L'ammazza-vampiri

di _Jane_Princess_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Giorno ***
Capitolo 2: *** A mensa ***
Capitolo 3: *** Ultima ora ***
Capitolo 4: *** A casa ***



Capitolo 1
*** Primo Giorno ***


Primo Giorno Ellie Ero in ritardo... Riuscivo a essere in ritardo anche il primo giorno di scuola... Parcheggiai la mia Porche nel primo posto libero, se fossi stata in periferia avrei dovuto inserire l’allarme, ma ero a Los Angeles centro quindi mi limitai a chiuderla con la chiave. In un attimo Jade, Veronica e Stacey mi raggiunsero, non erano cambiate molto dall’estate; Veronica si era fatta cresere i capelli mentre Stacey li aveva tinti e ora erano di un paradisiaco biondo platino, appena più scuri dei miei. <> mi chiese Jade mentre correvamo verso la scuola, annuii, ero distrutta dalla corsa mattutina e fu allora che vidi che Jody, la sorella di Veronica, ci aveva raggiunte. Era diversa da come la ricordavo, ma ancora più carina: i suoi capelli castani scendevano fin oltre al sedere in morbide curve e aveva bloccato il cuffio con un cerchietto argentato. Indossava una maglietta che le arrivava all’ombelico e un paio di jeans, ma si muoveva come una modella con addosso un abito di Armani. La sua vocette squillante interuppe le mie lodi mentali <> chiese. Mi girai verso il punto che indicava e lo vidi... Era un vampiro, per forza: tutta quella perfezione l’avevo vista solo due volte in vita mia e quel ragazzo non era un ammazza-vampiri quindi per forza doveva essere un vampiro “Ma perchè devono per forza essere bellissimi se gli devo uccidere??” mi chiesi, poi lo guardai ancora... Era diverso dall’altro vampiro che avevo visto; quello sembrava più Dracula, questo era più attore di Hollywood: i suoi capelli, la prima cosa che notai, erano biondo rossicci e abbastanza lunghi per appartenere a un ragazzo ma non stonavano dal resto del corpo muscoloso; poteva essere alto circa 1,85 o forse anche di più e vestiva con abiti firmati di fattura italiana; stava chiudendo una macchina molto bella, probabilmente italiana come i vestiti. Si diresse a passo rapido verso la segreteria e decisi di seguirlo; in fondo era un vampiro e poi a me serviva l’orario. Raggiunsi la segreteria, la segretaria, la signora Brood, indossava un pesante maglione ma non aveva ancora acceso il riscaldamente per mia felicità... <> disse al vampiro che era entrato prima di me. Vidi i suoi lineamenti perfetti contrarsi alla parola “tesoro” e la mia mano scattò d’istinto alla cintura dove, sotto alla felpa legata in vita, tenevo il pugnale d’oro e cristallo con cui avrei ucciso senza problemi il nuovo arrivato, accarezzai la lama evitando con cura i punti in cui il diamante sostituiva il cristallo in modo da prevenire inutili spargimenti di sangue poi mi rivolsi alla segretaria <> le dissi e la donna iniziò a frugare in un cumolo di fogli e moduli, dopo un attimo ricomparve e fece scivolare l’orario sul bancone. Studiai rapida il foglio di carta e poi lo rinfilai nello zaino, alla prima ora avevo spagnolo, non era un problema: sapevo lo spagnolo ancora meglio della professoressa madre lingua e lei non osava mai interpellarmi. Per la prima volta mi maledissi di aver vissuto in spagna per cinque anni. Non essendo costretta ad ascoltare appena entrai in classe e mi sedetti vicino a Stacey la mia mente iniziò a girovagare e ricordare come avevo ucciso il mio primo vampiro. La mia amica si accorse del fatto che ero su un altro pianeta <> la guardai, le mie amiche non sapevano niente della mia “occupazione” non glielo avevo voluto dire per proteggerle, ma ora che la minaccia era così vicina... <> le risposi, lei annuì <> <> le risposi, “Ammazzare vampiri” pensai <> <> In quel momento entrò la signora Janes e iniziò la pantomima delle presentazioni, un classico di inizio anno... Appoggiai la testa al banco e mi lasciai trasportare dal suono musicale dei miei compagni che parlavano uno spagnolo che in Italia avrebbero definito “maccheronico” i ricordi non arrivarono e questo fu un bene, non potevo permettermi di pensare ad uccidere una persona davanti a così tanti spettatori: dovevo rimanere sola con il nuovo arrivato e capire le sue intenzioni John Avevo paura che in mezzo a tutti queagli umani non sarei riuscito a controllarmi?? No, di quello non avevo paura... Ero abituato, più che sicuro che non mi sarei tradito. La mia innata paura aveva un nome e un cognome: Ellie Van Storner. La figlia non che ereditaria dell’ammazza-vampiri più famoso del nostro mondo; ero già nel parcheggio della scuola quando vidi arrivare la sua macchina rossa e vistosa. Era una Porche, l’ultimo modello di Porche che era uscito. Niente a che vedere con la mia Ferrari California nera, certo, non avevo ancora trovato una