S.Potter

di millyray
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo uno ***
Capitolo 4: *** Capitolo due ***
Capitolo 5: *** Capitolo tre ***
Capitolo 6: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 7: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 8: *** Capitolo sei ***
Capitolo 9: *** Capitolo sette ***
Capitolo 10: *** Capitolo otto ***
Capitolo 11: *** Capitolo nove ***
Capitolo 12: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 13: *** Capitolo undici ***
Capitolo 14: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 15: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 16: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 17: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 18: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 21: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 22: *** Capitolo venti ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventitre ***
Capitolo 26: *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo 27: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisei ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventisette ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 31: *** Capitolo ventinove ***
Capitolo 32: *** Capitolo trenta ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentuno ***
Capitolo 34: *** Capitolo trentadue ***
Capitolo 35: *** Capitolo trentatre ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentaquattro ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentacinque ***
Capitolo 38: *** Capitolo trentasei ***
Capitolo 39: *** Capitolo trentassette ***
Capitolo 40: *** Capitolo trentotto ***
Capitolo 41: *** Capitolo trentanove ***
Capitolo 42: *** Capitolo quaranta ***
Capitolo 43: *** Capitolo quarantuno ***
Capitolo 44: *** Capitolo quarantadue ***
Capitolo 45: *** Capitolo quarantatrè ***
Capitolo 46: *** Capitolo quarantaquattro ***
Capitolo 47: *** Capitolo quarantacinque ***
Capitolo 48: *** Capitolo quarantasei ***
Capitolo 49: *** Capitolo quarantassette ***
Capitolo 50: *** Capitolo quarantotto ***
Capitolo 51: *** Capitolo quarantanove ***
Capitolo 52: *** Capitolo cinquanta ***
Capitolo 53: *** Capitolo cinquantuno ***
Capitolo 54: *** Capitolo cinquantadue ***
Capitolo 55: *** Capitolo cinquantatre ***
Capitolo 56: *** Capitolo cinquantaquattro ***
Capitolo 57: *** Capitolo cinquantacinque ***
Capitolo 58: *** Capitolo cinquantasei ***
Capitolo 59: *** Capitolo cinquantasette ***
Capitolo 60: *** Capitolo cinquantotto ***
Capitolo 61: *** Capitolo cinquantanove ***
Capitolo 62: *** Capitolo sessanta ***
Capitolo 63: *** Capitolo sessantuno ***
Capitolo 64: *** Capitolo sessantadue ***
Capitolo 65: *** Capitolo sessantatre ***
Capitolo 66: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Introduzione 1

Ciao a tutti!!!!!

Millyray è venuta anche qua a tormentarvi muahahahahah!!!!!

Sicuramente qualcuno di voi è rimasto davanti al PC con la bocca aperta stile Urlo di Munch dallo spavento oppure qualcuno di voi è già corso all’armadio per prepararsi le valige e scappare via da qui il più presto possibile oppure state già affilando le asce….

Ma non vi preoccupate non vi farò del male non sono qui per torturare nessuno, voglio solo pubblicare una nuova fanfiction.

Questa è la prima volta che scrivo una fanfiction di Harry Potter, prima d’ora avevo scritto solo ff su Twilight (The Power of the Love e Stessi Occhi Stesso Sangue che è ancora in fase di completamento) e spero che questa mia creazione vi piaccia anche perché ci ho messo l’anima a scriverla…

Per ora pubblico solo il Prologo e il primo capitolo e se vi piace o non vi piace potete recensire, anzi DOVETE recensire!!!!

Vi pregooooooo… farete felice una persona, sono sempre contenta quando qualcuno commenta le mie storie, sia per dirmi cose belle e brutte o anche quando mi date i consigli che sono sempre ben accetti…

Questa fic è una fic che piace molto anche a me (ma questo non vuol dire che eve per forza piacere anche a voi) e sono sicura che fic del genere non ne avete mai letti.

An sì, un’altra cosa che stavo per dimenticarmi è che è ispirata al film S.Darko che sono andata a vedere al cinema con mio fratello, la mia amica roxy-black (ha scritto anche lei una ff dal titolo Miss Malfoy, se vi interessa) e sua sorella. Se qualcuno di voi ha visto questo film noterà che ci sono alcune somiglianze e alcune scene derivate dal film…

Magari i primi capitoli vi annoieranno un po’ perché forse non capirete molto ma vi assicuro che se andrete avanti vi piacerà (almeno lo spero).

Ci saranno alcuni personaggi nuovi (di cui una è la protagonista) creati da me e solo da me e gli altri ovviamente appartenenti alla Rowling, anzi alla mitica Rowling…

Ora penso di avervi detto tutto e mi dispiace se vi ho annoiati con questa lunga introduzione ma mi piace sempre parlare un po’ della mia storia all’inizio.

Ho messo rating giallo perché ci sono alcune scene un po’ forti (ovviamente non in tutti i capitoli) ma niente di che.

Tutto qui… adesso se vi interessa andare avanti basta che girate pagina  e io, Millyary, vi do il benvenuto nella fanfiction S.Potter.

Kiss a tutti e un grazie in anticipo a chi leggere o recensirà.

Ciao

                                                                                               Millyray

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Capitolo 2
*** Prologo ***


Introduzione 1

(Noi siamo così perfette. Immacolate.)

 “Sai, se decidessi di buttarmi giù da questo ponte, come ho fatto con questo mozzicone di sigaretta, beh, non so dirti di preciso che cosa succederebbe. Mi schianterei al suolo, mi ridurrei in tanti pezzettini e polvere, diventerei un tutt’uno con il suolo e con i sassi. E di me non rimarrebbe niente, solo polvere e ossa, non ci sarebbe nemmeno il ricordo di me, perché ormai non c’è più nessuno che mi possa ricordare. Ormai sono rimasta sola, sola in questo mondo dimenticato da Dio, in questo mondo che ormai è andato a puttane e qualsiasi cosa io faccia, non potrebbe cambiare niente, niente più cambierà. Niente. Io sono niente, nessuno mi conosce, nessuno mi pensa, nessuna piangerà per me. Perché allora io sono qui? Perché il destino non si è preso anche me? È crudele, il mondo è crudele. Quasi invidio mio fratello, che se ne è andato e non deve vedere la sofferenza che c’è qui. In questo mondo di merda”.

“Sbagli. La vita è piena di sorprese, di cose belle, basta guardarsi intorno, non è sempre tutto perduto…”

“No, sei tu che sbagli. Cosa faresti se tutto ciò per cui ha un senso vivere, per cui tu daresti anche la vita, se ne va, lasciandoti da solo, a combattere contro il dolore, la sofferenza, la solitudine. No, è inutile, è inutile continuare a combattere quando si sa che hai perso, è solo una sofferenza inutile, continuare a vivere”.

“Ma c’è sempre qualcosa che si può fare. Basta continuare a sperare…”

“Ho già sperato anche troppo, ormai è morta anche quella. Tutto, qui è morto. L’unica cosa che adesso mi rimane da fare è saltare giù da questo ponte e farla finita, è inutile che io continui a esistere, sarebbe solo uno spreco, una perdita di tempo. La vita mi ha già tolto molto è ora che mi tolga di mezzo anche io. Nessuno mi impedisce di buttarmi giù”.

“Ma non puoi farlo sul serio, non puoi farla finita così. Sei giovane, hai ancora tempo per…”

“Per cosa? Rimediare? E a che cosa?”

“La vita è preziosa. Non puoi sprecarla così…”

“Forse sono troppo codarda per farlo. Non sono coraggiosa come mio fratello. Lui si è sacrificato per qualcun altro, ha fatto la sua scelta, è morto per salvare qualcun altro. Volevo esserci io al posto suo”.

“E allora non pensi che dovresti vivere per lui? Lui non lo vorrebbe…”

“Che ne sai che cosa vorrebbe? Nessuno ormai sa che cosa vorrebbe dato che è morto!”

“Ma tu lo ricordi ancora. Finché lo ricorderai non sarà morto… non è tutto inutile…”

 “La mia vita è già inutile”.

“E’ troppo facile farla finita”.

“No, se sei troppo codardo per farlo. E io lo sono”.

 

 

PICCOLO ANGOLINO PER ME

Eccovi qua il prologo spero vi piaccia e che andrete avanti a leggere… io posterò già il primo capitolo e spero lo leggerete e lo recensirete in tanti… baci…

             

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Capitolo 3
*** Capitolo uno ***


Introduzione 1

Nove anni prima.

 Una ragazza dai lunghi capelli castani e disordinati e gli occhi nocciola se ne stava seduta ad un tavolo del bar e continuava a fissare il suo bicchiere di cocktail, ormai vuoto. Forse ne avrebbe ordinato un altro. Se si ubriacava era meglio, almeno si toglieva quello strazio che c’era nella sua testa e non pensava più a niente perché sarebbe stata talmente sbronza da non riuscire più nemmeno a parlare e non avrebbe dovuto sopportare tutti quei orribili ricordi nella sua testa e il mondo di merda nel quale viveva sarebbe diventato soltanto qualcosa di incorporeo su cui si stava solo per dovere.

La gente intorno a lei parlava, rideva e scherzava ignara di tutto, di tutto quello che li circondava. Quella gente si fermava solo alle apparenze, cosa ne sapevano loro della sofferenza che c’era in giro, di com’era in realtà il mondo, di quello che la gente in realtà provava

Un’altra ragazza, seduta quattro tavoli più avanti, guardava la mora con una nota di curiosità nello sguardo. Sembrava così triste, assorta nei suoi pensieri, qualcosa la faceva stare male terribilmente.

All’improvviso la mora vide una ragazza dai capelli biondi e ricci con gli occhi verdi sedersi di fronte a lei, al suo tavolo e sorriderle come per dire: Io ti capisco. Ma nessuno la capiva, nessuno la poteva capire.

 (Non sono una che programma la propria vita basandosi su criteri prestabiliti.

Anzi, se fosse per me non la programmerei neanche, ma

farei ciò che ho voglia di fare seguendo il mio cuore)

 “Ciao!” la salutò questa. Non ottenne risposta.

“Io sono Alexis McCanzie. E tu?” chiese la bionda alla ragazza mora che era ritornata a fissare il suo bicchiere vuoto.

“Sam”. Rispose la mora continuando a fissare il suo bicchiere, con fare annoiato.

“Sam… e?” chiese Alexis; non le bastava solo un nome, tra l’altro forse anche un diminutivo.

“Sam e basta”. Rispose la mora guardando ancora in basso, mentre l’altra la guardava dalla testa ai piedi volendo capire che cosa la turbava, perché sembrava così giù di morale. Non sembrava ubriaca, anche perché non vedeva latri bicchieri vuoti.

Sam, intanto cominciava a chiedersi cosa volesse quella ragazza da lei, perché era venuta al suo tavolo; se voleva soldi o un posto dove dormire sbagliava persona, perché lei aveva tutto tranne quello, anzi ormai non aveva più niente. Ma non sembrava una poveraccia di strada perché a prima vista aveva un bell’aspetto, non trascurato o sciupato.

“D’accordo, Sam. Allora, tu puoi chiamarmi Alex”. Le disse la bionda e non ottenendo risposta, continuò un po’ titubante. “Sei qui solo di passaggio?”

Adesso la ragazza mora con gli occhi nocciola alzò la testa di scatto e assunse un’espressione che parve frustrata e scocciata.

“Che te ne importa?” le chiese quasi urlando. Cosa voleva da lei quella sconosciuta, perché le chiedeva se era solo di passaggio, cosa le importava a lei? Che si facesse i cazzi suoi.

“Scusa se te lo chiedo, ma è la prima volta che ti vedo da queste parti e devo dire che qui conosco quasi tutti, quindi… se tu sei nuova…” cercò di scusarsi Alex un po’ spaventata da quella reazione brusca. Adesso che però al guardava meglio e che aveva alzato lo sguardo le parve molto bella: poteva avere si e no vent’anni, aveva un bellissimo viso ondulato, abbronzato, chiazzato da qualche lentiggine, un naso a patatina, le labbra sinuose e rosee e dei grandi occhi da cerbiatto nocciola con delle bellissime ciglia lunghe. Il volto, poi era incorniciato da una grande chioma di lunghi capelli marroni scuro che le scendevano fino al sedere quasi, scalati e spettinati che le davano un’aria da selvaggia. Sembrava uscita da uno di quei film in cui c’è sempre una bella ragazza che va via di casa per sfuggire a qualcosa di terribile, qualcosa che non poteva sopportare e si ritrova a vagabondare in giro per il mondo per dimenticare.

In sé era molto bella e graziosa ma aveva qualcosa nello sguardo, negli occhi che si vedeva che soffriva, che qualcosa nella sua vita non andava bene; forse era appena stata mollata dal suo ragazzo o aveva litigato con qualcuno, pensò Alex.

Poi osservò il suo abbigliamento: aveva un paio di jeans molto corti che lasciavano intravedere delle gambe lunghe e abbronzate con i piedi calzati in un paio di scarpe da ginnastica consumate e sporche. Al collo aveva un cordoncino nero su cui probabilmente era legato un ciondolo nascosto dal top che le metteva in risalto il seno prosperoso e le lasciava la pancia dritta scoperta. Le sue mani stavano giocherellano con un fazzolettino accartocciato sul tavolo. Aveva entrambe le braccia abbronzate, quasi fosse stata in spiaggia a prendere il sole, ma non c’era da stupirsi, visto che quella era una città molto soleggiata e non pioveva quasi mai. Notò anche che aveva anche un grande tatuaggio sul braccio destro che recava la scritta: “Grifo, we are the best” e un piercing sul sopraciglio sinistro.

Anche Sam stava fissando la ragazza bionda seduta davanti a lei: aveva un’aria simpatica con quei ricci biondi che le incorniciavano un grazioso viso a forma di cuore, un po’ pallido, ma dolce. Gli occhi verdi che suscitavano sicurezza e tranquillità, ma allo stesso tempo sembravano spaventati. I capelli le arrivavano alle spalle e aveva un ciuffo di finti capelli rosa in mezzo e un piercing al naso. Non sembrava molto alta, anzi forse non era neanche maggiorenne. Indossava una minigonna bianca e una magliettina rosa molto aderente con scritto: “Sex, drag and Alcool”. Con quel abbigliamento forse voleva darsi un’aria da grande ma era ancora solo una bambina.

“Comunque sì, sono di passaggio”. Proruppe all’improvviso Sam per togliersi da quel silenzio imbarazzante che si era creato al loro tavolo. Se non avesse visto le sue labbra muoversi, Alex avrebbe giurato che fosse stato qualcun altro a parlare e non quella ragazza così silenziosa e sofferente.

“E hai intenzione di andare via presto?” le chiese Alex ancora un po’ incerta; non voleva provocare un altro scoppio d’ira come quello di prima.

“No!” fu la risposta secca della mora.

“E allora dove hai intenzione di andare?” le chiese ancora la bionda.

“Non lo so. Ovunque mi porti il destino, penso”. Rispose Sam un po’ spazientita da quelle domande. Non le piaceva tanto che gli altri si facessero gli affari suoi, ma non voleva nemmeno sembrare antipatica a quella ragazza. Lei di solito era gentile con tutti, ma solo se gli altri erano gentili con lei. E la biondina non le aveva fatto niente, ancora. Però tutte quelle domande le sembravano comunque strane.

“Bello. Mi piace, sai. Seguire il destino. Non sono una che programma la propria vita basandosi su criteri già prestabiliti, anzi se fosse per me non la programmerei neanche, ma farei ciò che ho voglia di fare, seguendo solo il mio cuore”.

Già, magari fosse così facile, pensò Sam guardando la ragazza seduta di fronte a lei con un cipiglio curioso. Certo che quella Alex era proprio curiosa, cosa ne sapeva lei della vita, avrà a malapena diciotto anni.

“Sembra che tu ne sappia parecchio”. Commentò Sam appoggiando un gomito sul tavolo e sorreggendosi la testa con la mano come se fosse molto pesante e non riuscisse a tenerla.

“Non so se so parecchio, ma so quello che mi basta sapere e sinceramente il resto non m’interessa. Non si può sapere proprio tutto, anzi forse noi non sappiamo niente ma crediamo di sapere molto. Il fatto è che non sappiamo niente della vita”.

Parole sagge! Chi crede di sapere tutto della vita, allora non sa un bel niente ed è proprio uno sciocco. La stessa Sam non ne sapeva poi così molto, anche se le erano capitate le cose più brutte che potevano capitare nella vita.

“Posso venire con te?” le chiese Alex, con sguardo neutro quasi le avesse chiesto qual’era il suo colore preferito.

Sam inarcò le sopracciglia e questa volta la fissò negli occhi. Alex se ne stava in silenzio attendendo una risposta.

“Quanti anni hai?” si decise poi a parlare Sam, ma questa domanda Alex di certo non se la aspettava. Che cosa importava quanti anni aveva?

“Diciannove”. Rispose comunque, ancora seria.

Sam per tutta risposta, girò la testa dall’altra parte inchiodando lo sguardo su un calendario che si trovava sulla parete dove stava il bancone del locale e dove un paio di persone erano sedute intente a leggere o a parlare con la cameriera del bar e diede uno sguardo torvo alla ragazzina bionda come per dire: “Ma a chi la vai a raccontare”.

Alex, notando quello sguardo e intuendo che non le aveva creduto, rispose un po’ offesa: “Sembro giovane, ma in realtà non lo sono. Ho diciannove anni. Ma questo ha importanza?”

Sam tornò a fissarla e questa volta accennò un debole sorrisetto: “Non lo so. Comunque io ne ho venti”. Le disse annoiata. Certo che quella aveva una faccia tosta a chiederle di venire con lei, manco la conosceva.

“E dimmi un po’, perché vuoi andare via da qui?” le chiese poi Sam guardandola con malizia e inclinando leggermente la testa.

Alex esitò un attimo ma poi si decise a rispondere: “Ci deve per forza essere un motivo per cui s fa qualcosa?”

“C’è sempre un motivo per cui facciamo qualcosa”. Le rispose la mora come se conoscesse lo scopo della vita e di tutte le cose che accadono.

“E a te importa?” le chiese Alex. Evidentemente non aveva voglia di raccontarle gli affari suoi o forse non voleva, ma se era per questo non lo voleva neanche Sam.

“Sì, se ti devo portare con me”. Le rispose con cipiglio critico.

“Questo vuol dire che mi porti con me?” chiese la bionda speranzosa e spalancando i chiari occhi verdi.

“Solo se paghi tu il conto”.

E dicendo questo Sam si alzò dal tavolo e si diresse svelta verso l’uscita del locale lasciando la povera Alex al tavolo attonita e curiosa. Sembrava essersi accorta solo cinque secondi dopo che la mora se n’era andata.

 (Tu da che cosa stai scappando?

Dal futuro. E tu?

Dal passato)

 Alex pagò il conto e uscì anche lei da locale portandosi appresso una grossa borsa  e

trovando Sam che se ne stava appoggiata ad una macchina decappottabile di uno strano colore verde acqua un po’ scrostata e sporca di fango.

La ragazza stava fumando una sigaretta con fare annoiato, inspirando il fumo e buttandolo fuori con sbuffi e sospiri e stava scrutando le nuvole soffici e candide del cielo che si muovevano dolcemente in quell’immenso azzurro infinito che sembrava così bello, ma chi sa cosa nascondeva in realtà.

Abbassò lo sguardo e vide arrivare verso di lei la biondina con passo deciso, ma appena le fu a un metro di distanza rallentò e la raggiunse un po’ titubante. Si appoggiò anche lei alla macchina scrutando la mora che fumava la sigarette completamente indifferente a quello che le stava accadendo intorno. Addirittura Alex pensò che non si fosse neanche accorta della sua presenza, finché questa non buttò via la sigarette e fece il giro dell’auto dalla parte del guidatore.

“Forza Sali!” la incoraggiò Sam aprendo l’auto.

“Andiamo… con questa?” le chiese Alex un po’ timorosa. Poteva anche sembrare dolce ma c’era qualcosa nel suo sguardo che metteva paura e poi non voleva dire qualcosa che l’avrebbe turbata.

“Beh che credevi? Che saremmo andati con una ferrari?” le rispose Sam mettendosi al volante. Anche Alex fece lo stesso, sedendosi dalla parte del passeggero, senza dire niente.

Ledue ragazze partirono per le strade deserte di quella piccola cittadina di San Francesco. Nessuna delle due aveva ancora spiccicato parola da quando erano partite.

“Tu da che cosa stai scappando?” chiese Sam alla ragazza seduta di fianco a lei, interrompendo quel silenzio.

“Perché mi fai questa domanda?” chiese a sua volta Alex stupita da quella strana domanda.

“Beh, quando uno parte così, vuol dire che sta scappando da qualcosa”. Le spiegò semplicemente la mora.

“E chi ti dice che io stia scappando da qualcosa?” la bionda continuava a fare la misteriosa.

“E allora che cosa ti avrebbe spinto a chiedere a una perfetta sconosciuta di partire con lei per un viaggio senza neanche una meta precisa”.

Alex rimase un attimo in silenzio ammirandosi le mani che stringeva in grembo.

“Dal futuro”. Rispose alla fine. Pensava di trovarsi la voce spezzata, roca, bassa e invece fu decisa, forte e chiara. Si stupì anche che Sam non le disse niente, nessun commento, niente di niente. Continuava ad avere lo sguardo fisso sulla strada, le mani che stringevano il volante. Ed Alex pensò che anche lei avesse qualcosa da nascondere, qualcosa che la faceva stare male e che non voleva raccontare a nessuno, qualcosa di difficile da dimenticare.

“E tu da che cosa stai scappando?” chiese la biondina a sua volta.

“Dal passato!” rispose semplicemente Sam, senza esitare, senza fare neanche una piega continuando a guardare avanti. Forse lì si sarebbe conclusa la loro conversazione, forse non avrebbe scoperto niente di più riguardo a questa Sam. Forse. Era tutto un “forse” come la vita del resto.

 

 

ANGOLINO AUTRICE

Allora vi è piaciuto?? Spero di sì e se vi ho messo qualche dubbio non vi preoccupate tutto ha suo tempo… allora chi sono secondo voi queste due ragazze?? Se avete già qualche ipotesi non esitate a scrivermi e commentare… sono ben accetti consigli e critiche… ciao…



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Capitolo 4
*** Capitolo due ***


Capitolo due

(E cosa ti ha fatto di così male il futuro?
Esiste.)

 Arrivarono in un piccolo albergo che si trovava ai margini della strada e che serviva ad offrire un alloggio per gli autisti che si fermavano a riposare un notte.

Non era niente di che, aveva almeno una decina di stanze e puzzava di muffa.

Le ragazze pensarono di fermarsi lì per una notte, visto che ormai stava calando il buio e domani sarebbero ripartite.

Presero le loro borse ed entrarono nell’alberghetto nel cui ingresso si presentava soltanto un piccolo bancone di legno improvvisato con un campanellino d’ottone sopra.

Le ragazze si guardarono intorno, ma non videro nessuno e non sapevano che fare.

Allora Alex suonò il campanellino d’ottone posato sopra il bancone e come un fulmine a ciel sereno, sbucò da sotto il tavolo un ragazzino di forse diciassette anni con delle grandi orecchie a sventola e i due denti davanti sporgenti. Aveva dei strani capelli a spazzola rossi e sorrideva amichevole alle due ragazze che lo guardavano cercando di trattenere le risate; se gli mettevano un naso rosso poteva benissimo fare il pagliaccio.

“Buonasera bellezze! Desiderate qualcosa?” chiese lui gentilmente.

“Sì, una stanza, grazie!” rispose Sam che riusciva a stento trattenere le risate.

“Per quanto tempo?” chiese ancora lui senza accorgersi di niente.

“Una notte!” rispose ancora Sam perché se Alex apriva bocca gli avrebbe riso in faccia.

“Bene. Tenete le chiavi!” disse lui, porgendo alla mora un mazzo di chiavi con scritto il numero 12 sul portachiavi e le due ragazze salirono le scale che cigolavano sotto i loro piedi.

Cominciarono a cercare la stanza numero 12 e appena la trovarono aprirono la porta con le chiavi ed entrarono dentro. La stanza si presentava molto piccola e buia, puzzava di muffa e aveva soltanto un piccolo armadio impolverato e due piccoli letti striminziti e stretti con delle coperte più ruvide del pavimento.

Le ragazze mollarono le borse per terra e cominciarono a guardarsi intorno; beh, una notte ci potevano anche stare.

Sam corse subito alla finestra ad aprire un po’ per far entrare un po’ d’aria e allontanare quell’orribile puzzo di muffa, mentre Alex accese la lampada che stava sul comodino a fianco di uno dei letti.

Poi si sedettero, ciascuna su un letto e si guardarono non sapendo che dire. Poi Alex chiese: “Ti va un panino?” ed estrasse dalla sua borsa un sacchetto di plasticai n cui c’erano dei tramezzini tagliati a triangolo. Uno lo prese lei, mentre l’altro lo offrì alla mora che cominciò a mangiare lentamente quasi fosse costretta a farlo.

“Allora, tu sei una vagabonda?” chiese la bionda dopo un paio di minuti di silenzio.

“Preferisco definirmi cittadina del mondo”. Rispose la mora.

“Oh, giusto. E da quanto è che viaggi?”

“Due anni più o meno”.

“E quanto tempo stai in un posto?”

“Dipende dal posto o dalla gente che c’è. A volte per qualche settimana, a volte per qualche mese. Ma mai per più di un anno”.

“E come fai a… mantenerti?” Alex esitò un attimo prima di fare una domanda.

“Ho parecchi soldi, ma se decido di stare in un posto per qualche mese, allora mi trovo un lavoretto”.

Alex non fece altre domande e Sam non aggiunse altro, così rimasero in silenzio. La bionda pensò che ci doveva essere qualche scheletro nell’armadio dietro a quel faccino dolce e innocente. E l’avrebbe scoperto, prima o poi, sì l’avrebbe scoperto. Non tanto perché fosse curiosa di sapere i fatti altrui ma perché sapeva che lei e quella ragazza avevano qualcosa in comune. Scappavano tutte e due da qualcosa, qualcosa che le faceva star male, ma forse il motivo di Sam era più grave e duro del suo, visto dalla sua espressione e da quegli occhi perennemente malinconici.

“Da cosa scappi?” chiese Sam ad Alex.

“Te l’ho detto dal futuro”.

Sam mandò giù anche l’ultimo pezzo del tramezzino e poi continuò.

“E cosa ti ha fatto di così male il futuro?”

“Esiste!”

A quella risposta la mora fece un sorriso, che parve più un ghigno o una smorfia.

“Che risposta!” fu il suo commento. “Vorresti che il futuro non esistesse?”

“Beh, potrebbe almeno non essere così complicato”.

Ci furono un altro paio di minuti di silenzio, interrotti solo dal vento che strusciava tra gli alberi e il gracchiare di qualche gufo.

Poi Sam disse: “E’ tutto complicato, anche le cose più semplici.”

“A volte la soluzione migliore è scappare”. Concluse Alex anche lei mandando giù l’ultimo boccone del suo tramezzino.

“E i tuoi genitori?” le chiese Sam guardando fuori dalla finestra e notando che stava spuntando la luna piena.

La bionda emise un forte sospiro e poi rispose: “Sono loro appunto il problema. Mio padre vuole farmi fare qualcosa che io non voglio e mia madre fa tutto quello che lui dice o le chiede. È come se lui fosse il suo padrone, le da gli ordini e quel che è peggio lei gli obbedisce senza opporre resistenza anche se non è d’accordo”.

Sam si girò dall’altra parte ma sempre vicino alla finestra.

“E cosa vorrebbe farti fare tuo padre?” chiese.

“Ho appena finito il liceo e lui vorrebbe che lavorassi nella sua azienda del cazzo, ma io gli ho detto che non voglio, che mi fa schifo. E lei allora mi ha costretta, ha detto che se non facevo come lui mi diceva allora mi cacciava via di casa. E io gli ho detto che se le cose stavano così, allora sarei stata io ad andarmene. E infatti, eccomi qui!”

Alex si era confidata con quella ragazza che conosceva da solo un paio d’ore e non sapeva neanche il motivo preciso per cui l’aveva fatto. Forse perché confidandosi lei l’avrebbe fatto anche Sam o forse perché aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Adesso però aveva paura di venire giudicata male, perché all’improvviso, così come lo aveva raccontato, il motivo della sua fuga le sembrava stupido e banale e pensava che Sam le avrebbe dato della sciocca.

E invece lei se ne stava lì alla finestra a fissare un punto impreciso del pavimento, impassibile, senza dire una parola, tanto che Alex si chiese se avesse sentito qualcosa di quello che le aveva detto.

“E tu cosa vorresti fare?” chiese ad un tratto la mora fissando ancora quel punto impreciso del pavimento come incantata.

Ad Alex ci vollero un paio di secondi per afferrare la domanda e rendersi conto che stava parlando con lei.

“Non lo so. Mi piace viaggiare. E ballare. Sì, mi piacerebbe fare la ballerina”. Rispose lei e un’altra volta si sentì stupida e sciocca.

E un’altra volta Sam non le disse niente e la cosa cominciava a darle sui nervi.

“E pensi che la cosa migliore sia scappare?”

Ecco, si aspettava un commento del genere, però nella sua voce non c’era affatto critica o meraviglia. Piuttosto sembrava normale, come se le avesse fatto una semplice domanda.

“Beh, qualche volta è più semplice scappare dalle difficoltà”. Rispose Alex abbassando lo sguardo. Sapeva anche lei che scappare era da vigliacchi.

“Ovvio!” commentò infine Sam finalmente tirando su lo sguardo.

 in questo caso erano tutte e due vigliacche.

“E tu perché scappi?” chiese la ragazza dagli occhi verdi guardando la mora che però non stava ricambiando lo sguardo, ma guardava tutta da un’altra parte.

Sam sembrava non volesse rispondere; teneva lo sguardo basso e la bocca chiusa. Alex sapeva che non sarebbe stato facile cavarle qualcosa di bocca, ma se volevano intraprendere quel viaggio insieme dovevano pur confidarsi qualcosa. Lei lo aveva fatto, ma forse perché lei era più forte da sopportare tutto quello che la vita di terribile le riservava o forse perché le cose che tormentavano Sam erano molto più terribili.

“E cosi sei scappata di casa”. Sbottò all’improvviso ignorando la domanda che le aveva fatto Alex.

“Sì, non sopportavo più di stare in quella topaia!” rispose la ragazza guardando un po’ storto Sam che non accennava a spostarsi dalla finestra.

“Ma perché non rispondi alla mia domanda?” le chiese infine Alex un po’ scocciata da quella poca fiducia. “Dovresti sfogarti. Qualsiasi cosa ti turba dovresti parlarne con qualcuno…”

Sam finalmente si spostò dalla finestra e fissò lo sguardo dritto negli occhi della bionda.

“E tu credi che io venga a raccontare i cazzi miei proprio a te, che neanche ti conosco?” sbottò all’improvviso aggressiva.

“Beh, potremmo conoscerci!” esclamò Alex cautamente.

“Chi ha detto che io voglio conoscerti e che voglio venire a parlare con te di quello che mi turba!”

“Beh io lo fatto!”

Sam fece un paio di secondi di silenzio, come in cerca delle parole giuste e poi disse, stavolta più calma.

“Non ho intenzione di portarti con me per tutto il viaggio! E non ti racconterò niente della mia cazzo di vita. E adesso, non parliamone più”.

E dicendo questo di sdraiò sul letto facendo finta di voler dormire. Alex rimase con un palmo al naso e decise di non insistere di più, almeno per quella notte. Però si sarebbe fatta confidare, magari avrebbe dovuto insistere un po’, ma alla fine Sam avrebbe ceduto. Perché se c’era una cosa che Alexis McCanzie non faceva mai, era rinunciare.

E questa volta non avrebbe rinunciato.

 

 

ANGOLO SCRITTRICE TRISTE

Ciao…

Ecco qui finito anche il cap. due però non sono mica felice… e sapete perché?? Perché nessuno ha recensito!!!!!! Neanche l’ombra di una recensione!!!!!! (ovviamente a parte quella della mia amica Roxy che recensisce solo perché e mia amica e perché la costringo io). Non capisco perché nessuno metta una recensione… capisco che magari la mia ff non è la migliore del mondo, ma non fa nemmeno così schifo. (almeno spero).

Potete scrivere qualsiasi cosa anche solo “ciao continua” oppure “fai schifo”, basta che non legga sempre zero recensioni che mi fa veramente star male…

Non è che vi cascano le braccia se scrivete…

E mi dispiace se i primi capitoli magari sono un po’ noiosetti o sembra che non centri niente con HP ma vi assicuro che non sono malata mentale e che so che cosa sto scrivendo… basta solo che voi mettiate  tante recensioni e così io posso andare avanti più velocemente…

Insomma cosa posso fare per convincervi?? Supplicarvi??

(Millyray si mette in ginocchi e congiunge le mani) vi prego, vi prego, vi prego!!!!!!!

Vabbè adesso non vi rompo più, me ne vado così non mi avete più fra i piedi comunque volevo solo ringraziare chi ha messo qst ff tra i preferiti e tra le seguite e anche chi ha solo letto e volevo anche rispondere alla recensione di Roxy…

Kiss e ciao… vostra Millyray (depressa).

 roxy_black: ah, amica mia cosa farei senza di te?? Mi sarei buttata sotto un treno… le tue parole mi hanno veramente confortata… e spero tanto ankio ke qualcuno recensisca in futuro le mie storie, soprattutto questo che ci ho messo animo a scriverla… sn contenta ke ti piaccia il personaggio di sam perkè sarà lei più che altro la protagonista, ma poi si scoprirà ke in realtà il suo carattere nn è così, anzi, questa è solo una corrazza ke si è costruita per… vedrai, vedrai… spero comunque ke ti sia piaciuto anke questo, in cui si scopre qualcosa di più su Alex… su sam… si vedrà più avanti… baci…

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Capitolo 5
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre

                                                         Due anni dopo…

 Camminava…

Camminava sulla strada deserta, stava sorgendo l’alba e il sole ormai riusciva a intravedersi dietro all’orizzonte. I suoi raggi non illuminavano ancora tutta la strada e non riscaldavano ancora molto ma presto l’avrebbero fatto perché se c’era una cosa che in quella città non mancava mai erano i raggi di sole che a volte facevano così tanto caldo da costringerti a rimanere in casa.

Ma in fondo la gente di quel posto non era una che andava sempre di fretta o era occupata a guardare l’orologio per non arrivare tardi al lavoro.

Sam camminava barcollando lungo la strada senza sapere di preciso dove andava, né cosa faceva. Aveva addosso soltanto un vestitino azzurro ed era a piedi scalzi. Il vento le scompigliava i lunghi capelli scuri e teneva gli occhi leggermente socchiusi chini sulla strada. In mano reggeva una bottiglia di whisky ormai completamente vuota.

Forse sarebbe stramazzata lì al suolo come un sacco di patate, in mezzo alla strada e chi la trovava magari avrebbe pensato che fosse morta.

Però riuscì a raggiungere l’auto e stramazzò dentro sul sedile posteriore della cabriolet. Si chiese pure lei come era riuscita ad arrivarci, pensava che sarebbe crollata molto prima.

“Nottataccia?” chiese Alex all’amica stramazzata nell’auto.

Per tutta risposta, Sam emise un grugnito e si addormentò a pancia in su.

Sì, quella era stata proprio una di quelle notti in cui dire nottataccia era dire poco. Quella era stata una di quelle notti in cui andava nel primo negozio o nel primo locale che trovava aperto e beveva tutto ciò che di alcolico c’era finché non si ubriacava talmente tanto da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi. Beveva per dimenticarsi tutto ciò che di terribile c’era nella sua vita, per dimenticarsi i sogni che le risvegliavano certi ricordi che avrebbe preferito non ricordare che avrebbe preferito cancellare. E qual’era la soluzione migliore se non ubriacarsi fino allo sfinimento? E quando lo faceva tutto intorno a lei diventava nebuloso e poco chiaro, il mondo diventava una fitta nebbia in cui non si vedeva niente e la sua mente era talmente annebbiata da non riuscire a formare una frase di senso compiuto, ma solo sbuffi e grugniti.

Sentì solo la macchina partire e poi tutto il suo corpo fu inghiottito da un senso di vuoto e nulla.

Ad un tratto, non sapeva quanto tempo era passato, ma le ci volle pure qualche minuto per realizzare che si trovava in macchina, si svegliò e ordinò alla sua amica di fermare l’auto e quando questa lo fece uscì di fretta e si sporse ai margini della strada per vomitare tutto ciò che aveva bevuto e forse mangiato, ma era da ieri sera che non mangiava.

Alex la stava aspettando in macchina ancora al volante e quando finalmente Sam finì di vomitare anima e corpo tornò a sedersi in macchina senza dire una parola e, sempre senza dire una parola, partirono di nuovo. Una cosa negativa della sbronza era che dopo vomitavi tutto ciò che c’era nel tuo corpo.

Sam appoggiò la testa al sedile e mise una mano sulla portiera della macchina, poi chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente.

Per fortuna che c’era la sua amica Alex accanto a lei che l’aiutava nel momento del bisogno e la ascoltava quando si voleva sfogare.

Già, amica. Anche lei si stupì di pensare ad Alex come alla sua amica. Non perché avesse un anno meno di lei, ma perché fino a qualche tempo fa era solo una sconosciuta, una ragazzina in cerca di guai e adesso era diventata la sua migliore amica, senza di cui non avrebbe potuto fare niente.

È vero, erano passati solo due anni da quando si erano conosciute, ma bastano per fare conoscenza e prendere confidenza.

Sam si era confidata con lei, le aveva raccontato tutto ciò che la turbava e Alex aveva saputo ascoltarla. Era la prima volta che raccontava tutto questo a una persona, tutto ciò che la vita le aveva tolto in passato ed era la prima volta che lo raccontava così, ad alta voce, a qualcuno. E ricordare le aveva fatto un po’ male, le erano venute le lacrime agli occhi, ma cercava di ricacciarle indietro subito, perché non avrebbe mica pianto, non si sarebbe messa a frignare come una bambina piccola. In tutta la sua vita avrà pianto si e no tre o quattro volte e di sicuro non si sarebbe rimessa a piangere di nuovo. Però allo stesso tempo le aveva fatto anche bene parlarne con qualcuno, perché adesso c’era una persona che condivideva con lei tutto quello e sapere che c’era qualcuno accanto a lei che la capiva e la confortava, le metteva sicurezza e sollievo.

Anche Alex aveva fatto lo stesso, pure lei si era confidata con Sam, ma i suoi problemi non erano minimamente grandi come quelli della mora, ma lei la capiva lo stesso. Ognuno aveva i suoi problemi, chi più grandi chi più piccoli e a volte la gente a bisogno di staccare, di scappare e di trovare qualcuno con cui condividere le proprie pene.

Ed è così che loro due si erano incontrate, si erano conosciute ed erano diventate amiche. Il destino aveva pensato di unire le loro strade, magri per alleviare le loro sofferenze o per fare un regalo visto che la loro vita finora non era mai stata una delle migliori.

                                                                    (Ma la vita era strana.
                                                    Faceva del male a certe persone 
                                                                  senza un motivo preciso.
                                                                                 Solo per gusto)

 Guidavano sulla strada deserta, ormai il sole era già alto nel cielo e il vento scompigliava loro i capelli dolcemente, come se volesse dare sollievo.

Adesso Sam guardava fuori, ai lati della strada in cui si estendeva l’erba giallognola e secca e alcuni alberi con le foglie ingiallite dal caldo. Sembrava tutto così triste, tutto morto come ogni cosa su questo mondo, per lei era tutto morto anche lei era morta. O meglio, camminava, mangiava, respirava e parlava come una qualsiasi persona viva, ma dentro si sentiva morta. La sua vita era morta.

Che senso aveva tutto questo? Che senso aveva continuare a vivere se dentro ti sentivi morto?

Alex mise nella radio della macchina un cd di Vasco Rossi. A tutte due piaceva Vasco Rossi, in fondo facevano una vita come quella del cantante italiano e sapevano che cosa significavano le sue canzoni: Voglio una vita spericolata, voglio una vita come quella dei film, voglio una vita come Steve McQueen. E sapevano il significato di: Senza Parole… e va bene così, Senza Parole.

Ma ad un certo punto Sam decise di spegnere la radio, non voleva più ascoltare Vasco, non voleva sentire quella Canzone.

Alex la guardò curiosa ma non disse niente: aveva capito con quella ragazza era meglio non spingersi in certi punti. Pensò che la vita le aveva fatto tanto male, tanto da odiare persino una canzone di Vasco Rossi. Non se lo meritava. Ma la vita era strana. Faceva del male a certe persone senza un motivo preciso. Solo per gusto.

Stavano ancora tutte e due in silenzio. Nessuna aveva il coraggio di parlare, o forse non avevano niente da dirsi. Quel silenzio bastava per far capire in che stato d’animo si trovavano.

Sam prese il pacchetto di sigarette e se ne accese una. Tirò un paio di boccate e poi spostò la sigaretta verso la portiera perché il fumo andasse dall’altra parte. Aveva bisogno di fumare perché le era salito il nervoso, sentendo quella Canzone di Vasco. Aveva acceso in lei certi ricordi che non voleva ricordare.

Alex la guardava tristemente. Aveva degli occhi così belli, da cerbiatta, ma erano così sofferenti… un cerbiatto sofferente…

  

 ANGOLO SCRITTRICE FELICE X LE VACA DI NATALE…

Ciaoooooooo!!!!!!!! Eccomiiiiiiiii!!!!!!!!!!

Millyray è sempre qui!!!!!!!

Siete contenti che abbia già postato un altro capitolo??

Io però non sono contenta… sapete perché?? Perché mi da fastidio e mi rende un po’ gelosa che certe ff ricevono anche una decina di commenti mentre io ne ricevo al massimo due… come è possibile?? C’è qualcosa che non va in me??

Lo so che ormai vi avrò rotto con questa storia, ma non so più come convincervi… che devo fare, buttarmi giù da un ponte?? Ci tengo veramente che lasciate dei commenti anche per dirmi che non vi piace o per darmi consigli perché in questa fanfic. mi sono impegnata veramente tanto (anche se potrebbe non sembrare), ma ho cercato di renderla abbastanza interessante e integrante… e poi vorrei sapere se siete curiosi di sapere chi sono Sam e Alex e vorrei sentire le vostre ipotesi…

Vabbè, ora non vi rompo più giuro, me ne vado se no finisce che scrivo un poema…

Ciao, ciao… 

 roxy_black: ciao… sn contenta ke tu nn recensisca perkè ti senti obbligata, dato ke io sto sempre lì ad assillarti perkè leggi e lasci quale recensione… sai nn mi piace ke la gente si senta obbligata a fare qualcosa x me, preferisco ke lo faccia cn piacere… poi,secondo me tu giudiki un po’ troppo in fretta le xsone… già ti sta antipatica Alex ke nn sai neanke ki è e nn la conosci nemmeno, come è già successo nell’altra ff… dovresti prima conoscere un po’ le cose per decidere poi se ti stanno antipatike o no… xò almeno sn contenta ke ti piaccia Sam visto ke sarà la protagonista principale di tutta la storia…

  tigrebianca1995: ke bello un’anima buona ke ha deciso di raccogliere le mie suppliche e lasciare un commentino… sn davvero contenta ke ti piaccia e ke pensi ke sia brava… ihihihi… (millyray si mette a saltare come una matta) grz mi hai reso una persona felice… poi, anke secondo me ci sta bene questo contrasto fra le due ragazze, Sam e Alex… anke se sono tanto diverse poi diventano amike… d’altronde gli opposti si attraggono… anke se alla fine si scoprirà ke Sam non è così, ke il suo carattere è molto diverso da questo solo ke… eeeeh… non te lo posso dire altrimenti rivelo la parte clou della storia… ma se continuerai a seguirmi (e a recensire) scoprirai tutto… un bacio…

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Capitolo 6
*** Capitolo quattro ***


Capitolo quattro

(Alla vostra età mi succedevano cose
che mi facevano credere che Dio non esistesse)

 Erano passati un paio di giorni da quando le due ragazze erano arrivate in quella sperduta cittadina di non si sa che posto dimenticato da Dio.

Stavano passeggiando tranquillamente lungo un prato con l’erba alta e arbusti lunghi su cui ci potevi inciampare. Loro due saltellavano come conigliette lì in mezzo con un lecca lecca alla ciliegia in bocca e gli occhiali a forma di cuore calati sugli occhi.

All’improvviso si fermarono perché avevano incrociato un uomo sulla trentina che stava tagliando l’erba col taglia erba. Si fermarono a guardarlo: era abbastanza alto, muscoloso e un espressione da duro. Aveva un paio di jeans vecchi e consunti e una camicia bianca un po’ macchiata con le maniche arrotolate fino ai gomiti che lasciavano intravedere un paio di braccia muscolose.

Quando l’uomo notò le due ragazze che lo guardavano fermò il taglia erba e si girò a salutarle.

“Salve!” disse lui sorridendo e mostrando una fila di denti dritti e bianchissimi.

“Salve!” salutarono le due ragazze ridacchiando e ciucciando il lecca lecca.

Si fermarono un attimo tutti e tre a contemplarsi e poi l’uomo chiese.

“Non vi ho mai viste qui. Siete nuove?”

“Siamo solo di passaggio”. Rispose Alex rimettendosi il lecca lecca in bocca.

“Oh, e avete intenzione di fermarvi molto?” chiese ancora l’uomo asciugandosi il sudore con la manica.

“Non lo so. Forse finché il mio alito non saprà completamente di ciliegia”. Questa volta fu Sam a rispondere e ridacchiò come una drogata seguita dall’amica che si dovette tenere al suo braccio per non cadere.

“Bene. Se avete intenzione di fermarvi un paio di giorni venite in città a visitare la piccola chiesa che hanno appena costruito”. Disse l’uomo alle due ragazze che ridacchiavano come ubriache. Lui le guardava un po’ stranito e un po’ divertito.

“Ma lei è un prete?” chiese Alex un po’ stupita.

“Certo!” rispose lui come se nulla fosse.

Le due ragazze strabuzzarono gli occhi.

“Non si direbbe”. Commentò Sam. Non le erano mai piaciuti molto i preti però quello non era niente male con i capelli spettinati al vento e gli occhi azzurro cielo. Se lo sarebbe portato a letto volentieri, si trovò a pensare.

“Tutti con questa storia di Dio e di Gesù, ma chi ha le prove che lui esiste”. Commentò Alex maliziosa e guardando il prete che non smetteva di sorridere alle due ragazze. Forse pensava che fossero un po’ matte.

“Sapete, alla vostra età mi succedevano cose che mi facevano credere che Dio non esistesse”. Disse il prete e le due amiche si guardarono curiose.

 “Chissà di che cosa sa l’alito di Gesù?” chiese Sam più a se stessa che agli altri.

Fecero un attimo di silenzio poi Alex rispose.

“Di menta piperita!”

E tutte due di nuovo a sghignazzare.

“Senti, piacere di averti conosciuto ma noi ora dobbiamo andare!” disse Sam ad un tratto seria.

E poi proseguirono lungo la strada superando il prete che le guardava andare via.

“Comunque io mi chiamo Eric!” urlò alle due mentre si allontanavano.

Le ragazze si fermarono di nuovo e si girarono verso il prete.

“Eric, eh? Io sono Alex e lei è la mia amica Sam”. Rispose la bionda e di nuovo ripartirono tenendosi a braccetto e leccando il chupa chups.

 (Noi siamo così perfette.
Immacolate)

 Era pomeriggio quando Alex e Sam si trovavano in un bar a bere un succo d’arancia.

Non sapevano che cosa fare, non sapevano dove andare. Forse si sarebbero fermate in quella città per un po’ di tempo ma avrebbero dovuto trovarsi un lavoro o qualcosa che li facesse guadagnare dei soldi.

“Che cosa facciamo?” chiese Sam ad Alex rigirando il suo bicchiere tra le mani.

Alex esitò un attimo prima di rispondere.

“Non lo so. Qualsiasi cosa. Tanto noi siamo così perfette.”

“Immacolate.” Aggiunse Sam sorridendo all’amica.

Quella era la loro frase, la loro frase simbolo con cui si sentivano forti e sicure.

“Potremmo andare nella chiesa di cui ci ha parlato quel prete.” Propose Alex.

Sam fece arricciare la bocca come se ci stesse pensando. Poi rispose.

“E per cosa? Per pregare?!”

 Dopo un paio di secondi di silenzio scoppiarono in una fragorosa risata come se avessero detto la cosa più stupida del mondo.

Così come avevano cominciato smisero di ridere e cominciarono a guardarsi intorno.

Lo sguardo di Sam cadde su dei ritagli di giornale che erano affissi su una bacheca vicino al bancone del locale. Parlavano di alcuni ragazzi che erano misteriosamente spariti e mai ritrovati ma non si sapeva chi era il criminale. Ce n’erano almeno una decina.

La proprietaria del locale venne da loro per chiedere se volevano qualcos’altro ma Alex rispose di no.

“Che cosa sono quelle?” chiese Sam alla signora che teneva il bricco del caffè in mano, indicando i ritagli di giornale affissi sulla bacheca.

“Oh, quelli. Sono di un paio di anni fa. Sono ritagli di un giornale locale che parlano tutti dei bambini scomparsi nella nostra città, ma non sono mai stati ritrovati. Molti dicono che sia stato uno pazzo uscito da un manicomio. Ma ovviamente non hanno prove e lui adesso non si trova più da nessuna parte”.

Cadde il silenzio al loro tavolo mentre Sam fissava ancora quei ritagli di giornale come se fosse la prima volta che vedeva una roba del genere.

“Ma è terribile!” commentò, infine.

“Oh, sì” grugnì la cameriera e si allontanò.

Sam rigirò la testa verso la sua amica e abbassò lo sguardo al tavolo.

(Ma forse, a volte, era meglio non sapere)

 Non sapeva perché, ma in quel momento quella cosa le parve terribile. Sì, si sente sempre parlare di incidenti terribili, di rapimenti, di omicidi. Ma non le sembrava giusto che qualcuno se la dovesse prendere con dei bambini innocenti. Aveva sempre sentito parlare di bambini che muoiono in terribili incidenti o vengono assassinati, della fame nel mondo, di bambini malnutriti o di quelli rimasti orfani. Ma in quel momento tutto quello le parve terribile, spaventoso. Soprattutto le dispiaceva molto per i bambini orfani, che non avrebbero mai rivisto i loro genitori o peggio, non li avrebbero mai conosciuti.

“Ehi, ancora a pensare a cose tristi?” le chiese Alex dolcemente e con un tono comprensivo.

Lei sapeva sempre come confortarla, sapeva che cosa le passava per la testa, le bastava soltanto interpretare il suo sguardo o la sua espressione e sapeva anche leggere i suoi sentimenti soltanto guardandola negli occhi.

Ma sapeva anche come tirarla su di morale, come farla divertire e più volte loro due si erano messe a ridere come matte per certe battute che facevano o per certe cose divertenti che vedevano.

Quella ragazza era veramente un regalo del destino, era da tanto che non riusciva a divertirsi abbastanza decentemente e dimenticare per un po’ i brutti ricordi.

Dopo, però questi brutti ricordi tornavano, anche nei sogni e allora ricominciavano le fumate e l’alcool.

Era come se avesse degli incredibili sbalzi d’umore, come un’adolescente, benché non fosse più un adolescente, da molto tempo, ormai. Era dovuta crescere molto in fretta.

“No, è tutto a posto!” rispose alla sua amica, sorridendole ma si capiva che era falso.

Le ragazze lasciarono la mancia sul tavolo e si diressero fuori, sotto un sole cocente e cominciarono a camminare. Dove? Non lo sapevano neanche loro. In fondo erano solo delle cittadine del mondo e andavano dove i loro piedi li portavano.

Spesso si chiedevano se tutto quello avesse un senso. Se avesse un senso esistere, vivere. In fondo la vita era solo questo, no? Vivere, piangere, ridere e dopo morire, no? Ma a volte c’era solo sofferenza e dolore, quindi vivere non aveva un senso. Se il destino ha già previsto una vita terribile per te, perché allora crearsi tanti problemi col vivere?

Erano tutte quelle domande a cui nessuno sapeva darsi una risposta e forse non l’avrebbero mai neanche trovata.

Ma forse, a volte, era meglio non sapere.   

 

AVVISO: QUESTO POSTO E’ OCCUPATO DA MILLYRAY.

Ciao a tutti!!!!! Ecco qua anche il quarto capitolo!!!!

Allora che ve ne è parso?? Naturalmente se volete dirmi qualcosa, lasciare qualche commentino o anche una critica e un consiglio potete benissimo farlo, basta che lasciate una recensione…

Naturalmente, come al solito, continuo a ricevere pochissime recensioni e questo non mi piace, ma non continuerò a insistere tanto non otterrò nulla, sigh!

Vabbè, non voglio assillarvi, quindi siete liberi di fare ciò che volete… se non recensite non importa, se invece lo fate renderete felice una persona in più su questa terra e naturalmente sarete consapevoli di aver fatto una buona azione e vivrete col cuore in pace…

Comunque come avete passato il Natale?? Spero bene… io mi sono divertita e vi auguro anke un buon 2010 ke tutti i vostri sogni possano realizzarsi nell’anno nuovo!

Ora vi lascio e vi mando un kiss…

Alla prossima Millyray…

 
kitty e milly: davvero hai seguito la mia ficcy?? Ke bello sn proprio contenta!!! Anke secondo me il secondo è molto interessante e spero ke ti sia piaciuto anke questo! Comunque ti auguro un buon 2010… baci.

tigrebianca1995: ciao…davvero hai pensato a qualcosa?? Ke bello sn proprio curiosa di sapere cosa… ma non so se da questo cappy riuscirai a tirar fuori un altro indizio… spero comunque ke ti sia piaciuto e ke continuerai a seguirmi… baci.

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Capitolo 7
*** Capitolo cinque ***


Capitolo cinque

(Ma per chi l’aveva presa?
Per una puttana?)

