Renaissance di The Dreamer (/viewuser.php?uid=2576)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Entre Ciel et Terre ***
Capitolo 2: *** 2- Qui suis-je? ***
Capitolo 3: *** 3- Adieu ***
Capitolo 4: *** 4- Départ ***
Capitolo 1 *** 1- Entre Ciel et Terre ***
Bene, oggi sono armata di buona volontà, quindi tanto vale
fare il più possibile :D ! Fino a poco fa non me n'ero
accorta, ma la pagina di questa fic appariva vuota... ringrazio gli
utenti che me l'hanno segnalato, altrimenti non l'avrei mai visto XD
Allora ripartiamo dal principio! Questa fic è stata scritta
alcuni anni fa a 4 mani con la mia kohai Hikuraveku :) E sarebbe pure
ora che la pubblicassimo tutta, visto che l'unico posto in cui era
completa era il magnifico LEIF di Iroy, passato a miglior vita
ç___ç (il sito, eh, mica Denis!!Non
confondiamo!!!). Altrimenti potete trovarla sul forum L'Alchimia delle
Parole (lascerò il link sulla mia pagina)
Quindi eccovela, piena di polvere e vecchiotta, ma sempre uguale a se
stessa XD!
Lascio anche i commenti delle autrici...a quell'epoca recenti!
Renaissance
Konnichi-wa a tutti !!!
Eccoci di nuovo qui, per una nuova fic ! Il titolo è
francese (e non inglese, come potrebbe apparire a prima
vista…=.=; ),
l’abbiamo scelto per indicare una rinascita, una seconda
opportunità offerta dal destino, e le autrici siamo
Hikuraveku and me, alias The Dreamer. Ci siamo suddivise i capitoli,
riunendoli in un secondo momento, e speriamo che la lettura ne risulti
scorrevole ^.^ !! Il primo capitolo è from me, mentre il
secondo scaturisce dalla penna di Hikuraveku
Bonne lecture e... please, un commentino fa sempre piacere ^^ !!!
[Novembre 2004, The Dre@mer e Hikuraveku]
1.
Entre Ciel et Terre
Il cielo era terso e blu. Alcune colombe bianche tagliavano
quell’immensità, volando. Volando...
Come le mancava quella sensazione di ebbrezza e meraviglia che si
provava in volo...Da quando era stata celebrata la cerimonia
d’investitura, il suo nuovo ruolo di Imperatrice
monopolizzava le sue giornate. Sophia sospirò. Si era
concessa un attimo di pausa, sollevando gli occhi dalle numerose carte
sul tavolo, e in quel momento erano passati gli uccelli di pace davanti
alla grande finestra di fronte alla quale lei sedeva lavorando. Era
bastato quell’attimo per farle tornare in mente la Sylvana,
gli anni trascorsi a bordo della misteriosa nave,
l’equipaggio...e lui.
Le pupille verdi luccicarono, ma nessuna lacrima solcò il
viso triste.
Erano passati già diversi mesi da quell’incubo,
aveva versato tutte le lacrime che aveva in corpo, straziata dal dolore
delle realtà. Ormai non c’erano più
lacrime da versare, il dolore sordo che attanagliava il cuore
dell’Imperatrice era troppo intenso per il pianto. Per mesi
era andata avanti, giorno dopo giorno, senza pensare ad un futuro in
cui non credeva più. E se ora era ancora in vita, lo doveva
unicamente a Vincent che l’aveva fermata in extremis. Lei,
proprio lei che adorava la vita, a cui attribuiva il più
alto grado d’ importanza, proprio lei aveva tentato il
suicidio. Accecata dal dolore di aver ucciso la persona amata, di
avergli tolto quel dono così prezioso, aver messo fine ai
suoi giorni con le proprie mani, dopo aver scritto un testamento in cui
lasciava il potere nelle mani di Vincent, era andata in cima alla torre
che sovrastava la città, intenzionata a lanciarsi nel vuoto
che intercorreva tra quell’alta postazione e i lontani
giardini fioriti sottostanti. Nessuno l’aveva vista uscire
dal palazzo, nel cuore della notte. Nessuno l’aveva vista
salire la scalinata per giungere in vetta. Eppure,nel momento in cui si
stagliava diritta nel buio, illuminata dai raggi lunari, in procinto di
fare quel fatidico passo nel nulla, due forti braccia
l’avevano intrappolata in un abbraccio intenso e disperato.
Vince. E qualcosa si era rotto in lei, quando l’aveva sentito
mormorare, stringendola : “Se muori, muoio anch’io.
Non mi butterò mai in un precipizio, né mi
punterò una pistola alla tempia, ma se tu muori, il mio
cuore muore con te...”
No, non voleva uccidere anche lui. Il muro d’indifferenza con
cui aveva circondato il proprio cuore per non soffrire si era rotto,
sgretolato di fronte a quelle parole. Vince l’aveva presa in
braccio, per riportarla nelle sue stanze, e mentre lei singhiozzava
disperata sulla sua spalla, l’aveva supplicata
incessantemente di non tentare mai più quel gesto
autodistruttivo. Da allora, Sophia aveva deciso, se non proprio di
vivere, almeno di andare avanti. E lui aveva raddoppiato le attenzioni
e le premure nei suoi confronti, rimanendo costantemente al suo fianco.
Lei si era buttata anima e corpo nei suoi compiti, primo fra tutti
creare una pace stabile e duratura per quel regno provato dalla guerra
contro la Gilda. E aveva cercato di non pensare al dolore onnipresente
che provava pensando al recente passato, in particolare alla Sylvana.
Dopo la morte del capitano, l’equipaggio le aveva chiesto di
succedergli. Ma lei non poteva. Pur sapendo che tutti i componenti
della nave riponevano fiducia e vita nelle sue mani, non poteva. Pur
sapendo che alla morte del comandante, il suo diretto subordinato ne
prende il posto. Aveva rifiutato adducendo i suoi compiti di sovrana,
ma quello non era il motivo che la spingeva a fuggire dalla Sylvana. La
verità era che non poteva rimanere a bordo senza pensare a
lui e all’orrore di cui si era macchiata le mani. Una volta
conclusi gli scontri, aveva nominato Vincent comandante di quella
magnifica nave che le era così cara, e aveva tagliato ogni
contatto con i suoi membri, compresi Claus, Tatiana, Lavie, Winna, e la
piccola Alvis, che nei suoi sentimenti per Claus le ricordava tanto una
se stessa ormai scomparsa. Qualsiasi seppur minimo collegamento con la
Sylvana era uscito dalla sua vita, almeno apparentemente. Vincent
sapeva che quell’argomento era tabù, e aveva
proposto che fosse creata una nuova carica per lo svolgimento del
controllo aereo, fino ad allora compito dell’Imperatore.
Sophia aveva approvato l’idea, e la nomina sarebbe stata
fatta la seguente settimana, assieme all’incarico di nuovo
comando della Urbanus, dato che quella nave imperiale era rimasta senza
comando.
