Il Segreto di Bella

di kokylinda2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti Presento Nicholas Flamel ***
Capitolo 2: *** Il Glossario dell'Antica Razza ***
Capitolo 3: *** Ecate - La Dea Dai Tre Volti ***
Capitolo 4: *** Il Risveglio ***
Capitolo 5: *** Smettere di Esistere ***



Capitolo 1
*** Ti Presento Nicholas Flamel ***


1- Ti Presento Nicholas Flamel

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Capitolo 1

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Se ne era andato. L’aveva lasciata.

Era sola, al buio e al freddo.

Tremava e stava per iniziare a disperarsi, ma poi l’aria si riempì del dolce profumo del gelato alla vaniglia. Era un odore piacevole. Lo inspirò a fondo chiudendo gli occhi, con la certezza che stesse sognando. Ma i sogni potevano essere così nitidi?

Riaprì gli occhi di scatto e si guardò intorno stordita, ma non vide niente se non gli alberi che si stagliavano cupi e minacciosi, dalle cui fronde filtravano i pochi raggi della luna.

E poi la vide, una luminosa luce bianca in lontananza.

Era come vedere un fantasma che camminava aggraziato sul suolo irregolare e ricoperto dal fogliame umido della foresta.

La luce si fece sempre più vicina, e più la distanza si accorciava, più si sentiva  pervadere dal calore. Alla fine riuscì a mettere a fuoco una figura, scoprendo che la fonte della luce non era altro che una ragazza.

Aveva lunghi e setosi capelli neri che le incorniciavano il viso a forma di cuore e una frangetta che le copriva leggermente gli allegri ed espressivi occhi verdi. C’era qualcosa di diverso in lei, anche se non riusciva a capire cosa fosse. Aveva un volto normale, con gli zigomi forse un po’ troppo sporgenti  e il mento un po’ troppo appuntito. Ma era comunque bellissima.

I suoi occhi verdi erano in grado inchiodare l’attenzione di chiunque. Con un sussultò si rese conto che non sbatteva mai le palpebre

La ragazza le sorrise e la prese per mano, circondandola di luce calda e confortante. L’odore di vaniglia si fece ancora più intenso. Le due ragazze iniziarono a camminare per la foresta, senza meta, in silenzio. Poi la ragazza le disse di chiamarsi Gabriella e di essere sua cugina. Aveva un vago e morbido accento celtico: irlandese o scozzese.

 Sua cugina le rivelò che lei era speciale, ma Bella trovava che Gabriella fosse ancora più particolare. Gabriella le aveva confessato che possedeva il Dono della Conoscenza. Sapeva tutto, sempre. Passato e presente. Ma non il futuro. Aveva saputo che Edward l’aveva lasciata. Aveva saputo che Alice sarebbe venuta. Aveva saputo che sarebbe dovuta andare a Volterra.

Bella le chiese come facesse a saperlo se non poteva vedere il futuro.

Gabriella rise e il suono della sua risata chiara e cristallina si perse nell’oscurità della notte, la cui unica fonte di luce era lei.

“Io non posso vedere il futuro, ma ho degli amici che possono farlo. E io so sempre se qualcuno sa qualcosa,” disse sorridendo.    

 “Ma perché sei qui?” indagò Bella perplessa.

“Perché è il momento che tu sappia, così abbiamo deciso. Puoi essere una di noi adesso. Già lo sei, ma non te ne sei accorta. È il momento che io ti porti dagli altri,”rispose sua cugina. Poi l’afferrò delicatamente per un polso e la trascinò fino a una piccola radura in mezzo agli alberi, dove giaceva un piccolo stagno la cui acqua sembrava quasi nera.

Fu un attimo.

Gabriella ci saltò dentro, trascinando Bella con sé. La superficie era gelida. Era come attraversare uno strato di aria fredda che la fece rabbrividire.

Pochi secondi dopo si ritrovò accanto a sua cugina, asciutta, in mezzo a un piccolo sentiero sterrato circondato da alberi che crescevano ad altezze vertiginose e il sottobosco era sorprendentemente fitto. L’aria era calda e umida e la vegetazione era diversa, più rigogliosa.

Non era più a Forks.

“Dove siamo?” chiese Bella guardandosi intorno ancora più confusa di prima.

“Ma in California, naturalmente,” replicò Gabriella allegra, quasi saltellando per la felicità.

Gli occhi di Bella si spalancarono per lo shock.

“Perché siamo in California?!?” urlò praticamente sconvolta. Com’era possibile essere un attimo prima nello stato di Washington, e quello dopo in California?

Gabriella scrollò le spalle.

“Perché l’arpia,” pronunciò acida e con tono spezzante rivolta chiunque fosse questa ‘arpia’, “È l’Antica Signore con il Dono del Risveglio più vicina. Black Annis è nelle Catskills, ma è troppo imprevedibile. Persefone è in Canada, ma si dice che i troppi anni nel Regno d’Ombra Sottomondano le abbiano fatto perdere il senno. Poi non c’è nessun altro, di … ehm, disponibile, ecco, in Nord America. L’ultima volta che ho incontrato Noctitula era in Australia e so per certo che Eritone si nasconde ancora in Tessaglia … e poi c’è la Morrigan,” concluse con una smorfia, “Ma è meglio di no. E poi non voglio dover prendere un’altra Porta di Energia per l’Europa per trovare un altro Antico Signore capace di eseguire il Risveglio,” le spiegò con tono leggero, come se non avesse la benché minima importanza.

Bella la guardò come se fosse pazza. Alcuni dei nomi che aveva detto le sembravano familiari. Persefone non era una dea greca? E la Morrigan non era la Dea Corvo degli antichi irlandesi?

Gabriella le fece cenno di seguirla lungo il cammino, e lei lo fece, esitante. Camminarono per un paio di minuti e poi Bella iniziò sentirsi osservata. Ogni tanto si voltava per vedere chi la stesse fissando, ma non vedeva mai nessuno.

Poi sentì un ramoscello spezzarsi.

Si bloccò, spaventata. Aveva avuto ragione, qualcuno le stava seguendo. “Gabriella?!” la chiamò con voce piena di panico.

La ragazza la guardò confusa, “Si?”

Bella deglutì abbassando la voce, “Penso che qualcuno ci stia seguendo,” affermò.

Ancora una volta, Gabriella scoppiò a ridere. Bella la guardò oltraggiata. Come faceva a ridere di una cosa così seria?

Gabriella sorrise, “Non ci stanno seguendo, ci stanno scortando. Probabilmente lo vedono come un modo per proteggere la loro signora,” le spiegò diffidente. Doveva davvero odiare quella persona se ne parlava così male.

“Chi?” chiese Isabella, ancora non capendo. Si voltò e si guardò intorno. Riuscì a distinguere vagamente un paio di figure annidate nell’ombra degli alberi.

“I Torc Allta,” rispose Gabriella come se fosse ovvio.

Bella inarcò un sopracciglio, “Mai sentiti,” le disse.

Gabriella sospiro, “Cinghiali Mannari,” le spiegò con quanta più pazienza possibile.

“Cinghiali Mannari?! Come i Lupi Mannari?!” indagò Bella quasi andando in panico.

Gabriella scosse la testa, “Certo che no.”

Bella sospirò per il sollievo.

“I Lupi Mannari sono i Torc Madra, appartengono a un clan totalmente diverso,” continuò Gabriella casualmente.

Per poco Bella non svenne. “Cinghiali Mannari … certo che sono diversi dai lupi mannari, che domande. Tutto un altro clan,” mormorò poi sarcastica, “Che sciocca!”

Le girava la testa. Fece il punto della situazione: era appena stata lasciata dal vampiro che amava, poi trovata in mezzo alla foresta da sua cugina Gabriella, che aveva solo recentemente conosciuto, portata in California in un nanosecondo, e adesso si stava dirigendo verso una ‘signora-arpia’ con il dono del ‘Risveglio’, scortata da dei Cinghiali Mannari.

La sua vita poteva essere più strana di così?

Era il momento di avere risposte. Insomma, che stata succedendo? Perché era lì? Chi era questa ‘signora’? Cos’era il Dono del Risveglio? E gli Antichi Signori? Le Porte di Energie? E per l’amor di Dio, cosa c’entravano i Lupi Mannari?!?!

“Okay, cugina, ammesso e concesso che tu lo sia davvero, non ho la minima idea di cosa stia succedendo e—“

“— vuoi delle risposte subito, sennò cominci a gridare,” concluse Gabriella per lei. Bella la guardò sorpresa.

Gabriella sbuffò spazientita e si picchiettò la testa, “Dono della Conoscenza, ricordi?” naturalmente era una domanda retorica.

Bella annuì ed aspettò una spiegazione. Che sia convincente, pensò.

Gabriella sospirò, “Suppongo che sia meglio che io ti avverta prima di entrare nel Regno d’Ombra,” borbottò annoiata.

Sospirò ancora, “Vedi, ogni storia e ogni leggenda ha un pizzico di verità. Gli homines, ovvero il genere umano, hanno basato i propri miti su brandelli di passato.”

Bella le fece cenno di continuare.

“Prima dell’avvento dell’umanità, che si pensa sia comparsa circa a metà dell’Età della Pietra, il mondo era popolato da creature tutto fuorché umane. L’Antica Razza. Avevano il potere di volare, possedevano vascelli capaci di attraversare gli oceani, controllavano il clima e avevano perfezionato quello che oggi noi definiremo clonazione. In altre parole, la scienza a cui avevano accesso era talmente avanzata che noi la definiremmo magia. Beh, si, proprio magia,” spiegò con un sorriso e lo sguardo distante.

Adesso Bella la guardava scettica. Ma poi si dovette ricredere. Aveva conosciuto dei vampiri, no?

Gabriella continuò il suo discorso, “Il centro dell’Antica Razza –“

“Quanto antica?” la interruppe Bella. Non era riuscita a farne a meno.

Sua cugina la guardò dritta negli occhi, “Molto antica,” si limitò a dire la ragazza.

Poi riprese a parlare, “Come stavo dicendo, il loro centro era Danu Talis. Ma poi la città si inabissò. Quello fu un giorno storico per loro. Segnò la fine della loro Era.”

“Danu Talis?” domandò Bella.

“Atlantide,” tradusse Gabriella alzando gli occhi al cielo.

“Oh,” fu tutto quello che riuscì a dire. Wow, pensò. Sbatté le palpebre, ancora leggermente stordita. “Quindi se ho capito bene, questa ‘razza’ si è estinta quando Atlantide è sprofondata?” chiese. Era una domanda sensata.

Gabriella ridacchiò, “Estinta?” poi scoppiò a ridere.

Bella la guardò irritata. Possibile che non la smettesse di ridere di lei? Quando sua cugina si ricompose, ricominciò a spiegare.

“No, l’Antica Razza non si è estinta. È praticamente impossibile uccidere uno di loro. La caduta di Danu Talis segnò la conclusione della loro gloria. Poi cominciò a vivere tra gli homines, o meglio, al di sopra degli homines. Infatti, gli esponenti di questa razza, noti come Antichi Signori, sono i dei e le dee dell’antica Grecia, degli Egizi, dei Sumeri, delle civiltà della Valle dell’Indo, dei Toltechi, dei Celti … insomma, i miti e le leggende non sono poi tanto distanti dalla realtà.”

Bella la fissava come una stupida. Si erano sedute su una roccia piatta per riposarsi. Faticava a credere che le stesse dicendo la verità.

“Cosa cambiò? Insomma, non vedo divinità sfilare in mezzo alla strada. Perché non ci sono più se non si sono estinte?” domandò Isabella. Stavolta Gabriella non rise.

“Il Ferro,” rispose semplicemente. Notando lo sguardo interrogativo di Bella, si affrettò ad aggiungere, “Quando l’uomo scoprì il ferro, l’Antica Razza iniziò a scomparire. Il Ferro segnò la loro fine. È in grado di annullare la più potente delle magie. Gli Antichi Signori non potevano più vivere tra gli homines. Non si estinsero, ma si nascosero. Alcuni vivono ancora nascosti in costruzioni antiche, come per esempio le piramidi. Altri, invece, si sono rifugiati in Regni d’Ombra.”

Ancora una volta, Bella alzò un sopracciglio. Sapeva che Gabriella sapeva che non aveva idea di cosa fossero.

Gabriella sospirò, “So che sai che io so che non sai,” disse. Poi notando quanto suonava strano ridacchiò di nuovo.

Scosse la testa e riprese il suo racconto, “I Regni d’Ombra sono al confine tra questo mondo e quello degli Antichi Signori. Si trovano in spazi e tempi diversi. Ogni Signore ne può creare un proprio. “

“Ma perché mi hai portato qui?” era la domanda la cui risposta Bella aveva bisogno di sapere.

“Semplice. Tutti, inclusi gli Antichi Signori, hanno un’aura. Le aure circondano le persone, anche me e tè. Questa luce che circonda la gente è stata chiamata ‘aura’ dalla parola greca ‘respiro’. Le aure hanno colori diversi a seconda della persona, ed è rarissimo averne una pura fatta di uno solo. Più pura è un aura, più si è potenti. La magia si ottiene attingendo alla propria energia aurica,” spiegò Gabriella. “Ma gli homines hanno perso questa possibilità. Alcuni però ci riescono ancora. Il problema è che credono di vedere tutto, ma in realtà non vedono niente. Credono di sentire tutto, ma invece non riescono a sentire un decimo dei rumori che li circondano. Eppure si sono accontentati. Non riescono a vedere, a sentire, a provare e odorare come un tempo. La loro aura si è assopita. Si può considerare … “ fece una pausa, cercando la parola giusta, “Addormentata,” concluse.

“Alcuni degli Antichi Signori hanno il Dono di poter risvegliare l’aura degli  homines, ma non ce ne sono tanti oggigiorno,” continuò Gabriella.

Isabella annuì, digerendo le informazioni che le erano appena state date. Poi si ricordò della luce bianca che aveva circondato Gabriella la prima volta che l’aveva vista. E quel forte profumo di gelato alla vaniglia.

“Quella luce bianca che ti circondava prima … era la tua aura?” domandò curiosa.

Gabriella annuì. “Si, la mia aura è stata risvegliata, quindi adesso i miei sensi sono più sviluppati rispetto a quelli dei normali esseri umani. E posso fare quelle che si possono definire magie,” poi decise di vantarsi un po’. “La mia è un’aura pura, cosa già di per sé rara. Ma inoltre è d’argento. Ancora più rara. L’ultimo homines ad avere avuto un’aura di puro argento è stata Giovanna d’Arco,” disse con una nota di orgoglio.

“E quel profumo di vaniglia?” chiese ancora Bella.

Gabriella sorrise, “Ogni aura ha un odore diverso, e quello è il mio.”

Bella ci pensò un attimo, prima di arrivare a una conclusione, “Non mi hai ancora detto come o perché siamo qui,” fece notare.

Gabriella alzò un sopracciglio, “Non ti avevo detto di sapere sempre tutto?” comunque rispose. “Ti ho portato qui attraverso una Porta di Energia. Hai presente le meridiane e i paralleli? Beh, diciamo che ci sono linee del genere che percorrono il pianeta, però fatte da energia. Dove due o più linee si incrociano si trova una Porta di Energia. Erano utilizzate dagli Antichi Signori per spostarsi da una parte all’altra del pianeta in pochi secondi.”

Fece una breve pausa, “Per quanto riguarda il perché ti ho portato qui, è semplice. Voglio risvegliare la tua aura. Qui in California c’è un'Antica Signora con il Dono del Risveglio, o meglio, c’è l’entrata al suo Regno d’Ombra. È una dei Signori più potenti e pericolosi,” concluse, leggermente aspra verso la fine.

