Down To My Last

di eliala
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Introduzione- ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** -Introduzione- ***


prima di lasciarti alla lettura volevo solo dire che la storia si svolge nel Giappone antico, e che tutti i personaggi sono "comuni mortali", cioè senza doti particolari che esulano dall'ordinario ù.ù ovviamente l'OOC è segnalato perchè la situazione è talmente inverosimile che ho dovuto forzare i caratteri per adattarli a quello che avevo intenzione di scrivere xD












Down To My Last

-Prefazione-






«Frocio» mormorò senza pensare a tutte le persone che la guardavano attonite. Non sapevo come reagire, cosa dire, così mi limitai a scuotere la testa.
«Frocio!» disse a voce più alta, come per curarsi attentamente che tutti sentissero bene.
«Froci! Frocio! Frocio!» iniziò ad urlare, ormai del tutto preda di quella rabbia folle che era solo la concentrazione dell’odio che aveva per me, che continuavo a tenere gli occhi fissi su di lei e le labbra sigillate, in modo da non darle la soddisfazione di avere una risposta.
«Frocio! Frocio schifoso!» urlò completamente fuori di se.
«Adesso basta» un sussurro che arrivò forte e chiaro alle orecchie di tutti. Eppure l’odio nei suoi occhi non era ancora scemato. «Hanabi, smettila subito» ordinò col suo fare imperioso Hiashi, e nessuno si sarebbe tirati indietro di fronte ad un ordine diretto del capofamiglia degli Hyuuga. In quel momento, era evidente, Hanabi non era proprio di quel parere.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Buondì Lettorichenoncommentano! Anche se, come ho appena detto, non avete commentato io ho postato ugualmente questo primo capitolo per quelle circa ottanta persone che ci sono passate senza voler far sapere della loro presenza. Ma io so che ci siete, quindi… quindi muhahaha! Adesso vi beccate il segiuto! A inizio pagina ho lasciato un piccolo glossario, giusto perché avendo lasciato termini in giapponese sono buona e gentile e mi curo che tutti comprendano ù.ù a dire il vero li ho dovuti cercare in interet, quindi… vabbè, diciamo che così risparmio un po’ di fatica e non devo andarli a ricercare per usarli eventualmente nel prossimo capitolo…
Occhei, adesso me ne vado ù.ù
The show must go on ù.ù
Tipregotipregotipregocommentatiprego ç______ç









Capitolo I









O-kaa-san Mamma in giapponese
Imouto-chan Sorella minore
Nee-chan Sorella maggiore
Nii-chan Fratello maggiore



Storsi il naso contrariato da tutta quell’abbondanza: tutti sapevano chi eravamo, che bisogno c’era di ostentarlo così? Eppure quella era una specie di cerimonia… almeno nell’ottica delle donne della famiglia. Repressi un’espressione di disgusto e cercai di defilarmi in silenzio: era assolutamente necessario non attirare l’attenzione di nessuno, perché certamente mi avrebbero obbligato a rimanere lì seduto con una scusa tipo “non-farti-venire-strane-idee-sei-l’unico-uomo-in-circolazione-devi-darci-il-tuo-parere” anche se, superfluo da dire, non avrebbero mai ascoltato nessun mio parere.
Con un ghigno un po’ troppo soddisfatto per la situazione adoperai tutte le mie capacità acquisite durante quasi quindici anni di addestramento come samurai alla corte imperiale e riuscii a fuggire da quella che si prospettava come una giornata di tortura.
Una volta fuori dalla casa sorrisi trionfante cercando di sgranchire gambe e braccia, sempre facendo attenzione a quella stramaledetta ferita alla gamba che mi aveva costretto a rimarmene lì, tra quel branco di donnicciole euforiche invece di andarmene con i miei compagni a scortare la processione che sarebbe partita dal tempio dei Nara per arrivare da noi.
«Neji-kun? Sei tu?» quella voce attirò decisamente la mia attenzione.
Sollevai un sopracciglio. «che cosa ci fai tu qui?» chiesi. «non è te che stanno torturando lì dentro?» non potevo proprio nascondere quella punta di divertimento nella mia voce, e soprattutto davanti alla sua espressione a metà tra l’agghiacciato e l’implorante. «Pensa che sono talmente prese da quello che stanno orchestrando che nemmeno si sono accorte che sono sparita! Neji-kun, mi fanno quasi paura! Lo sai che non sopporto stare al centro dell’attenzione, non volevo un matrimonio così!» esclamò frustrata. Mi abbandonai ad una risata leggera che fu subito però soffocata da una sensazione con la quale convivevo ormai quotidianamente da qualche settimana a quella parte «Ci potevi anche pensare Hinata-chan. Dovevi immaginare che sarebbe andata a finire così! E poi, andiamo, è pur sempre il tuo matrimonio, è logico che gli Hyuuga vogliano fare le cose in grande, non fare la bambina come al solito» esclamai improvvisamente stizzito.
Come era logico che fosse, conoscendo bene la mia nuova sorellina, abbassò lo sguardo con aria colpevole, biascicando frasi sconnesse e apparentemente prive di senso.
Imprecai tra me e me per quell’ennesimo sbalzo d’umore, anche perché lei era proprio l’ultima con cui avevo il diritto di prendermela. Mormorai un ammasso indistinto di scuse e mi defilai anche da lì, cercando rifugio nei giardini del palazzo, che a quell’ora sarebbero dovuti essere vuoti.
Finalmente silenzio. I servi erano tutti indaffarati a preparare l’accoglienza per i Nara, la casata del futuro sposo, e il giardino era stato lasciato in pace, almeno per un po’.
Sospirai ancora, sedendomi in terra con le spalle poggiate ad uno dei ciliegi che presto sarebbero rifioriti, mancava solo qualche mese, e a quel punto Hinata avrebbe sposato il suo promesso unendo la casta dei più grandi guerrieri dell’Impero con una di sacerdoti e medici… certo, erano senza dubbio tra i più importanti nel loro ambiente, utilissimi se associati alla loro casata di samurai, e poi “il giovane Nara è uno dei più promettenti di tutto il Giappone, senza dubbio quel ragazzo diventerà qualcuno, e con lui nella grandezza porterà anche la nostra Hinata-chan” diceva sempre più spesso Hiashi, aggiungendo, a voce bassissima al mio orecchio, che altrimenti non sarebbe andata da nessuna parte.
Strinsi forte le palpebre. Non mi piaceva sentirlo parlare in quei termini della povera Hinata, mi sentivo in colpa ogni volta che diceva che avrebbe dovuto avere me come figlio e non lei, non quella ragazza fragile che riteneva essere un fallimento in tutti i sensi. Mi sentivo tremendamente in colpa quando diceva che dopo avermi adottato aveva finalmente avuto un figlio degno del nome degli Hyuuga. Non era giusto.
Avvicinai le ginocchia al petto per posarvi le braccia, gettando indietro la testa lasciando fuggire dalle mie labbra un gemito leggero. Non volevo pensare, sapevo con certezza che continuando su quel percorso sarei finito in ricordi ben più piacevoli e degni di disprezzo… basta, dovevo assolutamente riscuotermi da quello stato di torpore.
Non mi mossi.
Ero sempre presente a me stesso, sempre consapevole di quello che ero, di quello che era il mio posto, ma poi c’erano i momenti come quello, momenti in cui sembrava che la mia mente fosse in uno stato di totale abbandono, uno stato di pace silenziosa e quasi sacra. Ero un samurai, non potevo permettermi spesso di abbassare la guardia ma a volte sembrava che fosse il mio stesso corpo a pretenderne così decisi di accontentarlo, per una volta. Allontanai tutti i pensieri e mi rilassai completamente.
Riaprii gli occhi di scatto, improvvisamente ero in piedi con una mano sulla lama che portavo sempre al fianco. Vidi subito che si trattava solo di Hanabi e realizzai con orrore che dovevo essermi addormentato. Lei mi guardava un po’ contrariata, le labbra strette in una smorfia delusa.
«speravi di cogliermi di sorpresa anche questa volta, eh Hanabi?» chiesi divertito.
Lei annuì in silenzio con un sorrisetto furbo. «e stavolta c’ero anche quasi riuscita! Uffa, anche io voglio avere l’addestramento» piagnucolò la più piccola erede diretta del casato, la quale aveva preso la mia adozione molto meglio di quanto il padre temesse. Recuperai presto la mia espressione impassibile «ma non ce l’hai fatta alla fine. E poi, è inutile che continui a dirlo a me. Quando tuo padre lo riterrà opportuno –se lo riterrà opportuno- potrai fare qualcosa anche tu» risposi lapidario con una scrollata di spalle.
«Non ti preoccupare, non sono qui per indurti a ribellarti contro mio padre» rispose sarcastica con un’espressione anche troppo divertita per i miei gusti. «ma solo per avvertirti che la scorta è tornata, con tanto di ospiti al seguito. Quindi va a metterti un kimono decente e se vedi Hinata-chan dille di venire di corsa dalla mamma: sta sbraitando in preda a una crisi isterica da manuale, ha il kimono, il trucco, i gingilli per i capelli ma non ha la sua adorata cavia. Sto impazzendo» Riprese con un sorriso a trentadue denti. Annuii poco convito e presi nota mentalmente di avvertire Hinata affinché corresse via velocemente senza lasciare traccia di se.
Precedetti Hanabi e me ne andai nelle mie stanze, dove trovai un elegante e sicuramente costosissimo kimono blu scuro, sul genere di quelli che la mia madre adottiva si ostinava a volermi far indossare. Non potevo rifiutare, ovviamente, anche se io avrei di gran lunga preferito qualcosa di infinitamente meno formale. Provai a consolarmi pensando al fatto che ci sarebbero state almeno quattro donne a occuparsi di Hinata, data la sua quasi totale inesperienza per quanto riguardava trucco-capelli-accessori-abito, ma il tutto non ebbe il risultato sperato.
Mentre un servo si occupava di sistemarmi per bene l’abito riflettevo sul fatto che mi fossi avvicinato molto a lei, Hinata, una volta terminata quella rivalità tra casata principale e casata cadetta… o meglio, l’avrei fatto volentieri se non ci fosse stato quel piccolissimo intoppo…
Quando fui lasciato solo mi avvicinai allo specchio. I capelli sciolti, gli occhi chiari caratteristici della famiglia, il fisico asciutto che necessariamente avevo sviluppato con gli allenamenti e che risaltava alla perfezione sotto quel kimono che, dovevo darne atto alla mia nuova madre, sembrava cucito appositamente per me.
Sentii bussare mentre ero ancora perso nelle mie riflessioni, e dopo meno di un istante la porta si aprì. Scossi la testa chiudendo gli occhi. «O-kaa-san, se avessi aspettato ancora un minuto, sarei venuto io stesso da te, non c’era bisogno di lasciare sola Hinata-chan, senza dubbio fuggirà a gambe levate» sospirai. Non ricevendo risposta, sentendo anzi dei passi muoversi lungo la stanza mi affacciai dal paravento dietro al quale mi ero cambiato, abbastanza incuriosito da quella mancata reazione, e quello che vidi davanti a me non era sicuramente il viso dell’ O-kaa-san.
«Shikamaru» esclamai sorpreso, senza riuscire ad aggiungere altro.
«Ciao Neji» rispose facendo un cenno con la mano e abbozzando un vago sorriso.


