I Promessi Sposi

di ladyT
(/viewuser.php?uid=60734)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono. ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciasettesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciottesimo ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannovesimo ***
Capitolo 20: *** Capitolo Ventesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventumesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve a tutte,
il titolo riporta al famoso e stupendo romanzo di A. Manzoni (che io adoro da morire), ma non vi preoccupate! Solo il titolo è uguale, ma la storia è un pò diversa.
Sarà suddivisa in capitoli che ancora non so quanti saranno e che aggiornerò di seguito.
Commentate in tante!!!

Author: ladyT
Paring: House, Cuddy e altri personaggi.
Typology: Più capitoli
Spoiler: No.
Rating: Giallo
Riassunto: In un paesino circondato di campi e da piccole casette un pò trascurate vivevano due giovani promessi sposi. Dovranno superare molte difficoltà a causa di una nuova presenza che ostacolerà il loro rapporto. Sta a voi vivere questa avventura e...
Title:



a cura di Daymi91

Primo Capitolo



Quel ramo del lago di Michigan, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto chiaro e limpido grazie ai raggi del sole che illuminavano quel bel paesaggio donando pace e serenità. Proprio tra quei monti scorgeva un paesino circondato dai campi e da piccole case non molto curate sparse un po’ dappertutto come una ragnatela. In cima al colle, coperto di nube nerastra, si trovava un castello un po’ diroccato, circondato da una grande cinta muraria tutta in pietra. Beh, lasciamo stare questo castello poiché metteva a tutti terrore e brividi solo vederlo da lontano.
Dunque, in questo paesino, abitato da gente semplice e umile, tutti bravi lavoratori, ahimé, spesso presi di mira dai cattivi, chiamati bravotti che lavoravano sotto il comando del signorotto del castello, vivevano due ragazzi giovani e innamorati.
Lei, molto popolare in paese per la sua bellezza, il sorriso raggiante e la snaturata dolcezza che trasmetteva a tutti, Lisa Cuddy.
Lui, bello e affascinante, conteso da milioni di ragazze, Manuel Tramezzino.
I due si conoscevano dalla nascita. Si volevano un immenso bene come fratello e sorella. A dir la verità lei provava questo sentimento per lui, ma, ahimé, Manuel provava un amore intenso e immenso come un universo di stelle.
E quel giorno, a sorpresa, decise di chiederle la mano.
< Lisa, scendi! >
Gridò la madre al piano inferiore.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e scese le scale.
Vide Manuel, fermo sulla soglia di casa, con espressione ansiosa.
< Manuel, che sorpresa! >
Rispose lei regalandogli un sorriso che lo fece sciogliere come neve al sole.
< Tesoro, che bello rivederti! Mi sei mancata tanto! >
Disse il ragazzo in preda a un mix di emozioni difficili da controllare.
< Ma se ci siamo visti qualche ora fa! >
I due risero e si abbracciarono.
< Ho parlato con vostro padre e mi ha detto che potremo sposarci questa domenica! Cioè fra una settimana. Non è fantastico? >
Iniziò a dire il giovine lasciando la ragazza di stucco. Non se l’aspettava questa sorpresa.
< Ehm... si... certo... è meraviglioso! >
Disse Lisa con un filo di voce e con espressione confusa.
< Stai bene, amore? Ti vedo pallida! >
Domandò il ragazzo tutto preoccupato nel vederla priva di emozioni.
< Certo... solo che... sono rimasta sorpresa. Non me l’aspettavo! Tranquillo è solo l’emozione! >
Lo abbracciò forte, sforzando di sorridere.
< Non credo ancora a questo! Ci sposeremo! Questo è un sogno! Il nostro sogno. >
Urlò di gioia prendendola in braccio e ruotando in senso orario.
Già il LORO sogno!
“ E’ ciò che desidero?”
Questo stava pensando la ragazza tra le sue braccia. Si sentiva improvvisamente prigioniera di lui, era come non fosse felice del matrimonio. Anzi, non era proprio il matrimonio a renderla infelice, ma l’idea di appartenersi per sempre a lui. Gli voleva bene, un bene fraterno, ma non provava per lui un sentimento d’amore. In cuor suo, voleva innamorarsi sul serio, sentire il suono delle campane allegre in testa, i brividi assalire il proprio corpo, il cuore correre come un matto, insomma voleva innamorarsi del ragazzo dei propri sogni.
Fin da piccola lo immaginava come un principe dai modi gentili, sempre dolce, affettuoso, molto in gamba e coraggioso. Poter cavalcare con lui su un bel cavallo bianco sulle rive del lago, danzare sotto le stelle e sentirsi per una notte una principessa. Perdersi nell’incanto della sua voce e dei suoi occhi.
Questo era ciò che desiderava di più.
Con Manuel si sentiva come un oggetto, per di più un trofeo da mostrare con fierezza in paese.
Lei non voleva questo. Desiderava essere amata, desiderata e capita. E, a sua volta, voleva amare, desiderare e capire solo con uno sguardo.
Ma questo non succedeva tra di loro.
< Dai, Manuel, mettimi giù! Mi farai girare la testa! >
Il ragazzo si fermò e le fece mettere i piedi per terra. La sorresse quando si accorse che stava barcollando.
< Tutto bene, Manuel! Allora a domani, sono stanca. >
I due si salutarono. Lisa salì le scale e si avviò verso la propria cameretta.
Il ragazzo rimase a osservarla salire le scale con gli occhi che gli brillavano dalla gioia.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Ecco ragazze il secondo capitolo.
Buona lettura ^_^
Mi raccomando commentate in tante!

SECONDO CAPITOLO




Lisa non stava riposando, ma stava affacciata alla finestra con i gomiti appoggiati sul davanzale e le mani che sorreggevano il viso.
Stava ammirando due passerotti che cinguettavano allegri e che si rincorrevano tra di loro.
Sorrise nel vederli alle prese del corteggiamento e ripensò allo strano incontro avuto la mattina stessa mentre stava ritornando a casa.


Lisa stava sdraiata sul verde prato, sotto l’ombra di un albero, dove era solita fermarsi per stare un po’ da sola e godere in pace e tranquillità quel silenzio che solo lei sapeva decifrare. Le piaceva stare in quel boschetto, sentire il rumore delle acque del lago e i cinguettii dei passerotti che volavano allegri da un albero all’altro. Tutto questo le dava serenità. Quando sentì, da lontano, il suono della campana annunciare il mezzogiorno, si alzò e si avviò verso casa. Per arrivare prima, prese una scorciatoia che solo lei e Manuel ne erano a conoscenza. Mentre stava percorrendo quella via tortuosa e un po’ isolata, scorse da lontano due figure: uno era un uomo di circa venticinque anni, capelli castani, portava un mantello color blu notte ed era in sella su un cavallo marrone; l’altro era un uomo sulla trentina d’anni, capelli castano chiaro, occhi azzurro cielo, portava un mantello nero con una eleganza incredibile e montava un cavallo nero dal pelo lucentissimo. Questi due, nel vedere una fanciulla sola e a piedi, si avvicinarono.
Quello col cavallo marrone le sorrise e le fece un inchino:
< Buongiorno, signorina. >
Disse con tono gentile.
La ragazza non sapeva come comportarsi. In quel preciso momento sentiva la paura assalire il corpo ma si riprese subito e si limitò a fare la riverenza.
Quello con il cavallo nero la stava guardando con dolcezza. Era rimasto ammaliata dalla sua bellezza e dalla sua semplicità. Quando si accorse che il cugino lo stava chiamando, mosse la testa e si avvicinò di più a quella ragazza.
< Qual è il vostro nome? >
Chiese curioso con tono un po’ distaccato.
< Ehm.. Il mio nome è Lisa! >
Rispose chinando il capo. La sua vicinanza le dava un po’ di tremarella.
Nel vederla con la testa abbassata, sorrise e si offrì volontario di darle un passaggio.
< Grazie, signore. Ma preferirei proseguire a piedi. >
< Così mi offendete, signorina! Non mordo mica! >
Disse l’uomo, con il cavallo nero, con espressione di finta offesa.
Alla fine la ragazza accettò il suo invito.
Lui le porse la mano, Lisa l’afferrò e salì in groppa.
Per tutto il tragitto non proferirono parola. Lui la teneva stretta tra le proprie braccia con le mani impegnate a tenere salde le redini e lei era fortemente tenuta contro il suo petto.
Entrambi sentirono il proprio corpo invaso dai brividi e da forti e intense emozioni mai provate prima.
Dopo una ventina di minuti arrivarono a destinazione. La ragazza scese da cavallo e lo ringraziò per il passaggio. Per un istante i loro occhi s’incrociarono e si persero guardandosi.
Quando la ragazza sentì, da lontano, pronunciare il proprio nome, si svegliò alla realtà.
Fece la riverenza, li salutò e si congedò da loro.
Raggiunse la casa e vide la madre con le braccia incrociate che la stava aspettando all’uscio del cancello.
< Lisa! Ti ho vista con quello! >
Rimproverò la madre.
< Madre, mi ha solo dato un passaggio! Vi vedo preoccupata, perché? >
Lisa non comprendeva l’atteggiamento della madre.
La madre l’aveva sempre vista in compagnia degli altri che le avevano offerto semplicemente un passaggio e non aveva mai ricevuto un rimprovero da lei.
La donna non sapeva se dirle la verità su quel giovanotto. Alla fine decise di dirla.
< Lisa, cara. Scusami per il mio atteggiamento. Ero preoccupata per te! Quell’uomo è il signorotto del paese! >
La ragazza rimase di stucco. Non credeva alle proprie orecchie.
< E’ Greg House? Il signorotto del castello sul colle? >
La madre fece cenno positivo.


< Lisa, scendi! Vieni ad aiutarmi! >
Gridò la madre dal piano inferiore.
Nel sentire la sua voce, Lisa ritornò alla realtà e chiuse la finestra.
Fece un sospiro e raggiunse la madre.


Allora vi è piaciuta?

Angolo di LadyT:

@ Miky91= Grazie per i tuoi me ravigliosi complimenti *__________*. Wow già odi Tramezzino? XDDDD Non gli hai dato neanche l'opportunità di conoscervi XDDDD!!! Kissoni ^_-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo terzo. ***


Ecco a voi il terzo capitolo.
Spero che sia di vostro gradimento e, mi raccomando commentate numerosi!!!

Accetto sia critiche negative  che positive, please!!!
Buona lettura ^_^

CAPITOLO TERZO.


Il sole stava sparendo dietro a quei monti cedendo volentieri il posto alla propria amata: la Luna.
I
l rosso del tramonto si faceva sempre più scuro colorando il cielo di un blu intenso e profondo accompagnato da piccole luci gialle, rosse, blu e bianche: le stelle.
I campi erano vuoti, segno che la gente si era ritirata a casa per cenare e riposare.
Mentre tutti erano persi nel mondo dei sogni, dall’altra parte della città, in cima al colle coperto di nubi nerastre, proprio in quel castello, precisamente in una grandissima sala un po’ tetra, una persona non riusciva a dormire.
Il signorotto era confuso, si sentiva spiazzato e privo di difese. L’incontro con quella fanciulla gli aveva improvvisamente cambiato l’umore, il suo modo di essere e di fare. Tutto questo, per lui, era molto strano. Incontrare quella giovine gli aveva inebriato i sensi e tutto ciò non gli era mai successo con le donne che frequentava ogni notte.
Don Greg sorrise pensando a lei e rimase seduto di fronte al pianoforte con le dita impegnate a premere i tasti bianchi e neri.
I suoi occhi, la sua bocca, il suo corpo così pericolosamente vicino al proprio lo aveva fatto letteralmente impazzire. Gli piaceva tutto di lei e ancora non comprendeva il perché quella semplice fanciulla lo attraeva.
Le ragazze con cui solitamente usciva erano molto “disponibili” e privi di emozioni.
In questo senso, Lisa era una sfida, lo costringeva a mettersi in gioco e se voleva averla, sapeva che avrebbe dovuto giocare la propria dignità e il proprio titolo. E questo per lui era un mondo del tutto nuovo. Non sapeva se valeva rischiare tutto per lei o mettersi i paraocchi e andare avanti come se nulla di tutto questo fosse davvero mai successo.
< Tonf >
Il rumore di qualcosa caduto per terra lo fece distrarre e allontanare le mani dal pianoforte.
Si girò di scatto e vide un’ombra venire verso di lui.
< Scusa, si è rotto il vaso! Non lo avevo visto! >
Era il cugino, Don Jimmy Wilson, che era rimasto in silenzio, seduto in un angolo, ad ascoltare la musica. Lo faceva sempre, poiché ascoltare la musica gli dava un senso di tranquillità.
< Ah sei tu! Devi dirmi qualcosa? >
Domandò con tono serio, riprendendo a suonare.
< Ehm, mia moglie domani cucinerà la quaglia alla messicana con patate. Vuoi mangiare con noi? >
Già, Jimmy era sposato, per più di tre volte rimanendo, purtroppo, vedovo, con una bellissima ragazza dai capelli biondi lucenti e con un carattere forte: Amber Volakis.
Era molto innamorato di lei ed era disposto a fare qualsiasi cosa per renderla la donna più felice dell’universo.
< Verrò! Ci sarà mai un giorno che dalla tua bocca non uscirà quel nome da cinque lettere che al solo sentirlo mette i brividi? >
Sbruffò il signorotto. Era molto stanco di sentire il cugino parlare della moglie. Era tutto il giorno che parlava di lei.
Jimmy scosse la testa e col fare di resa cominciò a cambiare argomento:
< Non cambierai mai, eh? Mi domando sempre se ci sarà mai un giorno che tu metterai la testa a posto e che una certa fanciulla scioglierà il tuo freddo cuore di ghiaccio! >
Disse sottolineando la parola “certa fanciulla”.
L’eco delle note si spense di colpo e Don House si girò di scatto indirizzando gli occhi verso quelli del cugino. Gli diede un’occhiataccia. Aveva cercato in tutti i modi di non pensare a Lisa ma invano e ora ci metteva anche il cugino.
< Per l’ennesima volta, io non mi sposerò mai! Mai e poi mai!!! Neanche morto! >
Esclamò con le sopracciglia abbassate e le mani strette a pugno.
< Tu mi ci vedi ad essere fedele ad una donna per tutta la vita? >
< Assolutamente no! Ovvio! Non riesco ad immaginarti a coccolare una donna, a viziarla, a riempirle di parole dolci e romantiche! No, no e poi no! >
Rispose accarezzando, con il pollice e l’indice della mano, il mento e assumendo un’espressione pensosa.
< Bene! Visto che siamo in argomento, sai qualcosa di questa fanciulla incontrata stamattina? >
Domandò con tono distaccato e con finto disinteresse.
< Beh, è la figlia dei Cuddy. Gente onesta, leale, religiosa, senza mai un debito. Coltivano grandi appezzamenti di terreno nella tua proprietà. >
Si fermò un attimo per prendere fiato e poi continuò il discorso però questa volta con tono di rimprovero:
< Senti Greg, lei viene da una buona famiglia. Lasciala in pace, altrimenti finirai per distruggere sia lei e la famiglia. >
In fondo Jimmy aveva un cuore enorme.
Con questo discorso sperava tanto che il cugino prendesse a cuore questo consiglio.
< Ti ricordo che ho la maggiore età e sono capace di intendere e di volere! Le decisioni, che riguardano me, le prendo io e le gestisco come voglio! >
Il cugino vedendolo quasi alterato e infastidito, fece segno di resa e si allontanò da lui dirigendosi verso la propria dimora dove lo attendeva la moglie.
Don House, per tutta la notte, non fece altro che muovere le dita sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Continuava a pensare a quella ragazza che l’aveva ammaliato. Desiderava tanto sentire ancora il contatto del suo corpo nel proprio e di stringerla a sé. Si stupiva che quella fanciulla era riuscita, in qualche modo, ad occupare una parte dei suoi pensieri. Quella ragazza era un mistero e per questo si sentiva ancora affascinato da lei.
Non gli importava quello che gli aveva consigliato il cugino.
Lui era Don Greg House!
Se voleva qualcosa, l’avrebbe ottenuta nel bene e nel male.
Siccome la ragazza era sempre nei suoi pensieri, decise così di averla. Avrebbe fatto qualsiasi cosa!
Però non poteva fare tutto da solo.
Così decise di ingaggiare i suoi fidati bravotti...

 

To be continuend…

 

 

Secondo voi  le scene House/Wilson sono IC?

Su non mancate di criticare, come ho detto mi fa molto piacere sapere le vostre opinioni ^_^ 

 

 

L’angolo di Terry:

 

@ ChrisP: XDDDDD . Mi fa piacere che ti piaccia questa fanfiction. Alla prossima!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Scusate il ritardo!!!
Premetto che questo capitolo è solo di transizione e spero che vi piaccia almeno un pochino.

CAPITOLO QUARTO



Era una tiepida giornata di sole, i suoi raggi riscaldavano le persone intenti a lavorare nei campi e illuminavano il bel paesaggio rendendolo affascinante agli occhi di tutti.
La giornata trascorreva tranquillamente. Lisa stava passeggiando lungo le vie del paesino con un’espressione confusa e triste. Il pensiero che fra sei giorni sarebbe diventata moglie di Manuel, la rattristava. Non capiva il perché eppure con lui era a proprio agio, condivideva i segreti e sogni, si sentiva protetta. Però gli voleva semplicemente bene come un fratello e non si sentiva pronta a regalargli la propria anima.
< Signorina Lisa! >
Qualcuno stava correndo cercando di attirare la sua attenzione.
Lisa si fermò un attimo e sorrise nel vedere due signore che correvano.
Le donne presero fiato e, senza perdere tempo, cominciarono a proferire parola:
< Lisa devi correre in clinica perché tua madre ha avuto un malore! >
La giovine rimase scioccata a quella terribile notizia e si mise a correre a tutto gas verso la clinica.
Arrivò all’ospedale, chiese informazioni ad un’infermiera e si diresse verso la stanza dov’era ricoverata la madre. Si fermò di fronte alla stanza e vide il padre seduto su una sedia con la schiena piegata in avanti e le mani che tenevano la testa.
< Padre! Padre, cosa è successo? >
Domandò preoccupata la figlia.
Nel vederla, si alzò e l’abbracciò forte.
I due si staccarono e si sedettero. Il padre si fece coraggio e le raccontò l’accaduto.
< Stamattina tua madre ed io abbiamo lavorato nei campi. Tutto era tranquillo e sereno. Improvvisamente tua madre si ferma e si appoggia su una di quelle staccionate e con una mano comincia a premere il cuore. Mi accorgo subito che qualcosa la turba. Il suo viso diventò pallido, il respiro sempre più affannoso e i battiti del cuore accelerarono sempre di più. Mi avvicino a lei e non faccio in tempo ad afferrarla per il braccio che lei cade svenuta terreno.
Di corsa, i miei amici ed io l’abbiamo portata in clinica. Il medico ha detto che le sue condizioni sono gravi, poiché ha avuto un attacco cardiaco e che ora è in prognosi riservata. >
Il volto della giovine fu segnato dalle lacrime e abbracciò il padre.
I due si staccarono, il padre le diede un bacetto sulla fronte e con coraggio si avviò verso il lavoro.
La giornata diventò molto lunga per Lisa che non sapeva cosa fare. Aveva una gran voglia di piangere, piangere e piangere.
Ogni tanto entrava nella stanza dove c’era la madre distesa sul letto e si metteva a raccontarle qualcosa. Era senza forze, senza difese e si sentiva svenire. Voleva fare qualcosa di utile per riavere la madre con sé. Si alzò con fatica, uscì da quella camera e si avviò verso una chiesetta nella clinica.
Entrò, fece il segno della croce e si mise a sedere su una di quelle panchine di legno. Cominciò a pregare sperando che la Divina Provvidenza prendesse a cuore il desiderio di far guarire la madre.
In quell’istante entrò una donna con un vestito nero e un copricapo. Aveva un viso molto giovanile, qualche ciocca di capelli fuori posto e gli occhi grandi color blu.
La monaca si sedette vicino alla ragazza. I due si guardarono in silenzio e Lisa non riuscì a trattenere le lacrime e si mise a piangere. La monaca la strinse a sé e la consolò.
< Su, andrà tutto bene! Il Signore è con noi e farà tutto il possibile per esaudire il vostro desiderio! >
La ragazza asciugò il volto e, a stento, tirò un sorriso.
< Grazie. Avevo bisogno di sfogarmi e neanche vi conosco! Perdonatemi! >
Disse con voce flebile.
La suora sorrise e si presentò:
< Sono Suor Allison Cameron e mi occupo della clinica! Non preoccuparti, è più facile sfogarsi con gli estranei. >
Le accarezzò la mano facendole capire di non essere sola.
< Lei è molto gentile! Mi chiamo Lisa Cuddy e sono qui perché mia madre ha avuto un infarto e adesso è in rianimazione. Ho così tanta paura di perderla! >
Suor Cameron voleva allontanare i pensieri tristi che incombevano la sua testa e decise di distrarla un po’.
< Venite con me! Vi voglio far vedere la mia clinica. >
I due si alzarono, fecero il segno della croce e uscirono da quel posto. Girarono per tutta la clinica e si fermarono al Pronto Soccorso.
C’era un gran brusio in quel reparto. Medici che andavano avanti e indietro, infermieri che seguivano i medici portando le medicine, paramedici che conducevano i feriti alle loro rispettive camere.
Nel vedere un uomo, su una sessantina d’anni, ferito ad una gamba e che attendeva un medico per la medicazione, Lisa si avvicinò a lui e si fece guidare dall’istinto di curare la sua ferita.
Vide che nella ferita c’era un vetro e cercò di toglierlo delicatamente. Prese una pinza, della garza e del tessuto per fasciare le ferite. Estrasse il vetro e tamponò la ferita per fermare la fuoriuscita del sangue. Bagnò la garza con un disinfettante e lo mise sulla ferita accarezzandola delicatamente. Finito tutto, fasciò la ferita e sorrise al paziente.
La suora aveva assistito a quella scena e capì che la ragazza aveva un gran dono. Si avvicinò a lei e, contemporaneamente, arrivò il medico di turno.
< Ma cosa avete fatto? Credevate di essere un vero medico? >
La ragazza abbassò gli occhi per la vergogna, mentre il medico controllava quella ferita.
< Ma... ma... ma è incredibile! Avete fatto un ottimo lavoro, signorina. Vogliate scusarmi per essere stato brusco. Se lei è d’accordo, vorrei proporle di lavorare con noi! Che ne pensa? >
La ragazza rimase stupita a quella proposta. Non se l’aspettava. D’altronde non era un medico!
< Lei è molto gentile, signore! Ho imparato qualcosa sul mestiere di medico tramite i libri! >
Non fece in tempo a completare ciò che voleva dire che il medico cominciò a proferire parola:
< Non è un problema! Imparerà da noi. Allora a domani! >
Il medico salutò le donne e si avviò verso il prossimo ferito.
Lisa rimase senza parole. Aveva voglia di urlare al mondo dalla felicità di aver trovato il lavoro dei propri sogni: essere un medico!
< Avete visto che siete stata bravissima? Complimenti! Diventerete un eccellente medico! >
Lisa arrossì per i complimenti che la monaca le faceva.
Era incredibile ciò che stava provando in quel momento. Gioia, felicità ed emozioni invadevano il suo corpo. D’altronde aveva trovato, oltre il lavoro, anche un’amica. Le piaceva parlare con la monaca. Le dava sicurezza, la faceva sentire a proprio agio, d’altronde era una brava donna, s’interessava della salute dei pazienti, si preoccupava e cercava di tirare il morale a loro. Era una forza della natura, però c’era qualcosa nei suoi occhi così vuoti, tristi e malinconici.
Non voleva impicciarsi della sua vita, non adesso. Non voleva rovinare l’amicizia che si era creata tra loro. Le due si fermarono di fronte alla stanza della madre di Lisa e si salutarono.
< Mi raccomando, siate forte e pensate sempre positivo! >
Disse con tono dolce e affettuoso. Le due si abbracciarono e si divisero ognuno per la propria strada.


 

 

Commentate in tanti e ditemi se continuare o no...

 

L’angolo di ladyT:

@ ChrisP: XDDD La mia intenzione era quella di far apparire i personaggi IC perché mi piacciono più così, sennò non sembrano loro e inoltre cambiare solo il contesto e il luogo storico ^_- . Riguardo ai matrimoni, a quell’epoca non c’erano i divorzi, quindi ho voluto fare in modo che Wilson rimanesse vedovo! (I’m sorry, Jimmy). Riguardo ad House, lo so che dovevo scrivere “pagava le donne” invece di uscire, ho solo voluto addolcire la parola, ma in fondo tutti sappiamo che lui le paga!!! Grazie a te che continui a seguire questa fanfiction, alla prossima!!! ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Quinto. ***


Eccomi, sono tornata!
Scusatemi del ritardo.
Ecco a voi il quinto capitolo, forse sarà un pò noioso e nero, ma giudicate voi!!!
Mi raccomando recensite in tante!!!

Voglio anche commenti negativi così potrò migliorare in qualcosa!!!



CAPITOLO QUINTO



< NON LASCIARMI!!! NOOOOOOOOO!!!! >
Don House stava salendo le migliaia gradini con passi molto veloci per raggiungere quella fanciulla. Continuava a correre, a correre e più correva più la loro distanza triplicava.
Poi ad un tratto il signorotto, a furia di correre, inciampò su uno dei gradini. Non riusciva più ad alzarsi e con le ginocchia a terra, la schiena dritta, le mani che cercavano di afferrare quella fanciulla, continuò a gridare:
< NOOOOOOO!!!! TI PREGO, RESTA CON ME!!!!! I NEED YOU!!! >
Quella figura si smaterializzò lentamente e sparì in un buio pesto e cupo.
< NOOOOOOOOOO!!!! >


< Ah! >
Esclamò don House svegliandosi di scatto.
Il suo respiro era affannoso, il cuore batteva all’impazzata ed era tutto sudato.
Si guardò in giro con aria guardinga... era la sua stanza. Aveva fatto un incubo!
Si alzò dal letto e si avviò verso il salotto, aprì la credenza e ne estrasse una bottiglia di whisky. Se ne versò un po’ in un bicchiere di vetro e bevve avidamente.
Appoggiò il bicchiere su quel tavolo lungo, e si avvicinò alla finestra. La aprì e appoggiò entrambe le braccia sul davanzale.
Davanti a sé vedeva le mura che accerchiava il castello impedendogli qualsiasi visuale, ma questo, per lui, non era un ostacolo, infatti, il suo sguardo si perdeva lontano in interminati spazi.
In quel castello regnava un silenzio assoluto quasi dark, tutto sembrava essere avvolto in un sonno perpetuo, la notte era lunga, scura e tetra. Si udiva il sibilo molto forte del vento e il frusciare delle foglie. Si udivano anche dei lupi che ululavano ad una luna nascosta, a metà, dietro alle enormi nuvole quasi nerastre, gufi che bubbolavano sugli alberi, pipistrelli intenti a cercare il cibo battendo le loro grandi ali. Era davvero una notte molto tetra.
Il signorotto non riusciva a riprendere sonno. La sua mente era ancora agitata da tanti pensieri che lo rendevano nervoso. Non gli era mai piaciuto confrontarsi con qualche cosa che gli risultava essere sconosciuto e indecifrabile.
Quella fanciulla lo aveva colpito, ammaliato, per di più stregato e lo metteva in situazioni che non riusciva a venirne fuori.
Stava ancora meditando su tutte queste cose, rapito in uno stato di trans quasi contemplativo, quando notò qualcosa di strano. Si sporse in avanti per vedere meglio e si accorse che sotto c’era qualcuno, ma non riusciva a distinguerlo bene a causa della scarsa luce; distingueva solo una grossa sagoma scura che camminava a passi lenti. Senza pensarci due volte, si precipitò fuori dal salotto e si avviò verso l’uscita del castello per andare incontro a quella grossa sagoma.
Fece un respiro di sollievo nel vedere chi era in realtà quella sagoma.
Erano i suoi fidati bravotti.
< Allora, avete notizie? >
Chiese il signorotto con espressione seria e assumendo un tono severo.
Si fece avanti uno di loro. Era un uomo con una carnagione scura, capelli neri e cortissimi, occhi nocciola, il suo nome era Eric Foreman. Dal suo modo di camminare, di parlare e di pensare tutti lo scambiavano per il signorotto.
< Le notizie che siamo riusciti a prendere non sembrano granché! E’ molto conosciuta in paese per la sua infinità dolcezza, per la sua voce angelica, per i suoi occhi raggianti, per il suo sorriso smagliante. Allora ho pensato che una fanciulla così doveva per forza essere di un altro e... >
Si fermò un attimo poiché il signorotto che gli stava di fronte, emise uno sbadiglio molto grosso facendogli pure sentire l’alito.
Quando finì di sbadigliare, don House iniziò a dire:
< Avanti! Tu sei me! Cosa avrei fatto? >
Foreman si sentì avvampare dalla rabbia ma si dovette contenere e continuò il discorso:
< E ho chiesto in giro il suo... come si suol dire... ragazzo! Ho scoperto... >
Non completò la frase che gli altri due tossivano.
Foreman li guardò e roteò gli occhi per aria.
< E va bene! Abbiamo scoperto che il giorno di festa entrerà in chiesa con il nome Cuddy e uscirà con un altro nome... >
Non fece in tempo a dire quel nome che lo urlarono tutti e tre in coro:
< TRAMEZZINO! >
Don House stava giocherellando con la spada battendosi con l’aria e quando sentì quel nome pronunciato in coro si sentì sprofondare. Gli sembrò di stare in mezzo all’oceano che senza forze si lasciava trascinare sempre più a fondo nell’abisso più nero e tetro. Era come se il mondo gli fosse piombato addosso e si sentiva amareggiato, tradito, sconfitto e arrabbiato. Non era possibile che lei sarebbe diventata la donna di un altro. Non poteva sopportarlo. Era più forte di lui, doveva fare qualsiasi cosa per impedire questa unione. Qualsiasi cosa.
Mentre il signorotto era indaffarato nei suoi pensieri, i tre bravotti parlavano tra di loro. D’un tratto uno di loro si fermò e puntò lo sguardo verso il padrone.
< Ehm, mio signore! >
Fece l’indiano soprannominato dal capo “Colui-che-si-entusiasma-per-niente”. Ma vedendo che non riusciva ad attirare la sua attenzione, si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio:
< Avrei un’idea! Potete sempre sfidarlo a duello! Entusiasmante! >
Don House gli indirizzò un’occhiataccia e lui arretrò i passi velocemente dalla paura di essere incenerito o fatto a pezzi dalla spada.
< IDIOTI!!!! >
I tre bravotti rimasero fermi come una statua e con la fifa che attraversava le loro vene.
< P... p... p... osso? >
Balbettò un uomo più basso di quei tre con il dito alzato in modo da avere il consenso di poter proferire parola.
Il signorotto sbruffò e con tono secco gli disse:
< Hai altre idee migliori di “colui-che-si-entusiasma-per-niente” ? Oppure hai altre notizie, Taub? >
Con la fifa addosso e il sudore nella fronte, si fece coraggio e cominciò a dire:
< Mio signore, l’altra notizia è che stamattina la madre si è sentita male mentre stava lavorando nelle vostre terre. >
Si fermò facendo un sorriso sforzato.
< E sai quanto mi frega! >
Rispose ancora con la rabbia addosso.
< IDEA! >
Don House, Taub e Foreman puntarono gli occhi verso Kutner.
L’indiano si senti troppo osservato e con la tremarella addosso cominciò a formulare la sua idea:
< Ehm, mio signore la madre è in ospedale quindi la figlia sarà sempre con lei. Potete almeno andarla a farle una visita e conquistarla, sempre se vi riuscite! >
Il signorotto, nell’udire le ultime parole, si avvicinò, col volto rabbioso, verso lui.
L’indiano, nel vederlo che si avvicinava con quell’espressione, puntò lo sguardo verso terra.
< Hai ancora coraggio di affermare l’ultima frase? >
Domandò con tono secco e arrabbiato.
< N... n... no, mio signore!!! >
Il signorotto lo guardò ancora con gli occhi pieni di fiamme e, pensando a quella sua idea si calmò.
< Devo dire che certe volte hai delle idee... Ora ragazzi vado a nanna! Continuate a fare la ronda in paese! >
Disse voltando le spalle a loro e dirigendosi verso l’entrata del castello.
< Questo matrimonio non s’ha da fare!!! >

 

 

 

L’angolo di ladyT:

@ Miky91: Agli ordini, continuerò!!! Grazie mille per incoraggiarmi ^_-

 

@ ChrisP: E continuo sia!!! ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Eccomi di ritorno!!!
Questo capitolo che sto per postare non so perché non mi dà molte soddisfazioni.
Comunque sono pronta a ricevere critiche di vario genere e mi raccomando recensite!!! 


CAPITOLO SESTO



Era una tranquilla giornata di maggio.
Il paesino sembrava addormentato in una luce tenue che lo faceva apparire ancora più bello con le sue vecchie casette, il castello, la chiesa e i giardini fioriti.
Nei giardini, i piccioni giocavano con gli schizzi dell’acqua intorno a quella fontana che zampillava senza sosta.
Dall’alto della chiesa i rintocchi delle ore del campanone si diffondevano nell’aria, arrivando persino nelle pianure, ricca di campi di grano, di ruscelli, di alberi e di persone intenti a lavorare.
Alle undici del mattino il paesino viveva forse la sua ora migliore, la più serena.
Nel castello, precisamente nel salone, un individuo con mantello nero, stava suonando allegramente.
< Buongiorno, Greg! Qualche lieta notizia hai da darmi? Ti vedo stranamente allegro oggi! >
Esclamò il cugino avvicinandosi a don House e notando qualcosa di strano in lui.
< No, niente di particolare, Jimmy >
Mentì Greg.
Già niente di particolare! Dopo l’incontro con i bravotti nella notte precedente, aveva passato tutta la nottata a pensare a quelle idee strambe di “colui-che-si-entusiasma-per-niente”.
Tutto quel pensare a lei, vederla nella sua mente, nel mondo dei sogni, vederla ovunque andasse, lo faceva agitare.
Non ricordava da quanto tempo non pensava a qualcosa di diverso che non riguardasse lei.
E non era neanche sicuro di voler pensare a qualcos’altro che non fosse lei!
Eppure quella giovine non rispecchiava neanche il tipo di donna che lui voleva.
Forse erano stati i suoi occhi così profondi e intensi, la sua voce così tenera e melodica, la sua incantevole bellezza a fargli crescere il desiderio di averla per sé.
Dentro di lui navigavano sentimenti contrastanti.
Desiderio, confusione e insicurezza.
Desiderio perché la voleva a tutti i costi.
Confusione, per il fatto di non sapere cosa gli stesse accadendo. Infatti non riusciva a darsi una spiegazione su come una donna, incontrata una sola volta, potesse farlo sentire così confuso.
Insicurezza, per la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Sentiva che il matrimonio non era la cosa giusta per lei. Oppure era lui che non sopportava l’idea che lei sarebbe diventata di un altro.
< No, no, no! Non te la caverai con questa risposta! Comunque ti volevo informare che io e Amber abbiamo deciso di fare pic-nic vicino al lago e poi di visitare i paesini che circondano la tua contea, visto che questa è una delle pochissime volte che vengo a trovarti. >
< Non per colpa mia! >
Replicò don House indirizzando i suoi begli occhioni verso quelli del cugino.
< Non credo alle mie orecchie per quello che sto per dire: hai ragione! >
Sospirò don Wilson. Il signorotto non risparmiò di regalargli un sorriso da finto tonto.
< Però lo sai che non posso allontanarmi molto spesso dalla mia contea. Ho del lavoro da fare, IO! >
Disse sottolineando l’ultima parola.
< Anche questa è colpa tua! >
Scherzò don House.
< Sai, dovresti rilassarti, qualche volta. Goderti la vita! Invece di dare brutte notizie a quelle persone che vengono a sapere che hanno pochi mesi di vita. Bah, poi non capisco una cosa! Ti ringraziano appena vengono a sapere di avere un tumore! Mah, certa gente è proprio strana! >
Jimmy, nell’ascoltare queste parole si diede dei pizzicotti. Non credeva alle proprie orecchie che lui, dal carattere impossibile, gli aveva consigliato di godersi la vita.
“Qui c’è profumo di agrumi e cocco!”
Pensò malizioso don Wilson girandogli le spalle e andando a sedersi al solito angolino dove era solito ascoltare in silenzio la musica di pianoforte.

