo qualche ciocca che incorniciava il viso dai lineamenti delicati. Indossava un abito color ametista che le fasciava il corpo snello e enfatizzava la carnagione color avorio.

-Ciao, nipotina!- la salutò Alphard. –Ti hanno mai detto che sei più bella ogni giorno che passa?-.

-Buonasera, zio- disse Bella con tono formale. Alphard non era il membro della famiglia che amava di più. Anche se, ai suoi tempi, era stato Smistato a Serpeverde, la giovane strega riteneva che avrebbe potuto benissimo essere un Grifondoro: probabilmente era per questo che Sirius ci andava tanto d’accordo.

-Allora, come sta andando il tuo primo anno ad Hogwarts?- le chiese l’uomo.

-Bene- si limitò a dire la ragazza.

-Orion e Cygnus mi hanno fatto vedere le vostre pagelle.- continuò Alphard per niente scoraggiato dall’atteggiamento scostante di Bella. –Tutti ottimi voti, ne sarete orgogliosi. E…- Alphard stava per porre un’altra domanda quando un ragazzino arrivò di corsa e si catapultò tra le sue braccia.

 -Reg, come stai?- chiese l’uomo.

-Bene,- rispose il bambino (capelli neri, occhi azzurri, corporatura esile, un po’ imbronciato) –ma sono arrabbiato con te-.

Alphard trattene a stento una risata: se quando era arrabbiato, abbracciava le persone quando non lo era cosa faceva?

-Avevi detto che saresti venuto per il mio compleanno!- si lamentò il piccolo.

-Piantala di fare i capricci!- lo redarguì Bella. –Se zio Alphard non è venuto, è perché era impegnato. Lagnarsi  non è degno di un Black!-.

Regulus si sciolse dall’abbraccio e annuì.

Alphard volse lo sguardo da un fratello all’altro e, non per la prima volta, rifletté su quanto fossero diversi: se ci fosse stato Sirius al posto di Regulus avrebbe detto a Bella di farsi gli affari suoi e che non era nessuno per dargli ordini.

-Piantala, Bella.- intervenne il Grifondoro. –A dieci anni uno ha il diritto di fare tutti i capricci che vuole-.

-Regulus non è più un bambino.- affermò la cugina. –Il prossimo anno andrà ad Hogwarts-.

Sirius aprì la bocca per ribattere, ma Regulus lo anticipò e chiese allo zio: -E’ venuto anche il tuo fidanzato?-.

Alphard sorrise. Nonostante le apparenza Regulus era furbo, infatti, era riuscito, senza esporsi, a stroncare sul nascere l’alterco tra il Grifondoro e la Serpeverde che ora attendevano con ansia la sua risposta.

-No, Caius è in missione in Egitto.- disse.

Sirius assunse un’espressione delusa (Caius era l’unica persona che avrebbe potuto rendergli quella serata sopportabile); Bella sospirò, sollevata (un Grifondoro a Grimmauld place bastava e avanzava).

-Quando vi sposerete?- chiese il maggiore dei nipoti.

Caius gli piaceva molto: era un Auror, un ex Grifondoro e detestava lady Walburga. Ovviamente queste stesse cose facevano in modo che Bellatrix non lo sopportasse.

-A luglio, salvo impedimenti dell’ultimo momento. Così potrete esserci tutti e tre-.

In quel momento entrò nella stanza Druella, la madre di Bellatrix, e disse: -Muovetevi, gli ospiti sono arrivati. E tu, Regulus, fila in camera-.

 

Quando Blaise entrò nel salone dei ricevimenti di casa Black, pensò che tutto si poteva dire di Walburga Black fuorché che non sapesse organizzare un festa. In quella sala, a cominciare dalla musica per concludere col buffet, tutto era perfetto.

Sua madre, quella sera, era persino più affascinante del solito e, appena entrata, attirò l’attenzione di molti uomini.

-Cara!- l’accolse Druella Black abbraciandola. Le due erano vecchie amiche e compagne di scuola. –Ciao anche a te, Blaise-.

-Buonasera lady Druella- la salutò Blaise con uno dei suoi migliori sorrisi fasulli. –Se non vi spiace andrei a cercare Bella- aggiunse ansioso di allontanarsi dalla madre.

-Vai pure, tesoro.- accordò lady Zabini.

Il Tassorosso si diresse, con grazia, verso il tavolo del buffet e si servì un po’ d’idromele.

-Non dovresti bere alcolici- lo redarguì una voce alle spalle. Quando Blaise si voltò, si ritrovò davanti Lucius.

-E’ solo un goccio.- si giustificò. –E ne ho bisogno visto come ho trascorso questa settimana-.

-Tua madre non è contenta di saperti a Tassorosso?- gli chiese il Serpeverde, ignorando i suoi stessi consigli e servendosi del vino elfico.

-Tra le altre cose- borbottò Blaise –E tu? Come ti stanno andando queste vacanze?-.

Il biondo scrollò le spalle, indifferente. –Come al solito. Ho l’impressione che mio padre voglia farmi fidanzare con Bella-.

-Era prevedibile. E’ amico di suo padre e voi due siete cresciuti insieme. Sarebbero tutti felici se uniste la dinastia dei Black a quella dei Malfoy-.

-Tutti tranne me.- precisò la serpe –Conosci i miei gusti-.

Blaise sorrise. –Sì, li conosco. Tu preferiresti fidanzarti con Sirius o Regulus-.

Lucius gli lanciò uno sguardo shockato. –Scherzi?! Non mi metterei mai con uno stupido Grifondoro o con un moccioso piagnucoloso-.

-Niente matrimonio tra i Black e i Malfoy, quindi?-.

-Già, niente matrimonio-.

Blaise sorrise poi, notando Sirius in disparte in un angolo della sala, lo invitò a unirsi a loro con un cenno della mano, ignorando il disappunto di Lucius. L’erede dei Malfoy e quello dei Black non erano mai andati molto d’accordo, ma da quando Sirius era stato Smistato a Grifondoro, i loro rapporti erano persino peggiorati.

-Sei il primo volto amico che vedo dall’inizio della festa- disse il Grifondoro.

-Devo dedurre che non ti stai divertendo?- gli chiese Blaise.

-E’ da quando sono tornato a casa che non mi diverto più-.

-I tuoi ti hanno rimproverato a dovere per essere stato Smistato a Grifondoro?-.

-Mia madre è andata avanti ore.- dichiarò Sirius; assunse un’espressione del viso indignata e con voce stridula cominciò ad imitare lady Walburga: -L’ho sempre saputo che saresti stato il disonore della nostra famiglia. Grifondoro! Un branco di Sanguesporco e Babbanofili... I tuoi antenati si staranno rivoltando nella tomba... Ma dove ho sbagliato con te? Dove?... Per fortuna che almeno Regulus sta crescendo bene... Per fortuna che c’è Bellatrix, lei sì, che è una vera Black...-.

Blaise scoppiò a ridere, divertito.

-E tu?- gli chiese Sirius.

-Oh, anch’io ho ricevuto la mia buona dose di prediche.- dichiarò il Tassorosso.

-Da tua madre?-.

-No, a lei...- Blaise stava per dire: ‘a lei non importa molto di me’, ma poi ci ripensò e disse: -A lei non importa molto dello Smistamento, ma mio nonno mi ha rimproverato abbastanza per entrembi. Ha detto che si vede che per metà sono uno Smith-.

-Beh, gli Smith sono una famiglia Purosangue abbastanza influente.- intervenne Lucius, quasi per consolarlo.

-Sono solo schifosamente ricchi- lo corresse Blaise, mentre contemplava la grassa Hepzibah Smith conversare amichevolmente con Mafalda Prewett. In realtà la ragazza sembrava imbarazzata e stava cercando di chiudere la conversazione educatamente. Il suo fidanzato le venne in aiuto. Si avvicinò a lei, le cinse le spalle con un braccio, congedò Hepzibah con poche parole e poi trascinò la sua dolce metà verso Abraxas e Lucilla Mafoly per presentargliela.

Blaise lanciò alla donna uno sguardo pieno di commiserazione. –Merlino, Lestrange non avrebbe potuto trovare modo peggiore per farle comprendere che, secondo lui, non vale niente-.

-E’ tua parente?- gli chiese Sirius.

-La mia prozia, credo, o qualcosa del genere-.

-Credi?-.

-Non ho mai avuto molti contatti con i parenti di mio padre-.

Sirius sorrise e dichiarò: -Non è mai troppo tardi per conoscere i propri parenti. L’ho imparato con Tonks e tu lo imparerai con la tua prozia-.

Afferrò per un braccio il Tassorosso e lo trascinò verso la donna dicendo: -Dai, peggio di tua madre non può essere-.

Lucius fece per trattenerli, ma Bellatrix, apparsa alle sue spalle, lo fermò dicendo: -Lasciali andare. Blaise non è più uno di noi-.

Lucius le rivolse uno sguardo irato. –E’ nostro amico-.

-Tuo, forse, non mio.- dichiarò la mora mentre vedeva il cugino e il Tassorosso avvicinarsi a lady Smith e intavolare una conversazione con lei. –E’ un Tassorosso, va d’accordo con quell’idiota di mio cugino ed è amico di quella Mezzosangue della Tonks-.

-Anche Tom Riddle è Mezzosangue.- le fece notare Lucius.

-Stai davvero paragonando Tom alla lurida figlia di una traditrice del suo sangue?- chiese Bella, che cominciava ad arrabbiarsi.

-Ciao, ragazzi, come state?- la voce allegra di Rodolphus Lestrange interrupe la tensione creatasi tra i due Serpeverde.

Tuttavia, Lucius, mentre osservava il Tassorosso e Hepzibah Smith ridere a una battuta di Sirius, si chiese se Bella non avesse ragione: Blaise era ancora uno di loro?

 

 

E siamo arrivati al XII capitolo. Ringrazio le 15 persone che hanno messo la mia storia tra i preferiti e le 20 che l’hanno messa tra le seguite. In questo capitolo, purtroppo, Tom e Harry non appaiono (perdono!), ma ci tenevo a descrivere l’evolversi del rapporto tra Blaise e i suoi amici. Neanche nel prossimo appariranno i protagonisti. S’intitolerà La fenice e finalmente comparirà Gellert (vi ricordate, vero, che l’ho messo tra i personaggi principali?). Riavrete Tom e Harry nel cap XIV che sarà tutto dedicato a loro. Ciao, ciao!

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Capitolo 13
*** La fenice ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni

Pentesilea: Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e grazie per la recensione. Anch’io sono sempre stata interessata alle dinamiche delle famiglie Purosangue. Fanno molto famiglie inglesi dell’ottocento, vero? Per quanto riguarda Mafalda Prewett leggi la scritta in calce del cap sei. In quanto a Gellert, beh, eccolo. Dimmi cosa ne pensi per favore.

MissyMary: Questo aggiornamento è ancora più veloce, contenta? Grazie per il commento. Comunque no, Silly non ha e non avrà mai mire su Haarry di quel genere. Per lui sarà tipo un fratello minore.  Caius avevo già in mente d’inserirlo, però fra qualche anno, ma visto che ci tieni potrei descrivere il matrimonio tra lui e Alphard (tra parentesi anche a me piace molto). La fine di Regulus? Chi leggerà, vedrà. Ah, comunque sia Lucius che Blaise sono gay, come la maggior parte dei membri della mia fic. Non è stata una scelta calcolata, semplicemente avevo molti personaggi maschili. Carina l’idea di Tom che se la prende con Bella perché Harry non è a Serpeverde! Mi sono immaginata tutta la scena. Spero mi dirai cosa pensi di questo capitolo, anche se è un po’ cortino. Baci!

DiraReal: Sono contenta che il cap ti sia piaciuto. Per risponderti, è tutto ambientato negli anni ’90. Non che la cosa abbia una grande rilevanza ai fini della storia. Hai pienamente ragione sulla descrizione dei protagonisti, a volte mi lascio prendere un po’ troppo la mano, anche a livello psicologico. Cercherò di stare più attenta. Ucro-fic, eh? Carino il nome. Sì, chiamala pura così. Beh, più veloce di così non credo che avrei potuto essere. Spero ti piaccia e che mi dica cosa ne pensi. Ci tengo molto al personaggio di Gellert. Ciao.

Sssweety: Visto che ci tieni così tanto ci penserò seriamente al far diventare Harry un animagus, ma non prometto nulla. Se vedrò che è incompatibile col resto della storia, boccerò l’idea. Su Sev non hai indovinato. Ti dò un inizio: anch la sua è una coppia slash e fin’ora non lo ancora fatto interagire col suo futuro partner. Sì, Tom sarà molto protettivo nei confronti di Harry e avrà il suo bel da fare. Tra Bella (che se potesse lo ucciderebbe), Sirius (amante del pericolo e che non conosce il significato della parola prudenza) e Albus (per il bene superiore, bisogna affrontare qualsiasi ostacolo). Ah, tranquilla ci avevo già pensato a inserire un rivale anche per Tom (che tra l’altro si avvicinerà all’obbiettivo molto più di Bella). Ma, forse, più che rivale dovremmo chiamarlo aspirante suicida, considerando chi si metterà contro. Spero commenterai anche questo cap. Baci!

 

Capitolo XIII

La fenice

Non ho di questi ricordi.

Avevo sei anni.

So solo che l’amavo e che mi è stato portato via.

(tratto dal telefilm Merlin)

 

Esme aveva sempre amato il Natale. O almeno, lo aveva amato durante la sua infanzia. L’albero, i regali, le partite a palle di neve, i flambè, i petardi magici, tutto ciò sapeva di casa, di famiglia.

Ogni cosa era mutata dopo l’assassinio di lord Redbird. Da allora, per lei, i Natali avevano significato rimanere seduti ad un tavolo con la madre, servendosi di deliziose pietanze e fingendosi allegra mentre l’assenza del padre si faceva sentire più che mai.

Probabilmente, quell’anno avrebbe optato per il rimanere ad Hogwarts, ma non desiderava lasciare sua madre da sola con Gellert. O forse non voleva lasciare Gellert da solo con sua madre. O forse tutt’e due.

I rapporti fra sua madre e suo cugino erano sempre stati tesi. Nonostante la sua genitrice, Maria, si fosse presa cura di Gellert da quando il ragazzo aveva sei anni, Gellert non l’aveva mai considerata sua madre e Maria non aveva mai considerato il ragazzo suo figlio.

Ma come biasimarla? Gellert era e sarebbe stato per sempre il figlio della donna che le aveva ucciso il marito. Non che lo trattasse male. Non lo picchiava, non gli lanciava accuse ingiustificate e gli forniva tutto ciò che aveva bisogno. Però non l’aveva mai abbracciato, non lo aveva mai consolato dopo che aveva avuto un incubo, non gli aveva mai raccontato fiabe della buonanotte e… beh, non lo aveva mai amato. Conoscendo Gellert, per lui, l’indifferenza di Maria doveva essere peggio di un’aperta ostilità.

La colpa non era da imputare completamente alla donna. Il rifiuto veniva anche da parte di Gellert. Lui non riusciva a cancellare dal cuore l’amore per Godrikus Grindelwald e Era Redbird, i suoi genitori. Anche se erano dei Maghi Oscuri, anche se erano degli assassini.

 

Giunta di fronte alla camera del cugino, bussò ed entrò. Il ragazzo era sdraiato, supino, sul letto e leggeva un libro. I due cugini si somigliavano molto, inutile negarlo: avevano la stessa carnagione dorata, gli stessi capelli biondi e riccioluti e gli stessi occhi verde chiaro. Gli occhi di Era.

-Ciao- mormorò Esme.

-Cuginetta…- rispose il ragazzo con aria strafottente, senza staccare gli occhi dal libro. Non si comportava sempre così: sapeva essere affascinante quando voleva, solo era raro che lo volesse.

-Hai intenzione di scendere per cena?- gli chiese pazientemente la donna.

-No, credo che rimarrò qui a leggere. Più tardi mi farò portare qualcosa da Dolly-.

-Sembri piuttosto preso. Che libro è?-.

-Gli appunti di Morgana sulla Magia- rispose il biondo.

-L’ultima volta che ho controllato, non faceva parte del programma di studi di Giove-.

-No, infatti-.

-Non credi che dovresti concentrarti sugli studi?- chiese Esme, cautamente. –Ho visto la tua pagella: tutte valutazioni scarse. Sei brillante e dotato, e lo sappiamo entrambi, perché ti limiti?-.

-Non m’interessano i voti. E, in ogni caso, a Giove non mi possono insegnare nulla che io già non sappia o che non possa imparare da solo. Io volevo studiare a Durmstrang-.

-Sai perfettamente perché non ti abbiamo mandato in quella scuola-.

Gellert era già fin troppo attratto dalla Magia Oscura. Non aveva bisogno di studiare in una scuola che includeva Arti Oscure nel programma curriculare.

-Se Giove ti annoia,- continuò la strega –potresti venire ad Hogwarts. E’ una delle migliori scuole di magia del mondo: ritroveresti molto bene-.

-E secondo te, io accetterei di studiare nella nazione, il cui Ministro ha ucciso mio padre?-.

-Era un regolare Duello.- obbiettò Esme –E, in ogni caso, ti ricordo che tuo padre era latitante. Se si fosse arreso subito…-.

-Avrebbe trascorso il resto della sua vita ad Azkban.- la interrupe Gellert.

-Tuo padre non era una brava persona- gli fece notare Esme. –Hai idea di quante persone innocenti ha ucciso?-.

-Il fine giustifica i mezzi-.

-E quale sarebbe questo fine?-.

-Gli obbiettivi che i miei genitori tentavano di raggiungere erano buoni. Sottomettere i Babbani al potere dei Maghi è un bene sia per noi che per loro. I non Maghi sono creature inferiori, incapaci di auto governarsi-.

-Non credo che i Babbani in questione sarebbero molto d’accordo- commentò Esme, ironicamente.

-Non credo che i miei genitori avessero intenzione di chiedere il loro permesso- replicò Gellert, serio.

-Sì, e guarda che fine hanno fatto. Hai intenzione di seguire il loro esempio?-. Non ricevendo risposta, continuò:-Vieni a Hogwarts. Sarei davvero felice di averti come allievo-.

 Il biondo staccò, finalmente, gli occhi dal libro, rivolse alla cugina uno sguardo divertito e disse: -Se mai metterò piede in Inghilterra sarà solo per far rimpiangere a Percival Dumbledore di avermi reso orfano-.

Esme avvertì un brivido lungo la schiena: il ragazzo non stava scherzando.

La donna, sentendosi sconfitta, si diresse verso la porta e uscì. In parte comprendeva Gellert. Era di suo padre che stavano parlando e capiva che il dolore che il biondo provava non doveva essere inferiore al suo. Mago Oscuro… Mago della Luce… che importanza ha quando ci sono di mezzo i sentimenti? Il fatto che Godrikus fosse stato un assassino senza scrupoli, non escludeva che potesse essere stato un padre amorevole.

Dopo la morte dell’amata (non si erano mai sposati), era fuggito dall’Inghilterra col figlio e nessuno l’aveva più visto per cinque anni. Alla fine, però, le Forze dell’Ordine Magico inglese, a quei tempi guidate da Percival Dumbledore, lo avevano trovato e l’attuale Ministro inglese lo aveva ucciso. Gellert, a sei anni, aveva assistito all’assassinio del padre. Dopodichè il bambino era stato affidato alla sua unica parente ancora in vita, la moglie di suo zio.

Maria ci aveva provato ad amarlo, bisognava riconoscerlo, ma non ci era mai riuscita. Ogni volta che lo guardava, vedeva Era Redbird. E, effettivamente, rifletté Esme, Gellert assomigliava molto a sua madre: era una splendida fenice oscura, proprio come lei. E le fenici risorgono sempre dalle ceneri. Era Redbird era destinata a risorgere attraverso il figlio? Esme promise a sé stessa che, se così fosse stato avrebbe strappato le ali alla fenice prima che potesse spiccare il volo, ma, fino a quel momento, avrebbe lottato per riportarla alla Luce.

 

 

 

Allora che ne pensate? Vi prego di recensire (non merito un premio per il mio aggiornamento super veloce?). Ci tengo molto al personaggio di Gellert. Siccome, sulla sua famiglia si sa poco o niente (l’unica informazione che dà la Row è che era il bisnipote di Bathilda Bath), mi sono presa molte libertà su di essa. Spero che la mia idea vi piaccia. Ciao a tutti e al prossimo capitolo con Tom e Harry.

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Capitolo 14
*** Lo Specchio delle Brame ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni

Pentesilea: Grazie per i complimenti. Come hai osservato tu su Gellert mi sono completamente affidata a ciò che la Row dice, o lascia intendere su di lui. Ovviamente, ci sarà il pairing Gellert/Albus (almeno una coppia, canon devo mettercela, no?). Sai, ho scritto questa storia anche per loro, per dare una seconda possibilità al loro amore. In quanto a Draco, il motivo per cui non c’è non è nulla di eclatante. Semplicemente c’erano delle scene in cui si comportava come avevo sempre immaginato Lucius da giovane. A ben guardare la differenza tra Malfoy senior e junior è lieve, ma secondo me c’è. Draco, in un certo senso è più sensibile (non è mai stato in grado di uccidere), ed è più viziato. Per mia opinione più che dal padre a preso dalla madre. Ovviamente questa è una mia opinione, libera di essere d’accordo o meno. Spero che questo cap ti piaccia e che mi farai sapere la tua opinione. Ciao!

DiraReal: Sei davvero andata a controllare il calendario del 2022?! Sono colpita e ammirata. Questo sì che è curare i particolari! Penso che neanche la Row sia arrivata a tanto. In confronto le ricerche che ho fatto io mi sembrano ben misera cosa! Grazie per i complimenti! *///* Sono felice che Gellert ti sia piaciuto. Era Redbird? Ispirazione improvvisa. In quanto a Giove non so, anche perché non credo che Gellert ci rimarrà molto. Lui è un po’ come Tom, se vuole qualcosa la ottiene e lui vuole andare a Durmstrang. Ah, ti ricordi la nostra conversazione su ‘hanno undici anni, descrivili come tali’? C’è un punto in questo capitolo, in cui faccio imbarazzare Harry per una determinata situazione. Forse gli undicenni sono più ingenui, però conosco una persona che a dodici anni ha perso la verginità. Ti prego di considerare che le persone dal punto di vista sessuale possano avere uno sviluppo più o meno veloce e ripassarmi quella scena (non ho avuto il cuore di tagliarla!).  Beh, spero ti piaccia questo capitolo e che mi darai la tua opinione, ci tengo molto.

Sssweety: Sai, non credo che ci sia qualcuno nella mia fic che avrà una vita amorosa semplice. Forse i più fortunati sono Sirius e Remus, ma neanche tanto. In quanto a Sev, hai indovinato, complimenti! Ma bisognerà aspettare per vedere l’evolversi di questa coppia. L’aspirante suicida comincerà a fare le prime avances nel terzo, quarto anno circa. Spero ti piaccia questo cap, baci!

DJKIKA: Grazie per la recensione. Non sai quanto sono felice che Gellert riscuota tanti successi. Le coppie le hai azzeccate tutte (a parte la lucius/severus). In quanto a Narcissa no, non c’è. Bellatrix è figlia unica. Non ho niente contro il personaggio, ma inserirlo a parte complicarmi la vita non faceva quindi adios amiga. Mi dispiace per i suoi fan. Spero mi dirai cosa pensi di questo cap! Ciao

MissyMary:  Adori anche tu Gellert? Potremo fondare un suo fanclub. Che nedici? A me dispiace solo che all’inizio la sua rilevanza nella storia sarà limitata, ma d’altronde non si può fare altrimenti, lui è in Italia mentre gli altri sono in Inghilterra. In quanto a Tom e Harry ecco li qui, in tempo per Natale. Buone feste!

 

Capitolo XIV

Lo Specchio delle Brame

I Potter continuavano a sorridergli e a salutarlo,

e lui tornò a guardarli, anelante,

 con le mani premute contro lo specchio

come se sperasse di caderci dentro e raggiungerli.

 Dentro di sé provava un dolore acuto,

fatto per metà di gioia

 e per metà di una terribile tristezza.

[…]

-Ci sono uomini che si sono smarriti a forza di guardarcisi,

rapiti da quel che avevano visto,

oppure hanno perso il senno

perché non sapevano se quel che esso mostra è reale

o anche solo possibile-.

(tratto da Harry Potter e la Pietra Filosofale)

 

-Di nuovo in giro di notte?- chiese Nagini al suo padrone.

Tom lanciò un’occhiata al letto accanto al suo, per assicurarsi che Severus fosse immerso in un sonno profondo, poi si avvicinò al terraio, affianco alla finestra, che era diventato la tana del suo famiglio.

-,- le rispose –ma tornerò presto-.

-Credevo che questa notte saresti stato troppo stanco per muoverti.- commentò la serpe, divertita. –Harry è un allenatore troppo magnanimo?-.

Tom alzò un sopracciglio, leggermente irritato: il suo famiglio era uno dei pochi esseri viventi a cui permettesse di canzonarlo (l’altro era Harry, fine della lunga lista).

Il rettile si riferiva alle lezioni di volo che il Grifondoro si era messo in testa d’impartire a Severus, nel vano tentativo d’impedire alla sua scopa di disarcionarlo dopo circa cinque minuti. Tom riteneva che stesse buttando via il suo tempo. Il mezzo Prince, semplicemente, era negato per il volo, inoltre non si poteva dire che desiderasse particolarmente imparare.

-E’ una cosa stupida.- aveva affermato una volta –I Maghi conoscono altri modi per viaggiare, più veloci oltretutto, perché ci costringono a renderci ridicoli, cavalcando dei pezzi di legno?-.

Harry, tuttavia, testardo, persisteva nel voler svolgere le sue lezioni, affermando che Severus stava migliorando. Convinto lui…

Ciò che Tom non riusciva a comprendere era perché anche lui dovesse unirsi ai loro allenamenti, visto che sapeva già volare e molto bene anche. Quando lo aveva fatto notare all’erede dei Potter, quest’ultimo si era limitato a dire: -Insieme è più divertente!-. Il Serpeverde si chiedeva se il rosso-oro fingesse o meno di non accorgersi che l’unico che si divertiva era lui. Severus si sottoponeva a quelle che considerava delle torture giornaliere in nome del grande affetto che nutriva per il Grifondoro e Tom… beh, Tom non era certo di sapere la ragione per cui, ogni volta, seguisse i due fino al campo, anche se, la maggior parte delle volte, si limitava a sedersi sugli spalti a leggere libri. Argomento dei libri? Genealogie magiche, naturalmente.

Nagini pareva ritenere la capacità di Harry di convincere entrambi i Serpeverde ad assecondare i suoi desideri, molto divertente. Aveva una predilezione per il Grifondoro e non faceva nulla per nasconderlo.

- In realtà,- disse Tom –oggi ci ha risparmiato il corso-.

-Come mai?-.

-Non lo so.- rispose l’orfano aggrottando le sopracciglia. –E’ da Natale che si comporta in modo strano: sembra avere, costantemente, la testa altrove. Questa sera non è neanche sceso a cena-.

-Vuoi che indaghi?- chiese la serpe.

Tom soppesò l’offerta per qualche secondo, poi disse: -No, preferisco aspettare ancora un po’. Se entro un paio di giorni non si confida o non torna in sé, ne riparleremo. Ora è meglio che vada-.

-Sta attento- raccomandò il rettile.

-Sto sempre attento- replicò il ragazzo mentre usciva dal dormitorio.

Da quando erano iniziate le vacanze natalizie, il Serpeverde aveva preso l’abitudine di uscire di notte dal dormitorio per visitare il Reparto Proibito della biblioteca. All’inizio era stato solo per curiosità, ma ora si stava veramente appassionando agli argomenti di quei libri. Erano testi complicati e difficili e, a volte, facevano riferimenti a magie di cui non aveva mai sentito parlare, ma erano affascinanti. In quel periodo stava leggendo Le mille voci delle Arti Oscure.

Era consapevole che il rischio di farsi scoprire mentre vagava, di notte, per i corridoi era molto elevato, ma non gl’importava. In ogni caso il pericolo era minore durante le vacanze, siccome i Prefetti, cui spettava il compito di fare le ronde notturne, tornavano quasi tutti a casa per Natale. Per quel che ne sapeva, l’unico Prefetto presente a scuola era Percy Weasley di Grifondoro. Solo un paio di notti prima, il rosso lo aveva sorpreso mentre entrava in biblioteca, ma il Serpeverde era riuscito a convincerlo che voleva solo recuperare un libro per il professor Prince (quale altro motivo avrebbe potuto spingere uno studente modello, come lui, in biblioteca dopo il coprifuoco?). Weasley gli aveva creduto. Sul serio, a volte Tom si sorprendeva della sua abilità nel mentire.

Girando a destra, in un incrocio del primo piano, si ritrovò davanti niente popò di meno di Harry James Potter, avvolto in un pigiama blu a stelle dorate. Il ragazzo dagli occhi verde smeraldo gli rivolse uno sguardo colpevole, da bambino beccato con le mani nel barattolo della marmellata.

-E’ per questo che hai sospeso il tuo corso di volo, oggi?- gli chiese il Serpeverde con un sorriso sardonico. –Volevi risparmiare le energie per fare un giretto notturno?-.

Il Grifondoro arrossì, ma per niente intimorito, replicò: -E tu? Neanche tu dovresti essere in giro dopo il coprifuoco-.

-Sto andando in biblioteca-.

Harry era sbigottito. –Stai infrangendo le regole della scuola per andare in biblioteca?- chiese, molto lentamente.

Tom annuì, impassibile.

L’ultimo dei Potter scosse la testa, incredulo. –Va bene studiare,- disse – ma non bisogna esagerare. Fred e Gorge Weasley sostengono che studiare troppo faccia male alla salute. Hanno scritto un tema su questa tesi e l’hanno appesa nella bacheca della nostra Sala Comune. Poi, Percy Weasley gli ha puniti, ha tolto cinque punti ciascuno e ha stracciato il tema, però credo che ci siano ancora delle copie in giro. Se vuoi, ne recupero una e te la do, così…-

-Tu cosa ci fai in giro di notte?- chiese la serpe interrompendo il monologo del leone.

“E’ stato bravo.” Pensava, intanto “Col suo discorso ha cercato di spostare l’attenzione da cosa ci fa lui in giro di notte alla mia fissazione per lo studio: con qualcuno meno intelligente di me avrebbe potuto funzionare. Se si unisce questo alla sua abilità nel convincere le persone a fare quello che vuole, viene da chiedersi perché il Cappello non l’abbia Smistato a Serpeverde”.

Il Cercatore aprì la bocca, ma non fece in tempo a proferire parola perché in quel momento fece la sua comparsa il gatto più odiato dagli studenti di Hogwarts: Mrs Purr.

Harry prese Tom per mano e lo trascinò attraverso un corridoio nascosto dietro a un arazzo. Erano a metà strada quando udirono, alle loro spalle, la voce del custode Argus Gazza.

-Brava, amoruccio, hai trovato degli studenti in giro di notte?-.

Tom cominciò ad allarmarsi. Le sue abilità oratorie non funzionavano molto col Magonò: quell’uomo viveva per rendere impossibile la vita agli studenti.

-Di qua!- disse al Grifondoro, spingendolo dentro uno sgabuzzino delle scope molto stretto (per fortuna erano entrambi snelli) e chiudendolo a chiave con un incantesimo.

Lo spazio disponibile era esiguo e i due si ritrovarono appicicati l’uno all’altro. Harry aveva la testa appogiata al petto della serpe. Riusciva a percepire il battito del suo cuore ed era consapevole di ogni parte del corpo di fronte a lui. Sapeva che al contrario suo, Tom, pur essendo alto e snello, aveva una muscolatura ben svillupata considerando l’età, ma una cosa era vederlo, altra cosa era sentirlo. E lui, al momento, sentiva tutto: i pettorali scolpiti, gli addominali ben delinati, i muscoli delle gambe tonici e affusolati.

Cercando di distrarsi da quella situazione imbarazzante, alzò la testa per cambiare qualche parola con Tom, ma, appena lo fece, il suo sguardo fu catturato dalle labbra della serpe. Aveva delle belle labbra: rosa pallido, ben delineate, né troppo carnose, né troppo sottili, chissà com’erano al tatto...

“Ma cosa vado a pensare?!” si chiese il figlio della Salvatrice, arrossendo furiosamente.

-Forse si sono nascosti qui dentro, tesoro- . I due studenti udirono una voce provenire dal corridoio, poi qualcuno tentò di aprire la porta e, constatando che era chiusa, sbuffò e disse: -Devono essere andati più avanti. Muoviamoci, ciccina, dobbiamo prenderli-.

Rumore di passi.

-Aspettiamo ancora un po’.- disse Tom in Serpentese, in modo che nessun terzo ascoltatore avesse potuto capire qualcosa. –Potrebbe essere rimasto nei dintorni per coglierci in fallo-.

Harry annuì, ma dopo qualche minuto fu chiaro che avevano sopravvalutato le doti cognitive di Gazza e le due matricolo uscirono.

Il Grifondoro non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma gli dispiaceva. Vicino a Tom si sentiva... mmh... al sicuro. Come se nessuno avesse potuto fargli male.

-Allora,- disse il Serpeverde, una volta fuori –hai intenzione di dirmi dove volevi andare o devo tirare a indovinare?-.

Harry si morse il labbro inferiore, indeciso. Perché non dirglielo? Dopotutto Tom era orfano come lui, sicuramente avrebbe capito.

Il Grifondoro sorrise e disse: -Seguimi-, poi cominciò ad allontanarsi. La serpe gli venne dietro.

-Qualche giorno fa,- stava, intanto raccontando Harry –mi sono lasciato convincere da Fred e George a fare uno scherzo a Gazza. Volevano vendicarsi perché lui ci aveva messo in punizione con la scusa che stavamo ‘disturbando la quiete pubblica’. In realtà, stavamo solo giocando a palle di neve. In ogni caso, ci siamo intrufolati nel suo ufficio e i gemelli ci hanno piazzato dentro delle Caccabombe. Pix faceva da palo, per avvisarci che Gazza stava rientrando, ha lanciato il pianoforte della sala della musica*. Appena abbiamo sentito il rumore di qualcosa che s’infrangeva, ci siamo catapultati fuori. Io ho cominciato a correre alla cieca e mi sono ritrovato... qui-.

‘Qui’ era davanti ad una porta di uno stretto corridoio. Harry entrò seguito da Tom.

Si ritrovarono all’interno di quella che pareva essere un’aula in disuso e, probabilemente lo era. La stanza era piena di sedie e banchi e c’era anche un cestino della carta capovolto. Il Serpeverde si stava chiedendo se il Grifondoro lo stesse prendendo in giro quando notò, appoggiato su un muro, uno specchio. Era alto fino al soffitto con una cornice d’oro ricamata che si reggeva su due zampe di leone; in cima vi era incisa l’iscrizione: ‘Erouc li amotlov li ottelfirnon’. “Se si legge  al contrario,” pensò la serpe “viene fuori: non rifletto il volto ma il cuore”.

Harry ci si era avvicinato e lo fissava, incantato. –Ci vedo la mia famiglia - disse.

-Come?- chiese Tom, pensando di aver capito male.

-La mia famiglia- ripeté Harry. –Sono circa una decina: ci sono un paio di persone con i miei occhi, altri con i miei capelli, un vecchietto con il mio naso e... i miei genitori. Stanno sorridendo e mi salutano con la mano. Mia madre ai capelli rosso scuro e gli occhi verdi, grandi e leggermente a mandorla, identici ai miei. Mio padre è alto, magro e con capelli scuri e ribelli, come i miei.- rimase in silenzio per un po’, poi, senza staccare gli occhi dallo specchio (sembrava ipnotizzato) chiese: -Tu li vedi?-.

-No,- rispose Tom –Vedo solo te-.

Il Grifondoro parve lottare cntro sé stesso poi, con quello che parve costargli un grande sforzo, si spostò e disse: -Mettiti lì, dov’ero io-.

Tom si posizionò di fronte allo specchio.

-Cosa vedi?- chiese il rosso-oro, ma la serpe non rispose. Rimase in silenzio per un bel po’ e quando il Cercatore cominciò a credere che volesse tenersi la cosa per sé, disse: -Me-.

-Con la tua famiglia?- indagò l’ultimo dei Potter.

-Beh, credo che quello sia mio padre-.

Gli occhi di Harry s’illuminarono. –Com’è?-.

-Mi somiglia molto- rispose il Serpeverde con tono inespressivo.

-Che state facendo?-.

-Sembra che mi stia dando delle lezioni di...-.

-Di?-.

“Di Magia Oscura” pensò il verde-argento, ma al Grifondoro si limitò a dire: -Di magia-.

Harry scoppiò a ridere. –E’ incredibile- lo canzonò. –Riesci a studiare persino nelle illusioni!-.

Tom distolse lo sguardo dallo specchio e chiese: -Pensi sia un’illusione? Non credi che lo specchio mostri il futuro?- poi, prima che Harry potesse rispondere, continuò: -No, certo che no. I tuoi sono morti. Che cosa stupida ho detto-.

-Il fatto che il mio desiderio non si avvererà mai, non vuol dire che lo stesso valga per te.- rispose Harry.

Tom rimase immerso nei suoi pensieri per un po’, fino a quando l’ultimo dei Potter chiese: -Ti leveresti? Vorrei guardare ancora un po’-.

La serpe lo osservò attentamente. Sembrava nervoso e agitato. Continuava a contorcersi le mani e si mordicchiava il labbro inferiore.

-Vuoi levarti?- insistette il rosso-oro.

-Perché?- chiese Tom.

-Come, perché?- replicò l’altro con tono di voce leggermente stridulo. –Voglio vedere i miei genitori!-.

-Non sono i tuoi genitori- gli fece notare il Serpeverde. –Sono solo dei riflessi. Harry, da quante sere, ormai, scendi quaggiù?-.

-Ha importanza?-.

-Potrebbe averne. Allora?-.

-Tre o quattro-.

-Sono morti- insistette Tom –e non puoi riportarli indietro. Se vuoi vedere le loro immagini, chiedi al professor Prince delle foto. Era loro compagno di scuola, ne avrà-.

-Che c’è di male se li guardo attraverso uno specchio?!- Harry quasi urlò. –E’ tutto ciò che ho sempre desiderato: una famiglia. Qualcuno che ti ama e che ti amerà sempre, incondizionatamente da ciò che sei o da ciò che farai, che ti consola quando sei triste, ti consiglia quando non sai cosa fare, a cui puoi chiedere aiuto senza sentirti debole o vergognarti-.

-Trovo la tua visione di una famiglia un po’ troppo idilliaca.- osservò Tom. –Pensa a Severus: non mi sembra che la sua famiglia abbia queste caratteristiche-.

-Lo so che non tutte le famiglie sono così, ma…-

-Harry, aggrapparsi a dei sogni irrealizzabili è malsano. Non permettere a questo specchio di allontanarti dalla realtà. Sei forte, combatti-.

Il Grifondoro lo fissò, stupito:  era la prima volta che sentiva Tom rivolgere un complimento a qualcuno e il fatto che fosse lui il destinatario, lo lusingava.

-Se vuoi una famiglia,- continuò la serpe –lotta per costruirtene una-.

Harry annuì.

-Promettimi che non tornerai più in questo posto-.

Il Grifondoro esitò, poi, consapevole che promettendo in Serpentese sarebbe stato vincolato per l’eternità, disse: -Te lo prometto-.

 

 

 

*Esiste veramente. Andate su http://hogwartshot.altervista.org/mappa.html

 

Che ne pensate? Ho riflettuto a lungo su ciò che Tom avrebbe potuto vedere nello specchio, è questa mi è sembrata la più credibile. Lui non è Voldemort e neanche il Tom Riddle sedicenne. Non ha ancora ucciso nessuno, non ha ancora progettato di diventare immortale, non ha ancora scoperto la triste storia della suoi genitori, quindi, secondo me, questo come suo desiderio più grande è abbastanza realistico. Ditemi la vostra opinione, per favore.

Bene ho spostato tre cap in quattro giorni. Credo di meritarmi una vacanza, no? Non aspettatevi il cap XV prima di una settimana. Se sposto così velocemente è perché mi rendo conto che questa storia sarà molto lunga e non voglio far perdere la pazienza a nessuno.  Ciao a tutti!

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Capitolo 15
*** Fine delle vacanze ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:

Pentesilea: O.k., come vedi non ho voluto farti morire. Sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo. Sì, Tom vuole bene a Harry, sente che per alcuni versi sono simili, ma gli ci vorrà molto tempo prima di accettarlo. A me, personalmente la coppia Gellert/Albus ha sempre affascinato ed è un peccato che ci sia così poco materiale su di loro in rete (come d’altronde c’è ne poco su le Tom/Harry), è un pairing sottovalutato. Spero ti piacerà come svilupperò il loro rapporto, anche se ci sarà d’aspettare per vederlo. Ciao, fammi sapere cosa pensi di questo cap. Ci tengo molto alla tua opinione.

DiraReal: Sono contenta che non hai trovato fuori luogo la scena nello sgabuzzino e anche che ti sia piaciuta la scena dello specchio. Con ciò che ha visto Tom ho voluto sottolineare ciò che Tom e Harry hanno di simile: il dolore, la solitudine, il desiderio di trovare una famiglia. Con gli allenamenti di Quidditch ho voluto mettere un pizzico di umorismo nel cap, solo Harry è in grado di convincere Tom ad andare in un campo da Quidditch. Ciao!

Sssweety: Ciao! Grazie per i complimenti, ci tenevo molto allo scorso capitolo e sono felice che ti sia piaciuto. Per Sev e Blaise dovrai aspettare, lo sviluppo della loro relazione sarà molto graduale. Non posso rispondere alla tua domanda sui pericoli che affronterà Harry, senza raccontarti quasi tutta la trama. Ti dirò che la Pietra Filosofale non c’è, come altre cose che la Row ha messo. Senza nessun Mago Oscuro che attenta alla sua vita, i primi anni di Harry a Hogwarts saranno più tranquilli rispetto a quelli dei libri, per quanto il figlio della Salvatrice riuscirà comunque a cacciarsi nei guai. In ogni caso per quanto riguarda l’azione, entreremo nel vivo della storia verso il quinto anno. Eh, sì, Harry a quel punto sarà in pericolo di vita. Ho esaudito il tuo desiderio e ho inserito un parte in cui ci sono Tom e Harry, che all’inizio mancava. E’ piccola, ma spero ti piaccia. Baci

MissyMary: Ciao! Sono felice che il cap ti sia piaciuto. Beh, ci vorrà un po’ di tempo prima che Harry scopra la passione di Tom e diciamo pure che non reagirà bene. In quanto a Norris avvelenata da Nagini, potrei seriamente prendere in considerazione la cosa, anzi mi hai fatto venire un’idea niente male, grazie. Non nominare mai più le parole ‘Piton’ e ‘divisa aderente di Quidditch’ insieme, mi hai fatto visualizzare un’immagine orrenda. Solo Harry può pensare a certe cose, è un gran sognatore. In quanto a Tom, sì, lui starebbe benissimo, ma il nostro rimarrà solo un sogno. Ho cercato di convincerlo, ma lui di giocare a Quidditch non ne vuole sentire parlare. Per quanto riguarda Silente, ho preso in prestito la tua idea per la parte finale di questo cap, spero non ti dispiaccia. La mappa e il mantello compariranno, ma in modo diverso rispetto ai libri. Leggendo, lo scoprirai. A presto.

DJKIKA: Grazie per i complimenti! E anche se il regalo di Natale è sfumato, ti pometto che non ti farò aspettare secoli per gli aggiornamenti, a meno che non intervengano cause di forza maggiore, tipo un asteroide colpisce casa mia e mi distrugge il computer. In ogni caso il pairing è Severus/Blaise. Forse non ti convincerà, ma spero che lo osserverai mentre si sviluppa senza pregiudizi. Ciao!

 

Capitolo XV

Fine delle vacanze

Non è l'amore che fa soffrire, ma la sua assenza.
(di Alessandro Morandotti da ‘Le minime di Morandotti’)

 

L'amore reca più male che bene.
(di Napoleone Bonaparte)

 

 

Severus aveva passato il più bel Natale della sua vita e non rimpiangeva minimamente di essere rimato a Hogwarts per le vacanze. Aveva trascorso quasi tutto il suo tempo con Harry e Tom. Il Grifondoro, a volte, consumava anche i pasti nel tavolo delle serpi (non c’era nessuna regola che lo vietasse, semplicemente a nessuno era mai venuto in mente di farlo) e, se si escludevano i momenti in cui li trascinava al campo da Quidditch, Severus aveva amato ogni singolo istante trascorso con lui. Comunque sia, alla fine, anche il corso di Volo aveva dato i suoi frutti. Probabilmente, Severus non sarebbe mai entrato nella nazionale di Quidditch, ma forse sarebbe riuscito a convincere Madama Bumb a consegnarli il brevetto di volo.

Era di questo che stava parlando con suo zio al momento. Era l’ultimo giorno prima della ripresa delle lezioni e i due si trovavano nelle stanze del Maestro di Pozioni. Mentre Teddeus dosava la polvere di fata necessaria ad una pozione che bolliva in un angolo dell’ufficio, il ragazzo gli narrava delle vacanze.

-Hai pensato anche ai compiti, tra una lezione di Quidditch e una partita a scacchi?- gli chiese l’uomo –Ti ricordo cha alla prima lezione di Pozioni, ti aspetta una verifica-.

-Naturalmente, abbiamo anche studiato- lo rassicurò il giovane. –Non sono come Black, io-.

Teddeus sorrise. L’antipatia che Severus provava nei confronti di Sirius Black, gli ricordava quella che lui aveva covato verso James Potter. Come aveva ripetuto più volte a Lily, era spocchioso, arrogante e tremendamente viziato. Alla fine, però, lui e il marito della sua migliore amica erano riusciti ad appianare le loro divergenze. Con nostalgia si ricordò di quando, dopo un loro ennesimo litigio (sfociato in un duello), la rossa non aveva più rivolto la parola a nessuno dei due per un mese e di quando gli aveva rinchiusi in una stanza, affermando che li avrebbe liberati solo quando avessero cominciato a comportarsi come persone civili.

-Ti stai preparando anche per la gara contro Beauxbatons?- domandò.

Sev annuì, poi, a disagio, chiese: -Mi hai messo in squadra solo perché sono tuo nipote?-.

Teddeus, sorpreso per la domanda, scosse la testa e rispose: -Severus, tu hai un talento straordinario per la mia materia e lo hanno anche il signor Riddle e il signor Dumbledore-. Si avvicinò al calderone e ci versò la polvere di fata, per poi continuare: -Sono consapevole che molti mi accusano di aver fatto favoritismi, ma sono certo che voi tre riuscirete a dimostrargli il contrario-.

In quel momento, qualcuno aprì la porta dicendo: -Prince, hai preparato…-, quando si accorse che il professore non era solo, si bloccò sull’uscio, un po’ imbarazzata. Era Esme.

-Scusate,- borbottò. –non volevo interrompervi-.

Teddeus alzò le sopracciglia, scocciato. –In Italia non si usa bussare, prima di entrare nelle stanze altrui?-.

Esme s’imbronciò. Sapeva che l’uomo aveva ragione, affermando che aveva peccato di maleducazione, ma questo non le impediva d’irritarsi. –Sono venuta solo perché non mi hai ancora preparato la pozione. Mi serve oggi, lo sai-.

Teddeus indicò il calice, da cui saliva un fumo leggero, appoggiato sulla scrivania. –Serviti pure,- la invitò –tanto ti comporti già come se fossi a casa tua-.

La strega afferrò il calice e uscì dalla stanza, senza salutare.

Severus, perplesso, rivolse allo zio uno sguardo incuriosito.

-Ultimamente, la professoressa Redbird non si sente molto bene- rispose il più grande alla domanda inespressa.

***

Harry era in biblioteca, per restituire un libro sui demoni minori, quando intravide Tom, seduto ad un tavolo di uno dei reparti di Difesa, che consultava un tomo sulle maledizioni di grado avanzato.

-Ci capisci qualcosa?- chiese, avvicinandosi e sedendosi affianco a lui.

-Più o meno- rispose il Serpeverde, distogliendo lo sguardo dal libro il tempo indispensabile per scoprire l’identità del suo interlocutore.

-Io ho provato a leggerlo circa un mese fa, su consiglio di Albus.- continuò Harry- Ho capito solo metà del suo contenuto. Lui dice che è perché non ho studiato abbastanza approfonditamente Teoria della Magia, ma ha detto anche che ho tutto il tempo per farlo perché non studieremo questi argomenti prima del quarto anno-.

Tom non rispose. Era completamente concentrato sul capitolo Le Maledizioni Senza Perdono. Harry stava per alzarsi e togliere il disturbo quando il Serpeverde disse: -Sei citato, sai-.

-Sì, lo so.- rispose l’ultimo dei Potter, preso in contro piede dall’improvvisa replica -Sono l’unica persona, di cui si sappia, sia mai sopravvissuta all’anatema che uccide- citò a memoria.

Rimasero in silenzio per un altro po’. Tom leggeva mentre Harry fissava il vuoto, pensieroso.

-Domani ricominciano le lezioni- disse il Grifondoro, a un certo punto.

-Ti dispiace?-.

-No, anzi sono felice che il castello si sia ripopolato-.

-Strano, non sembri il genere di persona che soffre la solitudine-.

-Che vuoi dire?- chiese Harry, preso in contropiede.

-Coloro cha hanno bisogno di compagnia per essere felici, sono deboli- rispose il Serpeverde, guardandolo negli occhi.

-Credi sia una debolezza, apprezzare la compagnia di qualcuno?- ripeté Harry, sperando di aver capito male.

-Sì, è quello che ho detto- convenne Tom. –Una persona forte sa essere perfettamente indipendente e non ha bisogno di niente e di nessuno-.

Harry aggrottò le sopracciglia, perplesso. –Non credo sia una questione di bisogno.- disse –Se vuoi bene a qualcuno, sei felice quando ti è accanto: è normale-.

-E sei infelice quando ti è lontano- insistette la serpe.

-Vero, ma è un prezzo che si è disposti a pagare-.

-Perché?-.

-Come, perché?- Harry riteneva che la conversazione stesse diventando assurda. –La felicità che provi quando una persona a cui vuoi bene ti è vicina, è tale da essere disposti anche a soffrire. Ma, comunque, - aggiunse poi, -questo è un discorso inutile. Non puoi scegliere se affezionarti o meno ad una persona: ti ci affezioni e basta-.

-Sicuro?-

-Di cosa?-

-Che non si possa scegliere-.

-Sì, certo. Se si potesse scegliere Eileen, la madre di Sev, non avrebbe mai scelto d’innamorarsi di un uomo come Tobias Snape- disse il Grifondoro tristemente.

-Non ha potuto scegliere perché è una debole- disse Tom –ma io non lo sono-.

-Credi di poter scegliere se amare o meno?-.

-Sì-

-No, è impossibile-

Tom ghignò. –Scommettiamo?-.

***

Dopo aver posato il suo baule ed essere salito sull’autobus, Sirius si premurò di allontanarsi il più possibile da sua cugina e Lucius e si diresse verso l’ultimo piano del Nottetempo. Sbuffando, irritato, si trascinò su una poltrona e la immobilizzò con un incantesimo per impedire che sbalzasse in continuazione. Teoricamente, non avrebbe dovuto fare incantesimi fuori dalle mura scolastiche, ma, una volta, Caius gli aveva spiegato che in un luogo in cui era presente un Mago adulto, non si poteva rintracciare la magia minorile. Uno dei tanti consigli utili di cui era grato al futuro marito di suo zio.

Immerso com’era nei suoi pensieri, non si accorse della figura di Remus Lupin che prendeva posto affianco a lui.

-Ciao- lo salutò questi.

-Ciao- rispose Sirius un po’ sorpreso. –Abiti a Londra, quindi?- . Si pentì quasi subito della domanda. La risposta era talmente scontata: era ovvio che abitasse a Londra. Il Corvonero, comunque, non glielo fece notare.

-Sì, a Diagon Alley, sopra il negozio di Madama McClan, mia madre lavora per lei-.

-E tuo padre?- chiese Sirius, interessato.

Per un istante il volto di Remus si contrasse in una smorfia, poi rispose: -Lui è morto-.

-Oh- fu l’unico commento che uscì dalle labbra del Purosangue. Voleva chiedergli cme, ma aveva l’impressione che sarebbe stato un po’ insensibile.

Il Corvonero, comunque sia, dovette leggergli sul viso la domanda perché disse: -E’ stato aggredito da un licantropo-.

-Era un Cacciatore di Creature Oscure?- chiese Sirius, riferendosi a una sezione dell’Ufficio Auror.

-No, lui…- Remus si morse un labbro, esitante. Si stava lasciando sfuggire troppe informazioni. –Aveva un conto in sospeso con un determinato licantropo-.

-Tuo padre dev’essere stato molto coraggioso. Affrontare un lupo mannaro non è da tutti- commentò Sirius, ammirato.

“Più cha altro, mi amava infinitamente” pensò Remus.

-E i tuoi genitori?- chiese, per cambiare argomento. –Che lavoro fanno?-.

Sirius non rispose, si limitò a sbuffare.

-Toccato tasto dolente?- indovinò il Corvonero.

-Diciamo che non ho passato delle belle vacanze- minimizzò il Grifondoro.

Remus annuì. –Immagino, non vai molto d’accordo con la tua famiglia, vero?-.

-Da cosa te ne sei accorto?- chiese il moro, con tono ironico.

-Dal fatto che tua cugina è al primo piano mentre tu sei qui- rispose il Lupo Mannaro, serio. –Ma sai,- aggiunse poi. –alla fine non ha molta importanza-.

-Cosa?-

-La famiglia, se ci vai d’accordo o meno. Voglio dire è bello avere una famiglia unita e felice: io adoro mia madre e non riesco ad immaginare la mia vita senza lei, ma, alla fine, tutti, comunque, avranno la possibilità di costruirsi la famiglia che avrebbero voluto e di lasciarsi alle spalle quella che il destino ha designato per loro-.

Sirius fece un piccolo sorriso, sentendosi un po’ meglio.

***

Quando Tom entrò nel suo dormitorio, per preparare il materiale scolastico per il giorno seguente, ci trovò dentro Bellatrix Black seduta sul letto di Malfoy.

-Questo è il dormitorio maschile- le fece notare.

-Sono venuta per riportare a Lucius un libro- spiegò la ragazza.

Il Serpeverde stava per voltarle le spalle e dirigersi verso le sue cose quando Bellatrix si alzò e gli si avvicinò.

-E poi- continuò lei –volevo darti questo-.

Tirò fuori da una tasca un pacchettino avvolto in carta argentata e glielo porse. –Consideralo un regalo di Natale, o di compleanno se preferisci. Era il 31, vero?-.

Tom, con espressione impassibile, strappò la carta del regalo e ne estrasse il contenuto: era una catenina con un ciondolo a forma di serpente, era d’oro bianco e il serpente s’avvolgeva attorno a uno smeraldo.

-Ho pensato ti si addicesse-.

-Dovrei ringraziarti?- le chiese, indifferente, non comprendendo cosa si aspettasse da lui. Sia chiaro, non aveva nulla contro Bellatrix. Era astuta, piena di talento e sapeva farsi rispettare, ma a volte, in quel momento per esempio, era un po’ troppo appiccicosa.

-No,- rispose la ragazza. –solo… tienilo- poi uscì dalla stanza.

Appena fu fuori si sentì invadere dall’imbarazzo. Aveva visto quel ciondolo, quando era uscita, con sua madre, per fare compere in vista del ballo e subito aveva pensato che fosse perfetto per Tom. Impulsivamente lo aveva comprato, pensando che probabilmente il ragazzo non avrebbe ricevuto altri regali. Solo ora si rendeva conto della portata della sua azione e se ne vergognava. Era stato tutto talmente umiliante!

Per la rabbia sbatté un pugno contro una delle pareti della Sala Comune, spaventando la povera Millicent Bulstrode che tentava di finire i compiti di Incantesimi. Nessun’altro riusciva a ridurla in questo stato. Tom Riddle era diverso, speciale, unico e la strega desiderava che lui pensasse le stesse cose di lei, ma quella non era la strada giusta. Se voleva conquistarsi il rispetto del Serpeverde doveva dimostrargli il suo valore, non strisciare ai suoi piedi come una ragazzina alla sua prima cotta. Anche se lei era una ragazzina e quella era la sua prima cotta. 

Fece un profondo respiro per calmarsi, poi si diresse verso l’uscita della Sala. Aveva bisogno di sfogarsi su qualcuno e Neville Paciock faceva al caso suo. Sperava solo fosse di nuovo alle serre per esaminare strane piante.

***

Harry era seduto sul suo letto e osservava Albus e Sirius svuotare i loro bauli. Erano tornati dalle vacanze natalizie nel tardo pomeriggio, avevano cenato e poi si erano diretti tutti e tre al dormitorio. L’unico assente era Neville. Era tornato anche lui quel giorno, ma poi era subito andato alle serre per vedere se la sua Gremoglina Arlacea era sbocciata.

-Le tue vacanze come sono state, Al?- chiese il Purosangue.

-Tranquille- rispose Albus mentre ripiegava un maglione arancione ricamato magicamente con delle rane che saltellavano qua e là. Solo lui riusciva ad indossare certe cose e a non farsi ridere dietro. –Abbiamo decorato l’albero tutti insieme, ho aiutato mia madre a preparare il pranzo di Natale e il cenone della vigilia e ho cercato di convincere mio fratello a leggere qualche libro, ma lui non faceva altro che fuggire di nascosto per raggiungere le capre-.

-Le capre?- ripeté Sirius, perplesso, mentre riponeva dei biscotti gufici appartenenti a Winbourne, il suo gufo. Sì, Winbourne come le Vespe di Winbourne: aveva dato al suo famiglio il nome di una squadra di Quidditch.

-Per il suo settimo compleanno,- spiegò il rosso –ha chiesto due capre in regalo, maschio e femmina, e papà gliele ha comprate insieme ad una stalla in cui metterle. Cosa ci faccia lo sa solo lui, comunque il latte che producono è buonissimo. Ve lo farò assaggiare, se verrete a trovarmi quest’estate-.

-Sai, non riesco a immaginarmi tuo fratello. Quanti anni ha?- gli chiese Sirius, buttandosi sul letto.

-Otto. E tu Harry? Com’è stato il tuo Natale?-.

L’ultimo dei Potter sorrise, radioso. –Bello, il migliore della mia vita-.

-Sono felice per te,- commentò Albus –ma non ti sei sentito solo? Della nostra Casa, oltre a te, erano rimasti solo i fratelli Weasley-.

Il Mezzosangue scosse il capo. –No, sono stato con Tom e Sev-.

Al nome di Riddle, Albus aggrottò le sopracciglia. –Senti,- disse –stai in guardia con lui, o.K.?-.

-Si può sapere cos’hai contro di lui?- gli chiese Harry, leggermente irritato.

“Bella domanda.” pensò il figlio del Ministro “Cos’ho contro di lui?”. La risposta doveva essere ‘Nulla’. La sua antipatia verso Tom Riddle era ingiustificata, anzi il Serpeverde era il genere di persona che solitamente ammirava: intelligente, dotato, coraggioso e nonostante fosse Mezzosangue era riuscito a conquistarsi il rispetto di persone che, come Bellatrix Black, consideravano indegni della propria attenzione chi non aveva sangue puro. Teoricamente la cosa avrebbe dovuto renderlo felice, suo padre lo sarebbe stato, perché dimostrava che certi pregiudizi stavano scomparendo, eppure…

-Non ho nulla contro di lui.- rispose con un sorriso, poi, come se nulla fosse afferrò dal suo comodino un sacchetto di caramelle al limone e chiese: -Ne volete? Sono ottime-.

Ho pubblicato delle flash ficsu questa storia. Magari se vi va potreste leggerle e lasciarmi un commentino. Sono quasi tutti degli spoiler, ma credo che non svelino nulla che non poteste immaginarvi.

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Capitolo 16
*** Guai in vista ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:  

MissyMary: Sei un po’ sadica, vero? Sul serio ti divertiresti a vedere Sev soffrire per un amore non corrisposto verso Harry? Beh, in effetti mi divertirei anch’io e ci avevo già pensato. Povera Bella, la odi proprio, eh? E pensare che è solo una ragazza innamorata e, diciamocelo, come potrebbe essere possibile non esserlo di Tom? Comunque non sottovalutarla lei è molto determinata, come ogni Serpeverde che si rispetti. Sono felice che non ti dispiaccia se uso qualche tua idea (le recensioni m’ispirano). In quanto al club di cuori infranti, ce ne sarebbe proprio bisogno tra Tom e Sirius (sì, lui è gay o meglio bisex). Sull’Harry animagus ci sto lavorando, non prometto niente. Spero ti piaccia anche questo cap e ti ringrazio per aver recensito le mie flash fic su questa storia. Grazie di cuore e baci!

Pentesilea: Sono felice che ti sia piaciuto lo scorso cap! Comunque neanch’io riesco a vedere Tom e Bella felicemente fidanzati. Tom ha bisogno di qualcuno che riesca a tenergli testa. Anch’io adoro Remus e Sirius, per quanto sia una coppia che ho scoperto da poco, ma da allora mi sono fatta delle scorpacciate di Remus e Sirius ambientate nell’era dei malandrini. In quanto alla tua domanda su Esme, no, non è un licantropo: la pozione doveva portarla a Remus, che quel giorno tornava a scuola. Ah, non mi dispiace affatto se utilizzi la mia idea, anzi, mi sento onorata. Non vedo l’ora di leggere la tua storia, terrò d’occhio il tuo account. Baci.

DiraReal:  Grazie per i complimenti. Anche a me Harry fa tanta tenerezza, Tom svegliati, quando arriviamo all’adolescenza? (guarda che sei tu che scrivi ndTom Oh, hai ragione nda). Sono contenta che ti sia piaciuta l’idea del maglione (anch’io penso che sia una drag queen).  Ti ringrazio anche per i consigli, sono sempre ben graditi. Comunque non ho messo il link, perché ho aggiunto lo spam all’ultimo momento e poi ho dovuto lasciare il computer.

 DJKIKA: Sono felice che ti sia piaciuto lo scorso cap! Sei l’unica che si faccia intenerire da Bella, sai? Quanto a Neville, a volte mi spiace per lui. Sembra che l’abbia inserito solo per farlo torturare da Bellatrix (il che forse è vero), ma nel proseguire degli anni avrà i suoi momenti di rivalsa (sia chiaro non su Bella). Anch’io mi sono sempre chiesta perché abbiano modificato la traduzione di caramelle al limone, una delle tante traduzioni che nn ho mai capito. Alla prossima, ciao.

Sssweety: Non mi hai minimamente rotto. Anzi, le richieste mi aiutano a sviluppare la storia in modo migliore. A proposito, ti va bene che Harry da animagus non si trasformi in un cervo? Perché sicuramente non succederà. La Row ha detto, non ricordo su che sito che pubblicava una sua intervista, che la trasformazione in animagus funziona come l’evocazione di un patronus, nel senso che non sai in cosa ti trasformerai fino a quando non sei trasformato. In ogni caso di solito la forma che assumi è la stessa che assume il patronus (esempio la McGranitt si trasforma in un gatto e il suo patronus è a forma di gatto). Tutto questo per dirti che visto che il patronus di Harry in questa fic non sarà un cervo (Spoiler!), lui non potrà essere un animagus a forma di cervo. Dimmi come la pensi. Sono contenta che l’incontro tra Tom e Harry ti sia piaciuto ^_^ e, hai ragione, il loro non è ancora amore. Eh, sì, Albus è molto intuitivo. Baci Baci

 

 

Capitolo XVI

Guai in vista

Lo ammetto.

Mi piace da morire essere rispettata,

adorata, godere di una posizione di prestigio

ed essere la numero uno in tutto.

(da Le Situazioni di Lui e Lei)

 

-Fatemi capire, siete tutti convinti che vincerà Serpeverde?- chiese Tonks a Harry, Sirius, Hermione, Remus, Padma Patil e Blaise.

I primi cinque non risposero, optando per un dignitoso silenzio, ma Blaise, senza peli sulla lingua, disse: -Ninfadora,- la ragazza sbuffò, ma non replicò, ormai c’era abituata –la squadra di Tassorosso fa schifo-.

Sirius ridacchiò e Hermione commentò: -Non dovresti fingere che così non sia per una questione di solidarietà tra membri della stessa Casa?-.

-Odio l’ipocrisia- rispose lui.

-La tua è crudeltà e basta- disse Dora –Non posso ancora credere che sei andato dal capitano per raccomandargli di giocare malissimo, come sempre, perché tu avevi scommesso sulle serpi-.

-Non apprezzi la mia sincerità?- chiese Blaise, sbattendo gli occhi nell’espressione più innocente che aveva in repertorio.

-Sei pure venuto indossando i colori di Serpeverde!- lo accusò Dora indicando il sontuoso mantello verde smeraldo ricamato d’argento, che il ragazzo indossava.

-E’ vero,- ammise quest’ultimo –però ho la sciarpa di Tassorosso!- aggiunse afferrandone un lembo e sventolandolo.

-Solo perché ti ho costretto- precisò la Metamorfomagus che era avvolta in un mantello giallo a strisce verticali nere  coordinato con la sciarpa della sua Casa e i suoi capelli, che quel giorno erano giallo-neri.

Era una gelida, ma limpida mattina di febbraio. Tonks, Blaise, Harry, Sirius, Hermione, Remus e Padma si trovavano sugli spalti del campo da Quidditch per assistere alla partita Serpeverde contro Tassorosso. Tuttavia, se si escludeva Dora, nessuno di loro era particolarmente  interessato all’incontro.

Blaise era lì per assicurarsi di vincere la scommessa e perché sperava d’incontrare Lucius. Ultimamente, il biondo si era comportato in modo strano nei suoi confronti. Beh, a dire il vero non era solo ‘ultimamente’, era da quando erano tornati dalle vacanze di Natale. All’inizio i cambiamenti erano stati minimi e non se n’era accorto, ma pian piano, aveva notato il modo più formale con cui gli parlava e il fatto che le volte in cui gli si avvicinava di sua volontà diventavano sempre più rare. Voleva sapere il perché. Se Lucius aveva qualcosa contro di lui che glielo dicesse in faccia. Appena ebbe finito di formulare questo pensiero, si ritrovò a ridere di sé stesso: dire le cose in faccia era nello stile dei Grifondoro e dei Tassorosso, non dei Serpeverde. Evidentemente la vicinanza di Dora, Sirius e compagnia bella stava cominciando ad avere degli effetti su di lui.

Hermione aveva abbandonato il suo interessantissimo libro su Le conseguenze fisiche e metafisiche del riflesso derivatorio dell’incantesimo trasfigurale di base perché Harry l’aveva trascinata via dalla biblioteca, affermando che se avesse passato la sua vita al chiuso e china su degli enormi volumi sarebbe morta giovane. La Nata Babbana riteneva che questa stramba teoria derivasse dal bando contro lo studio che i gemelli Weasley avevano appeso in Sala Comune, ma, alla fine, aveva seguito il moro. Non riusciva mai a dir di no a quel ragazzo.

Remus, invece, era stato trascinato al campo da Sirius. Da quando erano tornati dalle vacanze natalizie, i due avevano stretto una salda amicizia che aveva sorpreso non pochi. Pareva strano che l’impulsivo, estroverso e vivace Grifondoro andasse d’accordo col mite e tranquillo Remus Lupin. Secondo Harry, i due formavano un duo perfetto. Il Corvonero era una delle poche persone al mondo che riuscisse a tenere a freno il carattere impetuoso di Sirius e quest’ultimo era una delle poche persone al mondo che riuscisse a tirare fuori il castano dal guscio d’anonimità in cui amava rinchiudersi.

 Padma Patil, invece, era lì solo per provarci col Purosangue Grifondoro. Sirius era molto popolare tra le ragazze, anche fra quelle più grandi.

Mentre Madama Bumb fischiava, dando inizio alla partita, Remus cominciò a mordersi nervosamente un labbro. Non era tranquillo. Da quando erano arrivati al campo il suo sesto senso gli diceva che c’era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa.

-Perché siete tutti convinti che vincerà Serpeverde?- chiese la Tassorosso, per quella che doveva essere la centesima volta.

 -Tonks, i Tassorosso non hanno nessun giocatore degno di questo nome. Inoltre i loro schemi di gioco sono inefficienti- le spiegò pazientemente Harry mentre uno dei Battitori di Serpeverde colpiva in pieno con un bolide uno dei Cacciatori giallo-neri.

-Ahi!- esclamò Sirius –Quello deve aver fatto parecchio male-.

-Sì,- concordò Blaise indifferente –Probabilmente ha il braccio rotto-.

Hermione scosse la testa, in segno di disapprovazione. Proprio non comprendeva cosa i suoi amici amassero tanto di quel gioco violento.

-Il prossimo anno voglio sostenere i provini per entrare in squadra- dichiarò la Metamorfomagus. Intanto, un Prefetto stava trasportando il giocatore di Tassorosso in infermeria e Serpeverde segnava il primo goal.

-Che ruolo?- chiese Harry, interessato.

-Cacciatore- rispose Dora con tono eccitato. –Uno dei tre attuali cannonieri si diploma alla fine di quest’anno quindi ci sarà un posto libero-.

Mentre i verde-argento segnavano altri due goal, raggiungendo il punteggio di 30 a 0, Sirius si accorse che Remus aveva qualcosa che non andava: era pallido e leggermente sudato.

-Che hai?- gli chiese.

-Niente- rispose il Corvonero con un sorriso tirato.

Padma, seduta affianco a Sirius, intervenne: -Sicuro? Tu ti ammali così facilmente. Sei proprio di salute cagionevole-.

Al Corvonero venne da ridere. Salute cagionevole… non lo era, proprio no. Uno dei pochi lati positivi della trasformazione in licantropo era l’aumento della resistenza fisica e il fatto che fosse immune da molte malattie umane.

Remus si chiese se l’amica fosse davvero preoccupata per lui o stesse solo cercando di trovare un modo per restare sola col Grifondoro. Non sapeva il perché, ma la cosa lo irritava. Probabilmente era perché mancavano solo due settimane alla luna piena. Il satellite non influiva solo sul suo corpo, ma anche sul suo carattere, rendendolo suscettibile.

-Credo che Lupin sappia se sta bene o no- intervenne Blaise con un sorriso derisorio sul volto: si era accorto delle mire di Padma.

-Urrah!- Dora, improvvisamente, balzò in piedi e cominciò a saltellare e battere le mani.

Gli altri la fissarono stralunati, chiedendosi se fosse il caso di chiamare l’infermiera della scuola, finché non si accorsero che Tassorosso aveva segnato il suo primo goal, probabilmente anche l’ultimo, ma questo nessuno lo disse: Tonks sprizzava gioia da tutti i pori.

Mentre saltellava la giallo-nera mise un piede in una posizione sbagliata, inciampò sul mantello e cadde fragorosamente a terra. Sirius si disse che forse non era il caso che sua cugina entrasse in una squadra di Quidditch, visto che riusciva a farsi male anche quando restava con i piedi a terra.

Un ragazzo di Corvonero di qualche anno più grande, seduto vicino a loro, molto cavallerescamente  si alzò dal suo posto per aiutarla a rimettersi in piedi.

-Grazie- mormorò Tonks, mentre i suoi capelli diventavano rosso fuoco a causa dell’imbarazzo (possibile che non riuscisse mai a farne una giusta?!).

-Di niente- rispose il ragazzo.

-Tonks- si presentò Dora con un sorriso, mentre i suoi capelli diventavano rosa. Era raro che rimanesse di cattivo umore per più di dieci secondi. Uno dei tanti privilegi derivanti dal nascere in una famiglia unita e felice e vivere in un ambiente sereno come quello di Tassorosso.

-Alastor- si presentò il Corvonero, pensando a quanto fosse strano il nome ‘Tonks’ per una ragazza. Poi si allontanò e tornò a sedersi al suo posto.

Quell’incidente aveva aiutato Remus a comprendere cosa non andasse. Mentre la Tassorosso cadeva, non era riuscito a focalizzarla, alla sua immagine si era sovrapposta  quella di Neville Paciock. Probabilmente era solo perché anche al Grifondoro capitava spesso d’inciampare, ma comunque sia chiese: -Dov’è Neville?-.

I suoi compagni lo fissarono perplessi.

Neville, teoricamente, avrebbe dovuto essere lì con loro. Aveva detto che li avrebbe raggiunti dopo aver restituito un libro in biblioteca, ma ormai era passato un bel po’ di tempo.

Harry si alzò di scatto e dichiarò: -Vado a cercarlo-. Qualcosa nel tono di voce del Corvonero l’aveva messo in allarme.

-Vengo con te- disse Sirius, anche lui con un brutto presentimento.

I due si mischiarono tra la folla ed ebbero fortuna. Harry, grazie alle sue abilità di Cercatore, riuscì ad invidiare quattro ragazzi che si trovavano fuori dallo stadio, nel parco. Da quella distanza non poteva essere certo che uno di loro fosse Neville, ma decidendo di affidarsi al suo intuito corse verso il gruppetto, seguito da Sirius.

Quando arrivarono a destinazione, trovarono Neville in compagnia di Bellatrix, Tiger e Goyle. Il Grifondoro, per la cronaca, era legato ad un albero grazie ad un incantesimo e aveva il viso gonfio di pugni.

-Che stai facendo?- chiese Sirius con la voce tremante per la rabbia.

La risposta era abbastanza ovvia, ma la Serpeverde sì sentì comunque in dovere di rispondere. –Provavo qualche incantesimo- disse.

Sia Sirius che Harry tirarono fuori le bacchette.

-Lascialo andare- ordinò Harry, con un tono di voce gelido.

Bella, bacchetta già estratta, pronunciò un incantesimo della pastoia, ma esso fu bloccato dall’ultimo dei Potter. Sirius, invece, estrasse dal suo mantello un barattolo di marmellata, contenente del fuoco portatile che utilizzava per riscaldarsi, e lo lanciò addosso alla Serpeverde. Bella cominciò ad urlare per il dolore, ma le fiamme furono ben presto spente da una settima presenza comparsa alle loro spalle.

Era la professoressa McGranitt.

E non l’avevano mai vista tanto arrabbiata.

 

Nel frattempo Tom, Severus e Albus si trovavano nel sud della Francia, e per la precisione nella scuola francese di Beauxbatons, per sostenere la gara di Pozioni interscolastica.

Mancava poco alla fine della gara e quel giorno si sarebbero scontrati con i loro rivali in un’interrogazione orale. La squadra che avrebbe risposto esattamente a più domande, avrebbe guadagnato un tot di punti che si sarebbe aggiunto a quelli assegnati alla ricerca. Al momento, la squadra di Hogwarts era in vantaggio, ma se i rivali francesi fossero riusciti a ottenere un punteggio molto elevato la loro vittoria sarebbe stata a rischio.

Teddeus Prince ci teneva molto alla vittoria. La sua scelta d’inserire in squadra tre matricole era stata molto contestata e aveva, involontariamente, offeso il suo collega di Beauxbatons che si era sentito sottovalutato. Per dimostrare che non era stato parziale e che non aveva voluto arrecare offesa a qualcuno la sua squadra doveva vincere.

Diana Dagworth-Granger era disposta a tutto pur di esaudire il desiderio del Maestro di Pozioni. Provava per lui un’ammirazione sconfinata e ci teneva a dimostrargli il suo valore (non poteva ancora credere che l’avesse messa allo stesso livello di tre mocciosi di undici anni!).

