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Il sole splendeva nel cielo terso di primavera, animando con i
suoi caldi raggi l’intera cittadina di Tokyo. alcuni petali di un delicato
colore rosato, somigliante alla tinta sfumata che appare all’orizzonte nello
spettacolo naturale dell’aurora, coloravano le vie popolate di mandorli in
fiore. Ed era forse questa la pianta che più caratterizzava il Giappone intero,
ben conosciuto per l’appunto per la magnificenza della sua fioritura che,
quando giungeva la primavera, ornava delicatamente il tutto.
“Ma dove si sarà cacciata Sora?”, Taichi camminava avanti e
indietro, visibilmente impaziente.
L’amica aveva chiesto a lui e a Yamato di aspettarli un attimo
lì in cortile, visto che aveva dimenticato una cosa in classe, ma dopo una
decina di minuti buoni non era ancora ritornata.
“Avrà incontrato un contrattempo, ma vedrai che presto arriva”,
la voce pacata di Yamato attirò le attenzioni dell’altro.
Taichi si voltò verso di lui e lo guardò sconcertato. “Dici?”,
alzò un sopracciglio, poco convinto.
Taichi Kamiya si era spesso domandato come facesse il suo più
caro amico a rimanere sempre così impassibile e distaccato, anche nei momenti
di maggior nervosismo. Le rare volte in cui aveva perso la calma, si potevano
numerare con le dita. E il più delle volte erano state per colpa sua. Taichi
ricordava ancora perfettamente, sebbene fossero passati diversi anni ormai, le
volte in cui lui e l’amico si erano azzuffati, nel mondo digitale. Il carattere
a tratti impassibile di Yamato Ishida lo aveva mandato in tilt più di una
volta, lui che era abituato a mostrare sempre e comunque i suoi sentimenti. Per
questo molte volte si erano ritrovati a darsele di santa ragione, spesso anche
per un futile motivo. Taichi sapeva come far innervosire il ragazzo e a volte
usava, seppur non se ne rendesse quasi conto, quest’arma contro di lui. Così
andava sempre a finire che Yamato si spazientiva e senza pensarci due volte lo
prendeva a cazzotti. Perché, con il carattere indomabile che si ritrovava, mal
tollerava certe prese di posizione dell’amico, da sempre il leader del gruppo,
che però le prendeva con l’unico scopo di finire in una sicura litigata. A
pensarci ora, quello poteva considerarsi una loro norma tutta particolare per
sfogarsi nei momenti in cui ne avevano più bisogno. E forse proprio per questo
motivo, proprio perché le loro azzuffate erano dettate unicamente dal
nervosismo o dalla frustrazione, in ultimo finivano sempre con lo scoppiare in
una sonora risata che aveva il sapore del sollievo e che era capace, da sola,
di avvicinarli ancor più di prima.
“Oggi hai le prove?”, cambiò d’un tratto discorso Taichi,
fermatosi proprio di fronte all’amico.
“No”, scosse il capo Yamato, continuando a tenere le mani nelle
tasche del pantalone grigio della divisa.
Yamato era ormai l’affermato cantante del suo gruppo, che,
formatosi quando aveva appena quattordici anni, adesso, dopo ben due anni,
poteva dirsi abbastanza conosciuto.
“Mi sembrava di aver capito così”, mormorò pensoso il giovane
Kamiya.
“Oggi è venuto Hikaru a dirmi che lui e Yosuke non potevano, per
questo abbiamo deciso di spostarle a domani”, spiegò allora Yamato, poggiandosi
con il suo peso lungo il muro che circondava il cortile della scuola.
“Capisco”, disse solo Taichi, prima di ritornare a camminare
avanti e indietro.
Tra i due calò un velo di silenzio, in cui ognuno dei due si
immerse per un istante nei propri pensieri. Poi fu proprio Yamato a fugare
quella tranquillità con le sue parole.
“Hai da fare oggi?”, domandò, alzando lo sguardo e puntando i
suoi meravigliosi occhi blu sulla figura aitante dell’amico.
“Ho gli allenamenti di calcio qui a scuola”, annuì Taichi,
fermandosi nuovamente a riflettere. “Perché?”, chiese poi, curioso.
“Devo andare a prendere la chitarra elettrica”, rispose Yamato,
e Taichi capì che quello era un suo modo per chiedergli di andare con lui.
“Mi dispiace, ma non posso proprio saltare gli allenamenti! Il
mister è già arrabbiato con me per l’altra volta, che non ci sono andato, e se
non vado neanche oggi…!”, Kamiya rabbrividì al pensiero di quello che gli
avrebbe fatto l’allenatore se non si fosse presentato nemmeno quel giorno.
“Potresti chiedere a Sora di venire con te!”, aggiunse poi, ben sapendo che
alla ragazza avrebbe fatto piacere.
Ormai lui, Yamato e Sora costituivano un trio saldo e compatto.
Uscivano spesso insieme, dopo le lezioni, per un motivo o un altro, quindi
Taichi sapeva che per Sora non sarebbe stato un problema andare con l’amico. E
poi non sarebbe stato giusto mandare Yamato da solo, visto che il negozio al
quale si era rivolto era dall’altra parte della città!
A quella proposta, dal canto suo, Yamato si limitò a fare una
smorfia che voleva essere accondiscesa. Taichi sorrise, contento, prima di
volgere lo sguardo verso l’entrata della scuola. Ma di Sora ancora nessuna
traccia.
“Taichi?! Yamato?! Taichi Kamiya e Yamato Ishida?”, il giovane
Kamiya si voltò incuriosito sentendo il proprio nome e quello dell’amico
pronunciato con tanta enfasi da una voce sicuramente femminile.
Si voltò e davanti ai suoi occhi comparve una giovane ragazza da
due meravigliosi occhi marroni che luccicavano per la gioia.
“Ora devo andare, signorina Ryokou. Ci vediamo agli
allenamenti!”, Sora si chinò educatamente, prima di uscire dall’ufficio dei
professori di corsa.
Sora Takenouchi era corsa in classe perché si era ricordata di
aver lasciato il libro di matematica sotto al banco, ma proprio mentre stava
per uscire si era scontrata con la sua allenatrice, che l’aveva pregata di
raggiungerla un attimo nella sala professori. Sora non aveva potuto rifiutare,
e così si era dovuta sorbire la lunga spiegazione sul nuovo metodo di
allenamento che la donna aveva ideato per le sue studentesse che giocavano
nella squadra di tennis della scuola.
Guardando l’orologio, Sora si accorse che era trascorso già un
buono quarto d’ora da quando aveva chiesto ai suoi due amici Taichi e Yamato di
aspettarla giù, di modo da fare come sempre la strada di ritorno assieme. ‘Mi
sbraneranno!’, si disse tra sé e sé, facendo una smorfia intimorita al pensiero
dei due amici. Ma infondo non era colpa sua se aveva fatto tardi! Non aveva
chiesto lei di dover aspettare lì quindici buoni minuti, prima di poter correre
finalmente via!
Ripensando alla buffa situazione, Sora non poté fare a meno di
sorridere. E pensare che abitualmente era lei l’unica sempre puntuale…! Mentre
adesso si stava preoccupando per la strigliata che le avrebbero fatto i
ragazzi, visto il suo ritardo!
“È proprio vero il detto mai
dire mai!”, si ritrovò a dire ad alta voce, prima di sghignazzare
divertita.
Sora, con gli anni, aveva imparato ormai quanto fosse veritiero
quel detto. Lo aveva saggiato sulla propria pelle più volte e ormai non poteva
che dar conferma ad esso. La prima volta che ne aveva appurato la validità era
stato molti anni prima, nel suo primo viaggio a Digiworld. All’epoca, vedendo
Taichi e Yamato litigare in continuazione per un nonnulla, non avrebbe mai
immaginato che un giorno proprio quei due sarebbero diventati migliori amici. E
invece il tempo l’aveva costretta a ricredersi. Perché Taichi e Yamato non solo
erano migliori amici, ma avevano inglobato nel loro piccolo cerchio anche lei,
l’unica ad avere trascorso ogni cosa, sempre, con loro. Forse perché
frequentavano la stessa classe, avevano la stessa età, o forse perché più
semplicemente avevano molti interessi comuni, ma tra loro tre si era venuto a
formare un legame unico e speciale, che li univa anche fuori dalla ristretta
cerchia dei digiprescelti.
La seconda volta che Sora aveva saggiato quel detto, era stata
proprio su di sé, sulla sua pelle. Di certo un tempo la fanciulla non si
sarebbe mai aspettata che un giorno avrebbe abbandonato quei suoi atteggiamenti
mascolini che l’avevano fatta entrare sin dentro la squadra di calcio della
scuola, dove militava anche Taichi. Eppure all’età di sedici anni, Sora
sembrava aver completamente perso quei tratti del suo carattere e, dalla
ragazzina un po’ maschiaccio che era stata, si era tramutata in una ragazza estremamente
carina tanto da suscitare l’invidia di alcune, gelose per via del suo aspetto.
Anche se, in effetti, la gelosia che suscitava in quelle ragazze non era
dettata solo da questo, ma soprattutto perché lei sembrava un’amica stretta dei
due ragazzi più carini della scuola, Taichi Kamiya e Yamato Ishida. Taichi era
famoso per essere diventato il capitano della squadra di calcio e per via del
suo carattere estroverso, che gli dava una bellezza genuina e fresca. Yamato,
invece, forse quello che riscuoteva maggior successo tra i due, era noto
soprattutto per essere la voce di una famosa band. Senza contare il suo aspetto
e per quel suo carattere chiuso, che lo faceva sembrare una vera divinità
greca.
Sora a volte si divertiva a punzecchiare tutte quelle ragazzine,
che si ingelosivano solo per un suo gesto verso i due amici. A volte mentre
camminava con loro, sentendo tutti quei sguardi su di sé, si deliziava a
prenderli ambedue sotto braccio e a vedere le espressioni delle ragazze
colorarsi di un rosso acceso, sinonimo di gelosia. Anche a Taichi e a Yamato
divertiva la cosa. In effetti loro due non erano i tipi da gradire tutte quelle
occhiate che si rivolgevano a loro solo per quelle loro qualità fisiche o
perché erano piuttosto rinomati, per questo motivo non davano mai molto peso a
tutte quelle ragazzine che trepidavano per loro. E quando c’era Sora con loro,
non esitavano a passarle una mano attorno alle spalle, o a farle un gesto
simile che faceva, ogni volta, ingelosire le ragazze e allontanare i ragazzi
che invece erano interessati alla fanciulla. La loro era, insomma, una sorta di
difesa che si facevano l’uno con l’altro e che divertiva un po’ tutti e tre.
Senza quasi accorgersene, Sora era arrivata nel cortile della
scuola, la cui erbetta era ricoperta da un delicato strato di petali rosa. La
fanciulla si guardò attorno, alla ricerca dei due amici, e li trovò appoggiati
lungo il muro della scuola, accanto al cancello d’entrata, proprio dove li
aveva lasciati. Arricciando le labbra in un sorriso, la ragazza fece per
chiamarli ma le parole le morirono in gola quando vide che assieme a loro c’era
una fanciulla che lei non ricordava di aver mai visto prima di allora. Nemmeno
la sua divisa, blu e in totale contrasto con quella verde della sua scuola,
sembrava denotare la sua appartenenza lì. Eppure Sora dovette ammettere che era
molto carina, con quei lunghi capelli castani che le fasciavano la schiena.
Ma la cosa che più colpì la giovane Takenouchi, non fu tanto
l’aspetto della ragazza, quanto la strana trepidazione che si era fatta man
mano largo nel suo cuore. Sora non ricordava di aver mai provato una cosa
simile prima di allora e la cosa la metteva, per questo, non poco in
agitazione. Era come se una grossa e affilata lama l’avesse perforata,
facendole prendere un colpo che risultava ancor più doloroso perché inaspettato.
Nel vedere quella ragazza chiacchierare così amabilmente con i suoi amici,
l’unica sensazione che sentiva di provare era di una profonda angoscia, che
l’attanagliava e che per tale ragione la metteva ancor più in apprensione. Non
capiva perché le desse tanto fastidio vedere Taichi così preso in quella
conversazione e il sorriso di Yamato, così raro, rivolto a quella fanciulla,
per di più sconosciuta. Non capiva, ma sentiva ugualmente dentro di lei un vago
senso di trepidazione che la fece impallidire involontariamente. ‘Che mi sta
succedendo?’, non poté fare a meno di chiedersi, preoccupata per quella nuova
sensazione che mai ricordava l’avesse scalfita prima di allora.
Titubante e in uno stato di profonda agitazione, Sora si
avvicinò lentamente al piccolo gruppetto appena formatosi. Fu Yamato il primo a
notarla, alzando quei suoi meravigliosi occhi blu e posandoli su di lei. E per
la seconda volta nel giro di pochi attimi, la giovane Takenouchi sentì il
proprio cuore fare dei strani capricci sotto quello sguardo fisso su di sé. Si
stava giusto domandando il motivo per cui si sentisse in quel modo, quando la
voce di Taichi, voltatosi per seguire lo sguardo dell’amico, la richiamò,
ridestandola così dai suoi pensieri.
“Sora!!”, un meraviglioso sorriso illuminò il volto di Kamiya,
mentre con una mano le faceva cenno di raggiungerli.
La fanciulla annuì e, con un groppo in gola, si avvicinò ai due.
Immediatamente notò la mano della giovane sconosciuta, che si era
precedentemente poggiata su un braccio di Taichi, levarsi da lì per
ricongiungersi all’altra e subito Sora si sentì sollevata. Ma tutti quei
confusi sentimenti che continuavano ad aleggiarle nel cuore, vennero scacciati
da un’improvvisa ondata di stupore che la colpì non appena le labbra cremisi
della sconosciuta pronunciarono il suo nome.
“Sora!! Sora Takenouchi!”, allargando le labbra in un sorriso,
la fanciulla la guardò raggiante.
Dimenticando lo strano fermento che l’aveva colta appena poco
prima, Sora concentrò la sua totale attenzione sulla ragazza. ‘Mi conosce?!’,
non riuscì ad evitare di chiedersi, frastornata.
“Possibile che non ti ricordi di me, Sora?”, la chiamata in
causa rimase come inebetita sotto il dolce peso della fanciulla, che l’aveva
stretta affettuosamente.
“Io…veramente…”, balbettò trasognata la fanciulla dai capelli
ramati, mentre cercava di ricordare dove l’avesse già vista.
“Credevo di non essere cambiata poi tanto, però…a quanto pare”,
la fanciulla si separò da Sora e le sorrise dolcemente.
Nel guardare quegli occhi marroni, Takenouchi ebbe come un flash
ancora sfocato, ma che le fece scattare come una molla.
“Tu…tu sei…”, tentò di ricordare, socchiudendo le palpebre per
meglio focalizzarsi sui meandri della propria memoria.
La fanciulla di fronte a lei sorrise, prima di alzare le mani e
portarsele verso i capelli. Solo quando si alzò tutti i fulgidi capelli
castani, l’immagine nella mente di Sora fu completa.
“Yuko! Tu sei Yuko Hitori!!”, ricordandosi finalmente dove
l’aveva già conosciuta, la giovane Takenouchi l’abbracciò di slancio.
La sua memoria aveva faticato un po’ a ritrovare l’immagine
della fanciulla per via del suo aspetto. Quando lei e gli altri due amici
l’avevano conosciuta aveva avuto pressappoco dodici anni. All’epoca, però, i
lunghi capelli di ora erano corti e le incorniciavano appena l’ovale perfetto
del viso. Anche il suo fisico, allora ancora segnato dalla fanciullezza, adesso
appariva diverso, come sbocciato nell’età florida dell’adolescenza. Yuko aveva
frequentato con loro due anni delle scuole medie. Era arrivata dalla fredda
Sapporo assieme ai suoi genitori, quando già aveva dodici anni. Con il
carattere dolce che si ritrovava, Yuko non aveva faticato molto ad attirare le
simpatie di Sora, Yamato e Taichi, che l’avevano sempre vista come una sorta di
bambina da proteggere. Ma Yuko aveva dovuto lasciare i nuovi amici appena dopo
due anni, nell’entrata alle scuole superiori, ancora una volta per via del
lavoro del padre, e a trasferirsi a Kyoto.
“Quando sei ritornata? È passato così tanto tempo dall’ultima
volta che ci siamo viste!!”, esclamò raggiante Sora, sinceramente felice di
rivederla.
Yuko a quella domanda arricciò le labbra e in quel sorriso Sora
rivide la bimbetta di un tempo. Sebbene fossero trascorsi un paio di anni e
Yuko si fosse tramutata in una graziosa ragazza, di certo non aveva perso
quell’aria tremendamente dolce che ispirava, in chi la guardava, un senso di
protezione.
“Mio padre ha trovato un lavoro fisso qui a Tokyo e così,
proprio all’inizio di quest’anno, siamo ritornati qui. Purtroppo non abito più
in questo quartiere, ma frequento l’istituto Torio per questo non ci siamo
incontrati prima. A dire il vero ho saputo che frequentavate questa scuola solo
perché alcune mie compagne di classe stavano parlando del concerto di Yamato e
così, andando a chiedere, mi hanno detto che venivi qui. Perciò ho preso la
metropolitana e sono venuta a trovarvi!”, spiegò Yuko, sotto lo sguardo attento
dei tre.
“Ehi, ma l’istituto Torio non è la scuola frequentata da Ken?”,
domandò d’un tratto Taichi, memore di qualcosa.
Sora annuì. “Sì, infatti”, asserì.
“Vi state riferendo a Ken Ichijouji?”, si intromise Yuko,
incuriosita.
Fu nuovamente Sora ad annuire e a quel punto Yuko le spiegò che
nella sua scuola il ragazzo era piuttosto rinomato sia perché era un gran bel
ragazzo, sia per le sue qualità scolastiche. Rimasero lì a chiacchierare ancora
un altro po’, prima che Yuko dicesse di dover andare a casa. Allora Taichi,
Yamato e Sora insistettero per accompagnarla alla metropolitana, sostenendo che
considerato il viaggio che aveva fatto per andarli a trovare quello era il
minimo per loro.
Si lasciarono alla metropolitana appena poco dopo, ma con la
promessa di non perdersi di vista stavolta. Poi Yuko prese il primo metrò che
andava nel suo quartiere, lasciando da soli i tre amici.
Il viaggio che li portò a casa fu relativamente silenzioso, se
non fosse stato per qualche breve commento di gioia da parte di Taichi e per la
piccola domanda che Yamato rivolse a Sora.
“Oggi hai gli allenamenti di tennis?”, le domandò infatti,
ricevendo un segno di diniego come risposta. “Dovrei andare a ritirare la
chitarra elettrica…vieni con me?”, le chiese allora il giovane Ishida.
Sora non poté fare a meno di sorridere, contenta di poter
passare un po’ di tempo con l’amico. “D’accordo!”, accettò quindi. “Taichi, tu
vieni con noi?”, chiese poi, rivolgendosi a Kamiya.
“No, oggi ho gli allenamenti di calcio”, scosse però il capo
quello.
“Già, è vero, me ne ero dimenticata!”, si ricordò allora anche
Takenouchi, prima che un rasserenante silenzio calasse tra i tre.
“Sora, tesoro, è arrivato Yamato!”, la voce della signora
Takenouchi arrivò sin nella stanza della figlia, ancora intenta a prepararsi.
“Arrivo subito!”, urlò in risposta la fanciulla, mentre si
passava con vigoria una spazzola nei capelli ramati.
Quelli erano l’unica cosa di lei che non era cambiata. Era stata
lei a volerli tenere ancora corti, di modo che le sfiorassero le spalle. Le
piaceva quel taglio e anche tutti i digiprescelti le avevano detto che le
donava.
Prima di uscire definitivamente dalla sua camera, Sora gettò
un’ultima occhiata allo specchio per assicurarsi di andare bene. L’immagine che
le giunse la soddisfò alquanto, tanto da farle venire il buon umore. La scelta
che le era ricaduta sulla gonnellina sbarazzina dalle morbide onde, sul bianco,
le metteva in risalto le gambe affusolate, mentre la magliettina dalle
rifiniture rosate le valorizzava il fisico minuto.
La fanciulla uscì contenta dalla sua camera e si diresse in
soggiorno, dove trovò l’amico Ishida ad aspettarla. Non appena la vide, la
madre smise di parlare e fece cenno al ragazzo che la figlia era pronta.
Prontamente Yamato si alzò dalla poltrona su cui era seduto e, dopo un breve
saluto alla signora Takenouchi, seguì Sora all’esterno dell’appartamento.
“Spero di non averti fatto aspettare troppo, stavolta!”, esclamò
con un risolino divertito la fanciulla.
Yamato scosse la testa e lasciò che le sue labbra si
arricciassero in un dolcissimo sorriso, che fecero sciogliere il cuore di Sora.
Adesso quel raro sorriso era rivolto a lei e la cosa non poteva che metterla di
buon umore. ‘Sono stata una stupida stamattina’, non poté fare a meno di
rimproverarsi, ‘non so proprio che mi è preso!’.
“Senti, Yamato”, richiamò d’un tratto le attenzioni del ragazzo,
che si fermò a guardarla. “Che ne diresti se dopo passiamo al campo da calcio a
vedere Taichi? Sono sicura che gli farebbe molto piacere!”, sorrise raggiante.
Le iridi cerulee del ragazzo si posarono un istante su di lei e
solo in quel momento Sora poté notare quanto fosse realmente cresciuto l’amico.
Un tempo lei poteva vantare la sua stessa altezza, ma ora si sentiva una
bambina in confronto a lui.
“Va bene”, annuì quindi Yamato, a cui l’idea era piaciuta.
“Perfetto!”, esclamò contenta Sora, prima di riprendere il cammino
con il ragazzo.
“Grazie a lei!”, la voce del commesso sopraggiunse ai due
ragazzi, che, presa la mercanzia, uscirono dal negozio di strumenti musicali.
Era stato Yosuke a portarlo lì, al negozio dello zio. E dopo
esserci stato una volta, Yamato aveva dovuto ammettere che erano veramente
preparati sul genere, per questo aveva deciso di portare la sua chitarra
elettrica ad aggiustare proprio lì, nonostante non fosse poi così vicino.
Uscito fuori dal negozio, il giovane Ishida si caricò lo
strumento sulle spalle, facendosi passare il manico del fodero tra il collo e
il braccio. Sora lo osservò eseguire tutte le operazioni in silenzio, ma quando
lui finalmente rivolse le sue attenzioni a lei, si lasciò sfuggire un sorriso.
“Andiamo?”, le chiese Yamato.
La fanciulla annuì e iniziò ad incamminarsi assieme all’amico
alla volta della metropolitana.
Il sole aveva preso a brillare alto nel cielo, in un nitido
cielo sgombro di nuvole. I negozi del centro conferivano un aspetto variopinto
alle strade e le persone, attirate da essi, si fermavano di tanto in tanto ad
osservare le numerose vetrine.
“Guarda, Yamato!”, d’un tratto Sora si fermò e, per richiamare
le attenzioni dell’amico, lo strattonò dolcemente per la camicia scura che
aveva indossato da sopra la maglietta verde.
Il biondino seguì incuriosito il punto indicato dalla fanciulla
e non poté trattenere un sorriso quando i suoi occhi blu incontrarono le figure
familiari di Ken Ichijouji e Miyako Inoue. Si tenevano per mano.
“Sono Ken e Miyako!”, esclamò divertito.
Sora annuì, fissando i due amici ancora per un altro istante.
Ormai i due digiprescelti facevano coppia fissa già da diverse settimane. Era
la seconda coppia che si era venuta a creare all’interno del gruppo. La prima
erano stati Takero e Hikari.
“Sono contenta di vedere che Ken è finalmente felice”, si
ritrovò ad esporre i suoi pensieri ad alta voce, senza quasi accorgersene. “Con
il suo carattere così solare, Miyako è la ragazza ideale per lui. Sono convinta
che la loro storia sarà lunga e duratura!”
Yamato la ascoltò con espressione assorta, ma non disse nulla.
Sora però sapeva bene che lui la pensava al suo stesso modo.
“Sai, un giorno mi piacerebbe vivere una storia d’amore intensa
come la loro”, le parole le uscirono dalla bocca quasi da sole, ma quando la
giovane Takenouchi se ne accorse desiderò sprofondare sei mila metri sotto
terra.
‘Ma che mi è saltato in mente?!’, si rimproverò imbarazzata,
abbassando il capo per la vergogna, ‘Yamato adesso penserà che sono una stupida
sentimentalista! Accidenti alla mia boccaccia!!’.
Mentre il volto di Sora virava in tutte le tonalità possibili di
rosso, fino a diventare completamente paonazzo; Yamato ripensava a quanto
avesse appena detto la fanciulla.
‘Una storia d’amore…’, si ripeté mentalmente il giovane Ishida,
senza smettere di fissare Ken e Miyako, ancora fermi davanti alla vetrina di un
negozio dall’aria sbarazzina. Improvvisamente davanti ai suoi occhi le figure
dei due ragazzi si tramutarono e al posto di Miyako, Yamato giurò di vedere
Sora. Istintivamente spostò lo sguardo verso la sua sinistra e la vide lì,
silenziosa e imbarazzata come non mai. Sorrise, intenerito dall’espressione sul
suo volto.
“Sora”, le sue labbra perfettamente disegnate sussurrarono il
nome della fanciulla con voce profonda, tanto da provocarle piccoli brividi
lungo la schiena.
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, ancora visibilmente
imbarazzata. Era strano come il suo cuore avesse preso a battere stranamente
più forte.
“Sono convinto che un giorno anche tu troverai il ragazzo giusto
per te, Sora”, la mano di Yamato andò a poggiarsi, delicata, lungo la guancia
della fanciulla, che arrossì ancor di più a quel piccolo gesto e a quelle
parole.
Lo guardò negli occhi e capì che era sincero. Ma d’altronde lui
lo era sempre.
“Yamato…”, mormorò piano, ancora in uno stato confusionale.
Per tutta risposta il giovane Ishida le rivolse un meraviglioso
sorriso, tanto dolce quanto luminoso. I suoi occhi si illuminarono di una luce
ricolma d’affetto, mentre si posavano nelle pozze nocciola dell’amica. ‘Sono
convinto che lo troverai, Sora…tu troverai il tuo vero amore, ne sono sicuro!’,
si ripeté tra sé e sé, fiducioso. Sora meritava più di tutti di vivere un amore
intenso. Lei, che non a caso era stata scelta per portare la digipietra dell’amore,
aveva così tanto bene da dare!
Yamato lasciò che il suo sorriso gli illuminasse il volto ancora
per altri piccoli istanti, prima di abbassare la mano e porre termine a
quell’incanto. Sora sentì come un vago senso di vuoto colpirla, ma subito cercò
di non darvi peso e lo scacciò con un sorriso. Con una breve corsetta,
raggiunse in men che non si dica il ragazzo, che aveva ripreso il cammino.
“Yamato?”, lo richiamò non appena gli fu vicino.
“Uhm?”, mormorò di rimando lui.
Sora arrossì lievemente. “Grazie”, sussurrò appena, ma
abbastanza forte da essere udita da lui.
A quelle parole il volto di Yamato venne attraversato da un
piccolo sorriso. ‘Di niente, Sora…’
“Passa a me, Taichi!”, il giovane chiamato in causa si voltò
giusto in tempo per vedere Daisuke smarcarsi sulla destra.
Senza farselo ripetere due volte, Kamiya lanciò la palla verso
di lui e subito scattò in avanti. Daisuke Motomiya agganciò senza troppe
difficoltà la sfera, facendola sua, prima di rilanciare verso il suo capitano,
che intanto si era portato lungo l’area di rigore.
“Taichi!!”, gridò nella sua direzione, l’attimo prima di
passargli la sfera con un pallonetto da magistrale, capace di superare
l’avversario che aveva di fronte.
Taichi sorrise all’amico e calciò la sfera con quanta più forza
aveva in corpo. Un tiro potente e preciso, che andò ad insaccarsi direttamente
nell’angolino destro della rete. Per il portiere non ci fu gioco.
“GOAL!!!”, il giovane capitano sentì la sua squadra esultare per
il nuovo risultato appena confermato che vedeva la squadra A in vantaggio di
due reti contro la squadra B.
“Taichi, sei stato grande!!”, incapace di contenere oltre la sua
gioia, Daisuke saltò letteralmente addosso all’amico, che solo grazie alla sua
prontezza di riflessi non cascò a terra.
“Calma, Daisuke!”, l’ammonimento non fu però di grande effetto,
visto che lui per primo sembrava divertito da tutta quella situazione.
Taichi si sentiva in gran forma quel giorno! Avrebbe spaccato il
mondo con tutta l’energia che si sentiva addosso!! E almeno a giudicare
dall’espressione compiaciuta sul volto del mister, ne era consapevole anche
lui.
“Bene, ragazzi!”, l’allenatore soffiò finalmente nel suo
fischietto, decretando in questo modo la fine dell’incontro di allenamento.
“Per oggi è tutto. Potete andare a cambiarvi!”, esclamò, soddisfatto.
“E VAI!!”, si udì immediatamente l’urlo di gioia di Daisuke,
incapace di reprimere i propri sentimenti.
Il mister scosse il capo, ormai abituato alla vitalità sin
troppo eccessiva del ragazzo, ma non disse nulla. Quel giorno era veramente
orgoglioso della sua squadra. Il capitano aveva fatto una partita degna di
chiamarsi tale e lui era ormai più che convinto che se avrebbero continuato
così, quell’anno il campionato studentesco sarebbe stato il loro.
“Bravissimo capitano!”, il portiere numero due della squadra non
poté fare a meno di complimentarsi con il ragazzo, riconoscendo in lui la sua
bravura eccelsa.
Taichi sorrise a quel complimento. Senza dire nulla, alzò un
braccio in segno di saluto.
“Ehi, Taichi, mi raccomando alla prossima partita!”,
l’interpellato si voltò, riconoscendo in quella voce il numero cinque della sua
squadra. “Dobbiamo assolutamente vincere!!”
“Sta tranquillo, Isamu! Non ho alcuna intenzione di perdere!”,
lo rassicurò Taichi, sfoderando un sorriso vittorioso.
“Sono contento di sentirtelo dire, capitano!”, esclamò felice il
ragazzo. “Ehi, ma quelli non sono i tuoi amici?”, chiese d’un tratto,
accennando a un punto indefinito davanti a sé.
Taichi si voltò e sorrise nel riconoscere le figure familiari di
Yamato e Sora. A quanto pareva, erano andati a vederlo!
“Formano un’ottima coppia, non trovi anche tu?”, continuò Isamu,
senza considerare gli effetti che quelle parole potevano sortire sull’amico.
Kamiya sentì come una mano artigliata stringergli forte attorno
al cuore mentre i suoi occhi marroni, quasi intimoriti, scrutavano attentamente
i due amici mentre chiacchieravano allegramente tra loro. ‘Ma che mi prende?’,
si domandò il giovane spossato. Perché quel pensiero doveva avere quegli strani
effetti su di lui?