******************



Giù dal colle, precisamente in clinica, tra le file di persone intenti ad aspettare il proprio turno, infermieri che andavano avanti e indietro, medici che visitavano i propri pazienti, chirurgi intenti ad operare, c’era Lisa che seguiva attentamente il medico, Jhonn Carter, che l’aveva assunta come tirocinante. Era il suo primo giorno di lavoro e ne era onorata. Finalmente si sentiva libera e indipendente. D’altronde lavorando là poteva seguire la madre che era ancore in coma. Era felice, ma molto stanca. Aveva passato tutta la notte a vegliare la propria madre leggendole il suo libro preferito: Vita Nova di Dante Alighieri.
< Ecco fatto. Adesso prenda queste medicine una volta al giorno e in una settimana guarirà del tutto. >
Disse il medico appena finito di fasciare la ferita al paziente.
< Grazie, dottore! >
Rispose con sollievo il paziente.
Lisa lo accompagnò fino all’uscita dello studio.
< Allora, le piace il lavoro? >
Chiese il medico con tono pacato e dolce alla giovine dopo aver chiuso la porta dello studio.
< Molto, signore! Grazie ancora per avermi dato l’opportunità di poter imparare il mestiere del medico. E’ il mio sogno fin da piccola. >
Rispose la giovine con un tono dolce e sognante.
Il medico sorrise. Entrambi continuarono a ricevere le persone che aspettavano il proprio turno e a visitarle.

******************



< Divertitevi e non tornate molto presto! >
Disse Greg con un’allegria indescrivibile in faccia verso la coppia che stava scendendo le scale per raggiungere la carrozza.
< Ti prenderemo in parola! >
Scherzò Jimmy.
Amber, la sua graziosa consorte, si limitò a sorridergli.
< Hey, Amber! >
Gridò molto forte don House per attirare l’attenzione della donna su di lui.
Amber stava per entrare nella carrozza quando sentì pronunciare, anzi gridare il proprio nome.
Sbruffò e si girò, fingendo di sorridere, verso quella lontana figura sulla cima della scala.
< Ricordi il nostro patto? Oggi tu con Jimmy, domani lui con me! >
La donna gli diede un’occhiataccia e con segno di resa gli fece cenno positivo muovendo la testa.
Don House si mise a ridere a crepapelle per la vittoria ottenuta stamattina all’alba.
Povero Jimmy! Era conteso tra quei due, gli sembrava di essere il figlio di due genitori separati e che avevano avuto la custodia congiunta.
Questo era uno degli altri motivi per cui andava a trovare raramente il cugino. Ogni donna che aveva amato a Greg non stava bene e finiva sempre con litigare con loro su qualsiasi scemenza.
La carrozza finalmente partì.
Don House doveva approfittare della loro assenza e diede ordine al servo di sellare il proprio cavallo dal pelo nero lucente.

Sarebbe andato in paese... e non sarebbe tornato molto presto!

 

TO BE CONTINUED...

 

 

 

L’angolo di ladyT:

 

@ Miky91: Già sono tremenda con i nomi!!! XDDDD Mi fa piacere che ti piace molto questa fanfiction ^_^ Grazie mille di seguirmi, kissoni Terry!!!

 

@ lady_bella: Grazie mille per i complimenti *me con le gote rosse* Già, poverino Manuel!! Che colpa ne ha!!! Vedremo come la mia testa vuole far progredire la storia... XDDDD Ce la metterò tutta! Kiss, Terry ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Ecco di nuovo in meno di due giorni
Ecco in breve il seguito!!!
Spero che vi piaccia...
Buona lettura e nutritemi con i vostri commenti di qualsiasi genere!!! ^_^


CAPITOLO SETTIMO


Don House entrò in clinica con la speranza di vedere l’oggetto del proprio desiderio.
C’era una tale confusione: paramedici che portavano le persone ferite, medici che gli andavano incontro per capire il quadro della situazione dei feriti per poi condurli alle sale operatorie o alle rispettive stanze.
Pianti di bambini, grida di dolore dei feriti, brusii di persone che attendevano spazientiti il proprio turno di visita da chissà quanto tempo.
Infermieri che uscivano dalle camere dei medicinali ed entravano in sala operatoria.
Sembrava di vedere il finimondo.
Il signorotto rimase sbalordito nel vedere questo viavai che non ne voleva sapere di smettere.
Credeva che sarebbe stato facile trovarla, ma si dovette ricredere.
Fece un respiro di sollievo e s’intrufolò fra quella marea di gente sperando di trovarla.
Girò in lungo e in largo, ma ancora nessuna traccia di lei.
Allora decise di uscire da quella mischia. Salì le scale e si diresse verso il bar.
Si sedette vicino a un tavolo e ordinò da bere.
“Accidenti che confusione! Chissà dove sarà?”
< Don House! Che sorpresa! Cosa fate qui? >
Chiese una voce squillante alle sue spalle.
Il signorotto si girò e si trovò di fronte a una figura femminile con il copricapo nero.
< Suor Cameron! >
Disse senza enfasi. Non era lei ciò che voleva vedere. Il suo obiettivo era un’altra che probabilmente era da qualche parte.
Gli sembrava di essere un ragazzino ossessionato per una ragazza vista una sola volta. E questo non gli piaceva.
Cameron si sedette vicino a lui guardandolo con malizia, ma lui non le rivolse neanche una briciola di attenzione. Non era mai successo.
< Don House? >
Cercò di attirare la sua attenzione.
< Si? >
Le rispose senza guardarla e fissando quel viavai di gente che camminava lungo i corridoi.
< Che vi succede? Vi vedo un po’ strano, oggi! >
Chiese spazientita. Non sopportava che lui non la degnasse di uno sguardo.
< Cosa stavi blaterando? >
Finalmente sembrò che lui ritornasse nel mondo reale.
< Vi ho chiesto cosa vi prende, oggi! >
Disse poggiando la propria mano sulla sua.
Sentendosi infastidito, il signorotto si distaccò bruscamente da quel contatto.
Distolse lo sguardo da lei e lo indirizzò verso una figura così familiare che stava uscendo dal bagno.
Sorrise nel scoprire che era proprio lei. Senza degnare di uno sguardo alla monaca, si alzò dirigendosi verso quella folla dove aveva intravisto lei.

*********************



Lisa era sfinita, non aveva più le forze.
Come primo giorno non si aspettava troppo lavoro. Non aveva neanche avuto il tempo di andare a fare una visita alla madre.
Appena uscì dal bagno cominciò a sentirsi molto debole, non riusciva neanche a camminare e il respiro iniziò a mancarle.
In quel momento perse conoscenza e, mentre stava per cadere fu sorretta in tempo da due solide braccia di un uomo.
La giovine s’inoltrò nell’oscurità più profonda dove neanche una calda voce vagamente familiare era riuscita a farla tornare in sé.
< Lisa! Lisa! >
Quella voce continuava a chiamarla. Lei voleva svegliarsi completamente, vedere i suoi occhi e capire chi era quella misteriosa persona che solo la voce la faceva sentire protetta e a proprio agio.
Abituandosi lentamente a quella luce così forte, riuscì ad aprire gli occhi. E li vide.
Vide degli occhi così profondi, sensuali e bellissimi, color azzurro come il suo lago preferito.
Ancora un po’ stordita, si guardò intorno. Non riusciva a riconoscere il luogo in cui si trovava, ma poi capì di essere in una di quelle stanze della clinica.
Vide un giovine uomo in fondo alla stanza intento a strizzare un pezzo di stoffa in una piccola tinozza piena d’acqua.
Notò anche che la porta era chiusa e che dalla finestra si poteva scorgere un bellissimo sole.
Quando l’uomo si girò, Lisa lo riconobbe.
Si fece prendere dal panico poiché la madre le aveva raccomandato di stargli alla larga.
Si alzò di scatto dal letto, decisa a scappare via, ma un forte capogiro improvviso le fece perdere l’equilibrio.

*********************



Nel frattempo, don House si era diretto in un angolo della stanza per prendere un pezzo di stoffa imbevuta di acqua da appoggiare sulla fronte della ragazza che stava sul letto semisvenuta.
Quando però si girò verso quella giovine, la vide alzarsi di scatto, ma poi qualcosa nella sua espressione gli fece capire che non ce l’avrebbe fatta. Con scatto felino riuscì ad afferrarla prima che lei potesse cadere a terra.
< Cosa pensavi di fare? >
Le chiese dopo averla stesa sul letto.
Lisa era terrorizzata, non sapeva quali erano le sue intenzioni.
< Ma tu stai tremando! Aspetta che ti prendo una coperta. >
< No! La ringrazio, signore, ma non ho bisogno della coperta! >
Disse la giovine afferrando il braccio di lui per non farlo alzare.
A quel contatto il signorotto sorrise. Non era infastidito anzi gli faceva piacere.
Inoltre non ricordava che la sua voce fosse così incantevole, profonda e melodiosa!
Non aveva mai pensato che tenere una donna tra le proprie braccia lo avrebbe fatto sentire tra le nuvole e questo lo spaventava molto.
Prima, quando l’aveva tenuta tra le proprie braccia, non aveva intenzione di lasciarla andare.
Aveva provato, per quella giovine, un senso di protezione che andava molto al di là del semplice desiderarla.

*********************



Era ormai un’ora che guardava dormire quel piccolo raggio di sole. Guardava il suo petto che si abbassava, le sue gote quasi imporporate, le sue labbra curvate in un sorriso appena accennato.
Cosa gli aveva fatto quella graziosa ragazza?
Come riusciva a farlo essere così diverso da quello ce era sempre stato?
Continuando a fissarla, immerso nei pensieri, si accorse che quel piccolo angelo si stava svegliando.
Lisa, per la seconda volta si svegliò vedendo due profondi occhi azzurri che, a loro volta, la stavano guardando.
Questa volta però non si sentiva terrorizzata, anzi si sentiva a proprio agio.
Nonostante le raccomandazioni della madre, si sentiva al sicuro con quell’uomo che adesso era seduto a fianco e di fronte a lei.
Tutto questo era sbagliato.
Sentirsi protetta da un uomo che avrebbe dovuto farle più paura.
Ma non riusciva a distogliere i propri occhi grigi da quelli azzurri di lui.
Improvvisamente il signorotto sembrò tornare nel mondo reale.
< Perché mi stai fissando? >
Chiese con tono beffardo.
In realtà sapeva benissimo che era lui a fissarla, ma non poteva ammetterlo, anzi non voleva.
< Cosa dite? Siete voi che mi state fissando! >
Lisa non sapeva da dove veniva fuori tutta questa sua sfrontataggine.
Il signorotto sorrise nel vedere la sua espressione imbronciata.
< Hey, Lisetta! >
Una voce maschile molto preoccupata s’intromise tra loro.
< Stai bene, tesoro? Ho appena saputo cosa ti è successo e sono corso da te! >
Un ragazzo dai capelli biondi entrò avvicinandosi alla propria amata.
< Oh, Manu! Sto bene, è tutto a posto. >
Ecco che l’incanto di quel momento era stato spezzato!
Greg si alzò bruscamente dal letto e sentendosi come un fantasma, visto che loro stavano parlando come se lui non ci fosse, si diresse verso l’uscita della camera.
Si fermò un attimo all’uscio della porta e si girò a guardare quella coppietta.
Nel vedere che Manuel accarezzava il volto di Lisa, le mani gli si strinsero a pugno fino a che le nocche non diventavano bianche. Solo a vederla parlare e sorridere con Manuel lo infastidiva. Tentò con tutte le forze di contenere le proprie emozioni che provava in quel momento. Distolse lo sguardo per qualche secondo da quel dolce volto di lei che anche di notte lo vedeva nel buio della camera.
Doveva assolutamente riacquistare e prendere il controllo di sé, il controllo delle sue emozioni.
Era troppo complicato, ma doveva assolutamente farlo.
Sospirò e volse le spalle a quella coppia. Con passo deciso, si avviò verso l’uscita della clinica.
Sorrise.
“Vedremo Tramezzino! Presto lei sarà mia!”

 

 

 

TO BE CONTINUED...

 

 

L’angolo di ladyT:

 

@ Miss_Sunshine: Grazie per i tuoi meravigliosi commenti!!! Spero che questo sia di tuo gradimento e alla prossima!!!Kiss, Terry ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Eccomi qua con il nuovo capitolo.
Vi avverto che questa scena ha il rating giallo!!!
Spero che vi piaccia e alla prossima settimana ^_^

CAPITOLO OTTAVO




Luna piena in alto nell’immenso cielo scuro privo di nuvole grigie e illuminato da tantissime e coloratissime stelle.
Tutto era tranquillo, il paesino sembrava dormire beatamente come un bebè che, dopo tanti capricci e pianti, si lasciava trasportare nel mondo dei sogni.
Le stradine che collegavano il paesino con le altre contee intorno erano vuote e prive di anima viva.
Nel bosco si poteva udire delle vocine melodiche e dolci simile a un’orchestra formata dal pianoforte, violino e arpa. Sembrava che cantasse una ninna nanna. Il lago era tranquillo e si lasciava cullare da quella dolce melodia.
Tutti erano nel mondo dei sogni, ma non proprio tutti!
Si sentivano delle voci di due persone chiuse in una stanza buia, precisamente nel luogo sacro della clinica.
Tutte era buio, solo delle candele illuminavano in modo flebile quella stanza.
< Devi credermi che quell’uomo non ti merita affatto! Però in un modo o nell’altro mi sento in dovere di ringraziarlo perché mi ha lasciato porta aperta. >
Disse l’uomo avvicinandosi a quella figura femminile.
Cominciò ad accarezzarle la guancia con la leggerezza di una piuma.
La donna rimase immobile, priva di respiro, con il petto dolorante a causa dei battiti accelerati del cuore mentre sentiva nel proprio corpo dei brividi di caldo.
< Voglio dimostrarti quanto ti apprezzo! Al contrario di lui! >
Continuò a parlare quell’uomo.
La sua voce sensuale faceva fremere di passione e quello che le stava dicendo la faceva sentire al settimo cielo.
Rimasero in silenzio lasciando che i loro occhi parlassero. Le loro distanze cominciarono ad accorciarsi sempre di più finché i loro nasi cominciarono a sfiorarsi. Lentamente le palpebre chiusero le tende lasciando gli occhi al buio e le loro labbra iniziarono a toccarsi fuggevolmente.
All’inizio con tanta delicatezza poiché lui voleva che lei si rilassasse e si sentisse a proprio agio.
La donna capì le intenzioni di lui. Gli mise le braccia intorno al collo invitandolo ad approfondire il bacio.
< Ehm... >
Si distaccò lentamente da quel bacio e appoggiò la propria fronte alla sua cercando di attirare la sua attenzione. Entrambi erano presi dalla passione e respiravano con affanno.
< Dimmi... >
Rispose lei, sollevando la testa in modo che lui vedesse il desiderio che brillava nei propri occhi.
< Mi stai concedendo l’onore di far scendere la zip del tuo abito dietro la schiena? >
La donna sorrise di luce propria.
Dopo aver fatto scendere la zip, appoggiò le mani dietro la schiena e delicatamente fece scivolare quell’abito molto lungo.
Lei si lasciò trasportare dalla meravigliosa sensazione delle mani di lui che le accarezzava la schiena ormai priva di abito e della vestaglietta.
Per alcuni momenti lei non fece nulla, voleva godersi quell’intimità e il piacere che lui sembrava trarne.
L’uomo si fermò un attimo e la guardò sorridendo.
< Tocca a te l’onore di togliere i miei vestiti! >
Disse accarezzandole la guancia.
< Voglio sentire le tue delicate mani su di me. >
La giovine desiderava ardentemente toccarlo.
Senza pensarci due volte, cominciò a togliere il suo mantello marrone scuro e aprì la fila di bottoni della sua camicia nera desiderosa di denudare il suo petto, le spalle, le braccia, di guardarlo e di sentire il calore del suo corpo vicino al proprio.
Il cuore cominciò a battere all’impazzata, il respiro accelerò sempre di più quando le mani iniziarono a toccare i suoi muscoli e il suo petto coperto di piccoli peli biondi.
< Togliti il copricapo da monaca! >
Le disse continuando a baciarla ardentemente.
La donna tolse anche il copricapo e i capelli cominciarono a sciogliersi da quell’acconciatura strana.
< Adoro tutto di te! >
Sussurrò dolcemente e avidamente.
< I tuoi morbidi capelli... >
Disse infilando le proprie dite tra quelle ciocche di capelli.
< ... la tua pelle delicata come la seta... >
Allontanò le labbra da quelle di lei tracciando una linea immaginaria dalla guancia all’orecchio facendole provare mille brividi di piacere.
< ... tutto di te è bello! >
Esclamò facendo un profondo respiro di soddisfazione.
I due sorrisero. La donna lo avvolse nel suo abbraccio e lo baciò con tanta passione.
Lui, senza sforzo, la sollevò da terra e la fece sdraiare sul tappeto rosso che dalla porta d’entrata arrivava fino alla base del tavolo dove il prete era solito dire la messa.
Finì di spogliarla. Osservò con intenso apprezzamento il suo esile corpo nudo e poi si liberò di quello che rimaneva dei propri vestiti.
In quell’attimo il proprio essere gentiluomo svanì cedendo il posto a un guerriero primitivo e possente.
Si mise sopra il suo esile corpo e rimase sospeso su di lei, stringendo le sue mani e appoggiandosi alle braccia e alle ginocchia.
Avvicinò la propria bocca su quella di lei baciandola focosamente.
La donna si sentì tremare, era la prima volta in vita sua.
Si sentì sciogliere al contatto del suo corpo con il proprio senza provare alcun desiderio di combatterlo anzi le piaceva lasciarsi fondere con lui, perdersi in lui.
Peccato che l’aprire di una porta e il penetrare di una luce abbagliante interruppe quel momento.
I due si staccarono velocemente coprendosi con gli abiti senza aver il tempo di vestirsi.
Tra quella luce abbagliante apparve una figura femminile.
< Lisa?!? >
Escalmò la donna sorpresa di vederla e di essere scoperta.
< Suor Cameron?!? >
Esclamò la giovine spalancando gli occhi nel vedere la monaca nuda con quell’uomo anch’esso nudo...


TO BE CONTINUED...

A voi il verdetto...

 

 

 

L’angolo di ladyT:

 

@ Miss_Sunshine: Hello! Mi fa piacere che ti è piaciuto i capitolo precedente ^_^ Ehm, la verità che Manuel è un personaggio di mia fantasia, spero che ti ho tolto il dubbio... Spero che ti piaccia e grazie di seguirmi in questa follia Huddy! Forever!!! ^_- Kiss, Terry.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo Nono. ***


Hola à todos!!! ^_^

Eccomi con un’altra avventura! Chi sarà il misterioso uomo della notte? Sta a voi scoprirlo!

Mi raccomando, recensite!!! Vi supplico!!! Voglio sapere le vostre opinioni e specialmente anche le critiche costruttive!!

Pronte?

1

2

3

GO!

 

CAPITOLO NONO


Il lungo viale dei giardini era colmo di persone che passeggiavano allegramente in compagnia dei propri cari.
Il tempo era strepitoso. Il sole illuminava le belle rose selvatiche e le tantissime varietà di fiori con una luce non molto violenta.
Non c’era traccia di una nuvola in cielo. Un piccolo venticello allegro accarezzava le foglie dei cespugli e degli alberi.
Nugoli di farfalle variopinte volavano spensieratamente di qua e di là e, di tanto in tanto, si posavano confondendosi con quei fiori coloratissimi.
Una fila di rose rosse s’accendeva tra il verde monotono dei cespugli.
E quel silenzio piombava tra le ombre degli alberi e tutto era tranquillo e spensierato in quell’angolo dov’era seduta quella giovine Lisa.
Sembrava che stesse godendo quella pace ascoltando i piccolissimi rumori però piacevoli che si potevano udire ad orecchio attento. Un’espressione triste e confusa sul volto iniziò a farsi notare.
Non riusciva ad eliminare dalla testa ciò che aveva assistito ieri notte. Era troppo irreale per essere vero.
Aprì gli occhi lentamente poiché non riusciva a rilassarsi. Nell’aprirli vide un’esile figura femminile da lontano. Non riusciva a cogliere quell’immagine poiché era circondata da quella forte luce solare.
Quando questa figura si avvicinò sempre di più, l’immagine si fece più chiara.
La giovine spalancò gli occhi nel riconoscerla.
< Suor Cameron?!? >
Esclamò con tono distaccato e freddo.
La monaca, con espressione dispiaciuta, si sedette vicino a lei.
< Lisa, mi spiace per ieri notte! So che non dovevo! >
Disse con voce umile e dispiaciuta.
Appoggiò le proprie mani su quelle della giovine e le accarezzò.
Infastidita e disgustata, la ragazza si distaccò da quel contatto e puntò gli occhi diritti a quell’orizzonte ove si poteva vedere delle catene di montagne e dei fiumi che scendevano a valle.
Un venticello sfiorò, quasi come una carezza, il suo candido viso facendo ballare qualche ciocca dei suoi morbidi capelli.
< Ti prego, Lisa! Parlatemi! Dite qualsiasi cosa, ma non restate muta! Per favore!!! >
Supplicò la monaca infastidita da quel silenzio che si era fatto pesante.
La giovine roteò gli occhi per aria e si lasciò andare allo sfogo:
< Questo non dovevate farlo! Non provate vergogna? >
Espressione schifata e aspre parole uscivano dalla sua bocca.
La monaca sospirò profondamente. Se l’aspettava questo rimprovero, dopotutto aveva commesso un terribile peccato mortale.
< Avete ragione! Non dovevo farlo! Ma chi siete voi per giudicarmi? Non conoscete la mia storia, quella vera! >
Il suo tono si fece severo, ma alla giovine non le interessava.
< Ah, davvero? Perché non la raccontate? >
Rispose con tono ancora più grave, quasi urlando.
La suora rimase sbalordita. Non aveva mai visto una persona rivolgerle in quel modo. Inoltre era stupita nel vedere i suoi occhi. Erano molto arrabbiati, delusi e amareggiati. Non riusciva neanche a penetrare dentro quegli occhi grigi birichini, come una bambina, per scorgere quei pensieri innocenti di ragazza. C’era un qualcosa , una specie di scudo, che rifiutava ogni suo contatto visivo.
In quel momento si sentì fragile, indifesa e sola.
Sospirò profondamente e, con coraggio, aprì quel baule segreto che aveva nascosto e mai aperto in fondo al cuore.
< Il mio vero nome è Mary Sally Allison Vartan, figlia del conte francese Vartan e della contessa inglese Cameron.
Fin dalla nascita giocavo con le bambole vestite da monaca e le mie letture erano tutte di genere religioso. A sei anni entrai in un monastero dove ricevetti un’educazione religiosa. Quando poi diventai più grandicella mi ribellai al volere dei miei genitori poiché non volevo diventare monaca.
Così decisi di ritornare dalla mia famiglia. Però mio padre non mi degnava di uno sguardo, neanche una parola per me, era come se fossi diventata un fantasma in quella famiglia.
Così, disperata, scrissi una lettera a mio padre con su scritto che avrei espresso il suo desiderio.
Da quel momento tutti mi coccolavano, viziavano e mi davano attenzione.
A quel punto, controvoglia, ritornai al monastero e, dopo aver superato una prova psicologica dal padre guardiano, diventai suora per sempre. In quel momento Mary Sally Allison Vartan svanì e decisi di farmi chiamare Suor Allison Cameron come il nome di mia nonna e il cognome di mia madre.
Non sapete cosa ho provato nel corso di tutti questi anni. Odio per la mia famiglia, invidia per gli innamorati e insoddisfazione per la mia vita! Poi col passare del tempo, un incontro segnò la mia vita: conobbi nel luogo sacro della clinica un uomo. Stava lì inginocchiato con la fronte appoggiata allo schienale di una di quelle panchine e piangeva. Così mi avvicinai per consolarlo. >
Si fermò un momento per prendere respiro.
< Non sapete quanto avrei desiderato essere te, il matrimonio, i figli, la vecchiaia con il proprio amato! Se potessi tornare indietro, sarei scappata dalla mia famiglia! >
Esclamò con voce labile e flebile. Non riuscì a trattenere le lacrime e pianse a dirotto.
Era la prima volta, dopo tanto tempo, che aveva affrontato quell’argomento e non credeva che le avrebbe fatto davvero molto male.
Lisa, distolse lo sguardo dai quei meravigliosi fiori e da quel piacevole panorama e lo indirizzò al viso di lei ormai fradicio di lacrime.
Lentamente sollevò entrambi le braccia e rimase per una frazione di secondo imbambolata. In quella frazione di secondo era indecisa se ascoltare il diavoletto che le sussurrava di non farlo o l’angioletto che le consigliava il contrario.
Ma poi il suo istinto prevalse sulla ragione e l’abbracciò affettuosamente.
< Perdonatemi se vi ho giudicata! Non sapevo di questa tua storia. Ho sempre creduto che diventare monaca fosse la scelta volontaria e non la scelta obbligatoria. Mi dispiace tanto! >
I due rimasero abbracciate come sorelle.
Suor Cameron continuava a versare piogge di lacrime e la dolce Lisa la consolava.
< So che quello che hai visto non dovevo farlo! Ma lui mi attrae! >
Cominciò a proferire parola ispirando, di volta in volta, le lacrime che volevano uscire tramite il naso.
Lisa si distaccò dall’abbraccio di lei e tirò fuori dalla tasca della gonna lunga un fazzoletto di lino bianco con gli angoli decorati di fiorellini e lo porse alla monaca.
Allison prese dolcemente quel fazzoletto e la ringraziò.
< Ogni volta che lo vedo sento nella mia testa il rimbombo di campane a festa, un dolore acuto al petto a causa di battiti acellerati del cuore e poi sento che l’aria comincia a mancarmi... >
Non riuscì a completare ciò che voleva dire poiché la giovine cominciò a dirle qualcosa.
< Ssshhhh, non mi dovete spiegare nulla! Certo che quando vi ho vista nuda con lui! Proprio lui!! >
Esclamò Lisa guardandola un po’ storta.
< Lo conoscete? >
Domandò, curiosa e sorpresa, la monaca.
< Certo che lo conosco e, purtroppo molto bene! Quell’uomo che avete passato una notte proibita è Robert Chase, cugino di primo grado del mio promesso sposo! >
La monaca rimase sbalordita. Non credeva alle orecchie che Robert era il cugino di Manuel!
Incredibile per quanto grande poteva sembrare il mondo invece era molto piccolo.
< Però non è persona molto fidabile... >
Concluse la giovine.

*********



Dall’altra parte, in una locanda stracolma di persone che bevevano, mangiavano e ridevano, c’era un gruppo di uomini che parlavano in modo furtivo e sospettoso.
< Ragazzi, questo è il malloppo che vi darò appena avete svolto il compito da me assegnatovi! Altra cosa, fate in modo da sembrare che Lisa Cuddy si sia suicidata e acqua in bocca! >
Un uomo dai capelli biondi, mantello marrone e scarpe nuove di zecca, stava dando ordini ai suoi dipendenti.
< D’accordo don Chase! Faremo ciò che lei ha detto. >
Rispose un giovine dai capelli neri, occhi nocciola e vestito da semplice contadinotto.
Don Chase sorrise malignamente e con passo da militare si avviò verso l’uscita della locanda.
< Wow, con quei soldi potremo vivere bene! >
Esclamò un altro giovine dai capelli rossi, occhi verde smeraldo e circondati da lentiggini.
< Ssssshhhh, ha raccomandato massimo riserbo, idiota! >
Disse l’uomo dai capelli neri dandogli uno scappellotto in testa.
Vero che nella locanda c’era un brusio di voci accavallate e non si poteva udire bene quello che loro dicevano, però non si accorsero che proprio dietro le loro spalle c’erano due persone che avevano udito tutto dalla A alla Z.
Uno di loro, dalla rabbia e preoccupazione, si alzò di scatto.
< Che fai, Greg? >
Domandò perplesso il cugino alzandosi a sua volta.
< Devo andare al lavoro! E’ urgente! Pedala! >
Ordinò con tono serio e spazientito.
I due pagarono le loro ordinazioni e si diressero verso il loro castello.
Chissà cosa aveva da sbrigare così urgentemente, lui che odiava lavorare...




Verdetto?

*me che apre l'ombrello in attesa di ricevere qualsiasi ortaggio lanciato da voi*

 

 

L’angolo di ladyT:

 

@ Miss_Sunshine: Davvero? *_______________* Grazie!!! Spero che questo chap in qualche modo ti è piaciuta... Alla prossima avventura. Kiss, Terry ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


Hola à todos!!!
Ecco in arrivo un nuovo capitolo più lungo del solito.
Spero che sia di vostro gradimento.
Mi raccomando fatemi sapere ciò che ne pensate !!!!





CAPITOLO DECIMO




< Tesoro, sai che ti desidero tanto, vero? >
Sorrise l’uomo dai capelli biondi completamente nudo.
Massaggiava, con le mani, la schiena della sua amante proibita.
Entrambi erano completamente nudi, lei che era di spalle a lui e si godeva quel massaggio così provocante.
Avevano passato un’altra notte proibita al solito posto.
La donna si girò e gli diede delle occhiate maliziose partendo dal basso e lentamente salendo verso l’alto fino a scrutare quei meravigliosi occhi blu cielo.
Nel vedere il suo sorriso così luminoso, le venne l’impulso di baciarlo.
I due si fecero prendere dall’avida passione di fondersi in una sola anima. Lei sopra di lui e viceversa. Si lasciarono cullare in quella armoniosa danza a luci rosse.
Ad un tratto, lui si mise sopra di lei e, con le mani che stringevano le sue, si distaccò da quel bacio e si perse nei suoi profondi occhi di bambina.
I due si guardarono con il respiro accelerato e il cuore che batteva all’impazzata.
Lei, siccome era vincolata nel movimento poiché lui stava sopra di lei e teneva ferme le mani, alzò solo la testa avvicinandosi alle sue invitanti labbra e le sfiorò invitandolo ad approfondire il bacio.
Lui rimase impassibile al suo invito.
La donna capì che probabilmente lui doveva chiederle qualcosa.
Lo intuiva sempre ogni volta che lui assumeva un atteggiamento poco interessato a ciò che lei voleva fare.
Probabilmente era qualcosa di brutto. Le era successo anche in passato quando cinque anni fa le aveva chiesto di fare qualcosa di veramente grosso: essere la sua complice nell’uccisione di don Jack!
Don Jack era il suo primo amore durato un’anno! Accadde che, una notte stellata, lui, che era solito viaggiare per affari, tornò dal viaggio in anticipo e, desideroso di vedere la sua amante segreta, andò nel convento di lei. Nell’aprire la porta della camera trovò una terribile sorpresa: Allison nuda sopra il corpo nudo di don Chase! Quest’ultimo, per paura che lui andasse a spettegolare in giro e rovinasse la reputazione, organizzò un piano per ucciderlo facendosi aiutare da Allison.
Così in una notte buia e tempestosa, lo uccisero e lo seppellirono sottoterra in un bosco molto lontano da quel paesino. Dopo qualche anno scoprirono il corpo, ormai consumato, e non riuscirono a trovare il colpevole, così rimase un caso irrisolto.
Lei si portò sempre quel rammarico e non riusciva a perdonarsi!
< Ok! Vedo che hai voglia di parlare! Dimmi cosa si tratta! >
Don Chase sorrise di luce propria.
Dio, quanto la faceva impazzire quella donna!
Fu tentato di darle un altro appassionato bacio, ma lei si distaccò dalle sue labbra, curiosa e impaziente di sapere ciò che lui aveva da dirle.
< Allora, è semplice! Ciò che voglio dirti è di essere mia complice e di aiutarmi a trascinare fuori dalla clinica Lisa facendole prendere la strada di casa e al resto ci penseranno i miei schiavotti! >
Disse distaccandosi dal contatto con il suo esile corpo ancora caldo e andando a prendere i vestiti.
A quella proposta, Allison rimase scioccata!
Poteva aspettarsi di tutto, ma questa proprio non se la aspettava!
L’idea di non veder quella leggiadra giovine girovagare per tutta la clinica, di non poter più parlare con lei, la spaventava di brutto.
Ucciderla solo per quell’imprevvisto accaduto la scorsa notte era insensato.
Cercò in tutti i modi di fargli cambiare idea, ma nel sentire che diceva che avrebbe troncato questo rapporto per sempre, controvoglia, dovette tacere e diventare, per l’ennesima volta, complice di lui per un altro delitto.
I due finirono di vestirsi e uscirono dalla chiesetta della clinica senza neanche degnarsi di uno sguardo in modo da far sembrare agli occhi dei passanti due perfetti sconosciuti.

“ Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore fecemi le divina protestate
la somma sapienza e il primo amore
dinanzi a me non fuor cose create se non etterne
e io etterno duro
lasciate ogni speranza voi ch’entrate...”