 Erano ormai passate un paio di settimane da quando Sam e Alex erano arrivate in quella città e ormai si erano abituate ai ritmi di quel posto. Avevano aiutato un paio di volte la proprietaria del locale a servire i clienti quando si era ritrovata senza camerieri e anche un uomo a scaricare un furgone pieno di legna, tanto per guadagnare qualche soldo ed erano diventate subito amiche di tutti. Le persone le trovavano simpatiche.

Adesso si erano imbucate ad una festa che qualcuno aveva organizzato nella sua umile casetta e ora c’erano centinaia di corpi sudati e con gli ormoni sull’orlo dello scoppio che si agitavano a ritmo di una musica che faceva sempre lo stesso suono, non cambiava mai ritmo e che non aveva alcunché di orecchiabile, ma ti faceva soltanto scoppiare i timpani.

Alex si allontanò subito dall’amica e si lanciò sulla pista a ballare come una matta anche lei con gli ormoni a bomba.

Sam si avvicinò al tavolo delle bibite e prese un bicchiere di punch. Non sapeva di preciso perché si trovassero a quelle festa, dove sicuramente c’erano più imbucati che invitati.

Ballavano tutti come dei matti intorno ad una piscina, nella quale qualcuno si tuffava a rotta di collo.

Dopo qualche bicchiere di punch (forse una decina) anche Sam decise di lanciarsi in pista e cominciò pure lei a ballare, anzi ad agitarsi, come facevano tutti gli altri.

Ad un certo punto un ragazzo piuttosto carino le si avvicinò e cominciò a ballare insieme a lei, o meglio, a strusciarsi contro di lei. Lei non lo respinse minimamente. In effetti, era un po’ brilla.

All’improvviso lui cominciò a strusciarle addosso ancora di più e le circondò la vita con le braccia. Lei non lo respinse nemmeno quando cominciò a baciarla sul collo, sulle guance e sulla bocca. Erano baci stampo, veloci, rapidi. Ma lei non lo respingeva, sembrava che nemmeno si accorgesse di quello che stava facendo. Forse aveva esagerato col punch.

Poi quello sconosciuto la prese in braccio e facendosi largo tra tutti quei corpi in movimento  la portò all’interno della casa. Ma non si fermò lì in salotto o in cucina, no, andò avanti, lungo una scala a chiocciola ed entrò, con ancora la ragazza in braccio, in una stanza un po’ disordinata e con un letto con le coperte sfatte.

Chiuse la porta con un calcio e la adagiò sul letto salendo sopra di lei. Cominciò a baciarla dappertutto, sulle gambe scoperte e abbronzate, poi salì sopra e si dedicò alla pancia e ai fianchi e poi passò al collo e alle labbra. Lei intanto gli accarezzava i capelli e il corpo dolcemente.

Si sedettero sul letto senza smettere di baciarsi e accarezzarsi, con le gambe intrecciate e stavolta presero a togliersi i vestiti.

Lei non lo respingeva, non lo conosceva nemmeno, ma non le importava di fare sesso con uno sconosciuto. Anche lui però stava facendo sesso con una sconosciuta. Forse erano entrambi sbronzi o forse erano gli ormoni impazziti o forse tutti e due. Sta il fatto, però, che quelli facevano l’amore e non avevano intenzione di fermarsi.

Passarono così circa una mezz’ora e poi lo sconosciuto si rialzò dal letto e cominciò a rivestirsi lasciando la povera Sam mezza tramortita, ancora sdraiata sul letto e con gli occhi semichiusi.

Dopo che si fu infilato anche le scarpe, si frugò nella tasca e le lanciò sul letto qualcosa di arrotolato, e dicendole: “Tieni!” se ne andò.

La ragazza si mise seduta sul letto e prese quella cosa che le aveva lanciato. Era un gruzzoletto da cinquanta dollari.

Fissò la porta dalla quale era appena uscito. Ma per chi l’aveva presa? Per una puttana? Pensò subito di andare a suonargliele, ma poi ci pensò un po’ su. Non aveva voglia di fare a cazzotti, anche se poteva benissimo farlo, di forza ne aveva, però si sentiva brilla e aveva un po’ di mal di testa. E poi non gli aveva chiesto lei di fare sesso a pagamento, era stato lui che forse aveva frainteso, quindi questo non faceva di lei una prostituta. E poi aveva bisogno di soldi, quindi, dopo essersi rivestita, mise i soldi in tasca e uscì.

La festa stava andando agli sgoccioli ormai. C’era chi era sdraiato per terra completamente tramortito dall’alcool, chi pomiciava negli angoli della casa, chi abbandonava la festa barcollante e chi continuava ancora ad agitarsi sulla pista da ballo. Sam non riusciva a trovare Alex da nessuna parte. Ma non se ne preoccupò molto; se c’era una cosa che quella ragazza sapeva fare, era badare a se stessa.

Uscì da quel baratro di ormoni in subbuglio e si allontanò lungo la strada, nel buio più totale illuminato solo dalla luna e dalle stelle. Non c’erano nemmeno i lampioni accesi in quella strada.

 (Era come un viaggio di sola andata, 
senza ritorno,un viaggio senza fermate)

Dopo essersi allontanata parecchi metri da quella casa col vento che le scompigliava i capelli e il vestito, tanto che quella musica spacca-timpani non giungeva più alle sue orecchie, si sdraiò sull’erba morbida che c’era ai margini della strada e cominciò a guardare le stelle che quella sera erano particolarmente numerose.

Erano così belle, quei piccoli puntini luminosi che davano gioia a chi le guardava, ma accendevano anche ricordi felici. Per Sam erano felici, ma le faceva male pensarci, proprio perché erano felici e sapeva che non avrebbe mai più ritrovato quella felicità. E non voleva ricordare. Non voleva.

Chiuse gli occhi e cercò di non pensare, cercò di svuotare completamente la sua mente. E pian piano si addormentò, mentre il mondo intorno a lei vorticava, girava lentamente, lasciando procedere le cose, lasciando che la strada continui il suo percorso, senza fermarsi, senza tornare indietro, senza lasciare il tempo di riprendere il fiato. Non potevi far altro che lasciarti trascinare. Era come un viaggio di sola andata, senza ritorno, un viaggio senza fermate. Un treno che andava avanti veloce e procedeva, procedeva senza pensare a nessuno e chi rimaneva indietro era perduto. Non potevi far altro che seguirlo. Anche quando volevi che si fermasse permettendoti di scendere.

Quand’è che per lei quel viaggio si sarebbe fermato? E cosa avrebbe trovato alla fine? Gioia? Felicità? Che cosa? O si sarebbe ritrovata di nuovo sola? La solitudine non le era mai piaciuta. Le piaceva essere circondata da tante persone, da amici, dalla sua famiglia, da quelli a cui voleva bene. Ma era rimasta soltanto lei. Lei e le stelle, che nascondevano segreti e ricordi di tutte le persone, perché loro vedono tutto, loro sanno tutto e tutti i ricordi delle persone sono fisse nella loro luminescenza, per l’eternità…

 “Guarda Sam. Vedi quella stella là in alto, quella che brilla più degli altri?”

“Sì!”

“Bene. La chiamerò Sally”.

“Ma come?”

“Così. Lo so che un nome ce l’ha già, ma io la voglio chiamare Sally lo stesso. Così quando ti sentirai sola, potrai guardarla e ti ricorderai di me e saprai che io sarò sempre lì con te, che non ti lascerò mai da sola. Non sarai mai da sola. Te lo prometto”.

“E’ una promessa?”.

“E’ una promessa”.

Si svegliò di soprassalto, quasi urlando e si teneva una mano sulla nuca. Aveva un po’ di mal di testa e un leggero senso di nausea.

Ma non era quello a preoccuparla. Aveva sognato, di nuovo. Un altro incubo. Come sempre. Era una di quelle notti in cui faceva sogni orribili, sul suo passato, riviveva esperienze dolorose e certe volte si svegliava urlante nel sonno. Altre volte, invece, non riusciva più a chiudere occhio dopo quegli incubi, così passava tutta la notte insonne o usciva per farsi qualche goccio. Preferiva le notti in cui non sognava niente, ma ormai quelle erano sempre più rare, a parte quando si ubriacava, ma non poteva di certo ubriacarsi tutte le notti. I suoi sogni erano sempre popolati da incubi terribili, che risvegliavano in lei ricordi che avrebbe preferito cancellare.

Si guardò intorno e vide che era seduta sull’erba e il sole che splendeva in alto in un cielo azzurro senza nuvole. Porca vacca! Aveva dormito all’aperto tutta la notte?

Si alzò un po’ barcollante e cominciò a trascinarsi lungo la strada. Doveva arrivare all’albergo in cui avevano affittato una stanza, lei e Alex, e forse lì avrebbe ritrovato anche la sua amica. Non aveva la più pallida idea di dove fosse finita la notte prima alla festa.

Era ormai quasi giunta a destinazione, quando vicino, in un parcheggio, notò la macchina che avevano noleggiato, col tettuccio aperto e dentro, sui sedili posteriori, Alex che dormiva con un braccio sulla faccia.

Le si avvicinò e la bionda ritornò dal mondo dei sogni.

“Ehi dove sei stata?” le chiese con tono accusatorio, appena mise a fuoco la sua figura.

Sam non rispose subito, si limitò a spostare lo sguardo da un’altra parte con gli occhi socchiusi dal sonno.

“Perché non sei entrata?” domandò poi indicando con un cenno l’albergo che si trovava a pochi passi da lì, mentre Alex  si metteva seduta in auto. Ignorò completamente la domande di prima dell’amica.

“Ti volevo aspettare, ma evidentemente sono crollata”. Rispose lei sbadigliando.

Le ragazze entrarono nella loro stanza d’albergo e Sam si fiondò subito in bagno.

Si guardò subito sul piccolo specchio attaccato sopra al lavandino; non aveva una gran bella cera: il viso abbronzato e chiazzato di lentiggini intorno al naso sembrava un po’ pallido e gli occhi da cerbiatta nocciola erano segnati da occhiaie. I capelli lunghi ora spettinati come non mai.

Sembrava quasi un cadavere!

Decise che era meglio farsi una doccia, cosa che fece, lavandosi anche i capelli. Cercò pure di pettinarli come si deve, ma andavano sempre da tutte le parti. Così decise di lasciar perdere e si vestì con le prime cose comode che trovò nella borsa.

Si sentiva un po’ meglio dopo la doccia.

Intanto Alex si era di nuovo appisolata sul letto e Sam non volle svegliarla, così si trascinò fuori dalla stanza cercando di non far rumore.

 

 ANGOLINO PER ME

Allora che ve ne pare?? Vi è piaciuto, state capendo un po’ di più chi è Sam??

Ho pure messo un ricordo della ragazza, quello scritto in corsivo… ma secondo voi, chi è l’altra persona che parla con lei??

Boh, lasci a voi il compito di risolvere il mistero, se avete qualche ipotesi non esitate a recensire.

P.S. passato bene il capodanno??

 roxy_black: sisi… c’era un prete nel film ke abbiamo visto e anke bambini scomparsi… ma nn mi ricordo se il prete si riamava Eric… cmq non era cattivo, ma anke se lo era questo della mia storia nn lo è…la tua fanfic l’ho letta e l’ho anke recensita… è carina e fa anke ridere… ma sarà ke io rido x ogni cazzata… kiss

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Capitolo 8
*** Capitolo sei ***


Capitolo sei

(Tutti commettiamo dei peccati…
la cosa più difficile è ammetterli)

 Uscì nell’aria calda della mattina e cominciò a passeggiare tranquillamente per la città guardandosi un po’ intorno, la gente che passava accanto a lei, i negozi ancora chiusi, le vetrine che mettevano in mostra i manichini, i locali aperti per chi faceva colazione prima di andare al lavoro.

Teneva le mani affondate in tasca e lo sguardo basso. Tutta quella gente, si faceva prendere dalla monotonia delle loro giornate, sempre le stesse abitudini, sempre le stesse cose. Quello era il ciclo delle giornate, il ciclo della vita.

Ma Sam odiava la monotonia, voleva che la sua vita fosse sempre piena di avventure, fin da quando era piccola. Le piaceva l’azione, il rischio, l’adrenalina… era questo che secondo lei significava vivere. Odiava stare sempre ferma.

Non seppe per quanto tempo camminò così, forse cinque minuti, forse dieci, forse mezz’ora, ma che le importava del tempo? Ultimamente era l’ultima cosa a cui pensava.

Era giunta in una specie di piazzola su cui si innalzava alta una chiesetta tutta bianca con le vetrate colorate e una porta di legno imponente. Non era molto grande, ma era abbastanza alta. Sul tetto c’era un grande crocifisso di legno e una scritta: “New Country Church”.

Sam pensò che dovesse essere la nuova chiesa di cui aveva parlato il prete che lei e Alex avevano incontrato.

Restò un attimo lì a fissare quella costruzione. Le dava come una strana sensazione, una sensazione di disagio, di impotenza. Si era trovata spesso davanti a delle chiese ma non le avevano mai dato quella strana sensazione. Era come se avesse un nodo allo stomaco.

Decise di entrare anche se forse non era vestita in modo consono all’occasione, ma non le importava.

Aprì la grande porta di legno e varcò la soglia. Vide uno spazio in penombra illuminato solo dalla flebile luce delle candele. Quando i suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, notò che c’erano delle panche disposte in file ordinate in uno spazio circolare e, davanti a queste, un lungo altare coperto da una tovaglia ricamata e sopra un candelabro con altre candele lunghe e rosse.

Dietro all’altare, su un muro, c’era un crocifisso con Gesù attaccato, rifinito nei minimi dettagli e sembrava proprio sofferente. In un angolo, un po’ nascosto, c’era un organo.

Non era mai stata una credente, trovava questa storia di Dio e della Bibbia soltanto bazzecole e non capiva perché in quel momento si trovasse lì, che cosa l’avesse spinta ad entrare.

Comunque, notando che non c’era nessuno, avanzò di qualche passo e poi, a passo più deciso, si avvicinò alle panche in prima fila e si sedette.

Non sapeva di preciso cosa doveva fare; forse pregare, forse niente?  In tutta la sua vita aveva pregato solo una volta e non sapeva di preciso come si facesse. Ma poi a cosa serviva pregare, se alla fine le tue preghiere non si realizzano mai?

Per fortuna, non dovette stare lì a riflettere molto perché Eric la raggiunse e con un sorriso esclamò:
”Sono contento che sei venuta!”

Lei non sapeva che dire e lo seguì con lo sguardo mentre le si sedeva accanto.

“Sai, Dio mi ha avvertito che saresti venuta!” proseguì lui.

 La ragazza lo guardò negli occhi un po’ meravigliata.

“E come ha fatto ad avvertirla? Le si è presentato lì sulla porta di casa e gliel’ha detto? O forse le è venuto in sogno?” sbottò lei con un tono di sfida.

Lui attese un attimo prima di rispondere e quando lo fece non sembrava affatto arrabbiato o indignato per questa mancanza di rispetto, ma mantenne sempre quel sorriso affettuoso e un tono dolce.

“Sai, a volte nella vita arriva quel momento in cui non sai più che fare e scopri che la fede è l’unica strada. Allora dobbiamo afferrare al volo quel momento e credere. È l’unico modo per cui tutto si sistemi”.

Sam lo guardò ancora negli occhi. Stavolta non sembrava arrabbiata o contrariata.

“Lei non è stato sempre un prete. Ha fatto qualcosa… di sbagliato… ha voluto rimediare…” non era una domanda, ma un’affermazione. La stessa Sam si stupì per averlo detto, non sapeva che cosa gliel’avesse fatto dire, forse per quello che aveva detto il prete o forse quella strana luce che c’era nei suoi occhi.

Lui non rispose subito, guardò in avanti, come se cercasse di trovare le parole giuste o come se aspettasse qualcosa che gli facesse capire quello che doveva dire, come un segno divino.

Intanto la ragazza, non distolse gli occhi da lui.

“Tutti commettiamo dei peccati…” sbottò poi lui, girandosi verso di lei. “La cosa più difficile è ammetterli”.

Dopo aver detto queste parole estrasse qualcosa dalla tasca e lo mise nella mano della ragazza chiudendole il pugno. Poi si alzò e cominciò ad allontanarsi.

“Aspetti!” cercò di fermarlo Sam. “Che peccato ha commesso? Cosa le ha fatto prendere questa strada?”

Lui si girò, ma non rispose alla sua domanda, piuttosto ripetè:

“Ricordati, Sam, a volte la fede è l’unica strada…” e se ne andò.

La ragazza rimase a fissare il punto in cui lui era sparito e poi abbassò lo sguardo sulla sua mano per vedere che cosa le aveva dato. Aprì il pugno e vide che era una collanina con una piccola croce di legno attaccata all’estremità.

Poi spostò lo sguardo verso il crocifisso attaccato al muro. Rimase lì a fissarlo, come incantata. Sembrava quasi che si muovesse, che la sofferenza di Gesù fosse lì, in quella stanza, in quel momento, vera e reale e un po’ di quella sofferenza la prese, dentro di lei, si sentì anche lei sofferente, ad un tratto si sentì persa.

Poi qualcosa apparve nella sua testa, immagini, sprazzi di ricordi e poi qualcos’altro che non c’entrava nulla. Uscì dalla chiesa, non con il corpo, ma con la mente e si trovò a ricordare quelle scene, a vedere quelle immagini che aveva tentato in tutti i modi di cancellare.

Poi, così come se n’era andata, ritornò di nuovo in quella chiesa, ma tutto le parve un po’ confuso. Che cos’era successo? Aveva avuto una visione? O si era addormentata per due secondi e aveva sognato?

Non lo sapeva, ma non voleva rimanere un attimo di più in quel posto, così si alzò e rapidamente si diresse verso l’uscita.

Quando uscì fu travolta di nuovo dalla monotonia della vita di quelle persone che giravano lì intorno, che le fece dimenticare tutto ciò che era accaduto nella chiesa.

Se nella chiesa si era sentita sofferente, persa e triste, adesso si sentì un po’ meglio, con il sole che le riscaldava il viso e le ridava un po’ di calore e gioia.

 (Qualcuno qui dice che è stato in carcere,
ma non so bene perché.)

 Erano passate altre due settimane da quando Alex e Sam erano arrivate in quella cittadina; avevano racimolato un po’ di soldi e avevano pure trovato occasioni in cui divertirsi.

Ora, nel tardo pomeriggio, si trovavano in un bar a bere una coca al bancone. Parlavano di dove sarebbero potute andare, quale sarebbe stata la loro prossima tappa.

La cameriera chiese se volevano qualcos’altro. Alex ordinò un’altra coca e Sam si decise a chiedere:

“Lei conosce Eric, il prete di quella chiesa?”

La cameriera rispose un po’ indignata, come se la ragazza dubitasse che sapesse fare il caffè.

“Ma certo! Tutti qui lo conoscono e gli portano rispetto!”

Sam esitò un attimo prima di continuare, un po’ titubante.

“Ma cosa ha fatto… insomma… perché ha deciso di fare il prete?”

Anche la cameriera esitò un attimo prima di rispondere.

“Qualcuno qui dice che è stato in carcere, ma non so bene perché. E ha deciso di crearsi una nuova vita, di rimediare ai suoi sbagli!”

Ecco perché allora le aveva detto quelle parole. Sam non se le era affatto dimenticata.

Alex le lanciò un occhiata come per dire: “Che te ne importa?” ma Sam rispose con una scrollata di spalle e rimase a fissare il suo bicchiere in silenzio.

 (Il destino non fa mai niente senza un motivo preciso)

 Qualcuno dice che la vita sia un dono prezioso, che non va sprecato e che bisogna approfittare di tutti i momenti belli che ti regala. Qualcun altro dice che è solo un momento di passaggio che ti separa un posto migliore o peggiore, dipende da come ti sei comportato. Qualcuno ancora pensa che la vita sia come un lungo percorso in cui ci sono varie strade che sono le tue scelte e tu devi decidere quale prendere, qualcuno crede che sia come una lunga scala che va in salita e ogni scala è un ostacolo che tu devi superare e uno scalino può essere alto o basso, dipende da quanto difficile è l’ostacolo. Se poi, tu non riesci a superarlo e cadi dallo scalino, allora sei finito, sei morto. Ma se riesci a superare tutti gli scalini, arrivi in cima, dove c’è una porta e varcata questa porta trovi la pace, la gioia, la calma. Poi c’era chi era convinto che la vita fosse soltanto qualcosa di inutile e schifoso, una perdita di tempo e non vedeva l’ora di farla finita.

Sam non sapeva a quali di questi gruppi apparteneva, dipendeva dall’umore. A volte era felice e pensava che la vita fosse un bel dono, ma quello quando era una bambina. Adesso non si sentiva più così felice e pensava più che altro che fosse una lunga scala o, nei momenti peggiori, una perdita di tempo.

Secondo lei esisteva il destino, era il destino che decideva tutto, che ti faceva fare certe cose, che ti faceva prendere certe decisioni. E poi il destino incrociava la tua strada insieme a quella di qualcun altro, facendovi incontrare e conoscere. Non per puro caso o semplice coincidenza, ma perché c’è un motivo preciso, perché tutto accade con uno scopo. Il destino non fa mai niente senza un motivo preciso.

Se il destino aveva deciso di incrociare la sua strada con quella di Alex vuol dire che un motivo c’era, ma Sam non era riuscita a capire quale. Forse perché non voleva che fosse sola, voleva che ci fosse qualcuno accanto a lei, che condividesse le sue pene, perché se se le teneva tutte dentro, senza mai confidarsi con nessuno sarebbe scoppiata.

Sam poi pensava che tutte le persone viventi sulla terra avessero uno scopo nella loro vita, che fossero nate per fare qualcosa. L’obiettivo era quello di portare a termine quel compito e poi, una volta portato a termine, si poteva anche andare, si poteva anche morire. Ma finché non lo si portava a termine non si poteva farla finita, non si poteva morire.

Alcuni scopi erano semplici altri, invece, più complessi.

Per esempio, i bambini che morivano appena nati. Forse il loro scopo è soltanto quello di esalare un respiro e basta. Semplice. Poi potevano andare in pace, lasciando questo mondo spietato e crudele.

Altri, invece, erano molto più difficili, come togliere la vita a qualcun altro.

Se tu cerchi di morire prima di portare a termine il tuo scopo, non ce la fai. Se per esempio, ti butti giù da un palazzo di quindici metri, non muori ma ti fai molto male, se ti vuoi impiccare, arriva qualcuno e ti fa cambiare idea.

Il destino trova sempre un modo per farti vivere o morire. E quando decide di farti morire, non puoi evitarlo. Puoi schivare la morte mille e mille volte ma quella ti troverà sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Non puoi sfuggire alla morte. L’unica cosa che puoi fare è accoglierla a braccia aperte.

Puoi scappare dalle difficoltà, dai problemi, ma non dalla morte.

In fondo la morte è serena, facile. Vivere è difficile.

Quindi perché averne paura? Perché avere paura della morte?

Sam si chiedeva perché certa gente ne avesse paura, lei non la temeva, non c’era più niente che le faceva paura. A volte, si sentiva così triste che non desiderava altro che le cadesse un meteorite in testa o che venisse coinvolta in una sparatoria o che salvasse una persona da una macchina che correva a tutta velocità ed essere messa sotto. Almeno in quel caso sarebbe morta da eroina.

Non c’è niente di più bello; morire da eroi.

Tutti ti ricordano, ti lodano.

Ma Sam non aveva più nessuno che la ricordasse. Sicuramente, se anche adesso avesse deciso di buttarsi giù da un ponte, nessuno avrebbe notato la sua assenza, magari non avrebbero nemmeno trovato il suo corpo e sarebbe rimasta lì, a decomporsi finché di lei non fossero rimaste soltanto polvere ed ossa o magari sarebbe stata mangiata dagli insetti e dagli animali.

Al solo pensiero le veniva da vomitare.

Si accese una sigaretta e cominciò a fare sbuffi di fumo. Fumare la faceva sentire meglio, quando era giù di morale o quando aveva bisogno di calmare i nervi.

Cercò di svuotare la mente e di rilassarsi. Il venticello fresco della sera le scompigliava i capelli e le accarezzava dolcemente il viso. Ci si poteva addirittura sentire in paradiso.

E desiderò veramente di essere in paradiso, con chi voleva più bene.

Desiderò di tornare indietro nel tempo, di essere di nuovo felice, di essere una semplice bambina, con le sue amiche, con la sua famiglia, con suo…

Con tutti quelli che adesso le mancavano.

 

 ANGOLINO PICCOLO PER ME…

Allora?? Vi è piaciuto??

Spero di sì, perché anche a me è piaciuto molto questo capitolo nonostante l’abbia scritto io… l’ho riletto e mi ha appassionato… e non ve lo dico solo perché vi convinca a leggerlo, ma lo dico perché è vero… a volte scrivo certe cose che piacciono tantissimo anche a me…

Vabbè… ora vi lascio… che palle domani si torna a scuola… qualcuno ne ha voglia??

Baci… millyray…

P.S. certo che una recensione la potevate lasciare nello scorso capitolo… non importa, basta che ne lasciate una qui.

 P.P.S. ho scritto una fanfic insieme alla mia amica Roxy… si intitola Sam e Chris ed è sempre di Harry Potter…spero l’andrete a leggere.

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Capitolo 9
*** Capitolo sette ***


Capitolo sette

                                                            (Sembravano così tristi,   così sconvolti per qualcosa che era capitato.)

 Quella mattina Sam si svegliò con una strana sensazione, come se stesse per succedere qualcosa o come se fosse già successo qualcosa.

Non sapeva perché si sentiva così, era curioso. Però non era la prima volta che le capitava di provare questa strana sensazione e l’ultima volta che l’aveva provata…

Non ci voleva pensare, non voleva ricordare.

Andò in bagno e si sciacquò il viso, si rivestì poi, insieme ad Alex, uscirono fuori per andare a fare colazione al solito locale, dove ormai i clienti abituali le conoscevano.

Quando entrarono anche lì aleggiava un’atmosfera strana, come se fosse in corso qualcosa di disastroso o come se qualcosa fosse già capitato, qualcosa di brutto. Erano tutti molto silenziosi oppure chiacchieravano a bassa voce, tanto che si sentiva solo un mormorio indistinto.

Si sedettero al loro solito tavolo e quando la cameriera arrivò ordinarono due brioches e due succhi d’arancia.

Sam cominciò a guardarsi intorno: due tizi piuttosto corpulenti sedevano ad un tavolo vicino alla finestra e parlavano a voce molto bassa, sembrava una conversazione piuttosto… cupa… un altro tizio sedeva ad un tavolo in un angolo riservato ai fumatori e fumava una sigaretta leggendo il giornale, una donna sedeva al bancone e scriveva al computer portatile, qualche sedia più distante da lei sedeva un altro uomo che teneva la testa bassa e beveva quello che sembrava un bicchiere di whisky.

La proprietaria del locale affaccendata dietro il bancone, preparava il caffè, la bacheca sempre piena dei soliti ritagli di giornale, i fiori posati sul davanzale di una finestra, la scritta “Cindy’s” un po’ sbiadita… tutto come al solito. L’unica cosa che sembrava diversa era l’umore di tutte quelle persone, sembravano così tristi, così sconvolti per qualcosa che era capitato. Anche il locale stesso sembrava avere qualcosa di cupo, sembrava giù di morale. Ma per cosa?

Sam si concentrò di più per sentire quello che dicevano i due uomini seduti vicino alla finestra e riuscì a sentire solo: “Ma è orribile, un disastro!” “Ho incontrato il parroco Eric stamattina ed era sconvolta, nonostante cercasse di nasconderlo”.

Allora qualcosa era successo, ma cosa?

Quando la cameriera arrivò con le ordinazioni delle due ragazze, Sam la bloccò e le chiese: “Ma cos’è successo?”

La cameriera la guardò un po’ turbata e poi rispose:  “La chiesa nuova ha preso fuoco!”

Sam e Alex si guardarono sconvolte e meravigliate.

“Come ha preso fuoco?” chiese la ragazza bionda. Sam sembrava non riuscire a spiccicare parola.

“Così, è bruciata. Non è rimasto più niente.” Rispose la cameriera e se ne andò a testa bassa.

Sam non sapeva che dire; insomma, come fa una chiesa così, a prendere fuoco, come se niente fosse.

Alex le lanciò uno sguardo significativo. Anche lei era sorpresa dell’accaduto, benché la chiesa non era nemmeno andata a visitarla però l’aveva vista dall’esterno. Nemmeno lei era una grande credente, nonostante i suoi genitori l’avessero educata ad andare in chiesa tutte le domeniche e a leggere la Bibbia. Ma lei la trovava sempre una perdita di tempo.

Lei ha sempre avute delle sue idee, non si lasciava mai influenzare dagli altri, aveva le sue opinioni, i suoi gusti, non seguiva le mode come gli altri, ma sceglieva  quello che piaceva a lei. Non si preoccupava nemmeno delle critiche degli altri, non le importava di quello che gli altri pensavano.

 (Bisogna sapere andare avanti,
bisogna sapere accettare la sconfitta)

 Dopo aver mangiato, le ragazze uscirono fuori e si diressero subito dove si trovava la chiesa. Ma adesso, lì in quella piazzetta, non c’era più niente, niente che potesse ricordare che lì una volta ci fosse una chiesa. C’erano soltanto dei resti e dei pezzi bruciacchiati, anneriti e completamente distrutti. Non si poteva distinguere un libricino del vangelo da un crocifisso.

Alex e Sam rimasero un attimo lì a guardare quello orrido spettacolo, con i volti entrambi sconvolti. Poi la bionda indicò alla sua amica un punto al centro di quel polverone e, quando la mora guardò lì dove Alex le aveva indicato, vide che su una panca annerita e bruciacchiata, però ancora tutta intera, era seduto il prete Eric con le spalle curve e la testa bassa.

Le amiche si avvicinarono al prete e si sedettero accanto.

Lui non alzò su lo sguardo, sembrava quasi non averle neanche notate. Dal canto loro, le due ragazze, non dissero niente. Forse perché non sapevano che dire o forse perché era meglio sopportare tutto quello in silenzio.

“Qualcuno ha bruciato la chiesa”. Sbottò ad un tratto Eric senza alzare lo sguardo, anzi, senza muovere nemmeno un dito e facendo sobbalzare le due amiche. Si guardarono da sopra le sue spalle, evidentemente in cerca di qualcosa da dire.

“Come fa a saperlo? Magari è stato solo un incidente…” disse Alex quasi in un sussurro.

Ma Eric scosse la testa.

“No! Le candele erano tutte spente e non c’era stato nessun temporale, nessun tuono a causare questo. È stato un incendio doloso e… ora non è rimasto niente”. Concluse con un tono che Sam credette stesse piangendo.

Poi tirò su la testa e puntò lo sguardo su Sam che lo guardò con i suoi grandi occhi nocciola. Credeva che lo avrebbe visto piangere o con il viso sconvolto, invece lui sembrava così normale. Ovviamente non era felice, ma non sembrava così depresso. Quasi… rassegnato.

“Ma chi… chi può essere stato?” chiese la mora titubante e tenendo la voce bassa, quasi si trovassero dentro ad una chiesa intatta.

“Queste sono quelle domande che ci poniamo tutti i giorni. chi può fare certe cose. Chi può essere così cattivo da bruciare una chiesa, da rapire dei bambini, da uccidere delle persone, da fare del male a qualcun altro, da divertirsi vedendo la gente soffrire”. Sbottò tutto d’un fiato Eric e le due ragazze rimasero un attimo sbigottite.

Sam aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma non le venne niente così la richiuse. Già, chi può essere così perfido da fare una roba del genere. Lei non ha mai creduto in Dio ma non per questo andava in giro a bruciare tutte le chiese della città.

“Sapete…” proseguì il prete guardando un punto di fronte a sé, dove forse prima c’era l’altare col crocifisso. “…il destino a volte gioca brutti scherzi. Credi che tutto abbia trovato una sua giusta posizione, credi che tutti i tasselli del puzzle siano al loro posto, credi che la tua vita abbia trovato la strada giusta, ma all’improvviso tutto questo crolla. All’improvviso il puzzle viene distrutto, i pezzi sparsi ovunque e ti trovi smarrito…”

Sam guardò il prete negli occhi e vi lesse tristezza. Sì, uno all’apparenza poteva sembrare normale, allegro, ma poteva essere tutta un’allegria falsa. Una corazza che uno si costruisce intorno a sé, per non sentirsi debole, per non essere vulnerabile. Peccato che gli occhi queste cose non riescano a nasconderle bene.

“Sono i peccati che commettiamo, sono gli errori… ma la fatica è riconoscerli. L’ha detto lei, no? Magari chi l’ha fatto… si pentirà”. Cercò di consolarlo Sam, ma ad un tratto si rese conto della stupidità delle sue parole.

Il prete però non le rispose con severità o con frustrazione, ma mantenne sempre un tono dolce, quasi paterno.

“Appunto perché è difficile ammettere i propri peccati, nessuno si pentirà. O magari lo farà, ma non lo ammetterà”.

Sam e Alex rimasero di nuovo in silenzio. Ormai non c’era più niente che potessero fare o dire perché le cose ritornino al loro posto. Ormai quello era e quello resterà.

“E’ inutile piangersi addosso.” Sbottò Eric. “Bisogna sapere andare avanti, bisogna saper accettare la sconfitta”. E dicendo questo se ne andò.

La mora infilò la mano in tasca e tirò fuori la collanina che il prete le aveva regalato. Guardò verso la sua amica che ricambiò lo sguardo. Andare avanti, accettare la sconfitta… già proprio quello che lei non sapeva fare. 

 (Il destino non fa mai niente senza
un motivo preciso)

 Poco dopo anche Alex e Sam si alzarono e si allontanarono dalla chiesa distrutta.

Camminavano in silenzio nella città illuminata dal sole mattutino.

In effetti, Sam quella mattina, svegliandosi, aveva avuto uno strano presentimento, ma mai si sarebbe immaginata che qualcosa sarebbe andato storto, mai avrebbe creduto di avere così tanta ragione. Poche volte era successo che lei non aveva ragione e certe volte odiava avere ragione, proprio come in quel momento. Che avesse un sesto senso? O dei poteri paranormali che le facevano avvertire il pericolo quando era nelle vicinanze o quando c’era qualcosa che non andava? Poteva essere un fatto positivo, peccato però che quando se ne rendeva conto era già tardi.

Due volte già aveva avuto uno strano presentimento, due volte aveva avvertito quella sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere, due volte in tutta la sua vita e tutte e due le volte aveva avuto ragione.

Una chiesa bruciata… le sembrava così strano. Fino a soltanto pochi giorno fa lei era entrata in quella chiesa, aveva assaporato l’odore di incenso e di cera delle candele, si era seduta su quelle panche e aveva guardato quel crocifisso. E adesso tutto quello era perduto, esattamente come con…

Tutto quello le metteva una strana inquietudine

 (Noi siamo così perfette
Immacolate.)

 Tornarono nella loro stanzetta d’albergo e si sedettero sul letto in silenzio.

Si guardarono negli occhi con malinconia, poi Alex disse piano.

“Certo che però è strano”.

Sam annuì soltanto.

“Chi può essere così perfido?” proseguì la bionda.

Sam questa volta non fece e non disse niente.

Calò un silenzio di tomba. Tutto intorno era silenzioso, nemmeno il vento si sentiva, nemmeno gli uccelli. Sembrava che tutti volessero fare qualche minuto di silenzio, come per ricordare qualcuno che era appena morto. Come a scuola nei giorni di una commemorazione.

“Forse è un segno del destino”. Sbottò ad un tratto Sam con lo sguardo rivolto verso il basso. “Il destino non fa mai niente senza un motivo preciso”. Aggiunse poi, vedendo che la sua amica era un po’ basita.

“E’ il destino che decide tutto”. Commentò alla fine Alex spostandosi i capelli dagli occhi verde chiaro.

Poi, come se obbedissero ad un ordine, si abbracciarono calorosamente come se non si vedessero da tanto tempo. Rimasero lì per qualche minuto, quasi si volessero consolare a vicenda.

“Noi siamo così perfette”. Le sussurrò Alex nell’orecchio tanto che solo lei potesse sentire, anche se non c’era nessun altro in quella stanza.

“Immacolate”. Rispose di rimando Sam dolcemente.

 

SPAZIO AUTRICE.
Bene, bene… eccoci qui con un altro capitolo… vi è piaciuto?? Come mai la chiesa è stata bruciata?? Secondo c’è un motivo o forse non c’è una spiegazione logica a tutto questo… perché in fondo è il destino che decide come devono andare le cose, quindi un motivo preciso non ci deve sempre essere…

Ricordatevi di lasciare una recensione… kiss milly…

Vale Lovegood: ciao cara… grazie per i complimenti… purtroppo non ti posso dare la risposta a nessuna delle tue ipotesi perché così svelerei subito il mistero e non ci sarebbe più gusto, ma posso solo dirti di continuare a leggere e scoprirai tutto… cmq non ti abbattere, le stranezze a volte servono per vedere cose che gli atri non vedono… kiss…

 roxy_black: ecco, brava non dire nulla… e comunque sì, il prete eric è una brava persona…in fondo tutti commettiamo degli errori… per quanto riguarda quel ragazzo, non so come si chiami, né dove abita, ma è stato uno stronzo… la nostra Sam non vale così poco… ma in fondo nemmeno lei è stata tanto intelligente a fare sesso col primo che capita, ma che ci puoi fare, è fatta così… baci…

 

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Capitolo 10
*** Capitolo otto ***


Capitolo otto

Sette anni dopo…

 Come in un sogno…

 

Stava seduta lì, sull’erba ai margini della strada. Aveva le gambe piegate e il mento appoggiato sopra le ginocchia. I capelli al vento, gli occhiali a forma di due cuori rosa calati sugli occhi. In una mano teneva la sigaretta che stava fumando tra sbuffi di fumo grigio e nell’altra teneva una piccola girandola colorata che a volte faceva rigirare tra le dita. Un vestito bianco che le copriva il corpo magro e perfetto. Aveva soltanto quello a coprirla, le arrivava alle ginocchia, sembrava quasi un lenzuolo un po’ strappato e impolverato. Le lasciava scoperte le lunghe gambe abbronzate i cui piedi calzavano un paio di infradito bianche.

Lo sguardo perennemente triste rivolto verso il laghetto grigiastro illuminato dai caldi raggi del sole.

Mentre inspirava un'altra boccata di fumo della sigaretta, pensava a tutto quello che aveva passato. Da quanto tempo era in viaggio? Da quasi dieci anni ormai. Si sentiva come in fuga, scappava da qualcosa. Da se stessa, dalla sua vita, dal suo doloroso passato. Aveva incontrato Alex, che era diventata la sua migliore amica ormai, senza la quale si sarebbe persa. Alex diceva che era lei quella che aveva bisogno di Sam, che senza di lei avrebbe brancolato nel buio, ma Sam non la pensava allo stesso modo. Alex era l’unica a sapere tutto quello che provava, che conosceva tutto il suo dolore, che la consolava quando si sentiva triste senza dire niente. A volte non servivano le parole ma bastava solo uno sguardo, per trasmettere tutto il calore e tutto il sentimento che si prova verso una persona.

Hanno viaggiato da per tutto, sono state pure in Europa, ma Sam preferiva i posti caldi, perciò erano ritornate nel sud America.

Si erano fatte un tatuaggio, un falco sulla scapola sinistra che simboleggiava la libertà, la loro libertà. Si sentivano libere, nessuno poteva fermarle, nessuno poteva rovinare la loro libertà. Erano cittadine del mondo, non si sarebbero chiuse in una gabbia come facevano molte persone. Che si costruivano intorno una gabbia senza neanche rendersene contro. Era quella che Sam definiva gabbia d’oro dove si ha tutto ma non si ha la cosa più importante.

 (Una felicità distrutta, rubata,
una felicità che lei aveva perso molto tempo fa…)

 Buttò la sigaretta e la schiacciò con un piede. Poi si alzò piano tenendo ancora stretta la girandola e si diresse verso la macchina dove la stava aspettando la sua amica.

Con un salto raggiunse la portiera chiusa di Alex, che stava leggendo un libro, sbattendo con le mani sul finestrino e sorridendo con una falsa allegria. La bionda fece un balzo quando la sentì arrivare così.

Sam intanto aveva fatto il giro della macchina e si era seduta dalla parte del passeggero.

Alex intanto aveva messo in moto ed ora erano partite di nuovo sulla strada in cui c’erano poche macchine.

Sam aprì il finestrino e mise la testa fuori guardando la strada e tutto ciò che c’era intorno: alberi, macchine, cespugli…

Mise fuori anche la girandola tenendola con una mano e il vento leggero la fece girare dolcemente. Sam sorrise, stranamente in quel momento si sentiva bene, un po’ più serena, un po’ più allegra.

All’improvviso però la girandola le cadde di mano e rimase lì sulla strada. La ragazza rimase con un palmo dal naso e quando vide un’altra macchina che ci passava sopra schiacciandola si sentì triste e quasi in colpa.

Tornò seduta in macchina, rammaricata.

Quella girandola che rappresentava la felicità, la gioia, una girandola che fa venir un certo senso di allegria adesso era lì, in mezzo alla strada, distrutta e rovinata. Una felicità distrutta, rubata, una felicità che lei aveva perso già molto tempo fa, quando era ancora una bambina, quando era troppo presto per sapere che cos’era veramente la vita, quando era troppo presto per dire addio, per piangere, per sentirsi soli. Una felicità che dubitava avrebbe mai ritrovato.

La felicità si può trovare in piccole cose, come il viso di un amico, la lettura di un libro che adori, un film che ti fa sognare, in un bacio, in una carezza, una parola, in un sorriso, in un oggetto.

La felicità è leggera come una piuma, è soffice come una spugna, è fragile come un vetro, è delicata come la pelle di un bambino. La felicità è semplice.

Che cosa c’è da dire sulla felicità? Ha volte credi di sapere cosa sia, ma quando te lo chiedono non sai cosa rispondere, esattamente come sul tempo, sull’amore, sul dolore, sulla morte.

Sono tante le cose che le persone non sanno, non conoscono. Forse potremmo conoscerle sperimentandole sulla nostra pelle.

Tante volte proviamo felicità, amore, gioia, ma altrettante volte proviamo sofferenza, odio, dolore.

Felicità per noi stessi o per gli altri, dolore provocato sulla nostra pelle o nel nostro cuore. Sono tutti sentimenti umani e, anche se certi non li vorremmo provare, purtroppo li proviamo.

A Sam venne in mente quella favola dove c’era un uomo molto ricco che non voleva mai innamorarsi perché pensava che sarebbe diventato stupido e indifeso. Così, con un incantesimo, si è fatto estrarre il cuore e lo ha nascosto in un baule. Un giorno però conobbe una bellissima fanciulla, che voleva a tutti i costi sposarsi con lui. L’uomo però non ne era innamorato, però gli piaceva molto quella fanciulla e gli sarebbe piaciuto sposarsi con una donna bella anche se non l’amava. Così le rivelò il suo segreto e le mostrò il suo cuore nascosto nel baule, ormai diventato brutto e peloso dal tempo. Lui se lo rimise a posto, la fanciulla però non lo ha più voluto sposare così lui l’ha uccisa dicendo: “Mia o di nessun altro”. E poi si suicidò.

Le erano sempre piaciute le favole, sua madre glie ne raccontava tante, quando era piccola, prima di addormentarsi. Le piaceva molto anche guardare i film horror, non le facevano mai paura e di questo lei si stupiva. Non capiva perché non era ancora riuscita a trovare un film che le facesse veramente paura. Forse non erano abbastanza paurosi o forse era lei che era incolume alla paura. In effetti non aveva mai provato paura per qualcosa; forse solo preoccupazione o ansia, ma vera paura proprio no.

Questo le piaceva, non avere paura. Però sapeva che tutte le persone avevano paura di qualcosa, ma lei non aveva trovato ancora qualcosa che la spaventasse.

(Le piaceva il sole,
le piaceva sentire i suoi caldi raggi
riscaldarle il corpo)

All’improvviso si sentì un botto e si vide uscire del fumo grigio dal motore della macchina che si spense e Alex fu costretta a fermarsi a bordo della strada.

Sam uscì dall’auto e aprì il cofano per controllare cosa c’era che non andava, ma fu inondata da un vampata di fumo grigio e puzzolente che le fece lacrimare gli occhi.

Richiuse il cofano, perché lei non ci sapeva fare e disse alla sua amica: “Dovremmo aspettare che passi qualcuno e chiedere aiuto”.

“Sì, ma qui non passa nessuno!” si lamentò la bionda con frustrazione.

Purtroppo aveva ragione, pensò la mora mentre, passandosi una mano tra i lunghi capelli, controllava da ogni parte della strada per vedere se qualcuno arrivava.

Ma era tutto deserto, ci poteva passare perfino una balla di fieno, come nei film western. Mancavano però i cactus.

Non sapevano di preciso quanto tempo fosse passato, sapevano solo che stavano ancora aspettando. Una cosa che odiavano tutte e due, aspettare.

Alex era appoggiata alla macchina con gli occhiali da sole sugli occhi e si guardava intorno un po’ imbronciata.

Sam invece era distesa in mezzo alla strada, il vestito bianco e i capelli sparsi sull’asfalto grigio e le braccia aperte. Se non si vedeva che respirava, si poteva giurare che fosse morta, teneva anche gli occhi chiusi, mentre il sole la riscaldava con i suoi raggi. Le piaceva il sole, le piaceva sentire i suoi caldi raggi riscaldarle il corpo. Ma a volte le piaceva anche la pioggia, le piaceva soprattutto camminare sotto la pioggia.

Dopo quelli che parvero degli interminabili minuti, videro arrivare un tizio dentro una mercedes rossa e Alex andò vicino all’amica che stava ancora sdraiata in mezzo alla strada. Sembrava non essersi accorta che stava arrivando una macchina, ma forse non si sarebbe mossa nemmeno se questa avesse cercato di metterla sotto.

La macchina però si fermò e uscì fuori un ragazzo, che non poteva avere più di trent’anni, con dei capelli castani un po’ scompigliati, una giacca di pelle e dei jeans strappati sulle ginocchia. Portava gli occhiali da sole scuri e fumava una sigaretta.

Si appoggiò alla sua macchina, continuando a fumare, come se niente fosse, come se le ragazze neanche fossero lì. Dal canto suo, Sam continuava a stare sdraiata lì, con gli occhi chiusi, mentre Alex si avvicinò a lui e si appoggiò anche lei alla sua macchina.

“Che cos’à la tua amica?” chiese lui, con fare annoiato e indifferente, continuando a fumare. Aveva fatto la domanda, ma non sembrava importagli molto della risposta.

“E’ morta!” fece Alex scherzando, ma il suo tono non aveva niente di ironico o di scherzoso.

All’improvviso, la ragazza mora, si alzò come obbedendo ad un ordine e aprì i suoi grandi occhi da cerbiatta nocciola.

Il ragazzo buttò via la sigaretta con gesto esperto e disse: “Volete che vi controlli la macchina?”

“Puoi vedere se il motore ha qualcosa che non va?” chiese Alex mentre, il ragazzo si dirigeva verso la loro auto e apriva il cofano. Le due amiche gli si avvicinarono.

“Dovete cambiare la batteria”. Annunciò lui, dopo che aveva messo le mani su qualche pezzo del motore per controllarlo.

“Non partirà mai se non la cambiate”. Continuò il ragazzo mentre si girava verso le due. “Avete bisogno di un passaggio?” chiese infine.

Le due amiche si guardarono poi, la bionda rispose: “Magari! Ci puoi accompagnare fino in centro?”

“Certo!” annuì lui, guardando un punto impreciso della strada. “A proposito, io sono Ed”.

“Io sono Alex” si presentò la bionda, e poi, indicando l’amica. “E lei è Sam”.

Sam non disse e non fece niente. Sembrava ammutolita all’improvviso.

“Non sei una tipa molto loquace, tu”. Notò Ed, ma nemmeno a questa affermazione Sam sembrava reagire.

Sembrava non avesse molta voglia di parlare. Di solito faceva quello che aveva voglia di fare e se qualcuno le dava degli ordini, o non obbediva o lo prendeva a calci.

Il ragazzo accompagnò le amiche fino in città, dove loro poterono chiamare un carro attrezzi che venisse a prendere la loro auto, ma siccome era a noleggio, se ne sarebbero occupati quelli del noleggio.

Durante il passaggio in città, parlarono soltanto Ed e Alex che era seduta accanto a lui, dalla parte del passeggero, mentre Sam sedeva dietro guardandosi intorno con fare annoiato.

Ed sembrava un tipo molto serio, ma era abbastanza simpatico e anche molto carino, ma forse era più carino che simpatico. Peccato però che il suo pensiero di vita fosse: non fare oggi quello che puoi fare domani. Non aveva un lavoro fisso, qualche volta aiutava un amico nella sua autofficina e viveva in quella città da quando suo padre l’aveva cacciato via di casa.

E quella macchina che aveva era un caro regalo di suo zio per il suo diciottesimo compleanno. Non era un gran uomo, suo zio, aveva detto, ma nemmeno suo padre. Sua madre, invece, era morta quando lui aveva solo otto anni, ormai non se la ricordava neanche. Le voleva bene, ma ormai aveva imparato a conviverci.

Arrivarono in città e Ed lasciò le ragazze nei pressi di un piccolo albergo, dove avrebbero trovato un posto per dormire. Cosa che fecero appena uscite dalla macchina e preso le loro robe.

 

 SPAZIO AUTRICE

Allora che ve ne pare?? Sono passati sette anni e ormai Sam e Alex si sono lasciate alle spalle la cittadina dove c’era la chiesa bruciata.

A quanto pare il prete non c’entra niente con i bambini scomparsi, in effetti non era quello il centro della storia. Sam è stata attirata da quei ritagli perché odia le persone che se la prendono con dei bambini innocenti e forse più avanti capirete perché.

E nemmeno la chiesa bruciata ha una risposta.

In effetti perché tutto dovrebbe avere una risposta, perché noi dobbiamo sempre sapere perché le cose accadono. Accadono e basta, è il destino a decidere e l’importante è che sappia lui perché le fa accadere, noi non dobbiamo per forza sapere tutto. Non siamo Dio.

E dopo questi “pensieri profondi” vi lascio e non vi rompo più. Se mi lasciate qualche recensione sarei molto felice non voglio ritrovarmi solo con quella di roxy che per di più è mia amica e quindi è ovvio che recensisca sempre.

Kiss… milly…

  roxy_black: già il destino…uno dei grandi misteri della vita… a volte è inutile ke ci scervelliamo sul perkè accadono certe cose, in fondo è il destino a deciderle… cmq sì eric è un brav’uomo solo ke anke a lui possono capitare dll sfortune ogni tanto… o no?? Alla prossima… kiss

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Capitolo 11
*** Capitolo nove ***


Capitolo nove

(A Sam piacevano molto gli occhi azzurri,
avrebbe sempre voluto averli azzurri,
ma lei ce li aveva nocciola, nocciola come…)

 Una delle cose che a Sam piaceva tanto era stare seduta in un bar a bere qualcosa e osservare la gente che entrava e usciva. Cercava di leggere le loro espressioni, scrutare i loro sguardi, guardare il colore dei loro occhi. La cosa che la attirava di più in una persona era il colore degli occhi.

E adesso, in quel caldo pomeriggio, Alex e Sam erano sedute in un locale a bere della birra e a parlare del più e del meno. Ma da quanto stavano insieme avevano esaurito tutti gli argomenti. Non avevano trovato tante cose in comune, ma forse era proprio questo che le legava, il non avere niente in comune, l’essere diverse. Però una cosa in comune ce l’avevano in comune comunque: entrambe scappavano dalla vita.

“Ma secondo te gli scienziati trovano una risposta per tutto?” chiese Sam all’amica seduta di fronte a lei, mentre si dondolava sulla sedia.

“Non lo so. Come si fa a trovare una risposta per tutto?” fu il commento di questa, mentre beveva l’ultimo sorso della sua birra.

All’improvviso un ragazzo dai capelli neri un po’ lunghi e uno viso spigoloso si girò verso di loro e disse, tutto d’un fiato. “Non ho potuto fare a meno di sentirvi e credo che, anche se gli scienziati trovano delle risposte a un sacco di cose, non possono trovare delle risposte a tutto, come per esempio, alla nostra esistenza”.

Le due amiche lo guardarono meravigliate e quasi arrabbiate che lui si fosse impicciato nella loro conversazione.

“Comunque io sono Jeremy”. Si presentò lui notando l’espressione delle ragazze e tese loro la mano.

Alex però si girò verso l’amica ignorando la mano tesa del ragazzo.

“Jeremy? Non è un nome da gey?” sbottò lei con espressione curiosa e il poveretto, sentendo questo commento ritrasse la mano e si rigirò dall’altra parte.

Sam però, per tutta risposta, scrollò le spalle e tornò a fissare il suo bicchiere.

“Senti, quando vai in cucina, esci subito fuori”. Disse alla fine la bionda e uscì dal locale.

La mora rimase un attimo lì e, capendo le intenzioni dell’amica, lasciò i soldi lì sul tavolo. Aveva capito che Alex voleva che se ne andassero senza pagare.

Prima di uscire, però si avvicinò al ragazzo di prima e gli sussurrò.

“Non penso che tu sia gey. Comunque io sono Sam”.

Lui non ebbe nemmeno il tempo di dire A che lei era già uscita.

Sam però aveva notato che aveva dei profondi occhi azzurri che lasciavano trapelare la curiosità del ragazzo, curiosità di sapere, di scoprire, di conoscere la vita.

A Sam piacevano molto gli occhi azzurri, avrebbe sempre voluto averli azzurri, ma lei ce li aveva nocciola, nocciola come…

 (Le persone non vivono per sempre felici e contenti.
Le persone riescono a malapena a vivere)

 I sogni sono come la carta, la carta può essere tagliata, stracciata, buttata via, bruciata. Anche i sogni, ma se noi sappiamo trattarli con cura, allora, possiamo sognare. Ma solo sognare? I sogni non possono diventare realtà? I nostri sogni e desideri cambiano il mondo. È vero, ma bisogna saperli realizzare.