Si alzò in piedi dalla roccia e si guardò intorno aggrottando la fronte impaziente. Bella la osservò per un momento, prima di fare un’altra domanda che le premeva.

“Come mai, se tu sei un essere umano come me, hai il Dono della Conoscenza?” chiese.

Gabriella sorrise, “Oh, è semplice. Io appartengo all’Antica Razza, non agli homines, infatti è per questo che parlo degli umani come se non fossi una di loro. Ci sono diversi Doni, alcune volte capita di possederne uno. Io ci sono nata.”

Bella la guardava con occhi spalancati, “Tu appartieni all’Antica Razza?!”

Gabriella scrollò le spalle, “Io sono della Nuova Generazione. Appartengono alla Nuova Generazione tutti gli Antichi Signori che sono stati generati dopo la caduta di Danu Talis, circa settemila anni fa. Io ho solo poco più di duemilacinquecento anni,” poi sorrise, “La mia razza governava questa terra prima che le creature che poi divennero gli homines scendessero dagli alberi. Oggi siamo circondati da miti di praticamente tutte le razze. Siamo creature leggendarie, clan Mannari, Vampiri, Giganti, Draghi e Mostri. Alcuni ci definiscono i Grandi Vecchi, altri dei.”

Bella scoppiò a ridere, leggermente isterica. Non poteva essere vero! Insomma, quella non era sua cugina? Come faceva ad avere l’aspetto di una diciottenne? A meno che … ma scacciò subito l’idea.

“Sei mai stata una dea?” sussurrò poi.

Gabriella ridacchiò, “No, mai. Ma alcuni tra la mia gente si sono fatti adorare come tale.” Si strinse nelle spalla, “Eravamo solo un’altra razza, più antica dell’uomo, con doni e abilità diverse.”

“Come facciamo ad essere imparentate allora? E una volta risvegliata sarei anche io una della Nuova Generazione?” domandò sempre più curiosa.

Sua cugina scosse la testa, “Una volta risvegliata non apparterrai alla Nuova Generazione. Tu sarai comunque umana, non un esponente dell’Antica Razza. Diventerai una homines risvegliata, tutto qui. Per quanto riguarda il come siamo imparentate, diciamo che non lo siamo per il sangue. Lo siamo perché abbiamo la stessa aura, quindi ci possiamo considerare poco meno che sorelle. Cugine.”

“Questo significa che io ho un’aura di puro argento? Come fai a saperlo?” Bella stava avendo difficoltà a formare pensieri coerenti.

“Vedo che hai una memoria corta,” ribatté Gabriella secca, “Quale parte di ‘Dono della Conoscenza’ non ti è chiara?”

“Si, ma tu hai detto che tutti quanti hanno un’aura diversa,” si oppose Bella.

“No, ho detto che ogni aura ha un odore diverso, non colore. Non ti avevo fatto l’esempio di Giovanna d’Arco?”

“Ma è morta!” esclamò Bella.

“No, è più che viva. Non chiedermi come, ma ha trovato un modo per essere immortale. Si è sposata quattro anni fa alle Hawaii con il conte di Saint-Germain e adesso hanno una casetta sugli Champes Elisés. Se non mi sbaglio anche Caterina de Medici abita da quelle parti … “ disse Gabriella pensosa, portandosi due dita sotto il mento.

 “Allora saprai anche l’odore della mai aura?” domandò Bella piena di aspettative, cercando di ignorare il commento su Giovanna d’Arco.

“Certo, ma lo scoprirai da sola quando verrai risvegliata. Ora penso che sia il momento di andare. È l’alba. Ma lui dov’è?! È in ritardo,” constatò Gabriella sbuffando.

Bella non le chiese nemmeno a chi si riferisse. Voleva vedere i Torc Allta.

Voltò la testa ed osservò la luce del sole appena sorto mentre illuminava gli alberi. Dietro, tra le ombre, c’erano delle creature con la pelle irsuta, il muso piatto, un naso schiacciato e delle lunghe zanne ricurve. Erano molto grossi: si avvicinavano alle dimensioni di un pony. La groppa era incredibilmente muscolosa.

Guardò con più attenzione il cinghiale più vicino. Sulle sue zanne erano state scolpite delle spirali. Sotto i tratti bestiali, le parve di scorgere forme e lineamenti di un volto umano, mentre gli occhi – freddi e di un azzurro limpido, luminoso – la osservavano con stupefacente intelligenza.

“Wow … “ erano uno spettacolo. Non aveva mai visto niente del genere.

“E già. Pensavo fossero estinti. Non sapevo ci fossero ancora Clan Mannari qui in California, ma a all’Antica Signora della zona piace salvare le creature a rischio di estinzione. Non mi sorprenderebbe se questi fossero gli unici esemplari rimanenti di questa razza,” spiegò sua cugina.

Poi si sentì un fruscio di piante. Da dietro un cespuglio spuntò un uomo. Aveva un aspetto piuttosto comune: di altezza e corporatura medie, non aveva tratti distintivi particolari, fatta eccezione per gli occhi, talmente chiari da sembrare quasi bianchi. I capelli neri avevano un taglio molto corto, che seguiva la forma del cranio, il mento era rasato. Indossava dei semplici jeans neri, una comoda maglietta nera con la stampa di un concerto di venticinque anni prima e un paio di malconci stivali da cowboy. Portava un comunissimo orologio digitale al polso sinistro e un pesante bracciale d’argento a quello destro, insieme a due braccialetti dell’amicizia di stoffa, logori e variopinti.

“Scusami, sono in ritardo,” si scusò pacato.

“Me ne sono accorta, Nick” ribatté Gabriella sprezzante.

L’uomo trattenne un sorriso, poi il suo sguardo cadde su Bella. “È lei?” chiese.

Sua ‘cugina’ annuì.

“Credo che delle presentazioni siano obbligatorie,” affermò Nick. Le porse la mano, “Il mio nome è Nicholas Flamel, piacere di conoscerti,” si presentò.

Bella strabuzzò gli occhi. “B-bella,” balbettò scioccata scuotendogli la mano.

Lui annuì, “Si, ne ero al corrente.”

Bella adesso lo fissava semplicemente, incapace di registrare il fatto che avesse davanti il vero Nicholas Flamel.

“Quanti anni ha, signore?” chiese non riuscendo a trattenersi.

Flamel scoppiò a ridere e Gabriella alzò gli occhi al cielo.

“Prima di tutto, dammi del tu e non chiamarmi signore, mi fa sentire vecchio. Secondo, sono nato in Francia nel 1330,” rispose Nicholas.

1330, non era assolutamente vecchio, pensò Bella sarcastica,“E … che cos’è … cosa sei?” farfugliò.

Nick sorrise, “Legenda,” disse semplicemente, “Una volta, molto tempo fa, ero una persona normale, ma poi ho comprato un libro, Il Libro di Abramo il Mago, chiamato solitamente il Codice. Da quel momento in poi, sono diventato l’Alchimista.

“Sono diventato il più grande alchimista di tutti i tempi, richiesto da principi, re e imperatori, e perfino dal pontefice in persona. Ho scoperto il segreto della pietra filosofale sepolto in quell’antico libro di magia: ho imparato a mutare il vile metallo in oro e trasformare le pietre comuni in gioielli preziosi. E, soprattutto, ho trovato la ricetta di un’antica formula di erbe e incantesimi in grado di tenere a bada la malattia e la morte. Sono diventato praticamene immortale.”

Bella lo guardò seriamente, “Ma tutti gli homines la cui aura viene risvegliata diventano immortali?” domandò.

Nicholas le sorrise comprensivo, che sapesse qualcosa dei Cullen?“No, gli homines risvegliati sono mortali. Poi possono trovare un modo per diventare immortali. C’è chi ci riesce da solo, come me e mia moglie Perenelle, e altri che ricevono l’immortalità in dono da un Antico Signore. Non molti Signori possiedono il Dono di concedere l’Immortalità. Quasi tutti sono Oscuri Signori … “

“Penso sia sufficiente,” lo interruppe Gabriella fulminandolo con lo sguardo.

Bella la guardò interrogativa. Oscuri Signori?

Nick arrossì e si schiarì la gola. “Bene, ora se vogliamo procedere,” facendo cenno verso il cammino sferrato che conduceva all’ingresso del Regno d’Ombra.

“Sai,” ricominciò cercando di trovare un buon argomento mentre riprendevano a camminare lungo il sentiero sferrato, “La Terra è molto più vecchia di quanto la maggior parte della gente immagini. Un tempo gli umani hanno convissuto su questa Terra con creature molto più strane, e molto più antiche dei dinosauri,” disse Flamel in tono grave.

“Ma come fai a saperlo? Infondo sei nato solo nel 1330, non puoi aver visto i dinosauri … oppure sì?” ormai Bella non era più certa di nulla. Il mondo come lo conosceva era stato preso e gettato da una finestra, venendo rimpiazzato con un qualcosa di … non riusciva neanche a descriverlo.

“È tutto scritto nel Codice … e, nel corso della mia lunga vita, ho visto belve considerate miti, ho combattuto esseri leggendari, e ho affrontato creature che sembravano uscite da un incubo,” spiegò l’uomo.

“Sai, c’era una citazione di Shakespeare … dell’Amleto …” Bella aggrottò la fronte cercando di ricordare, “Ci sono più cose in cielo e in terra –“

Nicholas Flamel annuì soddisfatto, “ … di quante non sogni la tua filosofia,” finì, “Amleto, atto I, scena V. Conoscevo Will Shakespeare, naturalmente. E avrebbe potuto essere un alchimista di straordinario talento … ma poi finì tra le grinfie di John Dee. Povero Will; ha basato il personaggio di Prospero, nella Tempesta, proprio su lui.”

“Conoscevi Shakespeare?” chiese Bella incredula.

Nick annuì, “È stato un mio allievo, ma solo per poco, pochissimo tempo. Ho vissuto molto a lungo; ho avuto molti allievi, alcuni passati alla storia, altri dimenticati. Ho incontrato molte persone, umane e non, mortali e immortali. Persone come Gabriella,” concluse.

Il sentiero si faceva sempre più stretto e Bella si rese conto che aveva tempo solo per un ultima domanda.

“Chi era John Dee?”

Gabriella e Flamel s’irrigidirono. La ragazza continuò a camminare, senza neanche rivolgere loro un’occhiata, ma aveva le orecchie tese per ascoltare alla loro conversazione. Nicholas invece stava scegliendo accuratamente le parole con la quale rispondere.

Alla fine decise di svuotare il sacco, nonostante sapesse che Gabriella fosse contraria. Gabriella, con il Dono della Conoscenza, intercetto le sue intenzioni.

“Non puoi rivelarle niente! Non ancora!” sbottò irritata.

Nicholas la guardò con apparente calma, “Sta per essere risvegliata. Sai perché siamo qui. Ha il diritto di sapere qualcosa sugli Oscuri Signori, e ancora di più su Dee.”

Gabriella sbuffò sconfitta.

“Ci sono alcuni Antichi Signori che non volevano lasciare la Terra agli homines, che non riescono ad accettare il fatto che la loro Era sia finita e ancora la reclamano. Sono secoli che cercano di riappropriarsi di questo mondo, ma non possono farlo senza il Libro di Abramo, che io attualmente custodisco, o almeno custodivo. Inutile dire che mi danno la caccia. John Dee è stato un mio allievo. Una volta venuto a conoscenza del Codice si è unito a questi Signori, meglio noti come Oscuri Signori. La sua aura è stata risvegliata e loro gli hanno concesso l’Immortalità, in cambio dei suoi servigi e della sua fedeltà. Lui lavora per loro. È il loro servitore più fedele,” concluse con una nota d’amarezza. “Si è persino scordato cosa significa essere un umano.”

Gabriella sembrava molto arrabbiata, ma si sentì in dovere di aggiungere qualcosa, “Sciocco, John Dee, un homines davvero sciocco. Pensa che se aiuterà gli Oscuri Signori a reclamare questa Terra loro gli daranno una qualche ricompensa. Ma loro non hanno pietà. Ottenuto ciò che vogliono si sbarazzeranno di lui, ma lui è troppo arrogante per capire.”

Raggiunsero la fine del cammino. Un muro di cespugli, rovi e alberi adesso invadevano il sentiero.

E poi a Bella venne in mente la domanda che avrebbe dovuto chiedere sin dall’inizio.

Perché volevano risvegliare la sua aura?

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Allora, che ne pensate? Dovrei continuare? Via piace? Lo detestate? Avete qualche perplessità? Vorreste aggiungere qualcosa? Fatemi sapere, accetto sia recensioni positive che negative! Nel prossimo capitolo c'è un glossario di tutte le divinità che non conoscete!

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Capitolo 2
*** Il Glossario dell'Antica Razza ***


Il Glossario delll'Antica Razza

Il Glossario dell’Antica Razza

Questa storia è un misto tra realtà, leggenda, mitologia e fantasia. Vengono citati molti dei. Se avete qualche problema con i nomi che menzionerò, allora potete controllare qua. Continuerò ad aggiornare man mano che vengono introdotte nuove divinità! Spero vi aiuti.

