Il Profumo di Σlectra*

di Serenetx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap.1: Nucleare ***
Capitolo 3: *** Cap.2: Cloe Hasani ***
Capitolo 4: *** Cap.3: Hideki ***
Capitolo 5: *** Cap.4: Piano d'azione ***
Capitolo 6: *** Cap.5: L'amore di Alessandro ***
Capitolo 7: *** Cap.6: L'eredita' dannata ***
Capitolo 8: *** Cap.7: Il riflesso di sangue ***
Capitolo 9: *** Cap.8: Nenia ***
Capitolo 10: *** Cap.9: Lettera ***
Capitolo 11: *** Cap.10: Morte ***
Capitolo 12: *** Cap.11: Consolazione ***
Capitolo 13: *** Cap.12: Specchio ***
Capitolo 14: *** Cap. 13: Patrimonio ***
Capitolo 15: *** Cap. 14: Elettricita' ***
Capitolo 16: *** Cap.15: Vortice ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Salve! ... Immagino che vi stiate chiedendo chi sia, dove viva, quanti anni abbia e cose del genere, dico bene?
Certo che dico bene! Che domande!
E' piu' che logico che pretendiate una presentazione, no?
Nemmeno mi conoscete!
Ma ... se vi rispondessi che preferirei non rivelarvi queste informazioni? Come reagireste?
Ah ah ah!
State tranquilli! Non e' nel mio stile lasciare burroni di questo genere. Forse li colmero' con il tempo, con la pazienza e con assurde parole; pero' non posso garantirvi nulla!
Purtroppo, questo e' cio' che comporta essere quel che sono stata, che sono tutt'ora e a cui ho rinunciato per sempre.

Io sono la protagonista di questa storia. Questa e' stata la mia vita! Sono la ragazza che ha dato il nome a questo strano "diario". In parole povere vi trovate dinanzi ad Electra in persona!
Gia'! Un nome che ha girato il mondo ed ha conosciuto le labbra di persone addirittura peggiori di me.
Si'! Ero molto famosa e so di esserlo tutt'ora. Volete sapete perche'?
Perche', al momento del grande bivio della mia vita, scelsi di intraprendere una strada che mi avrebbe condotta ben presto alla rovina! Non avevo concepito a pieno la pericolosita' dell'essere assassina e di quel piccolo microchip "adesivo" che mi permetteva di incenerire le mie vittime con una scarica elettrica: la mia arma.
Ero troppo ammaliata dal potere per poter ragionare lucidamente e questo mi costo' non poco.
Persi molti frammenti della mia anima, anche meta' del mio cuore e tutto a causa non solo della decisione che fui costretta a prendere, ma anche di un paio di documenti sulla bomba nucleare. Oh! Quasi dimenticavo. Voi ancora non conoscete nulla di tutto questo ...
Non temiate, cari lettori.
Presto verrete a sapere ogni cosa e comprenderete a pieno il significato di queste mie parole. Avrete modo di giudicarmi e di osservare con i vostri occhi quanto il genere umano possa essere insidioso e meschino a partire dai sedici anni in su; ma soprattutto, avrete modo di scoprire la mia vera natura a fondo ed il mio modo di ragionare, di quanto sia stupido, privo di sentimento e di una sana logica; di quanto possa essere distruttiva e puerile la mente di una vittima dell'egocentrismo come la sottoscritta.

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Capitolo 2
*** Cap.1: Nucleare ***


«Che qualcuno vada ad aprire alla porta! Hanno bussato! Diamine!»

Urlai. Tesi l'orecchio per percepire qualche cenno di risposta o soltanto la serratura scattare, ma niente. Lasciai cadere spazientita i piatti nel lavello e afferrai con violenza uno straccio appeso nelle vicinanze. A casa mia era sempre la stessa storia ...

«PER FAVORE, VOLETE ANDARE VOI? STO LAVANDO I PIATTI!»

Finalmente qualcosa si mosse. Qualcuno scese di corsa la scala a chiocciola ed il lucchetto venne sbloccato ancora una volta. Mi attrezzai curiosa come sempre per capire chi fossero i protagonisti della situazione; esposi quel che bastava del capo al di fuori della soglia della cucina per catturare ogni minimo dettaglio, ma il tutto fu vano.
La porta d'ingresso si chiuse ed una voce maschile echeggio' nel salotto.

«TANIA?? TESORO?? E' ARRIVATO IL LIBRICINO DEI PROGRAMMI DELLA TV!»

Mi rallegrai alla notizia. Dopo tanto tempo, la mamma aveva provveduto a rinnovare l'abbonamento alla rivista! Saltellai nuovamente verso il lavello, illuminando la stanza con il mio sorriso furbetto.

«Era ora papa'! Non si riusciva piu' a vivere senza da un mese!»
«Ehi! Giusto te, signorinella! Dobbiamo fare un bel discorsetto a riguardo!»

Strinsi i denti sentendo i passi pesanti di mio padre che si avvicinavano alla cucina.
No! Cosi' non andava! Quando lui, Carl Hasani, il capostipite della mia famiglia, mi rivolgeva la parola con quel tono il seguito era sempre piu' che catastrofico per me.
Che dire a proposito del discorso sulle paghette? Beh! Presto o tardi sarebbe certamente venuto fuori un'altra volta e mai si era presentata una occasione migliore di quella.

«Cloe-Takada-Hasani! Parlo con te!»

Strofinai la spugna sulla ceramica bianca dei piatti, provocando un rumore inaudito. Nonostante tutto, pero', era impossibile ignorare quel suo vocione grottesco. Era troppo! Anche per una come me. Cosi' lasciai cadere le stoviglie in segno di resa e risposi a tono.

«Che c'e' papa'? Dai su ... se e' per il discorso dei cinquanta euro io ... »
«No! Non e' per quello!»

Mi interruppe affacciandosi dalla porta della cucina.

«La prossima volta tocca a te pagare il libretto! Okay?»
«COSA?!? MA SONO AL VERDE!!!»

Sbuffai contrariata. Mio padre era un uomo ricco di sorprese ...

«Niente scuse! Lo sapevi benissimo che questo era il tuo turno! Ma come al solito fai sempre come ti pare!»
«Ma papa'! Io ho una vita privata! Degli amici! Le ricariche del cellulare ... e ... e ... puah! Lasciamo perdere! Non potresti mai capire!»

Non curante, Carl si ando' a sdraiare comodamente sul divano ad angolo del soggiorno, stropicciando la soffice pelle bianca ed afferrando il telecomando nero.
Lo seguii calzando i passi e dopo aver notato quella sua espressione di tranquilla innocenza, lo fissai furiosa. Ma come poteva starsene cosi', a guardare la TV, mentre c'era chi pativa le pene dell'Inferno per un banalissimo abbonamento?
Strinsi i pugni; come al solito mio padre si ostinava a non voler continuare la conversazione ...

«Adesso che fai? Guarda che non abbiamo ancora finito il discorso!»

Non ricevetti alcuna risposta .

«Ehi? Mi senti? Parlo con te!»
«Sssh! Zitta un attimo! Stanno trasmettendo una notizia importante al TG!»

Mi disse.
Non ricordavo di averlo mai visto cosi' tanto preso da una televisione da non ascoltare piu' nessuno. Nel sangue degli Hasani non scorreva una grande passione per questo genere di cose; percio', incuriosita, abbandonai la mia postazione per avvicinarmi ulteriormente.
Il canale della TV era impostato sul telegiornale di fiducia della mamma, quello apparentemente piu' attendibile, ed il campo visivo era completamente occupato da servizi, video e interviste al nostro Presidente.
...
Si'! Al Presidente!
Ancora piu' confusa, cercai di prestare un minimo di attenzione ai complicatissimi discorsi dei politici, che come prepotenti incompetenti, invadevano il primo piano con le loro espressioni costruite ed interrompevano continuatamente l'assurda comunicazione del reporter.
Troppo trambusto, troppa enfasi, troppo tutto!
Non capitava spesso di vedere poi servizio cosi' lungo! Qualcosa non andava, ma ... cosa?

«Papa', che succede?»

Chiesi incuriosita. Che si trattasse di un altro attentato simile a quello delle Torri Gemelle?
L'uomo afferro' prontamente il telecomando, gioco' con alcuni tasti e ridusse l'intensita' delle voci a quasi un sibilo. Poi si volto' verso di me e mi fulmino' con le seguenti parole:

«E' successa una cosa molto seria, Cloe.
A quanto pare nemmeno il telegiornale ne era al corrente ed infatti non e' riuscito a spiegarlo un granche' bene!»
«Cioe'?»
« ...
Da quel poco che ho capito, nella sede dell'FBI della nostra citta' vicina, stavano organizzando il trasporto di documenti estremamente importanti riguardanti le recentissime e pericolosissime scoperte sulla divisione atomica. Sarebbe dovuto passare tutto sotto silenzio per questioni di sicurezza e ci stavano anche riuscendo, dato che doveva essere la penultima tappa del viaggio, ma qualcuno, forse un terrorista o piu' d'uno, e' riuscito ad intercettare i movimenti dell'FBI ed ora queste informazioni sono sparite.
Il Presidente ha dovuto confermare che queste scoperte, se apportate alla famosa bomba atomica, possono causare una reazione a catena incontrollabile che, a differenza delle storiche esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, potrebbe coinvolgere zone molto, ma molto piu' vaste.
In poche parole, hanno preso quasi tutta l'umanita' in ostaggio e questa volta, chiunque ha rubato quei documenti, non si limitera' ad un semplice attacco terroristico!»

Strabuzzai gli occhi. No! No! Non era possibile! MeHight, la citta' piu' tranquilla e sicura al mondo era stata spodestata dal suo trono! E tutto questo fino a quel momento ... era passato sotto silenzio ...

«Ma papa'! Chi te lo dice che li abbia rubati una associazione terroristica?»
«Chi potrebbe essere interessato a questo genere di scoperte se non loro?»
«.... Oh! Bene ... direi che non poteva esistere notizia migliore di questa!»

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Capitolo 3
*** Cap.2: Cloe Hasani ***


Incredibile! Davvero incredibile! Surreale, diciamo!
La mia citta', quel piccolo groviglio di smog, quello sputo sulla cartina degli Stati Uniti, era improvvisamente diventato il centro del mondo, o quasi! Soltanto immaginare una situazione del genere mi faceva venire i brividi, ma viverla era come vedere un uomo camminare sulla superficie dell'acqua. Indescrivibile!
Studiai l'espressione di mio padre alquanto preoccupata e mi divertii a confrontarla con la mia reazione. Io non avevo paura! Io gioivo a quella notizia!
Finalmente casa mia era sulla bocca di tutti! La mia dolce dimensione sicura e protetta dai media sarebbe diventata il palcoscenico di un possibile e futuro tragico romanzo!
Non avrei mai potuto desiderare di meglio quella volta ... anche perche' ero una povera sedicenne senza meta e senza speranza ...

«Papa', guarda il lato positivo: adesso MeHight sara' al pari di una New York ... o di una Londra, no? Avra' maggiori possibilita' di essere una "attrazione turistica" in quanto molto vicina alla base incriminata, no?»

Sbagliato!
Fu in quel preciso istante che sentii scricchiolare il telecomando della TV fra le sue dita. Queste passarono freneticamente sui piccoli pulsantini colorati fino a che non trovarono il prescelto. Un piccolo lampo sul grande schermo e la televisione si spense, lasciando brillare di rabbia gli occhioni di mio padre.

«CHE DISCORSO E'? POTREBBERO ESSERE IN PERICOLO VITE DI INTERE PERSONE E TU MI RIFILI UN' OSSERVAZIONE DEL GENERE? MA TI RENDI CONTO CHE QUESTA SITUAZIONE POTREBBE COINVOLGERE ANCHE NOI? CI PENSI?»

Indietreggiai terrorizzata. Non l'avevo mai visto cosi' preoccupato.

«D'accordo! D'accordo! Calmati! HAI RAGIONE! Ma non c'e' proprio la possibilita' che a rubare quei fottuti documenti siano state persone un po' piu' ... pacifiche?»
«Non te lo so dire ... non sono un detective, io! Pero' se i ladri avessero avuto delle intenzioni pulite di sicuro si sarebbero accordati in anticipo con l'FBI, non credi?»

Notai che l'unghia dell'indice di Carl era leggermente spezzata ad un angolo. Se la passava continuamente sulle labbra e sembrava godere di quel breve contatto pungente. Ma perche' non riuscivo a concentrarmi sulla gravita' del problema? MeHight (e non solo) poteva essere in pericolo ... ed io con lei.
Se i ladri avessero avuto delle intenzioni pulite di sicuro si sarebbero accordati in anticipo con l'FBI, lo diceva anche lui, ma la novita' del giorno non mi faceva ne' caldo ne' freddo. Forse perche' sapevo che a sedici anni non mi sarebbe successo nulla o cosi' almeno credevo...
In ogni caso, il mio comportamento era davvero ingiustificabile e l'unica a non volerlo capire era semplicemente la sottoscritta.

«Cloe!»

Sobbalzai

«Si'?»
«Vai a svegliare tua sorella! E' tardi, lo sa che non deve rimanere a letto fino alle undici!»
«Ma papa' ... e' domenica!»
«Non mi importa! Vai! Voglio Lizzy qui, davanti a me! Subito!»

Mossi un poco in avanti la caviglia che fui presto costretta a tirare indietro. Si sentivano dei rumori di passi pesanti provenire dal piano superiore. Incuriosita, mi avvicinai alle scale e non appena appoggiai la suola delle scarpe su un gradino vidi mia sorella correre come un razzo contro di me. Urlammo.
Quella chioma di capelli biondi avrebbe fatto del mio corpo un tappeto per pavimenti, se non l'avessi schivata prontamente; e con un balzo all'indietro la lasciai per qualche attimo prendere il ruolo da protagonista del salotto. Eh gia'! Purtroppo le sorelle di undici anni non stanno mai ferme.

«PAPA'! PAPA'! PAPA'!»
«EHI LIZZY!»

Gridai furiosa cercando di coprire il suo scalpiccio frenetico.

«PAPA'! PAPA'! PAPA'! CHE E' SUCCESSO, CHE E' SUCCESSO?»
«Niente piccola!»

Disse passandole tristemente una mano fra i biondi capelli.
La invidiai in quel momento. Io non riuscivo nemmeno a cavare una parola gentile da mio padre, mentre lei, piccola, sciocca, infantile mocciosetta, riusciva sempre a farlo sorridere! E poi, quei suoi capelli cosi' belli e brillanti, da dove li aveva mai potuti ereditare? Gli Hasani non avevano mai avuto queste chiome cosi' ... cosi' ... bah! Pero' Lizzy si', Lizzy aveva avuto questa fortuna!
Avrei dato via la mia, che nonostante fosse di un bel biondo acceso e lunga fino alle spalle come desideravo, non riusciva ad essere cosi' perfetta! Avrei dovuto avere io tutte quelle virtu' che mia sorella non meritava, perche' lei non le meritava davvero!
Strinsi i pugni ricordandomi di essere abituata alla sua ingombrante presenza.

«Uffa! Dai dimmelo! Lo sai che non mi piacciono questi segreti! Anche la mamma non vuole dirmi nulla! Dimmelo tu paparino caro ... ti prego!»

Carl si volto' verso di me invogliandomi ad aiutarlo, ma resistetti al suo sguardo da cane bastonato e risposi per le rime.

«Eh! Che ci vuoi fare? Ognuno e' causa del suo male! Io me ne vado in camera! Al computer! Voglio saperne di piu' su tutta questa faccenda! Intanto ... Lizzy ... non dovresti insistere su una questione cosi' delicata! Sei troppo piccola e fragile per capire certe cose ... »

Tornai giustamente a fissare quella scalinata a spirale, decisa di raggiungerne la vetta, ma una voce mi trattenne ancora una volta. Mi voltai per meta', muovendo solo il capo. Mio padre non era degno di troppa attenzione ...

«Cloe!»
«Si'?»
«... grazie della pazienza»

Sorrisi vittoriosa fra me e me.

«Invece di ringraziarmi, dimmi a quale detective potrebbe essere stato affidato il caso! Mi faresti risparmiare molto tempo su Google ... »

L'uomo mi guardo' leggermente spaesato.
Si passo' una mano fra i capelli e dopo qualche secondo mi risposte con un velo di profonda incertezza.

«Non te lo saprei dire ... pero' ... casi di questa portata e' molto probabile che li affidino a Hideki»
«Gia'! Potrebbe essere ...»

Troncai il discorso sul nascere senza ascoltare i commenti di Lizzy a riguardo e salii una volta per tutte al piano superiore. Mi appoggiai diverse volte al muro fino a raggiungere la mia camera da letto.
Digrignavo di rabbia.
Hideki, meglio conosciuto semplicemente come "H", sarebbe tornato in campo! Era possibile, anzi ... era l'opzione piu' ovvia che lo stato poteva giocarsi a suo vantaggio!
Gli altri detective non valevano nulla in confronto, nemmeno la sottoscritta che, nel suo dilettarsi in materia, godeva di una certa fama nei suoi quartieri. L'esperto avrebbe presto invaso gli schermi con quella sua "H" bianca, le bocche di tutti e di tutto cio' che avrebbe avuto a che fare con lui!
Stringevo i pugni che tiravo al cuscino del mio letto.
Non mi andava giu'! No! Non avrei mai digerito che uno sconosciuto comparso cosi' senza dire nulla, due anni prima, fosse "resuscitato" per il gusto di prendersi un'altra medaglia!
La mia era soltanto invidia, distruttiva (certo!), come tutte le altre, ma la cosa che mi logorava di piu' non era l'immensa popolarita' di cui godeva l'investigatore, bensi' la sua identita' nascosta!
Nessuno sapeva chi fosse, dove fosse e perche'! Hideki era il colore piu' brillante, piu' spettacolare, sotto agli occhi di una massa di daltonici!
Poteva essere davvero chiunque e dovunque, anche in capo al mondo, ma il suo operato celato da quella insopportabile "H", sarebbe giunto in mano alle autorita' presto o tardi. Nemmeno i casi piu' complessi lo avrebbero spiazzato e quello del nucleare sarebbe stato in apparenza uno dei tanti. Egli, infatti, poteva godere di essere l'unico individuo a non possedere una carta di indentita' veritiera, ma solo del suo rappresentante di fiducia; nessuno dei "comuni mortali" avrebbe dovuto scoprire nemmeno per puro caso i dati piu' importanti relativi alla sua esistenza. E questo non potevo sopportarlo!
Io sarei dovuta essere sempre e comunque la migliore, senza eccezioni! Cosi', ribollendo di rosso, afferrai con violenza il mio cellulare; digitai una sequenza di numeri ed attesi in linea. Erano le unidici e cinquantasette del venticinque marzo duemila e dodici.

«Cloe? Sei tu?»
«Si' Misa! Sono io!»

Sorrisi istintivamente. Adoravo la voce della mia compagna di banco.

«Ti serve inglese per domani?»
«No, no! Ma che inglese! Voglio solo parlare con te ...... hai sentito la notizia bomba?»
«OH! ECCOME SE L'HO SENTITA! E' proprio bomba!»

Scoppiai a ridere di gusto. Dal suo tono di voce, non sembrava molto preoccupata. Anzi! Tutt'altro ... dalla sua tranquillita' imperturbabile, trapelava anche una sorta di innata sicurezza:
tutto mi faceva pensare che Misa conoscesse la storia al completo, ma, purtroppo, non detti molto caso a questo dettaglio e continuai a blaterare come se nulla fosse.

«... guarda Misa! Era proprio ora che succedesse qualcosa di nuovo qua! E' sempre cosi' grigio!»
«Lo penso anche io! Anche perche' poi non esiterai a fare la parte dell'investigatrice, vero?»

Sospirai.

«Non sai quanto mi piacerebbe, ma e' un caso troppo grande, mica una roba da quartiere! E poi e' molto probabile che ci sara' in mezzo ancora una volta Hideki ...»
«DICI DAVVERO? Ma allora e' una cosa seria!!!»
«Gia' ... parrebbe proprio di si'!»

Ammisi accendendo il mio portatile.

«Beh! Certo, Cloe, che se ti ostini a indagare da sola, non ce la farai mai a superare la cima, ma con il gioco di squadra, si sa, hai piu' chance! Magari puoi aiutare la polizia con le tue intuizioni brillanti! Sempre meglio di niente... »
«Ecco! Appunto! Tu che te la cavi, ti andrebbe di aiutarmi?»

Dall'altro capo si fece silenzio per qualche secondo.
Misa non voleva rispondere!
Percepivo appena qualche mormorio, qualche rumore d'incertezza ed infine si decise a parlare.

«Senti .... non e' per cattiveria ma .... e' un brutto periodo, lo sai! Tra mio fratello e mio padre non so chi sia peggio ... ed io devo aiutarli. In altre occasioni non avrei rifiutato.»
«...... ah! Va bene ... d'accordo! Non preoccuparti Misa! Cerchero' di fare tutto da sola»

Dissi amareggiata. Nulla da fare ... non riuscivo proprio a mettere su una squadra d'azione, nemmeno per fare dei piccoli passi come ai vecchi tempi!

«EH NO! Invece mi preoccupo! Tu e le tue competizioni ... STAI ATTENTA A NON FICCARTI IN BRUTTE SITUAZIONI, ALTRIMENTI NE PAGHERAI LE CONSEGUENZE EH!»
«Ah ah! Grazie mammina! Ora pero' ti devo salutare, ho una ricerca da fare!»
«D'accordo! Mi raccomando, stai attenta ... Ciao Cloe!»

Spensi il mio cellulare e lo appoggiai delicatamente sulla scrivania in metallo lucido.
I miei primi tentativi di poter fare qualcosa, seppur qualcosa di molto piccolo, fallivano, ma non mi davo per vinta! La mia sete di potere mi avrebbe presto portata a trionfare. Ne ero sicura! Avrei vinto la mia sfida personale ad ogni costo, anche se questa era la piu' assurda possibile. Avrei fatto di tutto per raggiungere la vetta prima dell'altro anche se avrebbe significato sacrificare qualcosa a me caro! Ma purtroppo quella volta, non sapevo ancora che cosa il destino mi avrebbe riservato [...] e se solo avessi ragionato con piu' attenzione, tutto quel sangue innocente, non si sarebbe riversato nei vicoli di MeHight. Ma e' ancora presto per parlare di questo ....

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Capitolo 4
*** Cap.3: Hideki ***


Era il fruscio del vento, il rumore dei passi, le fugaci occhiate alle vetrine di qualche negozio ed il movimento frenetico di un criminale per catturare un portafogli a mantenere in vita quella MeHight che definivano ancora una citta'.
La seconda Hiroshima per eccellenza stava cominciando a perdere la propria influenza su quei "sopravvissuti" chiamati abitanti; e non solo: le strade, ormai, erano buie, vuote e fredde, complici di chissa' quali crimini passati sotto silenzio. I lampioni morivano alle due di notte permettendo all'oscuirita' di impadronirsi delle abitazioni. Tutto resto era caduto sotto un terrore fomentato dai mass media e quella che definivano apparente tranquillita' non era altro che il ricettacolo di uno spinoso e crescente incubo reale.
Ben presto, dovetti ricredermi anch'io.
Non erano gli altri ad averla presa troppo seriamente, ma bensi' la sottoscritta ad aver sottovalutato tutta la faccenda e con il passare di quei giorni vuoti che spendevo nel centro citta', cominciai a rendermi conto di quale fosse la vera inquadratura di tale foto.
Una strana inquadratura! Si'! Anche folle!
E piu' ci rimuginavo sopra, piu' cominciavo ad apprezzare non solo quella fotografia cosi' friabile, ma anche la sua cornice, il suo colore, la sua negativita'.
Misi in tasca i miei pensieri e mi avviai verso casa, lasciandomi alle spalle un edificio nel quale si celavano i segreti che la stessa ed intera umanita' ignorava. Che cosa si poteva mai nascondere fra quattro mura in vernice bianca?

**

Era arrivato il momento!
Si'! Finalmente gli Stati Uniti avrebbero sfoderato la loro arma segreta contro quei criminali incalliti!
Il mondo sarebbe stato salvato ed era solo questione di secondi ...
L'ora tanto attesa era giunta ed anche l'orologio puntato sul dodici insisteva nel confermarlo. Pero' non era ancora arrivato nessuno.
Dinanzi a quell'edificio bianco non vi sostava alcuna forma di vita. Soltanto la sottoscritta vi aveva lasciato un'impronta di suola, ma nient'altro.
Tutto taceva avvolto nelle spire della notte ed il nervosismo del piccolo proprietario della casa cominciava a farsi sentire.
I suoi ospiti non avevano trovato l'abitazione? Che era mai successo ai suoi validi collaboratori? Perche' ci mettevano tanto?
Nella mente di quel piccolo protagonista, si insinuavano fugaci e distruttivi alcuni quesiti di questo genere, ma non sarebbe riuscito a sopportare tanta tensione ancora per molto.
Il ragazzino prese uno dei suoi tanti giochini sparsi sulle mattonelle e lo tiro' contro una parete, richiamando a gran voce un suo inquilino.

«KEYRU!»

La voce del dodicenne richiamo' l'attenzione dell'interessato. Un uomo alto, snello, sulla sessantina d'anni, si presento' al cospetto del piccolo ragazzino, mostrandosi piu' servizievole e paziente del dovuto.

