..:Paura di amare:.. di DreamWriter (/viewuser.php?uid=86047)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
La storia e i personaggi sono frutto della mia fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. L'immagine di sopra rappresenta i tre protagonisti secondo la mia immaginazione quindi i tre attori rappresentati non c'entrano nulla con la storia.
..:Paura di amare:..
Personaggi principali:
Andrea Fogli
Giulia Corsi
Roberto Mottini
Personaggi secondari:
Claudio Loe
Cesare Tecchi
Vittorio Moli
Gaspare Cielo
Valerio Foglia
Susan Snerdin
E altri che conoscerete man mano che leggerete la storia...
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Prologo
La prima volta che
andai al cinema la ricordo ancora come fosse ieri: avevo sette anni e
la mia mano minuscola e gracilina stringeva quella di mio padre,
robusta e piena di calli. Poco più avanti di noi c’era mia madre, con
una lunga gonna rossa e una orribile camicetta a fiori. Il cinema
profumava di pane appena sfornato e sinceramente non me lo sono mai
saputo spiegare il perché di quell’odore così strano. Quando entrammo
nella sala di proiezioni vidi quasi tutti i posti occupati ma dopo
pochi istanti ci venne incontro una ragazza molto gentile che ci guidò
ai posti assegnati. “Hai visto Andrea? Quella è una maschera” mi disse
mio padre indicandomi la ragazza che ci aveva fatti accomodare. La
guardai perplesso: all’epoca per me il termine “maschera” si riferiva
semplicemente a degli strani vestiti indossati a Carnevale. Papà mi
sorrise intuendo i miei dubbi. “Qui al cinema si chiamano maschere
coloro che aiutano gli spettatori a trovare il loro posto!” mi spiegò
mio padre. Maschera! Ecco, fu quella la mia prima parola! Sì, la mia
prima parola che riguardava il cinema! Cominciai a ripeterla senza
sosta finché le luci si spensero e mia madre mi azzittì. Lo schermo si
illuminò e grazie quella tenua luce che si rifletteva su di noi potei
ammirare i visi concentrati dei miei genitori. Poi partì una musica ad
alto volume e apparvero le prime immagini, le prime scene. Ma era tutto
concitato, non riuscivo a capire molto e sbuffai. “Non è questo il
film!” esclamò mio padre vedendomi annoiato. “Come no?” chiesi
ingenuamente. “Questo è un trailer: un riassunto di un altro film che
tra un po’ uscirà al cinema” disse papà. Trailer! Ecco la seconda
parola! Lo schermo divenne nero e io mi strinsi al braccio di mio
padre. Poi a poco a poco si illuminò con alcune scritte minuscole
finché una scritta più grande annunciò il titolo. Lasciai la presa e mi
incantai a guardare il film. Quella sera capii di essere cambiato.
Capii che a casa non sarebbe tornato più il solito Andrea. No, perché
avevo conosciuto il cinema. E me ne ero completamente, perdutamente,
irrimediabilmente innamorato! Quando il film terminò e le luci in sala
si riaccesero, mettendo fine alla magia che si era venuta a creare, mi
voltai verso mio padre spalancando i miei occhioni color nocciola. Lui
mi sorrise e mi passò una mano fra i miei capelli castani. “Papà…”
dissi “…da grande farò l’attore!”
Penso che tutta la mia sofferenza infinita sia nata quella sera. Ma
d’altro canto non posso porre fine a questa sofferenza perché è tutta
la mia vita…
Pioveva forte. Questo è ciò che mi ricordo di tutta la mia infanzia e
adolescenza. E poi mi ricordo la mia disperazione perché volevo uscire
da casa, volevo correre in giardino e assaporare quella sensazione di
libertà che mi mancava. Volevo sentire la pioggia scorrere lungo il mio
corpo, volevo dissetarmi con la pioggia. Ma non mi era permesso. Mia
madre non voleva che mi sciupassi i vestiti o che solo per un
attimo qualche ciocca di capelli stesse fuori posto. Mi opprimeva, mi
proibiva di frequentare i normali luoghi pubblici, mi vietava di avere
amicizie e mi faceva studiare in una stupida scuola privata dove tutti
i ragazzini e le ragazzine erano viziati e con la puzza sotto il naso.
Non li sopportavo e loro non sopportavano me. Dicevano che ero troppo
ribelle solo perché volevo comportarmi come delle persone inferiori, di
basso ceto. “Oh cava Giulia…” mi disse un giorno una mia compagna di
classe dalla erre moscia “…ma pevché ti ostini a fave la
vivoluzionavia? Tu sei vicca, come lo siamo tutti in questa scuola
quindi…compovtati da vicca!”. La guardai contrariata. “Ancova? Ti ho
detto di compovtavti da vicca!” insistette. Non resistetti e la riempii
di insulti. Il giorno dopo fui costretta a presentarmi a scuola
accompagnata da entrambi i genitori. Il preside mi fece una paternale
durissima e mi diede una sospensione di un mese. Un mese solo perché
avevo detto ciò che pensavo! Mio padre si indignò e annullò
l’iscrizione a quell’istituto. “Giulia studierà in una scuola pubblica
da oggi in poi!” disse. Io facevo salti di gioia. Ma mia madre si
ribellò e ne uscì vincitrice: avrei studiato a casa con un tutore.
Sprofondai nell’angoscia più profonda. Mio padre capì e riuscì a
strappare a mia madre un assenso per iscrivermi ad un corso di teatro.
“Almeno esce di casa” disse. Così capii finalmente a cosa ero destinata
nella vita: avrei fatto l’attrice!
Non potevo fare a meno di rimanere incantato quando mia madre mi
leggeva le fiabe prima di addormentarmi. Ma il problema era proprio
questo: io non riuscivo mai a dormire! Ed era tutta colpa delle fiabe:
la notte non facevo che pensare a qualche degna continuazione delle
fiabe apprese senza chiudere occhio. Poi cominciai a idearne di mie e
le raccontai a mio fratello, di due anni più piccolo. Lui batteva le
mani eccitato e mi pregava di idearne sempre altre. Allora mi armai di
carta e penna e dapprima translitterai dalla mia mente al foglio le
fiabe che già avevo inventato. Poi ne scrissi altre. Quando in casa
arrivò il primo computer me ne impadronii letteralmente e ricopiai
tutte le fiabe inventate fino ad allora. Poi arrivò la stampante e feci
rilegare alla cartolibreria i miei lavori appena stampati. Avevo il mio
primo libro! Lo portai a scuola tutto orgoglioso e a rotazione tutti i
miei compagni lo lessero. In breve tempo divenne un piccolo caso
letterario: la maestra ne fu entusiasta e altre maestre di classi
diverse ne fecero alcune copie da far leggere ai propri alunni.
Poi alle medie vinsi parecchi concorsi letterali indetti dalla scuola.
E una volta giunto alle superiori la scelta non fu difficile: Liceo
Classico! Peccato che non fu tutto rose e fiori e che i miei voti non
erano mai molto alti! Ma dopo molti stenti riuscii a diplomarmi senza
essere bocciato. E dopo cosa avrei fatto? Amavo scrivere e volevo
intraprendere la carriera di giornalista e scrittore. Ma mio padre non
ne volle sapere e mi costrinse a iscrivermi a Giurisprudenza. “Meglio
avere un avvocato in casa che uno scrittore squattrinato!” mi ripeteva.
Tuttavia io non smisi di scrivere e mandai alcuni miei romanzi a delle
editorie. Un giorno una di queste mi rispose: avrebbero pubblicato i
miei scritti! Piansi tutto il giorno per la felicità davanti a mio
padre che scuoteva la testa e continuava a dire “Robè, comunque tu fai
l’avvocato!”. Non lo delusi e riuscii a laurearmi. Intanto ero
diventato uno scrittore piuttosto conosciuto e apprezzato. Un giorno
mio padre mi chiamò: era debole ma felice. “Sono fiero di te…e smettila
di fare l’avvocato! Devi continuare a scrivere…” mi disse. Il giorno
dopo morì. Io gli diedi retta e abbandonai lo studio dove facevo
praticantato. Sfornai altri libri che in breve mi consacrarono come
scrittore. Ecco, era questo quello che avevo sempre desiderato! Vivere
solo grazie alla mia arte…
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
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Capitolo
I
Precario
“A.A.A. Cercasi
aspirante attore di bella presenza, preferibilmente biondo e con
nessuna apparizione televisiva o cinematografica per ruolo da
protagonista nel prossimo film che sarà prodotto dalla casa
cinematografica Hives&Co.
No perditempo”. Wow! Sembrava il ruolo adatto a me! D’altronde ero o
non ero biondo? Non avevo o avevo mai fatto alcuna comparsata né in tv
né tantomeno al cinema? E in fin dei conti ero anche abbastanza carino!
Mi sfregai le mani soddisfatto e non resistetti alla tentazione di
chiamare Lucia, la mia ragazza.
“Pronto?”
“Pronto amore! Sono Andrea! Non hai
idea di cosa mi stia succedendo!”
“Uff…Andrea ho da lavorare…”
“Ma…ma…amore si tratta di pochi
secondi, il tempo di spiegarti…”
“Sbrigati allora!”
“Ecco, ho comprato la rivista
Provini&Affini e…”
“Cooosa? Ancora con quella rivista?
Ma allora sei fissato! Non avevi detto che mandavi a quel paese il
cinema e quant’altro?”
“S…sì ma…ero per caso in edicola
e…per caso l’ho comprata!”
“Per caso eh? Oh Andrea, quando
tornerai con i piedi per terra?”
“Tesoro, stavolta è diverso, stavolta
la parte è cucita per me…”
“No Andrea! Per te è sempre diverso!
E poi ti ritrovi a fare i provini e a venire scartato e a disperarti e
a fare propositi sul suicidio e…”
“Ahah! Dai amore, te lo ripeto:
stavolta è diverso, mi prenderanno!”
“Uff…tanto lo so già che sprofonderai
di nuovo nella depressione una volta che non sarai preso…”
“Non è così: mi prenderanno! E se non
sarò preso allora ti prometto che manderò davvero al diavolo tutto e mi
cercherò un altro lavoro”
“Lo spero! Smettila di sognare amore mio…anche
perché sono stanca di doverti consolare ogni volta…di dover ogni
volta asciugare le tue lacrime”
“Te lo prometto: o mi prendono o
basta!”
“Va bene amore mio…ti saluto!”
“Ciao…ti amo!”
“…”
Lucia era tutto il contrario di me, era una ragazza realista se non
addirittura pessimista e non vedeva di buon occhio il lavoro di attore.
