I Promessi Sposi di ladyT (/viewuser.php?uid=60734)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono. ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciasettesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciottesimo ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannovesimo ***
Capitolo 20: *** Capitolo Ventesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventumesimo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Salve a
tutte,
il titolo riporta
al famoso e stupendo romanzo di A. Manzoni (che io adoro da morire), ma
non vi preoccupate! Solo il titolo è uguale, ma la storia
è un pò diversa.
Sarà
suddivisa in capitoli che ancora non so quanti saranno e che
aggiornerò di seguito.
Commentate in
tante!!!
Author: ladyT
Paring: House,
Cuddy e altri personaggi.
Typology:
Più capitoli
Spoiler: No.
Rating: Giallo
Riassunto: In un
paesino circondato di campi e da piccole casette un pò
trascurate vivevano due giovani promessi sposi. Dovranno superare molte
difficoltà a causa di una nuova presenza che
ostacolerà il loro rapporto. Sta a voi vivere questa
avventura e...
Title:
a cura di
Daymi91
Primo Capitolo
Quel ramo del lago
di Michigan, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di
monti, tutto chiaro e limpido grazie ai raggi del sole che illuminavano
quel bel paesaggio donando pace e serenità. Proprio tra quei
monti scorgeva un paesino circondato dai campi e da piccole case non
molto curate sparse un po’ dappertutto come una ragnatela. In
cima al colle, coperto di nube nerastra, si trovava un castello un
po’ diroccato, circondato da una grande cinta muraria tutta
in pietra. Beh, lasciamo stare questo castello poiché
metteva a tutti terrore e brividi solo vederlo da lontano.
Dunque, in questo
paesino, abitato da gente semplice e umile, tutti bravi lavoratori,
ahimé, spesso presi di mira dai cattivi, chiamati bravotti
che lavoravano sotto il comando del signorotto del castello, vivevano
due ragazzi giovani e innamorati.
Lei, molto
popolare in paese per la sua bellezza, il sorriso raggiante e la
snaturata dolcezza che trasmetteva a tutti, Lisa Cuddy.
Lui, bello e
affascinante, conteso da milioni di ragazze, Manuel Tramezzino.
I due si
conoscevano dalla nascita. Si volevano un immenso bene come fratello e
sorella. A dir la verità lei provava questo sentimento per
lui, ma, ahimé, Manuel provava un amore intenso e immenso
come un universo di stelle.
E quel giorno, a
sorpresa, decise di chiederle la mano.
< Lisa,
scendi! >
Gridò
la madre al piano inferiore.
La ragazza non se
lo fece ripetere due volte e scese le scale.
Vide Manuel, fermo
sulla soglia di casa, con espressione ansiosa.
< Manuel,
che sorpresa! >
Rispose lei
regalandogli un sorriso che lo fece sciogliere come neve al sole.
< Tesoro,
che bello rivederti! Mi sei mancata tanto! >
Disse il ragazzo
in preda a un mix di emozioni difficili da controllare.
< Ma se ci
siamo visti qualche ora fa! >
I due risero e si
abbracciarono.
< Ho
parlato con vostro padre e mi ha detto che potremo sposarci questa
domenica! Cioè fra una settimana. Non è
fantastico? >
Iniziò
a dire il giovine lasciando la ragazza di stucco. Non se
l’aspettava questa sorpresa.
< Ehm...
si... certo... è meraviglioso! >
Disse Lisa con un
filo di voce e con espressione confusa.
< Stai
bene, amore? Ti vedo pallida! >
Domandò
il ragazzo tutto preoccupato nel vederla priva di emozioni.
< Certo...
solo che... sono rimasta sorpresa. Non me l’aspettavo!
Tranquillo è solo l’emozione! >
Lo
abbracciò forte, sforzando di sorridere.
< Non credo
ancora a questo! Ci sposeremo! Questo è un sogno! Il nostro
sogno. >
Urlò di
gioia prendendola in braccio e ruotando in senso orario.
Già il
LORO sogno!
“
E’ ciò che desidero?”
Questo stava
pensando la ragazza tra le sue braccia. Si sentiva improvvisamente
prigioniera di lui, era come non fosse felice del matrimonio. Anzi, non
era proprio il matrimonio a renderla infelice, ma l’idea di
appartenersi per sempre a lui. Gli voleva bene, un bene fraterno, ma
non provava per lui un sentimento d’amore. In cuor suo,
voleva innamorarsi sul serio, sentire il suono delle campane allegre in
testa, i brividi assalire il proprio corpo, il cuore correre come un
matto, insomma voleva innamorarsi del ragazzo dei propri sogni.
Fin da piccola lo
immaginava come un principe dai modi gentili, sempre dolce, affettuoso,
molto in gamba e coraggioso. Poter cavalcare con lui su un bel cavallo
bianco sulle rive del lago, danzare sotto le stelle e sentirsi per una
notte una principessa. Perdersi nell’incanto della sua voce e
dei suoi occhi.
Questo era
ciò che desiderava di più.
Con Manuel si
sentiva come un oggetto, per di più un trofeo da mostrare
con fierezza in paese.
Lei non voleva
questo. Desiderava essere amata, desiderata e capita. E, a sua volta,
voleva amare, desiderare e capire solo con uno sguardo.
Ma questo non
succedeva tra di loro.
< Dai,
Manuel, mettimi giù! Mi farai girare la testa! >
Il ragazzo si
fermò e le fece mettere i piedi per terra. La sorresse
quando si accorse che stava barcollando.
< Tutto
bene, Manuel! Allora a domani, sono stanca. >
I due si
salutarono. Lisa salì le scale e si avviò verso
la propria cameretta.
Il ragazzo rimase
a osservarla salire le scale con gli occhi che gli brillavano dalla
gioia.
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Capitolo 2 *** Capitolo Secondo ***
Ecco
ragazze il secondo capitolo.
Buona lettura ^_^
Mi raccomando commentate in tante!
SECONDO
CAPITOLO
Lisa
non stava riposando, ma
stava affacciata alla finestra con i gomiti appoggiati sul davanzale e
le mani
che sorreggevano il viso.
Stava ammirando due passerotti che cinguettavano allegri e che si
rincorrevano
tra di loro.
Sorrise nel vederli alle prese del corteggiamento e ripensò
allo strano
incontro avuto la mattina stessa mentre stava ritornando a casa.
Lisa stava sdraiata sul verde prato, sotto
l’ombra di un albero, dove era
solita fermarsi per stare un po’ da sola e godere in pace e
tranquillità quel
silenzio che solo lei sapeva decifrare. Le piaceva stare in quel
boschetto,
sentire il rumore delle acque del lago e i cinguettii dei passerotti
che
volavano allegri da un albero all’altro. Tutto questo le dava
serenità. Quando
sentì, da lontano, il suono della campana annunciare il
mezzogiorno, si alzò e
si avviò verso casa. Per arrivare prima, prese una
scorciatoia che solo lei e
Manuel ne erano a conoscenza. Mentre stava percorrendo quella via
tortuosa e un
po’ isolata, scorse da lontano due figure: uno era un uomo di
circa venticinque
anni, capelli castani, portava un mantello color blu notte ed era in
sella su
un cavallo marrone; l’altro era un uomo sulla trentina
d’anni, capelli castano
chiaro, occhi azzurro cielo, portava un mantello nero con una eleganza
incredibile e montava un cavallo nero dal pelo lucentissimo. Questi
due, nel
vedere una fanciulla sola e a piedi, si avvicinarono.
Quello col cavallo marrone le sorrise e le fece un inchino:
< Buongiorno, signorina. >
Disse con tono gentile.
La ragazza non sapeva come comportarsi. In quel preciso momento sentiva
la
paura assalire il corpo ma si riprese subito e si limitò a
fare la riverenza.
Quello con il cavallo nero la stava guardando con dolcezza. Era rimasto
ammaliata dalla sua bellezza e dalla sua semplicità. Quando
si accorse che il
cugino lo stava chiamando, mosse la testa e si avvicinò di
più a quella
ragazza.
< Qual è il vostro nome? >
Chiese curioso con tono un po’ distaccato.
< Ehm.. Il mio nome è Lisa! >
Rispose chinando il capo. La sua vicinanza le dava un po’ di
tremarella.
Nel vederla con la testa abbassata, sorrise e si offrì
volontario di darle un
passaggio.
< Grazie, signore. Ma preferirei proseguire a piedi. >
< Così mi offendete, signorina! Non mordo mica!
>
Disse l’uomo, con il cavallo nero, con espressione di finta
offesa.
Alla fine la ragazza accettò il suo invito.
Lui le porse la mano, Lisa l’afferrò e
salì in groppa.
Per tutto il tragitto non proferirono parola. Lui la teneva stretta tra
le
proprie braccia con le mani impegnate a tenere salde le redini e lei
era
fortemente tenuta contro il suo petto.
Entrambi sentirono il proprio corpo invaso dai brividi e da forti e
intense
emozioni mai provate prima.
Dopo una ventina di minuti arrivarono a destinazione. La ragazza scese
da
cavallo e lo ringraziò per il passaggio. Per un istante i
loro occhi
s’incrociarono e si persero guardandosi.
Quando la ragazza sentì, da lontano, pronunciare il proprio
nome, si svegliò
alla realtà.
Fece la riverenza, li salutò e si congedò da loro.
Raggiunse la casa e vide la madre con le braccia incrociate che la
stava
aspettando all’uscio del cancello.
< Lisa! Ti ho vista con quello! >
Rimproverò la madre.
< Madre, mi ha solo dato un passaggio! Vi vedo preoccupata,
perché? >
Lisa non comprendeva l’atteggiamento della madre.
La madre l’aveva sempre vista in compagnia degli altri che le
avevano offerto
semplicemente un passaggio e non aveva mai ricevuto un rimprovero da
lei.
La donna non sapeva se dirle la verità su quel giovanotto.
Alla fine decise di
dirla.
< Lisa, cara. Scusami per il mio atteggiamento. Ero preoccupata
per te!
Quell’uomo è il signorotto del paese! >
La ragazza rimase di stucco. Non credeva alle proprie orecchie.
< E’ Greg House? Il signorotto del castello sul colle?
>
La madre fece cenno positivo.
< Lisa, scendi! Vieni ad aiutarmi! >
Gridò la madre dal piano inferiore.
Nel sentire la sua voce, Lisa ritornò alla realtà
e chiuse la finestra.
Fece un sospiro e raggiunse la madre.
Allora
vi è piaciuta?
Angolo
di LadyT:
@ Miky91= Grazie per i
tuoi me ravigliosi complimenti *__________*. Wow già odi
Tramezzino? XDDDD Non gli hai dato neanche l'opportunità di
conoscervi XDDDD!!! Kissoni ^_-
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Capitolo 3 *** Capitolo terzo. ***
Ecco
a voi il terzo capitolo.
Spero che sia di vostro gradimento e, mi raccomando commentate
numerosi!!!
Accetto
sia critiche negative
che positive, please!!!
Buona lettura ^_^
CAPITOLO
TERZO.
Il
sole stava sparendo dietro a quei monti cedendo
volentieri il posto alla propria amata: la Luna.
Il rosso del tramonto si faceva sempre
più scuro colorando il
cielo di un blu intenso e profondo accompagnato da piccole luci gialle,
rosse,
blu e bianche: le stelle.
I campi erano vuoti, segno che la gente si era ritirata a casa per
cenare e
riposare.
Mentre tutti erano persi nel mondo dei sogni, dall’altra
parte della città, in
cima al colle coperto di nubi nerastre, proprio in quel castello,
precisamente
in una grandissima sala un po’ tetra, una persona non
riusciva a dormire.
Il signorotto era confuso, si sentiva spiazzato e privo di difese.
L’incontro
con quella fanciulla gli aveva improvvisamente cambiato
l’umore, il suo modo di
essere e di fare. Tutto questo, per lui, era molto strano. Incontrare
quella
giovine gli aveva inebriato i sensi e tutto ciò non gli era
mai successo con le
donne che frequentava ogni notte.
Don Greg sorrise pensando a lei e rimase seduto di fronte al pianoforte
con le
dita impegnate a premere i tasti bianchi e neri.
I suoi occhi, la sua bocca, il suo corpo così
pericolosamente vicino al proprio
lo aveva fatto letteralmente impazzire. Gli piaceva tutto di lei e
ancora non
comprendeva il perché quella semplice fanciulla lo attraeva.
Le ragazze con cui solitamente usciva erano molto
“disponibili” e privi di
emozioni.
In questo senso, Lisa era una sfida, lo costringeva a mettersi in gioco
e se
voleva averla, sapeva che avrebbe dovuto giocare la propria
dignità e il
proprio titolo. E questo per lui era un mondo del tutto nuovo. Non
sapeva se
valeva rischiare tutto per lei o mettersi i paraocchi e andare avanti
come se
nulla di tutto questo fosse davvero mai successo.
< Tonf >
Il rumore di qualcosa caduto per terra lo fece distrarre e allontanare
le mani
dal pianoforte.
Si girò di scatto e vide un’ombra venire verso di
lui.
< Scusa, si è rotto il vaso! Non lo avevo visto!
>
Era il cugino, Don Jimmy Wilson, che era rimasto in silenzio, seduto in
un
angolo, ad ascoltare la musica. Lo faceva sempre, poiché
ascoltare la musica
gli dava un senso di tranquillità.
< Ah sei tu! Devi dirmi qualcosa? >
Domandò con tono serio, riprendendo a suonare.
< Ehm, mia moglie domani cucinerà la quaglia alla
messicana con patate. Vuoi
mangiare con noi? >
Già, Jimmy era sposato, per più di tre volte
rimanendo, purtroppo, vedovo, con
una bellissima ragazza dai capelli biondi lucenti e con un carattere
forte:
Amber Volakis.
Era molto innamorato di lei ed era disposto a fare qualsiasi cosa per
renderla
la donna più felice dell’universo.
< Verrò! Ci sarà mai un giorno che dalla
tua bocca non uscirà quel nome da
cinque lettere che al solo sentirlo mette i brividi? >
Sbruffò il signorotto. Era molto stanco di sentire il cugino
parlare della
moglie. Era tutto il giorno che parlava di lei.
Jimmy scosse la testa e col fare di resa cominciò a cambiare
argomento:
< Non cambierai mai, eh? Mi domando sempre se ci sarà
mai un giorno che tu
metterai la testa a posto e che una certa fanciulla
scioglierà il tuo freddo
cuore di ghiaccio! >
Disse sottolineando la parola “certa fanciulla”.
L’eco delle note si spense di colpo e Don House si
girò di scatto indirizzando
gli occhi verso quelli del cugino. Gli diede un’occhiataccia.
Aveva cercato in
tutti i modi di non pensare a Lisa ma invano e ora ci metteva anche il
cugino.
< Per l’ennesima volta, io non mi sposerò
mai! Mai e poi mai!!! Neanche
morto! >
Esclamò con le sopracciglia abbassate e le mani strette a
pugno.
< Tu mi ci vedi ad essere fedele ad una donna per tutta la vita?
>
< Assolutamente no! Ovvio! Non riesco ad immaginarti a coccolare
una donna,
a viziarla, a riempirle di parole dolci e romantiche! No, no e poi no!
>
Rispose accarezzando, con il pollice e l’indice della mano,
il mento e
assumendo un’espressione pensosa.
< Bene! Visto che siamo in argomento, sai qualcosa di questa
fanciulla
incontrata stamattina? >
Domandò con tono distaccato e con finto disinteresse.
< Beh, è la figlia dei Cuddy. Gente onesta, leale,
religiosa, senza mai un
debito. Coltivano grandi appezzamenti di terreno nella tua
proprietà. >
Si fermò un attimo per prendere fiato e poi
continuò il discorso però questa
volta con tono di rimprovero:
< Senti Greg, lei viene da una buona famiglia. Lasciala in pace,
altrimenti
finirai per distruggere sia lei e la famiglia. >
In fondo Jimmy aveva un cuore enorme.
Con questo discorso sperava tanto che il cugino prendesse a cuore
questo consiglio.
< Ti ricordo che ho la maggiore età e sono capace di
intendere e di volere!
Le decisioni, che riguardano me, le prendo io e le gestisco come
voglio! >
Il cugino vedendolo quasi alterato e infastidito, fece segno di resa e
si
allontanò da lui dirigendosi verso la propria dimora dove lo
attendeva la
moglie.
Don House, per tutta la notte, non fece altro che muovere le dita sui
tasti
bianchi e neri del pianoforte. Continuava a pensare a quella ragazza
che
l’aveva ammaliato. Desiderava tanto sentire ancora il
contatto del suo corpo
nel proprio e di stringerla a sé. Si stupiva che quella
fanciulla era riuscita,
in qualche modo, ad occupare una parte dei suoi pensieri. Quella
ragazza era un
mistero e per questo si sentiva ancora affascinato da lei.
Non gli importava quello che gli aveva consigliato il cugino.
Lui era Don Greg House!
Se voleva qualcosa, l’avrebbe ottenuta nel bene e nel male.
Siccome la ragazza era sempre nei suoi pensieri, decise così
di averla. Avrebbe
fatto qualsiasi cosa!
Però non poteva fare tutto da solo.
Così decise di ingaggiare i suoi fidati bravotti...
To
be continuend…
Secondo
voi le scene House/Wilson sono IC?
Su
non mancate
di criticare, come ho detto mi fa molto piacere sapere le vostre
opinioni ^_^
L’angolo
di Terry:
@
ChrisP:
XDDDDD
. Mi fa piacere che ti piaccia questa fanfiction. Alla prossima!!!
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Quarto ***
Scusate
il ritardo!!!
Premetto che questo capitolo è solo di transizione e spero
che vi piaccia
almeno un pochino.
CAPITOLO
QUARTO
Era
una tiepida giornata di
sole, i suoi raggi riscaldavano le persone intenti a lavorare nei campi
e
illuminavano il bel paesaggio rendendolo affascinante agli occhi di
tutti.
La giornata trascorreva tranquillamente. Lisa stava passeggiando lungo
le vie
del paesino con un’espressione confusa e triste. Il pensiero
che fra sei giorni
sarebbe diventata moglie di Manuel, la rattristava. Non capiva il
perché eppure
con lui era a proprio agio, condivideva i segreti e sogni, si sentiva
protetta.
Però gli voleva semplicemente bene come un fratello e non si
sentiva pronta a
regalargli la propria anima.
< Signorina Lisa! >
Qualcuno stava correndo cercando di attirare la sua attenzione.
Lisa si fermò un attimo e sorrise nel vedere due signore che
correvano.
Le donne presero fiato e, senza perdere tempo, cominciarono a proferire
parola:
< Lisa devi correre in clinica perché tua madre ha
avuto un malore! >
La giovine rimase scioccata a quella terribile notizia e si mise a
correre a
tutto gas verso la clinica.
Arrivò all’ospedale, chiese informazioni ad
un’infermiera e si diresse verso la
stanza dov’era ricoverata la madre. Si fermò di
fronte alla stanza e vide il
padre seduto su una sedia con la schiena piegata in avanti e le mani
che
tenevano la testa.
< Padre! Padre, cosa è successo? >
Domandò preoccupata la figlia.
Nel vederla, si alzò e l’abbracciò
forte.
I due si staccarono e si sedettero. Il padre si fece coraggio e le
raccontò
l’accaduto.
< Stamattina tua madre ed io abbiamo lavorato nei campi. Tutto
era
tranquillo e sereno. Improvvisamente tua madre si ferma e si appoggia
su una di
quelle staccionate e con una mano comincia a premere il cuore. Mi
accorgo
subito che qualcosa la turba. Il suo viso diventò pallido,
il respiro sempre
più affannoso e i battiti del cuore accelerarono sempre di
più. Mi avvicino a
lei e non faccio in tempo ad afferrarla per il braccio che lei cade
svenuta
terreno.
Di corsa, i miei amici ed io l’abbiamo portata in clinica. Il
medico ha detto
che le sue condizioni sono gravi, poiché ha avuto un attacco
cardiaco e che ora
è in prognosi riservata. >
Il volto della giovine fu segnato dalle lacrime e abbracciò
il padre.
I due si staccarono, il padre le diede un bacetto sulla fronte e con
coraggio
si avviò verso il lavoro.
La giornata diventò molto lunga per Lisa che non sapeva cosa
fare. Aveva una
gran voglia di piangere, piangere e piangere.
Ogni tanto entrava nella stanza dove c’era la madre distesa
sul letto e si
metteva a raccontarle qualcosa. Era senza forze, senza difese e si
sentiva
svenire. Voleva fare qualcosa di utile per riavere la madre con
sé. Si alzò con
fatica, uscì da quella camera e si avviò verso
una chiesetta nella clinica.
Entrò, fece il segno della croce e si mise a sedere su una
di quelle panchine
di legno. Cominciò a pregare sperando che la Divina
Provvidenza
prendesse a cuore il desiderio di far guarire la madre.
In quell’istante entrò una donna con un vestito
nero e un copricapo. Aveva un
viso molto giovanile, qualche ciocca di capelli fuori posto e gli occhi
grandi
color blu.
La monaca si sedette vicino alla ragazza. I due si guardarono in
silenzio e
Lisa non riuscì a trattenere le lacrime e si mise a
piangere. La monaca la
strinse a sé e la consolò.
< Su, andrà tutto bene! Il Signore è con
noi e farà tutto il possibile per
esaudire il vostro desiderio! >
La ragazza asciugò il volto e, a stento, tirò un
sorriso.
< Grazie. Avevo bisogno di sfogarmi e neanche vi conosco!
Perdonatemi! >
Disse con voce flebile.
La suora sorrise e si presentò:
< Sono Suor Allison Cameron e mi occupo della clinica! Non
preoccuparti, è
più facile sfogarsi con gli estranei. >
Le accarezzò la mano facendole capire di non essere sola.
< Lei è molto gentile! Mi chiamo Lisa Cuddy e sono
qui perché mia madre ha
avuto un infarto e adesso è in rianimazione. Ho
così tanta paura di perderla!
>
Suor Cameron voleva allontanare i pensieri tristi che incombevano la
sua testa
e decise di distrarla un po’.
< Venite con me! Vi voglio far vedere la mia clinica. >
I due si alzarono, fecero il segno della croce e uscirono da quel
posto.
Girarono per tutta la clinica e si fermarono al Pronto Soccorso.
C’era un gran brusio in quel reparto. Medici che andavano
avanti e indietro,
infermieri che seguivano i medici portando le medicine, paramedici che
conducevano i feriti alle loro rispettive camere.
Nel vedere un uomo, su una sessantina d’anni, ferito ad una
gamba e che
attendeva un medico per la medicazione, Lisa si avvicinò a
lui e si fece
guidare dall’istinto di curare la sua ferita.
Vide che nella ferita c’era un vetro e cercò di
toglierlo delicatamente. Prese
una pinza, della garza e del tessuto per fasciare le ferite. Estrasse
il vetro
e tamponò la ferita per fermare la fuoriuscita del sangue.
Bagnò la garza con
un disinfettante e lo mise sulla ferita accarezzandola delicatamente.
Finito
tutto, fasciò la ferita e sorrise al paziente.
La suora aveva assistito a quella scena e capì che la
ragazza aveva un gran
dono. Si avvicinò a lei e, contemporaneamente,
arrivò il medico di turno.
< Ma cosa avete fatto? Credevate di essere un vero medico?
>
La ragazza abbassò gli occhi per la vergogna, mentre il
medico controllava
quella ferita.
< Ma... ma... ma è incredibile! Avete fatto un ottimo
lavoro, signorina.
Vogliate scusarmi per essere stato brusco. Se lei è
d’accordo, vorrei proporle
di lavorare con noi! Che ne pensa? >
La ragazza rimase stupita a quella proposta. Non se
l’aspettava. D’altronde non
era un medico!
< Lei è molto gentile, signore! Ho imparato qualcosa
sul mestiere di medico
tramite i libri! >
Non fece in tempo a completare ciò che voleva dire che il
medico cominciò a
proferire parola:
< Non è un problema! Imparerà da noi.
Allora a domani! >
Il medico salutò le donne e si avviò verso il
prossimo ferito.
Lisa rimase senza parole. Aveva voglia di urlare al mondo dalla
felicità di
aver trovato il lavoro dei propri sogni: essere un medico!
< Avete visto che siete stata bravissima? Complimenti!
Diventerete un
eccellente medico! >
Lisa arrossì per i complimenti che la monaca le faceva.
Era incredibile ciò che stava provando in quel momento.
Gioia, felicità ed
emozioni invadevano il suo corpo. D’altronde aveva trovato,
oltre il lavoro,
anche un’amica. Le piaceva parlare con la monaca. Le dava
sicurezza, la faceva
sentire a proprio agio, d’altronde era una brava donna,
s’interessava della
salute dei pazienti, si preoccupava e cercava di tirare il morale a
loro. Era
una forza della natura, però c’era qualcosa nei
suoi occhi così vuoti, tristi e
malinconici.
Non voleva impicciarsi della sua vita, non adesso. Non voleva rovinare
l’amicizia che si era creata tra loro. Le due si fermarono di
fronte alla
stanza della madre di Lisa e si salutarono.
< Mi raccomando, siate forte e pensate sempre positivo! >
Disse con tono dolce e affettuoso. Le due si abbracciarono e si
divisero ognuno
per la propria strada.
Commentate
in tanti e ditemi se continuare o no...
L’angolo
di ladyT:
@
ChrisP:
XDDD
La mia intenzione era quella di far apparire i personaggi IC
perché mi piacciono più così,
sennò non sembrano loro e inoltre cambiare solo
il contesto e il luogo storico ^_- . Riguardo ai matrimoni, a
quell’epoca non c’erano
i divorzi, quindi ho voluto fare in modo che Wilson rimanesse vedovo!
(I’m
sorry, Jimmy). Riguardo ad House, lo so che dovevo scrivere
“pagava le donne”
invece di uscire, ho solo voluto addolcire la parola, ma in fondo tutti
sappiamo che lui le paga!!! Grazie a te che continui a seguire questa
fanfiction, alla prossima!!! ^_^
|
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Capitolo 5 *** Capitolo Quinto. ***
Eccomi,
sono tornata!
Scusatemi del ritardo.
Ecco a voi il quinto capitolo, forse sarà un pò
noioso e nero, ma giudicate
voi!!!
Mi raccomando recensite in tante!!!
Voglio
anche commenti negativi così potrò migliorare in
qualcosa!!!
CAPITOLO
QUINTO
< NON LASCIARMI!!! NOOOOOOOOO!!!! >
Don House stava salendo le migliaia gradini con passi molto veloci per
raggiungere quella fanciulla. Continuava a correre, a correre e
più correva più
la loro distanza triplicava.
Poi ad un tratto il signorotto, a furia di correre, inciampò
su uno dei
gradini. Non riusciva più ad alzarsi e con le ginocchia a
terra, la schiena
dritta, le mani che cercavano di afferrare quella fanciulla,
continuò a
gridare:
< NOOOOOOO!!!! TI PREGO, RESTA CON ME!!!!! I NEED YOU!!! >
Quella figura si smaterializzò lentamente e sparì
in un buio pesto e cupo.
< NOOOOOOOOOO!!!! >
< Ah! >
Esclamò don House svegliandosi di scatto.
Il suo respiro era affannoso, il cuore batteva all’impazzata
ed era tutto
sudato.
Si guardò in giro con aria guardinga... era la sua stanza.
Aveva fatto un
incubo!
Si alzò dal letto e si avviò verso il salotto,
aprì la credenza e ne estrasse
una bottiglia di whisky. Se ne versò un po’ in un
bicchiere di vetro e bevve
avidamente.
Appoggiò il bicchiere su quel tavolo lungo, e si
avvicinò alla finestra. La
aprì e appoggiò entrambe le braccia sul davanzale.
Davanti a sé vedeva le mura che accerchiava il castello
impedendogli qualsiasi
visuale, ma questo, per lui, non era un ostacolo, infatti, il suo
sguardo si
perdeva lontano in interminati spazi.
In quel castello regnava un silenzio assoluto quasi dark, tutto
sembrava essere
avvolto in un sonno perpetuo, la notte era lunga, scura e tetra. Si
udiva il
sibilo molto forte del vento e il frusciare delle foglie. Si udivano
anche dei
lupi che ululavano ad una luna nascosta, a metà, dietro alle
enormi nuvole
quasi nerastre, gufi che bubbolavano sugli alberi, pipistrelli intenti
a
cercare il cibo battendo le loro grandi ali. Era davvero una notte
molto tetra.
Il signorotto non riusciva a riprendere sonno. La sua mente era ancora
agitata
da tanti pensieri che lo rendevano nervoso. Non gli era mai piaciuto
confrontarsi con qualche cosa che gli risultava essere sconosciuto e
indecifrabile.
Quella fanciulla lo aveva colpito, ammaliato, per di più
stregato e lo metteva
in situazioni che non riusciva a venirne fuori.
Stava ancora meditando su tutte queste cose, rapito in uno stato di
trans quasi
contemplativo, quando notò qualcosa di strano. Si sporse in
avanti per vedere
meglio e si accorse che sotto c’era qualcuno, ma non riusciva
a distinguerlo
bene a causa della scarsa luce; distingueva solo una grossa sagoma
scura che
camminava a passi lenti. Senza pensarci due volte, si
precipitò fuori dal
salotto e si avviò verso l’uscita del castello per
andare incontro a quella
grossa sagoma.
Fece un respiro di sollievo nel vedere chi era in realtà
quella sagoma.
Erano i suoi fidati bravotti.
< Allora, avete notizie? >
Chiese il signorotto con espressione seria e assumendo un tono severo.
Si fece avanti uno di loro. Era un uomo con una carnagione scura,
capelli neri
e cortissimi, occhi nocciola, il suo nome era Eric Foreman. Dal suo
modo di
camminare, di parlare e di pensare tutti lo scambiavano per il
signorotto.
< Le notizie che siamo riusciti a prendere non sembrano
granché! E’ molto
conosciuta in paese per la sua infinità dolcezza, per la sua
voce angelica, per
i suoi occhi raggianti, per il suo sorriso smagliante. Allora ho
pensato che
una fanciulla così doveva per forza essere di un altro e...
>
Si fermò un attimo poiché il signorotto che gli
stava di fronte, emise uno
sbadiglio molto grosso facendogli pure sentire l’alito.
Quando finì di sbadigliare, don House iniziò a
dire:
< Avanti! Tu sei me! Cosa avrei fatto? >
Foreman si sentì avvampare dalla rabbia ma si dovette
contenere e continuò il
discorso:
< E ho chiesto in giro il suo... come si suol dire... ragazzo!
Ho scoperto...
>
Non completò la frase che gli altri due tossivano.
Foreman li guardò e roteò gli occhi per aria.
< E va bene! Abbiamo scoperto che il giorno di festa
entrerà in chiesa con
il nome Cuddy e uscirà con un altro nome... >
Non fece in tempo a dire quel nome che lo urlarono tutti e tre in coro:
< TRAMEZZINO! >
Don House stava giocherellando con la spada battendosi con
l’aria e quando
sentì quel nome pronunciato in coro si sentì
sprofondare. Gli sembrò di stare
in mezzo all’oceano che senza forze si lasciava trascinare
sempre più a fondo
nell’abisso più nero e tetro. Era come se il mondo
gli fosse piombato addosso e
si sentiva amareggiato, tradito, sconfitto e arrabbiato. Non era
possibile che
lei sarebbe diventata la donna di un altro. Non poteva sopportarlo. Era
più
forte di lui, doveva fare qualsiasi cosa per impedire questa unione.
Qualsiasi
cosa.
Mentre il signorotto era indaffarato nei suoi pensieri, i tre bravotti
parlavano tra di loro. D’un tratto uno di loro si
fermò e puntò lo sguardo
verso il padrone.
< Ehm, mio signore! >
Fece l’indiano soprannominato dal capo
“Colui-che-si-entusiasma-per-niente”. Ma
vedendo che non riusciva ad attirare la sua attenzione, si
avvicinò e gli
sussurrò all’orecchio:
< Avrei un’idea! Potete sempre sfidarlo a duello!
Entusiasmante! >
Don House gli indirizzò un’occhiataccia e lui
arretrò i passi velocemente dalla
paura di essere incenerito o fatto a pezzi dalla spada.
< IDIOTI!!!! >
I tre bravotti rimasero fermi come una statua e con la fifa che
attraversava le
loro vene.
< P... p... p... osso? >
Balbettò un uomo più basso di quei tre con il
dito alzato in modo da avere il
consenso di poter proferire parola.
Il signorotto sbruffò e con tono secco gli disse:
< Hai altre idee migliori di
“colui-che-si-entusiasma-per-niente” ? Oppure
hai altre notizie, Taub? >
Con la fifa addosso e il sudore nella fronte, si fece coraggio e
cominciò a
dire:
< Mio signore, l’altra notizia è che
stamattina la madre si è sentita male
mentre stava lavorando nelle vostre terre. >
Si fermò facendo un sorriso sforzato.
< E sai quanto mi frega! >
Rispose ancora con la rabbia addosso.
< IDEA! >
Don House, Taub e Foreman puntarono gli occhi verso Kutner.
L’indiano si senti troppo osservato e con la tremarella
addosso cominciò a
formulare la sua idea:
< Ehm, mio signore la madre è in ospedale quindi la
figlia sarà sempre con
lei. Potete almeno andarla a farle una visita e conquistarla, sempre se
vi
riuscite! >
Il signorotto, nell’udire le ultime parole, si
avvicinò, col volto rabbioso,
verso lui.
L’indiano, nel vederlo che si avvicinava con
quell’espressione, puntò lo
sguardo verso terra.
< Hai ancora coraggio di affermare l’ultima frase?
>
Domandò con tono secco e arrabbiato.
< N... n... no, mio signore!!! >
Il signorotto lo guardò ancora con gli occhi pieni di fiamme
e, pensando a
quella sua idea si calmò.
< Devo dire che certe volte hai delle idee... Ora ragazzi vado a
nanna!
Continuate a fare la ronda in paese! >
Disse voltando le spalle a loro e dirigendosi verso l’entrata
del castello.
< Questo matrimonio non s’ha da fare!!! >
L’angolo
di ladyT:
@
Miky91:
Agli ordini, continuerò!!! Grazie mille per incoraggiarmi ^_-
@ ChrisP:
E continuo
sia!!! ^_^
|
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Capitolo 6 *** Capitolo Sesto ***
Eccomi
di ritorno!!!
Questo capitolo che sto per postare non so perché non mi
dà molte
soddisfazioni.
Comunque sono pronta a ricevere critiche di vario genere e mi
raccomando
recensite!!!
CAPITOLO
SESTO
Era una tranquilla giornata di maggio.
Il paesino sembrava addormentato in una luce tenue che lo faceva
apparire
ancora più bello con le sue vecchie casette, il castello, la
chiesa e i
giardini fioriti.
Nei giardini, i piccioni giocavano con gli schizzi dell’acqua
intorno a quella
fontana che zampillava senza sosta.
Dall’alto della chiesa i rintocchi delle ore del campanone si
diffondevano
nell’aria, arrivando persino nelle pianure, ricca di campi di
grano, di
ruscelli, di alberi e di persone intenti a lavorare.
Alle undici del mattino il paesino viveva forse la sua ora migliore, la
più
serena.
Nel castello, precisamente nel salone, un individuo con mantello nero,
stava
suonando allegramente.
< Buongiorno, Greg! Qualche lieta notizia hai da darmi? Ti vedo
stranamente
allegro oggi! >
Esclamò il cugino avvicinandosi a don House e notando
qualcosa di strano in
lui.
< No, niente di particolare, Jimmy >
Mentì Greg.
Già niente di particolare! Dopo l’incontro con i
bravotti nella notte
precedente, aveva passato tutta la nottata a pensare a quelle idee
strambe di
“colui-che-si-entusiasma-per-niente”.
Tutto quel pensare a lei, vederla nella sua mente, nel mondo dei sogni,
vederla
ovunque andasse, lo faceva agitare.
Non ricordava da quanto tempo non pensava a qualcosa di diverso che non
riguardasse lei.
E non era neanche sicuro di voler pensare a qualcos’altro che
non fosse lei!
Eppure quella giovine non rispecchiava neanche il tipo di donna che lui
voleva.
Forse erano stati i suoi occhi così profondi e intensi, la
sua voce così tenera
e melodica, la sua incantevole bellezza a fargli crescere il desiderio
di
averla per sé.
Dentro di lui navigavano sentimenti contrastanti.
Desiderio, confusione e insicurezza.
Desiderio perché la voleva a tutti i costi.
Confusione, per il fatto di non sapere cosa gli stesse accadendo.
Infatti non
riusciva a darsi una spiegazione su come una donna, incontrata una sola
volta,
potesse farlo sentire così confuso.
Insicurezza, per la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato.
Sentiva che
il matrimonio non era la cosa giusta per lei. Oppure era lui che non
sopportava
l’idea che lei sarebbe diventata di un altro.
< No, no, no! Non te la caverai con questa risposta! Comunque ti
volevo
informare che io e Amber abbiamo deciso di fare pic-nic vicino al lago
e poi di
visitare i paesini che circondano la tua contea, visto che questa
è una delle
pochissime volte che vengo a trovarti. >
< Non per colpa mia! >
Replicò don House indirizzando i suoi begli occhioni verso
quelli del cugino.
< Non credo alle mie orecchie per quello che sto per dire: hai
ragione! >
Sospirò don Wilson. Il signorotto non risparmiò
di regalargli un sorriso da
finto tonto.
< Però lo sai che non posso allontanarmi molto spesso
dalla mia contea. Ho
del lavoro da fare, IO! >
Disse sottolineando l’ultima parola.
