Androide Veneziano - Blade Runner di Trijpmaker (/viewuser.php?uid=85224)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Cacciatore ***
Capitolo 2: *** capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** La Sorveglianza ***
Capitolo 4: *** Specchi ***
Capitolo 5: *** L'Avvocato ***
Capitolo 6: *** Visite ***
Capitolo 1 *** Il Cacciatore ***
Blade Runner - Venezia
BLADE RUNNER
A.D. 2025
Erano passati dieci anni dalla quarta
guerra mondiale.
La terra, devastata dalle esplosioni
nucleari e dall'inquinamento era diventata una pericolosa e insalubre
pattumiera.
La vita aveva rischiato d'essere
cancellata, ma per qualche strano caso s'era riusciti a sopravvivere.
L'emigrazione verso le colonie
extra-mondo era diventata una necessità e non più un'avventura
I replicanti umanoidi modello NEXUS 6,
erano superiori all'uomo in forza ed agilità ed avevano lo stesso
potenziale intellettivo, venivano impiegati nella rischiosa opera di
colonizzazione dei pianeti extra mondo, sia come carne da cannone che
come mano d'opera a basso costo.
Dopo un sanguinoso ammutinamento di
un'unita di combattimento, composta da replicanti, in una colonia
extra mondo, quest'ultimi vennero dichiarati illegali sulla terra e
le forze dell'ordine erano autorizzate ad eliminarli appena
identificati.
Vennero costituite squadre speciali per
la caccia ai replicanti.
In Italia la Polizia di Stato, i
Carabinieri e la Guardia di Finanza costituirono un unità interforze
col compito di dare loro la caccia,
chiamata Opera Contrasto e Repressione degli Androidi, ed erano
autorizzati ad uccidere sul posto una volta identificati come tali.
Questo non era definita come un
esecuzione,
bensì ritiro.
Venezia
A.D. 2025
La vecchia città era avvolta in una
cappa di nuvole, scure come il piombo, che minacciavano pioggia.
I battelli, malgrado gli spinner
fossero una realtà dominante nei trasporti, non furono del tutto
abbandonati.
La vecchia Venezia continuava a
resistere, malgrado le campagne fossero diventate un insalubre
deserto, contaminato da una polvere che alcuni dicono radioattiva,
altri tossica,
ma ciò non faceva molta differenza. La
campagna restava un posto da evitare come la peste.
Malgrado gli sforzi del governo, poche
aree venivano reclamate dalla desolazione radioattiva.
Quanto a me, non c'era molto da fare.
L'attività della mia agenzia
investigativa da un po' di tempo languiva e quando gl'affari languono
non è mai un buon segno, stesso dicasi le bollette della luce e del
gas che erano rimaste insolute.
La video telefonata dell'avvocato
Messulam quasi mi tirò su di morale, almeno riusciva a distogliere
la mia attenzione dalle sfighe
quotidiane.
-
Buon giorno Avvocato...
-
Ah cavissimo....
Inconfondibile, lo stesso accento
affettato che, ogni volta che lo ascoltavo, mi faceva girare i
coglioni in maniera vorticosa.
-
Avevei bisogno dei
suoi sevvigi, mio cavo. Può passave in studio
questo pomeriggio?
-
Le va bene dopo pranzo?
-
Vada per le due e mezza
-
Aggiudicato. Ci si vede dopo.
-
Va bene cavo....
Mi misi l'impermeabile e gli stivali di
gomma, oggi l'ologiornale ha previsto acqua alta.
Uscendo dal mio disordinato ufficio
pensai che era un vero peccato che non fossi ancora nel giro della
caccia ai replicanti. Era un lavoro lucroso, molto lucroso e con
quello ero riuscito a pagarmi l'acquisto di un vecchio palazzo mezzo
rovinato sul Canal Grande. Un ottimo acquisto, dovuto al fatto che la
maggior parte della cittadinanza si fosse trasferita nelle colonie
extra-mondo di Marte e Titano.
Detti un'occhiata all'orologio, le
dieci e mezza. Prima di uscire era il caso di vedersi un attimo allo
specchio. Barba fatta, cravatta nera messa bene e una rapida
pettinata prima di uscire.
La pistola era il caso di portarsela
appresso? Decisi di giocarmela a testa o croce.
Testa me la portavo, croce la lasciavo
nel cassetto. Testa.
Presi la mia vecchia, ma efficiente M9,
caricata con colpi a punta cava ed uscii dal Palazzo.
Avevo parecchio tempo prima
dell'incontro con l'avvocato magari potevo fare una capatina in sala
scommesse, per vedere se mi riusciva di sputtanarmi gli ultimi 5 euro
ai cavalli.
Nella sala c'era il solito assortimento
di disperati, di professionisti del raggiro e gli strozzini delle
'Ndrine di Platì che in quell'edificio la facevano da padrone.
Detti un occhiata veloce allo schermo
olografico e decisi di giocare i miei ultimi soldi su Ezechiele
25:17, vincente.
Per quale motivo sputtanarsi gli ultimi
soldi ai cavalli?
Non lo sapevo di preciso, ma avevo
voglia di riprovare, seppur in scala minore, gli stessi brividi
di quando andavo a caccia di replicanti
per tutto il lombardo veneto.
Ero diventato un tossico dipendente
dell'adrenalina. Quel brivido che ti prende mentre sei a caccia e che
ti lascia solo quando vedi il replicante stecchito e il suo sangue
bagnare il selciato.
Tempi del cazzo si diceva la parte
razionale di me, ma molto remunerativi.
Lo speaker della fumosa sala scommesse
annunciò che la corsa del mio cavallo stava per cominciare.
Ecco sono partiti... Dai Ezechiele...
dacci dentro e non ti fermare...
In quei brevi minuti risentivo tutte le
antiche emozioni del cacciatore e ad un certo punto la sala era
scomparsa e con la mente ero ritornato all'ultimo replicante a cui
avevo dato la caccia.
Un modello Nexus 6, che aveva venduto
cara la pelle, dopo esser stato sgamato col test di Bonelli.
Aveva corso con la forza della
disperazione nelle calli di Venezia, cercando di seminarmi.
Ma per quanto ci provasse gli stavo
incollato ai tacchi come un francobollo.
Il replicante, un modello Shanti, che
era riuscito ad entrare clandestino sulla terra.
La stronza, che doveva essere stata un
modello standard, aveva avuto poco tempo per crearsi un cuscino di
emozioni abbastanza solido per spacciarsi come un essere umano.
Si credeva che lavorando in un posto
pubblico come in un bar, nessuno l'avrebbe riconosciuta, ma aveva
fatto i conti senza l'oste, cioè senza il sottoscritto.
Ormai era davanti a me, spianai il
ferro d'ordinanza e tirai in rapida successione tre colpi che
andarono tutti a segno sulla sua schiena.
La vidi cadere a terra e mi avvicinai a
lei. Aveva cercato con le sue ultime forze di premere il grilletto
della sua pistola laser ma senza tanta forza. Flettei le ginocchia e
l'ultima cosa che vide il replicante fu il colpo che le fracassò la
sua bella faccina.
Sul momento non provai nulla, ma i suoi
occhi avevano minato le mie certezze su questo mestiere.
Era come se mi implorassero di non
ritirarla, di lasciarla vivere gl'ultimi anni che le erano rimasti
libera e felice.
Le sue preghiere se fossero state
ascoltate da me, avrebbero avuto sponda nella mia coscienza ma le
aveva domandate al cacciatore che c'era in me e lui non negoziava coi
lavori in pelle.
Mi ripresi dal mio sogno ad occhi
aperti per vedere che Ezechiele aveva vinto la sua corsa e nelle mie
tasche erano entrati la bellezza di 60 euro, un vero affare.
Ritirai la mia vincita e decisi di
festeggiare questa botta di culo al ristorante Sushi Wok, dove si
facevano i migliori ravioli di carne della città, anche se la
frittura lasciava a desiderare.
Camminai fino all'Accademia, facendomi
i ponti con molta velocità.
Entrai nel ristorante, accolto dalla
cameriera che mi scortò al mio tavolo preferito.
Una volta seduto feci le mie
ordinazioni e attesi.
Stavo per dare un'occhiata al giornale
della comunità cinese, quando vidi che entrarono due marcantoni che
si dirigevano al mio tavolo. La cameriera era ritornata con le mie
cibarie quando le feci cenno di rimanere.
Il primo che guardai era un tizio,basso
e grasso, che s'era spruzzato litri d'una acqua di colonia per
mascherare l'odore di cordite che si portava appresso.
L'altro invece era alto e ben pasciuto
e anche lui doveva aver usato la stessa acqua di colonia.
Una bella coppia di fottutissimi
sbirri.
Parlò il nanerottolo:
Mi voltai alla cameriera e le chiesi
cosa avessero detto.
Presi le bacchette e mi misi tra i
denti un raviolo. Squisito.
La ragazza rispose e di nuovo il grasso
nano da circo riprese a parlare
pagai il conto e seguii i due sbirri
verso il loro spinner, cazzo era dell'OCRA.
Saltai sopra e dopo pochi istanti lo
spinner era in volo verso la questura di Venezia.
Dopo venti minuti di volo arrivammo a
destino. I miei due accompagnatori mi scortarono fino all'ufficio del
maresciallo maggiore Furlanetto.
Furlanetto Takeshi era un
nippo-pellestrinotto infido e totalmente bastardo.
Alto un cazzo e tre barattoli, con due
occhi cattivi, capelli neri e due baffoni d'ordinanza che
solo suore e carabinieri hanno il
diritto di portare, m'aveva mandato a prelevare dalla sua guardia
pretoriana.
Lo conoscevo bene questo nano bastardo,
anche troppo.
Entrato nel suo ufficio vidi che col
tempo era diventato più brutto e anche malmesso.
Lo salutai e per risposta, oltre ad un
saluto, ricevetti un'alitata di gas metano prodotta dal suo fetido
fegato.
Storsi il naso e lui esibì un
movimento delle labbra che s'arricciarono a formare un sorriso.
-
Ciao bello di casa... hai sentito
la mia nostalgia?
-
No Takeshi... nemmeno un po'..
-
Se ti chiedevo di venire sapevo
che non saresti venuto, quindi ti ho mandato a prendere da De
Gheltof e Corea, i tuoi rimpiazzi.
-
Quale onore... allora posso sapere
che cosa vuoi da me? Di certo non é per spiegarti la
transustanziazione del sangue di San Gennaro...