«Mi dica, signorino. Che cosa la turba?»
«PERCHE' NON SONO ANCORA ARRIVATI!»

Urlo' a gran voce. Keyru si morse un labbro.

«Signorino, cerchi di calmarsi.. arriveranno a momenti»
«Ma si rendono conto che hanno un incarico piu' grande di loro? IL MONDO E' IN PERICOLO! E hanno anche la faccia tosta di prendersela comoda... DANNAZIONE!»

Questa volta, il bersaglio del piccolo proprietario fu la porta. Scaglio' la sua automobilina contro il legno pregiato dell'ingresso principale, senza rendersi conto di averlo graffiato. Keyru mosse qualche passo per raccogliere quel frammento d'ira infantile, ma non appena si avvicino' all'uscio fu costretto ad accantonare l'impresa.
Il dolce suono desiderato era giunto agli orecchi dei due individui. Gli ospiti erano finalmente arrivati.

«Apri la porta Keyru! Sono loro!»

**

«Capo, come se lo immagina lei "H"?»
«Eh, cosa? Dice a me?»
«Certo che dico a lei! Che domande!»

Un uomo dai capelli corvini, alto e giovane dette una pacca amichevole sulla spalla di quel che poteva sembrare un suo amico.
Sembrare ... esatto! Perche' darsi del "lei" non rientra in quella precisa fascia confidenziale, oppure mi sbaglio?

«Ma che sparate fai Matsuy?! Non hai bisogno di chiederlo! E poi, non e' sicuro parlarne cosi' apertamente.»

Rispose il collega accanto al "Capo".
Sorridente e burlone, si avvicino' a Matsuy per dargli uno schiaffo amichevole sulla nuca e una volta subita l'angheria di risposta, si passo' una mano sulla sua chioma color carota.

«Grazie Nick! E comunque lo so anche io che questa notte saremo gli unici a conoscerlo ... era per parlare!»

Ribadi' Matsuy in sua difesa a tutto il trio, ma non fece nemmeno in tempo a sorridere che il loro leader li zitti' con poca grazia.
Costui, con fare cerimonioso, fece cenno ai suoi due compagni di rimanere fermi dinanzi a quell'edificio bianco e di attendere il permesso d'entrata. Suono' piu' volte il campanello d'ingresso, sopportando nervosamente gli sguardi preoccupati dei suoi colleghi, ma, da bravo punto di riferimento qual'era, non perse la calma. Anzi! Egli si volto' e illumino' di serenita' i due individui con quei suoi occhi color del mare. Li osservo' per un attimo e disse loro:

«Volete davvero sapere come me lo immagino realmente?»

Una scintilla si accese nell'animo dei suoi amici e l'udito venne stimolato da quel pizzico di curiosita'.
Notando cio' il "Capo" scoppio' a ridere fragorosamente e fisso' le sue scarpe lucide, accorgendosi della troppa confidenza che stava loro concedendo.

«L'ho sempre immaginato come un uomo dalla complessa psicologia e dal forte temperamento. Tutto quello che possiede e' tutto cio' che ho sempre dovuto conquistare con fatica. Lui e' ... il modello da seguire»

L'uomo, non curante dell'espressione allibita dei suoi compagni, si infilo' una mano in tasca, tenendo il capo chino sul petto. Appoggio' delicatamente l'altra sulla maniglia del portone quando quest'ultima scatto' improvvisamente, facendo aprire la porta. I tre uomini balzarono all'indetro, fissando il nuovo protagonista della scena che, con fare sospettoso, li stava gia' studiando. Assomigliava ad un maggiordomo, la classica persona raffinata dai modi cerimoniosi.

«Salve! Finalmente siete arrivati! Mostratemi il vostro distintivo!»
«Con chi abbiamo l'onore di parlare?»

Chiese sospettoso il leader eseguendo l'ordine.

«Io sono Keyru, il braccio destro del vostro futuro capo. Piacere di conoscervi Nick, Matsuy e ... Claus. Lei dovrebbe essere il sovrintendente capo.»

Osservo' Keyru.
Claus annui' facendo cenno ai suoi colleghi di nascondere nuovamente i distintivi. Soltanto allora venne concesso loro di entrare all'interno dell'edificio.

«La polizia di MeHight e' sempre ben accetta qua. Prego. Da questa parte.»

I tre uomini vennero condotti attraverso un lungo corridoio dalle pareti nere come la pece. La carta da parati, evidentemente vecchia e maltrattata, pendeva sullo spigolo superiore del muro; alcuni frammenti giacevano a terra come strappati da un'ira implacabile e quel vuoto che sovrastava l'ambiente faceva risaltare ancor piu' la mancanza di qualche quadro.
Il tutto era reso ancora piu' serioso e professionale dalla presenza di qualche telecamera di sicurezza che tappezzava il soffitto qua e la'.
I poliziotti, attenti e preoccupati, camminarono pazientemente fino alla fine del lungo passaggio, fin quando si accorsero che ad attenderli in fondo al corridoio vi era soltanto una stanza buia chiusa a chiave. Claus cerco' con gli occhi il maggiordomo, che volle tempestivamente schiavare la serratura.
Quando Keyru spinse leggermente un'anta della grande porta, le luci si accesero spettacolarmente e dinanzi ai tre ospiti comparve la figura di un ragazzino. Quest'ultimo se ne stava in piedi, ben eretto, sicuro e fiero di se', della sua espressione e del nome che portava.

«Voi dovreste essere i miei rappresentanti di fiducia! E' un piacere conoscervi di persona!»

Esclamo' il bambino sedendosi nuovamente a terra.
Sotto gli sguardi scrutatori dei poliziotti, il piccolo prese un giocattolo e comincio' a torturarlo finche' uno dei tre ospiti intervenne deciso a chiarire i propri dubbi.

«TUOI RAPPRESENTANTI? Che stai dicendo? Scusami Keyru, ma che ci fa un bambino nel nostro nuovo quartier generale? E poi dov'e' Hideki?»

Il maggiordomo non disse nulla. Si limito' soltanto a fissare il piccolo individuo sorridente ancora seduto a terra assieme ai suoi giochini, fantasticando sui suoi possibili pensieri.
Claus, spazientito, stette per dar fiato alla gola, ma il piccolo lo precedette senza battere ciglio.

«Ma come ... non ha capito ancora?»

Il sovrintendente capo lo squadro' con fare perplesso, quando fu colto di sopresa da quegli occhi neri che colpirono violentemente il suo campo visivo.
Osservo' a lungo quelle dita bianche stropicciarsi ed arricciarsi quella chioma nera che metteva ancor piu' in risalto un paio di occhiaie e quel volto morbido gia' marchiato da una maturita' precoce. Lo studio' nei minimi dettagli, capendo che non era un tipo come tutti gli altri.
Il ragazzino, senza distogliere mai l'attenzione dall'uomo, lascio' cadere violentemente a terra il suo giocattolo e grido' le seguenti parole.

«IO SONO HIDEKI!»

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Capitolo 5
*** Cap.4: Piano d'azione ***


Nella notte tutto tace.
L'oscurita' si impossessa delle cose che ci circondano ed il silenzio regna sovrano su quella pace piu' peccaminosa che celeste.
L'illusione della diversita' diventa sucube di un movimento di conformazione tutt'altro che positivo.
Ma non in tutti i casi si tratta del semplice credere ...

Erano le dodici e mezza di notte, quando tre comunissimi poliziotti vennero a conoscienza del piu' grande segreto esistente sulla faccia Terra.
Lo sgomento su quei volti era ormai fuori da ogni portata.
Loro, tre semplicissimi mortali, avevano visto in faccia l'incredibile piu' fenomenale con la quale nessuno aveva mai avuto a che fare precedentemente.
I corpi fragili tremavano di paura e le gambe molli non riuscirono a reggere il peso del sovrintendente capo che cadde a terra esclamando:

«U-un BAMBINO?!? NOI SIAMO STATI GUIDATI DA ... UN BAMBINO?!?»

Hideki sorrise con grazia.

«Si'. Che c'e' di male?»
«CHE C'E' DI MALE??? CHE C'E' DI MALE??????»

La mano calda del ragazzino fece correre sulle mattonelle azzurre un modellino di una Lamborghini. Prese un blocco per gli appunti poco distante dalle sue gambe e scoppio' a ridere.

«Eh si'! Lo so! Sembra assurdo! Ma si guardi intorno! Le vede anche lei queste tecnologie! Sono tutti modelli che ci ha fornito il Presidente in persona ... ovviamente tramite Keyru. Due persone comuni non potrebbero permetterseli, anche perche' non sono in commercio! Inoltre ... in questa casa viviamo soltanto lui ed io! Se Hideki non e' Keyru, automaticamente lo sono io! No?»

Rispose con innocenza.

«Ma ... vedrete che dei bravi poliziotti come voi ci faranno l'abitudine ben presto!»

Claus strinse i pugni guardandosi attorno.
Hideki aveva ragione! La stanza, resa ancora piu' scura da una carta da parati nera, era tappezzata dagli ultimi ritrovati della tecnologia a led. Degli schermi si esponevano imponenti mostrando i loro spigoli giganteschi ed i monitor dei computer sparsi ovunque mettevano quasi in esposizione il logo di una "H" rigorosamente bianca. Il tutto era reso ancora piu' surreale dalle mattonelle color verde acqua che facevano risaltare i colori freddi ed argentati degli strumenti dediti all'indagine. Su ogni cosa sembrava esserci tatuato un frammento di quello che poteva assomigliare ad una delle tante preferenze del ragazzino sorridente.
Ogni singolo dettaglio sembrava brillare dell'ingegno di quel detective che Claus aveva immaginato completamente differente, ma quell'uomo non riusciva ad accettare tutto cio'.
Si sentiva offeso, manipolato ed anche deriso. Gli sguardi di Hideki, cosi' taglienti e profondi e quelle macchine, cosi' moderne e allo stesso tempo raffinate, sputavano sulla coscienza dello sbirro, contando ogni minuto che passava.
Davvero sarebbe riuscito a farne l'abitudine? Davvero avrebbe sopportato sentirsi inferiore ad un bambino?

«Dunque! Direi che le curiosita' sul mio aspetto possiamo anche metterle da parte, per il momento! C'e' un caso da risolvere ... prego! Sedetevi pure laggiu'!»

Disse Hideki alzando il ditino. Punto' diritto verso un lungo tavolo circondato da un numero di sedie sufficiente per dare posto a tutti. Sorrise e subito accorse Keyru che gentilmente accompagno' gli ospiti ai rispettivi posti.
Una volta accomodatisi il ragazzino comincio' a parlare.

«Bene! Direi che possiamo anche iniziare a discutere dell'intera faccenda, pero', prima di dire la mia, vorrei sentire le vostre idee. Sempre se la cosa non vi rechi problemi!»

"H" appoggio' il suo blocco degli appunti sul tavolo, facendo appositamente risuonare il tonfo leggero in tutta l'abitazione. Scruto' attentamente i tre individui per poi soffermarsi su Claus che increspo' il margine della bocca.

«Personalmente ritengo che il ladro dei nostri documenti sia un membro della polizia. Gli unici che ne erano al corrente erano esclusivamente i membri del nostro dipartimento ed ovviamente le persone coinvolte, come il Presidente e le sue guardie del corpo»
«Puo' darsi»

Annui' Hideki.

«Inoltre, ritengo che l'autore del furto, se non faccia gia' parte della polizia, ne sia in qualche modo a contatto e che ci sia stata una fuga di informazioni. Le mie ipotesi non fanno una piega»

Concluse Claus sicuro di se'. Gli sguardi pieni di ammirazione da parte dei suoi colleghi illuminarono i suoi occhi azzurri facendo nascere un sorriso che Hideki condanno' immediatamente.

«Si rende conto di quello che sta dicendo Claus, vero?»

Lo sbirro inarco' un sopracciglio incuriosito. Dove mai poteva aver sbagliato?

«Mi sta inducendo ancor piu' a sospettare del quartier generale e delle famiglie dei suoi dipendenti. La tua compresa! E poi, non ha preso in considerazione la possibilita' del furto da parte di "enti esterni" dalla polizia?»
«L'ho presa! Certamente! Ma ... sinceramente mi sembra un po' improbabile che un ladro comune e solitario possa aver architettato tutto. Quei documenti sono quasi ingestibili per un uomo soltanto! Si', d'accordo! Ho pensato anche a qualche associazione criminale, ma non ne vedo il ricavo immediato! Se volessero ottenere il nucleare tanto vale non perdere tempo con dei fogli di carta! E comunque, se davvero e' necessario, indagheremo anche sulle nostre famiglie!»

Hideki si porto' una mano alla bocca coprendola leggermente, lasciando che un margine di questa mostrasse il suo sorrisetto compiaciuto.

«D'accordo Tanicuchi! Se la cava! Ma se le dicessi che sospetto di un furto da parte di associazioni di spie? Come stravolgerebbe le sue ipotesi?»

I presenti strabuzzarono gli occhi.

«SPIE?»

Grido' Matsuy.

«PERCHE' PROPRIO ... SPIE?»
«Gia'! Non vedo come fai ad affermare una cosa del genere! Mi sembra troppo improbabile!»

Il sorriso del bambino muto' in una umana espressione di serieta'. Prese il suo blocco degli appunti e comincio' a scrivere qualcosa, muovendo sinuosamente la mano che stringeva la penna.

«E' meno improbabile di quanto lei creda Nick! Se ci pensa bene le spie sono sempre state interessate al nucleare, non mi sembra una cosa cosi' impossibile in fondo! E poi ... mi chiedo chi si spingerebbe tanto oltre! Nessun'altro oltre i pochi membri della polizia sapeva della collocazione esatta di quei documenti e le procedure per nasconderli erano state cordinate con il massimo della riservatezza e della sicurezza! Ben oltre le attuali modalita' conosciute ed applicate! Percio' ... chi e' riuscito a scoprire quei documenti va al di la' di un semplice ladro di informazioni! Senza contare il vero potenziale di questi fogli! Ci sono tutte le ultime scoperte sul nucleare e sull'esplosivo relativo. Appunto come diceva Tanicuchi, chi sarebbe in grado di gestire questi fogli?»

Nick e Matsuy rimasero letteralmente affascinati dalle parole del ragazzino. Dimostrava una logica ed una capacita' di ragionamento completamente fuori dalla loro portata, senza contrare, inoltre, l'eta' che contraddistingueva la sua superiorita' in modo impressionante.
Concluso il discorso "H" mostro' loro il blocco dei fogli con uno schema riassuntivo del suo ragionamento.
Non c'erano piu' dubbi!
Lui era veramente Hideki.

«INCREDIBILE!»

Esclamo Matsuy euforico.

«Hideki, come riuscira' a trovare qualcosa che provi le sue ipotesi?»

L'interessato si passo' un dito fra i capelli neri corvini. Si gratto' la testa senza mai fissare direttamente il poliziotto negli occhi; poi, appoggio' i suoi fogli su di un piccolo tavolino poco distante, senza mai alzarsi dalla sedia.

«Non preoccuparti Tanicuchi! Ho gia' preparato una "traccia" che ci consentira' di conoscere queste prove il piu' presto possibile! Intendo dire che ho alcune soprese per voi, percio' state tranquilli. Avremo ben presto delle risposte»

I tre poliziotti esultarono di gioia.
Nei loro occhi brillava la sicurezza della vittoria certa e sul volto di tutti i presenti splendeva un sorriso piu' che compiaciuto.
Con Hideki al comando avrebbero vinto la guerra ed archiviato il caso. Ne erano sicurissimi e si godevano quell'illusione momentanea che aveva ridipinto il nero delle pareti con un giallo sole ed il buio della notte con la luce della luna.

«A proposito, colleghi, diamoci del tu! Avere confidenza in queste situazioni quadruplica le proprie capacita' di ragionamento! Non credete anche voi?»

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Capitolo 6
*** Cap.5: L'amore di Alessandro ***


Era una sera come tutte le altre, la luna era sempre la stessa: un sabato comune di una localita' comunemente americana, anche se soltanto in apparenza. Eppure basto' una frazione di un'altrettanto comunissimo secondo per far si' che la mia vita prendesse tutta un'altra piega.

Alle otto di sera mi trovavo a percorrere il marciapiede di una strada molto famosa di MeHight. Avevo uno scopo ben preciso, ora ricordo.
Dinanzi a me c'era una ragazza dai capelli biondi, lunghi e sciolti che saltellava sfoggiando le sue gambe snelle ed una minigonna rosa confetto. Ogni suo movimento risaltava il fisico da modella e quel rumore di tacchetti sulla pietra le dava una raffinatezza che, a giudicare dal suo viso, sembrava una delle sue tante e possibili doti naturali.
Ammiravo la sua sicurezza, la sua intraprendenza e quella sua testardaggine che la catalogavano una delle piu' ambite bellezze del nostro istituto scolastico. Adoravo anche la sua famiglia, suo padre che conoscevo di vista e il nome di suo fratello, l'unica cosa che potevo sapere di lui. Non potevo dire altrettanto della sua fama: tanto bella quanto facile, divina e possibile, l'anello da collezione e la carta che avrebbe terminato la raccolta preferita. Era cosi', lei. Amane Misa Tanicuchi.
Era schifosamente scaltra quanto seducente, ammaliante come un diamante, pericolosa ed affilata come una ghigliottina assassina.
Era la mia migliore amica.
E camminavo, camminavo con questi pensieri petulanti, passo dopo passo, con un ritmo monotono e indecifrabile. Ad un tratto, i suoi tacchetti d'argento smisero di battere; mi fermai a fissarla con aria incerta, catturata dalla bellezza dei suoi occhi azzurri e dai colori che sfoggiava sulle palpebre.

«Avresti potuto metterti una minigonna. Sei cosi' bella! Perche' ti ostini a fare la santarellina?»

Mi disse sorridendo.
La guardai storto arrossendo per la vergogna.

«Oh! Insomma! Non rincominciamo eh! Gia' e' tanto che stasera vengo! Io! IO! Ma... ti sembro il tipo da discoteca, IO?!? Acciderbolina!»
«Ma dai! Ci sono un sacco di ragazzi carini! Una come te e' una calamita in questi posti! Ti noteranno subito!»
«Certo ... »

Sospirai. Io una calamita?
Dunque, si', nonostante tutti i miei difetti, non faticai a crederci. Sapevo di essere molto bella e non avevo nulla da invidiare alle mie amiche, anzi, erano loro ad invidiare me, senza contare poi che eccellevo in tutti i campi scolastici con risultati sempre impeccabili e perfetti. Inoltre, vantavo la fama della studentessa migliore di tutta MeHight; alcuni dicevano persino degli Stati Uniti, con la mia piu' sentita benedizione.
Risi fra me e me alzando gli occhi alla mia compagna d'avventure.

«Cloe! Su! Ormai sei qui! Adesso vieni con me! Punto!»

Non feci in tempo a ribattere che mi ritrovai una sua mano stretta sul polso destro. I miei piedi non mi trattennero piu' e venni trascinata a forza per un bel tratto di marciapiede.

«Cosi' mi fai male! So camminare anche da sola!»
«Bene! Allora muoviti! Dai!»

Detto cio' mi liberai e mi affiancai alla mia amica. Ero insicura, mi sentivo a disagio, ma la sua presenza mi avrebbe potuta portare lontano. Il mio problema era: lei, instabile e a dir poco folle, mi avrebbe portata lontano per davvero poi? E dove?
In fondo era soltanto un banalissimo locale con della gente molto semplice; l'entrata, poi, non sarebbe costata nemmeno tanto. Cinque dollari.
Strinsi la mano sotto il braccio della mia amica, ridendo nella speranza di trovare quella convizione che avevo dimenticato a casa.
Accidenti! Spesso ero io a far forza a Misa nell'andare a scuola, prima di qualche compito; mi sembrava impossibile che il destino avesse potuto davvero invertire i ruoli, eppure la verita' non mi mentiva.
Strizzai gli occhi a cio' e camminammo assieme per un bel tratto di strada, finche' non raggiungemmo la destinazione.
Il locale era illuminato dalle luci al neon dei colori dell'arcobaleno. La porta a specchio invogliava i passanti ad entrare e godere di quelli che potevano apparire i benefici di un paradiso notturno. Le aiuole, sparse ovunque, tinteggiavano dei colori piu' raffinati quelle pareti eleganti, decorate da ogni sorta di gingilli. La vista era assolutamente mozza fiato e questo basto' per far sparire tutti i miei dubbi.
Mi sarei divertita! Ne ero sicura!

«Cloe, questo e' il "Bacio di Mezzanotte"! Entriamo?»

Annuii incredula tirando fuori il denaro necessario. Da li' in poi non mi sarei piu' potuta tirare indietro.

***

Musica a palla, gente scatenata, sezioni affollatissime e WC traboccanti di invididui ubriachi. Ecco come si presentava il locale.
Uno stanzone a piu' piani, diviso da muri dediti a raccogliere l'intimita' degli stalloni da circo, arricchito con ogni genere di rumore. Rumore. Non era musica, era rumore.
In questo mare di mani e di alcool si riusciva a malapena a distinguere l'angolo del bar raramente illuminato dalle luci lampeggianti, e la scritta "BAGNI" sulla porta delle toilettes. Uno schifo.
Una massa di stolti che ancheggiavano a ritmo di una birra e della hit in voga.
Che ci facevo io in quel posto? Dov'era casa mia?

«Che cosa desideri ragazzo?»

Domando' gentilmente il barista ad un sedicenne appoggiato al bancone. Quest'ultimo, catturato dalle mattonelle luccicanti del pavimento, alzo' gli occhi studiando l' espressione del suo interlocutore accorgendosi con una punta di stupore che non era molto diversa dalla sua; la noia non risparmiava proprio nessuno.

«Un frappe' alla cioccolata, quanto viene?»

Il lavoratore notturno lo scruto' momentaneamente colto alla sprovvista. Poi torno' a lavorare con i bicchieri.

«Ti accontento subito! Sono tre dollari .... strana richiesta! Mi aspettavo qualcosa di piu' pesante! Di solito in disco si va sul pesante. Non gradisci qualche alcolico? »
«No ... grazie»
«Mh! Non sembri uno sbandato, nemmeno un amante delle discoteche, come mai allora sei qui?»
«Ecco ... io ... »

Il sedicenne resto' a bocca aperta senza fiatare. Continuo' a fissare la scheggia sul legno del bancone e a passarci il dito, fino a che non trovo' le parole adatte.

«Mi consola vedere che ci sono persone in condizioni peggiori delle mie»
«Come sei sadico! Qual'e' il tuo nome ragazzo?»

L'interessato rivolse l'attenzione al barista senza piu' notare alcuna traccia di noia nei suoi lineamenti. Sorrise, respiro' ed infine parlo'.

«Alessandro. Il mio nome e' Alessandro Lelouch Tanicuchi»
«Ah!»

Esclamo' l'uomo con un'espressione stupefatta.

«Tu sei figlio del poliziotto! Cavoli! Non immaginavo avesse messo su famiglia!»
«Non dirlo a me. Gli si addice molto di piu' portare l'uniforme da giustiziere che fare il padre»

Il barista scoppio' in una risata fragorosa porgendo al ragazzo il prodotto della sua richiersta. Raccolse i soldi nella cassa e ricomincio' a parlare.

«Non umiliarlo cosi'. Fa un lavoro meraviglioso, non credi?»
«Tsh! Anche troppo per i miei gusti!»
«Lo immagino, ma un giorno capirai! Capirai quando scoprirai di non poterlo salvare»
«Penso ...»

Inizio' Alessandro sbattendo sul bancone il bicchierone vuoto.

«Penso che ancora dovro' aspettare molto per scoprirlo»

Il barista raccolse l'oggetto con un panno e si accinse a pulirlo con grazia.
Sorrise a quelle parole. Era la prima e l'ultima volta che avrebbe incontrato un individuo del genere, ne era sicuro. Nel locale in cui stava, sarebbe stato difficile trovare qualcuno di quella "tipologia", cosi' deciso e determinato, cosi' costruito e anche cosi' solo. Solo e sadico.
Passo' il bicchiere sotto l'acqua un ultima volta, fissando il ragazzo e chiedendosi quale fosse il motivo principale di quella sua malinconia. Nei suoi occhi, infatti, brillava un miraggio di morte, un qualcosa di cupo, misto ad ingenuita' ed all'affetto di una madre che mancava ormai da tanto; troppo tempo per riparare i danni che quel vuoto aveva portato con se'.

***

«Misa! Chi e' quel tipo?»
«Chi? Cosa?»

Mi domando' con una espressione poco convinta. Si reggeva a malapena in piedi e rideva come un'isterica. Si': era ubriaca.

«Ma come chi! Quello con cui hai ... "ballato" fino apoco fa!»
«NON TI SENTO! Eh?»