Quella di Diana per Pozioni era una passione che sconfinava nell’ossessione. Il suo idolo era Lily Potter (in una delle pagine del suo diario, vi era attaccata una sua foto) e desiderava seguire le sue orme, facendo scoperte importanti ed entrando nella Società Internazionale per le Magie Sperimentali. Ovviamente non era un obbiettivo facile da raggiungere (nella Società venivano ammessi solo i migliori), ma quella gara era un primo passo per raggiungere il traguardo. Se avesse fatto un’ottima impressione durante l’interrogazione orale, forse qualche membro della commissione si sarebbe ricordato di lei quando, anni più avanti, avesse fatto domanda per entrare nella Società.

Questa era una delle ragioni per cui si era comportata in modo odioso con Dumbledore, Riddle e Snape durante quel periodo. Non è che covasse risentimenti personali nei loro confronti, ma nessuno le avrebbe levato dalla testa che se quei tre erano in squadra non era solo merito del loro talento in Pozioni.

Quello che non sapeva è che Tom Riddle non permetteva a nessuno di essere odioso nei suoi confronti e passarla liscia, perciò aveva deciso d’umiliarla davanti al suo adorato Prince e alla commissione. Aveva inserito, non visto, una pozione nel cappuccino di Diana. La pozione avrebbe confuso la mente della Corvonero, impedendole di rispondere alle domande durante l’interrogazione e facendole fare una magra figura.

Alla fine se l’erano cavata egregiamente, ma Prince aveva rimproverato pesantemente Diana per aver fatto scena muta e la ragazza era scoppiata a piangere. La Corvonero non capiva cosa fosse successo. Il suo cervello era andato in black-out e lei non era riuscita a concentrarsi sulle domande degli esaminatori.

Severus e Albus avevano le idee chiare su ciò che aveva potuto essere successo. Il Serpeverde riteneva che se lo fosse meritato. Diana era stata veramente insopportabile: li criticava in continuazione e un paio di volte si era presa il merito per un’idea che non era stata sua.

Il Grifondoro, invece, era convinto che Tom avesse esagerato. Sapeva che era inutile riferire a Prince ciò che sospettava fosse successo: non aveva prove e il professore, come tutti gli insegnanti della scuola, aveva un debole per Riddle, quindi, decise di affrontarlo in privato.

Giunti nella stanza che Beauxbatons aveva preparato per loro (Severus e Cedric ne condividevano un’altra e Diana aveva una stanza singola) gli chiese: -Vai fiero di ciò che hai fatto?-.

-Non so di cosa tu stia parlando- dichiarò il moro, tranquillo, sdraiandosi sul letto.

-Non prendermi per stupido, Riddle- ribatté Albus.

-Dagworth-Granger aveva studiato come una matta per questa interrogazione. Se non è riuscita a proferire parola è perché qualcuno le ha fatto qualcosa-.

-E devo per forza essere stato io? Per quel che ne sai potrebbe essere stata opera di uno dei nostri rivali-.

-Hai ragione,- convenne il rosso incrociando le braccia –ma so che sei stato tu-.

-Non capisco perché mi stai tediando con questa storia. Va a parlare con Prince-.

-No, non ho prove, ma sappi che se dovesse succedere nuovamente una cosa simile, farò di tutto per dimostrare che ci sei tu dietro-.

-Buona fortuna,- gli augurò l’orfano. –ma lascia che ti dica una cosa. Per essere uno che considera ciò che è successo a Diana un’ingiustizia, non ti sei fatto scrupoli a rispondere al posto suo alle domande per fare bella figura-.

Albus arrossì leggermente, ma replicò: -L’ho fatto solo per non far perdere la squadra-.

Tom gli rivolse un ghigno divertito. –No, Dumbledore, l’hai fatto perché ami metterti in mostra ed essere il numero uno-.

E mentre Tom si dirigeva in bagno per farsi una doccia, Albus si chiese se non avesse ragione.

Sono a letto con la febbre e nonostante questo mi sono trscinata davanti al computer per aggiornare quindi mi farebbe davvero TANTO TANTO piacere se recensiste. Grazie!

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Capitolo 17
*** Nella foresta ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Sssweety: Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto. Sì, Alastor diventerà il compagno di Tonks, ma la loro storia d’amore l’accennerò appena. Davvero, ho fin troppi personaggi di cui occuparmi. Quanto all’animale in cui si trasformerà Harry, non stavo pensando a un felino, ma lo vedrai. Comunque, mi è piaciuta molto la descrizione che hai fatto del carattere di Harry. Spero ti piaccia anche questo cap. Ciao!

MissyMary: Credo di capire perché ti  pace Tom: sei come lui! Sadica e vendicativa. Ovviamente la McGranitt sarà imparziale, spiacente, dovrai aspettare per vedere Bellatrix torturata. Blaise piace tantissimo anche a me. E’ un personaggio su cui si può lavorare molto di fantasia perché la Row su di lui dice pochissimo, quindi qualunque cosa uno scriva, non può essere considerata OOC. Quanto a Serpeverde, hanno vinto naturalmente, ma d’altronde non c’era proprio paragone. Fammi sapere cosa pensi di questo cap, ciao.

DiraReal: Spero tu abbia passato un buon inizio anno. Sì, Tonks e Moody si metteranno insieme, ma la storia d’amore sarà appena, appena accennata. Per quanto riguarda Diana, sì è un caso che abbia Granger nel cognome. Teoricamente lei è imparentata con Hector Dagworth-Granger, un pozionista che la Row cita in Halfblood Prince. Grazie per i consigli, d’ora in poi cercherò di stare più attenta agli errori =) Baci.

DJKIKA: Grazie per i complimenti, sono felice che ti sia piaciuto. Per la punizione che avranno Harry e Bella, ti rimando a questo cap. Naturalmente Tom non cambia mai. Baci e a presto

Pentesilea: Ciao! Sono contenta che ti sia piaciuto anche lo scorso cap. Anche a me Tonks è simpatica. E’ il personaggio più solare di tutta la fic. Albus lo odiano un po’ tutti, credo. Descrivere il suo carattere è difficile perché ha tante sfaccettature. Non è cattivo, ma non è neanche un santo, come vorrebbe far credere. Volevo rinnovarti i miei complimenti per la tua fanfic e alla prossima.  

 

Capitolo XVII

Nella Foresta  

-E’ davvero impossibile

avere una risposta chiara da un centauro.

Sono sempre lì che guardano le stelle.

Di quel che succede quaggiù,

non gliene importa un fico secco.-

(tratto da Harry Potter e la Pietra Filosofale)

 

 

-Non posso ancora crederci.- ripeté Sirius, per quella che doveva essere la milionesima volta. –Perché la McGranitt ha messo in punizione anche noi?-.

-Perché appiccare fuoco ai vestiti delle persone è vietato dalle regole della scuola- rispose Harry con voce atona. Se gli avessero dato una falce per ogni volta che aveva ripetuto quella frase, a quel punto avrebbe potuto comprarsi casa Black e, chissà, forse anche il Malfoy Manor.

-E cosa avremmo dovuto fare, secondo lei? Lasciare che Bellatrix, Tiger e Goyle continuassero a torturare Neville?-.

Forse Sirius soffriva di memoria a breve termine. In caso contrario non si spiegava perché, apparentemente, si fosse dimenticato tutto il discorso che la McGranitt aveva fatto a loro.

-Avremmo dovuto andare da un insegnante e denunciare l’accaduto- disse il Mezzosangue.

-Certo!- proruppe Sirius. –Come no! E nel frattempo Neville veniva fatto a pezzettini-.

-Per quanto la situazione fosse critica, incendiare i vestiti della signorina Black è stato esagerato- ripeté Harry, come un pappagallo. –Se non fosse intervenuta la McGranitt avrebbe potuto farsi seriamente male e anche così le ustioni erano molto gravi-.

-Stronzate!- imprecò il Purosangue. –La vera ragione è che il mio carissimo zio Cygnus ha spedito un gufo al Consiglio della scuola, di cui, fra parentesi, fa parte Abraxas Malfoy, dichiarando che era inammissibile   che la passassimo liscia-.

-Probabilmente hai ragione,- convenne Harry –ma i fatti non cambiano. Comunque sia, grazie al comportamento di quei tre, Serpeverde ha perso 150 punti e io sono messo peggio di te: la McGranitt ha detto, che tuo zio ha insistito, affinché fossi esentato da certi privilegi, se il mio comportamento dovesse continuare ad essere discutibile-.

-In altre parole se infrangi di nuovo le regole della scuola, sei fuori dalla squadra-.

-Esatto- fece Harry con un sospiro affranto mentre seguivano Gazza fuori dal castello, diretti verso la Foresta Proibita per scontare la punizione. Ovviamente con loro c’erano anche Bellatrix, Tiger e Goyle, ma questo non migliorava la situazione, semmai la peggiorava. Un’intera notte da passare con quei tre… sul serio, non c’è mai limite al peggio.

-Bene, Hagrid,- disse Gazza, una volta raggiunto il guardiacaccia e il suo cane, Thor, ai margini della foresta. –prenditi cura di loro. Non vorremmo che gli succedesse qualcosa-. Dal suo tono di voce sembrava che si stesse augurando esattamente il contrario.

-E’ quello che farò!- dichiarò Hagrid fissando, scontroso, il custode mentre si allontanava.

-Quel che dobbiamo fare stasera- disse poi, rivolto ai ragazzi –è trovare un cucciolo di Crup* ferito. Si è allontanato  dalla sua mamma e dal suo papà ed è stato attaccato da non so cosa. In ogni modo, il suo branco lo sta cercando per tutta la foresta e noi lo aiuteremo-.

-E perché dovremmo fare una cosa simile?- chiese Bellatrix, mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Perché tu hai sentito il dovere d’informare il tuo paparino, che il cattivo Siriuaccio ti aveva fatto la bua- le rispose Sirius.

-Per tua informazione,- sibilò la Serpeverde –io non ho detto niente a nessuno. E’ stato Rodolphus a mandare il gufo a mio padre e glielo fatta pagare-.

-Povero Rod, probabilmente voleva solo aiutarti- commentò il Purosangue.

-Non ho alcun bisogno di essere aiutata,- dichiarò la ragazza –so cavarmela da sola, soprattutto contro due idioti Grifondoro-.

-Senti tu…-

-Basta così!- intervenne Hagrid, mettendosi tra i due. –Ora dobbiamo lavorare. Ci divideremo in due gruppi. Uno starà con me, l’altro con Thor. Quello che va con Thor deve far comparire delle scintille verdi dalle bacchette se trova il Crup, rosse se è in pericolo. Con me vengono Sirius, Tiger e Goyle, mentre Harry e la Black andranno con Thor-.

-Perché?!- chiese Harry, contrariato.

-Harry, se faccio stare i tre Serpeverde da soli, non sono certo che faranno il loro lavoro e se faccio stare Sirius con sua cugina, ci scoppia un duello-.

L’ultimo dei Potter sbuffò rassegnato.

Hagrid gli indicò un percorso da prendere e il ragazzo si avviò, insieme alla Serpeverde e al cane.

La foresta era buia e silenziosa. Non era la prima volta che Harry ci s’infiltrava, quindi si avviò, sicuro, verso il fitto del bosco. Bellatrix, invece, aveva l’aria un po’ sperduta, ma non spaventata. Il Grifondoro doveva riconoscerglielo: la mora Serpeverde non era priva di coraggio

-Davvero non sei stata tu a informare Cygnus Black di ciò che è successo?-.

-Questo cos’è?- chiese la Serpeverde fermandosi. –Un patetico tentativo di fare amicizia?-.

Harry smise di camminare e le rivolse uno sguardo irato. –No, era un patetico tentativo di rendere questa nottata meno orrenda-.

-Guarda, che è colpa tua se siamo qui- lo accusò Bellatrix. –Se non sentissi il bisogno di andare sempre in giro a fare l’eroe…-

-E se tu non sentissi il bisogno di sfogare le tue frustrazioni su chiunque ti capiti a tiro…- ribatté il moro, ma la sua replica venne interrotta da uno strano rumore alla sua destra… come di chele che schioccavano.

-Che cos’era?- chiese la Purosangue.

Harry scrollò le spalle in risposta e cominciò a guardarsi attorno, guardingo. All’improvviso Thor si allontanò e corse via. Harry lo osservò andarsene, perplesso: che gli era preso? Poi Bellatrix borbottò: -Ragni-.

-Come?-.

-Ragni!- urlò la ragazza indicando delle creature di fronte a lei.

In effetti c’erano dei ragni, i più grandi che Harry avesse mai visto, delle dimensioni di cavalli da corsa. Li stavano circondando e schioccavano le chele, minacciosi. I due, quasi inconsapevolmente, si avvicinarono l’uno all’altra, fino a far combaciare le loro schiene.

Harry prese la bacchetta e la puntò verso uno dei ragni lanciando una fattura che avrebbe dovuto scottarlo, ma la creatura neanche l’avvertì.

-Sono acromantule- commentò la Serpeverde stizzita. –Ci vuole ben altro per fermarle-.

-Allora pensaci tu!- replicò il moro acido.

La strega estrasse la bacchetta e pronunciò l’incantesimo: -Wingardium Leviosa!-.

Uno paio di ragni vennero sollevati e rimasero sospesi a mezz’aria, ma un terzo, che si era avvicinato di soppiatto, l’afferrò per i piedi e fece per trascinarla via.

 Harry gli si lanciò addosso e scagliò al ragno una fattura tartagliante. Essa procurò all’aracnide tante piccole ferite sulle chele che lo costrinsero a lasciar andare la Serpeverde (avere per amici due geni, come Albus e Tom, dava i suoi frutti).

Purtroppo la situazione non era migliorata visto il numero elevato di ragni ancora presente. Harry sollevò la bacchetta e, scuotendola, fece fuoriuscire delle scintille rosse dalla punta.

-Sì, bravo idiota,- si complimentò Bellatrix con tono ironico mentre lanciava fatture scottanti alle creature, tentando di tenerle lontano. –quando quel demente arriverà qui, noi saremo già morti-.

Ebbe  appena il tempo di finire la frase che un’acromantula fece per saltarle addosso, stavolta fu salvata da una figura che s’interpose tra i ragni e lei. La figura era armata di un arco e di una faretra che conteneva delle frecce. Cominciò a puntarle  verso i ragni che si allontanarono.

Una volta scampato il pericolo, la figura si avvicinò e Harry ebbe modo di osservarla meglio: era un centauro. Aveva capelli di un biondo chiarissimo, occhi di un blu stupefacente  e sembrava molto giovane.

-State bene?- chiese gentilmente.

-Come no!- proruppe Bella. –Sono appena stata aggredita da dei ragni giganti: mai stata meglio-.

-Grazie per l’aiuto, credo tu ci abbia appena salvato la vita- disse Harry.

Il centauro lo stava osservando molto attentamente. Allungò il braccio e andò a scostare una ciocca di capelli dalla fronte di Harry, rivelando la cicatrice a forma di saetta.

-Harry Potter- sussurrò.

-Sì, è lui- sbottò la Serpeverde.

-Il figlio…-

-Della Salvatrice!- lo interrupe Bellatrix, con tono annoiato.

-Di Lily Potter- proseguì il centauro.

-Conoscevi mia madre?- chiese Harry, eccitato.

-Chi non conosce tua madre?- replicò la strega scocciata.

Il mago la fulminò con lo sguardo, ma il biondo salvatore sorrise. –E’ stato tanto tempo fa, ero ancora un puledro- disse.

-In che occasione l’hai incontrata?- chiese il Grifondoro.

-Beh…-

-Ragazzi! State bene?- Hagrid arrivò correndo, seguito da Thor.

-Non grazie a te!- gli fece notare Bellatrix acida. –E nemmeno di quello stupido cane!-.

“Ha ragione.” le riconobbe Harry “Se non fosse stato per questo centauro, saremo morti tutti e due”.

-Se ne è andato, per avvisarmi- disse Hagrid.

“Tipico di Hagrid” rifletté il Grifondoro “pensa a giustificare il cane e non sé stesso”.

-Stanno bene, Hagrid, fortunatamente- rispose il centauro.

-Fiorenzo! Che bello vederti.- lo salutò il guardiacaccia.

-Anche per me-.

-Beh, ora possiamo andare.- disse l’uomo –Io e gli altri abbiamo trovato il cucciolo di Crup. Quindi possiamo tornare a scuola-.

-Hagrid, visto che avete portato a termine la vostra missione, credi che il giovane Potter possa rimanere qui con me, ancora un po’?-.

-Uh… beh… non so…- l’uomo era esitante.

-Ti prometto che te lo riporterò entro l’alba-.

-Allora, va bene. Sai dove trovarmi- acconsentì il guardiacaccia, poi, rivolto a Bellatrix, aggiunse: -Andiamo, su!-.

La Serpeverde lo seguì di malavoglia e i due si allontanarono insieme.

-Di cosa volevi parlarmi?- chiese il mago, curioso, una volta che l’uomo, il cane e la strega furono scomparsi dalla vista.

Fiorenzo sorrise e replicò: -Sai cavalcare, giovane Potter?-.

Harry annuì, esitante. Una volta Eileen aveva portato lui e Severus in un maneggio, ma era stato un paio di anni prima.

-Allora, sali- lo invitò il biondo.

Harry obbedì e insieme si avventurarono verso il fitto della foresta.

-La prima volta che incontrai tua madre- prese a raccontare Fiorenzo –fu quando aveva quattordici anni. Era entrata nella Foresta a causa di una scommessa con un certo James Potter-.

-Mio padre!- esclamò il Grifondoro.

-Non a quei tempi- rispose il centauro.

Parlando erano arrivati ad una radura con al centro uno stagno.

-Mi salvò da un avvincino che si trovava lì dentro. Da allora venne a trovarmi circa una volta ogni sei mesi. Credo fossimo diventati amici, per quanto sia possibile che nasca un’amicizia tra un essere umano e un centauro. Era molto interessata all’arte della Divinazione. Dopo che si fu diplomata, però, non la vidi più fino a quando…-

-Fino a quando?- Harry lo incitò a proseguire.

-Era una notte serena e Marte era molto luminoso-.

“Adesso cosa c’entrano  i pianeti?” si chiese Harry, perplesso.

-Il Giglio era irriconoscibile-.

Com’erano passati dall’Astronomia al giardinaggio?

-In lacrime, mi disse che la vita sua e di suo marito era in pericolo e che temeva che non avrebbe potuto vedere suo figlio crescere-.

-Lo sapeva?- chiese Harry, sorpreso. –Sapeva che Era Redbird la voleva uccidere?-.

-Mi disse anche- continuò il biondo, ignorando la domanda -che, forse, un giorno ti avrei incontrato e che avrei dovuto dirti tre cose. Primo: i veri veggenti esistono; secondo: essi non sono leggenda; terzo: Era non era l’unica a sapere-.

-Che significa?-.

Fiorenzo sorrise. –Sai, il giorno in cui sei nato Plutone era in una posizione molto particolare. Credo che quel giorno, qualcosa di molto particolare sia accaduto nel mondo e un anno e due mesi dopo è successo qualcosa di addirittura più straordinario: una delle predizioni del mio popolo non si è avverata, qualcuno che doveva morire è sopravvissuto. Stai attento, giovane Potter. Non so in che modo il Giglio sia riuscito a eludere la Morte, ma ciò non potrà ripetersi all’infinito-.

***

Una delle cose che a Blaise Zabini erano state insegnate ancora prima d’imparare a parlare e camminare è: mai mostrare le proprie emozioni in pubblico. Non importa se sei arrabbiato, triste o deluso, gli diceva suo nonno, mostrando al prossimo ciò che provi gli fornisci un’arma che un giorno potrebbe usare contro di te. Il Tassorosso riteneva che l’uomo avesse ragione: se suo padre non fosse stato tanto trasparente riguardo ai sentimenti che provava per sua madre, lei non sarebbe riuscita a raggirarlo tanto facilmente.

Forse era per questo che era diventato amico di Lucius, Bellatrix e Rodolphus. Loro erano come lui, invece, i tipi come Dora e Sirius che mostravano a chiunque le loro emozioni, come se fossero causa di vanto, non riusciva a capirli. Non veramente. Non fino in fondo.

Blaise e i tre Serpeverde erano sulla stessa lunghezza d’onda. Avevano ricevuto lo stesso tipo di educazione ed erano vissuti circondati da persone che pretendevano da loro sempre più di quanto potessero dare, che pretendevano che fossero perfetti per dimostrare al mondo che la purezza del sangue ti rende migliore degli altri.

Forse la loro non era amicizia, bensì intesa. Si capivano. Blaise poteva non approvare il fatto che Bellatrix considerasse Neville un giocattolino, ma comprendeva perché non era disposta a dare il suo rispetto a chi non faceva nulla per guadagnarselo; disprezzava Rod per il suo fare il lecchino con la bella Serpeverde, ma capiva perché rimaneva affascinato da chi incarnava le qualità che lui stesso desiderava avere; in quanto a Lucius…

Lui e Lucius erano cresciuti come fratelli. Non avevano neanche bisogno delle parole per comunicare, bastavano gli sguardi perché quasi sempre pensavano le stesse cose.

Ora tutto era cambiato. Se l’era aspettato. Nel momento stesso in cui il Capello aveva pronunciato la parola ‘Tassorosso’, lui aveva previsto che d’ora in poi il rapporto tra lui, Lucius, Rodolphus e Bella sarebbe cambiato. Sapeva che, prima o poi, Bellatrix avrebbe preso ad ignorarlo e che Rodolphus, volendola imitare, avrebbe cominciato ad evitarlo, ma il Tassorosso aveva sperato che almeno con Lucius le cose non sarebbero cambiate. Evidentemente passava troppo del suo tempo con l’ingenua sognatrice Dora. Perché mai il comportamento di Lucius avrebbe dovuto essere differente? Dopotutto l’erede dei Malfoy e Bella si somigliavano così tanto.

“Perché è tuo amico” gli rispose una vocina nella sua testa. Già, Blaise aveva creduto che lui e Lucius fossero veramente amici e lo credeva ancora, ecco perché adesso era lì, vicino all’entrata della Sala Comune di Serpeverde, per chiedere al biondo spiegazioni sul suo comportamento. L’erede dei Malfoy gli aveva mostrato l’ingresso il secondo giorno di scuola. In realtà non avrebbe dovuto. Era una delle tante regole non scritte di Hogwarts: nessun membro delle altre Case, doveva sapere dov’era di preciso l’ingresso della tua.

Era notte fonda e si trovava nei sotterranei da circa dieci minuti quando vide apparire, da uno stretto cunicolo,  Tom Riddle e Severus Snape, avvolti nei loro mantelli neri.

-Siete tornati dalla Francia, quindi- li salutò.

Il nipote del professor Prince annuì.

-Com’è andata?-.

-Abbiamo vinto-.

Fine della conversazione. In un angolo del cervello, Blaise registrò che quella era la prima volta che scambiava qualche parola con Snape, d’altronde non avevano mai avuto niente da dirsi.

-Che ci fai qui?- chiese Riddle.

Con l’orfano, invece, ci aveva già avuto a che fare. Solo poche settimane prima, i due avevano lavorato insieme per una ricerca di Storia della Magia. A Blaise, lui, piaceva. Era straordinariamente brillante e non privo di senso dell’umorismo, per quanto esso fosse molto contorto, come quello di tutti i Serpeverde. Il Tassorosso e il Mezzosangue avevano passato le maggior parte del tempo a parlare di Pozioni. Blaise amava quella materia. Tra provette e calderoni si sentiva a casa ed era un pozionista molto bravo, anche se non al livello di Riddle, Dumbledore e Snape. Ma, dopotutto, chi poteva competere con loro in quella materia? E chi, con i primi due, in qualsiasi materia?

-Stavo aspettando Lucius- rispose l’erede degli Zabini.

-A quest’ora? E’ quasi l’alba-.

-Beh, ti sembrerà incredibile, ma ultimamente non riesco mai a parlarci tranquillamente. Mi sono detto che, almeno di notte, nessuno  avrebbe potuto disturbarci. Inoltre, Bellatrix dovrebbe tornare fra poco, ho pensato che potrebbe entrare e chiedergli di uscire-.

-Dov’è Bellatrix?- gli chiese Severus con un brutto presentimento. Era già accaduto che la ragazza infrangesse il coprifuoco (era abbastanza furba da non farsi scoprire), ma, di solito, quando lo faceva si potevano presagire guai per qualcuno.

-Lei, Tiger e Goyle sono stati messi in punizione perché Harry e Sirius li hanno beccati mentre se la prendevano di nuovo con Paciock. Così, ora, sono tutti e cinque nella Foresta Proibita-.

Severus aggrottò le sopracciglia, perplesso. –Perché anche Harry e Black sono finiti in punizione?-.

-Avevano ingaggiato una mezza specie di duello e Bella si è ritrovata con delle ustioni sul corpo. Poi, Rod ha mandato un gufo a suo padre e lord Cygnus raccontandogli l’accaduto. La faccenda è finita davanti al Consiglio e il risultato è stato questo-.

-Bellatrix lo sapeva?- chiese Tom –Si è messa d’accordo con Rodolphus per far finire nei guai Harry e suo cugino?-.

Blaise lo osservò attentamente. L’espressione del suo viso era indecifrabile, ma il suo tono di voce era gelido e qualcosa nel suo sguardo gli fece venire i brividi lungo la schiena. Mentre scuoteva la testa, si chiese se aveva fatto bene a raccontargli l’accaduto.

Tom mormorò: -Capisco-, poi si diresse verso la sua Sala  Comune, dichiarando: -Grazie per l’informazione, ti vado a chiamare Lucius-.     

 

 

 

*Per chiunque non se lo ricordi il Crup è una creatura che viene citata nel quinto libro. Stando alla descrizione della Row, tranne che per la coda biforcuta, è del tutto simile a un Jack Russell terrier. Il fatto che viva in branco, invece, è una mia licenza poetica. Passatamela.

 

 

Ringrazio le 20 persone che hanno messo la mia fanfic tra i preferiti e le 27 che l’hanno messa tra le seguite, ma soprattutto grazie di cuore a chi recensisce. Questo è uno dei capitoli finali del primo anno: se seguirò la mia tabella dovrebbero essercene solo altri quattro. Dopodichè, dietro consiglio di DiraReal ho deciso di saltare qualche anno e andare direttamente al quarto, tuttavia questo salto temporale vi farà perdere qualche scena (per esempio la scoperta che Remus è un licantropo). Certo, utilizzerò i flashback quando è necessario, ma volevo conoscere la vostra opinione al riguardo, quindi vi prego di rispondermi.

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Capitolo 18
*** Vendetta ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:

Pentesilea:Sono felice che ti sia piaciuto il cap. In quanto alla cicatrice, forse non sono stata abbastanza chiara nei primi capitoli della fic. In questa storia è successo esattamente ciò che è capitato nei libri della Row. Era voleva uccidere Harry, di Lily non le importava più di tanto, ma quest’ultima ha deciso di morire perché non accettava di veder assassinato suo figlio. Questo sacrificio ha dato l’avvio a una magia protettiva che ha fatto da scudo a Harry quando Era gli ha lanciato l’Avada. A Harry è rimasta la cicatrice, ma Era, non avendo Horcrux, è morta. Nella mia fic ho immaginato che tutti sapessero la verità su come Harry si è salvato e quindi considerassero Lily e non suo figlio, la Salvatrice. In quanto alla scena in cui scoprono che Remus è un licantropo credo di aver trovato la soluzione. Leggi in fondo. Ah, non arrenderti con la tua fic, secondo me è molto promettente e poi, ci sono molti fan delle Severus/Lily in giro per la rete. Baci e fammi sapere cosa pensi di questo cap, per favore.

 TheSunMaster: Detto fatto. Leggi la nota in fondo.

MissyMary: Allora, comincia a preparare la bambola voodoo. Non scherzo Bella se la merita considerando tutti i guai che causerà a Harry da questo cap in poi. Quanto alla punizione di Tom, spiacente dovrai aspettare ancora. Per quanto riguarda il salto al quarto anno, leggi la nota in fondo. Sui centauri hai perfettamente ragione: mai che dicano qualcosa chiaramente. Grazie per i complimenti e alla prossima.

DiraReal: Sul salto al quarto anno, ti rimando in fondo al cap. Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto. Non vedo l’ora di leggere il tuo ultimo cap di Doppelgaenger. Baci!

Sammy Malfoy: Da fissata con le Harry/Tom a fissata con le Harry/Tom: allora, tanto per iniziare, GRAZIE! Sono felice che tu abbia deciso di recensire =) e che la mia fic ti sia piaciuto. Sono consapevole che, alla fine, lascia spiazzati e dubbiosi. Sei anche tu una fan di Crossed Times, vero? Beh, quella è stata una delle prime slash fanfic che abbia mai letto e  l’ispirazione mi è venuta da lì. Mi sono chiesta come sarebbero andate le cose se quello fosse stato VERAMENTE il tempo di Harry, se lui e Tom avessero avuto modo di conoscersi quando entrambi frequentavano la scuola. Grazie ai consigli riguardante il salto degli anni, alla fine ho optato per le spin-off. Baci e con la speranza che recensirai nuovamente. P.S. Bella mi serve viva, spiacente.

Emily91: Grazie mille per i complimenti e per avermi messa tra gli autori preferiti: mi sento onorata. Spero ti piaccia anche questo capitolo, a presto.

DJKIKA: Sono contenta che lo scorso cap ti sia piaciuto. Sul saltare fino al quarto anno, ti mando alle note in fondo a questo capitolo. Su Fiornzo hai ragione, è per questo che va tanto d’accordo con Silente.  Un bacio

Sssweety: Non preoccuparti per il ritardo! Sono felice che tu abbia comunque trovato il tempo per recensire, alla fine. Sono contenta che lo scorso cap ti sia piaciuto e spero ti piacerà anche questo. Su Hagrid sono d’accordo con te, ma, diciamocelo, lui non si è mai preoccupato troppo di norme di sicurezza, non quando si tratta di animali feroci, comunque. Sulla reazione di Tom riguardante Harry, centauro e foresta, dovrai aspettare: ci sono altre beghe da risolvere al momento. 

 

Capitolo XVIII

Vendetta

 

Se un Grifondoro ama,

lo fa sapere al mondo intero;

se un Serpeverde ama,

tiene l’informazione per sé stesso.

Se un Grifondoro odia,

scoppia una rissa;

se un Serpeverde odia…

beh, prega solo affinché non sia tu

la persona che odia.

(tratto da un capitolo che non ho ancora spostato).

 

-Se ci penso, mi viene una rabbia- disse Bellatrix.

“E allora non pensarci” avrebbe voluto ribattere Rita, ma ritenendo che l’amica non fosse dell’umore adatto per essere provocata, decise di restare zitta e continuare ad applicarsi lo smalto rosa shocking sulle unghie. Neanche lei sapeva perché aveva stretto amicizia con la mora. A detta di tutti erano molto simili ed effettivamente entrambe, come ogni Serpeverde che si rispetti, erano molto determinate e non si facevano scrupoli di alcun genere pur di raggiungere un obbiettivo eppure erano anche profondamente diverse. Bellatrix era sadica. A volte, Rita pensava che lei si divertisse a far soffrire le persone, per la giovane Skeeter invece, non era così, per lei  l’eventuale dolore procurato a qualcuno era il mezzo, non il fine.

Al momento si trovavano nel dormitorio femminile di Serpeverde. La bionda era seduta sul suo letto mentre la mora continuava ad andare su e giù per la stanza in preda alla furia.

-Ciò che proprio non sopporto- continuò Bella. –è che Tom se la sia presa con me!-.

-Non è vero- la contraddisse Rita –Se l’è presa con Rodolphus. Quel povero ragazzo è finito in infermeria con una gamba rotta e due costole fratturate-.

-Cosa vuoi che me ne importi di Rod!- esclamò l’erede dei Black con un brusco movimento del braccio, come a voler scacciare il nome del ragazzo. –Meritava anche di peggio. Se quando ha un problema, l’unica cosa che sa fare è andare a piagnucolare da suo padre o dal mio, è un debole-.

-E allora perché sei tanto arrabbiata?-.

-Tom mi ha sgridata- disse Bellatrix imbronciandosi.

Rita, per poco, non le scoppiò a ridere in faccia: sembrava una bambina, dov’era l’irritabile e pericolosa Bllatrix Black, ora? –Non ti ha sgridata- replicò. –Ha solo detto…-

-Che è un comportamento indegno di una Serpeverde, farsi scoprire, in un modo tanto stupido, mentre infrange le regole della scuola e che, a causa mia, le probabilità che Serpeverde vinca la coppa delle Case è ridotta ai minimi storici- la interrupe Bella –Non è quello che ha detto, è come me l’ha detto. C’era disprezzo nei suoi occhi-.

-Capisco- commentò la bionda indifferente.

-Ed è tutta colpa di Potter!-.

-Ah, sì? E che c’entra Potter?-. In realtà, Rita aveva le idee ben chiare su come centrasse Potter nella questione (dubitava che Tom, se la sarebbe presa tanto se non ci fosse stato di mezzo lui), ma era sorpresa che l’amica lo avesse compreso: Bella tendeva ad ignorare tutto ciò che non le piaceva come, per esempio, l’amicizia che legava il figlio della Salvatrice al bel Riddle.

-Se Potter non fosse intervenuto, io non sarei stata messa in punizione!- dichiarò la mora.

Ecco, appunto. A Rita sfuggì un sorrisetto derisorio che, fortunatamente per la sua incolumità, Bellatrix non vide.

-Mi piacerebbe tanto sapere cosa ci faceva lì. Credevo fossero tutti alla partita. Oh, ma gliela farò pagare- disse la mora estraendo la bacchetta e accarezzandola con fare minaccioso.

-Non ti conviene- le consigliò Rita dandosi l’ultima pennellata sulle unghie e accavallando le gambe. –Potter non è Paciock, lui non è tipo da subire in silenzio. Inoltre vorrei ricordarti che la tua fedina non è propriamente pulita: attaccalo e neanche tuo padre potrà salvarti dalla sospensione e poi,  Tom…-. S’interrupe.

-Tom?- l’amica la esortò a continuare.

-Tom si arrabbierebbe, se facessi perdere altri punti a Serpeverde-.

-Quindi, secondo te, dovrei lasciar correre?-.

“E evitarti un sacco di problemi? Sì.” Avrebbe voluto dire la bionda, ma sapendo che quella non era la risposta che voleva sentire Bellatrix (ed era abbastanza pericoloso dare a Bellatrix una risposta che non voleva sentire) si limitò a ghignare.

Quel ghigno era la ragione principale per cui il Cappello Parlante l’aveva Smistata a Serpeverde, quel ghigno era la ragione principale per cui era diventata una delle protette di Mafalda Prewett, perché quando quel ghigno compariva sul suo viso, qualcuno finiva nei guai, guai seri.

-Mia cara,- disse –quel che devi capire e che, a volte, col cervello si può danneggiare un persona di più che con una bacchetta-.

Bella le sorrise, eccitata, e chiese: -Cos’hai in mente?-.

***

Harry era in biblioteca con Albus e Severus. Quel mattino si era alzato di buon ora, era sceso in Sala Grande con il rosso e aveva ascoltato il suo reso conto del viaggio in Francia. Era incredibile come Albus potesse sembrare, a volte, maturo e riflessivo, e altre, come in quel momento, estremamente infantile. Mentre gli raccontava della sfida, il figlio del Ministro sembrava un bambino davanti a un giocattolo nuovo.

Poi si erano diretti in biblioteca (Albus voleva prendere in prestito un paio di libri di approfondimento sulle lezioni che aveva saltato; glieli aveva consigliati Hermione, si poteva sempre contare su Hermione quando si trattava di compiti e lezioni); nella ‘Casa dei Libri’, come la definiva Eileen quando il moro Grifondoro era piccolo, avevano incontrato Severus, anche lui cercava di recuperare le lezioni perdute, insieme al Serpeverde si erano seduti ad un tavolo e si erano messi a chiacchierare, dimenticandosi dello studio.

Harry aveva un sesto senso abbastanza sviluppato e, al momento, esso gli stava urlando a pieni polmoni che c’era qualcosa che non andava. Albus era uno dei pochi Grifondoro che andava a genio a Severus: lo considerava un ragazzo intelligente e maturo. Il rosso, da parte sua, andava d’accordo con tutti, a prescindere dalla Casa d’appartenenza, compreso il mezzo Prince. In effetti, l’unico studente che mal sopportava era Tom Riddle. Eppure, in quel momento, Harry avvertiva che entrambi erano a disagio. Era come se volessero affrontare un argomento, ma si trattenessero a causa della sua presenza. Per un istante l’orfano prese in considerazione la possibilità di andarsene e permettere loro di risolvere la questione che, evidentemente, avevano in sospeso. Ma poi, la sua curiosità Grifondoro, unita alla sua intraprendenza Serpeverde (pessima combinazione, gente), ebbe la meglio e, cercando di metterli con le spalle al muro chiese: -Cos’è successo in Francia?-.

Due paia di occhi, di colori opposti, lo fissarono e Albus disse: -Niente, gli avvenimenti salienti te li ho già raccontati-.

Harry, scocciato, rivolse lo sguardo al suo amico d’infanzia che, però, non pareva voler aggiungere altro. Nessuno era più bravo di Albus e Severus quando si trattava di nascondere qualcosa: riservatezza era il loro secondo nome.

-Devo andare a chiederlo a Tom?- propose.

A quel nome, Albus assottigliò le labbra in segno d’irritazione e a Sev sfuggì un piccolo sorriso divertito.

“Bingo!” pensò il Grifondoro dai capelli d’ebano. “Qualunque cosa sia successa centra Tom”. -Che ha fatto?- chiese.

 -Ha drogato Dagworth-Granger- rispose il rosso.

-Era solo uno scherzetto innocente- minimizzò il Serpeverde.

-Ti posso assicurare che Dagworth-Granger non l’ha trovato minimamente divertente: era disperata. Aveva studiato tantissimo per quell’interrogazione e ciò che ha ottenuto in cambio è stato fare una pessima figura davanti alla commissione, vedere togliere 20 punti alla sua Casa e farsi ridere dietro da tutti. Uno dei suoi compagni di Casa le ha rivolto una battuta maligna sul fatto che, forse, dovrebbe tornare al primo anno visto che ne sa meno di alcuni studenti di quell’anno-.

-Se l’è andata a cercare- commentò il mezzo Prince.

-Ti sbagli. E’ solo che qualcuno ha fatto qualcosa che non doveva fare- disse il rosso. –Riddle non è nessuno per esigersi a giudice supremo-.

-Come fai tu?- lo provocò Severus. Una parte di lui (quella per cui il Cappello era indeciso se Smistarlo o meno a Grifondoro) riteneva che Dumbledore non avesse tutti i torti, ma un’altra (quella per cui Salazar Serpeverde sarebbe stato fiero di saperlo nella sua Casa) attribuiva tutta la colpa alla Corvonero, alla sua maleducazione, alla sua scarsa prudenza e alla sua totale inettitudine nel giudicare le persone. E poi, a parte tutto, considerava Tom un amico, o almeno una persona simile a lui, e non gli piaceva ascoltare mentre veniva criticato.

-Io non mi sto erigendo a giudice di nessuno.- dichiarò Albus sempre con voce pacata, tanto per non sfatare il mito sulla sua indistruttibile calma. –Esprimo solo la mia opinione-. 

-Cos’è successo?- chiese Harry. I suoi due amici gli raccontarono l’accaduto.

-E’ vero che non è stata molto simpatica con noi,- disse il figlio del Ministro. –ma dovevi vedere com’era disperata: è scoppiata a piangere, si è chiusa a chiave nella sua stanza e nessuno l’ha più vista fino al giorno della partenza-.

-Questo dimostra solo che è una piagnona- intervenne Severus.

-Tom ha esagerato- dichiarò, invece, Harry e il Serpeverde avrebbe potuto giurare di vedere un lampo di trionfo e soddisfazione attraversare i brillanti occhi del rosso.

Fu solo per un attimo e sparì com’era scomparso, ma bastò per convincere Severus che in quanto ad abilità nel manipolare le persone, il figlio del Ministro non aveva nulla da invidiare a molti Serpeverde.

-Ho esagerato a fare cosa?- chiese una voce, vicina a loro. Era Tom, con il suo solito sorriso di circostanza appiccicato alle labbra. I due Grifondoro odiavano quel sorriso, anche se per ragioni diverse. Per il rosso era una delle prove della sua falsità mentre il moro lo considerava una barriera tra i veri sentimenti del Serpeverde e il resto del mondo. Una barriera che desiderava ardentemente distruggere.

-A drogare quella ragazza di Corvonero- rispose il Cercatore.

Tom lanciò un’occhiata a Dumbledore. Avrebbe dovuto prevedere che sarebbe andato subito a svuotare il sacco con Harry per metterlo sotto una cattiva luce. La sua provocazione durante la loro ultima conversazione, non doveva essergli andata a genio, ma non era riuscito a trattenersi: detestava il figlio del Ministro con tutto il cuore. Non aveva mai conosciuto una persona più ipocrita e, in un certo senso, anche debole di carattere. Se c’erano dei lati di te che non ti piacevano, dovevi lottare per correggerli; non ignorarli, manifestarli solo quando ti faceva comodo e fingere, anche con te stesso, di essere la persona migliore di questo mondo.

Per chi, poi? A Tom sarebbe piaciuto sapere chi cercava di compiacere con quella sceneggiata. La sua vanità? Suo padre? I suoi amici? Quanto agli amici, poi, c’era molto da discutere. Non puoi considerare tue amiche, le persone a cui mostri solo alcuni lati del tuo carattere, di conseguenza Dumbledore non aveva veri amici.

-Neanche l’avessi ammazzata- commentò il Serpeverde noncurante.

-Non sei nemmeno un po’ dispiaciuto?- gli chiese Albus.

-No- rispose Tom sinceramente. –La prossima volta non farà più l’arrogante solo perché ha qualche hanno in più-.

-Non fingere che stessi cercando di impartirle una lezione.- lo redarguì il rosso. –Per dargliela lei dovrebbe sapere che sei tu l’artefice di tutto-.

-Oh, ma lei lo sa.- disse il Serpeverde con un ghigno. –Gliel’ho detto, il giorno dopo l’interrogazione-.

-E non ti ha denunciato a mio zio?- chiese Severus incredulo.

-Certo che lo ha fatto, ma l’avevo previsto, proprio come avevo previsto che il professor Prince non le avrebbe creduto. E’ per quella, che è convinto essere una bugia, che ha tolto 20 punti a Corvonero-.

-In ogni modo, hai corso un bel rischio- commentò Harry. Disapprovava quello che il Serpeverde aveva fatto, ma, suo malgrado, ammirava l’astuzia e il coraggio di Tom.

Ciò che provava, la lotta interiore tra due sentimenti opposti, doveva leggerli si in viso perché Albus alzò le sopracciglia, in segno d’irritazione, mentre l’orfano Serpeverde disse: -Non guardarmi così. Dal mio punto di vista sono stato molto magnanimo: avrei potuto farle di peggio, fidati. E poi, è al quarto anno, ha ancora tre anni davanti a sé per mostrare il suo talento. Ammesso che ne abbia, personalmente trovo che Blaise Zabini sia più portato per Pozioni di lei-.

-Zabini?- ripeté Severus con tono scettico. Non conosceva molto bene quel ragazzo, anzi non lo conosceva per niente, ma lo riteneva una persona superficiale e il fatto che fosse amico di Black non deponeva a suo favore.

Tom si limitò ad annuire.

-In ogni caso,- riprese il moro Grifondoro –l’ho detto e l’ho ripeto: hai esagerato. Non puoi umiliare pubblicamente una persona, solo perché è stata sgarbata con te-.

-Perché non posso?- chiese il Serpeverde. –Se qualcuno fa qualcosa che mi irrita, agisco di conseguenza-.

-Non puoi perché al mondo esistono delle norme comportamentali che vanno rispettate per il bene di tutti e tu non sei nessuno per infrangerle.- gli rispose Albus. –Qui, qualcuno soffre di manie di onnipotenza-.

Tom gli rivolse un sorriso falsamente accondiscendente. –Sì, anch’io penso che tu  soffra di manie di onnipotenza, Dumbledore-.

Silenzio.

La tensione era tale, da poterla tagliare con un coltello.

Harry e Severus trattennero il respiro, non osando interrompere quel momento di stasi, poi, dando, per l’ennesima volta, prova dell’indistruttibilità della sua flemma, Albus si limitò a dire: - Credo sia impossibile per me e te andare d’accordo, Riddle-. Finita la frase, si alzò e uscì dalla biblioteca.

Solo dopo che si fu allontanato, Harry e Severus espirarono l’aria che avevano trattenuto.

Harry esitò per circa dieci secondi, poi salutò i due Serpeverde e si apprestò a seguire Albus.

-Perché fa così?- chiese Tom senza aspettarsi realmente una risposta. In realtà era… deluso? Dopo due settimane che non vedeva il Grifondoro, non era neanche riuscito a parlarci decentemente.

Severus disse: -Probabilmente vuole far calmare  Dumbledore e impedire che rimanga arrabbiato con te per la questione di Dagworth-Granger-.

-Dumbledore non c’è l’ha con me solo per quello. Come fa Harry a non accorgersene? Di solito è bravo a giudicare le persone-.

-Vero, ma Harry ha un grande difetto: tende ad ignorare i difetti delle persone a cui tiene-.

 

Harry riuscì a raggiungere Albus nel corridoio centrale del secondo piano.

-Si può sapere perché ti sei arrabbiato tanto?-.

-Non dovrei? Quel ragazzo si diverte a giocare con la vita delle persone-.

Il moro alzò gli occhi al cielo, in segno di esasperazione. –Che esagerato!-.

Albus si fermò e fissò l’orfano negli occhi. –Approvi quello che ha fatto?-.

Harry si morse il labbro inferiore, trattenendosi a stento dal rispondergli male. Detestava quando Al si comportava in questo modo. Fingeva di voler sapere la tua opinione, ma in realtà se gli avessi dato una risposta che non gli piaceva, ti avrebbe fatto sentire stupido o cattivo.

-No, non lo approvo- disse, dandogli il responso che si aspettava.

-E allora perché non vai da Prince a denunciarlo? A te crederebbe: tu gli piaci e molto, anche. Se si fosse trattato di qualcun altro, Bellatrix Black per fare un esempio, o anche Malfoy, saresti già nel suo ufficio per far trionfare la verità-.

-Hai ragione,- ammise l’ultimo dei Potter –ma non si tratta di Bellatrix Black o di Malfoy. Io non sono come te, Al. Non riesco ad essere sempre imparziale, a non farmi influenzare dai sentimenti quando si tratta di giudicare una persona o una situazione. Onestamente di Dagworth-Granger m’importa poco, è una perfetta sconosciuta per me, mentre Tom… Tom non lo è , perciò sono disposto a chiudere un occhio sulla sua sviluppata vena vendicativa-.

***

-Hogwarts Hogwarts del nostro cuore,

te ne preghiamo insegnaci bene

giovani, vecchi o del Pleistocene,

la nostra testa tu sola riempi

con tante cose interessanti.

Perché ora è vuota e piena di venti,

di mosche morte e idee deliranti.

Insegnaci dunque quel che è richiesto,

dalla memoria cancella l’oblio

fai del tuo meglio, a noi spetta il resto

finché al cervello daremo l’addio- cantò Sirius.

Remus scoppiò a ridere. –E veramente Albus è andato dal preside per chiedergli di ufficializzare questa canzone, come inno della scuola?- chiese.

Neville, ridacchiando, annuì.

-Non solo- continuò l’erede dei Black. –Si è anche lamentato quando il preside gli ha detto di no. Da quando si è iscritto al club di musica, non fa che inventare melodie senza senso e pretendere che gli altri lo stiano ad ascoltare. Questa l’avrà cantata un milione di volte perciò l’ho imparata a memoria-.

I tre si trovavano nel Dipartimento di Erbologia, situato dietro al castello, ed erano impegnati a riordinare la serra che era stata quasi demolita durante l’ultima lezione dei Grifondoro e dei Tassorosso del primo anno.

Sirius aveva, accidentalmente, collocato un Cactus Pruriginoso sulla sedia di Calì Patil. Dopo aver preso posto, la ragazza aveva cominciato a muoversi come un’ossessa in preda a un terribile prurito su tutto il corpo. Purtroppo, mentre si agitava teneva in mano la bacchetta e sbandierandola, per citare le parole del professor Vitious, come un babbuino che brandisce un bastone, aveva semi distrutto la serra numero due. Sirius era stato messo in punizione mentre Neville e Remus si erano offerti volontari per aiutarlo.

Non era la prima volta che Sirius si cacciava nei guai a causa di un innocuo scherzetto inflitto a un compagno. Remus non comprendeva cosa lo spingesse ad agire in questo modo, in effetti erano rare le volte in cui riusciva a capirci qualcosa di quel rebus che era Sirius Orion Black. Il Corvonero e il Grifondoro erano agli apolidi, sarebbe stato difficile trovare due persone più diverse.

Sirius, nonostante fosse ancora una matricola, era già abbastanza popolare all’interno della scuola e godeva di ciò. Come tanti altri Grifondoro, aveva una vena esibizionista molto sviluppata. Remus comprendeva le cause della sua fama: era attraente, atletico, dotato di uno spiccato senso dell’umorismo e di un talento magico tale da garantirgli ottimi voti in tutte le materie, nonostante fossero rare le volte in cui lo si vedeva con un libro in mano, la biblioteca, poi, neanche sapeva dove si trovava, probabilmente.

Il Corvonero era il suo esatto opposto. Oddio, anche lui aveva ottimi voti in tutte le materie, ma perché gli piaceva studiare, non perché amasse stare al centro dell’attenzione o essere ammirato: per essere felice gli bastava una tazza di cioccolata calda e un buon libro. Si considerava una persona del tutto mediocre e amava esserlo. Non era come Hermione, Sirius o Albus, tutto ciò che chiedeva era di passare inosservato, cosa che, fino a Natale, gli era riuscita molto bene.

Tutto era cambiato quando aveva conosciuto Sirius Black. L’esito del loro primo incontro (il Corvonero che si ritrovava con il naso rotto a causa del Grifondoro) avrebbe dovuto fargli presagire immediatamente quali sarebbero state le modalità del loro rapporto: il castano era destinato a finire nei guai a causa del moro. Così era stato.

Dopo il loro, primo, movimentato incontro, Remus si era ritrovato impedire a Malfoy e Sirius di uccidersi a vicenda, implorare in ginocchio Severus Snape di non denunciare, alla McGranitt, l’ennesima bravata di Sirius e impedire a quest’ultimo di attuare uno scherzo geniale ai danni dei Serpeverde, scherzo che probabilmente gli avrebbe costato la sospensione. Sul serio, a volte Remus più che un amico, si sentiva una specie di balia.

Quindi, se non avevano nulla in comune, perché erano diventati amici? Perché, paradossalmente, il Corvonero, solo quando era in compagnia dell’imprevedibile Grifondoro, riusciva ad essere veramente sé stesso. In quei momenti non era Remus Lupin lo studente modello, Remus Lupin il licantropo o Remus Lupin il figlio devoto, no, era solo Remus. E poi, Sirius gli piaceva davvero. Il Grifondoro non era solo il ragazzo spocchioso e pieno di sé che alcuni ritenevano, a volte sapeva essere estremamente dolce, gentile ed altruista.

Comunque sia, lui stesso non lo comprendeva fino in fondo. L’erede dei Black era un miscuglio di tanti ingredienti diversi, il tutto condito con un pizzico di follia (o.k., forse un po’ più di un pizzico). Sì, era un rebus vero e proprio e Remus amava i rebus.

-Si può sapere perché l’hai fatto, comunque?- chiese il Corvonero mentre rinvasava delle giunchiglie strombazzanti.

-Nessun motivo in particolare: avevo solo voglia di divertirmi. E tu perché ti sei offerto volontario per aiutarmi? Non facevi neanche lezione con noi-.

Remus sorrise. –Sto cercando di guadagnarmi la spilla da Prefetto-.

-Parlo seriamente- replicò Sirius.

L’aspirante Prefetto scrollò le spalle. –Non c’è una ragione particolare. A me Erbologia piace, quindi non lo considero un peso, aiutarti. Vale lo stesso per te, Neville, vero?-.

Il ragazzo in questione annuì.

-Perché ami così tanto questa materia?-.

“E perché tu cambi sempre argomento quando si parla di te?” avrebbe voluto chiedere Sirius a Remus.

Neville parve sorpreso della domanda. Arrossì, senza una precisa ragione, e borbottò: -Mi piace il contatto con la terra, mi conforta-. Poi, rise delle sue stesse parole e chiese: -E’ una cosa stupida, vero?-.

Remus negò col capo. –No, affatto. Harry, una volta, mi ha descritto più o meno nello stesso modo ciò che prova quando vola-.

Al nome dell’ultimo dei Potter, Neville s’incupì.

-Ho detto qualcosa di sbagliato?-.

-No,- gli rispose Sirius. –Neville si sente responsabile perché io e Harry siamo finiti in detenzione. Io gli ho detto che la colpa è tutta di Bellatrix, ma lui non mi dà retta-.

Remus vide il timido Grifondoro diventare rosso come un pomodoro: evidentemente si vergognava dell’accaduto.

-Se… se… se io avessi reagito la prima volta che mi ha attaccato, lei non avrebbe continuato-.

-E perché non hai reagito?- gli domandò l’erede dei Black.

-Perché… non ho il tuo coraggio -.

-L’unica cosa che ti manca  è la fiducia in te stesso- gli fece presente Remus –e poi, tu sei un Grifondoro: certo che sei coraggioso-.

Sirius aggrottò le sopracciglia, chiaramente dubbioso.

Neville sorrise mesto. –Lo so che tutti si chiedono perché il Cappello non mi abbia Smistato a Tassorosso-.

-Ti sbagli. Tutti si chiedono perché Zabini non sia finito a Serpeverde e Hermione a Corvonero,- ribatté Remus. –ma io credo che il Cappello abbia avuto le sue ragione e che non spetti a noi criticarle-.

-Sei gentile- commentò Neville.

-Dico solo come la penso-.

***

-Che ci fai già sveglio a quest’ora?-.

Blaise, semi sdraiato sotto una quercia nel parco, sentendo la voce del suo migliore amico, aprì gli occhi e sorrise.

Lucius lo stava fissando con un sopracciglio alzato.

-Sto scappando da Dora- rispose il Tassorosso. –Oggi voleva trascinarmi al campo da Quidditch per fare un volo. Quella ragazza è troppo energica: mi stanco solo a guardarla-.

-Mentre tu sei il re della pigrizia.- ghignò il biondo sedendogli affianco. –Molto poco Tassorosso tra l’altro, non dovreste essere tremendamente laboriosi?-.

-Mi do da fare quando è necessario e per una partita a Quidditch con Dora non ne vale la pena. Quella ragazza non dovrebbe neanche avvicinarsi a una scopa. E’ incredibile il numero d’incidenti che riesce ad attirare e provocare. Sul serio, è un pericolo per sé stessa -.

Quando Lucius gli sorrise di rimando, Blaise si sentì… a casa. La notte scorsa avevano risolto tutti i loro problemi. In realtà non si erano detti granché. Lucius si era scusato per il suo comportamento. Certo, a suo modo, le sue esatte parole erano state: -Riddle sostiene che mi sto comportando da minorato mentale-.

Blaise aveva ghignato, un ghigno molto poco Tassorosso, e tutto era tornato a posto, come per magia.

L’erede degli Zabini era rimasto molto sorpreso dal gesto del moro Serpeverde: non gli pareva il tipo che andava in giro a risolvere le beghe degli altri, era più un comportamento da Dumbledore quello.

-Che ne pensi di Tom Riddle?- chiese.

-Che è un bastardo- rispose il biondo senza esitazioni.

Il moro lo fissò, perplesso. –Mi pareva che andaste d’accordo-.

-Abbastanza,- disse Lucius –ma che sia un bastardo rimane un dato di fatto-.

-Ieri notte è stato gentile-.

-Dandomi del minorato mentale?-.

Blaise lo picchiò gentilmente su una spalla. –Cercava di farci fare pace-.

Lucius alzò gli occhi al cielo, esasperato.

-Blaise, la compagnia di tutti quei Tassorosso non ti sta facendo bene: cominci a parlare come se fossi uno di loro-.

-Io sono uno di loro- ribatté il moro.

-Visto che sto, molto generosamente, cercando di dimenticare la cosa, evita di ricordarmelo ogni cinque minuti- lo rimbeccò il biondo con una smorfia di disgusto sul viso. –Riddle voleva solo prendermi in giro. Ha detto che evitare una persona è un comportamento da minorato mentale e che, quando avessi smesso di comportarmi come un moccioso di sei anni, dovevo ricordarmi che gli dovevo un favore per avermelo fatto notare-.

-Pensala come ti pare, ma io continuo a ritenere che sia stato gentile, perlomeno nei miei confronti. Credo di piacergli-.

Lucius scoppiò a ridere e, per un bel po’ di tempo, non riuscì a fermarsi.

-Oddio, stare tra i Tassorosso, ti ha proprio fatto male. A Tom Riddle non piace nessuno. Al limite ci sono delle persone che sopporta-.

-Credo che in questa scuola, almeno una persona che gli piace c’è-.

-E sarebbe?-.

-Harry Potter-.

-Ti piace, vero? Potter, intendo-.

Blaise scrollò le spalle in un atteggiamento noncurante. –E’ simpatico e, al contrario di alcuni Grifondoro, è anche dotato di un cervello. A te non piace?-.

-Bellatrix lo odia- disse il Serpeverde evitando di rispondere alla domanda. –Credo abbia intenzione di vendicarsi di lui-.

-Se lo farà, Riddle gliela farà pagare. Insomma, immagino che se Rod è in infermeria, il merito sia suo-.

Lucius annuì.

-Dovresti avvisarla. Non che a me dispiacerebbe: Bellatrix avrebbe proprio bisogno di qualcuno che ridimensioni la sua arroganza-.

Il Serpeverde sorrise, divertito. –Credimi, se la vedessi quando è con Tom, non penseresti più che è arrogante: diventa mansueta come un agnellino-.

***

-Quest’anno vinceremo il campionato. E’ sicuro!- esclamò Seamus Finnigan, portiere Grifondoro, mentre svolazzava tra gli anelli durante un allenamento mattutino di Quidditch.

-Datti meno arie e concentrati sulla Pluffa!- lo redarguì Dean, Capitano e Capocannoniere della squadra, lanciandogli la palla rossa in testa.

-AHI!- gridò l’irlandese. –Avresti potuto provocarmi una commozione cerebrale-.

-Magari- commentò Angelina Jhonson ironicamente.

-Sei crudele- l’accusò Seamus.

-Tutte le donne lo sono, non lo sapevi?- chiese Katie Bell con un sorriso divertito.

-Comincio a rendermene conto- borbottò il Portiere che dovette, poi, arretrare velocemente per evitare un Bolide lanciatogli da Fred Weasley. –EHI! Ma state davvero cercando di uccidermi?!- si lamentò.

-Fred! Si può sapere che stai facendo?- gli chiese Dean.

-Come facevi a sapere che sono Fred?- domandò il rosso curioso mentre il suo gemello si apprestava a catturare la palla nera.

-Ho tirato a indovinare- spiegò il Cacciatore. –e, visto che hai tante energie da spendere, scendi a terra e fai dieci serie da venti di flessioni. Gli altri possono tornare al castello- aggiunse accorgendosi che Seamus, Gorge e Harry avevano ingaggiato una gara di acrobazie mentre Angelina e Katie chiacchieravano tranquille: avevano perso la concentrazione e la voglia di lavorare, quel giorno non avrebbero più combinato niente di buono.

Un quarto d’ora dopo cinque membri della squadra rosso-oro si stavano dirigendo verso l’edificio scolastico, chiacchierando allegramente della prossima partita di Quidditch: Grifondoro contro Corvonero.

-Tucan Dorks è un Cacciatore formidabile. E’ da lui che dobbiamo guardarci- disse Angelina.

-Contro di me non ha possibilità- dichiarò Seamus mettendosi in posa.

-Se è su di te che dobbiamo riporre le nostre speranze, possiamo anche arrenderci subito- gli rispose Katie.

-Ehi, donna! Più rispetto nei confronti del tuo uomo-.

Seamus afferrò la Cacciatrice per le braccia, spingendola verso di sé e facendo combaciare la schiena di lei col suo petto, poi la cinse in vita e le schioccò un bacio sulla guancia.

-Mi spieghi come è stato possibile che una ragazza intelligente come te si sia messa on un idiota come lui?- chiese Angelina a Katie.

Quest’ultima scrollò le spalle commentando: -Cosa posso dire? Amo i casi senza speranza. Tu cerca di meglio, Angelina-.

-Ha già trovato di meglio- commentò George giulivo.

-Nei tuoi sogni- dichiarò la ragazza in questione.

-E tu, Harry?- chiese Katie mentre ricominciavano a camminare.

-Io, cosa?- replicò il Cercatore perplesso.

-Hai già una ragazza?-.

-No!-.

-Ehi, non prendertela- ridacchiò la Cacciatrice. –Era solo una domanda-.

-Il cucciolo è troppo piccolo per pensare a certe cose.- dichiarò Gorge scompigliando la chioma ribelle del moro.

-Piantala di chiamarmi ‘cucciolo’- replicò questi, scostando la mano del Battitore dai suoi capelli. –Il mio nome è Harry-.

Gorge aggrottò le sopracciglia, come per ponderare la questione, poi sorrise e disse: -‘Cucciolo’ ti ci si addice maggiormente-.

L’ultimo dei Potter sbuffò contrariato.

-Arrenditi- gli consigliò allegramente Katie. –Quando uno Weasley si mette in testa qualcosa è quasi impossibile fargli cambiar idea-.

Intanto, erano giunti nella Sala d’Ingresso del castello e stavano per dirigersi nella loro Sala Comune quando un Neville Paciock pallido come un cencio, si diresse verso Harry quasi in lacrime.

-Neville cosa c’è?- gli chiese il Cercatore turbato.

-Tu… io… vieni con me!- lo afferrò per il braccio e lo trascinò verso i sotterranei, ignorando le domande della squadra di Quidditch. Una volta giunti all’aula di Pozioni, Neville spintonò Harry all’interno.

L’ultimo dei Potter vi trovò Bellatrix Black, inerme e sdraiata a terra. Le si accovacciò accanto e le toccò il polso: i battiti cardiaci erano lentissimi e il suo corpo era gelido.

-Ma cosa…?-. Harry notò un flaconcino accanto al corpo della Serpeverde e lo prese in mano per annusarlo e cercare di dedurne ciò che aveva contenuto. Proprio in quel momento la seconda porta dell’aula si spalancò e fece la sua comparsa Millicent Bulstrode.

Guardò il Cercatore, guardò la mora Serpeverde e urlò: -Che le hai fatto?-.

-N…niente- si giustificò il Grifondoro, rendendosi improvvisamente conto della situazione equivoca in cui si trovava. –Era già così quando…-.

La ragazza, però, non lo ascoltava. –Gazza! Signor Gazza! Venga qua!-.

L’uomo le comparve affianco, accompagnato dalla fedele Mrs Purr, cantilenò divertito: -Uh, uh, uh, qui qualcuno sta per essere espulso-.

Harry voltò la testa, per chiedere aiuto a Neville, ma di Neville non c’era più traccia.

 

 

Wow! Finito! Credo sia il mio capitolo più lungo, non credevo che sarei riuscita a spostarlo entro Domenica, ma ci sono riuscita. Comunque, non so quando aggiornerò di nuovo, al momento sono davvero occupata. Alla fine, ho deciso per il saltare direttamente al quarto anno e inserire le scene mancate in delle spin-off. Quindi, concludo quest’anno, pubblico una fic contenente le spin-off del secondo e terzo anno (quattro o cinque circa) e poi riprendo la storia dal quarto anno. Spero che questo cap vi sia piaciuto e grazie a tutti quelli che hanno recensito e chi mi ha inserita tra gli autori preferiti. Ciao!

 

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Capitolo 19
*** Esempio di solidarietà tra Case ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

Risposta alle recensioni:

Emily91: Ciao! Sono contenta che ti sia piaciuto e spero ti piacerà anche questo. Presto scoprirai cosa accadrà ad Harry.

DiraReal: Grazie per i complimenti, sono FELICE di essere riuscita a caratterizzare bene Tom. Volevo chiederti, però, cosa pensavi della scena tra Remus e Sirius, visto che nel cap. 14, non ti aveva entusiasmata troppo. Mi basta un  ‘sei migliorata a descriverli’, ‘sei peggiorata’, ‘ sei rimasta uguale’. Ci tengo molto alla tua opinione. Un’altra domanda: credi che 14 anni siano troppo pochi per una persona per avere la sua prima esperienza sessuale? Alla prossima!

Sammy Malfoy: Grazie per i complimenti. Naturalmente Tom e gli amici di Harry non crederanno neanche per un attimo che l’artefice di tutto sia il Cercatore. Insomma, basta conoscerlo un minimo per capire che non farebbe mai una cosa simile. Credo che il duello verbale tra Tom e Albus sia il preferito di tutti. Al non è molto amato, decisamente. Pienamente d’accordo con te su CT. Un delle migliori fic, che abbia mai letto in assoluto, un vero capolavoro e sto aspettando pazientemente Lien che aggiorni. Che altro dire? Spero ti piaccia anche questo cap e che mi farai sapere la tua opinione. Ciao! ^_^

Pentesilea: Sai che non ci avevo mai pensato? Tom e Harry suonano come Tom e Jerry! In quanto al fatto che Tom non avrebbe permesso a nessun altro di prendersi certe confidenze con lui, hai pienamente ragione. Ho reso Al davvero odioso, eh? Spero che con il svilupparsi della storia riuscirò a riabilitarlo, almeno un pochino. Personalmente Bellatrix non mi è mai piaciuta molto, anche se ammiro certi lati del suo carattere (la fedeltà, il coraggio, l’intelligenza), ma in questa fic è destinata a essere il terzo incomodo, quindi credo che la odierete un po’ tutti, soprattutto quando (Spoiler!!!) arriverà vicino a separare Tom e Harry definitivamente. Sì, Remus è dolcissimo. Credo che il suo non voler stare al centro dell’attenzione, derivi per metà dall’essere un licantropo e per metà dal suo carattere discreto. Ti ringrazio per i complimenti, anche perché su altre cose sono debole (per esempio le scene d’azione). Ciao e alla prossima.

DJKIKA: Grazie mille, sono felice che ti sia piaciuto e spero che ti piacerà anche questo. Su Tom e Albus hai perfettamente ragione: sotto certi versi sono simili. Naturalmente quel Neville era Rita nascosta. Su quel che succede ad Harry, ti rimando a questo cap. Baci!

Sssweety: Allora, Bella e Rita vivranno ancora a lungo, temo. Sai, non è così scontato che sia Rita la complice di Bella. Di solito, c’è la fila per essere gli eventuali aiutanti di Bella (Rod, Tiger e Goyle). In quanto a Tom che chiede spiegazioni a Bella, credo che Rita ci avesse pensato, ma non le importasse più di tanto: ciò che le premeva in quel momento era tenere buona Bellatrix. Sono contenta che i primi accenni Severus/Blaise ti piacciano. Per quanto riguarda Diana, beh, bisognerà aspettare. Non è una stupida, ha capito che mettersi contro Tom non è consigliabile, ma ora si è unita a ad Al nel club “Tom Riddle è cattivo” e prima o poi, avrà il suo momento di rivalsa. Ciao e tanti baci.

MissyMary: Non devi scusarti per il ritardo, sono felice che tu l’abbia fatto: le tue recensioni sono fra quelle che aspetto con più ansia. Bellatrix prima o poi si sveglierai riguardo ai sentimenti di Tom verso Harry, nel prossimo cap, credo. La scena in biblioteca è quella che tutti hanno amato di più e tutti tifavano per Tom. L’indice di gradimento di Al scende sempre più. Spero si riabiliterà con lo svilupparsi della storia, o perlomeno, quando giungerà Gellert a scombinare la vita di tutti. La gelosia di Tom ancora non si manifesta del tutto (è troppo piccolino), ma piano, piano comincerà ad emergere (in questo cap se ne vede un altro accenno), soprattutto quando arriverà il primo spasimante serio di Harry. Sono contenta che ti sia piaciuto la scena tra Rem e Siri, ci tengo abbastanza anche a loro. Ah, posa pure la mannaia, basta e avanza Tom, credimi.  

 

Capitolo XIX

Esempio di solidarietà tra Case

-[…] Perché mai vi fu sodalizio più vero

Che tra Tassorosso e il fier Corvonero,

e tra Serpeverde e messer Grifondoro-

(da Harry Potter e l’Ordine della Fenice)

 

 

Harry si trovava nell’ufficio del preside, in compagnia di Horace Lumacorno, della professoressa McGranitt e di Mafalda Hopkirk, una dipendente dell’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche. Era adagiato su una bassa, ma comoda poltrona verde scuro e teneva gli occhi fissi sulla punta dei suoi stivali da Quidditch.

Nonostante la situazione critica in cui si trovava, non era né spaventato, né preoccupato. Al momento l’unico sentimento che dominava il suo cuore e la sua mente era la rabbia. Una rabbia che gli scorreva nelle vene come lava gelida e fuoriusciva dal suo corpo attraverso onde magiche, che facevano vibrare il mobilio della stanza. L’ultimo dei Potter stava, con grande sforzo, sottoponendo i suoi poteri magici a un ferreo autocontrollo. Beh, ferreo secondo i suoi standard, che non erano molto elevati, tuttavia, se non avesse fatto almeno questo, avrebbe potuto esplodere.

-Mi rincresce signor Potter, ma temo che la sospensione sarà inevitabile.- stava dicendo la dipendente ministeriale. –Fino alla conclusione dell’accertamento dei fatti, lei alloggerà nella sede dei suoi tutori, ovvero Privet Drive numero 4 che si trova a Little Whinging, situato nel Su…-

-So dove abitano i miei zii- la interrupe, con tono seccato, Harry.

-Harry- lo ammonì la McGranitt, tuttavia il suo tono di voce, forse perché per la prima volta l’aveva chiamato per nome, pareva privo dell’inflessibilità che solitamente lo caratterizzava. Lei sapeva che lui era innocente e fremeva dalla rabbia quanto il Grifondoro.

Era sera, ormai, e l’ultimo dei Potter aveva trascorso la maggior parte della giornata nell’ufficio del preside ripetendo, fino alla nausea, gli avvenimenti di quel mattino a una lunga lista di persone, fra cui Mafalda Hopkirk.

-L’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche analizzerà il caso, lei verrà sottoposto a un regolare processo e…-

-Mafalda,- intervenne il preside –è proprio necessario? Siccome entrambe le persone coinvolte sono studenti, la decisione riguardo agli interventi disciplinari da attuare dovrebbe spettare a Hogwarts-.

-E’ vero, in teoria, ma…-

-Ma Cygnus Black non è di questo parere- la interrupe il Cercatore, mentre un bicchiere, posizionato sopra la cattedra del preside, esplodeva.

“Calmati,” si disse nella mente, respirando profondamente “calmati”.

-Che impudenza!- commentò il ritratto Phineas Nigellus. –Ai miei tempi, gli studenti avevano più rispetto per le autorità ministeriali-.

-Io, invece, insegnavo ai miei studenti ad avere rispetto per chi se lo meritava- commentò un quadro che ritraeva una strega dallo sguardo penetrante.

-Concordo pienamente- dichiarò una tela che ospitava un mago dal viso olivastro e dalla chioma nera. –E’ inammissibile che il Ministero compi parzialità-.

-Smettetela- li redarguì Horace. Quando gli ex-presidi cominciavano a battibeccare erano capaci di andare avanti all’infinito.

-Quando avrà luogo il processo?- chiese la McGranitt.

-Fra una settimana esatta. Il giorno precedente il signor Potter riceverà un gufo del Ministero come avviso- rispose la Hopkirk.

“Perderò la partita contro Corvonero” rifletté Harry, nonostante fosse pienamente consapevole che era un pensiero molto stupido da formulare. Al momento, quello era l’ultimo dei suoi problemi.

-Vado a preparare il baule- annunciò.

***

Il mattino seguente

 

Horace Lumacorno amava il suo lavoro.

Beh, quasi sempre, c’erano delle volte in cui lo detestava e ciò accadeva quando i genitori dei suoi alunni pretendevano che fosse onnipresente e onnipotente nelle vite dei loro figli. In parte li comprendeva. Per loro non doveva essere facile, non avere contatti con la loro progenie per dieci mesi l’anno. Si perdevano le loro storie amorose, i loro litigi, le loro difficoltà, la loro adolescenza insomma. Horace non aveva avuto figli (né li aveva mai desiderati: i trecento* studenti di cui doveva occuparsi gli procuravano già abbastanza grattacapi), ma avendo avuto degli allievi che amava, o aveva amato, tantissimo (Lily Evans e Teddeus Prince per esempio) era convinto di capire cosa si provasse ad averne.

In ogni caso, siccome i genitori avevano l’impressione di perdere il controllo nella vita dei loro figli, tendevano a sfogare le loro frustrazioni su di lui, pretendendo che risolvesse qualsiasi cosa andasse storta (dalle scarse valutazioni, ai problemi disciplinari).

 In quei momenti Horace si scopriva a desiderare di avere solo studenti Nati Babbani. I genitori Babbani non gli mandavano mai nessuna lettera di protesta, né intervenivano nella vita scolastica dei figli. Perciò, da quando era diventato preside, Lumacorno aveva imparato ad apprezzare la comunità non magica: anche a loro capitava di fare qualcosa di buono, non erano proprio inutili.

Magari Bellatrix Black fosse stata figlia di Babbani. Il problema che al momento doveva affrontare, sarebbe stato molto più semplice da risolvere.

-Harry Potter non farebbe mai una cosa simile- gli stava dicendo sua moglie, Pomona. –E’ innocente-.

-Sai, Esme e Teddeus sono venuti nel mio ufficio, dicendomi le stesse cose, è stata la prima volta che li ho visti d’accordo su qualcosa, e ho detto loro le stesse cose che ora dico a te: non posso fare niente, ho le mani legate-.

-Ma certo che puoi fare qualcosa: sei il preside-.

-Se la signorina Black fosse una Nata Babbana…-

-Cosa centra, ora, il suo Stato di Sangue?- gli chiese la sua dolce consorte con tono irritato.

-Lasciami finire.- replicò Horace, calmo. – Se la signorina Black fosse una Nata Babbana, avrei potuto mettere tutto a tacere, ma non lo è. E’ la figlia di Cygnus Black, la nipote di Orion e Walburga Black, nonché la figlioccia di Abraxas Malfoy. I quali stanno facendo un sacco di pressioni al Ministero: vogliono che il giovane Potter sia espulso -.

-Espulso?- replicò la donna, incredula. –Ma se non è successo niente di irreversibile! Il veleno che la signorina Black ha ingerito non era mortale. Poppy ha detto che il suo antidoto è facilissimo da preparare e che è sufficiente che sia assunto entro ventiquattr’ore dalla somministrazione del veleno. In ogni caso, Bellatrix Black non sarebbe mai morta: al massimo sarebbe rimasta in coma a vita-.

-Sì, lo so, ma prova a spiegarlo a Cygnus Black. Fortunatamente, l’attuale direttore de La Gazzetta è un ex-membro del Lumaclub o questa storia sarebbe finita sui giornali. Il figlio della Salvatrice che avvelena l’erede di una delle nostre più antiche famiglie! E’ roba da prima pagina-.

-Non è stato Potter, Horace, ne sono certa-.

-Anch’io. Mi rifiuto di credere che il figlio di Lily sarebbe in grado di compiere una simile azione-.

-Si è solo ritrovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato: poteva capitare a chiunque-.

-Peccato che non sia in grado di spiegare perché si trovasse lì-.

-Ha affermato che è stato il signor Paciock a chiamarlo e i suoi compagni di squadra l’hanno confermato-.