Chi poteva occupare il posto lasciato vacante da Vince? La Urbanus gli
apparteneva così come la Sylvana era pienamente appartenuta
ad Alex...
Certo dall’Accademia si diplomavano giovani pieni di talento
e molti vice comandanti aspiravano a completare la loro carriera col
grado supremo, ma Alex Rowe e Vincent Arthai erano punte di cristallo
nel cielo, i migliori nel loro mestiere. No, erano stati. Vincent a
capo della Sylvana non raggiungeva quell’intesa particolare e
unica che solo Alex aveva con l’equipaggio, e lui ormai...
Sophia si alzò, abbandonando le carte che ricoprivano la sua
scrivania. Era inutile lavorare rimuginando sul passato, tanto valeva
fare una pausa.
Una passeggiata nei giardini imperiali.
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Capitolo 2 *** 2- Qui suis-je? ***
Renaissance
Coucou
!! Rieccoci qui per il 2° capitolo di Renaissance, questa volta
scritto da Hikuraveku !!
Prima
di lasciarvi alla lettura, un grazie immenso a tutti coloro che ci
hanno sostenute ed hanno commentato il 1° capitolo !!! See you
next time ^o^ !
2. Qui suis-je ?
Sfocata. Sfocata ma non abbastanza per non
riconoscerla. Non sapeva chi fosse, ma era bella, gentile, dolce. Un
viso meraviglioso, luminoso, ma un’espressione leggermente
malinconica. C’era un’ombra che velava quel volto,
che oscurava quel sorriso, un’ombra che non vedeva e che
forse era solo un ricordo. Un barlume di oscurità nella luce
fatta persona. Perché? Che avesse fatto qualcosa per farla
soffrire? Lei doveva aver preso parte alla sua vita, ad un passato che
era...accidenti! Perché non ricordava? Era importante,
sapeva che lo era, lei era vitale ma ormai era come perduta per sempre
nei profondi meandri della sua mente assieme a quei ricordi, a quella
vita. Eppure quella figura...morbidi capelli castani che profumavano di
fiori, occhi verdi e brillanti, quell’immagine
instancabilmente lottava per sconfiggere l’oblio. Con forza e
vigore, con tenacia...era lei : più forte di quanto lui
potesse sperare di essere. Era lei che combatteva per lui
più di quanto facesse egli stesso. Ma perché?
Perché tanto accanimento? Perché tanto impegno?
Sentì il cuore caldo, come confortato da quel dolce tepore,
profumo soave, un caro ricordo perduto.
-Signore! Signore, stai male?- .
Quel signore aveva una faccia strana.
Un’espressione stanca, trasognata, tuttavia inespressiva.
Aveva occhi profondi, ma di una profondità vuota, quasi come
fosse un automa senz’anima. Era stano. Capelli corvini
abbastanza lunghi da sfiorare le spalle. Il fisico era snello ed
atletico. Era seduto a terra, appoggiato ad un muro, parete
sottilissima dell’edificio dietro di lui, in un viottolo
tanto stretto da non permettergli di allungare le lunghe gambe
slanciate. Lunghe ciglia velavano gli occhi, scuri probabilmente, ma
non poteva esserne certa perché erano socchiusi. Sembrava
che fosse soprappensiero. Eppure non pareva che fosse troppo
più grande di lei, sedici anni compiuti. A
quell’età si è adulti abbastanza,
specialmente se poi si vive in un quartiere povero e misero come il
suo. Lei era adulta ormai, ma allora perché non aveva nulla
di così inesorabilmente serio su cui poter riflettere con
quell’aria misteriosa?
-Stai male signore?- domandò quasi d’impulso Lily,
osservandolo, scrutandolo attentamente, molto da vicino.
Il giovane sembrò destarsi da un sogno. Alzò lo
sguardo in direzione della voce. Una voce squillante un po’
tremula, forse per l’emozione. La sentì deglutire
pesantemente. Era una bambina. Aveva lunghi capelli castani, che le
ricadevano in riccioli sulle spalle. Alcune ciocche le coprivano il
viso, aveva occhi piccoli ma vivaci e scuri, inconfondibili. Il fisico
snello e la statura alta.
-No- fu la risposta sommessa. Il giovane riabbassò lo
sguardo e Lily si voltò, remissiva, per andarsene. Era
davvero curiosa di sapere cosa ci fosse di così doloroso nel
cuore di quel ragazzo misterioso. Sospirò ed
iniziò ad incamminarsi.
-Aspetta- mormorò il giovane, alzando la mano verso di lei.
-Sì ! Dimmi !- esclamò lei rivoltandosi ed
inginocchiandosi al suo fianco
-Chi sono io ? -.
Il signor Cladius era un uomo umile. Lavorava da tempo come giardiniere
presso la villa del marchese di Ganymede ,ma il suo ruolo in quella
casata non era di semplice servo, bensì di fidato amico e
consigliere. Il marchese di Ganymede infatti, non aveva nel
cuore le restrizioni sociali che gli erano permesse
dall’appartenenza al suo alto rango. Ogni uomo è
degno di rispetto in quanto tale e non si faceva abbindolare
da melensi discorsi di sangue o ricchezze. Era un uomo a modo, gentile
e generoso, ed amava instaurare rapporti di profonda e sincera amicizia
con tutti coloro che, per una ragione o per un’altra,
frequentavano la sua dimora.
Il signore Cladius era una di queste persone. Adorava fiori e piante di
ogni genere e conosceva qualche rudimento di botanica. Gli piaceva
moltissimo curare l’aspetto e la salute del verde
dell’ampia dimora in cui prestava servizio ed era un uomo
molto severo con se stesso. Da quel che ricordava il marchese di
Ganymede
non aveva mai visto i suoi immensi giardini curati meglio,di
così bell’aspetto e così ricolmi di
fiori variopinti. - E’ un vero spettacolo, amico
mio!-esclamava osservando con entusiasmo la grande distesa verde dietro
la villa.
-Padre!Padre!- Lily strillava con quanto fiato aveva in corpo, correndo
il più veloce possibile. Il signor Cladius si
voltò fulmineamente, mentre la figlia si fermava ansimante
di fronte a lui.
-Cosa c’è Lily ? Che è successo?-
domandò in tono concitato con evidente preoccupazione. La
giovane alzò gli occhi verso di lui. Aveva un aspetto molto
trafelato e stanco, probabilmente perché aveva corso molto a
lungo. Continuava a respirare affannosamente, incapace di proferire
parola e ciò non faceva altro che gettare il padre in un
abisso di profonda preoccupazione. Non capiva per quale motivo fosse
così allarmata e non sapeva come fare per accelerare, in
qualche modo, i tempi e sapere prima cosa fosse accaduto.
-Padre...padre...quell’uomo, non so, sta male ! Padre venite
presto!- esclamò finalmente la piccola Lily facendo ampi
gesti e afferrando l’uomo per gli abiti nel tentativo di
trascinarlo con sé.
-Calmati Lily, spiegati ! Chi è quell’uomo ? E
dov’è ora?- .
