..:Paura di amare:..

di DreamWriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                   

La storia e i personaggi sono frutto della mia fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. L'immagine di sopra rappresenta i tre protagonisti secondo la mia immaginazione quindi i tre attori rappresentati non c'entrano nulla con la storia.

..:Paura di amare:..

Personaggi principali:

Andrea Fogli

 Giulia Corsi

Roberto Mottini

Personaggi secondari:

Claudio Loe

Cesare Tecchi

Vittorio Moli

Gaspare Cielo

Valerio Foglia

Susan Snerdin

E altri che conoscerete man mano che leggerete la storia...                                             

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Prologo

La prima volta che andai al cinema la ricordo ancora come fosse ieri: avevo sette anni e la mia mano minuscola e gracilina stringeva quella di mio padre, robusta e piena di calli. Poco più avanti di noi c’era mia madre, con una lunga gonna rossa e una orribile camicetta a fiori. Il cinema profumava di pane appena sfornato e sinceramente non me lo sono mai saputo spiegare il perché di quell’odore così strano. Quando entrammo nella sala di proiezioni vidi quasi tutti i posti occupati ma dopo pochi istanti ci venne incontro una ragazza molto gentile che ci guidò ai posti assegnati. “Hai visto Andrea? Quella è una maschera” mi disse mio padre indicandomi la ragazza che ci aveva fatti accomodare. La guardai perplesso: all’epoca per me il termine “maschera” si riferiva semplicemente a degli strani vestiti indossati a Carnevale. Papà mi sorrise intuendo i miei dubbi. “Qui al cinema si chiamano maschere coloro che aiutano gli spettatori a trovare il loro posto!” mi spiegò mio padre. Maschera! Ecco, fu quella la mia prima parola! Sì, la mia prima parola che riguardava il cinema! Cominciai a ripeterla senza sosta finché le luci si spensero e mia madre mi azzittì. Lo schermo si illuminò e grazie quella tenua luce che si rifletteva su di noi potei ammirare i visi concentrati dei miei genitori. Poi partì una musica ad alto volume e apparvero le prime immagini, le prime scene. Ma era tutto concitato, non riuscivo a capire molto e sbuffai. “Non è questo il film!” esclamò mio padre vedendomi annoiato. “Come no?” chiesi ingenuamente. “Questo è un trailer: un riassunto di un altro film che tra un po’ uscirà al cinema” disse papà. Trailer! Ecco la seconda parola! Lo schermo divenne nero e io mi strinsi al braccio di mio padre. Poi a poco a poco si illuminò con alcune scritte minuscole finché una scritta più grande annunciò il titolo. Lasciai la presa e mi incantai a guardare il film. Quella sera capii di essere cambiato. Capii che a casa non sarebbe tornato più il solito Andrea. No, perché avevo conosciuto il cinema. E me ne ero completamente, perdutamente, irrimediabilmente innamorato! Quando il film terminò e le luci in sala si riaccesero, mettendo fine alla magia che si era venuta a creare, mi voltai verso mio padre spalancando i miei occhioni color nocciola. Lui mi sorrise e mi passò una mano fra i miei capelli castani. “Papà…” dissi “…da grande farò l’attore!”
Penso che tutta la mia sofferenza infinita sia nata quella sera. Ma d’altro canto non posso porre fine a questa sofferenza perché è tutta la mia vita…

Pioveva forte. Questo è ciò che mi ricordo di tutta la mia infanzia e adolescenza. E poi mi ricordo la mia disperazione perché volevo uscire da casa, volevo correre in giardino e assaporare quella sensazione di libertà che mi mancava. Volevo sentire la pioggia scorrere lungo il mio corpo, volevo dissetarmi con la pioggia. Ma non mi era permesso. Mia madre non voleva che mi sciupassi i vestiti o che solo per  un attimo qualche ciocca di capelli stesse fuori posto. Mi opprimeva, mi proibiva di frequentare i normali luoghi pubblici, mi vietava di avere amicizie e mi faceva studiare in una stupida scuola privata dove tutti i ragazzini e le ragazzine erano viziati e con la puzza sotto il naso. Non li sopportavo e loro non sopportavano me. Dicevano che ero troppo ribelle solo perché volevo comportarmi come delle persone inferiori, di basso ceto. “Oh cava Giulia…” mi disse un giorno una mia compagna di classe dalla erre moscia “…ma pevché ti ostini a fave la vivoluzionavia? Tu sei vicca, come lo siamo tutti in questa scuola quindi…compovtati da vicca!”. La guardai contrariata. “Ancova? Ti ho detto di compovtavti da vicca!” insistette. Non resistetti e la riempii di insulti. Il giorno dopo fui costretta a presentarmi a scuola accompagnata da entrambi i genitori. Il preside mi fece una paternale durissima e mi diede una sospensione di un mese. Un mese solo perché avevo detto ciò che pensavo! Mio padre si indignò e annullò l’iscrizione a quell’istituto. “Giulia studierà in una scuola pubblica da oggi in poi!” disse. Io facevo salti di gioia. Ma mia madre si ribellò e ne uscì vincitrice: avrei studiato a casa con un tutore. Sprofondai nell’angoscia più profonda. Mio padre capì e riuscì a strappare a mia madre un assenso per iscrivermi ad un corso di teatro. “Almeno esce di casa” disse. Così capii finalmente a cosa ero destinata nella vita: avrei fatto l’attrice!

Non potevo fare a meno di rimanere incantato quando mia madre mi leggeva le fiabe prima di addormentarmi. Ma il problema era proprio questo: io non riuscivo mai a dormire! Ed era tutta colpa delle fiabe: la notte non facevo che pensare a qualche degna continuazione delle fiabe apprese senza chiudere occhio. Poi cominciai a idearne di mie e le raccontai a mio fratello, di due anni più piccolo. Lui batteva le mani eccitato e mi pregava di idearne sempre altre. Allora mi armai di carta e penna e dapprima translitterai dalla mia mente al foglio le fiabe che già avevo inventato. Poi ne scrissi altre. Quando in casa arrivò il primo computer me ne impadronii letteralmente e ricopiai tutte le fiabe inventate fino ad allora. Poi arrivò la stampante e feci rilegare alla cartolibreria i miei lavori appena stampati. Avevo il mio primo libro! Lo portai a scuola tutto orgoglioso e a rotazione tutti i miei compagni lo lessero. In breve tempo divenne un piccolo caso letterario: la maestra ne fu entusiasta e altre maestre di classi diverse ne fecero alcune copie da far leggere ai propri alunni.
Poi alle medie vinsi parecchi concorsi letterali indetti dalla scuola. E una volta giunto alle superiori la scelta non fu difficile: Liceo Classico! Peccato che non fu tutto rose e fiori e che i miei voti non erano mai molto alti! Ma dopo molti stenti riuscii a diplomarmi senza essere bocciato. E dopo cosa avrei fatto? Amavo scrivere e volevo intraprendere la carriera di giornalista e scrittore. Ma mio padre non ne volle sapere e mi costrinse a iscrivermi a Giurisprudenza. “Meglio avere un avvocato in casa che uno scrittore squattrinato!” mi ripeteva. Tuttavia io non smisi di scrivere e mandai alcuni miei romanzi a delle editorie. Un giorno una di queste mi rispose: avrebbero pubblicato i miei scritti! Piansi tutto il giorno per la felicità davanti a mio padre che scuoteva la testa e continuava a dire “Robè, comunque tu fai l’avvocato!”. Non lo delusi e riuscii a laurearmi. Intanto ero diventato uno scrittore piuttosto conosciuto e apprezzato. Un giorno mio padre mi chiamò: era debole ma felice. “Sono fiero di te…e smettila di fare l’avvocato! Devi continuare a scrivere…” mi disse. Il giorno dopo morì. Io gli diedi retta e abbandonai lo studio dove facevo praticantato. Sfornai altri libri che in breve mi consacrarono come scrittore. Ecco, era questo quello che avevo sempre desiderato! Vivere solo grazie alla mia arte…



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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


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Capitolo I
Precario

“A.A.A. Cercasi aspirante attore di bella presenza, preferibilmente biondo e con nessuna apparizione televisiva o cinematografica per ruolo da protagonista nel prossimo film che sarà prodotto dalla casa cinematografica Hives&Co. No perditempo”. Wow! Sembrava il ruolo adatto a me! D’altronde ero o non ero biondo? Non avevo o avevo mai fatto alcuna comparsata né in tv né tantomeno al cinema? E in fin dei conti ero anche abbastanza carino! Mi sfregai le mani soddisfatto e non resistetti alla tentazione di chiamare Lucia, la mia ragazza.

“Pronto?”
“Pronto amore! Sono Andrea! Non hai idea di cosa mi stia succedendo!”
“Uff…Andrea ho da lavorare…”
“Ma…ma…amore si tratta di pochi secondi, il tempo di spiegarti…”
“Sbrigati allora!”
“Ecco, ho comprato la rivista Provini&Affini e…”
“Cooosa? Ancora con quella rivista? Ma allora sei fissato! Non avevi detto che mandavi a quel paese il cinema e quant’altro?”
“S…sì ma…ero per caso in edicola e…per caso l’ho comprata!”
“Per caso eh? Oh Andrea, quando tornerai con i piedi per terra?”
“Tesoro, stavolta è diverso, stavolta la parte è cucita per me…”
“No Andrea! Per te è sempre diverso! E poi ti ritrovi a fare i provini e a venire scartato e a disperarti e a fare propositi sul suicidio e…”
“Ahah! Dai amore, te lo ripeto: stavolta è diverso, mi prenderanno!”
“Uff…tanto lo so già che sprofonderai di nuovo nella depressione una volta che non sarai preso…”
“Non è così: mi prenderanno! E se non sarò preso allora ti prometto che manderò davvero al diavolo tutto e mi cercherò un altro lavoro”
“Lo spero! Smettila di sognare amore mio…anche perché sono stanca di doverti consolare ogni volta…di dover ogni volta asciugare le tue lacrime”
“Te lo prometto: o mi prendono o basta!”
“Va bene amore mio…ti saluto!”
“Ciao…ti amo!”
“…”

Lucia era tutto il contrario di me, era una ragazza realista se non addirittura pessimista e non vedeva di buon occhio il lavoro di attore. O meglio, non lo considerava affatto un lavoro! Ma la capivo: tante e tante volte mi ero presentato a dei provini e tante e tante volte ero stato scartato. La mia autostima si era azzerata ed era sprofondato in un baratro da cui non riuscivo più a risalire. Lucia si era dovuta improvvisare psicologa più di qualche volta e non ce la faceva più a vedermi sempre soffrire. Ecco perché odiava i provini, i copioni e il mestiere d’attore. Ma amava me e doveva accettarmi per quello che ero: un eterno precario con la testa fra le nuvole!