***



Cos’ero andato a fare in quella maledetta stanza? Il tutto si stava facendo maledettamente seccate, e stressante, e se c’era qualcosa che io odiavo profondamente era proprio il sentirmi stressato.
In effetti, in quella situazione, me le ero un po’ cercate, tutte quelle cose.
Poco importava, ormai ero lì e se fossi tornato indietro quel “viaggio” sarebbe stato solo un’enorme perdita di tempo. Bussai, ma non aspettai nemmeno la risposta.
Quando fui dentro, non potei che guardarmi intorno incuriosito: non ero mai andato lì, forse mi aspettavo qualcosa di più strano per un appartenete a quel clan.
«O-kaa-san, se avessi aspettato ancora un minuto, sarei venuto io stesso da te, non c’era bisogno di lasciare sola Hinata-chan, senza dubbio fuggirà a gambe levate»
La sua voce da dietro un paravento. Non risposi, sarebbe stato inutile, e poi mi sarei perso la sua espressione. Mi avvicinai con studiata lentezza al luogo dal quale proveniva la voce e lo vidi affacciarsi all’improvviso, i capelli castani e lunghissimi che oscillavano dietro la spalla, e poi lo sguardo sorpreso e un po’ risentito che mi rivolse con quei suoi occhi di quell’assurda sfumatura violacea tirò a forza dalle mie labbra un sorrisino stentato.
«Shikamaru» mi chiamò come se fossi l’ultima persona sulla faccia della Terra che avesse intenzione di vedere. Bhe, magari era davvero così, magari non voleva vedermi sul serio, ma anche col senno di poi sarei entrato in quella stanza solo per il gusto di vedere la sua espressione.
«ciao Neji» risposi alzando la mano imitando un cenno di saluto. Lui rimase impassibile e tornò a nascondersi dietro quella specie di parete.
Metterlo in difficoltà era una delle poche cose che riuscivano a smuovermi e a darmi una reale soddisfazione.
«cosa diamine ci fai qui? Dovresti essere di sotto con gli altri ospiti» sibilò tornando nel mio campo visivo dopo essersi legato i capelli in una coda bassa.
Feci spallucce «mi annoiavo, volevo vedere che stavi facendo» risposi con nonchalance, fingendo totale indifferenza. Sapevo che anche quel mio tipo di atteggiamento lo mandava in bestia, soprattutto in certe occasioni…
«Non dovresti essere qui.» riprese severo, guardandomi dritto negli occhi senza far trapelare nessuna emozione.
«Neji, non mi voglio sposare» quelle parole uscirono dalla mia bocca con una tale naturalezza che quasi mi stupii. Fu normale allora approfittare del suo stupore e avvicinarmi di più a lui per dissimulare il mio. Ero a meno di un passo da lui quando si riscosse e si allontanò indignato, tornando a giocare all’uomo indaffarato per evitarmi. Ma non mi diedi per vinto, non bastava così poco per distrarmi una volta che avevo trovato interesse per qualcosa. Mi avvicinai di nuovo e mi voltò le spalle.
«Che c’è?» chiesi sforzandomi di non sorridere ancora.
«Ma come ‘che c’è?’ sei scemo o cosa?! Credevo fossi dotato di un’intelligenza superiore alla media!» sbottò irritato, girandosi verso di me per fronteggiarmi: non gli piaceva darmi dell’imbecille se non poteva sottolinearlo anche con quelle sue occhiate eloquenti. Ovviamente non aveva calcolato la distanza che ci separava, quindi quando si voltò con veemenza si ritrovò il mio naso che praticamente sfiorava il suo. «Come te in fondo.»
Chiunque al suo posto sarebbe arrossito abbassando lo sguardo, ma non lui, non l’orgoglioso Neji Hyuuga. «Dovresti essere di sotto con gli altri ospiti, ad aspettare Hinata, la quale, te lo ricordo per precauzione, è la tua futura sposa. Hai preso un impegno con lei e con la nostra famiglia» sottolineò le ultime parole quasi con crudeltà. Era ancora arrabbiato con me per chissà quale motivo, ed io non potevo far altro che sottostare al suo strano umore.
«Io non mi voglio sposare con Hinata» ribattei direttamente sulle sue labbra.
Oh, non si sarebbe mosso per nulla al mondo, non mi avrebbe dato nessun tipo di soddisfazione.
Peccato…
«Ti ricordo che stai pur sempre parlando della mia sorella adottiva, Shikamaru» pronunciò il mio nome con un tono tale da farmi rabbrividire.
«Nulla di personale, non mi piace, le manca qualcosa di determinante, spero capirai»
Sogghignò appena «mmmm, mi sa che qui c’è qualche problema di fondo… devo dedurne che quelli che le stai rivolgendo sono insulti?» Chiese con una finta espressione incuriosita, negli occhi quella scintilla che serviva ad indicarmi che aveva iniziato a divertirsi anche lui.
Sorrisi ancora, quel suo comportamento mi mandava abbastanza in delirio «Oh no, solo problemi fisiologici che non possono proprio essere colmati temo» risposi, ancora concentrato sul non saltargli addosso prima di aver giocato abbastanza.
«Cosa crede, Nara Shikamaru, che noi Hyuuga siamo qui ai suoi comodi?» domandò con le labbra sempre più vicine alle mie ma attento a non sfiorarle nemmeno per sbaglio.
«No, caro il mio Hyuuga e, davvero, non credevo di poter urtare la vostra sensibilità dicendovi queste cose, avrei evitato.» spiegai con calma, una calma che avrei trattenuto ancora per poco.
«Oh, ma davvero? Magari non dovrebbe essere così sicuro di quello che dice, potrei anche ritenermi offeso.» aggiunse sempre senza allontanarsi, le sue labbra che si aprivano e si chiudevano sfiorando le mie mentre parlava.
«mi dispiace, la prossima volta mi ricorderò di non perdere tempo in questo modo, così da averne di più per dormire o per fare qualcun'altra di quelle cose che mi piacciono tanto» dissi con fare allusivo. Lui stava ancora sorridendo sotto i baffi. «Devo intendere queste parole come allusioni sconce?» chiese con quella finta innocenza che sfoderava così di rado.
«Ma come siamo maliziosi quest’oggi… » ribadii senza ancora intenzione di cedere alle provocazioni. Sfoderò uno sguardo deluso: vedere il suo viso da quella distanza era uno spettacolo straordinario, mi stavo perdendo nei suoi occhi senza fondo, rischiavo seriamente di rimanervi prigioniero.
«e di cosa stava parlando, di grazia?»
«Mmm…Shogi …cose così… sapete Neji, quando qualcosa cattura il mio interesse è molto difficile riuscire a farmi pensare a qualcos’altro…» provai. Ma non sembrava poi così convinto. Si accigliò e sollevò una mano, quasi avesse intenzione di toccare il mio viso, ma si riscosse quasi subito.
«…Peccato signor Nara, a portata di mano non ho nulla del genere»
«Poco male, allora mi dovrò accontentare di quello che c’è» mormorai pianissimo mentre il suo respiro sulle mie labbra mi stava facendo perdere la ragione.
Quel gioco era durato anche troppo per i miei gusti, quell’essere così vicini senza nemmeno toccarci, quello sfiorare quasi per sbaglio le sue labbra, quel suo sguardo offuscato e indecifrabile… no, tutto questo non mi bastava più.
Mi avventai su di lui come colto da una fame improvvisa e lo strinsi forte, mentre la mia lingua catturava la sua senza alcuna intenzione di lasciarla andare se non quando l’ossigeno a mia disposizione fosse del tutto terminato.
Mi piaceva sentirlo reagire a quelle attenzioni, mi piaceva sentire come rispondeva immediatamente, senza lasciarmi mai tempo di gioire della mia vittoria. Ci staccammo, ma non mi diede nemmeno il tempo di un sospiro che le labbra erano di nuovo incollate alle sue, senza che avessi la possibilità o la voglia di modificare quella situazione. In fondo, non c’era bisogno di sprecare energie quando c’era lì lui che faceva in modo di occuparsi al meglio del piacere di entrambi.
Poi, senza preavviso, si allontanò da me, posandosi una mano sulla bocca come a voler cancellare il passaggio di quel bacio, e mi voltò le spalle con un gesto fulmineo.
«Torna di sotto. Immediatamente. A breve Hinata sarà pronta.» disse con un filo di voce.
Non ero in grado né di comprenderlo né tantomeno di ribattere a quell’assurdo ordine, ma non mi sarei mosso di lì, non senza un briciolo di spiegazione.
«Vattene.» sussurrò ancora.
Aggrottai le sopracciglia «Neji io-» non mi lasciò finire, si limitò a mormorare ancora, con quel tono bassissimo che gli avevo sentito poche altre volte «Per favore. Sei il futuro sposo della mia Imouto-chan» come avrei potuto ribattere? Mi limitai ad annuire in silenzio, abbassando il capo e dandogli a mia volta le spalle prima di girarmi un’ultima volta a guardarlo, notando con mia somma sorpresa che anche lui stava facendo lo stesso.