-Ma il signor Paciock si trovava nelle serre con i signori Black e Lupin, in quel momento. E tu stessa, che sei andata a controllare come stava andando il loro lavoro, puoi asserirlo-.

-Nessuno di loro può aver mentito! Avevano tutti assunto il Veritaserum! E’ la pozione della verità più potente che ci sia-.

-Già, ma anche il Veritaserum può essere aggirato da una mente forte: per questo le pozioni della verità non vengono quasi mai utilizzate durante le cause legali. Il giorno in cui riusciremo a preparare una pozione della verità infallibile, è molto lontano-.

Pomona scosse la testa, affranta. –Che ne sarà di Harry?-.

-Per ora è stato sospeso e allontanato dalla scuola, al momento si trova a casa dei suoi zii. Il Dipartimento per l’Uso Improprio delle Arti Magiche sta esaminando il caso, se venisse ritenuto colpevole, potrebbe essere espulso con conseguente ritiro della bacchetta-.

-E’… è terribile-.

-Sì, lo è-.

***

 -Harry è innocente- disse Sirius.

-Su questo, credo, siamo tutti d’accordo- convenne Blaise.

I due si trovavano, insieme ad Albus, Hermione, Neville, Remus e Dora, nel parco della scuola, riuniti ai piedi di una grande quercia.

-Questa storia non ha senso- borbottò Hermione. –Chi potrebbe odiare Harry così tanto da fargli rischiare l’espulsione?-.

-Bellatrix- rispose Sirius senza esitazione.

-Ma è Bellatrix quella che si trova in un letto dell’infermeria priva di sensi.- gli fece notare la Grifondoro. –Insomma, a meno che non abbia assunto da sola il veleno…- s’interrupe e, notando lo sguardo di Sirius, chiese incredula: -Credi lo abbia fatto apposta? Che avesse pianificato tutto?-.

Il Purosangue annuì.

-Ehm,- intervenne Dora -so che la mia adorabile cuginetta non ha tutte le rotelle a posto, ma…- 

-Quali rotelle?- chiese Neville mentre Sirius, Blaise e Remus la fissavano perplessi.

-E’ un modo di dire babbano- spiegò Albus –Tradotto nel gergo del Mondo Magico significa: il fuoco è acceso, ma il calderone è vuoto-.

-Mi spieghi come fai a sapere sempre tutto?- domandò Sirius.

-Mia madre è Nata Babbana-.

-Davvero?!- esclamò Blaise, alzando le sopracciglia, sorpreso. –Non lo sapevo-.

-Beh, forse può essere definita Mezzosangue, non saprei. I suoi bisnonni erano Maghi. Comunque sia, riprendendo l’argomento di prima, che volevi dire Ninfadora?-.

I capelli di Dora, che quel giorno erano neri come il suo umore, assunsero alle punte una sfumatura grigio tempesta, in segno d’irritazione. Albus, come Blaise, non la chiamava mai per cognome e il bello era che lui non lo faceva per irritarla: affermava che gli piaceva come si chiamava.

-Volevo dire che, secondo me, un gesto del genere è esagerato persino per la Black. Avrebbe potuto morire-.

-Non era un veleno mortale- precisò Hermione.

-Tra il morire e il rimanere in coma per il resto della vita non c’è molta differenza- ribatté Tonks.

-Sentite, Bellatrix è capace di tutto- intervenne Sirius.

-Sono d’accordo- convenne Blaise –e, in ogni caso, non ha corso un rischio molto grande. Sapeva che la Bulstrode era stata messa in punizione dalla McGranitt e doveva aiutare Gazza a pulire i sotterranei, quindi era certa che l’avrebbero ritrovata entro le ventiquattro ore-.

-Che mi dite di ‘Neville’ che attira Harry nei sotterranei?- chiese la Grifondoro.

-Non sono stato io!- intervenne il ragazzo in questione.

-Lo sappiamo, Nev.- lo rassicurò Sirius –Eri con me e Remus alle serre in quel momento: sicuramente non sei stato tu-.

-Ma allora chi è stato e come ha fatto?-.

-Beh, ci sono tanti modi di camuffarsi tramite la magia- disse Remus. –Uno dei più efficaci è la Pozione Polisucco-.

-Cos’è?-.

-Una pozione in grado di farti assumere l’aspetto di chiunque- rispose Hermione. –Ma come potrebbe essere riuscito il falso Neville a procurarsi la pozione? Gli ingredienti non si trovano neanche nella dispensa degli studenti-.

-Granger, siamo in una scuola di magia- gli fece notare Blaise. –Non c’è luogo migliore per procurarsi una pozione. Scommetto che Prince ne ha un paiolo pieno nella sua scorta privata-.

-Questo- continuò Remus –vuol dire che Black ha un complice e questa persona non è stesa in un letto dell’infermeria priva di sensi-.

-Se lo trovassimo e lo facessimo confessare, Harry sarebbe scagionato!- esclamò Hermione entusiasta.

-Un gioco da ragazzi- commentò Sirius con tono ironico. –Che ne dite di appendere degli striscioni per la scuola con su scritto: ‘Cercasi complice di Bellatrix. Per assumere il Veritaserum, rivolgersi al preside’-.

-Sì,- convenne Blaise. –ci serve un piano-.

-O qualcuno dotato di grandi doti di persuasione- intervenne Albus che, mentre i suoi amici discutevano l’accaduto, giungendo alla conclusione a cui lui era arrivato già da tempo, era rimasto in religioso silenzio.

All’improvviso si alzò e si diresse verso il castello.

-Dove vai?- gli chiese Sirius.

-A dimostrare che la vera forza sta nell’unione delle diversità- rispose il rosso, senza votarsi.

-Che significa?- chiese Blaise sbigottito, quando il figlio del Ministro sparì dalla vista.

-Non ne ho idea- rispose Sirius –A volte, ci vorrebbe un interprete per sostenere una conversazione con Albus-.

-E’ uno dei motti di Tosca Tassorosso. Lo potete trovare in Storia di Hogwarts- rispose Hermione un po’ stizzita, come sempre quando qualcuno anche solo accennava a parlar male del rosso Grifondoro.

-Ma, adesso, che centra?- insistette il Tassorosso.

-Non ne ho idea- ammise la Grifondoro.

***

L’unico sentimento che Tom provava in quel momento era la rabbia, una feroce e bruciante rabbia che gli annebbiava la mente, solitamente lucida. Ovviamente la causa scatenante della sua furia era la sospensione di Harry, che il Serpeverde considerava quasi un affronto personale.

Neanche Severus aveva preso bene la novità. La sera prima, quando Millicent Bulstrode aveva riferito loro l’accaduto, si era precipitato fuori dalla Sala Comune, fregandosene del coprifuoco, e si era precipitato alla torre rosso-oro, seguito da Tom.

Avevano incrociato Harry proprio nel momento in cui stava uscendo dal passaggio segreto situato dietro il quadro della Signora Grassa. Il Grifondoro era piombato tra le braccia di Severus, stringendolo forte e sfregando il viso sulla sua spalla destra, in cerca di conforto. Al mezzo Prince era sembrato di tornare indietro nel tempo, a quand’erano bambini, e Harry assumeva quell’atteggiamento, di un cucciolo in cerca di protezione, per ricordarsi che non era solo. Era ignobile, in un momento come quello, sentirsi sollevati per la consapevolezza che, nonostante i suoi nuovi amici occupava ancora un posto privilegiato nel cuore di Harry? 

Tom, invece, si era ritrovato infastidito dalla scenetta. Non sapeva il perché, ma la profonda intimità che si poteva avvertire tra i due amici, l’aveva irritato e per poco non era andato a strappare Harry dalle braccia di Severus.

Non avevano avuto modo di scambiarsi molte parole (Mafalda Hopkirk era giunta poco dopo accompagnata dalla McGranitt che, fra parentesi, aveva finto di non accorgersi dell’inopportuna presenza dei due Serpeverde). In ogni caso, Tom aveva fatto in tempo, prima che Harry se ne andasse, a sussurrargli all’orecchio: -Farò in modo che ti scagionino-.

E lo avrebbe fatto, non sapeva ancora come, ma ci sarebbe riuscito.

-Riddle, avrei bisogno di parlarti-. La voce di Albus Dumbledore, proveniente da uno dei cunicoli sotterranei di fronte a lui, venne a distoglierlo dai suoi pensieri.

-Cosa vuoi, Dumbledore?- chiese l’orfano con tono piatto.

-Harry è innocente- rispose il Grifondoro.

-E fin qui…- commentò Tom ironico.

Albus fece un profondo sospiro. Non poteva credere a quello che stava facendo, ma aveva bisogno di Riddle, aveva bisogno di qualcuno brillante e intelligente quanto lui con cui scambiare idee e sbrogliare quell’intricata matassa che aveva portato alla sospensione di Harry. Di conseguenza, avrebbe sotterrato l’orgoglio. -Tu non mi piaci- disse, anche se non c’era bisogno di specificarlo. -E io non piaccio a te- continuò. Quel giorno il rosso pareva in vena di sottolineare ovvietà. –Ma credo che almeno una cosa in comune io e te ce l’abbiamo: non vuoi che Harry venga espulso, vero?-.

-Parla chiaro: stai cominciano ad irritarmi con i tuoi giochetti psicologici.- disse Tom -Cosa proponi?-.

-Una tregua- rispose il figlio del Ministro e gli tese la mano.

Mentre lo faceva non riuscì a trattenere un brivido di ribrezzo. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella situazione. Lui e Riddle non erano nati per stringersi la mano. Tom doveva pensare la stessa cosa perché, mentre allungava il braccio, abbandonò la sua solita maschera gelida e, per una volta, sul suo viso si poteva leggere esattamente ciò che provava: disgusto allo stato puro. Entrambi avvertivano che stava avendo luogo qualcosa contro natura. Forse, era infantile classificare le persone in base alla Casa d’appartenenza, ma, in questo caso, era impossibile non farlo. Albus e Tom erano il Grifondoro e il Serpeverde, il leone e la serpe, il fuoco e l’acqua: tutti elementi inconciliabili tra loro.

Separarono le loro mani quasi subito. Entrambi erano consapevoli che quel gesto non significava niente. La loro era solo una breve tregua, nulla di più, e appena Harry fosse stato scagionato, avrebbero potuto tornare ad odiarsi, in tutta tranquillità. Cosa che veniva loro molto più naturale, che collaborare.

-Hai già un piano?- chiese Tom al Grifondoro.

-L’ombra di un piano- rispose Albus –E’ evidente che c’è la Black dietro a tutto ciò-.

-C’ero arrivato. Non sono uno dei tuoi amici idioti. Sono dotato di un cervello e sono in grado di usarlo-.

“Per Harry” si ripeté Albus “Lo sto facendo per Harry”.

-La Black deve aver avuto un complice. Qualcuno che si è trasformato in Neville e ha attirato Harry nei sotterranei. Se…-

-Se lo trovassimo e riuscissimo a farlo confessare, tutto sarebbe risolto e immagino che questo spetti a me- completò Tom.

“Per le mutande di Merlino. Fa impressione il modo in cui c’intendiamo” considerò Albus.

-Chi credi che potrebbe essere il complice della Black?- chiese. –Ha corso un rischio non indifferente. Lestrange era in infermeria ieri mattina, quindi è da escludere. Perciò, Goyle? Tiger? Obbediscono sempre ciecamente alla Black-.

Tom scosse la testa. –Tu parti dal presupposto che il piano l’abbia ideato Bellatrix, ma io non credo sia così. Questo non è il suo stile: di solito, è più diretta quando vuole danneggiare qualcuno-.

-Avevo ristretto la cerchia voi, matricole Serpeverde, perché il complice dev’essere qualcuno su cui la Black ha molta influenza-.

-Sono d’accordo- dichiarò Tom.

-Quindi rimangono solo Malfoy e la Skeeter. Entrambi sono amici della Black, entrambi sono dotati di una ragionevole dose di astuzia e intelligenza, entrambi non si fanno scrupoli di alcun genere e a nessuno dei due Harry sta particolarmente simpatico. Le probabilità si equivalgono-.

-No, solo uno di loro avrebbe accettato di partecipare attivamente al piano e trasformarsi in Neville-.

-Chi?-.

-La Skeeter. Malfoy non è tipo da sporcarsi le mani, se non è certo che sarà più che remunerato-.

-Anche la Skeeter è molto opportunista-.

-E’ vero, ma lei ha bisogno di Bellatrix. La sua amicizia le è stata utile più di una volta e non vuole perderla-.

-Ho capito. Però, la Black potrebbe essersi fatta suggerire il piano da Malfoy, per poi costringere qualcun altro a travestirsi da Neville-.

-Hai ragione-.

“Mi ha davvero dato ragione?” si chiese Albus, non credendo alle sue orecchie.

-Tu parla con Malfoy, dovrebbe essere al campo da Quidditch adesso, io cerco la Skeeter-.

Detto questo, si voltò e si allontanò.

Albus rimase ad osservarlo mentre si allontanava. C’era qualcosa di tremendo nel fatto che una delle persone con cui s’intendeva meglio, era una delle persone che detestava maggiormente.

***

-Cosa possiamo fare?- domandò Esme mentre si accomodava nell’ufficio di Teddeus Prince.

“Da quando siamo diventati un ‘noi’?” si chiese il Maestro di Pozioni. –Ben poco. Cygnus Black non si fermerà, fino a quando Harry non verrà espulso. La nostra unica speranza sarebbe trovare il vero colpevole-.

La strega non lo stava ascoltando. –Quella è Lily Potter?- chiese indicando una foto incorniciata, situata sulla scrivania del professore, che ritraeva una giovane e sorridente donna dai capelli rossi che si dondolava su un’altalena.

Teddeus si limitò ad annuire.

-Eri innamorato di lei, per caso?-.

Il Maestro alzò un sopracciglio. –Cosa te lo fa pensare?-.

-Tieni una sua foto nel tuo ufficio-.

-Era la mia migliore amica. Conosci il significato della parola ‘amicizia’?-.

Esme assottigliò gli occhi, irritata. –Certo che lo conosco, ma sono passati più di dieci anni. Non credi che il tuo atteggiamento sia leggermente morboso?-.

-Nonostante siano passati dieci anni, rimane una delle persone migliori che abbia mai conosciuto e ti assicuro che preferirei essere con lei adesso, piuttosto che con te-.

-Non ho nessuna intenzione…-

La replica di Esme fu interrotta da qualcuno che bussava alla porta. Dopo che Teddeus ebbe detto: -Avanti-, l’uscio fu aperto e fecero la sua comparsa Tom Riddle e Rita Skeeter.

I due insegnanti osservarono il paio. Il ragazzo stava sorridendo in un modo, almeno secondo la strega, piuttosto inquietante. Aveva già visto quel sorriso sul viso di suo cugino, solitamente prima o dopo il casuale   incidente capitato a qualcuno. La bionda, invece, aveva l’aria traumatizzata. I suoi capelli e i suoi vestiti, di solito impeccabili, erano malconci e sul viso vi erano tracce di pianto.

-Rita ha qualcosa da dirvi. Vero, Rita?- annunciò il Serpeverde con voce leziosa.

 

-Visto? Non era così difficile. E’ dire che hai fatto tante storie, prima di deciderti a confessare- commentò Tom, circa mezz’ora dopo, mentre si dirigevano verso i sotterranei.

Rita gli lanciò uno sguardo depresso. –Verrò sospesa per questo, lo sai? Forse espulsa-.

-Non è un problema mio.- rispose il ragazzo serafico. –Hai deciso tu di assumerti tutta la colpa, affermando che avevi somministrato il veleno a Bellatrix a sua insaputa, nel tentativo di far finire nei guai Harry -.

-Che altra scelta avevo?- chiese Rita mentre si passava una mano sul livido rosso che Tom le aveva lasciato, con un incantesimo, sul collo. –Quando Bella fosse uscita dalla biblioteca, mi avrebbe ucciso, se avessi osato darle la colpa, facendola finire nei guai-.

Tom ridacchiò, divertito, ma quel suono aveva ben poco di una vera risata: faceva venire i brividi.

-Rita,- disse –quando Bellatrix avrà ripreso i sensi, ti assicuro che rimpiangerà di non essere stata espulsa-.

-Cos’ha Potter di tanto speciale?- replicò la bionda.

-Che vuoi dire?-.

La strega, notando il sopracciglio alzato del moro e il suo tono gelido, si maledisse per la sua curiosità, ma il danno ormai era fatto e Tom Riddle non permetteva a nessuna di lanciare una pietra e nascondere la mano, non se la persona alla quale veniva lanciata le pietra, era lui.

-Quello che ha fatto Bellatrix…-

-Dietro tuo consiglio- sottolineò Tom.

-Dietro mio consiglio- ammise Rita –è il genere di piano che avresti potuto ideare tu. Te la sei presa tanto, solo perché la vittima era Potter. Perché? Cos’ha di tanto speciale?-.

Tom allungò il braccio, fino ad afferrare il suo collo con la mano. Concentrò la sua aura sul palmo, fino a farlo diventare incandescente.

-AHA!- si lamentò Rita.

Il moro, in risposta, strinse maggiormente la mano, aumentando il dolore della strega.

-Ti piace?- le sussurrò. –E’ un bel trucchetto, non trovi? Purtroppo non sono in grado di farlo durare molto, ma imparerò- disse lasciandole il collo.

Rita, priva di forze, crollò per terra, in ginocchio.

-Cosa ci trovo in Harry, sono affari miei.- sibilò Tom. –Tu ricorda che devi passare altri sei anni con me, in questa scuola. Non ti conviene avermi come nemico, cosa a cui andrai sicuramente incontro, se continuerai a fare la stronzetta con Harry-.

Dopodichè si allontanò tranquillamente, lasciando la Serpeverde inginocchiata a terra.

 

  

 *Non sono certa che ci siano 300 studenti ad Hogwarts, ma mi sembra una quantità probabile, considerando che durante il primo anno di Harry, nella Casa di Grifondoro e in quella di Serpeverde furono Smistati 8 studenti (9 in quest’ultima se si vuole considerare Tracey Davies). Se si calcola una media di circa 40 studenti all’anno vengono fuori 280 in totale, arrotondato 300.   

   

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Capitolo 20
*** Fuoco e complotti ***


Disclaimer: I personaggi di Harry Potter e il suo intreccio non mi appartengono (altrimenti, Harry non starebbe con Ginny) e non scrivi a fini di lucro (anche perché non credo esista qualcuno disposto a pagarmi).

 

Risposta alle recensioni:

Emily91: Grazie per i complimenti. ^///^  Sono contenta che ti sia piaciuta la parte in cui Al e Tom si stringono la mano: ci ho lavorato parecchio. Naturalmente Tom si vendicherà di Bella, ma non in questo cap, nel prossimo. Ho visto che hai messo tra i preferiti le mie drabble: sono contenta che ti siano piaciute. Alla prossima!

DiraReal: Sì, faccio sempre uno schema prima di scrivere un capitolo: altrimenti mi vengono fuori solo un mucchio di idee confuse. Hai perfettamente ragione sulla scena della mano, rileggendola mi sono messa a ridere da sola. In ogni caso, cerca di capire. Ho passato la mia infanzia con Dragon ball: evidentemente mi hanno influenzata. Grazie mille per il consiglio sui quattordici, anche perché rispecchia la mia idea. Ah, sì credo che tra Esme e Teddeus potrebbe nascere del tenero.

Sammy Malfoy: Sono felice che lo scorso cap ti sia piaciuto. Allora, per la scena in cui Harry ringrazia Tom e per quella della punizione di Bella dovrai aspettare il prossimo capitolo. In quanto al ragazzo che s’interesserà a Harry o (come amo chiamarlo rovisto chi si metterà contro), aspirante suicida, beh, non ti dirò nulla in proposito tranne che il quarto anno sarà un momento molto delicato per il rapporto tra Harry e Tom.

Sssweety: Ciao! Ho lavorato molto sulla scena tra Al e Tom, quindi sono felice che ti sia piaciuta. In quanto ai tuoi desideri… beh, mi dispiace, ma non in questo cap, comunque avrai entrambe le scene che volevi nel prossimo. In quanto all’apparizione del rivale di Tom, beh dovrai leggere i prossimi cap.

DJKIKA: Grazie per aver recensito anche se hai il mal di testa. Sono contenta che ti sia piaciuta la scena tra Al e Tom, visto che ci ho lavorato molto. Non o quanto volte l’ho letta e riscritta: non mi convinceva mai del tutto. Per Bella, dovrai aspettare il prossimo cap. Ciao e alla prossima.

 

 

Capitolo XX

Fuoco e complotti

Voglio essere me stessa.

Voglio essere libera.

E’ un concetto così semplice eppure

c’è chi non riesce a capirlo.

(da Le Situazioni di Lui e Lei)

 

 

Erano passati circa tre mesi dal giorno dell’avvelenamento di Bellatrix Black. Grazie alla spontanea confessione di Rita Skeeter, tutto era andato a finire bene e Harry era stato riammesso a scuola in tempo per la preparazione agli esami di fine anno.

Teddeus Prince, in quel momento, si trovava nel suo ufficio e, adagiato su una poltrona, stava leggendo un libro quando un ‘Pop!’ proveniente dal caminetto, lo fece voltare verso di esso, in tempo per vedere apparire il volto di una donna.

Capelli rosso scuro, occhi a mandorla di uno stupefacente verde smeraldo, carnagione chiara, ma priva di lentiggini e viso dai lineamenti delicati: era una Metaformagus e in quel momento aveva l’aspetto di Lily Potter.

-Piantala con questi scherzi stupidi- la redarguì il professore, per poi appoggiare il libro su una mensola, alzarsi, e avvicinarsi al caminetto.

La donna sorrise, ma non modificò il suo aspetto. –Ti fa ancora effetto? Seriamente, dovresti voltare pagina, Prince-.

-Cosa vuoi?- replicò l’uomo con tono aspro.

-Hai consegnato il Mantello a Potter?-.

-Non ancora, ma lo farò presto. Comunque sia, sappi che non lo farò perché me lo hai chiesto tu: l’avrei fatto comunque-.

-Sì, lo so. L’hai ripetuto mille volte: collaborerai con noi, solo finché i nostri obbiettivi coincideranno-.

-Se lo sai, perché hai deciso di chiedermi aiuto? Potrei tradirvi in qualsiasi momento-.

-No, non lo farai. Non finché Potter è così giovane almeno-.

-Non lo farò, finché non riterrò che stiate superando il limite- replicò Teddeus.

La strega si scostò una ciocca di capelli dagli occhi e, con aria seria, disse: -Sarò sincera...-

-Tu, sincera? Che rarità!-.

-Io non mi fido di te, proprio per niente,- continuò la donna ignorando l’interruzione del castano –ma sei l’unico contatto che abbiamo all’interno di Hogwarts, l’unico che può tenere d’occhio Potter e condurlo verso la giusta via-.

-Sappi che non vi permetterò di fargli del male.- sibilò il mago. –Lily è morta per proteggere quel ragazzo: dovrete passare sul mio cadavere, prima di potergli torcere anche solo un capello-.

-E chi ha parlato di fargli del male?- replicò la strega.

-Era Redbird ci aveva provato- le fece notare Teddeus.

-Era ha... un tantino esagerato. Diciamo che commesso un errore di valutazione-.

-Un tantino esagerato? Errore di valutazione? E’ così che vengono definiti gli omicidi a sangue freddo, adesso?- In ogni parola dell’uomo si potevano cogliere furia e dolore.

La Metaformagus sorrise, maligna. –Ti senti ancora in colpa per la morte del Giglio, vero? L’ho detto e l’ho ripeto, Prince: volta pagina-. Dopo di ché, sparì dalla vista, lasciando da solo un impotente e frustrato Teddeus Prince.

 

Quando la strega interrupe la conversazione, si allontanò dal caminetto e rivolse la sua attenzione ad un mago semi sdraiato su un divanetto dall’aria logora. Era vestito in modo abbastanza eccentrico: indossava un completo verde bottiglia ornato, su un taschino, da uno strano simbolo dorato rappresentante un occhio triangolare. Il tutto era completato da un papillon arancione e scarpe a punta viola. Albus avrebbe apprezzato il suo stile. Doveva essere un Metaformagus anch’egli, perché i suoi lunghi capelli, stretti con un fiocco viola, erano verde scuro.

-Torna come sei di solito.- disse –Parlare con una morta, mi fa una certa impressione-.

La strega ubbidì e tramite i suoi poteri fece tornare i capelli viola, gli occhi lilla e il naso leggermente adunco, simile a quello dell’uomo.

I due si trovavano in una vecchia e fatiscente villa, che mostrava evidenti segni di abbandono.

-Non mi fido, non mi fido, non mi fido- cantilenò la strega.

-Ha detto che gli darà il Mantello- le ricordò l’uomo –e, al momento, questa è l’unica cosa che ci deve interessare-.

-Ci tradirà, fratello. Appena il ragazzo sarà diventato abbastanza grande, gli confesserà tutto e ce l’ho metterà contro-.

-E quanto ci vorrà, affinché questo accada? Cinque? Sei anni? Abbiamo un sacco di tempo a disposizione-.

-Cinque o sei anni potranno sembrarti tanti, ma non lo sono, considerando che il ragazzo passa dieci mesi all’anno in quella maledetta scuola e i restanti due a casa di sua zia, dove noi non possiamo toccarlo-.

-E per questo che ci serve Prince, no?-.

-Ma Prince ci tradirà!- ripeté la donna afferrando un posacenere di cristallo, situato su un basso tavolino di fronte a lei, e lanciandolo contro il muro, frantumandolo.

-Calmati- le consigliò il Metaformagus. –Prince ha un grande punto debole: si sente in colpa per la morte del Giglio. Non ci tradirà, perché è disposto a tutto pur di redimersi e anche se i nostri progetti su Harry Potter dovessero fallire, ci rimarrebbe sempre il giovane Grindelwald-.

-Sperando che non abbia preso dalla madre- sbottò la strega.

-Perché? Cos’aveva sua madre di sbagliato?-.

-Cos’aveva sua madre di sbagliato?- ripeté la strega incredula. –Era capricciosa, testarda e incontrollabile: non si sapeva mai cosa aspettarsi da lei-.

***

L’istituto italiano di Giove era situato in una piccola isola del mar Mediterraneo. I non Maghi non erano a conoscenza dell’esistenza di quell’isola perché, come quasi tutte le scuola magiche, essa era protetta da incantesimi respingi Babbani (avete mai sentito parlare del Triangolo delle Bermuda? Ecco, lì si trova un’altra scuola di magia).

 Giove era un’enorme villa di stile vittoriano, circondata da lussureggianti giardini molto ben tenuti. Nell’insieme aveva un aspetto elegante e raffinato, ma Gellert la odiava. Beh, lui odiava qualsiasi posto in cui limitassero la sua libertà. Il biondo detestava le regole, le imposizioni e le restrizioni di qualsiasi genere mentre, invece, amava il poter fare quello che voleva, quando voleva e come voleva. Per esempio, in quel momento avrebbe dovuto essere nell’ala est dell’istituto, per seguire una lezione di Storia della Magia, invece, si trovava nell’ala ovest, sdraiato sul tetto e si stava godendo il sole primaverile.

Era completamente solo, naturalmente. Il biondo non aveva amici, solo ammiratori e leccapiedi. Questo derivava dal fatto che non si accontentava mai di nulla. Perciò, se un giorno avesse desiderato avere un amico, avrebbe dovuto trattarsi di una persona eccezionale: un suo pari. Perché mai avrebbe dovuto stringere amicizia con persone insulse o stupide? Gellert odiava la stupidità, più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Sbadigliò, ancora mezzo addormentato, ed estrasse da una tasca della divisa una lettera inviatogli da Esme.

La missiva si concentrava soprattutto sulle disavventure di Harry Potter, che, a quanto pare, era stato sospeso per aver avvelenato una sua compagna, per poi essere assolto quando il vero colpevole aveva confessato. Sua cugina pareva aver preso molto a cuore la faccenda, d’altronde era proprio da lei. La strega amava indossare una dorata armatura e combattere i soprusi e le ingiustizie. Sicuramente, se avesse studiato a Hogwarts, sarebbe stata Smistata a Grifondoro.

Il resto della lettera racchiudeva un mucchio di complimenti rivolti alla scuola inglese. Esme stava cercando, molto palesemente oltretutto, di convincerlo a studiare in Inghilterra. Chissà se lo faceva perché desiderava veramente averlo con sé, oppure solo per poterlo tenere d’occhio. Comunque sia, Gellert aveva altri programmi per il suo futuro e Hogwarts non ne prendeva parte.

 

-Gellert!- lo richiamò una ragazza, in un corridoio, cinque ore dopo. –Dov’eri? La professoressa Bianchi era molto arrabbiata: è la sesta volta di seguito che salti la sua lezione-.

-Che tragedia- ironizzò il biondo. –Mi duole il cuore al pensiero di aver turbato il fragile cuore della Bianchi-.

-Guarda che quella è capace di bocciarti.- lo rimbeccò la ragazza, una Nata Babbana di nome Sara.

-Oh, non lo farà- la rassicurò il giovane mago –perché entro un paio di giorni, sarò fuori da questa scuola-.

-Hai intenzione di scappare?- chiese Sara per niente stupita. In quei mesi aveva imparato che da Gellert ci si poteva aspettare di tutto.

-No, ho intenzione di farmi espellere- replicò il biondo tranquillamente.

-E… espellere?-.

-Voglio andare a Durmstrang- spiegò il ragazzo. –e l’unico modo per andarci è far capire a mia zia che non accetterò di studiare da nessun’altra parte-.

 

Il giorno seguente, Gellert si trovava in una sala privata della scuola in compagnia di Maria e del preside. Quest’ultimo stava elencando i crimini di cui il biondo si era reso colpevole. La lista era lunga: aveva aggredito un suo compagno (che aveva osato insultare i suoi genitori); aveva sparso per la scuola le foto di una ragazza, che gli stava particolarmente antipatica, mentre faceva sesso col prof di Trasfigurazione; aveva marinato ripetutamente le lezioni; aveva insultato parecchi insegnanti e, per ultimo, aveva appiccato fuoco all’ufficio del preside.

-Questo ragazzo ha superato ogni limite- dichiarò il basso ometto col faccione rosso per la rabbia. –Mi rincresce, lady Redbird, ma non è più il benvenuto in questa scuola-.

“ ‘Benvenuto’ non lo sono mai stato.” pensò Gellert “Dillo che non vedevi l’ora di sbarazzarti del figlio di Era.”, poi ghignò soddisfatto. Dubitava che sua zia avrebbe ceduto tanto facilmente e deciso di esaudire il suo desiderio di studiare a Durmstrang, ma non gli importava. Se fosse stato necessario, si sarebbe fatto espellere da ogni scuola in cui sua zia lo avesse iscritto finché non fosse riuscito a raggiungere il suo obbiettivo. E lo avrebbe raggiunto, dopotutto era figlio di sua madre.

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Capitolo 21
*** Si torna a casa ***


Risposta alle recensioni

DiraReal: Sono contenta che ti sia piaciuta la collocazione che ho dato a Giove. ^__^ In quanto a Teddeus, eh diciamo che era convinto di essere innamorato di Lily, ma più che altro erano uniti da affetto fraterno. In ogni caso, col proseguire della storia rivelerò altri particolari sul loro rapporto.

Emily91: Ho visto che hai messo tra i preferiti anche Un altro Grande Amore Impossibile. Sono felice che ti piaccia questa raccolta. Sono felice che ti piaccia Gellert, ma sono ancora più felice che non metti in secondo piano Tom. Perché lui resta sempre magnifico e insuperabile. Sì, nel caso non l’avessi ancora compreso, non sono molto sana ultimamente.

MissyMary: Grazie per i complimenti. Mi disp tantissimo che non potrai più commentare regolarmente d’ora in poi. T_T Spero che qualsiasi intoppo tu abbia si risolva. In quanto al non farti capire nulla, beh, non so le altre autrici, ma io mi diverto! Temo che a forza di scrivere di lui, Silly mi stia contagiando. Comincia a piacermi il sapere tutto e non far capire niente agli altri. In quanto a Gellert, beh lui è fatto così: è determinato, deciso e non permette a nessuno di dargli ordini. Inoltre è piuttosto vendicativo (non ti ricorda un altro personaggio di nostra conoscenza?).

Sammy Malfoy: Ecco, brava, quasi quanto. Gellert piace anche a me, ma Tom resta il migliore. In quanto ai metaformagus, fai benissimo a non fidarti di loro. Magari una certa persona nella mia fic prendesse esempio da te. Baci e alla prossima!

_ki_: Una nuova lettrice! Che bello! Grazie per i complimenti. ^///^ Mi hanno resa felicissima. Per il destino di Gellert dovrai aspettare un po’ di capitoli credo, ma non tanti, comunque adesso, si ritorna in Inghilterra. Per tutte le altre domande, dovrai aspettare un bel po’ di tempo, temo. Sai, com’è: che gusto c’è a far capire subito tutto?

DJKIKA: Fa pure le tue domande e le tue supposizioni, non ti risponderò, ma mi divertirò a leggerle! In quanto a Gellert che va a Hogwarts, dovrai aspettare ancora un bel po’ temo. E anche per quanto riguarda l’amicizia con Al. In quanto allo spellamento di Bella… beh, eccolo. Per il bacio infuocato, ne devono succedere di cose prima…

sssweety: Hai davvero rinchiuso tua sorella in soffitta?! Sappi che hai tutto il mio rispetto! Chi sono quei due? E’ una storia lunga. Cosa vogliono da Harry e Gellert? Altra storia lunga. Gellert ne è a conoscenza? Non ancora. Che centra  Prince? Beh, questa è una storia un po’ più corta, ma non te lo dirò comunque. :P Se vogliono far del male a Harry? Chissà, chissà… ma sappi che Harry non è Harry, se non c’è qualcuno al mondo che lo vuole morto.

Spero ti piaccia anche questo cap. Baci!

 

Capitolo XXI

Si torna a casa

 

 

Ma era a casa.

Hogwarts era la prima e la migliore casa

che avesse conosciuto.

Lui, Voldemort e Piton, i ragazzi abbandonati,

avevano tutti trovato una casa lì...

(da Harry Potter e i Doni della Morte)

 

La Foresta Proibita. Uno dei luoghi più magici d’Inghilterra, dove si potavano trovare Creature Magiche di ogni genere. Tuttavia alcuni la consideravano una specie di discarica, un posto in cui il Ministero situava le creature altamente pericolose. Tom non condivideva questa opinione: lui amava quel luogo impregnato di magia e mistero.

-Si può sapere cos’hai fatto alla Skeeter?- chiese Harry mentre entrambi si stavano avvicinando alla loro radura preferita, il luogo in cui avevano incontrato Nagini. -Da quando è tornata a scuola, mi evita come la peste. Sembra quasi… spaventata da me-.

Tom gli rivolse uno sorriso serafico. –Fidati, in realtà non lo vuoi sapere-.

Nagini, che strisciava davanti a loro, sibilò divertita: -Diciamo che è improbabile che d’ora in poi, ti faccia anche solo ‘BUH!’ alle spalle-. Quando furono arrivati alla loro meta, la serpe si allontanò, annunciando: -Vado a caccia-.

Mentre si distanziava, Harry commentò: -E’ cresciuta così tanto da novembre-.

Tom annuì. –Ho cercato in un libro di Creature Magiche la sua razza: dovrebbe diventare abbastanza grande da divorare un essere umano-.

-E i tuoi compagni non hanno protestato all’idea di avere, in giro per il dormitorio, un animale che un giorno potrebbe divorarli?-.

-Se anche avevano qualcosa in contrario, non mi hanno posto alcuna lamentela-.

-Immagino- fece Harry sorridendo e accomodandosi ai piedi di un faggio.

-Ci pensi? Questo è l’ultimo giorno di scuola-.

-Mmm- rispose Tom sedendosi affianco al Grifondoro. –Sono certo che hai superato gli esami, se è questo che ti preoccupa-.

-Ovviamente, non è questo che mi preoccupa- rispose il Cercatore tirandogli un pugno scherzoso su una spalla. –E’ che non  voglio tornare a Privet Drive-

Tom assunse un’espressione seria –Ti capisco-.

“Ecco il vero Tom” pensò Harry. Quella era una delle poche volte in cui si poteva cogliere uno squarcio dell’anima del Serpeverde. Accadeva talmente di rado che Harry decise di approfittarne per tentare di comprendere qualcosa dell’enigmatico ragazzo che aveva affianco. –Anche tu hai trovato una casa, qui, vero?- gli chiese.

Tom annuì, un po’ esitante. –Immagino di sì. Questo è il mio mondo-.

-Io soffro di nostalgia al solo pensiero di allentarmene per due mesi. Non so come farò a tornare a Privet Drive, adesso che so come potrebbe essere la mia vita altrove. Quando ci sono tornato dopo che mi avevano sospeso… beh, è stato orribile. L’unico lato positivo è stato rappresentato dal fatto che mio cugino si trovasse in collegio, ma quest’estate ci sarà-.

-Un giorno diventerai un mago potente e ti vendicherai di tutti loro- profetizzò Tom.

-Potrei trasformarli in tre rospi verrucosi- scherzò il Grifondoro.

-O in vermicoli- suggerì il Serpeverde.

-E quello che farai tu? Trasformerai tutti quelli che ti hanno rovinato l’infanzia in vermicoli per vendetta?-

-No,- rispose Tom serio. –io farò di peggio-.

Quest’ultima affermazione prese Harry in contro piede perché avvertiva che Tom, al contrario suo, non stava scherzando.

-Non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto per me- disse, poi.

-A che ti riferisci?-.

-Lo sai: alla Skeeter. Sei stato tu a farla confessare, no?-.

-Mi hai già ringraziato per quello- gli fece notare Tom.

-Non a dovere.- insistette Harry. –Non dimenticherò ciò che hai fatto per me. Mai. Io e te… siamo amici?-.

Tom spalancò gli occhi, spiazzato. Non aveva mai definito, neanche nella sua mente, il legame che lo univa all’ultimo dei Potter, (Perché c’era un legame e questo non si poteva negare. Rita aveva ragione: quello che aveva fatto per lui, non l’avrebbe fatto per nessun’altro). Come la gran maggioranza dei Serpeverde non amava classificare i propri rapporti affettivi. Erano i Grifondoro e i Tassorosso quelli che amavano riempirsi la bocca di frasi come ‘Ti voglio bene’, ‘Sei il mio migliore amico’ o ‘Farei di tutto per te’. Un atteggiamento simile non era nello stile delle serpi, in particolare di Tom che non amava avere dei rapporti affettivi. Tuttavia, era ovvio che ora ne aveva uno, negarlo sarebbe stato stupido e inutile. E poi, doveva ammetterlo, non gli dispiaceva più tanto: era molto meno spiacevole di quanto avesse immaginato. Fissò Harry negli occhi e,un po’ riluttante, concesse un : -Qualcosa di simile-.

Harry ridacchiò, appoggiò la testa sulla spalla del Serpeverde e fu felice quando quest’ultimo non si scostò.

***

Bellatrix si trovava nel dormitorio maschile di Serpeverde, adagiata sul letto di Rodolphus e stava osservando Lucius preparare il suo baule.

-Sai, dopo il guaio in cui l’hai cacciata, mi sorprende che Rita ti rivolga ancora la parola- disse il biondo.

-Guarda che l’idea è stata sua- obbiettò la mora seccata.

-Può darsi,- concesse Lucius –ma immagino che tu l’abbia costretta a travestirsi da Paciock-

-La stai facendo troppo lunga: è solo stata sospesa dopotutto-.

-Per tre mesi- precisò Lucius. –E’ un miracolo che non sia stata bocciata e lo sarebbe stata se Rod e Millicent non le avessero passato tutti gli appunti e i compiti-.

-Non sono problemi miei- ribatté la strega.

-Ma avrebbero potuto esserlo- le fece notare il ragazzo. –Hai rischiato grosso: a volte sei avventata quanto una Grifondoro-.

-Ehi! Non insultare!- esclamò Bella imbronciandosi e se non si fosse trattato di Lucius, una delle poche persone che erano state in grado di guadagnarsi il suo rispetto, non si sarebbe limitata a fare quello.

-Per quale motivo, poi? Che ti aveva fatto Potter di tanto grave?-.

-Niente, allora, ma ti assicuro che adesso ho un vero motivo per odiarlo-.

-E sarebbe?-.

Bellatrix non rispose. La sua mente era lontana, concentrata su un ricordo di qualche mese prima.

 

Era trascorsa una settimana dalla sospensione di Harry e tante cose erano accadute. Il processo aveva comunque avuto luogo (con grande scorno di Harry, il giorno della partita contro Corvonero), ma, grazie alla confessione di Rita, il Grifondoro era stato prosciolto da tutte le accuse e aveva ricevuto delle scuse ufficiali da parte del Ministero.

Dire che Bellatrix era irritata dall’accaduto era un eufemismo. Aveva ripreso i sensi il giorno seguente il processo al Ministero e Rodolphus e Lucius si erano subito premurati di andarla a trovare in infermeria e di raccontarle ciò che si era persa mentre era in coma.

Il primo sentimento che l’aveva pervasa era stata la furia. Perché cavolo Rita aveva deciso di confessare? Era forse impazzita?

Lucius, con un sorriso enigmatico sul volto, le aveva risposto che no, Rita non era impazzita, semplicemente ci teneva alla sua vita. Bellatrix non aveva compreso il significato recondito delle parole del biondo, fino a quando Tom non era venuto a farle visita.

Quando l’aveva visto quasi non ci aveva creduto (insomma, un gesto simile non era da lei), poi si era sentita lusingata finché non aveva notato l’espressione del suo viso. Era furioso, a dir poco. Era dal loro primo incontro (quando Bellatrix lo aveva accusato di comportarsi come un gufo)che la strega non vedeva lo sguardo del moro strabbocante di odio e disprezzo nei suoi confronti.

Il ragazzo aveva sorriso, un sorriso falso e leggermente sadico, e le aveva chiesto: -A te piace testare nuove magie, vero Bellatrix? Beh, che ne diresti se questa volta fossi tu la cavia?-.

In un attimo estrasse la bacchetta e gliela puntò addosso. Bellatrix si sentì soffocare, come se una corda invisibile attorcigliata al suo collo, stesse diventando sempre più stretta.

-Ba... ba... basta... sto... per...-.

-Oh, no, tranquilla, non morirai: ho appena cominciato- l’aveva rassicurato il moro per poi lanciarle una fattura Oppugno che le lasciò vari lividi su tutto il corpo.

Erano andati avanti così per mezz’ora: altra fattura, altre ferite, altro dolore, finché Tom non si era ritenuto soddisfatto. Poi, aveva avvicinato le labbra a un orecchio della ragazza e le aveva sussurrato: -Quando ti chiederanno chi ti ha ridotto così, risponderai che è stato... Goyle. Chiaro?-.

La Serpeverde, esanime, si era limitata ad annuire.

-Sai, mi hai deluso: vali molto meno di quanto pensassi-.

Strano a dirsi, ma queste parole fecero patire alla mora un dolore molto più grande da quello provocato dalle fatture che le erano state lanciate. Ma non si sarebbe arresa, si sarebbe riguadagnata il rispetto di Tom, in un modo o nell’altro. Ci sarebbe voluto tempo, avrebbe dovuto penare, lasciare in pace Potter (al quale, chissà per quale ignoto motivo, l’orfano Serpeverde pareva tenere), ma ce l’avrebbe fatta.

***

-Sembra incredibile che sia già passato quasi un anno, vero?- chiese Harry a Severus mentre facevano ritorno al castello.

Il Grifondoro era riuscito a convincere il Serpeverde a farsi preparare un pasto al sacco dagli elfi domestici e a pranzare nel parco. –E’ l’ultimo giorno di scuola. Mangiamo insieme, dai- aveva piagnucolato e Severus l’aveva accontentato.

Al momento si trovavano nella Sala d’Ingresso . La serpe allungò il braccio e ripulì la chioma ribelle del Grifondoro da dei residui di polvere di fata.

-Oh!- esclamò l’ultimo dei Potter. –Da quando è lì?-.

-Ce l’avevi già quando ci siamo incontrati-.

-E perché non me l’hai tolta prima?-.

-Ti donava. Comunque non ci sono fate in giro per il parco: dove sei stato stamattina?-.

-Nella foresta-.

-Sai, quel posto non è un parco giochi- gli fece notare il mezzo Prince. –E’ proibito perché è pericoloso-.

-Ma ero con Tom- ribatté Harry come se nulla potesse nuocergli quando era in sua compagnia e forse era vero.

-Mi spieghi cosa ti piace tanto di quel posto?-.

-E’ difficile da spiegare, in ogni caso credo centri la genetica-.

-Che vuoi dire?-.

Harry gli raccontò ciò che gli aveva rivelato Fiorenzo e anche ciò che non gli aveva rivelato.

-Rebeus Hagrid è un idiota- fu il commento del Serpeverde.

-Ehi! E’ una bravissima persona. Che ti ha fatto?-.

-Nulla, ma è un irresponsabile. Sorvolando sul fatto che tu e Bellatrix potevate morire, come gli è venuto in mente di lasciarti solo con un centauro?-.

-Per quale motivo non avrebbe dovuto?-.

-I centauri sono aggressivi con i Maghi-.

-E questo lo dici perché tu ne hai incontrati molti, immagino- commentò Harry con un sorrisetto ironico.

-Non ne ho mai visto uno in cita mia- ammise Severus con tono neutro –ma ho letto Storia della Magia-.

-Anch’io- dichiarò l’orfano.

-Tutta?- insinuò il mezzo Prince.

-Beh, quasi. E’ enorme quel libro.- borbottò Harry. –In ogni caso ho letto i capitoli sulla comunità dei centauri e, dopo aver conosciuto Fiorenzo, sono convinto, più che mai, che siano un mare di sciocchezze. In Storia sono descritti come dei barbari ignoranti che attaccano qualunque umano vedano-.

-Adesso i nostri rapporti con loro sono abbastanza pacifici, ‘sul vivi e lascia vivere’, ma ci sono stati periodi in cui veramente attaccavano qualunque umano vedessero-.

-E viceversa, scommetto-.

-Non lo nego- osservò Severus. –In ogni caso, ciò che ti ha detto, non ha né capo, né coda-.

-Sì, è quello che penso anch’io, ma...-. Le parole del Grifondoro furono interrotte da Teddeus Prince che vedendoli, li richiamò.

-Ciao, zio-.

-Professor Prince-

-Non vi ho visti a pranzo.- disse l’uomo. –Dov’eravate?-.

-A fare un picnic- rispose Harry.

-Fingerò di non sapere che avete preso il cibo dalle cucine senza permesso. Dopotutto l’anno è quasi finito e né Grifondoro, né Serpeverde hanno speranza di poter vincere la Coppa-.

L’ultimo dei Potter lanciò uno sguardo alle quattro, enormi clessidre, situate in Sala d’Ingresso, valutando la situazione. Serpeverde aveva perso ogni speranza di vincere la Coppa quando Bellatrix, Tiger e Goyle erano state beccati mentre torturavano Neville: non è semplice recuperare 150 punti. Tom era stato premiato per essere riuscito a individuare il vero colpevole dell’avvelenamento di Bellatrix, ma tutti i punti guadagnati non erano riusciti a controbilanciare quelli tolti a Rita. Inoltre a causa dell’assenza del Cercatore alla partita Grifondoro vs Corvonero, quest’ultima squadra aveva stracciato i rosso oro, ottenendo in seguito la Coppa di Quidditch e classificandosi al primo posto nel campionato delle Case.

-Preparato i bauli?- chiese l’insegnante.

-Quasi- risposero i ragazzi all’unisono, poi a Harry venne in mente una cosa. –Sev, hai intenzione di tornare a casa, quest’estate?-.

-Severus verrà a casa mia- rispose Teddeus.

-Ho posto la domanda a Sev, professore, non a lei- ribatté il ragazzo un po’ irritato.

Severus osservò suo zio e il suo migliore amico squadrarsi freddamente. Non comprendeva fino in fondo quello che stava accadendo tra loro, ma, qualunque cosa fosse, desiderava che terminasse. Immediatamente. Erano le due persone a cui voleva più bene al mondo e non gli piaceva vederli litigare.

-Non tornerò a Little Whinging, Harry- disse –Trascorrerò con zio Ted le vacanze estive-.

-E tua madre?-.

-Non è sufficiente partorirli i figli per considerarsi madri: bisogna anche prendersene cura-.

-Eileen si è presa cura di te- sbottò Harry.

-Se mia madre si fosse presa cura di me, a otto anni non sarei finito in ospedale a causa di mio padre- replicò Severus con tono glaciale. –L’unica cosa per cui provo dispiacere è che non potremo vederci, ma...-

-Ma, naturalmente, sei il benvenuto nella mia umile dimora- lo interrupe l’uomo.

-Grazie,- sibilò Harry –ma Eileen avrà bisogno di qualcuno al suo fianco, considerando che suo figlio e suo fratello l’hanno abbandonata-.

-Harry...- cominciò il Serpeverde, ma il ragazzo corse via senza voltarsi. Il mezzo Prince fece per seguirlo, ma il Maestro lo fermò, afferrandolo per una spalla. –Lascialo stare, gli passerà-.

Quel giorno una prima crepa venne a crearsi nel rapporto tra Harry e Severus.

 

Harry fece correndo tutta la strada che portava alla torre di Grifondoro. Una volta giunto di fronte al quadro della Signora Grassa, si fermò, per riprendere fiato e regolarizzare i battiti del cuore, accelerati a causa della fatica.

Quando si fu calmato, pronunciò la parola d’ordine (-Nido d’aquila!-) ed entrò. C’erano poche persone nella Sala. Dopotutto era l’ultimo giorno di scuola e la maggior parte degli studenti si trovava all’aperto o nel proprio dormitorio a preparare i bauli, in ogni caso intravide Albus, Sirius e Neville in un angolo, seduti attorno ad un tavolo e gli si avvicinò.

Al indossava una maglietta arancione, con ricamato sopra l’immagine di un orsacchiotto, e stava mangiando un barattolo di quelli che avevano tutta l’aria di essere...

-Quelli sono scarafaggi?- chiese Harry, sedendogli affianco.

-Mmh- annuì il rosso. –Scarafaggi a Grappolo: direttamente da Hogsmeade, me gli ha mandati zia Bathilda. Ne vuoi?-.

-No- rispose il moro, forse un po’ bruscamente.

Lui e Sirius si scambiarono uno sguardo sconcertato. Avevano smesso, ormai da tempo, di cercare di comprendere i gusti di Albus in fatto di dolci. Alcuni erano relativamente normali: gli piacevano le Cioccorane, gli Zuccoti di Zucca, le Bacchette Magiche di Liquirizia, i dolci alla menta e aveva una vera ossessione per le caramelle al limone. Ciò che impensieriva Harry e Sirius era l’amore per i leccalecca al sangue, i Pallini Acidi (come poteva piacerti qualcosa che rischiava di bucarti la lingua?) e, quanto pareva, gli Scarafaggi a Grappolo.

-Tutto bene?- chiese Albus a Harry. –C’è qualcosa che non va?-.

-No, è tutto o.k.. E’ solo che... beh, non a tutti possono piacere gli scarafaggi-.

-Non te l’ho chiesto per questo, anche se non comprendo la vostra avversione per certi cibi: gli scarafaggi sono molto nutrienti-.

 -Non ne dubito- commentò Sirius -ma continuo a non volerli provare-.

-Non sai cosa ti perdi- dichiarò Albus afferrandone un altro dal barattolo e portandoselo alla bocca.

-A guardarli sembrano noccioline- osservò Neville. -Hanno anche lo stesso sapore?-.

-No, Nev!- esclamò Sirius con tono melodrammatico. -Non permettere ad Al di corromperti. Sono scarafaggi, chiaro? Sca - ra - fag -gi. Cosi neri e schifosi-.

Harry sorrise: Sirius riusciva sempre a ridargli il buon umore.

-Allora, cosa c'è?- riprese Albus. -Hai l'aria un po' abbattuta-.

-Ho avuto una piccola discussione con Sev-.

-Come, come, come?- chiese Sirius incredulo. -Gli amici del cuore che litigano? Racconta-.

-Ha deciso che non vuole più tornare a casa-.

-E con ciò? Neanch’io tornerei più a casa, se potessi evitarlo-.

I suoi amici presero a fissarlo, sorpresi.

-Ti sei reso conto di aver appena preso le difese di un Serpeverde?- chiese Albus con un mezzo sorriso.

Sirius sbatté gli occhi, un po’ spiazzato, poi esclamò: -Io… non intendevo… Harry hai ragione tu!-.

Neville ridacchiò, poi il rosso disse: -Sono d’accordo con quello che ha detto Sirius prima. Da quel che ho potuto intuire, Snape non ha avuto una bella vita familiare: perché dovrebbe desiderare di tornare a casa? Neanche tu vorresti tornare a Privet Drive, giusto?-.

-Non è la stessa cosa- protestò Harry. –Al contrario di me, Sev ha qualcuno che lo ama a casa. Non posso credere che riesca a cancellare sua madre dalla sua vita tanto facilmente-.

 

 

-Non credo voglia cancellarla, è impossibile cancellare undici anni della propria vita,- dichiarò Albus. –ma non riesce a perdonarle gli errori che ha commesso in quanto madre, non ancora perlomeno. Se davvero le vuole bene, un giorno ci riuscirà, ma per adesso fargli pressioni sarebbe inutile-.

Harry non fece in tempo ad aggiungere nulla perché vennero raggiunti da Hermione, Calì e Lavanda che avevano appena finito di preparare i loro bauli.

Con un certo divertimento, Harry notò che Calì si premurava ancora di sedersi lontano da Sirius. Nonostante fossero passati mesi, la ragazza non si era dimenticata lo scherzo del Cactus Pruriginoso. Tuttavia, anche se stava ben attenta a eventuali altri scherzi aveva perdonato Sirius. –Il fascino dei Black- aveva commentato Albus ed era vero: il Purosangue dalle ragazze riusciva a farsi perdonare qualsiasi cosa.

-Ma ci pensate?- disse Lavanda. –Domani, a quest’ora staremo tornando a casa-.

Sì, Harry ci stava pensando. Fin troppo. Quanto avrebbe voluto non dover tornare dai Dursley.

***

Qualche ora dopo, l’ultimo dei Potter si stava dirigendo verso la Sala Grande per la festa di fine anno. Era un po’ in ritardo perché si era attardato a preparare il baule e gli altri lo avevano preceduto. Giunto al piano terra, fu richiamato dal Maestro di Pozioni.

-Verresti nel mio ufficio con me, Harry? Dovrei parlarti-.

-Il banchetto…- protestò il ragazzo debolmente.

-Arriveremo in tempo- lo rassicurò Prince.

-Va bene- acconsentì il Grifondoro, per poi seguire l’insegnante. Quando furono arrivati nelle sue stanze, Teddeus chiese: -Hai intenzione di fare pace con Severus?-.

-Professore…-

-Chiamami pure Teddeus quando siamo soli-.

-Professore- replicò Harry con tono straffotente.

“Non permette a nessuno di fargli abbassare la guardia” rifletté l’uomo.

-Io e Sev siamo come fratelli- continuò il ragazzo. –Ci vuole ben altro per farci litigare, ma continuo a pensare che stia sbagliando-.

-A fare cosa? Perché dovrebbe desiderare di ritornare nel Surrey?-.

-Perché lì c’è sua madre-.

-Non basta partorirlo un figlio per potersi considerare madri-.

“Le stesse parole che ha detto Sev! Lo sapevo, è stato lui a mettergliele in testa!”.

-Lei non sa niente!- lo accusò. –Non può permettersi di esprimere giudizi sul tipo di madre che è sua sorella. Eileen ama Sev e questa è l’unica cosa che dovrebbe avere importanza-.

-Credi che Eileen sia stata una buona madre? Rispondi sinceramente, Harry-.

-Sì, lo penso. Il suo unico errore è stato quello di essersi innamorata di Tobias Snape, ma non merita di essere abbandonata da chi ama  per questo-.

Teddeus scosse la testa. –Parli così perché sei cresciuto senza una figura materna e Eileen è ciò di più simile ad essa tu abbia mai avuto-.

-Non mi psicoanalizzi. Io parlo così perché la conosco e anche se non approvo le sue scelte, le voglio bene-.

-Sei testardo e irragionevole, proprio come tuo padre.- commentò l’uomo. –Sei troppo magnanimo con le persone a cui vuoi bene. Lily, invece, per quanto volesse bene ad una persona, non perdeva la capacità di giudicarla obiettivamente-.

-Spiacente di non essere alla sua altezza- replicò Harry freddamente.

-Non ho detto questo-.

Il giovane mago fece un profondo sospiro: se continuavano di quel passo non sarebbero giunti da nessuna parte. –Conosco Sev praticamente da tutta la mia vita- disse –Ora, magari, è convinto di fare la cosa giusta, ma se dovesse succedere qualcosa a Eileen, si pentirebbe di averla abbandonata e non se lo perdonerebbe mai. Per questo vorrei che tornasse a casa-.

-Sei ancora in tempo per convincerlo a farlo-.

-Non mi prenda in giro- replicò Harry con voce seccata. –Sappiamo entrambi che, ormai, fargli cambiare idea sarebbe impossibile-.

Teddeus sorrise e poi disse: -Volevo aspettare qualche anno prima di dartelo, ma mi sembra che tu sia già abbastanza maturo-.

Si avvicinò ad un armadio e lo aprì, per poi estrarre una scatola bianca.

-Tuo padre me lo aveva prestato prima di morire. Per ovvie ragioni, non ho mai potuto restituirglielo-.

Harry afferrò la scatola, curioso, lo aprì e ne estrasse un bellissimo mantello argenteo. Al tatto era stranissimo: sembrava acqua.

-Indossalo- gli consigliò Teddeus. –E mettiti davanti allo specchio-.

Il ragazzo, leggermente perplesso, posò la scatola per terra, indossò il manto e si posizionò davanti allo specchio.

-Oddio!- esclamò. Lo specchio gli aveva rimandato indietro solo l’immagine del suo volto, in quel momento con gli occhi e la bocca spalancati per lo stupore, sospesa a mezz’aria. Il moro si toccò il corpo. C’era ancora, senza alcun dubbio, ma lo specchio non lo rifletteva e lui non riusciva a vederlo. –Ma cosa…?-.

-E’ un mantello che rende invisibili- spiegò il professore. –E’ molto antico, è il migliore che abbia mai visto ed è infallibile. Tuo padre avrebbe voluto che lo avessi tu, ora, ne sono certo-.

 

Sia Harry che Teddeus arrivarono in Sala Grande in ritardo, perdendosi il discorso di Lumacorno. La Sala era addobbata di blu e bronzo e l’immagine di un enorme corvo faceva la sua figura sulla parete situata dietro il tavolo delle Autorità. Harry prese posto affianco a Neville e agli altri suoi compagni.

La festa di fine anno fu splendida. Tutti festeggiavano allegri, ridendo, scherzando, abbuffandosi e godendosi gli ultimi momenti da passare con i propri amici. Il tavolo di Grifondoro, come al solito, fu il più rumoroso.

Verso la fine della serata furono pubblicati i risultati degli esami. I compagni di Harry furono tutti promossi (anche se Neville, Goyle e Rita ce la fecero per un soffio). Tom e Albus, naturalmente, si classificarono rispettivamente al primo e al secondo posto tra quelli del loro anno.

Mentre si serviva di un enorme fetta di torta al cioccolato, Harry s’incupì al pensiero che sarebbero passati due mesi prima di poter rivedere quella che era diventata casa sua. Lanciando uno sguardo al tavolo verde argento, rifletté sul fatto che non doveva essere l’unico a provare questi sentimenti. Anche Tom e Severus avevano trovato una casa a Hogwarts. Una casa e una famiglia.

 

 

Come avrete capito, questo è il capitolo finale del primo anno. Merlino, ce l’ho fatta! Quasi non ci credo. Ringrazio di cuore chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti e che ha aggiunto questa storia tra le seguite. Alla fine ho deciso di pubblicare i capitoli sul secondo e il terzo anno direttamente in questa fic, quindi alla prossima.

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Capitolo 22
*** Perdonami ***


Risposta alle recensioni:

DiraReal: Felice che Tom ti piaccia =) In quanto al tralasciare un po’ il secondo anno e il terzo, beh, li ho tralasciati un bel po’. Praticamente racconterò solo un paio di episodi per anno. Ah, Gellert non arriva al secondo anno, spiacente.

 

_ki_: Grazie per i complimenti! Sev sta un po’ esagerando, è vero, ma bisogna capirlo, non ha avuto un infanzia felice e ritiene che sua madre debba affrontare le conseguenze delle sue azioni. Mi dispiace, ma il rapporto tra Harry e Sev è destinato ad affrontare un brutto periodo. In quanto a Sev, ti avviso che la sua sarà un coppia slash, come praticamente tutte quelle di questa fic: ho troppi personaggi maschili. Gellert non arriverà al secondo anno e per quanto riguarda la famiglia Dumbledore, beh,sì, Ariana è viva, e questo spiega perché suo padre non è un prigioniero di Azkaban, ma un Ministro della Magia che lotta per i diritti dei Babbani, dei Nati Babbani e dei Maghinò. Sono stata molto indecisa sul ruolo da affibbiare alla famiglia Dumbledore e alla fine, ho preso questa decisione perché volevo che Albus, nonostante avesse solo undici anni, dodici in questo cap, arrivasse già a Hogwarts con un’ottima reputazione alle spalle, al contrario di Tom che ha dovuto conquistarsi tutto.

 

MissyMary: Felice di averti resa felice! Su Gellert e Tom: hai perfettamente ragione, quei due sono destinati a diventare grandi amici o a scannarsi, niente vie di mezzo. In quanto a Prince, sì per ora Harry ce l’ha con lui solo perché ha allontanato Sev da Eileen. Grazie per la recensione, sappi che mi rendono sempre felice.Beh, ciao e tanti baci.

 

Emily91: Grazie per i complimenti! ^__^ Sapevo avreste tutte adorato la parte iniziale tra Harry e Tom e la punizione di Bella. La popolarità di Prince scende a picco… poverino! Comunque sia, il suo intento non è quello di far litigare Harry e Sev, vuole solo che suo nipote stia lontano da sua madre.

 

sssweety:  Sì, lo so che non ti ho praticamente detto nulla, dovrai continuare a leggere la fic per sapere le risposte. Bellatrix più che tonta è determinata e ossessionata dalla sua cotta per Tom, non vede altro. Comunque, non sottovalutarla, adesso è ancora bambina, ma col tempo diventerà un po’ più furba e le ossessioni possono diventare pericolose. L’amicizia tra Harry e Sev è destinata ad attraversare dei periodi di crisi, non lo nego. Sono d’accordo con te sul fatto che Tom sia decisamente più abile di Harry nel cogliere i pericoli. Sull’aspirante suicida, spiacente sei fuori strada, ma la tua idea era interessante, e in effetti c’è qualcuno che si avvicinerà a Harry avendo dei secondi fini. Ciao e alla prossima. Grazie per le tue recensioni.

 

Capitolo XXII

 

Perdonami 

Finché dura il pentimento,

dura la colpa.

(Jorge Luis Borges)

Harry odiava Argus Gazza.

Con tutto sé stesso.

Ma quando si sarebbe deciso ad andare in pensione? O quando Lumacorno avrebbe deciso di licenziarlo? Il Grifondoro stava prendendo in considerazione la possibilità di diventare preside lui stesso, solo per potersi togliere lo sfizio di dargli il benservito.

Perché Harry odiava Argus Gazza? Beh, le ragioni erano molteplici, ma cominciamo dall’inizio.

Quell’anno scolastico era iniziato in modo frenetico per Harry. Il ragazzo non aveva avuto tempo per null’altro che non fossero lo studio e il Quidditch. Sia i professori che Dean parevano determinati a farlo impazzire: i primi lo riempivano di compiti, il secondo aveva aumentato le sessioni di allenamento. Harry e Sirius (che era entrato in squadra come Cacciatore prendendo il posto di Angelina, diplomatasi l’anno precedente) ormai erano abituati a svegliarsi in piena notte per andare al campo ad allenarsi. Harry comprendeva Dean, anche lui voleva vincere e sconfiggere Bellatrix e Malfoy (rispettivamente Cacciatore e unica ragazza in squadra, e Portiere), ma a volte quando tornava in Sala Comune bagnato fino al midollo, perché Dean aveva insistito per svolgere gli allenamenti nonostante diluviasse, lo malediva fra sé e sé. Ma quando ottenevano la carica di Capitano, diventavano tutti così fissati? E’ vero il Quidditch era il massimo, ma comunque non era sufficiente per giustificare una morte per polmonite all’età di dodici anni.

Era a quello che stava pensando quando, qualche settimana prima, stava tornando al castello intirizzito, ricoperto di fango e tremante per il freddo, dopo l’ennesimo allenamento massacrante di Dean svolto sotto una tremenda tempesta. Una persona, dotata di buon senso, avrebbe pensato di annullare gli allenamenti visto il tempo che faceva, ma non Dean. D’altronde i leoni non erano famosi per il loro buon senso.

Insomma, diciamo che il Cercatore non era esattamente di buon umore, quando incontrò Gazza che pretendeva di punirlo per aver insozzato il pavimento. Harry, col suo solito fare diplomatico, l’aveva mandato al diavolo e, di conseguenza era stato messo in punizione. Per ben tre settimane si era dovuto occupare di pulire i vasi da notte dell’infermeria senza magia.

Hermione continuava a ripetergli che era stato fortunato e che avrebbe potuto andargli molto peggio, visto che aveva mancato di rispetto a una delle autorità della scuola.

-Hermy, come fai a non capire che se gli è praticamente tirati dietro gli insulti?- le chiese mentre si dirigevano verso la Sala Grande per una riunione col Club dei Duellanti.  

-Sono d’accordo con Harry- intervenne Ginny. –Quell’uomo è orribile-.

Harry le sorrise, grato. Per fortuna che c’era almeno una persona dalla sua parte! Ginny era una matricola Grifondoro, oltre ad essere l’ultima nata e unica femmina di casa Weasley. A Harry piaceva molto: era carina, simpatica, spigliata, con una gran voglia di divertirsi, ma dotata di abbastanza buon senso da non finire in punizione una settimana sì e l’altra pure (come Fred e George).

Il suo unico difetto era la cotta stratosferica che si era presa per Tom, cotta che la faceva arrossire e ammutolire di colpo, ogni volta che lui era a meno di dieci metri da lei. Hermione trovava il suo comportamento tenero, Harry infantile e irritante. Come poteva affermare di avere una cotta per qualcuno con cui aveva parlato solo una volta in tutta la tua vita? Neanche fosse stata una lunga e illuminante conversazione, poi. L’incontro fra i due risaliva al primo giorno di scuola del secondo anno. Ginny era inciampata addosso a Tom mentre tornava dal bagno dell’espresso di Hogwarts, finendo distesa sopra di lui. Era diventata rossa come un peperone e si era scusata, Tom si era limitato a rivolgerle un sorriso di circostanza e ad aiutarla a rialzarsi e, apparentemente, questo era bastato a conquistare il cuore della rossa. Bah!

Quando entrarono nella Sala Grande (che per le riunioni del Club veniva privata dei lunghi tavoli) , ebbero modo di notare che il numero dei partecipanti era drasticamente diminuito. All’inizio l’idea della professoressa Redbird e del professor Vitious di fondare un Club dei Duellanti era stata accolta con entusiasmo da parte di tutto il corpo studentesco. Il pensiero di imparare a duellare da un ex Duellante professionista e da un ex Auror era eccitante, ma ben presto tutti si resero conto che quello non era un gioco, c’era tanto lavoro da fare e tante cose da imparare, perciò molti si erano arresi, soprattutto fra quelli dei primi anni. Ginny era stata una delle poche matricole a perseverare. Sirius, ghignando, le aveva chiesto se la sua determinazione fosse dovuta all’amore per il Duello o alla presenza nel Club del ‘suo adorato Tommy’. Il Purosangue sapeva essere bastardo quando voleva, anche se quella volta aveva pienamente ragione.

Una volta dentro, Ginny andò a cercare il suo amico Colin Canon mentre Harry e Hermione si unirono a Sirius e Albus. Con sguardo attento, il Cercatore osservò gli altri membri del Club e individuò un gruppetto formato da Tom, Bellatrix, Malfoy e Sev. A quest’ultimo rivolse un sorriso e un cenno di saluto che questi ricambiò. Fra loro le cose si erano quasi sistemate, in effetti per non litigare era sufficiente che nessuno dei due nominasse Eileen. Harry non gli aveva neanche detto che la strega quell’estate, era finita in ospedale a causa di una commozione cerebrale procurata dal marito.

D’altronde era stata proprio la strega a vietarglielo. –Non voglio che si preoccupi.- aveva detto –Merita di vivere la sua vita in pace. E fino a quando tu e Ted sarete al suo fianco, sono sicura che starà bene. Te l’ho affido, Harry-.

A prescindere da ciò che pensava la gente, Harry riteneva che Eileen fosse una delle persone più coraggiose che avesse mai conosciuto.

-Sirius!-.

I quattro ragazzi voltarono la testa, a richiamare il neo Cacciatore di Grifondoro era stato Regulus Black. Il ragazzino aveva cominciato il suo primo anno a Hogwarts ed era stato Smistato a Serpeverde restaurando la tradizione della famiglia Black. In ogni caso il più piccolo fra i Black non assomigliava né a suo fratello, né a sua cugina. Fisicamente aveva dei tratti fisionomici che ricordavano vagamente Sirius, anche se era più basso e mingherlino (“Un fisico da Cercatore” aveva pensato Harry la prima volta che lo aveva visto) e obbiettivamente era privo del fascino che Madre Natura aveva donato a Sirius e, ammettiamolo, anche a Bellatrix. Le differenze maggiori, comunque, erano a livello caratteriale. Regulus era timido, non parlava quasi mai non interpellato, ed era ubbidiente e accomodante. A volte, Harry si chiedeva perché non fosse stato Smistato a Tassorosso.

-Ciao, Reg- lo salutò il Cacciatore. Il ragazzino fece per avvicinarsi, ma fu bloccato da Bellatrix giunta alle sue spalle.

-Reg, quante volte te lo dovrò ripetere? Niente contatti con luridi Sanguesporco e Babbanofili-.

-Ehi! Come ti permetti?- Sirius stava già per estrarre la bacchetta, imitato da Harry quando Vitious e la Redbird fecero la loro comparsa da una delle entrate della Sala e salirono sul palcoscenico d’oro allestito per le dimostrazioni. Bellatrix ne approfittò per allontanarsi e riunirsi al suo gruppo. “Quindi non è solo la mia immaginazione. Quest’anno Bellatrix sta veramente evitando lo scontro con Harry” rifletté Al. “Che sia maturata tutto d’un colpo?”, poi incrociò lo sguardo di Riddle e comprese subito chi era la fonte del suo cambiamento. “Sii felice che Bellatrix abbia deciso di lasciare in pace Harry e non impensierirti per l’abilità di Riddle nell’influenzare le persone” si disse.

Intanto il piccolo professore annunciò: -Cominciamo!-.

***

Il giorno seguente, Harry si trovava in biblioteca e stava svolgendo un tema di Storia della Magia sui quattro fondatori. Era la prima volta dall’inizio dell’anno che svolgeva un compito per Rüf, ma purtroppo gli toccava. Hermione si era rifiutata di farglielo copiare e quando era andato a cercare Remus aveva scoperto che era malato. Anche Sirius avrebbe dovuto essere lì con lui, visto che dovevano consegnare il tema il giorno seguente, ma Sirius tendeva a sottovalutare questioni come compiti, studio e Storia.

-Posso darti una mano?-.

Harry si voltò e si ritrovò faccia a faccia Teddeus Prince.

-Salve- lo salutò freddamente, dandogli le spalle. Non aveva ancora dimenticato la loro conversazione alla fine dell’anno scorso. Per quel che lo riguardava, se Severus aveva rinnegato la madre la colpa era sua.

“Un’altra cosa che hai preso da tuo padre è la mancanza di rispetto” avrebbe voluto dirgli l’uomo, ma si trattene: era venuto lì per riappacificarsi con lui, non per litigarci.

Sbirciò il titolo della pergamena su cui stava lavorando, la prese in mano e cominciò ad esaminarla. –I Quattro di Hogwarts:- lesse –tra leggenda e realtà. Siete un bel po’ avanti nel vostro programma di Storia-.

-Rüf ci ha chiesto di fare una ricerca su un argomento a scelta e questo era l’unico che m’interessava. Comunque non mi pare di averle dato il mio permesso per leggere il tema- sbottò Harry, guardandolo.

-Banale- fu il responso di Teddeus, dopo che l’ebbe letto. –E’ evidente che non hai fatto ricerche approfondite-.

-Non ho avuto tempo- borbottò il Cercatore.

-Il tuo tema parla in modo molto poco approfondito di Salazar Serpeverde-.

-Cosa c’è da dire su di lui? Era Purosangue, un potente Mago Oscuro, nemico numero uno di Godric Grifondoro, odiava la comunità con magica, voleva eliminare tutti i Babbani e considerava i Nati Babbani la feccia della società-.

-Ti sei mai chiesto il perché?-.

-C’è un perché?-.

-C’è sempre un perché per l’odio. Il nobile Salazar era orfano, perse i suoi genitori quando aveva dieci anni-.

Harry si limitò ad inarcare le sopracciglia. Se Teddeus pensava che sarebbe bastata questa notizia per fargli provare empatia nei confronti di Serpeverde, si sbagliava e di grosso.

-I suoi genitori furono uccisi da dei Babbani-.

-Come potrebbero dei Babbani fare del male a dei Maghi adulti?-.

-Possono, possono, e il fantasma ufficiale della tua Casa ne è una prova. Se un Mago è privo di bacchetta e non è in grado di controllare i suoi poteri senza, beh diventa facilissimo nuocergli. Quello fu il caso di lady e lord Serpeverde: vennero bruciati sul rogo. In seguito Salazar Serpeverde fu affidato ai migliori amici dei suoi genitori: lady e lord Grifondoro-.

-Quindi è vero che all’inizio Godric e Salazar erano amici-.

-Sì, crebbero come fratelli-.

-Cosa li portò al litigio?-.

Teddeus ridacchiò. –Non ne ho idea: non ero presente-.

-Sembra sapere così tante cose su di loro-.

-Solo su Salazar. La sua figura mi ha sempre affascinato- rispose l’uomo, poi chiese: -Sei ancora arrabbiato con me perché ho convinto Severus a tornare a casa?-.

-Un po’- ammise il ragazzo.

-Spero che mi perdonerai, ricorda che voglio solo il bene di Sev. Beh, ti lascio al tuo tema, cerca di migliorarlo-.

-Sì, signore- disse Harry con un piccolo sorriso.

Mentre si allontanava Teddeus rifletté sul fatto che le cose tra lui e Harry stavano migliorando, ma quanto ci sarebbe voluto ancora prima di poter affermare che aveva la sua totale fiducia? Il lavoro era tanto e il tempo poco. Tra l’altro avrebbe anche dovuto trovare il modo di tenere d’occhio Grindelwald, anche se a distanza. Se li conosceva bene quanto credeva, sicuramente avrebbero cercato di avvicinarlo.

“Ma ce la farò, Lily, te lo giuro. Se puoi sentirmi, ovunque tu sia, apprezza i miei sforzi e perdonami, te ne prego. Ormai vivo solo per quello, per il tuo perdono”.

 

 

N.A. Sì, lo so che praticamente non succede nulla, ma che ci crediate o meno, questo capitolo era indispensabile. Avevo bisogno di parlare di Ginny, Regulus e del riavvicinamento di Teddeus e Harry, inoltre ci tenevo a raccontare la mia personale visione di Salazar Serpeverde. Questo è la mia quarta versione di questo capitolo. Non c’era niente che mi convincesse, ogni cosa mi sembrava forzata e poco scorrevole, alla fine, però, mi sono decisa. Spero apprezzerete i miei sforzi.