A Sam ormai sembrava che tutti i suoi sogni si fossero infranti, infranti come la carta bruciata, stracciata. Tanto valeva buttarli in un cestino.

Da piccola aveva un sacco di sogni e diceva sempre che li avrebbe realizzati. Una volta aveva detto che il suo sogno era quello di essere la protagonista di un film horror. Un’altra volta aveva detto che il suo sogno era quello di diventare un’archeologa marina e un’altra volta voleva fare la cantante.

Ma era solo una bambina. Allora non sapeva niente dei sogni, della vita, del mondo. Allora pensava che fosse tutto facile, che fosse tutto come nei film o nelle fiabe. C’era una volta… e vissero tutti felici e contenti.

Ma le persone non vivono per sempre felici e contenti, le persone riescono a malapena a vivere…

Lei voleva avere una vita serena, semplice, voleva sposarsi con un bell’uomo fare con lui tanti figli e avere un bel lavoro. Ma no, non è stato così. Adesso si trovava in quella sperduta cittadina, con soltanto una ragazza sognante a farle compagnia. Ma proprio senza quella ragazza sognante non sarebbe andata da nessuna parte.

Forse soltanto in fondo ad un burrone.

 
All’improvviso videro in lontananza un ragazzo, Ed, che se ne stava appoggiato ad un muro e guardava qualcosa oltre la strada.

Alex gli corse incontro e Sam la dovette seguire.

“Ciao!” esclamò lei guardandolo e sorridendo come una bambina a cui è appena stata promessa una bambola nuova. Si vedeva quanto gli sbavava dietro e a Sam fece un po’ schifo. Non capiva che cosa ci trovasse di bello in lui.

“Ciao”. Salutò di rimando lui voltandosi verso di lei, mentre Sam girava la testa per vedere che cosa stesse osservando prima e notò che, in fondo alla strada, c’erano delle ragazzine, forse appena maggiorenni, che parlavano e ridacchiavano.

“Che ci fate qui?” chiese lui.

“Oh, eravamo solo di passaggio”. Rispose Alex mentre Sam si voltava di nuovo verso di loro, seria. Voleva andare via, non voleva parlare con quel ragazzo.

“Bene. Allora, volete venire a prendervi qualcosa da bere con me?” chiese Ed, sorridendo.

Ma Sam rispose prontamente e con un tono un po’ arrabbiato: “No, abbiamo appena bevuto. Adesso ce ne dobbiamo andare”. E trascinò la sua amica via da lì, mentre lei da lontano, salutava il moro e gli sorrideva.

“Ma si può sapere perché mi hai trascinata via?” le chiese Alex dopo che si furono allontanate, un po’ scocciata.

Sam non rispose, si limitò a continuare a camminare e ad accendersi una sigaretta.

“Oh, va bene, come vuoi, ignorami! Ma così ti togli tutto il divertimento!”

La mora non capiva che cosa c’entrasse il divertimento, ma non glielo chiese, continuò a fumare la sua sigaretta.

 (La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi,
se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce)

Quella sera andarono ad una festa in un pub, dove c’erano la piscina, alcool, sesso e droga.

A Sam non piacevano granché queste feste, ma Alex la trascinò dentro in quel tumulto di persone che ballavano e bevevano. Lei era rimasta all’ingresso, mentre l’amica bionda era già entrata dentro e aveva cominciato a ballare come una pazza.

All’improvviso qualcuno la salutò da dietro le spalle.

“Ciao!”

Lei si girò e vide che era Jeremy, il ragazzo che avevano conosciuto nel bar e che Alex pensava fosse gey.

Un sorriso le uscì spontaneo dalle labbra e lo salutò di rimando. Non capiva perché ma era contenta di vederlo.

“Ciao!”

Lui esitò un attimo prima di chiedere.

“Anche tu a questa festa?”

“Sì, beh, mi ha trascinata Alex… ma tu che ci fai qui? Non sembri tanto tipo da questo genere di feste”. All’improvviso a Sam questa domanda parve un po’ sciocca e offensiva, ma con suo stupore Jeremy non si offese.

“Beh, in effetti non so se mi divertirò. Però un po’ di divertimento non fa mai male a nessuno”.

Sam annuì soltanto, non sapeva che altro dire e si sentì stranamente in imbarazzo.

“Allora…” continuò lui, un po’ esitante. “Ci si vede… in giro…” e se ne andò, sparendo nel tumulto della folla che ballava.

Per quei pochi minuti che aveva parlato con Jeremy, si era dimenticata di tutto, dei suoi problemi, della sua vita, di tutto e si era sentita felice, come se al mondo non ci fossero altre preoccupazioni. Forse la felicità è proprio questo, non una promessa, non un dovere, ma solo qualcosa che ti fa dimenticare tutto.

La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce…

Anche lei decise di unirsi alle persone che si agitavano in un ballo a ritmo di musica pompante e cominciò a ballare sentendo il proprio cuore battere nel petto e il sudore scenderle lungo la schiena.

Si era spinta sul bordo della piscina e all’improvviso tutta quella voglia di ballare, di divertirsi, le era passata e voleva soltanto andarsene. Ma era circondata da troppe persone e non riusciva a passare, tentava di spingersi, ma niente, nessuno la fece passare. Ad un tratto sentì qualcuno che le toccava un braccio e la spinse facendola cadere in acqua con un tuffo, dove c’era già molta altra gente. Per un attimo le mancò il fiato e credeva che stesse per perdere i sensi, ma riuscì ad uscire dall’acqua e tornare in superficie. Ma chi aveva avuto la brillante idea di buttarla in piscina, con tutti i vestiti addosso? Adesso si sarebbe presa un malanno se non si fosse cambiata. Vabbè che faceva caldo.

Uscì fuori dal pub grondante d’acqua e si diresse a piedi fino all’albergo. Era già notte fonda e non c’erano lampioni che illuminassero la strada, solo la luna e le stelle e le luci al neon del pub.

Certo che la gente aveva un bel modo di divertirsi, pensò sarcastica. E se Alex l’avesse portata di nuovo a una festa del genere, l’avrebbe piantata lì e se ne sarebbe andata.

 

 ANGOLO MIO

Allora, che ve ne pare?? Bello?? Buuuuuuuuuh… direte voi… vabbè come volete ma io questa storia la continuerò e vedrete che vi piacerà più avanti. (almeno spero).

Niente… rispondo alle recensioni e me ne vado, comunque speravo di avere un po’ più di recensioni… magari commentate in questo anke se volete solo dire qualcosa di brutto…

Kiss milly…                 

 roxy_black: ciao… beh,nn so ke dirti spero ankio ke vada tutto bene… ma infondo sì ke andrà bene le storie finiscono sempre bene, o no?? Ma… cosa c’entra l’omino bianco… cmq io e teddy (quello di coccolino) ti salutiamo e ti mandiamo un grosso bacio… kiss…

 Vale Lovegood: purtroppo nn posso dirti niente se no rovino la sorpresa, ma ti posso solo dire di nn scartare questa ipotesi… tutto è possibile!!!!!!! Continua a seguirmi e lo scoprirai!!!!! Kiss…

 

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Capitolo 12
*** Capitolo dieci ***


Ricordi

(Credo siano dei segni del destino,
bisogna saperli interpretare, però)

 Si svegliò di colpo. Un altro stupido incubo. Ne faceva molti ormai in quel periodo ed erano tutti più o meno uguali. La cosa peggiore era che risvegliavano in lei tanti di quei ricordi, che se non riusciva a toglierseli dalla testa, si ubriacava finché non si dimenticava completamente tutto.

Guardò nel letto accanto al suo e vide che Alex era profondamente addormentata, forse si era ubriacata l’altra notte.

Sam si infilò le infradito e, ancora con i pantaloncini corti e la canottiera bianca nei quali aveva dormito, uscì dalla stanza e cominciò a passeggiare per la strada.

Ad un tratto giunse in uno spiazzo dove vide dei poliziotti e della gente che guardava qualcosa curiosa.

Si avvicinò anche lei e, facendosi largo tra la folla, vide una gigantesca voragine scavata nel terreno con al centro un gigantesco masso nero con scintille di luce verde; sembrava un meteorite.

Notò poi che accanto a lei c’era Jeremy e gli chiese: “Ma cos’è successo?”

Lui rispose prontamente. “Stamattina hanno trovato questo grosso meteorite che deve essere piovuto dal cielo durante la notte”.

Sam rimase un attimo immobile a fissare il meteorite, perplessa.

“Come meteorite?” chiese poi un po’ confusa.

“E’ strano, sì. Forse ci sarà una pioggia di meteoriti”. Rispose il ragazzo, per niente preoccupato. Anzi, nei suoi occhi c’era una strana luce curiosa e maliziosa.

A Sam tutto quello pareva strano. Certo, di cose strane ne aveva viste, ma un meteorite che pioveva dal cielo così...

“E che cosa ha colpito?” chiese la ragazza, incantata a guardare il meteorite, come del resto tutta la gente che si trovava lì.

“Solo un monumento che si trovava qui”.

In effetti, nella voragine c’erano dei residui di qualche pietra un po’ annerita, ma non si vedeva bene.

“E’ strano!” disse lei a bassa voce ma Jeremy riuscì a sentirla lo stesso.

“Sì, è proprio strano. Ma nella vita accadono sempre cose strane. Credo siano dei segni del destino, bisogna saperli interpretare, però.”

Segni del destino. Si parlava sempre del destino. Sam credeva nel destino, secondo lei tutto quello che accadeva era perché il destino lo decideva, ma se il destino faceva tutto per un motivo preciso, allora qual’era il motivo della caduta di quel meteorite? Che cosa significava? Che presto ci sarebbe stata una pioggia di meteoriti e che tutti dovevano andarsene, per non morire? O magari qualcosa di più complesso, forse il meteorite simboleggiava qualcosa? Che cosa, grandezza, potenza? Qualcosa di grande e potente stava per succedere?

Guardare quel meteorite le metteva una certa inquietudine, sentiva come se dentro ci fosse qualcosa… qualcosa di forte, potente… non riusciva a trovare un nome per questa cosa… forse, magico?

 

Per tutto il giorno la gente non face altro che parlare del meteorite che era precipitato e chiedersi che cosa significasse. Alcuni erano preoccupati, altri semplicemente curiosi.

Anche Sam era curiosa di sapere che cosa significasse quel meteorite, ma non aveva la più pallida idea e non aveva neanche la voglia di rimuginarci sopra. Alex invece lo trovava fantastico e fico, come diceva lei. Ma cosa ci trovasse di fico, Sam non lo sapeva proprio. È stata una fortuna che non fosse precipitato da un’altra parte, come sopra una casa o sopra l’albergo dove si trovavano loro.

Forse significava questo! La morte di qualcuno, ma di chi? Non lo sapeva e Sam non ci voleva pensare. Pensare alla morte era l’ultima cosa che voleva, specialmente a quella di qualcun altro. Se moriva lei non le sarebbe importato molto. Ma non voleva che morisse qualcun altro. Non ora, non così, non lì.

Mentre le due ragazze passeggiavano per la strada e Alex si era fermata a osservare un paio di scarpe da una vetrina, Sam vide uscire Jeremy da un negozio di abbigliamento e gli si diresse incontro, con un sorriso. Di nuovo fu inondata da un senso di felicità.

“Ciao!” lo salutò allegramente.

“Ciao!” rispose di rimando lui guardandola con quei profondi occhi azzurri.

Lei rimase un attimo in silenzio, prima di chiedere.

“Che ci fai qui?”

“Oh, ho appena finito di lavorare. Sai, questo è il negozio di mio padre e con quello che guadagno mi pago l’università”. Rispose lui sorridendo.

“Vai all’università?” chiese lei stupita e ammirata. Le sono sempre piaciuti gli uomini intelligenti, ma anche coraggiosi e forti. E soprattutto quelli che sapevano farla ridere.

“Sì, faccio un’accademia scientifica…” spiegò lui.

“Oh, ecco perché ti affascinano le cose paranormali a cui non puoi dare una risposta”.

Lui rise, come se Sam avesse fatto una battuta però anche Sam si trovò a sorridere insieme a lui. Si sentiva così allegra, così leggera. Sembrava che tutto ciò che l’avesse afflitta sino a quell’istante fosse scomparso. Però sapeva anche che quando Jeremy se ne fosse andato via, tutto il mondo le sarebbe crollato addosso, di nuovo.

“Sì, beh secondo me c’è sempre una risposta a tutto anche se a volte queste risposte sono sbagliate, ma le persone riescono a trovare una soluzione a tutto”. Fece lui e all’improvviso tornarono tutti e due seri. Intanto Alex, che aveva finito di ammirare le scarpe, si era unita a loro.

“Allora, che dicevate?” chiese lei allegramente.

“Niente, devo andare. Ci vediamo ragazze!” le salutò Jeremy e se ne andò. A Sam dispiacque quando lui si fu allontanato.

“Ti piace?” chiese Alex alla mora che stava ancora fissando il punto in cui il ragazzo si era allontanato.

“Cosa? No!” negò prontamente Sam diventando un po’ rossa.

“Sì che ti piace. Ma non puoi trovartene uno un po’ più carino?” le chiese Alex cominciando a camminare a braccetto dell’amica.

“Chi ha detto che non è carino.  E poi a me non importa l’aspetto fisico, l’importante è che sia bello dentro”. Si giustificò Sam. Era vero, a lei non era mai importato molto dell’aspetto fisico di un ragazzo, per lei contava quello che c’era dentro.

“E come deve essere il tuo ragazzo ideale?” le chiese Alex curiosa.

“Vediamo…” cominciò Sam alzando gli occhi al cielo per pensare. “Deve avere i capelli scuri, gli occhi azzurri. Poi deve essere intelligente, coraggioso, forte e deve sapermi far ridere.” Concluse. “Oh, e deve anche essere alto”. Aggiunse infine.

“E’ chiaro che queste caratteristiche coincidano con quelle di Jeremy. Ha i capelli scuri, gli occhi azzurri, è alto, intelligente e forse anche coraggioso. Ma non mi sembra né forte, né divertente”. Le fece notare la sua amica.

Sam però non le rispose. Era vero, Jeremy coincideva con quelle caratteristiche, ma non stava pensando a lui quando le aveva elencate, stava pensando a un altro ragazzo che aveva conosciuto molto tempo fa e del quale si era presa una cotta dalla prima volta che lo aveva visto. Ma Alex non lo poteva conoscere.

 (Sai, è più il fatto che esisti.
Non so se mi spiego)

 Passeggiava sul marciapiede e guardava la gente intorno a lei, fumando una sigaretta. Le piaceva guardare la gente, la trovava una cosa interessante ed era una delle cose che le calmava i nervi e che la aiutava a non pensare.

All’improvviso vide una mercedes rossa parcheggiata in malo modo e il suo proprietario che se ne stava lì, appoggiato come una statua.

“Ciao!” la salutò lui, mentre lei gli passava accanto facendo finta di non averlo visto. Ma evidentemente non aveva funzionato. Lui l’aveva vista.

“Ciao”. Lo salutò di rimando lei debolmente.

“Sai, credevo che il gatto ti avesse mangiato la lingua”. Disse lui sarcastico, ma Sam non riuscì a trovare niente che la facesse ridere in quella battuta. Non perché fosse una critica su di lei, ma perché quel ragazzo non la faceva ridere affatto, nemmeno se fosse il miglior racconta-barzelette della contea. Semplicemente le stava antipatico. Non capiva nemmeno bene il perché, forse erano i suoi modi, forse il suo carattere. E lei, con quelli che non le vanno a genio, non voleva avere niente a che fare.

“Comunque…” proseguì lui vedendo che non gli rispondeva e pensando che avesse di nuovo perso la lingua. “Ti va di venire a casa mia a bere una tazza di thè?”

Sam pensò che una tazza di thè non era proprio quello che le avrebbe potuto offrire e nemmeno sapeva in che casa abitasse, forse una topaia, ma non aveva comunque voglia di venire a casa sua nemmeno se abitasse in una reggia con cinquecento camere e con una ventina di domestici.

“No, grazie!” rifiutò lei e fece per andarsene.

Lui però la prese per un gomito.

“Aspetta! Dai, non essere scortese”. Insistè lui guardandola accigliato negli occhi.

“Ti ho detto di no!” ripeté lei urlando. “E mollami!” e con uno strattone si liberò il gomito.

“Scusa!” si scusò lui frustrato e un po’ arrabbiato. “Ma che ti ho fatto di male?”

Lei ci pensò un po’ su e poi rispose con una luce perfida negli occhi. “Sai, è più il fatto che esisti. Non so se mi spiego!”

E se ne andò.

Poi si rese conto delle sue parole. Ma che aveva detto. È più il fatto che esisti? Ma chi gliel’aveva fatto dire? Le erano uscite spontanee quelle parole, un ricordo le tornò alla mente, ma non voleva ricordare, non voleva ricordare quella persona. Il fatto era che le piaceva tormentare le persone che le stavano antipatiche, anche se non le avevano fatto niente. Era sempre stato un suo difetto.

Ma quelle parole, quelle parole che aveva detto… perché, perché sempre un sacco di ricordi, che voleva cancellare, dimenticare le tornavano sempre in mente e non la lasciavano mai in pace?

 

 SPAZIO AUTRICE

Ciao… eccomi tornata!!!! Lo so che ho aggiornato poco tempo fa, ma mi è venuta voglia di aggiungere anche questo capitolo che mi sembra piuttosto carino e forse capirete un po’ di più chi è Sam… allora, secondo voi chi è il ragazzo a cui pensava Sam quando aveva elencato i tratti che deve avere il ragazzo ideale per lei?? Eh… io non vi dico niente, magari fate voi qualche ipotesi lasciandomi una recensione… e comunque pian piano ci stiamo avvicinando al capitolo clou in cui capirete chi è veramente Sam… kiss milly…

  roxy_black: ciao… sisi… jeremy nel film era interpretato da jasper di twilight… l’attore però si kiama jackson rathbone… spero ti piaccia anke questo cap e credimi sam nn si prenderà il raffreddore, lei è una dura… ma purtroppo devo deluderti perkè jeremy sarà solo di passaggio… (e ki se ne frega come si scrive gay, l’impo è ke si capisca). cmq un bacione anke a te e spero pure io di diventare una grande scrittrice… kiss

 _ki_: ciao… ke bello avere una nuova lettrice… cmq nn sei l’unica a pensare ke sam sia la sorella di james, ma purtroppo nn ti posso dire se hai ragione o no perkè se no rovinerei la sorpresa… posso solo dirti di continuare a leggere e scoprirai ke collegamento c’è tra sam e harry…. Ihihihi… e poi grazie per i complimenti, era proprio mia intenzione rendere questa storia molto misteriosa… e anke se nn hai visto il film nn importa, capisci lo stesso… il film mi è servito solo come spunto… kiss…

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Capitolo 13
*** Capitolo undici ***


Capitolo undici

(Papà lo chiamava piccolo malandrino…)

 
Quando si dice, i segni del destino…

 Era in un bar, seduta al bancone da sola, a bere vodka. Alex l’aveva lasciata nella stanza d’albergo a dormire perché ieri sera si erano addormentate tardi e un difetto di Alex era quello di dormire. Sam non capiva come facesse a dormire così tanto, lei la considerava una perdita di tempo.

“Ciao!” la salutò un ragazzo che le si era seduto accanto.

Lei si girò verso di lui e vide che era Jeremy.

“Ciao!” ricambiò lei, sorridendogli debolmente. Stranamente adesso non si sentiva più felice, come accadeva tutte le volte che lo vedeva.

“Come va?” le chiese.

“Bene!” rispose lei, ma ebbe la sensazione di mentire. In effetti non si sentiva bene, non perché avesse un dolore fisico, ma… non era felice.

“Senti, ti va di venire a casa mia? Ti offro qualcosa se vuoi e magari ci facciamo una chiacchierata”. La invitò lui.

Wow! Un secondo invito in una settimana.

Però a differenza dell’invito di Ed, questa volta non fu subito sul punto di rifiutare subito, anzi decise di accettare. In fondo, aveva voglia di un po’ di compagnia e Alex non era proprio disponibile.

“D’accordo!” esclamò la ragazza e lui le sorrise contento.

“Non ti preoccupare! Pago io!” disse poi Jeremy, accennando al suo bicchiere di Vodka.

Lui pagò e insieme uscirono dal bar.

Con la sua auto, la accompagnò fino a una piccola e graziosa casetta un po’ più fuori dalla città con i fiori sui davanzali e un piccolo comignolo sul tetto.

“Vieni?” le chiese lui invitandola ad entrare.

Lei lo seguì e entrarono dentro.

La casa era tutta al pianterreno, c’era un piccolo salotto con il camino un morbido divano e anche un pianoforte. Poi c’era una cucina luminosa e spaziosa con un tavolo rotondo su cui erano posati dei fiori.

Sam rimase lì a guardarsi un po’ intorno e notò che la casa era in ordine e pulita e profumava di violette e menta.

“Ora ci abitiamo solo io e i miei genitori”. Disse Jeremy rispondendo a una domanda che non aveva espresso a parole.

“Vieni?” ripeté incitandola ad andare avanti in un corridoio su cui c’erano altre porte di legno.

Lei andò avanti e fu attirata da una porta. Si avvicinò per aprirla, ma poi esitò e guardò verso il ragazzo.

“Puoi entrare, se vuoi”. Le disse lui dolcemente.

Lei allora, aprì la porta piano ed entrò quasi in punta di piedi, come se non volesse svegliare qualcuno che dormiva.

Rimase sulla soglia a guardare. La stanza era illuminata solo dalla luce del sole che filtrava dalle persiane chiuse. Però riuscì a vedere un grande letto con le lenzuola fatte, scaffali e librerie pieni di coppe, giocattoli, peluche e libri. I muri azzurri, un grande armadio di legno, una scrivania…

“Era di mio fratello”. Disse Jeremy rispondendo a un'altra domanda muta della ragazza.

Era una bella stanza, ma lei aveva come una strana sensazione. Perché lì non c’era nessuno, perché regnava un silenzio tombale. Se era la stanza di un bambino dovrebbe regnarvi il caos. E invece lì era tutto così perfetto, così orribilmente pulito e ordinato.

Lei andò più avanti avvicinandosi alla finestra.

“Aveva solo dieci anni quando è stato trovato morto in un burrone”. Disse il ragazzo. Nella sua voce non c’era traccia di malinconia o di tristezza, era così impassibile. O aveva imparato a convivere con quella disgrazia o si era costruito uno scudo intorno, per non farsi vedere debole. O forse aveva raccontato quella storia a così tante persone che ormai c’era abituato.

“M…mi dispiace”. Riuscì soltanto a biascicare Sam voltandosi verso il ragazzo.

“Già. Ma ormai ci sono abituato. È mia madre che è rimasta più sconvolta di tutti. Adesso fa finta di niente, ma io a volte la sento piangere e la sorprendo qui dentro”. Disse lui, con aria un po’ più rattristata e Sam si chiese perché stesse raccontando a lei tutte quelle cose. Cosa c’entrava lei? Cosa poteva farci?

Poi si avvicinò al comodino e prese in mano una foto. Un ragazzino pallidoccio, con i capelli spettinati e neri e gli occhi azzurri le sorrideva felice dalla cornice tenendo in mano una palla.

Lei rimase incantata a guardare quella foto.

“Si chiamava Jack, ma tutti lo chiamavano Jim”. Continuò Jeremy e Sam rimase stupita ancora con la foto in mano. “E’ stato terribile, non vederlo più scorrazzare in giro per la casa, non sentirlo suonare il pianoforte anche se a volte sbagliava tutte le note, non vederlo più sorridere. Sai, era un tipo molto sorridente”.

Sam si sentiva il cuore in gola e le lacrime salirle agli occhi. Perché, perché le diceva quelle cose?

“E che guai che combinava! Papà lo chiamava piccolo malandrino!”

Sam non riusciva più a starsene lì, non poteva ascoltare quelle parole che le facevano venire in mente un sacco di ricordi, non voleva ricordare, non voleva pensare.

Mise giù la foto e biascicando un “scusa” se ne andò.

“Ma che ti prende? Che c’è?” le urlò dietro Jeremy ma lei era già uscita. Non capiva che le prendeva, perché all’improvviso fosse scappata così.

La ragazza intanto era già in strada che correva senza fermarsi, asciugandosi le lacrime che le uscivano dagli occhi. Non voleva piangere, non di nuovo, non voleva ricordare quello che per anni aveva cercato di dimenticare. Non voleva cadere di nuovo, non voleva…

(Era un altro segno del destino,
ma cos’altro voleva la vita da lei?)

Si fermò soltanto quando aveva raggiunto il ponte. Guardò giù, oltre l’orizzonte il sole stava ormai tramontando. Perché Jeremy le aveva raccontato quelle cose, cosa significava? Era un altro segno del destino, ma cos’altro voleva la vita da lei? Il vento si alzò e le scompigliò i capelli asciugandole le poche lacrime che erano rimaste.

Basta! Doveva finirla, finirla con tutta quella storia, con tutti quei ricordi che la facevano piangere, che la facevano soffrire.

Guardò giù. Il ponte era alto. Se qualcuno ci cadeva moriva di sicuro. Si schiantava. A meno che non sapesse volare.

Le nuvole si addensarono, una piccola goccia cadde dal bordo del ponte. Sembrava che il tempo stesse mostrando a tutti i suoi sentimenti, le sue emozioni, sembrava che il cielo soffrisse insieme a lei.

Le sarebbe piaciuto potersi fondere insieme a quelle piccole gocce di pioggia, diventare tutt’uno con loro, cadere e poi evaporare e tornare di nuovo in cielo. Passare inosservata, essere una come tante altre.

 Nessuno fa caso all’acqua che evapora dopo le piogge… quando torna il sole… poco importa se anche in quell’acqua  ci sono le lacrime spese a piangere per amore… per dolore… l’acqua evapora… torna nell’aria e torna nei nostri polmoni… respiriamo il vento che ci investe il viso… e le lacrime tornano dentro di noi… come le cose che abbiamo perso… nulla si perde per davvero… ogni secondo che passa… ogni luna che sorge… non fanno altro che dirci… vivi e ama quello che sei… comunque tu sia, ovunque tu sia… guarda in alto… verso il sole… chiudi gli occhi e non stancarti mai di sognare… la vita è troppo breve per non essere felici… insieme…

 Ma Sam ormai aveva perso tutto per essere felice…

 

 SPAZIO MIO

Ciao… allora vi è piaciuto?? Naturalmente se volete lasciare dei commenti potete scrivere una recensione che è sempre molto gradita…

Prima di lasciarvi volevo dirvi che il pezzo finale che ho scritto in corsivo è tratto dal film Ho voglio di te e lo dice Step… qualcuno di voi sicuramente lo sapeva già ma era solo per avvertirvi che non era farina del mio sacco… tutto qui… e non vi preoccupate se ancora non riuscite a capire chi è Sam, manca pochissimo per scoprirlo, basta che continuate a seguirmi… kiss… milly…

 roxy_black: beh certo ke i miei lettori sn intelligenti… cosa credi?? Cmq qual’era l’ultima frase ke ha detto sam? Sai, è più il fatto ke esisti… nn so se mi spiego… era quella giusto?? Beh, ovvio ke era memorabile… ihihihi… alla prossima e speriamo ke ti sia piaciuto anke questo…kiss

  _ki_: una ricerca sul brasile?? Bello, mi piacerebbe andarci un giorno… cmq parlando di sirius, anzi più ke altro dei suoi okki, credo ce li abbia azzurri in realtà perkè se vai su wikipedia c’è scritto ke ce li ha grigi qnd una specie di azzurro kiaro… ma nn posso dirti se c’entra cn la storia, ma qst ormai l’avrai capito da te… ma nn ti preoccupare, ancora un paio di capitoli e cpirai tutto  quindi la tua agonia nn durerà ancora x molto…kiss e alla prossima…

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Capitolo 14
*** Capitolo dodici ***


Capitolo dodici

(Noi siamo così perfette.
Immacolate).

 Un’altra settimana solitaria è passata. Come tutto su questo mondo. È solitario. Semplicemente solitario.

E Sam si sentiva sola. Le mancavano tutte quelle cose che aveva fatto da giovane, da bambina. Le mancavano quelle persone, quelle avventure, quegli abbracci, quelle carezze.

 
Stava passeggiando sul bordo della strada come una vagabonda. Ma era quello che si sentiva, una vagabonda, una cittadina del mondo. Ma il mondo era la sua gabbia. La sua gabbia d’oro.

All’improvviso vide un’auto, una mercedes rosso fuoco che sfrecciava accanto a lei e poi fermarsi qualche metro più in là dalla ragazza.

Si avvicinò buttando via la sigaretta che stava fumando e si appoggiò alla portiera della auto che aveva il tettuccio aperto.

“Ciao!” la salutò Alex che si trovava sul lato del passeggero e accanto a lei, al volante c’era Ed, con gli occhiali scuri sugli occhi.

“Ciao!” ricambiò Sam.

“Ti vuoi unire a noi?” le chiese la bionda con fare annoiato.

Sam attese prima di rispondere, in modo acido.

“No che non mi voglio unire a te e allo sfigato che c’è con te”.

Non voleva parlare in modo rabbioso con Alex, ma le uscì spontaneo.

“Senti…” cominciò Alex, anche lei in modo rabbioso. “Mi sono stancata dei tuoi modi. Sei sempre lì a piangerti addosso, a dire quanto fa schifo la vita. Se proprio ti sei stancata di vivere buttati giù da un ponte. Ma la vita non è solo dolore e tristezza e depressione. Ci sono un sacco di cose belle, basta solo cercarle. La vita è breve per non essere felici e… ah ma perché perdo tempo con te!”

Sam la guardava meravigliata.

“Sto cercando di dirti…” continuò la bionda. “Che dovresti imparare a lasciarti alle spalle il passato e imparare ad andare avanti. Non è poi così difficile”. Fece una pausa, poi proseguì. “Penso che le nostre strade qui si dividano”.

“Che intendi dire?” le chiese Sam meravigliata e preoccupata.

“Che è ora di finirla!” le rispose Alex, poi in tono più dolce. “Le nostre strade ora si dividono. Tu vai per la tua e io per la mia. Ma non sto dicendo che la nostra amicizia sia finita, io ti terrò sempre nel mio cuore. In fondo sei stata una persona importante nella mia vita. Ma a volte arriva il momento di staccare la spina e per noi quel momento è arrivato, adesso. E dovresti farlo anche tu”.

“Ma io cosa faccio senza di te?” chiese Sam triste.

“Qualsiasi cosa! Tu puoi fare tutto se solo ci credi”. Le accarezzò un braccio. “Noi siamo così perfette”.

“Immacolate”. Aggiunse la mora.

Ed premette sull’acceleratore e si allontanarono. Ma avevano fatto solo pochi metri che una macchina sbucò all’improvviso e a tutta velocità andò a sbattere contro la Mercedes dove si trovavano Ed e Alex colpendo proprio la parte dove stava seduta la ragazza.

Il ragazzo riuscì ad uscire dall’auto. A parte il sangue che gli usciva un po’ dalla testa, per il resto sembrava incolume.

Sam che aveva assistito a tutta la scena, si portò le mani alla bocca. Le gambe cominciavano a cederle facendola cadere in ginocchio, gli occhi che le si riempivano di lacrime, paura e incredulità, il cuore che le batteva in gola a ritmo frenetico quasi le volesse uscire dal petto, la bocca contorta in un urlo che non le uscì mai dalle labbra.

 (Quando la morte ci sorride non possiamo
far altro che sorriderle di rimando)

 È incredibile come la vita a volte ti può fregare. Per ogni persona c’è una strada diversa e il destino ci fa scegliere quale prendere, ma a volte non ci lascia neanche la possibilità di scegliere. Poi queste strade si incrociano con quelle di un'altra persona e allora non siamo più soli, sappiamo che avremo sempre un amico accanto. Ma, sempre per colpa del destino, arriva il momento in cui queste strade si devono separare, in un modo o nell’altro e ti ritrovi di nuovo da solo, ti sembra che tutto il mondo ti sia crollato addosso.

Tutti moriamo prima o poi. E anche se noi cerchiamo di evitare in tutti i modi la morte di qualcuno non ci riusciremo mai, perché se una persona deve morire, deve morire e basta. Non possiamo sfuggire dalla morte e non possiamo nemmeno evitarla a qualcuno. Quando la morte ci sorride, noi non possiamo far altro che sorriderle di rimando.

E allora sappiamo che la nostra strada si è interrotta, che non potremo più andare avanti, anche se vorremmo proseguire.

Il nostro viaggio si è fermato, il nostro treno è giunto a destinazione, ora possiamo scendere. O magari partire…

Ma quando scendiamo significa che è tutto finito, che il nostro viaggio è terminato, che il nostro tempo è finito.

La vita è piena di emozioni, belle e brutte, di gioia, felicità, allegria, amore, ma anche odio, dolore, sofferenza, tristezza. Dobbiamo saper godere dei primi e affrontare a testa alta gli ultimi. Ma dobbiamo saper vivere. Perché la vita è troppo breve per non essere felici… anche se la vita, a volte ci toglie tutto e ci rintaniamo in noi stessi, nel nostro guscio, non vogliamo più parlare con nessuno, non abbiamo voglia di fare più niente. Vorremmo solo morire. Siamo vivi ma ci sembra di essere morti, morti dentro. E allora che senso ha vivere? Che senso ha tutto ciò?

Per alcuni la vita è così bella, così facile, ma per altri è così dura, così complicata.

Piangere non serve a niente, le lacrime sbiadiscono i ricordi, sbiadiscono le immagini, ma non le cancellano. Non si può dimenticare qualcosa che è veramente importante.

Cadiamo in un abisso, in un nulla eterno e profondo e intorno è tutto buio, non vediamo niente. Un pozzo buio e profondo.

 Basta però guardare in alto per vedere un po’ di luce, un po’ di sole e una mano tesa ad aiutarci. Anche quando le carte sono state giocate tutte, anche quando pensi di non riuscirci. Ma basta la speranza, credere che tutto si risolverà. Allora la vedi, la vedi quella mano che si tende ad aiutarti e a tirarti su.

 (…e non puoi neanche
riportare indietro la mia amica).

 Sam camminava a testa bassa sul marciapiede, dove non c’era quasi nessuno. Non le importava della gente che passava, non le importava più di nulla ormai. Perché le sarebbe dovuto importare di qualcosa che non aveva più.

Si avvicinò a una vetrina e notò un manichino che indossava un vestito che avrebbe fatto invidia ad una principessa che possedeva i vestiti più belli di tutto il mondo.

Era lungo che strisciava anche un po’ per terra, senza spalline, cucito in modo che sembrasse avere delle scaglie verdognole. Sam se lo immaginò addosso. Quanto le sarebbe piaciuto, ma non si poteva permettere neanche quello. E poi per cosa lo avrebbe indossato? E per chi?

Poi vide uscire Jeremy dal negozio e avvicinarsi a lei con un sorriso.

“Ti piace?” le chiese notando che guardava il vestito ammirata.

Lei annuì debolmente.

“Senti…” cominciò lui un po’ imbarazzato. Non sapeva come cominciare con quel discorso. Non sapeva come l’avrebbe presa la ragazza. Perdere un’amica era la cosa più terribile che potesse capitare ad una persona.

All’improvviso però si sentì il rombo di una moto e tutti e due si girarono verso la strada. Videro Ed fermarsi con un piede a terra e togliersi il casco.

“Mi dispiace per la tua amica”. Disse lui.

Che faccia tosta, pensò Sam. Certo la macchina non ce l’aveva ma in compenso aveva una moto e la faccia tosta non gliela levava nessuno.

“C’è qualcosa che posso fare per te?” le chiese in tono che sembrava triste e dispiaciuto ma che a Sam parve talmente falso che le venne la nausea.

“Non saprei… riportami indietro la mia amica oppure comprami quel vestito”. Disse lei in tono arrabbiato e frustrato, guardandolo in viso. Non piangeva e non voleva piangere. Era stufa, ormai aveva pianto tutte le lacrime.

“Non me lo posso permettere”. Disse Ed in tono ancora più dispiaciuto e falso.

“Già… e non puoi neanche riportare indietro la mia amica”. E dicendo questo in tono sprezzante, Sam se ne andò lasciando lì i due ragazzi.

Jeremy e Ed si guardarono negli occhi con sguardo di sfida, poi Jeremy diede una testata a Ed talmente forte che lo fece cadere a terra svenuto. E si allontanò anche lui soddisfatto e sorridente.

Sam si sentiva così impotente, così frustrata, così arrabbiata col mondo intero. Aveva voglia di spaccare tutto, ma si conteneva. Almeno le era rimasto ancora un briciolo di lucidità per non dare di matto.

 

ANGOLINO MIO

Mi sa che la povera Sam la sto facendo soffrire come un cane…

Vabbè, non vi preoccupate… arrivano per tutti i momenti felici, quelli in cui sembra tutto risolversi alla fine, quindi quei momenti arriveranno anche per Sam.

Mi raccomando, non perdetevi il prossimo capitolo perché ci sarà la svolta… finalmente capirete bene chi è Sam… e mi raccomando, ricordatevi di lasciare anche una recensione.

Kiss…

 roxy_black: non direi proprio di essere sadica e nn faccio mai soffrie i miei protagonisti, almeno anke se li faccio soffrire alla fine sono di nuovo felici…ihihihih… continua a seguirmi kiss
 _ki_: sn contenta ke la storia ti piaccia e spero ke continui a piacerti… cmq resta pure della tua convinzione, tanto nel prossimo capitolo scoprirai tutto… e sn contenta anke ke la tua ricerca sia andata bene…kiss…milly…

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Capitolo 15
*** Capitolo tredici ***


Capitolo tredici

N.B. vi consiglio di leggere questo capitolo ascoltando Sally di Vasco Rossi

(Un vestito principesco,
per una piccola principessa.)

 Entrò nella sua stanza d’albergo e trovò un vestito coperto da una busta di plastica sul suo letto. Era quello che aveva visto in vetrina del negozio dove lavorava Jeremy.

Si avvicinò e vide che sopra c’era un biglietto che diceva: “Un vestito principesco, per una piccola principessa”. E poi una firma: Jeremy.

Mise giù il biglietto e prese in mano il vestito. Era ancora più bello visto tra le sue mani.

(E’ troppo facile farla finita.
No, se sei troppo codardo per farlo. E io lo sono)

 Sedeva sul ponte con le gambe scalze penzoloni. Era alto si e no trenta metri, ma non le faceva mica paura l’altezza. Il sole stava tramontando, un altro giorno stava per finire. Il vento le scompigliava i lunghi capelli scuri e il vestito lungo che aveva ricevuto in regalo da Jeremy.

In mano teneva una sigaretta e guardava un punto dell’orizzonte. Era bello vedere come i raggi del sole al tramonto dipingevano il cielo di rosso e arancione, quasi dorato.

Una macchina si fermò dietro di lei, ma lei non ci fece caso, nemmeno quando Jeremy le si avvicinò.

Lei continuò a fumare, tutti e due in silenzio.

“Mio fratello James è morto quando avevo diciassette anni e da allora niente è stato più lo stesso”. Disse lei ad un tratto, in tono neutrale quasi fosse abituata a raccontare quella storia a tutti, invece lui era la prima persona a cui lo raccontava, dopo Alex. Non capiva da dove venisse tutta quella voglia di confidenza, forse perché lei e Jeremy soffrivano per la stessa cosa.

“Niente rimane lo stesso quando una persona muore”. La consolò lui guardando per terra.

Lei inspirò un’altra boccata di fumo dalla sigaretta e proseguì.

“Darei di tutto pur di tornare indietro”.

“E invece il tempo è l’unica cosa che non si può controllare”.

“La mia vita non ha più un senso, non so più che fare. Allora mi sembrava tutto un sogno, ero così felice, ma questa felicità è andata a sfottersi ed è da dieci anni che scappo dal passato, dalla mia vita, per non dover rivivere quei ricordi, per dimenticarli, per cancellarli”.

“Non credi che sia ora di smettere di scappare?” le chiese lui.

Sam, per tutta risposta buttò via il mozzicone di sigaretta e disse:

“Sai, se decidessi di buttarmi giù da questo ponte, come ho fatto con questo mozzicone di sigaretta, beh, non so dirti di preciso che cosa succederebbe. Mi schianterei al suolo, mi ridurrei in tanti pezzettini e polvere, diventerei un tutt’uno con il suolo e con i sassi. E di me non rimarrebbe niente, solo polvere e ossa, non ci sarebbe nemmeno il ricordo di me, perché ormai non c’è più nessuno che mi possa ricordare. Ormai sono rimasta sola, sola in questo mondo dimenticato da Dio, in questo mondo che ormai è andato a puttane e qualsiasi cosa io faccia, non potrebbe cambiare niente, niente più cambierà. Niente. Io sono niente, nessuno mi conosce, nessuno mi pensa, nessuna piangerà per me. Perché allora sono qui? Perché il destino non si è preso anche me? È crudele, il mondo è crudele. Quasi invidio mio fratello, che se ne è andato e non deve vedere la sofferenza che c’è qui. In questo mondo di merda”.

“Sbagli. La vita è piena di sorprese, di cose belle, basta guardarsi intorno, non è sempre tutto perduto…”

“No, sei tu che sbagli. Cosa faresti se tutto ciò per cui ha un senso vivere, per cui tu daresti anche la vita, se ne va, lasciandoti da solo, a combattere contro il dolore, la sofferenza, la solitudine. No, è inutile, è inutile continuare a combattere quando si sa che hai perso, è solo una sofferenza inutile, continuare a vivere”.

“Ma c’è sempre qualcosa che si può fare. Basta continuare a sperare…”

“Ho già sperato anche troppo, ormai è morta anche quella. Tutto, qui è morto. L’unica cosa che adesso mi rimane da fare è saltare giù da questo ponte e farla finita, è inutile che io continui a esistere, sarebbe solo uno spreco, una perdita di tempo. La vita mi ha già tolto molto è ora che mi tolga di mezzo anche io. Nessuno mi impedisce di buttarmi giù”.

“Ma non puoi farlo sul serio, non puoi farla finita così. Sei giovane, hai ancora tempo per…”

“Per cosa? Rimediare? E a che cosa?”

“La vita è preziosa. Non puoi sprecarla così…”

“Forse sono troppo codarda per farlo. Non sono coraggiosa come mio fratello. Lui si è sacrificato per qualcun altro, ha fatto la sua scelta, è morto per salvare qualcun altro. Volevo esserci io al posto suo”.

“E allora non pensi che dovresti vivere per lui? Lui non lo vorrebbe…”

“Che ne sai che cosa vorrebbe? Nessuno ormai sa che cosa vorrebbe dato che è morto!”

“Ma tu lo ricordi ancora. Finché lo ricorderai non sarà morto… non è tutto inutile…”

 “La mia vita è già inutile”.

“E’ troppo facile farla finita”.

“No, se sei troppo codardo per farlo. E io lo sono”.

 (Tutti hanno dei momenti di codardia,
fa parte dell’essere umano)

 Camminava nel vento pungente di metà febbraio. Ma non era di certo il vento a darle fastidio. 

Era tornata a casa, quella era la sua casa. In fondo ne aveva sentito molto la mancanza. Aveva tentato di scappare da tutto e tutti e ora si era ritrovata di nuovo lì, in quella città, in quel mondo che era uno dei luoghi in cui aveva vissuto i suoi sogni, le sue avventure.

Quei negozi pieni di oggetti magici, passava vicino alle vetrine e si ricordava che lì ci era stata, molto tempo fa e che allora era tutto più semplice, non c’erano tutti quei problemi, non c’era motivo di scappare. E poi perché scappare? Solo i codardi lo fanno e lei non era mai stata una codarda, ma in quel momento, purtroppo lo è stata anche lei. Tutti hanno dei momenti di codardia, fa parte dell’essere umano.

Ora, si trovava di nuovo lì. Alla fine è stato inutile scappare.

Sapeva quello che doveva fare, quello che forse avrebbe dovuto fare anni fa, ma non lo aveva fatto per un momento di debolezza. Si era voluta prendere una pausa, un distacco.

Per prima cosa sarebbe andata lì, nel posto dove tutto era finito, doveva incontrare una persona, doveva salutarlo, doveva dirgli tutto quello che avrebbe voluto dirgli tantissimo tempo fa.

E ora, mentre camminava mimetizzandosi con tutta quella gente intorno a lei pensava a cosa dirgli. I capelli sempre sciolti per essere accarezzati dal vento. Aveva soltanto un vestitino nero attilato che le arrivava alle ginocchia, un copri-spalle abbinato e un paio di stivali col tacco che le arrivavano al di sotto del ginocchio. Ma non aveva freddo, forse perché era abituata al freddo e al vento tipici di Londra. Forse era per questo che le piacevano di più i posti caldi. Perché non c’era freddo.

Arrivò davanti ai cancelli del cimitero, ma esitò un attimo prima di entrare. Forse non era pronta a rivivere tutto, a ricordare tutto. Ma chi se ne frega, aveva aspettato anche troppo! È arrivato il momento di mettersi il cuore in pace.

Aprì il cancello su cui era scritto: Godric’s Hollow Cemetery ed entrò.

Sapeva dove doveva andare, c’era stata soltanto una volta, più di dieci anni fa, ma se lo ricordava perfettamente. E in fondo, come poteva dimenticarsi l’esperienza più brutta di tutta la sua vita.

Cominciò a camminare un po’ timorosa in mezzo a quelle bare, quelle statue e quelle croci. Non le erano mai piaciuti granché i cimiteri, le mettevano su inquietudine.

E poi la trovò, la tomba che cercava.

Si avvicinò lentamente, non c’era nessuno intorno, almeno, non c’era anima viva.

Si sedette sopra la tomba di marmo e rimase un attimo in silenzio prima di cominciare a parlare.

“Ciao fratellone. Eccomi qua! Credevi che non sarei mai venuta, vero?” cercava di essere allegra, perché sapeva che suo fratello non avrebbe voluto vederla piangere, che vorrebbe che lei fosse felice, ma il tono di voce le uscì tutt’altro che felice.

“Mi manchi tantissimo lo sai? Mi mancano le nostre scorazzate in giro per la città e tutte quelle cose che facevamo insieme. Ti ricordi il nostro cavallo? Aveva un bellissimo manto colore cioccolato e noi lo chiamammo Chocolate e lo cavalcavamo sempre, facevamo sempre le corse coi cavalli. Io mi divertivo così tanto. E ti ricordi anche quando abbiamo visto quel film d’amore che a me era piaciuto tanto in cui la protagonista si chiamava Sally ed era bellissima e a me sarebbe tanto piaciuto essere come lei. E tu allora hai detto che io ero ancora più bella di lei e hai cominciato a chiamarmi Sally e mi hai dedicato la canzone Sally, di Vasco Rossi, te lo ricordi vero?” alcune lacrime le affiorarono agli occhi ma lei le ricacciò indietro. Poi riprese, con voce spezzata. “Guardavamo sempre i film horror insieme e io mi tenevo così stretta a te perché mi sentivo al sicuro, protetta. Erano i momenti più belli di tutta la mia vita. Starti vicino, sapere che eri sempre lì, accanto a me, che mi proteggevi. Perché io ti volevo bene e te ne voglio anche adesso, ma tu sei così lontano. E poi, prima del tuo matrimonio, ci siamo messi sotto le stelle a guardare il cielo e tu hai detto che la stella più luminosa l’avresti chiamata Sally così che io tutte le volte che mi sentivo sola e triste avrei soltanto alzato lo sguardo, avrei visto quella stella e avrei saputo che tu eri sempre vicino a me, che non mi avresti mai lasciata sola. Ma il fatto è che adesso mi sento così sola, così triste e tu mi manchi tanto”. Una lacrima solitaria le scese per la guancia, ma lei la asciugò con la manica. “Vorrei poterti abbracciare di nuovo, vorrei poterti stringere e fare di nuovo le corse coi cavalli, scorazzare in giro, giocare a Quidditch”. Fece una pausa e poi riprese. “Eri il migliore. Eri il migliore fratello del mondo e sono sicura che saresti stato anche il papà migliore del mondo. E lo so che forse tu ti aspettavi che io mi prendessi cura di tuo figlio, ma avevo solo diciassette anni e andavo ancora a scuola e… ed è stato tutto così… così orribile. Non sai che cosa darei per tornare indietro, per correggere i miei errori, per non rifare gli stessi sbagli. Ma forse posso fare qualcosa adesso, insomma, meglio tardi che mai, no? Tu dicevi sempre di guardare avanti, qualsiasi cosa accada, guarda avanti e a testa alta. Adesso io voglio fare così. Andrò avanti e farò quello che avrei dovuto fare molto tempo fa. E perdonami se non sono stata una brava sorella, se forse avrei potuto fare qualcosa e che invece non ho fatto”. Si asciugò un’altra lacrima, quando all’improvviso cominciarono a cadere delle gocce dal cielo grigio e nuvoloso. “Ciao James. Ti voglio bene”.

Infine, dopo aver accarezzato la scritta James Potter sulla tomba, si alzò quando ormai la pioggia si faceva sempre più fitta. Cominciò a camminare per ritornare al cancello e uscire dal cimitero.

Intorno a lei era tutto silenzioso, si sentiva solo il rumore sei suo passi sul selciato e della pioggia che continuava a cadere bagnandole il viso e i capelli e tutto e lacrime cominciavano a scenderle mescolandosi con la pioggia e bagnando i suoi grandi occhi nocciola… e pensava…

 Sally cammina per la strada senza nemmeno guardare per terra, Sally è una donna che non ha più voglia di fare la guerra, Sally ha patito troppo, Sally ha già visto che cosa ti può crollare addosso, Sally è già stata punita per ogni sua distrazione, debolezza, per ogni candida carezza, tanto per non sentire l’amarezza

 Sam camminava sulla ghiaia, camminava ma non guardava, non guardava da nessuna parte. Si sentiva così stanca, non aveva più voglia di fare niente, non aveva voglia di combattere per qualcosa che ormai aveva perso. Ha già sofferto troppo, non le andava di soffrire ancora, si sentiva già il mondo intero crollarle addosso. La vita l’aveva punita anche troppo, per tutti i suoi errori, per tutti i suoi sbagli.

 Senti che fuori piove, senti che bel rumore. Sally cammina per la strada sicura senza pensare a niente, ormai guarda la gente con l’aria indifferente. Sono lontani quei momenti, quando lo sguardo provocava turbamenti, quando la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia, sopra la follia.

 Intanto continuava a piovere e il rumore della pioggia la faceva rilassare, la faceva smettere di pensare. Continuava a camminare e non pensava a niente. Non c’era nessuno intorno a lei, ma anche se ci fosse stato qualcuno non le sarebbe importato. Ormai non le importava più della gente che passava. Ormai quei bei momenti felici che aveva vissuto, in cui aveva fatto tutte le cose più belle che si possono fare nella vita, erano così lontani. Sembrava tutto così lontano, quando uno sguardo ti rendeva felice, quando stavi con gli amici e quando ridevi con loro e ti divertivi.

Senti che fuori piove, senti che bel rumore. Ma forse Sally è proprio questo il senso, il senso del tuo vagare, forse davvero ci si deve sentire alla fine un po’ male.Forse alla fine di questa triste storia qualcuno troverà il coraggio per affrontare i sensi di colpa e cancellarli da questo viaggio per vivere davvero ogni momento  con ogni suo turbamento e come se fosse l’ultimo.

 La sua vita è diventata solo un continuo vagare e che senso ha avuto? Si sentiva ancora male, ma forse è questo che la vita ha voluto da lei, che alla fine si sentisse male. Forse, quando tutto questo sarà finito, quando non ci sarà più tristezza in giro, qualcuno saprà come affrontare tutto ciò che di brutto è accaduto nel mondo e sconfiggerà i sensi di colpa. E allora si potrà ricominciare a vivere e vivere ogni giorno della vita come se fosse l’ultimo, godendone a pieno.

 Sally cammina per la strada leggere, ormai è sera, si accendono le luci dei lampioni, tutta la gente corre a casa davanti alle televisioni. Ed un pensiero le passa per la testa, forse la vita non è stata tutta persa, forse qualcosa s’è salvato, forse davvero non è stato poi tutto sbagliato, forse era giusto così, forse ma forse ma sì.
Cosa vuoi che ti dica io, senti che bel rumore.

 Sam camminava sotto la pioggia leggera, si sentiva leggera, ma allo stesso tempo pesante come se trasportasse un grosso peso con sé. Ma forse non tutto quello che ha fatto, quello che le è successo è stato sbagliato, forse doveva finire così, forse alla fine tutto si sistemerà, forse… forse la pioggia cancellerà tutto e si potrà ricominciare a vivere.

Ascolta…

La pioggia…

 

SPAZIO AUTRICE

Ebbene sì ragazzi… la nostra cara Sam è la sorella di James Potter come forse alcuni di voi avranno già capito… e secondo voi cosa succederà adesso?? Lo saprete solo se continuate a seguirmi e se recensirete in tanti, tanti e tanti…

Io ringrazio anticipatamente chi leggerà questa storia e ringrazio anche Vasco Rossi per la bellissima canzone Sally che mi ha fatto da colonna sonora e mi è servita da ispirazione del capitolo…

Adesso vi lascio e ricordatevi di lasciare un commento… kiss… milly…

 _ki_: ciaooooooo…. Eh sì a quanto pare tu avevi indovinato riguardo a Sam…cmq anke a me stava antipatico Ed per questo l’ho fatto pikkiare da jeremy… e invece per Alex di spiace anke a me ma in qualke modo dovevo farla andar via perkè adesso per Sam sta per iniziare una nuova vita, senza Alex… e nn ti preoccupare vedrai ke tornerà felice anke lei e devi ancora vedere con ki… ihihihi… kiss… alla prossima…milly…

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Capitolo 16
*** Capitolo quattordici ***


capitolo quatordici 1

                                                                              (E’ incredibile…

come cambiano le cose…)

Si allontanò dal cimitero e si diresse verso un pub vicino a Diagon Alley. La prima fase del suo progetto era fatta; non era stato poi così terribile. Adesso bastava andare avanti.