ovviamente adesso c'è qualcosa da commantare, non come il prologo ù.ù che cosa ne pensate di questa cosa? Perchè tante persone continuano a leggere? vabbbbbè, non voglio esagerare, però mi piacerebbe sapere da chi legge per quale motivo lo fa... che cosa gli piace e che cosa no... per favore, fatemi sapere ^^ soprattutto perchè, scusate, che cosa scrivo a fare se nessuno mi dice che ne pensa?

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


buondì Ermellino, ma cher, sappi che posto solo per te ù.ù dato che sei l'unica ad aver commentato, sebbene entrambi i capitoli siano stati letti da un abbondante centinaio di persone, di cui una, owl ha anche aggiunto la storia tra preferiti è__é
E comunque, sì, la storia di Hanabi è in parte vera, ma la scoprirai meglio se deciderai di essere così buona da continuare a commentare ^^ anche perchè altrimenti per chi posto?? Occhei, adesso ti lascio al capitolo, sperando sia di tuo gradimento xD










II Capitolo




L’avevo fatto ancora. Che schifo.
Avevo baciato un altro uomo, l’avevo fatto un’altra volta… avevo baciato Shikamaru un’altra volta, il promesso sposo di Hinata. Non solo, il matrimonio con Shikamaru era anche l’unico modo che lei avesse di essere accettata dal padre come qualcosa che avesse un briciolo di valore, un matrimonio importante come quello avrebbe reso ancor più ricco il casato Hyuuga e avrebbe fatto apparire la timida Hinata come un qualcosa di immenso valore agli occhi di Hiashi-sama, e finalmente sarebbe stato fiero di lei. Ricominciai a maledirmi mentalmente, consapevole del fatto che rischiavo di essere la causa per la quale tutto sarebbe andato a monte, rischiavo veramente di rovinare tutto, e non potevo permetterlo.
Mi rendevo conto che sarebbe dovuto essere tutto immensamente semplice, avrei solo dovuto applicare con Shikamaru l’autocontrollo che usavo in praticamente ogni altro aspetto della mia vita, un autocontrollo che mi aveva sempre impedito di abbandonarmi ad errori del genere. Ma perché non ci riuscivo? Perché ogni volta che credevo di essermi liberato della mia dipendenza da lui sbucava fuori di nuovo e mi rendevo conto che ogni tentativo era stato inutile? Era come se si fosse infiltrato sotto la mia pelle, era come se non potessi strapparlo via da lì nemmeno con la forza era come… era come se non volessi cacciarlo davvero.
Ripresi un certo contegno, Shikamaru ormai doveva essere arrivato nel salone principale ed io dovevo andare, senza aver più tempo di preoccuparmi di lui o di nient’altro, così scesi di corsa. Non avevo ancora messo piede in quella stanza, ma avevo già iniziato a pregare che quella sorta di cerimonia finisse presto.

«Non sei contenta Nee-chan? Adesso sei ufficialmente fidanzata! » Esclamò Hanabi tutta contenta. Anche se si lamentava tanto in fondo anche lei si entusiasmava davanti a quel genere di cose.
Sorrisi appena, erano appena riuscite a fuggire dalle donne che volevano continuare a complimentarsi con la maggiore per l’ottimo partito che aveva conquistato.
Quanto avrei voluto poter essere contento per lei! Eppure riuscivo solo a pensare che non se lo meritasse, che non fosse giusto che lo sposasse, lui non la voleva… quasi mi venne voglia di andarle a dire tutto, ma poi vedendola così felice e indifesa, così soddisfatta di essere stata per una volta all’altezza delle aspettative del padre non me la sentii di distruggere in un sol colpo quel castello di vetro dentro al quale si era rintanata. Mi limitai ad andarmene in silenzio, senza disturbare quella felicità così timida che la circondava.
«Nii-chan… che ci fai lì tutto solo?» Hinata mi si stava avvicinando, incuriosita dal mio stare in disparte anche in un giorno di festa come quello.
«Cosa ti frega? Vattene con quel branco di donnicciole a gioire perché sei riuscita almeno ad accaparrarti un marito decente!» sbottai, dimostrando una rabbia che non mi ero accorto di provare.
L’avevo ferita, lo vedevo. Le avevo fatto male, l’avevo umiliata, l’avevo insultata come avrebbe fatto suo padre e solo perché non ero in grado di accettare il fatto di aver fatto finta di non sapere che l’uomo che era diventato il mio amante era anche quello che gli Hyuuga avevano già scelto come marito di Hinata. L’avevo insultata e avrei continuato a farlo solo perché per la prima volta in vita mia mi stavo comportando da vigliacco e non ero in grado di accettarlo.
Quasi con violenza mi alzai e mi allontanai in fretta, mentre percepivo vagamente gli insulti che Hanabi mi rivolgeva. Hinata taceva, era troppo fragile e insicura per potermi rivolgere gli insulti che sapevo di meritarmi, così non ci furono ostacoli alla mia ennesima fuga.
Avrei dovuto smetterla, avrei dovuto smettere di fingere che mi andasse bene l’idea di seppellire il mio orgoglio sotto un lieve velo di piacere momentaneo, sotto quel piacere così sporco e disonorevole che avrebbe trascinato sul fondo insieme con me anche la famiglia che mi aveva adottato, sorvolando sulle leggi rigide che c’erano state per secoli e che per secoli avevano mantenuto puro il nome della nostra grande casata. Ecco cos’ero, un ingrato.
Basta, non avrei più potuto continuare a quel modo.