“E pensare che, se lei non fosse impegnata con quel biondino, io
ci avrei provato sicuramente!”, continuò intanto Isamu, senza smettere di
fissare i due ragazzi.
Li aveva visti più volte andare ad assistere ai loro
allenamenti. Ancor più volte li aveva visti in compagnia del capitano. Eppure
aveva da sempre creduto che quei due stessero insieme. Forse perché li vedeva
bene come coppia.
Dal canto suo Taichi era rimasto come inebetito a fissare i due
amici. ‘Provarci con Sora…Isamu…ci avrebbe provato…se non fosse stato per
Yamato…’, quei pensieri continuavano a torturargli la mente, inarrestabili.
Sapeva che tra i due non c’era niente se non della semplice amicizia, eppure le
parole di Isamu lo avevano sconvolto non poco. Non riusciva a capire, gli
sembrava tutto assurdo. Non aveva mai pensato prima di allora a Yamato e a Sora
come coppia. Loro erano…erano i suoi migliori amici! Sarebbe stato
inconcepibile pensare a loro due come…come a una coppia.
“Beh, io vado capitano! Ci vediamo!”, Isamu si riscosse dai suoi
pensieri e, alzando il braccio, fece cenno di saluto all’amico.
Taichi, però, quasi non lo vide preso come era dai suoi
pensieri.
Il sole si avviava ormai al crepuscolo e i suoi raggi avevano
assunto le tonalità delicate del pesco. Il cielo, sotto il frutto della luce al
vespro, sembrava un quadro abilmente variopinto, dove il colore dominante era
quello ambrato dell’arancio. Era in quel meraviglioso spettacolo naturale che
si stagliava la figura di Taichi Kamiya. La panchina che lo sosteneva era di
quelle verdi che comunemente si mettono nei giardinetti pubblici, eppure sotto
quell’incanto sembrava quasi assumere il più raffinato colore del verdazzurro.
Eppure Taichi non sembrava per nulla interessato a quella magnificenza offerta
così disinteressatamente dalla natura. I suoi pensieri erano totalmente rivolti
alle parole di Isamu, alle strane sensazioni che aveva provato in quel momento.
Non aveva detto niente a Yamato e a Sora, aveva finto di essere il solito
Taichi di sempre, aveva cercato di ignorare quei martellanti pensieri. Ma ora,
rimasto solo, quelli erano riaffiorati prepotenti e devastanti.
Non riusciva a capire cosa lo facesse stare così. Quale arcana
ragione avesse infuso in lui tutti quei dubbi, tutte quelle strane e nuove
sensazioni. Eppure…era stato così strano pensare ai suoi due amici come coppia.
Così…assurdo! Isamu, invece, ne sembrava veramente convinto. ‘Yamato e
Sora…insieme…come può essere?’, si domandò spossato, spostandosi in avanti fino
ad appoggiare i gomiti sulle braccia e il volto su di questi.
Aveva sempre pensato che tra loro tre non ci potesse essere
altro che della semplice amicizia, però…le parole di Isamu avevano fatto
vacillare tutte le sue convinzioni. Persino Sora gli era apparsa sotto una
nuova luce, dopo le parole del compagno di squadra. Per la prima volta da
quando la conosceva, Taichi l’aveva vista sotto nuovi occhi e ne era rimasto
affascinato. Prima di allora non aveva mai fatto caso a quanto fosse luminoso
il suo sorriso…a quanto fossero dolci i suoi occhi nocciola…a quanto fossero
morbidi i suoi capelli ramati… Non aveva mai notato quanto Sora fosse diventata
una così bella ragazza, in tutti quegli anni. Il pensiero lo aveva investito
appieno.
‘Sora…come posso pensare a lei in questo…modo?!’, si domandò
frastornato, passandosi nervosamente una mano nei folti capelli castani.
“Taichi! Che ci fai qui da solo?”, il ragazzo sobbalzò
sentendosi chiamare, ma non poté fare a meno di sorridere quando riconobbe la
sorella.
“Hikari!”, esclamò sorpreso di vederla lì. “Ci sei anche tu,
Takero!”, aggiunse poi, notando il biondino al suo fianco.
Il primogenito Kamiya notò che si tenevano, come sempre,
teneramente la mano e non poté fare a meno di sorridere. Era contento per la
sorella, perché aveva trovato nel giovane Takaishi il ragazzo giusto per lei.
Taichi era stato molto contento di sapere, appena due anni prima, che i due si
erano messi insieme. Hikari era sempre stata innamorata di Takero e lui…beh,
lui lo era stato di lei. Ma avevano trovato il coraggio di dirselo solo dopo
l’ultima battaglia a Digiworld. Da allora formavano una coppia affiatata e ben
salda, e Taichi era convinto che non si sarebbero mai lasciati. Perché loro due
erano l’uno la metà mancante dell’altra. Si completavano a vicenda.
“Ciao, Taichi!”, lo salutò con un raggiante sorriso Takero,
riportandolo alla realtà.
Takero e Hikari stavano rincasando da un pomeriggio trascorso
insieme quando, passando per il parco, aveva riconosciuto nella figura seduta
sulla panchina proprio Taichi. Sorpresi di trovarlo lì da solo, avevano deciso
di avvicinarsi per chiedergli cosa ci facesse lì.
“Come mai sei qui?”, ripeté giusto la giovane Kamiya, scrutando
il fratello con aria circospetta.
“Avevo solo voglia di stare un po’ da solo!”, ammise con un
sorriso rassicurante Taichi, che però sortì l’effetto di far preoccupare ancor
più la sorella.
“È successo qualcosa?”, domandò Hikari, e subito Takero si
accorse che era in apprensione per il fratello.
E in effetti doveva ammettere che era strano trovare Taichi da
solo, così assorto nei suoi pensieri.
“No”, scosse il capo il ragazzo. “Stavo solo pensando”, aggiunse
poi, senza però rivelare altro.
Hikari lo guardò ancora per un istante dubbiosa, prima di
rilassare il volto e sorridere.
“D’accordo”, mormorò, annuendo con il capo.
“Fai la strada di ritorno con noi?”, si intromise a quel punto
Takero, sorridendogli affabilmente.
Taichi gli gettò un’occhiata felice. “Ok!”, accettò quindi,
alzandosi in piedi e facendo per seguirli.
Eppure, mentre il sole calava man mano, facendo largo alle prime
stelle che già spuntavano nel firmamento, Taichi non poté fare a meno di
pensare a cosa sarebbe stato se al loro posto ci fossero stati lui e Sora. Il
pensiero lo colpì immediatamente.
“Sora oggi sta giocando veramente molto bene, non trovi anche
tu?”, la voce di Koushiro Izumi riportò per l’ennesima volta il ragazzo al suo
fianco alla realtà.
“Già”, annuì anche Taichi, sebbene il gioco della ragazza fosse
il suo ultimo pensiero.
Era trascorsa quasi una settimana ormai. Una settimana che
continuava a pensarci e a ripensarci. Le parole che Isamu gli aveva rivolto
quel giorno continuavano a ronzargli nel cervello, senza dargli pace. Anche la
notte Taichi si ritrovava a pensarci e a cercare di capire cosa fosse quello
strano sentimento che gli aveva ormai riempito il cuore. Però, ogni volta, non
riusciva a cavarne nulla.
Durante quella settimana, si era ritrovato più volte a fissare
Yamato e Sora mentre chiacchieravano allegramente. Sempre più spesso i suoi
occhi si erano posati sulla figura di Sora e l’avevano guardata in un modo
diverso, totalmente nuovo. E anche ora, mentre assisteva con gli amici alla
partita della squadra di tennis dove militava anche Sora contro quella rinomata
dell’istituto Douyou, il suo sguardo era fisso su di lei. Taichi non sapeva
nemmeno a che risultato stesse la partita, visto che aveva passato tutto il
tempo a fissare Sora e a cercare di riordinare i pensieri.
“Forza, Sora!!”, la voce di Mimi che incitava l’amica non sembrò
scalfirlo più di tanto.
Al contrario, la voce di Yamato che parlottava poco distante con
il fratello Takero e la ragazza Hikari, riuscì ad attirare la sua attenzione.
Non era tanto ciò che stava dicendo, quanto lo sguardo che il ragazzo teneva
fisso su Sora mentre parlava con i due ragazzi. Era lo stesso di sempre,
però…Taichi non poteva fare a meno di pensare a loro due in un altro modo, a
cosa sarebbe stato se… Tutto sarebbe cambiato, era inevitabile. Ma in che modo?
“Ehi, Taichi, ma che hai? Ultimamente sei sempre tra le
nuvole!”, lo sgridò affettuosamente Koushiro, attirando le sue attenzioni.
Il giovane Kamiya sospirò, prima di ritornare con lo sguardo su
Sora. Era tremendamente carina con quella divisa bianca…la sua pelle nivea
risaltava ancor di più. ‘Sora…’, Taichi sentì il proprio cuore fremere a quella
visione e quasi non si accorse di parlare a voce alta appena poco dopo.
“Io…io credo di essermene innamorato”, le labbra vermiglie del
ragazzo si dischiusero lentamente fino a pronunciare quelle poche parole.
Il tono della sua voce fu però sufficientemente alto da essere
udito da Koushiro, che si trovava proprio accanto a lui. Il digiprescelto della
conoscenza credé per un istante di aver solo immaginato quelle parole, ma
dovette ricredersi quando, seguendo lo sguardo dell’amico, notò che stava
fissando proprio Sora. A Koushiro non gli ci volle poi molto a capire a chi
Taichi si stesse rivolgendo, solo che…aveva come uno strano presentimento.
“Sora sei stata bravissima!!”, Mimi abbracciò di slancio
l’amica, che non riuscì a trattenere un sorriso colpita dall’esuberanza della
ragazza.
“Mimi ha ragione: hai giocato davvero benissimo!”, diede man
forte anche Miyako, unendosi alle due in un abbraccio caloroso.
La giovane Takenouchi arrossì lievemente imbarazzata nel sentire
lo sguardo di tutti fisso su di lei. Dopo la sua eccezionale vittoria, avevano
deciso di andare tutti in un bar a festeggiare. Ma ora che si trovava lì, Sora
capì di aver sbagliato ad accettare. Quelle due pazze di Mimi e Miyako stavano
praticamente dando spettacolo lì dentro!!
“Andiamo ragazze! Non vedete che state mettendo la povera Sora
in imbarazzo?”, a giungerle in accorso ci pensò il digiprescelto della
conoscenza, che ricevette per questo un meraviglioso sorriso ricolmo di
gratitudine dalla fanciulla.
“Che c’è, Koushiro? Sei geloso?”, Mimi Tachikawa si separò da
Sora e si avvicinò al ragazzo, per poi prenderlo sotto braccio una volta che ci
si ebbe seduta accanto.
“Ma…c…che dici!”, balbettò impacciato Izumi, arrossendo seduta
stante a quella osservazione.
Per tutta risposta Mimi scoppiò in una genuina risata,
immediatamente imitata da tutti gli altri. Solo Koushiro sembrava l’unico a non
trovare un lato comico in tutta quella faccenda e si guardava attorno
desiderando di poter essere ovunque men che meno lì.
“Comunque”, intervenne poco dopo Joe Kido. “Le ragazze hanno
ragione. Sei stata veramente bravissima, Sora!”, si complimentò.
“Grazie, Joe”, la fanciulla arrossì lievemente, ma non poté fare
a meno di rivolgergli un meraviglioso sorriso, subito ricambiato da quello.
“Iori, se non ricordo male domani tu hai un incontro di kendo”,
stava nel frattempo dicendo Takero, rivolto all’amico che ora si era fatto un
ammirato adolescente.
“Infatti”, annuì il giovane Hida.
“Ma perché non l’hai detto subito?!”, si intromise immediatamente
Miyako, che aveva seppur involontariamente udito il loro discorso.
“Io…veramente…”, arrossì timidamente Iori.
“Bene! Verrò a tifare per te!!”, senza attendere una sua
risposta, Inoue batté con enfasi le mani e annuì, decisa.
Iori arrossì ancor di più a quelle parole, conoscendo ormai
l’amica e sapendo cosa intendesse per tifare.
Avrebbe fatto una figuraccia!! Però…tutto sommato doveva dire di essere
contento. Gli faceva piacere quando i suoi amici andavano a vederlo.
“Verrete anche voi, no?”, stava frattanto dicendo Miyako,
rivolta agli altri digiprescelti.
“Sì!”, annuì immediatamente Takero, imitato poi da Hikari.
“Perché no?”, acconsentì anche Mimi, prima di rivolgersi al
ragazzo al suo fianco. “Koushiro, mi passi a prendere?”, gli chiese candidamente,
quasi fosse la cosa più naturale del mondo.
Tachikawa di certo non si accorse delle occhiatine maliziose che
gli altri stavano rivolgendo ai due, ma Izumi sì e per questo non riuscì a
trattenersi dall’arrossire paurosamente.
“Io…insomma…”, iniziò a tossire imbarazzato, non sapendo di
preciso che dire.
Se avesse detto di sì, avrebbe dovuto subire tutte le allusioni
degli amici. Ma se avesse risposto di no, Mimi ci sarebbe rimasta sicuramente
male. ‘Che devo fare?’, si domandò combattuto.
“Allora?”, insistette Tachikawa, senza accorgersi di starlo
mettendo in uno stato di imbarazzo più totale.
“Allora, Koushiro? Che fai??”, diede man forte anche Daisuke,
allusivo.
“Io…”, Izumi si fece ancor più piccolo e in quel momento sperò
davvero di essere in un altro posto.
Stava giusto pensando che avrebbe fatto bene ad uccidere
Motomiya, quando in suo accorso sopraggiunse Miyako.
“Smettila, razza di stupido!”, la fanciulla, senza pensarci su
due volte, tirò un potente cazzotto proprio sulla testa del ragazzo.
“Ahia!!”, si lamentò immediatamente Daisuke, prendendo a
massaggiarsi la parte dolorante. “Si può sapere che ti è preso??”, domandò poi,
guardandola in cagnesco.
“Così impari a farti gli affaracci tuoi una buona volta!”, fu la
pronta risposta della giovane Inoue, prima che si accomodò a braccia conserte
accanto all’amato Ken.
“Umpf!”, sbuffò allora Daisuke, sedendosi a sua volta.
“Dai, non te la prendere!”, tentò di tirarlo su di morale
Ichijouji, ben sapendo che con Miyako era difficile averla vinta.
“Comunque io non ci trovo assolutamente nulla di male se
Koushiro passa a prendere Mimi. Voglio dire: siamo tutti amici e quindi che
male ci sarebbe?”, ritornò al discorso precedente Sora, scagliando una pietra
in favore del ragazzo.
‘Grazie, Sora! Sei un’amica!’, la ringraziò mentalmente il
digiprescelto della conoscenza, contento che almeno qualcuno era dalla sua
parte.
“Sora ha ragione!”, annuì anche Hikari, sorridendo incoraggiante
all’amico Izumi.
“Resta il fatto che Koushiro non ha ancora risposto a Mimi!”, si
intromise a quel punto Taichi, sibillino. “Allora, che fai?”, domandò poi,
rivolgendosi al ragazzo.
Solo allora Izumi capì di avere solo le ragazze dalla sua parte.
Mentre tutti i ragazzi… Arrossì, ma cercò di darsi un contegno. Dopotutto
Taichi aveva ragione: Mimi stava ancora aspettando una sua risposta.
“Va bene”, accettò quindi, cercando di ignorare le occhiatine
maliziose degli amici.
“Fantastico!!”, il viso di Tachikawa si illuminò all’istante e
mentre lo abbracciava di slancio, non poté fare a meno di sorridere.
Koushiro a quella reazione arrossì inevitabilmente, sentendo gli
sguardi dei ragazzi fissi ormai su di loro. Le altre tre ragazze rimaste,
invece, sembravano sinceramente contente ed erano forse le uniche a non avere
un’espressione allusiva negli occhi.
“Mi dispiace, ma io non posso venire subito. Prima ho le prove
con il gruppo e purtroppo non posso rimandarle”, Yamato riportò poi
l’attenzione su di sé.
“Non fa niente, non devi preoccuparti!”, tentò di
tranquillizzarlo Iori.
“Provate anche domani?”, domandò invece Sora, rivolta al
biondino.
“Già”, annuì quello, prima di ritornare a posare lo sguardo sul
più giovane dei presenti. “Comunque vedrò di spicciarmi in fretta e di venire
lo stesso”, aggiunse, ricevendo per questo un’occhiata grata da parte di
quello.
“Devo dedurne che non mi passerai a prendere con la moto,
vero?”, irruppe Taichi, con aria affranta.
Yamato alzò le spalle. “Mi dispiace, ma credo che dovrai fartela
a piedi domani”, gli diede la brutta notizia.
“Nooo!!”, fece in tono tragico il giovane Kamiya, portandosi le
mani davanti e fingendo di disperarsi.
“Sei sempre il solito, Taichi!”, lo ammonì divertito Joe.
“Per una volta vedi anche tu cosa vuol dire camminare!!”, colse
la palla al balzo anche Koushiro, impaziente di fargliela pagare per poco
prima.
“Beh, poco male!”, si riscosse immediatamente quello,
arricciando le labbra in un sorriso. “Sora, vuoi che ti passi a prendere?”,
chiese poi, rivolgendosi all’amica.
Koushiro non rimase sorpreso di notare che a lui non avevano rivolto
alcuna occhiata allusiva. Taichi e Sora erano amici da secoli praticamente! E
poi, loro due erano soliti passarsi a chiamare quando uscivano. O forse più
semplicemente tutti trovavano molto più divertente veder imbarazzato lui,
quando si trattava di Mimi!
“Io non sono una ruota di scorta!”, si finse offesa la ragazza,
allungando il muso.
“Ma non volevo dire questo, Sora!!”, la supplicò allora di
crederlo Taichi, ma tutto ciò che riscosse fu una risata ilare da parte di
tutti quanti.
Solo allora capì che Sora stava scherzando e per questo non poté
nascondere un certo imbarazzo che andò a colorargli le guancia.
“Comunque va bene!”, messa da parte la risa, Takenouchi rivolse
un sorriso all’amico.
“Perfetto!”, esclamò allora Taichi, lasciandosi sfuggire un
sorriso.
Koushiro lo guardò attentamente, prima che il suo sguardo
ricadesse su Yamato. I suoi occhi attenti stavano fissando a loro volta Taichi.
Allora comprese che anche lui aveva capito.
“Andiamo?”, Sora si rivolse all’amico, che annuì.
Era una bella mattinata primaverile e il sole brillava ormai
alto nel cielo. Per i marciapiedi, ricoperti di uno strato sottile ma delicato
di petali rosei, c’era un discreto via vai di persone, che sembrava quasi
sorridere alla bella stagione.
“Chissà se Yamato ce la farà a raggiungerci”, Sora si lasciò
sfuggire senza troppi problemi i suoi pensieri, come faceva sempre con gli
amici.
Però stavolta la reazione di Taichi fu imprevedibile.
Normalmente avrebbe annuito e commentato la frase dicendo che probabilmente ce
l’avrebbe fatta, come sempre. Ma quella volta…quella volta il ragazzo anziché
parlare si fermò.
Sora in un primo momento non se ne accorse, ma quando percepì
l’assenza dell’amico al suo fianco si voltò immediatamente esterrefatta. Lo
vide ritto a pochi passi di distanza da lei, con lo sguardo stranamente vacuo.
“Taichi…tutto bene?”, domandò leggermente preoccupata per
quell’insolito atteggiamento.
Il giovane Kamiya, per tutta risposta, aprì la bocca per parlare
ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Così finì per boccheggiare un paio di
volte prima di chiudere definitivamente la bocca.
Dal canto suo Sora lo guardava preoccupata.
“Sei sicuro di sentirti bene?”, gli si avvicinò, in evidente
apprensione.
Taichi, però, non disse nulla nemmeno quando sentì la manina
affusolata della ragazza tastargli affettuosamente la fronte per assicurarsi
che non avesse la febbre.
“Eppure non mi sembri accaldato”, mormorò appena poco dopo,
pensosa, mentre lasciava andare la sua mano.
Taichi rimase ancora per qualche secondo immobile, prima di
scuotere il capo.
“Sto bene, non preoccuparti!”, cercando di far tacere i suoi
pensieri, il ragazzo sfoderò un meraviglioso sorriso.
La giovane Takenouchi lo guardò per qualche istante ancora
dubbiosa, prima di lasciarsi convincere e sorridere a sua volta.
“D’accordo!”, annuì quindi, poco prima di riprendere a camminare
imitata dall’amico.
Mentre camminavano, però, Taichi non poteva fare a meno di darsi
mentalmente dello stupido. ‘Ma cosa mi è saltato in mente?! Fermarmi così
d’improvviso…ho fatto la figura dello stupido!!”, si ripeté tra sé e sé,
sentendosi infinitamente sciocco. Ma poi il suo sguardo cadde sulla fanciulla
al suo fianco e sul suo volto comparve immediatamente un luminoso sorriso. Era
bella, Sora. Bella e sensibile. E lui… ‘Sono davvero cotto, non c’è che dire!’,
si disse mentalmente, sorridendo al pensiero.
Accanto a lui Sora se ne accorse e per questo non riuscì ad
evitare di gettargli un’occhiata interrogativa.
“Come mai stai sorridendo?”, gli domandò curiosa.
Taichi fece spallucce. “Niente, stavo solo pensando che oggi sei
molto carina!”, confidò apertamente, come era suo solito fare, senza farsi
tanti problemi.
Il ragazzo vide un lieve ma inequivocabile rossore salirle lungo
il collo fino ad andarle a riempire ambo le gote e per questo non poté fare a
meno di sorridere, divertito.
“Smettila di prendermi in giro, Taichi!”, lo ammonì impacciata
Sora, credendo che l’amico si stesse solo burlando di lei.
Certo, non era la prima volta che lui o Yamato le dicevano di
essere carina. Però…Sora sentiva che ora nella sua voce c’era qualcosa di
diverso. Qualcosa che non gli aveva mai sentito, almeno non quando parlava con
lei, e per questo non riusciva a non sentirsi imbarazzata.
A quella esclamazione, però, Taichi si fermò nuovamente.
“Guarda che io non stavo scherzando”, affermò, e Sora notò che
era estremamente serio in quel momento.
Per questo non poté fare a meno di sentirsi ancor più
imbarazzata di prima e sempre più rossa.
“Sora…”, man mano che il giovane Kamiya le si avvicinava, la
fanciulla sentiva il battito del proprio cuore farsi sempre più veloce e
irrefrenabile. “Sora, io…”, Taichi era ormai di fronte a lei, con lo sguardo
fisso nei suoi occhi.
Mentre la fanciulla alzava lo sguardo per incrociare quello
dell’amico, il proprio cuore iniziò a battere come impazzito e le guance si
colorarono di un rosso acceso. ‘Che mi succede?’, si domandò la fanciulla,
sentendosi strana come mai in vita sua. La trepidazione in lei aumentò a
dismisura nel momento in cui i suoi occhi nocciola incontrarono quelli marroni
del ragazzo, che l’aveva ormai superata notevolmente in statura. Ormai, in
confronto a lei, Taichi e Yamato sembravano quasi due giganti.
“Taichi…”, senza quasi accorgersene, la fanciulla si ritrovò a
sussurrare il nome del ragazzo, in un evidente stato di torpore.
“Sora, io…”, ripeté nuovamente allungando una mano verso di lei.
“C’è una cosa che io…che…”
“Sora!! Taichi!!”, il ragazzo venne bruscamente interrotto
dall’arrivo e dalla voce di Mimi.
Takenouchi scostò subito lo sguardo, imbarazzata, mentre al
contrario Taichi imprecava contro la digiprescelta della sincerità. ‘Ero così
vicino…ci ero quasi! Stavo per dirle che sono innamorato di lei, se non fosse
stato…accidenti!’, spossato, il ragazzo si passò una mano tra i capelli castani.
Nel frattempo Mimi, accompagnata da Koushiro, li raggiunsero.
“Ragazzi!! State andando da Iori?”, domandò, senza notare la
strana atmosfera che vibrava tra i due.
“S…sì”, rispose ancora lievemente imbarazzata Sora.
Non riusciva a capire cosa fosse successo. La sua mente, ancora
confusa per poco prima, faticava a comprendere i fatti appena accaduti.
Eppure…Taichi non si era mai comportato in quel modo. Lui…lui non l’aveva mai
guardata con quegli occhi…con quella strana espressione… Che significava? Cosa
stava per dirle poco prima? E soprattutto…cos’era quella strana sensazione che
si era accorta di provare?
“Ehi, Sora! Ci sei?!”, la chiamata in causa si riscosse giusto
in tempo per vedere Mimi sventolarle una mano davanti e guardarla
interrogativamente.
Sora sorrise, sforzandosi di apparire normale nonostante i
pensieri che si accalcavano nella sua mente.
“Che ne dite di andare? Così rischiamo di arrivare in ritardo!”,
cambiò discorso Mimi, prima di prendere sottobraccio l’amica e iniziare con lei
ad incamminarsi.
Rimasto più indietro, Koushiro non poté fare a meno di
sorridere, colpito da tanta esuberanza. Ma poi la sua attenzione si spostò sul
ragazzo ancora fermo al suo fianco.
“Stavi per dirglielo, non è vero?”, gli domandò, attirando così
il suo sguardo su di lui.
Izumi lo aveva capito subito, ma non era riuscito a frenare Mimi
in tempo.
“Già”, Taichi annuì. “E glielo avrei sicuramente detto se non
fosse stato per voi!”, aggiunse poi, guardandolo minacciosamente.
“Non guardarmi così, non è colpa mia! Mimi è partita in quarta e
io non sono riuscito a fermarla in tempo!”, si giustificò immediatamente
Koushiro, alzando le braccia come per difendersi.
“Beh, poco male. Vorrà dire che troverò un altro momento per
dirglielo”, non si lasciò comunque abbattere Taichi, che non a caso era il
custode della digipietra del coraggio.
Accanto a lui Koushiro gli lanciò un’occhiata perplessa. “Non
credi che dovresti dirlo prima a Yamato? Dopotutto questa cosa potrebbe
sconvolgere ogni equilibrio tra voi tre”, osservò.
Taichi ci pensò su per qualche istante. Forse Koushiro aveva
ragione. Forse era più giusto se a venirlo a sapere fosse prima stato Yamato.
Dopotutto, nel caso che lui e Sora…beh, di certo tra loro tre sarebbero
cambiate molte cose. E Yamato aveva tutto il diritto di saperlo.
“Sì, hai ragione”, accordò infine. “Vorrà dire che appena lo
vedo glielo dirò!”, aggiunse poi, con espressione decisa.
Izumi annuì, ben sapendo che era meglio così. Aveva capito
perfettamente che anche Yamato sapeva. D’altronde era presumibile considerato
che il giovane Ishida era un attento osservatore e conosceva Taichi da tanti
anni ormai. Per questo era più giusto che Kamiya gli andasse a parlare per
primo. Anche perché Koushiro aveva una strana sensazione…
“Ragazzi!! Che fate lì impalati?? Muovetevi!”, la voce di Mimi
lo riscosse dai suoi pensieri.
Izumi quasi non si accorse di stare sorridendo, mentre le
rispondeva di stare arrivando.
“Ehi, Yamato, ma che hai?”, il biondino alzò lo sguardo e
incrociò la figura ormai familiare di Hikaru, che come lui suonava la chitarra
elettrica.
“Eh?”, mormorò Ishida senza capire.
“Oggi sei taciturno e pensieroso”, aggiunse allora Kenichi,
mentre accordava il suo basso.
“Dillo a zio Yosuke che cos’hai!!”, gli si buttò praticamente
addosso un giovane ragazzo dai capelli ricciuti e biondicci ma dall’espressione
del viso estremamente cordiale.
“Smettila, stupido!”, lo rimproverò immediatamente Hikaru,
facendo una smorfia.
Yosuke poteva anche essere un batterista eccezionale, ma quanto
a stupidità…!
“Che c’è: hai litigato con la tua ragazza?”, continuò Yosuke
senza dar peso alle parole dell’amico.
Dal canto suo Ishida fece una smorfia seccata, ma non disse
nulla, ormai abituato all’esuberanza dell’amico.
Yosuke era una specie di Daisuke versione bionda. Yamato era
certo che i due si sarebbero trovati molto d’accordo!
“Penso che sia il caso di lasciar perdere”, intervenne una voce
seria e profonda, che attirò le attenzioni generali.
Il ragazzo che aveva appena parlato era Hisaki, il pianista del
gruppo. Hisaki era un tipo introverso, ma docile e dall’espressione affabile.
Generalmente era lui a riportare Yosuke alla serietà.
“Perché?”, domandò proprio il biondiccio, alzando un
sopracciglio sorpreso.
“Perché se Yamato non riesce a risolvere il dubbio che lo tormenta,
dubito che riusciremo a fare qualcosa”, spiegò allora Hisaki, mentre sistemava
il suo piano pronto per andarsene.
“Sì, concordo anch’io”, annuì anche Kenichi, posando il suo
basso all’interno della custodia.
“Ma…”, tentò allora di dire Yamato, ma Hikaru lo precedette.
“Va e risolvi prima il dubbio che ti tormenta!”, gli sorrise,
cordialmente.
Il giovane Ishida, allora, capì di non poter fare più nulla. Per
questo sorrise, grato, agli altri membri del gruppo. Quindi si alzò e,
sistemata la sua chitarra nel fodero, fece per andare via.
“Mi raccomando: la prossima volta voglio vederti tranquillo!”,
la voce di Yosuke gli giunse giusto in tempo, prima che la porta di ferro si
chiudesse alle spalle di Yamato.
La moto nera sfrecciava sulla strada semideserta del quartiere
di Odaiba, quasi fosse stata un fulmine. Ma Yamato non sembrava dar retta alla
velocità con cui camminava. Nella sua mente c’era un unico pensiero: arrivare
in fretta alla meta. Quel dubbio lo stava divorando. Lo avevano capito anche i
ragazzi. Yamato doveva assolutamente risolvere quel dilemma che lo dilaniava,
facendogli così perdere il contatto con le altre cose.
C’era stato a pensare tutta la notte. Non aveva praticamente
chiuso occhio, tanto i pensieri erano martellanti. Però…non aveva ancora
trovato il modo di risolvere quel dilemma una volta per tutte. Sapeva che
l’unico modo che aveva era di parlare con Taichi. Lui, la causa della sua
preoccupazione, gli avrebbe sicuramente dato la risposta che cercava.
Tuttavia…quella mattina non aveva saputo come chiederglielo. E così era rimasto
in silenzio. Semplicemente.
Yamato non avrebbe mai immaginato che una cosa simile potesse
investirlo a tal punto. Ma forse era concepibile. Lui non avrebbe mai
immaginato una cosa simile. Se non l’avesse visto con i suoi occhi, non
l’avrebbe mai creduto possibile. E invece…
Che doveva fare ora? Come comportarsi?
Se Taichi gli avesse confermato il dubbio che lo tormentava…cosa
avrebbe fatto?