-Non so chi sia. Vi prego padre ! Facciamo presto, per favore !
Dobbiamo aiutarlo !- .
Il signor Cladius rimase perplesso per un attimo, poi decise di seguire
la figlia, che parve decisamente sollevata dal riprendere la corsa,
nonostante, in verità, non avesse più fiato nei
polmoni.
La strada sembrava essere interminabile e serpeggiava tortuosa
attraverso le numerose case del paese. I due percorsero tutto il
vialetto della villa del marchese e si introdussero nel villaggio,
correndo veloci sotto il caldo soffocante del sole che era
l’indiscusso protagonista del cielo di Anatoray.
Cladius inseguiva la figlia. Non sembrava affatto che fosse stanca,
reduce da un’altra corsa asfissiante come quella. Muoveva le
gambe con un’eleganza che
l’aveva sempre caratterizzata,almeno agli occhi del padre. La
grazia dei movimenti così come la dolcezza dei lineamenti e
del volto e la freschezza e l’ingenuità del
carattere li aveva ripresi dalla madre, ed ora,anche se lei non
c’era più, lui poteva vederla ancora vivere e
sorridere negli occhi di Lily.
Impiegarono poco più di quindici minuti per raggiungere il
luogo ove la ragazza aveva incontrato Alex. Era seduto nella stessa
posizione di prima, ma leggermente riverso su un fianco, privo di
sensi. Nonostante ciò un’aura nobile sembrava
volteggiargli attorno e gli conferiva dignità di riverenza
ed eleganza.
Cladius si arrestò improvvisamente.
-Padre ! E’ svenuto poco fa, non so cos’abbia, era
strano ! Padre cosa possiamo fare?- .
Il silenzio regnò incontrastato per qualche istante, poi,
d’improvviso, l’uomo si chinò sul
giovane privo di conoscenza, se lo caricò sulle spalle e si
rialzò ritto :-Lo porteremo dal marchese. Lui
saprà cosa fare !- disse iniziando a camminare.-Corri Lily,
precedimi ! Dì al marchese che c’è un
uomo che ha bisogno di cure, lui farà preparare ogni cosa
per il mio arrivo- .
Lily corse in fretta, lasciando il padre da solo, indietro con il suo
passo lento. Aveva un aspetto fiero nonostante il fardello che portava
sulle spalle. Era dritto, sembrava non fare alcuna fatica, ma la
falsità di questa apparenza era dimostrata dal suo camminare
lento, pesante, sfinente quasi.
-Aiuto ! Aiuto !- Lily gridava con tutto il fiato che le rimaneva in
gola, una volta rientrata nella proprietà del marchese.
Dovette raggiungere l’imponente portone d’ingresso
prima che qualcuno accogliesse la sua richiesta di soccorso. A
rispondere fu Lucilla, una delle cameriere principali della dimora
Ganymede, nonché capocuoca e amica intima del signor Cladius.
-Lily !- chiamò ad alta voce la donna, per richiamare
l’attenzione della ragazza che, nel frattempo, si era
allontanata dal portone in legno intarsiato.
-Oh ! Lucilla, la prego mi aiuti !- esclamò Lily
raggiungendola. La donna la fece entrare in casa e la invitò
a sedersi nel piccolo salotto degli arazzi, una stanza accogliente
dall’aspetto caldo e rilassante. Si fece raccontare tutto con
calma e alla fine, con una prontezza ed una velocità
difficilmente attribuibili ad una donna corpulenta quanto lei,
saltellò di qua e di là per la casa e si
preparò ad accogliere il nuovo ospite. In pochi minuti tutto
fu pronto, il marchese era stato avvisato ed il dottore mandato a
chiamare.
Il signor Cladius giunse poco dopo accompagnato da uno degli
inservienti mandati a cercarlo. Deposero il giovane svenuto su un letto
nella stanza degli ospiti al secondo piano, preparata appositamente e
lo lasciarono solo con il dottore.
-Speriamo che non sia grave ! E’ un così bel
ragazzo !- mormorò in tono preoccupato Lucilla, chiudendo la
porta dietro di sé.
Ci fu un istante di silenzio. Silenzio intenso e profondo,
imperturbabile e maestoso. Tutti tacevano, quasi ci volesse troppo
coraggio per interrompere la strana solennità del momento,
quando improvvisamente si udirono dei passi lungo il corridoio. Era un
rumore squillante, veloce ma regolare, composto, quasi studiato nei
suoi intervalli. Il marchese di Ganymede si accostò alla
comitiva dinnanzi alla porta. Era un uomo alto sui
cinquant’anni ma dall’aspetto altero e giovanile
allo stesso tempo. L’espressione del suo volto era
contraddistinta da un misto di giovialità e
severità, ma ora prevaleva la prima, per un largo sorriso
composto che increspava le sue labbra. Aveva capelli corti sul castano
chiaro, decisamente troppo corti per capire se fossero ricci o lisci,
disciplinati o ribelli. Occhi profondi, molto scuri, quasi neri ma
scintillanti e vivi. Si fermò davanti a Lucilla, Cladius e
la piccola Lily. I tre si inchinarono rispettosamente ed il marchese, a
sua volta, fece un leggero inchino in segno di saluto.
-Allora ? Cosa è successo di così urgente?-
domandò in tono cortese.
-Ehm...! Abbiamo trovato un giovane per strada. Aveva bisogno di aiuto
e ho pensato che potevamo portarlo qua ! Spero di non aver fatto male-
intervenne il signor Cladius facendo un passo avanti.
“Ci mancherebbe altro. Sapete che la mia casa è
sempre aperta per voi e per tutti. Avete chiamato il medico?”
-Certamente ! Ho provveduto personalmente non appena ho saputo ! Lily
affermava che non ricorda la sua identità, allora ho
pensato...- disse Lucilla
-Ottimo ! Ottimo davvero ! E’ là dentro, vero?-
rispose nuovamente il marchese e, alla risposta affermativa, si accinse
ad entrare nella stanza, salutando i tre educatamente.
Era disteso sul letto al centro della stanza. Persino nel sonno la sua
espressione rimaneva contorta, seria, di
un’inespressività combattuta e malinconica. Era
come se i suoi muscoli facciali fossero incapaci di rilassarsi, come se
non vi fosse riposo in quel sonno, come se la morte, alla quale
sembrava essere sfuggito, ora lo inseguisse disperatamente, gli fosse
alle costole stridendo ed affogando essa stessa in quelle grida che
agitavano quegli attimi di incoscienza. Gli pareva impossibile che
potesse esistere un uomo del genere...eppure...eppure era
lì, davanti ai suoi occhi, visione straziante di un dolore
troppo grande per rimanere tutto lì, chiuso in quel corpo.
Se un uomo del genere esisteva non poteva essere altri che lui : il
misterioso comandante della Sylvana che uccide tutti, il comandante
Alex Rowe. Il marchese si avvicinò al letto, nei suoi occhi
si rispecchiava quel volto, in quegli occhi enigmatici, e poi una
domanda, solo una, semplici parole che bramavano di uscire, come in un
sibilo, silenziose e urlate nell’aria perché lui,
prima uomo, poi marchese, lui comprendeva solo ora quale fosse la sua
impotenza nei confronti di chi stava ancora combattendo la sua
battaglia.