  • L’Antica Razza abitava la Terra prima dell’arrivo degli uomini. Tutte le creature di questa razza sono definite Antichi Signori. La ‘capitale’ era Danu Talis (Atlantide). Poi la città è sprofondata.Tutti gli Antichi Signori generati prima sono della Prima generazione, tutti quelli generati dopo sono della Nuova generazione.
  •  Abramo il Mago, uno stregone in grado di vedere il futuro, scrisse un libro. In esso è contenuto tutto il sapere del mondo, passato e futuro. Il libro è pieno di profezie, che si avverano sempre. Aveva profetizzato che Danu Talis sarebbe caduta, e così è stato. Aveva profetizzato che Nicholas sarebbe stato uno dei custodi del libro, e potrebbe, e dico potrebbe, aver profetizzato qual cosina su Bella … comunque, il libro è pieno di incantesimi e riti. Chiunque ha il libro ha il potere di salvare o distruggere il mondo. C’è un rito in particolare che è in grado di riportare gli Oscuri Signori al potere. John Dee ha sottratto il libro a Nicholas Flamel, ma l’Alchimista ha strappato le ultime due pagine, le più importanti. Senza di esse, il resto del libro è praticamente inutile.
  • I vampiri sono una delle razze dell’Antica Razza. I vampiri come i Cullen, i Volturi e gli altri clan però non ne fanno parte, perché prima di essere trasformati erano umani. I vampiri della razza antica non sono mai stati umani e sono molto più vecchi, persino dei Volturi.
  •  Nicholas Flamel: Nicholas Flamel nacque a Parigi il 28 settembre del 1330 e sposò Perenelle, sua moglie. È presumibilmente morto nel 1418, ma la sua tomba è vuota. Questo mistero ha portato alla leggenda dell’Alchimista. Si dice che abbia viaggiato con sua moglie per circa vent’anni, e al suo ritorno a Parigi era straordinariamente ricco. I due non dissero mai quale era la loro fonte di ricchezza e quando, nel 1418, Nicholas morì, la casa fu venduta e i compratori la misero sottosopra per trovare la sua ricchezza, ma non trovarono nulla. La sua tomba fu aperta a forza, e fu allora che si scoprì che al suo interno non c’era alcun corpo. Così si sparse la voce che Flamel forse non era morto e che fosse immortale, probabilmente grazie a un Elisir di Lunga Vita.
  • John Dee: John Dee è nato nell’età Elisabettiana, nel  1527 ed è passato alla storia come uno degli uomini più eccezionali dell’epoca. Era un alchimista, un matematico, un geografo, un astronomo e un astrologo. Fu lui a scegliere la data per l’incoronazione di Elisabetta I e, nel periodo in cui fece parte della sua rete di spie, firmava i suoi messaggi in codice “007”. I due zero rappresentavano gli occhi della regina e il simbolo che somigliava a un sette era il marchio personale di Dee. Esistono testimonianze secondo le quali Shakespeare, quando concepì il personaggio di Prospero per la Tempesta, lo modellò su Dee.
  •  Ecate: Ecate è una dea sia romana che greca, in grado di viaggiare tra il regno dei vivi e dei morti. È stata ‘maledetta’ e da allora è detta la Dea dai Tre Volti, fanciulla all’alba, matrona di pomeriggio, e vegliarda la sera. In pratica nasce, invecchia e muore in un giorno, ripetendo questo circolo per tutta l’eternità.
  •  La Morrigan: la Morrigan è una divinità della mitologia celtica. È la dea della guerra, della sessualità e delle violenza. Ama seminare odio e combattere in mezzo agli uomini, avvolte assumendo aspetti terrificanti. È anche conosciuta come la Dea Corvo perché è spesso ritrovata in quella forma, essendo questo l’animale che si nutre dei cadaveri di coloro che sono morti in guerra.
  •  Black Annis: In Inghilterra, Black Annis è una strega con la faccia blu che vive in una grotta delle Dane Hills (Leicestershire). La grotta, che viene chiamata il "Pergolato di Black Annis", è stata scavata da lei con le unghie. Di fronte alla grotta c'è la grande quercia in cui si nasconde per balzare fuori e divorare bambini e agnelli. Nel giorno del Lunedì dell'Angelo era usanza fare una partita di caccia con una falsa preda dalla sua caverna fino alla casa del sindaco. L'esca era un gatto morto immerso nell'anice.
  •  Persefone: è una figura mitologica greca, in quella romana è chiamata Proserpina. La leggenda narra che venne rapita da Ade, dio dell’oltretomba, e portata negli inferi per sposarla contro la sua volontà. Cadde nel trucco di Ade e mangiò sei semi di melograno, senza sapere che chi mangia i semi degli inferi è costretto a rimanerci per l’eternità. Avendo mangiato solo sei semi, deve restare nell’oltretomba solo per sei mesi. In quei sei mesi ci sono l’autunno e l’inverno, invece, nei restanti sei mesi, ci sono la primavera e l'estate.
  • Torrc Allta: Cinghiali Mannari
  • Torc Madra: Lupi Mannari

Tutte le altre creature che iniziano con Torc sono creature mannare, ovvero che possono trasformarsi da umano a un animale (esempi: cinghiali  e lupi)

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Okay, per il momento queste sono le principali. Sono state nominate anche altre divinità, ma probabilmente non saranno più menzionate . Più avanti provvederò ad aggiungere altre creature, dei e dee. MOLTE altre più avanti, come i Golem, Nicolò Machiavelli, Marte Ultore il Vendicatore, Romolo e Remo, Gilgamesh il Re, Saint-Germain, Giovanna d’Arco, Bastet, Aracne, Areop Enape, Prometeo, le Disir, Nidhogg, e la Strega di Endor.

A presto, fatemi sapere se le spiegazioni sono state sufficienti o se avete bisogno di altro. O anche solo se avete qualche curiosità!

Le risposte alle vostre domande saranno nel prossimo capitolo, che aggiornerò presto!

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Capitolo 3
*** Ecate - La Dea Dai Tre Volti ***


2- Ecate - La Dea Dai Tre Volti

Hello! Grazie per le recensioni, mi hanno davvero fatto piacere (adesso devo fare attenzione a non montarmi la testa!!) So che alcune parti possono essere complicate a causa dei tanti nomi, quindi cercherò di spiegare il più possibile le diverse leggende. Per altre informazioni andate pure al glossario!

Soltanto i primi capitoli avranno a che fare con tutta questa storia dell’Antica Razza. Appena avrò chiarito i punti principali del Risveglio di Bella, la ragazza tornerà a Forks, e da lì subentreranno i Cullen!

Risposta a Rowan Mayfeir: si, il pairing è sempre Ed/Bella. Tra due capitoli metterò uno dal punto di vista dei Cullen. Questa non è una traduzione, l’ho scritta io. Il fatto è che in tutte le storie Bella è sempre il fragile e candido fiore che deve essere protetto e volevo darle qualche potere per proteggersi, ma volevo far capire come li ha ottenuti. Grazie mille per la recensione!

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Capitolo 2

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Raggiunsero la fine del cammino. Un muro di cespugli, rovi e alberi adesso invadevano il sentiero.

E poi a Bella venne in mente la domanda che avrebbe dovuto chiedere sin dall’inizio.

Perché volevano risvegliare la sua aura?

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“Che facciamo?” domandò Bella fermandosi davanti alla folta parete.

“Andiamo avanti,” rispose Nicholas Flamel con naturalezza.

Bella indicò il muro di arbusti e foglie, “E quello?”

“Tu vai,” ordinò Gabriella.

Esitante, Bella si fece avanti. Camminò verso la parete di arbusti … e svanì. Un attimo c’era, e l’attimo dopo era come se i cespugli l’avessero inghiottita. Per un istante, tutto intorno a lei si fece buio e freddo e nell’aria aleggiò un odore dolciastro, come di zucchero caramellato. Poi il sentiero ricomparve, piegando verso destra.

Dietro di lei sbucarono Nicholas e Gabriella, calmi e composti.

“Era un’illusione,” spiegò Flamel, “Tutto qui. Luce inclinata e distorta, che rifletteva le immagini degli alberi e dei cespugli in una cortina di vapore acqueo; ogni goccia fungeva da specchio. E un pizzico di magia,” aggiunse. Indicò davanti a sé con un gesto raffinato, “Ci troviamo ancora in Nord America, ma siamo entrati nel dominio di una delle più vecchie e più grandi rappresentanti dell’Antica Razza. Per un po’ saremo al sicuro.”

Bella alzò un sopracciglio, “Eravamo in pericolo?”

Gabriella l’ignorò, “Oh, per essere vecchia è vecchia, ma avrei qualcosa da ridire a proposito del grande,” sbottò stizzita.

“Gabriella, voglio che ti comporti bene,” la rimproverò Nicholas.

“L’ho portata qui solo perché non c’era altra scelta. Ma non mi piace. Non mi fido di lei.”

“Devi mettere da parte le antiche faide.”

“Ha cercato di uccidermi, Nicholas,” protestò Gabriella. “Mi ha abbandonata nel Sottomondo. Ci ho messo secoli a trovare l’uscita.”

“È stato più di millecinquecento anni fa, se ricordo bene la mitologia,” le rammentò Flamel.

“Ho la memoria lunga,” mormorò Gabriella assumendo l’aria di una bambina imbronciata.

“Per caso state parlando di una ragazzina alta e dalla pelle nera?” li interruppe Bella.

Le teste di Gabriella e Nick si voltarono di scatto.

“È lei,” confermò Gabriella secca.

Una figura era in piedi in mezzo al sentiero, proprio di fronte a loro. Era una bambina.

Era alta e robusta, sembrava scolpita in una lastra massiccia di pietra nera. Un velo di capelli scuri le investiva il cranio come una cuffia aderente, e i lineamenti del viso erano affilati e spigolosi: zigomi altri, naso dritto, labbra sottili e quasi inesistenti. Le pupille avevano il colore del burro. Indossava una veste lunga e semplice, di un materiale cangiante che si muovere appena per una brezza misteriosa che non sembrava però sfiorare altro. Ondeggiando al vento, la stoffa splendeva  di tutti i colori dell’arcobaleno, che vi scorrevano sopra come luce sull’acqua. Non indossava gioielli, ma Bella notò che ciascuna delle unghie corte e arrotondate delle mani era dipinta di un colore diverso.

“Non dimostra neanche un giorno più di diecimila anni,” mormorò Gabriella acida.

“Sii gentile,” le ricordò Nicholas.

“Chi è?” chiese Bella, fissando la ragazzina che non dimostrava più di dieci anni. Anche se aveva sembianze umane, c’era qualcosa di diverso in lei, qualcosa di ultraterreno, che traspirava dall’immobilità assoluta e dalla posa arrogante della testa.

“È l’Antica Signora nota con il nome di Ecate,” rispose Flamel pronunciando il nome con una nota di timore reverenziale nella voce.

“La Dea dai Tre Volti,” aggiunse Gabriella acida.

“Restate qui,” ordinò Nicholas.

Gabriella incrociò le braccia al petto e puntò gli occhi dritto davanti a sé, “Per me va benissimo.”

Flamel ignorò la frecciatina e, ricomponendosi con un profondo respiro, si avvicinò alla ragazzina alta ed elegante circondata da immensi tronchi di sequoie.

Il sottobosco frusciò e un enorme Torc Allta comparve di fronte all’Alchimista. Nicholas si fermò e rivolse un inchino alla creatura, salutandola con una lingua che non era stata concepita per la bocca degli uomini. In un attimo ci furono cinghiali ovunque, gli occhi vivaci e intelligenti, il pelo fulvo e ispido delle groppe irto sotto la luce del tardo pomeriggio, lunghi e vischiosi filamenti di saliva colavano dalle enormi zanne. Erano dieci in tutto.

Flamel fece attenzione a rivolgere un inchino a ciascuno di essi. “Non pensavo che il clan Torc Allta fosse ancora presente nelle Americhe,” tornando all’inglese.

Ecate sorrise con un lievissimo movimento delle labbra, “Ah, Nicholas, tu più di chiunque altro dovresti sapere che quando noi scompariremo, quando perfino gli homines saranno svaniti dalla faccia della Terra, i clan Allta reclameranno questo mondo. Ricorda, esso è appartenuto ai clan Mannari prima che a ogni altro,” Ecate parlava con voce profonda, quasi mascolina, sfiorata da un accento che aveva tutte le sonore del greco e le consonanti liquide di una lingua antica e affascinante. Non si addiceva a una ragazzina. Bella rabbrividì.

Flamel si inchinò di nuovo, “So che i clan erano molto forti in Europa, i Torc Madra in particolare, e ho sentito dire che ci sono di nuovo dei Torc Tiogar in India, e due nuovi clan di Torc Leon in Africa. Tutto grazie a te.”

Ecate sorrise, mostrando i denti piccoli e dritti, “I clan mi venerano ancora come una dea. Faccio quello che posso per loro. Ma dubito che tu abbia fatto tutta questa strada solo per parlarmi dei miei figli.”

“È vero,” Flamel lanciò un’occhiata in direzione di Bella, che lo stava fissando attentamente con gli occhi sgranati per la meraviglia. Gabriella invece si era appoggiata a un albero e teneva gli occhi chiusi, fingendo di essersi addormentata, ma Nicholas sapeva che la ragazza non aveva alcun bisogno di dormire.

“Ho sentito dire che Dee ha il Codice,” affermò l’Antica Signora serafica.

“Non tutto, sono riuscito a salvare le ultime due pagine. Senza l’Invocazione Finale, contenuta in esse, gli Oscuri Signori non hanno alcuna possibilità di riprendersi questo mondo,” Nicholas estrasse le due pagine da sotto la T-shirt. Fece per porgerle a Ecate, ma lei si scansò bruscamente, alzando una mano per proteggersi gli occhi, e un sibilo le sfuggì le labbra.

In un attimo i cinghiali furono attorno a Flamel, vicinissimi, le fauci spalancate, le zanne enormi e mortali pronte a squarciargli la pelle.

In un secondo, Gabriella  era già in posizione, con una freccia incoccata su un arco e puntata su Ecate, “Richiamali,” ordinò con voce fredda.

I Torc Allta non la guardarono nemmeno.

Ecate girò le spalle a Flamel incrociando le braccia, poi lanciò un’occhiata torva a Gabriella. La ragazza, allora, tese la corda dell’arco, “Pensi davvero di potermi uccidere con quella?” rise la dea.

“La freccia è intinta nel sangue di un titano,” ripose Gabriella calma, la voce che risuonava nell’aria immobile, “Uno dei tuoi genitori, se ben ricordo, giusto? Uno dei pochi modi rimasti per ucciderti, a quel che mi risulta.”

Gli occhi dell’Antica Signora si fecero gelidi, “Metti via quelle pagine,” Ecate ordinò all’Alchimista.

Flamel si affrettò ad infilarle sotto la sa maglietta. La ragazzina mormorò una parola e i Torc Allta si allontanarono da lui, scomparendo nel sottobosco. Ecate poi si voltò verso di lui, “Non ti avrebbero toccato senza un mio comando.”

“Ne sono certo,” rispose Nick con voce tremante. Abbassò lo sguardo sui suoi jeans e sugli anfibi. Erano ricoperti di bava bianca. Avrebbero lasciato una macchia, ne era sicuro.

“Non esibire mai il Codice, né una qualsiasi porzione di esso, alla mia presenza … o a quella di qualunque altro rappresentante dell’Antica Razza. Abbiamo una certa … avversione nei suoi confronti,” spiegò la dea scegliendo le parole con cura.

“Su di me non hanno alcun effetto,” disse Gabriella allentando l’arco.

“Questo perché non sei della Prima Generazione,” le ricordò Ecate, “Io c’ero quando Abramo pose le prime parole di potere nel Libro. Lo vidi intrappolare la Magia Primordiale, la magia più antica di tutte, nelle sue pagine, circa diecimila anni fa.”

“Ti porgo le mie scuse,” si affrettò a dire Flamel, “Sapevo che non potevi toccarlo, non che non potevi vederlo.”

“Non avevi modo di saperlo,” Ecate sorrise, ma senza allegria, “Quella spaventosa magia è così forte che la maggior parte della mia gente non tollera nemmeno la vista delle lettere del Libro. Coloro che sono venuti dopo l’Antica Razza originale, seppure del nostro stesso sangue,” e così dicendo fece un gesto verso Gabriella, “Possono posare lo sguardo sul Codice, certo, tuttavia neanche loro possono toccarlo. I discendenti delle scimmie, gli homines, invece sì. Fu l’ultimo scherzo di Abramo. Egli sposò una dei primi homines, e credo che abbia voluto fare in modo che solo i suoi figli potessero toccare il Libro.”

“È per questo che il Libro è stato dato in custodia a me?” chiese Nicholas.

“Non sei il primo umano a … prendersi cura del Codice,” rispose con cautela, ma poi sbottò, “Non avrebbe mai dovuto essere creato! Chiesi con tutte le mie forze che ogni pagina venisse stracciata e gettata nel più vicino vulcano, e Abramo con esse.”

“Perché non è stato distrutto?” indagò Flamel.

A quel punto Gabriella, per vantarsi del suo Dono della Conoscenza, intervenne, “Perché Abramo aveva il dono della Vista. Riusciva a scorgere gli intricati fili del tempo, in altre parole il futuro, e profetizzò che sarebbe giunto un giorno in cui il Codice e tutto il sapere in esso contenuto sarebbero stati necessari. Il Libro è sempre stato assegnato a un guardiano. Alcuni vengono ricordati dalla storia come grandi e mitici eroi, e altri sono rimasti completamente anonimi.”

“Quindi è per questo che gli Oscuri Signori hanno bisogno di Dee. Non possono procurarsi il Codice perché non possono toccarlo. Logico,” ragionò Nick.