macchina migliore della mia. In un attimo venne circondata dalle sue amiche, sapevo tutto su di loro: Jade, quella che sembrava una fotomodella, era stata a Miami quell’estate e aveva lavorato in una discoteca; Veronica e Jody, le due sorelle che sembravano Cameron Diaz e Taylor Swif, avevano passato l’estate dalla loro nonna in collina e Stacey, la ragazza con i ricci biondissimi, era rimasta in città tutta l’estate. Vidi scendere Ellie, era molto carina, i suo lunghi e liscissimi capelli erano di quel colore troppo chiaro per appartenere a una persona reale, gli occhi di un blu intenso, intrisi di esperienza in quella routine annuale, risaltavano come due diamanti sulla faccia pallida dai lineamenti morbidi... “Abbandona ogni speranza John, ti starà alle costole” pensai sprofondando nel sedile in pelle; apettai che lei e le sue amiche raggiungessero due macchine prima della mia per scendere, sbattei con forza la portiera mentre sentivo le voci di tutte le presenze femminili lodarmi e mi diressi a passo rapido verso la segreteria. Sentivo i passi dell’ammazza-vampiri dietro di me ma non mi girai nemmeno e mi fiondai nella piccola stanzetta. La donna che era dall’altra parte della piccola scrivania indossava un maglione pesante e continuava a muovere capelli e testa rienpiendo la saletta di un profumo di ultima categoria. “Aspetta un attimo tesoro” mi disse e in quel momento entrò Ellie; sentii i muscoli della mia faccia contrarsi alla nuova ondata di profumo francese della ragazza e vidi la sua mano scattare sotto la felpa che portava legata in vita. Senza togliere la mano dalla felpa si avvicnò alla segretaria e lei le porse l’orario poi tornò a guardarmi <> mi chiese la donna. <> le risposi facendo scivolare il mio libretto studentesco verso la donna. Lei lo studiò e sorrise nel vedere gli ottimi voti e i nomi delle scuole che avevo frequentato prima di quella. <> mi disse riempiendomi di fogli. Corsi fuori dalla segreteria appena in tempo per vedere a che lezione si dirigeva Ellie, quando vidi che entrava nell’aula di spagnolo tirai un sospiro di sollievo e mi diressi in quella di storia. Nel mio corso di storia c’era Veronica, cercai di evitarla, con tutte le mie forze tentai di stare lontano dal posto vuoto accanto ai suoi morbidi capelli color del legno... Cercavo di stare lontano da tutto ciò che poteva avere a che fare con il mio incubo personale, con scarsi risultati: il posto vicino a Veronica era l’unico rimasto vuoto. Mi sedetti con forza sulla sedia e lanciai il libro sul banco poi guardai la reazione della ragazza, teneva gli occhi fissi sul libro, le sue labbra si muovevano impercettibilmente citando le date della Guerra di Indipendenza... <> le dissi indicando il nome in grasetto del primo presidente e le date che lo seguivano. Lei si girò, il suo profumo era talmente delicato che mi arrivò appena, <> mi disse sconsolata, le sorrisi <> le suggerii chiedendomi da dove mi veniva tutta quella dolcezza. La vidi prendere un foglio e iniziare a scarabocchiare nomi e date. Dopo entrò la professoressa, una donna magra e troppo alta, decisamente sproporzionata, che iniziò a chiamare i nomi dal registro... <> disse guardando nella direzione opposta <> risposi e la donna andò avanti senza presentarmi alla classe. Poi iniziò a interrogare; faceva domande a caso su tutto il programma dell’anno prima... Cose che avevo vissuto in prima persona, troppo facili per attirare il mio interesse e la mia mente iniziò ad andare a zonzo in mezzo a quelle degli altri ragazzi. Dopo una rapida perlustrazione mi concentrai nuovamente sulla mente di Veronica, era strana, contorta ma diabolicamente reale: non pensava come gli altri ragazzi di sfondare facilmente nel mondo dello spettacolo, ne di vivere in un’enorme villa a tre piani sul mare... Pensava ad un futuro possibile, così umano da sembrare uscito da un vecchio film, pensava a formare una famiglia, a vivere una vita serena con qualcuno che non aveva ancora un volto ben definito. E poi una parte della sua mente, una grande fetta della sua mente, pensava alle sue amiche: a sua sorella Jody augurava un futuro come stilista di prestigio in Italia, a Jade di diventare un’attrice come Julia Roberts, a Stacey di aprire il negozio dei suoi sogni alle Hawaay. Cercai di carpire cosa augurava a Ellie... non capivo, non vedevo bene... Non mi era mai successa una cosa simile... poi tutto prese una forma più distinta... Come se stesse modificando in quel momento e vidi ciò che augurava a Ellie... Le augurava Hollywood, un film sui vampiri, una cena romantica... CON ME...!! A quel punto decisi che avevo visto troppo, la paura si era impossessata di me... Ellie era davvero già così tanto coivolta?? Mi alzai e un secondo dopo suonò la campanella.