< Anche questa è colpa tua! >
Scherzò don House.
< Sai, dovresti rilassarti, qualche volta. Goderti la vita!
Invece di dare
brutte notizie a quelle persone che vengono a sapere che hanno pochi
mesi di
vita. Bah, poi non capisco una cosa! Ti ringraziano appena vengono a
sapere di
avere un tumore! Mah, certa gente è proprio strana! >
Jimmy, nell’ascoltare queste parole si diede dei pizzicotti.
Non credeva alle
proprie orecchie che lui, dal carattere impossibile, gli aveva
consigliato di
godersi la vita.
“Qui c’è profumo di agrumi e
cocco!”
Pensò malizioso don Wilson girandogli le spalle e andando a
sedersi al solito
angolino dove era solito ascoltare in silenzio la musica di pianoforte.
******************
Giù dal colle, precisamente in
clinica, tra le file di persone intenti ad aspettare il proprio turno,
infermieri che andavano avanti e indietro, medici che visitavano i
propri
pazienti, chirurgi intenti ad operare, c’era Lisa che seguiva
attentamente il
medico, Jhonn Carter, che l’aveva assunta come tirocinante.
Era il suo primo
giorno di lavoro e ne era onorata. Finalmente si sentiva libera e
indipendente.
D’altronde lavorando là poteva seguire la madre
che era ancore in coma. Era
felice, ma molto stanca. Aveva passato tutta la notte a vegliare la
propria
madre leggendole il suo libro preferito: Vita Nova di Dante Alighieri.
< Ecco fatto. Adesso prenda queste medicine una volta al giorno
e in una
settimana guarirà del tutto. >
Disse il medico appena finito di fasciare la ferita al paziente.
< Grazie, dottore! >
Rispose con sollievo il paziente.
Lisa lo accompagnò fino all’uscita dello studio.
< Allora, le piace il lavoro? >
Chiese il medico con tono pacato e dolce alla giovine dopo aver chiuso
la porta
dello studio.
< Molto, signore! Grazie ancora per avermi dato
l’opportunità di poter
imparare il mestiere del medico. E’ il mio sogno fin da
piccola. >
Rispose la giovine con un tono dolce e sognante.
Il medico sorrise. Entrambi continuarono a ricevere le persone che
aspettavano
il proprio turno e a visitarle.
******************
< Divertitevi e non tornate molto
presto! >
Disse Greg con un’allegria indescrivibile in faccia verso la
coppia che stava
scendendo le scale per raggiungere la carrozza.
< Ti prenderemo in parola! >
Scherzò Jimmy.
Amber, la sua graziosa consorte, si limitò a sorridergli.
< Hey, Amber! >
Gridò molto forte don House per attirare
l’attenzione della donna su di lui.
Amber stava per entrare nella carrozza quando sentì
pronunciare, anzi gridare
il proprio nome.
Sbruffò e si girò, fingendo di sorridere, verso
quella lontana figura sulla
cima della scala.
< Ricordi il nostro patto? Oggi tu con Jimmy, domani lui con me!
>
La donna gli diede un’occhiataccia e con segno di resa gli
fece cenno positivo
muovendo la testa.
Don House si mise a ridere a crepapelle per la vittoria ottenuta
stamattina
all’alba.
Povero Jimmy! Era conteso tra quei due, gli sembrava di essere il
figlio di due
genitori separati e che avevano avuto la custodia congiunta.
Questo era uno degli altri motivi per cui andava a trovare raramente il
cugino.
Ogni donna che aveva amato a Greg non stava bene e finiva sempre con
litigare
con loro su qualsiasi scemenza.
La carrozza finalmente partì.
Don House doveva approfittare della loro assenza e diede ordine al
servo di
sellare il proprio cavallo dal pelo nero lucente.
Sarebbe
andato in paese... e non sarebbe tornato molto presto!
TO
BE
CONTINUED...
L’angolo
di ladyT:
@
Miky91:
Già sono
tremenda con i nomi!!! XDDDD Mi fa piacere che ti piace molto questa
fanfiction
^_^ Grazie mille di seguirmi, kissoni Terry!!!
@
lady_bella:
Grazie mille
per i complimenti *me con le gote rosse* Già, poverino
Manuel!! Che colpa ne
ha!!! Vedremo come la mia testa vuole far progredire la storia... XDDDD
Ce la
metterò tutta! Kiss, Terry ^_^
|
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Capitolo 7 *** Capitolo Settimo ***
Ecco
di nuovo in meno
di due giorni
Ecco in breve il seguito!!!
Spero che vi piaccia...
Buona lettura e nutritemi con i vostri commenti di qualsiasi genere!!!
^_^
CAPITOLO
SETTIMO
Don House entrò in clinica con
la
speranza di vedere l’oggetto del proprio desiderio.
C’era una tale confusione: paramedici che portavano le
persone ferite, medici
che gli andavano incontro per capire il quadro della situazione dei
feriti per
poi condurli alle sale operatorie o alle rispettive stanze.
Pianti di bambini, grida di dolore dei feriti, brusii di persone che
attendevano spazientiti il proprio turno di visita da chissà
quanto tempo.
Infermieri che uscivano dalle camere dei medicinali ed entravano in
sala
operatoria.
Sembrava di vedere il finimondo.
Il signorotto rimase sbalordito nel vedere questo viavai che non ne
voleva
sapere di smettere.
Credeva che sarebbe stato facile trovarla, ma si dovette ricredere.
Fece un respiro di sollievo e s’intrufolò fra
quella marea di gente sperando di
trovarla.
Girò in lungo e in largo, ma ancora nessuna traccia di lei.
Allora decise di uscire da quella mischia. Salì le scale e
si diresse verso il
bar.
Si sedette vicino a un tavolo e ordinò da bere.
“Accidenti che confusione! Chissà dove
sarà?”
< Don House! Che sorpresa! Cosa fate qui? >
Chiese una voce squillante alle sue spalle.
Il signorotto si girò e si trovò di fronte a una
figura femminile con il
copricapo nero.
< Suor Cameron! >
Disse senza enfasi. Non era lei ciò che voleva vedere. Il
suo obiettivo era
un’altra che probabilmente era da qualche parte.
Gli sembrava di essere un ragazzino ossessionato per una ragazza vista
una sola
volta. E questo non gli piaceva.
Cameron si sedette vicino a lui guardandolo con malizia, ma lui non le
rivolse
neanche una briciola di attenzione. Non era mai successo.
< Don House? >
Cercò di attirare la sua attenzione.
< Si? >
Le rispose senza guardarla e fissando quel viavai di gente che
camminava lungo
i corridoi.
< Che vi succede? Vi vedo un po’ strano, oggi! >
Chiese spazientita. Non sopportava che lui non la degnasse di uno
sguardo.
< Cosa stavi blaterando? >
Finalmente sembrò che lui ritornasse nel mondo reale.
< Vi ho chiesto cosa vi prende, oggi! >
Disse poggiando la propria mano sulla sua.
Sentendosi infastidito, il signorotto si distaccò
bruscamente da quel contatto.
Distolse lo sguardo da lei e lo indirizzò verso una figura
così familiare che
stava uscendo dal bagno.
Sorrise nel scoprire che era proprio lei. Senza degnare di uno sguardo
alla
monaca, si alzò dirigendosi verso quella folla dove aveva
intravisto lei.
*********************
Lisa era sfinita, non aveva più
le
forze.
Come primo giorno non si aspettava troppo lavoro. Non aveva neanche
avuto il
tempo di andare a fare una visita alla madre.
Appena uscì dal bagno cominciò a sentirsi molto
debole, non riusciva neanche a
camminare e il respiro iniziò a mancarle.
In quel momento perse conoscenza e, mentre stava per cadere fu sorretta
in
tempo da due solide braccia di un uomo.
La giovine s’inoltrò
nell’oscurità più profonda dove neanche
una calda voce
vagamente familiare era riuscita a farla tornare in sé.
< Lisa! Lisa! >
Quella voce continuava a chiamarla. Lei voleva svegliarsi
completamente, vedere
i suoi occhi e capire chi era quella misteriosa persona che solo la
voce la
faceva sentire protetta e a proprio agio.
Abituandosi lentamente a quella luce così forte,
riuscì ad aprire gli occhi. E
li vide.
Vide degli occhi così profondi, sensuali e bellissimi, color
azzurro come il
suo lago preferito.
Ancora un po’ stordita, si guardò intorno. Non
riusciva a riconoscere il luogo
in cui si trovava, ma poi capì di essere in una di quelle
stanze della clinica.
Vide un giovine uomo in fondo alla stanza intento a strizzare un pezzo
di
stoffa in una piccola tinozza piena d’acqua.
Notò anche che la porta era chiusa e che dalla finestra si
poteva scorgere un
bellissimo sole.
Quando l’uomo si girò, Lisa lo riconobbe.
Si fece prendere dal panico poiché la madre le aveva
raccomandato di stargli
alla larga.
Si alzò di scatto dal letto, decisa a scappare via, ma un
forte capogiro
improvviso le fece perdere l’equilibrio.
*********************
Nel frattempo, don House si era
diretto in un angolo della stanza per prendere un pezzo di stoffa
imbevuta di
acqua da appoggiare sulla fronte della ragazza che stava sul letto
semisvenuta.
Quando però si girò verso quella giovine, la vide
alzarsi di scatto, ma poi
qualcosa nella sua espressione gli fece capire che non ce
l’avrebbe fatta. Con
scatto felino riuscì ad afferrarla prima che lei potesse
cadere a terra.
< Cosa pensavi di fare? >
Le chiese dopo averla stesa sul letto.
Lisa era terrorizzata, non sapeva quali erano le sue intenzioni.
< Ma tu stai tremando! Aspetta che ti prendo una coperta.
>
< No! La ringrazio, signore, ma non ho bisogno della coperta!
>
Disse la giovine afferrando il braccio di lui per non farlo alzare.
A quel contatto il signorotto sorrise. Non era infastidito anzi gli
faceva
piacere.
Inoltre non ricordava che la sua voce fosse così
incantevole, profonda e
melodiosa!
Non aveva mai pensato che tenere una donna tra le proprie braccia lo
avrebbe
fatto sentire tra le nuvole e questo lo spaventava molto.
Prima, quando l’aveva tenuta tra le proprie braccia, non
aveva intenzione di lasciarla
andare.
Aveva provato, per quella giovine, un senso di protezione che andava
molto al
di là del semplice desiderarla.
*********************
Era ormai un’ora che guardava
dormire
quel piccolo raggio di sole. Guardava il suo petto che si abbassava, le
sue
gote quasi imporporate, le sue labbra curvate in un sorriso appena
accennato.
Cosa gli aveva fatto quella graziosa ragazza?
Come riusciva a farlo essere così diverso da quello ce era
sempre stato?
Continuando a fissarla, immerso nei pensieri, si accorse che quel
piccolo
angelo si stava svegliando.
Lisa, per la seconda volta si svegliò vedendo due profondi
occhi azzurri che, a
loro volta, la stavano guardando.
Questa volta però non si sentiva terrorizzata, anzi si
sentiva a proprio agio.
Nonostante le raccomandazioni della madre, si sentiva al sicuro con
quell’uomo
che adesso era seduto a fianco e di fronte a lei.
Tutto questo era sbagliato.
Sentirsi protetta da un uomo che avrebbe dovuto farle più
paura.
Ma non riusciva a distogliere i propri occhi grigi da quelli azzurri di
lui.
Improvvisamente il signorotto sembrò tornare nel mondo reale.
< Perché mi stai fissando? >
Chiese con tono beffardo.
In realtà sapeva benissimo che era lui a fissarla, ma non
poteva ammetterlo,
anzi non voleva.
< Cosa dite? Siete voi che mi state fissando! >
Lisa non sapeva da dove veniva fuori tutta questa sua sfrontataggine.
Il signorotto sorrise nel vedere la sua espressione imbronciata.
< Hey, Lisetta! >
Una voce maschile molto preoccupata s’intromise tra loro.
< Stai bene, tesoro? Ho appena saputo cosa ti è
successo e sono corso da te!
>
Un ragazzo dai capelli biondi entrò avvicinandosi alla
propria amata.
< Oh, Manu! Sto bene, è tutto a posto. >
Ecco che l’incanto di quel momento era stato spezzato!
Greg si alzò bruscamente dal letto e sentendosi come un
fantasma, visto che
loro stavano parlando come se lui non ci fosse, si diresse verso
l’uscita della
camera.
Si fermò un attimo all’uscio della porta e si
girò a guardare quella coppietta.
Nel vedere che Manuel accarezzava il volto di Lisa, le mani gli si
strinsero a
pugno fino a che le nocche non diventavano bianche. Solo a vederla
parlare e
sorridere con Manuel lo infastidiva. Tentò con tutte le
forze di contenere le
proprie emozioni che provava in quel momento. Distolse lo sguardo per
qualche
secondo da quel dolce volto di lei che anche di notte lo vedeva nel
buio della
camera.
Doveva assolutamente riacquistare e prendere il controllo di
sé, il controllo
delle sue emozioni.
Era troppo complicato, ma doveva assolutamente farlo.
Sospirò e volse le spalle a quella coppia. Con passo deciso,
si avviò verso
l’uscita della clinica.
Sorrise.
“Vedremo Tramezzino! Presto lei sarà
mia!”
TO
BE
CONTINUED...
L’angolo
di
ladyT:
@
Miss_Sunshine:
Grazie per i
tuoi meravigliosi commenti!!! Spero che questo sia di tuo gradimento e
alla
prossima!!!Kiss, Terry ^_^
|
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Capitolo 8 *** Capitolo Ottavo ***
Eccomi
qua con il nuovo capitolo.
Vi avverto che questa scena ha il rating giallo!!!
Spero che vi piaccia e alla prossima settimana
^_^
CAPITOLO
OTTAVO
Luna piena in alto nell’immenso
cielo
scuro privo di nuvole grigie e illuminato da tantissime e coloratissime
stelle.
Tutto era tranquillo, il paesino sembrava dormire beatamente come un
bebè che,
dopo tanti capricci e pianti, si lasciava trasportare nel mondo dei
sogni.
Le stradine che collegavano il paesino con le altre contee intorno
erano vuote
e prive di anima viva.
Nel bosco si poteva udire delle vocine melodiche e dolci simile a
un’orchestra
formata dal pianoforte, violino e arpa. Sembrava che cantasse una ninna
nanna.
Il lago era tranquillo e si lasciava cullare da quella dolce melodia.
Tutti erano nel mondo dei sogni, ma non proprio tutti!
Si sentivano delle voci di due persone chiuse in una stanza buia,
precisamente
nel luogo sacro della clinica.
Tutte era buio, solo delle candele illuminavano in modo flebile quella
stanza.
< Devi credermi che quell’uomo non ti merita affatto!
Però in un modo o
nell’altro mi sento in dovere di ringraziarlo
perché mi ha lasciato porta
aperta. >
Disse l’uomo avvicinandosi a quella figura femminile.
Cominciò ad accarezzarle la guancia con la leggerezza di una
piuma.
La donna rimase immobile, priva di respiro, con il petto dolorante a
causa dei
battiti accelerati del cuore mentre sentiva nel proprio corpo dei
brividi di
caldo.
< Voglio dimostrarti quanto ti apprezzo! Al contrario di lui!
>
Continuò a parlare quell’uomo.
La sua voce sensuale faceva fremere di passione e quello che le stava
dicendo
la faceva sentire al settimo cielo.
Rimasero in silenzio lasciando che i loro occhi parlassero. Le loro
distanze
cominciarono ad accorciarsi sempre di più finché
i loro nasi cominciarono a
sfiorarsi. Lentamente le palpebre chiusero le tende lasciando gli occhi
al buio
e le loro labbra iniziarono a toccarsi fuggevolmente.
All’inizio con tanta delicatezza poiché lui voleva
che lei si rilassasse e si
sentisse a proprio agio.
La donna capì le intenzioni di lui. Gli mise le braccia
intorno al collo
invitandolo ad approfondire il bacio.
< Ehm... >
Si distaccò lentamente da quel bacio e appoggiò
la propria fronte alla sua
cercando di attirare la sua attenzione. Entrambi erano presi dalla
passione e
respiravano con affanno.
< Dimmi... >
Rispose lei, sollevando la testa in modo che lui vedesse il desiderio
che
brillava nei propri occhi.
< Mi stai concedendo l’onore di far scendere la zip
del tuo abito dietro la
schiena? >
La donna sorrise di luce propria.
Dopo aver fatto scendere la zip, appoggiò le mani dietro la
schiena e
delicatamente fece scivolare quell’abito molto lungo.
Lei si lasciò trasportare dalla meravigliosa sensazione
delle mani di lui che
le accarezzava la schiena ormai priva di abito e della vestaglietta.
Per alcuni momenti lei non fece nulla, voleva godersi
quell’intimità e il
piacere che lui sembrava trarne.
L’uomo si fermò un attimo e la guardò
sorridendo.
< Tocca a te l’onore di togliere i miei vestiti!
>
Disse accarezzandole la guancia.
< Voglio sentire le tue delicate mani su di me. >
La giovine desiderava ardentemente toccarlo.
Senza pensarci due volte, cominciò a togliere il suo
mantello marrone scuro e
aprì la fila di bottoni della sua camicia nera desiderosa di
denudare il suo
petto, le spalle, le braccia, di guardarlo e di sentire il calore del
suo corpo
vicino al proprio.
Il cuore cominciò a battere all’impazzata, il
respiro accelerò sempre di più
quando le mani iniziarono a toccare i suoi muscoli e il suo petto
coperto di
piccoli peli biondi.
< Togliti il copricapo da monaca! >
Le disse continuando a baciarla ardentemente.
La donna tolse anche il copricapo e i capelli cominciarono a
sciogliersi da
quell’acconciatura strana.
< Adoro tutto di te! >
Sussurrò dolcemente e avidamente.
< I tuoi morbidi capelli... >
Disse infilando le proprie dite tra quelle ciocche di capelli.
< ... la tua pelle delicata come la seta... >
Allontanò le labbra da quelle di lei tracciando una linea
immaginaria dalla
guancia all’orecchio facendole provare mille brividi di
piacere.
< ... tutto di te è bello! >
Esclamò facendo un profondo respiro di soddisfazione.
I due sorrisero. La donna lo avvolse nel suo abbraccio e lo
baciò con tanta
passione.
Lui, senza sforzo, la sollevò da terra e la fece sdraiare
sul tappeto rosso che
dalla porta d’entrata arrivava fino alla base del tavolo dove
il prete era
solito dire la messa.
Finì di spogliarla. Osservò con intenso
apprezzamento il suo esile corpo nudo e
poi si liberò di quello che rimaneva dei propri vestiti.
In quell’attimo il proprio essere gentiluomo svanì
cedendo il posto a un
guerriero primitivo e possente.
Si mise sopra il suo esile corpo e rimase sospeso su di lei, stringendo
le sue
mani e appoggiandosi alle braccia e alle ginocchia.
Avvicinò la propria bocca su quella di lei baciandola
focosamente.
La donna si sentì tremare, era la prima volta in vita sua.
Si sentì sciogliere al contatto del suo corpo con il proprio
senza provare
alcun desiderio di combatterlo anzi le piaceva lasciarsi fondere con
lui,
perdersi in lui.
Peccato che l’aprire di una porta e il penetrare di una luce
abbagliante
interruppe quel momento.
I due si staccarono velocemente coprendosi con gli abiti senza aver il
tempo di
vestirsi.
Tra quella luce abbagliante apparve una figura femminile.
< Lisa?!? >
Escalmò la donna sorpresa di vederla e di essere scoperta.
< Suor Cameron?!? >
Esclamò la giovine spalancando gli occhi nel vedere la
monaca nuda con
quell’uomo anch’esso nudo...
TO
BE CONTINUED...
A
voi il verdetto...
L’angolo
di ladyT:
@
Miss_Sunshine:
Hello! Mi fa piacere che ti è piaciuto i capitolo precedente
^_^ Ehm, la verità
che Manuel è un personaggio di mia fantasia, spero che ti ho
tolto il dubbio...
Spero che ti piaccia e grazie di seguirmi in questa follia Huddy!
Forever!!!
^_- Kiss, Terry.
|
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Capitolo 9 *** Capitolo Nono. ***
Hola
à todos!!! ^_^
Eccomi
con un’altra avventura! Chi sarà il misterioso
uomo della notte? Sta
a voi scoprirlo!
Mi
raccomando, recensite!!! Vi supplico!!! Voglio sapere le vostre
opinioni
e specialmente anche le critiche costruttive!!
Pronte?
1
2
3
GO!
CAPITOLO
NONO
Il lungo viale dei giardini era colmo
di persone che passeggiavano allegramente in compagnia dei propri cari.
Il tempo era strepitoso. Il sole illuminava le belle rose selvatiche e
le
tantissime varietà di fiori con una luce non molto violenta.
Non c’era traccia di una nuvola in cielo. Un piccolo
venticello allegro
accarezzava le foglie dei cespugli e degli alberi.
Nugoli di farfalle variopinte volavano spensieratamente di qua e di
là e, di
tanto in tanto, si posavano confondendosi con quei fiori coloratissimi.
Una fila di rose rosse s’accendeva tra il verde monotono dei
cespugli.
E quel silenzio piombava tra le ombre degli alberi e tutto era
tranquillo e
spensierato in quell’angolo dov’era seduta quella
giovine Lisa.
Sembrava che stesse godendo quella pace ascoltando i piccolissimi
rumori però
piacevoli che si potevano udire ad orecchio attento.
Un’espressione triste e
confusa sul volto iniziò a farsi notare.
Non riusciva ad eliminare dalla testa ciò che aveva
assistito ieri notte. Era
troppo irreale per essere vero.
Aprì gli occhi lentamente poiché non riusciva a
rilassarsi. Nell’aprirli vide
un’esile figura femminile da lontano. Non riusciva a cogliere
quell’immagine
poiché era circondata da quella forte luce solare.
Quando questa figura si avvicinò sempre di più,
l’immagine si fece più chiara.
La giovine spalancò gli occhi nel riconoscerla.
< Suor Cameron?!? >
Esclamò con tono distaccato e freddo.
La monaca, con espressione dispiaciuta, si sedette vicino a lei.
< Lisa, mi spiace per ieri notte! So che non dovevo! >
Disse con voce umile e dispiaciuta.
Appoggiò le proprie mani su quelle della giovine e le
accarezzò.
Infastidita e disgustata, la ragazza si distaccò da quel
contatto e puntò gli
occhi diritti a quell’orizzonte ove si poteva vedere delle
catene di montagne e
dei fiumi che scendevano a valle.
Un venticello sfiorò, quasi come una carezza, il suo candido
viso facendo
ballare qualche ciocca dei suoi morbidi capelli.
< Ti prego, Lisa! Parlatemi! Dite qualsiasi cosa, ma non restate
muta! Per
favore!!! >
Supplicò la monaca infastidita da quel silenzio che si era
fatto pesante.
La giovine roteò gli occhi per aria e si lasciò
andare allo sfogo:
< Questo non dovevate farlo! Non provate vergogna? >
Espressione schifata e aspre parole uscivano dalla sua bocca.
La monaca sospirò profondamente. Se l’aspettava
questo rimprovero, dopotutto
aveva commesso un terribile peccato mortale.
< Avete ragione! Non dovevo farlo! Ma chi siete voi per
giudicarmi? Non
conoscete la mia storia, quella vera! >
Il suo tono si fece severo, ma alla giovine non le interessava.
< Ah, davvero? Perché non la raccontate? >
Rispose con tono ancora più grave, quasi urlando.
La suora rimase sbalordita. Non aveva mai visto una persona rivolgerle
in quel
modo. Inoltre era stupita nel vedere i suoi occhi. Erano molto
arrabbiati,
delusi e amareggiati. Non riusciva neanche a penetrare dentro quegli
occhi
grigi birichini, come una bambina, per scorgere quei pensieri innocenti
di
ragazza. C’era un qualcosa , una specie di scudo, che
rifiutava ogni suo
contatto visivo.
In quel momento si sentì fragile, indifesa e sola.
Sospirò profondamente e, con coraggio, aprì quel
baule segreto che aveva
nascosto e mai aperto in fondo al cuore.
< Il mio vero nome è Mary Sally Allison Vartan,
figlia del conte francese
Vartan e della contessa inglese Cameron.
Fin dalla nascita giocavo con le bambole vestite da monaca e le mie
letture
erano tutte di genere religioso. A sei anni entrai in un monastero dove
ricevetti un’educazione religiosa. Quando poi diventai
più grandicella mi
ribellai al volere dei miei genitori poiché non volevo
diventare monaca.
Così decisi di ritornare dalla mia famiglia. Però
mio padre non mi degnava di
uno sguardo, neanche una parola per me, era come se fossi diventata un
fantasma
in quella famiglia.
Così, disperata, scrissi una lettera a mio padre con su
scritto che avrei
espresso il suo desiderio.
Da quel momento tutti mi coccolavano, viziavano e mi davano attenzione.
A quel punto, controvoglia, ritornai al monastero e, dopo aver superato
una
prova psicologica dal padre guardiano, diventai suora per sempre. In
quel
momento Mary Sally Allison Vartan svanì e decisi di farmi
chiamare Suor Allison
Cameron come il nome di mia nonna e il cognome di mia madre.
Non sapete cosa ho provato nel corso di tutti questi anni. Odio per la
mia
famiglia, invidia per gli innamorati e insoddisfazione per la mia vita!
Poi col
passare del tempo, un incontro segnò la mia vita: conobbi
nel luogo sacro della
clinica un uomo. Stava lì inginocchiato con la fronte
appoggiata allo schienale
di una di quelle panchine e piangeva. Così mi avvicinai per
consolarlo. >
Si fermò un momento per prendere respiro.
< Non sapete quanto avrei desiderato essere te, il matrimonio, i
figli, la
vecchiaia con il proprio amato! Se potessi tornare indietro, sarei
scappata
dalla mia famiglia! >
Esclamò con voce labile e flebile. Non riuscì a
trattenere le lacrime e pianse
a dirotto.
Era la prima volta, dopo tanto tempo, che aveva affrontato
quell’argomento e
non credeva che le avrebbe fatto davvero molto male.
Lisa, distolse lo sguardo dai quei meravigliosi fiori e da quel
piacevole
panorama e lo indirizzò al viso di lei ormai fradicio di
lacrime.
Lentamente sollevò entrambi le braccia e rimase per una
frazione di secondo
imbambolata. In quella frazione di secondo era indecisa se ascoltare il
diavoletto che le sussurrava di non farlo o l’angioletto che
le consigliava il
contrario.
Ma poi il suo istinto prevalse sulla ragione e
l’abbracciò affettuosamente.
< Perdonatemi se vi ho giudicata! Non sapevo di questa tua
storia. Ho sempre
creduto che diventare monaca fosse la scelta volontaria e non la scelta
obbligatoria. Mi dispiace tanto! >
I due rimasero abbracciate come sorelle.
Suor Cameron continuava a versare piogge di lacrime e la dolce Lisa la
consolava.
< So che quello che hai visto non dovevo farlo! Ma lui mi
attrae! >
Cominciò a proferire parola ispirando, di volta in volta, le
lacrime che
volevano uscire tramite il naso.
Lisa si distaccò dall’abbraccio di lei e
tirò fuori dalla tasca della gonna
lunga un fazzoletto di lino bianco con gli angoli decorati di
fiorellini e lo
porse alla monaca.
Allison prese dolcemente quel fazzoletto e la ringraziò.
< Ogni volta che lo vedo sento nella mia testa il rimbombo di
campane a
festa, un dolore acuto al petto a causa di battiti acellerati del cuore
e poi
sento che l’aria comincia a mancarmi... >
Non riuscì a completare ciò che voleva dire
poiché la giovine cominciò a dirle
qualcosa.
< Ssshhhh, non mi dovete spiegare nulla! Certo che quando vi ho
vista nuda
con lui! Proprio lui!! >
Esclamò Lisa guardandola un po’ storta.
< Lo conoscete? >
Domandò, curiosa e sorpresa, la monaca.
< Certo che lo conosco e, purtroppo molto bene!
Quell’uomo che avete passato
una notte proibita è Robert Chase, cugino di primo grado del
mio promesso
sposo! >
La monaca rimase sbalordita. Non credeva alle orecchie che Robert era
il cugino
di Manuel!
Incredibile per quanto grande poteva sembrare il mondo invece era molto
piccolo.
< Però non è persona molto fidabile...
>
Concluse la giovine.
*********
Dall’altra parte, in una locanda stracolma di persone che
bevevano, mangiavano
e ridevano, c’era un gruppo di uomini che parlavano in modo
furtivo e
sospettoso.
< Ragazzi, questo è il malloppo che vi
darò appena avete svolto il compito
da me assegnatovi! Altra cosa, fate in modo da sembrare che Lisa Cuddy
si sia
suicidata e acqua in bocca! >
Un uomo dai capelli biondi, mantello marrone e scarpe nuove di zecca,
stava
dando ordini ai suoi dipendenti.
< D’accordo don Chase! Faremo ciò che lei
ha detto. >
Rispose un giovine dai capelli neri, occhi nocciola e vestito da
semplice
contadinotto.
Don Chase sorrise malignamente e con passo da militare si
avviò verso l’uscita
della locanda.
< Wow, con quei soldi potremo vivere bene! >
Esclamò un altro giovine dai capelli rossi, occhi verde
smeraldo e circondati
da lentiggini.
< Ssssshhhh, ha raccomandato massimo riserbo, idiota! >
Disse l’uomo dai capelli neri dandogli uno scappellotto in
testa.
Vero che nella locanda c’era un brusio di voci accavallate e
non si poteva
udire bene quello che loro dicevano, però non si accorsero
che proprio dietro
le loro spalle c’erano due persone che avevano udito tutto
dalla A alla Z.
Uno di loro, dalla rabbia e preoccupazione, si alzò di
scatto.
< Che fai, Greg? >
Domandò perplesso il cugino alzandosi a sua volta.
< Devo andare al lavoro! E’ urgente! Pedala! >
Ordinò con tono serio e spazientito.
I due pagarono le loro ordinazioni e si diressero verso il loro
castello.
Chissà cosa aveva da sbrigare così urgentemente,
lui che odiava lavorare...
Verdetto?
*me che apre l'ombrello in attesa di
ricevere qualsiasi
ortaggio lanciato da voi*
L’angolo
di ladyT:
@
Miss_Sunshine:
Davvero? *_______________* Grazie!!! Spero che questo chap in qualche
modo ti è
piaciuta... Alla prossima avventura. Kiss, Terry ^_^
|
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Capitolo 10 *** Capitolo Decimo ***
Hola
à todos!!!
Ecco in arrivo un nuovo capitolo più lungo del solito.
Spero che sia di vostro gradimento.
Mi raccomando fatemi sapere ciò che ne pensate !!!!
CAPITOLO
DECIMO
< Tesoro, sai che ti desidero
tanto, vero? >
Sorrise l’uomo dai capelli biondi completamente nudo.
Massaggiava, con le mani, la schiena della sua amante proibita.
Entrambi erano completamente nudi, lei che era di spalle a lui e si
godeva quel
massaggio così provocante.
Avevano passato un’altra notte proibita al solito posto.
La donna si girò e gli diede delle occhiate maliziose
partendo dal basso e
lentamente salendo verso l’alto fino a scrutare quei
meravigliosi occhi blu
cielo.
Nel vedere il suo sorriso così luminoso, le venne
l’impulso di baciarlo.
I due si fecero prendere dall’avida passione di fondersi in
una sola anima. Lei
sopra di lui e viceversa. Si lasciarono cullare in quella armoniosa
danza a
luci rosse.
Ad un tratto, lui si mise sopra di lei e, con le mani che stringevano
le sue,
si distaccò da quel bacio e si perse nei suoi profondi occhi
di bambina.
I due si guardarono con il respiro accelerato e il cuore che batteva
all’impazzata.
Lei, siccome era vincolata nel movimento poiché lui stava
sopra di lei e teneva
ferme le mani, alzò solo la testa avvicinandosi alle sue
invitanti labbra e le
sfiorò invitandolo ad approfondire il bacio.
Lui rimase impassibile al suo invito.
La donna capì che probabilmente lui doveva chiederle
qualcosa.
Lo intuiva sempre ogni volta che lui assumeva un atteggiamento poco
interessato
a ciò che lei voleva fare.
Probabilmente era qualcosa di brutto. Le era successo anche in passato
quando
cinque anni fa le aveva chiesto di fare qualcosa di veramente grosso:
essere la
sua complice nell’uccisione di don Jack!
Don Jack era il suo primo amore durato un’anno! Accadde che,
una notte
stellata, lui, che era solito viaggiare per affari, tornò
dal viaggio in
anticipo e, desideroso di vedere la sua amante segreta, andò
nel convento di
lei. Nell’aprire la porta della camera trovò una
terribile sorpresa: Allison
nuda sopra il corpo nudo di don Chase! Quest’ultimo, per
paura che lui andasse
a spettegolare in giro e rovinasse la reputazione, organizzò
un piano per
ucciderlo facendosi aiutare da Allison.
Così in una notte buia e tempestosa, lo uccisero e lo
seppellirono sottoterra
in un bosco molto lontano da quel paesino. Dopo qualche anno scoprirono
il
corpo, ormai consumato, e non riuscirono a trovare il colpevole,
così rimase un
caso irrisolto.
Lei si portò sempre quel rammarico e non riusciva a
perdonarsi!
< Ok! Vedo che hai voglia di parlare! Dimmi cosa si tratta!
>
Don Chase sorrise di luce propria.
Dio, quanto la faceva impazzire quella donna!
Fu tentato di darle un altro appassionato bacio, ma lei si
distaccò dalle sue
labbra, curiosa e impaziente di sapere ciò che lui aveva da
dirle.
< Allora, è semplice! Ciò che voglio dirti
è di essere mia complice e di
aiutarmi a trascinare fuori dalla clinica Lisa facendole prendere la
strada di
casa e al resto ci penseranno i miei schiavotti! >
Disse distaccandosi dal contatto con il suo esile corpo ancora caldo e
andando
a prendere i vestiti.
A quella proposta, Allison rimase scioccata!
Poteva aspettarsi di tutto, ma questa proprio non se la aspettava!
L’idea di non veder quella leggiadra giovine girovagare per
tutta la clinica,
di non poter più parlare con lei, la spaventava di brutto.
Ucciderla solo per quell’imprevvisto accaduto la scorsa notte
era insensato.
Cercò in tutti i modi di fargli cambiare idea, ma nel
sentire che diceva che
avrebbe troncato questo rapporto per sempre, controvoglia, dovette
tacere e
diventare, per l’ennesima volta, complice di lui per un altro
delitto.
I due finirono di vestirsi e uscirono dalla chiesetta della clinica
senza
neanche degnarsi di uno sguardo in modo da far sembrare agli occhi dei
passanti
due perfetti sconosciuti.
“ Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore fecemi le divina protestate
la somma sapienza e il primo amore
dinanzi a me non fuor cose create se non etterne
e io etterno duro
lasciate ogni speranza voi ch’entrate...”
Si fermò un attimo per prendere respiro.
Massaggiò gli occhi che le bruciavano
tanto. Erano tre notti che non riusciva a dormire. Dalla mattina fino
alla sera
si dedicava alla clinica e di notte badava a sua madre che giaceva
ancora
addormentata sul letto.
In quel momento la porta si aprì lentamente.
< Posso parlarvi, Lisa? >
La giovine allontanò quelle dita che stavano massaggiando
gli occhi e aprì le
palpebre. Inizialmente vedeva una figura sbiadita, ma poi
quell’immagine
cominciò ad essere sempre più chiara e limpida
come l’acqua.
< Ah, siete voi, suor Cameron! >
La monaca, con la mano, le fece il segno di venire fuori in modo da non
recare
disturbo, seppur in coma, la madre delle giovine.
Lisa si alzò, posò il libro della
“Divina Commedia” sul comodino. Si
avvicinò a
sua madre curvandosi un po’. Le strinse la mano, ancora
tiepida, e le diede un
bacino sulla fronte.
Le due donne uscirono dalla stanza e si sedettero su una di quelle
panchine di
legno che si trovavano lungo i corridoi.
Cominciarono a parlare un po’ di tutto.
Lisa parlava del lavoro, di come ne era felicissima, dei pazienti che
aveva
curato, delle simpatiche infermiere che sapevano tutto di tutti e ne
spettegolavano tra di loro, dei meravigliosi chirurgi dalle mani fermi
e da
un’incredibile capacità di risolvere gli
imprevisti che potevano succedere alla
sala operatoria. I suoi occhi brillavano ogni volta che parlava di
questo argomento.
Improvvisamente smisero di brillare e Allison, preoccupata, la
spronò a parlare
di ciò che la preoccupava di più.
< Sono tre notti che non esco da questa clinica! Dopo pranzo
sono riuscita
finalmente a trovare un po’ di tempo per andare a casa! Non
sai che sollievo
tornare in quella casa! Mi sono fatta un bel bagno nella tinozza, ho
lavato i
miei capelli, ho cambiato i vestiti. Però dovevate vedere in
che condizioni era
quella casa! Sembrava disabitata da chissà quanti millenni!
Con il lavoro che
occupa me e papà, quella casa rischia di essere abbandonata!
Come vorrei avere
un po’ di tempo per accudirla e rimetterla a nuovo! E dormire
nel mio bel
lettone! >
Sospirò profondamente. Dio quanto le mancava quella casa!
Chiuse le palpebre e avvicinò le dita a loro massaggiandole.