Si fermò un attimo per prendere respiro. Massaggiò gli occhi che le bruciavano tanto. Erano tre notti che non riusciva a dormire. Dalla mattina fino alla sera si dedicava alla clinica e di notte badava a sua madre che giaceva ancora addormentata sul letto.
In quel momento la porta si aprì lentamente.
< Posso parlarvi, Lisa? >
La giovine allontanò quelle dita che stavano massaggiando gli occhi e aprì le palpebre. Inizialmente vedeva una figura sbiadita, ma poi quell’immagine cominciò ad essere sempre più chiara e limpida come l’acqua.
< Ah, siete voi, suor Cameron! >
La monaca, con la mano, le fece il segno di venire fuori in modo da non recare disturbo, seppur in coma, la madre delle giovine.
Lisa si alzò, posò il libro della “Divina Commedia” sul comodino. Si avvicinò a sua madre curvandosi un po’. Le strinse la mano, ancora tiepida, e le diede un bacino sulla fronte.
Le due donne uscirono dalla stanza e si sedettero su una di quelle panchine di legno che si trovavano lungo i corridoi.
Cominciarono a parlare un po’ di tutto.
Lisa parlava del lavoro, di come ne era felicissima, dei pazienti che aveva curato, delle simpatiche infermiere che sapevano tutto di tutti e ne spettegolavano tra di loro, dei meravigliosi chirurgi dalle mani fermi e da un’incredibile capacità di risolvere gli imprevisti che potevano succedere alla sala operatoria. I suoi occhi brillavano ogni volta che parlava di questo argomento.
Improvvisamente smisero di brillare e Allison, preoccupata, la spronò a parlare di ciò che la preoccupava di più.
< Sono tre notti che non esco da questa clinica! Dopo pranzo sono riuscita finalmente a trovare un po’ di tempo per andare a casa! Non sai che sollievo tornare in quella casa! Mi sono fatta un bel bagno nella tinozza, ho lavato i miei capelli, ho cambiato i vestiti. Però dovevate vedere in che condizioni era quella casa! Sembrava disabitata da chissà quanti millenni! Con il lavoro che occupa me e papà, quella casa rischia di essere abbandonata! Come vorrei avere un po’ di tempo per accudirla e rimetterla a nuovo! E dormire nel mio bel lettone! >
Sospirò profondamente. Dio quanto le mancava quella casa!
Chiuse le palpebre e avvicinò le dita a loro massaggiandole.
La monaca, nel vederla molto stanca e assonnata, fu assalita dai dubbi. Sembrava molto confusa sul da farsi. Da un lato c’era il diavoletto che la spingeva a farlo, dall’altro l’angioletto che le consigliava il contrario.
Dopo tanto pensare, decise di seguire il cuore.
< Lisa, siete così stanca! Perché non andate a casa a riposarvi? Informerò il dottor Carter che non ci sarai domani e baderò io a vostra madre! >
Disse accarezzando la sua schiena dolorante.
Lisa rimase sbalordita da quella richiesta. Non se l’aspettava!
Era indecisa se approfittare di quella richiesta che tanto la attirava o di rifiutarla.
Dopo essersi soffermata a pensare quella richiesta, decise di accettarla.
Le due donne si alzarono e si abbracciarono.
< Grazie mille, suor Cameron! Tornerò verso sera a vedere mia madre, dopo il turno di mio padre!
Mi raccomando, ogni tanto state vicino a mia madre leggendola, a voce alta, quel libro che sta sul comodino. >
Suor Cameron rimase stupita che la giovine aveva accettato senza esitare e molto dispiaciuta al pensiero che lei sarebbe rimasta impigliata nella ragnatela del proprio amante.
Entrando nella camera della madre di Lisa, la prima cosa che fece fu quella di correre verso la finestra.
Quando vide Lisa uscire dalla clinica e attraversare quel meraviglioso giardino illuminato da piccole lucciole, le venne l’impulso di avvertile del pericolo.
Aprì la finestra e gridò.
< Lisa! Lisa! >
La giovine, sentendo gridare il proprio nome, si girò e vide Allison affacciata alla finestra.
La monaca stava per avvertirle del pericolo che sarebbe andata incontro, ma si bloccò.
Era come se non riuscisse a sconfiggere quel diavolo dentro di sé.
< Volevo solo raccomandarvi prudenza! >
La salutò e si congedò andandosi a sedere vicino al letto di quella donna che giaceva addormentata e cominciò a leggerle quel libro.
Lisa, dopo averla salutata, si avviò verso casa.
Era tutto estremamente buio, la strada sembrava non finire mai.
La giovine camminava adagia adagia tra quei folti alberi neri che parevano dei troll dagli occhi infuocati e dai denti aguzzi. Aveva tanta paura. Era la prima volta che camminava sola per quella stradina e, per giunta, a notte fonda.
Finalmente sentì da lontano un rumore a lei molto familiare e che le era mancata molto: il lago.
Sembrava cantare una ninna nanna in modo da rilassarsi e non pensare a quelle strane sagome che solo di notte si facevano vive.
Lisa, a quel suono, si rilassò e, nel vedere una carrozza ferma in quella stradina, fece un respiro di sollievo. Riprese tranquillamente il cammino e, man mano che si avvicinava a quella carrozza, vide un uomo sdraiato a terra, sofferente.
< Vi serve aiuto, signore? >
Domandò avvicinandosi a quell’uomo che sorreggeva il compagno sofferente.
Al buio, la giovine faceva fatica a vedere i loro volti.
< E’ solo mal di stomaco! Deve aver mangiato roba avariata che lui ordina per curiosità di assaggiarli! Comunque grazie, signorina! D’altronde ci avete semplificato il lavoro! Grazie! >
La giovine si stupì dell’ultima frase, ma non fece in tempo a scappare che l’altro compagno, il più alto tra di loro, l’afferrò, d’improvviso, per la vita.
Sentendosi vincolata nel movimento, la giovine lanciò un urlo.
L’uomo, che la teneva stretta, la sollevò da terra però non riuscì a metterla nella carrozza poiché la giovine non faceva altro che muovere la testa in entrambi le direzioni e giocherellava con le gambe colpendo le proprie ginocchia.
L’altro compagno, quello che fingeva di star male, afferrò le gambe di lei e legò, con la corda, le caviglie.
< Cosa fai? Il capo ci ucciderà se la consegniamo legata come un agnello! >
Quando quello finì di legare sia le caviglie che i polsi, lo aiutò a farla mettere nella carrozza.
< Se non la legavamo, quella era capace di farci fuori in un secondo e di fuggire, e allora si che il capo ci avrebbe ucciso! >
Rispose regalandogli un sorriso soddisfatto di se stesso.
L’altro compagno, il più basso, sorrise pensando a quelle strane idee che solo a lui venivano.
Si congedò da loro due e si mise al posto del guidatore.
I due, che erano dentro, cercavano in tutti i modi di tranquillizzare la giovine che non faceva altro che gridare.
< Su, calmatevi! Non vogliamo farvi del male! >
La ragazza lanciò un altro urlo, però questa volta ancora più acuto di prima.
D’improvviso Lisa smise di urlare poiché uno di loro le tappò la bocca con il fazzoletto.
< Ah, finalmente! Poveri i miei timpani! >
Esclamò quello più alto.
I due chiusero lo sportello e ordinarono al guidatore di partire.
Il guidatore frustò leggermente i quattro cavalli e la carrozza partì.
Durante il tragitto, Lisa attraversava le ore più angosciose della sua vita. Aveva gli occhi spalancati dalla paura e allo stesso tempo curiosa di sapere cosa le avrebbe riservato il destino.
Non si perse d’animo, si fece coraggio e cercò di sciogliere i nodi della corda che legava i polsi. Mentre quei due si erano persi nel mondo dei sogni con la testa curvata all’indietro e la bocca aperta,che di tanto in tanto usciva un russare fastidiosissimo, Lisa si occupò sciogliere i nodi della corda che legava i polsi e alla fine ci riuscì. Tolse il fazzoletto dalla bocca e slegò anche le caviglie.
Si alzò senza fare un minimo rumore però, purtroppo, i vari sassolini presenti in quella stradina fecero barcollare un po’ la carrozza e di conseguenza la giovine andò a sbattere contro lo sportello facendo rumore. Lisa cercò velocemente di aprire lo sportello e di saltare fuori dalla carrozza, ma due braccia l’afferrarono nuovamente per la vita e altre due braccia pronte a legare sia le caviglie che i polsi.
I due facevano di tutto per tranquillizzarla, ma invano. Continuava ad agitarsi ed a urlare.
Poi, d’improvviso, sembrava che si fosse calmata e quello che la teneva molto stretta alla vita, allentò le braccia e lasciò libero il suo grazioso corpo.
La giovine a stento riusciva a stare in piedi e, inoltre, faceva fatica a tenere gli occhi aperti.
Cominciò a vedere quei due loschi individui in modo offuscato, sembrava di vedere due figure che ondeggiavano tra di loro e che si moltiplicavano ininterrottamente.
Il suo viso si fece di un colore bianco pallido, le labbra di un rosa chiarissimo e il respiro cominciava a mancarle.
Non si resse più in piedi e svenne nel buio più totale.
Uno di loro si avvicinò a lei. Afferrò delicatamente il suo polso e con il pollice misurò i battiti cardiaci.
< E’ solo svenuta! >
I due misero la giovine in posizione coricata sul sedile e la lasciarono dormire.
Intanto la carrozza attraversò il fitto e denso bosco e s’immerse in una stradina mal ridotta.
Nonostante la carrozza traballava un po’ a causa delle presenze di sassolini sulla stradina, la giovine non si svegliava.
I due, seduti di fronte a lei, la guardavano senza mai spostare la vista da un’altra parte . Erano preoccupati! Avevano promesso al capo che l’avrebbero portata viva e vegeta.
Ogni volta che vedevano il petto di lei gonfiarsi e sgonfiarsi, si sentivano sollevati. Avevano la certezza che era viva e che stava solo dormendo, probabilmente profondamente a causa della stanchezza e dello sforzo di urlare.
Passò un po’ di tempo, la povera Lisa cominciò ad aprire gli occhi e a risentirsi.
La paura l’assalì quando fece fatica a distinguere degli oggetti alquanto strani che la circondavano. Si accorse di essere in un bel lettone morbido con delle lenzuola bianca come seta appena lavate e che emanavano un odorino invitante: lavanda.
Cominciò a ricordarsi della sua terribile avventura avuta con quei tre loschi individui prima dello svenimento.
Approfittò del fatto di essere sola in quel momento ed escogitò la fuga. Vide una grande finestra che si affacciava al balcone e si alzò di scatto dal letto.
Come cominciò a girare la maniglia della finestra, una voce puramente familiare la sorprese alle spalle:
< La maniglia non funziona! >
La giovine sentendosi scoperta, si girò lentamente con la tremarella addosso, per vedere chi fosse il suo rapitore.
Nel vederlo, rimase sbalordita:
< Don House?!? >



TO BE CONTINUEND???

Citazione del 3° Canto dell'Inferno de "La Divina Commedia":

"Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore fecemi le divina protestate
la somma sapienza e il primo amore
dinanzi a me non fuor cose create se non etterne
e io etterno duro
lasciate ogni speranza voi ch’entrate...”


E' scritta da Dante Alighieri ed appartiene solamente a lui e di nessun'altro.


 

 

 

 

L’angolo di ladyT:

 

@ Miss_Sunshine: Mi fa piacere che ti sia piaciuto il capitolo precedente!!! Mille grazie per seguirmi in questa follia Huddy!!! Kiss, Terry ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


Eccomi quaaaaaa!!!

OMG!!!

E’ passato quasi un mese... urge rimedio!!!

Purtroppo per vari impegni e e ferie ho avuto poco tempo per postare l’undicesimo chap!!!

Scusatemi tanto!!!
Spero che sia di vostro gradimento, sperem sperem!!
Pronte?

1

2

3

GO!!!


CAPITOLO UNDICESIMO.



< Don House?!? >
Esclamò sorpresa la giovine nel vedere un uomo vestito con pantalone di un marrone molto scuro e una camicia nera e, sopra le clavicole, si vedevano delle specie di bottoni che tenevano fermi i margini del mantello molto lungo e nero.
Non credeva alle proprie pupille che lui stesso aveva organizzato questa messinscena.
< In carne ed ossa, piccolo Raggio di Sole! >
Don House indietreggiò un pochino, batté i tacchi degli stivali e si portò un braccio sul petto in un cavalleresco inchino.
La giovine era ancora sotto shock. In quell’attimo il suo corpo era invaso da un mix di sensazioni: emozioni, spavento e tanta rabbia.
Emozioni perché in qualche modo era così felice di vederlo, di parlargli, di sentire la sua voce, scrutare e perdersi nei suoi meravigliosi occhi blu oceano.
Spavento per quell’avventura che aveva vissuto con quei tre loschi individui temendo il peggio. Aveva creduto persino di essere uccisa e sepolta da qualche parte.
Rabbia perché era in trappola in una camera, un po’ tetra per i propri gusti, con lui. Lui, don House!
E inoltre era molto arrabbiata con lui perché le aveva fatto soffrire pene dell’inferno per tutto il tragitto in carrozza e per quale motivo? Aveva voglia di fargli tirare fuori il rospo per conoscere il motivo, ma non ne aveva la forza. Era troppo stanca. Erano tre notti che non riusciva a dormire!
Aveva solo voglia di tornare a casa e godersi un rilassante riposo nel proprio lettone. Ma su questo aveva enormi dubbi! Era molto sicura che questo suo desiderio di tornare a casa era difficile esaudirlo. Perché, d’altronde se lui l’aveva rapita, un motivo c’era e quindi doveva lasciar perdere questo desiderio.
Così si avvicinò a lui a passi veloci senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Per tutto quel tempo don House non aveva mai smesso di osservarla.
Gli piaceva vederla persa nei pensieri, osservare e decifrare ogni sua piccola espressione, perdersi nei suoi incredibili e vispi occhi grigi di una bambina birichina.
Nel vederla avvicinarsi, fece un piccolo sorriso senza mai distogliere lo sguardo da lei.
Quando quei due erano ormai vicini, Lisa abbassò lo sguardo verso terra confusa sul da farsi e su cosa dirgli.
< Hey, lo so cosa mi vuoi chiedere! Mi vorresti chiedere di farti compagnia in quel bel lettone! >
Sorrise col fare malizioso.
A quell’affermazione, la giovine si fece prendere da una tale rabbia che allontanò velocemente lo sguardo dal pavimento e lo indirizzò verso gli occhi divertiti di lui.
Don House, nel scorgere i suoi occhi pieni di fiamme incredibilmente molto alte e ardenti, spalancò gli occhi dallo stupore.
Non fece in tempo a dire qualcosa che Lisa alzò una mano per aria e
“ SCHIAFF!”
Un bel colpo di palmo di mano andò a colpire il suo viso un po’ ruvido, a causa della barba fine, facendolo spostare velocemente a lato.
Lui rimase incredibilmente stupito da questo suo atteggiamento.
Chi se lo sarebbe mai aspettato da una come lei una tale capacità di schiaffeggiare lasciando un’enorme impronta della mano sul viso?
Sorrise.
“ Ha tempra questa ragazzina! Wow!”
Pensò toccandosi il viso dolorante per il colpo subito.
< Idiota! Idiota! >
Cominciò a urlare la giovine colpendo a pugni il suo petto senza sosta.
Lui rimase lì fermo e immobile a ricevere i continui colpi di pugni di lei sul proprio petto.
Non credeva che quella frase, detta per scherzo, l’aveva fatta andare su tutte le furie!
Si maledisse per aver detto quelle parole!
< Perché? Cosa volete da me? Idiota! >
Continuava a sfogarsi schiaffeggiando il suo petto ormai divenuto il sacchetto di grano dove i pugili lo usavano come allenamento colpendolo a pugni.
Finalmente, dopo un po’ di tempo, la giovine si fermò ormai stanca e affannata.
Respirava a fatica stringendo tra le proprie mani la camicia di lui e la fronte appoggiata al suo petto con gli occhi rivolti verso il pavimento.
Don House rimase ancora immobile, pronto alla prossima sua mossa.
Quando era pronto a ricevere altri colpi di pugni o schiaffi, rimase sbalordito nel sentire la giovine singhiozzare. Incredibile, in quel momento non sapeva cosa fare. Non gli era mai capitato di trovarsi a consolare qualcuno in lacrime.
La giovine, continuò a piangere a dirotto. In quel momento allentò la presa della sua camicia, cinse la sua vita con le proprie braccia e affondò il viso bagnato di lacrime nel suo morbido petto.
Nel sentire le braccia di lei intorno alla vita, lui s’irrigidì.
Non sapeva come comportarsi. Era impreparato su questa situazione poiché non gli era mai capitato questo in tutta la sua vita!
Da un orecchio apparse se stesso in versione diavoletto che gli sussurrò con tono malizioso:
< Su cosa aspetti? Il letto è là! >
Dall’altro orecchio una vocina di lui in versione angioletto che gli disse:
< Non desiderare la donna d’altri! >
Il diavoletto gli fece una linguaccia.
< Non ascoltarlo, si crede Mosé con le sue dodici tavole a due piazze! Su cosa aspetti? >
L’angioletto, con gli occhi chiusi e l’indice di una mano puntato in alto, cominciò a proferire parola:
< Si dà il caso che non sono Mosé e, quelle dodici tavole da due piazze che tu dici, non sono altro che i dieci comandamenti necessari per vivere in armonia con l’ambiente e tutto ciò che ci circonda! Amare e parlare con gli uccelli, vivere spogli dei propri averi e nutrirsi d’amore! >
Il diavoletto si mise a ridere a crepapelle.
< Certo che questo è un angioletto! Ha parlato di “uccelli” e di vivere spogli d’amore! Vedi che è dalla mia parte! Sia benedetto S. Francesco! >
Continuò a ridere a crepapelle, lasciando confuso l’angioletto.
< Beh, che continui a ridere sulla sua ignoranza! Ascoltami: Il vero male per l’uomo non è quello che soffre, ma quello che fa. >
Don House scosse la testa per cacciare quei due piccoli birbanti che lo facevano diventare sempre più confuso.
Dopo essere rimasto lì impalato come un manico di scopa, decise di seguire il proprio istinto.
Lentamente alzò entrambi le braccia e pian piano cominciò a sfiorare la sua delicata schiena.
Si fermò un attimo, avvicinò leggermente la presa su Lisa per stringerla ancora di più temendo la sua reazione. Si stupì quando lei non cercò di divincolarsi dal suo abbraccio, anzi lo lasciava fare.
Lisa lasciò che lui l’abbracciasse. Incredibile che lo lasciava fare! Quando aveva sentito le sue calde braccia intorno al proprio corpo, aveva provato un senso di protezione.
Lei continuò a sfogarsi e lui la cullava come se fosse stata una bambina, accarezzandole, di tanto in tanto, i suoi morbidi capelli.
Le lacrime di Lisa cominciarono a svanire lentamente e lei non si mosse. Le piaceva stare con il viso affondato nel suo morbido petto e sentire i battiti del suo cuore.
La giovine provò una sensazione più bella che avesse mai provato: il calore delle sue braccia le riscaldava il cuore e la faceva sentire protetta.
La giovine allontanò di poco la testa dal suo petto, alzò un attimo lo sguardo e vide la bocca di lui a pochi centimetri di distanza. A prima vista sembrava così morbida e sensuale tanto da domandarsi come sarebbe stato sentire le labbra di Greg sulle sue.
Alzò ancora di più gli occhi fino ad incontrare quelli di lui che non avevano mai smesso di osservarla.
Il suo sguardo era così profondo. Dio mio, quanto le piaceva perdersi in quell’incredibile blu dei suoi occhi. Abbassò lo sguardo per l’imbarazzo per ciò che stava pensando. Non doveva neanche pensare a quelle cose! Lei che era promessa sposa! E si maledisse per quei pensieri. Ritornò lentamente a spostare lo sguardo verso la camicia di lui.
Don House sorrise nel vedere gli occhi di lei. Dio mio, erano ancora più belli lucidi di pianto!
Quando vide che lei spostò lo sguardo, notò le sue gote farsi di un colore rosso vivace e il desiderio di tenerla ancora stretta fra le proprie braccia era insostenibile. Questo desiderio gli si era presentato appena aveva sfiorato le mani sulla schiena di lei, ma dopo averla vista arrossire, gli era difficile continuare a staccarsi da quell’abbraccio. Il suo corpo era morbido come la seta e sentiva il petto di lei gonfiarsi e sgonfiarsi sotto il proprio sterno. In quell’attimo strani sentimenti gli sfioravano per tutto il corpo. Un miscuglio di emozioni, sensazioni, protezione, felicità, paura, si fusero in una sola cosa: arcobaleno. Per lui era molto strano. Poi d’altronde il suo profumo di agrumi e cocco gli ottenebrava i sensi!
< Scusate! >
Disse Lisa con lo sguardo fisso al suo petto.
< Vi ho bagnato la camicia! >
Don House sorrise di buon gusto e le sfiorò il mento per alzare il suo volto in modo da poter ancora perdersi nell’incanto dei suoi occhi ancora lucidi.
< Tutto bene? >
Il dolce tocco delle sue mani sul proprio mento la fece sentire un brivido e, a stento, riuscì a sorridere.
< Si, tutto bene! A parte il rapimento che non capisco il perché! >
Greg cercò di deviare questo argomento. Istintivamente, le asciugò il volto bagnato e la accompagnò verso il letto.
Lisa, guardandolo un pò con sospetto, si estese completamente sul quel letto.
Don House si avvicinò a lei, prese il lenzuolo e la imboccò dolcemente. Non capiva ciò che stava facendo. Quella ragazzine era capace di fargli fare cose molto strane per lui.
Sorrise e le augurò la buonanotte.
Lei si lasciò prendere dalla voglia di godersi quel morbido lettone e di perdersi finalmente nel mondo dei sogni.
Don House, spense le candele e si avviò verso l’uscita della camera.
Improvvisamente si bloccò. Chiuse la porta, spostò una di quelle morbide poltrone e la mise accanto al suo lettone. Si sdraiò e rimase lì ad osservarla dormire. Nonostante tutto quella giovine gli faceva tenerezza mentre era indaffarata a sognare chissà chi. Doveva essere un bel sogno visto che le sue labbra sorridevano. Era così tremendamente bella per essere vero. Quella sua semplicità, dolcezza, il suo modo di parlare, il suo modo di guardare, il suo sorriso, il suo broncio l’avevano ammaliato. Incredibile, in qualche modo era riuscita ad occupare gran parte dei propri pensieri. Era come un angelo, una fata, una charmed.
La osservò per un po’ e poi, d’improvviso, i suoi occhi si fecero prendere da un sonno profondo.

*******************



Dall’altra parte, in quel folto bosco molto tetro, in mezzo agli alberi che sembravano dei troll dai denti aguzzi, ai cespugli colmi di occhi piccolissimi e luminosi che volavano in tutte le direzioni,
agli ululati di lupi, ai bubboli di qualche gufo, al dolce canto melanconico del lago che si udiva da lontano, c’erano due tizi che sembravano aspettare qualcuno.
Uno era seduto, con le spalle appoggiate al tronco di un albero, giocherellando con uno spadino, l’altro camminava avanti e indietro con espressione scocciata e impaziente.
< Hey, ti conviene stare seduto che mi farai venire un... come si dice... ah, un’EMICCAINA! >
Disse l’uomo seduto dai capelli rossi e colmo di lentiggini sul viso.
< Un che? >
Rispose innervosito l’altro.
Era un uomo dai capelli neri, un fisico abbastanza robusto, peli in evidenza sul petto lasciato scoperto da una lieve apertura della camicia.
< Quella cosa che causa dolore alla testa! >
Gli rispose quello seduto con tono quasi scocciato.
< ‘Gnurante! Si dice EMICRANIA! >
Gridò stringendo le mani a pugno fino a che le nocche non diventarono bianche.
A quell’urlo, il compagno con lo spadino abbozzò un lieve sorriso.
Poi infastidito da quei continui ululati, cominciò a perdere la pazienza.
< Uff, ma questa giovine non si sarà mica fermata a parlare con i lupi? Non senti come ululano di gioia? Stanno ringraziando la luna per l’abbondanza di cibo umano! >
Disse indicando con lo spadino quel fitto bosco dove i lupi stavano ululando alla luna.
< Triplo ‘gnurante! I lupi ululano quando sono tristi e che probabilmente piangono la fame! >
Urlò ancora più forte di prima. Aveva ormai perso la pazienza.
< Ma davvero? Allora ci conviene scappare verso casa adesso, prima di diventare lo spuntino abbondante per loro! >
Il compagno si alzò di scatto, ma non fece in tempo a scappare che l’altro lo afferrò per la camicia, lo sollevò in alto e lo bloccò contro il tronco di un albero.
< Idiota! Abbiamo degli ordini da seguire e tu scappi come un coniglio? Se noi scappiamo verso casa senza aver eseguito gli ordini, il vero lupo ci scuoierà vivi! Se noi hai compreso chi fosse il vero lupo, sappia che è Don Chase! >
I due si guardarono in silenzio. Il silenzio durò un po’ a lungo.
Per eliminare quel silenzio così fastidioso e dark, l’uomo appeso in aria cominciò a proferire parola.
< Ehm, fratellone... Mi metti giù? Ho i VORTICI! >
Sussurrò facendo degli occhioni dolci per addolcirlo, ma non funzionò.
< VORTICI? >
Domandò ancora più irato avvicinandolo di più al proprio viso.
< Ehm, è quella cosa che causa il girotondo alla testa! >
Gli regalò un sorriso così largo che il fratellone, ormai senza speranze, lasciò la presa facendo cadere il fratellino.
< Con te non c’è niente da fare! E’ normale che ti chiamano CIUCCHINO! >
Disse grattandosi, con le dita, la fronte ormai accompagnata da qualche ruga.
< E a te GARGAMELLA! >
Esclamò ridendo di gusto il fratellino.
Ma quando vide gli occhi indiavolati del fratellone, si zittì nascondendosi dentro un cespuglio.
< Uff, ma quando ci mette la giovine dal convento a qua? >
Domandò a sé stesso, senza mai fermarsi e continuando a camminare come un pazzo con le mani dietro la schiena e la testa rivolta verso il prato scuro.
Peccato che loro non potevano udire una risatina soddisfatta di qualcuna che aveva assistito la scena in alto.
Alla risatina, si unirono altre piccole risatine.
Se quei due avessero spostato lo sguardo verso l’immenso cielo scuro, potevano di certo vedere le danze delle stelline e il sorriso largo di felicità della Luna.


TO BE CONTINUEND...


 

 

Troppo smielata? Su avanti voglio sapere cosa ne pensate.
Sono graditi sia commenti negativi che positivi!!

Alla prossima,
kiss à todos,
Terry ^_^

 

 

P.S.

Ah, dimenticavo!!!

Un mega grazie a tutti coloro che mi seguono, a Barbarae per avermi messo tra i suoi preferiti, a lady_bella e a Miss_Sunshine per avermi messo tra le storie seguite. Spero che continuerete a seguirmi in questo viaggio Huddy!!!

Gracias à todos!!!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


Hola à todos!!! ^_^

Scusatemi tanto per il ritardo pazzesco, sorry!!!!

Prima di iniziare, voglio ringraziare a tutti coloro che mi seguono in questa avventura sperando che sia di vostro gradimento!!!

Allora, buon proseguimento di lettura huddies!!!

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

 

CAPITOLO DODICESIMO



”E
ra una bellissima giornata di sole, i raggi illuminavano il verde prato. Le foglie dei fiori primaverili, bagnati di rugiada, sembravano dei piccoli diamanti che colpiti dai raggi solari disegnavano piccole curve di arcobaleno.
Una graziosa e incantevole bambina camminava saltellando allegramente per la stradina che conduceva verso il lago.
Quando finalmente uscì da quel folto bosco e vide il lago espirò profondamente per annusare quell’aria buona di prima mattina.
Quando si diresse verso il proprio albero, dove era solita riposare e mangiare, fu colpita da una figura seduta a terra con la schiena al tronco di quell’albero di quercia, gli occhi chiusi, i capelli castani.
Gli si avvicinò e lo sovrastò di sorpresa. Il bambino fece finta di niente continuando a tenere gli occhi chiusi e masticando, di volta in volta, la menta.
Ma vedendo che lei non accennava a lasciarlo in pace, aprì gli occhi rivolgendole uno sguardo gelido e penetrante.
La bambina, nel vedere quei suoi occhioni blu oceano, rimase incantata e allo stesso tempo affascinata da quel suo sguardo così profondo seppur gelido.
Mosse la testa in entrambi i lati velocemente per scacciare quegli strani pensieri in testa e una voce birichina, ma autorevole le uscì dalla bocca.
< Cosa ci fai qui? >
Domandò osservando quell’albero a cui era appoggiato lui.
Nessuna risposta, nessun movimento, solo sguardi dolci tra loro.
< E va bene! “Occhi-di-ghiaccio”, posso sedermi accanto a te? >
Domandò con tono dolce e timido indicando dove era seduto lui.
Il bambino si spostò di qualche centimetro liberando lo spazio per farla sedere.
La bambina dai morbidi capelli ricci appoggiò il cestino da pic-nic sul prato e lo aprì.
Il bambino guardò e non guardò quella ciambella che lei aveva appena tirato fuori dal cestino.
Aveva un’acquolina in bocca al solo pensiero di vedere quel dolce.
La bambina se ne accorse e divise il dolce a metà.
< Ecco questa è per te! >
Inizialmente non voleva accettarlo anzi non poteva poiché le regole rigide del padre gli imponevano di non accettare mai le cose dagli altri e di non creare amicizie.
Però quella bambina aveva uno strano sorriso capace di penetrare nel cuore e scioglierlo, così timidamente accettò quella metà della ciambella.
I due bambini trascorsero la giornata a godersi quel panorama stupendo che offriva il lago, quel silenzio, quella pace, mangiando, di tanto in tanto, quel dolce.
Presa dalla curiosità, la bambina cominciò a parlare:
< Mi chiamo Lisa! Tu come ti chiami o devo chiamarti “Occhi-di-ghiaccio”? >
I suoi occhi erano così incantevoli che parevano delle comete. Rimase perso in quell’immensità dei suoi occhioni grigi, non riusciva a proferire parola, qualcosa lo bloccava.
Tossì per trovare almeno il coraggio di pronunciare una vocale.
< Ehm, mi chiamo... >
L’improvviso suono della campana che segnava il mezzogiorno, distrasse il bambino che dalla fretta si alzò.
< Scusa, ora devo andare! C’incontreremo sempre qua, sarà il nostro rifugio segreto. A domani! >
Nel vederlo allontanarsi velocemente, Lisa cominciò a sentirsi persa, debole e triste.
Di malavoglia tornò a casa, ma al pensiero che lo avrebbe incontrato in quel posto ogni mattina, la rallegrava.”


L’improvviso colpo di un raggio di sole sugli occhi fece svegliare la bella addormentata che si limitò a disegnare delle smorfiette sul viso poiché non aveva voglia di svegliarsi.
La donna che aveva aperto le tende e aveva assistito a quella scena della sue smorfiette, rise di gusto.
< Su, svegliatevi! Ho portato la colazione! >
Disse allungando le braccia per svegliarla.
Lisa si stiracchiò le braccia, strofinò gli occhi e sorrise nel vedere almeno una figura femminile.
Era una giovine ragazza, capelli biondo cenere, un corpicino esile e un sorriso contagioso.
< Buongiorno! Sono ancora nella tana del leone, vero? >
Domandò con tono scherzoso.
Alla giovine dai capelli biondi scappò una risata.
Quella risata era così contagiosa che anche Lisa si mise a ridere.
< Scusatemi, non mi sono presentata! Mi chiamo Remy, voi? >
Cominciò a dire appena finito di ridere.
< Io mi chiamo Lisa! Piacere di conoscerti e di assaggiare questa prelibatezza! >
Si alzò dal letto e si sedette a quel tavolino ben apparecchiato con al centro un vaso contenente dei fiori strani e incantevoli che le erano familiari.
Non riusciva a capire il perchè quei fiori le erano familiari e così decise di lasciar perdere e di godersi la colazione in compagnia di quella simpatica giovine.

******************



La quiete che mistificava il castello in una calda giornata di maggio, il silenzio dei bravotti lungo i corridoi si sgretolava come sabbia asciutta nella forma di schiamazzi infantili.
< Hey, “colui-che-si-entusiasma-per-niente” ti è piaciuto fare l’attore fingendo di star male? >
Chiese il più basso tra loro, dando una bella pacca alla spalla del povero indiano, oggetti dei loro scherzi.
< Ok, continuate pure a ridere! >
Esclamò l’indiano facendo il finto offeso con le braccia conserte.
Taub e Foreman non riuscivano a trattenersi dalle risate.
Tutte lui le cercava. Quelle strane idee che solo a lui potavano venire.
< E voi? Taub si è risparmiato le urla strazianti della giovine nascondendosi nel ruolo del guidatore, e tu, Foreman, stavi per farti spaccare il tuo gioiello prezioso! >
Si fermò un attimo poiché nella sua mente cominciarono ad apparire le immagini di quella sera del rapimento. Rise alla scena quando il capo teneva a malapena stretta la giovine mentre lei cercava di liberarsi da quella presa muovendo come una pazza le gambe andando a colpire le ginocchia del capo.
< Cosa ridi, pivello? >
Domandò quello più scuro in preda alla rabbia.
Quello più basso si mise in mezzo cercandoli di calmarli poiché si guardavano con aria di sfida.
< Ok, ragazzi! Voi avete fatto un ottimo lavoro! Ognuno di noi è stato essenziale per l’altro!
Siamo o no un team? >
I due continuarono a guardarsi in quel modo.
< E va bene! >
Esclamò il capo roteando gli occhi per aria.
Taub tossì per attirare la loro attenzione.
< Come si fa in un team? >
I due sbruffarono.
I tre estrassero lo spadino dal fodero attaccato alla loro cintura e lo misero uno sopra l’altro urlando il loro slogan:
< Tutti per uno, uno per tutti! >
Taub tirò un’aria soddisfatta per essere riuscito a portare quiete tra quei due.
< Mi stavo domandando quali fossero le intenzioni di don House. Chissà perché ci ha ordinato di rapire quella simpatica urlatrice dagli occhi grigi! >
Si chiese il capo no riuscendo ad entrare nei panni del signorotto e capirne il motivo.
< Già, povera Lisa! Che dramma per la famiglia Cuddy! >
Rispose dispiaciuto Taub.
< Zitto! Il signorotto ha raccomandato massimo riserbo! >
Intervenne l’indiano tappandogli la bocca con la propria mano.
Troppo tardi! In quel momento i piedi di un uomo che aveva udito tutto, ondeggiarono nell’aria in grandi passi nervosi, le suole degli stivali si consumarono più in fretta ticchettando in passi militari contro la superficie liscia del pavimento.
< Tu?!? >
Irrompò spalancando la porta della camera del signorotto.
Tutto tranquillo, don House non gli fece caso e continuò a finire di vestirsi.
Don Wilson sembrava confuso e smarrito. Non faceva altro che gesticolare con le mani socchiudendo, di volta in volta, le palpebre disegnando della smorfiette.
< Tu... >
Non riusciva a dire altro. Era come se le corde vocali non volevano produrre altri suoni.
Don House, siccome gli era di spalle, fece delle smorfie quelle del tipo scocciato, senza farsi vedere da lui.
Una volta finito di vestirsi, si avvicinò a quella figura maschile che non faceva altro che consumare il pavimento andando avanti e indietro.
< Buongiorno, Jimmy! Non senti come cinguettano allegramente gi uccelli? Come il sole splende ancora più di prima? Come il lago canta una melodia rilassante e piacevole? >
A quelle parole, il cugino spalancò gli occhi, quasi gli uscivano dalle orbite. Non credeva a quello che aveva appena udito. E questo gli fece sentire più confuso di prima.
Vedendo ancora in quello stato, peggio di prima, don House si sentì soddisfatto e uscì dalla camera con un sorriso vittorioso.
Don Wilson, nel vederlo uscire, avvicinò le mani alle proprie labbra chiudendoli a pugno fino a che le nocche non diventavano bianche.
“ Questo mi manderà al manicomio!”
Pensò con denti serrati e le nocche delle mani ancora più bianche.
Doveva farlo ragionare, in fondo era sempre stato il suo mestiere. Così, con passi veloci e pesanti, raggiunse il cugino che si dirigeva verso il salotto camminando in modo eretto e fischiettando.
< No! Tu non me la racconti giusta! >
Cominciò finalmente a proferire parola.
Greg tirò fuori dalla credenza un bicchiere e la bottiglia di whisky. Versò il liquore nel bicchiere e lo bevve in un sorso.
Ne versò ancora, ma non lo bevve subito anzi appoggiò quel bicchiere sul piano sopra il pianoforte.
Mentre il cugino farfugliava parole incomprensibili, Greg cominciò a suonare le prime note.
A quella melodia, Jimmy si tranquillizzò un pochino.
Lo guardò con aria stupita.
Non aveva mai visto Greg suonare spensierato e sollevato.
Tirò un sospiro di rassegnazione e cominciò a parlare.
< Ok! Prima descrivi poeticamente il paesaggio, il che non è da te, poi cammini fischiettando che quasi quasi ti veniva la voglia di ballare, infine suoni spensierato e sollevato come se qualcuno ti ha fatto un sortilegio. Ricordami di ringraziarlo! >
Continuò a farfugliare parole insensate e Greg si divertiva a vederlo in quello stato.
Lo lasciò in preda alla sua disperazione e si concentrò a pensare ad altro in compagnia della musica.
Nel vedere che non lo stava ad ascoltare, si fermò davanti a lui e, con l’indice della mano appoggiato alla propria guancia e con gli occhi rivolti verso il soffitto, cercò di entrare nella testa del cugino per capire il motivo di quello strano rapimento.
< Allora, ammetto che non capisco il tuo gesto infantile il che mi manda in bestia , ma ancora mi manda più in bestia il perché di questo gesto che non riesco a capire! >
Sospirò un attimo e continuò a ragionare rimanendo nella posizione del pensatore senza muovere un muscolo.
< Tutto è cominciato nella locanda. Io e te abbiamo ordinato due boccali di birra che stranamente non sono mai arrivate a destinazione poiché sei scattato subito d’ira dicendo che avevi dimenticato di dare degli ordini ai tuoi bravotti! E qui, proprio stamattina vengo a sapere del rapimento della figlia dei Cuddy! Che strana coincidenza! Se non erro allora era questo l’ordine che dovevi dare! E, altra cosa, per quale motivo? >
Si fermò di scatto come se un lampo di tuono gli si apparse in testa.
Si mosse indirizzando gli occhi verso il cugino che si era fermato un attimo per sorseggiare il liquore.
La bocca gli si spalancò così largamente che una mela intera poteva entrarci benissimo.
< Noooooo... >
Disse con espressione stupita quasi sorridendo e con tono canzonatorio.
< Tu... >
Questa volta erano gli occhi ad essere fuori dalle orbite e l’indice della mano non era più appoggiato alla guancia, ma bensì puntato verso il cugino.
< Tu... Ti sei alzato di scatto dopo aver ascoltato il discorso tra il tuo acerrimo rivale, come lo chiami...>
Gli si bloccò la parola, poiché stava cercando di ricordare il nome del suo nemico. Quando, dopo qualche minuto, il nome gli venne, continuò il discorso:
< “Boing-Boing”, dare degli ordini ai suoi schiavotti di uccidere una certa Lisa di cui non ho capito il cognome! Ora capisco quale Lisa! La tua Lisa! >
Il signorotto che stava bevendo il whisky si bloccò di colpo e tossì fortemente poiché il liquore gli andò di traverso.
< Bingo! Bingo! >
Canticchiò allegramente don Wilson esibendosi in un ballo del tutto strano, saltellando con una gamba sola mentre quell’altra era impegnata a piegarsi e allungarsi in mezz’aria per tre volte e viceversa.
Quasi irritato e infastidito, distolse lo sguardo da quello strambo ballerino e lo indirizzò verso la bianca parete di fronte con le mani impegnate a premere i tasti bianchi e neri del pianoforte.
Quando finalmente finì di ballare, Jimmy si fermò e, sorridendo, proferì parola.
< Allora questo non è un rapimento, il tuo! E’ un’opera di salvataggio! Hai inscenato tutto questo per salvarla! >
Si mise a ridere a crepapelle per qualcosa che all’improvviso gli entrò nella mente.
Greg, infastidito e scocciato da quel suo strano modo di comportarsi, poiché lo faceva sentire in un totale imbarazzo, fermò la musica e girò la testa di lato puntando la vista verso il cugino.
< Per... >
Non riusciva a dire qualcosa poiché quella risata era troppo rumorosa.
Stette immobile e in silenzio a guardarlo ridere.
Com’era buffo vederlo piegato in due con le lacrime che gli uscivano dagli occhi e la bocca enormemente spalancata dove si potavano vedere la lingua schiacciata sotto la mandibola e i denti in bella vista e il viso farsi di un rosso vivo simile a quello del pomodoro.
Aveva voglia di chiamare un pittore per fargli fare un ritratto di Jimmy in quello stato divertente.
Rise al pensiero.
Si alzò per andare a prendere la bottiglia di whisky nella credenza.
Sbruffò nel vedere che il cugino non accennava a finire di ridere.
Ancora rideva, si vedeva che le palpebre non riuscivano a stare chiuse poiché gli occhi le spingevano con tutta la forza possibile.
Si sedette su quel sedile comodo in pelle nera, prese il bicchiere, che era sopra il pianoforte, e versò il liquore. Quando stava per avvicinare le proprie labbra al contorno del bicchiere, si sentì un silenzio totale.
Finalmente aveva smesso di ridere e sorseggiò tranquillamente il liquore.
< Poveri schiavotti! Saranno ancora aspettando Lisa uscire dalla clinica! >
Esclamò Jimmy ritornando a ridere.
Si fermò nuovamente continuando a parlare con voce ancora presa dalla voglia di ridere.
< Ti immagini la faccia di “Boing-Boing” quando verrà a sapere del piano saltato come il canguro? >
Questa volta non era solo a ridere, anzi anche Greg si mise a ridere nell’immaginare la scena tra “Boing-Boing” e i “marsupiali” come soleva chiamarli.
Per la prima volta quei due si stavano divertendo un mondo. Le loro risate si sentivano pure nei corridoi e in altre camere lasciando perplessi gli altri che lavoravano sotto il comando del signorotto.