Sospirai. Le presi una mano per riportarla sulla terra, ma lei si divincolo' come in preda ad un attacco d'asma.
Mi ritirai schifita. Perche' mi ero lasciata coinvolgere in quella situazione, perche'?
Rimasi immobile a fissarla allontanarsi con quello sconosciuto, senza nemmeno curarsi del fatto che ormai ero rimasta scoperta nella pista da ballo.
Mi morsi il labbro.
Per la prima volta capii di essere davvero sola. Sola in un mondo che non era il mio. L'avevo persa, Misa, chissa' dove e chissa' a fare cosa, con quel soggetto che non prometteva niente di buono. Niente.
Chiusi gli occhi per trattenere le lacrime, quando mi resi conto di essere spinta in ogni direzione.
Il ritmo della musica era cambiato e l'onda di ubriachi si muoveva piu' rapidamente rispetto a prima; fu allora che tentai il tutto e per tutto: mi buttai al centro dell'attenzione, sgomitai per ritagliarmi un angolino e lottai per ottenere il mio posto, ma nulla, venni sommersa. Sentii tante mani su ogni parte del mio corpo, fra i miei capelli, sulle mie spalle, percepii qualcosa di strano e quando ripresi conoscienza mi ritrovai a terra, dinanzi il bar, sotto agli occhi scrutatori dei clienti. In quel momento, avrei desiderato soltanto una cosa: Sparire come ero entrata in quell'ambiente.

«Tutto bene?»
«Eh?»

Strizzai gli occhi. Qualcuno mi stava parlando!
Mi sedetti sulle piastrelle del pavimento in modo tale da poter mettere a fuoco il mio campo visivo e quando fui in grado di ragionare altrettanto lucidamente, mi accorsi che il mio interlocutore era un bellissimo sconosciuto.
Con un gesto rapido quanto elegante, mi porse la sua mano, accogliendo la mia in un tepore quasi paradisiaco e mi condusse alle sedie del bar.

«Che cosa ci faceva una bella donzella come te su un pavimento cosi' freddo e sporco?»

Arrossii vistosamente.

«Ecco ... io ... ero in compagnia di una mia amica, ma poi ... sai, si'! La solita storia! Ha incontrato un tipo e si sono appartati!»
«Oh! Beh! Capisco...»

Il ragazzo storse la bocca.
Non mi aspettai una tale reazione. Solitamente ai maschi piacciono le ragazze facili, eppure a lui non sembravano andare a genio. Chissa' per quale motivo ...
Fissai curiosa i suoi occhioni marroni alla ricerca di quel dettaglio che mi avrebbe aiutato a conoscerlo meglio, ma niente; la sua bellezza era cosi' folgorante che mi costrinse ad accantonare l'intento per ammirare il suo volto.
I suoi capelli lisci e castani, gli coprivano sinuosamente la fronte, dando a quelle gemme lucide e a quel viso dai lineamenti morbidi una eleganza senza paragoni. Sembrava risplendere di luce propria, una luce della quale non avrei piu' voluto privarmi.
Era perfetto, lui, ma ... chi era davvero?

«Il mio nome e' Alessandro Tanicuchi! Lieto di conoscerti!»
«Cosa? Non sento! C'e' troppo rumore!»

Alessandro scoppio' a ridere ed approfitto' della situazione per avvicinarsi pericolosamente. Di conseguenza non potei respingere una creatura cosi' affascinante, percio', lasciai gestire a lui le redini della situazione.

«Adesso sono abbastanza vicino da farmi capire, ma cherie? Il mio nome e' Alessandro»
«Piacere! Io sono Cloe»
«Cloe ... E' bellissimo!»
«Dici? A me non piace molto!»
«I nomi non valgono mai nulla, ma se sono abbinati ad una ragazza come te, acquistano significato. E' proprio questo che rende perfetto il tuo, perche' a portarlo e' una proprietaria altrettanto incantevole»

Constato' giocerellando con una mia ciocca di capelli.
Era incredibile come riusciva ad ipnotizzarmi. Sarebbe stato il primo ed anche l'ultimo a farmi sognare in questo modo, se solo gli avessi dato l'opportunita' di stare con me ...
Ebbi paura e sul momento non mi concessi. Mi ritirai. Non volevo fare la figura della tipa troppo facile, percio' cominciai a stuzzicarlo a modo mio, punzecchiandolo come era mia abitudine.

«Che gentile! Non e' che ci stai provando?»
«Beh perche' non dovrei? Non ti interesso? Ti da fastidio?»

Spalancai gli occhi. Altroche' se mi piaceva!

«Non sembri uno di questi sbandati qua dentro! Perche' dovrei allontanarti cosi'? Non sarebbe giusto. E poi per prima quello che hai fatto prima ... Appunto! Grazie! ... io davvero non so che cosa dire... »
«Non dire nulla. Sei cosi' carina quando mi ascolti. Potrei parlare sempre io; ho cosi' tante cose da dirti e da chiederti! Non ho mai visto ragazza piu' bella di te»

Lo guardai con gli occhi lucidi. Ammirai i suoi capelli, la sua bocca e il suo stile incantevole.
Non avevo mai incontrato nessuno di tale classe da indurmi ad amarlo fin dalla prima parola, nessuno cosi' galante e allo stesso tempo spregiudicato da fare l'ironico gentil'uomo. Rimasi in silenzio a contemplarlo, lasciandogli intuire che avrei apprezzato qualsiasi cosa mi avesse chiesto, purche' intendesse sempre un lui ed un me.

«Di dove sei? Dall'accento si direbbe che sei della zona!»
«Si' infatti! Abito ... nei quartieri ricchi di Mehight»

Alessandro mi guardo' sbigottito.

«Ehm ... non fare quella faccia! Non ho molti soldi! Ho solo una casa molto grande!»
«Beh! Cavoli! Per mantenerla pero' i tuoi dovranno fare dei lavori molto ambiti!»
«Si' ... in effetti .... meglio tralasciare! Tu invece?»
«Io sto nella zona centrale, quella sotto il colle dei quartieri ricchi, vicino al parco McLong. Penso che tu abbia presente quale»

Annuii. Adoravo quei posti!

«E' bellissimo! Peccato che li' ci abiti il terrore della nostra scuola, Cassy!»
«Dai!! Non mi dire! Anche tu vieni alla Tokyo Law High School?!?»
«Si'! E sono nella sua sezione!»
«Deve essere terribile!»
«No dai! Basta studiare e ... non sbagliare la merendina della macchinetta quando lei ti manda a prenderla»

Fu allora che scoppiammo a ridere entrambi. Ci accasciammo quasi l'uno sull'altra come vittime di un umorismo terribilmente realistico.
Entrambi conoscevamo coetanei trucidati delle torture di Cassy e la cosa, per quanto terribile fosse potuta risultare, non faceva altro che incrementare la nostra voglia di risate. Quando ripresi fiato mi accorsi di essere fra le braccia di Alessandro, stretta in un tepore intrinseco di passione semplice e d'amore. Chiusi gli occhi immedesimandomi nella parte della sua possibile ragazza.
Non sarebbe stato molto difficile trasformare quel sogno in realta'. Avrei potuto davvero ottenere quello che desideravo.
I suoi baci, le sue attenzioni, il suo amore, il suo calore. Erano davvero cose possibili, anche troppo forse e la situazione camminava in bilico fra il disinteresse ed il piacere fisico. Non volevo che il rapporto che si era appena instaurato cadesse sul banale, non l'avrei mai permesso. E mentre pensavo a cio' sentii una sua mano accarezzarmi i capelli. Alessandro ...

«Ehi! Ti va se usciamo da questo postaccio? C'e' troppo rumore!»
«Te lo stavo per chiedere io!»

Sorrisi dirigendomi a tentoni verso la porta di ingresso. Alessandro mi teneva per mano, come per non perdermi fra quella massa di gente ondeggiante e me la accarezzava come per rassicurarmi.
Una volta fuori dal locale continuo' a stringermela, indicando una fermata dell'autobus illuminata dai lampioni.

«Sediamoci la'!»

Mi disse. Lo seguii volentieri ed una volta giunti a destinazione lo fissai incredula.

«Non ti piacciono le discoteche?»
«No! Per niente! Ma da quel che vedo nemmeno a te Cloe!»

Arrossii.

«Si', ma questa e' la prima volta per me. Io le odio e le evito, ma tu ... se non ti piacciono perche' ci vai?»

Il sedicenne abbasso' lo sguardo imbarazzato.
Sapeva di aver fatto la figura dell'incoerente, ma ben presto questa consapevolezza fu sostituita da un'altra ancora piu' squallida e la sua espressione cambio' radicalmente. I suoi occhi, da rabbiosi e brillanti si trasformarono in pietre nere oscurate dall'ombra dei capelli. Improvvisamente mi ritrovai dinanzi un altro individuo.

«E' ... difficile da spiegare»

Inarcai un sopracciglio.

«Cioe'?»
«Dunque ... mettiamola cosi'. La mia non e' una vita molto facile. E' una vita che non mi va molto a genio.
Mio padre e' sempre assente, mia madre ... per me non e' mai esistita. La famiglia non e' un punto di riferimento e la scuola non mi e' mai piaciuta.
Ho i miei hobby, i miei interessi e quelli che mi vengono imposti dai miei superiori. E' sempre tutto cosi' monotono, percio' vengo qui. Sono disposto a pagare anche venti dollari al mese pur di constatare tutti i weekend che esistono persone peggiori di me. Persone che si ubriacano e via dicendo ... non vivono di certo meglio di me. Beh! Lo so! E' una ragione insolita ed e' ancora piu' strano che io ne parli con una persona che nemmeno conosco. Non ci sto facendo una bella figura ... »
«Non e' vero!»

Dissi convinta

«E' una motivazione piu' che plausibile! Migliore certamente di quelli che, come la mia amica vanno in discoteca soltanto per divertirsi con la birra. E' anche molto romantica!»

Alessandro si volto' di scatto verso di me, imbarazzato ed allo stesso tempo incuriosito dalla mia affermazione.

«I-in che senso ... romantica?»
«Romantica nel senso di profonda. E' quasi una situazione poetica! E' molto bello! Mi piace! Tu non sei come gli altri e questo lo conferma! E' curioso averti trovato nel posto dove non avrei mai guardato»
«Vale lo stesso per me. Lo avevo capito subito, anche dal modo in cui sei caduta a terra. Hai una grazia ed una eleganza nel modo di essere che non e' comune. Ti ho cercata a lungo, sono felice di poterti conoscere. Finalmente»

Detto cio' non aspettammo oltre. Avevo capito che Alessandro era un ragazzo speciale ed ogni parola che veniva pronunciata dalle sue labbra riconfermava sempre piu' la sua bonta' d'animo. Ed io non ebbi piu' dubbi. Era quello giusto. Era lui, Alessandro. Percepii le sue mani calde cingermi la vita ed accarezzarmi il volto. Socchiusi gli occhi e fremendo di gioia avvicinai le mie labbra alle sue, lentamente, dolcemente.
Due dita presero il mio mento come per ottenere il controllo della mia bocca ed io, di conseguenza ,mi protesi verso il suo viso.
Mancava poco, davvero tanto poco per tagliare il filo del traguardo, ma il colpo secco di una porta ci fece improvvisamente sobbalzare.
Mi voltai verso l'ingresso quando vidi una ragazza in minigonna rosa leggermente barcollante.

«Oh no! E' lei!»

Dissi.

«Lei? Lei chi?»

Alessandro non fece nemmeno in tempo a guardare la nostra coetanea che subito impallidi'. Si alzo' di scatto dalla panca e comincio' a chiamarla per nome.

«MISA! CHE CAZZO CI FAI QUI!»
«LA CONOSCI?!?»

Domandai piu' intimorita che incuriosita. Il ragazzo mi guardo' quasi mortificato. Era spaventato, ma allo stesso tempo furioso, ribolliva odio e sentimenti di compatimento verso la mia amica che nel frattempo ci aveva raggiunti.

«FRATELLINO! CLOE! CHE CI FATE INSIEME?»

Sbiancai improvvisamente e cominciai a fissare la panca senza dire nulla.
Non ci credevo!
Lo aveva chiamato "fratellino".
Inizialmente pensai che fosse un banale soprannome, tra amici si usava, ma in seguito, osservando il loro modo di comunicare, dovetti ricredermi.
Io, Cloe Hasani, come una vigliacca sgualdrina, stavo intessendo una relazione con il fratello della mia migliore amica, senza saperne nulla e senza dire nulla alla diretta interessata.
Mi coprii il volto con le mani accasciandomi sulla panca su cui ero seduta. Ero caduta davvero tanto in basso.

«Tu ... lei .... oddio!»
«GIA'! ODDIO!»

Ribadi' Misa stizzita.

«Posso capire che ti piace mio fratello! Ma potevi dirmelo subito! Scoprirlo cosi' e' orribile!»
«Hai ragione! Misa, io pero' non sapevo che ... io ... »
«BASTA!»

Esclamo' Alessandro sbattendo un pugno sul lampione piu' vicino.

«LASCIAMI VIVERE LA MIA VITA! COME IO LASCIO CHE TI SCOPI IL PRIMO CHE PASSA, TU LO STESSO! NON IMPICCIARTI!»

Amane, prima barcollante, divenne ben presto una belva feroce. Strinse i pugni traboccante di rabbia e guardo' in cagnesco il fratello ferito.

«COL CAVOLO! MI IMPICCIO INVECE! TU SEI MIO FRATELLO! IO SONO TUA SORELLA! ABBIAMO LO STESSO SANGUE E VIVIAMO SOTTO LA STESSA CASA! E RICORDATI ANCHE CHE TU SEI UN .... »

La ragazza non fini' di parlare. Si porto' una mano alla bocca come per interrompersi e per troncare sul nascere quel discorso che ormai stava prendendo il via.
Non capii il motivo esatto di quel gesto; pensai fosse per trattenersi dal ricorrere a termini poco raffinati, ma evidentemente doveva nascondere qualcosa di ben piu' grave.
Infatti, entrambi si voltarono immediatamente per studiare la mia espressione e per captare qualche dettaglio sospetto, ma con sorpresa si accorsero dei miei singhiozzi e del mascara che mi colava fra le dita.

«Cloe!»

Esclamo' il ragazzo mentre mi si avvicino', ma la sorella, presa da un moto di rabbia, mi abbraccio' e lo spinse via con poca grazia.

«Tu a lei non la tocchi! CHIARO? Hai gia fatto abbastanza!»

Ribadi' Misa.

«Mi dispiace, Cloe, non avrei dovuto lasciarti da sola per quel tipo! Anzi! Non avrei proprio dovuto portarti qui! Non piangere! Ora ti riporto a casa!»
«D'accordo»

Dissi fra i singhiozzi. Mi sentii un verme, indifesa, e derisa da quello sguardo di Alessandro che mi lasciava fuggire. Sarei voluta rimanere, non me ne sarei andata se soltanto avesse fatto qualcosa per impedirlo .... Percepii la mano della mia amica cingermi la vita e l'altra accarezzarmi le spalle come per sostenermi lungo il cammino infinito della lenta morte, ma niente avrebbe potuto rimediare quella serata che ormai era stata classificata disastrosa. Niente.
E mi voltai, speranzosa, asciugandomi le lacrime e senza dire una sola parola per incrociare gli occhi di quel bel ragazzo a cui davo le spalle, ma cio' che trovai fu un individuo che mi salutava con il palmo della mano, che mi chiamo' per nome e mi urlo':

«Mi faro' perdonare! Scusami! Mi dispiace! Ti prometto che ci rivedremo presto ... dolce Cloe!»

Cosi' mi ripulii dal trucco ormai rovinato e, sorridendo, ripresi a camminare a testa alta. L'avrei incontrato ancora, ma non potevo immaginare che cosa sarebbe accaduto in seguito. Davvero non potevo.
E fu cosi' che man mano l'inesorabile penna del destino inizio' a scrivere la nostra triste, lunga ed inesorabile storia.

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Capitolo 7
*** Cap.6: L'eredita' dannata ***


«Ehi, Cloe! Guarda! Quello ti piace?»

Disse sorridendomi e indicandomi un fiore rosa dalle sfumature fucsia.
Una folata di vento fece muovere una ciocca dei suoi capelli, scoprendo un paio di bellissimi occhi color terra.

«Wow! Alessandro, e' bellissimo! Che cos'e'?»

Domandai accostandomi al ragazzo. Questo, con fare tranquillo e pulito, mi passo' una mano sulle spalle e mi avvicino' a se', guardandomi dolcemente per qualche istante.

«E' un Rododendro. Si dice che sia il fiore del fragile incanto perche' e' molto delicato. Alcuni ritengono che sia l'emblema della prima dichiarazione d'amore, lo sapevi?»

Scossi il capo arrossendo.

«Davvero? E' una cosa ... m-molto romantica»
«Gia'! Ne vuoi uno?»

Mi propose. Detto cio', spostai la mia attenzione dall'arbusto all'interlocutore che approfitto' della situazione per accarezzarmi il braccio.
Lo fissai portandomi le mani sulle gote che improvvisamente divennero bollenti di passione, vergognandomi di mostrare una cosi' grande insicurezza.
Mi piaceva il sorriso di Alessandro, generoso e sempre spontaneo, che non giudicava e non aveva intenzione di farlo. Mi accettava cosi' com'ero, apparentemente timida ed introversa, quanto trasgressiva ed appassionata nel profondo. Adoravo stare in sua compagnia e l'accento delle sue parole, tanto particolare da comunicare quel che di insolito si poteva trovare in una creatura cosi' perfetta, cosi' brillante, cosi' ... tutto; tutto cio' che avrei mai potuto desiderare.
Con questi pensieri, che tingevano repentinamente di porpora il mio volto, strinsi con affetto la sua mano, assaporandone quel tepore benevolo.

«Non lo strappare per me. Lascialo li'. E' cosi' speciale!»
«Lo sarebbe ancor piu' fra i tuoi capelli, Cloe»
«Ma e' cosi' bello!»
«Mai quanto te»

Alessandro si scosto' rapidamente e avvolse il mio viso fra le sue dita calde.
Quel contatto, quella sensazione, quel piacere momentaneo mi fecero sobbalzare ed accesero nel mio ventre una fiamma tanto ambita quanto proibita. Giocavo all'equilibrista nel decidere se rimanergli avvinghiata o meno, camminando sul filo della confusione, ma l'asta mi fece precipitare nella parte ov'era piu' semplice atterrare incolume.
Rimasi, percio', immobile e chiusi le palpebre come piacevolmente rassegnata, lasciando che il respiro del mio amato si impossessasse di me sempre di piu', ma improvvisamente quel calore, la sua ombra ed il suo odore si allontanarono.
Quando aprii gli occhi lo vidi mordersi il labbro e stringere i pugni, trattenendo quella voglia istintiva di toccarmi e di farmi sua. Mi guardo' furtivamente come per scusarsi di quel gesto inconsulto e studiare la mia espressione alquanto perplessa.
Nel veder scorrere due gocce di sudore sul suo collo mi sorse sopontanea una domanda: perche', dopo quel pomeriggio fantastico, non volle baciarmi?

«Cloe ... io ...»

Disse Alessandro inspirando rumorosamente con la bocca.

«Si'?»

Lo vidi portarsi le dita fra i capelli, grattandosi il capo, ed abbassarlo, lasciando che i capelli coprissero il suo volto deformato da una smorfia di rabbia repressa.

«E' ... e' meglio che ti riaccompagni a casa. Si sta facendo buio e di sera non gira bella gente, non voglio ti succeda niente»

Inarcai le sopracciglia delusa.
Non sarei voluta tornare cosi' presto, non senza aver capito il perche' di quel suo status.
Ma lo studiai, lo guardai bene, radicalmente trasformato, consumato dal senso di colpa e da .... qualcos'altro. Non me la sentii di obiettare e mi feci guidare dal suo braccio forte e muscoloso sulla via del ritorno.

«Grazie Ale»
«Eh? .... no. Non mi devi ringraziare. Non sono in grado di ...»
«Non e' vero»

Lo interruppi.

«Abbiamo tutta una vita davanti, no? Non farti problemi. Io ci saro' sempre per te. Sempre»

L'espressione di Alessandro cambio' improvvisamente.
Da smunta e triste ch'era, divenne affettuosa ed amabile. Mi strinse a se' con quel suo fare da gentil'uomo, stampandomi un bacio sulla guancia ed accarezzandomi la testa.

«Grazie, Cloe. Come farei senza di te»

***

In America calo' il buio e la notte si impossesso' delle abitazioni di una citta' passata alla storia per il furto piu' grave di tutti i tempi. A MeHight il silenzio regnava sovrano ed i lampioni divoravano quel poco che illuminavano delle strade e dei marciapiedi. Tutto sembrava voler celare una verita' che si nascondeva in una sorta di turbinio d'angoscia e di tenebre, che divoravano i cuori di chi le covava nell'animo. Tutto preannunciava una nottata di tormento e di solitudine.

«Ale, sei tu?»

Domando' una voce femminile all'interno di una abitazione.

«Si', Misa, aprimi per favore!»
«Prima dimmi se e' successo qualcosa!»

Disse la ragazza con fare da carceriere.
Dall'altro capo, il fratello sbuffo', rispondendo a tono.

«Dai! Fammi entrare! Fa freddo!»
«DIMMI SE E' SUCCESSO QUALCOSA O TI CHIUDO FUORI!»
«Cazzo Misa! Ho fatto come mi hai detto! Non l'ho sfiorata! Mi fai entrare adesso?»

Amane schiavo' la serratura e libero' l'ingresso al fratello, richiudendo la porta al suo passaggio.

«Non ci credo che non l'hai sfiorata!»
«TI DICO CHE NON L'HO FATTO! HO FATTO COME MI HAI DETTO TU! NON L'HO BACIATA!»

Detto cio' Alessandro si guardo' attorno incuriosito, alla ricerca di qualcuno. Poi, non trovando nulla di cio' che gli interessava, chiese conferma alla sorella.

«Papa' e' in casa?»
«No! Ci mancherebbe altro!»

Esclamo' la ragazza.

«Lo sai che e' coinvolto nelle indagini contro di noi! A quanto pare non sono messi nemmeno tanto bene!»

Esclamo' la ragazza sorridendo.

«Ingarbugliati come sono, quegli investigatori non sapranno mai che sotto questa storia ci siamo noi spie, vero Ale?»
«Gia' ...»

Confermo' abbassando lo sguardo. Lui, sapeva. Sapeva di essere un mostro dalle sembianze ingannevoli. Era un criminale, una spia e per di piu' l'agente d'azione che aveva rubato abilmente i documenti dell'esplosivo nucleare senza lasciare alcuna traccia.
Pensando a cio' che mi aveva raccontato, si porto' una mano sul volto, celandolo da una vergogna piu' assassina del suo arsenale d'armi.
Il povero Alessandro non era altro che la regina di una scacchiera dai pedoni neri; neri come il sangue coagulato. Aveva accettato di non poter rimediare la sua situazione, si era appropriato di tecnologie avanzate per attenersi agli ordini dei superiori e aveva imparato a masticare quello che definiva "lavoro", ma in realta' aveva capito tutto fin dall'inizio.
Sapeva che giocando con il fuoco sarebbe finito per scottarsi, sapeva quanto poteva valere fra i suoi simili ed aveva intuito che il suo destino, il suo attuale presente ed il suo prossimo futuro erano gia' stati discussi e prefissati da una genitrice defunta ben poco seria, corrotta dall'ottica dell'interesse e da una dottrina peccatrice. Il tutto, poi, era condito dall'eterna battaglia contro uno sbirro ormai distrutto da una vita fin troppo crudele per essere vissuta.
Era questa la sua vita, doveva accettarla, senza ribattere, altrimenti la morte si sarebbe appropriata di quegli occhioni e di quell'animo cosi' galante. Non avrebbe mai permesso al padre di sopportare un'altra perdita; la morte della loro madre era gia' abbastanza per tutti e la mancanza di una moglie aveva tolto al loro genitore la lucentezza del suo sorriso.
Cosi', impotente, strinse i pugni sfogando un'ira assetata di giustizia e mordendosi la lingua fino a far uscire sangue.

«E' per questo che ti dico di non impegnarti con Cloe! Lo capisci? Non possiamo permettercelo. E' inutile che mi guardi cosi'! Se ti sto dicendo di non avere una storia con lei e' proprio perche' siamo criminali, Ale! Ricordati che nostra madre e' morta e che, per il codice morale degli agenti, noi dobbiamo continuare quello che lei ha iniziato! La nostra squadra parla chiaro! Noi siamo i membri dei Dark Savers Killers, della DSK, DI UNA SQUADRA DI SPIE! Alessandro, te lo ricordi, vero?? Te ne rendi conto?!?»
«CERTO CHE ME NE RENDO CONTO! NON E' QUESTO CHE MI INFASTIDISCE! E LO SAI BENE! ... QUELLO CHE DEVE FARE IL LAVORO SPORCO SONO IO! IO! SEMPRE IO! SE MI BECCANO SONO FINITO, PERCHE' VOI ALTRI DOPO TROVATE SEMPRE UN MODO PER PARARVI IL CULO! NON E' VERO?»

Alessandro, notando gli occhi lucidi della sorella, si morse un labbro istintivamente ed abbasso' lo sguardo.

«Non dirmi che non e' vero, Misa! Tu sei una grande stronza. Ho visto bene come lavori!»
«Ma io lo faccio solo per te! Io ti voglio bene!»

A queste parole l'istinto rabbioso di Ale non seppe piu' contenersi. Improvvisamente colpi' con un pugno la porta d'ingresso, bozzandola proprio nel centro.