O meglio, non lo considerava affatto un lavoro! Ma la capivo: tante e
tante volte mi ero presentato a dei provini e tante e tante volte ero
stato scartato. La mia autostima si era azzerata ed era sprofondato in
un baratro da cui non riuscivo più a risalire. Lucia si era dovuta
improvvisare psicologa più di qualche volta e non ce la faceva più a
vedermi sempre soffrire. Ecco perché odiava i provini, i copioni e il
mestiere d’attore. Ma amava me e doveva accettarmi per quello che ero:
un eterno precario con la testa fra le nuvole!
Luci della
ribalta
L’esaminatore mi
squadrò da capo a piedi. Poi entrò un uomo dal viso burbero. Mi fissò
dritto negli occhi. “Lei è la signorina Giulia Corsi?” mi chiese.
Annuii intimidita. “La parte è sua!” esclamò tutto d’un fiato. Non ci
potevo credere! Avevo ottenuto la parte da protagonista, ero riuscita a
scavalcare altre migliaia e migliaia di ragazze. Mi buttai a terra e
scoppiai a ridere. Il regista mi si avvicinò è si lasciò andare ad una
risatina. “Signorina, Lei è la prima attrice che dopo aver avuto il
ruolo da protagonista si mette a ridere invece che a piangere per la
gioia!” disse. Mi rialzai in piedi e abbracciai il regista. “E Lei è il
primo regista che…che…che vedo in tutta la mia vita!” risposi. Lui non
trattenne le risate. “Fino ad ora ho visto solo tanti esaminatori e
aiutanti registi che mi dicevano sempre no…ora vedo Lei e…mi sembra un
sogno!” spiegai. “Ho visto i video dei suoi provini e mi è molto
piaciuta…si vede che ha studiato recitazione” disse lui. “Già: dall’età
di nove anni! Il teatro era la mia unica valvola di sfogo” risposi. Mi
sorrise. “Ora però la devo mettere in guardia: in questo mondo non è
tutto lustrini e paillettes: lacrime e sangue! Si ricordi bene queste
due parole: l-a-c-r-i-m-e e s-a-n-g-u-e…mi ha capito? Ci sono molti
squali pronti a saltarle sopra e molti mostri pronti a fare miriadi di
proposte indecenti. Io con questo film la lancerò e spero di farla
diventare famosa perché se lo meriterebbe ma…stia attenta alle luci
della ribalta: molto spesso fanno montare la testa e perdere la
dignità” mi avvertì. “Io so bene ciò che è giusto e no…so bene quanto
ci ho messo ad arrivare fin qui…so bene che non è tutto rose e fiori e
so che non mi venderò assolutamente al primo squalo che verrà” risposi
risoluta. “Ne ho viste tante come Lei fare queste affermazioni e
poi…bruciarsi la carriera per stupidaggini! Ma la tengo d’occhio
signorina: ogni minima mossa che fa sarà controllata da me! Il cinema
non può perdere un’artista meravigliosa come Lei!” disse facendomi
l’occhiolino. Arrossii. “La ringrazio Lei è…” stavo per rispondere ma
il regista mi interruppe. “Ahaha! Prima fa tutti quei discorsi e poi si
scioglie con un semplice occhiolino e con uno stupido complimento? Stia
attenta perché è proprio così che agiscono gli squali: adulano e fanno
gesti galanti! E lei non ci deve cascare…” mi ammonì.
“Ho imparato la lezione!” risposi. “Bene, allora può presentarsi già
domani sul set e…occhio!” disse.
Quando sia lui che l’esaminatore abbandonarono la stanza non potei fare
a meno di cacciare un urlo: ero finalmente divenuta un’attrice!
Pagina bianca
C’è un male sottile che attanaglia tutti gli scrittori. Un male comune.
Una sorta di “crisi del settimo anno” per i matrimoni. Una specie di
nebbiolina che ti entra nella mente, ti avvolge e ti toglie
l’ispirazione. C’è chi la chiama pagina bianca. Sì, ti ritrovi davanti
a un foglio bianco, spremi le tue meningi per ideare qualcosa ma…
niente! Nessuna Musa ispiratrice all’orizzonte!
Ecco, ero esattamente in questo stato di perdita d’ispirazione quando
fui chiamato da un famoso produttore che avevo avuto modo di conoscere
superficialmente a qualche festa mondana. Vidi il numero sconosciuto e
senza riflettere risposi.
“Pronto?”
“Pronto, Lei è il signor Mottini?
Roberto Mottini?”
“Sì, sono io…perché?”
“Oh, caro signor Mottini, Lei non sa
quanto mi ha fatto penare per avere il suo numero personale! Non sa
quanti giri e giri di telefonate ho dovuto fare, non sa quanta gente ho
dovuto importunare…”
“No che non lo so! Ma con chi ho il
piacere di parlare?”
“Oh, che maleducato! Signor Mottini,
io sono Cesare Tecchi, si ricorda di me?”
“Ah certo! L’ho conosciuta a quel
party della contessa Brianza!”
“Esattamente! E Lei lì era anche
l’ospite d’onore! D’altronde è l’uomo del momento con quel suo ultimo
libro che è primo nelle classifiche di molti Paesi europei e non e con
il film che ne è stato tratto…”
“Lei è troppo gentile! In fondo è
solo il mio lavoro!”
“E lo svolge divinamente!”
“Ma veniamo al dunque…”
“Come vuole Lei signor Mottini! L’ho
chiamata semplicemente per proporle di trarre un film da uno dei suoi
libri…”
“Un film? Ripetere quindi la stessa
esperienza di “Lo scotch” ?”
“Esattamente! Le ho appena finito di
dire che questo suo ultimo libro è un capolavoro ed è famosissimo, così
come il film che ne è stato tratto…quindi vorrei proporle la stessa
esperienza con la mia casa cinematografica…”
“Signor Tecchi Lei è fin troppo
gentile ma…il produttore del mio ultimo film è anche un mio caro amico
e diciamo che…ecco che…lui preferirebbe che le trasposizioni
cinematografiche dei miei libri siano prodotte dalla sua casa
cinematografica…e io non me la sento di fargli un torto…”
“Nooo…Lei così mi uccide! La prego
signor Mottini: rifletta sulla mia offerta…il suo amico non si
offenderà…e un po’ di sana concorrenza ci vuole sempre!”
“Non lo so…c’è di mezzo anche il
fatto che sto vivendo la classica crisi da pagina bianca…e ho esaurito
le idee!”
“Ma non dica così: ritroverà di certo
la sua ispirazione! La prego, la prego!”
“D’accordo: rifletterò sulla sua
offerta ma non le prometto nulla”
“E’ già un passo avanti!”
“Arrivederla…e buona giornata”
“Lo stesso a Lei!”
Incredibile! Un altro produttore che mi chiedeva un libro per un film!
Non era vero che il produttore precedente era mio amico e non volevo
fargli un torto offrendomi alla concorrenza. Anzi, a dir la verità lo
conoscevo poco o niente! Semplicemente non mi andava che i miei libri
divenissero troppo un effimero prodotto commerciale. Così si perdeva
tutta la magia, spariva tutto il bello. Però collaborare nuovamente col
cinema mi allettava molto. Peccato per quella dannatissima crisi da
pagina bianca!
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
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Capitolo
II
Speranze
Quel giorno non
feci nemmeno colazione per precipitarmi ai provini. Ero ottimista: mi
avrebbero preso! Il luogo in cui mi sarei dovuto recare era un hotel
nel centro città. Appena arrivai potei notare la solita massa
indistinta di altri aspiranti attori, o “aspiranti suicidi”, come ci
definiva Lucia! Vidi delle facce conosciute, qualcuno accennò un
saluto. Durante i provini potevano nascere molte amicizie ma anche
molte rivalità. Io ad esempio avevo un’antipatia tremenda per un certo
Micol o Maicol, insomma uno che mi ritrovavo fra i piedi ad ogni
provino e che non la smetteva mai di prendermi in giro. Non sapevo
nemmeno io il perché, era stato lui a cominciare e da allora insultarci
a vicenda era diventata una tradizione per ogni provino frequentato!
Stranamente quel giorno non lo vidi.
“Toh, guarda chi c’è!” sentii una voce alle mie spalle. Mi girai di
scatto: era Fabrizio, una fra le mie migliori amicizie sbocciate
proprio durante una lunga attesa per un provino. “Ehi Fabbri!” lo
salutai. “Andrew! Sei qui per la parte principale?” mi chiese
sogghignando. “E me lo domandi pure!” risposi. Si mise a ridere. “Io
sono qui per la parte secondaria: essendo biondo non penso che andrei
bene per il ruolo di protagonista!” mi spiegò. Annuii. “Ah, a
proposito: hai visto dov’è il tuo buon vecchio amico?!” mi chiese.
Sapevo che con quel “buon vecchio amico” si riferiva al mio nemico!
“No, non l’ho visto! Tu invece?” domandai. Mi prese per un braccio e mi
trascinò fino all’altro lato della hall. “Guardalo!” me lo indicò.
Seguii con lo sguardo la sua indicazione e lo vidi! Parlava fitto con
un altro tizio. “Sai chi è quello con lui?” chiesi a Fabrizio. Mi
guardò stupito. “Ma come? Non lo conosci? È Gaspare Cielo, uno fra i
più famosi agenti dei vip! A quanto pare è venuto qui perché è in cerca
di qualche bellimbusto per un nuovo reality” rispose. “Un reality?