Mi guardò storto, come se gli avessi
detto che da domani avrebbe cagato noccioli di pesca per tutta la
settimana, ma subito dopo riprese:
-
mi servono ancora i tuoi sevizi
bello di casa
-
mi sono congedato Takeshi...
adesso lavoro in proprio.
-
Col cazzo merdaiolo! Lo sai bene
che ti posso obbligare a lavorare per me e gratis se lo volessi, ma
so essere onesto quando voglio e tu lo sai e poi...
-
Vieni al punto mezza cartuccia...
Takeshi sapeva incassare e quando
voleva o poteva te la faceva scontare con gl'interessi.
Ma per questo giro, senza volerlo,
m'aveva dato un informazione molto utile.
Aveva bisogno di me. Riprese
-
Mi serve il vecchio cacciatore sul
campo.
-
Chiama Renzi, io mi sono
congedato...
-
Stai facendo lo stronzo tesoro –
me lo disse in tono smielato – e sembra che tu non voglia capire
che mi servi. Renzi s'è rammollito con l'età e i gemelli diversi
non sono all'altezza di questo compito.
-
Che gioia sentirsi necessari....
-
Eh già...
Avevo capito come sarebbe andata a
finire, perciò era meglio darci un taglio con le cazzate
e sentire cosa aveva da offrire.
-
Dimmi cosa vuoi...
-
Presto detto. Ci sono altri lavori
in pelle.
-
Capisco.. Quando comincio?
-
Hai già cominciato, amore...
Estrasse dal cassetto la patacca.
Si alzò dalla scrivania e mi fece
cenno di seguirlo.
Scendemmo nei sotterranei, vicino alle
camere di sicurezza.
Erano come me le avevo lasciate. Un
corridoio umido con decina di celle disposte su entrambi i lati.
Dentro il solito campionario di feccia
umana che piangeva, parlottava o si disperava.
Takeshi andò avanti e io, come fossi
un fottuto cocker spaniel, gl'andavo dietro.
Prima d'entrare in un altra stanza
riuscì a vedere i gemelli diversi che si divertivano con una
prigioniera, stuprandola con gusto a
turno.
Stavo per intervenire quando Takeshi,
senza nemmeno voltarsi, mi disse:
Non dissi nulla. Scossi la testa e
entrai nello stanzone.
Entrato mi sedetti su di una cigolante
sedia. Lo stanzone era piccolo, quasi la stessa grandezza di un'aula
scolastica.
Mi sedetti su una sedia cigolante,
Takeshi stava armeggiando con un PC portatile, preparandosi
a spiegarmi cosa il destino aveva in
serbo per me.
Si schiarì la voce, come se dovesse
fare un discorso importante.
-
Dieci giorni fa, uno shuttle
proveniente da Titano è stato avvistato, alla deriva
nell'Adriatico. Tutto l'equipaggio è
stato massacrato e le merci che conteneva sono state rubate.
-
Cosa c'era dentro?
-
Cibarie provenienti dal Satellite
Tanatos, in orbita geostazionaria. Uno dei pochi posti dove si può
ancora coltivare la terra e dove gli animali crescono liberi,
felici e in salute da questo schifo di terra.
Il satellite Tanatos era stato
costruito in orbita nel 2012. Originariamente era un laboratorio
sperimentale della NASA e dell'Agenzia Spaziale Europea. Nel 2018
dopo la quarta guerra mondiale, venne adibito a fattoria della vita.
Come nella fottuta arca di Noè, tutti
gl'animali che erano riusciti a raccattare erano stati spediti su
quel satellite, per riprodursi in attesa che la situazione sulla
terra migliorasse e si potesse ripopolarla con la flora e la fauna.
-
Cosa si sa?
-
Un gruppo composto da otto
replicanti.
-
E da dove cazzo venivano?
-
Probabile da un'altra colonia...
non lo so da dove.. può darsi da Tannhauser,,
-
con chi ho a che fare?
-
Aspetta che adesso te li presento
Premette un pulsante e dallo schermo
vidi le foto dei sospetti replicanti.
Otto personaggi apparvero sullo
schermo. Takeshi armeggiò ancora col computer e dopo pochi istanti
riuscii a vederli in formato tridimensionale.
-
Dove sono le schede dei soggetti?
-
Aspetta.. dunque il primo lavoro
in pelle... Didier... modello da combattimento, scappato da una
colonia extra-mondo...
-
Di solito si muovono da soli.. ma
qui si può sapere che cosa c'è che non va?
-
Non lo sappiamo... per questo mi
servi te... Questo oltre ad essere un lavoro di muscoli richiede
cervello. I Gemelli Diversi ti faranno da spalla.
-
Non mi serve Takeshi, lavoro da
solo.
-
Come vuoi.. però saranno a tua
disposizione se dovessi cambiare idea.
-
Ok. Dov'è il resto del file
sugl'altri Replicanti?
Mi porse un flash disk nel quale erano
stipate le informazioni sugl'altri replicanti.
Otto o forse qualcuno di più. Troppo
vago per i miei gusti.
Comunque avevo poche possibilità.
Ancora un'altra volta il destino m'aveva servito
una tazza di merda e cipolle rancide.
C'avrei guadagnato sopra, ma alla fine
della sciarada mi sarei ugualmente sentito una
merda come essere umano.
Takeshi riprese a parlare.
Davanti allo schermo ebbi la
possibilità di studiare i soggetti. Fisici asciutti, di sicuro
modelli Nexus 6.
-
Il terzo invece è Ming
Myaskovski, modello medico avanzato. Questo é meglio che lo
riacchiappi tutto intero, senza torcergli un capello. Va
impacchettato e rispedito sulle colonie extra mondo. Ha ancora altri
10 anni di vita davanti a se e rimpiazzarlo potrebbe essere molto
difficile.
Capivo perfettamente. Gli umanoidi
medici erano difficili da costruire e ancora più difficili da
sostituire in caso di malfunzionamento. Era probabile che ignorasse
di essere un replicante, ma non impossibile che lo sapesse.
Questi modelli avevano un aspettativa
di vita maggiore rispetto agl'altri replicanti, i quali di solito
avevano tre, massimo cinque anni di operatività, mentre questi, di
norma, avevano dieci – quindici.
M'accesi una sigaretta.
Guardai il modello tridimensionale
sullo schermo. Una bella bambola di seta, ma ahimè priva di
emozioni.
C'era poco da dire. Gli ingegneri
genetici avevano fatto numerosi passi avanti nel creare la vita
artificiale e s'erano quasi sostituiti a Dio.
La maggior parte di questi modelli
erano assemblati nelle colonie extra-mondo, ma alcuni componenti
venivano costruiti sulla terra, come i capelli, il sistema nervoso e
gl'occhi.
-
Questi sono i lavori in pelle di
cui siamo a conoscenza. Potrebbero essercene degl'altri nascosti qui
a Venezia o forse da qualche altra parte.
-
Gli androidi non brillano certo
per senso di solidarietà. Cosa si dai soffietti?
-
Non molto. Ma appena possibile
inizierò a tirare calci nelle palle per avere notizie. Comincia da
Toni Lo Svizzero. Se c'è uno che sa qualcosa su quel poco di losco
che va ancora avanti in questa città quello é proprio lui.
-
Avevi detto che ce n'erano otto.
Che ne é degl'altri tre?.
Takeshi mi regalò un sorriso giallo
nicotina.
-
Due sono morti in campagna. Sono
stati ammazzati da un UR dell'Esercito.
-
Cioè?
-
Unità Robotica, Serie 101. Sono
stati tagliati in due dalle mitragliatrici di quei robottoni mentre
cercavano di forzare un posto di blocco.
-
E il terzo?
-
Se lo stanno scopando di gusto i
Gemelli Diversi.
-
Evviva...
Non avevamo più nulla da dirci.
Salutai quella merda umana di Takeshi, augurandomi che a fine
partita, lo potessi prendere a calci nelle palle per almeno tre
giorni.
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Capitolo 2 *** capitolo secondo ***
2
Patacca, Laser d'ordinanza e il vecchio ripostiglio delle scope trasformato in ufficio.
Mi sembrava d'aver fatto un salto indietro nel tempo, quando ancora credevo nella missione e ci godevo ad ammazzare la carne sintetica.
Detti un'occhiata veloce all'orologio, le 13:30 .
Presi dalla tasca dell'impermeabile il mio palmare. Era ora di sentire l'ologiornale.
Armeggiando, riuscii a sintonizzarlo sul canale notizie.
Mi sedetti sulla cigolante sedia del mio ufficetto e finsi d'ascoltare il notiziario.
La mia mente già si preparava alla caccia e ai numerosi giorni da trascorrere sulla strada.
Di solito non mi ponevo domande circa i replicanti. Erano utensili, strumenti di lavoro, non meno diversi da un coltello o un robottone agricolo, ma dopo sette anni avevo voglia di voltare pagina.
Il sangue, anche se sintetico, cominciava a farmi schifo.
Vidi il mio palmare lampeggiare e lessi il promemoria dell'incontro con l'Avvocato.
Era meglio che andassi. Tanto valeva avere una seconda staffa su cui mettere i piedi caso mai
le cose andassero a puttane.
Dalla questura al campiello Dell'Anzolo, sede dello studio associato Messulam, Ravagnan e Torres, ci sarebbero voluti trenta minuti buoni.
Detti uno sguardo alla città. Camminando per i suoi angusti vicoli mi dissi che niente e nessuno m'avrebbe convinto a mollare questa perla dell'Adriatico, indipendentemente da quanti androidi mi potessero offrire nelle colonie extramondo.
La pubblicità martellava il pubblico giorno e notte per convincere i cittadini ad emigrare, promettevano mari e monti ma a me non interessava.
Arrivato al Campo dell'Anzolo suonai al citofono dell'Avvocato. La sua segretaria m'apri il portone del palazzo ed entrai senza fretta nello studio.
Dopo dieci minuti d'anticamera, durante i quali riusci a dare un occhiata allo studio, venni ricevuto.
Decisi di lasciar perdere i convenevoli e di andare subito al sodo.
- Buon giorno avvocato. Mi dica di cosa ha bisogno
- Vede cavo, avvei bisogno dei suoi servigi...
Di cosa si tratta? Sorveglianza o un recupero?
- La pvima, mio cavo. Vede ho uno spinoso caso di divovzio e...
- Chi è il soggetto?