«NON DEVI PRENDERMI IN GIRO! TU! Tu ... non sai nemmeno mentire! Sono stanco! DI TE E DI TUTTO! Quello che per poco non si fa ammazzare per quei fottutissimi documenti sono io! Quello che non puo' vivere una vita normale sono io! Quello che deve strisciare dentro i condotti d'aria della caserma sono sempre io! Basta! Io amo una persona adesso ... Non e' giusto che debba ferirla. E' tutta colpa di nostra madre! MALEDETTA DONNA! Adesso, per colpa del codice dell'eredita' siamo costretti a fare le sue stesse stronzate. NON MI STA BENE! Io sono stanco»

La sorella si avvicino' dolcemente per accarezzare la spalla del ragazzo, ma questo la allontano' violentemente facendola quasi cadere a terra.

«Non mi toccare!»
«Ma ... ALE!»
«ME NE VADO IN CAMERA A DORMIRE! VEDI DI STARTENE ALLA LARGA!»

Un altro rumore forte e violento risuono' nella casa, concludendo una discussione gia' nera e lugubre.
Misa non disse nulla; si volse soltanto a guardare il tracciato immaginario che Alessandro aveva lasciato dietro di se', sorridendo malignamente ad una situazione che, in fondo, le faceva anche comodo. Lei non diceva (e si guardava bene dal dirlo) che parte dello "stipendio" del fratello finiva nelle sue tasche luride, ma quel denaro non soddisfava il suo vuoto che lasciavano le amare parole di sdegno del fratello.
Cosi', intascando la busta paga del suo sporco lavoro di tramite, se ne ando' in camera e spense le luci, trasformando in tal modo i corridoi della casa in un labirinto di tenebre infernale.

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Capitolo 8
*** Cap.7: Il riflesso di sangue ***


Come nella notte scura e cupa le anime si distengono languide e prive di volonta', al mattino i raggi del sole le colpiscono con violenza, destandole da un sonno apparentemente eterno.
Uno spiraglio di luce illumino' quella piccola MeHight ancora assopita; le sveglie suonarono, le finestre si spalancarono ed un nuovo giorno ebbe ufficialmente inizio. Eppure, nonostante il cielo fosse ormai chiaro, c'era qualcuno che non ne voleva proprio sapere. Gli alberi rigogliosi, il profumo dell'aria aperta ed il venticello fresco non lo attiravano affatto, anzi, sembravano renderlo ancora piu' intrattabile. Costui se ne stava raggomitolato fra le coperte calde del suo letto, con i suoi capelli castani arruffati e sparsi sul cuscino e con gli occhi nascosti dietro un paio di pesanti palpebre, ignaro dell'intruso che si era appena intrufolato nella stanza.
Il riluttante si giro' e rigiro', si avvinghio' al materasso e cambio' piu' spesso posizione, finche' quel colpo secco tipico delle vecchie serrande lo fece sobbalzare.

«SVEGLIA PELANDRONE! DOBBIAMO ANDARE A SCUOLA!»

Lo chiamo' una voce femminile.
L'interessato, sveglio e spaventato, non si mosse e rimase coricato sul materasso.

«Alessandro! Svegliati ... o ti butto giu' dal letto!»

Qualcosa stropiccio' le coperte. Un paio di dita, intrufolatesi fra le pieghe delle lenzuola, scoprirono un volto dai lineamenti armoniosi, facendosi strada fra le chiocche dei suoi capelli.

«Vedo che cominciamo a capire! Su! Adesso apri gli occhi e muoviti, che oggi ho il compito di chimica!»
«Eh?»

Alessandro si stropiccio' le palpebre una, due, tre volte, assicurandosi di non rimanere accecato dalla luce del sole una volta scoperte le pupille.
Sbadiglio', si allungo' e guardo' la sorella piu' di una volta ed a quel punto noto' un "piccolo" dettaglio.
Strabuzzo' gli occhi, si rizzo' di colpo in piedi ed il suo volto si tinse di rosso.

«M-MISA!?! I-IN BIANCHERIA INTIMA NELLA MIA STANZA?!?»
«Che hai?»

Rispose tranquillamente.

«Non posso girare in mutande per casa? Ti ricordo, caro Ale, che qui ci abito anche io!»
«S-SI MA ... MEZZA NUDA!»
«E allora? Non hai mai visto una donna?»
«Puah! Eccome se l'ho vista! Pero' ... Ehm ... andiamo! Lo hai detto tu che non ti piaceva essere guardata! Se fai cosi', mi provochi!»
«Si', si' ... lo so! Voi uomini guardate anche le parenti! Poi a te basta niente per ... »
«FALLA FINITA!»

La interruppe bruscamente Ale.

«Uuh! Ma come siamo suscettibili! Non e' che ti arrabbi perche' sai che ho ragione?»

Misa rise silenziosamente.
Una sua mano, candina e bianca, si diresse verso la bocca per nascondere una ironica malizia tipica del suo falso modo di essere, mentre l'altra scivolo' intrepida ed impulsiva sul letto del ragazzo con l'intento di spazzare via le pieghe delle lenzuola. Dalla posizione eretta che aveva, Amane si piego' sinuosamente, in modo tale da poter arricciare i bordi delle coperte e calcolo' il tutto cosi' minuziosamente che il fratello, posizionato proprio dinanzi a lei, non avrebbe potuto evitare di ammirarla estasiato. E cosi' avvenne.
L'occhio di Alessandro cadde su quel reggipetto striminzito che a malapena sosteneva un seno di almeno due taglie in piu'. Inoltre, quella vita perfetta senza eccessi e senza difetti, si armonizzava perfettamente con un fondoschiena che permetteva alla mente di goderne gratuitamente la vista. Quella era davvero sua sorella e, in quel preciso istante, Ale capi' quell'inarrestabile potenziale che la rendeva una delle ragazze piu' ambite fra i suoi coetanei.

«Ale? Alessandro Tanicuchi? Sei ancora sulla Terra?»
«Eh? Cosa? ..... Si' .... credo»

Rispose senza distogliere lo sguardo dalle sue curve.
La bella serpe sorrise malignamente e lo fulmino' altezzosamente.

«Sara' meglio che vada; non voglio assistere a certi spettacoli ... »

Cosi' dicendo, Misa si ricompose rapidamente e si diresse ancheggiando verso la porta della stanza. Appoggio' il palmo della mano sul muro come per accarezzarlo e si fermo' improvvisamente, ruotando il capo come per sbirciare i movimenti del fratello. Il ragazzo, con il volto in fiamme, afferro' i vestiti in fretta e furia, si cambio' e diede un'ultima occhiata alla bella sorella.

«Sara' meglio andare o facciamo tardi a scuola!»
«Io ... io non vengo piu'! Ho cambiato idea! Ti lascio andare da solo! Anche perche' poi la chimica non e' il mio forte e non ho assolutamente intenzione di prendere un votaccio»
«Sara'! Ma non e' che non vai a scuola per non voler incontrare il tipo dell'altro giorno in discoteca?»

Misa strabuzzo' gli occhi inferocita.

«ALLORA TU SPII LE MIE TELEFONATE CON CLOE!»
«Veramente quando chiami tu urli! Urli sempre ... e' impossibile non notarti ... in un modo o nell'altro devi sempre attirare l'attenzione»

Ale afferro' prontamente il materiale necessario e lo mise in cartella. Sotto lo sguardo malizioso della sorella, si carico' lo zaino e si avvicino' al punto in cui le dita di Misa stavano ancora appoggiate al muro. La guardo' tentando di controllare il suo istinto e trattenendosi dall'impuntarsi su alcune curve proibite, ma la ragazza prese una ciocca dei suoi capelli castani e la arriccio' per gioco.

«Ale ... dimmi una cosa»

Disse sinuosa. Lui degluti' senza fiatare. Pensare cosi' di sua sorella ...

«Se io non fossi stata una Tanicuchi, che avresti pensato di me?»

Alessandro spalanco' la bocca. Sapeva bene cosa avrebbe potuto provare, ma la necessita' del riferirle la risposta era combattuta fra l'incontenibile istinto maschile e la moralita' dei legami di sangue; una moralita' non trascurabile da un orgoglio altrettanto invadente ed ingiusto.
Apri' la bocca come per rispondere, ma poi fisso' gli occhioni azzurri di lei, chiedendosi come mai le importasse tanto conoscere un dettaglio del genere, perche', difatti, era un dettaglio, uno stupido, imbarazzante, compromettente e inutile dettaglio. Si puo' anche evitare di affrontarli, no? Forse, fu proprio facendo leva su questa etica che il ragazzo decise di non fiatare. Si degno' soltanto di dirle di tornare sotto le coperte ed abbandono' la casa piu' confuso che mai.
Nella sua testa c'erano soltanto immagini di sua sorella, la sua bella sorella, la sua sorella in biancheria. Bella, bella, molto bella, bellissima e attraente. Se la immaginava sotto i diversi riflettori del suo carattere, del suo modo di fare, di quella sua meschinita' diabolica e peccatrice.
Lei, che ad un tratto cerca di sedurre suo fratello, lei che la sera prima lo aveva preso in giro, ferito, deriso. Lei ...
Se lo ripeteva e ripeteva senza poter evitare di ricordare le sue belle curve, il suo bel petto, chiedendosi anche se il mio fosse stato altrettanto perfetto. Troppi pensieri ... per poter tenerli tutti dentro.

«Misa ... »

Disse fra se' e se'.

«Che intenzioni avrai mai ... brutta e sporca spia! Che ti frullera' nella testa, lo sai soltanto tu ... »

Sospiro', si armo' di coraggio e si aggrappo' alle spalline dello zaino, proseguendo a testa bassa. Era cosi' preso da se stesso e cosi' distratto da non accorgersi di un altro individuo il quale gli si stava dirigendo contro. Anche questo era serio, cosi' tanto immedesimato nella sua vita da tenere anch'egli il capo chino sul petto, coprendosi i lineamenti del volto con le ciocche di una chioma color carota. Lo sconosciuto, che avra' avuto piu' o meno la stessa eta' di Alessandro, alzo' lo sguardo soltanto per muovere il collo, facendo brillare alla luce del sole i suoi iridi di cielo. Sbatte' piu' volte le palpebre colpite dal sole, scosse la testa un paio di volte senza prevedere a cosa stesse andando incontro e non appena si accorse di quella chioma castana, si ritrovo' a terra con un dolore lancinante all'osso sacro. Alessandro, adirato per lo scontro inaspettato, si porto' una mano sulla fronte e, deciso ad attaccar briga, parlo' per primo.

«Cacchio! Ma guarda almeno dove vai!»
«Vale lo stesso per te!»

Rispose il coetaneo continuando a fissare il terreno.

«Ma se sei tu che mi sei venuto a sbattere!»
«Come se fossi cascato soltanto te!»

Alessandro, dolorante e visibilmente infastidito, strinse i pugni e lo squadro' in cagnesco, aspettando che il suo rivale rispondesse con uno sguardo altrettanto pungente, ma, non appena questo lo accontento', la sua espressione cambio' radicalmente. Da maliziosa e impetuosa qual'era si deformo' in qualcosa di piu' simile ad una rappresentazione esasperata di un puro ed ingenuo terrore.
Indetreggio' gridando, quasi graffiando le mattonelle del marciapiede, accompagnato dalla stessa reazione del coetaneo. La strada per fortuna era deserta, perche' nessuno avrebbe dovuto assistere ad un fenomeno del genere, cosi' tanto inusuale quanto rivoltante. Quel ragazzo, che nemmeno conosceva e nemmeno aveva mai visto prima, era identico a lui in tutto e per tutto. Stesso naso, stessa forma delle labbra, stesso taglio degli occhi e stessa corporatura. Anche i lineamenti del viso sembravano appartenere a quelli di Alessandro, senza alcuna differenza. Se non fosse stato per il diverso colore degli occhi, dei capelli e della pelle, si sarebbe potuto tranquillamente dire che erano la medesima persona. Proprio cosi'. Ma era davvero possibile una cosa del genere?
Nella naturale diversita' che caratterizza la complessita' di ogni essere umano, puo' davvero essere ammessa una somiglianza cosi' forte? Oppure quegl'iridi azzurri apparentemente clonati erano il prodotto di una matrice sostanzialmente artificiale?

«Ma tu ... tu chi diavolo sei?!?»

Domando' Ale additandolo ancora tremante. Lo sconosciuto, ancor piu' scioccato del coetaneo, non rispose. Mosse leggermente la bocca, ma non riusci' ad aprirla; era come se fosse prigioniero di una gabbia su misura per entrambi, costruita e progettata minuziosamente da qualcun altro, ma da chi?
Nessuno dei due riusciva ad accettare una uguaglianza frutto di un caso cosi' spietato da averli fatti congiungere in quel modo. Era impensabile ipotizzare ad una eventualita' del genere. Sotto doveva pur esserci qualcosa, doveva! Si'! Altrimenti come spiegare tutte quelle caratteristiche fisiche perfettamente identiche? Come giustificare, poi, una tale paura?
Se ad Alessandro l'attrazione per sua sorella era sembrata una deviazione devastante, questo lo aveva condannato ad una vita piena di domande, di problemi e ad una caccia al tesoro che sarebbe durata piu' della sua stessa vita. Tanti misteri e nessuna soluzione possibile ... ma perche'?
Che cosa avrebbe fatto d'ora in avanti?
Che cosa gli avrebbe mai potuto suggerire l'ingegno della mente riguardo al suo futuro?

«ALESSANDRO!»

Una voce, la mia voce, fece sobbalzare entrambi gli sventurati. Alessandro' strabuzzo' gli occhi fissando il nulla, piu' disperato che mai.
Che cosa avrebbe potuto dire a me, Cloe Hasani?
Avrei sicuramente notato la terribile affinita' e la scusa del tipico cugino londinese non poteva reggere! Come avrebbe reagito quel suo sosia, poi? Sarebbe stato al gioco? E se avessi chiesto a Misa altre informazioni a riguardo? Sarebbe venuto fuori tutta la verita'! O quasi ...
Il povero ragazzo non riusciva piu' a connettere. Rimase seduto a terra, a cercare di riprendere il controllo della situazione, ma le sue membra erano come morte e l'anima vagava chissa' dove ...
Non c'era piu' tempo. Io mi stavo avvicinando sempre piu'.
Forse quel ragazzo poteva essere collegato al suo sporco lavoro da spia e se davvero lo fosse stato? Nel suo cervello si venne a creare anche questa possibilita' la quale mostrava un orizzonte piu' che certo: la morte. E passo dopo passo il rumore si faceva piu' vicino. I miei tacchi sembravano come le lancette irraggiungibili di un tempo che segnava la fine ormai prossima del giovane Tanicuchi. Era soltanto questione di tempo.
Ma ecco uno spiraglio di luce.
Il ragazzo dai capelli color carota scatto' improvvisamente in piedi, facendomi istintivamente frenare. Ero ormai a pochi passi da Alessandro, percio' vidi bene il volto di quel ragazzo e non potei fare a meno di confrontarlo con quello del mio amico, ma non ebbi la possibilita' di attribuire il giusto peso alla situazione.
Mi fisso' imbarazzato con quegl'iridi azzurri e mi disse.

«Scusate, ma devo andare, mi sono gia' trattenuto abbastanza!»

Lo guardai perplessa correre via, senza avere il coraggio di controbattere quella bellezza cosi' familiare. Bellissimo, bellissimo davvero. Bellissimo come Ale.
Abbassai lo sguardo e studiai bene il ragazzo ancora seduto, accorgendomi con stupore che non si era mai mosso da terra; era rimasto sempre immobile, quasi paralizzato, traumatizzato da quell'incontro scioccante.

«Ale che hai? Stai bene?»

Lui non mi rispose.

«Ale?»
«Credo ... credo di si' ... »
«Mi spieghi che ci fai a terra allora?»
«Io ... non lo so»

Sbuffai con superficialita' e lo aiutai ad alzarsi. La sua cartella era un macigno.

«Dai Ale! Che se non ci sbrighiamo faremo tardi a scuola! Non oggi che ti faccio conoscere quelli del comitato studentesco!»

Detto cio' l'interessato sembro' quasi riprendere vita.

«I-il comitato studentesco? Ma aspetta io non... »
«Tu non dire niente! Hai bisogno di conoscere gente nuova e di vivere una vita normale!»
«Ma io vivo gia' una vita normale!»
«Se per te e' normale stare seduti in mezzo alla strada e andare in giro con quello zaino orribile, allora sei davvero normalissimo! Peccato che i tuoi standard non siano proprio ... comuni!»

Lo stuzzicai con una punta di ironia.

«Ah! Che spiritosa!»
«Lo so! Lo so! Ma dobbiamo muoverci!»

Cosi', lo afferrai per una manica, trascinandolo sopra la mattonella incriminata. Alessandro si volto' un'ultima volta per guardare quel punto preciso, ponendosi tante domande e pensando a cosa avrei mai potuto dire a riguardo. Ma la mia voce stridula e la mia gioia incontenibile fecero passare in secondo piano ancora una volta tutto il resto. In quel momento Ale capi' che avrebbe dovuto accantonare quella questione per un bel pezzo, anche perche' non avrebbe mai potuto confidare l'accaduto a nessuno, tanto meno a Misa. Le spie non si devono fidare di nessuno.
Nemmeno del proprio riflesso di sangue.

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Capitolo 9
*** Cap.8: Nenia ***


«Calma calma! Non mi tirare cosi'!»
«Siamo in ritardo Ale! Tantissimo! Non mi era mai capitato di essere cosi' in ritardo in tutta la mia carriera scolastica! Che diranno i professori ... che diranno!»
«Fai piano Cloe!»
«Non posso! E poi ... e poi ... il comitato studentesco! Ho preso appuntamento alla fine delle lezioni! Se mi presento gia' in ritardo dall'inizio della mattinata che cosa penseranno?»
«Eh? Ma che dici!»
«Come!! Non capisci?!?!»
«No! E non capisco nemmeno perche' vuoi farmeli conoscere a tutti i costi!»

Ero disperata. Correvo e correvo senza nemmeno quasi un senso, trascinandomi il mio compagno di sventure.
Erano le otto passate e ancora eravamo per strada, io ed Alessandro. Si', sempre noi due! Sempre noi due in mezzo ai guai, come una coppietta di innamorati inseparabili alla ricerca di qualcosa che infuochi il loro amore. Proprio cosi', perche' difatti lo eravamo. Sarebbe bastato soltanto formalizzare ufficialmente le nostre intenzioni per trasformare quel sogno in realta'; eppure, non so nemmeno tutt'ora perche', ma non si riusciva mai nell'impresa: o era per l'intrusione inattesa di Misa, oppure era Alessandro stesso a tirarsi indietro, perche' stava per starnutire, perche' di qua, perche' di la', perche', perche', perche' .... Non lo so!
Ero in ansia per le mie questioni scolastiche, ma nel frattempo pensavo a tutt'altro e non riuscivo a controllarmi; pensavo proprio a questo mio fardello e tentavo di fuggire da quella presenza che amavo ed odiavo senza voler capire fino a fondo l'esatto motivo, ma al mio ego insaziabile non serviva alcuna giustificazione.
Sentivo il bisogno irrefernabile di portarmelo appresso, non potevo farne a meno, ma nello stesso tempo provavo un senso di schifo, di rabbia repressa, una voglia incommensurabile di picchiarlo e solo perche' ... perche' era terribilmente infantile. Possibile?
Ad un tratto, pero', Ale si fermo' indietreggiando ed interrompendo bruscamente il filone dei miei pensieri.
Mi trattenne la mano constringendomi a tornare con i piedi per terra e mi fece girare' verso di se', appoggiando con forza le dita sulle mie spalle. Vidi i suoi occhi brillare e le sue labbra contorcersi.

«CALMATI! SIAMO QUASI ARRIVATI! IL CANCELLO E' DALL'ALTRA PARTE DELLA STRADA!»
«D-davvero?»

Domandai piu' imbarazzata che mai. Dovevo essere proprio innamorata.

«Beh! Direi! Ma ... che ti prende? Ultimamente non sembri piu' tu! Non fai la stessa strada ogni giorno?!?»
«Che domande! Ovvio che la faccio ogni giorno! La facciamo anche insieme!»

Alessandro, da nervoso qual'era, si calmo' improvvisamente. I suoi iridi color terra mi fissarono come non fecero mai e le sue mani mi liberarono dalla loro presa.

«Tu non sei piu' Cloe Hasani! Hai qualcosa che ti tormenta! Lo vedo! E ... non capisco. Non capisco cosa! Sei suscettibile e ... e ti comporti come se nascondessi qualcosa! Esatto! Questa non e' la vera Cloe, giusto? ... non mi piace»

Lo guardai perplessa, un poco rabbiosa, ma, non appena percepii il messaggio, l'ira divenne un fuoco che brucio' il mio spirito. Proprio lui mi stava accusando dei suoi falli ... ma ... che avrei potuto dire a mia discolpa? Non potevo sputargli in faccia la verita'! Non ancora! Chi ero per poter rivendicare il mio "diritto coniugale" su qualcuno che non avevo ancora "sposato"?

«Certo ... non capisci cosa. Non vuoi capire semmai! Ma non e' questo il punto ...»

Dissi mentre mi voltai dalla parte opposta.

«Quello veramente "innaturale" sei TU! Sei tu che vai in discoteca per .... per un motivo che ancora non ho capito! Sei tu che circa una mezz'oretta fa eri seduto a terra a parlare con quel ragazzo identico a te! Ti comporti in modo assolutamente anormale e vieni a sbattere in faccia a me i tuoi difetti piu' palesi? A me? Gia' ... perche' in fondo e' una cosa normalissima parlare con un tizio che e' il tuo riflesso senza specchio SEDUTI IN MEZZO ALLA STRADA! E poi quella che ha perso il suo "se stesso" chissa' dove sono io! Io che ho le idee chiare e che sto aspettando una tua mossa da tempo ... gia' ... perche' in realta' sei tu quello che finge e spera che la gente non lo veda per quello che e' davvero. Ho paura che tu finga anche su noi due»

Il ragazzo abbasso' lo sguardo senza fiatare. Non aveva il coraggio di parlare; non poteva raccontare cio' che stava vivendo, non a me. E come poter, allora, trovare una giustificazione appropriata per tutto cio'? Avevo ragione ... avevo ragione assoluta: una ragione ineluttabilmente terrificante. Eppure, al di sotto del comune visibile, si nascondeva qualcosa di ancor piu' devastante.

«Cloe ... io ... sono solo preoccupato per te! Non volevo ne' darti della falsa, ne' farti arrabbiare, ne' metterti in testa idee che non sono assolutamente la verita'. Ci tengo tantissimo alla nostra amicizia e molto piu' di quanto tu creda. Mi sono espresso male.»
« ....»

Lo guardai mortificata.

«No .... mi dispiace. Scusami! Non darmi retta ... mi sono ... mi sono lasciata andare! Non penso davvero questo»
«Non ti preoccupare, Cloe. Facciamo finta che non sia successo nulla, ok? Ci vediamo a mezzo giorno, davanti alla porta della sala riunioni. A dopo ... e comunque, a proposito del comitato, io non ...»
«Zitto! Non dire niente!»

In quel preciso istante alzai un dito. Non volevo finisse la frase con quel solito «non ho intenzione di conoscere i rappresentanti del nostro istituto».
Sapevo di fare la cosa giusta per lui e per me; non avevo bisogno che si mettesse ancora in mezzo per ostacolare il suo stesso bene e a dirla tutta non ci tenevo proprio a continuare quella conversazione. Per una volta il compito in classe di chimica sarebbe servito veramente a qualcosa, perche', in quel momento, nient'altro avrebbe potuto eliminare dalla mia mente il pensiero di quella mattinata cosi' turbolenta. Gia'.
Lo guardai sorridendo falsamente. Dovevo fargli intuire che la cosa sarebbe finita li', percio', lo salutai cortesemente e corsi all'interno dell'edificio, troncando ogni sua possibile reazione.
Da quel momento in poi, le cose si sarebbero fatte sempre piu' dure.

***

«ALE! ALE! SONO QUI!»

Un paio di braccia all'aria ed una voce squillante attirarono il ragazzo come un'ape sul bottone d'una margherita. I suoi occhi si illuminarono e sul suo viso prese forma un sorriso senza eguali.

«Cloe!! Dov'eri finita?»
«Ho avuto una discussione con il prof. di chimica. Sono arrivata in ritardo e questo mi penalizzera' di due voti pieni il giudizio finale del compito. Bello eh?»

Alessandro, sentendosi colpevole, abbasso' lo sguardo prendendomi le mani.

«E' colpa mia. Scusami. Se non avessimo discusso questa mattina forse ... non saresti arrivata cosi' tardi e ... e ... e ho pensato molto bene ad una cosa. Volevo dirti che ... ho capito ... che ... »

Lo fissai perplessa. Ci doveva essere rimasto male per parlarmi cosi'.

«Non importa Ale! Ricordi? Questa mattina non e' successo niente .... »

Lo rassicurai sorridendo.

«Giusto! Ma ... adesso ... che facciamo? Entriamo?»

Disse indicandomi la porta con su scritto «Riunioni Comitato Studentesco».
Annuii felicemente e, una volta dinanzi all'ingresso, bussai senza curarmi se l'aula fosse piu' o meno occupata, ma ormai avevo preso confidenza con i rappresentanti. Bastarono tre colpi ben decisi per assicurare l'entrata ad entrambi e, non appena misi piede nella stanza, uno sciame di sguardi incuriositi si posarono su di me ed il mio compagno.

«Ciao ragazzi!!!»

