La fioritura dell'amore

di memi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


La fioritura dell’amore

La fioritura dell’amore

parte prima

 

Il sole splendeva nel cielo terso di primavera, animando con i suoi caldi raggi l’intera cittadina di Tokyo. alcuni petali di un delicato colore rosato, somigliante alla tinta sfumata che appare all’orizzonte nello spettacolo naturale dell’aurora, coloravano le vie popolate di mandorli in fiore. Ed era forse questa la pianta che più caratterizzava il Giappone intero, ben conosciuto per l’appunto per la magnificenza della sua fioritura che, quando giungeva la primavera, ornava delicatamente il tutto.

“Ma dove si sarà cacciata Sora?”, Taichi camminava avanti e indietro, visibilmente impaziente.

L’amica aveva chiesto a lui e a Yamato di aspettarli un attimo lì in cortile, visto che aveva dimenticato una cosa in classe, ma dopo una decina di minuti buoni non era ancora ritornata.

“Avrà incontrato un contrattempo, ma vedrai che presto arriva”, la voce pacata di Yamato attirò le attenzioni dell’altro.

Taichi si voltò verso di lui e lo guardò sconcertato. “Dici?”, alzò un sopracciglio, poco convinto.

Taichi Kamiya si era spesso domandato come facesse il suo più caro amico a rimanere sempre così impassibile e distaccato, anche nei momenti di maggior nervosismo. Le rare volte in cui aveva perso la calma, si potevano numerare con le dita. E il più delle volte erano state per colpa sua. Taichi ricordava ancora perfettamente, sebbene fossero passati diversi anni ormai, le volte in cui lui e l’amico si erano azzuffati, nel mondo digitale. Il carattere a tratti impassibile di Yamato Ishida lo aveva mandato in tilt più di una volta, lui che era abituato a mostrare sempre e comunque i suoi sentimenti. Per questo molte volte si erano ritrovati a darsele di santa ragione, spesso anche per un futile motivo. Taichi sapeva come far innervosire il ragazzo e a volte usava, seppur non se ne rendesse quasi conto, quest’arma contro di lui. Così andava sempre a finire che Yamato si spazientiva e senza pensarci due volte lo prendeva a cazzotti. Perché, con il carattere indomabile che si ritrovava, mal tollerava certe prese di posizione dell’amico, da sempre il leader del gruppo, che però le prendeva con l’unico scopo di finire in una sicura litigata. A pensarci ora, quello poteva considerarsi una loro norma tutta particolare per sfogarsi nei momenti in cui ne avevano più bisogno. E forse proprio per questo motivo, proprio perché le loro azzuffate erano dettate unicamente dal nervosismo o dalla frustrazione, in ultimo finivano sempre con lo scoppiare in una sonora risata che aveva il sapore del sollievo e che era capace, da sola, di avvicinarli ancor più di prima.

“Oggi hai le prove?”, cambiò d’un tratto discorso Taichi, fermatosi proprio di fronte all’amico.

“No”, scosse il capo Yamato, continuando a tenere le mani nelle tasche del pantalone grigio della divisa.

Yamato era ormai l’affermato cantante del suo gruppo, che, formatosi quando aveva appena quattordici anni, adesso, dopo ben due anni, poteva dirsi abbastanza conosciuto.

“Mi sembrava di aver capito così”, mormorò pensoso il giovane Kamiya.

“Oggi è venuto Hikaru a dirmi che lui e Yosuke non potevano, per questo abbiamo deciso di spostarle a domani”, spiegò allora Yamato, poggiandosi con il suo peso lungo il muro che circondava il cortile della scuola.

“Capisco”, disse solo Taichi, prima di ritornare a camminare avanti e indietro.

Tra i due calò un velo di silenzio, in cui ognuno dei due si immerse per un istante nei propri pensieri. Poi fu proprio Yamato a fugare quella tranquillità con le sue parole.

“Hai da fare oggi?”, domandò, alzando lo sguardo e puntando i suoi meravigliosi occhi blu sulla figura aitante dell’amico.

“Ho gli allenamenti di calcio qui a scuola”, annuì Taichi, fermandosi nuovamente a riflettere. “Perché?”, chiese poi, curioso.

“Devo andare a prendere la chitarra elettrica”, rispose Yamato, e Taichi capì che quello era un suo modo per chiedergli di andare con lui.

“Mi dispiace, ma non posso proprio saltare gli allenamenti! Il mister è già arrabbiato con me per l’altra volta, che non ci sono andato, e se non vado neanche oggi…!”, Kamiya rabbrividì al pensiero di quello che gli avrebbe fatto l’allenatore se non si fosse presentato nemmeno quel giorno. “Potresti chiedere a Sora di venire con te!”, aggiunse poi, ben sapendo che alla ragazza avrebbe fatto piacere.

Ormai lui, Yamato e Sora costituivano un trio saldo e compatto. Uscivano spesso insieme, dopo le lezioni, per un motivo o un altro, quindi Taichi sapeva che per Sora non sarebbe stato un problema andare con l’amico. E poi non sarebbe stato giusto mandare Yamato da solo, visto che il negozio al quale si era rivolto era dall’altra parte della città!

A quella proposta, dal canto suo, Yamato si limitò a fare una smorfia che voleva essere accondiscesa. Taichi sorrise, contento, prima di volgere lo sguardo verso l’entrata della scuola. Ma di Sora ancora nessuna traccia.

“Taichi?! Yamato?! Taichi Kamiya e Yamato Ishida?”, il giovane Kamiya si voltò incuriosito sentendo il proprio nome e quello dell’amico pronunciato con tanta enfasi da una voce sicuramente femminile.

Si voltò e davanti ai suoi occhi comparve una giovane ragazza da due meravigliosi occhi marroni che luccicavano per la gioia.

 

 

“Ora devo andare, signorina Ryokou. Ci vediamo agli allenamenti!”, Sora si chinò educatamente, prima di uscire dall’ufficio dei professori di corsa.

Sora Takenouchi era corsa in classe perché si era ricordata di aver lasciato il libro di matematica sotto al banco, ma proprio mentre stava per uscire si era scontrata con la sua allenatrice, che l’aveva pregata di raggiungerla un attimo nella sala professori. Sora non aveva potuto rifiutare, e così si era dovuta sorbire la lunga spiegazione sul nuovo metodo di allenamento che la donna aveva ideato per le sue studentesse che giocavano nella squadra di tennis della scuola.

Guardando l’orologio, Sora si accorse che era trascorso già un buono quarto d’ora da quando aveva chiesto ai suoi due amici Taichi e Yamato di aspettarla giù, di modo da fare come sempre la strada di ritorno assieme. ‘Mi sbraneranno!’, si disse tra sé e sé, facendo una smorfia intimorita al pensiero dei due amici. Ma infondo non era colpa sua se aveva fatto tardi! Non aveva chiesto lei di dover aspettare lì quindici buoni minuti, prima di poter correre finalmente via!

Ripensando alla buffa situazione, Sora non poté fare a meno di sorridere. E pensare che abitualmente era lei l’unica sempre puntuale…! Mentre adesso si stava preoccupando per la strigliata che le avrebbero fatto i ragazzi, visto il suo ritardo!

“È proprio vero il detto mai dire mai!”, si ritrovò a dire ad alta voce, prima di sghignazzare divertita.

Sora, con gli anni, aveva imparato ormai quanto fosse veritiero quel detto. Lo aveva saggiato sulla propria pelle più volte e ormai non poteva che dar conferma ad esso. La prima volta che ne aveva appurato la validità era stato molti anni prima, nel suo primo viaggio a Digiworld. All’epoca, vedendo Taichi e Yamato litigare in continuazione per un nonnulla, non avrebbe mai immaginato che un giorno proprio quei due sarebbero diventati migliori amici. E invece il tempo l’aveva costretta a ricredersi. Perché Taichi e Yamato non solo erano migliori amici, ma avevano inglobato nel loro piccolo cerchio anche lei, l’unica ad avere trascorso ogni cosa, sempre, con loro. Forse perché frequentavano la stessa classe, avevano la stessa età, o forse perché più semplicemente avevano molti interessi comuni, ma tra loro tre si era venuto a formare un legame unico e speciale, che li univa anche fuori dalla ristretta cerchia dei digiprescelti.

La seconda volta che Sora aveva saggiato quel detto, era stata proprio su di sé, sulla sua pelle. Di certo un tempo la fanciulla non si sarebbe mai aspettata che un giorno avrebbe abbandonato quei suoi atteggiamenti mascolini che l’avevano fatta entrare sin dentro la squadra di calcio della scuola, dove militava anche Taichi. Eppure all’età di sedici anni, Sora sembrava aver completamente perso quei tratti del suo carattere e, dalla ragazzina un po’ maschiaccio che era stata, si era tramutata in una ragazza estremamente carina tanto da suscitare l’invidia di alcune, gelose per via del suo aspetto. Anche se, in effetti, la gelosia che suscitava in quelle ragazze non era dettata solo da questo, ma soprattutto perché lei sembrava un’amica stretta dei due ragazzi più carini della scuola, Taichi Kamiya e Yamato Ishida. Taichi era famoso per essere diventato il capitano della squadra di calcio e per via del suo carattere estroverso, che gli dava una bellezza genuina e fresca. Yamato, invece, forse quello che riscuoteva maggior successo tra i due, era noto soprattutto per essere la voce di una famosa band. Senza contare il suo aspetto e per quel suo carattere chiuso, che lo faceva sembrare una vera divinità greca.

Sora a volte si divertiva a punzecchiare tutte quelle ragazzine, che si ingelosivano solo per un suo gesto verso i due amici. A volte mentre camminava con loro, sentendo tutti quei sguardi su di sé, si deliziava a prenderli ambedue sotto braccio e a vedere le espressioni delle ragazze colorarsi di un rosso acceso, sinonimo di gelosia. Anche a Taichi e a Yamato divertiva la cosa. In effetti loro due non erano i tipi da gradire tutte quelle occhiate che si rivolgevano a loro solo per quelle loro qualità fisiche o perché erano piuttosto rinomati, per questo motivo non davano mai molto peso a tutte quelle ragazzine che trepidavano per loro. E quando c’era Sora con loro, non esitavano a passarle una mano attorno alle spalle, o a farle un gesto simile che faceva, ogni volta, ingelosire le ragazze e allontanare i ragazzi che invece erano interessati alla fanciulla. La loro era, insomma, una sorta di difesa che si facevano l’uno con l’altro e che divertiva un po’ tutti e tre.

Senza quasi accorgersene, Sora era arrivata nel cortile della scuola, la cui erbetta era ricoperta da un delicato strato di petali rosa. La fanciulla si guardò attorno, alla ricerca dei due amici, e li trovò appoggiati lungo il muro della scuola, accanto al cancello d’entrata, proprio dove li aveva lasciati. Arricciando le labbra in un sorriso, la ragazza fece per chiamarli ma le parole le morirono in gola quando vide che assieme a loro c’era una fanciulla che lei non ricordava di aver mai visto prima di allora. Nemmeno la sua divisa, blu e in totale contrasto con quella verde della sua scuola, sembrava denotare la sua appartenenza lì. Eppure Sora dovette ammettere che era molto carina, con quei lunghi capelli castani che le fasciavano la schiena.

Ma la cosa che più colpì la giovane Takenouchi, non fu tanto l’aspetto della ragazza, quanto la strana trepidazione che si era fatta man mano largo nel suo cuore. Sora non ricordava di aver mai provato una cosa simile prima di allora e la cosa la metteva, per questo, non poco in agitazione. Era come se una grossa e affilata lama l’avesse perforata, facendole prendere un colpo che risultava ancor più doloroso perché inaspettato. Nel vedere quella ragazza chiacchierare così amabilmente con i suoi amici, l’unica sensazione che sentiva di provare era di una profonda angoscia, che l’attanagliava e che per tale ragione la metteva ancor più in apprensione. Non capiva perché le desse tanto fastidio vedere Taichi così preso in quella conversazione e il sorriso di Yamato, così raro, rivolto a quella fanciulla, per di più sconosciuta. Non capiva, ma sentiva ugualmente dentro di lei un vago senso di trepidazione che la fece impallidire involontariamente. ‘Che mi sta succedendo?’, non poté fare a meno di chiedersi, preoccupata per quella nuova sensazione che mai ricordava l’avesse scalfita prima di allora.

Titubante e in uno stato di profonda agitazione, Sora si avvicinò lentamente al piccolo gruppetto appena formatosi. Fu Yamato il primo a notarla, alzando quei suoi meravigliosi occhi blu e posandoli su di lei. E per la seconda volta nel giro di pochi attimi, la giovane Takenouchi sentì il proprio cuore fare dei strani capricci sotto quello sguardo fisso su di sé. Si stava giusto domandando il motivo per cui si sentisse in quel modo, quando la voce di Taichi, voltatosi per seguire lo sguardo dell’amico, la richiamò, ridestandola così dai suoi pensieri.

“Sora!!”, un meraviglioso sorriso illuminò il volto di Kamiya, mentre con una mano le faceva cenno di raggiungerli.

La fanciulla annuì e, con un groppo in gola, si avvicinò ai due. Immediatamente notò la mano della giovane sconosciuta, che si era precedentemente poggiata su un braccio di Taichi, levarsi da lì per ricongiungersi all’altra e subito Sora si sentì sollevata. Ma tutti quei confusi sentimenti che continuavano ad aleggiarle nel cuore, vennero scacciati da un’improvvisa ondata di stupore che la colpì non appena le labbra cremisi della sconosciuta pronunciarono il suo nome.

“Sora!! Sora Takenouchi!”, allargando le labbra in un sorriso, la fanciulla la guardò raggiante.

Dimenticando lo strano fermento che l’aveva colta appena poco prima, Sora concentrò la sua totale attenzione sulla ragazza. ‘Mi conosce?!’, non riuscì ad evitare di chiedersi, frastornata.

“Possibile che non ti ricordi di me, Sora?”, la chiamata in causa rimase come inebetita sotto il dolce peso della fanciulla, che l’aveva stretta affettuosamente.

“Io…veramente…”, balbettò trasognata la fanciulla dai capelli ramati, mentre cercava di ricordare dove l’avesse già vista.

“Credevo di non essere cambiata poi tanto, però…a quanto pare”, la fanciulla si separò da Sora e le sorrise dolcemente.

Nel guardare quegli occhi marroni, Takenouchi ebbe come un flash ancora sfocato, ma che le fece scattare come una molla.

“Tu…tu sei…”, tentò di ricordare, socchiudendo le palpebre per meglio focalizzarsi sui meandri della propria memoria.

La fanciulla di fronte a lei sorrise, prima di alzare le mani e portarsele verso i capelli. Solo quando si alzò tutti i fulgidi capelli castani, l’immagine nella mente di Sora fu completa.

“Yuko! Tu sei Yuko Hitori!!”, ricordandosi finalmente dove l’aveva già conosciuta, la giovane Takenouchi l’abbracciò di slancio.

La sua memoria aveva faticato un po’ a ritrovare l’immagine della fanciulla per via del suo aspetto. Quando lei e gli altri due amici l’avevano conosciuta aveva avuto pressappoco dodici anni. All’epoca, però, i lunghi capelli di ora erano corti e le incorniciavano appena l’ovale perfetto del viso. Anche il suo fisico, allora ancora segnato dalla fanciullezza, adesso appariva diverso, come sbocciato nell’età florida dell’adolescenza. Yuko aveva frequentato con loro due anni delle scuole medie. Era arrivata dalla fredda Sapporo assieme ai suoi genitori, quando già aveva dodici anni. Con il carattere dolce che si ritrovava, Yuko non aveva faticato molto ad attirare le simpatie di Sora, Yamato e Taichi, che l’avevano sempre vista come una sorta di bambina da proteggere. Ma Yuko aveva dovuto lasciare i nuovi amici appena dopo due anni, nell’entrata alle scuole superiori, ancora una volta per via del lavoro del padre, e a trasferirsi a Kyoto.

“Quando sei ritornata? È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo viste!!”, esclamò raggiante Sora, sinceramente felice di rivederla.

Yuko a quella domanda arricciò le labbra e in quel sorriso Sora rivide la bimbetta di un tempo. Sebbene fossero trascorsi un paio di anni e Yuko si fosse tramutata in una graziosa ragazza, di certo non aveva perso quell’aria tremendamente dolce che ispirava, in chi la guardava, un senso di protezione.

“Mio padre ha trovato un lavoro fisso qui a Tokyo e così, proprio all’inizio di quest’anno, siamo ritornati qui. Purtroppo non abito più in questo quartiere, ma frequento l’istituto Torio per questo non ci siamo incontrati prima. A dire il vero ho saputo che frequentavate questa scuola solo perché alcune mie compagne di classe stavano parlando del concerto di Yamato e così, andando a chiedere, mi hanno detto che venivi qui. Perciò ho preso la metropolitana e sono venuta a trovarvi!”, spiegò Yuko, sotto lo sguardo attento dei tre.

“Ehi, ma l’istituto Torio non è la scuola frequentata da Ken?”, domandò d’un tratto Taichi, memore di qualcosa.

Sora annuì. “Sì, infatti”, asserì.

“Vi state riferendo a Ken Ichijouji?”, si intromise Yuko, incuriosita.

Fu nuovamente Sora ad annuire e a quel punto Yuko le spiegò che nella sua scuola il ragazzo era piuttosto rinomato sia perché era un gran bel ragazzo, sia per le sue qualità scolastiche. Rimasero lì a chiacchierare ancora un altro po’, prima che Yuko dicesse di dover andare a casa. Allora Taichi, Yamato e Sora insistettero per accompagnarla alla metropolitana, sostenendo che considerato il viaggio che aveva fatto per andarli a trovare quello era il minimo per loro.

Si lasciarono alla metropolitana appena poco dopo, ma con la promessa di non perdersi di vista stavolta. Poi Yuko prese il primo metrò che andava nel suo quartiere, lasciando da soli i tre amici.

Il viaggio che li portò a casa fu relativamente silenzioso, se non fosse stato per qualche breve commento di gioia da parte di Taichi e per la piccola domanda che Yamato rivolse a Sora.

“Oggi hai gli allenamenti di tennis?”, le domandò infatti, ricevendo un segno di diniego come risposta. “Dovrei andare a ritirare la chitarra elettrica…vieni con me?”, le chiese allora il giovane Ishida.

Sora non poté fare a meno di sorridere, contenta di poter passare un po’ di tempo con l’amico. “D’accordo!”, accettò quindi. “Taichi, tu vieni con noi?”, chiese poi, rivolgendosi a Kamiya.

“No, oggi ho gli allenamenti di calcio”, scosse però il capo quello.

“Già, è vero, me ne ero dimenticata!”, si ricordò allora anche Takenouchi, prima che un rasserenante silenzio calasse tra i tre.

 

 

“Sora, tesoro, è arrivato Yamato!”, la voce della signora Takenouchi arrivò sin nella stanza della figlia, ancora intenta a prepararsi.

“Arrivo subito!”, urlò in risposta la fanciulla, mentre si passava con vigoria una spazzola nei capelli ramati.

Quelli erano l’unica cosa di lei che non era cambiata. Era stata lei a volerli tenere ancora corti, di modo che le sfiorassero le spalle. Le piaceva quel taglio e anche tutti i digiprescelti le avevano detto che le donava.

Prima di uscire definitivamente dalla sua camera, Sora gettò un’ultima occhiata allo specchio per assicurarsi di andare bene. L’immagine che le giunse la soddisfò alquanto, tanto da farle venire il buon umore. La scelta che le era ricaduta sulla gonnellina sbarazzina dalle morbide onde, sul bianco, le metteva in risalto le gambe affusolate, mentre la magliettina dalle rifiniture rosate le valorizzava il fisico minuto.

La fanciulla uscì contenta dalla sua camera e si diresse in soggiorno, dove trovò l’amico Ishida ad aspettarla. Non appena la vide, la madre smise di parlare e fece cenno al ragazzo che la figlia era pronta. Prontamente Yamato si alzò dalla poltrona su cui era seduto e, dopo un breve saluto alla signora Takenouchi, seguì Sora all’esterno dell’appartamento.

“Spero di non averti fatto aspettare troppo, stavolta!”, esclamò con un risolino divertito la fanciulla.

Yamato scosse la testa e lasciò che le sue labbra si arricciassero in un dolcissimo sorriso, che fecero sciogliere il cuore di Sora. Adesso quel raro sorriso era rivolto a lei e la cosa non poteva che metterla di buon umore. ‘Sono stata una stupida stamattina’, non poté fare a meno di rimproverarsi, ‘non so proprio che mi è preso!’.

“Senti, Yamato”, richiamò d’un tratto le attenzioni del ragazzo, che si fermò a guardarla. “Che ne diresti se dopo passiamo al campo da calcio a vedere Taichi? Sono sicura che gli farebbe molto piacere!”, sorrise raggiante.

Le iridi cerulee del ragazzo si posarono un istante su di lei e solo in quel momento Sora poté notare quanto fosse realmente cresciuto l’amico. Un tempo lei poteva vantare la sua stessa altezza, ma ora si sentiva una bambina in confronto a lui.

“Va bene”, annuì quindi Yamato, a cui l’idea era piaciuta.

“Perfetto!”, esclamò contenta Sora, prima di riprendere il cammino con il ragazzo.

 

 

“Grazie a lei!”, la voce del commesso sopraggiunse ai due ragazzi, che, presa la mercanzia, uscirono dal negozio di strumenti musicali.

Era stato Yosuke a portarlo lì, al negozio dello zio. E dopo esserci stato una volta, Yamato aveva dovuto ammettere che erano veramente preparati sul genere, per questo aveva deciso di portare la sua chitarra elettrica ad aggiustare proprio lì, nonostante non fosse poi così vicino.

Uscito fuori dal negozio, il giovane Ishida si caricò lo strumento sulle spalle, facendosi passare il manico del fodero tra il collo e il braccio. Sora lo osservò eseguire tutte le operazioni in silenzio, ma quando lui finalmente rivolse le sue attenzioni a lei, si lasciò sfuggire un sorriso.

“Andiamo?”, le chiese Yamato.

La fanciulla annuì e iniziò ad incamminarsi assieme all’amico alla volta della metropolitana.

Il sole aveva preso a brillare alto nel cielo, in un nitido cielo sgombro di nuvole. I negozi del centro conferivano un aspetto variopinto alle strade e le persone, attirate da essi, si fermavano di tanto in tanto ad osservare le numerose vetrine.

“Guarda, Yamato!”, d’un tratto Sora si fermò e, per richiamare le attenzioni dell’amico, lo strattonò dolcemente per la camicia scura che aveva indossato da sopra la maglietta verde.

Il biondino seguì incuriosito il punto indicato dalla fanciulla e non poté trattenere un sorriso quando i suoi occhi blu incontrarono le figure familiari di Ken Ichijouji e Miyako Inoue. Si tenevano per mano.

“Sono Ken e Miyako!”, esclamò divertito.

Sora annuì, fissando i due amici ancora per un altro istante. Ormai i due digiprescelti facevano coppia fissa già da diverse settimane. Era la seconda coppia che si era venuta a creare all’interno del gruppo. La prima erano stati Takero e Hikari.

“Sono contenta di vedere che Ken è finalmente felice”, si ritrovò ad esporre i suoi pensieri ad alta voce, senza quasi accorgersene. “Con il suo carattere così solare, Miyako è la ragazza ideale per lui. Sono convinta che la loro storia sarà lunga e duratura!”

Yamato la ascoltò con espressione assorta, ma non disse nulla. Sora però sapeva bene che lui la pensava al suo stesso modo.

“Sai, un giorno mi piacerebbe vivere una storia d’amore intensa come la loro”, le parole le uscirono dalla bocca quasi da sole, ma quando la giovane Takenouchi se ne accorse desiderò sprofondare sei mila metri sotto terra.

‘Ma che mi è saltato in mente?!’, si rimproverò imbarazzata, abbassando il capo per la vergogna, ‘Yamato adesso penserà che sono una stupida sentimentalista! Accidenti alla mia boccaccia!!’.

Mentre il volto di Sora virava in tutte le tonalità possibili di rosso, fino a diventare completamente paonazzo; Yamato ripensava a quanto avesse appena detto la fanciulla.

‘Una storia d’amore…’, si ripeté mentalmente il giovane Ishida, senza smettere di fissare Ken e Miyako, ancora fermi davanti alla vetrina di un negozio dall’aria sbarazzina. Improvvisamente davanti ai suoi occhi le figure dei due ragazzi si tramutarono e al posto di Miyako, Yamato giurò di vedere Sora. Istintivamente spostò lo sguardo verso la sua sinistra e la vide lì, silenziosa e imbarazzata come non mai. Sorrise, intenerito dall’espressione sul suo volto.

“Sora”, le sue labbra perfettamente disegnate sussurrarono il nome della fanciulla con voce profonda, tanto da provocarle piccoli brividi lungo la schiena.

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, ancora visibilmente imbarazzata. Era strano come il suo cuore avesse preso a battere stranamente più forte.

“Sono convinto che un giorno anche tu troverai il ragazzo giusto per te, Sora”, la mano di Yamato andò a poggiarsi, delicata, lungo la guancia della fanciulla, che arrossì ancor di più a quel piccolo gesto e a quelle parole.

Lo guardò negli occhi e capì che era sincero. Ma d’altronde lui lo era sempre.

“Yamato…”, mormorò piano, ancora in uno stato confusionale.

Per tutta risposta il giovane Ishida le rivolse un meraviglioso sorriso, tanto dolce quanto luminoso. I suoi occhi si illuminarono di una luce ricolma d’affetto, mentre si posavano nelle pozze nocciola dell’amica. ‘Sono convinto che lo troverai, Sora…tu troverai il tuo vero amore, ne sono sicuro!’, si ripeté tra sé e sé, fiducioso. Sora meritava più di tutti di vivere un amore intenso. Lei, che non a caso era stata scelta per portare la digipietra dell’amore, aveva così tanto bene da dare!

Yamato lasciò che il suo sorriso gli illuminasse il volto ancora per altri piccoli istanti, prima di abbassare la mano e porre termine a quell’incanto. Sora sentì come un vago senso di vuoto colpirla, ma subito cercò di non darvi peso e lo scacciò con un sorriso. Con una breve corsetta, raggiunse in men che non si dica il ragazzo, che aveva ripreso il cammino.

“Yamato?”, lo richiamò non appena gli fu vicino.

“Uhm?”, mormorò di rimando lui.

Sora arrossì lievemente. “Grazie”, sussurrò appena, ma abbastanza forte da essere udita da lui.

A quelle parole il volto di Yamato venne attraversato da un piccolo sorriso. ‘Di niente, Sora…’

 

 

“Passa a me, Taichi!”, il giovane chiamato in causa si voltò giusto in tempo per vedere Daisuke smarcarsi sulla destra.

Senza farselo ripetere due volte, Kamiya lanciò la palla verso di lui e subito scattò in avanti. Daisuke Motomiya agganciò senza troppe difficoltà la sfera, facendola sua, prima di rilanciare verso il suo capitano, che intanto si era portato lungo l’area di rigore.

“Taichi!!”, gridò nella sua direzione, l’attimo prima di passargli la sfera con un pallonetto da magistrale, capace di superare l’avversario che aveva di fronte.

Taichi sorrise all’amico e calciò la sfera con quanta più forza aveva in corpo. Un tiro potente e preciso, che andò ad insaccarsi direttamente nell’angolino destro della rete. Per il portiere non ci fu gioco.

“GOAL!!!”, il giovane capitano sentì la sua squadra esultare per il nuovo risultato appena confermato che vedeva la squadra A in vantaggio di due reti contro la squadra B.

“Taichi, sei stato grande!!”, incapace di contenere oltre la sua gioia, Daisuke saltò letteralmente addosso all’amico, che solo grazie alla sua prontezza di riflessi non cascò a terra.

“Calma, Daisuke!”, l’ammonimento non fu però di grande effetto, visto che lui per primo sembrava divertito da tutta quella situazione.

Taichi si sentiva in gran forma quel giorno! Avrebbe spaccato il mondo con tutta l’energia che si sentiva addosso!! E almeno a giudicare dall’espressione compiaciuta sul volto del mister, ne era consapevole anche lui.

“Bene, ragazzi!”, l’allenatore soffiò finalmente nel suo fischietto, decretando in questo modo la fine dell’incontro di allenamento. “Per oggi è tutto. Potete andare a cambiarvi!”, esclamò, soddisfatto.

“E VAI!!”, si udì immediatamente l’urlo di gioia di Daisuke, incapace di reprimere i propri sentimenti.

Il mister scosse il capo, ormai abituato alla vitalità sin troppo eccessiva del ragazzo, ma non disse nulla. Quel giorno era veramente orgoglioso della sua squadra. Il capitano aveva fatto una partita degna di chiamarsi tale e lui era ormai più che convinto che se avrebbero continuato così, quell’anno il campionato studentesco sarebbe stato il loro.

 

 

“Bravissimo capitano!”, il portiere numero due della squadra non poté fare a meno di complimentarsi con il ragazzo, riconoscendo in lui la sua bravura eccelsa.

Taichi sorrise a quel complimento. Senza dire nulla, alzò un braccio in segno di saluto.

“Ehi, Taichi, mi raccomando alla prossima partita!”, l’interpellato si voltò, riconoscendo in quella voce il numero cinque della sua squadra. “Dobbiamo assolutamente vincere!!”

“Sta tranquillo, Isamu! Non ho alcuna intenzione di perdere!”, lo rassicurò Taichi, sfoderando un sorriso vittorioso.

“Sono contento di sentirtelo dire, capitano!”, esclamò felice il ragazzo. “Ehi, ma quelli non sono i tuoi amici?”, chiese d’un tratto, accennando a un punto indefinito davanti a sé.

Taichi si voltò e sorrise nel riconoscere le figure familiari di Yamato e Sora. A quanto pareva, erano andati a vederlo!

“Formano un’ottima coppia, non trovi anche tu?”, continuò Isamu, senza considerare gli effetti che quelle parole potevano sortire sull’amico.

Kamiya sentì come una mano artigliata stringergli forte attorno al cuore mentre i suoi occhi marroni, quasi intimoriti, scrutavano attentamente i due amici mentre chiacchieravano allegramente tra loro. ‘Ma che mi prende?’, si domandò il giovane spossato. Perché quel pensiero doveva avere quegli strani effetti su di lui?

“E pensare che, se lei non fosse impegnata con quel biondino, io ci avrei provato sicuramente!”, continuò intanto Isamu, senza smettere di fissare i due ragazzi.

