Chiamatemi Mimue

di dragoargento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** una caduta accidentale ***
Capitolo 2: *** un nuovo mondo ***



Capitolo 1
*** una caduta accidentale ***


primo

PREFAZIONE


Lei non voleva staccarsi dalla stretta di quelle braccia forti e ferme, non sopportava l'idea di separarsi dalla sicurezza che le infondevano in quei tremendi attimi di puro terrore.

Si sentiva come un condannato a morte nei pressi del patibolo... d'altronde, la loro situazione non era poi del tutto differente...

-Vai ora, il tempo ha la bizzarra abitudine di correre veloce come una fotone, passerà soltanto un attimo e saremo di nuovo insieme-

Le sue mani strinsero le sue, tradendo un piccolo tremito d'incertezza che lui si affrettò a nascondere con un sorriso, prima di lasciarla definitivamente andare.



UNA CADUTA ACCIDENTALE


L'autunno aveva la vanitosa abitudine di trasformare tutto quello che toccava in oro e calore: così aveva fatto con gli alberi della foresta di Ellesméra, la luce che filtrava tra le vivaci chiome ed il sottobosco.

Tutto sapeva di coccole davanti al caminetto acceso e di caldarroste, tranne l'aria che già aveva assunto l'irritante gelo dell'inverno.

Una foglia giallo crema si staccò da un ramo di tiglio, cadendo lungo una spirale regolare fino a quando una lama cremisi non ne deviò la traiettoria.

Eragon ritrasse di scatto Zar'roc prima di piombare rapidamente in avanti nello sferrare un affondo al nulla.

Eseguì un falso sguadembro, mentre si voltava e concludeva la piroetta con un fendente, tendendo ogni nervo per non farsi trainare in avanti dalla forza del colpo e dal peso della spada.

Potresti ritenerti soddisfatto, sono ore che non fai altro che allenarti... potrebbe bastare non trovi? Dai, sali sulla mia groppa e godiamoci questo stupendo pomeriggio”

Battuto, sempre battuto! Sempre sconfitto! Come potrei mai essere un buon cavaliere se non riesco a tener testa a Vanir?!!”

Sottolineò la frase con un altro tiro di scherma, mentre Saphira abbandonava il capo tra le zampe anteriori, affondando il mento tra le foglie secche e guardando sconsolata il proprio cavaliere che continuava la sua battaglia immaginaria con maggior impeto.

Il ragazzo si cimentò nell'ennesimo affondo, battendo il piede destro a terra; ma il terreno cedette sotto le suole di cuoio dei suoi morbidi stivali ed Eragon si ritrovò con la gamba destra completamente affondata nel terreno, piombando scompostamente tra le foglie.

Ti sta bene, così impari ad ignorare i miei consigli... tutto a posto?”

Chiese la dragonessa, mentre una leggera sfumatura di preoccupazione le tingeva i pensieri ed Eragon traeva la gamba fuori dal buco con cautela, serrando i denti per una fitta di dolore.

Provò a flettere il ginocchio e la caviglia, prima di rialzarsi e muovere qualche incerto passo di prova.

Nulla di rotto, per fortuna! Solo una sgradevole sorpresa...”

Spero solo non ti capiti in battaglia, pensa che maledetta sfortuna... a meno che il nemico non muoia dal ridere...”

Eragon si lasciò sfuggire una fragorosa risata, mentre gettava le braccia attorno al collo di Saphira.

Certo che è veramente strana come cosa...”

Borbottò il cavaliere tornando sui propri passi e chinandosi per sbirciare dentro il buco.

-Brisingr!-

La sua mano si ricoprì di fiamme ed Eragon introdusse quella torcia improvvisata all'interno dell'apertura.

Non riuscì ad avere una visuale migliore, in quanto le tenebre sembravano racchiudere le fiamme in una piccola sfera di luce che gli circondava la mano non andando oltre.

-Ehii!-

Gridò dentro il buco e l'eco della sua voce gli ritornò con un timbro inquietante, come se un'arcana creatura stesse rispondendo al suo richiamo.

Wow! Sentito Saphira? Là sotto ci dovrebbero essere degli spazi giganteschi!”