Li Salutai.
Un coro di belati assali' voracemente le mie povere orecchie, stuzzicandole come ormai era solito fare. Tutti i miei amici mi accolsero con un enorme sorriso, invitandomi a sedere e accogliendo con grazia il nuovo arrivato.
Fu in quel momento che un ragazzo biondo, dagli occhi azzurri e dal corpo scultoreo fece calare il silenzio nell'aula. Si alzo' in piedi con grazia, sposto' una ciocca dei suoi capelli e disse:

«Ti aspettavamo, mia cara! Mary ha insistito tanto per mettere la tua sedia vicino alla sua!»

Passandosi una mano sull'altra, Mary mi sorrise, facendo brillare i suoi occhi color cielo ed i suoi capelli dorati. Ricambiai con un'altra espressione d'affetto per poi afferrare il palmo di Alessandro e trascinarlo al centro dell'attenzione.

«Molto gentile Rylee, ma ... ecco ... vorrei presentarvi il mio migliore amico. Alessandro Lelouch Tanicuchi. Ale, loro sono Mary Wife, Kim Smith, Kyle Mirror ed il nostro leader Rylee Bailey»

Al pronunciare dell'ultimo nome, la newbie storse la bocca.
Rylee Bailey, chi poteva non conoscerlo?
Il piu' bel ragazzo ed il piu' ricco dell'intera scuola. Affascinante, con quel suo fare da gentil'uomo, i suoi occhioni scintillanti come zaffiri e con quella bionda chioma da urlo, aveva stregato l'intera "fazione" dell'istituto femminile. Non c'era una sola ragazza che non ne fosse stata attratta almeno una volta. Inoltre, con tutti quei soldi, chi poteva resistergli?
Ma non era soltanto questo a suscitare quella tipica invidia incontenibile, perche' sotto a quello sguardo da felino infuriato, in un angolo piu' remoto della sua mente, Ale covava dell'altro. E fissava il biondino, lo fissava cosi' intensamente da sperare quasi che i suoi iridi lo ferissero in pieno petto, macchiandogli la reputazione con un sangue acre ed indelebile: il sangue dell'inimicizia perenne.

«S-salve a tutti!»
«Tanicuchi Lelouch!! Il fratello di Amane Misa!!! Ho sentito molto parlare di te!! Tu sei il bello studente per meta' italiano e per meta' giapponese! Hai un sacco di spasimanti qua, nell'istituto, lo sai? E ... a quanto pare ... anche la nostra Cloe e' caduta nella tua rete ... si direbbe che l'hai stregata! »

All'udire di queste parole mi voltai adirata verso Kim.

«Ma cosa dici?!?! Ale, non darle retta ... sono tutte balle!!! Kim ne dice tante!!»
«Certo tesoro! Ma ti ricordo che con le tue ex fiamme, io c'ho sempre visto giusto! Lo sai che non sbaglio mai su queste cose!»
«Beh questa volta ti sbagli!»

Kim scoppio' a ridere.
In quel preciso istante arrossii notevolmente, senza trovare le parole adeguate per rispondere.
Sentivo gli occhi di Alessandro scrutarmi da cima a fondo, per captare qualche indizio che avesse potuto provare la veridicita' di quelle parole. Una sensazione terribilmente imbarazzante.

«Cloe! Ce li devi presentare piu' spesso i tuoi ragazzi!»
«Ha ragione Mary! Lo sai che ho un debole per i piu' carini della scuola!»
«Ma, mi raccomando, uno alla volta, Kim, uno alla volta! Inoltre, Lelouch mi sembra gia' prenotato!»

Aggiunse Mary ridacchiando sotto i baffi.
Poco dopo, in preda ad un nervosismo inspiegabilmente irrefrenabile, Rylee alzo' la voce sopra quelle degli altri e fece calare nuovamente il silenzio. Si guardo' attorno, come se qualcuno avesse notato quella sua strana variazione di comportamento e, dopo aver percepito nel gruppo una strana euforia, si decise a parlare. Le sue parole furono penetranti come non mai e si rivolsero al nuovo arrivato.

«Tanicuchi! Mi ricordo bene di te ... Quanto tempo e' passato! Spero che le nostre vecchie incomprensioni siano soltanto una parte un po' aspra dei nostri ricordi infantili. Mi auguro che tu, per lo meno, non porti ancora rancore per ... »

Disse lasciando ad intendere qualcosa che Alessandro sembro' comprendere immediatamente. Infatti, l'interessato storse leggermente la bocca, ricordando perfettamente quali fossero quelle violente incomprensioni che avevano fatto di Lelouch una vittima del ricco bullismo.
Cosi' Ale, fu assalito da sensazioni di ogni genere: quelle immagini, il primo livido sulla sua fronte da bambino, quegli occhi azzurri e quei capelli biondi di quel riccone americano da quattro soldi, rappresentavano un vero e proprio tuffo nel passato. Come dimenticare? Come poter non avere rancore per un individuo del genere?

«E' acqua passata ... Bailey»

Menti' spudoratamente.

«L'importante e' questo, collega, anche perche' se la MIA adorata Cloe ti presenta dei nuovi compagni, non e' bene inimicarsi il loro leader, sbaglio?»

Alessandro strinse pugni tremando di rabbia. Avrebbe voluto avvicinarsi, afferrare il colletto di quella camicia cosi' bella e pulita e sbattere a terra quella chioma cosi' presuntuosa quanto consapevole del suo potere ammaliante. Avrebbe voluto e, mosse un passo in avanti proprio per portare a compimento questo suo desiderio, ma non appena i suoi occhi caddero sulle lisce gambe nude di Kim, si rese conto che la sua sfida non poteva essere vinta dinanzi ad un pubblico cosi' "vasto". Cosi', indietreggio' nuovamente, sorridendo imbarazzato e rimuginando su quel «MIA» pronunciato cosi' egoisticamente quanto azzardatamente.
Sia Rylee che Alessandro puntavano ad una sola ragazza e questa portava il nome di Cloe Takada Hasani.

«Ray! Basta dire scemenze! Ti odio quando fai cosi'!»

Esclamai leggermente adirata, ma il mio interlocutore non mi degno' nemmeno di uno sguardo fugace.
Stava fissando il mio amico con degli occhi brillanti, vogliosi una tanto grande vittoria, quanto della sicurezza di averla gia' ottenuta.
Rylee aveva intuito fin dall'inizio che fra me e questo italo-giapponese c'era un feeling molto particolare, che avrebbe potuto dimostrarsi piu' pericoloso del dovuto se si fosse sviluppato in fatti concreti ed in dimostrazioni d'affetto. E nonostante fosse cosi' ricco, cosi' bello, cosi' affascinante e carismatico, sapeva che l'arguto Tanicuchi, per il quale aveva sempre covato una strana sorta di odio, poteva rappresentare il suo piu' grande rivale in amore. Inoltre, in quel momento, gli parve chiaro come il sole che, per le prossime settimane, avrebbe dovuto dividere la mia sfera vitale con il bello straniero e questo non poteva sopportarlo. L'unico modo con cui Rylee avrebbe potuto assicurarsi la piazza era di disfarsi del suo nemico una volta ottenuta la caparra; il problema era come riuscirci.

«Lelou ... posso chiamarti cosi'?»
«Se proprio ci tieni, Kim»
«Bene, Lelou, dicci una cosa! Come hai conosciuto Cloe?»

Sul volto di Alessandro si dipinse improvvisamente un sorriso sincero che lo spinse ad afferrare energicamente la prima sedia vuota e ad occuparla.

«L'ho conosciuta in discoteca e per la precisione era caduta a terra come un sacco di patate!»

In quell'istante, vidi strabuzzare gli occhi di tutti i presenti che mi fissarono con espressioni piu' che soprese.

«Perche' mi guardate cosi'?!?!? Ho messo piede in una discoteca anche io!!! E non crediate che sia stata la prima volta! Anzi ... anzi! Ho la mia bella esperienza»

Mentii con fare da saputella.

«Se sei cosi' esperta, come mai ti ritrovavi a terra?»
«Infatti!»

Abbassai lo sguardo colta alla sprovvista.

«Non si puo' scivolare in discoteca? A te non e' mai successo, illustrissimo Bailey?»
«No! Semplicemente perche' non ci riuscirei nemmeno se mi ci mettessi di impegno!»

Disse scoppiando a ridere.

«A me non sembravi poi cosi' integrata, cara la mia esperta!»
«Ale! Adesso fai il bastardo pure tu? Grazie ragazzi! Davvero molto gentili! Tutti quanti!»
«No dai! Povera Cloe ... »

Intervenne Mary alzandosi ed avvicinandosi per farmi coraggio.

« ... in fondo, se non ci fosse lei, noi saremmo un branco di alcolizzati tutti quanti in una ambulanza con tanto di codice rosso stampato in fronte! Ogni tanto ci vuole qualcuno che, con i suoi sani valori, ci faccia capire che stiamo esagerando! Vero Kyle?»

Esclamo' la ragazza sorridendo all'interessato.

«Mary, ti sbagli! Diglielo anche tu, Kim, che quando l'abbiamo fatto non eravamo ubriachi!»
«Io non lo ero ... »
«Oddio! Che roba!»

Esclamo' Rylee divertito. Scoppiammo a ridere tutti quanti, in preda ad un attacco di ridarella, ma era impossibile trattenersi quando Mary e Kyle iniziavano a punzecchiarsi.
Notando che questo stile mi era molto familiare, gettai uno sguardo ad Alessandro, la mia vittima prediletta, che sembrava avesse familiarizzato col gruppo. Sebbene ancora nei suoi gesti e nel suo modo di fare si poteva osservare una certa rigidita', nel complesso si armonizzava egregiamente coi presenti. Ormai era chiaro, ne ero piu' che certa: presto o tardi sarebbe entrato nel mio girone di amici ed io non aspettavo altro. Sapevo bene che se si fosse saputo ambientare nel mio mondo, avrei avuto piu' chance di averlo tutto per me, con la benedizione dei miei migliori amici. Col passare del tempo, forse, le sue scuse per allontanare il nostro amore, si sarebbero scontrate con il parere degli altri presenti ed avrebbero ottenuto l'effetto contrario.
Prima o poi Alessandro Lelouch Tanicuchi avrebbe accettato di amarmi, incentivato da quelle pedine che chiamavo "amici".

«Ma ragazzi ... »

Chiesi leggermente preoccupata.

«Gli altri rappresentanti dove sono finiti?»

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Capitolo 10
*** Cap.9: Lettera ***


«BASTA MAMMA! NON NE POSSO PIU'! E' IL MOMENTO DELLA VERITA'! E' GIUSTO CHE IO SAPPIA TUTTO CIO' CHE C'E' DA SAPERE!»
«Non c'e' niente che devi sapere, Rylee ... Ti prego ...»

Disse una donna dai lunghi capelli scuri e dagli occhi blu del mare.

«NON MI DEVI DIRE STRONZATE!!! HO IL DIRITTO DI SAPERE!!!!! SI PARLA DI MIO PADRE! MIO PADRE! MI HAI NASCOSTO PER TROPPO TEMPO TUTTO QUANTO, TUTTO QUELLO CHE AVREI DOVUTO CONOSCERE FIN DALL'INIZIO!»
«MA NON C'E' DA SAPERE NULLA FIGLIO MIO!»
«Ora basta mamma ...»

Decreto' dirigendosi verso un mobile del salotto. Su di esso c'era un vaso in vetro di Murano, pregiatissimo, fatto importare dall'Italia su ordine dei nobili Bailey. Era veramente bellissimo. Sulla superficie liscia comparivano dei disegni marini in cristallo opaco, delineati da righe di piombo a loro volta valorizzate con una particolare vernice brillante, ed al suo interno un'esplosione di colori sfavillanti attirava l'attenzione dell'osservatore fin dal primo impatto, stuzzicandolo con spettacolari giochi di luce riflessa.
La donna, guardando con disperazione il ragazzo, vide la sua mano stretta in un pugno dirigersi contro il vaso.

«NO RYLEE!»
«NO?!? Allora dimmi com'e' VERAMENTE morto mio padre!»
«...»

A quel silenzio, l'impeto di Rylee non seppe piu' contenersi. I suoi occhi divennero l'emblema dell'ira piu' inarrestabile ed il suo volto divenne un puzzle di muscoli tesi dall'odio.
Fisso' ancora una volta quell'oggetto cosi' bello, quasi come se gli dispiacesse sacrificarlo, ma sapeva perfettamente, ormai, che tutto aveva un caro prezzo, anche cio' che gli spettava di diritto. Cosi' il ragazzo lascio' andare quella mano; butto' violentemente a terra il vaso e lo ruppe in mille pezzi.
Una scia di frammenti di vetro divise i volti dei due rivali, facendo rimbalzare la luce in ogni singolo angolo della stanza e creando uno spettacolo di una rarita' ineguagliabile. Agli occhi del ragazzo compiaciuto si opponevano quelli di una madre terrorizzata da quei piccoli missili impazziti che sfrecciavano in tutte le direzioni impensabili; poi, il lampo, il cambiamento improvviso: quegli iridi giovani, azzurri ed intrisi di rabbia, si distesero, spostandosi sulle caviglie. In quel preciso istante, la madre di Rylee cadde a terra inorridita da quella scena: i bellissimi jeans leggermente attillati alle gambe del suo figlio prediletto figuravano squarciati e macchiati di sangue. Nel bel mezzo dei diversi tagli si notava benissimo la forma irregolare di quei maledetti pezzi di vetro, conficcati nella carne pallida come se implorassero vendetta.

«RYLEE! GUARDA CHE HAI COMBINATO! CHIAMA SUBITO IL PRONTO SOCCORSO!»
«NO! DEVI DIRMI!»
«SE NON CHIAMERAI TU, LO FARO' IO!»
«Se lo fai ti giuro su Dio che mi butto sopra i cristalli!»

La donna, ormai preda del terrore piu' totale, si porto' le mani sul volto, coprendosi gli occhi.

«E' inutile che lo nascondi. Ho visto quella cassetta! Papa' non era un commercialista amante dell'Africa e sicuramente non sara' morto durante una sua delle sue spedizioni come mi hai detto! Si vede benissimo che nel filmato stava lavorando al laboratorio di ricerche della citta' e non era per divertimento! Mi hai detto un sacco di cazzate sulla sua vita e sicuramente mi avrai riempito di cazzate anche sulla sua morte! Ed io avevo solo due anni ... »
«Rylee ... »
«Se provi a negare ancora ti giuro che mi ammazzo! Non sono disposto a vivere senza conoscere tutta la verita' su mio padre! Anche perche' sulla cassetta c'e' la data del filmato e risale a TRE GIORNI PRIMA DELLA SUA MORTE! Sempre se non mi hai mentito anche su quella!»

Sua madre si asciugo' le lacrime e lo guardo' intensamente, spostanto talvolta l'attenzione sulla moquette piena di schegge.

«E' vero, Rylee: ti ho sempre mentito. Ma l'ho fatto perche' non volevo diventassi come lui!»

Rylee, nonostante fosse sicuro di cio' che aveva affermato fino a quel momento, rimase colpito da quelle parole. La verita' ... la verita' era finalmente venuta a galla e dalla stessa bocca che l'aveva ingabbiata in un cuore di pietra. Che cosa sarebbe successo da li' in poi?

«Devi sapere che tuo padre era uno dei ricercatori piu' importanti della sua cerchia. Era l'occhio di diamante degli Stati Uniti. Era eccezionale e senza eguali, ma poi, il giorno stesso in cui filmammo quella cassetta, mi disse di aver fatto una scoperta clamorosa e che, di li' a poco, l'avrebbe ufficializzata a tutto il mondo. Non mi volle dire che cosa fosse, perche' soltanto i coinvolti dovevano essere a conoscenza del fatto. In compenso mi disse che avrebbe riferito la notizia alle autorita' tre giorni dopo quella data (aveva gia' stabilito tutti gli incontri necessari), ma, una volta giunto quel momento, non si presento'. Lo cercarono in laboratorio e trovarono il suo cadavere assieme a quello del suo collega Asuke Hasani ed i database dei loro computers completamente svuotati. Pochi giorni dopo vennero alla luce anche i corpi di coloro che aderito alle ricerche del progetto, ma che, ovviamente, non ne conoscevano quanto tuo padre ... »
«Un momento! Hai detto .... Hasani?»

Rylee rimase paralizzato all'udire di tutto cio'.
Hasani! Ancora una volta la sottoscritta aveva fatto breccia nella sua vita, ma questa volta in modo indiretto, servendosi del nonno e di una scoperta che, da come gli era stata anticipata, sembrava essere qualcosa che avrebbe rivoluzionato l'intero pianeta. Non poteva crederci. Era troppo perfino per un osso duro come lui.
Non riusci' piu' a reggere il peso del suo corpo e, reggendosi al tavolino piu' vicino, si strinse quelle caviglie insanguinate che lo avevano fatto cadere a terra, macchiando con impronte e con altro sangue quella moquette perlata.

«Rylee! Hai bisogno di cure!»
«Sto bene! Ma dimmi: su che cosa lavorava papa'?»
«Lavorava sulla famosa Intelligenza di Ray. Quella deformazione celebrale che ti permette di vedere il futuro sotto forma di sogni e visioni. In alcuni casi dicono addirittura che sia una seconda memoria, come quella per gli avvenimenti passati, piena di ricordi; stavolta del futuro. Doveva aver capito il meccanismo per gestirla ... credo ...»
«SO COS'E'!»

Urlo' stringendosi le caviglie dal dolore.

«Oddio Rylee! Ti serve un medico! Ce la fai a camminare fin sul divano?»
«N-no! Ma posso provare»

Esclamo' quasi strisciando a terra. Dietro di lui sua madre aveva afferrato la cornetta e guardava spaurita la scia di sangue che lasciava sul suo passaggio, convinta che non sarebbe piu' riuscita a rimuoverla dai suoi incubi.

«Pronto soccorso! Aiuto! Sono la signora Bailey! ... »

Disse sua madre. Il ritmo agitato della sua voce sembrava andare a tempo con i movimenti delle braccia di Rylee, ancora piu' impressionato di lei dal suo stesso sangue. Lanciava in avanti le mani, alla ricerca di un appiglio su cui poter fare leva per trascinarsi in avanti, fino a che non percepi' qualcosa sotto il suo palmo.
Sulla calda moquette c'era una strana busta contenente qualcosa, probabilmente una lettera. Il ragazzo, quasi incuriosito, l'afferro' fugace, costatando con estrema sorpresa che si trattava di una bustina completamente pulita. Non aveva ne' francobolli, ne' indirizzi e ne' mittente: era completamente bianca.
In un primo momento penso' che sua madre l'avesse lasciata sbadatamente a terra, ma osservando bene il retro della busta, si poteva notare uno strano simbolo a forma di "H".

"Ma che cos'e'?"

Penso' alquanto incuriosito. Sospettando che fosse altro materiale riguardante suo padre l'apri' estraendone il contenuto.
Si trattava di una lettera sulla quale era riportato lo stesso simbolo a forma di "H", ma questa volta piu' grande e piu' enfatizzato. Al di sotto, un paio di righe in inglese britannico introducevano il contenuto del documento ed il resto continuava con simboli strani.

"Una lettera in greco antico??? Ma che ... Sicuramente non e' una lettera di mamma! "

Disse a se'. Afferrando decisamente la lettera e stando molto attento a non farsi notare da sua madre, inizio' a leggere dalle prime righe in lingua madre.

"Il contenuto di questa lettera e' destinato alla sola ed esclusiva lettura del giovane Rylee Bailey, nobile figlio del dott. Clovis Bailey.

Illustre mr Bailey Questa lettera e' stata scritta in greco antico perche' siamo al corrente della sua eccelsa padronanza tramandata fra le generazioni maschili della vostra famiglia. Inoltre, essendo un comunicato di importanza mondiale, abbiamo ritenuto opportuno adottare ogni singola precauzione per mantenerlo segreto. Cio' che vi verra' chiesto e' una questione di massima serieta' e sara' strettamente collegata con la migliore rete investigativa internazionale, capitanata da Hideki. Assieme ad altri suoi coetanei selezionati, il signor Rylee Bailey e' stato ritenuto idoneo ad entrare a far parte del gruppo dei possibili sostituti della figura di Hideki nei casi in cui il soggetto dovesse: - perdere la vita. - ritirarsi. - venire arrestato. - scomparire per una durata di ventiquattro ore. Lei, come i suoi coetanei selezionati, ha dimostrato quel particolare intelletto di cui necessitano gli eredi di una carica cosi' alta. Percio' si tenga reperibile ad eventuali chiamate nel caso in cui accetti questa proposta.

Comunicato internazionale dell'Interpol in accordo con il detective Hideki."

Incredulo, il ragazzo osservo' la lettera ancora una volta, rivoltandola attentamente.

"Ma che significa? Non sara' mica che la leggenda e' vera .... No! Non e' possibile! E' una buffonata bella e buona. Ma questo e' il marchio ufficiale dell'Interpol! Non c'e' dubbio! Pero' solo i pezzi grossi conoscevano la nostra antica tradizione del greco. E poi ... e poi ... questa giu' e' la firma di Hideki. Non c'e' dubbio! L'ho vista in televisione! E' proprio identica! Non c'e' dubbio! Non c'e' dubbio! Ma adesso calmati Rylee, devi nasconderla. Se non e' davvero una buffonata ricevero' delle visite a breve. Wow! Ancora non ci credo!"

Penso' osservando il buco per la posta sulla porta a poca distanza dalla sua posizione.
Sorridendo guardo' sua madre ancora al telefono e, senza farsi notare, nascose il foglio nella tasca dei suoi pantaloni.
Quella lettera era davvero una proposta reale o soltanto la buffonata di qualche delinquente?
Beh certo! Se non altro era una buffonata organizzata con stile, forse troppo, per essere soltanto una messa in scena ....
In quell'istante Rylee fiuto' ancora quello strano odore metallico. Si giro' di scatto e terrorizzato da quella enorme macchia di sangue sul pavimento, lascio' cadere la testa sulla moquette, cullato dal dolce suono delle sirene dell'ambulanza.

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Capitolo 11
*** Cap.10: Morte ***


Non potevo crederci! Non volevo nemmeno pensarci!
Successe tutto cosi', per caso e sempre per caso, mi ritrovai ancora una volta protagonista di una storia che cominciava a starmi piuttosto stretta.
Venni a conoscenza di due tragedie nell'arco di pochi minuti, in una giornata che era gia' stata abbastanza pesante per colpa di un'afa insostenibile e degli atteggiamenti di Alessandro che infiammarono lo scorrere del tempo. Proprio cosi'; ma cominciamo dal principio.
Mi svegliai come al solito, sbadigliando, non curante del consueto profumino di croissant caldi e marmellata che aleggiava in casa. Il resto della mattinata lo trascorsi nei panni di una normalissima adolescente di sedici anni, come era lecito aspettarsi; insomma, ogni secondo che passava sembrava costruire il muro invalicabile di una monotonia assicurata, ancora una volta. Poi i miei se ne andarono. Portarono mia sorella da qualche parte per tutto il pomeriggio ed io rimasi da sola a casa, con le chiavi e tutto il resto, padrona assoluta di quell'enorme labirinto. Impossibile non sentirsi esclusi dal mondo esterno; cosi' chiamai il mio gruppo di amici che accetto' molto volentieri.

«E' permesso?»

Chiese una dolce voce femminile dall'altra parte della porta d'ingresso.

«Uh? E' aperto! Entra pure! Sono sul divano del salotto!»
«Ciao Cloe! Grazie dell'ospitalita'! Di fuori fa un caldo ... »
«Lo so! Dopo questa mattina mi sono rifugiata qui con i condizionatori alle minime temperature! E' terribilmente caldo, insopportabile! Ti passa la voglia di fare tutto ... »

Dissi sorridendole maliziosamente.

«Misa, gli altri dove sono?»
«Nel parco pubblico, come al solito! Io sono venuta presto anche perche' volevo chiederti una cosa da parecchio tempo ... »

Mi anticipo' accavallando le gambe e sedendosi sul manico del divano. La guardai fugacemente soffermandomi sui suoi lunghi tacchi sottili. Era sempre bellissima, forse troppo, con una minigonna piuttosto ambigua ed un top esageratamente attillato. Che bisogno aveva di mettersi cosi' in mostra?

«Cosa? Ti sei decisa a chiedermi il numero del nobile per caso?»
«Ahah! Ma dai!!! E comunque no!»
«Ah no?»

Dissi fingendo di essere interessata.

«No! Riguarda te stavolta! Voglio sapere una curiosita' da migliore amica a migliore amica!»

In quell'istante vidi i suoi occhi brillare di perfidia. Aveva sicuramente qualcosa in mente.
Mi si avvicino' con fare sospetto e mi appoggio' una mano sulla spalla.

«Che tipo di rapporto hai con mio fratello?»
«Eh???? Ma che razza di domande fai?????»
«Ihihih! Non fare la finta imbarazzata, dai! Lo so che nascondete qualcosa! Voglio sapere assolutamente!»

La fissai per un istante. Il suo volto era teso, tirato, con un sorriso falso stampato sulle labbra. I suoi iridi azzurri si trasformarono il lame di ghiaccio che mi trafissero in pieno petto, alla ricerca delle memorie di Alessandro nel mio cuore pulsante. Perche'? Perche' le interessava? Che fosse gelosa di suo fratello? Ma lei era soltanto un'egoista dal cuore di pietra ... oppure mi sbagliavo?