***


Non credevo sarebbe stato facile, ma non potevo più continuare.
Era più forte di me, tutta quella situazione con gli Hyuuga proprio non mi coinvolgeva.
Inutile dire che Shikaku, quello scocciatore di mio padre, si fosse alleato con mia madre per cercare di farmi cambiare idea.
Alle nozze tanto attese mancavano meno di un paio di settimane, ma ormai avevo deciso.
Ci avevano provato in tutti i modi a convincermi, e il labbro spaccato e ancora dolorante era la prova dell’ultimo tentativo del mio adorato paparino, nonché il punto di non ritorno.
Ero un ragazzo intelligente in fondo, e avevo capito che non avrebbero mai accettato la mia decisione, soprattutto con così pochi giorni di preavviso. Mio padre aveva sottolineato con cura che gli Hyuuga non fossero l’unica famiglia con un briciolo di orgoglio, e aveva anche aggiunto che se non avessi cambiato idea –di nuovo ovviamente- mi avrebbe ammazzato con le sue stesse mani.
Proprio non potevo fare a meno di pensare a quanto fosse affettuoso, mio padre in quei giorni.
Sarebbe stato inutile insistere con le parole, l’unica cosa possibile per me era fare buon viso a cattivo gioco, ingoiare il rospo e mettere su una maschera come a Neji piaceva tanto fare, magari mi sarei fatto insegnare da lui…
Comunque non era il momento per quelle sciocche elucubrazioni, stavo per andare a fare l’ennesima gita al palazzo Hyuuga, evviva!
E poi Hinata era noiosa.
Dall’inizio di quelle trattazioni non aveva mai alzato gli occhi su di me, non aveva mai aperto bocca, non aveva mai provato ad avvicinarmisi nemmeno per cercare di capire che tipo fossi.
Non era particolarmente bella né brillante.
Non aveva attitudini particolari né una personalità forte.
Il padre non faceva che elencare queste come se fossero grandi qualità in una donna, come se la quasi totale assenza di carattere fosse una dote da ricercare.
Stava di fatto che io non volevo una moglie, né tantomeno una moglie sottomessa. Poi, per quel che ne sapevo non aveva nemmeno idea del colore dei miei occhi.
Dall’altro lato, poi, c’era Neji.
Credo di poterlo definire l’opposto della sorella, bello, brillante, sveglio, abile nell’arte della guerra, in grado di muoversi con destrezza in qualsiasi situazione, che fosse un campo di battaglia o una serata elegante al palazzo imperiale.
Non riuscii a trattenere un sonoro sbuffo al pensiero della vita che avrei dovuto condurre da lì in avanti.
Scendemmo dal risciò sul quale c’eravamo sistemati io e mia madre, non prima che lei mi avesse raccomandato con tono decisamente cortese che non avrei dovuto nemmeno provare a fare di testa mia. «Lascia parlare me. Per una volta che la tua proverbiale pigrizia e nullafacenza potrebbero tornare utili, vedi di approfittarne. Non rovinare tutto, la famiglia di tuo padre potrebbe anche decidere di ammazzarti se dovessi insozzare il loro nome, e non mi sentirei in diritto di impedirglielo» intimò stringendomi forte il braccio sinistro.
Mi strinsi nelle spalle e annuii: avevo sprecato fin troppe energie in quella specie di battaglia con loro e, sì, ero davvero troppo pigro per decidere che valesse la pena continuare.
Parve rassicurata da quel gesto, così mi lasciò andare e mise sul viso il suo più grande sorriso e scese sistemandosi il costosissimo kimono.
Mi resi conto di essermi quasi spento, del tutto incapace di reagire. O meglio, senza nessuna voglia di farlo.

Dopo una quantità di ore che andavano al di là della sopportabilità umana di cerimonia del the mi fu permesso di andarmene a fare un giro per il palazzo.
Erano diversi giorni che non vedevo Neji, e credevo di sapere dove andarlo a cercare.
Certo, non potevo certo fermare un servo e chiedere, ma prima o poi lo avrei trovato, avevo imparato a muovermi in quel labirintico castello.
La mia prima tappa fu la palestra più grande.
Non mi sorpresi nel trovarlo lì, con indosso la divisa da allenamento mentre un povero manichino subiva la sua ira. Rimasi immobile a fissarlo per qualche minuto prima che lo sentissi parlare, senza che interrompesse quella danza letale: «Cosa diamine ci fai lì?» le parole erano state pronunciate pian piano, ed emergevano appena tra gli ansiti dovuti a chissà quante ore di allenamento.
«Davvero hai bisogno che ti dica che mi stavo annoiando a morte?» chiesi alzando un sopracciglio.
Finalmente si fermò e mi rivolse uno sguardo strano.
«Davvero devo ripeterti che non è importante quanto tu ti annoi –tra l’altro ti annoia qualunque cosa- e che comunque devi rimanere con gli altri?» aveva abbassato la spada di legno e mi si stava avvicinando, accaldato e sudato, gettando per altro l’arma in terra.
«Quanto tempo era che andavi avanti a quel modo?» domandai incuriosito.
«Soprattutto non mi devi venire a cercare se sei qui per il matrimonio! Non dovresti venirmi a cercare mai» asserì mentre poggiava le spalle al muro, abbastanza lontano da me. Decisi che se lui ignorava le mie domande io avrei fatto lo stesso. «Non dovresti passare troppe ore in questo modo, in fondo la ferita alla gamba si è rimarginata del tutto non molto tempo fa» continuai sulla mia linea d’azione, ma le sue parole non mi erano sfuggite. «perché sei venuto Shikamaru? Che cosa hai fatto a quel labbro?» chiese dopo un attimo di silenzio durante il quale ci eravamo semplicemente guardati negli occhi.
«Oh, questo? Incidente di percorso» risposi evasivo sfiorandomi la parte offesa con la mano destra senza quasi accorgermene. Si avvicinò lentamente, per nulla soddisfatto della mia risposta. «Per quale motivo sei qui Shikamaru? Per quale motivo sei andato incontro a questo ‘incidente di percorso’, come lo chiami tu?» insistette lui.
«Ti rivelo un segreto Neji, non mi voglio sposare.» dissi mentre facevo un gesto d’indifferenza. Come ogni volta che tiravo fuori quell’argomento, s’innervosì e mi voltò le spalle, cominciando a prendere a calci e pugni, sempre in modo incredibilmente elegante, il sopracitato manichino. «Sei. Un. Idiota.» concluse senza smettere di picchiare quello che, temevo, nella sua mente avesse la mia faccia. «e sei venuto fino a qui per dirmelo? Sei venuto fino a qui, col rischio di essere visto da qualcuno solo per questo? Beh, sappi che il tutto non mi piace, ma se ti senti realizzato adesso che me lo hai ripetuto puoi anche andartene. E, per favore, dimmi che l’incidente di percorso non è stato causato da una tua candida ammissione di questo genere a qualcuno del tuo clan» esclamò. «Se ti fa piacere una cosa del genere, allora te lo dico» risposi semplicemente, esattamente al suo fianco.
Si voltò nella mia direzione con un’espressione allucinata, i capelli sfuggiti alla coda che gli si erano attaccati al viso a causa del sudore, le labbra dischiuse per facilitare il respiro affannoso causato dall’allenamento e dalla rabbia che gli stavo procurando, le guancie rosse per lo stesso motivo. «Pazzo! A questo punto potevi anche dire che te la fai allegramente col sottoscritto, così avevamo concluso tutti i nostri problemi! Non so te, ma io alla mia vita ci tengo ancora!» stava quasi urlando, e fu difficile fargli capire che non poteva mettersi a gridare. Con le buone non si arrivava da nessuna parte, così adoperai l’unico metodo che sapevo con certezza non avrebbe fallito: in una frazione di secondo le sue labbra erano state sigillate dalle mie e quello a cui ci lasciammo andare fu un bacio d’abbandono, voluto da entrambi con una forza quasi sconvolgente.
«Neji, non ho nessuna intenzione di sprecare la mia vita e la mia felicità sposando Hinata. È la tua sorella adottiva, e mi dispiace dirti cose del genere ma cerca di capirmi. Ho un piano, riuscirò a evitarlo. Tu mi conosci bene, lo sai che non c’è praticamente nulla che carpisca tutta la mia attenzione, ma quando attivo il mio quasi atrofizzato cervello riesco a trovare la soluzione migliore nel minor tempo possibile. Non sposerò Hinata. Ci tenevo solo a fartelo sapere»
Dissi ancora senza fiato appena sciolto il bacio, mentre lui era ancora a occhi chiusi, senza aver riacquistato la capacità di parlare. «Come pensi di fare? Lo sai che è sbagliato, lo sai che resteremo scottati» disse con un filo di voce mentre lo abbracciavo più stretto. Avrei voluto dirgli che si sbagliava, ma era troppo intelligente e troppo orgoglioso per crederci.
«Non posso… non dobbiamo continuare a prenderci in giro in questo modo. Basta, devi andartene.» disse ancora, anche se le sue mani non avevano smesso di stringere possessivamente la mia veste.
«cos’è, altrimenti il tuo orgoglio ne rimane ferito?» chiesi.
A quel punto si staccò da me, guardandomi con un’espressione stralunata: «Quale— quale orgoglio? Ho mandato tutto a puttane quando ho accettato questa situazione! Non puoi mandare a monte il matrimonio con Hinata, non puoi continuare a venire da me di nascosto per semplice buonsenso!»
«Le cose si fanno in due Neji, ma se non ti va, non sarò io a costringerti. Sai benissimo che non ho intenzione di stare a combattere battaglie perse in partenza, e sai anche quanto ci tenga a tutto questo. Non voglio farmi ammazzare, né voglio che succeda qualcosa a te. Me ne andrò, ma lo farò sul serio. C’è un modo per non sottostare a decisioni che non condivido, è uno solo e non ho intenzione di lasciarmi sfuggire l’occasione.» risposi con un tono strano, stavo quasi per perdere la calma.
«Allora vai. Lo sai che non sono come te, non fuggirò davanti a niente» rispose tornando a fronteggiarmi con quel suo sguardo fiero. Sorrisi con una punta di tristezza: «Sì, hai ragione, non ti abbasserai a seguire il primo dei vigliacchi» conclusi.
«Infatti»
Lo guardai ancora qualche minuto, in silenzio, e fui io il primo ad abbassare gli occhi, sconfitto da quella sua testarda determinazione.
Il fatto che me ne andai con la testa bassa, quasi di corsa, ovviamente m’impedì di accorgermi di tutto quello che mi circondava e dell’attenzione che avrei potuto attirare. Se Neji l’avesse saputo senza dubbio sarebbe andato su tutte le furie.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