Ormai tutti prendono quella strada ritenendola una scorciatoia per
entrare nel mondo dello spettacolo. Ma così si perde solo la qualità”
notai. “Sarà, ma fino ad ora ti posso assicurare che tutte o quasi le
persone presenti in questa sala sono andate a proporsi da lui! E ora
Micol sta cercando di ingraziarselo!” disse Fabrizio. “Mpf…il solito
lecchino!” esclamai. Proprio in quel momento sia Micol che quel tale
agente che stava con lui si girarono verso di me. Micol mi guardò pieno
d’odio. Poi vidi l’agente venire verso di me e squadrarmi da capo a
piedi. “La smette di girarmi intorno?” protestai. Un sorriso illuminò
il viso dell’agente. “Fantastico! Hai un carattere forte, proprio
quello di cui ho bisogno” disse. “Senta se è per quel reality ha
sbagliato persona” misi subito in chiaro le cose. “Sì, sì: è davvero
perfetto per me!” continuò lui senza darmi troppo ascolto. D’un tratto
mi sentii in imbarazzo. Micol mi si avvicinò ma stranamente non disse o
fece nulla. Intanto l’agente aveva preso a tastarmi le braccia. “Fa per
caso palestra?” mi chiese. “Veramente…beh veramente no. Però mi piace
molto fare jogging e lunghe passeggiate in bicicletta…e poi ogni tanto
faccio qualche partitella di pallone con gli amici!” risposi a mezza
voce. “Senti un po’ ragazzo: io sono Gaspare Cielo, meglio conosciuto
come Mister Gaspy! Sono uno fra i principali manager in circolazione e
ho lanciato tante e tante star! Mi piacerebbe lanciare anche te…” mi
propose l’agente. Fabrizio mi diede una pacca sulla spalla pieno di
felicità, Micol mi fulminò con lo sguardo. “Mi spiace ma non posso
accettare: è l’attore che voglio fare, non una meteora lanciata da
chissà quale reality e subito dimenticata” risposi. L’agente sorrise
beffardamente “Cazzo sei davvero tosto! Ma te lo ripeto: è di tipi come
te che ho bisogno! In quanto alla meteora beh…poi sta a te dimostrare
quanto vali e restare il più possibile nell’Olimpo delle celebrità”
rispose. Scossi la testa. Fu allora che lui perse la pazienza
“Grandissima testa di ca…di cavolo! Tu hai due possibilità: o resti qui
a fare la fila, a sbatterti le scatole nell’attesa di fare il provino
per poi scoprire che no, nemmeno questa volta ti hanno preso e
sprofondare nella depressione, o domani vieni nel mio studio, firmi un
contratto e di lì a poco vedrai la tua fottutissima faccia su ogni
fottutissima rivista che vuoi!” urlò. Nella hall calò il silenzio e
tutti si misero a fissarmi. “Dove ha detto che è il suo studio?!”
domandai.
Il primo
bacio
Ero elettrizzata:
quel giorno ci sarebbe stata la prima riunione del cast con troupe e
regista. Mi preparai ben bene e arrivai addirittura in anticipo. Mentre
ero distesa su una delle poltrone della sala congressi affittata per
l’occasione, cominciarono ad arrivare gli altri miei colleghi.
“Signorina Corsi, noto con piacere che è molto puntuale!” mi sentii
dire. Alzai lo sguardo: era il regista! “Sì, e spero di continuare ad
esserlo per ancora molto tempo signor Grandi!” risposi. “O, mi chiami
pure Gianni: d’altronde da oggi in poi lavoreremo per molto e molto
tempo insieme! E, a proposito, gradirei se possiamo darci del tu” mi
disse. E me lo chiedeva pure? “Ovvio!” risposi. Mi sorrise e andò a
sedersi sul piccolo palco che era servito anche per i provini. Ora però
la scenografia non era del tutto vuota, ma c’era una scrivania dove
vidi che oltre a Gianni e ad alcuni suoi assistenti, si sedette anche
una donna dai lunghi capelli rossi e dallo sguardo inquisitore.
“Prova…prova…bene, adesso che ci siamo tutti permettetemi prima di
presentarvi la nostra produttrice: Carol Fendini!” disse Gianni. Tutti
si misero ad applaudire. Avevo già sentito parlare di quella donna pur
non avendola mai vista nemmeno in foto: era una ricca donna d’affari
italoamericana, divorziata a un paperone della finanza. Recentemente
aveva aperto una casa di produzione, la Mixter e si era presa già molte
soddisfazioni. Si diceva che fosse una tipa alquanto irascibile e
complicata, con un grande fiuto per gli affari. “Bene Carol, hai
qualcosa da comunicarci?” domandò Gianni. Lei scosse risoluta la testa
e la vidi fare un ghigno. “In questo caso passiamo subito alla
presentazione dei due attori principali, che pregherei di salire sul
palco: sono Giulia Corsi e Matteo Livi” ci chiamò Gianni. Livi era un
attore conosciuto anche all’estero e aveva alle sue spalle tanta e
tanta esperienza. Ero onorata di potere lavorare con lui.
Salimmo sul palco come richiesto. Vidi Matteo fare un baciamano alla
signora Fendini e capii che era uno di quei tipi che amavano rendersi
servili. “Allora, come ben sapete la trama racconta la storia di un
uomo di mezza età che perde la testa per una giovane ragazza, amica di
sua figlia e…” stava raccontando Gianni quando fu interrotto dalla
Fendini. “Non ho mai avuto il piacere di conoscere la signorina Corsi”
disse guardandomi con sufficienza. Gianni si interruppe dubbioso e
preoccupato. “Credo di aver già parlato di questo argomento e…sì, che
insomma…si fosse venuti alla conclusione di scegliere un’attrice ancora
sconosciuta…Lei mi sembrava d’accordo” rispose tentennando.
“Sconosciuta sì, ma non fino a questo punto!” replicò la produttrice.
Gianni non rispose, io impallidii. “Continui con la trama…” lo esortò
allora la Fendini. Fui sollevata dal fatto che aveva deciso di
soprassedere e cambiare discorso. Anche Gianni lo sembrò e continuò a
raccontare “…i due amanti vivranno molte peripezie, momenti di passione
e…” fu interrotto di nuovo. “Sa cosa pensavo signor Grandi?” chiese la
produttrice. Gianni scosse la testa. “Perché non facciamo provare agli
attori qualche scena significativa, così, giusto per entrare meglio nel
film! Altrimenti mi annoio a sentir parlare solo Lei mentre racconta la
trama” spiegò la Fendini. “Questo si potrebbe fare, ma prima gli attori
dovrebbero imparare meglio le battute visto che ancora non hanno il
copione” ribatté Gianni. “Non ho detto di inscenare tutto il film:
voglio solo qualche pezzo…non saprei, magari anche solo la scena clou”
disse la produttrice. Gianni si alzò e si avvicinò a me e a Matteo.
“Potrebbero provare la scena del bacio!” propose. “Ecco, vada per la
scena del bacio!” accettò la signora Fendini. Gianni ci fece
posizionare l’uno di fronte all’altra. “Allora, Matteo è assalito da
mille dubbi: vorrebbe baciarti ma non riesce a prendere l’iniziativa.
Tu gli prendi le mani e poi lo accarezzi dolcemente sul viso. A
quel punto lui ti tira a sé e ti bacia!” mi spiegò Gianni. Dopo pochi
istanti lo vidi allontanarsi. “Eeee…azione!” strillò.
“Oh Elisa, non sai quanto vorrei baciarti ma…c’è qualcosa che mi fa
sentire bloccato”
Cosa? Matteo stava già recitando alcune battute del copione? Credevo
che avessimo dovuto solo improvvisare con la mimica. Non risposi e gli
presi direttamente le mani accarezzandolo sul viso. Lui allora mi
strinse la mano e poi mi abbracciò. Sentivo le mie mani tremare e
brividi che mi percorrevano la schiena. Poi Matteo avvicinarsi sempre
più finché le sue labbra si poggiarono sulle mie. Incredibile: avevo
dato il mio primo bacio cinematografico!
Solidarietà
Alle nove davanti alla stazione: era qui che avrei dovuto attendere il
produttore per discutere meglio della sua proposta. Credevo che mi
avrebbe fatto andare nel suo ufficio ma mi aveva risposto che aveva
voglia di fare due passi all’aria aperta. Pochi minuti dopo Internet mi
aveva spiegato la vera ragione di quello strano luogo d’incontro: la
“Tecchi Production” non stava passando un buon periodo. Sembrava
infatti che addirittura la sede principale fosse stata messa all’asta
da una delle tante banche con cui la casa cinematografica aveva
contratto debiti. Come potevo quindi io decidere di affidare un mio
lavoro a una casa di produzione in fallimento? Infatti mi recai
all’appuntamento solo con l’intenzione di declinare la proposta del
signor Tecchi. Ma qualcosa cambiò quando lo incontrai.
“Buongiorno signor Mottini! Lei non sa che piacere ho di incontrarla
nuovamente!” mi salutò il produttore. “Anche a me fa molto piacere
rivederla ma dovrei comunicarle una cosa…” risposi cercando di andare
subito al sodo. “Ah bene, anche io ho da comunicarle un bel po’ di
cose: innanzitutto con i miei collaboratori sono già alla ricerca di un
valido regista e di buoni attori, poi cercavo anche qualche ottimo
sceneggiatore che possa trasformare il suo libro in un copione ee…”
Tecchi sembrava un fiume in piena. Lo azzittii. “Senta, non mi sembra
il caso di mettersi già in moto: in fondo devo ancora ideare il libro!”
dissi. “Lo so bene, ma so anche che Lei quando si mette a scrivere è
capace di sfornare capolavori in poco tempo” rispose Tecchi. “Lei mi
lusinga ma…il punto della situazione è un altro: vede io sono abituato
a voler conoscere precisamente le persone con cui mi trovo a
collaborare. Quindi ho fatto delle ricerche sulla sua casa di
produzione e da quel che ne risulta non navigate in ottime acque” gli
feci notare. Tecchi arrossì. “Sì, ma sono alti e bassi che possono
capitare a chiunque: ci riprenderemo presto” minimizzò. “Io glielo
auguro ma i fatti non Le danno molta ragione: risulta che la sede
centrale è stata messa all’asta e che avete contratto parecchi debiti
con alcune banche” dissi. A quel punto Tecchi fu preso dallo sconforto
“Senta signor Mottini, è vero: questo non è un buon periodo né per me
né per la mia casa di produzione ma le assicuro che io non ho alcuna
intenzione di uscire la bandiera bianca, di mollare tutto e mandare
così a casa tutti i miei dipendenti che le assicuro sono in tanti…io so
solo che ho intenzione di saldare tutti i debiti e di uscirne a testa
alta…e so che per far questo ho bisogno di lavori di un certo spessore,
di lavori che siano in grado di riempire le casse dell’azienda e di
farci rialzare la china. Questo è il motivo per cui mi sono rivolto a
Lei: sono certo che Lei ci può aiutare a non fallire, sono certo che
Lei può evitare che migliaia e migliaia di persone si trovino
disoccupati. Io sono uno dei pochi in questo settore ad avere ancora un
cuore e un’anima: gli altri l’hanno venduta da un pezzo” disse. “Non mi
sono mai considerato un uomo molto generoso e altruista ma…in questo
caso voglio aiutarla!” risposi.
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
z
Capitolo
III
Incontri
Non ci potevo
credere! Ma cosa diavolo stavo facendo? Io, Andrea Foglia, proprio io
che avevo sempre criticato i reality e tutte le altre scorciatoie per
fare successo, ora mi ritrovavo in una sala d’aspetto in attesa di
incontrare un agente poco raccomandabile che assicurava di farmi
divenire una stella! Fra l’altro il fatto di dover attendere il mio
turno in una saletta come si fa dal dentista non è che mi facesse
pensare che questo tizio fosse un grande professionista come si era
definito lui! Sì insomma: un professionista serio ti fissa un
appuntamento e per quel giorno e a quell’ora si fa trovare libero e
privo di impegni. Tu arrivi, magari parli con la sua bella segretaria
che ti fa un finto sorriso mieloso, ti annuncia e ti fa accomodare
nello studio del “boss”. Macché! Qui nemmeno l’ombra di una segretaria!
