A Christmas Carol ~ The Story Of Edward Cullen.

di _newyorker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. L'inizio. ***
Capitolo 2: *** ~ Passato. Prima parte. ***
Capitolo 3: *** Passato. Seconda Parte. ***
Capitolo 4: *** Avviso. ***



Capitolo 1
*** Prologo. L'inizio. ***


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“ C'era una volta, cari bambini, nella fredda e nebbiosa cittadina di Seattle, un uomo assai affascinante. Nelle fiabe gli uomini belli son sempre principi dal cuore d’oro, ma quest’uomo, come tutti ben sapevano, era l’uomo col cuore più freddo e senza scrupoli mai visto sull’intero pianeta. Egli era Edward Cullen, un avaro, tirchio direttore.
Egli amava torturare i propri dipendenti. Era cattivo, non solo con loro, e odiava il Natale. Ebbene sì. Insomma, mai sentita persona che odia il Natale? Il signor Cullen a quanto pare era l’unico a considerare questa magica festività come una perdita di tempo e di denaro, e guardava con disprezzo il posto di lavoro vuoto durante il giorno di Natale.
Odiava tutti, rispondeva in modo burbero a tutti, e respingeva gli unici due parenti che ancora aveva. Egli aveva una casa assai bella ma poco curata, ereditata dal padre e dalla madre, dopo la loro morte: Carlisle ed Esme Cullen. Una notte, però, dopo una delle sue tante cattiverie, ebbe la visita dei fantasmi dei proprio genitori, che gli annunciarono la visita di tre fantasmi che-…”

“ Carlie, piccola, scendi immediatamente da lì!” Come un fulmine corsi verso la scrivania, afferrando quel piccolo mostriciattolo spericolato, con il cuore in gola.
“ Ma mami!” Gemette, lamentandosi. “ Stavo raccontando una storia ai bambini!” Esclamò, osservando i pupazzi allineati sulle scrivanie poste di fronte a lei.
“ Non chiamarmi mami, capito? Non devi mai più azzardarti a fare una cosa del genere! Nelle tue condizioni, piccola… Tu… Non devi permetterti più e basta. Ti rendi conto di quanto faresti soffrire la mamma, eh? E se il signor Cullen – feci una smorfia, pronunciando quel nome. – ti avesse scoperto prima di me? Nessuno stavolta mi avrebbe salvato dal licenziamento, piccola mia, e le medicine con quali soldini le avremmo comprate?” Scossi il capo. “ Non dovrei neanche farti discorsi del genere!” Singhiozzai, stringendo la piccola al petto.
“ Tu sei la mia unica ragione di vita, capisci?” La guardai, in lacrime, e notai che anche il suo piccolo corpicino era scosso da singulti.
“ Mi-mi-… disp-piace, m-m-amma…” Urlò, prima di stringere forte le mani al mio petto, affondandoci poi la folta chioma ramata.
Sospirai, con i sensi di colpa che iniziavano a farsi sentire. La paura era passata.
“ Non sono arrabbiata, solo… Lo sai la mamma quanto si spaventa.” Chiusi gli occhi, presi un respiro profondo e le accarezzai dolcemente il capo.
“ Sono una stupidona.” Affermò, guardandomi triste.
“ No, sei solo la mia piccolina che a quest’ora dovrebbe essere a casa come tutti i bambini. Non nella redazione di uno stupido giornale.” La rassicurai, sorridendo amara.
“ Beh, dopo lo splendido teatrino di sua figlia, devo anche sentir dare dello stupido al mio giornale?” Sobbalzai, sgranando gli occhi al suono di quella voce.
“ Oh no…” Sussurrò la piccola, spaventata.
Signor Cullen!” Balzai in piedi, proteggendo la piccola che, con il respiro affannato, nascondeva la testa nell’incavo della mia spalla.
“ Signorina Swan, vedo che come al solito è molto impegnata!” Disse, sarcastico.
Lo guardai con disprezzo, prima di abbassare sconfitta lo sguardo. Come poteva comportarsi così con me? Come?
E con lei?
“ Mi dispiace, è che la bambina-…”
“ Non usi le solite scuse, Swan. Ora, pulisca questo casino e vada via, in fretta. L’aspetto per domani.”
“ Ma domani è Natale, Edward!” Urlai, mordendomi la lingua subito dopo, anche perché avevo usato il suo nome.
“ Ah sì? Ci vediamo domani. E io sono Signor Cullen, comunque.” Guardò me e la bambina con lo sguardo più freddo che m’avesse mai regalato, prima di andare via, lasciandomi impietrita con la piccola tra la braccia.
La nostra piccola.

Edward Cullen POV.
Nascosto, grazie all’incessante nebbia ed al buio, nella mia auto, la osservai adagiare la piccola nel seggiolino, richiudere la porta e salire svelta in auto, spaventata probabilmente dall’oscurità. Aspettai per un po’, prima di inserire la chiave nel quadro e partire a tutta velocità per le strade di Seattle.
Ero ancora scosso dal racconto della p-... Bambina.
Davvero mi aveva associato ad Ebenezer Scrooge?
Feci una smorfia, disgustato, prima di accorgermi di essere arrivato davanti al cancello dell’enorme villa. Come un automa aprii il cancello automatico, parcheggiai la Volvo nel viale e scesi dall’auto. Non guardai nemmeno più di un secondo la ghirlanda che la domestica, pensando di potermi addolcire con questo gesto, aveva sistemato sulla porta, insieme a delle piccole luci colorate. Entrai in casa, senza fissare nulla, gettai il giaccone sul divano e salii nella camera da letto. Guardai stupidamente la finestra, come ad aspettarmela spalancata, prima di darmi dello stupido e dirigermi verso il bagno.
Aprii il rubinetto, rinfrescandomi il viso con dell’acqua congelata, fissando l’immagine del mio volto nello specchio.
Non provai nulla, come al solito.
Tolsi via il maglione, facendo cadere l’indumento sul pavimento, seguito dalla camicia, dalle scarpe e dai pantaloni stretti. Indossai il pantalone del pigiama e mi infilai sotto le coperte, pronto al solito incubo di sempre.