Luci della ribalta
L’esaminatore mi squadrò da capo a piedi. Poi entrò un uomo dal viso burbero. Mi fissò dritto negli occhi. “Lei è la signorina Giulia Corsi?” mi chiese. Annuii intimidita. “La parte è sua!” esclamò tutto d’un fiato. Non ci potevo credere! Avevo ottenuto la parte da protagonista, ero riuscita a scavalcare altre migliaia e migliaia di ragazze. Mi buttai a terra e scoppiai a ridere. Il regista mi si avvicinò è si lasciò andare ad una risatina. “Signorina, Lei è la prima attrice che dopo aver avuto il ruolo da protagonista si mette a ridere invece che a piangere per la gioia!” disse. Mi rialzai in piedi e abbracciai il regista. “E Lei è il primo regista che…che…che vedo in tutta la mia vita!” risposi. Lui non trattenne le risate. “Fino ad ora ho visto solo tanti esaminatori e aiutanti registi che mi dicevano sempre no…ora vedo Lei e…mi sembra un sogno!” spiegai. “Ho visto i video dei suoi provini e mi è molto piaciuta…si vede che ha studiato recitazione” disse lui. “Già: dall’età di nove anni! Il teatro era la mia unica valvola di sfogo” risposi. Mi sorrise. “Ora però la devo mettere in guardia: in questo mondo non è tutto lustrini e paillettes: lacrime e sangue! Si ricordi bene queste due parole: l-a-c-r-i-m-e e s-a-n-g-u-e…mi ha capito? Ci sono molti squali pronti a saltarle sopra e molti mostri pronti a fare miriadi di proposte indecenti. Io con questo film la lancerò e spero di farla diventare famosa perché se lo meriterebbe ma…stia attenta alle luci della ribalta: molto spesso fanno montare la testa e perdere la dignità” mi avvertì. “Io so bene ciò che è giusto e no…so bene quanto ci ho messo ad arrivare fin qui…so bene che non è tutto rose e fiori e so che non mi venderò assolutamente al primo squalo che verrà” risposi risoluta. “Ne ho viste tante come Lei fare queste affermazioni e poi…bruciarsi la carriera per stupidaggini! Ma la tengo d’occhio signorina: ogni minima mossa che fa sarà controllata da me! Il cinema non può perdere un’artista meravigliosa come Lei!” disse facendomi l’occhiolino. Arrossii. “La ringrazio Lei è…” stavo per rispondere ma il regista mi interruppe. “Ahaha! Prima fa tutti quei discorsi e poi si scioglie con un semplice occhiolino e con uno stupido complimento? Stia attenta perché è proprio così che agiscono gli squali: adulano e fanno gesti galanti! E lei non ci deve cascare…” mi ammonì.
“Ho imparato la lezione!” risposi. “Bene, allora può presentarsi già domani sul set e…occhio!” disse.
Quando sia lui che l’esaminatore abbandonarono la stanza non potei fare a meno di cacciare un urlo: ero finalmente divenuta un’attrice!

Pagina bianca

C’è un male sottile che attanaglia tutti gli scrittori. Un male comune. Una sorta di “crisi del settimo anno” per i matrimoni. Una specie di nebbiolina che ti entra nella mente, ti avvolge e ti toglie l’ispirazione. C’è chi la chiama pagina bianca. Sì, ti ritrovi davanti a un foglio bianco, spremi le tue meningi per ideare qualcosa ma… niente! Nessuna Musa ispiratrice all’orizzonte!
Ecco, ero esattamente in questo stato di perdita d’ispirazione quando fui chiamato da un famoso produttore che avevo avuto modo di conoscere superficialmente a qualche festa mondana. Vidi il numero sconosciuto e senza riflettere risposi.

“Pronto?”
“Pronto, Lei è il signor Mottini? Roberto Mottini?”
“Sì, sono io…perché?”
“Oh, caro signor Mottini, Lei non sa quanto mi ha fatto penare per avere il suo numero personale! Non sa quanti giri e giri di telefonate ho dovuto fare, non sa quanta gente ho dovuto importunare…”
“No che non lo so! Ma con chi ho il piacere di parlare?”
“Oh, che maleducato! Signor Mottini, io sono Cesare Tecchi, si ricorda di me?”
“Ah certo! L’ho conosciuta a quel party della contessa Brianza!”
“Esattamente! E Lei lì era anche l’ospite d’onore! D’altronde è l’uomo del momento con quel suo ultimo libro che è primo nelle classifiche di molti Paesi europei e non e con il film che ne è stato tratto…”
“Lei è troppo gentile! In fondo è solo il mio lavoro!”
“E lo svolge divinamente!”
“Ma veniamo al dunque…”
“Come vuole Lei signor Mottini! L’ho chiamata semplicemente per proporle di trarre un film da uno dei suoi libri…”
“Un film? Ripetere quindi la stessa esperienza di “Lo scotch” ?”
“Esattamente! Le ho appena finito di dire che questo suo ultimo libro è un capolavoro ed è famosissimo, così come il film che ne è stato tratto…quindi vorrei proporle la stessa esperienza con la mia casa cinematografica…”
“Signor Tecchi Lei è fin troppo gentile ma…il produttore del mio ultimo film è anche un mio caro amico e diciamo che…ecco che…lui preferirebbe che le trasposizioni cinematografiche dei miei libri siano prodotte dalla sua casa cinematografica…e io non me la sento di fargli un torto…”
“Nooo…Lei così mi uccide! La prego signor Mottini: rifletta sulla mia offerta…il suo amico non si offenderà…e un po’ di sana concorrenza ci vuole sempre!”
“Non lo so…c’è di mezzo anche il fatto che sto vivendo la classica crisi da pagina bianca…e ho esaurito le idee!”
“Ma non dica così: ritroverà di certo la sua ispirazione! La prego, la prego!”
“D’accordo: rifletterò sulla sua offerta ma non le prometto nulla”
“E’ già un passo avanti!”
“Arrivederla…e buona giornata”
“Lo stesso a Lei!”

Incredibile! Un altro produttore che mi chiedeva un libro per un film! Non era vero che il produttore precedente era mio amico e non volevo fargli un torto offrendomi alla concorrenza. Anzi, a dir la verità lo conoscevo poco o niente! Semplicemente non mi andava che i miei libri divenissero troppo un effimero prodotto commerciale. Così si perdeva tutta la magia, spariva tutto il bello. Però collaborare nuovamente col cinema mi allettava molto. Peccato per quella dannatissima crisi da pagina bianca!


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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


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Capitolo II
Speranze

Quel giorno non feci nemmeno colazione per precipitarmi ai provini. Ero ottimista: mi avrebbero preso! Il luogo in cui mi sarei dovuto recare era un hotel nel centro città. Appena arrivai potei notare la solita massa indistinta di altri aspiranti attori, o “aspiranti suicidi”, come ci definiva Lucia! Vidi delle facce conosciute, qualcuno accennò un saluto. Durante i provini potevano nascere molte amicizie ma anche molte rivalità. Io ad esempio avevo un’antipatia tremenda per un certo Micol o Maicol, insomma uno che mi ritrovavo fra i piedi ad ogni provino e che non la smetteva mai di prendermi in giro. Non sapevo nemmeno io il perché, era stato lui a cominciare e da allora insultarci a vicenda era diventata una tradizione per ogni provino frequentato! Stranamente quel giorno non lo vidi.
“Toh, guarda chi c’è!” sentii una voce alle mie spalle. Mi girai di scatto: era Fabrizio, una fra le mie migliori amicizie sbocciate proprio durante una lunga attesa per un provino. “Ehi Fabbri!” lo salutai. “Andrew! Sei qui per la parte principale?” mi chiese sogghignando. “E me lo domandi pure!” risposi. Si mise a ridere. “Io sono qui per la parte secondaria: essendo biondo non penso che andrei bene per il ruolo di protagonista!” mi spiegò. Annuii. “Ah, a proposito: hai visto dov’è il tuo buon vecchio amico?!” mi chiese. Sapevo che con quel “buon vecchio amico” si riferiva al mio nemico! “No, non l’ho visto! Tu invece?” domandai. Mi prese per un braccio e mi trascinò fino all’altro lato della hall. “Guardalo!” me lo indicò. Seguii con lo sguardo la sua indicazione e lo vidi! Parlava fitto con un altro tizio. “Sai chi è quello con lui?” chiesi a Fabrizio. Mi guardò stupito. “Ma come? Non lo conosci? È Gaspare Cielo, uno fra i più famosi agenti dei vip! A quanto pare è venuto qui perché è in cerca di qualche bellimbusto per un nuovo reality” rispose. “Un reality? Ormai tutti prendono quella strada ritenendola una scorciatoia per entrare nel mondo dello spettacolo. Ma così si perde solo la qualità” notai. “Sarà, ma fino ad ora ti posso assicurare che tutte o quasi le persone presenti in questa sala sono andate a proporsi da lui! E ora Micol sta cercando di ingraziarselo!” disse Fabrizio. “Mpf…il solito lecchino!” esclamai. Proprio in quel momento sia Micol che quel tale agente che stava con lui si girarono verso di me. Micol mi guardò pieno d’odio. Poi vidi l’agente venire verso di me e squadrarmi da capo a piedi. “La smette di girarmi intorno?” protestai. Un sorriso illuminò il viso dell’agente. “Fantastico! Hai un carattere forte, proprio quello di cui ho bisogno” disse. “Senta se è per quel reality ha sbagliato persona” misi subito in chiaro le cose. “Sì, sì: è davvero perfetto per me!” continuò lui senza darmi troppo ascolto. D’un tratto mi sentii in imbarazzo. Micol mi si avvicinò ma stranamente non disse o fece nulla. Intanto l’agente aveva preso a tastarmi le braccia. “Fa per caso palestra?” mi chiese. “Veramente…beh veramente no. Però mi piace molto fare jogging e lunghe passeggiate in bicicletta…e poi ogni tanto faccio qualche partitella di pallone con gli amici!” risposi a mezza voce. “Senti un po’ ragazzo: io sono Gaspare Cielo, meglio conosciuto come Mister Gaspy! Sono uno fra i principali manager in circolazione e ho lanciato tante e tante star! Mi piacerebbe lanciare anche te…” mi propose l’agente. Fabrizio mi diede una pacca sulla spalla pieno di felicità, Micol mi fulminò con lo sguardo. “Mi spiace ma non posso accettare: è l’attore che voglio fare, non una meteora lanciata da chissà quale reality e subito dimenticata” risposi. L’agente sorrise beffardamente “Cazzo sei davvero tosto! Ma te lo ripeto: è di tipi come te che ho bisogno! In quanto alla meteora beh…poi sta a te dimostrare quanto vali e restare il più possibile nell’Olimpo delle celebrità” rispose. Scossi la testa. Fu allora che lui perse la pazienza “Grandissima testa di ca…di cavolo! Tu hai due possibilità: o resti qui a fare la fila, a sbatterti le scatole nell’attesa di fare il provino per poi scoprire che no, nemmeno questa volta ti hanno preso e sprofondare nella depressione, o domani vieni nel mio studio, firmi un contratto e di lì a poco vedrai la tua fottutissima faccia su ogni fottutissima rivista che vuoi!” urlò. Nella hall calò il silenzio e tutti si misero a fissarmi. “Dove ha detto che è il suo studio?!” domandai.