C’era solo una vecchietta tutta raggrinzita, mezza sorda e mezza cieca
che annotava su un sudicio block-notes tutta la gente che veniva.
Quando ero entrato io mi si era sbarrata di fronte e aveva gridato
“Altolà! Chi va là?!”. E io, sull’attenti, avevo risposto “Comandi!”.
Lei aveva scosso la testa “Mi dica il suo nome” aveva intimato. Ma ben
presto mi ero accorto che quella era la prassi che eseguiva
praticamente con tutti! O meglio, con gli altri pochi che erano entrati
nella sala ovvero una ragazzina svampita che non faceva altro che
attirare la mia attenzione su di lei per poi esibirsi in una sorta di
corteggiamento con lo sguardo, un uomo di mezza età che passeggiava
nervosamente avanti e indietro per la sala con annessa la sigaretta
anche se un cartello più grande di lui gli proibiva di fumare e un
ragazzino montato che per tutto quel tempo era rimasto imbambolato a
fissare a tratti i suoi muscoli, a tratti la ragazzina svampita. Dopo
poco entrò un’altra ragazza. Era alta, bionda, slanciata. Ricordo che
la prima cosa che notai di lei furono gli occhi di un azzurro intenso e
il suo sorriso. La vecchia le si parò dinnanzi. “Altolà! Chi va là?!”
chiese come al solito. La ragazza si mise a ridere, poi si girò verso
di me come a voler dire “Ma questa è pazza?”. “Allora? Come si chiama
signorina?” la incalzò la vecchia. “Sono Giulia Corsi: un mio collega
mi ha suggerito di venire qui se mi fosse servito un agente…mi ha anche
detto di aver annunciato lui al signor Cielo la mia visita” rispose la
ragazza. La vecchia annotò il nome sul block-notes, poi con un gesto
sgarbato la invitò a trovare posto nella sala. La vidi venirmi incontro
e prendere posto sul divanetto, accanto a me. Ci guardammo imbarazzati,
come due che si ritrovano in ascensore e attendono di giungere al loro
piano. “Buon pomeriggio!” si decise a parlare lei. Feci un cenno con la
testa come per ricambiare il saluto. Poi, dopo aver riflettuto, pensai
di essermi comportato troppo scortesemente e cercai di rimediare
attaccando discorso. “Certo però che il signor Cielo poteva anche
prendersi una segretaria migliore!” dissi. La ragazza si mise a ridere.
“Eh già…comunque il mio collega che mi ha suggerito di venire qui me lo
aveva anticipato: non avrei potuto accomodarmi nella sala d’aspetto se
non dopo aver dato il mio nome alla famigerata signora Collini!”
rispose. Poi calò di nuovo il silenzio. “Come mai sei qui?” mi chiese
lei d’un tratto. “Beh…diciamo che avrei dovuto fare un provino da
attore e invece mi sono trovato a sostenerne uno per il bellimbusto di
turno di un reality!” risposi. “Ah…bene! Io invece sono stata mandata
qui…” stava rispondendo lei ma la interruppi. “…da un tuo collega!”
dissi. Lei arrossì “Sono ripetitiva vero?” chiese. Mi misi a ridere e
scossi la testa. “Comunque come fa il tuo collega a conoscere il signor
Cielo?” domandai. “Il mio collega è Matteo Livi, non so se lo conosci”
rispose. Rimasi paralizzato: la ragazza che avevo di fronte a me aveva
il privilegio di lavorare con uno fra i più grandi attori italiani,
famoso anche a livello internazionale. “Come non conoscerlo?” esclamai.
“Beh, in fondo è uno fra i nostri attori più famosi! Pensa che io
proprio ieri ho dato il mio primo bacio cinematografico proprio a lui!
È stata davvero un’emozione! Però qualche lato del suo carattere non mi
è piaciuto” affermò la ragazza. “Cioè?” chiesi. “Mi è sembrato un po’
troppo…come dire? Un po’ troppo paravento! Ha cominciato a fare tutto
il galante con la produttrice che poi è una mezza isterica che prima
dice che a lei va bene avere un’attrice sconosciuta come protagonista
del film e poi ritratta tutto e…scusa ma parlo sempre io!” esclamò la
ragazza sfoggiando un altro dei suoi bellissimi sorrisi. “No, non
preoccuparti e poi ci compensiamo visto che io sono un tipo alquanto
taciturno” risposi. “Comunque non mi hai ancora detto come ti chiami!”
mi disse. Cavolo! Solo io potevo essere il cretino che mi intrattenevo
a parlare con una persona per un quarto d’ora senza presentarmi!
“Emh…sono Andrea” risposi. “Ah, io Giulia! Anche se credo che avrai già
sentito il mio nome quando mi ha fermata la signora Collini!” disse.
Stavo per replicare quando proprio la signora Collini mi chiamò: era
arrivato il mio turno. “Beh, allora è stato un piacere conoscerti!”
dissi. “Anche per me!” rispose lei. E poi mi balenò in testa un’idea
che mi fece stupire da solo. “Ti va se…ecco se dopo il tuo colloquio
con il signor Cielo…beh, se ci prendessimo un aperitivo?” chiesi. Io
che mi mettevo a corteggiare un’altra? Ma stavo bene quel giorno? La
ragazza accettò felice. “Allora vado e poi ti aspetto!” dissi. Annuì e
io entrai nello studio.
Riflessioni
Bene, si preannunciava una bella serata: avevo conosciuto un ragazzo
bellissimo, ero riuscita a parlarci senza nemmeno sbagliare ogni parola
e addirittura avevo ricevuto un appuntamento! Chi più felice di me?
Finalmente avrei potuto distrarmi un po’ dopo la rottura con Giovanni,
il mio ex ragazzo che aveva preferito farsi prete anziché restare con
me! Mamma mia, a ripensarci mi venivano ancora moti d’ira: eravamo
stati benissimo insieme, poi un bel giorno lui era venuto da me con la
faccia di cane bastonato e mi aveva riferito che andava a chiudersi in
seminario! Praticamente una botta per la mia autostima! Ma cosa aveva
il crocifisso più di me?! Era più appassionante indossare una talare
che baciarmi?!
Poi avevo pian piano cominciato ad accettare la situazione e a tentare
di capirlo. Ma dopo di lui non ero più stata in grado di trovare
qualcun altro che mi facesse battere il cuore. Non che non avessi avuto
altri ragazzi. Ma perlopiù si era trattato di brevi avventure, di un
qualcosa di effimero.
Ora però sentivo di star finalmente uscendo da quel tunnel di
sfortunati eventi che capitavano solo a me.
Ora finalmente ero stata presa ad un provino e addirittura ero la
protagonista del film! E poi, come uno scherzo del destino, avevo
conosciuto un nuovo ragazzo, Andrea. Oddio, ecco la solita mania di
farmi i film mentali! Però non lo potevo nascondere: Andrea mi piaceva
anche se lo avevo appena conosciuto e ci avevo parlato poco.
Era timido, con uno sguardo dolce che mi aveva colpito fin da quando
ero entrata in quella stanza.
Ci sono incontri che delle volte ti possono cambiare totalmente la
vita. Ci sono persone che ti stravolgono l’esistenza, persone per cui
ti chiedi se ne è valsa la pena conoscerle o se sarebbe stato meglio
non averle mai incontrate. Andrea era una di queste. Perché tutto
quello che mi sarebbe successo in seguito al suo incontro mi avrebbe
cambiata per sempre. Non sarei stata più la persona di prima…
Almeno un
segnale
Ma perché? Ma cosa diavolo avevo fatto di male per meritarmi quello?
Perché non riuscivo a ideare nulla di nuovo? Le poche idee che mi
balenavano in testa erano solo banalità e storie già sentite.
Avevo bisogno di una storia originale e che lasciasse il segno se
volevo aiutare Cesare e la sua casa cinematografica. Decisi che fare
quattro passi mi avrebbe aiutato a schiarirmi un po’ le idee.
Magari avrei potuto cimentarmi col fantasy! Sì, come no, io che
scrivevo fantasy! Fallimento assicurato! Un bel romanzo storico…no, ero
fin troppo scrupoloso con la storia e avrei annoiato i lettori.
Oh diavolo! Perché a Newton era bastato che cadesse una mela in testa
per diventare uno fra i più grandi scienziati e a me non arrivava alcun
segnale? Uno, che fosse uno! Il cellulare mi squillò: magari era il
segnale tanto atteso! Guardai sul display: un numero sconosciuto. La
cosa si faceva più intrigante.
“Chi è?”
“Buon…buongiorno…parlo col signor
Mottini?”
“In persona! E io con chi parlo?”
“Roberto sono…sono Dario”
Dario! Non ci potevo credere! Proprio lui! Avevamo frequentato insieme
il Liceo e lui non aveva mai nascosto di provare qualcosa per me. Ma a
me questa cosa non faceva piacere e lo cercavo sempre di evitare. Dopo
esserci diplomati lui si dichiarò ma io gli spezzai il cuore dicendogli
che non avrei mai potuto amarlo perché non mi sentivo attratto dagli
uomini. Da allora non lo vidi più. Seppi da qualche amico in comune che
era andato a vivere in Francia a causa di una delusione d’amore
(evidentemente a causa della delusione che gli avevo dato io). Ora me
lo ritrovavo dall’altro capo della cornetta. Però: ci avrei anche
potuto scrivere un libro su questo!
“Da quanto tempo!”
“Senti non ti da fastidio se…ecco se
parliamo vero? Ti ho chiamato solo per sentirti…da amico”
“Dario, ma certo che non mi da
fastidio, anzi! Io ti devo ringraziare perché non hai idea dell’aiuto
che mi hai dato!”
“Cioè?”
“Vabbè niente…è una storia lunga…”
Non mi andava di spiegare a Dario che avevo intenzione di scrivere una
storia su ciò che era avvenuto a noi. Mi sembrava un gesto poco
delicato. Infatti anche nel libro avrei aggiustato un po’ le cose in
modo da non fargli minimamente dubitare che uno dei protagonisti fosse
lui.
“Come vuoi tu…senti io…”
“Dimmi tutto…”
“…io non ti ho chiamato solo per
quattro chiacchiere…”
“Dario, questo lo avevo immaginato”
“Cavolo Roberto, sono nella più
totale merda…”
Lo sentii piangere.
“Cosa ti è successo?”