- Si tvatta della Signova Balliello-Contanoni. Il mavito sta cevcando dele pvove sull'infedeltà della sua coniuge e...
- Quando comincio?
Questa domanda doveva essere il mio marchio di fabbrica. Quando comincio... l'ho sempre pronunciata in tutti i miei anni, quando ero in Polizia, all'O.C.R.A. e anche adesso di fronte a questo ciucciacazzi in completo gessato da 2000 €uro.
Con ogni probabilità avrei guadagnato più soldi spremendo la signora che lavorando per il marito.
La porca, con ogni probabilità, aveva più interesse a continuare la relazione col vecchio mollusco blasonato che finire col culo a terra e a doverlo svendere per tirare a campare.
Comunque simili considerazioni erano premature, mi sarei regolato di conseguenza una volta avuto in mano la situazione.
Continuammo a parlare per altri dieci minuti, discutendo un dettaglio secondario: il mio compenso.
- Vede cavo, a me non sono mai andati molto a genio i suoi metodi, ma devo ammetteve che i suoi visultati sono sempve ineccepibili.
- La ringrazio Avvocato.
- Vada dal mio socio, l'avvocato Tovves, le darà i dettagli sul lavovo e le pvepaveva un contvatto di collabovazione.
- A risentirci Avvocato.
Uscendo dall'ufficio, chiesi alla segretaria dove fosse l'ufficio dell'Avvocato Torres come risposta ricevetti una scrollata di testa che mi indicava il fondo del corridoio.
Prima ancora di dirigermi dall'altro avvoltoio in gessato da 2000 €uro, detti un occhiata allo studio.
Tanto di cappello all'architetto che lo aveva ristrutturato, un ottimo lavoro. Le pareti erano state ricoperte con una carta da parati di color caffelatte, dei bei quadri alle pareti e altre sciccherie
che, come minimo, le cui cifre erano seguiti da almeno tre zeri.Andai in fondo al corridoio e bussai alla camera dell'Avvocato Torres.
Entrando sentii una ragazza che stava berciando al telefono in spagnolo. Non capivo un'acca di quello che diceva, ma dal tono intuivo che era incazzata marcia per qualcosa.
Rimasi in disparte e attesi che avesse finito. Appena mi degnò di considerazione mi chiese chi fossi.
Dovevo ammetterlo, una topa di prima classe. Capelli neri e corvini, occhi marroni che mi trapassavano e m'inquisivano cercando indizi rivelatori del mio stato d'animo.
Lo ammetto, un bel tocco di fica e tanto di cappello ai genitori.
Mi ripresi dallo stato di trance.
- L'Avvocato Torres?
- Mi dica
Una bella voce, sensuale e vellutata al punto giusto. Chissà come si trasformava in aula.
Sono il nuovo investigatore. L'avvocato Messulam mi ha detto di rivolgermi a lei per definire i dettagli della mia collaborazione.
- Ah si. Il laido... si sieda pure.
- E' un giudizio severo, ma sono sostanzialmente d'accordo.
Non mi rispose e prendendo una cartella, squadernò dei fogli A4 vergati da caratteri piccolissimi.
- Dunque, questo è un contratto di collaborazione con il nostro studio, col quale lei – calcando tutto il suo disprezzo – adesso lavora per noi come investigatore.
Non mi scomposi poiché ero abituato a ricevere insulti anche peggiori dal mio prossimo sconosciuto.
- Dove firmo?
- Qui, qui e qui – mi disse indicandomi i spazi bianchi coperti da dei cartoncini adesivi gialli
Lessi il contratto velocemente, in sostanza mi assumevano e se finivo nella merda durante il lavoro avrebbero fatto il possibile per aiutarmi.
Il compenso era di 3000 €uro, volevano la mia lealtà per questo giro e io gliela avrei concessa, a meno che la signora, o meglio la porca, non mi offrisse argomenti più convincenti.
Firmai e chiesi all'avvocato da quanto tempo avesse cominciato a lavorare per il ciuccia cazzi.
Mi rispose da circa tre anni.
Non avevo altro da dire a quella bambolina in completo gessato da 2000 €uro e me ne andai.
La prossima fermata sarebbe stata le Fondamenta Nuove, a cercare quel figlio di puttana di Tony lo Svizzero. |
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Capitolo 3 *** La Sorveglianza ***
3
La cosa
che più mi piace di Venezia è che non si devono usare
spinner e e altri veicoli per gestire una sorveglianza, la cattiva è
che mi servivano comunque altre persone.
Chi
potevo usare per il lavoro? I Gemelli Diversi?
Fuori
discussione perché rozzi e inaffidabili. Decisi di telefonare
ad una mia ex collaboratrice, Laura. Mi diressi alla prima cabina
telefonica, strisciai la mia I-CARD, per abilitare il servizio
telefonico. Digitai il numero e attesi che mi rispondesse.
Al
quarto squillo finalmente arrivò una risposta. Stavo per
parlare quando sentii dei gemiti provenire dall'altro capo del video
telefono. Laura stava trombando di gusto con un tizio o forse una
tizia, non avrei saputo di preciso chi fosse, perché la linea
faceva schifo.
Dopo
cinque minuti buoni, il suo amplesso era finito con reciproca
soddisfazione.
Si
avvicinò allo schermo e chiese chi fossi.
La
fata turchina dai boccoli rosa, vecchia porca. Ho un lavoro per te
Ah
sei te... Cosa cazzo vuoi?
Mi
serve un paio di occhi in più Devi tenermi d'occhio una tipa.
Vaffanculo
pezzo di merda! Ho da fare adesso.
Non
fare la stronza. Ascolta ti posso dare 250 €uro puliti puliti
per un lavoro della durata di un pomeriggio.
500
– rilanciò lei
Ma
che hai sbattuto la testa sulla tazza del cesso? 350....
400...
Non
rompere i coglioni Laura... 350 e non una parola di più.
Dove
ti trovo?
Al
Bar dello Schifo, ti ordino uno spritz. Vedi di essere qui tra venti
minuti.
Arrivo.
Riagganciai
e m'accesi una sigaretta sintetica.
Una cosa
era certa, Con questi due lavori mi sarei potuto concedere del vero
tabacco, coltivato su Tanatos, bello e sopratutto autentico.
Il cibo
sintetico, fabbricato in laboratorio, era diventato una maledetta
necessità.
Non
avevo ricordi precisi della maledetta guerra che aveva spianato
tutto.
Sapevo
solo che ero un bambino perennemente affamato a cui i grandi dicevano
di stare zitto, perché non capiva un cazzo della vita.
Ricordavo i carri armati della NATO sfrerragliare per Mestre, di
quando avevano occupato la scuola per farci un posto di comando e di
come ero contento perché non c'era più la scuola.
La
scuola di sicuro era finita, ma i miei problemi erano appena
cominciati e tutto durante la primavera. Fu l'ultima volta che vidi
un albero, le erbacce e anche un gatto vero. Mi riuscì di
portarlo nel rifugio anti atomico, solo per vederlo soppresso dopo
due anni perché il cibo non bastava. Vissi per altri dieci
anni come una talpa nel maledetto rifugio, mentre sopra le nostre
teste si scatenava l'inferno.
All'età
di diciotto anni finalmente mi riusci di mettere il naso fuori dal
rifugio.
Il sole
non c'era più, la maggioranza degli alberi era scomparse e i
pochi che erano rimasti erano finti. Cinque mesi dopo, presi la
decisione di arruolarmi in Polizia. E da quel momento in poi
cominciarono le mie avventure, tutto pur di dimenticare ciò
che avevo dovuto soffrire durante la mia permanenza nel rifugio. Dopo
alcuni anni, venni cooptato per l'OCRA.
Il
reclutatore era stato molto convincente. Un ottimo stipendio, più
le taglie da reclamare sulle teste dei replicanti, fatte salve le
competenze da destinare all'erario.
L'unico
dettaglio che aveva omesso, era che avrei dovuto girare per tutto il
nord est col dito sul grilletto e vedermela con degli avversari molto
determinati a vivere.
Anno
dopo anno, le facce dei replicanti che avevo ritirato si erano
confuse nell'indifferenza generale. Con il morale sotto le scarpe mi
avviai al Bar dello Schifo.
Al
solito quel locale era all'altezza del suo nome. Decisi di sedermi in
un tavolo d'angolo,
con le
spalle al muro.
Avevo
visto un mio collega venire accoppato da un androide perché
aveva dato le spalle e da quel momento avevo sempre avuto la premura
di scegliere un tavolo d'angolo o che mi mettesse
con le
spalle coperte.
Dopo
dieci minuti arrivò la Laura e la riconobbi al volo, senza
alcun dubbio.
Fisico
atletico e asciutto, testa rasata e tutto sommato ben messa.
La
conoscevo dai tempi dell'università, quando era una
studentessa arrabbiata e incazzata contro
tutto e
tutti.
Aveva
militato in numerosi gruppi radicali e continuava la sua lotta contro
le ingiustizie di questo mondo malato. Avevamo avuto una relazione a
suo tempo, ma la cosa non era durata per colpa mia, perché
ero ancora un tossicodipendente dell'adrenalina e a lei non le
piaceva scoparsi un assassino.
Ci
separammo in maniera amichevole e restammo in contatto.
Ogni
tanto m'aiutava, per arrotondare il suo stipendio di assicuratrice
all'Isola di Nuova Venezia.
Ciao
bella bambolina
Non
chiamarmi bambolina.
Come
stai?
Mi
regalò un bel sorriso, che almeno in parte riuscì a
farmi sentire bene.
Era ora
di tornare agli affari.
Presi
dalla tasca il mio palmare e le feci vedere la foto del soggetto.
Laura la
guardò e riprese:
Trassi
dalla tasca 200 €uro.
Stava
per uscire quando iniziò a piovere.
Le detti
il mio apparecchio. Per difendersi dalla pioggia radioattiva o
tossica, all'inizio c'erano le braghe di piombo od un cappotto
anch'esso foderato di piombo.
Cinque
mesi fa mi riusci di mettere le mani sulla bolla. Era una scatoletta
capace di generare un campo elettro magnetico, capace di proteggere
l'utilizzatore dalla pericolosa pioggia radioattiva, dieci volte più
pratico delle braghette.
e
tu come farai?
Ne
ho uno di riserva.
Grazie..
vai
adesso. Ricordati che lo voglio indietro.
Puoi
passare da me stasera
va
bene. Porterò un po' di vino.