Il primo bacio
Ero elettrizzata: quel giorno ci sarebbe stata la prima riunione del cast con troupe e regista. Mi preparai ben bene e arrivai addirittura in anticipo. Mentre ero distesa su una delle poltrone della sala congressi affittata per l’occasione, cominciarono ad arrivare gli altri miei colleghi. “Signorina Corsi, noto con piacere che è molto puntuale!” mi sentii dire. Alzai lo sguardo: era il regista! “Sì, e spero di continuare ad esserlo per ancora molto tempo signor Grandi!” risposi. “O, mi chiami pure Gianni: d’altronde da oggi in poi lavoreremo per molto e molto tempo insieme! E, a proposito, gradirei se possiamo darci del tu” mi disse. E me lo chiedeva pure? “Ovvio!” risposi. Mi sorrise e andò a sedersi sul piccolo palco che era servito anche per i provini. Ora però la scenografia non era del tutto vuota, ma c’era una scrivania dove vidi che oltre a Gianni e ad alcuni suoi assistenti, si sedette anche una donna dai lunghi capelli rossi e dallo sguardo inquisitore. “Prova…prova…bene, adesso che ci siamo tutti permettetemi prima di presentarvi la nostra produttrice: Carol Fendini!” disse Gianni. Tutti si misero ad applaudire. Avevo già sentito parlare di quella donna pur non avendola mai vista nemmeno in foto: era una ricca donna d’affari italoamericana, divorziata a un paperone della finanza. Recentemente aveva aperto una casa di produzione, la Mixter e si era presa già molte soddisfazioni. Si diceva che fosse una tipa alquanto irascibile e complicata, con un grande fiuto per gli affari. “Bene Carol, hai qualcosa da comunicarci?” domandò Gianni. Lei scosse risoluta la testa e la vidi fare un ghigno. “In questo caso passiamo subito alla presentazione dei due attori principali, che pregherei di salire sul palco: sono Giulia Corsi e Matteo Livi” ci chiamò Gianni. Livi era un attore conosciuto anche all’estero e aveva alle sue spalle tanta e tanta esperienza. Ero onorata di potere lavorare con lui.
Salimmo sul palco come richiesto. Vidi Matteo fare un baciamano alla signora Fendini e capii che era uno di quei tipi che amavano rendersi servili. “Allora, come ben sapete la trama racconta la storia di un uomo di mezza età che perde la testa per una giovane ragazza, amica di sua figlia e…” stava raccontando Gianni quando fu interrotto dalla Fendini. “Non ho mai avuto il piacere di conoscere la signorina Corsi” disse guardandomi con sufficienza. Gianni si interruppe dubbioso e preoccupato. “Credo di aver già parlato di questo argomento e…sì, che insomma…si fosse venuti alla conclusione di scegliere un’attrice ancora sconosciuta…Lei mi sembrava d’accordo” rispose tentennando. “Sconosciuta sì, ma non fino a questo punto!” replicò la produttrice. Gianni non rispose, io impallidii. “Continui con la trama…” lo esortò allora la Fendini. Fui sollevata dal fatto che aveva deciso di soprassedere e cambiare discorso. Anche Gianni lo sembrò e continuò a raccontare “…i due amanti vivranno molte peripezie, momenti di passione e…” fu interrotto di nuovo. “Sa cosa pensavo signor Grandi?” chiese la produttrice. Gianni scosse la testa. “Perché non facciamo provare agli attori qualche scena significativa, così, giusto per entrare meglio nel film! Altrimenti mi annoio a sentir parlare solo Lei mentre racconta la trama” spiegò la Fendini. “Questo si potrebbe fare, ma prima gli attori dovrebbero imparare meglio le battute visto che ancora non hanno il copione” ribatté Gianni. “Non ho detto di inscenare tutto il film: voglio solo qualche pezzo…non saprei, magari anche solo la scena clou” disse la produttrice. Gianni si alzò e si avvicinò a me e a Matteo. “Potrebbero provare la scena del bacio!” propose. “Ecco, vada per la scena del bacio!” accettò la signora Fendini. Gianni ci fece posizionare l’uno di fronte all’altra. “Allora, Matteo è assalito da mille dubbi: vorrebbe baciarti ma non riesce a prendere l’iniziativa. Tu gli prendi le mani e poi lo accarezzi dolcemente sul viso. A  quel punto lui ti tira a sé e ti bacia!” mi spiegò Gianni. Dopo pochi istanti lo vidi allontanarsi. “Eeee…azione!” strillò.
“Oh Elisa, non sai quanto vorrei baciarti ma…c’è qualcosa che mi fa sentire bloccato”
Cosa? Matteo stava già recitando alcune battute del copione? Credevo che avessimo dovuto solo improvvisare con la mimica. Non risposi e gli presi direttamente le mani accarezzandolo sul viso. Lui allora mi strinse la mano e poi mi abbracciò. Sentivo le mie mani tremare e brividi che mi percorrevano la schiena. Poi Matteo avvicinarsi sempre più finché le sue labbra si poggiarono sulle mie. Incredibile: avevo dato il mio primo bacio cinematografico!

Solidarietà

Alle nove davanti alla stazione: era qui che avrei dovuto attendere il produttore per discutere meglio della sua proposta. Credevo che mi avrebbe fatto andare nel suo ufficio ma mi aveva risposto che aveva voglia di fare due passi all’aria aperta. Pochi minuti dopo Internet mi aveva spiegato la vera ragione di quello strano luogo d’incontro: la “Tecchi Production” non stava passando un buon periodo. Sembrava infatti che addirittura la sede principale fosse stata messa all’asta da una delle tante banche con cui la casa cinematografica aveva contratto debiti. Come potevo quindi io decidere di affidare un mio lavoro a una casa di produzione in fallimento? Infatti mi recai all’appuntamento solo con l’intenzione di declinare la proposta del signor Tecchi. Ma qualcosa cambiò quando lo incontrai.
“Buongiorno signor Mottini! Lei non sa che piacere ho di incontrarla nuovamente!” mi salutò il produttore. “Anche a me fa molto piacere rivederla ma dovrei comunicarle una cosa…” risposi cercando di andare subito al sodo. “Ah bene, anche io ho da comunicarle un bel po’ di cose: innanzitutto con i miei collaboratori sono già alla ricerca di un valido regista e di buoni attori, poi cercavo anche qualche ottimo sceneggiatore che possa trasformare il suo libro in un copione ee…” Tecchi sembrava un fiume in piena. Lo azzittii. “Senta, non mi sembra il caso di mettersi già in moto: in fondo devo ancora ideare il libro!” dissi. “Lo so bene, ma so anche che Lei quando si mette a scrivere è capace di sfornare capolavori in poco tempo” rispose Tecchi. “Lei mi lusinga ma…il punto della situazione è un altro: vede io sono abituato a voler conoscere precisamente le persone con cui mi trovo a collaborare. Quindi ho fatto delle ricerche sulla sua casa di produzione e da quel che ne risulta non navigate in ottime acque” gli feci notare. Tecchi arrossì. “Sì, ma sono alti e bassi che possono capitare a chiunque: ci riprenderemo presto” minimizzò. “Io glielo auguro ma i fatti non Le danno molta ragione: risulta che la sede centrale è stata messa all’asta e che avete contratto parecchi debiti con alcune banche” dissi. A quel punto Tecchi fu preso dallo sconforto “Senta signor Mottini, è vero: questo non è un buon periodo né per me né per la mia casa di produzione ma le assicuro che io non ho alcuna intenzione di uscire la bandiera bianca, di mollare tutto e mandare così a casa tutti i miei dipendenti che le assicuro sono in tanti…io so solo che ho intenzione di saldare tutti i debiti e di uscirne a testa alta…e so che per far questo ho bisogno di lavori di un certo spessore, di lavori che siano in grado di riempire le casse dell’azienda e di farci rialzare la china. Questo è il motivo per cui mi sono rivolto a Lei: sono certo che Lei ci può aiutare a non fallire, sono certo che Lei può evitare che migliaia e migliaia di persone si trovino disoccupati. Io sono uno dei pochi in questo settore ad avere ancora un cuore e un’anima: gli altri l’hanno venduta da un pezzo” disse. “Non mi sono mai considerato un uomo molto generoso e altruista ma…in questo caso voglio aiutarla!” risposi.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