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Capitolo 23
*** La disfatta del più grande nemico di tutti gli innocenti fuorilegge di Hogwarts ***


Risposta alle recensioni:

 

DiraReal: Ciao! Sono contenta che ti sia piaciuta l’idea di Ginny cotta di Tom, dopotutto è canon, Riddle in HP2 aveva detto che lei gli aveva ‘dischiuso l’anima’, io sono stata più terra a terra. Teddeus ha le sue ragioni per comportarsi così, e poi, fidati, lui è il male minore. In quanto al parallelo Salazar/Tom, Godric/Harry, non è proprio quella la mia idea, ma ho intenzione di approfondire la storia dei Fondatori, anche se indirettamente avranno un certo peso nella storia. Grazie perché continui a seguirmi e per i consigli.

 

sssweety:  Su Prince hai perfettamente ragione a voler aspettare, c’è ancora un bel po’ da sapere su di lui e comunque sia rimane il male minore. Sono contenta che l’idea di Ginny cotta di Tommy ti piaccia. In effetti, con loro ho cercato di creare un parallelismo con HP2. Su Grindelwald ci hai quasi azzeccato, quasi. In effetti lui vorrà avvicinarsi ad Harry. Ora, Teddeus, alla fine, che ha fatto a Harry? L’ha chiamato nel suo ufficio alla fine del primo anno per parlare di Sev e gli si è avvicinato in biblioteca per parlare di un tema di storia. Considerando che è il suo padrino e vecchio amico dei suoi genitori, il suo comportamento non è per niente strano. In ogni caso ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima che qualcuno intuisca che Teddeus nasconde qualcosa e questa persona, strano a dirsi, non sarà Tom. Sono contenta che la mia versione di Salazar ti sia piaciuta, anche perché parlerò ancora dei fondatori. Sono pienamente d’accordo su quello che hai detto sulla caccia alle streghe, in ogni caso ne ‘Le Fiabe di Beda il Bardo’, la Bowling afferma che ci furono delle vittime tra i maghi, durante le cacce alle streghe (il fantasma Nick è tra queste), soprattutto tra i bambini. Baci e alla prossima.

 

Emily91: Grazie, spero ti piaccia anche questo.

 

DJKIKA: Ciao! Beh, non è proprio il triplo, ma il doppio penso di sì. Sono contenta che ti sia piaciuto il POV di Harry. Beh, in effetti Tom si divertirà a far ingelosire Harry, ma in seguito e non con Ginny.  Su Albus e i suoi pensieri sul ‘manipolare’, hai perfettamente ragione: insomma, da che pulpito la predica. Mi dispiace per non aver descritto le estati dei nostri beniamini, ma avendo deciso di tagliare il secondo e il terzo anno, sono stata quasi costretta. Né parlerò all’inizio del quarto anno. Chiariamo una cosa: Teddeus non è il cattivo della storia. Vuole veramente bene a Sev e, beh, suo padre lo picchiava, è normale che non lo voglia rivedere in quella casa. In realtà è Harry quello poco obiettivo, vuole bene a Eileen e si rifiuta di vedere il male che ha fatto a Sev, non difendendolo da Tobias. Spiacente, niente spoiler sul rapporto tra Harry e Sev. Alla prossima.

 

_ki_: Ciao, sono felice che ti sia piaciuto il cap! E sono contenta che ti sia piaciuta la mia versione della storia di Sal, anche perché tornerò a parlare dei fondatori. Su Eileen che si sveglia, aspetta e spera! Sul serio, la sua non è una storia destinata ad avere un lieto fine. Per quanto riguarda Ginny, povera piccola, merita tutta la tua pietà in questo capitolo. Sui metaphormagus, mi dispiace, ma dovrai aspettare tanto, tanto, tanto, tempo, ma se avrai la pazienza di seguirmi fino alla fine di questa fic lo scoprirai.

 

kristin: Grazie per i complimenti, ^___^ non so trovare le parole per dirti quanto mi hanno resa felice, (un po’ grave per una fan-writer, non trovare le parole). In ogni caso, veramente mi hai commossa ^///^. ona che non sta odiando Teddeus, sono pienamente d’accordo con te, su ciò che hai detto sul suo atteggiamento nei confronti di Eileen e Sev. Dovrà passare ancora un bel po’ di tempo, prima di ritrovare il pezzo dell’introduzione, ma spero avrai la pazienza di seguirmi fin lì. Attendo con ansia il tuo commento su questo capitolo. Ciao e grazie ancora per la recensione.

Capitolo XXIII

La disfatta del più grande nemico di tutti gli innocenti fuorilegge di Hogwarts

 

Piu' grande il sogno

piu' grande sara' la delusione
quando non si realizzera'.

(anonimo)

 

Uno dei passatempi preferiti degli studenti di Hogwarts era il pettegolezzo.

Niente pareva divertirli di più che discutere di questo o quell’altro argomento, o sparlare di questa o quell’altra persona.. Solitamente i pettegolezzi riguardavano gli studenti, ma a volte avevano come oggetto le autorità scolastiche. Un paio di settimane prima, infatti, le brillanti menti della futura comunità magica inglese erano impegnate a risolvere uno dei più grandi enigmi del Mondo Magico: la McGranitt scopava con Vitious o Kettleburn*? Per la cronaca, alla fine si era deciso per Vitious perché Kettleburn, coi pochi arti non artificiali che gli erano rimasti difficilmente avrebbe potuto appagarla sessualmente.

Anche il pettegolezzo che in quel momento il corpo studentesco di Hogwarts era impegnato a discutere riguardava le Aurorità, anche se era decisamente più macabro rispetto a quello sulle presunte relazioni della vicepreside.

Quando gli era giunta la notizia, Harry si trovava in Sala Comune con Sirius, Hermione e Ginny. Albus era a una riunione del club di teatro. Quel ragazzo era iscritto ad una incredibile quantità di club (quello di musica, quello di teatro, quello dei Duellanti) eppure riusciva a trovare il tempo anche per lo studio e le ripetizioni agli studenti più giovani.

Hermione stava correggendo un compito di Trasfigurazione di Ginny mentre Harry e Sirius discutevano di un argomento di capitale importanza per il bene dell’intera umanità: chi avrebbe vinto il campionato quell’anno? Le Vespe di Winbourne o i Tornados?

Hermione distolse l’attenzione dal tema di Ginny e lanciò ai due amici uno sguardo carico di disapprovazione. –Ma a voi due, capita mai di fare qualcosa di utile?-.

Sirius sbuffò. –Hermione, è sabato! Solo tu puoi pensare ai compiti di sabato mattina-.

Ginny inarcò le sopracciglia, sentendosi punta sul vivo. –Guarda che anch’io ci sto pensando- gli fece notare.

-Come tutti coloro a cui non basta poi andare a piagnucolare da Remus, per ottenere delle copie- commentò la castana.

-Io non vado a piagnucolare da Remus!-.

-Sì, che lo fai- lo contraddisse Harry. –Sempre. Quel ragazzo dovrebbero farlo santo-.

-Ma tu da che parte stai?-.

L’arrivo improvviso di Fred e George, che fecero scoppiare una mezza dozzina di fuochi d’artificio Filibuster, impedì a Harry di rispondere. In un baleno, la Sala si riempì di lampeggianti stelle rosse e oro.

-Voi due!- Percy li raggiunse con un’espressione irata da ‘Ora vi faccio una ramanzina coi fiocchi’. –Qui c’è gente che vuole studiare.- per inciso, quel ‘gente’ si riferiva a circa cinque o sei persone in tutta la Sala. -Sparite e andate a fare casino da qualche altra parte-.

-Perce, frattelino adorato!- George abbracciò il Prefetto e poi lo trascinò in una folle danza al ritmo di una musica inesistente. Percy cercò di divincolarsi, ma il fisico da Battitore del fratello non glielo permise.

-Ragazzi,- annunciò Fred – dobbiamo festeggiare! Via i libri e le pergamene: è ora del party!-.

-Che è successo?- chiese Sirius curioso.

-Il demone è stato ammazzato- cantilenò George dando a Percy un poderoso bacio sulla guancia.

-La creatura malefica è stata sconfitta- rincarò Fred stappando un fuoco d’artificio da cui uscì un finto unicorno dorato che svolazzò in giro per la stanza.

-Il più grande nemico di tutti gli innocenti fuorilegge di Hogwarts è stato eliminato!- George lasciò finalmente andare Percy, il quale era troppo sbigottito per fare qualunque cosa, e si affiancò al gemello.

I due si presero a braccetto e cominciarono a saltellare. –Mrs Purr è morta!- esclamarono all’unisono.

-COSA?!-.

La notizia appena ricevuta lasciò i Grifondoro letteralmente a bocca aperta, ma ben presto si ripresero e, agendo come se fossero un’unica persona, si alzarono, circondarono Fred e George e li subissarono di domande.

Alcune legittime:

-Come fate a saperlo?-.

Altre dubbiose:

-Ne siete certi?-.

Altre speranzose:

-A Gazza è venuto un infarto?-

Altre di stampo pratico:

-Com’è morta?-.

E ancora…

-Ne siete certi?!-.

-Certissimi- li rassicurò Fred. –Abbiamo visto il cadavere-.

-O meglio, quello che ne rimaneva- precisò George.

-Uno spettacolo disgustoso: erano rimaste solo le ossa e un po’ di pelle-.

-Ma come fate a saperlo?- chiese Lee Jordan.

-Lumacorno ci ha fatti chiamare- spiegò George. –Gazza era sicurissimo che fossimo stati noi-.

-Appena siamo entrati nell’ufficio del preside, mi è saltato al collo, con gli occhi iniettati di sangue, e ha cercato di strozzarmi. La McGranitt ha dovuto staccarmelo di dosso con un incantesimo-.

-Ma siete stati voi?- chiese Percy con gli occhi spalancati per l’orrore e il viso pallido, mentre la visione di un distintivo da Caposcuola che si allontanava sempre più da lui, gli compariva nella mente.

-Perce! Certo che no! Non siamo stati noi!- negò George.

Come risposta ai molti sguardi scettici che furono loro rivolti, Fred disse: -Ehi! Sembra che non ci conosciate, questo non è il nostro stile. Troppo… macabro -.

-Da Serpeverde- commentò Seamus.

-Credi siano stati loro?- gli chiese Katie, incredula. –Perché avrebbero dovuto? Sono pappa e ciccia con Gazza-.

-Proprio per questo- insistette il Portiere. –Sono gli ultimi a cui gli insegnanti penseranno: i sospetti ricadranno su di noi-.

-Pensi l’abbiano fatto apposta per far finire nei guai la nostra Casa? Nah, non avrebbe senso-.

-Perché no?-.

-Rischio da correre, grande, probabilità che uno di noi venga punito per qualcosa che non ha fatto, minime- fu la risposta di Hermione.

-Sentite- intervenne Sirius –ma chi se ne importa di chi è stato! Mi piacerebbe saperlo solo per costruirgli un monumento-.

-Oh, Sirius!- Fred gli rivolse uno sguardo commosso e orgoglioso al contempo, asciugandosi delle lacrime inesistenti dal viso. –Sei sempre così…-

-Insensibile e menefreghista?- propose Hermione.

-Grifondoro- obbiettò Fred. –Sappi che siamo molto orgogliosi di te: stai proprio venendo su bene-.

-Io trovo sia orribile- dichiarò Ginny. –Era solo un povero gatto indifeso-.

-Quella bestiaccia era tutto tranne che ‘povera’ e ‘indifesa’- le assicurò Sirius.

-Quindi… festeggiamo?- chiese George con l’aria di un bambino che aveva paura di aprire i suoi regali di Natale perché temeva di trovarci carbone.

-E c’è bisogno di chiederlo?- sbuffò Fred.

Nel giro di circa dieci minuti la Sala si riempì di musica, cibo e fuochi d’artificio.

“Grifondoro” rifletté Hermione mentre raccoglieva libri e pergamene e si dirigeva in biblioteca con Ginny (quest’ultima era stata quasi costretta), “Ogni occasione è buona per far festa”.

***

Severus amava la solitudine. Ci si trovava bene, punto. Niente schiamazzi, niente disordine, nessuno che t’infastidiva…

Per amore di tutto ciò aveva preso l’abitudine di svegliarsi presto e scendere in Sala Comune a leggere un libro in tutta tranquillità, prima che la Sala si riempisse.

Tuttavia quel giorno, le cose non erano destinate ad andare come lui desiderava. Quando scese in Sala Comune, scoprì che c’erano già un sacco di ragazzi svegli che mormoravano eccitati.

Dei Serpeverde eccitati? Che fosse morto qualcuno?

Fu esattamente questo che chiese a Regulus Black, il quale, seduto vicino ad un tavolo, ancora in pigiama e con l’aria assonnata, stava chiacchierando con Bartemius Crouch, suo compagno di dormitorio e figlio di un importante dipendente del Ministero.

Il più piccolo tra i Black gli sorrise e lo salutò calorosamente. Il mezzo Prince si chiese, e non per la prima volta, cosa ci facesse quel ragazzo a Serpeverde e come potesse essere un Black. Non assomigliava né a sua cugina, né a suo fratello. Regulus era timido, ubbidiente, mite e anche un bel po’ viziato, ma a Severus piaceva comunque di più rispetto a Black e Bellatrix: perlomeno non era arrogante.

-Pare che MrsPurr sia stata uccisa- spiegò Crouch. –Gazza sta mobilitando tutta la scuola per trovare il colpevole-.

-Tutto questo per una gatta?- borbottò Severus incredulo.

-Non è una gatta- obbiettò Crouch. –E’ il tesoruccio, piccolino di papà-.

Regulus scoppiò a ridere. –Rita era in Sala Grande quando Gazza ha riferito l’accaduto al preside e ci ha raccontato tutto-.

-Tutto questo è ridicolo- intervenne Bellatrix che li aveva raggiunti affiancata da Lucius e Rodolphus. –Non posso credere che Hogwarts sia sottosopra a causa della gatta di un Magonò-.

-Pensate che il colpevole sia uno studente?- chiese Rodolphus.

-Chi altri sennò?- replicò Lucius. –E’ stato audace… o incosciente, dipende dai punti di vista-.

-Un Grifondoro?- propose Snape.

-Probabile-.

Tom giunse in Sala Comune proprio in quel preciso momento e li raggiunse. Parve essere stato preso in contropiede anche lui da quell’affollamento di prima mattina. Le serpi non erano famose per essere mattiniere.

-Cos’è successo?- chiese a nessuno in particolare, ma fu Bellatrix a rispondere.

Dopo che gli fu raccontato l’avvenimento, assunse un’espressione seria, fece dietro front e tornò in dormitorio.

-Che gli è preso?- chiese Rodolphus.

-E chi lo capisce quello- commentò Lucius.

Bellatrix gli lanciò un’occhiataccia e lo picchiò forte su una spalla. –Non offenderlo!- sibilò.

-Io non l’ho offeso. Ho solo espresso il parere comune-.

 

-Sei stata tu, vero?- chiese Tom al suo famiglio, una volta giunto in dormitorio. Si posizionò di fronte al terraio e fissò la serpe con aria torva.

-A fare cosa?- replicò Nagini con aria innocente.

-Lo sai perfettamente. Te la sei mangiata?-.

-Avevo fame. Tanta. I topi e i ragni non mi bastavano-.

-Potevi dirmelo- sbottò il Serpeverde. –Ti avrei portato nella Foresta Proibita-.

-Ci sarebbe voluto tempo e io avevo fame subito-.

-Secondo te, ora, cosa dovrei fare?- chiese Tom con tono forzatamente calmo.

-Perché dovresti fare qualcosa?-.

-Perché stanno indagando, Nagini. Se analizzano i resti del cadavere, scopriranno cosa ha aggredito la gatta e, nel caso non l’avessi notato, non ci sono molti studenti con un serpente come famiglio-.

-Svia le indagini, falle concentrare su qualcun’altro-.

-Semplicissimo: c’è la fila là fuori di studenti desiderosi di prendersi la colpa dell’accaduto e farsi ammazzare da Gazza- ironizzò il Serpeverde. –Dammi una sola ragione per cui non dovrei punirti-.

-Perché rendo interessante la tua vita: sono certa che  ti divertirai a trovare una soluzione a questo problemino-.

-Com’è che hai sempre la risposta pronta?-.

-Mai sentito dire che gli animali assomigliano ai loro padroni?-.

***

Ginny Riddle.

Signora Ginny Riddle.

Signora Ginevra Riddle.

Signora Ginevra Weasley Riddle.

Signora Ginevra Molly Weasley Riddle.

Ginny si trovava in biblioteca, ma mentre, teoricamente, avrebbe dovuto finire il tema di Trasfigurazione iniziato quella mattina con Hermione, in realtà stava provando come sarebbe suonato il suo nome quando si fosse sposata con Tom. Non si aspettava che l’oggetto dei suoi sogni sarebbe comparso alle sue spalle, proprio in quel momento, sussurrandole dolcemente: -Ciao-.

Ginny si lasciò sfuggire una piccola esclamazione sorpresa per poi voltarsi e arrossire furiosamente quando incrociò lo sguardo nero di Riddle.

-C… ciao- mormorò, non riuscendo neanche a guardarlo negli occhi.

-Cosa scrivi?- chiese lui-

-Niente!- esclamò la rossa, affrettandosi a infilare la pergamena nella borsa.

-Hai sentito di quello che è successo a MrsPurr?- chiese Tom sedendosi di fianco alla ragazza.

-S…sì. E’ orrendo. Quel povero gatto-.

-Già… hai… hai ragione tu- convenne Tom con voce tremante.

-Che cos’hai?- gli chiese Ginny, sorpresa. Era la prima volta che vedeva il viso del Serpeverde attraversato da un sentimento che non era indifferenza, soddisfazione o derisione.

-Io so chi è stato a ucciderla- sussurrò il ragazzo, torcendosi le mani nervosamente.

-Ma lo devi dire subito ad un insegnante, allora! Hai paura che il colpevole si possa vendicare su di te?-.

Tom per poco non le scoppiò a ridere in faccia, ma riuscì a trattenersi. Merlino… l’ingenuità non aveva proprio limiti. Chinò il viso verso la Grifondoro, assicurandosi di essere abbastanza vicino affinché la ragazza potesse avvertire il suo respiro sulla pelle.

-E’ che… vedi… è stato il mio famiglio: Nagini-.

-Ha… ha ucciso MrsPurr?-.

-Sì, l’ha mangiata-.

-Oh…- esclamò lei senza sapere cosa aggiungere.

-L’ho punita- continuò Tom. –Ero molto arrabbiato… e triste, quella povera gattina… però, vedi, è il mio animaletto e Gazza la ucciderà se scoprirà che è stata lei. Nonostante ciò, non voglio che qualcuno venga punito al posto mio! Stavo pensando di assumermi la colpa, ma sono uno studente modello, non mi crederebbero: rischierei solo di attirare l’attenzione su Nagini. Sai, non so proprio che fare-.

-Oh, Tom… sei così dolce!-.

“Quando le ho dato il permesso di chiamarmi per nome?” si chiese il Serpeverde.

-Tom, io mi assumerò la colpa-.

-Cosa?! No! Perché?- esclamò la serpe, spalancando gli occhi in una credibilissima espressione sorpresa. Era davvero così semplice convincere la gente a fare quello che vuoi, senza che neanche se ne accorgessero? “No,” si disse poi, “con altri sarebbe più difficile. E’ solo che Ginny Weasley è una stupida, bamboccia, ingenua, cresciuta sotto una campana di vetro”. L’aveva capito subito, appena l’aveva vista. Come la maggior parte dei ragazzi di undici anni, quella ragazzina non aveva la minima idea di quanta cattiveria ci fosse nel mondo. Non sapeva cosa significasse crescere con la consapevolezza di non poter contare su nessuno o cosa si provasse ad essere traditi da coloro che ti avevano messo al mondo, com’era successo a Severus. Conosceva i tipi come la Weasley, persone che avevano una vita quasi perfetta e invece di esserne felici passavano il tempo a piagnucolare o disperarsi per cose che non avevano la minima importanza o che avrebbero potuto modificare con un po’ d’impegno. Probabilmente le stava facendo un favore, ingannandola. Quella ragazza aveva bisogno di essere svegliata, di aprire gli occhi e scoprire di aver vissuto come una privilegiata fino a quel momento e che c’era anche gente crudele al mondo.

La ragazza gli posò una mano sulla sua e Tom dovette fare violenza su sé stesso per non scostarla bruscamente.

-E’ la cosa migliore, così Nagini non verrà soppressa.- disse con un sorriso che alcuni avrebbero potuto definire dolce, ma che Tom considerava nauseante. –Mi crederanno, sono abituati a Fred e George e penseranno che abbia preso da loro-.

-Ginny, non so davvero come ringraziarti. Sei un angelo- detto questo, Tom le diede un bacio su una guancia.

Ginny raggiunse una gradazione di rosso, ancora ignota al mondo, balbettò qualcosa d’incomprensibile e, mano nella mano con Tom, si fece condurre docilmente verso l’ufficio della docente di Trasfigurazione.

***

Minerva McGranitt rivolse alla ragazzina seduta dall’altra parte della cattedra uno sguardo inquisitorio. –E’ certa di ciò che dice, signorina Weasley?-.

-Sì- dichiarò la rossa, mordendosi il labbro inferiore e tremando un poco.

-E come avrebbe fatto… a uccidere MrsPurr?-.

-L’ho bruciata. Lei mi aveva scoperto mentre mi trovavo in giro per i corridoi dopo il coprifuoco. Io sono stata presa dal panico e, senza volere, le ho fatto prendere fuoco. Quando mi sono resa conta di ciò che avevo fatto, sono scappata.-

-Signorina Weasley, abbiamo trovato le sue ossa.- obbiettò la donna. –Com’è possibile che sia stata bruciata?-.

-Sono riuscita a spegnere il fuoco prima che disintegrasse le ossa-.

Se Ginny avesse avuto il coraggio di guardare la McGranitt in viso, l’avrebbe vista assottigliare le labbra, profondamente scettica.

-Non è che sta cercando di proteggere qualcuno?-.

“Oddio, possibile che mi abbia già scoperta? Non voglio che Tommy finisca nei guai. Poverino, lui sta solo proteggendo il suo famiglio”.

-Per esempio, i suoi fratelli?- continuò la donna.

La rossa sospirò di sollievo, poi, con voce sicura, dichiarò: -Fred e George non centrano niente-.

La vicepreside fece un ultimo tentativo. –E’ sicura di essere la responsabile della morte di MrsPurr? Se così fosse, prenderemo in considerazione il fatto che abbia deciso di confessare e che sembra pentita, ma il suo atto rimarrebbe grave-.

Ginny esitò per un attimo, ma poi la sua mente evocò il viso di Tom e lei annuì con fare deciso.

 

Quando Ginny uscì dall’ufficio della vicepreside, trovò Tom appoggiato al muro: evidentemente la stava aspettando.  

-Ti ha creduto?- le chiese immediatamente.

La rossa annuì e fece per stringere la mano del ragazzo che la respinse. Ginny, sorpresa e delusa, gli lanciò uno sguardo confuso. –Cosa c’è?-.

-Weasley, non vorrei che quello che è successo prima, ti facesse credere che siamo diventati… qualunque cosa tu credi che siamo diventati-.

-Io… io…- Ginny abbassò la testa per evitare lo sguardo di Tom che la faceva sempre sentire in soggezione. –Tu mi piaci, Tom, tantissimo-.

-E tu no, per niente- replicò il moro indifferente.

-Ma prima mi hai baciata!-.

-Era un bacio sulla guancia- precisò Tom. –Non mi risulta che equivalga ad una dichiarazione di amore eterno. Ah, grazie per esserti presa la colpa, comunque, e non farti venire strane idee: se, ora, ritrattassi ciò che hai confessato e dessi la colpa a me, nessuno ti crederebbe-.

Tom osservò, con orrore, gli occhi della ragazza riempirsi di lacrime e decise di allontanarsi in fretta, prima di essere costretto ad assistere ad una crisi isterica.

Ginny attese che il Serpeverde fosse sparito dalla vista, per poi raggomitolarsi per terra e scoppiare a piangere.

Fu così che la trovò Harry circa un quarto d’ora dopo. Le provviste dei Grifondoro per il party di commiato di MrsPurr stavano finendo e il ragazzo si era offerto di scendere in cucina per fare rifornimento. Stava risalendo le scale, con un sacco pieno di cibo che levitava davanti a lui, quando intravide la minore degli Weasley adagiata per terra e in lacrime.

-Ginny!- Harry corse verso di lei, lasciandosi il sacco alle spalle che, senza più nessuna bacchetta a sostenerlo cadde rovinosamente a terra, ma a Harry non importava. Si accovacciò al fianco della rossa e le chiese: -Cos’è successo?-.

-Tom!- singhiozzò lei. –Io gli ho detto che mi piace e …e…e lui…-.

-Lui?- la incitò il Cercatore mentre un’ansia di origine sconosciuta lo pervadeva.

-Ha detto che non gli interesso-.

-Oh!- sospirò Harry, sollevato, per poi sentirsi in colpa quando si rese conto delle condizioni pietose in cui il rifiuto aveva gettato la rossa. La abbracciò, sebbene un po’ impacciato, e chiese: -Senti, non per mettere il dito nella piaga, ma avresti dovuto prevederlo. Cosa, nel comportamento di Tom, ti ha fatto credere che ricambiasse i tuoi sentimenti?-.

Ginny si asciugò le lacrime, stringendosi, però, più forte a Harry, in cerca di conforto. Stava per raccontargli ciò che era accaduto, ma si trattene perché se ne vergognava. Tom l’aveva sfruttata. Per quanto il pensiero la ferisse, le cose stavano così e Ginny si sentiva molto stupida per questo. Non voleva che anche Harry pensasse che lei era stupida e poi, forse Tom aveva ragione, forse nessuno le avrebbe creduto e avrebbero pensato che le sue fossero calunnie dettate dal risentimento per un amore non ricambiato.

-Sono stata io a uccidere MrsPurr, Harry- disse quindi. La posizione in cui si trovava, con la testa appoggiata alla spalla del Grifondoro, le impedì di vedere l’espressione stupefatta sul viso del Cercatore.

Ginny aveva ucciso MrsPurr? Neanche riusciva ad immaginarsela mentre lo faceva. Possibile che avesse una vena sadica nascosta? 

-Tom mi ha spinta a confessare… ed è stato così gentile… e io ho creduto…-.

-Ginny, il fatto che qualcuno sia gentile con te, non significa che sia anche innamorato di te-.

-E che lui mi piaceva così tanto e…-.

Harry le diede qualche pacca sulla spalla e cercò di sentirsi dispiaciuto del fatto che la rossa fosse stata respinta da quello che considerava il grande amore della sua vita.

Sul serio.

Ci provò veramente.

Con tutto sé stesso.

 

 

*Kettleburn: Per chi non se lo ricordasse, il professor Kettleburn viene citato in HP3. Era l’insegnante di Cura delle Creature Magiche prima che Hagrid ricoprisse il ruolo. Da ciò che la Row ha scritto in ‘Le fiabe di Beda il Bardo’ si deduce che ha insegnato a Hogwarts per molti anni considerando che già c’era quando Silente era ‘un giovane insegnante di Trasfigurazione’ e che le norme di sicurezza non erano esattamente il suo forte, considerando che al momento delle sue dimissioni gli erano rimasti pochi arti non artificiali e che fu messo in verifica varie volte.

 

Cosa posso dire? Fine secondo anno.

 

Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la mia storia ai preferiti.

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Capitolo 24
*** Incubi e richieste ***


 

Note: Mi dispiace tantissimo, ma non ho proprio tempo per rispondere alle recensioni. In ogni caso ringrazio di cuore tutti quelli che hanno commentato il precedente capitolo e prometto che risponderò nel prossimo.

 

 

Capitolo XXIV

Incubi e richieste

 

L'amore è come le epidemie:

più uno le teme,

più è esposto al contagio

(Nicolas de Chamfort)

 

 

Harry si sentiva un vero schifo. Come quando aveva quattro anni e sua zia l’aveva spinto giù dalle scale perché aveva osato chiedere una fetta della torta di compleanno di Dud; e quando ne aveva sei ed era stato rinchiuso per una settimana nel ripostiglio del sottoscala senza cibo, perché aveva accidentalmente rotto un bicchiere mentre aiutava sua zia ad apparecchiare la tavola; e quando ne aveva otto e Dudley e i suoi amichetti lo avevano ripetutamente picchiato con bastoni e calci fino a ridurlo ad un coagulo di sangue, per poi abbandonarlo in un vicolo dimenticato da dio. Non c’era un solo membro del corpo che non gli dolesse e si sentiva la testa scoppiare, per di più continuava ad udire dei rumori molesti che disturbavano la sua mente provata che avrebbe voluto solo annullarsi in un sogno ristoratore.

Ignorando il mal di testa atroce che aveva, si sforzò di concentrarsi per riuscire ad attribuire un significato a quei suoni indistinti.

-Temevo che fosse morto- borbottò qualcuno con tono preoccupato.

-Fortunatamente, la Redbird ha bloccato la sua caduta in tempo- rispose un altro sempre con tono impaurito.

-Dissennatori...  non ci posso ancora credere. Sapete che non ne avevo mai visto uno dal vivo?-. In quella frase la paura era mista allo stupore.

-Beh, è normale. Solitamente non li si vede gironzolare per Hogsmeade o Diagon Alley-. Questa volta era qualcuno che nascondeva la paura dietro alla maschera dell’ironia, era qualcuno che conosceva... Sirius!

Harry aprì lentamente le palpebre e pure quel minimo movimento gli costò un’enorme fatica.

-Harry, stai bene?- gli chiese Hermione con  tono colmo di preoccupazione e parve trattenersi a stento dall’abbracciarlo. Harry gliene fu grato.

-Hermione, ha fatto una caduta di quindici metri da un manico di scopa. Sicuramente non sta bene- le fece notare Sirius.

Harry si guardò intorno. Era in Infermeria, adagiato su un letto dalle candide lenzuola ed era circondato dai suoi compagni di squadra, più Hermione e Albus.

-Cos’è successo?- chiese con la sensazione che la testa gli sarebbe scoppiata da un momento all’altro.

-Dissennatori- fu la succinta risposta di Albus.

-Le ex Guardie di Azkaban? Quelli a cui tuo padre ha dato il benservito?-.

-Già, a quanto pare non hanno preso bene il licenziamento e hanno deciso di penestrare ad Hogwarts per protesta- disse Sirius.

-Ma come hanno fatto? Pensavo che Hogwarts fosse circondata da incantesimi difensivi-.

-E’ vero, ma sono stati progettati per funzionare contro gli esseri umani, non contro i demoni- gli spiegò Hermione.

-Pare siano passati dalla Foresta Proibita- aggiunse Albus.

-Ma io come ci sono finito in infermeria?- chiese Harry.

-Cosa ti ricordi?- indagò il rosso.

Lo sguardo del Cercatore assunse un’espressione vacua mentre tentava di ricordare. Lo sforzo gli costò un aumento del mal di testa che stava diventando insopportabile, ma lui non si arrese.              -Stavamo giocando la partita contro Tassorosso- disse. –Pioveva a dirotto... avevo appena avvistato il Boccino quando... beh, è diventato tutto buio e... gelido... ho sentito delle urla...- s’interrupe.

-E sei svenuto- completò Albus. –Sei svenuto e sei caduto dalla scopa. La professoressa Redbird ha bloccato la tua caduta poi, insieme ad altri insegnanti, ha allontanato i Dissennatori-.

-E la partita? E’ stata sospesa?-.

A questa domanda tutti cominciarono a lanciarsi sguardi nervosi.

-Non proprio…- borbottò Seamus.

-Harry, quando sei… caduto dalla scopa… Beh, Diggory ha avvistato il Boccino e l’ha afferrato-.

 Harry sbiancò. –Abbiamo perso-.

-Sì-.

-Ma… i Dissennatori non hanno fatto alcun effetto a Diggory?-.

-I Dissennatori hanno fatto effetto a tutti, ma nessun altro…- esitò, dando prova di un’insospettabile sensibilità.

-Nessun altro è svenuto- completò Harry. –Cavoli… io… mi dispiace, scusatemi…-.

-Non hai nulla di cui scusarti!- lo redarguì Sirius. –Non cominciare a sentirti in colpa: odio quando fai così. Uno squadrone di Dissennatori è penetrato nel campo. Nessuno ce l’ha con te perché non sei riuscito ad afferrare il Boccino-.

-E allora, perché Dean non è qui con voi?-.

-Beh, nessuno ha detto che l’ha presa bene- rispose Katie. –Sai quanto ci teneva a questa partita-.

Sì, Harry lo sapeva. Quello era l’ultimo anno di scuola di Dean, la sua ultima possibilità di vincere il campionato scolastico. Erano ben sette anni che Grifondoro non vinceva la Coppa del Quidditch e quell’anno tutta la squadra rosso-oro era determinata rifarsi, in particolare Harry che si sentiva responsabile per le sconfitte incassate i due anni precedenti. Infatti durante il suo primo anno era stato sospeso e durante il secondo era stato messo in punizione per aver ingaggiato un duello con Bellatrix Black in biblioteca. Harry non avrebbe saputo dire cosa fosse stato peggio: assistere alla sconfitta dei leoni da parte delle serpi, seduto sugli spalti o ascoltare l’interminabile sermone di Hermione sul rischio che aveva corso di vedersi negato l’ingresso in biblioteca per il resto della sua carriera scolastica.

Quell’anno il Cercatore si era allenato fino allo sfinimento.

Voleva vincere.

Per Dean.

Per la squadra.

Per sé stesso.

… e per suo padre.

Quante volte si era fermato nella Sala Trofei per osservare le fotografie che ritraevano il volto sorridente del fu James Potter mentre sfoggiava la Coppa di Quidditch della scuola?

Se c’era anche solo una minuscola possibilità che i morti potessero vedere i vivi, voleva che suo padre fosse orgoglioso di lui.

E poi, beh, vedere il volto di  Bellatrix Black verde dall’invidia per aver perso, gli avrebbe dato un’enorme soddisfazione. Tuttavia, poche settimane prima della programmata partita contro i Serpeverde, questi ultimi avevano preteso di essere sostituiti perché il loro nuovo Cercatore, Regulus Black, era rimasto ferito in seguito all’attacco di un ippogrifo. Durante una lezione di Cura delle Creature Magiche, Bellatrix, annoiata dalle interminabili spiegazioni teoriche dell’insegnante, aveva aizzato uno di quei fieri animali. Il ‘moccioso’, come lo chiamava Severus, mentre stava tornando da una lezione di Erbologia aveva assistito alla scena e agendo come ‘il più idiota dei Grifondoro’, sempre parole di Severus, si era interposto tra la cugina e la fiera, rimanendo, però, ferito al braccio. A causa di quell’incidente, ora, Fierobecco, questo il nome dell’animale, rischiava di essere soppresso.

Tutto questo per dire che i Tassorosso avevano sostituito le serpi durante la prima partita del campionato. Questo non aveva portato Harry ad abbassare la guardia. La squadra giallo-nera era migliorata molto da quando, l’anno precedente, Cedric Diggory vi era entrato come Cercatore. In un solo mese, il ragazzo era riuscito a farsi eleggere Capitano. Il Prefetto di Tassorosso non aveva solo un ‘bel visino’ (come affermavano Fred, George e Seamus) era intelligente, volenteroso e molto abile. Nonostante queste sue qualità, Harry riteneva di non peccare di modestia affermando che sarebbe riuscito a batterlo: se c’era una cosa al mondo in cui riteneva di non avere rivali, questa era il Quidditch. Invece, aveva perso. Per cause esterne, è vero, ma una sconfitta rimaneva una sconfitta.

-Harry, ascolta,- disse Katie sorridendo gentilmente. –non è successo niente d’irreparabile: possiamo ancora vincere il campionato-.

Harry annuì, poi, in un tentativo disperato di pensare a qualcos’altro chiese: -La mia Nimbus?-.

Silenzio. Poi, prendendosi l’onere di dare la mazzata finale al Cercatore, Sirius disse: -Quando sei caduto, la scopa si è allontanata e… beh… è finita nella Foresta.

-Qualcuno è andato a recuperarla?- chiese il Cercatore, intuendo, però, la risposta.

-Harry, è della Foresta Proibita che stiamo parlando.- disse infatti Hermione. –Che senso avrebbe? Sicuramente sarà già stata fatta a pezzi da qualche creatura-.

L’ultimo dei Potter si sentì mancare, ma prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa, Madama Chips proruppe nella stanza, ordinando: -Sparite! Il signor Potter ha bisogno di riposare-.

 

Harry si svegliò circa a mezzanotte, sudato e ansimante. Non aprì immediatamente gli occhi, ma inalò grandi quantità d’aria, nel tentativo di regolarizzare i battiti del cuore e calmasi.

Di nuovo quel sogno.

Quella torre…

Quel gelo che lo pervadeva…

La paura…

La tristezza…

L’impotenza…

Sempre lo stesso sogno. O quasi. Questa volta c’era stata un’aggiunta: la voce di una donna che urlava disperata. La voce di sua madre, ne era certo.

Aprì gli occhi con l’intenzione di alzarsi e versarsi un bicchiere d’acqua dalla caraffa che si trovava sul comodino, ma quando lo fece, scoprì di essere stato anticipato.

-Tom?- borbottò mezzo intontito quando vide un ragazzo dai capelli neri come la notte che gli porgeva un bicchiere d’acqua. Harry lo afferrò e bevette, mormorando uno stentato: -Grazie-.

-Che ci fai qui?- chiese dopo che ebbe acquietato la sete.

Tom gli rivolse uno sguardo ironico: -Secondo te?-.

-Sei venuto a vedere come stavo?- chiese il Cercatore incredulo. Non c’erano altre motivazioni che avrebbero potuto spingerlo in infermeria a quell’ora di notte e a versargli un bicchiere d’acqua, ma era un atteggiamento così tanto da ‘infermierina’ e così poco da ‘Tom’ da lasciarlo spiazzato.

Il Serpeverde, in ogni caso, non gli rispose, ma replicò: -Brutto sogno?-.

Harry ebbe una sensazione di deja-vu: circa due anni prima, Albus gli aveva rivolto la stessa domanda, dopo uno dei suoi incubi.

-Sì- annuì e, al contrario di Albus, Tom intuì che non aveva voglia di parlarne e non insistette. Invece, chiese: -Cosa ti è successo oggi, alla partita? Si sono sentiti tutti male, ma…-.

-Solo io sono svenuto, lo so.- lo interrupe Harry con tono seccato. Non avrebbe sopportato di sentire quelle parole uscire dalla bocca di Tom. Si vergognava già abbastanza di sé stesso.

-Harry, cos’è successo?- ripeté il Serpeverde.

-Non lo so. Mi sono sentito gelare, è diventato tutto buio, ho udito delle voci e…- Non seppe continuare. –Tu cos’hai sentito?-.

-Non ho sentito niente- rispose Tom inespressivo.

-Sono stato l’unico a…-

-No- lo interrupe il Serpeverde, impedendogli di concludere la frase, già immaginando dove volesse andare a parare. –Si sono sentiti tutti malissimo, tremavano come una foglia e alcuni sono scoppiati a piangere, solo io non ho sentito assolutamente nulla-.

-Buon per te. Sarai più forte rispetto ad altri-.

-Non ha nulla a che fare con la forza di carattere- ribatté Tom.

-Se stai cercando di consolarmi, evita. Sono svenuto davanti all’intera scuola, Grifondoro ha perso a causa mia e c’è gente che non mi permetterà di dimenticarlo vita natural durante. Punto- sbottò Harry un po’ irritato. Non era arrabbiato con Tom, ma detestava essere compatito.

-Harry, ti sembro il genere di persona che dice una cosa solo per consolarne un’altra? I Dissennatori sono creature temibili: riescono a far rivivere ad una persona il momento peggiore della propria vita, con tutte le emozioni e le sofferenze che esso suscita-.

-Questo vale per tutti, ma nessun altro è svenuto-.

-Nessun altro ha assistito all’età di un anno all’assassinio dei propri genitori- replicò Tom. –Non sei debole, Harry, levati certe scempiaggini dalla testa-.

Rimasero in silenzio per un po’. Tom fissava Harry, Harry fissava un punto indistinto della trapunta bianca che lo ricopriva.

-Non ho rivissuto la morte dei miei genitori.- disse Harry all’improvviso. –O meglio, non solo-.

-Cos’altro?- chiese Tom sorpreso. Per uno come Harry, quale ricordo poteva essere peggiore di quello della morte dei suoi genitori?

-Non è un ricordo, in realtà- spiegò il Cercatore. –E’ un sogno-.

-Un sogno?-.

Harry annuì. –L’ho fatto molte volte. Sono su una torre e sono triste e angosciato. Vorrei solo scoppiare in lacrime per sfogare il mio dolore, ma non posso perché c’è qualcuno che mi sta attaccando e so che se mi distrarrò, anche solo per un attimo, morirò-.

-E non hai idea di cosa possa significare?-.

Harry scosse la testa.

-Da quanto tempo fai questo sogno?- chiese Tom sempre più interessato.

Il Grifondoro assunse un’espressione vaga. –Sai, credo di farli da sempre. Quando sono emozionato, quando ho paura, quando sono triste: si ripresentano sempre-.

-Sai, credo che varrebbe la pena di fare qualche ricerca sui sogni magici. Magari, hai del sangue veggente nelle vene-.

-Pensi sia un sogno premonitore?- chiese Harry allarmato.

-Potrebbe essere- rispose Tom, inclinando la testa leggermente verso destra. –Forse i tuoi poteri, stanno cercando di avvisarti di qualcosa-.

-Spero di no- fu la risposta dell’ultimo dei Potter. –Non vorrei mai trovarmi in una situazione simile. Il protagonista di quei sogni è disperato, assolutamente disperato-.

-Non sei curioso di scoprire che significato hanno?-.

-Sì, ma preferirei che non avessero alcun significato-.

-Sai, per cosa mi dispiace di più?- chiese Harry dopo un po’.

-Cosa?-.

-La mia Nimbus- rispose Harry con tono leggermente piagnucoloso che, in condizioni normali, avrebbe nauseato Tom, ma quelle non erano condizioni normali: era con Harry. In ogni caso, nulla gli impedì di alzare gli occhi al cielo, esasperato. Aveva avuto un’incontro ravvicinato con le terribili ex Guardie di Azkaban, era caduto da più di quindici metri d’altezza, rischiando di morire e di cosa si preoccupava, lui? Della sua scopa distrutta. Bah!

Tom rivisse la scena a cui aveva assistito quel mattino. Pioveva a dirotto, ma la partita continuava, nonostante ormai fosse difficile anche solo distinguere i colori delle divise. Improvvisamente un gelo tremendo e un silenzio inquietante erano scesi sullo stadio. Tom aveva distolto lo sguardo da Harry, per cercare di capire cosa fosse successo, e aveva visto un centinaio di figure incappucciate entrare nello stadio.  I suoi compagni avevano cominciato a tremare e i loro occhi si erano riempiti di terrore e panico. Tom, invece, non aveva sentito niente, non una singola emozione l’aveva pervaso, o almeno questo finché non aveva visto Harry precipitare dalla scopa. Come al rallentatore, aveva assistito alla sua caduta e una morsa di panico gli aveva stretto il cuore. Non voleva, aveva compreso in quel momento, non voleva che a Harry capitasse qualcosa di male. Mai. Per nessuna ragione. Il resto del mondo poteva anche marcire all’inferno, ma lui non avrebbe sopportato che a Harry fosse stato torto anche solo un capello.

Era balzato in piedi e aveva estratto la bacchetta, con l’intenzione di fermare la caduta del ragazzo, ma qualcuno l’aveva preceduto. La professoressa Redbird, che si trovava sugli spalti, aveva bloccato il corpo del Grifondoro a mezz’aria, dopodichè aveva pronunciato un incantesimo e dalla sua bacchetta era uscita un’aquila argentata che si era fiondata sui Dissennatori. Ben presto anche gli altri insegnanti avevano evocato delle creature argentate e i demoni erano stati allontanati. In seguito, Tom aveva scoperto che quelle creature si chiamavano Patronus.

-Era solo un manico di scopa- disse con tono calmo dando prova di una pazienza che lui stesso non sapeva di avere. –Te ne puoi comprare un altro-.

-Non sarebbe la stessa cosa,- cercò di fargli capire Harry. –non sarebbe la mia Nimbus. Ci ho imparato a volare su quella scopa, ci ero affezionato-. 

-Ti affezionerai anche alla tua prossima scopa- replicò Tom pragmatico.

-Non voglio nessun altra scopa: la mia Nimbus era perfetta-.

-Comprane un’altra dello stesso modello, allora- rispose il Serpeverde pragmatico.

-Non sarebbe comunque la mia scopa-  disse il Cercatore.

 -In tal caso, lascia la squadra- esclamò Tom che aveva esaurito la pazienza. Se fosse dipeso da lui, Harry non sarebbe più salito su un manico di scopa per il resto della sua vita, ma dubitava che anche facendogli sbattere la testa ripetutamente contro il muro sarebbe riuscito a far capire a quel masochista che non c’era niente di divertente nel rischiare di rompersi l’osso del collo per catturare una stupida pallina dorata.

Harry spalancò gli occhi comicamente, gli rivolse uno sguardo allibito e gli tappò la bocca con una mano, protendendo il suo corpo verso quello del Serpeverde: -Certe cose non dovresti dirle neanche per scherzo- lo ammonì. Tom si limitò a fissarlo con uno sguardo indecifrabile mentre Harry continuava a tenere una mano sulle labbra del ragazzo, a un certo punto il Cercatore dovette essersi reso conto della loro vicinanza e della situazione perché staccò improvvisamente la mano e si distanziò dal Serpeverde.

-Ci tenevi davvero così tanto?- chiese il Serpeverde con uno strano tono di voce.

Harry fece un piccolo sorriso. –Tranquillo, ho un po’ esagerato. Il dispiacere mi passerebbe davanti ad una Firebolt  nuova fiammante, ne sono certo-.

-Una che…?-.

-Una Firebolt!- esclamò Harry con tono scioccato. –Quella che viene definita la miglior scopa mai fabbricata, il nuovo manico di scopa della nazionale- gli spiegò con enfasi.

-E cosa avrebbe di diverso rispetto a tutte le altre?- domandò la serpe con tono leggermente annoiato.

Harry impallidì dall’indignazione. –Non c’è confronto!- sbuffò. –E’ molto più veloce, rapida a rispondere ai comandi, neanche leggesse nella mente del giocatore quello che vuole fare, e quando frena…-

Mentre Harry elencava una per una tutte le straordinarie qualità della Firebolt, Tom si lasciò sfuggire un sorriso divertito: era bastato nominare quella scopa affinché il dispiacere cominciasse a passargli.

***

Era trascorsa quasi una settimana dalla nota partita Grifondoro contro Tassorosso. Contrariamente alle aspettative di Harry, nessuno (neppure Bellatrix Black) l’aveva preso in giro per la sua reazione nei confronti dei Dissennatori, ma questo non gli aveva risollevato di molto l’umore. Harry si sentiva responsabile per la sconfitta subita dalla sua squadra e non riusciva a non vergognarsi per il suo svenimento pubblico.

Il Grifondoro non era stato l’unico ad aver avuto dei problemi a causa dell’incursione dei Dissennatori ad Hogwarts. Percival Dumbledore, il padre di Albus, aveva ricevuto aspre critiche da parte dello Wizengamot che gli aveva affibbiato tutta la responsabilità dell’accaduto. Infine il Ministro, a causa delle enormi pressioni a cui era stato sottoposto, era stato costretto a rendere ai Dissennatori la carica di Guardie di Azkaban, per evitare che attaccassero nuovamente la scuola o qualche altro sito magico. ‘Meglio ad Azkaban che in giro per la Gran Bretagna’ pareva essere stato il motto dell’opinione pubblica.

La consapevolezza che la possibilità di rincontrare quei demoni erano minime, non aveva fatto sentire Harry meglio, per questo quel giorno aveva preso la decisione di chiedere alla professoressa Redbird delle lezioni private di Difesa contro i Dissennatori.

-Per oggi abbiamo concluso- annunciò Esme sorridendo, dopo il suono della campanella. –Potete andare, ma ricordate che per la prossima settimana voglio una pergamena sugli Avvincini-.

Gli studenti del terzo anno di Grifondoro raccolsero le loro borse, salutarono l’insegnante e fecero per uscire dall’aula. Harry, invece, si fermò di fronte alla soglia. Albus e Sirius gli rivolsero uno sguardo interrogativo, ma il Cercatore si limitò a far loro cenno di precederlo e ad assicurarli che li avrebbe raggiunti presto.

-C’è qualcosa che vuoi chiedermi, Potter?- chiese l’insegnante affabile, dopo che tutti furono usciti. Harry le piaceva: era un ragazzo d’oro e con una straordinaria predisposizione naturale per Difesa.

Il Cercatore le rivolse uno sguardo carico di determinazione: -Vorrei che m’impartisse lezioni di Difesa contro i Dissennatori- disse.

Esme gli sorrise gentilmente: -Potter, l’unica magia anti-Dissennatori attualmente esistente è l’incanto Patronus ed è troppo avanzato per un ragazzo di tredici anni. E’ una magia che supera il livello M.A.G.O., ci sono addirittura dei Maghi adulti incapaci di compiere questo incantesimo. Magari fra qualche anno...-

-Non voglio imparare fra qualche anno, voglio imparare adesso- la interruppe il mago.

-Potter non ne saresti in grado- insistette la Redbird. –I tuoi poteri magici non sono ancora abbastanza elevati, ma ti assicuro che fra due o tre anni, sarò ben felice di insegnarti-. La donna afferrò la sua cartella, appoggiata sulla scrivania, e fece per lasciare la stanza, ma Harry le si parò davanti e con tono accorato le fece notare: -Sono precipitato da un manico di scopa che si trovava a un’altezza superiore ai quindici metri. Cosa sarebbe successo, se fossi stato solo? Non deve ricapitare mai più, la prossima volta che incontrerò un Dissennatore, dovrò essere in grado di difendermi-.

-E’ al  quanto improbabile che tu incontri di nuovo un Dissennatore- replicò l’insegnante.

-Doveva essere improbabile, anche che un Dissennatore entrasse ad Hogwarts, professoressa- ribatté il Cercatore.

Si fissarono, entrambi fermi delle loro convinzioni, poi Esme chiuse gli occhi e quando li riaprì, Harry vi lesse dentro la resa. –Va bene,- concesse. –possiamo provarci. Cominceremo la prossima settimana-.

-Grazie- rispose Harry raggiante.

***

-Di cosa volevi parlarmi?- chiese Lucius, accomodandosi su una sedia del suo dormitorio e osservando Tom irrigidirsi e contrarre i pugni. Per un po’ rimase in silenzio, sembrava quasi che stesse combattendo una battaglia contro sé stesso.

-Ho bisogno che mi presti del denaro, anzi in realtà me lo dovresti regalare-.

Questa era l’ultima richiesta che Lucius si sarebbe aspettato.

-Soldi? E a che ti servono?-.

-Questi sono affari miei-.

-Mi chiedi del denaro e neanche hai intenzione di dirmi a che ti serve?- chiese il Portiere assottigliando gli occhi.

-Senti, non giochiamo al gatto e al topo: ho bisogno di denaro, se puoi darmelo bene, in caso contrario troverò un’altra soluzione-.

-E quanto ti servirebbe?-. “Se giocherò bene le mie carte” pensò “avrò Riddle in pugno”.

Quando il moro gli disse la cifra, il suo stupore aumentò: cosa doveva farne tutti quei soldi?

-Allora? Puoi procurarmelo?- sbottò Tom. Odiava quella situazione, il dover chiedere un favore a qualcuno lo faceva sentire esposto e vulnerabile. Senza contare che si trattava di Malfoy: sapeva che avrebbe fatto di tutto per approfittare della situazione.

-Perché lo stai chiedendo a me e non a Bella?- chiese l’erede dei Malfoy curioso.

Tom ci aveva pensato, ma aveva subito scartato l’idea. Con lei, fare la richiesta sarebbe stato più semplice (di sicuro non avrebbe ricevuto una risposta negativa e non avrebbe chiesto niente in cambio), ma il giovane Riddle era certo che se avesse intuito il modo in cui desiderava impiegare quella somma, avrebbe trovato un modo per rovinare tutto. E poi, avrebbe potuto confidarsi con Rita e Tom desiderava che nessuno venisse a conoscenza della sua azione, se ne vergognava già abbastanza.

-Non ti deve interessare- rispose bruscamente. –Avrò i soldi sì o no?-.

Lucius represse un moto d’irritazione causato da quell’atteggiamento di superiorità che Riddle manteneva anche quando stava chiedendo un favore: avere come debitore Tom Riddle, non era cosa che capitava tutti i giorni e non aveva nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire questa occasione.

-Ci vorrà un po’ di tempo- rispose. –E’ una bella cifra e dovrò in qualche modo giustificarla con la mia famiglia. Dammi un paio di settimane-.

Il moro annuì e fece per uscire dalla stanza, ma Lucius continuò: -Mi devi un favore e non me lo dimenticherò. Prima o poi verrò a riscuotere-.

Tom lo sapeva, ma era un prezzo che era disposto a pagare. Tuttavia, una voce dentro di lui gli disse che aveva appena compiuto il più grande errore della sua vita e forse aveva ragione. La richiesta che aveva posto a Lucius era stata una specie di prova del nove: se fosse riuscito a fare questo, allora non ci sarebbe stato più niente che non fosse stato disposto a fare, però non sapeva ancora se quello fosse un bene o un male.

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Capitolo 25
*** Il quarto anno ***


  Capitolo XXV
Il quarto anno

Non c'è spazio per la morte.
Emily Bronte 

Harry si svegliò in modo abbastanza insolito quel mattino. Un corpo caldo e minuto si era infatti buttato a peso morto sul suo stomaco, rendendogli difficile respirare.
-Ma… cosa… ?- borbottò, ancora nel dormiveglia mentre tentava di aspirare più ossigeno possibile dalla bocca.
Gli venne in risposta una risata squillante e allegra.
-Ariana?- chiese, aprendo definitivamente gli occhi e specchiandosi in quelli azzurri e brillanti della più piccola dei fratelli Dumbledore. La bambina, continuando a ridere, si decise a levarsi dallo  stomaco di Harry e a raggomitolarsi in fondo al letto, permettendo a quest’ultimo di ricominciare a respirare normalmente.
Si trovavano nella stanza degli ospiti di casa Dumbledore, dove Harry aveva trascorso tutto il mese di agosto. Era grande, arredata riccamente e dotata di un bagno privato.
“Dopotutto,” aveva pensato Harry “è pur sempre la casa del Ministro della Magia”.
Per lui non era stato semplice accettare l’invito di Albus di trasferirsi da lui verso la fine di luglio, per festeggiare insieme i loro compleanni (il rosso era nato il primo agosto), perché l’amico viveva a Godric’s Hollow. Harry aveva avvertito per quel luogo sentimenti contrastanti: da una parte, desiderava visitarla, dall’altra era stato convinto che sarebbe stato meglio non metterci mai piede. Tuttavia alla fine, aveva accettato l’invito e doveva ammettere che era stato meno peggio di quanto credesse. No, non poteva lamentarsi, aveva trascorso un bel periodo.
La famiglia Dumbledore gli piaceva: Kendra era una donna forte e orgogliosa, ma dolce e amorevole con i suoi figli; non aveva passato molto tempo col signor Dumbledore (era quasi sempre al Ministero), ma gli era parso un uomo degno di rispetto; Aberforth era… beh, un po’fuori di testa, ma era simpatico e col suo spirito ribelle e il suo coraggio gli ricordava Sirius; e poi c’era Ariana.
La prima volta che l’aveva vista aveva avuto l’impressione di avere a che fare con una bambola di porcellana, non tanto per i suoi lineamenti o per il fatto che la signora Dumbledore la vestisse come se lo fosse, ma perché sembrava estremamente fragile. Il moro aveva avuto la sensazione che sarebbe stato sufficiente sbatterla per terra per infrangerla in mille pezzi. Il modo ossessivo in cui ogni membro della famiglia Dumbledore tentava di proteggere quella ragazzina dai mali del mondo sfiorava la morbosità. Sì, perché se Albus era il figlio modello, l’erede ideale, quello di cui i genitori erano orgogliosi e su cui facevano affidamento e se Aberforth era il ribelle, quello incomprensibile e privo di ambizioni, Ariana era solo la più piccola. Era costantemente ricoperta d’attenzioni e premure eppure, nonostante questo non era cresciuta viziata, o almeno non troppo. Era una bambina dolce, allegra, vivace e sensibile e Harry ne era rimasto conquistato: gli sarebbe piaciuto avere una sorella minore come lei.
-Che ore sono?- chiese con la voce impastata dal sonno.
-Le tre- rispose la bambina tranquilla e sorridente.
-COSA?!-
O.k., Ariana era una ragazzina adorabile, ma non abbastanza per accettare di essere svegliato in piena notte senza una ragione valida.
-Potrei sapere perché sei qui?- chiese assottigliando gli occhi, irritato. –Spero non per portarmi di nuovo sul tetto a guardare le stelle come la settimana scorsa-.
-No- Ariana scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi. –Ho pensato che volessi vederla almeno una volta, visto che stamattina parti per Hogwarts-.
-Di che parli?- chiese il ragazzo sbadigliando.
-Della tomba dei tuoi genitori-.
In un attimo, ogni traccia di stanchezza abbandonò Harry.
 
Il secondo giorno di permanenza a Godric’s Hollow, Harry, insieme ad Albus, era andato a visitare quella che era stata la dimora della sua famiglia. Non era stato semplice: quella era la casa in cui suo padre era nato e cresciuto, la casa che era stata testimone dell’ultimo attimo di vita dei suoi genitori, la casa in cui anche lui avrebbe dovuto crescere, il luogo che avrebbe dovuto chiamare ‘casa’, e che, invece, era diventato monumento nazionale.
“Non è giusto,” aveva pensato “non è giusto”.
Per questo aveva deciso di evitare la loro tomba, visitare la loro casa era già stato talmente penoso: perché infliggersi ulteriore dolore?
Eppure, nonostante quel che pensava, Harry si ritrovò a infilarsi un paio di scarpe, avvolgersi in un mantello e a seguire docilmente Ariana fuori da casa, come se la bambina gli avesse lanciato una maledizione Imperius.
Attraversarono il piccolo bosco che separava casa Dumbledore dal cuore del villaggio, fino a giungere nella piazza in cui si trovava il statua dedicata alla sua famiglia, entrarono nella chiesa e infine nel cimitero.
Ariana, avvolta in un mantello turchese, cominciò a correre, seguita da Harry, fino a raggiungere una tomba di marmo, su cui erano incisi i nomi dei suoi genitori.
Harry rimase a fissarla per un tempo indefinito, stringendo le labbra, nel tentativo di trattenere le lacrime mentre la bambina poggiava per terra un mazzo di giunchiglie che aveva raccolto nel giardino di casa. Il moro non ci aveva neanche pensato.
Quello che provava non riusciva a comprenderlo bene neanche lui.
Era dolore per quello che aveva perso.
Era rabbia perché l’aveva perso.
Era odio nei confronti di chi glielo aveva fatto perdere.
Era commozione per il sacrificio di sua madre.
Era rimpianto per quella che avrebbe potuto essere la sua vita.
Era un miscuglio di sentimenti a cui era difficile dare un nome, ma che gli provocava un nodo alla gola e tanta voglia di piangere.
“Vorrei che Tom fosse qui con me.” pensò “Lui capirebbe”.
-L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.- lesse –Che vuol dire?-.
-Dev’essere il motto della tua famiglia- rispose Ariana.
-Il motto?-.
-Sì, praticamente tutte le famiglie Purosangue ne hanno uno. Il nostro è: ‘Dove si trova il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore’.
-Puoi piangere, sai- aggiunse dopo un po’.
-No, non posso- rispose Harry con un sorriso sforzato. –Devo cercare di essere felice-.
***
-Mi raccomando, studiate e badate a voi stessi- ripeté per l’ennesima volta Kendra Dumbledore mentre si stavano scambiando gli ultimi saluti sul binario nove e tre quarti. Harry, Al e Aberforth erano già saliti sul treno e si stavano sporgendo da un finestrino.
-E scrivete- aggiunse Ariana.
-Certo- le rispose Aberforth. La sorella era l’unico membro della famiglia che trattava sempre con gentilezza.
-Ab,- disse Kendra  -io e tuo padre, domani, aspetteremo impazientemente un gufo con notizie sullo Smistamento, chiaro?-.
Il minore dei suoi figli le lanciò uno sguardo scettico. –Tu, forse,- ribatté. –ma papà è già tanto se si accorgerà che sono partito per la scuola-.
-Aberforth…- la signora Dumbledore provò a ribattere, ma proprio in quel momento il treno cominciò a fischiare, indicando l’imminente partenza. La donna, perciò, si limitò a salutarli con la mano, imitata dalla figlia, mentre il treno si allontanava sempre di più.
Quando madre e figlia sparirono dalla vista, i tre ragazzi si allontanarono dal finestrino.
-Ab, vieni con…- Albus non fece in tempo a finire la frase perché suo fratello aveva già afferrato il baule e si stava allontanando, senza salutarli. Il rosso rimase a fissare accigliato i suoi capelli castani, per poi rivolgersi, con un sorriso, a Harry chiedendo: -Andiamo a cercare Hermione e Sirius?-.
Il moro annuì con aria distratta, tuttavia non dovettero affaticarsi molto perché, proprio in quel momento, la porta di uno scompartimento vicino a loro si spalancò, permettendo la visuale di un Hermione sorridente in uniforme scolastica.
-Mi pareva che fossero le vostre voci, entrate-.
I due obbedirono e trovarono all’interno Sirius e Neville. Dopo essersi salutati e aver sistemato i bauli, la ragazza chiese: -C’è qualcosa che non va, Harry? Hai un’aria strana-.
Harry, seduto di fronte a Sirius, le rivolse uno sguardo leggermente infastidito: era così facile intuire i suoi sentimenti?
-Sto bene- la rassicurò. –E tu?- domandò, poi, rivolto a Sirius che non aveva ancora aperto bocca, ma continuava a disegnare per aria, facendo fuoriuscire scintille dalla bacchetta, stemmi di varie  squadre di Quidditch della Gran Bretagna.
-Sì- borbottò con un tono che diceva tutto il contrario.
-Hai passato una bella estate, eh?- fece Harry, sorridendo comprensivo.
-Splendida- rispose il Purosangue con un ghigno. –Davvero splendida-.
Nessuno gli chiese più niente. Le vacanze estiva facevano sempre quell’effetto a Sirius e sembrava che ogni anno che passava, la situazione peggiorasse sempre più.
-Beh, per lo meno, ho potuto assistere alla finale del mondo dalla Tribuna d’Onore, è stata l’unica cosa positiva-.
Harry annuì (lui c’era stato insieme ai Dumbledore) e, nel tentativo di distrarlo, intavolò un’animata discussione sulla partita a cui si unirono anche Neville e Albus.
Per Harry assistere alla finale del mondo era stata una esperienza esaltante. Si era divertito parecchio e aveva potuto assistere personalmente alla prodezze di Viktor Krum, uno dei più giovani e dei migliori Cercatori del mondo. Certo, se in tribuna con loro non ci fossero stati anche i Malfoy e i Black, sarebbe stato ancora meglio. “E Tom.” ricordò a sé stesso “Nella nostra Tribuna c’era anche Tom”. Tom che era stato invitato da Bellatrix Black e che aveva accettato l’invito.
-V’invidio- disse improvvisamente Neville. –Mia nonna non ha voluto comprare i biglietti-.
-Non ti sei perso nulla- lo rassicurò Hermione che, come Harry, era stata invitata alla partita dai Dumbledore, anche se poi era tornata a casa sua. Aveva affermato di aver trovato molto piacevole ed istruttivo discutere di Magisprudenza con i signori Dumbledore. –Era una partita come tante altre, certo c’era più gente e volavano più velocemente, ma a parte questo…-
-Hermione, zitta- la interrupe Sirius –se finisci la frase, potrei essere costretto a non rivolgerti più la parola-.
Hermione alzò gli occhi al cielo esasperata, ma non ribatté e si limito a distogliere Al dalla conversazione sul Quidditch per discutere del programma che avrebbero affrontato quell’anno, mentre gli altri tre dibattevano di argomenti che andavano da  “chi è il migliore dei tre formidabili Cacciatori irlandesi” a “la scelta di Krum”.
-Secondo me, ha dimostrato un enorme coraggio- dichiarò Harry con gli occhi scintillanti d’ammirazione. –Ha capito che non avrebbero mai vinto quella partita e ha trovato un modo per perdere con dignità e alle sue condizioni-.
-Krum si è conquistato un nuovo fan, quindi?- commentò Sirius.
Harry annuì. –Sì, anche se non sono il tipo di fan sfegatato che compra pupazzi che lo rappresentano-
-Credi ci sarà anche lui, quest’anno a Hogwarts? Voglio dire, frequenta l’ultimo anno a Durmstrang, giusto? E’ un peccato, comunque, che possano partecipare solo i maggiorenni, avrei voluto provarci. Chissà se con un po’ di Pozione Invecchiante…-
-Di che stai parlando?- chiese Neville perplesso.
-Del Torneo Tremaghi-.
-Il Torneo Tremaghi? Quel Torneo Tremaghi?- ripeté Hermione sbalordita.
-Cos’è il Torneo Tremaghi?- intervenne Harry.
L’erede dei Black gli rivolse uno sguardo stupefatto. –Hai trascorso l’estate a casa del Ministro della Magia e non sai del Torneo?-.
-Mio padre lo ha detto solo a me e mi aveva intimato di tenere la bocca chiusa- spiegò Albus. –Piuttosto, tu come fai a saperlo?-.
-La mia famiglia ha un sacco di contatti al Ministero- rispose lui. –Lo sanno anche Malfoy, Lestrange, mia cugina, mio fratello e Riddle-.
-Qualcuno ha intenzione dispiegarmi cos’è questo Torneo?- insistette Harry mentre la strega del carrello bussava ed entrava per chiedere loro se volevano qualcosa da mangiare.
 
 Un paio di ore dopo, spiegazioni ricevute, Harry stava girando il treno in lungo e largo alla ricerca di Severus. Quell’estate si erano visti molto poco (ovviamente lui non era andato a vedere la finale del mondo di Quidditch). Si erano scritti circa due volte a settimana, ma non era la stessa cosa. Harry aggrottò le sopracciglia, irritato con sé stesso. Sev e sua madre erano stati la sua unica famiglia e non gli piaceva la sensazione di starsi allontanando da loro, tuttavia in due mesi aveva visto Sev solo tre volte e da quando aveva lasciato Privet Drive, non aveva più rivisto Eileen. Sentiva terribilmente la mancanza di entrambi.
Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse del ragazzo appena uscito dal suo scompartimento e che si rivelò essere Tom.
-Scusa- borbottò dopo avergli sbattuto contro.
-Di niente- rispose lui. –Tutto a posto?-.
Harry annuì e sorrise. Era felice di rivederlo, anche lui gli era mancato terribilmente, nonostante durante la finale avessero avuto modo di chiacchierare un po’.
 -Stavo cercando Sev- disse –Per caso…?-
-Non lo troverai mai.- rispose. –Non è sul treno, quest’anno è andato direttamente a Hogwarts con suo zio-.
-Oh!- Harry era davvero sorpreso. –Non lo sapevo. L’ha detto a te e non a me-. Non era geloso e neanche irritato, solo dispiaciuto.
-Severus sa che non ti piace il professor Prince e cerca di nominartelo il meno possibile- spiegò Tom appoggiandosi a una parete del treno e fissandolo negli occhi. Durante quell’estate era cresciuto molto: si era alzato di parecchi centimetri, il suo fisico si era irrobustito e i lineamenti del suo viso stavano abbandonando ogni traccia infantile. Dimostrava più dei suoi quattordici anni e Harry, che era sempre stato basso e esile per la sua età, in confronto a lui si sentiva ancora più piccolo.
-Non è che non mi piaccia- ribatté Harry. –E’ solo che…- ma s’interrupe perché Tom aveva ragione: Prince non riusciva a piacergli e dire che era anche il suo padrino…
-Comunque avresti dovuto immaginarlo. Se fosse stato sul treno sarebbe venuto a salutarti, come tutti gli anni-.
-Beh, sai, ultimamente la gente fa cose che mi sorprendono-.
-Tipo?-
-Tipo andare a vedere la finale del mondo di Quidditch, nonostante abbia trascorso gli ultimi tre anni a ripetere che quel gioco è sopravvalutato-.
Non aveva avuto intenzione di dirlo, ma quelle parole gli erano uscite di bocca, prima che facesse in tempo a fermarle.
Tom ghignò. –Non ci sono certo andato per la partita-.
-E per quale motivo, allora? Sentivi la mancanza di Bellatrix Black?-.
Si pentì di quelle parole subito dopo averle formulate. Sev aveva ragione: non riusciva mai a tenere la bocca chiusa. Non era sembrato una fidanzatina gelosa, vero? VERO?!
-Un pochino,- rispose Tom, allargando il suo ghigno e con gli occhi che brillavano divertiti.                               Appena, appena-.
Oddio! Aveva parlato ad alte voce?!
“Un momento” rifletté “io non ho parlato ad alta voce”. Era vero che, a volte, scollegava la bocca dal cervello, ma non fino a quei livelli. Rivolse al Serpeverde uno sguardo interrogativo, che questi ignorò.
-Devi ammettere che è stata coraggiosa- disse col chiaro intento d’irritare ulteriormente il Grifondoro e riuscendoci pienamente a giudicare dall’occhiata che quest’ultimo gli lanciò.
-Perché mai?-
-Sono cresciuto in un orfanotrofio babbano, Harry, e nessuno sa niente della mia famiglia.- rispose mentre la sua espressione s’irrigidiva. –Ciò non fa di me il genere di persona che Druella e Cygnus Black vorrebbero che la loro unica figlia frequentasse. Bella non aveva detto loro chi ero, aveva solo accennato ad un suo compagno di Serpeverde e loro hanno dato per scontato che fossi Purosangue. Non hanno avuto una bella sorpresa-.
-Com’è andata?- chiese il Cercatore seriamente arrabbiato: Tom era il miglior mago che conosceva e i genitori di Bellatrix Black non erano nessuno per sentirsi superiori a lui.
-Non bene- minimizzò. –Comunque sia, ho accettato l’invito di Bella perché ero ansioso di conoscere l’elité Purosangue inglese e devo dire che è stato istruttivo-.
-Non sei costretto ad avere a che fare con gente simile- obbiettò Harry.
-Non è questione di ‘essere costretti’, è questione di ‘volere’-.
-E’ perché vuoi avere a che fare con gente simile?-.
-Perché loro hanno ciò che desidero anch’io-.
-Ossia?-.
-Il potere-.

  Non so cosa dire per giustificare il mio ritardo colossale, ma credetemi quest’assenza da EFP è giustificata. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito il capitolo 24. Sono state le vostre recensioni a darmi la spinta per riprendere in mano la storia, che d’ora in poi cercherò di ricominciare ad aggiornare regolarmente. 
 






 

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Capitolo 26
*** Il giorno in cui si aprirono le danze ***


Capitolo XXVI
Il giorno in cui si aprirono le danze

 

Non esistono i presagi:
il destino non manda araldi.
E’ troppo saggio o troppo crudele
per farlo.
Oscar Wilde
 
La sconcertante scoperta

di quanto silenzioso sia, il destino,
avviene quando,
d’un tratto, esplode.

Alessandro Baricco
 

Anni dopo, mentre si dondolava sull’altalena, del parco di Little Whinging, che era stata testimone di tanti dei giochi suoi e di Sev, Harry si sarebbe detto che avrebbe dovuto prevederlo. Ma come? Proprio come è impossibile prevedere se una farfalla che batte le ali, provocherà un terremoto dall’altra parte del mondo, era tutto iniziato con un evento talmente insignificante che nessuno avrebbe potuto immaginare le conseguenze a cui avrebbe portato nel lungo termine. A ben guardare, era tutto iniziato per colpa di Sirius, anche se, probabilmente, il suo operato da solo non sarebbe stato sufficiente a causare tutto ciò, ma era comunque stato l’inizio.
Harry non aveva voluto averci niente a che fare, aveva riso quando Sirius gli aveva proposto l’innocente scherzetto che aveva ideato. Innocente, poi, ‘innocente’ e ‘Sirius’ erano due parole che raramente avevano a che fare l’una con l’altra.
-Lascia perdere- gli aveva consigliato mentre il Cacciatore calcolava il tempo che ci avrebbero impiegato le pozioni dei Serpeverde del sesto anno (di cui faceva parte un Prefetto che aveva osato punirlo la settimana precedente) ad esplodere, se avesse cosparso i loro calderoni con radici tritate di Belladonna mescolate con uova di Doxy bollite. Doveva assicurarsi che esplodessero prima della fine della lezione, ma solo dopo che i Serpeverde avessero cominciato a lavorarci su, in modo che non fosse possibile rintracciare la causa dell’incidente con certezza e la colpa venisse attribuita all’incompetenza delle serpi. In pratica avrebbero dovuto esplodere dopo circa un’ora, tuttavia vi era sempre la possibilità che l’effetto della Belladonna e delle uova di Doxy venisse alterato da qualche errore che gli studenti avrebbero potuto compiere nella preparazione del veleno mortale che avevano in programma. Per evitare ciò, equilibrare bene il dosaggio era fondamentale.
Doveva stare molto attento, aveva spiegato Sirius a Harry mentre riempiva una pergamena di calcoli complicati, non poteva permettersi neanche un errore. Harry era rimasto impressionato dalla dedizione e dalla precisione maniacale che stava dimostrando. Soprattutto, considerando che Sirius detestava Pozioni: al pari di Harry, era il genere di mago che si sentiva a suo agio solo con una bacchetta in mano. Dopotutto, che senso ha passare ore e ore a preparare un intruglio, quando con un movimento della mano e poche parole potevi vedere risolti quasi tutti i tuoi problemi?
Sirius aveva cercato di coinvolgere Harry in quello scherzo, ma quest’ultimo aveva dichiarato che quella volta avrebbe dovuto fare da solo perché lui ne aveva davvero abbastanza. Era dall’inizio dell’anno, infatti, che Sirius non faceva altro che cacciarsi nei guai con scherzi, rispostacce ai professori, giri notturni per il castello e fughe non autorizzate dalla scuola. Al aveva dichiarato che il Cacciatore si stava sfogando. Quell’estate era stato in vacanza in Francia con suo fratello e i suoi genitori ed era tornato in Inghilterra solo per la finale del mondo di Quidditch. Di conseguenza, non si erano visti per settimane mentre le estati precedenti erano sempre riusciti a organizzare appuntamenti a Diagon Alley. Quando l’aveva incontrato alla finale, Harry aveva compreso subito che doveva aver trascorso un’estate veramente orrenda. Aveva uno sguardo gelido, non aveva sorriso neanche una volta e continuava a stringere le mani convulsamente, come se si stesse auto violentando nel tentativo di non strangolare nessuno.
Appena aveva rimesso piede a Hogwarts, era esploso. Era come se tutta la frustrazione, la rabbia, l’odio, il desiderio di rivalsa che i suoi genitori avevano tentato di soffocare in lui durante il periodo estivo (probabilmente a suon di fatture, Harry non avrebbe dimenticato facilmente la cicatrice che aveva intravisto sulla schiena del Purosangue un mattino, mentre si stava facendo la doccia) fosse fuoriuscita tutta di un colpo e si stesse abbattendo contro chi lo infastidiva: autorità scolastiche e Serpeverde in primis.
Fra i suoi compagni, Lavanda e Calì erano quelle divertite dalle sue prodezze, Neville quello leggermente allarmato, Albus quello che lo fermava solo quando riteneva che stesse superando il limite (“E’ come un palloncino forato.” aveva dichiarato “Lasciamolo fare: prima o poi si svuoterà e, con un po’ di fortuna, accadrà prima che faccia esplodere il castello”) e Hermione quella che lo aveva definito una mina vagante, gli aveva dichiarato guerra ed era determinata a dargli una calmata.
Già, Hermione. Harry voleva bene alla ragazza, davvero, ma riteneva che quella volta avrebbe fatto meglio a farsi gli affari suoi, sicuramente sarebbe stato meglio per lui. La ragazza, infatti, scoperto lo scherzo ideato da Sirius, era andata a spifferare tutto alla McGranitt che, sfortunatamente, era giunta davanti all’aula di Pozioni mentre il Cacciatore era in compagnia di Harry e aveva con sé la Mandragola e le uova di Doxy. Aveva, arbitrariamente, deciso che quest’ultimo era suo complice e aveva punito entrambi.
 