La monaca, nel vederla molto stanca e assonnata, fu assalita dai dubbi.
Sembrava molto confusa sul da farsi. Da un lato c’era il
diavoletto che la
spingeva a farlo, dall’altro l’angioletto che le
consigliava il contrario.
Dopo tanto pensare, decise di seguire il cuore.
< Lisa, siete così stanca! Perché non
andate a casa a riposarvi? Informerò
il dottor Carter che non ci sarai domani e baderò io a
vostra madre! >
Disse accarezzando la sua schiena dolorante.
Lisa rimase sbalordita da quella richiesta. Non se
l’aspettava!
Era indecisa se approfittare di quella richiesta che tanto la attirava
o di
rifiutarla.
Dopo essersi soffermata a pensare quella richiesta, decise di
accettarla.
Le due donne si alzarono e si abbracciarono.
< Grazie mille, suor Cameron! Tornerò verso sera a
vedere mia madre, dopo il
turno di mio padre!
Mi raccomando, ogni tanto state vicino a mia madre leggendola, a voce
alta,
quel libro che sta sul comodino. >
Suor Cameron rimase stupita che la giovine aveva accettato senza
esitare e
molto dispiaciuta al pensiero che lei sarebbe rimasta impigliata nella
ragnatela del proprio amante.
Entrando nella camera della madre di Lisa, la prima cosa che fece fu
quella di
correre verso la finestra.
Quando vide Lisa uscire dalla clinica e attraversare quel meraviglioso
giardino
illuminato da piccole lucciole, le venne l’impulso di
avvertile del pericolo.
Aprì la finestra e gridò.
< Lisa! Lisa! >
La giovine, sentendo gridare il proprio nome, si girò e vide
Allison affacciata
alla finestra.
La monaca stava per avvertirle del pericolo che sarebbe andata
incontro, ma si
bloccò.
Era come se non riuscisse a sconfiggere quel diavolo dentro di
sé.
< Volevo solo raccomandarvi prudenza! >
La salutò e si congedò andandosi a sedere vicino
al letto di quella donna che
giaceva addormentata e cominciò a leggerle quel libro.
Lisa, dopo averla salutata, si avviò verso casa.
Era tutto estremamente buio, la strada sembrava non finire mai.
La giovine camminava adagia adagia tra quei folti alberi neri che
parevano dei
troll dagli occhi infuocati e dai denti aguzzi. Aveva tanta paura. Era
la prima
volta che camminava sola per quella stradina e, per giunta, a notte
fonda.
Finalmente sentì da lontano un rumore a lei molto familiare
e che le era
mancata molto: il lago.
Sembrava cantare una ninna nanna in modo da rilassarsi e non pensare a
quelle
strane sagome che solo di notte si facevano vive.
Lisa, a quel suono, si rilassò e, nel vedere una carrozza
ferma in quella
stradina, fece un respiro di sollievo. Riprese tranquillamente il
cammino e,
man mano che si avvicinava a quella carrozza, vide un uomo sdraiato a
terra,
sofferente.
< Vi serve aiuto, signore? >
Domandò avvicinandosi a quell’uomo che sorreggeva
il compagno sofferente.
Al buio, la giovine faceva fatica a vedere i loro volti.
< E’ solo mal di stomaco! Deve aver mangiato roba
avariata che lui ordina
per curiosità di assaggiarli! Comunque grazie, signorina!
D’altronde ci avete
semplificato il lavoro! Grazie! >
La giovine si stupì dell’ultima frase, ma non fece
in tempo a scappare che
l’altro compagno, il più alto tra di loro,
l’afferrò, d’improvviso, per la
vita.
Sentendosi vincolata nel movimento, la giovine lanciò un
urlo.
L’uomo, che la teneva stretta, la sollevò da terra
però non riuscì a metterla
nella carrozza poiché la giovine non faceva altro che
muovere la testa in
entrambi le direzioni e giocherellava con le gambe colpendo le proprie
ginocchia.
L’altro compagno, quello che fingeva di star male,
afferrò le gambe di lei e
legò, con la corda, le caviglie.
< Cosa fai? Il capo ci ucciderà se la consegniamo
legata come un agnello!
>
Quando quello finì di legare sia le caviglie che i polsi, lo
aiutò a farla
mettere nella carrozza.
< Se non la legavamo, quella era capace di farci fuori in un
secondo e di
fuggire, e allora si che il capo ci avrebbe ucciso! >
Rispose regalandogli un sorriso soddisfatto di se stesso.
L’altro compagno, il più basso, sorrise pensando a
quelle strane idee che solo
a lui venivano.
Si congedò da loro due e si mise al posto del guidatore.
I due, che erano dentro, cercavano in tutti i modi di tranquillizzare
la
giovine che non faceva altro che gridare.
< Su, calmatevi! Non vogliamo farvi del male! >
La ragazza lanciò un altro urlo, però questa
volta ancora più acuto di prima.
D’improvviso Lisa smise di urlare poiché uno di
loro le tappò la bocca con il
fazzoletto.
< Ah, finalmente! Poveri i miei timpani! >
Esclamò quello più alto.
I due chiusero lo sportello e ordinarono al guidatore di partire.
Il guidatore frustò leggermente i quattro cavalli e la
carrozza partì.
Durante il tragitto, Lisa attraversava le ore più angosciose
della sua vita.
Aveva gli occhi spalancati dalla paura e allo stesso tempo curiosa di
sapere
cosa le avrebbe riservato il destino.
Non si perse d’animo, si fece coraggio e cercò di
sciogliere i nodi della corda
che legava i polsi. Mentre quei due si erano persi nel mondo dei sogni
con la
testa curvata all’indietro e la bocca aperta,che di tanto in
tanto usciva un
russare fastidiosissimo, Lisa si occupò sciogliere i nodi
della corda che
legava i polsi e alla fine ci riuscì. Tolse il fazzoletto
dalla bocca e slegò
anche le caviglie.
Si alzò senza fare un minimo rumore però,
purtroppo, i vari sassolini presenti
in quella stradina fecero barcollare un po’ la carrozza e di
conseguenza la
giovine andò a sbattere contro lo sportello facendo rumore.
Lisa cercò
velocemente di aprire lo sportello e di saltare fuori dalla carrozza,
ma due
braccia l’afferrarono nuovamente per la vita e altre due
braccia pronte a
legare sia le caviglie che i polsi.
I due facevano di tutto per tranquillizzarla, ma invano. Continuava ad
agitarsi
ed a urlare.
Poi, d’improvviso, sembrava che si fosse calmata e quello che
la teneva molto
stretta alla vita, allentò le braccia e lasciò
libero il suo grazioso corpo.
La giovine a stento riusciva a stare in piedi e, inoltre, faceva fatica
a
tenere gli occhi aperti.
Cominciò a vedere quei due loschi individui in modo
offuscato, sembrava di
vedere due figure che ondeggiavano tra di loro e che si moltiplicavano
ininterrottamente.
Il suo viso si fece di un colore bianco pallido, le labbra di un rosa
chiarissimo e il respiro cominciava a mancarle.
Non si resse più in piedi e svenne nel buio più
totale.
Uno di loro si avvicinò a lei. Afferrò
delicatamente il suo polso e con il
pollice misurò i battiti cardiaci.
< E’ solo svenuta! >
I due misero la giovine in posizione coricata sul sedile e la
lasciarono
dormire.
Intanto la carrozza attraversò il fitto e denso bosco e
s’immerse in una
stradina mal ridotta.
Nonostante la carrozza traballava un po’ a causa delle
presenze di sassolini
sulla stradina, la giovine non si svegliava.
I due, seduti di fronte a lei, la guardavano senza mai spostare la
vista da
un’altra parte . Erano preoccupati! Avevano promesso al capo
che l’avrebbero
portata viva e vegeta.
Ogni volta che vedevano il petto di lei gonfiarsi e sgonfiarsi, si
sentivano
sollevati. Avevano la certezza che era viva e che stava solo dormendo,
probabilmente profondamente a causa della stanchezza e dello sforzo di
urlare.
Passò un po’ di tempo, la povera Lisa
cominciò ad aprire gli occhi e a
risentirsi.
La paura l’assalì quando fece fatica a distinguere
degli oggetti alquanto
strani che la circondavano. Si accorse di essere in un bel lettone
morbido con
delle lenzuola bianca come seta appena lavate e che emanavano un
odorino
invitante: lavanda.
Cominciò a ricordarsi della sua terribile avventura avuta
con quei tre loschi
individui prima dello svenimento.
Approfittò del fatto di essere sola in quel momento ed
escogitò la fuga. Vide
una grande finestra che si affacciava al balcone e si alzò
di scatto dal letto.
Come cominciò a girare la maniglia della finestra, una voce
puramente familiare
la sorprese alle spalle:
< La maniglia non funziona! >
La giovine sentendosi scoperta, si girò lentamente con la
tremarella addosso,
per vedere chi fosse il suo rapitore.
Nel vederlo, rimase sbalordita:
< Don House?!? >
TO BE CONTINUEND???
Citazione del 3° Canto dell'Inferno de "La Divina
Commedia":
"Per
me si va nella città dolente,
per me si va nell’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore fecemi le divina protestate
la somma sapienza e il primo amore
dinanzi a me non fuor cose create se non etterne
e io etterno duro
lasciate ogni speranza voi ch’entrate...”
E'
scritta da Dante Alighieri ed appartiene solamente a lui e di
nessun'altro.
L’angolo
di ladyT:
@ Miss_Sunshine:
Mi fa piacere
che ti sia piaciuto il capitolo precedente!!! Mille grazie per seguirmi
in
questa follia Huddy!!! Kiss, Terry ^_^
|
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Capitolo 11 *** Capitolo Undicesimo ***
Eccomi
quaaaaaa!!!
OMG!!!
E’
passato quasi un mese... urge rimedio!!!
Purtroppo
per vari impegni e e ferie ho avuto poco tempo per
postare l’undicesimo chap!!!
Scusatemi
tanto!!!
Spero che sia di vostro gradimento, sperem sperem!!
Pronte?
1
2
3
GO!!!
CAPITOLO
UNDICESIMO.
< Don House?!? >
Esclamò sorpresa la giovine nel vedere un uomo vestito con
pantalone di un
marrone molto scuro e una camicia nera e, sopra le clavicole, si
vedevano delle
specie di bottoni che tenevano fermi i margini del mantello molto lungo
e nero.
Non credeva alle proprie pupille che lui stesso aveva organizzato
questa
messinscena.
< In carne ed ossa, piccolo Raggio di Sole! >
Don House indietreggiò un pochino, batté i tacchi
degli stivali e si portò un
braccio sul petto in un cavalleresco inchino.
La giovine era ancora sotto shock. In quell’attimo il suo
corpo era invaso da
un mix di sensazioni: emozioni, spavento e tanta rabbia.
Emozioni perché in qualche modo era così felice
di vederlo, di parlargli, di
sentire la sua voce, scrutare e perdersi nei suoi meravigliosi occhi
blu
oceano.
Spavento per quell’avventura che aveva vissuto con quei tre
loschi individui
temendo il peggio. Aveva creduto persino di essere uccisa e sepolta da
qualche
parte.
Rabbia perché era in trappola in una camera, un
po’ tetra per i propri gusti,
con lui. Lui, don House!
E inoltre era molto arrabbiata con lui perché le aveva fatto
soffrire pene
dell’inferno per tutto il tragitto in carrozza e per quale
motivo? Aveva voglia
di fargli tirare fuori il rospo per conoscere il motivo, ma non ne
aveva la
forza. Era troppo stanca. Erano tre notti che non riusciva a dormire!
Aveva solo voglia di tornare a casa e godersi un rilassante riposo nel
proprio
lettone. Ma su questo aveva enormi dubbi! Era molto sicura che questo
suo
desiderio di tornare a casa era difficile esaudirlo. Perché,
d’altronde se lui
l’aveva rapita, un motivo c’era e quindi doveva
lasciar perdere questo
desiderio.
Così si avvicinò a lui a passi veloci senza mai
distogliere lo sguardo dai suoi
occhi.
Per tutto quel tempo don House non aveva mai smesso di osservarla.
Gli piaceva vederla persa nei pensieri, osservare e decifrare ogni sua
piccola
espressione, perdersi nei suoi incredibili e vispi occhi grigi di una
bambina
birichina.
Nel vederla avvicinarsi, fece un piccolo sorriso senza mai distogliere
lo
sguardo da lei.
Quando quei due erano ormai vicini, Lisa abbassò lo sguardo
verso terra confusa
sul da farsi e su cosa dirgli.
< Hey, lo so cosa mi vuoi chiedere! Mi vorresti chiedere di
farti compagnia
in quel bel lettone! >
Sorrise col fare malizioso.
A quell’affermazione, la giovine si fece prendere da una tale
rabbia che
allontanò velocemente lo sguardo dal pavimento e lo
indirizzò verso gli occhi
divertiti di lui.
Don House, nel scorgere i suoi occhi pieni di fiamme incredibilmente
molto alte
e ardenti, spalancò gli occhi dallo stupore.
Non fece in tempo a dire qualcosa che Lisa alzò una mano per
aria e
“ SCHIAFF!”
Un bel colpo di palmo di mano andò a colpire il suo viso un
po’ ruvido, a causa
della barba fine, facendolo spostare velocemente a lato.
Lui rimase incredibilmente stupito da questo suo atteggiamento.
Chi se lo sarebbe mai aspettato da una come lei una tale
capacità di
schiaffeggiare lasciando un’enorme impronta della mano sul
viso?
Sorrise.
“ Ha tempra questa ragazzina! Wow!”
Pensò toccandosi il viso dolorante per il colpo subito.
< Idiota! Idiota! >
Cominciò a urlare la giovine colpendo a pugni il suo petto
senza sosta.
Lui rimase lì fermo e immobile a ricevere i continui colpi
di pugni di lei sul
proprio petto.
Non credeva che quella frase, detta per scherzo, l’aveva
fatta andare su tutte
le furie!
Si maledisse per aver detto quelle parole!
< Perché? Cosa volete da me? Idiota! >
Continuava a sfogarsi schiaffeggiando il suo petto ormai divenuto il
sacchetto
di grano dove i pugili lo usavano come allenamento colpendolo a pugni.
Finalmente, dopo un po’ di tempo, la giovine si
fermò ormai stanca e affannata.
Respirava a fatica stringendo tra le proprie mani la camicia di lui e
la fronte
appoggiata al suo petto con gli occhi rivolti verso il pavimento.
Don House rimase ancora immobile, pronto alla prossima sua mossa.
Quando era pronto a ricevere altri colpi di pugni o schiaffi, rimase
sbalordito
nel sentire la giovine singhiozzare. Incredibile, in quel momento non
sapeva
cosa fare. Non gli era mai capitato di trovarsi a consolare qualcuno in
lacrime.
La giovine, continuò a piangere a dirotto. In quel momento
allentò la presa
della sua camicia, cinse la sua vita con le proprie braccia e
affondò il viso
bagnato di lacrime nel suo morbido petto.
Nel sentire le braccia di lei intorno alla vita, lui
s’irrigidì.
Non sapeva come comportarsi. Era impreparato su questa situazione
poiché non
gli era mai capitato questo in tutta la sua vita!
Da un orecchio apparse se stesso in versione diavoletto che gli
sussurrò con
tono malizioso:
< Su cosa aspetti? Il letto è là! >
Dall’altro orecchio una vocina di lui in versione angioletto
che gli disse:
< Non desiderare la donna d’altri! >
Il diavoletto gli fece una linguaccia.
< Non ascoltarlo, si crede Mosé con le sue dodici
tavole a due piazze! Su
cosa aspetti? >
L’angioletto, con gli occhi chiusi e l’indice di
una mano puntato in alto,
cominciò a proferire parola:
< Si dà il caso che non sono Mosé e,
quelle dodici tavole da due piazze che
tu dici, non sono altro che i dieci comandamenti necessari per vivere
in
armonia con l’ambiente e tutto ciò che ci
circonda! Amare e parlare con gli
uccelli, vivere spogli dei propri averi e nutrirsi d’amore!
>
Il diavoletto si mise a ridere a crepapelle.
< Certo che questo è un angioletto! Ha parlato di
“uccelli” e di vivere
spogli d’amore! Vedi che è dalla mia parte! Sia
benedetto S. Francesco! >
Continuò a ridere a crepapelle, lasciando confuso
l’angioletto.
< Beh, che continui a ridere sulla sua ignoranza! Ascoltami: Il
vero male
per l’uomo non è quello che soffre, ma quello che
fa. >
Don House scosse la testa per cacciare quei due piccoli birbanti che lo
facevano diventare sempre più confuso.
Dopo essere rimasto lì impalato come un manico di scopa,
decise di seguire il
proprio istinto.
Lentamente alzò entrambi le braccia e pian piano
cominciò a sfiorare la sua
delicata schiena.
Si fermò un attimo, avvicinò leggermente la presa
su Lisa per stringerla ancora
di più temendo la sua reazione. Si stupì quando
lei non cercò di divincolarsi
dal suo abbraccio, anzi lo lasciava fare.
Lisa lasciò che lui l’abbracciasse. Incredibile
che lo lasciava fare! Quando
aveva sentito le sue calde braccia intorno al proprio corpo, aveva
provato un
senso di protezione.
Lei continuò a sfogarsi e lui la cullava come se fosse stata
una bambina,
accarezzandole, di tanto in tanto, i suoi morbidi capelli.
Le lacrime di Lisa cominciarono a svanire lentamente e lei non si
mosse. Le
piaceva stare con il viso affondato nel suo morbido petto e sentire i
battiti
del suo cuore.
La giovine provò una sensazione più bella che
avesse mai provato: il calore
delle sue braccia le riscaldava il cuore e la faceva sentire protetta.
La giovine allontanò di poco la testa dal suo petto,
alzò un attimo lo sguardo
e vide la bocca di lui a pochi centimetri di distanza. A prima vista
sembrava
così morbida e sensuale tanto da domandarsi come sarebbe
stato sentire le
labbra di Greg sulle sue.
Alzò ancora di più gli occhi fino ad incontrare
quelli di lui che non avevano
mai smesso di osservarla.
Il suo sguardo era così profondo. Dio mio, quanto le piaceva
perdersi in
quell’incredibile blu dei suoi occhi. Abbassò lo
sguardo per l’imbarazzo per
ciò che stava pensando. Non doveva neanche pensare a quelle
cose! Lei che era
promessa sposa! E si maledisse per quei pensieri. Ritornò
lentamente a spostare
lo sguardo verso la camicia di lui.
Don House sorrise nel vedere gli occhi di lei. Dio mio, erano ancora
più belli
lucidi di pianto!
Quando vide che lei spostò lo sguardo, notò le
sue gote farsi di un colore
rosso vivace e il desiderio di tenerla ancora stretta fra le proprie
braccia
era insostenibile. Questo desiderio gli si era presentato appena aveva
sfiorato
le mani sulla schiena di lei, ma dopo averla vista arrossire, gli era
difficile
continuare a staccarsi da quell’abbraccio. Il suo corpo era
morbido come la
seta e sentiva il petto di lei gonfiarsi e sgonfiarsi sotto il proprio
sterno.
In quell’attimo strani sentimenti gli sfioravano per tutto il
corpo. Un
miscuglio di emozioni, sensazioni, protezione, felicità,
paura, si fusero in
una sola cosa: arcobaleno. Per lui era molto strano. Poi
d’altronde il suo
profumo di agrumi e cocco gli ottenebrava i sensi!
< Scusate! >
Disse Lisa con lo sguardo fisso al suo petto.
< Vi ho bagnato la camicia! >
Don House sorrise di buon gusto e le sfiorò il mento per
alzare il suo volto in
modo da poter ancora perdersi nell’incanto dei suoi occhi
ancora lucidi.
< Tutto bene? >
Il dolce tocco delle sue mani sul proprio mento la fece sentire un
brivido e, a
stento, riuscì a sorridere.
< Si, tutto bene! A parte il rapimento che non capisco il
perché! >
Greg cercò di deviare questo argomento. Istintivamente, le
asciugò il volto
bagnato e la accompagnò verso il letto.
Lisa, guardandolo un pò con sospetto, si estese
completamente sul quel letto.
Don House si avvicinò a lei, prese il lenzuolo e la
imboccò dolcemente. Non
capiva ciò che stava facendo. Quella ragazzine era capace di
fargli fare cose
molto strane per lui.
Sorrise e le augurò la buonanotte.
Lei si lasciò prendere dalla voglia di godersi quel morbido
lettone e di
perdersi finalmente nel mondo dei sogni.
Don House, spense le candele e si avviò verso
l’uscita della camera.
Improvvisamente si bloccò. Chiuse la porta,
spostò una di quelle morbide
poltrone e la mise accanto al suo lettone. Si sdraiò e
rimase lì ad osservarla
dormire. Nonostante tutto quella giovine gli faceva tenerezza mentre
era
indaffarata a sognare chissà chi. Doveva essere un bel sogno
visto che le sue
labbra sorridevano. Era così tremendamente bella per essere
vero. Quella sua
semplicità, dolcezza, il suo modo di parlare, il suo modo di
guardare, il suo
sorriso, il suo broncio l’avevano ammaliato. Incredibile, in
qualche modo era
riuscita ad occupare gran parte dei propri pensieri. Era come un
angelo, una
fata, una charmed.
La osservò per un po’ e poi,
d’improvviso, i suoi occhi si fecero prendere da
un sonno profondo.
*******************
Dall’altra parte, in quel folto bosco molto tetro, in mezzo
agli alberi che
sembravano dei troll dai denti aguzzi, ai cespugli colmi di occhi
piccolissimi
e luminosi che volavano in tutte le direzioni,
agli ululati di lupi, ai bubboli di qualche gufo, al dolce canto
melanconico
del lago che si udiva da lontano, c’erano due tizi che
sembravano aspettare
qualcuno.
Uno era seduto, con le spalle appoggiate al tronco di un albero,
giocherellando
con uno spadino, l’altro camminava avanti e indietro con
espressione scocciata
e impaziente.
< Hey, ti conviene stare seduto che mi farai venire un... come
si dice...
ah, un’EMICCAINA! >
Disse l’uomo seduto dai capelli rossi e colmo di lentiggini
sul viso.
< Un che? >
Rispose innervosito l’altro.
Era un uomo dai capelli neri, un fisico abbastanza robusto, peli in
evidenza
sul petto lasciato scoperto da una lieve apertura della camicia.
< Quella cosa che causa dolore alla testa! >
Gli rispose quello seduto con tono quasi scocciato.
< ‘Gnurante! Si dice EMICRANIA! >
Gridò stringendo le mani a pugno fino a che le nocche non
diventarono bianche.
A quell’urlo, il compagno con lo spadino abbozzò
un lieve sorriso.
Poi infastidito da quei continui ululati, cominciò a perdere
la pazienza.
< Uff, ma questa giovine non si sarà mica fermata a
parlare con i lupi? Non
senti come ululano di gioia? Stanno ringraziando la luna per
l’abbondanza di
cibo umano! >
Disse indicando con lo spadino quel fitto bosco dove i lupi stavano
ululando
alla luna.
< Triplo ‘gnurante! I lupi ululano quando sono tristi
e che probabilmente
piangono la fame! >
Urlò ancora più forte di prima. Aveva ormai perso
la pazienza.
< Ma davvero? Allora ci conviene scappare verso casa adesso,
prima di
diventare lo spuntino abbondante per loro! >
Il compagno si alzò di scatto, ma non fece in tempo a
scappare che l’altro lo
afferrò per la camicia, lo sollevò in alto e lo
bloccò contro il tronco di un
albero.
< Idiota! Abbiamo degli ordini da seguire e tu scappi come un
coniglio? Se
noi scappiamo verso casa senza aver eseguito gli ordini, il vero lupo
ci
scuoierà vivi! Se noi hai compreso chi fosse il vero lupo,
sappia che è Don
Chase! >
I due si guardarono in silenzio. Il silenzio durò un
po’ a lungo.
Per eliminare quel silenzio così fastidioso e dark,
l’uomo appeso in aria
cominciò a proferire parola.
< Ehm, fratellone... Mi metti giù? Ho i VORTICI!
>
Sussurrò facendo degli occhioni dolci per addolcirlo, ma non
funzionò.
< VORTICI? >
Domandò ancora più irato avvicinandolo di
più al proprio viso.
< Ehm, è quella cosa che causa il girotondo alla
testa! >
Gli regalò un sorriso così largo che il
fratellone, ormai senza speranze,
lasciò la presa facendo cadere il fratellino.
< Con te non c’è niente da fare!
E’ normale che ti chiamano CIUCCHINO! >
Disse grattandosi, con le dita, la fronte ormai accompagnata da qualche
ruga.
< E a te GARGAMELLA! >
Esclamò ridendo di gusto il fratellino.
Ma quando vide gli occhi indiavolati del fratellone, si
zittì nascondendosi
dentro un cespuglio.
< Uff, ma quando ci mette la giovine dal convento a qua? >
Domandò a sé stesso, senza mai fermarsi e
continuando a camminare come un pazzo
con le mani dietro la schiena e la testa rivolta verso il prato scuro.
Peccato che loro non potevano udire una risatina soddisfatta di
qualcuna che
aveva assistito la scena in alto.
Alla risatina, si unirono altre piccole risatine.
Se quei due avessero spostato lo sguardo verso l’immenso
cielo scuro, potevano
di certo vedere le danze delle stelline e il sorriso largo di
felicità della
Luna.
TO BE CONTINUEND...
Troppo
smielata? Su avanti voglio sapere cosa ne pensate.
Sono graditi sia commenti negativi che positivi!!
Alla prossima,
kiss à todos,
Terry ^_^
P.S.
Ah,
dimenticavo!!!
Un
mega grazie a tutti coloro che mi seguono, a Barbarae
per
avermi messo tra i suoi preferiti, a lady_bella
e
a Miss_Sunshine
per
avermi messo tra le storie seguite. Spero che continuerete a seguirmi
in questo
viaggio Huddy!!!
Gracias
à todos!!!
|
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Capitolo 12 *** Capitolo Dodicesimo ***
Hola
à todos!!! ^_^
Scusatemi
tanto per il ritardo pazzesco, sorry!!!!
Prima
di iniziare, voglio ringraziare a tutti coloro che mi seguono in
questa avventura sperando che sia di vostro gradimento!!!
Allora,
buon proseguimento di lettura huddies!!!
1
2
3
GO!!!
CAPITOLO
DODICESIMO
”Era
una bellissima giornata di sole, i raggi illuminavano il verde
prato. Le foglie dei fiori primaverili, bagnati di rugiada, sembravano
dei
piccoli diamanti che colpiti dai raggi solari disegnavano piccole curve
di
arcobaleno.
Una graziosa e incantevole bambina camminava saltellando allegramente
per la
stradina che conduceva verso il lago.
Quando finalmente uscì da quel folto bosco e vide il lago
espirò profondamente
per annusare quell’aria buona di prima mattina.
Quando si diresse verso il proprio albero, dove era solita riposare e
mangiare,
fu colpita da una figura seduta a terra con la schiena al tronco di
quell’albero di quercia, gli occhi chiusi, i capelli castani.
Gli si avvicinò e lo sovrastò di sorpresa. Il
bambino fece finta di niente
continuando a tenere gli occhi chiusi e masticando, di volta in volta,
la
menta.
Ma vedendo che lei non accennava a lasciarlo in pace, aprì
gli occhi
rivolgendole uno sguardo gelido e penetrante.
La bambina, nel vedere quei suoi occhioni blu oceano, rimase incantata
e allo
stesso tempo affascinata da quel suo sguardo così profondo
seppur gelido.
Mosse la testa in entrambi i lati velocemente per scacciare quegli
strani
pensieri in testa e una voce birichina, ma autorevole le
uscì dalla bocca.
< Cosa ci fai qui? >
Domandò osservando quell’albero a cui era
appoggiato lui.
Nessuna risposta, nessun movimento, solo sguardi dolci tra loro.
< E va bene! “Occhi-di-ghiaccio”, posso
sedermi accanto a te? >
Domandò con tono dolce e timido indicando dove era seduto
lui.
Il bambino si spostò di qualche centimetro liberando lo
spazio per farla
sedere.
La bambina dai morbidi capelli ricci appoggiò il cestino da
pic-nic sul prato e
lo aprì.
Il bambino guardò e non guardò quella ciambella
che lei aveva appena tirato
fuori dal cestino.
Aveva un’acquolina in bocca al solo pensiero di vedere quel
dolce.
La bambina se ne accorse e divise il dolce a metà.
< Ecco questa è per te! >
Inizialmente non voleva accettarlo anzi non poteva poiché le
regole rigide del
padre gli imponevano di non accettare mai le cose dagli altri e di non
creare
amicizie.
Però quella bambina aveva uno strano sorriso capace di
penetrare nel cuore e
scioglierlo, così timidamente accettò quella
metà della ciambella.
I due bambini trascorsero la giornata a godersi quel panorama stupendo
che
offriva il lago, quel silenzio, quella pace, mangiando, di tanto in
tanto, quel
dolce.
Presa dalla curiosità, la bambina cominciò a
parlare:
< Mi chiamo Lisa! Tu come ti chiami o devo chiamarti
“Occhi-di-ghiaccio”?
>
I suoi occhi erano così incantevoli che parevano delle
comete. Rimase perso in
quell’immensità dei suoi occhioni grigi, non
riusciva a proferire parola,
qualcosa lo bloccava.
Tossì per trovare almeno il coraggio di pronunciare una
vocale.
< Ehm, mi chiamo... >
L’improvviso suono della campana che segnava il mezzogiorno,
distrasse il
bambino che dalla fretta si alzò.
< Scusa, ora devo andare! C’incontreremo sempre qua,
sarà il nostro rifugio
segreto. A domani! >
Nel vederlo allontanarsi velocemente, Lisa cominciò a
sentirsi persa, debole e
triste.
Di malavoglia tornò a casa, ma al pensiero che lo avrebbe
incontrato in quel
posto ogni mattina, la rallegrava.”
L’improvviso colpo di un raggio di sole sugli occhi fece
svegliare la bella
addormentata che si limitò a disegnare delle smorfiette sul
viso poiché non
aveva voglia di svegliarsi.
La donna che aveva aperto le tende e aveva assistito a quella scena
della sue
smorfiette, rise di gusto.
< Su, svegliatevi! Ho portato la colazione! >
Disse allungando le braccia per svegliarla.
Lisa si stiracchiò le braccia, strofinò gli occhi
e sorrise nel vedere almeno
una figura femminile.
Era una giovine ragazza, capelli biondo cenere, un corpicino esile e un
sorriso
contagioso.
< Buongiorno! Sono ancora nella tana del leone, vero? >
Domandò con tono scherzoso.
Alla giovine dai capelli biondi scappò una risata.
Quella risata era così contagiosa che anche Lisa si mise a
ridere.
< Scusatemi, non mi sono presentata! Mi chiamo Remy, voi?
>
Cominciò a dire appena finito di ridere.
< Io mi chiamo Lisa! Piacere di conoscerti e di assaggiare
questa
prelibatezza! >
Si alzò dal letto e si sedette a quel tavolino ben
apparecchiato con al centro
un vaso contenente dei fiori strani e incantevoli che le erano
familiari.
Non riusciva a capire il perchè quei fiori le erano
familiari e così decise di
lasciar perdere e di godersi la colazione in compagnia di quella
simpatica
giovine.
******************
La quiete che mistificava il castello in una calda giornata di maggio,
il
silenzio dei bravotti lungo i corridoi si sgretolava come sabbia
asciutta nella
forma di schiamazzi infantili.
< Hey, “colui-che-si-entusiasma-per-niente”
ti è piaciuto fare l’attore
fingendo di star male? >
Chiese il più basso tra loro, dando una bella pacca alla
spalla del povero
indiano, oggetti dei loro scherzi.
< Ok, continuate pure a ridere! >
Esclamò l’indiano facendo il finto offeso con le
braccia conserte.
Taub e Foreman non riuscivano a trattenersi dalle risate.
Tutte lui le cercava. Quelle strane idee che solo a lui potavano venire.
< E voi? Taub si è risparmiato le urla strazianti
della giovine
nascondendosi nel ruolo del guidatore, e tu, Foreman, stavi per farti
spaccare
il tuo gioiello prezioso! >
Si fermò un attimo poiché nella sua mente
cominciarono ad apparire le immagini
di quella sera del rapimento. Rise alla scena quando il capo teneva a
malapena
stretta la giovine mentre lei cercava di liberarsi da quella presa
muovendo
come una pazza le gambe andando a colpire le ginocchia del capo.
< Cosa ridi, pivello? >
Domandò quello più scuro in preda alla rabbia.
Quello più basso si mise in mezzo cercandoli di calmarli
poiché si guardavano
con aria di sfida.
< Ok, ragazzi! Voi avete fatto un ottimo lavoro! Ognuno di noi
è stato
essenziale per l’altro!
Siamo o no un team? >
I due continuarono a guardarsi in quel modo.
< E va bene! >
Esclamò il capo roteando gli occhi per aria.
Taub tossì per attirare la loro attenzione.
< Come si fa in un team? >
I due sbruffarono.
I tre estrassero lo spadino dal fodero attaccato alla loro cintura e lo
misero
uno sopra l’altro urlando il loro slogan:
< Tutti per uno, uno per tutti! >
Taub tirò un’aria soddisfatta per essere riuscito
a portare quiete tra quei
due.
< Mi stavo domandando quali fossero le intenzioni di don House.
Chissà
perché ci ha ordinato di rapire quella simpatica urlatrice
dagli occhi grigi!
>
Si chiese il capo no riuscendo ad entrare nei panni del signorotto e
capirne il
motivo.
< Già, povera Lisa! Che dramma per la famiglia Cuddy!
>
Rispose dispiaciuto Taub.
< Zitto! Il signorotto ha raccomandato massimo riserbo! >
Intervenne l’indiano tappandogli la bocca con la propria mano.
Troppo tardi! In quel momento i piedi di un uomo che aveva udito tutto,
ondeggiarono nell’aria in grandi passi nervosi, le suole
degli stivali si
consumarono più in fretta ticchettando in passi militari
contro la superficie
liscia del pavimento.
< Tu?!? >
Irrompò spalancando la porta della camera del signorotto.
Tutto tranquillo, don House non gli fece caso e continuò a
finire di vestirsi.
Don Wilson sembrava confuso e smarrito. Non faceva altro che
gesticolare con le
mani socchiudendo, di volta in volta, le palpebre disegnando della
smorfiette.
< Tu... >
Non riusciva a dire altro. Era come se le corde vocali non volevano
produrre
altri suoni.
Don House, siccome gli era di spalle, fece delle smorfie quelle del
tipo
scocciato, senza farsi vedere da lui.
Una volta finito di vestirsi, si avvicinò a quella figura
maschile che non
faceva altro che consumare il pavimento andando avanti e indietro.
< Buongiorno, Jimmy! Non senti come cinguettano allegramente gi
uccelli?
Come il sole splende ancora più di prima? Come il lago canta
una melodia
rilassante e piacevole? >
A quelle parole, il cugino spalancò gli occhi, quasi gli
uscivano dalle orbite.
Non credeva a quello che aveva appena udito. E questo gli fece sentire
più
confuso di prima.
Vedendo ancora in quello stato, peggio di prima, don House si
sentì soddisfatto
e uscì dalla camera con un sorriso vittorioso.
Don Wilson, nel vederlo uscire, avvicinò le mani alle
proprie labbra
chiudendoli a pugno fino a che le nocche non diventavano bianche.
“ Questo mi manderà al manicomio!”
Pensò con denti serrati e le nocche delle mani ancora
più bianche.
Doveva farlo ragionare, in fondo era sempre stato il suo mestiere.
Così, con
passi veloci e pesanti, raggiunse il cugino che si dirigeva verso il
salotto
camminando in modo eretto e fischiettando.
< No! Tu non me la racconti giusta! >
Cominciò finalmente a proferire parola.
Greg tirò fuori dalla credenza un bicchiere e la bottiglia
di whisky. Versò il
liquore nel bicchiere e lo bevve in un sorso.
Ne versò ancora, ma non lo bevve subito anzi
appoggiò quel bicchiere sul piano
sopra il pianoforte.
Mentre il cugino farfugliava parole incomprensibili, Greg
cominciò a suonare le
prime note.
A quella melodia, Jimmy si tranquillizzò un pochino.
Lo guardò con aria stupita.
Non aveva mai visto Greg suonare spensierato e sollevato.
Tirò un sospiro di rassegnazione e cominciò a
parlare.
< Ok! Prima descrivi poeticamente il paesaggio, il che non
è da te, poi
cammini fischiettando che quasi quasi ti veniva la voglia di ballare,
infine
suoni spensierato e sollevato come se qualcuno ti ha fatto un
sortilegio.
Ricordami di ringraziarlo! >
Continuò a farfugliare parole insensate e Greg si divertiva
a vederlo in quello
stato.
Lo lasciò in preda alla sua disperazione e si
concentrò a pensare ad altro in
compagnia della musica.
Nel vedere che non lo stava ad ascoltare, si fermò davanti a
lui e, con l’indice
della mano appoggiato alla propria guancia e con gli occhi rivolti
verso il
soffitto, cercò di entrare nella testa del cugino per capire
il motivo di
quello strano rapimento.
< Allora, ammetto che non capisco il tuo gesto infantile il che
mi manda in
bestia , ma ancora mi manda più in bestia il
perché di questo gesto che non
riesco a capire! >
Sospirò un attimo e continuò a ragionare
rimanendo nella posizione del
pensatore senza muovere un muscolo.