Ottima
idea.
La vidi
uscire dal bar. Rimaneva sempre bella ed aggraziata ed ogni volta mi
davo del coglione per averla lasciata scappare. Dubitavo che si
sarebbe potuto ricucire con lei, ma c'avrei potuto riprovare.
Trassi
dalla tasca dell'impermeabile la scatoletta di riserva e dopo averci
armeggiato per quindici minuti buoni ero pronto per uscire. La
prossima fermata sarebbe stata la casa di Toni Lo Svizzero.
Toni lo
Svizzero, noto anche come Toni il Lercio, Toni tre dita.
Abitava
nei pressi delle Fondamenta Nuove, nel vecchio edificio che una volta
era la biblioteca universitaria.
Toni era
un cristone alto un metro e ottanta, senza i calzini, con i capelli
lunghi e una sigaretta rollata con tabacco autentico che, chissà
come, riusciva sempre ad ottenere.
Usuraio,
spacciatore di stupefacenti, Eroina Sintetica e di Cocaina
Transgenica, insomma era un traffichino le cui dita erano inzuppate
in tante belle scodelle di merda fumante.
Se c'era
qualcosa che succedeva in città ed era immorale, illegale o
che lo sarebbe presto diventata, lui era il primo a saperlo. Arrivato
in Fondamenta Nuove, m avviai con calma a casa dello Svizzero.
Prima
ancora di vederla avevo visto due dei suoi guardaspalle, fuori
dall'ingresso con le berte ben nascoste. Prima di gridare banzai e
farmi fare il culo, era meglio dare un'occhiata.
Mi misi
in disparte e stetti per quattro minuti buoni ad osservare.
Due
soggetti all'entrata. Ma erano solo loro? Tirai fuori dal giaccone un
piccolo termografo e
ripresi
ad osservare.
Visto.
In cima al tetto c'era un tiratore scelto equipaggiato con una
mimetica termo-ottica.
Le avevo
usate anch'io in passato e ogni volta erano mal di testa feroci dopo
essersele tenute addosso per mezza giornata, in compenso era
praticamente impossibile che qualcuno mi potesse vedere, salvo che
non avesse usato un termografo come avevo fatto io.
Come
entrare? Non c'era un ingresso laterale e la porta di servizio dava
su di un canale.
Decisi
di tornare indietro. Presi il palmare dalla tasca e chiamai Takeshi.
Velocemente
gli chiesi di mandarmi per e-mail la pianta della vecchia biblioteca.
Mi
sedetti e dopo cinque minuti potei visionarla. Da come potevo vedere
dai disegni sarebbe stato impossibile entrare clandestinamente, ma ci
fu un particolare che attirò la mia attenzione.
Apparentemente
insignificante, ma che sotto sotto poteva rivelarsi decisivo.
Una
vecchia porta di servizio, che conduceva ad un locale mezzo allagato
dell'edificio.
Avevo
trovato la mia via d'entrata, l'unico problema è che mi sarei
dovuto fare una nuotata nelle acque tossiche del canale. Comunque
fosse, sapevo come entrare se non ero stato invitato. Adesso decisi
di andare nella dimora dello Svizzero.
Mi feci
avanti e salutai i due marcantoni alla porta.
Dei
figli di puttana tutto muscoli, con corpi potenziati e poco cervello.
La carne da cannone del Boss.
Hello
fioi.. ghe xé Swiss Tony?
Foutais
toi goldon. Keine chance!
Oi
Allah... Go Want parlare con Swiss Tony...
Ghi
are you?
Tin
man Goldon... Tin Man...
Dalla
tasca del cappotto estrassi la patacca dell'OCRA.
La
guardarono con lo stesso sguardo di chi sta studiando uno stronzo
essiccato al forno.
L'altro
prese una ricetrasmittente e chiese istruzioni.
Li
ringraziai, mandandoli mentalmente affanculo e i loro corpi
cibernetici di second'ordine.
I primi
corpi cibernetici furono brevettati nel 2013. Originariamente
progettati per uso militare, vennero poi immessi sul mercato due anni
dopo. A Venezia, se lo volevi, potevi farti potenziare il
corpo
dai nigeriani di Via Piave a Mestre oppure dai cinesi all'isola di
Murano.
Paradossalmente
i nigeriani erano quelli che facevano un lavoro più accurato,
rispetto ai cinesi.
Ma i
veri problemi erano sostanzialmente due, l'affidabilità dei
pezzi che volevi farti innestare e quanti soldi avevi.
Ormai
quella del galletto sessantenne, che s'era fatto innestare un un
cazzo biomeccanico che gl'era poi esploso alla prima pioggia tossica
non faceva più notizia, semmai era diventata una battutaccia
da avanspettacolo.
Come
molti anch'io ero stato potenziato, ma una volta congedato avevo
dovuto restituire tutto quello che m'ero fatto impiantare. Non era
stata una grave perdita, anzi l'unica cosa che avevo era un lieve
potenziamento del cervello. Avevo preferito non strafare con il
bricolage biologico, perché mi piacevo così com'ero.
Appena
entrato iniziai a radiografare tutti i locali della lussuosa magione
dello Svizzero.
Il
posto, malgrado tutto continuava ad affascinarmi.
Il
tempio della cultura e della conoscenza che continuava a resistere
alla decadenza del tempo e della materia.
Mi feci
avanti e venni prontamente scortato da una bellissima ragazza,
probabilmente un androide o forse una schiava del sesso o Dio solo sa
che cosa poteva essere.
Dopo
aver salito un piano rialzato lo vidi.
La
ragazza sparì e mi feci avanti a parlare con il padrone di
casa.
Eccolo
lì. Mi si fece avanti e mi dette una vigorosa stretta di mano.
Allora..
cosa posso fare per te cacciatore?
Cominciare
a parlare. Dimmi cosa sai sui lavori in pelle che ronzano in città.
Dipende...
Da
cosa?
Da
quanto è grande il tuo disturbo..
Tipico
mi dissi. Malgrado avesse fatto una fortuna coi suoi traffici restava
un miserabile bastardo.
Ancora
non sapeva o forse s'era montato la testa, che se non mi forniva la
sua collaborazione sui lavori in pelle, rischiava di chiudere baracca
e burattini e di finire a Nocra, il super carcere al largo della
città, per dieci anni buoni.
Tirai
fuori dalla tasca cento euro.
Molto
bene cacciatore. Dimmi cosa vuoi sapere
Dove
posso cominciare a cercare
Comincia
da Ca' Vendramin. Di solito si concentrano da quelle parti.
Sennò
comincia da S.Mosè.
Non
prendermi per il culo Tony. Lo so che i lavori in pelle pagano la
tua protezione
e so
anche che quel pezzo di fica che mi ha ricevuto ha la stessa
emotività di un ciocco di legno. Come la mettiamo se decido
di mettere a soqquadro il posto e decidessi di mandare in vacca i
tuoi traffici?
Non
c'é bisogno di scaldarsi... Serenase fratello... Serenase.
Allora
comincia a parlare...
Cosa
vuoi sapere?
I
replicanti... dove cazzo li trovo? Nel caso non lo sapessi, per
entrare qui hanno fatto un massacro.
Comincia
da Corte Badoera. Se ci sono dovrebbero essere ancora lì
e poi
puoi andartene affanculo per quel che mi riguarda.
Mi stava
facendo perdere tempo che non avevo. ripresi:
Se
lo sa Takeshi sono cazzi.. tu che non collabori...
Ma
ho la mia Rispettabilità..
Rispettabilità?
Tu? La tua rispettabilità vale meno d'uno stronzo di cane
essiccato..
vedi di
parlare e di non farmi incazzare scopa replicanti.
Trasse
dalla tasca dell'accappatoio un flash disk che avrei consultato con
calma sul mio palmare.
Lo
stronzo aveva capitolato alla fine e io come minimo c'avrei bevuto
sopra stasera.
Adesso
che avevo le informazioni potevo riprendere la mia caccia.
Uscii
dal palazzo e accessi la bolla. Aveva incominciato a piovere e non
volevo bruciarmi il cervello con la pioggia sporca. Camminai e
camminai per le calli della città. Molti edifici della vecchia
città stavano cadendo a pezzi, ma ancora conservavano il loro
fascino e la loro aria misteriosa.
Mentre
la pioggia si mangiava un altro pezzo della città, decisi di
mettermi in contatto con Laura, per sapere come stava andando con la
sorveglianza.
Mi
avvicinai ad una cabina e dopo aver di nuovo strisciato la mia ICARD
digitai il suo numero di telefono cellulare. Nessuna risposta.
Può
darsi che l'avesse messo in modalità silenziosa per non farsi
scoprire. Le mandai un messaggino. Avevamo stabilito una procedura
per mantenere le comunicazioni durante una sorveglianza. Uno squillo
di telefono cellulare e un messaggino ed entro cinque minuti avrei
ricevuto uno squillo da parte sua sul palmare. Attesi, ma da parte
sua non ci fu alcuna risposta.
Cominciavo
a preoccuparmi. Corsi a larghe falcate fino al luogo della
sorveglianza e li vidi che cosa era successo.
I
marcantoni in divisa erano di per se eloquenti, così come i
tecnici della scientifica, nelle loro tute bianche, a fare i loro
rilievi. Qualcosa era andato storto. Mi ripresi un attimo e decisi di
entrare.
Una
testa di cazzo in divisa cercò di bloccarmi, ma estrassi la
patacca intimandogli di farmi passare oppure avrebbe passato il resto
della sua carriera nelle campagne a dare la caccia ai clandestini.
Entrai e
la vidi.
La
povera Laura era morta. Faccia a terra ed un inequivocabile foro
sulla testa dicevano che il lavoro di sorveglianza si era trasformato
in un merdaio di proporzioni ciclopiche.
Prima
che mi potessi riprendere vidi il commissario Camilleri venirmi
incontro.
Un
cinquantino siciliano sveglio, scaltro, onesto e molto determinato.
Mi
squadrò da capo a piedi e mi disse di levarmi dai coglioni.
Capii
che voleva difendere il suo feudo dal sottoscritto, ma decisi di
tenergli testa.
Ascolti
commissario, una delle vittime collaborava con il sottoscritto per
una sorveglianza
Quale?
- mi chiese uno dei suoi collaboratori
Quella
con un grosso buco in testa...
E a
che titolo lo stava facendo?