***
23 novembre ore 01.00
 
Hagrid aveva qualcosa che non andava. Non era difficile da intuire. Tanto per cominciare, perché si era sentito in dovere d’indossare un orrendo abito da cerimonia marrone per accompagnare lui e Sirius a scontare una punizione nella Foresta? Inoltre aveva un’espressione che era un misto di senso di colpa e imbarazzo e non aveva ancora proferito parola.
-Hagrid,- disse Sirius a un certo punto. –Si può sapere cos’hai?-.
Hagrid arrossì, gli lanciò un’occhiata tesa e chiese: -Perché la McGranitt vi ha punito? Che avete fatto?-.
-Nulla- sbottò il Purosangue.
-Ha fermato Sirius prima che potesse fare qualsiasi cosa- aggiunse Harry.
-Ah… beh… allora, anche se non scontate la punizione, non è grave giusto? Insomma, i peli di unicorno per il professor Prince, posso raccoglierli domani, da solo-.
-Ci lasci andare?- fece Sirius sorpreso.
-Non proprio. Se qualcuno vi vede gironzolare da soli mentre dovreste essere con me o vede me da solo, finiamo nei pasticci-.
-Quindi che si fa?-.
-Venite con me, ma… ecco… io… avevo un… un appuntamento.- ogni singola parte del suo viso, non nascosta dalla folta barba era diventata rosso acceso. Tossicchiò per calmarsi e riprese con voce più tranquilla. -La professoressa McGranitt mi ha detto solo dopo che dovevo punirvi e non sono riuscito a rimandare-.
-Hai un appuntamento?- ripeté Sirius ghignando. –Con…?-, ma prima ancora di concludere la domanda, intuì chi era l’unica persona con cui Hagrid avrebbe potuto avere un appuntamento.
Anche Harry c’era arrivato: Madame Maxine. Madame Maxine era la preside dell’accademia francese di Beauxbatons, giunta a Hogwarts, insieme alla delegazione di Durmastrang per il Torneo Tremaghi. Erano a Hogwarts da Halloween, ossia da quando il Calice di Fuoco aveva scelto i tre campioni (Cedric Diggory di Tassorosso per Hogwarts, l’affascinante Fleur Delacour per Beauxbatons e il Cercatore della nazionale bulgara, Viktor Krum, per Durmstrang). Nonostante fossero trascorse, ormai, tre settimane dal loro arrivo, Harry non aveva ancora avuto alcun contatto con nessuno di loro. D’altronde, non era semplice avere contatti con gente che usciva dalla sua carrozza (o barca nel caso degli studenti di Durmstrang) solo per i pasti.
In ogni caso era impossibile non notare Madame Maxine, vista la sua stazza, proprio com’era impossibile non notare la cotta stratosferica che Hagrid si era preso per lei.
-Non vorrai portarci al tuo appuntamento con lei, vero?- chiese il Cercatore un po’ allarmato. –Insomma… sarebbe imbarazzante-.
-Non ho altra scelta, Harry, ti sei portato dietro il Mantello, come ti avevo chiesto, vero?-.
 
-Perché mi sento tanto un guardone?- chiese Harry mezz’ora dopo, mentre osservava Hagrid scambiarsi smancerie con la preside di Beauxbatons, vicino a un recinto in cui si trovavano tre enormi draghi circondati da Guardiani professionisti, tra cui il secondogenito dei fratelli Weasley: Charlie.
-Perché lo siamo- gli sussurrò Sirius all’orecchio, mentre entrambi si trovavano sotto il Mantello.
-Draghi, quindi sarà questa la prima prova: poveri Campioni-.
-A me piacerebbe provarci.- dichiarò il Cacciatore –Comunque sia, devo ricordarmi di dirlo a Fred, George e Lee: sapranno su cosa scommettere-.
-Pensi che Madame Maxine avviserà…- Harry non fece in tempo a concludere la frase perché, proprio in quel momento, Hagrid circondò con un braccio la vita della preside e le scoccò un sonoro bacio sulle labbra.
-O.k.,- fece con la guancie in fiamme. –ne ho abbastanza. Se qualcuno mi vede, dirò che sono scappato dalla Foresta senza il permesso di Hagrid, che poi è la verità. Sono pronto a lavare tutti i bagni del castello con uno spazzolino da denti, ma non resterò qui a osservare questi due che si sbaciucchiano neanche un minuto in più-.
Sirius annuì, con aria divertita. –Vengo con te. Comunque, te l’ha mai detto nessuno che t’imbarazzi troppo facilmente? Era solo un bacio, se l’avesse…-
-Zitto!- lo interrupe Harry mentre si allontanavano. Sirius continuò a ridere.
Erano quasi giunti al confine della Foresta, quando incontrarono Igor Karkaroff che ci si inoltrava. Probabilmente doveva aver avvistato Madame Maxine in lontananza e aver deciso di seguirla.
E’ così, fra poco, sia la preside di Beauxbatons che il preside di Durmstrang avrebbero saputo in cosa consisteva la prima Prova.
-Faranno di tutto per vincere- gli aveva detto Prince, qualche giorno prima. –Sono determinati a sfatare il mito di Hogwarts-.
Se aveva ragione, avrebbero riferito la loro scoperta a Krum e alla Delacour. Sembrava proprio che l’indomani, Diggory sarebbe stato l’unico ad affrontare l’ignoto.
 
***
Oberon.
Oldres.
Oledo.
Oreon.
Orikers.
Orphenus.
Otillus.
Niente.
Con un gesto busco, a causa dalla frustrazione, Tom richiuse un ennesimo libro sulle genealogie magiche. Bella, che si stava abbottonando la camicia, gli lanciò uno sguardo indecifrabile, ma non disse nulla.
Era notte inoltrata, ma gli altri cinque studenti del quarto anno di Serpeverde non si erano ancora fatti vedere, probabilmente per rispetto della loro privacy. Avevano visto Bella dirigersi verso il dormitorio maschile e non avevano avuto bisogno dell’occhiata assassina che la ragazza avevano lanciato loro, per comprendere che, per quella notte, sarebbe stato meglio trovare un’altra sistemazione.
Che Tom Riddle e Bellatrix Black avessero regolari rapporti sessuali da quell’estate non era un segreto per nessun Serpeverde, anche se la notizia non era ancora uscita dalla loro Casa (al contrario dei Grifondoro, capaci di urlarsi notizie confidenziali da un capo all’altro dei corridoi, loro erano bravi a mantenere i segreti).
Rodolphus stava soffrendo molto per quella situazione. Era evidente a tutti: dall’inizio della scuola se ne andava in giro con un’espressione da condannato a morte e evitava il più possibile sia Bella che Tom. Non che a quest’ultimo importasse, anche se, per evitare stupide e seccanti ripicche da parte sua, aveva chiesto a Rita, Tiger e Goyle di tenerlo d’occhio.
Era stata Bellatrix a dare inizio a tutto, facendosi trovare mezza nuda nella sua stanza a casa Black e baciandolo, lui si era limitato a non rifiutare, spinto più dalla curiosità che dal desiderio. Era stata la prima volta per entrambi e, da allora, Bella andava a fargli visita nel suo dormitorio abbastanza regolarmente.
Tom riteneva che fosse un modo come un altro per sfogare la rabbia. Chissà come avrebbero reagito i genitori di lei nello scoprire che si portava a letto la loro preziosa figlia Purosangue…
Beh, Cygnus Black più che altro, era convinto di piacere a sua moglie Druella. Dopotutto era stata quest’ultima ad aprirgli le porte della loro biblioteca privata dalla quale aveva preso in prestito parecchi libri che trattavano delle genealogie magiche inglesi. Certo, non gli era servito a molto: ottenere notizie su “Orvoloson” non si prospettava essere più semplice che ottenerle su “Tom Riddle”.
Già ,Tom Riddle che non era presente nell’albero genealogico di nessuna famiglia magica inglese e che non aveva mai frequentato Hogwarts, Tom Riddle che, con ogni probabilità era un Babbano.
Per Tom non era stato facile accettarlo e questo perché sua madre era morta di parto. Le streghe non muoiono di parto, proprio come non muoiono per cancro e per la maggior parte, se non tutte, delle malattie babbane. Se succedeva, era perché avevano scelto di non curarsi, era perché avevano deciso di morire: era suicidio, né più, né meno.
Il desiderio di morire era un sentimento che esulava dalla comprensione di Tom. Era sempre stato tenacemente attaccato alla vita, anche quando essa era solo quella di uno dei tanti squallidi orfani inglesi senza passato, senza famiglia e senza futuro. Anche allora la voglia di vivere era superiore a qualsiasi altro sentimento.
La depressione, l’arrendersi, il credere di non potercela fare, che la propria vita non aveva un senso, che sarebbe stato meglio morire piuttosto che continuare in quel modo erano sentimenti che gli erano del tutto alieni. Riteneva che fosse per quel motivo che, l’anno prima, i Dissennatori non avevano avuto alcun effetto su di lui: certi sentimenti non era in grado di provarli.
Perché, invece, sua madre aveva deciso di morire? Qualsiasi fosse la ragione non riusciva a sopportarlo: non avevo solo deciso di suicidarsi, aveva anche deciso di abbandonarlo. E questo, questo non glielo poteva perdonare.
-Tu sei un Rettilofono- disse Bella tutto d’un tratto, interrompendo il corso dei suoi pensieri, mentre completamente vestita poggiava una mano sulla maniglia della porta, pronta ad andarsene. Non dormivano mai insieme. Mai. Tom odiava anche solo l’idea di dividere il suo letto con qualcun altro, Tom odiava anche solo l’idea di dividere qualsiasi cosa fosse sua con qualcun altro. Bella, sapendolo, non ci aveva mai neanche provato a rimanere a dormire da lui.
-Saper parlare Serpentese è un dono che si eredita col sangue- continuò la ragazza. –Potresti provare a fare ricerche sulla discendenza dei più famosi Rettilofoni inglesi, magari sei fortunato-.
Fortuna, ma Tom non era solito affidarsi alla fortuna.
 
***
 
Gellert sorrideva soddisfatto mentre indossava il gilet rosso sangue con su ricamato lo stemma della scuola (una fenice dorata che sorgeva da fiamme nere*). C’era un unico pensiero che attraversava la sua testa: ci sono riuscito.
Già, c’era riuscito. Dopo essersi fatto espellere da quattro scuole magiche in meno di tre anni (per la precisione Giove, l’accademia francese Beauxbatons, il collegio americano Salem, e la scuola australiana Rosewilt), sua zia si era arresa e aveva acconsentito alla sua richiesta di studiare a Durmstrang.
Non era stato semplice per lei prendere questa decisione, più che altro perché Esme si era opposta strenuamente. Gellert aveva origliato la loro discussione dalla serratura della porta del salotto.
-Non possiamo andare avanti così all’infinito: se continua in questo modo, non completerà mai i suoi studi- aveva dichiarato Maria esasperata.
-Fallo studiare a casa, allora- aveva ribattuto Esme. –Assumi un insegnante privato: possiamo permettercelo-.
-Scherzi?! Già, così rischio d’impazzire, se dovessi anche farlo studiare privatamente è la buona volta che lo amm…-
-MAMMA!-.
-Tu non capisci… non gli farei mai del male, ma… non è giusto, non è giusto che sia io a dovermi prendere cura di lui, non è giusto…-.
La sua voce si era spezzata e Gellert aveva immaginato che fosse scoppiata a piangere.  “Ottima mossa” aveva pensato, Esme si scioglieva quasi sempre davanti alle lacrime e sua madre lo sapeva.
-Mamma,- disse con tono più gentile. –Iscriverlo a Durmstrang non è una soluzione-.
-Invece, lo è. Tesoro, se vuole prendere quella strada, lo farà comunque. Non potremmo tenerlo d’occhio per sempre-.
Quella sera stessa da casa Redbird era partito un gufo con legato sulla zampa una domanda d’iscrizione per l’istituto di Durmstarng.
Gellert era partito per il nord Europa, qualche giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico per sostenere gli esami del terzo anno ed essere ammesso al quarto e ora era ufficialmente uno degli studenti dell’elité di Durmastrang.
-Hai intenzione di restare a fissare la tua immagine riflessa ancora per molto, Narciso?-.
Basso, paffuto e moro di capelli: era Ervé Chorutte, un francese la cui famiglia aveva preferito per lui una scuola frequentata solo da Purosangue.
Non era l’unico. Durmstrang essendo una delle poche scuole rimaste al mondo (e l’unica in Europa) a non ammettere Nati Babbani, a pretendere una tassa d’iscrizione e ad insegnare la Magia Oscura, veniva preferita da molte famiglie Purosangue, ricche e che bazzicavano con le Arti proibite.
Gellert lanciò a Ervé uno sguardo divertito. Gli era simpatico, nei limiti in cui avrebbe potuto essergli simpatico un moccioso viziato, privo di talento e forza di volontà, certo. Lo considerava al pari di un giullare: divertente e di compagnia.
-Che lezione abbiamo adesso?- chiese raccogliendo la borsa da una sedia e dirigendosi verso l’uscita della sua stanza. Grazie al numero esiguo di studenti, rispetto a scuole come Hogwarts, gli studenti di Durmstrang potevano godere di una stanza personale.
-Arti Oscure- rispose il francese in perfetto tedesco, che era la lingua parlata a Durmstrang. Gellert aveva cominciato a studiarla quando aveva nove anni e aveva deciso che avrebbe studiato in quella scuola.
-Cosa ne pensi dell’insegnante?- continuò Ervé. -E’ così poco inquietante-.
Gellert sollevò le sopracciglia, sorpreso. Certi pregiudizi se li sarebbe aspettati da un Nato Babbano, non da uno Chorutte: si era informato ed era certo che i suoi genitori fossero stati sostenitori di sua madre.
-Cosa ti aspettavi?- chiese pungente –Che avesse una lingua biforcuta?-.
Il compagno scrollò le spalle mentre scendevano le scale diretti al secondo piano.
-No, ma… beh,  avresti dovuto vedere il nostro insegnante degli anni scorsi, insomma non aveva una lingua biforcuta, ma ci andava vicino. Questo qui sembra così… innocuo-.
-E’ potente- ribatté Gellert. Fin da quando era molto piccolo, aveva sempre avuto un dono nel valutare il talento magico delle persone. –Non eccezionale, ma comunque più potente della media e, di sicuro, più del preside. Ed è furbo,- aggiunse. –è il genere di persona di cui è meglio non fidarsi-.
Mentre attraversavano la soglia dell’aula di Arti Oscure, notò che Chorutte lo fissava ammirato.
–Sei proprio… figlio di tua madre-.
Gellert sorrise. Non era la prima volta che glielo dicevano, ma era la prima volta che lo facevano per complimentarsi. Sì, Durmstrang gli piaceva, considerato che era una scuola e che, anche lì, aveva delle regole da rispettare.
All’interno dell’aula, arredata con colori vivaci e stampe colorate di grandi Maghi Oscuri (tra cui Era Redbird), vi erano già gli altri suoi compagni e l’insegnante che quel giorno indossava una veste blu notte con ricamate sopra grandi stelle fosforescenti.
Gellert comprendeva perché quell’uomo venisse sottovalutato dai più. Con i suoi abiti assurdi e il suo atteggiamento rilassato sembrava tutto tranne che un Mago Oscuro. Senza contare che era un Metamorfomagus e che, mentre spiegava, si divertiva a modificare in continuazione il suo aspetto. Comunque, l’istinto gli suggeriva che meritava il suo rispetto e Gellert si fidava ciecamente del suo istinto.
-Chi di voi è andato a vedere la Finale di Quidditch, quest’estate?- chiese l’insegnante non appena Gellert si fu seduto. –Alzate la mano-.
Gellert fu l’unico a non farlo.
-Signor Grindelwald, mi sorprende, credevo le piacesse il Quidditch. Gioca, o sbaglio? Inoltre sua cugina insegna a Hogwarts, come mai non è andato?-
“Perché ho fatto una promessa a me stesso: non metterò piede in Inghilterra finché non sarò in grado di vendicare mio padre”.
-Come vi è sembrata?- continuò l’uomo senza aspettare la sua risposta.
Dopo un attimo di esitazione, dovuta alla domanda che gli aveva colti di sorpresa, alcuni cominciarono a borbottare qualcosa sui bravi Cacciatori irlandesi e sul superbo Viktor Krum, che quell’anno era in Inghilterra per il torneo Tremaghi.
-Non mi riferivo alla partita- li interrupe. –Mi riferivo ai vostri compagni inglesi. Ne avete incontrato qualcuno? Ci avete parlato? Cosa ne pensate?-.
Ci fu completo silenzio per un momento, poi Karl Vomitt disse: -Sono pieni di pregiudizi. Quando hanno scoperto che frequentavo Durmstrang sono diventati… sospettosi-.
-Esatto- annuì l’uomo. –E dovete abituarvi a ciò perché sarà sempre così, ma ricordate che anche Hogwarts e Beauxbatons insegnavano Arti Oscure ai loro studenti, Beauxbatons neanche molto tempo fa, e che hanno smesso solo dopo aver deciso di ammettere Nati Babbani. Durmstrang ha una storia molto giovane, ma fu fondata perché le altre scuole stavano rinnegando loro stesse. Non dimenticate che il compito principale delle accademie magiche era di proteggere i giovani maghi dai Babbani e non dimenticate che un Mago non potrà mai affermare che la sua istruzione è completa, se non conosce anche le Arti Oscure. Non siamo noi che stiamo sbagliando, noi siamo solo fedeli alla nostra natura magica.- Fece una pausa, sorrise, e infine aggiunse: -E ora cominciamo la lezione-.
 
***
 
Cedric rise ad una battuta di Micheal.
L’indomani avrebbe avuto luogo la prima Prova e lui era nervoso, agitato e parecchio eccitato, soprattutto non  riusciva a smettere di sorridere. Era Campione della scuola e questo, a dispetto dell’umiltà che avrebbe dovuto caratterizzare i membri della sua Casa, lo inorgogliva. Dopotutto se si era iscritto al Torneo l’aveva fatto per la gloria, anche se non sua personale. Lo faceva per la sua Casa e per la sua famiglia.
Suo padre era stato un Grifondoro e, per quanto avesse fatto di tutto per dimostrare il contrario, sapeva che era rimasto deluso dal suo Smistamento.
Cedric amava la sua Casa e i suoi compagni e non avrebbe voluto essere Smistato da nessun’altra parte, tuttavia voleva anche rendere suo padre fiero di lui ed essere il Campione della scuola (oltre ad essere Prefetto, Capitano, avere ottimi voti in tutte le materie e aver vinto vari premi scolastici) era un modo per farlo. Inoltre se avesse vinto, forse, sarebbe finalmente riuscito a dimostrare che Tassorosso non era inferiore alle altre tre Case di Hogwarts.
-Non riesco a capire.- sbuffò Will da dietro Trasfigurazione Avanzata –Insomma se la focalizzazione dev’essere degradata perché…-
-Diggory, potrei parlarti un attimo?-
A parlare era stato Harry Potter, sbucato alle loro spalle da dietro una statua. Cedric non riusciva ad immaginare cosa potesse volere da lui. Lo conosceva ovviamente (chi non conosceva il figlio della Salvatrice, l’unico essere umano sopravvissuto all’anatema che uccide e il più giovane Cercatore di Grifondoro a memoria d’uomo?), tuttavia a parte una partita di Quidditch in cui lo aveva battuto solo grazie all’intervento dei Dissennatori (e per la quale era intimamente convinto che lui e i suoi compagni covassero ancora del rancore nei suoi confronti, almeno a giudicare da certe occhiate che gli lanciavano) non avevano mai avuto nessun tipo di rapporto. Case diverse, tre anni di differenza… difficile relazionarsi.
Si limitò a salutarlo, aspettando, impaziente, che proseguisse.
-Da soli- specificò il moro lanciando uno sguardo allusivo ai suoi amici.
Terrence, il secchione ufficiale del loro anno, inarcò le sopracciglia e obbiettò: -Abbiamo Trasfigurazione ora e sono certo che anche tu abbia delle lezioni da seguire-.
-Sono sicuro che la McGranitt non lo ucciderà per un po’ di ritardo- rispose Harry con un sorriso divertito.
Cedric, curioso di scoprire cosa il Grifondoro avesse da dirgli, allontanò i suoi amici, rassicurandoli che li avrebbe raggiunti al più presto.  
Quando rimasero soli, Harry disse: -Draghi-.
-Come?- chiese il Prefetto perplesso.
-La prima Prova consiste nell’affrontare dei draghi.- spiegò –Ce ne sono tre, uno per ciascuno, dovrete sconfiggerli immagino-.
Diggory sbiancò per un attimo per poi assumere un’espressione scettica.
-Come fai a saperlo?- Forse era solo uno scherzo. Il Grifondoro, dopotutto, era amico di Sirius Black e dei gemelli Weasley e tutta la scuola conosceva la fama di quei tre.
-Questo non ha importanza- rispose il più giovane non volendo mettere nei guai Hagrid, che non avrebbe dovuto mostrare quei draghi a nessuno, poi, notando lo sguardo di Cedric, aggiunse:
-Madame Maxine e Karkaroff lo sanno e sono pronto a scommettere la mia Firebolt che l’hanno già riferito ai loro Campioni. Domani saresti stato l’unico ad affrontare l’ignoto e non mi sembrava giusto, tutto qui. Sei libero di non credermi. Beh… ci si vede e buona fortuna per domani-.
Detto questo si allontanò, diretto alle serre, senza più voltarsi indietro mentre Cedric lo seguiva attentamente con lo sguardo.
 
***
 
Ecco, quello fu l’inizio. Se Sirius non avesse ideato quello scherzo ai danni dei Serpeverde, Harry non sarebbe finito in punizione, non avrebbe scoperto in cosa consisteva la prima Prova, non avrebbe potuto riferirlo a Cedric e non avrebbe attirato la sua attenzione.
Quello fu l’inizio, ma nessuna delle persone coinvolte negli eventi che si sarebbero susseguiti da quel momento in poi, poteva saperlo a quei tempi.
Ad anni di distanza, però, mentre si dondolava sull’altalena, del parco di Little Whinging, che era stata testimone di tanti dei giochi suoi e di Sev, Harry si sarebbe chiesto se le cose avrebbero potuto andare diversamente o se ciò che era accaduto facesse parte dei piani del destino e quindi fosse immutabile.
Non era solito tormentarsi con eventi passati, era sempre stato il genere di persona che viveva nel presente, ma a volte, quand’era solo, capitava che la sua mente indugiasse in domande senza risposta: era stata colpa sua? Avrebbe potuto evitarlo?
A distanza di anni, non aveva ancora trovato una risposta.
 
 
*Ho cercato notizie attendibili sullo stemma di Durmstrang, ma non ne ho trovate (e mi rifiuto di prendere in considerazione il quarto film), quindi me lo sono inventato di sana pianta. Se qualcuno sa dirmi con certezza quel’è, modificherò questa parte.
 

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Capitolo 27
*** Iniziò con una sfida e si concluse con una sfida ***


Capitolo XXVII
Iniziò con una sfida e si concluse con una sfida

Ci vuole più coraggio
per dimenticare
che per ricordare.
Sören Kierkegaard

 

-Inchino- disse Severus.
Tom e Harry obbedirono.
-In posizione-.
I due assunsero la posa di regolamentazione.
-Uno... due... tre!-.
Tom non si fece pregare, Severus aveva appena finito di pronunciare l’ultima sillaba quando lanciò al Grifondoro una serie di colpi stordenti, nulla di pericoloso, ma sufficiente per disorientarlo e rallentarne di molto i riflessi. Era da molto tempo che desiderava confrontarsi con Harry a Duello, ma non ne aveva mai avuto l’occasione perché la Redbird non gli aveva mai appaiati durante le riunioni del Club dei Duellanti. Quel sabato mattina, tuttavia, aveva chiesto a Harry se gli andava di utilizzare l’aula di Storia della Magia, che era molto ampia, per esercitarsi a Duello e Severus aveva acconsentito a far loro da arbitro. Niente di serio, ovviamente: avrebbero solo lanciato qualche incantesimo per divertirsi.
Tom ghignò quando vide Harry, dopo aver evitato qualche colpo spostandosi di qua e di là, erigere uno Scudo per difendersi. Non era una magia semplice da effettuare e il Serpeverde era convinto che ci fossero adulti incapaci di erigere uno Scudo decente, Harry, invece, era diventato molto abile nell’evocarli. Comunque, se l’era aspettato, anzi quasi ci sperava. L’incanto Scudo era la base per qualsiasi difesa magica ed era in grado di respingere la maggior parte degli attacchi, ma Harry non era ancora in grado di difendersi e nello spesso tempo attaccare perciò quando si stufò di limitarsi a subire passivamente i suoi colpi stordenti abbassò lo Scudo per prepararsi al contrattacco, ma Tom approfittò  proprio di quell’istante per lanciargli un incanto Anguis. In un baleno Harry si ritrovò avvolto nelle spire di un serpente dorato che gli rendeva impossibile qualsiasi movimento, compreso il puntare la bacchetta contro il Serpeverde.
Tom era parecchio deluso: era già finita? Sollevò la bacchetta per evocare un incanto della Pastoia quando il Cercatore esclamò: -Reducto!-.
Non avendo potuto puntare la bacchetta contro nessuno, l’incantesimo si era ritorto contro chi l’aveva lanciato. Harry ne aveva moderato la potenza, per evitare di esplodere in aria, ma era comunque stato sufficiente per far esplodere il serpente dorato e causargli varie abrasioni sul corpo. Sia il maglione verde che i pantaloni neri che indossava erano strappati in vari punti e il suo labbro inferiore era sanguinolento, ma lui sorrideva trionfante e, senza aspettare neanche un secondo, gli lanciò uno schiantesimo. Tom evocò uno Scudo blu mare molto potente, ma l’impatto con l’incanto fu comunque sufficiente per farlo indietreggiare di qualche metro, inoltre Harry continuava a lanciargliene uno dopo l’altro, imperterrito, senza dargli un attimo di tregua. Decidendo che non aveva alcuna intenzione di scoprire fino a quando poteva reggere la sua difesa sotto un attacco simile, Tom, lasciando eretto lo Scudo, provò a lanciargli un colpo stordente che avrebbe dovuto aggirarlo e colpirlo alle spalle. Era giocare d’azzardo, lo sapeva. Per lanciargli quel colpo, infatti, era stato costretto a diminuire la potenza del suo Scudo, ma sperava che Harry fosse troppo concentrato a scatenare la pioggia di schiantesimi per accorgersi del colpo stordente che lo stava aggirando. Harry, però, se ne accorse. Dopotutto era un Cercatore: era abituato a non distrarsi mai e ad avere occhi anche dietro la testa. Ritenendo di non avere il tempo per evocare una barriera protettiva decente, si limitò a lanciare su sé stesso un incantesimo levitante, in modo da sollevarsi per aria ed evitare la luminosa scia arancione, che si diresse verso Tom, ma fu bloccata dal suo incantesimo difensivo.
Harry lanciò al Serpeverde l’ennesimo incantesimo di Schianto. Se, come immaginava, aveva diminuito la potenza del suo Scudo per evocare il colpo stordente, quel ultimo schiantesimo avrebbe dovuto essere sufficiente per mettere Tom fuori combattimento.
Il Serpeverde, però, con una velocità impressionante, aveva già rinforzato la sua protezione che respinse lo schiantesimo senza problemi, poi puntò la bacchetta contro il lampadario dell’aula, che si trovava proprio sopra la testa di Harry e pronunciò: -Diffindo!-.
La catena del lampadario si ruppe ed esso fece per piombare sopra il Cercatore che, per evitarlo, si limitò a compiere una capriola a mezz’aria (riflessi da giocatore di Quidditch). Il lampadario finì per cadere, molto rumorosamente, sul pavimento.
-WEASLEY! BALCK! Si può sapere cosa avete combinato questa volta?!-.
La professoressa McGranitt aprì di scatto la porta dell’aula e rimase di sasso scoprendo che a far cadere il lampadario non erano stati Sirius, Fred e George, ma due degli studenti più diligenti della scuola insieme al suo Cercatore che, ancora a mezz’aria, le sorrideva salutandola con la mano.
Mezz’ora dopo, Harry stava ancora ridacchiando per la faccia che la vicepreside aveva fatto: davvero impagabile.
-E non ci ha neanche puniti- fece notare ai due Serpeverde.
-Perché mai avrebbe dovuto?- chiese Tom. –Ci stavamo solo esercitando in Difesa Contro le Arti Oscure: avrebbe dovuto lodarci per il nostro zelo-.
-Di sicuro sei stato molto bravo a rigirare la faccenda, fino a far dimenticare alla professoressa perché avrebbe dovuto punirci- commentò Severus.
-Comunque sia,- disse Harry. –la prossima volta sarà meglio che insonorizziamo la stanza-.
-Ci sarà una prossima volta?- chiese Tom.
-Certo, io mi sono divertito un sacco. Tu, no?-.
Tom annuì. Sì, si era divertito. Anche gareggiare contro Dumbledore e Severus era interessante, ma con Harry era stato diverso: trovava affascinante vederlo duellare.
Notando che aveva ancora il labbro inferiore macchiato di sangue, si avvicinò, lo fissò negli occhi, e glielo ripulì sfregandolo lentamente e ripetutamente con il pollice che poi si portò alla bocca e succhiò.
-Sangue- disse a Harry, continuando a guardarlo. Il Cercatore, rosso come un peperone, borbottò qualcosa su Sirius che lo aspettava per pattinare sul ghiaccio e sparì.
Dopo che se ne fu andato, Severus, che era rimasto a fissare la scena accigliato, simulò un colpo di tosse per ottenere l’attenzione dell’altro Serpeverde.
-Qualcosa non va?- chiese Tom.               
-No, nulla. Solo… Harry non è Bellatrix. Non comportarti con lui come fai con lei-.
Severus era consapevole che per i canoni di Tom, lui era abbastanza vicino ad essere un suo amico, ma era anche perfettamente consapevole che c’erano dei limiti ben definiti nel loro rapporto e che , se ci teneva alla sua incolumità, non doveva neanche provare a superarli. Quando notò lo sguardo che Tom gli rivolse e l’espressione che assunse, temette di averlo appena fatto, ma quest’ultimo si limitò a ribattere con tono gelido: -Non ne avevo nessuna intenzione-.
-Bene-.
-Bene-.
 
***
 
Remus aveva una gran voglia di urlare, il che non era da lui. Si sforzò di ridere alla battuta di Tonks, che in realtà non aveva neanche ascoltato, mentre l’unica cosa che desiderava fare era correre dalla Redbird per bere l’Antilupo.
La luna era ancora lungi dal sorgere, ma lui avvertiva già tutti i sintomi della trasformazione imminente . Avrebbe dovuto manifestare più fermezza quando aveva detto a Sirius che no, non aveva nessuna intenzione di andare a pattinare sul ghiaccio con lui, Harry e Tonks.
-Quindi avete ricevuto tutti l’invito?- chiese la strega mentre erano ancora vicini alla riva del lago, sempre ghiacciato in quel periodo dell’anno, e Harry la stava sostenendo per impedire che cadesse per l’ennesima volta. Come, con quel suo straordinario senso dell’equilibrio,  fosse riuscita a diventare una delle riserve della squadra di Quidditch di Tassorosso era un mistero.
-Sì. Io, Harry, Albus, Hermione e, immagino, anche Riddle, Bellatrix e Malfoy- disse Sirius.
-E Blaise- aggiunse la Metamorfomagus. –Quindi, ora, fate tutti parte del Lumaclub-.
-Sai che gioia- commentò Sirius allontanandosi dalla riva e dirigendosi verso il centro. La piovra gigante, da sotto, sbatté uno dei suoi aculei contro la superficie, minacciosa. Sirius, infatti, era uno dei suoi abituali aguzzini. –Un’intera serata da passare con mia cugina e Malfoy: come se non mi bastasse vederli durante le lezioni. Credo che mi darò malato-.
-Se volevi darti malato, avresti dovuto evitare di trascorrere la mattinata a lanciare palle di neve contro la finestra dell’ufficio di Gazza e di venire a pattinare nel pomeriggio. Credo che la scusa ‘sto troppo male per partecipare alla cena’ risulterebbe poco credibile, a questo punto.- gli fece notare Remus.
-Cos’hai?- gli chiese Dora mentre, coraggiosamente, prendeva le distanze da Harry e provava a stare in equilibrio sui pattini, da sola.
-Niente, perché?-.
-Sei pallido e hai due occhiaie…-.
-Sto bene- dichiarò Remus, forse con tono un po’ troppo brusco. Non poteva farci niente: la luna piena amplificava i suoi sentimenti negativi. –Beh, in effetti, mi sento un po’ accaldato: forse ho la febbre-.
-Perché non vai da Madama Chips?- chiese Harry mentre si avvicinava e poggiava una mano sulla sua fronte, per testarne il calore.
-Stavo per andare, ma qualcuno mi ha trascinato qui- rispose il licantropo con un sorriso mordace e rivolgendo uno sguardo obliquo al giovane Black.
-Non ti ho mica puntato la bacchetta addosso- ribatté Sirius, ma si avvicinò a loro con espressione preoccupata. –La prossima volta dì di no- lo redarguì.
-Ci ho provato- borbottò il licantropo, ricordando come il Grifondoro lo avesse, praticamente, trascinato via a forza, rifiutandosi di ascoltare le sue rimostranze.
-Scotti- fece Harry.
-Ti accompagno in Infermeria- disse Sirius, ma Remus scosse la testa.
-Faccio da solo- replicò.
Sirius si limitò  a sbuffare, levarsi i pattini, afferrarlo e caricarselo sulle spalle, come se fosse un sacco di patate.
-Sirius!- provò a opporsi Remus sbattendo i pugni contro la schiena del Grifondoro e scalciando. –Mettimi giù: so camminare da solo-.
-Ne dubito- gli rispose l’altro –considerando che non hai ancora capito che, quando stai male devi andare subito in infermeria-.
-Ci sarei andato, se tu non mi avessi trascinato qui!- gli fece notare il Corvonero, ma considerando quanto Sirius gli diede retta, avrebbe anche potuto mettersi a declamare Shakespeare.
Il Cacciatore, sotto lo sguardo dei suoi amici, di altri pattinatori, di alcuni ragazzi che si trascinavano con delle slitte e dei giocatori di palle di neve, si diresse con passo tranquillo verso l’ingresso della scuola col licantropo sulle spalle che urlava a squarciagola.
Harry e Tonks si scambiarono un’occhiata sbigottita e poi scoppiarono a ridere.
 
***
 
Albus si trovava in un’aula situata nel quinto piano del castello, accanto alla sala riunioni dei Prefetti. Era molto ampia, vi erano quattro lunghi tavoli e, da ormai molti anni, era utilizzata dagli allievi migliori della scuola per impartire ripetizioni ai più giovani.
Ovviamente non lo facevano per puro altruismo. La maggior parte degli studenti era lì perché mirava a una spilla da Prefetto, da Caposcuola o per impressionare favorevolmente gli insegnanti. Certo, c’erano delle eccezioni, come Cedric Diggory, per esempio, che era Campione della scuola e non aveva bisogno d’impressionare nessuno.
Albus sorrise mentre, seduto ad un tavolo di fronte a lui, lo osservava spiegare con tono paziente ad un ragazzino del terzo anno il modo migliore per liberarsi di un Avvincino. Era un bravo ragazzo, un vero Golden boy (così soprannominato dalla popolazione femminile della scuola), ed era un bene che il Calice di Fuoco avesse scelto lui come Campione e non un Grifondoro o un Serpeverde. Albus tremava all’idea di quanto sarebbe aumentata la rivalità tra le due Case, se così fosse stato.
Il sorriso del Grifondoro si spense mentre il suo sguardo si posava su Tom Riddle che, seduto affianco a Diggory, era impegnato a spiegare a tre ragazzini del primo anno come preparare correttamente una pozione Drizzacapelli. Lui, naturalmente, era uno degli studenti che impartivano ripetizioni solo per fare bella figura davanti agli insegnanti. In quel momento gli faceva quasi pena: aveva un’espressione tremendamente annoiata e pareva sul punto di esplodere da un momento all’altro, cosa che, probabilmente, sarebbe successa alla prossima domanda stupida che gli fosse stata posta. Bisognava ammettere, però, che dissimulava ciò in maniera magistrale. Albus, infatti, dubitava che qualcuno, a parte lui, si rendesse conto che la pazienza del Serpeverde stava raggiungendo il limite. Di sicuro, non se n’era reso conto Vitious che, quel giorno, si era offerto volontario per la sorveglianza delle ore di ripetizioni e stava rivolgendo al moro un'occhiata d’encomio.
Tom doveva aver avvertito lo sguardo del Grifondoro su di sé perché sollevò la testa e gli rivolse un ghigno di sfida che Albus contraccambiò con uno dei suoi migliori sorrisi sibillini, quelli che volevano dire tutto e niente. La loro sfida non verbale fu interrotta da un ragazzo del primo anno di Tassorosso che si rivolse a Riddle per chiedergli un chiarimento su un capitolo di Trasfigurazione per principianti. Albus ridacchiò quando vide il Serpeverde contrarre i pugni di scatto: sì, era veramente al limite. Quella spilla da Prefetto doveva desiderarla proprio tanto se era disposto a sopportare tutto ciò…
-Scusa, Dumbledore, potresti spiegarmi quest’equazione?-.
Albus annuì a Sharley Thempison, che prese posto affianco a lui, e cominciò a spiegarle quell’argomento di Artimanzia che le risultava tanto ostico.
Quando ebbe finito, e Sharley l’ebbe ingraziato, fu avvicinato da Hermione che aveva appena finito di far esercitare un gruppo del primo anno con gli incantesimi levitanti.
-Sei davvero bravo- si complimentò, occupando il posto lasciato libero da Sharley.
-Faccio il possibile- rispose lui.
-Saresti un ottimo insegnante, ma immagino che tu miri ad una carriera al Ministero, vero?-.
-A dir la verità, non mi ci vedo come impiegato ministeriale-.
-Perché no?-.
-Beh…- s’interrupe subito, sorrise e disse: -Non credi sia un po’ presto per preoccuparci della nostra futura carriera lavorativa?-.
Hermione annuì e chiese: -Sai perché Remus non è venuto?-.
Anche il Corvonero, infatti, era uno degli studenti che abitualmente impartivano ripetizioni agli studenti più giovani.
-L’ho incrociato per i corridoi. Ha detto che non si sentiva bene e che sarebbe andato in infermeria-.
La ragazza aggrottò le sopracciglia. –Sono certa di averlo visto dirigersi verso il parco, insieme a Sirius, mentre venivo qui-.
-Si vede che Sirius è riuscito a portarlo sulla cattiva via- disse il Grifondoro, poi, però, assunse un’espressione più seria e disse: -In realtà credo d’immaginare com’è andata. Remus è una di quelle persone incapaci di dire di no. Spero solo che, alla fine, sia riuscito a liberarsi di lui perché…-.
Albus si zittì improvvisamente perché la porta dell’aula si era spalancata e dall’uscio aveva fatto la sua comparsa suo fratello con un’espressione oltremodo scocciata.
-Oh, Dumbledore, ben arrivato- lo salutò Vitious con un sorriso gentile. –Stavamo aspettando solo te. La professoressa McGrannit mi aveva detto che ti aveva imposto di seguire delle ripetizioni, ma sei in ritardo: abbiamo cominciato un paio d’ore fa-.
-Se vuole, me ne vado- rispose il ragazzo.
-No, certo che non voglio. Allora… Che ne dici di sederti vicino a tuo fratello? Ha sempre ottenuto risultati strabilianti in Trasfigurazione e…-.
-Preferirei prendere lezioni di danza classica da un Troll-.
Vitious assunse un’espressione spiazzata. Albus l’aveva vista molte volte in quei mesi. Era l’espressione che assumevano tutti quanto si rendevano conto di quanto fosse grande l’ostilità che suo fratello provava nei suoi confronti. Non durava molto, tuttavia, scompariva quasi subito, di solito quando decidevano di considerare quell’animosità come una manifestazione d’invidia nei confronti di un fratello maggiore molto più dotato e brillante di lui. Vitious non fece eccezione.
-Professor Vitious,- intervenne Riddle con uno dei suoi migliori sorrisi da ‘studente modello’. –se pensa che potrei essere all’altezza mi piacerebbe poter dare io delle delucidazioni su Trasfigurazione a Dumbledore-.
-Ma certo, Riddle,sono sicuro che sarai all’altezza- lo rassicurò l’insegnante. –Se va bene anche a te…-
Aberforth si limitò a scrollare le spalle, tanto per evidenziare quanto poco la cosa gli importasse, e si sedette affianco al Serpeverde. Albus notò che non aveva portato con sé ne il libro, né delle pergamene per prendere appunti. Sospirò rassegnato: suo fratello non sarebbe mai cambiato. Comunque, in quel momento, era leggermente allarmato: Riddle che si offriva volontario per dare ripetizioni ad una matricola Grifondoro aveva del surreale. Era evidente che lo faceva solo perché si trattava di suo fratello, sperò che non avesse in mente nessun losco piano. Tuttavia, nonostante avesse continuato a tenerlo d’occhio per il resto del tempo, non notò alcun comportamento anomalo.
Quando le ore dedicate alle ripetizioni si conclusero, Albus si affrettò a raggiungere Aberforth. Riuscì a fermarlo appena fuori dall’aula.
-Che vuoi?- gli chiese il castano.
-Solo chiederti se Riddle ha fatto un buon lavoro. Sei riuscito a capire tutto? Se non erro la prossima settimana devi affrontare un test di Trasfigurazione. Se c’è qualcosa per cui hai bisogno di ulteriori chiarimenti, è sufficiente che tu chieda a me. Questa sera sono occupato, ma da domani…-.
-Questa pantomina da mister Perfezione puoi risparmiartela per gli insegnanti e per quegli altri impegnati a leccarti il culo, ma con me non attacca. Ti conosco troppo bene-.
-Ab…-
-Fammi indovinare: mamma si è lamentata con te per i gufi che ha ricevuto dagli insegnanti sulle mie insufficienze e sul fatto che salto molte lezioni?-.
–Ab, non potremo cercare di andare d’accordo?- chiese Albus con tono conciliante.
-No, ti conosco troppo bene, non m’inganni-.
Albus fece per riprendere la parola, ma suo fratello lo interruppe: -Tranquillo, però, non mi faccio ingannare nemmeno da Riddle. Figuriamoci, siete uguali voi due-.
-Io non sono uguale a Riddle- ribatté il maggiore con tono pacato.
-Forse,- concesse Aberforth. –ma entrambi pensate di essere i più furbi di tutti, degli dei scesi in terra. Quanto vorrei che qualcuno vi desse una lezione… ma, non preoccuparti dirò a mamma che hai provato ad aiutarmi con la scuola. Ora, puoi tornare da uno di quei tuoi amichetti che ti considera la reincarnazione della Luce e pensa che t’importi davvero di lui. Ciao, ciao-.
 
***
 
Caro zio Al,
come va? Ho letto il tuo ultimo libro (in una notte sola) e lo adoro. Pirel è davvero fantastica, anche se non vorrei essere stato nei panni  di Jasper quando ha scoperto che le aveva mentito.
Io sto bene, anche se ho un po’ nostalgia di casa. Sono un disastro, vero? Queste cose si superano entro il primo anno. O almeno, Barty lo ha fatto: se scrive ai suoi genitori una volta, ogni tre mesi, è tanto.
Comunque sia, qui stanno accadendo molte cose ed facile tenere la mente occupata. Ovviamente, mi riferisco al Torneo Tremaghi. La maggior parte dei Serpeverde è molto impegnata a lamentarsi che il nostro Campione sia un Tassorosso, ma io trovo che l’evento in sé sia entusiasmante, anche se non avrei mai messo il mio nome nel Calice, sia chiaro.
Ho fatto amicizia con alcuni ragazzi stranieri (tutta gente che mamma approverebbe) e ho persino scambiato qualche parola con Viktor Krum. Viktor Krum, zio! Ancora non posso crederci. E’ esattamente come lo immaginavo, anzi, no, è anche meglio. So che dovrei sostenere Diggory, ma penso che, invece, tiferò per lui. A proposito, mi manca il Quidditch, terribilmente. Vado a fare un volo, praticamente tutti i giorni (di solito con Barty, ma a volte, si aggiungono anche Lucius e Bella), però non è la stessa cosa.
Studio anche, naturalmente. Molto.
A dir la verità, ti ho scritto soprattutto per parlarti di Sirius e Bella. Sono preoccupato per loro. Sirius non è mai andato d’accordo con mamma e papà, ma quest’estate, mentre eravamo in Francia, le cose sono degenerate. Sirius gli ha insultati durante una cena con gli Chorutte. Mamma e papà non l’hanno presa bene e l’hanno punito: puoi immaginare come, ho trascorso l’intera notte a medicarlo.
Pare che, per vendicarsi, Sirius abbia deciso di farsi espellere entro Natale e probabilmente  ci riuscirà. Io non so cosa fare. Vorrei aiutarlo, ma, ultimamente, mi evita come se fossi affetto da Vaiolo di drago e solo perché ho cercato di farlo riflettere sulle sue azioni. Non giustifico mamma e papà, certo, ma perché lui li deve sempre provocare? Sa come andrà a finire, come finisce sempre. Potresti mandargli un gufo per cercare di farlo ragionare? A me non dà retta.
Nel contempo, potresti inviarne uno anche a Bella. Ricordi Tom Riddle? Certo che te lo ricordi. Beh, non ha smesso di frequentarlo. Proprio per niente, anzi tutto il contrario. Non fraintendere, lui mi piace, ma è evidente che non tiene davvero a lei e non capisco perché Bella debba contrariare suo padre per qualcuno che non la ama. Soprattutto, considerando che c’è Rodolphus che le muore dietro (e lui è una scelta che zio Cygnus approverebbe).
Spero che almeno tu riesca a far ragionare quei due testoni.
Con affetto
RAB
Quando finì di leggere la missiva, Alphard scosse la testa, preoccupato. Amava i suoi nipoti (perlomeno quelli che aveva avuto modo di conoscere) e aveva una predilezione per Regulus (gli ricordava sé stesso quando aveva la sua età), ma riteneva che, quella volta, avrebbe potuto fare ben poco per aiutarlo. Ci avrebbe provato, naturalmente, e avrebbe fatto anche quattro chiacchiere con sua sorella e Orion sulla punizione inferta a Sirius, ma era certo che non sarebbero state sufficienti un paio di lettere per sistemare la situazione.
Stava riflettendo sul da farsi quando una voce lo interrupe.
-Chi ti ha scritto?-.
Alphard si voltò verso l’ingresso dell’ufficio di casa sua, da dove era appena entrato un uomo alto e muscoloso, con gli occhi castani, i capelli biondi e arruffati che gli sfioravano le spalle e con indosso una divisa d’Auror cosparsa di fuliggine: suo marito doveva essere appena uscito dal camino.
-Ciao, amore,- ironizzò il moro. –anch’io sono tanto felice di vederti. Cos’hai fatto mentre io combattevo per liberare il mondo dalla Magia Oscura? Oh, ti prego, fiondati tra le mie braccia: non penso di resistere un solo secondo in più senza le tue labbra-.
Contrariamente alle sue aspettative, Caius non raccolse la provocazione, ma continuò a fissare imbronciato la lettera che Alphard aveva appena finito di leggere e che ora era appoggiata su uno dei braccioli della poltrona su cui quest’ultimo era adagiato.
-E’ di Regulus- spiegò il moro chiedendosi la causa di quell’atteggiamento.
Caius assunse, immediatamente, un’aria più rilassata. Si avvicinò alla poltrona e tentò di dargli un bacio, ma lui si ritrasse. L’unica cosa che aveva voglia di fare in quel momento era buttarsi tra le braccia dell’uomo che amava e farsi trascinare sul letto (potevano anche essere sposati da più di due anni, ma, per quel che li riguardava, la loro luna di miele non si era ancora conclusa), tuttavia voleva conoscere il motivo del suo comportamento precedente.
-Perché prima sembravi preoccupato?- chiese –Aspetti brutte notizie?-.
-No, io…- il biondo iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore, chiaramente agitato e in cerca di una scusa, poi chiese: -Allora, come sta Regulus?-.
Alphard alzò gli occhi al cielo, esasperato: quando Caius avrebbe capito che era incapace di cambiare argomento con naturalezza e che, quindi, non ci doveva neanche provare?
-Caius, ti prego, non…-.
-Prince ti ha scritto, un paio di mesi fa-.
Alphard gli rivolse uno sguardo impassibile.
-Da quando hai iniziato a leggere la mia…-.
-Non l’ho letta.- lo interrupe l’Auror allontanandosi dalla poltrona e fissandolo dritto negli occhi grigi. –Ho riconosciuto il gufo e ho buttato la lettera nel camino, senza aprirla. Comunque, sbaglio o non sei affatto sorpreso di scoprire che ti ha scritto? Non è la prima volta-.
Non era una domanda e Alphard non sprecò fiato per rispondere.
-Perché non mi hai detto che ti aveva scritto?- continuò l’Auror.
-Perché non erano affari tuoi-.
Risposta sbagliata: Caius s’infuriò.
-Ma certo!- urlò –Nulla che riguardi il tuo rapporto con il caro Prince, è affar mio, giusto? Dopotutto, io sono solo…-.
-Mi ha solo detto che a Durmstrang, quest’anno, c’erano un paio di cattedre disponibili e mi ha chiesto se mi andava di occupare quella di Storia, ma io ho rifiutato: tutto qui-.
Caius aggrottò le sopracciglia, perplesso. -E perché voleva spedirti dall’altra parte del mondo?-.
-Non voleva spedirmi dall’altra parte del mondo, mi ha solo chiesto se mi sarebbe interessato tornare ad insegnare. Prima di dedicarmi completamente alla scrittura, ero docente di Storia della Magia a Salem, ricordi?-.
-Alphard,- sibilò Caius. –non sono un idiota. Secondo te, dovrei credere che quello si è fatto risentire dopo anni, solo per interesse nei confronti della tua carriera di docente?-.
-Sì?- tentò il moro, ma all’occhiata intimidatoria del marito, si decise a fare sul serio. –C’è uno di loro lì- disse. –E’ il nuovo docente di Arti Oscure-.
Il biondo s’irrigidì immediatamente e cominciò a tremare, tanto era il livello della sua furia.
-Non…- sibilò con aria minacciosa.
 Alphard, temendo che stesse per far esplodere parte del loro mobilio (sperava non la poltrona, ci era affezionato), si alzò e lo abbracciò.
-Ho detto di no, Caius, ho detto di no. - sussurrò nel tentativo di calmarlo. –E’ tutto a posto. Ti ho fatto una promessa, anni fa, ricordi? Che me ne tiravo fuori, che per me era finita, che non avrei più avuto niente a che fare con loro. Non ho cambiato idea-.
Caius fece un paio di sospiri profondi e serrò i pugni, nel tentativo di calmarsi.
“Ho paura” pensò. “Ho una fottuta paura di perderlo”.
-Non avrebbe neanche dovuto chiedertelo- disse. –Non avrebbe dovuto-.
-A me non importa. Ted può fare quello che vuole: io manterrò la mia promessa-.
-E a me importa, invece!- Caius si districò dalle braccia del marito e si mise a fissare un punto indistinto del pavimento.
Alphard alzò nuovamente gli occhi al cielo. L’Auror aveva, ormai, superato i trent’anni, eppure continuava ad essere così inesorabilmente… bambino.
-Io mi ricordo, Alphard, mi ricordo in che stato eri-.
-Me lo ricordo anch’io- rispose l’altro con tono neutro.
Già, se lo ricordava bene ed era anche consapevole che se n’era uscito era solo per merito di Caius. I due avevano la stessa età, erano entrati ad Hogwarts nello stesso anno, eppure per tutto il periodo che avevano trascorso all’interno delle mura scolastiche si erano sempre detestati. Anzi, dire che si erano detestati era inesatto: la verità era che erano stati a mala pena consapevoli l’uno dell’esistenza dell’altro. Alphard non era neanche certo di aver saputo quale fosse il nome di Caius all’epoca. Se fra loro scorreva dell'ostilità, era dovuta solo alla rivalità secolare che divideva le Case di Grifondoro e Serpeverde. Quando si erano diplomati, avevano intrapreso strade completamente opposte e non sembravano destinati a incontrarsi mai più, invece, per una curiosa serie di circostanze, Alphard aveva rincontrato Caius proprio in uno dei momenti più difficili della sua vita e quest’ultimo era riuscito a restituirgli il sorriso.
-Non avercela con Ted.- disse lo scrittore. –Non può lasciarsi tutto alle spalle per due ragioni: prima di tutto, non ha una persona come te al suo fianco;- in risposta ricevette solo uno sbuffo. -in secondo luogo, ha perso quella che considerava una sorella-.
-Non m’interessa cosa fa quel tizio. Mi basta che non coinvolga nuovamente te nei suoi deliri-.
-Parli come un Serpeverde- scherzò Alphard nel tentativo di alleggerire l’atmosfera.
-Dev’essere la tua influenza.- rispose l’altro sorridendo. –Lo sapevo che non avrei mai dovuto portarmi a letto una serpe-.
-Ah, sì? Beh, visto che ti sei pentito, questa notte puoi dormire sul divano del salotto: io non mi offendo-.
Caius, però, riassunse un’espressione seria. –Perché quel tipo è andato a insegnare a Durmstrang? Cosa vuole? E quanto si è fatto coinvolgere Prince questa volta?-.
Alphard gli rivolse un’occhiata derisoria. –Non ne ho idea. Nella prima lettera che mi ha spedito, non c’era scritto, forse l’ha fatto nella seconda, ma tu l’hai bruciata. Certo, se vuoi, posso andare a fargli visita e chiederglielo di persona-.
-Non scherzare!- ringhiò l’Auror che, evidentemente, non era dell’umore adatto per apprezzare l’ironia del marito. –Ci penso io a fare quattro chiacchiere con lui e…-.
-No,- ogni traccia d’ironia e leggerezza, aveva abbandonato il suo viso. –tu non lo farai. Lascia perdere questa storia. Non ho chiesto spiegazioni a Prince perché non m’interessa sapere: voglio restarne fuori. Non dovremmo neanche essere qui a discuterne, Caius-.
Il biondo respirò profondamente, per poi tornare a guardare il marito negli occhi e piegare le labbra in una smorfia che doveva essere un sorriso. –Ti amo- sussurrò.
-Anch’io- rispose l’altro sorridendo e andandogli incontro per stringerlo forte. Appoggiò il naso sull’incavo del suo collo, ci strofinò il naso, per poi cominciare a lasciare lievi baci sulla sua mascella. –Voi Grifondoro siete proprio delle teste calde- borbottò tra un bacio e l’altro mentre risaliva il suo viso fino a giungere all’angolo delle labbra.
Caius decise che era meglio mettere in chiaro un paio di cose prima di perdere il controllo.
-Promettimi che non succederà più. Promettimi che se riceverai un’altra lettera di Prince, la butterai via senza aprirla e che me lo dirai subito-.
-Va bene, gelosone-.
Caius ridacchiò. Era tipico di Alphard fingere che avessero discusso a causa di un attacco immotivato di gelosia da parte sua, ma gli andava bene. Lo strinse forte a sé e tuffo il viso nei suoi capelli, inebriandosi del suo profumo. Sì, gli andava bene: fingiamo, fingiamo che la tempesta non stia bussando nuovamente alla porta, fingiamo.
***
Severus si sentiva molto fuori posto. Non era tipo da cene di gala, decise. Harry, seduto al suo fianco nel grande tavolo rettangolare che era stato posto al centro della stanza in cui il preside gli aveva ricevuti, sembrava pensarla allo stesso modo, almeno a giudicare dalle occhiate che continuava a lanciare all’orologio a pendolo che si trovava in un angolo della stanza.
Erano circa una ventina, per lo più Serpeverde, Grifondoro e Corvonero, ma c’erano anche due rappresentanti della Casa di Tassorosso: Zabini e Diggory. In quel momento il preside si stava complimentando con quest’ultimo, seduto alla sua destra, per l’ottimo lavoro compiuto durante la Prima Prova del Torneo (come potesse considerarlo ottimo era un mistero per Severus: il Campione era finito con la testa in fiamme), per poi chiedergli quali fossero i suoi progetti futuri. Il ragazzo dichiarò che gli sarebbe piaciuto entrare nell’Istituto per Guaritori. Niente di più ovvio per un Tassorosso, considerando che la fondatrice della sua Casa era stata la migliore Guaritrice dei suoi tempi.
-Di sicuro non avrai problemi- lo rassicurò il preside. –Hai sempre ottenuto ottimi voti in tutte le materie richieste, inoltre ho varie conoscenze al San Mungo. Non dovrebbe essere difficile…-.
-Lei è molto gentile,- lo interrupe il Prefetto. –ma preferirei riuscirci da solo-.
Quello era il genere di comportamento che un Serpeverde non avrebbe mai compreso. Erano molto indipendenti e preferivano agire da soli, ma se gli veniva offerto aiuto su un piatto d’argento, non rifiutavano: perché avrebbero dovuto farlo? L’importante non è come ottieni un risultato, ma se lo ottieni.
-E cosa pensi di fare tu, fra qualche mese, Alastor?- chiese il preside ad un Corvonero dell’ultimo anno, seduto affianco a Diggory, un tipo taciturno che stava quasi sempre da solo.
-Auror- fu la lapidaria risposta.
Ecco, quello era un po’ meno scontato: di solito, erano i Grifondoro quelli che facevano domanda in massa per entrare nell’accademia Auror, una professione che portava onore e gloria, oltre ad essere parecchio redditizia. Severus rivolse un’occhiata a Harry. Era molto abile nei Duelli ed eccelleva in Difesa contro le Arti Oscure, chissà se anche lui…
-E tu, Harry?- chiese proprio in quel momento Lumacorno. –Che ne pensi dell’accademia Auror? La professoressa Redbird mi riferisce che hai una predisposizione straordinaria per la sua materia-.
Harry gli rivolse uno sguardo completamente spiazzato da cui Severus intuì che non aveva mai sprecato un solo secondo del suo tempo a pensare a cosa fare una volta diplomato. Chissà come aveva scelto, quand’era al secondo anno, le materie facoltative da seguire… probabilmente aveva chiuso gli occhi e puntato la bacchetta a caso. Il Serpeverde sperava solamente che non progettasse di entrare in una qualche squadra professionista di Quidditch, gli sarebbe dispiaciuto vedergli sprecare il suo talento trascorrendo su una scopa il resto della sua vita. Black, invece, poteva farlo. Con un po’ di fortuna, sarebbe anche caduto a causa di un bolide e avrebbe, finalmente, liberato il mondo dalla sua infausta presenza.
-Mmmh… sì, sarebbe un’idea- borbottò il Cercatore.
-Io ho intenzione di fare domanda per andare a lavorare alla Gazzetta del Profeta- intervenne Rita, senza che nessuno glielo avesse chiesto. Era seduta di fronte ai gemelli Weasley che in quel momento stavano giocando una partita a Sparachiocco contro Black. Severus si stava ancora chiedendo cosa ci facessero loro lì: non avevano parentele importanti, la loro media scolastica era a  mala pena sufficiente e non gli pareva che avessero qualche abilità particolare. A meno che uno non ritenesse un’abilità particolare il riuscire a finire in punizione tutte le settimane e detenere il record scolastico di numero di volte in cui avevano sparato Caccabombe in giro per la scuola. L’unico punto a loro favore era essere Purosangue perché, benché affermasse il contrario, Severus non era affatto convinto che il preside non desse alcuna importanza allo Stato di Sangue: una ragione doveva esserci se Hermione Granger era l’unica Nata Babbana presente nella stanza.
-Beh, signorina, continua a mandarmi bottiglie di ottimo vino elfico, come hai fatto al mio ultimo compleanno, e sono certo che quando ti diplomerai, avrai un posto assicurato alla Gazzetta- le rispose il preside, facendole l’occhiolino.
Rita ebbe anche la faccia tosta di arrossire.
Fu più o meno in quel momento che Severus iniziò a imitare Harry e a lanciare ripetute occhiate all’orologio a pendolo che si trovava in un angolo della stanza per poter contare i secondi che lo separavano dalla fine di quel supplizio. La politica non faceva per lui. Non aveva ancora le idee chiare sui suoi progetti post Hogwarts, ma era certo che non sarebbe mai diventato un dipendente del Ministero ed era certo di non essere l’unico a pensarla in quel modo. C’era parecchia gente in quella stanza che non riusciva ad immaginarsi dietro una scrivania ministeriale: Tom, Bellatrix, Lucius, gli Weasley e… sì, anche Albus Dumbledore.
-Che mi dici di te, Hermione?- chiese il preside, rivolto alla ragazza seduta tra Harry e Dumbledore. –Hai già dei progetti per il futuro? La professoressa Vector non fa che lodare la tua intelligenza e la tua bravura in Artimanzia. Pensi di lavorare per la Gringott?-.
La Grifondoro scosse la testa. –No, io… Vorrei fare qualcosa di socialmente utile-.
-Ci sono molti lavori socialmente utili. Auror? Guaritore? Wizengamot? Con i tuoi voti puoi mirare a tutto-.
-Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, Divisione Esseri- rispose la ragazza.
-Magnifico!- esclamò l’uomo. –Ho dei contatti lì, potrei…-
Naturalmente. C’era un Ufficio del Ministero in cui il preside non avesse dei contatti? Forse, quelli che si occupavano delle relazioni con i Babbani, ma non ci avrebbe giurato.
-In che modo lavorare con bestie e ibridi può essere considerato utile?- chiese Lucius con un ghigno derisorio.
Hermione gli rivolse uno sguardo deciso. –Trovo, semplicemente, che la maniera in cui vengono trattati certi membri del Mondo Magico sia vergognoso e che bisognerebbe fare qualcosa-.
-Con ‘certi membri’ intendi disgustosi ibridi, non umani e sudici Sanguesporco come te?- intervenne Bellatrix. La diplomazia, decisamente, non era il suo punto di forza.
Hermione era ferita e arrabbiata; Cedric pareva indignato; Harry, Black e gli Weasley stavano per tirare fuori le bacchette; Alastor Moody le rivolse uno sguardo torvo; il preside si stava chiedendo come riportare pace nella stanza, ma fu Dumbledore a controbattere. –Sai,- commentò sorridendo. –certi appellativi sono passati di moda un secolo fa e denotano, tra le altre cose, un enorme ignoranza nel campo della Storia della Magia. Tanto per cominciare, è stato dimostrato che anche negli alberi genealogici dei cosiddetti Nati Babbani è presente almeno un Mago, anche se bisogna risalire di molte generazioni, in secondo luogo dubito che esista una sola famiglia del Mondo Magico che possa affermare con assoluta sincerità che nelle sue vene non scorre neanche una goccia di sangue babbano: saremmo estinti, se così fosse-.
Prima che Bella potesse replicare, Lumacorno scoppiò a ridere e disse: -Tale padre, tale figlio, eh? Ma non state lì impalati, prendete un altro pezzo di tacchino: è squisito-.
 
-Potter, posso parlarti?-.
La cena si era conclusa e Harry si allontanò da Albus, Sirius, Hermione, Fred e George, con cui stava ancora insultando Bellatrix, e si avvicinò a Diggory.
-Come stai?- chiese il Tassorosso.
-Bene, se non fosse per certe stronze- rispose il Grifondoro.
Cedric sorrise. –Sì, Bellatrix Black non è proprio il massimo della simpatia-.
-E tu? Tutto a posto?-.
-Sì, per merito tuo. Grazie ancora per avermi detto dei draghi-.
Harry rise. –E con questo siamo al trentunesimo ringraziamento in meno di una settimana. Hai intenzione di continuare così per tutto l’anno?-.
Cedric scrollò le spalle, imbarazzato. –E che non so come restituirti il favore-.
Beh, Harry una cosa da Diggory la voleva, era da circa un anno che la desiderava ardentemente e quella poteva essere la sua ultima possibilità: alla fine di quell'anno il Tassorosso avrebbe lasciato Hogwarts.
-Io un’idea ce l’avrei.- disse -Che ne dici di concedermi una rivincita?-.
-Una rivincita?-.
-Sì, a Quidditch. Io, Sirius, Kate, Fred, George e altri due Grifondoro che troverò contro di te e sei Tassorosso a tua scelta. Che ne dici?-.
-O.k.,- annuì l'altro. Anche a lui sarebbe piaciuto confrontarsi nuovamente contro il moro.–ci sto. Quando?-.
-Fra una settimana? Il prossimo sabato?- propose.
-D’accordo, Potter-.
-Harry- lo corresse il Grifondoro. –credo che a questo punto potremmo anche chiamarci per nome, no?-.
-Va bene, Harry-.
-Va ben, Cedric- lo scimmiottò l’altro, imitando il suo tono solenne. –A sabato, preparati ad essere sconfitto-.
-M’impegnerò al massimo per vincere- lo avvisò il Prefetto.
-Ne sono certo ma, vedi, io non mi limiterò ad impegnarmi: vincerò e basta-.
Cedric alzò gli occhi al cielo, suo malgrado, divertito. –La sicurezza in te stesso non ti manca, eh?-.
-Sono un Grifondoro- spiegò il più giovane. –Fierezza e orgoglio li portan sul podio, hai presente?-.
-La canzone dell’anno scorso del Cappello Parlante, se non erro. Dico bene?-.
Harry annuì. –Dici bene. A sabato-.
-A sabato-.

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Capitolo 28
*** Quando non è destino ***


Capitolo XXVIII
Quando non è destino

 

Senza gelosia,
 amano
solo i cani.

Maksim Gorkij

 


-Ancora non sono del tutto convinto- dichiarò George.
Kate sbuffò mentre si legava i capelli in una coda. -Ormai, è fatta: la partita è questo pomeriggio, fattene una ragione-.
-McLaggen è un idiota-.
-Vero,- convenne lei –ma quale alternativa avevamo? Tutti gli altri sapevano a mala pena stare a cavallo di una scopa-.
George scosse la testa, contrariato, mentre osservava Harry, nel centro del campo da Quidditch, discutere animatamente con Cormac dello schema di gioco che aveva ideato. Fred, che era vicino a loro, si limitò a zittire il portiere colpendolo nella pancia con la mazza da gioco. Cormac boccheggiò e cadde per terra, mentre si rialzava con uno sguardo omicida, Fred disse:   -Chiariamo una cosa, McLaggen: è Harry che abbiamo votato come capitano. Harry, chiaro? Non tu. Perciò limitati a stare zitto e obbedirgli-.
George, Kate, Sirius e Ginny applaudirono, in segno d’approvazione, Harry, invece, si limitò a rivolgere al Battitore un sorriso di gratitudine mentre si passava una mano tra i capelli riuscendo a scompigliarseli maggiormente, impresa degna di nota considerando lo stato in cui già si trovavano. Essere il capitano della squadra si stava rivelando parecchio complicato e pensare che, all’inizio, non avrebbe neanche dovuto esserci un capitano.  Quella tra lui e Cedric avrebbe dovuto essere una semplice partitella tra amici eppure, chissà come, la notizia che quel sabato si sarebbero affrontati a Quidditch era diventato uno dei principali argomenti di conversazione della scuola, tutti volevano assistere alla partita (persino gli insegnanti e gli studenti delle delegazioni straniere) ed era stato imbandito su un ampio giro di scommesse. Per giorni lui, Sirius, Kate, Fred e George (gli unici membri rimasti della squadra di Grifondoro dell’anno scorso) erano stati perseguiti da aspiranti giocatori rosso-oro che volevano occupare i posti lasciati liberi da Dean e Seamus. Visto il caos che si era formato, Kate aveva dichiarato che era indispensabile eleggere un capitano che guidasse la squadra (i Tassorosso ce l’avevano) e, chissà per quale astrusa ragione, Harry era stato votato all’unanimità per quel ruolo.
Il lavoro era stato tanto: avevano dovuto organizzare i provini, prima di tutto, provini a cui si era presentata quasi tutta la Casa di Grifondoro; poi avevano dovuto mettere giù degli schemi di gioco e allenarsi duramente per recuperare mesi d’inattività; inoltre, per quanto Ginny fosse piena di talento e  McLaggen tutto sommato accettabile, nessuno dei due aveva mai fatto parte di una vera squadra di Quidditch, nessuno dei due aveva mai partecipato ad una vera partita, di conseguenza entrambi non sapevano i segnali che utilizzavano per comunicare tra loro, non li conoscevano abbastanza per prevedere le loro mosse ed adeguarsi ad esse, non reggevano i ritmi degli allenamenti, ed erano completamente ignoranti per quanto riguardava le loro abituali strategie, insomma erano totalmente impreparati ad affrontare una vera partita e Harry aveva dovuto tentare di rimediare a tutto ciò in meno di una settimana. Cedric, invece,  non aveva avuto questi problemi perché tutti i membri della squadra di Tassorosso dell’anno scorso frequentavano ancora Hogwarts. Lui non aveva dovuto organizzare delle selezioni e preparare e far integrare due nuovi giocatori. No, lui aveva fissato qualche allenamento e basta. Ma perché l’aveva sfidato? Perché?!

-Andrà bene- Ginny gli rivolse un sorriso radioso e gli diede qualche pacca incoraggiante sulla spalla. Harry ricambiò con un sorriso decisamente meno radioso.
-Oh, avanti!- continuò lei. –Smettila di piangerti addosso. So che io e McLaggen dovremmo imparare ancora un sacco di cose, ma ci sei tu e Fred, George, Sirius e Kate: vinceremo-.
-Ben detto, sorellina- fece George, avvicinandosi e dando il cinque alla ragazza.
Harry non poté fare a meno di sorridere guardandoli, un sorriso vero. Ginny era cresciuta molto, pensò. In quei due anni mezzo aveva perso tutta la sua timidezza ed era diventata più determinata e sicura di sé, non guastava, inoltre, che fosse diventata molto carina. Insomma, aveva smesso di essere solo la ‘Weasley femmina’. Beh, in realtà aveva smesso di esserlo fin dal suo primo anno, quando si era scoperto che aveva ucciso Mrs Purr. Gazza non l’aveva ancora perdonata per la sua malafatta, anche se lei si era premurata di regalargli un altro gatto (dal morbido pelo bianco e dal carattere dolce e mansueto). Per mesi, Fred e George avevano dovuto scortare la sorella ovunque per impedire al Magonò di vendicarsi. Molti studenti erano ancora intimoriti da lei per l’accaduto, ma la maggior parte, in particolare i Grifondoro, avevano deciso di considerarla un’eroina, avevano affermato, infatti, che l’aria era decisamente più respirabile ora che quella malefica creatura, figlia del diavolo, aveva lasciato per sempre la scuola e Ginny era la valorosa guerriera che col suo coraggio e aveva reso possibile ciò. Il fatto che, secondo la versione della ragazza, si fosse trattato di un mero incidente parevano esserselo dimenticato.
Harry scosse la testa mentre osservava la nuova Cacciatrice scambiare battute con Kate. Ancora non riusciva a crederci e, se non glielo avesse raccontato Ginny stessa, in lacrime, non ci avrebbe mai creduto. Ricordava bene la sua espressione quando Fred e George avevano dato la notizia: Ginny era stupefatta, come tutti loro e, ora, Harry la conosceva abbastanza bene da sapere che non era una buona attrice: tutto ciò che provava glielo si leggeva chiaramente in faccia. Però, perché avrebbe dovuto mentire?

-Ehi, Harry, sei con noi?-. Sirius lo picchiettò leggermente sulla testa per attirare la sua attenzione.
-Uh… sì. Sentite, piantiamola e andiamo a riposarci-.
-Sicuro?-.
–Sì, la partita è questo pomeriggio e non possiamo migliorarci in poche ore. Ci stiamo stancando e basta-.
-Vinceremo, Harry- lo rassicurò Sirius.
Il Cercatore annuì. Dovevano vincere: non aveva nessuna intenzione di farsi sconfiggere una seconda volta da Cedric Diggory.
 

***
 

Dora si stava chiedendo se il Fato ce l’avesse con lei. Com’era possibile che ogni volta che incontrava Alastor Moody doveva sempre fare qualche figuraccia? Come quella volta che si era ricoperta del contenuto di un cestino per la carta straccia, o quando aveva improvvisato un ridicolo balletto per i corridoi per aver ottenuto un nove in Pozioni, evento più unico che raro, o quando era precipitata nel lago, inzuppandosi tutta o  come in quel momento: era inciampata sull’orlo di un tappeto ed era finita addosso al Corvonero. Di nuovo.
-Alastor- disse a mo’ di saluto mentre arrossiva.
-Pensi di toglierti dalla mia pancia, prima o poi? Non sei poi, così leggera-.
Tonks ubbidì. Ammirava Alastor Moody con tutta sé stessa. Avevano cominciato a conoscersi durante le sessioni del Club dei Duellanti. La Redbird, infatti, gli appaiava molto spesso dichiarando che avevano molto da imparare l’uno dall’altra. Tonks, invero, aveva imparato molto da Alastor, che era un Duellante eccezionale, ma, a distanza di due anni, non aveva ancora compreso cosa Alastor avrebbe dovuto imparare da lei, la cui unica dote era quella di riuscire ad inciampare ogni due passi.
Sospirò, mentre i suoi capelli assumevano una sfumatura verde. Adorava suo padre, ma avrebbe preferito non ereditare la sua goffaggine ed essere, invece, in grado di muoversi con l'eleganza, la grazia e la disinvoltura che parevano essere insite nel DNA della famiglia Black. Perlomeno, quando era nelle vicinanze di Alastor Moody.
-Un giorno comincerò a pensare che tu lo faccia apposta-.
-A fare cosa?- chiese Tonks.
-A inciampare tutte le volte che mi vedi-.
-Non lo faccio apposta- borbottò la Tassorosso arrossendo scocciata.
-Quindi ti viene naturale comportarti da pagliaccio?-.
-Io non mi comporto da pagliaccio!-. Tonks cominciava ad arrabbiarsi.
-Sarebbe sufficiente che prestassi un po’ più d’attenzione-.
-Io sono attentissima-.
-Non sembrerebbe-.
-E, invece, lo sono!-.
Erano uno di fronte all’altra: Alastor aveva un cipiglio scettico, Tonks un’espressione arrabbiata.
-Comunque non è spiacevole-.
-Cosa?- chiese Dora presa in contropiede
-La tua goffaggine-.
I capelli di Dora divennero rosso pomodoro.
 