< Tutto è cominciato nella locanda. Io e te abbiamo
ordinato due boccali di
birra che stranamente non sono mai arrivate a destinazione
poiché sei scattato
subito d’ira dicendo che avevi dimenticato di dare degli
ordini ai tuoi
bravotti! E qui, proprio stamattina vengo a sapere del rapimento della
figlia
dei Cuddy! Che strana coincidenza! Se non erro allora era questo
l’ordine che
dovevi dare! E, altra cosa, per quale motivo? >
Si fermò di scatto come se un lampo di tuono gli si apparse
in testa.
Si mosse indirizzando gli occhi verso il cugino che si era fermato un
attimo
per sorseggiare il liquore.
La bocca gli si spalancò così largamente che una
mela intera poteva entrarci
benissimo.
< Noooooo... >
Disse con espressione stupita quasi sorridendo e con tono canzonatorio.
< Tu... >
Questa volta erano gli occhi ad essere fuori dalle orbite e
l’indice della mano
non era più appoggiato alla guancia, ma bensì
puntato verso il cugino.
< Tu... Ti sei alzato di scatto dopo aver ascoltato il discorso
tra il tuo
acerrimo rivale, come lo chiami...>
Gli si bloccò la parola, poiché stava cercando di
ricordare il nome del suo
nemico. Quando, dopo qualche minuto, il nome gli venne,
continuò il discorso:
< “Boing-Boing”, dare degli ordini ai suoi
schiavotti di uccidere una certa
Lisa di cui non ho capito il cognome! Ora capisco quale Lisa! La tua
Lisa! >
Il signorotto che stava bevendo il whisky si bloccò di colpo
e tossì fortemente
poiché il liquore gli andò di traverso.
< Bingo! Bingo! >
Canticchiò allegramente don Wilson esibendosi in un ballo
del tutto strano,
saltellando con una gamba sola mentre quell’altra era
impegnata a piegarsi e
allungarsi in mezz’aria per tre volte e viceversa.
Quasi irritato e infastidito, distolse lo sguardo da quello strambo
ballerino e
lo indirizzò verso la bianca parete di fronte con le mani
impegnate a premere i
tasti bianchi e neri del pianoforte.
Quando finalmente finì di ballare, Jimmy si fermò
e, sorridendo, proferì
parola.
< Allora questo non è un rapimento, il tuo!
E’ un’opera di salvataggio! Hai
inscenato tutto questo per salvarla! >
Si mise a ridere a crepapelle per qualcosa che all’improvviso
gli entrò nella
mente.
Greg, infastidito e scocciato da quel suo strano modo di comportarsi,
poiché lo
faceva sentire in un totale imbarazzo, fermò la musica e
girò la testa di lato
puntando la vista verso il cugino.
< Per... >
Non riusciva a dire qualcosa poiché quella risata era troppo
rumorosa.
Stette immobile e in silenzio a guardarlo ridere.
Com’era buffo vederlo piegato in due con le lacrime che gli
uscivano dagli
occhi e la bocca enormemente spalancata dove si potavano vedere la
lingua
schiacciata sotto la mandibola e i denti in bella vista e il viso farsi
di un
rosso vivo simile a quello del pomodoro.
Aveva voglia di chiamare un pittore per fargli fare un ritratto di
Jimmy in
quello stato divertente.
Rise al pensiero.
Si alzò per andare a prendere la bottiglia di whisky nella
credenza.
Sbruffò nel vedere che il cugino non accennava a finire di
ridere.
Ancora rideva, si vedeva che le palpebre non riuscivano a stare chiuse
poiché
gli occhi le spingevano con tutta la forza possibile.
Si sedette su quel sedile comodo in pelle nera, prese il bicchiere, che
era
sopra il pianoforte, e versò il liquore. Quando stava per
avvicinare le proprie
labbra al contorno del bicchiere, si sentì un silenzio
totale.
Finalmente aveva smesso di ridere e sorseggiò
tranquillamente il liquore.
< Poveri schiavotti! Saranno ancora aspettando Lisa uscire dalla
clinica!
>
Esclamò Jimmy ritornando a ridere.
Si fermò nuovamente continuando a parlare con voce ancora
presa dalla voglia di
ridere.
< Ti immagini la faccia di “Boing-Boing”
quando verrà a sapere del piano
saltato come il canguro? >
Questa volta non era solo a ridere, anzi anche Greg si mise a ridere
nell’immaginare la scena tra
“Boing-Boing” e i “marsupiali”
come soleva
chiamarli.
Per la prima volta quei due si stavano divertendo un mondo. Le loro
risate si
sentivano pure nei corridoi e in altre camere lasciando perplessi gli
altri che
lavoravano sotto il comando del signorotto.
TO
BE CONTINUED...
P.S.
Nutritemi con i vostri commenti XDDDD
Kissoni,
Terry
|
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Capitolo 13 *** Capitolo Tredicesimo ***
Hola
huddies,
scusate per il ritardo enorme, ma sono stata un po’
impegnata, pardon!!!!
Grazie
ancora a tutte che mi stanno seguendo sia a voi che recensite sia a voi
visitatori/lettori!!!
Allora, pronte per un'altra avventura?
1
2
3
GO!
CAPITOLO
TREDICESIMO
C’era una grande confusione nella locanda
“Boccale&Boccali”: chi
s’immedesimava in risate isteriche, chi beveva tutto
d’un fiato boccali e
boccali di birra sperando di battere il proprio avversario, chi
chiacchierava
vivacemente con i propri amici.
Ad accompagnare queste voci accavallate e incomprensibili,
c’erano i rumori di
boccali di vetro che i locandieri appoggiavano fortemente sulle mensole
di
legno massiccio; ticchettii di tacchi delle scarpe delle cameriere
vestite in
modo quasi provocante, poiché erano le loro divise di
lavoro, che andavano
avanti e indietro con i vassoi in mano stracolmi di ordinazioni.
Tra tutta questa folla rumorosa, c’era un uomo dai capelli
biondi che sembrava
aspettare qualcuno.
E nell’attesa, si lasciò cullare in una bella
bevuta di vodka.
“Diamine, ma quando arrivano questi incompetenti?”
Ormai stava perdendo la pazienza e, proprio quando stava per
allontanarsi dal
bancone, due uomini si fecero avanti bloccando i suoi passi.
< Ah, finalmente! Allora l’angioletto ha raggiunto la Candida Rosa
dei
Beati? >
I due non accennarono una parola bensì si limitarono a
guardarsi, tanta era la
paura che stavano provando in quel momento per il piano fallito.
Don Chase, nel vederli muti come pesciolini e che non gli degnavano di
uno
sguardo, perse la pazienza ed emise un gridolino per attirare la loro
attenzione.
< Allora?!? >
Quello più robusto si fece coraggio e gli
raccontò l’accaduto.
< Mi dispiace tanto! Abbiamo passato tutta la notte fuori nel
bosco in
attesa di quell’angioletto fino a pochi minuti fa, ma nessuna
ombra di lei!
>
I due tapparono le proprie orecchie chiudendo le palpebre per non
sentire
l’urlo straziante del capo e vedere la sua espressione
indiavolata che incuteva
terrore.
Purtroppo non accadde! Don Chase era rimasto immobile come una statua e
con gli
occhi che gli uscivano fuori dalle orbite.
< Hey, fratellone! Prendi i boccali di vetro che gli stanno
fuoriuscendo gli
occhi dalle ORBITTE! Mamma che spavento! >
Esclamò il più giovane, col tono quasi euforico,
continuando a battere le dita
della mano sul braccio del fratello.
Infastidito da quel tamburellare, gli diede una scappellotto in testa.
< Ahi! Sei cattivone!!! >
Esclamò toccando la testa dolorante.
< Don Chase! Don Chase! >
Quello più robusto cercò di svegliarlo dal suo
stato di trans sventolando la
mano di fronte a quegli occhi quasi fuori orbita.
Chase si risvegliò alla realtà e, immediatamente,
un urlo terrificante gli
scappò.
< RAZZA D’INCAPACI CHE NON SIETE ALTROOOOOOOO! >
L’urlo era così forte da attirare anche
l’attenzione degli altri.
I due fratelli rimasero immobili con gli occhi spalancati e i capelli
esplosi
come se avessero visto dei tirannosauri che volevano sgranarli.
Preso ancora dalla rabbia, urlò più forte di
prima, ma questa volta non a loro,
ma agli intrusi che li guardavano incuriositi.
< COSA AVETE VOI DA GUARDAREEEEE? >
Gli intrusi fecero una smorfia di disappunto e ritornarono al loro
divertimento
e alle loro risate isteriche.
< Ma capo, abbiamo sorvegliato quel bosco senza mai chiudere
occhio!!! Non è
passata nessuna anima viva!! >
Disse quello con i capelli neri, noto a tutti Gargamella, cercando di
farlo
calmare.
Però invano perché il fratellino, che gli aveva
promesso di non rivolgere una
sillaba a Chase poiché sparava solo idiozie,
s’intromise iniziando a parlare.
< Già, pensa che abbiamo avuto TEFAGO in mezzo ai
WENDIGO!!! >
Il fratellone gli diede una sgomitata per farlo tacere. Don Chase lo
guardò
confuso.
< TEFAGO? >
Il giovine sbruffò poiché nessuno mai lo
comprendeva e gli rispose toccando con
la mano la parte destra del petto tra la quarta e la quinta costola.
Chase capì subito cosa intendeva, ma ancora più
confuso gli fece un’altra
domanda.
< WENDIGO? >
Il giovine sbruffò nuovamente roteando gli occhi per aria.
< Quella specie di donna-vampiro che lancia gride strazianti
uccidendo gli
uomini. Noi siamo stati risparmiati!!! >
Disse ridendo sotto i baffi.
< AAAAAAAAAHHHHHH!!! >
Un altro urlo, ma gli altri non ci fecero caso.
< Ah, capo! Scusa la DIMESTICANZA del mio
fratellone! Non è vero che non è passato
nessuna ANEMA viva. Abbiamo visto una enorme ZUCCA impazzita con
quattro
cavalli che gareggiavano illegalmente correndo come pazzi furiosi verso
l’enorme grotta di Don House. Altra cosa! Ora capisco
perché quei quattro
cavalli correvano come pazzi, perché in quella ZUCCA
c’era un wendigo!!! Ci
metterei la mano sui carboni ardenti! >
Disse tutto di un fiato appena l’urlo del capo
terminò.
Il fratellone lo guardò con aria storta squadrandolo dalla
testa ai piedi.
Don Chase cercò di decifrare ciò che aveva detto
camminando avanti e indietro.
“ Allora! DIMESTICANZA sta a dimenticanza, ANEMA sta a anima.
ZUCCA sta a
carrozza, urlo del wendigo provenire dalla zucca cioè
carrozza, ma wendigo...”
In quell’istante gli venne l’illuminazione e
capì tutto!
I suoi occhi si ingrandirono sempre di più, la bocca si
allargò in un enorme
sorriso a trentaquattro denti e lanciò una risata isterica
talmente forte che
tutti i presenti della locanda tremavano di fifa al solo vederlo.
< A noi due, House! >
**********************
In una piccola e accogliente stanza della clinica colma di fiori
variopinti e
profumati, un uomo stava leggendo un passo della “Vita
Nova”:
“Tutti
li miei pensier parlan d'Amore;
e hanno in loro sì gran varietate,
ch'altro mi fa voler sua potestate,
altro folle ragiona il suo valore,
altro sperando m'aporta dolzore,
altro pianger mi fa spesse fiate;
e sol s'accordano in cherer pietate,
tremando di paura, che è nel core.
Ond'io non so da qual matera prenda;
e vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
così mi trovo in amorosa erranza.
E se con tutti vòi far accordanza,
convènemi chiamar la mia nemica,
madonna la
Pietà,
che mi difenda.”
Si fermò un attimo. Tolse gli occhiali da vista e
massaggiò gli occhi
arrossati.
Era troppo stanco, ormai passava le giornate a lavorare e ad accudire
la casa.
Allontanò le dita dalle palpebre e rivolse lo sguardo verso
la propria amata,
ancora in prognosi riservata.
Era così bella e solare, il suo volto, solo a vederlo,
illuminava le giornate
storte, il suo sorriso contagiava chiunque mettendo allegria.
Sospirò.
Dio, quanto gli mancava vederla danzare in casa, sentirla cantare ogni
qualvolta che la vedeva indaffarata nelle faccende domestiche,
ascoltare i suoi
racconti di fronte a un bel fuoco scoppiettante oppure sul dondolo
abbracciati
ad ammirare il panorama stellato.
Le strinse la sua calda mano e ci appoggiò la propria
fronte. Pochi attimi e il
suo viso fu percorso da fiumi di lacrime.
Lacrime di nostalgia. Lacrime di tristezza.
Non sopportava di vederla così, sperava che si sarebbe
svegliata subito dopo
quell’operazione al cuore, ma, invece, le palpebre non si
aprirono.
“< Dottore, perché mia moglie non
si sveglia? >
Domandò con molta preoccupazione. Troppa era la paura che
stava provando in
quell’istante nel vedere l’espressione triste dei
medici.
< Mi dispiace, signor Cuddy. L’operazione è
riuscita con molto successo, ma
purtroppo una febbre molto violenta l’ha colpita nel mezzo
dell’operazione. Il
corpo ne sa soffrendo molto e allora abbiamo dovuto metterla sotto
sedativi e
addormentarla con un potente sonnifero in modo da non farla sentire
dolori
acuti. Ora non ci resta che affidarci alla Divina Provvidenza.
>”
Stava pensando a quell’episodio accaduto tre giorni prima.
Non riusciva a
smettere di piangere e continuava a sussurarla:
< Svegliati. >
Improvvisamente smise di piangere quando sentì qualcosa
sulla testa. Sembrava
che qualcuno gli stava accarezzando i capelli.
Quando alzò la testa rimase stupito nel vedere chi fosse
quella persona che lo
stava accarezzando.
< Oh, tesoro! Ti sei svegliata! >
Preso dalla felicità baciò la sua mano che
l’aveva tenuta stretta nella
propria.
La donna sorrise, si mise adagia adagia in posizione seduta e
afferrò il viso
del marito per regalargli un tenero e delicato bacio sulle labbra.
< Amore, sono contentissimo di vederti! Non stai quanto ho
atteso questo
giorno e quanta paura ho provato credendo di perderti per sempre!
>
Questa volta sul suo viso scesero delle lacrime, ma lacrime di gioia e
di
felicità.
< Oh, amore mio! Devo aver dormito tanto! Ho la testa che mi
gira. Sarà il
girotondo della felicità nel vederti! >
I due continuarono a baciarsi senza sosta. Era un bacio ricco di
passione e di
sentimento.
La signora Cuddy fermò il bacio poiché un dubbio
le assalì.
< Caro, non vedo Lisa! Dov’è? Sta bene?
>
Il marito sorrise e la tranquillizzò raccontandole tutto.
< Non ti preoccupare! In questi giorni sono cambiate un
po’ le cose! Lisa ha
avuto il ruolo di assistente per aspirare a diventare medico in questa
clinica!
Non sai come le brillavano gli occhi! Sembrava di vedere il nostro
panorama
stellato. Poi ha conosciuto suor Cameron e subito hanno stretto
amicizia.
Stamattina ho parlato con la monaca poiché, non vedendo
Lisa, mi sono
preoccupato molto, ma lei mi ha tranquillizzato subito dicendo che ha
dovuto
allontanarsi subito dalla clinica poiché
l’ospedale della contea Philadelphia
aveva bisogno di altro personale urgentemente. Anche se non ho potuto
salutarla, sono molto orgoglio di lei! >
La moglie sorrise di luce propria nel vedere finalmente il sogno di
Lisa
realizzato.
< Che bello! Appena tornerà, le faremo una festa a
sorpresa! Scusa, caro, ma
il matrimonio? >
Domandò con un pizzico di curiosità.
< Non ti preoccupare, cara! Manuel è stato
così gentile e dolce da rinviarlo
a un altro giorno! >
Le diede un grosso bacio sulla sua paffuta guancia.
Si alzò un attimo dal letto e andò a chiamare il
medico per la lieta notizia.
“Chissà quando tornerai, dolce Lisa! Non vedo
l’ora di abbracciarti!”
Pensò la madre sorridendo e non vedendo l’ora di
averla tra le proprie braccia.
**********************
“Due bambini stavano passeggiando, tenendosi mano
nella mano, su un
bellissimo campo colmo di girasoli. Sembravano di vivere in un mondo di
miniatura poiché i girasoli superavano la loro altezza.
Si divertivano a cercare di rincorrersi, nascondersi per poi trovarsi,
a
giocare alla caccia al tesoro.
Quando arrivarono all’ultima fila di girasoli, rimasero
incantati nel vedere un
bellissimo e affascinante castello.
Presi dalla curiosità, aprirono l’enorme portone
di legno ed entrarono.
Tutto era buio, non si vedeva niente.
Lisa, un po’ tremante, si nascose dietro di lui stringendogli
forte la mano.
Il giovine la guardò con una tale dolcezza che mai e poi mai
aveva creduto
capace di guardare così una bellissima fanciulla.
Non era da lui essere così. Eppure quella graziosa bambina
gli faceva questo
effetto.
Incredibile per lui, avrebbe dato la vita per salvarla. Questa bambina
qualcosa
gli aveva fatto se ogni volta che la vedeva provava queste emozioni.
Distolse lo sguardo da lei e lo indirizzò su una parete dove
vide delle
fiaccole. Si staccò dalla mano di lei e prese una di quelle
fiaccole. Prese due
di quelle pietre che avevano raccolto lungo i campi e le
strofinò tra loro e
accese la fiaccola.
Con una mano la portò e con l’altra tenne stretta
la mano di lei.
Finalmente l’avventura iniziò per loro e
s’incamminarono in quelle segrete e
oscure stanze del castello. Vagarono di stanza in stanza dove qualche
urlo a
loro scapparono a causa di moltissime ragnatele pieni di ragni intenti
a
cibarsi degli insetti morti, di una volata improvvisa e strana di
pipistrelli
sulle loro teste, e di una fila di topolini che entravano e uscivano
dalle loro
tane.
Una volta entrati in una stanza stranamente pulitissima e ordinata
dell’ultimo
piano, rimasero affascinati nel vedere quell’enorme campo di
girasoli che circondavano
il castello.
Lisa, che lo teneva per mano, appoggiò la testa sulla spalla
di lui. Il
bambino, dapprima s’irrigidì poiché
sentiva nel proprio corpo qualcosa di
indescrivibile. Sentiva delle ondate di emozioni, sensazioni mai
provate oppure
credute ignote. Per lui era del tutto nuovo e sconosciuto. Era come
scoprire
questo castello mai sentito parlare e mai esplorato. Però
esplorarlo gli era
piaciuto un mondo, così decise di esplorare e approfondire
ciò che stava
provando in quel momento.
Tirò un piccolo sospiro silenzioso e lentamente
appoggiò la propria testa su
quella di lei temendo una reazione negativa da parte sua. Vedendo che
non
reagiva, si sentì sollevato e felice come non lo era mai
stato.
< Come lo chiamiamo il nostro rifugio segreto? >
Domandò incuriosito.
La bambina gli sorrise e rispose:
< Meraviglia di Girasoli! >”
Un rumore svegliò Lisa dal sonno profondo.
Rimase pietrificata nel vedere quattro cerchi bianchi nel buio che si
avvicinavano a lei.
Mentre stava per urlare, la sua bocca fu chiusa da una mano grossa e
molto
forte. Immediatamente gli graffiò il viso, ma
l’intervento tempestivo
dell’altro compagno le impedì di graffiarlo ancora.
Il suo corpo fu legato con la corda molto spessa come una pancetta e
messa
sopra la spalla dell’uomo più robusto con il viso
graffiato.
Quello più magro lasciò un biglietto sul letto e,
insieme al compagno, uscirono
dalla enorme finestra e scesero dal terrazzo.
I due, come due lampi, oltrepassarono la cinta muraria e uno dei
bravotti, a
turno di guardia, diede l’allarme nel vederli scappare.
Purtroppo quei due
riuscirono a raggiungere la carrozza e a svignarsela.
Nel sentire l’allarme, don House, che era impegnato a suonare
il pianoforte,
sentì una strana sensazione assalire il proprio corpo.
Senza perdere tempo uscì dal salone e camminò
frettolosamente verso la camera
della giovine per accertare che fosse tutto a posto.
Lungo il corridoio s’incontrò con Jimmy e, senza
perdere tempo in inutile
chiacchiere, lo invitò a seguirlo.
I due arrivati a destinazione, entrarono e rimasero sbalorditi!
Finestra spalancata, vetri per terra, letto disfatto e corda sul
terrazzo con
un aggancio di ferro.
< Ma cosa è successo? >
Domandò senza parole don Wilson.
Don House si accorse della presenza di un biglietto lasciato sul letto
e lo
lesse a voce alta:
“
X HOUSE!
SE LA VUOI VIVA,
TI ASPETTO NEL CASTELLO SPERDUTO!
P.S.
INDIZIO: CAMPO DI GIRASOLI.”
< Maledetto “Boing-Boing”! >
Disse con denti serrati.
Dalla rabbia strappò il biglietto e diede un calcio al letto.
< Ma dove si trova questo castello sperduto? >
Domandò curioso il cugino.
< E’ il castello che noi abbiamo chiamato
“Meraviglia di Girasoli”! >
TO BE CONTINUED...
“Tutti
li miei pensier parlan d'Amore;
e hanno in loro sì gran varietate,
ch'altro mi fa voler sua potestate,
altro folle ragiona il suo valore,
altro sperando m'aporta dolzore,
altro pianger mi fa spesse fiate;
e sol s'accordano in cherer pietate,
tremando di paura, che è nel core.
Ond'io non so da qual matera prenda;
e vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
così mi trovo in amorosa erranza.
E se con tutti vòi far accordanza,
convènemi chiamar la mia nemica,
madonna la
Pietà,
che mi difenda.”
Questo
è
piccolo brano in prosa è pubblicato nella famosa opera di
Dante Alighieri: Vita
Nova!
Verdetto?
L’angolo
di
ladyT:
@ barbarae:
E che
messaggi XDDDDD, Anch’io sogno di vedere ballare il nostro
puccio-man!!! *__* Kiss,
Terry ^_^
@ amelia
spicer: Che bello
anche tu appassionata
di Manzoni!!!! Io lo adoro da morire!!! Allora, tra il cinquecento e il
seicento la medicina e la chirurgia ebbero molto spicco grazie alla
scoperta
del microscopio, inoltre è il periodo dove medici illustri
si occupano della
psicologia, dei parassiti, della peste… insomma il 500/600
è il periodo per
così dire scientifico e della medicina. Quindi i termini
usati da noi in
chirurgia e medicina li utilizzavano anche loro, ma in lingua latina.
Per
quanto riguarda il pianoforte, in quel periodo esisteva, ma si chiamava
clavicembalo (non mi resta che sostituire la parola
“pianoforte” con “clavicembalo”
^_^). Spero di aver risposto bene alle tue domande, e se hai ancora
qualche
altra domanda, sarei felice di rispondere!!! Alla prossima!!! Kiss,
Terry ^_^
|
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Capitolo 14 *** Capitolo Quattordicesimo ***
Sono
tornataaaaaaaaa!!!!
Scusate
molto del ritardo, purtroppo gli impegni di lavoro che mi tengono
occupata
dalla mattina alla sera a realizzare progetti e progetti su autoCAD!!!!
Prima
di tutto, per accontentarvi posterò due capitoli a
settimana!!!!
Domenica e giovedì,
tutti d’accordo?
Un grazie di cuore a tutte che mi seguono in questa follia huddy!!!
Sono molto sadica, vero?
Una parola è troppa e due sono poche (Nonno Libero! ).
Ecco a voi il nuovo capitolo!
Mi raccomando recensite in tante!!!
Pronte?
1
2
3
GO!
CAPITOLO
QUATTORDICESIMO.
Il cielo era molto buio. Un buio tetro simile all’abisso
profondissimo di un
oceano.
Non c’erano la luna e le stelle, solo grosse e terrificanti
nuvole grigie
accompagnate da violenti e accecanti lampi. Nessun segno di pioggia e
né di
gradinate. Sembrava lo sfogo di un qualcuno molto irato oppure era lo
stesso
Zeus che, preso dall’ira, si sfogava scagliando saette.
Bubbolati, latrati e ululati cominciarono a farsi sentire
più vivi che mai.
Ad accompagnare questi sinistri rumori, c’era il trottare di
otto zoccoli che
sembravano andare di fretta.
Era il trottare di due cavalli, uno bianco ed elegante e
l’altro nero e
lucente.
In sella al cavallo bianco c’era don Jimmy che per tutto il
tragitto non aveva
fatto altro che osservare il cugino.
Trottavano fianco a fianco, per questo motivo Jimmy riusciva a vedere,
nonostante la scarsa visuale notturna, e a percepire ciò che
il cugino stava
provando.
I suoi occhi erano strani. Non si poteva capire ciò che
stava provando poiché
notava un viavai di sentimenti che andavano dalla rabbia alla paura.
Incredibile! Lui, cinico, misantropo, scorbutico e maledettamente
irritabile,
stava provando un sentimento probabilmente a lui sconosciuto: paura.
“ Ci sono vari tipi di paura.”
Pensava con il vento che colpiva in modo violento il viso
poiché galoppava
velocemente.
Voleva scoprire quale tipo di paura assaliva la sua anima, ma,
l’improvvisa
fermata brusca di House che tirava violentemente le redini facendo
alzare il
cavallo, lo distrasse da quel pensiero.
Entrambi scesero da cavallo e, tenendo stretto tra la mano le redini,
proseguirono a piedi il cammino.
Camminarono in quell’immenso campo di girasoli alti almeno
tre metri e con le
ligule chiuse poiché non c’era la luce solare.
Don Jimmy s’avvicinò di più al cugino
poiché il suo corpo fu invaso da una
tremarella nell’udire dei suoni agghiaccianti e lagnosi
provenire in quel
campo.
Man mano che loro avanzavano, quei suoni si fecero sempre
più vicini e
fastidiosi.
Don Wilson camminava guardandosi intorno. Aveva paura. Il suo corpo
tremava
nell’udire quei rumori tetri e persino gli occhi gli uscirono
dalle orbite ogni
qualvolta vedeva delle strane ombre bianche apparire e sparire di tanto
in
tanto.
Anche i denti gli battevano rumorosamente tra loro e le gambe
cominciarono a
farsi sempre più molli.
D’improvviso Greg si fermò di scatto e, nonostante
camminava con lo sguardo
rivolto a lato, Jimmy andò a scontrarsi contro la schiena di
lui.
< Ahi! >
Gridò Jimmy dal dolore.
Don House sbruffò silenziosamente roteando gli occhi per
aria e si girò verso
di lui. Portò l’indice della mano destra al
proprio naso e gli fece segno di
fare silenzio.
Il cugino alzò ambedue le mani in aria tenendo i palmi
aperti facendo segno di
scusarsi.
Greg si girò dandogli le spalle e puntò il dito
verso il famoso castello.
Don Jimmy rimase terrorizzato, ma allo stesso tempo, incantato nel
vederlo.
Il castello aveva una struttura al quanto complicata: la porzione che
si
affacciava sul campo aveva una forma ottagonale; le facciate erano
tutte in
precarie condizioni a causa dell’usuramento delle pietre
dovuto agli agenti
atmosferici e alla mancata manutenzione nel tempo.
In alcune parti si notava dei grossi ed enormi buchi di forma quasi
rettangolare probabilmente appartenuti, un tempo, alle finestre.
Don House camminò sempre diritto e poi ad un tratto
svoltò a destra.
Don Jimmy, in silenzio, lo seguiva come un’ombra, immaginando
il cugino come
guida turistica.
Entrambi si fermarono di fronte alla facciata principale del castello
diroccato.
Jimmy deglutì alla vista di un enorme portone un
po’ strano.
Forse era dovuto all’effetto della notte un po’
tetra oppure alla fantasia che
la sua mente si era lasciata travolgere in quel contesto se vedeva una
strana
incisione: una donna urlatrice con i capelli a serpenti e i denti di un
vampiro.
Sentiva le gambe tremare, aveva tanta voglia di scappare e di tornare a
casa
per buttarsi nelle braccia della moglie.
< Su, apriamo il portone! >
Sussurrò Greg avvicinandosi al cugino che era rimasto
indietro a lui con gli
occhi fissi su quell’immagine del portone e i denti che
tamburellavano senza
sosta.
< Do... do... dobbiamo pr... pr... proprio? >
Riusciva a stento a pronunciare qualche sillaba. Tanta era la paura di
entrare.
Se il castello gli incuteva terrore solo a vederlo
all’esterno, figuriamoci
come poteva essere all’interno.
Temeva che una volta entrato, non ne sarebbe mai più uscito
vivo.
< Non è ora di fare il pappamolle! >
Disse annodando le redini di entrambi i cavalli su una lunga linea
orizzontale
di ferro, appeso al muro perimetrale, che probabilmente in passato
doveva
appartenere alla ringhiera di un terrazzo ormai demolito.
Cominciò a spingere il portone con molta forza.
Vedendolo un po’ in difficoltà, con un pizzico di
coraggio, Jimmy lo aiutò ad
aprire il portone.
Il portone si aprì lentamente e un terribile eco
colpì violentemente le loro
orecchie.
Don House ne rimase illeso, ma Jimmy rimase pietrificato con gli occhi
spalancati
e le mani incollate al portone.
Vedendolo che non muoveva un muscolo, Greg gli diede qualche
schiaffetto sul
viso per svegliarlo.
Don Jimmy si svegliò e, con denti serrati,
proferì parola.
< Voglio mamma! >
Esclamò appoggiando le braccia su quelle di Greg.
< Non è ora di fare capricci! >
Lo rimproverò con tono serio e freddo.
< Una domanda: perché tu sei rimasto immune a quel
terribile eco? >
Domandò tutto tremante con le orecchie ormai frastornate.
< Che stupida domanda! Ho messo del cotone nelle orecchie!
>
Disse togliendo il cotone dalle orecchie e mostrandole a lui.
Nonostante tremasse di fifa, Jimmy aveva voglia di strangolarlo. Non
gli aveva
avvertito di questo terribile eco e né perlomeno offerto
qualche pallina di
cotone.
Senza perdere tempo, i due misero piede all’ingresso.
Jimmy si pentì subito poiché il portone si chiuse
rumorosamente da solo alle
sue spalle lasciando loro al buio pesto.
Don Wilson deglutì. Non gli era mai capitato di trovarsi in
quella situazione.
Sembrava di vivere in un castello stregato.
Improvvisamente vide una luce tenue e un’ombra gigantesca
apparire lungo la
parete del corridoio avvicinarsi a lui.
Sudava freddo per ogni passo che l’ombra compiva verso di lui.
Aveva una strana faccia! Sembrava Dracula in persona.
Appena quella figura gli si fermò di fronte, a Jimmy
scappò un urlo.
< Hey, sono io! Mi hai dimenticato? >
Esclamò avvicinando le fiaccole al proprio volto per il
riconoscimento.
Don Wilson sospirò nel vedere che era il cugino.
Greg roteò gli occhi per aria. Non credeva di avere un
cugino tanto fifone.
Gli diede una delle due fiaccole che aveva acceso e
s’incamminò in quel lungo
corridoio senza luce.
Jimmy camminava a passi felpati muovendo lentamente la testa in ambedue
i lati.
Vedeva degli strani quadri appesi alla parete lungo il corridoio. Erano
ritratti di persone che avevano vissuto in questo castello e che
probabilmente
erano defunti.
Aveva l’impressione che i loro occhi si muovevano e che dalla
loro bocca
uscivano delle risate isteriche.
Stava per svenire. Anzi aveva voglia di svenire.
C’era troppa tensione in quel castello.
Persino il cuore faceva il matto. I polmoni ricevevano poca aria e il
sangue
scorreva lentamente nelle vene.
Sotto ai loro piedi c’era un tappeto lunghissimo, molto
consumato e appiccicoso.
Sembrava di camminare sulla melma.
< Dio, Greg! Sai almeno dove trovarla? >
Ormai aveva perso la pazienza. Voleva ritirarsi dal gioco sporco di
“Boing-Boing”.
< No! Contento? >
Rispose con tono seccato.
I due proseguirono il cammino entrando e uscendo dalle varie stanze.
Povero Jimmy! Ad ogni stanza ne usciva con i capelli ritti e gli occhi
fuori
dalle orbite a causa di vari imprevisti. Volata furiosa di pipistrelli
addosso
a loro, puzza di animali decomposti, enorme ragnatele che coprivano
un’intera stanza.
Finalmente lasciarono il piano terra e salirono le scale che
disegnavano una
lieve curva conducendoli al piano superiore.
Alla loro destra c’era un arco che delineava
l’ingresso a una stanza,
probabilmente uno studio.
Incuriosito, don Wilson entrò in quella stanza, mentre don
House entrò in
un’altra stanza a lui familiare.
Jimmy non si accorse dell’assenza di Greg poiché
fu attratto da uno strano
oggetto che a prima vista sembrava un enorme tavolo da scrivano.
Ci soffiò sopra per spazzare via la polvere che si era
accumulata col tempo e
trovò dal ripiano alcuni quadri molto vecchi. Li prese uno a
uno osservandoli
col fare curioso.
Erano tutti dipinti originalissimi però, purtroppo,
ripetitivi. Ogni dipinto
avevo lo stesso oggetto: campi di girasoli, però diversi tra
loro a seconda del
tempo e delle giornate.
Annoiato, rimise i quadri al loro posto e cominciò a
perlustrare lo studio.
Notò l’enorme camino ormai in parte demolito e
coperto di ragnatele, una
piccola poltrona che molleggiava a causa di due piedi mancanti e un
piccolo
baule. Incuriosito, aprì quel baule. In quel momento
sentì l’aria farsi sempre
più pesante, più densa e per un attimo il respiro
gli venne a mancare come se
avvertisse una strana presenza sovrannaturale in quella stanza che gli
opprimeva il torace.
In quell’istante la sua mente fu invasa da pensieri
irrequieti.
Per distrarsi da quei pensieri, si concentrò a far uscire
dal baule dei libri
polverosi e stranamente ben conservati.
Improvvisamente il suo cuore cominciò ad accelerare
poiché notava sulla parete
di fronte un’ombra ingigantirsi sempre di più.
Vedeva una strana figura con i
capelli che sembrava strisciare come serpenti e subito si diede dei
pizzicotti.
Non poteva essere quella donna urlatrice che aveva visto inciso sul
portone. Si
girò e non fece in tempo a urlare e scappare che un oggetto
contundente lo
colpì in fronte facendolo svenire.
Nel frattempo, Greg stava perlustrando la stanza a lui molto familiare
e vividi
immagini gli si presentarono sotto forma di flashback.
“< Come lo chiamiamo questo posto? >
Domandò curioso il bambino con la testa appoggiata a quella
della graziosa
bambina dagli occhi grigi birichini.
< Meraviglia di Girasoli! >”
Immagini di loro due in quella stanza a fare pic-nic di fronte a quel
panorama
di girasoli.
“< Ecco a te la ciambella! >
Disse Lisa con tono dolce estraendo due ciambelle dal cestino e
offrendone una
a lui.
< Grazie, Raggio di Sole! >”
Altri ricordi di loro piccoli che pulivano quella stanza rendendola
accogliente, i loro passatempi a realizzare e costruire un teatrino di
legno
per marionette divertendosi a imitare vari personaggi e, infine, il
ricordo più
doloroso, quello del loro addio.
“< Ti devo dire una cosa. >
Disse il bambino con voce seria e triste.
Fuori pioveva a dirotto con lampi e tuoni.
Un terribile tuono spaventò Lisa che si buttò tra
le calde braccia di lui. Il
suo abbraccio fece peggiorare le cose. Quell’abbraccio non ci
voleva poiché gli
metteva tristezza e nostalgia con quello che le doveva dire di urgente.
Seguì l’istinto di stringerla a sé
ancora più forte.
Gli piaceva tanto abbracciarla poiché gli dava un senso di
protezione e di
amore.
Già, amore! Delle lacrime gli rigarono il volto andando a
bagnare la clavicola
di Lisa.
Lei se ne accorse e si distaccò leggermente da
quell’abbraccio per guardarlo.
Si guardarono intensamente negli occhi. Solo un silenzio
c’era tra loro poiché
lasciarono che fossero gli occhi a parlare.
Parlavano così tanto da non accorgersi che i loro nasi si
toccavano e le loro
labbra si sfioravano. Un tenero contatto tra le loro labbra chiuse.
Delicato e
tenero. In quell’istante lampi e tuoni scomparvero lasciando
il posto a un
meraviglioso arcobaleno.
I due, dopo quel piccolo bacio, rimasero appoggiati fronte a fronte
perdendosi
negli occhi.
< Prometto che questo sarà un arrivederci! >
Cominciò a dire assumendo un tono tranquillo e sereno.
Nell’udire quelle parole, a Lisa scappò una
lacrima.
< Lo prometti? Ti rivedrò? >
Lui le asciugò il viso e sul volto stampò un
leggero sorriso. Un sorriso così
luminoso e soave.
< Tornerò e ci incontreremo dove
s’incontrano gli amanti! >
I due sorrisero e rimasero abbracciati per chissà quanto
tempo.”
A quel ricordo, Don House gli venne uno strappo al cuore.
Non era vero che se ne era andato! Quel giorno gli morì il
padre e di
conseguenza doveva prendere il suo trono. Il trono del signore dei
ricatti,
della malvagità e del terrore. Purtroppo lui era troppo
diverso dal padre e non
riusciva ad essere come lui poiché l’incontro con
quella fanciulla gli aveva cambiato
sia esternamente che internamente.