03:00 am.
“ Edward? Edward, caro, mi senti?” Quella voce, quella voce così familiare…
“ Caro, non è che potremmo farlo dormire un altro po’? Guardalo, sembra un angelo…” Esme! Mamma sono qui, non andare via! Aspetta!
“ Amore, è il nostro compito, sai che non possiamo tardare. Il tempo passa.”
No, no, no.
Dovevo svegliarmi, e subito.
Aprii gli occhi di scatto, e all’istante mi pietrificai.
“ Ciao, piccolino!” Mia madre, a due centimetri dal mio viso, sorrideva amorevole. Unica soluzione. L’incubo aveva deciso di darmi pace lasciando il posto a questa pazzia.
“ Non è una pazzia, figliolo.” Sgranai gli occhi, fissando mio padre, sorpreso.
“ So che ti sembrerà strano, Edward, ma siamo qui per aiutarti, ci siamo davvero.”
“ Aiutarmi?” Chiesi, frastornato.
“ Non te la stai passando tanto bene, cucciolo. Perché ti comporti così?” Fissai mia madre. Li fissai, chiusi gli occhi e poi li riaprii, schiaffeggiandomi.
“ Ti fai solo del male così, sai? Hai sempre avuto la pelle delicata!”
“ Sono pazzo!” Esclamai, cadendo all’indietro verso i cuscini.
“ Sarà difficile. Sapevo fossi rimasto il solito testone.” Fissai il fantasma di mio padre, stralunato.
Voi non dovete mancarmi. Questo è solo lo stupido frutto della mia immaginazione masochista. Voi non dovete mancarmi.” Chiusi gli occhi, dondolando leggermente il capo avanti ed indietro.
“ So che tutto questo è scioccante, amore mio, ma ascoltami solo per un secondo.” Mi bloccai, in attesa che mia madre parlasse.
“ E’ assurdo, e lo sappiamo. Siamo morti in quel brutto incidente, lasciandoti in balia dei tuoi problemi, e lo sappiamo. Ma adesso siamo qui, siamo qui per risolverli, siamo qui per aiutarti, per farci perdonare. Siamo fantasmi, sì.” Rise, con una risata un po’ amara. “ Ma stai degenerando, bambino mio. Tu sei una brava persona, tu hai un cuore enorme e persone che ti amano. Devi capirlo, devi ritornare te stesso. Tu non sei ciò che sei adesso. Tu Sei un Cullen, ma noi non possiamo aiutarti a capirlo del tutto. Perciò, stanotte, riceverai la visita di tre fantasmi, che ti aiuteranno a capire chi realmente sei. Saranno persone che ti amano, ascoltale, ti prego. Salva la tua anima!”
Aprii gli occhi, infuriato.
“ IO NON HO PIU' UN ANIMA! QUELLA STUPIDA BAMBINA! ANDATE VIA DALLA MIA TESTA! VOGLIO SVEGLIARMI! ORA! BASTA!”
Vidi i miei arretrare, spaventati.
“ Quella stupida bambina è la tua bambina, e quella donna è la tua Bella.” Sussurrò serio mio padre.
Era la mia Bella – tremai, pronunciare quel nome faceva ancora un po’ male. – . Ora non è più nulla.” Scossi il capo. Non dovevo pensarci.
“ Andate via, ora.” Li guardai, usando la freddezza che usavo con tutti, che avevo acquisito con il passar del tempo.
Vidi quelle ombre sparire pian piano, e l’ultima cosa che sentii furono delle labbra leggere che mi sfiorarono la fronte e due “ Ti amiamo.” Sussurrati all’unisono.


~ • ~



Okay. Vi giuro sul Natale - tanto per essere in tema XD - che mi ero ripromessa di smetterla di pubblicare storie su Twilight. Eppure, rieccomi qui. Dannazione. Mi sa che è una sottospecie di maledizione. Ebbabbeh. Spero che le mie seghe mentali non disturbino troppo e non facciano odiare il Natale - in questo caso XD
Amo questo racconto, e rivedendolo - sì, lo ammetto. La versione dei Muppetts, E ALLORA? ç_____ç - ehm... Non ho potuto farne a meno <.< Duh.
Beh, mi sa che ho parlato abbastanza, come mio solito -____-.
Hasta luego, tipette.
M.

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Capitolo 2
*** ~ Passato. Prima parte. ***


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“ Oh, ma guardalo. L’ultima volta che ti ho visto dormire così pacifico avevi … Cinque anni, sì. Ancora non rompevi, a quei tempi.”
“ Hmm-… sì, cetto ‘ice. Cet..o!” Sbadigliai ancora una volta, affondando la faccia nel cuscino. Sapevo ci fosse qualcosa che non andava, ma non avevo forze per controllare.
“ Ma allora il leone si ricorda di me, wow. Fratellino!” Gridò una voce entusiasta. Ancora lei.
Spalancai gli occhi, quando, all’improvviso, sentii il peso di mia sorella che, seduta bellamente sulla mia schiena, batteva le mani felice.
“ ALICE !” Urlai a mia volta, prima di togliermela di dosso, possibilmente scaraventandola giù dal letto. Idiota. Sussurrò una vocina nella mia testa. Perfetto. Ora pure le voci. Poteva andare peggio? Ci pensò quel folletto demoniaco, sporgendo il capo verso di me, a darmi la conferma.
“ Hei tu! Certo che non andrà bene, se non collabori!” La osservai, irritato, ma nel profondo ero divertito.
Possibile che non cambiasse mai?
“ Mi dici cosa diavolo ci fai, qui? A casa mia? Alle quattro del mattino? A sparare diavolerie?” Chiesi, perplesso, tirando fuori quel poco che potevo l’Edward crudele. Con lei era difficile. Lei era sempre stata la mia seconda ancora di salvezza, la mia piccolina. Quella che dovevo sempre e costantemente proteggere, oltre lei.
“ Beh. Pensavo che mamma e papà te l’avessero detto. La storia dei tre fantasmi… Buuuuuuh! Insomma, capito no, Scroogino?” Sorrise, stringendosi nelle spalle come se fosse una cosa normalissima ciò che mi stava dicendo.
Alle quattro del mattino.
In casa mia.
Con uno dei sistemi di allarme più sofisticati dell’intero stato.
Sul mio letto.
“ Okay. Sono impazzito. Sono matto. Forse ho bevuto davvero troppo questa volta. O quella pazza di domestica ha voluto punirmi. Oh dio. Povero stupido pazzo me. Masochista me-…!”
“ Vuoi chiudere il becco, Edward Cullen? Mi deconcentri!” Sbuffò, frustrata.
“ Avrei tanto voluto mostrarti il tuo futuro, ma a quanto pare sarà un’altra persona a farlo. Dannazione. E va bene, fratellino. Pronto per il passato?”
Solo io trovavo inquietante quel sorriso? Tremai.
“ C-O-S-A?”
“ Hai capito benissimo Edward. Chiudi il becco e collabora. Conosci la storia. Adesso rivisiteremo insieme il tuo passato, e vedremo cosa ti ha portato ad essere l’essere scorbutico che sei oggi. Lo sai che essere così porta le rughe premature?” Fece, con una smorfia di puro orrore.
“ Per essere solo il fantasma di mia sorella la rappresenti davvero molto realisticamente, davvero. Io però ora ritorno a dormire. Addio.” Portai le coperte a coprirmi il viso. Perché non ritornava l’incubo di sempre?
“ Perché tu sei buono, fratellino. Devi smetterla di soffrire, e vivere la vita che per te era stata scelta.” Tolse le coperte dal mio viso, mi sorrise dolcemente e baciò entrambe le guance.
“ Ti voglio bene…” sussurrò. “ … Ma l’hai voluto tu. Forse così finalmente mi crederai.” Sorrise, di nuovo con quel ghigno inquietante, prima che con un secco rumore metallico le finestre si spalancassero e il letto prendesse vita, sollevandosi e volando verso la finestra. Alt.
Avevo davvero detto che il letto stava volando verso la finestra?
In risposta, quel pazzo demoniaco folletto rise ancora, accomodandosi sotto le coperte con me e passandomi dei vestiti spuntati dal nulla.
“ Vestiti, prima che ti pigli un accidenti, leoncino.” Disse, premurosa, chiamandomi per la seconda volta con il mio soprannome da bambino.
Già, da bambino.
Chiusi gli occhi, sospirai, mi massaggiai le tempie, sospirai ancora. Sempre cercando di non guardare verso il basso.
E va bene. Se proprio questo stupido sogno non si decide ad avere una fine, mi sa che dovrò collaborare. Contenta? Tanto ormai sapevo già che presto sarei diventato pazzo, solo non pensavo così presto. Ricordami di smetterla di bere.
O di chiedere scusa alla domestica. Penso si chiami Doris-…