“Io non avrei voluto minimamente
disturbarti ma non mi è rimasto più nessuno e…”
“Dario ti ho capito! Adesso dimmi:
qual è il problema?”
“Si tratta del mio amante…”
“…”
“Roberto ci sei?”
“Emh, sì certo dimmi…”
“Lui è un industriale ricco
e…sposato…adesso sta nei casini a causa mia…lo stanno ricattando…”
“Capisco ma…io cosa posso fare?”
“Non lo so Roberto…so solo che
abbiamo litigato e mi vuole lasciare…ma io lo amo…se mi lascia mi
ammazzo e non è una battuta…”
“Dario non dire stupidaggini”
“Roberto io lo faccio! Tu che sei
tanto bravo con le parole aiutami: convincimi a non suicidarmi!”
“Non sono mai stato un gran
consolatore…e forse per te nemmeno un ottimo amico…ma adesso io ti
giuro che possiamo rimediare, possiamo recuperare il tutto e…”
“Suonano alla porta scusami…”
“Vai pure”
“Sì, resta in linea…”
Rimasi in linea per circa un’ora e mezza. Seduto su una panchina con il
cuore in gola attendevo che Dario tornasse e continuassimo il discorso.
Ma Dario non tornò più: era il suo amante alla porta. Aveva una
rivoltella e lo aveva freddato senza pietà, sperando così di mettere
tutto a tacere. Peccato per lui che i poliziotti lo scoprirono subito.
E a me rimase l’amarezza di averlo salutato per l’ultima volta con un vai pure. Avevo avuto la mia
ispirazione ma l’avevo pagata a caro prezzo.
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
Capitolo IV
Un nuovo lavoro
Fin da piccolo ero abituato a identificare luoghi e persone attraverso gli odori. Era stato così fin da subito con il cinema e fu così anche con lo studio del signor Cielo: odorava, o meglio puzzava, di fumo. E il motivo era davvero evidente: Cielo macinava una sigaretta dietro l’altra. “Ah, alla fine sei venuto?!” mi disse appena mi vide. Annuii. “Hai fatto bene perché ho subito buone notizie per te: ti ho proposto per una comparsata in un film…il ruolo non è grande ma se ti impegni e fai vedere di che pasta sei fatto qualcuno ti può notare e sceglierti per ruoli maggiori” mi comunicò. Avrei dovuto essere felice. Avrei dovuto alzarmi e saltellare per tutta la stanza. Ma non lo feci: stranamente la notizia non mi aveva colpito molto. Forse perché avevo un fermo immagine nella mente: il sorriso di Giulia! Non riuscivo proprio a non pensarla eppure l’avevo conosciuta da poco. “Allora? Sei disponibile per questo film?” mi incalzò Cielo. “Se questo è quello che passa il convento…” dissi. L’agente aggrottò le sopracciglia “Starai scherzando vero? Cioè, io mi faccio una sfacchinata per trovarti un ruolo cinematografico visto che di reality non ne vuoi sapere e tu come mi ripaghi? Con uno sguardo e una frase di sufficienza!” si irritò. “Cosa vuoi che ti dica? In questo momento provo solo questo…” risposi. “Bello sai con chi è il film? Hai idea da chi sarai affiancato?” mi chiese. Scossi la testa. “L’attore principale sarà Matteo Livi, mica un cretino di turno!” mi spiegò l’agente. Matteo Livi?! Ma non era proprio con lui che stava lavorando anche Giulia? E se… “Chi sarà la protagonista femminile?” domandai speranzoso. “Non credo che tu la conosca, è un’attrice emergente: Giulia Corsi mi hanno detto che si chiama…” rispose. A quelle parole mi alzai di scatto e lanciai un urlo di felicità. Poi abbracciai Cielo fino a farlo soffocare. “Come mai tutta questa allegria?” mi chiese perplesso. “Ma niente…” mentii. Avrei lavorato con Giulia! Prima pensavo che era stato solo un caso se ci eravamo incontrati, ma ora ne avevo avuto la certezza: era il Destino che lo voleva! Sì, il Destino stava abilmente cucendo la sua trama e aveva fatto in modo di legare i fili delle nostre esistenze. E questo non dipendeva solo dal fatto che quel giorno entrambi eravamo andati da Gaspare. No, perché inevitabilmente ci saremmo anche incontrati sul set! E avremmo lavorato insieme. “Quanto è lunga la mia parte?” chiesi. “Se ti prendono, cosa di cui sono più che sicuro, farai la parte di un dottore innamorato della protagonista e che tenterà di strapparla in tutti i modi dalle braccia di Livi…è un ruolo secondario ma utile ai fini della storia” rispose Gaspare. “E la parte prevede anche…anche scene d’amore?” chiesi. Gaspare scoppiò a ridere. “Inizio a capire tutta la tua gioia! Comunque l’unica scena che avrete sarà un mezzo bacio che tu le riuscirai a strappare…nulla di particolarmente lungo e romantico!” rispose. “Può andar bene!” risposi soddisfatto. Lo sguardo di Gaspare si illuminò. “Allora accetti anche di entrare a far parte della mia scuderia?” chiese. “Certo! Da oggi in poi sarai tu il mio agente!” risposi. Gaspare mi abbracciò felice, poi uscì un contratto. “Leggitelo per bene a casa e poi organizzo un incontro col notaio in modo da ufficializzare il tutto” mi spiegò. Annuii. Mi rialzai per uscire dalla stanza. “Andrea…” mi bloccò “…dì a quelli che stanno fuori che per oggi non accolgo più nessuno” mi disse. Dentro di me ero felice: non avrei dovuto aspettare molto per poter uscire con Giulia! “Sarà fatto Mister Gaspy!” risposi e uscii fuori. Giulia mi venne incontro, ma la bloccò la ragazzina. “Signorina tocca prima a me!” disse. “Veramente il signor Cielo mi ha detto che per oggi non accoglie più nessuno” la avvisai. La ragazzina e gli altri due mi guardarono delusi e poi se ne andarono. Vidi Giulia felice. “Allora, sei ancora disponibile per quell’aperitivo?” chiesi. “E me lo domandi!” rispose. Insieme ci avviammo fuori da quel posto che ci aveva fatti incontrare.
E come Emozioni
Andrea si dimostrò subito molto premuroso: appena usciti dallo studio del signor Cielo mi diede il braccio. Era una situazione strana: io che camminavo sottobraccio con una persona che avevo da poco conosciuto. Ma mi sentivo felice. “Sei venuta qui con l’auto?” mi chiese. “No, col pullman” risposi. “Bene, allora non ti dispiace se sali sulla mia auto vero?” domandò. Come poteva dispiacermi? “Certo che no!” risposi. Sorrise, poi mi indicò un’auto poco distante. “Quella è la mia Ferrari!” disse. In realtà era un’auto molto piccola, ma non saprei dire che marca fosse. Mi aprì lo sportello “Si accomodi signorina!” disse. Io mi sentivo sempre più una principessa. Mise in moto. “Allora dove ti porto?” chiese. “Non sono molto pratica del posto” risposi. “Ah, abbiamo una bella turista sperduta! Mi toccherà farti da guida allora!” disse. Mi misi a ridere mentre lui cominciò a guidare. “Quindi tu sei di Roma?” domandai. “Ebbene sì!” rispose. “Non si direbbe: non hai la parlata tipica dei romani!” notai. “Questa è un’offesa bella e buona! Solo perché non faccio tutto er romano de Roma non vuol dire che non sono di questa città!” rispose ridendo. “Ora che ci penso è meglio che continui a parlare italiano: sei orrendo con l’accento romano! Forse perché non lo sai parlare bene il dialetto!” dissi. “In effetti è così: mio padre è di Milano mentre mia madre è siciliana: in casa mia non abbiamo mai parlato in romanesco!” rispose. “Scusa se sono troppo impicciona ma…come mai i tuoi si sono ritrovati a Roma?” domandai. “Entrambi per lavoro: mio padre era carabiniere e fu trasferito a Roma…dove ha incontrato mia madre che lavorava in una pasticceria con i suoi cugini” rispose. Rimanemmo zitti per qualche minuto. “E tu di dove sei?” mi domandò ad un tratto lui. “In realtà anche io non ho origini precise!” risposi. Mi guardò incuriosito. “Mia madre è olandese e mio padre italiano, di Torino…infatti Torino è la città in cui sono nata e cresciuta ma non nego di aver ereditato molte caratteristiche di mia madre” spiegai. “Wow! E sai parlare l’olandese?” mi domandò. Arrossii. “No! Tu non immagini quante volte mia madre abbia provato ad insegnarmelo, ma io non ne ho mai voluto sapere nulla! Però se vuoi so parlare lo snobbese!” risposi. Scoppiò a ridere. “Non credo di aver mai sentito parlare di questa lingua!” disse. “Come no? Non vovvai mica dive che non conosci questa fantastica, mevavigliosa e stvepitosa lingua!” risposi cercando di avere la erre moscia. Lo vidi contrarsi in due dalle risate. “Ova che ci penso cvedo di conoscevla!” rispose e poi riprese a ridere. Stavo per rispondere ma l’ilarità si impossessò anche di me. Poi tornammo seri e scese nuovamente un po’ di imbarazzo. “Comunque madame siamo arrivati!” mi comunicò e poi scese velocemente dall’auto per aprirmi lo sportello. Scesi dall’auto con uno sguardo riconoscente, poi cercai di capire dove mi aveva portato. Riconobbi la Fontana di Trevi. Ci avvicinammo e ci mettemmo a sedere lì. Stavo vivendo una sensazione magnifica: Andrea mi si era messo di fronte e mi stava facendo uno dei suoi sguardi dolcissimi, poi era sera e oltre a noi non c’era nessuno. “Sai, ti vedrei bene come una novella Anita Ekberg che si tuffa nella Fontana e dice: Andrea, come here!” esclamò. Istintivamente entrambi lanciammo uno sguardo nell’acqua, come a voler davvero verificare se in quel momento ci fosse stata la Ekberg. “E io ti vedrei bene come il novello Marcello Mastroianni! E poi hai una alta carica espressiva, proprio come lui” risposi. Potevo sentire il suo respiro e il battito agitato del mio cuore. Poi il suo cellulare si mise a squillare e ruppe tutta l’atmosfera. Impallidì guardando il display. “Scu…scusami ma…è la mia ragazza…” disse e si allontanò per rispondere. Cooosa? Era fidanzato? Ecco, era tutto troppo bello per essere vero! La sua conversazione durò pochi minuti, poi tornò da me. “Credo si stia facendo tardi: potresti riaccompagnarmi in hotel?” domandai. Dopo la notizia che mi aveva dato non mi andava più di stare da sola con lui. “Come vuoi tu madame!” rispose. Ci rimettemmo in auto ma nessuno dei due fiatò. “Ecco: siamo arrivati” dissi quando giungemmo di fronte all’albergo dove io e il resto del cast alloggiavamo. Aprii in fretta lo sportello per evitare che lui si precipitasse nuovamente a fare il gentiluomo. Scesi dall’auto quando lui mi chiamò. “Giulia…credo che da oggi in poi ci vedremo più spesso!” disse. Lo guardai perplessa. “Il signor Cielo mi ha procurato una parte nel tuo film!” spiegò. “Beh è…è davvero una bella cosa! Ora scusami ma sono davvero stanca…” mi congedai in fretta da lui e in fretta entrai in hotel. In realtà non poteva essere una bella cosa. Lo sarebbe stato se lui non fosse stato fidanzato, ma non in quelle condizioni. Non era da me: non avrei mai potuto provarci con i tipi già impegnati.