***
 
-Tutto bene, Tom?-.
-Sì, professor Prince-.
-Non sembrerebbe- commentò l’uomo guardandosi attorno. I suoi occhi si posarono prima sui tronchi spezzati, gli alberi sradicati e gli ampi strati di terreno bruciati; poi sull’acromantula di medie dimensioni, gravemente ferita, stesa ai piedi di Tom e su Nagini che ne stava divorando la carcassa; per poi tornare su Tom. Non era la prima volta che s’incontravano nella Foresta Proibita e se Tom ci andava per allenarsi in magie che difficilmente avrebbero ottenuto l’approvazione degli insegnanti, Teddeus lo faceva per stare solo e schiarirsi le idee. Inoltre il Serpeverde sapeva che Prince non avrebbe mai punito uno studente della sua Casa per un’innocua passeggiata in una Foresta piena di creature altamente pericolose.
-E lei come sta?- chiese Tom.
Prince era sorpreso dalla domanda. –Bene, perché?-.
Il ragazzo si voltò per poterlo fissare negli occhi. –E’… teso in questo periodo. Sembra avere costantemente la tesa altrove: è evidente che qualcosa la turba-.
Teddeus sorrise. –Sei proprio diventato bravo in Legilmanzia. Le lezioni che ti ho impartito a giugno sono servite. Anche se mi chiedo se tu, alla fine, ne avessi davvero bisogno. Hai un talento naturale, Tom. Non ho mai visto nessuno imparare l’Occlumanzia in una sola lezione e la Legilmanzia in tre. Persino Severus, che è dotato, ha avuto bisogno di più tempo-.
Tom ghignò. –Cos’è? Utilizza le lusinghe per distrarmi?-.
-In parte,- ammise Teddeus sempre sorridente. –ma tutto quello che ho detto è vero. Hai un talento straordinario e hai un brillante futuro davanti a te: qualsiasi cosa tu voglia, la raggiungerai-.
-Lo so-.
-Tutto ciò che devi fare è non perdere di vista ciò che vuoi veramente-.
Il Serpeverde aggrottò le sopracciglia. –Cosa intende?-.
-Beh… Bellatrix Black, per esempio, è ciò che vuoi veramente?-.
-Come fa a sapere di… Oh! Severus-.
-Spero che tu non te la prenda. Severus mi dice sempre tutto-.
-Già, naturalmente- Tom aveva un tono ironico. –Gli manca un padre e lei è esattamente come lo desiderava-.
Teddeus decise d’ignorare le sue parole. –Non perdere di vista ciò che ti rende veramente felice, Tom, mai. Basta un attimo di esitazione affinché scompaia davanti ai tuoi occhi-.
-Non ho bisogno di consigli paterni: so come comportarmi- fece Tom inespressivo.
-Naturalmente-.
-E non mi ha ancora detto cosa la preoccupa-.
L’insegnante sospirò profondamente. –Ho un problema.- disse –Avevo chiesto a un mio vecchio amico di aiutarmi a risolverlo, ma lui ha rifiutato. Me lo aspettavo, ma ora non so come fare-.
-Mai fare totalmente affidamento sul prossimo-.
-Tu cosa faresti, se fossi al posto mio?-.
Tom scoppiò a ridere. –Come faccio a saperlo? Non mi ha spiegato niente. L’unica cosa che ho compreso è che non ha dei buoni amici-.
-Ma mi stai guardando negli occhi… non riesci a percepire ciò che penso?-.
Il Serpeverde gli rivolse un sorriso tagliente. –Stia tranquillo. La sua abilità in Occlumanzia supera la mia in Legilmanzia. Almeno per ora-.
-Già... Almeno per ora-.
“Farei bene a stare in guardia da te, vero Tom?”.
 

***
 

-Allora, com’è?- chiese la Metamorfomagus dall’interno del camino.
Il fratello fissò le fiamme azzurrine in cui era comparso il viso della strega mentre sorseggiava del Whisky Incendiario, sdraiato su un divanetto di velluto rosso.
-Potente,- rispose. –brillante, tremendamente sicuro di sé, testardo, astuto, irrimediabilmente ribelle e allergico a qualsiasi imposizione-.
-Fantastico.- sbuffò lei. –Incontrollabile e imprevedibile. Come se Era Redbird non mi fosse bastata…-.
L’uomo ridacchiò. –A me Era piaceva: non ci si annoiava mai con lei-.
–Ci ha portato solo un sacco di guai.- ribatté sua sorella. -Se penso che doveva solo uccidere James Potter e rapire il bambino…-.
-Ormai è fatta- la interrupe l’insegnante. –A proposito del giovane Potter, Prince come se la cava?-.
La donna assottigliò le labbra, irritata. –Penso che non stia facendo nulla-.
-Come fai a dirlo?-.
-Intuito femminile. Fidati, fratello, a parte consegnarli il Mantello, non ha più fatto nulla e, ormai, il ragazzo ha quattordici anni: che cosa aspetta?-.
L’uomo s’incupì. –Alitagli sul collo- disse. –Tentalo. Ricordagli costantemente perché sta facendo questo-.
-Lo farò, ma se non si dà una mossa, dovremmo intervenire noi-.
-Non avere fretta.- le consigliò il mago, alzandosi e posando il bicchiere, ormai vuoto, su un tavolino di legno. –Cosa potremmo mai farcene di un quattordicenne? E poi, siamo impegnati su altri fronti-.
Sua sorella gli rivolse un sorriso ironico. –Se la pensi così, perché hai insistito per andare a Durmstrang e insegnare a Grindelwald?-.
-Perché mi stavo annoiando, avevo bisogno di un diversivo e insegnare a Grindelwald faceva al caso mio, ma dovremmo andarci cauti con lui-.
-Naturalmente che ci andremo cauti: è il figlio della Fenice Oscura-.
E neanche quella volta era inteso come un complimento.
 

***
 

Alla fine della partita, Blaise si stava chiedendo se Harry e Diggory non fossero vittime di una qualche maledizione. Questa era l’unica spiegazione plausibile al fatto che la loro rivincita si fosse conclusa proprio come la loro prima partita: vittoria dei Tassorosso per cause esterne. Per la cronaca, quella volta l’intervento esterno era stato un paio degli Schiopodi Sparacoda di Hagrid che erano riusciti a fuggire dal recinto e si erano diretti verso il campo da Quidditch in cerca di libertà. Spaventati dalla folla, a sentire il guardiacaccia, avevano sparato fuoco proprio verso Harry, che stava per prendere il Boccino. Senza bacchetta, non aveva potuto difendersi e ora si trovava in Infermeria, gravemente ustionato. Era quasi divertente. Quasi.
In quel momento il Tassorosso stava cercando di raggiungere Lucius fuori dal campo da Quidditch, obbiettivo non esattamente facile da raggiungere, considerando l’assembramento che quella che avrebbe dovuto essere una partita tra amici, come tante altre, aveva dato origine. Non si era trattato di uno scontro ufficiale, non c’era stata nessuna Coppa in gioco eppure avevano presenziato persino gli insegnanti e alcuni degli studenti stranieri, fra cui il celebre Viktor Krum.
Il Tassorosso aveva sentito parecchi commenti pungenti su Potter, a causa di quella partita, alcuni provenienti anche dai suoi compagni di Casa. L’avevano accusato di essere un esibizionista e di aver sfidato Diggory a Quidditch perché non sopportava di trascorrere un anno senza essere al centro dell’attenzione. Blaise ridacchiò fra sé e sé, ricordando come Smith, che aveva avuto la malaugurata idea di dire cose simili mentre Riddle si trovava seduto proprio dietro di lui nell’aula di Storia della Magia, avesse dovuto correre verso l'Infermeria perché non riusciva più ad aprire la bocca. Inoltre al suo libro di testo erano spuntate le braccia e, volando a mezz’aria, continuava a infliggergli ripetuti pugni su qualsiasi parte del corpo riuscisse a raggiungere… anche se aveva una predilezione per le sue parti basse.
Il professor Rüf, naturalmente, non si era accorto di nulla. Seriamente, ma in che mondo viveva? Blaise, una volta, era certo di averlo sentito sbagliare persino il cognome di Harry. D’accordo era un fantasma, ma come aveva fatto a non riconoscere Harry Potter? Com’era possibile che non avesse mai sentito parlare della sua cicatrice?
-Blaise, qui!-.
Lucius lo stava chiamando e lui si affrettò a raggiungerlo.
Bellatrix, che era lì vicino, insieme a Riddle, Tiger e Goyle, chiese: -Non dovresti stare con i tuoi compagni?-.
 -Ciao, Bella, anch’io sono molto felice di vederti- rispose il Tassorosso.
La strega si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
-Dov’è Rodolphus?- chiese Blaise.
Era normale che Snape non ci fosse, il nipote di Prince presenziava raramente a una partita di Quidditch, anche quando a giocare era il suo amico d’infanzia, e Rita e Millicent, probabilmente, si trovavano da qualche parte nella folla insieme a un gruppo di ragazzine pettegole, ma l’assenza di Rod era sospetta.
Lucius disse, con tono noncurante: -Non si sentiva bene-.
Purtroppo per lui, Blaise lo conosceva abbastanza bene da capire quasi sempre quando gli stava mentendo o gli stava nascondendo qualcosa e, in quel momento, gli stava decisamente nascondendo qualcosa. Nessun’altro pareva turbato dall’assenza di Rodolphus, anzi Bellatrix sembrava addirittura irritata, come se le desse fastidio, anche solo sentire pronunciare quel nome.
Riddle fece per allontanarsi, probabilmente per andare a vedere come stava Harry, ma Bellatrix lo bloccò, afferrandolo per il polso, e gli chiese se stava tornando in Sala Comune-.
-Più tardi, magari- rispose il moro per poi dirigersi verso il castello.
Bella rimase ad osservarlo con un’espressione delusa mentre se ne andava, per poi salutare Lucius e allontanarsi con Tiger e Goyle al seguito.
Appena il terzetto, non fu più a portata d’orecchio, Lucius si voltò verso Blaise e si pentì subito d’averlo fatto perché Blaise aveva quello sguardo.
-No- disse.
-No, cosa?- chiese Blaise.
-Qualsiasi cosa tu mi stia per chiedere-.
-Voglio solo avere un’informazione- chiese scocciato nel vedere quanto, quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico, fosse prevenuto nei suoi confronti.
-Su cosa?-.
-Bella è riuscita ad infilarsi nel letto di Riddle, vero?- chiese con gli occhi che scintillavano.
-Chi te lo ha detto?- s’informò Lucius sorpreso di scoprire che qualche Serpeverde aveva infranto il tacito patto di discrezione che avevano stretto.
-Non ho bisogno che qualcuno me lo dica- spiegò il moro. –Sono il figlio della Vedova Nera: riconosco odore di sesso, lontano un miglio e quando Bella ha toccato Tom c’era odore di sesso nell’aria. Il modo in cui lo guardava… e quelle parole… era evidente che avevano un doppio senso. Senza contare che è dall’inizio dell’anno che Rod se ne va in giro con una faccia da funerale e io ho un talento speciale, anche per riconoscere i cuori spezzati-.
-Certe cose le noti solo tu- commentò il biondo.
-Anni e anni di esperienza, Lucius, anni e anni di esperienza. Comunque sia, mi hai appena confermato tutto. Quindi è vero: quei due vanno a letto insieme-. Sul suo viso c’era un ghigno inquietante e nei suoi occhi brillava una luce sinistra. Lucius avvertì un brivido lungo la schiena.
-Tu non lo racconterai in giro, giusto?- chiese.
Blaise gli rivolse uno sguardo incredulo. –Per chi mi hai preso? Secondo te, sprecherei un pettegolezzo così succulento? Tranquillo, aspetterò il momento giusto per scoprire questa carta-.
-Non mi hai capito. Blaise, non è sufficiente che tu tenga chiusa la bocca per il momento. Non lo devi proprio mai dire a nessuno. Prima di tutto Tom non vuole che si sappia in giro, in secondo luogo, se la notizia esce fuori dai confini della scuola, Cygnus Black potrebbe essere capace di diseredare sua figlia-.
-Certo, ho capito- lo rassicurò Blaise sorridendo, ma Lucius non si lasciò ingannare.
-Parlo sul serio-.
-Sì, sta tranquillo-.
-Oh, d’accordo, fa come ti pare, ma sappi che non ti difenderò quando Tom se la prenderà con te per aver parlato in giro dei suoi affari privati-.
-Mi sembra giusto- convenne il Tassorosso, sostituendo il sorriso con un ghigno.
“Guai,” rifletté Lucius rassegnato. “solo guai”.
 
***
 
-Mi dispiace- disse Cedric sinceramente.
-Non è mica stata colpa tua- lo rassicurò Harry seduto sul letto dell’Infermeria con la schiena appoggiata verso il muro. Indossava solo un paio di boxer ed era ricoperto, quasi interamente, di una crema arancione, utilizzata per guarire le ustioni. –Sono riusciti a catturare gli Schiopodi?-.
-Sì,- rispose il Tassorosso. –ma sono stati necessari gli sforzi combinati di Hagrid, del professor Vitious e della professoressa Redbird. Il professor Lumacorno, inoltre, ha redarguito pesantemente Hagrid e gli ha ordinato di abbandonare quelle creature nel cuore della Foresta-.
-Allora, qualcosa di buono è venuta fuori da questa storia: non saremmo più costretti a vedere quei cosi, ogni volta che passiamo davanti alla capanna di Hagrid-.
Cedric annuì, concorde. –I tuoi compagni?-.
-Sono andati a cena cinque minuti prima che arrivassi tu ed è venuto anche Hagrid: era quasi in lacrime-.
-Mi dispiace per…-
-La vuoi piantare?-  sbottò Harry. –Davvero, Cedric, non- è- stata- colpa- tua. Non- ce- l’ho- con- te-.
-Lo so, ma pare che io non riesca a giocare una sola partita decente contro di te-.
-L’anno scolastico è ancora lungo- gli fece notare Harry. –Di occasioni, ne avremmo. Che ne dici di domani?-.
-Parli sul serio?-.
Harry lo guardò come se si fosse rincretinito tutto di un colpo. –Ovviamente, no. La mia era una battuta. Insomma, guardami...- con una mano indicò il viso e il petto, entrambi di un arancione acceso. –Pensi che Madama Chips mi permetterebbe di salire a cavallo di una scopa?-.
-No,- rispose Cedric sorridendo mentre pensava all'espressione che avrebbe assunto l'infermiera della scuola, se Harry avesse osato chiederle una cosa simile–immagino di no-.
-Come se non bastasse questa dannata crema pizzica pure- si lamentò il Grifondoro.
Cedric avvicinò la mano al suo viso e gli accarezzò la guancia col dorso. –Quella che ha messo a me, non pizzicava, ma era molto più fredda di questa: stavo gelando-.
-Probabilmente dipende dal tipo di fuoco da cui uno è stato colpito.- commentò il più giovane mentre il Prefetto continuava ad accarezzargli la guancia per testarne il calore e la consistenza. –Albus dice che…-.
-Interrompo qualcosa?-. Tom aveva appena fatto il suo ingresso nell’infermeria ed era stato talmente silenzioso da passare del tutto inosservato.
-Ciao, Tom- disse Harry sorridendo, ma il Serpeverde non rispose. Il suo sguardo era fisso sulla mano che Cedric teneva ancora appoggiata sulla guancia del Grifondoro, ma che il Tassorosso si affrettò a levare: avrebbe giurato di averla sentita bruciare.
-Credo sia ora che me ne vada- borbottò a disagio, senza capire esattamente il perché. Sapeva solo che appena quel ragazzo era entrato nella stanza, la temperatura era come scesa di dieci gradi.
-Sì, lo credo anch’io- commentò Riddle con tono gelido.
Harry continuava a voltare la testa dall’uno all’altro, non comprendendo bene cosa stesse succedendo fra i due, ma certo che, qualsiasi cosa fosse, non gli piaceva, neanche un po’.
-Ci vediamo, Harry-.
-Ciao, Cedric- rispose il Grifondoro mentre il Prefetto usciva dalla stanza.
-Da quando vi chiamate per nome?- chiese Tom mentre si accomodava sulla sedia lasciata libera dal Campione della scuola.
-Da una settimana esatta- rispose il Cercatore.
-E perché?-.
-Non c’è una ragione precisa. Che ti prende?-.
-Niente- fu la secca risposta del Serpeverde.
-Non è vero- disse con un tono che non ammetteva repliche.
-Non mi piace il modo in cui ti stava guardando- sibilò molto lentamente, come se ogni parola gli costasse uno sforzo immane.
-E come mi stava guardando?- chiese l’altro confuso.
Lo sguardo di Tom si spostò dal suo viso, al suo petto nudo, accarezzandolo lentamente con gli occhi in ogni sua parte dai pettorali agli addominali appena accennati, fino a tornare sul suo viso.
Harry arrossì all’istante e si sforzò di non cedere alla tentazione di coprirsi.Erano entrambi maschi, si disse, non c'era nulla di cui vergognarsi, senza contare che, ultimamente, faceva un po' troppo spesso la figura della ragazzina isterica quand'era con Tom.
-Ecco, ti stava guardando in questo modo- commentò il Serpeverde.
-Non è vero- ribatté il Cercatore ancora rosso per l’imbarazzo. Non aveva mai avuto tanto… caldo in vita sua. Lo sguardo di Tom era stata come una carezza.
-Sì, invece e  ti stava anche toccando- .
Harry ridacchiò. –La fai sembrare una cosa oscena: voleva solo controllare la consistenza della crema che Madama Chips mi ha applicato-.
-E tu, veramente ci credi?- chiese il Serpeverde sbalordito.
-Vuole diventare un Guaritore, Tom.- gli fece notare il Cercatore. –E’ naturale che fosse incuriosito-.
-Tu veramente ci credi- ripeté il Serpeverde, sempre con tono incredulo. -Quel tizio…-
-Quel tizio ha un nome e non stava facendo niente-.
Tom sospirò profondamente un paio di volte nel tentativo di acquietare la rabbia che l’aveva invaso quando era entrato nell’Infermeria e aveva trovato Harry mezzo nudo, su un letto, con quel tizio che lo toccava e sembrava sul punto d’infilarsi nel letto insieme al Grifondoro.
-Se ti piace pensarla così…- borbottò, infine.
 
Cedric, esattamente sotto di loro, si stava guardando la mano, incredulo: c’era un’ustione, anche molto ampia, ed era certo di essersela fatta quando il Serpeverde era entrato nella stanza. Tuttavia, non poteva avergliela causata intenzionalmente. Gli incantesimi legati al fuoco erano programma del sesto anno e Riddle non aveva ancora concluso il quarto, senza contare che non aveva usato nessuna bacchetta magica, né aveva pronunciato l’incanto ad alta voce… No, doveva essersi trattato di magia involontaria, anche se quattordici anni erano tanti per avere ancora di questi scoppi.
Aggrottò le sopracciglia, pensieroso. Chi diavolo era, Tom Riddle?
 

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Capitolo 29
*** Fifteen days - prima parte ***


Capitolo XXIX – prima parte
Fifteen days

 
E’ Giovedì, 10 dicembre.
Mancano quindici giorni al Ballo
e la professoressa McGranitt ha appena informato dell’evento gli studenti del quarto anno di Grifondoro.
 
A Harry piaceva il Natale. Certo, quando era un bambino, Natale era solo sinonimo di una giornata che avrebbe dovuto trascorrere senza Sev ed Eileen, perché zia Petunia avrebbe avuto bisogno d’aiuto per i lavori domestici, e a fingere che non gli importava  vedere Dudley sommerso di regali mentre lui avrebbe dovuto accontentarsi di un paio di consunti calzini appartenuti a zio Vernon. Senza contare che, durante le feste, Tobias-sono-l’essere-più-abominevole-sulla-faccia-della-Terra-Snape si ubriacava e quando si ubriacava…
Harry scosse la testa tentando di scacciare dalla mente alcuni orrendi ricordi della sua infanzia.
In ogni caso, ora, era tutto diverso e il Grifondoro accoglieva con un sorriso raggiante gli enormi pini, le fate svolazzanti, le decorazioni sfarzose, l’odore di cibo che aleggiava ovunque e, soprattutto, la caccia ai regali. Probabilmente ciò era dovuto al fatto che, per la maggior parte della sua vita, non aveva mai potuto permettersi di farne, ma Harry amava fare regali ai suoi amici. Grazie agli acquisti via gufo e alle visite non autorizzate a Hogsmeade, era già quasi in pari con i doni natalizi, in effetti, gliene mancava uno solo: quello di Tom.
Fece una smorfia di disappunto. Tom non accettava i suoi regali. Vero, non glieli rifiutava apertamente, ma a Harry bastava guardarlo negli occhi per sapere che non ne era felice, inoltre non lo aveva mai visto utilizzarne neanche uno. Quasi certamente i suoi presenti erano stati relegati, ancora impacchettati, in un angolo del suo baule, o forse gli aveva buttati o bruciati. Naturalmente il Cercatore riusciva ad intuire la motivazione che stava dietro al suo comportamento: a Tom seccava non poter ricambiare i suoi doni. Che fosse privo di denaro e che tutto ciò che possedeva avesse potuto comprarlo solo grazie alle borse di studio elargite dalla scuola, non era un segreto. Dopotutto era un Serpeverde, una Casa composta, per la maggior parte, da ricchi figli di papà, di conseguenza i suoi vestiti, così palesemente di seconda mano, risaltavano come non mai in mezzo a tutte quelle stoffe pregiate e quei preziosi monili con stemmi di famiglia incisi sopra. Sembrava un crudele scherzo del destino che proprio Tom, privo di denaro e di cui s’ignorava lo Stato di Sangue, fosse stato Smistato in una Casa dove si trovavano quasi tutti i rampolli della nobile società Purosangue inglese. In quella Casa, Tom era una mosca bianca e ogni giorno, ogni sacrosanto giorno, gli venivano ricordate le sue penurie. Certo, il Serpeverde se la cavava comunque egregiamente, ma Harry avrebbe preferito che tutto ciò gli fosse stato risparmiato, cosa che sarebbe successa se il Cappello lo avesse assegnato a un’altra Casa, una Casa come Grifondoro, per esempio, dove si potevano trovare figli di Ministri della Magia, ma anche Nati Babbani e eredi di famiglie rinnegate come gli Weasley. Harry sorrise immaginando la reazione di Tom, se gli avesse rivelato che avrebbe voluto vederlo tra i Grifondoro. Decise che glielo avrebbe confidato solo per godersi la sua reazione.
Si portò una mano ai capelli e se gli scompigliò, quasi inconsapevolmente. Tom poteva fingere quanto voleva che non gli importasse essere del tutto privo di mezzi economici, ma Harry sapeva che gli importava eccome.
Il comportamento più saggio da adottare sarebbe consistito nell’assecondare il suo desiderio inespresso di non ricevere regali che non poteva ricambiare, ma Harry, sfortunatamente per Tom, aveva tutta la testardaggine dei Grifondoro unita a tutta la determinazione dei Serpeverde ed era deciso a trovare un regalo che Tom avrebbe potuto accettare, senza farsi troppe paranoie.
 
-E tu, Harry?-.
Il ragazzo interpellato batté un paio di volte le palpebre e si voltò, perplesso, verso Calì che camminava al suo fianco, chiedendosi che cosa gli avesse chiesto. Calì era il tipo di ragazza che s’infuriava, quando non le era prestata la dovuta attenzione e lui non aveva alcuna voglia di subirsi la sua ira, perciò rivolse un’occhiata supplichevole ad Al, il quale colse la sua muta richiesta d’aiuto ed intervenne: -Non credo che Harry abbia già deciso con chi andare al Ballo del Ceppo, Calì-.
Ah, sì, il famoso ballo di Natale di cui li aveva appena parlato la McGranitt.
-E perché mai dovrei andarci con qualcuno?- chiese il Cercatore. –Odio ballare-.
-Non puoi andarci da solo, Harry.- disse Calì mentre scendevano le scale tutti e sette insieme, diretti in Sala Grande. –Il preside non te lo permetterà. Sai quanto è fissato col mantenere alto l’onore della scuola-.
-Cosa centro io con l’onore della scuola?-.
-Beh, sei il figlio della Salvatrice del Mondo Magico, la leggendaria Lily Potter.- rispose Sirius. –Che ti piaccia o no, questo per Lumacorno ti rende una delle attrattive della scuola-.
Harry dovette ammettere che, probabilmente, aveva ragione tuttavia, finché il preside non gli avesse puntato contro una bacchetta , lui aveva tutte le intenzioni di non preoccuparsene.
-Sirius Black!-. La voce di Blaise li fece voltare mentre questi s’avvicinava a loro con tutta calma, attraverso la folla di studenti che accalcava sempre i corridoi quando arrivava l’ora del pranzo. –Ci stai?- chiese quando li ebbe raggiunti.
Calì e Lavanda cominciarono subito a ridacchiare, Hermione alzò gli occhi al cielo, Neville si mostrò incuriosito mentre Albus aprì il viso in un sorriso divertito.
Le scommesse e le sfide tra Blaise e Sirius erano ormai conosciute da tutti a scuola ed erano diventate fonte di svago per l’intera Casa di Grifondoro, l’unica, a detta di Sirius, dotata di sufficiente senso dell’umorismo per apprezzare quelle “pagliacciate”, soprannominate così dalla McGranitt quando Sirius, dopo aver perso una scommessa con Blaise, aveva tappezzato la Sala d’Ingresso con biancheria intima femminile per punizione. Le sfide dei due avevano solo tre regole: la punizione per l’eventuale sconfitta, non doveva consistere in nulla che facesse rischiare loro l’espulsione o la sospensione (ovviamente questa regola era stata un’idea di Blaise), occorreva accettare la sfida prima di sapere di cosa si trattava e, la posta in palio, non doveva mai riguardare il denaro. Quest’ultima regola era dovuta al fatto che se c’era una cosa che le famiglie Zabini e Black non negavano ai loro eredi era l’oro, di conseguenza i due avevano imparato a darlo per scontato: non c’era gusto, affermavano, a giocarsi qualcosa che si ha in abbondanza.
-Ci sto- fu la scontata risposta del Grifondoro. Il giorno in cui Sirius Orion Black si fosse tirato indietro davanti ad una sfida, il sole sarebbe sorto ad ovest e Hermione avrebbe ottenuto un voto insufficiente in una verifica.
-Bene. Chi fra noi due avrà collezionato meno inviti al ballo, da oggi alla vigilia, dovrà eseguire un ordine dell’altro, qualunque esso sia-.
-Preparati, Blaise.- lo avvertì il Cacciatore sogghignando. -La tua reputazione subirà un brutto colpo quando sarai costretto a ballare, in mutande, durante la cena in Sala Grande, alle note di Un calderone pieno di forte amor bollente-.
-In Sala Grande e in mutande?- fu la replica. –Che bella idea che mi hai dato! Grazie Sirius, mi stavo appunto chiedendo cosa ti avrei fatto fare quando avessi vinto la scommessa. E pensare che c’è anche chi ha il coraggio d’insinuare che i Grifondoro sono un branco di babbei-.
 

E’ sempre Giovedì, 10 dicembre.
Mancano sempre quindici giorni al Ballo
e nessuno ha ancora invitato nessuno.
 
-Frassino… Betulla… lucidata di recente… E’ la tua Firebolt!-.
Harry, istintivamente, annuì, ma poi si ricordò che Cedric non poteva vederlo, perché i suoi occhi erano bendati, perciò disse: -Esatto-.
-Dieci scope su dieci. Ho vinto, giusto?-.
-Direi di sì- rispose l’altro mentre gli levava la cravatta giallo-nera dagli occhi e gli prendeva la Firebolt dalle mani per riappoggiarla, delicatamente, sul pavimento dello spogliatoio di Tassorosso su cui erano rannicchiati. –Pazzesco- commentò –e io che credevo di conoscere bene i manici di scopa-.
-Ne hai indovinate otto su dieci: direi che conosci bene i manici di scopa-.
-Tu più di me- replicò il Grifondoro.
-Ho anche tredici anni di vantaggio- gli fece notare il Tassorosso. –e poi, mi hai appena battuto a Quidditch, quindi siamo pari-.
-Eravamo solo io e te, Cedric, non era una vera partita, non conta-.
-Stai scherzando? Hai liberato entrambi i Bolidi. Due Bolidi per due giocatori! Mi sorprende che siamo ancora vivi-.
-Dov’è il tuo spirito avventuriero, Campione?- lo canzonò il Grifondoro. –E’ stato divertente-.
-Come no, un vero spasso.- rispose l’altro con tono ironico. –Spiacente, Harry, ma la mia idea di divertimento non comprende cercare di rompersi l’osso del collo-.
-Quindi non giocheremo più insieme?-.
-Giocheremo, ma niente bolidi o, al limite, uno solo-.
Era, ormai, giunta la sera ed entrambi i ragazzi avrebbero dovuto essere nelle loro Sale Comuni essendo già scattato il coprifuoco, ma Harry era riuscito a corrompere il Prefetto e a convincerlo a seguirlo verso il campo da Quidditch dove si erano affrontati in uno contro uno per poi rinchiudersi nello spogliatoio di Tassorosso e sfidarsi a “Chi riconosce più manici di scopa con gli occhi bendati”.
-Sarà meglio che cominciamo ad avviarci.- disse Cedric. –I miei amici inizieranno a temere che sia stato rapito-. Si alzò in piedi, imitato da Harry, per poi estrarre la bacchetta e radunare tutti i manici di scopa che aveva prelevato dal deposito della scuola ed Esiliarli all’esterno dello spogliatoio.
-Incantesimo d’Esilio non verbale, dico bene?- chiese il Grifondoro riponendo la Firebolt nella sua sacca.
Il Tassorosso annuì mentre indossavano i mantelli. –In realtà, siccome la distanza è minima, sarebbe stato sufficiente un incantesimo levitante, ma io preferisco l’Esilio: fa più scena-.

Harry ghignò. –E meno male che dovremmo essere noi Grifondoro gli esibizionisti-.
-Lo siete- sbuffò l’altro. –Più di qualunque altro e parlo da figlio di Grifondoro-.
-Anche tua madre è stata a Grifondoro?- chiese il più giovane mentre uscivano dallo spogliatoio e oltrepassavano le porte del campo di Quidditch.
-No, Corvonero-.
-Padre Grifondoro e madre Corvonero, quindi. Ti è dispiaciuto non essere Smistato in una di quelle Case?-.
-Forse un po’ all’inizio. Da piccolo m’immaginavo sempre a Grifondoro, però, ora, non tornerei indietro. Senza contare, che ho sempre pensato che lo Smistamento fosse un po’ sopravvalutato. Innanzitutto, in nessuna Casa regna un’omologazione totale e, poi, avviene troppo presto. Undici anni, Harry, chi a undici anni ha già una personalità ben definita?-.

-Sai, parli come Albus-.
-E tu cosa ne pensi?- chiese il diciassettenne, curioso mentre attraversavano il parco diretti verso il castello.
Harry assunse un’espressione pensierosa e alzò la testa verso il cielo stellato. –Sono d’accordo con te in linea di massima, ma rimane il fatto che sto troppo bene a Grifondoro per pensare che lo Smistamento sia privo di senso. Io amo la mia Casa, i miei compagni, il mio dormitorio, la totale assenza di silenzio e l’esuberanza che la caratterizzano. Certo, ci sono membri di altre Case con cui vado molto più d’accordo che con alcuni Grifondoro,- aggiunse pensando a Cormac McLaggen -ma continuo a non riuscire ad immaginarmi a Tassorosso o Corvonero-.
-E riesci ad immaginarti a Serpeverde, invece?-.
-Due miei cari amici sono Serpeverde- spiegò l’altro. –Una volta non lo pensavo, ma ora credo che, tutto sommato, me la sarei cavata anche in quella Casa-.
Cedric emise un fischio d’ammirazione. –Un Grifondoro che ammette che si sarebbe potuto trovare bene a Serpeverde: sei più unico che raro, Harry-.
Quest’ultimo scosse la testa. –Non credo. Uno degli zii di Sirius, due anni fa, si è sposato con un ex Grifondoro. Senza contare che Salazar Serpeverde e Godric Grifondoro, all’inizio, erano grandi amici-.

-Sicuro,- commentò il Tassorosso. –prima di litigare e arrivare vicino all’ammazzarsi a vicenda nel corso di un Duello-.
-Davvero Duellarono?-.
-Sì, o almeno così narrano gli scritti che sono arrivati fino a noi. Pare che se nessuno dei due ci abbia rimesso la vita, sia solo per merito di Tosca Tassorosso che li fermò a rischio della vita-.
Nel frattempo erano giunti in Sala d’Ingresso. Harry sospirò sollevato nel constatare che non c’era Gazza nei paraggi. Certo, era con un Prefetto, quindi la sua assenza dal dormitorio dopo il coprifuoco era, in qualche modo giustificata, ma era meglio non provocare il custode, il quale, dalla morte della sua amata Mrs Purr, era diventato persino più fantasioso nell’inventare scuse per punire gli studenti. Si stava chiedendo, se non fosse il caso di chiedere al Tassorosso di accompagnarlo fino alla torre (anche se faceva tanto damigella bisognosa d’aiuto) quando quest’ultimo chiese: -Harry, sai del Ballo del Ceppo che verrà organizzato?-.
-Sì, la McGranitt ne ha parlato questa mattina a lezione- rispose chiedendosi dove volesse andare a parare.
-Con chi ci vai?-.
-Non ci ho pensato. Anzi, a dir la verità non pensavo di andarci con qualcuno: ballare non fa per me, veramente, sono negato-.
-Si può sempre imparare-.
-Immagino di sì, ma…-
-Mia madre mi ha fatto seguire delle lezioni di ballo quand’ero piccolo, potrei insegnarti a danzare-.
-Ehm… grazie, ma…-.
-Harry, verresti al Ballo con me?-.
 
E’ Venerdì, 11 dicembre.
Mancano quattordici giorni al Ballo
e dopo l’invito del primo Campione, arriva l’invito del secondo.
 
- Penso che tu sia il miglior Cercatore del mondo -.
“… tuttavia, la difficoltà maggiore deriva…”
-Sono da sempre una tua fan, sai?-.
“… deriva dalla congiunzione astrale tra Marte e Venere che…”
-Alla Prima Prova, sei stato straordinario!-.
“… e Venere che altera la composizione biochimica dell’Aconito, di conseguenza…”
-Oh, sì! Lo dico anch’io! Avresti meritato più punti-.
“… di conseguenza è indispensabile bilanciarla con pelle tritata di topo, la quale…”
-Quell’incantesimo accecante era magnifico -.
-Non era un incantesimo accecante- sbottò Hermione, seccata dall’ennesima interruzione proveniente dal gruppo di ragazzine starnazzanti che circondavano il Cercatore bulgaro, il quale era seduto ad un tavolo di fronte al suo.
-Come hai detto, scusa?- chiese una di loro, una Corvonero del quinto anno con più tette che cervello.
-Ho detto- disse la Grifondoro con tono tranquillo –che non era un incantesimo accecante, si trattava di un Conjunctivitus: c’è una certa differenza. Lo sapreste, se invece di trascorrere le giornate a starnazzare come oche, studiaste-.
-Perlomeno, noi non moriremo zitelle- commentò un’altra acida.
-Meglio zitella che stupida- ribatté la Grifondoro con tutta la fierezza che contraddistingueva la sua Casa, riponendo i libri dentro la borsa. –e, comunque sia, non sposerei mai un uomo che mi desidera solo per la taglia di reggiseno. In realtà, non m’interessa cosa fate della vostra vita, vi pregherei solo di andare a farlo lontano dalla biblioteca dove persone come me cercano pace e tranquillità per potersi acculturare. Buon Natale- e con quest’ultimo augurio si diresse verso l’uscita sperando che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe dovuto assistere a conversazioni tanto edificanti mentre tentava di comprendere la composizione esatta dell’antidoto per il veleno Herpo, nominato così in onore del suo inventore. Anche se aveva sempre ottenuto voti molto elevati, Pozioni non era la sua materia migliore, lei preferiva discipline come Artimanzia, Trasfigurazione e Incantesimi, tuttavia s’impegnava al massimo anche nel corso di Prince, e, proprio perché non le piaceva particolarmente, odiava essere disturbata mentre cercava di assimilarne i concetti. Forse era stata un po’ troppo severa, ma ormai erano quasi due mesi che quella storia si ripeteva: lei si dirigeva in biblioteca per studiare, dopo un po’ Krum si avvicinava e si sedeva vicino a lei con una pila di libri, fin qui niente di male, ma ben presto Krum sarebbe stato raggiunto dal suo fan club, un gruppo di oche starnazzanti che apriva bocca solo per dare aria al cervello e che le impediva di concentrarsi. La biblioteca era da sempre la sua oasi di pace, il luogo in cui poteva godersi  il silenzio e la tranquillità che quasi sempre scarseggiavano nella sua Sala Comune e le ribolliva il sangue al pensiero che le venisse rovinato da quelle stupide.
-Grengherr!-.
Hermione non rispose al richiamo, ritenendo fosse rivolto a qualcun altro, e uscì dalla biblioteca senza voltarsi indietro.
-Grengherr!-.
Quella volta si voltò, per ritrovarsi di fronte a Viktor Krum.
-Granger- lo corresse automaticamente –la seconda “g” dev’essere più dolce-.
-Gregnerr- tentò il bulgaro volenterosamente.
Hermione decise di lasciar perdere. –Se è per la mia sfuriata di poco fa,- disse –ti chiedo di perdonarmi. Non era rivolta a te e solo che le tue… amiche- concluse scegliendo l’appellativo più diplomatico. –beh, sono un po’…-.
-Non ezzere per keglio-.
Hermione rimase in silenzio aspettando, incuriosita, che proseguisse.
-Io… dizpiachuto di averre te distubbato, ma io voglievo kederre, se tu voglia venirre al Ballo con me-.
 
 E’ Sabato, 12 dicembre.
Mancano tredici giorni al Ballo
e Harry e Severus parlano di scope, balli e regali .
 
-Potresti anche mostrarti un po’ più felice- sbuffò il Grifondoro.
Severus gli rivolse uno sguardo torvo.
-Harry, io non volevo venire a Hogsmeade-.
-Questo perché sei un brontolone asociale- commentò il Cercatore fermandosi a rimirare la vetrina di un negozio di articoli sportivi.
Il Natale era vicino e Hogsmeade pullulava di studenti impegnati nelle compere. Sembrava di essere stati catapultati nell’interno di un biglietto di auguri natalizio. Tutte le case e tutte le strade erano ricoperte di soffice neve bianca, ovunque si potevano ammirare pupazzi di neve, pini riccamente addobbati, vischi appesi alle porte e visi felici e spensierati. Ad eccezione di quello del suo migliore amico, naturalmente.
-Hai intenzione di rimanere a fissare questi pezzi di legno, ancora per molto?- chiese –Visto che mi hai costretto ad uscire con te, potresti perlomeno portarmi all’asciutto-.
Harry annuì docilmente e si diresse verso i Tre Manici di Scopa. Severus odiava la neve.
E la pioggia.
E il sole.
E l’acqua.
E un sacco di altre cose.
-Hai intenzione di comprare un’altra scopa?- gli chiese l’amico e il fatto che avesse iniziato di sua spontanea volontà una conversazione sul Quidditch, era una prova lampante di quanto fosse forte e sincero il legame che li univa.
-Naturalmente no- rispose il Grifondoro. -Ho la mia Firebolt, ricordi?-.
-Sarebbe difficile dimenticarselo. Per settimane è stato praticamente impossibile discutere con te di qualsiasi altro argomento-.
-Esagerato- sbuffò l’altro.
-Hai scoperto chi te l’ha regalata?-.
Harry scosse la testa.
-Non ne hai neanche una minima idea?-.
-Sev, quella scopa è costosissima. Tuttora, solo i giocatori professionisti se la possono permettere. Insomma, ho chiesto a Sirius, Al e anche a tuo zio, ma hanno tutti e tre negato e non riesco a immaginare chi altro avrebbe potuto sostenere una simile spesa per me-.
Nel frattempo erano giunti ai Tre Manici di Scopa, e Harry si affrettò a occupare uno dei pochi tavoli rimasti liberi. Mentre entrava, aveva intravisto Sirius circondato da un gruppo di ragazze ed era stato tentato di andare a salutarlo, ma poi aveva desistito. Dopo tre anni e mezzo, si era ormai arreso all’idea che per Severus e Sirius era impossibile vedersi e non litigare. La locanda era affollata, come sempre sembrava che ci si fosse radunata tutta la popolazione studentesca di Hogwarts. Il Cercatore si guardò attorno sorridendo. C’erano luci, addobbi, odore di dolci, suoni di risate, chiacchiere. Era Natale, sembravano dire tutti, era Natale e questa era una ragione sufficiente per essere felici. Sev, ovviamente, non condivideva quell’idea. La smorfia seccata che aveva dipinta sul viso da quando, quella mattina, l’aveva costretto a seguirlo verso il villaggio, si era accentuata da quando erano entrati. Sev odiava la folla e il rumore.
Madama Rosmerta li raggiunse, facendo ticchettare le sue scarpe dal tacco vertiginoso sul pavimento, e con un sorriso chiese: -Ciao, Harry, ordini?-.
-Una Burrobirra- rispose il Grifondoro –e… una tazza di the?-.
Severus annuì.
-Torno subito- promise la locandiera.
Il Serpeverde si stava guardando attorno con un’espressione abbastanza schifata.
“Adesso cominceranno le lamentele” predette Harry.
-Questo posto è frastornante- commentò, infatti.
“Merlino, quanto lo conosco bene…”.
-Se preferisci, la prossima volta possiamo andare da Madama Piediburro: lì c’è molta più intimità- rispose il Grifondoro con un falso sorriso innocente. Si guadagnò un’occhiata fulminante da parte dell’amico: uno dei sentimenti che condividevano era l’odio per le trine, i pizzi e il colore rosa.
-Da quando sei così sfrontato?- gli chiese la serpe.
-E tu da quanto sei così scorbutico?- ribatté l’altro.
Erano cambiati. Certo, era inevitabile, ma non si era aspettato che sarebbe successo così presto. Avevano trascorso dieci anni della loro vita in simbiosi (stesse conoscenze, stesse esperienze, stesse simpatie, stesse antipatie). Il confine tra dove iniziava l’uno e dove finiva l’altro era stato talmente sottile da rendere difficile, persino per loro, individuarlo. Era demoralizzante notare quanto, adesso, le cose fossero cambiate.
Scese un attimo di silenzio mentre Rosmerta tornava con le bevande che avevano ordinato.
Quando Harry l’aveva invitato a Hogsmeade, aveva pensato di parlargli della proposta di Cedric, ma adesso si rendeva conto che l’idea era abbastanza assurda. Tutto ciò che Severus sapeva delle relazioni sentimentali derivava dal matrimonio dei suoi genitori: non esattamente quel che s’intendeva per esempio edificante. Tuttavia, forse, prendendo le cose alla larga…
-Andrai con qualcuno al Ballo del Ceppo?-.
-Qualcuno ti ha invitato al Ballo del Ceppo?-.
O.k., forse avevano ancora molte più cose in comune di quanto Harry ritenesse.
-Stai… per invitarmi?- chiese strabuzzando gli occhi. Un tempo, lo avrebbe ritenuto impossibile, ma dopo essere stato invitato a un ballo dal Golden boy della scuola, c’era ben poco che ritenesse ancora impossibile.
-No- rispose Severus con un’espressione persino più stralunata di quella del Grifondoro, anche se si riprese in fretta. –Tu vuoi che io t’inviti?- chiese.
-NO!- Harry urlò talmente forte da far voltare un paio di avventori seduti lì vicino. –No- ripeté con tono meno elevato. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era un secondo invito al Ballo, soprattutto se proveniente da Severus. Andare al Ballo con il Serpeverde, sarebbe stato come andarci con un fratello. Oddio… a ben pensarci non era un’idea malvagia, ma dubitava che Sev avrebbe mai accettato.
-Ti è successo qualcosa?- chiese il Serpeverde fissandolo negli occhi.
-Beh…- Harry distolse lo sguardo, a disagio.
“Beh, sai, il Campione della scuola, l’altro ieri, mi ha chiesto di accompagnarlo al Ballo del Ceppo.
Se è gay? A questo punto, immagino di sì.
Se lo sono io? Come faccio a saperlo? C’è un modo sicuro per accertarsene? Non so… tipo un test con vero e falso.
Cos’ho risposto? Ecco, questa è un’ottima domanda”.
-No, niente- borbottò, infine, rinunciando. Finché non avesse compreso cosa pensava lui stesso della situazione, non sarebbe riuscito a parlarne con altri.
-Sì, certo, come no- sbuffò l’altro lasciando intendere che non gli aveva creduto nemmeno per un attimo.
-Sev…-.
-Se hai bisogno, sono qui- tagliò corto il Serpeverde.
Harry sorrise. Severus era diventato meno espansivo rispetto a quando erano bambini, tuttavia con poche parole gli aveva ricordato che continuavano ad essere una famiglia, nonostante tutto.
-Cosa regalerai a Tom?- chiese il Cercatore sorseggiando la Burrobirra.
-Regalare?- ripeté il Serpeverde.
-Sì, sai… Natale… regali… ti dice qualcosa?-.
-Non ho mai fatto un regalo a Tom-.
-E perché no?!- Harry sembrava arrabbiato. –Siete amici, giusto?- continuò.
“Grifondoro” rifletté Severus con un moto di compassione. Poteva anche essere il suo migliore amico, ma rimaneva un Grifondoro, non poteva pretendere più di tanto da lui, senza contare che trascorreva fin troppo tempo con Black, prima o poi le conseguenze si dovevano manifestare.
-Harry,- tentò di spiegargli. –tu credi che a Tom gliene importerebbe qualcosa di un mio regalo?-.
-No,- ammise il Cercatore. –non gli fanno piacere neanche i miei-.
-Gli hai fatto dei regali?- chiese Severus con tono sorpreso.
-Sì- rispose Harry scocciato dalla sorpresa del Serpeverde. –E’ naturale: siamo amici. Cosa c’è di strano?-.
-Niente-.
-E allora, perché non li accetta?-.
-Perché t’importa così tanto?-.
-Perché è un mio amico, perché, probabilmente da quando è nato, trascorre tutti i Natali senza ricevere niente, perché mi piacerebbe potergliene fare uno e perché non capisco la ragione per la quale non ne vuole ricevere-.
“Non trascorre il Natale senza ricevere niente, quelli di Bellatrix li accetta” pensò il Serpeverde, ma decise che sarebbe stato meglio tacere al riguardo: quella conversazione aveva già assunto una piega abbastanza assurda.
-Perché non vuole i miei regali?- insistette Harry.
-Non occorre che io risponda, puoi intuire da solo la ragione- disse l’altro.
Secondo Severus, il problema maggiore era dovuto al fatto che Tom era, sostanzialmente, una persona arrogante. Lo pensava senza acredine, sia chiaro. Il mezzo Prince comprendeva l’arroganza, se essa era giustificata e, nel caso di Tom, lo era, indubbiamente. Senza contare che erano Serpeverde e probabilmente Tom non sarebbe sopravissuto nella loro Casa neanche una settimana, se non fosse stato per quella sua innata aria di superiorità che avvertiva anche chi gli stava intorno e che era sufficiente a far comprendere che non si sarebbe mai inchinato di fronte a nessuno. Tom non accettava di essere inferiore a qualsivoglia persona in alcun campo e, naturalmente, era un bene che fosse così: Serpeverde era una Casa in cui era sufficiente un momento di debolezza per cadere fino all’ultimo piano della catena alimentare.
Bisognava ammettere che era un ottimo commediante e che era molto abile nel simulare la modestia quando questo gli conveniva, ma si trattava solo di una farsa: fingere di abbassare la testa per poter ottenere qualcosa in cambio, non è come abbassarla veramente.
Severus immaginava che, dal personale punto di vista di Tom, accettare un regalo che non poteva ricambiare, sarebbe equivalso a un riconoscimento d’inferiorità. Lui accettava un dono, solo se la persona che glielo aveva offerto, aveva agito perché era stata manipolata da lui o perché desiderava compiacerlo. Insomma, quelli con cui aveva problemi erano i regali disinteressati, fatti solo per il gusto di farlo, lo facevano sentire in debito. Con Bellatrix, invece, era differente: quella ragazza era totalmente asservita a lui, di conseguenza ogni suo regalo era, per l’orfano, solo una manifestazione di quanto gli fosse sottomessa. Abbastanza contorto come ragionamento, certo, ma Tom era una persona contorta. Tuttavia lui e Sev erano abbastanza simili affinché quest’ultimo riuscisse a capirlo, ma anche abbastanza diversi da permettergli di giudicare le sue azioni con obiettività.
Osservando il viso imbronciato di Harry, Severus sospirò. –Deve trattarsi di qualcosa che non può essere comprato con i soldi- disse –e che non sembri un regalo di Natale-.
Il Grifondoro sorrise e annuì.
 
E’ Domenica, 13 dicembre.
Mancano dodici giorni al Ballo
e Harry è stato di nuovo a Hogsmeade.
 
Harry si diresse verso il suo dormitorio a passo di marcia, si lasciò cadere sul suo letto e chiuse gli occhi deciso a non rialzarsi mai più.
-Oh, avanti, Harry, stai esagerando-.
-Sta zitto, Sirius- sibilò il Cercatore. –non voglio più sentire la tua voce, almeno per un paio di mesi-.
Il Purosangue sbuffò mentre posava i pacchi che avevano acquistato sul letto di Neville.
-Stai esagerando- ripeté il Cacciatore.
Harry, che a quanto pare non era sufficientemente stanco per non arrabbiarsi, incenerì l’amico con lo sguardo e replicò: -Non avremmo dovuto andare a Hogsmeade, tanto per cominciare. Inoltre non c’era una ragione valida per cui avremmo dovuto andare lì. E io non avrei voluto andarci-.
-E’ andato tutto bene- gli fece notare l’altro con un’alzata di spalle.
-Ringrazia Cedric- ringhiò il figlio della Salvatrice, ripromettendosi di non dare mai più ascolto a Sirius e Blaise per il resto della sua vita.
Harry aveva programmato di trascorrere una giornata tranquilla (magari giocando a Quidditch, pattinando, evitando accuratamente di fare i compiti e pensando al regalo di Tom) invece, era stato trascinato da Sirius e Blaise a Hogsmeade per “Acquistare abiti da Cerimonia perché quel orrore che aveva comprato durante l’estate, era un offesa per gli occhi”.
Si erano quindi diretti verso il passaggio segreto che si trovava dietro la strega orba e che sbucava nella cantina di Mielandia per giungere al villaggio e saccheggiare il negozio di vestiti di Madame Pantoufle. Teoricamente era domenica e, sempre teoricamente, i negozi di vestiti chiudono di domenica, ma Harry aveva scoperto che solo a sentir nominare i cognomi Black e Zabini, ogni boutique era disposta a fare un’eccezione. Harry era rimasto seduto su una poltrona per ore ad osservare Blaise e Sirius provare un abito da cerimonia dopo l’altro facendo impazzire l’anziana commessa con commenti del tipo: -Lo voglio meno colorato!-, -Dev’essere più colorato!-, -Questo blu non è abbastanza blu-, -Ha qualche vestito che non è in circolazione dai tempi in cui mio nonno frequentava Hogwarts?-.
Harry aveva la sensazione che la signora Price stesse seriamente prendendo in considerazione il suicidio o, più probabilmente, l’omicidio. Sirius e Blaise, invece, si stavano divertendo un mondo. Lo si notava dallo scintillio diabolico che brillava nei loro occhi e dagli enormi ghigni sui loro visi.
“Questo non è fare shopping,” aveva considerato Harry “è attentare alla vita delle persone”. Il ragazzo non aveva avuto voce in capitolo neanche sul vestito che lui avrebbe dovuto indossare durante il ballo: Blaise si era limitato a sceglierlo e a consegnarlo a Sirius chiedendogli di assicurarsi che arrivasse integro al 25 dicembre e che il Cercatore lo indossasse.
Harry era fiero della pazienza che aveva manifestato. Quando Sirius e Blaise avevano deciso di aver fatto impazzire sufficientemente la commessa, lui non aveva ancora posto una sola lamentela e si era limitato a seguirli fuori dal negozio in religioso silenzio. I pazzi vanno sempre assecondati, si era detto, e poi quella giornata sembrava essere giunta al termine, quindi poco male. Tuttavia, si era scoperto che quella giornata non era giunta al termine. Infatti, non avevano ancora fatto neanche due passi quando erano stati raggiunti dalla professoressa Sprite. E perché erano stati raggiunti da lei? Perché Sirius gli aveva detto che: -No, Harry, non c’è bisogno che tu prenda il Mantello. Madame Pantoufle è a due passi da Mielandia: faremo in un attimo-.
-Buongiorno, professoressa- l’aveva salutata Blaise, con un sorriso serafico, come se non li avesse appena beccati a infrangere una regola della scuola.
Harry aveva ammirato il suo sangue freddo, considerando che l’unica cosa che a lui era venuta in mente di fare era sbattere la testa contro la parete del negozio. La professoressa Sprite non era un problema di per sé, ma sapeva che avrebbe seguito a puntino il regolamento e avrebbe portato lui e Sirius dalla Direttrice della loro Casa e quest'ultima era un problema. Lati positivi? Non avrebbe potuto espellerli dalla squadra di Quidditch, visto che, al momento, non c’era una squadra di Quidditch da cui espellerli.
-Buongiorno, Zabini- lo aveva salutato l’insegnante. –Si può sapere cosa…?-.
-Professoressa Sprite, come sta?-.
Come un cavaliere in lucente armatura, Cedric Diggory alias il Golden Boy aveva appena fatto la sua comparsa. Cedric, essendo all’ultimo anno e maggiorenne, era autorizzato ad entrare e uscire da Hogsmeade quando voleva durante i fine settimana e li aveva salvati. Harry non sapeva come, e neanche gli interessava a ben guardare, ma li aveva salvati. Era, infatti, riuscito a convincere l’insegnante che si trovavano al villaggio per una commissione  affidatagli da Hagrid. La professoressa McGranitt non ci sarebbe mai cascata (esistevano i Prefetti per le commissioni e nessuno di loro tre lo era), ma fortunatamente la Sprite (o per meglio dire la signora Lumacorno) non era la McGranitt. Difficile dire se fosse stata spinta da un’eccessiva ingenuità o, più probabilmente, aveva semplicemente deciso di credere alle parole del suo Prefetto preferito, ma li aveva lasciati andare. Cedric poi li aveva accompagnati fino al castello, senza chiedere spiegazioni su cosa ci facessero al villaggio.
E senza parlare con Harry.
E senza guardarlo in viso.
Il Grifondoro assunse un’espressione malinconica. Cedric gli piaceva. All’inizio pensava che si atteggiasse un po' troppo a mister perfezione per i suoi gusti (senza contare che ogni volta che lo vedeva, continuava a venirgli in mente quella disastrosa partita di Quidditch), ma in quelle settimane aveva imparato ad apprezzare la sua lealtà, il suo coraggio, le sue idee, il suo amore per il Quidditch e, soprattutto la sua semplicità. Era circondato da gente complicata. C'erano Sirius e Blaise (che sembravano le persone più scanzonate della scuola, ma che nascondevano al loro interno tanto dolore e tante ferite mai rimarginate), Albus (che dopo tre anni e mezzo, sentiva ancora di non conoscere fino in fondo), Neville (non poteva ancora credere di aver scoperto soli pochi mesi prima che anche lui aveva perso i suoi genitori per mano di Era Redbird, non poteva ancora credere che non glielo avesse mai detto e che aveva dovuto venirlo a sapere, per caso, dalla signora Dumbledore), Remus (che sembrava una persona semplice, anonima e tranquilla, ma che viveva tormentato da qualcosa, solo non sapeva ancora cosa) e, ovviamente, Severus e Tom (sulla cui mentalità contorta uno Psicoguaritore avrebbe potuto scrivere saggi e saggi). Li adorava tutti, ma ogni tanto era piacevole non dover analizzare ogni singola parola pronunciata, ogni gesto, ogni silenzio, ogni sguardo; ogni tanto era piacevole confidare nella trasparenza di una persona; ogni tanto era piacevole non dover sostenere conversazioni che parevano rebus; ogni tanto era piacevole essere certi che se ci fosse stato qualcosa che non andava, gli sarebbe stato detto e basta; sì, stare con Cedric era stato piacevole. E ora, con ogni probabilità, non gli avrebbe più rivolto la parola, non che Harry lo biasimasse per questo. Se fosse stato nei suoi panni, sarebbe stato altrettanto imbarazzato.
-Che hai?-.
Sirius si era avvicinato e, ora, era seduto a gambe incrociate sul fondo del letto. Harry, anche se completamente sdraiato, non riusciva a toccarlo neanche con i piedi. Il Cercatore si chiese quando Madre Natura si sarebbe ricordata di lui e gli avrebbe donato l'aspetto di un quattordicenne.
-Giovedì sera, quando sono sparito, ero con Cedric: mi ha chiesto di andare con lui al Ballo del Ceppo-.
Fino a cinque secondi prima, era determinato a portarsi il segreto nella tomba, tuttavia quando Sirius gli aveva chiesto come stava, aveva compreso che aveva bisogno di parlarne con qualcuno e, tutto sommato, il Cacciatore poteva essere la persona giusta.
-Davvero?- chiese, sembrava veramente sorpreso.
Harry annuì.
-Non sapevo fosse gay: l’anno scorso usciva con Cho Chang. Quindi, lei è libera. Devo ricordarmi d'invitarla al Ballo, dopo che avrò vinto la scommessa con Blaise-.
Il tutto lo disse col tono di chi stava commentando il tempo.
-Non mi chiedi cos’ho risposto?- gli domandò il Cercatore mentre si sollevava per sedersi e guardarlo in faccia.
-Cos’hai risposto?- chiese l’altro con tono accondiscendente.
-Non ho risposto. Sono rimasto zitto per quelli che mi sono sembrati secoli e poi lui ha borbottato un “Dimentica tutto” e se ne andato e ora non mi guarda più neanche in faccia-.
-Comprensibile, non deve essere piacevole essere rifiutati-.
-Io non l’ho rifiutato!- protestò Harry. –Non sapevo cosa rispondere-.
-O “sì” o “no”: piuttosto semplice-.
-Non lo è. Io…- non sapeva cosa dire, di conseguenza, chiuse la bocca e chinò la testa con aria afflitta.
Sirius gli afferrò il mento con una mano per risollevargliela e poi gli scompigliò i capelli affettuosamente.
-Scusa,- disse. –non avevo capito. Il problema non è Diggory, giusto? Sei in piena crisi d’identità sessuale-.
-Io…-.
-Ascolta,- lo interruppe il Cacciatore. –non so come si usi fra i Babbani, ma da mago a mago, ho solo un consiglio da darti: non porti il problema-.
-Che vuoi dire?- domandò il Mezzosangue con uno sguardo perplesso.
-Voglio dire che lambiccarti su quale metà del cielo preferisci, non ti porterà a nulla. Valuta persona per persona: Diggory ti piace?-.
-E’ simpatico- fu l’illuminate risposta.
-Anch’io ti sono simpatico,- gli fece notare Sirius –ma non è questo il punto: sai cosa intendo. L’hai mai guardato e hai pensato “quanto è bello”?-.
-Certo che ho pensato che è bello.- sbuffò Harry –Lo è, può confermartelo chiunque sia dotato di un paio di occhi-.
-Vorresti andare al Ballo con lui?-.
-Non lo so, Sirius. Penso che ci divertiremo, ma…-.
-Hai mai desiderato baciarlo?- lo interrupe.
Harry arrossì furiosamente. –Non ho mai desiderato baciare nessuno -.
-Abbracciarlo? Toccarlo? Avere un maggiore contatto fisico?-.
-Io…- il suo inconscio, senza nessuna apparente connessione logica, gli rifilò l’immagine del viso di Tom, ma Harry rimase comunque abbastanza lucido da rispondere, riferito a Cedric –No, mi piace stare con lui e basta-.
-In tal caso direi che non ti piace in quel senso. E tranquillizzati: Diggory mi pare sufficientemente intelligente per superare l’imbarazzo, non hai perso un amico-.
-Grazie, Sirius- disse Harry, sentendosi, effettivamente, più rilassato.
-Sempre disponibile per chiarimenti sul sesso- replicò il Grifondoro.

 
 
 
 

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Capitolo 30
*** Fifteen days - seconda parte ***


Capitolo XXIX – seconda parte
Fifteen days

 
E’ Lunedì, 14 dicembre.
Mancano undici giorni al Ballo
e Hermione utilizza in modo vantaggioso il celebre coraggio Grifondoro.
 
Non si potava dire che a Hermione non piacesse Sirius. Erano amici, in una qualche maniera, solo che, a volte, lo trovava fin troppo… Irritante? Presuntuoso? Arrogante? Pieno di sé? Borioso? Infantile? Immaturo? Puerile?
Si versò un po’ di succo di zucca nel calice dorato, per poi portarselo alle labbra e sorseggiarlo lentamente.  Era una gelida giornata di dicembre. Fuori dal castello, si stava scatenando quella che prometteva di diventare una tempesta di neve in piena regola. Hermione, Sirius, Harry e Albus, insieme ai loro compagni, erano tornati di corsa dalla lezione di Cura delle Creature Magiche, bagnati e infreddoliti, si erano tuffati dentro il castello e, ora, erano felici di potersi godere il caldo della Sala Grande mentre pranzavano in attesa che cominciassero le lezioni pomeridiane, fortunatamente tutte al chiuso.
-Hai davvero già ricevuto undici inviti?- chiese Harry con tono incredulo.
-Sì, ma Blaise è a tredici: mi devo dare da fare- rispose Sirius.
Come già detto in precedenza, Hermione non aveva niente contro di lui, ma era perfettamente consapevole che, con ogni probabilità, non avrebbero mai stretto amicizia, se non fosse stato per Harry e Al.
-Non trovi che circuire qualcuno, fingendo di essere sentimentalmente interessato, per poter ottenere un invito al Ballo e vincere una stupida scommessa, sia un comportamento moralmente discutibile?- disse la strega, infine.
-Potresti ripetere tutto da capo?- chiese Sirius mentre tagliava un pezzo di bistecca. –Ho smesso di ascoltare alla parola “vincere”-.
Hermione scosse la testa con espressione sconsolata. Albus, seduto al suo fianco, sorrise.
-Stai tentando di far bere del latte a un Knarl- commentò scribacchiando un appunto su un angolo di Trasfigurazione Oggi mentre, con l’altra mano, si portava alla bocca una fetta di torta al cioccolato.
-Secondo me, sei solo invidiosa perché non hai ancora ricevuto nessun invito- fece Sirius ignorando i tentativi di Harry di farlo tacere.
Hermione, che si era allungata per leggere l’articolo che aveva attirato l’attenzione di Albus, alzò di scatto la testa con aria irritata. –Ti sbagli- disse.
-Davvero?- domandò il Purosangue sinceramente curioso –Perché, chi ti ha invitata?-.
Anche Harry e Al volsero lo sguardo verso di lei che arrossì e borbottò:-Neville… e Krum-.
-Krum?! Viktor Krum ti ha invitata al Ballo del Ceppo?- chiese Sirius incredulo.
-Sì- rispose Hermione con tono secco mentre raccoglieva la sua borsa da terra e si dirigeva fuori dalla Sala.
-Hermione, aspetta!- la richiamò Harry prima di cominciare ad inseguirla, insieme agli altri due.
-Quindi andrai al Ballo con Viktor Krum?- s’informò Sirius quando la ebbero raggiunta sulla rampa di scale che portava ai piani superiori.
Hermione scosse la testa. –Gli ho detto di no- rispose continuando a camminare e senza voltarsi.
-Perché hai fatto una cosa del genere?-.
-Perché non volevo andare al Ballo con lui- spiegò Hermione con lo stesso identico tono che utilizzava la professoressa McGranitt quando spiegava un nuovo modello di trasfigurazione. Le probabilità che le due fossero imparentate, eventualità che sospettavano fin dal loro primo anno, aumentavano di giorno in giorno.
La ragazza si fermò improvvisamente in mezzo a un corridoio, si voltò verso i tre ragazzi e li rivolse uno dei suoi migliori sguardi severi. -Sirius, non dovresti essere a Babbanologia? E tu, Harry, non hai Divinazione, adesso? Vi consiglio di muovervi. Entrambe le aule sono molto distanti da qui: rischiate di arrivare in ritardo-.
-Hermione, non credo che ne risentirò se per altri cinque minuti, non mi sentirò dire dalla Cooman quanto sarà breve la mia vita- sbuffò il Cercatore.
-In quanto a me, sai perfettamente che non me ne frega niente di Babbanologia: mi sono iscritto al corso solo per far incavolare mia madre- aggiunse il Cacciatore. –Rispondi alla domanda, Hermy-.
-Hermione, Sirius, mi chiamo Hermione- specificò la Grifondoro con tono esasperato. –E comunque, ho già risposto: ho respinto Krum perché non voglio andare al Ballo con lui-.
-E perché non vuoi andare al Ballo col Cercatore della nazionale bulgara, eroe dell’ultima Coppa del Mondo e Campione del Tremaghi?-.
-Perché, per me,- rispose Hermione e la sua voce vibrava di collera e indignazione –al contrario tuo, uscire con qualcuno non è solo questione di punteggi e vittorie, perché io non gioco con il cuore degli altri, perché io non ferirei mai volontariamente i sentimenti di qualcuno, perché…-.
-O.k., o.k.,- la interrupe Sirius. –ho capito-.
-Non credo- ribatté la ragazza.
-E invece sì- replicò lui. –Anche se, dovete ammettere che siete strani. Qui dentro, c’è gente che pagherebbe per essere invitata al Ballo da uno dei Campioni, voi lo siete stati e…-.
-Perché parli al plurale?- lo interrupe Hermione mentre Harry era impegnato a fulminarlo con lo sguardo.

-Diggory ti ha invitato al Ballo, Harry?- indovinò Al.
I suoi amici gli rivolsero degli sguardi perplessi.
-Sirius ha parlato al plurale- spiegò il figlio del Ministro con una scrollata di spalle. –e, siccome, nessun Campione ha invitato me, poteva trattarsi solo di Harry. Inoltre, la Campionessa di Beauxbatons va al Ballo con Roger Davies e visto che Krum ha invitato Hermione, rimaneva solo… mi sbaglio?- concluse rivolto al Cercatore, il quale, messo con le spalle al muro, scosse la testa.
-Quindi… Diggory è gay?-chiese Hermione con tono sorpreso.
-Così pare- commentò Sirius. –e sapete questo cosa significa?- chiese nel tentativo di distogliere l’attenzione da Harry e levarlo dall’imbarazzo.
Tre paia di occhi confusi si voltarono verso di lui.
-Che Cho Chang avrà bisogno di qualcuno che si prenda cura del suo cuore infranto- concluse trionfante.
-Sei disgustoso- fu il giudizio di Hermione.
-Ti sbagli- obiettò il Cacciatore. –Prova a pensarci: cosa proveresti, tu, se fossi scaricata dal ragazzo che ti piace perché lui si è scoperto gay? Io voglio solo consolarla-.
-Sirius- s’infuriò Hermione –sei… sei… -.
-Sirius- concluse Al sorridendo.
Hermione scosse la testa con espressione apparentemente sconfitta, ma Harry avrebbe giurato che c’era una scintilla di divertimento dei suoi occhi. –Sarà meglio che vi muoviate- disse alla fine. –Sul serio, siete già in ritardo-.
I due giocatori di Quidditch annuirono, ma, prima di andarsene, Sirius chiese: -Non vieni, Al?-.
-Sì, fra un attimo. Tu precedimi pure- lo rassicurò questi.
Il Cacciatore gli rivolse uno sguardo perplesso, ma poi scosse le spalle con aria noncurante e si allontanò insieme a Harry.
-Per quanto ancora, pensi di riuscire a mantenere il tuo segreto?- chiese Hermione quando i due furono fuori portata d’orecchio. -Prima o poi, cominceranno ad avere dei sospetti-.
-Hanno già cominciato ad avere dei sospetti,- ribatté il ragazzo mentre si avviavano. –ma non credo che intuiranno mai la verità: è troppo surreale-. Si portò una mano al collo e giocherellò con una catenina d’argento. Hermione sorrise con aria saputa.
Quella storia era iniziata al loro terzo anno. La professoressa McGranitt li aveva portati nel suo ufficio durante la cerimonia dello Smistamento e aveva detto loro che avevano scelto troppe materie facoltative e che c’era un solo modo per permettere loro di seguire tutti i corsi: la Gira Tempo. Era stato un anno infernale, almeno per Hermione. Certo, andava fiera della fiducia che l’insegnante le aveva accordato, tuttavia, alla fine dell’anno, si era ritrovata mentalmente distrutta. Aveva ottenuto il massimo dei voti in tutti i corsi, ma era consapevole che non avrebbe retto un altro anno di continui viaggi temporali perciò era andata dalla vicepreside, l’aveva ringraziata per l’opportunità elargitale, l’aveva informata che aveva deciso di abbandonare i corsi di Babbanologia e Divinazione e le aveva restituito il manufatto.
Albus, invece, resisteva. Anche quel anno seguiva i corsi di Babbanologia, Antiche Rune, Artimanzia, Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni, Storia della Magia, Astronomia, Erbologia, Difesa contro le Arti Oscure e  Cura delle Creature Magiche, conseguendo in ogni compito sempre il massimo dei voti e, apparentemente, senza sforzo alcuno.
Hermione lo ammirava profondamente.
Al era dotato di un’intelligenza straordinaria. Hermione sentiva di poter affermare, senza falsa modestia, che anche lei era brillante, ma non raggiungeva i suoi livelli. La strega aveva un’intelligenza analitica: raccoglieva dati, li analizzava e li rielaborava. Tutto qui. Aveva un grande memoria, certo, e un’elevata capacità di concentrazione, ma non era Albus Dumbledore. Lui era semplicemente geniale. Non si limitava a raccogliere dati, ne inventava partendo praticamente dal nulla. Non si limitava ad analizzare cognizioni note, preferiva scoprirne di nuove. La sua mente non aveva limiti e se, un giorno, le avessero detto che il suo compagno di Casa era la reincarnazione di Merlino, Hermione non avrebbe avuto problemi ad accettarlo. La cosa più incredibile, tuttavia, era che nonostante le sue capacità straordinarie, Al non era lo studente migliore della scuola. No, anche se per una manciata di punti decimali, la media scolastica di Tom Riddle superava la sua. “Ma, davvero, per poco,” rifletté la strega. “e comunque, Albus, al momento, segue più materie di lui”.  In ogni caso, non era solo per la sua intelligenza che Al l’affascinava.
Era gentile, tanto per citare un’altra sua qualità, sempre e con tutti: non importava che tu fossi una matricola goffa e impacciata che dopo tre mesi non riusciva ancora a tenere a mente la strada per raggiungere la Sala Comune, o un guardiacaccia che voleva trovare la dieta ideale per uno Schiopodo Sparacoda, Al avrebbe sorriso e ti avrebbe aiutato.
Era imparziale: nonostante fosse il figlio del Ministro della Magia, non conosceva il significato della parola snob. Per lui tutti erano uguali: ricchi e poveri, Purosangue e Nati Babbani.
Era divertente, portava abiti assurdi, si nutriva quasi esclusivamente di dolci e pietanze improbabili, e sapeva sempre come farti sentire meglio.
Era Al, meramente senza uguali, e Hermione era infatuata di lui, fin dal loro primo anno.  Quella era la ragione per cui aveva rifiutato l’invito di Krum: c’era una sola persona con cui avrebbe voluto andare al Ballo del Ceppo e quella persona, ora, era affianco a lei. Abbastanza patetico, rifletté, considerando che Al, con ogni probabilità, da quel punto di vista neanche la considerava, proprio come non la considerava la maggior parte dei ragazzi. A parte Krum, naturalmente.
Erano quasi giunti davanti all’aula di Artimanzia quando Pix venne loro incontro, svolazzando sopra le loro teste. Sorrideva maligno e teneva tra le mani una bacinella ripiena di un liquido giallastro e maleodorante che stava per buttare su di loro. Hermione reagì d’istinto e spinse il mago di lato, insieme a lei. Purtroppo nell’urto, la sua borsa si strappò e tutto il suo contenuto si riversò sul pavimento, dove venne insudiciato col contenuto della bacinella
-Accidenti!- imprecò la strega mentre valutava i danni inferti ai suoi averi: quella sostanza giallastra stava corrodendo i suoi libri. Il poltergeist, intanto, si stava allontanando con una pernacchia.
-Non credo sia una sostanza molto potente- commentò Albus, avvicinandosi ed estraendo la bacchetta.  –Questo dovrebbe bastare: Gratta e netta-.
In un attimo, tutto tornò pulito.
-Grazie- mormorò Hermione, mentre riparava la borsa con un incantesimo e si accingeva a reinserirci i suoi beni.
-Figurati- rispose Al chinandosi per aiutarla a raccogliere i libri.
Avevano quasi finito quando lo sguardo del mago si posò sull’ultimo tomo rimasto. –Muso peloso, cuore umano- lesse –Non pensavo che t’interessassero i libri sui Lupi Mannari-.
-Beh,- borbottò la ragazza, prendendogli il volume dalle mani e riponendolo dentro la borsa. –è un racconto interessante-.
Al la osservò attentamente per poi sorridere e chiedere:-Da quanto lo sai?-.
-Sapere cosa?-.
-Che Remus è un licantropo-.
Hermione sbatté le palpebre un paio di volete, sorpresa, ma poi contraccambiò il sorriso del ragazzo e si disse che avrebbe dovuto immaginare che anche Al aveva intuito la verità.
-Non da molto- rispose. –Ricordi il giorno in cui c’è stata la prima cena del Lumaclub?-.
Al annuì.
-Sirius mi aveva detto che aveva portato Remus in infermeria perché stava male ma, quando la mattina dopo ci sono andata per vedere come stava, Madama Chips mi ha informato che se n’era andato via quasi subito. All’inizio mi sono limitata a relegare l’informazione in un angolo della mente, ma poi, durante la lezione di Astronomia, mi è capitato di scambiare quattro chiacchiere con Terry, il quale mi ha assicurato che Remus non aveva dormito nel suo letto quella notte. La cosa mi è sembrata strana, così ho fatto delle ricerche in biblioteca e, spulciando tra le vecchie Gazzette, ho scoperto che circa sette anni fa, un Lupo Mannaro, di nome Fenrir Grayback, ha attaccato nella casa di un certo John Lupin-.
Albus assentì:-Sì, l’ho letto anch’io quel articolo-.
-Beh, dopo sono semplicemente stata attenta,- concluse -insomma sapevo cosa cercare e mi sono anche documentata: probabilmente Remus assume l’Antilupo e, visto la complessità della Pozione e probabile che gliela prepari…-
-Il professor Prince.- concluse Al per lei. –Sì, è quello che penso anch’io-.
-Tu come l’hai scoperto?-.
-Pura deduzione- rispose il mago. –Insomma, una volta al mese sparisce: un po’ strano, no? E poi, ha dimostrato di avere dei sensi estremamente acuti ed essere, a volte, molto forte fisicamente, mentre in altre, quando è vicino alla luna piena, diventa debilitato e svigorito. Mi sono insospettito e ho fatto un paio di ricerche, proprio come te-.
-In effetti, mi sorprende che nessun altro ci sia arrivato-.
-Immagino sia a causa della quantità di pregiudizi che vigono sui licantropi. Il segreto di Remus è al sicuro perché lui non è come uno immagina essere un lupo mannaro. Ha un carattere mite e docile mentre tutti si aspettino che siano aggressivi e violenti-.
-Che mare di sciocchezze…- commentò la strega.
-Vero- convenne Al –La licantropia è una malattia e le persone affette dovrebbero essere trattate come tali e quindi aiutate, non additate in quanto mostri e isolate-.
-Tu… l’hai detto a qualcuno?-.
Il figlio del Ministro scosse la testa. –Ha il diritto di decidere lui quando e se parlarne-.
-La penso anch’io così- disse Hermione. –Ritieni che lo sappia qualcun altro, nel corpo docente, oltre al professor Prince?-.
-Non saprei. Credo che il preside non lo sappia, ma… hai notato quanto è in confidenza con la professoressa Redbird? Ha detto che lei e sua madre sono amiche-.
-Credi che…-.
-Ne sono quasi certo- disse il ragazzo scrollando le spalle in un gesto noncurante.
-Al…-.
-Sì?-.
Hermione venne colta dal panico. Quello che stava per chiedergli non centrava assolutamente niente col discorso che stavano facendo, tuttavia…
“Oddio, o mi dirà di sì o mi dirà di no, niente di che, Hermione, niente di cui preoccuparsi. Sei una Grifondoro, giusto? Tira fuori un po’ di coraggio”.
Sospirò profondamente e chiese: -Se non hai già in programma di andarci con qualcun’altro, verresti al Ballo del Ceppo con me? Sai, come amici-.
Albus parve sorpreso dalla domanda, ma poi sorrise e annuì. –Con grande piacere, Hermione-.
La strega trascorse il resto della giornata con un sorriso ebete dipinto sul viso, un sorriso decisamente non da lei.
 