TO BE CONTINUED...

P.S.
Nutritemi con i vostri commenti XDDDD

Kissoni,
Terry 


Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo ***


Hola huddies,
scusate per il ritardo enorme, ma sono stata un po’ impegnata, pardon!!!!

Grazie ancora a tutte che mi stanno seguendo sia a voi che recensite sia a voi visitatori/lettori!!!
Allora, pronte per un'altra avventura?

1

2

3

GO!


CAPITOLO TREDICESIMO



C’era una grande confusione nella locanda “Boccale&Boccali”: chi s’immedesimava in risate isteriche, chi beveva tutto d’un fiato boccali e boccali di birra sperando di battere il proprio avversario, chi chiacchierava vivacemente con i propri amici.
Ad accompagnare queste voci accavallate e incomprensibili, c’erano i rumori di boccali di vetro che i locandieri appoggiavano fortemente sulle mensole di legno massiccio; ticchettii di tacchi delle scarpe delle cameriere vestite in modo quasi provocante, poiché erano le loro divise di lavoro, che andavano avanti e indietro con i vassoi in mano stracolmi di ordinazioni.
Tra tutta questa folla rumorosa, c’era un uomo dai capelli biondi che sembrava aspettare qualcuno.
E nell’attesa, si lasciò cullare in una bella bevuta di vodka.
“Diamine, ma quando arrivano questi incompetenti?”
Ormai stava perdendo la pazienza e, proprio quando stava per allontanarsi dal bancone, due uomini si fecero avanti bloccando i suoi passi.
< Ah, finalmente! Allora l’angioletto ha raggiunto la Candida Rosa dei Beati? >
I due non accennarono una parola bensì si limitarono a guardarsi, tanta era la paura che stavano provando in quel momento per il piano fallito.
Don Chase, nel vederli muti come pesciolini e che non gli degnavano di uno sguardo, perse la pazienza ed emise un gridolino per attirare la loro attenzione.
< Allora?!? >
Quello più robusto si fece coraggio e gli raccontò l’accaduto.
< Mi dispiace tanto! Abbiamo passato tutta la notte fuori nel bosco in attesa di quell’angioletto fino a pochi minuti fa, ma nessuna ombra di lei! >
I due tapparono le proprie orecchie chiudendo le palpebre per non sentire l’urlo straziante del capo e vedere la sua espressione indiavolata che incuteva terrore.
Purtroppo non accadde! Don Chase era rimasto immobile come una statua e con gli occhi che gli uscivano fuori dalle orbite.
< Hey, fratellone! Prendi i boccali di vetro che gli stanno fuoriuscendo gli occhi dalle ORBITTE! Mamma che spavento! >
Esclamò il più giovane, col tono quasi euforico, continuando a battere le dita della mano sul braccio del fratello.
Infastidito da quel tamburellare, gli diede una scappellotto in testa.
< Ahi! Sei cattivone!!! >
Esclamò toccando la testa dolorante.
< Don Chase! Don Chase! >
Quello più robusto cercò di svegliarlo dal suo stato di trans sventolando la mano di fronte a quegli occhi quasi fuori orbita.
Chase si risvegliò alla realtà e, immediatamente, un urlo terrificante gli scappò.
< RAZZA D’INCAPACI CHE NON SIETE ALTROOOOOOOO! >
L’urlo era così forte da attirare anche l’attenzione degli altri.
I due fratelli rimasero immobili con gli occhi spalancati e i capelli esplosi come se avessero visto dei tirannosauri che volevano sgranarli.
Preso ancora dalla rabbia, urlò più forte di prima, ma questa volta non a loro, ma agli intrusi che li guardavano incuriositi.
< COSA AVETE VOI DA GUARDAREEEEE? >
Gli intrusi fecero una smorfia di disappunto e ritornarono al loro divertimento e alle loro risate isteriche.
< Ma capo, abbiamo sorvegliato quel bosco senza mai chiudere occhio!!! Non è passata nessuna anima viva!! >
Disse quello con i capelli neri, noto a tutti Gargamella, cercando di farlo calmare.
Però invano perché il fratellino, che gli aveva promesso di non rivolgere una sillaba a Chase poiché sparava solo idiozie, s’intromise iniziando a parlare.
< Già, pensa che abbiamo avuto TEFAGO in mezzo ai WENDIGO!!! >
Il fratellone gli diede una sgomitata per farlo tacere. Don Chase lo guardò confuso.
< TEFAGO? >
Il giovine sbruffò poiché nessuno mai lo comprendeva e gli rispose toccando con la mano la parte destra del petto tra la quarta e la quinta costola.
Chase capì subito cosa intendeva, ma ancora più confuso gli fece un’altra domanda.
< WENDIGO? >
Il giovine sbruffò nuovamente roteando gli occhi per aria.
< Quella specie di donna-vampiro che lancia gride strazianti uccidendo gli uomini. Noi siamo stati risparmiati!!! >
Disse ridendo sotto i baffi.
< AAAAAAAAAHHHHHH!!! >
Un altro urlo, ma  gli altri non ci fecero caso.
< Ah, capo! Scusa la DIMESTICANZA del mio fratellone! Non è vero che non è passato nessuna ANEMA viva. Abbiamo visto una enorme ZUCCA impazzita con quattro cavalli che gareggiavano illegalmente correndo come pazzi furiosi verso l’enorme grotta di Don House. Altra cosa! Ora capisco perché quei quattro cavalli correvano come pazzi, perché in quella ZUCCA c’era un wendigo!!! Ci metterei la mano sui carboni ardenti! >
Disse tutto di un fiato appena l’urlo del capo terminò.
Il fratellone lo guardò con aria storta squadrandolo dalla testa ai piedi.
Don Chase cercò di decifrare ciò che aveva detto camminando avanti e indietro.
“ Allora! DIMESTICANZA sta a dimenticanza, ANEMA sta a anima. ZUCCA sta a carrozza, urlo del wendigo provenire dalla zucca cioè carrozza, ma wendigo...”
In quell’istante gli venne l’illuminazione e capì tutto!
I suoi occhi si ingrandirono sempre di più, la bocca si allargò in un enorme sorriso a trentaquattro denti e lanciò una risata isterica talmente forte che tutti i presenti della locanda tremavano di fifa al solo vederlo.
< A noi due, House! >

**********************



In una piccola e accogliente stanza della clinica colma di fiori variopinti e profumati, un uomo stava leggendo un passo della “Vita Nova”:

“Tutti li miei pensier parlan d'Amore;
e hanno in loro sì gran varietate,
ch'altro mi fa voler sua potestate,
altro folle ragiona il suo valore,
altro sperando m'aporta dolzore,
altro pianger mi fa spesse fiate;
e sol s'accordano in cherer pietate,
tremando di paura, che è nel core.
Ond'io non so da qual matera prenda;
e vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
così mi trovo in amorosa erranza.
E se con tutti vòi far accordanza,
convènemi chiamar la mia nemica,
madonna la Pietà, che mi difenda.”



Si fermò un attimo. Tolse gli occhiali da vista e massaggiò gli occhi arrossati.
Era troppo stanco, ormai passava le giornate a lavorare e ad accudire la casa.
Allontanò le dita dalle palpebre e rivolse lo sguardo verso la propria amata, ancora in prognosi riservata.
Era così bella e solare, il suo volto, solo a vederlo, illuminava le giornate storte, il suo sorriso contagiava chiunque mettendo allegria.
Sospirò.
Dio, quanto gli mancava vederla danzare in casa, sentirla cantare ogni qualvolta che la vedeva indaffarata nelle faccende domestiche, ascoltare i suoi racconti di fronte a un bel fuoco scoppiettante oppure sul dondolo abbracciati ad ammirare il panorama stellato.
Le strinse la sua calda mano e ci appoggiò la propria fronte. Pochi attimi e il suo viso fu percorso da fiumi di lacrime.
Lacrime di nostalgia. Lacrime di tristezza.
Non sopportava di vederla così, sperava che si sarebbe svegliata subito dopo quell’operazione al cuore, ma, invece, le palpebre non si aprirono.

“< Dottore, perché mia moglie non si sveglia? >
Domandò con molta preoccupazione. Troppa era la paura che stava provando in quell’istante nel vedere l’espressione triste dei medici.
< Mi dispiace, signor Cuddy. L’operazione è riuscita con molto successo, ma purtroppo una febbre molto violenta l’ha colpita nel mezzo dell’operazione. Il corpo ne sa soffrendo molto e allora abbiamo dovuto metterla sotto sedativi e addormentarla con un potente sonnifero in modo da non farla sentire dolori acuti. Ora non ci resta che affidarci alla Divina Provvidenza. >”


Stava pensando a quell’episodio accaduto tre giorni prima. Non riusciva a smettere di piangere e continuava a sussurarla:
< Svegliati. >
Improvvisamente smise di piangere quando sentì qualcosa sulla testa. Sembrava che qualcuno gli stava accarezzando i capelli.
Quando alzò la testa rimase stupito nel vedere chi fosse quella persona che lo stava accarezzando.
< Oh, tesoro! Ti sei svegliata! >
Preso dalla felicità baciò la sua mano che l’aveva tenuta stretta nella propria.
La donna sorrise, si mise adagia adagia in posizione seduta e afferrò il viso del marito per regalargli un tenero e delicato bacio sulle labbra.
< Amore, sono contentissimo di vederti! Non stai quanto ho atteso questo giorno e quanta paura ho provato credendo di perderti per sempre! >
Questa volta sul suo viso scesero delle lacrime, ma lacrime di gioia e di felicità.
< Oh, amore mio! Devo aver dormito tanto! Ho la testa che mi gira. Sarà il girotondo della felicità nel vederti! >
I due continuarono a baciarsi senza sosta. Era un bacio ricco di passione e di sentimento.
La signora Cuddy fermò il bacio poiché un dubbio le assalì.
< Caro, non vedo Lisa! Dov’è? Sta bene? >
Il marito sorrise e la tranquillizzò raccontandole tutto.
< Non ti preoccupare! In questi giorni sono cambiate un po’ le cose! Lisa ha avuto il ruolo di assistente per aspirare a diventare medico in questa clinica! Non sai come le brillavano gli occhi! Sembrava di vedere il nostro panorama stellato. Poi ha conosciuto suor Cameron e subito hanno stretto amicizia. Stamattina ho parlato con la monaca poiché, non vedendo Lisa, mi sono preoccupato molto, ma lei mi ha tranquillizzato subito dicendo che ha dovuto allontanarsi subito dalla clinica poiché l’ospedale della contea Philadelphia aveva bisogno di altro personale urgentemente. Anche se non ho potuto salutarla, sono molto orgoglio di lei! >
La moglie sorrise di luce propria nel vedere finalmente il sogno di Lisa realizzato.
< Che bello! Appena tornerà, le faremo una festa a sorpresa! Scusa, caro, ma il matrimonio? >
Domandò con un pizzico di curiosità.
< Non ti preoccupare, cara! Manuel è stato così gentile e dolce da rinviarlo a un altro giorno! >
Le diede un grosso bacio sulla sua paffuta guancia.
Si alzò un attimo dal letto e andò a chiamare il medico per la lieta notizia.
“Chissà quando tornerai, dolce Lisa! Non vedo l’ora di abbracciarti!”
Pensò la madre sorridendo e non vedendo l’ora di averla tra le proprie braccia.

**********************



“Due bambini stavano passeggiando, tenendosi mano nella mano, su un bellissimo campo colmo di girasoli. Sembravano di vivere in un mondo di miniatura poiché i girasoli superavano la loro altezza.
Si divertivano a cercare di rincorrersi, nascondersi per poi trovarsi, a giocare alla caccia al tesoro.
Quando arrivarono all’ultima fila di girasoli, rimasero incantati nel vedere un bellissimo e affascinante castello.
Presi dalla curiosità, aprirono l’enorme portone di legno ed entrarono.
Tutto era buio, non si vedeva niente.
Lisa, un po’ tremante, si nascose dietro di lui stringendogli forte la mano.
Il giovine la guardò con una tale dolcezza che mai e poi mai aveva creduto capace di guardare così una bellissima fanciulla.
Non era da lui essere così. Eppure quella graziosa bambina gli faceva questo effetto.
Incredibile per lui, avrebbe dato la vita per salvarla. Questa bambina qualcosa gli aveva fatto se ogni volta che la vedeva provava queste emozioni.
Distolse lo sguardo da lei e lo indirizzò su una parete dove vide delle fiaccole. Si staccò dalla mano di lei e prese una di quelle fiaccole. Prese due di quelle pietre che avevano raccolto lungo i campi e le strofinò tra loro e accese la fiaccola.
Con una mano la portò e con l’altra tenne stretta la mano di lei.
Finalmente l’avventura iniziò per loro e s’incamminarono in quelle segrete e oscure stanze del castello. Vagarono di stanza in stanza dove qualche urlo a loro scapparono a causa di moltissime ragnatele pieni di ragni intenti a cibarsi degli insetti morti, di una volata improvvisa e strana di pipistrelli sulle loro teste, e di una fila di topolini che entravano e uscivano dalle loro tane.
Una volta entrati in una stanza stranamente pulitissima e ordinata dell’ultimo piano, rimasero affascinati nel vedere quell’enorme campo di girasoli che circondavano il castello.
Lisa, che lo teneva per mano, appoggiò la testa sulla spalla di lui. Il bambino, dapprima s’irrigidì poiché sentiva nel proprio corpo qualcosa di indescrivibile. Sentiva delle ondate di emozioni, sensazioni mai provate oppure credute ignote. Per lui era del tutto nuovo e sconosciuto. Era come scoprire questo castello mai sentito parlare e mai esplorato. Però esplorarlo gli era piaciuto un mondo, così decise di esplorare e approfondire ciò che stava provando in quel momento.
Tirò un piccolo sospiro silenzioso e lentamente appoggiò la propria testa su quella di lei temendo una reazione negativa da parte sua. Vedendo che non reagiva, si sentì sollevato e felice come non lo era mai stato.
< Come lo chiamiamo il nostro rifugio segreto? >
Domandò incuriosito.
La bambina gli sorrise e rispose:
< Meraviglia di Girasoli! >”


Un rumore svegliò Lisa dal sonno profondo.
Rimase pietrificata nel vedere quattro cerchi bianchi nel buio che si avvicinavano a lei.
Mentre stava per urlare, la sua bocca fu chiusa da una mano grossa e molto forte. Immediatamente gli graffiò il viso, ma l’intervento tempestivo dell’altro compagno le impedì di graffiarlo ancora.
Il suo corpo fu legato con la corda molto spessa come una pancetta e messa sopra la spalla dell’uomo più robusto con il viso graffiato.
Quello più magro lasciò un biglietto sul letto e, insieme al compagno, uscirono dalla enorme finestra e scesero dal terrazzo.
I due, come due lampi, oltrepassarono la cinta muraria e uno dei bravotti, a turno di guardia, diede l’allarme nel vederli scappare. Purtroppo quei due riuscirono a raggiungere la carrozza e a svignarsela.
Nel sentire l’allarme, don House, che era impegnato a suonare il pianoforte, sentì una strana sensazione assalire il proprio corpo.
Senza perdere tempo uscì dal salone e camminò frettolosamente verso la camera della giovine per accertare che fosse tutto a posto.
Lungo il corridoio s’incontrò con Jimmy e, senza perdere tempo in inutile chiacchiere, lo invitò a seguirlo.
I due arrivati a destinazione, entrarono e rimasero sbalorditi!
Finestra spalancata, vetri per terra, letto disfatto e corda sul terrazzo con un aggancio di ferro.
< Ma cosa è successo? >
Domandò senza parole don Wilson.
Don House si accorse della presenza di un biglietto lasciato sul letto e lo lesse a voce alta:

“ X HOUSE!
SE LA VUOI VIVA,
TI ASPETTO NEL CASTELLO SPERDUTO!

P.S.
INDIZIO: CAMPO DI GIRASOLI.”



< Maledetto “Boing-Boing”! >
Disse con denti serrati.
Dalla rabbia strappò il biglietto e diede un calcio al letto.
< Ma dove si trova questo castello sperduto? >
Domandò curioso il cugino.
< E’ il castello che noi abbiamo chiamato “Meraviglia di Girasoli”! >




TO BE CONTINUED...

“Tutti li miei pensier parlan d'Amore;
e hanno in loro sì gran varietate,
ch'altro mi fa voler sua potestate,
altro folle ragiona il suo valore,
altro sperando m'aporta dolzore,
altro pianger mi fa spesse fiate;
e sol s'accordano in cherer pietate,
tremando di paura, che è nel core.
Ond'io non so da qual matera prenda;
e vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
così mi trovo in amorosa erranza.
E se con tutti vòi far accordanza,
convènemi chiamar la mia nemica,
madonna la Pietà, che mi difenda.”



Questo è piccolo brano in prosa è pubblicato nella famosa opera di Dante Alighieri: Vita Nova!

 

 

Verdetto?

 

 

 

 

L’angolo di ladyT:

 

@  barbarae: E che messaggi XDDDDD, Anch’io sogno di vedere ballare il nostro puccio-man!!! *__* Kiss, Terry ^_^

 

@  amelia spicer: Che bello anche tu appassionata di Manzoni!!!! Io lo adoro da morire!!! Allora, tra il cinquecento e il seicento la medicina e la chirurgia ebbero molto spicco grazie alla scoperta del microscopio, inoltre è il periodo dove medici illustri si occupano della psicologia, dei parassiti, della peste… insomma il 500/600 è il periodo per così dire scientifico e della medicina. Quindi i termini usati da noi in chirurgia e medicina li utilizzavano anche loro, ma in lingua latina. Per quanto riguarda il pianoforte, in quel periodo esisteva, ma si chiamava clavicembalo (non mi resta che sostituire la parola “pianoforte” con “clavicembalo” ^_^). Spero di aver risposto bene alle tue domande, e se hai ancora qualche altra domanda, sarei felice di rispondere!!! Alla prossima!!! Kiss, Terry ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo Quattordicesimo ***


Sono tornataaaaaaaaa!!!!

Scusate molto del ritardo, purtroppo gli impegni di lavoro che mi tengono occupata dalla mattina alla sera a realizzare progetti e progetti su autoCAD!!!!


Prima di tutto, per accontentarvi posterò due capitoli a settimana!!!!

Domenica  e giovedì, tutti d’accordo?
Un grazie di cuore a tutte che mi seguono in questa follia  huddy!!!
Sono molto sadica, vero?
Una parola è troppa e due sono poche (Nonno Libero! ).
Ecco a voi il nuovo capitolo!
Mi raccomando recensite in tante!!!
Pronte?

1

2

3

GO!



CAPITOLO QUATTORDICESIMO.




Il cielo era molto buio. Un buio tetro simile all’abisso profondissimo di un oceano.
Non c’erano la luna e le stelle, solo grosse e terrificanti nuvole grigie accompagnate da violenti e accecanti lampi. Nessun segno di pioggia e né di gradinate. Sembrava lo sfogo di un qualcuno molto irato oppure era lo stesso Zeus che, preso dall’ira, si sfogava scagliando saette.
Bubbolati, latrati e ululati cominciarono a farsi sentire più vivi che mai.
Ad accompagnare questi sinistri rumori, c’era il trottare di otto zoccoli che sembravano andare di fretta.
Era il trottare di due cavalli, uno bianco ed elegante e l’altro nero e lucente.
In sella al cavallo bianco c’era don Jimmy che per tutto il tragitto non aveva fatto altro che osservare il cugino.
Trottavano fianco a fianco, per questo motivo Jimmy riusciva a vedere, nonostante la scarsa visuale notturna, e a percepire ciò che il cugino stava provando.
I suoi occhi erano strani. Non si poteva capire ciò che stava provando poiché notava un viavai di sentimenti che andavano dalla rabbia alla paura. Incredibile! Lui, cinico, misantropo, scorbutico e maledettamente irritabile, stava provando un sentimento probabilmente a lui sconosciuto: paura.
“ Ci sono vari tipi di paura.”
Pensava con il vento che colpiva in modo violento il viso poiché galoppava velocemente.
Voleva scoprire quale tipo di paura assaliva la sua anima, ma, l’improvvisa fermata brusca di House che tirava violentemente le redini facendo alzare il cavallo, lo distrasse da quel pensiero.
Entrambi scesero da cavallo e, tenendo stretto tra la mano le redini, proseguirono a piedi il cammino.
Camminarono in quell’immenso campo di girasoli alti almeno tre metri e con le ligule chiuse poiché non c’era la luce solare.
Don Jimmy s’avvicinò di più al cugino poiché il suo corpo fu invaso da una tremarella nell’udire dei suoni agghiaccianti e lagnosi provenire in quel campo.
Man mano che loro avanzavano, quei suoni si fecero sempre più vicini e fastidiosi.
Don Wilson camminava guardandosi intorno. Aveva paura. Il suo corpo tremava nell’udire quei rumori tetri e persino gli occhi gli uscirono dalle orbite ogni qualvolta vedeva delle strane ombre bianche apparire e sparire di tanto in tanto.
Anche i denti gli battevano rumorosamente tra loro e le gambe cominciarono a farsi sempre più molli.
D’improvviso Greg si fermò di scatto e, nonostante camminava con lo sguardo rivolto a lato, Jimmy andò a scontrarsi contro la schiena di lui.
< Ahi! >
Gridò Jimmy dal dolore.
Don House sbruffò silenziosamente roteando gli occhi per aria e si girò verso di lui. Portò l’indice della mano destra al proprio naso e gli fece segno di fare silenzio.
Il cugino alzò ambedue le mani in aria tenendo i palmi aperti facendo segno di scusarsi.
Greg si girò dandogli le spalle e puntò il dito verso il famoso castello.
Don Jimmy rimase terrorizzato, ma allo stesso tempo, incantato nel vederlo.
Il castello aveva una struttura al quanto complicata: la porzione che si affacciava sul campo aveva una forma ottagonale; le facciate erano tutte in precarie condizioni a causa dell’usuramento delle pietre dovuto agli agenti atmosferici e alla mancata manutenzione nel tempo.
In alcune parti si notava dei grossi ed enormi buchi di forma quasi rettangolare probabilmente appartenuti, un tempo, alle finestre.
Don House camminò sempre diritto e poi ad un tratto svoltò a destra.
Don Jimmy, in silenzio, lo seguiva come un’ombra, immaginando il cugino come guida turistica.
Entrambi si fermarono di fronte alla facciata principale del castello diroccato.
Jimmy deglutì alla vista di un enorme portone un po’ strano.
Forse era dovuto all’effetto della notte un po’ tetra oppure alla fantasia che la sua mente si era lasciata travolgere in quel contesto se vedeva una strana incisione: una donna urlatrice con i capelli a serpenti e i denti di un vampiro.
Sentiva le gambe tremare, aveva tanta voglia di scappare e di tornare a casa per buttarsi nelle braccia della moglie.
< Su, apriamo il portone! >
Sussurrò Greg avvicinandosi al cugino che era rimasto indietro a lui con gli occhi fissi su quell’immagine del portone e i denti che tamburellavano senza sosta.
< Do... do... dobbiamo pr... pr... proprio? >
Riusciva a stento a pronunciare qualche sillaba. Tanta era la paura di entrare. Se il castello gli incuteva terrore solo a vederlo all’esterno, figuriamoci come poteva essere all’interno.
Temeva che una volta entrato, non ne sarebbe mai più uscito vivo.
< Non è ora di fare il pappamolle! >
Disse annodando le redini di entrambi i cavalli su una lunga linea orizzontale di ferro, appeso al muro perimetrale, che probabilmente in passato doveva appartenere alla ringhiera di un terrazzo ormai demolito.
Cominciò a spingere il portone con molta forza.
Vedendolo un po’ in difficoltà, con un pizzico di coraggio, Jimmy lo aiutò ad aprire il portone.
Il portone si aprì lentamente e un terribile eco colpì violentemente le loro orecchie.
Don House ne rimase illeso, ma Jimmy rimase pietrificato con gli occhi spalancati e le mani incollate al portone.
Vedendolo che non muoveva un muscolo, Greg gli diede qualche schiaffetto sul viso per svegliarlo.
Don Jimmy si svegliò e, con denti serrati, proferì parola.
< Voglio mamma! >
Esclamò appoggiando le braccia su quelle di Greg.
< Non è ora di fare capricci! >
Lo rimproverò con tono serio e freddo.
< Una domanda: perché tu sei rimasto immune a quel terribile eco? >
Domandò tutto tremante con le orecchie ormai frastornate.
< Che stupida domanda! Ho messo del cotone nelle orecchie! >
Disse togliendo il cotone dalle orecchie e mostrandole a lui.
Nonostante tremasse di fifa, Jimmy aveva voglia di strangolarlo. Non gli aveva avvertito di questo terribile eco e né perlomeno offerto qualche pallina di cotone.
Senza perdere tempo, i due misero piede all’ingresso.
Jimmy si pentì subito poiché il portone si chiuse rumorosamente da solo alle sue spalle lasciando loro al buio pesto.
Don Wilson deglutì. Non gli era mai capitato di trovarsi in quella situazione. Sembrava di vivere in un castello stregato.
Improvvisamente vide una luce tenue e un’ombra gigantesca apparire lungo la parete del corridoio avvicinarsi a lui.
Sudava freddo per ogni passo che l’ombra compiva verso di lui.
Aveva una strana faccia! Sembrava Dracula in persona.
Appena quella figura gli si fermò di fronte, a Jimmy scappò un urlo.
< Hey, sono io! Mi hai dimenticato? >
Esclamò avvicinando le fiaccole al proprio volto per il riconoscimento.
Don Wilson sospirò nel vedere che era il cugino.
Greg roteò gli occhi per aria. Non credeva di avere un cugino tanto fifone.
Gli diede una delle due fiaccole che aveva acceso e s’incamminò in quel lungo corridoio senza luce.
Jimmy camminava a passi felpati muovendo lentamente la testa in ambedue i lati.
Vedeva degli strani quadri appesi alla parete lungo il corridoio. Erano ritratti di persone che avevano vissuto in questo castello e che probabilmente erano defunti.
Aveva l’impressione che i loro occhi si muovevano e che dalla loro bocca uscivano delle risate isteriche.
Stava per svenire. Anzi aveva voglia di svenire.
C’era troppa tensione in quel castello.
Persino il cuore faceva il matto. I polmoni ricevevano poca aria e il sangue scorreva lentamente nelle vene.
Sotto ai loro piedi c’era un tappeto lunghissimo, molto consumato e appiccicoso.
Sembrava di camminare sulla melma.
< Dio, Greg! Sai almeno dove trovarla? >
Ormai aveva perso la pazienza. Voleva ritirarsi dal gioco sporco di “Boing-Boing”.
< No! Contento? >
Rispose con tono seccato.
I due proseguirono il cammino entrando e uscendo dalle varie stanze.
Povero Jimmy! Ad ogni stanza ne usciva con i capelli ritti e gli occhi fuori dalle orbite a causa di vari imprevisti. Volata furiosa di pipistrelli addosso a loro, puzza di animali decomposti, enorme ragnatele che coprivano un’intera stanza.
Finalmente lasciarono il piano terra e salirono le scale che disegnavano una lieve curva conducendoli al piano superiore.
Alla loro destra c’era un arco che delineava l’ingresso a una stanza, probabilmente uno studio.
Incuriosito, don Wilson entrò in quella stanza, mentre don House entrò in un’altra stanza a lui familiare.
Jimmy non si accorse dell’assenza di Greg poiché fu attratto da uno strano oggetto che a prima vista sembrava un enorme tavolo da scrivano.
Ci soffiò sopra per spazzare via la polvere che si era accumulata col tempo e trovò dal ripiano alcuni quadri molto vecchi. Li prese uno a uno osservandoli col fare curioso.
Erano tutti dipinti originalissimi però, purtroppo, ripetitivi. Ogni dipinto avevo lo stesso oggetto: campi di girasoli, però diversi tra loro a seconda del tempo e delle giornate.
Annoiato, rimise i quadri al loro posto e cominciò a perlustrare lo studio. Notò l’enorme camino ormai in parte demolito e coperto di ragnatele, una piccola poltrona che molleggiava a causa di due piedi mancanti e un piccolo baule. Incuriosito, aprì quel baule. In quel momento sentì l’aria farsi sempre più pesante, più densa e per un attimo il respiro gli venne a mancare come se avvertisse una strana presenza sovrannaturale in quella stanza che gli opprimeva il torace.
In quell’istante la sua mente fu invasa da pensieri irrequieti.
Per distrarsi da quei pensieri, si concentrò a far uscire dal baule dei libri polverosi e stranamente ben conservati.
Improvvisamente il suo cuore cominciò ad accelerare poiché notava sulla parete di fronte un’ombra ingigantirsi sempre di più. Vedeva una strana figura con i capelli che sembrava strisciare come serpenti e subito si diede dei pizzicotti. Non poteva essere quella donna urlatrice che aveva visto inciso sul portone. Si girò e non fece in tempo a urlare e scappare che un oggetto contundente lo colpì in fronte facendolo svenire.
Nel frattempo, Greg stava perlustrando la stanza a lui molto familiare e vividi immagini gli si presentarono sotto forma di flashback.

“< Come lo chiamiamo questo posto? >
Domandò curioso il bambino con la testa appoggiata a quella della graziosa bambina dagli occhi grigi birichini.
< Meraviglia di Girasoli! >”


Immagini di loro due in quella stanza a fare pic-nic di fronte a quel panorama di girasoli.

“< Ecco a te la ciambella! >
Disse Lisa con tono dolce estraendo due ciambelle dal cestino e offrendone una a lui.
< Grazie, Raggio di Sole! >”


Altri ricordi di loro piccoli che pulivano quella stanza rendendola accogliente, i loro passatempi a realizzare e costruire un teatrino di legno per marionette divertendosi a imitare vari personaggi e, infine, il ricordo più doloroso, quello del loro addio.

“< Ti devo dire una cosa. >
Disse il bambino con voce seria e triste.
Fuori pioveva a dirotto con lampi e tuoni.
Un terribile tuono spaventò Lisa che si buttò tra le calde braccia di lui. Il suo abbraccio fece peggiorare le cose. Quell’abbraccio non ci voleva poiché gli metteva tristezza e nostalgia con quello che le doveva dire di urgente.
Seguì l’istinto di stringerla a sé ancora più forte.
Gli piaceva tanto abbracciarla poiché gli dava un senso di protezione e di amore.
Già, amore! Delle lacrime gli rigarono il volto andando a bagnare la clavicola di Lisa.
Lei se ne accorse e si distaccò leggermente da quell’abbraccio per guardarlo.
Si guardarono intensamente negli occhi. Solo un silenzio c’era tra loro poiché lasciarono che fossero gli occhi a parlare.
Parlavano così tanto da non accorgersi che i loro nasi si toccavano e le loro labbra si sfioravano. Un tenero contatto tra le loro labbra chiuse. Delicato e tenero. In quell’istante lampi e tuoni scomparvero lasciando il posto a un meraviglioso arcobaleno.
I due, dopo quel piccolo bacio, rimasero appoggiati fronte a fronte perdendosi negli occhi.
< Prometto che questo sarà un arrivederci! >
Cominciò a dire assumendo un tono tranquillo e sereno.
Nell’udire quelle parole, a Lisa scappò una lacrima.
< Lo prometti? Ti rivedrò? >
Lui le asciugò il viso e sul volto stampò un leggero sorriso. Un sorriso così luminoso e soave.
< Tornerò e ci incontreremo dove s’incontrano gli amanti! >
I due sorrisero e rimasero abbracciati per chissà quanto tempo.”