Li aveva visti più volte andare ad assistere ai loro allenamenti. Ancor più volte li aveva visti in compagnia del capitano. Eppure aveva da sempre creduto che quei due stessero insieme. Forse perché li vedeva bene come coppia.

Dal canto suo Taichi era rimasto come inebetito a fissare i due amici. ‘Provarci con Sora…Isamu…ci avrebbe provato…se non fosse stato per Yamato…’, quei pensieri continuavano a torturargli la mente, inarrestabili. Sapeva che tra i due non c’era niente se non della semplice amicizia, eppure le parole di Isamu lo avevano sconvolto non poco. Non riusciva a capire, gli sembrava tutto assurdo. Non aveva mai pensato prima di allora a Yamato e a Sora come coppia. Loro erano…erano i suoi migliori amici! Sarebbe stato inconcepibile pensare a loro due come…come a una coppia.

“Beh, io vado capitano! Ci vediamo!”, Isamu si riscosse dai suoi pensieri e, alzando il braccio, fece cenno di saluto all’amico.

Taichi, però, quasi non lo vide preso come era dai suoi pensieri.

 

 

Il sole si avviava ormai al crepuscolo e i suoi raggi avevano assunto le tonalità delicate del pesco. Il cielo, sotto il frutto della luce al vespro, sembrava un quadro abilmente variopinto, dove il colore dominante era quello ambrato dell’arancio. Era in quel meraviglioso spettacolo naturale che si stagliava la figura di Taichi Kamiya. La panchina che lo sosteneva era di quelle verdi che comunemente si mettono nei giardinetti pubblici, eppure sotto quell’incanto sembrava quasi assumere il più raffinato colore del verdazzurro. Eppure Taichi non sembrava per nulla interessato a quella magnificenza offerta così disinteressatamente dalla natura. I suoi pensieri erano totalmente rivolti alle parole di Isamu, alle strane sensazioni che aveva provato in quel momento. Non aveva detto niente a Yamato e a Sora, aveva finto di essere il solito Taichi di sempre, aveva cercato di ignorare quei martellanti pensieri. Ma ora, rimasto solo, quelli erano riaffiorati prepotenti e devastanti.

Non riusciva a capire cosa lo facesse stare così. Quale arcana ragione avesse infuso in lui tutti quei dubbi, tutte quelle strane e nuove sensazioni. Eppure…era stato così strano pensare ai suoi due amici come coppia. Così…assurdo! Isamu, invece, ne sembrava veramente convinto. ‘Yamato e Sora…insieme…come può essere?’, si domandò spossato, spostandosi in avanti fino ad appoggiare i gomiti sulle braccia e il volto su di questi.

Aveva sempre pensato che tra loro tre non ci potesse essere altro che della semplice amicizia, però…le parole di Isamu avevano fatto vacillare tutte le sue convinzioni. Persino Sora gli era apparsa sotto una nuova luce, dopo le parole del compagno di squadra. Per la prima volta da quando la conosceva, Taichi l’aveva vista sotto nuovi occhi e ne era rimasto affascinato. Prima di allora non aveva mai fatto caso a quanto fosse luminoso il suo sorriso…a quanto fossero dolci i suoi occhi nocciola…a quanto fossero morbidi i suoi capelli ramati… Non aveva mai notato quanto Sora fosse diventata una così bella ragazza, in tutti quegli anni. Il pensiero lo aveva investito appieno.

‘Sora…come posso pensare a lei in questo…modo?!’, si domandò frastornato, passandosi nervosamente una mano nei folti capelli castani.

“Taichi! Che ci fai qui da solo?”, il ragazzo sobbalzò sentendosi chiamare, ma non poté fare a meno di sorridere quando riconobbe la sorella.

“Hikari!”, esclamò sorpreso di vederla lì. “Ci sei anche tu, Takero!”, aggiunse poi, notando il biondino al suo fianco.

Il primogenito Kamiya notò che si tenevano, come sempre, teneramente la mano e non poté fare a meno di sorridere. Era contento per la sorella, perché aveva trovato nel giovane Takaishi il ragazzo giusto per lei. Taichi era stato molto contento di sapere, appena due anni prima, che i due si erano messi insieme. Hikari era sempre stata innamorata di Takero e lui…beh, lui lo era stato di lei. Ma avevano trovato il coraggio di dirselo solo dopo l’ultima battaglia a Digiworld. Da allora formavano una coppia affiatata e ben salda, e Taichi era convinto che non si sarebbero mai lasciati. Perché loro due erano l’uno la metà mancante dell’altra. Si completavano a vicenda.

“Ciao, Taichi!”, lo salutò con un raggiante sorriso Takero, riportandolo alla realtà.

Takero e Hikari stavano rincasando da un pomeriggio trascorso insieme quando, passando per il parco, aveva riconosciuto nella figura seduta sulla panchina proprio Taichi. Sorpresi di trovarlo lì da solo, avevano deciso di avvicinarsi per chiedergli cosa ci facesse lì.

“Come mai sei qui?”, ripeté giusto la giovane Kamiya, scrutando il fratello con aria circospetta.

“Avevo solo voglia di stare un po’ da solo!”, ammise con un sorriso rassicurante Taichi, che però sortì l’effetto di far preoccupare ancor più la sorella.

“È successo qualcosa?”, domandò Hikari, e subito Takero si accorse che era in apprensione per il fratello.

E in effetti doveva ammettere che era strano trovare Taichi da solo, così assorto nei suoi pensieri.

“No”, scosse il capo il ragazzo. “Stavo solo pensando”, aggiunse poi, senza però rivelare altro.

Hikari lo guardò ancora per un istante dubbiosa, prima di rilassare il volto e sorridere.

“D’accordo”, mormorò, annuendo con il capo.

“Fai la strada di ritorno con noi?”, si intromise a quel punto Takero, sorridendogli affabilmente.

Taichi gli gettò un’occhiata felice. “Ok!”, accettò quindi, alzandosi in piedi e facendo per seguirli.

Eppure, mentre il sole calava man mano, facendo largo alle prime stelle che già spuntavano nel firmamento, Taichi non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe stato se al loro posto ci fossero stati lui e Sora. Il pensiero lo colpì immediatamente.

 

 

“Sora oggi sta giocando veramente molto bene, non trovi anche tu?”, la voce di Koushiro Izumi riportò per l’ennesima volta il ragazzo al suo fianco alla realtà.

“Già”, annuì anche Taichi, sebbene il gioco della ragazza fosse il suo ultimo pensiero.

Era trascorsa quasi una settimana ormai. Una settimana che continuava a pensarci e a ripensarci. Le parole che Isamu gli aveva rivolto quel giorno continuavano a ronzargli nel cervello, senza dargli pace. Anche la notte Taichi si ritrovava a pensarci e a cercare di capire cosa fosse quello strano sentimento che gli aveva ormai riempito il cuore. Però, ogni volta, non riusciva a cavarne nulla.

Durante quella settimana, si era ritrovato più volte a fissare Yamato e Sora mentre chiacchieravano allegramente. Sempre più spesso i suoi occhi si erano posati sulla figura di Sora e l’avevano guardata in un modo diverso, totalmente nuovo. E anche ora, mentre assisteva con gli amici alla partita della squadra di tennis dove militava anche Sora contro quella rinomata dell’istituto Douyou, il suo sguardo era fisso su di lei. Taichi non sapeva nemmeno a che risultato stesse la partita, visto che aveva passato tutto il tempo a fissare Sora e a cercare di riordinare i pensieri.

“Forza, Sora!!”, la voce di Mimi che incitava l’amica non sembrò scalfirlo più di tanto.

Al contrario, la voce di Yamato che parlottava poco distante con il fratello Takero e la ragazza Hikari, riuscì ad attirare la sua attenzione. Non era tanto ciò che stava dicendo, quanto lo sguardo che il ragazzo teneva fisso su Sora mentre parlava con i due ragazzi. Era lo stesso di sempre, però…Taichi non poteva fare a meno di pensare a loro due in un altro modo, a cosa sarebbe stato se… Tutto sarebbe cambiato, era inevitabile. Ma in che modo?

“Ehi, Taichi, ma che hai? Ultimamente sei sempre tra le nuvole!”, lo sgridò affettuosamente Koushiro, attirando le sue attenzioni.

Il giovane Kamiya sospirò, prima di ritornare con lo sguardo su Sora. Era tremendamente carina con quella divisa bianca…la sua pelle nivea risaltava ancor di più. ‘Sora…’, Taichi sentì il proprio cuore fremere a quella visione e quasi non si accorse di parlare a voce alta appena poco dopo.

“Io…io credo di essermene innamorato”, le labbra vermiglie del ragazzo si dischiusero lentamente fino a pronunciare quelle poche parole.

Il tono della sua voce fu però sufficientemente alto da essere udito da Koushiro, che si trovava proprio accanto a lui. Il digiprescelto della conoscenza credé per un istante di aver solo immaginato quelle parole, ma dovette ricredersi quando, seguendo lo sguardo dell’amico, notò che stava fissando proprio Sora. A Koushiro non gli ci volle poi molto a capire a chi Taichi si stesse rivolgendo, solo che…aveva come uno strano presentimento.

 

 

“Sora sei stata bravissima!!”, Mimi abbracciò di slancio l’amica, che non riuscì a trattenere un sorriso colpita dall’esuberanza della ragazza.

“Mimi ha ragione: hai giocato davvero benissimo!”, diede man forte anche Miyako, unendosi alle due in un abbraccio caloroso.

La giovane Takenouchi arrossì lievemente imbarazzata nel sentire lo sguardo di tutti fisso su di lei. Dopo la sua eccezionale vittoria, avevano deciso di andare tutti in un bar a festeggiare. Ma ora che si trovava lì, Sora capì di aver sbagliato ad accettare. Quelle due pazze di Mimi e Miyako stavano praticamente dando spettacolo lì dentro!!

“Andiamo ragazze! Non vedete che state mettendo la povera Sora in imbarazzo?”, a giungerle in accorso ci pensò il digiprescelto della conoscenza, che ricevette per questo un meraviglioso sorriso ricolmo di gratitudine dalla fanciulla.

“Che c’è, Koushiro? Sei geloso?”, Mimi Tachikawa si separò da Sora e si avvicinò al ragazzo, per poi prenderlo sotto braccio una volta che ci si ebbe seduta accanto.

“Ma…c…che dici!”, balbettò impacciato Izumi, arrossendo seduta stante a quella osservazione.

Per tutta risposta Mimi scoppiò in una genuina risata, immediatamente imitata da tutti gli altri. Solo Koushiro sembrava l’unico a non trovare un lato comico in tutta quella faccenda e si guardava attorno desiderando di poter essere ovunque men che meno lì.

“Comunque”, intervenne poco dopo Joe Kido. “Le ragazze hanno ragione. Sei stata veramente bravissima, Sora!”, si complimentò.

“Grazie, Joe”, la fanciulla arrossì lievemente, ma non poté fare a meno di rivolgergli un meraviglioso sorriso, subito ricambiato da quello.

“Iori, se non ricordo male domani tu hai un incontro di kendo”, stava nel frattempo dicendo Takero, rivolto all’amico che ora si era fatto un ammirato adolescente.

“Infatti”, annuì il giovane Hida.

“Ma perché non l’hai detto subito?!”, si intromise immediatamente Miyako, che aveva seppur involontariamente udito il loro discorso.

“Io…veramente…”, arrossì timidamente Iori.

“Bene! Verrò a tifare per te!!”, senza attendere una sua risposta, Inoue batté con enfasi le mani e annuì, decisa.

Iori arrossì ancor di più a quelle parole, conoscendo ormai l’amica e sapendo cosa intendesse per tifare. Avrebbe fatto una figuraccia!! Però…tutto sommato doveva dire di essere contento. Gli faceva piacere quando i suoi amici andavano a vederlo.

“Verrete anche voi, no?”, stava frattanto dicendo Miyako, rivolta agli altri digiprescelti.

“Sì!”, annuì immediatamente Takero, imitato poi da Hikari.

“Perché no?”, acconsentì anche Mimi, prima di rivolgersi al ragazzo al suo fianco. “Koushiro, mi passi a prendere?”, gli chiese candidamente, quasi fosse la cosa più naturale del mondo.

Tachikawa di certo non si accorse delle occhiatine maliziose che gli altri stavano rivolgendo ai due, ma Izumi sì e per questo non riuscì a trattenersi dall’arrossire paurosamente.

“Io…insomma…”, iniziò a tossire imbarazzato, non sapendo di preciso che dire.

Se avesse detto di sì, avrebbe dovuto subire tutte le allusioni degli amici. Ma se avesse risposto di no, Mimi ci sarebbe rimasta sicuramente male. ‘Che devo fare?’, si domandò combattuto.

“Allora?”, insistette Tachikawa, senza accorgersi di starlo mettendo in uno stato di imbarazzo più totale.

“Allora, Koushiro? Che fai??”, diede man forte anche Daisuke, allusivo.

“Io…”, Izumi si fece ancor più piccolo e in quel momento sperò davvero di essere in un altro posto.

Stava giusto pensando che avrebbe fatto bene ad uccidere Motomiya, quando in suo accorso sopraggiunse Miyako.

“Smettila, razza di stupido!”, la fanciulla, senza pensarci su due volte, tirò un potente cazzotto proprio sulla testa del ragazzo.

“Ahia!!”, si lamentò immediatamente Daisuke, prendendo a massaggiarsi la parte dolorante. “Si può sapere che ti è preso??”, domandò poi, guardandola in cagnesco.

“Così impari a farti gli affaracci tuoi una buona volta!”, fu la pronta risposta della giovane Inoue, prima che si accomodò a braccia conserte accanto all’amato Ken.

“Umpf!”, sbuffò allora Daisuke, sedendosi a sua volta.

“Dai, non te la prendere!”, tentò di tirarlo su di morale Ichijouji, ben sapendo che con Miyako era difficile averla vinta.

“Comunque io non ci trovo assolutamente nulla di male se Koushiro passa a prendere Mimi. Voglio dire: siamo tutti amici e quindi che male ci sarebbe?”, ritornò al discorso precedente Sora, scagliando una pietra in favore del ragazzo.

‘Grazie, Sora! Sei un’amica!’, la ringraziò mentalmente il digiprescelto della conoscenza, contento che almeno qualcuno era dalla sua parte.

“Sora ha ragione!”, annuì anche Hikari, sorridendo incoraggiante all’amico Izumi.

“Resta il fatto che Koushiro non ha ancora risposto a Mimi!”, si intromise a quel punto Taichi, sibillino. “Allora, che fai?”, domandò poi, rivolgendosi al ragazzo.

Solo allora Izumi capì di avere solo le ragazze dalla sua parte. Mentre tutti i ragazzi… Arrossì, ma cercò di darsi un contegno. Dopotutto Taichi aveva ragione: Mimi stava ancora aspettando una sua risposta.

“Va bene”, accettò quindi, cercando di ignorare le occhiatine maliziose degli amici.

“Fantastico!!”, il viso di Tachikawa si illuminò all’istante e mentre lo abbracciava di slancio, non poté fare a meno di sorridere.

Koushiro a quella reazione arrossì inevitabilmente, sentendo gli sguardi dei ragazzi fissi ormai su di loro. Le altre tre ragazze rimaste, invece, sembravano sinceramente contente ed erano forse le uniche a non avere un’espressione allusiva negli occhi.

“Mi dispiace, ma io non posso venire subito. Prima ho le prove con il gruppo e purtroppo non posso rimandarle”, Yamato riportò poi l’attenzione su di sé.

“Non fa niente, non devi preoccuparti!”, tentò di tranquillizzarlo Iori.

“Provate anche domani?”, domandò invece Sora, rivolta al biondino.

“Già”, annuì quello, prima di ritornare a posare lo sguardo sul più giovane dei presenti. “Comunque vedrò di spicciarmi in fretta e di venire lo stesso”, aggiunse, ricevendo per questo un’occhiata grata da parte di quello.

“Devo dedurne che non mi passerai a prendere con la moto, vero?”, irruppe Taichi, con aria affranta.

Yamato alzò le spalle. “Mi dispiace, ma credo che dovrai fartela a piedi domani”, gli diede la brutta notizia.

“Nooo!!”, fece in tono tragico il giovane Kamiya, portandosi le mani davanti e fingendo di disperarsi.

“Sei sempre il solito, Taichi!”, lo ammonì divertito Joe.

“Per una volta vedi anche tu cosa vuol dire camminare!!”, colse la palla al balzo anche Koushiro, impaziente di fargliela pagare per poco prima.

“Beh, poco male!”, si riscosse immediatamente quello, arricciando le labbra in un sorriso. “Sora, vuoi che ti passi a prendere?”, chiese poi, rivolgendosi all’amica.

Koushiro non rimase sorpreso di notare che a lui non avevano rivolto alcuna occhiata allusiva. Taichi e Sora erano amici da secoli praticamente! E poi, loro due erano soliti passarsi a chiamare quando uscivano. O forse più semplicemente tutti trovavano molto più divertente veder imbarazzato lui, quando si trattava di Mimi!

“Io non sono una ruota di scorta!”, si finse offesa la ragazza, allungando il muso.

“Ma non volevo dire questo, Sora!!”, la supplicò allora di crederlo Taichi, ma tutto ciò che riscosse fu una risata ilare da parte di tutti quanti.

Solo allora capì che Sora stava scherzando e per questo non poté nascondere un certo imbarazzo che andò a colorargli le guancia.

“Comunque va bene!”, messa da parte la risa, Takenouchi rivolse un sorriso all’amico.

“Perfetto!”, esclamò allora Taichi, lasciandosi sfuggire un sorriso.

Koushiro lo guardò attentamente, prima che il suo sguardo ricadesse su Yamato. I suoi occhi attenti stavano fissando a loro volta Taichi. Allora comprese che anche lui aveva capito.

 

 

“Andiamo?”, Sora si rivolse all’amico, che annuì.

Era una bella mattinata primaverile e il sole brillava ormai alto nel cielo. Per i marciapiedi, ricoperti di uno strato sottile ma delicato di petali rosei, c’era un discreto via vai di persone, che sembrava quasi sorridere alla bella stagione.

“Chissà se Yamato ce la farà a raggiungerci”, Sora si lasciò sfuggire senza troppi problemi i suoi pensieri, come faceva sempre con gli amici.

Però stavolta la reazione di Taichi fu imprevedibile. Normalmente avrebbe annuito e commentato la frase dicendo che probabilmente ce l’avrebbe fatta, come sempre. Ma quella volta…quella volta il ragazzo anziché parlare si fermò.

Sora in un primo momento non se ne accorse, ma quando percepì l’assenza dell’amico al suo fianco si voltò immediatamente esterrefatta. Lo vide ritto a pochi passi di distanza da lei, con lo sguardo stranamente vacuo.

“Taichi…tutto bene?”, domandò leggermente preoccupata per quell’insolito atteggiamento.

Il giovane Kamiya, per tutta risposta, aprì la bocca per parlare ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Così finì per boccheggiare un paio di volte prima di chiudere definitivamente la bocca.

Dal canto suo Sora lo guardava preoccupata.

“Sei sicuro di sentirti bene?”, gli si avvicinò, in evidente apprensione.

Taichi, però, non disse nulla nemmeno quando sentì la manina affusolata della ragazza tastargli affettuosamente la fronte per assicurarsi che non avesse la febbre.

“Eppure non mi sembri accaldato”, mormorò appena poco dopo, pensosa, mentre lasciava andare la sua mano.

Taichi rimase ancora per qualche secondo immobile, prima di scuotere il capo.

“Sto bene, non preoccuparti!”, cercando di far tacere i suoi pensieri, il ragazzo sfoderò un meraviglioso sorriso.

La giovane Takenouchi lo guardò per qualche istante ancora dubbiosa, prima di lasciarsi convincere e sorridere a sua volta.

“D’accordo!”, annuì quindi, poco prima di riprendere a camminare imitata dall’amico.

Mentre camminavano, però, Taichi non poteva fare a meno di darsi mentalmente dello stupido. ‘Ma cosa mi è saltato in mente?! Fermarmi così d’improvviso…ho fatto la figura dello stupido!!”, si ripeté tra sé e sé, sentendosi infinitamente sciocco. Ma poi il suo sguardo cadde sulla fanciulla al suo fianco e sul suo volto comparve immediatamente un luminoso sorriso. Era bella, Sora. Bella e sensibile. E lui… ‘Sono davvero cotto, non c’è che dire!’, si disse mentalmente, sorridendo al pensiero.

Accanto a lui Sora se ne accorse e per questo non riuscì ad evitare di gettargli un’occhiata interrogativa.

“Come mai stai sorridendo?”, gli domandò curiosa.

Taichi fece spallucce. “Niente, stavo solo pensando che oggi sei molto carina!”, confidò apertamente, come era suo solito fare, senza farsi tanti problemi.

Il ragazzo vide un lieve ma inequivocabile rossore salirle lungo il collo fino ad andarle a riempire ambo le gote e per questo non poté fare a meno di sorridere, divertito.

“Smettila di prendermi in giro, Taichi!”, lo ammonì impacciata Sora, credendo che l’amico si stesse solo burlando di lei.

Certo, non era la prima volta che lui o Yamato le dicevano di essere carina. Però…Sora sentiva che ora nella sua voce c’era qualcosa di diverso. Qualcosa che non gli aveva mai sentito, almeno non quando parlava con lei, e per questo non riusciva a non sentirsi imbarazzata.

A quella esclamazione, però, Taichi si fermò nuovamente.

“Guarda che io non stavo scherzando”, affermò, e Sora notò che era estremamente serio in quel momento.

Per questo non poté fare a meno di sentirsi ancor più imbarazzata di prima e sempre più rossa.

“Sora…”, man mano che il giovane Kamiya le si avvicinava, la fanciulla sentiva il battito del proprio cuore farsi sempre più veloce e irrefrenabile. “Sora, io…”, Taichi era ormai di fronte a lei, con lo sguardo fisso nei suoi occhi.

Mentre la fanciulla alzava lo sguardo per incrociare quello dell’amico, il proprio cuore iniziò a battere come impazzito e le guance si colorarono di un rosso acceso. ‘Che mi succede?’, si domandò la fanciulla, sentendosi strana come mai in vita sua. La trepidazione in lei aumentò a dismisura nel momento in cui i suoi occhi nocciola incontrarono quelli marroni del ragazzo, che l’aveva ormai superata notevolmente in statura. Ormai, in confronto a lei, Taichi e Yamato sembravano quasi due giganti.

“Taichi…”, senza quasi accorgersene, la fanciulla si ritrovò a sussurrare il nome del ragazzo, in un evidente stato di torpore.

“Sora, io…”, ripeté nuovamente allungando una mano verso di lei. “C’è una cosa che io…che…”

“Sora!! Taichi!!”, il ragazzo venne bruscamente interrotto dall’arrivo e dalla voce di Mimi.

Takenouchi scostò subito lo sguardo, imbarazzata, mentre al contrario Taichi imprecava contro la digiprescelta della sincerità. ‘Ero così vicino…ci ero quasi! Stavo per dirle che sono innamorato di lei, se non fosse stato…accidenti!’, spossato, il ragazzo si passò una mano tra i capelli castani.

Nel frattempo Mimi, accompagnata da Koushiro, li raggiunsero.

“Ragazzi!! State andando da Iori?”, domandò, senza notare la strana atmosfera che vibrava tra i due.

“S…sì”, rispose ancora lievemente imbarazzata Sora.

Non riusciva a capire cosa fosse successo. La sua mente, ancora confusa per poco prima, faticava a comprendere i fatti appena accaduti. Eppure…Taichi non si era mai comportato in quel modo. Lui…lui non l’aveva mai guardata con quegli occhi…con quella strana espressione… Che significava? Cosa stava per dirle poco prima? E soprattutto…cos’era quella strana sensazione che si era accorta di provare?

“Ehi, Sora! Ci sei?!”, la chiamata in causa si riscosse giusto in tempo per vedere Mimi sventolarle una mano davanti e guardarla interrogativamente.

Sora sorrise, sforzandosi di apparire normale nonostante i pensieri che si accalcavano nella sua mente.

“Che ne dite di andare? Così rischiamo di arrivare in ritardo!”, cambiò discorso Mimi, prima di prendere sottobraccio l’amica e iniziare con lei ad incamminarsi.

Rimasto più indietro, Koushiro non poté fare a meno di sorridere, colpito da tanta esuberanza. Ma poi la sua attenzione si spostò sul ragazzo ancora fermo al suo fianco.

“Stavi per dirglielo, non è vero?”, gli domandò, attirando così il suo sguardo su di lui.

Izumi lo aveva capito subito, ma non era riuscito a frenare Mimi in tempo.

“Già”, Taichi annuì. “E glielo avrei sicuramente detto se non fosse stato per voi!”, aggiunse poi, guardandolo minacciosamente.

“Non guardarmi così, non è colpa mia! Mimi è partita in quarta e io non sono riuscito a fermarla in tempo!”, si giustificò immediatamente Koushiro, alzando le braccia come per difendersi.

“Beh, poco male. Vorrà dire che troverò un altro momento per dirglielo”, non si lasciò comunque abbattere Taichi, che non a caso era il custode della digipietra del coraggio.

Accanto a lui Koushiro gli lanciò un’occhiata perplessa. “Non credi che dovresti dirlo prima a Yamato? Dopotutto questa cosa potrebbe sconvolgere ogni equilibrio tra voi tre”, osservò.

Taichi ci pensò su per qualche istante. Forse Koushiro aveva ragione. Forse era più giusto se a venirlo a sapere fosse prima stato Yamato. Dopotutto, nel caso che lui e Sora…beh, di certo tra loro tre sarebbero cambiate molte cose. E Yamato aveva tutto il diritto di saperlo.

“Sì, hai ragione”, accordò infine. “Vorrà dire che appena lo vedo glielo dirò!”, aggiunse poi, con espressione decisa.

Izumi annuì, ben sapendo che era meglio così. Aveva capito perfettamente che anche Yamato sapeva. D’altronde era presumibile considerato che il giovane Ishida era un attento osservatore e conosceva Taichi da tanti anni ormai. Per questo era più giusto che Kamiya gli andasse a parlare per primo. Anche perché Koushiro aveva una strana sensazione…

“Ragazzi!! Che fate lì impalati?? Muovetevi!”, la voce di Mimi lo riscosse dai suoi pensieri.

Izumi quasi non si accorse di stare sorridendo, mentre le rispondeva di stare arrivando.

 

 

“Ehi, Yamato, ma che hai?”, il biondino alzò lo sguardo e incrociò la figura ormai familiare di Hikaru, che come lui suonava la chitarra elettrica.

“Eh?”, mormorò Ishida senza capire.

“Oggi sei taciturno e pensieroso”, aggiunse allora Kenichi, mentre accordava il suo basso.

“Dillo a zio Yosuke che cos’hai!!”, gli si buttò praticamente addosso un giovane ragazzo dai capelli ricciuti e biondicci ma dall’espressione del viso estremamente cordiale.

“Smettila, stupido!”, lo rimproverò immediatamente Hikaru, facendo una smorfia.

Yosuke poteva anche essere un batterista eccezionale, ma quanto a stupidità…!

“Che c’è: hai litigato con la tua ragazza?”, continuò Yosuke senza dar peso alle parole dell’amico.

Dal canto suo Ishida fece una smorfia seccata, ma non disse nulla, ormai abituato all’esuberanza dell’amico.

Yosuke era una specie di Daisuke versione bionda. Yamato era certo che i due si sarebbero trovati molto d’accordo!

“Penso che sia il caso di lasciar perdere”, intervenne una voce seria e profonda, che attirò le attenzioni generali.

Il ragazzo che aveva appena parlato era Hisaki, il pianista del gruppo. Hisaki era un tipo introverso, ma docile e dall’espressione affabile. Generalmente era lui a riportare Yosuke alla serietà.

“Perché?”, domandò proprio il biondiccio, alzando un sopracciglio sorpreso.

“Perché se Yamato non riesce a risolvere il dubbio che lo tormenta, dubito che riusciremo a fare qualcosa”, spiegò allora Hisaki, mentre sistemava il suo piano pronto per andarsene.

“Sì, concordo anch’io”, annuì anche Kenichi, posando il suo basso all’interno della custodia.

“Ma…”, tentò allora di dire Yamato, ma Hikaru lo precedette.

“Va e risolvi prima il dubbio che ti tormenta!”, gli sorrise, cordialmente.

Il giovane Ishida, allora, capì di non poter fare più nulla. Per questo sorrise, grato, agli altri membri del gruppo. Quindi si alzò e, sistemata la sua chitarra nel fodero, fece per andare via.

“Mi raccomando: la prossima volta voglio vederti tranquillo!”, la voce di Yosuke gli giunse giusto in tempo, prima che la porta di ferro si chiudesse alle spalle di Yamato.

 

 

La moto nera sfrecciava sulla strada semideserta del quartiere di Odaiba, quasi fosse stata un fulmine. Ma Yamato non sembrava dar retta alla velocità con cui camminava. Nella sua mente c’era un unico pensiero: arrivare in fretta alla meta. Quel dubbio lo stava divorando. Lo avevano capito anche i ragazzi. Yamato doveva assolutamente risolvere quel dilemma che lo dilaniava, facendogli così perdere il contatto con le altre cose.

C’era stato a pensare tutta la notte. Non aveva praticamente chiuso occhio, tanto i pensieri erano martellanti. Però…non aveva ancora trovato il modo di risolvere quel dilemma una volta per tutte. Sapeva che l’unico modo che aveva era di parlare con Taichi. Lui, la causa della sua preoccupazione, gli avrebbe sicuramente dato la risposta che cercava. Tuttavia…quella mattina non aveva saputo come chiederglielo. E così era rimasto in silenzio. Semplicemente.

Yamato non avrebbe mai immaginato che una cosa simile potesse investirlo a tal punto. Ma forse era concepibile. Lui non avrebbe mai immaginato una cosa simile. Se non l’avesse visto con i suoi occhi, non l’avrebbe mai creduto possibile. E invece…

Che doveva fare ora? Come comportarsi?

Se Taichi gli avesse confermato il dubbio che lo tormentava…cosa avrebbe fatto?

Sentiva il vento dei cambiamenti proprio dietro la porta, pronto ad investirlo. Le cose…gli stavano scivolando di mano troppo in fretta, talmente tanto da non consentirgli nemmeno il tempo di capire.

Eppure…se solo non lo avesse visto con quei suoi occhi…chi mai avrebbe creduto che Taichi si fosse davvero innamorato di Sora?