L’ultimo saluto
In genere nei film, quando si deve rappresentare una scena in cui i due protagonisti si baciano appassionatamente, o un funerale, si usa la pioggia. Sarà stato solo un caso, ma anche al funerale di Dario pioveva, o meglio diluviava. Anche il cielo piangeva per lui. Non avrei mai creduto che l’avrei rivisto dopo circa otto anni, tanti ne erano passati da quando ci eravamo diplomati, steso in un letto con gli occhi chiusi e il viso pallido. Sembrava stesse dormendo. Peccato che non si sarebbe più svegliato. Ma il momento più toccante fu quando lo chiusero nella bara. Con uno scatto improvviso mi gettai sulla bara ormai chiusa e scoppiai a piangere. Capii che con lui se ne andava una parte di me. Forse, magari anche inconsciamente, lo avevo amato. In fondo capisci quanto è importante una persona solo quando la perdi. E io Dario lo avevo perso per sempre. Ma non l’avevo perso solo con la sua morte: gli avevo detto addio già un giorno di otto anni prima, quando lui mi si era dichiarato e io gli avevo spezzato il cuore. Mi chiesi cosa sarebbe successo se la mia risposta fosse stata diversa. Oppure cosa sarebbe successo se Dario avesse continuato a parlare con me al telefono, senza lasciarmi in linea, senza aprire la porta al suo assassino. Bastava una parola, una sola parola, e io avrei potuto salvargli la vita. Bastava che avessi detto no. Che gli avessi detto di non aprire perché dovevamo continuare il nostro discorso. E invece gli avevo detto “Vai pure” e lui se n’era andato veramente. Per sempre. E quelle due paroline ora mi pesavano come macigni. Ecco: in quel momento avrei voluto improvvisarmi scrittore dotato di poteri magici per cambiare il corso del Destino. Esistono delle storie chiamate What if? E se…
In quel momento avrei voluto scrivere anche io una di quelle storie e avrei voluto cambiare il corso della trama.
E se Dario avesse continuato a parlare al telefono con me ignorando il fatto che avessero suonato alla porta?
NdA: Nella parte "E come Emozioni" ho
voluto inserire un breve dialogo fra Andrea e Giulia che fingono di
avere la "evve moscia" per LABAN! xD
Visto che ti era piaciuta la parte
iniziale con la bambina snob dalla erre moscia, ne ho inserita una
anche qui! E' piccola lo so, ma non mi veniva altro! E' un piccolo
ringraziamento perchè segui con passione questa storia! Per me sono
molto importanti i tuoi commenti! Grazie!
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
Capitolo V
Insofferenza
“Ecco, adesso un’altra
firmetta qui…” Gaspare mi indicava con gli occhi che gli brillavano i
vari spazi in cui avrei dovuto firmare per promuoverlo a mio agente.
Davanti a noi un notaio dall’aria annoiata guardava la scena e
registrava gli atti. Misi l’ultima firma e Gaspare mi saltò addosso.
“Benvenuto sotto la mia protezione amico!” mi disse. Mi misi a ridere.
“Detta così mi sembra più una minaccia!” esclamai. “Bene signori, il
mio compito qui è terminato quindi…vado via!” ci comunicò il notaio
sfoggiando, per la prima volta da quando l’avevo visto, un sorriso. “Va
bene signor Omini…” ricambiò Gaspare aprendo la porta dello studio “…la
signora Collini la accompagnerà alla porta” disse e il notaio se ne
andò. “Allora Andrea è arrivato il momento in cui io e te dobbiamo fare
un bel discorsetto” incominciò Gaspare. “Oh no! Spero che non mi
annoierai con discorsi lunghi ore!” risposi. Mi sorrise, poi prese una
sigaretta. “Vuoi?” domandò. “No grazie: non fumo” risposi. Lo vidi
sghignazzare. “Chissà quanto durerai a non fumare!” disse. “Perché?”
domandai. “Se, come ti auguro, diventerai un attore affermato,
comincerai ad essere pervaso dall’ansia e dallo stress…e le sigarette
diventeranno la tua valvola di sfogo” rispose. “Non mi succederà”
dissi. “Cosa? Che diventerai un attore famoso o che inizierai a
fumare?” chiese Gaspare. “Che inizierò a fumare ovvio! Per il resto so
già che diventerò qualcuno!” risposi. “Così mi piaci ragazzo: devi
avere quella buona dose di ambizione se vuoi sfondare! E poi devi saper
usare anche gli attributi” mi spronò Gaspare. Sorrisi. “Io non sono
tipo da discorsi lunghi ma una cosa te la voglio dire: quando ti
recherai al provino per il film in cui ti ho proposto fai vedere a
tutti chi sei: sbatti la tua bravura in faccia a tutti, mostrati forte,
mostrati il migliore e vedrai che ti prenderanno! Andrea, tu hai avuto
una fortuna che forse nemmeno immagini: il cast era al completo, le
riprese stavano per iniziare, addirittura avevano già effettuato il
primo incontro con la produttrice! Poi bum! Colpo di fortuna: l’attore
che avrebbe dovuto interpretare il dottore innamorato della
protagonista riceve d’improvviso un’altra offerta più allettante e la
sua parte resta vuota! Se solo lo vuoi ragazzo, puoi prendertela tu!”
disse Gaspare. “Io lo voglio più di ogni altra cosa al mondo” esclamai.
“E allora non ti trattengo più di tanto…puoi andare: sono convinto che
la parte sarà tua!”.
Stavo per appisolarmi sul
divano del mio soggiorno quando suonarono alla porta. Aprii senza
rispondere e mi ritrovai di fronte Lucia. “Se non vengo a trovarti io
non ti fai più nemmeno sentire” mi disse. “Accomodati!” la invitai a
sedersi sul divano e poi feci altrettanto. “Dimmi la verità: sei stato
scartato e hai paura di dirmelo perché non vuoi sentire i miei te lo
avevo detto…è così?” mi chiese Lucia. “No che non è così anzi: in pochi
giorni la mia vita è totalmente cambiata!” risposi. Lei fece uno
sguardo perplesso. “Ti hanno preso?” domandò. “No perché non mi sono
nemmeno presentato: mentre attendevo di entrare per fare il provino ho
incontrato un agente che mi ha convinto a lavorare con lui…oggi
pomeriggio ho firmato il contratto e domani farò un provino per un
nuovo film: al 99,9 % mi prendono!” risposi. Scosse la testa.
“Incredibile! Ti lasci abbindolare dalle parole del primo che ti
capita? Sicuramente vuole solo fregarti!” il pessimismo di Lucia
tornava a farsi sentire. “Certo che no! Gaspare è una persona seria:
pensa che proprio l’altro giorno ho incontrato nella sala d’attesa una
ragazza che è già stata presa in un film importante e che andava da lui
per chiedergli di divenire sua agente! Fra l’altro questa ragazza è la
protagonista del film in cui certamente mi prenderanno…” dissi. “Va
bene Andrea voglio crederti: voglio sperare che stavolta hai ragione tu
e sarai preso…” esclamò Lucia. “Grazie amore! Avevo davvero bisogno di
un tuo sostegno” le dissi prendendole le mani. Ma ad un tratto mi tornò
in mente il viso di Giulia e subito mi staccai dalla mia ragazza. “Che
ti prende?” chiese Lucia. Già che mi prendeva? Perché mi comportavo
così? Perché avevo invitato Giulia ad un aperitivo e poi l’avevo
portata alla Fontana di Trevi?perché non vedevo l’ora di lavorare con
Giulia?
“Ni…niente tesoro è tutto a
posto!” risposi e diedi un casto bacio sulla fronte a Lucia. Lei mi
abbracciò, poi cercò le mie labbra e io non potei far altro che
concedergliele. Ci baciammo ma per la prima volta non sentii nulla.
Avevo solo voglia che se ne andasse quanto prima. “Mi sei mancato!”
disse Lucia accarezzandomi la guancia. “Anche…anche tu! Ma credo che
sia meglio che te ne vada: domani devo affrontare il provino e voglio
riposarmi” risposi. Lucia abbassò lo sguardo. “Ma io oggi avevo
intenzione di restare da te…” disse. “Lo so ma…credimi è meglio che te
ne vai” insistetti. Lei si alzò e nel suo sguardo potei veder una nube
minacciosa. “Vado allora…ma ti avviso: per un po’ non mi farò più
sentire né vedere…se ci tieni davvero a me allora cercami tu…altrimenti
finisce qui” disse. Non risposi e lei se ne andò sbattendo la porta.
Provino o realtà?
Un altro giorno cominciava!
Mi alzai di buonumore nonostante un paio di giorni prima avevo
incontrato Andrea e avevo ricevuto da lui una mezza delusione. Cavolo
era fidanzato! C’ero rimasta davvero male e per due giorni non avevo
fatto altro che ripensare a quella situazione. Ma quel giorno
finalmente sembrava tutto finito. Scesi allegramente nella
sala-ristorante in cui il resto dei miei colleghi faceva colazione. Mi
sedetti allo stesso tavolo con Gianni, Matteo e Sabina: l’attrice che
nel film impersonava la mia migliore amica nonché la figlia di Matteo.