“ Edward, stop, fermo. Ho capito. Grazie. E penso che Alice, insomma, io… Cioè, non io il fantasma ma quella vera…” Riprese fiato, velocemente. “ Sì, insomma, hai capito. Penso che lei sarà felice di ricordartelo.” Si girò dall’altro lato per permettermi di cambiarmi, non prima però di aver fatto una smorfia di delusione alla mia faccia impassibile.
Avevo detto di collaborare a questo sogno strambo, ma dopo non sarebbe cambiato nulla.
Non poteva cambiare nulla.

Dopo un po' mi accorsi che il silenzio regnava da fin troppo. Avevo ferito Alice Cullen al tal punto da far cessare la sua famosissima, quanto assillante, parlantina?
Quando finalmente mi convinsi a chiederle qualcosa, parlò lei per prima, interrompendo la frase sul nascere.
“ Siamo arrivati. Prima tappa del passato.” Decretò, seria.
“ Ovvero?”
Mi guardò, scrutandomi attenta, prima di pronunciare con calma quell'unica parola.
Forks.”
Mi pietrificai all’istante, sicuro al cento per cento che il mio cuore per un attimo avesse smesso di battere.
Forks.” Mormorai, scosso.

~ • ~



Non posso crederci.
Io, io davvero non posso crederci. Vi rendete conto che sono riuscita a scrivere il secondo capitolo di questa benedettissima storia? E ciò vuol dire che finalmente ho avuto un attimo per riprendere fiato?
Qui diluvia, ma diluvia proprio. E diluvio = niente sabato sera movimentato = ispirazione a gogo. Sia benedetta la pioggia! ... E le vacanze di Natale che tra poco avranno inizio! *________*
So che questo capitolo è breve breve breve, ma era sono l'introduzione dell'inizio del passato, che sarà lungo circa tre-quattro capitoli, se non di meno, forse. Contente di incontrare Alice, tipe? ^^

Ma rispondiamo alle recensioni, che mi hanno fatto tanto, tanto, felice!
Pen_and_paper: Ma grazie, cara ^^ Beh, se ti aspetti un autrice puntuale negli aggiornamenti, mi dispiace. Sono bradipa di natura e il tempo mi è nemico. XD Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!
lalaland_girl: Anche io adoro il racconto di Dickens e le varie riproduzioni cinematografiche. Non è Natale senza questo racconto, per me! ^^ Spero ti sia piaciuto il nuovo capitolo ^^
mine: a me piace il fatto che a te piace la mia storia! XD
hale_y: Dannazione. E io che speravo non si capisse fosse Nessie! XD No dai, alla fine si scoprirà anche perchè Bella la chiama Carlie, ma sto zitta, adesso XD Lo so che è dolce, è Nessie! *-* Con le trame non sono mai stata brava, l'ho cambiata e spero di averla resa più "intrigante". Sono contenta che alla fine tu abbia cambiato idea, fiuuuu! XD Alla prossima ^^
Dreamerchan: Argh. Quel film è pauroso! XD Però è stato carino, tutto sommato. Io comunque mi sono ispirata a quello dei Muppetts, nel senso che vedendo quello è nata la stupida idea XD Edward è umano, sì. Era più realistico. ^^' Spero ti sia piaciuto, alla prossima ^^
pinkgirl: Sto iniziando ad adorarti, Jessica. Possibile che ti piaccia ogni mio delirio? [ Ps: ho appena letto il commento su car radio - che tempismo -.-' - e la canzone è Shattared, dei Trading Yesterday ^^ ]. Non sai quanto mi rendi entusiasta *_____* Sono felice! XD Alla prossima ^^
Luluchan: Oddio, sono tra gli autori preferiti di qualcuno °---° non avevo mai controllato quella pagina, sai? XD Ma che bello *-* Nah. Io - solo - di questo racconto preferisco il film, di gran lunga, dei Muppetts XD Sono fissata, ebbene sì ç_____ç I'm happy. Thanks. Alla prossima **
Hanairoh: Tu. Tu invece di recensire me, vai a scrivere il nuovo capitolo di KUOLEMA TEKEE TAITEILIJAN, INTESE SIGNORINA? Perdindirindina. Lo sai che sei un genio e che appena ho un attimo di tempo ti lascio una recensione lunga chilometri? Yuppi. Mi sento realizzata sapendo che anche TU segui la mia storia. Hai uno stile che incanta, ragazza ù_____ù Essì, io leggo nella mente come mio fratello, EDWARD U______U Baci, alla prossima ^^
eMiLy BlOoD: Altra mia fedelissima! Ma ciao *____* Thanks, thanks, thanks, girl! ^^ Certo che lo scoprirai, altrimenti che ci sto a fare io? XD Ancora grazie mille, alla prossima ^^
Cristy97: TUUUU! Ti ho tenuta per ultima perchè mi hai fatto scompisciare. A molte da fastidio l'insistenza dei lettori, ma fin quando lasciano recensioni come te, io le trovo uno spasso! XD Eh no, cara, ho tardato perchè dovevi smettere pure di bere! hai bevuto? Il ritardo è stato la punizione! XD Quante minaccie in pochi giorni, secondi, attimi! Fifona come sono - ma soprattutto sola in casa - mi sa che non dormirò u____u'. ECCO, ECCO! CALMA! XD Contenta? Io intanto ti ringrazio mille per le simpatiche recensioni. Non impazzire. Ogni qual volta il mio cervellino ha attimi liberi si impegna per fare felici questi " MILIONI " di lettori XD Campagna no-profit! XD Alla prossima cara, calma e sangue freddo ^^.

Infine, tanti ringraziamenti anche alle persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite ed ai lettori silenziosi ^^.
Hasta luego, giovincelle.
Meg.

