I'll be...

di Beliar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** your rage. ***
Capitolo 2: *** your innocence. ***
Capitolo 3: *** your sorrow ( of your empty wound ) ***
Capitolo 4: *** your happines (would you...?). ***
Capitolo 5: *** your destruction. ***
Capitolo 6: *** your break. ***
Capitolo 7: *** your right thing. ***



Capitolo 1
*** your rage. ***


I personaggi non mi appartengono ( ehi, sono maggiorenni, appartengono a loro stessi!) e questa storia non tratta di fatti realmente accaduti (anche se io ne sono convinta.)

E non mi pagano. Non ancora *bwahahahah*

I'll be... your rage.

Non aveva nemmeno avuto il tempo di oltrepassare la soglia della stanza che Ronnie si era gettato sulla sua bocca, dirigendosi alla ceca verso il centro della camera – o meglio, verso il letto di Max.
Incapparono imprecando nel comodino e poi ricaddero sul materasso, in un groviglio di lenzuola e gambe e mani e capelli.
Max sentiva un sottile senso di angoscia prendere possesso del suo stomaco, anche se le mani del cantante sopra di sé lo distraevano non poco; il più piccolo lo scansò d’improvviso e si diresse dall’altro lato della stanza, accendendo la luce.
 Si fissarono, leggermente ansanti. “Cosa? Ti eccita di più farlo con la luce accesa?” ghignò Ronnie “Adesso però torna qui e- ”
“Vaffanculo.” Sibilò l’altro.
Ronnie si rialzò lentamente; conosceva quello sguardo, era lo sguardo di quando si arrabbiava sul serio. Si chiese cosa avesse fatto questa volta.
“Che significa?”
“Forse dovrei chiedertelo io, non credi?” la sua voce era isterica, sembrava arrivato al limite della sopportazione.
“…Non ti seguo, Max.”
“Cosa significa questo? – indicò prima sé e poi l’altro – cosa significano tutte le volte che mi salti addosso senza alcuna ragione?”
“Ragione?” ok, Max era totalmente uscito fuori di testa. “Non…non c’è una ragione! Non c’è un cazzo di significato! Non può esserci, quale dovrebbe essere?”
Max rise, anche se non sembrava divertirsi affatto “Giusto. Certo, ehi, hai ragione. Hai finito le scuse. ‘Ero totalmente fatto, ero ubriaco, mi andava.’- lo citò, acido – e ora non sai più cosa inventarti. Capisco. E capisco che le prime volte poteva anche essere divertente e-”
E il bassista si ritrovò con le spalle contro il muro, le mani di Ronnie una premuta sulla spalla e una alla gola “Credi che sia per divertimento, Max?! Dio, non puoi dire una cosa del genere. Non puoi nemmeno pensarla, Cristo! – lo sbatté di nuovo e violentemente al muro - Non dirlo mai, mai più.”
Aveva gli occhi sgranati, Max, la schiena che pulsava per l’impatto ma vi prestava a malapena attenzione “E allora cos’è, Ronnie?! – stava urlando, ormai – E, cazzo, ti è mai passato per quella fottuta testa che io non sopporto più il fare sesso?”
Ronnie si sentì molto stupido, in quel momento; sbatté le palpebre più volte, borbottando “In che…senso?”
La sua voce tremava e lui, dannazione, non poteva farci nulla. Guardare dritto negli occhi la persona che lo inchiodava al muro, alla sensazione di essere sbagliato e alla vita quello si, poteva farlo.
“Vaffanculo, Ronnie. Vaffanculo, mi sono innamorato di te, ok?!”
Lo spinse via sentendo la sua presa allentarsi e si lasciò cadere sul letto, allungandosi per afferrare il basso.
“Ora puoi anche uscire, grazie.” Disse, sottolineando l’ultima parola con sarcasmo.
Impugnava il basso e lo fissava abbastanza inutilmente, senza riuscire a fare alcunché. Sapeva che Ronnie non se ne sarebbe andato così. Sapeva che avrebbe preteso di fare sesso con lui di nuovo, e che non avrebbe dato nulla in cambio, e che Max non avrebbe ricevuto alcuna risposta e che...
E Ronnie gli si era seduto affianco, fissandosi le mani. "Ho capito." mormorò dopo un po' di tempo in cui erano rimasti entrambi immobili, senza fiatare.
"No. Non hai capito nulla."
"Ho capito - continuò lui - che tu, Maxwell Green, sei un coglione."
"Cos...?" rantolò l'interessato, guardandolo basito. Il basso era finito da qualche parte, dimenticato...Sotto il letto, forse...
Non che a Max importasse perché, Dio, aveva ragione e Ronnie lo stava baciando di nuovo ma. Ma. Questa volta era diverso.
Perché era dolce. Ronnie Radke?! Dolce?! Stiamo scherzando?!
"Non so se ci eri mai arrivato ma ti amo, coglione che non sei altro. Insomma, non pensavo ci fosse bisogno di dirlo."
"Ovvio che c'è bisogno di dirlo! Sei impazzito?!"
"Mh. Forse hai ragione. Davvero, dovremmo discuterne, dopo..."
Max lo fermò - ma dove trovava tutto quell'auto-controllo? - e disse "Aspetta un attimo. Non..."
"Non hai voglia." era un'affermazione, quella di Ronnie.
"Mh. Già, si."
Ronnie sorrise - era tempo che non sorrideva così, e sembrava tanto un ragazzino di tredici anni quando lo faceva - e lo abbracciò. "Ok, mh. Però dormo qui." Non si sa mai.