Ecate annuì, “Un nemico pericoloso, il dottor John Dee.”

Nicholas in quel momento si rese conto di non aver neanche scalfito la superficie dei segreti di quel Libro e che non aveva neppure idea di quanto fosse antico.

“Perché sei venuto qui?” chiese Ecate tornando al discorso originale. “Non posso aiutarti a recuperare le pagine che Dee ti ha recentemente sottratto.”

“Sono venuto da te per un’altra ragione,” continuò Flamel. “Con noi c’è una homines. Dimmi, quando la guardi, cosa vedi?”

Gli occhi di Ecate guizzarono su Bella e la ragazza notò le sue pupille lunghe e strette, da gatto, e i denti appuntiti come spilli, sotto la linea sottile delle labbra.

“Argento,” sussurrò l’Antica Signora. “Fatti avanti,”

Bella camminò verso di lei e Ecate tese la mano. Lei allungò la propria un po’ titubante. Si sforzò di ostentare indifferenza, come se toccare una dea di diecimila anni fosse una cosa che le capitava tutti i giorni. Notò che la sua pelle era inaspettatamente ruvida e aspra.

Osservò la dea meglio. Ora che la guardava, non sembrava più una ragazzina di dieci anni. Sembrava una ragazza di sedici. Com’era possibile?

Ecate pronunciò una parola in una lingua che precedeva l’avvento delle prime civiltà dell’uomo.

Intorno alla ragazza apparse un bagliore argenteo e quando Bella batté le palpebre, i suoi occhi divennero due specchi, privi di espressione. Di colpo nell’aria si avvertì il forte odore della lavanda.

Senza dire una parola, Ecate si allontanò da lei di qualche metro, e il bagliore scomparve. La dea la guardò come se la stesse valutando.

“Sta valutando la tua aura,” chiarì Gabriella all’occhiata interrogativa di Bella.

“Quindi quel bagliore e quell’odore … ?”

“Erano la tua aura,” disse sua cugina.

Poi, con movimenti casuali, si chinò e raccolse un sasso piatto e lo gettò con precisione tra i cespugli. Colpì qualcosa di solido, che si allontanò subito con passi pesanti.

“Esiste un’aura d’oro?” chiese Bella curiosa.

“Si, è perfino più rara. L’ultima persona ad averla, almeno che io ricordi, era …” aggrottò la fronte, concentrandosi, “Il faraone bambino, Tutankhamon.”

“È per questo che lo hanno sepolto con tutto quell’oro?”

“È una delle ragioni, sì,” confermò Gabriella.

“Lo hai mai incontrato?” indagò Bella cercando di distrarsi mentre vedeva Nicholas e la dea parlare in una lingua a lei sconosciuta.

“Non l’ho mai incontrato di persona, ma ho addestrato Giovanna e ho combattuto al suo fianco a Orléans. Le avevo detto di non andare a Parigi,” disse seccata sua cugina.

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Ecate e Nicholas, intanto, era impegnati in una conversazione dell’estrema importanza.

Homines,” ringhiò Ecate, “Un’umana con un aura di puro argento,” sembrava allo stesso tempo confusa e arrabbiata.

“Devo ricordarti la profezia?” disse Flamel in tono mite.

“Conosco la profezia,” lo fulminò Ecate, la veste attraversata da improvvise venature rosse e nere, “C’ero anche io quando quel vecchio pazzo l’ha pronunciata.” Serrò i denti, “E non sbagliava mai,” mormorò, “Sapeva che Danu Talis sarebbe sprofondata fra le onde e che il nostro mondo sarebbe giunto al termine.”

“Ne aveva anche predetto il ritorno,” le ricordò Flamel, “’Quando lei che è tutto sarà ritrovata, il sole e la luna saranno uniti’” citò.

“Sei sicuro che sia a lei che si riferisci la profezia?”

“Si,” rispose l’Alchimista con semplicità. “Credo di sì, devo crederlo.”

“Perché?”

“Perché ora che il Codice è perduto, Dee può richiamare gli Oscuri Signori. Se lei è quella menzionata nella profezia, con un addestramento adeguato, potrei servirmi di lei per impedire il loro ritorno.”

“E se ti sbagli?” chiese Ecate ad alta voce.

“Allora questo mondo e gli homines che lo abitano saranno perduti. Ma in caso contrario, per avere una minima percentuale di successo, ho bisogno del tuo aiuto.”

Ecate sospirò, “È passato molto … moltissimo tempo dall’ultima volta in cui ho accettato un allievo,” si girò a guardare Gabriella, “E il risultato non è stato dei migliori.”

“Questo è un caso diverso: stavolta lavorerai con un talento grezzo, con un potere puro, incontaminato.” Nicholas Flamel prese un profondo respiro per poi passare all’antica lingua di Danu Talis, l’isola sprofondata, “Figlia di Perseo e Astrea, Dea della Magia e degli Incantesimi, ti chiedo di risvegliare i poteri magici della ragazza.”

“Se lo farò … che succederà dopo?” domandò Ecate.

“Dopo le insegnerò le Cinque Magie Elementali. Insieme salveremo il mondo e recupereremo il Codice.”

La Dea dai Tre Volti rise, una risata amara e irosa. “Sta’ attento, Nicholas Flamel, Alchimista, o finirai per creare qualcosa che ci distruggerà tutti.”

“Lo farai?”

“Devo pensarci. Avrai la mia risposta più tardi.”

Infondo alla radura, Bella si rese conto di colpo che Flamel ed Ecate si erano girati a guardarla. E in quel momento rabbrividì.

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Ecate si era girata ed era scomparsa nel bosco senza dire una parola, lasciando a Flamel il compito di condurre Bella fino alla sua dimora. L’Alchimista l’aveva guidata a piedi lungo un sentiero stretto e tortuoso che si snodava nel fitto del bosco. Intenta com’era ad osservare la vegetazione – enormi fiori dalle tinte livide che si giravano a seguire i suoi movimenti, viticci che strisciavano e si contorcevano come serpenti al suo passaggio, piante estinte dall’Oligocene – Bella non si era accorta che il sentiero si era aperto e che si trovava di fronte alla dimora di Ecate. Perfino quando alzò lo sguardo, ci mise un po’ a capirlo.

Davanti ai suo occhi, al centro di un’ampia radura in lieve pendenza punteggiata di vaste macchie di fiori colorati, c’era un albero.

Aveva le dimensioni di un grosso grattacielo.

La chioma e i rami più alti si intrecciavano a batuffoli di nubi candide, e le radici che spuntavano dal terreno come dita artigliate erano alte quanto un’automobile. L’albero nel complesso era nodoso e ritorto, con la corteccia rugosa segnata di crepe e linee profonde. Lunghi tralci rampicanti, simili a grossi tubi, si avvolgevano attorno al fusto e pendevano dai rami.

“La casa di Ecate,” spiegò Nicholas meravigliato, “Sei l’ultima homines vivente che l’abbia vista negli ultimi duemila anni. Anch’io ne avevo solo letto nei libri.”

Gabriella sorrise dell’espressione scioccata sul volto di Bella e la stuzzicò, “Dove ti aspettavi che vivesse, esattamente? In una roulette?”

“Io non … cioè, non lo so … non pensavo … “ Bella non sapeva cosa dire. Iniziò a ragionare. Quella … cosa … era troppo grossa. Nessun essere vivente poteva raggiungere quelle dimensioni. Nessuna cosa naturale, si corresse. Trovava che l’albero somigliasse a una donna molto vecchia, piegata dal peso dell’età. Un conto era sentire Flamel parlare del passato remoto e di una guerriera ultramillenaria: i numeri non significavano nulla. Ma trovarsi di fronte a un albero del genere era tutta un’altra storia.

Seguirono un sentiero di lucida pietra levigata che conduceva alla pianta. Più si avvicinavano, più l’albero sembrava un grattacielo: c’erano centinaia di finestre intagliate e luci che provenivano dall’interno. I battenti del portone era alto sei metri, e si aprirono al lievissimo tocco delle dita di Flamel.

Bella notò l’alba rischiarare il cielo … e trattenne il fiato. In cielo c’erano sia il sole che la luna.  Quel posto era fantastico.

Entrarono in un enorme atrio circolare. L’interno dell’albero era cavo. Sollevando lo sguardo, si potevano notare dei punti in cui le nuvole si radunavano dentro la pianta. Un’immensa scalinata si snodava in morbide curve su per il tronco. Dozzine di cascatelle sgorgavano dalle pareti e ricadevano sul pavimento, dove l’acqua si raccoglieva in un enorme vasca circolare che occupava gran parte dell’atrio. Le pareti interne erano lisce e disadorne, tranne per i nodi e i rampicanti, simili a vene.

“Benvenuta nell’Yggdrasill,” esclamò Flamel.

Bella continuò a guardarsi intorno meravigliata.

“Benvenuta nell’Albero del Mondo,” affermò Gabriella solenne.

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Erano le sette di sera e il sole era calato. Bella era seduta nella camera  da letto che avrebbe utilizzato per la sua permanenza, con il cellulare accostato all’orecchio. Non riusciva a prendere il segnale.

Era preoccupata per Charlie. Come avrebbe reagito? Infondo se ne era andata così, all’improvviso, ed era quasi una giornata che non si faceva sentire. Non sapeva neanche se sarebbe tornata. E adesso il suo cellulare le dava buca!

Poi notò che lo schermo si era spento ed aggrottò le sopracciglia. Si guardò intorno e notò che non c’erano prese di corrente.

La stanza era interamente fatta di legno biondo del colore del miele, i pavimenti erano lucidissimi, così come le pareti levigate. Non c’erano vetri alle finestre, e la porta era un rettangolo di legno estremamente sottile, di aspetto e consistenza simili alla corteccia cartacea di un albero. L’unico mobile presente era il letto, un basso futon di legno coperto di pesanti pellicce, accanto al quale era disteso uno spesso tappeto di pelliccia maculata, che non riusciva ad attribuire a nessun animale conosciuto. C’era anche una pianta che cresceva nel bel mezzo della camera.

Si chiese se l’albero fosse ancora vivo. Insomma, era totalmente vuoto all’interno! Ma … infondo non c’era nulla di moderno o artificiale nella stanza, niente di plastica, di metallo, o di carta; sembrava tutto intagliato a mano. Non c’erano nemmeno candele o lanterne.

Abbassò lo sguardo sul suo cellulare e provò ad accenderlo. Non ci riuscì. La batteria era scarica! Ma come era possibile? Era certo che fosse carica prima di avvicinarsi al bosco e …

Scosse la testa, cercando di ignorare quella morsa che le aveva serrato lo stomaco. Non doveva pensarci, non doveva pensare a … lui.

“Qui c’è qualcosa che sta assorbendo l’energia” disse ad alta voce quando si rese conto che anche il suo ipod e il suo orologio non funzionavano. Non aveva mai sentito parlare di qualcosa che riuscisse ad assorbire l’energia delle batterie.

“È questo posto,” disse Gabriella, comparendo sulla soglia della stanza. Indossava dei pantaloni mimetici marroni e verdi, un paio di anfibi allacciati al polpaccio e una maglietta mimetica con le maniche strappate, che facevano intravedere le braccia toniche. Portava un arco alla spalla sinistra, e una faretra piena di frecce che spuntava sopra la sua testa. Bella notò il disegno celtico di una spirale sulla sua spalla destra. “Hai lasciato il tuo mondo e sei entrata in un Regno d’Ombra,” la ragazza rimase sulla porta.

“Non entri?” domandò Bella.

“Devi invitarmi tu a farlo,” rispose Gabriella con uno strano e timido sorriso.

“Invitarti?” Bella alzò le sopracciglia in un espressione interrogativa.

“Devi invitarmi tu, altrimenti non posso varcare la soglia,” si spiegò Gabriella con un sorriso.

“Proprio come le leggende dei vampiri,” quasi rise Bella. Poi si bloccò spalancando gli occhi e la bocca. “Le leggende dicono che un vampiro può entrare in una casa soltanto se è invitato,” sussurrò. Poi guardò Gabriella, “Non sarai …?”

“Non mi piace quel termie,” la fulminò Gabriella.

“Entra,” si affrettò a dire Bella.

La ragazza oltrepassò la soglia con un saltello lieve ed entrò nella stanza, “Sì,” esclamò una volta dentro, “Sono quella che definiresti un vampiro.”

Gabriella si mosse per la stanza, scrutando i giardini lussureggianti al di là delle finestre. Un’enorme farfalla bianca, grande quanto un piatto, vi passò davanti. Sulla Terra si era estinta dal Giurassico.

“Ecate ha creato e mantiene in vita questo posto tramite uno straordinario impiego di magia. Ma la magia, come tutto il resto, è sottoposta a regole naturali. Ha bisogno di energia per funzionare, e prende questa energia ovunque, anche dalle minuscole batterie dei tuoi giocattolini elettronici. In mancanza di altre fonti, invece, attinge alla forza vitale del mago che l’ha creata, indebolendolo.”

“Quindi in questo Regno d’Ombra non funziona niente che sia alimentato da energia elettrica?” indagò Gabriella.

Gabriella annuì, poi la guardò seriamente, “Probabilmente tra un’oretta ti sentirai esausta e con i muscoli indolenziti, forse anche un po’ di mal di testa. È per via del campo magico che si nutre della tua aura. Non preoccuparti troppo però: le nostre aure sono così speciali che hanno una forza eccezionale. Solo, bevi molti liquidi,” poi si avvicinò alla finestra, “So che sono là, ma non riesco a vederli,” mormorò.

“Chi?” chiese Bella.

“I Torc Allta.”

“Sono davvero cinghiali mannari? Voglio dire, uomini che si trasformano in cinghiali?” domandò Bella.

“No, non esattamente,” rispose Gabriella, “Queste creature sono sempre state speciali persino agli occhi dell’Antica Razza. Possono mutare da una forma animale a quella umana e viceversa con grande facilità. Quando i primi homines fecero la loro comparsa, i clan Torc insegnarono loro a lavorare il legno e la pietra e a creare il fuoco. Gli homines li adoravano come dei. Perché altrimenti tante divinità dei primitivi avrebbero una forma animale? Pensa ai disegni rupestri che rappresentano che rappresentano creature che non sono né umane né bestie. Avrai visto le statue delle divinità egizie Sobek, Bastet e Anubi: corpi di homines, ma teste di animali,” s’interruppe un attimo, come incerta se continuare o meno, “Come i Quileute,” aggiunse.

Bella aggrottò le sopracciglia. Dove aveva sentito quel nome? E poi … le torno tutto in mente. Spalancò gli occhi.

“La tribù di Jacob?” domandò.

Gabriella annuì, “Loro … loro si che appartengono all’Antica Razza. Loro nascono con il gene. Poi alcuni ricevono lo stimolo e questo si innesca.  Possono trasformarsi con facilità da umani a lupi. Sono Torc Madra. Lupi Mannari.”

“E Jacob … lui … “ Bella perse la voce.

Gabriella le lanciò una rapida occhiata, “Lui è nato con il gene. Neanche lui è umano. Alcuni pensano che i Lupi Mannari siano solo quelli che si trasformano con la luna piena, Aro in primis, ma come ti ho detto, lui sa poco. L’Antica Razza non ha risvegliato la sua aura, nonostante le sue richieste. Diciamo che i lupi che si risvegliano solo con la luna piena sono … più o meno maledetti. Non sono coscienti delle proprie azioni una volta cambiata forma e si possono trasformare solo una volta al mese, quindi è più facile definirli semplicemente Figli della Luna.”