E’ Martedì, 15 dicembre.
Mancano dieci giorni al Ballo
e Sirius si dà allo stalking .
 
Sirius sapeva che era ridicolo quello che stava facendo. Ridicolo e imbarazzante, senza contare che non sapeva perché lo stesse facendo.
Non avrebbe dovuto essere lì, tanto per dirne una, ma alle serre a seguire la lezione di Erbologia. Tuttavia, quella non era colpa sua. Se quel mattino aveva saltato le lezioni e ora si trovava in un passaggio segreto, coperto da un arazzo, a sbirciare la soglia di quell’aula la responsabilità era tutta di Harry. Era stato lui, infatti, a chiedergli se se la sentiva di accompagnarlo alla Testa di Porco, dove doveva incontrarsi con Mundungus Fletcher. O meglio, non glielo aveva chiesto, era stato il Cacciatore ad imporsi, però l’aveva fatto per la sua sicurezza. Aveva cominciato a preoccuparsi sin da quando, la scorsa domenica, dopo aver affrontato quella conversazione sui suoi gusti sessuali, il Cercatore gli aveva chiesto se conosceva un contrabbandiere di manufatti magici illegali.
-A cosa ti serve un contrabbandiere di manufatti magici illegali?- aveva chiesto allibito. Harry gli aveva risposto e Sirius era rimasto addirittura più allibito dopo aver sentito la risposta. Ciò nonostante gli aveva parlato di Mundungus Fletcher che, in quel periodo, alloggiava alla Testa di Porco. Harry gli aveva spedito immediatamente un gufo e, il giorno precedente, durante la cena, aveva ricevuto una risposta. Tuttavia, Sirius lo aveva costretto a portarlo con sé a quel appuntamento: non si fidava a lasciarlo andare da solo, alla Testa di Porco, per incontrare un contrabbandiere che lui stesso conosceva soltanto per nome (e poi, beh, quel mattino avevano Storia e Erbologia e ogni scusa è buona per saltare le ore di Rüf). Alla fine, le sue ansie si erano rilevate immotivate: Fletcher era un tipo innocuo e, operazione conclusa, i due Grifondoro erano tornati al castello sotto il Mantello dell’Invisibilità.
Harry era ancora in dormitorio perché voleva ‘sistemare un paio di cose’, invece Sirius si era diretto in Sala grande per pranzare. Anzi, si stava dirigendo in Sala Grande per pranzare quando lo aveva visto chiacchierare con un paio di amici appena fuori dall’aula di Incantesimi, e come un idiota, si era nascosto dietro in un passaggio segreto nascosto da un arazzo. L’aveva sollevato solo un poco, per poter continuare ad osservarlo nella speranza che l’angolazione in cui si trovava gli avrebbe reso difficile notarlo e così sembrava visto che lo stava osservando da una decina di minuti, ma lui non si era ancora reso conto di essere fissato.
Avrebbe voluto avvicinarsi, parlargli, ma non sapeva come, non sapeva cosa dirgli.
“Ciao Reg, mi dispiace di averti totalmente ignorato negli ultimi quattro mesi, non pensare che io sia arrabbiato con te, non lo sono, o almeno non del tutto, diciamo che non sono solo arrabbiato con te. Perché devi sempre stare dalla loro parte? Perché devi sempre dare loro ragione? Perché trascorri un’intera notte a curarmi le ferite che mi hanno inferto e poi mi sgridi perché gli ho insultati? Perché, Reg?”.
No, era un discorso troppo smielato e insulso per i suoi gusti. Sbuffò mentre Regulus rideva ad una battuta di Crouch. Sembrava sereno, rifletté, e questo era l’importante. Scosse la testa, rendendosi conto che non riusciva a convincere neanche sé stesso della veridicità di quelle parole. Probabilmente suo fratello aveva ragione quando lo accusava di essere un maledetto egoista, ma, davvero, al momento gliene fregava ben poco che suo fratello sembrasse sereno, il punto era che non si parlavano da quattro mesi.
“E di chi è la colpa?” gli chiese una vocina nella sua testa. Difficile dire se assomigliasse di più a quella di Hermione o a quella di Remus. Probabilmente a quella di Remus, lui era uno dei pochi (se non l’unico) in grado di fargli venire i sensi di colpa, Hermione, invece, non aveva alcuna difficoltà ad ignorarla.
Come richiamato dai suoi pensieri, vide il Corvonero giungere da un corridoio che si trovava proprio di fronte all’arazzo. La sua lezione si doveva essere appena conclusa, ma questo non spiegava perché si trovasse in quel corridoio completamente solo, inoltre si era reso conto che lo aveva notato e lo guardava evidentemente perplesso, poi volse lo sguardo in direzione di suo fratello, situato poco distante, e un lampo di comprensione attraversò i suoi occhi.
“Fantastico” rifletté Sirius. “come se non mi rendessi conto, da solo, che mi sto comportando in modo ridicolo”.
In quel momento, fortunatamente, Regulus se ne andò con i suoi amici.
Sirius si allontanò dall’arazzo, determinato a raggiungere la Sala Grande, quando esso venne sollevato da Remus.
-Non fare domande- disse immediatamente il Grifondoro.
-Perché dovrei farne?- chiese il Corvonero, rimettendo a posto l’arazzo dietro di sé, in modo da rimanere nascosti da occhi curiosi e assottigliando gli occhi nel tentativo di farli abituare alla penombra del passaggio segreto.
-Lo sai- rispose Sirius con tono secco.
-Che ti diverti a spiare tuo fratello?- chiese il licantropo. –Non è nulla di cui vergognarsi, ma non credi che otterresti maggiori risultati, se ti limitassi a parlargli?-.
-Non è così semplice- rispose il Cacciatore appoggiandosi alla parete e facendosi scivolare per terra.
Remus lo imitò e si posizionò al suo fianco.
-Non vi ho mai visti particolarmente… affiatati,- disse –ma almeno vi parlavate: cos’è successo?-.
-Succede che è un piccolo vigliacco Serpeverde incapace di pensare con la sua testa- rispose il Grifondoro.
“Che in Siriuese significa: abbiamo litigato a causa dei nostri genitori, mi manca, ma è lui che sbaglia e lo deve capire” rifletté Remus.
-Quindi… non gli rivolgerai più la parola per il resto della tua vita?- indagò.
-E anche se fosse?-.
Il suo tono di voce era strano (freddo, privo di emozioni, non da ‘Sirius’) e Remus si voltò per guardarlo bene in viso: era rigido come una statua. Soffriva.
Hermione poteva dire tutto quello che voleva sull’immaturità di Sirius (non è che avesse torto), ma quando Remus pensava a lui, non prendeva in considerazione i suoi atteggiamenti da bullo, ma quello. Quel suo modo di essere. Il non rivolgere la parola al fratello per una stupida presa di posizione per poi spiarlo di nascosto per assicurarsi che stesse bene. Ecco, quello era Sirius. Un po’ scemo, parecchio testardo, ma sapeva amare.
-Anche se siamo fratelli, non significa che dobbiamo per forza avere un rapporto- continuò intanto il Grifondoro. –Sì, certo, abbiamo una parte di patrimonio genetico in comune e allora? Se non fossimo stati partoriti dalla stessa donna, probabilmente, non ci saremmo mai neanche rivolti la parola e avremmo vissuto bene comunque-.
-Probabilmente,- convenne Remus –ma siete stati partoriti dalla stessa donna, siete cresciuti insieme e… vi volete bene, giusto?-.
Uno sbuffo fu tutto ciò che ricevette in risposta.
Remus si ritrovò a sfoggiare un sorriso accennato. Prima o poi, avrebbe riavvicinato suo fratello, ne era certo.
-Allora,- disse improvvisamente il Grifondoro. –immagino che tu abbia bisogno del mio aiuto per trovarti una dama per il Ballo. Che ne dici di Susan Bones? E’ carina-.
Ora, Remus sapeva che era solo un modo per tentare di cambiare argomento, ma non poté evitare di avvertire un brivido lungo la schiena.
“Ti prego Merlino” pensò “fa che non sia davvero intenzionato a trovarmi una dama”.
 
 E’ Mercoledì, 16 dicembre.
Mancano nove giorni al Ballo
e Gellert comincia a scoprire parte della storia .
 
Gellert non era uno stupido e tanto meno un ingenuo. Sapeva che il suo insegnante di Arti Oscure non lo aveva invitato a bere una cioccolata calda nel suo ufficio, perché la sua presenza lo deliziava particolarmente o, perlomeno, non solo per quello. Era dell’inizio dell’anno che lo sommergeva di attenzioni particolari e non perdeva un’occasione per attaccare bottone e Gellert riteneva che tutto ciò avesse ben poco a che fare col carisma della sua persona. Un giorno, lo avrebbe messo con le spalle al muro e gli avrebbe chiesto direttamente cosa, in lui, lo attirasse tento, che cosa volesse, ma, per il momento, stava al suo gioco. Quel continuo rincorrersi l’un l’altro era divertente e, dopotutto il docente non era la peggiore delle compagnie.
-I tuoi voti in Storia, invece, sono molto bassi- stava dicendo in quel momento. Parlava un tedesco quasi perfetto, privo di errori grammaticali, tuttavia si poteva avvertire in esso un marcato accento straniero, anche se di difficile identificazione: italiano? Spagnolo? Probabilmente spagnolo, considerato il suo cognome.  –La materia ti annoia?- continuò lui.
Gellert sorrise e posò la tazza sulla scrivania. –In parte: ci sono pochi periodi storici che reputo interessanti- rispose.
-Per esempio?- s’informò l’insegnante.
-Per esempio il Medioevo: quello è stato un periodo affascinante-.
L’uomo sorrise. –Penso che pochi Maghi condividerebbero la tua opinione: il Medioevo fu l’epoca della caccia alle streghe-.
-E anche quello in cui la Magia Oscura visse uno dei suoi più grandi momenti di gloria- ribatté il ragazzo.
-Sì, è vero. L’era di Morgana fu…- s’interrupe nel vedere contrarsi il viso del suo allievo. –Provi dell’acredine nei confronti della figura di Morgana LeFey?- chiese.
-No, - rispose Gellert anche se leggermente esitante –ritengo solamente che la storia inglese venga leggermente sopravvalutata. Non so perché, ma i maghi britannici vivono nella convinzione che il mondo giri attorno a loro-.
Il Metamorfomagus rise con un’espressione deliziata. –Abbiamo un patriota, vedo. Anche se, in effetti, per metà il tuo sangue è inglese e tu sei nato in Inghilterra-.
-Non ne conservo alcun ricordo- specificò il biondo.
-No, immagino di no. Quindi, per te, se non l’Inghilterra di tua madre nella quale sei nato, qual è la patria? L’Italia dove sei cresciuto o l’Ungheria* di tuo padre?-.
-Nessuna delle tre- ghignò il biondo. –Mi considero un Citoyen du Monde-.
-Che è la scelta migliore- convenne il docente. –Anche tua madre si definiva così, nonostante fosse un’inglese Purosangue-.
“Siamo giunti al punto della questione, infine” pensò Gellert. –Quindi conosceva mia madre- disse ad alta voce. –Era un suo seguace?- chiese col tono meno interessato che riuscì a trovare.
L’uomo sorrise. –No, eravamo… amici, immagino-.
Gellert corrugò le sopracciglia, profondamente scettico al riguardo. Non aveva alcun ricordo della madre, era morta quando lui aveva solo un anno dopotutto, tuttavia da quel poco che era riuscito a racimolare su di lei (tramite i racconti di suo padre e i libri di storia), non le era sembrata il tipo di strega da avere degli amici, aveva sempre creduto che preferisse lavorare da sola, come lui d’altronde. Gellert era, inoltre, convinto che il suo concepimento fosse stato un ‘incidente di percorso’ perché, davvero, non riusciva ad immaginare che la potente e famigerata Era Redbird avesse deciso di mettere su famiglia mentre tentava di assoggettare al suo volere il Mondo Magico.
Come se gli avesse letto nel pensiero, l’insegnante rettificò. –Avevamo gli stessi ideali e un obiettivo in comune-.
-Quale?- chiese, questa volta senza simulare la curiosità. Non poteva farci nulla, non gli era mai capitato di incontrare qualcuno che avesse conosciuto sua madre. Non la sua fama, non il suo potere, ma lei.
Il Metamorfomagus aprì un cassetto della scrivania, estrasse una foto incorniciata e la consegnò a Gellert.
Quest’ultimo l’afferrò rapidamente, tradendo la sua curiosità, e la osservò. All’interno della cornice dorata di manifattura antica, vi era una foto che ritraeva una ventina di persone impegnata a parlottare fra di loro. La maggior parte gli era del tutto sconosciuta, ma all’estremo lato destro della foto c’era il suo insegnante di Arti Oscure impegnato a giocherellare con la bacchetta con aria annoiata mentre una donna, vicino a lui, e a giudicare dal colore dei capelli un’altra Metamorfomagus, cercava di coinvolgerlo nella conversazione. Comunque non fu su di loro che si focalizzò l’attenzione di Gellert, ma sui suoi genitori. Erano al centro della foto e suo padre era impegnato a fissare incantato sua madre mentre lei discuteva con uomo dai lunghi capelli castani raccolti in una coda. Era talmente impegnato a rimirarli che ci mise qualche secondo per rendersi conto che quelle persone avevano tutte un particolare che le accomunava: i loro abiti sfoggiavano tutti il disegno di un occhio triangolare che non aveva mai visto prima.
-Quel simbolo- disse –cosa dovrebbe significare?-.
L’uomo sorrise. –Immagino sia arrivato il momento di raccontarti dei Doni della Morte-.
 
E’ Giovedì, 17 dicembre.
Mancano otto giorni al Ballo
e Dora scopre quanto è bello avere una cotta.
 
-Ahia!-.
-Non ti senti ancora bene, lo sapevo: torna in infermeria-.
-Manco morta- sbuffò Tonks accasciandosi contro un muro e massaggiandosi le costole. –Madama Chips non mi lascerebbe più andare. Ma l’hai vista? Sembrava che stessi per morire-.
-Beh, eri conciata male: Black è una brava Duellante- considerò Alastor.
Dora lo fulminò con lo sguardo. –Grazie per il supporto psicologico-.
-E’ solo la verità- ribatté l’altro mentre si avvicinava e l’aiutava a rimettersi in equilibrio per raggiungere la Sala Comune dei Tassorosso.
La sera precedente si era svolta una riunione del Club dei Duellanti e Dora si era ritrovata a Duellare contro sua cugina che l’aveva battuta e ridotta talmente male da rendere necessario un ricovero in infermeria, dove la Metamorfomagus aveva trascorso l’intera notte. In effetti, Madama Chips sembrava intenzionata a farla rimanere lì per il resto della  settimana, ma Tonks si era rifiutata (riteneva che Madama Chips fosse una gran brava persona, ma era veramente troppo assillante: una settimana di ricovero l’avrebbe portata a un esaurimento nervoso). Quindi, quella mattina di buon ora, aveva indossato la sua uniforme scolastica e si era diretta con determinazione verso la sua Sala Comune, accompagnata da Alastor che era venuto a farle visita approfittando di un’ora buca (che bello essere al settimo anno!).
-Il problema è che sbandieri troppo le braccia- stava dicendo il Corvonero. Dora l’aveva già detto che non era per niente di supporto psicologico? –In quel modo aiuti solo il tuo avversario a comprendere che tipo di mossa intendi effettuare, senza contare che un giorno ti scivolerà la bacchetta e ti farai esplodere la mano-.
-Alastor, quante persone conosci che si siano fatte esplodere da sole la mano?-.
-Dodici- rispose pronto il Corvonero. –John Hopkins, Berta Dwibill, Thomas Green, Lori Shifaard, Mark Tower…-
-O.k., o.k.,- lo interrupe lei. –ho capito: non sbandiererò mai più le braccia per il resto della mia vita-.
Le sfuggì un colpo di tosse e si massaggiò il petto con una mano per tentare di diminuire il dolore che provava. Sì, Black ci era andata pesante. Era la prima volta che Duellavano una contro l’altra. Tonks sapeva che sua cugina era molto abile nei Duelli, tuttavia pensava che sarebbe riuscita a cavarsela in una qualche maniera. Si era sbagliata e di grosso, evidentemente aveva ancora molte cose da imparare.
-Artiglio del Diavolo- borbottò Alastor.
-Come?- chiese Dora.
-Artiglio del Diavolo- ripeté il Corvonero. –Se non fa parte del tuo kit di Pozioni, chiedi a qualcuno di raccogliertelo alle serre: la professoressa Lumacorno ne ha in abbondanza-.
Allo sguardo sinceramente confuso di Dora, sbuffò chiedendosi come avesse fatto ad arrivare al quarto anno, considerando le lacune che aveva in alcune materie. Era un po’ come suo cugino: bravissima quando si trattava di sbandierare in aria una bacchetta, ma per il resto…
-E’ una pianta- spiegò. –Se la tagli e la fai bollire per tre ore in una soluzione di acqua e sale ottieni un potentissimo antidolorifico. Dovrebbe acquietare i tuoi dolori. Probabilmente, te l’avrebbe somministrato Madama Chips, se tu non le avessi assicurato che stavi benissimo per poter uscire dall’infermeria-.
Tonks arrossì leggermente, ma si sentì grata e felice. Era così avere una cotta? Sua cugina l’aveva stracciata durante un Duello, lei era finita in infermeria, le faceva male ovunque, ma era felice perché Alastor era venuta a trovarla e le aveva consigliato di bere una pozione. Sì, a quanto pare era così avere una cotta.
-Andiamo al Ballo del Ceppo insieme?- chiese il Corvonero a un certo punto.
Tonks s’irrigidì per un attimo, incredula per quelle parole che erano arrivate di punto in bianco, ma Alastor era fatto così. Non perdeva tempo con i giri di parola, ciò che pensava diceva, anche a costo di ferire il prossimo. Era brusco, ma a lei piaceva così.
-Sì- rispose più felice che mai.
“Ora devo solo trovare Blaise e scongiurarlo di aiutarmi ad imparare a ballare in meno di otto giorni” pensò.
 
 
 
 
*Per la storia dell’Ungheria… beh, non so dove sia nato Gellert, ho scelto l’Ungheria solo perché c’è un hotel a Budapest che porta il suo nome.
 
Nel caso ve lo steste chiedendo, sì, il capitolo non si è ancora concluso, manca ancora la terza parte e sì, nel prossimo aggiornamento Tom riapparirà.
Questa parte della storia è molto “slice of life”, ma mi serve per introdurre il Ballo del Ceppo, quindi abbiate pazienza.

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 31
*** Fifteen days - terza parte ***


Capitolo XXIX - terza parte
Fifteen days


E’ Venerdì, 18 dicembre.
Mancano sette giorni al Ballo
e  Blaise rimembra il passato.

Quando vi erano entrati, per la prima volta, Tonks aveva affermato che assomigliava alle case degli Hobbit. Blaise, naturalmente, le aveva chiesto cosa fossero gli Hobbit, anche se per un attimo aveva pensato che forse era meglio non saperlo: poche ore trascorse con la Metamorfomagus erano state sufficienti per fargli comprendere che aveva a che fare con una pazza. Lei gli aveva raccontato di un libro babbano che suo padre adorava e che narrava di elfi bellissimi e fieri(elfi bellissimi e fieri? Che sciocchezza!), omini minuscoli, ma buoni e coraggiosi (gli Hobbit per l’appunto) e di un potente mago di nome Gartald (mai sentito nominare). Incredibile le cose che i Babbani erano capaci d’inventarsi, aveva pensato il Purosangue, si ostinavano ad ignorare l’esistenza della Magia, ma inventavano storie assurde su di essa.
Blaise, personalmente, riteneva che la Sala Comune di Tassorosso con tutto quel giallo canarino, i pouf, gli scivoli e le porte perfettamente rotonde, assomigliasse a una camera per bambini. Sapeva d’innocenza, di calore ed era quanto di più diverso potesse esistere dall’austera eleganza di Villa Zabini.
“E non ho ancora capito se mi piace o no” rifletté il ragazzo mentre con aria svogliata sfogliava un album di fotografie rosa pallido sdraiato sul letto del suo dormitorio in quel momento deserto. Era quasi ora di cena e tutti i suoi compagni si trovavano in biblioteca a terminare insieme una relazione per la McGranitt, in perfetto spirito Tassorosso. Lo avevano invitato ad unirsi a loro, naturalmente, e lui aveva rifiutato, naturalmente. Non provava astio nei confronti dei suoi compagni di Casa, ma i suoi unici tentativi di socializzare con loro erano consistiti nel cercare qualche persona che potesse fungergli da Elfo Domestico (da quando aveva memoria, ne aveva sempre avuto uno in casa che obbediva a tutti i suoi desideri e non aveva nessuna intenzione di rinunciarci) e cercare di ottenere più inviti possibili al Ballo del Ceppo per vincere la scommessa con Sirius. L’unica eccezione, l’unica persona in quella Casa che avrebbe potuto chiamare amica era Tonks, ma in quel caso non aveva avuto scelta: la Metamorfomagus gli si era attaccata addosso peggio di un Dugbog* a una Mandragola e lui, alla fine, aveva accettato la sua compagnia per pura inerzia.
Girò un’altra pagina del album mentre il suo gatto nero si distendeva sul letto di Smith, un suo cugino di cui non si ricordava il grado e di cui non gli importava ricordarlo.
Non era pentito di non aver chiesto di essere Smistato a Serpeverde, stava bene a Tassorosso tutto sommato, Tassorosso era riposante. Quando era nella sua Casa non doveva continuamente lottare per dimostrare il suo valore (come accadeva quando stava con i Serpeverde), quando era nella sua Casa non doveva continuamente combattere contro la sconsideratezza e gli istinti suicidi (come accadeva quando stava con i Grifondoro), quando era nella sua Casa non era costretto a conversare con persone cervellotiche e fissate con il rispetto delle regole (come accadeva quando stava con i Corvonero). Sì, Tassorosso era riposante, per niente affascinante o eccitante, forse, ma era il luogo in cui gli veniva voglia di tornare dopo una giornata stressante: era una casa.
No, non aveva ripensamenti e anche se ne avesse avuti gli sarebbe bastato sfogliare quel album per ricordarsi perché era lì.
“Non voglio diventare come mia madre” pensò mentre le foto dei vari matrimoni della sua genitrice gli scorrevano davanti agli occhi. “Non voglio diventare come lei. Mi va bene tutto, anche essere uno svenevole Tassorosso: è sufficiente che non diventi come lei. Solo questo chiedo, solo questo”.
Smise di sfogliare le pagine davanti a una foto particolarmente grande che ritraeva la signora Zabini in abito da sposa mentre ballava col suo quarto marito (o era il quinto?). Sua madre era bellissima, anzi bellissima non rendeva l’idea, lei era stupenda, incantevole, affascinante, ammaliatrice. Le sensazioni che faceva sorgere erano simili a quelle che suscitava Fleur Delacour e, in effetti, anche negli Zabini scorreva sangue Veela, anche se in minima quantità. In teoria i discendenti delle Veela venivano sottoposti a controlli ministeriali per assicurarsi che non abusassero del potere ipnotico che avevano ereditato (non tutti i Maghi erano esperti Occlumanti e quindi immuni ad essi), tuttavia una serie di circostanze avevano permesso a sua madre di esserne esente. La ragione principale era che la parentela era molto remota e pochi ne erano a conoscenza: contrariamente alla Campionessa di Beauxbatons nessun Zabini si era mai sentito in dovere di pubblicizzare la propria ascendenza, anzi suo nonno aveva elargito molti Galeoni all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche affinché si dimenticassero di svolgere indagini sul loro albero genealogico; in secondo luogo, la maggior parte dei suoi mariti, sua madre gli aveva sposati durante la guerra e, a quei tempi, il Ministero della Magia era talmente impegnato da non trovare il tempo per preoccuparsi del destino dei consorti dell’erede di una rispettabile famiglia Purosangue.
Questo sfortunatamente per suo padre.
Questo sfortunatamente per suo padre e per gli altri sei uomini che sua madre aveva ucciso.
Ciò che turbava di più Blaise era l’apparente sincerità di quelle foto, l’apparente felicità del sorriso radioso dipinto sulle labbra di sua madre, l’apparente devozione con cui osservava il suo uomo. Sembrava davvero innamorata. Nonostante, Blaise conoscesse i suoi veri sentimenti (avidità, egoismo, egocentrismo, crudeltà) non riusciva a cogliere nessun di essi nell’espressione della strega. Una giovane donna felice e innamorata, ecco ciò che sembrava, una giovane donna felice e innamorata e, invece, con ogni probabilità stava già progettando la morte dell’uomo che aveva appena promesso di amare e onorare per tutta la vita.
Come ci riusciva? Come riusciva a simulare tanto bene l’amore?
Al Tassorosso era stato insegnato che l’amore non esisteva, che si trattava solo di una chimera a cui si aggrappavano i deboli e gli Zabini non erano deboli. Blaise ci aveva creduto per un certo periodo della sua vita, ma adesso si chiedeva come sarebbe stato illudersi per una volta.
Pensò alle espressioni felici dei sette mariti di sua madre: quello era amore? No, probabilmente si trattava solo di lussuria e ipnotismo.
Pensò al cuore spezzato di Rod e a Bella che perdeva tutta la sua fierezza e il suo orgoglio di fronte a Riddle: quello era amore? No, probabilmente era solo ossessione e masochismo.
Pensò a Tonks che il giorno prima lo aveva supplicato di insegnarle a danzare perché era stata invitata al Ballo da Moody: quello era amore? Forse o forse si trattava solo di un’infatuazione adolescenziale che sarebbe svanita con la stessa velocità  con cui era comparsa.
Pensò ad Andromeda Tonks e Eileen Snape che avevano rinunciato a tutto (famiglia, ricchezza, prestigio) per sposare chi desideravano: quello era amore? Forse o forse era solo stupidità.
Pensò a Riddle e a come diventasse quasi un’altra persona quando era con Harry: quello era amore? Forse, ma questo non gli aveva impedito di portarsi a letto Bellatrix.
Si chiese come avrebbe reagito Harry se l’avesse scoperto. Non bene, sicuramente. Che se ne rendesse conto o meno, aveva un debole per Riddle, inoltre detestava Bellatrix con tutto il cuore, no, non lo avrebbe mai accettato, non lo avrebbe mai capito.
Richiuse di scatto l’album, lo circondò nuovamente con un fiocco rosso scuro, mormorò un incantesimo per evitare che chiunque altro potesse scioglierlo e poi si alzò dal letto per rimetterlo nel baule, sotto i suoi vestiti estivi. Il suo gatto doveva aver percepito il suo turbamento perché scese dal letto di Smith (su cui aveva lasciato abbastanza peli per far arrabbiare quest’ultimo) e gli si avvicinò per fare le fusa. Blaise lo accarezzò con aria distratta.
L’amore esisteva? Ancora non lo sapeva, ma voleva scoprirlo, voleva vederlo. 
Per non diventare come sua madre, per non diventare un assassino senza scrupoli che non sapeva amare.

E’ Sabato, 19 dicembre.
Mancano sei giorni al Ballo
e  si forma una coppia inaspettata.

Era una cosa tremendamente Tassorosso quella. Lucius, probabilmente, ne sarebbe rimasto orripilato e avrebbe borbottato qualcosa su quanto fosse melenso il buonismo gratuito.
All’inizio aveva davvero avuto intenzione di sfruttare l’informazione di cui era entrato in possesso a suo vantaggio, ma poi… beh, forse, aiutando quei due a darsi una mossa avrebbe aiutato anche sé stesso. Aveva bisogno di credere in qualcosa e aveva deciso di credere in loro.
Si trovava in una delle tante aule cadute in disuso del castello e sedeva sulla scrivania con dipinta sul viso un’espressione combattuta. Proprio in quel momento, la porta si aprì e Bellatrix Black fece la sua comparsa in aula.
-Cosa vuoi, Zabini?- chiese senza preamboli. –Non ho tempo da perdere-.
-Non ti tratterò per molto, Bella- rispose il ragazzo. Neanche fra dieci anni avrebbe smesso di chiamarla per nome. Era un modo come un altro per ricordarle che anche se adesso era un Tassorosso e aveva allargato la cerchia delle sue amicizie, lei non poteva cancellare che loro due erano cresciuti insieme. –Vieni al Ballo con me-. Non era una domanda.
-Sicuro e lo stesso giorno butterò la mia bacchetta in fondo al lago e andrò vivere con i Babbani- replicò la Serpeverde.
Blaise sorrise, anche se  più che a un sorriso assomigliava a un ghigno. –So di te e Riddle-.
Vide Bella assottigliare gli occhi. –E cosa vuoi fare? Ricattarmi? Dillo pure al mondo intero, compreso mio padre: non potrebbe importarmene di meno-.
-Probabilmente a te no,- concesse lui. –ma penso che a Riddle importerebbe. Chissà quale sarebbe la sua reazione, se sapesse che avresti potuto evitare che la voce si spargesse, ma non l’hai fatto-.
“Si arrabbierebbe,” pensò il Tassorosso “si arrabbierebbe, ma non solo con Bellatrix, si arrabbierebbe anche con me e questa è la ragione per cui non farei mai una cosa simile, però non è necessario che lei lo sappia”.
La strega, tuttavia, fiutò il bluff e commentò con aria sprezzante:-Non lo faresti mai: non sei così stupido-.
-Forse,- rispose lui –ma tu sei così incosciente da correre il rischio?- chiese con quello che sperava assomigliasse a un tono noncurante e rilassato.
-Perché vuoi venire al Ballo con me?-.
Blaise la osservò attentamente e sorrise. –Tranquilla, non sono innamorato di te-.
“E’ solo che se verrai al Ballo con me, non potrai andarci con Tom. Con un po’ di persuasione dovrei riuscire a convincere Harry a invitarlo al Ballo , come amici gli dirò, e so che Riddle dirà di sì. Trascorreranno una romanticissima serata e io mi assicurerò che Bellatrix non rovini tutto standole appiccicato per tutto il Ballo. E, diamine, se neanche a quel punto quei due si daranno una svegliata, non vedo quando potrebbero farlo”.
-Oh, avanti,- continuò –ti ho chiesto di essere la mia dama per una sera, non di sposarmi. Giuro che dopo non tirerò mai più fuori questa storia: parola di Tassorosso. Sono disposto anche a stringere un Voto Infrangibile, se serve per convincerti -.
La vide assottigliare le labbra e portare una mano alla bacchetta per accarezzarla, ma poi annuì con un brusco gesto della testa e uscì dall’aula.
Blaise sperò che il suo piano funzionasse.
Aveva bisogno che Harry e Tom stessero insieme.
Aveva bisogno di vedere con i suoi occhi che il vero amore esisteva.

E’ Domenica, 20  dicembre.
Mancano cinque giorni al Ballo
e Tom trova un altro posto da chiamare  casa .

Tom si stava chiedendo se fosse il caso di cominciare a preoccuparsi. Probabilmente sì, ma, al momento, la curiosità superava i suoi timori. “E tanti cari saluti al famoso istinto di sopravvivenza Serpeverde” pensò.
Quello era un giorno particolare, decisamente, fin da quando Nagini , di ritorno dalla caccia notturna, gli aveva sibilato che aveva incontrato Harry lungo la strada, il quale lo stava aspettando nella Foresta Proibita e di darsi una mossa per raggiungerlo. Darsi una mossa… Davvero, un giorno di questi avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con quella serpe a proposito del significato della parola “rispetto”.
Harry, intanto, lo precedeva nel cuore della Foresta. Portava uno zainetto sulle spalle, aveva un’aria persino più arruffata del solito e gli abiti che indossava portarono il Serpeverde a chiedersi se si fosse vestito ad occhi chiusi e se prima di dirigersi verso la Foresta avesse lottato contro una qualche Creatura Magica. Probabilmente sì, decisamente era l’unica spiegazione possibile per giustificare il modo in cui era conciato, rifletté osservando il maglione sformato e i jeans strappati di parecchie taglie superiori alla sua. Tom pensò che doveva esserci qualcosa che non andava in lui se continuava a trovarlo carino anche vestito così.
-Non sarebbe indispensabile venire qui,- disse Harry in quel momento –ma voglio assicurarmi che nessuno ci veda. Sai, credo che potremmo essere sospesi per una cosa simile o peggio-.
A quel punto Tom cominciò a preoccuparsi.
-Cos’hai in mente esattamente?- chiese quando ebbero raggiunto la loro radura.
-Me ne ha parlato Prince- sorrise il Cercatore. –Pochissimi ne sono a conoscenza e ancor meno sono quelli che possono entrarci, ma noi possiamo-.
-Harry, di che stai parlando?-.
Il Cercatore non gli rispose, era troppo indaffarato a rovistare nel suo zaino dal quale estrasse un pallone da calcio forato. -Che ore sono?- chiese.
-Le sei e mezza-.
-Perfetto- fece l’altro –dovremmo partire da un momento all’altro-.
Tom non fece in tempo a fare nulla (pensare, chiedere spiegazioni, rifiutarsi) perché, proprio in quel momento, il Grifondoro afferrò la sua mano, la posò sul pallone e la sgradevole sensazione di qualcosa che gli arpionava l’ombelico lo colse e lui si ritrovò trascinato in un vortice di luci e ombre fianco a fianco con Harry.
Non durò molto, e quando si concluse, i suoi piedi non pestavano più il terreno della Foresta Proibita, ma un pavimento di marmo.
-Cosa…?- non fece in tempo a finire la domanda perché Harry lo interrupe.
-Benvenuto nella casa di Salazar Serpeverde- disse con un’espressione estremamente fiera di sé.
In quel momento Tom cominciò a guardarsi attorno. Si trovavano un ampio salone molto fatiscente e che mostrava evidenti segni di abbandono, ma in cui ancora si poteva intuire quanto fosse stato elegante e lussuoso in passato.
-Come ti ho già detto, me ne ha parlato Prince- continuò intanto l’altro ragazzo. –Era la sua casa, la casa dei suoi genitori e quella in cui tornò a vivere dopo aver lasciato Hogwarts, anche se viaggiò parecchio, comunque, ma tornava sempre qui, alla fine: l’Inghilterra era la sua casa. Ci sono ancora tutti, o comunque molti dei suoi libri, sai? La biblioteca dovrebbe essere di sopra se vuoi…-.
-Come faceva Prince a sapere di questo posto?- intervenne Tom.
Harry alzò le spalle. –Non saprei, ma sa un sacco di cose su Salazar Serpeverde. Per quel che ne so potrebbe essere un suo discendente-.
-Se così fosse dovrebbe essere un Rettilofono- replicò Tom –e non lo è-.
-Non è possibile che questo potere si sia perso attraverso le generazioni?- chiese Harry con un’espressione pensierosa. -Sai, un po’ come con la magia, quando una famiglia in cui ci sono sempre e solo stati Maghi, improvvisamente, nasce un Magonò-.
-Può darsi,- convenne il Serpeverde –ma qualcosa mi dice che non è così. Dopo che ebbe abbandonato Hogwarts, Salazar Serpeverde scomparve nel nulla, nessuno ne seppe più niente, come fa lui a sapere che ha viaggiato? A me sembra che abbia trascorso gran parte della vita ad indagare su Salazar. Il punto è perché: semplice curiosità accademica o qualcos’altro?-.
Scambiò un veloce scambio di sguardi con Harry e, dalla sua espressione, comprese che il Grifondoro la pensava come lui: Prince nascondeva qualcosa. Lui e Harry erano estremamente diversi, perlomeno in superficie, ma c’erano quei momenti, quei momenti in cui  non avevano bisogno di parole o gesti per comunicare: era come se si leggessero nella mente, ognuno di loro sapeva esattamente cosa stava pensando l’altro. In quei momenti, Tom aveva la sensazione di conoscere Harry da una vita, di averlo visto nascere e di essere cresciuto insieme a lui. Ovviamente si rendeva conto che si trattava di un'impressione totalmente fittizia, tuttavia questo presentimento permaneva, inoltre, era dal giorno in cui l’aveva conosciuto che avvertiva che c’era un qualcosa che li univa. All’inizio aveva attribuito quella sensazione all’aver avuto un’infanzia simile, ma ora sapeva che c’era dell’altro: aveva avuto un’infanzia simile alla loro anche Severus, dopotutto.  
-Non mi piace,-disse il Cercatore lentamente–ma comunque non credo che sia una cattiva persona-.
Tom si lasciò sfuggire una smorfia. Termini come “buono” e “cattivo” non gli erano mai piaciuti. Secondo la sua opinione, tutti erano capaci di tutto. Continuò a guardarsi attorno, incuriosito, poi chiese:-Dove ci troviamo?-.
-Da qualche parte sullo Snowdon**-.
-Come hai fatto a procurarti quella Passaporta?-.
-Un contrabbandiere che alloggiava alla Testa di Porco- rispose il Cercatore. –Ne ho un’altra per il ritorno, comunque, che dovrebbe attivarsi tra una decina di ore. Puoi visitare la casa, nel frattempo, e saccheggiare la biblioteca-.
Il Serpeverde non diede segno di aver sentito il suo invito e, invece, chiese:-Hai detto che solo in pochi possono entrare in questa casa: come mai?-.
-Magia.- rispose il Grifondoro.–A quanto pare ha incantato la casa facendo in modo che solo un Rettilofono, o chi avesse ricevuto il permesso di uno di loro, potesse entrarci. Chiunque altro ci provasse dimenticherebbe immediatamente anche solo di averla vista-.
Tom ghignò divertito. –Tipico di Salazar Serpeverde-.
-Già, tipico di Salazar Serpeverde-.
-Perché mi hai portato qui, Harry?- chiese infine.
“Perché volevo farti un regalo di Natale” sarebbe stata la risposta sincera. –Pensavo che ti sarebbe piaciuto, tutto qui-.
-Mi piace- mormorò l’altro.
Harry sorrise. –Ti piace una vecchia casa abbandonata da secoli: hai strani gusti-.
-Anche tu, visto che mi ci hai portato- rispose l’altro muovendo lievemente le labbra in quello che, con un po’ d’immaginazione e tanto ottimismo, avrebbe potuto sembrare un sorriso.
Beh, Harry aveva tanta immaginazione e, quel giorno, si sentiva in vena di essere ottimista.
Gli si accostò e Tom avrebbe potuto giurare di riuscire ad avvertire il calore che emanava anche attraverso i loro vestiti. Ultimamente era diventato più che mai conscio della presenza fisica di Harry.
-Potrebbe diventare il nostro posto- borbottò il Grifondoro. –Con un bel po’ di lavoro di manutenzione penso che potrebbe diventare una bella casa-.
Tom ghignò nuovamente. –Parli come se potessimo tornarci di frequente. Ti ricordo che ci siamo allontanati illegalmente dal castello. Inoltre come penseresti di tornarci? Non riusciremo mai a procurarci un’altra Passaporta e non nominare neanche quel tuo contrabbandiere: non mi piace l’idea di te con gente come quella-.
Harry avrebbe voluto ribattere un po’ irritato, come sempre quando qualcuno gli dava degli ordini, che anche se a lui non piaceva non significava che non l’avrebbe rifatto, ma poi decise, molto magnanimamente di lasciar perdere. “Dopotutto è Natale” pensò.
-Potremmo tornarci durante le vacanze estive- propose. –e quando ci saremmo diplomati, viverci per un po’-.
Tom inarcò le sopracciglia. –Mi stai proponendo di andare a vivere insieme?-.
Harry spalancò gli occhi, esterrefatto. –Non intendevo in quel senso- ci tenne a chiarire. –Io… non…-.
-Sì, ho capito,- lo interrupe Tom –ma sta attento quando dici cose simili: qualcuno potrebbe fraintendere-.
“Come quel Diggory, per esempio” pensò “che non mi è mai piaciuto e, ultimamente, sto cominciando a odiare, anche se, a quanto pare, si è finalmente deciso a starti alla larga: buon per lui”.
Harry sospirò profondamente per poi chiedere:-Ti piace veramente?-.
-Sì,- rispose Tom. C’era qualcosa in quel posto, un po’ più debole di quello che avvertiva a Hogwarts, ma che comunque sapeva di "casa". Forse non sarebbe stata un’idea tanto malvagia, andarci a vivere un giorno.
-Allora, spiegami- continuò il Grifondoro –come mai non sei immediatamente corso in biblioteca?-.
-Se fossi così secchione, sarei stato Smistato a Corvonero, non ti pare?-.
-E’ vero- convenne il Cercatore.
-Ma questo non significa che non ci correrò, ora- precisò il Serpeverde.
Il più giovane sorrise:-Naturalmente- poi sospirò. –Blaise, ieri, mi ha detto una cosa-.
-E cioè?- chiese l’altro domandandosi cosa centrasse, ora, Zabini.
 -Che potremmo benissimo andare al Ballo insieme io e te, sai, come amici. Non so con chi andarci, ma Lumacorno vuole che ci vada con qualcuno e che mi sieda al tavolo d’Onore. L’avrei chiesto a Sev, ma penso che l’unico modo per convincerlo a partecipare al Ballo sia una maledizione Imperius e Sirius e Albus sono già impegnati, perciò, ecco, se tu non hai già in programma di andarci con qualcuno…-.
Tom non sapeva bene come reagire: se essere irritato per il fatto che fosse stato la quarta scelta dopo Severus, Black e Dumbledore o essere contento all’idea di andare al Ballo con Harry, comunque, alla fine, annuì.
La preoccupazione per aver già accettato l’invito di Daphne Greengrass (un Prefetto della sua Casa) e che, di conseguenza, avrebbe dovuto ritrattare e lasciarla senza cavaliere a una manciata di giorni dal Ballo, non lo sfiorò neanche.

E’ Lunedì, 21 dicembre.
Mancano quattro giorni al Ballo
e  si forma un’altra coppia inaspettata.

Rita era una ragazza sveglia. Non era particolarmente dotata come strega (anche se aveva un certo talento in Trasfigurazione), ma era sveglia.
Era un’osservatrice e aveva il dono di riuscire a passare del tutto inosservata quando voleva, il che le permetteva di riuscire a raccogliere una gran quantità d’informazioni e di venire a conoscenza di molti segreti succulenti. E sapete come si dice? Conoscenza è potere. Era vero, assolutamente vero. Sapere qualcosa che gli altri ignorano ti pone in una situazione di vantaggio.
La sua abilità nello scoprire cose che non avrebbe dovuto sapere, le aveva permesso di diventare una della “congrega di Riddle”, così chiamata, con un certo disprezzo malcelato, dai Serpeverde più estremisti che non avrebbero mai accettato Tom solo perché portava un cognome babbano. A lei non importava perché far parte della cosiddetta congrega di Riddle, le garantiva potere e protezione. Quelli che la disprezzavano perché era una Purosangue che si faceva comandare a bacchetta da un Mezzosangue erano degli sprovveduti che non avevano ancora compreso quanto Tom fosse straordinario. Quest’ultimo aveva messo piede nella Sala Comune di Serpeverde con sulle spalle le peggiori zavorre possibili (un cognome babbano, Stato di Sangue incerto, albero genealogico sconosciuto, povertà), tuttavia, ora, era il migliore studente della scuola, forse il migliore che Hogwarts avesse mai avuto, aveva attirato l’attenzione dell’intero collegio, tutti ne erano affascinati, chiunque ci parlasse ne rimaneva ammaliato, gli insegnanti lo adoravano, alcuni dei loro compagni baciavano la terra dove camminava, ed era lo studente preferito del preside. Rita, una volta, che era entrata nel suo ufficio per chiedere un permesso di esonero dalla verifica di Astronomia (privilegi da Lumaclub) aveva notato che nell’angolo dedicato alle foto dei suoi allievi prediletti, la foto di Tom era stata posta affianco a quella di Lily Potter: nessun altro aveva meritato un simile onore prima d’ora.
C’era anche chi era certo che sarebbe diventato Ministro della Magia, un giorno. Rita non sapeva se lo sarebbe diventato veramente, ma era certa che qualunque strada avesse scelto di percorrere sarebbe diventato un grande, qualcuno di cui i libri di storia avrebbero parlato e che il Mondo Magico non avrebbe mai dimenticato. Sarebbe stato meglio per quegli stolti che non avevano ancora compreso quanto straordinario fosse Tom (sia per la sua intelligenza, che per il suo potere, che per il suo fascino), aprissero gli occhi e in fretta, anche. Rita aveva la netta sensazione che Tom non avrebbe dimenticato nessuno di quelli che osavano trattarlo con superiorità. Si sarebbe vendicato, ne era certa, di tutti coloro che lo disprezzavano, di tutti coloro che si mettevano contro di lui.
“Perciò, Rod non fare sciocchezze.” pensò “Tanto Bella non sarà mai tua: è sua”.
Lo  raggiunse alla Guferia: era senza mantello, stava rabbrividendo per il freddo e i suoi occhi erano rossi di pianto. Rita non era un tipo compassionevole, ma ridotto in quello stato avrebbe fatto pena a chiunque.
 -Perché con Blaise?- chiese lui quando si fu avvicinata. –A questo punto avrei preferito che il suo cavaliere fosse Tom-.
-Non conosco il motivo- rispose Rita.
Quel giorno, a pranzo, stava flirtando con Lucius nella speranza che la invitasse al Ballo. Lui, tuttavia, aveva affermato che aveva intenzione di andarci con Blaise, ma Bella lo aveva informato che il Tassorosso avrebbe accompagnato lei. La notizia aveva lasciato tutti stupefatti. Negli ultimi tre anni, Bellatrix aveva fatto di tutto per dimostrare che considerava il ragazzo un traditore del suo Sangue e, ora, andava al Ballo con lui?
-Forse vuole far ingelosire Tom- ipotizzò la bionda. Certo, la ragione per cui invece Blaise volesse andare al Ballo con lei, era un mistero.
-E pensi che ci riuscirà?-. Il tono di Rodolphus era preoccupato.
Rita lo capiva. Finché la relazione tra Tom e Bellatrix fosse rimasta su un piano puramente sessuale, lui aveva ancora una speranza, la speranza che la mora rinsavisse, che il suo orgoglio prendesse il sopravvento e decidesse di smettere di essere la compagna di letto di un Mezzosangue per mettersi con qualcuno che la venerava con la stessa passione con cui lei venerava Tom e che la sua famiglia approvava: Rodolphus per l’appunto.
-No, non credo che ci riuscirà- rispose e non lo disse per consolarlo, lo pensava veramente. Secondo lei, c’era solo una persona al mondo in grado di suscitare un sentimento simile in Tom e quella persona non era Bellatrix.
Rodolphus sospirò sollevato.
Rod le piaceva. Lui e Millicent erano le persone più simili a degli amici che avesse. Non aveva dimenticato come, durante il suo primo anno quando l’avevano sospesa, i due l’avessero aiutata a rimanere in pari con il programma scolastico per evitare la bocciatura. No, non lo aveva dimenticato. Non avrebbe esitato a tradirli per salvare sé stessa, se si fosse presentata l’occasione, ma non aveva ancora dimenticato quello che avevano fatto per lei e, ora, le dispiaceva vedere Rodolphus soffrire così tanto.
-Vieni al Ballo come me- disse. Dallo sguardo che le rivolse il Serpeverde comprese che l’aveva fraintesa e si affrettò a chiarire:-Se vai da solo, combinerai qualche sciocchezza e Tom te la farebbe pagare-.
-Non ci vai con Lucius?- chiese.
Rita scosse la testa. –Quando ha scoperto che Blaise era già impegnato, ha invitato Regulus e lui ha accettato-.
-Regulus?! Regulus Black? Il piccolo Reg?-.
La bionda annuì.
-Ma è un bambino-.
La strega ghignò, divertita dal suo stupore. –Guarda che ha solo un anno in meno di noi- gli fece notare. –Allora- continuò –compra un abito da cerimonia viola scuro: s’intonerà col mio vestito-.

E’ Martedì, 22  dicembre.
Mancano due giorni al Ballo
e  Harry fa un incontro imbarazzante.

Haary si stava chiedendo come avessero fatto a convincerlo a sottoporsi a tutto quello. Doveva essere stato preda di un Confundus quando aveva accettato, senza alcun dubbio.
Si appoggiò su un armatura esausto. Incredibile come delle ore di lezioni di ballo impartite da Blaise fossero riuscite ad essere più faticose di un allenamento di Quidditch o delle lezioni Anti-Dissennatore della Redbird.
“Mai più” si ripromise “mai più”.
-Hai intenzione di rimanere appoggiato a me ancora per molto?- gli chiese l’armatura in quel momento. –Non è che tu sia poi così leggero-.  
E per sottolineare la frase appena pronunciata spinse Harry di lato, il quale, dopo aver evitato per un pelo di cadere a terra, si ritrovò a fissarlo scocciato.
-Sai, potrei farti esplodere quando voglio- gli ricordò. –Non ti conviene trattarmi male-.
-Fallo,- lo sfidò quella. –ma ti faccio notare che qui ci sono un sacco di quadri e armature pronte a testimoniare. Se vuoi essere messo in punizione da Gazza per il resto del anno, fallo-.
Harry digrignò i denti, un po’ irritato. Essere ricattati da un armatura: ecco a che punto era giunto. Sbuffò e stava per dirigersi verso la sua Sala Comune quando notò una figura che era rimasta immobile ad osservare lo spettacolo.
Arrossì. –Non mi metto sempre a litigare con le armature,- si sentì in dovere di chiarire –ma sono davvero stanco-.
La figura annuì e fece per allontanarsi, ma Harry lo richiamò dicendo: -Vado al Ballo con Tom-.
Non sapeva perché glielo aveva comunicato, ma si sentiva in dovere di farlo.
Cedric annuì. –Voi due…?-.
-No,- chiarì il Grifondoro. –ma devo andarci con qualcuno, sai, Lumacorno vuole che mi sieda al tavolo d’Onore, e lui è mio amico-.
Siccome il Tassorosso non sembrava voler prendere parola continuò:-E anche noi due siamo amici-.
Il Campione sospirò profondamente, poi sfoggiò quello che sperava assomigliasse a un sorriso e rispose:-Sì, lo so-.


E’ Mercoledì, 23  dicembre.
Mancano tre giorni al Ballo
e sembra che  la Fenice Oscura stia per risorgere .

Gellert continuava a pensarci. Tutta quella storia aveva dell’incredibile, certo, ma non aveva alcun dubbio sul fatto che fosse vera.
Tutta.
Sua madre.
La confraternita nota come i Cavalieri di Morgana.
I Doni della Morte.
E quella leggenda.
L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la Morte.
Sì, era difficile da spiegare a parole, ma sapeva che quella storia era vera, come se, in un certo senso, una parte di lui l’avesse sempre conosciuta.
“Ci sono dei ricordi sopiti in te che non aspettano altro che essere risvegliati”.
Probabilmente era vero, ma il punto, in effetti, non era se credergli o meno, ma se acconsentire alla sua richiesta. Anche perché sapeva, con la stessa sicurezza con sui sapeva che gli aveva raccontato la verità, che non gli aveva raccontato tutta la verità. Se si fosse unito a loro, avrebbe conosciuto l’intera storia?
Se lo chiedeva, Gellert, e rifletteva, sdraiato sul suo letto e fissando il soffitto.
Avrebbe seguito le orme di sua madre? La storia stava per ripetersi?
Come se avesse avuto intenzione di rispondere alla sua domanda, in quel istante udì il canto di una fenice che proveniva dal parco.
Perché le fenici risorgono sempre dalle ceneri.

E’ Giovedì, 24  dicembre.
Manca un giorno al Ballo
e, apparentemente, tutto va bene.


Fu Neville a porre la domanda che tutti i suoi compagni si stavano facendo:-Lo farai veramente?-.
-Non ho altra scelta- rispose Sirius con aria solenne. -Una scommessa è una scommessa-.
-Pronto, Sirius?-.
Blaise, con un sorriso diabolico stampato in faccia e un piccolo giradischi di legno stretto al petto, aveva appena fatto la sua comparsa alle spalle del gruppetto di Grifondoro, insieme a Tonks che già rideva.
-Sono pronto- rispose il giovane Black col tono di uno che stava andando al patibolo.
Hermione volse uno sguardo a tutte le persone che stavano tranquillamente pranzando ignari dello spettacolino a cui avrebbero assistito da lì a poco.
-La professoressa McGranitt ti metterà in punizione per il resto della tua vita per aver ridicolizzato la nostra Casa davanti a degli studenti stranieri e penso che questa volta non la passerai liscia neanche con Lumacorno- dichiarò mentre si stava chiedendo perché il suo doveva essere sempre il ruolo del Grillo Parlante e perché, soprattutto, nessuno le desse mai retta.
-Lumacorno si farà quattro risate e la McGranitt mi perdonerà… prima o poi- ribatté il Cacciatore.
-Allora vai- lo incoraggiò il Tassorosso, sempre con un ghigno molto largo sul viso, porgendogli il giradischi.
Sirius sospirò, poi lo afferrò, e, con passo di marcia e un’espressione imperturbabile, si diresse fra i tavoli di Corvonero e Tassorosso, fino a giungere proprio di fronte al tavolo delle Autorità.
Non ebbe bisogno di fare un grande sforzo per attirare l’attenzione, in effetti fu sufficiente che cominciasse a spogliarsi. Prima la cravatta, poi il golf, la camicia e i pantaloni fino a rimanere in mutande. Probabilmente la ragione per cui nessuno lo fermò fu che erano tutti troppo impegnati a fissarlo allibiti, in realtà molti studenti più che ha fissarlo erano impegnati a sbavare, ma questi sono dettagli. Colin Canon, in particolare, stava fantasticando su un futuro ipotetico in cui quel corpo sarebbe stato sopra il suo, in un letto enorme dalle coperte di seta, in compagnia di Tom Riddle, Blaise Zabini, Cedric Diggory, Roger Davis, (Lucius Malfoy no, perché non gli piacevano i biondi) e, naturalmente, Harry Potter, tutti e sei impegnati a donargli piacere. Ovviamente, era destinato a rimanere un bel sogno, ma perché non lasciargli le sue fantasie, per il momento.
Comunque sia, anche se quello spogliarello improvvisato diede a molta gente materiale per fantasie erotiche sufficienti per mesi, nessuno se ne preoccupò eccessivamente. Si trattava di Sirius Black dopotutto: un nome, un programma. In effetti, fu solo quando Sirius posò il giradischi per terra, lo accese e da esso, al massimo del volume, cominciò a provenire la voce di  Celestina Warbeck che invitava a mescolare il suo calderone che qualcuno si allarmò, anche se non fu niente in confronto a quando il Purosangue cominciò a ballare. Non fu tanto la scena di danza improvvisata a colpirli, dopotutto quello era Sirius Black, ma la scelta della canzone. Sorelle Stravagarie? Avrebbero capito. Musica babbana sconosciuta? Avrebbero capito.  Celestina Warbeck? Non capivano.
La maggior parte degli astanti lo stavano ancora fissando a bocca aperta; Regulus Black prese a osservare intensamente le sue scarpe impegnato a  chiedere a Merlino, Morgana e Salazar perché dovesse avere per fratello proprio quel mentecatto; Colin cominciò a scattare fotografie a raffica; Rita s’appuntò di rubare le fotografie di Canon alla prima occasione, avrebbe avuto tanti gufi da spedire il giorno seguente: uno alla famiglia Black, uno ai suoi genitori, uno al Settimanale delle Streghe, uno a una sua amica di penna francese, uno a Mafalda Prewett e uno a chiunque altro le venisse in mente. Intanto, chi era a conoscenza della sfida tra Blaise e Sirius rideva a crepapelle, persino Remus non poté fare a meno di ridacchiare, anche se ebbe l’accortezza di chinare il viso per non farsi vedere: tutto quello doveva essere già abbastanza umiliante per il Grifondoro, senza che lo prendesse anche in giro.
Harry era deliziosamente divertito al pensiero della McGranitt che sarebbe esplosa da un momento all’altro e avrebbe tentato di favorire l’estinzione della famiglia Black. Si era riappacificato con Cedric, la sera seguente ci sarebbe stato il Ballo al quale sarebbe stato accompagnato da uno dei suoi più cari amici, non aveva un problema al mondo ed era felice.
Avrebbe fatto meglio a godersi il momento perché non sarebbe durata a lungo: come aveva predetto Caius Black, la tempesta era alle porte.

 

 

 

 

 


*Creatura magica che assomiglia ad un tronco e che adora le Mandragole.

**Snowdon: monte del Galles

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Capitolo 32
*** E qui si narra di abiti eleganti e amiche impiccione ***


Capitolo XXX
E qui si narra di abiti eleganti e amiche impiccione

 

             Un po’ di verità è pericolosa,
molta è assolutamente fatale.
Oscar Wilde
         
L’amore ha diritto a essere
disonesto e bugiardo,
se è sincero?
Marcello Marchesi
      

 

-Non posso ancora credere che mi abbia vietato di partecipare al Ballo- disse Sirius seduto a gambe incrociate sul suo letto.
Nessuno dei suoi compagni diede il minimo segno di aver sentito le sue parole. Dopotutto, era dal giorno prima che Sirius ripeteva sempre la stessa frase, magari con qualche piccola modifica nella forma, ma il contenuto rimaneva invariato. Di conseguenza i tre ragazzi avevano cominciato a considerare la voce di Sirius alla stessa stregua di uno dei tanti rumori di sottofondo della loro stanza: nel dormitorio degli studenti del quarto anno di Grifondoro si potevano sentire le esplosioni provenienti dalla stanza dei ragazzi del sesto anno, lo scrosciare del vento e della neve che si abbattevano contro la finestra e la voce di Sirius. Inoltre, al momento, erano tutti troppo occupati per dare retta alle lamentele della prima donna con cui erano costretti a dividere il dormitorio: Harry stava tentando di capire come si facesse il fiocco a un papillon, Albus si stava infilando gli stivali e Neville si stava esercitando con dei passi di danza nella speranza di non trascorrere la serata pestando i piedi di Ginny, la sua dama.
-Alla fine, non ho fatto niente di tanto grave- continuò Sirius apparentemente ignaro del fatto che nessuno lo stesse ascoltando.
Harry lanciò il papillon sul suo letto e si slacciò il primo bottone della camicia. Si sentiva già abbastanza non sé stesso con quel vestito addosso, non c’era alcun bisogno di aggravare la situazione, senza contare che doveva solo vedersi con Tom, non era mica un appuntamento.
-Tu non mi hai ancora raccontato com’è successo- intervenne il Cacciatore.
Siccome sembrava che avesse interrotto il suo monologo su quanto fosse stata ingiusta la McGranitt con lui, Harry decise di prestargli attenzione. –Di che parli?- chiese.
-Di te e Riddle-.
-Non è successo niente. Era solo per non andare al Ballo da solo, visto che Lumacorno insisteva tanto, tutto qui. Ho chiesto al preside se andava bene che ci andassi con un ragazzo e lui mi ha chiarito che con “partner” non s’intende specificare se dama o cavaliere, perciò ho invitato Tom-.
-E l’hai fatto solo per non andarci da solo?- insistette Sirius.
-Sì-.
-E perché non hai invitato me? O Al? O Neville? O Hermione? O Ginny? O Calì? O Blaise? O Snive…- s’interrupe all’occhiataccia che gli rivolse Harry e si corresse. –O Snape?-.
-Eravate tutti già impegnati- gli fece notare il Cercatore. –e Sev prenderebbe in considerazione il suicidio prima di ballare con qualsivoglia persona-.
-Neville non aveva ancora invitato Ginny quando tu hai invitato Riddle- osservò Al con tono neutro mentre si legava i lunghi capelli rossi in una coda.
Harry lo fulminò con lo sguardo. –Cos’è?- chiese. –Questa è la serata degli interrogatori e nessuno mi ha avvisato? Tom è solo la prima persona che mi è venuta in mente. Anzi… no… è stato Blaise ha consigliarmi d’invitare lui visto che non aveva ancora un partner-.
-Blaise?- ripeté Sirius perplesso. –Ultimamente quel ragazzo si comporta in modo strano. Prima decide di fare da cavaliere a Bellatrix- e qui assunse un’espressione disgustata –e ora questo-.
-Mi ha solo dato un suggerimento- obiettò Harry –in quanto alla Black… beh, si vede che gli piace l’orrido-.
Sirius e Neville ridacchiarono, invece Albus disse:-Comunque, Riddle non era senza partner. Qualche giorno fa, ho sentito un paio di ragazze maledire Daphne Greengrass per essere diventata la sua dama-.
-Chi è Daphne Greengrass?- s’informò Harry leggermente infastidito senza neanche sapere il perché.
-Harry, in che mondo vivi?- gli chiese Sirius. –Sai alta, bella, popolare e con una quarta di reggiseno-.
-Mi sorprende che tu non l’abbia invitata al Ballo, in effetti- commentò Neville.
-Scherzi?! Purosangue, Serpeverde e Prefetto: non è proprio il mio tipo-.
-E nemmeno quello di Tom visto che l’ha scaricata senza pensarci troppo- aggiunse Harry senza riuscire a reprimere un sorriso soddisfatto.
-E ciò ti rende felice- dichiarò Albus osservandolo.
-Non mi rende felice,- negò l’altro –ma sono contento di poter andare al Ballo con un amico-.
-Convinto tu- borbottò Sirius, ma lo fece con un tono molto basso e Harry non lo sentì o, forse, non lo volle sentire.
***
Tom esaminò con lo sguardo tutta la Sala d’Ingresso che pullulava di studenti in abito da cerimonia per individuare Harry mentre, nella sua testa, ancora rimbombavano i sibili divertiti e i commenti ironici di Nagini a proposito di appuntamenti galanti, amori adolescenziali e lui che era agitato quanto una mocciosa alla sua prima cotta. Illazioni totalmente prive di fondamento naturalmente, lui non era minimamente agitato e, al momento, l’unica questione che assillava la sua mente era perché Harry, tra tutti i serpenti esistenti al mondo, aveva deciso di raccogliere quello che aveva trasformato il prenderlo in giro nel suo sport preferito e il perché, nonostante il suo irritante hobby, il suddetto serpente fosse ancora vivo.
“Oh, ma c’è sempre tempo per rimediare” rifletté il mago.
Era talmente immerso nei suoi propositi omicidi che non notò che Harry l’aveva individuato, raggiunto e, ora, si trovava a pochi centimetri da lui. Per questo quando il Grifondoro gli afferrò una spalla per attirare la sua attenzione, lui sussultò e, quando si fu voltato, rimase momentaneamente spiazzato.
Va bene, forse, ora, sembrava veramente una ragazzina alla sua prima cotta, ma non era abituato a vedere Harry… così. Il suo primo, puerile pensiero fu che, sicuramente, non aveva scelto lui il completo, quello non era il suo stile, ma stava bene, dannatamente bene. Aveva sempre pensato che fosse attraente, ma tra gli abiti orrendi che indossava di solito, la bassa statura e i capelli che sfidavano le leggi di gravità non era facile accorgersene, tuttavia Tom aveva sempre saputo che il suo fisico, anche se di bassa statura per la sua età, era snello e proporzionato; aveva sempre saputo che i suoi lineamenti, anche se non rispettavano i canoni della bellezza classica, erano accattivanti; aveva sempre saputo che aveva degli splendidi occhi leggermente a mandorla e di un colore unico: quel vestito semplicemente risaltava tutto ciò. 
Non seppe mai per quanto tempo rimase a fissarlo, ma si doveva essere trattato di un periodo considerevole perché Harry fu costretto a schiarirsi la voce per cercare di riportarlo con i piedi per terra.
“Ora basta” si ripromise Tom distogliendo con determinazione lo sguardo dalle labbra di Harry. Nagini poteva dire quello che voleva: lui non si stava comportando come una ragazzina alla sua prima cotta.
-Stai bene- commentò con tono neutro invitandolo, con un gesto della mano, a seguirlo in Sala Grande.
-Grazie, anche tu- rispose Harry.
Entrarono nella Sala uno affianco all’altro, ma essa era talmente affollata che nessuno fece caso a loro.
“Fortunatamente” pensò Harry, non che si aspettasse che durasse: appena avessero raggiunto il tavolo d’onore tutti gli sguardi sarebbero stati puntati su di loro. Sospirò profondamente nel tentativo di rilassarsi. Non c’era nessun motivo per cui innervosirvi, si disse, assolutamente nessun motivo. Stava andando al Ballo del Ceppo con un amico, fine della storia e, in ogni caso, non sarebbe stato lui quello al centro dell’attenzione, bensì i Campioni.
-Perché sei nervoso?- gli chiese Tom quando avevano quasi raggiunto il tavolo.
-Non sono nervoso- replicò l’altro, ma allo sguardo del Serpeverde rettificò. –O.k., forse un po’, ma…-
Non fece in tempo a continuare, tuttavia, perché, proprio in quel momento il preside li avvistò, li venne incontro con un sorriso gioviale, si posizionò fra loro e, afferrandoli per le spalle, li trascinò verso il tavolo di fronte a Crouch e Bagman, due Capi Ufficio del Ministero.
-Bartemius, Ludovic, vi presento i miei studenti preferiti: Tom Riddle e Harry, il figlio di Lily -.
Albus, che era stato invitato anch’egli ad unirsi al tavolo d’onore in quanto “figlio del Ministro” e che era seduto poco più avanti, interrupe la conversazione con Hermione per rivolgergli uno sguardo per metà divertito e per metà compassionevole. Sapeva quanto Harry detestasse tutta quella pubblicità gratuita. Ammirava sua madre con una passione che sconfinava nella venerazione, ma non trovava piacevole essere costantemente paragonato ad una donna morta.
Tom, invece, sembrava perfettamente a suo agio e Harry fu più che felice di lasciar fare tutto a lui. Rimase, quindi, zitto, mentre lui si presentava, stringeva mani, ascoltava il monologo di Bagman con finto interesse e chiacchierava con Crouch di politica estera come se non avesse fatto altro in vita sua. A presentazioni concluse, naturalmente, li aveva conquistati entrambi. Dopo tre anni, Harry avrebbe dovuto esserci abituato, ma, a volte, rimaneva ancora tremendamente impressionato da come le persone che lo circondavano rimanevano affascinate da lui. Lumacorno gli stava rivolgendo uno sguardo colmo d’orgoglio, simile a quello di un collezionista che osserva il suo pezzo più prezioso, e sembrava sul punto d’invitarli a sedersi vicino a loro, ma, probabilmente intuendo che Harry non ne sarebbe stato particolarmente felice, Tom si affrettò a salutarli educatamente e ad allontanarsi con il Grifondoro al seguito.
Harry tentò di sedersi vicino ad Albus e Hermione, ma Tom lo trascinò lontano da loro e il Grifondoro non oppose poi molta resistenza: aveva la netta sensazione che non avrebbe trascorso una cena serena, se Tom e Al fossero stati seduti vicini.
-Che bravo che sei stato- lo prese in giro quando ebbero preso posto –Scommetto che Crouch sta già pensando a riservarti un posto nel suo Ufficio per quando ti sarai diplomato-.
-Perlomeno, non hai dovuto, nuovamente, sentirti enunciare la biografia di Lily Potter- ribatté l’altro.
-Già,- commentò Harry,  grato. –Che ne pensi?- chiese riferendosi ai due uomini. Trovava sempre interessante conoscere il parere di Tom sulle persone, anche se la maggior parte delle volte le loro opinioni non collimavano.
Tom li rivolse uno sguardo critico. –Crouch sembra un uomo intelligente,- disse –ma è di vedute ristrette ed è eccessivamente rigido. In quanto a Bagman… è un idiota-.
-A me è sembrato simpatico- obiettò il Grifondoro.
-Fidati, è solo un idiota- insistette il Serpeverde.
-Sbaglio o tu consideri idioti tutti i giocatori di Quidditch?- domandò il Cercatore alzando le sopracciglia.
-Non tutti- specificò Tom.
Harry sorrise. –Solo la maggior parte?- chiese.
-Solo la maggior parte- convenne il Serpeverde.
In quel momento Harry era veramente rilassato per la prima volta da quando, quella mattina, si era svegliato con l’orrenda prospettiva di dover indossare un abito da cerimonia scelto da Blaise e partecipare a uno stupido ballo. Non gli importava che, ormai, quasi tutti in Sala avessero notato la sua presenza al tavolo d’onore accanto a Tom e che, la maggior parte di loro, probabilmente, stesse già ipotizzando su una possibile relazione fra i due e neanche che le probabilità di sfuggire a Lumacorno per l’intera serata fossero minime e che, di conseguenza, avrebbe dovuto sorbirsi un’altra noiosa conversazione con lui, Bagman e Crouch: in quel momento stava bene.
Ovviamente, il suo benessere non era destinato a durare.
***
Sally-Anne Perks fece il suo ingresso in Sala Grande scortata dalla professoressa McGranitt e accompagnata dal suo partner, il Campione di Hogwarts. Il ragazzo le sorrise mentre si avvicinavano al tavolo. Cedric Amos Diggory era il suo migliore amico fin dal suo primo anno a Hogwarts. L’aveva incontrato sull’espresso e, da quel momento, lui era diventato la sua guida per il Mondo Magico. Era una persona meravigliosa, in assoluto una delle persone migliori che conoscesse, se non la migliore. Era leale, onesto, brillante e coraggioso, rappresentava tutto ciò che la loro Casa poteva vantare e Sally gli voleva un bene dell’anima. Erano molti a spettegolare sul loro rapporto, sul fatto che non potevano essere solo amici, ma Sally sapeva che lo erano e che non avrebbero mai potuto essere altro. Certo, c’era stato un tempo in cui aveva covato una mezza cotta per lui (avrebbe sfidato qualunque ragazza a non prendersela: Cedric sembrava il principe azzurro di Cenerentola uscito direttamente da un libro di fiabe), ma essa si era estinta presto, più o meno al loro terzo anno, e al quarto aveva scoperto l’innegabile verità che avrebbe spezzato al cuore a molte ragazze: Cedric era gay. Eh, sì, i principi azzurri non esistevano. Al Prefetto, invece, ci vollero altri due anni e Cho Chang per rendersi conto delle sue preferenze sessuali.
“E un altro anno per trovare la persona giusta per lui” rifletté Sally osservando Harry Potter seduto al tavolo d’onore insieme a Tom Riddle.
Come sempre accadeva fra loro, Sally si era resa conto dell’interesse di Cedric per Potter molto prima del Prefetto, in effetti l’aveva capito immediatamente, fin da quando lui le aveva raccontato del suggerimento che il Grifondoro gli aveva dato per la Prima Prova. All’inizio non aveva registrato la questione come un fatto di rilevante importanza. Dopotutto poteva trattarsi solo di un’attrazione momentanea (quante cotte si era presa lei dal suo primo anno in poi?), ma in seguito si era resa conto che Cedric, per l’appunto, non era lei: lui non era solito prendersi cotte. Da quel momento, aveva cominciato a osservare Potter. Sì, voleva accertarsi che fosse all’altezza del suo Ced e sì, era eccessivamente petulante, ma considerava il Campione come un fratello minore (anche se, a ben guardare, il maggiore fra i due era il Prefetto), desiderava che trovasse la persona giusta per lui e, se lo aveva giudicato bene, Potter avrebbe potuto esserlo. Era un bravo ragazzo, tutto sommato, e condivideva i suoi stessi ideali di giustizia e onore, certo, era un po’ troppo ribelle e sfacciato, ma forse lui e Cedric avrebbero potuto compensarsi a vicenda. Nel giro di una settimana era, quindi, passata dall’indifferenza all’interesse, dall’interesse alla voglia di vederli stare insieme. Era stata lei a incoraggiare Cedric a invitare Potter al Ballo, ma non si era aspettata ed era rimasta molto delusa quando lui lo aveva rifiutato. All’inizio si era solo arrabbiata (rifiutare Cedric? Ma chi si credeva di essere? Si rendeva conto di quanto straordinario lui fosse?), ma poi, aveva deciso di attribuire il suo rifiuto a un momento di confusione e, anzi, la sua determinazione nel volerli vedere insieme era aumentata esponenzialmente quando  aveva notato la tristezza di Cedric derivante da quel rifiuto.
Fu per questo che fra tutti i posti disponibili scelse di trascinare Cedric proprio affianco a quelli di Potter e Riddle.
-Ciao- li salutò –mi chiamo Sally, felice di conoscervi-.
Se anche Tom e Harry erano felici di conoscerla non lo diedero  a vedere, perlomeno inizialmente, ma alla fine, quest’ultimo sorrise, tese la mano alla ragazza e ricambiò il saluto.
Tom, invece, non si mosse, anzi lo fece, ma per prendere il menù e scegliersi la pietanza che subito apparve magicamente nel suo piatto, ignorando completamente i due Tassorosso. Harry inarcò le sopracciglia. Quel comportamento non era da lui. Anche se era tutto tranne che estroverso, nessuno avrebbe potuto definire Tom una persona poco socievole, aveva fascino ed era bravo ad ingraziarsi il prossimo. Contrariamente a Sev, a cui non interessava per niente piacere alle persone, Tom ci teneva ad aumentare sempre di più il numero, già elevato, dei membri del suo fan club.
Nonostante l’indifferenza e la freddezza disarmanti con cui accolse la loro presenza, Cedric, da bravo Tassorosso qual era, gli sorrise e lo salutò.
Un asciutto “Diggory” fu l’unica risposta che ricevette dal Serpeverde.
I loro partner non potevano ancora saperlo, ma con quelle parole si era esaurito l’unico tentativo d’intavolare una conversazione che i due che avrebbero compiuto per il resto della cena.
Fu solo per merito di Harry e Sally se il silenzio totale non scese su di loro. I due, pur non conoscendosi, trovarono vari spunti di conversazione, ma il Grifondoro stava ricominciando a sentirsi teso. Tanto per cominciare, ancora non riusciva a decidere se Sally gli era simpatica o meno: era una ragazza espansiva, senza alcun dubbio, e anche molto chiacchierona, una di quelle che lasciano al proprio interlocutore a mala pena il tempo per infilare una parola di commento tra un loro comizio e l’altro; non era, però, la sua parlantina a rendere il ragazzo cauto nei suoi confronti quanto il presentimento che lei sapesse e che fosse in parte irritata da ciò che era successo (dell’invito di Cedric e del suo rifiuto, s’intende). La sua impressione divenne certezza quando la strega gli chiese, senza peli sulla lingua, perché avesse rifiutato Cedric se lui e Riddle erano solo amici.
Harry avrebbe tanto voluto possedere il potere di scomparire nel nulla e, con ogni probabilità, anche Cedric che pareva tutto preso dall’osservare le patate arrosto che aveva nel piatto. Sally, invece, era tranquillissima e continua a fissarlo aspettando una risposta, come se gli avesse solo domandato quale fosse il suo piatto preferito. Anche Tom lo stava fissando aspettando una risposta e Harry aprì la bocca per dire qualcosa. Cosa? Ancora non lo sapeva.
Fu una fortuna che proprio in quel momento le Sorelle Stravagarie salirono sul palco e cominciarono a cantare. Cedric si affrettò ad afferrare Sally per una mano e a trascinarla sulla pista da ballo per aprire le danze insieme agli altri Campioni.
Harry sospirò sollevato e volse lo sguardo verso Tom che sembrava sereno, ma il Cercatore lo conosceva troppo bene per non notare la rigidità della sua postura e lo sguardo gelido con cui stava osservando Diggory.
-Non me lo avevi detto- mormorò.
-Cosa?- chiese Harry.
-Di te e Diggory-.
-Non c’è nessun me e Diggory- rispose il Grifondoro.
-E lui lo sa?- replicò l’altro.
-Certo che lo sa-.
-Non credo-.
Harry corrugò  il viso. –Mi ha invitato al Ballo e io gli ho detto di no, fine. Non mi ha mica giurato amore eterno-.
-No, ma tu gli piaci-.
-Io…-
-E molto-.
-Possiamo cambiare argomento?-.
Tom levò lo sguardo da Diggory e lo rivolse nuovamente a Harry mentre varie coppie si univano alle altre tre che ballavano al centro della Sala.
-Lui ti piace?- continuò.
Il Cercatore scosse la testa.
-Allora, possiamo cambiare argomento-.
Harry sorrise afferrò un braccio del ragazzo e si allontanò dal quel tavolo prima che Lumacorno potesse fermarli. Si sedettero su un tavolino situato in un angolo della Sala, il più lontano possibile dalla pista da Ballo dove, al momento, si trovava la maggior parte della scolaresca.
Con un’espressione vaga osservò Neville pestare i piedi della povera Ginny, Moody rinunciare a ballare quasi subito e trascinare Tonks ad un tavolo dove non avrebbe più potuto causare ulteriori danni, Remus danzare goffamente con la sua dama, Susan Bones, e Al e Hermione volteggiare sorridenti.
“Stanno bene insieme” rifletté Harry.
-Forse, dipende dai punti di vista, comunque non credo che durerà- disse Tom con aria distratta.
Harry sbatté le palpebre un paio di volte. Questa volta non aveva pensato ad alta voce, ne era sicuro.
-Come hai fatto?- chiese. Tom gli doveva un paio di spiegazioni.
Il Serpeverde gli rivolse uno sguardo cauto, ma poi ghignò e disse:-Hai mai sentito parlare di Legilmanzia?-.
Harry scosse la testa curioso.
-E’ simile alla lettura del pensiero di cui parlano i Babbani-.
Harry era sbalordito. –Riesci… riesci a leggere nel pensiero?-.
-Non funziona proprio così- spiegò il Serpeverde. –E’ molto più complicato. Diciamo che ho… delle percezioni d’immagini, sentimenti, sensazioni, stralci di pensieri, riesco sempre a capire quando qualcuno mi mente, per esempio, ma non è come leggere: la mente umana è molto più complessa di un libro-.
-Però sai cosa gli altri pensano, giusto?- chiese. –Sapresti dirmi cosa sta pensando Albus in questo momento, per esempio?-.
Tom scosse la testa. –Non funziona in questo modo, te l’ho detto, è molto più complicato rispetto a come ne parlano i Babbani. Per la Legilmanzia è indispensabile il contatto visivo: ho bisogno di guardare negli occhi le persone con cui la utilizzo-.
Harry, forse a livello inconscio, si ritrovò ad abbassare lo sguardo. Tom se ne accorse e sottolineò:-Di solito, con te, non la uso-.
-Prima sì- replicò il Grifondoro.
-Non l’ho fatto apposta-.
Harry corrugò le sopraciglia:-Che significa che non l’hai fatto apposta?-.
-Durante i primi tempi- spiegò Tom –per esercitarmi, di solito, ci ricorrevo sempre, in continuazione, ogni volta che discorrevo con qualcuno. Cercavo di farne diventare l’utilizzo spontaneo come respirare e, alla fine, ci sono riuscito. Perciò, a volte, quando mi concentro su qualcuno e mi chiedo cosa stia pensando,capita che l’attivi senza quasi rendermene conto, senza contare che la tua mente è particolarmente priva di barriere-.
-In che senso?- chiese Harry che aveva ascoltato tutto con molto interesse.
-Sei trasparente- spiegò il Serpeverde. –A volte, è come se me li urlassi in faccia i tuoi pensieri-.
“Il che non mi rassicura per niente” rifletté il Cercatore.
-Sei a disagio- affermò il Serpeverde.
Harry gli rivolse uno sguardo sospettoso. –Anche ora stai…-
-No, Harry,- rispose questi. –ti conosco, tutto qui-.
-Beh, sì, sono a disagio- rispose il Grifondoro. –Non c’è un modo per impedire agli altri di leggerti nel pensiero?-.
-C’è: si chiama Occlumanzia-.
-E si può imparare?-.
-Certo-.
-Tu la conosci?-.
-Naturalmente. Di solito prima s’impara a difendere la propria mente, poi a penetrare in quelle degli altri-.
-E me la insegneresti?-.
Tom gli rivolse uno sguardo indefinibile. –Credo che potremmo provarci, anche se sono convinto che dopo aver imparato le basi sia una cosa che bisogna sviluppare da soli. A seconda della propria personalità, ognuno ha un modo diverso di praticare l’Occlumanzia-.
-In che senso?- .
-A me l’ha insegnata Prince- spiegò il Serpeverde. -L'ha insegnata a me e Severus, ma mentre Severus protegge la mente annullando ogni sentimento, io faccio in modo che a dominare sia solo una delle mie emozioni e lascio che essa nasconda tutte le altre-.
Harry annuì pensieroso.
-Comunque, Salazar Serpeverde descriveva l’arte dell’Occlumanzia in modo simile a come te la sto descivendo io-.
-Come fai a sapere in che modo Serpeverde la descriveva?- chiese Harry perplesso.
-Era scritto su uno dei libri che ho prelevato da casa sua. Credo che fosse una specie di suo grimorio di quando era adolescente-.
-Cos’altro c’è scritto?-.
Tom si ritrovò a sfoggiare un lieve sorriso: da quando aveva cominciato a leggere quel diario la sua ammirazione per la figura di Salazar Serpeverde era cresciuta a dismisura. –All’inizio parla della sua famiglia in generale, pare che i Serpeverde fossero discendenti di Morgana, poi narra della morte dei suoi genitori e dei Grifondoro che l’accolsero in casa loro-.
I Grifondoro… Harry ripensò al quadro che avevano trovato nella cantina di quella casa ricoperto da un telo impolverato. Ritraeva i quattro fondatori all’incirca all’età di vent’anni:la bellissima Priscilla Corvonero con i lunghi capelli neri che le arrivavano alla vita; Tosca Tassorosso, paffuta e non molto alta, con un viso sorridente e i capelli ricci e ribelli; Godric Grifondoro con un sorriso spavaldo, i capelli rossi e gli occhi verde smeraldo e, infine, Salazar Serpeverde, una figura alta e austera dai lunghi  capelli biondo pallido e gli occhi grigi.
Naturalmente, le immagini dipinte non si muovevano, né parlavano (ci sarebbero voluti molti anni prima che si scoprisse che il sangue di drago era in grado di animare i ritratti), però, era innegabile quanto sembrassero felici, uniti e convinti, Harry ne era certo, che sarebbero rimasti insieme per sempre. Si erano sbagliati, oh, quanto si erano sbagliati.
Il Grifondoro rivolse a Tom uno sguardo assorto. Cosa avrebbe fatto lui se la sua amicizia con Tom si fosse conclusa com’era finita quella dei quattro fondatori? Non voleva pensarci, non poteva pensarci.
-Oh, Harry, Tom, ecco dove vi eravate nascosti. Vi devo presentare il signor Belby. E’ stato un mio ex allievo, sapete…-.
La pace era finita.
 