A quel ricordo, Don House gli venne uno strappo al cuore.
Non era vero che se ne era andato! Quel giorno gli morì il padre e di conseguenza doveva prendere il suo trono. Il trono del signore dei ricatti, della malvagità e del terrore. Purtroppo lui era troppo diverso dal padre e non riusciva ad essere come lui poiché l’incontro con quella fanciulla gli aveva cambiato sia esternamente che internamente.
Per tutto questo tempo, dopo il loro “arrivederci”, si era chiuso in se stesso diventando arrogante, cinico e solitario signorotto del paese.
Tutti avevano terrore di lui immaginandolo simile al padre che uccideva coloro che non saldavano i debiti entro i giorni stabiliti.
Però da quando Greg era al trono, non ci fu nessuna uccisione, ma più lavoro per tutti.
Raramente andava in paese e i pochi che avevano avuto occasione d’incontrarlo né uscirono arrabbiati per le sue battute sarcastiche o né uscirono felici per ogni offerta di lavoro. Le giornate le trascorreva nascondendosi nel bosco che circondava il lago ad osservare quella graziosa bambina diventare sempre più bella e affascinante con l’età.
Non aveva mai avuto occasione d’incontrarla e di abbracciarla temendo una reazione negativa di lei nello scoprire la sua vera identità.
Questo, col passare del tempo, lo faceva sempre soffrire ed era anche la causa dei suoi pessimi umori.
Appoggiò ambedue le mani al vetro della grande finestra, l’unica rimasta intatta nel tempo, con lo sguardo rivolto verso l’esterno.
Tra quel buio pesto, scorse due sagome ben illuminate dalle fiaccole e si accorse che uno di loro portava in groppo il cugino svenuto e legato come un salame.
< Hanno preso anche Jimmy! Stanno andando verso il mulino ad acqua! >
Si voltò di scatto, uscì dalla stanza e scese correndo per le scale.
D’improvviso si fermò: una scena alquanto disgustosa gli si presentò davanti barrando la strada con il braccio teso verso di lui puntando la spada.
Una risata malefica uscì dalla sua maligna bocca.
< A noi due, House! >


TO BE CONTINUED...

Siete tutte vive?
*me che apre l'ombrellone in attesa di ricevere qualsiasi ortaggio lanciato da voi"

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo Quindicesimo ***


Hola à todos!!!
Eccomi di ritorno in pochi giorni.
J
Ancora  grazie a tutte che mi seguite nella follia Huddy e che mi sopportate!!!
XDDDDD
Pronte?

1

2

3

GO!



CAPITOLO QUINDICESIMO.





< Che scocciatura fare sempre le ronde ogni santa notte! >
Brontolò l’uomo dalla carnagione molto scura.
Camminava con i suoi compagni di sventura su una stradina molto abbandonata e ricca di rovi e cespugli.
Nessuno osava mettere piede in quella stradina poiché si narrava che un viaggiatore curioso di visitare il castello non ne era mai uscito vivo o morto.
Così col passare del tempo quella stradina diventò un manto erboso circondato da rovi pungenti.
< Accidenti a queste spine! >
Borbottò il più basso tra loro.
< Ma quante lagne che vi fate! Questa ronda prendetela per il lato positivo! Non siete curiosi di vedere e scoprire che fine ha fatto quel viaggiatore? E’ molto intrigante! >
Disse con gli occhi sognanti l’indiano.
Foreman e Taub si guardarono lanciando dei codici segreti ed estrassero dal fodero la propria spada.
< Hey, “colui-che-si-entusiasma-per-niente”, non sei curioso di sapere come hanno conciato il povero viaggiatore? >
Disse Foreman battendo e ribattendo la spada sulla propria mano.
Law, siccome era di spalle a loro, nell’udire il proprio nome, si girò e rimase stupito nel vederli che avanzavano velocemente con la spada puntata verso di lui.
Si lasciò guidare dall’istinto e fuggì a gambe levate.
I due gli corsero dietro presi dalla foga di conciarlo per le feste. Lui e le sue manie di archeologo che non facevano altro che mettere nei guai chi stava ad ascoltarlo.
Improvvisamente, l’indiano si fermò di scatto nel vedere delle ombre muoversi lentamente verso il mulino e distese le braccia orizzontalmente.
I due non riuscirono ad arrestarsi in tempo e andarono a scontrarsi tra le sue braccia pronte a bloccarli.
< Shhhh, vedete quell’ombra? Anzi ne vedo due! No, tre! Uno sta in groppa a una di loro. Che sia il viaggiatore? >
Sussurrò col tono felice e desideroso di scoprire il mistero che offriva quel luogo.
Foreman e Taub gli diedero un enorme scappellotto.
< Non vedi che quello in groppa è don Wilson? >
Disse quello più scuro col tono arrabbiato e furioso.
I tre si fermarono un attimo e si guardarono perplessi.
< Don Wilson?!? >
Urlarono tutti in coro. Presi dalla curiosità, si avvicinarono, senza farsi vedere, a quelle ombre.
< Oh mio Dio! Ma è proprio don Wilson! Quelli sono Ciucchino e Gargamella!!! >
I tre estrassero la spada pronti sussurrando il loro motto:
< Uno per tutti, tutti per uno! >
Erano pronti ad intervenire, ma purtroppo i due schiavotti di don Chase erano già entrati nel mulino.
< Ragazzi, non facciamoci suggestionare dalle voci infondate e conciamoli per le feste! >
Esclamò l’indiano incoraggiando i compagni ad avventurarsi in questa avventura alquanto tetra e horror.
I due bofonchiarono roteando gli occhi per aria e, alla fine, decisero di avventurarsi in questa follia del loro compagno di sventura sperando di uscire da quel luogo maledetto sani e vegeti.

***************************



Faceva molto freddo in quella stanza.
Lisa stava seduta in una camera piccola con le braccia attorno al corpo nel vago tentativo di scaldarsi.
Aveva addosso il pigiama di seta color rosa ed era inadatta per una situazione del genere.
Quel poco di calore che emanava la lanterna ad olio non le serviva per riscaldarsi.
La camera era molto umida e le quattro mura interne erano in pessime condizioni.
C’erano presenze di muffa nerastra dall’odore sgradevole, animaletti in decomposizione e piccole cascate di acqua che fuoriuscivano da quei piccolissimi buchi presenti nelle pareti.
Non sapeva da quanto tempo era là.
Ricordava di essere stata rapita e legata come un salame e, probabilmente, in quell’istante era svenuta. Per questo motivo non riusciva a ricordarsi da quanto tempo era chiusa in quella stanza.
Lisa cercò di distrarsi da quella situazione in cui si trovava e che le incuteva paura.

“< Hey, Lisa c’è un mulino ad acqua di fronte a noi! >
Disse il bambino dagli occhi blu oceano puntando l’indice della mano verso quella piccola struttura in pietra a secco.
I bambini, mano nella mano, presi dalla curiosità di visitare cose nuove, corsero verso l’entrata del mulino.
Non era molto grande e né tantomeno piccolo.
Aveva solo tre stanze, tutte vuote in condizioni discrete.
Rimasero poco lì dentro poiché non c’era niente d’interessante da scoprire.
L’unica cosa che li attiravano era la ruota attaccata ad una facciata del mulino e che girava senza sosta raccogliendo e gettando l’acqua del fiume. Ogni qualvolta che gettava acqua, rimasero stupiti nel vedere un arcobaleno di mille colori.
< Che meraviglia! >
Esclamò dallo stupore la bambina avvicinando la mano per afferrare quell’arcobaleno.
Il bambino le sorrise e la colpì gettando un po’ di acqua fresca del fiume.
Nel vedere lui tuffarsi nel fiume tutto vestito, lo imitò tuffandosi anche lei.
I due si divertirono tra nuotate, tuffi e spruzzi d’acqua.”


Un rumore improvviso di passi distolse Lisa dai suoi pensieri e, quando sentì il rumore terrificante di una chiave girare più volte nella serratura della porta, nascose dietro la schiena la clava.
Spalancò gli occhi nel vedere che non era l’unica ad essere rapita.
Quei due loschi energumeni stesero per terra l’uomo dai capelli castani e con il sangue che usciva dalla testa. Lo liberarono dalle corde senza perdere di vista la giovine slegata e uscirono frettolosamente chiudendo la porta a chiave.
Lisa si avvicinò a quella figura maschile ancora svenuto per scoprire la sua identità.
Siccome lui stava a pancia in giù con il volto coperto dal pavimento, lo girò a pancia in su e rimase stupita nel vederlo.
Immediatamente gli diede quattro colpetti sul viso per svegliarlo.
Jimmy si svegliò lentamente con un grande mal di testa a causa del colpo subito.
< Hey, Jimmy! Sono io! >
Quando stava per aprire le palpebre temeva di essere stato rinchiuso in una camera orribile con una donna urlatrice dai capelli di serpenti e dai denti di un vampiro, ma invece non fu così.
Infatti quando vide quel viso angelico di Lisa, si sentì sollevato e aveva voglia di abbracciarla.
< Che bello, sei tu! >
Esultò mettendosi in posizione seduta.
Lisa sorrise e lo abbracciò. Lui rimase sorpreso e si lasciò andare a quell’abbraccio. In fondo ne avevano bisogno poiché entrambi stavano vivendo una terribile avventura senza fine.
< Allora dobbiamo pensare a come attirare quei due energumeni in questa camera e colpirli con la clava che io e il mio migliore amico avevamo nascosto nella botola di sopra. >
Disse battendo e ribattendo l’enorme clava sulla mano.
Jimmy rimase senza parole. Non aveva mai visto una donna con l’istinto di un guerriero. Sorrise.
Poi d’un tratto sussultò dalla preoccupazione.
< Oh Dio! Greg... >
Disse con tono preoccupato colpendo la fronte con la mano.
< Cosa?!? Dov’è Greg? >
Domandò in preda alla preoccupazione la giovine.
Don Wilson prese fiato e la invitò a calmarsi e a sedersi accanto a lui.
Era deciso. Doveva raccontarle tutto. Doveva dirle tutto ciò che aveva scoperto sul segreto del cugino. D’altronde la giovine aveva il diritto di saperlo poiché l’argomento riguardava lei e lui.
< Lisa, quello che sto per dirti ti lascerà incredula. Ma credimi è la verità! Pura e semplice verità! >
Sospirò profondamente.
La giovine lo spronò a raccontarle tutto poiché troppa era la curiosità che invadeva la sua mente.
< Quando lui ha letto il biglietto che quel malvivente aveva lasciato sul lettone disfatto, ha capito subito dove trovarti. Sono rimasto senza parole poiché sul biglietto parlava di un castello qualunque e l’unico indizio erano i girasoli. In vita mia non avevo mai visto un castello circondato dai girasoli.
Però quando Greg ha detto: “ è il castello che NOI abbiamo chiamato Meraviglia di Girasoli” mi è sorto un dubbio! A chi si riferiva a quel NOI? Così dopo tante insistenze, lui mi ha detto tutto! E, non sai cosa ho scoperto... >
Non riuscì a terminare la frase che Lisa intuii tutto.
< Aspetta! Torniamo indietro! “Meraviglia di Girasoli” era il nomignolo che solo io e il mio amico del primo bacio, ne eravamo a conoscenza ed era il nostro segr... >
Si bloccò un attimo. Qualcosa le balenò nella mente. A pensarci un po’ quei due si assomigliavano. Entrambi avevano un certo caratterino, degli occhi di un meraviglio blu oceano, un sorriso rassicurante.
< No! No! Non dirmi che il bambino e don House sono la stessa persona! >
Jimmy si limitò ad annuire.
Lisa era incredula. Ora capiva perché ogni qualvolta che era con lui si sentiva felice, protetta e a proprio agio. Provava le stesse sensazioni che quel bambino le aveva dato da piccola.
Fu distratta dagli strani rumori che provenivano fuori dalla stanza.
Sfolgorare di spade, grida di dolori e risate dal vocione grosso.
I due si alzarono quando sentirono dei passi avvicinarsi a quella porta.
Lisa impugnò la grossa clava tenendola in alto e Jimmy si mise dietro di lei.
Adesso si sentiva il rumore terrificante della chiave che girava nella serratura.
Gocce di sudore scendevano lungo i loro volti.
La porta si aprì lentamente, uno stivale fece il primo passo dentro e una testa quasi pelata sbucò dalla porta.
Nel vedere la testa, Lisa fece muovere la clava dall’alto verso il basso, ma quando gli occhi di lui la stavano guardando, un gridò gli scappò.
< Noooo! Ferma! Siamo noi! >
Gridò proteggendo la testa con ambedue le braccia.
< Ma sei tu, Taub? >
Disse Jimmy nel riconoscerlo. Un sospirò di sollievo gli scappò.
< Non c’è solo lui, ci siamo anche noi! >
Borbottò Eric entrando nella camera, seguito da Law, con le braccia conserte.
Lisa che era rimasta bloccata con la clava in sospeso cominciò a urlare.
< Ma voi siete coloro che mi avete rapita nel bosco! Brutti bastardi! >
Aveva un grande desiderio di sculacciarli.
Jimmy la bloccò afferrando la clava che stava per colpire i bravotti.
< Lo so, sono dei grandi bastardi! Ma l’hanno fatto a fin di bene! Dovresti ringraziarli, compreso Greg, se sei ancora viva! Don Chase, quel giorno, aveva dato ordine, ai suoi schiavotti, di ucciderti e Greg, che aveva udito tutto di nascosto, ha dovuto inscenare il rapimento per salvarti! >
Lo disse tutto d’un fiato sperando di essere riuscito a calmarla.
I bravotti, che ne erano all’oscuro di tutto, si guardarono sorpresi.
Loro che salvavano damigelle in pericolo! Si sentivano incredibilmente degli eroi. E ne andavano molto fieri.
< Hey, siamo i tre moschettieri! Shhhh, è un segreto! Ora dobbiamo scortare la signorina Lisa al suo D’Artagnan! >
Esclamò stranamente felice l’indiano esibendosi in un inchino cavalleresco. Gli altri due lo imitarono.
< Siamo al servizio di Sua Maestà! >
Gridarono in coro.
Lisa era incredibilmente in imbarazzo. Si sentiva una principessa.
< Ora, ecco l’uscita! >
Esclamò l’indiano mostrandole la porta.
Uscirono prima Lisa accompagnata da don Wilson e poi i tre moschettieri.
< Sappiate che io sono Athos! >
Disse Eric vantandosi di essere quel moschettiere.
< No! Io sono Athos, tu sei Porthos visto che ami sempre scommettere! >
Ribatté l’indiano guardandolo storto.
I due si guardarono in modo cagnesco con i denti serrati.
< No! Io sono Athos! >
S’intromise il più basso.
Dalla rabbia, i due distolsero lo sguardo puntandolo a Taub e gli urlarono in coro:
< NOOOOO! TU SEI ARAMIS! PREGHI SEMPRE! >
Taub sorrise.
< Grazie ragazzi! Sono fiero di essere Aramis poiché è il più intelligente e compone poesie! >
I due stavano per strangolarlo per la sua sfrontataggine, ma l’intromissione di Lisa e Jimmy li fecero calmare.
I tre indietreggiarono, batterono i tacchi e fecero un inchino.
< Faremo i bravi, signorina Lisa! >
I cinque uscirono finalmente dal mulino, ma una risata divertita da parte di quei moschettieri fecero incuriosire Lisa e Jimmy.
Non riuscirono a parlare e si limitarono a puntare l’indice della mano verso la grande ruota del mulino che girava senza sosta.
< Oh mio Dio! Che avete combinato?!? >
Domandò incredula Lisa nel vedere una scena alquanto strana e divertente.
I due schiavotti legati alla ruota completamenti nudi, che di tanto in tanto, andavano a finire sott’acqua con la testa in giù e le gambe in aria.
Anche a Jimmy scappò una risata e, con lui, anche Lisa.
< Ben gli stanno! Faremo fare la loro stessa fine anche a don Chase! >
Esclamò la giovine con i lucciconi di vittoria negli occhi grigi.
I cinque ripresero il cammino verso il castello per raggiungere don House.

***************************



In mezzo a quei campi di girasoli si udivano lo sfolgorare di spade.
Gocce di sudore bagnavano i loro volti.
Occhi puntati su ogni singolo movimento.
Da quando si erano “incontrati” nel corridoio del castello che non smisero di duellare.
Duellando e duellando si erano spinti verso l’uscita del castello trovandosi nel campo di girasoli.
Continuavano a girarsi intorno uno all’altro, col fiatone, le mani tremanti, dove il peso delle spade si faceva sentire.
Un colpo a sgualembro dritto da parte del biondino andò a vuoto poiché, con prontezza, don House lo schivò con un colpo tondo dritto.
Scintille color oro venivano scaturite dal contatto delle due spade.
Attimo di pausa.
I due si guardarono in modo cagnesco.
Don Chase fissava gli occhi dell’avversario in cerca di qualche punto debole, ma non ne trovò nessuno.
Greg fece un passo in avanti disegnando un movimento quasi impercettibile, ma don Chase indietreggiò per recuperare qualche minuto in modo da studiare la mossa definitva.
Preso dalla voglia di vendetta, Robert avanzò correndo verso l’avversario pronto a colpirlo con un fendente dall’alto verso il basso che Greg, grazie alla prontezza, schivò con un salto all’indietro.
Una volta atterrato, si fiondò ad un’incredibile velocità verso don Chase, tempestandogli di colpi da tutte le direzioni.
Il biondino, però riuscì a pararli tutti e a contrattaccare, e a sua volta, i suoi colpi erano tutti parati, deviati o schivati.
Continuarono a scambiarsi colpi su colpi, senza sosta e senza tregua.
Allora don Chase decise di cambiare strategia: caricò un bel fendente laterale portato alle spalle, ma Greg lo parò scaraventando l’avversario il più lontano possibile con un violentissimo calcio al petto dato abbassandosi con le spalle al suolo.
E in quel preciso istante, Greg corse velocemente deciso a chiudere lo scontro e, quando gli fu vicino, saltellò in aria pronto a colpirlo, ma l’avversario, che aveva le spalle al suolo, fece una capriola all’indietro e la spada di Greg andò a colpire il terreno.
Tra le scintille dorate dovute allo sfolgorare delle spade e i loro affanni, violente discese di pioggerelline bagnarono i loro indumenti.
Nonostante stava piovendo, loro due continuarono a menare fendenti, montanti, sgualembri dritti e ridoppi roversi.
Però, proprio in quel momento, un violento e accecante fulmine colpì un albero tagliandolo in due parti.
Quella luce bianca acceccante distrasse don House poiché, dal fastidio, si coprì gli occhi con un braccio impedendogli qualsiasi visuale.
Don Chase, ne approfittò di questa sua distrazione per attuare il colpo finale: un violento ridoppio riverso andando a colpirgli la gamba destra.
Greg si piegò in due per il dolore.
Si accasciò per terra premendo più che poteva la ferita della gamba ormai sanguinante.
Robert sorrise malignamente.
Impugnò la spada sporca di sangue con ambedue le mani indirizzando la punta verso il basso e sollevò la spada un pochino in alto.
Si fermò un tratto per godersi la scena di lui che si crogiolava nel dolore più acuto e rise istericamente.
La spada che era sollevata un po’ in alto, velocemente scese per andare a colpire la testa dell’avversario, ma qualcosa andò storto.
Un bel colpo di clava molto grossa colpì la sua testa e la spada fu prontamente afferrata da don Wilson.
Don Chase svenne e i bravotti si divertirono a spogliarlo fino all’ultima goccia e a legarlo come un salame.
< Bel colpo, Lisa! >
Jimmy si complimentò con lei.
Lei non sorrise a quel complimento poiché si accorse che don House stava urlando dal dolore.
Lisa e Jimmy gli andarono incontro e videro la gamba sanguinante.
Lisa strappò un pezzo di stoffa dalla gonna del pigiama e gli fasciò la gamba per fermare l’emoragia.
< Jimmy dobbiamo portarlo in clinica, adesso! >
Urlò quasi per la disperazione e per la paura di perderlo.
< Presto raggiungiamo la carrozza che è a pochi passi da qui! Veloce! >
Jimmy fece alzare Greg facendolo appoggiare alla propria spalla e camminò velocemente per raggiungere la carrozza. Lisa sia avvicinò un attimo e sussurrò all’indiano ciò che doveva scrivergli sul petto di Robert.
< Capito tutto? Voi lo legate nudo alla ruota e gli scrivete ciò che ti ho sussurrato! >
Detto fatto li salutò e corse velocemente verso Jimmy.
Finalmente raggiunsero la carrozza, Lisa aprì lo sportello e Jimmy stese Greg su sedile.
Lisa rimase dentro con lui stringendogli la mano e accarezzando il suo viso, mentre Jimmy, veloce veloce, guidò la carrozza frustando, di tanto in tanto, i cavalli per farli correre velocemente.



TO BE CONTINUED...



Vi è piaciuta?
Nutritemi con i vostri commenti che sono come il Vicodin per House!!!


P.S.
Per farvi capire meglio la descrizione del duello, ve lo scrivo!!!

FENDENTE e MONTANTE: sono i due colpi verticali, il primo dall'alto in basso, il secondo in direzione opposta. Il fendente è un colpo generalmente molto forte, che si può dare indifferentemente ad una mano o a due, ma porta lo svantaggio di lasciare la guardia di chi attacca scoperta. Il montante invece è generalmente un colpo poco potente, solitamente portato ad una mano e spesso a seguito di azioni per le quali l'arma si trovi in posizione abbassata.

TONDO DRITTO E ROVERSO: sono colpi dati orizzontalmente, anche questi indifferentemente a una o due mani, che si differenziano solo per la direzione con cui vengono portati e conseguentemente il filo della lama offerto. La posizione classica di chi porta un tondo è con la gamba opposta alla direzione da cui proviene il colpo avanzata, durante il colpo il busto ruota proseguendo il movimento del braccio.

SGUALEMBRO (o sgualembrato) DRITTO O ROVERSO: via di mezzo tra un fendente ed un tondo, è il classico colpo che viene portato a spalle o braccia dell'avversario. Anch'esso può essere portato a due o una mano.

RIDOPPIO ROVERSO O DRITTO: incrocio tra montante e tondo, punta solitamente a gambe o fianchi dell'avversario.

Spero che vi abbia reso più l'idea del loro duello!!!

Kiss,
Terry ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo Sedicesimo ***


Hola à todos!!!

E’ da molto tempo che non aggiorno la fanfiction, perdonatemi tanto!!!

La verità è che ho pochissimo tempo per me a causa del lavoro che m’impegna tantissimo!!!

Siccome dalle prossime settimane non avrò tempo per aggiornare, posterò tutti i capitoli di questa fanfiction!!!

Spero che il finale vi piacerà...

Un grazie a tutti per avermi seguito in questa follia Huddy, sperando di incontrarvi di nuovo con delle nuove fanfiction.

Ora è il momento di farvi leggere il seguito e gli altri!!!

Buon divertimento!!!

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

CAPITOLO SEDICESIMO.



Tra violenti acquazzoni, ostacoli lungo le stradine piene di pozzanghere e di pietre e la scarsa visibilità notturna, la carrozza correva più veloce di un lampo.
Tra scocchi di frusta sui cavalli e grida di Jimmy che non faceva altro che ripetere le stesse parole:
“Forza, avanti!!!”, finalmente la carrozza arrivò a destinazione.
Due infermieri, di turno, si stavano concedendo una piccola pausa nel portico coperto dell’ingresso della clinica.
Quando videro scendere dalla carrozza una giovine con un pigiama ridotto male e pieno di sangue, senza perdere tempo, presero la barella e la raggiunsero.
Entrarono dentro la carrozza, adagiarono lentamente il ferito sulla barella e lo portarono in clinica.
Greg strinse la mano di Lisa e le fece un cenno con la testa.
Lisa fermò gli infermieri che trasportavano la barella con la forza delle mani.
< Avvicinati di più, Lisa! >
La giovine si sporse in avanti.
Il signorotto, con un dito, disegnò i lineamenti delle sue candide labbra.
A quel contatto, Lisa sentì il cuore battere come un matto.
I suoi occhi erano così dolorosamente magnetici tanto che dovette sposare lo sguardo indirizzandolo lontano dai suoi occhi blu oceano.
Greg le sollevò il mento costringendola a guardarlo negli occhi.
< La prima cosa che voglio vedere appena mi sveglierò sono il tuo sorriso solare e i tuoi occhi grigi raggianti! >
E poco dopo sparì dietro le porte della sala operatoria.
Lisa, nell’ascoltare le sue parole, si sentì invasa e sopraffatta da mille emozioni incontrollabili.
Il cuore aveva continuato a danzare un divertente rock per chissà quanto tempo.
Possibile che non riusciva a resistere al fascino di don Greg House?
Era così terribilmente affascinante e maledettamente seducente con quegli occhioni che fin da piccola l’avevano incantata.
Scosse la testa per non pensare a nulla.
Era già abbastanza confusa e decidere di andare fino in fondo per scoprire i misteri che celavano dentro il cuore che diventava matto solo ad annusare il suo profumo in aria, avrebbe finito solo con peggiorare le cose.
Si sedette buttandosi pesantemente su una panchina e il pensiero di aver trascorso una tragica oretta, che sembrava eternità, tra le urla di dolore e i pianti di lui, l’aveva fatta sentire impotente e abbattuta.
Al solo pensiero di lui che varcava la soglia di questo mondo lasciandola sola, la faceva sentire un groppo alla gola, una ferita fresca al cuore, una coltellata allo stomaco.
Sentiva una strana sensazione. Era una di quelle sensazioni che opprimevano i polmoni, stringevano la gabbia toracica e bruciavano il pancreas rendendolo terribilmente fastidioso.
Era qualcosa di molto profondo più dell’abisso nero dell’oceano e incuteva terrore tanto da far diventare le ciocche dei capelli di un colore bianco trasparente: la paura!
Paura!
Paura di perdere Greg!
Paura di non rivederlo gongolare in giro con il suo cavallo dal pelo nero lucente all’altra sponda del lago e rischiarato dalla luce del sole che sembrava di vedere il dio Marte.
Paura di non perdersi più in quella galassia dei suoi occhi pieni di misteri.
Paura di non sentire le sue calde braccia sul proprio corpo perdendosi in quel suono di carillon che usciva dai battiti del suo cuore.
Era ancora vivo in lei il ricordo della sofferenza, della disperazione, dell’angoscia, della preoccupazione, dello sconforto e della tristezza che aveva provato durante il tragitto in carrozza nel vedere lui crogiolarsi nel dolore. Per tutto il tragitto aveva temuto di perderlo data la gravità della ferita alla gamba destra.
La giovine continuava a perdersi in questi pensieri con lo sguardo perso nel vuoto che fissava, immobile, privo di espressione, un punto indeterminato della parete bianca di fronte.
Un uomo le si avvicinò e, vedendola in quello stato e che non rispondeva alla chiamata, si sedette accanto a lei.
D’improvviso lei distolse lo sguardo da quella parete e lo indirizzò verso gli occhi nocciola di lui.
< Io... io... io... >
Non riusciva a proferire parola poiché la sua voce era strozzata e fiumi di lacrime scesero lungo il suo angelico viso.
Jimmy, nel vederla in lacrime, gli venne l’impulso di abbracciarla e di consolarla.
Lisa si sfogò affogandosi nelle lacrime tra le sue braccia.
Don Wilson la cullò per quello che sembrava ore, accarezzandole, di tanto in tanto, i suoi morbidi capelli ricci.

****************



Il sole spuntava dietro i monti, rischiarando di un opaco color giallo chiaro le contee che si estendevano a perdita d’occhio su tutti i colli.
L’erba brillava di una luce cristallina poiché la notte era stata invasa da violenti acquazzoni e da accecanti tuoni, gli alberi donavano quello splendido panorama come se fosse stato un parco ben curato. I passerotti cinguettavano allegri svolazzando da un ramo all’altro. Le farfalle variopinte danzavano di fiore in fiore. Le rondini battevano le ali nel grande cielo blu e scendevano verso terra per acchiappare una buona preda da portare per i propri piccolini affamati.
Alcuni contadini con indosso pantaloni di fustagno, una camicia aperta sul petto, maniche arrotolate fin sopra i gomiti ove si potevano intravedere le braccia color rame per il troppo sole preso, un cappello largo di paglia in testa, stivaloni sporchi di terra ai piedi, stavano camminando sulla stradina piena di rovi pungenti.
Con un bastone cercavano di separare i rovi tra loro in modo da facilitare il passaggio e raggiungere il fiume.
Quando finalmente arrivarono a destinazione, si avvicinarono a quel fiume che scorreva limpido lungo i tratti di valle.
Raccolsero la fresca acqua dolce e si rinfrescarono il proprio volto segnato da qualche goccia di sudore.
Una risata e delle grida provenire verso la ruota del mulino li incuriosirono.
Videro con enorme sorpresa tre uomini nudi fino all’ultima goccia di intimo, legati a mani e caviglia alla ruota che, di tanto in tanto, girava su se stessa, facendoli bagnare.
Si accorsero che a ridere erano i tre bravotti del signorotto del paese di cui anche loro erano sotto al suo servizio.
Si unirono alle loro risate nel vedere la scena di quei tre urlare a squarciagola.
Ma delle frasi scolpite sul petto del biondino li lasciarono di sasso.
< Oh mio Dio! Non credo alle mie adorate pupille! >
Esclamò stupito e meravigliato uno di quei contadini.
< “Ho tentato di uccidere Don House e, inoltre, scopo suor Cameron in Chiesa e ne vado fiero! >
Nel leggere quella frase che occupava tutto il petto e nel vedere un cerchio che evidenziava il suo membro stranamente piccolissimo, i contadini si fecero il segno della croce per quest’ultima frase.
Mentre per la prima frase il loro stomaco covava vendetta, così decisero di condurre quei tre malviventi verso il buio pesto della cella in mezzo agli enormi topi di fogna.
< Allora ragazzi! Conduciamo questi pezzenti verso la più oscura e infernale cella della contea! >
Gridò dalla rabbia uno di loro e gli altri si limitarono a gridare consensi alzando e abbassando le braccia con le mani chiuse a pugno.
I bravotti indietreggiarono di qualche passo lasciandoli alle loro voglie di vendetta.
< Hey, “colui-che-si-entusiasma-per-niente” devo ammettere che certe volte hai delle idee... >
Esclamò Foreman con un pizzico di sorriso.
< Grazie! Sapevo che ogni giorno quei contadini venivano qua per raccogliere acqua fresca del fiume! Beh, il fato ha fato tutto il resto! >
I bravotti sorrisero con gli occhi carichi di lucciconi di vittoria.
Il loro piano stava andando alla grande.

****************



Passarono cinque ore da quel difficoltoso intervento.
Lisa era molto agitata.
Camminava avanti e indietro senza sosta.
Non aveva avuto nessuna notizia da quando Greg era sparito dietro la porta della sala operatoria.
Neanche una piccola informazione era riuscita a strappare dalla bocca di quelle infermiere che uscivano ed entravano da quella porta.
Troppa era l’agitazione e il tormento che bollivano nelle sue vene.
Troppa era l’ansia che tremava in ogni angolo del suo corpo.
Aveva voglia di urlare, di sfogarsi e di piangere.
Si sentiva tremendamente in colpa se lui era in quello stato.
Neanche le parole consolatorie di Jimmy erano riuscite a calmarla.
Quando sentì la porta aprirsi e i passi pesanti di un uomo, si girò di scatto verso di lui e gli si avvicinò accorciando la distanza con passi veloci.
Gli occhi di quel chirurgo erano spenti, stanchi e tristi.
Lisa, in quel momento, si sentì sprofondare nell’abisso più profondo dell’oceano.
Sembrava di vivere in un inferno senza uscita.
Temeva di averlo perduto per sempre.
Di questo, era sicura, che non avrebbe mai accettato la sua scomparsa.
Mai e poi mai!
Aveva voglia di piangere e distolse un attimo lo sguardo da quel dottore indirizzandolo verso il pavimento per cercare di nascondere le lacrime.
Il dottore appoggiò le mani sulla spalla di lei col fare consolatorio e cominciò a proferire parola.
< Signorina, l’intervento è andato bene. Ha rischiato di brutto! Poteva rischiare l’amputazione alla gamba, ma, tutto sommato, siamo riusciti a salvarla in tempo grazie al vostro tempestivo intervento.
Però, purtroppo, dovrà camminare con l’ausilio di un bastone. >
A questa notizia, Lisa le si illuminò gli occhi dalla gioia di saperlo ancora sulla terra.
Lo abbracciò in segno di ringraziamento e pianse, ma di gioia.
Jimmy, che aveva udito la bella notizia, si sentì sollevato e felice.
Anche se Greg era proprio un grande cinico, bastardo e misantropo cugino dell’universo, gli voleva un immenso bene.
Due infermieri uscirono dalla sala operatoria conducendo il letto, su cui era adagiato Greg, verso la camera destinata a lui.
Misero il paziente su un altro letto pulitissimo e disinfettato, controllarono la flebo, sollevarono la gamba mettendolo in trazione in modo da evitare danni pericolosi e uscirono dalla camera lasciandolo solo con la giovine.
Greg era ancora sotto effetto dell’anestesia.
La giovine sorrise nel vederlo dormire profondamente.
Lisa gli imboccò per bene la coperta, gli misurò la fronte per controllare la temperatura, bagnava e strizzava il panno umido e lo passava adagiando delicatamente sulla sua fronte.
Jimmy entrò in camera con una bella tazza di thé fumante per la giovine e lo appoggiò su un tavolino.
S’intenerì nel vederla con quanto amore possibile lei lo curava.
Si sentì di troppo e si avvicinò a lei.
< Ehm, io dovrei andarmene altrimenti mia moglie mi spenna vivo. Ci vediamo in tarda giornata. >
La giovine sorrise e gli rispose:
< Vai tranquillo! Sto io con questo piccolo idiota! Mi raccomando, riposati! L’avventura horror è finita! >
Anche Jimmy disegnò un largo sorriso sulle labbra e si fermò un attimo per guardare suo cugino che sembrava fare dei bellissimi sogni poiché anche lui sorrideva.
Salutò la giovine e uscì dalla stanza dirigendosi verso la propria dimora.
Lisa si concesse una piccola pausa.
Sorseggiò delicatamente il thé e, di volta in volta, osservava quella figura maschile stesa sul letto.
Era terribilmente stanca. Le era successo di tutto in questi giorni: il rapimento/salvataggio di Greg, poi il rapimento di Chase e, infine, il dramma più terribile: aver passato le ore angosciose della sua vita di fronte a quella porta della sala operatoria temendo di non vederlo gongolare in giro su questo pianeta.
Appoggiò la tazza mezza piena sul tavolino, prese una poltroncina comoda e l’avvicinò al letto dove era disteso lui.
Si sedette comodamente, gli prese la mano e glielo strinse forte.
Adagiò il viso sul letto di lui senza mai lasciargli la mano e si addormentò profondamente.
Un raggio di sole entrava timidamente penetrando attraverso il vetro e riscaldando quei due ragazzi che dormivano beatamente mano nella mano.

 

 

TO BE CONTINUED...

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo Diciasettesimo ***


E con grande piacere vi presento il capitolo diciasettesimo!!!