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Capitolo 2
*** A mensa ***


Ellie Uscii di volata dall’aula della quarta ora, avevo bisogno di parlare con il vampiro da sola prima che le altre ragazze mi raggiungessero, ma appena fui fuori trovai Jade che usciva dalla palestra. <> mi chiese, le sorrisi. <> <> Scoppiai a ridere quando mi raccontò di Thomas, il ragazzo che le piaceva dalla prima media, e a quel punto arrivò anche Veronica... <> disse gettando gli occhi al cielo. <> chiese Jade <> dopo quelle parole la loro convesazione mi interessò, forse più del dovuto... <> <> le rispose Stacey che ci aveva raggiunte, scoppiai a ridere... <> chiesi a Veronica <> Lei mi guardò come se parlassi arcaico antico. <> disse mentre camminavamo verso la mensa. Arrivammo nella grossa sala bianca piena di tavoli, erano quasi tutti occupati ma quello centrale, il nostro per autonomasia, era vuoto. Ci siedevamo lì da quando eravamo in prima superiore, era il mio posto; il posto della reginetta della scuola e delle poche fortunate che avevano l’onore di sedersi al mio fianco. Non avevo mai badato troppo ai miei privilegi e al fatto di essere una, invidiatissima e inimitabile Ellie più che altro mi piaceva trovare sempre un tavolo libero apparecchiato con tutte le pietanze che servivano al self-service senza capire bene chi le mettesse lì... Presi un pezzo di pizza e mordicchiai la punta, poi cercai John con lo sguardo, non mi aspettavo di trovarmelo così vicino e quando vidi i suoi occhi blu con quella sfumatora argento che ben conoscevo, la sfumatura argentea del sangue, il mio cuore perse un battito. Era seduto al tavolo di fianco al nostro, il piatto vuoto e una lattina di aranciata ancora confezionata con cui giocherellava. Sapevo che non l’avrebbe mai aperta, sapevo che il piatto era sempre stato vuoto e probabilmente il suo cibo era stato un ragazzino del primo il quale corpo giaceva senza vita in un angusto bagno. Decisi che dopo pranzo avrei controllato tutti i bagni della scuola così, tanto per essere sicuri che nessuno lo avrebbe trovato prima di me. <> mi chiese con voce profonda. <> gli risposi, glaciale, possibile che non si fosse accorto chi ero?? <> <> e la domanda conteneva un doppio senso che solo lui poteva capire <<È per questo che ti parlo: so chi sei>> rispose lui, troppo calmo per non avere un briciolo di paura. La maschera gli stava piano piano scivolando via e la paura si impossesava del suo volto. Non avevo mai visto un ragazzo rabbrividire di fronte a me: di solito fischiavano o acclamavano le mie entrate con versi approvatori ma mai nessuno si era mai spaventato vedendomi o sentendomi parlare. Non avevo nemmeno mai usato quella voce glaciale e torturatrice, come se qualcuno graffiasse un vetro, con nessuno se non con il mio primo vampiro, era una voce che mi veniva solo in circostanze di estremo pericolo. Ma John era troppo bello, dovevo dargli una possibilità, una misera possibilità di fargli scegliere che sangue bere, se quello umano o andare a fare scorte all’ospedale. Accarezai velocemente e con cura il coltello alla vita e lo guardai ancora, sorridendogli. <> mi disse in un sussurro <>. Mi chiesi come facesse a sapere cosa stavo pensando ma preferii non chiederglielo e mi concentrai sul discorso di Stacey senza più toccare cibo. John Decisi che le avrei parlato, non mi interessava chi era, dopo la visione della prima ora nella testa della sua amica Veronica avevo troppe domande per potermi permettere di stare concentrato sul da farsi. Entrai in mensa e presi un piatto vuoto e una lattina di aranciata e mi sedetti al tavolo più vicino a quello centrale dove, ne ero sicuro, si sarebbe seduta lei. La vidi arrivare, le sue amiche subito dietro di lei; camminò a passo spedito e si sedette sulla sedia a capotavola poi prese una fetta di pizza dal suo piatto e iniziò a mangiucchiarne la punta. Sembrava che cercasse qualcuno con gli occhi, il cibo non diveva essere il suo primo interesse a quanto pareva... Poi si girò verso di me e sentii il suo cuore procedere a ritmo sdregolato, mi decisi a rivolgerle la parola... <> <> mi rispose e la sua voce mi fece rabbrividire, non era la stessa voce con cui parlava alle sue amiche, nemmeno quella con cui l’avevo sentita parlare alla segretaria, era dura, distaccata, come fosse di ghiaccio. <> le risposi cercando, con scarsi risultati, di sorriderle <> disse lei sottolineando l’ultima frase... Non intendeva certo dire: “Sai che sono la reginetta della scuola, vero??” ma quella frase conteneva il lugubre significato “Sai che tu con me sei in pericolo, vero?? Sai cosa nascondo sotto alla felpa??”