Una cosa del genere gli era sempre parsa impossibile. Non per Sora, d’altronde era facile innamorarsi di lei. Lei era vitale, dolce, sensibile, intelligente…carina… Lei era Sora! Però…chi mai avrebbe pensato che Taichi si fosse mai accorto di questo? Chi avrebbe mai sospettato che un giorno il ragazzo l’avrebbe vista con occhi diversi, oltre la pura amicizia?

Di certo non lui. Se Yamato non avesse notato lo sguardo perso negli occhi di Taichi, appena il giorno prima, mentre parlava con Sora, probabilmente non lo avrebbe mai notato. Perché non ci sarebbe mai andato a pensare. E invece… Yamato era certo di non sbagliarsi. Conosceva l’amico troppo bene e sapeva ormai riconoscere i suoi, anche più piccoli, sentimenti. Per questo poteva affermare con certezza che lo sguardo che Taichi aveva rivolto a Sora appena il giorno prima non era quello di sempre. Taichi se ne era innamorato.

E lui…lui adesso correva come un pazzo solo per sentirsi dire quelle parole da lui, dal suo miglior amico. Per averne l’assoluta certezza. Per confutare quella piccola speranza di stare sbagliando. Ma lui sapeva bene che non era così. Che aveva ragione.

E dopo quello tutto sarebbe cambiato. Era inesorabile. Niente sarebbe stato più come prima. L’equilibrio tra loro tre si sarebbe certamente spezzato, di questo Yamato ne era certo. Perché, sebbene non lo avesse mai dato a vedere, c’era una cosa in tutto quello a dargli la certezza inconfutabile che le cose sarebbero cambiate.

Non lo aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Taichi che era il suo migliore amico. Neppure a Takero, che era suo fratello. Mai a nessuno. Però…forse ora era giunto il tempo di portare a galla quel suo segreto. Non l’aveva mai rivelato a nessuno perché non aveva mai voluto rischiare di far cambiare le cose, tuttavia ora sapeva di non poter più tenerlo per sé. Ora…ora le cose erano già cambiate.

Yamato parcheggiò la moto e corse di fretta all’interno della palestra dove sapeva si teneva l’incontro di Iori. Già dall’esterno, sentì con precisa chiarezza la voce dell’arbitro, sebbene le parole che dicesse non fossero tanto discernibili. Senza però darvi molto peso, Yamato si diresse verso l’entrata e, con pochissimo sforzo, la aprì. La porta scorse velocemente, rivelando al suo interno il discreto numero di persone. Dopo una breve occhiata, Yamato notò che Iori e compagni erano ancora tutti seduti, segno che non era ancora iniziato l’incontro. Poi, senza pensarci su, si avvicinò alla piccola folla di spettatori.

“Yamato!”, il primo a notarlo fu suo fratello, che lo accolse sorpreso.

“Taichi?”, domandò in risposta il giovane Ishida.

Takero lo fissò per un istante e vide chiaramente una strana apprensione brillare negli occhi zaffiro del fratello.

“Mio fratello e Sora devono ancora venire”, a rispondergli fu però Hikari, fedelmente seduta accanto al proprio ragazzo.

Yamato pareva deluso.

“Perché, è successo qualcosa?”, domandò allora Takero, preoccupato per il fratello.

“Devo parlargli. È urgente”, gli spiegò il giovane Ishida, passandosi nervosamente una mano tra i capelli dorati.

“Vuoi aspettarlo fuori?”, chiese ancora Takaishi, intuendo che doveva trattarsi di qualcosa davvero importante per mettere così in allarme il fratello.

Yamato annuì e gli rivolse uno sguardo grato. Allora Takero si rivolse ad Hikari e fece per dirle qualcosa, ma quella lo precedette.

“Va pure, non preoccuparti!”, lo tranquillizzò con un sorriso.

“Grazie!”, le sorrise riconoscente il ragazzo, avvicinandosi a lei fino a depositarle un piccolo bacio sulle labbra.

Hikari vide il proprio ragazzo allontanarsi con il fratello e immediatamente una strana preoccupazione la colse.

“Hikari, tutto bene?”, accanto a lei Ken la guardò apprensivo.

“Lo spero, Ken”, mormorò in risposta la giovane Kamiya, senza però staccare lo sguardo dalla porta scorrevole della palestra.

 

 

“Ma questa non è la moto di Yamato?”, Mimi guardò perplessa il veicolo a due ruote parcheggiato distrattamente proprio davanti la palestra.

“Sembra la sua”, confermò anche Sora, stupita di vederla lì.

“Ma non aveva le prove? E allora che ci fa già qui?”, domandò quasi a se stessa Tachikawa, pensosa.

“Forse è riuscito a spicciarsi”, ipotizzò l’altra.

Erano ancora prese nella ricerca di una soluzione plausibile, quando vennero raggiunse da Taichi e Koushiro, rimasti poco più dietro.

“La moto di Yamato?! È già qui?”, fu la pronta domanda di Izumi non appena i suoi occhi videro l’oggetto.

A quella richiesta sia Mimi che Sora alzarono le spalle, ignorando a loro volta la risposta. Taichi, invece, sembrava contento della cosa. ‘Se Yamato è qui, potrò parlargli immediatamente!’, non poté fare a meno di pensare, rallegrandosi per la cosa.

A togliere i dubbi comuni, comunque, ci pensarono l’arrivo di Yamato, appunto, e di Takero.

“Yamato!! Che ci fai qui a quest’ora?”, gli domandò immediatamente Sora, sorpresa di scoprire che fosse veramente lui.

Il ragazzo, però, non sembrò sentirla. “Taichi, devo parlarti”, andò dritto al punto, guardando l’amico con espressione grave.

Il giovane Kamiya rimase piuttosto sorpreso di quella richiesta. Credeva di essere l’unico ad avere qualcosa da dire! La sua meraviglia, tuttavia, lasciò il tempo che trovò, prima di venir rimpiazzata da un senso di allegria.

“Ma certo!”, colse la palla al balzo, approfittando della cosa per dirgli finalmente a sua volta ciò che aveva da confessargli.

“Ragazze, dentro ci sono Hikari e Miyako che vi stanno aspettando”, senza indugiare oltre, e intuendo che la questione richiedeva una certa riservatezza, Takero fece gentilmente cenno alle due fanciulle di entrare.

Seppur ancora palesemente stupite, Mimi e Sora decisero di seguire il suo consiglio e si accomiatarono all’interno della palestra. Takero le seguì con lo sguardo e quando finalmente le vide entrare, non poté evitare di trarre un sospiro di sollievo. Poi il suo sguardo cadde sul fratello e Taichi, quindi su Koushiro. Non gli ci volle molto per intendere il gesto del ragazzo.

“Beh, andiamo anche noi! Ci vediamo dentro!”, si accomiatarono, contemporaneamente, anche i due ragazzi, rimanendo finalmente da soli Taichi e Yamato.

 

 

Una lieve brezza aveva preso stranamente a tirare e il cielo si era inaspettatamente coperto di alcune nuvole. Solo allora Taichi si rese conto che anche la natura sembrava essersi accorta della quantità di novità che quel discorso avrebbe apportato.

“Taichi”, la voce di Yamato risultò subito seria e profonda.

Il giovane Kamiya lo guardò per un istante. Erano ormai l’uno contro l’altro, pronti a dirsi ogni cosa. Pronti, anche, a sentirsi rispondere ogni cosa.

“Sai, Yamato, che anche io avevo urgente bisogno di parlarti?”, fece allora Taichi, prendendo alla sprovvista l’amico.

Il biondino sentì un qualcosa colpirlo al cuore, ma cercò di non darlo a vedere. ‘Ecco, adesso ne sono certo’, si disse tra sé e sé, ormai conscio di aver avuto ragione a credere che…

“Allora andiamo dritti al punto”, lo incitò Yamato, ricevendo un cenno d’assenso da parte dell’altro. “Si tratta di Sora, non è vero?”, chiese poi, ben consapevole della risposta.

Più stupito appariva invece Taichi, che di certo non si era aspettato una simile domanda. Aveva capito che il discorso di Yamato era importante, ma non avrebbe mai immaginato che volesse parlargli proprio di lei. Anche se…Ishida lo conosceva ormai bene. Sin troppo. Avrebbe dovuto aspettarselo.

“Sì”, rispose poco dopo, guardando l’amico negli occhi. “Si tratta di lei”, confermò.

Yamato sentì una strana sensazione investirlo, che lo costrinse a stringere le mani a pugno.

“Devi sapere che io…si insomma…”, Taichi prese un paio di profondi respiri, ormai pronto a rivelargli ogni cosa. “Io mi sono innamorato di Sora, Yamato”, disse finalmente, liberandosi così di quel peso che gli gravava sul cuore.

Quelle parole furono un vero colpo al cuore per il giovane Ishida. Quasi non si accorse di aver stretto le mani talmente tanto forte da avere le nocche pallide. Ma non gli importava. Le parole di Taichi l’avevano sconvolto troppo. Certo, aveva immaginato che le cose stessero così. Lo aveva capito, però…sentirselo dire così apertamente era tutta un’altra cosa.

“Non me ne ero mai accorto, almeno fino a una settimana fa. Poi però…qualcosa è cambiato. Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima, ma…”, le parole gli morirono in gola, perché in effetti nemmeno lui sapeva di preciso come giustificare quella sua mancanza.

Taichi attese con insolita pazienza una risposta, una reazione da parte di Yamato. Ma quello sembrava essersi perso in un altro mondo, tra i suoi pensieri.

“Yamato?”, lo richiamò allora Kamiya, riportandolo alla realtà.

Il biondino alzò finalmente lo sguardo per posare i suoi occhi blu in quelli marroni dell’amico. Ancora stentava a credere a ciò che aveva appena sentito. Taichi…lui non poteva essere davvero innamorato di Sora! Quello…era assurdo! Avrebbe cambiato tutto. Lo avrebbe costretto ad ammettere finalmente anche agli altri quello che da tempo custodiva nel suo cuore. Avrebbe dovuto dire che…

“Era questo che volevi chiedermi, non è vero?”, Taichi lo guardò negli occhi.

Adesso capiva il motivo per cui Koushiro avesse tanto insistito affinché parlasse prima con Yamato. Il ragazzo aveva capito, prima di lui, che il digiprescelto dell’amicizia aveva inteso ogni cosa. E lui stesso avrebbe dovuto immaginarlo quando lo aveva visto lì, all’entrata della palestra.

“Sì”, non tardò ad arrivargli la risposta di Yamato. “E…”, ma non terminò la frase, lasciò che fossero i suoi occhi a parlare per lui.

Taichi stava per chiedergli di continuare, quando d’un tratto gli parve di capire. Scrutò attentamente l’amico in quelle pozze blu, mentre un panico improvviso lo attanagliava. Come era possibile che Yamato fosse…?

“Yamato”, lo chiamò Taichi, deciso a chiarire quel suo dubbio. “Yamato, dimmi la verità: tu…anche tu sei innamorato di lei, non è vero?”, chiese finalmente, stando bene attento a ogni sua più piccola reazione.

Ma mentre il cuore di Taichi correva veloce, quello di Yamato sembrava aver subito un arresto a quella domanda. Mai nessuno gli aveva rivolto un quesito del genere e forse proprio per questo lui non era mai stato costretto a rispondere, a confessare che…

“Sì”, rispose lapidario Yamato, rivelando finalmente per la prima volta a qualcuno i suoi veri sentimenti nei confronti della fanciulla.

Stavolta fu il turno di Taichi di subire un arresto cardiaco. Il ragazzo ci impiegò un paio di secondi prima di riuscire finalmente a intendere cosa l’amico avesse appena detto. Quando finalmente ci riuscì, fu come se una seconda pugnalata, più forte della prima, lo colpisse nuovamente al petto. Ciò che aveva sempre più temuto…Taichi vedeva i suoi timori tramutarsi in realtà. E questo lo spaventava ancor di più.

“Da quanto tempo…quando hai capito che…?”, balbettò, ancora incredulo.

Yamato, a quella domanda, sospirò. “L’anno scorso”, rispose, distogliendo lo sguardo per non dover incrociare lo sguardo allibito dell’amico.

“L’anno…scorso…”, Taichi sembrava scioccato.

Non poteva crederci…non riusciva a credere che… ‘Un anno fa…come ho fatto a non accorgermene? Per tutto questo tempo…’, Taichi dovette ricorrere a tutta la sua forza d’animo per non cadere a terra, tanto era rimasto sconvolto da quella notizia. Era inammissibile che non si fosse mai accorto di nulla! Nemmeno il pensiero che Yamato era abile nel celare i propri sentimenti, gli diede sollievo. Lui…lui era il suo miglior amico! Come aveva fatto a non accorgersene? Yamato, invece, lo aveva capito nel giro di un giorno…di pochi istanti. Mentre lui…ci era servito Ishida per farglielo capire.

“Scusami, Taichi”, la voce del biondino sorprese, per la prima volta nel giro di poco tempo, Kamiya.

Il moretto si voltò verso l’amico, stupito di sentire parole di scusa dalle sue labbra. Yamato non era il tipo da lasciarsi andare a quel genere di formule…di solito, lui, non chiedeva scusa. Certo, sapeva ammettere i proprio sbagli, però…scusa…

“Ho sbagliato prima io a non dirti niente. Mi dispiace”, continuò il giovane Ishida, volgendo nuovamente lo sguardo su di lui.

In quel momento, leggendo nei suoi profondi occhi blu, Taichi capì che Yamato era veramente dispiaciuto.

“Perché non mi hai mai detto niente?”, si tolse il pizzico Taichi.

“Perché non volevo che le cose cambiassero”, rispose allora Yamato, abbassando nuovamente lo sguardo fino a incrociare le sue mani, ancora strette a pugno. “Se ti avessi detto che mi ero innamorato di Sora, tu…sarebbe cambiato tutto tra noi tre”, spiegò, e Taichi capì quanto avesse avuto ragione.

Dopotutto, non aveva anche lui temuto, appena una settimana prima, una cosa del genere? Non aveva anche lui avuto paura che tra loro tre tutto cambiasse? Solo che…a lui quella paura lo aveva avvinto appena dopo una settimana, mentre Yamato…lui aveva saputo avvincerla per tutto quel tempo… Lui era riuscito a tenersi nascosto una cosa del genere per un anno, senza mai parlarne con nessuno. Al posto suo, Taichi era convinto che sarebbe impazzito prima.

“Yamato?”, lo chiamò d’un tratto il moretto, richiamando lo sguardo dell’amico su di sé. “Anche se noi due siamo innamorati della stessa persona…di Sora…prometti, promettimi che non cambierà nulla tra di noi. Promettimi che rimarremo amici, qualunque sia la sua scelta alla fine. Promettimi che la nostra amicizia, qualsiasi epilogo questa storia prenderà, non ne sarà intaccata. Promettimelo, Yamato…”, lo pregò quasi, con sguardo supplice.

Il biondino lo fissò per un lungo istante, prima che un meraviglioso sorriso gli illuminasse il volto.

“Te lo prometto, Taichi”, affermò, contento di sentire quelle parole da lui. “Qualunque sarà l’esito finale…chiunque di noi due Sora sceglierà alla fine, noi…noi rimarremo amici comunque. Per sempre”

Il cuore di Kamiya sobbalzò sollevato, mentre un sorriso gli arricciava le labbra. ‘Sì…amici per sempre…Yamato’

 

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


La fioritura dell’amore

La fioritura dell’amore

parte seconda

 

Sora si girò nel letto per l’ennesima volta, incapace di chiudere occhio. Per quanto si sforzasse di mettere a tacere i suoi mille pensieri, quelli finivano sempre col sopraffarla, impedendole di dormire. Alla fine, stanca di quel continuo scontro contro se stessa, Sora decise di lasciar perdere di dormire e di concentrarsi finalmente sui mille dubbi che l’assalivano.

Era da quando Mimi e Koushiro li avevano interrotti che continuava a pensarci, anche se più volte si era detta di non farlo. Tuttavia…come poteva non tornare con la mente a quello che era successo appena quel pomeriggio? Il modo in cui Taichi l’aveva guardata…era stato così…strano! Totalmente diverso da come la guardava di solito. E poi…cosa stava per dirle? Almeno a giudicare dall’espressione sul suo volto sembrava una cosa veramente importante. Ma di cosa si poteva mai trattare? Cosa poteva essere?

Sora trepidava d’impazienza. Voleva assolutamente capire…sapere cosa il ragazzo voleva dirle. Ma allo stesso tempo, una parte del suo cuore la metteva in guardia da quelle parole. Una parte, in lei, le diceva di non domandare nulla, di non sapere, perché era meglio così. Era meglio per lei non sapere nulla. Forse quella piccola parte aveva già intuito qualcosa…

Ma non era solo quello a riempire così profondamente la mente di Sora. C’era dell’altro. Dopo il discorso avvenuto tra Taichi e Yamato, lei aveva sentito come qualcosa che cambiava radicalmente. Quando li aveva visti rientrare, per poco non era morta dalla curiosità di domandare loro di cosa avessero parlato…cosa si fossero detti di tanto urgente. Ma poi…qualcosa l’aveva trattenuta. E così alla fine non aveva osato domandare nulla a riguardo. Aveva messo da parte la curiosità e aveva cercato di concentrarsi sulla gara che avveniva proprio lì di fronte a lei.

Ma ancora una volta Taichi e Yamato avevano mandato a monte i suoi propositi di non pensare. Sora non sapeva bene come spiegarselo, però quando li aveva visti sedersi lì, accanto a lei…aveva provato come un tuffo al cuore nell’averli entrambe così vicino. L’uno a destra e l’altro a sinistra. Nessuno dei due le aveva detto niente. Non una parola. Tuttavia…lei aveva ugualmente avvertito che qualcosa era cambiato. Non tra loro due, ma tra lei e entrambe i due ragazzi. Era come cambiato qualcosa. Lo aveva percepito chiaramente. Ma non aveva osato chiedere nulla. Era stata in silenzio, semplicemente.

Sora si mise a sedere si portò il capo tra le mani, spossata. Sentiva di dover parlare con qualcuno. Però…che poteva mai dire? Dopotutto nemmeno lei sapeva bene cosa stesse succedendo. ‘Forse la cosa migliore è parlare direttamente con Taichi e Yamato. Almeno loro…sapranno darmi una spiegazione’, si disse tra sé e sé, consapevole che quella fosse la soluzione migliore. Solo che…aveva una strana paura. Una paura matta di scoprire la verità.

 

 

Le vetrine di Odaiba pullulavano di nuovi acquisti, messi ancor più in risalto dai mille colori che trasparivano da esse. Eppure Sora non sembrava colpita da tutto ciò. L’unica ragione che l’aveva spinta ad uscire, quella domenica pomeriggio, era stata la speranza di trovare un po’ di pace almeno lì. Era tutto il weekend che i suoi pensieri la tartassavano e così alla fine Sora aveva deciso di provare ad uscire un po’. In genere, quando aveva un problema, trovava sempre un certo sollievo ad uscire. Anche se…generalmente con lei c’erano Taichi e Yamato.

Sora si ammonì mentalmente, ripromettendosi di non pensarci. Avrebbe anche potuto chiamarli, però…non se l’era sentita alla fine. Non sapeva se era pronta ad accogliere ciò che loro aveva da dirle. Aveva provato a chiamare anche Mimi, almeno per poter parlare un po’ con lei, ma la ragazza sfortunatamente non era in casa. Era uscita con i suoi genitori e sarebbe tornata solo la sera. Per quanto riguardava le altre due amiche…beh, Miyako era uscita con Ken, mentre Hikari…Sora non l’aveva chiamata, non voleva correre il rischio di parlare con Taichi. Si sentiva una stupida a comportarsi a quel modo, lo sapeva, però…ancora non se la sentiva ad affrontarlo. Non dopo l’ultima volta, quando lui… E comunque Hikari sicuramente aveva da fare con Takero, quindi…!

Sora sospirò e si avvicinò distrattamente ad un negozio di oggetti. Non sapeva nemmeno perché si era avvicinata…forse attratta da tutti quei colori. Però ora che si trovava lì, faticava a concentrarsi sulla merce. Il suo pensiero era ormai fisso sui suoi due amici. Sul loro comportamento l’ultima volta che si erano visti…sulle strane sensazione provate in quell’ultimo tempo…

‘Probabilmente sto sbagliando tutto. Forse dovrei solo chiedere loro cosa è successo, però…’, Sora si sentì stupida per quella sua vigliaccheria. Di solito non avrebbe esitato a fare chiarezza, ma ora…le sembrava tutto diverso. Forse perché dentro di sé avvertiva già chiara una strana inquietudine…

“Sora?”, la fanciulla sobbalzò nel riconoscere quella voce che l’aveva appena chiamata.

La ragazza si voltò lentamente e il cuore le arrivò in gola non appena i suoi occhi incrociarono la figura familiare di Taichi. Era da solo.

“Taichi!”, esclamò la fanciulla, arrossendo involontariamente quando incrociò il suo sguardo.

“Dove stai andando?”, le chiese lui a quel punto, curioso.

“Da nessuna parte. Facevo un giro”, rispose vaga lei. “Tu?”, aggiunse poi, alzando finalmente lo sguardo su di lui.

“La mamma mi ha mandato a fare la spesa”, Taichi accennò alle due grosse buste che teneva in una mano.

Sora, allora, annuì, prima di ritornare in silenzio. Fu nuovamente il ragazzo a fugare quel velo.

“Ti va di fare la strada insieme?”, le domandò senza giri di parole, guardandola serio.

La giovane Takenouchi arrossì impercettibilmente, ma prima che se ne rendesse conto si ritrovò ad annuire.

 

 

Sora e Taichi camminavano lungo la strada immersi in un insolito silenzio. Generalmente, non sarebbe mai capitato di vederli così taciturni, però…in quel caso…

“Taichi, posso farti una domanda?”, fu proprio Sora, cogliendo inaspettatamente il ragazzo, a fugare quel silenzio inusuale venutosi a creare.

Il giovane Kamiya la guardò interrogativamente, ma tuttavia annuì. Sora, allora, trasse un paio di profondi respiri, ormai decisa a chiedergli tutto. Ora, più che mai, voleva assolutamente sapere cosa Taichi e Yamato si erano detti, per capire così cos’era quella strana aria che aveva avvertito al loro rientro.

“Tu e Yamato…di cosa avete parlato, se posso?”, chiese finalmente, guardandolo dritto negli occhi con aria decisa. “So di sembrare un’impicciona, però…quando siete rientrati in palestra io…io ho avvertito qualcosa di strano. Per questo io…vorrei sapere”, spiegò, senza smettere di fissarlo.

Taichi a quella domanda si fermò di scatto, colto alla sprovvista. Non credeva che Sora si fosse davvero accorta che qualcosa era cambiato…però, dopotutto, c’era da aspettarselo. Lei era una ragazza intelligente. Doveva aver immaginato qualcosa.

“Taichi?”, lo richiamò la fanciulla, portandosi davanti a lui.

Il moretto sospirò. Ecco, era arrivato il momento della verità. Il momento di dirle dei suoi sentimenti.

“Sora, io…io e Yamato abbiamo parlato, è vero. Di te”, confessò, cercando le parole migliori per confessarsi a lei.

Non le avrebbe detto che anche Yamato…no, non sarebbe stato giusto. Doveva farlo lui stesso. Però poteva dirle che anche lui era innamorato di lei. E lo avrebbe fatto. Ormai era deciso.

Dal canto suo, Sora si sentì un po’ spiazzata da quella rivelazione. Ma d’altronde quella era l’unica che avrebbe spiegato la strana sensazione che aveva provato al loro rientro.

“Sora, c’è una cosa che io devo assolutamente dirti. Una cosa importante, che riguarda me…te…noi due…”, Taichi abbassò lo sguardo, consapevole che se avesse continuato a fissarla, la forza di dirle tutto gli sarebbe venuta meno.

Nel frattempo la fanciulla sentiva il proprio cuore come impazzito nel petto. Batteva martellante, quasi fosse stato un tamburo, incapace di resistere oltre. Anche se in cuor suo era ben consapevole che quello che Taichi le avrebbe detto avrebbe potuto cambiare ogni cosa, adesso Sora avvertiva l’unico desiderio di saperlo subito. Immediatamente. Non poteva più aspettare. Non poteva più crogiolarsi così nell’inconsapevolezza.

“Sora, io… Io mi sono innamorato di te, Sora”, Taichi alzò lo sguardo e lo fissò in quello della fanciulla.

La vide impallidire, palesemente sgomenta. Di certo la ragazza non si sarebbe mai attesa una cosa del genere…una rivelazione simile…

“Mi dispiace, ma…dovevo dirtelo”, il giovane Kamiya abbassò lo sguardo, stringendo la mano libera a pugno.

Non voleva sconvolgerla così, però…non poteva nemmeno più rimanere in silenzio.

“Scusami”, mormorò solo, prima di voltarsi e iniziare a correre, via, lontano da lì, da lei.

Taichi voleva solo allontanarsi. Inaspettatamente, voleva correre via. E poi sapeva che la ragazza aveva bisogno di un po’ di tempo per cercare di capire, per percepire cosa lui le avesse appena detto. Eppure…ora che si era tolto quel peso dal cuore, lui…si sentiva più libero. E…felice. Taichi quasi non si accorse di stare sorridendo, mentre il suo cuore sembrava tirare come un sospiro di sollievo.

 

 

“Scusami”, Taichi sussurrò appena quelle parole, prima di voltarsi e iniziare a correre via.

Sora alzò un braccio per tentare di fermarlo. Ma poi ci ripensò. Forse…forse era meglio così. Lei…lei aveva bisogno di un po’ di tempo. Per capire. Per mettere a fuoco ciò che lui le avesse appena detto.

A Sora sembrava incredibile che davvero Taichi le avesse detto di…di essere innamorato di lei. Per lui lei era sempre stata la sua migliore amica, ma mai una possibile…ragazza! Taichi non l’aveva mai vista in quel modo, nemmeno quando, un tempo, lei gli era andata dietro. Sora ricordava ancora perfettamente la sua cotta per lui. Durante tutto il suo primo viaggio a Digiworld lei ne era stata innamorata, colpita dalla sua allegria e dal suo modo di fare così solare. Ma poi…poi le cose erano cambiate. Lei aveva capito di considerarlo solo un amico. Un caro amico. E così era scomparsa anche la sua cotta per lui. Ma ora…un tempo sarebbe stata felice di sentire quelle cose da lui, ma adesso?

Sora era confusa. Terribilmente confusa.

Non si era nemmeno accorta di stare camminando. Non aveva nemmeno notato che il cielo si avvicinava all’ora del tramonto. Tutto il suo essere era stato preso dai propri pensieri. Dalle parole di Taichi… Ora più che mai Sora avvertiva il bisogno di parlare con qualcuno. Di sfogarsi con un buon amico. Generalmente sarebbe corsa da Taichi, oppure da…

Il fluire dei suoi pensieri venne interrotto da qualcosa, o qualcuno, che andò ad ostacolarle il cammino. Sora alzò lo sguardo e il cuore le sussultò nel petto quando vide, ritto di fronte a lei…

“Yamato”, sussurrò appena il suo nome, quasi avesse paura.

Il biondino la guardò in silenzio. Sembrava preoccupato. Però i suoi occhi blu apparvero così confortanti a Sora…così amichevoli… E lei in quel momento aveva bisogno proprio di quello: di un abbraccio amico.

“Oh, Yamato”, senza aggiungere altro, la fanciulla lo abbracciò, appoggiando il capo sul suo petto muscoloso.

Il giovane Ishida sentì due mani circondargli dolcemente il petto, mentre pian piano la testa della ragazza si adagiava a lui. L’aveva vista camminare con l’animo stravolto per le strade di Odaiba e quasi non si era accorta di lui fino a quando non vi aveva sbattuto contro. Yamato l’aveva osservata negli occhi, sin nel profondo, e aveva capito che Taichi le aveva parlato. Per questo Sora ora era in quelle condizioni.

Senza dire nulla, Yamato la strinse dolcemente a sé, al suo cuore, sperando che riuscisse a capire, con quel gesto, che in ogni caso lui c’era. Era lì, per lei. Qualunque cosa fosse accaduta…lui c’era. Sempre.

La sentì piangere, confortata forse da quel caldo abbraccio.

Yamato non le disse niente, la lasciò fare. Era giusto così. Era meglio così. Anche se…sapere che stava piangendo per un altro ragazzo…questo, lo faceva sentire dannatamente male.

 

 

“Taichi?”, Sora abbassò timidamente lo sguardo, cercando di trovare dentro di sé la forza necessaria.

Era stato Yamato a spingerla da lui. Quel lunedì mattina lei e Taichi non si erano scambiati una parola, troppo imbarazzati dal loro ultimo incontro per farlo. Avevano passato tutta la mattinata a cercare di evitarsi, ad abbassare lo sguardo quando i loro occhi si incontravano e a non dire nulla quando erano insieme. Poi, all’ora di ricreazione, Sora era uscita e Yamato l’aveva raggiunta. Una volta da soli, nel cortile, il ragazzo le aveva detto di andare a parlare con Taichi. Di risolvere quella situazione tra loro, perché non era giusto rimanere così in sospeso la cosa. Sora aveva subito capito quanto l’amico avesse ragione e così, mettendo da parte l’imbarazzo, alla fine si era decisa ad andare a parlare con Taichi.

Non fu molto difficile per lei indovinare il luogo in cui si trovava. Praticamente, il ragazzo era rimasto lì dove lo aveva lasciato: in classe.

“Taichi, noi…dobbiamo parlare”, la giovane Takenouchi avanzò di qualche passo nella sua direzione, richiamando a sé tutto il coraggio di cui era capace.

Dal canto suo Taichi sembrava piuttosto sorpreso della cosa. Ma palesemente contento di vederla lì.

“È per quello che ti ho detto ieri, non è vero?”, intuì immediatamente lui, prima di abbassare lo sguardo imbarazzato, imitato subito dalla fanciulla.

“Sì”, rispose tuttavia lei, facendosi forza e alzando lo sguardo.

Sora stava per dire qualcosa, ma il ragazzo la precedette.

“So bene che tu non te lo aspettavi. Cosa credi, mica sono stupido? Tuttavia…dovevo dirtelo. Dovevi saperlo. E così…”, Taichi arrossì lievemente, ma si sforzò di continuare. “Però devi promettermi una cosa, Sora. Devi giurarmi che in ogni caso, qualunque sia la tua decisione, l’amicizia tra noi non cambi…non ne venga compromessa”, la guardò serio negli occhi, e Sora capì che la stava quasi pregando.