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Capitolo 3
*** Passato. Seconda Parte. ***


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“ Tutto bene, Eddie?” Fissai mia sorella, come riuscii a farlo non lo sapevo neppure io.
Mi sentivo paralizzato dalla testa in giù, e non riuscivo a muovermi.
“ Io…” Non riuscivo neanche a parlare, dannazione. Continuai a guardarla, l’unica cosa che potessi fare.
“ Eddie, Eddie calmati… Non tremare, non ti succederà nulla! E’ per il tuo bene, il tuo bene…” Stavo tremando? Davvero?
Sentivo solo il debole eco di mia sorella che mi rassicurava, che mi diceva che era per il mio bene… Quel suono sempre più debole.
Poi, all’improvviso, non sentii più nulla, e allora fui risucchiato dal buio.

“ Edward, Edward! Oh bambino birichino, sei proprio un terremoto, lo sai?”
Hmhm?
“ Come eri dolce… Lo sai, Alice in questo momento sta riguardando le foto di voi due da bambini, nella sua casa a New York. E’ diventata importante, sai?”
“ Ho letto, ho letto.” Mormorai, aprendo gli occhi.
“ Tu leggi Vogue? Oh mio Dio!” Rise. La ignorai.
Nell’incoscienza avevo sentito la voce di mia madre, lontana.
Feci un giro veloce della stanza con gli occhi, ma c’era troppo buio.
Poi notai una lucina, a forma di sorriso, appoggiata in un angolo, accanto ad una culla.
“ Questa è camera mia… La camera della mia infanzia.” Sussurrai, scosso.
“ Che perspicacia, fratellino!” Disse, accarezzandomi il capo.
Notai che eravamo seduti sul pavimento morbido, ricoperto da quella soffice moquette blu che tanto amavo.
“ Ho parcheggiato – sorrise – il letto giù, non preoccuparti.” La guardai, cercando la sicurezza del suo sguardo.
La trovai, ma non era quella che ricordavo al cento per cento.
In quel momento assurdo – assurdo. Ormai cosa non lo era? – le feci una domanda.
“ Ma i fantasmi di quella fiaba, e sinceramente tutti i fantasmi, sono spiriti di persone morte. Alice non è morta. Perché sei qui, insomma?”
“ Aspettavo mi facessi questa domanda. Io sono un fantasma, Edward. Cosa ti hanno detto i nostri – i tuoi – genitori? I fantasmi che ti faranno visita saranno persone a te familiari, sotto forma di persone a te familiari, per darti sicurezza. Io ho la personalità, i ricordi e l’aspetto di tua sorella, anche se non sono la vera Alice. So come parlarti, so come guardarti e come gestirti, grazie alle informazioni che ho ricavato direttamente da lei. E ti voglio bene quasi quanto lei. Sono… quasi come una macchina con un cuore e un cervello non suo, forse.” La bloccai, mentre con sguardo perplesso dava luce ai suoi dubbi.
“ Stop, stop. La situazione è già abbastanza inquietante senza tutti questi dettagli, per favore.”
“ Edward, il servizio di porcellana, no!” Ci girammo insieme verso la porta, spaventati da quell’improvviso urlo agghiacciante.
Mi alzai di scatto, pronto.
“ Allora, andiamo? Devi o no mostrarti il mio passato?” Chiesi, freddo.
“ Andiamo, andiamo! Non c’è bisogno di essere così antipatici.” Si lamentò, afferrando il mio braccio e seguendo la fonte di quella voce.
“ Avanti, cara, è solo un servizio da the.” Mio padre, ancora più giovane di come me lo ricordassi, girato l’angolo ed entrati nel salone, sorrideva tirato a mia madre, tenendo me da un lato ed Alice dall’altro.
“ Non ti farà nulla.” Disse Alice, affiancandomi.
“ Lo so. Accanto all’altra porta del salone, quella accanto alla vecchia cucina c’è Emmett, che sta registrando tutto.” Portai lo sguardo in quel punto, dove mio fratello – di appena sei anni – fissava divertito la scena.
“ ‘usa mau, ‘uuuusa!” Fissai assorto quel me in miniatura, nel periodo della mia infanzia felice, con la piccola Alice che mi fissava, preoccupata per me.
Mia madre sbuffò, esasperata.
“ ‘Deddi ‘upido, ma b-buono!” Esclamò mia sorella, guardando seria mia madre.
“ Ma come faccio ad essere arrabbiata con te se mi chiami mau? E se tua sorella ti chiama Deddi? Davvero. Non ho mai visto due mostriciattoli più teneri di voi, sìsì. A soli due anni siete già dei conquistatori, amori miei!” Disse, avvicinandosi a mio padre e stringendoci in un abbraccio.
“ ‘Ice, ‘edda ‘ice!” Urlò il piccolo me, battendo le manine e ridendo con l’inimitabile risata che solo i bambini hanno.
“OOh, com’eri tenero! Io ero bellissima, già!” Esclamò Alice. Sapevo che non potevano né sentirci né vederci. “ Sì, bella Alice, bella Alice. Intanto Emmett rimane solo.” Si lamentò triste, posando la telecamera. Lo guardai, sorridendo appena.
“ Vieni qui, gelosone di un grizzly! Tu sei il più bello di tutti, il mio ometto e mio futuro sposo!” Mia madre l’afferrò al volo, e mio padre, stringendoci tutti per bene, si gettò all’indietro sul divano, scatenando le risate generali.
Ricordavo, grazie ai racconti di mio padre e mia madre, che da li a poco la felicità sarebbe svanita nel nulla. E come volevasi dimostrare, un forte bussare interruppe quella serenità.
“ Ma è la vigilia di Natale, chi mai potrà essere?” Domandò mia madre, curiosa.
“ Vado io.” Disse Carlisle, altrettanto perplesso. “ Eccola, finalmente.” Guardai Alice, scosso. Non ebbi neanche la forza di fulminarla, preso com’ero dal panico.
“ CHARLIE!” Mia madre, terrorizzata dall’urlo di mio padre, corse verso l’ingresso – lasciando me ed Alice tra le braccia di mio fratello –, ma fu bloccata dall’entrata dell’ispettore Swan, che tra le braccia stringeva – avvolta in un copertina blu – una bimba dai grandi occhi color cioccolato e le guance paffute e rosse.
“ Renèe… Sono tornato da lavoro un ora fa e… S-s-sulla p-porta c’era lei. La mia p-p-iccolina … Sola, e tremava tanto, C-Carlisle, tremava t-t-anto!” Charlie Swan scoppiò in lacrime, probabilmente come mai in vita sua aveva fatto, e prontamente Carlisle afferrò la bambina.
“ Non preoccuparti, Charlie, ora siediti. Visiterò la piccola, andrà tutto bene! … Esme, prepara qualcosa di caldo per Charlie, perfavore.”
“ Subito.” Disse mia madre, correndo preoccupata in cucina. In quel momento, la piccola guardò – probabilmente incuriosita dai nostri sguardi altrettanto curiosi – verso il divano, incrociando per ultimi i miei occhi verdi, con l’accenno di una smorfia che doveva essere un sorriso, ricambiato all’istante.
Isabella Marie Swan.