Il marchese di Ganymede si sedette sulla sedia di legno di mogano
accanto al letto. Lo fissò per qualche istante, ma in fondo
cedere a quelle parole non avrebbe fatto altro che liberarlo da un
peso, anche se dopo, avrebbe dovuto anche arrendersi alla
consapevolezza del suo essere niente per riuscire a fare qualcosa.
-Alex Rowe...per cosa combatti ? Per vivere o per morire?- .
Piccola nota
aggiuntiva, 03.01.2005, da The Dreamer
Chiedo scusa a tutti i
lettori, da parte mia e di Hikuraveku, ma la pubblicazione del
3° capitolo necessita un poco di tempo, poiché la
mia kohai ci sta ancora lavorando su...appena sarà pronto lo
invieremo al sito! E non preoccupatevi : ho già scritto
molti dei successivi capitoli, e attualmente la storia ne conta una
decina... quindi avrete da leggere! ^.^-
Un besos a tutti, e see
you as soon as possible!!
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Capitolo 3 *** 3- Adieu ***
Renaissance
[continuo ad
allegare i commenti presenti sul sito di Iroy, il nostro amato e
scomparso LEIF]
Gioia e gaudio, eccoci
di ritorno !!! Be’, forse voi lettori non siete
così contenti…ma noi sì !! ^o^
Questo è il
terzo capitolo, frutto della mente di Hikuraveku, la mia adorata kohai
!!! E presto anche il 4°, sempre di mano sua!! Chiediamo scusa
per l’eternità trascorsa tra l’ultimo
aggiornamento e questo, confidando nella speranza che i successivi
vadano a buon porto e che non ci abbiate abbandonate nel frattempo
ç.ç !! Thanks a tutti e see you soon!
3.
Adieu
Il 10 Marzo era una splendida giornata. Il sole
splendeva alto nel cielo terso di un blu intenso, la sua luce
vivacizzava in un modo incredibile i colori dei fiori del giardino
della villa Di Ganymede.
Una missiva era appena giunta dal palazzo imperiale. Dopo la fine della
guerra contro la Gilda la rete di vanship era diventata molto
più fitta ed efficiente. Il marchese di Ganymede stava
leggendo nel salone rosso, seduto su una poltrona di velluto carminio
accanto al camino. Un invito. Si era assentato per molto tempo dalla
sua casa e, nonostante ciò, non era mai andato nella
città imperiale, sebbene avesse ricevuto più
volte richiami dal precedente imperatore, essendo egli molto importante
nella società di Anatore. Ed eccolo qui, il primo invito da
parte di un nuovo governante. Recava una firma semplice ma elegante, a
tratti essenziale, priva di inutili fronzoli, il che delineava una
strana ed inusuale fretta nell’apporre il proprio nome :
Sophia Forrester.
Il marchese Di Ganymede scorse le poche righe con disattenzione, quasi
con una certa noia. La costituzione di una nuova carica. Non aveva
intenzione di rientrare nel sistema, ora voleva dedicarsi solo e
soltanto alle persone comuni che incontrava per strada e che, con un
timido sorriso, lo salutavano educatamente. Si tolse gli occhiali
intarsiati d’oro, pose la lettera sul grembo e vi mise le
lenti sopra. Sospirò chiudendo gli occhi, avrebbe negato la
sua presenza come d’altronde faceva ormai da molto tempo,
anche se dentro di sé sentiva una piccola
curiosità accenderlo. Conosceva la nuova imperatrice
soltanto di vista, ma aveva sentito molte voci in proposito. Voci
sull’accademia, voci sull’imbarco sulla Sylvana,
voci sul suo oneroso titolo nonostante la sua giovane età.
Gli sarebbe piaciuto conoscere la figlia dell’imperatore, ma
l’idea di tornare tra quelle fila di signorotti non lo
allettava moltissimo.
D’improvviso udì dei passi che lo distolsero dai
suoi pensieri. Erano passi lenti, gravi, che si avvicinavano. Si
fermarono nel quadro della porta. Il marchese voltò la
sguardo. Alex. Indossava uno dei suoi abiti scuri di quando aveva
ancora trent’anni, chissà perché erano
detti bei tempi quelli. I capelli pettinati sembravano più
lunghi e descrivevano larghe onde sfumate di grigio che riluceva alla
luce del sole che filtrava dalle finestre. Gli occhi severi, aveva uno
sguardo duro, non inespressivo, ma duro e soffusamente irato. Di
un’ira silenziosa, tacita, che di tanto in tanto faceva
scintillare quelle pupille ombrose, scure e sfumate di nero intenso
verso l’interno.
-Ben svegliato!- mormorò il marchese salutandolo con un
gesto del capo
-Buongiorno.- rispose il giovane con parole mute.
-Cosa è accaduto ? La mia cameriera vi ha forse
usato qualche scortesia?-domandò in tono ironico il marchese
invitandolo a sedersi sulla poltrona di fronte a lui.
-Mi hanno detto che potevo trovarvi qui.- mormorò Alex
accomodandosi e accavallando le gambe. Abbassò gli occhi,
poi li rialzò fissandoli penetranti in quelli di Ganymede :
-Immagino di dover ringraziare voi se ora sono qui.-
-A vostro piacimento. Io personalmente ringrazierei Cladius, Lily,
Lucilla ed il mio dottore. Non sembrate un uomo che ama parlare. Non
sprecate ringraziamenti per me che ho solo messo a disposizione la mia
umile dimora. Piuttosto, come vi sentite stamani ? Ricordate qualcosa
in merito a quanto vi è successo ? -
-No.-
-Niente ?-
-Niente.-
-Ma ne siete sicuro ? Eppure il dottore mi aveva detto che bene o male
la situazione sarebbe cambiata a breve ! Siete assolutamente certo di
non ricordare nulla ? Anche qualcosa della vostra vita passata,
qualsiasi cosa!-
-Qualsiasi cosa.......quell’immagine,
quell’immagine è scomparsa ormai da parecchi
giorni.-
-Immagine ? Di cosa state parlando ? Ricordate qualcosa dunque ?!-
-Io...non so- mormorò Alex portandosi le mani alla testa. Il
marchese pensò che avesse mal di testa, probabilmente per lo
sforzo mnemonico, ne era stato avvertito dal medico. Attese
finché il giovane non soggiunse :- Era una donna dai lunghi
capelli color della sabbia bagnata, gli occhi verdi e profondi, e
poi...e poi quell’ombra sul viso. Sorrideva, sì
sorrideva, ma c’era come un’ombra che oscurava quel
sorriso.- Mentre parlava il giovane aveva gli occhi chiusi, come se in
quel momento stesso riuscisse a vedere quel volto misterioso. Un lieve,
sussurrato sorriso gli increspò le labbra per un
’istante, poi tornò alla solita
inespressività.