III Capitolo










Cosa diavolo gli era venuto in mente? E cos’era venuto in mente a me nel dargli del vigliacco e nel dirgli che non lo avrei seguito?
Ma cosa stavo pensando, certo che dovevo dirgli che non avrei supportato la sua folle scelta, altrimenti avrebbe continuato con quella follia, e se potevo evitarlo, lo avrei fatto volentieri.
Perché continuava a comportarsi in quel modo, per quale dannato motivo non si abbandonava semplicemente alla sua apatia? Per una volta sarei stato contento se fosse stato così.
Fingevo, ovviamente. Fingevo anche con me stesso, mentendo, cercando di convincermi che il fatto che la sua attenzione fosse completamente su di me non mi piacesse, fingendo che non mi sentissi lusingato nel pensare al fatto che non gli importasse di nulla se non… no, non potevo neppure dirlo. Era davvero troppo brutto, troppo sbagliato.
Chiusi gli occhi cercando di smettere di pensare, sedendomi a gambe incrociate sul pavimento.
Era del tutto inutile pensarci, era sbagliato, e su questo non c’era da discutere. Ma se tutto era così lineare, allora perché non riuscivo a fare a meno di quella specie di droga?
Ma sarebbe finito tutto. Shikamaru avrebbe sposato Hinata, e se fossi riuscito a convincerlo sarebbe rimasto.
Sì, sarebbe andato tutto bene.


Erano passati altri tre giorni, ed era in programma una cena al palazzo imperiale, ospiti degli Uchiha, la nuova casata imperiale. C’erano dei problemi nella successione, bisognava riallacciare i legami con gli Hyuuga, coloro i quali li avevano preceduti nella guida del nostro Paese.
Hiashi-san aveva organizzato tutto nei dettagli, quella doveva essere l’occasione di riconciliazione ricercata da tempo. Tutto sarebbe dovuto essere più che perfetto, non un minimo particolare sarebbe stato lasciato al caso.
Erano giorni che non avevo notizie di Shikamaru, e dovevo ammettere di essere leggermente preoccupato, soprattutto dopo il modo in cui c’eravamo lasciati l’ultima volta. Non avevo la più pallida idea di quello che avrebbe fatto, non volevo credere che fosse già fuggito, non volevo credere che sarebbe mai fuggito senza di me…
Il palazzo imperiale era quanto di più maestoso ed imponente io avessi mai visto, riusciva a mettermi soggezione sempre, sebbene ci fossi stato innumerevoli volte ormai. Noi rappresentavamo il fiore dell’esercito del Giappone, eravamo i migliori samurai, sempre vincenti, sempre in prima linea.
Tutta la famiglia era lì ad aspettarci, un onore riservato forse a noi soli. C’erano persino delle geishe ad accoglierci, in modo da offrirci tutto ciò di cui avremmo potuto avere bisogno.
Sebbene l’invito fosse per la cena c’erano innumerevoli “procedure” che avremmo dovuto seguire, una quantità assurda di cerimonie inutili e sfarzose.
Sorrisi tra me e me quando notai che Sasuke, il più giovane degli Uchiha, si stava annoiando almeno quanto me, ma eravamo decisamente troppo disciplinati per poterci lasciare andare.
Quando finalmente giunse il momento di sedersi per cena trassi un sospiro di sollievo, soprattutto perché tutta quell’atmosfera formale che aveva riempito l’aria fino a quel momento si stava lentamente sciogliendo.
I due capofamiglia, seduti vicini, parlavano amabilmente ridendo e bevendo il sakè che due geishe vestite di seta offrivano loro con sorrisi allusivi. Anche davanti a me, seduto tra Sasuke e Hitachi, il fratello maggiore, c’era una di quelle donne, ma non me ne curavo affatto. Per tutto il tempo rimasi perso nei miei pensieri, ignorando altamente la geisha che mi offriva sakè che tracannavo in quantità forse anche troppo eccessive. Ad un certo punto mi resi conto, con mio immenso rammarico, che stavano parlando ancoradel matrimonio di Hinata. Non ne potevo più di quei bei discorsi, odiavo ferocemente il sentirmi così maledettamente in colpa il sapere che tutto ciò che sentivo e che mi sconvolgeva l’anima era sbagliato e completamente innaturale. Trangugiai un’altra tazzina di alcool.
«non sembri molto contento, Nee-chan» disse Hanabi di punto in bianco, con uno strano sorriso che non arrivava a sfiorarle gli occhi. «Zitta Hanabi-chan, non sono dell’umore per discutere con te. E poi come ti viene in mente una cosa del genere? Non sono affari tuoi d’altra parte» sbottai, decisamente disinibito dal sakè.
Lei sogghignò maligna. «Perché Nee-chan? Non sei contento per la mia Nii-chan? Cosa c’è, ti disturba l’idea di non essere più al centro dell’attenzione?» insinuò.
«Fammi il favore di tacere ragazzina. Non mi piace che mi parli in questo modo, non sai di cosa stai parlando, e non mi pare proprio il caso di mettersi a fare polemica qui, mentre siamo ospiti di un clan tanto importante. Potrai fare rimostranza per i tuoi complessi d’inferiorità in un’altra sede» ringhiai innervosito per le sue parole impertinenti. In un altro momento forse mi sarei trattenuto dal risponderle a quel modo, ma non sotto i fumi dell’alcool che non facevano che amplificare la mia frustrazione per la mia impossibilità di sapere cosa ne fosse stato di Shikamaru.
A quelle parole il suo viso s’infiammò: «Come ti permetti? Ricordati sempre qual’è il tuo posto! Un escremento resta tale, anche se si cerca di profumarlo con acqua di rose!» esclamò.
«Cosa staresti insinuando piccola impertinente? Piccola bimba viziata, come ti permetti tu di rivolgere a me certe parole?» attorno a noi tutti tacevano, anche se ancora riuscivo a percepire la presenza degli altri, Sasuke col suo imbarazzo, Hiashi con la sua incredulità, Hitachi con il suo malsano divertimento, Hinata con la sua irrazionale paura. Però non m’importava, non potevo fingere che quell’affronto non fosse mai avvenuto, nemmeno se ad insultarmi era una delle figlie dell’uomo che mi aveva adottato.
«Ah! Eccolo l’uomo orgoglioso fino al ridicolo! Si sente in diritto di rispondere a qualsiasi cosa pur di avere l’ultima parola senza rendersi conto che talvolta farebbe una figura migliore tacendo.» esclamò con sarcasmo. Quasi tremavo dalla rabbia, e se non fosse stato per un brandello di autocontrollo mi sarei alzato e le avrei dato un pugno in pieno viso. Ma le parole non le potevo fermare, forse a causa di tutto l’alcool che avevo ingerito, o forse solo perché non mi ero mai fatto insultare da nessuno. «Quanto puoi essere sciocca Hanabi? Piccola idiota, non ci riesci a renderti conto che stai comprendo di ridicolo non solo te stessa ma anche tutta la famiglia? Tutti i tuoi insulti cadono come sassi sulla famiglia che viene messa in ridicolo davanti ai nostri ospiti» esclamai livido di rabbia mentre con il pugno stringevo spasmodicamente le bacchette.
«Allora non avresti neppure il diritto di arrabbiarti! Ricordati sempre che non sei altro che un membro della casata cadetta, raccolto per pietà da mio padre. Sei nato per leccare la terra su cui passo o al massimo per farmi da scudo» disse mentre rideva in quel suo modo freddo e limpido. Battei un pugno sul tavolo in modo tanto forte da far sobbalzare persino lei, e la sua espressione cambiò completamente quando vide il mio volto, evidentemente contratto in una smorfia terrificante. «Ricordati che tutto quello che hai lo devi alla forza di tuo padre e dei tuoi avi, ricordati che i membri della casata cadetta sono morti spesso per far sì che piccoli incompetenti come te salvassero la pelle per poter portare avanti il nome degli Hyuuga. Tutto quello che hai lo devi hai tuoi avi, non ti sei dovuta guadagnare mai neppure una goccia d’acqua nella tua vita. Quello che ho io, invece, è tutto quello che mi sono guadagnato da solo. Non ti permetterò mai più di insultarmi in questo modo, mettendo in ridicolo anche Hiashi-sama, che ha visto in me qualcosa di buono, che mi ha preso nella sua famiglia.» sibilai ormai in preda ad una furia quasi cieca. Sebbene le mie ultime parole fossero state pronunciate a voce bassissima erano arrivate alla perfezione alle sue orecchie. Abbassò lo sguardo, consapevole della veridicità delle mie parole. Pensavo che tutto fosse finito, ma mi sbagliavo di grosso.
«Frocio» mormorò senza pensare a tutte le persone che la guardavano attonite. Non sapevo come reagire, cosa dire, così mi limitai a scuotere la testa.
«Frocio!» disse a voce più alta, come per curarsi attentamente che tutti sentissero bene.
«Frocio! Frocio! Frocio!» iniziò ad urlare, ormai del tutto preda di quella rabbia folle che era solo la concentrazione dell’odio che aveva per me, che continuavo a tenere gli occhi fissi su di lei e le labbra sigillate, in modo da non darle la soddisfazione di avere una risposta.
«Frocio! Frocio schifoso!» urlò completamente fuori di se.
«Adesso basta» un sussurro che arrivò forte e chiaro alle orecchie di tutti. Eppure l’odio nei suoi occhi non era ancora scemato. «Hanabi, smettila subito» ordinò col suo fare imperioso Hiashi, e nessuno si sarebbe tirati indietro di fronte ad un ordine diretto del capofamiglia degli Hyuuga. In quel momento, era evidente, Hanabi non era proprio di quel parere.
«Perché?! Diglielo Nee-chan, diglielo che non sto mentendo, che sei solo un frocio schifoso e che ad umiliarti ci pensi benissimo anche da solo! Diglielo che quello schifoso del tuo amante progetta di mollare la mia cara sorellina, digli che cosa ha intenzione di fare» rispose sorridendo e fissandomi negli occhi, come a non volersi perdere neppure il minimo cambiamento nel mio sguardo.
«Hanabi. Smettila» Sillabò ancora Hiashi. Lei distolse gli occhi dai miei per fissarli in quelli del padre. «non sto mentendo padre. Se prendi un ingrato come questo e lo metti vicino ad un finocchio come quello Shikamaru Nara» nel dire il suo nome si prese un istante per contemplare la mia espressione che in quel momento doveva tradire tutta la mia angoscia «quello cha ottieni è questo omosessuale smidollato che per soddisfare la sua lussuria rischia di mandare a monte il matrimonio di mia sorella mentre—» non le fu possibile terminare la frase perché Hinata si era alzata e le aveva dato un sonoro schiaffo su una guancia. «Adesso basta Hanabi» disse appena riprese fiato. Rimasi immobile per qualche istante, mentre ancora la mia mente cercava di rielaborare quello che era successo. «Spero vogliate perdonarmi» sussurrai mentre mi alzavo in piedi lasciando una sala sulla quale ancora regnava il silenzio più assoluto, immobile in quella posa attonita.
Riuscii a camminare solo mantenendo costante il pensiero di dover mettere un piede di fronte all’altro, ma era difficile farlo senza barcollare, era difficile cercare di mantenere regolare il ritmo del respiro se dovevo anche impegnarmi a mantenere il mio solito distacco, se dovevo mordermi a sangue le labbra per non scoppiare a piangere come una ragazzina qualsiasi a causa di tutta quell’umiliazione che mi era stata gettata addosso. Se qualcuno avesse creduto alle parole di Hanabi per me sarebbe stata la fine, e se Shikamaru se ne fosse già andato nessuno avrebbe più avuto alcun dubbio. Avevo paura, paura di aver perduto tutto per quella stupida debolezza che mi portava a desiderarlo sempre più spesso, avevo paura di averlo perso per sempre, avevo paura di dove fuggire davvero come aveva proposto lui… non potevo nemmeno pensare a cosa sarebbe stato di me se lui se ne fosse già andato perché, nonostante tutto quello che gli avevo detto ogni volta, avevo bisogno di lui come di null’altro, in quel momento più che mai.