“Ragazzi oggi lavorerete con Nicola, il mio braccio destro. Io sono
impegnato con la Fendini e con alcuni esaminatori per dei provini…come
sapete Silvio ci ha dato buca all’ultimo momento e dovremo trovare un
altro che interpreti il dottore” ci comunicò Gianni. Solo allora mi
ricordai che a quei provini si sarebbe presentato anche Andrea. “Avete
messo un annuncio per avvisare che si sarebbero svolti altri provini?”
domandò Matteo. “Sì, sul Provini&Affini…e poi abbiamo sparso la
voce fra alcuni agenti dello spettacolo” rispose Gianni. “Chissà quanti
aspiranti si presenteranno!” esclamò Sabina. “Secondo i nostri calcoli
dovrebbero essercene circa un centinaio…non molti” rispose Gianni. E
fra quel centinaio ci sarebbe dovuto essere anche Andrea! “Ah, a
proposito Giulia: come ben sai oggi non sei impegnata a lavorare con
gli altri: ti va se vieni anche tu a dare una sbirciatina?” mi propose
Gianni. “io?” chiesi incredula. Gianni annuì. “Pensavo che magari
invece di annoiarti in camera potevi stare con noi a gustarti i
provini!” rispose. Accettai. E pazienza se ciò avrebbe significato
rivedere Andrea!
Non ero mai stata
dall’altra parte: non avevo mai assistito ai provini dal punto di vista
di un esaminatore. Mi sedetti dietro una lunga scrivania. Affianco a me
c’erano Gianni e un altro signore, uno fra quelli che aveva assistito
anche al mio provino. Vicino a Gianni c’era la Fendini. Cominciarono ad
uno ad uno ad entrare i candidati. Talvolta Gianni mi faceva provare
qualche scena del film con loro. Nessuno mi sembrava particolarmente
bravo, nessuno mi colpiva. Spiai dei fogli che Gianni aveva davanti a
sé: erano pieni di annotazioni sui candidati.
“Le faremo sapere! Avanti
il prossimo!” comunicò Gianni all’ennesimo candidato. Fu allora che
entrò Andrea! Rimase stupito a guardarmi. “Allora Lei è il signor?”
domandò Gianni. “Andrea Foglia!” rispose. “Dunque, signor Foglia, ci
parli un po’ di Lei!” disse Gianni. Andrea mi cercò con lo sguardo.
“Allora?” chiese Gianni. “Io…scusate sono un po’ emozionato!” rispose.
“Cerca di scioglierti o non ne usciamo più!” lo spronò Gianni. “Io sono
Andrea Foglia, sono di Roma anche se mia madre è di Messina e mio padre
di Milano…ho 25 anni e…” cominciò a parlare Andrea. “Esperienze
lavorative?” lo interruppe Gianni. “Ho fatto per tre anni il
cameriere…ora sono totalmente disocuppato anche se ogni tanto guadagno
qualcosa andando a lavorare in un locale di un mio amico come barista…”
rispose Andrea. “Hai già alle spalle qualche esperienza in cinema o in
tv?” chiese Gianni. “No, però se vi interessa ho alle spalle molte
esperienze ai provini! Mi dico sempre che un giorno potrei smetterla di
sognare e cercarmi un lavoro serio…magari proprio come esaminatore ai
provini!” rispose Andrea provocando delle risatine generali. “Passiamo
alla pratica…Giulia…” Gianni mi indicò con un cenno della testa di
avvicinarmi ad Andrea. Obbedii. Io e Andrea ci guardammo intimiditi.
“Allora signor Foglia: Lei vuole con tutto sé stesso Giulia…” esordì
Gianni. Andrea arrossì. “S…si sbaglia! Non è come crede!” rispose.
Tutti scoppiarono a ridere! “Ma che ha capito? Non ho detto che la
vuole sul serio! Le sto solo dando istruzioni per interpretare una
scena!” rispose Gianni. La Fendini aveva le lacrime agli occhi dalle
risate. Andrea invece mi guardò imbarazzato. “Come stavo dicendo, Lei
vuole per finzione, la signorina Giulia…in questa scena le chiedo di
improvvisare questi suoi sentimenti, di esprimerli a Giulia…è chiaro?”
chiese Gianni. “E…e perché proprio a Giulia?” chiese Andrea a sua
volta. O mio Dio! Stava letteralmente andando nel pallone! Gianni
sbuffò. “Deve recitare signor Foglia! Punto!” rispose. Andrea mi guardò
dritto negli occhi. “Quando ti ho incontrato un paio di giorni fa…”
cominciò a parlare. “…in quello sala in cui poche altre persone
attendevano il loro turno…sì, quando ti ho incontrato la prima cosa che
ho notato di te è stato il tuo sorriso! Era solare, dolcissimo…e
poi…poi mi sono perso nell’azzurro dei tuoi occhi…e in quel momento
avrei tanto voluto essere un marinaio e avere una barca per tuffarmi in
quel mare profondo…per tuffarmi nei tuoi occhi…” il cuore cominciò a
battermi fortemente. Stava parlando sul serio o si limitava a recitare?
“Sono timido…ma tu con poche parole e con pochi sorrisi sei riuscita a
farmi sentire a mio agio…e poi quella sera…alla
Fontana…io…te…l’acqua…le stelle…” mi prese le mani davanti agli occhi
incantati di tutta la commissione. “Giulia io ho capito di provare
qualcosa per te…l’ho capito ieri quando non provavo più nulla baciando
la mia fidanzata…l’ho capito perché non facevo che pensare a te…”
disse. “Eeee…stop! Perbacco signor Foglia, sembrava davvero credibile
nell’esporre i suoi sentimenti! Ma ora passiamo avanti: ci reciti
qualche monologo…” proseguì Gianni. Avevo il viso in fiamme. “Gianni
io…io vado: ho un impegno tra un po’ e…” dissi. “Va bene!” accettò
Gianni. Prima di uscire dalla stanza lanciai un rapido sguardo ad
Andrea e lui mi fece l’occhiolino.
Amicizie ed errori
Cesare tamburellava le dita sul tavolo mentre era intento a leggere il
primo abbozzo del mio libro. Improvvisamente mi rivolse lo sguardo. “Mi
spieghi come hai fatto a scrivere tutto questo in così poco tempo?” mi
chiese. “Beh, come ti ho già detto non è il libro vero e proprio: sono
solo un paio di riflessioni buttate giù senza molto criterio…però se tu
mi dici che l’idea ti piace poi aggiusto tutto” risposi. “Mi piace?
Sarebbe dir poco: è un’ottima idea! E poi ha davvero tutti gli elementi
per divenire uno fra i libri più letti ed uno fra i film più visti”
rispose Cesare. “Lo spero…specialmente per poterti aiutare” dissi.
Cesare ridacchiò “Sei davvero una brava persona Roberto!” esclamò.
“Penso che non sarò più tanto bravo per te quando ti comunicherò i
tempi di stesura del libro!” risposi. Mi guardò sconcertato. “Ma come?
Non si tratta solo di aggiustare qualcosina?” chiese. Scossi la testa.
“Ma magari! Quel qualcosina
moltiplicalo per il quintuplo e…capirai quanto ancora devo aggiustare!”
dissi. Cesare si intristì. “l’importante è che ti sbrighi: sai bene che
conto sul tuo lavoro per risollevarmi” mi incitò. “Certo che lo so e
farò del mio meglio…” risposi. “Comunque sono contento che finalmente
la crisi da pagina bianca ti abbia mollato!” esclamò. “In realtà…è
stato un evento per me molto triste a scuotermi e a darmi nuove idee”
dissi. “Posso farmi i fatti tuoi?” domandò Cesare. “Cioè?” chiesi a mia
volta. “Quale sarebbe questo evento drammatico?” si spiegò Cesare. Non
mi andava di parlarne con lui. Non ce l’avrei fatta a parlare di Dario
e di tutto quello che era successo. Ma d’altra parte mi sembrava
scortese dirgli di non fare l’impiccione. Lo guardai indeciso. “No
problem! Ho capito: non ne vuoi parlare! Scusami se mi sono permesso di
farti questa domanda” risolse lui la situazione. “Non devi scusarti di
nulla” lo rassicurai. “Ma ho letto nel tuo sguardo perplessità e ho
capito che stavi pensando a come trovare un modo gentile per dirmi di
no! Quindi ho accelerato le mosse io” disse. “Beh in tal caso…grazie!”
esclamai. Cesare si mise a ridere. “non sei tu che devi ringraziare me:
sono io che dovrò ringraziare te per quando mi aiuterai a far risalire
dal baratro la casa di produzioni” disse. “Ti considero un amico e per
un amico farei questo e altro!” replicai. “Ti fa onore: molti, pur
essendomi amici, sono spariti alle prime avvisaglie di
difficoltà…questo mondo è brutto…” mi ringraziò. “Parli del mondo
cinematografico?” chiesi. Lui annuì. “Il successo può dare alla testa…e
si superano molti limiti che sarebbe meglio non varcare…in tutto questo
l‘unica cosa che bisogna fare è trovarsi amici fidati…come lo sei tu
per me!” rispose. “Credimi Cesare: ho commesso molti errori da
amico…l’ultimo è avvenuto qualche giorno fa…” dissi pensando a Dario.
“Allora siamo pari: io ho commesso molti errori da dirigente…l’ultimo
mi ha fatto quasi fallire!” mi consolò.
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Capitolo 7 *** Capitolo VI ***
Capitolo VI
Pensieri
e speranze
Sul balcone dell’hotel
in cui mi ero presentato per fare i provini si godeva di una bella
vista. Mi affacciai scrutando i tetti di Roma e ammirando da lontano la
cupola della Basilica di San Pietro. C’ero nato in quella città e c’ero
anche cresciuto. Ma non sentivo di farne parte. La guardavo come chi
guarda una cartolina. Mi sentivo di essere un po’ uno spirito libero,
senza radici, senza quasi identità. Fin da piccolo mia madre mi aveva
assillato su quanto fosse bella la Sicilia e mio padre su quanto fosse
bella la Lombardia. E io intanto sognavo l’America!
Immaginavo di abitare a New
York, o Los Angeles e di essere un attore richiesto da Hollywood.
Immaginavo che un giorno sarei salito sul palco per riscuotere il
Premio Oscar! Ma avevo già venticinque anni e mi sentivo
incredibilmente fuori età massima per cominciare la mia avventura da
attore: c’erano molti divi, stelle, stellette e stelline varie della tv
o del cinema che facevano impazzire tutto il pubblico ed erano
giovanissimi. Alcuni non raggiungevano nemmeno i diciotto anni. E io
cosa volevo combinare con l’età che mi ritrovavo?
Mi avrebbero preso al
provino? Cavolo, prima di entrare sentivo di poter spaccare il mondo.
Poi avevo visto Giulia e in un attimo ero entrato in confusione totale.
E poi che figura davanti a tutta la commissione! Forse Giulia aveva
capito che mi metteva a disagio e se n’era andata proprio per quello.
Forse era rimasta fin troppo stupita dalle parole che le avevo detto.
Non sapevo nemmeno io da dove mi erano uscite. Non sapevo se provassi
veramente quelle cose per lei o se le avevo inventate sul momento per
fare una bella figura al provino.