Angolo dell'autrice.
Volevo fare qualcosa in cui ci fosse tensione fra Ronnie e Max D: il finale è orribile. Boh.
Questa raccolta avrà 14 componimenti fra one-shot, flash-fic e song-fic (e anche drabble, se riesco) e parleranno tutti di Ronnie e Max <3
Questo perché! E' dedicata - la raccolta - ad Ory. E' un regalo per il suo compleanno e, uhm, glie la dedico perché mi aveva gentilmente chiesto di non dedicarle nulla mia più <3
E poi perché non le ho fatto un vero regalo. Quindi eccolo. Un po' in ritardo, ma c'è.
Tanto, lei mi perdona sempre <3
L i a r.

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Capitolo 2
*** your innocence. ***


Prompt 81 - tema a piacere [ innocenza ]
Raiting: verde
Avvertimenti: one-shot.


I'll be... your innocence.

"Non farlo mai più! Capito?" la sua mamma urlava e lui guardava a terra, cercando di non piangere.
"M...ma..."
"No, Max, niente ma! Non puoi andartene così, senza chiedere il permesso!" lo afferrò per un braccio e lo fece sedere a forza sul divano. "Ora stai qui buono, ok?"
La guardò negli occhi, con l'espressione di un cane bastonato; la mamma sospirò e si allontanò, trafficando con detersivi e stracci.
Il giorno dopo era seduto sempre su quel divano, con la sua mamma e il papà di Ronnie, e Ronnie in piedi accanto a lui.
"Ha cercato di venire da voi per giocare con Ronald, credo...Non so se farli stare insieme sia ancora una buona idea" diceva, e Max tratteneva il fiato.
"Ron, tu c'entri qualcosa in questa storia?" disse severo l'uomo, e il bimbo scosse la testa energicamente.
"Non lo faccio più, mamma! Davvero!" proruppe Max.
La sua mamma sospirò ancora - sospirava sempre quand'era infelice - e disse "Su, andate nella cameretta a giocare, ok?"
"è stato stupido scappare, Max" sussurrò Ronnie col faccino contratto in un'espressione severa "Non devi rifarlo. Altrimenti non possiamo giocare più insieme!"
"Ma la mamma non voleva farmi venire! Dovevo fare prima i compiti, diceva, ma io volevo stare con te!" La voce del più piccolo era carica di stizza e rancore, stringeva le manine e spalancava gli occhi come ogni volta che non otteneva tutto ciò che desiderava
Ronnie scosse la testa "Non preoccuparti, quando voglio...quando voglio posso venire io da te! Sono grande abbastanza, io!" esclamò fiero.
"Il tuo papà ti lascia venire da solo?"  chiese l'altro, sgranando gli occhi ammirato.
"Certo!- rispose, gonfiando il petto - Ho già otto anni, io!"


















Angolo dell'autrice
Si, lo so. E' stupida e idiota XD Però insomma, volevo una cosa puccia di questi due ç__ç e il massimo della pucciosità è immaginarli da bimbi ewè.
Bon, in questi giorni posterò qualcosa di decisamente meglio. Se yaa,
L i a r.