La mente di Bella lavorava frenetica. Gabriella … licantropi … vampiro … Cullen … Edward … ed ecco la solita morsa che le stringeva il petto.

“Smettila,” ordinò Gabriella sedendosi accanto a lei sul letto.

Bella la guardò confusa, “Di fare cosa?”

“Di torturarti così,” disse Gabriella seria, ma con un sorriso comprensivo. Sospirò, “Non ti preoccupare, Edward ti ama ancora.”

Bella sentì gli occhi pizzicare ed abbassò lo sguardo, “Lo dici solo per consolarmi.”

“No,” disse Gabriella frenetica, “No, dico sul serio. Fidati, io so sempre tutto. Lui ti ama ancora,” la guardò con sguardo implorante, come se la stesse scongiurando di crederle.

“Come fai a …?” Bella non terminò neanche la domanda e sorrise.

“Dono della Conoscenza,” dissero entrambe.

“Ma se mi ama ancora, allora perché mi ha lasciato?” chiese Bella con sguardo addolorato.

“Lui …” Gabriella si morse un labbro, “Mi sento come se stessi rivelando i segreti di qualcuno,” disse. Poi sospirò, “Lo ha fatto perché pensava che fosse pericoloso per te restare a così stretto contatto con la sua razza. Ciò che è successo con James era una cosa, poi Jasper ti ha quasi attaccato, e poi c’è Vittoria …” Gabriella continuò a guardarla dritto negli occhi.

“Cosa centra Vittoria?” indagò Bella con una certa ansia.

“Lei ti sta dando la caccia. Il suo motto è compagno per compagna. Edward ha ucciso James, lei vuole uccidere te,” spiegò Gabriella con noncuranza.

Bella era scioccata, “Come fai a dirmi che c’è una creatura cento più volte più forte di me che vuole uccidermi e che probabilmente, ora che sono senza la protezione dei Cullen, ci riuscirà, con tutta questa calma?”

Gabriella rise, “Quando avrò finito con te, Vittoria sarà come una pulce. Potrai pestarla in un nanosecondo.”

Bella alzò un sopracciglio, scettica.

“Non ti preoccupare, capirai tutto molto presto,” si affrettò a dirle Gabriella.

Bella lasciò cadere il discorso ‘Vittoria’ per aprirne un altro, “Sei un vampiro? Come i Cullen? Sono anche loro dell’Antica Razza?” indagò curiosa. Ora quel peso che le opprimeva il cuore l’aveva lasciata con la certezza che il suo Edward l’amava.

Gabriella scosse la testa, “No. Non sono come loro. I Cullen sono umani tramutati in vampiri. Sono forti e veloci, ma non sono né forti, né antichi quanto noi. I vampiri come i Cullen sono definiti Luntes, ma i Luntes non sono a conoscenza dell’esistenza dell’Antica Razza. Aro, il capo dei Volturi, ne sa qualcosa. Una volta l’ho incontrato. Ma noi siamo troppo potenti; lui ci teme. Gli Antichi Signori gli hanno fatto tenere la bocca chiusa sulla nostra esistenza. Se adesso Aro pensa di ucciderti perché sai dei vampiri, della loro razza di vampiri, allora ti starà alla larga appena scoprirà che sei una homines risvegliata. Sarai più potente di loro,” spiegò scrollando le spalle, “I Luntes non fanno parte dell’Antica Razza. Io sono un’Antica Signora, faccio parte della Nuova Generazione.”

“Ti nutri di sangue?” chiese Bella dopo un attimo di silenzio.

“No, non succhio sangue,” rispose Gabriella tranquilla. “Non adesso. Non sempre.”

“Ma i vampiri …”

“Esistono molti tipi di vampiri, molti clan, proprio come esistono molti clan mannari. Alcuni della mia razza succhiano il sangue, è vero.”

“Ma tu no,” affermò Bella.

“No, il mio clan no. Quelli del mio clan … bhé, noi ci nutriamo in … altri modi,” disse Gabriella con un sorriso ironico, “E ne abbiamo bisogno di rado,” aggiunse. “Nei prossimi mesi capirai.”

“Che intendi dire con ‘nei prossimi mesi’? E mio padre? Non tornerò casa?” chiese Bella quasi andando in panico.

“Alla fine, sì,” disse Gabriella, “Ma non oggi, e certo non domani.”

“Ma perché mi volete risvegliare?” domandò Bella.

“Ah. Questo te lo diremo a cena,” affermò Gabriella.

“Posso mangiare tutto?” chiese Bella, rendendosi conto di quanta fame avesse. Infondo aveva saltato il pranzo.

“Dipende,” rispose Gabriella.

“Dipende da cosa?” ribatté lei allarmata.

“Da quello che è, naturalmente. Io per esempio non mangio carne.”

“Perché no?” domandò Bella, chiedendosi se ci fossero particolari creature che era meglio evitare.

“Sono vegetariana,” Gabriella scrollò le spalle e si alzò facendole cenno di seguirla a cena.

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Perdonatemi per il madornale ritardo! Ho messo un glossario per le divinità che non conoscete. Fatemi sapere se vi piace e se volete che continui!!!! Se avete qualche domanda ditemi!

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Capitolo 4
*** Il Risveglio ***


3 - Il Risveglio

Grazie per le recensioni! Ecco il nuovo capitolo! Perdonatemi per il mostruoso ritardo.

Rodney: non ho intenzione di interrompere la storia. So che gli aggiornamenti sono lenti, ma il problema è che ho circa otto storie da scrivere o tradurre al momento, e per questa storia occorrono un bel po’ di ricerche sulla mitologia! Spero che non ti dispiaccia troppo! XD!

Mitika81: sai, trovo che il tuo consiglio possa anche andare … se mi spieghi come vorresti che Dydme entrasse in scena allora userò il tuo consiglio, senno cercherò di trovare da sola un modo, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensi visto che l’idea è tua! A presto! ;D

Elita: grazie per aver recensito, mi ha fatto piacere sapere che ti piace! Non ti preoccupare, Edward subentrerà presto. Non ho la minima intensione di far passare mesi e mesi prima di far comparire i Cullen nella storia! Un bacio, a presto!

Vale_Tvb: so che poteva sembrare un intrigo di nomi. Cerco di far capire attraverso questa moltitudine di nomi che Gabriella conosce tutte le divinità esistenti (anche grazie al suo Dono della Conoscenza) e che la sa lunga … beh, cerco di mettere nel glossario più informazioni possibili. Se hai problemi con un nome, basta dirmelo e aggiungerò delle informazioni extra! Spero ti piaccia il capitolo ;D

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Capitolo 3

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Bella seguì Gabriella nei meandri della casa di Ecate, guardandosi intorno. La casa sembrava comporsi di una serie di stanza circolari che fluivano, in maniera quasi impercettibile, l’una nell’altra. Non incontrarono nessuno lungo il tragitto.

“Dove sono tutti quanti?” chiese Bella.

“C’è soltanto Ecate,” rispose Gabriella con il suo solito tono fluido. Era strano, ma a Bella sembrava che la vampira sapesse sempre che domanda stava per rivolgerle, “I membri dell’Antica Razza sono creature solitarie.”

“Ce ne sono molti ancora vivi?” indagò Bella con una certa curiosità. O avrebbe dovuto temere la risposta?

“Più di quanti credi. La maggior parte non vuole avere niente a che fare con gli homines e raramente si avventura fuori dal proprio Regno d’Ombra. Altri, come gli Oscuri Signori, auspicano un ritorno alle vecchie usanze, e si servono di agenti come Dee per renderlo possibile.”

“E tu?” domandò Bella, “Tu non vuoi tornare alle vecchie usanze?”

“Non ho mai pensato che fossero un gran che,” rispose sua ‘cugina’, “Soprattutto per gli homines.”

Raggiunsero il portone e lo varcarono. Trovarono Nicholas Flamel seduto fuori, su una terrazza di legno incassata in un ramo dell’albero. Sulla terrazza, quattro sedie dallo schienale alto erano disposte intorno a un tavolo circolare, apparecchiato con dei piatti meravigliosamente intagliati e con eleganti coppe e calici di legno. Pezzi di ruvido pane caldo e spesse fette di formaggio erano disposti sui vassoi, e c’erano grandi cesti di frutta – mele, arance e grosse ciliegie – al centro del tavolo. L’Alchimista stava sbucciando accuratamente una mela verde smeraldo con una scheggia di metallo annerito, simile alla punta triangolare di una freccia.

Gabriella scivolò con grazia sulla sedia accanto all’uomo, “Ecate non si unisce a noi?” chiese infilandosi in bocca un pezzo della buccia della mela di Flamel.

“Credo che stia per arrivare. Ma prima di mangiare, Bella va risvegliata,” affermò Nicholas.

Gabriella aggrottò le sopracciglia un momento, pronta a ribattere, ma poi ci ripensò. Il suo Dono le stava mostrando che era la cosa migliore.

“Perché così presto?” chiese Bella nervosa, ponendo la domanda che Gabriella era stata sul punto di fare.

La ragazza stessa le rispose, “Prima lasciamo questo posto e meglio è. Avrai bisogno di ore per abituarti ai tuoi nuovi sensi risvegliati; una notte di riposo ti farà bene. In questo modo domani possiamo partire,” spiegò eloquente.

Bella fu presa da un’ondata di panico. Non era pronta. Assolutamente, e aveva paura.

“Non ti preoccupare. Non fa male,” la rassicurò Nick con un sorriso.

Bella deglutì. Sentiva un nodo alla gola.

“Bene, è giunta l’ora,” affermò una donna anziana da dietro di loro. Flamel e Gabriella scattarono in piedi. Confusa, Bella fece lo stesso.

Davanti a loro c’era una versione molto, ma molto più vecchia della ragazzina che aveva visto quella mattina. La somiglianza era evidente, ma Bella trovava che fosse probabilmente la nonna. Era alta,ma avanzava china, procedendo con grande cautela lungo il ramo che conduceva alla terrazza e appoggiandosi a un bastone intarsiato, alto almeno quanto Bella. Il volto era un intreccio di rughe sottili e gli occhi profondamente infossati emanavano un singolare bagliore giallo. Era calva, e Bella notò che il cuoio capelluto era ricoperto di sinuosi e intricati tatuaggi.

Flamel si avvicinò, cominciando a parlare in una lingua antica e melodiosa, che però Bella non riusciva a comprendere. Gabriella probabilmente già ‘sapeva’ di cosa stavano discutendo e si avvicinò alla ragazza.

“Quella è Ecate,” spiegò pacata.

Bella sgranò gli occhi, “M-ma …. Come …?”

Gabriella sospirò, “Davvero, cosa pensavi quando ti ho detto che era la Dea dai Tre Volti? Fanciulla all’alba, matrona di pomeriggio, e vegliarda la sera. È un circolo che continua a ripetersi, ogni giorno. Ecate vive tutta la sua vita in ventiquattrore, sempre, per secoli e secoli. Per questo questa mattina era una ragazzina e adesso, beh, vecchia. Ma il suo potere non va comunque sottovalutato.”

Bella annuì, non sentendosi in grado di utilizzare la voce. Poi Flamel si voltò verso di loro e fece cenno di seguire la Dea.

L’Alchimista, Gabriella e Bella seguirono Ecate all’interno dell’albero.

-

L’interno della camera era buio. Si erano inoltrati in una specie di antro enorme e poi Gabriella e Nick le avevano detto di proseguire da sola con la dea. Gli occhi di Bella cercavano di adattarsi alla penombra.

“Dovresti essere onorata,” disse la voce di Ecate dall’oscurità, “Non risveglio un figlio di homines da molte generazioni.”

“Chi … “ cominciò Bella, ma poi la sua voce s’incrinò. Diede un colpetto di tosse secca e provò di nuovo, “Chi è stato l’ultimo umano che hai risvegliato?” era decisa a non mostrare paura.

“È stato diverso tempo fa, nel Dodicesimo secolo, secondo la tua misurazione del tempo, un uomo della terra di Scozia. Non ricordo il suo nome.”

Bella seppe istintivamente che Ecate stava mentendo, “Cosa gli è accaduto?”

“È morto,” la ragazza udì una curiosa risata stridula, “Ucciso da un chicco di grandine.”

“Dev’essere stato proprio un gran chicco,” affermò Bella.

“Oh, sì, lo era,” mormorò Ecate. In quel momento Bella capì che la Dea c’entrava qualcosa con la misteriosa morte dell’uomo. Le sembrò, all’improvviso, quasi una bambina viziata e vendicativa.

“E adesso che succede? Devo stare in piedi o distesa?” domandò Bella, cercando di mostrarsi coraggiosa.

“Non dovrai fare niente,” la fulminò la dea, “E questo non è il genere di cosa da farsi alla leggera. Per migliaia di generazioni, voi homines avete deliberatamente preso le distanze da quello che ridicolizzate con il nome di magia. Ma la magia, in realtà, non è altro che l’impiego dell’intero spettro dei sensi. Gli homines hanno interrotto ogni contatto con i loro sensi.”

 Bella si accorse che Ecate aveva preso a muoversi intorno a lei. Non poteva vedere gli spostamenti, ma seguiva il suono della sua voce.

“Un tempo l’umanità aveva bisogno di tutti e cinque i sensi soltanto per sopravvivere,” ci fu un lungo silenzio, poi, quando la dea parlò di nuovo, era così vicina che il suo fiato mosse i capelli di Bella, “Ma dopo il mondo è cambiato. Danu Talis è sprofondata fra le onde, l’Età delle Lucertole è finita, è giunta l’Era del Ghiaccio, e gli homines sono diventati … sofisticati,” pronunciò la parola come un’imprecazione, “Gli homines sono diventati insolenti e arroganti. Hanno scoperto di non aver bisogno di tutti i loro sensi e, a poco a poco, li hanno perduti.”

“Stai dicendo che abbiamo perso i poteri della magia perché siamo diventati pigri?” chiese Bella.

Ecate rispose con tono piuttosto mite, quasi gentile, “Quello che voi chiamate magia non è altro che un atto dell’immaginazione acceso dai sensi e poi plasmato dal potere dell’aura. La tua aura è potentissima. L’Alchimista ha ragione: potresti diventare il più grande mago che il mondo abbia mai conosciuto. Ma il problema sta proprio qui,” continuò la dea. La stanza si stava schiarendo e Bella ora riusciva a vedere la sagoma della donna, “Gli homines hanno imparato a fare a meno dei loro sensi. Il cervello filtra così tanti dati dalla coscienza che vivete in una specie di nebbia. Quello che posso fare io è risvegliare i tuoi poteri sopiti, ma il pericolo molto reale è che i tuoi sensi si possano sovraccaricare,” Si fermò e poi chiese: “Sei disposta a correre il rischio?”

Bella esitò per un attimo,”Sono pronta,” affermò in fine.

“Allora cominciamo. Come si chiama la tua famiglia? E qual è il nome dei tuoi genitori?”

“Swan … mia madre si chiama Reneé e mio padre Charlie,” rispose Bella prontamente.

Una luce verde divampò e Bella vide il profilo di Ecate. Il volto era ancora immerso nell’oscurità, ma gli occhi riflettevano la luce verde come pagliuzze di vetro levigato. La dea allungò il braccio e posò il palmo della mano sulla fronte di Bella, “Bella, figlia di Reneé e Charlie, del clan Swan, della razza degli homines … “ cominciò in inglese, quindi passò a una lingua meravigliosa e poetica che precedeva l’avvento dell’umanità. Mentre parlava, l’aura di Bella cominciò a risplendere come una nebulosa luce d’argento attorno al suo corpo. A un tratto la ragazza si accorse di non udire più Ecate. Vedeva la bocca della dea muoversi, ma non riusciva a distinguere le parole, coperte dai suoni del suo corpo: il respiro che sibilava entrando dal naso,  il sangue che le fluiva alle orecchie, il battito del suo cuore nel petto. Avvertì una pressione alle tempie, come se il cervello si stesse espandendo, e poi una fitta di dolore lungo la spina dorsale, che si diffuse per tutte le ossa.