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Capitolo III
Incontri

Non ci potevo credere! Ma cosa diavolo stavo facendo? Io, Andrea Foglia, proprio io che avevo sempre criticato i reality e tutte le altre scorciatoie per fare successo, ora mi ritrovavo in una sala d’aspetto in attesa di incontrare un agente poco raccomandabile che assicurava di farmi divenire una stella! Fra l’altro il fatto di dover attendere il mio turno in una saletta come si fa dal dentista non è che mi facesse pensare che questo tizio fosse un grande professionista come si era definito lui! Sì insomma: un professionista serio ti fissa un appuntamento e per quel giorno e a quell’ora si fa trovare libero e privo di impegni. Tu arrivi, magari parli con la sua bella segretaria che ti fa un finto sorriso mieloso, ti annuncia e ti fa accomodare nello studio del “boss”. Macché! Qui nemmeno l’ombra di una segretaria! C’era solo una vecchietta tutta raggrinzita, mezza sorda e mezza cieca che annotava su un sudicio block-notes tutta la gente che veniva. Quando ero entrato io mi si era sbarrata di fronte e aveva gridato “Altolà! Chi va là?!”. E io, sull’attenti, avevo risposto “Comandi!”. Lei aveva scosso la testa “Mi dica il suo nome” aveva intimato. Ma ben presto mi ero accorto che quella era la prassi che eseguiva praticamente con tutti! O meglio, con gli altri pochi che erano entrati nella sala ovvero una ragazzina svampita che non faceva altro che attirare la mia attenzione su di lei per poi esibirsi in una sorta di corteggiamento con lo sguardo, un uomo di mezza età che passeggiava nervosamente avanti e indietro per la sala con annessa la sigaretta anche se un cartello più grande di lui gli proibiva di fumare e un ragazzino montato che per tutto quel tempo era rimasto imbambolato a fissare a tratti i suoi muscoli, a tratti la ragazzina svampita. Dopo poco entrò un’altra ragazza. Era alta, bionda, slanciata. Ricordo che la prima cosa che notai di lei furono gli occhi di un azzurro intenso e il suo sorriso. La vecchia le si parò dinnanzi. “Altolà! Chi va là?!” chiese come al solito. La ragazza si mise a ridere, poi si girò verso di me come a voler dire “Ma questa è pazza?”. “Allora? Come si chiama signorina?” la incalzò la vecchia. “Sono Giulia Corsi: un mio collega mi ha suggerito di venire qui se mi fosse servito un agente…mi ha anche detto di aver annunciato lui al signor Cielo la mia visita” rispose la ragazza. La vecchia annotò il nome sul block-notes, poi con un gesto sgarbato la invitò a trovare posto nella sala. La vidi venirmi incontro e prendere posto sul divanetto, accanto a me. Ci guardammo imbarazzati, come due che si ritrovano in ascensore e attendono di giungere al loro piano. “Buon pomeriggio!” si decise a parlare lei. Feci un cenno con la testa come per ricambiare il saluto. Poi, dopo aver riflettuto, pensai di essermi comportato troppo scortesemente e cercai di rimediare attaccando discorso. “Certo però che il signor Cielo poteva anche prendersi una segretaria migliore!” dissi. La ragazza si mise a ridere. “Eh già…comunque il mio collega che mi ha suggerito di venire qui me lo aveva anticipato: non avrei potuto accomodarmi nella sala d’aspetto se non dopo aver dato il mio nome alla famigerata signora Collini!” rispose. Poi calò di nuovo il silenzio. “Come mai sei qui?” mi chiese lei d’un tratto. “Beh…diciamo che avrei dovuto fare un provino da attore e invece mi sono trovato a sostenerne uno per il bellimbusto di turno di un reality!” risposi. “Ah…bene! Io invece sono stata mandata qui…” stava rispondendo lei ma la interruppi. “…da un tuo collega!” dissi. Lei arrossì “Sono ripetitiva vero?” chiese. Mi misi a ridere e scossi la testa. “Comunque come fa il tuo collega a conoscere il signor Cielo?” domandai. “Il mio collega è Matteo Livi, non so se lo conosci” rispose. Rimasi paralizzato: la ragazza che avevo di fronte a me aveva il privilegio di lavorare con uno fra i più grandi attori italiani, famoso anche a livello internazionale. “Come non conoscerlo?” esclamai. “Beh, in fondo è uno fra i nostri attori più famosi! Pensa che io proprio ieri ho dato il mio primo bacio cinematografico proprio a lui! È stata davvero un’emozione! Però qualche lato del suo carattere non mi è piaciuto” affermò la ragazza. “Cioè?” chiesi. “Mi è sembrato un po’ troppo…come dire? Un po’ troppo paravento! Ha cominciato a fare tutto il galante con la produttrice che poi è una mezza isterica che prima dice che a lei va bene avere un’attrice sconosciuta come protagonista del film e poi ritratta tutto e…scusa ma parlo sempre io!” esclamò la ragazza sfoggiando un altro dei suoi bellissimi sorrisi. “No, non preoccuparti e poi ci compensiamo visto che io sono un tipo alquanto taciturno” risposi. “Comunque non mi hai ancora detto come ti chiami!” mi disse. Cavolo! Solo io potevo essere il cretino che mi intrattenevo a parlare con una persona per un quarto d’ora senza presentarmi! “Emh…sono Andrea” risposi. “Ah, io Giulia! Anche se credo che avrai già sentito il mio nome quando mi ha fermata la signora Collini!” disse. Stavo per replicare quando proprio la signora Collini mi chiamò: era arrivato il mio turno. “Beh, allora è stato un piacere conoscerti!” dissi. “Anche per me!” rispose lei. E poi mi balenò in testa un’idea che mi fece stupire da solo. “Ti va se…ecco se dopo il tuo colloquio con il signor Cielo…beh, se ci prendessimo un aperitivo?” chiesi. Io che mi mettevo a corteggiare un’altra? Ma stavo bene quel giorno? La ragazza accettò felice. “Allora vado e poi ti aspetto!” dissi. Annuì e io entrai nello studio.

Riflessioni

Bene, si preannunciava una bella serata: avevo conosciuto un ragazzo bellissimo, ero riuscita a parlarci senza nemmeno sbagliare ogni parola e addirittura avevo ricevuto un appuntamento! Chi più felice di me? Finalmente avrei potuto distrarmi un po’ dopo la rottura con Giovanni, il mio ex ragazzo che aveva preferito farsi prete anziché restare con me! Mamma mia, a ripensarci mi venivano ancora moti d’ira: eravamo stati benissimo insieme, poi un bel giorno lui era venuto da me con la faccia di cane bastonato e mi aveva riferito che andava a chiudersi in seminario! Praticamente una botta per la mia autostima! Ma cosa aveva il crocifisso più di me?! Era più appassionante indossare una talare che baciarmi?!
Poi avevo pian piano cominciato ad accettare la situazione e a tentare di capirlo. Ma dopo di lui non ero più stata in grado di trovare qualcun altro che mi facesse battere il cuore. Non che non avessi avuto altri ragazzi. Ma perlopiù si era trattato di brevi avventure, di un qualcosa di effimero.
Ora però sentivo di star finalmente uscendo da quel tunnel di sfortunati eventi che capitavano solo a me.
Ora finalmente ero stata presa ad un provino e addirittura ero la protagonista del film! E poi, come uno scherzo del destino, avevo conosciuto un nuovo ragazzo, Andrea. Oddio, ecco la solita mania di farmi i film mentali! Però non lo potevo nascondere: Andrea mi piaceva anche se lo avevo appena conosciuto e ci avevo parlato poco.
Era timido, con uno sguardo dolce che mi aveva colpito fin da quando ero entrata in quella stanza.
Ci sono incontri che delle volte ti possono cambiare totalmente la vita. Ci sono persone che ti stravolgono l’esistenza, persone per cui ti chiedi se ne è valsa la pena conoscerle o se sarebbe stato meglio non averle mai incontrate. Andrea era una di queste. Perché tutto quello che mi sarebbe successo in seguito al suo incontro mi avrebbe cambiata per sempre. Non sarei stata più la persona di prima…

Almeno un segnale

Ma perché? Ma cosa diavolo avevo fatto di male per meritarmi quello? Perché non riuscivo a ideare nulla di nuovo? Le poche idee che mi balenavano in testa erano solo banalità e storie già sentite.
Avevo bisogno di una storia originale e che lasciasse il segno se volevo aiutare Cesare e la sua casa cinematografica. Decisi che fare quattro passi mi avrebbe aiutato a schiarirmi un po’ le idee.
Magari avrei potuto cimentarmi col fantasy! Sì, come no, io che scrivevo fantasy! Fallimento assicurato! Un bel romanzo storico…no, ero fin troppo scrupoloso con la storia e avrei annoiato i lettori.
Oh diavolo! Perché a Newton era bastato che cadesse una mela in testa per diventare uno fra i più grandi scienziati e a me non arrivava alcun segnale? Uno, che fosse uno! Il cellulare mi squillò: magari era il segnale tanto atteso! Guardai sul display: un numero sconosciuto. La cosa si faceva più intrigante.

“Chi è?”
“Buon…buongiorno…parlo col signor Mottini?”
“In persona! E io con chi parlo?”
“Roberto sono…sono Dario”

Dario! Non ci potevo credere! Proprio lui! Avevamo frequentato insieme il Liceo e lui non aveva mai nascosto di provare qualcosa per me. Ma a me questa cosa non faceva piacere e lo cercavo sempre di evitare. Dopo esserci diplomati lui si dichiarò ma io gli spezzai il cuore dicendogli che non avrei mai potuto amarlo perché non mi sentivo attratto dagli uomini. Da allora non lo vidi più. Seppi da qualche amico in comune che era andato a vivere in Francia a causa di una delusione d’amore (evidentemente a causa della delusione che gli avevo dato io). Ora me lo ritrovavo dall’altro capo della cornetta. Però: ci avrei anche potuto scrivere un libro su questo!

“Da quanto tempo!”
“Senti non ti da fastidio se…ecco se parliamo vero? Ti ho chiamato solo per sentirti…da amico”
“Dario, ma certo che non mi da fastidio, anzi! Io ti devo ringraziare perché non hai idea dell’aiuto che mi hai dato!”
“Cioè?”
“Vabbè niente…è una storia lunga…”

Non mi andava di spiegare a Dario che avevo intenzione di scrivere una storia su ciò che era avvenuto a noi. Mi sembrava un gesto poco delicato. Infatti anche nel libro avrei aggiustato un po’ le cose in modo da non fargli minimamente dubitare che uno dei protagonisti fosse lui.

“Come vuoi tu…senti io…”
“Dimmi tutto…”
“…io non ti ho chiamato solo per quattro chiacchiere…”
“Dario, questo lo avevo immaginato”
“Cavolo Roberto, sono nella più totale merda…”

Lo sentii piangere.