La stanza iniziò ad oscurarsi, come vecchie foto sbiadite, fino a sparire, mostrandomi un’altra immagine, un’altra stanza.

Cinque anni dopo.

“ Avanti, Cullen, dammi quel cestino e chiudi il becco, o giuro che ti faccio anche l’altro occhio nero.”
“ No. Andiamo via.” Dissi, in preda al panico.
“ Edward, non possiamo, mi dispiace.” Alice provò a confortarmi, inutilmente.
Fissai, insieme al piccolo me – avevo all’incirca sette anni e mezzo –, con tutta la rabbia possibile quel bambino, quel James – che frequentava la quinta elementare –, che per anni era stato il mio tormento. Tutto era iniziato quando in prima elementare aveva tirato i capelli di Isabella, facendola piangere. Io l’avevo difesa, da bravo migliore amico, gettando dalla finestra il sacchetto del pranzo di James.
C’eravamo promessi, con la croce sul cuore, di proteggerci sempre a vicenda, e quello era stato il mio turno. Ma dall’ora quel pestifero bambino era diventato il mio bullo personale, che mi rubava il pranzo, i soldi, mi lasciava lividi sulle braccia e gli occhi pesti.
Eravamo bambini, ed avevo paura.
Carlisle ed Esme avevano anche parlato con la preside, che non ne sapeva nulla, dato che non mi ero mai lamentato con nessuno e avevo sempre giustificato i lividi con la mia “iperattività” e i miei giochi spericolati preferiti. Isabella era preoccupata per me, ma la croce sul cuore – per quanto riguardava fare la spia – la divincolava dal raccontare tutto.
Ero troppo orgoglioso per ammettere di essere debole, quando in casa tutti erano perfetti.
Emmett era un bravo atleta con la passione per le costruzioni, Alice una brava ballerina con la passione per la moda. Io invece suonavo solo uno stupidissimo piano, e i miei osavano anche chiamarmi bambino prodigio.
Isabella soffriva molto della situazione, mi diceva sempre che ero un bambino speciale, dolce e buono. Forse per questo James mi aveva scelto come bersaglio.
Un giorno, però, tornai a casa così mal conciato che Esme dovette portarmi all’ospedale da Carlisle.
Una volta tornati, in casa si era scatenato il putiferio.
“ Edward. Ora. Dimmi cosa succede ora.” Fissai mia madre, spaventato.
“ Niente, mamma. Sono caduto dalla bici. Ero con Bella, nel bosco accanto casa di Charlie, e sono caduto. Davvero.” Mi giustificai, ma la voce mi tremava così tanto che non ero credibile nemmeno per me.
“ Sì, e hai centrato un albero talmente forte che ti sei procurato i lividi perfino dietro alla schiena!” Urlò mia madre, in lacrime.
“ Tesoro, calma, se gli parliamo in questo modo non risolveremo niente.” Affermò mio padre, calmo.
“ Ah sì Carlisle? A me sembra che chiederglielo gentilmente e con calma non servi a nulla. E quella preside, quella donna stupida e senza cervello! Ah ma le farò vedere io chi è la signora Esme Anne Platt in Cullen!”
“ No, mamma, non andare dalla preside, ti prego!” La implorai, in lacrime.
I miei si fissarono, poi mio padre si inginocchiò accanto a me.
“ Edward, ti prego, dicci cosa succede. Amore mio, apriti con noi, non ti diremo niente. Chi è che ti fa questi lividi? Un adulto? Un bambino? Chi?” Ma io avevo sette anni, e mi sentii spaesato ed impaurito ancora di più.
E se i genitori di James fossero stati come lui? Pensai.
Come i cattivi dei libri, o dei fumetti.
“ Voglio andare da Bella!” Esclamai, sfuggendo alla loro presa e scappando.
“ EDWARD!” Urlarono, ma io ero già lontano, veloce come sempre ero stato.

“ Edward? Edward, mi senti?” Guardai Alice, e capii che mi ero perso nei ricordi di un tempo che mi sembrava così lontano…
“ Sì, scusa.” Dissi, guardando il piccolo me, che sdraiato sul terreno freddo, umido e in certi punti fangoso veniva trascinato avanti ed indietro da James ed il suo fedele compagno, Laurent, con la piccola Victoria che divertita faceva muovere i suoi boccoli rossi come una piccola – promettente – oca.
“ Ora arriva il bello, idiota di un James!” Ringhiò la fantasmina accanto a me, macabramente divertita.
“ Hei tu, Ja-coso!” Voltai lo sguardo verso l’inizio del boschetto, trovando gli occhi accesi di rabbia di mio fratello Emmett ed il suo migliore amico Jasper Hale, seguito da mia sorella, Isabella e la piccola Rosalie Hale. Il piccole me guardò verso Isabella, che determinata mimò un “ mi dispiace”, ma si vedeva che invece era l’esatto contrario.
Emmett riuscii solo a mollargli un pugno – e si aggiunsero anche Isabella ed Alice, con uno schiaffo – prima che la piccola Rosalie li fermasse dicendo che era sbagliato. Laurent cercò di colpire mio fratello, mentre Victoria allungò una mano verso i boccoli di Isabella, quando all’improvviso spuntarono i nostri genitori, gli Hale, quelli di James e la preside, insieme all’ispettore Charlie Swan.
James si meritò una bella sospensione e un ceffone da parte di sua madre che non dimenticherò mai, mentre tutti noi fummo scortati all’ospedale per un controllo. Una volta tornati a casa, tutti noi piccoli scortati dall’auto della polizia del capo Swan – come un giro sulle giostre, insomma –, scendemmo dall’auto, ma Isabella, prima di ripartire, mi fermò, chiedendomi scusa per davvero.
“ Ho avvisato io i nostri genitori. Emmett voleva fare tutto da solo con Jazz e so che nemmeno tu volevi, Eddie, so che probabilmente mi odierai, ma la nostra croce sul cuore la facciamo soprattutto quando uno di noi ha bisogno di protezione, la spia viene dopo. Io comunque non sono pentita, perché ti voglio tanto bene e non era giusto che soffrissi per me, perché sono debole.” Ammise, abbassando lo sguardo.
“ Tu sei la mia migliore amica, la mia piccola sorellina, e se il tempo ci riportasse indietro butterei di nuovo il cestino di James dalla finestra, se fosse per proteggerti.” Le baciai una guancia, prima di entrare cautamente in casa, girandomi prima sul portico per salutarla.