Entrò nel pub completamente zuppa d’acqua mentre fuori pioveva ancora e si sedette al bancone.

Un uomo dai capelli biondo cenere dall’aria un po’ trasandata nonostante sembrasse ancora molto giovane e attraente le chiese: “Cosa vuole?”

Lei tenendo sempre lo sguardo basso rispose: “Una vodka!”

Ad un tratto però una scintilla le comparve nella mente, un ricordo. Quella voce le sembrava già di averla sentita da qualche parte e anche quel viso e quello sguardo non le erano sconosciuti.

Lo stesso sembrava averlo pensato anche quell’uomo perché, quando lei tirò su lo sguardo per vederlo meglio, lui la stava fissando e i suoi occhi nocciola si scontrarono con quelli castano dorati dell’uomo. Un momento… occhi dorati?

“Remus!?” esclamò all’improvviso la ragazza.

“Samantha!?” anche lui sembrava averla riconosciuta.

I due rimasero a bocca aperta. Certo che non si aspettavano di incontrarsi proprio lì. E così…

“WOW! Che ci fai qui?” gli chiese lei sorpresa, ma contenta di vederlo. Era da tanto tempo che non si vedevano, da quando lei aveva deciso di andare via.

“Beh, come puoi vedere, ci lavoro. Ma tu? Non te n’eri andata?”

Le stava sorridendo, quel sorriso dolce che solo Remus poteva avere, che solo lui sapeva regalare alla gente, quel sorriso che a Sam era sempre piaciuto.

“Io? Beh, ho deciso di tornare”. Gli rispose lei semplicemente. “Mi era mancato il Mondo Magico e stare tra i Babbani mi aveva stufato”.

Lui la guardò dolcemente.

“Sei fradicia”. Le disse piano notando che aveva tutti i capelli bagnati.

“Oh, ho camminato sotto la pioggia. Mi piace. Ma non importa”. Si giustificò lei. Di sicuro essere completamente bagnati a metà Febbraio non era la cosa migliore, ma a lei non importava molto.

“Che cosa ti ha riportata qui?” le chiese il licantropo distogliendo lo sguardo dal suo viso, nel quale si stava quasi incantando.

“Una persona. Voglio fare quello che avrei dovuto fare molto tempo fa”. Rispose lei malinconicamente. Fra i due cadde il silenzio, poi Remus le chiese un po’ titubante: “Harry? Il figlio di James?”

Lei trasse un profondo sospiro e rispose: “Sì. È a Hogwarts, vero?”

“Sì” rispose Lupin. Poi aggiunse: “L’anno scorso ho incontrato Sirius Black” ha questo nome Sam strabuzzò gli occhi, ma lasciò che l’amico proseguisse: “E’ scappato da Azkaban e adesso si sta nascondendo da qualche parte. Non è stato lui a tradire James e Lily, ma Peter Minus. Alla fine James ha scelto lui anziché Sirius perché pensava che non avrebbero mai capito che fosse il piccolo Minus e invece…” Remus si interruppe e la ragazza disse guardando un punto impreciso del bancone:

“L’ho sempre saputo. Me lo sentivo che non poteva essere stato Sirius. Lui e James erano così legati, erano come fratelli. Sirius non sarebbe mai stato capace di una cosa simile”.

Remus annuì semplicemente, con sguardo vacuo.

“Harry, lo sa?” chiese poi Sam.

“Di Sirius? Sì e gli vuole bene. Ma non sa niente di te e non so come la prenderà, però forse sarà contento di venire a vivere con te. Odia i Dursley e loro non è che lo trattino bene. A proposito qualcuno lo ha iscritto al Torneo Tremaghi”.

“Come qualcuno?” chiese Sam strabuzzando gli occhi.

“Ha solo quattordici anni e non può partecipare chi ne ha meno di diciassette, però qualcuno ha iscritto lui. Non si sa chi, ma chi lo ha fatto non ha buone intenzioni”.

Sam rimase un attimo perplessa.

“Ma è pericoloso”. commentò alla fine la ragazza.

“Sì, ma a Bourty Crouch interessano solo le sue regole”. Le rispose il licantropo.

Sam sbuffò, poi chiese preoccupata: “Tu stai bene, Monny? Non hai una bella cera, la luna piena non ti fa bene, eh?”

Lui le sorrise e rispose: “Tranquilla, sto bene. E tu Sam? »

« Sì ! » mentì la ragazza. Non era vero, non stava granché bene. Ma avrebbe cercato di dimenticare tutto quello e di andare avanti.

“Senti…” cominciò Remus. “Se vuoi andare ad Hogwarts, ti posso accompagnare. Harry mi conosce, quindi forse…”  

“No, non serve! E poi ci andrò fra qualche giorno, prima pensavo di sistemare un po’ la casa dei miei genitori e poi di andare a trovare la mamma in ospedale, sai…”
Remus annuì semplicemente e i due rimasero di nuovo in silenzio. Poi il licantropo le disse dolcemente spostandole una ciocca di capelli dagli occhi.

“Sai, non sei cambiata molto, a parte le lentiggini… non ne avevi così tante da piccola”.

Sam sorrise. Era sempre così dolce Moony, sapeva sempre trovare le parole giuste per raddolcirti e consolarti, era come il miele.

“Da piccola. Già tu mi conosci da quando avevo otto anni”. Gli ricordò lei.

“Me lo ricordo la prima volta che sono venuto a casa tua”.

Lei rise ricordando i bei momenti passati. “Già tu James, Sirius e Peter ne avete combinate di tutti i colori”.

E si misero a ridere di nuovo.

“E’ incredibile…” commentò alla fine Remus, tornando serio.

“Come cambiano le cose…” aggiunse Sam.

“A proposito, la vuoi ancora la Vodka?” le chiese poi il licantropo ricordandosi che lei aveva fatto un ordinazione.

“Oh, no grazie. Mi è passata la voglia. Forse è meglio se adesso vado!” rispose lei alzandosi dalla sedia.

“D’accordo. Allora, ci vediamo”. La salutò Lupin.

“Sì, sai dove trovarmi”.

E così dicendo la ragazza uscì dal locale nell’aria pungente dell’inverno. Per fortuna che aveva già smesso di piovere.    

(Penso che debba tenerlo tu…)

Era passata una settimana da quando Samantha era tornata a casa sua, dove una volta aveva abitato con i suoi genitori e con suo fratello.
Non l’aveva trovata molto trasandata; il giardino era rimasto quello di sempre perché suo padre se ne prendeva sempre molta cura e aveva messo un incantesimo perché l’erba non crescesse troppo e rimanesse tutto così, almeno finché non toglieva l’incantesimo e decideva di cambiare, magari piantando qualche altra pianta. Davanti alla finestra di camera sua, per esempio, erano piantate delle bellissime rose rosse perché lei le ha sempre amate le rose rosse e così suo padre un giorno aveva deciso di piantare una pianta di rose rosse proprio sotto la finestra di camera sua, così che avesse una bella visuale.

Nemmeno all’interno era messa molto male, c’era un po’ di muffa e parecchia polvere, ma con qualche colpo di bacchetta era riuscita a sistemare tutto e aveva dato aria ai tappeti e alle lenzuola.

In pochi giorni la casa era tornata a splendere come prima.

Aveva recuperato la bacchetta in un cassetto della sua stanza. Pensava di essere un po’ arrugginita con la magia e invece le era riuscito tutto bene, era sempre stata una strega eccellente, quando andava a scuola e anche dopo, specialmente in Difesa Contro le Arti Oscure, per questo aveva deciso di diventare Auror.

Ma dopo quel disastro di quella notte di Halloween che non era mai riuscita a dimenticare, non ce l’ha fatta più e aveva deciso di abbandonare il Mondo Magico per vagare in giro tra i Babbani. In fondo le era sempre piaciuto viaggiare senza una meta precisa. E chissà cosa l’avesse spinta a ritornare lì.

Forse tutti quei strani sogni che faceva. Continuava a sognare suo fratello, le cose che aveva fatto in passato con lui e dopo ad un tratto si ritrovava in un posto strano, buio e umido che sembrava una prigione e si risvegliava di soprassalto.

Adesso però si stava preparando per andare ad Hogwarts.

Mise un paio di jeans scuri e una felpa rossa e uscì di casa.

Il sole stava quasi per calare, non sapeva bene se venire di giorno o di sera, ma poi decise per la sera, perché almeno non c’erano lezioni.

Si smaterializzò nei pressi del castello e si avvicinò al grande cancello che dava l’accesso alla scuola di Magia e Stregoneria più famosa di tutto il mondo Magico.

Ad un tratto vide uscire dall’interno un uomo basso, sciupato che stava zoppicando verso la ragazza e quando si avvicinò abbastanza al cancello Sam lo riconobbe come Argus Gazza, il vecchio custode che era lì anche quando lei andava a scuola.

“Chi è?” le chiese il vecchio ometto, anzi, più che altro le bofonchiò contro.

“Sono Samantha Potter e vorrei parlare con Albus Silente”. Rispose lei paziente.

Il vecchio custode la squadrò dall’alto in basso e a Sam parve che la stesse annusando, poi aprì il cancello e la fece entrare.

Senza dirle niente cominciò a dirigersi verso l’ufficio del Preside e lei lo seguì come un cane obbediente. C’erano alcuni studenti che giravano in giro per la scuola, alcuni in piccoli gruppetti, altri tenendo dei libri sotto il braccio.

Arrivarono davanti al grande gargoyle di pietra che stava davanti alla porta dell’ufficio del preside. Il custode diede la parola d’ordine e lasciò che la ragazza procedesse senza di lui. Sam salì sulla scala a chiocciola e si trovò davanti alla porta dell’ufficio del Preside. Bussò un paio di volte e quando sentì dire avanti, entrò dentro, con passo fermo e deciso.

Il preside era seduto sulla sua poltrona da preside, con la barba bianca che gli arrivava quasi alla pancia e la veste dorata che scendeva fino ai piedi. Al suo fianco stava come sempre la professoressa McGranitt e c’era anche Malocchio Moddy che scrutava tutta la stanza con l’occhio magico.

Quando i tre la videro si girarono tutti verso la ragazza e Silente la fissò dai suoi occhiali a mezzaluna, forse tentando di ricordare dove l’avesse già vista.

“Buonasera, professor Silente, sono contenta di rivederla. Oh, e c’è anche lei professoressa McGranitt”. Salutò la ragazza allegramente i due professori con un sorriso.

La McGranitt sgranò gli occhi quando riconobbe la ragazza ed esclamò: “Samantha Potter!”

“Esattamente io! Sono contenta di vedere che qualcuno si ricorda ancora di me”.

Anche Silente parve stupito dal rivedere una delle sue vecchie studentesse che non vedeva da un sacco di tempo e che forse mai si sarebbe aspettato di rivedere.

“Samantha Potter, eh?!” ripeté Silente come per accertarsi della verità di questo nome.

Sam continuò a sorridere e a guardare Silente dritto nei suoi occhi azzurri.

“Da quanto tempo non ho il piacere di incontrarla!” disse il preside sorridendo a sua volta anche lui. “Che cosa la porta qui?”

“Una persona e lei sa bene chi, immagino”. Rispose la ragazza, facendo un sorriso malandrino che ricordava tanto quello di James.

“Intende il giovane Potter?” stavolta fu la McGranitt a porre la domanda.

“Proprio così. In fondo dovrei conoscere il figlio di mio fratello, no?”

Nella stanza all’improvviso cadde il silenzio, un silenzio interrotto soltanto dai pigolii della fenice Fanny, che se ne stava comodamente sdraiata sul suo trespolo e anche dal mormorare dei quadri con i presidi appesi alle pareti che si scambiavano commenti su quello che stava accadendo.

“Immagino che Harry Potter sarà lieto di accettare il suo invito”. Disse ad un tratto Silente come se avesse appena letto nella mente di Sam. Era sempre un mistero come facesse Silente a sapere tutto su quello che volevano fare gli altri.

“Professore, lei mi stupisce sempre”. Fu il commento della ragazza.

Il preside sorrise come se lei gli avesse appena fatto un bel complimento.

“Allora, immagino che io non debba fare niente”. Disse Silente.

“No, sono solo venuta per chiederle il permesso di vedere mio nipote”.

“Professoressa, sarebbe così gentile da accompagnare la nostra visitatrice nella Sala Comune di Grifondoro?” chiese Silente alla McGranitt che annuì sorridendo e disse alla ragazza di seguirla.

Prima che uscisse, Sam si girò un attimo verso Moody che se ne stava lì e che non aveva neanche spiccicato parola da quando lei era entrata. E poi si chiese che cosa ci stava a fare lui lì.

Ma non ci stette a riflettere molto e continuò a camminare accanto alla professoressa di Trasfigurazione finché non giunsero alla Sala Comune di Grifondoro.

Quando entrarono, trovarono la Sala stranamente vuota a parte due ragazzi e una ragazza che se ne stavano comodamente seduti sulle poltrone vicino al camino.

“Potter, hai visite!” disse la professoressa rivolta ad un ragazzo con i capelli spettinati, gli occhi verdi e gli occhiali tondi sul naso.

Lo sguardo del ragazzo si voltò verso Sam e la professoressa e così fecero anche il ragazzo coi capelli rossi  e la ragazza coi boccoli biondi.

Il cuore di Sam fece un tuffo quando vide Harry.

“Vi lascio soli”. Disse la McGranitt e uscì.

Sam e Harry rimasero un attimo lì a guardarsi non sapendo bene né che fare, né che dire.

La ragazza notò che Harry era molto simile a suo fratello James, tranne per gli occhi verdi e la cicatrice sulla fronte e a Sam venne in mente i giorni in cui lei e suo fratello trascorrevano in quella Sala Comune.

“Sai…” cominciò lei passandosi una mano tra i capelli. “Mi ricordo come se fosse ieri quando io mi trovavo in questa stessa Sala Comune insieme a tuo padre, Harry”.

Il ragazzo sgranò gli occhi quando lei menzionò suo padre. Possibile che lo conoscesse?

“Lei… lei ha conosciuto mio padre?” chiese Harry meravigliato.

“Se conoscevo James? Lo conoscevo come le mie tasche, il mio adorato fratellino”. Disse lei, neanche rendendosi conto che aveva detto “fratellino” e che Harry aveva quasi fatto un balzo a questa parola.

“Cosa?”

Adesso anche gli altri due la guardavano confusi.

Sam attese un attimo prima di continuare.

“Lo so che ti sembrerà strano, ma è la verità. Io sono Samantha Potter, la sorella di tuo padre”.

Harry sgranò gli occhi e il suo cuore cominciò a battere forte; era emozionato, confuso e anche un po’ spaventato. Che doveva fare? Le doveva credere?

“Senti…” continuò Sam. “… mi dispiace se non sono venuta prima, lo so, forse avrei dovuto, ma…” la ragazza non sapeva come continuare. Poi gli prese una mano e lo guardò negli occhi. Occhi verdi negli occhi nocciola. Sam aveva gli occhi nocciola proprio come suo padre, pensò Harry, e gli somigliava molto anche, aveva anche lei i capelli scuri e disordinati.

“Sono stata via per molto tempo perché volevo dimenticare, volevo abbandonare tutto ma adesso sono ritornata… per te”. Concluse e gli sorrise, un sorriso dolce che racchiudeva tutto il suo amore per quel ragazzo, l’unico ricordo di suo fratello.

“Se non mi credi puoi chiedere a Silente o a qualunque altro insegnante di Hogwarts”. Gli disse lei.

“No, ti credo!” sbottò lui. Nemmeno sapeva come faceva a crederle, ma aveva una strana sensazione che quella ragazza dicesse la verità, che non fosse una bugia anche se non ne aveva le prove. Ma le credeva.

Lei gli sorrise di nuovo. Le credeva e non l’aveva presa male per la sua lontananza, per non essersi mai fatta viva.

Lei si alzò e si avvicinò alla finestra. Non sapeva che altro dire, lui le credeva, le bastava quello, per ora.

“Raccontami qualcosa!” le chiese lui, mentre lei stava guardando fuori dalla finestra, il sole che ormai era calato e aveva oscurato tutto il cielo. Le aveva chiesto di raccontarle qualcosa, evidentemente si riferiva a suo padre, forse voleva avere delle prove o forse, semplicemente, voleva sapere qualcosa della vita del padre che non aveva mai conosciuto.

“Vediamo…” cominciò lei, facendosi pensierosa. “Una volta io, James e Sirius abbiamo fatto uno scherzo a Gazza, ma poi la McGranitt ci ha messo in punizione tutti e tre. Tuo padre non voleva coinvolgermi, ma io lo costretto. Non me ne fregava molto delle conseguenze”.

“E che scherzo era?”

“Avevamo lanciato delle caccabombe davanti al suo ufficio e quando lui è uscito ci è scivolato sopra e ha strisciato lungo tutto il pavimento finché non è giunto sotto ad una porta sopra alla quale intanto ci avevamo piazzato un secchio di vernice che gli è caduto addosso”.

Harry e Ron risero, Hermione invece rimase seria.

“Che risate che ci siamo fatti!” esclamò poi mettendosi a ridere anche lei, ricordando i bei tempi.

“A proposito di Sirius…” cominciò Harry, tornando serio.

“Lo so già!” lo interruppe lei. “Me l’ha raccontato Remus”.

Harry annuì.

“Senti, si sta facendo tardi e io devo tornare a casa”. Gli disse Sam e lui abbassò la testa deluso.

“Ti faccio una proposta: perché non vieni a vivere con me?” gli chiese.

Harry spalancò la bocca. “Puoi pensarci un po’ prima, poi mi mandi una lettera, ok?”

“Certo che vengo a vivere con te!” sbottò lui. Non aveva intenzione di vivere ancora con i Dursley.

Lei gli si avvicinò e si tolse la collana che portava sempre al collo. Gliela mise in mano e gli chiuse il pugno.

“Penso che debba tenerla tu”. Gli disse e dopo un ultimo dolce sorriso, uscì, lasciando il povero Harry confuso e un po’ emozionato.  

 

 ANGOLINO PRIVATO

Ed ecco fatto… pure l’incontro tra Harry e Sam.

Lo so che forse sarebbe stato normale se Harry se la fosse presa con Sam per non essersi mai fatta viva, ma non volevo fare un Harry incazzato anche perché poi non avrei saputo come farla perdonare dal nipote.

Ma avete letto attentamente una parte del discorso tra Sam e Remus?? Io non vi dico niente, lascio a voi le ipotesi e il beneficio del dubbio, comunque non preoccupatevi, tutto si chiarirà…

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che recensirete in tanti anche perché non mi sembra che questa fanfic abbia molto successo però a me piace molto e vorrei mandarla avanti.

E dovete ancora vedere che cosa succederà più avanti…

Ora vi lascio e ho anche una piccola sorpresina per voi!!!!!

Qui ci sono alcune foto di Sam su come vorrei che fosse… spero vi piacciano e lasciate un commentino anche sulle foto.

Kiss, milly…

 http://img518.imageshack.us/img518/5682/e345d7deb132188di3vj7.jpg

http://upapasosite.altervista.org/fotomarta.jpg 

http://imblog.aufeminin.com/blog/D20060301/83515_762855171_207578763_small_H191427_L.jpg

http://www.starok.com/html/photos/Dafne-Fernandez.jpg

 
roxy_black: già ankio vorrei aver avuto un fratello come james… sarebbe stato bello… cmq spero ke ti piaccia anke qst cappy e ankio ti voglio tanto tanto bene… kiss

 _ki_: ciao ecco brava fai i compiti… cmq nn ti preoccupare se nn hai letto il capitolo con la canzone di Vasco, era solo un consiglio in modo da renderla più malinconica… a me Vasco piace molto perkè mi piacciono i suoi testi più ke altro… cmq nn penso sia un caso ke james abbia scelto quel nome da dare a Sam, mi era venuto in mente così, proprio mentre ascoltavo qll canzone ke si addiceva un po’ alla malinconia di Sam, allora ho pensato perkè nn dare un nome a Sam con cui la kiama solo james… anke sam ha dato un nomignolo a suo fratello ma lo scoprirai più avanti…qui c’è anke lìincontro fra Sam e Harry ma non è come te lo sei immaginato tu perkè Sam nn mi sembra tipo da fare l’insegnante… ma vedrai più avanti… kiss

 P.S. vi sono piaciute le foto??

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Capitolo 17
*** Capitolo quindici ***


Capitolo 15

(Il ragazzo pensò che dovesse
 essere appartenuto a suo padre).

 Harry era rimasto a fissare il quadro dal quale Sam era appena uscita, ancora incredulo e stupito di tutto quello che era venuto a sapere. Aprì la mano per vedere che cosa gli avesse messo in mano e vide che era una collana con un cordoncino nero su cui era appeso un ciondolo rettangolare grande come il dito medio su cui c’era scritto James. Il ragazzo pensò che dovesse essere appartenuto a suo padre.

Ron e Hermione si girarono a guardarlo.

“Miseriaccia!” esclamò l’amico dai capelli rossi. “Che scoperta!”

“Che pensi di fare, Harry?” gli chiese Hermione pensierosa e preoccupata.

“Non lo so!” rispose il ragazzo dalla cicatrice chiudendo la mano che teneva ancora la collana.

“Le credi?” gli chiese di nuovo Hermione.

Harry esitò un attimo prima di rispondere: “Sì!”

 

(Forse si era lasciata trascinare dai ricordi
e adesso le sembrava che tutto fosse tornato come prima)

 Sam era a casa da un paio di giorni e aveva avuto il modo di riflettere sulla conversazione avuta con Harry, anche se non avevano avuto modo di parlare molto. Ma aveva intenzione di tornare molto presto a trovarlo.

Se poi voleva venire a vivere con lei non ci sarebbe stato alcun problema, di stanze ce n’erano molte e lei era pronta ad accoglierlo come figlio suo. Gli aveva sempre voluto bene, fin da quando era nato, non per niente era suo nipote, anche se per molto tempo non aveva avuto modo di mostrarlo.

La casa era abbastanza in ordine e pulita e tutte le stanze erano a posto, in ordine. Lei aveva preso di nuovo la stanza nella quale aveva dormito quando abitava ancora con i suoi genitori. Era ancora piena di bambole, peluches e libri che leggeva e con cui giocava da piccola, ma non aveva intenzione di spostarli. Nella casa era rimasto tutto come anni fa, niente era cambiato.

Quasi si aspettava di rivedere comparire i suoi genitori che cucinavano insieme in cucina, che era una cosa che facevano spesso o di rivedere suo fratello che scorrazzava in giro per la casa a cercare qualcosa da fare.

Le sarebbe piaciuto ritornare con lui sulla casetta di legno che avevano costruito insieme su una quercia dietro casa  e che era il loro rifugio segreto in cui si nascondevano quando volevano rimanere soli o quando progettavano di fare qualche scherzo.

Ma sapeva che questo non sarebbe mai stato così… mai più…

Scese in cucina per prendersi qualcosa da bere, quando entrando dalla porta notò qualcuno seduto al tavolo.

Aveva i capelli scuri arruffati, gli occhi nocciola e occhiali tondi sul naso. Teneva le braccia incrociate sul petto e quando la vide le fece un sorriso sghembo, quel sorriso malandrino che non avrebbe mai potuto dimenticare, quel sorriso che poteva appartenere soltanto ad una persona. A lui… a…

“J… Jam… James…” per poco non cadde sul pavimento quando lo riconobbe. Non poteva essere lui, non poteva, era contro natura.

All’improvviso l’uomo sparì, così com’era comparso se ne andò, lasciando la povera Sam di stucco. O dio ma che succedeva? Era completamente impazzita e ora aveva pure le allucinazioni o quello era il suo fantasma che abitava la vecchia casa dei suoi genitori? Qualsiasi cosa fosse stata non le piacque per niente e decise che era meglio dimenticarsene. Forse si era lasciata trascinare dai ricordi e adesso le pareva che tutto fosse tornato come prima. Ma doveva mettersi il cuore in pace perché niente sarebbe stato più come prima, anche se le faceva un male infernale ammetterlo.

All’improvviso fu riscossa da dei strani uggiolii provenienti da fuori e di diresse alla porta d’ingresso per aprirla e vedere chi fosse.

Appena la aprì un grosso cane nero dagli occhi grigio-azzurri entrò in casa e lei lo guardò dritto negli occhi per capire chi fosse. Le sembrava di conoscerlo.

La bocca le si spalancò in un sorriso quando finalmente capì chi era, mentre il cane si trasformava in umano.

“Sirius!” esclamò lei e lo abbracciò forte. Aveva sentito anche tanto la sua mancanza, era una delle poche persone della sua famiglia che le fosse rimasto. E vabbè, non è che facesse effettivamente parte della sua famiglia, ma Sirius, per i suoi genitori era come un secondo figlio e per James era come un fratello e quindi lo era anche per lei.

“Ciao scricioletto!” la salutò lui ricambiando l’abbraccio.

Solo dopo un po’ lo lasciò andare e lo guardò negli occhi; quegli occhi grigio-azzurri che le erano sempre piaciuti tanto, gli occhi di Sirius, di uno dei ragazzi più belli di tutta Hogwarts. Adesso forse non era più come prima, perché Azkaban aveva lasciato dei segni molto profondi e marcati su di lui che sarebbe stato difficile cancellare, era dimagrito molto e non aveva più tutti quei muscoli come una volta. i capelli che gli ricadevano sulle spalle neri e spettinati. Ma i suoi occhi, quelli non sarebbe cambiati mai.

“Come stai?” le chiese lui dolcemente sorridendole dolce.

“Bene, forse meglio di te”. Rispose lei cercando di sembrare serena, ma non lo era molto. Almeno fece sorridere un po’ Sirius.

“Ma come hai saputo che sono qui?” gli chiese poi la ragazza.

“Harry, mi ha scritto una lettera”. Rispose lui semplicemente.

Cadde il silenzio intorno a loro, nessuno dei due sembrava cosa dire. Forse in un altro momento avrebbero fatto delle battute, avrebbero sicuramente riso e scherzato come facevano sempre, ma quello non sembrava momento di risate. Forse si sarebbero messi più volentieri a piangere.

“Senti, mi dispiace per…” cominciò Sam guardando da un'altra parte per evitare di guardare Sirius negli occhi.

“No, di spiace a me. È stato orribile per te immagino”. Le interruppe lui.

“Sì, ma non quanto per te. Sei stato ad Azkaban anche se eri innocente e, insomma…” Sam non sapeva più come continuare, ma l’amico non sembrava essersene accorto.

Rimasero di nuovo un po’ in silenzio, poi Sirius le chiese:

“Senti, non è che mi posso fare una doccia e magari avere dei vestiti puliti”.

“Sì, certo che puoi. Il bagno sai dov’è e puoi prendere i vestiti di mio padre se vuoi nell’armadio e magari c’è anche qualcosa di James…”

Al nome di James, Sirius aveva avuto un piccolo tremito ma poi fece come gli aveva detto la ragazza e andò a farsi una doccia.

 (Ogni volta che incontrava i suoi occhi si perdeva
come in un immenso oceano,
un oceano pieno di ricordi)

 Dopo un po’ suonò il campanello e Sam andò ad aprire trovandosi davanti Remus che le sorrise non appena la vide.

“Ciao!”

“Ciao!”

Si salutarono.

“Come va?” le chiese il licantropo.

“Tutto a posto. Tu?”

“Come al solito. Sei stata da Harry?”

“Sì e beh, non so che dirti. Mi ha creduta e non si è arrabbiato come immaginavo facesse. Gli ho chiesto se voleva venire ad abitare con me e sembrava contento. Ma andrò a trovarlo di nuovo”.

Remus le sorrise mentre si sedevano in salotto.

“Certo, non li sopporta i Dursley”.

Ad un tratto arrivò in salotto anche Sirius con i capelli ancora bagnati, i jeans lunghi e una maglietta rossa che gli donava particolarmente.

“Sirius!” esclamò Remus alzandosi dal divano.

“Remus!”

E i due amici si abbracciarono.

“E’ da un po’ che non ti vedo!”

“Già pure io!”

Anche Sam si era alzata e si era persa un attimo a guardare gli occhi di Sirius, quegli occhi che sapevano essere penetranti ma anche dolci allo stesso tempo.

“Sam, tutto bene?” le chiese Black vedendola immersi in chissà quali pensieri.

“Cosa?” la ragazza sembrava scesa dalle nuvole. “Oh, sì, sì. Tutto ok”. E gli sorrise.

“Remus, ti fermi a cena?” chiese poi all’amico dagli occhi dorati.

“Sì, va bene, se non ti disturbo!” accettò lui.

“Ma che disturbo. Almeno mi farete un po’ di compagnia”.

E così la serata trascorse piacevolmente, tra risate e battute soprattutto da parte di Sirius. Per un attimo sembravano essersi dimenticati di tutte le cose brutte accadute in quegli anni, sembrava che tutto fosse molto più allegro e spensierato. Naturalmente non parlarono mai del passato, non vollero ricordare quei bei momenti passati assieme ad Hogwarts, perché sapevano che gli avrebbe fatto male, ma sapevano anche che prima o poi li avrebbero dovuti affrontare.

Alla fine però Remus dovette andarsene per tornare ai suoi doveri e rimasero soltanto Sirius e Sam in casa da soli.

“Senti, Sir… ti va di rimanere qui con me? Visto che ti devi nascondere potresti rimanere qui con me, tanto qua non ci sono vicini che ti potrebbero notare”.

Sirius si sorprese un po’ dalla sua richiesta.

“Dici… dici sul serio?”

“Certo!” annuì la ragazza.

L’amico le diede un buffetto sul naso e disse “Adoro le tue lentiggini!”

“Lo prendo per un complimento!”.

“Ovvio!”

Ma perché sapeva sempre essere così dolce nei momenti più tristi, perché riusciva sempre a penetrarla in profondità con quello sguardo e quegli occhi della pioggia che tanto adorava. Ogni volta che incontrava i suoi occhi si perdeva come in un immenso oceano, un oceano pieno di ricordi.

 

ANGOLO AUTRICE RITARDATARIA

Ciaooooooo!!!!!! Eccomi tornata!!!! Vi sono mancata?! Avete pensato che fossi sparita per sempre?! E invece no!! sono di nuovo qui a tormentarvi…

Innanzitutto mi scuso con tutti i miei lettori per questo mega ritardo… non è da me, veramente ma in questo ultimo periodo sono stata molto impegnata tra compiti, scuola e tutto il resto per non parlare del mio computer che mi faceva i dispetti… ma adesso la scuola è finita e mi posso rilassare e posso anche aggiornare più spesso. Il mio computer purtroppo ha ancora problemi quindi sono costretta a usare di una amica ma non importa non posso lasciare qst storia in sospeso…

Bene, adesso ditemi un po’ voi. Vi è piaciuto questo capitolo? Spero di sì e spero che recensiate in tanti… anche se sono minacce di morte, so di meritarmele…

Adesso vi lascio e mi scuso ancora tanto per il ritardo… un bacio.

Milly…

 roxy_black: ciaoooo... sn contenta ke ti piaccia e spero ke nn ti sia arrabbiata per qst lunga attesa... un bacio e alla prossima... kiss la tua best.

_ki_: ciaooooo... sn contenta ke ti sia piaciuto lo scorso capitolo... cmq sia nn so di preciso di che colore siano i capelli di Hermione ma nn penso sia molto impo... grazie per avermelo detto comunque... se ti interessa sapere la ragazza delle foto è un’attrice si kiama Daphne Fernandez e ha recitato in Paso Adelante... quindi nn è orientale xo io l’ho trovata adatta... spero ke mi perdonerai per il ritardo e ke continuerai a seguirmi... kiss... milly

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Capitolo 18
*** Capitolo sedici ***


capitolo sedici

(Ora non era più tutto come una favola,
ora c’erano sofferenza e malinconia da combattere)

 Era passato qualche giorno e Sirius adesso abitava a casa sua ma naturalmente qualche volta usciva a farsi un giro sotto forma di cane. Non avrebbe sopportato di stare chiuso in casa troppo a lungo e di sicuro non sarebbe stata Sam ad impedirglielo. Per lei andava benissimo, bastava solo che stesse attento.

Quel giorno decise di nuovo di andare a trovare Harry a Hogwarts ma questa volta si trasformò in un falco, che era il suo Animagus in cui aveva imparato a trasformarsi insieme a suo fratello, e volò fino al castello della scuola di Magia e Stregoneria.

Dopo aver vagato un po’ in giro per il castello trovò Harry accompagnato dai suoi fedeli amici Ron ed Hermione ma insieme a loro c’era anche Piton che sembrava stesse discutendo di qualcosa con i tre amici o forse era solo con Harry.

Lei si avvicinò alle spalle dell’insegnante in silenzio e poi esclamò.

“Severus Piton!”

Lui si girò verso la ragazza e la guardò con cipiglio altezzoso. Forse sembrava sorpreso ma se anche fosse stato così, cercò di nasconderlo.

“Samantha Potter!” disse invece.

Lei sorrise con un sorriso sghembo che era tutt’altro che amichevole.

“Vedo che le vecchie abitudini non cambiano mai”. Notò lei parlando in modo aspro  e guardandolo dall’alto in basso soffermandosi sui suoi capelli unticci.

“Tu non mi sembri il tipo da fare certi commenti”. Contraccambiò acido il professore Serpeverde. “Piuttosto, cosa ci fai qui?”

“Beh, sono una persona libera. Posso andare dove mi pare e piace. O è un reato?”

Dietro alle spalle di Piton Harry e Ron faticarono a trattenere una risata sotto i baffi.

Lui non commentò, né disse nulla. Rimase impassibile.

Così, vedendo che il professore di Pozioni non sembrava volesse fare nulla, Sam chiamò: “Harry, vieni con me?”

E i quattro uscirono nel cortile di Trasfigurazione, poi si sedettero su una panchina.

“Mi sono ricordata che noi non ci siamo ancora presentati”. Disse lei rivolta ai due amici di Harry. “Io sono Samantha, ma potete chiamarmi Sam. E voi?”

“Io sono Ron Weasley” disse il ragazzo dai capelli rossi indicando se stesso, e poi l’amica dai capelli ricci. “E lei è Hermione Granger”.

“Piacere Ron e Hermione”. Concluse lei. Sembrava dolce e gentile, pensarono i due.

“Allora che mi racconti?” chiese infine, rivolta a Harry. “Com’è andata la prima prova Tremaghi?”

Harry aspettò un attimo prima di rispondere.

“Beh, bene considerando che ho dovuto affrontare un Ungaro Spinato”. Rispose lui. Adesso quella prova gli sembrava lontana anni luce, nonostante soltanto qualche mese prima aveva tremato come una foglia all’idea di affrontare un drago.

“Davvero? E come hai fatto?” Sam sembrava sorpresa e meravigliata ma allo stesso tempo orgogliosa.

“Volando sulla Firebolt che mi ha regalato Sirius”. Rispose il ragazzo con un sorriso.

Sam guardò un punto oltre la spalla di Harry, l’albero sotto il quale aveva vissuto uno dei momenti più belli della sua vita e anche più magici. Ma era soltanto una bambina quand’era successo, ora sembrava tutto così lontano, tutto così irreale. Adesso non era più tutto come una favola, ora c’erano anche sofferenza e malinconia da combattere.

“A cosa pensi?” le chiese Harry vedendo che il suo sguardo si era perso in qualche fantasia.

“Cosa?” per la seconda volta in quella settimana sembrava cascare dalle nuvole, la piccola Sam, come la chiamava sempre Sirius quando erano a scuola, la sua testa si era riempita di fantasie da quando era successa quella cosa magica sotto l’albero.

“No, niente scusa.” Cercò di scusarsi, ma poi decise di raccontargli la verità. “Mi era solo venuto in mente che era sotto quell’albero che io e Sirius ci eravamo scambiati il primo bacio”.

Harry e gli altri le sorrisero mentre lei tornava con la mente di nuovo al presente.

“Siete stati insieme?” le chiese poi Hermione.

“Oh, no!” negò la ragazza dagli occhi nocciola. “Ci eravamo solo baciati. Io avevo appena compiuto quindici anni e lui stava per finire il settimo anno ad Hogwarts. Beh, posso anche considerarmi fortunata, visto che Sirius era il ragazzo più sexy della scuola”. precisò guardando in direzione di Hermione e mostrando un sorriso malandrino. Sam non diventava mai rossa quando parlava dei ragazzi, non se ne vergognava mica, però non era come suo fratello che spiattellava ai quattro venti se si era baciata o messa con qualcuno.

“Comunque…” volle proseguire Samantha. “La seconda prova, qual è?”

“Non lo so”. Rispose sconsolato Harry. “L’indizio è un uovo che appena lo apri comincia a urlare come un ossesso che ti spacca i timpani e non si capisce niente. Quindi, in poche parole, non ne ho la più pallida idea”.

Sam rimase un attimo in silenzio, come pensierosa.

“Chi sono gli altri concorrenti?” chiese poi.

Harry la guardò un attimo interdetto. Perché quella domanda? Pensava l’avrebbe aiutato a risolvere il mistero dell’uovo. Ma rispose comunque.

“Cedric Diggory, Fleur Delacour e Viktor Krum”.

“Viktor Krum, il miglior giocatore di Quidditch del mondo?” chiese Sam stupita.

“Già, quel Viktor Krum!” sbottò Ron, nominando Viktor quasi con disprezzo che Sam non notò ma che fece sbuffare un pochino Hermione.

“Comunque, hai detto un uovo?” proseguì poi Samantha passandosi una mano tra i capelli. “E se lo apri all’aperto comincia a stridere. Allora, forse, non lo devi aprire all’aperto”.

Il ragazzo con la cicatrice la guardò scettico. “E dove all’ora?”

La zia attese un attimo prima di rispondere. “Non lo so.” Infine propose. “Sotto le coperte?”

E i tre si misero a ridacchiare dalla stupidità di quella risposta, che più che altro voleva essere una battuta. Era brava a fare battute quando voleva e aveva fatto ridere spesso le sue amiche.

“Non so…” rispose più seria, infine. “Se mi viene in mente te lo dico. Comunque, hai riflettuto sulla mia proposta di venire a vivere con me?”

“Certo che vengo a vivere con te!” rispose il ragazzo moro con un sorriso contento. “Ma dove?”

“Nella casa dove abitavo da piccola coi miei genitori e mio… e tuo padre”.  Rispose lei.

Harry rimase un attimo interdetto e sorpreso. Se lì ci aveva abitato suo padre voleva dire che avrebbe visto la casa dove lui aveva trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza, una casa sicuramente piena di ricordi, magari avrebbe visto qualche gioco o qualsiasi altro oggetto di suo padre.

La prospettiva lo rendeva contento ma anche un po’ irrequieto e spaventato.

“Ora mi accompagnate da Hagrid? È da tanto che non lo vedo”. Chiese Sam e i tre, accompagnati dalla zia di Harry, andarono a trovare Hagrid che li accolse a braccia aperte e fu veramente contento di rivedere Sam e parlarono del più e del meno, ricordando i bei tempi trascorsi ad Hogwarts, quando lei, suo fratello e i suoi amici scorrazzavano in giro e ogni tanto Sam coinvolgeva anche le sue amiche.

 (Papà mi diceva sempre
che ero la sua principessa)

Erano passate un altro paio di settimane e ormai marzo era agli sgoccioli e la seconda prova del Torneo Tremaghi si avvicinava. Sam sperava veramente che Harry fosse riuscito a trovare un modo per scoprire quell’indizio e gli aveva pure detto che se aveva bisogno del suo aiuto glielo dava volentieri.

Intanto lei era a casa sua sdraiata a pancia in giù sul divano del salotto a leggere un libro. Aveva indosso soltanto una camicia di cotone di suo fratello che le arrivava fino alle cosce e le maniche arrotolate. Cercava un modo per rilassarsi, ma sembrava tutto inutile, si sentiva molto agitata ed era nervosa.

La casa era molto silenziosa e Sirius, che era andato a farsi un giro, entrò in casa e si fermò sulla soglia del salotto.

“Quella è una camicia di James?” le chiese notando l’unico indumento che aveva indosso, a parte le mutande, ovviamente.

“Sì!” rispose lei semplicemente guardandolo con i suoi grandi occhi nocciola da cerbiatta.

Sirius faticò a trattenere una risata.

“Porti gli occhiali?” le chiese ancora notando che aveva pure un paio di occhiali da vista, ma a differenza di quelli di suo fratello i suoi erano rettangolari e con la montatura rossa.

“Solo quando leggo”. Rispose lei questa volta senza distogliere lo sguardo dal suo libro.

Sirius si sedette sul divano vicino ai suoi piedi e biascicò un “Certo che vi somigliate tantissimo” a cui lei rispose con un mugugno.

“Cosa leggi di bello?” le chiese ancora l’Animagus vedendo che lei non sembrava accennare a incominciare una conversazione senza monosillabi.

“Gli effetti secondari dei sogni”.

“E da quando la piccola Sam legge?”

Certo che Sirius la conosceva troppo bene. Era vero, lei di certo non era una fan dei libri e non amava molto leggere. In tutta la sua vita avrà letto sì e no cinque libri, forse qualcuno a malapena anche, era sempre stata troppo impegnata a cacciarsi nei guai e fare i dispetti alla gente per occuparsi della sua conoscenza culturale, ma nonostante non fosse stata una studentessa modello era molto intelligente ed era riuscita a diventare Auror come i suoi genitori e suo fratello. Da piccola non aveva questa ambizione ma con tutto quello che era successo aveva cominciato a sviluppare un carattere vendicativo e forse anche un po’ sadico.

“E’ che sono nervosa, tra un po’ devo andare a parlare coi Dursley e questo mi mette agitazione. Devo trovare un modo per rilassarmi”. Rispose la ragazza guardando l’amico e mettendosi gli occhiali sopra la testa.

“Perché non metti su un po’ di musica, ti piaceva ascoltarla”. Le propose lui.

La ragazza ci pensò su un attimo e poi, si alzò, si avvicinò allo stereo e mise dentro un CD della sua cantante preferita che cominciò subito a riempire la stanza con le sue note romantiche e piene d’amore.

 Say you're sorry
That face of an angel

Comes out just when you need it to

As I paced back and forth all this time

Cause I honestly believed in you

Holding on

The days drag on

Stupid girl,

I should have known, I should have known

“Dimenticavo quanto ti piacessero i cantanti Babbani”. Notò Sirius alzandosi dal divano e avvicinandosi a lei.

“Già…” riuscì a biascicare soltanto lei perché si era di nuovo persa in quei profondi occhi grigio-azzurri che sapevano farle dimenticare sempre tutto.

 I'm not a princess, this ain't a fairy tale
I'm not the one you'll sweep off her feet,

Lead her up the stairwell

This ain't Hollywood, this is a small town,

I was a dreamer before you went and let me down

Now it's too late for you

And your white horse, to come around

 “Ti ricordi i cavalli che avevate tu e tuo fratello?”
Lei continuava a guardarlo negli occhi con aria sognante.
“Sì… erano uno marrone e uno bianco…”

 Baby I was naive,
Got lost in your eyes
And never really had a chance
My mistake I didn't know to be in love
You had to fight to have the upper hand
I had so many dreams
About you and me
Happy endings
Now I know

Lui le si era avvicinato ancora di più e ora le aveva circondato la vita con le braccia avvicinandola ancora di più a sé.

 I'm not a princess, this ain't a fairy tale
I'm not the one you'll sweep off her feet,

Lead her up the stairwell

This ain't Hollywood, this is a small town,

I was a dreamer before you went and let me down

Now it's too late for you

And your white horse, to come around

La ragazza non si mosse, la sua stretta era così forte, ma forse non era poi così forte, era lei che non voleva staccarsi. Si sentiva così sicura tra quelle braccia forti, così protetta e sapeva che niente avrebbe potuto farle del male.

 And there you are on your knees,
Begging for forgiveness, begging for me
Just like I always wanted but I'm sooo sorry

 E poi non riusciva nemmeno a staccarsi da quegli occhi così profondi, le sembrava quasi di riuscire a provare tutto quello che provava lui. Le sembrava di sprofondarci dentro, le sembrava di poterci nuotare dentro.

 Cause I'm not your princess, this ain't a fairytale
I'm gonna find someone someday who might actually treat me well

This is a big world, that was a small town

There in my rearview mirror disappearing now

And its too late for you and your white horse

Now its too late for you and your white horse, to catch me now

“E voi due adoravate cavalcare”.
“Sì, me lo ricordo… facevamo anche le gare”.
Ora il viso di Sirius si avvicinava sempre di più a quello di Sam e lei non riusciva a staccarsi, a fare niente. Le sembrava che ci fossero soltanto loro due e nient’altro. Loro due e le parole di quella bellissima canzone. Nessuno avrebbe potuto rompere quell’incanto finché c’erano loro due.

 

Oh, whoa, whoa, whoa
Try and catch me now
Oh, it's too late
To catch me now

 “Papà mi diceva sempre che ero la sua principessa”.

I loro visi erano sempre più vicini, tra le loro labbra c’erano soltanto due centimetri di distanza e a Sam quasi si fermò il fiato. Il suo corpo premeva contro il petto di Sirius e pensava che non sarebbe più riuscita a staccarsi.

(Sam, quella è una camicia di James?)

 All’improvviso si sentì suonare il campanello e i due ragazzi tornarono improvvisamente alla realtà. Si staccarono da quell’abbraccio e Sam, dopo aver spento la musica, andò ad aprire.

Aveva creduto per un attimo che lui l’avrebbe baciata, ma questo non era successo. Chissà se lui si ricordava del bacio che si erano scambiati a Hogwarts ancora tanto tempo fa.

Sam pensò che non le importava se lui se ne fosse dimenticato, ma dentro di sé sperava con tutto il cuore che se ne ricordasse.

Aprì la porta e si trovò davanti Remus che le sorrise dolcemente appena la vide. Lui era sempre così dolce e tenero, chiunque se ne sarebbe innamorato, anche se lui non la pensava allo stesso modo. Sapeva essere un vero amico e c’era sempre nel momento del bisogno, almeno per lei c’era stato.

“Ciao! Ti disturbo?” le chiese.

“No, affatto!” esclamò lei, ma se lui fosse arrivato qualche secondo più tardi forse sarebbe riuscita a baciare Sirius, o forse non ci sarebbe neanche riuscita. Lei non era il tipo di ragazza per Sirus, non era mai stata come quelle con cui lui era stato, non si considerava all’altezza.

“Ciao Moony!” salutò Sirius raggiungendo l’amico.

“Ragazzi…” li chiamò Sam. “Io devo andare a parlare coi Dursely, voi rimanete pure qua e fate quello che volete”.

“D’accordo!” rispose l’amico licantropo e prima che sparisse su per le scale diretta in camera sua, le chiese. “Sam, quella è una camicia di James?”

“Sì”. Rispose la ragazza e andò a cambiarsi.

 

 

“Facciamo una gara coi cavalli??”

“Ok, Jamie. Ma io prendo quello bianco!”

“Allora io prendo Chocolate”.

“Tanto vincerò io, come sempre!”

“Non cantar vittoria troppo presto!”

 

PICCOLO ANGOLINO PER ME

Ciao! Avete visto che questa volta non vi ho fatto attendere mesi e mesi prima di aggiornare? Sono molto contenta di questo e spero lo siate anche voi… comunque, come vi va la vita?? Ahah, da me prosegue tutto bene e a quanto pare pure i personaggi di qst fic sembra se la cavino bene, soprattutto Sam e Sirius… ihihihi…

Beh, non ho niente da dirvi, se voi invece premete dalla voglia di dirmi qualcosa, di darmi qualche suggerimento o consiglio o anche se volete solo commentare questa fanfic basta che clicchiate su Inserisci una recensione… potete anche scrivere cose negative, non mi offendo mica…

Bene, bene, per adesso è tutto. Alla prossima, kiss.

Milly.

 P.S. la canzone che ho scritto sopra è di Taylor Swift e si intitola White Horse. È una canzone bellissima, io me ne sono innamorata la prima volta che l’ho sentita. Andate a vedervi il video perché è molto bello anche quello e pure la cantante non è niente male.

  Bree Cullen: ciao… ke bello sn proprio contenta di avere una nuova lettrice e sn contenta anke ke la fic ti piaccia. Cmq ki nn vorrebbe avere sirius in casa propria… ihihih… x qnt riguarda  l’apparizione di james purtroppo x il momento nn te lo posso dire ma lo scoprirai presto se continui a seguirmi… e tranqui, aspetta un po’ prima di ammazzare silente. Bei soprannomi quelli ke hai dato ai dursley, ehehe, gli si addicono proprio. Un bacio, milly.

roxy_black: yo, sono contenta ke il cappy ti sia piaciuto… cmq ki nn sarebbe contento di avere in casa il bellissimo siry… e x qnt riguarda l’apparizione di james nemmeno a te posso dire cosa sia, ma lo scoprirai se continuerai a leggere. E grazie ancora per avermi prestato il pc l’altra volta, ma cm vedi qst volta nn mi è servito. Kiss, milly. Fang: ciao ciao. Milly: tu ke ci fai qui? Fang: sn venuto a salutare. Milly: ma va a farti un volo. Fang: ok, Maax aspettami!! Milly: ehehe

 _ki_: eh già è passato proprio un mukkio di tempo, ma sn contenta ke nn te la sia presa x il mio mega ritardo e sn anke contenta ke ti sia piaciuto lo scorso cap. cmq sì, credo ankio ke adesso tutto cambierà e x qnt riguarda la protezione di harry nn c’è da preoccuparsi, sarà al sicuro anke con sua zia. A  parte il fatto ke io la storia dll protezione nn l’ho mai capita tanto bene. Vabbè, un bacio e alla prossima. Kiss milly.

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Capitolo 19
*** Capitolo diciassette ***


Sentimenti nuovi

(Certo che sua sorella aveva gusti
decisamente migliori in fatto di uomini)

Privet Drive numero quattro.

Sam fece un grande sospiro e suonò al campanello pensando a come cominciare quel discorso.

Le aprì la porta un uomo grosso come una mongolfiera, con degli occhi porcini e i baffoni da tricheco. Veramente quell’uomo sembrava in tutto e per tutto ad un tricheco e la ragazza immaginò che quello doveva essere Vernon Dursley.

“Salve signore, vorrei parlare coi signori Dursley”.

L’uomo la squadrò dall’alto in basso con un aria che forse per lui doveva parere minacciosa, ma che a Sam fece più che altro venire in mente un porcellino d’india.

L’uomo venne affiancato da una donna alta e magra che a differenza del marito sembrava un bastoncino lungo e sottile ed era talmente rigida che sembrava avesse ingoiato un manico di scopa.

La donna aveva corti capelli rossi e imbottiti come il cotone e degli strani occhi verde oliva e Sam capì che quella doveva essere Petunia Dursley, la sorella della moglie di suo fratello.

La ragazza pensò che decisamente sua cognata Lily aveva gusti molto più decenti in fatto di uomini dato che si era sposata con James che era decisamente molto più figo di quel uomo-tricehco che si era scelta sua sorella come marito. Certamente James e Vernon non avevano nulla in comune né fisicamente né caratterialmente. Sam però provò a immaginarsi suo fratello con la stazza del signor Dursley, ma fallì miseramente.

“Chi è lei?” chiese il signor Dursley, anzi, più che altro ringhiò.

“Sono Samantha Potter la sorella di James, il padre di Harry”. Rispose lei e aggiunse. “Mi fate entrare?”

E visto che non otteneva risposta, entrò da sola scostando un po’ la signora Dursley, perché sicuramente ci sarebbe voluta una ruspa per spostare un uomo come Vernon Dursley.

Sam si promise che piuttosto che sposare un uomo come quello sarebbe rimasta zitella per sempre.

“Quindi lei è imparentata con quel ragazzo?” chiese zia Petunia con una vocetta squillante e gracchiante.

Come faceva Lily ad essere sorella di quella donna, rimaneva un mistero, anzi, sembrava quasi impossibile che fossero imparentate. Non si somigliavano per niente, Lily era molto più bella, aveva i capelli di un rosso molto acceso e gli occhi verde smeraldo non verde oliva come quelli di Petunia. Sam poi provò ad immaginarsi Petunia sposata con suo fratello e lei a doverle fare da cognata ma scacciò via quel pensiero con una faccia disgustata.

“Quel ragazzo è mio nipote e sono venuta soltanto a chiedervi se poteva venire ad abitare con me”. Disse Sam un po’ nervosa e quasi arrabbiata. Riusciva a capire da un semplice contatto visivo com’erano fatte certe persone.

“E perché non è mai venuta prima, allora? Tutti questi anni ha dovuto vivere sotto il nostro tetto sapendo benissimo che noi odiamo quelli come lui!” cominciò ad urlare il signor Dursley diventando paonazzo e rosso in viso. Certo che gli ci voleva poco per riscaldarsi.

“Perché io ho avuto da fare in questi anni e quindi non ero in grado di tenerlo con me!” stava cominciando ad urlare pure lei. Ma di certo non avrebbe detto a quei due che era scappata come una vigliacca. “E sinceramente non capisco come abbia fatto Harry a sopportarvi, io sarei già scappata di casa!”

“Ma guarda un po’ questa insolente, come si permette ad offenderci…” cominciò il signor Dursley.

“Io offendo chi mi pare e piace!” adesso stava cominciando ad urlare anche Sam e dovette resistere alla tentazione di lanciargli una fattura. “E poi nemmeno lei mi sembra mi abbia trattato granché bene. Ma cosa crede che noi maghi siamo alieni?”

A quella parola i due Dursley ebbero un sussulto.

Sam continuò, questa volta rivolgendosi a Petunia.

“Mi stupisco poi, che lei sia così vile e crudele, di certo Lily non era così. Non sembrate neanche sorelle”.

Sentendo il nome della sorella, Petunia sussultò leggermente e rimase senza parole, così come anche l’uomo-tricheco.

“Ma comunque non sono venuta qui per litigare. Volevo soltanto avvertirvi di questo. Ora se non vi dispiace tolgo il disturbo”.

E si diresse alla porta, ma prima di uscire si rivolse di nuovo alla signora Dursley.

“Certo che sua sorella aveva gusti decisamente migliori in fatto di uomini”.