La fanciulla dai capelli ramati non poté fare a meno di sorridere. Era quello ciò che più voleva sentirsi dire. Anche se confusa, Sora sapeva bene di non poter fare a meno della sua amicizia. Taichi…era troppo importante per lei per rischiare di perderlo così.

Senza pensarci oltre, la fanciulla corse ad abbracciarlo.

“Grazie Taichi!”, esclamò felice.

“Sora…”, fece allora per dire lui, ma lei lo interruppe.

“Io non so cosa provo per te…non ancora. La tua dichiarazione mi ha colta di sorpresa, lo ammetto. Però…so per certo che non vorrò mai perderti. In nessun caso, Taichi”, alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi.

“Sora”, adesso avevano entrambe gli occhi lucidi.

“Ti voglio bene, Taichi!”, Takenouchi si strinse affettuosamente a lui, sentendo immediatamente le braccia del ragazzo rispondere al suo abbraccio.

“Te ne voglio anch’io, Sora”, mormorò di rimando lui, contento che quella situazione si fosse, almeno momentaneamente, risolta.

Presi come era da quell’abbraccio affettuoso, né Taichi né Sora si accorsero della figura che li osservava, silenziosa, dalla porta.

Yamato gettò loro un’ultima occhiata, contento che avessero, almeno per ora, chiarito. Poi, tuffando le mani nelle tasche, si allontanò da lì. Con l’espressione del viso un po’ corrucciata e il cuore dolorante.

 

 

“Yamato! Yamato aspetta!!”, il biondino si voltò giusto in tempo per vedere Sora raggiungerlo.

Il giovane Ishida alzò un sopracciglio, sorpreso.

“Yamato, io…”, la fanciulla prese un paio di profondi respiri, cercando così di stabilizzare il suo battito cardiaco dopo la corsa che era stata costretta a fare per raggiungerlo. “Io volevo…volevo solo ringraziarti per…per tutto quanto”, Sora alzò lo sguardo, ma i suoi tentativi di riportare il battito del suo cuore a un livello normale vanificarono nel momento stesso in cui incrociò gli occhi profondi dell’amico.

‘Che mi succede?’, si domandò la ragazza, sentendosi stranamente agitata.

Dal canto suo Yamato la guardò per un lungo istante in silenzio. Non voleva la sua gratitudine, non l’aveva fatto per questo. Lui voleva solo che lei fosse felice. Indipendentemente da tutto. Anche se questo per lui significava soffrire.

“Allora avete chiarito”, ne dedusse Yamato, tralasciando il fatto di averli visti, appena poco prima.

Il sorriso sul volto di Sora fu eloquente. “Sì!!”, rispose raggiante la ragazza.

Yamato la guardò e non poté fare a meno di intenerirsi di fronte all’espressione dolce sul volto della fanciulla. Sembrava quasi una bambina, in quel momento, contenta per aver fatto la pace con un amichetto.

“Sono contento”, il biondino alzò un braccio e le arruffò affettuosamente i capelli, come si fa con i bambini.

Sora arrossì lievemente a quel tocco, sentendosi veramente piccola nei suoi confronti. Però…non poteva negare di sentirsi veramente felice in quel momento. Aveva chiarito con Taichi, in più Yamato sembrava veramente felice di questo. Ma poi si diede mentalmente della stupida. ‘Ma certo che lo è! Siamo i suoi due migliori amici, chi vorrebbe vederli litigare?!’, si rimproverò, facendo la linguaccia a se stessa. D’improvviso Sora si ritrovò a chiedersi se per caso Yamato fosse a conoscenza dei sentimenti di Taichi per lei.

Quel pensiero la colpì profondamente, tanto da alzare lo sguardo sul ragazzo che le era di fronte fino a fissarlo indagatrice. Voleva tanto chiederglielo, però…da una parte aveva una profonda paura di sentirne la risposta.

Dal canto suo Yamato aspettò che fosse lei a parlare, sebbene conoscesse già la domanda che aveva da porgli. Lo aveva scorto nei suoi occhi che era quello che lei voleva sapere da lui.

“Yamato?”, Sora finalmente sembrò farsi coraggio.

Lui la fissò negli occhi, senza dire nulla.

“Tu…tu sapevi che…sapevi che Taichi si fosse…sì insomma, che lui…”, balbettò impacciata la fanciulla, ma non riuscì a terminare la frase che le parole del ragazzo la precedettero.

“Sì, lo sapevo”, confessò il biondino, senza distogliere per un solo istante lo sguardo dagli occhi nocciola di lei, che ora lo fissavano attoniti.

Il cuore di Sora aveva avuto un balzo, colto alla sprovvista da quella rivelazione. La fanciulla non poteva credere alle proprie orecchie… ‘Yamato lo sapeva…lui…lo sapeva…’, continuava a ripetersi, incredula. Anche quando lui l’aveva spinta ad andare da Taichi, per chiarire, lui…Yamato sapeva. Sora non riusciva a capire perché questo pensiero la sconvolgesse tanto. Dopotutto avrebbe dovuto aspettarselo. Anzi, a ben pensarci anche Taichi le aveva detto di aver parlato con Yamato di lei, tuttavia…non si era di certo aspettata che il ragazzo fosse andato a dire all’amico proprio che era innamorato di lei. Non che ci fosse qualcosa di male. Yamato era pur sempre il miglior amico di Taichi! Però…perché Yamato non aveva detto niente a lei? Perché quando l’aveva incontrata, il pomeriggio precedente, non le aveva detto nulla a riguardo? E nemmeno prima…

“Ci vediamo!”, la giovane Takenouchi rimase come inebetita a fissare l’amico mentre si allontanava, con le mani in tasca e il volto rivolto a un punto indefinito di fronte a sé.

‘Yamato…cosa sono io per te? Solo una semplice amica o…cosa?’, non poté fare a meno di chiedersi, per la prima volta, completamente frastornata.

 

 

Takero fissò, con aria stralunata, il fratello mentre si allacciava le scarpe.

“Hai sentito quello che ti ho detto, Yamato?”, domandò quasi a se stesso, incredulo.

Venendo lì, di certo non si sarebbe aspettato di trovare una simile reazione nel fratello. Sembrava quasi…che a lui non importasse nulla.

“Sì, ho sentito”, confermò Yamato, senza però alzare lo sguardo e concentrandosi solo su quello che stava facendo.

Takero sbatté le palpebre più volte. Stentava a crederci. E pensare che lui aveva sempre pensato che…

“Io non capisco…credevo che ti desse almeno un po’ fastidio che Taichi avesse chiesto a Sora di uscire con lui!”, ribatté il giovane Takaishi, passandosi confuso una mano tra i biondi capelli.

Yamato a quelle parole sentì, per la seconda volta nel giro di pochi istanti, il proprio cuore fremere. Gli dava fastidio, terribilmente fastidio! Gli bruciava in petto e gli faceva prudere le mani, però sapeva che era giusto così. Per rispetto di Taichi.

“Io…io pensavo che tu fossi innamorato di Sora…”, Takero si appoggiò al muro, lasciandosi sfuggire quel pensiero che aveva da sempre tenuto segreto al fratello.

“Come??”, Yamato a quelle parole si voltò di scatto verso di lui e lo guardò allibito.

Come faceva Takero a sapere che…? Lui non glielo aveva mai detto! E dubitava che fosse stato Taichi a rivelargli una cosa simile. Allora…?!

“L’ho capito da solo. Questo inverno”, spiegò allora Takaishi, sostenendo lo sguardo dell’altro.

Yamato sospirò, prima di tornare a voltarsi per finire di sistemarsi i lacci delle scarpe. Non doveva meravigliarsi. Non ce n’era motivo. Takero era un tipo sveglio e in più era suo fratello. Lo conosceva ormai bene e aveva imparato a leggere nei suoi occhi, l’unico spazio dove Yamato concedeva ai propri sentimenti la libertà di esprimersi.

“Yamato…perché lasci che sia solo Taichi a combattere per lei?”, la domanda di Takero lo colpì in pieno centro.

Il giovane Takaishi vide il fratello maggiore smettere per un istante di fare quello che stava facendo, rapito forse dai suoi pensieri, prima di ritornare ad occuparsene nuovamente, con più energia di prima.

“È giusto così. Taichi è innamorato di lei e…Sora…lei…”, abbassò il capo, mestamente.

“Come fai a dirlo così con certezza?? Lei non sa neanche che tu sei innamorato di lei!”, sbottò allora Takero, che, per quanto si sforzasse, proprio non riusciva a capire il comportamento del ragazzo.

Yamato sospirò. Takero aveva ragione, però…

“Cosa ti impedisce di dire a Sora che ne sei innamorato, Yamato?”, il giovane Takaishi guardò il fratello con aria sorprendentemente seria. “Dovresti provare a chiedertelo se è solo l’amicizia per Taichi o la paura di ricevere un no come risposta da lei”

 

 

I freni della metropolitana stridettero lungo il binario in acciaio, prima di fermarsi completamente e lasciar così uscire i passeggeri per farne posto ad altri.

“Vieni, Sora!”, Taichi le prese affettuosamente una mano e, senza notare il lieve rossore che le aveva colorato il volto, la aiutò ad uscire all’esterno della stazione.

Un tiepido sole li accolse dolcemente, rivelando che ormai la bella stagione si avvicinava al suo punto di culmine meraviglia.

Ancora in quel momento, mentre camminava accanto all’amico per le strade affollate di Tokyo, Sora stentava a credere che quello fosse davvero il loro primo appuntamento assieme. Certo, erano già usciti insieme più volte in precedenza, ma quella volta…era diverso. Ora Taichi le aveva proposto di uscire come si fa in un vero e proprio appuntamento. E lei, sebbene un iniziale imbarazzo, si era ritrovata ad accettare. Forse, almeno così, il suo cuore avrebbe finalmente capito cosa provasse nei suoi riguardi. Avrebbe finalmente capito se era innamorata ancora di lui o se davvero nutrisse per il ragazzo dei semplici sentimenti di amicizia.

“Ti va di mangiare qualcosa?”, le propose d’un tratto Taichi, voltandosi verso di lei e sorridendole dolcemente.

Sora sentì il proprio cuore subire un arresto di fronte a quel luminoso sorriso che gli illuminava il volto, ma non poté non annuire.

“Va bene”, accordò, sorridendo timidamente.

“Benissimo!!”, Taichi sembrava veramente entusiasta della cosa.

Senza dire null’altro, il giovane la condusse in un locale molto carino non molto distante da lì. Non era molto grande, ma in compenso il suo arredamento pareva di buon gusto e riusciva a renderlo, da solo, un posto davvero molto accogliente. Proprio sul fondo del locale, un grosso bancone da bar faceva bella mostra di sé, esibendo un ottimo assortimento di vivande.

“Prendi qualcosa?”, Taichi fece cenno alla fanciulla di accomodarsi a uno dei tavolini in marmo che riempivano la saletta.

“Solo un the freddo, grazie”, gli sorrise grata Sora.

“Al limone, giusto?”, il giovane Kamiya ricordò per un istante che alla ragazza piaceva solo quel genere di the e che di conseguenza gradiva poco quello alla pesca.

Takenouchi annuì. “Esatto!”, confermò, allegramente.

“Arrivo subito, madamoiselle!”, esclamò allora Taichi in un francese impeccabile, prima di allontanarsi per un istante da lei.

Sora seguì la sagoma del ragazzo mentre conversava con il barista per fare appunto le ordinazioni. E inavvertitamente le venne da sorridere. Quando Taichi le aveva proposto di uscire con lui, Sora non si sarebbe mai immaginata che potesse stare davvero così bene. In lei una parte del suo cuore le aveva gridato che sarebbe stato tutto diverso dalle solite volte, che sarebbe stata agitata per tutto il tempo e che sarebbe stato come uscire per la prima volta con un ragazzo. Invece poi proprio quella parte aveva dovuto ricredersi. Taichi non solo si era dimostrato come il ragazzo che conosceva da sempre, ma era stato infinitamente dolce con lei. E poi l’aveva fatta ridere davvero tanto! Anche se la mattina era appena cominciata e di fronte a loro si stagliavano inesorabili le ore che li separavano ancora dal pomeriggio, Sora si sentiva veramente serena. Una sensazione che Taichi sapeva trasmetterle perfettamente. Lui, con i suoi modi di fare così sciolti e spontanei, riusciva a farla sentire bene sempre e comunque, in ogni occasione.

“Ecco a lei, signorina!”, Sora sorrise quando il ragazzo ritornò con le richieste.

Per tutta risposta Taichi le rivolse un meraviglioso sorriso. Era contento, veramente contento di stare lì con lei in quel momento.

 

 

“Takero!”, Hikari sorrise nel riconoscere la figura del proprio ragazzo che si avvicinava a lei. “Sei arrivato finalmente!”, esclamò buttandosi tra le sue braccia quando lui l’ebbe raggiunta.

“Scusami, ero con Yamato”, si giustificò allora il giovane Takaishi, sorridendole dolcemente.

Hikari sentì il proprio cuore sciogliersi come neve al sole e capì di non poter essere arrabbiata con lui. Di non saperne proprio essere capace.

“Andiamo?”, gli sorrise allora, separandosi da lui e prendendogli affettuosamente una mano.

Takero annuì e, dopo averle rivolto uno sguardo ricolmo d’affetto, iniziò ad incamminarsi con lei per le strade di Odaiba. Non avevano una meta precisa. Non si erano neanche preoccupati di averne una. L’importante per loro era di stare insieme, di poter trascorrere un po’ di tempo in compagnia dell’altro; poi la meta passava in secondo piano.

“Hai detto che eri con Yamato…gli hai parlato?”, la giovane Kamiya fugò il silenzio creatosi riferendosi alle parole di poco prima.

Il biondino annuì. “Sì”, confermò.

Hikari, allora, lo guardò stramente apprensiva. “E…che ti ha detto?”, domandò con un filo di voce.

Anche se Takero non le aveva mai detto apertamente che Yamato era innamorato di Sora, non le ci era voluto molto a capirlo da sé. Anche se per averne la certezza aveva dovuto attendere il giorno dell’incontro di Iori, quando aveva visto Yamato entrare di corsa come un forsennato alla ricerca di Taichi. Era stato allora che il suo cuore aveva finalmente appurato la verità: Yamato era innamorato di Sora. Parlandone con Takero e poi ancora con Taichi, quella sua sensazione si era rivelata un vero e proprio fondamento. Tuttavia…sapere che anche il fratello si era innamorato della digiprescelta dell’amore… Hikari non sapeva spiegarsi il motivo, però sentiva che quella situazione poteva essere una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere da un momento all’altro.

“Niente. Yamato non mi ha detto assolutamente nulla”, le rispose allora Takero, facendo una smorfia di disappunto per tutta quell’anomala situazione.

“Ma…come…?”, Hikari ebbe la stessa reazione di Takero di pura incredulità. “Come è possibile? Non ha fatto una piega alla notizia che Taichi e Sora uscivano insieme??”, domandò attonita.

“No”, il biondino sembrava abbattuto. “Yamato ha paura di qualcosa, anche se…non riesco a capire se la sua sia paura nei confronti di Taichi o in quelli di Sora”, spiegò allora Takero, pensoso e evidentemente spossato.

Anche Hikari era palesemente scossa da quelle rivelazioni. “Takero, come credi che andrà a finire tutta questa storia? Voglio dire: si risolverà bene?”, domandò poco dopo, apprensiva.

Il giovane Takaishi sospirò. “Lo spero vivamente. Ma la decisione non spetta a noi. Ora è da Sora che pende l’ago della bilancia. Io e te…noi possiamo solo stare a guardare cosa sceglierà alla fine e cercare di stare vicino a tutti e tre”, Takero sospirò, ma risollevò lo sguardo quando sentì la mano di Hikari stringere un po’ più forte la sua.

La fissò e subito lesse nei suoi occhi marroni una profonda fiducia. Hikari conosceva Sora e aveva fiducia in lei. Sapeva che, qualsiasi cosa alla fine avrebbe deciso, sarebbe stata la cosa giusta. Per tutti.

 

 

“È…è magnifico!”, Sora non riuscì a trovare aggettivo migliore per descrivere lo scenario che si apriva incontrastato ai suoi occhi in quella calda domenica primaverile

“Ti piace?”, accanto a lei Taichi sorrideva rapito.

“Sì”, annuì lei, mentre i suoi occhi nocciola scrutavano con minuziosa attenzione la visione panoramica della città di Tokyo.

Sora era stata più volte lì alla Torre di Tokyo, eppure ogni volta che vi andava, ogni volta che poteva ammirare la meraviglia cittadina da lì ben visibile, ne rimaneva sempre affascinata.

“Sora”, la voce di Taichi si era fatta improvvisamente seria.

Il loro appuntamento si avviava ormai agli sgoccioli, ma lui aveva insistito per fare prima un’ultima visita alla Torre.

“Sì?”, la fanciulla si voltò verso di lui, incuriosita.

Il giovane Kamiya rimase per un lungo istante in silenzio, completamente rapito dalla visione della ragazza. Era strano come non si fosse mai accorto di lei in quel senso. Come non si fosse mai accorto di quanto Sora fosse diventata estremamente carina. ‘Al contrario di Yamato’, non poté fare a meno di pensare il giovane, con un pizzico di amarezza. Faticava ancora a far sua l’idea che l’amico si fosse innamorato di Sora da molto più tempo di lui. Da un anno. Yamato l’aveva vista con occhi diversi da molto più tempo rispetto a lui. Però non aveva mai fatto nulla. Non aveva nemmeno mai detto niente che potesse far pensare a una cosa del genere. Lui non aveva mai dimostrato di nutrire simili sentimenti nei confronti della fanciulla. Almeno fino al pomeriggio del famoso incontro di Iori.

“So di essere arrivato secondo, di essermene accorto dopo molto più tempo, però…”, Taichi abbassò il capo, con fare grave.

“Secondo??”, lo interruppe bruscamente Sora.

Taichi alzò lo sguardo, stupito, per fissarlo in quello perplesso della ragazza. ‘Non sa di Yamato?!’, per poco il giovane non le rivelò il suo pensiero, che gli fece involontariamente accelerare il battito cardiaco. Eppure lui aveva creduto che l’amico le avesse rivelato dei suoi sentimenti…ma almeno stando all’espressione totalmente frastornata sul volto di Sora, lei non ne sapeva ancora nulla.

“Taichi…che significa secondo? Chi è il primo??”, si fece avanti Takenouchi, palesemente confusa.

In cuor suo si era accesa una strana scintilla, che le aveva fatto crescere un’improvvisa trepidazione mentre attendeva una spiegazione da parte dell’amico.

Dal canto suo Taichi appariva visibilmente confuso. ‘Se Yamato non le ha detto nulla, io…io non posso parlare per lui. Non sarebbe giusto’, si disse tra sé e sé, cercando le parole più adatte per uscire da quella conversazione indenne.

“Non ha importanza, ora”, il giovane Kamiya alzò lo sguardo e fissò nuovamente i suoi occhi in quelli della fanciulla, che ancora attendeva una risposta. “Quello che conta è che tu sia qui…Sora…”, il ragazzo le si era avvicinato pericolosamente e adesso le poggiava dolcemente una mano su una spalla.

Mentre Taichi avvicinava il suo volto a quello della fanciulla, non sembrava accorgersi del rossore che aveva colorato le guance di Sora. Né tanto meno pareva essersi accorto del tumulto nel cuore di lei, che l’aveva per un istante fatto perdere il contatto con la realtà. Sora non ricordò quasi più di avergli posto una domanda mentre sentiva il volto dell’amico farsi sempre più vicino al suo. Le labbra del ragazzo potevano essere ormai a qualche millimetro di distanza da lei, eppure Sora sentiva già di star fremendo al pensiero di quello che stava accadendo. Il suo cuore le batteva fortissimo in petto, rischiando quasi di esplodere…le gambe le tremavano…un nodo le si era stretto alla gola… ‘Taichi’, la fanciulla chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare da quelle forti emozioni che l’avevano ormai sopraffatta. Sora non pensava più a cosa avrebbe comportato quel bacio. Ora tutto il suo essere era come trasognato sotto lo sguardo profondo di Taichi. Eppure nonostante tutto Sora si sentì lucida nel momento in cui le labbra vermiglie del giovane si posarono lievemente sulle sue, facendo poi un po’ di pressione fino a stamparle un dolce bacio. Il suo cuore ebbe un tuffo a quel tocco…al suo primo bacio, che si era rivelato improvviso e inaspettato. Proprio come era tutta quella storia con Taichi. Appena poco tempo prima, lei aveva la certezza inconfutabile di rappresentare per lui solo un’amica. Ma poi, nella breve durata di un attimo, le cose erano cambiate. Il suo rapporto con Taichi era cambiato. E adesso proprio lui, proprio il ragazzo che per primo aveva saputo arrivare al suo cuore, la stava baciando, ignorando forse la grandezza delle emozioni che tutto quello suscitava in lei. Nonostante fosse lei la protagonista di tutto ciò, le sembrava ancora incredibile che davvero il ragazzo, che poteva dire di conoscere da una vita, le avesse detto di essere innamorato di lei….e che adesso la stava baciando… Ma quel senso di incredulità non si affacciava solitario nel suo cuore. Assieme ad esso c’era infatti una tenera sensazione di sicurezza…un dolce batticuore che quel tocco le improntava in lei…

Eppure quando il giovane si separò da lei, Sora sentì che, nonostante tutto, lei non se la sentiva a dargli una risposta definitiva. Non ancora, perlomeno.

“Taichi, io…”, la fanciulla quasi non si accorse di stare piangendo, se solo non avesse sentito le proprie lacrime accalcarsi con insistenza lungo le sue gote.

“Sora!”, il giovane Kamiya era chiaramente preoccupato.

Non riusciva a capire…lui l’aveva appena baciata, provando una sensazione stupenda…mentre lei…lei al contrario era scoppiata in lacrime. Che succedeva?

“Mi dispiace…scusami…ma io…io non so…sono ancora così indecisa…non riesco ancora a capire cosa provo per te, Taichi… Scusami”, la fanciulla alzò lo sguardo e lo fissò con quei suoi meravigliosi occhi nocciola che però adesso apparivano un po’ opachi per via delle lacrime.

Di fronte a quella visione, il cuore del ragazzo subì un fremito. Ma poi l’espressione sul suo volto, da stupita quale era, si tramutò in una affettuosa.

“Sora…”, la attirò dolcemente a sé, abbracciandola. “Se tu sei indecisa, allora io ti lascerò il tuo tempo. Ma ti prego…non farmi aspettare molto, Sora”, Taichi affondò il volto nella morbida massa ramata dell’amica, ubriacando i propri polmoni del suo buon profumo.

 

 

“Mamma, sono tornata!”, Sora si tolse le scarpe, infilandosi le ciabatte bianche allineate lungo l’ingresso.

Fatto questo, con ancora le guance in fiamme per gli avvenimenti della giornata, si avviò in cucina dove credeva di trovare la madre.

“Tesoro, come è andata la giornata?”, la signora Takenouchi stava destreggiandosi tra i fornelli, ma tuttavia non sembrava aver dimenticato la figlia.

“Bene!”, la donna era ancora girata e per questo non vide Sora arrossire violentemente a quella domanda.

Di certo non poteva sapere che proprio quel giorno la sua adorata bambina aveva ricevuto il suo primo bacio. Ironia della sorte, proprio dal suo primo amore.

“Sono contenta”, sentenziò allora la signora Takenouchi, non nascondendo un sorriso. “Senti, tesoro, ti andrebbe di andarmi a comprare un po’ di riso? Quando sono andata al supermercato ho dimenticato di acquistarlo, ma purtroppo ne ho assoluto bisogno per la cena!”, spiegò, divulgandosi.

“D’accordo!”, Sora annuì, stranamente felice.

“Perfetto! Prendi i soldi dalla mia borsa, Sora, e va al supermarket dei genitori di Inoue. Non sono lontani e hanno cose di ottima qualità!”, continuò, incoraggiata, la donna.

La giovane Takenouchi annuì e fece quanto le era stato detto. Quindi prese la porta, pronta per uscire, ma mentre si infilava le scarpe la voce della madre l’interruppe.

“Ah, Sora! Visto che ci sei compra anche un po’ di latte e di pomodori. Puoi prendere anche qualcosa di verdura, l’importante che sia un po’ di ogni genere. Inoltre, se ce la fai, dovresti comprare anche qualche succo di frutta e…sì, prendi del tonno in scatola. Sarà squisito su questo piatto!”, terminò l’elenco la madre, senza notare l’espressione basita sul volto della figlia.

‘Forse sarà il caso di prenderne un po’ in più’, si disse tra sé e sé la ragazza, ritornando sui suoi passi e prendendo qualche manciata di yen in più.

 

 

La fresca aria di primavera la accolse all’uscita dal supermarket appartenente alla famiglia della sua amica Miyako. Sora aveva incontrato anche la ragazza, lì, intenta a sistemare alcuni grossi scatoloni di bibite. Quando l’aveva notata, la digiprescelta della sincerità e insieme dell’amore, le era corsa incontro e, con il suo solito impeto, l’aveva abbracciata di slancio. Sora trovava confortante l’entusiasmo di Miyako. Perché esso era sintomo che, sebbene gli anni passassero, alcune cose erano destinate a rimanere tali. Forse, per sempre.

Senza demoralizzarsi per via delle tre enormi buste cariche di cibarie, la fanciulla iniziò ad incamminarsi per raggiungere casa propria. Il cielo aveva ormai assunto i colori pastello tipici del tramonto e il sole, sempre meno intenso, si andava man mano celando dietro le imponenti alture verdeggianti.

Di fronte a quel meraviglioso spettacolo naturale, a Sora venne inevitabilmente da sorridere nel ricordare un discorso che tempo addietro aveva fatto con i suoi due migliori amici proprio riguardo al vespro e all’aurora. Quel giorno si trovavano tutti e tre al parco, a chiacchierare, quando, senza accorgersi, era cominciata l’ora del tramonto. Yamato era rimasto come catturato da quel sole arancio, mentre Taichi aveva subito ribadito che lui preferiva di gran lunga l’alba. ‘Sono sempre stati due opposti, loro due!’, Sora si ritrovò a sghignazzare, divertita. A volte si chiedeva come facessero, due persone così profondamente diverse, ad essere tanto amici. Ma poi si rispondeva che forse era proprio questo…proprio questo essere l’uno l’opposto dell’altro, a farli essere così amici.

“Ehi, ragazzina, dove stai andando?”, il cuore della fanciulla sobbalzò involontariamente nel riconoscere quella voce.

Sora si voltò e, come aveva già ampiamente immaginato, di fronte a lei vide proprio Yamato. Che le sorrideva. Stava giusto per ricambiare a quel bellissimo sorriso, quando captò le parole che il ragazzo le aveva appena rivolto.

“Un momento! Ragazzina a chi, razza di tonto?”, lo guardò bieca, arricciando il muso e fingendosi offesa.

Ma il giovane Ishida non cascò al tranello. Ormai la conosceva sin troppo bene per capire quando fingesse e quando no. E ora stava decisamente fingendo.

“Dammi queste buste. Pesano un po’ troppo per te, scricciolo!”, senza aspettare risposta, Yamato le prese le buste dalle mani.

Dal canto suo Sora rimase per un paio di secondi senza parole e non poté fare a meno di arrossire. Certo, non era la prima volta che Yamato le rivolgeva questo genere di attenzioni, tuttavia…era strano. Si riscosse poco dopo.

“Smettila di beffarti di me, Yamato!!”, lo rimproverò la fanciulla, lanciandogli un’occhiataccia prima di voltargli le spalle e iniziare a incamminarsi verso casa propria.

Ishida non riuscì a trattenere un sorriso nel vederla così imbronciata con lui. Era carina…dannatamente carina. Con una breve corsetta, il giovane biondino la raggiunse, affiancandola.

Sentendo la presenza dell’amico al suo fianco, Sora non poté fare a meno di sorridere.

“Sei ancora arrabbiata con me?”, le domandò all’improvviso lui.

Takenouchi arricciò le labbra ancor più di prima e, prendendolo alla sprovvista, si aggrappò con naturalezza al suo braccio. Yamato le gettò un’occhiata interrogativa, sentendo l’effetto devastante che quel semplice tocco aveva su di lui.

“Sei uno stupido, Yamato!”, esclamò lei, in un tono che però non aveva nulla di severo, ma da cui al contrario traspariva solo tanta dolcezza.

Il giovane Ishida non disse nulla, limitandosi a sorridere quando sentì la presa della ragazza intensificarsi un po’ di più sul suo braccio. E, d’improvviso, le parole che gli aveva rivolto il fratello quel giorno gli tornarono alla mente.

…“Cosa ti impedisce di dire a Sora che ne sei innamorato, Yamato? Dovresti provare a chiedertelo se è solo l’amicizia per Taichi o la paura di ricevere un no come risposta da lei”…

 

 

Taichi salì velocemente le uniche due rampe che separavano la scuola dal terrazzo, ben sapendo di trovare l’amico Ishida proprio lì. Sin dal giorno precedente, dal giorno del suo appuntamento con Sora, aveva una domanda importante che non vedeva l’ora di rivolgergli. Aveva anche provato a chiamarlo a casa sua non appena era ritornato, ma purtroppo non aveva trovato nessuno. Non era stato fortunato nemmeno quella mattina, visto che era arrivato in ritardo. Ma ora si sarebbe rifatto durante proprio quella pausa ricreativa.

Il giovane Kamiya spalancò l’enorme porta verde limone e per poco non venne accecato dall’intensa luce del sole. Chiuse istintivamente gli occhi, per poi riaprirli solo poco dopo, quando finalmente le sue iridi riuscirono ad abituarsi a quel cambio improvviso di illuminazione. Le sue labbra si dischiusero in un immediato sorriso quando, finalmente, riuscì a distinguere la figura familiare di Yamato.

Come ampiamente previsto, lo trovò seduto in un angolino dell’enorme terrazza, totalmente preso dai propri pensieri. Senza dire nulla, Taichi gli si avvicinò e, come era solito fare, gli si sedette con la schiena poggiata contro la sua. Yamato non disse nulla, perché, sebbene non lo avesse dato a vedere, aveva già percepito la presenza dell’amico. E, in un certo qual modo, intuiva pure cosa volesse dirgli.

“Yamato?”, Taichi fissò dritto di fronte a sé, colpito forse dalla meravigliosa scenografia che si distingueva perfettamente da lassù.