. <<È per questo che ti parlo: so chi sei>> le risposi cercando di apparire calmo, permettamente a mio agio, perfetto nel ruolo del nuovo arrivato spaccone... Ma non ci riuscii granchè, lo potevo capire dal suo sguardo e dalla parte lucida della sua mente. Quella che, per mia fortuna, era affascinata da me spaziava e si chiedeva se sarei sceso a compromessi, se avrei accettato il sangue dell’ospedale. Valutai che poteva essere l’unica possibilità di salvezza che mi veniva offerta e che non potevo tirarmi indietro, ma avrei dovuto parlarne con Maggie, mia sorella... non ero sicuro che lei avrebbe accettato: era ancora troppo piccola e assetata per poter pensare a bere del sangue imbottigliato. Vidi la mano sinistra di Ellie, quella che non stringeva il pezzo di pizza intatto scivolare sul pugnale, era un gesto che faceva quando era agitata e impaurita, me ne ero accorto già da quando i miei muscoli facciali si erano contratti al suo ingresso in segreteria, non sapevo se l’avrebbe usato contro di me ma si sentiva semplicemente più protetta ricordando a se stessa l’arma che possedeva. Dopo aver sfiorato la lama mi guardò e mi sorrise, mi sentii in dovere di dirle qualcosa... <> le sussurrai. Si chiese come facevo a sapere a cosa aveva pensato ma decise di non mostrare questa sua debolezza e si girò verso le sue amiche. Mi alzai e buttai la lattina ancora chiusa nel bidone dell’immondizia; non avevo nemmeno fame di sangue, figurimoci di cibo umano... Decisi di uscire in giardino, evitare il sole a Los Angeles era impossibile ma in qualche modo anche il sole evitava me e mi rendeva la vita più facile. Mia sorella mi raggiunse, avrei riconosciuto i suoi capelli rossi in mezzo a qualsiasi folla; anche intorno a lei il sole aveva uno strano effetto: sembrava che non fosse in grado di trapassare il pallore della nostra pelle e quindi si rifiutasse perfino di accarezzarci... La nostra ombra ci copriva perfettamente e questo non era altro che un bene: se avessimo avuto un qualsiasi tipo di contatto con il caldo di quella sfera luminosa ci saremmo sciolti. <> mi chiese entusiasta mia sorella La guardai, sapevo cosa leggeva nei miei occhi: incerteza. La stessa incertezza che poteva sentire nei miei pensieri... <> <> le risposi, non volevo essere scortese con lei e mi accorsi che le avevo risposto troppo male solo quando il suo sorriso si incurvò... <> continuai, lasciando l’ultima frase in sospeso. Non volevo darle la notizia in quel momento <> aggiunsi per farle dimenticare di fare altre domande. Si lanciò in un discorso dettagliatissimo di tutto ciò che era successo quel giorno e di un’accurata descrizione dei ragazzi della sua nuova classe. Ellie Guardai verso John e a un certo punto mi accorsi che se n’era andato, il suo tavolo era pulito e non c’era traccia del suo passaggio. Mi alzai senza badare alle voci delle mie amiche pulii il mio posto e uscii in cortile. Sapevo che, a meno che non stesse tendando il suicidio, non avrei mai trovato un vampiro sotto al sole dell’ una di Los Angeles per questo fu per me una sorpresa vederlo, nascosto e protetto dall’ombra della tettoia fuori dalla mensa. Stava parlando con una ragazza che anche lei scappava dal sole, la persona in questione assomigliava molto a John ma allo stesso tempo era anche molto diversa da lui: i suoi lunghi e ricci capelli rossi erano raccolti in una coda fissata con un elastico sulla nuca, i suoi occhi erano di un castano normale, di quelli che non risaltano subito, ma avevano la stessa sfumatura argentata di quelli del vampiro con cui parlava. Era parecchio più bassa di John e meno formosa di quasi tutte le ragazze della scuola eppure sembrava già una di quelle donne bellissime che si vedono solo nei telefilm. Guardai i suoi lineamenti come scolpiti nella sua pelle candida, era una ragazza molto bella, ma non era umana... Mossi un passo verso di loro e vidi la ragazzina rabbrividire, le sorrisi, e lei mi fulminò con lo sguardo, poi guardò John e a quel punto anche lui si girò imprigionandomi nei suoi occhi. <> disse <> gli risposi, Maggie rabbrividì ancora. <> continuò lui. <> gli chiese la ragazza come se io non fossi lì. John scosse la testa poi tornò a guardarmi. Fui travolta da un mare di emozioni, tutte le emozioni che uno sguardo poteva contenere, così tante emozioni che il mio cuore rischiò di esplodere, a fatica lasciai ai miei occhi la libertà da fuggire a quella morsa e girai la testa. Il vampiro sorrise contento poi aprì bocca... <> ci presentò poi guardò la ragazzina che si chiamava Maggie. <> aggiunse ridendo. Sorrisi, glaciale. <> gli chiesi, sempre con la voce da ghiaccio graffiato. <> a rispondere fu Maggie, la sua voce era diversa da quella che immaginavo: sembrava distrutta dal fatto di non essere umana, come in pena per qualcosa di cui non aveva colpa. La guardai, poi rivolsi lo sguardo a John senza guardare i suoi occhi, lui annuì, aveva capito quello a cui avevo pensato: “Tua sorella non si da pace per essere una vampira, vero?? È per lei che hai paura, non riesce a tenersi sotto controllo...”