E lanciando uno sguardo schifato in direzione del signor Dursley, uscì sbattendo la porta.

Era decisamente contenta di aver lasciato quella casa e non voleva nemmeno pensare a come doveva essersi sentito Harry ad abitare con quei due. Si pentì di non essere tornata prima.

E non era nemmeno riuscita a trattenersi dal dire quelle cose a Petunia. Poteva capire il signor Dursley, lui era un uomo ributtante e con certe considerazioni riguardo al mondo decisamente all’antica, ma da parte di Petunia si aspettava più considerazione. Non immaginava che fosse così diversa da Lily.

 (Beh, sì. Hai le lentiggini e non posso più
chiamarti piccola Sam, visto che ormai sei cresciuta.
Adesso sarai Lentiggini)

 E finalmente era tornata a casa, nella sua dolce casetta, bella, comoda e confortevole e non quella orribile e inospitale topaia nella quale vivevano i Dursley.

“Ciao lentiggini!” la salutò Sirius vedendola rientrare, che era seduto insieme a Remus al tavolo da pranzo e stavano bevendo del Whisky.

Sam si fece crollare sulla sedia distendendo le gambe e mollando un grosso sospiro.

“Lentiggini?” chiese a Sirius notando il nomignolo con cui voleva chiamarla.

“Beh, sì. Hai le lentiggini e non posso più chiamarti piccola Sam, visto che ormai sei cresciuta. Adesso sarai Lentiggini”. Rispose lui guardandola come incantato. Gli erano sempre piaciute quelle lentiggini, un carattere che in famiglia sembrava avere solo lei, e quei suoi occhi nocciola così simili a quelli di James, così dolci, così grandi. C’erano molte cose in lei che gli piacevano: il suo sorriso che ti sapeva catturare, il suo sguardo che sapeva trasmetterti tutto ciò che provava, la sua gentilezza e bontà, ma anche la sua arroganza e orgogliosità.

Perché sì, Sam poteva sembrare una ragazza molto dolce, profonda e tranquilla, ma quando voleva sapeva essere molto perfida e vendicativa soprattutto con chi la faceva arrabbiare e chi la trattava male. Il suo motto era: “Vendicati ad ogni torto subito” cosa che sapeva fare con molta perfidia e cattiveria quando voleva. Sapeva anche essere più arrogante di suo fratello ma come lui era anche orgogliosa e non si faceva mettere i piedi in testa tanto facilmente.

Ma chi la conosceva bene sapeva che poteva essere un’ottima amica, sapeva essere sincera  e leale e quando ce n’era bisogno sapeva sempre darti ottimi consigli. Apriva il suo cuore soltanto a poche persone, quelle che conosceva meglio e di cui sapeva di potersi fidare, agli sconosciuti mostrava solo tanta neutralità. Non avrebbe mai tradito un amico, né mai ne avrebbe lasciato uno in difficoltà. Sapeva riconoscere le persone giuste da quelle sbagliate ad occhio nudo.

Per Sirius lei è sempre stata come una sorellina più piccola, da proteggere e coccolare. Mai avrebbe creduto che fosse diventata così bella, con quelle gambe lunghe e abbronzate, gli occhi da cerbiatta, la bocca sensuale che ti fa venir voglia di baciarla, le lentiggini che fanno venire tenerezza, i capelli scuri disordinati che le scendevano sulle spalle, un espressione da gattino che sembra sempre in cerca di coccole.

“Lentiggini…va bene!” sospirò di nuovo la ragazza.

Le piaceva quel nomignolo, tutto quello che diceva o faceva Sirius le piaceva. Era sempre stato il ragazzo più bello di Hogwarts il sogno erotico di tutte le ragazze della scuola e tutte desideravano averlo come ragazzo, almeno per una volta. Anche Sam lo aveva desiderato, ma lo sentiva come un qualcosa di proibito, un qualcosa che non doveva fare, che non doveva desiderare. Forse perché era il migliore amico di James, una specie di secondo fratello per lui e quindi un po’ lo era anche per lei. Non ci aveva mai provato con lui, come faceva con altri ragazzi che le piacevano e quel bacio… beh, quel bacio non era stato un bacio d’amore, più che altro un bacio di consolazione, perché si sentiva triste in quel momento e lui forse cercava di tirarle su il morale. Sta di fatto che ormai quello era passato, e non sarebbe più tornato. Faceva parte soltanto dei suoi ricordi, dei suoi tanti ricordi.

“Com’è andata con i Dursely?” le chiese Remus notando la sua aria un po’ frustrata.

Lei lo guardò un attimo prima di rispondere.

“Pensavo peggio… ho detto quello che avevo da dire e… niente. Certo che quella gente proprio non ha limiti, non capisco come faceva Lily ad essere imparentata con quella!” e alla parola “quella” fece una faccia schifata. “E’ peggio di Mocciosus!”

I due amici sghignazzarono e lei li guardò di sbieco.

“Che avete da ridere?”

“Niente!” risposero in coro Sirius e Remus, facendo una faccia da innocenti. Entrambi sapevano quanto erano insopportabili quelle due persone e ora anche Sam ne aveva avuto la prova.

 (Papà, quante stelle ci sono in cielo?)

 Era in una strana stanza buia e scura, si sentiva un gocciolio d’acqua, probabilmente qualche infiltrazione e c’era un odore di muffa e di chissà quale altra immondizia. Probabilmente c’erano anche un sacco di topi lì dentro.

Lì dentro… era in un posto, al chiuso questo lo poteva percepire, ma non riusciva a capire dove perché era tutto buio e non si vedeva granché bene. Poi la sua vista cominciava ad abituarsi al buio e cominciava a intravedere qualcosa.

C’erano delle sbarre, come in una cella… sì, doveva essere in una cella e forse, dall’odore e dalla muffa e dalle infiltrazione era in un qualche sotterraneo di qualche villa. Provò a muovere un braccio per vedere se percepiva o se riusciva a muovere il suo corpo.

Sì, ci riusciva aveva spostato il braccio ma aveva anche provocato un rumore di catene. Era incatenata, aveva un braccio chiuso da una catena che la teneva attaccata al muro come un cane. Il resto del suo corpo era tutto indolenzito, anzi, più che altro sentiva uno strano dolore fisico in tutto il corpo, come se fosse appena stata percossa o picchiata o torturata. E le sembrava di sanguinare, da qualche parte, forse in più punti.

Ma un momento… cosa ci faceva lì? Come ci era finita? E soprattutto, in quale cella si trovava?

Ad un tratto sentì come una voce bisbigliare, ma non da qualche altra parte della stanza ma dalla sua testa. Sentiva nella sua testa una strana voce, che la chiamava e le diceva: “Aiutami… Sam… aiutami…”. Quella voce… le sembrava di conoscerla, le era familiare. Ma sì, era di…

 (Vorrei poter riportare indietro il tempo)

Si svegliò di soprassalto nel suo letto tutta sudata.

Aveva dormito, era nel suo letto e non in quella cella bagnata e muffosa. Era al sicuro, nel suo letto. E non le sarebbe successo niente.

Era bagnata fradicia, aveva sudato nonostante la temperatura non fosse molto calda e lei aveva dormito con le coperte addosso.

Ma quel sogno, le sembrava così reale, le sembrava quasi di essere lì.

Sperava soltanto di non aver urlato altrimenti avrebbe svegliato Sirius che dormiva nella stanza a fianco alla sua.

Si girò su un fianco con la mano sotto alla testa.

Non era la prima volta che faceva un sogno del genere, erano ormai notti che gli incubi la perseguivano. Sempre lo stesso posto, sempre la stessa persona. Ma mai erano stati così reali e marcati, da quando era tornata in quella casa sembrava diventassero quasi realtà e se dopo non si fosse svegliata avrebbe quasi creduto di essere lì veramente.

E poi quell’allucinazione che aveva avuto?? Che significato avevano tutte queste cose??

Decise di alzarsi un attimo per andare a fumarsi una sigaretta e schiarirsi le idee.

Erano le due di notte e lei era uscita sul piccolo portico all’entrata della casa. La notte era così bella. Non c’era la luna ma c’erano un sacco di stelle e si potevano vedere quelle più luminose.

Una volta da piccola aveva tentato di contarle ma non ci era riuscita, si era persa dopo la decima o la dodicesima stella.

L’avevano sempre affascinata molto quei piccoli puntini luminosi, non capiva come faceva una cosa tanto piccola ad essere così luminosa e bella. E diceva che anche lei un giorno sarebbe diventata una stella.

Dopo poco fu raggiunta da Sirius che le si avvicinò senza dire niente e si mise anche lui a guardare le stelle, in silenzio. Era un momento così, non c’era niente da dire.

“Vorrei poter riportare indietro il tempo”. Disse semplicemente Sam e Sirius annuì con la testa soltanto.

 
“Papà, quante stelle ci sono in cielo?”

“Sam, le stelle sono infinite, non c’è un numero preciso. Non puoi mica contarle”.

“Quanto infinite?”

“Tanto, molto… ogni stella corrisponde al desiderio di una persona che abita su questo pianeta e quando la stella cade vuol dire che il desiderio di questa persona si è realizzato”.

“Quindi se io adesso esprimo un desiderio questo si avvera?”

“Certo, Sam. Perché non provi?”

“Ma io ora non desidero niente. Ho già tutto, te, la mamma, James, gli amici. I desideri si usano per esprimere cose grandi, cose infinite”.

 

 SPAZIO PER ME

Ciao cari amici e amiche… come state?? Sapete ke ieri è stato il mio complex… eheheh… bene bene, mi sento leggermente più vekkia, anzi no, non è vero mi sento come sempre… però mancano solo due anni alla patente… oh yeah… benebene… allo, vi è piaciuto il cap?? spero di sì e lasciate qualke recensione please, ke qst fanfic nn mi sembra abbia molto successo… uhuhuhu… dai fatemi qst regalo di complex… ora vi lascio e ci sentiamo la prox volta… kiss… milly un po’ più vecchia…

roxy_black: ciao… sn contenta ke la mia storia ti abbia tirata su di morale… e cmq sì, quel problema peloso è sempre lì in mezzo, sempre a rompere… no skerzo, remus nn rompe mai le scatole… fang se vuoi te lo saluto però nn so qnd arriverà… lui è un po’ come il vento, arriva qnd meno te lo aspetti… ciao alla prossima, kiss.

 _ki_: allora, voglio risp subito alla tua domanda ke nn mi è ancora stata fatta da ness… sì, per qnt riguarda il quarto libro, seguirò la storia così come l’ha scritta la rowling… è per qst ke nn ho fatto dire a sam la soluzione dell’uovo… e quindi comparirà anke voldemort, ma se nn c fosse lui sarebbe troppo noioso e tranquillo e qst non ci piace molto… invece per gli altri libri ci saranno dei cambiamenti e vedrai ke cambiamenti… ehehehe… bene, ade t saluto e fatti sentire ancorok?? Ke sei la mia lettrice preferita… eheheh, kiss milly.

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Capitolo 20
*** Capitolo diciotto ***


Capitolo diciotto

(Era tutto così assurdo, come poteva Voldemort
essere tornato dopo tutti questi anni)

 Ed era anche arrivato giugno.

Quel giorno Sam doveva andare a prendere Harry alla stazione di King’s Cross e non vedeva l’ora.

Aveva assistito sia alla seconda prova del Torneo Tremaghi che alla terza e aveva saputo tutto ciò che era successo: la coppa-passaporta che lo aveva portato nel cimitero, Codaliscia che aveva ucciso quel ragazzo, Cedric Diggory, il ritorno di Voldemort, Barty Crouch junior che si era spacciato per Malocchio Moody richiudendo quello vero in un baule per nove mesi…

Era tutto così assurdo, come poteva Voldemort essere tornato dopo tutti questi anni, se per Sam tutto quello era difficile da digerire allora per Harry com’era? Non vedeva l’ora di rivedere suo nipote, di stringerlo forte e di abbracciarlo, di consolarlo.

 
(Due galeoni per mia zia e Sirius)

 Harry, Ron, Hermione, Ginny, Fred e George si stavano dirigendo verso la barriera che li avrebbe riportati nel mondo dei Babbani riabbracciando i loro genitori e i loro familiari. Harry, nonostante tutto quello che era successo durante l’anno e specialmente alla fine, si sentiva felice perché per la prima volta non sarebbe tornato dai Dursley e non avrebbe passato un’orrenda estate con loro.

Attraversarono la barriera e subito Ron, Ginny, Fred e George abbracciarono i signori Weasley mentre Hermione abbracciava i suoi genitori e la signora Weasley diede un abbraccio soffocante pure a Harry che lo aveva sempre considerato come un figlio. Il ragazzo dalla cicatrice sulla fronte però si stava guardando intorno alla ricerca della persona che lo avrebbe ospitato a casa sua per l’estate e alla quale sentiva già di voler molto bene. Ma per sua sfortuna non riusciva a trovarla da nessuna parte, quando all’improvviso Hermione esclamò indicando due persone con un dito:

“Harry guarda!”

Il ragazzo guardò nella direzione indicatagli dalla sua amica del cuore e vide sua zia Sam che stava avanzando nella loro direzione reggendosi con un braccio a Remus perché stava ridendo talmente tanto che forse sarebbe crollata a terra. Evidentemente Remus la stava facendo ridere molto o forse stavano ricordando qualcosa di divertente. Anche l’ex professore aveva un’aria molto divertita, nessuno aveva mai visto il professor Lupin divertirsi così tanto.

“Che sexy!” esclamò Fred vedendo Sam.

Harry lo guardò un po’ storto, però doveva ammettere che sua zia era veramente molto attraente. Portava una paio di jeans corti fino al ginocchio che le lasciavano intravedere le gambe lunghe e abbronzate, un paio di stivaletti di pelle e una maglietta a maniche corte da cui spuntavano le braccia su cui quello destro c’era il tatuaggio: “Grifo, we are the best”. I capelli lunghi e spettinati raccolti in due trecce.

“Secondo me si mettono insieme”. Disse George alludendo a Sam e Remus.

“No, secondo me si mette con Sirius”. Lo contraddisse Harry.

“Ne sei sicuro?” gli chiese Fred.

“Certo!” affermò il moro.

“D’accordo allora scommettiamo”. Propose George.

“Due galeoni per tua zia e Lupin”. Aggiunse Fred.

“Due galeoni per mia zia e Sirius”. Concluse Harry.

Non appena Sam vide i ragazzi tra cui c’era anche suo nipote, buttò via la sigaretta che stava fumando e corse ad abbracciare suo nipote seguita da Remus.

“Ciao!” lo salutò lei euforica.

“Ciao Harry!” lo salutò anche Remus con una stretta di mano.

“Professor Lupin!” esclamò Hermione andando incontro a tutti quanti, lasciando un attimo i suoi genitori.

“Oh, ciao Hermione. E per favore chiamami Remus e dammi del tu. Ormai non sono più un vostro insegnante”.

“Salve, lei deve essere la zia di Harry?” chiese la signora Weasley rivolta alla ragazza che la superava di molto in altezza e la povera Molly doveva alzare un po’ la testa per guardarla in faccia.

“Sì, sono Samantha e mia dia del tu per favore. Il lei mi fa sentire troppo vecchia”. Rispose lei suscitando le risate generali.

“Bene.” proseguì la signora Weasley. “Io sono Molly e lui è mio marito Arthur” e indicò il signor Weasley. “Loro invece sono i miei figli Fred e George” e indicò i gemelli che fecero uno dei loro migliori sorrisi “Lei è Ginny” e indicò la ragazza dai capelli rossi che stava guardando Sam quasi fosse una Dea. “E lui è Ron”. E indicò il ragazzo dai capelli rossi che stava accanto a Harry e che aveva il viso quasi più rosso dei suoi capelli.

“Ron e io ci siamo già conosciuti e anche Hermione”. Fece notare Sam sbattendo i suoi grandi occhi nocciola.

“Ora sarà meglio tornare a casa!” annunciò il signor Weasley e dopo altri vari saluti e promesse di scrivere le lettere e di venirsi a trovare, se ne andarono tutti lasciando la stazione di King’s Cross.

 (Tutto quello era straordinariamente stupendo)

 Purtroppo Remus aveva altri impegni, così dovette lasciare che Harry e Sam tornassero a casa da soli.

Quando Harry si trovò davanti a quella grande dimora non potette far altro che sgranare gli occhi.

La prima cosa che notò fu la casa grande a due piani tutta dipinta di bianco con delle grandi finestre e c’era un terrazzo in quasi tutte le stanze. Al pianterreno c’era persino un portico che conduceva all’entrata della casa. Se era così bella da fuori chissà com’era dentro.

C’era persino un cortile gigantesco nel quale si poteva persino giocare a Quidditch e un’altra cosa che notò Harry era una piccola stalla accanto alla casa. Non poteva credere che suo padre avesse vissuto in una villa del genere. Insomma non era proprio una villa, ma… era gigantesca.

“Ma… avete una stalla?” chiese il ragazzo alla zia curioso.

“Sì, avevamo due cavalli”. Rispose lei conducendolo dentro la casa.

Anche all’interno la casa era molto bella: a sinistra una cucina grande e luminosa con un tavolo da lavoro tondo e a destra il salotto ampio nel quale c’era pure una porta scorrevole che dava l’accesso a una piccola sala da pranzo.

Le scale a chiocciola, poi, conducevano al piano di sopra nel quale c’erano sicuramente un sacco di stanze e il bagno.

Harry salì di sopra ed entrò in quella che Sam gli aveva indicato come la sua stanza da letto, dove aveva già sistemato i suoi bagagli. La stanza era bellissima, non c’era che dire: molto illuminata da una grande finestra su cui erano appese tende di velluto rosso, un grande letto tutto ordinato, un armadio gigantesco che sarebbe bastato per due persone. La vista poi dava su una grande quercia sulla quale era stata costruita una casetta di legno in cui evidentemente suo padre e sua zia giocavano da piccoli.

Tutto          quello era straordinariamente stupendo, non c’era che dire, Harry non si sarebbe mai immaginato di vivere in una casa del genere.

Ma a distoglierlo dai suoi pensieri fu una voce da dietro di lui che gli chiese: “Bello vero, eh?”

Quella voce non era di sua zia, no perché era una voce maschile ma Harry l’avrebbe riconosciuta fra mille. E infatti, quando si girò, trovò il suo padrino appoggiato allo stipite della porta.

“Sirius!” esclamò e corse ad abbracciarlo.

L’uomo ricambiò la stretta e gli spettinò i capelli.

“Com’è andata?”

“Beh, poteva andare meglio”. Rispose il ragazzo ripensando a tutti gli avvenimenti di quell’anno e l’Animagus lo guardò comprensivo.

 (Quando voleva qualcosa veramente,
lei sapeva sempre ottenerlo,
non era una che si arrendeva tanto facilmente.)

 Quella sera Sam, Harry e Sirius cenarono tutti insieme allegramente e si riempirono per bene la pancia anche perché Sam era una cuoca eccezionale quando voleva. Quando voleva qualcosa veramente, lei sapeva sempre ottenerlo, non era una che si arrendeva tanto facilmente.

“Harry, ma che fine ne hai fatto del premio del Tremaghi?” chiese Sirius al suo figlioccio.
Harry esitò un attimo prima di rispondere, ma poi si decise. In fondo al suo padrino glielo poteva dire: “L’ho dato a Fred e George perché possano comprarsi il loro negozio di scherzi. Io non lo volevo, non avrei saputo che farmene”.

Sirius e Sam lo guardarono sorridendo.

“Hai fatto bene”. fu il commento alla fine di sua zia.

“Più che bene”. aggiunse Sirius.

Ci furono altri secondi di silenzio, poi Sam disse.

“Però quando sono andata ad Hogwarts ho notato che Malocchio aveva qualcosa di strano. Insomma… non sembrava lui”.

Sirius rispose con un’alzata di spalle e Harry non fece niente, assunse soltanto un’espressione riflessiva.

“Il primo giorno ci ha insegnato le Maledizioni senza Perdono”. Notò il ragazzo alla fine.

“Beh, non dico che non le dobbiate imparare, ma eravate solo del quarto anno. Cosa avrà insegnato a quelli del settimo, allora?” commentò Sirius giocherellando col suo bicchiere.

“Dovevate vedere la faccia sconvolta di Neville quando ha usato la Maledizione Cruciatus su un ragno”. Disse ancora Harry e i due adulti si guardarono un po’ preoccupati.

 (Era un Pensatoio.
Ma di chi? Di Sam)

 Erano passati un paio di giorni da quando Harry era entrato a vivere nella casa con sua zia e Sirius che a volte andava a farsi dei giri sottoforma di cane. Per fortuna la casa dei Potter era un po’ isolata dal resto delle altre, quindi non c’erano vicini che potessero fare le spie o notare qualcosa di strano, benché un semplice cane non avrebbe avuto niente di strano.

Harry si trovava a passeggiare per il corridoio del piano superiore della grande casa quando, all’improvviso si imbatté, in una porta di legno uguale a tutte le altre su cui però era appeso un foglio di carta con scritto: “Proprietà privata dei Malandrini-tenetevi alla larga se non volete essere fatturati”.

Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore quando ipotizzò di chi poteva essere quella stanza e un po’ esitante, decise di dare un’occhiatina.

Abbassò cautamente la maniglia e per sua fortuna, notò che non era chiusa a chiave. Lentamente spinse la porta e quello che gli si parò davanti lo lasciò di stucco: scaffali ricolmi di libri, coppe e foto alcune delle quali ritraevano suo padre e sua zia abbracciati insieme, nelle altre invece c’erano i Malandrini ad Hogwarts tutti insieme e poi una foto che lo colpì più di tutte: un ragazzino coi capelli spettinati, gli occhi nocciola e gli occhiali tondi con un sorriso Malandrino che Harry immaginò doveva essere suo padre anche perché gli somigliava molto, stava abbracciando una ragazzina più piccola anche lei coi capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola e poi, dietro di loro, due adulti, un uomo che somigliava parecchio a James solo che era più vecchio con un sorriso sereno e sicuro e accanto a lui una donna dai boccoli rosso scuro, il viso a cuore e un sorriso così dolce e materno a cui non potevi resistere. Se quei due ragazzini erano suo padre e sua zia, allora i due adulti dovevano essere i loro genitori, quindi i suoi nonni.

Harry guardò meglio la foto e notò che il nonno aveva gli occhi verdi chiaro, sua nonna ce li aveva nocciola, quindi suo padre e Sam avevano ereditato gli occhi dalla loro madre, i capelli dal padre.

Si chiese come aveva vissuto suo padre da bambino, come si comportava coi suoi genitori, come si chiamavano i suoi nonni e soprattutto com’erano morti.

Gli sarebbe piaciuto saperlo, magari l’avrebbe chiesto a Sam, ma prima di lasciare la stanza, diede un ultima occhiata: ai muri erano appesi poster magici di giocatori di Quidditch che sicuramente erano stati attaccati con la colla magica che non si staccava mai e poi c’era pure un poster babbano che raffigurava Madonna. Suo padre era un fan di Madonna??

Quella stanza era così in ordine, così pulita, ma allo stesso tempo trasmetteva un calore e un’accoglienza come se in quella stanza ci abitasse ancora qualcuno e non fosse stata abbandonata per più di quattordici anni.

Però era bello che non fosse stata toccata, che l’avessero lasciata così com’era, che non l’avessero trasformata in una palestra o in chissà cos’altro.

Uscì dalla stanza lasciandosi tutti quei ricordi alle spalle e questa volta notò un’altra camera da letto con la porta spalancata, il letto matrimoniale sfatto e un grande armadio di noce. Questa volta doveva essere la stanza dei suoi nonni ma c’erano i vestiti di Sam. Gli venne in mente che sua zia gli aveva detto che lei avrebbe usato quella dei suoi genitori e non la sua. Ma un’altra cosa attirò la sua attenzione. Una piccola ciotola era posta sulla scrivania dalla quale uscivano delle nuvolette di fumo azzurrognolo e Harry intuì che cosa doveva essere perché un po’ di tempo fa lo aveva visto pure nell’ufficio di Silente.

Era un Pensatoio, ma di chi? Di Sam?   

 

SPAZIO AUTRICE IN VACANZA

Ciao ragazzi, questa volta ho fatto presto perché sarà l’ultimo aggiornamento per almeno un mese… mi dispiace dirvelo ma io parto sabato per la Croazia, vado in vacanza e non mi porto il computer dietro… anche a me serve una vacanza ogni tanto… e poi voi avrete tutto il tempo per leggere questo capitolo e magari rileggervi anche tutta la storia e recensire… mi raccomando recensite in tanti e fatemi un po’ di pubblicità… intanto me ne faccio un po’ ankio; se vi mankerò proprio tanto potete leggere due mie fanfic di Twilight, The Power of the Love (già completa) e Stessi Occhi Stesso Sangue (non ancora completa).

Io vi auguro buone vacanze e, mi raccomando, se potete, andate al mare, divertitevi, abbronzatevi e mangiate tanto gelato.

Un bacio e un abbraccio caloroso, alla prossima…

La vostra Milly… ciao…

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Capitolo 21
*** Capitolo diciannove ***


questo

(Quelli dovevano essere i suoi nonni,
ma allora…)

 

Era un Pensatoio. Ma di chi? Di Sam?

Harry decise di darci un’occhiata, in fondo non sarebbe successo niente se curiosava un po’.

Si avvicinò di più a quella piccola ciotola e vi immerse il viso fino a che non si trovò in un luogo completamente diverso e in un altro tempo.

Guardandosi intorno notò che era su una spiaggia dove c’era molta gente che si godeva il caldo sole estivo.

Il mare era piuttosto agitato e c’era poca gente in acqua, i più coraggiosi che volevano affrontare le onde.

Guardando un po’ tutte le persone che c’erano vide due persone che stavano prendendo il sole: una donna dai capelli rosso scuro e gli occhi nocciola stava leggendo una rivista, mentre un uomo dai capelli scuri le spalmava la crema sulle spalle. Quelli dovevano essere i suoi nonni, ma allora…

Guardò verso l’acqua e una piccola bambina di più o meno sei anni attirò la sua attenzione: aveva i capelli bagnati lunghi fino alle spalle e un costumino a pezzo intero di colore giallo con i cuoricini rossi. Stava giocando vicino a uno scoglio e l’acqua alta le bagnava le gambe facendola scivolare, ma lei continuava a rialzarsi decisa.

All’improvviso le onde si fecero ancora più alte e anche le poche persone che erano in acqua cominciarono ad uscire finché non rimase più nessuno.

“Sam, allontanati dallo scoglio, le onde sono troppo alte”. Disse l’uomo avvicinandosi alla bambina e prendendola per mano.

Sam ubbidiente, si allontanò dallo scoglio e si sedette sull’asciugamano accanto alla madre.

“Ma papà, James è ancora in acqua”. Lo avvertì lei e il padre andò subito a guardare dov’era l’altro figlio e quando notò un puntino un po’ distante nell’acqua che stava nuotando contro le onde, lo chiamò.

“James, esci! Le onde sono troppo alte!”

“Aspetta ancora un po’ papà!” si lamentò il ragazzo.

“No, esci adesso!” rincarò la dose l’uomo che temeva che con le onde alte suo figlio sarebbe potuto annegare. Ma ogni volta che doveva convincere James a fare qualcosa, doveva sempre combattere contro la sua testardaggine e cocciutaggine.

Decise di lasciare il figlio ancora un po’ in acqua, tanto lui era un bravo nuotatore, nonostante avesse solo nove anni, però lo avrebbe tenuto sotto controllo perché con quelle onde c’era da stare attenti.

Ad un tratto però Sam si era alzata e aveva gridato: “Papàààà!” indicando col dito in acqua e quando il padre guardò nella direzione indicata dalla figlia, vide James andare sotto e non riaffiorare più dall’acqua.

Anche sua moglie si era alzata, in panico e aveva urlato al marito: “Edward, fa qualcosa!” e l’uomo si era precipitato subito in acqua e aveva nuotato contro tutte quelle onde per recuperare il figlio che ormai stava andando sotto, perdendo i sensi completamente.

L’aveva riportato sulla spiaggia in braccio e siccome non si riprendeva ancora aveva dovuto premergli le mani sul petto per fargli sputare tutta l’acqua che aveva bevuto e non appena si era ripreso tirarono tutti quanti un sospiro di sollievo e la madre era andata subito ad abbracciarlo ancora in panico mentre Sam cercava di smettere di piangere dallo spavento.

“Te l’avevo detto di uscire, James!” lo sgridò il padre che stava cercando di recuperare il fiato, non solo per la nuotata ma anche perché gli era venuto un colpo.

(Un giorno verremo a riprenderceli)

All’improvviso il ricordo cambiò ancora e questa volta lo scenario era completamente diverso.

Questa volta il luogo lo conosceva benissimo perché era la casa dove abitava suo padre da piccolo e dove adesso abitava lui.

Sotto al portico c’erano due ragazzini, di nuovo Sam e suo padre e stavano parlando di qualcosa che Harry non riusciva a udire da dove si trovava, quindi cercò di avvicinarsi, tanto non lo vedeva nessuno.

“E così, allora domani vai a Hogwarts?” chiese Sam al fratello. Quindi, questo voleva dire che James doveva avere undici anni.

“Eh, sì”. Rispose lui con un sorriso beato sul volto. Si vedeva che era felice di andarci.

“E sei felice?” gli chiese ancora Sam. Lei, a differenza del fratello, non sembrava tanto contenta.

“Certo che sono felice!” un’altra risposta di assenso.

“Ma non ti dispiace stare lontano da casa?”

“Beh, un po’ sì. Ma tanto tornerò per le vacanze”.

“Ma mi mancherai…” si lamentò Sam e quasi le venivano le lacrime agli occhi.

“Oh, Sammy, anche tu mi mancherai, tanto e lo sai”. E il fratello corse subito ad abbracciarla.

“Ma tu non ti dimenticherai mai di me, vero?”

“E come potrei dimenticarmi di te, se ti voglio un mare di bene. Vedrai che il tempo passerà in fretta e mi troverai di nuovo a romperti le scatole e magari combineremo qualche altra malandrinata insieme”.

E dicendo così la fece subito ridere. Era questo che Samantha adorava tanto di suo fratello, che sapeva farla ridere sempre e comunque, lui le avrebbe messo un sorriso sulle labbra anche se ci fosse stata la fine del mondo. E poi sapeva anche essere dolce e trovare le parole giuste per consolarti.

“Sai cosa facciamo?” proseguì ancora James staccandosi dall’abbraccio.

“Cosa?”

“Andiamo nella nostra casa sull’albero e nascondiamo il simbolo del nostro più grande sogno”.

“Cioè?” chiese Sam con un espressione un po’ confusa.

“Prendiamo un oggetto che simboleggi quello che noi desideriamo di più e lo nascondiamo in una scatola che poi metteremo nella nostra casa. Se poi un giorno torneremo a riprenderceli vuol dire che quel sogno si è realizzato. Per esempio, io vorrei diventare un campione nel Quidditch come cercatore perciò nasconderò questo boccino.” E le fece vedere un piccolo boccino dorato con le ali strette nella sua mano. “E tu?” chiese poi alla sorella.

“A me piacerebbe viaggiare intorno al mondo”. Rispose lei dopo averci pensato un attimo.

“Perfetto!” esclamò James. “Allora prendi un oggetto che lo simboleggi”.

Sam si frugò nella tasca e ne estrasse un portachiavi che aveva un piccolo mappamondo come ciondolo.

James le sorrise e si arrampicarono tutti e due sull’albero per entrare nella piccola casetta di legno, nascondendo i loro tesori.

“Un giorno verremo a riprenderceli…”.

(Non cantare vittoria troppo presto)

Il ricordo cambiò ancora, ma il luogo rimase uguale, solo che adesso i due fratelli si trovavano nella stalla.

“Senti tu prendi Choccolate io prendo Teo.” Disse James alla sorella sistemando la sella su un cavallo coloro nero pece con una piccola macchia bianca sulla fronte.

Sam invece cominciò a preparare un cavallo marrone cioccolato.

Quando furono montati tutti e due in sella cominciarono a cavalcare lentamente con un portamento elegante, come se fossero dei veri cavallerizzi e anche i cavalli avevano un andatura molto aggraziata.

“Facciamo una gara!” propose Sam.

“Il primo che fa il giro della foresta e torna qui è il vincitore”. Disse James.

“D’accordo, ma tanto vincerò io!” esclamò la ragazza, sicura di avere già la vittoria in tasca.

“Non cantare vittoria troppo presto”. L’ammonì il fratello e cominciarono a correre coi cavalli giù per la foresta e su per le colline.

(Ti chiamerò come lei.
Sally.)

E ancora un altro ricordo.

Questa volta erano dentro casa, seduti sul divano, al buio. Stavano guardando un film in televisione, un horror a quanto pareva.

Sam si stringeva addosso a James ma non sembrava spaventata perché stava guardando tutto ad occhi sgranati, non si perdeva neanche una scena, benché ci fossero tutti quei pezzi spaventosi pieni di sangue e altra roba che faceva venire un colpo.

Lei guardava senza emettere fiato e si stringeva forte al braccio del fratello.

Dopo un po’ ci furono i titoli di coda e James tirò fuori il DVD che stavano guardando.

“Non capisco come facciano a piacerti questi film spaventosi”. Commentò il ragazzo mettendo a posto il videoregistratore.

“Non sono poi così spaventosi”. Si lamentò Sam sdraiandosi e accendendo la luce.

“Nessuna ragazza come te guarderebbe queste cose.” Continuò ancora lui.

“Io non sono come le altre. O forse preferisci che guardi quei sdolcinati film d’amore che a te fanno vomitare tanto?” gli chiese lei guardandolo con due occhi dolci, ma al tempo stesso malandrini.

“Oh, no ti preferisco di gran lunga così”.

Rimasero tutti e due sdraiati sul divano in silenzio.

Alla fine fu Sam a parlare per prima.

“Però questo film era bello. Non c’era solo Horror, ma anche amore. E poi hai visto la protagonista che bella che era? Mi piacerebbe tanto essere come lei”.

James sghignazzò un attimo prima di rispondere.

“Beh, sì era bella. E le somigli un pochino. Sai che faccio? Ti chiamerò come lei Sally”.

“Sally? E perché?”
”Beh, così. Visto che ti piace”.

“Grazie Jimmy!” disse lei abbracciando suo fratello.

“Soltanto tu mi chiami Jimmy. Gli altri mi chiamano Jamie o Jim”.

“E ti dispiace?”

“No, affatto”.

 

ANGOLO AUTRICE NON PIU IN VACANZA

Ciao ragazzi!!! Sono tornata!!!! Siete contenti??

Lettori: noooooo!!!!!!

Milly: ahahahahah… dai che se non ci fossi io questa fanfic non andrebbe avanti.

Allora, cosa ve ne è parso?? In questo cap c’erano un po’ di ricordi di Sam e spero che vi siano piaciuti. Ovviamente questa è solo la prima parte, perché nel prossimo cappy ce ne saranno altri. Quindi, se avete qualche commento da fare, ciccate su inserisci una recensione.

Per il resto, come sono andate le vostre vacanze?? Spero bene. Adesso però bisogna prepararsi per la scuola. Avete già comprato i libri, gli zaini, gli astucci,  i diari?

Spero di sì perché non manca molto, bisogna cominciare col conto alla rovescia.

Vabbè, adesso basta con le chiacchere che se no facciamo notte. Ci sentiamo la prossima volta, quando mi avrete fatto qualche recensione scrivendomi anche dove siete stati in vacanza.

Bene, bene… vi saluto, ciaoooooo!!!!

Alla prossima, kiss, kiss… milly.

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Capitolo 22
*** Capitolo venti ***


I Volturi

(…e con quei profondi occhi azzurri
che sapevano catturarti e ammaliarti)

Questa volta oltre al tempo, cambiò anche il luogo.

Sam si trovava sull’Espresso di Hogwarts e stava cercando uno scompartimento vuoto nel quale sedersi.

Quando all’improvviso vide arrivare suo fratello insieme ad altri tre ragazzi.

“Eccoti Sam!” esclamò James venendole incontro seguito dagli altri tre.

“James!” lo salutò lei felice di vederlo perché pareva un po’ confusa. Sembrava non sapesse che fare.

“Ragazzi!” chiamò James. “Lei è mia sorella Samantha. Sam, loro sono Sirius, Remus e Peter”. Fece le presentazioni.

“Ciao!” la salutò Remus guardandola con i suoi grandi occhi dorati.

Ma Sam sembrava avere occhi solo per una persona, Sirius che se ne stava lì in mezzo spavaldo come suo solito e con quei profondi occhi azzurri che sapevano catturarti e ammaliarti. Sirus era veramente un bel ragazzo non c’era che dire, tutte le ragazze di Hogwarts desideravano stare con lui almeno per una volta, ma poi le fortunate rimanevano sempre deluse. Non perché lui le trascurasse o perché facesse pena a letto, ma perché la maggior parte delle volte era lui a lasciarle.

“Sam, ti vieni a sedere con noi?” le chiese Remus distogliendola dai suoi pensieri e dallo sguardo magnetico di Sirius. Quell’altro, Peter, la stava guardando come se avesse appena visto un fantasma e a Harry venne voglia di spaccargli la faccia.

“S…sì”. Rispose un po’ titubante la ragazza.

I cinque andarono a sedersi in uno scompartimento vuoto e dopo un po’ arrivarono a Hogwarts ma qui Sam si dovette separare dal fratello e dai suoi amici perché lei doveva andare con quelli del primo anno.

Adesso erano tutti in sala Grande e si stava svolgendo lo Smistamento. Dopo alcuni nomi fu il turno di Sam. Lei si avvicinò alla sedia senza alcuna esitazione, con un sorriso sicuro stampato sul volto; evidentemente sapeva già dove sarebbe finita.

E infatti: “Grifondoro!” urlò il cappello parlante e lei andò a sedersi con il resto dei suoi compagni al tavolo dei Grifondoro.

“Ehi Sally, Sally!” si sentì chiamare e girandosi vide suo fratello che le tirava su i pollici e le mostrava il suo perfetto sorriso malandrino.

 
(E non solo perché lui era più grande di lei)

 Era di nuovo Hogwarts ma questa volta era il cortile di Trasfigurazione.

Tre ragazze stavano sedute su una panchina sotto ad un grande salice e chiacchieravano animatamente di qualcosa. Una delle tre, Harry la riconobbe come sua zia Sam, le altre due invece non le aveva mai viste. Una aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle e occhi azzurri e un viso angelico, mentre la terza aveva lunghi capelli ricci biondi e occhi castani.

“Wow Sam! Adoro stare con tuo fratello!” disse la ragazza dai capelli neri.

“Kath, tanto tra un po’ ti mollerà. È sempre così”. Rispose Sam passandosi una mano tra i capelli.

“E dai, non essere così pessimista”. Ribattè l’amica guardandola accigliata.

“Lo sai che ha per la testa soltanto la Evans”.

“Sì, ma prima o poi se la toglierà dalla testa. Lei non lo caga neanche”.

“Beh, bisogna ammettere che tuo fratello è carino e la Evans è una delle ragazze più carine della scuola, starebbero bene insieme”. Disse all’improvviso la ragazza dai capelli ricci. “Piuttosto a me piace molto il suo amico biondo, Remus. Avete visto quant’è dolce?” la ragazza fece un’espressione completamente innamorata che quasi le sarebbero spuntati i cuoricini sugli occhi. Ogni volta che si parlava di Remus perdeva la testa per non parlare di quando lo vedeva.

“Sì, certo Izzie, continua a sognare”. Le disse Kath ricevendo un’occhiataccia dall’amica.

“Piuttosto tu…” sbottò all’improvviso la bruna guardando Sam con occhi minacciosi. “Anche tu sei una delle ragazze più carine della scuola e hai successo con i ragazzi… chi vuoi acchiappare adesso?”

“Cosa?” chiese Sam assumendo un’espressione innocente, ma i suoi occhi dicevano tutto il contrario.

“Avanti, ammettilo che ti piace un bellissimo ragazzo dai capelli scuri e gli occhi azzurri come il mare. E che questo ragazzo sia nientemeno che il migliore amico di tuo fratello.” Disse Izzie e adesso tutte e due le amiche la guardavano con un espressione che non ammetteva repliche. Sam si sarebbe trovata costretta ad ammettere.

“A me non piace Sirius!” cercò di negare la mora, ma i suoi occhi innamorati la tradivano.

“Sì che ti piace. Si vede da come lo guardi”. Le fece notare Kath.

“E poi lui è così bello. Stareste bene insieme”. Aggiunse Izzie.

“Lui non mi piace. E anche se fosse non potremmo stare insieme”. Disse Sam alzandosi e scappando via inseguita dalle amiche che le chiedevano il perché di quella risposta.

Si vedeva che Sam era cotta di lui, ma non si era mai lasciata andare come con gli altri ragazzi. Lei era brava a rimorchiare quelli che le piacevano, ma con Sirius non ci aveva mai provato. E non solo perché lui era più grande di lei.

 (E’ il padre di Sirius)

 James e Sam si trovavano nella sala d’attesa di quello che sembrava un ospedale. James era seduto su una sedia, lo sguardo perso e preoccupato. Sam aveva la testa appoggiata alla sua spalla e lui le aveva circondato le spalle con un braccio. Lei sembrava così triste per qualcosa e aveva gli occhi lucidi.

Harry si chiese che cosa potesse mai essere successo e perché si trovavano in un ospedale.

Una signora coi capelli corti e scuri si avvicinò a loro e Sam le chiese:

“Zia, chi è stato a fare del male a papà?”

La signora esitò un attimo prima di rispondere.

“E’ stato un certo Orion Black”.

Sam e James rimasero a bocca aperta, senza parole, uno più sconvolto dell’altro. Adesso anche James aveva gli occhi lucidi.

Fu Sam la prima a recuperare la parola e rivolgendosi al fratello, disse:

“E’ il padre di Sirius”.

 (Tu non sei come loro,
tu sei diverso)

Era di nuovo Hogwarts, ancora il cortile, qualche mese più tardi.

Sam era seduta sulla stessa panchina, sotto lo stesso albero dove un po’ di tempo fa Harry l’aveva vista con le sue amiche.

Ma questa volta era da sola e sembrava molto triste. Non sembrava accorgersi molto di quello che accadeva intorno a lei. E non sembrava essersi accorta nemmeno della persona che le si era seduta accanto.

“Come mai sembri così triste?” le chiese il ragazzo guardandola e cercando di darle conforto soltanto con uno sguardo.

Lei, appena ne riconobbe la voce, si girò verso di lui e incontrò di nuovo quei profondi occhi azzurro cielo che le erano sempre piaciuti. Tutto di lui le piaceva.

“Mi manca mio padre, Sirius”. Rispose  lei.

Sirius strinse i pugni e assunse un’espressione minacciosa e anche colpevole.

“Mi dispiace”. Sussurrò lui. Non sapeva proprio che altro dire.

“Non è colpa tua. Tu non centri niente, te lo ha detto anche mio fratello”. Questa volta sembrava che dovesse essere lei a consolare lui.

“Sì, ma è colpa di quel bastardo di mio padre. Lui è così…”

La ragazza lo prese per una mano e cercò di guardarlo in viso, ma lui non stava guardando lei ma un punto impreciso dell’erba. Poi però si girò a guardarlo e quello che la ragazza vide, furono degli occhi spaventati e colpevoli.

“Tu non sei come loro, tu sei diverso”. Gli sussurrò Sam cercando di tranquillizzarlo.

E come se avesse reagito a comando, Sirius avvicinò il suo viso a quello di Sam e le diede un leggero bacio sulle labbra a cui lei si lasciò andare completamente. Poi, però si staccò, e come se niente fosse il ragazzo se ne andò lasciando la povera Sam sbigottita e incredula, ancora col sapore delle labbra di Sirius nelle sue.

 (E se la guarderemo nello stesso momento ci incontreremo.
Anche quando saremo lontani)

 James e Samantha erano sdraiati sul tetto della propria casa, stretti l’un l’altro.

“E così tra un po’ ti sposi, eh?” sospirò la ragazza. “Sei contento?”

“Mi sposo con la donna dei miei sogni, dì un po’ te”. Disse lui felice.

“Qualche volta ricordati della tua sorellina che ti vuole tanto bene”.

James sghignazzò. “Ma io mi ricorderò sempre di te, Sally”.

Rimasero tutti e due un attimo in silenzio a contemplare la coperta luminosa che stava sulle loro teste. Quella notte era piena di stelle.

Poi James disse. « Vedi quella stella luminosa?” e le indicò una stella che risaltava più delle altre.

“Sì”. Rispose la ragazze guardando dove le aveva indicato il fratello.

“Bene. La chiamerò Sally e ogni volta che la guarderai ti ricorderai di me e ogni volta che la guarderò io mi ricorderò di te. E se la guarderemo nello stesso momento ci incontreremo. Anche quando saremo lontani. Va bene?”

Sam sorrise felice. Suo fratello sapeva essere veramente dolce quando voleva e questo suo lato lo mostrava soltanto a sua sorella e anche alla donna che amava. A volte qualcuno pensava che fosse soltanto un presuntuoso arrogante e orgoglioso, ma chi lo conosceva bene come lei, sapeva anche che lui era dolce e romantico.

“E magari ascolteremo di nuovo la canzone Sally di Vasco Rossi, quella che ti piace tanto”. Aggiunse ancora il ragazzo.

“D’accordo Jimmy”. Sospirò felice la sorella.

 (Perché mi hai lasciata, James!
Perché mi hai lasciata sola?!)

 Era la Sala Grande ed era in corso una festa. Dalle decorazioni doveva essere Halloween perché dappertutto erano appese zucche e zucchette, ragni e pipistrelli.

Era una festa in maschera perché erano tutti mascherati, c’era qualcuno vestito da vampiro, qualcuno da lupo mannaro, qualcuno da Frankenstein e altri mostri.

Harry cercò di trovare sua zia in quel tumulto di persone che ballavano e si dimenavano.

Non dovette cercare molto perché la trovò quasi subito abbracciata ad un ragazzo biondo che ballavano insieme. Era più grande rispetto agli altri ricordi nei quali l’aveva vista, doveva avere più o meno diciassette anni.

Ed era bellissima. Aveva un lungo vestito bianco che strisciava ai piedi e le maniche diventavano più larghe man mano che arrivavano alla fine. E quei capelli lunghi e disordinati e la coroncina di fiori le davano un’aria talmente surreale. Sembrava una principessa ed era così felice di ballare col suo cavaliere, si stava divertendo così tanto, sembrava che niente potesse rovinarle quella serata.

All’improvviso però una ragazzina le si avvicinò e le disse che il professor Silente la voleva nel suo ufficio.

Sam lasciò il ragazzo biondo e gli disse di aspettarla e poi abbandonò la Sala Grande diretta all’ufficio del Preside. Harry la seguì perché era strano che Silente chiamasse qualcuno nel suo ufficio durante una festa a cui di solito partecipava anche lui.

Quando entrarono dentro di certo non si aspettavano di vedere quello che videro:

la professoressa McGranitt con un fazzoletto in mano che cercava di trattenere le lacrime e il professor Silente sconvolto che guardava la ragazza con occhi tristi.

“Cos’è successo, professore?” chiese Sam spaventata. Non aveva mai visto né Silente, né la McGranitt sconvolti così tanto.

Silente attese un attimo prima di rispondere, sembrava che cercasse le parole adatte.

“Poco fa abbiamo saputo che suo fratello e sua moglie sono stati traditi. Voldemort li ha trovati e naturalmente non c’è stato niente da fare. Sono stati assassinati tutti e due, ma il bambino si è salvato. Lo abbiamo portato dai suoi zii, i Dursley”.

Sam aveva ascoltato tutto senza emettere fiato e sentendo tutte quelle parole si era portata le mani alla bocca sconvolta. Delle lacrime cominciarono ad affiorarle agli occhi. Si era come immobilizzata, non riusciva a dire niente, forse quasi neanche a respirare.

“Tra un po’ la faremo mandare a casa sua da sua madre”. Disse la McGranitt e aggiunse. “Mi dispiace”.

Ma Sam non sembrava aver udito quelle ultime parole, ormai sembrava completamente andata, sconvolta.

Uscì di corsa dall’ufficio del Preside e cominciò a correre senza una meta precisa. Non c’era nessuno nei corridoi, erano tutti alla festa e in un attimo la ragazza si era trovata nella sua Sala Comune ed era corsa nel suo dormitorio con le lacrime che le bagnavano completamente gli occhi.

Harry guardò tutta la scena orripilato, quasi si sarebbe messo a piangere anche lui.

Sam cominciò a distruggere tutto quello che c’era nella sua stanza, a rovesciare i bauli a strappare le tende e le foto e i poster appesi alle pareti e tutto piangendo disperatamente.

Dopo aver messo a soqquadro tutta la stanza, scivolò contro un muro con le mani sulla faccia completamente bagnata e poi si strappò anche il vestito e distrusse la coroncina di fiori.

Era orribile, come faceva una serata così bella e felice a trasformarsi in un incubo, così, da un momento all’altro.

“Perché mi hai lasciata, James! Perché mi hai lasciata sola!” urlò.   

 

ANGOLO AUTRICE RITARDATARIA

Cavolo ragazzi, rileggendo l’ultimo ricordo è venuto da piangere anche a me?? E voi?? Cosa ne pensate di questo capitolo??

Ovviamente, come avrete notato, è il proseguimento di quello scorso, perché purtroppo nn potevo mettere tutti sti ricordi in un unico capitolo se no veniva troppo lungo, ma spero non vi sia dispiaciuto.

Sicuramente vi sarà dispiaciuto di più che io abbia aggiornato così tardi… eh, ma ragazzi miei, purtroppo in questi giorni sono stata molto impegnata con la scuola e impegni vari. Già il primo giorno di scuola mi avevano dato compiti.

Comunque, a voi come va la scuola?? È stato traumatico il ritorno?? Per me sì, ma ci si abitua.

Bene, ora vi lascio e spero di ricevere tante visite e recensioni… kiss kiss milly.

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventuno ***


capitolo ventuno

(La nonna è ancora viva?)

Harry uscì dal Pensatoio sconvolto e scombussolato.

Alcuni ricordi lo avevano lasciato scioccato, specialmente gli ultimi. Aveva capito che la vita di Sam non era stata così felice e spensierata, ma che le aveva comunque regalato bei momenti da ricordare. Ma era proprio questo che faceva male; ricordare tutte quelle cose, tutti quei momenti felici passati insieme alle persone a cui vuoi più bene e sapere che quei momenti non li potrai rivivere mai più.

E c’era una domanda che continuava a frullargli nella mente, una domanda alla quale voleva avere una risposta precisa e diretta, senza giri di parole e sapeva che Sam gliel’avrebbe data perché lei non era una persona molto enigmatica e quando voleva andava dritta al punto.

Si girò dall’altra parte della stanza perché aveva sentito un rumore e aveva trovato Sam appoggiata al cornicione della porta che lo guardava con uno sguardo che Harry non riuscì a identificare; non sapeva se era arrabbiata perché aveva frugato nei suoi ricordi o se era preoccupata perché il ragazzo poteva essere sconvolto da tutto quello che aveva visto.

Ma a Harry non  importava molto se fosse arrabbiata o preoccupata, gli interessava avere soltanto una risposta alla sua domanda e senza esitare, gliela pose:

“La nonna è ancora viva?”

(E quando si era ripresa
non si ricordava più niente)

Erano seduti entrambi sul letto matrimoniale, Sam sdraiata sui cuscini e Harry con la testa appoggiata al suo seno.

La zia gli aveva spiegato tutto, che suo padre era morto quando lei aveva solo quattordici anni un po’ prima delle vacanze di Natale e che sua madre era rimasta molto sconvolta ma era riuscita ad andare avanti per lei e James, perché aveva ancora dei figli da proteggere. Però non era mai riuscita a riprendersi come prima, non sorrideva più tanto come una volta e non si sentiva più tanto allegra. Anche per Sam e suo fratello era stato terribile, Sam si sentiva molto triste perché era molto legata a suo padre e con lui aveva passato dei momenti bellissimi e quando era morto le era sembrato che tutto le sarebbe potuto crollare addosso. Ma poi era riuscita ad andare avanti, anche perché c’era James. E anche per James era stato terribile, anche lui era molto affezionato al padre, ma era riuscito a superare la perdita quasi subito, con la sua voglia di vivere e la sua voglia di divertirsi. Ma in realtà Sam sapeva che per James era stato peggio di quello che mostrava perché lui sapeva costruirsi una corazza intorno ai suoi sentimenti impenetrabile a chiunque e che apriva soltanto a chi sapeva comprenderlo fino in fondo. L’unico cambiamento che si notava era che James aveva abbassato la cresta e non si comportava più da orgoglioso e non lanciava più fatture a destra e a manca. Così era riuscito a conquistarsi la sua Lily.

E poi… e poi era morto anche lui, James, il mitico fratellone di Sam, quello che lei considerava il fratello migliore del mondo.

E per la loro mamma era stato uno shok, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il viso. Già sconvolta per la morte del marito, questa volta era stato ancora peggio, aveva perso uno dei suoi figli, una delle persone che amava di più al mondo. Era rimasta sconvolta, era svenuta e quando si era ripresa non si ricordava più niente, nemmeno di avere un’altra figlia. I medici dicevano che era per lo stress, per lo shok, perché voleva dimenticare tutto ciò che era successo e il suo cervello le aveva dato quella specie di benedizione facendole dimenticare la morte del marito, del figlio ma facendole dimenticare anche di avere un’altra figlia, di essere stata sposata e di aver avuto tutta una vita.

Era stata ricoverata al S.Mungo, le facevano vari test, cercavano di farle recuperare la memoria, ma senza successo. Sam era andata a trovarla, ma la donna proprio non la riconosceva, non aveva la più pallida idea di chi fosse.