“Uhm?”, mormorò quello, ancora preso dai suoi pensieri.

Kamiya rimase per un istante in silenzio, cercando le parole migliori. Ora il suo sguardo non era più rivolto al panorama che si poteva vedere da lì, ma scrutava un punto indefinito di fronte a loro.

“Perché non hai detto nulla a Sora?”, alla fine Taichi decise di essere, come sua abitudine, diretto.

Il giovane Ishida a quella domanda si lasciò sfuggire un piccolo sorriso, che andò ad illuminargli l’ovale perfetto del viso. Ecco, la stessa domanda che gli aveva rivolto già in precedenza il fratellino, adesso gli veniva posta dal suo miglior amico.

“Credevo tu lo avessi già fatto, e invece…ieri ho capito che non le hai detto ancora nulla”, continuò Taichi, curioso di conoscere il motivo che avesse spinto l’amico a reagire così. “Perché, Yamato?”

“Ieri sei uscito con lei, non è vero?”, cambiò d’un tratto discorso il biondino, senza tuttavia rispondere alla sua domanda.

Kamiya sobbalzò a quella domanda, che lo aveva colto alla sprovvista. Ma poi non poté evitare di annuire.

“Sì, noi…noi siamo usciti insieme”, confermò, ben sapendo che la parte difficile del discorso sarebbe giunta solo poco dopo. “E…e l’ho baciata”, aggiunse, ingoiando la saliva e in attesa di una reazione da parte dell’altro.

Capiva quanto potesse essere difficile per l’amico, però…era giusto che lui glielo dicesse. Non poteva tenerglielo nascosto. Dopotutto, Yamato era sempre il suo miglior amico. E loro si erano ripromessi di continuare a rimanere tali nonostante il loro comune amore verso Sora.

Da parte sua Yamato si era irrigidito involontariamente a quella notizia. Gli sembrava di aver ricevuto una pugnalata in pieno petto in quel momento. Nonostante sapesse circa i sentimenti che Taichi nutriva per la ragazza, non si era aspettato una cosa del genere. Non aveva messo in conto quello. E invece…Taichi l’aveva baciata. Aveva baciato Sora.

Il pensiero lo fece stare male. Incredibilmente male.

“Yamato, sei…sei arrabbiato con me?”, domandò con voce incerta Taichi, da cui traspariva perfettamente una certa apprensione.

Ishida ci pensò su per un istante, ma poi si ritrovò a sospirare.

“No, non sono arrabbiato con te, Taichi”, rispose poco dopo, udendo immediatamente un sospiro di sollievo da parte dell’amico.

‘Non sono arrabbiato, solo che…fa male sapere…fa un male cane’, il cuore di Yamato si strinse in una morsa e lui, per cercare di contenere tutto quel dolore che quella notizia gli aveva apportato, strinse ambo le mani a pugno.

“Sono contento”, ammise apertamente il giovane Kamiya, che per un istante aveva davvero temuto di aver perso l’amico.

Ma per fortuna così non era.

“Sai, Taichi, io non ho detto ancora niente a Sora di quello che provo per lei”, le parole di Yamato lo colsero alla sprovvista, inaspettate. “Questo perché ho pensato che forse era più giusto così. O più semplicemente avevo paura di farlo”

Adesso Yamato sapeva cosa rispondere alla domanda del fratello. Ora…il suo cuore aveva capito cosa lo avesse immobilizzato fino a quel momento.

“Ma…”, tentò allora di dire il moretto, ma l’altro lo interruppe.

“Io temevo di perderti, Taichi. Temevo che la nostra amicizia ne venisse inevitabilmente compromessa”, continuò Ishida.

Stavolta fu il turno di Taichi di interromperlo. “Ma la promessa che ci siamo fatti…”, provò ad obiettare.

“Sì, lo so”, il biondino gli rispose ancor prima di udire la frase al completo. “Sono stato uno stupido, lo so. Mentre tu tentavi di conquistarla, io rimanevo immobile a fissarvi. Senza fare nulla… Ma adesso lo so il motivo. Non era solo per noi, Taichi. Probabilmente mi sono solo nascosto dietro questa scusa”

“Che vuoi dire?”, Kamiya adesso era evidentemente confuso.

“Io sapevo che anche se, adesso che tu sapevi, avessi rivelato a Sora dei miei sentimenti per lei, non ti avrei perso. Me lo hai assicurato tu…e poi noi non possiamo fare a meno dell’amicizia dell’altro”, il ragazzo, mentre diceva queste parole, sentiva i suoi stessi sentimenti di affetto invadere anche il cuore di Taichi.

“Hai ragione”, annuì il moretto, sorridendo. “Noi due…non smetteremo mai di essere amici io e te, Yamato”

“Già”, asserì nuovamente il biondino.

“Ma allora…perché non le hai detto ancora nulla?”, chiese a quel punto Taichi, perplesso.

Ishida sospirò. “Io volevo farlo. Adesso che sapevo che gli equilibri non si sarebbero spezzati, io…io volevo finalmente confessarle che l’amo. Tuttavia…”, abbassò il capo, mentre la voce gli si incrinava leggermente. “Tuttavia avevo una paura matta di venire respinto da lei. Se io le avessi rivelato i miei sentimenti e Sora mi avesse rifiutato, io…non so se ce l’avrei fatta”

Taichi annuì. Lo capiva, capiva l’amico. Sapeva quanto per lui fosse difficile esprimere i propri sentimenti. Per questo, ogni volta, faticava a farlo. Ma non era colpa sua. Purtroppo era una cosa che si portava dietro da quando era piccolo. Da quando i suoi avevano divorziato e lui si era dovuto separare dalla madre e dal fratellino. Da allora aveva sempre avuto paura di legarsi troppo a qualcuno. Forse temeva che un giorno questo qualcuno lo avrebbe abbandonato.

“Però…però ho capito che non posso continuare a rimanere a guardare. Non posso perderla così senza far nulla. Taichi, io non voglio perderla senza lottare”, adesso il tono di voce di Yamato si era fatto deciso.

A quelle parole il volto di Kamiya si impreziosì di un caldo sorriso, che tuttavia l’amico non poté distinguere visto che erano di spalle.

“Sono contento di sentirtelo dire, Yamato”, disse d’un tratto Taichi, cogliendo l’altro impreparato. “Io sono molto più contento di sapere quanto sei disposto a fare per lei. Così, perlomeno, se sceglierà te saprò quanto tu la ami. E sarà meno difficile anche per me. E poi…tu lo sai che amo le sfide!”, il ragazzo si era alzato e adesso gli stava facendo l’occhiolino.

Yamato lo guardò per un istante in silenzio, spiazzato. Ma poi non poté fare a meno di sorridere.

“Grazie Taichi”, mentre si lasciava aiutare dall’amico per rialzarsi, il biondino non poté fare a meno di ringraziarlo per quell’ennesima prova di amicizia che gli stava donando.

 

 

Sora aprì la porta di casa e per poco non urlò di sorpresa quando si vide comparire di fronte il giovane Ishida.

“Ya…Yamato! Che ci fai qui?”, domandò esterrefatta.

Il ragazzo aveva il fiatone, ma tuttavia la guardava con un’espressione estremamente seria negli occhi zaffiro.

“Sora, verresti con me in un posto?”, domandò nell’affanno, cercando di riprendere una respirazione normale.

La ragazza sembrava frastornata. “Ora?”, chiese attonita.

Ishida annuì. “Ora”, confermò. “È importante”, aggiunse poi, notando lo strano stupore che le era comparso sul volto.

“O…ok. Aspetta solo un secondo che lo dico alla mamma”, Sora scomparì per un istante in casa, per poi ricomparire subito dopo con un sorriso stampato in volto. “Va bene!”, esclamò trionfale.

Il volto di Yamato a quella risposta accondiscesa si illuminò di un meraviglioso sorriso, che gli andò ad increspare le labbra cremisi.

Pochi minuti dopo, nonostante un iniziale stupore da parte di Sora, i due ragazzi stavano viaggiando sulla moto nera di Yamato.

L’attrito del veicolo con l’aria era causa del vento che si era innalzato e che faceva rabbrividire la fanciulla; la quale, per cercare di trovare un po’ di calore, si allungò verso Yamato fino a ripararsi dietro la sua schiena. Così incurvata, però, la ragazza non riuscì a vedere dove Yamato la stava portando, per questo lo stupore dell’arrivo fu ancor più intenso di ogni aspettativa.

“Ti piace?”, il giovane Ishida parcheggiò la sua moto e raggiunse la fanciulla, ancora in piedi nel punto esatto in cui lui l’aveva appena lasciata.

Sora sembrava veramente colpita. “Questo posto è…è…”, ma non terminò la frase, incapace forse di riuscire a trovare un aggettivo degno di quel luogo.

Le acque limpide del fiume, che scorrevano placidamente lungo il proprio alveo, erano illuminate dalla dolce luce del sole al vespro, colorandosi così di quei meravigliosi colori che da un intenso arancione sfumavano in un vivo cremisi. Tutt’attorno un’altura erbosa si ergeva con imponenza, quasi a voler formare una barriera naturale che andasse a proteggere quel meraviglioso luogo. Appena poco più in là, un piccolo ponte congiungeva le due estremità separate dal corso d’acqua. Sora credé per un istante di trovarsi in un sogno, dove ogni cosa appariva sotto una luce soffusa ma allo stesso tempo rasserenante.

“Allora?”, fu la voce di Yamato, accanto a lei, a riportarla alla realtà e a farle capire di non essere solo in un sogno.

“Yamato, questo luogo è…meraviglioso!”, non riuscì a trovare parole migliori che fossero in grado di esprimere le intense emozione che quello scorcio naturale le infondeva.

Il giovane Ishida sorrise, notando, nelle sue iridi nocciola, tutta l’emozione che la fanciulla stava provando in quel momento. A quanto pareva, Sora aveva gradito veramente quel luogo.

“Sai, sono contento che ti piaccia”, confessò d’un tratto lui, riuscendo con poche parole ad attirare la sua attenzione. “Questo è il mio posto preferito”, dichiarò, scrutando attentamente quella miriade di colori che si alternavano sull’acqua.

Sora lo fissò in silenzio, rapita dallo sguardo assorto dell’amico. ‘Perché mi ha portata qui?’, non poté fare a meno di chiedersi, sentendo d’improvviso il suo cuore fremere, ‘solo perché sono una sua amica e vuole condividerlo con me, o…’.

“Vieni!”, i pensieri della fanciulla vennero bruscamente interrotti da Yamato.

Il ragazzo, senza staccare lo sguardo da quel dipinto naturale, le prese una mano e la condusse, con una corsetta, fin sulla riva del fiume. Yamato voleva condividere appieno quel momento con lei…quel loro primo vero momento insieme.

Fermi lì sull’erbetta che costeggiava il letto del torrente, Sora non poté evitare di arrossire violentemente quando finalmente si accorse della vicinanza che la legava all’amico. I due, infatti, si tenevano ancora per mano e i loro corpi si sfioravano dolcemente. Sentendo il caldo corpo di Yamato sulla sua pelle, la fanciulla sentì il proprio cuore fremere e perdere qualche colpo, per poi ritornare a battere più violentemente di prima. Sora si portò l’altra mano sul petto, sperando che il ragazzo accanto a lei non si accorgesse dello stato in cui, con il solo starle accanto, l’aveva mandata.

“Taichi mi ha detto che ieri siete usciti”, la voce del biondino la fece trasalire, cogliendola impreparata.

Sora si voltò verso di lui, stranamente terrorizzata al pensiero di cosa il ragazzo gli avesse potuto dire.

“Mi ha detto che ti ha baciata”, il cuore della fanciulla mancò qualche battito a quelle parole.

Takenouchi guardò per un lungo istante Yamato, cercando di scorgere qualcosa nei suoi occhi. Le sue parole l’avevano colpita profondamente, forse perché inaspettate. Tuttavia si sentiva come presa in fallo, in contro piede. Quasi in colpa per non essere stata lei a dirglielo quando si erano incontrati il giorno precedente. Dopotutto Yamato era pur sempre uno dei suoi migliori amici e lei…beh, lei gli aveva tenuto nascosta una cosa importante, che riguardava proprio le due persone più vicine a lui.

Sora sospirò, amareggiata. “Mi dispiace, Yamato”, si morsicò crucciata il labbro. “Avrei dovuto dirtelo io ieri, però…”

“Sappi che io non mi arrenderò così facilmente, Sora”, l’interruppe d’un tratto la voce del ragazzo.

Yamato non era arrabbiato con lei per non averlo saputo da lei. Non l’aveva portata lì per rimproverarla. Al contrario.

Dal canto suo Sora era chiaramente confusa. “Ma…cosa…?”, balbettò perplessa.

Ormai non sapeva più che pensare. L’affermazione del giovane Ishida l’aveva mandata in un caos totale, nel quale lei non riusciva a trovare una degna giustificazione che fosse in grado di spiegare quelle parole. Aveva creduto che il ragazzo fosse arrabbiato con lei per non avergli detto nulla a proposito del bacio che c’era stato tra lei e Taichi, ma a quanto pareva…si era sbagliata. ‘Ma allora perché mi hai portata qui, Yamato?!’, non poté fare a meno di chiedersi, senza distogliere lo sguardo dalla figura statuaria dell’amico.

Il suo cuore le balzò nel petto quando lo vide girarsi verso di lei, e aumentò a dismisura il proprio battito quando sentì quei preziosi zaffiri fissi su di lei con un’espressione estremamente profonda.

“Anche se Taichi ti ha baciata, io non ti lascerò così facilmente a lui, Sora. Io non mi arrenderò, sappilo”, mentre dava voce alle parole del suo cuore, Yamato le aveva preso una mano tra le sue, inconscio di quale effetto quel semplice gesto potesse avere su di lei.

Da parte sua la fanciulla lo guardava spossata. Il cuore le batteva a mille e uno strano formicolio le pizzicava lo stomaco, quasi fossero il delicato battito di migliaia di farfalle. Sentiva le proprie guance avvampare, fino a colorarsi di un acceso cremisi.

“Yamato, tu…allora tu sei…sei…”, non riuscì a terminare la frase, tanto il senso di frastornazione l’aveva avvinta.

Ma quelle poche parole, tuttavia, furono sufficienti per far capire al ragazzo cosa lei volesse dirgli.

“Sì”, Yamato annuì e mentre i suoi occhi si fissavano in quelle pozze nocciola che tanto adorava, che adesso apparivano quasi dorate per il riflesso causato dal sole, il cuore della ragazza subì un arresto, che le fece mancare per un istante il fiato.

‘Yamato, lui…lui è…’, Sora ci impiegò qualche secondo a capire realmente quanto stesse succedendo. Un senso di incredulità le faceva sembrare tutto ciò come un sogno, e forse era per questo che lei faticava tanto a rendersi conto che davvero l’amico si fosse appena dichiarato a lei. Le sembrava assurdo che proprio lui, Yamato Ishida, il ragazzo più carino dell’intera scuola, il più corteggiato…che lui tra tante avesse scelto proprio lei.

Sora sobbalzò impercettibilmente quando sentì la mano del ragazzo posarsi sulla sua esile vita, fino a circondarla dolcemente. Lo fissò negli occhi, catturata da quel blu profondo simile all’oceano, capaci di andare sin nei più reconditi pensieri dell’animo umano.

“Sora”, la fanciulla sussultò nel sentire il suo nome così caldamente e dolcemente pronunciato dalla voce del ragazzo, mentre vedeva le loro labbra farsi sempre più vicine.

Si sentì come intorpidita sotto quello sguardo magnetico…in vicinanza di quelle labbra perfette che minacciavano di raggiungere le sue… Forse, per questo, quando lo sentì a pochi millimetri da lei non disse nulla. Solo chiuse gli occhi e lasciò finalmente che lui la baciasse, come non aveva mai fatto in tutti quegli anni. La prima sensazione che la travolse, fu di una tenerezza che prima di allora non avrebbe mai additato in Yamato, quasi che, con quel piccolo gesto, temesse di farle del male. Ma poi il bacio si fece più intenso e Sora sentì percettibilmente un’intensa passione affacciarsi nel ragazzo. Non era però una passione carnale…no, era qualcosa di ben diverso. Qualcosa che andava oltre, ma che lei, forse in preda alla palpitazione del momento, non riuscì ad identificare. Ma dal suo discernere, lei ne era già sicura, sarebbe derivato il resto.

 

 

“Sora!”, Mimi rimase piuttosto stupita di ritrovarsi la fanciulla alla porta di casa sua.

“Mimi, devo assolutamente parlarti”, lo sguardo della giovane Takenouchi lasciava trasparire un certo trambusto interiore.

Seppur ancora sorpresa, Mimi annuì e fece cenno alla sua migliore amica di entrare. Sora non se lo fece ripetere due volte e immediatamente varcò la soglia di casa Tachikawa.

Erano giorni che non faceva altro che pensarci. Da quando Yamato l’aveva baciata, quel giorno in riva al fiume, lei si era sentita ancor più confusa di prima. E ormai era passata quasi una settimana da allora. Una settimana in cui lei non aveva fatto altro che pensare e pensare, senza quasi dormire per farlo. Ora che sapeva che entrambe i suoi migliori amici erano innamorati di lei…si sentiva costernata perché sapeva che dalla sua decisione sarebbero dipese molte cose.

“Allora, di cosa volevi parlarmi di tanto urgente?”, Mimi aveva appena richiuso la porta della sua camera e, incapace di aspettare oltre, le aveva rivolto la domanda che più le premeva.

Erano giorni ormai che vedeva l’amica sempre così spossata. Due profonde occhiaie le segnavano il volto, segno inconfondibile che non dormiva la notte. Conoscendo l’amica, dubitava che quel suo stato fosse dovuto solo alla dichiarazione di Taichi. Eppure, nonostante la sua innata curiosità, fino a quel momento Mimi non le aveva ancora mai chiesto nulla. Sapeva che quando Sora avrebbe voluto parlargliene, lo avrebbe fatto. Di fatti…

“Oh, Mimi, sono così confusa!”, cogliendo completamente impreparata l’altra ragazza, Takenouchi vi si buttò tra le braccia, in cerca di una persona amica con cui poter finalmente condividere quei pensieri che la stavano tormentando.

“Dimmi tutto, Sora. Io sono qui ad ascoltarti”, la voce di Tachikawa le giunse alle orecchie dolce e sicura, tanto da farla gioire per la sua decisione di essere andata da lei.

L’altra annuì e si separò dall’amica. La vide sedersi sul suo enorme letto e quando quella le fece cenno di imitarla, Sora le si accomodò di fianco. Quindi, appena poco prima di parlare, trasse un profondo respiro che avrebbe dovuto aiutarla a riordinare, in qualche modo, le idee.

“Mimi, tu sai che qualche tempo fa Taichi mi ha detto che…beh, mi ha detto di essere innamorato di me e che poi, lui mi ha…baciata”, arrossì lievemente a quelle parole, non nascondendo un velo di imbarazzo nella sua voce.

“Va avanti”, Tachikawa annuì, curiosa di conoscere gli eventi che avessero portato l’amica a ridursi in quello stato.

“Beh, devi sapere che qualche giorno fa Yamato è venuto a casa mia e…e mi ha portato in un posto davvero bellissimo”, gli occhi le si illuminarono immediatamente al ricordo del luogo in cui il ragazzo l’aveva portata.

Dal canto suo Mimi la seguì interessata, anche se in cuor suo un vago sospetto già si era fatto avanti.

“Lì lui…lui mi ha detto che sapeva che ero uscita con Taichi e…e che lui mi aveva baciata”, le sue guance si colorarono di ancor più intenso rosso mentre raccontava quelle cose. “Io credevo che lui volesse solo rimproverarmi per non avergli detto nulla la sera stessa del mio appuntamento con Taichi, quando ci siamo incontrati per caso, però…”, sentì il fiato venirle meno a quelle parole e il cuore accelerare un po’ di più il suo battito.

“Però…?”, la incitò ad andare avanti Mimi, prendendole affettuosamente una mano tra le sue per cercare di farle capire, in quel modo, che le era accanto.

Sora sorrise a quel gesto, dimostrando così di averlo apprezzato veramente. Ma poi il suo sguardo tornò a farsi nuovamente serio mentre ritornava a quegli avvenimenti.

“Però non era così. Yamato non mi aveva portato lì per questo motivo. Lui…”, avvampò violentemente al ricordo, ma per una volta decise di mettere da parte la sua proverbiale timidezza. “Yamato mi ha detto che non si sarebbe arreso così facilmente”

“Eh?”, Mimi sembrava perplessa.

“Neanche io all’inizio riuscivo a capire cosa intendesse dire”, confessò allora Sora. “Allora Yamato mi ha detto che anche se Taichi mi aveva baciato, lui non mi avrebbe…non mi avrebbe lasciata andare così facilmente…”

Il volto di Takenouchi divenne paonazzo, mentre da quello di Mimi traspariva un chiaro stupore.

“Dici sul serio?”, domandò esterrefatta.

Non avrebbe mai immaginato una cosa del genere…certo, quando aveva visto Sora così preoccupata aveva intuito che probabilmente fosse per i due ragazzi, ma non aveva concepito una cosa simile. Lei aveva pensato che l’amica era confusa perché non sapeva se era innamorata di Taichi, ricambiando così ai suoi sentimenti, o se invece si era infatuata di Yamato. Ma…non aveva pensato alla possibilità che invece fosse proprio il biondino ad essersi innamorato di lei!

“Sì”, mormorò nel più completo imbarazzo Sora, abbassando timidamente il capo. “E poi…Yamato mi ha baciata”, terminò il racconto, senza però riuscire ad alzare il capo tanto si sentiva impacciata.

Tachikawa, invece, sembrava completamente spiazzata. ‘Yamato è innamorato di Sora…lui l’ha baciata!!’, continuava a ripetersi, incredula. Ma poi quel sentimento venne sopraffatto da una felicità inebriante.

“Ti rendi conto, Sora? Sei riuscita a far innamorare di te sia Taichi che Yamato!!”, esclamò stupita e ammirata allo stesso tempo, prima che il suo sguardo si rabbuiasse improvvisamente. “Mentre io…io non riesco nemmeno a far capire al ragazzo che mi piace che…”, i suoi occhi si velarono di lacrime, mentre ritornava a sedersi sul letto.

“Mimi”, colpita, Sora la abbracciò affettuosamente.

Sapeva a chi si stava riferendo. Lo sapeva benissimo.

“Avanti, non fare così. Sono sicura che ce la farai…vedrai!”, le sorrise incoraggiante, sperando che percepisse tutta la fiducia che aveva in quel momento.

“Ma come?! Koushiro…lui mi vede solo come un’amica…”, la fanciulla abbassò il capo, sforzandosi di non piangere.

“Mimi…”, Takenouchi la guardò apprensiva.

“Eppure per me lui è ben oltre…io lo amo, Sora! Da quando sono tornata da New York e l’ho guardato all’aeroporto, io mi sono accorta di essermi innamorata di lui. Di esserlo sempre stata! Per questo ho fatto di tutto per ritornare, Sora. Perché sentivo che c’era qualcosa che avevo dimenticato qui ad Odaiba…”, Mimi la abbracciò cercando conforto nella sua migliore amica.

Non voleva andare a finire così…Sora aveva bisogno di lei! Solo che…anche lei aveva bisogno dell’amica…anche lei aveva bisogno di sentire una persona amica accanto…

“Ti prego, Mimi, non fare così”, tentò di rasserenarla l’altra. “Lo so che è difficile, però tu non puoi lasciarti abbattere così. Chi ti dice che per Koushiro non sia lo stesso? Sappiamo tutte e due quanto è timido. Non devi pensare che se fino ad ora non si è fatto avanti sia perché tu non gli interessi”

Sora non sapeva bene come spiegarselo, ma sentiva che anche per il giovane Izumi i sentimenti nei confronti di Mimi erano cambiati. Lo aveva letto nei suoi occhi corvini…negli sguardi che gli aveva visto rivolgerle…nei sorrisi che le dedicava…

“Sì, hai ragione Sora”, a quelle parole Mimi sembrò finalmente riprendersi. “Non posso lasciarmi abbattere così. Non sarebbe da me!”, sorrise, riportando così alla luce il suo fiducioso entusiasmo.

“Ben detto!”, approvò anche l’altra.

“Ma adesso ritorniamo a noi, Sora”, dopo quell’attimo che si era preso per sé, Mimi ritornò nuovamente al problema che tanto angustiava l’amica. “Adesso che hai saputo che Taichi e Yamato sono entrambe innamorati di te, cosa hai intenzione di fare? Come vuoi comportarti?”, le domandò, interessata.

Stavolta fu il turno di Takenouchi a rattristarsi.

“Veramente io…io non lo so…”, sospirò abbattuta. “Nella mia mente è tutto ancora così confuso…!”

“Ma dovrai decidere prima o poi”, le fece allora notare Mimi.

Sora si incupì. “Lo so, però…ho paura di sbagliare… Ho paura, perché dalla mia decisione uno dei due dovrà poi inevitabilmente soffrire…e io non voglio che ciò accada. Sono entrambe troppo importanti per me!”, la ragazza sembrava veramente avvilita.

“Però non puoi rimanere in questo limbo per sempre, Sora”, osservò razionalmente Tachikawa. “Lo so che è una scelta difficile, tuttavia…tu devi prenderla, amica mia. Prima o poi uno dei due ti chiederà di farlo e allora tu cosa farai? Cosa risponderai?”

“Non lo so”, confessò Takenouchi, portandosi una mano sul volto per nascondere la sua frustrazione.

Nel vederla così, a Mimi si strinse il cuore. Voleva aiutarla, ma doveva decidere lei.

“Dimmi, Sora: quando Taichi ti ha baciato, tu… Cosa hai provato allora?”, le domandò, cercando di farle fare un po’ di chiarezza in se stessa.

Takenouchi ci pensò su per un istante. “Io…io non lo so… Ero sorpresa, perché non mi aspettavo una cosa del genere, e…”, le parole le morirono in gola al ricordo.

“E…? Continua!”, la incitò l’altra.

“E avevo uno strano batticuore…una piacevole sensazione di benessere”, confessò, arrossendo leggermente nel ricordare l’attimo.

“E quando ti ha baciata Yamato? Cosa hai provato?”, continuò allora Mimi, incoraggiata dalle confessioni dell’amica.

“Beh, ero incredula. Yamato è sempre stato un ragazzo molto corteggiato, ma lui…lui si è innamorato di me”, Sora arrossì ancor di più nel pronunciare quelle parole.

“Solo questo?”, le chiese Tachikawa.

Ma l’altra scosse il capo. “No, non solo questo”, scosse il capo. “Io sentivo il mio cuore battere come impazzito, però…potevo sentire un’insolita tenerezza in lui”

“Come con Taichi?”, inquisì Mimi.

“No, non come con lui”, negò Sora. “Il bacio di Taichi è stato dolce e inaspettato, ma allo stesso tempo riusciva a farmi sentire tranquilla. Il bacio con Yamato, invece, mi ha colto completamente alla sprovvista. Quando sono uscita con Taichi, sapevo già che lui era innamorato di me e forse, in un certo qual senso, me lo aspettavo. Mentre sapere che anche Yamato è innamorato di me…beh, mi ha colto impreparata. Così il suo bacio. E poi c’era una strana tenerezza in lui, che però poi si è andata trasformando in una passione che tuttavia non aveva nulla a che fare con quella carnale. Volendo ricapitolare, potrei dire che il bacio di Taichi è stato più…dolce; mentre quello di Yamato era passionale”, non riuscì a trovare parole migliori per descrivere i due momenti.

“E a te quale dei due è piaciuto di più?”, investigò l’altra.

Sora ci pensò su, ma poi scosse il capo. “Non te lo so dire. Sono stati due baci completamente diversi…da due persone che rappresentano l’uno l’opposto dell’altra”, mormorò, avvilita.

“Se così non riesci ad uscirne, allora prova a chiederti cosa senti quando sei con Taichi e cosa quando sei con Yamato”, suggerì Mimi, poggiandole una mano su una spalla per infonderle forza.

“Beh, quando sono con Taichi, io mi sento serena e rilassata”, Sora provò a rispondere alla domanda dell’amica, sperando che almeno stavolta fosse riuscita a venirne a capo. “Anche quando siamo usciti insieme…l’altra volta… Io avevo paura che mi sarei sentita a disagio con lui, dopo che mi aveva dichiarato i suoi sentimenti. Però…devo ammettere che così non è stato. Taichi è un ragazzo fantastico ed è riuscito a mettermi a proprio agio sin dall’inizio. Quando ero con lui, non mi sono sentita mai una sola volta turbata dal cambiamento. Mi ha fatto ridere come una matta e anche quando non parlavamo, io mi sentivo bene”

“E con Yamato?”, mormorò Tachikawa quando l’altra ebbe finito di parlare.

“Yamato…con Yamato io mi sento…”, Sora socchiuse le palpebre, sforzandosi di trovare un aggettivo che sapesse descrivere ciò che lei sentiva quando si trovava con il ragazzo. “Mi sento…protetta. Sì, protetta. Quando sono con lui, io mi sento al sicuro. Lui sa ascoltarmi e riesce a starmi vicino anche senza il bisogno di dire nulla. Con lui io…io sono felice. Perché Yamato è…lui è… Yamato è Yamato!”, non riuscì a trovare parole migliori che sapessero descrivere il ragazzo.

Poi, man mano, il sorriso dal suo volto si affievolì e al suo posto comparì una smorfia di pura costernazione.

“Oh Mimi…io non saprò mai scegliere tra loro due!”, temette, prendendo a mordersi nervosamente il labbro inferiore. “Loro due…sono così diversi! Come posso decidere tra il sole e la notte? Tra l’alba e il tramonto? Perché questo sono: Taichi è una raggiante alba, è solare, sempre così energico e vitale…mentre invece Yamato è come un arancio tramonto, con quel suo modo di fare così introverso e a volte quasi indifferente, ma allo stesso tempo dolce e rassicurante…”

Mimi la guardò, sorridendo nel sentirla così dettagliatamente descrivere i due ragazzi. Sora, più di tutti gli altri digiprescelti, aveva imparato a conoscerli e a rispettarli per quelle loro qualità così particolari.

“Eppure, anche se adesso non riesci a rendertene conto, sono convinta che dentro di te c’è già una risposta. Mi rendo conto che non è facile decidere tra due persone così profondamente diverse, ma così dannatamente importanti per te, però…ognuno di noi ama di più o l’alba o il tramonto. Tu devi solo capire quale ami di più. Tutto qui!”, Tachikawa le sorrise, incoraggiante.