Commissario
non sono affatto tenuto a darle i dettagli. Come lei sa la mia unità
ha uno status diverso rispetto alle ordinarie forze di polizia.
Ciò
che gli dissi corrispondeva alla verità, ma sapevo che
sollevando questioni di competenza significava mettersi a giocare a
chi aveva il cazzo più duro e questo era l'ultima cosa che
desideravo. Decisi di venirgli incontro.
Ascolti
commissario, è appena stato compiuto un delitto e una delle
vittime lavorava per me.
Non è
mia intenzione rubarle il caso – per il momento mi annotai
mentalmente – e per lei è meglio sapere se la mia unità
ci deve inzuppare o meno il pane in questa storia.
E
se ce lo dovete inzuppare?
Cercherò
di aiutarla.
Camilleri
mi squadrò da capo a piedi. Capiva che gli stavo porgendo
della cicuta in una coppa d'argento, ma non aveva molte scelte.
Sapeva che mi sarebbero bastati dieci minuti al telefono per
fottergli il caso e farlo finire negli archivi della questura di
Venezia a prendere polvere assieme ad altre centinaia di faldoni. Di
solito sarebbe andata così quando la Polizia di Stato aveva a
che fare con l'OCRA, ma nel mio caso avevo più di una ragione
per andare fino in fondo e di aiutare il questurino. Camilleri prese
un pacchetto di sigarette dal cappotto e se ne accese una.
Va
bene. Montalbano fai vedere al collega che cosa abbiamo scoperto.
Va
bene dottore. Abbiamo due morti, di sesso femminile. La prima è...
La
mia collaboratrice Laura Del Zan, residente sull'isola di Nuova
Venezia, calle del Brustolin, 754 interno 5. chi è l'altra?
il
collaboratore riprese.
Barbara
Zuin, coniugata Balielo Contanoni, la moglie del commendatore
Balielo Contanoni
sa,
quello della grappa sintetica...
Ho
presente chi è.. - riprese Camilleri – Dunque caro
collega ecco quanto abbiamo fin'ora: due morti ammazzati, una
scena del crimine piuttosto pulita.
I topi
da laboratorio stanno cercando di capirci qualcosa ma il dottor Di
Giulio non ha trovato alcuna traccia.
Cosa
si sa dalle telecamere di sorveglianza?
Abbiamo
mandato i nostri ragazzi a prendere i nastri delle due telecamere.
entrambe in questo campiello.
Che
si sa sulle armi?
Una
torcia laser.
Sicuri?
- chiesi
Non
ci sono bossoli a terra e lo vede quel segno sul muro?
Guardai
il punto che aveva indicato Montalbano e lo vidi. Solo una torcia
laser poteva lasciare quel segno. Un segno bruciato che aveva scavato
nel muro.
Camilleri
lo guardò un attimo come se lo volesse cazziarlo ma prima che
lo facesse aprii bocca.
Collega,
sulla terra le torce laser sono permesse, ma fino ad una certa
potenza.
Il
massimo consentito da queste parti è di 5 gigawatt e non di
più. Dai 5 in su sono illegali. Da quanto tempo sei uscito
dall'Accademia?
Montalbano
arrossi, ma ammise di essere uscito fresco dal corso. Lo guardai e
ripresi:
Montalbano
sorrise. Camilleri mi guardò un attimo e scosse la testa
sghignazzando sotto i baffi.
Riprese
Mi
voltai a guardare i colleghi della scientifica, tutti presi nelle
loro operazioni.
Di
solito non restavo sulla scena per vedere i loro virtuosismi
scientifici, preferivo sbronzarmi o ascoltare una sinfonia dei miei
rutti. Ma oggi avevo una ragione speciale.
La mia
amica era stata ammazzata e adesso qualcuno doveva pagare.
Vedevo
Montalbano e Camilleri parlare col capo della scientifica, ma ero
determinato a venire a capo di questo casino. La prossima fermata
sarebbe stata dall'Avvocato Messulam, per capire che razza di carte
m'aveva servito. Se il ciucciacazzi mi avesse fatto storie avrei
potuto cantargli la lieta novella col mio tirapugni.
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Capitolo 4 *** Specchi ***
4
Di nuovo in questura. Questa
volta venni accolto dai colleghi dalla sezione omicidi con un misto
di sorpresa e di ripugnanza.
Non potevo dargli tutti i
torti. Il loro compito era mettere in galera gli assassini e non
vederseli scorrazzare per il loro ufficio come se nulla fosse.
Camilleri mi fece strada
verso una linda sala conferenze. Ah non c'è che dire.
Nessun paragone con le fogne
in cui l'OCRA era relegato. Spazi aperti, odore di pulito e anche un
senso di pulizia che però non riusciva a coprire un odore a me
molto familiare; quello della morte e della merda che dovevo grattare
dalle strade tutti i santi giorni.
Alla fin fine, l'odore di
vernice non mi era mai piaciuto. Preferivo di gran lunga il mio
ripostiglio a questo loft ultra moderno e ultra chic dei miei
coglioni.
Detti un'occhiata al mio
orologio mentre Camilleri prese dalla tasca del suo cappotto il
palmare e diede una serie di rapide istruzioni.
Dopo dieci minuti e un caffè
macchinetta che sapeva di gomma rancida, si fece vivo Montalbano.
Vediamo di capire che
cosa è successo. Forza picciotto che accà un avimu
tutta la jurnata.
Dottore – ripresi
– lei é l'ultimo purista della lingua italiana.
Quelli della
scientifica sono pronti?
Tanato. Vaffanculo non
potevo permettermi stronzate con Camilleri.
In questo mestiere ci sono
burocrati e sbirri e lui apparteneva a quest'ultima categoria.
Sapevo anche che se restavo
ancora nel suo radar avrebbe finito col farmi domande a cui, forse,
non avrei potuto rispondere con sincerità. Forse.
Tutti assieme andammo nei
laboratori della scientifica. Qui tirava un'aria diversa, niente a
che vedere col loft ultra moderno della sezione omicidi.. Un aria di
precisione ed efficienza.
Estrassi dal mio cappotto il
flash disk che mi aveva dato Takeshi e lo porsi ad un collega.
Camilleri ed io ci guardammo
negl'occhi. Aveva intuito qualcosa, ma non tutto.
Sapevo però che non
gliela stavo contando giusta, ma che poteva fare? Sbattermi al muro e
minacciarmi? Ero io il gorilla mica lui.
Mi rivolsi a Camilleri.
Conoscevo la fama di Nicolas
Eymerich. Procuratore capo della repubblica di Venezia.
Integerrimo e
incorruttibile. Una macchina infernale nella caccia ai delinquenti.
Se finivi nella sua rete e
ti offriva una possibilità di collaborare, era meglio
accettare di corsa e senza tentennare. Il suo più grande fan
club era composto dai delinquenti che aveva schiaffato a Nocra con
pene superiori ai 10 anni.
Se prima la situazione era
seria, per via di Camilleri, adesso con Eymerich diventava un fottuto
incubo. Per quanto tempo potevo andare avanti nascondendo che il
lavoro di sorveglianza non era un'operazione dell'OCRA? Vaffanculo.
Mi accesi una sigaretta e
cercai di mantenere la calma. Testa a posto e la cosa sarebbe andata
come sarebbe dovuta andare e mi auguravo di non doverci inzuppare il
pane in questa storia a livello ufficiale. Montalbano mi richiamò
dalle mie riflessioni. Erano pronti col video.
Mentre sullo schermo
scorrevano le immagini buttai l'occhio sul palmare.
Se c'erano dei lavori in
pelle coinvolti in questa storia lo avrei scoperto alla svelta.
Mentre le immagini
scorrevano, mi rimaneva difficile non pensare a Laura.
Cosa cazzo avevi visto e
perché dovevano ammazzarti così?
Non era giusto e non avevo
nemmeno avuto il tempo di riappacificarmi con te e la cosa mi aveva
lasciato l'amaro in bocca.
Sul video scorrevano le
immagini della telecamera di sorveglianza. Il solito tran tran
quotidiano scorreva sotto i nostri occhi.
Stavo incominciando a
rompermi i coglioni e chiesi ad uno dei tecnici se potevano mandare
avanti il filmato della sorveglianza fino a mezz'ora prima del
delitto.
Nei primo dei trenta minuti
precedenti l'omicidio, avevo visto la Baliello-Contanoni passare nel
campiello, mentre stava entrando nel suo appartamento. Niente di
strano mi dissi. Tutto in regola
e prima di venire ammazzata
avevo visto Laura mettersi in posizione. Defilata e con una buona
vista per la sorveglianza, come le avevo insegnato. Non potei fare a
meno di sorridere, brava ragazza. Sullo schermo s'erano fatti vivi
due soggetti. Mancavano dieci minuti all'omicidio.
Uno era alto un metro e
settanta, l'altro invece era una donna, tra i venti e i trenta.
Piccolina, con un impermeabile in pelle nera. I volti non erano
facilmente riconoscibili perché la videocamera era sfocata.
Avevano suonato alla Baliello Contanoni. Erano entrati nel palazzo.
Laura era ancora nel suo
angolo? No. Si era mossa. Cristo di Dio non lo fare, resta defilata.
Cosa cazzo avevi visto? Sullo schermo scorrevano i suoi ultimi minuti
di vita. Adesso erano scesi tutti e tre. L'uomo aveva in mano una
torcia laser, l'altra invece aveva appena inquadrato Laura, mentre il
tizio aveva appena fatto fuoco, ammazzando la Baliello Contanoni.
Inutile coglione. La dovevi
proprio ammazzare così, in pubblico? Non potevi aspettare un
posto più tranquillo per fare le cose con calma?
Adesso avevano visto che non
erano soli. Laura, cazzo non restare lì impalata, corri,
cazzo, corri.
Forse non riuscirai a fare
più di cinque passi, ma è sempre meglio provarci che
essere cibo per vermi. C'aveva provato e ce l'aveva quasi fatta ad
uscire dal maledetto campiello, ma il figlio di puttana aveva di
nuovo tirato il grilletto della sua arma. Il colpo l'aveva centrata
in pieno nella sua testa.
Affanculo non ce la facevo a
mascherare le emozioni. Le mie mani erano diventate bianche per via
della rabbia che avevo dentro di me.
Ci potete fare qualcosa
con questo nastro? - chiese Camilleri
Adesso proviamo a
pulire l'immagine e a mettere a fuoco, dottore.