La stanza cominciò ad illuminarsi. Ecate – ora più vecchia ancora – era lì, in piedi, il profilo delineato da mutevoli fasci di luci scintillanti. E Bella capì: stava vedendo l’aura della dea. Osservò le luci che vorticavano intorno al braccio di Ecate per poi fluire fino alle dita. Con un fremito di paura, si rese conto che quella luce stava penetrando nel suo cranio. Per un attimo si sentì stordita, disorientata; poi le parole di Ecate tornarono comprensibili.

“ … Io risveglio il terribile potere custodito dentro di te …” la dea spostò le mani sul volto di Bella, il suo tocco simile a ghiaccio e fuoco insieme, “Questi sono i sensi che gli homines hanno abbandonato,” poi premette lievemente i pollici sulle palpebre della ragazza.

“Vedere con acume …”

La vista di Bella sbocciò, e la camera buia divampò di luce, delineando ombre nitide e perfette nei piccoli dettagli. Riusciva a vedere ogni filo e ogni punto cucito della veste di Ecate, a distinguere ogni singolo capello che aveva in testa e seguire la trama delle minuscole rughe intorno ai suoi occhi.

“Udire con chiarezza …”

Fu come se qualcuno le avesse tolto del cotone dalle orecchie. Di colpo, sentiva. Era una sensazione simile alla differenza che c’è fra l’ascoltare la musica nelle cuffie dell’iPod e poi sentire la stessa canzone sullo stereo in camera. Ogni suono era più intenso: i cigolii dell’enorme albero, il rumore prodotto dalle creature invisibili che zampettavano fra le radici, il suo respiro …

“Gustare con purezza …”

Le dita di Ecate sfiorarono le labbra di Bella e la ragazza avvertì un improvviso formicolio sulla lingua. Si leccò le labbra, scoprendo di riuscire persino a sentire il sapore dell’aria – forte e terroso – e a distinguere le goccioline d’acqua nell’atmosfera.

“Toccare con intensità …”

La pelle di Bella prese vita. Le stoffe che le premevano sulla pelle – il cotone morbido della maglietta, quello più rigido dei jeans, i calzini caldi – lasciavano tutte delle impressioni nettissime e diverse sulla sua carne.

“Odorare con intensità …”

Bella vacillò per l’improvvisa esplosione di odori che la travolse, facendole lacrimare gli occhi: i profumi speziati, ultraterreni di Ecate, il sentore avvolgente della terra che la circondava …

Chiuse gli occhi e piegò la testa all’indietro. Colori, odori e suoni la stavano assalendo: più accesi, più intensi, più forti di qualsiasi altra sensazione avesse mai sperimentato prima. A parte il suo amore per Edward. Era così che si sentivano i vampiri dopo essere stati trasformati? Doveva chiedere a Gabriella; lei sicuramente avrebbe avuto la risposta.

Poi qualcosa cambiò. L’effetto dei sensi esaltati era quasi doloroso … no, era doloroso. Faceva male. Le pulsavano  le tempie, le ossa le dolevano, perfino la pelle scottava – era tutto troppo. Quasi di propria volontà, le braccia si sollevarono ai lati … e la ragazza levitò a dieci centimetri da terra.

-

Nicholas Flamel era preoccupato. Lui e Gabriella si erano congedati, lasciando alla dea il tempo di risvegliare la ragazza.

“Allora, come sta andando?” chiese per la decima volta a Gabriella.

La vampira alzò gli occhi al cielo, “Bene,” ripeté di nuovo.

“A che punto sono?” indagò con ansia l’Alchimista. Se qualcosa fosse andato storto …

“Il suo corpo sta cercando di assimilare l’ondata di sensazioni,” spiegò Gabriella calma, sedendosi alla sedia intorno al tavolo rotondo della terrazza. I due erano usciti di nuovo all’aperto subito dopo aver lasciato Bella, “Che fame,” si lamentò la vampira guardando vogliosa la tavola e il cibo sui vassoi.

Nicholas sgranò gli occhi, “Bella sta affrontando il momento più pericoloso del Risveglio, e tu stai qui a pensare al cibo?”

Gabriella scrollò le spalle, “Andrà tutto bene,” disse tranquilla.

“Ma come fai a essere così calma? Non senti neanche un pizzico di nervosismo?” domandò l’Alchimista sbalordito.

Gabriella lo guardò dritto negli occhi. Quelli verdi della vampira erano vuoti, “Io non sento niente Nick. Lo dovresti sapere.”

Flamel distolse lo sguardo sentendosi colpevole. Avrebbe dovuto ricordarsene …

“Non ti preoccupare, sei un homines, è normale per te dimenticare,” affermò Gabriella, sapendo a cosa stesse pensando.

Nicholas continuò a sentirsi colpevole e la guardò mortificato. Poi alzò lo sguardo sulla luna, quasi piena, che rischiarava la serata, osservando creature estinte da secoli svolazzare nel cielo.

-

A chilometri di distanza, nel mondo degli homines, Alice Cullen trattenne il fiato. Aveva una strana sensazione, che però non riusciva ad identificare; era passato un giorno da quando Edward aveva fatto lo stupido e aveva lasciato Bella. Poi suo fratello li aveva lasciati per andare a caccia di Vittoria.

Le aveva tassativamente proibito di anche solo cercare di vedere Bella. Diceva che non dovevano più interferire.

Al momento erano tutti riuniti (tranne Edward che era in America latina) nel salotto della loro nuova casa. Rosalie era piuttosto contenta da come si era risolta la situazione, mentre invece Emmet era deluso dal comportamento di Edward. Per lui Bella era già una sorella.

Jasper non sapeva bene come sentirsi. Era sollevato perché non doveva più essere a stretto contatto con un’umana, colpevole perché l’aveva attaccata, dispiaciuto perché tutti i Cullen stavano male senza Bella, e interdetto perché non sapeva se lui stesso doveva essere triste o contento per il trasferimento.

Carlisle ed Esme erano estremamente dispiaciuti perché l’unica persona che il loro figlio avesse mai amato ,e che ormai consideravano come una figlia, non poteva più essere avvicinata da nessuno di loro per ordine di Edward. Inoltre Edward stesso stava malissimo.

Alice, beh, lei era preoccupata. Anche quando Edward le aveva detto che voleva lasciare Bella, lei aveva continuato a vedere la ragazza come una di loro. Il futuro non era cambiato. Aveva sempre saputo che Bella le sarebbe mancata, ma anche che l’avrebbe rivista. Aveva atteso che Edward fosse lontano per provare a vederla.

Ed era stato allora che aveva trattenuto il fiato. Non la vedeva. Non vedeva niente. Non era come un buco in una visione. Semplicemente, non riusciva ad avere la visione. Era come se Bella non esistesse più.

Tutti i Cullen si era voltati verso di lei, ma Alice non se ne curò. Com’era possibile? Si sforzò di nuovo, ma niente. C’era solo una possibilità. Bella doveva essere morta.

“Cos’è successo Alice?” le chiese Jasper percependo il suo stato d’animo.

Alice non ne era sicura. Avrebbe dovuto dir loro la verità? No, li avrebbe solo fatti star male, “Niente, ho solo visto che Edward si scontrerà con Vittoria,ma lei riuscirà a scappare,” mentì casualmente, cercando di calmarsi.

Gli altri Cullen ripresero a fare ciò che stavano facendo rassicurati. Emmet tornò a guardare la TV, Rosalie a sfogliare dei cataloghi di moda, Esme ad allenarsi in cucina, e Carlisle a leggere dei documenti e dei fascicoli che gli avevano dato all’ospedale.

Ma Jasper continuò a fissarla. Alice non era mai stata molto brava a nascondergli le sue emozioni, e il vampiro sapeva che c’era qualcosa sotto, qualcosa che l’aveva fatta stare male. Alice gli sorrise, cercando di rassicurarlo, ma il sorriso di lei parve una smorfia. Questo non fece altro che farlo preoccupare di più.

Alice sospirò, “Io e Jasper andiamo a caccia, torniamo tra poco,” annunciò prima di afferrarlo per un polso e trascinarlo nel bosco fuori casa. Era notte ormai e la luna, quasi piena, brillava nel cielo. Corsero in silenzio per circa dieci minuti, cercando di mettere quanta più distanza tra loro e la casa.

Infine si fermarono in una piccola radura circondata da alberi, “Cosa succede Alice? Hai avuto una visione?” le chiese Jasper studiandola attentamente.

“No, è questo il problema,” disse Alice. Vedendo l’espressione confusa di Jasper, la vampira aggiunse, “Ho cercato di vedere Bella.”

L’espressione di Jasper mutò in un istante, facendosi quasi di rimprovero, “Sai che se Edward lo venisse a sapere si arrabbierebbe moltissimo, lo sai,” poi però non fu a meno trattenersi, “Come sta? Infondo è passato solo un giorno.”

Alice scosse la testa, quasi disperata, “Non lo so Japser. Non la vedo. Non riesco ad avere visioni che la riguardino. È come se fosse sparita dalla faccia della Terra; è come se non esistesse più,” la voce le si incrinò verso la fine.

Jasper aggrottò le sopracciglia, “Scomparsa dalla faccia della Terra? Ma questo è impossibile!” poi spalancò gli occhi, “A meno che non sia –“

“Morta,” concluse Alice in tono grave, “Edward non lo deve sapere. E neanche gli altri. Ci starebbero tutti male.”

Jasper annuì cupo, “È colpa mia. Se io non l’avessi attaccata, Edward non l’avrebbe mai –“

“Non è colpa tua,” lo interruppe Alice, “Edward è sempre stato riluttante a lasciarla convivere nel nostro mondo. Se non fossi stato tu, allora sarebbe stata Vittoria, o il primo vampiro che sarebbe capitato sul nostro cammino.”

Jasper l’abbracciò. Sapeva che in quel momento Alice aveva bisogno di conforto per la perdita di Bella.

“Pensi che dovrei fare le condoglianze a Charlie?” chiese Alice con voce strozzata dopo un minuto di silenzio.

“Sarebbe carino da parte tua,” replicò Jasper posandole un bacio sulla fronte. L’aria della notte era fredda e pungente, ma loro non sentivano freddo.

“Andrò tra tre giorni,” decise Alice, “Giusto per dare a Charlie un po’ di tempo per digerire la notizia, sarà probabile menti in stato di shock.”

Jasper annuì, “È un ottima idea,” le sorrise calorosamente, “Ora cacciamo qualcosa, ho una sete pazzesca.”

Alice annuì, ancora pensierosa e addolorata, prima di iniziare a correre nella foresta.

-

Dolore.

Questo era tutto ciò che sentiva Bella. Le bruciava la gola, le lacrimavano gli occhi, le pulsavano le orecchie, aveva la nausea e la testa le girava. Era troppo. Tutte quelle sensazione la stavano assalendo in una volta, e per lei era troppo.

Poi, pian piano, sentì il dolore diminuire. No, il dolore non stava diminuendo, era lei che si stava abituando. Stava diventando più forte, più resistente. Appena sembrava essersi abituata al dolore, questo cessava. Perché non poteva cessare prima che si abituasse?

Passarono secondi, minuti, ore, settimane, mesi, anni, decenni, secoli e millenni. O almeno, così le parve.

E poi il dolore cessò.

Ricominciò a prendere coscienza e a ricordarsi degli eventi del giorno. Edward … Gabriella … Nick … Antica Razza … Ecate … Risveglio …

Sotto di lei sentì una stoffa pelosa, piuttosto ruvida, e sotto la stoffa, sentiva qualcosa di rigido e duro. Era su un tappeto? L’aria era fresca e leggermente umida, ma non faceva freddo. Intorno a lei sentiva pochi rumori: il frusciare degli alberi, i versi di creature a lei sconosciute, il rumore del vento … c’era luce, né calda né molto forte, ma c’era.

Alla fine si decise ad aprire gli occhi e a guardarsi intorno. Era sul letto di legno della sua camera, sopra la pelliccia di animale. Era ancora notte e la luce fredda della luna entrava dalla finestra, insieme a una leggera brezza rinfrescante.

Bella sbatté le palpebre un paio di volte. Tutto era così vivido. Le sembrava di essere … viva, per la prima volta nella sua vita. Guardò la stanza, notando particolare che prima non sarebbe stata in grado di vedere. Ogni singola venatura nelle pareti di legno, l’odore di erba tagliata proveniente da fuori, i passi di qualcuno fuori dalla porta …

Si mise a sedere di scatto, attendendo che chiunque fosse entrasse.

La porta si aprì. Era buio, ma Bella poteva comunque vederci benissimo. Non fu minimamente sorpresa quando vide Gabriella sulla soglia. Probabilmente la ragazza aveva saputo che era sveglia grazie alla sua dote.

“Sei sveglia, finalmente. Sono passati trenta minuti, ma sembravano durare in eterno. Ti prego di sbrigarti che non ci vedo più dalla fame!” le disse sua cugina impaziente. La sua affermazione fu accentuata dal brontolio del suo stomaco.

Bella sorrise, “Si, anche io penso di avere fame,” aveva detto ‘penso’ perché non ci capiva più niente. Tutte le sue sensazioni erano mescolata e non riusciva a capire se aveva fame o no.

Si alzò in piedi e seguì sua cugina fino alla terrazza, dove Flamel e la vecchia donna nota come Ecate stavano conversando in una lingua antica e melodica. Quando arrivarono entrambi alzarono lo sguardo e Nick si alzò in piedi.

“Stai bene?” le chiese apprensivo.

Bella annuì con un sorriso rassicurante, “Mai stata meglio in vita mia,” ed era anche vero.

Gabriella e Bella presero posto al tavolo circolare, mentre Flamel si risedeva. Poi comparvero quattro uomini alti e muscolosi con vassoi carichi di cibo, che disposero al centro della tavola per poi tornarsene silenziosamente al loro posto. Gli uomini si somigliavano come fratelli, ma furono soprattutto i loro volti ad attirare l’attenzione di Bella: c’era qualcosa di strano nelle proporzioni. La fronte calava su delle sopracciglia molto folte, il naso era corto e schiacciato, gli zigomi pronunciati, il mento quasi inesistente. Un accenno di denti gialli spuntava da labbra sottili. Avevano il petto scoperto, i piedi nudi e indossavano soltanto gonnellini di pelle, ornati di placche di metallo rettangolari. Petto, gambe e testa erano ricoperti di un’ispida peluria rossiccia.

Di colpo Bella si rese conto che li stava fissando e distolse lo sguardo. Sembravano appartenere a una specie di ominidi primitivi, ma lei sapeva riconoscer l’uomo di Neanderthal e quello Cro-Magnon. Quegli uomini non somigliavano a nessuno dei due. Poi notò che avevano gli occhi azzurri: di un azzurro brillante, con un’espressione di stupefacente intelligenza.

“Sono Torc Allta,” spiegò Ecate.

Bella sobbalzò sorpresa, prima di annuire e poi abbassare gli occhi sul cibo. Prese un boccone di pesce da un grosso piatto di stufato. Gabriella si era riempita il piatto di un infinita di ortaggi, solo alcuni dei quali la homines conosceva. Consumarono il pasto, che Bella trovò delizioso. Ora che poteva sentire il sapore con una così forte intensità, tutto le sembrava più brillante e saporito.