«Veramente, Ale ed io abbiamo intenzione di ... »
«Di??»

Aprii la bocca. Avrei detto tutto, tutto quanto alla persona che non avrebbe mai dovuto sapere niente, assolutamente niente; avrei seriamente rischiato di compromettere la carriera criminale e segreta del mio migliore amico, se solo le avessi confidato di cio' che avrei tanto voluto fare, ma non soltanto quello ...
Grazie al cielo il provvidenziale campanello della porta si intromise prontamente nella discussione, costringendomi ad alzarmi e a concludere la faccenda con un semplice:

«Sono loro! Finiremo il discorso un'altra volta!»

Sorrisi fra me e me, consapevole del fatto che ad Amane non avrebbe fatto piacere continuare a vivere nella completa ignoranza della situazione ancora a lungo.
Evidentemente, pero', era giusto cosi' e difatti non mi sbagliavo, perche' se soltanto Misa avesse scoperto qualche intreccio amoroso che avrebbe potuto distrarre il suo adorabile collega dallo spionaggio, avrebbe sicuramente colto l'occasione per screditarlo agli occhi della DSK. Ma di questo ancora non ne sapevo nulla. Non conoscevo questo lato crudele della storia. Percio' catalogai l'argomento come irrilevante, accogliendo in casa il gruppo di amici che tanto attendevo (accompagnato ovviamente dal diretto interessato).

«Mi avevi detto che avevi una casa molto grande, ma non immaginavo cosi' tanto! E' veramente gigantesca! Certo che voi ricconi non vi fate mancare proprio niente!»
«R-ricconi? M-ma che dici Ale? Ti stai confondendo con qualcun'altro»

Dissi accorgendomi delle occhiatacce di Misa. In fondo non doveva essere cosi' difficile notare il mio evidente imbarazzo.

«No! No! Ale ha proprio ragione! Ma qui manca qualcosa ... o meglio ... qualcuno! A proposito di ricconi, sapete per caso dove sia Rylee?»

Fissai Kim con aria di sorpresa. Effettivamente lo avevo avvertito per primo, ma fu l'unico del gruppo che non mi rispose ,il che risultava piuttosto strano da uno spasimante convinto come lui. Ancor piu' strano sarebbe stato pensare che avesse tenuto il cellulare (o meglio: il suo prediletto di quella che lui definiva "collezione di cellulari") spento.

«L'ho chiamato per avvertirlo del "raduno", ma non mi ha risposto! Ho provato con quello di casa e non c'era nessuno! Ho chiamato piu' della meta' dei suoi cellulari, ma non ha mai risposto! Che ci stia evitando?»

Non appena la voce di Kyle si arresto', un guazzabuglio di sguardi decisi si fermo' su Alessandro. Ormai la competizione fra i due individui era palese agli occhi di tutti.

«Effettivamente, Lelouch, non gli vai molto a genio ... Che e' successo fra voi due?»
«Cosa?!? Io non centro niente!!!»
«Ah no?»
«Mary! Lo sai meglio di me! E poi non lo vedo da sabato scorso, cioe' dall'ultima uscita! Qualcun'altro l'ha sentito di recente?»

I presenti rimasero in silenzio a fissare Ale che, per quanto non sopportasse la presenza del suo miglior nemico, rimase sorpreso da questo "piccolo" dettaglio.
Eppure, il motivo dell'assenza del nostro amico era decisamente piu' valido rispetto alle nostre previsioni, ma a nessuno di noi baleno' in testa l'idea che Rylee si fosse fatto veramente molto male; percio' sottovalutammo la cosa, affogando la nostra curiosita' in deliziosi pasticcini alla crema. Ne mangiammo tantissimi, quasi fino a scoppiare, con l'intento di abbandonare momentaneamente il pensiero della noia piu' totale e di divertirci a modo nostro. Soltanto dopo qualcuno si rese conto di aver dimenticato qualcosa di importante ...

«Ehi!... e' una mia impressione o c'e' un cellulare che vibra in cucina?»

Domandai.
Kyle, come chiamato all'appello di classe, si alzo' di scatto e disse:

«MIO!»

Corse in cucina, rovesciando a terra qualche dolcetto avanzato; afferro' prontamente il suo armamentario ed in fine constato' con sorpresa che il mittente di quel nuovo messaggino si trattava proprio del nostro sperduto.

«Raga'!!!! E' Rylee!!! E dice che .... oddio .... »

Disse con una voce che lasciava tutto da intendere.
Preoccupati, ci precipitammo in massa in cucina, immaginando chissa' quali cose e lo spettacolo che trovammo non fu dei migliori: il volto di Kyle era completamente deformato dal terrore piu' totale e le sue mani tremavano pericolosamente, rischiando di far cadere a terra il suo costoso cellulare.

«Che succede?????»

L'interessato non rispose. Cosi', Alessandro si approprio' dell'oggetto incriminato, leggendo ad alta voce il contenuto del messaggio.

«Kyle! Sono la madre di Rylee! Siamo all'ospedale e spero tanto che mio figlio si riprenda dall'anestesia! E' successa una cosa terribile! TERRIBILE!»

Tanicuchi impallidi' nel passare in rassegna quelle parole scritte con evidente "enfasi" e noi altri, non appena riuscimmo a concepirne l'idea, rimanemmo pietrificati dall'orribile sorpresa. Rylee? In ospedale?? Che poteva essergli successo di cosi' grave?

«Non possiamo restare qui! Dobbiamo correre da lui! Andiamo gente! L'ospedale non e' molto distante da qui! Se corriamo ci arriviamo in cinque minuti!»

Esclamai convinta.
Seguita dal consenso del gruppo, mi catapultai sul comodino ove giacevano le chiavi della mia abitazione e le impugnai minacciosamente.
In fretta e furia, lasciammo l'abitazione nelle sue pietose condizioni per invadere la via principale che ci avrebbe condotti alla meta, senza curarci delle auto che sfrecciavano ignoranti delle nostre paure.
Da brava chiudifila, inchiavai la serratura della porta principale per evitare che il peggio si sommasse a quella tragedia imminente. Chi avrebbbe mai immaginato una cosa simile?
Mi voltai di scatto per raggiungere il gruppo ormai in viaggio, quando vidi Alessandro, fermo, diritto dinanzi a me a bloccarmi il passaggio con un'espressione di apparente menefreghismo.

«Sei preoccupata, non e' vero?»
«Che razza di domande fai! Certo che si'! E' un mio grande amico e anche se ti sta sui maroni dovresti esserlo anche tu!»
«Ma lo sono!»
«E allora perche' non corri con gli altri?»
«Perche' io voglio aspettare te!»

Esclamo' cogliendomi completamente alla sprovvista.

«.... sei molto galante Ale, ma adesso non abbiamo tempo per queste cose! Dobbiamo correre!»

Dissi con foga afferrando bruscamente la sua mano e portandomelo appresso. Qualsiasi cosa, romantica o meno, avrebbe dovuto aspettare, perche' nulla si sarebbe intromesso fra me ed il nobile Rylee, sia perche' tenevo in particolar modo alla sua salute e sia perche' c'era in ballo una vitale questione decisiva: la mia presenza fisica e mentale nel corridoio ospedaliero accanto alla sua stanza avrebbe potuto fare miracoli.

"Per lui questo ed altro!"

Pensai convinta varcando la soglia dell'edificio bianco. Finalmente eravamo giunti a destinazione.
Kyle si fermo' di scatto a chiedere informazioni sugli ultimi pazienti e la dottoressa, non potendo fare a meno di notare la sua bella chioma rossa, gli indico' con molta grazia la direzione da imboccare. Ringraziammo e ci precipitammo di corsa al terzo piano fra gli insulti e le grida degli infermieri che ci raccomandavano di non correre. Poi, nuovamente il silenzio.

«E' questa! Rylee deve essere qua dentro!»

Esclamo' Mary impugnando la maniglia della porta, ma un uomo del personale la blocco'.

«Non potete ancora entrare! Si deve ancora riprendere dalla operazione»
«O-operazione?!? Vuol dire che e' stato operato?»

Boccheggio' Kim.
Mi guardai attorno alla ricerca di una finestra interna che desse l'opportunita' di vedere le condizioni di Rylee, ma non trovai niente. In compenso, il mio occhio cadde su una donna dai capelli neri: era lei, sua madre, e cio' mi basto' per avvicinarmi.

«Signora Bailey! Come sta? Mi riconosce?»

Domandai senza ricevere aluna risposta.
Tutti si voltarono a fissarmi, riconoscendo a loro volta quella donna dagli occhi spenti.

«Marianne!!!»
«Marianne Bailey!!!»
«Signora!!!»

L'interessata scoppio' a piangere.
Lei lo sapeva. Si sentiva colpevole; era tutto causa sua, che non aveva saputo gestire le sue responsabilita'. Aveva deciso di succhiare meta' del sangue della sua famiglia per rinnegarlo, proteggendo suo figlio da quelle malattie che la verita' non ha pieta' ad infliggere. Aveva omesso il diritto a Rylee di respirare l'aria della rivendicazione, opprimendo lei stessa la sua giustizia e la possibilita' di scoprire cio' che spinse l'omicida a mandare all'aria tutto quello che riguardava un progresso futuro. E pianse, pianse quei frammenti di cristallo, quell'animo fragile da ragazzo ferito, la paura che quell'assassino cercasse anche la sua famiglia, che gli Stati Uniti nascondessero informazioni troppo grandi per una semplice donna come lei.

«Mio figlio ... E' la' dentro per causa mia! Stavamo litigando e... e .... e ha buttato a terra un vaso di vetro. I pezzi sono schizzati in aria e ... le sue gambe perdevano sangue ... troppo sangue»
«Oddio ...»
«I medici hanno detto che hanno rimosso ogni singolo frammento con successo nonostante alcuni fossero troppo in profondita' ed avessero lesionato seriamente alcune vene. Gli ... gli hanno fatto la anestesia totale per la gravita' della situazione ... e ... se non si dovesse risvegliare io ... »
«Si rilassi! Andra' tutto bene! Noi le staremo vicina! Puo' contare sugli amici di Ray amici! Non e' vero ragazzi?»

La rassicuro' Kyle con scarso successo.
In quell'istante mi resi conto di non aver mai conosciuto quel suo lato cosi' sensibile. I suoi occhi erano lucidi di lacrime ed il suo respiro s'era fatto affannoso. I suoi sguardi erano fugaci, veloci, irraggiungibili, insaziabili nel catturare ogni dettaglio che chiarisse le condizioni di salute del suo amico ed i suoi gesti altrettanto sfuggenti concretizzavano quell'affetto profondo che lo legava all'altra parte del muro ospedaliero. Inoltre, quelle parole sembravano piu' un incoraggiamento personale che il tentativo di consolarla, poiche' anch'egli sapeva bene quali erano i rischi che Rylee correva nel suo sonno artificiale. Poi, qualcosa di insolito attiro' la sua attenzione. La sua espressione si fece piu' distesa, sfumata da un tranquillo stupore ed il suo atteggiamento divenne piu' naturale.
In quell'istante vidi la mano di Kyle muoversi in avanti, alzare un dito per indicare la porta d'ingresso al corridoio ed invitarmi a seguire quella direzione. Ovviamente, da ingenua ragazzina, lo feci e non appena mi resi conto di cosa, o meglio, di chi stavo guardando, indietreggiai sobbalzando.

«Mamma? Papa'? Che ci fate qui?»

Domandai raggiungendoli.

«Abbiamo saputo di Rylee e abbiamo pensato di raggiungerti ... »
«Ah! E' una cosa terribile...»
«Si', ma non quanto quello che siamo venuti a dirti»
«Eh?»

Notizia terribile? Cosa ci poteva essere di piu' terribile che vedere un proprio amico lottare fra la vita e la morte? Tante cose ... tante, imprevedibili, incomprensibili cose che la mente umana fatica ad immaginare e quella che avrei conosciuto di li' a breve ne arricchiva di gran lunga la rivoltante sostanza.
Li fissai in attesa di una loro risposta, contando i gelidi secondi che passavano troppo lentamente.
Non potevo sapere che, da quel momento in poi, la mia vita sarebbe cambiata per sempre.

«So che sara' difficile accettarlo Cloe ...»

Inizio' mia madre

«Ma Miki e' ... e' morta»
«C-COSA?»

Domandai inorridita. Mia zia?

«E' stata trovata assassinata nella sua casa, alla periferia blu di MeHight»

Mia zia? Assassinata? Quartieri blu? Mio padre piangeva davvero!
No! Non poteva essere vero ... non a lei ... a me. Mi voltai di scatto a guardare i miei amici che a loro volta mi fissavano sbigottiti e... non potei fare a meno di notare il bel volto di Alessandro. Ma non basto' a rassicurarmi.
La mia testa si riempi' di ricordi, di immagini, che si fondevano, si intersecavano e si scontravano violentemente. Rylee, Miki, Alessandro, Misa, la mia vita, il mio futuro e poi ancora Rylee e Miki. Ero troppo debole per ragionare, prendere fiato, controllare le mie emozioni ed il mio corpo. Miki, probabilmente, era l'unico ponte di collegamento fra me ed i miei genitori e senza di lei io ... ero persa. Persa per sempre.
No! Non volevo! Avevo gli amici ma non bastavano a risanare i rapporti estremamente difficili con la mia famiglia ... la mia famiglia, quel gruppo di sconosciuti che decideva della mia vita alle mie spalle. No ...
Caddi a terra in ginocchio, con le mani fra i capelli, in preda alla confusione piu' totale.
Toccai il pavimento e constatai con falso stupore che era freddo, gelido, come la pelle di un morto ... di mia zia Miki. Terribile immagine.
E allora urlai, urlai con tutta l'anima, con tutto il fiato che avevo, scatenando l'inferno all'interno di quell'edificio, perche' tutti dovevano conoscere quel dolore che aveva fatto a pezzi il mio cuore e l'aveva disperso fra le fiamme della crudele realta'.

«PERCHE MAMMA!!! PERCHE'!!!!!!!!!!!»

Dei dottori, preoccupati, si precipitarono nella mia direzione, cercando di calmarmi e di mettermi a tacere, ma io lottavo, scalciando, strepitando ancor piu' di quanto fosse necessario. Desideravo ad ogni costo che l'intero globo terrestre mi sentisse e che per pieta' mi restituisse la mia VERA famiglia, il mio inimitabile modello di vita, la mia unica e vera "madre. Invece tutti si coprivano le orecchie e se ne infischiavano, anche Alessandro! Perche'? Perche' mi facevano questo? Non era giusto!


«MONDO CRUDELE!!!!!!!!!!!! PERCHE'!!!!!!!!!!!»

Ripetei fra le lacrime. Tuttavia non potevo sapere che, dall'altra parte del muro, c'era qualcuno che aveva ascoltato tutto quanto, qualcuno che aveva aperto gli occhi e si era destato dal suo sonno, qualcuno che con i suoi occhi azzurro cielo avrebbe riportato parzialmente la pace dove la quotidianita' spargeva sangue: il mio sangue.

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Capitolo 12
*** Cap.11: Consolazione ***


«Cloe ... »

Mi chiamo' passandomi una mano sulla testa. Era forte, calda e sicura: proprio quello di cui avevo bisogno.

«Ho sentito di tua zia e ... mi dispiace tanto. Sapevo quanto eri legata a lei e quanto ti aveva aiutato con la tua famiglia»
«O Rylee ...»

Dissi singhiozzando ed affondando ancor piu' il mio volto sulle lenzuola del suo letto. Che imbarazzo!
Dopo quell'incidente, la signora Bailey si era curata di farlo restare in ospedale il piu' possibile per far si' che si riprendesse completamente dal trauma, invitando i miei amici e me a fargli visita. La nostra presenza, come quella di ogni caro amico che si rispetti, avrebbe dovuto rendere piu' piacevole la sua permanenza, senza farlo sentire troppo escluso e senza aggiungere altro male alla sua condizione; ma allora io ero tornata la', egoisticamente, da sola e nella speranza di trovare un po' di consolazione. Ne avevo bisogno, tanto bisogno, tanto da riappropriarmi di una egocentrica cecita' infantile che scoprii non aver mai abbandonato.

«Io sono con te. Sono sempre stato con te e continuero' ad esserlo, anche se sono in ospedale, anche se ormai non saro' piu' quello di prima ... »

Disse lasciando chiaramente ad intendere altro.
Non saprei dire se volesse stuzzicare la mia curiosita o se stesse soltanto riflettendo ad alta voce. Ero troppo presa dal pensiero del dolce volto di mia zia coperto di sangue, a terra, sulle mattonelle fredde della stanza dove l'avevano trovata. Era una donna cosi' bella, sulla trentina d'anni, sempre socievole e disponibile a mettere per me una buona parola sulle affilate ed affrettate "diffamazioni" di mia madre. Era, indicativo imperfetto, perche' non c'era piu' ... e me ne resi conto soltanto quando ricercai fra i miei ricordi il tepore dei suoi abbracci e la dolcezza dei suoi sguardi espressivi.
Strinsi la coperta bianca del letto, quasi assaporando la ruvida stoffa nel suo disperato tentativo di fuga, ma, purtroppo, anch'essa sarebbe caduta in una insopportabile morsa di dolore.

«Perche' doveva morire? Perche'? Non e' giusto! Per me lei era come una madre! Anzi ... lei ERA mia madre! Non perche' ci fosse un legame di sangue, ma ... a me bastava un legame affettivo! L'unico legame che volevo davvero! Era l'unico membro della mia famiglia alla quale volevo un bene dell'anima! Perche' e' finita cosi'? Rylee ...»
«E' il destino Cloe. Era gia' stato tutto scritto. Credo che tu lo sappia meglio di me ... »

Eccome se lo sapevo! Mio nonno era morto per cercare di ottenere le redini del destino, ma quella era acqua passata e presto lo sarebbe stata anche Miki.

«No, Cloe! Non piangere cosi'! Hai ragione, non avrei dovuto tirare fuori il destino ... pero' ...»

Pero'?
Le sue mani abbatterono il muro che avevo creato incrociando le braccia sul materasso e cercarono le mie gote bagnate che nascondevo sulle lenzuola. Non mi resi nemmeno conto di cio' che aveva intenzione di fare, che in meno di un nano secondo mi ritrovai a fissarlo dirittamente negli occhi, a poca distanza dalle labbra, con le sue dita che mi coprivano dolcemente le guance e mi asciugavano le lacrime.

« ... guardami bene! Cloe, tu sei l'unica ragazza che fin'ora ha lasciato un segno nella mia vita! Mi hai cambiato la vita in meglio da quando ti ho conosciuta e non permettero' che una cosa del genere ti rovini! Non ho intenzione di lasciarti sola e nemmeno ... »

Si interruppe bruscamente non appena si accorse di quella sagoma che sostava sulla porta. I suoi occhi la squadrarono fuoriosamente e divennero improvvisamente infuocati.

« ... e nemmeno nelle mani delle persone sbagliate!»

Concluse. Fu a quel punto che Rylee mollo' la presa e mi lascio' libera di muovere la testa.
Senza dire nulla, mi voltai anche io verso la porta e mi accorsi di un bellissimo ragazzo che si stava avvicinando. Quello sguardo e quel modo di camminare, unici al mondo, mi consentirono di identificarlo subito.

«Alessandro! Qual buon vento!»

Disse ironico Rylee, ricambiando uno sguardo di sfida dal quale trapelava un'incontenibile gelosia.

«Gia'! Sono venuto a prendere Cloe!»
«Prendere? Da quando fai anche il tassista?»
«Da quando ho una ragazza che soffre e alla quale voglio particolarmente bene. Tu devi soltanto pensare a riposare, nobile Bailey ... »

Rylee digrigno' i denti, tentando di trattenersi dal raggiungerlo ed eliminargli quel sorrisetto compiaciuto. Questa volta i soldi non gli sarebbero serviti a nulla.
Dall'altra parte, invece, non era onesto aproffittare della sua posizione di vantaggio, ma Alessandro sapeva bene che, nel tempo in cui il suo rivale avesse dormito in ospedale, avrebbe avuto piu' possibilita' di entrare in intimita' con la sottoscritta e non poteva desiderare di meglio. Col riccone fuori gioco tutte le sue paure, le sue ansie, il suo sentirsi infieriore si sarebbero dissipati momentaneamente e forse lo avrebbero abbandonato definitivamente una volta raggiunto il suo obiettivo. Purtroppo per lui, questo era ancora tutto da vedere e per quel momento si sarebbe dovuto accontentare di quelle piccole soddisfazioni ottenute incrociando le braccia e squadrando il suo miglior nemico.

«Non dovevi scomodarti a venire fin qua, Lulu! Cloe sarebbe tornata ugualmente fra le tue braccia!»
«Non chiamarmi Lulu, razza di ... »
«ORA BASTA VOI DUE!»

Urlai in lacrime. Da seduta qual'ero, mi alzai in piedi di scatto.

«Rylee! Non chiamarlo Lulu! E tu, Alessandro, non vedi che Rylee sta cercando di riprendersi? Sei proprio un idiota! Non ti vergogni? Nelle condizioni in cui sta ... tsh! Avrei potuto benissimo raggiungervi io piu' tardi, la' al parchetto, senza che venivi qua e facevi tutto questo casino!!»

I due ragazzi rimasero colpiti dalle mie parole. Le pupille di Rylee si posarono indifferenti sul vetro della finestra, mentre Alessandro le abbasso', mostrando senza timore il suo notevole imbarazzo. Il suo primo passo verso la vittoria lo aveva costretto ad indietreggiare. Un vero peccato!

«Hai ragione Cloe. Scusami»
«Scusa anche me»
«No! Non basta! Voglio che voi due vi salutiate come si salutano due veri uomini!»
«C-cosa?!? Noi?»

Alessandro mi fulmino' fingendo d'essere sorpreso.

«Si'! Avanti! E non ce ne andremo da qui finche' non vi ho visto anche stringervi la mano! Intesi?»

Lelouch squadro' disgustato l'arto del biondino, ricambiato da un paio d'iridi ghiacciati.
La mia richiesta non era impossibile e lo sapeva bene, perche' il suo disappunto non risiedeva nell'azione stessa, ma bensi' nelle conseguenze morali che li legavano. Dopo la sua infanzia tormentata, il male fisico provato, la violenza gratuita che Bailey gli aveva inflitto e con la quale lo aveva sempre trafitto, Alessandro non avrebbe mai permesso che la giustizia lo ignorasse anche stavolta, ovvero quando finalmente aveva la possibilita' di riscattarsi. Stringergli la mano, significava lasciargli momentaneamente il controllo della situazione e dimenticare le mille umiliazioni subite per lasciar spazio ad una nuova forma di orgoglio forse piu' adatta per un ragazzo della sua eta'. Dico forse, perche' probabilmente nessuno dei due la pensava in questo modo. Infatti, in meno di una manciata di secondi, tornarono a studiarsi in malomodo, aspettando quasi che intervenissi ancora una volta.

«Andiamo! Vogliamo fare notte???»
«Ha ragione, Alessandro! Pero' dovresti avvicinarti. Io non posso alzarmi»

Improvvisamente, l'interessato mosse un passo in avanti. Si fermo' per poi riprendere a camminare. Giunto sulla sponda destra del letto, allungo' la mano, senza battere ciglio.
Rylee lo squadro' l'ennesima volta, aspettandosi un messaggio che non tardo' ad arrivare.
Alessandro si piego' leggermente in avanti senza ritirare il braccio e sussurro':

«Non dimentichero' mai quello che mi hai fatto. Hai capito? Mai! Dovessi morire! Hai tolto la dignita' ad un bambino innocente, ma adesso non sono piu' quel bambino, ora tocca a me. Io e Cloe staremo insieme, che ti piaccia o no. Io la amo, a differenza tua»
«Tu sei solo un cazzone, Alessandro»

Lo insulto' senza farsi notare dalla sottoscritta.
Lelouch sorrise.

«Puo' darsi. Ma ... vedi? Alla fine mi hai insegnato qualcosa! Preparati a sputare sangue, brutto viziato del cazzo, che stavolta sarai tu ad essere "l'eterno secondo", allora si' che dovranno veramente portarti via in barella ...»

Rylee tiro' via la mano, con una espressione di puro furore, mentre Alessandro la scosto' con molta grazia, mostrando una dentatura perfetta.
Stavolta la giustizia non lo aveva lasciato solo e nonostante fosse un criminale, l'avrebbe portata sempre con se' e condivisa con la sua anima gemella.

«E' stato un piacere, Bailey! Stammi bene!»

Disse dando la schiena al povero ricoverato. Io, invece, gli sorrisi amabilmente, asciugandomi le lacrime che ancora cadevano dagli occhi.

«Ciao Rylee! E grazie, davvero di tutto! Tornero' presto!»

In quel preciso istante, sentii un braccio di Ale passarmi sul ventre. La sua presa, forte e sicura, mi costrinse a girare sul posto e a prendere la sua stessa direzione. Quando quella piacevole morsa si stabilizzo', mi ritrovai con una sua mano sul fianco e con il capo chino su una sua spalla.
Avvampai, ma non dissi nulla. Aspettai d'aver varcato la soglia dell'uscita dell'ospedale per staccarmi e chiedergli:

«Perche'?»