 

 

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

CAPITOLO DICIASETTESIMO



Quel raggio di sole che riscaldava i loro volti, filtrava sempre più prepotentemente attraverso la tenda bianca illuminando la stanza di un vivace color giallino.
Nel sentire quella luce così accecante sui propri occhi, Lisa aprì, controvoglia, le palpebre.
Guardò dolcemente quella figura maschile, ancora addormentata, con la bocca semiaperta dove, di tanto in tanto, gli usciva un suono simile al russare.
Si vedeva che stava dormendo beatamente e sorrise.
Si alzò lentamente, adagiò la mano di Greg sul letto e poi si massaggiò le tempie; aveva un terribile mal di testa.
Si avvicinò alla finestra e guardò fuori: il sole illuminava la contea rendendola meravigliosa.
Sembrava di vedere uno di quei paesaggi incantevoli dipinti da illustri pittori.
Il giardino era ben curato e colmo di fiori variopinti che emanavano fragranze così intensi e soavi.
La testa non le dava tregua, era proprio ora di prendere qualche medicinale.
Prima di uscire da quella stanza, si accertò che tutto fosse in ordine e poi uscì silenziosamente.
Mentre percorreva il corridoio, scorse tra la folla una figura femminile a lei molto familiare.
Era una donna con la vestaglia da notte, capelli ricci e bruni, occhi di un azzurro intenso come il cielo in un tempo sereno e un sorriso smagliante e inconfondibile.
“Ci mancavano pure le allucinazioni!”
Pensò strofinandosi gli occhi.
Quando aprì le palpebre, quella figura non c’era e sbruffò tristemente.
Sperava tanto non fosse oggetto di una sua allucinazione.
Sospirò e riprese il cammino per raggiungere la sala infermeria.
Una volta arrivata a destinazione, aprì la porta, però non fece in tempo ad entrare poiché una voce femminile, alquanto familiare, attirò la sua attenzione.
Lisa si girò di scatto per vedere se quella vocina era frutto ancora della sua allucinazione, ma non fu così!
Nel vederla, il suo corpo fu invaso da vampate di emozioni incontrollabili e, con le lacrime sul volto, andò incontro verso quella figura femminile che era la madre.
< Mamma! >
Gridò gettandosi tra le sue morbide e calde braccia.
Le due donne rimasero abbracciate, cullandosi per quello che sembrava eternità.
< Amore, mi sei mancata! >
Esclamò la madre con la voce strozzata dal pianto.
< Anche tu! Non sai quanto! >
Le rispose la figlia col tono flebile e leggero.
Le due donne asciugarono le proprie lacrime e si sedettero su una di quelle panchine del corridoio.
La madre accarezzò dolcemente il candido e umido viso della figlia.
Le due si guardarono con tanto affetto e amore.
Sembrava da chissà quanto tempo non si vedessero.
D’un tratto la madre distolse lo sguardo dagli occhi grigi della figlia e lo indirizzò verso il suo indumento malridotto.
Le prese un accidenti nel vedere che l’indumento di Lisa era pieno di sangue e strappi irregolari.
< Piccola, cosa ti è successo? Di chi è questo sangue? >
Le chiese con tono preoccupato.
Lisa cercò di tranquillizzarla regalando un lieve e accennato sorriso.
Vedendola che non si tranquillizzava, decise di raccontarle tutto ciò che le era accaduto in questi ultimi giorni.
< Mamma, non so da dove cominciare. Tutto è molto complicato e confuso. Per me rivivere il tutto è molto doloroso poiché ho dovuto lottare per aver salva la mia vita. >
La madre fece il segno della croce. Era talmente preoccupata e d’altronde il tono che aveva assunto la figlia nel cominciare a parlare le presagiva angoscia e ansia.
Così strinse calorosamente le mani tremolanti della figlia e le regalò un ampio sorriso consolatorio.
Lisa contraccambiò il sorriso e riprese il discorso.
< Tutto cominciò la notte scorsa quando avevo deciso di tornare a casa per cambiarmi e riposarmi. Lungo il sentiero tetro del bosco, tre loschi individui mi rapiscono e mi portano al... >
Non fece in tempo a finire la frase che un urlo terrificante proveniente dalla camera di Greg attirò la sua attenzione.
Senza perdere tempo, si allontanò dalla madre, attraversò il lungo corridoio ed entrò in quella camera.
Davanti a sé vide una scena alquanto dolorosa: Greg che si toccava la gamba ferita e si dimenava per il dolore.
< Greg, guardami! Cerca di calmarti! Ora t’inietto il medicinale e vedrai il dolore sparirà! Ok? >
La giovine iniettò quel medicinale per via endovena.
Nel toccargli il braccio si accorse che era accaldato. Gli toccò la fronte e intuì subito che aveva la febbre altissima.
Immediatamente andò nel bagno a riempire la tinozza di acqua fredda e ritornò in camera.
Bagnò e strizzò il panno umidificato.
Adagiò il panno inumidito cullando la fronte, poi bagnandogli il volto sudato, il collo e le braccia scoperte.
La madre, che aveva seguito la figlia, rimase immobile all’uscio della porta guardando quella scena.
Notava qualcosa di diverso nella figlia.
Vedeva una tale preoccupazione e paura.
Non ne capiva il motivo poiché l’uomo poteva essere un qualsiasi paziente. Mica a tutti i pazienti venivano concessi le stesse attenzioni che lei rivolgeva a lui!
C’era qualcosa di strano.
Poi nel vederla con le labbra che accennavano un lieve sorriso, gli occhi lucidi pieni di dolcezza e tenerezza persi nel profondo blu oceano di lui e le mani impegnate a coccolare, con il panno umido, la sua fronte calda, le fece venire enormi dubbi!
Dubbi così enormi da far venire l’emicrania!
Non l’aveva mai vista in questi atteggiamenti verso Manuel.
Ogni volta che la vedeva in compagnia del promesso sposo, i suoi occhi erano privi di emozioni, neutri e vuoti.
Invece con quel paziente, per la prima volta, percepiva nella figlia un mix di emozioni che andavano dalla gioia alla felicità, persino le sembrava di sentire il suo cuore danzare al ritmo di rock!
Per una mamma vedere gli occhi della figlia illuminarsi come stelle nell’universo era un’immensa gioia!
Però quando scoprì che il paziente era proprio l’uomo di cui le aveva raccomandato di diffidare, di odiare e di stargli alla larga il più possibile, le venne uno strappo al cuore.
Avrebbe fatto salti mortali per vedere la figlia felice.
Vedeva già difficile una loro relazione seria poiché lui era il signorotto del paese di cui tutti temevano e per cui aveva alle spalle una cattiva reputazione da parte dei suoi avi anche se lui non aveva mai ricattato, ucciso e bruciato i debitori!
Per adesso tutto era confuso nella sua mente.
Non restava altro che aspettare la confessione della figlia.
I dubbi potevano essere sbagliati oppure esatti, ciò per eliminarli non restava altro che parlarne con lei.
Fece un profondo sospiro di sollievo.
Dopo qualche decina di minuti passati tra quei dubbi, finalmente il dolore cominciò a calmarsi e Greg si rilassò beatamente.
< Ho sete, Raggio di Sole! >
Disse con voce leggera quasi in un bisbiglio.
Lisa gli regalò un lieve sorriso e gli versò dell’acqua in un bicchiere di vetro.
Gli mise la mano destra dietro la testa e lo aiutò a sollevarsi un pochino per fargli comodamente bere l’acqua.
Greg bevve avidamente. Sembrava da chissà quanti secoli non toccava acqua!
La giovine gli raccomandò di bere con cautela, ma, testardo com’era, lui non le diede ascolto così l’acqua gli andò di traverso cominciando a tossire molto forte.
< Ti avevo avvistato! Hai la testa più cocciuta di un mulo! >
Esclamò adagiandogli delicatamente la testa sul cuscino e appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolino.
A quella scena la madre sorrise.
Se non fosse per il “mestiere” di signorotto, sarebbe stata felice che loro due diventassero una sola anima in due corpi!
Il signorotto capì che nella stanza c’era un’altra persona e cercò di vedere la sua figura.
Lisa nel vederlo che si sollevava appena con fatica, tirò fuori dall’armadio di legno un cuscino e lo mise dietro alla schiena di lui in modo che potesse stare nella posizione seduta senza sforzi.
< Ecco fatto! Stai comodo? Ah, già! Ti presento mia madre. >
Nel vedere la madre avvicinarsi a lui, istintivamente nascose la testa sotto le lenzuola lasciando perplessa la giovine.
< Piccolo Greg! Quanto tempo! >
Esclamò togliendogli le lenzuola e pizzicando le sue gote.
< Salve, signora Cuddy! Ci si rivede! >
Disse sillabando le parole poiché faceva fatica a parlare a causa delle sue mani che gli tiravano le gote allargando la bocca.
Lisa rimase per come dire stupita e meravigliata!
Poi si rese conto che quei due potevano conoscersi da sempre in quanto i genitori lavoravano alle sue dipendenze!
< Piccolo Greg, toglimi la curiosità! E’ finita la tua mania di scipparmi le ciambelle dal mio cestino del pranzo? >
Domandò allargandogli di più la bocca.
Povero Greg!
Nonostante il mestiere di signorotto lo faceva sentire un gigante, di fronte a quella donna tremenda si sentiva piccolo come una formica!
< E lei? Vedo che non ha perso la mania di “giocare” con le mie gote! >
Continuò a sillabare.
La madre rise di buon gusto e allontanò le mani dalla sua guancia.
Lisa, in quei pochi istanti rimasta a vedere la scena di loro due, sentiva dentro di sé il calore di una vera famiglia.
Quando le balenò in testa la parola “famiglia” diventò tutta rossa da suscitare la curiosità della madre.
Mosse la testa cercando di schiacciare quel pensiero.
< Beh, se mamma avrà perso la mania di “giocare” con le tue gote, continuerò io a giocare con te! Perché, a quanto pare, noi due abbiamo un conto in sospeso! >
La giovine lo guardò con aria di sfida.
Greg intuì subito cosa lei intendesse per “conto in sospeso” e maledisse il cugino.
< Se acchiappo Jimmy... E’ così rompiscatole! >
Disse immedesimandosi in varie smorfiette.
Piena di rabbia, Lisa si lasciò andare allo sfogo.
< Tu! Non sai quanti anni ho atteso, come un’idiota, il tuo ritorno? Credevo che tu fossi partito in chissà quale contea o sperduto in mezzo all’oceano, invece non ti sei mai allontanato da qua! Neanche un salutino! Niente! Brutto idiota! >
Dalla foga gli diede uno scappellotto in testa. Poi un altro e altro ancora.
La madre si sentì d’impiccio e si allontanò in silenzio uscendo da quella camera senza essere vista.
< Ahi, mammina mi dimena! >
Lisa continuava a schiaffeggiarlo. Doveva sfogarsi. Erano troppi gli anni trascorsi tra tristezza, nostalgia e lacrime sperando in un suo ritorno.
Improvvisamente Greg afferrò ambedue le braccia di lei e la trascinò a sé.
Entrambi si trovarono tete-à-tete lasciando che fossero gli occhi a parlare tra loro.
Lisa distolse un poco lo sguardo dagli occhi di lui e lo indirizzò verso la sua bocca.
Sembrava così morbida e sensuale tanto da chiedersi come sarebbe stato sentire le labbra di Greg sulle sue.
Arrossì al pensiero e alzò lo sguardo fino a rincontrare gli occhi di lui che non avevano mai smesso di osservarla.
Il suo sguardo era così profondo. Le piaceva tanto perdersi nell’oceano dei suoi occhi.
Aveva non so di che di speciale, sembrava di vedere la notte di San Lorenzo con quelle meravigliose stelle cadenti.
Greg sorrise leggermente nel perdersi tra le meraviglie degli occhi di lei. Era stranamente fantastico poter ammirarli da vicino. Quando vide che lei spostò lo sguardo, notò le sue gote farsi di un colore rosso vivace e il desiderio di assaporare le sue turgide labbra era insostenibile.
Trascinò leggermente la presa su Lisa per avvicinarla di più a sé temendo la sua reazione. Si stupì quando lei non cercò di divincolarsi dalla presa, anzi si lasciò trascinare da lui.
Lentamente i loro volti si avvicinarono, le loro palpebre si chiusero e le labbra cominciarono ad avvicinarsi, ma l’intervento di una vocina strillante interruppe quel momento magico.
< E’ ora di pranzo! >
Entrò una graziosa infermiera dai capelli castani trascinando in avanti il carrello del pranzo.
A quell’intromissione, Lisa si staccò dalla presa di lui e indirizzò gli occhi verso l’infermiera.
< Oh, scusatemi tanto se vi ho interrotto qualcosa. Se volete ripasso più tardi! >
Domandò con lo sguardo rivolto verso il pavimento e con le gote rosse dalla timidezza.
Si sentiva terribilmente in colpa per aver interrotto qualcosa di magico tra loro.
< No, Brenda! Non ti preoccupare! >
Rincuorò la giovine.
Con un tono alquanto professionale e distaccato, Lisa rivolse lo sguardo verso Greg che non aveva mai smesso di osservarla.
< Signor House, buon pranzo! >
A quel tono, il signorotto rimase stupito.
Non se lo aspettava questo suo atteggiamento.
Lisa lesse nei suoi occhi molta rabbia e delusione.
Non riuscendo a sostenerlo, uscì da quella camera con gli occhi abbassati dalla vergogna e tristezza.
Per tutto quel tratto di tempo, Brenda aveva percepito una forte tensione tra loro e, quando la giovine uscì dalla stanza, percepì un’aura negativa provenire dal paziente.
Aveva gli occhi pieni di fiamme che fissavano immobili la porta, da dove era uscita Lisa, i denti che mordevano le labbra e le mani che tenevano strette il lenzuolo fino a far diventare bianche le nocche.
< Ehm, il vostro pranzo! >
Disse quasi in un sussurro temendo una reazione negativa da parte sua.
Sollevò il vassoio, colmo di cibo, dal carrello e lo adagiò sul tavolino a fianco del letto.
Non ricevendo alcuna risposta, lo salutò e uscì dalla camera lasciandolo solo in quello stato.
Lisa percorse il corridoio quasi vuoto poiché tutti erano nelle proprie camere a mangiare e cercò di raggiungere velocemente la sala infermeria.
Quando finalmente arrivò a destinazione, tirò un profondo sospiro di sollievo.
Quella sala era il solo luogo dove si poteva stare nella più completa tranquillità.
Nella sua mente scorrevano ininterrottamente le immagini di loro due che si stavano per baciarsi.
“O my God! Cosa stavo facendo?”
Non riusciva a capacitarsi ciò che stava facendo. Era sul punto di baciarlo!
Lei non poteva lasciarsi travolgere da queste emozioni che non facevano altro che farle crescere il desiderio di stare tra le sue braccia, perdersi nell’immensità dei suoi occhi, toccare le stelle assaporando le sue labbra. Non poteva concedersi queste cose. Doveva solo controllare queste emozioni più forti di lei. Lei che era promessa sposa!
Decise di fingere che non fosse accaduto nulla, ma sapeva che sarebbe stata molto dura.
Doveva solo affrontare questa battaglia di emozioni.
Ce l’avrebbe fatta?
Scosse la testa, doveva farcela!
Si guardò ad uno specchio; notò che aveva il viso molto stanco, gli occhi quasi arrossati e l’indumento da notte sporco di sangue e pieno di stappi irregolari.
Nel vederlo inzuppato di sangue, le venne in mente la notte scorsa.
Il duello, il colpo di clava sulla nuca di quel verme di Chase, Greg a terra che si crogiolava nel dolore urlando e piangendo, la corsa verso la carrozza e l’operazione rischiosa.
Scacciò quelle immagini che le si presentavano come un flash e massaggiò le tempie: le era venuto nuovamente un terribile mal di testa.
Aprì uno di quegli armadietti stracolmi di medicinali e ne prese uno per calmare il dolore alle tempie.
Detto fatto, uscì da quella sala e raggiunse la camera della madre.
Aprì la porta e notò che in compagnia della madre c’era anche il padre.
Quando vide i loro occhi colmi di preoccupazione e di ansia puntati su di lei, capì che la madre aveva raccontato al padre ciò che era riuscita a raccontarle prima dell’interruzione di Greg.
Sospirò, chiuse la porta e si sedette accanto a loro.
Tra le loro carezze e sorrisi, si fece coraggio e iniziò a raccontare il suo lungo cammino.

 

TO BE CONTINUED...

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo Diciottesimo ***


E con grande piacere vi presento il capitolo diciottesimo!!!

 

 

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

CAPITOLO DICIOTTESIMO



Erano passati due giorni dall’arresto di Chase e dei suoi schiavotti.
Le giornate trascorrevano serene e limpide come il cielo azzurro illuminato dai forti e luminosi raggi solari. Il paesino trascorreva la sua quotidianità tra chiacchiere, compere, lavori e divertimenti.
Le locande erano stracolmi di clienti affamati e stanchi per il troppo lavoro. I bambini si divertivano a giocare nei parchi, le mamme in panchina che li sorvegliavano e contemporaneamente scambiavano qualche parola con le amiche.
Tutto scorreva sereno e tranquillo in quella contea, ma non proprio tutto.
Già, nei sotterranei di quel parco giochi, qualcosa si muoveva tra quelle lunghe e disagiate scaline.
Un’ombra nera sulla parete illuminata da una fiaccola. Ed ecco quell’ombra diventare sempre più nitida e chiara. Tre poliziotti e una donna scendevano le scalinate.
Finalmente erano arrivati a destinazione. Col passo fermo e sicura di sé, aveva sceso i migliaia di gradini in condizioni pessimi. Una figura sorretta a braccetto da due poliziotti, un po’ malconcia, si faceva forza per non cedere. Era terribilmente stanca. Dopo tutto quelle scale non avevano fatto altro che “regalarle” calli e dolori ai piedi privi di scarpe nere. Quando finalmente scese l’ultimo gradino tirò un bel sospiro di sollievo: finalmente erano terminati! Era una donna con un sottabito quasi sgualcito, capelli lunghi e spettinati, occhi di un blu cobalto che rispecchiavano tristezza e rabbia. Tristezza per non essere riuscita a realizzare i propri sogni. Rabbia verso i genitori, che l’avevano costretta a seguire quella vita monacale, e verso il mondo che aveva promulgato le leggi del maggiorasco! Maledette leggi! Come desiderava eliminare quelle dannate leggi! Quelle leggi che l’avevano fatta vivere una vita di solo dedizione e invidia per le ragazze libere e innamorate! Aveva tanta voglia di gridare al mondo la rabbia che ogni singolo anno, mese, giorno, minuto e secondo aveva represso. Per tutti questi anni aveva condotto la propria vita nascosta in quell’abito monacale creandosi una maschera. Una maschera di monaca buona, gentile, raffinata, paziente, sempre pronta a farsi in due per risolvere i problemi altrui, volenterosa. Una maschera che le aveva procurato stima e amore da parte dei cittadini della contea. Una maschera che non aveva fatto altro che procurare sofferenza e dolore tanto da chiudersi in un mondo irreale fatto di libertà e sogni d’amore. Proprio quando il fato le aveva dato l’opportunità di amare e sentirsi amata, si era sentita rinascere! Però, nonostante il loro era un amore “illegale”, nuovamente si era trovata di fronte a un vero e proprio portone chiuso e ben serrato impedendole di continuare quella relazione segreta.
Mentre percorreva lunghi e tetri corridoi con due poliziotti a braccetto e un altro che camminava a testa alta facendo strada con la fiaccola fiammeggiante, la sua mente ritornò a qualche ora prima di finire in quel posto tetro e inquietante.

“C’era un brusio di voci accavallate e indistinte in quella grande sala destinata ai processi giudiziari e penali. Allison era inginocchiata con due fucili puntati contro e lo sguardo rivolto verso quel lungo tavolo a forma di mezza luna. Non capiva perché si sentiva come un pesciolino fuori d’acqua! Sentiva crescere qualcosa che la metteva in agitazione, il respiro cominciava a mancarle, il cuore batteva all’impazzata, il corpo era invaso dai brividi freddi come se si trovasse in una vasca stracolma di ghiaccio. Non riusciva a sostenere quei sedici occhi puntati contro di lei. Quegli occhi che esprimevano odio, vergogna, delusione, amarezza e disgusto. Non riuscendo a sopportare i loro sguardi, abbassò gli occhi indirizzando verso il pavimento. Nel suo profondo, sapeva benissimo che aveva commesso un gravissimo errore, soprattutto verso la Chiesa e verso quegli occhi. Quegli occhi appartenenti a persone che avevano dedicato tutta la loro vita a servire l’Onnipotente senza infangare la Chiesa. Quello che lei aveva fatto era irrimediabile ed era giusto che le fosse data una severa punizione. Era proprio di questa che ne aveva una grande paura. Paura di essere fucilata oppure di vivere, per tutta la vita, chiusa in una cella nei più profondi sotterranei a patire la fame e soffrire di freddo. Tremava al solo pensiero. Un suono di una campanella la distolse dai quei brutti pensieri. Una porta si aprì e una figura anziana, ma vigorosa cominciò a fare il suo ingresso.
Alla vista del Cardinale, tutti i presenti si alzarono, tranne l’imputata che distolse lo sguardo da terra puntandolo verso quella persona di notevole importanza.
Il Cardinale aveva un portamento composto e maestoso, né incurvato né infiacchito dal peso degli anni; nei suoi occhi celesti si poteva scorgere il carattere: severo, rigoroso e disciplinato. La fronte pensierosa ed evidenziata da visibili rughe. Le caratteristiche del suo volto denotavano una passata non del tutto sfiorita in bellezza.
Quando il Cardinale si sedette, tutti tornarono a sedere e, di colpo, il silenzio avvolse l’aula.
< Caso numero A: 481516. La Chiesa contro Allison Cameron: accusa di tradimento verso la Chiesa, accusa di complicità con l’amante Robert Chase nel rapimento della signorina Lisa Cuddy e del tentato omicidio del signorotto Don House. >
L’imputata, dalla vergogna, abbassò lo sguardo.
La folla, presente in quella sala, urlarono di sante ragioni.
< Silenzio o faccio sgombrare l’aula! >
Gridò il Cardinale picchiettando il martello sul tavolo.
Quando nuovamente nell’aula si presentò il silenzio, il Cardinale cominciò a proferire parola.
< Prima di emettere il verdetto finale, vorrei dire qualche parolina all’imputata. >
Silenzio.
Nessun fiato, nessuna espirazione o inspirazione dei polmoni, nessun rumore di battiti cardiaci.
Sembrava che l’aula si fosse bloccata di colpo, i presenti erano come delle statuine immobili, persino il tempo sembrava non passare mai che i secondi fossero secoli, minuti i millenni e gli anni milioni.
Solo una cosa si poteva percepire da quella figura così esile e malconcia: terrore.
Terrore per i giudizi degli altri poiché non amava essere giudicata. Terrore per i rimproveri poiché li aveva ricevuti troppi dal padre, tanti da odiarli a morte. Terrore per ogni singola parola o sillaba che poteva uscire da quella bocca screpolata a malapena.
Aveva il terrore di tutto.
Doveva farsi coraggio e guardarlo negli occhi.
Il Cardinale percepì uno stato di terrore nei suoi occhi blu cerbiatto.
Cominciò a provare molta pena per quella giovine sventurata costretta a farsi monaca per volere dei suoi genitori. Percepiva in lei un senso di delusione verso il mondo, astio per le ragazze libere e innamorate, sconforto per non essere riuscita a realizzare i propri sogni.
Purtroppo non poteva fare niente, la legge era la legge e bisognava eseguirle alla lettera.
Si schiarì la voce e riprese il discorso.
< Sarò molto breve. Prima di tutto voglio congratularmi con lei per aver svolto bene il lavoro di servitore di Dio fino ad adesso. I fedeli vi ammiravano, vi lodavano e vi idolatravano. Voi, per loro e per la Chiesa, rappresentavate un esempio da seguire, un mito da imitare, una dea da elogiare. Vi siete sempre sacrificata per aiutare gli altri, avete lottato contro la schiavitù dei minorenni, avete accolto bambini senza genitori e li avete accuditi come una mamma. A sentire parlare benissimo di lei, ero talmente disposto a realizzare un grandissimo centro di accoglienza a nome vostro con un regale giardino e una statua raffigurante voi. Ero talmente affascinato e ammaliato che avrei perdonato qualsiasi vostro errore. Capite? Qualsiasi vostro errore!!! Ora che vi vedo qui, al centro di questa aula piena di occhi delusi, amareggiati, traditi, ingannati, illusi puntati su di voi non riesco a perdonarvi. Eravate il simbolo della Chiesa, il simbolo da prendere esempio. Ora quel simbolo non esiste più e non sapete quanta rabbia, rancore e delusione ci avete arrecato? >
Si fermò un attimo.
Vedeva negli occhi della giovine piccoli luccichi, dovevano essere delle lacrime che lei tentava di soffocarle.
Sospirò e riprese a parlare leggendo il foglio dove era scritto il verdetto.
< Dichiaro che l’imputata sia spogliata delle vesti di monaca, privata di ogni suo avere e condotta nel Miglio Infernale dove sconterà la pena per venti anni con un pasto al giorno. >
Batté il martelletto e si alzò dando le spalle al pubblico.
Prima di uscire, si fermò di colpo e rivolse lo sguardo alla donna ammanettata e circondata da due poliziotti.
< Ultima cosa: spero di non sentire nemmeno un uccellino stonare il vostro nome in giro perché quell’uccellino finirà arrosto. Si goda vent’anni in migliore compagnia. Addio! >
E uscì da quell’aula a testa alta dirigendosi verso il proprio studio.”


Le immagini cominciarono ad affievolirsi e finalmente ritornò alla realtà giacché un forte dolore al piede la distrasse.
Non riusciva più a camminare, era talmente stanca che aveva voglia di dormire.
Non poteva neanche fermarsi un secondo poiché i due poliziotti la trascinavano con forza verso il luogo stabilito.
Nel percorrere quei lunghi e oscuri corridoi, la donna si sentì improvvisamente a disagio.
Lo stomaco le doleva, la testa pulsava e le mucose della gola erano irritate provocando forte tosse.
Tutto questo era a causa delle condizioni pessime del carcere. Aveva un aspetto a dir poco inquietante, invivibile e orripilante. Le pareti erano pieni di muffa nerastra e l’odore era nauseante.
Il pavimento era molto bagnato a causa dell’altissimo tasso di umidità ed era talmente scivoloso che andava percorso prestando molta attenzione. Non c’erano presenze di piccole finestre poiché il carcere era situato nei più profondi sotterranei e di conseguenza l’aria veniva poco ventilata e l’illuminazione naturale era assente. Quella poco illuminazione che si poteva scorgere lungo i corridoi erano grazie alle fiaccole di legno. Camminando, la donna fu assalita dal terrore di vedere delle ombre gigantesche che la poca luce delle torce non riuscivano ad eliminarle. Seguendo l’origine di quelle ombre, a malapena riusciva a vedere delle strane figure dietro le sbarre. Le sembrava che quelle figure fossero delle enormi creature mostruose, ma in realtà erano solo delle persone che probabilmente avevano commesso reati molto gravi.
Si spaventò quando delle urla cominciarono a farsi sentire. Uomini e donne conciati in malomodo, puzzolenti, sporchi, denti cariati e pelle rosicata probabilmente dai topi che circolavano in quel luogo. Urlavano di sante ragioni. Sembrava di percorrere gli stessi itinerari di Dante dopo essere entrato nell’Inferno. Di sicuro in quelle celle c’erano i violenti, gli omicidi, i bestemmiatori, gli usurai, gli indovini, i ladri. Nei loro occhi c’era molta rabbia e odio. Cattiveria e malignità. Al solo pensiero che doveva trascorrere sola in quel posto, le faceva venire voglia di scappare. Fuggire anche a costo di essere fucilata. Preferiva morire che vivere in quell’inquietante posto. Non poteva neanche fermarsi poiché quei due sentinelle sembravano avere fretta e la trascinavano con sé a forza. Per un attimo le sembrò di essere Dante, però senza Virgilio, che stava percorrendo il fiume Flegetonte su una barca impersonata dai due poliziotti e con Caronte travestito da quella sentinella che faceva strada traghettando le anime dannate. Quando finalmente la “barca” si fermò, “Caronte” aprì la cella buia, tolse le manette alla donna e la spinse dentro chiudendo la cella a chiave. A quella forte spinta, Allison si trovò tra le braccia di qualcuno.
Ebbe per un attimo la sensazione di familiarità e di sicurezza.
Ritornò alla realtà e si distaccò leggermente da quell’abbraccio.
Rimase stupita quando si trovò di fronte a un paio di occhi che la coccolavano facendola sentire una bambina. Quando ne vide il colore, i capelli biondi e morbidi come seta, il sorriso inconfondibile, comprese chi fosse, e gli occhi si aprirono e dilatarono.
< Che ci fai tu qui? >
Domandò stupita, ma allo stesso tempo felice di vedere il suo amato.
< Tesoro, è una lunga storia! >
Tagliò corto Robert. Aveva voglia di stringerla tra le braccia, di amarla con tutte le proprie forze ora che non c’era nessun altro ostacolo da affrontare.
< Ora capisco che voleva dire il Cardinale: “Si goda vent’anni in migliore compagnia.” >
Si guardarono negli occhi e videro il desiderio di quel contatto l’uno nell’altra.
Il cuore di Allison batteva all’impazzata, succedeva sempre. Ogni volta che lui era nelle vicinanze, il cuore galoppava come un matto.
La donna si strinse al corpo caldo di lui mentre passò le braccia intorno alla vita di lei e la strinse forte al petto, tuffandosi nei suoi morbidi capelli castani.
Allison si allontanò e si perse negli occhi profondi di lui. Si alzò un pochino e si fermò a pochi millimetri dalla sua bocca. Robert sorrise e chinò dolcemente la testa fino a poggiare le proprie labbra sulle sue. Il bacio che nacque da quell’incontro di labbra fu di una folle passione. I loro corpi erano molto vicini. Le mani di lei erano persi nei capelli biondi di lui, invece le mani del giovine erano salde sulla schiena semi nuda di lei. Le loro bocche si assaporarono, si separarono e nuovamente le loro lingue ballavano la danza che solo loro erano a conoscenza.
Si separarono con l’affanno addosso, gli occhi persi tra di loro ricchi di desideri nascosti, le labbra gonfie e i battiti del cuore accelerati.
< Ti amo! >
Sussurrò Robert mentre le accarezzava il candido viso di lei.
La giovine sorrise di gioia immensa.
< Ti amo anch’io! >
Si guardarono ancora per una frazione di secondo negli occhi, poi attratti come una calamita, i loro corpi si fusero una con l’altro.
Nel buio della cella, i loro corpi si cercarono, si trovarono e si fusero.
Niente li potevano separare. Ora potevano essere liberi di amare, senza nascondersi e fingersi di non conoscersi.
Erano molto felici. Potevano amarsi all’aperto anche se erano in quella cella.
Testimoni del loro amore erano solo il buio e la cella.
A loro non importava il luogo.
La cosa più importante era la libertà di esprimere i sentimenti agli occhi di tutti con o senza spregiudizi.
Erano molto felici di vivere insieme e di amarsi senza ostacoli da affrontare.
Ad occhio attento, poteva sembrare la storia di Paolo e Francesca, che nonostante tutto, erano riusciti ad amarsi alla luce del sole senza segreti e sotterfugi anche se il loro prezzo l’avevano pagato molto caro trovandosi nell’Inferno del cerchio dei lussuriosi.

 

 

TO BE CONTINUED...

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo Diciannovesimo ***


E con grande piacere vi presento il capitolo diciannovesimo!!!

 

 

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

CAPITOLO DICIANNOVESIMO




< Quel signorotto è un vero e proprio autentico tiranno! Il primo che mi chiede di portargli il pranzo o di visitarlo andrà a far compagnia a Lucifero!!! >
Urlò la povera Brenda uscendo dalla stanza di don House.
< Quel grandissimo idiota non ha fatto altro che brontolare e lamentarsi. Questo non gli andava bene, quell’altro neanche... Se ci penso, mi viene voglia di strangolarlo e sculacciarlo. >
Lisa, che aveva assistito al suo sfogo insieme alle altre infermiere che non facevano altro che concordare, sorrise; conosceva talmente bene don House e sapeva che, quando voleva, era capace di far perdere la pazienza persino a un santo.
Osservò la porta di quella camera, la voce dell’infermiera cominciò a farsi sempre più piccola, il grande corridoio si rabbuiò, le persone scomparvero, il silenziò subentrò.
La porta di quella stanza si smaterializzò e una figura maschile apparve ai propri occhi. Una figura sdraiata sul letto, pallida, priva di emozioni con gli occhi persi nel vuoto. La osservò a lungo. Sentì nel proprio corpo un brivido gelatissimo, una strana sensazione che si faceva sempre più forte e brutta. Sudava freddo. Sentiva i battiti accelerare in modo irregolare, il respiro farsi sempre più pesante come se avesse un’asma fortissima, l’acido riempire lo stomaco procurandole un dolore insopportabile.
Quando quella figura si fece sempre più nitida e si accorse che era Greg, istintivamente corse verso quella camera.
< GREG...>
Urlò entrando precipitosamente.

Nel vederlo che parlava a raffica e che stava benone, il cuore cominciò a battere regolarmente e il respiro a farsi normale.
Mentre lui sparlava di tutte le infermiere, Lisa accorciò ancora di più la distanza che la separava da lui e lo abbracciò.
A quel contatto, Greg s’irrigidì, ma quando sentì il suo corpicino tremare, si abbandonò e la cullò per quello che sembrava un’eternità.
Lisa provò una sensazione molto bella: il calore delle sue braccia le riscaldava il cuore e la infondeva sicurezza.
Stettero per qualche indeterminabile minuto abbracciati.
Silenzio. Solo silenzio.
In quella stanza nessun rumore si permetteva di intromettersi tra loro. Neanche un ronzio di un insetto si permetteva di interrompere quell’atmosfera dolce e magica che si era creata tra loro.
L’unico rumore che poteva animare quell’atmosfera erano i loro cuori che si scatenavano come matti.
< Uhm... capisco che sono un tipo molto desiderabile, non credi che dopo questo abbraccio dovresti passare alla prossima fase? >
Proprio quando l’atmosfera si era fatta molto incantevole quel piccolo idiota doveva tipicamente rovinarla con le sue solite battutacce.
Lisa si staccò da quell’abbraccio e gli diede un colpetto alla gamba ferita.
< Ahi! >
Il signorotto si dimenò per il dolore massaggiando la gamba dolente.
< Siccome sei stato molto capriccioso non avrai il meritatissimo premio! >
A sentire quella parola “premio”, don House s’incuriosì.
< Quale premio? >
Lisa sorrise. Quella espressione buffa dipinta sul suo volto la faceva ridere.
< Un bel premio. Peccato! >
Disse maliziosamente e, sorridendo, uscì dalla camera per completare il giro delle visite.