Per tutto questo tempo, dopo il loro “arrivederci”,
si era chiuso in se stesso
diventando arrogante, cinico e solitario signorotto del paese.
Tutti avevano terrore di lui immaginandolo simile al padre che uccideva
coloro
che non saldavano i debiti entro i giorni stabiliti.
Però da quando Greg era al trono, non ci fu nessuna
uccisione, ma più lavoro
per tutti.
Raramente andava in paese e i pochi che avevano avuto occasione
d’incontrarlo
né uscirono arrabbiati per le sue battute sarcastiche o
né uscirono felici per
ogni offerta di lavoro. Le giornate le trascorreva nascondendosi nel
bosco che
circondava il lago ad osservare quella graziosa bambina diventare
sempre più
bella e affascinante con l’età.
Non aveva mai avuto occasione d’incontrarla e di abbracciarla
temendo una
reazione negativa di lei nello scoprire la sua vera identità.
Questo, col passare del tempo, lo faceva sempre soffrire ed era anche
la causa
dei suoi pessimi umori.
Appoggiò ambedue le mani al vetro della grande finestra,
l’unica rimasta
intatta nel tempo, con lo sguardo rivolto verso l’esterno.
Tra quel buio pesto, scorse due sagome ben illuminate dalle fiaccole e
si
accorse che uno di loro portava in groppo il cugino svenuto e legato
come un
salame.
< Hanno preso anche Jimmy! Stanno andando verso il mulino ad
acqua! >
Si voltò di scatto, uscì dalla stanza e scese
correndo per le scale.
D’improvviso si fermò: una scena alquanto
disgustosa gli si presentò davanti
barrando la strada con il braccio teso verso di lui puntando la spada.
Una risata malefica uscì dalla sua maligna bocca.
< A noi due, House! >
TO BE CONTINUED...
Siete tutte vive?
*me che apre l'ombrellone in attesa di ricevere qualsiasi ortaggio
lanciato da
voi"
|
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Capitolo 15 *** Capitolo Quindicesimo ***
Hola
à
todos!!!
Eccomi di ritorno in pochi giorni. J
Ancora grazie a
tutte che mi seguite
nella follia Huddy e che mi sopportate!!!
XDDDDD
Pronte?
1
2
3
GO!
CAPITOLO
QUINDICESIMO.
< Che scocciatura fare sempre le ronde ogni santa notte! >
Brontolò l’uomo dalla carnagione molto scura.
Camminava con i suoi compagni di sventura su una stradina molto
abbandonata e
ricca di rovi e cespugli.
Nessuno osava mettere piede in quella stradina poiché si
narrava che un
viaggiatore curioso di visitare il castello non ne era mai uscito vivo
o morto.
Così col passare del tempo quella stradina
diventò un manto erboso circondato
da rovi pungenti.
< Accidenti a queste spine! >
Borbottò il più basso tra loro.
< Ma quante lagne che vi fate! Questa ronda prendetela per il
lato positivo!
Non siete curiosi di vedere e scoprire che fine ha fatto quel
viaggiatore? E’
molto intrigante! >
Disse con gli occhi sognanti l’indiano.
Foreman e Taub si guardarono lanciando dei codici segreti ed estrassero
dal
fodero la propria spada.
< Hey, “colui-che-si-entusiasma-per-niente”,
non sei curioso di sapere come
hanno conciato il povero viaggiatore? >
Disse Foreman battendo e ribattendo la spada sulla propria mano.
Law, siccome era di spalle a loro, nell’udire il proprio
nome, si girò e rimase
stupito nel vederli che avanzavano velocemente con la spada puntata
verso di
lui.
Si lasciò guidare dall’istinto e fuggì
a gambe levate.
I due gli corsero dietro presi dalla foga di conciarlo per le feste.
Lui e le
sue manie di archeologo che non facevano altro che mettere nei guai chi
stava
ad ascoltarlo.
Improvvisamente, l’indiano si fermò di scatto nel
vedere delle ombre muoversi
lentamente verso il mulino e distese le braccia orizzontalmente.
I due non riuscirono ad arrestarsi in tempo e andarono a scontrarsi tra
le sue
braccia pronte a bloccarli.
< Shhhh, vedete quell’ombra? Anzi ne vedo due! No,
tre! Uno sta in groppa a
una di loro. Che sia il viaggiatore? >
Sussurrò col tono felice e desideroso di scoprire il mistero
che offriva quel
luogo.
Foreman e Taub gli diedero un enorme scappellotto.
< Non vedi che quello in groppa è don Wilson? >
Disse quello più scuro col tono arrabbiato e furioso.
I tre si fermarono un attimo e si guardarono perplessi.
< Don Wilson?!? >
Urlarono tutti in coro. Presi dalla curiosità, si
avvicinarono, senza farsi
vedere, a quelle ombre.
< Oh mio Dio! Ma è proprio don Wilson! Quelli sono
Ciucchino e Gargamella!!!
>
I tre estrassero la spada pronti sussurrando il loro motto:
< Uno per tutti, tutti per uno! >
Erano pronti ad intervenire, ma purtroppo i due schiavotti di don Chase
erano
già entrati nel mulino.
< Ragazzi, non facciamoci suggestionare dalle voci infondate e
conciamoli
per le feste! >
Esclamò l’indiano incoraggiando i compagni ad
avventurarsi in questa avventura
alquanto tetra e horror.
I due bofonchiarono roteando gli occhi per aria e, alla fine, decisero
di
avventurarsi in questa follia del loro compagno di sventura sperando di
uscire
da quel luogo maledetto sani e vegeti.
***************************
Faceva molto freddo in quella stanza.
Lisa stava seduta in una camera piccola con le braccia attorno al corpo
nel
vago tentativo di scaldarsi.
Aveva addosso il pigiama di seta color rosa ed era inadatta per una
situazione
del genere.
Quel poco di calore che emanava la lanterna ad olio non le serviva per
riscaldarsi.
La camera era molto umida e le quattro mura interne erano in pessime
condizioni.
C’erano presenze di muffa nerastra dall’odore
sgradevole, animaletti in
decomposizione e piccole cascate di acqua che fuoriuscivano da quei
piccolissimi buchi presenti nelle pareti.
Non sapeva da quanto tempo era là.
Ricordava di essere stata rapita e legata come un salame e,
probabilmente, in
quell’istante era svenuta. Per questo motivo non riusciva a
ricordarsi da
quanto tempo era chiusa in quella stanza.
Lisa cercò di distrarsi da quella situazione in cui si
trovava e che le
incuteva paura.
“< Hey, Lisa c’è un
mulino ad acqua di fronte a noi! >
Disse il bambino dagli occhi blu oceano puntando l’indice
della mano verso
quella piccola struttura in pietra a secco.
I bambini, mano nella mano, presi dalla curiosità di
visitare cose nuove,
corsero verso l’entrata del mulino.
Non era molto grande e né tantomeno piccolo.
Aveva solo tre stanze, tutte vuote in condizioni discrete.
Rimasero poco lì dentro poiché non
c’era niente d’interessante da scoprire.
L’unica cosa che li attiravano era la ruota attaccata ad una
facciata del
mulino e che girava senza sosta raccogliendo e gettando
l’acqua del fiume. Ogni
qualvolta che gettava acqua, rimasero stupiti nel vedere un arcobaleno
di mille
colori.
< Che meraviglia! >
Esclamò dallo stupore la bambina avvicinando la mano per
afferrare
quell’arcobaleno.
Il bambino le sorrise e la colpì gettando un po’
di acqua fresca del fiume.
Nel vedere lui tuffarsi nel fiume tutto vestito, lo imitò
tuffandosi anche lei.
I due si divertirono tra nuotate, tuffi e spruzzi
d’acqua.”
Un rumore improvviso di passi distolse Lisa dai suoi pensieri e, quando
sentì
il rumore terrificante di una chiave girare più volte nella
serratura della
porta, nascose dietro la schiena la clava.
Spalancò gli occhi nel vedere che non era l’unica
ad essere rapita.
Quei due loschi energumeni stesero per terra l’uomo dai
capelli castani e con
il sangue che usciva dalla testa. Lo liberarono dalle corde senza
perdere di
vista la giovine slegata e uscirono frettolosamente chiudendo la porta
a
chiave.
Lisa si avvicinò a quella figura maschile ancora svenuto per
scoprire la sua
identità.
Siccome lui stava a pancia in giù con il volto coperto dal
pavimento, lo girò a
pancia in su e rimase stupita nel vederlo.
Immediatamente gli diede quattro colpetti sul viso per svegliarlo.
Jimmy si svegliò lentamente con un grande mal di testa a
causa del colpo
subito.
< Hey, Jimmy! Sono io! >
Quando stava per aprire le palpebre temeva di essere stato rinchiuso in
una
camera orribile con una donna urlatrice dai capelli di serpenti e dai
denti di
un vampiro, ma invece non fu così.
Infatti quando vide quel viso angelico di Lisa, si sentì
sollevato e aveva
voglia di abbracciarla.
< Che bello, sei tu! >
Esultò mettendosi in posizione seduta.
Lisa sorrise e lo abbracciò. Lui rimase sorpreso e si
lasciò andare a
quell’abbraccio. In fondo ne avevano bisogno
poiché entrambi stavano vivendo
una terribile avventura senza fine.
< Allora dobbiamo pensare a come attirare quei due energumeni in
questa
camera e colpirli con la clava che io e il mio migliore amico avevamo
nascosto
nella botola di sopra. >
Disse battendo e ribattendo l’enorme clava sulla mano.
Jimmy rimase senza parole. Non aveva mai visto una donna con
l’istinto di un
guerriero. Sorrise.
Poi d’un tratto sussultò dalla preoccupazione.
< Oh Dio! Greg... >
Disse con tono preoccupato colpendo la fronte con la mano.
< Cosa?!? Dov’è Greg? >
Domandò in preda alla preoccupazione la giovine.
Don Wilson prese fiato e la invitò a calmarsi e a sedersi
accanto a lui.
Era deciso. Doveva raccontarle tutto. Doveva dirle tutto ciò
che aveva scoperto
sul segreto del cugino. D’altronde la giovine aveva il
diritto di saperlo
poiché l’argomento riguardava lei e lui.
< Lisa, quello che sto per dirti ti lascerà
incredula. Ma credimi è la
verità! Pura e semplice verità! >
Sospirò profondamente.
La giovine lo spronò a raccontarle tutto poiché
troppa era la curiosità che
invadeva la sua mente.
< Quando lui ha letto il biglietto che quel malvivente aveva
lasciato sul
lettone disfatto, ha capito subito dove trovarti. Sono rimasto senza
parole
poiché sul biglietto parlava di un castello qualunque e
l’unico indizio erano i
girasoli. In vita mia non avevo mai visto un castello circondato dai
girasoli.
Però quando Greg ha detto: “ è il
castello che NOI abbiamo chiamato Meraviglia
di Girasoli” mi è sorto un dubbio! A chi si
riferiva a quel NOI? Così dopo
tante insistenze, lui mi ha detto tutto! E, non sai cosa ho scoperto...
>
Non riuscì a terminare la frase che Lisa intuii tutto.
< Aspetta! Torniamo indietro! “Meraviglia di
Girasoli” era il nomignolo che
solo io e il mio amico del primo bacio, ne eravamo a conoscenza ed era
il
nostro segr... >
Si bloccò un attimo. Qualcosa le balenò nella
mente. A pensarci un po’ quei due
si assomigliavano. Entrambi avevano un certo caratterino, degli occhi
di un
meraviglio blu oceano, un sorriso rassicurante.
< No! No! Non dirmi che il bambino e don House sono la stessa
persona! >
Jimmy si limitò ad annuire.
Lisa era incredula. Ora capiva perché ogni qualvolta che era
con lui si sentiva
felice, protetta e a proprio agio. Provava le stesse sensazioni che
quel
bambino le aveva dato da piccola.
Fu distratta dagli strani rumori che provenivano fuori dalla stanza.
Sfolgorare di spade, grida di dolori e risate dal vocione grosso.
I due si alzarono quando sentirono dei passi avvicinarsi a quella porta.
Lisa impugnò la grossa clava tenendola in alto e Jimmy si
mise dietro di lei.
Adesso si sentiva il rumore terrificante della chiave che girava nella
serratura.
Gocce di sudore scendevano lungo i loro volti.
La porta si aprì lentamente, uno stivale fece il primo passo
dentro e una testa
quasi pelata sbucò dalla porta.
Nel vedere la testa, Lisa fece muovere la clava dall’alto
verso il basso, ma
quando gli occhi di lui la stavano guardando, un gridò gli
scappò.
< Noooo! Ferma! Siamo noi! >
Gridò proteggendo la testa con ambedue le braccia.
< Ma sei tu, Taub? >
Disse Jimmy nel riconoscerlo. Un sospirò di sollievo gli
scappò.
< Non c’è solo lui, ci siamo anche noi!
>
Borbottò Eric entrando nella camera, seguito da Law, con le
braccia conserte.
Lisa che era rimasta bloccata con la clava in sospeso
cominciò a urlare.
< Ma voi siete coloro che mi avete rapita nel bosco! Brutti
bastardi! >
Aveva un grande desiderio di sculacciarli.
Jimmy la bloccò afferrando la clava che stava per colpire i
bravotti.
< Lo so, sono dei grandi bastardi! Ma l’hanno fatto a
fin di bene! Dovresti
ringraziarli, compreso Greg, se sei ancora viva! Don Chase, quel
giorno, aveva
dato ordine, ai suoi schiavotti, di ucciderti e Greg, che aveva udito
tutto di
nascosto, ha dovuto inscenare il rapimento per salvarti! >
Lo disse tutto d’un fiato sperando di essere riuscito a
calmarla.
I bravotti, che ne erano all’oscuro di tutto, si guardarono
sorpresi.
Loro che salvavano damigelle in pericolo! Si sentivano incredibilmente
degli eroi.
E ne andavano molto fieri.
< Hey, siamo i tre moschettieri! Shhhh, è un segreto!
Ora dobbiamo scortare
la signorina Lisa al suo D’Artagnan! >
Esclamò stranamente felice l’indiano esibendosi in
un inchino cavalleresco. Gli
altri due lo imitarono.
< Siamo al servizio di Sua Maestà! >
Gridarono in coro.
Lisa era incredibilmente in imbarazzo. Si sentiva una principessa.
< Ora, ecco l’uscita! >
Esclamò l’indiano mostrandole la porta.
Uscirono prima Lisa accompagnata da don Wilson e poi i tre moschettieri.
< Sappiate che io sono Athos! >
Disse Eric vantandosi di essere quel moschettiere.
< No! Io sono Athos, tu sei Porthos visto che ami sempre
scommettere! >
Ribatté l’indiano guardandolo storto.
I due si guardarono in modo cagnesco con i denti serrati.
< No! Io sono Athos! >
S’intromise il più basso.
Dalla rabbia, i due distolsero lo sguardo puntandolo a Taub e gli
urlarono in
coro:
< NOOOOO! TU SEI ARAMIS! PREGHI SEMPRE! >
Taub sorrise.
< Grazie ragazzi! Sono fiero di essere Aramis poiché
è il più intelligente e
compone poesie! >
I due stavano per strangolarlo per la sua sfrontataggine, ma
l’intromissione di
Lisa e Jimmy li fecero calmare.
I tre indietreggiarono, batterono i tacchi e fecero un inchino.
< Faremo i bravi, signorina Lisa! >
I cinque uscirono finalmente dal mulino, ma una risata divertita da
parte di
quei moschettieri fecero incuriosire Lisa e Jimmy.
Non riuscirono a parlare e si limitarono a puntare l’indice
della mano verso la
grande ruota del mulino che girava senza sosta.
< Oh mio Dio! Che avete combinato?!? >
Domandò incredula Lisa nel vedere una scena alquanto strana
e divertente.
I due schiavotti legati alla ruota completamenti nudi, che di tanto in
tanto,
andavano a finire sott’acqua con la testa in giù e
le gambe in aria.
Anche a Jimmy scappò una risata e, con lui, anche Lisa.
< Ben gli stanno! Faremo fare la loro stessa fine anche a don
Chase! >
Esclamò la giovine con i lucciconi di vittoria negli occhi
grigi.
I cinque ripresero il cammino verso il castello per raggiungere don
House.
***************************
In mezzo a quei campi di girasoli si udivano lo sfolgorare di spade.
Gocce di sudore bagnavano i loro volti.
Occhi puntati su ogni singolo movimento.
Da quando si erano “incontrati” nel corridoio del
castello che non smisero di
duellare.
Duellando e duellando si erano spinti verso l’uscita del
castello trovandosi
nel campo di girasoli.
Continuavano a girarsi intorno uno all’altro, col fiatone, le
mani tremanti,
dove il peso delle spade si faceva sentire.
Un colpo a sgualembro dritto da parte del biondino andò a
vuoto poiché, con
prontezza, don House lo schivò con un colpo tondo dritto.
Scintille color oro venivano scaturite dal contatto delle due spade.
Attimo di pausa.
I due si guardarono in modo cagnesco.
Don Chase fissava gli occhi dell’avversario in cerca di
qualche punto debole,
ma non ne trovò nessuno.
Greg fece un passo in avanti disegnando un movimento quasi
impercettibile, ma
don Chase indietreggiò per recuperare qualche minuto in modo
da studiare la
mossa definitva.
Preso dalla voglia di vendetta, Robert avanzò correndo verso
l’avversario
pronto a colpirlo con un fendente dall’alto verso il basso
che Greg, grazie
alla prontezza, schivò con un salto all’indietro.
Una volta atterrato, si fiondò ad un’incredibile
velocità verso don Chase,
tempestandogli di colpi da tutte le direzioni.
Il biondino, però riuscì a pararli tutti e a
contrattaccare, e a sua volta, i
suoi colpi erano tutti parati, deviati o schivati.
Continuarono a scambiarsi colpi su colpi, senza sosta e senza tregua.
Allora don Chase decise di cambiare strategia: caricò un bel
fendente laterale
portato alle spalle, ma Greg lo parò scaraventando
l’avversario il più lontano
possibile con un violentissimo calcio al petto dato abbassandosi con le
spalle
al suolo.
E in quel preciso istante, Greg corse velocemente deciso a chiudere lo
scontro
e, quando gli fu vicino, saltellò in aria pronto a colpirlo,
ma l’avversario,
che aveva le spalle al suolo, fece una capriola all’indietro
e la spada di Greg
andò a colpire il terreno.
Tra le scintille dorate dovute allo sfolgorare delle spade e i loro
affanni,
violente discese di pioggerelline bagnarono i loro indumenti.
Nonostante stava piovendo, loro due continuarono a menare fendenti,
montanti,
sgualembri dritti e ridoppi roversi.
Però, proprio in quel momento, un violento e accecante
fulmine colpì un albero
tagliandolo in due parti.
Quella luce bianca acceccante distrasse don House poiché,
dal fastidio, si
coprì gli occhi con un braccio impedendogli qualsiasi
visuale.
Don Chase, ne approfittò di questa sua distrazione per
attuare il colpo finale:
un violento ridoppio riverso andando a colpirgli la gamba destra.
Greg si piegò in due per il dolore.
Si accasciò per terra premendo più che poteva la
ferita della gamba ormai
sanguinante.
Robert sorrise malignamente.
Impugnò la spada sporca di sangue con ambedue le mani
indirizzando la punta
verso il basso e sollevò la spada un pochino in alto.
Si fermò un tratto per godersi la scena di lui che si
crogiolava nel dolore più
acuto e rise istericamente.
La spada che era sollevata un po’ in alto, velocemente scese
per andare a
colpire la testa dell’avversario, ma qualcosa andò
storto.
Un bel colpo di clava molto grossa colpì la sua testa e la
spada fu prontamente
afferrata da don Wilson.
Don Chase svenne e i bravotti si divertirono a spogliarlo fino
all’ultima
goccia e a legarlo come un salame.
< Bel colpo, Lisa! >
Jimmy si complimentò con lei.
Lei non sorrise a quel complimento poiché si accorse che don
House stava
urlando dal dolore.
Lisa e Jimmy gli andarono incontro e videro la gamba sanguinante.
Lisa strappò un pezzo di stoffa dalla gonna del pigiama e
gli fasciò la gamba
per fermare l’emoragia.
< Jimmy dobbiamo portarlo in clinica, adesso! >
Urlò quasi per la disperazione e per la paura di perderlo.
< Presto raggiungiamo la carrozza che è a pochi passi
da qui! Veloce! >
Jimmy fece alzare Greg facendolo appoggiare alla propria spalla e
camminò
velocemente per raggiungere la carrozza. Lisa sia avvicinò
un attimo e sussurrò
all’indiano ciò che doveva scrivergli sul petto di
Robert.
< Capito tutto? Voi lo legate nudo alla ruota e gli scrivete
ciò che ti ho
sussurrato! >
Detto fatto li salutò e corse velocemente verso Jimmy.
Finalmente raggiunsero la carrozza, Lisa aprì lo sportello e
Jimmy stese Greg
su sedile.
Lisa rimase dentro con lui stringendogli la mano e accarezzando il suo
viso,
mentre Jimmy, veloce veloce, guidò la carrozza frustando, di
tanto in tanto, i
cavalli per farli correre velocemente.
TO BE CONTINUED...
Vi è piaciuta?
Nutritemi con i vostri commenti che sono come il Vicodin per House!!!
P.S.
Per farvi capire meglio la descrizione del duello, ve lo scrivo!!!
FENDENTE e MONTANTE:
sono i due colpi verticali, il primo dall'alto in basso, il secondo in
direzione opposta. Il fendente è un colpo generalmente molto
forte, che si può
dare indifferentemente ad una mano o a due, ma porta lo svantaggio di
lasciare
la guardia di chi attacca scoperta. Il montante invece è
generalmente un colpo
poco potente, solitamente portato ad una mano e spesso a seguito di
azioni per
le quali l'arma si trovi in posizione abbassata.
TONDO DRITTO E ROVERSO:
sono colpi dati orizzontalmente, anche questi indifferentemente a una o
due
mani, che si differenziano solo per la direzione con cui vengono
portati e conseguentemente
il filo della lama offerto. La posizione classica di chi porta un tondo
è con
la gamba opposta alla direzione da cui proviene il colpo avanzata,
durante il
colpo il busto ruota proseguendo il movimento del braccio.
SGUALEMBRO
(o sgualembrato) DRITTO O ROVERSO:
via di mezzo tra un fendente ed un tondo, è il classico
colpo che viene portato
a spalle o braccia dell'avversario. Anch'esso può essere
portato a due o una
mano.
RIDOPPIO
ROVERSO O DRITTO:
incrocio tra montante e tondo, punta solitamente a gambe o fianchi
dell'avversario.
Spero che vi abbia reso più l'idea del loro duello!!!
Kiss,
Terry ^_^
|
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Capitolo 16 *** Capitolo Sedicesimo ***
Hola
à todos!!!
E’
da molto tempo che non
aggiorno la fanfiction, perdonatemi tanto!!!
La
verità è che ho
pochissimo tempo per me a causa del lavoro che m’impegna
tantissimo!!!
Siccome
dalle prossime
settimane non avrò tempo per aggiornare, posterò
tutti i capitoli di questa
fanfiction!!!
Spero
che il finale vi
piacerà...
Un
grazie a tutti per
avermi seguito in questa follia Huddy, sperando di incontrarvi di nuovo
con
delle nuove fanfiction.
Ora
è il momento di farvi
leggere il seguito e gli altri!!!
Buon
divertimento!!!
1
2
3
GO!!!
CAPITOLO
SEDICESIMO.
Tra
violenti acquazzoni, ostacoli lungo le stradine
piene di pozzanghere e di pietre e la scarsa visibilità
notturna, la carrozza correva
più veloce di un lampo.
Tra scocchi di frusta sui cavalli e grida di Jimmy che non faceva altro
che
ripetere le stesse parole:
“Forza, avanti!!!”, finalmente la carrozza
arrivò a destinazione.
Due infermieri, di turno, si stavano concedendo una piccola pausa nel
portico
coperto dell’ingresso della clinica.
Quando videro scendere dalla carrozza una giovine con un pigiama
ridotto male e
pieno di sangue, senza perdere tempo, presero la barella e la
raggiunsero.
Entrarono dentro la carrozza, adagiarono lentamente il ferito sulla
barella e
lo portarono in clinica.
Greg strinse la mano di Lisa e le fece un cenno con la testa.
Lisa fermò gli infermieri che trasportavano la barella con
la forza delle mani.
< Avvicinati di più, Lisa! >
La giovine si sporse in avanti.
Il signorotto, con un dito, disegnò i lineamenti delle sue
candide labbra.
A quel contatto, Lisa sentì il cuore battere come un matto.
I suoi occhi erano così dolorosamente magnetici tanto che
dovette sposare lo
sguardo indirizzandolo lontano dai suoi occhi blu oceano.
Greg le sollevò il mento costringendola a guardarlo negli
occhi.
< La prima cosa che voglio vedere appena mi sveglierò
sono il tuo sorriso
solare e i tuoi occhi grigi raggianti! >
E poco dopo sparì dietro le porte della sala operatoria.
Lisa, nell’ascoltare le sue parole, si sentì
invasa e sopraffatta da mille
emozioni incontrollabili.
Il cuore aveva continuato a danzare un divertente rock per
chissà quanto tempo.
Possibile che non riusciva a resistere al fascino di don Greg House?
Era così terribilmente affascinante e maledettamente
seducente con quegli
occhioni che fin da piccola l’avevano incantata.
Scosse la testa per non pensare a nulla.
Era già abbastanza confusa e decidere di andare fino in
fondo per scoprire i
misteri che celavano dentro il cuore che diventava matto solo ad
annusare il
suo profumo in aria, avrebbe finito solo con peggiorare le cose.
Si sedette buttandosi pesantemente su una panchina e il pensiero di
aver
trascorso una tragica oretta, che sembrava eternità, tra le
urla di dolore e i
pianti di lui, l’aveva fatta sentire impotente e abbattuta.
Al solo pensiero di lui che varcava la soglia di questo mondo
lasciandola sola,
la faceva sentire un groppo alla gola, una ferita fresca al cuore, una
coltellata allo stomaco.
Sentiva una strana sensazione. Era una di quelle sensazioni che
opprimevano i
polmoni, stringevano la gabbia toracica e bruciavano il pancreas
rendendolo
terribilmente fastidioso.
Era qualcosa di molto profondo più dell’abisso
nero dell’oceano e incuteva terrore
tanto da far diventare le ciocche dei capelli di un colore bianco
trasparente:
la paura!
Paura!
Paura di perdere Greg!
Paura di non rivederlo gongolare in giro con il suo cavallo dal pelo
nero
lucente all’altra sponda del lago e rischiarato dalla luce
del sole che
sembrava di vedere il dio Marte.
Paura di non perdersi più in quella galassia dei suoi occhi
pieni di misteri.
Paura di non sentire le sue calde braccia sul proprio corpo perdendosi
in quel
suono di carillon che usciva dai battiti del suo cuore.
Era ancora vivo in lei il ricordo della sofferenza, della disperazione,
dell’angoscia, della preoccupazione, dello sconforto e della
tristezza che
aveva provato durante il tragitto in carrozza nel vedere lui
crogiolarsi nel
dolore. Per tutto il tragitto aveva temuto di perderlo data la
gravità della
ferita alla gamba destra.
La giovine continuava a perdersi in questi pensieri con lo sguardo
perso nel
vuoto che fissava, immobile, privo di espressione, un punto
indeterminato della
parete bianca di fronte.
Un uomo le si avvicinò e, vedendola in quello stato e che
non rispondeva alla
chiamata, si sedette accanto a lei.
D’improvviso lei distolse lo sguardo da quella parete e lo
indirizzò verso gli
occhi nocciola di lui.
< Io... io... io... >
Non riusciva a proferire parola poiché la sua voce era
strozzata e fiumi di
lacrime scesero lungo il suo angelico viso.
Jimmy, nel vederla in lacrime, gli venne l’impulso di
abbracciarla e di
consolarla.
Lisa si sfogò affogandosi nelle lacrime tra le sue braccia.
Don Wilson la cullò per quello che sembrava ore,
accarezzandole, di tanto in
tanto, i suoi morbidi capelli ricci.
****************
Il sole spuntava dietro i monti, rischiarando di un opaco color giallo
chiaro
le contee che si estendevano a perdita d’occhio su tutti i
colli.
L’erba brillava di una luce cristallina poiché la
notte era stata invasa da
violenti acquazzoni e da accecanti tuoni, gli alberi donavano quello
splendido
panorama come se fosse stato un parco ben curato. I passerotti
cinguettavano
allegri svolazzando da un ramo all’altro. Le farfalle
variopinte danzavano di
fiore in fiore. Le rondini battevano le ali nel grande cielo blu e
scendevano
verso terra per acchiappare una buona preda da portare per i propri
piccolini
affamati.
Alcuni contadini con indosso pantaloni di fustagno, una camicia aperta
sul
petto, maniche arrotolate fin sopra i gomiti ove si potevano
intravedere le
braccia color rame per il troppo sole preso, un cappello largo di
paglia in
testa, stivaloni sporchi di terra ai piedi, stavano camminando sulla
stradina
piena di rovi pungenti.
Con un bastone cercavano di separare i rovi tra loro in modo da
facilitare il
passaggio e raggiungere il fiume.
Quando finalmente arrivarono a destinazione, si avvicinarono a quel
fiume che
scorreva limpido lungo i tratti di valle.
Raccolsero la fresca acqua dolce e si rinfrescarono il proprio volto
segnato da
qualche goccia di sudore.
Una risata e delle grida provenire verso la ruota del mulino li
incuriosirono.
Videro con enorme sorpresa tre uomini nudi fino all’ultima
goccia di intimo,
legati a mani e caviglia alla ruota che, di tanto in tanto, girava su
se
stessa, facendoli bagnare.
Si accorsero che a ridere erano i tre bravotti del signorotto del paese
di cui
anche loro erano sotto al suo servizio.
Si unirono alle loro risate nel vedere la scena di quei tre urlare a
squarciagola.
Ma delle frasi scolpite sul petto del biondino li lasciarono di sasso.
< Oh mio Dio! Non credo alle mie adorate pupille! >
Esclamò stupito e meravigliato uno di quei contadini.
< “Ho tentato di uccidere Don House e, inoltre, scopo
suor Cameron in Chiesa
e ne vado fiero! >
Nel leggere quella frase che occupava tutto il petto e nel vedere un
cerchio
che evidenziava il suo membro stranamente piccolissimo, i contadini si
fecero
il segno della croce per quest’ultima frase.
Mentre per la prima frase il loro stomaco covava vendetta,
così decisero di
condurre quei tre malviventi verso il buio pesto della cella in mezzo
agli
enormi topi di fogna.
< Allora ragazzi! Conduciamo questi pezzenti verso la
più oscura e infernale
cella della contea! >
Gridò dalla rabbia uno di loro e gli altri si limitarono a
gridare consensi
alzando e abbassando le braccia con le mani chiuse a pugno.
I bravotti indietreggiarono di qualche passo lasciandoli alle loro
voglie di
vendetta.
< Hey, “colui-che-si-entusiasma-per-niente”
devo ammettere che certe volte
hai delle idee... >
Esclamò Foreman con un pizzico di sorriso.
< Grazie! Sapevo che ogni giorno quei contadini venivano qua per
raccogliere
acqua fresca del fiume! Beh, il fato ha fato tutto il resto! >
I bravotti sorrisero con gli occhi carichi di lucciconi di vittoria.
Il loro piano stava andando alla grande.
****************
Passarono cinque ore da quel difficoltoso intervento.
Lisa era molto agitata.
Camminava avanti e indietro senza sosta.
Non aveva avuto nessuna notizia da quando Greg era sparito dietro la
porta
della sala operatoria.
Neanche una piccola informazione era riuscita a strappare dalla bocca
di quelle
infermiere che uscivano ed entravano da quella porta.
Troppa era l’agitazione e il tormento che bollivano nelle sue
vene.
Troppa era l’ansia che tremava in ogni angolo del suo corpo.
Aveva voglia di urlare, di sfogarsi e di piangere.
Si sentiva tremendamente in colpa se lui era in quello stato.
Neanche le parole consolatorie di Jimmy erano riuscite a calmarla.
Quando sentì la porta aprirsi e i passi pesanti di un uomo,
si girò di scatto
verso di lui e gli si avvicinò accorciando la distanza con
passi veloci.
Gli occhi di quel chirurgo erano spenti, stanchi e tristi.
Lisa, in quel momento, si sentì sprofondare
nell’abisso più profondo
dell’oceano.
Sembrava di vivere in un inferno senza uscita.
Temeva di averlo perduto per sempre.
Di questo, era sicura, che non avrebbe mai accettato la sua scomparsa.
Mai e poi mai!
Aveva voglia di piangere e distolse un attimo lo sguardo da quel
dottore
indirizzandolo verso il pavimento per cercare di nascondere le lacrime.
Il dottore appoggiò le mani sulla spalla di lei col fare
consolatorio e
cominciò a proferire parola.
< Signorina, l’intervento è andato bene. Ha
rischiato di brutto! Poteva
rischiare l’amputazione alla gamba, ma, tutto sommato, siamo
riusciti a
salvarla in tempo grazie al vostro tempestivo intervento.
Però, purtroppo, dovrà camminare con
l’ausilio di un bastone. >
A questa notizia, Lisa le si illuminò gli occhi dalla gioia
di saperlo ancora
sulla terra.
Lo abbracciò in segno di ringraziamento e pianse, ma di
gioia.
Jimmy, che aveva udito la bella notizia, si sentì sollevato
e felice.
Anche se Greg era proprio un grande cinico, bastardo e misantropo
cugino
dell’universo, gli voleva un immenso bene.
Due infermieri uscirono dalla sala operatoria conducendo il letto, su
cui era
adagiato Greg, verso la camera destinata a lui.
Misero il paziente su un altro letto pulitissimo e disinfettato,
controllarono
la flebo, sollevarono la gamba mettendolo in trazione in modo da
evitare danni
pericolosi e uscirono dalla camera lasciandolo solo con la giovine.
Greg era ancora sotto effetto dell’anestesia.
La giovine sorrise nel vederlo dormire profondamente.
Lisa gli imboccò per bene la coperta, gli misurò
la fronte per controllare la
temperatura, bagnava e strizzava il panno umido e lo passava adagiando
delicatamente sulla sua fronte.
Jimmy entrò in camera con una bella tazza di thé
fumante per la giovine e lo
appoggiò su un tavolino.
S’intenerì nel vederla con quanto amore possibile
lei lo curava.
Si sentì di troppo e si avvicinò a lei.
< Ehm, io dovrei andarmene altrimenti mia moglie mi spenna vivo.
Ci vediamo
in tarda giornata. >
La giovine sorrise e gli rispose:
< Vai tranquillo! Sto io con questo piccolo idiota! Mi
raccomando, riposati!
L’avventura horror è finita! >
Anche Jimmy disegnò un largo sorriso sulle labbra e si
fermò un attimo per
guardare suo cugino che sembrava fare dei bellissimi sogni
poiché anche lui
sorrideva.
Salutò la giovine e uscì dalla stanza dirigendosi
verso la propria dimora.
Lisa si concesse una piccola pausa.
Sorseggiò delicatamente il thé e, di volta in
volta, osservava quella figura
maschile stesa sul letto.
Era terribilmente stanca. Le era successo di tutto in questi giorni: il
rapimento/salvataggio di Greg, poi il rapimento di Chase e, infine, il
dramma
più terribile: aver passato le ore angosciose della sua vita
di fronte a quella
porta della sala operatoria temendo di non vederlo gongolare in giro su
questo
pianeta.
Appoggiò la tazza mezza piena sul tavolino, prese una
poltroncina comoda e
l’avvicinò al letto dove era disteso lui.
Si sedette comodamente, gli prese la mano e glielo strinse forte.
Adagiò il viso sul letto di lui senza mai lasciargli la mano
e si addormentò
profondamente.
Un raggio di sole entrava timidamente penetrando attraverso il vetro e
riscaldando quei due ragazzi che dormivano beatamente mano nella mano.
TO
BE CONTINUED...
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Capitolo 17 *** Capitolo Diciasettesimo ***
E con
grande piacere vi
presento il capitolo diciasettesimo!!!
1
2
3
GO!!!
CAPITOLO
DICIASETTESIMO
Quel raggio di sole che riscaldava i loro volti, filtrava sempre
più
prepotentemente attraverso la tenda bianca illuminando la stanza di un
vivace
color giallino.
Nel sentire quella luce così accecante sui propri occhi,
Lisa aprì, controvoglia,
le palpebre.
Guardò dolcemente quella figura maschile, ancora
addormentata, con la bocca
semiaperta dove, di tanto in tanto, gli usciva un suono simile al
russare.
Si vedeva che stava dormendo beatamente e sorrise.
Si alzò lentamente, adagiò la mano di Greg sul
letto e poi si massaggiò le
tempie; aveva un terribile mal di testa.
Si avvicinò alla finestra e guardò fuori: il sole
illuminava la contea
rendendola meravigliosa.
Sembrava di vedere uno di quei paesaggi incantevoli dipinti da illustri
pittori.
Il giardino era ben curato e colmo di fiori variopinti che emanavano
fragranze
così intensi e soavi.
La testa non le dava tregua, era proprio ora di prendere qualche
medicinale.
Prima di uscire da quella stanza, si accertò che tutto fosse
in ordine e poi uscì
silenziosamente.
Mentre percorreva il corridoio, scorse tra la folla una figura
femminile a lei
molto familiare.