Sentiva il vento dei cambiamenti proprio dietro la porta, pronto
ad investirlo. Le cose…gli stavano scivolando di mano troppo in fretta,
talmente tanto da non consentirgli nemmeno il tempo di capire.
Eppure…se solo non lo avesse visto con quei suoi occhi…chi mai
avrebbe creduto che Taichi si fosse davvero innamorato di Sora?
Una cosa del genere gli era sempre parsa impossibile. Non per
Sora, d’altronde era facile innamorarsi di lei. Lei era vitale, dolce,
sensibile, intelligente…carina… Lei era Sora! Però…chi mai avrebbe pensato che
Taichi si fosse mai accorto di questo? Chi avrebbe mai sospettato che un giorno
il ragazzo l’avrebbe vista con occhi diversi, oltre la pura amicizia?
Di certo non lui. Se Yamato non avesse notato lo sguardo perso
negli occhi di Taichi, appena il giorno prima, mentre parlava con Sora,
probabilmente non lo avrebbe mai notato. Perché non ci sarebbe mai andato a
pensare. E invece… Yamato era certo di non sbagliarsi. Conosceva l’amico troppo
bene e sapeva ormai riconoscere i suoi, anche più piccoli, sentimenti. Per
questo poteva affermare con certezza che lo sguardo che Taichi aveva rivolto a
Sora appena il giorno prima non era quello di sempre. Taichi se ne era
innamorato.
E lui…lui adesso correva come un pazzo solo per sentirsi dire
quelle parole da lui, dal suo miglior amico. Per averne l’assoluta certezza.
Per confutare quella piccola speranza di stare sbagliando. Ma lui sapeva bene
che non era così. Che aveva ragione.
E dopo quello tutto sarebbe cambiato. Era inesorabile. Niente
sarebbe stato più come prima. L’equilibrio tra loro tre si sarebbe certamente
spezzato, di questo Yamato ne era certo. Perché, sebbene non lo avesse mai dato
a vedere, c’era una cosa in tutto quello a dargli la certezza inconfutabile che
le cose sarebbero cambiate.
Non lo aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Taichi che era il
suo migliore amico. Neppure a Takero, che era suo fratello. Mai a nessuno.
Però…forse ora era giunto il tempo di portare a galla quel suo segreto. Non
l’aveva mai rivelato a nessuno perché non aveva mai voluto rischiare di far
cambiare le cose, tuttavia ora sapeva di non poter più tenerlo per sé. Ora…ora
le cose erano già cambiate.
Yamato parcheggiò la moto e corse di fretta all’interno della
palestra dove sapeva si teneva l’incontro di Iori. Già dall’esterno, sentì con
precisa chiarezza la voce dell’arbitro, sebbene le parole che dicesse non
fossero tanto discernibili. Senza però darvi molto peso, Yamato si diresse verso
l’entrata e, con pochissimo sforzo, la aprì. La porta scorse velocemente,
rivelando al suo interno il discreto numero di persone. Dopo una breve
occhiata, Yamato notò che Iori e compagni erano ancora tutti seduti, segno che
non era ancora iniziato l’incontro. Poi, senza pensarci su, si avvicinò alla
piccola folla di spettatori.
“Yamato!”, il primo a notarlo fu suo fratello, che lo accolse
sorpreso.
“Taichi?”, domandò in risposta il giovane Ishida.
Takero lo fissò per un istante e vide chiaramente una strana
apprensione brillare negli occhi zaffiro del fratello.
“Mio fratello e Sora devono ancora venire”, a rispondergli fu
però Hikari, fedelmente seduta accanto al proprio ragazzo.
Yamato pareva deluso.
“Perché, è successo qualcosa?”, domandò allora Takero,
preoccupato per il fratello.
“Devo parlargli. È urgente”, gli spiegò il giovane Ishida,
passandosi nervosamente una mano tra i capelli dorati.
“Vuoi aspettarlo fuori?”, chiese ancora Takaishi, intuendo che
doveva trattarsi di qualcosa davvero importante per mettere così in allarme il
fratello.
Yamato annuì e gli rivolse uno sguardo grato. Allora Takero si
rivolse ad Hikari e fece per dirle qualcosa, ma quella lo precedette.
“Va pure, non preoccuparti!”, lo tranquillizzò con un sorriso.
“Grazie!”, le sorrise riconoscente il ragazzo, avvicinandosi a
lei fino a depositarle un piccolo bacio sulle labbra.
Hikari vide il proprio ragazzo allontanarsi con il fratello e
immediatamente una strana preoccupazione la colse.
“Hikari, tutto bene?”, accanto a lei Ken la guardò apprensivo.
“Lo spero, Ken”, mormorò in risposta la giovane Kamiya, senza
però staccare lo sguardo dalla porta scorrevole della palestra.
“Ma questa non è la moto di Yamato?”, Mimi guardò perplessa il
veicolo a due ruote parcheggiato distrattamente proprio davanti la palestra.
“Sembra la sua”, confermò anche Sora, stupita di vederla lì.
“Ma non aveva le prove? E allora che ci fa già qui?”, domandò
quasi a se stessa Tachikawa, pensosa.
“Forse è riuscito a spicciarsi”, ipotizzò l’altra.
Erano ancora prese nella ricerca di una soluzione plausibile,
quando vennero raggiunse da Taichi e Koushiro, rimasti poco più dietro.
“La moto di Yamato?! È già qui?”, fu la pronta domanda di Izumi
non appena i suoi occhi videro l’oggetto.
A quella richiesta sia Mimi che Sora alzarono le spalle,
ignorando a loro volta la risposta. Taichi, invece, sembrava contento della
cosa. ‘Se Yamato è qui, potrò parlargli immediatamente!’, non poté fare a meno
di pensare, rallegrandosi per la cosa.
A togliere i dubbi comuni, comunque, ci pensarono l’arrivo di
Yamato, appunto, e di Takero.
“Yamato!! Che ci fai qui a quest’ora?”, gli domandò
immediatamente Sora, sorpresa di scoprire che fosse veramente lui.
Il ragazzo, però, non sembrò sentirla. “Taichi, devo parlarti”,
andò dritto al punto, guardando l’amico con espressione grave.
Il giovane Kamiya rimase piuttosto sorpreso di quella richiesta.
Credeva di essere l’unico ad avere qualcosa da dire! La sua meraviglia,
tuttavia, lasciò il tempo che trovò, prima di venir rimpiazzata da un senso di
allegria.
“Ma certo!”, colse la palla al balzo, approfittando della cosa
per dirgli finalmente a sua volta ciò che aveva da confessargli.
“Ragazze, dentro ci sono Hikari e Miyako che vi stanno
aspettando”, senza indugiare oltre, e intuendo che la questione richiedeva una
certa riservatezza, Takero fece gentilmente cenno alle due fanciulle di
entrare.
Seppur ancora palesemente stupite, Mimi e Sora decisero di
seguire il suo consiglio e si accomiatarono all’interno della palestra. Takero
le seguì con lo sguardo e quando finalmente le vide entrare, non poté evitare
di trarre un sospiro di sollievo. Poi il suo sguardo cadde sul fratello e Taichi,
quindi su Koushiro. Non gli ci volle molto per intendere il gesto del ragazzo.
“Beh, andiamo anche noi! Ci vediamo dentro!”, si accomiatarono,
contemporaneamente, anche i due ragazzi, rimanendo finalmente da soli Taichi e
Yamato.
Una lieve brezza aveva preso stranamente a tirare e il cielo si
era inaspettatamente coperto di alcune nuvole. Solo allora Taichi si rese conto
che anche la natura sembrava essersi accorta della quantità di novità che quel
discorso avrebbe apportato.
“Taichi”, la voce di Yamato risultò subito seria e profonda.
Il giovane Kamiya lo guardò per un istante. Erano ormai l’uno
contro l’altro, pronti a dirsi ogni cosa. Pronti, anche, a sentirsi rispondere
ogni cosa.
“Sai, Yamato, che anche io avevo urgente bisogno di parlarti?”,
fece allora Taichi, prendendo alla sprovvista l’amico.
Il biondino sentì un qualcosa colpirlo al cuore, ma cercò di non
darlo a vedere. ‘Ecco, adesso ne sono certo’, si disse tra sé e sé, ormai
conscio di aver avuto ragione a credere che…
“Allora andiamo dritti al punto”, lo incitò Yamato, ricevendo un
cenno d’assenso da parte dell’altro. “Si tratta di Sora, non è vero?”, chiese
poi, ben consapevole della risposta.
Più stupito appariva invece Taichi, che di certo non si era
aspettato una simile domanda. Aveva capito che il discorso di Yamato era
importante, ma non avrebbe mai immaginato che volesse parlargli proprio di lei. Anche se…Ishida lo conosceva ormai
bene. Sin troppo. Avrebbe dovuto aspettarselo.
“Sì”, rispose poco dopo, guardando l’amico negli occhi. “Si
tratta di lei”, confermò.
Yamato sentì una strana sensazione investirlo, che lo costrinse
a stringere le mani a pugno.
“Devi sapere che io…si insomma…”, Taichi prese un paio di
profondi respiri, ormai pronto a rivelargli ogni cosa. “Io mi sono innamorato
di Sora, Yamato”, disse finalmente, liberandosi così di quel peso che gli
gravava sul cuore.
Quelle parole furono un vero colpo al cuore per il giovane
Ishida. Quasi non si accorse di aver stretto le mani talmente tanto forte da
avere le nocche pallide. Ma non gli importava. Le parole di Taichi l’avevano
sconvolto troppo. Certo, aveva immaginato che le cose stessero così. Lo aveva
capito, però…sentirselo dire così apertamente era tutta un’altra cosa.
“Non me ne ero mai accorto, almeno fino a una settimana fa. Poi
però…qualcosa è cambiato. Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima, ma…”, le
parole gli morirono in gola, perché in effetti nemmeno lui sapeva di preciso
come giustificare quella sua mancanza.
Taichi attese con insolita pazienza una risposta, una reazione
da parte di Yamato. Ma quello sembrava essersi perso in un altro mondo, tra i
suoi pensieri.
“Yamato?”, lo richiamò allora Kamiya, riportandolo alla realtà.
Il biondino alzò finalmente lo sguardo per posare i suoi occhi
blu in quelli marroni dell’amico. Ancora stentava a credere a ciò che aveva
appena sentito. Taichi…lui non poteva essere davvero innamorato di Sora!
Quello…era assurdo! Avrebbe cambiato tutto. Lo avrebbe costretto ad ammettere
finalmente anche agli altri quello che da tempo custodiva nel suo cuore.
Avrebbe dovuto dire che…
“Era questo che volevi chiedermi, non è vero?”, Taichi lo guardò
negli occhi.
Adesso capiva il motivo per cui Koushiro avesse tanto insistito
affinché parlasse prima con Yamato. Il ragazzo aveva capito, prima di lui, che
il digiprescelto dell’amicizia aveva inteso ogni cosa. E lui stesso avrebbe
dovuto immaginarlo quando lo aveva visto lì, all’entrata della palestra.
“Sì”, non tardò ad arrivargli la risposta di Yamato. “E…”, ma
non terminò la frase, lasciò che fossero i suoi occhi a parlare per lui.
Taichi stava per chiedergli di continuare, quando d’un tratto
gli parve di capire. Scrutò attentamente l’amico in quelle pozze blu, mentre un
panico improvviso lo attanagliava. Come era possibile che Yamato fosse…?
“Yamato”, lo chiamò Taichi, deciso a chiarire quel suo dubbio.
“Yamato, dimmi la verità: tu…anche tu sei innamorato di lei, non è vero?”,
chiese finalmente, stando bene attento a ogni sua più piccola reazione.
Ma mentre il cuore di Taichi correva veloce, quello di Yamato
sembrava aver subito un arresto a quella domanda. Mai nessuno gli aveva rivolto
un quesito del genere e forse proprio per questo lui non era mai stato
costretto a rispondere, a confessare che…
“Sì”, rispose lapidario Yamato, rivelando finalmente per la
prima volta a qualcuno i suoi veri sentimenti nei confronti della fanciulla.
Stavolta fu il turno di Taichi di subire un arresto cardiaco. Il
ragazzo ci impiegò un paio di secondi prima di riuscire finalmente a intendere
cosa l’amico avesse appena detto. Quando finalmente ci riuscì, fu come se una
seconda pugnalata, più forte della prima, lo colpisse nuovamente al petto. Ciò
che aveva sempre più temuto…Taichi vedeva i suoi timori tramutarsi in realtà. E
questo lo spaventava ancor di più.
“Da quanto tempo…quando hai capito che…?”, balbettò, ancora
incredulo.
Yamato, a quella domanda, sospirò. “L’anno scorso”, rispose,
distogliendo lo sguardo per non dover incrociare lo sguardo allibito
dell’amico.
“L’anno…scorso…”, Taichi sembrava scioccato.
Non poteva crederci…non riusciva a credere che… ‘Un anno fa…come
ho fatto a non accorgermene? Per tutto questo tempo…’, Taichi dovette ricorrere
a tutta la sua forza d’animo per non cadere a terra, tanto era rimasto
sconvolto da quella notizia. Era inammissibile che non si fosse mai accorto di
nulla! Nemmeno il pensiero che Yamato era abile nel celare i propri sentimenti,
gli diede sollievo. Lui…lui era il suo miglior amico! Come aveva fatto a non
accorgersene? Yamato, invece, lo aveva capito nel giro di un giorno…di pochi
istanti. Mentre lui…ci era servito Ishida per farglielo capire.
“Scusami, Taichi”, la voce del biondino sorprese, per la prima
volta nel giro di poco tempo, Kamiya.
Il moretto si voltò verso l’amico, stupito di sentire parole di
scusa dalle sue labbra. Yamato non era il tipo da lasciarsi andare a quel
genere di formule…di solito, lui, non chiedeva scusa. Certo, sapeva ammettere i
proprio sbagli, però…scusa…
“Ho sbagliato prima io a non dirti niente. Mi dispiace”,
continuò il giovane Ishida, volgendo nuovamente lo sguardo su di lui.
In quel momento, leggendo nei suoi profondi occhi blu, Taichi
capì che Yamato era veramente dispiaciuto.
“Perché non mi hai mai detto niente?”, si tolse il pizzico
Taichi.
“Perché non volevo che le cose cambiassero”, rispose allora
Yamato, abbassando nuovamente lo sguardo fino a incrociare le sue mani, ancora
strette a pugno. “Se ti avessi detto che mi ero innamorato di Sora, tu…sarebbe
cambiato tutto tra noi tre”, spiegò, e Taichi capì quanto avesse avuto ragione.
Dopotutto, non aveva anche lui temuto, appena una settimana
prima, una cosa del genere? Non aveva anche lui avuto paura che tra loro tre
tutto cambiasse? Solo che…a lui quella paura lo aveva avvinto appena dopo una
settimana, mentre Yamato…lui aveva saputo avvincerla per tutto quel tempo… Lui
era riuscito a tenersi nascosto una cosa del genere per un anno, senza mai
parlarne con nessuno. Al posto suo, Taichi era convinto che sarebbe impazzito
prima.
“Yamato?”, lo chiamò d’un tratto il moretto, richiamando lo
sguardo dell’amico su di sé. “Anche se noi due siamo innamorati della stessa
persona…di Sora…prometti, promettimi che non cambierà nulla tra di noi.
Promettimi che rimarremo amici, qualunque sia la sua scelta alla fine.
Promettimi che la nostra amicizia, qualsiasi epilogo questa storia prenderà,
non ne sarà intaccata. Promettimelo, Yamato…”, lo pregò quasi, con sguardo
supplice.
Il biondino lo fissò per un lungo istante, prima che un
meraviglioso sorriso gli illuminasse il volto.
“Te lo prometto, Taichi”, affermò, contento di sentire quelle
parole da lui. “Qualunque sarà l’esito finale…chiunque di noi due Sora
sceglierà alla fine, noi…noi rimarremo amici comunque. Per sempre”
Il cuore di Kamiya sobbalzò sollevato, mentre un sorriso gli
arricciava le labbra. ‘Sì…amici per sempre…Yamato’
Sora si girò nel letto per l’ennesima volta, incapace di
chiudere occhio. Per quanto si sforzasse di mettere a tacere i suoi mille
pensieri, quelli finivano sempre col sopraffarla, impedendole di dormire. Alla
fine, stanca di quel continuo scontro contro se stessa, Sora decise di lasciar
perdere di dormire e di concentrarsi finalmente sui mille dubbi che
l’assalivano.
Era da quando Mimi e Koushiro li avevano interrotti che
continuava a pensarci, anche se più volte si era detta di non farlo.
Tuttavia…come poteva non tornare con la mente a quello che era successo appena
quel pomeriggio? Il modo in cui Taichi l’aveva guardata…era stato così…strano!
Totalmente diverso da come la guardava di solito. E poi…cosa stava per dirle?
Almeno a giudicare dall’espressione sul suo volto sembrava una cosa veramente
importante. Ma di cosa si poteva mai trattare? Cosa poteva essere?
Sora trepidava d’impazienza. Voleva assolutamente capire…sapere
cosa il ragazzo voleva dirle. Ma allo stesso tempo, una parte del suo cuore la
metteva in guardia da quelle parole. Una parte, in lei, le diceva di non
domandare nulla, di non sapere, perché era meglio così. Era meglio per lei non
sapere nulla. Forse quella piccola parte aveva già intuito qualcosa…
Ma non era solo quello a riempire così profondamente la mente di
Sora. C’era dell’altro. Dopo il discorso avvenuto tra Taichi e Yamato, lei
aveva sentito come qualcosa che cambiava radicalmente. Quando li aveva visti
rientrare, per poco non era morta dalla curiosità di domandare loro di cosa
avessero parlato…cosa si fossero detti di tanto urgente. Ma poi…qualcosa
l’aveva trattenuta. E così alla fine non aveva osato domandare nulla a
riguardo. Aveva messo da parte la curiosità e aveva cercato di concentrarsi
sulla gara che avveniva proprio lì di fronte a lei.
Ma ancora una volta Taichi e Yamato avevano mandato a monte i
suoi propositi di non pensare. Sora non sapeva bene come spiegarselo, però
quando li aveva visti sedersi lì, accanto a lei…aveva provato come un tuffo al
cuore nell’averli entrambe così vicino. L’uno a destra e l’altro a sinistra.
Nessuno dei due le aveva detto niente. Non una parola. Tuttavia…lei aveva
ugualmente avvertito che qualcosa era cambiato. Non tra loro due, ma tra lei e
entrambe i due ragazzi. Era come cambiato qualcosa. Lo aveva percepito
chiaramente. Ma non aveva osato chiedere nulla. Era stata in silenzio,
semplicemente.
Sora si mise a sedere si portò il capo tra le mani, spossata.
Sentiva di dover parlare con qualcuno. Però…che poteva mai dire? Dopotutto
nemmeno lei sapeva bene cosa stesse succedendo. ‘Forse la cosa migliore è
parlare direttamente con Taichi e Yamato. Almeno loro…sapranno darmi una
spiegazione’, si disse tra sé e sé, consapevole che quella fosse la soluzione
migliore. Solo che…aveva una strana paura. Una paura matta di scoprire la
verità.
Le vetrine di Odaiba pullulavano di nuovi acquisti, messi ancor
più in risalto dai mille colori che trasparivano da esse. Eppure Sora non
sembrava colpita da tutto ciò. L’unica ragione che l’aveva spinta ad uscire,
quella domenica pomeriggio, era stata la speranza di trovare un po’ di pace
almeno lì. Era tutto il weekend che i suoi pensieri la tartassavano e così alla
fine Sora aveva deciso di provare ad uscire un po’. In genere, quando aveva un
problema, trovava sempre un certo sollievo ad uscire. Anche se…generalmente con
lei c’erano Taichi e Yamato.
Sora si ammonì mentalmente, ripromettendosi di non pensarci.
Avrebbe anche potuto chiamarli, però…non se l’era sentita alla fine. Non sapeva
se era pronta ad accogliere ciò che loro aveva da dirle. Aveva provato a
chiamare anche Mimi, almeno per poter parlare un po’ con lei, ma la ragazza
sfortunatamente non era in casa. Era uscita con i suoi genitori e sarebbe
tornata solo la sera. Per quanto riguardava le altre due amiche…beh, Miyako era
uscita con Ken, mentre Hikari…Sora non l’aveva chiamata, non voleva correre il
rischio di parlare con Taichi. Si sentiva una stupida a comportarsi a quel
modo, lo sapeva, però…ancora non se la sentiva ad affrontarlo. Non dopo
l’ultima volta, quando lui… E comunque Hikari sicuramente aveva da fare con
Takero, quindi…!
Sora sospirò e si avvicinò distrattamente ad un negozio di
oggetti. Non sapeva nemmeno perché si era avvicinata…forse attratta da tutti
quei colori. Però ora che si trovava lì, faticava a concentrarsi sulla merce.
Il suo pensiero era ormai fisso sui suoi due amici. Sul loro comportamento
l’ultima volta che si erano visti…sulle strane sensazione provate in quell’ultimo
tempo…
‘Probabilmente sto sbagliando tutto. Forse dovrei solo chiedere
loro cosa è successo, però…’, Sora si sentì stupida per quella sua
vigliaccheria. Di solito non avrebbe esitato a fare chiarezza, ma ora…le
sembrava tutto diverso. Forse perché dentro di sé avvertiva già chiara una
strana inquietudine…
“Sora?”, la fanciulla sobbalzò nel riconoscere quella voce che
l’aveva appena chiamata.
La ragazza si voltò lentamente e il cuore le arrivò in gola non
appena i suoi occhi incrociarono la figura familiare di Taichi. Era da solo.
“Taichi!”, esclamò la fanciulla, arrossendo involontariamente
quando incrociò il suo sguardo.
“Dove stai andando?”, le chiese lui a quel punto, curioso.
“Da nessuna parte. Facevo un giro”, rispose vaga lei. “Tu?”,
aggiunse poi, alzando finalmente lo sguardo su di lui.
“La mamma mi ha mandato a fare la spesa”, Taichi accennò alle
due grosse buste che teneva in una mano.
Sora, allora, annuì, prima di ritornare in silenzio. Fu
nuovamente il ragazzo a fugare quel velo.
“Ti va di fare la strada insieme?”, le domandò senza giri di
parole, guardandola serio.
La giovane Takenouchi arrossì impercettibilmente, ma prima che
se ne rendesse conto si ritrovò ad annuire.
Sora e Taichi camminavano lungo la strada immersi in un insolito
silenzio. Generalmente, non sarebbe mai capitato di vederli così taciturni,
però…in quel caso…
“Taichi, posso farti una domanda?”, fu proprio Sora, cogliendo
inaspettatamente il ragazzo, a fugare quel silenzio inusuale venutosi a creare.
Il giovane Kamiya la guardò interrogativamente, ma tuttavia
annuì. Sora, allora, trasse un paio di profondi respiri, ormai decisa a
chiedergli tutto. Ora, più che mai, voleva assolutamente sapere cosa Taichi e
Yamato si erano detti, per capire così cos’era quella strana aria che aveva
avvertito al loro rientro.
“Tu e Yamato…di cosa avete parlato, se posso?”, chiese
finalmente, guardandolo dritto negli occhi con aria decisa. “So di sembrare
un’impicciona, però…quando siete rientrati in palestra io…io ho avvertito
qualcosa di strano. Per questo io…vorrei sapere”, spiegò, senza smettere di
fissarlo.
Taichi a quella domanda si fermò di scatto, colto alla
sprovvista. Non credeva che Sora si fosse davvero accorta che qualcosa era
cambiato…però, dopotutto, c’era da aspettarselo. Lei era una ragazza
intelligente. Doveva aver immaginato qualcosa.
“Taichi?”, lo richiamò la fanciulla, portandosi davanti a lui.
Il moretto sospirò. Ecco, era arrivato il momento della verità.
Il momento di dirle dei suoi sentimenti.
“Sora, io…io e Yamato abbiamo parlato, è vero. Di te”, confessò,
cercando le parole migliori per confessarsi a lei.
Non le avrebbe detto che anche Yamato…no, non sarebbe stato
giusto. Doveva farlo lui stesso. Però poteva dirle che anche lui era innamorato
di lei. E lo avrebbe fatto. Ormai era deciso.
Dal canto suo, Sora si sentì un po’ spiazzata da quella
rivelazione. Ma d’altronde quella era l’unica che avrebbe spiegato la strana
sensazione che aveva provato al loro rientro.
“Sora, c’è una cosa che io devo assolutamente dirti. Una cosa importante,
che riguarda me…te…noi due…”, Taichi abbassò lo sguardo, consapevole che se
avesse continuato a fissarla, la forza di dirle tutto gli sarebbe venuta meno.
Nel frattempo la fanciulla sentiva il proprio cuore come
impazzito nel petto. Batteva martellante, quasi fosse stato un tamburo,
incapace di resistere oltre. Anche se in cuor suo era ben consapevole che
quello che Taichi le avrebbe detto avrebbe potuto cambiare ogni cosa, adesso
Sora avvertiva l’unico desiderio di saperlo subito. Immediatamente. Non poteva
più aspettare. Non poteva più crogiolarsi così nell’inconsapevolezza.
“Sora, io… Io mi sono innamorato di te, Sora”, Taichi alzò lo
sguardo e lo fissò in quello della fanciulla.
La vide impallidire, palesemente sgomenta. Di certo la ragazza
non si sarebbe mai attesa una cosa del genere…una rivelazione simile…
“Mi dispiace, ma…dovevo dirtelo”, il giovane Kamiya abbassò lo
sguardo, stringendo la mano libera a pugno.
Non voleva sconvolgerla così, però…non poteva nemmeno più
rimanere in silenzio.
“Scusami”, mormorò solo, prima di voltarsi e iniziare a correre,
via, lontano da lì, da lei.
Taichi voleva solo allontanarsi. Inaspettatamente, voleva
correre via. E poi sapeva che la ragazza aveva bisogno di un po’ di tempo per
cercare di capire, per percepire cosa lui le avesse appena detto. Eppure…ora
che si era tolto quel peso dal cuore, lui…si sentiva più libero. E…felice.
Taichi quasi non si accorse di stare sorridendo, mentre il suo cuore sembrava
tirare come un sospiro di sollievo.
“Scusami”, Taichi sussurrò appena quelle parole, prima di
voltarsi e iniziare a correre via.
Sora alzò un braccio per tentare di fermarlo. Ma poi ci ripensò.
Forse…forse era meglio così. Lei…lei aveva bisogno di un po’ di tempo. Per
capire. Per mettere a fuoco ciò che lui le avesse appena detto.
A Sora sembrava incredibile che davvero Taichi le avesse detto
di…di essere innamorato di lei. Per lui lei era sempre stata la sua migliore
amica, ma mai una possibile…ragazza! Taichi non l’aveva mai vista in quel modo,
nemmeno quando, un tempo, lei gli era andata dietro. Sora ricordava ancora
perfettamente la sua cotta per lui. Durante tutto il suo primo viaggio a
Digiworld lei ne era stata innamorata, colpita dalla sua allegria e dal suo
modo di fare così solare. Ma poi…poi le cose erano cambiate. Lei aveva capito
di considerarlo solo un amico. Un caro amico. E così era scomparsa anche la sua
cotta per lui. Ma ora…un tempo sarebbe stata felice di sentire quelle cose da
lui, ma adesso?
Sora era confusa. Terribilmente confusa.
Non si era nemmeno accorta di stare camminando. Non aveva
nemmeno notato che il cielo si avvicinava all’ora del tramonto. Tutto il suo
essere era stato preso dai propri pensieri. Dalle parole di Taichi… Ora più che
mai Sora avvertiva il bisogno di parlare con qualcuno. Di sfogarsi con un buon
amico. Generalmente sarebbe corsa da Taichi, oppure da…
Il fluire dei suoi pensieri venne interrotto da qualcosa, o
qualcuno, che andò ad ostacolarle il cammino. Sora alzò lo sguardo e il cuore
le sussultò nel petto quando vide, ritto di fronte a lei…
“Yamato”, sussurrò appena il suo nome, quasi avesse paura.
Il biondino la guardò in silenzio. Sembrava preoccupato. Però i
suoi occhi blu apparvero così confortanti a Sora…così amichevoli… E lei in quel
momento aveva bisogno proprio di quello: di un abbraccio amico.
“Oh, Yamato”, senza aggiungere altro, la fanciulla lo abbracciò,
appoggiando il capo sul suo petto muscoloso.
Il giovane Ishida sentì due mani circondargli dolcemente il
petto, mentre pian piano la testa della ragazza si adagiava a lui. L’aveva
vista camminare con l’animo stravolto per le strade di Odaiba e quasi non si
era accorta di lui fino a quando non vi aveva sbattuto contro. Yamato l’aveva
osservata negli occhi, sin nel profondo, e aveva capito che Taichi le aveva
parlato. Per questo Sora ora era in quelle condizioni.
Senza dire nulla, Yamato la strinse dolcemente a sé, al suo
cuore, sperando che riuscisse a capire, con quel gesto, che in ogni caso lui
c’era. Era lì, per lei. Qualunque cosa fosse accaduta…lui c’era. Sempre.
La sentì piangere, confortata forse da quel caldo abbraccio.
Yamato non le disse niente, la lasciò fare. Era giusto così. Era
meglio così. Anche se…sapere che stava piangendo per un altro ragazzo…questo,
lo faceva sentire dannatamente male.
“Taichi?”, Sora abbassò timidamente lo sguardo, cercando di
trovare dentro di sé la forza necessaria.
Era stato Yamato a spingerla da lui. Quel lunedì mattina lei e
Taichi non si erano scambiati una parola, troppo imbarazzati dal loro ultimo
incontro per farlo. Avevano passato tutta la mattinata a cercare di evitarsi,
ad abbassare lo sguardo quando i loro occhi si incontravano e a non dire nulla
quando erano insieme. Poi, all’ora di ricreazione, Sora era uscita e Yamato
l’aveva raggiunta. Una volta da soli, nel cortile, il ragazzo le aveva detto di
andare a parlare con Taichi. Di risolvere quella situazione tra loro, perché
non era giusto rimanere così in sospeso la cosa. Sora aveva subito capito
quanto l’amico avesse ragione e così, mettendo da parte l’imbarazzo, alla fine
si era decisa ad andare a parlare con Taichi.
Non fu molto difficile per lei indovinare il luogo in cui si
trovava. Praticamente, il ragazzo era rimasto lì dove lo aveva lasciato: in
classe.
“Taichi, noi…dobbiamo parlare”, la giovane Takenouchi avanzò di
qualche passo nella sua direzione, richiamando a sé tutto il coraggio di cui
era capace.
Dal canto suo Taichi sembrava piuttosto sorpreso della cosa. Ma
palesemente contento di vederla lì.
“È per quello che ti ho detto ieri, non è vero?”, intuì
immediatamente lui, prima di abbassare lo sguardo imbarazzato, imitato subito
dalla fanciulla.
“Sì”, rispose tuttavia lei, facendosi forza e alzando lo
sguardo.
Sora stava per dire qualcosa, ma il ragazzo la precedette.