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Capitolo 3
*** your sorrow ( of your empty wound ) ***


I'll be...your sorrow ( of your empty wound )







“Buonanotte, ti amo.”
Max trattenne un sospiro e chiuse gli occhi “Si, anch'io.”
Scostò il cellulare dall'orecchio e attaccò; sul display continuò a lampeggiare la scritta Lexus – Chiamata terminata.
Seduto sul bordo del letto si accorse di star trattenendo il respiro solo quando proruppe in un rantolo e tornò a prender aria leggermente affannato. Lasciò cadere il cellulare sul comodino e si stese, infilandosi sotto il piumone. Faceva davvero freddo quella sera. Era il quindici dicembre dopotutto; anzi, il sedici considerando che la mezzanotte era passata da un pezzo.
Qualsiasi altro ragazzo avrebbe considerato la giornata trascorsa come minimo divertente: aveva cenato con la sua ragazza (una fottutissima cena a lume di candela semplicemente ridicola) e poi l'aveva salutata bruscamente, giustificandosi dicendo che i suoi amici gli avevano categoricamente vietato di portare ragazze (bugia, bugia, bugia).
Erano andati tutti in un locale e avevano bevuto, più fatto molte cose che in quel momento preferiva non ricordare.
Non si era divertito,e nonostante tutto l'alcol che gli scorreva nelle vene non riusciva a dimenticare che quel giorno non era solo lui a cui dovevano esser fatti gli auguri.
In fin dei conti da quando si erano conosciuti non era più il suo compleanno, ma il loro.
Si rigirò nel letto, inquieto, stendendosi su un lato e raccogliendo le ginocchia contro il petto; chiuse gli occhi a forza e tentò di non pensare, ma era impossibile.
Sospirò lasciando vagare la mente verso lidi proibiti; era proibito pensarlo perché tutto quello che era successo bruciava ancora. Avrebbe voluto perdonarlo, avrebbe voluto dimenticare cosa gli aveva fatto, avrebbe voluto ignorare ogni cosa così intensamente da star male, da avere la nausea.
Ma non poteva. In nessun caso, e per nessuna ragione. Socchiuse gli occhi e fissò il muro di fronte a sé; quel letto era troppo grande per una sola persona...
Non poteva, si disse ancora una volta. Perché era stanco dei suoi errori, sempre gli stessi, continui, inutili, monotoni. Ogni volta che passava oltre si ripeteva tutto dal principio in un circolo prepotente e sadico. E lui era stanco. Era stanco di tutte quelle volte in cui aveva cercato di farlo ragionare, di tutte quelle volte in cui avevano discusso e lui aveva promesso che sarebbe cambiato. Era stanco di tutte le promesse, ecco. Era stanco di tutte le volte che l'aveva perdonato semplicemente perché aveva sorriso, perché Dio il suo sorriso. Le sue labbra. Le sue mani.
Era fottutamente innamorato di Ronnie, su questo non c'era dubbio. Lo amava ed era stanco anche di questo.
Era stanco della speranza. Era stanco di pensare che forse anche quella volta avrebbe potuto, che forse le cose sarebbero cambiate, che forse la volta dopo...
Ma no. Non poteva più. Era stanco, e non aveva la forza di lottare.
Eppure avrebbe voluto continuare a ripetergli quanto era importante per lui. Che se solo le cose fossero andate diversamente avrebbe voluto essere al suo fianco sempre. Lo avrebbe voluto sempre lì, e non era così che dovevano finire le cose.
Era ingiusto, era sbagliato, faceva male. Non riusciva a non pensare.
Si portò le mani al volto, preparandosi all'ennesima notte insonne.



I would drive on to the end with you
A liquor store or two keeps the gas tank full.
And I feel like there's nothing left to do
But prove myself to you and we'll keep it running.










Disclaimer:I personaggi non mi appartengono, tutto questo non è mai successo, non li conosco come vogliate che possa dire la verità? E, oh, non mi pagano per scrivere (dannazione). La strofa finale è dei My Chemical Romance - Demolition Lovers.
Prompt: 50-(Il) Vuoto
Note di L i a r:  Questi due riescono a farmi scrivere solo angst <-< Gah. Ma prometto che la prossima shot sarà piena di fluff e awwasità.
Ok, veniamo alla storia. So che è orribile, la punteggiatura e tutto. Però per me ha un senso tutto suo, perché ho cercato di mettere Max in una luce diversa; non quello che caccia a pedate Ronnie, ma quello che lo taglia fuori perché non ne può più. So benissimo cosa vuol dire continuare a perdonare una persona a cui si tiene sempre, sempre, sempre, vedendosi poi calpestati puntualmente. Arriva il momento in cui decidi che una cosa del genere non può andare avanti. Ma ti rimane comunque la delusione.
So, here you are. Angst allo stato puro, gente! Ringraziamo i My Chem, si?

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Capitolo 4
*** your happines (would you...?). ***


Prompt: 56.Felicità.

I'll be...your happines (would you...?).