Datevi una mossa e
controllate il flash disk per vedere se c'entrano i lavori in pelle.
- incalzai
I tecnici armeggiarono con
le loro apparecchiature, ripulirono l'immagine e la misero a fuoco e
in nemmeno cinque minuti avevo due volti.
Il programma antropometrico
confrontò i due sospetti con le foto della mia lista. Erano
Didier e Emmy. Bestemmiai silenziosamente.
Montalbano ruppe il
silenzio, schiarendosi la gola, ma prima che potesse parlare, il suo
superiore lo precedette.
Allora collega, sembra
che ci devi inzuppare il pane in questa storia.
Già... - una
fottuta ovvietà
Allora... qua abbiamo
due indiziati d'omicidio che sono anche l'oggetto delle tue
ricerche.
Questo non è un
semplice caso di omicidio.
Devo riferire ai miei
superiori, Dottore.
Capisco. Ci rivedremo
domani mattina con calma.
Non vuole farlo adesso?
Fine del turno collega,
a meno che lei non voglia darmi una percentuale sulle taglie.
Lo guardai un attimo, stavo
per dire qualcosa ma poi decisi di trattenermi.
Dovevo parlare con Takeshi.
Non l'avrebbe presa bene, ma se ne sarebbe fatto una ragione.
A volte succedeva che i
replicanti ammazzassero in pubblico. A volte riuscivamo a fermarli
per tempo, altre volte intervenivamo quando il disastro s'era
verificato.
Salutai i due sbirri ed
uscii dal laboratorio della Scientifica. La prossima fermata sarebbe
stata dall'Avvocato Messulam, avevo molte domande da fargli e lui era
meglio che cominciasse a darmi delle fottute risposte.
Ero quasi uscito dalla
questura, quando il piantone mi disse di fermarmi.
A muso duro gli chiesi che
cosa cazzo volesse, mi rispose che il maresciallo maggiore Furlanetto
voleva parlarmi con urgenza.
Decisi che era meglio
risolvere subito questo problema, prima di affrontare il mio.
Ridiscesi negli uffici
dell'O.C.R.A. Ed entrai senza bussare nell'ufficio del nano bastardo.
Bello di casa...
bentornato, hai qualcosa da dirmi?
Takeshi una mia amica è
stata appena ammazzata.
Ah si.. Mi dispiace
tesoro... allora cosa ci faceva li?
Stava sorvegliando la
Baliello Contanoni.
Chi ti ha messo sulle
sue tracce?
Nessuno Takeshi.
Nessuno. Stavo facendo un secondo lavoro in proprio.
I suoi occhi cattivi mi
lanciarono un occhiataccia ed esplose.
Cosa cazzo pensavi di
fare, stronzo?
Guadagnare un soldo che
non fosse sporco di sangue nel caso non lo avessi capito e poi ho i
miei boys fuori ordinanza per questo genere di lavori.
Ah si... la tua Gestapo
personale.... Amore.. ma ti rendi conto del macello che hai
combinato?
Preferivi che a morire
fosse stato qualcuno dei nostri magari?
Decisi di giocare la carta
dello spirito di corpo, nove volte su dieci funziona, ma Takeshi
sembro non abboccare all'amo. Riprese.
Certo che no, inutile
cazzone, ma se assoldi degli imbecilli.... cosa pensi che devo
pensare?
Laura era vecchia di
questo gioco. L'ho addestrata personalmente e sapeva come muoversi.
Trassi dalla tasca del
cappotto il flash disk che mi aveva dato.
Qui dentro c'è
il filmato della sorveglianza. Metti su il cineclub che ti faccio
vedere.
Come diavolo lo hai
avuto?
Segreti del mestiere
Takeshi, segreti.
Manco morto gl'avrei
spiegato questo trucchetto e poi non aveva bisogno di sapere.
Nella mia Gestapo c'era
anche un hacker, che avevo graziato da un lungo soggiorno a spese
dello stato nell'isola di Nocra. L'avevo conosciuto otto mesi fa,
prima ancora di essere invischiato in questa storiaccia. Lo avevo
preso durante un lavoro su di un giro di carte di credito clonate e
il tizio s'era rivelato un ottimo acquisto. Al cliente, la Veneto
Banca, raccontai la cazzata dell'hacker straniero e sacrificai un
povero bastardo col cervello bruciato dall'inquinamento.
Avrei potuto schiacciarlo a
mio piacere, ma invece decisi di tenermelo nel taschino. Il ragazzo
era un genio e mi aveva fornito una vasta gamma di programmi
informatici, scritti da lui, che mi sarebbero potuti tornare utili.
Mentre ero nel laboratorio
della scientifica avevo dato ai topi da laboratorio un flash disk
contenente una delle meraviglie informatiche del mio hacker. Il
programma era riuscito a copiare il file del video della sorveglianza
e a metterlo in formato Divx per il mio computer e tutto questo sotto
il naso dei miei colleghi.
Tornando a noi, Takeshi
stava guardava meravigliato il flash disk. Sorrise.
D'accordo cacciatore.
Lo sai si a chi hanno affidato il caso?
Ad Eymerich.
Quindi lo sai che devi
avere le spalle coperte, altrimenti quell'inquisitore di merda ti
farà il culo a strisce...
Eh già... -
avevo capito dove voleva arrivare a parare.
Ritorno sotto la tua
ala?
Bravo. Almeno finché
mi servi o finché non trovo un sostituto.
Che iella mi dissi. Poteva
andarmi peggio, ma era molto meglio così. Per ora Takeshi
stava vincendo una battaglia, ma non la guerra. Presto o tardi avrei
trovato una scappatoia per uscire da quella pila di merda fumante in
cui ero stato sbattuto dentro.
Takeshi prese il flash disk
e lo mise nel suo pc portatile.
Dopo alcuni minuti di attesa
il lap top di Takeshi era pronto.
Rividi il filmato fino al
momento in cui Laura si era messa allo scoperto.
ok Takeshi.. ferma qui.
Cosa c'è di
speciale?
Ascoltami bene. Per
nessuna ragione al mondo Laura si sarebbe messa così allo
scoperto, mai.
Pensi che abbia visto
qualcosa?
Probabile.
Mi avvicinai al lap top ed
aprii il programma di elaborazione delle immagini.
Sullo schermo c'erano le
immagini di Laura che era uscita dalla sua copertura e di riflesso,
sul vetro di una vetrina l'immagine molto sfocata di una persona.
Dopo aver isolato la figura,
la ritagliai e la salvai in un file di immagine.
Bisogna sapere chi è
questa persona.
Chiamo il nostro
tecnico.
Lascia stare. Ci penso
io.
Dopo aver dato una rapida
serie di clic col mouse avevo ripulito ed e messo a fuoco nitidamente
la sagoma riflessa sul
vetro.
Sullo schermo era apparsa in
tutto il suo splendore la signora Baliello-Contanoni.
Laura pensava di essersela
lasciata scappare.
Takeshi aprì il primo
cassetto della sua scrivania e trasse un tampone simile per le
analisi anti droga.
Detti una rapida occhiata al
tampone. Non mi diceva nulla, ma se i cervelloni del ministero
ritenevano che fosse utile, chi ero io per contraddirli?
In dieci minuti sapemmo
quello che avevamo bisogno di sapere, la cara estinta era un lavoro
in pelle. Appena rientrati nell'ufficia chiesi a Takeshi cosa dovevo
dire ai colleghi della sezione omicidi.
Gli riferirai tutto,
tranne quello che ti tocca personalmente.
Va bene.
Non una parola sul
Test. Questo per adesso rimane un segreto.
E' il nostro asso nella
manica.
Dove vai?
A bermi uno spritz
Takeshi. Uno spritz.
Occhio alla lingua
amore. Se esce una parola sul Test ti ammazzo con le mie mani.
Salutai Takeshi ed uscii dai
locali della questura.
E adesso dall'Avvocato.
|
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Capitolo 5 *** L'Avvocato ***
5
Ero appena uscito dalla
questura e mi stavo dirigendo verso il campiello dell'Anzolo.
Tutta questa storia si stava
complicando.
Adesso era venuto il momento
che qualcuno cominciasse a rispondere alle mie domande.
Arrivare non fu un problema,
perchè non c'era anima viva per le strade.
Mentre camminavo non potevo
fare a meno di notare quanto fosse silenziosa la città.
Avevo visto molti filmati
d'epoca su come fosse viva, pulsante di attività e il suo
attuale silenzio era assordante. Mi sembrava d'essere dentro il
negozio d'un rigattiere ed era come se tutto fosse stato buttato via
in strada, come se a qualcuno non interessasse più.
Le mie riflessioni furono
interrotte appena entrai nel campiello. Vidi il portone dello studio
legale e mi ci avvicinai. Detti una rapida occhiata per vedere se era
chiuso, suonai ma nessuno mi rispose.
Detti una spinta alla porta
ed essa s'aprì. Non era stata chiusa bene.
Ero appena entrato e
sembrava che qualcosa fosse fuori posto.
Lo studio era come lo
avevano lasciato la prima volta che c'ero stato, le luci erano
spente.
Seduta sulla sua scrivania
c'era l'arcigna segretaria che mi aveva ricevuto il giorno in cui ero
andato
per il lavoro di
sorveglianza. M'avvicinai a lei e le tastai il polso. Morta.
Estrassi la pistola dalla
fondina e salii le scale adagio, restando attaccato al muro.
Tolsi la sicura ed avanzai
adagio. Di solito, prima di entrare in un luogo che non conoscevo,
avrei usato un segnalatore della Penfield. Questo segnalatore
emetteva un onda sonora capace di mandare in catalessi chiunque si
fosse trovato nel suo raggio d'azione, umano o androide che fosse,
ma adesso era troppo tardi
per simili accorgimenti, ero in ballo e dovevo danzare.
Un passo alla volta, mi
ripetevo, un passo alla volta e senza fretta. Il campo santo era
pieno di imbecilli che erano entrati alla carica facendosi poi
accoppare da quelli che dovevano prendere.
Adesso non provavo più
gusto o la solita botta di adrenalina che ti viene in queste
situazioni, ma solo nausea. Ancora un passo, procedi come t'hanno
insegnato. Controlla gli angoli e guardati le spalle. L'ufficio era
in fondo al corridoio ed era stretto, non c'erano altre porte. Ero
imbottigliato e sarebbe bastata una scarica per farmi fuori.