“So bene che tu non te lo aspettavi. Cosa credi, mica sono
stupido? Tuttavia…dovevo dirtelo. Dovevi saperlo. E così…”, Taichi arrossì
lievemente, ma si sforzò di continuare. “Però devi promettermi una cosa, Sora.
Devi giurarmi che in ogni caso, qualunque sia la tua decisione, l’amicizia tra
noi non cambi…non ne venga compromessa”, la guardò serio negli occhi, e Sora
capì che la stava quasi pregando.
La fanciulla dai capelli ramati non poté fare a meno di
sorridere. Era quello ciò che più voleva sentirsi dire. Anche se confusa, Sora
sapeva bene di non poter fare a meno della sua amicizia. Taichi…era troppo
importante per lei per rischiare di perderlo così.
Senza pensarci oltre, la fanciulla corse ad abbracciarlo.
“Grazie Taichi!”, esclamò felice.
“Sora…”, fece allora per dire lui, ma lei lo interruppe.
“Io non so cosa provo per te…non ancora. La tua dichiarazione mi
ha colta di sorpresa, lo ammetto. Però…so per certo che non vorrò mai perderti.
In nessun caso, Taichi”, alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi.
“Sora”, adesso avevano entrambe gli occhi lucidi.
“Ti voglio bene, Taichi!”, Takenouchi si strinse affettuosamente
a lui, sentendo immediatamente le braccia del ragazzo rispondere al suo
abbraccio.
“Te ne voglio anch’io, Sora”, mormorò di rimando lui, contento
che quella situazione si fosse, almeno momentaneamente, risolta.
Presi come era da quell’abbraccio affettuoso, né Taichi né Sora
si accorsero della figura che li osservava, silenziosa, dalla porta.
Yamato gettò loro un’ultima occhiata, contento che avessero,
almeno per ora, chiarito. Poi, tuffando le mani nelle tasche, si allontanò da
lì. Con l’espressione del viso un po’ corrucciata e il cuore dolorante.
“Yamato! Yamato aspetta!!”, il biondino si voltò giusto in tempo
per vedere Sora raggiungerlo.
Il giovane Ishida alzò un sopracciglio, sorpreso.
“Yamato, io…”, la fanciulla prese un paio di profondi respiri,
cercando così di stabilizzare il suo battito cardiaco dopo la corsa che era
stata costretta a fare per raggiungerlo. “Io volevo…volevo solo ringraziarti
per…per tutto quanto”, Sora alzò lo sguardo, ma i suoi tentativi di riportare
il battito del suo cuore a un livello normale vanificarono nel momento stesso
in cui incrociò gli occhi profondi dell’amico.
‘Che mi succede?’, si domandò la ragazza, sentendosi stranamente
agitata.
Dal canto suo Yamato la guardò per un lungo istante in silenzio.
Non voleva la sua gratitudine, non l’aveva fatto per questo. Lui voleva solo
che lei fosse felice. Indipendentemente da tutto. Anche se questo per lui
significava soffrire.
“Allora avete chiarito”, ne dedusse Yamato, tralasciando il
fatto di averli visti, appena poco prima.
Il sorriso sul volto di Sora fu eloquente. “Sì!!”, rispose
raggiante la ragazza.
Yamato la guardò e non poté fare a meno di intenerirsi di fronte
all’espressione dolce sul volto della fanciulla. Sembrava quasi una bambina, in
quel momento, contenta per aver fatto la pace con un amichetto.
“Sono contento”, il biondino alzò un braccio e le arruffò
affettuosamente i capelli, come si fa con i bambini.
Sora arrossì lievemente a quel tocco, sentendosi veramente
piccola nei suoi confronti. Però…non poteva negare di sentirsi veramente felice
in quel momento. Aveva chiarito con Taichi, in più Yamato sembrava veramente
felice di questo. Ma poi si diede mentalmente della stupida. ‘Ma certo che lo
è! Siamo i suoi due migliori amici, chi vorrebbe vederli litigare?!’, si
rimproverò, facendo la linguaccia a se stessa. D’improvviso Sora si ritrovò a
chiedersi se per caso Yamato fosse a conoscenza dei sentimenti di Taichi per
lei.
Quel pensiero la colpì profondamente, tanto da alzare lo sguardo
sul ragazzo che le era di fronte fino a fissarlo indagatrice. Voleva tanto
chiederglielo, però…da una parte aveva una profonda paura di sentirne la
risposta.
Dal canto suo Yamato aspettò che fosse lei a parlare, sebbene
conoscesse già la domanda che aveva da porgli. Lo aveva scorto nei suoi occhi
che era quello che lei voleva sapere
da lui.
“Yamato?”, Sora finalmente sembrò farsi coraggio.
Lui la fissò negli occhi, senza dire nulla.
“Tu…tu sapevi che…sapevi che Taichi si fosse…sì insomma, che
lui…”, balbettò impacciata la fanciulla, ma non riuscì a terminare la frase che
le parole del ragazzo la precedettero.
“Sì, lo sapevo”, confessò il biondino, senza distogliere per un
solo istante lo sguardo dagli occhi nocciola di lei, che ora lo fissavano
attoniti.
Il cuore di Sora aveva avuto un balzo, colto alla sprovvista da
quella rivelazione. La fanciulla non poteva credere alle proprie orecchie…
‘Yamato lo sapeva…lui…lo sapeva…’, continuava a ripetersi, incredula. Anche
quando lui l’aveva spinta ad andare da Taichi, per chiarire, lui…Yamato sapeva.
Sora non riusciva a capire perché questo pensiero la sconvolgesse tanto.
Dopotutto avrebbe dovuto aspettarselo. Anzi, a ben pensarci anche Taichi le
aveva detto di aver parlato con Yamato di lei, tuttavia…non si era di certo
aspettata che il ragazzo fosse andato a dire all’amico proprio che era
innamorato di lei. Non che ci fosse qualcosa di male. Yamato era pur sempre il
miglior amico di Taichi! Però…perché Yamato non aveva detto niente a lei?
Perché quando l’aveva incontrata, il pomeriggio precedente, non le aveva detto
nulla a riguardo? E nemmeno prima…
“Ci vediamo!”, la giovane Takenouchi rimase come inebetita a
fissare l’amico mentre si allontanava, con le mani in tasca e il volto rivolto
a un punto indefinito di fronte a sé.
‘Yamato…cosa sono io per te? Solo una semplice amica o…cosa?’,
non poté fare a meno di chiedersi, per la prima volta, completamente
frastornata.
Takero fissò, con aria stralunata, il fratello mentre si
allacciava le scarpe.
“Hai sentito quello che ti ho detto, Yamato?”, domandò quasi a
se stesso, incredulo.
Venendo lì, di certo non si sarebbe aspettato di trovare una
simile reazione nel fratello. Sembrava quasi…che a lui non importasse nulla.
“Sì, ho sentito”, confermò Yamato, senza però alzare lo sguardo
e concentrandosi solo su quello che stava facendo.
Takero sbatté le palpebre più volte. Stentava a crederci. E
pensare che lui aveva sempre pensato che…
“Io non capisco…credevo che ti desse almeno un po’ fastidio che
Taichi avesse chiesto a Sora di uscire con lui!”, ribatté il giovane Takaishi,
passandosi confuso una mano tra i biondi capelli.
Yamato a quelle parole sentì, per la seconda volta nel giro di
pochi istanti, il proprio cuore fremere. Gli dava fastidio, terribilmente
fastidio! Gli bruciava in petto e gli faceva prudere le mani, però sapeva che
era giusto così. Per rispetto di Taichi.
“Io…io pensavo che tu fossi innamorato di Sora…”, Takero si
appoggiò al muro, lasciandosi sfuggire quel pensiero che aveva da sempre tenuto
segreto al fratello.
“Come??”, Yamato a quelle parole si voltò di scatto verso di lui
e lo guardò allibito.
Come faceva Takero a sapere che…? Lui non glielo aveva mai
detto! E dubitava che fosse stato Taichi a rivelargli una cosa simile.
Allora…?!
“L’ho capito da solo. Questo inverno”, spiegò allora Takaishi,
sostenendo lo sguardo dell’altro.
Yamato sospirò, prima di tornare a voltarsi per finire di
sistemarsi i lacci delle scarpe. Non doveva meravigliarsi. Non ce n’era motivo.
Takero era un tipo sveglio e in più era suo fratello. Lo conosceva ormai bene e
aveva imparato a leggere nei suoi occhi, l’unico spazio dove Yamato concedeva
ai propri sentimenti la libertà di esprimersi.
“Yamato…perché lasci che sia solo Taichi a combattere per lei?”,
la domanda di Takero lo colpì in pieno centro.
Il giovane Takaishi vide il fratello maggiore smettere per un
istante di fare quello che stava facendo, rapito forse dai suoi pensieri, prima
di ritornare ad occuparsene nuovamente, con più energia di prima.
“È giusto così. Taichi è innamorato di lei e…Sora…lei…”, abbassò
il capo, mestamente.
“Come fai a dirlo così con certezza?? Lei non sa neanche che tu
sei innamorato di lei!”, sbottò allora Takero, che, per quanto si sforzasse,
proprio non riusciva a capire il comportamento del ragazzo.
Yamato sospirò. Takero aveva ragione, però…
“Cosa ti impedisce di dire a Sora che ne sei innamorato,
Yamato?”, il giovane Takaishi guardò il fratello con aria sorprendentemente
seria. “Dovresti provare a chiedertelo se è solo l’amicizia per Taichi o la
paura di ricevere un no come risposta da lei”
I freni della metropolitana stridettero lungo il binario in
acciaio, prima di fermarsi completamente e lasciar così uscire i passeggeri per
farne posto ad altri.
“Vieni, Sora!”, Taichi le prese affettuosamente una mano e,
senza notare il lieve rossore che le aveva colorato il volto, la aiutò ad
uscire all’esterno della stazione.
Un tiepido sole li accolse dolcemente, rivelando che ormai la
bella stagione si avvicinava al suo punto di culmine meraviglia.
Ancora in quel momento, mentre camminava accanto all’amico per
le strade affollate di Tokyo, Sora stentava a credere che quello fosse davvero
il loro primo appuntamento assieme. Certo, erano già usciti insieme più volte
in precedenza, ma quella volta…era diverso. Ora Taichi le aveva proposto di
uscire come si fa in un vero e proprio appuntamento. E lei, sebbene un iniziale
imbarazzo, si era ritrovata ad accettare. Forse, almeno così, il suo cuore
avrebbe finalmente capito cosa provasse nei suoi riguardi. Avrebbe finalmente
capito se era innamorata ancora di lui o se davvero nutrisse per il ragazzo dei
semplici sentimenti di amicizia.
“Ti va di mangiare qualcosa?”, le propose d’un tratto Taichi,
voltandosi verso di lei e sorridendole dolcemente.
Sora sentì il proprio cuore subire un arresto di fronte a quel
luminoso sorriso che gli illuminava il volto, ma non poté non annuire.
“Va bene”, accordò, sorridendo timidamente.
“Benissimo!!”, Taichi sembrava veramente entusiasta della cosa.
Senza dire null’altro, il giovane la condusse in un locale molto
carino non molto distante da lì. Non era molto grande, ma in compenso il suo
arredamento pareva di buon gusto e riusciva a renderlo, da solo, un posto
davvero molto accogliente. Proprio sul fondo del locale, un grosso bancone da
bar faceva bella mostra di sé, esibendo un ottimo assortimento di vivande.
“Prendi qualcosa?”, Taichi fece cenno alla fanciulla di
accomodarsi a uno dei tavolini in marmo che riempivano la saletta.
“Solo un the freddo, grazie”, gli sorrise grata Sora.
“Al limone, giusto?”, il giovane Kamiya ricordò per un istante
che alla ragazza piaceva solo quel genere di the e che di conseguenza gradiva
poco quello alla pesca.
“Arrivo subito, madamoiselle!”,
esclamò allora Taichi in un francese impeccabile, prima di allontanarsi per un
istante da lei.
Sora seguì la sagoma del ragazzo mentre conversava con il
barista per fare appunto le ordinazioni. E inavvertitamente le venne da
sorridere. Quando Taichi le aveva proposto di uscire con lui, Sora non si
sarebbe mai immaginata che potesse stare davvero così bene. In lei una parte
del suo cuore le aveva gridato che sarebbe stato tutto diverso dalle solite
volte, che sarebbe stata agitata per tutto il tempo e che sarebbe stato come
uscire per la prima volta con un ragazzo. Invece poi proprio quella parte aveva
dovuto ricredersi. Taichi non solo si era dimostrato come il ragazzo che
conosceva da sempre, ma era stato infinitamente dolce con lei. E poi l’aveva
fatta ridere davvero tanto! Anche se la mattina era appena cominciata e di
fronte a loro si stagliavano inesorabili le ore che li separavano ancora dal
pomeriggio, Sora si sentiva veramente serena. Una sensazione che Taichi sapeva
trasmetterle perfettamente. Lui, con i suoi modi di fare così sciolti e
spontanei, riusciva a farla sentire bene sempre e comunque, in ogni occasione.
“Ecco a lei, signorina!”, Sora sorrise quando il ragazzo ritornò
con le richieste.
Per tutta risposta Taichi le rivolse un meraviglioso sorriso. Era
contento, veramente contento di stare lì con lei in quel momento.
“Takero!”, Hikari sorrise nel riconoscere la figura del proprio
ragazzo che si avvicinava a lei. “Sei arrivato finalmente!”, esclamò buttandosi
tra le sue braccia quando lui l’ebbe raggiunta.
“Scusami, ero con Yamato”, si giustificò allora il giovane
Takaishi, sorridendole dolcemente.
Hikari sentì il proprio cuore sciogliersi come neve al sole e
capì di non poter essere arrabbiata con lui. Di non saperne proprio essere
capace.
“Andiamo?”, gli sorrise allora, separandosi da lui e
prendendogli affettuosamente una mano.
Takero annuì e, dopo averle rivolto uno sguardo ricolmo
d’affetto, iniziò ad incamminarsi con lei per le strade di Odaiba. Non avevano
una meta precisa. Non si erano neanche preoccupati di averne una. L’importante
per loro era di stare insieme, di poter trascorrere un po’ di tempo in
compagnia dell’altro; poi la meta passava in secondo piano.
“Hai detto che eri con Yamato…gli hai parlato?”, la giovane
Kamiya fugò il silenzio creatosi riferendosi alle parole di poco prima.
Il biondino annuì. “Sì”, confermò.
Hikari, allora, lo guardò stramente apprensiva. “E…che ti ha
detto?”, domandò con un filo di voce.
Anche se Takero non le aveva mai detto apertamente che Yamato
era innamorato di Sora, non le ci era voluto molto a capirlo da sé. Anche se
per averne la certezza aveva dovuto attendere il giorno dell’incontro di Iori,
quando aveva visto Yamato entrare di corsa come un forsennato alla ricerca di
Taichi. Era stato allora che il suo cuore aveva finalmente appurato la verità:
Yamato era innamorato di Sora. Parlandone con Takero e poi ancora con Taichi,
quella sua sensazione si era rivelata un vero e proprio fondamento. Tuttavia…sapere
che anche il fratello si era innamorato della digiprescelta dell’amore… Hikari
non sapeva spiegarsi il motivo, però sentiva che quella situazione poteva
essere una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere da un momento all’altro.
“Niente. Yamato non mi ha detto assolutamente nulla”, le rispose
allora Takero, facendo una smorfia di disappunto per tutta quell’anomala
situazione.
“Ma…come…?”, Hikari ebbe la stessa reazione di Takero di pura
incredulità. “Come è possibile? Non ha fatto una piega alla notizia che Taichi
e Sora uscivano insieme??”, domandò attonita.
“No”, il biondino sembrava abbattuto. “Yamato ha paura di
qualcosa, anche se…non riesco a capire se la sua sia paura nei confronti di
Taichi o in quelli di Sora”, spiegò allora Takero, pensoso e evidentemente
spossato.
Anche Hikari era palesemente scossa da quelle rivelazioni. “Takero,
come credi che andrà a finire tutta questa storia? Voglio dire: si risolverà
bene?”, domandò poco dopo, apprensiva.
Il giovane Takaishi sospirò. “Lo spero vivamente. Ma la
decisione non spetta a noi. Ora è da Sora che pende l’ago della bilancia. Io e
te…noi possiamo solo stare a guardare cosa sceglierà alla fine e cercare di
stare vicino a tutti e tre”, Takero sospirò, ma risollevò lo sguardo quando
sentì la mano di Hikari stringere un po’ più forte la sua.
La fissò e subito lesse nei suoi occhi marroni una profonda
fiducia. Hikari conosceva Sora e aveva fiducia in lei. Sapeva che, qualsiasi
cosa alla fine avrebbe deciso, sarebbe stata la cosa giusta. Per tutti.
“È…è magnifico!”, Sora non riuscì a trovare aggettivo migliore
per descrivere lo scenario che si apriva incontrastato ai suoi occhi in quella
calda domenica primaverile
“Ti piace?”, accanto a lei Taichi sorrideva rapito.
“Sì”, annuì lei, mentre i suoi occhi nocciola scrutavano con
minuziosa attenzione la visione panoramica della città di Tokyo.
Sora era stata più volte lì alla Torre di Tokyo, eppure ogni
volta che vi andava, ogni volta che poteva ammirare la meraviglia cittadina da
lì ben visibile, ne rimaneva sempre affascinata.
“Sora”, la voce di Taichi si era fatta improvvisamente seria.
Il loro appuntamento si avviava ormai agli sgoccioli, ma lui
aveva insistito per fare prima un’ultima visita alla Torre.
“Sì?”, la fanciulla si voltò verso di lui, incuriosita.
Il giovane Kamiya rimase per un lungo istante in silenzio,
completamente rapito dalla visione della ragazza. Era strano come non si fosse
mai accorto di lei in quel senso. Come non si fosse mai accorto di quanto Sora
fosse diventata estremamente carina. ‘Al contrario di Yamato’, non poté fare a
meno di pensare il giovane, con un pizzico di amarezza. Faticava ancora a far
sua l’idea che l’amico si fosse innamorato di Sora da molto più tempo di lui.
Da un anno. Yamato l’aveva vista con occhi diversi da molto più tempo rispetto
a lui. Però non aveva mai fatto nulla. Non aveva nemmeno mai detto niente che
potesse far pensare a una cosa del genere. Lui non aveva mai dimostrato di
nutrire simili sentimenti nei confronti della fanciulla. Almeno fino al
pomeriggio del famoso incontro di Iori.
“So di essere arrivato secondo, di essermene accorto dopo molto
più tempo, però…”, Taichi abbassò il capo, con fare grave.
“Secondo??”, lo interruppe bruscamente Sora.
Taichi alzò lo sguardo, stupito, per fissarlo in quello perplesso
della ragazza. ‘Non sa di Yamato?!’, per poco il giovane non le rivelò il suo
pensiero, che gli fece involontariamente accelerare il battito cardiaco. Eppure
lui aveva creduto che l’amico le avesse rivelato dei suoi sentimenti…ma almeno
stando all’espressione totalmente frastornata sul volto di Sora, lei non ne
sapeva ancora nulla.
“Taichi…che significa secondo?
Chi è il primo??”, si fece avanti Takenouchi, palesemente confusa.
In cuor suo si era accesa una strana scintilla, che le aveva
fatto crescere un’improvvisa trepidazione mentre attendeva una spiegazione da
parte dell’amico.
Dal canto suo Taichi appariva visibilmente confuso. ‘Se Yamato
non le ha detto nulla, io…io non posso parlare per lui. Non sarebbe giusto’, si
disse tra sé e sé, cercando le parole più adatte per uscire da quella
conversazione indenne.
“Non ha importanza, ora”, il giovane Kamiya alzò lo sguardo e
fissò nuovamente i suoi occhi in quelli della fanciulla, che ancora attendeva
una risposta. “Quello che conta è che tu sia qui…Sora…”, il ragazzo le si era
avvicinato pericolosamente e adesso le poggiava dolcemente una mano su una
spalla.
Mentre Taichi avvicinava il suo volto a quello della fanciulla,
non sembrava accorgersi del rossore che aveva colorato le guance di Sora. Né
tanto meno pareva essersi accorto del tumulto nel cuore di lei, che l’aveva per
un istante fatto perdere il contatto con la realtà. Sora non ricordò quasi più
di avergli posto una domanda mentre sentiva il volto dell’amico farsi sempre
più vicino al suo. Le labbra del ragazzo potevano essere ormai a qualche
millimetro di distanza da lei, eppure Sora sentiva già di star fremendo al
pensiero di quello che stava accadendo. Il suo cuore le batteva fortissimo in
petto, rischiando quasi di esplodere…le gambe le tremavano…un nodo le si era
stretto alla gola… ‘Taichi’, la fanciulla chiuse gli occhi, lasciandosi
trasportare da quelle forti emozioni che l’avevano ormai sopraffatta. Sora non
pensava più a cosa avrebbe comportato quel bacio. Ora tutto il suo essere era
come trasognato sotto lo sguardo profondo di Taichi. Eppure nonostante tutto
Sora si sentì lucida nel momento in cui le labbra vermiglie del giovane si
posarono lievemente sulle sue, facendo poi un po’ di pressione fino a stamparle
un dolce bacio. Il suo cuore ebbe un tuffo a quel tocco…al suo primo bacio, che
si era rivelato improvviso e inaspettato. Proprio come era tutta quella storia
con Taichi. Appena poco tempo prima, lei aveva la certezza inconfutabile di
rappresentare per lui solo un’amica. Ma poi, nella breve durata di un attimo,
le cose erano cambiate. Il suo rapporto con Taichi era cambiato. E adesso
proprio lui, proprio il ragazzo che per primo aveva saputo arrivare al suo
cuore, la stava baciando, ignorando forse la grandezza delle emozioni che tutto
quello suscitava in lei. Nonostante fosse lei la protagonista di tutto ciò, le
sembrava ancora incredibile che davvero il ragazzo, che poteva dire di
conoscere da una vita, le avesse detto di essere innamorato di lei….e che
adesso la stava baciando… Ma quel senso di incredulità non si affacciava
solitario nel suo cuore. Assieme ad esso c’era infatti una tenera sensazione di
sicurezza…un dolce batticuore che quel tocco le improntava in lei…
Eppure quando il giovane si separò da lei, Sora sentì che,
nonostante tutto, lei non se la sentiva a dargli una risposta definitiva. Non
ancora, perlomeno.
“Taichi, io…”, la fanciulla quasi non si accorse di stare
piangendo, se solo non avesse sentito le proprie lacrime accalcarsi con
insistenza lungo le sue gote.
“Sora!”, il giovane Kamiya era chiaramente preoccupato.
Non riusciva a capire…lui l’aveva appena baciata, provando una
sensazione stupenda…mentre lei…lei al contrario era scoppiata in lacrime. Che
succedeva?
“Mi dispiace…scusami…ma io…io non so…sono ancora così indecisa…non
riesco ancora a capire cosa provo per te, Taichi… Scusami”, la fanciulla alzò
lo sguardo e lo fissò con quei suoi meravigliosi occhi nocciola che però adesso
apparivano un po’ opachi per via delle lacrime.
Di fronte a quella visione, il cuore del ragazzo subì un
fremito. Ma poi l’espressione sul suo volto, da stupita quale era, si tramutò
in una affettuosa.
“Sora…”, la attirò dolcemente a sé, abbracciandola. “Se tu sei
indecisa, allora io ti lascerò il tuo tempo. Ma ti prego…non farmi aspettare
molto, Sora”, Taichi affondò il volto nella morbida massa ramata dell’amica,
ubriacando i propri polmoni del suo buon profumo.
“Mamma, sono tornata!”, Sora si tolse le scarpe, infilandosi le
ciabatte bianche allineate lungo l’ingresso.
Fatto questo, con ancora le guance in fiamme per gli avvenimenti
della giornata, si avviò in cucina dove credeva di trovare la madre.
“Tesoro, come è andata la giornata?”, la signora Takenouchi
stava destreggiandosi tra i fornelli, ma tuttavia non sembrava aver dimenticato
la figlia.
“Bene!”, la donna era ancora girata e per questo non vide Sora
arrossire violentemente a quella domanda.
Di certo non poteva sapere che proprio quel giorno la sua
adorata bambina aveva ricevuto il suo primo bacio. Ironia della sorte, proprio
dal suo primo amore.
“Sono contenta”, sentenziò allora la signora Takenouchi, non
nascondendo un sorriso. “Senti, tesoro, ti andrebbe di andarmi a comprare un
po’ di riso? Quando sono andata al supermercato ho dimenticato di acquistarlo,
ma purtroppo ne ho assoluto bisogno per la cena!”, spiegò, divulgandosi.
“D’accordo!”, Sora annuì, stranamente felice.
“Perfetto! Prendi i soldi dalla mia borsa, Sora, e va al
supermarket dei genitori di Inoue. Non sono lontani e hanno cose di ottima
qualità!”, continuò, incoraggiata, la donna.
La giovane Takenouchi annuì e fece quanto le era stato detto.
Quindi prese la porta, pronta per uscire, ma mentre si infilava le scarpe la
voce della madre l’interruppe.
“Ah, Sora! Visto che ci sei compra anche un po’ di latte e di
pomodori. Puoi prendere anche qualcosa di verdura, l’importante che sia un po’
di ogni genere. Inoltre, se ce la fai, dovresti comprare anche qualche succo di
frutta e…sì, prendi del tonno in scatola. Sarà squisito su questo piatto!”,
terminò l’elenco la madre, senza notare l’espressione basita sul volto della
figlia.
‘Forse sarà il caso di prenderne un po’ in più’, si disse tra sé
e sé la ragazza, ritornando sui suoi passi e prendendo qualche manciata di yen
in più.
La fresca aria di primavera la accolse all’uscita dal
supermarket appartenente alla famiglia della sua amica Miyako. Sora aveva
incontrato anche la ragazza, lì, intenta a sistemare alcuni grossi scatoloni di
bibite. Quando l’aveva notata, la digiprescelta della sincerità e insieme
dell’amore, le era corsa incontro e, con il suo solito impeto, l’aveva
abbracciata di slancio. Sora trovava confortante l’entusiasmo di Miyako. Perché
esso era sintomo che, sebbene gli anni passassero, alcune cose erano destinate
a rimanere tali. Forse, per sempre.
Senza demoralizzarsi per via delle tre enormi buste cariche di
cibarie, la fanciulla iniziò ad incamminarsi per raggiungere casa propria. Il
cielo aveva ormai assunto i colori pastello tipici del tramonto e il sole,
sempre meno intenso, si andava man mano celando dietro le imponenti alture
verdeggianti.
Di fronte a quel meraviglioso spettacolo naturale, a Sora venne
inevitabilmente da sorridere nel ricordare un discorso che tempo addietro aveva
fatto con i suoi due migliori amici proprio riguardo al vespro e all’aurora.
Quel giorno si trovavano tutti e tre al parco, a chiacchierare, quando, senza
accorgersi, era cominciata l’ora del tramonto. Yamato era rimasto come
catturato da quel sole arancio, mentre Taichi aveva subito ribadito che lui
preferiva di gran lunga l’alba. ‘Sono sempre stati due opposti, loro due!’,
Sora si ritrovò a sghignazzare, divertita. A volte si chiedeva come facessero,
due persone così profondamente diverse, ad essere tanto amici. Ma poi si
rispondeva che forse era proprio questo…proprio questo essere l’uno l’opposto
dell’altro, a farli essere così amici.
“Ehi, ragazzina, dove stai andando?”, il cuore della fanciulla
sobbalzò involontariamente nel riconoscere quella voce.
Sora si voltò e, come aveva già ampiamente immaginato, di fronte
a lei vide proprio Yamato. Che le sorrideva. Stava giusto per ricambiare a quel
bellissimo sorriso, quando captò le parole che il ragazzo le aveva appena
rivolto.
“Un momento! Ragazzina
a chi, razza di tonto?”, lo guardò bieca, arricciando il muso e fingendosi offesa.
Ma il giovane Ishida non cascò al tranello. Ormai la conosceva
sin troppo bene per capire quando fingesse e quando no. E ora stava decisamente
fingendo.
“Dammi queste buste. Pesano un po’ troppo per te, scricciolo!”,
senza aspettare risposta, Yamato le prese le buste dalle mani.
Dal canto suo Sora rimase per un paio di secondi senza parole e
non poté fare a meno di arrossire. Certo, non era la prima volta che Yamato le
rivolgeva questo genere di attenzioni, tuttavia…era strano. Si riscosse poco
dopo.
“Smettila di beffarti di me, Yamato!!”, lo rimproverò la
fanciulla, lanciandogli un’occhiataccia prima di voltargli le spalle e iniziare
a incamminarsi verso casa propria.
Ishida non riuscì a trattenere un sorriso nel vederla così
imbronciata con lui. Era carina…dannatamente carina. Con una breve corsetta, il
giovane biondino la raggiunse, affiancandola.
Sentendo la presenza dell’amico al suo fianco, Sora non poté
fare a meno di sorridere.
“Sei ancora arrabbiata con me?”, le domandò all’improvviso lui.
Takenouchi arricciò le labbra ancor più di prima e, prendendolo
alla sprovvista, si aggrappò con naturalezza al suo braccio. Yamato le gettò
un’occhiata interrogativa, sentendo l’effetto devastante che quel semplice
tocco aveva su di lui.
“Sei uno stupido, Yamato!”, esclamò lei, in un tono che però non
aveva nulla di severo, ma da cui al contrario traspariva solo tanta dolcezza.
Il giovane Ishida non disse nulla, limitandosi a sorridere
quando sentì la presa della ragazza intensificarsi un po’ di più sul suo braccio.
E, d’improvviso, le parole che gli aveva rivolto il fratello quel giorno gli
tornarono alla mente.
…“Cosa ti impedisce
di dire a Sora che ne sei innamorato, Yamato? Dovresti provare a chiedertelo se
è solo l’amicizia per Taichi o la paura di ricevere un no come risposta da
lei”…
Taichi salì velocemente le uniche due rampe che separavano la
scuola dal terrazzo, ben sapendo di trovare l’amico Ishida proprio lì. Sin dal
giorno precedente, dal giorno del suo appuntamento con Sora, aveva una domanda
importante che non vedeva l’ora di rivolgergli. Aveva anche provato a chiamarlo
a casa sua non appena era ritornato, ma purtroppo non aveva trovato nessuno.
Non era stato fortunato nemmeno quella mattina, visto che era arrivato in
ritardo. Ma ora si sarebbe rifatto durante proprio quella pausa ricreativa.
Il giovane Kamiya spalancò l’enorme porta verde limone e per
poco non venne accecato dall’intensa luce del sole. Chiuse istintivamente gli
occhi, per poi riaprirli solo poco dopo, quando finalmente le sue iridi
riuscirono ad abituarsi a quel cambio improvviso di illuminazione. Le sue
labbra si dischiusero in un immediato sorriso quando, finalmente, riuscì a
distinguere la figura familiare di Yamato.