-Dite che apparteneva alla vostra vita passata?-
-Non saprei ma...forse...no ! Lei era importante. Sicuramente era molto
importante !- mormorò con un crescendo e poi un decrescendo
di tono. La sentiva così importante. Possibile che insieme
alla sua memoria avesse perso anche lei ?
-Avete detto color della sabbia bagnata, giusto?- domandò
con voce ferma il marchese rivalutando quel noioso invito che ora
acquistava un aspetto molto più allettante.
-Sì.- fu la risposta
-Bene ! Ho idea che io e voi faremo un viaggio tra qualche giorno !
Sempre se non vi disturba, chiaramente !- esclamò Di
Ganymede offrendogli un calice di vino rubino.
-Un viaggio...per dove ? Che interesse avete nel portare anche me ?-
-Oh suvvia ! Che problema avete ? Quello che vi propongo non
è un viaggio qualsiasi : andremo nella città
imperiale, mi è appena giunto un invito per quel luogo
firmato direttamente dall’Imperatrice !-
-E io cosa ho a che fare con tutto ciò ?-
-L’Imperatrice, amico mio, ha dei meravigliosi capelli
castano chiaro, sapete, a pensaci bene ricordano proprio una distesa di
sabbia bagnata. E poi, se volete recuperare i vostri ricordi dovrete
viaggiare molto; io vi offro soltanto un luogo da cui poter cominciare.-
Ci fu un istante di silenzio. Non era un silenzio opprimente, ma
leggero, rarefatto, uno di quei silenzi di cui ci si accorge solo dopo
averne rotto le trame con una sottile lama di suono. Alex
sospirò, si alzò in piedi e pose il bicchiere
sopra al camino ; poi si volse verso l’uomo davanti a lui,
ancora un sospiro come un’ultima catena che lo ancorava al
passato, parlò :
-Vedete, io vi sono veramente grato per quello che avete fatto per me,
ma non ho intenzione di seguirvi fino alla città imperiale.
Vorrei togliere il disturbo quanto prima, oggi stesso forse. Non credo
che il mio passato sia così importante,
continuerò per la mia strada, se poi il destino
vorrà restituirmi quanto mi ha sottratto, sarò
lieto di riceverlo. Grazie infinite.- fece un leggero inchino e poi si
incamminò verso la stessa porta da cui era entrato. Una sola
porta, eppure due. Che bizzarri sconvolgimenti si hanno a causa di
semplici particolari. La stessa porta che lo aveva portato da lui ora
si accingeva a sottrarlo al suo sguardo.
-Aspettate !- esclamò il marchese alzandosi di scatto e,
quando vide il giovane rivolgersi nuovamente a lui, aggiunse :
-Perché ?-.
Alex si voltò nuovamente verso la porta, poi, quando
l’ebbe raggiunta, tornò a guardare il marchese.
Quegli occhi così profondi sembravano contenere il nero
oblio della sua mente. Come poteva una tale inespressività
essere tanto eloquente ? Un calmo e lieve sospirò
increspò appena le sue labbra :
-Può darsi che io abbia già vissuto la mia
felicità, e non me ne tocchi altra.-
Tutto fu avvolto nel silenzio ed il marchese si ritrovò solo
in quel salotto. Ancora una volte si era trovato dinnanzi quella
battaglia. Sapeva bene che non gli apparteneva, ma si accorgeva che ne
veniva comunque coinvolto e stravolto, tanto da illudersi ogni volta di
poter fare qualcosa, invece...
Ricadde sulla poltrona a peso morto, con gli occhi chiusi. Sapeva che
non poteva fare sua quella battaglia però non poteva
rinunciare almeno al tentativo. Lui voleva soltanto provare ad
aiutarlo, non poteva rinunciarvi per quanto difficile potesse rivelarsi.
Alex camminava con tranquillità e disinvoltura lungo il
corridoio. Salì le scale e raggiunse la sua camera al piano
di sopra. Non aveva mai avuto l’occasione, fino a quel
momento, di osservarla con attenzione. Colori caldi pastello
ricoprivano le pareti, il legno del mobilio le conferiva un aspetto
accogliente con un tocco di nobiltà a causa delle
intarsiature raffinate che andavano sviluppandosi sui lati del comodino
e dell’armadio.
Alex si sdraiò sul letto. Fissava il soffitto di
un bianco puro e spento. Era finita. Ormai era tutto finito e lui era
riuscito a lasciar andare quei ricordi. Non avrebbe più
rivisto quell’immagine, non gli si sarebbe più
stretto il cuore al pensiero di non ricordare chi fosse e di saperla
lontana, e non avrebbe mai più sofferto tentando di capire
il perché di quell’ombra sul suo viso. Era tutto
finito, ma ora...ora si sentiva stanco e vuoto. Un uomo senza ricordi,
lui, privo di ricordi poteva definirsi davvero felice ?
Sospirò a quei pensieri : non era mai stato superficiale,
almeno aveva l’impressione di non essere mai riuscito ad
esserlo, ed era ancor più per questo motivo che gli
risultava difficile accettare quell’ombra. Se la ragione di
essa fosse stato lui stesso, come credeva, non poteva permettersi di
tornare a quel passato. Non poteva tornare ad oscurare ancora un
sorriso che probabilmente ora risplendeva limpido e spensierato, non se
lo sarebbe mai perdonato. Ed era proprio per questo motivo che aveva
dovuto lasciare andare quei ricordi. D’altronde cosa se ne
sarebbe mai fatto ? Ora doveva vivere solo soltanto per il suo futuro
ed il prossimo sorriso lo avrebbe conservato, custodito e protetto per
sempre.
Alex chiuse gli occhi : lei non c’era. Si sentì
davvero spossato nonostante non avesse fatto nulla di così
impegnativo, era come se si fosse liberato di un terribile fardello, ma
ora il non averlo si rivelava ancora più opprimente del
possederlo ed esserne gravato. Si assopì. Solo qualche lieve
e melodioso cinguettio interrompeva l’atmosfera di silenzio
che cullava il suo respiro, un respiro regolare, calmo, silenzioso che
celava un animo turbato, ma d’altronde lo sapeva bene : non
poteva esistere Alex senza qualcosa in lui che fosse turbamento ed in
inquietudine costanti. Il lottare giorno per giorno faceva parte di
lui, era intrinseco, quasi come una battaglia abitudinaria a cui,
ormai, si fa meno attenzione, ma che c’è e
prepotentemente vorrebbe emergere sul viso, un’espressione,
anche solo un attimo, un’espressione contorta per la
sconfitta e lei avrebbe vinto, sarebbe uscita ed avrebbe vinto.
Ora, dopo aver perso tutto, questa lotta era l’unica cosa che
gli era rimasta. Una battaglia che non l’aveva mai
abbandonato, come un secondo cuore che palpitava irregolare e gli
ricordava quel desiderio che da molto sentiva agitarsi dentro di lui,
ma che cercava in tutti i modi di far tacere. Per lei, per quel sorriso
come luce intensa a rischiarare il cuore di colui che è
cieco, lui non l’avrebbe cercata, né rivista mai
più.