Mmmm... scansati, allargherò di più il buco così potremo affacciarci entrambi”

Saphira assestò una zampata decisa al terreno, ma la sua forza si rilevò eccessiva.

Un cupo boato li circondò mentre il terriccio si muoveva sotto i loro piedi creando una depressione gigantesca.

Eragon saltò d'istinto in arcione mentre la dragonessa spiccava il volo un attimo prima che il terreno si spalancasse in una voragine spaventosa, inghiottendo ogni cosa, perfino gli immensi alberi.

Sotto le azzurre ali del drago, la terra si stava comportando come un torrente in piena che si gettasse dentro la gola spalancata di una mostruosa bestia assetata.

Poi l'arsura del colosso si placò ed il bosco arrestò la precipitosa implosione, fermandosi in bilico ai bordi di una voragine circolare di qualche decina di metri di diametro.

Drago e cavaliere stavano sospesi nel mezzo di quella devastazione, guardando sbigottiti le tenebrose viscere della terra che si stavano donando ai loro sguardi, invitandoli con voce suadente ad entrare in quelle vastità inimmaginabili.

Il buon senso mi dice di volare al più presto lontano da qui, eppure...”

...vorresti dare un'occhiata, vero?”

Già, piccolo mio. E so che anche tu hai questo folle desiderio.”

Scendiamo allora”

Saphira ebbe un attimo di esitazione, prima di annuire con se stessa e cominciare a planare nel pozzo, sentendosi sempre più minuscola ed insignificante man mano che le pareti rocciose li circondavano.

Poteva avvertire il timore riverenziale di Eragon da come le serrava le gambe sul dorso, ne avvertiva la meraviglia dal respiro che gli usciva a fiotti dalla gola, mentre la luce del giorno si tramutava in una lama fredda di diamanti nel buio odorante di muschio e ruggine.

Ruggine?

Saphira! Alla tua sinistra!”

Cosa... mio Dio...”

I due si ritrovarono a volare nei pressi di un pilastro metallico mastodontico, le cui giunture che ne assemblavano i pezzi erano tenute unite da bulloni grandi come Saphira.

Appena i loro occhi si furono abituati maggiormente alla scarsa illuminazione, drago e cavaliere poterono scorgere una miriade di altre colonne metalliche, che si allacciavano le une alle altre tramite un'ordinata ragnatela di archi rampanti.

La forza emanata da quelle opere colossali era resa assai più sinistra dalla ruggine che le stava divorando.

Questa caverna non è naturale, chi avrà mai potuto costruire una cosa del genere, nemmeno i nani e gli elfi sono capaci di farlo.”

Tutto sembra molto antico...”

Osservò Saphira fiutando l'aria

...troppo...”

Continuarono a scendere per un tempo indefinito, mentre la luce del giorno si faceva sempre più fioca, costringendo Eragon ad invocare magicamente il fuoco per rischiarare il cammino.

Atterrarono su una montagnola instabile di terra ed alberi divelti, o meglio, su ciò che era diventata la radura nella quale Eragon si stava allenando con la spada.

Discesero quel mucchio di terriccio fino a raggiungere il fondo del pozzo.

Guarda Eragon! C'è una galleria più avanti!”

Forza, andiamo a vedere... ora che siamo qua, tanto vale dare un'occhiata”

Man mano che si avvicinavano a quella macchia di buio più oscura, Eragon avvertì uno stano formicolio alla nuca, mentre il timore lo induceva a sguainare Zar'roc per tenerla protesa avanti a sé.

Entrarono infine nel tunnel e subito gli spazi ristretti del corridoio cancellarono la sensazione di schiacciamento che la profondità del pozzo aveva suscitato in loro.

Avanzarono per parecchi metri prima che il cordone di roccia si interrompesse bruscamente, abbandonandoli nell'abbraccio disorientante che ha il buio quando nasconde la vastità di un ambiente ipogeo.

Fermo Eragon! Torniamo indietro prima di smarrirci, potremo vagare nel buio senza ritrovare la via d'uscita per sempre!”

Hai ragione Saphira, è meglio andarcene, mi sento come un intruso... questo luogo non ci appartiene...”