Trassi un respiro profondo
ed entrai sfondando la porta. La pistola era spianata, cane abbassato
e sicura tolta. Sul divano c'era l'avvocato, con le braghe calate e
senza mutande e accanto a lui il corpo di un ragazzino di non più
di tredici anni, anche lui morto.
Sapevo che il caro, anzi il
cavissimo estinto, aveva
gusti differenti ma non pensavo così differenti.
Stavo
per essere travolto dallo sconforto, ma prima di esibirmi in un
piantino liberatorio era meglio controllare il resto dei locali.
Meglio essere sicuri che dispiaciuti.
Nello
studio non c'era rimasta anima viva e l'unico che poteva darmi delle
risposte era morto stecchito. Decisi di dare un occhiata al corpo del
ragazzino.
L'unica
cosa sensata da fare sarebbe stata quella di alzare i tacchi e di
gran carriera.
Qualcuno
stava facendo le pulizie, tutti i fili sciolti erano stati tagliati,
forse non proprio tutti, ma era meglio affrettarsi a salvarne ancora
qualcuno.
Avevo
infilati i guanti in lattice e decisi di scoprire qualcosa dal
computer dello studio.
Superare
le protezioni del sistema operativo non fu un operazione molto
difficile, grazie ai programmi elaborati dal mio hacker. Feci una
copia dell'Hard Disk e la salvai nel flash disk.
Per
andare sul sicuro, decisi di formattare il computer dell'avvocato.
Questo
avrebbe rallentato le indagini della Polizia, ma non le avrebbero di
certo impedite.
Se c'era
qualcosa che avesse valore, lo avrei scoperto appena rientrato a
casa.
Uscii
dallo studio e con tutta calma mi diressi verso il Bar dello Schifo.
Seduto
davanti al banco del bar, con un bicchiere di whisky sintetico e
delle patatine estrassi il mio taccuino. Dovevo cominciare a fare
mente locale su tutti gli avvenimenti di questi due giorni.
Allora
il cavissimo estinto
mi manda a chiamare per una sorveglianza, la mia ex viene accoppata
durante un lavoro facile e come ciliegina, su questa torta fatta con
uova marce e la merda di cane fritta in padella, vengo richiamato in
servizio.
Ho il
fiato sul collo da parte della sbirraglia e il mio superiore diretto
era infido come un'anguilla.
Era
finita qui? Probabile o forse no.
Finii il
whisky, la prossima fermata sarebbe stata a casa, con l'ultima
sigaretta della giornata e una bella dormita.
Le calli
erano deserte e molti edifici stavano cadendo a pezzi, si sentiva
solo il rumore dei miei passi. Vicino a casa mi capitò di
passare vicino alla calle dell'amore degli amici.
Un
piccolo vicolo, stretto. La leggenda narra che se una persona bussa
ad una porta di un palazzo
e, se a
quest'ultima veniva aperto, poteva entrare e sparire verso una nuova
dimensione o verso un nuovo tempo.
Non
sapevo se ciò fosse vero, ma quella sera avevo una grande
voglia di crederci in questa leggenda. Prima di rientrare a casa
m'ero fermato davanti ad una vetrina. Mi stavo fissando nel vetro
sporco e la faccia che stavo vedendo non mi piaceva per niente.
Era la
faccia di un assassino, un uomo che aveva conosciuto l'amore e che
l'aveva buttato nel cesso.
Tutto
per la sua voglia di adrenalina. Laura era morta e chiunque fosse
stato l'avrebbe pagata cara.
Avrei
pianto se avessi potuto, ma non ci riuscivo. I pochi vicini di casa
che erano rimasti mi guardavano come un diverso, perché non
avevo un animale.
Dato che
la maggioranza delle specie animali s'era estinta, possederne uno era
diventato una sorta
di
status symbol sociale. Molti avevano un topo, i più abbienti
un animale a quattro zampe di medie-grosse dimensioni, come una capra
o qualcosa di simile.
Col mio
stipendio me mi sarei potuto permettere qualche animale, vero non una
riproduzione genetica da quattro soldi, però non me la
sentivo, perché l'avevo visto sopprimere davanti ai miei occhi
quand'ero bambino e non volevo piangere ancora le lacrime che avevo
sparso per Nea, la mia bella gatta dagl'occhi color lillà.
Ero
appena rientrato a casa quando avevo sentito del movimento alle mie
spalle, mi voltai di scatto ed estrassi fulmineamente la mia berta.
Era
l'Avvocato Torres.
Avvocato,
che diavolo ci fa qui?
Domanda
del cazzo, fottuto imbecille. Sono appena sopravvissuta al massacro
dei miei colleghi allo studio.
Una
s'era salvata. Finalmente avrei avuto risposte. La poverina era
spaventata.
Stavamo
salendo su per i gradini della mia residenza. Anche la mia non faceva
eccezione allo stato delle case della città, stava cadendo a
pezzi.
La
ragazza s'aggirava per il mio appartamento come una pantera
inferocita e non potevo biasimarla, perché vedersi accoppati
sotto i suoi occhi colleghi ed amici é un esperienza difficile
da mandare giù.
Si
sedette sul mio divano e le porsi la mia fiaschetta, con dentro
cognac vero, mica schifezza sintetica. Lei la bevve quasi fosse un
rimedio contro il cancro.
Mi
guardò un attimo impaurita, ma poi le sue parole vennero fuori
come un fiume in piena.
Ero
andata in studio per curare un paio di pratiche in sospeso... ero
impegnata nel mio solito...
E
poi ha sentito qualcosa.
Si..
- disse flebilmente.
Le feci
vedere le foto dei miei lavori in pelle. Riconobbe Didier, Trenchtown
e Emmy.
La
vedevo che ancora tremava come una foglia, ma sapevo che bisognava
battere il ferro finchè era ancora caldo.
Allora
avvocato.. mi dica quello che sa sulla pratica
Baliello-Contanoni.Nel caso lei non lo avesse capito quei L.I.P.
hanno accoppato molte persone e i suoi colleghi sono solo gl'ultimi
della lista
L.I.P?
Si..
Lavori in pelle, Replicanti, Carne di seconda scelta o scherzi di
natura...
Basta!!!
Non usi questo linguaggio!
Mi
ascolti attentamente. Siamo entrambi in un mare di merda e se
vogliamo uscirne fuori dobbiamo capirci qualcosa e lei deve dirmi
tutta la verità.
Un
normale caso di divorzio...
Non
credo proprio. Nel caso lei non lo sapesse questi lavori in pelle
hanno ammazzato molti esseri umani..
Ascolti...
Io...
Mi
dica quello che sa.
Lasciai
che continuasse il racconto. In buona sostanza il mollusco mi aveva
assunto a seguito della richiesta del marito. Ufficialmente si
trattava di divorzio, ma in realtà la ragazza sospettava
qualcosa, ma s'era guardata bene dal fare domande.
Una
logica ferrea; Nessuna domanda, nessuna risposta.
Le diedi
un'altra occhiata. Dietro quella scorza di cinica professionalità
c'era una ragazza spaventata
che
aveva visto la morte quel giorno. Dopo pochi minuti si lasciò
andare in un pianto liberatorio.
Ripresi.
Mi
diressi verso la camera degli ospiti e le preparai il letto e appena
sdraiata s'addormentò subito.
Mi misi
seduto nel salotto. I miei occhi vagavano sulle pareti, osservando le
cose che c'erano attaccate. Vedevo stampe, quadri, il soffitto
affrescato ma la mia mente non stava nemmeno ammirando quei
capolavori. Presi la pistola dalla fondina e iniziai a ripulirla.
La
volevo in ottime condizioni d'uso perché presto l'avrei usata.
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Capitolo 6 *** Visite ***
6
Nell'appartamento il
silenzio era calato opprimente ed insopportabile.
Certe giornate e certe notti
dovevo fare i conti con questo silenzio, che metteva a dura prova la
mia determinazione a restare sulla terra, decisi di attaccarmi alle
maniglie della scatola empatica.
Qualunque cosa andava bene
pur di non sentire il silenzio che era calato in quel momento.
Tutte le famiglie sulla
terra e nelle colonie extra mondo ne avevano una e tramite questo
aggeggio riuscivi ad assistere all'ascesa di Wilbur Mercer, Mr
Empatia in persona.
In quel momento tutto
svaniva e in quell'esperienza riuscivi ad entrare in contatto col
prossimo e ad allegerirti il cuore e la coscienza. Una volta, prima
della guerra, la gente andava in chiesa e ne parlava col parroco, ma
ormai le chiese erano diventate dei monumenti vuoti e spogli.
Presi la scatola, l'accesi,
attesi che si fosse connessa con la rete e afferrai le maniglie.
Il soggiorno, il palazzo sul
Canal Grande era scomparso. Adesso ero in un deserto.
Riaprii gl'occhi e davanti a
me una distesa di pietre e sabbia. Ero Mercer.
Sentivo il calore del sole
che bruciava la fronte, il tessuto ruvido della tunica, che ad ogni
movimento grattava la pelle, il vento e le gocce di sudore che
colavano sulla sabbia.
Adesso sono Mercer, sto
camminando sul pendio. Sento che arriva il primo sasso, ma non mi
prendono. Ne arriva un altro e questo va a segno, colpendomi alle
spalle.
E un altro, un altro ancora.
Tutte le volte che un sasso va a segno, ne sento l'impatto e dentro
di me un esplosione di dolore che riverbera nel corpo.
Al dodicesimo o tredicesimo
sasso mollo la presa dalle maniglie della scatola, non potevo più
sopportare quella sassaiola. Il collegamento s'interruppe subito.
Doveva essermi scappato un
urlo durante la sessione di fusione empatica. Cazzo.
La ragazza vide la mia
espressione, un misto di sorpresa e di stupidità.
Non la facevo un tipo
da scatola empatica..
Nessuno è ciò
che sembra, avvocato.
La prego, mi chiami per
nome..
Come si chiama?
Melissa.
Avevamo rotto il ghiaccio e
non sapevo se era una cosa buona o cattiva.
Un atteggiamento poco
professionale non mi avrebbe permesso di ottenere informazioni o
peggio sarebbero state influenzate dalla mia attrazione sessuale nei
confronti della ragazza, che era bellissima. Il manuale sconsigliava
scopate coi testimoni, almeno finché fosse durata l'inchiesta.
Ma come potevo resisterle?
Decisi di riprendermi e poi non avevo voglia di scopare, non col
cadavere della Laura ancora caldo.