“Cosa ti è successo?”
“Io non avrei voluto minimamente disturbarti ma non mi è rimasto più nessuno e…”
“Dario ti ho capito! Adesso dimmi: qual è il problema?”
“Si tratta del mio amante…”
“…”
“Roberto ci sei?”
“Emh, sì certo dimmi…”
“Lui è un industriale ricco e…sposato…adesso sta nei casini a causa mia…lo stanno ricattando…”
“Capisco ma…io cosa posso fare?”
“Non lo so Roberto…so solo che abbiamo litigato e mi vuole lasciare…ma io lo amo…se mi lascia mi ammazzo e non è una battuta…”
“Dario non dire stupidaggini”
“Roberto io lo faccio! Tu che sei tanto bravo con le parole aiutami: convincimi a non suicidarmi!”
“Non sono mai stato un gran consolatore…e forse per te nemmeno un ottimo amico…ma adesso io ti giuro che possiamo rimediare, possiamo recuperare il tutto e…”
“Suonano alla porta scusami…”
“Vai pure”
“Sì, resta in linea…”

Rimasi in linea per circa un’ora e mezza. Seduto su una panchina con il cuore in gola attendevo che Dario tornasse e continuassimo il discorso. Ma Dario non tornò più: era il suo amante alla porta. Aveva una rivoltella e lo aveva freddato senza pietà, sperando così di mettere tutto a tacere. Peccato per lui che i poliziotti lo scoprirono subito. E a me rimase l’amarezza di averlo salutato per l’ultima volta con un vai pure. Avevo avuto la mia ispirazione ma l’avevo pagata a caro prezzo.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

 

Un nuovo lavoro

 

Fin da piccolo ero abituato a identificare luoghi e persone attraverso gli odori. Era stato così fin da subito con il cinema e fu così anche con lo studio del signor Cielo: odorava, o meglio puzzava, di fumo. E il motivo era davvero evidente: Cielo macinava una sigaretta dietro l’altra. “Ah, alla fine sei venuto?!” mi disse appena mi vide. Annuii. “Hai fatto bene perché ho subito buone notizie per te: ti ho proposto per una comparsata in un film…il ruolo non è grande ma se ti impegni e fai vedere di che pasta sei fatto qualcuno ti può notare e sceglierti per ruoli maggiori” mi comunicò. Avrei dovuto essere felice. Avrei dovuto alzarmi e saltellare per tutta la stanza. Ma non lo feci: stranamente la notizia non mi aveva colpito molto. Forse perché avevo un fermo immagine nella mente: il sorriso di Giulia! Non riuscivo proprio a non pensarla eppure l’avevo conosciuta da poco. “Allora? Sei disponibile per questo film?” mi incalzò Cielo. “Se questo è quello che passa il convento…” dissi. L’agente aggrottò le sopracciglia “Starai scherzando vero? Cioè, io mi faccio una sfacchinata per trovarti un ruolo cinematografico visto che di reality non ne vuoi sapere e tu come mi ripaghi? Con uno sguardo e una frase di sufficienza!” si irritò. “Cosa vuoi che ti dica? In questo momento provo solo questo…” risposi. “Bello sai con chi è il film? Hai idea da chi sarai affiancato?” mi chiese. Scossi la testa. “L’attore principale sarà Matteo Livi, mica un cretino di turno!” mi spiegò l’agente. Matteo Livi?! Ma non era proprio con lui che stava lavorando anche Giulia? E se… “Chi sarà la protagonista femminile?” domandai speranzoso. “Non credo che tu la conosca, è un’attrice emergente: Giulia Corsi mi hanno detto che si chiama…” rispose. A quelle parole mi alzai di scatto e lanciai un urlo di felicità. Poi abbracciai Cielo fino a farlo soffocare. “Come mai tutta questa allegria?” mi chiese perplesso. “Ma niente…” mentii. Avrei lavorato con Giulia! Prima pensavo che era stato solo un caso se ci eravamo incontrati, ma ora ne avevo avuto la certezza: era il Destino che lo voleva! Sì, il Destino stava abilmente cucendo la sua trama e aveva fatto in modo di legare i fili delle nostre esistenze. E questo non dipendeva solo dal fatto che quel giorno entrambi eravamo andati da Gaspare. No, perché inevitabilmente ci saremmo anche incontrati sul set! E avremmo lavorato insieme. “Quanto è lunga la mia parte?” chiesi. “Se ti prendono, cosa di cui sono più che sicuro, farai la parte di un dottore innamorato della protagonista e che tenterà di strapparla in tutti i modi dalle braccia di Livi…è un ruolo secondario ma utile ai fini della storia” rispose Gaspare. “E la parte prevede anche…anche scene d’amore?” chiesi. Gaspare scoppiò a ridere. “Inizio a capire tutta la tua gioia! Comunque l’unica scena che avrete sarà un mezzo bacio che tu le riuscirai a strappare…nulla di particolarmente lungo e romantico!” rispose. “Può andar bene!” risposi soddisfatto. Lo sguardo di Gaspare si illuminò. “Allora accetti anche di entrare a far parte della mia scuderia?” chiese. “Certo! Da oggi in poi sarai tu il mio agente!” risposi. Gaspare mi abbracciò felice, poi uscì un contratto. “Leggitelo per bene a casa e poi organizzo un incontro col notaio in modo da ufficializzare il tutto” mi spiegò. Annuii. Mi rialzai per uscire dalla stanza. “Andrea…” mi bloccò “…dì a quelli che stanno fuori che per oggi non accolgo più nessuno” mi disse. Dentro di me ero felice: non avrei dovuto aspettare molto per poter uscire con Giulia! “Sarà fatto Mister Gaspy!” risposi e uscii fuori. Giulia mi venne incontro, ma la bloccò la ragazzina. “Signorina tocca prima a me!” disse. “Veramente il signor Cielo mi ha detto che per oggi non accoglie più nessuno” la avvisai. La ragazzina e gli altri due mi guardarono delusi e poi se ne andarono. Vidi Giulia felice. “Allora, sei ancora disponibile per quell’aperitivo?” chiesi. “E me lo domandi!” rispose. Insieme ci avviammo fuori da quel posto che ci aveva fatti incontrare.

E come Emozioni

 

Andrea si dimostrò subito molto premuroso: appena usciti dallo studio del signor Cielo mi diede il braccio. Era una situazione strana: io che camminavo sottobraccio con una persona che avevo da poco conosciuto. Ma mi sentivo felice. “Sei venuta qui con l’auto?” mi chiese. “No, col pullman” risposi. “Bene, allora non ti dispiace se sali sulla mia auto vero?” domandò. Come poteva dispiacermi? “Certo che no!” risposi. Sorrise, poi mi indicò un’auto poco distante. “Quella è la mia Ferrari!” disse. In realtà era un’auto molto piccola, ma non saprei dire che marca fosse. Mi aprì lo sportello “Si accomodi signorina!” disse. Io mi sentivo sempre più una principessa. Mise in moto. “Allora dove ti porto?” chiese. “Non sono molto pratica del posto” risposi. “Ah, abbiamo una bella turista sperduta! Mi toccherà farti da guida allora!” disse. Mi misi a ridere mentre lui cominciò a guidare. “Quindi tu sei di Roma?” domandai. “Ebbene sì!” rispose. “Non si direbbe: non hai la parlata tipica dei romani!” notai. “Questa è un’offesa bella e buona! Solo perché non faccio tutto er romano de Roma non vuol dire che non sono di questa città!” rispose ridendo. “Ora che ci penso è meglio che continui a parlare italiano: sei orrendo con l’accento romano! Forse perché non lo sai parlare bene il dialetto!” dissi. “In effetti è così: mio padre è di Milano mentre mia madre è siciliana: in casa mia non abbiamo mai parlato in romanesco!” rispose. “Scusa se sono troppo impicciona ma…come mai i tuoi si sono ritrovati a Roma?” domandai. “Entrambi per lavoro: mio padre era carabiniere e fu trasferito a Roma…dove ha incontrato mia madre che lavorava in una pasticceria con i suoi cugini” rispose. Rimanemmo zitti per qualche minuto. “E tu di dove sei?” mi domandò ad un tratto lui. “In realtà anche io non ho origini precise!” risposi. Mi guardò incuriosito. “Mia madre è olandese e mio padre italiano, di Torino…infatti Torino è la città in cui sono nata e cresciuta ma non nego di aver ereditato molte caratteristiche di mia madre” spiegai. “Wow! E sai parlare l’olandese?” mi domandò. Arrossii. “No! Tu non immagini quante volte mia madre abbia provato ad insegnarmelo, ma io non ne ho mai voluto sapere nulla! Però se vuoi so parlare lo snobbese!” risposi. Scoppiò a ridere. “Non credo di aver mai sentito parlare di questa lingua!” disse. “Come no? Non vovvai mica dive che non conosci questa fantastica, mevavigliosa e stvepitosa lingua!” risposi cercando di avere la erre moscia. Lo vidi contrarsi in due dalle risate. “Ova che ci penso cvedo di conoscevla!” rispose e poi riprese a ridere. Stavo per rispondere ma l’ilarità si impossessò anche di me. Poi tornammo seri e scese nuovamente un po’ di imbarazzo. “Comunque madame siamo arrivati!” mi comunicò e poi scese velocemente dall’auto per aprirmi lo sportello. Scesi dall’auto con uno sguardo riconoscente, poi cercai di capire dove mi aveva portato. Riconobbi la Fontana di Trevi. Ci avvicinammo e ci mettemmo a sedere lì. Stavo vivendo una sensazione magnifica: Andrea mi si era messo di fronte e mi stava facendo uno dei suoi sguardi dolcissimi, poi era sera e oltre a noi non c’era nessuno. “Sai, ti vedrei bene come una novella Anita Ekberg che si tuffa nella Fontana e dice: Andrea, come here!” esclamò. Istintivamente entrambi lanciammo uno sguardo nell’acqua, come a voler davvero verificare se in quel momento ci fosse stata la Ekberg. “E io ti vedrei bene come il novello Marcello Mastroianni! E poi hai una alta carica espressiva, proprio come lui” risposi. Potevo sentire il suo respiro e il battito agitato del mio cuore. Poi il suo cellulare si mise a squillare e ruppe tutta l’atmosfera. Impallidì guardando il display. “Scu…scusami ma…è la mia ragazza…” disse e si allontanò per rispondere. Cooosa? Era fidanzato? Ecco, era tutto troppo bello per essere vero! La sua conversazione durò pochi minuti, poi tornò da me. “Credo si stia facendo tardi: potresti riaccompagnarmi in hotel?” domandai. Dopo la notizia che mi aveva dato non mi andava più di stare da sola con lui. “Come vuoi tu madame!” rispose. Ci rimettemmo in auto ma nessuno dei due fiatò. “Ecco: siamo arrivati” dissi quando giungemmo di fronte all’albergo dove io e il resto del cast alloggiavamo. Aprii in fretta lo sportello per evitare che lui si precipitasse nuovamente a fare il gentiluomo. Scesi dall’auto quando lui mi chiamò. “Giulia…credo che da oggi in poi ci vedremo più spesso!” disse. Lo guardai perplessa. “Il signor Cielo mi ha procurato una parte nel tuo film!” spiegò. “Beh è…è davvero una bella cosa! Ora scusami ma sono davvero stanca…” mi congedai in fretta da lui e in fretta entrai in hotel. In realtà non poteva essere una bella cosa. Lo sarebbe stato se lui non fosse stato fidanzato, ma non in quelle condizioni. Non era da me: non avrei mai potuto provarci con i tipi già impegnati.