***



Erano passate quasi due settimane dall’ultima volta che lo avevo visto, e sinceramente non potevo dirmi proprio tranquillo. Ero convinto che fosse ancora arrabbiato con me per quello che gli avevo detto, ma dovevo pur sempre fargli capire che non sarei partito senza di lui…
L’ultima volta che lo avevo visto –per altro di sfuggita, ed ero anche convinto che non avrebbe voluto- era stato il giorno in cui c’era stata quell’importantissima cena dagli Uchiha.
In quel momento mi stavo dirigendo verso uno dei giardini della città. Non era strano per me recarmi lì, ma la cosa nuova era che lo stavo facendo per andare ad incontrare Hinata Hyuuga, un incontro non ufficiale richiesto da lei in persona. Mi aveva fatto arrivare un messaggio circa quattro giorni prima, chiedendomi di parlare a quattrocchi.
Quando arrivai il mio interesse per quell’incontro era decisamente a zero. Non capivo per quale motivo avesse voluto vedermi, non capivo per quale motivo me lo avesse detto con quel preavviso, non capivo per quale motivo non mi avesse detto qualsiasi cosa avesse voluto dirmi durante uno dei giorni di preparazione al matrimonio. Non capivo, ma sinceramente non mi interessava neppure.
Avevo solo il vago progetto di chiedere a Hinata qualcosa riguardo a Neji, anche se per farlo sarei dovuto essere particolarmente circospetto.
Nel momento in cui la vidi mi accorsi che c’era anche un’altra ragazza con lei, e sembrava stessero discutendo. Mi schiarii la voce mentre mi avvicinavo a lei, che si voltò di scatto, improvvisamente in imbarazzo, appena mi sentì arrivare.
«C… ciao Nara-san…» mormorò con gli occhi bassi, mentre l’altra rimaneva qualche passo più indietro.
«Hyuuga…» risposi semplicemente, iniziando a chiedermi per quale motivo fossi andata lì.
«L… lo so che… che è strano tutto questo ma… ma…» balbettava incoerentemente, ma non avevo intenzione di fermarla. «Nara-san, alla cena dagli Uchiha… a quella cena Hanabi, mia sorella… lei ha parlato… ha detto delle cose molto spiacevoli… ha parlato di te… e di Neji.». A quel punto non potei trattenere un sussulto involontario, ma era talmente in imbarazzo, era talmente incredula del fatto che mi stesse dicendo davvero quelle cose che neppure se ne accorse. «io… io non so se sia la verità… mio padre non è convinto di credere a quello che ha sentito… però ha insultato tutti noi davanti agli Uchiha… ha insultato anche te…» continuò a mormorare mentre l’altra ragazza mi fissava intensamente, evidentemente incredula per l’espressione allucinata che dovevo aver assunto «L’ha chiuso in casa, gli ha impedito di uscire dal palazzo, e lui per tutta risposta non scende neppure a mangiare con noi, resta al piano delle palestre… se quello che Hanabi-chan ha detto è la verità…» a quel punto sollevò le sguardo, e per un istante ebbi la piena visione dei suoi occhi, così simili a quelli di Neji. «Nara-san, me lo devi. Mi devi dire se le parole di Hanabi-chan sono vere, mi devi dire se… se tu e Nee-chan…» era evidentemente troppo sconvolta per poter dire ancora anche solo una parola, soprattutto perché quelle ultime frasi le aveva pronunciate senza smettere di guardarmi negli occhi.
«Hyuuga io… io… non so che cosa abbia detto tua sorella, non so che cosa abbia insinuato, ma… insomma, io e tuo fratello non siamo proprio amici…» borbottai con un sorrisino imbarazzato: non sapevo che cosa le avesse detto Neji, non sapevo che cosa avesse detto Hanabi e non sapevo quanto potessi fidarmi di lei. Solo, sapevo che sarebbe stato impossibile mentire a quegli occhi identici ai suoi.
«allora… allora questo vuol dire che mio padre riuscirà a scoprirlo e allora… allora… kami, non so che cosa potrebbe fare, per lui sarebbe un’umiliazione tale… gli farà del male, farà del male a tutti noi…» sussurrò portandosi un dito alle labbra che iniziò a martoriare con i denti.
Rimanevo immobile, senza avere la forza di muovere un solo muscolo mentre nella mia mente si disegnavano una serie di apocalittiche possibilità. Adesso la fuga poteva anche rappresentare la nostra unica possibilità di vivere serenamente… forse era addirittura l’unica possibilità per continuare a vivere…
«Nara-san, mio padre non gli permetterà mai di vederti ancora, non dopo che Hanabi-chan ha insinuato in lui quel dubbio! Adesso pretenderà che il matrimonio avvenga senza intoppi, farà in modo che a nessuno possa venire alcun dubbio» concluse preoccupata.
«Hyuuga, posso farti una domanda? Non prendermi per un ingrato, ma… perché t’interessi tanto alle nostre sorti? Non dovresti solo non volermi più vedere, non dovresti semplicemente odiarmi? O odiare lui?» nonostante tutto non riuscivo proprio a comprendere il suo atteggiamento. Al suo posto ero convinto che non mi sarei mai dato tanta pena per aiutare due persone che mi avevano tradito. Arrossì violentemente, abbassando gli occhi e iniziando a balbettare una serie di suoni privi di senso tra i quali riuscii a distinguere qualcosa come “voglio bene al Nee-chan, non voglio rovinare la vita a tutti, capisco la vostra situazione, e non vorrei convivere con la consapevolezza di aver distrutto i sogni di tutti”. Mi venne da sorridere, mi venne voglia di abbracciarla forte, ma non mi mossi.
Restammo un po’ in silenzio. «Lui… lui ha bisogno di vederti, anche se non lo ammetterebbe mai, ma non ve lo permetterebbero. Ascolta, domani tua madre dovrà venire da noi, per il matrimonio…» rimasi piacevolmente stupito per la sua improvvisa determinazione. «devi fare in modo di venire anche tu. A quel punto dovrai lasciar fare a me, che farò in modo di farvi stare qualche minuto da soli. Non dirò nulla al Nee-chan, sai com’è fatto sarebbe in grado di mandare tutto a monte pur di non darmi ragione, ma tu fai attenzione a venire. Potrebbe essere la sola possibilità che avete.» non riuscii a fare altro che ringraziarla, ringraziarla di cuore, ma lei fece un gesto imbarazzato e mi disse di sbrigarmi, in modo da non attirare più attenzione.
Tornai a casa mosso da un sentimento strano, non sapevo se essere soddisfatto o meno di quello che aveva ideato Hinata. Mi sentivo in colpa nei suoi confronti, in fondo non mi era mai interessato di lei, non mi era mai importato di poterla ferire. L’unica cosa che mi era sempre stata a cuore era di mantenere il segreto, ma di sicuro non per non disturbare i suoi sentimenti. Invece alla fine si era rivelata molto più decisa e forte di quanto avrei mai potuto immaginare, e soprattutto era una persona infinitamente migliore di me.
Non fu così difficile convincere mia madre, di conseguenza passai un’infinità di tempo a riflettere sul modo migliore per convincere Neji che scappare insieme non sarebbe stata un’idea tanto umiliante, cercando di aggirare il suo orgoglio suggerendogli che quello di andarcene insieme sarebbe stato qualcosa di abbastanza onorevole per lui…
Non sapevo come l’avrebbe presa, ma ci avrei provato fino in fondo, non avrei mai voluto perderlo, qualsiasi cosa sarebbe accaduta.
Dopo qualche tempo mi resi conto che, se quella strega di Hanabi lo aveva davvero insultato davanti a tutti, lui sarebbe dovuto essere ridotto ad uno straccio. Non potevo non sentirmi male per lui, non potevo pensare a quello che doveva aver provato nel momento in cui tutti dovevano averlo guardato quando quella ragazzina aveva detto di noi davanti a tutti della nostra storia.
Anche se nessuno doveva averle creduto, anche se avessero preso lei per una vipera bugiarda, comunque lui si doveva essere sentito malissimo.
Allora forse lo avevo visto davvero quel giorno sotto le finestre del tempio, ed era venuto a cercarmi calpestando il suo orgoglio… io però non ero accorso al suo fianco…
Quella notte non riuscii a dormire, rimettendomi a lavorare a quei piani di suga che avevo iniziato ad elaborare.