La vidi deglutire e
guardarmi con occhi spaventati. Povera ragazza, ma fino a ad un certo
punto.
Accendemmo il PC e dopo
alcuni minuti cominciavamo a smanettare sui documenti dello studio.
Lasciammo perdere i
documenti fiscali, troppo complicati per il momento e ci concentrammo
sulla corrispondenza del caro estinto.
Ci guardammo di nuovo
negl'occhi. Era bella. Molto attraente.
Distolsi lo sguardo e mi
rituffai nella corrispondenza.
Aprii il primo messaggio
della lista ma non potevo leggerlo, perchè era stato
crittografato e l'unico che potesse decodificarlo era morto
stecchito.La migliore opzione sarebbe stata interrogare
l'avvocato.Adesso ogni possibile pensiero legato al sesso era bandito
dalla mia mente.
Lei era una portatrice di
informazioni e dovevo riuscire a cavarne fuori il massimo.
Ospedale Arcangelo Michele
Isola di Nuova Venezia
Lunedì Mattina
Alvise Bridolin era un
portantino.
Abitava in un condominio
d'appartamenti (CONDAP) nel quartiere Pertini, periferia di Mestre.
Non che ne fossero rimasti
molti di quei palazzoni, che cadevano a pezzi per incuria e perché
abbandonati. Lavorava all'isola di Nuova Venezia, una nuova scommessa
edilizia e architettonica lanciata dalla città prima della
guerra. Era rimasta incompleta, ma nel giro di sei anni, nuove torri
d'acciaio e vetro, svettavano a due miglia marine dalla costa. Una
scommessa quasi vincente, malgrado la polvere radioattiva e
l'inquinamento. Chi non poteva emigrare si rifugiava in questa nuova
isola.
Bridolin aveva fatto domanda
per poter emigrare su Titano, nella colonia di Nuova Verona, ed oggi
avrebbe ricevuto il risultato dei test, effettuati due settimane
prima.
Non era particolarmente
nervoso, ma nemmeno eccitato. L'unica cosa che non gli dispiaceva era
la possibilità di rivedere la bella dottoressa Myaskovsky.
Non sapeva da dove venisse,
ma la conosceva, di vista però sapeva chi fosse. L'aveva vista
tante volte quando puliva i corridoi del reparto dove prestava
servizio. Era adorata dai pazienti, perché possedeva una
naturale sollecitudine nei loro confronti ed aveva una naturale
autorevolezza nel condurre le visite. Ogni volta che la vedeva era
una delizia per gl'occhi.
Capelli neri lunghi e lisci
come seta, fisico atletico temprato dalle arti marziali e una
naturale grazia in ogni semplice movimento.
Aveva appena varcato il
portone d'ingresso dell'ospedale. Visto da fuori sembrava una spada
fatta di vetro che volesse sfidare la sorte e il tempo.
Si fece avanti verso il
banco d'accettazione dell'ospedale e chiese informazioni
all'impiegata.
Le rispose sgarbatamente di
rivolgersi al quarto piano per ritirare i certificati di cui aveva
bisogno.
Arrivato al quarto piano
entrò nell'ufficio che gl'aveva indicato l'arcigna impiegata e
con sua grande sorpresa trovò proprio la dottoressa
Myaskosvskiy.
Si sedettero e lei gli
rivolse un bel sorriso, poi riprese
Signor Bridolin, devo
riferirle i risultati dei test, effettuati due settimane prima.
Allora? Potrò
emigrare su Titano?
Temo di no signor
Bridolin.
Queste parole s'abbatterono
si di lui come un maglio.
La dottoressa inforcò
degl'occhiali da vista e lesse il referto delle analisi.
Mi ascolti, lei ha una
sindrome degenerativa, che ha affetto il suo cervello.
E' ai primi stadi e ritengo
che con la dovuta terapia ci potrebbe essere una speranza di cura.
Bridolin non riusciva a
capire e le successive parole non vennero registrate dalla sua mente.
Rialzò lo sguardo e
fisso i suoi occhi azzurri nel volto della dottoressa, inspirò
e sospirò
avrebbe voluto mettersi a
piangere. Sapeva, Bridolin sapeva cosa sarebbe successo dopo.
Lo aveva visto tante volte
quando da inserviente aveva pulito il piano degli “speciali”
ovvero i soggetti col cervello bruciato dalla polvere tossica.
Erano fantasmi che vagavano
tra i corridoi dell'ospedale come mosche ubriache dal caldo.
Non voleva finire così.
Rifiutava con ogni fibra del suo essere un simile destino ed emigrare
era la sua unica speranza. Ma adesso? Che fare?
Alvise ascolta.. ce la
puoi fare. Non finirai col cervello bruciato è ancora ai
primi stadi ed è possibile curarla.
Guarirò?
Si ma dobbiamo
cominciare subita la terapia. Adesso ti prescriverò dei
farmaci e dopo dovremo effettuare altre visite di controllo. Devi
solo tenere duro e rimboccarti le maniche.
Io t'aiuterò ma tu
devi darti da fare.
Va bene dottoressa, mi
fido di lei.
Le i le rivolse un bel
sorriso ed iniziò a scrivere una prescrizione medica.
Si strinsero la mano. Di
solito una stretta durava pochi istanti ma, in quel momento, quando i
loro occhi s'incontrarono per alcuni istanti, durò qualche
momento in più.
Non sapeva che cosa dire ma
doveva sfruttare quell'esile momento d'informalità
Decise di osare.
Lei lo guardò per un
istante, era rimasta un attimo interdetta. Cosa avrebbe risposto?
Anche Bridolin era
emozionato, quale sarebbe stato il verdetto? Sulla Polvere o
sull'Altare?
Che tipo di ristorante
è?
Indiano.. lo inaugurano
domani sera....
Va bene domani sera ma
non glielo garantisco.
Alle nove?
Andata.
Bridolin uscì dallo
studio con passo fiducioso. Era sicuro di se, poiché ad un
cervello di gallina mai e poi mai sarebbe riuscito ad ottenere un
appuntamento con una bella ragazza. Questa promessa di una notte
romantica lo aveva rinfrancato e con un sorriso sulle labbra si
diresse verso l'uscita dell'ospedale.
Questura di Venezia
Piazza Roma
Lo stesso giorno
“Takeshi... Figlio di
Puttana...” mi dissi tra me.
Oggi avevo ricevuto la sua
vendetta. I Gemelli Diversi m'avrebbero accompagnato in ogni mio
passo durante questa caccia.
Comunque c'era poco da
scegliere, perché sapevo di essere nel taschino di quel nano
bastardo.
Quel giorno ero riuscito a
stabilire alcune connessioni col caso in corso ed erano:
C'era qualcosa che si
stava muovendo nel sottobosco dei lavori in pelle e questo qualcosa
poteva avere sviluppi interessanti.
L'Avvocatessa o la iena
in completo gessato mi aveva aperto uno spiraglio, di che genere non
potevo saperlo, però sapevo che c'era.
Questo giro di giostra
sarebbe stato differente sotto molto aspetti e ancora non avevo ben
capito quali disgrazie il padre eterno m'avesse nascosto dietro
l'angolo.
Seduto nel mio sgabuzzino mi
collegai con la banca dati della Questura ed iniziai ad effettuare
delle ricerche incrociate. Per le notti successive avrei dovuto
muovermi tra la vecchia Venezia e quello schifo di vetro, acciaio e
cemento che viene chiamato Nuova Venezia per ottenere delle risposte,
ma adesso era ora di cominciare a trovare la prima preda.
Decisi di cominciare dagli
ospedali e vedere se saltava fuori il nome dell'androide medico.
Il fatto che non avesse
preso le solite precauzioni come un nome falso poteva voler dire che
la sua leggenda, cioè la sua finta storia di vita, fosse stata
curata nei minimi dettagli.
Cominciai con le cliniche
private, ma non ebbi riscontro. Proseguii con controlli incrociati in
tutti gl'ospedali della regione, finché non venne fuori una
piacevole sorpresa.
L'ospedale Arcangelo Michele
aveva effettuato una nuova aggiunta al suo staff medico.
Sul mio volto si dipinse un
ghigno sinistro. La prima preda dopo tanta attesa. M'alzai e
trassi dal cassetto della scrivania un caricatore vuoto ed
incominciai a riempirlo con cartucce a punta cava, quindici colpi in
tutto. Poi pulire la mia pistola e controllare il resto del mio
equipaggiamento, ricontrollare le batterie del segnalatore Penfield.
I preparativi mi tennero occupato per quindici minuti e dopo essermi
messo l'impermeabile uscii dalla questura.
Fuori ad attendermi c'erano
i Gemelli Diversi.
Non dissi una parola e feci
cenno ai due di seguirmi dentro lo spinner. Il primo gemello accese
la radio e il suono dei violini uscì dalle casse.
“Strano – mi
dissi – non li facevo tipi da musica classica...”.
Capivo che non avevano molta
simpatia nei miei confronti. Erano solo ansiosi di compiacere il loro
padrone, in questo caso Takeshi, sperando di migliorare la loro
situazione. Ai loro occhi prima riuscivo a chiudere questa storia,
prima mi sarei tolto di mezzo.
Nemmeno io avevo la voglia
di restare all'OCRA, ormai avevo dato e non ci tenevo a continuare.
Però questo genere di
atteggiamento poteva essere un intralcio nel lavoro. Quando le
circostanze lo richiedevano bisognava agire in fretta, ma se potevo
m'organizzavo prima di buttarmi nella mischia.
Mentre lo spinner viaggiava
verso l'Isola di Nuova Venezia decisi come impostare l'azione.
Corea non disse nulla ed
inizio a parlare con il comandante dei carabinieri di Nuova Venezia.
Appena arrivati in Campo
Carlo Goldoni scendemmo dallo spinner e ad attenderci c'erano una
decina di militi. M'avvicinai al maresciallo e dopo i convenevoli,
iniziai ad impartire le istruzioni
per l'operazione in corso.
Mentre gli uomini prendevano
posizione mi rivolsi ai Gemelli Diversi
I due non dissero nulla, si
limitarono ad annuire e a seguirmi.
Prima d'entrare
nell'ospedale detti un'occhiata alla sistemazione degli uomini. Tutto
era pronto.
Dietro di me s'erano
concentrate nuvole grigio piombo, il tempo minacciava pioggia.
Mancava poco ad un nuovo
appuntamento col sangue
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