L’ultimo saluto

 

In genere nei film, quando si deve rappresentare una scena in cui i due protagonisti si baciano appassionatamente, o un funerale, si usa la pioggia. Sarà stato solo un caso, ma anche al funerale di Dario pioveva, o meglio diluviava. Anche il cielo piangeva per lui. Non avrei mai creduto che l’avrei rivisto dopo circa otto anni, tanti ne erano passati da quando ci eravamo diplomati, steso in un letto con gli occhi chiusi e il viso pallido. Sembrava stesse dormendo. Peccato che non si sarebbe più svegliato. Ma il momento più toccante fu quando lo chiusero nella bara. Con uno scatto improvviso mi gettai sulla bara ormai chiusa e scoppiai a piangere. Capii che con lui se ne andava una parte di me. Forse, magari anche inconsciamente, lo avevo amato. In fondo capisci quanto è importante una persona solo quando la perdi. E io Dario lo avevo perso per sempre. Ma non l’avevo perso solo con la sua morte: gli avevo detto addio già un giorno di otto anni prima, quando lui mi si era dichiarato e io gli avevo spezzato il cuore. Mi chiesi cosa sarebbe successo se la mia risposta fosse stata diversa. Oppure cosa sarebbe successo se Dario avesse continuato a parlare con me al telefono, senza lasciarmi in linea, senza aprire la porta al suo assassino. Bastava una parola, una sola parola, e io avrei potuto salvargli la vita. Bastava che avessi detto no. Che gli avessi detto di non aprire perché dovevamo continuare il nostro discorso. E invece gli avevo detto “Vai pure” e lui se n’era andato veramente. Per sempre. E quelle due paroline ora mi pesavano come macigni. Ecco: in quel momento avrei voluto improvvisarmi scrittore dotato di poteri magici per cambiare il corso del Destino. Esistono delle storie chiamate What if? E se…

In quel momento avrei voluto scrivere anche io una di quelle storie e avrei voluto cambiare il corso della trama.           

E se Dario avesse continuato a parlare al telefono con me ignorando il fatto che avessero suonato alla porta?

NdA: Nella parte "E come Emozioni" ho voluto inserire un breve dialogo fra Andrea e Giulia che fingono di avere la "evve moscia"  per LABAN! xD 
Visto che ti era piaciuta la parte iniziale con la bambina snob dalla erre moscia, ne ho inserita una anche qui! E' piccola lo so, ma non mi veniva altro! E' un piccolo ringraziamento perchè segui con passione questa storia! Per me sono molto importanti i tuoi commenti! Grazie!

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V

Insofferenza

“Ecco, adesso un’altra firmetta qui…” Gaspare mi indicava con gli occhi che gli brillavano i vari spazi in cui avrei dovuto firmare per promuoverlo a mio agente. Davanti a noi un notaio dall’aria annoiata guardava la scena e registrava gli atti. Misi l’ultima firma e Gaspare mi saltò addosso. “Benvenuto sotto la mia protezione amico!” mi disse. Mi misi a ridere. “Detta così mi sembra più una minaccia!” esclamai. “Bene signori, il mio compito qui è terminato quindi…vado via!” ci comunicò il notaio sfoggiando, per la prima volta da quando l’avevo visto, un sorriso. “Va bene signor Omini…” ricambiò Gaspare aprendo la porta dello studio “…la signora Collini la accompagnerà alla porta” disse e il notaio se ne andò. “Allora Andrea è arrivato il momento in cui io e te dobbiamo fare un bel discorsetto” incominciò Gaspare. “Oh no! Spero che non mi annoierai con discorsi lunghi ore!” risposi. Mi sorrise, poi prese una sigaretta. “Vuoi?” domandò. “No grazie: non fumo” risposi. Lo vidi sghignazzare. “Chissà quanto durerai a non fumare!” disse. “Perché?” domandai. “Se, come ti auguro, diventerai un attore affermato, comincerai ad essere pervaso dall’ansia e dallo stress…e le sigarette diventeranno la tua valvola di sfogo” rispose. “Non mi succederà” dissi. “Cosa? Che diventerai un attore famoso o che inizierai a fumare?” chiese Gaspare. “Che inizierò a fumare ovvio! Per il resto so già che diventerò qualcuno!” risposi. “Così mi piaci ragazzo: devi avere quella buona dose di ambizione se vuoi sfondare! E poi devi saper usare anche gli attributi” mi spronò Gaspare. Sorrisi. “Io non sono tipo da discorsi lunghi ma una cosa te la voglio dire: quando ti recherai al provino per il film in cui ti ho proposto fai vedere a tutti chi sei: sbatti la tua bravura in faccia a tutti, mostrati forte, mostrati il migliore e vedrai che ti prenderanno! Andrea, tu hai avuto una fortuna che forse nemmeno immagini: il cast era al completo, le riprese stavano per iniziare, addirittura avevano già effettuato il primo incontro con la produttrice! Poi bum! Colpo di fortuna: l’attore che avrebbe dovuto interpretare il dottore innamorato della protagonista riceve d’improvviso un’altra offerta più allettante e la sua parte resta vuota! Se solo lo vuoi ragazzo, puoi prendertela tu!” disse Gaspare. “Io lo voglio più di ogni altra cosa al mondo” esclamai. “E allora non ti trattengo più di tanto…puoi andare: sono convinto che la parte sarà tua!”.
Stavo per appisolarmi sul divano del mio soggiorno quando suonarono alla porta. Aprii senza rispondere e mi ritrovai di fronte Lucia. “Se non vengo a trovarti io non ti fai più nemmeno sentire” mi disse. “Accomodati!” la invitai a sedersi sul divano e poi feci altrettanto. “Dimmi la verità: sei stato scartato e hai paura di dirmelo perché non vuoi sentire i miei te lo avevo detto…è così?” mi chiese Lucia. “No che non è così anzi: in pochi giorni la mia vita è totalmente cambiata!” risposi. Lei fece uno sguardo perplesso. “Ti hanno preso?” domandò. “No perché non mi sono nemmeno presentato: mentre attendevo di entrare per fare il provino ho incontrato un agente che mi ha convinto a lavorare con lui…oggi pomeriggio ho firmato il contratto e domani farò un provino per un nuovo film: al 99,9 % mi prendono!” risposi. Scosse la testa. “Incredibile! Ti lasci abbindolare dalle parole del primo che ti capita? Sicuramente vuole solo fregarti!” il pessimismo di Lucia tornava a farsi sentire. “Certo che no! Gaspare è una persona seria: pensa che proprio l’altro giorno ho incontrato nella sala d’attesa una ragazza che è già stata presa in un film importante e che andava da lui per chiedergli di divenire sua agente! Fra l’altro questa ragazza è la protagonista del film in cui certamente mi prenderanno…” dissi. “Va bene Andrea voglio crederti: voglio sperare che stavolta hai ragione tu e sarai preso…” esclamò Lucia. “Grazie amore! Avevo davvero bisogno di un tuo sostegno” le dissi prendendole le mani. Ma ad un tratto mi tornò in mente il viso di Giulia e subito mi staccai dalla mia ragazza. “Che ti prende?” chiese Lucia. Già che mi prendeva? Perché mi comportavo così? Perché avevo invitato Giulia ad un aperitivo e poi l’avevo portata alla Fontana di Trevi?perché non vedevo l’ora di lavorare con Giulia?
“Ni…niente tesoro è tutto a posto!” risposi e diedi un casto bacio sulla fronte a Lucia. Lei mi abbracciò, poi cercò le mie labbra e io non potei far altro che concedergliele. Ci baciammo ma per la prima volta non sentii nulla. Avevo solo voglia che se ne andasse quanto prima. “Mi sei mancato!” disse Lucia accarezzandomi la guancia. “Anche…anche tu! Ma credo che sia meglio che te ne vada: domani devo affrontare il provino e voglio riposarmi” risposi. Lucia abbassò lo sguardo. “Ma io oggi avevo intenzione di restare da te…” disse. “Lo so ma…credimi è meglio che te ne vai” insistetti. Lei si alzò e nel suo sguardo potei veder una nube minacciosa. “Vado allora…ma ti avviso: per un po’ non mi farò più sentire né vedere…se ci tieni davvero a me allora cercami tu…altrimenti finisce qui” disse. Non risposi e lei se ne andò sbattendo la porta.


Provino o realtà?