Era una donna con la vestaglia da notte, capelli ricci e bruni, occhi
di un
azzurro intenso come il cielo in un tempo sereno e un sorriso
smagliante e
inconfondibile.
“Ci mancavano pure le allucinazioni!”
Pensò strofinandosi gli occhi.
Quando aprì le palpebre, quella figura non c’era e
sbruffò tristemente.
Sperava tanto non fosse oggetto di una sua allucinazione.
Sospirò e riprese il cammino per raggiungere la sala
infermeria.
Una volta arrivata a destinazione, aprì la porta,
però non fece in tempo ad
entrare poiché una voce femminile, alquanto familiare,
attirò la sua
attenzione.
Lisa si girò di scatto per vedere se quella vocina era
frutto ancora della sua
allucinazione, ma non fu così!
Nel vederla, il suo corpo fu invaso da vampate di emozioni
incontrollabili e,
con le lacrime sul volto, andò incontro verso quella figura
femminile che era
la madre.
< Mamma! >
Gridò gettandosi tra le sue morbide e calde braccia.
Le due donne rimasero abbracciate, cullandosi per quello che sembrava
eternità.
< Amore, mi sei mancata! >
Esclamò la madre con la voce strozzata dal pianto.
< Anche tu! Non sai quanto! >
Le rispose la figlia col tono flebile e leggero.
Le due donne asciugarono le proprie lacrime e si sedettero su una di
quelle
panchine del corridoio.
La madre accarezzò dolcemente il candido e umido viso della
figlia.
Le due si guardarono con tanto affetto e amore.
Sembrava da chissà quanto tempo non si vedessero.
D’un tratto la madre distolse lo sguardo dagli occhi grigi
della figlia e lo
indirizzò verso il suo indumento malridotto.
Le prese un accidenti nel vedere che l’indumento di Lisa era
pieno di sangue e
strappi irregolari.
< Piccola, cosa ti è successo? Di chi è
questo sangue? >
Le chiese con tono preoccupato.
Lisa cercò di tranquillizzarla regalando un lieve e
accennato sorriso.
Vedendola che non si tranquillizzava, decise di raccontarle tutto
ciò che le
era accaduto in questi ultimi giorni.
< Mamma, non so da dove cominciare. Tutto è molto
complicato e confuso. Per
me rivivere il tutto è molto doloroso poiché ho
dovuto lottare per aver salva
la mia vita. >
La madre fece il segno della croce. Era talmente preoccupata e
d’altronde il
tono che aveva assunto la figlia nel cominciare a parlare le presagiva
angoscia
e ansia.
Così strinse calorosamente le mani tremolanti della figlia e
le regalò un ampio
sorriso consolatorio.
Lisa contraccambiò il sorriso e riprese il discorso.
< Tutto cominciò la notte scorsa quando avevo deciso
di tornare a casa per
cambiarmi e riposarmi. Lungo il sentiero tetro del bosco, tre loschi
individui
mi rapiscono e mi portano al... >
Non fece in tempo a finire la frase che un urlo terrificante
proveniente dalla
camera di Greg attirò la sua attenzione.
Senza perdere tempo, si allontanò dalla madre,
attraversò il lungo corridoio ed
entrò in quella camera.
Davanti a sé vide una scena alquanto dolorosa: Greg che si
toccava la gamba
ferita e si dimenava per il dolore.
< Greg, guardami! Cerca di calmarti! Ora t’inietto il
medicinale e vedrai il
dolore sparirà! Ok? >
La giovine iniettò quel medicinale per via endovena.
Nel toccargli il braccio si accorse che era accaldato. Gli
toccò la fronte e
intuì subito che aveva la febbre altissima.
Immediatamente andò nel bagno a riempire la tinozza di acqua
fredda e ritornò
in camera.
Bagnò e strizzò il panno umidificato.
Adagiò il panno inumidito cullando la fronte, poi
bagnandogli il volto sudato,
il collo e le braccia scoperte.
La madre, che aveva seguito la figlia, rimase immobile
all’uscio della porta
guardando quella scena.
Notava qualcosa di diverso nella figlia.
Vedeva una tale preoccupazione e paura.
Non ne capiva il motivo poiché l’uomo poteva
essere un qualsiasi paziente. Mica
a tutti i pazienti venivano concessi le stesse attenzioni che lei
rivolgeva a
lui!
C’era qualcosa di strano.
Poi nel vederla con le labbra che accennavano un lieve sorriso, gli
occhi
lucidi pieni di dolcezza e tenerezza persi nel profondo blu oceano di
lui e le
mani impegnate a coccolare, con il panno umido, la sua fronte calda, le
fece
venire enormi dubbi!
Dubbi così enormi da far venire l’emicrania!
Non l’aveva mai vista in questi atteggiamenti verso Manuel.
Ogni volta che la vedeva in compagnia del promesso sposo, i suoi occhi
erano
privi di emozioni, neutri e vuoti.
Invece con quel paziente, per la prima volta, percepiva nella figlia un
mix di
emozioni che andavano dalla gioia alla felicità, persino le
sembrava di sentire
il suo cuore danzare al ritmo di rock!
Per una mamma vedere gli occhi della figlia illuminarsi come stelle
nell’universo era un’immensa gioia!
Però quando scoprì che il paziente era proprio
l’uomo di cui le aveva
raccomandato di diffidare, di odiare e di stargli alla larga il
più possibile,
le venne uno strappo al cuore.
Avrebbe fatto salti mortali per vedere la figlia felice.
Vedeva già difficile una loro relazione seria
poiché lui era il signorotto del
paese di cui tutti temevano e per cui aveva alle spalle una cattiva
reputazione
da parte dei suoi avi anche se lui non aveva mai ricattato, ucciso e
bruciato i
debitori!
Per adesso tutto era confuso nella sua mente.
Non restava altro che aspettare la confessione della figlia.
I dubbi potevano essere sbagliati oppure esatti, ciò per
eliminarli non restava
altro che parlarne con lei.
Fece un profondo sospiro di sollievo.
Dopo qualche decina di minuti passati tra quei dubbi, finalmente il
dolore
cominciò a calmarsi e Greg si rilassò beatamente.
< Ho sete, Raggio di Sole! >
Disse con voce leggera quasi in un bisbiglio.
Lisa gli regalò un lieve sorriso e gli versò
dell’acqua in un bicchiere di
vetro.
Gli mise la mano destra dietro la testa e lo aiutò a
sollevarsi un pochino per
fargli comodamente bere l’acqua.
Greg bevve avidamente. Sembrava da chissà quanti secoli non
toccava acqua!
La giovine gli raccomandò di bere con cautela, ma, testardo
com’era, lui non le
diede ascolto così l’acqua gli andò di
traverso cominciando a tossire molto
forte.
< Ti avevo avvistato! Hai la testa più cocciuta di un
mulo! >
Esclamò adagiandogli delicatamente la testa sul cuscino e
appoggiando il
bicchiere vuoto sul tavolino.
A quella scena la madre sorrise.
Se non fosse per il “mestiere” di signorotto,
sarebbe stata felice che loro due
diventassero una sola anima in due corpi!
Il signorotto capì che nella stanza c’era
un’altra persona e cercò di vedere la
sua figura.
Lisa nel vederlo che si sollevava appena con fatica, tirò
fuori dall’armadio di
legno un cuscino e lo mise dietro alla schiena di lui in modo che
potesse stare
nella posizione seduta senza sforzi.
< Ecco fatto! Stai comodo? Ah, già! Ti presento mia
madre. >
Nel vedere la madre avvicinarsi a lui, istintivamente nascose la testa
sotto le
lenzuola lasciando perplessa la giovine.
< Piccolo Greg! Quanto tempo! >
Esclamò togliendogli le lenzuola e pizzicando le sue gote.
< Salve, signora Cuddy! Ci si rivede! >
Disse sillabando le parole poiché faceva fatica a parlare a
causa delle sue
mani che gli tiravano le gote allargando la bocca.
Lisa rimase per come dire stupita e meravigliata!
Poi si rese conto che quei due potevano conoscersi da sempre in quanto
i
genitori lavoravano alle sue dipendenze!
< Piccolo Greg, toglimi la curiosità! E’
finita la tua mania di scipparmi le
ciambelle dal mio cestino del pranzo? >
Domandò allargandogli di più la bocca.
Povero Greg!
Nonostante il mestiere di signorotto lo faceva sentire un gigante, di
fronte a
quella donna tremenda si sentiva piccolo come una formica!
< E lei? Vedo che non ha perso la mania di
“giocare” con le mie gote! >
Continuò a sillabare.
La madre rise di buon gusto e allontanò le mani dalla sua
guancia.
Lisa, in quei pochi istanti rimasta a vedere la scena di loro due,
sentiva
dentro di sé il calore di una vera famiglia.
Quando le balenò in testa la parola
“famiglia” diventò tutta rossa da
suscitare
la curiosità della madre.
Mosse la testa cercando di schiacciare quel pensiero.
< Beh, se mamma avrà perso la mania di
“giocare” con le tue gote, continuerò
io a giocare con te! Perché, a quanto pare, noi due abbiamo
un conto in sospeso!
>
La giovine lo guardò con aria di sfida.
Greg intuì subito cosa lei intendesse per “conto
in sospeso” e maledisse il
cugino.
< Se acchiappo Jimmy... E’ così
rompiscatole! >
Disse immedesimandosi in varie smorfiette.
Piena di rabbia, Lisa si lasciò andare allo sfogo.
< Tu! Non sai quanti anni ho atteso, come un’idiota,
il tuo ritorno? Credevo
che tu fossi partito in chissà quale contea o sperduto in
mezzo all’oceano,
invece non ti sei mai allontanato da qua! Neanche un salutino! Niente!
Brutto
idiota! >
Dalla foga gli diede uno scappellotto in testa. Poi un altro e altro
ancora.
La madre si sentì d’impiccio e si
allontanò in silenzio uscendo da quella
camera senza essere vista.
< Ahi, mammina mi dimena! >
Lisa continuava a schiaffeggiarlo. Doveva sfogarsi. Erano troppi gli
anni
trascorsi tra tristezza, nostalgia e lacrime sperando in un suo ritorno.
Improvvisamente Greg afferrò ambedue le braccia di lei e la
trascinò a sé.
Entrambi si trovarono tete-à-tete lasciando che fossero gli
occhi a parlare tra
loro.
Lisa distolse un poco lo sguardo dagli occhi di lui e lo
indirizzò verso la sua
bocca.
Sembrava così morbida e sensuale tanto da chiedersi come
sarebbe stato sentire
le labbra di Greg sulle sue.
Arrossì al pensiero e alzò lo sguardo fino a
rincontrare gli occhi di lui che
non avevano mai smesso di osservarla.
Il suo sguardo era così profondo. Le piaceva tanto perdersi
nell’oceano dei
suoi occhi.
Aveva non so di che di speciale, sembrava di vedere la notte di San
Lorenzo con
quelle meravigliose stelle cadenti.
Greg sorrise leggermente nel perdersi tra le meraviglie degli occhi di
lei. Era
stranamente fantastico poter ammirarli da vicino. Quando vide che lei
spostò lo
sguardo, notò le sue gote farsi di un colore rosso vivace e
il desiderio di
assaporare le sue turgide labbra era insostenibile.
Trascinò leggermente la presa su Lisa per avvicinarla di
più a sé temendo la
sua reazione. Si stupì quando lei non cercò di
divincolarsi dalla presa, anzi
si lasciò trascinare da lui.
Lentamente i loro volti si avvicinarono, le loro palpebre si chiusero e
le
labbra cominciarono ad avvicinarsi, ma l’intervento di una
vocina strillante
interruppe quel momento magico.
< E’ ora di pranzo! >
Entrò una graziosa infermiera dai capelli castani
trascinando in avanti il
carrello del pranzo.
A quell’intromissione, Lisa si staccò dalla presa
di lui e indirizzò gli occhi
verso l’infermiera.
< Oh, scusatemi tanto se vi ho interrotto qualcosa. Se volete
ripasso più
tardi! >
Domandò con lo sguardo rivolto verso il pavimento e con le
gote rosse dalla
timidezza.
Si sentiva terribilmente in colpa per aver interrotto qualcosa di
magico tra
loro.
< No, Brenda! Non ti preoccupare! >
Rincuorò la giovine.
Con un tono alquanto professionale e distaccato, Lisa rivolse lo
sguardo verso
Greg che non aveva mai smesso di osservarla.
< Signor House, buon pranzo! >
A quel tono, il signorotto rimase stupito.
Non se lo aspettava questo suo atteggiamento.
Lisa lesse nei suoi occhi molta rabbia e delusione.
Non riuscendo a sostenerlo, uscì da quella camera con gli
occhi abbassati dalla
vergogna e tristezza.
Per tutto quel tratto di tempo, Brenda aveva percepito una forte
tensione tra
loro e, quando la giovine uscì dalla stanza,
percepì un’aura negativa provenire
dal paziente.
Aveva gli occhi pieni di fiamme che fissavano immobili la porta, da
dove era
uscita Lisa, i denti che mordevano le labbra e le mani che tenevano
strette il
lenzuolo fino a far diventare bianche le nocche.
< Ehm, il vostro pranzo! >
Disse quasi in un sussurro temendo una reazione negativa da parte sua.
Sollevò il vassoio, colmo di cibo, dal carrello e lo
adagiò sul tavolino a
fianco del letto.
Non ricevendo alcuna risposta, lo salutò e uscì
dalla camera lasciandolo solo
in quello stato.
Lisa percorse il corridoio quasi vuoto poiché tutti erano
nelle proprie camere
a mangiare e cercò di raggiungere velocemente la sala
infermeria.
Quando finalmente arrivò a destinazione, tirò un
profondo sospiro di sollievo.
Quella sala era il solo luogo dove si poteva stare nella più
completa
tranquillità.
Nella sua mente scorrevano ininterrottamente le immagini di loro due
che si
stavano per baciarsi.
“O my God! Cosa stavo facendo?”
Non riusciva a capacitarsi ciò che stava facendo. Era sul
punto di baciarlo!
Lei non poteva lasciarsi travolgere da queste emozioni che non facevano
altro
che farle crescere il desiderio di stare tra le sue braccia, perdersi
nell’immensità dei suoi occhi, toccare le stelle
assaporando le sue labbra. Non
poteva concedersi queste cose. Doveva solo controllare queste emozioni
più forti
di lei. Lei che era promessa sposa!
Decise di fingere che non fosse accaduto nulla, ma sapeva che sarebbe
stata
molto dura.
Doveva solo affrontare questa battaglia di emozioni.
Ce l’avrebbe fatta?
Scosse la testa, doveva farcela!
Si guardò ad uno specchio; notò che aveva il viso
molto stanco, gli occhi quasi
arrossati e l’indumento da notte sporco di sangue e pieno di
stappi irregolari.
Nel vederlo inzuppato di sangue, le venne in mente la notte scorsa.
Il duello, il colpo di clava sulla nuca di quel verme di Chase, Greg a
terra
che si crogiolava nel dolore urlando e piangendo, la corsa verso la
carrozza e
l’operazione rischiosa.
Scacciò quelle immagini che le si presentavano come un flash
e massaggiò le
tempie: le era venuto nuovamente un terribile mal di testa.
Aprì uno di quegli armadietti stracolmi di medicinali e ne
prese uno per
calmare il dolore alle tempie.
Detto fatto, uscì da quella sala e raggiunse la camera della
madre.
Aprì la porta e notò che in compagnia della madre
c’era anche il padre.
Quando vide i loro occhi colmi di preoccupazione e di ansia puntati su
di lei,
capì che la madre aveva raccontato al padre ciò
che era riuscita a raccontarle
prima dell’interruzione di Greg.
Sospirò, chiuse la porta e si sedette accanto a loro.
Tra le loro carezze e sorrisi, si fece coraggio e iniziò a
raccontare il suo
lungo cammino.
TO
BE CONTINUED...
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Capitolo 18 *** Capitolo Diciottesimo ***
E con
grande piacere vi
presento il capitolo diciottesimo!!!
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GO!!!
CAPITOLO
DICIOTTESIMO
Erano passati due giorni dall’arresto di Chase e dei suoi
schiavotti.
Le giornate trascorrevano serene e limpide come il cielo azzurro
illuminato dai
forti e luminosi raggi solari. Il paesino trascorreva la sua
quotidianità tra
chiacchiere, compere, lavori e divertimenti.
Le locande erano stracolmi di clienti affamati e stanchi per il troppo
lavoro.
I bambini si divertivano a giocare nei parchi, le mamme in panchina che
li
sorvegliavano e contemporaneamente scambiavano qualche parola con le
amiche.
Tutto scorreva sereno e tranquillo in quella contea, ma non proprio
tutto.
Già, nei sotterranei di quel parco giochi, qualcosa si
muoveva tra quelle
lunghe e disagiate scaline.
Un’ombra nera sulla parete illuminata da una fiaccola. Ed
ecco quell’ombra
diventare sempre più nitida e chiara. Tre poliziotti e una
donna scendevano le
scalinate.
Finalmente erano arrivati a destinazione. Col passo fermo e sicura di
sé, aveva
sceso i migliaia di gradini in condizioni pessimi. Una figura sorretta
a
braccetto da due poliziotti, un po’ malconcia, si faceva
forza per non cedere.
Era terribilmente stanca. Dopo tutto quelle scale non avevano fatto
altro che
“regalarle” calli e dolori ai piedi privi di scarpe
nere. Quando finalmente
scese l’ultimo gradino tirò un bel sospiro di
sollievo: finalmente erano
terminati! Era una donna con un sottabito quasi sgualcito, capelli
lunghi e
spettinati, occhi di un blu cobalto che rispecchiavano tristezza e
rabbia.
Tristezza per non essere riuscita a realizzare i propri sogni. Rabbia
verso i
genitori, che l’avevano costretta a seguire quella vita
monacale, e verso il
mondo che aveva promulgato le leggi del maggiorasco! Maledette leggi!
Come
desiderava eliminare quelle dannate leggi! Quelle leggi che
l’avevano fatta
vivere una vita di solo dedizione e invidia per le ragazze libere e
innamorate!
Aveva tanta voglia di gridare al mondo la rabbia che ogni singolo anno,
mese,
giorno, minuto e secondo aveva represso. Per tutti questi anni aveva
condotto
la propria vita nascosta in quell’abito monacale creandosi
una maschera. Una
maschera di monaca buona, gentile, raffinata, paziente, sempre pronta a
farsi
in due per risolvere i problemi altrui, volenterosa. Una maschera che
le aveva
procurato stima e amore da parte dei cittadini della contea. Una
maschera che
non aveva fatto altro che procurare sofferenza e dolore tanto da
chiudersi in
un mondo irreale fatto di libertà e sogni d’amore.
Proprio quando il fato le
aveva dato l’opportunità di amare e sentirsi
amata, si era sentita rinascere!
Però, nonostante il loro era un amore
“illegale”, nuovamente si era trovata di
fronte a un vero e proprio portone chiuso e ben serrato impedendole di
continuare quella relazione segreta.
Mentre percorreva lunghi e tetri corridoi con due poliziotti a
braccetto e un
altro che camminava a testa alta facendo strada con la fiaccola
fiammeggiante,
la sua mente ritornò a qualche ora prima di finire in quel
posto tetro e inquietante.
“C’era un brusio di voci accavallate e
indistinte in quella grande sala
destinata ai processi giudiziari e penali. Allison era inginocchiata
con due
fucili puntati contro e lo sguardo rivolto verso quel lungo tavolo a
forma di
mezza luna. Non capiva perché si sentiva come un pesciolino
fuori d’acqua!
Sentiva crescere qualcosa che la metteva in agitazione, il respiro
cominciava a
mancarle, il cuore batteva all’impazzata, il corpo era invaso
dai brividi
freddi come se si trovasse in una vasca stracolma di ghiaccio. Non
riusciva a
sostenere quei sedici occhi puntati contro di lei. Quegli occhi che
esprimevano
odio, vergogna, delusione, amarezza e disgusto. Non riuscendo a
sopportare i
loro sguardi, abbassò gli occhi indirizzando verso il
pavimento. Nel suo
profondo, sapeva benissimo che aveva commesso un gravissimo errore,
soprattutto
verso la
Chiesa
e verso quegli occhi. Quegli occhi appartenenti a persone che avevano
dedicato
tutta la loro vita a servire l’Onnipotente senza infangare la Chiesa.
Quello che
lei aveva fatto era irrimediabile ed era giusto che le fosse data una
severa
punizione. Era proprio di questa che ne aveva una grande paura. Paura
di essere
fucilata oppure di vivere, per tutta la vita, chiusa in una cella nei
più
profondi sotterranei a patire la fame e soffrire di freddo. Tremava al
solo
pensiero. Un suono di una campanella la distolse dai quei brutti
pensieri. Una
porta si aprì e una figura anziana, ma vigorosa
cominciò a fare il suo
ingresso.
Alla vista del Cardinale, tutti i presenti si alzarono, tranne
l’imputata che
distolse lo sguardo da terra puntandolo verso quella persona di
notevole
importanza.
Il Cardinale aveva un portamento composto e maestoso, né
incurvato né
infiacchito dal peso degli anni; nei suoi occhi celesti si poteva
scorgere il
carattere: severo, rigoroso e disciplinato. La fronte pensierosa ed
evidenziata
da visibili rughe. Le caratteristiche del suo volto denotavano una
passata non
del tutto sfiorita in bellezza.
Quando il Cardinale si sedette, tutti tornarono a sedere e, di colpo,
il
silenzio avvolse l’aula.
< Caso numero A: 481516. La Chiesa
contro Allison Cameron: accusa di tradimento verso la Chiesa,
accusa di
complicità con l’amante Robert Chase nel rapimento
della signorina Lisa Cuddy e
del tentato omicidio del signorotto Don House. >
L’imputata, dalla vergogna, abbassò lo sguardo.
La folla, presente in quella sala, urlarono di sante ragioni.
< Silenzio o faccio sgombrare l’aula! >
Gridò il Cardinale picchiettando il martello sul tavolo.
Quando nuovamente nell’aula si presentò il
silenzio, il Cardinale cominciò a
proferire parola.
< Prima di emettere il verdetto finale, vorrei dire qualche
parolina
all’imputata. >
Silenzio.
Nessun fiato, nessuna espirazione o inspirazione dei polmoni, nessun
rumore di
battiti cardiaci.
Sembrava che l’aula si fosse bloccata di colpo, i presenti
erano come delle
statuine immobili, persino il tempo sembrava non passare mai che i
secondi
fossero secoli, minuti i millenni e gli anni milioni.
Solo una cosa si poteva percepire da quella figura così
esile e malconcia:
terrore.
Terrore per i giudizi degli altri poiché non amava essere
giudicata. Terrore
per i rimproveri poiché li aveva ricevuti troppi dal padre,
tanti da odiarli a
morte. Terrore per ogni singola parola o sillaba che poteva uscire da
quella
bocca screpolata a malapena.
Aveva il terrore di tutto.
Doveva farsi coraggio e guardarlo negli occhi.
Il Cardinale percepì uno stato di terrore nei suoi occhi blu
cerbiatto.
Cominciò a provare molta pena per quella giovine sventurata
costretta a farsi
monaca per volere dei suoi genitori. Percepiva in lei un senso di
delusione
verso il mondo, astio per le ragazze libere e innamorate, sconforto per
non
essere riuscita a realizzare i propri sogni.
Purtroppo non poteva fare niente, la legge era la legge e bisognava
eseguirle
alla lettera.
Si schiarì la voce e riprese il discorso.
< Sarò molto breve. Prima di tutto voglio
congratularmi con lei per aver
svolto bene il lavoro di servitore di Dio fino ad adesso. I fedeli vi
ammiravano, vi lodavano e vi idolatravano. Voi, per loro e per la Chiesa,
rappresentavate un
esempio da seguire, un mito da imitare, una dea da elogiare. Vi siete
sempre
sacrificata per aiutare gli altri, avete lottato contro la
schiavitù dei
minorenni, avete accolto bambini senza genitori e li avete accuditi
come una
mamma. A sentire parlare benissimo di lei, ero talmente disposto a
realizzare
un grandissimo centro di accoglienza a nome vostro con un regale
giardino e una
statua raffigurante voi. Ero talmente affascinato e ammaliato che avrei
perdonato qualsiasi vostro errore. Capite? Qualsiasi vostro errore!!!
Ora che
vi vedo qui, al centro di questa aula piena di occhi delusi,
amareggiati,
traditi, ingannati, illusi puntati su di voi non riesco a perdonarvi.
Eravate
il simbolo della Chiesa, il simbolo da prendere esempio. Ora quel
simbolo non
esiste più e non sapete quanta rabbia, rancore e delusione
ci avete arrecato?
>
Si fermò un attimo.
Vedeva negli occhi della giovine piccoli luccichi, dovevano essere
delle
lacrime che lei tentava di soffocarle.
Sospirò e riprese a parlare leggendo il foglio dove era
scritto il verdetto.
< Dichiaro che l’imputata sia spogliata delle vesti di
monaca, privata di
ogni suo avere e condotta nel Miglio Infernale dove sconterà
la pena per venti
anni con un pasto al giorno. >
Batté il martelletto e si alzò dando le spalle al
pubblico.
Prima di uscire, si fermò di colpo e rivolse lo sguardo alla
donna ammanettata
e circondata da due poliziotti.
< Ultima cosa: spero di non sentire nemmeno un uccellino stonare
il vostro
nome in giro perché quell’uccellino
finirà arrosto. Si goda vent’anni in
migliore compagnia. Addio! >
E uscì da quell’aula a testa alta dirigendosi
verso il proprio studio.”
Le immagini cominciarono ad affievolirsi e finalmente
ritornò alla realtà
giacché un forte dolore al piede la distrasse.
Non riusciva più a camminare, era talmente stanca che aveva
voglia di dormire.
Non poteva neanche fermarsi un secondo poiché i due
poliziotti la trascinavano
con forza verso il luogo stabilito.
Nel percorrere quei lunghi e oscuri corridoi, la donna si
sentì improvvisamente
a disagio.
Lo stomaco le doleva, la testa pulsava e le mucose della gola erano
irritate
provocando forte tosse.
Tutto questo era a causa delle condizioni pessime del carcere. Aveva un
aspetto
a dir poco inquietante, invivibile e orripilante. Le pareti erano pieni
di
muffa nerastra e l’odore era nauseante.
Il pavimento era molto bagnato a causa dell’altissimo tasso
di umidità ed era
talmente scivoloso che andava percorso prestando molta attenzione. Non
c’erano
presenze di piccole finestre poiché il carcere era situato
nei più profondi
sotterranei e di conseguenza l’aria veniva poco ventilata e
l’illuminazione
naturale era assente. Quella poco illuminazione che si poteva scorgere
lungo i
corridoi erano grazie alle fiaccole di legno. Camminando, la donna fu
assalita
dal terrore di vedere delle ombre gigantesche che la poca luce delle
torce non
riuscivano ad eliminarle. Seguendo l’origine di quelle ombre,
a malapena
riusciva a vedere delle strane figure dietro le sbarre. Le sembrava che
quelle
figure fossero delle enormi creature mostruose, ma in realtà
erano solo delle
persone che probabilmente avevano commesso reati molto gravi.
Si spaventò quando delle urla cominciarono a farsi sentire.
Uomini e donne
conciati in malomodo, puzzolenti, sporchi, denti cariati e pelle
rosicata
probabilmente dai topi che circolavano in quel luogo. Urlavano di sante
ragioni. Sembrava di percorrere gli stessi itinerari di Dante dopo
essere
entrato nell’Inferno. Di sicuro in quelle celle
c’erano i violenti, gli
omicidi, i bestemmiatori, gli usurai, gli indovini, i ladri. Nei loro
occhi
c’era molta rabbia e odio. Cattiveria e malignità.
Al solo pensiero che doveva
trascorrere sola in quel posto, le faceva venire voglia di scappare.
Fuggire
anche a costo di essere fucilata. Preferiva morire che vivere in
quell’inquietante posto. Non poteva neanche fermarsi
poiché quei due sentinelle
sembravano avere fretta e la trascinavano con sé a forza.
Per un attimo le sembrò
di essere Dante, però senza Virgilio, che stava percorrendo
il fiume Flegetonte
su una barca impersonata dai due poliziotti e con Caronte travestito da
quella
sentinella che faceva strada traghettando le anime dannate. Quando
finalmente
la “barca” si fermò,
“Caronte” aprì la cella buia, tolse le
manette alla donna
e la spinse dentro chiudendo la cella a chiave. A quella forte spinta,
Allison
si trovò tra le braccia di qualcuno.
Ebbe per un attimo la sensazione di familiarità e di
sicurezza.
Ritornò alla realtà e si distaccò
leggermente da quell’abbraccio.
Rimase stupita quando si trovò di fronte a un paio di occhi
che la coccolavano
facendola sentire una bambina. Quando ne vide il colore, i capelli
biondi e
morbidi come seta, il sorriso inconfondibile, comprese chi fosse, e gli
occhi
si aprirono e dilatarono.
< Che ci fai tu qui? >
Domandò stupita, ma allo stesso tempo felice di vedere il
suo amato.
< Tesoro, è una lunga storia! >
Tagliò corto Robert. Aveva voglia di stringerla tra le
braccia, di amarla con tutte
le proprie forze ora che non c’era nessun altro ostacolo da
affrontare.
< Ora capisco che voleva dire il Cardinale: “Si goda
vent’anni in migliore
compagnia.” >
Si guardarono negli occhi e videro il desiderio di quel contatto
l’uno
nell’altra.
Il cuore di Allison batteva all’impazzata, succedeva sempre.
Ogni volta che lui
era nelle vicinanze, il cuore galoppava come un matto.
La donna si strinse al corpo caldo di lui mentre passò le
braccia intorno alla
vita di lei e la strinse forte al petto, tuffandosi nei suoi morbidi
capelli
castani.
Allison si allontanò e si perse negli occhi profondi di lui.
Si alzò un pochino
e si fermò a pochi millimetri dalla sua bocca. Robert
sorrise e chinò
dolcemente la testa fino a poggiare le proprie labbra sulle sue. Il
bacio che
nacque da quell’incontro di labbra fu di una folle passione.
I loro corpi erano
molto vicini. Le mani di lei erano persi nei capelli biondi di lui,
invece le
mani del giovine erano salde sulla schiena semi nuda di lei. Le loro
bocche si
assaporarono, si separarono e nuovamente le loro lingue ballavano la
danza che
solo loro erano a conoscenza.
Si separarono con l’affanno addosso, gli occhi persi tra di
loro ricchi di
desideri nascosti, le labbra gonfie e i battiti del cuore accelerati.
< Ti amo! >
Sussurrò Robert mentre le accarezzava il candido viso di lei.
La giovine sorrise di gioia immensa.
< Ti amo anch’io! >
Si guardarono ancora per una frazione di secondo negli occhi, poi
attratti come
una calamita, i loro corpi si fusero una con l’altro.
Nel buio della cella, i loro corpi si cercarono, si trovarono e si
fusero.
Niente li potevano separare. Ora potevano essere liberi di amare, senza
nascondersi e fingersi di non conoscersi.
Erano molto felici. Potevano amarsi all’aperto anche se erano
in quella cella.
Testimoni del loro amore erano solo il buio e la cella.
A loro non importava il luogo.
La cosa più importante era la libertà di
esprimere i sentimenti agli occhi di
tutti con o senza spregiudizi.
Erano molto felici di vivere insieme e di amarsi senza ostacoli da
affrontare.
Ad occhio attento, poteva sembrare la storia di Paolo e Francesca, che
nonostante tutto, erano riusciti ad amarsi alla luce del sole senza
segreti e
sotterfugi anche se il loro prezzo l’avevano pagato molto
caro trovandosi nell’Inferno
del cerchio dei lussuriosi.
TO
BE CONTINUED...
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Capitolo 19 *** Capitolo Diciannovesimo ***
E con
grande piacere vi
presento il capitolo diciannovesimo!!!
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GO!!!
CAPITOLO
DICIANNOVESIMO
< Quel signorotto è un vero e proprio autentico
tiranno! Il primo che mi
chiede di portargli il pranzo o di visitarlo andrà a far
compagnia a
Lucifero!!! >
Urlò la povera Brenda uscendo dalla stanza di don House.
< Quel grandissimo idiota non ha fatto altro che brontolare e
lamentarsi.
Questo non gli andava bene, quell’altro neanche... Se ci
penso, mi viene voglia
di strangolarlo e sculacciarlo. >
Lisa, che aveva assistito al suo sfogo insieme alle altre infermiere
che non
facevano altro che concordare, sorrise; conosceva talmente bene don
House e
sapeva che, quando voleva, era capace di far perdere la pazienza
persino a un
santo.
Osservò la porta di quella camera, la voce
dell’infermiera cominciò a farsi
sempre più piccola, il grande corridoio si
rabbuiò, le persone scomparvero, il
silenziò subentrò.
La porta di quella stanza si smaterializzò e una figura
maschile apparve ai
propri occhi. Una figura sdraiata sul letto, pallida, priva di emozioni
con gli
occhi persi nel vuoto. La osservò a lungo. Sentì
nel proprio corpo un brivido
gelatissimo, una strana sensazione che si faceva sempre più
forte e brutta.
Sudava freddo. Sentiva i battiti accelerare in modo irregolare, il
respiro
farsi sempre più pesante come se avesse un’asma
fortissima, l’acido riempire lo
stomaco procurandole un dolore insopportabile.
Quando quella figura si fece sempre più nitida e si accorse
che era Greg,
istintivamente corse verso quella camera.
< GREG...>
Urlò entrando precipitosamente.
Nel vederlo che parlava a raffica e che stava benone, il cuore
cominciò a
battere regolarmente e il respiro a farsi normale.
Mentre lui sparlava di tutte le infermiere, Lisa accorciò
ancora di più la
distanza che la separava da lui e lo abbracciò.
A quel contatto, Greg s’irrigidì, ma quando
sentì il suo corpicino tremare, si
abbandonò e la cullò per quello che sembrava
un’eternità.
Lisa provò una sensazione molto bella: il calore delle sue
braccia le
riscaldava il cuore e la infondeva sicurezza.
Stettero per qualche indeterminabile minuto abbracciati.
Silenzio. Solo silenzio.
In quella stanza nessun rumore si permetteva di intromettersi tra loro.
Neanche
un ronzio di un insetto si permetteva di interrompere
quell’atmosfera dolce e
magica che si era creata tra loro.
L’unico rumore che poteva animare quell’atmosfera
erano i loro cuori che si
scatenavano come matti.
< Uhm... capisco che sono un tipo molto desiderabile, non credi
che dopo
questo abbraccio dovresti passare alla prossima fase? >
Proprio quando l’atmosfera si era fatta molto incantevole
quel piccolo idiota
doveva tipicamente rovinarla con le sue solite battutacce.
Lisa si staccò da quell’abbraccio e gli diede un
colpetto alla gamba ferita.
< Ahi! >
Il signorotto si dimenò per il dolore massaggiando la gamba
dolente.
< Siccome sei stato molto capriccioso non avrai il meritatissimo
premio!
>
A sentire quella parola “premio”, don House
s’incuriosì.
< Quale premio? >
Lisa sorrise. Quella espressione buffa dipinta sul suo volto la faceva
ridere.
< Un bel premio. Peccato! >
Disse maliziosamente e, sorridendo, uscì dalla camera per
completare il giro
delle visite.
*********************************
Finalmente il giro di visite terminò.
Lisa si avviò verso quell’angolino verde della
clinica.
Passeggiando lungo il bel viale, ammirò le bellissime rose
selvatiche e, di
tanto in tanto, si lasciava prendere dalla voglia di annusare la loro
fragranza
naturale, nonostante emanassero poco profumo.
“Che buon profumo!!!”
Pensò annusando una di quelle rose.
Un piccolo e allegro venticello accarezzò la dolce chioma
dei suoi capelli.
Tenere e simpatiche farfalle si posavano spensieratamente di fiore in
fiore, i
passerotti cinguettavano un’allegra melodia di corteggiamento
da ramo a ramo,
gli alberi assistevano felici alle meraviglie della natura lasciandosi
cullare
dai caldi raggi solari.
La giovine si rifugiò in quel bel posticino
all’ombra.
Espirò e inspirò l’aria pura e si
sedette sul verde prato.
Appoggiò la schiena al tronco dell’albero e chiuse
gli occhi.
Voleva godere quella pace ascoltando ogni piccolissimo rumore
però piacevole
che si poteva udire ad orecchio attento.
Un’espressione seria e confusa si presentò sul
volto.
Finalmente la brutta avventura era finita.
La madre era ritornata a casa, il padre era ancora più
felice e sereno.
Quei due brutti ceffi erano in cella a scontare la pena e con loro
anche gli
amanti segreti della notte.
Un po’ le dispiacque per la triste storia di suor Cameron.
Costretta a farsi
monaca e ad allontanarsi da quel mondo fatto di amore e matrimonio.
Pensandoci bene, doveva essere brutto non provare il primo batticuore,
il primo
bacio, le farfalle nello stomaco al solo sentire la sua presenza, il
calore di
un abbraccio, il sorriso incantevole che trasformava il temporale in
raggio di
sole. Non poteva neanche pensarci. Lei che era una giovine in cerca di
un vero
amore, di un vero cavaliere sempre pronto a salvarti in qualsiasi
situazione di
pericolo, a proteggerti nei piccoli momenti di paura, a farti sentire
unica nei
suoi pensieri, a far scatenare il cuore come un matto.
Sospirò e neanche un secondo passò quando nella
sua mente si presentarono
immagini di lui, don House.