Prima di obbedire al consiglio della compagna, Eragon azzardò un passo di troppo.

Un discreto “bip” lo indusse ad abbassare lo sguardo sul proprio stivale che stava poggiando su una serie di cerchi luminosi concentrici che si espandevano sempre di più fino ad infrangersi contro quelle che dovevano essere le pareti della caverna.

Una fredda luce bianca li investì dall'alto mentre, confusi e accecati, entrambi si preparavano a combattere contro non so quale entità.

Quando finalmente furono nuovamente in grado di vedere, nessun nemico stava minacciando la loro incolumità.

Eragon si lasciò sfuggire Zar'roc dalle dita tremanti, per poi cadere in ginocchio mentre il rumore metallico della spada, che cozzava contro il levigato pavimento quadrettato, sembrava un tuono nel silenzio del luogo.

Nonostante la sua forza, Saphira gli si era acquattò al fianco, mentre gli occhi di zaffiro divoravano la meraviglia di ciò che li circondava.

Ogni cosa là dentro era artificiale, a partire dalla luce che mai avrebbe potuto essere quella del giorno o il frutto di lanterne.

Attorno a loro si sviluppava un ambiente semisferico, alle cui pareti si distribuivano piani e piani di terrazze che circondavano file ordinate di pilastri dalla larghezza di circa un uomo ed altezza di due metri scarsi.

Le strutture tubolari erano completamente ricoperte di polvere, che si era depositata sulle superfici come se queste fossero state spalmate di colla, colmando ogni fessura od angolo, come se fosse appena nevicato in abbondanza.

-Santi numi....-

Si lasciò scappare Eragon.

Dove siamo? Non ho mai visto nulla del genere...”

La dragonessa si stava avvicinando a quelle strane strutture cilindriche, spinta da una morbosa curiosità.

Con delicatezza sfiorò la polvere con la punta della coda.

Come un quinta teatrale, la copertura millenaria perse la sua aderenza alla superficie, precipitando di colpo al suolo e rivelando la vera entità dei cilindri.

Saphira si lasciò sfuggire un bizzarro verso gutturale mentre indietreggiava di un passo, allarmata dalla vista dell'orrendo contenuto del cilindro di vetro.

Si trattava di un cadavere, rannicchiato in posizione fetale ed immerso in un misterioso liquido bluastro; come gli insetti affogati nell'alcool dentro i vasi della bottega di Angela l'erborista.

Il corpo era circondato da innumerevoli cavi ancorati alla pelle tramite delle placche circolari, che si andavano ad ammassare specialmente attorno alla calotta cranica; mentre un tubo si collegava ad una sorta di museruola che nascondeva la quasi totalità del muso della bizzarra creatura.

Siamo in una cripta... queste sono tombe!”

Cos'è questo essere? Sembrerebbe un drago...”

Ma anche un uomo...”

Eragon si avvicinò al sarcofago accanto e la polvere svelò la presenza di un cadavere dalle scaglie verdi, ne seguì uno color rame, un altro bianco... tutti sembravano lessati dal liquido nel quale erano immersi, tanto che i loro tratti erano deformati in modo grottesco.

Non riesco a capire, non si hanno mai avute notizie di simili creature nei tempi antichi...”

Disse il cavaliere, continuando a svelare il contenuto di una tomba dietro l'altra.

Di colpo si fermò, scrutando con interesse l'interno di un flacone che conteneva un corpo intatto, tanto che l'essere che vi era racchiuso sembrava stesse dormendo.

Era una creatura minuta, ricoperta di scaglie argentee ed altre nere che ne striavano il corpo come il manto di una tigre.

Le mani dai pollici opponibili sembravano quelle di una fanciulla, se non fosse stato per gli affilati artigli, chiaramente visibili nonostante l'ombra proiettata dalle ali dalle membrane candide maculate di nero, che la creatura teneva avvolte attorno al corpo come una coperta.

Il muso era in tutto e per tutto dragonesco, e la serenità che emanava fece avere avere ad Eragon un tuffo al cuore.

Vieni Saphira! Qua c'è un corpo intatto!”

Trotterellando, la dragonessa gli fu subito al fianco.