Sta di fatto, che dopo la morte del fratello, a soli diciassette anni, Sam si era trovata completamente sola e non sapeva più che fare. All’inizio aveva provato un senso di vendetta per tutti quelli che le avevano fatto del male, per tutti quelli che le avevano tolto le persone più care e aveva desiderato uccidere Voldemort con le sue mani ma ormai non c’era più niente da fare, perché il Signore Oscuro era già morto e poi anche se lo avesse ucciso lei questo non sarebbe riuscito a riportarle indietro suo fratello e neanche suo padre. Aveva deciso di diventare Auror come lo erano stati suo padre e suo fratello, e pensava che così magari si sarebbe sentita meglio, avrebbe avuto qualcuno su cui sfogare la sua rabbia e fare del male a quelli che avevano fatto del male a lei le dava un certo senso di sollievo. Aveva avuto sempre un carattere molto vendicativo.

Ma non era riuscita a resistere molto: appena diventata Auror era andata via, lontano da Londra e lontano dal Mondo Magico, per cercare di dimenticare e di non pensare, per rifarsi una nuova vita. Cosa che non riuscì a fare, perché in tutti quegli anni non aveva fatto altro che viaggiare in giro per il mondo, cosa che in fondo desiderava fin da bambina, con una compagna indimenticabile e alla fine la vita, o il destino aveva deciso di privarla anche di quello. Forse era un segnale, forse significava qualcosa, sta di fatto che però lei adesso si trovava di nuovo lì, nella sua vecchia casa, a ricordare tutte quelle belle e brutte esperienze che tanto aveva cercato di dimenticare.

 (…gli avrebbero voluto bene come dei veri genitori…)

Harry aveva ascoltato tutto il racconto senza fiatare e in quel momento non sapeva proprio che cosa provare.

“E’ terribile!” riuscì soltanto a biascicare alla fine.

“Già”. Annuì sua zia con un sospiro.

Rimasero per un po’ in silenzio, non sapendo bene che dire. Harry stava bene lì, così, tra le braccia di sua zia. Provava un certo senso di calore e affetto che non aveva mai provato prima. Si sentiva al sicuro, protetto, gli sembrava che tra le mura di quella casa non sarebbe potuto succedere nulla, che il pericolo non sarebbe mai potuto entrare, nonostante solo poche settimane prima avesse assistito al ritorno di Lord Voldemort. Ma lì, tra le braccia di Sam gli veniva solo voglia di sorridere e di pensare positivo, si stava così bene. Era un po’ come stare tra le braccia di sua madre, ma visto che una madre non l’ha mai avuta, Sam poteva considerarla proprio come una madre, in fondo era pur sempre sua zia.

“Ciao!” li salutò Sirius che era arrivato all’improvviso lì e ora li stava guardando dalla soglia della porta sorridendo. “Che fate di bello?”

“Niente Paddy. Un po’ di chiacchere!” rispose Sam sorridendogli di rimando.

“An!” esclamò l’Animagus. “Pensavo si facesse baldoria senza di me”.

“Ma tu pensi sempre alla baldoria? E comunque, come potremmo fare una festa senza invitare il mitico re degli intrattenimenti”. Disse sarcastica la ragazza mentre Sirius si avvicinava al letto e si sdraiava accanto a Sam.

“Ovviamente! Che festa sarebbe senza il sottoscritto che fa un po’ di casini”.

Sorrisero tutti e tre e dopo si trovarono a contemplare il soffitto della stanza sdraiati nel letto senza dire niente.

“Che facciamo al compleanno di Prongs Junior?” chiese all’improvviso Sirius interrompendo il silenzio.

“Prongs Junior?” Harry lo guardò stranito. Perché lo aveva chiamato così?

“Certo! Tuo padre era Prongs Senior quindi tu sei Prongs Junior!” rispose Sirius come se fosse la cosa più normale del mondo.

Harry non poté far altro che sorridere.

Certo che quella scena era veramente bella da vedere: loro tre che se ne stavano sdraiati su un letto facendo la parte di una felice famiglia che si voleva tanto bene. Magari lo sarebbero anche potuti diventare. Se Sirius e Sam si mettevano insieme sarebbe come se loro fossero i suoi genitori. Insomma, non quelli veri e propri, ma gli avrebbero voluto bene come dei veri genitori e il solo pensiero lo fece sorridere.

(Ma quindi siete voi i Malandrini)

Sam e Harry erano andati a trovare i Weasley alla Tana sotto chiaro invito della signora Weasley, che voleva a tutti i costi conoscere meglio la zia di Harry. E ovviamente anche Sirius voleva venire con loro e così si presentò insieme agli latri due sotto forma canina, per ovvi motivi.

“Ciao Harry caro!” salutò la signora Weasley appena lo vide entrare e poi aggiunse. “Oh, ciao Samantha! Quel cane è tuo”.

Non è che la signora Weasley amasse molto i cani, specialmente della stazza di Sirius, poi trovarsene uno dentro casa sua, la rendeva un po’ nervosetta e non voleva mancare di rispetto a Samantha. Sperava di riuscire a farsi piacere la ragazza che già la rendeva un po’ dubbiosa dopo aver saputo che se ne era andata in giro per il mondo a fare chissà cosa lasciando un povero ragazzo nelle mani di quelle persone che di sicuro non gli avevano dato né amore né affetto.

“Wow! E’ bellissimo, però è molto grosso. Cosa gli dai da mangiare?” chiese Ginny avvicinandosi e accarezzandolo sulla testa.

“Beh, vedi… penso che a lui piaccia nutrirsi da solo”. Rispose Sam mentre lei e Harry cercavano di trattenere le risate. Ginny invece la guardava scettica dopo quella risposta.

Ron, dopo aver capito l’allusione a quello che Sam aveva detto e dopo aver anche capito chi era in realtà quel cane, esclamò: “Oh mio Dio. Per tutte le mutande zozze di Merlino!”

“Che c’è Ron?” gli chiedeva la sorella mentre davanti agli occhi di tutti Sirius riprendeva la sua forma umana.

Ginny cacciò un urlo, la signora Weasley si portò le mani alla bocca, Ron ritirava indietro le gambe sul divano per non essere azzoppato di nuovo e Fred e George esclamavano un: “Fico!”

“Che c’è gente. Mica mordo!” esclamò Sirius a quegli sguardi increduli e forse un po’ spaventati.

“E la mia gamba allora?” sbraitò Ron che di certo non si era dimenticato dell’episodio avvenuto l’anno scorso.

“Beh, scusa. Non ce l’avevo con te ma con il tuo topo”. Rispose Sirius facendo la sua solita faccia da cucciolo bastonato quando voleva farsi perdonare.

“Beh, sì Sirius tende a diventare un po’ aggressivo quando vuole vendetta”. Aggiunse Sam guardando Sirius di sbieco.

“Ehi, così non mi sei d’aiuto”. Si lamentò Sirius come un bambino a cui erano state rubate le caramelle.

Ginny continuava a guardarlo ancora terrorizzata, mentre Fred e George lo guardavan come se fosse un Dio sceso in terra. Per loro tutto quello che aveva fatto quell’uomo era straordinario.

“Oh, bene caro. Ma non è un po’ pericoloso per te essere qui?” gli chiese Molly che era la prima volta che vedeva Sirius in carne ed ossa. Aveva sentito tutte quelle storie su di lui che avevano spaventato a morte pure lei e quando aveva saputo che  era scappato da Azkaban temeva per la vita dei suoi figli e di Harry. Ovviamente poi, aveva saputo tutta la verità da suo figlio Ron ma ancora non riusciva a crederci che quell’uomo avesse passato dodici anni nella prigione dei maghi più terribile al mondo anche se era innocente. E ora, ritrovarselo nel salotto di casa propria, beh, non era proprio il massimo per i suoi nervi. E poi non metteva nemmeno così tanta paura da come lo descrivevano e dalle foto sui giornali.

“Che vuoi che sia un po’ di pericolo. Nella vita bisogna anche rischiare”. Rispose l’Animagus con un sorriso malandrino, quello che solo lui aveva e quello che Sam amava veramente tanto.

“Ma come fai?” gli chiesero Fred e George guardandolo ancora meravigliati.

“A fare cosa?” chiese Sirius guardandoli confuso.

“A trasformarti!” esclamarono i due gemelli.

“Oh, anni di allenamento. Non è facile diventare un Animagus”. Rispose Sirius con una punta d’orgoglio nella voce come se stesse parlando del suo bambino prodigio.

“Illegali!” aggiunse Sam.

“Siete Animagus illegali?” chiese George ancora più incredulo.

“Certo! Ve l’ho raccontato io!” rispose Ron con voce lamentosa perché i fratelli non lo avevano ascoltato quando aveva raccontato tutta quella storia.

“Come le racconti tu le cose Ron, non si capirebbe nemmeno se lo ripetessi un centinaio di volte”. Gli rispose Ginny con un cipiglio che ricordava tanto mamma Molly.

All’improvviso si sentì il CRAC di una materializzazione e la signora Weasley che apriva la porta a qualcuno e una chioma di capelli castano chiari e degli occhi dorati spuntarono nel salotto.

“Moony!” esclamò Sirius vedendo l’amico. “Che ci fai qui?”

Remus lo guardò curioso e incredulo. Probabilmente si stava facendo la stessa domanda.

“Sono stato invitato. Tu piuttosto, Padfoot, non dovresti essere qui. E se ti beccano?”

Sirius lo liquidò con una scrollata di spalle.

“Sciocchezze! Se finora non mi hanno mai beccato, perché dovrebbero farlo ora?”

“Sirius non ha mai avuto una grande consapevolezza del rischio, anzi, più le cose sono rischiose, più lo attirano”. Disse Sam come se stesse spiegando qualcosa a una classe di studenti. Lei era molto brava quando doveva spiegare qualcosa o fare il riassunto di una lunga storia usando certi paragoni che nessuno sapeva dove andasse a tirarli fuori.

“Vabbè, ma poi se ti beccano, non venire a lamentarti da me, Paddy”. Lo ammonì l’amico licantropo, che stava sempre lì a fare avvertimenti, anche i più piccoli, come lavati le mani prima di mangiare o non andare a letto senza esserti lavato i denti. Sarà stato così abituato a fare da babysitter a quegli squilibrati dei suoi amici di Hogwarts che ormai aveva preso questa abitudine e non gliela toglieva più nessuno.

“Tranquillo, Moony. Non ti manderò un Dissennatore con un biglietto per dirti di liberarmi, rilassati per una volta”. rispose l’Animagus con il suo solito ghigno da Malandrino.

“Un momento!” li interruppero Fred e George che avevano assistito a quello scambio di battute a bocca aperta. “Voi avete detto Moony e Padfoot?” chiesero i ragazzi stupiti.

“Certo!” risposero i due amici chiamati in causa.

“E avete anche degli amici che si chiamano Prongs e Wormtail?” chiesero ancora i gemelli.

“Avevamo”. Rispose Sirius con una punta di amarezza e anche di disprezzo nella voce e abbassando lo sguardo.

Adesso i ragazzi non capivano quell’improvviso cambio di umore.

Allora ci pensò Sam a rispondere ai loro sguardi interrogativi.

“Padfoot è Sirius perché si trasforma in un cane, Moony è Remus per il suo piccolo problema peloso” e alla parola ‘piccolo problema peloso’ aveva fatto le virgolette con le dita come faceva sempre suo fratello. “Poi c’è o meglio, c’era Prongs che era mio fratello James perché si trasformava in un cervo e infine Wormtail…” e quel nome lo disse con un tale disprezzo che non cercò nemmeno di nascondere. “…è Peter Minus che si trasforma in topo”.

Dopo due secondi di silenzio i gemelli esclamarono rivolti a Harry: “Ficoooooo! Tuo padre si trasformava in cervo!”

E tutti risero.

“Ma anche tu Sam sei un Animagus?” chiese Ginny guardando la ragazza con uno sguardo ammirato. Di certo Sam era il nuovo modello da seguire per la piccola Grifondoro, a cui erano sempre piaciute ragazze come lei, un po’ ribelli sia nell’aspetto che nel carattere e di certo Sam con quei capelli sempre in disordine e il piercing al sopraciglio dava tutta l’aria di essere una ragazza un po’ ribelle. Per non parlare del suo sguardo Malandrino.

“Certo! Io mi trasformo in un falco!” rispose la ragazza con un sorriso dolce verso la ragazzina.

“Come mai in un falco?” le chiese Harry curioso.

“Beh, io non sono mica così orgogliosa e vanitosa come lo era tuo padre. Io sono più… diciamo… uno spirito libero”. E con questa risposta ci aggiunse pure il perfetto sorriso sghembo che era uguale identico a quello di suo fratello James, tanto che appena Sirius lo vide gli sembrò di trovarsi di fronte al suo migliore amico, quello che aveva perduto tanti anni fa, quello che non avrebbe mai potuto avere.

L’uomo si incantò a guardarla come se fosse un angelo appena comparso davanti a lui e aveva la bocca leggermente aperta. Anche Sam si era incantata a guardarlo e ora non riusciva più a distogliere lo sguardo da lui perché i suoi occhi l’avevano di nuovo trascinata e stava di nuovo sprofondando in quell’abisso di azzurro-grigio che l’aveva sempre incantata.

“Ehi ragazzi!” li stava chiamando Remus. “Terra chiama Samantha e Sirius. Ci siete?” e fece schioccare le dita davanti ai loro visi al che i due ritornarono di nuovo nel presente.

“Si? Cosa? Come? Dove?” aveva cominciato a biascicare Sam mentre Sirius si passava una mano tra i capelli.

“Quei due si piacciono!” aveva sussurrato Ginny a Harry al che il ragazzo rispose con un cenno della testa e lanciò un’occhiata a Fred e George che diceva tanto: la vittoria ce l’ho già in tasca io. E i due gemelli risposero con un’altra occhiata che diceva: non cantare vittoria troppo presto.

“Ma quindi siete voi i Malandrini?” domandarono in coro i due gemelli Weasley che non avevano dimenticato lo scopo della loro domanda iniziale.

“Sì!” risposero ancora in coro Remus e Sirius.

“E voi avete creato la Mappa del Malandrino!” esclamarono ancora i due Grifondoro.

“Sì” risposero di nuovo il licantropo e l’Animagus.

“WOW! Voi siete dei geni!” adesso gli sguardi di Fred e George erano pieni di ammirazione verso i due uomini.

“Ragazzi, guardate che state parlando con due dei Malandrini più unici di tutta Hogwarts”. Disse Sam indicando Remus e Sirius come se stesse parlando dei suoi figli prodigio.

“WOW! Chissà quante ne avete combinate!” continuarono ancora i due gemelli.

“Beh, parecchie. Ma era James che se la andava a inventare tutte. È stato lui a dare l’idea della Mappa del Malandrino e anche ad avere l’idea di diventare Animagus quando avevamo scoperto il piccolo problema peloso di Rem. Per non parlare di tutti gli scherzi che facevamo a Gazza”. Rispose Sirius con amarezza e malinconia ricordando i bei tempi passati. Di certo era stato James il leader dei Malandrini anche se non lo avrebbe mai ammesso perché secondo lui non ci doveva essere nessun capo da nessuna parte, secondo lui tutti avevano gli stessi  diritti di tutti. Però era lui quello ad avere le idee, a trascinare gli altri, era lui il timone del gruppo.

“Ed il qui Onnipresente RemRem ci diceva sempre che ci avrebbe messo in punizione o ci minacciava di una morte lenta e dolorosa.” Aggiunse Sirius ridacchiando.

“Beh, una volta l’ho fatto. E non mi chiamare RemRem se no si che avrai una morte lenta e dolorosa, anzi no, magari ti faccio catturare dagli acchiappalappiacani”. Lo minacciò l’amico che odiava che qualcuno lo chiamava con quei nomignoli assurdi, specialmente davanti agli altri. E poi se lo si provocava diventava un po’ acido e ci andava pesante con le minacce.

“Già, una volta ci hai messi in punizione ma poi ti sei trovato a dormire in riva al lago e non ci hai mai più riprovato”. Disse Sirius cercando di trattenere le risate. Quanto aveva riso con James quando Remus era tornato mezzo congelato dal giardino della scuola dove ce lo avevano portato gli amici per vendicarsi di una punizione che li aveva affibbiato.

Remus represse un brivido ricordando com’era stato ritrovarsi in riva al Lago dove aveva dormito tutta la notte e senza neanche accorgersene. Vabbè che ormai era primavera ma faceva freddo comunque fuori e lui era solo in boxer, maglietta e una coperta addosso.

Risero tutti quanti e pure il povero licantropo si lasciò trascinare in una risata divertita.

Eh sì, quella sembrava proprio la giornata dei lieti ricordi…

 

ANGOLINO-INO-INO

Ehi salve gente!!

È da un po’ che non ci sentiamo, ma sapete com’è quando uno ha tanto da fare… beh, allora che ve ne pare di questo capitolo??

Io ne sono abbastanza contenta perché rileggendolo mi ha piuttosto preso e non lo dico per vantarmene ma perché ci ho messo l’anima a scrivere questa fic…

E a voi piace??

Potete farmi sapere che cosa ne pensate lasciando una breve recensione, anche solo di due parole e anche per criticare, non mi offendo mica. Lo so che molti di voi non hanno mai voglia di recensire, vi capisco, però dai siamo vicini a Natale quindi potreste essere buoni e lasciarmi un pensierino, sarebbe anche un bel regalo che mi potreste fare…

Beh, dai non vi sto a rubare troppo tempo che sicuramente siete impegnati a mangiare panettoni, pandori e dolcetti vari, quindi adesso vi lascio e vi auguro di trascorrere delle belle vacanze, vi faccio gli auguri di Natale e di Felice anno nuovo e spero che ci sentiremo presto…

Kisskiss Milly…

P.S. cosa avete kiesto a Babbo Natale??

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Capitolo 24
*** Capitolo ventidue ***


Non sei un mostro

 (Lo avrebbe riconosciuto anche tra  
mille altre persone, i suoi capelli perennemente  
spettinati e quei grandi occhi nocciola…)

Si trovava in un posto buio, puzzolente. L’unica luce che si intravedeva era quella proveniente da delle fiaccole appese ai muri esterni della cella. Era una cella lo capiva dalle sbarre che c’erano alla porta e si capiva anche dall’odore di muffa e dal gocciolio d’acqua che molto probabilmente proveniva da una perdita del soffitto. Però sembrava una cella sotterranea, magari con le tubature rotte.

Forse era la cella di una villa, ma quale? E soprattutto perché si trovava lì, come ci era finita? L’unica cosa che Sam riusciva a capire era che stavolta non era incatenata al muro, ma si trovava in piedi completamente libera, appoggiata al muro. Non era sola però; davanti a lei c’era qualcuno, riusciva a intravedere una sagoma e sentiva respirare, un respiro affannoso come se questa persona avesse appena fatto una lunga corsa. Chissà però perché Sam non era convinta per niente che questa persona avesse corso; beh, ovvio altrimenti non si sarebbe trovata lì. Sicuramente era appena stata torturata.

La ragazza gettò una veloce occhiata alla porta con le sbarre tanto per accertarsi che non ci fosse nessuno e poi cominciò ad avvicinarsi pian piano con il cuore che le batteva all’impazzata. Stava già cominciando a farsi un’idea su chi poteva essere; era completamente assurdo ma più si avvicinava più l’emozione e la paura la travolgevano. Se fosse veramente stato lui, allora…

Quando gli fu completamente vicino si inginocchiò delicatamente e rimase lì, davanti a quella figura che ancora non riusciva a distinguere bene, che però molto probabilmente doveva essere un uomo. Sam vide pure che aveva le mani incatenate.

Nulla di tutto ciò però le fece pensare che potesse trattarsi di una persona malvagia e cattiva, di qualcuno da cui tenersi a distanza. Anzi, provava soltanto il desiderio di liberarlo e di aiutarlo perché sapeva che era stato rinchiuso lì ingiustamente. Forse era un ostaggio.

Ad un tratto l’uomo alzò lo sguardo verso di lei e Sam per poco non tirò un urlo, non tanto per il suo aspetto malconcio ma perché lo aveva riconosciuto. Non poteva che essere lui anche se questo era impossibile e la ragazza se ne rendeva bene conto. Però lo avrebbe riconosciuto anche tra mille altre persone, i suoi capelli perennemente spettinati e quei grandi occhi nocciola che in quel momento la stavano guardando con un’espressione sconvolta e supplicante, così simili ai suoi.

Sam rimase lì così, semplicemente a fissarlo con uno sguardo tra lo scioccato, lo stupito, il confuso e mille altre sensazioni che stava provando tutte insieme. Non sapeva né che fare né che dire; era una cosa impossibile, non poteva che essere un sogno eppure sembrava così reale, così…

“Aiutami Sam, aiutami…”. Sentì sussurrare nella sua testa. Era stato lui a parlare o almeno a dire quelle parole perché aveva riconosciuto la sua voce però non aveva mosso le labbra, non aveva aperto bocca. Forse se l’era solo immaginato, forse la sua testa le stava facendo brutti scherzi.

(Un sogno troppo reale.)

All’improvviso tutto quello scomparve e lei si ritrovò seduta nel suo letto, in camera sua, nella sua casa. Si guardò un attimo attorno, per capire bene dove si trovava; il cuore le batteva ancora all’impazzata e aveva ancora un po’ di paura. Si sentiva tutta bagnata, molto probabilmente di sudore.

Si passò una mano tra i capelli; era stato soltanto un sogno, un brutto e orribile incubo. Tutto qui. Ma allora perché le era sembrato così reale, perché si ricordava ogni cosa nei minimi dettagli come se l’avesse vissuto veramente? Perché provava ancora tutte quelle emozioni che aveva provato nel sogno?

Decise di darsi una rinfrescata così si alzò e andò in bagno. Si sciacquò il viso e poi si guardò allo specchio; si faceva spavento da sola con i capelli così spettinati, quell’espressione così sconvolta e le occhiaie sotto gli occhi. Non si sarebbe stupita se avesse fatto scappare anche gli zombie.

Scese in cucina perché ora tornare a dormire non sarebbe stata una buona idea. Sembrava che tutto il sonno le fosse scomparso e poi non voleva fare di nuovo quel sogno. Aprì il frigo e tirò fuori una tavoletta di cioccolato bianco: lo mangiava sempre quando era piccola soprattutto quando si sentiva triste. Però in quegli ultimi anni non ne aveva mangiato tanto, aveva preferito eliminare la tristezza con l’alcool.

Si sedette sul divano del salotto con le ginocchia appoggiate al petto e si mise a pensare mangiando la sua cioccolata. In realtà non avrebbe voluto farlo però quel sogno continuava a tornarle in mente prepotentemente. E oltre a sentire ancora le sensazioni che aveva provato nel sogno ne sentiva anche un’altra di cui non riusciva a spiegarsi il motivo. Era una strana sensazione di senso di colpa e di dovere come se dovesse fare qualcosa per lui, come se lei dovesse liberarlo anziché starsene lì seduta a far niente mentre lui era là dentro a soffrire e patire chissà quali pene.

Però sapeva che non era così, sapeva che lui non era in quella cella semplicemente perché questo non era possibile; lui se n’era andato, era morto quattordici anni fa e questo non sarebbe potuto cambiare. Si era trattato soltanto di un sogno, di un incubo. D’altronde non era la prima volta che lo faceva, quel sogno ormai la stava perseguitando ma mai prima d’allora le era parso tanto reale. Un sogno troppo reale.

Questo almeno era ciò che diceva la sua mente, la cosa che le pareva più sensata. Ma il suo cuore non la pensava proprio allo stesso modo.

Non sapeva più che fare, le sembrava di stare per impazzire e aveva voglia di piangere; voleva smetterla di pensare a lui, voleva smetterla di fare quei sogni che non la facevano dormire. Forse avrebbe fatto bene a lasciarsi un po’ andare, d’altronde era da molto che non piangeva, forse da quella notte di Halloween.

(forse è il senso di colpa il fatto che non ha fatto 
niente per impedire che morisse).

“Ehi! Neanche tu riesci a dormire?” le chiese una voce che scendeva dalle scale. Sam non si voltò nemmeno per vedere chi era, tanto aveva già riconosciuto la voce. Più che altro non aveva più la forza di fare niente, né di voltarsi né di rispondere.

“Mi ero dimenticato quanto andassi pazza per il cioccolato bianco”. Aggiunse lui sedendosi sul tavolino di legno davanti a lei per poterla guardare meglio e non si stupì di trovarla leggermente sconvolta e malinconica. Anche lei lo guardò nei suoi profondi occhi azzurri e desiderò soltanto che fosse suo, desiderò possederlo e abbracciarlo.

“Continuo a sognarlo, Sirius”. Disse lei ad un tratto senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. “E non capisco perché”.

“E’ che ti manca. Anch’io lo sogno spesso”. Le rispose lui capendo a chi si riferiva. Anche lui adesso aveva lo sguardo triste e malinconico.

“Non è questo. È sempre lo stesso sogno ed è da tanto che lo faccio. Sogno che lui sia ancora vivo e che sia rinchiuso in una cella”.

“Forse è il senso di colpa, il fatto che non hai fatto niente per impedire che morisse. Lo avresti potuto salvare mentre invece non l’hai fatto”. Le rispose lui ma parlando più a se stesso che a lei. Era così che lui si sentiva.

“Ma comunque, si è trattato soltanto di un sogno”. Aggiunse infine questa volta sedendosi accanto alla ragazza e accarezzandole dolcemente i capelli.

“Sirius?”

“Dimmi”.

“Abbracciami”.

L’uomo non se lo fece ripetere due volte e strinse la ragazza circondandola con le sue braccia; Sam ad un tratto si sentì più rassicurata e più al sicuro. Sirius le dava sicurezza e a volte le pareva un’ancora di salvezza. Come in quel momento: le era bastato un suo abbraccio per sentirsi meglio. E non voleva più sciogliersi da quel dolce abbraccio

Quando poi i due si staccarono rimasero a guardarsi negli occhi come se fossero attratti da delle calamite e sembrò che il nocciola di lei si mischiasse con l’azzurro di lui. Avrebbero voluto rimanere così tutta la sera.

Sirius però cominciò ad avvicinare pian piano il suo viso a quello di Sam e lei non accennò minimamente a spostarsi. L’unica cosa che fece fu abbassare lo sguardo.

Le loro labbra si toccarono e cominciarono a baciarsi prima delicatamente e poi sempre più voracemente staccandosi soltanto per riprendere fiato. Sam tolse la maglietta a Sirius che se la fece sfilare senza opporre resistenza mentre lui passò la mano sotto la maglietta della ragazza andando a toccare sempre più giù e facendola eccitare, facendole desiderare il suo corpo.

Così i due lo fecero, si amarono sul divano, quella notte, illuminati soltanto dalla luna che splendeva alta nel cielo scuro.

(E capii che il suo amore                                                                                                per lui non era affatto svanito…)

Il sole era ormai quasi del tutto alto nel cielo e i suoi raggi entravano attraverso le tende della finestra illuminando Sam e Sirius che se ne stavano a dormire sul divano completamente nudi a parte una leggera coperta che copriva le loro parti intime.

La prima a svegliarsi fu la ragazza, infastidita dalla luce accecante del sole e quando fece per alzarsi notò che c’era qualcuno accanto a lei e per di più che non era nel suo letto ma sul divano del salotto. Si girò e vide che accanto a lei dormiva Sirius, completamente indisturbato. Le immagini della notte precedente le tornarono alla mente tutte d’un colpo e all’improvviso il sonno le scomparì del tutto; le era appena capitata una cosa che aveva sognato fin da quando era diventata un’adolescente, fare sesso con Sirius, si era sempre sentita attratta da lui. E ora… ora non capiva… si sentiva confusa, emozionata e anche un po’ in subbuglio però aveva anche come la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Però non capiva il perché, insomma, finalmente aveva realizzato uno dei suoi sogni da adolescente ma sentiva che qualcosa non andava. Forse il fatto che ora non era più un adolescente o forse il fatto che era Sirius, il migliore amico di suo fratello.

Ma doveva anche ammettere di non essere affatto dispiaciuta, non era pentita di aver fatto l’amore con lui, anzi lo avrebbe fatto di nuovo. Era stato proprio come se l’era immaginato, lui non aveva perso la sua capacità di attrarre e di far eccitare benché avesse passato dodici anni ad Azkaban. E ora, guardandolo lì dormire come un angioletto, le sembrava la creatura più bella del mondo, il suo Sirius, quello che aveva cominciato a sognare fin da quando lo aveva conosciuto su quel treno e quello per cui aveva fatto impazzire le sue amiche perché non riusciva mai a confessargli ciò che provava per lui.

Era il suo Sirius e lei sapeva di non avergli dato soltanto il suo corpo quella notte…gli aveva dato molto di più.

“Ehi, ciao”. La salutò lui dolcemente e a bassa voce, ancora impastata dal sonno. Sam guardò incantata quegli occhi azzurri così profondi, quegli occhi che l’avevano sempre fatta impazzire, gli occhi di Sirius. E capii che il suo amore per lui non era affatto svanito, però non era nemmeno svanito il suo timore nel confessargli ciò che sentiva.

“Dormito bene?” le chiese lui.

“Sì”. Rispose lei semplicemente guardandolo sorridendo dolcemente. Non era una bugia, aveva dormito proprio bene dopo che l’avevano fatto, non aveva fatto più alcun incubo, anzi, non aveva sognato proprio niente. E questo la fece sorridere ancora di più.

“Che cosa c’è?” le chiese ancora Sirius incuriosito dal suo strano sguardo.

“Niente. È che pensavo a stanotte”.

“Ah già. Forse dovremmo alzarci se non vogliamo che Harry ci trovi così”.

Quelle parole gelarono quasi completamente la ragazza; chissà perché aveva pensato che sarebbe successo qualcosa tra loro due a parte il sesso. Lei era soltanto Sam, la piccola sorella di James  e sicuramente Sirius non era cambiato affatto nei confronti delle ragazze. O forse non gli era nemmeno piaciuto, magari se n’era già pentito.

“Mi aiuti a trovare le mutande?” le chiese lui alzandosi dal divano e prendendo in mano i suoi jeans.

Anche Sam si alzò e raccolse i suoi vestiti cercando di nascondere l’espressione triste e sofferente che le era comparsa sul volto.

ANGOLO PER LA SCRITTRICE UN PO DELUSA

Salve, allora, vi è piaciuto questo cap?? spero di sì, però io devo dirvi che non sono per niente contenta perché nessuno di voi ha recensito e questo mi mette un po’ giù.

Da, ragazzi, lo so che è noioso però fate un gesto di solidarietà e donate un po’ di felicità anche a questa povera scrittrice. Lo so che non sono molto brava però ci metto impegno.

E poi sono curiosa di sapere che cosa pensiate voi di tutto quello che è successo, tra Sam e Sirius, i sogni di Sam…

Vabbè, ora vi lascio e ci sentiamo alla prossima…

Kisskiss, milly.

roxy_black: ciao cara… si povera la nonna di Harry, a volte è meglio dimenticare, ne sono convinta anch’io, se no si soffre troppo… comunque sono contenta che il cap ti sia piaciuto e sono anche contenta che ti abbia fatto pure sorridere perché sinceramente a me farebbe forse più piangere che ridere… comunque, dimmi cosa ne pensi anche di questo e alla prossima… kisskiss milly

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Capitolo 25
*** Capitolo ventitre ***


Capitolo ventitre

(Pianse come una bambina,                                                                       silenziosamente…)

Sam si svegliò di soprassalto, leggermente sudata e con il cuore che batteva forte. Ormai ci era abituata, quegli incubi erano diventati una routine notturna così come lavarsi i denti. Però, ciò che le piaceva meno, è che stavano diventando quasi indispensabili; da un lato voleva sbarazzarsene perché non ce la faceva più a continuare a svegliarsi nel cuore della notte coi sudori freddi e per non parlare che certe volte tardava ad andare a dormire proprio per questo motivo, ma dall’altro sentiva che, se avesse smesso di farli, qualcosa le sarebbe venuto a mancare. Quegli incubi stavano diventando una specie di speranza, sebbene molto debole, di qualcosa che avrebbe tanto voluto, di qualcosa che aveva perso tanto tempo fa. E quei sogni le dicevano che non era ancora tutto perduto, che quella cosa che aveva perso poteva ancora recuperarla.

Il suo cuore e la sua mente però non volevano ancora realizzarlo, perché era praticamente impossibile e lei non voleva crearsi altre false speranze. La mattina semplicemente si alzava e cercava di dimenticarsi tutto, come aveva sempre fatto, dicendosi che erano soltanto sogni.

C’era ancora una cosa che però non capiva: perché quegl’incubi continuavano a perseguitarla? Tutte le notti, sempre la stessa cosa.

Passandosi una mano tra i capelli, la ragazza girò la testa verso la persona che dormiva nel letto accanto a lei. Aveva sperato che rilassandosi contro il suo corpo quei incubi sarebbero smessi. Ma la sua vita era cambiata comunque, ora aveva Harry e anche Sirius.

Ma Sirius non era ancora suo, almeno non del tutto. Facevano l’amore, questo sì, ma il loro rapporto non era andato oltre, durante il giorno era come se si dimenticassero di tutto quello che facevano la notte, o almeno così sembrava fare lui.

Sam però no, lei non poteva dimenticare tutto, non ciò che riguardava Sirius; non si era nemmeno dimenticata il loro primo bacio ad Hogwarts. Aveva avuto il piacere e l’onore di essere una delle ragazze che erano andate a letto col ragazzo più bello della scuola, una volta se ne sarebbe vantata per questo ma ora… ora non avrebbe avuto senso, che piacere ne avrebbe tratto? Andava a letto con Sirius Black, col migliore amico di suo fratello. Che cosa avrebbe detto James?

Ed ecco ciò che le piaceva meno della sua nuova vita; si trovava spesso a ricordare il passato, anche solo guardando un oggetto di quella casa, anche solo guardando gli occhi grigio-azzurri di Sirius. Si trovava spesso a chiedere che cosa avrebbe fatto James, che cosa avrebbero detto suo fratello o suo padre? A volte si immaginava persino sua madre in cucina che preparava da mangiare.

E questo la faceva soffrire, la faceva star male. Almeno prima, quando aveva viaggiato in giro per il mondo, scacciava via facilmente quei pensieri oppure si scolava una bottiglia di whisky. Non c’era niente che la facesse ricordare.

Quindi non capiva bene il motivo per cui fosse tornata, non sapeva spiegarselo. Forse il pensiero che doveva occuparsi di Harry, ma a lui, doveva ammetterlo anche se a malincuore, ci aveva pensato pochissime volte e comunque sia, se non era tornata prima ad occuparsene, perché l’avrebbe dovuto fare adesso?

E come se non bastasse c’era Sirius a complicarle tutto. Ogni volta che lo guardava si perdeva nei suoi occhi così profondi e malinconici. Facevano sesso, era vero, ormai lo facevano tutte le notti da più di una settimana e lui era ancora piuttosto bravo come dicevano ad Hogwarts, le piaceva fare sesso con lui. Ma questo non le bastava, no, perché lei provava qualcosa per lui e ormai non poteva più nasconderlo nemmeno a se stessa. Ma lui? Lui che cosa provava per lei? Non le aveva mai fatto capire niente, anche se ogni tanto la guardava, le lanciava degli sguardi furtivi quando pensava che lei non se ne sarebbe accorta. Ma forse solo perché la desiderava, desiderava il suo corpo. In effetti lei poteva capirlo, era stato rinchiuso per dodici anni in quella prigione che sembrava l’Inferno sulla Terra e adesso che poteva approfittarne… d’altronde lui era stato sempre un playboy, ad Hogwarts era stato famoso proprio per questo e qualche studentessa faceva pure scommesse se sarebbe riuscita a portarlo a letto. Usava le ragazze come strumenti di piacere. D’altronde anche lei era così, usa e getta, nemmeno lei aveva avuto rapporti che fossero durati per più di tre mesi. E certi ragazzi li usava solo per portarseli a letto.

Ma per un po’ aveva creduto che con lei sarebbe stato diverso, che si sarebbe comportato diversamente. E perché? Perché, Sam? Solo perché sei la sorellina del suo migliore amico? Questo forse sarebbe stato anni fa, quando James era ancora vivo. Ma lui adesso non c’era, quindi non poteva dire niente. O forse aveva pensato che lui fosse cambiato perché ormai non erano più ai tempi di Hogwarts.

Era soltanto lei, però, quella che si ingannava sempre; la piccola e stupida Sam. Lei poi, non era così diversa dalle altre, era solo un altro strumento di piacere.

Scese dal letto e si diresse in bagno per darsi una rinfrescata. Guardandosi allo specchio si spaventò quasi vedendo la sua immagine riflessa; capelli scompigliati, viso pallido e le occhiaie sotto gli occhi. Sembrava uno zombie.

“Non l’avrei mai detto, tu e Sirius…”. Sentì ad un tratto una voce dietro le sue spalle, una voce che non avrebbe mai dimenticato e di scattò si girò; lo vide, seduto sul bordo della vasca, capelli scompigliati come al solito e quegli occhi nocciola così identici ai suoi. Ci mancò poco che cadesse a terra per lo stupore e l’incredulità.

“Tu…tu… che ci fai qui?” riuscì a sussurrare con voce così bassa che chiunque avrebbe faticato a sentire.

Lui però le sorrise, quel suo solito sorriso malandrino che tirava quando aveva in mente qualche scherzo da fare.

“Secondo te?”

E così com’era arrivato, se ne andò, improvvisamente, come un’ombra che scompariva.

Sam rimase per almeno due minuti lì immobile, a fissare la vasca vuota dove fino a poco tempo fa c’era seduto lui. Era ancora sconvolta  e non capiva che cosa le stesse succedendo. Forse stava impazzendo. Forse quella casa le faceva male, forse c’erano i fantasmi. Ma allora perché li vedeva solo lei? No, era più probabile che stesse impazzendo.

Scivolò lungo il muro al quale era rimasta appoggiata e si sedette per terra raccogliendo le gambe e affondando la faccia nelle ginocchia. Pianse, pianse per del tempo che nemmeno lei sapeva quanto, semplicemente, dopo tanto tempo, si lasciò andare e pianse forse tutte le lacrime che non aveva pianto prima.

Pianse come una bambina, silenziosamente per non svegliare nessuno e desiderò di non trovarsi lì in quel momento, desiderò di tornare bambina e di avere di nuovo la sua famiglia accanto, desiderò che un meteorite le cadesse addosso e che la uccidesse, desiderò di non essere mai nata.

(Io… io credo di amarti.)

Sam era impegnata a preparare la colazione per sé e i suoi due uomini che non si erano ancora alzati. 

Era piuttosto indaffarata o almeno, cercava di esserlo, così da non pensare a niente. Le era pure venuto spontaneo stamparsi un sorriso in faccia, uno di quei sorrisi falsi che ormai aveva imparato a fare benissimo.

Ad un tratto sentì dei passi strascicati dietro le sue spalle e una voce che la salutava: “Buongiorno Lentiggini, come stai?”

“Bene Sirius, grazie”.

“Mmmm, che buon profumino”. Disse lui annusando l’aria.

Poi si sedette al tavolo senza dire più niente. Sam capì che la stava fissando perché si sentiva il suo sguardo addosso e poi, le sembrava che a lui piacesse molto guardarla mentre cucinava; se almeno però avesse potuto leggergli nella mente…

“Dobbiamo parlare, Sam”. Annunciò lui, ad un tratto, dopo un po’.

“E di cosa? Di come arredare la casa?” disse lei senza voltarsi e quasi un po’ arrabbiata. Non voleva essere così acida, però le era uscito spontaneo, non capiva perché; forse non bastava un falso sorriso in faccia per far credere a sé stessa e agli altri di essere di buon’umore.

“Ti prego, Samantha”. Aggiunse lui con una voce quasi supplicante.

E lei allora si voltò; lui non l’aveva mai chiamata Samantha, mai… doveva essere qualcosa di serio allora e si intuiva anche dal suo sguardo.

“Dimmi Sirius”.

Lui si alzò dalla sedia e pian piano cominciò ad avvicinarsi a lei, con soltanto i pantaloni addosso. Sam, per non guardarlo in faccia perché sapeva che se lo avesse fatto si sarebbe di nuovo smarrita nei suoi occhi, si concentrò sul tatuaggio che era disegnato sul suo petto, un grifone in bianco e nero che spalancava la bocca mostrando le fauci. Poteva sembrare terrificante, all’inizio, ma poi faceva pensare a tutt’altro: forza, orgoglio e coraggio. E lei capiva benissimo perché se lo fosse fatto.

“Sai, era da un po’ di tempo che ci pensavo e…”. cominciò lui quando le fu a pochi centimetri di distanza; sembrava un po’ in difficoltà però, come se non sapesse bene ce dire. “Io non so cosa tu provi per me, però so che io provo per te”.

Queste parole la sconvolsero un po’, tanto che alzò lo sguardo e vide che gli occhi di Sirius la fissavano dritto in faccia, così che, quando lei ebbe alzato la testa, i loro occhi si scontrarono.

“Io… io sono sicuro di provare per te qualcosa di molto forte, non riesco mai a smettere di pensarti né di guardarti. Tu sei diversa dalle altre ragazze che ho frequentato, so che con te potrò costruire qualcosa un giorno. Non è soltanto sesso per me”. Sirius fece una pausa come per trovare le parole giuste mentre il cuore di Sam batteva a mille.

“Io… io credo di amarti”. Aggiunse poi lui. “Vuoi essere la mia ragazza?”

A Sam sembrò di essere tornata adolescente, quando i ragazzi, a volte con un po’ di difficoltà, le chiedevano di uscire e certe volte non riuscivano a trovare le parole perché avevano davanti Samantha Potter e non una qualsiasi ragazza.

Forse lei adesso era diventata una qualsiasi ragazza, ma lui però non era uno qualsiasi, era Sirius Black, l’uomo per il quale poco prima si era fatta tante seghe mentali.

Si sarebbe messa a saltare dalla gioia.

“Sì!” disse soltanto, sorridendogli e lui ricambiò con un altro sorriso, uno di quelli che l’avevano sempre fatta impazzire.

Sirius la strinse forte a sé dandole poi un bacio delicato sulle labbra, simile a quello che le aveva dato anni fa ad Hogwarts.

All’improvviso però sentirono un rumore e, quando si staccarono, trovarono Harry che li guardava con uno strano sorriso malizioso.

“Cos’hai da sorridere a quel modo?” gli chiese il padrino.

“Niente, niente”. Si difese il ragazzo. “Sono solo felice per voi e anche per me. Ho appena vinto una scommessa”.

“Che scommessa?”

“Fred e George avevano scommesso che Sam si metteva con Remus ma io ho scommesso su voi due. E a quanto pare avevo avuto ragione”.

I due adulti non poterono far altro che sorridere.

SPAZIO AUTRICE

Eccomi di nuovo qui, siete contenti di risentirmi? Lo so che è da un po’ che non mi faccio sentire ma ho avuto tanti impegni, mi dispiace. E poi, più recensioni ci sono, più rapidamente io aggiorno. E invece, devo di nuovo, con mio sommo dispiacere, dire che DOVETE RECENSIRE!!!!!!!! Non vi mordo mica, potete anche scrivere delle critiche, così mi aiutate a migliorare la mia fanfic.

Comunque sia, cosa ve ne è parso di questo? Era un po’ dedicato a Sam e Sirius, che finalmente sono riusciti a mettersi insieme. Lo so che adesso è ancora piuttosto tranquillo, quindi magari vi annoia anche un po’, però non vi preoccupate che presto comincerà ad avere un po’ più di “sostanza”.

Intanto voi, mi raccomando, continuate a seguirmi e per favore, lasciate qualche recensione, così mi fate felice.

Kisskiss,

Milly.

 Solaria87: ciao a te cara… sono contenta che tu abbia recensito e sono pure molto contenta ke segui la storia e ke ti piaccia… cmq sì, direi pure io ke sam e sirius stanno bene insieme, ciò vuol dire ke pure qst cap ti è piaciuto visto ke qua i due innamorati finalmente si mettono insieme. Per quanto riguarda invece Jame, ancora non ti posso dire niente, però continua a seguirmi e lo scoprirai… baci e alla prossima, milly.

 roxy_black: ciao cara, eh sì, come hai potuto constatare sam e sirius hanno già fatto sesso e si sono già messi insieme. Due persone che si crogiolano nello stesso dolore non possono far altro ke attrarsi… cmq, sempre per quanto riguarda James, anke a te devo ripetere la stessa cosa ke ho detto all’amica qui sopra; dovrai attendere ancora un po’. Beh, spero ke ci risentiremo, kisskiss milly.

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Capitolo 26
*** Capitolo ventiquattro ***


Capitolo ventiquattro

(Per ricordare i bei vecchi tempi?)

Harry e Sirius erano stravaccati sul divano a fissare il muro che avevano davanti e a sbuffare. Sam, invece, era seduta per terra, sul tappeto e stava sfogliando una rivista di gossip. Quella giornata era piuttosto torrida e le tendine della casa non erano completamente aperte per evitare che il sole caldo entrasse del tutto facendoli sudare più di quanto lo erano già.

“Che palle!” esclamò ad un tratto Harry passandosi una mano tra i capelli.

“Perché non fai qualcosa? Tu almeno puoi uscire, non devi stare rinchiuso in casa col terrore che ti arrestino”. Gli rispose il padrino come per fargli una ramanzina.

“Non saprei dove andare e poi fa troppo caldo per camminare. E anch’io magari potrei essere catturato da un Mangiamorte. E poi da quand’è che hai paura di essere arrestato? Puoi trasformarti in cane”. Gli rispose il ragazzo con un’occhiataccia così che l’Animagus non trovò niente per ribattere; in effetti, non aveva tutti i torti.

Passarono un altro paio di minuti così, seduti sbuffanti sul divani, finché Sam non esclamò: “Eureka!!”

“Eu che? È per caso un nuovo tipo di incantesimo?” le chiese Sirius guardandola stranito perché ad un tratto si era alzata dal pavimento scattando come una molla.

“No amore, mi è solo venuta in mente un’idea per passare il tempo”. Gli rispose lei con uno sguardo dolce; da quando si erano messi insieme Sam si sentiva più felice e più forte ad affrontare ogni cosa.

“Dovrei avere ancora dei video che avevo girato con James secoli fa, quando eravamo più giovani. Possiamo guardarli se volete”.

“Per ricordare i bei vecchi tempi? D’accordo perché no?”

Sia Harry che Sirius si misero più composti sul divano entrambi interessati a vedere la giovinezza dei due fratelli Potter, il primo perché era sempre curioso di conoscere cose nuove sul padre e il secondo perché ogni occasione era buona per ricordarsi del suo migliore amico, nonché fratello, anche se faceva male.

Sam si mise a guardare tra gli scaffali per trovare i video giusti; i suoi genitori avevano sempre amato molto gli oggetti babbani, in particolare quelli che riguardano l’elettronica, così avevano comprato una TV, una videocamera e non solo. E spesso, si ritrovavano tutti e quattro davanti a quel grande apparecchio a guardare qualche film sgranocchiando popcorn.

La ragazza inserì la prima cassetta nel registratore e quella partì.

(Dai Sam, che voliamo in alto sulle nuvole)

“Papà!! Vieni qua a spingermi?” urlò una voce femminile, che sembrava essere quella di una bambina. Era seduta su un’ altalena, con le gambe che penzolavano giù e le manine che stringevano forte le due catene di ferro. Aveva i capelli raccolti in due lunghe trecce un po’ spettinate e un paio di grandi occhi nocciola da cerbiatta. Doveva avere sui sei anni.

“Dai Sam, che voliamo in alto sulle nuvole!” esclamò un uomo che l’aveva appena raggiunta correndo; era piuttosto alto, muscoloso, coi capelli scuri come quelli della bambina e gli occhi verdi.

“Più in alto, papà, più in alto!” gli gridava intanto la figlia ridendo divertita. Amava andare sull’altalena, era un po’ come volare e la faceva sentire libera e leggera.

All’improvviso, padre e figlia vennero raggiunti da un altro bambino, un po’ più grande di Sam ma che le somigliava parecchio, con i stessi capelli scuri e gli stessi occhi. Aveva stampato in faccia un sorisetto furbo. Lui salì sull’altalena con i piedi e cominciò a dondolarsi cercando di andare sempre più forte.

“Stai attento a non farti male, James!” si sentì ammonirlo la voce di una donna che però si trovava fuori dall’obiettivo della videocamera, perché molto probabilmente era lei che faceva il video.

Il bambino, però, continuò a dondolarsi sull’altalena come niente fosse, ignorando l’avvertimento della madre.

“Katie, dai vieni qui anche tu. Lascia giù la videocamera!” la chiamò l’uomo continuando ancora a dondolare la bambina.

A quelle parole si vide comparire nello schermo anche una donna con lunghi boccoli rossi e gli occhi nocciola come quelli dei suoi figli; si sistemò accanto al marito abbracciandolo.

La videocamera continuò a inquadrare la famiglia e questo significava o che c’era qualcun altro ancora che la teneva oppure che le aveva fatto un incantesimo perché continuasse a girare da sola il filmato.

Quando il video terminò, Sam, quella più grande, quella seduta nel salotto della sua casa, tirò fuori la cassetta e con un sospiro di malinconia, che cercò di non far sentire agli altri due, ne inserì un’altra.

(Sam, spegni quel coso o te lo butto nel cesso)

Questa volta la videocamera mostrava un lungo corridoio con il tappeto blu e le pareti bianche su cui ogni tanto si aprivano delle porte. La videocamera però si spostava cercando di inquadrare ogni angolo del corridoio, soffermandosi su qualche porta.

“Vediamo un po’ che cosa c’è di interessante, qui.” Diceva una voce fuori dall’inquadratura, che proveniva da dietro, quindi doveva essere qualcuno che teneva la videocamera ed era la voce di una ragazza.

“Oh, qualcuno sta aprendo la porta!” esclamò ad un tratto voltando l’inquadratura verso un ragazzo di circa diciassette anni, coi capelli scompigliati come non mai e gli occhi nocciola impastati dal sonno. Indossava solo un paio di boxer e una maglietta rossa a maniche corte che lasciavano quindi scoperti i muscoli delle braccia. E molto probabilmente doveva essersi appena alzato.

“Ciao fratellone! Saluta gli spettatori!” gli disse la voce di Sam da dietro puntandogli la videocamera quasi in faccia.

“Sam, spegni quel coso o te lo butto nel cesso”. La minacciò lui mettendosi la mano davanti alla faccia infastidito.

“Uff”. si senti sbuffare la sorella, quando lui era entrato da un’altra porta che molto probabilmente nascondeva il bagno.

Ad un tratto si sentì aprirsi un’altra porta e la videocamera si spostò subito dall’altra parte, inquadrando un ragazzo, anche lui di circa diciassette anni, che se ne stava appoggiato allo stipite della porta, in tutta la sua bellezza; indossava solo un paio di pantaloni lunghi, senza maglietta così che gli si potevano ammirare i pettorali. I capelli gli ricadevano scuri attorno al viso attraente su cui brillavano due profondi occhi azzurri.

La ragazza non disse niente quando lo vide, molto probabilmente aveva pure trattenuto il fiato perché non si sentì più nessun suono. Nemmeno il ragazzo disse niente, semplicemente le lanciò un’occhiata quasi indifferente, come se lei non fosse nemmeno lì a puntargli addosso una videocamera, e poi spostò lo sguardo da un’altra parte facendo un enorme sbadiglio che non rovinò per niente il suo volto attraente, anzi, era sexy persino lo sbadiglio.

Dopo un po’ il ragazzo si staccò dalla porta e cominciò a dirigersi giù per le scale del corridoio finché non scomparve totalmente alla vista, allorché Sam decise di spegnere la videocamera, sempre stando zitta.

Quando anche questo video si fu concluso, la ragazza ne inserì un terzo, quello che le piaceva di più e anche quello che forse la faceva sentire più triste e malinconica.

Questa volta la videocamera inquadrò una ragazza dai lunghi capelli scuri che le contornavano un viso piuttosto grazioso, con qualche lentiggine qua e là e gli occhi da cerbiatta che riuscivano sempre ad ammaliare tutti quanti; era Sam, un po’ più grande rispetto ai video precedenti, ma un po’ più piccola rispetto ad adesso… insomma, una Sam adolescente.

                                                                  (Io non ti lascerò mai.     
Me lo prometti?           

                                                                                                 Sì, te  lo prometto.)

“Allora, sorellina, comincia ad avventurarti per la casa degli orrori”. Le disse una voce maschile, leggermente divertita, dietro la videocamera.

“E dove dovrei andare?” chiese lei guardandolo curiosa.

“Non lo so, comincia a salire quelle scale ad esempio”. E si vide spuntare una mano davanti allo schermo che le stava indicando delle scale col dito indice.

La ragazza le guardò un attimo sbigottita; molto probabilmente si trovavano in una casa abbandonata, perché era piena di polvere, i muri erano pieni di muffa e incrostazioni, le travi stavano cadendo a pezzi e quelle scale che lui le aveva indicato sembravano tutt’altro che stabili.

“Ma sei matto? E se crollano?”

“Ma no che non crolleranno. E poi non dirmi che hai paura”. La sfidò il fratello che ancora teneva la videocamera.

“No che non ho paura”. Gli rispose lei con un tono di sfida e cominciò a salire la scale, lentamente, sobbalzando ad ogni scricchiolio.

“Così ti voglio sorellina. Fiera e coraggiosa. Magari facciamo un film horror e lo intitoliamo Sally, la ragazza che non ha paura”. Le rispose lui con tono scherzoso.

“Sì, Jimmy. E tu sarai il regista”.

“Ovvio, l’ho inventato io il film”.

“Io però non ci voglio più salire su queste scale”. Si lamentò lei fermandosi a metà tragitto dato che aveva visto che mancava uno scalino.

“D’accordo, allora scendi. Se ti succede qualcosa mamma mi uccide”. Le concesse lui non volendola costringere a fare qualcosa che non voleva. La ragazza scese le scale, questa volta più velocemente.

“Sediamoci qua”. Aggiunse lui e andò ad appoggiare la videocamera in cima a qualcosa perché poi si vide spuntare lui davanti allo schermo; era un ragazzo molto simile a Sam, avevi capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola come quelli della sorella. Sembrava solo più grande, sui vent’anni.

Il fratello le lanciò un leccalecca alla fragola prima di sedersi su una panca davanti a lei.