“Sì, ma è questo il problema…”, si ritrovò a sospirare Sora.

‘Anche allora, quando finimmo su quel discorso, io…io non seppi chi decidere tra aurora e vespro…’, si ricordò, frustrata.

“Io sono sicura che ce la farai, Sora. Alla fine, quando ci sarà da prendere una decisione decisiva, tu…sono convinta che tu saprai già chi rispondere. Ne sono convinta!”, Mimi annuì, fiduciosa.

“Chi ti da tutta questa sicurezza? Chi ti dice che andrà così e che invece non farò scena muta, incapace di giungere a una decisione?”, Takenouchi la guardò dubbiosa.

“Questo”, la mano affusolata di Mimi si allungò verso l’amica, fino a raggiungerle la parte sinistra del petto, là dove si udiva un battito. “Il tuo cuore, Sora. Prova a cercare dentro di te, amica mia. Sono sicura che è lì che è custodita la risposta. Aspetta solo di uscire!”

L’altra le sorrise. Anche se ancora confusa, adesso sembrava più fiduciosa.

“Sora, tutto quello che stai facendo adesso è scappare dalla risposta che già sai dentro di te. Non ti chiederò il motivo, ma sappi che un giorno, non molto lontano, Taichi o Yamato si stancheranno di questa situazione e ti chiederanno di scegliere uno di loro. Allora…allora non potrai più sfuggire, Sora. Allora dovrai seriamente prendere una decisione”, la mise in guardia Mimi, che aveva imparato a conoscere l’amica da anni ormai.

“Anche se da essa dipenderà la felicità o la tristezza di altre persone?”, la guardò amareggiata Takenouchi.

“Sarà comunque inevitabile!”, le rispose Mimi. “Allora, almeno per te stessa, cerca di decidere in base al tuo cuore. Taichi e Yamato saranno più contenti nel saperti felice, Sora”

Sora sospirò. Sapeva che l’amica aveva ragione. Dannatamente ragione! Solo che…almeno per il momento non se la sentiva di decidere. Non ancora.

 

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


La fioritura dell’amore

La fioritura dell’amore

parte terza

 

“Ragazzi!!”, Mimi scattò immediatamente nel riconoscere le figure familiari di Taichi e Yamato.

I due la videro tra le altre persone e subito la raggiunsero.

“Siete gli ultimi! Stavamo aspettando tutti voi due! Si può sapere che stavate facendo?”, li accolse arrabbiata la giovane Tachikawa, sbattendo un piedino a terra con stizza.

“E dai, Mimi! L’importante adesso è che siamo qui, no?”, Taichi le volteggiò attorno, circondandole la vita con un braccio.

“Come mai sei così preoccupata?”, le domandò invece Yamato, ammiccando nella sua direzione.

Mimi arrossì furiosamente. “Siete due stupidi!”, esclamò sbuffando, prima di far loro largo e permettere finalmente di entrare in casa Tachikawa.

Era una delle solite riunioni dei digiprescelti. Fortunatamente i genitori della ragazza si erano dovuti assentare per andare a portar visita a una loro parente e così adesso avevano tutta la casa a loro completa disposizione. E visto che i signori Tachikawa sarebbero rimasti via almeno fino all’indomani, per quella sera i digiprescelti, con la loro approvazione ovviamente, avevano deciso di organizzare una piccola festa per loro.

“Gli altri sono di là?”, si informò il giovane Kamiya mentre si avviavano verso il soggiorno.

Mimi annuì. “Loro non sono ritardatari come due persone di mia conoscenza!”, li punzecchiò.

“Su, Mimi! Dopotutto conosci anche tu Taichi e quanto sia ritardatario!”, Yamato le poggiò una mano su una spalla e le rivolse un meraviglioso sorriso, che le fece crollare all’istante tutte le sue barriere.

“Ehi!”, al contrario, Taichi sembrava offeso.

Ammetteva che forse ci aveva impiegato un po’ di tempo a scendere di casa e per questo Yamato era stato costretto ad aspettarlo sulla sua moto per una decina buona di minuti, ma…era colpa sua se si era fatto tardi agli allenamenti?!

“Beh, in ogni caso adesso siete arrivati!”, Tachikawa, stanca di starli a sentire, decise di porre fine alla discussione, giusto l’attimo prima di entrare nell’enorme soggiorno dove li stavano attendendo tutti gli altri.

“Era ora!”, un coro di disappunto li accolse non appena vennero notati.

“Ehm…scusate!”, mormorò dispiaciuto Taichi, fregandosi i capelli castani.

“Hikari, sei sicura che sia tuo fratello?”, domandò sconsolato Koushiro.

“Purtroppo credo proprio di sì…”, rispose desolata la fanciulla, facendo per questo scoppiare a ridere l’intera comitiva.

Nel frattempo Taichi prese posto sull’unica poltroncina ancora libera, sbuffando come un mantice a quelle provocazioni.

“Ehi, Yamato! Non mi avevi detto di essere interessato a Mimi!”, esclamò d’un tratto Daisuke, notando la mano dell’amico ancora poggiata sulla spalla della fanciulla.

A quelle parole Tachikawa arrossì di botto, mentre Yamato scostò lo sguardo da un’altra parte per cercare di dissimulare il suo imbarazzo. Per questo motivo non si accorse dell’espressione costernata sul volto di Sora, cosa che invece non passò inosservata agli occhi di Taichi. Ma Sora non fu l’unica a rimanere male della cosa. Anche qualcun altro, sebbene cercasse disperatamente di non darlo a vedere, era rimasto piuttosto di sasso di fronte alla scena.

“Sei il solito stupido, Daisuke!”, la sgridata di Miyako, che aveva notato l’aria farsi stranamente tesa alla battuta del ragazzo, gli mollò un poderoso ceffone sul capo.

“Ahia!! Ma dico: sei impazzita?!”, scattò come una molla Motomiya, inalberandosi immediatamente.

“E tu allora? Ce l’hai o no un po’ di zucca in quel cervello??”, ribatté a tono Inoue, offesa.

“Io perlomeno non ho la testa solo per portare i capelli!!”, Daisuke la guardò con espressione di sfida.

Miyako a quelle parole stava per dirgliene quattro, sentendosi arrabbiata come non mai, ma il tempestivo intervento di Ken fu efficace a placare i loro turbolenti animi.

“Andiamo, ragazzi. Non è il caso di litigare per delle sciocchezze!”, sorrise, sperando di essere convincente.

“Tsk!”, fecero in contemporanea i due contendenti, voltandosi di scatto dall’altro lato e dandosi così le spalle.

Ken sospirò, desolato. ‘Non cambieranno mai!’, si disse, prima di lasciarsi sfuggire un sorriso divertito.

“Ragazzi, sapete ieri chi ho sentito?”, cambiò discorso a un certo punto Izumi, con un sorriso che andò ad illuminargli il volto.

“Chi, la regina Elisabetta?”, domandò senza troppo entusiasmo Taichi, ancora infastidito per la scena a cui era stato obbligato ad assistere.

“Molto spiritoso, Taichi…davvero molto spiritoso”, Koushiro gli lanciò un’occhiataccia, prima di sorridere nuovamente. “Comunque, se lo volete proprio sapere, ieri ho sentito Gennai!”, rivelò tutto soddisfatto.

“Davvero??”, si interessarono immediatamente gli amici.

Koushiro sorrise. Sapeva che quella notizia li avrebbe fatti felici.

Mentre il digiprescelto della conoscenza si divulgava a raccontare i dettagli, stando ben attento ad aggiungere i particolari su ogni digimon, una persona nella stanza non sembrava minimamente ascoltarlo. Era Mimi, ancora presa dai propri pensieri.

Sentiva un grosso vuoto al cuore al sentirlo così felice. Eppure…per un istante aveva sperato che alla battuta di Daisuke su lei e Yamato, Koushiro si ingelosisse un po’…almeno un pochino… Ma invece…a quanto pareva… Il ragazzo era troppo occupato a descrivere i dettagli della sua conversazione con Gennai per accorgersi di lei. Non che a lei non facesse piacere sapere che i digimon stavano tutti bene, anzi! Non vedeva l’ora di riabbracciare Palmon! Però…almeno un minimo di interesse per lei…era chiedere troppo?

“Mimi, tutto bene?”, la voce profonda di Yamato la riscosse dai suoi pensieri.

Tachikawa annuì e, cercando di cacciare indietro le lacrime, si sforzò di sorridergli. “Sì”, mentì, nascondendo il malessere che invece l’aveva presa.

Come prevedibile, però, il digiprescelto dell’amicizia non sembrò cascarci.

“Se non si accorge di te…allora Koushiro è uno stupido”, mormorò, facendosi sentire solo da lei.

Mimi arrossì violentemente a quelle parole e lo guardò sorpresa. ‘Come fa a saperlo?’, si domandò esterrefatta.

Quasi avesse intuito i suoi pensieri, il biondino le sorrise.

“L’avevo capito da un pezzo, cosa credi? Non è facile tenermi nascoste le cose!”, esclamò tutto serio, facendola per questo sorridere.

Quando però riuscì a calmarsi, Mimi lo guardò riconoscente.

“Grazie Yamato”, dimostrò di aver apprezzato il suo gesto.

Ishida le sorrise, senza però aggiungere nulla. Quindi l’attenzione di entrambe si spostò nuovamente sulla conversazione che si stava tenendo tra gli altri.

 

 

“Takero, vieni!”, senza mezzi termini Daisuke piombò alle spalle del biondino e lo trascinò via.

“Ehi!”, si lamentò il giovane Takaishi, seccato per essere stato portato via a quel modo dalla sua dolce Hikari.

“Su, su, Hikari è sempre lì! Puoi sempre stare con lei!”, lo rincuorò Motomiya, facendolo arrossire impercettibilmente. “Adesso io e te abbiamo qualcos’altro da fare!!”, aggiunse poi, con sguardo di sfida.

“Allora?”, giunsi vicino al tavolo, li accolse la voce di Taichi. “Si comincia?”, domandò, mentre mescolava energicamente le carte.

“Noi siamo pronti!”, Daisuke parlò a nome suo e di Takero, che non ci aveva capito ancora niente.

“Si può sapere che sta succedendo?”, sbottò a quel punto Takaishi, piuttosto irritato.

“Taichi e Yamato ci hanno sfidato a carte! Dobbiamo assolutamente fargli vedere chi siamo, amico mio!!”, lo prese sotto braccio e sorrise trionfo verso la coppia di amici che già sedeva al tavolo.

“E perché hai chiamato me, scusa? Con tante persone che c’erano in giro!”, protestò Takero, sbuffando scocciato.

“Tante persone?! Scherzi?? Ken e Miyako li abbiamo dati per dispersi già da un’ora! Iori, invece, sta parlando con Joe. Sei rimasto solo tu mio caro!”, gli fece notare Daisuke.

“E Koushiro? E le ragazze?”, gli ricordò il biondino esitante.

“Umpf! Quante storie!! Koushiro è sparito già da un’ora, mentre le ragazze…andiamo! Questi due molliccioni quando perderanno, perché perderanno, non accetteranno mai di essere stati sconfitti da loro! E finiranno col dire che ho barato!”, spiegò Motomiya. “Ma siccome io non ho paura di loro, allora gli farò vedere che saprò batterli giocando alla pari. Con te, amico bello!!”, gli arruffò i capelli, aumentando così ancor di più la sua irritazione.

“Oh, e va bene! Gioco!”, ricapitò infine Takero, stanco di starlo a sentire.

“E vai!!!”, urlò immediatamente Daisuke, facendo il cenno di vittoria. “Non avete scampo, miei cari nonnetti!!”, si rivolse poi agli altri due ragazzi.

“Staremo a vedere, poppanti!”, ribatté prontamente Taichi, mentre Yamato sorrideva divertito.

Quelle parole riuscirono ad infervorare l’animo di Takero, che si sedette con aria di sfida.

“Siete pronti?”, domandò poco dopo Taichi, mentre distribuiva le carte.

 

 

Mimi Tachikawa sorrise divertita nell’osservare la scena che si parava ai suoi occhi. Taichi e Yamato avevano appena sfidato Daisuke e Takero a carte, e, almeno a giudicare dalle loro facce, sembravano averla presa molto seriamente.

‘Non cresceranno mai!’, si ritrovò a pensare, mentre osservava Taichi e Daisuke blaterare per un futile motivo, frenati solo dall’intervento dei due fratelli Yamato e Takero.

Ciò nonostante Mimi doveva ammettere che l’idea di organizzare quella piccola festicciola a casa sua era stata proprio una bella idea. Anche Sora, che l’aveva appena lasciata con Hikari, sembrava più serena quella sera, in contrasto con i pensieri che le mettevano in disordine la testa.

L’unica che non sembrava divertirsi poi tanto, quella sera, era proprio lei. Infatti sebbene si sforzasse di apparire allegra come sempre, un grosso peso le gravava sul cuore. ‘Koushiro…possibile che io per te non sia altro che un’amica?!’, si domandò avvilita, mentre usciva fuori in terrazzo per respirare un po’ d’aria e per pensare un poco in solitudine. All’idea, però, le venne involontariamente da sorridere. Era strano per lei pensare di voler stare un po’ da sola. Un tempo…odiava la solitudine. Mentre ora…era diventata una ragazza più coraggiosa, più fiduciosa. E questo in un certo qual modo lo doveva proprio a Koushiro.

Mimi ricordava ancora perfettamente quella volta a Digiworld quando, sentendosi ignorata da lui, era scappata dentro a quel labirinto. Aveva avuto una paura…! Ma poi Koushiro era riuscito a farla uscire di lì…le era stato vicino…

“Se solo fosse così anche ora…”, si ritrovò a dire ad alta voce, prima di sospirare desolata e appoggiarsi distrattamente alla balaustra.

“Di che stai parlando?”, una voce a lei ben familiare la fece trasalire.

Mimi si voltò di scattò e arrossì paurosamente quando i suoi occhi incrociarono la figura di Koushiro ritta di fronte a lei.

“Non…non ti avevo visto!”, mormorò ancora attonita lei.

Per tutta risposta il giovane Izumi le rivolse un meraviglioso sorriso, che rischiò di farla sciogliere come neve al sole. Era sempre così quando c’era lui. Sebbene Mimi cercasse di non darlo a vedere, non poteva fare a meno di arrossire di fronte ai suoi sorrisi così teneri… E quando lo vedeva con un’altra ragazza…! Un’improvvisa gelosia la attanagliava ogni volta, ma lei doveva tacere ogni volta, non potendo reclamare alcun diritto su di lui.

Lei lo amava, come mai aveva amato nessuno.

Mentre lui…Koushiro la considerava solo un’amica, ormai ne era sicura. Ne aveva avuto la piena certezza proprio qualche ora addietro, quando non l’aveva visto fare una piega di fronte a lei e Yamato.

Mimi sospirò, voltandosi nuovamente verso la volta celeste. Izumi, allora, le si poggiò accanto.

“Hai mai avuto paura di farti avanti con qualcuno, Mimi?”, l’improvvisa domanda di Koushiro la colse alla sprovvista.

Tachikawa si voltò verso di lui e lo guardò interrogativa. Ma il ragazzo rimase fermo a scrutare il cielo.

“Hai mai avuto paura di dire a una persona quanto sia speciale per te perché temevi di perderla per sempre?”, le chiese ancora il giovane, contrito. “Dimmi, Mimi: hai mai avuto paura di dire ti amo a qualcuno?”, finalmente si voltò verso di lei a guardarla negli occhi.

La ragazza sentì il proprio cuore balzarle in petto a quelle parole e sotto i magnetici occhi ebano dell’amico. Di certo non si sarebbe mai aspettata una domanda simile proprio da lui. Però non si illudeva di essere lei quel qualcuno. No di certo.

Sospirò.

“Sì”, ammise, abbassando il capo mestamente. “Ma ormai non credo che glielo dirò mai. Lui…lui mi considera solo un’amica”, mormorò, sforzandosi di non scoppiare in lacrime.

Anche quella confessione confermava il fatto che lui la vedesse solo come amica. Altrimenti perché dirle quelle cose? No, Mimi aveva smesso di illudersi. Non serviva a nulla sperare che un giorno Koushiro si sarebbe accorto di lei. Sapeva bene che quel giorno non sarebbe mai arrivato.

Dal canto suo il ragazzo pareva piuttosto colpito da quelle parole. Ma poi la sorpresa scomparve dai suoi occhi e al suo posto sopraggiunse un’espressione profondamente seria.

“Stai parlando di Yamato, non è vero?”, le chiese, deciso ormai a sapere tutto.

Mimi rimase piuttosto stupida da quella domanda e per questo non poté fare a meno di gettargli un’occhiata frastornata. ‘Yamato?! Che c’entra Yamato?’, si chiese perplessa.

“Eh?”, lo guardò interrogativamente.

“Non sono stupido, Mimi. Mi sono accorto di come lo guardi…tu lo ami!”, la accusò, prima di voltarsi dall’altro lato per non essere costretto a guardarla negli occhi.

In quei meravigliosi occhi marroncini che adesso lo fissavano attoniti, confusi.

“Mi ero ripromesso di non dirti mai nulla, perché tanto…”, Koushiro abbassò lo sguardo, senza però voltarsi.

Tachikawa fissava le sue spalle con un’evidente stupore. ‘Cosa stai cercando di dirmi? Che sei innamorato di un’altra?’, il pensiero la stravolse, ‘ti prego…non farlo…preferisco non sapere…’.

“Da quando sei andata via, a New York, io…io non faccio altro che pensare a te, Mimi”, le parole di Izumi la colpirono profondamente. “Io…io mi sono innamorato di te… Mimi, anche se per te non sono altro che un buon amico, io…dovevo dirtelo. Ti amo”

Il cuore della fanciulla si arrestò di colpo a quelle parole, incredulo. Quanto aveva atteso di sentirglielo dire? E adesso…sapere che lui ricambiava ai suoi sentimenti da così tanto tempo…

“Oh, Koushiro!”, Mimi lo abbracciò da dietro, poggiando dolcemente il capo sulla sua schiena.

Izumi abbassò il capo. Non avrebbe dovuto dirle nulla…avrebbe dovuto continuare a tenerlo per sé, come faceva ormai da tempo, però…vederla con Yamato… Sapeva che non c’era nulla di male nel loro gesto, ma le parole di Daisuke l’avevano colpito. Più di quanto si fosse mai aspettato. Per questo aveva capito di non poter più tacere. Quando l’aveva vista lì fuori, così bella con la luce della luna riflessa nei suoi lunghi capelli che un tempo erano stati tinti di rosa ma che adesso apparivano sotto il loro naturale colore… Koushiro non aveva più saputo trattenersi. Aveva sentito dentro il desiderio impellente di dirglielo, finalmente. Di confessarle quell’amore che custodiva da troppo tempo ormai.

“Siamo stati due stupidi…”, la voce di Mimi lo riportò alla realtà e solo allora il ragazzo si accorse che lei stava piangendo. “Avevamo paura entrambe di risultare solo un buon amico all’altro…mi dispiace… Avrei dovuto dirtelo subito, anziché piangere sulle mie fissazioni…invece…”

“Mimi!”, Koushiro sembrava sconvolto.

‘Che vuole dirmi?’, fu l’unica cosa che riuscì a pensare, mentre si voltava verso di lei. La vide piangere e subito il suo cuore si strinse in una dolorosa morsa d’acciaio.

“Io ti amo, Koushiro!”, rivelò finalmente la fanciulla, in un tono che appariva quasi disperato.

Vederlo così preoccupato per lei…sapere quanto si era sbagliata fino a quel momento… Forse se avrebbe seguito sin da subito la voce del suo cuore, non avrebbe sofferto tanto per lui. Invece…

Il sorriso meraviglioso che il ragazzo le rivolse, però, bastò a farle capire che l’importante in quel momento era che, nonostante tutti i loro dubbi, si erano incontrati. Lo stesso.

“Io ti amo…da tanto, troppo tempo…”, continuò Mimi.

Piangeva. Ma le sue lacrime, adesso, erano di gioia.

“Quando ero a New York io…io non facevo altro che pensare a te… Per questo ho fatto di tutto pur di ritornare. Io non posso stare senza di te, Koushiro! Io…ti amo!”, ripeté, felice di poterlo fare.

Il cuore del ragazzo su sciolse nuovamente a quelle parole. Adorava sentirglielo dire. Non si sarebbe mai stancato di dirglielo a sua volta.

“Ti amo, Mimi…ti amo!”, avrebbe voluto gridare, ma la sua timidezza glielo impedì.

Tuttavia non lasciò che essa gli impedisse di vivere quel momento. Così, trovando un’audacia che non credeva di possedere, Koushiro le portò una mano su una gota e la accarezzò. Mimi, a quel gesto così tanto bramato, si lasciò sfuggire un meraviglioso sorriso che andò ad illuminarle il volto.

Trasportato, anche Koushiro sorrise, prima di avvicinare il suo volto a quello della fanciulla. La guardò ancora per un ultimo istante, perdendosi in quei meravigliosi occhi che tanto amava. Poi chiusero entrambe gli occhi e finalmente le loro labbra si unirono in un dolce e tenero bacio, che andò a suggellare la loro nuova unione.

 

 

“Sora!”, la fanciulla sobbalzò, spaventata.

Si voltò incuriosita e sorrise non appena riconobbe l’amico Kamiya.

“Taichi! Come mai sei ancora qui? Credevo te ne fossi andato con gli altri!”, Sora sembrava veramente molto stupita di vedere il ragazzo ancora lì a casa Tachikawa.

Aveva visto gli amici andare via e aveva pensato che ormai non ci fosse più nessuno in casa, a parte ovviamente Mimi e lei, che si era gentilmente offerta di rimanere con l’amica visto che era sola quella notte. Invece…

“Dovevo parlarti, prima”, il tono di voce di Taichi era stranamente serio e il suo sguardo non lasciava trasparire alcuna emozione.

Dal canto suo la giovane Takenouchi pareva piuttosto sorpresa di ciò, ma anche piuttosto in trepidazione. ‘Perché mi sento così nervosa?’, si domandò spossata.

“Di che si tratta?”, lo guardò, incuriosita, cercando di far tacere la voce del suo cuore impazzito.

“Prima, quando siamo arrivati, ho visto come hai guardato Yamato”, andò dritto al nocciolo della questione Taichi, come era suo solito.

Aveva già dovuto trattenere quel discorso per tutta la serata, per questo ora che era con lei non vedeva l’ora di dirle tutto. Di farsi dare una spiegazione.

Intanto Sora sentì il proprio cuore volteggiarle nel petto a quelle parole, mentre un senso di frastornazione le si affacciava lungo lo sguardo. Aveva capito a quale evento il ragazzo si riferisse, anche se aveva sperato che non si notasse. ‘A quanto pare non sono stata molto brava a nascondere ciò che provavo quando ho visto Yamato e Mimi…’, sospirò, amareggiata.

“Io…ero solo un po’ frastornata…”, si difese, dicendosi lei per prima che le cose stavano realmente così.

Dopotutto…che senso aveva avuto quella strana sensazione che l’aveva colta? Nessuno! Lei…lei non poteva essere…no, era assurdo! Eppure…

“Sora”, d’improvviso il corpo di Taichi si fece vicinissimo a quello della fanciulla che, colta alla sprovvista, sobbalzò imbarazzata.

“Tai…Taichi!”, arrossì violentemente, senza tuttavia distogliere lo sguardo dai suoi occhi marroni.

“Sora, lo so che ti avevo detto di prenderti il tempo che ti serviva, però…io non ce la faccio più ad aspettare!”, alzò le braccia e le poggiò lungo il muro alle spalle della fanciulla, creando così una sottile barriera che la fece sentire in trappola. “Non ce la faccio più a continuare così…io devo sapere! Tu…tu devi decidere definitivamente se è me che vuoi o è Yamato, Sora!”

Lo sguardo del giovane era profondamente serio, tanto da far mettere in agitazione il cuore già spossato della ragazza. Taichi la fissò per un lungo istante, sperando che la fanciulla riuscisse a leggere nei suoi occhi tutta la determinazione che lo animava. Non avrebbe mai voluto metterla alle strette e porle quella fatidica domanda, però…non aveva potuto fare altrimenti. Quella situazione di stallo che si era creata tra loro tre stava divenendo insostenibile per il suo cuore. Taichi non poteva più aspettare in pazienza una sua decisione. Doveva saperla al più presto. Sora…lei, doveva decidere.

Mentre il ragazzo si allontanava da lei, lasciandola lì fuori in completa solitudine, il cuore della fanciulla aveva preso a battere più forte, violentemente in petto. ‘Decidere…devo decidere tra loro due…’, si ripeté costernata, mentre piccoli frammenti di sale iniziavano a rigarle il volto niveo. Mimi le aveva detto che un giorno sarebbe successo, ma lei…lei non aveva voluto pensarci. Eppure era successo. A chiederle di scegliere era stato Taichi. Non disapprovava la sua decisione, sapeva che quella situazione non era facile per nessuno, tuttavia…come faceva a decidere? Adesso che aveva un tempo così limitato a disposizione…quale decisione avrebbe dovuto prendere? Chi, tra Taichi e Yamato, avrebbe dovuto scegliere?

 

 

“Yamato!!!”, la voce esuberante di Miyako si espandé lungo tutto il cortile della scuola, attirando così le attenzioni generali.

“Ecco anche quella pazza…!”, Daisuke sembrava esasperato, ma la digiprescelta non lo degnò di uno sguardo e si piombò direttamente sul giovane Ishida.

“Yamato è vero quello che ho sentito??”, domandò subito, senza troppi giri di parole.

Non sarebbe stato da lei una cosa contraria.

Per tutta risposta il biondino le rivolse un’occhiata interrogativa, non riuscendo ad intendere cosa di preciso la fanciulla stava chiedendogli.

“Si può sapere di che stai parlando?”, intervenne il giovane Motomiya, spossato da tanta eccentricità.

“Alcune mie compagne di classe mi hanno detto che stasera ti esibisci con il gruppo. È vero?”, Miyako ignorò quasi completamente Daisuke, per fissare il giovane davanti a lei.

“Cosa?!”, si interessò anche Mimi, balzando in piedi di scatto.

Adorava le canzoni dell’amico! E questo Koushiro lo sapeva per questo non poté fare a meno di sorridere quando la vide così interessata.

“Beh…sì, ci esibiamo”, confessò allora Yamato, non riuscendo però ancora a capire il motivo di tanto scalpore.

Accanto a lui Sora gli gettò un’occhiata stupita, prima di abbassare lo sguardo quando incrociò gli occhi marroni di Taichi, seduto proprio di fronte a lei.

“Umpf! Ma perché non ci hai detto niente?!”, si lamentò Miyako.

“Lo sai che adoro le tue canzoni!”, diede man forte anche Mimi.

“Su, ragazze, non è il caso di fare così”, intervenne a quel punto Koushiro.

“Probabilmente Yamato se ne sarà dimenticato”, azzardò Iori.

“Sì, però…”, Mimi cedette solo di fronte allo sguardo del suo ragazzo, che la fece sciogliere quasi fosse fatta di gelatina.

“Beh, potremo andare lo stesso a vederli!”, irruppe a quel punto Taichi, che doveva ammettere di trovare molto piacevoli le canzoni di Yamato.

“Davvero verreste?”, il giovane Ishida pareva incredulo.

“Puoi scommetterci!”, ribatté Taichi. “Vero, Sora?”, aggiunse poi, volgendosi verso la fanciulla.

Quella arrossì di botto sentendosi presa in fallo, ma non poté fare a meno di annuire.

“S…sì”, mormorò, distogliendo immediatamente lo sguardo.

Yamato le gettò un’occhiata fugace, prima di essere attirato dalla voce del fratello.

“Dove suonate?”, gli domandò Takaishi interessato.

“Al Jin”, rispose l’altro, suscitando l’immediato scalpore di tutti.

“AL JIN?!?”, ripeterono in contemporanea sia Miyako che Mimi, rischiando di farsi sentire anche da Ken all’altro capo della città.

“Ehm…sì”, Yamato abbassò il capo, leggermente imbarazzato.

“Ma è fantastico!”, gli saltarono addosso le due fanciulle, emozionate.

Il Jin era un locale piuttosto alla moda e abbastanza frequentato. Suonare lì era davvero un’esperienza straordinaria!

“Verremo sicuramente a vederti, Yamato!!”, affermò immediatamente Mimi, contenta all’idea di andarlo a vedere in un locale come il Jin.

“Certo, puoi giurarci!!”, intervenne anche Miyako, altrettanto entusiasta.

Vedendole così prese, Hikari non poté fare a meno di sorridere. “Sarà una serata indimenticabile!”, stabilì, sicura.

Ishida a quelle parole le sorrise, riconoscente. Suo fratello era stato proprio fortunato, non c’era che dire. Hikari era davvero una ragazza in gamba e lui ormai la considerava quasi una sorellina. In fondo, sorrise divertito, era la sorella del suo miglior amico! E la ragazza di suo fratello!! Quindi…in pratica…

 

 

Il Jin era un locale dall’atmosfera rilassante, che sapeva accogliere serate di blues e serate un po’ più scatenate senza mai perdere un certo fascino. Forse era per questo motivo che riscuoteva tanto successo tra il pubblico. E poi quella sera il gruppo musicale dei Teen-age Wolves faceva scintille!

Seduta al tavolino assieme al gruppo di amici, Sora tuttavia non sembrava completamente rilassata mentre osservava l’amico Ishida esibirsi sul palcoscenico. Sembrava quasi una divinità irraggiungibile mentre la sua voce melodiosa spiccava le parole della loro canzone più nota, conosciuta con il nome di Tobira –door–. Sora lo aveva visto esibirsi più volte, eppure…quella volta c’era qualcosa di diverso. Forse era l’atmosfera del Jin, così accogliente, oppure erano le note della canzone… Non capiva, però si sentiva diversa in quel momento. Completamente.

Il fluire dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da un plaudire di mani, segno tangibile che la canzone era appena terminata. Sora alzò lo sguardo e vide Yamato sorridere mentre osservava la folla che era venuta sin lì appositamente per ascoltare loro.

“Adesso voglio cantarvi una canzone del tutto nuova”, iniziò d’un tratto a parlare, richiamando su di sé lo sguardo di tutti. “Si intitola Whole e, a dire la verità, si tratta di un pezzo a cui tengo molto, non solo perché l’ho composta assieme al mio fratellino”

Lo sguardo di tutti i digiprescelti, compreso quello di Yamato, si voltò verso Takero, che era arrossito all’istante, imbarazzato.