È...è bellissima...”

Si lasciò sfuggire, mentre una gigantesca valanga di confusione e struggente malinconia si riversava da lei dentro la mente del cavaliere.

Guarda un po' che stano, cos'è quella macchia che ha al bordo dell'occhio destro?”

A me sembra un fiore dai petali chiusi...”

Un momento, vi sono delle bolle che escono dalla cosa che porta sul muso!”

Eragon osservò con più attenzione e dovette ammettere che Saphira aveva visto giusto: le bolle d'aria erano piccolissime e si susseguivano lungo un sottile filo.

Il ragazzo si fece ancor più vicino, appoggiando entrambi i palmi al vero e spiaccicando il volto contro la fredda superficie trasparente per osservare con più attenzione.

Un altro acuto “bip” risuonò nell'immobilità del luogo.

Eragon vide la forma guizzante di una scarica elettrica attraversare il corpo della creatura.

Il torace del rettile si mosse mentre la maschera che ne copriva il muso eruttava un torrente gorgogliante di bolle.

Il cavaliere non potette fare altro che assistere affascinato alla scena, mentre il cilindro andava lentamente svuotandosi del liquido bluastro.

Stupido ragazzo! Stai indietro!”

Fu Saphira a staccarlo a forza dal vetro per poi proteggerlo con il proprio corpo mentre sibilava minacciosamente alla cappa di vetro che si stava aprendo, lasciando sul fondo il corpo abbandonato della piccola creatura.

Resta qui”

La dragonessa si avvicinò con cautela allungando esitante un artiglio, come se toccare quella cosa le facesse ribrezzo.

Con uno strattone sgraziato sciolse il corpo dalla posizione rannicchiata, rivelandone l'ampiezza sproporzionata dell'apertura alare e l'eccessiva lunghezza della coda affusolata.

Il torace si alzava e si abbassava al ritmo costante e profondo della respirazione della dormiente.

Dannazione, è viva!”

S'inalberò Saphira, sbuffando fumo in ogni dove, mentre con un ringhio alzava la zampa artigliata per assestare un colpo alla creatura.

Saphira, ferma! Cosa stai facendo?”

Eragon, questa... questa... cosa appartiene ad un tempo remoto, non sappiamo cosa accadrebbe se si dovesse risvegliare ora, in questa epoca. Dobbiamo ucciderla!”

Eragon poteva avvertire chiaramente il senso d'urgenza della compagna, il terrore e la determinazione; ciò lo disgustava, in quanto trovava impossibile che quella cosuccia indifesa e delicata potesse essere malvagia.

Trasmise le sue emozioni alla dragonessa, e questa barcollò confusa nell'avvertire il rancore ed il rimprovero dei quali si erano tinte.

I due si fissarono, scambiandosi mentalmente stoccate ed affondi nel tentativo di far prevalere le proprie intenzioni su quelle dell'altro...

Sei cocciuto!”

Saphira lasciò così cadere la propria protesta, sapendo quanto fosse inutile persuadere il ragazzo ad agire saggiamente, ogni qual volta si lasciasse prendere dai sentimentalismi.

Sperava soltanto che lui non stesse commettendo un gigantesco errore, mentre sollevava da terra quell'ibrido incosciente e le montava in groppa.

Lui si era aspettato di toccare un qualche cosa di freddo e bagnato, ma lo strano liquido non aveva lasciato alcuna traccia di sé.

Torniamo a casa, ora”

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Capitolo 2
*** un nuovo mondo ***


un nuovo mondo

UN NUOVO MONDO


-Vai ora, il tempo ha la bizzarra abitudine di correre veloce come un fotone, passerà soltanto un attimo e saremo di nuovo insieme-


Rodgar aveva avuto ragione, non le aveva mai mentito, nemmeno per consolarla; le aveva sempre detto la verità semplicemente com'era, con la differenza che le mostrava sempre il lato più lustro e piacevole dei fatti... e per questo lo amava.

Le ultime parole di lui ancora le ronzavano nelle orecchie come se le avesse pronunciate soltanto un attimo prima, mentre i sensi le ritornavano man mano.