“Allora, cosa mi racconti? Come va con l’amore?” le chiese lui con uno sguardo malizioso.

“Oh, le solite cose. Hai presente Adam di Tassorosso?” quando il ragazzo annuì lei proseguì. “Ecco, scopa davvero bene!”

Ed entrambi scoppiarono a ridere.

“E le cose tra te e Lily come vanno?” gli chiese poi lei, tornata seria.

Lui le fece un sorriso, non uno di quelli malandrineschi che faceva quando aveva in mente uno scherzo, ma uno di quelli che mostrava poche volte e solo alle persone che conosceva bene, uno di quei sorrisi dolci, che faceva quando pensava a qualcosa di veramente piacevole.

“Direi a meraviglia visto che fra un paio di settimane ci sposiamo”.

“Oh, già è vero, il matrimonio da favola che desideravi da una vita”. scherzò lei prendendolo in giro. “E dopo il matrimonio avrete intenzione magari anche di mettere su famiglia, con tanto di cane, due gatti e figli”.

“Ovvio, però i gatti possiamo anche risparmiarceli, per il cane c’è già Sirius e per i figli... ne sforneremo una decina, cinque maschi e cinque femmine. I maschi saranno identici a me ma con gli occhi verdi come quelli di Lily e le femmine saranno identiche a Lily ma con gli occhi nocciola”.

“Oh santo Merlino, non voglio essere al posto di Lily con tutti quei piccoli Potter in giro per casa che le faranno venire i capelli bianchi prima dei quarant’anni. E come avresti intenzione di chiamarli?”.

James assunse un’aria fintamente pensierosa prima di rispondere alla sorella con un sorriso. “Beh, se avremo una femmina la chiameremo Sally ovviamente mentre se sarà maschio… mi piacerebbe chiamarlo Harry”.

“Come il Principe?”

“Sì, ma mio figlio sarà molto meglio di quel vanitoso e borioso principino da quattro soldi”.

Sam scoppiò a ridere togliendosi il leccalecca dalla bocca per non soffocarsi ma poi se lo rimise in bocca e tornò seria tutt’ad un tratto, come se qualcuno le avesse premuto un pulsante.

E il fratello sembrò notarlo, come notava ogni più piccola sfaccettatura sul viso della sorella.

“Che c’è sorellina? Come mai sei così seria?”

Lei spostò i suoi occhi da cerbiatta su James e lo guardò con uno sguardo strano.

“Sono preoccupata”. Gli rispose alla fine, tirando un sospiro; non era abituata a mostrare le sue preoccupazioni e le sue debolezze davanti agli altri, James era una delle poche persone davanti a cui lo faceva. “Sai, tutta questa storia della guerra, di Voldemort. Ogni giorno muoiono delle persone e i Mangiamorte sembrano sbucare da ogni angolo. Tu ora non sei più al sicuro ad Hogwarts e io non voglio che… che ti succeda come con papà… non posso perderti”.

James le fece un sorriso dolce e rassicurante e poi si alzò per sederle si accanto, circondandole la vita con un braccio.

“Sammy, devi stare tranquilla. Sono sicuro che questa guerra finirà presto e… a me non succederà niente. Io non ti lascerò mai”.

“Me lo prometti?”

“Sì, te lo prometto”.

 (…e se non puoi dimenticare fai in                                                                                         modo che loro dimentichino te.)

Ad un tratto lo schermo della tv divenne nero, il video era finito. Sam tirò fuori la cassetta dal videoregistratore combattendo contro le lacrime che stavano tentando di scivolare lungo le sue guance. Ma lei cercava di impedirglielo, non avrebbe pianto ancora, non dopo tutto questo tempo. Doveva imparare ad andare avanti, a ricordare il passato senza lasciarsi prendere da un’innaturale e pesante malinconia tutte le volte. E proprio non capiva perché non ci riuscisse, perché non poteva essere come coi ragazzi, una botta e via, e il giorno dopo si dimenticava persino del loro nome.

Sapeva solo che in quel momento continuavano a rimbombarle le parole di James, quelle che le aveva detto quel giorno dell’ultimo video che avevano girato, quelle parole che avevano segnato la promessa più importante che lui avesse mai potuto farle… una promessa che non era riuscito a mantenere.

E troppi altri ricordi, ricordi che non riusciva a dimenticare.

Forse perchè quei ricordi erano un po’ come Sirius: qualsiasi cosa facessi per dimenticarli, una parte del tuo cuore rimaneva sempre intrappolato lì dentro. Ma doveva esserci un motivo se facevano così male.

E quei video avevano riportato a galla tutto ciò che ora non c’era più, tutta una vita e una felicità strappata e calpestata, come una girandola schiacciata dalle ruote di un’automobile. Quei video li aveva guardati soltanto un’altra volta, anni fa, prima di decidere di abbandonare tutto e scappare, come una vigliacca, una vigliacca che non era mai stata.

Ma si sa… quando la vita ti toglie tutto, tu non puoi far altro che cercare di dimenticare quello che ti ha tolto… e se non puoi dimenticare fai in modo che loro dimentichino te.

SPAZIO AUTRICE RITARDATARIA (COME SEMPRE)

Ehi, ciao ragaaaaa!!! Come va?? Siete contenti che sia Maggio e soprattutto che sia arrivata ormai quasi la fine della scuola?

Ma qua è arrivata anche Millyray che, dopo non so nemmeno io quanto tempo, finalmente ha deciso di aggiornare. Eh, ma sapete com’è, mille impegni che non ti lasciano un attimo di respiro, con la scuola, i compiti e la marea di verifiche che gli insegnanti mettono sempre verso la fine dell’anno mentre io mi sento sempre più stanca. È un miracolo che non mi sia già addormentata sulla tastiera. E credetemi, non sono tutte scuse.

Ma, torniamo a noi perché non siamo qui per parlare di scuola ma di questo capitolo. Allora, vi è piaciuto? A me non convince molto, non so se sono riuscita a rendere abbastanza questi ricordi e la malinconia che prova Sam. Lo so che per il momento sembra un po’ monotona e noiosa la fanfic, però questi sono tutti capitoli un po’ di transizione, mi servono per far capire il rapporto che c’era tra James e Samantha, quanto affetto provavano nei confronti dell’uno e dell’altra perché poi… beh, poi vedrete, io non vi voglio anticipare niente.

Dovete solo portare un po’ di pazienza e lasciare magari una recensione, anche per criticare. Il tasto di Inserisci una recensione non morde mica e mi rederete contenta se lo cliccaste scrivendoci anche solo due parole.

Bene, penso di avervi detto tutto e ci risentiamo la prossima volta sperando che non sia tra millenni.

Un bacio,

Milly. XDXD

roxy_black: ciaooooooooo!!! Eccoti accontentata cn un altro cap ma ancora mi sa ke nn ti sarà kiarito il dubbio su James… e come ho scritto prima dovrai aspettare ancora un po’ perkè tutti i tuoi dubbi vengano a galla… per quanto riguarda matrimonio e figlio… beh, si vedrà, ma nn tutte le coppie devono per forza sposarsi e avere figli o no?? Kisskiss milly.

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Capitolo 27
*** Capitolo venticinque ***


Capitolo venticinque

     (Si vedeva lontano un miglio che le 

due non si sopportavano…)

Era arrivato anche il mese di Agosto che però non si era portato via il sole e nemmeno il caldo afoso.

Sirius si trovava seduto in cucina chiaccherando con Remus e la signora Weasley che sfaccendava in cucina. Si erano trasferiti tutti a Grimmauld Place numero dodici, la casa dei genitori di Sirius. Silente aveva deciso di ricostituire l’Ordine della Fenice. L’Animagus però non era molto contento di essere di nuovo tornato nella sua vecchia casa, dove aveva vissuto i momenti più brutti della sua vita, specialmente se doveva starci segregato. Per fortuna che però c’era Sam che lo consolava e gli faceva sbollire la rabbia e il nervosismo ogni tanto.

Proprio in quel momento, la ragazza entrò e i due uomini, non appena la videro, capirono che quel giorno era meglio non badarle troppo; aveva tutti i capelli arruffati, come se avesse fatto una lotta e per di più la sua espressione sembrava mandare scintille in tutti gli angoli.

“Li odio!” ringhiò lei entrando in cucina vestita solo di una maglietta e un paio di pantaloncini molto corti, i vestiti con cui in pratica dormiva.

“Che cos’è che odi, amore mio?” le chiese Sirius cercando di essere il più dolce possibile per non tirarsi la sua furia addosso.

“I miei capelli!”

“E si può sapere perché, per Merlino?”

“Non riesco a farli stare in ordine!” questa volta il suo tono era più piagnucolante.

“Ma tesoro, tu stai benissimo anche con i capelli per aria”.

La ragazza non fece in tempo nemmeno a lanciargli un’occhiataccia che si ritrovò col culo per terra e la sedia sulla quale era crollata pesantemente, mezza rotta accanto a lei.

Remus e Sirius scoppiarono a ridere.

“Ahaha, sei più imbranata di mia cugina”.

“Santo Merlino, Sam. Questa è stata fantastica”.

“Smettetela di ridere, cazzo! E aiutatemi a tirarmi su!” questa volta invece sembrava che stesse per diventare isterica.

“Samantha! Modera il linguaggio!” la sgridò la signora Weasley, ma la ragazza non ci fece nemmeno caso.

Black la prese per le mani e la rimise in piedi riparando la sedia con un colpo di bacchetta, senza però riuscire a smettere di ridere.

“Mi sa tanto che oggi Sam è in quel periodo del mese”. Commentò. “Però, credevo fossi soltanto tu Remus ad avere la Luna Storta”.

“Ahah, spiritoso”. Il licantropo gli lanciò un’occhiata piuttosto malevola, cosa che scatenò ancora di più il divertimento di Sirius.

“Senza offesa, Sirius, ma odio questa casa!” esclamò Sam tornando a sedersi, ma su un’altra sedia.

“Ah, tranquilla. Puoi dirlo quanto vuoi”.

La giovane Potter si accese una sigaretta e, con un colpo di bacchetta, appellò il posacenere dal salotto, cominciando a fumare piuttosto nervosamente.

“Cara, non è che potresti spegnere quella sigaretta?” le chiese Molly cercando di mantenere la pazienza e la calma, ma si vedeva che stava per scoppiare.

“Sirius, posso fumare?” chiese lei però, senza degnare nemmeno di un’occhiata la povera donna.

“Certo, fuma dove vuoi”.

“Il padrone ha asserito”. Disse lei rivolta alla signora Weasley lanciandole uno sguardo di sfida.

La donna sbuffò e tornò a sfaccendare tra le pentole. Si vedeva lontano un miglio che le due non si sopportavano, Sam era una delle poche persone che riusciva a far saltare i nervi alla mite, dolce e gentile Molly che non odiava mai nessuno a meno che non fosse un Mangiamorte. Non le piaceva molto che Harry vivesse con lei e non era molto contenta che i suoi figli la frequentassero, ma non poteva evitarlo, purtroppo, dato che lei stava simpatica a tutti, pure a suo marito.

Per quanto riguardava Sam, invece, lei non sopportava la signora Weasley perché aveva troppo la tendenza a comandare e non sopportava come faceva da mamma ad Harry, facendo sentire lei un incapace. Però lei piace suo marito, con cui parlava spesso di cose babbane e anche i suoi figli, soprattutto i gemelli. Una volta aveva fatto da cavia a una delle loro invenzioni.

“Sam, allora hai deciso se accettare la proposta di Silente?” chiese Remus rivolto all’amica e tornando finalmente serio.

Pochi giorni fa, infatti, il preside di Hogwarts le aveva chiesto se voleva accettare la cattedra di Cura delle Creature Magiche per il tempo dell’assenza di Hagrid. Lei aveva risposto che ci avrebbe pensato, ma solo perché non le andava di dire di no a Silente. In realtà non le andava proprio di insegnare, non era mai stata un’amante di quel lavoro, anzi, se le chiedevano se voleva farlo lei rispondeva di no con una faccia un po’ schifata. Non le piaceva star seduta dietro ad una cattedra a spiegare a delle persone che nemmeno l’ascoltavano. Se fosse stato Difesa ci avrebbe anche fatto un pensierino positivo. Non che Cura delle Creature Magiche non le piacesse, anzi, era stata una delle migliori in quella materia, le piaceva trattare con animali strani.

“Non lo so…”. Rispose lei espirando una boccata di fumo dal naso.

“Secondo me è una buona idea. Potresti badare di più ad Harry e tenerlo fuori dai guai”. Cercava di convincerla il licantropo.

“Moony, stiamo parlando di un Potter. Loro si caccerebbero nei guai comunque e dovunque”.

Avete presente il detto parli del diavolo e spuntano le corna? Infatti…

“Buongiorno”. Salutò Harry entrando in cucina anche lui con i capelli scompigliati e gli occhi ancora gonfi dal sonno.

“Anche tu odi i tuoi capelli?” gli chiese Sirius.

“No, perché?” fece il suo figlioccio passandosi una mano tra i capelli in un modo tanto simile a quello di James.

“Niente, lascia stare. Una lunga storia”. Tagliò corto Remus sorridendo ancora.

   (Forse avrebbe dovuto parlarne con qualcuno,                                                               forse doveva dire che vedeva il fantasma di suo fratello.)

Era tardo pomeriggio e tutti quelli che si trovavano in quel momento a Grimmauld Place, erano impegnati nelle faccende domestiche. Costretti, ovviamente, dalla signora Weasley.

S.O.S. she’s in disguise
S.O.S. she’s in disguise
There’s a she wolf in disguise
Coming out, coming out, coming out

Sam aveva sempre odiato le faccende domestiche, anche semplicemente riordinare la sua camera o preparare la tavola. Secondo lei era una perdita di tempo, lei aveva sempre di meglio da fare. E poi, diceva, se la casa non è un po’ sporca sembra che tu non ci abiti neanche.

A domesticated girl that’s all you ask of me
Darling it is no joke, this is lycanthropy
The moon’s awake now with eyes wide open
My body’s craving, so feed the hungry

Però, siccome era stata costretta dalla signora Weasley che le aveva messo in mano una scopa con un’espressione che non ammetteva repliche, aveva deciso di accontentarla per una volta e aveva cominciato a spazzare il pavimento, non senza qualche sbuffo infastidito, però. Non capiva perché dovevano farlo loro e non quello scansafatiche di un Elfo Domestico che era tanto bravo a sfottere gli altri.

I’ve been devoting myself to you Monday to Monday and Friday to Friday
Not getting enough retribution or decent incentives to keep me at it
I’m starting to feel just a little abused like a coffee machine in an office
So I’m gonna go somewhere cozy to get me a lover
And tell you all about it

Dopo poco, però, si era già stufata e così aveva deciso di mettere un po’ di musica inserendo nella radio un CD babbano che aveva comprato in uno dei suoi viaggi. E adesso era in salotto  a dimenarsi al ritmo della musica usando, ogni tanto, il manico di scopa come palo per la lap dance. Un ballo in cui era riuscita a coinvolgere pure Hermione e Ginny e anche i gemelli ed ora tutti si stavano divertendo come dei matti, cosa che non erano mai riusciti a fare durante le faccende domestiche.

There’s a she wolf in your closet
Open up and set her free
There’s a she wolf in your closet
Let it out so it can breathe

In quell momento entrò nella stanza anche Sirius che rimase incantanto a guardare come le lunghe gambe abbronzate della sua ragazza si muovessero in modo piuttosto sensuale e sexy. Eh, sì, ammettiamo, le guardava anche il culo.

Sitting across a bar, staring right at her prey
It’s going well so far, she’s gonna get her way
Nocturnal creatures are not so prudent
The moon’s my teacher, and I’m her student To locate the single men, I got on me a special radar
And the fire department hotline in case I get in trouble later
Not looking for cute little divos or rich city guys that just want to enjoy
But having a very good time and behave very bad in the arms of a boy

L’Animagus venne ben presto raggiunto da Remus, probabilmente attirato dalla musica. Lui però rimase un po’ perplesso nel notare tutta quella gente che si scatenava.

“Ehi Rem, certo che la canzone è proprio adatta a te”. Commentò Sirius sentendo il testo della canzone.

“Oh, She Wolf di Shakira?” fece l’altro.

“La conosci?”

“Certo! Io a differenza di te un po’ di cultura babbana ce lo”. A quelle parole però Black gli lanciò un’occhiataccia.

There’s a she wolf in the closet
Open up and set her free
There’s a she wolf in your closet
Let it out so it can breathe

Lo sguardo di Sam cadde sui due uomini e li guardò maliziosamente, ricambiata immediatamente di Sirius. Poi però, spostò lo sguardo in un angolo della stanza e all’improvviso bloccò il suo frenetico ballo diventando seria e un po’ anche pallida.

S.O.S. she’s in disguise
S.O.S. she’s in disguise
There’s a she wolf in disguise
Coming out, coming out, coming out

Un uomo dai capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola come i suoi la guardava con una strana espressione. Di nuovo, si disse Sam riconoscendo quel volto. Forse avrebbe dovuto parlarne con qualcuno, forse doveva dire che vedeva il fantasma di suo fratello.

S.O.S. she’s in disguise
S.O.S. she’s in disguise
There’s a she wolf in disguise
Coming out, coming out, coming out

“Sam, tutto bene?” le chiese Sirius accorgendosi che all’improvviso si era persa a fissare qualcosa.

“Sì, sì”. Mentì lei tornando a spazzare ma senza ballare e sperando che presto se ne andasse.

There’s a she wolf in your closet
Let it out so it can breathe.

          (E ora che il tuo amico Potter è morto lo

  rimpiazzi con la sorellina. Ma che uomo!)

“Ti fermi a cena Severus?” chiese il signor Weasley a Piton, una delle tante sere in cui era venuto a trovarli per discutere dei piani dell’Ordine, con suo immenso disappunto.

Il professore di Pozioni assunse un’espressione schifiltosa, come se avesse appena annusato qualcosa di sgradevole. “Non mi fermo a frequentare certe compagnie più del neccessario”. Rispose con il suo solito tono strascicato lanciando un’occhiata omicida in direzione di Sirius, cosa che all’Animagus non sfuggì.

“Le vecchie abitudini sono dure a morire, vero Mocciosus?” gli rispose a tono Black, che di certo non amava rimanere indifferente quando qualcuno lo provocava. “Sempre così gentile e cortese con le persone. E poi, quand’è che deciderai che lo shampoo fa molto bene ai capelli?”

Sam per poco non scoppiò a ridere in faccia a Piton che, se possibile, aveva assunto un’espressione ancora più acida.

“Tu di certo non sei un esempio di nuove abitudini Black. E dimmi un po’, come ti senti ora che sei di nuovo tornato a casa? Scapperai di nuovo come un codardo a piangere tra le braccia di qualche altro amichetto?”.

Sirius lo avrebbe volentieri spiaccicato al muro, se non fosse stato preceduto da Sam che teneva la bacchetta puntata contro la gola dell’insegnante sotto lo sguardo spaventato e attonito degli altri presenti.

“Ritira immediatamente quello che hai detto!”

“Oh, bravo! Adesso ti fai pure difendere da una stupida ragazzina. Oh, ma è vero, tu devi sempre avere qualcuno che ti segue come una brava paperella, se no non sei contento se non ti metti in mostra e non hai qualche stupido imbecille che fa tutto quello che gli dici. E ora che il tuo amico Potter è morto lo rimpiazzi con la sorellina. Ma che uomo!”

Sam premette più forte la bacchetta contro la sua gola mentre Sirius… beh, lui tentò di nuovo di saltargli il collo ma venne di nuovo bloccato, questa volta da Remus.

“Sirius, per favore. Non mi sembra il caso”.

“Lui non ha il diritto di dire certe cose!” ringhiò l’Animagus guardando Piton minaccioso, come se lo volesse uccidere con uno sguardo.

“Sirius, non siete più ragazzini. Cerca di ragionare”.

“Infatti. Non mi sembra un’ottima idea incominciare a battersi”. Aggiunse Tonks cercando di dare manforte a Remus.

Piton si diresse verso la porta senza degnare di un’occhiata nessuno e scomparve.

Sam si voltò a guardare Sirius e notò che era leggermente sconvolto e aveva ancora bisogno di scaricare i nervi su qualcuno. Lei allora gli si avvicinò e gli posò un delicato bacio sulle labbra.

“Lascialo stare”. Gli disse infine. Sapeva che, più di tutto, gli avevano fatto male le ultime parole dette dal professore. Non aveva mai sopportato quando si parlava male di James o di sua sorella, specialmente ora.

SPAZIO AUTRICE COME SEMPRE IN RITARDO

Ciaoooo rieccomi!!! Vi ho fatto attendere troppo?? Oppure avete festeggiato l’assenza di questa pazza scrittrice che ormai ha scassato le balle :P eheheh, ma non vi libererete tanto facilmente  di me muahahah… alloraaaaa, siete contenti che sia finalmente finita la scuola e che potete andare al mare, mangiare gelati, vestirvi poco e far quel cavolo che vi va??

Beh, ma non siamo qui per parlare di questo maaaa… della storia!!! Vi è piaciuto il cappy?? Spero di sì anche se noto con immenso dispiacere  che questa fanfic non ha molto successo ma ormai non ci posso far niente, io continuerò a scriverla finché non l’avrò finita anche perché a me piace scrivere quindi scrivo più per me e se a qualcuno piace bene e se non piace amen.

Comunque, come avete letto si sono trasferiti tutti a Grimmauld e qui ho voluto fare una specie di piccolo resoconto delle cose che succedono in questa “bellissima” casa e dei rapporti che ha Sam con gli altri personaggi. Adesso però inizierà il vero clou della storia, forse già  a partire dal prossimo capitolo, ci sarà una sorpresa e, se volete scoprire di che cosa si tratta, seguitemi anche nella prossima puntata.

E vi faccio anche una domanda: secondo voi perché Sam continua a vedere il fantasma di James? Fate le più svariate ipotesi e vediamo chi indovina, potete scrivermele cliccando sul tasto Inserisci una recensione, anche se la storia vi fa schifo o anche per scrivermi solo due paroline.

Bene, questo è tutto e… alla prossima perché chi c’è c’è chi non c’è non sa quel che si perde XDXD

Kisskiss, milly.

P.S. è vero che la canzone di Shakira non c’era ancora a quei tempi però mi andava di metterla. In fondo è una fanfic, posso scriverci quello che voglio. J

 

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo ventisei ***


   (Adesso si sentiva proprio una cretina, una cretina                                                             e anche una vigliacca per essere scappata così…)

Sam era seduta in salotto su una poltrona insieme a Remus, Sirius, Tonks, Harry, Ron, Hermione, Ginny e i gemelli, chi accomodato sul divano, chi sui cuscini e chi semplicemente per terra.

“Sam, perché non ci racconti qualcosa che facevi da giovane?” chiese ad un tratto la più piccola di casa Weasley. La ragazza si girò a guardarla curiosa.

“Sì, dai. Magari qualcosa che facevi con tuo fratello”. Aggiunsero i gemelli.

Questa volta tutti quanti i ragazzi si voltarono a guardarla speranzosi; erano, infatti, tutti molto curiosi di sapere qualcosa della sua vita, di quello che faceva da giovane, avevano capito che era stata una ragazza piuttosto ribelle che combinava un sacco di guai.

“D’accordo. Vediamo… che potrei dirvi”. Incominciò Sam con sguardo pensieroso. “Quando avevo otto anni avevamo dei vicini di casa che avevano un figlio molto dispettoso. Per esempio, portava il suo cane nel nostro giardino perché facesse la pipì oppure si arrampicava sull’albero e mi spiava dalla finestra e una volta aveva rubato un giocattolo a mio fratello. Così, io e James, avevamo deciso di vendicarci. Un giorno l’avevamo invitato a venire a giocare con noi, in un parco, solo che aveva smesso di piovere da poco e noi conoscevamo un posto dove si creavano molte pozzanghere fangose. Così lo avevamo portato in uno spiazzo dove c’era un enorme pozzanghera piena di fango, sembrava quasi un lago e James, con una leggera spinta l’ha buttato dentro”.

“O Santo Merlino!” esclamò Tonks. “E poi cos’è successo?”

“Poi io minacciai di lanciargli una maledizione che lo avrebbe perseguitato per tutta la vita se avesse osato dire a qualcuno quello che gli avevamo fatto e gli mostrai il mio sguardo da assatanata. Dovevate vederlo, era quasi morto di spavento!!! È scappato via a gambe levate piangendo come una femminuccia”.

“Wow! Siete stati forti!” commentò Ron. “E poi vi ha rotto ancora?”.

“Certo che no. Non ha più osato avvicinarsi a casa nostra”.

“Certo che ce la vedo io Sam che fa lo sguardo da assatanata”. Disse Sirius guardando la sua ragazza con sguardo malizioso e il sorriso sghembo che a lei piaceva tanto.

“E che altro avete fatto?” chiese Fred ridendo ancora divertito.

Sam si voltò verso Sirius e Remus. “Ragazzi, vi ricordate quello scherzo che avevamo fatto a Gazza?”

“Quale? Gliene abbiamo fatti tanti”.

“Quello con Mrs Purr”.

“Aaan, sì quello è stato fortissimo”.

“Dai, racconta!” la incoraggiarono i ragazzi.

“Beh, avevamo rapito la gatta di Gazza, in verità lo aveva fatto Sirius perché un giorno si è messo a correre in giro per il castello trasformato in cane”. E lanciò uno sguardo di sbieco all’Animagus. “Avevamo lasciato un biglietto nel suo ufficio per dirgli di venire a riprendersi Mrs Purr, nello stanzino delle scope e poi l’abbiamo chiuso a chiave lì dentro”.

“Che perfidi!” esclamò Hermione guardandola sconvolta.

“Anche lui si comportava da stronzo con noi”. Si difese Sam. “Comunque si era preso un bello spavento ed era riuscito a liberarsi solo il giorno dopo. Alla fine però ci ha scoperti e ci ha messi in punizione, tutti quanti, anche Remus dato che eravamo riusciti a coinvolgere anche lui”.

“Ahaha, è vero, Moony, te lo ricordi?” chiese Sirius ridendo rivolto al licantropo.

“E chi se lo scorda? Comunque mi avevate costretto, non l’ho fatto di mia spontanea volontà”. Rispose Remus guardando male i due amici.

“E cosa vi ha fatto fare Gazza?” chiese Ron.

“Ci ha fatto pulire il suo ufficio per un mese. Non vi dico neanche quante cianfrusaglie c’erano lì dentro per non parlare della polvere”. Rispose Sam.

“Eh sì, noi lo sappiamo benissimo”. Aggiunsero Fred e George scambiandosi uno sguardo complice. “Comunque anche noi dovremmo provare a fargli uno scherzo del genere”.

“Ehi, Moony!” chiamò improvvisamente Sirius. “Ti ricordi quando James aveva incantato la sedia di Mocciosus perché facesse le puzzette quando lui si sedeva?”

“Oddio, è vero!” questa volta anche il licantropo scoppiò a ridere ricordando lo scherzo.

“Praticamente tutte le volte che si muoveva sulla sedia quella faceva delle puzzette piuttosto chiassose e tutta la classe a ridere”.

“Sì, ma era stato ancora quando Lily e Piton erano amici”. Gli ricordò Remus.

“Oh, è vero. Mamma santa che strigliata che si era beccato James quella volta. Gli aveva gridato di tutto e talmente forte che forse l’avevano sentita pure dall’altra parte del castello. E lì, davanti a tutta la classe. Io avevo mal di pancia per le risate”.

“E il bello era che, mentre Lily gli stava gridando tutte quelle cose, lui la guardava come un ebete”.

“Ahahah, è vero. E l’unica cosa che alla fine le ha detto è stato: Evans, quando ti arrabbi sei ancora più bella. Lei era andata ancora di più sulle furie”.

Tutti quanti nella sala erano intenti ad asciugarsi le lacrime per le risate, soprattutto i tre adulti nel ricordare tutti quegli episodi.

“Ma Sam”. La chiamò ad un tratto Ginny. “Chi era più malandrino tra te e James”.

“Oh, James, senza ombra di dubbio. Tutti gli scherzi che conosco io li ho imparati da lui. E si faceva molti meno scrupoli di me nel farli”.

“Ma tutto quel tempo che sei stata via, dove eri andata?” chiese Harry guardando la zia con espressione seria.

“Ero in giro per il mondo babbano. Sono partita quando avevo circa vent’anni e sono stata un po’ in Australia, in California, Messico, Argentina, Texas… tutti posti caldi comunque”.

“E hai conosciuto persone nuove?” le chiese Hermione curiosa.

“Sì, beh, diciamo che ho conosciuto persone interessanti”. A quel punto Sam si bloccò; era la prima volta dopo un bel po’ di tempo che ripensava ad Alex, quell’episodio della sua vita aveva cercato di rimuoverlo dalla sua mente, anzi, per la verità aveva cercato di cancellare tutta la parte della sua fuga, dei suoi viaggi. E per un po’ ce l’aveva anche fatta, si ricordava di quelle cose ma come se non le avesse vissute lei direttamente, come se si fosse trattato soltanto di un film.

Adesso si sentiva proprio una cretina, una cretina e anche una vigliacca per essere scappata così, dalla sua vita, dal suo passato. Non era da Grifondoro e James glielo avrebbe sicuramente rinfacciato.

Anche se Sirius continuava a ripeterle il contrario, lei si sentiva una vigliacca.

 (Sei scappata come una vigliacca solo perché non                                                            avevi il coraggio di affrontare la realtà!)

“Ragazzi, dobbiamo discutere di cose importanti riguardanti l’Ordine. Dovreste uscire”. Sbottò ad un tratto la signora Weasley dopo aver sparecchiato la tavola dalla cena.

“Uffa! Ma perché non possiamo sentire anche noi? Mica moriamo se scopriamo cose sull’Ordine!” si lamentò Ginny alzandosi dalla tavola di malavoglia, imitata dagli altri.

“Ginny, non discutere su queste faccende! Non voglio che voi stiate a sentire!” la sgridò la madre guardandola con occhi severi facendo passare a tutti i ragazzi la voglia di ribattere.

“Secondo me invece Ginny ha ragione”. Si intromise Sam guadagnandosi un’occhiata di riconoscenza da parte della più piccola di casa Weasley. Molly invece la guardò con uno sguardo omicida, così che Sam proseguì senza lasciarsi intimorire però. “Che cosa mai dovrebbe succedere se assistono anche loro per una volta. Anzi, potrebbe essere un vantaggio se si trovano in pericolo…”.

“In pericolo? In che tipo di pericolo si dovrebbero mai trovare?” la interruppe la signora Weasley con gli occhi fuori dalle orbite. “Sono solo dei ragazzi, non dovrebbero pensare a queste cose!”

“Il mondo è pieno di pericoli! Perché non dovrebbero partecipare!?”

“Perché lo dico io e loro sono i miei figli, tu non hai alcun diritto di decidere per loro”. Sembrava quasi che la signora Weasley avesse aspettato una sola parola sbagliata da parte della ragazza per scoppiare, dato che aveva puntato le mani sul tavolo, adirata, guardando Sam con occhi furibondi, quegli occhi che facevano sempre scappare suo marito e i suoi figli, ma di certo non Sam, che la guardava dritto in faccia senza abbassare lo sguardo. Lei non abbassava mai lo sguardo, davanti a nessuno, non lo avrebbe fatto nemmeno davanti a Voldemort.

“Io non sto decidendo per loro, li hai sentiti anche tu, vogliono partecipare. È una loro scelta”.

“Loro non sanno cos’è meglio per loro! E non lo sai nemmeno tu! Sei solo una ragazzina!”

“Ragazzina io? Con chi credi di star parlando?” adesso anche Sam si era proprio incazzata di brutto, si era alzata dalla sedia e guardava Molly con occhi ancora più omicidi rispetto a quelli della donna. Gli altri invece guardavano la scena stupiti e increduli, non sapendo se intervenire oppure lasciare che le cose si risolvessero da sole.

“Samantha, tu giochi tanto a fare l’adulta e la saggia ma in realtà non lo sei affatto! Sei solo una ragazzina che si preoccupa delle sue unghie e dei suoi capelli, che fuma e che beve. Tu non sai cos’è la vita!”

Un bicchiere vicino a Sam aveva iniziato a tremare, pronto per scoppiare. La ragazza guardava la donna davanti a lei dall’alto in basso, cosa che le riusciva benissimo visto che era molto più alta di lei.

“E tu allora? Solo perché hai cresciuto sette figli non significa che tu sappia tutto della vita, della morte o che so io! Questo lo possono fare tutti, allora!”

“Tu però no. Non sei nemmeno capace di occuparti di te stessa. E adesso pretendi anche di prenderti cura di Harry! Non ci sei mai stata tutti sti anni, lui non sapeva nemmeno della tua esistenza e dovresti essere la sua parente più stretta! Dove sei stata, eh? Dove? Sei scappata come una vigliacca solo perché non avevi il coraggio di affrontare la realtà! E adesso vorresti pure fargli da madre, magari ti sposi con Sirius e pretenderai che lui sia il padre. Però nessuno di voi due c’è stato tutto sto tempo!”

Per poco tutti temettero che la ragazza si sarebbe lanciata sulla signora Weasley tirandola per i capelli; Sirius e Remus infatti sapevano che la ragazza odiava che le dicessero che era una vigliacca.

Invece Sam le rispose, alzando ancora di più la voce e facendo tremare pure il lampadario.

“Sì, è vero sono scappata ed è stato un comportamento da codardi, un comportamento non da me. Ma tu che avresti fatto al posto mio? Oh, ma d’altronde perché ci dovresti pensare, nessuna disgrazia è mai avvenuta in casa tua, sono tutti ancora vivi e vegeti! Di sicuro tuo padre non è stato ucciso quando avevi solo quattordici anni dai genitori del tuo migliore amico e non ti è mai nemmeno morto il fratello quando ne avevi solo diciassette che tua madre, dal dolore è impazzita perdendo completamente la memoria e non riconoscendo più nemmeno sua figlia. E per non parlare che ho anche visto morire un’amica davanti ai miei occhi! Sono stata a tanto così” e avvicinò il pollice all’indice della mano destra. “dal buttarmi giù da un ponte! Sì, è vero sono scappata e ho sbagliato. Ma adesso sono ritornata e voglio rimediare ai miei sbagli, quindi chiedo scusa se non sono stata presente. E poi Sirius che cazzo c’entra? Mica è stata colpa sua se quello che credeva il suo migliore amico l’ha incastrato facendolo finire ad Azkaban per dodici anni! Prova tu a passarceli dodici anni dentro quella cazzo di prigione, prova tu a vedere morire qualcuno dei tuoi figli e poi dimmi che cosa faresti”.

Sam aveva quasi il fiatone per la sfuriata, ma si era scaricata, aveva sbollito la sua rabbia, almeno così sembrava dato che il bicchiere e il lampadario avevano smesso di tremare.

Tutti stavano spostando gli occhi dalla ragazza alla signora Weasley, increduli, sconvolti, stupiti e forse anche un po’ spaventati, ma tutti pronti a vedere come avrebbe reagito adesso la donna, che però sembrava essere ammutolita all’improvviso, incapace di proferire parola. Guardava Sam con occhi sgranati e la bocca leggermente aperta. Aveva perso tutta la sua determinazione e anche quello sguardo omicida negli occhi, era solo incredula anche lei e confusa.

Sam si spostò e si diresse alla porta, ma prima di varcarla, si girò di nuovo verso Molly.

“Sappiamo tutti che mi odi. Se vuoi prendertela con me, prenditela solo con me, non tirare in ballo altre persone”.

E alla fine uscì, sentendo pizzicare gli occhi.

Nella sala da pranzo tutti si lanciarono occhiate, non sapendo bene che fare.

“Beh, Molly cara, credo proprio che tu stavolta abbia un pochino esagerato”. Disse Arthur rivolto alla moglie e intimandole di sedersi.

Sirius, allora, si alzò dalla sedia e uscì in cerca di Sam; fece poca strada, però, perché la trovò seduta sugli scalini, con le ginocchia piegate e il viso affondato in essi, i capelli lunghi che le ricadevano sul viso. Era scossa da quelli che sembravano singhiozzi. Sam che piangeva? Non aveva mai visto la sua ragazza piangere. Improvvisamente gli fece tenerezza, capì che quella ragazza dura e resistente che lei cercava di sembrare, era in realtà solo una corazza che si era costruita in tanti anni per non mostrarsi debole e fragile. Ecco perché si irritava subito quando si tiravano fuori certi argomenti. 

“Lentiggini”. La chiamò lui sedendosi accanto a lei e abbracciandola; lei allora appoggiò la testa sul suo petto bagnandoli la camicia con le lacrime; lui capì che aveva solo bisogno di uno sfogo, però si sentiva impotente, voleva fare qualcosa per consolarla, non gli piaceva vedere la sua Sam così distrutta.

Dopo un po’ arrivò anche Remus, seguito da Tonks, Harry, Hermione, Ron, Ginny, Fred e George.

“Wow, Sam. Sei stata portentosa, stasera!” si complimentò Fred con lei mostrandole un sorriso a trentadue denti.

“Sì, davvero fantastica!” aggiunse George. “Nemmeno noi abbiamo tutto sto coraggio nell’affrontare nostra madre”.

Sam a quel punto spostò la testa dal petto di Sirius, per guardare i ragazzi con gli occhi gonfi dal pianto. Riuscirono, però, a farla sorridere un po’.

“Secondo me non sei affatto una pessima zia”. Le disse anche Harry. “Anzi, sei la zia migliore del mondo. Con te mi diverto e posso parlare di tutto. E quando te ne sei andata non era per scappare, non era stato un comportamento da vigliacchi. Avevi solo bisogno di staccare un po’ la spina, di un distacco. A me non importa se non c’eri, l’importante è  che ci sei adesso. E sono sicuro che anche papà la penserebbe alla stessa maniera”.

“Hai sentito, lentiggini? Ti vogliono tutti quanti bene”. La consolò ancora Sirius accarezzandole la testa; lei mostrò un sorriso di riconoscenza a tutti quanti loro, tra le lacrime.

“Ma, scusa se te lo chiedo, amore. Ma chi era l’amica che hai visto morire?”

La ragazza prese un bel respiro prima di rispondere; sì, forse era meglio così, doveva sfogare anche quello con qualcuno. “Si chiamava Alexis, era un’amica babbana che avevo conosciuto durante i miei viaggi. Abbiamo viaggiato insieme per nove anni, le ho raccontato praticamente tutto della mia vita. Lei mi è stata accanto per tutto quel tempo, mi ha ascoltata e ha saputo capirmi. Le ho voluto tanto bene. Poi un giorno improvvisamente è morta, così, senza motivo. Solo perché uno stupido coglione è andato addosso alla macchina in cui era seduta. Ed era avvenuto davanti ai miei occhi, potevo esserci anch’io in quella macchina. Potevo esserci io al posto suo”.

Sirius la abbracciò di nuovo e questa volta lei appoggiò la testa sulla sua spalla.

“Non pensarci più, Sam”. Le consigliò Remus. “Quello era il passato. La vita adesso va avanti e quello che è successo purtroppo non si può cancellare”.

(adesso sapeva, aveva capito perché faceva sempre                                                                 sti sogni e perché vedeva il fantasma di suo fratello).

Sam si trovava in un posto buio e umido, si sentivano delle gocce cadere, probabilmente da delle tubature rotte. Era di nuovo quel posto, di nuovo quella specie di prigione, quella che sognava ormai quasi tutte le notti.

Il suo sguardo inevitabilmente andò in fondo alla stanza, dove sapeva già chi ci avrebbe trovato. Ma questa volta non c’era solo l’uomo incatenato al muro che le chiedeva aiuto, non c’era solo suo fratello ma anche qualcun altro, qualcuno che gli stava di fronte inginocchiato, qualcuno che sembrava lo stesse minacciando, sebbene lei non riuscisse a sentire quello che gli diceva. Aveva i capelli lunghi, ma al buio della stanza non riusciva a capire il colore, però dovevano essere chiari. Forse era una donna.

Ad un tratto lo sconosciuto si alzò, si allontanò e, prima di abbandonare la cella, si girò verso Sam senza però vederla. Il cuore di Sam perse un battito mentre lei spalancava gli occhi alla vista dell’uomo. Sì, era un uomo e sapeva anche chi era.

Si svegliò di soprassalto ritrovandosi seduta nel suo letto, o meglio, in quello di Sirius a Grimmauld. Era tutta sudata, aveva il respiro accelerato e il cuore che batteva all’impazzata. E soprattutto, adesso sapeva, aveva capito perché faceva sempre sti sogni e perché vedeva il fantasma di suo fratello. Non c’erano dubbi.

Accese la lampadina sul comodino e scosse Sirius, che le dormiva accanto, per svegliarlo.

“Sirius, ti prego svegliati. È una cosa importante”. Lo supplicava col panico nella voce.

“Che c’è?” le chiese lui con voce assonnata.

“E’ vivo. Lui è vivo!”

“Chi è vivo?”

“James. È vivo!”    

SPAZIO-SCONOSCIUTO DA QUALCHE PARTE NEL DESERTO-AUTRICE

Ebbene miei cari amici, millyray è già tornataaaa!!!! (balla di fieno che rotola)

Vabbè, insomma, per i pochi cactus e le balle di fieno rotolanti che mi seguono, siete contenti che abbia aggiornato così presto? Adesso ho decisamente più tempo per scrivere. Siete contenti??

(Lettori che brandiscono asce e scuri pronti a inseguire milly) Nooooo!! Non uccidetemi, anche perché non saprete mai come finisce la storia. Insomma, avete visto?? A quanto pare James è vivo, o così almeno dice Sam. Chi lo sa però, lascio a voi le ipotesi. Intanto, se siete curiosi, dovrete seguirmi nella prossima puntata. 

Questo capitolo mi è venuto più lungo rispetto agli altri, però non volevo spezzarlo perché volevo metterci l’ultima scena così da creare un po’ di suspense, come in quelle telenovele dove la cosa più emozionante succede sempre alla fine e finisce che tutti rimangono a bocca aperta e con gli occhi sgranati.

E vi è piaciuta la sfuriata tra la signora Weasley e Sam?? A me sì, me la sono immaginata ancora prima di cominciare a scrivere la storia. Spero in realtà che vi sia piaciuto tutto il capitolo, dato che a me piace abbastanza, sono contenta di come mi è venuto, tranne la prima parte però, gli scherzi dei malandrini non mi convincono molto. Ma vabbè. Alla fine però, quando Sam ha raccontato tutte quelle cose a Molly è venuto da piangere persino a me, ma forse non per la storia, credo di aver avuto dei miei pensieri per la testa, quindi…

Ok, adesso penso proprio che vi lascerò e per favore, lasciatemi una recensione anche piccola piccola. Vi prego!!! *.*

Kisskiss milly.

roxy_black: ciaoooo carissima... ahahah, ankio ho sempre immaginato di cantare a Remus She Wolf, mi piacerebbe troppo vedere la sua faccia... ahahah... cmq spero proprio che questo capitolo ti sia piaciuto, a me in particolare il litigio tra Sam e Molly mi è piaciuto e scommetto che tu farai il tifo per Sam... e cmq, ok una piccola anticipazione te la posso fare: sì, in questa storia comparirà bellatrix però tu lo sai ke io la odio perciò non è ke farà kissà quali grandi gesta, diciamo solo ke ci sarà qlcn ke si incazzerà ancora più con lei e ke la vorrà morta a tutti i costi... più di qlcn... ok, ho già detto troppo... bene adesso ti saluto e alla prossima... kisskiss milly.

 

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Capitolo 29
*** Capitolo ventisette ***


(Eppure stamattina ne era convintissima                                                                                             era convintissima che suo fratello fosse vivo…)

Sam era seduta in cucina, il posacenere appoggiato sul tavolo davanti a lei, una sigaretta stretta tra l’indice e il medio e lo sguardo fisso puntato davanti a lei, verso un punto indefinito, come se fosse immersa profondamente nei suoi pensieri. Era ancora mattina presto, lei indossava soltanto un paio di pantaloncini cortissimi e una maglietta bianca, i vestiti con cui praticamente dormiva, i capelli lunghi e scuri spettinati con un ciuffo che le ricadeva sugli occhi nocciola.

E se avesse sbagliato tutto? E se si fosse trattato effettivamente solo di un sogno?

Aveva svegliato Sirius nel cuore della notte, completamente in panico ma perfettamente lucida su quello che stava succedendo e sicura su quello che stava dicendo. Era persino riuscita a convincerlo e lui l’aveva guardata scioccato e sconvolto, ma aveva letto anche una certa emozione nei suoi occhi. Il bello, poi, era che lui era riuscito a convincere pure Remus ed ora, erano entrambi partiti per Malfoy Manor a salvare James che, secondo il suo sogno, era rinchiuso in una delle celle di quella villa.

“Buongiorno”. Salutò la signora Weasley entrando in cucina. Era ancora arrabbiata con Sam per la sera scorsa, ma aveva deciso di fare finta di niente e di interagire poco con la ragazza. Cosa che secondo lei poteva fare anche Sam, ma a quanto pareva la ragazza si continuava a comportarsi da bambina, dato che non aveva degnato la donna nemmeno di uno sguardo. Ma Molly proprio non poteva capire che cosa turbasse la mente della ragazza.

Era troppo sconvolta e preoccupata per poter anche solo dire qualcosa; si sentiva le budella attorcigliate, il cuore che le batteva a mille e anche uno strano senso di nausea. E quella era la terza sigaretta che faceva fuori.

“E’ inutile che io ti dica di spegnere quella sigaretta, vero?” continuò la signora Weasley ma, non ricevendo neanche stavolta una risposta da parte della mora, si girò e iniziò a preparare la colazione senza più dire niente.

Sam intanto continuava a fissare un punto delle decorazioni delle piastrelle davanti a lei; perché adesso non si sentiva più così sicura? Eppure stamattina ne era convintissima, era convintissima che suo fratello fosse vivo e che si trovasse chiuso in quella maledetta cella. Ma adesso… adesso sentiva che effettivamente era assurdo, come poteva James essere vivo? Lo aveva visto anche lei il suo cadavere al funerale. Poteva aver mandato Sirius e Remus verso morte certa e tutto per cosa? Per niente, per una sua stupida e insensata convinzione.

Se fosse successo loro qualcosa non se lo sarebbe mai perdonata.

In realtà lei voleva andarci da sola, ma Sirius glielo aveva proibito e le aveva intimato di restare a casa mentre loro due andavano da soli in missione di salvataggio.

E adesso iniziava a pentirsi.

Però non poteva essere completamente tutto sbagliato. Insomma, se faceva quei sogni ci doveva anche essere un motivo, no?

(“Ma da quand’è che abbracci la gente Paddy?"                                                                             “Da quando sono troppo felice per dire qualcosa”.)

“Sirius, ripetimi un’altra volta perché siamo qui”. Sbottò Remus cercando di rimanere calmo, piegato dietro a un cespuglio dell’immenso giardino di Villa Malfoy, con Sirius ed entrambi con le bacchette sguainate in mano.

“Per tirare fuori James”. Gli rispose l’amico come niente fosse.

“Ma è completamente assurdo! Perché dovrebbe trovarsi qui? Lui è morto!” per quanto gli facesse male dire quella cosa, Remus cercava di essere razionale, visto che sembrava anche essere l’unico che aveva mantenuto un po’ di lucidità. Non voleva nemmeno pensare a come avevano fatto Sam e Sirius a convincerlo a venire fino a lì, praticamente nella bocca del serpente. E poi, come se non bastasse, doveva pure cercare di rimanere calmo perché, se si faceva saltare i nervi, si sarebbe messo a sbraitare ad alta voce all’amico facendoli scoprire e questa era l’ultima cosa che voleva.

“Sam ha detto che si trova qui e io mi fido di lei”.

“La tua ragazza allora ha qualche rotella fuori posto e tu più di lei”.

“L’entrata posteriore della cella dovrebbe essere là”. indicò Sirius facendo finta di non aver udito le ultime parole del licantropo. “Dobbiamo cercare  di entrare senza farci beccare”.

“Fosse facile”.

Remus non aveva fatto nemmeno in tempo a finire la frase che l’altro si era già allontanato dal cespugli, tenendosi sempre accucciato. Così anche il biondo lo dovette seguire tenendo d’occhio le guardie che si trovavano sparse qua e là per il cortile. Intanto scongiurava di tornare sano e salvo a casa perché non gli andava proprio di rimettere la vita in quella assurda missione di salvataggio che non aveva alcun senso. E inevitabilmente un pensiero gli corse anche a Dora.

“Visto? Non è stato poi così difficile”. Disse Sirius con un sorriso malandrino una volta che furono entrati nei sotterranei dove si trovavano le celle.

“Bene. E adesso che cos’hai intenzione di fare?”

“Cercare in ogni cella finché non lo troviamo”.

Sirius cominciò ad addentrarsi nell’oscurità dei sotterranei, facendo luce con la bacchetta e puntandola in ogni cella accanto a cui passavano. Remus lo seguiva silenziosamente facendo la stessa cosa.

Però camminavano già da un po’ e tutte le celle che trovavano erano vuote e pian piano anche loro cominciavano a perdere la speranza. L’Animagus però sembrava non volersi arrendere così facilmente.

“Giuro che se la tua ragazza si è sbagliata le taglio la test…”. Cominciò a sbraitare di nuovo il licantropo ma fu interrotto da Sirius che teneva la bacchetta illuminata verso una cella con lo sguardo fisso in un punto.

“Ehi Moony, guarda”.

Remus guardò dove l’amico gli stava indicando e vide che c’era qualcuno in quella cella. Però… insomma, poteva esser chiunque. Però qualcosa gli diceva che quello era James, non sapeva nemmeno lui cosa ma… adesso ne era sicuro anche lui.

Il cuore di entrambi gli uomini cominciò a battere fortissimo dall’emozione.

Sirius aprì la porta della cella con un semplice Alohomora ed entrò ma rimase vicino alla soglia a fissare la figura che gli stava di fronte, nascosta dall’oscurità, una figura che sembrava dormire a giudicare dal respiro pesante, dal fatto che teneva la testa abbassata e che era immobile.

“Prongs?” chiamò ad un tratto con la voce leggermente inclinata; sì, forse era assurdo tutto quello ma sentiva anche lui che quello era il suo migliore amico, suo fratello.

La figura davanti  a lui alzò la testa e l’Animagus sentì che aveva puntato lo sguardo su di lui, sebbene non lo vedesse bene a causa dell’oscurità.

“Paddy?” parlò ad un tratto quello. E a Sirius venne quasi un colpo. Adesso ne aveva la certezza assoluta, era James, sia perché lui era una delle poche persone a conoscere il suo soprannome, sia perché quella voce era la voce del suo migliore amico, l’avrebbe riconosciuta fra mille, sebbene fosse un po’ roca e bassa.

“Oh, Santo Merlino!” esclamò l’Animagus correndo incontro all’amico e inginocchiandosi davanti a lui. Si fermò un attimo a osservarlo e lo riconobbe, anche se un po’ malconcio e con la barba leggermente troppo lunga. Ma i capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola identici a quelli della sua ragazza erano rimasti sempre gli stessi.

“Cazzo! Allora sei vivo!” e Sirius lo abbracciò forte, come non l’aveva mai fatto, anzi, forse l’ultima volta che aveva abbracciato James era stato quando era scappato di casa.

“Anch’io sono felice di vederti”. Disse James con un sorriso, sentendosi felice come non lo era stato da molto tempo, praticamente da tutto il tempo che era rimasto rinchiuso lì. Gli sembrava un sogno. Insomma, come avevano fatto i suoi amici a trovarlo? “Ma da quand’è che abbracci la gente, Paddy?”

“Da quando sono troppo felice per dire qualcosa”.

Sirius, spostando lo sguardo, notò che l’amico era incatenato con le braccia al muro, anche perché non aveva ricambiato l’abbraccio. Così si voltò verso Remus che se n’era rimasto indietro, ancora con gli occhi e la bocca spalancati, incapace di fare o dire qualsiasi cosa.

“Moony, uomo di poca fede, hai visto che è vivo? E non startene lì impalato come un baccalà ma vieni ad aiutarmi!”

Il licantropo, reagendo all’ordine come un automa, corse verso i due amici e si inginocchiò anche lui di fronte a James iniziano a cincischiare con le catene per aprirle.

“Ma ragazzi, come avete fatto a trovarmi?”

“E’ stata Sam a dirci che eri qua”.

“Sam?”

“Sì, Sam, tua sorella”.

Ad un tratto però si sentì uno strano rumore e dei passi che si avvicinavano.

“Ragazzi, mi sa che abbiamo compagnia”. Fece Remus guardando verso la porta della cella.

“Sì, l’avevo notato”. Commentò Sirius in modo acido, una volta che ebbe aiutato James a rialzarsi. “Jamie, non ce l’hai una bacchetta vero?”

“Ti pare che se avessi avuto una bacchetta me ne sarei rimasto qui dentro per tutto sto tempo?”

                                                             (…era perfettamente sveglia e adesso stava                                                                                          abbracciando James, suo fratello…)

Sam era ancora seduta su quella sedia, ormai aveva finito di fumare quasi tutto il pacchetto di sigarette, con lo sguardo ancora puntato su quello stesso punto. Non sapeva nemmeno lei da quanto tempo era in quelle condizioni, ma sapeva solo che erano passate parecchie ore e che Sirius e Remus non erano ancora tornati. Pure la signora Weasley si era accorta che la ragazza aveva qualcosa che non andava, ma non aveva il coraggio di chiedere niente per paura di un altro scoppio d’ira come quello dell’altra sera. E poi, aveva la sensazione che comunque non avrebbe ottenuto risposta.

La ragazza intanto pensava che, se non fossero tornati entro mezz’ora, sarebbe andata lei a cercarli e, se avesse scoperto che erano morti, si sarebbe buttata giù da un ponte e questa volta senza esitare.