***
Sirius si stava divertendo. Probabilmente, quello non sarebbe stato il termine che avrebbe utilizzato un tipo come Hermione per descrivere ciò che stava facendo, ma se aveste chiesto a lui avrebbe risposto proprio in questo modo: si stava divertendo.
Cho sospirò con il viso in fiamme per l’eccitazione mentre il Grifondoro si separava dalle sue labbra per leccarle e succhiarle il collo, scendere verso il suo seno e…
-AH!- la ragazza, in preda al panico, gli diede una spinta. Il ragazzo, non aspettandoselo, quasi cadde dal letto. Cho, nel frattempo, si affrettò a nascondere sotto le coperte la sua seminudità.
-Si può sapere cosa ti è preso?!- esclamò il Grifondoro. La Cercatrice non ebbe bisogno di rispondere perché Sirius si limitò a seguire il suo sguardo imbarazzato che puntava verso l’uscio della porta, dove, in piedi e ancor più imbarazzato della Corvonero si trovava Harry.
-Ehm…- mormorò –scusate il disturbo-.
Uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle, ma a Sirius fu sufficiente osservare il viso di Cho ancora rosso quanto le tende del letto a baldacchino per comprendere che i giochi, per quella sera, erano conclusi.
 
-Mi dispiace- ripeté Harry un quarto d’ora più tardi seduto in sala comune dopo che Cho si fu dileguata.
Sirius, seduto affianco a lui, sospirò rassegnato. -Fa niente, era solo per passare il tempo. Piuttosto, che ci fai qui? Non dirmi che il Ballo si è già concluso-.
-Quasi, me ne sono andato via un po’ prima- borbottò questi.
-Com’è andata?-.
-Bene- rispose Harry con un tono che diceva tutto il contrario.
-E’ successo qualcosa?-.
-Tom va a letto con tua cugina.- dichiarò Harry inespressivo. -Stavo passeggiando per il parco mentre Tom tentava di liberarsi di Lumacorno che pareva aver deciso di presentarlo a tutti i vecchi membri del Lumaclub. Io ero riuscito a svignarmela dicendo che avevo promesso ad Hermione un ballo mentre, invece, sono andato fuori a passeggiare un po’ e ho visto Lestrange e la Skeeter parlare su una panchina. Loro non mi hanno notato, ma io ho ascoltato le loro parole e beh… quei due vanno a letto insieme - Aveva un estremo bisogno di sfogarsi con qualcuno.
-Riddle va a letto con Tonks?-. Sirius non era mai stato tanto sbalordito in vita sua, mai, neanche quando i Puddlemere batterono i  Magpies alla finale del ’92.
Harry assunse un’espressione persino più sbalordita della sua. –No! Come fai anche solo a pensarlo? Se si sono rivolti la parola due volte in tutta la loro vita, è già tanto. Parlo dell’altra tua cugina: la Black-.
Sirius sospirò sollevato. –Sii più specifico la prossima volta: stava per venirmi un attacco di cuore-.
Harry sbatté le palpebre un paio di volte. –Tutto qua?- chiese –La scoperta che Tom va a letto con la Black non ti colpisce neanche un po’?-.
-Perché dovrebbe?-.
-Lo sapevi?- s’insospettì Harry.
-No, ma era abbastanza prevedibile-.
-Abbastanza… Non era abbastanza prevedibile!- s’inalberò Harry. –Non lo era- ripeté col tono di uno capace di azzannare alla giugulare chiunque osasse contraddirlo. -Quei due non hanno niente in comune. Black è solo una stronza patentata egoista sadica e crudele mentre Tom… Tom è…-.
-Calmati- gli consigliò Sirius. –Era solo la mia opinione. E poi perché te la prendi tanto?- chiese, poi, come se avesse ricevuto un’illuminazione divina, il suo viso si aprì in un ghigno e disse:-Ti sei preso una cotta per Riddle-.
-NO!- negò l’interessato. –No, no, no! E solo… credevo che Tom avesse gusti migliori-.
-Gusti tipo te- ridacchiò Sirius.
-Ti ho detto di no- insistette Harry.
-Ecco perché hai rifiutato l’invito di Diggory.- commentò l’altro ignorandolo –Il tuo cuore appartiene già ad un altro- continuò con tono melodrammatico.
-Ti ho detto che non è così. Io non ho una…-.
-Di che state parlando?-.
Era stata Ginny, appena entrata nella sala comune, a parlare. Neville, infatti, dopo averle pestato i piedi per tutta la sera, era inciampato sulla veste di una ragazza di Corvonero, si era fatto male ed  era stato portato da Madama Chips. Probabilmente, i due ragazzi le avrebbero chiesto tutto questo, ma al momento erano entrambi troppo presi dalla sconcertanti rivelazioni di quella serata.
-Harry ha una cotta per Riddle che va a letto con Bellatrix- la informò Sirius allegramente.
-No, non è vero, non ho una cotta per Tom- replicò l’altro.
-Sì, invece-.
-No, invece-.
-Sì, in…-
Quella che prospettava di diventare una discussione infantile, degna di due bambini dell’asilo, fu interrotta da Ginny che con tono mortalmente serio chiese: -Ti piace Riddle, Harry?-.
Non chiese “Sei gay, Harry?”, ma solo se gli piaceva Riddle.
Il Cercatore scosse la testa in diniego. Tuttavia, per Ginny, quel “no” era in netto contrasto con le guance arrossate e l’espressione triste, arrabbiata e delusa che era dipinta sul suo volto.
La ragazza sospirò amareggiata e prese posto su una sedia affianco alle loro. –Mi dispiace, Harry- disse.
-Non c’è nulla per cui dispiacersi- sbottò Harry leggermente esasperato. –Io non ho una cotta per Tom-.
-Spiacente, amico,- dichiarò Sirius –siamo due contro uno: ce l’hai-.
Harry fece per ribattere nuovamente, ma fu fermato da Sirius che assunse un’espressione più seria e commentò:-Comunque, credo che tu abbia ottime possibilità. Non penso che questa storia con Bella sia una cosa seria, sai, credo si tratti di puro e semplice sesso. Nulla di che, davvero, e Riddle… beh, Riddle si è sempre comportato in modo diverso con te. Insomma, sono certo che se, ora, andassi da lui e ti dichiarassi, non ti direbbe di no- concluse.
-Magnifico- commentò l’amico con tono ironico. –Peccato che io non abbia nulla da dichiarare perché non ho una cotta per lui-.
-Certo, certo- gli rispose Sirius sbadigliando. –Beh, io me ne vado a letto, da solo grazie a te- aggiunse rivolto a Harry. –Rifletti su ciò che ti ho detto e buonanotte a tutti e due-. Detto ciò si allontanò diretto verso i dormitori dei maschi.
Ginny, intanto, continuava ad osservarlo con un’espressione triste e combattuta al contempo.
-Ginny, davvero,- tentò Harry. –levati quell’espressione: non ho una cotta per Tom-.
-Vorrei che fosse così- mormorò la strega con un tono a mala pena udibile. –Ascolta,- continuò con voce più elevata. –non pensare che lo stia facendo per gelosia: la cotta per Riddle mi è passata molto tempo fa. Inoltre, sappi che mi costa molto dirtelo perché mi vergogno davvero tanto di quanto sia stata stupida, ma lo devi sapere, tu lo devi sapere.- ripeté quasi per convincere sé stessa. -Voglio che tu sappia che persona è Riddle, in realtà-.
Harry era più confuso che mai. –Di che stai parlando, Ginny?-.
La ragazza sospirò profondamente. Non aveva mentito, dire la verità le costava parecchio, si vergognava molto del suo comportamento, ma Harry meritava la verità, doveva sapere che Riddle era solo un bastardo molto abile a dire alla gente quello che voleva sentirsi dire. –Ti ricordi della morte di Mrs Purr?- chiese.
Il mago annuì.
-Beh, le cose non sono andate esattamente come ti avevo raccontato-.

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Capitolo 33
*** Ciò di cui tutti si sono accorti, ma che quasi nessuno sa ***


  Capitolo XXXI
Ciò di cui tutti si sono accorti, ma che quasi nessuno sa

 
 

Se ti dicono che l’amore è un sogno,
sogna pure,
ma non ti spaventare
se ti svegli piangendo.
Jim Morrison
 
L’amore non è un problema,
come non lo è un veicolo:
problematici sono soltanto
il conducente, i viaggiatori e la strada.
Franz Kafka
 
 

Erano veramente in pochi quelli che sapevano cos’era successo, ma, in compenso, tutti si erano accorti che era successo qualcosa.
Harry James Potter e Tom Orvoloson Riddle, insieme a Cedric Diggory e Albus Dumbledore, erano (per ascendenza, risultati sportivi, voti scolastici, talento e carisma) gli studenti più popolari della scuola, perciò quando avevano interrotto improvvisamente qualsiasi genere di rapporto, non vi era essere, all’interno del castello, che non lo avesse notato.
Ognuno aveva la propria opinione in merito.
 
Horace Lumacorno ne era profondamente dispiaciuto. Adorava Tom e Harry i quali, insieme a Teddeus e Lily, erano diventati i suoi studenti preferiti in assoluto. Tom era, semplicemente, straordinario: non c’era davvero altro modo per definirlo. Sia per intelligenza, che per talento, che per fascino, non aveva rivale alcuno e, doveva ammetterlo, persino Lily, la sua adorata Lily, non avrebbe potuto reggere il confronto con lui. In realtà, sotto certi punti di vista gli ricordava molto la Grifondoro: avevano lo stesso orgoglio, lo stesso fascino e come unica pecca lo Stato di Sangue.
Anche Harry era notevole, ma in maniera diversa. Lo ammetteva, all’inizio aveva sperato che fosse una versione maschile di Lily, ma aveva compreso immediatamente che non lo era. Altri, Horace ne era consapevole, l’avevano guardato e avevano visto James Potter, paragone che veniva spontaneo visto che il ragazzo a parte il naso, ereditato dalla nonna paterna, e gli occhi, identici a quelli della madre, era una copia perfetta del fu Caposcuola.
Tuttavia, Lumacorno non ci aveva messo molto a comprendere che il giovane Potter decisamente non era suo padre e neanche Lily. Era tutti e due e, al contempo, nessuno dei due: era Harry Potter, fine. Un orfano cresciuto da Babbani che odiavano la magia, abituato alla solitudine e a badare a sé stesso, ma che amava stare con i suoi amici, orgoglioso e indipendente, ma non pieno di sé, un giovane mago che sapeva scegliersi bene gli amici, coraggioso, con una predisposizione naturale per il comando di cui lui stesso non si rendeva pienamente conto e un impressionante talento per Difesa contro le Arti Oscure.
Sì, sia Tom sia Harry erano straordinari, a loro modo, e stavano bene insieme. Avevano abbastanza caratteristiche in comune per comprendersi e abbastanza aspetti divergenti per dare all’altro ciò di cui aveva bisogno.
Lumacorno, anche se da lontano, aveva osservato l’approfondirsi e il progredire del loro rapporto, il suo compiacimento era stato ragguardevole quando il giovane Potter lo aveva informato dell’identità del partner che lo avrebbe accompagnato al Ballo e, ora, avrebbe tanto voluto sapere perché i due avessero smesso anche solo di rivolgersi la parola.
 
Teddeus avrebbe dovuto avere questioni ben più importanti a cui pensare rispetto agli alterchi di due adolescenti (questioni che riguardavano la Confraternita di Morgana, Gellert Grindelwald, il suo vecchio amico Alphard che si rifiutava di aiutarlo e il rito di Magia Antica in cui avrebbe dovuto coinvolgere Harry), tuttavia anche lui era stato preso in contro piede dall’improvviso, e apparentemente immotivato, troncamento del rapporto tra i due.
Aveva chiesto a Severus delucidazioni (certo che il Grifondoro si fosse confidato con lui), ma quest’ultimo si era limitato a commentare che Tom avrebbe dovuto coprire meglio le sue tracce. Quindi, Harry aveva scoperto qualcosa su Riddle che l’aveva fatto infuriare?
Se lo era aspettato. A dispetto di ciò che credevano i suoi colleghi, Tom Riddle non era una brava persona e non avrebbe mai potuto esserlo. A ispirare le sue azioni vi era troppa ambizione, troppa arroganza e un desiderio di rivalsa troppo grande.
Teddeus lo capiva. Era stato animato da quello stesso desiderio quando sua sorella (anche se non la considerava più tale da molto tempo) aveva infangato il nome dei Prince sposando un lurido Babbano. Per questo si era unito alla Confraternita: era giovane ed era alla disperata ricerca di gloria, potere e di un modo per rivederli, per poterli riabbracciare. Purtroppo, però, l’unico risultato ottenuto era di aver perso l’unica persona che potesse chiamare amica. Domina l’ambizione non farti dominare da essa: questa era una lezione che Teddeus aveva pagato a caro prezzo.
 
Blaise non sapeva se essere sorpreso per l’improvviso litigio tra i due ex piccioncini o arrabbiato perché aveva trascorso un’intera serata con Bellatrix per nulla. A ben guardare, era entrambi.
Aveva dato a quei due un’occasione assolutamente perfetta e cosa aveva fatto quella coppia di dementi? Aveva litigato. Da non crederci. Dov’era finita la cara, sana abitudine di saltare addosso alla persona che ti piaceva e ficcarle la lingua in bocca? Sarebbe stato tanto difficile?
Forse, prima d’infilare Harry in un vestito decente e fornirgli un appuntamento con il ragazzo che gli piaceva, avrebbe dovuto impartirgli qualche lezione di educazione sessuale. Magari in questo modo avrebbe ottenuto dei risultati, ma, a essere sinceri, non ci sperava molto.
Idioti, ecco cos’erano, degli idioti. Il giorno in cui avrebbero aperto gli occhi e si fossero resi conto di essere perfetti insieme, si prospettava molto lontano.
 
Severus aveva discusso con Harry a quel proposito. Secondo il Grifondoro, infatti, lui non era abbastanza arrabbiato. Il mezzo Prince, sinceramente, non sapeva per cosa sarebbe dovuto essere arrabbiato. Tom aveva agito come qualsiasi Serpeverde avrebbe fatto. Qualcosa a cui teneva, perché Tom ci teneva a quel inquietante serpente, dono di Harry, era stato minacciato e lui aveva compiuto tutto il necessario per difenderlo.
Harry, però, questo non lo poteva comprendere o, anche se lo comprendeva, non poteva perdonarlo. Le ragioni erano varie: prima di tutto perché era una sua amica, la ragazza che Tom aveva deciso di immolare sull’altare del sacrificio; in secondo luogo perché il Serpeverde gli aveva mentito, in qualche modo tradito, e il tradimento non era peccato che Harry riuscisse a perdonare facilmente; in terzo luogo perché, ora, sapeva com’era Tom in realtà. Fino a quel momento, il Grifondoro aveva conosciuto solo il volto con cui il Serpeverde gli si mostrava, il tipo di persona che era quando stava con il Cercatore. Ora, invece, conosceva anche la persona con cui i suoi compagni avevano avuto a che fare in quei quattro anni e per lui era stato come risvegliarsi da un lungo sogno che aveva creduto reale. Lo avrebbe perdonato? Avrebbe accettato Tom per quello che era? Difficile rispondere.
 
Albus era venuto a conoscenza degli eventi tramite Harry che, deluso e arrabbiato, gli aveva raccontato tutto. Affermare che era dispiaciuto, sarebbe stata una falsità. Era da molto tempo che desiderava che Harry si rendesse conto di chi fosse veramente Tom Riddle e ora, era accaduto. No, non poteva affermare di essere dispiaciuto. La verità andava, senza alcun dubbio, trattata sempre  con prudenza, ma, in quel caso, era giusto che Harry sapesse. Prima che fosse troppo tardi, prima che il legame con il Serpeverde diventasse troppo profondo, Harry doveva sapere e, ora, sapeva.

***

-Chiedigli scusa, imploralo di perdonarti, mettiti a piangere, se devi-.
Erano trascorse due settimane dal famoso Ballo del Ceppo e se c’era un essere che non era per niente felice della lite tra Tom e Harry, quel essere era Nagini.
Tom, seduto sul suo letto, sollevò lo sguardo da uno dei testi che aveva prelevato da casa Serpeverde per dichiarare:-Se non hai nulla d’intelligente da dire, stai zitta-.
-Come vuoi- replicò l’animale –ma ignorare il dolore non basterà per farlo sparire nel nulla-.
Il ragazzo, questa volta, non sprecò fiato per rispondere: si limitò a rivolgerle uno sguardo di una freddezza assoluta.
Il serpente comprese che anche per quel giorno il livello di sopportazione del suo padrone era giunto al limite e che le conveniva andarsene, se voleva evitare una maledizione. Una volta, non avrebbe reagito tanto male, rifletté, la lontananza da Harry non gli stava facendo bene, proprio no, ed erano trascorse solo due settimane…
 

Si trovavano in una delle tante aule cadute in disuso della scuola e Harry gli stava rivolgendo uno sguardo colmo di un’ira che non gli aveva mai visto, almeno non rivolto a lui.
Aveva sottovalutato la Weasley, doveva ammetterlo. Non si era aspettato che alla fine avrebbe confessato la verità e tanto meno che l’avrebbe confessata a Harry. Se si fosse trattato di un insegnante, avrebbe accusato la Grifondoro di aver mentito oppure, se si fosse proprio ritrovato con le spalle al muro, avrebbe simulato un enorme dispiacere dichiarando che non aveva costretto la ragazza a mentire, che lei aveva deciso di sua spontanea volontà, nonostante lui fosse contrario. Sì, si sarebbe comportato così, ma ora non ci riusciva non con Harry che lo fissava negli occhi e richiedeva la verità e non tanto su come si erano svolti gli avvenimenti due anni or sono, quanto sul tipo di persona che lui era e Tom non voleva, non poteva mentirgli non su qualcosa di tanto importante. Era stupido, era da deboli, era orribilmente Tassorosso, ma da Harry voleva essere accettato per quello che era. Per una volta voleva essere accettato.
-E’ la verità- rispose inespressivo.
-E me lo dici così?- chiese il Grifondoro.
-In che modo dovrei dirtelo?-.
-Mostrarti dispiaciuto, non guasterebbe-.
-Ma non lo sono- ribatté il Serpeverde ed era vero: in lui non vi era una briciola di rimorso.
-Avrebbero potuto decidere di sopprimere Nagini per questa storia ed io non potevo permetterlo perciò…-
-Perciò hai deciso di dare tutta la colpa a Ginny che non centrava niente?- lo interrupe l’altro.
-Sì, esatto-.
Probabilmente fu la totale indifferenza con cui erano state pronunciate quelle parole a far prendere a Harry pienamente coscienza della situazione. Quando Ginny gli aveva raccontato di come Tom l’aveva ingannata, persuadendola a prendersi la colpa per l’assassinio di Mrs Purr, non ci aveva creduto, non veramente. Non riteneva Ginny capace d’inventarsi una balla simile, semplicemente non poteva credere a ciò che la ragazza gli aveva raccontato. La verità era che non riusciva a identificare la persona di cui lei gli aveva parlato con Tom. Tom, il bambino che aveva incontrato per la prima volta a Diagon Alley e che sembrava tanto adulto quanto dannatamente solo; Tom, il ragazzo che trascorreva molte sere a studiare in biblioteca con lui e Sev; Tom, l’amico che assisteva a tutte le sue partite, nonostante il Quidditch lo annoiasse; Tom, l’orfano che non sapeva nulla della sua famiglia e che soffriva terribilmente per questo; Tom, il Serpeverde che lo aveva aiutato a liberarsi dalla dipendenza dallo Specchio delle Brame; Tom che riusciva sempre a capirlo, che lo aveva sempre aiutato; Tom, il suo Tom.
-Harry- il Serpeverde si avvicinò fino a che il Grifondoro riuscì a percepire il calore del suo respiro sulla pelle –non c’è una ragione valida per cui tu debba essere tanto sconvolto-.  
-Sì, che c’è- ribatté l’altro con tono quasi stridulo. Quello che aveva fatto, sfruttare i sentimenti di una ragazzina, era un’azione orrenda. Come faceva Tom a non capirlo?
-No, ti sbagli- ribatté l’altro pacato. –Posso comprendere che ti dispiaccia per la Weasley, ma io non le ho mentito e lei che ha voluto vedere qualcosa che non c’era. Comunque sia, cosa cambia questo? Rimango sempre io-.
Il Grifondoro tentò di trovare le parole per fargli comprendere che invece, sì, effettivamente, qualcosa cambiava perché la persona che credeva che fosse non avrebbe raggirato in quel modo una sua amica. Non lo aveva mai considerato un santo, ma non lo riteneva neanche in grado d’ingannare in quel modo una ragazzina ingenua, infatuata e che non aveva mai fatto del male a nessuno.
Stava per dirgli tutto ciò, ma non fece in tempo perché improvvisamente il viso di Tom si avvicinò ulteriormente al suo, fino a far combaciare le loro labbra. All’inizio rimasero completamente immobili. Harry era paralizzato sia dallo stupore (non avrebbero dovuto litigare?) sia dai battiti accelerati del cuore e dal calore che lo stava pervadendo. Era il suo primo bacio. Dopo, Tom posò le sue mani sulla schiena dell’altro per far aderire maggiormente i loro corpi e iniziò a leccargli lentamente le labbra invitandolo tacitamente a schiuderle. Harry, quasi involontariamente, si ritrovò a dare libero accesso alla lingua di Tom, per poi elevarsi in punta di piedi e circondare con le braccia il suo collo, ricambiando appassionatamente il bacio mentre Tom faceva vagare freneticamente le mani sulla sua schiena.
Da quanto tempo Tom lo desiderava? Al momento gli sembrava di non aver desiderato altro da quando lo conosceva. Era come se la sua mente si fosse svuotata completamente da ogni pensiero che non riguardasse strettamente Harry. Era una sensazione liberatoria, stupenda e, per quanto si rendesse pienamente conto che era una riflessione fallace, pensò che avrebbe potuto trascorrere il resto della sua vita a baciarlo.
Harry, invece, mentre s’inebriava del profumo del bagnoschiuma di Tom e quest’ultimo interrompeva un attimo il bacio per riprendere fiato e cominciava immediatamente a succhiargli e baciargli il collo fino a farlo gemere, si chiese cosa diamine stesse combinando. Non era per baciarlo che gli aveva chiesto di seguirlo lì, lo aveva fatto perché era arrabbiato. Tentò di concentrarsi sull’espressione afflitta (tanto diversa dai suoi soliti sorrisi solari) che Ginny aveva assunto mentre gli raccontava i fatti, ma per quanto ci provasse, in quel momento, concentrarsi su qualcosa che non fosse Tom, era molto difficile.
-Oh! Scusate, continuate pure-.
I due si allontanarono subito, o meglio Harry si allontanò subito, al suono di quella voce appartenente al Frate Grasso che si affrettò a sparire riattraversando il muro.
Tom stava per riabbracciare Harry, ma questi non gli permise neanche di sfiorarlo e indietreggiò immediatamente.
In seguito, se ne sarebbe vergognato molto, ma non fu il pensiero di Ginny a impedirgli di riprendere da dove erano stati interrotti, fu quello di Bellatrix. La consapevolezza che quello che stava facendo con lui lo aveva già fatto con lei, magari solo il giorno prima, lo riportò in sé, gli ricordò cosa gli aveva raccontato Ginny la sera precedente  e che, al momento, era arrabbiato con Tom.
-Harry…-
-No, niente “Harry”- l’interrupe il Grifondoro. -Chiedi scusa a Ginny, piuttosto-.
 
Tom posò il libro sul comodino e si sdraiò sul letto chiudendo gli occhi. Si sentiva… ferito e ammetterlo gli suscitava un sentimento feroce che era un misto tra rabbia e dolore.
Era stato completamente sincero e aveva tentato di far comprendere a Harry quanto, per lui, fosse diverso da tutti gli altri, più importante di tutti gli altri e il Grifondoro aveva ricambiato dicendogli di chiedere scusa a quell’insulsa Weasley. Era meno importante di lei per Harry?
“Chiedi scusa a Ginny”.
  Al momento, l’unica azione che Tom aveva voglia d’intraprendere nei confronti di quella stupida ragazzina, era sfogare su di lei la propria ira e lo avrebbe fatto appena avesse trovato una maniera per non affrontarne le conseguenze. Ira… non lo era, non solo, era anche dolore simile a quello che aveva provato quando aveva scoperto che per sua madre non era stato una motivazione sufficiente per voler continuare a vivere.
Strinse le mani in un pugno. Era furioso, se con sé stesso per la proprio debolezza, se con sua madre per averlo abbandonato, se con Harry per averlo messo in secondo piano rispetto a quella nullità della sua amica o con quest’ultima per non aver tenuto la bocca chiusa, non lo sapeva, ma era veramente furioso.
Si risedette, riafferrò il libro, lo riaprì e ricominciò a leggere.

***


Cedric rimase a osservarlo per un buon quarto d’ora mentre piroettava sempre più velocemente, compiva acrobazie complesse, saliva con la rapidità di un siluro per poi lasciarsi cadere in picchiata e riprendere il controllo della scopa all’ultimo secondo. Non c’erano boccini nei dintorni, aveva controllato, il suo era un volare senza scopo che compiva solo per sfogarsi. Si mordicchiò il labbro inferiore, indeciso sul da farsi.
Alla fine fu Harry ad accorgersi della sua presenza. Si fermò a mezz’aria e scese lentamente verso il suolo per poi avvicinarsi a lui che si era appoggiato alle porte dello spogliatoio di Tassorosso. Gli si accostò senza salutare e rimase in silenzio.
Questa era una delle qualità di Diggory che Harry apprezzava maggiormente: sapeva capire l’importanza che poteva assumere un conforto tacito. Harry non era un tipo taciturno, era pur sempre un Grifondoro e i Grifondoro non vanno d’accordo con tutto ciò che è quieto e tranquillo, ma prima di diventare un Grifondoro, aveva trascorso dieci anni a casa Dursley con l’unica compagnia di Eileen e Sev, nessuno dei quali era particolarmente chiacchierone.
Grazie a loro, Harry aveva imparato che le parole non dette, a volte, potevano essere più consolanti di qualsiasi interminabile sermone.
Dopo una mezz’oretta, trascorsa a stare zitti, Diggory chiese:-Posso fare qualcosa per te?-.
Harry sorrise. Non era come Hermione che per tentare di aiutarlo aveva giocato a fare la psicologa, cercando di incitarlo a parlare di “cos’era successo” e di “come si sentisse al riguardo”. Harry era certo che fosse animata dalle migliori intenzioni, ma lui non aveva nessuna voglia di ricordare ciò che era successo e tanto meno di parlare dei suoi sentimenti confusi verso Tom.
-Sì, c’è qualcosa che puoi fare- rispose. –Distraimi-.
Cedric rifletté qualche istante per poi estrarre dalla sua borsa l’uovo d’oro che aveva conquistato durante la Prima Prova e aprirlo. Era cavo e vuoto, ma quando fu dischiuso, emise il gemito più stridulo che Harry avesse mai sentito. Il Tassorosso lo richiuse quasi subito.
-Che diavolo era?- chiese Harry scioccato.
-Non lo so- confessò l’altro con un sospiro. –ed è questo il problema: non riesco a capirlo. Ho provato di tutto. Giuro. Pozioni, incantesimi, trasfigurazione, ci ho inciso sopra delle rune antiche, ma il suono continua a non cambiare-.
-I tuoi amici cosa ne pensano?- s’informò Harry.
Cedric lo guardò stupito. –Non parlo della Prova con loro-.
-E perché no?- chiese Harry.
-I Campioni devono risolvere l’indovinello da soli- gli ricordò l’altro.
Il Grifondoro sbuffò.
-Cedric,- disse –quello che è successo alla prima Prova non è stato sufficiente per aprirti gli occhi? Krum e la Delacour non si faranno scrupoli a chiedere aiuto ai loro presidi: non vedo perché tu debba fartene. Come dice Prince l’inganno e l’imbroglio sono parti integranti di un Torneo Tremaghi e voi maghi Purosangue siete tipi tradizionalisti, giusto?-.
-Harry…- provò a intervenire il Prefetto, ma il minore non gli diede il tempo di continuare.
-Chiederemo aiuto ad Albus e Hermione- decise passando con spontaneità alla prima persona plurale. Probabilmente, fu proprio quel “noi” implicito a porre fine all’istante alle rimostranze del Campione.
-Tu gli piaci,- continuò intanto l’altro del tutto ignaro –saranno felici di darti una mano. Senza contare che Hermione sa tutto di tutto e Al è un genio: con il loro aiuto risolveremo l’enigma in un attimo. Forza, andiamo- lo incitò afferrandolo per un braccio e trascinandolo verso il castello.
L’operazione “Seconda Prova” era iniziata.

 
 

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Capitolo 34
*** Se qualcuno ci lascia ***


 Capitolo XXXII
Se qualcuno ci lascia

 

Ci sono persone
che sono state
considerate coraggiose
solo perché
avevano troppa paura per scappare.
Fuller
 

 

Albus osservava la scena, deliziato. Le sfide intellettuali gli erano sempre piaciute, nonostante fosse raro assistere ad una che riuscisse a coinvolgerlo veramente. Quella non era fra queste, ma, in ogni caso, era divertente osservare Terrence Abbott discutere così animatamente con Hermione.
-Ma è evidente!- esclamò Terrence con gli occhi incollati sui suoi appunti. –L’uovo ha risposto positivamente al test col primo degli elementi, il che significa che è stato certamente sottoposto ad un incanto di Rilevazione…-
-Cosa ti fa pensare che non siano stati i Maridi ad incantarlo?- ribatté la strega. –In I nostri Fratelli Magici si dice che…-
-Ehm… Scusate, ma che importanza ha?- intervenne Harry. –Non stiamo andando un po’ fuori tema?-.
-No, Harry, non fermarli- lo implorò con tono ironico Micheal Wells. –Proprio ora che la discussione stava diventando interessante-.
Tutti ridacchiarono.
Era da due settimane che quell’eterogeneo gruppo di studenti reclutati da Harry, tra i suoi amici e quelli di Cedric, si riuniva in una delle più appartate sale di lettura della biblioteca per organizzare l’Operazione Seconda Prova. Ormai, erano tutti abbastanza in confidenza, anche se Harry non riusciva proprio a simpatizzare con Terrence (era saccente, logorroico e pomposo quanto Percy Weasley) e continuava a sentirsi a disagio con Sally-Anne (se la immaginava solamente quella luce maniacale che ballava nei suoi occhi ogni volta che lo vedeva anche solo parlare con Cedric, vero?).
Anche a Hermione capitava, a volte, di avere qualche screzio con Terrence. Era raro per lei incontrare qualcuno degno di essere definito suo rivale in campo accademico, ma se ciò si era in precedenza trasformato in amicizia (e forse qualcosa di più), per quanto riguardava Albus e rispetto, per quanto riguardava Percy, con Terrence era diventata antipatia a pelle, simile a quella che Harry aveva provato la prima volta che aveva incontrato Bellatrix Black e aveva compreso, con irrefutabile certezza, che non sarebbe mai andato d’accordo con lei. Hermione e Terrence erano soliti quindi vivacizzare le loro riunioni con battibecchi più o meno gravi, anche se loro si ostinavano a definirli “discussioni intellettuali”. Harry, personalmente, era convinto che ad entrambi, semplicemente, piacesse troppo avere sempre ragione, ma non lo avrebbe mai confessato ai diretti interessati: Grifondoro o non Grifondoro, ci teneva alla sua vita. In ogni caso, a parte i suoi contrasti con Percy Weasley 2-La Vendetta, Hermione era entusiasta di essere stata coinvolta nell’Operazione Seconda Prova. D’altronde, lei era fatta così: datele una giusta causa per la quale lottare e Hermione Jean Granger lotterà fino alla morte.
I loro sforzi comuni, inoltre, avevano dato i loro frutti. Per giorni avevano sottoposto l’uovo d’oro ad ogni magia a loro conosciuta, senza però ottenere nessun risultato. Certo, Harry non definiva “nessun risultato”, il fatto che una magia di Abbott si era ritorta contro di lui e, non si sapeva come, gli erano spuntate sulla testa due tenerissime orecchie da coniglio. Indimenticabile, davvero indimenticabile. In ogni caso, alla fine, tra incidenti collaterali, discussioni, libri polverosi, chiacchiere e qualche sana risata, erano giunti alla soluzione: l’acqua. L’acqua era stata la chiave per trasformare quegli urli striduli che quell’uovo emanava in una voce che cantava un indovinello di facile risoluzione.
-Io sono preoccupata per la parte finale della filastrocca- intervenne Sally, seduta affianco a Cedric. –Sapete il “Abbiam preso ciò che ti mancherà” e il “Ciò che fu preso mai ritornerà”. Cosa vorranno dire?-.
William Tower, che fino a quel momento si era limitato a poggiare la testa sul tavolo e dormicchiare, suggerì con voce impastata: -Forse gli ruberanno la bacchetta-.
-Non è un po’ esagerato?- chiese Sally portando inconsciamente la mano ad afferrare la sua fedele compagna. Per un Mago, la propria bacchetta non è solo uno strumento magico, è una parte di sé.
-Pare che nulla sia esagerato per gli organizzatori del Torneo- rispose Al –Dopotutto, ci deve essere una ragione, se le edizioni precedenti hanno riscontrato un così alto tasso di mortalità, però dubito che con “quello che ti mancherà” intendano la bacchetta. Tanto per cominciare, privarlo di essa, andrebbe contro le nostre leggi più importanti, in secondo luogo, si presume che i Campioni diano prova delle loro abilità magiche-.
-E allora cosa?- chiese Hermione pensierosa.
-Secondo i miei appunti,– intervenne Terrence –proprio come la Prima Prova solitamente mira a testare il coraggio e le conoscenze dei Campioni, facendoli scontrare con Creature Magiche altamente pericolose definite anche Noti Ammazzamaghi e senza dare loro la possibilità di prepararsi adeguatamente, la Seconda Prova, per tradizione, ha lo scopo di testarne la sagacia e il sangue freddo-.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Harry espresse ad alta voce la domanda che tutti, ne era certo, si stavano ponendo:-E con ciò?-.
“E’ proprio come Percy” rifletté con un pizzico di cattiveria “Parla tanto, ma è raro che dica qualcosa di anche solo vagamente utile”.
Cedric aveva sorriso, Harry avrebbe potuto scommetterci, le sue labbra si erano piegate all’insù, ma solo per un attimo, poi l’affetto che nutriva per Terrence, la sua lealtà da perfetto Tassorosso e la sua impeccabile educazione avevano avuto la meglio e lui era tornato ad assumere un’espressione seria.
In realtà, essere tanto insolente con qualcuno che non lo aveva provocato in nessun modo non era da Harry, ma in quel periodo tendeva ad irritarsi per nulla (la responsabilità andava attribuita al litigio/bacio a tradimento con Tom, senza alcun dubbio). La sua sempre attivissima coscienza, in ogni caso, gli stava già facendo notare che non era giusto prendersela con Abbott solo perché, per lui, era un periodo no, perciò, nel tentativo di smorzare un po’ la sua provocazione, aggiunse:
-Voglio dire sono l’unico che si preoccupa di come Cedric riuscirà a trattenere il respiro per un’ora?-.
-Per quello non c’è problema- gli rispose il Campione. –Esiste un incantesimo che mi fornirà una risorsa d’ossigeno inestinguibile-.
-Sei un buon nuotatore?- s’informò Hermione.
Lo chiese a Cedric, ma questi non fece in tempo a rispondere perché Sally-Anne si sentì in dovere d’intervenire. –Ced è bravo in tutto- disse.
Contrariamente a ciò che sosteneva Zacharias Smith, Harry non era né egocentrico né paranoico, la Tassorosso gli stava veramente rivolgendo uno sguardo allusivo mentre parlava.
Il Grifondoro si ritrovò ad arrossire leggermente, anche se sperava di essersi immaginato tutto; Al sorrise con l’aria di chi si stava divertendo un mondo (Harry si appuntò mentalmente di fargliela pagare); Hermione, invece, fu abbastanza sensibile da tentare di trattenersi (Harry gliene fu grato); Cedric sembrava imbarazzato quanto lui (ma Harry non poté fare a meno di rimproverarlo tra sé e sé per la sua incapacità di tenere a bada la lingua dei suoi amici); Mike diede a Sally una gomitata su un fianco per zittirla (Oh, mio Dio! Quindi anche Mike sapeva!), Will non diede segno di aver sentito cosa stavano dicendo (il che probabilmente era vero, visto che trascorreva la maggior parte del suo tempo nel suo mondo di sogni); e Terrence… beh, Terrence stava rileggendo i suoi appunti.
Albus (forse nel tentativo di farsi perdonare il suo non riuscire ad impedirsi di trovare divertenti i tentativi, per niente velati, di Sally di impersonare Cupido) si schiarì la voce, attirando l’attenzione di tutti, e disse:-Credo che non ci sia molto altro da fare. Cedric, ti consiglio di esercitarti il più possibile nelle immersioni: devi abituarti all’ambiente sott’acquatico il più velocemente possibile. Per il resto credo che tenere le orecchie e gli occhi aperti per cogliere eventuali indizi, dovrebbe essere sufficiente-.
Annuirono tutti con convinzione, tranne Harry che no, anche se aveva attirato l’attenzione su di sé, non lo aveva perdonato per l’ilarità con cui aveva accolto il suo Perksoso Problema.
In ogni caso, si alzarono, afferrarono le loro pesanti borse colme di libri (oh! Il dolce peso della cultura!), e si diressero verso l’uscita della biblioteca in perfetta armonia.
Avevano compiuto soltanto qualche passo lungo il corridoio quando una figura femminile dai lunghi capelli biondi, li raggiunse con la velocità di un fulmine, urtò contro Sally facendola cadere e li superò velocemente senza neanche chiederle scusa o aver dato prova di aver notato la loro presenza. Era la professoressa Redbird.
-Sarà successo qualcosa?- chiese Hermione preoccupata.
Harry continuò ad osservare il punto in cui era scomparsa la donna con aria meditabonda. Era riuscito ad intravedere il suo viso, anche se solo per un attimo: sembrava sconvolta.
 
***
 
Esme non considerava Prince un amico. Se le avessero chiesto cos’era per lei, avrebbe potuto rispondere diplomaticamente “un collega”, oppure, più sinceramente, “un bastardo”, di sicuro non “un amico”. Per questo era curioso, quanto mai strano e qualcuno avrebbe potuto definire, inspiegabile che, ora, in quel momento di crisi, fosse andata a rifugiarsi proprio da lui.
-E’ assurdo- ripeté rannicchiata sulla poltrona dell’ufficio dell’uomo torturando con le mani quel dannato pezzo di pergamena.
Teddeus era in piedi, appoggiato alla libreria e osservava la donna con sguardo pensoso.
-Vi scrivevate?- chiese.
-Certo- rispose lei con tono secco. Certo che si scrivevano. Gli voleva bene, accidenti, gli voleva bene.
-E ha mai accennato a qualcosa? Sembrava scontento?-.
-NO!- esclamò Esme a voce più alta di quanto avrebbe voluto, ma era sconvolta… non capiva… Perché? Perché?! –Sembrava… felice- tentò di spiegare –O comunque, più felice rispetto a come si sentiva in qualsiasi altra scuola che ha frequentato. Diceva di detestare il vicepreside e le sue assurde regole, che la disciplina era veramente soffocante, che c’erano un sacco di stupidi mocciosi viziati, che lo seccava terribilmente doversi sempre inchinare e alzarsi in piedi davanti ad ogni insegnante, “come se fossero le reincarnazioni di Merlino” scriveva, ma stava bene-.
Teddeus non poté fare a meno di chiedersi, se la donna si studiasse a memoria ogni missiva del cugino.
-Gli vuoi bene- commentò un po’ sorpreso.
Esme gli rivolse uno sguardo che non riuscì a definire. –Sono tutta la sua famiglia- disse. –Se non ci fossi almeno io, sarebbe completamente solo-.
-E tua madre?- replicò il pozionista.
-Ci ha provato- borbottò la strega. –Non posso credere che se ne sia andato,- continuò fissando un punto indistinto alle spalle di Teddeus. -non posso credere che sia scappato da Durmstrang e che non si stia facendo più risentire-.
-Ti aspettavi regolari lettere via gufo?- ironizzò Teddeus.
-Sì, me le aspettavo,- rispose Esme seriamente –non mi aspettavo che sparisse in questo modo… nel nulla!-.
Teddeus corrugò le sopracciglia. –Raccontami tutto dall’inizio, con calma-.
-Non c’è molto da raccontare- replicò la strega. –Il professor Kühn, il vicepreside, ha spedito una lettera a mia madre, che poi ha informato me, dichiarando che Gellert era scappato dalla scuola, che la sua stanza era deserta e che erano stati portati via tutti i suoi averi. Hanno trovato solo un messaggio destinato a me. Questo-. Tese il foglietto di pergamena, che aveva torturato con le mani fino a quel momento, all’insegnante e lui lo afferrò.
Sopra al biglietto, vi erano scritte solo poche frasi.
So che sarai molto sorpresa e delusa,
ma ho scoperto che le scuole non fanno per me.
Mi farò vivo io, quindi non cercarmi.
Starò bene.
Gellert
-I suoi amici sono stati interrogati,- continuò intanto Esme -ma pare che nessuno sappia niente. Naturalmente, potrebbero aver mentito-.
-Avete informato le autorità?-.
-Ovvio, per il momento, non sono riusciti a rintracciarlo-.
-Come ha fatto a fuggire da Durmstrang?-. Allo sguardo che lei gli rivolse, continuò:-Prima di essere assunto a Hogwarts, ho insegnato, per un certo periodo lì. Quell’istituto è protetto da incantesimi estremamente sofisticati, alcuni dei quali Oscuri. Non è come qui, a Hogwarts, dove i fondatori, oltre a proteggere la scuola, si sono anche divertiti a disseminare in giro per il castello vari passaggi segreti, là è praticamente impossibile entrare e uscire di soppiatto. Come ha fatto Grindelwald a scappare, senza che gli insegnati fossero avvisati da uno dei sistemi d’allarme? Per non parlare della Traccia, tramite la quale il Ministero avrebbe dovuto individuarlo immediatamente-.
-Gellert è estremamente brillante- rispose la strega. –Avrà trovato un modo per superare le barriere della scuola e si sarà reso irrintracciabile-.
-Tutte magie di livello avanzato- le fece notare lui. –Tuo cugino sarà pure brillante, ma rimane un quattordicenne-.
Esme aggrottò le sopracciglia, perplessa: non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso.
-L’anno scorso ho insegnato a Potter l’incanto Patronus,- replicò -anche quella è Magia Avanzata-.
Teddeus assottigliò le labbra, irritato: ma quella stupida non doveva essere un genio?
-Dove credi che potrebbe essere andato?- ritentò.
-Se ne avessi anche solo una vaga idea, non sarei qui con te, ma fuori a cercarlo- ribatté la bionda mordacemente.
-Giusto- convenne Teddeus ignorando volutamente il tono provocatorio che la strega aveva utilizzato. –Non ha un posto dove andare, quindi perché non tornare semplicemente a casa?-.
-Ottima domanda,- commentò la strega –un’ottima domanda che gli porrò quando lo ritroverò-.
-Non pensi che possa essere stato rapito?- chiese infine il mago tentando il tutto per tutto.
Esme aveva sempre pensato che Teddeus non fosse del tutto normale, ma quel giorno ne ebbe la conferma.
-Rapito?- ripeté come se il mago avesse detto una grande sciocchezza e, in effetti, l’aveva detta.
–Da chi? Perché?- chiese con tono ragionevole nel tentativo di far riattivare il criceto della sua testa.
-Sei tu l’ex Auror- sbottò l’uomo, ormai al limite della sua pazienza –Prova a pensarci-.
Esme chiuse e riaprì le palpebre ripetutamente come nel tentativo di risvegliarsi da un brutto incubo, ma purtroppo quello non era un incubo. Comunque sia, Teddeus doveva essere uscito di senno. Gellert non era stato rapito. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto rapirlo? Il denaro era l’unica motivazione che le veniva in mente, ma, se così fosse stato, a quel punto li avrebbero già contattati per il riscatto e non si sarebbero certo preoccupati di portarsi dietro i suoi averi. No, Gellert era scappato. Ma dove? E perché? Tutte domande, queste, a cui doveva ancora trovare una risposta.
-E’ il figlio di Era Redbird- le fece notare Teddeus interrompendo il corso dei suoi pensieri. –Può darsi che qualcuno sia in cerca di vendetta-.
-E la cerca dopo tredici anni dalla morte di sua madre?- replicò la strega per poi rivolgergli uno sguardo assorto. –Perché insisti con questa teoria del rapimento? Non è che sai qualcosa di questa storia che non mi vuoi raccontare?-.
-No, Esme- mentì lui con l’espressione più sincera del suo repertorio.
La strega continuò ostinatamente a fissarlo negli occhi, affidandosi al suo istinto per cercare nella postura, nel viso, nel tono della voce, una traccia di menzogna, ma non la trovò. In effetti, non trovò assolutamente niente, oltre alla solita maschera imperturbabile che tanto odiava, però era proprio per questa sua qualità che si era rivolta a lui. Sperava, grazie ad essa, di riuscire a ritrovare la calma e la lucidità mentale che l’avevano abbandonata quando era venuta a sapere della fuga di Gellert. Non che ci fosse riuscita.
Si alzò e fece per uscire dalla stanza quando cambiò idea, si voltò e chiese:-Le somiglio? Assomiglio ad Era Redbird?-.
La domanda lasciò Teddeus evidentemente spiazzato.
Esme se lo era chiesto molte volte. Sapeva di aver preso dalla famiglia di suo padre, e di conseguenza anche da quella di Era Redbird, e le bastava guardare suo cugino per vedere quanto si somigliassero, ma non poteva fare a meno di domandarsi se c’era molto della strega oscura in lei, se anche quando guardava sua figlia, Maria rivedeva l’assassina  di suo marito e se Gellert ricercasse per questo in lei una figura materna. Teddeus doveva saperlo, dopotutto l’aveva conosciuta, la Redbird era solo di pochi anni più vecchia di lui ed erano stati entrambi dei Serpeverde.
-Hai suoi capelli- rispose questi  lentamente –e i suoi occhi, ma per il resto non potreste essere più diverse-.
Esme annuì e poi uscì dalla stanza.
 
***
 
Secondo l’esperienza di Alphard quando si perde qualcuno che si ama, la prima reazione è la negazione o, almeno lo era stata per lui. All’inizio, infatti, non riusciva ad accettarlo, non poteva accettarlo.
–E’ impossibile- si diceva.
Si comportava come se si aspettasse che, da un momento all’altro, ricomparisse, in modo da permettergli di uscire da quell’agghiacciante parentesi della sua vita che, nel profondo del cuore, sapeva essere solo un brutto sogno. Purtroppo, però, l’evidenza non poteva essere negata in eterno. Alla fine, accettò la verità, dovette accettarla, non aveva altra scelta, perché per quanto il dolore che provava fosse ragguardevole, il suo raziocinio lo era di più e gli sussurrava all’orecchio quelle parole che erano come tante pugnalate al cuore. Non tornerà. La Morte è un nemico imbattibile, un nemico che neanche i Maghi sono riusciti a sconfiggere.
-O meglio, questo è quello che tutti credono. E se ci fosse un modo per riportarli indietro?- ti aveva chiesto Teddeus e da quella domanda aveva avuto inizio tutto.
Ora, Alphard era abbastanza saggio per rendersi conto che era stata una follia, ma allora era disperato e si era aggrappato con una tenacia morbosa alla sua unica speranza, che speranza poi non era.
Forse, Gellert Grindelwald si era ritrovato nella sua stessa situazione.
Strinse convulsamente la mano attorno alla tazza di the che stava bevendo seduto su una delle seggiole che circondava il tavolo di quercia della sua cucina mentre tentava, con tutte le sue forze, d’ignorare la lettera appoggiata lì sopra, lettera che, purtroppo, non aveva resistito alla tentazione di leggere.
E’ opera della Confraternita, naturalmente.  Ignoro cos’abbiano in mente, ma fra qualche anno potremmo ritrovarci davanti una nuova Fenice Oscura.
So che vorresti poter dimenticare il tuo passato, ma è impossibile. Sei stato un Confratello, hai giurato fedeltà al credo di Morgana, non  puoi tornare indietro. Sai dei Doni, sai cosa stanno progettando, hai davvero intenzione di fingere che non stia succedendo nulla?
Ho ricominciato a collaborare con loro, non lo negherò, ma ho le mie ragioni che tu puoi facilmente intuire. Non ti chiedo di seguire il mio esempio, non lo farei mai, ti chiedo solo di aiutarmi a distruggerli quando verrà il momento, dopo che avrò ottenuto ciò che desidero.
Questo era ciò  che Ted gli aveva scritto. Gellert Grindelwald era sparito e, con ogni probabilità, la responsabilità era da attribuire alla Confraternita. Alphard sarebbe stato ben felice di ignorare questa notizia, ma, ora, grazie al ben poco provvidenziale gufo di Teddeus, non poteva più farlo.
Col senno di poi si chiedeva perché avesse aperto quella missiva, visto che, solo due mesi prima, aveva promesso a Caius che d’ora in poi avrebbe ignorato i tentativi del pozionista di riallacciare i contatti con lui. Sfortunatamente, però, la curiosità aveva avuto il sopravvento. Quella era la decima lettera che gli spediva, un numero ragguardevole considerando che per quattordici anni entrambi erano stati, anche se per motivi diversi, ben felici di fingere di non aver mai conosciuto l’altro.
In particolare, Alphard aveva deciso di relegare Ted e l’amicizia che li aveva uniti nella parte della sua vita che andava dimenticata, se desiderava poter riacquistare la sua sanità mentale e una parvenza di vita normale. Anche Teddeus aveva rinnegato la loro amicizia, ma non per dimenticare, piuttosto lo disprezzava per il suo desiderio di lasciarsi il passato alle spalle, eppure, ora, stava chiedendo il suo aiuto. Alphard sapeva che lo aveva fatto perché non aveva altra scelta, lo scrittore era l’unico al di fuori della Confraternita, a conoscere la vera storia dei Doni della Morte e, di conseguenza, era l’unico a cui Teddeus poteva richiedere soccorso senza infrangere il giuramento a cui era vincolato a vita.
Allungò un braccio fino a sfiorare con un dito il punto della lettera in cui era stato scritto il nome “Gellert Grindelwald”.
Gellert Grindelwald…
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora rivedere com’era Era Redbird, durante il loro ultimo incontro. Poteva vedere il viso raggiante, i lunghi capelli sciolti che ricadevano come una cascata dorata sulla schiena, la tunica viola scuro che indossava e il ventre leggermente arrotondato a causa della gravidanza. Il Mondo Magico era nel caos, numerose famiglie babbane venivano trucidate ogni giorno, i giganti avevano abbandonato le loro montagne e trascorrevano le giornate a distruggere città, chiunque osasse tentare di contrastarla veniva consegnato ai Dissennatori o ai branchi di Licantropi che le avevano giurato fedeltà, le Cacce ai Babbani stavano superando il Quidditch in quanto a popolarità, il Ministero non sapeva più come continuare a nascondere alla comunità non magica l’esistenza del loro Mondo, ogni giorno i suoi seguaci aumentavano di numero e con essi le famiglie che pressavano il Ministero affinché accogliesse le richieste di Era e lo Statuto Internazionale di Segretezza venisse abolito. Tutto questo a causa sua, eppure, mentre pranzavano insieme nella veranda di casa sua, Era sembrava una qualunque donna in cinta con nessun pensiero in testa oltre a quello del benessere del bambino che portava in grembo.
-Lo desidero con tutta me stessa- aveva detto con aria sognante. –Si chiamerà Gellert, come il padre di Rick*. Io avrei preferito un nome britannico, magari appartenuto a qualche grande mago del passato, come Mordred o Salazar, ma Godrikus ci teneva tanto, quindi ho deciso di farlo contento-.
Anche Lily Potter, all’epoca, stava scegliendo il nome da dare al suo futuro bambino. Glielo aveva rivelato Caius, una notte di dicembre di qualche anno fa, mentre fuori nevicava e loro stavano abbracciati vicino al camino. Se fosse stato un maschio, lo avrebbero chiamato Harry, come un caro amico di Lily, una delle prime vittime della guerra, se fosse stata una femmina, Elizabeth, come la madre di James. Naturalmente, era destino che lei avesse un maschio, ma questo la giovane aspirante Guaritrice, al contrario di Era, non poteva saperlo.
Caius, dopo aver scoperto la verità, aveva tentato di avvisarla. Certo, aveva deciso, per la psiche chiaramente instabile di Alphard di fingere che la Confraternita non esistesse, ma non poteva fingere di non essere a conoscenza dei suoi piani per il bambino che una sua amica portava in grembo, perciò le aveva raccontato tutto, lui poteva. Disgraziatamente, non era stato sufficiente a salvarla perché Era non si era fatta scrupoli a sfruttare il legame che univa il suo bambino al piccolo Harry per trovare i Potter, non si era fatta scrupoli ad uccidere James e non si era fatta scrupoli a disobbedire agli ordini della Confraternita uccidendo Lily e tentando di uccidere il neonato. Quel neonato che, però, era stato salvato dalla stessa Magia Antica che lo aveva messo in pericolo e che aveva segnato la fine di Era Redbird, la Fenice Oscura, la più potente strega Nera dai tempi di Morgana.
Tutto ciò, però, non era bastato per fermare la Confraternita che, a sentire Ted, aveva semplicemente deciso di aspettare. Dopotutto, erano secoli che attendevano la nascita di Harry e Gellert: qualche decennio in più, non faceva, per loro, alcuna differenza. E, ora, erano tornati in azione e avevano cominciato proprio dal figlio di Era.
“…fra qualche anno potremmo ritrovarci davanti una nuova Fenice Oscura”.
Alphard non voleva averci niente a che fare con tutta quella storia. Che il mondo cadesse pure in malora, dopo molte difficoltà, lui era finalmente riuscito a ricostruirsi una vita e non aveva nessuna intenzione di rinunciarci. Sapeva di essere profondamene egoista, ma era la sua natura: a parte Caius e la sua famiglia non gli importava di niente. Non più.
Era ancora lì, seduto su una delle seggiole che circondavano il tavolo di quercia della sua cucina, su cui erano appoggiati la lettera di Ted e la sua tazza di the, quando con un sonoro “CRACK!”, davanti a lui si materializzò Caius.
Non si affrettò a nascondere la missiva. Un gesto simile avrebbe solo insospettito l’Auror e lui non aveva ancora deciso se parlargli o meno  della scomparsa di Grindelwald, non voleva turbarlo.
-Grindewald è scomparso- disse il biondo per prima cosa.
A quanto pare, gliene avrebbe dovuto parlare.
-Lo so- rispose lo scrittore –Prince mi ha spedito un gufo- prima che suo marito avesse modo di replicare, continuò –Lo so, lo so. Non avrei dovuto leggere la lettera, te lo avevo promesso, ma è la decima che mi spedisce. Doveva per forza essere successo qualcosa e ho pensato che avresti preferito essere informato in anticipo, se la Confraternita avesse deciso di accogliere un altro Mago Oscuro determinato a conquistare il mondo-.
Caius aprì la bocca per ribattere, ma poi ci ripensò, si sedette di fronte all’altro e chiese:-Quindi la scomparsa di Grindelwald, è opera della Confraternita? E per questo che Prince ti aveva chiesto di andare a Durmstrang? Sapeva che Grindelwald studiava lì e voleva che lo tenessi d’occhio?-.
Alphard sapeva che non era finita lì, lo conosceva troppo bene per farsi ingannare. Appena avessero concluso il discorso su ciò che era accaduto al quattordicenne, avrebbero ripreso quello sul perché lui non avesse continuato ad ignorare i tentativi di Ted di riallacciare i rapporti.
-Sì, centra la Confraternita- rispose con un tono che sperava risultasse distaccato, poi inarcò le sopracciglia, perplesso. –Come fa ad esserti già arrivata la notizia? Grindelwald non ha niente a che fare col nostro Ministero-.
-Sì, ma Esme Redbird ci ha chiesto di diffondere la notizia e tenere gli occhi aperti: visto che nessuno sa dove sia, potrebbe essere anche essere giunto qua-.
Alphard annuì con aria distratta.
-Ma non è qui, vero?- continuò Caius –Dov’è?-.
-Non lo so- rispose l’altro –e neanche Ted. La Confraternita non lo aveva avvisato, ma quando ha saputo della sua scomparsa, ha fatto due più due-.
-Alphard,- Caius parlò a voce molto bassa, era quasi un sussurro –io non posso ignorare il rapimento di un ragazzino-.
-Sì, invece, puoi farlo- ribatté suo marito.
-Alphard- questa volta lo disse come se fosse un avvertimento ed alzò il tono.
-Ascolta,- il mago si passò una mano tra i sottili capelli neri –non è stato rapito, di questo sono certo. I rapimenti non sono nel loro stile. Se è con la Confraternita e perché ha deciso di seguirli di sua spontanea volontà-.
-Oh! Ti prego, non dire idiozie- esclamò l’Auror –Ha quattordici anni! Sai quanto ci vuole per manipolare un quattordicenne? Niente, assolutamente niente-.
-Se somiglia, anche solo vagamente, alla madre, non è tipo da lasciarsi manipolare-.
-Grindelwald non è sua madre, non facciamo stupidi paragoni- sibilò il biondo, poi, con tono più calmo, continuò:-Sua cugina è disperata, si vede che gli vuole bene e io avevo un’idea su dove avrebbe potuto essere e sono rimasto zitto-.
-Perché cosa volevi dirle?- urlò quasi l’altro –Cosa volevi dirle?! Volevi parlarle della Confraternita? Dei suoi piani? Delle predizioni dei centauri? E, dimmi, esattamente, come avresti giustificato queste tue conoscenze? Oh, beh, certo, dimenticavo: non sono problemi tuoi questi-.
-Alphard, piantala-.
-No, non la pianto- ribatté l’ex Serpeverde. –Non la pianto affatto. Se l’esistenza della Confraternita dovesse diventare nota, mi verrebbero a cercare e mi ucciderebbero, lo sai. Ho rischiato molto, permettendoti di venire a conoscenza della verità: non farmene pentire-.
-Quindi, mi stai chiedendo di restare zitto e non fare niente mentre loro continuano con i propri porci comodi-.
-In effetti, sì,- dichiarò Alphard –ma non te l’ho chiedo adesso, te l’ho chiesto anni fa, ora desidero solo che tu mantenga fede alla parola data-. Siccome, Caius non accennava a rispondere, continuò con tono meno sferzante:-Anche se dicessi qualcosa, non cambierebbe niente. Una delle loro adepte, è diventata la più potente strega oscura dei tempi moderni e, nonostante ciò, quasi nessuno sa della loro esistenza: sanno mantenere bene i segreti-.
L’Auror sospirò profondamente. –Scusa, è assurdo che ti dica certe cose, visto che non c’è nessuno che più di me, desidera che tu stia alla larga da tutta questa faccenda, ma… quando ho visto Esme Redbird tanto disperata… sapere qualcosa e non poter fare niente…-.
-Cavalleria Grifondoro- lo interrupe Alphard con un’espressione falsamente disgustata. -Avevo messo in conto di doverci coesistere per il resto della vita quando ho deciso di sposarti-.
Caius piegò le labbra in un sorriso pigro. –Sei la persona più importante della mia vita, lo sai?-.
-Sì, ma tu continua pure a ripetermelo. E’ sdolcinato e un po’ melenso, ma sai com’è: tutto ciò che accresce il mio ego è ben accetto-.
Caius ridacchiò per poi posare lo sguardo sulla lettera di Teddeus ancora posata sul tavolo. L’afferrò, l’accartocciò e poi, con un tiro degno dell’ex Cacciatore che era, la lanciò dritta dentro il camino dove fu carbonizzata dallo scoppiettante fuoco.
Fosse stato così facile eliminare anche Prince e in resto della Confraternita dalla loro vita…
-Allora, cosa devo fare affinché quell’essere comprenda che ti deve lasciare in pace?-.
 
***
 
Il primo, vero, ricordo di Felix risale a quando aveva tre anni.
Era una fredda sera di dicembre e lui aveva trascorso ore e ore a piangere a squarciagola perché voleva il suo papà. Sua madre, una Metamorfomagus spagnola, per quanto avesse sempre cercato di educarlo con severità in modo da farlo diventare un uomo forte, alla fine, si era intenerita e aveva portato lui e sua sorella gemella Aida nel letto matrimoniale per leggergli un libro di fiabe, dono del loro padre inglese.
Quella fu la prima volta che Felix sentì parlare dei Doni della Morte.
Anni e varie esperienze dopo, Felix sorrideva al ricordo. Trovava, infatti, che ci fosse una qualche ironia nel fatto che il suo primo ricordo riconducesse a ciò che era diventato il fulcro della sua esistenza adulta.
 
-A volte, mi chiedo se tu non sia completamente folle- interloquì sua sorella scuotendo i capelli, in quel momento dell’orribile color grigio fumo che assumevano quand’era irritata.
Quello era uno dei lati negativi dell’essere Metamorfomagus, rifletté Felix, non vi era modo per nascondere le proprie emozioni: è sufficiente osservare il colore dei capelli dell’interessato per sapere esattamente cosa pensava. Certo, con l’esercizio si può imparare a evitare di mutare a meno che non lo si desideri, ma per riuscirci erano indispensabili concentrazione e autodisciplina, due qualità di cui sua sorella era sempre stata carente. Senza contare che, al momento, non desiderava affatto nascondere i suoi sentimenti, anzi voleva fargli comprendere esattamente quanto fosse irritata dalla decisione che aveva preso senza chiedere l’opinione di nessuno.
-Gellert è un ragazzo brillante e potente- replicò sorseggiando il suo Idromele. –Ci sarà molto utile, vedrai-.
Si trovavano nel Galles, per la precisione nel salotto della casa appartenuta a Salazar Serpeverde. Soggiornavano sempre lì quando mettevano piede in Gran Bretagna. Era tutto tranne che accogliente, ma, nonostante i secoli trascorsi, era ancora impregnata della magia della nobile Casata dei Serpeverde e il mago, per questo motivo, la preferiva rispetto a qualsiasi altro posto.
La Casata dei Serpeverde… Felix non poté trattenere un sorriso amareggiato nel ricordare che fine aveva fatto quella nobile Casata. L’incontro con i Gaunt era stato davvero deludente.  Se non avessero discorso nella Lingua Maledetta, Felix sarebbe ritornato sui suoi passi e avrebbe dichiarato alla Confraternita che si erano sbagliati, che non potevano essere i discendenti diretti del grande Serpeverde. Povero, vecchio Sal, tanto lavoro, tanti sacrifici e, infine, cos’aveva ottenuto? Assolutamente niente, neanche degli eredi degni di questo nome.
-Tu ti fidi di quel ragazzo?- continuò sua sorella, ignara delle divagazioni mentali dell’uomo.
-No,- rispose lui –non mi fido di Gellert Grindelwald, proprio come non mi fidavo di sua madre, ma è intelligente e dotato, questo è innegabile, e ci sarà utile-.
-Utile?!- strillò Aida –Utile?! Non credi che stiamo già affrontando abbastanza rischi? Ora dobbiamo anche metterci ad allevare una probabile futura serpe in seno? Già, c’è Prince, che potrebbe tradirci da un momento all’altro, poi c’è Alphard Black e devo ancora comprendere la ragione per cui non lo abbiamo ammazzato…-
-Perché questi sono i nostri dogmi- la interrupe lui. –Non uccidiamo a meno che non sia strettamente indispensabile. Il lasciarci la minor quantità possibile di cadaveri alle spalle e ciò che ci ha permesso di rimanere una confraternita segreta, senza contare che Alphard è un membro di una delle più potenti famiglie Purosangue inglesi: la sua morte non passerebbe certo in sordina. In quanto a Gelt… credo che nel suo caso il rischio valga la candela, è come sua madre: ha tutte le carte in regola per diventare un grande-.
Sua sorella increspò le labbra. Non era d’accordo, non era per niente d’accordo, ma se il resto della Confraternita avesse dato il proprio consenso, lei sarebbe stata costretta ad accettare Gellert Grindelwald come suo Confratello e figlio spirituale di Morgana. Esalò un profondo sospiro. Non le era mai piaciuta Era Redbird e non vedeva come, con suo figlio, avrebbe potuto essere diverso. Fin dal suo primo incontro con la famigerata Fenice Oscura, che era stata invitata ad entrare nella Confraternita da Godrikus, aveva immediatamente compreso che la sua arrogante bellezza, la sua ambizione sfrenata e le sue manie di protagonismo non avrebbero portato altro che guai e non si era sbagliata. A causa sua, avevano rischiato di perdere l’ultimo dei Potter, a causa sua avevano rischiato di perdere la Bacchetta della Morte. Non era quello il piano, ma Era aveva dovuto fare di testa sua, come sempre. Quella sciagurata non sarebbe neanche dovuta entrare nella Confraternita, ma Godrikus aveva tanto insistito, era innamorato il poverino, innamorato… Al solo sentire quella parola, veniva invasa dalla nausea.
 Come se ciò non bastasse, ora, suo fratello sembrava ansioso di ripetere lo stesso errore facendo entrare nella Confraternita quel dannato moccioso. Se la decisione fosse dipesa esclusivamente da lei, avrebbero utilizzato Gellert Grindelwald come se fosse un oggetto, senza metterlo a conoscenza di nulla, ma sfortunatamente la decisione non dipendeva esclusivamente da lei.
La verità era che avrebbe dovuto insistere fin dall’inizio per potersi occupare lei di Grindelwald. Era scontato che suo fratello si sarebbe lasciato ammaliare, proprio come si era lasciato ammaliare da Era, che gli era sempre piaciuta, con cui era sempre andato d’accordo, con cui aveva anche avuto una rela…
Spalancò gli occhi mentre un dubbio atroce si faceva strada nella sua mente.
-Grindelwald…- mormorò –è… è tuo figlio?-.
Felix ricambiò il suo sguardo con uno che esprimeva altrettanto stupore per poi scoppiare a ridere di gusto.
–Come ti è venuto in mente?- chiese con gli occhi lacrimanti.
-Hai avuto una relazione con Era- gli ricordò lei per niente rassicurata: Morgana sola sapeva quanto suo fratello fosse abile nel mentire.
-E con ciò?- chiese Felix ritornando serio –E’ finita presto. No, te lo potrei giurare, Gellert è un Grindelwald-.
-Lo spero- mormorò Aida ancora dubbiosa. –Dov’è ora?- chiese poi.
-A casa nostra, naturalmente. E non fare quella faccia- aggiunse osservando l’espressione orripilato comparsa sul volto di lei –Dove avrei dovuto lasciarlo? A casa nostra non possono rintracciarlo e poi Lulù si occuperà di lui.  Disporrò, al più presto, una riunione della Confraternita – disse. –Non saranno felici che non abbia chiesto la loro opinione prima, ma penso che quando lo conosceranno, saranno lieti di averlo tra noi-.
-Voglio conoscerlo- dichiarò improvvisamente la strega.
Suo fratello le rivolse uno sguardo perplesso. –E’ ovvio che lo conoscerai-.
-No, non hai capito- replicò lei. –Voglio conoscerlo prima che entri a far parte della Confraternita-.
-Ah. E perché? Voi due non andrete d’accordo- l’avvisò.
-Lo so già questo,- sbuffò lei –ma voglio assicurarmi che sappia bene cosa significa essere un figlio di Morgana, voglio assicurarmi che sappia che dovrà obbedire alle nostre regole e sottostare alle nostre decisioni-.
Suo fratello ghignò, per poi avvicinarsi e scoccarle un bacio affettuoso sulla guancia.
–Gellert è una carta vincente- le assicurò.
-Godrikus aveva detto la stessa cosa a proposito di Era- gli ricordò lei.
-E’ vero- convenne il mago –e non sbagliava. Era ci ha dato Gellert, dopotutto-.
 
*Ovviamente Rick è il diminutivo di Godrikus

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