Come ampiamente previsto, lo trovò seduto in un angolino dell’enorme
terrazza, totalmente preso dai propri pensieri. Senza dire nulla, Taichi gli si
avvicinò e, come era solito fare, gli si sedette con la schiena poggiata contro
la sua. Yamato non disse nulla, perché, sebbene non lo avesse dato a vedere,
aveva già percepito la presenza dell’amico. E, in un certo qual modo, intuiva
pure cosa volesse dirgli.
“Yamato?”, Taichi fissò dritto di fronte a sé, colpito forse
dalla meravigliosa scenografia che si distingueva perfettamente da lassù.
“Uhm?”, mormorò quello, ancora preso dai suoi pensieri.
Kamiya rimase per un istante in silenzio, cercando le parole
migliori. Ora il suo sguardo non era più rivolto al panorama che si poteva
vedere da lì, ma scrutava un punto indefinito di fronte a loro.
“Perché non hai detto nulla a Sora?”, alla fine Taichi decise di
essere, come sua abitudine, diretto.
Il giovane Ishida a quella domanda si lasciò sfuggire un piccolo
sorriso, che andò ad illuminargli l’ovale perfetto del viso. Ecco, la stessa
domanda che gli aveva rivolto già in precedenza il fratellino, adesso gli
veniva posta dal suo miglior amico.
“Credevo tu lo avessi già fatto, e invece…ieri ho capito che non
le hai detto ancora nulla”, continuò Taichi, curioso di conoscere il motivo che
avesse spinto l’amico a reagire così. “Perché, Yamato?”
“Ieri sei uscito con lei, non è vero?”, cambiò d’un tratto
discorso il biondino, senza tuttavia rispondere alla sua domanda.
Kamiya sobbalzò a quella domanda, che lo aveva colto alla
sprovvista. Ma poi non poté evitare di annuire.
“Sì, noi…noi siamo usciti insieme”, confermò, ben sapendo che la
parte difficile del discorso sarebbe giunta solo poco dopo. “E…e l’ho baciata”,
aggiunse, ingoiando la saliva e in attesa di una reazione da parte dell’altro.
Capiva quanto potesse essere difficile per l’amico, però…era
giusto che lui glielo dicesse. Non poteva tenerglielo nascosto. Dopotutto,
Yamato era sempre il suo miglior amico. E loro si erano ripromessi di continuare
a rimanere tali nonostante il loro comune amore verso Sora.
Da parte sua Yamato si era irrigidito involontariamente a quella
notizia. Gli sembrava di aver ricevuto una pugnalata in pieno petto in quel
momento. Nonostante sapesse circa i sentimenti che Taichi nutriva per la
ragazza, non si era aspettato una cosa del genere. Non aveva messo in conto
quello. E invece…Taichi l’aveva baciata. Aveva baciato Sora.
Il pensiero lo fece stare male. Incredibilmente male.
“Yamato, sei…sei arrabbiato con me?”, domandò con voce incerta
Taichi, da cui traspariva perfettamente una certa apprensione.
Ishida ci pensò su per un istante, ma poi si ritrovò a
sospirare.
“No, non sono arrabbiato con te, Taichi”, rispose poco dopo,
udendo immediatamente un sospiro di sollievo da parte dell’amico.
‘Non sono arrabbiato, solo che…fa male sapere…fa un male cane’, il
cuore di Yamato si strinse in una morsa e lui, per cercare di contenere tutto
quel dolore che quella notizia gli aveva apportato, strinse ambo le mani a
pugno.
“Sono contento”, ammise apertamente il giovane Kamiya, che per
un istante aveva davvero temuto di aver perso l’amico.
Ma per fortuna così non era.
“Sai, Taichi, io non ho detto ancora niente a Sora di quello che
provo per lei”, le parole di Yamato lo colsero alla sprovvista, inaspettate.
“Questo perché ho pensato che forse era più giusto così. O più semplicemente
avevo paura di farlo”
Adesso Yamato sapeva cosa rispondere alla domanda del fratello.
Ora…il suo cuore aveva capito cosa lo avesse immobilizzato fino a quel momento.
“Ma…”, tentò allora di dire il moretto, ma l’altro lo
interruppe.
“Io temevo di perderti, Taichi. Temevo che la nostra amicizia ne
venisse inevitabilmente compromessa”, continuò Ishida.
Stavolta fu il turno di Taichi di interromperlo. “Ma la promessa
che ci siamo fatti…”, provò ad obiettare.
“Sì, lo so”, il biondino gli rispose ancor prima di udire la
frase al completo. “Sono stato uno stupido, lo so. Mentre tu tentavi di
conquistarla, io rimanevo immobile a fissarvi. Senza fare nulla… Ma adesso lo
so il motivo. Non era solo per noi, Taichi. Probabilmente mi sono solo nascosto
dietro questa scusa”
“Che vuoi dire?”, Kamiya adesso era evidentemente confuso.
“Io sapevo che anche se, adesso che tu sapevi, avessi rivelato a
Sora dei miei sentimenti per lei, non ti avrei perso. Me lo hai assicurato tu…e
poi noi non possiamo fare a meno dell’amicizia dell’altro”, il ragazzo, mentre
diceva queste parole, sentiva i suoi stessi sentimenti di affetto invadere
anche il cuore di Taichi.
“Hai ragione”, annuì il moretto, sorridendo. “Noi due…non
smetteremo mai di essere amici io e te, Yamato”
“Già”, asserì nuovamente il biondino.
“Ma allora…perché non le hai detto ancora nulla?”, chiese a quel
punto Taichi, perplesso.
Ishida sospirò. “Io volevo farlo. Adesso che sapevo che gli
equilibri non si sarebbero spezzati, io…io volevo finalmente confessarle che
l’amo. Tuttavia…”, abbassò il capo, mentre la voce gli si incrinava
leggermente. “Tuttavia avevo una paura matta di venire respinto da lei. Se io
le avessi rivelato i miei sentimenti e Sora mi avesse rifiutato, io…non so se
ce l’avrei fatta”
Taichi annuì. Lo capiva, capiva l’amico. Sapeva quanto per lui
fosse difficile esprimere i propri sentimenti. Per questo, ogni volta, faticava
a farlo. Ma non era colpa sua. Purtroppo era una cosa che si portava dietro da
quando era piccolo. Da quando i suoi avevano divorziato e lui si era dovuto
separare dalla madre e dal fratellino. Da allora aveva sempre avuto paura di
legarsi troppo a qualcuno. Forse temeva che un giorno questo qualcuno lo
avrebbe abbandonato.
“Però…però ho capito che non posso continuare a rimanere a
guardare. Non posso perderla così senza far nulla. Taichi, io non voglio
perderla senza lottare”, adesso il tono di voce di Yamato si era fatto deciso.
A quelle parole il volto di Kamiya si impreziosì di un caldo
sorriso, che tuttavia l’amico non poté distinguere visto che erano di spalle.
“Sono contento di sentirtelo dire, Yamato”, disse d’un tratto
Taichi, cogliendo l’altro impreparato. “Io sono molto più contento di sapere
quanto sei disposto a fare per lei. Così, perlomeno, se sceglierà te saprò
quanto tu la ami. E sarà meno difficile anche per me. E poi…tu lo sai che amo
le sfide!”, il ragazzo si era alzato e adesso gli stava facendo l’occhiolino.
Yamato lo guardò per un istante in silenzio, spiazzato. Ma poi
non poté fare a meno di sorridere.
“Grazie Taichi”, mentre si lasciava aiutare dall’amico per
rialzarsi, il biondino non poté fare a meno di ringraziarlo per quell’ennesima
prova di amicizia che gli stava donando.
Sora aprì la porta di casa e per poco non urlò di sorpresa
quando si vide comparire di fronte il giovane Ishida.
“Ya…Yamato! Che ci fai qui?”, domandò esterrefatta.
Il ragazzo aveva il fiatone, ma tuttavia la guardava con
un’espressione estremamente seria negli occhi zaffiro.
“Sora, verresti con me in un posto?”, domandò nell’affanno,
cercando di riprendere una respirazione normale.
La ragazza sembrava frastornata. “Ora?”, chiese attonita.
Ishida annuì. “Ora”, confermò. “È importante”, aggiunse poi,
notando lo strano stupore che le era comparso sul volto.
“O…ok. Aspetta solo un secondo che lo dico alla mamma”, Sora
scomparì per un istante in casa, per poi ricomparire subito dopo con un sorriso
stampato in volto. “Va bene!”, esclamò trionfale.
Il volto di Yamato a quella risposta accondiscesa si illuminò di
un meraviglioso sorriso, che gli andò ad increspare le labbra cremisi.
Pochi minuti dopo, nonostante un iniziale stupore da parte di
Sora, i due ragazzi stavano viaggiando sulla moto nera di Yamato.
L’attrito del veicolo con l’aria era causa del vento che si era
innalzato e che faceva rabbrividire la fanciulla; la quale, per cercare di
trovare un po’ di calore, si allungò verso Yamato fino a ripararsi dietro la
sua schiena. Così incurvata, però, la ragazza non riuscì a vedere dove Yamato
la stava portando, per questo lo stupore dell’arrivo fu ancor più intenso di
ogni aspettativa.
“Ti piace?”, il giovane Ishida parcheggiò la sua moto e
raggiunse la fanciulla, ancora in piedi nel punto esatto in cui lui l’aveva
appena lasciata.
Sora sembrava veramente colpita. “Questo posto è…è…”, ma non
terminò la frase, incapace forse di riuscire a trovare un aggettivo degno di
quel luogo.
Le acque limpide del fiume, che scorrevano placidamente lungo il
proprio alveo, erano illuminate dalla dolce luce del sole al vespro,
colorandosi così di quei meravigliosi colori che da un intenso arancione
sfumavano in un vivo cremisi. Tutt’attorno un’altura erbosa si ergeva con
imponenza, quasi a voler formare una barriera naturale che andasse a proteggere
quel meraviglioso luogo. Appena poco più in là, un piccolo ponte congiungeva le
due estremità separate dal corso d’acqua. Sora credé per un istante di trovarsi
in un sogno, dove ogni cosa appariva sotto una luce soffusa ma allo stesso
tempo rasserenante.
“Allora?”, fu la voce di Yamato, accanto a lei, a riportarla
alla realtà e a farle capire di non essere solo in un sogno.
“Yamato, questo luogo è…meraviglioso!”, non riuscì a trovare
parole migliori che fossero in grado di esprimere le intense emozione che
quello scorcio naturale le infondeva.
Il giovane Ishida sorrise, notando, nelle sue iridi nocciola,
tutta l’emozione che la fanciulla stava provando in quel momento. A quanto
pareva, Sora aveva gradito veramente quel luogo.
“Sai, sono contento che ti piaccia”, confessò d’un tratto lui,
riuscendo con poche parole ad attirare la sua attenzione. “Questo è il mio
posto preferito”, dichiarò, scrutando attentamente quella miriade di colori che
si alternavano sull’acqua.
Sora lo fissò in silenzio, rapita dallo sguardo assorto
dell’amico. ‘Perché mi ha portata qui?’, non poté fare a meno di chiedersi,
sentendo d’improvviso il suo cuore fremere, ‘solo perché sono una sua amica e
vuole condividerlo con me, o…’.
“Vieni!”, i pensieri della fanciulla vennero bruscamente
interrotti da Yamato.
Il ragazzo, senza staccare lo sguardo da quel dipinto naturale,
le prese una mano e la condusse, con una corsetta, fin sulla riva del fiume.
Yamato voleva condividere appieno quel momento con lei…quel loro primo vero
momento insieme.
Fermi lì sull’erbetta che costeggiava il letto del torrente,
Sora non poté evitare di arrossire violentemente quando finalmente si accorse
della vicinanza che la legava all’amico. I due, infatti, si tenevano ancora per
mano e i loro corpi si sfioravano dolcemente. Sentendo il caldo corpo di Yamato
sulla sua pelle, la fanciulla sentì il proprio cuore fremere e perdere qualche
colpo, per poi ritornare a battere più violentemente di prima. Sora si portò
l’altra mano sul petto, sperando che il ragazzo accanto a lei non si accorgesse
dello stato in cui, con il solo starle accanto, l’aveva mandata.
“Taichi mi ha detto che ieri siete usciti”, la voce del biondino
la fece trasalire, cogliendola impreparata.
Sora si voltò verso di lui, stranamente terrorizzata al pensiero
di cosa il ragazzo gli avesse potuto dire.
“Mi ha detto che ti ha baciata”, il cuore della fanciulla mancò
qualche battito a quelle parole.
Takenouchi guardò per un lungo istante Yamato, cercando di
scorgere qualcosa nei suoi occhi. Le sue parole l’avevano colpita
profondamente, forse perché inaspettate. Tuttavia si sentiva come presa in
fallo, in contro piede. Quasi in colpa per non essere stata lei a dirglielo
quando si erano incontrati il giorno precedente. Dopotutto Yamato era pur
sempre uno dei suoi migliori amici e lei…beh, lei gli aveva tenuto nascosta una
cosa importante, che riguardava proprio le due persone più vicine a lui.
Sora sospirò, amareggiata. “Mi dispiace, Yamato”, si morsicò
crucciata il labbro. “Avrei dovuto dirtelo io ieri, però…”
“Sappi che io non mi arrenderò così facilmente, Sora”, l’interruppe
d’un tratto la voce del ragazzo.
Yamato non era arrabbiato con lei per non averlo saputo da lei.
Non l’aveva portata lì per rimproverarla. Al contrario.
Dal canto suo Sora era chiaramente confusa. “Ma…cosa…?”,
balbettò perplessa.
Ormai non sapeva più che pensare. L’affermazione del giovane
Ishida l’aveva mandata in un caos totale, nel quale lei non riusciva a trovare
una degna giustificazione che fosse in grado di spiegare quelle parole. Aveva
creduto che il ragazzo fosse arrabbiato con lei per non avergli detto nulla a
proposito del bacio che c’era stato tra lei e Taichi, ma a quanto pareva…si era
sbagliata. ‘Ma allora perché mi hai portata qui, Yamato?!’, non poté fare a
meno di chiedersi, senza distogliere lo sguardo dalla figura statuaria dell’amico.
Il suo cuore le balzò nel petto quando lo vide girarsi verso di
lei, e aumentò a dismisura il proprio battito quando sentì quei preziosi
zaffiri fissi su di lei con un’espressione estremamente profonda.
“Anche se Taichi ti ha baciata, io non ti lascerò così
facilmente a lui, Sora. Io non mi arrenderò, sappilo”, mentre dava voce alle
parole del suo cuore, Yamato le aveva preso una mano tra le sue, inconscio di
quale effetto quel semplice gesto potesse avere su di lei.
Da parte sua la fanciulla lo guardava spossata. Il cuore le
batteva a mille e uno strano formicolio le pizzicava lo stomaco, quasi fossero
il delicato battito di migliaia di farfalle. Sentiva le proprie guance
avvampare, fino a colorarsi di un acceso cremisi.
“Yamato, tu…allora tu sei…sei…”, non riuscì a terminare la
frase, tanto il senso di frastornazione l’aveva avvinta.
Ma quelle poche parole, tuttavia, furono sufficienti per far
capire al ragazzo cosa lei volesse dirgli.
“Sì”, Yamato annuì e mentre i suoi occhi si fissavano in quelle
pozze nocciola che tanto adorava, che adesso apparivano quasi dorate per il
riflesso causato dal sole, il cuore della ragazza subì un arresto, che le fece
mancare per un istante il fiato.
‘Yamato, lui…lui è…’, Sora ci impiegò qualche secondo a capire
realmente quanto stesse succedendo. Un senso di incredulità le faceva sembrare
tutto ciò come un sogno, e forse era per questo che lei faticava tanto a
rendersi conto che davvero l’amico si fosse appena dichiarato a lei. Le
sembrava assurdo che proprio lui, Yamato Ishida, il ragazzo più carino
dell’intera scuola, il più corteggiato…che lui tra tante avesse scelto proprio
lei.
Sora sobbalzò impercettibilmente quando sentì la mano del
ragazzo posarsi sulla sua esile vita, fino a circondarla dolcemente. Lo fissò negli
occhi, catturata da quel blu profondo simile all’oceano, capaci di andare sin
nei più reconditi pensieri dell’animo umano.
“Sora”, la fanciulla sussultò nel sentire il suo nome così
caldamente e dolcemente pronunciato dalla voce del ragazzo, mentre vedeva le
loro labbra farsi sempre più vicine.
Si sentì come intorpidita sotto quello sguardo magnetico…in
vicinanza di quelle labbra perfette che minacciavano di raggiungere le sue…
Forse, per questo, quando lo sentì a pochi millimetri da lei non disse nulla.
Solo chiuse gli occhi e lasciò finalmente che lui la baciasse, come non aveva
mai fatto in tutti quegli anni. La prima sensazione che la travolse, fu di una
tenerezza che prima di allora non avrebbe mai additato in Yamato, quasi che,
con quel piccolo gesto, temesse di farle del male. Ma poi il bacio si fece più
intenso e Sora sentì percettibilmente un’intensa passione affacciarsi nel
ragazzo. Non era però una passione carnale…no, era qualcosa di ben diverso.
Qualcosa che andava oltre, ma che lei, forse in preda alla palpitazione del
momento, non riuscì ad identificare. Ma dal suo discernere, lei ne era già
sicura, sarebbe derivato il resto.
“Sora!”, Mimi rimase piuttosto stupita di ritrovarsi la
fanciulla alla porta di casa sua.
“Mimi, devo assolutamente parlarti”, lo sguardo della giovane
Takenouchi lasciava trasparire un certo trambusto interiore.
Seppur ancora sorpresa, Mimi annuì e fece cenno alla sua
migliore amica di entrare. Sora non se lo fece ripetere due volte e
immediatamente varcò la soglia di casa Tachikawa.
Erano giorni che non faceva altro che pensarci. Da quando Yamato
l’aveva baciata, quel giorno in riva al fiume, lei si era sentita ancor più
confusa di prima. E ormai era passata quasi una settimana da allora. Una
settimana in cui lei non aveva fatto altro che pensare e pensare, senza quasi
dormire per farlo. Ora che sapeva che entrambe i suoi migliori amici erano
innamorati di lei…si sentiva costernata perché sapeva che dalla sua decisione
sarebbero dipese molte cose.
“Allora, di cosa volevi parlarmi di tanto urgente?”, Mimi aveva
appena richiuso la porta della sua camera e, incapace di aspettare oltre, le
aveva rivolto la domanda che più le premeva.
Erano giorni ormai che vedeva l’amica sempre così spossata. Due
profonde occhiaie le segnavano il volto, segno inconfondibile che non dormiva
la notte. Conoscendo l’amica, dubitava che quel suo stato fosse dovuto solo
alla dichiarazione di Taichi. Eppure, nonostante la sua innata curiosità, fino
a quel momento Mimi non le aveva ancora mai chiesto nulla. Sapeva che quando
Sora avrebbe voluto parlargliene, lo avrebbe fatto. Di fatti…
“Oh, Mimi, sono così confusa!”, cogliendo completamente
impreparata l’altra ragazza, Takenouchi vi si buttò tra le braccia, in cerca di
una persona amica con cui poter finalmente condividere quei pensieri che la
stavano tormentando.
“Dimmi tutto, Sora. Io sono qui ad ascoltarti”, la voce di
Tachikawa le giunse alle orecchie dolce e sicura, tanto da farla gioire per la
sua decisione di essere andata da lei.
L’altra annuì e si separò dall’amica. La vide sedersi sul suo
enorme letto e quando quella le fece cenno di imitarla, Sora le si accomodò di
fianco. Quindi, appena poco prima di parlare, trasse un profondo respiro che
avrebbe dovuto aiutarla a riordinare, in qualche modo, le idee.
“Mimi, tu sai che qualche tempo fa Taichi mi ha detto che…beh,
mi ha detto di essere innamorato di me e che poi, lui mi ha…baciata”, arrossì
lievemente a quelle parole, non nascondendo un velo di imbarazzo nella sua
voce.
“Va avanti”, Tachikawa annuì, curiosa di conoscere gli eventi
che avessero portato l’amica a ridursi in quello stato.
“Beh, devi sapere che qualche giorno fa Yamato è venuto a casa
mia e…e mi ha portato in un posto davvero bellissimo”, gli occhi le si
illuminarono immediatamente al ricordo del luogo in cui il ragazzo l’aveva
portata.
Dal canto suo Mimi la seguì interessata, anche se in cuor suo un
vago sospetto già si era fatto avanti.
“Lì lui…lui mi ha detto che sapeva che ero uscita con Taichi e…e
che lui mi aveva baciata”, le sue guance si colorarono di ancor più intenso
rosso mentre raccontava quelle cose. “Io credevo che lui volesse solo
rimproverarmi per non avergli detto nulla la sera stessa del mio appuntamento
con Taichi, quando ci siamo incontrati per caso, però…”, sentì il fiato venirle
meno a quelle parole e il cuore accelerare un po’ di più il suo battito.
“Però…?”, la incitò ad andare avanti Mimi, prendendole
affettuosamente una mano tra le sue per cercare di farle capire, in quel modo,
che le era accanto.
Sora sorrise a quel gesto, dimostrando così di averlo apprezzato
veramente. Ma poi il suo sguardo tornò a farsi nuovamente serio mentre
ritornava a quegli avvenimenti.
“Però non era così. Yamato non mi aveva portato lì per questo
motivo. Lui…”, avvampò violentemente al ricordo, ma per una volta decise di
mettere da parte la sua proverbiale timidezza. “Yamato mi ha detto che non si
sarebbe arreso così facilmente”
“Eh?”, Mimi sembrava perplessa.
“Neanche io all’inizio riuscivo a capire cosa intendesse dire”,
confessò allora Sora. “Allora Yamato mi ha detto che anche se Taichi mi aveva
baciato, lui non mi avrebbe…non mi avrebbe lasciata andare così facilmente…”
Il volto di Takenouchi divenne paonazzo, mentre da quello di
Mimi traspariva un chiaro stupore.
“Dici sul serio?”, domandò esterrefatta.
Non avrebbe mai immaginato una cosa del genere…certo, quando
aveva visto Sora così preoccupata aveva intuito che probabilmente fosse per i
due ragazzi, ma non aveva concepito una cosa simile. Lei aveva pensato che
l’amica era confusa perché non sapeva se era innamorata di Taichi, ricambiando
così ai suoi sentimenti, o se invece si era infatuata di Yamato. Ma…non aveva
pensato alla possibilità che invece fosse proprio il biondino ad essersi
innamorato di lei!
“Sì”, mormorò nel più completo imbarazzo Sora, abbassando
timidamente il capo. “E poi…Yamato mi ha baciata”, terminò il racconto, senza
però riuscire ad alzare il capo tanto si sentiva impacciata.
Tachikawa, invece, sembrava completamente spiazzata. ‘Yamato è
innamorato di Sora…lui l’ha baciata!!’, continuava a ripetersi, incredula. Ma
poi quel sentimento venne sopraffatto da una felicità inebriante.
“Ti rendi conto, Sora? Sei riuscita a far innamorare di te sia
Taichi che Yamato!!”, esclamò stupita e ammirata allo stesso tempo, prima che
il suo sguardo si rabbuiasse improvvisamente. “Mentre io…io non riesco nemmeno
a far capire al ragazzo che mi piace che…”, i suoi occhi si velarono di
lacrime, mentre ritornava a sedersi sul letto.
“Mimi”, colpita, Sora la abbracciò affettuosamente.
Sapeva a chi si stava riferendo. Lo sapeva benissimo.
“Avanti, non fare così. Sono sicura che ce la farai…vedrai!”, le
sorrise incoraggiante, sperando che percepisse tutta la fiducia che aveva in
quel momento.
“Ma come?! Koushiro…lui mi vede solo come un’amica…”, la
fanciulla abbassò il capo, sforzandosi di non piangere.
“Mimi…”, Takenouchi la guardò apprensiva.
“Eppure per me lui è ben oltre…io lo amo, Sora! Da quando sono
tornata da New York e l’ho guardato all’aeroporto, io mi sono accorta di essermi
innamorata di lui. Di esserlo sempre stata! Per questo ho fatto di tutto per
ritornare, Sora. Perché sentivo che c’era qualcosa che avevo dimenticato qui ad
Odaiba…”, Mimi la abbracciò cercando conforto nella sua migliore amica.
Non voleva andare a finire così…Sora aveva bisogno di lei! Solo
che…anche lei aveva bisogno dell’amica…anche lei aveva bisogno di sentire una
persona amica accanto…
“Ti prego, Mimi, non fare così”, tentò di rasserenarla l’altra.
“Lo so che è difficile, però tu non puoi lasciarti abbattere così. Chi ti dice
che per Koushiro non sia lo stesso? Sappiamo tutte e due quanto è timido. Non
devi pensare che se fino ad ora non si è fatto avanti sia perché tu non gli
interessi”
Sora non sapeva bene come spiegarselo, ma sentiva che anche per
il giovane Izumi i sentimenti nei confronti di Mimi erano cambiati. Lo aveva
letto nei suoi occhi corvini…negli sguardi che gli aveva visto rivolgerle…nei
sorrisi che le dedicava…
“Sì, hai ragione Sora”, a quelle parole Mimi sembrò finalmente
riprendersi. “Non posso lasciarmi abbattere così. Non sarebbe da me!”, sorrise,
riportando così alla luce il suo fiducioso entusiasmo.
“Ben detto!”, approvò anche l’altra.
“Ma adesso ritorniamo a noi, Sora”, dopo quell’attimo che si era
preso per sé, Mimi ritornò nuovamente al problema che tanto angustiava l’amica.
“Adesso che hai saputo che Taichi e Yamato sono entrambe innamorati di te, cosa
hai intenzione di fare? Come vuoi comportarti?”, le domandò, interessata.
Stavolta fu il turno di Takenouchi a rattristarsi.
“Veramente io…io non lo so…”, sospirò abbattuta. “Nella mia
mente è tutto ancora così confuso…!”
“Ma dovrai decidere prima o poi”, le fece allora notare Mimi.
Sora si incupì. “Lo so, però…ho paura di sbagliare… Ho paura,
perché dalla mia decisione uno dei due dovrà poi inevitabilmente soffrire…e io
non voglio che ciò accada. Sono entrambe troppo importanti per me!”, la ragazza
sembrava veramente avvilita.
“Però non puoi rimanere in questo limbo per sempre, Sora”,
osservò razionalmente Tachikawa. “Lo so che è una scelta difficile, tuttavia…tu
devi prenderla, amica mia. Prima o poi uno dei due ti chiederà di farlo e
allora tu cosa farai? Cosa risponderai?”
“Non lo so”, confessò Takenouchi, portandosi una mano sul volto
per nascondere la sua frustrazione.
Nel vederla così, a Mimi si strinse il cuore. Voleva aiutarla,
ma doveva decidere lei.
“Dimmi, Sora: quando Taichi ti ha baciato, tu… Cosa hai provato
allora?”, le domandò, cercando di farle fare un po’ di chiarezza in se stessa.
Takenouchi ci pensò su per un istante. “Io…io non lo so… Ero
sorpresa, perché non mi aspettavo una cosa del genere, e…”, le parole le
morirono in gola al ricordo.
“E…? Continua!”, la incitò l’altra.
“E avevo uno strano batticuore…una piacevole sensazione di
benessere”, confessò, arrossendo leggermente nel ricordare l’attimo.
“E quando ti ha baciata Yamato? Cosa hai provato?”, continuò
allora Mimi, incoraggiata dalle confessioni dell’amica.
“Beh, ero incredula. Yamato è sempre stato un ragazzo molto
corteggiato, ma lui…lui si è innamorato di me”, Sora arrossì ancor di più nel
pronunciare quelle parole.
“Solo questo?”, le chiese Tachikawa.
Ma l’altra scosse il capo. “No, non solo questo”, scosse il
capo. “Io sentivo il mio cuore battere come impazzito, però…potevo sentire
un’insolita tenerezza in lui”
“Come con Taichi?”, inquisì Mimi.
“No, non come con lui”, negò Sora. “Il bacio di Taichi è stato
dolce e inaspettato, ma allo stesso tempo riusciva a farmi sentire tranquilla.
Il bacio con Yamato, invece, mi ha colto completamente alla sprovvista. Quando
sono uscita con Taichi, sapevo già che lui era innamorato di me e forse, in un
certo qual senso, me lo aspettavo. Mentre sapere che anche Yamato è innamorato
di me…beh, mi ha colto impreparata. Così il suo bacio. E poi c’era una strana
tenerezza in lui, che però poi si è andata trasformando in una passione che
tuttavia non aveva nulla a che fare con quella carnale. Volendo ricapitolare,
potrei dire che il bacio di Taichi è stato più…dolce; mentre quello di Yamato
era passionale”, non riuscì a trovare parole migliori per descrivere i due
momenti.
“E a te quale dei due è piaciuto di più?”, investigò l’altra.
Sora ci pensò su, ma poi scosse il capo. “Non te lo so dire.
Sono stati due baci completamente diversi…da due persone che rappresentano
l’uno l’opposto dell’altra”, mormorò, avvilita.
“Se così non riesci ad uscirne, allora prova a chiederti cosa
senti quando sei con Taichi e cosa quando sei con Yamato”, suggerì Mimi,
poggiandole una mano su una spalla per infonderle forza.
“Beh, quando sono con Taichi, io mi sento serena e rilassata”,
Sora provò a rispondere alla domanda dell’amica, sperando che almeno stavolta
fosse riuscita a venirne a capo. “Anche quando siamo usciti insieme…l’altra
volta… Io avevo paura che mi sarei sentita a disagio con lui, dopo che mi aveva
dichiarato i suoi sentimenti. Però…devo ammettere che così non è stato. Taichi
è un ragazzo fantastico ed è riuscito a mettermi a proprio agio sin
dall’inizio. Quando ero con lui, non mi sono sentita mai una sola volta turbata
dal cambiamento. Mi ha fatto ridere come una matta e anche quando non
parlavamo, io mi sentivo bene”
“E con Yamato?”, mormorò Tachikawa quando l’altra ebbe finito di
parlare.
“Yamato…con Yamato io mi sento…”, Sora socchiuse le palpebre,
sforzandosi di trovare un aggettivo che sapesse descrivere ciò che lei sentiva
quando si trovava con il ragazzo. “Mi sento…protetta. Sì, protetta. Quando sono
con lui, io mi sento al sicuro. Lui sa ascoltarmi e riesce a starmi vicino
anche senza il bisogno di dire nulla. Con lui io…io sono felice. Perché Yamato
è…lui è… Yamato è Yamato!”, non riuscì a trovare parole migliori che sapessero
descrivere il ragazzo.
Poi, man mano, il sorriso dal suo volto si affievolì e al suo
posto comparì una smorfia di pura costernazione.
“Oh Mimi…io non saprò mai scegliere tra loro due!”, temette,
prendendo a mordersi nervosamente il labbro inferiore. “Loro due…sono così
diversi! Come posso decidere tra il sole e la notte? Tra l’alba e il tramonto?