Perche' si comportava cosi'? Perche' mi abbracciava, mi stringeva, ma allo stesso tempo non voleva affrontare i suoi sentimenti?

«Perche' Ale? Perche' fai cosi'?»

Non appena pronunciai il suo nome, si irriggidi'. Si distanzio' di qualche passo e mi fisso' serio, come se non avessi dovuto toccare quel tasto, come se la colpa di tutto fosse mia.
In effetti, ero io quella che voleva chiarire una volta per tutte; ero io che volevo concedermi la liberta' di prenderlo e baciarlo in pubblico, dinanzi a tutti, senza dovermi contenere, senza piu' dovermi preoccupare di ferire qualcuno o di comportarmi in modo scorretto. Ero io che gli mettevo tanta fretta, ma sarebbe bastato tanto poco per ottenere tutto questo. Eppure il mio piu' grande desiderio, il mio primo amore, il mio migliore amico preferiva passare da stupido irresponsabile piuttosto che raccontarmi tutta la verita'.

«Cloe ... io ... non ...»

Non riuscii piu' a trattenere le lacrime che scivolarono sulle mie guance gia' umide. Immaginavo che cosa mi avrebbe detto. Immaginavo che si sarebbe riconfermato il solito infantile. Immaginavo troppe cose, troppe cose sbagliate, troppe e tutte insieme, che esplosero in quelle piccole gocce salate.
Ma questa volta, il vero messaggio, la mia tristezza, il mio dolore avevano colpito chiaramente il cuore di Alessandro, che comprese, consapevole di non aver frainteso la situazione.

«Non posso mentirti! Non posso piu' mentire a nessuno ... »

Disse avvicinandosi pericolosamente.
Mi abbraccio' accarezzandomi la schiena e continuo' dicendo:

«Cloe, c'e' tanto da dire... lo so, sono un bastardo, sono un coglione, ma ... ma questa verita' e' piu' subdola ed oscura delle mie stesse menzogne. Se solo sapessi .... non mi e' mai piaciuto prendermi gioco di te, pero' non posso farci niente. E' piu' forte di me, anche perche' non dipende da me tutto questo ... »

Non concluse nemmeno il discorso che, improvvisamente, mi afferro' le spalle. Il nostro abbraccio si dissolse, i nostri corpi si allontanarono, ma i nostri occhi si ritrovarono e assaporarono quella nuova forma di contatto che avevano scoperto non conoscere a sufficienza.
Che sarebbe successo da li' in poi?

«Questo che sto per dirti non lo deve sapere nessuno al di fuori di noi due, me lo prometti? Se solo si scoprisse io ... non credo che ...»
«Te lo prometto!»

Risposi prontamente.
Alessandro si avvicino' ulteriormente, intenzionato a raccontare tutto, tutto quanto, dalla prima causa fino all'ultima conseguenza, per poi far unire le nostre labbra come per completare una volta per tutte quella poesia d'amore che avevamo sempre lasciato incompiuta. Era li', proprio li', deciso, sicuro, bello, bello come sempre, dinanzi a me, a poca distanza dal mio volto, pronto ad iniziare la sua intensa autobiografia, ma qualcosa lo interruppe.
Un rumore di tacchetti, sempre piu' vicino, sempre piu' forte ....
E TAC TAC TAC TAC TAC TAC.
Non era un rumore qualunque, no, non poteva esserlo. Quella cadenza, quella ostinazione nel battere cosi' esageratamente forte a terra il piede non erano caratteristiche di chiunque e Ale lo aveva capito.
Si volto' lentamente, preoccupato, studiando quella figura dal basso verso l'alto, come per darsi il tempo di accettare che, quella bellissima ragazza bionda, in minigonna e top attillatissimi, fosse proprio lei:
Amane Misa Tanicuchi.
In quel preciso istante, un ciclone di emozioni negative lo investi'.
Disperazione, ira, odio, disgusto, terrore, orrore e poi ancora ira, seguiti da altrettanti pensieri violenti e scabrosi che vedevano il corpo nudo di Misa a terra, ricoperto di sangue.

«Ciao ragazzi! Finalmente ti ho trovato Lulu! Stavate andando al parchetto per caso?»
«...»
«Suppongo di si' dalle vostre facce! ...... oh Cloe! Mi dispiace davvero! Tua zia era una donna da ammirare, vero Ale? Eh? Dovresti smetterla di starle cosi' addosso! Lasciala respirare, soprattutto adesso ...»
«No, non mi da fastidio... »

Dissi fissandola seccata.

«E' una presenza molto importante per me. E' il mio migliore amico ... »
«Che bella cosa! Pero' purtroppo il tuo migliore amico si e' scordato che non puo' uscire con il gruppo perche' aveva una visita dal dentista insieme alla sottoscritta!»

Amane gli afferro' con violenza un braccio, trascinandolo dietro di se'.

«Scusami Cloe! Sono il solito coglione! Pero' ti giuro che domani vengo al funerale! Ci saro'! Ci saro' sempre per te! Promesso! Ciao!»

Sorrisi, notando il volto rosso di Misa, che sembro' non voler appositamente ricambiare il saluto.
Non dissi nulla a riguardo e ne' volli pensare nulla. Mi godetti semplicemente lo spettacolo delle loro piccole zuffe, apparentemente in vecchio stile fraterno, per poi continuare per la mia strada ripensando a cio' che non aveva detto Ale.
Che intendeva dire con quelle parole?
Perche' aveva parlato di una verita' oscura? Che avesse avuto qualcosa da nascondere?

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Capitolo 13
*** Cap.12: Specchio ***


E' possibile morire in questo modo? E' possibile?

Erano tutti li', quel giorno.
Erano venuti tutti, tutti quanti. Non mancava proprio nessuno.
Erano li', a cantare in cerchio immobili, come insensibili statue di ghiaccio nella notte che aspettano l'alba per tornare acqua, acqua libera di scorrere nei ruscelli.
Non esagero se dico che facevano impressione. Nei loro occhi spenti, c'era qualcosa che li rendeva paragonabili anche a macchine d'acciaio, invulnerabili ad una morte che non era toccata a loro. Si limitavano a stare in piedi, a fissare quel fenomeno di estrema fragilita' umana come se fosse qualcosa di esterno ed inutile, compatendo chi, al posto loro, sarebbe finito sotto terra a far compagnia ai vermi.
Mio padre tratteneva a stento le lacrime e mia madre appoggiava il capo sulla sua spalla, tenendogli la vita e fingendo di piangere la bara di mia zia. Mia sorella, accompagnata da un coetaneo, bagnava con disperazione la t-shirt di quel bambino che sembrava avesse gia' previsto tutto cio'. Alessandro e Misa guardavano in direzioni opposte, mostrando qualche piccola lacrima di rito e cercando una via di fuga da quella situazione insostenibile.
Gli altri erano abbastanza tranquilli, perche' per loro, in fondo, era soltanto una passeggiata come le altre; una qualsiasi cerimonia passabile e poco importante che si sarebbe conclusa sotto i loro piedi (e non solo in senso figurato).
Indignata, distolsi da loro quell'attenzione mal riposta, per regalarla un'ultima volta alla persona che amavo di piu' al mondo: Miki.

«La ricorderemo per sempre come una donna di buon cuore, amata da tutti i suoi colleghi, i suoi cari, i suoi amici ed i suoi conoscenti. Non c'era nessuno che la odiasse, proprio nessuno. Soltanto lo spietato assassino "N", meglio conosciuto con il nome completo di "Nessuno" poteva distruggere un cuore cosi' grande. Riposa in pace, Miki Hasani e perdona quell'incosciente per il grave peccato di cui si e' macchiato. Amen»

«Amen»

Ripetemmo tutti all'unisono. Il parroco, dopo quel discorso, invito' i piu' cari amici di mia zia a dirigersi verso di lui. Questi, tra cui c'era la mia terribile professoressa di matematica Cassy, presero il posto del prete e si accinsero a parlare, uno per uno, iniziando prima da colei che temevo piu' degli altri.

«Miki Sakura Hasani ... e' un bel nome non trovate?»

Inizio' trattenendo le lacrime.

«La conoscevo da molto tempo. La prima volta che la vidi, fu la mia compagna di banco forzata ai tempi delle superiori ... avevo bisogno di un po' di disciplina e mi misero accanto a lei, perche' potessi prendere esempio da chi aveva la media migliore della scuola. Beh ... non la sopportavo! Era sempre cosi' perfetta, mentre io ... Io ero una ribelle»

La fissai imbambolata.

«Col passare del tempo abbiamo continuato a mantenere la nostra amicizia, ad aiutarci in caso di necessita' e a darci il giusto sostegno, senza mai scadere nelle questioni infantili ed assillanti. Ero sicura che ci sarebbe stata per sempre. Era piena di vita. Soltanto quel serial killer cosi' spregevole poteva toglierle tutto quanto, tutto quello per cui lei aveva lavorato duramente, tutto quello che le ho sempre ammirato e che continuero' ad apprezzare, anche con l'appellativo di "defunta"»

Disse sorridendomi come se fossi stata l'erede che avrebbe preso presto quelle veci. Mi mostrava generosamente la sua schiera di denti brillanti come non aveva mai fatto prima ed io, in risposta, le regalavo una lacrima di commozione, nella speranza che non si notasse il mio profondo disagio.
Io non ero Miki, non ero cosi' onesta, ma fu proprio per colpa sua, per colpa di Cassy, che la fierezza che provavo nel portare il mio cognome si crino' pericolosamente come uno specchio rotto. Perche' rotto? Beh ... questo non si puo' ancora dire. Ma quel volto, incendiato da una lunga chioma rosso fuoco, aveva ben poco a che vedere con quello di una insegnante di scuola superiore ...

«Arrivederci Miki. Resterai per sempre nei nostri cuori»

***

«Non sapevo che Cassy la conoscesse fin dai tempi delle superiori»

Mi sussurro' Alessandro alla fine della cerimonia.

«Non lo sapevo nemmeno io»
«No?!?»
«No... e ad essere sincera non avrei mai creduto che quella potesse avere degli amici! Non e' nemmeno sposata, adesso che ci penso!»

Constatai sedendomi sulle panchine di fronte alla lapide.

«E' completamente diversa da mia zia e non mi riferisco soltanto all'atteggiamento e all'aspetto fisico. Tutt'altro! Cassy e' cosi' ... diabolica, ma non nel senso positivo della parola ... non so spiegarmi»

Ale, aprofittando dello spazio vuoto accanto a me, segui' il mio esempio, fingendo di contemplare ancora una volta cumulo di terra in eccesso al di sotto della lastra di pietra.

«Forse, se era davvero cosi' amica di Miki, dovra' pur avere qualcosa di buono no?»
«Sicuramente non lo manifesta come insegnante»

Dissi sorridendo. Lui ricambio'.

«Da esterno non te lo saprei dire. Lo sai che nella mia sezione non l'abbiamo come prof. , pero' ... non dare mai retta alle voci, anche se c'e' solo una minima parte di verita'. Se fosse davvero cosi' disumana e se tutte le sue "leggende" fossero realmente accadute, non credo avrebbe avuto alcun genere di relazione con tua zia. Pensaci bene»

Sospirai malinconicamente.

«Forse hai ragione. Anche se la conosco da un anno, evidentemente non e' sufficiente!»
«Non c'e' mai abbastanza tempo per conoscere veramente a fondo una persona. Poi, spesso, certi professori hanno il brutto vizio di volersi proprio creare una sorta di fama negativa. Lei rientra fra questi, secondo me, e questa reputazione le piace cosi' tanto quasi da rinnegare se stessa per essere come dicono tutti»
«Tu dici che quella che conosco e' soltanto l'immagine di facciata creata da pregiudizi infondati, voci assurde e da lei stessa??»
«Esatto»

In quell'istante capii che Alessandro non aveva tutti i torti. A giudicare dall'espressione con cui aveva tenuto quel discorso toccante, la mia terrificante prof. di matematica non doveva poi essere tanto male.
Decisi che da li' in poi le avrei dato una seconda chance, almeno per dire che ci avevo provato!

«A proposito.. come ti e' andato l'ultimo compito, Cloe?»
«Oh .. beh ... fortunatamente l'ho fatto prima di sapere del lutto, percio' ... e' andato bene»
«Meglio no?»
«Diciamo di si' ... ma la verita' e' che non me ne importa niente della media scolastica. Certe cose impallidiscono in confronto ad altre. Solo ora mi rendo conto di quanto sono stupide tutte queste mie paturnie per il voto, il voto, il voto. Ci sono cose piu' importanti...»

Cose piu' importanti come la vita, la morte, la filosofia, le relazioni e tantissime altre che sembrano irrilevanti, ma che forse sono anche considerate tali perche' trascurate ed evitate da una societa' che non le vuole! E questo mi dava tremendamente fastidio.
Avevo sete di una giustizia collettiva della quale avevo percepito l'assenza soltanto perche' mi aveva colpita in pieno petto, uccidendo me ed il ricordo di mia zia. Sentivo il bisogno di dover soddisfare quella mancanza d'ordine morale a partire da me stessa, unicamente per cambiare in positivo una prospettiva di vita umiliata dalla sua stessa esistenza e dalla sua negazione piu' radicale. Dovevo cambiare le cose, per dare loro una forma migliore.
L'addio di Miki non sarebbe stato vano. Sarebbe stato la mia bussola nel labirinto della vita per capire che il nord e' ben distinto dagli altri punti cardinali e che e' solo su di esso che punta la freccia. Percio', mi ripromisi di non perdere mai di vista il nord, perche' se solo lo avessi confuso con il sud o con l'ovest, avrei smarrito l'orientamento morale, fondamentale per migliorare il mio mondo.
Abbracciai Alessandro senza ripensare a cio' che provavo per lui. In quel contesto doveva essere solo un mio amico, per correttezza e per un minimo di decenza.
Lo salutai e salutai tutti quanti, anche i miei genitori, fermandomi a parlare con chi voleva che ascoltassi le loro esperienze e chi invece non ne voleva saperne proprio niente; qualcuno mi racconto' anche storielle piuttosto interessanti ... (Niente di che ... le solite cose tra amici. Mia zia faceva di tutto). Attraversai la strada con l'intento di raggiungere il parco per bambini, quando qualcosa mi blocco', o meglio, qualcuno:

«Cloe!»

Disse una voce agghiacciante che riconobbi subito. Mi voltai di scatto e mi ritrovai dinanzi la donna che mi aspettavo.

«Buongiorno prof.! Mi scusi se non l'ho salutata, ma non sono in vena di molte formalita'»
«Non ti biasimo. Deve essere gia' stata dura per te superare questa cosa. Non esigo assolutamente che si rispetti la prassi .... anzi, diamoci del tu!»
«Grazie!»

Risposi sbrigativa. Volevo troncare li' la conversazione, ma lei insistette per continuare.

«Sapevi che io e tua zia eravamo molto legate?»
«A dire la verita' no ... »
«Lo immaginavo! Non parlava molto della nostra particolare amicizia»

Disse in modo piuttosto insolito.. cosi' insolito da non farci quasi caso. Lei era piuttosto strana.

«Sai ... a casa mia ho un sacco di album. Credo che ti interessi conoscere meglio la situazione ... tua zia ed io intendo! Avevamo qualche segretuccio che ti interesserebbe sapere! Che ne dici di parlarne davanti ad una tazza di te' soltanto io e te?»

Soltanto io e lei?
Li' per li' non seppi cosa rispondere. Era la mia professoressa; sarebbe stato corretto accettare? Eppure una tazza di te' mi andava proprio... magari con dei biscottini!
Accettai e, come mi aveva consigliato Cassy, chiamai mio padre dicendo che sarei andata da un'amica (Il che sembrava essere parzialmente vero. Dire ai miei che sarei andata a trascorrere il pomeriggio da una insegnante avrebbe potuto creare parecchi disguidi), ma da quel momento in poi le cose, tutte le cose, tutte quante sarebbero cambiate: quella fu la svolta che fece di me la persona peggiore dell'intero pianeta ... o quasi.

Tenete bene a mente il nome di "N"

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Capitolo 14
*** Cap. 13: Patrimonio ***


«Ancora un'altra tazza di te' cara?»
«Si' grazie!»

Dissi con malinconia sfogliando uno degli album di Cassy. A casa sua ne aveva tantissimi. Aveva una intera liberia completamente dedicata alla sua famosa amicizia con mia zia Miki Sakura Hasani, suddivisa in scaffali per ogni fasce d'eta' passate assieme.
Era incredibile, incredibile vedere con quanta devozione quella donna avesse curato ogni minimo dettaglio di quei bei momenti, incredibile come l'atmosfera di quell'istante cosi' perfetta in ogni sua sfumatura.
Sara' stata la calda casa con quel parquet lucido, con le pareti in legno scuro ed i divani bianco latte a far si' che le lacrime di tristezza fossero trattenute da un calore positivo. Sara' stato rivedere il giovane sorriso di mia zia a infondere in me una sicurezza che mi era stata strappata via. Eppure, non potei fare a meno di notare l'espressione ermetica di Cassy.
Ogni volta che cambiavo pagina, i suoi occhi mi studiavano estasiati, illuminati da un compiacimento che non sapevo ancora spiegarmi ed una strana euforia che riusciva a trattenere a stento.

«Ah! Li' e' quando eravamo al ballo dell'ultimo anno!»

Disse indicando la foto raffigurante loro due in abiti eleganti. Miki aveva un lungo vestito azzurro cielo, stretto in vita, con una gonna sostenuta da un'ampia crinolina ed abbellito da splendidi brillanti blu. In contrasto, quello di Cassy era rosso fuoco, assurdamente aderente sia sul busto che sulle gambe. Era arricchito con deliziose decorazioni orientali miste a cuciture dorate raffiguranti spaventose lingue di fuoco. Sul collo portava un grosso rubino a forma di stella a cinque punte, legato alla piccola catena da due estremita'.

«Wow! Era bellissima!»
«Gia'! Avete molte cose in comune, come ad esempio il vostro atteggiamento nel tener testa ad alcune responsabilita' ... come la scuola, i rapporti con gli amici e .. tutto il resto»
«Strano! Non l'avrei mai detto! L'ho sempre vista come il modello perfetto ed irraggiungibile»

Constatai senza dar peso all'occhiataccia di Cassy. Allo sfogliare delle pagine si accompagnarono mille ricordi ...

«Bella questa! Dov'eravate?»
«Oh! Si'!»

Esclamo' lei avvicinandosi ancor piu'.
Mi scostai leggermente per lasciarle prendere la foto dall'album.
Per la prima volta la vidi trattenere a stento le lacrime nel tentativo di fermare un fiume di pensieri che rischiava di sommergerla.

«Qui eravamo in gita in un piccolo porto d'Italia. E' stato tanto tempo fa ... pensavo di aver buttato via tutte le foto!»

Disse con aria quasi seccata.

«Perche' scusa?»
«Perche' non potevo conservarle. Fu li', proprio ad Ancona che incontrai qualcuno che non avrei mai voluto conoscere ... un uomo bellissimo ... e' una lunga storia»

Un possibile vero amore???
La guardai sbalordita.
Non avrei mai creduto che una donna cosi' avesse mai potuto avere un partner. Acida, cattiva, insensibile e cinica, non avrebbe mai potuto avere un uomo che sopportasse tutti questi difetti a tempo pieno! Ma evidentemente mi stavo sbagliando.

«Sta tranquilla. Non voglio sapere nulla di lui. Si vede subito che non ti piace parlarne»

Le sorrisi cominciando ad abituarmi all'idea di avere dinanzi una persona normale.

«Grazie Cloe. Tua zia avrebbe detto le stesse cose ... se solo fosse qui. Per fortuna che ora ci sei tu!»

Disse con una strana malizia.
Stavolta non potei fare a meno di non notare quell'accento esasperato, quel tono leggermente malefico, quello sguardo fulminante che mi trapasso' in pieno petto e catturo' la mia attenzione. Alzai la testa dall'album, inarcando un sopracciglio e studiando l'espressione compiaciuta della mia insegnante. Un impeto di rabbia si accese in me, riscaldando le mie mani ed infuocando il mio umore. Chiusi il libro fotografico senza distogliere lo sguardo, ricevendone uno ancor piu' bollente ed afferrai la tazza di te' per riempirmi la bocca. Io non ero come Miki! Non avrei mai saputo reggere il confronto! Doveva capirlo!
In breve tempo si venne a creare una situazione inspiegabilmente opposta a quella di partenza: dalla gentilezza dei gesti, dell'atteggiamento e del suo modo di parlare per consolarmi dalla bruttissima perdita, riscaldo' pericolosamente l'aria con affermazioni che lasciavano intendere altro, quasi per provocarmi.
Con quella frase comincio' a maturare dentro di me l'ipotesi non piu' tanto remota che Cassy contasse su di me come "erede" a tempo pieno del ruolo di mia zia. Okay, un'aspettativa del genere ci poteva anche stare, nonostante la differenza notevole di eta', ma il problema era un altro: che ruolo aveva avuto veramente Miki nella vita di una donna cosi' misteriosa? Chi avrebbe potuto veramente assicurarmi che il legame fra quelle due donne non fosse dovuto ad altri fattori nascosti?
Soltanto allora mi resi conto che non conoscevo moltissime cose sul loro rapporto. Le foto non erano una prova sufficiente ad accetare la semplicita' dei fatti ed alcune descrizioni sulle loro "avventure" giovanili potevano essere state facilmente inventate. E fu allora che mi balenarono in testa una miriade di idee diverse, dalle piu' stupide alle piu' scabrose. Arrivai addirittura a sospettare di una possibile relazione amorosa passata fra le due (cosa che avrebbe potuto spiegare molti aspetti davvero insoliti, tra cui il fatto di non aver mai saputo nulla a riguardo), ma non giunsi mai ad ipotizzare nemmeno una minima parte della terribile realta' che si nascondeva dietro quella losca figura di insegnante.
La verita' dei fatti era ben diversa e se non fosse stata quella tragica morte a distogliere l'attenzione dall'assurda perfezione del racconto, propabilmente qualche sospetto sarebbe cominciato a fiorire gia' dal principio; da quando Cassy mi coinvolse in questa storia.

«Vieni con me Cloe! Ho un sacco di cose da farti vedere in cantina!»

Disse alzandosi in piedi ed invitandomi a seguirla.
Appoggiai la tazza sul tavolino e mi infilai in bocca uno dei biscottini che erano in bella vista su di un vassoio. Non avrei potuto ancora dirle quello che pensavo.

«Attenta alle scale! Sono molto ripide!»
«Ma ... non c'e' la luce? E' tutto buio qui!»
«L'interruttore sta in fondo!»

Urlo' mentre affrontava quei brutti scalini.
Non appena finirono, torno' la luce che illumino' la stanza.

«Pero'! Niente male!»

Esclamai masticando il biscotto.
La cantina era molto grande, ricoperta interamente di mattonelle color grigio scuro fino al soffitto. La fioca illuminazione arancione metteva a fuoco le pareti completamente occupate da diverse file di ripiani in ferro, connessi fra loro da pali dello stesso materiale fissati al suolo. Nella semplicita' di quell'ambiente nessuno avrebbe potuto prevedere quel che sarebbe successo...
Mi guardai attorno, studiando le quattro mura e gli oggetti esposti, senza notare nulla di particolarmente interessante.
Dopo aver osservato attentamente ogni singolo dettaglio della stanza, mi accorsi dell'inspiegabile sguardo di Cassy che mi fissava con fare quasi compiaciuto.
Ormai era soltanto questione di secondi e la verita' sarebbe venuta tragicamente a galla.

«Che cosa dovrei vedere? Qui non c'e' niente ... »
«Prova a guardare meglio..... »

Cominciai ad avere veramente paura.
La sua voce divenne improvvisamente stridula e penetrante ed il suo volto, liscio e pulito, si contorse in un ghigno cosi' spaventoso che avevo visto soltanto nei film horror. I suoi occhi brillarono di un rosso demoniaco ed i suoi passi, sinuosi ed altezzosi, divennero felpati come quelli di una leonessa.
Mi accorsi immediatamente che qualcosa non andava.
In quei pochi istanti che la vidi ebbi la netta impressione di aver sempre avuto di fronte la maschera di una persona che non dimostrava la sua vera natura; una natura dall'aspetto inquietante e malvagio. Indietreggiai fino a che la mia attenzione non fu catturata dal luccichio della sua collana precedentemente nascosta dai vestiti. I suoi movimenti innaturali la rivelarono alla luce e constai che il ciondolo era lo stesso di una delle sue vecchie foto: una stella a cinque punte rovesciata.
Improvvisamente la mia mente si svuoto' da ogni pensiero.

«M-mi dispiace! Si e' fatto tardi e-e ... »
«Oh! Poverina ...»

Disse con falsa dolcezza.

«Mi spiace, ma ... non posso mandarti via ora che hai capito come stanno le cose!»
«C-cioe'?»

La donna si diresse verso una delle pareti della stanza.
Volevo scappare, fuggire, fuggire via da quel mostro.
Cassy mi aveva mentito. Mi aveva mentito su tutto ed io avevo abboccato in pieno.
Mossi un passo indietro a fatica. Mi mancava l'aria e non riuscivo a muovermi.

«Cioe' niente ... »

Sibilo' afferrando un piccolo filo di ferro nascosto dai ripiani e collegato ad una mattonella del muro.
Con uno scatto felino lo tiro' verso di se' ed infilando l'altro fìbraccio fra gli scaffali, la tolse definitivamente dalla parete per poi agguantare il contenuto di quella piccola "cassaforte segreta". Lo carico' e in meno di un secondo me lo punto' contro.
Era una pistola.