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Capitolo 4 *** 4- Départ ***
Renaissance
NdDre@mer: buon 2010 a tutti :D
!! Continuo ad editare lasciando note e commenti, anche se datati.
Come promesso, eccovi subito subito il 4°
capitolo, opera di Hikuraveku !! Bonne
lecture, et écrivez-nous !
4. Départ
Lily
stava salendo le scale per accedere al secondo
piano con lentezza, quasi timore. Continuava a ripensare alle parole
del
marchese di Ganymede. Non riusciva a comprendere il motivo di quelle
parole, ma
ora sapeva di doverle riferire al giovane sconosciuto senza nome e
senza
identità, almeno per ora. Quell’uomo aveva
incominciato a metterle un po’ di
soggezione. Tutti lo trattavano con profondo rispetto, non le sembrava
più quel
giovane che le era parso al primo incontro. Era come cresciuto,
cambiato ed
indubbiamente maturato e lei non riusciva più a guardarlo
negli occhi con la
stessa disinvoltura. Le poche volte che si era trovato ad incrociarlo
per il
corridoio dell’ampia casa, lo aveva sempre salutato con
sussurri balbettati e
spesso, al vederselo davanti, le tremavano le gambe. Ora, dover andare
da lui,
ed il dovergli parlare e fare un discorso articolato e piuttosto lungo
le
creava un po’ di problemi, ma non poteva cedere alle astute
provocazioni del
marchese.
“Ti
starai mica innamorando del nostro ospite, Lily
?”
Quelle
parole le risuonavano ancora in testa e la
facevano arrossire vistosamente.
“Figuriamoci
!”esclamò giungendo di fronte alla
porta della camera degli ospiti occupata da Alex.
Deglutì,
fece due giri su se stessa, poi si decise
e bussò.
Si
udirono dei passi dopo poco, la porta si aprì e
lei vide un paio di stivali nel quadro che gli erano venuti incontro.
-B...buongiorno
signore. Senta...il marchese la
vorrebbe giù nel salotto degli arazzi, dice che le deve
parlare e che non si
tratta di niente di cui avete già discusso, insomma io non
lo so di cosa avete
già parlato però l’ ha detto il
marchese e lui lo sa questo no ? Comunque le
chiede se gentilmente può scendere di sotto, lui
l’aspetterà...gentilmente...ehm...la ringrazio
tanto per l’attenzione, buona
giornata !- Lily corse via e scese le scale scomparendo.
Era
stato simile al rumore di un treno: veloce a
sbuffi incerti e fischi assordanti a volte incomprensibili. Come poteva
una
ragazza avere tanto fiato in gola ? Fu la prima domanda che Alex si
pose
vedendola andar via.
Si
decise a scendere solo quindici minuti più
tardi. Trovò il marchese seduto su una poltrona molto simile
a quella del loro
precedente incontro. Leggeva un libro con le lenti
posate sul naso, al suo fianco, su un
tavolino c’era un vassoio con due tazze ed una caraffa di the
ed uno strano
oggetto ricoperto da un velo scuro, troppo fitto per poterci vedere
attraverso.
-Mi
cercavate ?- domandò fermandosi appena
all’ingresso del salotto.
Il
marchese di Ganymede si voltò di scatto : non si
era accorto della sua presenza. Il volto, sorpreso nel vederlo, si
schiarì
improvvisamente :
-Ah,
siete voi ?! Mi avete spaventato sapete, con
la vostra imprevedibilità !-esclamò in tono
colloquiale, alzandosi ed
invitandolo a sedersi sulla poltrona dinnanzi alla sua, poi si sedette
di nuovo
e lo guardò dritto negli occhi.
-Avevate
bisogno di qualcosa da me ?- chiese Alex
schivo, ma senza rifuggire il suo sguardo.
-Si e no
! Diciamo che avevo bisogno della vostra
attenzione !- mormorò di Ganimede sorridendo :
-Vedete,
stamani mi sono recato dal mio barbiere di
fiducia. Un grand’uomo, sebbene non in senso fisico- aggiunse
ridacchiando.
-Dunque
?-.
-Cosa ne
direste di andare a farvi tagliare un po’
quei capelli ? Con un taglio più curato avreste tutto un
altro aspetto e poi
non impiegherà che pochi minuti, senza contare che il
barbiere ha un desiderio
impellente di conoscervi.-
-Gli
avete parlato di me ?-.
-Certamente,
mi pare ovvio con un uomo di una tale
curiosità ed insistenza ! Non ho saputo dirgli di no...spero
non vi spiaccia
!-.
-Affatto.-.
-Allora
andrete ?- domandò il marchese in tono
speranzoso.
-Forse.-.
-Vi ho
preso appuntamento questo pomeriggio alle
16h-.
-Andrò.-
mormorò Alex sospirando e alzandosi dalla
poltrona per uscire dalla stanza.
Tutto
piombò nel silenzio per alcuni secondi. Il
marchese continuava a chiedersi per quale motivo finiva sempre per
doverlo
fermare,perché non riusciva mai a dirgli tutto in una
volta:“Aspettate!-esclamò
guardandolo già un passo fuori dalla stanza:-Che uomo
sfuggente che
siete,sembra quasi che abbiate piacere della mia
compagnia.”concluse con un
sorriso impacciato.
“Assolutamente
no. Non interpretate qualcosa che
non ne ha bisogno.”mormorò Alex tornando indietro.
La sua statura era
leggermente più alta di quella di di
Ganimede,tuttavia sembrava sovrastarlo ampiamente
nonostante il nobile e
fiero portamento del marchese.
“Non
voglio trattenervi,volevo solo darvi
questo.”disse quest’ultimo indicando
l’oggetto ricoperto dal velo.
“Di
che si tratta?”
“Apritelo,avanti!”lo
esortò l’uomo con sguardo
eccitato.
Alex
prese il velo tra le dita,era leggero e molto
sottile,lo alzò con delicatezza scoprendo una gabbia per
uccelli,placcata in
oro. Dentro vi era un volatile singolare,dal piumaggio chiaro,ma
variopinto.
Alcuni colori sembravano sbiaditi,proprio come
quell’immagine, altri quasi
bianchi fino a sfociare in candide piume lunghe,pettinate ordinatamente
sul
petto. Il becco era grigio e leggermente ripiegato
all’ingiù e gli occhi erano
vispi,tondi ed intelligenti.
“L’uccello
della memoria!- esordì il marchese dopo
averlo osservato per qualche istante,muto con gli occhi fissi sul
volatile:-
Ogni volta che avrete anche solo un barlume sul vostro passato ditelo
ad alta
voce,l’uccello della memoria ricorderà per
voi!”aggiunse in tono soddisfatto e
benevolo,guardandolo negli occhi. Alex lo fissò,per un’
istante il suo sguardo divenne
incredulo,poi si rivolse nuovamente verso l’uccello. Ecco il
motivo per il
quale gli sembrava di vedere se stesso in quel piumaggio.