Ebbene rieccomi! Ovviamente per te e solo per te Ermellino -^.^-
Sono davvero contenta che la storia ti sia piaciuta, mi rendo conto che magari possa sembrare una coppia strana, però era quella più adatta che mi veniva in mente ^^
Come ho detto all’inizio, tutta la storia è nata attorno a questa cena, con annesso sclero della cara ragazzina, solo che rispetto all’introduzione qui c’è la versione integrale! Ecco, la scena reale magari non è andata esattamente così, ma se solo il protagonista reale fosse stato un po’ più simile a Neji…
Comunque, sono contenta di aver finalmente dato un ruolo decente alla povera Hinata… anche se mi dicono che non sembra, mi piace da morire questo personaggio!!
Comunque, è da tenere presente che ho iniziato a scrivere questo capitolo ascoltando “la canzone di Marinella”, e se la conosci ti sei spiegata tutta una serie di cose accadute in questa parte ù.ù
Ok, adesso ho finito ù.ù dimmi che cosa te ne pare!!

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


IV Capitolo




Non pensavo avrei mai potuto fare qualcosa del genere, non pensavo sarei mai riuscita a guardare negli occhi uno come Shikamaru Nara e a parlare con lui del modo migliore per recuperare e salvare la relazione che era nata alle mie spalle tra lui e Neji, il mio fratello adottivo.
Eppure lo avevo appena fatto, avevo appena trovato il modo di salvarli. Sorrisi tra me e me, soddisfatta di aver fatto qualcosa di buono per loro… e per me. Ero ancora sconvolta all’idea di quello che stavo facendo, disubbidire volontariamente a mio padre, e la cosa mi riempiva di gioia.
Sapevo che era sbagliato, ma lui aveva sempre fatto di me lo sfogo per tutte le sue frustrazioni, per tutte le sue crudeltà… no, non era così sbagliato aiutare qualcuno ad essere felice, anche se lo facevo alle sue spalle. Domani… dovevo solo aspettare un altro giorno.


Quella notte non riuscii a chiudere occhio.
Continuavo a pensare a Neji e Shikamaru e non sapevo se quella storia mi facesse più schifo o piacere: in fondo si trattava di due maschi, che però avevano dovuto superare tutta una serie enorme di ostacoli, avevano continuato a stare insieme, anche se era tutto contro di loro…
improvvisamente provai uno strano senso di protezione nei loro confronti, soprattutto perché ero l’unica sulla quale potessero contare, anche se non pensavo sul serio che si sarebbero fidati completamente. Eppure potevo aiutarli… potevo e lo avrei fatto.
Solo qualche ora… solo qualche ora e qualcuno sarebbe stato felice… solo qualche ora e avrei avuto la conferma che gli ordini di mio padre non potevano nulla se il destino non li condivideva.
Avevo davvero bisogno che tutto andasse bene il giorno successivo, mi serviva per andare avanti.
Tenten credeva che tutto si sarebbe sistemato. In realtà era stata lei a spronarmi a fare qualcosa e le ero profondamente grata per questo. “Magari gioverà alla tua autostima” aveva detto. La faceva facile lei… ancora non mi era esattamente chiaro come avesse fatto a diventare amica di Neji, lei così allegra ed estroversa con lui così… così Neji, uno Hyuuga fin dentro le viscere.
Non potei che arrossire pensando a Neji e Shikamaru.
Basta, dovevo smetterla, dovevo dormire. O almeno dovevo fingere di provarci.