*********************************



Finalmente il giro di visite terminò.
Lisa si avviò verso quell’angolino verde della clinica.
Passeggiando lungo il bel viale, ammirò le bellissime rose selvatiche e, di tanto in tanto, si lasciava prendere dalla voglia di annusare la loro fragranza naturale, nonostante emanassero poco profumo.
“Che buon profumo!!!”
Pensò annusando una di quelle rose.
Un piccolo e allegro venticello accarezzò la dolce chioma dei suoi capelli.
Tenere e simpatiche farfalle si posavano spensieratamente di fiore in fiore, i passerotti cinguettavano un’allegra melodia di corteggiamento da ramo a ramo, gli alberi assistevano felici alle meraviglie della natura lasciandosi cullare dai caldi raggi solari.
La giovine si rifugiò in quel bel posticino all’ombra.
Espirò e inspirò l’aria pura e si sedette sul verde prato.
Appoggiò la schiena al tronco dell’albero e chiuse gli occhi.
Voleva godere quella pace ascoltando ogni piccolissimo rumore però piacevole che si poteva udire ad orecchio attento.
Un’espressione seria e confusa si presentò sul volto.
Finalmente la brutta avventura era finita.
La madre era ritornata a casa, il padre era ancora più felice e sereno.
Quei due brutti ceffi erano in cella a scontare la pena e con loro anche gli amanti segreti della notte.
Un po’ le dispiacque per la triste storia di suor Cameron. Costretta a farsi monaca e ad allontanarsi da quel mondo fatto di amore e matrimonio.
Pensandoci bene, doveva essere brutto non provare il primo batticuore, il primo bacio, le farfalle nello stomaco al solo sentire la sua presenza, il calore di un abbraccio, il sorriso incantevole che trasformava il temporale in raggio di sole. Non poteva neanche pensarci. Lei che era una giovine in cerca di un vero amore, di un vero cavaliere sempre pronto a salvarti in qualsiasi situazione di pericolo, a proteggerti nei piccoli momenti di paura, a farti sentire unica nei suoi pensieri, a far scatenare il cuore come un matto.
Sospirò e neanche un secondo passò quando nella sua mente si presentarono immagini di lui, don House.
Il signorotto più cinico, testardo, insopportabile e misantropo dell’universo era riuscito ad occupare la sua mente. Doveva essere un vero e proprio bastardo se era entrato senza permesso nel suo cuore!
Incredibile!
Il bambino che aveva conosciuto sotto il suo albero in una incantevole giornata di primavera era proprio il signorotto! Eppure aveva fatto fatica a credere alle parole di Jimmy quando le aveva confessato la vera identità di quel bambino. Quel bambino del primo bacio.
Arrossì nel pensare a quel bacio.
Ora era ancora più terribilmente confusa.
Da una parte c’era il grande desiderio di appartenersi per sempre a Greg e dall’altra il matrimonio con Manuel.
“Ah, Manuel...”
Sospirò.
Lui era il suo migliore amico, confidente e compagno di avventure d’infanzia.
Si sentiva in colpa poiché la sua mente e il cuore non gli appartenevano e non avevano fatto altro che pensare al suo primo amore per tutto questo tempo. E ora c’era pure il matrimonio!
L’unica cosa che doveva fare era quello di affrontarlo e di dirgli al verità. Lui meritava di saperla.
Sarebbe stato complicatissimo affrontarlo, ma doveva farlo sia per se stessa e sia per lui.
< Lisa! Lisa! Lisa! >
Una voce interruppe i suoi pensieri.
Aprì gli occhi e cercò di scorgere quella figura che correva illuminata dalla forte luce del sole.
Quando la figura si fece più nitida, la riconobbe e sorrise.
< Manuel! >
Esclamò nel riconoscerlo. Ecco che doveva farsi coraggio e dirgli tutto. Adesso o mai più!
La giovine si alzò e gli andò incontro.
I due si abbracciarono teneramente e si sedettero all’ombra di quel grosso albero.
Manuel la fissò attentamente nei suoi occhi grigi come se volesse leggere dentro la sua anima.
< Hey Manuel! Ci sei? >
Lisa cercò di distrarlo perché si sentiva un po’ infastidita e inoltre non voleva che fossero gli occhi a rivelargli la verità, ma lei stessa con le parole.
< Scusa, mi ero perso nella totale bellezza dei tuoi occhi che equivalgono alle meraviglie della natura! >
A quel complimento, la giovine arrossì.
Uno a zero per Manuel!
Lui si che ci sapeva fare con i complimenti e a far perdere la testa con le sue galanterie, al contrario di un certo cavaliere dal mantello nero!
< Mi dispiace tanto se sono stato poco presente in questi ultimi giorni. Ho saputo da tuo padre ciò che ti è accaduto! Non credevo che mio cugino arrivasse così a tanto! Poi una relazione illegale con la monaca! Incredibile! Se sapevo del piano di mio cugino avrei direttamente chiamato la polizia per venirti in salvo! >
La giovine sorrise e rispose consolandolo:
< Non potevi saperlo! Voi due non andavate molto d’accordo! >
Un punto a favore di don House!
Per una tipa come lei avrebbe più gradito che fosse il proprio amato a salvarla dai pericoli impossibili e non dai poliziotti! Non era decisamente romantico!
Parità tra loro.
< Meno male che questa brutta avventura è finita! Tua madre sta bene, tuo padre è finalmente sereno, i brutti ceffi sono a scontare le pene dell’inferno. Ora abbiamo più tempo per noi due! >
Ecco la tanto attesa parola: “abbiamo più tempo per noi due!”
La giovine sentiva il cuore palpitare forte e lentamente.
Ora doveva affrontarlo, altrimenti avrebbe dovuto dire addio al suo cuore.
Quando Manuel le prese la mano, Lisa si sentì sudare.
< Noi ci siamo conosciuti in un giorno di pioggia. Tu eri solita scarabocchiare sui quei indeterminabili fogli bianchi al riparo di un albero gigantesco e grosso. Ero rimasto affascinato dalla tua totale bellezza. Sembravi una ninfa, la dea dei boschi. Rimasi sotto la pioggia ad ammirarti e quando hai distolto i tuoi occhi da quel foglio e li hai indirizzati verso i miei, non riuscivo neanche a ricordare il mio nome! >
Si fermò e sorrise a quel ricordo.
Le gote della giovine si fecero di un colore rosso pomodoro.
< La prima cosa che mi venne in mente era quella di offrirti un passaggio con il mio cavallo bianco. La cosa più bella è stata quando tu hai accettato la mia offerta. Mentre eravamo seduti sulla sella, sentivo mancarmi il respiro al contatto del tuo petto nel mio. Tu mi stringevi forte e avevi affondato il tuo viso nel mio petto. Sentivo i battiti del mio cuore accelerare, le farfalle nello stomaco e la campana suonare a festa nella mia mente. E da quel momento siamo diventati amici e ho giurato a me stesso che ti avrei protetta e che ti avrei reso la persona più felice del mondo! >
Ora anche le gote di Manuel si fecero rosse.
La giovine si commosse alle sue parole.
Pensò a quando loro due si erano conosciuti. Quel periodo per lei era stato molto triste poiché erano passati tre mesi dall’addio di Greg. Quando poi vide Manuel, capì che doveva reagire e fare nuove amicizie. Così, con coraggio, aveva voltato pagina incamminandosi verso una nuova avventura.
Facendo il paragone tra il giorno in cui aveva conosciuto Greg e quello di Manuel, dovette ammettere che era decisamente più romantico l’incontro di quest’ultimo e così due a uno per Manuel!
Lisa cercò di parlare, ma lui mise l’indice della mano sulla bocca di lei.
< Non ho ancora finito! Da quel giorno hai colorato le mie giornate, scacciato ogni filo di tristezza, hai trasformato il temporale in arcobaleno. Questo sentimento è durato per tutto questo tempo. E ora siamo arrivati al matrimonio. L’idea fa un po’ paura. Matrimonio significa legarsi e amarsi per sempre. Ho sempre sognato un matrimonio intimo con parenti più stretti. Sposarmi in una chiesetta antica in cima alla collina, prendere la sposa in braccio e condurla nel nostro nido d’amore. Vivere in una casetta rurale adatta solo per due innamorati e nutrirci solo dei frutti che la natura regala. >
Manuel aveva gli occhi sognanti. Non si accorse che Lisa ci rimase di sasso a quella sua idea di matrimonio!
Si ricordava un episodio con Greg quando trovarono per la prima volta il castello circondato dai girasoli.

“< Bel nome: Meraviglia di girasoli! >
Esclamò il bambino.
Lisa aveva ancora la testa appoggiata alle spalle di lui e continuava ad ammirare quel bel panorama di girasoli.
< Sai... mi piacerebbe vivere con la mia principessa in questo castello. E’ l’unico posto incantevole. Questa sarà la camera da letto. Ogni giorno mi sveglierò con lei guardando questi meravigliosi girasoli, la lucentezza del lago e il verde dei monti. La sera mi addormenterò tra le braccia di lei accompagnato dal dolce canto del lago e la luna che illumina la stanza. >”


Doveva essere particolarmente diverso Greg a quell’epoca. Era così dolce e romantico. Adesso invece sembrava essersi trasformato in un lupo solitario. Ma era così sicura del detto: “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Quindi il suo romanticismo era ancora segregato in qualche angolo buio del suo cuore di ghiaccio.
Quindi ancora parità.
Due a due!
< Scusa, mi sono lasciato trascinare un po’ dalla fantasia... >
Disse il giovine ritornando alla realtà.
< In questi giorni che non ci siamo visti, ho colto l’occasione di riflettere un pò. Il nostro primo incontro, le nostre gite, i nostri passatempi, i nostri segreti, i nostri rifugi, le nostre scavalcate, i nostri balli durante i giorni festivi, i nostri diciott’anni, le nostre ansie e paure per il futuro e le altre cose che ci hanno legato. La nostra amicizia la invidiavano tutti. Abbiamo condiviso ogni singola cosa, tra noi non c’era nessun segreto. Poi ho dichiarato il mio amore per te e abbiamo trasformato l’amicizia in amore. Così abbiamo proseguito il nostro cammino come due innamorati, però... >
Sospirò e si fermò un attimo.
A quelle parole, Lisa rimase confusa.
Non sapeva dove voleva arrivare con quel discorso, era un po’ strano.
E, inoltre, quel “però” la incuriosiva tanto.
< Però sento che qualcosa non va tra noi. Forse sarà il matrimonio che ti mette ansia o c’è qualcosa che ti turba l’anima o qualcosa che mi hai nascosto in tutto questo tempo? >
La giovine spalancò gli occhi.
Era rimasta incredula. L’aveva colta nel segno.
La cosa che non sopportava di lui era la sua capacità di captare anche i segnali indecifrabili.
Per questo non poteva mai tenere un segreto. Lui lo scopriva e colpiva nel segno.
Le mani le tremavano, la fronte era bagnata da gocce di sudore, il cuore tamburellava.
Non sapeva come iniziare. Doveva farsi coraggio e dirgli tutto.
< Manuel, io... >
Non fece in tempo a pronunciare la frase che Manuel appoggiò le labbra sulle proprie.
Un bacio così delicato e dolce. Inizialmente Lisa si lasciò andare a quel bacio, ma subito lo fermò.
Manuel sorrise. Fece un sorriso di quel come dire “Bingo! Avevo ragione”.
< Senti Manuel, in questi giorni ho capito tante cose di me. Cose che credevo morte. Mi dispiace, ma io... >
L’indice della mano di Manuel sulla propria bocca non la fece continuare il discorso.
< Ami un altro, lo so. >
Disse dolcemente.
La giovine rimase sbalordita.
< Ma come...>
< L’altro ieri ti ho vista in quella camera. Il modo in cui gli controllavi la temperatura corporea appoggiando la mano sulla sua fronte, quel sorriso ogni volta che ti perdevi nei suoi occhi, la tua preoccupazione nel vederlo soffrire per il dolore alla gamba, le vostre risate, i vostri battibecchi... Sono piccole cose, ma dicono molto. Non ho mai visto per tutto questo tempo i tuoi occhi brillare come le stelle. Il tuo sorriso così abbagliante, la tua voglia di cantare, ballare appena sei sola in casa. Si, ti ho osservato e ho capito. >
Abbassò lo sguardo e sospirò tristemente.
Lisa non sapeva cosa dirgli. Le sembrava di averlo tradito e questo faceva molto male.
< Mi dispiace tantissimo! Avrei dovuto dirtelo. Solo che non trovavo il tempo soprattutto che adesso lavoro. Prima di tutto voglio dirti che quando ci siamo incontrati per la prima volta, stavo uscendo da una triste storia d’amore/amicizia. Lui mi aveva detto addio poiché doveva partire e non sapeva quando ci saremmo rivisti. Così ogni giorno andavo in quel bosco e lo aspettavo. Poi sei arrivato tu e ho capito che dovevo voltare pagina e conoscere nuovi amici. Tu mi sei subito piaciuto. Eri cosi dolce, simpatico, solare. Mi piaceva stare in tua compagnia. Ero così felice di averti conosciuto che cominciai a dimenticare il mio amico. Poi, quando mi hanno rapito ho scoperto che quell’amico non era altro che Greg House. Rivederlo per me è stato un po’ come uno shock. Ho sentito il mio cuore sciogliersi e mille emozioni mi sono accese invadendo il mio corpo.
E da lì i miei sentimenti per lui si sono ingigantiti. Mi dispiace tanto. Tu sei e sarai un ottimo amico.
Non ho intenzione di perderti. Io ti voglio bene come un fratello, ma il mio cuore appartiene ad un altro. >
Nel dire queste cose, la giovine si sentì libera e leggera come un piuma.
Finalmente lo aveva confessato. Ora temeva una sua reazione.
< Ok, ti capisco. Grazie di essere stata sincera con me. Comunque sappi che io per te ci sarò sempre.. La mia porta sarà sempre aperta. Ti voglio bene, Lisetta! >
Sorrise, le diede un tenero bacetto sulla guancia e si allontanò da lei.
La giovine sentì uno strappo al cuore. Nel vederlo allontanarsi, percepì il suo dolore. Il cuore era spezzato. Sapeva che ci sarebbe rimasto male, ma al cuore non si comanda! Solo il tempo potrà curare la sua ferita e magari un giorno o l’altro avrebbe trovato la sua anima gemella!
Ora doveva rientrare in clinica.
Un altro giro di visite e poi a casa. Alla sua amata e dolce casa.

*********************************


In una di quelle stanze della clinica, Lisa stava controllando la ferita sul ginocchio del bambino.
< Niente di grave, basta l’unguento d’arma e passerà. >
Prese una specie di bastoncino di legno e lo infilò in un barattolo dove c’era l’unguento.
Spalmò l’unguento sul ginocchio.
< Signorina, ma l’unguento da cosa è composto? >
Domandò curioso il bambino.
< Da tre colori: rosso come il pomodoro, rosa come la tua guanciotta e giallo come il sole! >
Finì di spalmare l’unguento e fece scendere il bambino dal letto.
< Grazie signorina. Non mi fa più male il ginocchio. Ciao! >
La madre prese per mano il figlio ed entrambi salutarono Lisa.
Sorrise. A quell’età i bambini erano curiosi di conoscere e toccare un determinato oggetto, frutto del loro interesse, ma non poteva raccontare la verità sull’unguento. Mica gli poteva dire che era formato da muschio che cresceva su un teschio, sangue umano, oli di rose e semi di lino e bolarmenico. Non era bello da sapere. Faceva molta impressione.
Un uomo su una cinquantina d’anni entrò e lo fece accomodare sul lettino.
< Signorina, sento un fastidio alla gola, faccio fatica a respirare e la mia testa fa i capricci. >
Cominciò a parlare l’uomo senza perdere tempo.
La giovine estrasse dal cassetto di un mobile lo scherzìno e lo fece mettere in bocca al paziente.
Passarono qualche decina di minuti, Lisa gli tolse lo scherzìno e vide la temperatura corporea.
< Signore, lei ha un po’ di febbre. Niente paura! Basta che prenda un po’ di miele e il fastidio alla gola gli passerà. Poi per la difficoltà respiratoria basta che prepariate un bel pentolino d’acqua bollente mettendoci questi semi e inalate il vapore acqueo coprendo la testa con un panno. Mi raccomando state al caldo, non vi affaticate molto e in pochi giorni la febbre sparirà. >
Diede un sacchetto con dei semi di piante curative e accompagnò l’uomo fino alla porta.
Ecco, ora poteva tornare a casa. Non c’era più nessuno che attendeva il turno di visite.
Era libera. Chiuse la porta e si diresse verso la sala infermieri.
Entrò e vi trovò Brenda che la stava aspettando. Tamburellava le dita sul tavolo: era parecchio nervosa.
< Tutto bene, Brenda? >
Domandò preoccupata la giovine.
< Oh, Lisa! Posso chiederti un favore? >
Lisa si limitò ad accennare.
< So che il tuo turno è finito, ma potresti fare un salto da don House? Io proprio non ce la faccio più a sopportarlo. Rischierei di diventare un lupo mannaro! >
Lisa rise per quest’ultima frase.
Brenda mise le braccia conserte e la guardò un po’ arrabbiata.
< Scusa, Brenda! Ok, ci vado io a fare gli ultimi controlli. Stai tranquilla! >
Tolse la divisa di assistente e la mise nel proprio armadietto personale.
< Grazie, sei un tesoro. Ah, dimenticavo. Devi comunicargli che domani sarà dimesso! Che sollievo! >
La notizia le arrivò come una pugnalata al cuore per Lisa.
Brenda la salutò e si avviò verso l’uscita saltellando.
Certo che per tutte era un sollievo che don House veniva dimesso, ma per Lisa era il contrario.
Era felice di dormire la notte sapendo che il mattino seguente, al lavoro, avrebbe trovato lui in quella stanza a far rizzare i capelli alle infermiere o ai medici.
Le sembrava che il mondo le stesse crollando addosso.
Con il pensiero che sarebbe stata forse l’ultima volta che lo avrebbe visto, si recò in camera sua.
La porta era semi aperta.
Sentì delle voci. Uno le era familiare, ma l’altra non lo era.
Si avvicinò con cautela curiosa di scoprire chi era l’altra voce.
Il cuore le batteva forte, brividi di freddo corsero lungo la schiena come se avesse un brutto presentimento.
Tutto questo era sbagliato e lei lo sapeva. Addirittura spiare chi era in compagnia di Greg. Si sentiva una pazza. Nonostante quel comportamento era sbagliato, qualcosa continuava a trattenerla lì mentre il brutto presentimento cresceva enormemente.
Quando finalmente riuscì a vedere in chiaro chi fosse quella voce, rimase lì impalata.
< Tesoro, non vedo l’ora che verrai dimesso così potremo sposarci. >
A quella parola “sposarci” Greg sembrò farfugliare qualcosa.
< Ma, Stacy cosa... >
La donna, molto attraente, con un abito ben curato e vistoso, capelli castani e dei begli occhi verdi color cespuglio, si avvicinò a lui e gli diede un tenerissimo bacio sulle labbra.
Lisa, nel vedere Greg baciare un’altra sentì il cuore morire. Era disperata.
Chiuse per un attimo gli occhi; non credeva a quello che aveva appena visto.
Li riaprì e ancora non avevano smesso di baciarsi.
Si sentì umiliata, tradita e amareggiata.
Rimase lì immobile come una statua, incapace di muovere un muscolo.
La testa le doleva molto forte e una sensazione di quasi svenimento s’impadronì di lei.
Gli occhi si riempirono di lacrime e le mani cominciarono a tremare.
Perché si sentiva così?
In fondo non avevano una storia d’amore.
Le lacrime continuarono a scendere copiosamente.
Però per uno strano scherzo del destino Greg puntò gli occhi verso la porta e la vide.
Nel vederla sbarrò gli occhi per la sorpresa.
< Lisa?!? Dannazione! Lisa! Lisa, io... >
Lisa, furiosa, abbassò lo sguardo. Nonostante le gambe erano rigide come tronchi di un albero, con molto sforzo riuscì a muoverle e si allontanò da lì raggiungendo più in fretta che poteva l’uscita della clinica.
Continuava a piangere a dirotto lungo la via del ritorno.
Non sopportava di saperlo con un’altra.
Correndo come un fulmine non si accorse della presenza di un sassolino e inciampò.
Rimase a pancia in giù per qualche minuto singhiozzando. Si alzò lentamente, ma il dolore al ginocchio le impedì di alzarsi completamente. Era sbucciato e sanguinava. Doveva farsi coraggio e sopportare il dolore della ferita. Camminò quasi zoppicando verso casa sua e giurò a se stessa che non avrebbe mai più visto Greg. Ora era un capitolo chiuso. Doveva solo occuparsi della propria vita dedicandosi alla famiglia e al lavoro.
< Addio, grande idiota! >
Sussurrò mentre il vento le accarezzava la dolce chioma dei capelli.

 

 

TO BE CONTINUED...

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo Ventesimo ***


E con grande piacere vi presento il capitolo ventesimo!!!

 

 

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

CAPITOLO VENTESIMO.




Nell’oscurità della notte molti sogni prendevano vita in ogni angolo nascosto del subconscio.
Spettatrici dei loro sogni erano la luna e le stelle.
I generi erano vari: horror, giallo, romantico e, infine, malinconico.
Una di quelle stelle però non sorrideva. Aveva un viso spento, triste e umido. Stava vedendo un sogno malinconico, triste e tragico di una giovine che non faceva altro che girare e rigirare nel proprio letto. Percepiva anche i suoi lamenti. La sua voce era molto rauca e strozzata probabilmente dal pianto.

“< Vi dichiaro marito e moglie! Ora può baciare la sposa! >
Don House tolse il velo dal viso della sposa e sorrise nel perdersi nei suoi occhi verdi.
I due si baciarono con tanta passione e mano nella mano si diressero verso l’uscita della chiesetta.
Lisa, nel vederli insieme, sentì il mondo crollarle addosso e dalla disperazione cominciò a urlare.
< NOOOOOOOO!!! TI PREGO, RESTA CON ME!!! >
Don House e la moglie entrarono nella stupenda e decorata carrozza e si avviarono verso il castello.
Lisa urlava e correva per raggiungere quella carrozza, ma più correva più la loro distanza triplicava.
Poi ad un tratto, Lisa inciampò su una di quelle pietre sparse nelle stradine. Non riusciva più ad alzarsi poiché percepì un dolore alla caviglia. Così con le ginocchia a terra, la schiena diritta, palmo della mano sul terreno e l’altra in aria, continuò a gridare con le lacrime sul viso:
< NOOOOOOOOOOOOOO!!! >
La carrozza svanì in aria come per magia sparendo dietro a quei monti.
Non vedendo più la carrozza, continuò ad urlare a squarciagola:
< NOOOOOOOOOO!!!! >”


< Ah! >
La giovine si alzò di soprassalto.
Il suo respiro era affannoso, il cuore batteva all’impazzata ed era tutto sudata.
Si guardò intorno con aria guardinga, era la sua stanza. Aveva fatto uno dei suoi tanti incubi rincorrenti! Ormai era da una settimana che quegli incubi la torturavano. Non riusciva più a chiudere occhio da quando aveva assistito alla scena del bacio tra don House e Stacy. Al solo pensiero che lui sarebbe diventato di un’altra, sentiva mancare l’aria, lo stomaco riempirsi di acido, il cuore stringere. In qualche modo si sentiva tradita eppure lui non era il suo compagno. Si sentiva come una bambina a cui le avevano tolto il suo giocattolo preferito. Pensò un attimo a questo paragone e si diede dell’egoista. Ma purtroppo era quello che sentiva dentro di sé. Era più forte di lei.
Ad un tratto una luce abbagliante colpì fastidiosamente gli occhi lucidi della giovine.
La madre entrò velocemente e, nel vedere la figlia in quello stato si preoccupò fino alle stelle.
Si sedette accanto a lei e, senza bisogno di parole, l’abbracciò. La giovine dapprima s’irrigidì, non voleva cedere, ma il cuore sconfisse la ragione e si abbandonò a quell’abbraccio materno.
La madre la cullò per quello che sembrava eternità. La scena appariva molto tenera agli occhi della spettatrice luminosa. Era molto bello vedere una madre consolare la figlia. Era come vedere una genitrice cullare in braccio il proprio pargoletto dopo una lunga notte insonne.
< Shhhh, tesoro. Non piangere, ci sono io! >
Sussurrava la dolce madre mentre i singhiozzi di Lisa aumentarono.
La madre continuò ad accarezzarla la schiena.
Pian piano, grazie alle dolci parole e all’affetto della madre, Lisa smise di singhiozzare.
La madre continuò a coccolarla rimanendo in silenzio. Perché il silenzio valeva più di mille parole dettate dal cuore. In cuor suo sapeva o, meglio, intuiva la causa della sua sofferenza. Avrebbe voluto schiaffeggiare quel bambinone di don House. Eppure c’era qualcosa di strano. Non capiva cosa aveva fatto di così tragico lui da far soffrire maledettamente la propria figlia. Aveva un grande desiderio di scoprire questo motivo, ma capì di lasciar nuovamente perdere per la settima volta. Non voleva causare altro dolore a Lisa, ma prima o poi si sarebbe sfogata. Così, in silenzio, continuò a stringerla a sé fino a che il peso del corpo di Lisa non si accentuò. Intuì che doveva aver chiuso gli occhi e appoggiò delicatamente la testa sul guanciale. Le diede un tenero bacio sulla guancia, sistemò bene la coperta e uscì a passi felpati dalla stanza.

*******************************



Finalmente dopo quella notte angosciosa, un nuovo giorno stava iniziando.
Il sole spuntava dietro al lago incontaminato. I suoi raggi riscaldavano le foglie degli alberi infreddoliti dall’umidità della notte primaverile. Ormai maggio accennava a lasciare il posto a un tiepido caldo giugno. Stormi di uccelli sovrastavano i folti boschi in cerca di cibo, scoiattoli che saltellavano da un ramo all’altro, lucertoline sdraiati sulle pietre a prendere la tintarella di sole, grilli che cantavano a squarciagola, coccinelle che si posavano di fiore in fiore. Sembrava che il mondo non era mai stato così bello e incantevole.
Il sole continuava a farsi di un giallo intenso e vivo e il primo caldo cominciava a bussare alle porte. La città era ben illuminata dai raggi solari. C’era un viavai di gente nelle locande, nei piccoli negozi d’alimentari, nei parchi. Lungo le campagne i contadini erano intenti a lavorare e, tra un colpo di zappa all’altra, scambiavano qualche parola con il proprio collega. Lungo le stradine viavai di carrozze e carrozzine sfrecciavano come fulmini, sembrava di assistere ad una specie di gara di corsa. Nella clinica file e file di persone che aspettavano impazienti il loro turno di visita, medici che visitavano i pazienti, infermieri che uscivano e entravano dalle sale dei medicinali. Era un inferno stare nella clinica. Sembrava che ogni giorno, la signora Malattia bussava alla porta. Puntualmente. La gente si preoccupava persino di una puntura d’ago!
Purtroppo il mestiere di medico non era molto facile, anzi era assai complesso e delicato!
Consolare le persone era un’impresa molto ardua da vincere.
Così si sentiva Lisa dopo aver finalmente terminato il turno di visite.
Era talmente stanca e stremata. Percorse il grande corridoio, quasi vuoto, raggiungendo la sala infermeria. Entrò e aprì il suo armadietto. Tolse il camice bianco e lo adagiò dentro. Mentre era di spalle alla porta, una figura maschile a tre piedi entrò senza far rumore.
Sorretto dal suo fedele bastone, rimase lì immobile ad osservare la giovine che tanto gli era mancata in questa settimana.
Si perse nella sua totale bellezza e non si accorse che lei si stava voltando.
La giovine, voltandosi, sussultò nel vederlo.
< Tu?!? >
Esclamò vedendo Greg.
Accese e intense emozioni si sparpagliarono nel suo corpo. Aveva voglia di corrergli incontro, abbracciarlo e perdersi nei suoi occhi azzurro oceano. Però ancora era furiosa per quello che aveva fatto. Così, presa dalla rabbia, camminò verso l’uscita della stanza. Non aveva intenzione di vederlo e ne sentirlo. Era troppo arrabbiata e delusa.
< Dobbiamo parlare! >
Disse afferrando un polso e costringendola a guardarlo.
< E di cosa? Credo che non c’è nulla da parlare! >
Rispose con tono alquanto severo senza degnargli di uno sguardo.
< Raggio di Sole, quello che hai visto l’altra volta non è come sembra, o almeno hai frainteso! >
Tentò subito di giustificarsi. Strano. Mai e poi mai, nella sua vita aveva dovuto dare spiegazioni come a Lisa e nemmeno a suo cugino!
Nonostante sembrava tutto alquanto strano e inverosimile, il suo istinto gli diceva di proseguire avanti.
Lisa, presa dalla rabbia, tentava invano di staccarsi da stretta di lui evitando i suoi occhi.
Greg teneva salda la presa sul polso di Lisa. Gettò il suo amico bastone per terra e tentò di afferrare l’altro polso e la spinse contro la parete della sala infermeria.
< Ascoltami: quella ragazza... >
Continuò don House, ma il grido di Lisa lo interruppe.
< Non sono fatti che mi riguardano! Ora lasciami andare! >
Il tono di lei era secco e decisivo. Cercava di non far incontrare i propri occhi con quelli suoi perché non voleva che lui leggesse la delusione e l’amarezza che covava dentro.
< Ah, dimenticavo. Scusa se ho interrotto la vostra intimità! >
Colpita e affondata. Con quelle parole, Lisa si rese conto di aver combinato un casino. Dicendo queste cose aveva tirato fuori sentimenti contrastanti tipo la gelosia e la rabbia.
Lei era gelosa e furiosa ed ora era più che sicura che anche Greg lo sapeva.
< Lisa, la ragazza... >
Ripeté Greg con un filo di sorriso sulle labbra. In qualche modo saperla gelosa lo faceva sentire stranamente felice. Sentiva delle farfalle nello stomaco.
Nuovamente Lisa lo interruppe.
< Ho detto che non devi darmi spiegazioni! La tua vita privata non è affar mio! >
Disse con tono alterato e spazientito.
Ritentò di liberarsi dalla presa di lui, ma invano.
< Quella ragazza è mia cugina ed ex promessa sposa! Non ho intenzione di sposarla perché lei non è te! >
Mentre lui diceva queste cose, capricciosamente Lisa continuava a divincolarsi da entrambi le prese, ma d’un tratto s’immobilizzò nel sentire le ultime parole.
Quelle parole per un attimo l’avevano fatta sentire al settimo cielo, ma non voleva far trasparire a lui la felicità.
Sospirò e finalmente decise di guardarlo negli occhi.
Dio, come le era mancata perdersi nelle schiume bianche delle onde dell’azzurro oceano dei suoi occhi.
In quel momento Lisa si sentì confusa e smarrita. Da un lato si sentiva imbarazzata, incredula e ancora furiosa.
Imbarazzata perché aveva fatto una scenata di gelosia e avrebbe desiderato fuggire lontano piuttosto che perdersi nei suoi occhi.
Incredula perché non riusciva a capire se diceva la verità oppure il contrario.
Furiosa perché lui l’aveva messa in trappola spingendola verso la parete e a lei non piaceva essere immobilizzata in quel modo.
Silenzio. Nessun fiato, nessun rumore, nessun pensiero.
Solo occhi che si specchiavano sprigionando le proprie emozioni.
Per un attimo Greg voleva confessare tutto, ma subito la ragione prese il sopravvento sui sentimenti. Il profumo di Lisa gli ottenebrava i sensi. Lentamente chinò il viso e si soffermò per un piccolo instante, distogliendo lo sguardo tra gli occhi e la bocca di lei.
Lisa rimase immobile come una statua tra la rabbia nel cuore e l’incanto dei suoi occhi. Accorgendosi del caldo respiro di Greg sulle proprie labbra, istintivamente chiuse le palpebre.
Quando vide gli occhi della giovine chiusi, lentamente accorciò quella piccola distanza che li separava e appoggiò le sue labbra su quelle di lei.
Il tocco di quel bacio fece spalancare gli occhi di Lisa. Nonostante desiderasse ardentemente essere baciata solo e solamente da lui, non se l’aspettava che lui avesse esaudito questo sogno e purtroppo la rabbia, che era rimasta ancora accesa nel cuore, la fece agitare per cercare di allontanarlo da sé.
Però Greg manteneva salda la presa su entrambi i polsi, spingendola ancora di più verso quella parete. I loro corpi erano più vicini che mai.
Greg, in cuor suo, aveva desiderato tanto quel bacio, mai provato con le altre, ed era convinto che anche lei lo desiderava quanto lui, nonostante continuava ad agitarsi.
La lotta durò poco. Il dolce sapore del bacio di lui, le fece avvampare il corpo e si abbandonò a quel passionale bacio.
Entrambi non avevano intenzione di smettere. Greg, istintivamente cominciò a liberare la presa sui polsi e la strinse a sé. Lisa, sentendo i polsi liberi, alzò le braccia e li cinse intorno al collo di lui. Affondò le dita nei suoi morbidi capelli. Aveva anche desiderato toccare e accarezzare i suoi capelli. Quanto tempo!
Erano molto presi l’una nell’altro che non si accorsero che l’ossigeno cominciava a mancare.
Greg le stava per togliere la maglia, ma improvvisamente fu costretto a tornare alla realtà.
In quell’attimo di distrazione, Lisa, con un pizzico di lucidità, ne approfittò per liberarsi dall’abbraccio di lui riuscendo ad allontanarlo da sé.
Non voleva essere trattata così, non da lui che probabilmente era abituato ad avere tutte le donne che voleva. A queste condizioni non ci stava. Non si sarebbe lasciata fregare da quel bacio sognato da sempre anche se doveva ammettere che era stato davvero molto bello.
Così spinse Greg che, preso alla sprovvista, indietreggiò barcollando. La guardò con espressione confusa e smarrita. Non capiva il perché di questo gesto. Sapeva che lei aveva desiderato quel bacio e che le era piaciuto tanto dal modo in cui aveva contraccambiato. Però quando guardò i suoi occhi capì di averla offesa. Stranamente, per la prima volta in vita sua, sentiva un grande senso di colpa invadere il proprio corpo.
< Io non sono una di quelle ragazze che cascano ai tuoi piedi. Non puoi trattarmi così! >
Greg rimase interdetto a quelle parole così pungenti e amare.
Allora era vero quello che aveva percepito nei suoi occhi: delusione, amarezza, indignazione e rabbia.
Stava per proferire parola quando Lisa lo interruppe nuovamente.
< Vattene da qui! Non farti più vedere! >
Disse con braccia conserte e lo sguardo rivoltò verso destra.
Greg si avvicinò a lei zoppicando, poiché il bastone era per terra.
Spostò qualche ciocca di capelli che copriva metà del suo viso. Vide una piccola lacrima uscire dai suoi occhi grigi e l’asciugò. Accarezzò il suo candido viso e le scioccò un piccolo bacio sulla guancia.
Lisa rimase stupita da questo suo inaspettato gesto, ma non aveva nessuna intenzione di cedere, così aprì nuovamente bocca:
< Se in qualche parte del tuo cuore conto qualcosa, ti prego dimenticami! Non cercarmi più! >
Greg la fissò ancora a lungo, come se volesse imprimere nella propria mente ogni piccolo particolare di lei.
Sospirò profondamente. Allontanò le mani da quel suo volto umido, si voltò, raccolse il bastone per terra e cominciò a percorrere il grande corridoio della clinica.
Lisa, nel vederlo allontanarsi, aveva una grande voglia di corrergli dietro, chiamarlo e buttarsi tra le sue braccia, ma la rabbia le impedì di farlo.
Greg sperava tanto che lei lo fermasse, lo chiamasse e... purtroppo non avvenne.
In quei giorni trascorsi con lei, l’aveva vista imbronciata, triste, spensierata, ma non aveva mai visto nei suoi occhi tanta rabbia, delusione, amarezza.
D’altronde sapeva di averla in qualche modo offesa intrappolandola contro una parete. Di questo era sicuro che lei non glielo avrebbe mai perdonato.
Non gli era mai capitato di comportarsi in quel modo con altre ragazze. Soprattutto non aveva mai costretto loro a baciarlo. Ecco, aveva costretto a Lisa di baciarlo. Eppure quando l’aveva baciato lei non aveva reagito anzi lo aveva accompagnato tuffando le dita nei suoi capelli.
Era così immerso nei pensieri che non si accorse di essere uscito dalla clinica.
Prima di salire sul cavallo, si voltò verso la clinica e una piccola lacrima gli solcò lungo il viso.
< Addio, Raggio di Sole! >
Col volto triste, si sedette sulla sella, posò il bastone in una piccola apertura al lato della sella e tirò le redini facendo segno al cavallo di galoppare.
E ben presto Greg e il cavallo sparirono dietro quei boschi.
Lisa, che era rimasta a guardarlo dalla finestra di sopra, si mise a singhiozzare.
Singhiozzò per don House. Per lui, per aver contraccambiato quel bacio incantevole, per avergli permesso di ferirla nell’animo, per aver trascorso momenti indimenticabili con lui, per averlo cacciato fuori dalla propria vita. Era davvero molto arrabbiata con lui, ma sapeva che nel suo cuore solo un nome c’era scritto: Greg.
Greg House le aveva rubato il cuore senza preavviso e, nonostante ciò che era appena successo, non riusciva a pensare a qualcos’altro che non fosse lui.