Quell’amnesia non
poteva definirsi così buia,più che altro
somigliava ad un foglio bianco,candido
come quelle piume,cancellato dagli eventi,forse anche dalla sua
volontà.
“Vi
ringrazio.”mormorò poco convinto
“Guardate
che funziona,ve lo posso assicurare!Dato
che avete deciso di andarvene e di non permettermi di aiutarvi in
futuro,questo
potrà esservi utile. Tenetelo sempre con voi,mi
raccomando.”
“Lo
terrò. Questo pomeriggio andrò anche dal
barbiere come mi avete consigliato,poi me ne andrò.
Perdonate il disturbo che
vi darò in queste ore che rimangono. Arrivederci...forse in
un’altra
occasione.”concluse infine Alex,prendendo tra le dita della
mano della mano
destra la gabbietta leggera e scomparendo dietro la porta. I suoi passi
si
fecero sempre più lontani fino a che il loro suono non si
zittì del tutto.
Probabilmente ora era nella sua camera.
“Lo
spero. Lo spero proprio amico mio.”
Pomeriggio 4:00 pm
“Signor
ospite! Signor ospite aspettate!”Lucilla
guidava correndo goffamente dietro di Alex. L’uomo si
bloccò di colpo e si
voltò verso di lei. La donna lo raggiunse trafelata dalla
corsa. Erano vicini
al cancello che avrebbe messo fine alla proprietà del
marchese di ganimede.
“Perdonate
signor ospite,posso parlarvi un attimo?”
Alex le
fece cenno di poter iniziare a parlare e
lei prese le fila del suo discorso:”Ecco,per noi è
stato un immenso piacere
poterla avere qui con noi. Vi ringraziamo infinitamente per
l’onore che ci
avete dato...ho saputo che non ritornerete più in questa
casa,non è vero?”
“Sì.
Partirò subito dopo l’appuntamento. Vi
ringrazio dell’ospitalità.”
“Figuratevi,fa
sempre molto
piacere poter essere d’aiuto a
qualcuno,soprattutto ad un uomo distinto quanto
voi.”esclamò Lucilla con un
leggero sorriso imbarazzato.
Alex
camminava tranquillamente per le stradine del
paese. Non c’era nessuno in giro,lui sembrava essere
l’unico essere animato in
tutto il circondario,ma una tale desolazione era troppo timida per
poter essere
notata dalla sua mente. La mente di Alex era terribilmente affollata di
pensieri
contrastanti,rumorosi,alcuni persino insopportabili,mentre
altri,più
tranquilli,galleggiavano in quel mare in tempesta come piccoli
velieri,oasi di
pace in qualche modo. Tra questi ultimi vi era l’inaspettato
saluto di Lucilla.
Non credeva,Alex,di aver lasciato una tale impronta in quella casa,in
quelle
persone e,seppure gli paresse strano,sentiva una certa malinconia nel
dover
lasciare coloro che lo avevano aiutato con tanta premura. Tuttavia ora
non
poteva più tornare sui suoi passi. Il motivo per cui aveva
operato quella
scelta era importante e per
nulla al
mondo avrebbe ceduto alla rinuncia.
Seguì
le indicazioni dategli da marchese e
raggiunse lo studio del barbiere. Si trattava di una piccola stanzetta
visibile
dall’esterno tramite
le due vetrate che davano
sull’interno del locale. Per quanto ci avesse pensato non era
riuscito ad
immaginare il fantomatico artigiano dei capelli,per cui,alle quattro e
qualche
minuto del pomeriggio,si presentò all’appuntamento
senza preconcetti alcuni.
Era un
uomo basso e tarchiato. Dei piccoli ciuffi
spumosi di capelli bianchi sulle orecchie e l’intera testa
pelata. Portava un
cappellino bianco che si riaggiustava ogni cinque minuti rimirandosi
allo
specchio,quel grande specchio da barbiere di cui era provvista la sua
bottega.
Sorrideva. Un sorriso sdentato ma simpatico e accoglieva il giovane
Alex con
frettolosi movimenti concitati delle braccia.
“Prego!
Prego!” diceva intonando una nenia e
saltellando sul posto.
Alex
avanzò lentamente osservandolo. Dalla sua
espressione non traspariva alcunché:era lievemente
altezzosa,me dentro non
sapeva cosa pensare.
“Si
sieda messere! Prego,si sieda!”disse il barbiere
specchiandosi ancora una volta con fare narcisista. Alex sedette sul
sedile,la
sua immagine veniva ora riflessa dallo specchio in primo piano. Era
un’immagine
nuova. Non era abituato a quel riflesso in quel contesto. Lui,con
quell’aspetto
severo,probabilmente il suo passato era stato molto solitario. Certo
non era un
tipo estroverso,uno che provava piacere nel colloquiare felicemente e
nello
scherzare con gli amici. Amici...non ne sentiva il bisogno. Stava bene
da
solo,solo con se stesso,con quell’immagine intransigente e
muta. Gli parve di
vedere qualcosa nello specchio. Una figura nobile,composta,lunghi
capelli
castani,chiari e luminosi. Era di spalle. Le mani dietro la schiena con
le dita
intrecciate tra loro. Portava una divisa. Alex si sporse verso lo
specchio. Lei
si voltò con un sorriso e lui si volse dalla parte opposta
allo specchio per
poterne vedere le fattezze reali. Ma davanti a lui,l’enorme
volto del
barbiere,guance rosse e labbra sporgenti,gli sorrideva.
“Mmmm!!!Qua
ci sarà un pochino di lavoro da fare!Ma
non si preoccupi...sono un maestro io,sa?”esclamò
ad alta voce,spingendolo
indietro affinché si appoggiasse allo schienale. Si
pentì quasi subito del
gesto. A volte si lasciava andare un po’ troppo con i suoi
clienti. Era
affettuoso di natura,ma molti lo definivano invadente,così
spesso si ritrovava
a dilungarsi in molte scuse con clienti di ogni genere. Ma questa volta
aveva
persino timore nel domandare perdono. Quell’uomo aveva
un’espressione così
indomabile,rigida,spaventosa.
“S...s...scusi...signore!”balbettò
inchinandosi
profondamente e si accinse a sforbiciare con aria solenne. Alex non
disse una
parola. Era rimasto in silenzio,pensieroso. Quella donna. Sempre troppo
lontana,troppo veloce,troppo sfocata per capire chi fosse. Era da
almeno una
settimana che non la vedeva. Per tutto il tempo in cui era stato a casa
del
marchese per farsi curare. Gli sembrava
un’eternità,eppure erano solo sette
giorni. Diversamente dalle altre volte,ora aveva sentito un sussulto al
cuore
ed ora gli batteva forte. Ascoltava quel ritmo insostenibile,era come
se il
petto non riuscisse a contenerlo. Aveva davvero creduto di poterla
vedere al di
fuori dello specchio,dalla sua mente,di poterne almeno carpire
l’identità,ma
non ci era riuscito. Ora sentiva un vuoto in fondo al cuore che non
sapeva come
esprimere,come colmare. Doveva cercarla,trovarla a tutti i costi.