“Si può sapere perché non ci hai detto nulla?!”, domandò incuriosito, e con tono vagamente ammonitore, Daisuke.

“Io…non credevo fosse importante…”, si difese il biondino, mentre accanto a lui la sua ragazza sorrideva divertita.

Hikari, infatti, a differenza degli altri sapeva di ciò, anche se non aveva nemmeno lei mai udito la canzone, né tanto meno Takero aveva voluto dirle di cosa parlava.

“E qual è il motivo più importante?”, si sentì d’un tratto nella sala da una voce chiaramente femminile.

Yamato arrossì impercettibilmente a quella domanda, imbarazzato.

“Beh…lo scoprirete sentendo le parole!”, riuscì a manovrare ugualmente la situazione, prima di sorridere raggiante, inconscio degli effetti devastanti che questo poteva avere sulle ragazze presenti nella sala.

“Comunque, essendo la prima volta che la canto, mi piacerebbe che a suonare il basso al mio fianco ci fosse proprio lui, il mio fratellino…Takero”, il giovane Ishida si voltò nuovamente verso il biondino seduto al tavolo, cercandolo con lo sguardo.

Dal canto suo Takaishi si sentiva piuttosto imbarazzato, ma era felice di sapere che il fratello lo voleva a suonare assieme a lui, in quella prima della loro canzone. Sorrise e, senza farselo ripetere due volte, si alzò. Takero raggiunse il palco sotto gli incoraggiamenti degli amici e una volta che vi fu su, si ritrovò accanto a Kenichi, che gli offrì il suo basso. Takero, infatti, era bravo a suonare quello strumento musicale. Un paio di volte i ragazzi del gruppo gli avevano anche chiesto di entrare nella loro band, ma Takaishi aveva sempre rifiutato asserendo che aveva già il basket a cui dedicarsi.

Takero raggiunse il fratello al centro del palco e subito i due si sorrisero, contenti. Quindi stavano per attaccare a suonare, quando intervenne la voce allegra di Yosuke.

“Ragazzi, ecco a voi i due fratellini più carini del Giappone: Yamato e Takero!!”, sorrise, ammiccando agli spettatori che scoppiarono subito in un boato.

Il gruppo dei digiprescelti non poté fare a meno di sorridere nel vedere i due fratelli arrossire lievemente ma inequivocabilmente a quelle parole. Erano contenti tutti per loro, perché sapevano quanto avevano sofferto per la separazione dei genitori. Eppure il loro legame non si era mai spezzato, anzi! Andava a fortificarsi ogni giorno di più.

D’un tratto la sala calò nel silenzio, mentre le note del basso percosso da Takero iniziavano a diffondersi attraverso gli amplificatori.

Sora rimase piuttosto colpita di scoprire che si trattava di una canzone con un sottofondo piuttosto malinconico, quasi nostalgico, ma allo stesso tempo addolcito dalla presenza di una nota in particolare che trasformava l’intero brano in un pezzo unico. Fu tuttavia quando Yamato iniziò a cantare, accompagnando la sua voce con la chitarra elettrica che aveva tra le mani, che l’atmosfera raggiunse un punto culminante, mentre il cuore della fanciulla seguiva fremendo ogni parola, senza volerne perdere una.

We have departed on a small mountain

Arrived from different roads

With the past still on our shoulders

Il cuore dei digiprescelti ebbe un fremito a quegli unici pochi versi, consapevoli di essere loro i destinatari di quella canzone a tratti melanconica ma continuamente animata da un senso di dolcezza.

Subito a Ken venne alla mente il pensiero di suo fratello e di quando era stato l’Imperatore…delle cattiverie che aveva compiuto…

Il suo sguardo si rabbuiò, ma il tocco gentile di Miyako sulla sua mano lo fece sorridere.

Ora non era più l’Imperatore…l’anello oscuro non legava più la sua volontà…

Gettò un’occhiata a Daisuke, che gli sorrise.

Ora aveva degli amici e una ragazza fantastica al uso fianco.

But the dream was the same

I have dreamt your dream for you

And the dream is now become reality

A Taichi non ci volle molto per capire di quale sogno Yamato stava parlando. Il sogno di riportare la pace su Digiworld, di rimanere uniti per sempre. E adesso, proprio come diceva la canzone, il sogno era divenuto realtà. Loro…erano amici. E lo sarebbero stati per sempre.

I cannot make a song

In the way according to which it should be

I cannot do everything

But I would make anything for you

Il cuore di Hikari si strinse in una morsa, che però era di mera commozione. Sentiva il sangue scorrere nelle sue vene come impazzito e il suo cuore le faceva le capriole nel petto. Quella canzone…era di quanto più bello avesse mai udito. E Takero era bravissimo con quel basso. Bellissimo, lì accanto al fratello. Finalmente…potevano essere felici…insieme…

All of this that I do is to thank you

Through this song of mine

All of this that I can do is to hope

What these verses reach you the heart

Mimi sorrise, incrociando le sue dita con quelle di Koushiro. Yamato e Takero ci erano riusciti…quella canzone era arrivata dritta ai loro cuori, anche se…

Gettò un’occhiata alla sua destra e sorrise, prima di voltarsi verso il suo ragazzo.

“Un giorno mi dedicherai anche tu una canzone, Koushiro?”, gli domandò ingenuamente, facendolo arrossire lievemente.

Il ragazzo, tuttavia, non poté nascondere un sorriso bonario, prima di baciarle affettuosamente le labbra rubino.

At times the past is painful

But together we have succeeded

With you the obscurity of my heart has disappeared

The gold chains have gone to splinters

Iori rimase assorto ad udire il testo della canzone. D’improvviso gli era ritornato in mente il giorno in cui si era rivolto a Yamato per sapere circa la repulsione di Takero delle tenebre. Ma adesso, con Hikari al suo fianco, le tenebre erano scomparse…la luce le aveva scacciate…

Così come era riuscita a scacciare la freddezza nel cuore di Yamato. Joe sapeva quanto l’amico avesse sofferto…ma ora il suo cuore era riuscito a scaldarsi…

I make a footstep out of the shade

Now my heart is more calm

I cannot do all, I now know it

But I would try everything for you

Sora sentì le lacrime rigarle il viso a quelle parole, ma non se ne curò. Il suo cuore si era congiunto con i versi di quella canzone. Quella canzone che sapeva rispecchiare Yamato in pieno, che era capace di giungere ai loro cuori di ragazzi, proprio come aveva saputo fare lui stesso.

‘Yamato…’, la giovane Takenouchi fissava le mani del ragazzo percuotere con delicatezza la chitarra elettrica, producendo così un suono che andava sempre più addolcendosi. La vista, però, le apparve d’un tratto sfocata, offuscata da quelle piccole lacrime che non volevano saperne di smetterla. Avrebbe voluto gridare parole che nemmeno lei sapeva bene quali fossero, tanto il cuore le batteva fino quasi a scoppiarle nel petto!

Sora lo aveva sempre saputo, eppure nel vederlo così bello lassù, su quel palco, mentre intonava quella meravigliosa canzone, non poté fare a meno di pensare a quanto fosse stata fortunata ad averlo conosciuto…

 

 

“Vado a cercare Yamato!”, prima che qualcuno potesse replicare, Sora si era separata dal gruppo di digiprescelti che, illuminati dalla luce lunare, aspettavano l’amico all’uscita del Jin.

Mentre voltava a sinistra, per poter così raggiungere la porta secondaria che dava direttamente sul camerino, la fanciulla non poté fare a meno di ripensare a quanto le avesse appena sussurrato Mimi in un orecchio. La fanciulla, infatti, le si era avvicinata e, facendosi udire solo da lei, le aveva detto di essere molto fortunata per il fatto di avere due ragazzi fantastici accanto. Ma la cosa che più l’aveva sconvolta era stato quando Mimi aveva aggiunto che a lei mai nessuno aveva dedicato una canzone!

‘Che voleva dire?’, si domandò per l’ennesima volta Sora, spossata.

Talmente presa dai suoi pensieri, la fanciulla non si accorse di essere in rotta di collisione con qualcuno. Lo scontro fu inevitabile, ma fortunatamente, poco prima che stava per cadere, sentì due forti braccia che la sorreggevano. Sora alzò lo sguardo per vedere il suo salvatore e il cuore le balzò forte nel petto quando incrociò due familiari occhi blu.

“Ya…Yamato!”, balbettò impacciata, mentre le guance le si coloravano di un delizioso rosa.

“Dove stavi andando?”, le domandò con quel suo tono di voce profonda lui, senza smettere di fissarla.

“A…a cercarti”, mormorò in risposta Sora, arrossendo ancor di più quando si accorse di essere ancora tra le sue braccia.

Il ragazzo, però, non sembrava intenzionato a lasciarla e questo le causò un forte aumento del battito cardiaco. Tuttavia quando Yamato si decise a lasciarla andare, Sora dovette ammettere di provare uno strano senso di vuoto, ma poi si diede mentalmente della stupida.

“Ti è piaciuta la nuova canzone?”, la domanda di Yamato la fece sussultare, cogliendola alla sprovvista.

Tuttavia la digiprescelta dell’amore non poté non annuire.

“È…è bellissima!”, un guizzo le attraversò gli occhi nocciola, illuminandole il viso niveo.

Contagiato, anche il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso. “Speravo che ti piacesse”, ammise, sorprendendola.

Sora gli gettò un’occhiata interrogativa, mentre inspiegabilmente il cuore ritornava a battere più forte.

“Quella canzona non era per i digiprescelti. Non solo, almeno. Non per me”, la voce di Yamato si era fatta più grave e il suo sguardo ancor più profondo del solito. “Era per te, Sora”

La fanciulla sentì un brivido percorrerle la schiena a quelle parole, mentre un rosso cremisi le si affacciava sulle gote. I suoi occhi, tuttavia, rimasero fermi sulla figura mascolina di fronte a lei, in cerca forse di una risposta che potesse spiegare quel fremito che l’aveva assalita. ‘Era…per me…’, più ci pensava, più il cuore batteva forte, come impazzito. Adesso capiva cosa avesse voluto venire a dire Mimi, poco prima. Solo che…lei non si era aspettata una cosa del genere. Sentendo il testo aveva pensato fosse rivolta a tutti quanti loro digiprescelti, tuttavia…quel you in inglese non voleva dire solo voi. Il you che aveva utilizzato Yamato aveva il significato di tu. E quel tu era lei, Sora Takenouchi.

D’improvviso tutte le sensazioni che aveva sentito fino a poco prima, si intensificarono ancor di più, mentre il suo cervello riformulava i versi di quella magnifica canzone. Subito il senso delle parole la avvolse, stravolgendola.

“Yamato, tu…”, non riuscì a terminare la frase, forse perché lei per prima ignorava ciò che voleva dire.

“Io non posso fare tutto, Sora”, nella frase di Yamato la fanciulla riconobbe i versi della canzone che aveva intonato appena poco prima. “Ma farei qualsiasi cosa per te

“Oh…Yamato…”, Sora si portò ambo le mani sul viso, per nascondere quelle piccole lacrime che avevano preso a rigarle il volto.

Non poteva credere che lui…che quella canzone così meravigliosa potesse essere davvero dedicata a lei…da Yamato… Le sembrava tutto così assurdo! Ogni cosa appariva confusa in lei. In poco tempo era cambiato tutto. Completamente. E lei non poteva fare a meno di sentirsi stravolta per tutte quelle enormi novità. Sapere che Yamato era innamorato di lei…il suo bacio…e adesso anche quella canzone…

“Non piangere Sora”, il cuore della ragazza sobbalzò nel petto quando si accorse della breve distanza che separava i loro corpi.

Non l’aveva sentito avvicinarsi.

Tutto ciò che faccio è ringraziarti…attraverso questa mia canzone…tutto ciò che posso fare è sperare che questi versi ti raggiungano il cuore”, il giovane Ishida le sfiorò una delle mani che aveva sul viso con la propria, mentre canticchiava nuovamente il testo della canzone solo per lei, abbandonando però l’inglese.

“Yamato, ti prego…”, sussurrò lei, spossata per tutto quello.

‘Non continuare…non sarei più in grado di controllarmi…ti supplico, io non posso…’, ma i pensieri svanirono come sabbia al vento alle continue parole canticchiate di lui, che pareva non averla udita.

Il passato a volte è doloroso, ma insieme ce l’abbiamo fatta…con te l’oscurità del mio cuore è scomparsa…le catene d’oro sono andare in frantumi…”, poi d’un tratto, il ragazzo smise di canticchiare e la guardò per un lungo istante, prima di parlare con voce profondamente seria. “Sora, non mi importa quanto ci vorrà…so che per te non è semplice, per questo non ti farò pressione. Prenditi tutto il tempo che vuoi per decidere…io ti aspetterò, ragazzina!”, le sorrise, prima di voltarsi dall’altro lato e camminare via.

Sora lo fissò mentre si allontanava da lei, con il cuore in tumulto e le parole di lui ben scolpite nella sua mente.

 

 

Taichi arretrò di qualche passo, in preda a uno strano senso di panico.

“Yamato, ti prego…”, udì perfettamente la voce di Sora nonostante risultasse come soffocata.

D’altronde non era lontano dai due amici.

Aveva visto Sora andare via alla ricerca di Yamato e aveva pensato bene di seguirla. L’aveva vista voltare l’angolo e allora aveva fatto per chiamarla, ma le parole gli erano morte in gola quando aveva visto Yamato afferrare la fanciulla giusto l’attimo prima che lei cadesse rovinosamente a terra. Era stato allora che il suo cuore si era come fermato, per stringersi in una morsa d’acciaio quando aveva sentito l’amico canticchiare la nuova canzone. Ma stavolta non era in inglese.

‘Le cose…le cose stanno cambiando troppo in fretta…’, Taichi si voltò e iniziò a correre di scatto, lontano da lì. Non passò davanti al gruppo di digiprescelti, perché non voleva rischiare di affrontarli. Non voleva farsi vedere in quello stato. Ma soprattutto perché aveva bisogno di stare un po’ da solo per riflettere.

Sentimenti confusi si alternavano nel suo cuore in subbuglio, incapace per una volta di capire cosa davvero provasse. Da quando era iniziata tutta quella storia, Taichi aveva sempre avuto i sentimenti ben definiti. Aveva sempre saputo quale fosse il suo obiettivo, ma ora…adesso appariva confuso come non lo era mai stato. Tanto, da non riuscire a capire lui per primo cosa si agitasse nel suo cuore. E questo non faceva altro che mandarlo in uno stato di rabbia incomprensibile, ma talmente radicata da accecarlo completamente, facendogli risultare tutto ancor più confuso di quanto già non fosse.

Taichi sentiva, ora più che mai, l’impellente bisogno di sfogarsi con qualcuno. E lui sapeva bene da chi andare.

Senza pensarci due volte, iniziò a correre come un forsennato fino a quando non ebbe raggiunto la palazzina bianca che glie era ormai familiare. Salì le scale a gruppi di due scalini, fino a raggiungere un piccolo terrazzino. Lo percorse e finalmente trovò la porta che stava cercando.

Accecato da una furia improvvisa, Taichi prese a battere l’uscio con calci e pugni, quasi ne andasse della sua stessa vita. Adesso quello strano sentimento che più di tutti gli attanagliava il cuore, era aumentato a dismisura, portandolo fino alla cieca rabbia.

“Ma che cosa…”, Yamato si zittì di colpo quando, aprendo la porta, si ritrovò un infuriato Taichi davanti.

Non era nemmeno arrivato a casa, che aveva sentito qualcuno battere con insistenza sulla sua porta, rischiando così di far svegliare il padre. Però di certo non si sarebbe aspettato di trovarsi proprio l’amico davanti. Né tanto meno di scorgere quella rabbia accecante nei suoi occhi marroni.

“Taichi?!”, il biondino lo guardò interrogativamente, ma l’altro ormai era completamente accecato dalla rabbia.

Senza pensarci due volte, il giovane Kamiya direzionò un poderoso destro contro il bel volto dell’amico, colpendolo in pieno. Yamato sentì un forte dolore attraversargli la guancia sinistra, provocandogli più di tutto un senso di rivalsa. Sapeva cosa era venuto a chiedergli Taichi. L’aveva capito sin nell’istante in cui aveva incrociato i suoi occhi.

Taichi voleva sfogarsi.

E quando voleva sfogarsi, andava da lui per fare a botte.

Senza farsi pregare, Yamato si riscosse abilmente e gli tirò a sua volta un gancio che andò a colpirlo sull’addome. Il moretto, tuttavia, anziché accusare il dolore lasciò che un sorrisino gli arricciasse le labbra.

Yamato aveva capito.

Animato da ancor più fervore, Taichi gli afferrò la maglietta e lo trascinò lungo il pianerottolo. Una volta qui, gli mollò un altro cazzotto che si rivelò essere più potente di prima, ma che gli venne restituito da Yamato con altrettanta vigoria. Continuarono a picchiarsi per un tempo che parve loro infinito, fino a quando non crollarono sul pavimento del terrazzino, distrutti.

Taichi cercava di prendere fiato e di riordinare quelle idee che erano state avvolte dalla rabbia. Doveva ammettere che la scazzottata con Yamato gli era stata utile. Come sempre, ora si sentiva più rilassato.

“Yamato?”, lo chiamò tra l’affanno.

“Uhm?”, anche l’altro appariva distrutto per lo sforzo

“Grazie”, disse Taichi in tutta franchezza, sentendosi ancora più vicino al ragazzo di quanto già non lo fosse.

Yamato non poté fare a meno di sorridere a quelle parole. Era contento perché sapeva che in quel modo era riuscito ad aiutare l’amico.

 

 

Il giovane Kamiya si buttò stancamente sul letto, cercando di ignorare quel moto di dolore proveniente dal suo stomaco. ‘Accidenti, Yamato picchia forte!’, non poté fare a meno di sorridere, mentre si girava leggermente.

Era ormai sera e i suoi genitori erano andati a riposare da un po’. Hikari, invece, l’aveva aspettata alzata. Era stata lei a inventare la scusa con i loro genitori che era andato un attimo ad accompagnare Sora e che per questo avrebbe ritardato. Era stata davvero molto carina a pensare a lui. D’altronde, lei lo era sempre con lui. Era suo fratello. E lei sua sorella. Si volevano bene.

Ma adesso ad occupare la mente di Taichi non erano questi pensieri. Altri, ben più profondi, lo avvolgevano. Il ragazzo, infatti, dopo la lucidità che gli aveva dato lo sfogo con Yamato, cercava di ricomporre i pezzi di quel difficile mosaico di emozioni che si alternavano nel suo cuore.

Quando aveva visto Yamato e Sora abbracciati…lui…aveva sentito qualcosa di strano. Eppure lui era consapevole di non poterla identificare come gelosia. Non era quella, no, ne era sicuro. Era qualcosa di diverso…uno strano sentimento che lo aveva accompagnato per tutta la sera e che lo aveva spinto a cercare litigio con l’amico Ishida.

Taichi si voltò nuovamente, incapace di raggiungere una posizione definitiva.

Adesso che ci pensava bene…adesso che si soffermava a rifletterci, non poteva fare a meno di pensare che quello strano sentimento fosse simile, se non del tutto identico, a quello che lo aveva colto quel pomeriggio, di fronte alle parole di Isamu.

Sebbene fossero passate settimane da allora, infatti, Taichi non era ancora riuscito a spiegarsi di che genere fosse quella sensazione che lo aveva colto nell’udire le sue riflessioni su Yamato e Sora come coppia. Certo, si era sentito stupito di pensare a loro in quel modo a lui del tutto sconosciuto prima, però…c’era dell’altro, che tuttavia non aveva mai avuto un motivo per lui prima di allora. Probabilmente era stato talmente tanto catturato dagli eventi, da non pensarci più. Da non soffermarsi più a rifletterci per cercare di capire. Ma ora…tutte quelle analogie…e quel sentimento sempre costante.

Un sentimento che lo mandava quasi in panico ogni volta. Un qualcosa che lo faceva sentire come escluso.

Il pensiero lo colpì immensamente. E d’un tratto gli parve di capire cosa fosse quel sentimento a lui fino ad a quel momento ancora del tutto ignoto.

 

 

“Abbiamo girato già mezza Tokyo”, si lamentò stancamente Sora, ricevendo per questo un sorriso divertito da parte di Hikari.

“Guardale: sembrano due bambine!”, la giovane Kamiya accennò alle altre due digiprescelte che, entusiaste, si soffermavano ad osservare tutte le vetrine che incontravano lungo il loro cammino.

“Hai ragione!”, Takenouchi non poté fare a meno di sorridere, sentendosi risollevata da quel pensiero.

“Beh, comunque devo ammettere che non è stata un’ottima idea decidere di uscire a far compere con Mimi e Miyako!”, aggiunse tuttavia Hikari. “Ci stanno massacrando!”, osservò con tono avvilito, prima di scoppiare a ridere in una sonora risata assieme all’amica.

A placare l’ilarità delle due, sopraggiunse Miyako.

“Guarda, Hikari! Quel basso sembra perfetto per Takero!”, Inoue indicò senza mezzi termini lo strumento musicale che faceva bella mostra di sé attraverso la vetrina di un negozio di strumenti musicali.

“Sì, hai proprio ragione!”, convenne anche Kamiya, per poi sbiancare quando lesse il prezzo.

“Ma questo coso costa tantissimo!!”, Miyako quasi non si accorse di stare urlando, scatenando così l’imbarazzo della timida Hikari.

Nel frattempo anche Sora si era voltata e rimase piuttosto attonita quando si accorse di trovarsi proprio davanti al negozio in cui era venuta con Yamato, qualche settimana addietro, per ritirare la sua chitarra elettrica.

Sora spostò spontaneamente lo sguardo e arrossì impercettibilmente quando riconobbe il luogo in cui lei e Yamato avevano visto Miyako e Ken. Allora, colta da un’improvvisa tristezza, gli aveva rivelato il suo desiderio di poter vivere, un giorno, una storia d’amore intensa come quella dei due amici. Eppure il ragazzo non le era scoppiato a ridere, anzi. Lui…lui le aveva assicurato che un giorno anche lei avrebbe trovato il ragazzo giusto…la persona perfetta per lei. Proprio come Hikari aveva trovato Takero…proprio come Miyako con Ken…e adesso anche come Mimi e Koushiro…

Sora si ritrovò a provare un po’ d’invidia per le amiche. Loro adesso potevano vivere la loro storia d’amore liberamente, mentre lei…lei non era in grado nemmeno di decidere tra due persone…

La giovane Takenouchi sospirò. Ormai non poteva più rimandare quella decisione…Taichi le aveva chiesto di prenderla il prima possibile. ‘Già, Taichi…’, il pensiero le corse all’amico. Non lo biasimava per averle detto di decidere, in fondo poteva benissimo capire quanto doveva essere difficile anche per lui tutta quella situazione. Però…adesso che l’aveva messa alle strette, lei…si sentiva ancor più confusa. Aveva bisogno di ancora un po’ di tempo, perché era troppo indecisa sul da farsi. Quel tempo che, al contrario di Taichi, Yamato le aveva concesso.

D’improvviso il ricordo del giovane Ishida le invase la mente. Ricordava ancora perfettamente l’epoca in cui lei si era innamorata di lui. Allora aveva solo quattordici anni, però l’aveva amato seriamente tanto. Ma poi qualcosa era cambiato, i suoi sentimenti si erano andati tramutando nuovamente in amicizia. E aveva davvero creduto di non essere più soggetta al suo fascino…di non aver più la tachicardia in sua presenza, però…ora non ne era tanto sicura.

“Sora?”, la voce di Mimi la riportò alla realtà.

“Sì, Mimi, arrivo, un momento”, mormorò la giovane Takenouchi, senza tuttavia scostare lo sguardo da quel punto della strada.

Era strano, ma adesso che ci pensava quel giorno aveva sentito qualcosa di strano mentre era lì con lui. Quando lui le aveva accarezzato una guancia, lei…il suo cuore era andato in fibrillazione!

Accanto a lei Mimi, sebbene non glielo avesse udito dire, sorrise ben conscia di quello che l’amica stava pensando.

“Mimi, secondo te davvero riuscirò a fare la scelta giusta? Secondo te…riuscirò mai a decidere?”, le chiese d’un tratto la giovane Takenouchi.

La digiprescelta della sincerità non poté fare a meno di sorridere. Come aveva immaginato…Sora stava pensando a Taichi e Yamato.

“Sora, sei sicura di non sapere già quale sia la risposta?”, le chiese di rimando Mimi.

Sora tacque per un lungo istante e il suo cuore fremette.

“S…sì, io…io credo di saperlo”, le immagine confuse dalla sua mente se ne erano andate, lasciando il posto ad un’unica figura maschile.

La figura che aveva scelto.

La risposta del suo cuore.

 

 

Taichi camminava distrattamente lungo le strade di Tokyo, senza nemmeno lui sapere di preciso dove andare. Un altro giorno era sorto…un altro weekend era iniziato. Eppure quello era diverso da tutti gli altri fine settimana e non solo perché si era svegliato insolitamente presto quella mattina. Taichi continuava a pensare, a cercare di venire a capo di tutta la spinosa situazione che stava vivendo. Ma soprattutto cercava di capire se quel piccolo ma angosciante dubbio, che l’aveva già assalito la sera precedente quando aveva sentito il bisogno di sfogarsi con Yamato, fosse davvero reale.

“Taichi?!”, d’un tratto una voce femminile che invocava meravigliata il suo nome lo fece voltare.

“Yuko!”, il ragazzo si dimostrò altrettanto sorpresa di vederla lì.

“Che ci fai in queste zone, Taichi?”, le domandò allora la giovane Hitori, attonita.

Quella domanda, però, lo colpì. Taichi, infatti, non si era accorto di aver camminato tanto. Non si era nemmeno reso conto di aver oltrepassato il quartiere di Odaiba!

“Che ti è successo?”, cambiò d’un tratto espressione del viso la ragazza, sconvolta di vedere quel grosso livido contrassegnare l’occhio dell’amico.

“Io e Yamato ci siamo presi a cazzotti”, rivelò in tutta semplicità Taichi, sfoderando un meraviglioso sorriso che pareva quasi rasserenato.

Yuko lo guardò apprensiva. “Ti va di venire con me?”, gli chiese tuttavia, senza insistere oltre sull’accaduto.

Il giovane Kamiya la guardò leggermente stupito di quella proposta, ma poi si ritrovò ad accettare. E ne fu molto felice perché quando raggiunsero il parco del quartiere si rese conto di aver trovato finalmente una persona che riuscisse in qualche modo a capirlo. Yuko, infatti, aveva capito che l’amico aveva bisogno di un po’ di tranquillità, per questo l’aveva condotto sin lì, in quel parco così placido.

Si sedettero sulla fresca erbetta e Taichi appoggiò il capo sul tronco di una grossa quercia che stava lì da decenni ormai.

“Vengo spesso qui quando ho bisogno di riflettere”, la voce di Yuko attirò le sue attenzioni.

Il ragazzo si voltò verso di lei e la fissò per un lungo istante, rimanendo come incantato a fissare i suoi fulgidi capelli castani svolazzare liberamente mossi da un leggero venticello.

“Sai una cosa Yuko? Credo di essermi comportato da stupido fino ad ora”, la fanciulla si voltò a guardarlo interrogativamente, colpita da quella confessione.

Ma poi l’espressione del suo viso si addolcì e lei si ritrovò a fissarlo con espressione affettuosa.

“Non riuscivo a capire, per questo sono corso da Yamato e l’ho preso a cazzotti. Avevo bisogno di sfogarmi e lui l’ha capito”, continuò Kamiya, sorridendo al pensiero di quanto il ragazzo fosse un buon amico per lui.

‘Un vero digiprescelto dell’amicizia!’, non poté fare a meno di pensare, sorridendo.

“Si tratta di Sora, giusto?”, la voce della fanciulla lo fece trasalire.

Taichi la guardò sorpreso, e allora lei si affrettò ad aggiungere una spiegazione.

“Quando sono venuta a trovarvi, ho capito subito dai vostri sguardi che c’era qualcosa di nuovo nell’aria. Probabilmente qualcosa che nemmeno voi sapevate allora”, mormorò, abbassando il capo sulle sue ginocchia.

“Sì, è vero. Anche se l’ho capito un po’ più tardi”, confermò a quel punto Taichi, fissando qualcosa di indefinito di fronte a sé. “O meglio, credevo di averlo capito, ma invece… La verità è che sono stato un perfetto idiota. Anche se…l’ho capito tardi”

“Ieri?”, avanzò Yuko, volgendo il capo nella sua direzione.

Taichi la fissò per la seconda volta sorpreso. Quella ragazza sembrava riuscire a capirlo meglio di chiunque altro. Meglio quasi di se stesso. Forse era per questo che sentiva il desiderio profondo di parlare con lei. Di dirle tutto, persino quello che aveva da poco capito e quello che invece faticava ancora a comprendere.

“Sì”, annuì, senza distogliere lo sguardo da lei. “Avevo appena finito gli allenamenti e Isamu, un mio compagno di squadra, mi aveva fatto notare che c’erano Yamato e Sora. Ma la cosa che più mi colpì furono le sue parole. Isamu mi disse che secondo lui formavano un’ottima coppia”

Il leggero venticello che aveva ormai preso a tirare gli scosse lievemente i capelli, portando un istante brevissimo di silenzio che venne tuttavia velocemente fugato.

“Ovviamente Isamu non poteva sapere che Yamato e Sora erano solo amici, per questo aveva detto quelle cose. Tuttavia…”, Taichi cercò le parole migliori per esprimere i suoi sentimenti. “Il pensiero di loro due insieme mi aveva colpito profondamente”

“Tanto da indurti a convincerti di essere innamorato di Sora”, terminò la frase Yuko per lui, ricevendo subito un cenno d’assenso da parte del ragazzo.

“Quando ho parlato con Yamato, lui mi ha detto che ne era innamorato anche lui. Da un anno”, continuò lui.

“E questo ti ha sconvolto”, ne dedusse lei.

“Infatti”, asserì Taichi. “Io non immaginavo minimamente che lui…beh, che Yamato potesse essere innamorato di Sora. Però…a quanto pare…”

“Avevi paura che le cose tra voi cambiassero, non è vero? È questo ciò che hai provato parlando con Isamu: una strana paura, giusto?”, intuì immediatamente Yuko, sorprendendo il ragazzo accanto a lei per la sua comprensione.