. <> dissi <> rispose lui <> Maggie usò per ringraziarmi più parole possibili e tutte mi squarciavano dentro: non li risparmiavo perchè volevo, ero costretta a farlo, John mi piaceva troppo per ucciderelo a sangue freddo, sentivo di tradire la loro fiducia comportandomi in quel modo, ma come altro potevo fare?? Decisi di entrare, più che altro per lasciare il tempo ai due vampiri di parlare e poi, avevo bisogno di mangiare. John Ascoltai con calma tutti i pensieri di Ellie, mi giravano nella mente, “sono costretta a non ucciderlo” aveva pensato prima di tornare nell’edificio e quel pensiero mi rendeva pazzo... <> mi chiese Maggie risvegliandomi dal mio stato di trance. La guardai, quella frase non se l’era dimenticata. <> le risposi avviandomi verso la macchina, mia sorella mi seguì... <> mi urlò dietro mentre, insiema alla mia ombra perenne, saltavo in macchina, la vidi salire dalla parte del passeggiero e con la sua stretta forte mi impedì di innestare la marcia. <> le dissi, lei scosse la testa, sorrise ma non mollò la presa. <> La sua pioggia di parole mi distrusse sia a livello morale che fisico. Aveva detto ciò che non volevo sentire dire, a quanto pareva anche lei si era accorta dei sentimenti di Ellie per me e ora stava giocando la carta dell’allontanamento a suo favore. Mi dava del codardo, mi diceva che ero uno che non sapeva affrontare le ragazze e mi attaccava su tutti i vertici. <> le dissi mentre lei mi spingeva fuori dalla macchina senza togliere la mano dal cambio <> continuai, quasi gridando e abbassando la voce giusto per proninciare le parole “vampiro” e “ammazza-vampiri”. Maggie sorrise... <> disse, poi si girò e mi lasciò solo nel parcheggio. Pensai al suo consiglio: rivolgersi a Lorence, il nostro “creatore” non poteva essere che una buonissima idea, in fondo, era vampiro da non mi ricordo più quanti secoli in più dei miei due e aveva vissuto parecchie esperienze umane anche da vampiro. Aveva sperimanteto l’amore con Annalise, quella che io e Meggie consideravamo nostra madre; aveva sperimentato l’odio nei confronti di Genny, la prima ammazza-vampiri che aveva conosciuto; aveva sperimenteto l’esperienza di padre con me e mia sorella. Si, forse rivolgersi a lui era l’unica cosa possibile. La campanella suonò e mi trascinai dentro alla scuola.

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Capitolo 3
*** Ultima ora ***


Ellie La giornata stava faticosamente scemando verso la punultima campanella. Controllai l’orario e fui ben felice di trovarvi scritto “educazione fisica”, presi il mio zaino e mi diressi in palestra dove avevo lezione con Stacey e Veronica. Mentre ci avviavamo la conversazione cadde su argomenti come il nuovo arrivato... <> disse Veronica abbracciandomi e prendendomi alla sprovvista. <> risposi. <> la domanda di Stacey fu come un fulmine a ciel sereno. <> dissi schioccando a entrambe un bacio sulla guancia e allontanandomi verso la segreteria. Le vidi buttare gli occhi al cielo e proseguire verso la palestra. <> chiese Stacey, ma si erano allontanate troppo per permettermi di sentire la risposta di Veronica. Infalai la felpa, era un gesto meccanico che non richiedeva doti particolari ma ti teneva le mani impegnate per non correre a vedere l’orario di John, e mi diressi svelta in segreteria, lì sprofondai su una delle sedie imbottite della sala d’attesa e aspettai di essere travolta da qualsiasi emozione. Passò un po’ di tempo ma alla fine arrivarono tutte insieme: prima le lacrime, poi la paura, l’angoscia, l’amore, il presentimento di non dover più custodire il mio segreto, la volontà di trovare il mio vampiro... Mi travolsero tutte!! Come un’onda anomala mentre surfi, di quelle che ti sovrastano e riesci a cavalcarle solo se sei un professionista e io, è uno dei doveri della reginetta della scuola, non avevo mai dato troppo peso a ciò che succedeva dentro di me, avevo sempre sottovalutato le emozioni, mi avevano insegnato a non farle trapelare dalla voce, a tenerle per me e a manifestarle da sola nel silenzio della mia camera, se proprio dovevo. Non riuscivo a smettere di piangere, non riuscivo a calmarmi, questa volta la situazione mi era scappata di mano. Mi sedetti per terra, appoggiando la schiena alla poltroncina e strinsi le gambe al mio corpo poi affondai il viso tra le ginocchia e morsi la pelle di sotto ad esse per non singhiozzare. Non so per quanto tempo rimasi in quella posizione ma a un certo punto LO vidi; era entrato talmente piano che non avevo nemmeno sentito la porta sbattere nel