*******************************



< Hey Greg! Finalmente ti ho trovato! >
Disse don Wilson appena vide Greg camminare a passi veloci con il bastone.
Il signorotto lo evitò dirigendosi verso la propria camera.
Serrò la grande porta di legno massiccio e si tuffò a pancia in giù sul letto.
Il cugino preoccupato bussò alla porta.
< Greg, tutto bene? >
Chiese assumendo un tono alquanto preoccupato.
Greg non proferì parola e mise la testa sotto il cuscino.
Senza arrendersi, Jimmy continuò a bussare finché il cugino, scocciato, proferì parola.
< Vattene! Non ho voglia di parlare! Non ho voglia di sentire le tue solite morali: “Sai Greg te l’avevo detto”. Quando fai così non ti sopporto! >
Disse tutto d’un fiato con un tono amaro e duro!
Jimmy rimase stupito. Non capiva perché reagiva così. Sembrava un bambino capriccioso che si comportava così perché qualcuno gli aveva tolto il suo giocattolo preferito!
Non si era mai comportato così. Gli sembrava troppo strano. Qualcosa gli era capitato. Doveva scoprirlo per aiutarlo. Però il cugino era talmente così orgoglioso che non chiedeva mai aiuto!
Dannato orgoglio!
< Greg, ti supplico, fammi entrare! >
Ritentò Jimmy usando un tono di voce più calmo e dolce.
In preda dall’ira, Greg si alzò dal letto e aprì la porta.
Il cugino rimase scioccato a ciò che vide. Una lacrima? Realtà o allucinazione?
Infastidito da come lo stava guardando, urlò in preda alla rabbia:
< Allora? Non lo dici? “Caro Greg te lo avevo detto!” >
Jimmy era ancora sotto shock. Non credeva alle sue pupille! Una lacrima vera aveva bagnato il volto del cugino. In tutti questi anni non lo aveva mai visto in lacrime. Mai! Questa era la prima volta.
Spalancò la bocca dallo stupore. Non sapeva cosa dire. Aveva perso per strada le parole.
< Allora? Sto aspettando!!! >
Urlò con tono furioso.
Jimmy ritornò alla realtà e chiuse la bocca.
Deglutì e proferì parola.
< Greg, quello che vedo è una... >
Il signorotto, infastidito da quel comportamento quasi imbecille del cugino, sbruffò.
Ritornò in camera e, con lui, lo seguì il cugino.
Greg si sdraiò sul letto e Jimmy si sedette su una delle due poltrone comode.
< Greg, ti prego, calmati! Raccontami ciò che hai combinato! >
Greg tirò un sorriso accattivante.
< Ecco! Il famoso “dottor-so-tutto-io” diretto e conciso! Ogni cosa che succede fuori dal mondo la colpa cade al povero “ dottor-casanova”, cioè ME!!! >
Jimmy massaggiò le tempie, all’improvviso gli venne un mal di testa. Doveva esserci qualcosa in aria, tipo una maledizione. Ma no, quel mal di testa gli veniva ogni volta che uscivano parole imbecilli del cugino!
< Non ho mica lanciato il verdetto! >
Rispose secco Jimmy.
I due si diedero un’occhiataccia. Sembravano che facevano una sfida a chi riusciva a respingere la freccia immaginaria e a riportarla agli occhi dell’avversario.
Alla fine, come al solito, vinse Greg.
Con mani alzate in segno di resa, Jimmy roteò gli occhi per aria. Era impossibile ragionare con un bambino!
< E va bene! Prova a spiegarmi con parole tue ciò che è successo! >
Greg si alzò di scatto dal letto e diede un grande pugno alla parete.
Il cugino rimase di sasso. Doveva essere successo qualcosa di veramente grosso.
< Vuoi sapere veramente cosa ha combinato il “dottor-casanova”? >
Chiese con aria di sfida. Senza attendere la risposta, rispose alla sua stessa domanda.
Gli raccontò dell’incontro con Lisa, di come l’aveva immobilizzata contro la parete, il loro bacio passionale e, infine, le dure e amare parole di lei.
In quella stanza piombò un tale silenzio. Jimmy era rimasto ancora sotto shock.
Non credeva alle proprie orecchie ciò che aveva detto Greg. Aveva immobilizzato Lisa contro la parete e l’aveva costretta a baciarla. Eppure quel bacio mica era costretto se lei lo aveva contraccambiato. Strane erano le parole amare di lei. Non era da Lisa comportarsi così. Sapeva che lei teneva a Greg più della sua vita. Doveva essere successo qualcosa se Lisa aveva espresso quelle parole ferendo Greg.
< Capisci, Jimmy? Sento un grande senso di colpa che pervade il mio animo e me lo strugge! Mi sento come se io fossi il violentatore! >
Continuò a parlare, però questa volta con tono più pacato e tranquillo.
Conoscendolo fin troppo bene, Jimmy sapeva che, nonostante abbia avuto centinaia di ragazze, lui non era di certo un tipo molto violento e non avrebbe mai alzato un dito contro una mosca.
< Dai Greg! Ti conosco troppo bene! Non saresti mai capace di fare queste cose! La cosa che non mi torna è il perché improvvisamente Lisa ti ha detto quelle parole. Deve aver assistito a qualcosa che l’ha turbata tanto se ti ha detto questo. >
Greg fece finta di tossire.
< Forse... >
Jimmy lo guardò con un’espressione come dire “Come sempre sai qualcosa”
< E va bene! La sera prima di essere dimesso è venuta Stacy e mi ha baciato. Proprio in quel momento è entrata Lisa. >
Questa volta il cugino si limitò a roteare gli occhi per aria.
“Possibile che questi due devono sempre complicare le cose? E’ così difficile dire: Ti amo? Sono solo due modeste e profonde parole! Cosa ci vuole per dirlo?”
Pensò il povero Jimmy.
< Già, l’amore... >
Gli scappò di bocca e subito la chiuse temendo la reazione del cugino.
Greg lo guardò con aria di sfida. Jimmy sorrise e proferì qualche sillaba.
< Credimi, tu non hai fatto niente di male! Però non ti rimane altro che andare da lei e chiedere scusa! >
Greg lo guardò incredulo.
< Devi assolutamente andar da lei e chiedere scusa. Lo devi fare per lei anche per te stesso! >
Continuò a parlare, ma l’improvviso intervento da parte di Greg lo costrinse a tacere.
< Me stesso? >
Domandò con tono dubbioso.
< Si, per te stesso! Perché non voglio vederti in queste condizioni! >
Rispose il cugino con espressione preoccupata.
< Dai Jimmy, non è da te dire imbecillità del genere! Io sto bene! E inoltre, dopo ciò che ho fatto, lei non mi vuole vedere! Capisci? >
Jimmy strofinò il mento con il pollice e l’indice. Stava pensando a come rendere raggiungibile la fanciulla affinché quei due potevano chiarirsi.
Certo, ci voleva l’intervento di “colui-che-si-entusiasma-per-niente” perché di sicuro avrebbe trovato delle idee geniali.
All’improvviso gli si illuminò la mente.
< Ci sono! Perché non t’inventi qualcosa? Ad esempio, scrivere una lettera? >
Cercò di spronarlo.
Greg continuò a guardare il cugino con un sopracciglio alzato e l’altro riabbassato.
Però non aveva tutti i torti il cugino.
Per riavere lei bisognava lottare. Quindi cominciò a prendere in considerazione le parole del cugino.
Jimmy, vedendolo immerso nei pensieri, si avvicinò a lui e gli diede una pacca alla spalla.
Salutò il cugino e chiuse la porta lasciandolo solo con i suoi pensieri.

 

 

TO BE CONTINUED...

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo Ventumesimo ***


E con grande piacere vi presento il capitolo ventunesimo!!!

 

 

1

 

2

 

3

 

GO!!!

 

CAPITOLO VENTUNESIMO.



Le notti successive erano le più angoscianti per Lisa. Nonostante i giorni, le settimane volavano in un lampo, non riusciva a togliere dalla testa l’ultimo e triste incontro con lui. Continuava a pensare e ripensare, vivere e rivivere ogni singolo attimo in cui le labbra di Greg sfioravano le sue trasformando quel tocco delicato in un bacio appassionato e ardente. Appassionato e ardente, ma dolcissimo e deciso, segno che non era l’unica ad aver desiderato quel bacio. Forse si sbagliava, ma quel bacio sembrava che anche lui lo aveva desiderato con tutte le sue forze. Però ancora una volta la ragione aveva preso il sopravvento sul cuore: quella dannata rabbia, che non era riuscita a disintossicare, aveva rovinato l’atmosfera. Dialoghi concitati, parole stranamente dolci e tristi di lui, le sue grida e Greg sparire dietro i monti con il suo cavallo nero lucente.
In quegli attimi passati a perdersi nei suoi occhi blu oceano, aveva percepito un mix di emozioni indecifrabili: passione, delusione, desiderio, amore, sensi di colpa, tristezza, malinconia, paura.
Da quella notte, Lisa non riusciva a darsi pace. Non riusciva a capire perché aveva reagito in quel modo. Dopo tutto, perdersi nei suoi occhi, osservare il suo viso, assaporare la dolcezza dei suoi abbracci, sfiorare le sue labbra erano ciò che aveva desiderato nel profondo del cuore. Si dava della stupida ogni volta che la mente ritornava a quell’incontro. Però la cosa che non le andava giù era stato il fatto di essere stata messa contro la parete, intrappolata come un uccellino in gabbia. Forse era questo il motivo della rabbia che le era esplosa mandando a monte quell’atmosfera romantica.
Non c’era giorno, ora, minuto, secondo trascorso a rimpiangere di averlo trattato malissimo, ma allo stesso tempo il pensiero di andargli incontro e parlargli la metteva in agitazione. Temeva la sua reazione. Aveva paura che lui non l’avrebbe ascoltata, guardata, abbracciata. Così aveva deciso di pianificare ogni possibile mossa per evitarlo, per non perdersi nei suoi occhi intensi e affascinanti, per non desiderare ancora una volta essere abbracciata da lui, sentire i battiti del suo cuore, il suo caldo respiro sul proprio viso e il tocco delle sue calde labbra sulle proprie. Doveva evitarlo a tutti i costi. Lasciare che le acque si calmassero.

************************************



L’estate aveva ormai bussato alla porta: un tiepido giugno lasciava il posto ad un caldo e birichino luglio.
Gente che camminava a passi lenti per le stradine, sfrecciare di carrozze che correvano come furie, grida di bambini che si divertivano a giocare ai cowboy o a cavalieri e principesse, anziane signore sedute in panchina all’ombra di un grosso albero intenti a spettegolare su qualsiasi cosa.
Nell’aria si sentiva qualcosa d’invitante, un qualcosa capace di far arrivare l’acquolina in bocca a chiunque: profumo di dolci fatti in casa.
Il profumo di ciambelle invadeva ogni angolo della casa dando anche alla testa.
< Amore, che buon odorino! >
Enfatizzò il signor Cuddy afferrando una ciambella e portandola alla bocca.
< Hey! >
Esclamò la moglie con le braccia conserte.
< Buongiorno a tutti! Devo scappare, sono un po’ in ritardo! >
Entrò Lisa afferrando una ciambella al volo.
< Tutto bene? >
Domandò preoccupata la madre.
La figlia si limitò ad annuire e uscì di fretta.
La madre intuì dalle occhiaie sotto gli occhi della figlia che non aveva dormito per tutta la notte. Era molto preoccupata. Non ne poteva più di vederla in quella situazione. Vederla soffrire per quell’uomo. Eppure, dalle voci che aveva sentito al lavoro, non era l’unica a a o passare giornate buie. Pareva che anche il signorotto passava dei momenti no. Nessuno lo aveva visto più gironzolare in paese, stuzzicare qualcuno per divertimento. Altre voci dicevano che trascorreva intere giornate nei pressi di un castello abbandonato e nessuno sapeva cosa combinava.
Il marito vedendola persa nei suoi pensieri, la chiamò alla realtà.
< Scusa. >
Sospirò la moglie.
< Sei preoccupata per loro? >
Domandò il marito scrutando i suoi occhi celesti.
La moglie si limitò ad annuire con espressione triste e preoccupata.
< Devo dire che non me l’aspettavo! Il signorotto è riuscito ad impossessarsi del cuore di mia figlia! Sai, mi ricorda un pò noi! >
La moglie sorrise nel ricordare la loro storia d’amore.
I due si sedettero uno di fronte all’altra.
Il signor Cuddy prese le mani della moglie e le accarezzò dolcemente.
< Quanto tempo è passato dal quel nostro primo incontro! Quanto ti ho vista, per la prima volta, sembrava che il mondo non esistesse, c’eravamo solo tu ed io! Quanti notti insonni ho passato a pensarti. Quante volte desideravo abbracciarti, coccolarti, baciarti sotto il nostro manto stellato. Abbiamo superato tantissimi ostacoli che non avevano fatto altro che dividerci. Eppure noi siamo qui, innamorati più che mai. Ricordo come se fosse ieri il nostro primo bacio sotto l’albero di quercia! Emozioni indescrivibili! Come toccare il fondo marino, arrivare sulla vetta dei monti più alti, afferrare la stella più lontana dell’universo. Ricordi le nostre iniziali incisi su quel tronco? Ancora adesso il vento non è stato capace di cancellarli perché il nostro amore è più forte di qualsiasi uragano, pestilenza, guerra. E’ il sentimento più forte che nessuno è stato mai capace di distruggerlo e mai riuscirà a farlo.
E’ come una rosa! I petali rappresentano l’amore. Tu per raggiungerlo scali lo stelo pieno di spine. Ogni spina rappresenta lacrime, sofferenze e dolori. Una volta raggiunto il traguardo, mille emozioni colorate pervadono il corpo. Emozioni indecifrabili, bellissime da provare. E allora ti senti completamente in paradiso. >
Si fermò un attimo.
Nel vedere la moglie commuoversi, baciò delicatamente la sua morbida mano.
< Nonostante tutto questo tempo sei rimasto ancora un vero e proprio romanticone! Ti amo! >
Disse la moglie con voce delicata mentre le lacrime appannavano la vista.
Il marito asciugò il suo candido volto e sorrise.
Rimasero in silenzio per qualche minuto. Solo i loro occhi parlavano, sussurravano dolci parole.
< Amore, nostra figlia è innamorata! La nostra piccola bambina è diventata donna! >
Disse l’uomo con voce quasi malinconica.
La moglie si limitò a sospirare.
< Però soffre! Dobbiamo fare qualcosa per quei due! Sono troppo orgogliosi! >
Affermò la donna.
I due si guardarono mentre la loro mente viaggiava in cerca di un qualcosa, un qualsiasi cosa pur di fare incontrare quei due innamorati in modo da porre fine alla loro sofferenza.
Mentre cercavano delle idee, qualcuno bussò al portone.
La moglie incuriosita, si allontanò dalla cucina e si diresse verso l’ingresso ad aprire il portone.
Rimase stupita nel vedere chi fosse, anzi chi fossero. Era senza parole perché non si aspettava di vedere proprio quelle tre persone con espressione che imploravano aiuto.
< Signora Cuddy, non c’è tempo! Venite con me, per favore! >

************************************



Il castello era stranamente molto quieto. Regnava un silenzio assoluto, quasi dark.
Non c’era anima viva che passeggiava lungo i grandi corridoi. Sembrava un castello abbandonato, abitato forse dai fantasmi feroci e vendicativi.
Ed ecco ondeggiare nell’aria rumori di grandi passi veloci e il silenzio svanì velocemente.
Camminando frettolosamente, le suole degli stivali si consumarono sempre più in fretta ticchettando in passi militari contro la superficie liscia del pavimento.
Era don Wilson che, preoccupato, si dirigeva verso la camera del cugino.
Dopo quell’ultimo incontro, non lo aveva più sentito perché era dovuto ritornare nella propria contea a causa delle emergenze di lavoro. Mai e poi mai aveva creduto che il signorotto da vero ficcanaso diventasse un fantasma solitario.
Era come se fosse smaterializzato in aria. Non si faceva vedere in paese, non stava quasi mai nel castello, spariva la mattina presto e tornava la sera tardi. Non capiva cosa stesse combinando di nascosto. La situazione era davvero preoccupante.
Quando si trovò di fronte alla camera del cugino, una vocina femminile attirò l’attenzione.
< Jimmy, aspettami! >
Era una donna di media corporatura, un bel vestito lungo fino alle caviglie tipo quelle delle balie, occhi celesti e un sorriso dolce.
< Buongiorno, signora Cuddy! Qual buon vento? >
Domandò gentilmente.
< Sono corsa subito dopo la visita dei bravotti! Mi sono subito preoccupata nel vedere i loro volti angosciati! Ed eccomi qua! >
Jimmy sospirò. Allora la situazione era davvero più preoccupante di quanto pensasse.
Con espressione ansiosa, bussò alla porta della camera di Greg.
Nessuna risposta. Silenzio totale.
I due si guardarono preoccupati e ansiosi.
Presa dalla voglia di porre fine a questa situazione insostenibile, la signora entrò di scatto.
La scena che si presentò davanti fece crescere enormemente la preoccupazione.
Don House con una barba più lunga del solito, vestiti sporchissimi di polvere e terreno, stivali pieni di fango ed erbe, mantelli strappati. La camera era irrespirabile poiché non aveva subito il riciclo di aria pulita e fresca.
Greg dormiva profondamente e russava peggio del fischio di un treno.
La donna aprì le tende e una luce accecante andò a colpire gli occhi dell’addormentato.
< Hey, svegliati! >
Disse la donna dondolando il corpo dell’addormentato.
Greg, semiaddormentato, si girò a pancia in giù. Strinse il guanciale e cercò di prolungare il sonno. La donna continuò a dondolare il suo corpo finché lui non decideva di svegliarsi.
Così il povero Greg dovette arrendersi. Si mise a pancia in su e, a stento, iniziò a pronunciare qualche sillaba.
< Lasciatemi in pace! >
Furono le uniche tre parole che uscirono da quella bocca.
Si mise in posizione seduta sul letto con gli occhi ancora semiaddormentati.
Fece un grosso sbadiglio e altre sillabe uscirono dalle sue labbra.
< Voglio il whisky! >
Disse con tono imperativo.
La signora Cuddy, presa dalla rabbia di vederlo in quello stato, gli diede un grosso schiaffo.
Jimmy rimase a bocca aperta nel vedere quella scena.
Greg rimase indifferente a quel gesto.
< Wow! Dovete avercela nel sangue schiaffeggiarmi! >
E un altro schiaffo colpì la guancia opposta.
< Razza d’incapace che non sei altro! Se non fai ciò che ti dico, passerai enormi guai! >
Disse la donna con tanta foga stringendo fortemente la sua camicia puzzolente e fradicia di sudore.
< Prima cosa, la barba ritornerà come prima! Seconda, una bella lavata nella tinozza piena di acqua calda! Terza, abiti nuovi! >
Ordinò con tono severo e serio, come un Re che dava ordini ai propri sudditi.
< Ma... >
Greg non riuscì a dire qualcosa poiché la signora lo afferrò, con molta forza, per il braccio alzandolo dal letto.
Gli diede il bastone e fece segno a Jimmy di accompagnarlo nel bagno.
Il povero Wilson oltre a tagliare la barba folta del cugino doveva sopportare le sue lamentele mentre la signora Cuddy riempiva la grande tinozza di acqua calda.
< E chiudi questa boccaccia! >
Gridò la donna stanca di sentire i suoi continui lamenti.
Don House fece finta di non sentirla e continuò a parlare a vanvera.
< Ahi! >
Gridò il signorotto nel ricevere un pizzicotto dalla donna.
Jimmy sorrise. Sapeva che Greg odiava essere pizzicato come un bambino, però era molto efficace per farlo zittire.
La donna uscì dal bagno lasciandoli soli, poiché Greg doveva farsi un bel bagno.
“Certo che è proprio una testa dura quel Greg!”
Pensò raccogliendo gli indumenti ormai sgualciti e sparpagliati nella camera da letto.
Ora doveva solo spingerlo a fare la prima mossa e finalmente porre fine alla loro sofferenza che non faceva altro che portare infelicità nel loro cuore.
Sapeva che sarebbe stata un vera e propria impresa, ma doveva provarci e sperare.
Sperare tanto!

************************************



Il sole brillava di una luce color giallo intenso, leggere e trasparenti nuvole, spinte da una leggerissima brezza, vagavano per l’azzurro cielo.
L’atmosfera era di una serenità totale, ma stonava un po’ con l’umore di una giovine sdraiata in penombra di una grossa quercia.
Osservava il cielo azzurro e le acque calme del lago di un blu intensissimo.
Era talmente stanca che quando aveva udito le campane in piazza annunciare l’ora di pranzo, ne approfittò per rifugiarsi nel suo luogo segreto.
Aveva lavorato tanto questa mattina e non era neanche riuscita a fare un piccolissima pausa e scambiare quattro chiacchiere con le colleghe.
Ora che era sola in quell’angolo in penombra, si sentiva beata e rilassata.
Aveva la mente sgombra da qualsiasi pensiero.
Così chiuse gli occhi e si lasciò cullare da quella quiete che solo quel luogo sapeva regalarle. Era piacevole sentire il profumo di fiori selvatici, quella rara brezza accarezzarle il volto, sentire piccoli rumori che si potevano ascoltare ad orecchio attento.
Improvvisamente udì degli strani rumori di passi affaticati avvicinarsi a lei e il tepore del sole che riscaldava il suo volto non la scaldava più.
< Guarda chi si rivede! >
La voce le era alquanto familiare e sperava che si sbagliasse.
Aprì lentamente gli occhi e si stupì nel vedere che fosse proprio quella persona che stava cercando di dimenticare senza successo.
Il corpo fu pervaso da un miscuglio di emozioni incontrollabili. I battiti del cuore acceleravano come la corsa dei cavalli in gara e il respiro diventava sempre più pesante e affannoso.
Era ancora sorpresa di vederlo. Non si sentiva pronta ad affrontarlo, ma vedendolo di fronte capì che era giunto il momento di mettere in chiaro le cose.
< Greg, che ci fai qui? >
Domandò quasi timorosa.
A Greg non sfuggì l’espressione di sorpresa dipinta sul volto di lei e, vedendo che il silenzio era ripiombato addosso tra loro, accorciò la distanza che li divideva e si sedette accanto a lei trattenendo il dolore della gamba.
I due si limitarono ad osservare il panorama del lago.
Senza farsi scoprire, Lisa osservava il delicato profilo di lui. Aveva voglia di raccontargli tutto, di quanto gli era mancato, di quanto le dispiaceva averlo trattato malissimo.
Rimasero ancora avvolti nel silenzio ascoltando i piccoli rumori del bosco.
Infastidito da quel silenzio, Greg cominciò a proferire parola.
< Lisa, io... >
S’interruppe un attimo voltandosi verso di lei. Si stupì nel vedere che lei lo stava guardando.
< Sembrerà strano quello che sto per dire, ma volevo scusarmi per quel nostro ultimo incontro! >
Terminò la frase con un filo di voce.
Lisa era incredula e confusa. Aveva sentito bene? Lui, il signorotto più misantropo, scorbutico, irascibile dell’universo, le stava chiedendo scusa?
Il cuore perse qualche battito nell’udire queste cose che per lui erano state già troppo difficili da dire.
< Anch’io ti chiedo scusa. Non dovevo trattarti in quel modo! >
Riuscì finalmente a parlare la giovine.
Continuarono a perdersi negli occhi, entrambi incapaci di proferire parola. Lasciarono che fossero gli occhi a parlare.
Greg si avvicinò ancora di più a Lisa che, però, per una strana ragione, scattò in piedi come una molla.
< Si è fatto tardi! Devo tornare a casa! >
Disse rivolgendogli le spalle.
In quel preciso istante, a Greg piombò nella mente un episodio avuto con la signora Cuddy.


“< Tu non tornerai in questo castello, fino a che non avrai messo a nudo i tuoi sentimenti! >
Nel sentire queste parole, a Greg scappò una risatina sotto lo sguardo disperato di Jimmy.
Erano ore che cercavano di spingerlo a fare la prima mossa, ma invano.
< Ok! Non c’è problema! Il figlio della mia migliore amica, Lucas Douglas, ha chiesto in sposa Lisa che ha accettato felicemente. >
Disse con molta enfasi rivolgendo le spalle a loro due e dirigendosi verso l’uscita del castello.
Greg, nell’udire quella notizia, strinse le mani a pugno fino a che le nocche diventarono bianche dalla rabbia.
< Non è possibile! Quel Lucas può avere tutte le donne che vuole! Tra tutte proprio Lisa? >
Gridò con tutta la rabbia addosso.
< Perché? Mia figlia non merita lui? Non è un bella ragazza? >
Risposte la donna trattenendo un sorriso.
Non esisteva nessuna proposta di matrimonio. Ci era davvero cascato come un pollo.
In qualche modo le piaceva saperlo geloso di Lisa.
Ancora furioso, Greg si alzò di scatto dal letto, prese il bastone e zoppicò fino all’uscita del castello senza neanche salutarli.”



La giovine se ne stava andando via, ma Greg scattò in piedi più veloce di un puma.
L’afferrò per un braccio e l’attirò a sé.
Lisa di colpo si trovò con il viso appoggiato nel suo petto e sentiva ogni singolo battito del suo cuore. Greg la stringeva più forte fino a farla mancare il respiro, quasi avesse il timore che lei potesse scappare via e non tornare mai più.
< Ho bisogno di te! >
Dichiarò con tono lieve e delicato, quasi come un sussurro.
Lisa rimase sbalordita per quel suo gesto e per le sue parole.
Il suo profumo, i suoi abbracci, il ricordo del suo bacio le sfiorarono la mente.
Chiuse gli occhi assaporando quell’abbraccio che tanto le era mancato.
Allontanò il viso da quel torace e lo alzò per scrutare i suoi occhi.
< Mi sei mancato! >
Pronunciò con un filo di voce la giovine.
A quel punto Greg appoggiò una mano sulla guancia di lei, mentre con l’altra tenne stretta la sua morbida schiena.
Lui abbassò lentamente il viso fino a sfiorare le proprie labbra sulle sue e la baciò con una dolcezza infinita.
Lisa gli mise le braccia intorno al collo e si aggrappò a lui lasciandosi guidare dalla tempesta di emozioni che invadeva violentemente la sua anima.
Continuarono a baciarsi stringendosi uno all’altra.
Greg si distaccò leggermente dal quel bacio passionale e la guardò dritto negli occhi.
< Voglio farti vedere una cosa! Però devo bendarti! >

************************************



< Greg, dai! Dimmi di cosa si tratta! >
Chiese curiosa la giovine.
Per tutto il tragitto a cavallo, il cuore non aveva fatto altro che battere come un matto, le gambe tremare dalla voglia di scoprire cosa si nascondesse dietro questo mistero.
Non sapeva cosa aspettarsi.
Ora che erano arrivati a destinazione, la voglia di scoprire questa sorpresa, le cresceva enormemente. Si sentiva come una bambina curiosa.
I due, mano nella mano, salirono lentamente le scale poiché Greg faceva fatica a causa della gamba.
Dopo una ventina di gradini, Greg si fermò respirando a fatica.
Lisa si preoccupò e non fece in tempo a dire qualcosa che lui la zittì mettendo l’indice sulla sua bocca.
Lui strinse nuovamente la sua mano e, zoppicando con il bastone, la condusse verso il luogo stabilito.
Arrivati a destinazione, Greg aprì la porta e fece entrare per prima la giovine senza lasciarle la mano.
Quando furono entrambi dentro la camera, Greg chiuse la porta.
Si avvicinò a Lisa e lentamente levò la benda.
Per assaporare meglio la sorpresa, la giovine aprì lentamente gli occhi e si stupì nel vedere ciò che aveva davanti.
Un campo stracolmo di girasoli che circondavano il castello.
Era come vedere un paesaggio di un pittore famoso.
Lisa rimase immobile, paralizzata. Non sapeva cosa dire. Quei girasoli erano i suoi preferiti e, dopo tutto questo tempo, non credeva che erano ancora in ottima salute. Era passato molto tempo da quando era stata l’ultima volta in quel castello abbandonato.
Però non solo il campo di girasoli le aveva tolto le parole di bocca. Guardandosi intorno notò che la camera era completamente ristrutturata e arredata. C’era un immenso letto in stile antico che dominava la stanza. Ai lati c’erano due comodini con al centro due candelabri. Al centro della camera c’era un tavolino di ferro con due sedie. Le pareti erano addobbati dai quadri che rappresentavano bellissimi paesaggi. Quei quadri li aveva subito riconosciuti poiché erano quelli che loro due avevano trovato quando erano bambini.
Le lacrime rigavano delicatamente le guance e non riusciva a trattenerle.
< Ma... è meraviglioso! Greg, come... >
Fu interrotta dalle parole di lui.
< Un mese a dedicarmi a questo castello che ho comprato... >
Accorciò la distanza tra loro e afferrò dolcemente la sua mano.
< ... per te! >
Mormorò lui, allungando la mano libera per asciugare il suo volto umido.
< Per me? >
Greg si limitò ad annuire.
Lisa, disegnò sul volto un ampio sorriso solare.
Istintivamente, si alzò sulla punta e appoggiò la bocca sulla sua trasformando quel tocco in un bacio ardente e desiderato.
Greg fece scivolare il bastone e la strinse fortemente a sé.
Lei gli mise le braccia intorno al collo attirandolo ancora più vicino.
Lui fece scivolare la mano sulla schiena di lei e la strinse ancora di più approfondendo il bacio.
Lentamente quei due si avvicinarono al letto e Lisa si sdraiò senza mai staccare le labbra da lui. Greg si limitò ad assecondare ogni suo singolo movimento, trovandosi alla fine disteso sopra di lei.
Si baciarono con tanta passione. Finalmente non c’era più nessun ostacolo. Potevano amarsi alla luce del sole nel bene e nel male.
Greg d’improvviso si staccò dalle labbra di lei e appoggiò la propria fronte sulla sua. Entrambi erano presi dalla passione e respiravano con affanno.
I due rimasero a perdersi negli occhi per un momento che sembrava eternità e infine Greg interruppe il silenzio.
< Non sono mai stato così felice in vita mia! Donna ammaliatrice! >
Quella frase così semplice, ma detta in suono melodioso fece impazzire il cuore di Lisa.
Le pareva di vivere in un bel sogno, in una di quelle favole con un bel lieto fine.
Si diede dei pizzicotti e si accorse che era tutto vero.
Greg rimase stupito nel vederla darsi pizzicotti.
< Piccolo idiota! Sono tutta tua! E sappi che tu sei tutto mio! MIO! >
Greg, per la prima volta in vita sua, sorrise di luce propria.
Regalò un dolcissimo bacio sulle labbra soffici della giovine che lo accolsero ricambiando.
Si guardarono ancora per qualche frazione di secondo negli occhi e poi continuarono a baciarsi.
Silenzio. Solo silenzio in quella stanza. Nessun rumore si permetteva d’interrompere quell’atmosfera magica.
Entrambi erano impegnati ad aprire le porte del proprio cuore.
Lui, lentamente, le privava dei suoi abiti e lo stesso faceva lei.
Greg l’avvolse nel suo abbraccio e la baciò con tanta passione.
Ed ecco che i loro corpi cominciarono ad esibirsi nei loro balli.
Lui si muoveva come un felino rimanendo disteso sopra di lei. Il corpo di Lisa fu invaso da ondate di calore. Era la prima volta che permetteva a qualcuno di esplorare e di varcare la soglia della sua intimità. Dentro di sé aveva sognato questo momento con l’uomo che l’avrebbe portato all’altare e che avrebbe trascorso la vecchiaia con lei. Adesso era sicurissima che Greg sarebbe stato quell’uomo, quel principe che aspettava da tanto tempo.
Ed era molto felice.
Fiumi di emozioni invadevano i loro corpi.
Quando finirono d danzare, si trovarono entrambi stesi su quel morbido lettone con di fronte un panorama stupendo di girasoli.
Lisa appoggiò il viso sul petto di lui lasciandosi cullare dalla dolce melodia del suo cuore.
Greg, oltre a tenerla stretta contro il petto, giocherellava con i suoi candidi capelli ricci.
< Ti amo! >
Sussurrò appena l’uomo dal cuore freddo.
Lisa lo sentì e rimase meravigliata.
Lo guardò nei suoi occhi blu oceano che non l’avevano mai smessa di osservarla.
< Ti amo anch’io, piccolo idiota! >
Rispose la giovine con gli occhi che brillavano di felicità.
Sfiorò le sue labbra trasformando quel tocco in uno di quei teneri, ma intensi bacetti.
I due rimasero abbracciati con i raggi del sole che riscaldavano i loro corpi e si persero nel mondo dei sogni.
E da quel momento erano due anime in un solo corpo.
E ben presto una cicogna avrebbe bussato alle loro porte.

************************************







PPTH, in un giorno imprecisato dell’anno 2009.

Tac-tac.
Tac-tac.
Tac-tac

Rumori di tacchi che ondeggiavano nell’aria.
Una donna vestita elegantemente, con espressione furiosa e stanca poiché aveva camminato frettolosamente per tutta la clinica in cerca dell’unico dottore più sfaticato dell’universo.
Era Lisa Cuddy, amministratrice del Princeton Plainsboro Teaching Hospital.
Aveva girovagato per tutta la clinica e ora le rimaneva un’ultima carta da giocare: il reparto rianimazione.
Quando mise piede in quel reparto tirò un profondo sospiro.
“Appena vedo quell’idiota giuro che gli farò patire tutte le pene dell’inferno! “
Pensò andando ad aprire una di quelle porte.
< Wow! Interessante questo libro! Non pensavo che la strega scrivesse libri su di me! >
Disse sorseggiando il caffé con la cannuccia.
In quell’istante la porta si aprì e una donna fece il suo ingresso.
< HOUSE! IMMEDIATAMENTE IN SALA VISITE 1!!! >
La sua voce trapassò il cranio, facendo venire il mal di testa al paziente in coma.
Greg rimase indifferente a quelle urla e continuò a sorseggiare il caffé.
Nel vedere lui con un libro rosa in mano alquanto familiare, un altro urlo scappò dalla bocca della direttrice.
< HOUSE!!! QUELLO E’ IL MIO LIBRO!!!! DOVE L’HAI TROVATO? >
Urlò strappandogli di mano quel libro.
< E’ stata la caccia al tesoro più emozionante della mia vita! Lo custodivi bene tra le tue biancherie intime, precisamente sotto il tanga rosso ricamato di rose che non hai ancor indossato!!! >
Il viso della donna diventò rosso pomodoro. Come faceva a sapere che non lo aveva mai indossato? Possibile che lui sapeva tutto, ma proprio tutto?
Greg sorrise nel vederla arrossire.
Tirò fuori un lecca-lecca alla fragola e la mise in bocca.
< Avrò mai l’onore di vederti con quel tanga fantasmagorico acchiappa idioti? >
Disse con un sorrisino stampato sul volto.
< SALA VISITE 1!!!! >
Urlò la povera donna ancora col volto arrossato.
Quanto aveva desiderato togliergli quel ghigno dalla sua faccia.
< Scordalo! >
Mugugnò, come un bambino che si lamentava ad ogni cosa che la mamma ordinava di fare.
Si alzò, prese il bastone e si avvicinò al suo orecchio:
< Vai in fondo pagina! Donna ammaliatrice! >
Zoppicando, uscì da quella camera lasciando Lisa sola con la rabbia addosso.
Presa dalla curiosità, aprì il libro e andò a fine pagina.
Lesse una strana dedica:

“Provo per te una poligenetica dilazione dell’io che si riflette nell’archetipo prototipo dell’anticonformismo universale...”

Una lacrima scese lungo il volto.
< Anch’io! Non sai quanto! >
Sussurrò felice la donna asciugando quella piccola lacrima.


THE END

 

Angolo di ladyT:

“Provo per te una poligenetica dilazione dell’io che si riflette nell’archetipo prototipo dell’anticonformismo universale...”

Questa citazione l’ho scovata nel mio diario della scuola scritta da tutti i miei compagni, quindi non saprei a chi dare il credit, credo che sia meglio mettere ANONIMO ^_^

E’ una citazione che in parole semplici vuole semplicemente dire: TI VOGLIO BENE oppure TI AMO!!!

Spero che abbia scelto bene questa frase, a mio parere, adatta perfettamente per Greg con i suoi modi di dire complessi e scientifici (simile alle frasi di uno scienziato o uno psicologo!!!)

 

Allora questo è l’ultimo capitolo de I PROMESSI SPOSI, spero tanto che vi sia piaciuto!!

Ultima cosa prima di salutare: COMMENTATE in tanti, esprimete tutto ciò che volete dire, anche cose negative!!!

Allora, alla prossima fanfiction!!!

Kiss,

Terry ^_^

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=365525