Entrato, cercai di scappare in camera, ma mi ritrovai Emmett e Alice davanti e Carlisle ed Esme dietro, con l’ultima che mi teneva per la maglia.
“ Edward Anthony Cullen. Dove credi di andare?” Sospirai, rassegnato, e mi girai quel che potevo verso mia madre.
“ Lasciami andare, non scapperò. Parliamo, però non così.” Mi lasciò andare, e sempre a testa bassa mi diressi verso il divano, sedendomi e unendo le mani sulle gambe, guardandole come se fossero la cosa più interessante del mondo. Tutto pur di guadagnare tempo.
“ Emmett, Alice, restate.” Dissi.
“ Sì, restate, dobbiamo parlare anche con voi.” Fece mio padre, serio.
“ No, mamma, papà. Loro non c’entrano. Loro non sapevo niente. E’ stata Bella a dirglielo, come l’ha detto a voi. Volevamo solo proteggermi, nel modo sbagliato, ma il senso è quello.”
“ Vedi che lo dici tu, Edward? Nel modo sbagliato. E non perché non sanno proteggerti, ma perché sono bambini, proprio come te, e se tu ti fossi confidato, ti fossi aperto con noi, a quest’ora non avresti sofferto così tanto, tutti noi non avremmo sofferto così tanto!” Fissai mio padre, quasi sull’orlo delle lacrime, sentendomi ancora più stupido e immeritevole di prima. “ No, se io fossi stato meno debole, meno insignificante e meno stupido a quest’ora nessuno avrebbe sofferto.” Nessuno ebbe il tempo di rispondere, perché nella stanza calò il silenzio, quando, all’improvviso, la piccola mano di Alice – potente come non mai – aveva toccato la mia guancia, nel senso di schiaffeggiato.
Non l’aveva mai fatto prima.
“ Non dire mai più delle cose simili, tu sei sì stupido, ma perché non pensi prima di parlare! Tu, tu sei il mio fratellino, quello che mi protegge da tutti e da tutto, non dire mai più che sei debole ed insignificante! Tu sei speciale!”
“ No tu ed Emmett siete speciali! Voi avete talento!” Urlai.
“ E tu hai un cuore assai più grande di tutti i nostri talenti, i tuoi talenti e quelli di mamma e papà messi insieme. Tu non sei debole, Eddie, tu sei buono, sei gentile e coraggioso. Perché nessuno avrebbe tenuto nascosta una cosa del genere, nemmeno io.” Restai zitto, ammutolito, insieme ai miei, fissando sorpreso i miei fratelli.
“ Davvero pensate questo di me?” Chiesi, timido. “ Anche di meglio, e lo sai. Forse non ti dimostriamo del tutto il bene che ti vogliamo, ma noi ci saremo sempre per te. Fratelli per sempre!” Esclamò Alice, prendendo la mano di Emmett e poi la mia, unendole.
I miei ci fissavano, commossi.
“ Penso che i tuoi fratelli ti abbiano già detto tutto. E se non ti avesse dato quella sberla Alice, l’avrei fatto per la prima volta io. Sei il figlio più speciale, meraviglioso, inimitabile – insieme ai tuoi fratelli – che noi potessimo mai avere. E non ti cambieremmo mai per niente al mondo. Tu e Bella fate sempre quella specie di segno, la croce sul cuore, per fare patti e così via. Adesso voglio che tutti insieme ne facciamo uno nostro.” Tutti fissammo interessati nostra madre.
“ Toccatevi la punta del naso e premete!” Disse, e tutti eseguimmo, insieme a lei. “ Toccandoci il naso noi abbiamo promesso che ogni qual volta che abbiamo bisogno di qualsiasi tipo di aiuto, di conforto, di consiglio… Ci riuniremo, ci sorreggeremo. Perché siamo o no un Ohana?” Domandò retorica mia madre, e in risposta, tutti noi ci toccammo il naso, sorridendo.

Tutto all'improvviso diventò scuro, facendo scomparire quell'attimo così perfetto.

Otto anni dopo.

“ Edward… Edward sono io, apri!”
“ No. Non voglio vederti. Vattene, Isabella!” Sorpreso, fissai ancora un altro piccolo me, un po’ più grande del precedente. Avevo nove anni e cadendo dalla bici, per colpa di un enorme tronco, avevo una gamba rotta e il viso coperto di graffi e taglietti non gravi.
“ Ma cosa ho fatto, Edward? Perché non posso entrare?” Alice ed io guardammo verso la porta, dove dietro, una bambina minuta e bellissima, con due treccine e una salopette sporca di fango, era di sicuro in lacrime, mentre parlava al me del passato.
“ Perché no, Isabella!” In quel momento, ricordavo, lacrime di rabbia e gelosia premevano per uscire, riuscendoci.
“ NON CHIAMARMI ISABELLA, EDWARD ANTHONY CULLEN! SMETTILA E APRI QUESTA CAVOLO DI PORTA!”
“ Ha polmoni, la ragazza.” Sussurrò Alice, sorridendo, guardando poi il piccolo me, con gli occhi sbarrati dalla paura. Isabella non aveva mai alzato la voce in quel modo, soprattutto con me.
Sentii mia madre rassicurare Isabella, aprire la porta e fissarmi truce, seguita da una Alice ancora più infuriata. “ Dopo faremo i conti, noi due, capito signorino? Sii educato.” Minacciò, per poi andarsene.
“ Sii educato, stupido cretino deficiente idiota!” Ripeté – con annessi gli insulti – mia sorella, sparendo come mia madre poco prima.
Ero sempre stato – e lo ero ancora – una persona orgogliosa ma anche un po’ vigliacca, perciò il me bambino non riusciva a guardare in faccia quella deliziosa bambina, che, scoordinata e goffa com’era, inciampò nelle mie pantofole e cadde proprio sulla mia gamba rotta.
“ Augh!” Urlai, dolorante.
“ Oddio. ODDIO. Scusa Eddie, scusa, scusa, scusa!” Guardai quella scena con il fiato mozzato, mentre accanto a me il fantasma se la rideva.
Isabella si avvicinò al mio viso, preoccupata, prendendolo tra le due mani.
“ Tutto bene?” Mi chiese, in ansia.
“ No!” Le risposi, singhiozzando e gettandole le braccia al collo, abbracciandola forte.
“ Oh Edward!” Singhiozzò a sua volta, abbracciandomi ancora più forte.
“ Cosa ti ho fatto? Perché non rispondevi al telefono e non volevi farmi entrare? Non sono più la tua migliore amica?” Chiese, in lacrime.
“ Beh, il tuo migliore amico ormai è Jacob Black, quindi che t’importa?” Chiesi, fissando il soffitto.
“ Tu non c’eri all’escursione con me ed Emmett, ed io ero arrabbiato, non riuscivo a concentrarmi. Quel tronco è comparso dal nulla e… e… Tu non c’eri, eri a giocare con Jacob Black a La Push! E io rischiavo la vita!” La rimproverai, severo ed offeso ma forse anche un po' esagerato.
Isabella mi fissava, angosciata.
“ Oh idiota che non sei altro! Non permetterti mai più di dire una cretinata del genere. Non ti sostituirei mai con nessuno. MAI. Tantomeno con Jacob Black, quell’antipatico indiano psicopatico e senza cervello. Ti rendi conto che voleva farmi mangiare la sua torta di fango?! Mi sei mancato tanto, ma Charlie mi ha costretto, sono amici di famiglia… Edward io ti voglio tanto bene, solo tu, solo tu sei il mio migliore amico!” Urlò l’ultima frase, gemendo. “ Amici per sempre. Per sempre. Promettilo. Croce sul cuore!” Dissi, guardandola.
Fece immediatamente, seguita da me, quella stupidissima croce sul cuore, prima di abbracciarmi ancora.
“ E comunque… sei davvero, davvero carino anche con tutti quei graffi sulla guancia!” Disse, abbassando lo sguardo e arrossendo, quasi quanto me.