Perché questo sono: Taichi è una raggiante alba, è solare, sempre così energico
e vitale…mentre invece Yamato è come un arancio tramonto, con quel suo modo di
fare così introverso e a volte quasi indifferente, ma allo stesso tempo dolce e
rassicurante…”
Mimi la guardò, sorridendo nel sentirla così dettagliatamente
descrivere i due ragazzi. Sora, più di tutti gli altri digiprescelti, aveva
imparato a conoscerli e a rispettarli per quelle loro qualità così particolari.
“Eppure, anche se adesso non riesci a rendertene conto, sono
convinta che dentro di te c’è già una risposta. Mi rendo conto che non è facile
decidere tra due persone così profondamente diverse, ma così dannatamente
importanti per te, però…ognuno di noi ama di più o l’alba o il tramonto. Tu
devi solo capire quale ami di più. Tutto qui!”, Tachikawa le sorrise,
incoraggiante.
“Sì, ma è questo il problema…”, si ritrovò a sospirare Sora.
‘Anche allora, quando finimmo su quel discorso, io…io non seppi
chi decidere tra aurora e vespro…’, si ricordò, frustrata.
“Io sono sicura che ce la farai, Sora. Alla fine, quando ci sarà
da prendere una decisione decisiva, tu…sono convinta che tu saprai già chi
rispondere. Ne sono convinta!”, Mimi annuì, fiduciosa.
“Chi ti da tutta questa sicurezza? Chi ti dice che andrà così e
che invece non farò scena muta, incapace di giungere a una decisione?”,
Takenouchi la guardò dubbiosa.
“Questo”, la mano affusolata di Mimi si allungò verso l’amica,
fino a raggiungerle la parte sinistra del petto, là dove si udiva un battito.
“Il tuo cuore, Sora. Prova a cercare dentro di te, amica mia. Sono sicura che è
lì che è custodita la risposta. Aspetta solo di uscire!”
L’altra le sorrise. Anche se ancora confusa, adesso sembrava più
fiduciosa.
“Sora, tutto quello che stai facendo adesso è scappare dalla
risposta che già sai dentro di te. Non ti chiederò il motivo, ma sappi che un
giorno, non molto lontano, Taichi o Yamato si stancheranno di questa situazione
e ti chiederanno di scegliere uno di loro. Allora…allora non potrai più
sfuggire, Sora. Allora dovrai seriamente prendere una decisione”, la mise in
guardia Mimi, che aveva imparato a conoscere l’amica da anni ormai.
“Anche se da essa dipenderà la felicità o la tristezza di altre
persone?”, la guardò amareggiata Takenouchi.
“Sarà comunque inevitabile!”, le rispose Mimi. “Allora, almeno
per te stessa, cerca di decidere in base al tuo cuore. Taichi e Yamato saranno
più contenti nel saperti felice, Sora”
Sora sospirò. Sapeva che l’amica aveva ragione. Dannatamente
ragione! Solo che…almeno per il momento non se la sentiva di decidere. Non
ancora.
“Ragazzi!!”, Mimi scattò immediatamente nel riconoscere le
figure familiari di Taichi e Yamato.
I due la videro tra le altre persone e subito la raggiunsero.
“Siete gli ultimi! Stavamo aspettando tutti voi due! Si può sapere
che stavate facendo?”, li accolse arrabbiata la giovane Tachikawa, sbattendo un
piedino a terra con stizza.
“E dai, Mimi! L’importante adesso è che siamo qui, no?”, Taichi
le volteggiò attorno, circondandole la vita con un braccio.
“Come mai sei così preoccupata?”, le domandò invece Yamato,
ammiccando nella sua direzione.
Mimi arrossì furiosamente. “Siete due stupidi!”, esclamò
sbuffando, prima di far loro largo e permettere finalmente di entrare in casa
Tachikawa.
Era una delle solite riunioni dei digiprescelti. Fortunatamente
i genitori della ragazza si erano dovuti assentare per andare a portar visita a
una loro parente e così adesso avevano tutta la casa a loro completa
disposizione. E visto che i signori Tachikawa sarebbero rimasti via almeno fino
all’indomani, per quella sera i digiprescelti, con la loro approvazione
ovviamente, avevano deciso di organizzare una piccola festa per loro.
“Gli altri sono di là?”, si informò il giovane Kamiya mentre si
avviavano verso il soggiorno.
Mimi annuì. “Loro non sono ritardatari come due persone di mia
conoscenza!”, li punzecchiò.
“Su, Mimi! Dopotutto conosci anche tu Taichi e quanto sia
ritardatario!”, Yamato le poggiò una mano su una spalla e le rivolse un
meraviglioso sorriso, che le fece crollare all’istante tutte le sue barriere.
“Ehi!”, al contrario, Taichi sembrava offeso.
Ammetteva che forse ci aveva impiegato un po’ di tempo a
scendere di casa e per questo Yamato era stato costretto ad aspettarlo sulla
sua moto per una decina buona di minuti, ma…era colpa sua se si era fatto tardi
agli allenamenti?!
“Beh, in ogni caso adesso siete arrivati!”, Tachikawa, stanca di
starli a sentire, decise di porre fine alla discussione, giusto l’attimo prima
di entrare nell’enorme soggiorno dove li stavano attendendo tutti gli altri.
“Era ora!”, un coro di disappunto li accolse non appena vennero
notati.
“Ehm…scusate!”, mormorò dispiaciuto Taichi, fregandosi i capelli
castani.
“Hikari, sei sicura che sia tuo fratello?”, domandò sconsolato
Koushiro.
“Purtroppo credo proprio di sì…”, rispose desolata la fanciulla,
facendo per questo scoppiare a ridere l’intera comitiva.
Nel frattempo Taichi prese posto sull’unica poltroncina ancora
libera, sbuffando come un mantice a quelle provocazioni.
“Ehi, Yamato! Non mi avevi detto di essere interessato a Mimi!”,
esclamò d’un tratto Daisuke, notando la mano dell’amico ancora poggiata sulla
spalla della fanciulla.
A quelle parole Tachikawa arrossì di botto, mentre Yamato scostò
lo sguardo da un’altra parte per cercare di dissimulare il suo imbarazzo. Per
questo motivo non si accorse dell’espressione costernata sul volto di Sora,
cosa che invece non passò inosservata agli occhi di Taichi. Ma Sora non fu
l’unica a rimanere male della cosa. Anche qualcun altro, sebbene cercasse
disperatamente di non darlo a vedere, era rimasto piuttosto di sasso di fronte
alla scena.
“Sei il solito stupido, Daisuke!”, la sgridata di Miyako, che
aveva notato l’aria farsi stranamente tesa alla battuta del ragazzo, gli mollò
un poderoso ceffone sul capo.
“Ahia!! Ma dico: sei impazzita?!”, scattò come una molla
Motomiya, inalberandosi immediatamente.
“E tu allora? Ce l’hai o no un po’ di zucca in quel cervello??”,
ribatté a tono Inoue, offesa.
“Io perlomeno non ho la testa solo per portare i capelli!!”,
Daisuke la guardò con espressione di sfida.
Miyako a quelle parole stava per dirgliene quattro, sentendosi
arrabbiata come non mai, ma il tempestivo intervento di Ken fu efficace a
placare i loro turbolenti animi.
“Andiamo, ragazzi. Non è il caso di litigare per delle
sciocchezze!”, sorrise, sperando di essere convincente.
“Tsk!”, fecero in contemporanea i due contendenti, voltandosi di
scatto dall’altro lato e dandosi così le spalle.
Ken sospirò, desolato. ‘Non cambieranno mai!’, si disse, prima
di lasciarsi sfuggire un sorriso divertito.
“Ragazzi, sapete ieri chi ho sentito?”, cambiò discorso a un
certo punto Izumi, con un sorriso che andò ad illuminargli il volto.
“Chi, la regina Elisabetta?”, domandò senza troppo entusiasmo
Taichi, ancora infastidito per la scena a cui era stato obbligato ad assistere.
“Molto spiritoso, Taichi…davvero molto spiritoso”, Koushiro gli
lanciò un’occhiataccia, prima di sorridere nuovamente. “Comunque, se lo volete
proprio sapere, ieri ho sentito Gennai!”, rivelò tutto soddisfatto.
“Davvero??”, si interessarono immediatamente gli amici.
Koushiro sorrise. Sapeva che quella notizia li avrebbe fatti
felici.
Mentre il digiprescelto della conoscenza si divulgava a
raccontare i dettagli, stando ben attento ad aggiungere i particolari su ogni
digimon, una persona nella stanza non sembrava minimamente ascoltarlo. Era
Mimi, ancora presa dai propri pensieri.
Sentiva un grosso vuoto al cuore al sentirlo così felice.
Eppure…per un istante aveva sperato che alla battuta di Daisuke su lei e
Yamato, Koushiro si ingelosisse un po’…almeno un pochino… Ma invece…a quanto
pareva… Il ragazzo era troppo occupato a descrivere i dettagli della sua
conversazione con Gennai per accorgersi di lei. Non che a lei non facesse
piacere sapere che i digimon stavano tutti bene, anzi! Non vedeva l’ora di
riabbracciare Palmon! Però…almeno un minimo di interesse per lei…era chiedere
troppo?
“Mimi, tutto bene?”, la voce profonda di Yamato la riscosse dai
suoi pensieri.
Tachikawa annuì e, cercando di cacciare indietro le lacrime, si
sforzò di sorridergli. “Sì”, mentì, nascondendo il malessere che invece l’aveva
presa.
Come prevedibile, però, il digiprescelto dell’amicizia non
sembrò cascarci.
“Se non si accorge di te…allora Koushiro è uno stupido”,
mormorò, facendosi sentire solo da lei.
Mimi arrossì violentemente a quelle parole e lo guardò sorpresa.
‘Come fa a saperlo?’, si domandò esterrefatta.
Quasi avesse intuito i suoi pensieri, il biondino le sorrise.
“L’avevo capito da un pezzo, cosa credi? Non è facile tenermi
nascoste le cose!”, esclamò tutto serio, facendola per questo sorridere.
Quando però riuscì a calmarsi, Mimi lo guardò riconoscente.
“Grazie Yamato”, dimostrò di aver apprezzato il suo gesto.
Ishida le sorrise, senza però aggiungere nulla. Quindi
l’attenzione di entrambe si spostò nuovamente sulla conversazione che si stava
tenendo tra gli altri.
“Takero, vieni!”, senza mezzi termini Daisuke piombò alle spalle
del biondino e lo trascinò via.
“Ehi!”, si lamentò il giovane Takaishi, seccato per essere stato
portato via a quel modo dalla sua dolce Hikari.
“Su, su, Hikari è sempre lì! Puoi sempre stare con lei!”, lo
rincuorò Motomiya, facendolo arrossire impercettibilmente. “Adesso io e te
abbiamo qualcos’altro da fare!!”, aggiunse poi, con sguardo di sfida.
“Allora?”, giunsi vicino al tavolo, li accolse la voce di
Taichi. “Si comincia?”, domandò, mentre mescolava energicamente le carte.
“Noi siamo pronti!”, Daisuke parlò a nome suo e di Takero, che
non ci aveva capito ancora niente.
“Si può sapere che sta succedendo?”, sbottò a quel punto
Takaishi, piuttosto irritato.
“Taichi e Yamato ci hanno sfidato a carte! Dobbiamo
assolutamente fargli vedere chi siamo, amico mio!!”, lo prese sotto braccio e
sorrise trionfo verso la coppia di amici che già sedeva al tavolo.
“E perché hai chiamato me, scusa? Con tante persone che c’erano
in giro!”, protestò Takero, sbuffando scocciato.
“Tante persone?! Scherzi?? Ken e Miyako li abbiamo dati per
dispersi già da un’ora! Iori, invece, sta parlando con Joe. Sei rimasto solo tu
mio caro!”, gli fece notare Daisuke.
“E Koushiro? E le ragazze?”, gli ricordò il biondino esitante.
“Umpf! Quante storie!! Koushiro è sparito già da un’ora, mentre
le ragazze…andiamo! Questi due molliccioni quando perderanno, perché perderanno, non accetteranno mai di essere
stati sconfitti da loro! E finiranno col dire che ho barato!”, spiegò Motomiya.
“Ma siccome io non ho paura di loro,
allora gli farò vedere che saprò batterli giocando alla pari. Con te, amico
bello!!”, gli arruffò i capelli, aumentando così ancor di più la sua
irritazione.
“Oh, e va bene! Gioco!”, ricapitò infine Takero, stanco di
starlo a sentire.
“E vai!!!”, urlò immediatamente Daisuke, facendo il cenno di
vittoria. “Non avete scampo, miei cari nonnetti!!”, si rivolse poi agli altri
due ragazzi.
“Staremo a vedere, poppanti!”, ribatté prontamente Taichi,
mentre Yamato sorrideva divertito.
Quelle parole riuscirono ad infervorare l’animo di Takero, che
si sedette con aria di sfida.
“Siete pronti?”, domandò poco dopo Taichi, mentre distribuiva le
carte.
Mimi Tachikawa sorrise divertita nell’osservare la scena che si
parava ai suoi occhi. Taichi e Yamato avevano appena sfidato Daisuke e Takero a
carte, e, almeno a giudicare dalle loro facce, sembravano averla presa molto
seriamente.
‘Non cresceranno mai!’, si ritrovò a pensare, mentre osservava
Taichi e Daisuke blaterare per un futile motivo, frenati solo dall’intervento
dei due fratelli Yamato e Takero.
Ciò nonostante Mimi doveva ammettere che l’idea di organizzare
quella piccola festicciola a casa sua era stata proprio una bella idea. Anche
Sora, che l’aveva appena lasciata con Hikari, sembrava più serena quella sera,
in contrasto con i pensieri che le mettevano in disordine la testa.
L’unica che non sembrava divertirsi poi tanto, quella sera, era
proprio lei. Infatti sebbene si sforzasse di apparire allegra come sempre, un
grosso peso le gravava sul cuore. ‘Koushiro…possibile che io per te non sia
altro che un’amica?!’, si domandò avvilita, mentre usciva fuori in terrazzo per
respirare un po’ d’aria e per pensare un poco in solitudine. All’idea, però, le
venne involontariamente da sorridere. Era strano per lei pensare di voler stare
un po’ da sola. Un tempo…odiava la solitudine. Mentre ora…era diventata una
ragazza più coraggiosa, più fiduciosa. E questo in un certo qual modo lo doveva
proprio a Koushiro.
Mimi ricordava ancora perfettamente quella volta a Digiworld
quando, sentendosi ignorata da lui, era scappata dentro a quel labirinto. Aveva
avuto una paura…! Ma poi Koushiro era riuscito a farla uscire di lì…le era
stato vicino…
“Se solo fosse così anche ora…”, si ritrovò a dire ad alta voce,
prima di sospirare desolata e appoggiarsi distrattamente alla balaustra.
“Di che stai parlando?”, una voce a lei ben familiare la fece
trasalire.
Mimi si voltò di scattò e arrossì paurosamente quando i suoi
occhi incrociarono la figura di Koushiro ritta di fronte a lei.
“Non…non ti avevo visto!”, mormorò ancora attonita lei.
Per tutta risposta il giovane Izumi le rivolse un meraviglioso
sorriso, che rischiò di farla sciogliere come neve al sole. Era sempre così
quando c’era lui. Sebbene Mimi cercasse di non darlo a vedere, non poteva fare
a meno di arrossire di fronte ai suoi sorrisi così teneri… E quando lo vedeva
con un’altra ragazza…! Un’improvvisa gelosia la attanagliava ogni volta, ma lei
doveva tacere ogni volta, non potendo reclamare alcun diritto su di lui.
Lei lo amava, come mai aveva amato nessuno.
Mentre lui…Koushiro la considerava solo un’amica, ormai ne era
sicura. Ne aveva avuto la piena certezza proprio qualche ora addietro, quando
non l’aveva visto fare una piega di fronte a lei e Yamato.
Mimi sospirò, voltandosi nuovamente verso la volta celeste.
Izumi, allora, le si poggiò accanto.
“Hai mai avuto paura di farti avanti con qualcuno, Mimi?”,
l’improvvisa domanda di Koushiro la colse alla sprovvista.
Tachikawa si voltò verso di lui e lo guardò interrogativa. Ma il
ragazzo rimase fermo a scrutare il cielo.
“Hai mai avuto paura di dire a una persona quanto sia speciale
per te perché temevi di perderla per sempre?”, le chiese ancora il giovane,
contrito. “Dimmi, Mimi: hai mai avuto paura di dire ti amo a qualcuno?”, finalmente si voltò verso di lei a guardarla
negli occhi.
La ragazza sentì il proprio cuore balzarle in petto a quelle
parole e sotto i magnetici occhi ebano dell’amico. Di certo non si sarebbe mai
aspettata una domanda simile proprio da lui. Però non si illudeva di essere lei
quel qualcuno. No di certo.
Sospirò.
“Sì”, ammise, abbassando il capo mestamente. “Ma ormai non credo
che glielo dirò mai. Lui…lui mi considera solo un’amica”, mormorò, sforzandosi
di non scoppiare in lacrime.
Anche quella confessione confermava il fatto che lui la vedesse
solo come amica. Altrimenti perché dirle quelle cose? No, Mimi aveva smesso di
illudersi. Non serviva a nulla sperare che un giorno Koushiro si sarebbe accorto
di lei. Sapeva bene che quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Dal canto suo il ragazzo pareva piuttosto colpito da quelle
parole. Ma poi la sorpresa scomparve dai suoi occhi e al suo posto sopraggiunse
un’espressione profondamente seria.
“Stai parlando di Yamato, non è vero?”, le chiese, deciso ormai
a sapere tutto.
Mimi rimase piuttosto stupida da quella domanda e per questo non
poté fare a meno di gettargli un’occhiata frastornata. ‘Yamato?! Che c’entra
Yamato?’, si chiese perplessa.
“Eh?”, lo guardò interrogativamente.
“Non sono stupido, Mimi. Mi sono accorto di come lo guardi…tu lo
ami!”, la accusò, prima di voltarsi dall’altro lato per non essere costretto a
guardarla negli occhi.
In quei meravigliosi occhi marroncini che adesso lo fissavano
attoniti, confusi.
“Mi ero ripromesso di non dirti mai nulla, perché tanto…”,
Koushiro abbassò lo sguardo, senza però voltarsi.
Tachikawa fissava le sue spalle con un’evidente stupore. ‘Cosa
stai cercando di dirmi? Che sei innamorato di un’altra?’, il pensiero la
stravolse, ‘ti prego…non farlo…preferisco non sapere…’.
“Da quando sei andata via, a New York, io…io non faccio altro
che pensare a te, Mimi”, le parole di Izumi la colpirono profondamente. “Io…io
mi sono innamorato di te… Mimi, anche se per te non sono altro che un buon
amico, io…dovevo dirtelo. Ti amo”
Il cuore della fanciulla si arrestò di colpo a quelle parole,
incredulo. Quanto aveva atteso di sentirglielo dire? E adesso…sapere che lui
ricambiava ai suoi sentimenti da così tanto tempo…
“Oh, Koushiro!”, Mimi lo abbracciò da dietro, poggiando
dolcemente il capo sulla sua schiena.
Izumi abbassò il capo. Non avrebbe dovuto dirle nulla…avrebbe
dovuto continuare a tenerlo per sé, come faceva ormai da tempo, però…vederla
con Yamato… Sapeva che non c’era nulla di male nel loro gesto, ma le parole di
Daisuke l’avevano colpito. Più di quanto si fosse mai aspettato. Per questo
aveva capito di non poter più tacere. Quando l’aveva vista lì fuori, così bella
con la luce della luna riflessa nei suoi lunghi capelli che un tempo erano
stati tinti di rosa ma che adesso apparivano sotto il loro naturale colore…
Koushiro non aveva più saputo trattenersi. Aveva sentito dentro il desiderio
impellente di dirglielo, finalmente. Di confessarle quell’amore che custodiva
da troppo tempo ormai.
“Siamo stati due stupidi…”, la voce di Mimi lo riportò alla
realtà e solo allora il ragazzo si accorse che lei stava piangendo. “Avevamo
paura entrambe di risultare solo un buon amico all’altro…mi dispiace… Avrei
dovuto dirtelo subito, anziché piangere sulle mie fissazioni…invece…”
“Mimi!”, Koushiro sembrava sconvolto.
‘Che vuole dirmi?’, fu l’unica cosa che riuscì a pensare, mentre
si voltava verso di lei. La vide piangere e subito il suo cuore si strinse in
una dolorosa morsa d’acciaio.
“Io ti amo, Koushiro!”, rivelò finalmente la fanciulla, in un
tono che appariva quasi disperato.
Vederlo così preoccupato per lei…sapere quanto si era sbagliata
fino a quel momento… Forse se avrebbe seguito sin da subito la voce del suo
cuore, non avrebbe sofferto tanto per lui. Invece…
Il sorriso meraviglioso che il ragazzo le rivolse, però, bastò a
farle capire che l’importante in quel momento era che, nonostante tutti i loro
dubbi, si erano incontrati. Lo stesso.
“Io ti amo…da tanto, troppo tempo…”, continuò Mimi.
Piangeva. Ma le sue lacrime, adesso, erano di gioia.
“Quando ero a New York io…io non facevo altro che pensare a te…
Per questo ho fatto di tutto pur di ritornare. Io non posso stare senza di te,
Koushiro! Io…ti amo!”, ripeté, felice di poterlo fare.
Il cuore del ragazzo su sciolse nuovamente a quelle parole.
Adorava sentirglielo dire. Non si sarebbe mai stancato di dirglielo a sua
volta.
“Ti amo, Mimi…ti amo!”, avrebbe voluto gridare, ma la sua timidezza
glielo impedì.
Tuttavia non lasciò che essa gli impedisse di vivere quel
momento. Così, trovando un’audacia che non credeva di possedere, Koushiro le
portò una mano su una gota e la accarezzò. Mimi, a quel gesto così tanto
bramato, si lasciò sfuggire un meraviglioso sorriso che andò ad illuminarle il
volto.
Trasportato, anche Koushiro sorrise, prima di avvicinare il suo
volto a quello della fanciulla. La guardò ancora per un ultimo istante,
perdendosi in quei meravigliosi occhi che tanto amava. Poi chiusero entrambe
gli occhi e finalmente le loro labbra si unirono in un dolce e tenero bacio,
che andò a suggellare la loro nuova unione.
“Sora!”, la fanciulla sobbalzò, spaventata.
Si voltò incuriosita e sorrise non appena riconobbe l’amico
Kamiya.
“Taichi! Come mai sei ancora qui? Credevo te ne fossi andato con
gli altri!”, Sora sembrava veramente molto stupita di vedere il ragazzo ancora
lì a casa Tachikawa.
Aveva visto gli amici andare via e aveva pensato che ormai non
ci fosse più nessuno in casa, a parte ovviamente Mimi e lei, che si era
gentilmente offerta di rimanere con l’amica visto che era sola quella notte.
Invece…
“Dovevo parlarti, prima”, il tono di voce di Taichi era
stranamente serio e il suo sguardo non lasciava trasparire alcuna emozione.
Dal canto suo la giovane Takenouchi pareva piuttosto sorpresa di
ciò, ma anche piuttosto in trepidazione. ‘Perché mi sento così nervosa?’, si
domandò spossata.
“Di che si tratta?”, lo guardò, incuriosita, cercando di far
tacere la voce del suo cuore impazzito.
“Prima, quando siamo arrivati, ho visto come hai guardato
Yamato”, andò dritto al nocciolo della questione Taichi, come era suo solito.
Aveva già dovuto trattenere quel discorso per tutta la serata,
per questo ora che era con lei non vedeva l’ora di dirle tutto. Di farsi dare
una spiegazione.
Intanto Sora sentì il proprio cuore volteggiarle nel petto a
quelle parole, mentre un senso di frastornazione le si affacciava lungo lo
sguardo. Aveva capito a quale evento il ragazzo si riferisse, anche se aveva sperato
che non si notasse. ‘A quanto pare non sono stata molto brava a nascondere ciò
che provavo quando ho visto Yamato e Mimi…’, sospirò, amareggiata.
“Io…ero solo un po’ frastornata…”, si difese, dicendosi lei per
prima che le cose stavano realmente così.
Dopotutto…che senso aveva avuto quella strana sensazione che
l’aveva colta? Nessuno! Lei…lei non poteva essere…no, era assurdo! Eppure…
“Sora”, d’improvviso il corpo di Taichi si fece vicinissimo a
quello della fanciulla che, colta alla sprovvista, sobbalzò imbarazzata.
“Tai…Taichi!”, arrossì violentemente, senza tuttavia distogliere
lo sguardo dai suoi occhi marroni.
“Sora, lo so che ti avevo detto di prenderti il tempo che ti
serviva, però…io non ce la faccio più ad aspettare!”, alzò le braccia e le poggiò
lungo il muro alle spalle della fanciulla, creando così una sottile barriera
che la fece sentire in trappola. “Non ce la faccio più a continuare così…io
devo sapere! Tu…tu devi decidere definitivamente se è me che vuoi o è Yamato,
Sora!”
Lo sguardo del giovane era profondamente serio, tanto da far
mettere in agitazione il cuore già spossato della ragazza. Taichi la fissò per
un lungo istante, sperando che la fanciulla riuscisse a leggere nei suoi occhi
tutta la determinazione che lo animava. Non avrebbe mai voluto metterla alle
strette e porle quella fatidica domanda, però…non aveva potuto fare altrimenti.
Quella situazione di stallo che si era creata tra loro tre stava divenendo
insostenibile per il suo cuore. Taichi non poteva più aspettare in pazienza una
sua decisione. Doveva saperla al più presto. Sora…lei, doveva decidere.
Mentre il ragazzo si allontanava da lei, lasciandola lì fuori in
completa solitudine, il cuore della fanciulla aveva preso a battere più forte,
violentemente in petto. ‘Decidere…devo decidere tra loro due…’, si ripeté
costernata, mentre piccoli frammenti di sale iniziavano a rigarle il volto
niveo. Mimi le aveva detto che un giorno sarebbe successo, ma lei…lei non aveva
voluto pensarci. Eppure era successo. A chiederle di scegliere era stato
Taichi. Non disapprovava la sua decisione, sapeva che quella situazione non era
facile per nessuno, tuttavia…come faceva a decidere? Adesso che aveva un tempo
così limitato a disposizione…quale decisione avrebbe dovuto prendere? Chi, tra
Taichi e Yamato, avrebbe dovuto scegliere?
“Yamato!!!”, la voce esuberante di Miyako si espandé lungo tutto
il cortile della scuola, attirando così le attenzioni generali.
“Ecco anche quella pazza…!”, Daisuke sembrava esasperato, ma la
digiprescelta non lo degnò di uno sguardo e si piombò direttamente sul giovane
Ishida.
“Yamato è vero quello che ho sentito??”, domandò subito, senza
troppi giri di parole.
Non sarebbe stato da lei una cosa contraria.
Per tutta risposta il biondino le rivolse un’occhiata interrogativa,
non riuscendo ad intendere cosa di preciso la fanciulla stava chiedendogli.
“Si può sapere di che stai parlando?”, intervenne il giovane
Motomiya, spossato da tanta eccentricità.
“Alcune mie compagne di classe mi hanno detto che stasera ti
esibisci con il gruppo. È vero?”, Miyako ignorò quasi completamente Daisuke,
per fissare il giovane davanti a lei.
“Cosa?!”, si interessò anche Mimi, balzando in piedi di scatto.
Adorava le canzoni dell’amico! E questo Koushiro lo sapeva per
questo non poté fare a meno di sorridere quando la vide così interessata.
“Beh…sì, ci esibiamo”, confessò allora Yamato, non riuscendo
però ancora a capire il motivo di tanto scalpore.
Accanto a lui Sora gli gettò un’occhiata stupita, prima di
abbassare lo sguardo quando incrociò gli occhi marroni di Taichi, seduto
proprio di fronte a lei.
“Umpf! Ma perché non ci hai detto niente?!”, si lamentò Miyako.
“Lo sai che adoro le tue canzoni!”, diede man forte anche Mimi.
“Su, ragazze, non è il caso di fare così”, intervenne a quel
punto Koushiro.
“Probabilmente Yamato se ne sarà dimenticato”, azzardò Iori.
“Sì, però…”, Mimi cedette solo di fronte allo sguardo del suo
ragazzo, che la fece sciogliere quasi fosse fatta di gelatina.
“Beh, potremo andare lo stesso a vederli!”, irruppe a quel punto
Taichi, che doveva ammettere di trovare molto piacevoli le canzoni di Yamato.
“Davvero verreste?”, il giovane Ishida pareva incredulo.
“Puoi scommetterci!”, ribatté Taichi. “Vero, Sora?”, aggiunse
poi, volgendosi verso la fanciulla.
Quella arrossì di botto sentendosi presa in fallo, ma non poté
fare a meno di annuire.
“S…sì”, mormorò, distogliendo immediatamente lo sguardo.
Yamato le gettò un’occhiata fugace, prima di essere attirato
dalla voce del fratello.
“Dove suonate?”, gli domandò Takaishi interessato.
“Al Jin”, rispose l’altro, suscitando l’immediato scalpore di
tutti.
“AL JIN?!?”, ripeterono in contemporanea sia Miyako che Mimi,
rischiando di farsi sentire anche da Ken all’altro capo della città.
“Ehm…sì”, Yamato abbassò il capo, leggermente imbarazzato.
“Ma è fantastico!”, gli saltarono addosso le due fanciulle,
emozionate.
Il Jin era un locale piuttosto alla moda e abbastanza
frequentato. Suonare lì era davvero un’esperienza straordinaria!
“Verremo sicuramente a vederti, Yamato!!”, affermò immediatamente
Mimi, contenta all’idea di andarlo a vedere in un locale come il Jin.
“Certo, puoi giurarci!!”, intervenne anche Miyako, altrettanto
entusiasta.
Vedendole così prese, Hikari non poté fare a meno di sorridere.
“Sarà una serata indimenticabile!”, stabilì, sicura.
Ishida a quelle parole le sorrise, riconoscente. Suo fratello
era stato proprio fortunato, non c’era che dire. Hikari era davvero una ragazza
in gamba e lui ormai la considerava quasi una sorellina. In fondo, sorrise
divertito, era la sorella del suo miglior amico! E la ragazza di suo fratello!!
Quindi…in pratica…
Il Jin era un locale dall’atmosfera rilassante, che sapeva
accogliere serate di blues e serate un po’ più scatenate senza mai perdere un
certo fascino. Forse era per questo motivo che riscuoteva tanto successo tra il
pubblico. E poi quella sera il gruppo musicale dei Teen-age Wolves faceva scintille!
Seduta al tavolino assieme al gruppo di amici, Sora tuttavia non
sembrava completamente rilassata mentre osservava l’amico Ishida esibirsi sul
palcoscenico. Sembrava quasi una divinità irraggiungibile mentre la sua voce
melodiosa spiccava le parole della loro canzone più nota, conosciuta con il
nome di Tobira –door–. Sora lo aveva
visto esibirsi più volte, eppure…quella volta c’era qualcosa di diverso. Forse
era l’atmosfera del Jin, così accogliente, oppure erano le note della canzone…
Non capiva, però si sentiva diversa in quel momento. Completamente.