“Infatti”, annuì tuttavia Taichi, rivelandole finalmente ciò che l’aveva tenuto un’intera notte insonne.

Solo dopo la scazzottata con Yamato, Taichi si era accorto di aver sempre provato quel sentimento di paura nel suo cuore. Di averlo covato sin dal momento in cui Isamu gli aveva detto quelle cose.

“Per questo hai creduto di essere interessato a Sora…per non sentirti escluso. Perché avevi paura che se tra lei e Yamato fosse nato qualcosa, tutto tra voi sarebbe cambiato. E tu ne saresti rimasto tagliato fuori”, continuò la giovane Hitori, che sembrava avergli letto nel pensiero.

“Sì”, Taichi annuì, ripensando a tutto quello che era successo a causa sua.

Aveva costretto Sora a decidere tra lui e Yamato con la convinzione di amarla, ma invece…scoprire quel sentimento di paura aveva fatto vacillare questa sua convinzione. Anche se era riuscito ad ammetterlo per la prima volta solo in quel momento, con Yuko. Eppure gli sembrava impossibile non averlo capito prima. Avrebbe dovuto prestare più attenzione alla voce del suo cuore. Anche quando aveva fatto promettere ai due amici che qualsiasi cosa succedesse loro tre sarebbero rimasti amici per sempre…anche allora aveva agito per paura di perderli.

Quando Isamu gli aveva detto quelle cose, un senso di angoscia gli aveva attanagliato il cuore e la paura che tutto potesse cambiare se tra Yamato e Sora fosse nato qualcosa che andava ben oltre l’amicizia lo aveva invaso. E lo aveva portato a convincersi di essere innamorato di lei. Perché se fosse stato lui a stare con Sora, allora avrebbe avuto l’assoluta certezza che nulla sarebbe cambiato tra loro tre, che l’equilibrio non si sarebbe spezzato. Perché sarebbe stato lui a impedirlo. Ma adesso che ci pensava…era stato uno stupido.

Lui non poteva impedire nulla, perché non c’era nulla da impedire. Loro tre sarebbero rimasti comunque amici, adesso lo sapeva. Nessuno sarebbe rimasto escluso. Avrebbero continuato a essere gli inseparabili Taichi, Yamato e Sora di sempre. Anzi, era stato lui a far vacillare questo dato di fatto, con il suo comportamento insensato. Ma la paura lo aveva avvinto, portandolo a vedere Sora sotto una luce diversa. Anche se in cuor suo aveva sempre saputo tutto. Perfino quando aveva visto l’amica reagire a quel modo, a casa Tachikawa, di fronte a Mimi e Yamato, si era sentito irritato per quella ragione. Per quella paura del tutto illogica. Ma questa era esplosa solo quando aveva visto i due amici abbracciati, la sera al Jin. Solo allora aveva capito. Per questo era corso. Per questo aveva cercato uno sfogo in Yamato.

“Ho sbagliato tutto, Yuko”, Taichi si passò una mano tra i capelli, spossato. “Credevo di essere innamorato di Sora, invece…tutto ciò che provo per lei è un’amicizia profonda, che mai nulla potrà scalfire. Solo che…me ne sono accorto troppo tardi e ho impedito così a lei e a Yamato di vivere il loro amore…”, abbassò il capo, amareggiato.

“Sei sicuro che sia troppo tardi, Taichi?”, la domanda di Yuko lo colpì.

Il giovane Kamiya alzò lo sguardo e lo fisso nelle pozze marroni della ragazza. Per un istante il suo cuore dimenticò di battere, immerso come era in quelle cavità dolcissime. Yuko aveva saputo ascoltarlo e capirlo come nessun altro. Lei era riuscita a portargli a galla quella verità che lui per primo aveva celato a sé. Lei era riuscita a fargli comprendere quanto stesse sbagliando a comportarsi in quel modo. Lei…Yuko era davvero una ragazza in gamba. Una ragazza perfetta per uno come lui.

Il pensiero lo colpì in pieno, ma poi Taichi si riscosse. C’era una cosa ora che doveva fare. Assolutamente.

Si alzò e le sorrise cordialmente, senza badare all’occhiata interrogativa di quella. Poi, senza nulla aggiungere, le schioccò un tenero bacio su una gota, che la fece arrossire violentemente.

“Grazie, Yuko…”, Taichi le sussurrò in un orecchio, provocandole un involontario brivido lungo la schiena.

Poi, senza dire nulla, il giovane Kamiya si drizzò e fece per andarsene, non senza averle prima rivolto un ultimo, meraviglioso sorriso.

 

 

Sora corse come una forsennata lungo le strade di Odaiba. Non vedeva l’ora di correre da lui, dal ragazzo del suo cuore! Voleva sentirsi protetta tra le sue braccia…cullata dal suo caldo abbraccio…rincuorata dai suoi meravigliosi sorrisi… Voleva amarlo, finalmente. Voleva svelare a tutti quel sentimento nascosto nel suo cuore, ma che aveva messo a tacere per cercare di non soffrire nel caso lui le avesse detto di non ricambiarla. Adesso voleva essere libera di gridargli il suo amore, senza curarsi di ciò che sarebbe accaduto dopo. Ora che aveva capito, lei…

“Sora!”, la fanciulla si sentì tirare per un braccio e per questo si fermò di scatto.

Si voltò, curiosa di scoprire chi era stato a fermarla. Il suo cuore palpitò quando vide di fronte a sé Taichi Kamiya. Ma poi la sua attenzione venne catturata dal grosso livido che aveva all’occhio.

“Ma cosa…?!”, lo fissò preoccupata.

“Dove stavi correndo?”, le domandò in risposta il ragazzo, mentre le rivolgeva un sorriso affettuoso.

“Io…”, la ragazza arrossì, senza tuttavia continuare la frase.

“Vai da lui, non è vero?”, palesò allora Taichi, consapevole che ormai l’amica avesse deciso.

“Come?”, Sora sobbalzò, sentendo un fremito percorrerla.

“Vai da Yamato, giusto?”, precisò il digiprescelto del coraggio, stupefacendola.

Takenouchi era visibilmente spossata. Come aveva fatto a capire? Possibile che solo lei non se ne era accorta prima? E poi…perché Taichi sorrideva così dolcemente?!

“Io…”, tentò di dire, senza però sapere di preciso cosa.

Kamiya allora sospirò, alzando lo sguardo verso la volta celeste.

“Non devi preoccuparti per me, Sora, io ho capito. Probabilmente ho sempre saputo che un giorno avresti scelto lui. Tu lo ami, non è vero?”, si voltò verso di lei e notò che era arrossita.

“S…sì”, rispose tuttavia lei, mettendo da parte la sua proverbiale timidezza. “Pero, Taichi, io non voglio perderti. Tu sei troppo importante per me per…”

“Lo so”, la interruppe lui, rivolgendole un’occhiata di mero affetto. “Anche tu sei importante per me, Sora”, aggiunse poi, prendendole teneramente una mano tra le sue.

“Ma…”, la ragazza era chiaramente confusa.

Perché quel tono di voce così sereno? Cosa c’era che lei ancora non sapeva?!

“Io avevo paura di perderti…di perdere sia te che Yamato. Per questo io…io mi sono illuso di essermi innamorato di te”, Taichi le baciò affettuosamente una mano, senza tuttavia distogliere lo sguardo dalle iridi nocciola di lei. “Io ti voglio bene, Sora, questo è vero. Ma come amica. Come una cara amica. La migliore! Però…questo l’ho capito troppo tardi. Mi dispiace. Ti ho costretta a decidere tra noi due e…non è giusto. Perché così ti ho messa in difficoltà. Tu non avresti mai ammesso di essere ancora innamorata di Yamato sapendo che questo poteva ferire me. Quindi io posso considerarmi un ostacolo alla vostra storia d’amore”

“Taichi, ma io…”, tentò di parlare Sora, ma nuovamente lui la prevenne.

“Scusami Sora. Sono stato uno stupido. Potrai mai perdonarmi?”, gli occhi del ragazzo erano lucidi, segno che le lacrime lo stavano man mano avvincendo.

“Taichi…”, la giovane Takenouchi lo guardò per un istante negli occhi, prima di correre ad abbracciarlo.

Sentì le forti braccia dell’amico stringerla a sé e si sentì incredibilmente serena. Rilassata perché sentiva di avere accanto una persona amica, un ragazzo che le voleva bene così come gliene voleva lei. Una spalla su cui avrebbe sempre potuto contare. Taichi era…era come un fratello per lei! Il legame che li univa era particolare proprio per questo: non richiedeva cose complesse, ma era semplice proprio come lo era lui.

“Taichi, io…io ti voglio bene! E te ne vorrò sempre!”, Sora lo strinse a sé, appoggiando il capo sul suo petto muscoloso. “Non devi scusarti, non devi chiedermi di perdonarti. Io non ho nulla da doverti perdonare. In fondo ti capisco. Tu avevi paura, ma non devi averne, Taichi. Tu non mi perderai mai…e non perderai mai nemmeno Yamato”

“Sì, lo so”, Taichi lasciò che piccole lacrime gli rigassero il volto, senza vergognarsene. “L’ho sempre saputo, anche se una stupida paura mi ha impedito di crederlo”

Sora sorrise. Adesso capiva il motivo di quel sorriso tanto dolce…di quella voce così profondamente velata di tenerezza. Taichi aveva capito di volerle bene come amica. Tutt’al più come una sorella. Ma non più di quello. E lo stesso valeva per lei. Loro erano amici, si volevano bene e sarebbero rimasti uniti per sempre. Sora non si pentiva neanche di aver dato a lui il suo primo bacio. Sapeva che era giusto così. Taichi era stato il suo primo amore e poi il suo miglior amico. Quel bacio…era il suo di diritto. Ma adesso…il suo cuore apparteneva a un altro.

“Adesso però va da lui, Sora”, d’un tratto il giovane Kamiya si sciolse dall’abbraccio, ma le sorrise bonario. “Lui…Yamato ti sta aspettando da così tanto tempo…non farlo attendere di più”

Quelle parole la sconvolsero. Ora riusciva a capire cosa avesse inteso Taichi quel giorno, alla Torre di Tokyo, quando aveva detto di essere giunto secondo. Il primo…era Yamato.

“Ma…da quanto tempo lui…?!”, Sora sembrava confusa.

“Un anno. E forse ti ha amato anche da molto prima”, le rispose prontamente il giovane Kamiya, senza smettere di sorriderle dolcemente.

“Un…anno…”, ripeté Takenouchi sconvolta.

Un anno…aveva perso un anno così, a convincersi di aver ormai dimenticato il suo amore per lui. Ma non era così! Lei lo amava ancora e forse più di prima!! Aveva solo ingannato se stessa per non soffrire…per paura di un no come risposta…

“Taichi, io…io devo andare”, lo guardò con l’espressione di chi deve fare una cosa impellente.

Il ragazzo annuì. “Sì, Sora. Non farlo aspettare oltre”, convenne a sua volta, non riuscendo a non essere felice per loro.

Era stato uno stupido, se ne rendeva conto. Aveva avuto paura di essere escluso dai suoi due migliori amici nel caso si fossero messi insieme, mentre ora…il solo pensiero bastava a renderlo contento come non mai. Sora e Yamato…loro due meritavano di stare insieme. Si erano rincorsi a lungo senza mai incontrarsi, ma ora lo avrebbero fatto. Finalmente.

“Grazie, Taichi”, Sora, prima di andarsene, gli si avvicinò nuovamente e lo abbracciò, contenta di come si stessero muovendo le cose.

“Va adesso. Corri!”, la incitò allora lui, spingendola dolcemente.

Sora annuì e una volta per tutte si decise a correre via di lì. Ad andare finalmente da Yamato.

Taichi la seguì allontanarsi con lo sguardo e non poté fare a meno di sorridere.

“Sei sicuro di quello che hai fatto, Taichi?”, una voce lo riportò alla realtà.

Il giovane Kamiya si voltò e rimase molto sorpreso di trovare Yuko. Ma poi non poté fare a meno di sorridere, felice di saperla lì. Evidentemente si era preoccupata per lui e aveva deciso di seguirlo per accertarsi che stava bene veramente.

“Sì, ne sono convinto più che mai”, rispose deciso Taichi, sorridendole dolcemente.

Yuko sentì il proprio cuore sciogliersi di fronte a quel sorriso, mentre la propria anima si liberava di uno strano peso. Quindi sorrise a sua volta, incapace di nascondere oltre la sua gioia.

“Andiamo?”, si riscosse poco dopo Taichi, porgendole la mano.

La fanciulla rimase piuttosto colpita del gesto, ma tuttavia non poté fare a meno di prendergliela, nonostante il lieve rossore che le era salito lungo le gote.

“Sì, Taichi. Andiamo”, annuì.

Il sole si andava man mano avviando al tramonto e i suoi delicati raggi del colore del pesco si diffondevano lungo le vie. Nel frattempo due ragazzi si avviavano silenziosamente, mano nella mano, verso casa, finalmente felici.

 

 

“Grazie signor Ishida!”, Sora si inchinò molto educatamente di fronte all’uomo, prima di correre via velocemente.

Non capiva…perché Yamato non era in casa? Eppure non aveva le prove, visto che era domenica! E il signor Ishida le aveva assicurato che non era nemmeno da Takero. A quanto pareva, però, aveva preso la moto.

Sora sospirò. ‘Dove sei, Yamato?’, si domandò, alla disperata ricerca del ragazzo. Voleva vederlo. Ne aveva bisogno. Voleva correre da lui e gridargli di amarlo, finalmente! Ma lui…Yamato non si trovava! E lei non sapeva proprio dove cercare. O forse…

‘Ma certo!’, la fanciulla si ritrovò a sorridere, rianimata dalla rassicurante speranza di trovarlo lì, in riva al fiumiciattolo dove l’aveva baciata per la prima volta. Ripensando a quell’istante, Sora non poté fare a meno di chiedersi come avesse fatto, anche allora, a nascondersi così i suoi sentimenti. Ormai non aveva più dubbi sul fatto di averlo sempre amato. Sin da quando aveva dodici anni. O forse anche prima. E nonostante lei avesse cercato di reprimere quei sentimenti d’amore, non ci era riuscita minimamente. Lei lo amava, forse ancor più di prima. Ed era questa l’unica cosa che le premeva rivelargli, dopo tanto tempo che si erano cercati. Era stata una sciocca a non capirlo prima. Aveva camminato con gli occhi offuscati anche prima di tutta quella storia quando, scendendo in cortile, aveva trovato quella misteriosa ragazza, che poi si era rivelata essere l’amica Yuko Hitori, parlare amabilmente con loro. Anche allora era stata gelosa di lui, anche se non aveva voluto ammetterlo nemmeno a se stessa. Aveva cercato di nascondere il tutto. Lo aveva fatto anche quel giorno, quando erano andati a ritirare la chitarra elettrica. E in seguito, quando lo aveva ringraziato per averle suggerito di andare a chiarire con Taichi dopo la sua dichiarazione. Anche se…allora si era chiesta cosa lui provasse per lei. Ma ora si rendeva conto che la domanda più giusta sarebbe stata chiedersi cosa lei provava per lui. Aveva cercato un suo appoggio sempre, perché con lui si sentiva protetta. O meglio…amata. E perché lo amava.

Che sciocca era stata a non capirlo prima. Una vera sciocca. Ma forse Taichi aveva ragione. Forse non lo aveva fatto per paura di farlo soffrire. Però ora…

Sora sorrise raggiante quando finalmente scorse il meraviglioso luogo in cui lui l’aveva portata quel giorno che le aveva confessato di amarla. Dopo un anno di silenzio. Si avvicinò correndo, mentre il cuore iniziava già a fremere al pensiero di vederlo. E quando finalmente lo scorse, seduto lungo l’erbetta che costeggiava il corso d’acqua, le sembrò di sciogliersi. Yamato era così…fantastico!

“Yamato!! Yamato!!”, iniziò ad urlare il suo nome, incapace di trattenere oltre tutte quelle violente emozioni che l’avevano colta.

Il ragazzo si voltò versi di lei, sorpreso. Eppure quando la vide lì, di fronte a lui, leggermente affaticata per la gran corsa, non lasciò trapelare alcuna emozione. Anzi, al contrario il suo sguardo era una maschera di freddezza, quasi non avesse piacere di vederla. Sora rimase piuttosto male della cosa.

“Che ci fai qui? Credevo fossi con Taichi”, la accolse non troppo calorosamente il biondino.

Sora lo guardò interrogativamente, palesemente frastornata. Yamato allora sbuffò, mentre si alzava in piedi.

“Vi ho visti poco fa, mentre vi abbracciavate”, spiegò allora lui, voltando il capo da un’altra parte per nasconderle tutta la sofferenza che lo stava dilaniando. “Non c’è bisogno che me lo dica tu. Ho capito che alla fine è lui che hai scelto”, aggiunse, cercando di reprimere le lacrime che minacciavano i suoi occhi cerulei.

Yamato stava soffrendo terribilmente. Vederli così abbracciati, appena poco prima…non aveva saputo reggere la scena e così era corso via, senza preoccuparsi di ascoltare cosa si dicessero. Voleva solo andare via, cercare di soffocare quel dolore che lo aveva attanagliato. Ma non ci era riuscito minimanente. La sua anima straziata ancora soffriva. Il suo cuore dilaniato non la smetteva più di sanguinare.

“No!”, esclamò d’un tratto Sora, bloccandolo così prima che lui andasse via di nuovo da lei.

Il biondino si voltò verso di lei, stupito, e il suo cuore si strinse in una morsa ancor più salda quando si accorse che la ragazza stava piangendo.

“Yamato, tu…tu non hai capito niente!”, singhiozzò Sora, mentre si buttava disperatamente tra le sue braccia.

Il ragazzo rimase ancor più frastornato da quella reazione, che non si era di certo aspettato. Tuttavia non riuscì a reprimere il desiderio di abbracciarla, di confortarla. Nonostante tutto. Per questo protese le braccia verso di lei e circondò quell’esile corpo. Di nuovo un forte senso di sicurezza l’avvolse. Una sensazione che solo lui riusciva ad infonderle, facendola sentire bene. Immensamente bene.

“Io non riuscivo a capire, Yamato…non ci riuscivo!”, continuò tra le lacrime lei, senza lasciarlo andare dal suo abbraccio. “Ma poi d’un tratto tutto mi è parso più chiaro. Ma sono stata una stupida, perché infondo ho sempre saputo chi avrei scelto. Il mio cuore ha sempre amato…”

“Smettila!”, l’interruppe all’improvviso il giovane Ishida, divincolandosi dalla sua stretta.

Sora lo guardò interrogativamente, ma anche piuttosto afflitta per quell’allontanamento. Yamato si pentì all’istante di essere stato così brusco, però…non poteva permettersi di udire il nome di Taichi. Perché ormai era convinta che alla fine la ragazza avesse preferito l’amico a lui.

“Ti prego, Sora…non dire quel nome…”, la supplicò Yamato, senza più impedirsi di piangere.

La fanciulla rimase molto colpita nello scorgere in quello stato. Yamato…lui stava piangendo…per lei…

“Ma tu devi sapere quel nome, Yamato!”, ribatté con tono disperato Sora, alla quale si era stretto il cuore in una morsa vedendolo così triste. “Tu…tu devi saperlo. Devi conoscerlo assolutamente, perché devi sapere che la persona di cui io mi sono innamorata…il ragazzo che mi ha fatto perdere la testa da tanto tempo non è Taichi, ma sei tu, Yamato Ishida”, lo guardò con occhi ricolmi d’amore, sperando che riuscisse a leggervi dentro tutto l’amore che la legava a lui.

“Sora, tu…ma come…io credevo che tu…insomma…”, il digiprescelto dell’amicizia pareva stupito di udire quelle parole.

D’altronde era più che comprensibile visto che fino a quel momento aveva creduto che lei avesse scelto Taichi. Mentre ora…Sora gli stava dicendo di essere innamorata di lui, di lui! Non gli sembrava vero…pareva tutto un sogno…

“Io…io ti amo, Yamato”, continuò intanto lei, lasciandosi andare a un pianto liberatorio. “Ti amo perché mi hai amata per un anno senza dire nulla e perché non mi hai chiesto di decidere, ma mi hai lasciato il tempo che volevo…ti amo perché sai farmi sentire al sicuro, perché sai ascoltarmi e capirmi come nessun altro…ti amo perché mi sei accanto sempre ogni volta che ho bisogno di sostegno…ti amo perché sei il ragazzo perfetto per me…perché sei semplicemente tu…perché sei Yamato Ishida… Io ti amo!”, ripeté, guardandola con occhi pieni di emozione.

Al sentire quelle parole, il cuore del ragazzo perse qualche battito, per poi fremere come impazzito. Gli sembrò di essere arrivato in paradiso, tanta era la gioia di quell’attimo. Un istante prima aveva temuto di averla persa per sempre, mentre ora…sapere che anche lei lo amava…sentirle dire quelle due uniche parole che mai avrebbe sperato udire proprio da lei… Si asciugò quei piccoli frammenti di sale che gli rigavano il volto, mentre al loro posto già compariva un meraviglioso sorriso.

“Yamato, il nostro sogno era lo stesso…ho sognato il tuo sogno per te…e il sogno è divenuto realtà”, Sora si richiamò alle strofe di Whole, la bellissima canzone che il ragazzo le aveva dedicato.

“Sora…”, Yamato distese istintivamente le braccia.

“Oh, Yamato!”, la fanciulla colse immediatamente l’invito e si buttò subito nelle sue braccia.

Di nuovo sentì il suo caldo e rassicurante abbraccio, di nuovo il cuore le balzò nel petto, di nuovo la felicità la colse. Sora sperò di non doverlo lasciare mai più. Di trovare sempre quelle forti e accoglienti braccia pronte per lei.

“Sora, io non posso fare una canzone nel modo in cui dovrebbe essere…non posso fare tutto”, Yamato iniziò a canticchiarle strofe della sua canzone nell’orecchio, causandole brividi lungo tutto il corpo.

“Yamato…”, Takenouchi alzò lo sguardo per fissarlo in quelle profonde iridi blu che tanto adorava.

Ma farei qualsiasi cosa per te”, terminò la canzone lui, prima di portarle una mano sul volto.

Glielo accarezzò dolcemente, piano, quasi temesse di farle del male. La vide chiudere gli occhi, forse per perdersi in quel tocco, e non poté fare a meno di sorridere. Poi lei riaprì le palpebre e di nuovo si fissarono, intensamente.

“Non piangere, Sora”, la pregò quasi lui, asciugandole le lacrime con il palmo delle mani. “Non devi più piangere…d’ora in avanti…”

La fanciulla lo guardò, lasciandosi sfuggire un dolce sorriso che fece rianimare il cuore del ragazzo.

“Io ti amo, Sora”, le disse finalmente Yamato, incapace di tenerlo oltre per sé.

Aveva atteso tanto a dirglielo, e adesso…ora finalmente poteva farlo. Gli sembrava un miracolo, ma quello che aveva importanza era averla lì, tra le sue braccia.

Da parte sua la fanciulla aveva sentito il proprio cuore palpitarle nel petto a quelle parole. Non riusciva a credere alle sue orecchie…faticava a pensare che lui le avesse davvero detto di amarla. Nemmeno quando lui si era dichiarato a lei era stato così diretto. Allora si era solo limitato a confermare alla sua domanda. Mentre ora…Yamato le stava davvero dicendo di amarla, mettendo per una volta da parte quella sua usuale incapacità di esprimersi.

“Anch’io…ti amo anch’io Yamato”, ripeté allora per l’ennesima volta Sora, mai stanca di farlo.

Gli accarezzò una guancia, fissandolo negli occhi. Poi, mossi da uno stesso desiderio, si avvicinarono ancor di più, cercandosi e trovandosi finalmente in un bacio. Un bacio dolce, intenso, profondo, ma anche passionale e desideroso. Adesso Sora capiva cos’era quella passione che l’aveva travolta anche la prima volta. Era la passione che si sprigionava solo quando due anime si incontrano dopo essersi a lungo cercate. Una passione spirituale, che catturava tutto il suo essere. Proprio come Yamato.

Si separarono poco dopo, ma non smisero di fissarsi negli occhi. Poi, però, l’attenzione di Sora venne catturata da qualcosa. Da un livido violaceo lungo la guancia sinistra del ragazzo.

“Yamato, ma cosa…che ti è successo?”, domandò, mentre gli sfiorava delicatamente la zona ferita.

Ishida fece una smorfia di dolore quando sentì il tocco di lei sulla parte ancora traumatizzata, ma subito lasciò che un meraviglioso sorriso gli illuminasse il volto intero.

“Hai fatto a botte con Taichi, non è vero?”, intuì d’un tratto lei, ricordando che anche il ragazzo aveva un grosso livido che gli contrassegnava l’occhio.

Yamato le sorrise, prima di depositarle un piccolo bacio sulle labbra rubino.

“Yamato!”, lo sgridò allora Sora, preoccupata. “Perché vi siete picchiati?”, gli domandò, cercando almeno in lui una risposta, visto che Taichi non gliene aveva fornite.

“Taichi aveva bisogno di sfogarsi”, le spiegò finalmente lui, prima di sorriderle.

Avvinta da quel meraviglioso e raggiante sorriso, Sora si lasciò finalmente andare.

“Siete due matti!”, esclamò, alzandosi sulla punta dei piedi e baciandolo nuovamente.

Poi, senza dirsi una parola, Yamato la prese per mano e la condusse lì dove era posteggiata la sua moto. Salì e la aiutò a fare lo stesso, prima di mettere finalmente in moto e partire.

Il sole era ormai entrato nel crepuscolo e i suoi raggi si coloravano sempre più di incantevoli tinte pastello. L’acqua del torrente scorreva piano nel suo alveo, illuminata dal pesco sole. Quel posto d’incanto rappresentava per loro l’unico testimone di quella nuova unione. Di quell’incontro tanto a lungo atteso. Lì, da dove era iniziata ogni cosa. Lì, dove era nato il loro amore. Lì, dove era avvenuta la fioritura dell’amore.

Seduta dietro Yamato sulla sua moto nera, Sora non poté fare a meno di sorridere, contenta. Si strinse dolcemente a lui, poggiando il capo sulla sua spalla e sentendosi infinitamente bene.

‘Mimi aveva ragione. Ognuno di noi ama di più o l’aurora o il tramonto. Beh…io amo di più il tramonto”

 

the end

 

Memi J

 

 

Ciao a tutti!

Mi sono riservata questo piccolo spazio per parlare direttamente con voi lettori e chiarirvi alcune cose riguardo la fanfiction. Anzitutto parto col dirvi che è la mia prima one-shot (che poi ho dovuto dividere in più parti perché troppo lunga) su Digimon, per questo vi chiedo ancor di più di farmi sapere cosa ne pensate. Per quanto mi riguarda, mi ritengo molto soddisfatta del risultato! Il triangolo Taichi, Yamato e Sora mi ha sempre colpita per questo ho deciso di fare una storia dove avrei parlato di loro e dei sentimenti provati. Proprio per questo ho scelto tale titolo: era mia intenzione far intendere che qui avrei parlato di come possono “fiorire” i sentimenti, delle svolte che possono accadere e delle emozioni che possono aver provato i tre protagonisti in tutta la vicenda. Spero di esserci riuscita! Anche se tuttavia siete voi a dovermelo dire! ^__-

So che molti di voi avrebbero preferito un finale Taiora, ma io credo che Sora sia più adatta a stare con Yamato che non con Taichi. Questo, però, non deve far pensare che io stimi poco Taichi, anzi! È uno dei miei personaggi preferiti! Lo sono tutti e tre, anzi credo di avere un debole per tutti i personaggi di Digimon 01 e Digimon 02!! Il motivo che mi ha spinto ad accogliere il Sorato è in realtà il fatto che io ho sempre visto molto bene Sora e Yamato insieme. Sono fatti l’uno per l’altra e spero di essere riuscita a farlo intendere in questa fanfiction! E poi anch’io, come qualcuna di voi mi ha fatto notare nelle recensioni (a proposito…GRAZIE MILLE per le vostre recensioni!! Sono contentissima di sapere che la mia storia vi sia piaciuta e spero che quest’ultimo capitolo non vi abbia deluso!! Fatemi sapere, mi raccomando!), credo che il rapporto tra Sora e Taichi sia di una profonda amicizia. Un affetto quasi fraterno. E, sinceramente, trovo questo fantastico, voi no?

Beh, ad ogni modo ora vi devo proprio lasciare. Prima di congedarmi definitivamente, però, vi scrivo la traduzione di “Whole”, la canzone più volte citata. In realtà si tratta di un pezzo inventato da me (anche se alcuni spezzoni si rifanno alla splendida “Romeo and Juliet” dei Dire Straits!), per cui mi appartiene di diritto. Per quanto riguarda il nome del gruppo e dell’altra canzone “Tobira –door–”, invece, sono reali, ossia sono quelli scelti dall’autrice. Per cui le appartiene, così come le appartengono tutti i personaggi di Digimon che ho utilizzato in questa fanfiction. L’unico personaggio ad appartenere a me, invece, è Yuko Hitori.

Bene detto questo non mi rimane che salutarvi, chiedervi di commentare, RINGRAZIARE tutte le persone che hanno continuato a commentare la storia (GRAZIE davvero…quando l’ho scritta non immaginavo che davvero potesse piacere…! ^___^ Sono felicissima!!), scusarmi per il colore che ho deciso di usare (solo troppo tardi ho capito che risultava un po’ faticoso da leggere, ma io lo trovavo adatto per questa storia! Scusatemi ancora…) e rivederci alla prossima!

Un bacione grandissimo a tutti!

Memi

 

WHOLE – INSIEME

Siamo partiti su di un piccolo monte

Arrivati da strade diverse

Con il passato ancora sulle nostre spalle

 

Ma il sogno era lo stesso

Ho sognato il tuo sogno per te

E ora il sogno è divenuto realtà

 

Non posso fare una canzone

Nel modo in cui dovrebbe essere

Non posso fare tutto

Ma farei qualsiasi cosa per te

 

Tutto ciò che faccio è ringraziarti

Attraverso questa mia canzone

Tutto ciò che posso fare è sperare

Che questi versi ti raggiungano il cuore

 

Il passato a volte è doloroso

Ma insieme ce l’abbiamo fatta

Con te l’oscurità del mio cuore è scomparsa

Le catene d’oro sono andate in frantumi

 

Faccio un passo fuori dall’ombra

Il mio cuore adesso è più sereno

Non posso fare tutto, ora lo so

Ma farei di tutto per te

 

 

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