Sette anni dopo.

“ Edward.”
“ Va’ a quel paese, Bella. Non farmi essere volgare e sparisci.”
“ No.” Disse risoluta, posizionandosi nuovamente davanti a me, bloccandomi con una mano sul petto.
Avrei potuto spostarla facilmente, ma come al solito quelle lacrime grandi come gocce di rugiada mi bloccarono. Io che dovevo proteggerla, la stavo facendo soffrire.
“ Che vuoi ancora?” Le chiesi, freddo.
“ Voglio che mi ascolti, per favore.”
“ Cosa c’è da spiegare, Isabella? Cosa? Tua madre si ripresenta alla tua porta e tu corri da Jacob Black. C’è sempre lui di mezzo quando litighiamo. Questa è la conclusione. Fine. Addio.”
Guardai Alice, che a sua volta fissava assorta la scena. Ricordavo ogni dettaglio, ogni sensazione. Quello era uno dei litigi peggiori che avessimo mai fatto.
Avevamo diciassette anni, ed eravamo nel corridoio della scuola. Seconda ora.
Guardavo il me adolescente camminare svelto, con un espressione addolorata sul viso.
Sapevo di star pensando “ non mi ha fermato, non conto nulla per lei” e che i miei pensieri sarebbero stati fermati da un pugno, che proprio adesso colpiva forte la mia schiena.
Il me diciassettenne si voltò, furioso.
“ MA CHE CAZZO TI SALTA IN QUELLA CAZZO DI TESTA?” Ringhiai.
Lei mi fissò, ancora più incazzata, trascinandomi svelta verso uno degli stanzini dei bidelli.
Alice fece la stessa cosa, svelta. Per lei era come vedere la sua soap opera preferita.
Non ebbi il tempo di aprire bocca, perché la ragazzina – due spanne e mezzo più bassa di me – diede un altro pugno, diretto però verso la spalla.
“ CH-…”
“ Zitto. Stai zitto, Cullen di merda. Dai la colpa a Jacob Black, eh? Tanto ormai la colpa o è mia, o è sua. Trascorro del tempo con lui perché tu sei in giro a divertirti con i tuoi amici della squadra di football e ne fai una tragedia. Vado da lui perché tu sei con qualche puttanella gallina in quello schifo di auto e ne fai una tragedia. Io non ce l’ha faccio più, Edward. Alice ha Jasper, Emmett ha Rosalie, non posso sempre stare sola quanto tu decidi di trascurarmi. Ho diritto anche io ad avere degli amici, se tu mi abbandoni, sai? Perché è quello che è successo venerdì. Mi hai abbandonato per divertirti con la Stanley. Ero sola, Edward, quando tornando a casa c’era mia madre sorridente che pretendeva che tornassi a Jacksonville con lei, sbucando dal nulla dopo quindici anni. Ti ho chiamato, Ed-d-ward, t-t-i ho chiamato. Ma tu non c’eri. Tu eri a scoparti JESSICA STANLEY! Cosa dovevo fare, eh? IL MIO MIGLIORE AMICO NON C’ERA!” Urlò, in preda agli spasmi causati dai forti singhiozzi.
“ Cucciola mia…”
“ Non. Chiamarmi. Cucciola. Io non sono tua, di me non te ne è mai importato niente!” Gemette.
Ormai, né io né l’Edward diciassettenne respiravamo più. E la cosa più sorprendete era che avevo allungato le braccia, per afferrarla e stringerla a me, come un tempo.
“ Non puoi abbracciarla.” Mi avvisò Alice, intenerita.
“ Non volevo farlo.” Le risposi, freddo. Le urla del me adolescente ci fecero concentrare di nuovo sul discorso.
“ Non mi importa di te? NON MI IMPORTA DI TE?” Sbraitai. “ TU SEI LA MIA VITA, BELLA, LA-MIA-VITA!” Sia il fantasma di mia sorella, sia Isabella fissarono il giovane me, sgranando gli occhi.
“ Edward…” Sussurrò Isabella, sorpresa.
“ Lascia perdere, Bella, lascia perdere.” Mormorai, fissando per l’ultima volta quella che era l’amore della mia vita, quella che avevo paura di perdere, quella che mi stava facendo maledire per la mia linguaccia troppo lunga. Ricordavo la stupida convinzione che avevo. Se le avessi confessato ciò che provavo, sarebbe scappata via, da me.
Restammo ancora qualche minuto a fissare Isabella Swan singhiozzare, scossa, finché l’ambientazione non cambiò ancora, portandoci alla mia vecchia casa.

“ Edward, oddio, Edward!” Fissai mia madre, con uno sguardo probabilmente indecifrabile, che a sua volta mi guardava, angosciata.
“ Cosa c’è?” Domandai, scostandomi dalla sua presa.
“ Come cosa c’è? Hai una faccia, tesoro, cosa è successo? Oddio, Bella sta bene, vero? Charlie? Tutto okay?” Smisi di seguirla esattamente quando pronunciò il nome del mio tormento personale, cadendo all’indietro verso in divano. “ EDWARD!” Urlò mia madre, inginocchiandosi accanto alla mia testa.
“ Bella sta male, mamma. Ha appena chiamato Charlie chiedendo perché sua figlia è tornata a casa in lacrime, disperata. Io ho un indizio. Inizia per E e finisce per dward.” Fece acida mia sorella, trucidandomi con il suo sguardo dal suo metro e una briciola.
“ Che hai fatto, stavolta, fratello?” Domandò Emmett, sbucando all’improvviso dalla cucina, con in bocca un biscotto.
“ Mamma…” Gemetti.
“ Edward, tesoro, parlami.” Fece mia madre, preoccupata. “ Mamma…” Ripetei.
“ Emm, chiama tuo padre. Mi sa che è sotto shock.” Sentii, prima di crollare.