Era una giornata stupenda, di quelle col sole caldissimo nonostante sia ancora presto per parlare d’estate e le nuvole così bianche da far male agli occhi.
Max era felice, lui lo sapeva, anche se diceva sempre di amare la pioggia (e protestava in modo esilarante quando lo prendeva in giro chiamandolo ‘emo depresso del cazzo’ ): gli brillavano gli occhi, seduto su quella panchina a guardare su il cielo azzurrissimo, mentre Ronnie studiava con un mezzo sorriso tutti i suoi movimenti.
Era curioso come gli occhi del bassista schizzassero da un punto all’altro quasi per star dietro ai suoi pensieri; ad un certo punto si posarono su una coppia con passeggino annesso ferma davanti una vetrina della strada di fronte.
“Ron, tu vuoi sposarti?”
L’altro alzò un sopracciglio “Ma che domanda è?!”
“‘Fanculo, sono serio.”
“Perché, tu vorresti farlo?”
“Te l’ho chiesto prima io!” si imbronciò; sembrava avesse tre anni.
Ronnie ridacchiò e se lo tirò addosso, facendo aderire le loro fronti. “Avanti, rispondi.”
“No, non voglio!”
“Beh, io si invece - sorrise beffardo, guardando compiaciuto l’altro spalancare gli occhi – si, sono serio.” continuò anticipando Max che stava boccheggiando per ritrovare la voce.
Il più piccolo si staccò e abbassò lo sguardo, meditabondo. Ronnie lo lasciò fare, incuriosito dalla sua reazione; sapeva perfettamente cosa stava pensando, però.
“E, uhm… faresti, diciamo, anche dei figli?”
Ronnie continuava a ghignare e Max a tenere lo sguardo basso “Nah, magari un cane.”
“Ah-ah.”
“Pensavo ti piacessero i cani.”
“Ma cosa -”
Il cantante lo ancorò di nuovo con lo sguardo “Non vuoi sposarmi, Maxwell Green?” sussurrò.
Max rimase un attimo interdetto per poi scoppiare a ridere in quello che sembrava un enorme sollievo. “Idiota!”
“Ti sto chiedendo la mano e tu mi scoppi a ridere in faccia…” mugugnò, fingendosi offeso.
“Smettila – gli rifilò un pugno sulla spalla, la voce ancora divertita – non voglio sposarti, coglione.”
Ronnie finse di pensarci su “Hai ragione, sai. Non c’è bisogno di ufficializzare.”
“Tanto non ti libererai mai di me comunque!”
L’altro pensò che un bacio fosse una risposta più che adeguata.



Era una giornata stupenda quella della foto: dietro la chioma nera di Max (e il suo volto, il suo volto fottutamente bello) lui poteva vedere il sole che brillava sfacciato, ridendo del suo sorriso.
Gli occhi di Max erano lucidi in quella che voleva essere commozione. Felicità, magari.
La sposa non si vedeva; meglio così, magari Ronnie l’avrebbe odiata immotivatamente.
Strinse quel pezzo di carta lucido assottigliando gli occhi, cercando di scorgere ogni dettaglio: si era tolto i piercing per quella giornata speciale, e sorrideva come un matto.
Era stato fortunato ad avere quella foto; aveva minacciato, supplicato e piagnucolato, e finalmente Nasty glie l’aveva procurata. Chissà se il fatto che lo sposo fosse da solo era un caso.
Perché gli tornava in mente quella conversazione di tanti anni fa? Era stupido. Totalmente stupido. E cosa serviva immaginarsi con lui quel giorno? Non come spettatore, non come amico, ma come amante?
Ora poteva dirlo: essere innamorati di un uomo sposato faceva schifo. E faceva schifo non essere capace di smettere di farlo e, dio, desiderarlo come prima, e sapere che ‘andare avanti’ non rientrava nel suo vocabolario.
E sapere che non avrebbe più potuto portarlo indietro.











Fuuuuuu. Menatemi, srsly. Devo smetterla di scrivere angst su 'sti due.
L i a r.

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Capitolo 5
*** your destruction. ***


Prompt 009 - Distruzione









I'll be...your destruction.




Seduto a terra, la schiena contro il muro a cercare un po’ di refrigerio, ansimando piano; il sudore gli bagnava la schiena, e stringeva convulsamente il laccio emostatico fra le mani.
Max spalancò la porta del bagno e si inginocchiò fra le sue gambe; gli poggiò una mano sulla guancia e l’altra sul petto all’altezza del cuore. E quest’ultimo batteva forte, sembrava dire ‘ho paura’.
“Anch’io ho paura – sussurrò – va bene. Andrà bene.” Ma gli tremava la voce, e non riusciva a rallentare il suo, di cuore.
Ronnie fece scivolare la testa nell’incavo del suo collo e cominciò a piangere.
