Un altro giorno cominciava! Mi alzai di buonumore nonostante un paio di giorni prima avevo incontrato Andrea e avevo ricevuto da lui una mezza delusione. Cavolo era fidanzato! C’ero rimasta davvero male e per due giorni non avevo fatto altro che ripensare a quella situazione. Ma quel giorno finalmente sembrava tutto finito. Scesi allegramente nella sala-ristorante in cui il resto dei miei colleghi faceva colazione. Mi sedetti allo stesso tavolo con Gianni, Matteo e Sabina: l’attrice che nel film impersonava la mia migliore amica nonché la figlia di Matteo. “Ragazzi oggi lavorerete con Nicola, il mio braccio destro. Io sono impegnato con la Fendini e con alcuni esaminatori per dei provini…come sapete Silvio ci ha dato buca all’ultimo momento e dovremo trovare un altro che interpreti il dottore” ci comunicò Gianni. Solo allora mi ricordai che a quei provini si sarebbe presentato anche Andrea. “Avete messo un annuncio per avvisare che si sarebbero svolti altri provini?” domandò Matteo. “Sì, sul Provini&Affini…e poi abbiamo sparso la voce fra alcuni agenti dello spettacolo” rispose Gianni. “Chissà quanti aspiranti si presenteranno!” esclamò Sabina. “Secondo i nostri calcoli dovrebbero essercene circa un centinaio…non molti” rispose Gianni. E fra quel centinaio ci sarebbe dovuto essere anche Andrea! “Ah, a proposito Giulia: come ben sai oggi non sei impegnata a lavorare con gli altri: ti va se vieni anche tu a dare una sbirciatina?” mi propose Gianni. “io?” chiesi incredula. Gianni annuì. “Pensavo che magari invece di annoiarti in camera potevi stare con noi a gustarti i provini!” rispose. Accettai. E pazienza se ciò avrebbe significato rivedere Andrea!
Non ero mai stata dall’altra parte: non avevo mai assistito ai provini dal punto di vista di un esaminatore. Mi sedetti dietro una lunga scrivania. Affianco a me c’erano Gianni e un altro signore, uno fra quelli che aveva assistito anche al mio provino. Vicino a Gianni c’era la Fendini. Cominciarono ad uno ad uno ad entrare i candidati. Talvolta Gianni mi faceva provare qualche scena del film con loro. Nessuno mi sembrava particolarmente bravo, nessuno mi colpiva. Spiai dei fogli che Gianni aveva davanti a sé: erano pieni di annotazioni sui candidati.
“Le faremo sapere! Avanti il prossimo!” comunicò Gianni all’ennesimo candidato. Fu allora che entrò Andrea! Rimase stupito a guardarmi. “Allora Lei è il signor?” domandò Gianni. “Andrea Foglia!” rispose. “Dunque, signor Foglia, ci parli un po’ di Lei!” disse Gianni. Andrea mi cercò con lo sguardo. “Allora?” chiese Gianni. “Io…scusate sono un po’ emozionato!” rispose. “Cerca di scioglierti o non ne usciamo più!” lo spronò Gianni. “Io sono Andrea Foglia, sono di Roma anche se mia madre è di Messina e mio padre di Milano…ho 25 anni e…” cominciò a parlare Andrea. “Esperienze lavorative?” lo interruppe Gianni. “Ho fatto per tre anni il cameriere…ora sono totalmente disocuppato anche se ogni tanto guadagno qualcosa andando a lavorare in un locale di un mio amico come barista…” rispose Andrea. “Hai già alle spalle qualche esperienza in cinema o in tv?” chiese Gianni. “No, però se vi interessa ho alle spalle molte esperienze ai provini! Mi dico sempre che un giorno potrei smetterla di sognare e cercarmi un lavoro serio…magari proprio come esaminatore ai provini!” rispose Andrea provocando delle risatine generali. “Passiamo alla pratica…Giulia…” Gianni mi indicò con un cenno della testa di avvicinarmi ad Andrea. Obbedii. Io e Andrea ci guardammo intimiditi. “Allora signor Foglia: Lei vuole con tutto sé stesso Giulia…” esordì Gianni. Andrea arrossì. “S…si sbaglia! Non è come crede!” rispose. Tutti scoppiarono a ridere! “Ma che ha capito? Non ho detto che la vuole sul serio! Le sto solo dando istruzioni per interpretare una scena!” rispose Gianni. La Fendini aveva le lacrime agli occhi dalle risate. Andrea invece mi guardò imbarazzato. “Come stavo dicendo, Lei vuole per finzione, la signorina Giulia…in questa scena le chiedo di improvvisare questi suoi sentimenti, di esprimerli a Giulia…è chiaro?” chiese Gianni. “E…e perché proprio a Giulia?” chiese Andrea a sua volta. O mio Dio! Stava letteralmente andando nel pallone! Gianni sbuffò. “Deve recitare signor Foglia! Punto!” rispose. Andrea mi guardò dritto negli occhi. “Quando ti ho incontrato un paio di giorni fa…” cominciò a parlare. “…in quello sala in cui poche altre persone attendevano il loro turno…sì, quando ti ho incontrato la prima cosa che ho notato di te è stato il tuo sorriso! Era solare, dolcissimo…e poi…poi mi sono perso nell’azzurro dei tuoi occhi…e in quel momento avrei tanto voluto essere un marinaio e avere una barca per tuffarmi in quel mare profondo…per tuffarmi nei tuoi occhi…” il cuore cominciò a battermi fortemente. Stava parlando sul serio o si limitava a recitare? “Sono timido…ma tu con poche parole e con pochi sorrisi sei riuscita a farmi sentire a mio agio…e poi quella sera…alla Fontana…io…te…l’acqua…le stelle…” mi prese le mani davanti agli occhi incantati di tutta la commissione. “Giulia io ho capito di provare qualcosa per te…l’ho capito ieri quando non provavo più nulla baciando la mia fidanzata…l’ho capito perché non facevo che pensare a te…” disse. “Eeee…stop! Perbacco signor Foglia, sembrava davvero credibile nell’esporre i suoi sentimenti! Ma ora passiamo avanti: ci reciti qualche monologo…” proseguì Gianni. Avevo il viso in fiamme. “Gianni io…io vado: ho un impegno tra un po’ e…” dissi. “Va bene!” accettò Gianni. Prima di uscire dalla stanza lanciai un rapido sguardo ad Andrea e lui mi fece l’occhiolino.


Amicizie ed errori

Cesare tamburellava le dita sul tavolo mentre era intento a leggere il primo abbozzo del mio libro. Improvvisamente mi rivolse lo sguardo. “Mi spieghi come hai fatto a scrivere tutto questo in così poco tempo?” mi chiese. “Beh, come ti ho già detto non è il libro vero e proprio: sono solo un paio di riflessioni buttate giù senza molto criterio…però se tu mi dici che l’idea ti piace poi aggiusto tutto” risposi. “Mi piace? Sarebbe dir poco: è un’ottima idea! E poi ha davvero tutti gli elementi per divenire uno fra i libri più letti ed uno fra i film più visti” rispose Cesare. “Lo spero…specialmente per poterti aiutare” dissi. Cesare ridacchiò “Sei davvero una brava persona Roberto!” esclamò.
“Penso che non sarò più tanto bravo per te quando ti comunicherò i tempi di stesura del libro!” risposi. Mi guardò sconcertato. “Ma come? Non si tratta solo di aggiustare qualcosina?” chiese. Scossi la testa. “Ma magari! Quel qualcosina moltiplicalo per il quintuplo e…capirai quanto ancora devo aggiustare!” dissi. Cesare si intristì. “l’importante è che ti sbrighi: sai bene che conto sul tuo lavoro per risollevarmi” mi incitò. “Certo che lo so e farò del mio meglio…” risposi. “Comunque sono contento che finalmente la crisi da pagina bianca ti abbia mollato!” esclamò. “In realtà…è stato un evento per me molto triste a scuotermi e a darmi nuove idee” dissi. “Posso farmi i fatti tuoi?” domandò Cesare. “Cioè?” chiesi a mia volta. “Quale sarebbe questo evento drammatico?” si spiegò Cesare. Non mi andava di parlarne con lui. Non ce l’avrei fatta a parlare di Dario e di tutto quello che era successo. Ma d’altra parte mi sembrava scortese dirgli di non fare l’impiccione. Lo guardai indeciso. “No problem! Ho capito: non ne vuoi parlare! Scusami se mi sono permesso di farti questa domanda” risolse lui la situazione. “Non devi scusarti di nulla” lo rassicurai. “Ma ho letto nel tuo sguardo perplessità e ho capito che stavi pensando a come trovare un modo gentile per dirmi di no! Quindi ho accelerato le mosse io” disse. “Beh in tal caso…grazie!” esclamai. Cesare si mise a ridere. “non sei tu che devi ringraziare me: sono io che dovrò ringraziare te per quando mi aiuterai a far risalire dal baratro la casa di produzioni” disse. “Ti considero un amico e per un amico farei questo e altro!” replicai. “Ti fa onore: molti, pur essendomi amici, sono spariti alle prime avvisaglie di difficoltà…questo mondo è brutto…” mi ringraziò. “Parli del mondo cinematografico?” chiesi. Lui annuì. “Il successo può dare alla testa…e si superano molti limiti che sarebbe meglio non varcare…in tutto questo l‘unica cosa che bisogna fare è trovarsi amici fidati…come lo sei tu per me!” rispose. “Credimi Cesare: ho commesso molti errori da amico…l’ultimo è avvenuto qualche giorno fa…” dissi pensando a Dario. “Allora siamo pari: io ho commesso molti errori da dirigente…l’ultimo mi ha fatto quasi fallire!” mi consolò.




 
 
    


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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI
Pensieri e speranze


Sul balcone dell’hotel in cui mi ero presentato per fare i provini si godeva di una bella vista. Mi affacciai scrutando i tetti di Roma e ammirando da lontano la cupola della Basilica di San Pietro. C’ero nato in quella città e c’ero anche cresciuto. Ma non sentivo di farne parte. La guardavo come chi guarda una cartolina. Mi sentivo di essere un po’ uno spirito libero, senza radici, senza quasi identità. Fin da piccolo mia madre mi aveva assillato su quanto fosse bella la Sicilia e mio padre su quanto fosse bella la Lombardia. E io intanto sognavo l’America!
Immaginavo di abitare a New York, o Los Angeles e di essere un attore richiesto da Hollywood. Immaginavo che un giorno sarei salito sul palco per riscuotere il Premio Oscar! Ma avevo già venticinque anni e mi sentivo incredibilmente fuori età massima per cominciare la mia avventura da attore: c’erano molti divi, stelle, stellette e stelline varie della tv o del cinema che facevano impazzire tutto il pubblico ed erano giovanissimi. Alcuni non raggiungevano nemmeno i diciotto anni. E io cosa volevo combinare con l’età che mi ritrovavo?
Mi avrebbero preso al provino? Cavolo, prima di entrare sentivo di poter spaccare il mondo. Poi avevo visto Giulia e in un attimo ero entrato in confusione totale. E poi che figura davanti a tutta la commissione! Forse Giulia aveva capito che mi metteva a disagio e se n’era andata proprio per quello. Forse era rimasta fin troppo stupita dalle parole che le avevo detto. Non sapevo nemmeno io da dove mi erano uscite. Non sapevo se provassi veramente quelle cose per lei o se le avevo inventate sul momento per fare una bella figura al provino.
“Signor Foglia…” mentre riflettevo sentii una voce chiamarmi. “…signor Foglia sono Carol Fendini: la produttrice di questo film” si presentò la donna che avevo di fronte. Ricordai di averla già vista durante il provino. “Lieto di conoscerla!” risposi. “Io le devo dire che sono rimasta semplicemente impressionata da Lei: è riuscito davvero a farmi emozionare, sia con la prova di recitazione con Giulia che con i suoi monologhi” mi comunicò. “Lei è fin troppo gentile!” cercai di fare l’umile. “Ma sono anche sincera: quando una cosa non mi piace lo dico in faccia…questa volta però non posso che complimentarmi!” rispose. Giulia mi aveva parlato della Fendini: me l’aveva descritta come una mezza isterica! Ma con me si stava dimostrando molto gentile. “Secondo Lei ho qualche speranza?” chiesi. “E me lo domanda pure? Consideri già sua la parte!” mi rispose. “Ora devo andare: mi attende un bel po’ di lavoro!” si congedò la produttrice. Rimasi nuovamente solo su quel balcone. Ritornai dentro e proprio in quel momento vidi Giulia. Le corsi incontro. “Giulia!” la chiamai. Ma lei non mi sentì. Tentai di richiamarla quando mi squillò il cellulare: era Gaspare. Lascia perdere e risposi.