Il primo fu il tatto, con la sua piacevole morbidezza di coltri fresche e fruscianti; poi la raggiunse l'aroma resinoso del legno, il frusciare del vento tra le foglie, un vociare lontano ed infine la fame.

Una sensazione di vuoto allo stomaco talmente sgradevole da indurla ad aprire i rossi occhi a mandorla dalle pupille feline.

Appena si svegliò del tutto, la margherita tatuata al lato dell'occhio destro aprì la corolla di petali, come un vero fiore toccato dai raggi mattutini del sole.

Le risultò assai faticoso muoversi, dopo millenni e millenni di immobilità.

Tentò di scendere dal giaciglio con calma, ottenendo soltanto chi cadere a terra come un goffo sacco di patate.

Grugnendo di disappunto si mise sulle quattro zampe per poi provare a mettersi eretta, ma il senso di vertigine che la colse appena si erse sui posteriori, nonché il tremito incontrollato degli arti, la convinsero a gattonare fino alla gigantesca finestra circolare.

La sua razza era solita camminare eretta, in modo da poter disporre dell'utilizzo delle mani in qualsiasi circostanza; fatta eccezione per la corsa o casi di seri problemi all'equilibrio, come quelli che lei si trovava ora a dover affrontare.

Una volta raggiunta l'apertura e data una sbirciata fuori, finalmente potette comprendere dove si trovava.

Si trattava di una stanza ricavata interamente nel tronco di un albero vivente, così come erano tutte le abitazioni della città arborea che si estendeva sotto il suo sguardo.

Non vi erano grattacieli di acciaio, né rotaie e schermi che opponevano i loro colori artificiali ad un cielo perennemente plumbeo, tossico e venefico.

Mai in vita sua aveva visto così tanto verde, che non fosse quello di una virtuale foresta olografica nel quale recarsi nei giorni di festa.

Tutto sembrava così vero e pulito che lacrime di gioia le offuscarono la vista, mentre un'altra margherita le sbocciava vicino alla tempia e le striature nere del corpo si ricoprivano di una vaga luminescenza azzurrognola.

Il mondo era riuscito a guarire e rigenerarsi, e chissà quanto di quanto tempo aveva avuto bisogno per rinascere: finalmente era giunto il momento di uscire dal letargo ed iniziare una nuova vita.

Dov'erano però finiti gli altri? Perché non aveva trovato Rodgar al suo fianco al risveglio?

Il rumore di una serratura alle sue spalle la fece girare di scatto ed alzare sui posteriori mentre una creatura che non aveva mai visto entrava nella stanza senza scollarle lo sguardo di dosso.

Lei non aveva mai visto nulla di più buffo e bruttino; ciò le fece sbocciare un'altra margherita ed un ampio sorriso divertito che svelò una impressionante chiostra di zanne aguzze e bianchissime; dove un piccolo diamante, incastonato alla base di un canino, mandò un fugace brillio.

Ora che la vedeva sveglia, Eragon rimase ancor più ammaliato dallo strano fascino della creatura tutta ali e coda, che a malapena avrebbe raggiunto il metro e venti d'altezza; senza contare la doppia fila di nere corna lucide e la dritta cresta avorio e carbone.

Non fece in tempo a schermare i propri pensieri che l'esasperato ruggito di rimprovero di Saphira gli invase la mente.

Poco dopo la dragonessa apparve nel cielo sopra la copertura arborea, per poi gettarsi in picchiata verso l'apertura circolare, facendo sobbalzare la propria rivale che la fissava incredula ed esterrefatta.

Saphira non potette fare a meno di pensare che somigliasse ad un baccalà rinsecchito, con quelle ridicole fauci aperte, mentre con deliberato sdegno sceglieva di ignorarla per rivolgersi direttamente al cavaliere.

Credi di poter riuscire a comunicare con questa roba?”

Perché non provi te stessa?”

Uno sbuffo di fumo le sfuggì dalle narici.

Voglio avere a che fare con lei il meno possibile, sai come la penso: appartiene al passato e là doveva rimanere!”

Ne avevano già discusso animatamente, così Eragon preferì allontanare quell'invito ad una ennesima sfida verbale con una scrollata di spalle.