Il signorotto più cinico, testardo, insopportabile e
misantropo dell’universo
era riuscito ad occupare la sua mente. Doveva essere un vero e proprio
bastardo
se era entrato senza permesso nel suo cuore!
Incredibile!
Il bambino che aveva conosciuto sotto il suo albero in una incantevole
giornata
di primavera era proprio il signorotto! Eppure aveva fatto fatica a
credere
alle parole di Jimmy quando le aveva confessato la vera
identità di quel
bambino. Quel bambino del primo bacio.
Arrossì nel pensare a quel bacio.
Ora era ancora più terribilmente confusa.
Da una parte c’era il grande desiderio di appartenersi per
sempre a Greg e
dall’altra il matrimonio con Manuel.
“Ah, Manuel...”
Sospirò.
Lui era il suo migliore amico, confidente e compagno di avventure
d’infanzia.
Si sentiva in colpa poiché la sua mente e il cuore non gli
appartenevano e non
avevano fatto altro che pensare al suo primo amore per tutto questo
tempo. E
ora c’era pure il matrimonio!
L’unica cosa che doveva fare era quello di affrontarlo e di
dirgli al verità.
Lui meritava di saperla.
Sarebbe stato complicatissimo affrontarlo, ma doveva farlo sia per se
stessa e
sia per lui.
< Lisa! Lisa! Lisa! >
Una voce interruppe i suoi pensieri.
Aprì gli occhi e cercò di scorgere quella figura
che correva illuminata dalla
forte luce del sole.
Quando la figura si fece più nitida, la riconobbe e sorrise.
< Manuel! >
Esclamò nel riconoscerlo. Ecco che doveva farsi coraggio e
dirgli tutto. Adesso
o mai più!
La giovine si alzò e gli andò incontro.
I due si abbracciarono teneramente e si sedettero all’ombra
di quel grosso
albero.
Manuel la fissò attentamente nei suoi occhi grigi come se
volesse leggere
dentro la sua anima.
< Hey Manuel! Ci sei? >
Lisa cercò di distrarlo perché si sentiva un
po’ infastidita e inoltre non
voleva che fossero gli occhi a rivelargli la verità, ma lei
stessa con le
parole.
< Scusa, mi ero perso nella totale bellezza dei tuoi occhi che
equivalgono
alle meraviglie della natura! >
A quel complimento, la giovine arrossì.
Uno a zero per Manuel!
Lui si che ci sapeva fare con i complimenti e a far perdere la testa
con le sue
galanterie, al contrario di un certo cavaliere dal mantello nero!
< Mi dispiace tanto se sono stato poco presente in questi ultimi
giorni. Ho
saputo da tuo padre ciò che ti è accaduto! Non
credevo che mio cugino arrivasse
così a tanto! Poi una relazione illegale con la monaca!
Incredibile! Se sapevo
del piano di mio cugino avrei direttamente chiamato la polizia per
venirti in
salvo! >
La giovine sorrise e rispose consolandolo:
< Non potevi saperlo! Voi due non andavate molto
d’accordo! >
Un punto a favore di don House!
Per una tipa come lei avrebbe più gradito che fosse il
proprio amato a salvarla
dai pericoli impossibili e non dai poliziotti! Non era decisamente
romantico!
Parità tra loro.
< Meno male che questa brutta avventura è finita! Tua
madre sta bene, tuo
padre è finalmente sereno, i brutti ceffi sono a scontare le
pene dell’inferno.
Ora abbiamo più tempo per noi due! >
Ecco la tanto attesa parola: “abbiamo più tempo
per noi due!”
La giovine sentiva il cuore palpitare forte e lentamente.
Ora doveva affrontarlo, altrimenti avrebbe dovuto dire addio al suo
cuore.
Quando Manuel le prese la mano, Lisa si sentì sudare.
< Noi ci siamo conosciuti in un giorno di pioggia. Tu eri solita
scarabocchiare sui quei indeterminabili fogli bianchi al riparo di un
albero
gigantesco e grosso. Ero rimasto affascinato dalla tua totale bellezza.
Sembravi una ninfa, la dea dei boschi. Rimasi sotto la pioggia ad
ammirarti e
quando hai distolto i tuoi occhi da quel foglio e li hai indirizzati
verso i
miei, non riuscivo neanche a ricordare il mio nome! >
Si fermò e sorrise a quel ricordo.
Le gote della giovine si fecero di un colore rosso pomodoro.
< La prima cosa che mi venne in mente era quella di offrirti un
passaggio
con il mio cavallo bianco. La cosa più bella è
stata quando tu hai accettato la
mia offerta. Mentre eravamo seduti sulla sella, sentivo mancarmi il
respiro al
contatto del tuo petto nel mio. Tu mi stringevi forte e avevi affondato
il tuo
viso nel mio petto. Sentivo i battiti del mio cuore accelerare, le
farfalle
nello stomaco e la campana suonare a festa nella mia mente. E da quel
momento
siamo diventati amici e ho giurato a me stesso che ti avrei protetta e
che ti
avrei reso la persona più felice del mondo! >
Ora anche le gote di Manuel si fecero rosse.
La giovine si commosse alle sue parole.
Pensò a quando loro due si erano conosciuti. Quel periodo
per lei era stato
molto triste poiché erano passati tre mesi
dall’addio di Greg. Quando poi vide
Manuel, capì che doveva reagire e fare nuove amicizie.
Così, con coraggio,
aveva voltato pagina incamminandosi verso una nuova avventura.
Facendo il paragone tra il giorno in cui aveva conosciuto Greg e quello
di
Manuel, dovette ammettere che era decisamente più romantico
l’incontro di
quest’ultimo e così due a uno per Manuel!
Lisa cercò di parlare, ma lui mise l’indice della
mano sulla bocca di lei.
< Non ho ancora finito! Da quel giorno hai colorato le mie
giornate,
scacciato ogni filo di tristezza, hai trasformato il temporale in
arcobaleno.
Questo sentimento è durato per tutto questo tempo. E ora
siamo arrivati al
matrimonio. L’idea fa un po’ paura. Matrimonio
significa legarsi e amarsi per
sempre. Ho sempre sognato un matrimonio intimo con parenti
più stretti.
Sposarmi in una chiesetta antica in cima alla collina, prendere la
sposa in
braccio e condurla nel nostro nido d’amore. Vivere in una
casetta rurale adatta
solo per due innamorati e nutrirci solo dei frutti che la natura
regala. >
Manuel aveva gli occhi sognanti. Non si accorse che Lisa ci rimase di
sasso a
quella sua idea di matrimonio!
Si ricordava un episodio con Greg quando trovarono per la prima volta
il
castello circondato dai girasoli.
“< Bel nome: Meraviglia di girasoli! >
Esclamò il bambino.
Lisa aveva ancora la testa appoggiata alle spalle di lui e continuava
ad
ammirare quel bel panorama di girasoli.
< Sai... mi piacerebbe vivere con la mia principessa in questo
castello. E’
l’unico posto incantevole. Questa sarà la camera
da letto. Ogni giorno mi
sveglierò con lei guardando questi meravigliosi girasoli, la
lucentezza del
lago e il verde dei monti. La sera mi addormenterò tra le
braccia di lei
accompagnato dal dolce canto del lago e la luna che illumina la stanza.
>”
Doveva essere particolarmente diverso Greg a quell’epoca. Era
così dolce e
romantico. Adesso invece sembrava essersi trasformato in un lupo
solitario. Ma
era così sicura del detto: “il lupo perde il pelo,
ma non il vizio”. Quindi il
suo romanticismo era ancora segregato in qualche angolo buio del suo
cuore di
ghiaccio.
Quindi ancora parità.
Due a due!
< Scusa, mi sono lasciato trascinare un po’ dalla
fantasia... >
Disse il giovine ritornando alla realtà.
< In questi giorni che non ci siamo visti, ho colto
l’occasione di
riflettere un pò. Il nostro primo incontro, le nostre gite,
i nostri
passatempi, i nostri segreti, i nostri rifugi, le nostre scavalcate, i
nostri
balli durante i giorni festivi, i nostri diciott’anni, le
nostre ansie e paure
per il futuro e le altre cose che ci hanno legato. La nostra amicizia
la
invidiavano tutti. Abbiamo condiviso ogni singola cosa, tra noi non
c’era
nessun segreto. Poi ho dichiarato il mio amore per te e abbiamo
trasformato
l’amicizia in amore. Così abbiamo proseguito il
nostro cammino come due
innamorati, però... >
Sospirò e si fermò un attimo.
A quelle parole, Lisa rimase confusa.
Non sapeva dove voleva arrivare con quel discorso, era un po’
strano.
E, inoltre, quel “però” la incuriosiva
tanto.
< Però sento che qualcosa non va tra noi. Forse
sarà il matrimonio che ti
mette ansia o c’è qualcosa che ti turba
l’anima o qualcosa che mi hai nascosto
in tutto questo tempo? >
La giovine spalancò gli occhi.
Era rimasta incredula. L’aveva colta nel segno.
La cosa che non sopportava di lui era la sua capacità di
captare anche i
segnali indecifrabili.
Per questo non poteva mai tenere un segreto. Lui lo scopriva e colpiva
nel
segno.
Le mani le tremavano, la fronte era bagnata da gocce di sudore, il
cuore
tamburellava.
Non sapeva come iniziare. Doveva farsi coraggio e dirgli tutto.
< Manuel, io... >
Non fece in tempo a pronunciare la frase che Manuel appoggiò
le labbra sulle
proprie.
Un bacio così delicato e dolce. Inizialmente Lisa si
lasciò andare a quel
bacio, ma subito lo fermò.
Manuel sorrise. Fece un sorriso di quel come dire “Bingo!
Avevo ragione”.
< Senti Manuel, in questi giorni ho capito tante cose di me.
Cose che
credevo morte. Mi dispiace, ma io... >
L’indice della mano di Manuel sulla propria bocca non la fece
continuare il
discorso.
< Ami un altro, lo so. >
Disse dolcemente.
La giovine rimase sbalordita.
< Ma come...>
< L’altro ieri ti ho vista in quella camera. Il modo
in cui gli controllavi
la temperatura corporea appoggiando la mano sulla sua fronte, quel
sorriso ogni
volta che ti perdevi nei suoi occhi, la tua preoccupazione nel vederlo
soffrire
per il dolore alla gamba, le vostre risate, i vostri battibecchi...
Sono
piccole cose, ma dicono molto. Non ho mai visto per tutto questo tempo
i tuoi
occhi brillare come le stelle. Il tuo sorriso così
abbagliante, la tua voglia
di cantare, ballare appena sei sola in casa. Si, ti ho osservato e ho
capito.
>
Abbassò lo sguardo e sospirò tristemente.
Lisa non sapeva cosa dirgli. Le sembrava di averlo tradito e questo
faceva
molto male.
< Mi dispiace tantissimo! Avrei dovuto dirtelo. Solo che non
trovavo il
tempo soprattutto che adesso lavoro. Prima di tutto voglio dirti che
quando ci
siamo incontrati per la prima volta, stavo uscendo da una triste storia
d’amore/amicizia. Lui mi aveva detto addio poiché
doveva partire e non sapeva
quando ci saremmo rivisti. Così ogni giorno andavo in quel
bosco e lo
aspettavo. Poi sei arrivato tu e ho capito che dovevo voltare pagina e
conoscere nuovi amici. Tu mi sei subito piaciuto. Eri cosi dolce,
simpatico,
solare. Mi piaceva stare in tua compagnia. Ero così felice
di averti conosciuto
che cominciai a dimenticare il mio amico. Poi, quando mi hanno rapito
ho
scoperto che quell’amico non era altro che Greg House.
Rivederlo per me è stato
un po’ come uno shock. Ho sentito il mio cuore sciogliersi e
mille emozioni mi
sono accese invadendo il mio corpo.
E da lì i miei sentimenti per lui si sono ingigantiti. Mi
dispiace tanto. Tu
sei e sarai un ottimo amico.
Non ho intenzione di perderti. Io ti voglio bene come un fratello, ma
il mio
cuore appartiene ad un altro. >
Nel dire queste cose, la giovine si sentì libera e leggera
come un piuma.
Finalmente lo aveva confessato. Ora temeva una sua reazione.
< Ok, ti capisco. Grazie di essere stata sincera con me.
Comunque sappi che
io per te ci sarò sempre.. La mia porta sarà
sempre aperta. Ti voglio bene,
Lisetta! >
Sorrise, le diede un tenero bacetto sulla guancia e si
allontanò da lei.
La giovine sentì uno strappo al cuore. Nel vederlo
allontanarsi, percepì il suo
dolore. Il cuore era spezzato. Sapeva che ci sarebbe rimasto male, ma
al cuore
non si comanda! Solo il tempo potrà curare la sua ferita e
magari un giorno o
l’altro avrebbe trovato la sua anima gemella!
Ora doveva rientrare in clinica.
Un altro giro di visite e poi a casa. Alla sua amata e dolce casa.
*********************************
In una di quelle stanze della clinica, Lisa stava controllando la
ferita sul
ginocchio del bambino.
< Niente di grave, basta l’unguento d’arma e
passerà. >
Prese una specie di bastoncino di legno e lo infilò in un
barattolo dove c’era
l’unguento.
Spalmò l’unguento sul ginocchio.
< Signorina, ma l’unguento da cosa è
composto? >
Domandò curioso il bambino.
< Da tre colori: rosso come il pomodoro, rosa come la tua
guanciotta e
giallo come il sole! >
Finì di spalmare l’unguento e fece scendere il
bambino dal letto.
< Grazie signorina. Non mi fa più male il ginocchio.
Ciao! >
La madre prese per mano il figlio ed entrambi salutarono Lisa.
Sorrise. A quell’età i bambini erano curiosi di
conoscere e toccare un
determinato oggetto, frutto del loro interesse, ma non poteva
raccontare la
verità sull’unguento. Mica gli poteva dire che era
formato da muschio che
cresceva su un teschio, sangue umano, oli di rose e semi di lino e
bolarmenico.
Non era bello da sapere. Faceva molta impressione.
Un uomo su una cinquantina d’anni entrò e lo fece
accomodare sul lettino.
< Signorina, sento un fastidio alla gola, faccio fatica a
respirare e la mia
testa fa i capricci. >
Cominciò a parlare l’uomo senza perdere tempo.
La giovine estrasse dal cassetto di un mobile lo scherzìno e
lo fece mettere in
bocca al paziente.
Passarono qualche decina di minuti, Lisa gli tolse lo
scherzìno e vide la
temperatura corporea.
< Signore, lei ha un po’ di febbre. Niente paura!
Basta che prenda un po’ di
miele e il fastidio alla gola gli passerà. Poi per la
difficoltà respiratoria
basta che prepariate un bel pentolino d’acqua bollente
mettendoci questi semi e
inalate il vapore acqueo coprendo la testa con un panno. Mi raccomando
state al
caldo, non vi affaticate molto e in pochi giorni la febbre
sparirà. >
Diede un sacchetto con dei semi di piante curative e
accompagnò l’uomo fino
alla porta.
Ecco, ora poteva tornare a casa. Non c’era più
nessuno che attendeva il turno
di visite.
Era libera. Chiuse la porta e si diresse verso la sala infermieri.
Entrò e vi trovò Brenda che la stava aspettando.
Tamburellava le dita sul
tavolo: era parecchio nervosa.
< Tutto bene, Brenda? >
Domandò preoccupata la giovine.
< Oh, Lisa! Posso chiederti un favore? >
Lisa si limitò ad accennare.
< So che il tuo turno è finito, ma potresti fare un
salto da don House? Io
proprio non ce la faccio più a sopportarlo. Rischierei di
diventare un lupo
mannaro! >
Lisa rise per quest’ultima frase.
Brenda mise le braccia conserte e la guardò un po’
arrabbiata.
< Scusa, Brenda! Ok, ci vado io a fare gli ultimi controlli.
Stai
tranquilla! >
Tolse la divisa di assistente e la mise nel proprio armadietto
personale.
< Grazie, sei un tesoro. Ah, dimenticavo. Devi comunicargli che
domani sarà
dimesso! Che sollievo! >
La notizia le arrivò come una pugnalata al cuore per Lisa.
Brenda la salutò e si avviò verso
l’uscita saltellando.
Certo che per tutte era un sollievo che don House veniva dimesso, ma
per Lisa
era il contrario.
Era felice di dormire la notte sapendo che il mattino seguente, al
lavoro,
avrebbe trovato lui in quella stanza a far rizzare i capelli alle
infermiere o
ai medici.
Le sembrava che il mondo le stesse crollando addosso.
Con il pensiero che sarebbe stata forse l’ultima volta che lo
avrebbe visto, si
recò in camera sua.
La porta era semi aperta.
Sentì delle voci. Uno le era familiare, ma l’altra
non lo era.
Si avvicinò con cautela curiosa di scoprire chi era
l’altra voce.
Il cuore le batteva forte, brividi di freddo corsero lungo la schiena
come se
avesse un brutto presentimento.
Tutto questo era sbagliato e lei lo sapeva. Addirittura spiare chi era
in
compagnia di Greg. Si sentiva una pazza. Nonostante quel comportamento
era
sbagliato, qualcosa continuava a trattenerla lì mentre il
brutto presentimento
cresceva enormemente.
Quando finalmente riuscì a vedere in chiaro chi fosse quella
voce, rimase lì
impalata.
< Tesoro, non vedo l’ora che verrai dimesso
così potremo sposarci. >
A quella parola “sposarci” Greg sembrò
farfugliare qualcosa.
< Ma, Stacy cosa... >
La donna, molto attraente, con un abito ben curato e vistoso, capelli
castani e
dei begli occhi verdi color cespuglio, si avvicinò a lui e
gli diede un
tenerissimo bacio sulle labbra.
Lisa, nel vedere Greg baciare un’altra sentì il
cuore morire. Era disperata.
Chiuse per un attimo gli occhi; non credeva a quello che aveva appena
visto.
Li riaprì e ancora non avevano smesso di baciarsi.
Si sentì umiliata, tradita e amareggiata.
Rimase lì immobile come una statua, incapace di muovere un
muscolo.
La testa le doleva molto forte e una sensazione di quasi svenimento
s’impadronì
di lei.
Gli occhi si riempirono di lacrime e le mani cominciarono a tremare.
Perché si sentiva così?
In fondo non avevano una storia d’amore.
Le lacrime continuarono a scendere copiosamente.
Però per uno strano scherzo del destino Greg
puntò gli occhi verso la porta e
la vide.
Nel vederla sbarrò gli occhi per la sorpresa.
< Lisa?!? Dannazione! Lisa! Lisa, io... >
Lisa, furiosa, abbassò lo sguardo. Nonostante le gambe erano
rigide come tronchi
di un albero, con molto sforzo riuscì a muoverle e si
allontanò da lì
raggiungendo più in fretta che poteva l’uscita
della clinica.
Continuava a piangere a dirotto lungo la via del ritorno.
Non sopportava di saperlo con un’altra.
Correndo come un fulmine non si accorse della presenza di un sassolino
e
inciampò.
Rimase a pancia in giù per qualche minuto singhiozzando. Si
alzò lentamente, ma
il dolore al ginocchio le impedì di alzarsi completamente.
Era sbucciato e
sanguinava. Doveva farsi coraggio e sopportare il dolore della ferita.
Camminò
quasi zoppicando verso casa sua e giurò a se stessa che non
avrebbe mai più
visto Greg. Ora era un capitolo chiuso. Doveva solo occuparsi della
propria
vita dedicandosi alla famiglia e al lavoro.
< Addio, grande idiota! >
Sussurrò mentre il vento le accarezzava la dolce chioma dei
capelli.
TO
BE CONTINUED...
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Capitolo 20 *** Capitolo Ventesimo ***
E con
grande piacere vi
presento il capitolo ventesimo!!!
1
2
3
GO!!!
CAPITOLO
VENTESIMO.
Nell’oscurità della notte molti sogni prendevano
vita in ogni angolo nascosto
del subconscio.
Spettatrici dei loro sogni erano la luna e le stelle.
I generi erano vari: horror, giallo, romantico e, infine, malinconico.
Una di quelle stelle però non sorrideva. Aveva un viso
spento, triste e umido.
Stava vedendo un sogno malinconico, triste e tragico di una giovine che
non
faceva altro che girare e rigirare nel proprio letto. Percepiva anche i
suoi
lamenti. La sua voce era molto rauca e strozzata probabilmente dal
pianto.
“< Vi dichiaro marito e moglie! Ora
può baciare la sposa! >
Don House tolse il velo dal viso della sposa e sorrise nel perdersi nei
suoi occhi
verdi.
I due si baciarono con tanta passione e mano nella mano si diressero
verso
l’uscita della chiesetta.
Lisa, nel vederli insieme, sentì il mondo crollarle addosso
e dalla
disperazione cominciò a urlare.
< NOOOOOOOO!!! TI PREGO, RESTA CON ME!!! >
Don House e la moglie entrarono nella stupenda e decorata carrozza e si
avviarono verso il castello.
Lisa urlava e correva per raggiungere quella carrozza, ma
più correva più la
loro distanza triplicava.
Poi ad un tratto, Lisa inciampò su una di quelle pietre
sparse nelle stradine.
Non riusciva più ad alzarsi poiché
percepì un dolore alla caviglia. Così con le
ginocchia a terra, la schiena diritta, palmo della mano sul terreno e
l’altra
in aria, continuò a gridare con le lacrime sul viso:
< NOOOOOOOOOOOOOO!!! >
La carrozza svanì in aria come per magia sparendo dietro a
quei monti.
Non vedendo più la carrozza, continuò ad urlare a
squarciagola:
< NOOOOOOOOOO!!!! >”
< Ah! >
La giovine si alzò di soprassalto.
Il suo respiro era affannoso, il cuore batteva all’impazzata
ed era tutto
sudata.
Si guardò intorno con aria guardinga, era la sua stanza.
Aveva fatto uno dei
suoi tanti incubi rincorrenti! Ormai era da una settimana che quegli
incubi la
torturavano. Non riusciva più a chiudere occhio da quando
aveva assistito alla
scena del bacio tra don House e Stacy. Al solo pensiero che lui sarebbe
diventato di un’altra, sentiva mancare l’aria, lo
stomaco riempirsi di acido,
il cuore stringere. In qualche modo si sentiva tradita eppure lui non
era il
suo compagno. Si sentiva come una bambina a cui le avevano tolto il suo
giocattolo preferito. Pensò un attimo a questo paragone e si
diede
dell’egoista. Ma purtroppo era quello che sentiva dentro di
sé. Era più forte
di lei.
Ad un tratto una luce abbagliante colpì fastidiosamente gli
occhi lucidi della
giovine.
La madre entrò velocemente e, nel vedere la figlia in quello
stato si preoccupò
fino alle stelle.
Si sedette accanto a lei e, senza bisogno di parole,
l’abbracciò. La giovine
dapprima s’irrigidì, non voleva cedere, ma il
cuore sconfisse la ragione e si
abbandonò a quell’abbraccio materno.
La madre la cullò per quello che sembrava
eternità. La scena appariva molto
tenera agli occhi della spettatrice luminosa. Era molto bello vedere
una madre
consolare la figlia. Era come vedere una genitrice cullare in braccio
il
proprio pargoletto dopo una lunga notte insonne.
< Shhhh, tesoro. Non piangere, ci sono io! >
Sussurrava la dolce madre mentre i singhiozzi di Lisa aumentarono.
La madre continuò ad accarezzarla la schiena.
Pian piano, grazie alle dolci parole e all’affetto della
madre, Lisa smise di
singhiozzare.
La madre continuò a coccolarla rimanendo in silenzio.
Perché il silenzio valeva
più di mille parole dettate dal cuore. In cuor suo sapeva o,
meglio, intuiva la
causa della sua sofferenza. Avrebbe voluto schiaffeggiare quel
bambinone di don
House. Eppure c’era qualcosa di strano. Non capiva cosa aveva
fatto di così
tragico lui da far soffrire maledettamente la propria figlia. Aveva un
grande
desiderio di scoprire questo motivo, ma capì di lasciar
nuovamente perdere per
la settima volta. Non voleva causare altro dolore a Lisa, ma prima o
poi si
sarebbe sfogata. Così, in silenzio, continuò a
stringerla a sé fino a che il
peso del corpo di Lisa non si accentuò. Intuì che
doveva aver chiuso gli occhi
e appoggiò delicatamente la testa sul guanciale. Le diede un
tenero bacio sulla
guancia, sistemò bene la coperta e uscì a passi
felpati dalla stanza.
*******************************
Finalmente dopo quella notte angosciosa, un nuovo giorno stava
iniziando.
Il sole spuntava dietro al lago incontaminato. I suoi raggi
riscaldavano le
foglie degli alberi infreddoliti dall’umidità
della notte primaverile. Ormai
maggio accennava a lasciare il posto a un tiepido caldo giugno. Stormi
di uccelli
sovrastavano i folti boschi in cerca di cibo, scoiattoli che
saltellavano da un
ramo all’altro, lucertoline sdraiati sulle pietre a prendere
la tintarella di
sole, grilli che cantavano a squarciagola, coccinelle che si posavano
di fiore
in fiore. Sembrava che il mondo non era mai stato così bello
e incantevole.
Il sole continuava a farsi di un giallo intenso e vivo e il primo caldo
cominciava a bussare alle porte. La città era ben illuminata
dai raggi solari.
C’era un viavai di gente nelle locande, nei piccoli negozi
d’alimentari, nei
parchi. Lungo le campagne i contadini erano intenti a lavorare e, tra
un colpo
di zappa all’altra, scambiavano qualche parola con il proprio
collega. Lungo le
stradine viavai di carrozze e carrozzine sfrecciavano come fulmini,
sembrava di
assistere ad una specie di gara di corsa. Nella clinica file e file di
persone
che aspettavano impazienti il loro turno di visita, medici che
visitavano i
pazienti, infermieri che uscivano e entravano dalle sale dei
medicinali. Era un
inferno stare nella clinica. Sembrava che ogni giorno, la signora
Malattia
bussava alla porta. Puntualmente. La gente si preoccupava persino di
una
puntura d’ago!
Purtroppo il mestiere di medico non era molto facile, anzi era assai
complesso
e delicato!
Consolare le persone era un’impresa molto ardua da vincere.
Così si sentiva Lisa dopo aver finalmente terminato il turno
di visite.
Era talmente stanca e stremata. Percorse il grande corridoio, quasi
vuoto,
raggiungendo la sala infermeria. Entrò e aprì il
suo armadietto. Tolse il
camice bianco e lo adagiò dentro. Mentre era di spalle alla
porta, una figura
maschile a tre piedi entrò senza far rumore.
Sorretto dal suo fedele bastone, rimase lì immobile ad
osservare la giovine che
tanto gli era mancata in questa settimana.
Si perse nella sua totale bellezza e non si accorse che lei si stava
voltando.
La giovine, voltandosi, sussultò nel vederlo.
< Tu?!? >
Esclamò vedendo Greg.
Accese e intense emozioni si sparpagliarono nel suo corpo. Aveva voglia
di
corrergli incontro, abbracciarlo e perdersi nei suoi occhi azzurro
oceano. Però
ancora era furiosa per quello che aveva fatto. Così, presa
dalla rabbia,
camminò verso l’uscita della stanza. Non aveva
intenzione di vederlo e ne
sentirlo. Era troppo arrabbiata e delusa.
< Dobbiamo parlare! >
Disse afferrando un polso e costringendola a guardarlo.
< E di cosa? Credo che non c’è nulla da
parlare! >
Rispose con tono alquanto severo senza degnargli di uno sguardo.
< Raggio di Sole, quello che hai visto l’altra volta
non è come sembra, o
almeno hai frainteso! >
Tentò subito di giustificarsi. Strano. Mai e poi mai, nella
sua vita aveva
dovuto dare spiegazioni come a Lisa e nemmeno a suo cugino!
Nonostante sembrava tutto alquanto strano e inverosimile, il suo
istinto gli
diceva di proseguire avanti.
Lisa, presa dalla rabbia, tentava invano di staccarsi da stretta di lui
evitando i suoi occhi.
Greg teneva salda la presa sul polso di Lisa. Gettò il suo
amico bastone per
terra e tentò di afferrare l’altro polso e la
spinse contro la parete della
sala infermeria.
< Ascoltami: quella ragazza... >
Continuò don House, ma il grido di Lisa lo interruppe.
< Non sono fatti che mi riguardano! Ora lasciami andare! >
Il tono di lei era secco e decisivo. Cercava di non far incontrare i
propri
occhi con quelli suoi perché non voleva che lui leggesse la
delusione e
l’amarezza che covava dentro.
< Ah, dimenticavo. Scusa se ho interrotto la vostra
intimità! >
Colpita e affondata. Con quelle parole, Lisa si rese conto di aver
combinato un
casino. Dicendo queste cose aveva tirato fuori sentimenti contrastanti
tipo la
gelosia e la rabbia.
Lei era gelosa e furiosa ed ora era più che sicura che anche
Greg lo sapeva.
< Lisa, la ragazza... >
Ripeté Greg con un filo di sorriso sulle labbra. In qualche
modo saperla gelosa
lo faceva sentire stranamente felice. Sentiva delle farfalle nello
stomaco.
Nuovamente Lisa lo interruppe.
< Ho detto che non devi darmi spiegazioni! La tua vita privata
non è affar
mio! >
Disse con tono alterato e spazientito.
Ritentò di liberarsi dalla presa di lui, ma invano.
< Quella ragazza è mia cugina ed ex promessa sposa!
Non ho intenzione di
sposarla perché lei non è te! >
Mentre lui diceva queste cose, capricciosamente Lisa continuava a
divincolarsi
da entrambi le prese, ma d’un tratto
s’immobilizzò nel sentire le ultime
parole.
Quelle parole per un attimo l’avevano fatta sentire al
settimo cielo, ma non
voleva far trasparire a lui la felicità.
Sospirò e finalmente decise di guardarlo negli occhi.
Dio, come le era mancata perdersi nelle schiume bianche delle onde
dell’azzurro
oceano dei suoi occhi.
In quel momento Lisa si sentì confusa e smarrita. Da un lato
si sentiva
imbarazzata, incredula e ancora furiosa.
Imbarazzata perché aveva fatto una scenata di gelosia e
avrebbe desiderato
fuggire lontano piuttosto che perdersi nei suoi occhi.
Incredula perché non riusciva a capire se diceva la
verità oppure il contrario.
Furiosa perché lui l’aveva messa in trappola
spingendola verso la parete e a
lei non piaceva essere immobilizzata in quel modo.
Silenzio. Nessun fiato, nessun rumore, nessun pensiero.
Solo occhi che si specchiavano sprigionando le proprie emozioni.
Per un attimo Greg voleva confessare tutto, ma subito la ragione prese
il
sopravvento sui sentimenti. Il profumo di Lisa gli ottenebrava i sensi.
Lentamente chinò il viso e si soffermò per un
piccolo instante, distogliendo lo
sguardo tra gli occhi e la bocca di lei.
Lisa rimase immobile come una statua tra la rabbia nel cuore e
l’incanto dei
suoi occhi. Accorgendosi del caldo respiro di Greg sulle proprie
labbra,
istintivamente chiuse le palpebre.
Quando vide gli occhi della giovine chiusi, lentamente
accorciò quella piccola
distanza che li separava e appoggiò le sue labbra su quelle
di lei.
Il tocco di quel bacio fece spalancare gli occhi di Lisa. Nonostante
desiderasse ardentemente essere baciata solo e solamente da lui, non se
l’aspettava che lui avesse esaudito questo sogno e purtroppo
la rabbia, che era
rimasta ancora accesa nel cuore, la fece agitare per cercare di
allontanarlo da
sé.
Però Greg manteneva salda la presa su entrambi i polsi,
spingendola ancora di
più verso quella parete. I loro corpi erano più
vicini che mai.
Greg, in cuor suo, aveva desiderato tanto quel bacio, mai provato con
le altre,
ed era convinto che anche lei lo desiderava quanto lui, nonostante
continuava
ad agitarsi.
La lotta durò poco. Il dolce sapore del bacio di lui, le
fece avvampare il
corpo e si abbandonò a quel passionale bacio.
Entrambi non avevano intenzione di smettere. Greg, istintivamente
cominciò a
liberare la presa sui polsi e la strinse a sé. Lisa,
sentendo i polsi liberi,
alzò le braccia e li cinse intorno al collo di lui.
Affondò le dita nei suoi
morbidi capelli. Aveva anche desiderato toccare e accarezzare i suoi
capelli.
Quanto tempo!
Erano molto presi l’una nell’altro che non si
accorsero che l’ossigeno
cominciava a mancare.
Greg le stava per togliere la maglia, ma improvvisamente fu costretto a
tornare
alla realtà.
In quell’attimo di distrazione, Lisa, con un pizzico di
lucidità, ne approfittò
per liberarsi dall’abbraccio di lui riuscendo ad allontanarlo
da sé.
Non voleva essere trattata così, non da lui che
probabilmente era abituato ad
avere tutte le donne che voleva. A queste condizioni non ci stava. Non
si
sarebbe lasciata fregare da quel bacio sognato da sempre anche se
doveva
ammettere che era stato davvero molto bello.
Così spinse Greg che, preso alla sprovvista,
indietreggiò barcollando. La
guardò con espressione confusa e smarrita. Non capiva il
perché di questo
gesto. Sapeva che lei aveva desiderato quel bacio e che le era piaciuto
tanto
dal modo in cui aveva contraccambiato. Però quando
guardò i suoi occhi capì di
averla offesa. Stranamente, per la prima volta in vita sua, sentiva un
grande
senso di colpa invadere il proprio corpo.
< Io non sono una di quelle ragazze che cascano ai tuoi piedi.
Non puoi
trattarmi così! >
Greg rimase interdetto a quelle parole così pungenti e amare.
Allora era vero quello che aveva percepito nei suoi occhi: delusione,
amarezza,
indignazione e rabbia.
Stava per proferire parola quando Lisa lo interruppe nuovamente.
< Vattene da qui! Non farti più vedere! >
Disse con braccia conserte e lo sguardo rivoltò verso destra.
Greg si avvicinò a lei zoppicando, poiché il
bastone era per terra.
Spostò qualche ciocca di capelli che copriva metà
del suo viso. Vide una
piccola lacrima uscire dai suoi occhi grigi e
l’asciugò. Accarezzò il suo
candido viso e le scioccò un piccolo bacio sulla guancia.
Lisa rimase stupita da questo suo inaspettato gesto, ma non aveva
nessuna
intenzione di cedere, così aprì nuovamente bocca:
< Se in qualche parte del tuo cuore conto qualcosa, ti prego
dimenticami!
Non cercarmi più! >
Greg la fissò ancora a lungo, come se volesse imprimere
nella propria mente
ogni piccolo particolare di lei.
Sospirò profondamente. Allontanò le mani da quel
suo volto umido, si voltò,
raccolse il bastone per terra e cominciò a percorrere il
grande corridoio della
clinica.
Lisa, nel vederlo allontanarsi, aveva una grande voglia di corrergli
dietro,
chiamarlo e buttarsi tra le sue braccia, ma la rabbia le
impedì di farlo.
Greg sperava tanto che lei lo fermasse, lo chiamasse e... purtroppo non
avvenne.
In quei giorni trascorsi con lei, l’aveva vista imbronciata,
triste,
spensierata, ma non aveva mai visto nei suoi occhi tanta rabbia,
delusione,
amarezza.
D’altronde sapeva di averla in qualche modo offesa
intrappolandola contro una
parete. Di questo era sicuro che lei non glielo avrebbe mai perdonato.
Non gli era mai capitato di comportarsi in quel modo con altre ragazze.
Soprattutto non aveva mai costretto loro a baciarlo. Ecco, aveva
costretto a
Lisa di baciarlo. Eppure quando l’aveva baciato lei non aveva
reagito anzi lo
aveva accompagnato tuffando le dita nei suoi capelli.
Era così immerso nei pensieri che non si accorse di essere
uscito dalla
clinica.
Prima di salire sul cavallo, si voltò verso la clinica e una
piccola lacrima
gli solcò lungo il viso.
< Addio, Raggio di Sole! >
Col volto triste, si sedette sulla sella, posò il bastone in
una piccola
apertura al lato della sella e tirò le redini facendo segno
al cavallo di
galoppare.
E ben presto Greg e il cavallo sparirono dietro quei boschi.
Lisa, che era rimasta a guardarlo dalla finestra di sopra, si mise a
singhiozzare.
Singhiozzò per don House. Per lui, per aver contraccambiato
quel bacio
incantevole, per avergli permesso di ferirla nell’animo, per
aver trascorso
momenti indimenticabili con lui, per averlo cacciato fuori dalla
propria vita.
Era davvero molto arrabbiata con lui, ma sapeva che nel suo cuore solo
un nome
c’era scritto: Greg.
Greg House le aveva rubato il cuore senza preavviso e, nonostante
ciò che era
appena successo, non riusciva a pensare a qualcos’altro che
non fosse lui.
*******************************
< Hey Greg! Finalmente ti ho trovato! >
Disse don Wilson appena vide Greg camminare a passi veloci con il
bastone.
Il signorotto lo evitò dirigendosi verso la propria camera.
Serrò la grande porta di legno massiccio e si
tuffò a pancia in giù sul letto.
Il cugino preoccupato bussò alla porta.
< Greg, tutto bene? >
Chiese assumendo un tono alquanto preoccupato.
Greg non proferì parola e mise la testa sotto il cuscino.
Senza arrendersi, Jimmy continuò a bussare finché
il cugino, scocciato, proferì
parola.