“ Hei, figliolo, mi senti?”
“ No.” Mormorai, ancora scioccato dallo schiaffo che avevo ricevuto due secondi prima.
“ O quello o una secchiata d’acqua gelata in faccia. Cosa preferivi?” Chiese mio padre, sorridendo premuroso.
“ Tesoro, tutto bene?” Chiese mia madre, preoccupata.
“ Sì, tutto bene. Le mie solite crisi.” Feci, sbuffando e sedendomi.
“ Ci dici cosa è successo, adesso?” Domandarono.
Guardai in modo eloquente i miei fratelli, che educatamente ci lasciarono soli.
“ Allora, cosa è successo con Bella?” Rassegnato, sputai il rospo.
“ E tu ti arrendi così, figliolo?” Mi rimproverò mio padre.
“ E cosa dovrei fare? Lei ha Jacob pompatissimo Black.” Feci, con una smorfia.
“ Mi sorprende sentirti parlare così, sai Edward? Tu sei sempre stato più maturo di quelli della tua età, e poi ti abbatti per una sciocchezza del genere. So che alla tua età questo può essere un super problema, ma non lo è. E non perché noi siamo adulti e non riusciamo a capirti, semplicemente perché è una cosa naturale. Sapevamo che tu e Bella prima o poi, ecco… Era destino. Non avere paura di dirle ciò che provi, o almeno non rovinare un’amicizia così per una sciocchezza del genere. Bella ha sempre avuto bisogno di te, e mai come in questo momento. Non vuoi dirle niente? Non farlo, ma non abbandonarla. Lei ti vuole un bene dell’anima e sei una delle persone più importanti – se non la più fondamentale – della sua vita. Ed è la stessa cosa per te. Bella è sempre stata fodamentale, un punto di riferimento e di forza, anche se hai sempre avuto noi. E Posso solo immaginare quanto sia difficile stare vicino ad una persona che per te più importante di ciò che lei immagina, ma l’amore è così. L’amore è un viaggio difficile. Lungo questo viaggio dobbiamo attraversare, più spesso di quanto vorremmo, fiumi in piena e pianure aride, cercando di non lasciarci trascinare via arrendendoci alla stanchezza e facendoci vincere da disperazione e rassegnazione. Quindi ora alzati da questo divano e muoviti.” Guardai mia madre, orgoglioso.
“ Corri da lei, ragazzo. Insomma, dopo un discorso del genere vuoi startene qui, buttato su un divano nella tua pianura, nel tuo fiume della disperazione e della rassegnazione?” Un piccolo sorriso increspò le labbra di tutti e tre.
“ Grazie, davvero. Io… Io non saprei come fare, senza di voi. Senza la mia Ohana(*).” Sorrisi.

Quella sera stessa, munito di due biglietti aeri per Jacksonville, mi trovavo nella camera da letto di Isabella Swan, alle tre del mattino, dopo aver sfidato tutte le leggi della gravità – e quelle dell’ispettore Swan – per lei.
E’ per lei che battei il mio orgoglio, mi inginocchiai e le implorai perdono.
E’ per lei che combattei la mia paura di volare, viaggiando per Phoenix.
E’ per lei che sopportai le urla di sua madre contro di me, di lei, le bestemmie e la puzza di birra e di tabacco di quel rudere che lei e quel rozzo di Phil – il suo nuovo marito – spacciavano per casa.
E’ per lei che – con una croce sul cuore – giurai prima di tutto a me stesso e poi insieme a lei – in lacrime – che mai e poi mai l’avrei abbandonata, che l’avrei sorretta a protetta. Per il resto della mia vita.

“ E’ ora?” Domandai, fissando il vuoto.
“ L’ultima tappa, Edward.” Mi promise, accarezzandomi il braccio. Non aveva commentanto l'avvenimento come quello precedente, sapeva che ero troppo scosso. Chissà quando l'avrebbe fatto.
“ L’ultima tappa. Poi capirai.” Ripeté.
“ Capire!” Sbuffai, raggiungendo il letto.
Sentivo una voragine nel petto, un vecchio squarcio che premeva per riaprirsi, farsi sempre più grande.
Sentivo gli occhi punzecchiarmi, senza scrupoli i dolori del passato premevano per ritornare.
Combattei con tutto me stesso per scacciarli via. Se avessi ceduto adesso, non immaginavo cosa avrei fatto dopo l’ultima e fatidica tappa del passato.
“ Si parte…” Sussurrò.


~ • ~

Edward, nei capitoli, parlerà sia come Edward attuale che come Edward del passato. Spero non si crei confusione, ma a me piaceva così.
Inoltre, avevo detto che i capitoli del passato sarebbero stati due o tre, ma penso saranno quattro o anche più. Il prossimo capitolo - per lo meno come me lo figuro nella mia testa bacata -.- - sarà intenso, e più lungo di questo.
Ah, molte di voi avevano capito che anche Alice era morta, nel capitolo come avete letto si spiega tutto. Così sarà per gli altri fantasmi. Don't worry, basta dimezzare la mia famglia di vampirelli preferita.
Ultimo punto riguardante il capitolo: Edward è umano, per chi me l'aveva chiesto.

Come al solito, prima di postare il nuovo capitolo ci metto secoli. Ebbabbeh. Ormai l'avrete capito tutte.
Non ho voglia - e sarò sincera - di rispondere alle recensioni. Sto passando sinceramente delle feste di cacca e mi sa che il capitolo ne ha risentito parecchio. Sapete com'è, gli altri già hanno un bassissimo livello di qualità, ed ero di buon umore. Questo davvero, non riesco ad immaginarmelo.
Mi dispiace solo per voi, che siete così dolci, così pazienti e così gentili, davvero. Spero sia almeno un po' leggibile, se non lo è, non so che fare davvero. Magari un giorno - quando anche il mio stile sarà migliorato -_____-' - la riscreverò... Boh. Mi sa solo che sto parlando troppo, ecco.
Auguro a voi tutte - recensitrici, lettrici e così via - un buon anno, con il cuore. Prometto che risponderò nel prossimo capitolo.
Meg.

Ohana(*): Avete mai visto Lilo e Stich? No? Peggio per voi.
Ohana significa famiglia, e famiglia significa che nessuno viene abbandonato, o dimenticato.

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Capitolo 4
*** Avviso. ***


Sì, so che gli avvisi sono vietati.
Lo cancellerò tra qualche giorno, giusto il tempo per farlo leggere a tutti i "lettori".
Quindi, che dire?
Mi dispiace. Pensavo - e ho detto pensavo - di riuscire a finire questa fanfic entro la fine delle vacanze natalizie, ma il tempo non mi è stato amico neanche nelle vacanze, che tra studio-amici-famiglia-amici-studio è volato letteralmente. Terminerò questa storia, ovvio che lo farò, ma tutto questo accadrà nelle prossime vacanze di natale, perchè adesso - quando mancano ancora una ventina di capitoli che non so in quanto tempo scriverei-posterei - non avrebbe senso, postare e comunque non avrei nemmeno due minuti - sì, l'autrice ha una vita per metà fatta di cacca. Oh yeah -.
Mi sono affezionata a questa storia, perciò croce sul cuore, girls! **
Tanto mancano solo - circa - undici mesi alle prossime vacanze! XD
E poi Shattared mica la dimentico. E nemmeno Bad Day, che rivivrà, prima o poi.
Tanti ultimi infiniti Grazie per le splenide recensioni, per le preferite e le seguite ^^
Bye!
.

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