richiudersi, si avvicinò a me e si sedette la mio fianco, aspettò che ebbi alzato la testa e poi parlò: <> mi chiese, scossi la testa, lui si alzò ed entrò nella segreteria, poco dopo uscì e rioccupò il suo posto. Mi cancellai le lacrime con una mano e cercai di sorridergli mentre allungavo un braccio per accarezzarlo, ritrasse subito la mano e allora mi allontanai. A quel mio gesto mi prese il braccio e mi tirò ancora vicino a lui... <> mi disse <> gli rispisi, poi commessi l’errore di guardare i suoi occhi e mi ci persi dentro. <> mi disse. Scossi la testa <> gli risposi la voce un’ottava troppo acuta per l’agitazione. Mi guardò, intesamente, come se fossi un oggetto da esposizione, poi mi lasciò il braccio. <> mi disse, anche se non volevo mi alzai presi lo zaino e mi diressi in palestra, solo in quel momento mi accorsi dell’orario: ero stata in segreteria solo cinque minuti... Mentre entravo in spogliatoio mi resi conto che c’era ancora gente, sentivo le loro voci in lontananza, come attraverso un filtro e percepivo le cose molto più lentamente del dovuto... <> mi chiese Veronica mentre con movimenti a scatto mi infilavo nella tuta, non controllai nemmeno come mi calzavano i pantaloncini o la maglietta che indossavo, misi le scarpe e uscii. <> gridò la mia amica seguendomi nella palestra scolastica dove qualcuno aveva già montato la rete di pallavolo per la finale del nostro torneo di classe. <> le risposi iniziando a correre intorno al campo. “Non sto affatto bene, Vii. Ma tu non potresti capire” pensai mentre senza contare i giri accelleravo il passo di corsa. Certo, Veronica era l’unica persona a cui avrei potuto raccontare il mio segreto, ma non ero sicura che fosse pronta ad accetterlo. Jade e Stacey mi avrebbero preso per malata mentale, loro erano ragazze materiali, simpatiche ma oltre a quello troppo sicure del corso della vita per poter credere al soprannaturale, Veronica, invece, anche se non ci credeva, non avrebbe dato della pazza a nessuno. Iniziai a correre più veloce fino a che la voce del prof, anche quella lontana, come ofuscata da qualcosa arrivò alle mie orecchie. <> Mi sedetti sugli spalti e il resto dell’ora passò velocissima, avevo bisogno di vedere John... Uscii di corsa dallo spogliatoio e andai a sbattere contro Jade che ci aspettava fuori dalla palestra. <> le dissi correndo verso il parcheggio. John Dovevo assolutamente prendermi una pausa, avevo bisogno di ragionare... Quell’ora sarei dovuto andare in palestra ma prima dovevo passare in segreteria, consegnare i moduli che la segretaria mi aveva dato quella mattina e controllare l’orario di Ellie. Dalla conversazione di due ore prima con Maggie ne ero uscito vuoto e sfinito; mi infalai nella piccola sala d’aspetto della segreteria e vidi Ellie, era appoggiata a una delle poltroncine imbottite con la testa fra le ginocchia, il suo corpo andava su e giù a ritmo regolare e sembrava soffrire. Mi sedetti vicino a lei mantenendo comunque la distanza necessasaria a non respirare a pieno il suo profumo intenso. Appena mi vide alzò la testa e cercò di nascondere le lacrime concellandole con la mano <> le chiesi, scosse la testa e io entrai. Consegnai alla segretaria i miei moduli, e con sorpresa notai che anche lei avrebbe dovuto essere in palestra quell’ora, poi tornai da Ellie, da quando l’avevo vista nella stanzetta avevo avuto l’irrefrenabile desiderio di parlarle, mi sorrise e allungò la sua mano verso il mio braccio. In quello splendido momento la paura si impossessò del mio corpo... “è un’ammazza-vampiri, non puoi amarla, uno dei due finirà per soccombere” mi disse la mia testa e il mio braccio si ritrasse di scatto. Ellie si accorse del mio gesto involontario perchè si allontanò da me, la presi e la tirai di nuovo al suo posto, un pelo più vicino rispetto a prima e la guardai, sentivo la sua mente andare a spasso in mezzo a campi fioriti quando intrecciò i suoi occhi blu nell’ipnoticità dei miei azzurri, sapevo cosa ci vedeva in quegli occhi, oltre all’azzurro: vedeva i riflessi argentei del mio ultimo pasto, un uomo in fin di vita in un vecchio ospedale abbandonato da Dio e dagli uomini in Messico, ma era quella sfumatura a cui io sapevo dare nome e cognome che la ipnotizzava. <> le dissi <> rispose lei illuminandomi con il suo sorriso <> continuai, mi faceva male dirle quelle cose ma la scelta diveva essere sua, non poteva essere vittima di ciò che io provavo per lei. Scosse con forza la testa <> mi rispose, era agitata ma riusciva comunque a ragionare in maniera lucida, aveva ragione: di tutte le epoche in cui avevo vissuto quella era la più selettiva e separatoria, tutte le sue sillabe in quel periodo avevano senso, inutile mentire. Non seppi cosa risponderle, da una parte speravo