“Gaspy dimmi tutto!”
“Ehy giovanotto! Com’è andata?”
“Ho appena finito di parlare con la produttrice: ha detto che posso considerare la parte già mia!”
“Evvai! Ma io lo sapevo che gli avresti convinti tutti!”
“Beh Gaspy, non è ancora detta l’ultima parola però…”
“Cavolo non ti demoralizzare così! Vabbè ragazzo: io ti lascio!”
“Come vuoi tu Gaspy! Ci sentiamo…”
“Contaci!”

Mi aveva fatto piacere parlare con Gaspare, ma nel contempo ero un po’ stizzito perché avevo perso di vista Giulia. Proprio in quel momento però, la rividi: parlava con Livi e un’altra ragazza. Mi avvicinai. “Giulia! Ti ho chiamata prima ma a quanto pare non mi hai visto!” le dissi. Lei mi guardò in modo strano. “Scusami Andrea ma…devo andare ora…ci vediamo…ciao ragazzi” disse e si allontanò nuovamente. Ma che aveva? “Buongiorno: sono il signor Livi…Lei?” mi chiese l’altro protagonista del film. Ma non li risposi e mi misi a seguire Giulia.


Fuggire prima che…

Andrea, ancora lui! Ma cosa voleva più da me? Non potevo nemmeno parlare con Matteo e Sabina che subito si era avvicinato lui! Cercai di evitarlo, di fuggire prima che…
“Giulia ma che ti prende?” la sua voce risuonò nel corridoio che portava alla mia stanza. “Perché mi hai seguito?” gli domandai un po’ contrariata. “Perché non riesco proprio a capirti: l’altra sera stava andando tutto magnificamente quando tu mi chiedi di tornare subito all’hotel…in auto non dici nemmeno una cavolo di parola e te ne vai senza molti cerimoniali…poi oggi ti incontro al provino e te ne vai con una scusa…poco fa ti chiamo e fai finta di non sentirmi! Mi avvicino mentre parli con altri due colleghi e di nuovo cerchi di evitarmi! Si può sapere che ti ho fatto?” mi chiese seriamente preoccupato. “Andrea io non so quali intenzioni hai con me…però sappi che io i tipi fidanzati nemmeno li guardo” risposi. Lo vidi rilassarsi e accennare un sorriso. “Si tratta solo di questo?” chiese. “Non è una cosa importante per te?” domandai. Ma come: non gliene fregava niente provarci con me mentre era fidanzato? Che idiota!
“Giulia, io non sono un uomo infedele: quando amo una persona non la tradirei mai perché mi basta lei per stare bene…” mi disse. “E…tu…tu ami la tua ragazza?” domandai. Ma che domande gli stavo a fare?
“In questo periodo ho un po’ le idee confuse” mi rispose. Era confuso…a causa mia? “Cosa ha significato per te l’altra sera? Ho bisogno di saperlo Andrea” chiesi. “E’ stata una bella uscita fra amici…” rispose. Quindi lui mi considerava solo un’amica. Ma se pochi minuti prima al provino si era letteralmente dichiarato?
“E per te? Cosa ha significato?” mi chiese. Non potei far altro che adeguarmi alla sua risposta. “Anche per me: un’uscita fra semplici amici” risposi ma il mio tono di voce era tutt’altro che sincero. Ma volli fargli io una domanda. “E il provino? Era finzione quello che mi hai detto?” chiesi. Rimase paralizzato a guardarmi. Sentivo i suoi occhi addosso e mi parve anche di ascoltare il battito accelerato del suo cuore. O forse era il mio? “Forse avrò la parte…” cambiò discorso. Preferii non infierire. “Davvero? Sarei contenta per te1” risposi. “Eh già…” cominciò a guardarsi intorno imbarazzato. Avrei voluto parlare ma era come se la mia lingua si fosse impietrita. Rimanemmo in silenzio per un bel po’. Lui, con le mani in tasca, scrutava il corridoio. Io, con il viso abbassato guardavo il pavimento. “Forse è meglio che vada ora…” parlò lui d’un tratto rompendo il silenzio. “Forse è meglio di sì” risposi. Aprii la porta della mia camera quando…
“Giulia…” mi chiamò. Mi voltai e ci scambiammo un lungo sguardo. “…no niente…” si corresse e andò via.
Aveva cambiato discorso alla mia domanda. Ma proprio con quell’atteggiamento avevo avuto la risposta: quelle cose che mi aveva detto al provino non erano poi così inventate.


Un nuovo incontro

Carol Fendini era una fra i migliori produttori nazionali e internazionali. Mi aveva chiesto un appuntamento invitandomi all’hotel in cui alloggiavano il cast e la troupe del film che stava producendo. Chissà cosa voleva da me?
Mentre mi facevo mille domande, mi scontrai letteralmente contro qualcuno. Alzai gli occhi e vidi un ragazzo di fronte a me. “Mi scusi, non l’avevo proprio vista! Ho una tale confusione in testa…” si giustificò il ragazzo. “No, non si preoccupi: nemmeno io l’avevo vista!” lo scusai. “Ehy ma…Lei non è forse Roberto Mottini? Lo scrittore?” mi domandò il ragazzo. Faceva sempre un certo effetto venire riconosciuti da persone mai viste prima. “Emh…sì sono io!” risposi. “Wow! Ho letto tutti i suoi libri! Me lo fa un autografo?” domandò il ragazzo. “Come no!” presi il foglio e la penna che mi aveva dato. “Allora…com’è che ti chiami?” chiesi. “Andrea!” rispose lui. “Bene…”

“Ad Andrea, con simpatia e con la speranza che la prossima volta si ricordi di alzare lo sguardo,
Roberto Mottini

Lo vidi sorridere mentre leggeva l’autografo. Proprio in quel momento arrivò la Fendini. “Oh, signor Mottini! Vedo che ha già fatto conoscenza con Andrea!” disse. Il ragazzo si intimidì. “Eh già, ci siamo incontrati, o meglio scontrati poco fa!” risposi. “Beh, io allora vado…” disse il ragazzo. “No Andrea, ma dove vai? Ho chiesto un appuntamento al signor Mottini ed ho bisogno anche di te!” lo trattene la Fendini. “Davvero?” chiese lui. “E certo che sì! Ma venite tutti e due con me al bar dell’hotel: mentre ci prendiamo qualcosa discutiamo meglio!” spiegò la Fendini.

Eravamo seduti ad un tavolino con davanti le nostre tazze di caffè. “Signor Mottini, quello che Le chiedo è semplicemente di scrivere una sceneggiatura!” iniziò la Fendini. “Sceneggiatura?! Veramente io non sono molto pratico con queste cose!” risposi. “Ma mi faccia il piacere: non è forse dal suo ultimo libro Lo scotch che è stata tratta la sceneggiatura per il film omonimo?” chiese. Annuii. “E il film, così come il libro, non hanno forse avuto un successo planetario?” continuò. “Lei mi lusinga troppo!” risposi. “Ma certo che no Mottini! Se Lei non fosse uno fra i più grandi scrittori del momento stia certo che non sarebbe a parlare qui con me!” replicò la produttrice. “Senta, io la ringrazio di tutto ma…passiamo subito al dunque!” accelerai i tempi. “Ha ragione Lei: bisogna essere pratici e non perdersi in chiacchiere! E io sarò breve e pratica! Glielo ripeto: voglio da Lei una sceneggiatura per un film che produrrò io! Lei non ha limiti né imposizioni…l’unica cosa che le chiedo è di creare come protagonista un personaggio maschile perché sarà proprio Andrea ad interpretarlo!” esclamò. Vidi il ragazzo rimanere scioccato. “Dice sul serio?” chiese alla Fendini. “Io scherzo raramente!” rispose la produttrice. “Senta, la sua proposta è davvero molto allettante ma proprio non posso accettarla: in questo periodo sono impegnato con un altro lavoro, un lavoro per aiutare un amico in difficoltà ed intendo dedicarmi solo a quello” risposi. “Non sono una che insiste molto: con me le persone o accettano immediatamente o pazienza! Vorrà dire che si troveranno pentite dopo! Ma un altro tentativo con Lei devo proprio farlo: accetti!” disse la Fendini con un tono fra il supplichevole e l’imperativo. Scossi la testa. Non avrei mai potuto venir meno alla parola data a Cesare.
“Per ora, e solo per ora non insisto! Ma questo non esclude che fra qualche giorno io non ci possa riprovare!” affermò la Fendini con aria decisa. “E io non potrò far altro che rifiutare gentilmente!” risposi alzandomi dal tavolo ed uscendo i soldi per pagare. “Non si scomodi signor Mottini: ci ho già pensato io!” mi bloccò la Fendini. “Ma come? Non posso accettarlo: da buon galantuomo sono io che dovrei pagare!” risposi. “Stia tranquillo che mi ripagherà in un altro modo” replicò lei. “Se intende accattivarsi le mie simpatie per farmi accettare la sua proposta si sbaglia: mi spiace ma davvero non posso!” la avvertii. “Vedremo…” disse. Me ne andai leggendo sul volto di Andrea delusione.





 
 
     

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