“Signor Foglia…” mentre
riflettevo sentii una voce chiamarmi. “…signor Foglia sono Carol
Fendini: la produttrice di questo film” si presentò la donna che avevo
di fronte. Ricordai di averla già vista durante il provino. “Lieto di
conoscerla!” risposi. “Io le devo dire che sono rimasta semplicemente
impressionata da Lei: è riuscito davvero a farmi emozionare, sia con la
prova di recitazione con Giulia che con i suoi monologhi” mi comunicò.
“Lei è fin troppo gentile!” cercai di fare l’umile. “Ma sono anche
sincera: quando una cosa non mi piace lo dico in faccia…questa volta
però non posso che complimentarmi!” rispose. Giulia mi aveva parlato
della Fendini: me l’aveva descritta come una mezza isterica! Ma con me
si stava dimostrando molto gentile. “Secondo Lei ho qualche speranza?”
chiesi. “E me lo domanda pure? Consideri già sua la parte!” mi rispose.
“Ora devo andare: mi attende un bel po’ di lavoro!” si congedò la
produttrice. Rimasi nuovamente solo su quel balcone. Ritornai dentro e
proprio in quel momento vidi Giulia. Le corsi incontro. “Giulia!” la
chiamai. Ma lei non mi sentì. Tentai di richiamarla quando mi squillò
il cellulare: era Gaspare. Lascia perdere e risposi.
“Gaspy
dimmi tutto!”
“Ehy
giovanotto! Com’è andata?”
“Ho
appena finito di parlare con la produttrice: ha detto che posso
considerare la parte già mia!”
“Evvai!
Ma io lo sapevo che gli avresti convinti tutti!”
“Beh
Gaspy, non è ancora detta l’ultima parola però…”
“Cavolo
non ti demoralizzare così! Vabbè ragazzo: io ti lascio!”
“Come
vuoi tu Gaspy! Ci sentiamo…”
“Contaci!”
Mi aveva fatto piacere
parlare con Gaspare, ma nel contempo ero un po’ stizzito perché avevo
perso di vista Giulia. Proprio in quel momento però, la rividi: parlava
con Livi e un’altra ragazza. Mi avvicinai. “Giulia! Ti ho chiamata
prima ma a quanto pare non mi hai visto!” le dissi. Lei mi guardò in
modo strano. “Scusami Andrea ma…devo andare ora…ci vediamo…ciao
ragazzi” disse e si allontanò nuovamente. Ma che aveva? “Buongiorno:
sono il signor Livi…Lei?” mi chiese l’altro protagonista del film. Ma
non li risposi e mi misi a seguire Giulia.
Fuggire prima che…
Andrea, ancora lui! Ma
cosa voleva più da me? Non potevo nemmeno parlare con Matteo e Sabina
che subito si era avvicinato lui! Cercai di evitarlo, di fuggire prima
che…
“Giulia ma che ti prende?”
la sua voce risuonò nel corridoio che portava alla mia stanza. “Perché
mi hai seguito?” gli domandai un po’ contrariata. “Perché non riesco
proprio a capirti: l’altra sera stava andando tutto magnificamente
quando tu mi chiedi di tornare subito all’hotel…in auto non dici
nemmeno una cavolo di parola e te ne vai senza molti cerimoniali…poi
oggi ti incontro al provino e te ne vai con una scusa…poco fa ti chiamo
e fai finta di non sentirmi! Mi avvicino mentre parli con altri due
colleghi e di nuovo cerchi di evitarmi! Si può sapere che ti ho fatto?”
mi chiese seriamente preoccupato. “Andrea io non so quali intenzioni
hai con me…però sappi che io i tipi fidanzati nemmeno li guardo”
risposi. Lo vidi rilassarsi e accennare un sorriso. “Si tratta solo di
questo?” chiese. “Non è una cosa importante per te?” domandai. Ma come:
non gliene fregava niente provarci con me mentre era fidanzato? Che
idiota!
“Giulia, io non sono un
uomo infedele: quando amo una persona non la tradirei mai perché mi
basta lei per stare bene…” mi disse. “E…tu…tu ami la tua ragazza?”
domandai. Ma che domande gli stavo a fare?
“In questo periodo ho un
po’ le idee confuse” mi rispose. Era confuso…a causa mia? “Cosa ha
significato per te l’altra sera? Ho bisogno di saperlo Andrea” chiesi.
“E’ stata una bella uscita fra amici…” rispose. Quindi lui mi
considerava solo un’amica. Ma se pochi minuti prima al provino si era
letteralmente dichiarato?
“E per te? Cosa ha
significato?” mi chiese. Non potei far altro che adeguarmi alla sua
risposta. “Anche per me: un’uscita fra semplici amici” risposi ma il
mio tono di voce era tutt’altro che sincero. Ma volli fargli io una
domanda. “E il provino? Era finzione quello che mi hai detto?” chiesi.
Rimase paralizzato a guardarmi. Sentivo i suoi occhi addosso e mi parve
anche di ascoltare il battito accelerato del suo cuore. O forse era il
mio? “Forse avrò la parte…” cambiò discorso. Preferii non infierire.
“Davvero? Sarei contenta per te1” risposi. “Eh già…” cominciò a
guardarsi intorno imbarazzato. Avrei voluto parlare ma era come se la
mia lingua si fosse impietrita. Rimanemmo in silenzio per un bel po’.
Lui, con le mani in tasca, scrutava il corridoio. Io, con il viso
abbassato guardavo il pavimento. “Forse è meglio che vada ora…” parlò
lui d’un tratto rompendo il silenzio. “Forse è meglio di sì” risposi.
Aprii la porta della mia camera quando…
“Giulia…” mi chiamò. Mi
voltai e ci scambiammo un lungo sguardo. “…no niente…” si corresse e
andò via.
Aveva cambiato discorso
alla mia domanda. Ma proprio con quell’atteggiamento avevo avuto la
risposta: quelle cose che mi aveva detto al provino non erano poi così
inventate.
Un nuovo
incontro
Carol Fendini era una
fra i migliori produttori nazionali e internazionali. Mi aveva chiesto
un appuntamento invitandomi all’hotel in cui alloggiavano il cast e la
troupe del film che stava producendo. Chissà cosa voleva da me?
Mentre mi facevo mille
domande, mi scontrai letteralmente contro qualcuno. Alzai gli occhi e
vidi un ragazzo di fronte a me. “Mi scusi, non l’avevo proprio vista!
Ho una tale confusione in testa…” si giustificò il ragazzo. “No, non si
preoccupi: nemmeno io l’avevo vista!” lo scusai. “Ehy ma…Lei non è
forse Roberto Mottini? Lo scrittore?” mi domandò il ragazzo. Faceva
sempre un certo effetto venire riconosciuti da persone mai viste prima.
“Emh…sì sono io!” risposi. “Wow! Ho letto tutti i suoi libri! Me lo fa
un autografo?” domandò il ragazzo. “Come no!” presi il foglio e la
penna che mi aveva dato. “Allora…com’è che ti chiami?” chiesi.
“Andrea!” rispose lui. “Bene…”
“Ad
Andrea, con simpatia e con la speranza che la prossima volta si ricordi
di alzare lo sguardo,
Roberto Mottini”
Lo vidi sorridere mentre leggeva l’autografo. Proprio in quel momento
arrivò la Fendini. “Oh, signor Mottini! Vedo che ha già fatto
conoscenza con Andrea!” disse. Il ragazzo si intimidì. “Eh già, ci
siamo incontrati, o meglio scontrati poco fa!” risposi. “Beh, io allora
vado…” disse il ragazzo. “No Andrea, ma dove vai? Ho chiesto un
appuntamento al signor Mottini ed ho bisogno anche di te!” lo trattene
la Fendini. “Davvero?” chiese lui. “E certo che sì! Ma venite tutti e
due con me al bar dell’hotel: mentre ci prendiamo qualcosa discutiamo
meglio!” spiegò la Fendini.
Eravamo seduti ad un
tavolino con davanti le nostre tazze di caffè. “Signor Mottini, quello
che Le chiedo è semplicemente di scrivere una sceneggiatura!” iniziò la
Fendini. “Sceneggiatura?! Veramente io non sono molto pratico con
queste cose!” risposi. “Ma mi faccia il piacere: non è forse dal suo
ultimo libro Lo scotch che è stata tratta la sceneggiatura per il film
omonimo?” chiese. Annuii. “E il film, così come il libro, non hanno
forse avuto un successo planetario?” continuò. “Lei mi lusinga troppo!”
risposi. “Ma certo che no Mottini! Se Lei non fosse uno fra i più
grandi scrittori del momento stia certo che non sarebbe a parlare qui
con me!” replicò la produttrice. “Senta, io la ringrazio di tutto
ma…passiamo subito al dunque!” accelerai i tempi. “Ha ragione Lei:
bisogna essere pratici e non perdersi in chiacchiere! E io sarò breve e
pratica! Glielo ripeto: voglio da Lei una sceneggiatura per un film che
produrrò io! Lei non ha limiti né imposizioni…l’unica cosa che le
chiedo è di creare come protagonista un personaggio maschile perché
sarà proprio Andrea ad interpretarlo!” esclamò. Vidi il ragazzo
rimanere scioccato. “Dice sul serio?” chiese alla Fendini. “Io scherzo
raramente!” rispose la produttrice. “Senta, la sua proposta è davvero
molto allettante ma proprio non posso accettarla: in questo periodo
sono impegnato con un altro lavoro, un lavoro per aiutare un amico in
difficoltà ed intendo dedicarmi solo a quello” risposi. “Non sono una
che insiste molto: con me le persone o accettano immediatamente o
pazienza! Vorrà dire che si troveranno pentite dopo! Ma un altro
tentativo con Lei devo proprio farlo: accetti!” disse la Fendini con un
tono fra il supplichevole e l’imperativo. Scossi la testa. Non avrei
mai potuto venir meno alla parola data a Cesare.
“Per ora, e solo per ora
non insisto! Ma questo non esclude che fra qualche giorno io non ci
possa riprovare!” affermò la Fendini con aria decisa. “E io non potrò
far altro che rifiutare gentilmente!” risposi alzandomi dal tavolo ed
uscendo i soldi per pagare. “Non si scomodi signor Mottini: ci ho già
pensato io!” mi bloccò la Fendini. “Ma come? Non posso accettarlo: da
buon galantuomo sono io che dovrei pagare!” risposi. “Stia tranquillo
che mi ripagherà in un altro modo” replicò lei. “Se intende
accattivarsi le mie simpatie per farmi accettare la sua proposta si
sbaglia: mi spiace ma davvero non posso!” la avvertii. “Vedremo…”
disse. Me ne andai leggendo sul volto di Andrea delusione.
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