che la facesse finita in quel momento, avrebbe potuto uccidermi facilmente: la segretaria non avrebbe visto niente grazie al pannello di finto mogano scuro che divideva sala d’attesa e segreteria e avrebbe potuto sbarazzarsi in pochissimo tempo del corpo senza che nessuno la notasse e poi, ne ero sicuro, sapeva già come si uccide un vampiro, dall’altra parte speravo che non volesse dichiararmi guerra ma le sue due domande “Mi uccideresti?? Mi trasformeresti??” mi giravano in testa, il mio tempo di reazione fu, secondo i criteri umani quasi nullo. Le lasciai il braccio per cui la tenevo, <> le ordinai. La vidi alzarsi e uscire e decisi di andare nel parcheggio della scuola ad aspettare Maggie. Aspettai che finisse l’ultima ora prima di tornare a prestare attenzione alle voci delle menti che sentivo nella mia testa, se fossi stato nel 1300 e avessi avuto l’ignoranza di dirlo a qualche sacerdote a quest’ora sarei stato già bruciato. Ad un certo punto una mente mi invase, dapprima non mi accorsi di chi fosse, le persona in questione era di fretta. Non correva, la sua mente mi disse che non poteva farlo ma non capii il perchè, andò a sbattere contro qualcuno, probabilmente un’amica da come si rivolse a lei ma non riuscii ad identificarla. Poco dopo vidi che la mente era uscita da scuola e si trovava nel parcheggio, camminava veloce anche lì, poi mi vide, la sua mente figurò il mio volto e i suoi piedi iniziarono ad accellerare. Feci scattare di impulso la mano sul cambio e il piede sinistro sull’accelleratore ma in quel momento il proprietario della mente si annusò i capelli e la sua mente, quindi anche la mia, fu invasa dal forte profumo francese che avevo riconosciuto nelle due occasioni in cui ero stato solo con Ellie. Poi mi costrinsi ad alzare la testa e mi accorsi che era a qualche passo da me, era parecchio sudata e aveva i capelli in disordine ma era comunque bellissima, senza fare troppi complimenti saltò al posto del passeggiero e mi sorrise <> mi chiese, più sciolta della volta prima. <> le risposi. Lei scosse la testa e indicò verso la sua macchina. La guardai sconsolato e in quel momento vidi, oltre la sua testa, mia sorella. I suoi occhi castani emanavano fulmini in tutte le direzioni, ispezionai la sua mente e mi accorsi che a infastidirla non era la presenza di Ellie nella mia macchina bensì un ragazzo che si era innamorato di lei. Anche Ellie si accorse della sua presenza, la guardò e le sorrise, poi riservò lo stesso trattamento a me ma la mia occhiata era molto più intensa e ricca di significato di quella per mia sorella. <> disse scendendo. La ammirai mentre camminava verso la sua Porche e aspettai che uscisse dal parcheggio prima di avviare il motore. Mia sorella non disse niente fino a quando non mi scoprì seguire l’ammazza-vampiri. <> mi disse, la guardai, scettico. <> le risposi, mentirle sarebbe stato impossibile ma non volevo tornare sull’argomento. <> mi disse. <> le risposi e poi chiusi l’argomento a scanso di equivoci. Maggie annuì e poi cambiò argomanto. <> mi chiese <> le risposi, la mia testa era già rivolta al discorso che avrei fatto a Lorence. <> ribadì, non era una battuta malvagia, l’avrei potuta riciclare con Ellie, ma sapevo che mia sorella non avrebbe mai voluto diventare una vampira. Avrebbe preferito la morte pur di non sopportare la fame che la distruggeva ogni volta che sentiva odore umano, mi concentrai sulla sua mente... <> le dissi sputando l’ultimo pezzo della frase, non era quello il tempo e il modo per farle una richiesta del genere e avevo usato davvero pochissimo tatto. Mi guardò e temetti lo sguardo assassino della sua occhiata, invece, i suoi occhi erano tristi e bagnati, stava piangendo... Non l’avevo mai vista piangere, non da vampira, non credevo che i vampiri potessero piangere. Non credevo che si fosse arrabbiata a tal punto, cercai di capire cosa fosse l’origine delle lacrime ma chiuse la sua mente al mio passaggio invisibile. <> mi rispose e capii: mia sorella era gelosa di Ellie. Fino a quel momento io ero stato solo suo e ora temeva che mi avrebbe dovuto dividere: era la più piccola e la più instabile, Lorence e Annalise erano abituati a mangiare sangue animale e io sapevo trattenermi di fronte a degli umani ma lei non ne era capace e aveva sempre trovato in me come un vero fratello a cui confessare tutto. Temeva che se avessi iniziato un’improbabile relazione con l’ammazza-vampiri in questione le avrei tolto delle attenzioni e lei sarebbe caduta in un tunnel senza fine, come accadeva agli umani con la droga. La guardai. <> le dissi. Maggie mi guardò poi si mise a ridere <> mi disse ridendo. Io sapevo come mai conosceva quella storia: era stata lei la figlia del segretario, prima di diventare vampira.