Il fluire dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da un
plaudire di mani, segno tangibile che la canzone era appena terminata. Sora
alzò lo sguardo e vide Yamato sorridere mentre osservava la folla che era
venuta sin lì appositamente per ascoltare loro.
“Adesso voglio cantarvi una canzone del tutto nuova”, iniziò
d’un tratto a parlare, richiamando su di sé lo sguardo di tutti. “Si intitola Whole e, a dire la verità, si tratta di
un pezzo a cui tengo molto, non solo perché l’ho composta assieme al mio
fratellino”
Lo sguardo di tutti i digiprescelti, compreso quello di Yamato,
si voltò verso Takero, che era arrossito all’istante, imbarazzato.
“Si può sapere perché non ci hai detto nulla?!”, domandò
incuriosito, e con tono vagamente ammonitore, Daisuke.
“Io…non credevo fosse importante…”, si difese il biondino,
mentre accanto a lui la sua ragazza sorrideva divertita.
Hikari, infatti, a differenza degli altri sapeva di ciò, anche
se non aveva nemmeno lei mai udito la canzone, né tanto meno Takero aveva
voluto dirle di cosa parlava.
“E qual è il motivo più importante?”, si sentì d’un tratto nella
sala da una voce chiaramente femminile.
Yamato arrossì impercettibilmente a quella domanda, imbarazzato.
“Beh…lo scoprirete sentendo le parole!”, riuscì a manovrare
ugualmente la situazione, prima di sorridere raggiante, inconscio degli effetti
devastanti che questo poteva avere sulle ragazze presenti nella sala.
“Comunque, essendo la prima volta che la canto, mi piacerebbe
che a suonare il basso al mio fianco ci fosse proprio lui, il mio
fratellino…Takero”, il giovane Ishida si voltò nuovamente verso il biondino
seduto al tavolo, cercandolo con lo sguardo.
Dal canto suo Takaishi si sentiva piuttosto imbarazzato, ma era
felice di sapere che il fratello lo voleva a suonare assieme a lui, in quella
prima della loro canzone. Sorrise e, senza farselo ripetere due volte, si alzò.
Takero raggiunse il palco sotto gli incoraggiamenti degli amici e una volta che
vi fu su, si ritrovò accanto a Kenichi, che gli offrì il suo basso. Takero,
infatti, era bravo a suonare quello strumento musicale. Un paio di volte i
ragazzi del gruppo gli avevano anche chiesto di entrare nella loro band, ma
Takaishi aveva sempre rifiutato asserendo che aveva già il basket a cui
dedicarsi.
Takero raggiunse il fratello al centro del palco e subito i due
si sorrisero, contenti. Quindi stavano per attaccare a suonare, quando
intervenne la voce allegra di Yosuke.
“Ragazzi, ecco a voi i due fratellini più carini del Giappone:
Yamato e Takero!!”, sorrise, ammiccando agli spettatori che scoppiarono subito
in un boato.
Il gruppo dei digiprescelti non poté fare a meno di sorridere
nel vedere i due fratelli arrossire lievemente ma inequivocabilmente a quelle
parole. Erano contenti tutti per loro, perché sapevano quanto avevano sofferto
per la separazione dei genitori. Eppure il loro legame non si era mai spezzato,
anzi! Andava a fortificarsi ogni giorno di più.
D’un tratto la sala calò nel silenzio, mentre le note del basso percosso
da Takero iniziavano a diffondersi attraverso gli amplificatori.
Sora rimase piuttosto colpita di scoprire che si trattava di una
canzone con un sottofondo piuttosto malinconico, quasi nostalgico, ma allo
stesso tempo addolcito dalla presenza di una nota in particolare che
trasformava l’intero brano in un pezzo unico. Fu tuttavia quando Yamato iniziò
a cantare, accompagnando la sua voce con la chitarra elettrica che aveva tra le
mani, che l’atmosfera raggiunse un punto culminante, mentre il cuore della
fanciulla seguiva fremendo ogni parola, senza volerne perdere una.
We
have departed on a small mountain
Arrived
from different roads
With
the past still on our shoulders
Il cuore dei digiprescelti ebbe un fremito a quegli unici pochi
versi, consapevoli di essere loro i destinatari di quella canzone a tratti
melanconica ma continuamente animata da un senso di dolcezza.
Subito a Ken venne alla mente il pensiero di suo fratello e di
quando era stato l’Imperatore…delle cattiverie che aveva compiuto…
Il suo sguardo si rabbuiò, ma il tocco gentile di Miyako sulla
sua mano lo fece sorridere.
Ora non era più l’Imperatore…l’anello oscuro non legava più la
sua volontà…
Gettò un’occhiata a Daisuke, che gli sorrise.
Ora aveva degli amici e una ragazza fantastica al uso fianco.
But
the dream was the same
I
have dreamt your dream for you
And
the dream is now become reality
A Taichi non ci volle molto per capire di quale sogno Yamato
stava parlando. Il sogno di riportare la pace su Digiworld, di rimanere uniti
per sempre. E adesso, proprio come diceva la canzone, il sogno era divenuto
realtà. Loro…erano amici. E lo sarebbero stati per sempre.
I cannot make a song
In
the way according to which it should be
I
cannot do everything
But I
would make anything for you
Il cuore di Hikari si strinse in una morsa, che però era di mera
commozione. Sentiva il sangue scorrere nelle sue vene come impazzito e il suo
cuore le faceva le capriole nel petto. Quella canzone…era di quanto più bello
avesse mai udito. E Takero era bravissimo con quel basso. Bellissimo, lì
accanto al fratello. Finalmente…potevano
essere felici…insieme…
All
of this that I do is to thank you
Through
this song of mine
All
of this that I can do is to hope
What
these verses reach you the heart
Mimi sorrise, incrociando le sue dita con quelle di Koushiro. Yamato
e Takero ci erano riusciti…quella canzone era arrivata dritta ai loro cuori, anche
se…
Gettò un’occhiata alla sua destra e sorrise, prima di voltarsi
verso il suo ragazzo.
“Un giorno mi dedicherai anche tu una canzone, Koushiro?”, gli
domandò ingenuamente, facendolo arrossire lievemente.
Il ragazzo, tuttavia, non poté nascondere un sorriso bonario,
prima di baciarle affettuosamente le labbra rubino.
At
times the past is painful
But
together we have succeeded
With
you the obscurity of my heart has disappeared
The
gold chains have gone to splinters
Iori rimase assorto ad udire il testo della canzone.
D’improvviso gli era ritornato in mente il giorno in cui si era rivolto a
Yamato per sapere circa la repulsione di Takero delle tenebre. Ma adesso, con
Hikari al suo fianco, le tenebre erano scomparse…la luce le aveva scacciate…
Così come era riuscita a scacciare la freddezza nel cuore di
Yamato. Joe sapeva quanto l’amico avesse sofferto…ma ora il suo cuore era
riuscito a scaldarsi…
I
make a footstep out of the shade
Now
my heart is more calm
I
cannot do all, I now know it
But I
would try everything for you
Sora sentì le lacrime rigarle il viso a quelle parole, ma non se
ne curò. Il suo cuore si era congiunto con i versi di quella canzone. Quella
canzone che sapeva rispecchiare Yamato in pieno, che era capace di giungere ai
loro cuori di ragazzi, proprio come aveva saputo fare lui stesso.
‘Yamato…’, la giovane Takenouchi fissava le mani del ragazzo
percuotere con delicatezza la chitarra elettrica, producendo così un suono che
andava sempre più addolcendosi. La vista, però, le apparve d’un tratto sfocata,
offuscata da quelle piccole lacrime che non volevano saperne di smetterla.
Avrebbe voluto gridare parole che nemmeno lei sapeva bene quali fossero, tanto
il cuore le batteva fino quasi a scoppiarle nel petto!
Sora lo aveva sempre saputo, eppure nel vederlo così bello
lassù, su quel palco, mentre intonava quella meravigliosa canzone, non poté
fare a meno di pensare a quanto fosse stata fortunata ad averlo conosciuto…
“Vado a cercare Yamato!”, prima che qualcuno potesse replicare,
Sora si era separata dal gruppo di digiprescelti che, illuminati dalla luce
lunare, aspettavano l’amico all’uscita del Jin.
Mentre voltava a sinistra, per poter così raggiungere la porta
secondaria che dava direttamente sul camerino, la fanciulla non poté fare a
meno di ripensare a quanto le avesse appena sussurrato Mimi in un orecchio. La
fanciulla, infatti, le si era avvicinata e, facendosi udire solo da lei, le
aveva detto di essere molto fortunata per il fatto di avere due ragazzi
fantastici accanto. Ma la cosa che più l’aveva sconvolta era stato quando Mimi
aveva aggiunto che a lei mai nessuno aveva dedicato una canzone!
‘Che voleva dire?’, si domandò per l’ennesima volta Sora,
spossata.
Talmente presa dai suoi pensieri, la fanciulla non si accorse di
essere in rotta di collisione con qualcuno. Lo scontro fu inevitabile, ma
fortunatamente, poco prima che stava per cadere, sentì due forti braccia che la
sorreggevano. Sora alzò lo sguardo per vedere il suo salvatore e il cuore le
balzò forte nel petto quando incrociò due familiari occhi blu.
“Ya…Yamato!”, balbettò impacciata, mentre le guance le si
coloravano di un delizioso rosa.
“Dove stavi andando?”, le domandò con quel suo tono di voce
profonda lui, senza smettere di fissarla.
“A…a cercarti”, mormorò in risposta Sora, arrossendo ancor di
più quando si accorse di essere ancora tra le sue braccia.
Il ragazzo, però, non sembrava intenzionato a lasciarla e questo
le causò un forte aumento del battito cardiaco. Tuttavia quando Yamato si
decise a lasciarla andare, Sora dovette ammettere di provare uno strano senso
di vuoto, ma poi si diede mentalmente della stupida.
“Ti è piaciuta la nuova canzone?”, la domanda di Yamato la fece
sussultare, cogliendola alla sprovvista.
Tuttavia la digiprescelta dell’amore non poté non annuire.
“È…è bellissima!”, un guizzo le attraversò gli occhi nocciola,
illuminandole il viso niveo.
Contagiato, anche il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso.
“Speravo che ti piacesse”, ammise, sorprendendola.
Sora gli gettò un’occhiata interrogativa, mentre inspiegabilmente
il cuore ritornava a battere più forte.
“Quella canzona non era per i digiprescelti. Non solo, almeno.
Non per me”, la voce di Yamato si era fatta più grave e il suo sguardo ancor
più profondo del solito. “Era per te, Sora”
La fanciulla sentì un brivido percorrerle la schiena a quelle
parole, mentre un rosso cremisi le si affacciava sulle gote. I suoi occhi,
tuttavia, rimasero fermi sulla figura mascolina di fronte a lei, in cerca forse
di una risposta che potesse spiegare quel fremito che l’aveva assalita.
‘Era…per me…’, più ci pensava, più il cuore batteva forte, come impazzito.
Adesso capiva cosa avesse voluto venire a dire Mimi, poco prima. Solo che…lei
non si era aspettata una cosa del genere. Sentendo il testo aveva pensato fosse
rivolta a tutti quanti loro digiprescelti, tuttavia…quel you in inglese non voleva dire solo voi. Il you che aveva
utilizzato Yamato aveva il significato di tu.
E quel tu era lei, Sora Takenouchi.
D’improvviso tutte le sensazioni che aveva sentito fino a poco
prima, si intensificarono ancor di più, mentre il suo cervello riformulava i
versi di quella magnifica canzone. Subito il senso delle parole la avvolse,
stravolgendola.
“Yamato, tu…”, non riuscì a terminare la frase, forse perché lei
per prima ignorava ciò che voleva dire.
“Io non posso fare tutto,
Sora”, nella frase di Yamato la fanciulla riconobbe i versi della canzone che
aveva intonato appena poco prima. “Ma farei
qualsiasi cosa per te”
“Oh…Yamato…”, Sora si portò ambo le mani sul viso, per
nascondere quelle piccole lacrime che avevano preso a rigarle il volto.
Non poteva credere che lui…che quella canzone così meravigliosa
potesse essere davvero dedicata a lei…da Yamato… Le sembrava tutto così
assurdo! Ogni cosa appariva confusa in lei. In poco tempo era cambiato tutto.
Completamente. E lei non poteva fare a meno di sentirsi stravolta per tutte
quelle enormi novità. Sapere che Yamato era innamorato di lei…il suo bacio…e
adesso anche quella canzone…
“Non piangere Sora”, il cuore della ragazza sobbalzò nel petto
quando si accorse della breve distanza che separava i loro corpi.
Non l’aveva sentito avvicinarsi.
“Tutto ciò che faccio è
ringraziarti…attraverso questa mia canzone…tutto ciò che posso fare è sperare
che questi versi ti raggiungano il cuore”, il giovane Ishida le sfiorò una
delle mani che aveva sul viso con la propria, mentre canticchiava nuovamente il
testo della canzone solo per lei, abbandonando però l’inglese.
“Yamato, ti prego…”, sussurrò lei, spossata per tutto quello.
‘Non continuare…non sarei più in grado di controllarmi…ti
supplico, io non posso…’, ma i pensieri svanirono come sabbia al vento alle
continue parole canticchiate di lui, che pareva non averla udita.
“Il passato a volte è
doloroso, ma insieme ce l’abbiamo fatta…con te l’oscurità del mio cuore è
scomparsa…le catene d’oro sono andare in frantumi…”, poi d’un tratto, il
ragazzo smise di canticchiare e la guardò per un lungo istante, prima di
parlare con voce profondamente seria. “Sora, non mi importa quanto ci vorrà…so
che per te non è semplice, per questo non ti farò pressione. Prenditi tutto il
tempo che vuoi per decidere…io ti aspetterò, ragazzina!”, le sorrise, prima di
voltarsi dall’altro lato e camminare via.
Sora lo fissò mentre si allontanava da lei, con il cuore in
tumulto e le parole di lui ben scolpite nella sua mente.
Taichi arretrò di qualche passo, in preda a uno strano senso di
panico.
“Yamato, ti prego…”, udì perfettamente la voce di Sora
nonostante risultasse come soffocata.
D’altronde non era lontano dai due amici.
Aveva visto Sora andare via alla ricerca di Yamato e aveva
pensato bene di seguirla. L’aveva vista voltare l’angolo e allora aveva fatto
per chiamarla, ma le parole gli erano morte in gola quando aveva visto Yamato
afferrare la fanciulla giusto l’attimo prima che lei cadesse rovinosamente a
terra. Era stato allora che il suo cuore si era come fermato, per stringersi in
una morsa d’acciaio quando aveva sentito l’amico canticchiare la nuova canzone.
Ma stavolta non era in inglese.
‘Le cose…le cose stanno cambiando troppo in fretta…’, Taichi si
voltò e iniziò a correre di scatto, lontano da lì. Non passò davanti al gruppo
di digiprescelti, perché non voleva rischiare di affrontarli. Non voleva farsi
vedere in quello stato. Ma soprattutto perché aveva bisogno di stare un po’ da
solo per riflettere.
Sentimenti confusi si alternavano nel suo cuore in subbuglio,
incapace per una volta di capire cosa davvero provasse. Da quando era iniziata
tutta quella storia, Taichi aveva sempre avuto i sentimenti ben definiti. Aveva
sempre saputo quale fosse il suo obiettivo, ma ora…adesso appariva confuso come
non lo era mai stato. Tanto, da non riuscire a capire lui per primo cosa si
agitasse nel suo cuore. E questo non faceva altro che mandarlo in uno stato di
rabbia incomprensibile, ma talmente radicata da accecarlo completamente,
facendogli risultare tutto ancor più confuso di quanto già non fosse.
Taichi sentiva, ora più che mai, l’impellente bisogno di
sfogarsi con qualcuno. E lui sapeva bene da chi andare.
Senza pensarci due volte, iniziò a correre come un forsennato
fino a quando non ebbe raggiunto la palazzina bianca che glie era ormai
familiare. Salì le scale a gruppi di due scalini, fino a raggiungere un piccolo
terrazzino. Lo percorse e finalmente trovò la porta che stava cercando.
Accecato da una furia improvvisa, Taichi prese a battere l’uscio
con calci e pugni, quasi ne andasse della sua stessa vita. Adesso quello strano
sentimento che più di tutti gli attanagliava il cuore, era aumentato a
dismisura, portandolo fino alla cieca rabbia.
“Ma che cosa…”, Yamato si zittì di colpo quando, aprendo la
porta, si ritrovò un infuriato Taichi davanti.
Non era nemmeno arrivato a casa, che aveva sentito qualcuno
battere con insistenza sulla sua porta, rischiando così di far svegliare il
padre. Però di certo non si sarebbe aspettato di trovarsi proprio l’amico
davanti. Né tanto meno di scorgere quella rabbia accecante nei suoi occhi
marroni.
“Taichi?!”, il biondino lo guardò interrogativamente, ma l’altro
ormai era completamente accecato dalla rabbia.
Senza pensarci due volte, il giovane Kamiya direzionò un
poderoso destro contro il bel volto dell’amico, colpendolo in pieno. Yamato
sentì un forte dolore attraversargli la guancia sinistra, provocandogli più di
tutto un senso di rivalsa. Sapeva cosa era venuto a chiedergli Taichi. L’aveva
capito sin nell’istante in cui aveva incrociato i suoi occhi.
Taichi voleva sfogarsi.
E quando voleva sfogarsi, andava da lui per fare a botte.
Senza farsi pregare, Yamato si riscosse abilmente e gli tirò a
sua volta un gancio che andò a colpirlo sull’addome. Il moretto, tuttavia,
anziché accusare il dolore lasciò che un sorrisino gli arricciasse le labbra.
Yamato aveva capito.
Animato da ancor più fervore, Taichi gli afferrò la maglietta e
lo trascinò lungo il pianerottolo. Una volta qui, gli mollò un altro cazzotto
che si rivelò essere più potente di prima, ma che gli venne restituito da
Yamato con altrettanta vigoria. Continuarono a picchiarsi per un tempo che
parve loro infinito, fino a quando non crollarono sul pavimento del terrazzino,
distrutti.
Taichi cercava di prendere fiato e di riordinare quelle idee che
erano state avvolte dalla rabbia. Doveva ammettere che la scazzottata con
Yamato gli era stata utile. Come sempre, ora si sentiva più rilassato.
“Yamato?”, lo chiamò tra l’affanno.
“Uhm?”, anche l’altro appariva distrutto per lo sforzo
“Grazie”, disse Taichi in tutta franchezza, sentendosi ancora
più vicino al ragazzo di quanto già non lo fosse.
Yamato non poté fare a meno di sorridere a quelle parole. Era
contento perché sapeva che in quel modo era riuscito ad aiutare l’amico.
Il giovane Kamiya si buttò stancamente sul letto, cercando di
ignorare quel moto di dolore proveniente dal suo stomaco. ‘Accidenti, Yamato
picchia forte!’, non poté fare a meno di sorridere, mentre si girava
leggermente.
Era ormai sera e i suoi genitori erano andati a riposare da un
po’. Hikari, invece, l’aveva aspettata alzata. Era stata lei a inventare la
scusa con i loro genitori che era andato un attimo ad accompagnare Sora e che
per questo avrebbe ritardato. Era stata davvero molto carina a pensare a lui.
D’altronde, lei lo era sempre con lui. Era suo fratello. E lei sua sorella. Si
volevano bene.
Ma adesso ad occupare la mente di Taichi non erano questi
pensieri. Altri, ben più profondi, lo avvolgevano. Il ragazzo, infatti, dopo la
lucidità che gli aveva dato lo sfogo con Yamato, cercava di ricomporre i pezzi
di quel difficile mosaico di emozioni che si alternavano nel suo cuore.
Quando aveva visto Yamato e Sora abbracciati…lui…aveva sentito
qualcosa di strano. Eppure lui era consapevole di non poterla identificare come
gelosia. Non era quella, no, ne era sicuro. Era qualcosa di diverso…uno strano
sentimento che lo aveva accompagnato per tutta la sera e che lo aveva spinto a
cercare litigio con l’amico Ishida.
Taichi si voltò nuovamente, incapace di raggiungere una
posizione definitiva.
Adesso che ci pensava bene…adesso che si soffermava a
rifletterci, non poteva fare a meno di pensare che quello strano sentimento
fosse simile, se non del tutto identico, a quello che lo aveva colto quel
pomeriggio, di fronte alle parole di Isamu.
Sebbene fossero passate settimane da allora, infatti, Taichi non
era ancora riuscito a spiegarsi di che genere fosse quella sensazione che lo
aveva colto nell’udire le sue riflessioni su Yamato e Sora come coppia. Certo,
si era sentito stupito di pensare a loro in quel modo a lui del tutto
sconosciuto prima, però…c’era dell’altro, che tuttavia non aveva mai avuto un
motivo per lui prima di allora. Probabilmente era stato talmente tanto
catturato dagli eventi, da non pensarci più. Da non soffermarsi più a rifletterci
per cercare di capire. Ma ora…tutte quelle analogie…e quel sentimento sempre
costante.
Un sentimento che lo mandava quasi in panico ogni volta. Un
qualcosa che lo faceva sentire come escluso.
Il pensiero lo colpì immensamente. E d’un tratto gli parve di
capire cosa fosse quel sentimento a lui fino ad a quel momento ancora del tutto
ignoto.
“Abbiamo girato già mezza Tokyo”, si lamentò stancamente Sora,
ricevendo per questo un sorriso divertito da parte di Hikari.
“Guardale: sembrano due bambine!”, la giovane Kamiya accennò
alle altre due digiprescelte che, entusiaste, si soffermavano ad osservare
tutte le vetrine che incontravano lungo il loro cammino.
“Hai ragione!”, Takenouchi non poté fare a meno di sorridere,
sentendosi risollevata da quel pensiero.
“Beh, comunque devo ammettere che non è stata un’ottima idea
decidere di uscire a far compere con Mimi e Miyako!”, aggiunse tuttavia Hikari.
“Ci stanno massacrando!”, osservò con tono avvilito, prima di scoppiare a
ridere in una sonora risata assieme all’amica.
A placare l’ilarità delle due, sopraggiunse Miyako.
“Guarda, Hikari! Quel basso sembra perfetto per Takero!”, Inoue
indicò senza mezzi termini lo strumento musicale che faceva bella mostra di sé
attraverso la vetrina di un negozio di strumenti musicali.
“Sì, hai proprio ragione!”, convenne anche Kamiya, per poi
sbiancare quando lesse il prezzo.
“Ma questo coso costa tantissimo!!”, Miyako quasi non si accorse
di stare urlando, scatenando così l’imbarazzo della timida Hikari.
Nel frattempo anche Sora si era voltata e rimase piuttosto
attonita quando si accorse di trovarsi proprio davanti al negozio in cui era
venuta con Yamato, qualche settimana addietro, per ritirare la sua chitarra
elettrica.
Sora spostò spontaneamente lo sguardo e arrossì
impercettibilmente quando riconobbe il luogo in cui lei e Yamato avevano visto
Miyako e Ken. Allora, colta da un’improvvisa tristezza, gli aveva rivelato il
suo desiderio di poter vivere, un giorno, una storia d’amore intensa come
quella dei due amici. Eppure il ragazzo non le era scoppiato a ridere, anzi.
Lui…lui le aveva assicurato che un giorno anche lei avrebbe trovato il ragazzo
giusto…la persona perfetta per lei. Proprio come Hikari aveva trovato
Takero…proprio come Miyako con Ken…e adesso anche come Mimi e Koushiro…
Sora si ritrovò a provare un po’ d’invidia per le amiche. Loro
adesso potevano vivere la loro storia d’amore liberamente, mentre lei…lei non
era in grado nemmeno di decidere tra due persone…
La giovane Takenouchi sospirò. Ormai non poteva più rimandare
quella decisione…Taichi le aveva chiesto di prenderla il prima possibile. ‘Già,
Taichi…’, il pensiero le corse all’amico. Non lo biasimava per averle detto di
decidere, in fondo poteva benissimo capire quanto doveva essere difficile anche
per lui tutta quella situazione. Però…adesso che l’aveva messa alle strette,
lei…si sentiva ancor più confusa. Aveva bisogno di ancora un po’ di tempo, perché
era troppo indecisa sul da farsi. Quel tempo che, al contrario di Taichi,
Yamato le aveva concesso.
D’improvviso il ricordo del giovane Ishida le invase la mente.
Ricordava ancora perfettamente l’epoca in cui lei si era innamorata di lui.
Allora aveva solo quattordici anni, però l’aveva amato seriamente tanto. Ma poi
qualcosa era cambiato, i suoi sentimenti si erano andati tramutando nuovamente
in amicizia. E aveva davvero creduto di non essere più soggetta al suo
fascino…di non aver più la tachicardia in sua presenza, però…ora non ne era
tanto sicura.
“Sora?”, la voce di Mimi la riportò alla realtà.
“Sì, Mimi, arrivo, un momento”, mormorò la giovane Takenouchi,
senza tuttavia scostare lo sguardo da quel punto della strada.
Era strano, ma adesso che ci pensava quel giorno aveva sentito
qualcosa di strano mentre era lì con lui. Quando lui le aveva accarezzato una
guancia, lei…il suo cuore era andato in fibrillazione!
Accanto a lei Mimi, sebbene non glielo avesse udito dire,
sorrise ben conscia di quello che l’amica stava pensando.
“Mimi, secondo te davvero riuscirò a fare la scelta giusta?
Secondo te…riuscirò mai a decidere?”, le chiese d’un tratto la giovane
Takenouchi.
La digiprescelta della sincerità non poté fare a meno di
sorridere. Come aveva immaginato…Sora stava pensando a Taichi e Yamato.
“Sora, sei sicura di non sapere già quale sia la risposta?”, le
chiese di rimando Mimi.
Sora tacque per un lungo istante e il suo cuore fremette.
“S…sì, io…io credo di saperlo”, le immagine confuse dalla sua
mente se ne erano andate, lasciando il posto ad un’unica figura maschile.
La figura che aveva scelto.
La risposta del suo cuore.
Taichi camminava distrattamente lungo le strade di Tokyo, senza
nemmeno lui sapere di preciso dove andare. Un altro giorno era sorto…un altro
weekend era iniziato. Eppure quello era diverso da tutti gli altri fine
settimana e non solo perché si era svegliato insolitamente presto quella
mattina. Taichi continuava a pensare, a cercare di venire a capo di tutta la
spinosa situazione che stava vivendo. Ma soprattutto cercava di capire se quel
piccolo ma angosciante dubbio, che l’aveva già assalito la sera precedente
quando aveva sentito il bisogno di sfogarsi con Yamato, fosse davvero reale.
“Taichi?!”, d’un tratto una voce femminile che invocava
meravigliata il suo nome lo fece voltare.
“Yuko!”, il ragazzo si dimostrò altrettanto sorpresa di vederla
lì.
“Che ci fai in queste zone, Taichi?”, le domandò allora la
giovane Hitori, attonita.
Quella domanda, però, lo colpì. Taichi, infatti, non si era
accorto di aver camminato tanto. Non si era nemmeno reso conto di aver
oltrepassato il quartiere di Odaiba!
“Che ti è successo?”, cambiò d’un tratto espressione del viso la
ragazza, sconvolta di vedere quel grosso livido contrassegnare l’occhio dell’amico.
“Io e Yamato ci siamo presi a cazzotti”, rivelò in tutta
semplicità Taichi, sfoderando un meraviglioso sorriso che pareva quasi
rasserenato.
Yuko lo guardò apprensiva. “Ti va di venire con me?”, gli chiese
tuttavia, senza insistere oltre sull’accaduto.
Il giovane Kamiya la guardò leggermente stupito di quella
proposta, ma poi si ritrovò ad accettare. E ne fu molto felice perché quando
raggiunsero il parco del quartiere si rese conto di aver trovato finalmente una
persona che riuscisse in qualche modo a capirlo. Yuko, infatti, aveva capito
che l’amico aveva bisogno di un po’ di tranquillità, per questo l’aveva
condotto sin lì, in quel parco così placido.
Si sedettero sulla fresca erbetta e Taichi appoggiò il capo sul
tronco di una grossa quercia che stava lì da decenni ormai.
“Vengo spesso qui quando ho bisogno di riflettere”, la voce di
Yuko attirò le sue attenzioni.
Il ragazzo si voltò verso di lei e la fissò per un lungo
istante, rimanendo come incantato a fissare i suoi fulgidi capelli castani svolazzare
liberamente mossi da un leggero venticello.
“Sai una cosa Yuko? Credo di essermi comportato da stupido fino
ad ora”, la fanciulla si voltò a guardarlo interrogativamente, colpita da
quella confessione.
Ma poi l’espressione del suo viso si addolcì e lei si ritrovò a
fissarlo con espressione affettuosa.
“Non riuscivo a capire, per questo sono corso da Yamato e l’ho
preso a cazzotti. Avevo bisogno di sfogarmi e lui l’ha capito”, continuò
Kamiya, sorridendo al pensiero di quanto il ragazzo fosse un buon amico per
lui.
‘Un vero digiprescelto dell’amicizia!’, non poté fare a meno di
pensare, sorridendo.
“Si tratta di Sora, giusto?”, la voce della fanciulla lo fece
trasalire.
Taichi la guardò sorpreso, e allora lei si affrettò ad
aggiungere una spiegazione.
“Quando sono venuta a trovarvi, ho capito subito dai vostri
sguardi che c’era qualcosa di nuovo nell’aria. Probabilmente qualcosa che
nemmeno voi sapevate allora”, mormorò, abbassando il capo sulle sue ginocchia.
“Sì, è vero. Anche se l’ho capito un po’ più tardi”, confermò a
quel punto Taichi, fissando qualcosa di indefinito di fronte a sé. “O meglio,
credevo di averlo capito, ma invece… La verità è che sono stato un perfetto
idiota. Anche se…l’ho capito tardi”
“Ieri?”, avanzò Yuko, volgendo il capo nella sua direzione.
Taichi la fissò per la seconda volta sorpreso. Quella ragazza
sembrava riuscire a capirlo meglio di chiunque altro. Meglio quasi di se
stesso. Forse era per questo che sentiva il desiderio profondo di parlare con
lei. Di dirle tutto, persino quello che aveva da poco capito e quello che
invece faticava ancora a comprendere.
“Sì”, annuì, senza distogliere lo sguardo da lei. “Avevo appena
finito gli allenamenti e Isamu, un mio compagno di squadra, mi aveva fatto
notare che c’erano Yamato e Sora. Ma la cosa che più mi colpì furono le sue
parole. Isamu mi disse che secondo lui formavano un’ottima coppia”
Il leggero venticello che aveva ormai preso a tirare gli scosse
lievemente i capelli, portando un istante brevissimo di silenzio che venne
tuttavia velocemente fugato.
“Ovviamente Isamu non poteva sapere che Yamato e Sora erano solo
amici, per questo aveva detto quelle cose. Tuttavia…”, Taichi cercò le parole
migliori per esprimere i suoi sentimenti. “Il pensiero di loro due insieme mi
aveva colpito profondamente”
“Tanto da indurti a convincerti di essere innamorato di Sora”,
terminò la frase Yuko per lui, ricevendo subito un cenno d’assenso da parte del
ragazzo.