Flamel la guardava di sottecchi mentre mangiavano, con la fronte corrucciata, e poi si decise a parlare esitante, “Penso che sia giunto il momento di spiegarti come stanno le cose,” affermò a disagio.

Gabriella alzò la testa di scatto. Ecate arricciò il naso prima di mangiare un ultimo boccone di cibo, “Penso che sia meglio se vi lascio da soli,” disse alzandosi in piedi. Gli uomini Torc portarono via i piatti vuoti e tornarono nell’albero.

Quando furono soli, Nicholas iniziò a raccontare,”Ti abbiamo risvegliato per un motivo. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Ti ricordi quando ti ho parlato di John Dee?”

Bella annuì, ricordandosi del servitore degli Oscuri Signori.

“Quando era mia apprendista a Parigi e venne a sapere del Codice, Dee cercò di rubarlo, e capii che si era alleato agli Oscuri Signori. Rifiutai di dividere con lui i segreti che conteneva e ne seguì una tremenda lite. Quella stessa notte mandò i suoi primi sicari a uccidere me e Perry, ma ce ne sbarazzammo facilmente. La notte successiva, i sicari che ci mandò erano decisamente poco umani. Così Perry e io prendemmo il Libro, raccogliemmo i nostri pochi averi e fuggimmo dalla città. Dee ci dà la caccia da allora,” spiegò Flamel.

“Dove siete andati dopo aver lasciato Parigi?” chiese Bella curiosa.

“Londra,” rispose Flamel conciso, “Dee riuscì quasi a prenderci nel 1666,” continuò, “Ci scatenò contro un Fuoco Primordiale, una creatura selvaggia e dissennata che per poco non divorò l’intera città. È passato alla storia come il Grande Incendio.”

Bella era a dir poco scioccata. Eccola lì, calma e composta, che ascoltava un tizio che affermava di avere più di cinquecento anni e che parlava di eventi storici come se li avesse vissuti in prima persona. E lei gli credeva pure!

“Dee fu pericolosamente vicino a catturarci nel 1763, a Parigi,” continuò Nicholas, “E poi di nuovo nel 1835, quando lavoravamo come librai a Roma. È stato sempre il mio mestiere preferito,” aggiunse. “Fuggimmo in Irlanda, pensando che non ci avrebbero mai trovati su quell’isola ai confini d’Europa. Ma ci inseguì. Riuscì a imbrigliare e controllare gli Spettri, e ne aveva portati due con sé: Malattia e Fame, senza dubbio con l’intento di metterli sulle nostre tracce. Ma poi perse il controllo e la fame e la malattia imperversarono indisturbate su quella terra desolata, e un milione di persone morirono nella Grande Carestia che devastò l’Irlanda negli anni Quaranta dell’Ottocento.” La sua espressione si indurì. “Dubito che Dee si sia fermato anche un solo attimo a riflettere sulle possibili conseguenze.”

Bella rimase in silenzio per un minuto, ripensando a quello che le era stato detto. “Questo libro … il Codice che sta cercando …” cominciò.

“Il Libro di Adamo il Mago,” chiarì Flamel.

“Cos’ha di tanto speciale?”

Nicholas Flamel si bloccò all’improvviso. L’uomo poi spalancò le braccia in un gesto ampio. “Guardami! Sono più vecchio dell’America. Ecco cos’ha di tanto speciale quel libro. Ma il segreto della vita eterna è probabilmente quello di minor importanza nel Codice.” Esitò per un momento prima di continuare, “Quel Libro può cambiare il mondo, radicalmente.”

“Cambiarlo come?” domandò Bella.

“Con il Codice, Dee e i suoi padroni, gli Oscuri Signori, riplasmeranno questo mondo così com’era nell’antichità più remota e per noi inimmaginabile. E l’unico posto che gli esseri umani vi troveranno sarà quello riservato agli schiavi. O al cibo.”

Bella deglutì rumorosamente. Era facile immaginarselo.

“E adesso Dee ha il Codice,” affermò ricordandosi della sua conversazione con Ecate quando erano arrivati nel Regno d’Ombra.

Nicholas la guardò mortalmente serio, “Tranne la parte più importante. Ma vorrei lasciare le pagine a qualcuno per proteggerle, come Gabriella, ma a quanto pare l’Antica Razza non può toccarle.” Prese un respiro profondo, “È  per questo che ti abbiamo risvegliato. Vogliamo che sia tu a custodirle, essendo la prima homines a essere risvegliata in secoli, nessuno è a conoscenza della tua esistenza.”

Bella sgranò gli occhi, “Ma io non sono in grado –“

“Ti insegnerò io,” la interruppe Gabriella. “Ti mostrerò come utilizzare il tuo potere. Non ti preoccupare, non lo dovrai custodire per sempre. È solo per depistare Dee. Appena avrà capito che Nick non ce l’ha più, verremo a reclamarlo. In questo modo Dee cercherà il nuovo custode delle pagine senza sapere che invece Flamel le avrà di nuovo con sé.”

“Io …” non sapeva cosa dire. Ma aveva scelta?

“Non sei obbligata. Ti insegnerò comunque ad utilizzare il tuo potere, perché sennò saresti un pericolo per gli altri e per tè stessa. In quel caso troveremo qualcun altro che possa aiutarci,” mormorò Gabriella.

Bella rifletté. Doveva scegliere: salvare il mondo, o lasciare che venisse distrutto per colpa sua? Umm … che scelta difficile, pensò sarcastica.

“Lo farò,” affermò decisa. Gabriella e Nick la guardarono sollevati.

“Eccellente,” Nicholas sorrise.

“Allora che si fa?” chiese Bella, pronta ad imbarcarsi in questa folle e spericolata avventura.

“Per stasera riposati. Domani mattina inizieremo il tuo addestramento nelle arti marziali e nella cultura dell’Antica Razza. Quando conoscerai la nostra storia e tradizioni, allora inizieremo il tuo addestramento magico,” spiegò Gabriella col suo solito tono calmo e pacato.

Bella annuì prima di sbadigliare. Che giornata! Era un giorno che non dormiva, ora che ci pensava. Un pensiero la colse all’improvviso.

“E Charlie? Quando rivedrò mio padre?” conoscendolo sarà andato in panico.

Gabriella scrollò le spalle, “Non ti preoccupare, di lui mi sono occupata io prima di prenderti nel bosco.”

Bella inarcò un sopracciglio, “Cosa gli hai detto?”

Gabriella sorrise furba, “Non gli ho detto niente. Gli ho soltanto fatto un regalo. Sai com’è, essendo un poliziotto non ha molto tempo libero …”

Bella la guardò aggrottando le sopracciglia, “Che intendi dire?”

“Diciamo che Charlie nei prossimo giorni sarà molto impegnato. È a Rio de Janeiro e ti ha lasciato casa libera. Non sa neanche che te ne sei andata. E a Forks tutti pensano che tu te ne sia andata temporaneamente con lui.”

“Ma cosa sta facendo lui a Rio?”

“È in vacanza.”

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Ciao! Cosa ne pensate del capitolo? Vi piace? Nel prossimo capitolo metterò più parti sui Cullen e su Edward. Fatemi sapere che ne pensate. Scusate per il ritardo!!! ;D

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Capitolo 5
*** Smettere di Esistere ***


5- Smettere di Esistere

Perdonatemi per il colossale/madornale ritardo, ma ho avuto troppo da fare con altre storie e non ho potuto aggiornare! Mi dispiace tantissimo! Ringrazio vivamente per le recensioni, userò i vostri consigli. Spero vi piaccia il capitolo! (p.s. è solo una fic, così ho deciso di inventarmi un paio di cosette)

Mitika81: grazie per il consiglio, vedrò si usarlo in qualche modo, cercando di farlo combaciare con la storia! Mi fa piacere che ti piaccia, un bacio, fammi sapere che ne pensi!

Vale_Tvb: grazie per il commento, l’ho davvero apprezzato. Mi spiace, ma non so con che frequenza aggiornerò. Ho tante di quelle storie da scrivere, dipende da quando mi viene l’ispirazione! Penso una volta ogni una o due settimane. XD mi dispiace, ma spero che ti piaccia il capitolo!

Rodney: grazie per la recensione, mi ha fatto piacere sapere che ti piace la fic. Perdonami per il ritardo, ma non ho potuto scrivere prima. Spero che il capitolo ti piaccia!

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Capitolo 4

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Autoritratto ( pov Bella )

Questo è tutto quello che so per certo:

Io salto giù dalle cose. Salto anche sopra le cose (a volta) e dentro le cose (spesso). Mi capita di sbucciarmi le ginocchia.

Mi piace il succo d’arancia fresco a colazione. In mia madre c’è una vena di infelicità che non se ne va mai. Questo mi rattrista. Detesto il fatto di non riuscire a superare queste sensazioni, ma è così.

Il mio ex è un vampiro. Non ne ho mai avuto paura. Anche la sua famiglia è di vampiri. Qualche volta sono rimasta intimorita.

Odio aspettare e odio avere paura. Ho deluso un sacco di persone ma, quando riesco finalmente a smettere di pensarci, scopro di amarle ancora con tutto il cuore.

Piaccio ai gatti.

Sto bene con il blu, cosa che mi hanno detto spesso, e anche quando sono in preda al panico di solito riesco a pensare. Mi dicono che da piccola ero gentile con i bambini che gli altri prendevano in giro. Io non me lo ricordo, ma so che i miei insegnanti mi hanno sempre messa accanto agli studenti stranieri.

Mi chiamo Isabella Swan e da bambina ho provato a mangiare un pennarello rosso perché era un colore bellissimo. Se chiudo gli occhi, ricordo ancora il sapore che immaginavo potesse avere.

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Brutta notte e sogni da schifo

(Ora dei Sogni d’Oro)

Bella era nella sua camera, sdraiata sul letto di legno, persa nei suoi pensieri. Era ormai notte fonda.

Poche ore prima, a cena, le era stata finalmente detta la verità; adesso sapeva. Si rigirò nelle pellicce e cercò di prendere sonno, ma non ci riusciva. Chiuse gli occhi e si impose di dormire, ma stranamente non sentiva il bisogno di riposarsi.

Era convinta che Gabriella avesse solo cercato di spaventarla quando l’aveva riaccompagnata nella stanza.

Flashback

Avevano appena finito di discutere e Gabriella la stava guidando attraverso il labirinto di corridoi dell’albero, le cui pareti di legno variavano da tonalità di marrone scuro a più chiaro. Arrivarono sull’uscio della porta e Gabriella fece un passo di lato per farla entrare.

“Riposati,” le ordinò Gabriella severa, guardandola con i suoi occhi verde erba mentre Bella si sedeva sul letto. “E rimani in questa stanza,” aggiunse pensandoci, “Potresti sentire degli strani suoni: ignorali. Sei assolutamente al sicuro finché rimani tra queste mura.”

“Che genere di suoni?” chiese Bella, un po’ spaventata.

Gabriella si fermò un attimo a riflettere, “Grida, forse. Ululati di animali. Oh, e risate,” poi la vampira sorrise, “Credimi, non ti piacerebbe scoprire che cosa sta ridendo,” disse, e aggiunse con una punta di ironia: “Sogni d’oro.”

Fine Flashback

Si, l’aveva detto solo per spaventarla. Insomma, cosa ci poteva essere di tanto pericoloso?

In un’ora, scivolò in uno stato di dormiveglia: si stava riposando, ma allo stesso tempo i suoi sensi erano in stato di allerta, ormai risvegliati. Sentiva tutto ed era cosciente di ciò che succedeva intorno a lei. Era anche in grado di formulare pensieri coerenti.

E realizzò con una strana morsa allo stomaco che ora che i suoi sensi erano risvegliati, non sarebbe mai più riuscita a dormire. O sognare.

Aprì gli occhi di scatto e si portò a sedere sul letto. Forse avrebbe fatto meglio a fare due passi.

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Animali del Cretaceo

(Ora della creatura venuta per mangiarmi)

L’albero era immerso nel buio, tranne per un paio di cristalli sparsi che emettevano luce bianca. Bella attraversò le diverse stanze circolari, con calma, senza mai farsi vedere. Si fermava ogni volta che stralci di conversazione in lingue irriconoscibili o musiche suonate da strumenti imprecisabili aleggiavano in un corridoio.

Poi, udendo avvicinarsi una risata stridula e folle, simile a un ululato, s’infiltrò nella prima stanza aperta. La risata si spense poco dopo. Quando si affacciò di nuovo in corridoio, notò che tutti i cristalli di luce si erano offuscati ed emettevano un bagliore rosso sangue.

“Sono felice di non aver visto quello che è passato,” mormorò.

La prima volta che era entrata aveva notato che i pavimenti e le pareti erano più scure, ma man mano che si saliva si facevano più chiare. Si mise a seguire il corridoio che portava al legno scuro.

Poco dopo trovò la porta d’ingresso ed uscì fuori, cominciando a passeggiare. Quel posto era pazzesco. Anche se era calata la notte, grazie ai suoi sensi risvegliati ci vedeva benissimo. La luna splendeva bassa all’orizzonte in compagnia di un numero straordinario di stelle che, insieme alla scia di pulviscolo d’argento avviluppato nelle profondità del cielo, conferivano alla notte una curiosa luminescenza grigiastra. Solo le ombre erano nere come la pece.

Non faceva freddo, ma Bella rabbrividì lo stesso: la notte aveva qualcosa di sbagliato.

“Le stelle sono diverse,” sussurrò. Allungando il collo e osservandole meglio, non riuscì a vedere l’Orsa Maggiore o la Stella Polare. E in più, la notte prima, la notte in cui Edward l’aveva lasciata, era stata una notte di luna nuova. Ma la notte precedente, in quel regno, lei l’aveva chiaramente vista.

Puntò la mano verso il cielo, tremante, accorgendosi che quella non era la sua luna. La superficie era diversa, più liscia. Non c’erano crateri: non vedeva Keplero, Copernico o Tycho.

In quel momento si rese conto che stava guardando il cielo notturno di migliaia, forse centinaia di migliaia di anni prima. Se era stata Ecate a creare quel mondo, allora doveva essere modellato così come se lo ricordava la dea.

In quel momento, un ombra guizzò davanti alla luna, simile a una macchia. Forse era un uccello … solo che l’apertura alare era troppo grande e nessun uccello, poi, aveva un collo e una coda del genere, da serpente.

Immediatamente, Bella cominciò ad indietreggiare. Davanti a lei atterrò una creatura che non era né un uccello, né un rettile, ma qualcosa nel mezzo. Si accovacciò: era alta più o meno quanto un bambino. La luce della luna rifletteva sul corpo screziato e sinuoso, simile a quello di un serpente, e riluceva debolmente sulle ali da pipistrello spiegate, mettendo in evidenza l’ossatura e le vene sottili. Le zampe artigliate si conficcavano nel terreno soffice e una lunga coda sferzava l’aria, dimenandosi avanti e indietro. Ma fu la testa ad attirare la sua attenzione. Il cranio era lungo e stretto, gli occhi molto grandi e rotondi, la bocca aperta e piena di centinaia di piccoli denti bianchi.

La guardò piegando la testa di lato, aprendo e chiudendo la bocca. Con un saltello la creatura si avvicinò a lei. Sentì un rumore alle spalle e una seconda creatura, perfino più grossa della prima, spuntò dal cielo notturno.