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Capitolo 4
*** A casa ***


Ellie Parcheggia la Porche nell’enorme garage di casa mia e salii in salone, non c’era ancora nessuno: mio padre era al lavoro, i gemelli erano a scuola e mia sorella era in viaggio d’istruzione a New York. Andai in camera mia e accesi il lettore CD infilando un vecchio disco dei Beatles nell’apparecchio senza le cuffie poi andai in bagno e mi feci una doccia, lasciai che l’acqua bollente mi risalasse tutti i muscoli e mi scogliesse i nervi; ci misi più del previsto ma alla fine avevo il pieno controllo di me stessa. Tornai in camera e accesi il PC, tanto per fare qualcosa ma lo spensi poco dopo e iniziai a sistemare la scrivania già ordinatissima. In poco tempo esaurii tutto ciò che potevo fare in camera allora tornai in bagno e mi sistemai i capelli in strane pettinature, poi pulii il bagno e diedi una rapida pulita anche al pavimento del corridoio nonostante la nostra domestica la signorina Charleson, una donnetta sulla quarantina con lunghi capelli già molto bianchi e un fisico da fare invidia a una modella ancora nel fiorire della sua carriera, continuasse a ripetermi di lasciare stare. <> disse, alla fine, spazientita. Tornai in camera e chiamai Jody, mi rispose la sua segreteria telefonica allora chiamai sua sorella. <> le chiesi <> mi rispose <> <> intevenne la mia amica, impossibile non rendersi conto della curiosità della sua voce <> <> le risposi seccata. <> rispose lei con la voce di chi non vuole chiudere lì il discorso che può determinare la sua vita o la sua morte, poi chiuse la comunicazione. Allora chiamai Jade, non avevo voglia di ascoltare il terzo grado di Stacey. La mia amica rispose dopo parecchio tempo: <> disse <> <> <> le risposi andando nella cabina armadio e cercando qualcosa da mettermi. Alla fine scelsi per una paio si shorts di jeans con dei grossi risvolti e una magliettina provocante; a tutto abbinai un paio di scarpe da ginnastica azzurre e una borsetta dello stesso colore. Circa una ventina di minuti dopo ero pronta, scesi in salone e avvertii la domestica che uscivo. Uscii di corsa sul vialone respirando a pieni polmoni l’aria salmastra della costa californiana. Appena raggiunsi la sabbia mi tolsi le scarpe e proseguii a piedi nudi, mi piaceva sentire quella bollente polverina dorata accarezzarmi le piante dei piedi. Raggiunsi l’entrata della casa di Jade passando dalla vetrata che dava sul mare. La vidi seduta sul tavolino del salotto accovacciata sul libro di letteratura, i capelli raccolti in una coda e una matita dietro ad ogni orecchio e una penna stretta tra i denti. <> mi salutò appena mi sentì entrare <> le chiesi e lei mi lanciò il libro, appuntata di fianco al testo era stata scritta una traccia a matita. La lessi veloce e mi accorsi che era la traccia di cui mi aveva parlato al telefono: quella sull’integrazione degli stranieri. Lessi rapida anche il capitolo a cui era stata abbinata, era la prima volta che vedevo il libro che tenevo tra le mani e quel piccolo capitolo mi rapì. <> le dissi; la vidi alzare gli occhi al cielo e scendere dal tavolino. <> ribadì lei. Le risposi con un’occhiata assassina e mi sedetti sul divano prendendo carta e penna. Nel giro di pochissimo tempo il tema era già bello e pronto, vidi la mia amica fare faccie stranissime e meravigliate mentre leggeva la mia composizione; quando finì di leggerla mi guardò meravigliata. <> chiese, gli occhi castani spalancati e un sorriso riconoscete che glieli illuminava. Le risposi con lo stesso sorriso e poi le dissi: <> Lei annuì e io la trascinai fuori di casa.

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