< Vattene! Non ho voglia di parlare! Non ho voglia di sentire le
tue solite
morali: “Sai Greg te l’avevo detto”.
Quando fai così non ti sopporto! >
Disse tutto d’un fiato con un tono amaro e duro!
Jimmy rimase stupito. Non capiva perché reagiva
così. Sembrava un bambino
capriccioso che si comportava così perché
qualcuno gli aveva tolto il suo
giocattolo preferito!
Non si era mai comportato così. Gli sembrava troppo strano.
Qualcosa gli era
capitato. Doveva scoprirlo per aiutarlo. Però il cugino era
talmente così
orgoglioso che non chiedeva mai aiuto!
Dannato orgoglio!
< Greg, ti supplico, fammi entrare! >
Ritentò Jimmy usando un tono di voce più calmo e
dolce.
In preda dall’ira, Greg si alzò dal letto e
aprì la porta.
Il cugino rimase scioccato a ciò che vide. Una lacrima?
Realtà o allucinazione?
Infastidito da come lo stava guardando, urlò in preda alla
rabbia:
< Allora? Non lo dici? “Caro Greg te lo avevo
detto!” >
Jimmy era ancora sotto shock. Non credeva alle sue pupille! Una lacrima
vera
aveva bagnato il volto del cugino. In tutti questi anni non lo aveva
mai visto
in lacrime. Mai! Questa era la prima volta.
Spalancò la bocca dallo stupore. Non sapeva cosa dire. Aveva
perso per strada
le parole.
< Allora? Sto aspettando!!! >
Urlò con tono furioso.
Jimmy ritornò alla realtà e chiuse la bocca.
Deglutì e proferì parola.
< Greg, quello che vedo è una... >
Il signorotto, infastidito da quel comportamento quasi imbecille del
cugino,
sbruffò.
Ritornò in camera e, con lui, lo seguì il cugino.
Greg si sdraiò sul letto e Jimmy si sedette su una delle due
poltrone comode.
< Greg, ti prego, calmati! Raccontami ciò che hai
combinato! >
Greg tirò un sorriso accattivante.
< Ecco! Il famoso “dottor-so-tutto-io”
diretto e conciso! Ogni cosa che
succede fuori dal mondo la colpa cade al povero “
dottor-casanova”, cioè ME!!!
>
Jimmy massaggiò le tempie, all’improvviso gli
venne un mal di testa. Doveva
esserci qualcosa in aria, tipo una maledizione. Ma no, quel mal di
testa gli
veniva ogni volta che uscivano parole imbecilli del cugino!
< Non ho mica lanciato il verdetto! >
Rispose secco Jimmy.
I due si diedero un’occhiataccia. Sembravano che facevano una
sfida a chi
riusciva a respingere la freccia immaginaria e a riportarla agli occhi
dell’avversario.
Alla fine, come al solito, vinse Greg.
Con mani alzate in segno di resa, Jimmy roteò gli occhi per
aria. Era
impossibile ragionare con un bambino!
< E va bene! Prova a spiegarmi con parole tue ciò che
è successo! >
Greg si alzò di scatto dal letto e diede un grande pugno
alla parete.
Il cugino rimase di sasso. Doveva essere successo qualcosa di veramente
grosso.
< Vuoi sapere veramente cosa ha combinato il
“dottor-casanova”? >
Chiese con aria di sfida. Senza attendere la risposta, rispose alla sua
stessa
domanda.
Gli raccontò dell’incontro con Lisa, di come
l’aveva immobilizzata contro la
parete, il loro bacio passionale e, infine, le dure e amare parole di
lei.
In quella stanza piombò un tale silenzio. Jimmy era rimasto
ancora sotto shock.
Non credeva alle proprie orecchie ciò che aveva detto Greg.
Aveva immobilizzato
Lisa contro la parete e l’aveva costretta a baciarla. Eppure
quel bacio mica
era costretto se lei lo aveva contraccambiato. Strane erano le parole
amare di
lei. Non era da Lisa comportarsi così. Sapeva che lei teneva
a Greg più della
sua vita. Doveva essere successo qualcosa se Lisa aveva espresso quelle
parole
ferendo Greg.
< Capisci, Jimmy? Sento un grande senso di colpa che pervade il
mio animo e
me lo strugge! Mi sento come se io fossi il violentatore! >
Continuò a parlare, però questa volta con tono
più pacato e tranquillo.
Conoscendolo fin troppo bene, Jimmy sapeva che, nonostante abbia avuto
centinaia di ragazze, lui non era di certo un tipo molto violento e non
avrebbe
mai alzato un dito contro una mosca.
< Dai Greg! Ti conosco troppo bene! Non saresti mai capace di
fare queste
cose! La cosa che non mi torna è il perché
improvvisamente Lisa ti ha detto
quelle parole. Deve aver assistito a qualcosa che l’ha
turbata tanto se ti ha
detto questo. >
Greg fece finta di tossire.
< Forse... >
Jimmy lo guardò con un’espressione come dire
“Come sempre sai qualcosa”
< E va bene! La sera prima di essere dimesso è venuta
Stacy e mi ha baciato.
Proprio in quel momento è entrata Lisa. >
Questa volta il cugino si limitò a roteare gli occhi per
aria.
“Possibile che questi due devono sempre complicare le cose?
E’ così difficile
dire: Ti amo? Sono solo due modeste e profonde parole! Cosa ci vuole
per
dirlo?”
Pensò il povero Jimmy.
< Già, l’amore... >
Gli scappò di bocca e subito la chiuse temendo la reazione
del cugino.
Greg lo guardò con aria di sfida. Jimmy sorrise e
proferì qualche sillaba.
< Credimi, tu non hai fatto niente di male! Però non
ti rimane altro che
andare da lei e chiedere scusa! >
Greg lo guardò incredulo.
< Devi assolutamente andar da lei e chiedere scusa. Lo devi fare
per lei
anche per te stesso! >
Continuò a parlare, ma l’improvviso intervento da
parte di Greg lo costrinse a
tacere.
< Me stesso? >
Domandò con tono dubbioso.
< Si, per te stesso! Perché non voglio vederti in
queste condizioni! >
Rispose il cugino con espressione preoccupata.
< Dai Jimmy, non è da te dire imbecillità
del genere! Io sto bene! E
inoltre, dopo ciò che ho fatto, lei non mi vuole vedere!
Capisci? >
Jimmy strofinò il mento con il pollice e l’indice.
Stava pensando a come
rendere raggiungibile la fanciulla affinché quei due
potevano chiarirsi.
Certo, ci voleva l’intervento di
“colui-che-si-entusiasma-per-niente”
perché di
sicuro avrebbe trovato delle idee geniali.
All’improvviso gli si illuminò la mente.
< Ci sono! Perché non t’inventi qualcosa?
Ad esempio, scrivere una lettera?
>
Cercò di spronarlo.
Greg continuò a guardare il cugino con un sopracciglio
alzato e l’altro
riabbassato.
Però non aveva tutti i torti il cugino.
Per riavere lei bisognava lottare. Quindi cominciò a
prendere in considerazione
le parole del cugino.
Jimmy, vedendolo immerso nei pensieri, si avvicinò a lui e
gli diede una pacca
alla spalla.
Salutò il cugino e chiuse la porta lasciandolo solo con i
suoi pensieri.
TO
BE CONTINUED...
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Capitolo 21 *** Capitolo Ventumesimo ***
E con
grande piacere vi
presento il capitolo ventunesimo!!!
1
2
3
GO!!!
CAPITOLO
VENTUNESIMO.
Le notti successive erano le più angoscianti per Lisa.
Nonostante i giorni, le
settimane volavano in un lampo, non riusciva a togliere dalla testa
l’ultimo e
triste incontro con lui. Continuava a pensare e ripensare, vivere e
rivivere
ogni singolo attimo in cui le labbra di Greg sfioravano le sue
trasformando
quel tocco delicato in un bacio appassionato e ardente. Appassionato e
ardente,
ma dolcissimo e deciso, segno che non era l’unica ad aver
desiderato quel
bacio. Forse si sbagliava, ma quel bacio sembrava che anche lui lo
aveva desiderato
con tutte le sue forze. Però ancora una volta la ragione
aveva preso il
sopravvento sul cuore: quella dannata rabbia, che non era riuscita a
disintossicare, aveva rovinato l’atmosfera. Dialoghi
concitati, parole
stranamente dolci e tristi di lui, le sue grida e Greg sparire dietro i
monti
con il suo cavallo nero lucente.
In quegli attimi passati a perdersi nei suoi occhi blu oceano, aveva
percepito
un mix di emozioni indecifrabili: passione, delusione, desiderio,
amore, sensi
di colpa, tristezza, malinconia, paura.
Da quella notte, Lisa non riusciva a darsi pace. Non riusciva a capire
perché
aveva reagito in quel modo. Dopo tutto, perdersi nei suoi occhi,
osservare il
suo viso, assaporare la dolcezza dei suoi abbracci, sfiorare le sue
labbra
erano ciò che aveva desiderato nel profondo del cuore. Si
dava della stupida
ogni volta che la mente ritornava a quell’incontro.
Però la cosa che non le
andava giù era stato il fatto di essere stata messa contro
la parete,
intrappolata come un uccellino in gabbia. Forse era questo il motivo
della
rabbia che le era esplosa mandando a monte quell’atmosfera
romantica.
Non c’era giorno, ora, minuto, secondo trascorso a
rimpiangere di averlo
trattato malissimo, ma allo stesso tempo il pensiero di andargli
incontro e
parlargli la metteva in agitazione. Temeva la sua reazione. Aveva paura
che lui
non l’avrebbe ascoltata, guardata, abbracciata.
Così aveva deciso di
pianificare ogni possibile mossa per evitarlo, per non perdersi nei
suoi occhi
intensi e affascinanti, per non desiderare ancora una volta essere
abbracciata
da lui, sentire i battiti del suo cuore, il suo caldo respiro sul
proprio viso
e il tocco delle sue calde labbra sulle proprie. Doveva evitarlo a
tutti i
costi. Lasciare che le acque si calmassero.
************************************
L’estate aveva ormai bussato alla porta: un tiepido giugno
lasciava il posto ad
un caldo e birichino luglio.
Gente che camminava a passi lenti per le stradine, sfrecciare di
carrozze che
correvano come furie, grida di bambini che si divertivano a giocare ai
cowboy o
a cavalieri e principesse, anziane signore sedute in panchina
all’ombra di un
grosso albero intenti a spettegolare su qualsiasi cosa.
Nell’aria si sentiva qualcosa d’invitante, un
qualcosa capace di far arrivare
l’acquolina in bocca a chiunque: profumo di dolci fatti in
casa.
Il profumo di ciambelle invadeva ogni angolo della casa dando anche
alla testa.
< Amore, che buon odorino! >
Enfatizzò il signor Cuddy afferrando una ciambella e
portandola alla bocca.
< Hey! >
Esclamò la moglie con le braccia conserte.
< Buongiorno a tutti! Devo scappare, sono un po’ in
ritardo! >
Entrò Lisa afferrando una ciambella al volo.
< Tutto bene? >
Domandò preoccupata la madre.
La figlia si limitò ad annuire e uscì di fretta.
La madre intuì dalle occhiaie sotto gli occhi della figlia
che non aveva
dormito per tutta la notte. Era molto preoccupata. Non ne poteva
più di vederla
in quella situazione. Vederla soffrire per quell’uomo.
Eppure, dalle voci che
aveva sentito al lavoro, non era l’unica a a o passare
giornate buie. Pareva
che anche il signorotto passava dei momenti no. Nessuno lo aveva visto
più
gironzolare in paese, stuzzicare qualcuno per divertimento. Altre voci
dicevano
che trascorreva intere giornate nei pressi di un castello abbandonato e
nessuno
sapeva cosa combinava.
Il marito vedendola persa nei suoi pensieri, la chiamò alla
realtà.
< Scusa. >
Sospirò la moglie.
< Sei preoccupata per loro? >
Domandò il marito scrutando i suoi occhi celesti.
La moglie si limitò ad annuire con espressione triste e
preoccupata.
< Devo dire che non me l’aspettavo! Il signorotto
è riuscito ad
impossessarsi del cuore di mia figlia! Sai, mi ricorda un pò
noi! >
La moglie sorrise nel ricordare la loro storia d’amore.
I due si sedettero uno di fronte all’altra.
Il signor Cuddy prese le mani della moglie e le accarezzò
dolcemente.
< Quanto tempo è passato dal quel nostro primo
incontro! Quanto ti ho vista,
per la prima volta, sembrava che il mondo non esistesse,
c’eravamo solo tu ed
io! Quanti notti insonni ho passato a pensarti. Quante volte desideravo
abbracciarti, coccolarti, baciarti sotto il nostro manto stellato.
Abbiamo
superato tantissimi ostacoli che non avevano fatto altro che dividerci.
Eppure
noi siamo qui, innamorati più che mai. Ricordo come se fosse
ieri il nostro
primo bacio sotto l’albero di quercia! Emozioni
indescrivibili! Come toccare il
fondo marino, arrivare sulla vetta dei monti più alti,
afferrare la stella più
lontana dell’universo. Ricordi le nostre iniziali incisi su
quel tronco? Ancora
adesso il vento non è stato capace di cancellarli
perché il nostro amore è più
forte di qualsiasi uragano, pestilenza, guerra. E’ il
sentimento più forte che
nessuno è stato mai capace di distruggerlo e mai
riuscirà a farlo.
E’ come una rosa! I petali rappresentano l’amore.
Tu per raggiungerlo scali lo
stelo pieno di spine. Ogni spina rappresenta lacrime, sofferenze e
dolori. Una
volta raggiunto il traguardo, mille emozioni colorate pervadono il
corpo.
Emozioni indecifrabili, bellissime da provare. E allora ti senti
completamente
in paradiso. >
Si fermò un attimo.
Nel vedere la moglie commuoversi, baciò delicatamente la sua
morbida mano.
< Nonostante tutto questo tempo sei rimasto ancora un vero e
proprio
romanticone! Ti amo! >
Disse la moglie con voce delicata mentre le lacrime appannavano la
vista.
Il marito asciugò il suo candido volto e sorrise.
Rimasero in silenzio per qualche minuto. Solo i loro occhi parlavano,
sussurravano dolci parole.
< Amore, nostra figlia è innamorata! La nostra
piccola bambina è diventata
donna! >
Disse l’uomo con voce quasi malinconica.
La moglie si limitò a sospirare.
< Però soffre! Dobbiamo fare qualcosa per quei due!
Sono troppo orgogliosi!
>
Affermò la donna.
I due si guardarono mentre la loro mente viaggiava in cerca di un
qualcosa, un
qualsiasi cosa pur di fare incontrare quei due innamorati in modo da
porre fine
alla loro sofferenza.
Mentre cercavano delle idee, qualcuno bussò al portone.
La moglie incuriosita, si allontanò dalla cucina e si
diresse verso l’ingresso
ad aprire il portone.
Rimase stupita nel vedere chi fosse, anzi chi fossero. Era senza parole
perché
non si aspettava di vedere proprio quelle tre persone con espressione
che
imploravano aiuto.
< Signora Cuddy, non c’è tempo! Venite con
me, per favore! >
************************************
Il castello era stranamente molto quieto. Regnava un silenzio assoluto,
quasi
dark.
Non c’era anima viva che passeggiava lungo i grandi corridoi.
Sembrava un
castello abbandonato, abitato forse dai fantasmi feroci e vendicativi.
Ed ecco ondeggiare nell’aria rumori di grandi passi veloci e
il silenzio svanì
velocemente.
Camminando frettolosamente, le suole degli stivali si consumarono
sempre più in
fretta ticchettando in passi militari contro la superficie liscia del
pavimento.
Era don Wilson che, preoccupato, si dirigeva verso la camera del cugino.
Dopo quell’ultimo incontro, non lo aveva più
sentito perché era dovuto
ritornare nella propria contea a causa delle emergenze di lavoro. Mai e
poi mai
aveva creduto che il signorotto da vero ficcanaso diventasse un
fantasma
solitario.
Era come se fosse smaterializzato in aria. Non si faceva vedere in
paese, non
stava quasi mai nel castello, spariva la mattina presto e tornava la
sera
tardi. Non capiva cosa stesse combinando di nascosto. La situazione era
davvero
preoccupante.
Quando si trovò di fronte alla camera del cugino, una vocina
femminile attirò
l’attenzione.
< Jimmy, aspettami! >
Era una donna di media corporatura, un bel vestito lungo fino alle
caviglie
tipo quelle delle balie, occhi celesti e un sorriso dolce.
< Buongiorno, signora Cuddy! Qual buon vento? >
Domandò gentilmente.
< Sono corsa subito dopo la visita dei bravotti! Mi sono subito
preoccupata
nel vedere i loro volti angosciati! Ed eccomi qua! >
Jimmy sospirò. Allora la situazione era davvero
più preoccupante di quanto
pensasse.
Con espressione ansiosa, bussò alla porta della camera di
Greg.
Nessuna risposta. Silenzio totale.
I due si guardarono preoccupati e ansiosi.
Presa dalla voglia di porre fine a questa situazione insostenibile, la
signora
entrò di scatto.
La scena che si presentò davanti fece crescere enormemente
la preoccupazione.
Don House con una barba più lunga del solito, vestiti
sporchissimi di polvere e
terreno, stivali pieni di fango ed erbe, mantelli strappati. La camera
era
irrespirabile poiché non aveva subito il riciclo di aria
pulita e fresca.
Greg dormiva profondamente e russava peggio del fischio di un treno.
La donna aprì le tende e una luce accecante andò
a colpire gli occhi
dell’addormentato.
< Hey, svegliati! >
Disse la donna dondolando il corpo dell’addormentato.
Greg, semiaddormentato, si girò a pancia in giù.
Strinse il guanciale e cercò
di prolungare il sonno. La donna continuò a dondolare il suo
corpo finché lui
non decideva di svegliarsi.
Così il povero Greg dovette arrendersi. Si mise a pancia in
su e, a stento,
iniziò a pronunciare qualche sillaba.
< Lasciatemi in pace! >
Furono le uniche tre parole che uscirono da quella bocca.
Si mise in posizione seduta sul letto con gli occhi ancora
semiaddormentati.
Fece un grosso sbadiglio e altre sillabe uscirono dalle sue labbra.
< Voglio il whisky! >
Disse con tono imperativo.
La signora Cuddy, presa dalla rabbia di vederlo in quello stato, gli
diede un
grosso schiaffo.
Jimmy rimase a bocca aperta nel vedere quella scena.
Greg rimase indifferente a quel gesto.
< Wow! Dovete avercela nel sangue schiaffeggiarmi! >
E un altro schiaffo colpì la guancia opposta.
< Razza d’incapace che non sei altro! Se non fai
ciò che ti dico, passerai
enormi guai! >
Disse la donna con tanta foga stringendo fortemente la sua camicia
puzzolente e
fradicia di sudore.
< Prima cosa, la barba ritornerà come prima! Seconda,
una bella lavata nella
tinozza piena di acqua calda! Terza, abiti nuovi! >
Ordinò con tono severo e serio, come un Re che dava ordini
ai propri sudditi.
< Ma... >
Greg non riuscì a dire qualcosa poiché la signora
lo afferrò, con molta forza,
per il braccio alzandolo dal letto.
Gli diede il bastone e fece segno a Jimmy di accompagnarlo nel bagno.
Il povero Wilson oltre a tagliare la barba folta del cugino doveva
sopportare
le sue lamentele mentre la signora Cuddy riempiva la grande tinozza di
acqua
calda.
< E chiudi questa boccaccia! >
Gridò la donna stanca di sentire i suoi continui lamenti.
Don House fece finta di non sentirla e continuò a parlare a
vanvera.
< Ahi! >
Gridò il signorotto nel ricevere un pizzicotto dalla donna.
Jimmy sorrise. Sapeva che Greg odiava essere pizzicato come un bambino,
però
era molto efficace per farlo zittire.
La donna uscì dal bagno lasciandoli soli, poiché
Greg doveva farsi un bel
bagno.
“Certo che è proprio una testa dura quel
Greg!”
Pensò raccogliendo gli indumenti ormai sgualciti e
sparpagliati nella camera da
letto.
Ora doveva solo spingerlo a fare la prima mossa e finalmente porre fine
alla
loro sofferenza che non faceva altro che portare infelicità
nel loro cuore.
Sapeva che sarebbe stata un vera e propria impresa, ma doveva provarci
e
sperare.
Sperare tanto!
************************************
Il sole brillava di una luce color giallo intenso, leggere e
trasparenti
nuvole, spinte da una leggerissima brezza, vagavano per
l’azzurro cielo.
L’atmosfera era di una serenità totale, ma stonava
un po’ con l’umore di una
giovine sdraiata in penombra di una grossa quercia.
Osservava il cielo azzurro e le acque calme del lago di un blu
intensissimo.
Era talmente stanca che quando aveva udito le campane in piazza
annunciare
l’ora di pranzo, ne approfittò per rifugiarsi nel
suo luogo segreto.
Aveva lavorato tanto questa mattina e non era neanche riuscita a fare
un
piccolissima pausa e scambiare quattro chiacchiere con le colleghe.
Ora che era sola in quell’angolo in penombra, si sentiva
beata e rilassata.
Aveva la mente sgombra da qualsiasi pensiero.
Così chiuse gli occhi e si lasciò cullare da
quella quiete che solo quel luogo
sapeva regalarle. Era piacevole sentire il profumo di fiori selvatici,
quella
rara brezza accarezzarle il volto, sentire piccoli rumori che si
potevano
ascoltare ad orecchio attento.
Improvvisamente udì degli strani rumori di passi affaticati
avvicinarsi a lei e
il tepore del sole che riscaldava il suo volto non la scaldava
più.
< Guarda chi si rivede! >
La voce le era alquanto familiare e sperava che si sbagliasse.
Aprì lentamente gli occhi e si stupì nel vedere
che fosse proprio quella
persona che stava cercando di dimenticare senza successo.
Il corpo fu pervaso da un miscuglio di emozioni incontrollabili. I
battiti del
cuore acceleravano come la corsa dei cavalli in gara e il respiro
diventava
sempre più pesante e affannoso.
Era ancora sorpresa di vederlo. Non si sentiva pronta ad affrontarlo,
ma
vedendolo di fronte capì che era giunto il momento di
mettere in chiaro le
cose.
< Greg, che ci fai qui? >
Domandò quasi timorosa.
A Greg non sfuggì l’espressione di sorpresa
dipinta sul volto di lei e, vedendo
che il silenzio era ripiombato addosso tra loro, accorciò la
distanza che li
divideva e si sedette accanto a lei trattenendo il dolore della gamba.
I due si limitarono ad osservare il panorama del lago.
Senza farsi scoprire, Lisa osservava il delicato profilo di lui. Aveva
voglia
di raccontargli tutto, di quanto gli era mancato, di quanto le
dispiaceva
averlo trattato malissimo.
Rimasero ancora avvolti nel silenzio ascoltando i piccoli rumori del
bosco.
Infastidito da quel silenzio, Greg cominciò a proferire
parola.
< Lisa, io... >
S’interruppe un attimo voltandosi verso di lei. Si
stupì nel vedere che lei lo
stava guardando.
< Sembrerà strano quello che sto per dire, ma volevo
scusarmi per quel
nostro ultimo incontro! >
Terminò la frase con un filo di voce.
Lisa era incredula e confusa. Aveva sentito bene? Lui, il signorotto
più
misantropo, scorbutico, irascibile dell’universo, le stava
chiedendo scusa?
Il cuore perse qualche battito nell’udire queste cose che per
lui erano state
già troppo difficili da dire.
< Anch’io ti chiedo scusa. Non dovevo trattarti in
quel modo! >
Riuscì finalmente a parlare la giovine.
Continuarono a perdersi negli occhi, entrambi incapaci di proferire
parola.
Lasciarono che fossero gli occhi a parlare.
Greg si avvicinò ancora di più a Lisa che,
però, per una strana ragione, scattò
in piedi come una molla.
< Si è fatto tardi! Devo tornare a casa! >
Disse rivolgendogli le spalle.
In quel preciso istante, a Greg piombò nella mente un
episodio avuto con la
signora Cuddy.
“< Tu non tornerai in questo castello, fino a
che non avrai messo a nudo
i tuoi sentimenti! >
Nel sentire queste parole, a Greg scappò una risatina sotto
lo sguardo
disperato di Jimmy.
Erano ore che cercavano di spingerlo a fare la prima mossa, ma invano.
< Ok! Non c’è problema! Il figlio della mia
migliore amica, Lucas Douglas,
ha chiesto in sposa Lisa che ha accettato felicemente. >
Disse con molta enfasi rivolgendo le spalle a loro due e dirigendosi
verso
l’uscita del castello.
Greg, nell’udire quella notizia, strinse le mani a pugno fino
a che le nocche
diventarono bianche dalla rabbia.
< Non è possibile! Quel Lucas può avere
tutte le donne che vuole! Tra tutte
proprio Lisa? >
Gridò con tutta la rabbia addosso.
< Perché? Mia figlia non merita lui? Non è
un bella ragazza? >
Risposte la donna trattenendo un sorriso.
Non esisteva nessuna proposta di matrimonio. Ci era davvero cascato
come un
pollo.
In qualche modo le piaceva saperlo geloso di Lisa.
Ancora furioso, Greg si alzò di scatto dal letto, prese il
bastone e zoppicò
fino all’uscita del castello senza neanche
salutarli.”
La giovine se ne stava andando via, ma Greg scattò in piedi
più veloce di un
puma.
L’afferrò per un braccio e
l’attirò a sé.
Lisa di colpo si trovò con il viso appoggiato nel suo petto
e sentiva ogni
singolo battito del suo cuore. Greg la stringeva più forte
fino a farla mancare
il respiro, quasi avesse il timore che lei potesse scappare via e non
tornare
mai più.
< Ho bisogno di te! >
Dichiarò con tono lieve e delicato, quasi come un sussurro.
Lisa rimase sbalordita per quel suo gesto e per le sue parole.
Il suo profumo, i suoi abbracci, il ricordo del suo bacio le sfiorarono
la
mente.
Chiuse gli occhi assaporando quell’abbraccio che tanto le era
mancato.
Allontanò il viso da quel torace e lo alzò per
scrutare i suoi occhi.
< Mi sei mancato! >
Pronunciò con un filo di voce la giovine.
A quel punto Greg appoggiò una mano sulla guancia di lei,
mentre con l’altra
tenne stretta la sua morbida schiena.
Lui abbassò lentamente il viso fino a sfiorare le proprie
labbra sulle sue e la
baciò con una dolcezza infinita.
Lisa gli mise le braccia intorno al collo e si aggrappò a
lui lasciandosi
guidare dalla tempesta di emozioni che invadeva violentemente la sua
anima.
Continuarono a baciarsi stringendosi uno all’altra.
Greg si distaccò leggermente dal quel bacio passionale e la
guardò dritto negli
occhi.
< Voglio farti vedere una cosa! Però devo bendarti!
>
************************************
< Greg, dai! Dimmi di cosa si tratta! >
Chiese curiosa la giovine.
Per tutto il tragitto a cavallo, il cuore non aveva fatto altro che
battere
come un matto, le gambe tremare dalla voglia di scoprire cosa si
nascondesse
dietro questo mistero.
Non sapeva cosa aspettarsi.
Ora che erano arrivati a destinazione, la voglia di scoprire questa
sorpresa,
le cresceva enormemente. Si sentiva come una bambina curiosa.
I due, mano nella mano, salirono lentamente le scale poiché
Greg faceva fatica
a causa della gamba.
Dopo una ventina di gradini, Greg si fermò respirando a
fatica.
Lisa si preoccupò e non fece in tempo a dire qualcosa che
lui la zittì mettendo
l’indice sulla sua bocca.
Lui strinse nuovamente la sua mano e, zoppicando con il bastone, la
condusse
verso il luogo stabilito.
Arrivati a destinazione, Greg aprì la porta e fece entrare
per prima la giovine
senza lasciarle la mano.
Quando furono entrambi dentro la camera, Greg chiuse la porta.
Si avvicinò a Lisa e lentamente levò la benda.
Per assaporare meglio la sorpresa, la giovine aprì
lentamente gli occhi e si
stupì nel vedere ciò che aveva davanti.
Un campo stracolmo di girasoli che circondavano il castello.
Era come vedere un paesaggio di un pittore famoso.
Lisa rimase immobile, paralizzata. Non sapeva cosa dire. Quei girasoli
erano i
suoi preferiti e, dopo tutto questo tempo, non credeva che erano ancora
in
ottima salute. Era passato molto tempo da quando era stata
l’ultima volta in
quel castello abbandonato.
Però non solo il campo di girasoli le aveva tolto le parole
di bocca. Guardandosi
intorno notò che la camera era completamente ristrutturata e
arredata. C’era un
immenso letto in stile antico che dominava la stanza. Ai lati
c’erano due
comodini con al centro due candelabri. Al centro della camera
c’era un tavolino
di ferro con due sedie. Le pareti erano addobbati dai quadri che
rappresentavano bellissimi paesaggi. Quei quadri li aveva subito
riconosciuti
poiché erano quelli che loro due avevano trovato quando
erano bambini.
Le lacrime rigavano delicatamente le guance e non riusciva a
trattenerle.
< Ma... è meraviglioso! Greg, come... >
Fu interrotta dalle parole di lui.
< Un mese a dedicarmi a questo castello che ho comprato...
>
Accorciò la distanza tra loro e afferrò
dolcemente la sua mano.
< ... per te! >
Mormorò lui, allungando la mano libera per asciugare il suo
volto umido.
< Per me? >
Greg si limitò ad annuire.
Lisa, disegnò sul volto un ampio sorriso solare.
Istintivamente, si alzò sulla punta e appoggiò la
bocca sulla sua trasformando
quel tocco in un bacio ardente e desiderato.
Greg fece scivolare il bastone e la strinse fortemente a sé.
Lei gli mise le braccia intorno al collo attirandolo ancora
più vicino.
Lui fece scivolare la mano sulla schiena di lei e la strinse ancora di
più
approfondendo il bacio.
Lentamente quei due si avvicinarono al letto e Lisa si
sdraiò senza mai
staccare le labbra da lui. Greg si limitò ad assecondare
ogni suo singolo
movimento, trovandosi alla fine disteso sopra di lei.
Si baciarono con tanta passione. Finalmente non c’era
più nessun ostacolo.
Potevano amarsi alla luce del sole nel bene e nel male.
Greg d’improvviso si staccò dalle labbra di lei e
appoggiò la propria fronte
sulla sua. Entrambi erano presi dalla passione e respiravano con
affanno.
I due rimasero a perdersi negli occhi per un momento che sembrava
eternità e
infine Greg interruppe il silenzio.
< Non sono mai stato così felice in vita mia! Donna
ammaliatrice! >
Quella frase così semplice, ma detta in suono melodioso fece
impazzire il cuore
di Lisa.
Le pareva di vivere in un bel sogno, in una di quelle favole con un bel
lieto
fine.
Si diede dei pizzicotti e si accorse che era tutto vero.
Greg rimase stupito nel vederla darsi pizzicotti.
< Piccolo idiota! Sono tutta tua! E sappi che tu sei tutto mio!
MIO! >
Greg, per la prima volta in vita sua, sorrise di luce propria.
Regalò un dolcissimo bacio sulle labbra soffici della
giovine che lo accolsero
ricambiando.
Si guardarono ancora per qualche frazione di secondo negli occhi e poi
continuarono a baciarsi.
Silenzio. Solo silenzio in quella stanza. Nessun rumore si permetteva
d’interrompere quell’atmosfera magica.
Entrambi erano impegnati ad aprire le porte del proprio cuore.
Lui, lentamente, le privava dei suoi abiti e lo stesso faceva lei.
Greg l’avvolse nel suo abbraccio e la baciò con
tanta passione.
Ed ecco che i loro corpi cominciarono ad esibirsi nei loro balli.
Lui si muoveva come un felino rimanendo disteso sopra di lei. Il corpo
di Lisa
fu invaso da ondate di calore. Era la prima volta che permetteva a
qualcuno di
esplorare e di varcare la soglia della sua intimità. Dentro
di sé aveva sognato
questo momento con l’uomo che l’avrebbe portato
all’altare e che avrebbe
trascorso la vecchiaia con lei. Adesso era sicurissima che Greg sarebbe
stato
quell’uomo, quel principe che aspettava da tanto tempo.
Ed era molto felice.
Fiumi di emozioni invadevano i loro corpi.
Quando finirono d danzare, si trovarono entrambi stesi su quel morbido
lettone
con di fronte un panorama stupendo di girasoli.
Lisa appoggiò il viso sul petto di lui lasciandosi cullare
dalla dolce melodia
del suo cuore.
Greg, oltre a tenerla stretta contro il petto, giocherellava con i suoi
candidi
capelli ricci.
< Ti amo! >
Sussurrò appena l’uomo dal cuore freddo.
Lisa lo sentì e rimase meravigliata.
Lo guardò nei suoi occhi blu oceano che non
l’avevano mai smessa di osservarla.
< Ti amo anch’io, piccolo idiota! >
Rispose la giovine con gli occhi che brillavano di felicità.
Sfiorò le sue labbra trasformando quel tocco in uno di quei
teneri, ma intensi
bacetti.
I due rimasero abbracciati con i raggi del sole che riscaldavano i loro
corpi e
si persero nel mondo dei sogni.
E da quel momento erano due anime in un solo corpo.
E ben presto una cicogna avrebbe bussato alle loro porte.
************************************
PPTH, in un giorno imprecisato dell’anno 2009.
Tac-tac.
Tac-tac.
Tac-tac
Rumori di tacchi che ondeggiavano nell’aria.
Una donna vestita elegantemente, con espressione furiosa e stanca
poiché aveva
camminato frettolosamente per tutta la clinica in cerca
dell’unico dottore più
sfaticato dell’universo.
Era Lisa Cuddy, amministratrice del Princeton Plainsboro Teaching
Hospital.
Aveva girovagato per tutta la clinica e ora le rimaneva
un’ultima carta da
giocare: il reparto rianimazione.
Quando mise piede in quel reparto tirò un profondo sospiro.
“Appena vedo quell’idiota giuro che gli
farò patire tutte le pene dell’inferno!
“
Pensò andando ad aprire una di quelle porte.
< Wow! Interessante questo libro! Non pensavo che la strega
scrivesse libri
su di me! >
Disse sorseggiando il caffé con la cannuccia.
In quell’istante la porta si aprì e una donna fece
il suo ingresso.
< HOUSE! IMMEDIATAMENTE IN SALA VISITE 1!!! >
La sua voce trapassò il cranio, facendo venire il mal di
testa al paziente in
coma.
Greg rimase indifferente a quelle urla e continuò a
sorseggiare il caffé.
Nel vedere lui con un libro rosa in mano alquanto familiare, un altro
urlo
scappò dalla bocca della direttrice.
< HOUSE!!! QUELLO E’ IL MIO LIBRO!!!! DOVE
L’HAI TROVATO? >
Urlò strappandogli di mano quel libro.
< E’ stata la caccia al tesoro più
emozionante della mia vita! Lo custodivi
bene tra le tue biancherie intime, precisamente sotto il tanga rosso
ricamato
di rose che non hai ancor indossato!!! >
Il viso della donna diventò rosso pomodoro. Come faceva a
sapere che non lo
aveva mai indossato? Possibile che lui sapeva tutto, ma proprio tutto?
Greg sorrise nel vederla arrossire.
Tirò fuori un lecca-lecca alla fragola e la mise in bocca.
< Avrò mai l’onore di vederti con quel
tanga fantasmagorico acchiappa idioti?
>
Disse con un sorrisino stampato sul volto.
< SALA VISITE 1!!!! >
Urlò la povera donna ancora col volto arrossato.
Quanto aveva desiderato togliergli quel ghigno dalla sua faccia.
< Scordalo! >
Mugugnò, come un bambino che si lamentava ad ogni cosa che
la mamma ordinava di
fare.
Si alzò, prese il bastone e si avvicinò al suo
orecchio:
< Vai in fondo pagina! Donna ammaliatrice! >
Zoppicando, uscì da quella camera lasciando Lisa sola con la
rabbia addosso.
Presa dalla curiosità, aprì il libro e
andò a fine pagina.
Lesse una strana dedica:
“Provo per te una poligenetica dilazione
dell’io che si riflette
nell’archetipo prototipo dell’anticonformismo
universale...”
Una lacrima scese lungo il volto.
< Anch’io! Non sai quanto! >
Sussurrò felice la donna asciugando quella piccola lacrima.
THE
END
Angolo
di ladyT:
“Provo
per te una
poligenetica dilazione dell’io che si riflette
nell’archetipo prototipo
dell’anticonformismo universale...”
Questa
citazione l’ho scovata nel mio diario della scuola scritta da
tutti i miei
compagni, quindi non saprei a chi dare il credit, credo che sia meglio
mettere
ANONIMO ^_^
E’
una citazione che in parole semplici vuole semplicemente dire: TI
VOGLIO BENE
oppure TI AMO!!!
Spero
che abbia scelto bene questa frase, a mio parere, adatta perfettamente
per Greg
con i suoi modi di dire complessi e scientifici (simile alle frasi di
uno
scienziato o uno psicologo!!!)
Allora
questo è l’ultimo capitolo de I PROMESSI SPOSI,
spero tanto che vi sia
piaciuto!!
Ultima
cosa prima di salutare: COMMENTATE in tanti, esprimete tutto
ciò che volete
dire, anche cose negative!!!
Allora,
alla prossima fanfiction!!!
Kiss,
Terry
^_^
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