Il
barbiere sforbiciava con passione,cercando di
trattenersi in alcuni punti per evitare di irritarlo in qualche modo
con
qualche indelicatezza. Esili ciocche di capelli lasciavano obbedienti
la testa
del giovane,recise con la forbice. Erano capelli scuri,leggermente
ondulati ma
vistosamente indomabili.
Dai
capelli si possono capire molte cose di un
uomo. Era per questo che il barbiere aveva deciso di darsi alla
parruccheria,per seguire questa massima che ricordava sempre sulle
labbra del
padre,anche lui barbiere. Tuttavia quella era davvero la prima volta
che si
trovava davanti a dei capelli cosi “eloquenti”.
Ribelli e corvini,leggermente
sfumati di grigio spento,poco curati ma nonostante ciò,
tutt’altro che deboli e
trascurati.
“Un
uomo solitario”pensò tra sé e
sé,mentre tagliava
con cura,definendo una forma leggermente dall’aspetto
militare,sobria e
semplice. Un uomo che non ama curare i propri capelli non deve portare
tagli
complicati o bisognosi di attenzioni. Non ne sarebbe stato soddisfatto
e
lui,dacché aveva iniziato il mestiere,non aveva mai lasciato
che un cliente
avesse qualcosa da ridire sul suo lavoro.
“Et
voilà monsieur!!!”esclamò a opera
completata,visibilmente contento del suo operato.
Alex si
alzò dalla
sedia:“Grazie.”mormorò in tono
spento ed uscì dalla bottega. Il barbiere rimase
perplesso:non aveva percepito
insoddisfazione in quell’uomo,non era per questo che era
così privo di
entusiasmo. Era qualcos’altro,come se non ci fosse nulla che
riuscisse ad
attrarlo,a destarlo da quel torpore morto,ma prima,prima almeno per un
attimo,aveva visto i suoi occhi scintillare. Qualcosa lo aveva
attirato,preso
completamente e quella bronzea maschera inespressiva si era incrinata.
“Và,
ragazzo và! Un giorno anche tu troverai quel
tesoro che può renderti felice!”mormorò
fissando l’ingresso della bottega in
tono speranzoso.
Alex
sentiva ancora il cuore palpitare
violentemente. Per quale motivo era tornata così improvvisa
ad imperversare
nella sua vita? E’ come mai in quella forma così
diversa,e in quello specchio?
Lui l’aveva lasciata andare. Liberata per sempre dalle catene
della sua mente e
di quel morboso desiderio di rivederla,ma allora perché lei
stessa era tornata?
Alex continuò a camminare velocemente per la
strada,sentì il bisogno di
fermarsi:aveva il fiatone. Da quel che sentiva lui non si era mai
lasciato
turbare da nessuno,era una cosa che gli riusciva naturale
l’autocontrollo,ma
ora c’era qualcosa di diverso. Poi,d’un tratto,come
un fulmine,arrivò per lui
la risposta al suo dilemma. Era immobile,in un viottolo periferico e
deserto,si
appoggiò al muro dietro di lui per sentirne le medesime
fattezze della volta
precedente. La parete sottile e liscia era infatti la stessa che
l’aveva visto
parlare con Lily la prima volta,si trovava nello stesso identico posto.
Si
lasciò cadere a terra,facendo strisciare la schiena lungo il
muro e quando
toccò il pavimento,quell’unico pensiero aveva
sovrastato tutti gli altri. La
sua calma interiore lo stupiva,lui era abituato alle tempeste,ma ora
c’erano
solo quelle semplici parole che impegnavano la sua attenzione. Si
portò le dita
della mano destra alle labbra,quelle stesse labbra che sicuramente in
passato
non erano riuscite a dare voce a quell’identico pensiero,
quelle labbra che le
avevano detto addio in virtù del suo sorriso e quelle stesse
labbra che ora
erano pietrificate,ancora una volta mute di fronte a quelle parole.
Quell’immagine,quella donna era importante,ma non era solo
questo. Questo non
avrebbe potuto spiegare tutto il resto,non avrebbe spiegato il vuoto
opprimente
che lo aveva tormentato dopo che l’aveva lasciata libera di
andare e certo non
spiegava quel tuffo al cuore che l’aveva colpito al solo
rivederla così vicina
dal barbiere e quel battito accelerato che tutt’ora sentiva
riempirgli il
petto. Lui l’amava. Era questo il motivo,era questa la
naturale spiegazione di
tutto ed era questa la causa di quella strana gelosia che ora sentiva
attraversarlo al solo pensiero che fosse qualcun altro l’uomo
capace di
rischiararlo.
Lui
l’amava e questo voleva dire che lei era la sua
vita,il suo unico scopo in questo mondo e per questo non poteva
abbandonarla,non poteva lasciarla andare perché
così facendo avrebbe detto
addio alla sua stessa vita e al suo stesso cuore.
Si
rimise in piedi:“Anatore.”sussurrò
velocemente
con voce quasi impercettibile e corse di nuovo alla vita di Ganimede.
Il
marchese si stava preparando per far visita alla
nuova imperatrice. Non si sarebbe interessato alla nuova carica che
stava per
costituirsi,ma comunque gli sembrava un’ottima occasione per
fare la conoscenza
della coraggiosa fanciulla che ora ricopriva la carica più
alta nella società
di Anatore. Certo non poteva neppure nascondersi quella speranza che
ancora
nutriva in fondo al cuore di poter essere accompagnato dal suo
ex-ospite,ma
ormai non poteva più concedere alle operazioni di
convincimento che lo avevano
tenuto occupato in quella settimana.
“No
Cladius,grazie!Quello non lo porto:sarà
un’assenza breve,tornerò presto non mi occorrono
tante cose!-esclamò di
Ganimede quando vide il suo giardiniere caricare un grosso baule sulla
carrozza. Tuttavia continuava a vederlo immobile con quella grande
cassa tra le
mani,che fissava un punto imprecisato davanti a
lui:-Cladius!?!”lo chiamò ad
alta voce,ma,non ricevendo alcuna risposta incominciò ad
incamminarsi verso l’uomo.
Quale sorpresa,poi,nel notare che di fronte a Cladius vi era proprio il
tanto
sospirato Alex.
“Voi...”esclamò
sorpreso
“Siete
in partenza,dunque?”disse Alex in tono
calmo,guardandolo negli occhi con uno sguardo stranamente sereno.
“S...Sì,certo!
Mi reco nella città imperiale...”
“Verrò
con voi.”
“Come?
Prego? Volete ripetere?”
“Verrò
con voi, se questo non vi crea problemi.”
“Oh!-il
marchese era davvero incredulo,non avrebbe
mai pensato di poter finalmente udire quelle parole:-Come mai questa
decisione?”
“Se
voglio recuperare i miei ricordi dovrò
viaggiare molto,e da qualche parte bisognerà pure
incominciare,non
ricordate?”mormorò Alex concludendo
così la conversazione.
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