“Quando ho parlato con Yamato, lui mi ha detto che ne era
innamorato anche lui. Da un anno”, continuò lui.
“E questo ti ha sconvolto”, ne dedusse lei.
“Infatti”, asserì Taichi. “Io non immaginavo minimamente che
lui…beh, che Yamato potesse essere innamorato di Sora. Però…a quanto pare…”
“Avevi paura che le cose tra voi cambiassero, non è vero? È
questo ciò che hai provato parlando con Isamu: una strana paura, giusto?”,
intuì immediatamente Yuko, sorprendendo il ragazzo accanto a lei per la sua
comprensione.
“Infatti”, annuì tuttavia Taichi, rivelandole finalmente ciò che
l’aveva tenuto un’intera notte insonne.
Solo dopo la scazzottata con Yamato, Taichi si era accorto di
aver sempre provato quel sentimento di paura nel suo cuore. Di averlo covato
sin dal momento in cui Isamu gli aveva detto quelle cose.
“Per questo hai creduto di essere interessato a Sora…per non
sentirti escluso. Perché avevi paura che se tra lei e Yamato fosse nato
qualcosa, tutto tra voi sarebbe cambiato. E tu ne saresti rimasto tagliato
fuori”, continuò la giovane Hitori, che sembrava avergli letto nel pensiero.
“Sì”, Taichi annuì, ripensando a tutto quello che era successo a
causa sua.
Aveva costretto Sora a decidere tra lui e Yamato con la
convinzione di amarla, ma invece…scoprire quel sentimento di paura aveva fatto
vacillare questa sua convinzione. Anche se era riuscito ad ammetterlo per la
prima volta solo in quel momento, con Yuko. Eppure gli sembrava impossibile non
averlo capito prima. Avrebbe dovuto prestare più attenzione alla voce del suo
cuore. Anche quando aveva fatto promettere ai due amici che qualsiasi cosa succedesse
loro tre sarebbero rimasti amici per sempre…anche allora aveva agito per paura
di perderli.
Quando Isamu gli aveva detto quelle cose, un senso di angoscia
gli aveva attanagliato il cuore e la paura che tutto potesse cambiare se tra
Yamato e Sora fosse nato qualcosa che andava ben oltre l’amicizia lo aveva
invaso. E lo aveva portato a convincersi di essere innamorato di lei. Perché se
fosse stato lui a stare con Sora, allora avrebbe avuto l’assoluta certezza che
nulla sarebbe cambiato tra loro tre, che l’equilibrio non si sarebbe spezzato.
Perché sarebbe stato lui a impedirlo. Ma adesso che ci pensava…era stato uno
stupido.
Lui non poteva impedire nulla, perché non c’era nulla da
impedire. Loro tre sarebbero rimasti comunque amici, adesso lo sapeva. Nessuno
sarebbe rimasto escluso. Avrebbero continuato a essere gli inseparabili Taichi,
Yamato e Sora di sempre. Anzi, era stato lui a far vacillare questo dato di
fatto, con il suo comportamento insensato. Ma la paura lo aveva avvinto,
portandolo a vedere Sora sotto una luce diversa. Anche se in cuor suo aveva
sempre saputo tutto. Perfino quando aveva visto l’amica reagire a quel modo, a
casa Tachikawa, di fronte a Mimi e Yamato, si era sentito irritato per quella
ragione. Per quella paura del tutto illogica. Ma questa era esplosa solo quando
aveva visto i due amici abbracciati, la sera al Jin. Solo allora aveva capito.
Per questo era corso. Per questo aveva cercato uno sfogo in Yamato.
“Ho sbagliato tutto, Yuko”, Taichi si passò una mano tra i
capelli, spossato. “Credevo di essere innamorato di Sora, invece…tutto ciò che
provo per lei è un’amicizia profonda, che mai nulla potrà scalfire. Solo che…me
ne sono accorto troppo tardi e ho impedito così a lei e a Yamato di vivere il
loro amore…”, abbassò il capo, amareggiato.
“Sei sicuro che sia troppo tardi, Taichi?”, la domanda di Yuko
lo colpì.
Il giovane Kamiya alzò lo sguardo e lo fisso nelle pozze marroni
della ragazza. Per un istante il suo cuore dimenticò di battere, immerso come
era in quelle cavità dolcissime. Yuko aveva saputo ascoltarlo e capirlo come
nessun altro. Lei era riuscita a portargli a galla quella verità che lui per
primo aveva celato a sé. Lei era riuscita a fargli comprendere quanto stesse
sbagliando a comportarsi in quel modo. Lei…Yuko era davvero una ragazza in
gamba. Una ragazza perfetta per uno come
lui.
Il pensiero lo colpì in pieno, ma poi Taichi si riscosse. C’era
una cosa ora che doveva fare. Assolutamente.
Si alzò e le sorrise cordialmente, senza badare all’occhiata
interrogativa di quella. Poi, senza nulla aggiungere, le schioccò un tenero
bacio su una gota, che la fece arrossire violentemente.
“Grazie, Yuko…”, Taichi le sussurrò in un orecchio, provocandole
un involontario brivido lungo la schiena.
Poi, senza dire nulla, il giovane Kamiya si drizzò e fece per
andarsene, non senza averle prima rivolto un ultimo, meraviglioso sorriso.
Sora corse come una forsennata lungo le strade di Odaiba. Non
vedeva l’ora di correre da lui, dal ragazzo del suo cuore! Voleva sentirsi
protetta tra le sue braccia…cullata dal suo caldo abbraccio…rincuorata dai suoi
meravigliosi sorrisi… Voleva amarlo, finalmente. Voleva svelare a tutti quel
sentimento nascosto nel suo cuore, ma che aveva messo a tacere per cercare di
non soffrire nel caso lui le avesse detto di non ricambiarla. Adesso voleva
essere libera di gridargli il suo amore, senza curarsi di ciò che sarebbe
accaduto dopo. Ora che aveva capito, lei…
“Sora!”, la fanciulla si sentì tirare per un braccio e per
questo si fermò di scatto.
Si voltò, curiosa di scoprire chi era stato a fermarla. Il suo
cuore palpitò quando vide di fronte a sé Taichi Kamiya. Ma poi la sua
attenzione venne catturata dal grosso livido che aveva all’occhio.
“Ma cosa…?!”, lo fissò preoccupata.
“Dove stavi correndo?”, le domandò in risposta il ragazzo,
mentre le rivolgeva un sorriso affettuoso.
“Io…”, la ragazza arrossì, senza tuttavia continuare la frase.
“Vai da lui, non è vero?”, palesò allora Taichi, consapevole che
ormai l’amica avesse deciso.
“Come?”, Sora sobbalzò, sentendo un fremito percorrerla.
“Vai da Yamato, giusto?”, precisò il digiprescelto del coraggio,
stupefacendola.
Takenouchi era visibilmente spossata. Come aveva fatto a capire?
Possibile che solo lei non se ne era accorta prima? E poi…perché Taichi
sorrideva così dolcemente?!
“Io…”, tentò di dire, senza però sapere di preciso cosa.
Kamiya allora sospirò, alzando lo sguardo verso la volta
celeste.
“Non devi preoccuparti per me, Sora, io ho capito. Probabilmente
ho sempre saputo che un giorno avresti scelto lui. Tu lo ami, non è vero?”, si
voltò verso di lei e notò che era arrossita.
“S…sì”, rispose tuttavia lei, mettendo da parte la sua
proverbiale timidezza. “Pero, Taichi, io non voglio perderti. Tu sei troppo
importante per me per…”
“Lo so”, la interruppe lui, rivolgendole un’occhiata di mero
affetto. “Anche tu sei importante per me, Sora”, aggiunse poi, prendendole
teneramente una mano tra le sue.
“Ma…”, la ragazza era chiaramente confusa.
Perché quel tono di voce così sereno? Cosa c’era che lei ancora
non sapeva?!
“Io avevo paura di perderti…di perdere sia te che Yamato. Per
questo io…io mi sono illuso di essermi innamorato di te”, Taichi le baciò
affettuosamente una mano, senza tuttavia distogliere lo sguardo dalle iridi
nocciola di lei. “Io ti voglio bene, Sora, questo è vero. Ma come amica. Come
una cara amica. La migliore! Però…questo l’ho capito troppo tardi. Mi dispiace.
Ti ho costretta a decidere tra noi due e…non è giusto. Perché così ti ho messa
in difficoltà. Tu non avresti mai ammesso di essere ancora innamorata di Yamato
sapendo che questo poteva ferire me. Quindi io posso considerarmi un ostacolo
alla vostra storia d’amore”
“Taichi, ma io…”, tentò di parlare Sora, ma nuovamente lui la
prevenne.
“Scusami Sora. Sono stato uno stupido. Potrai mai perdonarmi?”,
gli occhi del ragazzo erano lucidi, segno che le lacrime lo stavano man mano
avvincendo.
“Taichi…”, la giovane Takenouchi lo guardò per un istante negli
occhi, prima di correre ad abbracciarlo.
Sentì le forti braccia dell’amico stringerla a sé e si sentì
incredibilmente serena. Rilassata perché sentiva di avere accanto una persona
amica, un ragazzo che le voleva bene così come gliene voleva lei. Una spalla su
cui avrebbe sempre potuto contare. Taichi era…era come un fratello per lei! Il
legame che li univa era particolare proprio per questo: non richiedeva cose
complesse, ma era semplice proprio come lo era lui.
“Taichi, io…io ti voglio bene! E te ne vorrò sempre!”, Sora lo
strinse a sé, appoggiando il capo sul suo petto muscoloso. “Non devi scusarti,
non devi chiedermi di perdonarti. Io non ho nulla da doverti perdonare. In
fondo ti capisco. Tu avevi paura, ma non devi averne, Taichi. Tu non mi
perderai mai…e non perderai mai nemmeno Yamato”
“Sì, lo so”, Taichi lasciò che piccole lacrime gli rigassero il
volto, senza vergognarsene. “L’ho sempre saputo, anche se una stupida paura mi
ha impedito di crederlo”
Sora sorrise. Adesso capiva il motivo di quel sorriso tanto
dolce…di quella voce così profondamente velata di tenerezza. Taichi aveva
capito di volerle bene come amica. Tutt’al più come una sorella. Ma non più di
quello. E lo stesso valeva per lei. Loro erano amici, si volevano bene e
sarebbero rimasti uniti per sempre. Sora non si pentiva neanche di aver dato a
lui il suo primo bacio. Sapeva che era giusto così. Taichi era stato il suo
primo amore e poi il suo miglior amico. Quel bacio…era il suo di diritto. Ma
adesso…il suo cuore apparteneva a un altro.
“Adesso però va da lui, Sora”, d’un tratto il giovane Kamiya si
sciolse dall’abbraccio, ma le sorrise bonario. “Lui…Yamato ti sta aspettando da
così tanto tempo…non farlo attendere di più”
Quelle parole la sconvolsero. Ora riusciva a capire cosa avesse
inteso Taichi quel giorno, alla Torre di Tokyo, quando aveva detto di essere
giunto secondo. Il primo…era Yamato.
“Ma…da quanto tempo lui…?!”, Sora sembrava confusa.
“Un anno. E forse ti ha amato anche da molto prima”, le rispose
prontamente il giovane Kamiya, senza smettere di sorriderle dolcemente.
“Un…anno…”, ripeté Takenouchi sconvolta.
Un anno…aveva perso un anno così, a convincersi di aver ormai
dimenticato il suo amore per lui. Ma non era così! Lei lo amava ancora e forse
più di prima!! Aveva solo ingannato se stessa per non soffrire…per paura di un
no come risposta…
“Taichi, io…io devo andare”, lo guardò con l’espressione di chi
deve fare una cosa impellente.
Il ragazzo annuì. “Sì, Sora. Non farlo aspettare oltre”,
convenne a sua volta, non riuscendo a non essere felice per loro.
Era stato uno stupido, se ne rendeva conto. Aveva avuto paura di
essere escluso dai suoi due migliori amici nel caso si fossero messi insieme,
mentre ora…il solo pensiero bastava a renderlo contento come non mai. Sora e
Yamato…loro due meritavano di stare insieme. Si erano rincorsi a lungo senza
mai incontrarsi, ma ora lo avrebbero fatto. Finalmente.
“Grazie, Taichi”, Sora, prima di andarsene, gli si avvicinò
nuovamente e lo abbracciò, contenta di come si stessero muovendo le cose.
“Va adesso. Corri!”, la incitò allora lui, spingendola
dolcemente.
Sora annuì e una volta per tutte si decise a correre via di lì.
Ad andare finalmente da Yamato.
Taichi la seguì allontanarsi con lo sguardo e non poté fare a
meno di sorridere.
“Sei sicuro di quello che hai fatto, Taichi?”, una voce lo
riportò alla realtà.
Il giovane Kamiya si voltò e rimase molto sorpreso di trovare
Yuko. Ma poi non poté fare a meno di sorridere, felice di saperla lì.
Evidentemente si era preoccupata per lui e aveva deciso di seguirlo per
accertarsi che stava bene veramente.
“Sì, ne sono convinto più che mai”, rispose deciso Taichi,
sorridendole dolcemente.
Yuko sentì il proprio cuore sciogliersi di fronte a quel
sorriso, mentre la propria anima si liberava di uno strano peso. Quindi sorrise
a sua volta, incapace di nascondere oltre la sua gioia.
“Andiamo?”, si riscosse poco dopo Taichi, porgendole la mano.
La fanciulla rimase piuttosto colpita del gesto, ma tuttavia non
poté fare a meno di prendergliela, nonostante il lieve rossore che le era
salito lungo le gote.
“Sì, Taichi. Andiamo”, annuì.
Il sole si andava man mano avviando al tramonto e i suoi
delicati raggi del colore del pesco si diffondevano lungo le vie. Nel frattempo
due ragazzi si avviavano silenziosamente, mano nella mano, verso casa,
finalmente felici.
“Grazie signor Ishida!”, Sora si inchinò molto educatamente di
fronte all’uomo, prima di correre via velocemente.
Non capiva…perché Yamato non era in casa? Eppure non aveva le
prove, visto che era domenica! E il signor Ishida le aveva assicurato che non
era nemmeno da Takero. A quanto pareva, però, aveva preso la moto.
Sora sospirò. ‘Dove sei, Yamato?’, si domandò, alla disperata
ricerca del ragazzo. Voleva vederlo. Ne aveva bisogno. Voleva correre da lui e
gridargli di amarlo, finalmente! Ma lui…Yamato non si trovava! E lei non sapeva
proprio dove cercare. O forse…
‘Ma certo!’, la fanciulla si ritrovò a sorridere, rianimata
dalla rassicurante speranza di trovarlo lì, in riva al fiumiciattolo dove
l’aveva baciata per la prima volta. Ripensando a quell’istante, Sora non poté
fare a meno di chiedersi come avesse fatto, anche allora, a nascondersi così i
suoi sentimenti. Ormai non aveva più dubbi sul fatto di averlo sempre amato.
Sin da quando aveva dodici anni. O forse anche prima. E nonostante lei avesse
cercato di reprimere quei sentimenti d’amore, non ci era riuscita minimamente.
Lei lo amava, forse ancor più di prima. Ed era questa l’unica cosa che le
premeva rivelargli, dopo tanto tempo che si erano cercati. Era stata una
sciocca a non capirlo prima. Aveva camminato con gli occhi offuscati anche
prima di tutta quella storia quando, scendendo in cortile, aveva trovato quella
misteriosa ragazza, che poi si era rivelata essere l’amica Yuko Hitori, parlare
amabilmente con loro. Anche allora era stata gelosa di lui, anche se non aveva
voluto ammetterlo nemmeno a se stessa. Aveva cercato di nascondere il tutto. Lo
aveva fatto anche quel giorno, quando erano andati a ritirare la chitarra
elettrica. E in seguito, quando lo aveva ringraziato per averle suggerito di
andare a chiarire con Taichi dopo la sua dichiarazione. Anche se…allora si era
chiesta cosa lui provasse per lei. Ma ora si rendeva conto che la domanda più
giusta sarebbe stata chiedersi cosa lei
provava per lui. Aveva cercato un suo appoggio sempre, perché con lui si
sentiva protetta. O meglio…amata. E perché lo amava.
Che sciocca era stata a non capirlo prima. Una vera sciocca. Ma
forse Taichi aveva ragione. Forse non lo aveva fatto per paura di farlo
soffrire. Però ora…
Sora sorrise raggiante quando finalmente scorse il meraviglioso
luogo in cui lui l’aveva portata quel giorno che le aveva confessato di amarla.
Dopo un anno di silenzio. Si avvicinò correndo, mentre il cuore iniziava già a
fremere al pensiero di vederlo. E quando finalmente lo scorse, seduto lungo
l’erbetta che costeggiava il corso d’acqua, le sembrò di sciogliersi. Yamato
era così…fantastico!
“Yamato!! Yamato!!”, iniziò ad urlare il suo nome, incapace di
trattenere oltre tutte quelle violente emozioni che l’avevano colta.
Il ragazzo si voltò versi di lei, sorpreso. Eppure quando la
vide lì, di fronte a lui, leggermente affaticata per la gran corsa, non lasciò
trapelare alcuna emozione. Anzi, al contrario il suo sguardo era una maschera
di freddezza, quasi non avesse piacere di vederla. Sora rimase piuttosto male
della cosa.
“Che ci fai qui? Credevo fossi con Taichi”, la accolse non
troppo calorosamente il biondino.
Sora lo guardò interrogativamente, palesemente frastornata.
Yamato allora sbuffò, mentre si alzava in piedi.
“Vi ho visti poco fa, mentre vi abbracciavate”, spiegò allora
lui, voltando il capo da un’altra parte per nasconderle tutta la sofferenza che
lo stava dilaniando. “Non c’è bisogno che me lo dica tu. Ho capito che alla
fine è lui che hai scelto”, aggiunse, cercando di reprimere le lacrime che
minacciavano i suoi occhi cerulei.
Yamato stava soffrendo terribilmente. Vederli così abbracciati,
appena poco prima…non aveva saputo reggere la scena e così era corso via, senza
preoccuparsi di ascoltare cosa si dicessero. Voleva solo andare via, cercare di
soffocare quel dolore che lo aveva attanagliato. Ma non ci era riuscito
minimanente. La sua anima straziata ancora soffriva. Il suo cuore dilaniato non
la smetteva più di sanguinare.
“No!”, esclamò d’un tratto Sora, bloccandolo così prima che lui
andasse via di nuovo da lei.
Il biondino si voltò verso di lei, stupito, e il suo cuore si
strinse in una morsa ancor più salda quando si accorse che la ragazza stava
piangendo.
“Yamato, tu…tu non hai capito niente!”, singhiozzò Sora, mentre
si buttava disperatamente tra le sue braccia.
Il ragazzo rimase ancor più frastornato da quella reazione, che
non si era di certo aspettato. Tuttavia non riuscì a reprimere il desiderio di
abbracciarla, di confortarla. Nonostante tutto. Per questo protese le braccia
verso di lei e circondò quell’esile corpo. Di nuovo un forte senso di sicurezza
l’avvolse. Una sensazione che solo lui riusciva ad infonderle, facendola
sentire bene. Immensamente bene.
“Io non riuscivo a capire, Yamato…non ci riuscivo!”, continuò
tra le lacrime lei, senza lasciarlo andare dal suo abbraccio. “Ma poi d’un
tratto tutto mi è parso più chiaro. Ma sono stata una stupida, perché infondo
ho sempre saputo chi avrei scelto. Il mio cuore ha sempre amato…”
“Smettila!”, l’interruppe all’improvviso il giovane Ishida,
divincolandosi dalla sua stretta.
Sora lo guardò interrogativamente, ma anche piuttosto afflitta
per quell’allontanamento. Yamato si pentì all’istante di essere stato così
brusco, però…non poteva permettersi di udire il nome di Taichi. Perché ormai
era convinta che alla fine la ragazza avesse preferito l’amico a lui.
“Ti prego, Sora…non dire quel nome…”, la supplicò Yamato, senza
più impedirsi di piangere.
La fanciulla rimase molto colpita nello scorgere in quello
stato. Yamato…lui stava piangendo…per lei…
“Ma tu devi sapere quel nome, Yamato!”, ribatté con tono
disperato Sora, alla quale si era stretto il cuore in una morsa vedendolo così
triste. “Tu…tu devi saperlo. Devi conoscerlo assolutamente, perché devi sapere che
la persona di cui io mi sono innamorata…il ragazzo che mi ha fatto perdere la
testa da tanto tempo non è Taichi, ma sei tu, Yamato Ishida”, lo guardò con
occhi ricolmi d’amore, sperando che riuscisse a leggervi dentro tutto l’amore
che la legava a lui.
“Sora, tu…ma come…io credevo che tu…insomma…”, il digiprescelto
dell’amicizia pareva stupito di udire quelle parole.
D’altronde era più che comprensibile visto che fino a quel
momento aveva creduto che lei avesse scelto Taichi. Mentre ora…Sora gli stava
dicendo di essere innamorata di lui, di lui!
Non gli sembrava vero…pareva tutto un sogno…
“Io…io ti amo, Yamato”, continuò intanto lei, lasciandosi andare
a un pianto liberatorio. “Ti amo perché mi hai amata per un anno senza dire
nulla e perché non mi hai chiesto di decidere, ma mi hai lasciato il tempo che
volevo…ti amo perché sai farmi sentire al sicuro, perché sai ascoltarmi e
capirmi come nessun altro…ti amo perché mi sei accanto sempre ogni volta che ho
bisogno di sostegno…ti amo perché sei il ragazzo perfetto per me…perché sei
semplicemente tu…perché sei Yamato Ishida… Io ti amo!”, ripeté, guardandola con
occhi pieni di emozione.
Al sentire quelle parole, il cuore del ragazzo perse qualche
battito, per poi fremere come impazzito. Gli sembrò di essere arrivato in
paradiso, tanta era la gioia di quell’attimo. Un istante prima aveva temuto di
averla persa per sempre, mentre ora…sapere che anche lei lo amava…sentirle dire
quelle due uniche parole che mai avrebbe sperato udire proprio da lei… Si
asciugò quei piccoli frammenti di sale che gli rigavano il volto, mentre al
loro posto già compariva un meraviglioso sorriso.
“Yamato, il nostro sogno
era lo stesso…ho sognato il tuo sogno per te…e il sogno è divenuto realtà”,
Sora si richiamò alle strofe di Whole,
la bellissima canzone che il ragazzo le aveva dedicato.
“Sora…”, Yamato distese istintivamente le braccia.
“Oh, Yamato!”, la fanciulla colse immediatamente l’invito e si
buttò subito nelle sue braccia.
Di nuovo sentì il suo caldo e rassicurante abbraccio, di nuovo
il cuore le balzò nel petto, di nuovo la felicità la colse. Sora sperò di non
doverlo lasciare mai più. Di trovare sempre quelle forti e accoglienti braccia
pronte per lei.
“Sora, io non posso fare
una canzone nel modo in cui dovrebbe essere…non posso fare tutto”, Yamato
iniziò a canticchiarle strofe della sua canzone nell’orecchio, causandole
brividi lungo tutto il corpo.
“Yamato…”, Takenouchi alzò lo sguardo per fissarlo in quelle
profonde iridi blu che tanto adorava.
“Ma farei qualsiasi cosa
per te”, terminò la canzone lui, prima di portarle una mano sul volto.
Glielo accarezzò dolcemente, piano, quasi temesse di farle del
male. La vide chiudere gli occhi, forse per perdersi in quel tocco, e non poté
fare a meno di sorridere. Poi lei riaprì le palpebre e di nuovo si fissarono,
intensamente.
“Non piangere, Sora”, la pregò quasi lui, asciugandole le
lacrime con il palmo delle mani. “Non devi più piangere…d’ora in avanti…”
La fanciulla lo guardò, lasciandosi sfuggire un dolce sorriso
che fece rianimare il cuore del ragazzo.
“Io ti amo, Sora”, le disse finalmente Yamato, incapace di
tenerlo oltre per sé.
Aveva atteso tanto a dirglielo, e adesso…ora finalmente poteva
farlo. Gli sembrava un miracolo, ma quello che aveva importanza era averla lì,
tra le sue braccia.
Da parte sua la fanciulla aveva sentito il proprio cuore palpitarle
nel petto a quelle parole. Non riusciva a credere alle sue orecchie…faticava a
pensare che lui le avesse davvero detto di amarla. Nemmeno quando lui si era
dichiarato a lei era stato così diretto. Allora si era solo limitato a
confermare alla sua domanda. Mentre ora…Yamato le stava davvero dicendo di
amarla, mettendo per una volta da parte quella sua usuale incapacità di
esprimersi.
“Anch’io…ti amo anch’io Yamato”, ripeté allora per l’ennesima
volta Sora, mai stanca di farlo.
Gli accarezzò una guancia, fissandolo negli occhi. Poi, mossi da
uno stesso desiderio, si avvicinarono ancor di più, cercandosi e trovandosi
finalmente in un bacio. Un bacio dolce, intenso, profondo, ma anche passionale
e desideroso. Adesso Sora capiva cos’era quella passione che l’aveva travolta
anche la prima volta. Era la passione che si sprigionava solo quando due anime
si incontrano dopo essersi a lungo cercate. Una passione spirituale, che
catturava tutto il suo essere. Proprio come Yamato.
Si separarono poco dopo, ma non smisero di fissarsi negli occhi.
Poi, però, l’attenzione di Sora venne catturata da qualcosa. Da un livido
violaceo lungo la guancia sinistra del ragazzo.
“Yamato, ma cosa…che ti è successo?”, domandò, mentre gli
sfiorava delicatamente la zona ferita.
Ishida fece una smorfia di dolore quando sentì il tocco di lei
sulla parte ancora traumatizzata, ma subito lasciò che un meraviglioso sorriso
gli illuminasse il volto intero.
“Hai fatto a botte con Taichi, non è vero?”, intuì d’un tratto
lei, ricordando che anche il ragazzo aveva un grosso livido che gli
contrassegnava l’occhio.
Yamato le sorrise, prima di depositarle un piccolo bacio sulle
labbra rubino.
“Yamato!”, lo sgridò allora Sora, preoccupata. “Perché vi siete
picchiati?”, gli domandò, cercando almeno in lui una risposta, visto che Taichi
non gliene aveva fornite.
“Taichi aveva bisogno di sfogarsi”, le spiegò finalmente lui,
prima di sorriderle.
Avvinta da quel meraviglioso e raggiante sorriso, Sora si lasciò
finalmente andare.
“Siete due matti!”, esclamò, alzandosi sulla punta dei piedi e
baciandolo nuovamente.
Poi, senza dirsi una parola, Yamato la prese per mano e la
condusse lì dove era posteggiata la sua moto. Salì e la aiutò a fare lo stesso,
prima di mettere finalmente in moto e partire.
Il sole era ormai entrato nel crepuscolo e i suoi raggi si
coloravano sempre più di incantevoli tinte pastello. L’acqua del torrente
scorreva piano nel suo alveo, illuminata dal pesco sole. Quel posto d’incanto
rappresentava per loro l’unico testimone di quella nuova unione. Di
quell’incontro tanto a lungo atteso. Lì, da dove era iniziata ogni cosa. Lì,
dove era nato il loro amore. Lì, dove era avvenuta la fioritura dell’amore.
Seduta dietro Yamato sulla sua moto nera, Sora non poté fare a
meno di sorridere, contenta. Si strinse dolcemente a lui, poggiando il capo
sulla sua spalla e sentendosi infinitamente bene.
‘Mimi aveva ragione. Ognuno di noi ama di più o l’aurora o il
tramonto. Beh…io amo di più il tramonto”
the end
Memi J
Ciao a tutti!
Mi sono riservata
questo piccolo spazio per parlare direttamente con voi lettori e chiarirvi
alcune cose riguardo la fanfiction. Anzitutto parto col dirvi che è la mia
prima one-shot (che poi ho dovuto dividere in più parti perché troppo lunga) su
Digimon, per questo vi chiedo ancor di più di farmi sapere cosa ne pensate. Per
quanto mi riguarda, mi ritengo molto soddisfatta del risultato! Il triangolo
Taichi, Yamato e Sora mi ha sempre colpita per questo ho deciso di fare una
storia dove avrei parlato di loro e dei sentimenti provati. Proprio per questo
ho scelto tale titolo: era mia intenzione far intendere che qui avrei parlato
di come possono “fiorire” i sentimenti, delle svolte che possono accadere e
delle emozioni che possono aver provato i tre protagonisti in tutta la vicenda.
Spero di esserci riuscita! Anche se tuttavia siete voi a dovermelo dire! ^__-
So che molti di voi
avrebbero preferito un finale Taiora, ma io credo che Sora sia più adatta a
stare con Yamato che non con Taichi. Questo, però, non deve far pensare che io
stimi poco Taichi, anzi! È uno dei miei personaggi preferiti! Lo sono tutti e
tre, anzi credo di avere un debole per tutti i personaggi di Digimon 01 e
Digimon 02!! Il motivo che mi ha spinto ad accogliere il Sorato è in realtà il
fatto che io ho sempre visto molto bene Sora e Yamato insieme. Sono fatti l’uno
per l’altra e spero di essere riuscita a farlo intendere in questa fanfiction!
E poi anch’io, come qualcuna di voi mi ha fatto notare nelle recensioni (a
proposito…GRAZIE MILLE per le vostre recensioni!! Sono contentissima di sapere
che la mia storia vi sia piaciuta e spero che quest’ultimo capitolo non vi
abbia deluso!! Fatemi sapere, mi raccomando!), credo che il rapporto tra Sora e
Taichi sia di una profonda amicizia. Un affetto quasi fraterno. E, sinceramente,
trovo questo fantastico, voi no?
Beh, ad ogni modo
ora vi devo proprio lasciare. Prima di congedarmi definitivamente, però, vi
scrivo la traduzione di “Whole”, la canzone più volte citata. In realtà si
tratta di un pezzo inventato da me
(anche se alcuni spezzoni si rifanno alla splendida “Romeo and Juliet” dei Dire
Straits!), per cui mi appartiene di diritto. Per quanto riguarda il nome
del gruppo e dell’altra canzone “Tobira –door–”, invece, sono reali, ossia sono
quelli scelti dall’autrice. Per cui le appartiene, così come le appartengono
tutti i personaggi di Digimon che ho utilizzato in questa fanfiction. L’unico
personaggio ad appartenere a me, invece, è Yuko Hitori.
Bene detto questo
non mi rimane che salutarvi, chiedervi di commentare, RINGRAZIARE tutte le
persone che hanno continuato a commentare la storia (GRAZIE davvero…quando l’ho
scritta non immaginavo che davvero potesse piacere…! ^___^ Sono felicissima!!),
scusarmi per il colore che ho deciso di usare (solo troppo tardi ho capito che
risultava un po’ faticoso da leggere, ma io lo trovavo adatto per questa
storia! Scusatemi ancora…) e rivederci alla prossima!