«C-che cosa significa tutto questo?»

Domandai con fatica. La sua risposta mi secco' la gola.

«Significa che tu ... hai quello che cerco! Qualcosa che voglio fortemente!»

Ancora non sapevo di che cosa parlasse.
Restai immobile, come se mi avessero ghiacciata senza preavviso, in attesa di conoscere l'argomento.

«Mia cara Takada ... tu sei preziosa! Molto preziosa ... e per questo non ti uccidero', a meno che tu non mi costringa a farlo!»

Sorrise.

«Quello che scorre nelle tue vene non e' semplice sangue, ma e' qualcosa che soltanto voi Hasani avete, e non parlo solo del vostro corredo genetico!
Voi siete una stirpe, una vera e propria stirpe dotata di potenzialita' raffinate fin gia' dalla nascita! Possedete una intelligenza sopraffina e delle capacita' di adattamento sorprendenti! Pero', nonostante tutto, non posso lasciarti andare come se niente fosse. Per sicurezza, sono costretta a tenerti sotto minaccia fino alla fine del nostro incontro, in modo da avere la certezza che tu abbia capito quello che sto per dirti!»

Strinsi i pugni, non potendo sopportare il lungo silenzio che segui'.

«Avanti! C-che cosa devo sapere?»

Cassy sorrise compiaciuta senza abbassare l'arma.

«Adoro la tua determinazione.. l'ho sempre ammirata! Anche tua zia era cosi' nel mondo del lavoro! Un'ottima e meschina collega!»

Esclamo' scoppiando in una risata che poco aveva a che fare d'umano. Tenendo puntata la pistola su di me, si avvicino' pericolosamente, portando la canna metallica sotto il mio mento e premendomela fortemente sul collo.

«Il mio nome e' Kassade e sono una terrorista, una spia, proprio come lo era Miki. Ora lei e' morta e mi aspetto che tu ... prenda il suo posto!»

Sobbalzai. Non era possibile. Era soltanto un brutto sogno. Non era questa l'eredita' che mi spettava.

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Capitolo 15
*** Cap. 14: Elettricita' ***


«Mia zia ... UNA TERRORISTA? Io ... io ... COSA ... COSA DOVREI FARE!?!»

Urlai con gli occhi fuori dalle orbite e l'arma da fuoco puntata sul collo. Cassy, la mia insegnante di matematica, non era soltanto la fredda professoressa dai modi altezzosi. Era una terrorista, «una spia», una criminale di alta lega!

«Si'! Esattamente! Miki Sakura Hasani era la punta di diamante di tutta la nostra associazione ... un grande gioiello! Che grave perdita; quasi non ci credo ancora!»

Esclamo' allontanandomi la pistola dalla gola.

«Purtroppo, non lavoravamo nello stesso scomparto. Sai, il boss sono io e ai miei dipendenti non e' concesso conoscere la mia vera identita'. Io sapevo chi era davvero, ma lei mi identificava soltanto come la "messaggera", o meglio, la spia del capo, un incarico sostanzialmente importante quanto il suo, per non destare sospetti e per evitare che nessuno potesse far trapelare nulla. Tutto cio' per una questione di cautela .. e di regole! Regole su regole! Funziona sempre cosi'! E' un po' noioso non credi?»

Spiego' giocherellando con la canna metallica.
Era lei il capo! Che voleva? Che aveva da scherzare in un momento del genere?
Improvvisamente un'idea spaventosa mi attraverso' la mente
Non mi piaceva! Non mi era mai piaciuta, ne' lei, ne' quella sua mania di fare ironia nei momenti meno opportuni, anche in classe.
In quell'istante, quando torno' a minacciarmi con l'arma da fuoco, digrignai i denti, stringendo i pugni, cercando disperatamente una soluzione per cavarmi fuori da quella brutta situazione.

«Non guardarmi in quel modo, Takada!»
«E COSA DOVREI FARE? STARE QUI A COMPIACERMI DI ESSERE L'UNICA EREDE DI UNA COSI' GRANDE FORTUNA?»

Kassade carico' la pistola, posizionando il dito sul grilletto.
Convinta che avrebbe sparato, mi portai le mani al volto, cadendo a terra all'indietro.

«TI PREGO! NON UCCIDERMI!»

Gridai sentendo il suo respiro addosso.

«Il tuo sarcasmo tienilo per te! Noi lavoriamo per costruire un nuovo mondo, una nuova realta'! Non possiamo permetterci errori fatali! Mi sono spiegata bene?»
«C-che cosa? U-un nuovo mondo?»
«Esattamente! Secondo te che cos'e' e' un terrorista?»

Preciso' togliendomi nuovamente dal mirino.

«La mia associazione si chiama Electrical Procedure Spies ovvero le spie della procedura elettrica. Ai nostri avversari piace chiamarci cosi', perche' abbiamo sempre costruito armamentari che si basano sulla potenza di forti scariche elettriche. Con questi, grazie a moltissimi collaboratori sparsi per tutto il globo, raccogliamo informazioni riguardo alle ultimissime scoperte in campo scientifico e cerchiamo di copiarle e sperimentarle nel minor tempo possibile.
Noi abbiamo progetti, scadenze da rispettare e tanti sogni ... sogni molto pericolosi ... sogni che, se fossimo persone comuni, non potremmo realizzare! Per questo lavoriamo nell'ombra! Ma ... sfortunatamente ... qualcuno come noi, un'altro gruppo di terroristi, che, pero', la pensa molto diversamente, ci ha scoperti e da allora gli abbiamo dichiarato guerra aperta. Per combatterli abbiamo bisogno di personale, di gente fuori dal comune, determinata e capace»

Disse dandomi le spalle ed allontanandosi verso il buco dal quale aveva estratto la pistola.
Approfittando della sua distrazione (probabilmente voluta), mi alzai in piedi e mi comportai ugualmente, ma dalla parte opposta, rimanendo pero' con la fronte rivolta verso di lei.

«Per combatterli abbiamo bisogno anche di te!»

Cadde il silenzio ed io iniziai a correre.
Corsi fin lassu', in cima alle scale, notando con stupore che Kassade non aveva tentato di fermarmi.
Una volta raggiunta la porta afferrai il pomello e tirai.
Questa, purtroppo, non cedeva di un solo centimetro.

«NO ... NO ... NON E' POSSIBILE ... NON ... »

Gridai.
In preda alla disperazione tentai nuovamente di aprirla, ma il destino era dalla parte opposta dell'uscita e la chiudeva con tutta la sua crudelta'. Non potevo fuggire.
Ero li' che pateticamente urlavo nella vana speranza che qualcuno mi potesse sentire, ma tutto il mondo sembrava essere morto in quel preciso istante, cosi' come la mia innocenza.

«Cloe!»

Mi chiamo' una voce, la sua voce.
La convinzione di quel richiamo fu tale da bloccare ogni mia azione. Mi aveva letteralmente immobilizzata.
Immediatamente dopo, questo mi ricordo' che dentro quella cantina non ero da sola e che la causa dei miei problemi era davvero poco distante da me.

«Permettimi di insegnarti come aprire quella porta, anche se in realta' ... dovresti gia' saperlo fare»

Ebbi un tuffo al cuore.
La sensazione che segui' fu ... sollievo? Si' forse, qualcosa di simile.
Kassade non voleva uccidermi; voleva soltanto ... cosa? Cos'era che voleva davvero da me?
Abbassai il capo e con rassegnazione scesi le scale, senza mai alzarlo. Una volta che fui certa di trovarmela dinanzi lo chinai ancor di piu'.

«Tu sei l'unica fra i miei dipendenti che conosce la mia vera identita'. Lo sai che significa questo vero?»
«Si'! Lo so»

Risposi immediatamente e senza muovere un solo muscolo.
L'ombra sulle piastrelle di Kassade non aveva un aspetto minaccioso.

«Sono pronta ad ascoltarti!»

Esclamai convinta.
Ormai era l'unica cosa che potevo fare: ero costretta a rassegnarmi. Non avrei mai potuto combattere in un corpo a corpo con una rivale armata e le tecniche del karate che conoscevo non sarebbero ugualmente servite a molto se a bloccare la mia fuga ci fosse stata ancora quella porta rinforzata. Non avevo alternative e non le avevo mai avute.
Restai ferma dov'ero, radicata al suolo ad osservare l'ombra di quel demonio muoversi verso di me.
Improvvisamente, un paio di dita gelide afferrarono il mio volto e lo mossero portando il mento verso l'alto. Finalmente ebbi modo di osservare il colore dei suoi occhi da vicino: erano verdi.

«Non credo che capiresti a pieno tutte le motivazioni del perche' voglio te ed esclusivamente te, ma certamente qualcosa dovro' piu' spiegarti. Dovrai accontentarti di quelle piu' semplici che non richiedono una spiegazione scientifica. Magari, se lavorerai con noi, avrai modo di capirle da sola. Sei disposta ad ascoltarmi anche a queste condizioni?»

Ormai la frittata era bella che fatta. Adesso doveva essere servita.
Mi colpi', pero', quel suo «se lavorerai con noi» ed esitai a rispondere per qualche secondo. E se davvero non fossi stata costretta a diventare una terrorista? Se mi avessero lasciata andar via?
Per non spazientirla decisi di rispondere.

«Si'!»

Un soffio d'aria gelida mi taglio' la schiena.

«Noi ... io voglio te, perche', innanzitutto, sei l'unica e la prima erede di tua zia. Lei non aveva figli, non ne ha avuto il tempo, pero' ha contribuito nella tua educazione come se fosse una madre, tant'e' vero che ti ha condizionato molto nelle tue scelte ... scelte che ti sarebbero tornate utili una volta giunto questo momento ... »
«Il corso di karate ...»

Sussurrai ricordando precisamente il momento in cui mi porto' alla palestra per la mia prima lezione.

«Lei lo voleva fin dall'inizio, lei desiderava ardentemente, dal primo momento che i tuoi genitori ti hanno concepita, che tu potessi prendere il suo posto come erede di un cosi' importante incarico. Ti ha sempre preparato a questo. Era lo scopo di Miki assicurarti una buona posizione all'interno dell'EPS, perche' una volta portati a termine i nostri progetti, tu avresti avuto una posizione di rilievo tale come quella che spettava a lei.
Se avesse potuto scriverlo nel testamento di morte, questa sarebbe stata la sua ultima volonta'!»

Esclamo' piu' persuasiva che mai.

«Davvero Miki voleva questo?»
«Si'! Era lo scopo della sua vita, finche' gli affari con l'assassino N sono andati a farsi fottere e lei ne ha pagato le conseguenze con la vita. Ma questa e' un'altra storia!»

Preciso' lasciando la presa sul mio volto.
Mia zia era stata davvero uccisa da un assassino e per di piu' dal famoso «N», detto anche «Nessuno» perche' nessuno era in grado di delinearne un ritratto ben preciso, una posizione approssimativa e qualche indizio per incastrarlo. Nessuno tranne l'EPS a quanto pareva.

«Voi conoscete Nessuno? Avete rapporti con lui direttamente?»

Domandai ribollendo di rabbia.

«Non proprio direttamente. Eravamo in contatto con i suoi collaboratori e con diversi esponenti mafiosi per diffondere un nuovo tipo di droga: la "brainback". Immagino tu l'abbia sentita molto!»
«Eccome! La famosa "droga del passato"»

«Esattamente! Andava tutto liscio come l'olio, finche', su ordini di "N" stesso, i suoi collaboratori cominciarono ad uccidere i nostri e tutti coloro che erano coinvolti nel traffico. Quei suoi dannati soci, che si possono contare quasi sulla punta delle dita, hanno fatto una strage in meno di dieci giorni. Ci hanno trovato subito nonostante fossimo sparpagliati per il mondo. La gestione dei contatti fra EPS e Nessuno l'aveva Miki. Sembrava essere riuscita a tenere segreta la sua identita', collocazione compresa, ma, proprio mentre eravamo sicuri che non l'avrebbero piu' trovata, l'hanno uccisa!»

A dire la verita' non me ne sarebbe importato niente di tutto questo se non fosse stata coinvolta mia zia.
Inverosimilmente pero', quella volta, tutta quella situazione mi toccava da vicino; anzi, mi aveva appena rapita e trascinata all'interno di una schifosa spirale vorticosa di nefandezza e di viscidume dal quale non sarei uscita se non grazie ad una grave perdita.
Ero piu' inferocita che mai.
Entrare a far parte di loro non solo mi avrebbe dato l'opportunita' di realizzare il volere di mia zia, ma anche di trovare questo famigerato "N" per assassinarlo e non c'era nulla che desideravo di piu' in quell'istante.

«Se tu, mia cara Cloe, divenissi una di noi, avresti la possibilita' di poter trovare quell'essere immondo e di riuscire in cio' che lo stesso Hideki sta perdendo.
Potresti superarlo e prendere definitivamente il suo trono!»

Immediatamente mi si accese lo sguardo.
Una fiamma dal colore demoniaco irradio' i miei occhi e spezzo' il mio cuore. In quell'istante smisi di vivere per qualche secondo.


«Hi-Hideki hai detto?»
«Si'! Non e' quello che desideri da tutta una vita? Diventare l'ivestigatrice migliore del mondo?»
«Si'! Certo ...»

Dissi con poca convinzione.

«Ma come potrei fare l'investigatrice ed essere una terrorista allo stesso tempo? Come potrei spacciare droga, uccidere gente e lavorare per la giustizia mondiale? E' impossibile! Non potrei mai prendere il suo posto, anche perche' non potrei mai mettermi in contatto con lui! Fa parte dei segreti mondiali di cui nessuno conosce la verita' assoluta ... un po' come la questione degli UFO!»
«Non riuscirai mai ad entrare nelle grazie di Hideki e dei leader mondiali che lo sostengono ... ma questo non e' un problema. Non dovrai ingraziarti nessuno. Basta soltanto che tu li uccida tutti»

Rimasi di stucco.

«Hideki, in questo preciso istante, lavora con pochi collaboratori della polizia di MeHight sul furto dei documenti sulla bomba atomica. Stanno belli al calduccio, nascosti da qualche parte. I nostri infiltrati sanno ben poco a riguardo, ma dubito che la loro sede ufficiale sia molto lontana dalla citta'. Devono stare in prossimita' di quel luogo per effettuare ulteriori indagini, percio' abbiamo anche discrete possibilita' di trovarlo e di farlo fuori!
Se lo facciamo fuori avremo campo libero. Con te come Hideki e come terrorista potremo letteralmente controllare tutto il mondo, gestendone la sua giustizia piu' radicale ed evitare di venire allo scoperto! Tu sarai la nostra regina della scacchiera. Tu sarai al vertice di tutto ed una volta raggiunta la sommita', avrai tutti gli strumenti necessari per trovare "N" ed ucciderlo senza troppi rischi!»
«Senza troppi ... rischi?»

Domandai come assuefatta.

«Esatto! Con te come Hideki, il nostro operato, un giorno, potrebbe essere considerato ammirevole da tutto il mondo ed il nostro scopo diventare realta'!»
«Ma, aspetta un attimo, qual'e' il vostro scopo?»

Chiesi con fare interessato.

«Il nostro scopo e' il tuo scopo!»

Ebbi un tuffo al cuore.

«Noi vogliamo costruire un mondo, una societa', dove non esista la moneta, il commercio, la ricchezza e la disparita'. La nostra idea di mondo e' quella di un legame che renda tutto il globo una comunita' dove poter usufruire di tutti i beni senza dover soffrire la fame o senza dover sborsare soldi, perche' questi non saranno piu' concepiti. Sarebbe il raggiungimento totale della perfezione, sarebbe l'abolizione di tutti quei sentimenti negativi che portano le persone ad uccidersi a vicenda, sarebbe la definitiva risoluzione ai piu' grandi problemi che affliggono l'umanita', come la gestione delle ricchezze. Sarebbe quello che tu hai sempre desiderato ... una vera e propria realta' per il mondo!»

All'udire di quelle parole, le mie gambe non ressero piu' il mio peso e mi fecero cadere sulle ginocchia.
Il dolore che provai alle articolazioni fu immediatamente sostituito da un'immensa gioia che pervase il mio spirito e la mia mente.
La mia visione di pace poteva davvero diventare realta'! Avrei potuto lavorare su questo mio progetto contando sull'aiuto di un'intera associazione di livello mondiale che lo avrebbe trasformato nella quotidianita' piu' totale.
Cominciai a piangere come una bambina.

«Immagino che tu capisca che cosa comporti questo!»
«O-Ovviamente! Ma qualcuno dovra' pure sporcarsi le mani! Si tratta del bene assoluto! Le vite degli innocenti saranno i sacrifici necessari per la realizzazione di tutto questo!»

Kassade sorrise malignamente.

«Tu, Cloe, sei l'unica persona che puo' farlo! L'unica persona che sapra' usare al meglio la nostra elettricita', i nostri armamentari per svolgere questo lavoro! Pero', in quanto ad intoppi, non e' finita qui!»

Esclamo' catturando ancor di piu' la mia attenzione.

«C'e' un'altra associazione di terroristi che lavora contro di noi. Si chiama DSK, ovvero Dark Savers Killers, gli assassini dei salvatori oscuri. Ci vogliono sterminare per avere il controllo totale del mondo. Vogliono gestirlo a loro piacimento, tenendolo sotto controllo con la pericolosissima bomba nucleare e con l'uccisione di Hideki»
«NO! NON GLI VA PERMESSO!»
«Assolutamente! Percio', ti andrebbe di unirti a noi per distruggerli e realizzare tutto questo?»

Con convinzione mi alzai in piedi.
Mi asciugai le lacrime e, con uno sguardo demoniaco, fulminai Kassade, rivolgendole con convinzione le seguenti parole:

«Dimmi che cosa devo fare ed io lo faro'. Voglio entrare a far parte di questo progetto. Voglio diventare cio' che mia zia Miki voleva che fossi!»

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Capitolo 16
*** Cap.15: Vortice ***


«Riprova!»

Urlo' lei con quella voce da kamikaze. Segui' un colpo forte.

«Riprova!!»

Il movimento fu cosi' intenso e deciso da far vibrare l'aria. Eppure ...

«ANCORA!»
«STO DANDO IL MIO MASSIMO!»
«NON BASTA!»

Pugni di una violenza inaudita colpirono il manichino che nonostante tutto si ostinava a rimanere in piedi.
Doveva cadere. Dovevo farlo cadere.

«ANCORA!»

Picchiai ancora piu' forte il fantoccio rinforzato, gridando con tutta la determinazione che avevo.

«NON RIESCI A FARE DI MEGLIO? TU NON RAGGIUNGERAI MAI I TUOI SCOPI!»

Mi scoraggio' lei avvicinandosi con passi pesanti.

«COSI' NON OTTERRAI MAI NIENTE! SE NON LO FRANTUMI A PEZZI RIMARRAI SEMPRE E SOLO UNA SCIOCCA FALLITA! UNA BRUTTA PUTTANELLA VIZIATA! SECONDO TE E' QUESTO CHE VOLEVA TUA ZIA, PRIMA CHE MORISSE???»
«NO, SIGNORA!»

Il burattino non cedeva di un solo centimetro e piu' colpivo, piu' le mie dita diventavano di un colore violaceo scuro. Era troppo per me. Ogni urto cominciava a farsi sempre piu' lento, sempre piu' pesante. Le mie braccia non rispondevano piu' e le gambe tremavano di dolore.

«Cassy ... io ...»
«CONTINUA!!!»

Ci fu un ultimo colpo, ma questa volta il rumore fu diverso. All'improvviso, mi ritrovai a terra, con il capo rivolto verso il pupazzo ancora nella stessa posizione precedente.
Non ce l'avevo fatta. Ero andata troppo oltre le mie forze ...

***

«Sei tu Lelouch?»

Domando' una donna in biancheria intima al ragazzo.

«Si'. Sono Alessandro Lelouch Tanicuchi. Sono l'agente Xel»
«Perf...etto! Ecco a lei! Tenga e ... buon divertimento!»

Alessandro ringrazio' diplomaticamente e prese la chiave dalle mani della donna.
Prima di entrare nella stanza si guardo' intorno ancora una volta. Quel posto ormai lo conosceva bene.
Quelle tende rosse con cristalli di diamante brillanti alle pareti, il bancone rosa fucsia e la donna in biancheria che gli porgeva sempre la solita chiave erano ormai quasi una ossessione ... una droga.

«Mi scusi signorino! Prima di entrare, vorrei riferirle un messaggio del capo!»
«Mi dica»

Disse senza nemmeno voltarsi.

«La concubina numero quattordici si era lamentata per la troppa forza che ci avete messo giovedi' scorso. Le avete fatto molto male, percio' il capo le ordina di fare piu' piano ... »
«D'accordo ... »

Confermo' sogghignando.

«Non succedera' piu', madame!»

Non curandosi della risposta della donna, Alessandro entro' nella stanza, chiudendosi la porta nera alle spalle. Al suo interno, su di un letto ricoperto di stoffa dorata, c'erano cinque ragazze svestite che lo stavano aspettando.

«Coraggio, bamboline ... »

Le incoraggio'.

«Fate cio' che sapete»

***

«Che cos'e' che dovrei fare???»

Domando' la ragazza dai lunghi capelli castani al suo coetaneo.

«Andiamo Kim! Ammettilo! Tu e Kyle ...»
«RYLEE! NON DIRE STUPIDATE!»

Esclamo' lanciando un'occhiata a Mary nel tentativo di scoprire la sua reazione.

«Lo sai benissimo che non sono stupidate invece ... Dai! Dovresti dirlo! Siamo una squadra!»

«SI'! MA ... »

Kim si avvicino' a Rylee pericolosamente e lo trascino' in disparte, lontano dagli altri ...

«... Rylee ... c'e' una cosa che forse non conosci»
«Cioe'?»
«Non e' proprio bello riferirtelo in queste circostanze, ma non mi lasci scelta .... »

***

«Tanicuchi! Come procede la raccolta dati?»
«Non tanto bene! Qui andiamo a rilento! Il computer e' sovraccarico!»
«Ci mancava solo questa!»

Esclamo' il ragazzino dalla nera chioma.

«Provvedero' ad una nuova attrezzatura all'avanguardia. Che peccato pero'!»
«Perche'?»

Domando' incuriosito l'uomo dagli iridi di ghiaccio.
Il piccolo, con estrema tranquillita', si diresse a carponi verso la scatola dei giocattoli ed afferro' una piccola Ferrari rossa, prendendosi tutto il tempo per rispondere.

«Non noti una certa analogia fra le macchine ed i tuoi dipendenti?»

Il poliziotto, estremamente incuriosito dalla domanda, smise di lavorare e rivolse la sua completa attenzione al bambino.

«Non capisco. Spiegati meglio Hideki!»
«Ma si' che mi capisci!»

Esclamo' lanciando a tutta velocita' l'automobilina sulle mattonelle lucide.

«Quando non ti servono piu', le butti via! Le sostituisci! Le cambi con pezzi migliori nel caso in cui non lavorassero come vorresti! Non e' un po' ... triste? Le persone non andrebbero trattate come macchine .... oppure mi sbaglio?»

Mr. Tanicuchi rimase estremamente colpito dalle parole di Hideki. I suoi colleghi, fortunatamente, non erano presenti. A differenza sua, erano a casa, a prendersi un giorno di riposo dopo il tanto lavoro apparentemente invano.
Loro come avrebbero reagito ad una domanda del genere?
L'uomo ringrazio' il cielo di non dover nascondere il suo stupore e si prese la briga di rispondere liberamente.

«No, non sbagli ... ma a volte e' necessario!»
«Si', probabile!»

Confermo' H afferrando un pezzo di carta ed una penna lasciati a terra.

«Ma non e' giusto!»
«Gia'!»
«E allora come si puo' fare giustizia se, per ottenerla, devi compiere una minima parte del suo contrario? Non e' vera giustizia!»

L'uomo sospiro' abbassando il capo.

«Forse non e' affatto giustizia ... »
«Tu dici?»
«Questo non possiamo saperlo ... »
«Ah no? Io invece ti dico che ti sbagli!»

Il poliziotto sobbalzo' sulla sedia.

«Si' ti sbagli! Ma, dato che hai risposto male alle mie domande, voglio che sia tu a capire da solo il perche'! .... lo sai? A volte la risoluzione dei casi piu' complessi sta nelle piccole domande come queste. In fondo sono le stesse che si pongono i criminali! La bravura di un vero investigatore consiste nell'immedesimarsi in una logica estranea e stabilire con fermezza se questa e' piu' o meno giustificabile. Considerando che spesso ha a che fare con fuorilegge ... e' difficile parlare di giustificazioni, per questo non dovresti farti venire dubbi ADESSO! Un crimine e' sempre un crimine, anche se il movente e' apparentemente nobile! Non va lasciato impunito, perche', altrimenti, questa non sarebbe giustizia!»
«Il fine non giustifica i mezzi!»

All'udire di quelle parole, Hideki sorrise trionfante ed incrocio' lo sguardo dell'uomo.

«Esatto! L'importante e' che tu lo tenga a mente! Adesso, per risolvere il caso, ci basta solo entrare al centro del vortice: nell'occhio del ciclone!»

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