Durante il loro muto dialogo, la creatura aveva vinto la soggezione che nei confronti di Saphira, avvicinandosi nuovamente alla finestra per divorare il panorama con l'avidità di un cucciolo appena uscito dall'uovo.

Si concentrò, nel tentativo di comunicare con lei telepaticamente, ma senza il minimo successo.

Non c'erano muri a bloccargli la via, semplicemente trovò incomprensibile ed indomabile la mente che si dispiegò alla sua percezione.

Tinte incredibili e suoni altrettanto straordinari invasero la coscienza del cavaliere, non vi era logica nel loro susseguirsi ed erano così assurdamente veloci che mai avrebbe potuto afferrarli.

Non ci riesco...”

Come? Ha per caso la mente schermata?”

No... prova pure se vuoi...”

Dopo aver scoccato uno sguardo di sufficienza ad Eragon, Saphira toccò la mente della nuova venuta per subito ritirarsi inorridita.

Che diavolo sono quelle dannate cifre intrecciate ai suoi pensieri? Eragon, perché non mi hai dato retta quando ancora eri in tempo?”

Lei avvertì il tocco di entrambi e la loro incapacità di stabilire una comunicazione intellegibile.

Per lei era facile capire i loro messaggi, aveva intuito la curiosità del ragazzo e l'ostilità, miscelata ad una buona dose di gelosia, di quel gigante blu scintillante che la sovrastava.

Entrambi avevano semplici e primitive menti biologiche, senza nemmeno il più rudimentale impianto di chip; che ragionavano con una lentezza esasperante, non potendo contare sulle prestazioni di un microprocessore come quello che aveva impiantato alla base del corno e che comunicava ininterrottamente con la componente biologica della sua mente, tamponandone le carenze.

Una risatina chiocciante le sfuggì, nonostante lo sguardo minaccioso di Saphira, che sembrava volerla incenerire da un momento all'altro.

Calcolò con la coda dell'occhio la posizione approssimativa dove poteva trovarsi quella strana scimmia pelata di nome Eragon, per poi scattare velocemente verso di lui.

Saphira lanciò un ruggito allarmato, e l'avrebbe fatta a pezzettini se lei non avesse avuto la prontezza di serrare il cavaliere per il collo per porlo avanti a sé a mo di scudo.

Eragon tentò di divincolarsi, ma quella cosuccia “delicata” aveva una forza spropositata rispetto alle sue dimensioni.

Ne avvertì il fiato umido e caldo vicino all'orecchio, mentre gli sussurrava un suono dolce e suadente per farlo calmare, che forse avrebbe potuto avere il significato di uno “Shhhhh”.

La mano della creatura gli salì verso le tempie, e lui potette notare una serie di piccoli impianti metallici che formavano una L lungo il palmo, all'incirca in prossimità del pollice e dell'indice.

Ebbe subito modo di scoprire la loro funzione quando gli entrarono in contatto con la pelle.

Una scarica lancinante di dolore gli trapanò la testa per un istante, prima che la creatura lo lasciasse andare, stordito come un polpo sbattuto sullo scoglio.

Subito Saphira gli si acciambellò attorno con fare protettivo, mentre trapassava l'altra con occhi assassini.

Cosa gli hai fatto? Parla lurida carogna!”

Lei rimase qualche istante immobile, con gli occhi chiusi...

-Niente, ho solo pescato nella sua memoria le lingue da lui parlate e le ho caricate nella mia... è tanto terribile?-

Saphira non era completamente sicura se la creatura avesse realmente parlato o se si fosse immaginato tutto quanto; ma uno sguardo al muso soddisfatto dell'altra cancellò ogni dubbio.

-Piacere di conoscervi, Saphira ed Eragon!-

Esordì con una buffa vocetta squillante piena di entusiasmo, mentre porgeva la manina artigliata, con le margherite che le fiorivano in un folto mazzetto sul volto e le striature che si illuminavano vivacemente di azzurro elettrico.

-Chiamatemi pure Mimue... e per piacere cercate di rilassarvi in mia presenza. Specialmente te, Saphira: sono un drago, mica una bomba ad idrogeno!-



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