Forse sono vegetariani, pensò Bella. Ma osservando i denti, capì che si sbagliava. Erano pterosauri. Un terzo pterosauro spuntò e in poco tempo, la ragazza si trovò circondata. Le tornarono in mente le parole di Gabriella e si pentì di esser uscita. Per la miseria, stava fronteggiando una creatura del Cretaceo!

Cercò di concentrarsi, di utilizzare un po’ di magia.

“Indietro! O … o sarò costretta a farvi del male,” li minacciò Bella a vuoto, cercando di non far tremare la voce.

E perché vorresti fare una cosa simile?” le parole erano pronunciate con uno strano accento, tutt’altro che fluido, “Non siamo tuoi nemici.

Bella ci mise un po’ per capire che a parlare era stato lo pterosauro di fronte a lei.

-

Ritorno all’Albero

(Ora del can che abbaia ma non morde)

Gabriella stava aspettando di fronte alle enormi porte aperte dell’albero quando Bella ritornò. Uno pterosauro la seguiva a saltelli, mentre altri volteggiavano in cerchi così bassi che il battito d’ali alzava mulinelli di polvere intorno alla ragazza. Bella non aveva detto niente, ma sapeva, in un modo o nell’altro, che le creature la stavano riportando dentro.

Nella penombra, il volto di Gabriella era di un pallore innaturale. Le sue labbra avevano una piega torva, ma quando le parlò, la voce era studiatamente neutra.

“Vuoi davvero che ti dica quanto sia stato stupido e pericoloso?”

“Volevo solo fare due passi,” si difese Bella mortificata.

“Non puoi farlo,” decretò Gabriella, “Sei stata fortunata ad essere ritrovata da loro.” Poi la vampira scomparve all’interno dell’albero.

Io non mi preoccuperei per Gabriella; can che abbaia non morde,” la creatura aprì la bocca, mostrando i denti, in quella che doveva essere un sorriso, “Era senza dubbio preoccupata per te.” Poi con una breve rincorsa e un saltello, lo pterosauro spiccò il volo.

Entrando dentro, Bella trovò la giovane (se si può dire) vampira ad attenderla. La seguì fino in una stanza circolare vuota, dove Nicholas Flamel la stava aspettando. Era in piedi e le dava le spalle, le mani intrecciate dietro la schiena, lo sguardo fisso fuori, nelle tenebre. La luna stava calando all’orizzonte. Gabriella si portò al fianco dell’Alchimista, incrociò le braccia al petto e si girò verso Bella, il volto una maschera inespressiva.

“Potevi restare uccisa,” disse Flamel in tono sommesso, senza girarsi, “O peggio.” Sospirò, “Beh, possiamo dire che sei stata fortunata, se credi alle coincidenze e al caso.”

“Io non ci credo,” borbottò Gabriella.

“Nemmeno io,” concordò Nick, “Domani, o meglio, tra poche ore, inizierai il tuo addestramento. Gabriella ti insegnerà i principi del combattimento e le basi della magia. Poi ti porteremo dai Maestri degli Elementi,” spiegò in direzione di Bella.

“Gabriella ne è capace?” chiese Bella titubante. Nick scoppiò a ridere mentre la diretta interessata sorrise divertita.

“Forse è meglio che io te la presenti adeguatamente,” cominciò Flamel con una punta di divertimento nella voce, “Gabriella ha istruito ogni guerriero ed eroe leggendario degli ultimi duemila anni. Nella mitologia è nota come la Vergine Guerriera, l’Ombra, l’Assassina dei Demoni, l’Artefice dei Re, la –“

“Oh, chiamami solo Gabriella,” tagliò corto lei, con le guance tinte di rosso.

“Comunque sia, è stato durante uno dei suoi viaggi in Oriente che ha posto le basi a le arti marziali. Ne è lei la creatrice. Dubito che troverai mai qualcuno in grado di tenerle testa,” spiegò Nicholas.

-

 Brasile, quella mattina

(Ora del depresso per amore)

Edward Cullen era uno straccio. Solo due giorni prima aveva mentito e lasciato l’unica persona che avesse mai amato. E già se ne pentiva. Ma era stata la scelta giusta, la migliore; infondo cosa importava del suo dolore se Bella fosse stata felice? Scosse la testa dandosi una risposta da solo.

I Cullen erano a Denali. Erano andati lì subito dopo il compleanno di Bella. Lui era rimasto solo per dirle addio e poi si era messo subito sulle tracce di Victoria. Fino a quel momento non aveva avuto molta fortuna, ma le sue tracce l’avevano portato a Rio.

Era difficile rimanere nascosti, soprattutto perché il sole splendeva praticamente ogni giorno. Infatti usciva solo di notte; ma non quel giorno. Quel giorno pioveva a Rio de Janeiro.

Nonostante la dolorosa fitta che sentiva perennemente al petto da quando aveva lasciato la sua amata, fu piuttosto sollevato quando notò che il cielo era nuvoloso e non una traccia di sole era visibile.

Rimase davanti alla finestra della stanza che aveva prenotato, al terzo piano dell’hotel più costoso della città. Perso nei suoi pensieri e nel suo dolore, era a malapena cosciente dello scorrere del tempo.

-

Alaska, casa del Clan di Denali. Mattina dopo il Risveglio di Bella

(Ora del Segreto di Alice)

I Cullen erano ancora una volta riuniti.

Alice e Jasper erano da poco tornati dalla loro caccia. Si erano tutti resi conto che c’era qualcosa che non andava. Lo avevano notato dallo sguardo addolorato di Alice e dall’espressione corrucciata di Jasper. Qualunque cosa fosse, però, non erano intenzionati a rivelarla.

“Cos’è successo Alice?” chiese Carlisle preoccupato e scrutandola con apprensione.

La vampira rimase in silenzio, seduta su una poltrona nel salotto della casa dei loro amici di Denali. Irinia, Kate, Carmen, Tanya ed Eleazar avevano deciso di dar loro un po’ di privacy.

Jasper tentò di utilizzare il suo potere per alleggerire le pene della sua compagna. La vide rilassare poco a poco sotto la sua influenza. Alice chiuse gli occhi e sospirò.

“Grazie Jasper,” lo ringraziò piano.

Questo non fece altro che allarmare il resto della famiglia. Adesso Esme aveva affiancato il marito, preoccupata come solo una madre poteva essere. Emmett sembrava prepararsi a una brutta notizia e probabilmente già progettava una vendetta. Rosalie invece si avvicinò soltanto un po’, incuriosita da quello che la sorella avrebbe avuto da dire.

Ma Alice scosse la testa.

“Non è il caso. Non siamo in immediato pericolo, va tutto bene,” cercò di rassicurarli con voce fioca.

Esme aggrottò la fronte preoccupata, “Non devi preoccuparti di ferirci. Noi vogliamo aiutarti,” disse dolcemente.

Jasper decise di difenderla, “No Esme, davvero, non è il caso. Come ti ha detto, va tutto bene.”

La donna si morse il labbro inferiore ma non replicò.

“Ohh, avanti,” insistette Emmett con tono quasi lamentoso, “Non può essere una notizia così cattiva!”

“Edward sta bene?” fu la domanda di Carlisle. Aveva notato che qualunque cosa fosse successa, aveva fatto soffrire quella che considerava sua figlia. Qualcuno doveva esserci andato di mezzo.

Alice esitò un attimo prima di scuotere la testa, “No, sta bene,” affermò con voce convinta.

L’intera famiglia sembrò rilassarsi e rilasciare un respiro che nessuno aveva notato di trattenere. Ma nonostante tutte le loro suppliche, Alice non parlava.

Alla fine decisero di rinunciarci. Se era importante, sarebbe stata lei a parlare.

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Allenare la mente

(Ora di ritrovare se stessi)

Bella e Gabriella erano in uno spiazzo tra gli alberi, perfettamente circolare, l’una di fronte a l’altra. Il sole era sorto da poco e la sua luce filtrava tra le fronde delle piante verdi che le circondavano. L’erba era corta e ben tagliata, e a separarle c’erano circa undici metri.

“Bene,” cominciò Gabriella calma, “Non posso insegnarti molto sulla magia perché quella non è il mio punto più forte, e voglio che solo i più forti ti insegnino. Per questo, ti insegnerò solo l’arte del combattimento.”

Bella annuì nervosa, “Non farà male, vero?”

Gabriella sorrise, “No, o almeno, non troppo. Potresti fare qualche caduta, ma ora che i tuoi sensi si sono risvegliati e il tuo corpo si è abituato a sopportarli, sarai anche in grado di saltare dal quinto piano di un palazzo e uscirne illesa.”

Bella sospirò di sollievo, “Okay, sono pronta. Che devo fare?”

La vampira inarcò un sopracciglio, “Prima di tutto, sediamoci,” e detto quello di mise a gambe incrociate sull’erba e chiuse gli occhi.

Guardandola scettica, Bella la imitò, “E adesso?” chiese impaziente.

“La pazienza è necessaria. Il tuo corpo è pronto, ma la tua mente no,” le disse la Guerriera, sempre tenendo gli occhi chiusi, “Ti insegnerò a liberare la mente. Per te dovrebbe essere facile, considerando il tuo Dono.”

Bella la guardò sorpresa, “Ho un D-Dono?”

Gabriella annuì, “Molti umani hanno dei Doni, ma sono talmente deboli che non si mostrano. Quando diventano Luntes, spesso però si fanno vedere. Come Alice, che vede il futuro. O Edward, che legge nella mente. Il tuo Dono è semplicemente più forte e si manifestava già da prima. Infatti, se non mi sbaglio, il tuo bel vampiro non riesci ad entrarti in testa. Ora che i tuoi sensi sono risvegliati, dovresti avere un accesso più facile alla tua dote.”

Bella era arrossita, ma questo non le impedì di ribattere, “Qual è il mio Dono?”

Gabriella scoppiò a ridere e la sua risata cristallina risuonò nella radura, “Questo lo devi scoprire da sola. Dovrai trovare te stessa; io posso sola aiutarti a farlo.”

Non comprendendo bene a cosa si riferisse, Bella annuì.

“Bene. Ora basta con le ciance. Dobbiamo allenare la tua mente. Svuotala da ogni pensiero e calmati,” istruì Gabriella in tono pratico.

Bella ci provò. Per i primi secondi fu facile non pensare a nulla, ma poi cominciò, senza accorgersene, a perdersi in pensieri del tipo, ‘il sole mi sta dando fastidio’ o ‘il sedere mi si sta congelando’.

Gabriella sospirò esasperata, non riaprendo però gli occhi, “Non ci siamo. Stai pensando,” la castigò.

“Perdonami, ma non posso fare a meno di pensare. Noi esistiamo finché pensiamo,” fece Bella sarcastica, annoiata dall’essere sempre rimbeccata dalla ‘cugina’.

“E allora non esistere,” per la prima volta da quando si erano sedute, Gabriella aprì gli occhi. Le pupille e le iridi erano scomparse, lasciando i suoi occhi completamente bianchi. Leggermente spaventata, Bella richiuse gli occhi e si sforza di non pensare.

Rilassandosi, Bella ascoltò. Il suo udito sviluppato le permetteva di cogliere i suoni anche più distanti. Sentiva il rumore di un ruscello poco lontano, del vento tra gli alberi, e persino di una colonia di formiche che stava entrando in un formicaio. Una ad una, facendo attenzione a non sbilanciarsi per il peso che trasportavano, arrancavano verso il buco nel terreno, quasi ecciatate.

No, non stava ascoltando le formiche. Le stava sentendo. Non solo col l’udito, ma anche con … la mente. Poteva sentirle mentre vivevano, le loro preoccupazioni, i loro pensieri, le loro emozioni …

Aprì gli occhi di scatto, terrorizzata. Entrata dentro le formiche! Ansimò per un paio di attimi, sentendo le forze venirle meno. Alzando lo sguardo, incrociò quello nuovamente verde di sua cugina. Stava sorridendo.

“Hai smesso di esistere,” affermò compiaciuta prima di alzarsi in piedi.

-

Quel pomeriggio in Brasile

(Ora del cocktail con l’ombrellino)

Charlie Swan era nella sua lussuosa suite al settimo piano con vista sul mare, e guardava tristemente la spiaggia sulla quale quel giorno non si sarebbe potuto abbronzare. Era seduto su un divano morbido sorseggiando un cocktail con dentro un ombrellino di carta.

E pensare che era lì solo da un giorno! Era tutto successo in fretta e faceva ancora fatica a crederci. Il giorno prima, mentre era alla stazione di polizia, aveva ricevuto una chiamata da Bella. Non gli aveva detto molto, solo che voleva che lui si riposasse e si prendesse un periodo di pausa dal lavoro. Le aveva detto che c’era troppo da fare in centrale; lui lì era il boss. Bella lo aveva rassicurato dicendogli che non doveva preoccuparsi, che avrebbe pensato a tutti lei.

E poi aveva sganciato la bomba.

Gli aveva detto di aver già prenotato da un paio di mesi un viaggio di prima classe su un aereo diretto per Rio. Una sorta di regalo di compleanno in anticipo e a sorpresa. Quando gli aveva spiegato i dettagli, inclusi l’hotel a cinque stelle e una carta di credito ben rifornita, aveva pensato che sarebbe stato … scortese mandare tutto all’aria quando lei aveva già preparato tutto con tanta cura.

Così era tornato a casa, prima che lei tornasse da scuola, per fare le valige. Poco dopo Bella lo aveva chiamato dicendo che sarebbe andata a dormire a casa di Angela Weber e che gli augurava un buon viaggio. Era rimasto un po’ deluso dal fatto che non avrebbe potuto salutarla, ma lei aveva già fatto abbastanza per lui, così decise di non disturbarla.

Il volo era stato gradevole, considerando che era di prima classe. Dove Bella avesse trovato tutti quei soldi non lo sapeva, ma era certo che da brava ragazza com’era doveva esserseli guadagnati.

Era arrivato in tempo per ricevere un caloroso benvenuto da parte degli abitanti del posto. A quanto pareva, una donatrice di nome Gabriella aveva fatto organizzare una festa in città, e tra le strade tutti danzavano e celebravano contenti, ricevendo in omaggio regalini e sombreri, per la delizia dei turisti.

E adesso lui era lì, in quella stanza più grande di casa sua, sorseggiando un cocktail a Rio! Scosse la testa e decise che stare chiuso là dentro non sarebbe servito a nulla. In fondo poteva goderselo quel tempo di riposo.

Decise di scendere alla reception e prendere un depliant delle attività che c’erano. Magari poteva fare qualche escursione.

Prese l’ascensore e premette il pulsante per il piano terra. Era al settimo piano. Il pulsante del terzo piano era illuminato; voleva dire che qualcuno al terzo paino aveva chiamato l’ascensore. Charlie attese pazientemente mentre l’ascensore scendeva, pensando alla bella escursione che lo attendeva.

Arrivato al terzo piano, le porte dell’ascensore si aprirono per fare entrare colui che aveva chiamato l’ascensore.

Un ragazzo, bello come un Dio greco, dai capelli ramati e gli occhi dorati. In mano teneva un telefono.

-

 

Il capitolo è un po’ cortino, lo so. Perdonatemi ancora per il ritardo, spero non abbiate tutti perso interesse nella storia! Mi dispiace di lasciarla proprio adesso, sul più bello, ma ahimè, già è tanto se sono riuscita ad aggiornare, perché prima non ho potuto! Fatemi sapere se vi è piaciuto, anche se non è poi successo niente di che.

Mi basta anche un ‘sì, mi piace’ o un ‘no, non mi piace’.

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