Here you are. La mia prima drabble \o/ cento parole esatte *si sente figa*
Oh, si, è deprimente. Odiatemi. <3 L i a r.
_LizbethVengeanceSullivan: jsyk, a sposarsi è Max xD

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Capitolo 6
*** your break. ***


Durante questo tempo 
Ho vomitato rancore 
Ho ricucito i pezzi 
Ricominciato a sperare 
Avevi tutto quanto 
Anche il mio sogno migliore 
Hai preso ciò che serve 
Senza ritegno né onore

 
 



I'll be...your break.




Era abbastanza monotona la vita, lì. Stesse mura, stesse facce (tranne qualche nuovo arrivato di tanto in tanto, spaurito, spaccone, rassegnato; uno dei tanti, insomma), stessa piatta e grigia routine.
Non che si aspettasse altro, qualcosa di meglio, o di più eccitante, o di meno doloroso. L’aveva previsto, sapeva tutto. Sapeva, e non si pentiva.
Era divertente – beh, non proprio, ma piacevole – rispondere alle lettere dei fan. Era come avere ancora un pezzo di quello che era, come avere ancora un palco su cui cantare, come avere ancora un motivo per scrivere – era piacevole.
 
 
 

Quando era un ragazzino, se lo ricordava perfettamente, sognava la vita esattamente com’era ora; suonare il basso, una bella ragazza stupida e persa per lui, un mucchio di amici, un gruppo tutto suo.
Sembrava tutto così stupido. Si sentiva stupido, molto, e – oh, aveva giurato che non ci avrebbe più pensato.
Spense in cervello (quanto era bravo a farlo, quanto era allenato) e però il dolore rimaneva. Fissò il suo sguardo nello specchio, concentrato, un’immagine che non rifletteva il suo volto, ma ben altro, e inevitabilmente pensare ad altro era impossibile.




























 

Prompt 88 - Pausa.
Il testo all'inizio è preso da "Colpo di pistola", i soliti Subsonica.
In effetti, questa fic l'ho scritta nel 2010, ad Aprile.
Doveva essere un'introduzione a qualcos'altro ma, sinceramente, non ho voglia di scrivere su questi due. E poi mi sembrava più giusto lasciare tutto così, sospeso.
L i a r.

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Capitolo 7
*** your right thing. ***


prompt 37.Giusto

I'll be...your right thing.





Il microfono si stava scaldando nella sua mano mentre lo stritolava e se ne avvolgeva il filo attorno alle gambe; si era intrappolato da solo e si lasciò cadere sul divano, che cigolò e alzò una nube di polvere.
Tossicchiò e il suo respiro spezzato rimbombò per tutto il garage – che era ancora lì, era incredibile, assolutamente identico a come lo ricordava con qualche tonnellata di roba in più, si sarebbe aspettato che dopo tutto quel tempo (dopo tutto quello che era successo) il mondo fosse crollato, che fosse tutto macerie, tutto polvere, tutto come lui.
Si districò dal filo collegato all’amplificatore e chiuse gli occhi – si tirò a sedere, prima, poi era in piedi, e poi la testa ondeggiava a ritmo.
Era la sua preferita e lui lo sapeva. Ecco perché la stava cantando con tutta la voce che aveva in gola. Ecco perché c’era solo il basso, in sottofondo, ad accompagnarlo, pizzicato piano e che riusciva a graffiargli la gola, come sempre. Come da sempre, come gli mancava più di quanto potesse scriverne.
Si avvicinò a Max e gli portò le braccia al collo, sfiorandogli le dita col bacino – continuò a cantare sottovoce, nell’orecchio dell’altro, e sapeva benissimo che stava sorridendo come un deficiente anche lui.
“Keep this close by your side, when I come home we will have our night.”
Erano fronte contro fronte, ora, e Ronnie non sapeva cosa fare. Cantava e sorrideva, e gli si aggrappava alle spalle, ed era tutto così – ancora, Max gli tirava fuori cose che nessun altro poteva, e le interpretava nel modo giusto perché, dopo tutti quegli anni… - strano. Ma dovuto. Era caldo, il suo respiro, e non sapeva cosa glie lo dicesse ma lui lo sentiva, dentro, all’incirca da dove sentiva provenire la sua voce, che era giusto.























What if dopo l'uscita di prigione di Ronnie. E Beesp sa perché. E non ho voglia di rileggerla, quindi tenevela così com'è.

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