«Buongiorno Hinata-chan!» La signora Nara, e dietro di lei, Shikamaru. Sorrisi: era riuscito a venire, l’idea mi confortava, anche se non avevo mai dubitato che ci sarebbe riuscito.
«Nara-sama, Nara-san» salutai con un cenno della testa. La donna mi guardò tutta sorridente, mentre il figlio dietro di lei aveva abbandonato quell’espressione annoiata che lo caratterizzava.
Non posso portarti subito da lui devi avere ancora un po’ di pazienza, avrei voluto tanto che sentisse quei pensieri! Però non era possibile, ovviamente.
Io stessa fremevo per l’attesa, non osavo immaginare cosa potesse provare lui… aspettare il momento opportuno, poter vedere una persona cara… e finalmente quel momento arrivò.
«Hinata-chan, credo sarebbe una bella idea far vedere qualcosa del palazzo a Shikamaru-san, ho bisogno di parlare con la signora Nara da sola…» ecco, lo sapevo, era arrivato il momento della discussione finale sulla dote. Annui a testa bassa e precedetti Shikamaru fuori dalla stanza e richiusi accuratamente la porta scorrevole. «Seguimi in silenzio, un passo alle mie spalle» dissi sbrigativa iniziando a camminare con passo spedito. Le stanze di Neji erano ad uno dei piani alti, così iniziammo a salire.
Dietro di me sentivo la sua impazienza e non potevo che sentirmi felice. Alcuni mi definivano ingenua per quel mio modo di prendere la vita, altri semplicemente mi ritenevano una sprovveduta da prendere per i fondelli, ma che male c’era a sentirsi felici per qualcosa di buono che accadeva ad un altro? Soprattutto riflettendo sulla mia ormai totale rassegnazione a essere un eterno fallimento a cui non sarebbe mai stato concesso qualcosa di simile.
«Hinata-chan...» Shikamaru, Shikamaru Nara mi aveva chiamata per nome. Mi voltai di scatto, decisamente allibita. «Hinata-chan io… io volevo ringraziarti per quello che stai facendo. Non è stato giusto da parte mia fare questo alle tue spalle, non avrei dovuto, ma… ma non sapevo proprio che persona fossi davvero. Spero sinceramente che riuscirai a trovare qualcosa per la quale varrà la pena togliere quella maschera di debolezza e timidezza che non ti rende affatto giustizia» avvampai rapidamente, e non fui in grado di fare nulla se non di balbettare frasi sconnesse che volevano essere dei ringraziamenti, o qualcosa che minimizzasse quei complimenti, o semplicemente qualcosa di utile a riempire il silenzio che si era fatto troppo insistente.
Lui sorrise e spostò lo sguardo, evidentemente era imbarazzato anche lui per quel che aveva detto. Con un sospiro feci strada ancora, fino ad arrivare alla porta della stanza di Neji, quella sul fondo del corridoio. Ci fermammo un ostante e poi aprii.
«Nee-chan? Nee-chan, è permesso?» domandai. Ricevetti in risposta solo qualche grugnito sconnesso, risposta decisamente nello stile di Neji. Feci cenno a Shikamaru di seguirmi in silenzio, e lui così fece. «Nee-chan, sono venuta solo per portarti una cosa… sei presentabile?» per tutta risposta lui esclamò: «Che vuoi? Non mi serve nulla! E poi che cosa credi? Che normalmente vada in giro nudo?» non diedi peso a quelle parole, e mi feci avanti nella stanza. Aveva diversi paraventi aperti per la stanza, che era decisamente in disordine rispetto al suo solito. «Ho… ho pensato che magari avresti avuto voglia di parlare con qualcuno» mormorai. Nonostante tutto mi metteva ancora in soggezione, il mio Nee-chan.
Era sdraiato sul suo futon, e quando ci vide, sobbalzò e scatto in piedi. «C… cosa— che ci fai qui?» chiese con un filo di voce. Praticamente era come se fossi già scomparsa. Shikamaru gli si avvicinò e lo abbracciò forte mentre gli sussurrava qualcosa che non potevo sentire. Mi feci indietro, nascondendomi dietro uno dei paraventi mentre erano troppo increduli per far caso a me. Sentivo che Neji chiedeva di me, chiedeva come Shikamaru avesse fatto ad arrivare lì e Shikamaru rispondeva semplicemente che era tutto apposto, e che presto sarebbe riuscito a portarlo via da lì. Non potei trattenere la curiosità dallo sbirciare nel momento in cui sentii il silenzio, ma la mia occhiata durò giusto una frazione di secondo, giusto il tempo necessario perché il mio cervello immagazzinasse l’immagine che si stavano baciando, il tempo sufficiente perché comprendessi di aver appena visto due uomini baciarsi. E non due qualsiasi, mio fratello e il mio fidanzato che si stavano baciando dentro la mia casa e soprattutto a due passi da me…
Non c’era niente da dire, ero sconvolta. Fino a quel momento era rimasto tutto un concetto astratto, qualcosa di molto simile ai racconti d’amore che ogni tanto mi era capitato di leggere, ma dopo aver visto con i miei occhi che era tutto vero… quella non era più una storia di fantasia, quello era qualcosa di concreto, e i personaggi soffrivano e amavano davvero.
Dopo l’esitazione iniziale compresi che ero ancora più decisa ad aiutarli.
«M… mi dispiace, ma… Nara-san, tra poco dovremo tornare di sotto, quindi credo sia bene decidere… cos fare…» proposi esitante.
«Neji, dobbiamo scappare. Lo sai che non ci sono più alternative ormai… se restiamo qui potrebbe accadere qualunque cosa… senza dubbio Hyuuga-sama non accetterà di buon grado l’idea che il suo pupillo ha una relazione con il futuro marito della figlia… ti prego, ti prego, sii ragionevole» supplicò Shikamaru. «Ha ragione Nee-chan. Mio padre ti adora, ma piuttosto che subire un’onta del genere vi ucciderebbe con le sue mani…» aggiunsi seriamente preoccupata. Neji chiuse gli occhi, indeciso sul da farsi. «C’è anche un momento perfetto Neji, ma devi decidere subito, si tratta di partire questa sera stessa. Hyuuga-sama sarà a caccia con Uchiha-sama, noi avremmo qualche ora prima che si accorgano di qualsiasi cosa. Se tu, Hinata, vorrai aiutarci ancora qualche ora… lo so che per te è pericoloso quanto noi, se non addirittura di più, ma se chiedessi a tua madre di farti accompagnare dalla tua amica a un appuntamento con me, lei probabilmente chiederebbe a Neji di accompagnarvi, di scortarvi. Lei ritiene che la decisione di tuo padre sia eccessiva, l’ho visto da come si comportava, lo lascerà uscire. In quel caso, come ho già detto, riusciremmo anche a guadagnare qualche ora per allontanarci a cavallo.» Neji non parlava, comprendevo la sua indecisione e temevo che avrebbe persino rifiutato, poi però, inaspettatamente, guardò prima me poi Shikamaru e annuì. «D’accordo. Allora prenderò qualcosa con me prima di partire. Avremo bisogno di soldi, di qualcosa da mangiare, di un’arma almeno. Dei cavalli dovrai occuparti tu. Sarò fuori alle mura della città al tramonto, spero di riuscire a farlo senza coinvolgere ulteriormente Nii-chan, non voglio che passi guai seri. Hinata, dovrai fingere di non sapere nulla, non dovresti venire anche tu…» era strano, non credevo di stare così a cuore a Neji.
Sorrisi abbassando lo sguardo. «Sinceramente non credo che il vostro piano funzionerebbe… senza… senza di me…» non poteva essere vero, non era possibile che davvero qualcuno avesse bisogno di me per fare qualcosa…


Il sole stava per tramontare, era tempo di avviarsi.
Neji arrivò nella mia stanza, estremamente puntuale, come forse avrei potuto immaginare data la situazione. Una cosa che mi colpì molto fu il suo viso, così concentrato, così attento ad ogni particolare che quasi non mi sembrava possibile che fosse così giovane. E poi c’era quello strano particolare negli occhi, quella luce diversa e così brillante che mi faceva ben sperare per quanto riguardava la sua decisione.
Shikamaru doveva essere già arrivato al luogo dell’appuntamento, ed ero più emozionata che mai, non riuscivo a togliermi dal viso un inopportuno sorrisino ebete.
Come aveva detto Shikamaru, mia madre non era affatto convinta delle parole di Hanabi, e di conseguenza riteneva che la punizione inflitta al figlioccio fosse decisamente eccessiva. Quando le chiesi il permesso di muovermi, quindi, fu lei a propormi di portarlo con me, in modo che potesse proteggermi da qualsiasi evenienza.
«È il momento di andare…» mi feci coraggio e iniziammo ad avviarci. Mi piaceva l’idea di poter condividere qualcosa con Neji, da quando era entrato a far parte a tutti gli effetti della mia famiglia avevo sempre cercato di fare “amicizia” con lui, e sempre senza successo. Bhe, in effetti col senno di poi potevo anche capire il suo atteggiamento… non sapevo quando fosse iniziata la relazione tra lui e Shikamaru, ma il fatto che dovessi sposare il suo amante non doveva proprio essere stata una della motivazioni che lo avrebbero indotto a volermi bene…
Comunque ormai era tutto finito, non c’era più quel segreto ad opprimerlo. Adesso, però, se ne sarebbe andato per sempre, e potenzialmente non lo avrei mai più rivisto.
«Imouto-chan io… io… sai, è difficile per me dire una cosa del genere però… però… grazie. Io… io credo di non averlo praticamente mai detto» ammise. Sorrisi dopo essere diventata rossa come un peperone, estremamente imbarazzata dalle sue parole.
Tra i balbettii senza senso riuscii anche a dirgli che non c’era bisogno di tutti quei ringraziamenti, di tutte quelle parole…
Shikamaru era già lì, com’era ovvio data l’impazienza che immaginavo provasse, e quando ci vide arrivare si avvicinò a grandi passi.
Non era difficile immaginare quanto gli sarebbe piaciuta l’idea di rimanere da solo con mio fratello, ma volevo almeno vederli partire, volevo vedere con i miei occhi che qualcuno poteva davvero sfuggire a Hiashi. Shikamaru aveva portato una coppia di cavalli, con tanto di una sacca che doveva contenere cibo o vestiti, mentre Neji, con le sue armi e la sacca sembrava un soldato che partiva per la guerra, soprattutto se si vedeva quella sua espressione decisa che gli dipingeva il viso.
Era quasi buio quando salirono a cavallo, non prima che entrambi mi avessero salutato in modo anche troppo caloroso per i miei gusti.
Continuavo a sorridere anche quando li vidi voltarsi e partire, alla volta d quell’avventura che sarebbe stata la loro vita da quel momento in poi, una vita che sarebbe stata sì piena d’incognite, ma anche aperta a qualsiasi possibilità.
Rimasi ancora qualche momento immobile, incapace di muovermi, fino a cha non sentii un suono alle mie spalle, come di un cavallo al galoppo. Feci appena in tempo a voltarmi, con un orribile presentimento che mi scuoteva l’animo, prima di sentire un dolore lancinante alla testa, finendo col viso sommerso dal fango.













*Angolo dell’autrice*
Ok, bhe, la storia è finite ^^
È stata una discreta faticaccia riuscire a scrivere tutto, anche perché non mi convinceva mai nessuno capitolo ^^ … in realtà non mi convince ancora…
a questo capitolo conclusivo tengo molto, soprattutto perché è l’unico in cui Hinata ha una vera parte xD
mi rendo conto di aver reso i personaggi eccessivamente ooc, ma in un contesto del genere non sapevo davvero come gestirli -^^-” ovviamente grazie a te Ermellino che apprezzi la mia storia e hai continuato a supportarmi durante questo esperimento che si è rivelato decisamente più lungo del previsto. Ci tengo sempre a sapere la tua opinione ^^
e grazie anche a Bruise che ha iniziato a leggere ^^ non c’è molto da dire, solo che soo contenta che ti piaccia l’incipit, che ho apprezzato taaaaantissimo °O° il fatto che ti sia loggata appositamente per recensire ù.ù comunque adesso hai tutto il tempo per metterti in pari, se vorrai, la fic è finita! Ok, detto questo me ne vado sul serio, baci, e alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!

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