Ad un tratto però si sentì il rumore di una Materializzazione e Sirius e Remus comparvero sulla soglia della porta, uno accanto all’altro, leggermente ammaccati. Sam spostò lo sguardo verso di loro, sorridendo, contenta di vedere che stavano bene,  ma non si alzò subito dalla sedia, sia perché era troppo felice di vederli che non riusciva a reagire subito, sia perché le loro facce le dicevano che c’era qualcos’altro, dato che entrambi sorridevano contenti e malandrini.

“Guarda chi c’è, Sam”. Le disse il suo fidanzato spostandosi di lato per scoprire James che se ne stava dietro di loro.

Non appena lo vide, la ragazza spalancò occhi e bocca, sorpresa e sconvolta. Ormai si era illusa che avesse sbagliato, le bastava soltanto che i due tornassero vivi, di certo non si era aspettata…

“Ciao sorellina”. La salutò lui mostrandole un sorriso sghembo, il suo sorriso sghembo, quello che era tanto simile al suo e quello che aveva visto comparire così tante volte in quell’inconfondibile volto dagli occhi nocciola, circondato dai scuri capelli spettinati.

Senza sapere che dirgli o che pensare, lei si alzò dalla sedia e praticamente gli si buttò tra le braccia rischiando che si capotassero entrambi, ma lui, per fortuna, riuscì a mantenere l’equilibrio e a prenderla in braccio, sebbene fosse parecchio debole.

Si abbracciarono forte, come non avevano fatto da tanto tanto tempo, anzi, come forse non si erano mai abbracciati. E lei scoppiò in lacrime, lì davanti a tutti, lì sul suo petto, sulla sua maglietta che già era un po’ sporca.

Non le importava più di niente, non le importava che ci fossero Sirius, Remus e la signora Weasley che la osservavano, quest’ultima tra l’altro piuttosto confusa.

Queste lacrime non erano come quelle dell’altra sera, ma erano lacrime di gioia e di felicità. Una felicità che non provava da tantissimo tempo.

Per un attimo credette che fosse tutto un sogno. Ma non poteva essere un sogno, perché era perfettamente sveglia e adesso stava abbracciando James, suo fratello, non lo vedeva più rinchiuso in una cella sconosciuta e incatenato al muro.

MIO PICCOLO SPAZIO

Salveeee!!! Eccomi, sono tornata!! Avete visto che ho fatto presto stavolta?? Ehe, merito di queste fantastiche vacanze in cui ho un sacco di tempo per scrivere… ma voi come ve la passate?? Vi siete già rimpinzati di gelato oppure vi state ancora preparando per la prova costume??

Ma torniamo a noi, ogni volta finisco per divagare e poi non vi voglio rubare troppo tempo… allora, vi è piaciuto il capitolo?? Se sì scuotete in su e in giù se no scuotetele da una parte all’altra. Ok, no sto scherzando, semmai sarebbe meglio che mi lasciaste una recensione, che male non mi fa, anzi… a quanto pare però James è vivo ed è pure tornato tra i suoi cari e amati amici e parenti. Scommetto che tutti adesso vi starete chiedendo: Come la prenderà Harry? Ehehe, si vedrà, anche perché non lo so nemmeno io. Basta solo che continuiate a seguirmi, spero di riuscire ad aggiungere un altro cap questa settimana.

Ok, un ultima cosa prima di chiudere: vorrei lasciare anche un piccolo spazio per la pubblicità quindi… se vi piace la saga di Twilight potete andare a leggere le mie due fanfic Stessi Occhi Stesso Sangue (completa) e The Power of the love (completa) e se vi piace anche la saga di Maximum Ride, sempre se la conoscete, andate a leggervi pure La luce dei miei occhi che però è ancora in alta fase di completamento.

E se siete degli amanti di pensieri profondi e vi piace la filosofia, date un’occhiata al mio blog: ilblogdimillysdiary.blogspot.com e magari lasciatemi anche un commentino.

Ok, adesso posso lasciarvi sul serio e mi raccomando, non mancate alla prossima puntata!!!

Kisskiss, Milly.

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Capitolo 30
*** Capitolo ventotto ***


(“Ma allora… allora lui è il padre di Harry?”)

“Qualcuno per favore mi potrebbe spiegare che sta succedendo?” chiese la signora Weasley confusa e spazientita, spostando lo sguardo da Sirius e Remus a Sam e quell’altro uomo che era appena entrato e che aveva appena sciolto l’abbraccio con la ragazza.

“Oh, si scusate. Dobbiamo fare le presentazioni”. Disse Sirius con un sorriso divertito. “James ti presento Molly Weasley, Molly lui invece è James Potter, il fratello di Sam”.

La donna boccheggiò come un pesce fuor d’acqua, confusa ancora di più e anche stupita, incredula e sconvolta. Che la stessero prendendo in giro?

“Ma… ma non era… morto?” riuscì a bofonchiare alla fine guardando l’uomo davanti a lei così tanto simile a Harry.

“A quanto pare no”. Rispose Remus guardando l’amico ritrovato con un sorriso. “E credo che ci dovremmo raccontare un sacco di cose”.

“Ma allora… allora lui è il padre di Harry?” chiese ancora la signora Weasley che però non si era ancora ripresa dallo shock e dallo stupore.

“Harry!?” esclamò James voltandosi verso i suoi amici con sguardo preoccupato e spaventato.

“Sta bene”. gli rispose Sam. “E’ ancora di sopra che dorme”.

“Allora è qua?”

La sorella annuì per poi aggiungere. “Magari più tardi parlerete”.

“Parlare? Ho sempre odiato parlare? Devo per forza parlare?”

“Dai Prongy, è tuo figlio. Sono sicuro che troverai le parole adatte”. Cercò di rassicurarlo Sirius posandogli una mano sulla spalla. Tutti riuscivano a capire come dovesse sentirsi; insomma, non aveva visto suo figlio per quattordici anni, in pratica era come se non lo avesse mai conosciuto.

“Ok, ma prima dovrò farmi una doccia”.

“Sì, ti accompagno”.

Sam cominciò ad avviarsi per le scale tenendo il fratello per mano come se non lo volesse perdere per nulla al mondo, neanche in una casa. Beh, in fondo era così.

                                                                                            (“Tu fai tutto troppo facile".                                                                         “Senti chi parla! Non eri tu quello che non si preoccupava 
mai di niente e che faceva solo quello 
                                                                     che si sentiva di fare?"                                                          “Sì, ma quando si tratta di sentimenti non è così”.)

“Sam?”

“Hm?”

“Mi sei mancata”.

James era seduto sul bordo della vasca da bagno che si faceva sistemare qualche ferita che aveva un po’ sparsa qua e là per il corpo e mettere un po’ in ordine dalla sorella.

“Anche tu. E non sai nemmeno quanto”.

Tra i due cadde il silenzio; in verità si sarebbero voluti raccontare un sacco di cose, ma nessuno dei due sapeva da che parte iniziare. Per il momento volevano godersi quel momento, rendersi ancora veramente conto che si erano ritrovati.

“Sam?” chiamò di nuovo James.

“Dimmi”.

L’uomo prese un sospiro prima di porre la domanda che gli premeva più di tutte.

“Secondo te… come la prenderà Harry col fatto che sono tornato?”

“Come vuoi che la prenda? Sarà felicissimo”.

“Sì, ma non pensi che insomma… potrebbe prenderla male? Che potrebbe odiarmi?”

“Jimmy, ma che dici? Perché dovrebbe odiarti?”

James sorrise dolcemente; da quanto tempo non sentiva sua sorella che lo chiamava Jimmy? Da tanto, troppo…

“Beh, per non esserci stato”.

“Ma mica era colpa tua”.

“Sì, ma lui questo non lo sa. Crede che io sia morto. E non ci conosciamo nemmeno”.

“Per questo sarà ancora più felice di rivederti!”

“Tu fai tutto troppo facile”. Commentò lui alla fine con un tono un po’ esasperato.

“Senti chi parla! Non eri tu quello che non si preoccupava mai di niente e che faceva solo quello che si sentiva di fare?”

“Sì, ma quando si tratta di sentimenti non è così”.

Sam emise un sospiro; beh, in effetti su quello non aveva proprio torto. E lei ne sapeva qualcosa. Si chiese se dovesse dirgli che lei e Sirius stavano insieme o se era meglio aspettare. Ma in fondo, che male ci poteva essere?

Forse per il fatto che James aveva sempre considerato Sirius come un fratello?

“James, non ti devi preoccupare. Harry è un ragazzo intelligente e capirà, vedrai che capirà. E poi è uno che si riesce a conoscere abbastanza in fretta, sa sempre andare al sodo, lo capisci subito se gli stai a genio oppure no. È molto simile a te e non soltanto di aspetto”.

       (“Ti voglio bene, figliolo”. 
“Anch’io, papà”.)  

“Signora Weasley, mi vuole spiegare che le succede?” chiese un Harry piuttosto spazientito e confuso. Era sceso in cucina con Ron non appena i due si erano svegliati e aveva trovato la madre del suo migliore amico immobile in cucina leggermente pallida e sconvolta. Aveva biascicato un paio di parole confuse non appena aveva visto il moro entrare, ma nessuno dei due ragazzi era riuscito a capire qualcosa.

“Mamma, sto iniziando a preoccuparmi!” esclamò anche Ron guardando la madre pure lui preoccupato e spaventato per il fatto che potesse essere successo qualcosa di grave, magari a qualcuno della sua famiglia.

“Ecco vedi, Harry… è successa una cosa strana… che non so spiegarti”.

“Mamma! Che è successo!?”

La donna però non disse più niente, aveva solo spostato lo sguardo su qualcuno davanti a lei.

I due ragazzi, allora, ancora più confusi, si voltarono e rimasero pure loro a occhi sgranati, soprattutto Harry, che dopo un attimo di sbigottimento stava iniziando a capire qualcosa.

In fondo, trovarsi davanti un uomo praticamente identico a te se non per il fatto che era più vecchio, non era cosa da tutti i giorni. E non era nemmeno difficile capire chi poteva essere.

Anche James e Sam osservavano i due ragazzi, soprattutto James non riusciva a spostare gli occhi dal figlio, così simile a lui e chiedersi: che faccio adesso? Cosa gli dico?

“Oh, miseriaccia!” commentò alla fine Ron. “Harry, per caso quello sei tu venuto dal futuro”.

“No, non credo, Ron”. Gli rispose l’amico. Lui e quell’uomo avevano una piccola differenza, anzi due. L’uomo non aveva la cicatrice come lui e per di più aveva gli occhi nocciola identici a quelli di Sam.

“Credo che voi due dobbiate parlare, adesso”. Disse alla fine Sam.

“Vieni, andiamo Ron”. Aggiunse la signora Weasley trascinando il figlio confuso fuori dalla cucina; i tre si chiusero la porta alle spalle.

Padre e figlio rimasero ancora per un po’ a guardarsi, uno più scioccato di quell’altro. Alla fine James sbottò.

“Senti, io… io non sono mai stato molto bravo con i discorsi, però…”.

“Papà”. Lo interruppe ad un tratto Harry, ma senza sapere il perché. Non sapeva che dirgli. Aveva semplicemente dovuto dire quella parola, quella parola che non aveva mai potuto dire, forse solo per sentire come suonava pronunciata da lui o forse solo per essere veramente sicuro che fosse suo padre quello davanti a lui.

“Co… come…”. Harry non sapeva come porgli la domanda.

“In realtà non sono morto. Mi hanno tenuto prigioniero nei sotterranei di Villa Malfoy per tutto questo tempo”.

“Oh mio Dio!” esclamò il ragazzo stringendo i pugni.

“Già. E mi dispiace se non sono stato con te come avrei dovuto”.

“Non era certo per colpa tua”.

Grazie al cielo Sam aveva ragione, pensò James tra sé e sé sorridendo alle parole del figlio.

“L’importante è che ci sei adesso”.

Harry, non sapendo che altro dire e sentendosi un po’ imbarazzato, decise di fare quello che aveva sempre sognato di fare. Abbracciò il padre il quale ricambiò, un abbraccio di quelli che nessuno dei due aveva mai potuto avere. Avrebbero tanto voluto che quel momento non finisse mai, che durasse per sempre.

“Ti voglio bene, figliolo”.

“Anch’io, papà”.   

Quando si staccarono Harry notò che sul braccio destro suo padre aveva un tatuaggio; lo guardò meglio e si accorse che c’era scritto il suo nome.

“Ti sei fatto tatuare il mio nome sul braccio?” chiese guardando il padre leggermente commosso.

“Sì, non appena eri nato”.

“Beh, direi che siamo pari”. Rispose Harry mostrandogli la collana con scritto James, che aveva al collo e che gli aveva regalato sua zia.

“Ok, questa cosa mi sembra tanto da piccioncini innamorati e romanticoni”. Commentò alla fine James con un’espressione buffa.

“Sì, concordo pienamente con te”.

                                                                             (“Paddy, tu lo sai che se farai soffrire                                                                               mia sorella te la vedrai davvero brutta?                                                                                           “Ho afferrato il concetto, Jamie, grazie”.)

“Allora, James. Ci dici come sei finito là?” chiese Remus rivolto all’amico.

Erano tutti radunati in cucina, tutti quanti i Weasley più Sirius, Remus, Harry, Sam e Tonks che era arrivata da poco portando in croissant.

“Beh, quella notte…”. Cominciò James. “…quando Peter ci aveva traditi e Voldemort aveva scoperto il nostro nascondiglio, in realtà non sono morto. Voldemort mi aveva solo torturato ma non mi aveva ucciso. Dopo credo sia arrivato Lucius Malfoy o qualcuno dei suoi scagnozzi e mi hanno portato là tenendomi prigioniero. Non me lo ricordo perché ero svenuto e quando mi sono risvegliato mi trovavo già la”.

“Sì, ma perché?” chiese Sirius leggermente arrabbiato. Con Malfoy si intendeva.

“Non lo so. Non me l’hanno mai detto. Forse per interesse personale”.

“Beh, giuro che quando lo vedo gli spacco la faccia”. Ringhiò Harry minaccioso.

“E io ti dò una mano”. Gli diede manforte Ron.

“Ragazzi, non so se riuscirete ad averla vinta con uno come lui. E’ piuttosto bravo con la bacchetta”. Li avvertì James con un sorriso divertito però.

“Ma noi intendiamo quello piccolo. Il furetto”. Gli disse il figlio e James rimase piuttosto perplesso.

“Malfoy ha un figlio?”

“Sì ed è piuttosto irritante”. Gli rispose Ginny schiacciando una bottiglietta d’acqua immaginando che fosse la testa di Malfoy.

“Oh, Santo Godric! L’Uomo Topo si è riprodotto!?”

“Perché Uomo Topo?” chiesero i gemelli curiosi.

“Beh, perché una volta ho visto un film babbano che parlava di un uomo che era orfano ed era cresciuto con i topi così credeva di essere anche lui un topo. Somiglia molto a Malfoy Senior dato che ha i capelli lunghi e quasi bianchi”.

Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere a crepapelle.

“Ahah, allora il soprannome di Malfoy Junior è azzeccato. Furetto!” commentò Hermione asciugandosi le lacrime per il ridere.

“Cavoli! Il fantasma dell’opera!” esclamò Sam. “Non ci avevo nemmeno pensato!”

“Ok, tornando alle cose serie…”. Li interruppe alla fine Remus guardando James con espressione… beh, seria. “Ma com’è che allora al tuo funerale abbiamo seppellito il tuo corpo accanto a quello di Lily?” era sempre il solito razionale lui.

“Era un fantoccio o un manichino con le mie sembianze”.

“E Lily non l’hanno sostituita?” chiese Sirius.

“No, lei no”. Rispose James che si era fatto improvvisamente triste; e tutti potevano capirne il perché. Se Lily non era stata sostituita significava che lei era morta veramente.

“E hai mai provato a scappare?” gli chiese Tonks cercando di cambiare l’argomento.

“Certo che ci ho provato. Ma sapete, senza una bacchetta non era facile e l’unica cosa che potevo fare era trasformarmi in cervo. Ma riuscivano sempre a catturarmi. Ma piuttosto, voi come avete fatto a capire che mi tenevano là?”

“E’ stata Sam a dircelo”. Rispose Sirius.

James si voltò verso la sorella stupito e curioso. Lei, allora, gli spiegò.

“Continuavo a fare sogni strani in cui c’eri sempre tu che te ne stavi incatenato in una cella, ma non riuscivo mai a capire dove né tantomeno perché facessi quei sogni. A volte vedevo anche il tuo fantasma, soprattutto quando mi trovavo a casa dei nostri genitori. Credevo fossero sensi di colpa o che stessi diventando pazza. Finché, però, nell’ultimo sogno, non ho visto Malfoy nella cella con te e allora ho capito tutto. Mi dispiace solo non esserci arrivata prima”.

“Non ti preoccupare, sorellina. In fondo anch’io avrei creduto di star diventando matto”. Ad un tratto James assunse un’aria pensierosa. “Però ora che mi ci fai pensare, ti ricordi zia Betty?”

“Zia Betty?”

“Sì, quella vecchia che parlava con sé stessa. Quando era morta la sua migliore amica lei continuava a sognarla e a vederla e credeva di avere dei poteri speciali, tipo poter parlare coi morti o farli ritornare. Così si era informata e aveva scoperto un incantesimo con cui aveva fatto resuscitare l’amica”.

“Cavoli! È vero! Però poi era morta”.

“Sì, perché in teoria per far resuscitare qualcuno gli devi dare un po’ della tua forza vitale, quindi lei non ce l’aveva fatta anche se aveva resuscitato la sua amica”.

Tutti gli altri assistevano allo scambio di battute fra i due, chi affascinato, chi curioso, chi incredulo e chi indifferente, tipo Sirius, che si stava divorando la seconda ciambella.

“Ma noi non l’abbiamo mai vista questa resurrezione miracolosa. Magari erano solo storie”.

“Potrebbe anche essere, ma Sam pensaci. A te è successa più o meno la stessa cosa. Non è che hai ereditato i suoi poteri?”

“Ma io non ho resuscitato nessuno”.

“Sì, ma hai sognato me e sei riuscita a capire che ero vivo. Qualche potere strano ce l’hai”.

“Oddio, tesoro!” esclamò ad un tratto Sirius guardando Sam come se fosse una serial killer. “Stai iniziando a farmi paura. Vedi la gente morta!”

“Ma non dire scemenze, Sirius!”

“Tesoro?!” chiese James guardando l’amico incredulo e stupito. Sirius non chiamava mai nessuno tesoro.

“Ehm…”. Cominciò Sam leggermente imbarazzata, non sapendo bene come spiegargli la cosa. Alla fine optò per andare dritta al punto. “Io e Sirius stiamo insieme”.

Lo sguardo di James continuò ad andare da sua sorella al suo migliore amico, o meglio, fratello. Li guardava curioso, scettico, meravigliato. Non se lo sarebbe mai aspettato, chissà perché ma non se lo sarebbe mai aspettato. Alla fine si fermò a fissare l’Animagus con sguardo severo e leggermente minaccioso.

“Paddy, tu lo sai che se farai soffrire mia sorella te la vedrai davvero brutta?”

“Ho afferrato il concetto, Jamie, grazie”.

“Ehi, James, da quand’è che sei così protettivo?” gli chiese la sorella guardandolo stranita. Lui non aveva mai minacciato i suoi precedenti ragazzi così.

“Eh sai, quando conosci bene una persona è meglio prendere tutte le precauzioni e ho viste molte ragazze col cuore infranto per colpa di questo cagnaccio. E certe abitudini sono dure a morire”.

“Ma lei è la prima ragazza che mi scopo da quando sono uscito da Azkaban!”

“E allora fai in modo che continui così dato che se la fai soffrire farò in modo che scopare ti sia difficile”. Minacciò ancora James l’amico.

A quel punto tutti quanti scoppiarono a ridere vedendo anche l’espressione spaventata e preoccupata che aveva assunto Sirius.

“Ma allora tu sei il terzo Malandrino?” chiesero i gemelli osservando James con ammirazione e divertimento; avevano sentito raccontare un sacco di suoi scherzi ed erano sicuri che si sarebbero divertiti un mondo con lui.

“Il terzo Malandrino? Vorrete dire il primo!”

“E sei Prongs? Quello che ha creato la Mappa del Malandrino?”

“La Mappa del Malandrino? Ce l’avete ancora?” l’uomo guardò in direzione degli amici i quali però fecero un cenno verso Harry.

Il ragazzo, con un sorriso furbo, tirò fuori dalla tasca un pezzo di pergamena vuoto e leggermente ingiallito.

Con un tocco di bacchetta pronunciò: “Giuro solennemente di  non avere buone intenzioni”.

Eh no, da quel momento sarebbe stato difficile averne.

ANGOLO AUTRICE UN PO’ ESAURITA

Ma ciaoooooo bella gente!! Come state? Cosa mi raccontate??

Ecco qui un altro bel capitolo (beh, almeno spero) come vi avevo già anticipato. Ho deciso di pubblicare abbastanza presto perché credo che la prossima settimana non riuscirò a pubblicare, almeno fino a sabato, dato che sarò via e non sono tanto sicura che nel posto in cui vado ci sia la connessione wireless.

Ma che mi dite di questo cap??  Vi  è piaciuto?? I Malandrini di nuovo tutti insieme, beh, a parte uno, ma Codaliscia ormai non conta. Io li adoro troppo per lasciarli morire e specialmente adoro James, quindi, in un modo o nell’altro, troverò sempre una maniera di farlo o farli tornare.

Spero veramente che vi sia piaciuto, anche perché è parecchio lungo. La parte in cui ci sono James e Harry però non mi convince molto, non sono molto brava a descrivere queste scene romantiche e troppo smielate.

Va bene, ora vi lascio e vi auguro buon proseguimento di vacanze. E per favore, lasciatemi qualche recensione!!! Pleeeeeaaaase!!!!

Kisskiss, Milly.

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Capitolo 31
*** Capitolo ventinove ***


   (“Non sono stata per niente una brava sorella                                                                               “Tu sei la sorella migliore del mondo…”)

Sam e James erano comodamente seduti sul divano del salotto di Grimmauld Place, lui appoggiato allo schienale e lei con la testa appoggiata sul suo petto e seduta in mezzo alle sue gambe.

“Allora, sorellina che cosa mi racconti? Che cosa hai fatto tutto questo tempo che io non c’ero?” le chiese a un tratto James col suo solito tono scherzoso.

Sam esitò un attimo prima di rispondere; ora si stava rendendo sempre più conto che non si era affatto comportata bene, che non era stata per niente una brava sorella.

“Non ho fatto quello che avrei dovuto fare, in realtà.” Cominciò. “Me ne sono andata, poco dopo che ero diventata un’Auror. Non ce la facevo a rimanere nella nostra casa, c’erano troppi ricordi e non mi sentivo affatto bene”.

“E dov’eri andata?” le chiese il fratello ma senza mostrare rabbia come lei si era aspettata.

“Un po’ in giro per il mondo, soprattutto nell’America del Sud dove faceva più caldo e ho conosciuto una ragazza babbana durante quei viaggi. Avevo bisogno di allontanarmi da questo posto che mi ricordava così tanto te e papà e diciamo che in un certo senso mi era servito anche se facevo continuamente quei sogni e succedevano cose strane”.

“Cose strane di che tipo?”

“Beh, per esempio una volta era caduto un meteorite in un posto e in un altro era bruciata una chiesa e continuavano a scomparire bambini”.

“Forse erano segnali anche quelli, collegati ai sogni che facevi”.

“E’ possibile. Però…”. La ragazza si bloccò non sapendo bene come continuare, ma sentiva che doveva liberarsi di questo groppo che sentiva alla gola.

“Però cosa?” la incitò James.

“Però… non me ne sarei dovuta andare. Sarei dovuta rimanere qui e prendermi cura di Harry e invece sono scappata come una vigliacca. E tu hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me. Non ho fatto quello che avresti voluto che facessi. Non sono stata per niente una brava sorella”.

“Ma stai scherzando? Tu sei la sorella migliore del mondo e non potrei mai arrabbiarmi con te”.

“Sì, ma tuo figlio… e io…”.

“Oh, ormai è acqua passata e non mi va di essere arrabbiato per questo. In fondo eri molto giovane quando è successo… quello che è successo, come avresti potuto prenderti cura di lui se andavi ancora ad Hogwarts. Sono sicuro che lo capisce anche lui. Adesso siamo tutti insieme e questo è l’importante”.

Sam si voltò verso di lui e gli fece un sorriso dolce che il fratello ricambiò guardandola intensamente con i suoi caldi occhi nocciola, identici a quelli della sorella.

“Ma sai qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?” gli chiese poi lei abbassando lo sguardo.

“Quale, Sally?”

Lei ebbe un leggero fremito nel sentirsi chiamare così… di nuovo.

“La morte del nostro cavallo, Choccolate. Allora sì che avevo perso tutto, di te, della mamma, del papà, della vita che abbiamo avuto un tempo. Dentro di me si era già rotto qualcosa, ma quella volta era stato definitivo”.

James spinse la testa della sorella contro il suo petto e l’abbracciò forte iniziando a cullarla.

“Mi dispiace”. Le sussurrò e ci mancò poco che lei si mettesse a piangere.

“Ma che ne è stato della mamma?” chiese poi il fratello.

Sam tirò un sospiro prima di rispondere; ecco un altro macigno che doveva scrollarsi di dosso.

“Ha avuto uno shock quando ha sentito che eri morto. Si era agitata molto, poi era svenuta e quando si era risvegliata non si ricordava più niente, né di me, né di te, né di niente. I medici avevano detto che il suo cervello aveva immagazzinato troppe emozioni forti, troppi dolori e troppe tragedie che ha cercato di espellere. Adesso è al San Mungo”.

La ragazza sentì il fratello irrigidirsi e fissare lo sguardo in un punto indefinito della stanza; si era aspettata che esplodesse, che cercasse di fare qualcosa per curarla o che commettesse qualche pazzia. Ma non successe niente di tutto questo.

Sì, James da un lato era cambiato e non perché fosse cresciuto; era molto più calmo o almeno così sembrava, comunque sia non sembrava esprimere molto le sue emozioni come succedeva una volta, che gli si leggeva in faccia quello che provava o pensava. E deve essere stato tutto quello che aveva vissuto; tutti quegli anni di prigionia, il fatto che non avesse mai visto suo figlio crescere…

“Comunque… comunque, mi dispiace per Lily”. Sussurrò alla fine Sam guardandolo in viso.

… la mancanza di Lily.

L’uomo abbassò lo sguardo verso la sorella ma non le disse niente; a volte le parole non servivano.

Ad un tratto qualcuno comparve sulla soglia della porta e guardò i due seduti sul divano.

“Ciao campione!” salutò James con un sorriso malandrino in viso.

Harry si avvicinò al divano e immediatamente Sam si spostò per far sedere lui tra le gambe del padre.  Il ragazzo faticava ancora a credere che suo padre non era morto, che era lì accanto a lui vivo e vegeto come aveva sempre sognato. A volte non gli sembrava nemmeno reale.

“E tu che cosa mi racconti?” gli chiese James. “Fammi indovinare… scommetto che sei un Grifondoro”.

“Ovvio! E gioco anche a Quidditch, come Cercatore”.

“Ma davvero?” fece James con un sorriso orgoglioso. “Allora non mi somigli solo in aspetto.  E magari ti cacci anche sempre nei guai?”

“Beh, a volte. Ma mica lo faccio apposta!”

E tutti e tre scoppiarono a ridere.

“Ahah, quante volte ti hanno messo in punizione?” chiese poi James ancora divertito.

“Hmmm, ho perso il conto. Però Piton se la prende per niente a volte”.

“Piton?”

“Sì, insegna Pozioni”. Rispose Harry con una faccia disgustata mentre James sgranava gli occhi.

“Oh Santo Godric! Come ha fatto quel scarafaggio a diventare un insegnante?”

“Ah, non me lo chiedere”.

(“Ti va di giocare all’Auror e al Mangiamorte?”)

Sirius entrò nella sua camera da letto trattenendo uno sbadiglio; era piuttosto stanco quella notte, sicuramente sarebbe crollato appena avesse messo la testa sul cuscino.

Ma, non appena aprì la porta, tutto il sonno che sentiva improvvisamente scomparve e sgranò gli occhi rimanendo piuttosto sorpreso.

Sam era seduta sul suo letto, con le gambe leggermente piegate indietro e un sorriso piuttosto malizioso e sensuale sul viso; indossava solo un reggiseno color rosso fuoco e i tanga abbinati con i reggi calze.

L’Animagus immediatamente sentì che il suo amichetto lì sotto iniziava ad agitarsi.

“Lentiggini…”. Borbottò con voce leggermente rauca. “A… a che cosa devo tutto questo?”

“Beh, ho pensato che sei stato piuttosto bravo e coraggioso a salvare James quindi… ti meriti una sorpresa”. Rispose lei parlando con voce sensuale. “Ti va di giocare all’Auror e al Mangiamorte?” gli chiese poi le i mostrando un paio di manette con attaccati dei pellucchi neri.

Sirius non se lo fece ripetere due volte e, togliendosi la maglietta in fretta e furia, si buttò sul letto e cominciò a baciare la sua ragazza dappertutto mentre lei cercava di sbottonargli i jeans.

 

Choccolate era morto, quella notte, nella stalla. Lei era rimasta accanto a lui tutta la notte, soli loro due ma adesso… adesso anche lui l’aveva lasciata. Come tutti. Adesso era completamente sola. Adesso… che senso aveva rimanere? Per continuare a soffrire?

SPAZIO PER ME

Ciaooooo!!! Come va?? Allora, vi è piaciuto questo cap?? A me sinceramente non tanto e poi è un po’ di transizione.

Ma ok i commenti li lascio a voi… piuttosto, siete andati a vedere Harry Potter e I Doni della Morte parte 2? Io sì e devo dire che mi è piaciuto moooooooooooooooolto di più rispetto alla prima parte. Io e la mia amica praticamente ci siamo tenute per mano tutto il tempo e alla fine siamo pure scoppiate a piangere quando erano morti Fred, Remus e Tonks. E per non parlare di quando erano comparsi i fantasmi del Malandrini e di Lily.

Sigh sigh… che tristezza.

Però l’Epilogo è stato fantastico anche se non avevano mostrato Teddy (andrò a picchiare i produttori con una mazza per questo oltraggio) e poi… che carini i figli *.*   .

Ok, adesso vi lascio e per favore lasciatemi qualche recensione… un bacio, milly.

 roxy_black: ciaoooo cara… nn ti preoccupare se nn hai recensito, non sei mica costretta, ma sai la tua recensione mi  sempre di consolazione visto che ne ricevo poche L vabbè dai, in fondo conta che io scriva visto che lo faccio per me più che altro. Poiiii… allora, l’Uomo Topo non può mai mancare, ahahah dai è troppo divertente e poi ci sta bene visto che suo figlio è un furetto. Per quanto riguarda Harry e James, sì hai ragione tu ma, come avevo già scritto la volta scorsa non sono molto brava a descrivere queste scene così smielate e… insomma, hai capito. Infatti non convinceva nemmeno me, ma vabbè. E poi, beh, James non è mai stato un fratello così protettivo e comunque Sirius è il suo migliore amico perciò, anche se sa che è sempre stato un po’ bastardo con le donne, sa anche che non potrebbe mai far soffrire qualcuno dll sua famiglia. E poi è come hai detto tu: è inutile creare casini appena tornato, tra l’altro è stato proprio lui a tirarlo fuori da qll cella insieme a Remus. Ok ora ti lascio e spero che ti sia piaciuto anche qst cappy sebbene sia un po’ noiosetto. Baci baci, la tua amica milly.

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Capitolo 32
*** Capitolo trenta ***


            (“…Riuscirai a tenertela stretta oppure                                                                                   lascerai che muoia anche lei?”)

Severus Piton entrò nella cucina di Grimmauld Place sempre con il suo solito cipiglio arrogante e quella sua postura così rigida  e severa, facendosi odiare già da molti solo per quello.

E non si poteva certo dire che gli abitanti di Grimmauld fossero suoi fan.

Non appena mise piede nella stanza lanciò a tutti occhiatine di sbieco e quasi disgustate, soffermandosi in particolare su James. Non si era stupito di trovarlo lì, perché Silente, che lo aveva saputo da Remus e da qualche altro membro dell’Ordine, lo aveva avvisato, ma non riuscì a trattenere un cipiglio di disgusto, come se l’Animagus fosse una puzzolente cacchetta che si trovava in mezzo alla sua strada.

E la cosa era ricambiata pure da James; anche lui era stato avvertito della visita di Piton, dato che quella sera ci sarebbe stata una riunione dell’Ordine e solo Merlino sapeva quante ne aveva tirate sul fatto che pure quel miserabile Mi-lavo- i capelli-nell’olio-delle-patatine-fritte facesse parte dell’Ordine e fosse stato proprio Silente a renderlo un membro.

“Ma bene, bene, vedo che l’allegra brigata di spostati imbecilli si è di nuovo felicemente riunita”. Commentò lui acidamente con il suo solito tono strascicato, non riuscendo proprio a trattenersi dall’offendere quelli che erano i suoi nemici ormai quasi più di Voldemort. Intanto spostava lo sguardo da James, a Sirius, a Remus con occhiate assassine.

“Piton, non mi sembra il caso di attaccare briga. C’è altro di cui dobbiamo discutere, adesso”. Cercò di calmare le acque Sam, mantenendo un tono tranquillo e pacato.

“Per una volta Potter hai detto una cosa sensata. Non sapevo fossi capace di usare il cervello”. Commentò invece l’insegnante di Pozioni, che quella sera si sentiva proprio in vena di offendere e fare commenti acidi.

Quelle parole però scatenarono le reazioni di James e Sirius che si alzarono dalle sedie e corsero con la mano alle rispettive bacchette.

“Ritira immediatamente quello che hai detto”. Latrò Potter a pochissima distanza dal Serpeverde e con un’occhiata, che se avesse potuto, lo avrebbe ucciso, anzi, fatto esplodere la testa da quanto intensamente lo guardava negli occhi scuri.

“Ragazzi, per favore, smettetela”. Li redarguì Remus, cercando di trattenere Sirius che era quello più vicino a lui e inoltre ormai era abituato a dover trattenere gli scatti d’ira dell’amico.

Piton però sembrava volerli provocare apposta, come se fosse masochista, dato che  non avrebbe avuto molto scampo con i due Animagus. “Ma che bello, il grande Potter torna di nuovo all’attacco facendo da cavaliere alla sorellina. Riuscirai a tenertela stretta oppure lascerai che muoia anche lei?”

James sembrò diventare il diavolo in persona, capendo l’allusione che aveva fatto l’insegnante. Nessuno poteva parlargli a quel modo.

Velocemente, senza che nessuno facesse in tempo ad accorgersene, estrasse la bacchetta dalla cintura e la puntò alla fronte di Piton inchiodandolo al muro. Il Serpeverde, intanto, continuava a fissarlo dritto negli occhi sempre con quell’espressione neutra e indifferente in cui si poteva leggere anche una punta di odio. Però sembrava non gli importasse niente che Potter gli volesse far del male o peggio, ucciderlo.

“James, adesso basta, per favore”. Lo ammonì la sorella avvicinandoglisi e posandogli un mano sul braccio che impugnava la bacchetta.

“Lui… lui non ha alcun diritto di parlarmi in quel modo”. Sbraitò lui sempre senza spostare lo sguardo da quello di Piton e senza mollare la presa sulla bacchetta. Sembrava avere però la voce rotta, incrinata; si sentiva che soffriva per quello che l’insegnante aveva detto.

“Lo so James, ma non ne vale la pena, veramente, non ne vale la pena”. Cercò di calmarlo ancora Sam. “Abbassa la bacchetta, ti prego. Di là c’è Harry e non sarebbe bello che vedesse che tu fai del male a un suo insegnante”.

Allora l’uomo abbassò la bacchetta lentamente, convinto forse dal tono dolce che aveva usato la sorella o forse per quello che aveva detto; effettivamente non si sarebbe fatto una bella figura davanti al figlio e non sarebbe di certo stato un buon esempio. Anche se, da quello che gli aveva detto, pure lui odiava Piton.

La riunione poté finalmente iniziare, anche se la tensione si poteva sentire benissimo nell’aria e continuavano a volare occhiatacce tra i Malandrini e l’insegnante di Pozioni.

 
(…In realtà il sogno più grande della mia vita l’ho realizzato”.)

“Allora, Sam. Lo facciamo?” chiese James rivolgendo un sorriso dolce alla sorella che gli stava accanto.

Si trovavano nel giardino della loro vecchia casa e avevano gli occhi nocciola puntati su una grande quercia sul retro della casa su cui si poteva notare una piccola casetta costruita tra i rami pieni di foglie di un bel verde brillante.

“Ce lo eravamo promessi, no?” fece lei di rimando con un tono piuttosto basso, forse dovuto alla commozione.

I due fratelli si arrampicarono sull’albero ed entrarono nella piccola casetta, dovendo accucciarsi parecchio.

“Cavoli, non ricordavo fosse così piccola”. Commentò James andando a sbattere la testa sul soffitto nonostante fosse in ginocchio.

“Sai com’è. Quando l’avevamo costruita eravamo dei piccoli marmocchi”. Gli rispose la sorella. “E sarebbe un po’ imbarazzante che qualcuno vedesse due adulti che giocano in una casetta sull’albero”.

“Non stiamo giocando. Dobbiamo solo recuperare quello che ci spetta”.

Come a voler confermare quelle parole, Sam si diresse verso un angolino e, alzando una trave, tirò fuori una piccola scatoletta rossa un po’ sbiadita e impolverata.

Lanciò un’occhiata d’intesa al fratello e l’aprì delicatamente, come se contenesse qualcosa di molto delicato che non doveva assolutamente rompersi.

Dentro però c’erano solo due oggetti; un piccolo portachiavi a forma di mappamondo e un boccino dorato con le ali un po’ spiegazzate.

Sam e James presero ciascuno i loro oggetti, la ragazza il portachiavi e lui il boccino.

“Beh, sorellina, sono contento che tu sia riuscita a realizzare il tuo sogno”. Le disse lui con un sorriso sincero.

Lei lo ricambiò, ma poi ad un tratto si rabbuiò, guardandolo dispiaciuta. “Tu però non sei diventato quello che volevi diventare”. Abbassò gli occhi al boccino tra le mani del fratello.

“E chi te lo dice?” fece lui con un sorriso malandrino, il solito ghigno malandrino di James. “Allora ero solo un marmocchio che ancora non sapeva niente della vita. In realtà il sogno più grande della mia vita l’ho realizzato”.

Sam aveva capito a che cosa si riferisse ma evitò di fargli notare che purtroppo non era andato come doveva andare. Sì, aveva sposato Lily e aveva avuto un figlio da lei, come aveva sempre sognato, ma lei adesso era morto e lui era vissuto per quattordici anni lontano da suo figlio, perdendosi praticamente tutta la sua infanzia e quasi tutto della sua vita.

Sì, la vita era proprio ingiusta.

(Non poteva mica mancare un quarto malandrino.

Non poteva mica mancare un quarto malandrino.

(Non poteva mica mancare il quarto malandrino.)

Sirius entrò fischiettando nella cucina con indosso solo i boxer e un’aria un po’ da ebete stampata in faccia.

“Ehi, come mai così di buon umore, Paddy?” chiese James, che era appoggiato al lavello della cucina aiutando Molly Weasley a preparare la colazione.

Per tutta risposta l’amico semplicemente scrollò le spalle.

“Immagino che tu abbia dormito molto bene”. continuò intanto l’altro facendo un sorriso malizioso.

“Tua sorella è un vero portento a letto”. Fece Sirius allora con un sorriso sghembo, i famosi sorrisi sghembi di Sirius che una volta avevano avuto il potere di stendere qualsiasi ragazza lo vedesse. Non che la cosa fosse molto diversa adesso.

“Ricordati quello che ti ho detto, però”. Lo ammonì James con un’occhiata minacciosa e l’amico annuì senza però riuscire a togliersi quel sorrisetto dalla faccia.

A quel punto entrò anche Sam, pure lei con un sorriso soddisfatto dipinto in volto e quasi saltellando.

“Ciao, ragazzi!” salutò afferrando una ciambella dal tavolo.

“Buongiorno sorellina”.

La ragazza all’improvviso puntò lo sguardo su Sirius guardandolo in modo un po’ strano.

“Che c’è?” le chiese lui notando il suo sguardo puntatogli addosso.

“No è solo che…”.

“Solo che?”

“Beh, pensavo… che forse staresti meglio senza barba”.

L’Animagus la guardò come se gli avesse appena detto di voler andare al Luna Park a giocare negli autoscontri e mangiare tanto zucchero filato.

“Sì, è vero, Sirius”. Concordò James guardando anche lui l’amico. “La barba ti fa sembrare più vecchio”.

“Non è vero!” protestò Black sentendosi leggermente offeso.

“Sì, che è vero amore. Cioè, io ti amerei sia senza che con la barba, ma forse ti preferisco senza. E poi la barba punge”.

Sirius non poté dire niente per difendersi né per protestare o rispondere a tono dato che in quel momento entrò Remus che sembrava di umore completamente opposto a quello di Sam e Sirius; aveva un’aria piuttosto malaticcia, con quel viso pallido e gli occhi spenti, per non parlare che faticava a camminare.

E tutti si ricordarono che era quel periodo del mese.

“Ciao, Moony”. Lo salutò James con un ghigno malandrino. “Bellissima giornata oggi, vero?”

Il licantropo lo guardò di sbieco prima di accasciarsi su una sedia.

“Allora, ragazzi. Stasera ci divertiamo?” fece di nuovo James guardando Sirius questa volta.

Remus non capì subito che cosa l’amico intendesse, ma poi, arrivandoci vedendo l’espressione di Potter, cercò di protestare. “Sarebbe meglio di no, ragazzi. Qualcuno potrebbe scoprirvi e sarebbe pericoloso…”.

“Ma Remus, smettila con le tue solite paranoie”. Lo interruppe Sirius con un tono scocciato. “Cosa vuoi che succeda? E poi… beh, torneremo ai vecchi tempi, no?” e si scambiò un’occhiata d’intesa con quello che ormai considerava suo fratello.

“Sam, ti unisci a noi?” chiese James alla sorella. Non poteva mica mancare un quarto malandrino.

La ragazza annuì con un sorriso in risposta.

Sì, sembrava proprio che le cose sarebbero migliorate.

SPAZIO ANCHE A ME

Rieccomi di nuovo, ragazzi. Non ci ho messo molto nemmeno stavolta ad aggiornare, vero? Beh, è solo perché domani, anzi, stasera moooolto tardi, parto per il mare e non ho proprio idea di quando riuscirò ad aggiornare. In teoria starò via circa un mese e non so se là dove vado ci sia la connessione per internet o se comunque riuscirò ad andarci perciò ho deciso di postare un nuovo capitolo prima di partire, così da farvi anche un regalo per le vacanze.

Anche questo è un capitolo di transizione, quindi sicuramente sarà stato un po’ noiosetto per voi, ma che ci posso fare. non mi è neanche venuto così male considerando che l’ho scritto di getto e che non ero molto ispirata.

Ok, ma ora basta blaterare che vi sto già rubando parecchio tempo.

Vi saluto augurandovi buone vacanze e mi raccomando, non mangiate troppi gelati che se no vi viene l’indigestione.

E per favore, lasciatemi qualche recensione, visto che è estate. Siate buoni, pleeeaaaseee.

Un bacio.

La vostra Millyray.

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Capitolo 33
*** Capitolo trentuno ***


               (E James non poté fare a meno di notare tutto quello,                                                                        soprattutto come lo sguardo della ragazza                                                                             indugiasse su suo figlio.)

“Mamma, hai visto il mio pullover?!” gridò Ginny dalle scale.

“E’ insieme a tutti gli altri vestiti che ho appena lavato” le urlò Molly in risposta dalla cucina.

“Ahia! State attenti con quel baule!” si sentì di nuovo la voce di Ginny che gridava contro i gemelli che stavano tentando di portare giù i bauli facendoli levitare; ora che si potevano materializzare e che potevano usare la magia anche fuori da Hogwarts facevano più danni di quanti ne avessero mai fatti in tutto quel tempo.

Harry scese di corsa le scale e piombò in cucina come una furia dove James, Sirius, Sam e la signora Weasley si voltarono verso di lui incuriositi.

“Cerchi qualcosa?” gli chiese il padre vedendo che si guardava intorno come se stesse cercando qualcosa.

“Papà, hai visto la mia Firebolt?” gli chiese il ragazzo, allora.

“Sì, scusa. È in camera mia, l’ho usata per farmi un giro, ieri”.

Harry annuì e fece per avviarsi fuori dalla cucina, ma si scontrò con Ginny che era entrata proprio in quel momento; la ragazza divenne improvvisamente rossa e biascicò un “Scusa” a fior di labbra, mentre Harry le sorrise dolcemente.

E James non poté fare a meno di notare tutto quello, soprattutto come lo sguardo della ragazza indugiasse su suo figlio.

(“Ti voglio bene”.                                                                                                             “Io di più                                                                                                     “Questo è  impossibile.)                                    

Si trovavano tutti quanti alla stazione di King’s Cross, i signori Weasley, Remus, Tonks, Malocchio Moody, James, Sam e persino Sirius in versione Padfoot. Tutti per accompagnare i ragazzi a prendere il treno che li avrebbe portati a Hogwarts.

Ma, non appena varcarono la barriera che separava il mondo magico da quello babbano, Harry e Ron notarono qualcosa, o meglio qualcuno, che attirò la loro attenzione e anche il loro disgusto.

“Ma guarda, guarda, il Furetto ha ancora il coraggio di mostrare la sua faccia in giro”. Commentò Ron mentre si avvicinava con l’amico al biondo, dicendo la frase ad alta voce per essere udito anche dal Serpeverde.

“Oh, ma chi si rivede. Lenticchia e lo Sfregiato”. Fece Malfoy per rispondere a tono. “Immagino che tu Potter sia contento ora che il paparino ti è tornato a casa. Peccato che non si possa dire lo stesso per la mammina”.

Harry si allungò per saltargli addosso con le orecchie che fumavano dalla rabbia, ma fu prontamente trattenuto da Ron.

Malfoy invece sghignazzava in modo alquanto malefico; quell’estate, oltre a lui, erano cresciuti anche il suo ego e la sua perfidia.

“Ti consiglio di chiudere quella ciabatta che hai al posto della bocca. E usala solo per respirare, visto che parli solo a sproposito”. Latrò Ron sempre con il suo tono rabbioso.

“Oh, Lenticchia, sembra che quest’estate tu ti sia esercitato per rispondere a tono senza tirare fuori la bacchetta. E a Potter invece hanno rubato la lingua, oppure il paprino ha deciso di tagliartela perché si è già stancato di sentire la tua voce?”

A quel punto nemmeno la Piovra Gigante sarebbe riuscita a trattenerlo; Harry si districò dalla presa dell’amico e mollò un pugno a Malfoy che lo fece cadere per terra. Poi gli saltò addosso cominciando a picchiarlo senza lasciargli scampo.

Quella scena attirò parecchi sguardi mentre Ron li guardava preoccupato senza sapere come intervenire senza finire nella mischia.

Per fortuna però arrivarono James, Remus, Sam e Sirius sempre in versione cane e il padre riuscì a staccare il figlio da Malfoy e a trattenerlo; il biondo si guardò un attimo intorno terrorizzato come un coniglio, come se dovesse ancora realizzare bene quello che era appena successo, poi si alzò e scappò via a gambe levate.

“Cavoli amico, l’hai conciato piuttosto male”. commentarono Fred e George rivolti a Harry che se ne stava ancora tra le braccia del padre e notando il sangue che usciva dal naso e dalla bocca di Malfoy.

“Ma che ti ha fatto questa volta?” chiese Hermione.

“Io quello schifoso non lo posso proprio sopportare. È un presuntuoso, arrogante, bastardo, figlio di Mangiamorte”. Esclamò Harry con ancora il fiatone per la lotta.

“Vieni con me”. Disse ad un tratto James tirando il figlio per un braccio e portandolo in un angolo in modo che rimanessero soli loro due senza poter essere uditi da nessuno.

Harry temette che il padre si fosse arrabbiato ma quando gli si inginocchiò davanti per essere alla sua stessa altezza, notò la sua espressione tranquilla e subito si rilassò.

“Perché lo hai picchiato?” gli chiese semplicemente James con un tono strano.

“Mi aveva provocato. E aveva anche preso in giro Ron”.

“Allora l’hai fatto solo per quello”.

Harry non gli rispose, si limitò solamente a guardarlo nei suoi occhi nocciola.

“Ci sono modi meno brutali per rispondere alle provocazioni”. Continuò allora James.

“Lo so”. Rispose il ragazzo con voce rassegnata e forse anche un po’ pentita. “Ma sicuramente anche tu avrai picchiato qualcuno”. Disse poi come per difendersi.

“Sì, ma io ero un bulletto arrogante. Non voglio che commetti gli stessi errori che ho fatto io”.

Padre e figlio si scambiarono un intenso sguardo, nocciola con verde, e a James per un attimo parve di poter rivedere la sua Lily negli occhi del figlio.

“Comportati bene a Hogwarts, ok? E non cacciarti nei guai”.

“D’accordo”.

“Me lo prometti?”

“Te lo prometto”.

“Ti voglio bene”.

I due si scambiarono un abbraccio.

“Io di più”.

“Questo è impossibile”. Fece James rivolgendogli un sorriso malandrino.

Poco dopo Harry era già sul treno con i suoi amici diretto ad Hogwarts anche quell’anno, ma questa volta molto più felice perché sapeva che al ritorno, oltre a Sirius e Sam, ci sarebbe stato anche suo padre ad aspettarlo.

("Paddy?" 
“Hm?”
“Mi manca Lily”. )

James e Sirius erano seduti nella cucina di Grimmauld Place, la sera dopo che avevano accompagnato i ragazzi alla stazione.

“Paddy?”

“Hm?”

“Che hai fatto quando hai creduto che fossi morto?”

“Sono andato a cercare quella schifosa pantegana di Minus ma poi sono finito ad Azkaban”.

“Non intendevo quello”.

“E allora che cosa?” Sirius si voltò verso l’amico guardandolo con i suoi occhi grigi.

“Come ti sei sentito?”

L’Animagus abbassò lo sguardo prima di rispondere.

“Come se mi avessero strappato il cuore dal petto per farlo a pezzi e poi saltarci sopra”.

“E hai pianto?”

“Sì”. Rispose Sirius dopo un attimo di esitamento.

Calò un minuto di silenzio poi James esclamò.

“Wow, avrei voluto vederti. Sarà sicuramente stata una cosa epica, tu che piangi”.

“Non è stato per niente divertente, Prongs”.

Il moro tornò improvvisamente serio.

“Paddy”.

“Hm?”

“Mi manca Lily”.

Sirius spostò di nuovo lo sguardo su di lui. Non aveva la più pallida idea di che fare; James non sembrava sul punto di piangere ma l’amico sentiva che aveva bisogno di consolazione. Ma che cosa avrebbe potuto fare? Dire una battuta? Oppure erano meglio delle parole di consolazione o magari un abbraccio. Lui non era mai stato bravo in queste cose.

“Ci sono qui io”. Disse alla fine e subito dopo si maledisse per quelle così stupide e insensate parole.

(Sarebbe stata un’ottima insegnante, sua zia                                                                               E forse anche un’ottima sostituta di Hagrid.)

I ragazzi del quinto anno di Grifondoro e Serpeverde entrarono nell’aula di Cura delle Creautre Magiche curiosi di conoscere il nuovo insegnante dato che alla cena del ritorno a Hogwarts non c’era.

Sam era seduta sulla cattedra con le gambe fasciate in un paio di jeans attillati e i piedi calzati in un paio di tacchi accavallate, mentre aspettava che tutti i suoi studenti si mettessero comodi.

Alla fine aveva accettato l’incarico del preside ma a patto che potesse tornare a casa quando finiva il suo orario lavorativo, senza dover rimanere ad alloggiare lì; per lei non sarebbe stato difficile visto che le bastava trasformarsi in falco e volare via.

Quando alla fine i ragazzi si furono seduti si misero a fissare con interesse la giovane insegnante davanti a loro, soprattutto i ragazzi.

“Bene ragazzi”. Cominciò Sam rimanendo seduta sulla scrivania però. “Prima di andare fuori a iniziare la nostra lezione, direi che ci dovremmo presentare. Io sono Samantha Potter e sono la vostra nuova insegnante di Cura delle Creature Magiche”.

La mano di Lavanda Brown scattò immediatamente in alto.

“Lei è una parente di Harry?” chiese la ragazza.

“Sì, sono sua zia”.

Alcuni ragazzi si guardarono leggermente straniti.

“Un’altra Potter. Certo che voi sembrate i Weasley, spuntate come i funghi”. Commentò Malfoy in tono sprezzante.

“Signor Malfoy se ha commenti inappropriati da fare la prego di farlo fuori da quest’aula o se ha lamentele si può rivolgere al Preside”. Gli rispose Sam guardandolo acidamente. Nemmeno lei riusciva a sopportarlo, più che altro la sua famiglia, ma adesso era un’insegnante e doveva essere imparziale.

Alcuni ragazzi di Grifondoro risero.

“Comunque, stavo dicendo…”. Proseguì la nuova prof. “Non chiamatemi professoressa, mi sentirei troppo vecchia, piuttosto chiamatemi Sam. Tra l’altro non ho mai voluto fare l’insegnante, sono stata in un certo senso convinta da Silente, quindi cercate di non rendermi la vita un inferno, ok?”

Harry intanto sorrise tra sé e sé; sì, sarebbe stata un’ottima insegnante, sua zia. E forse anche un’ottima sostituta di Hagrid.

SPAZIO PER ME

Ciao ragazzi, sono riuscita ad aggiornare più in fretta del previsto, ma adesso non posso dirvi quando riuscirò a farlo la prossima volta però vi avviso già che dovrete aspettare almeno due settimane, forse anche fino a settembre.

Oggi sono di poche parole purtroppo perché non ho molto tempo, spero solo che vi sia piaciuto anche questo capitolo e che mi lasciate almeno una recensione.

Vi dico che da adesso in poi farò parecchi salti temporali, tipo al prossimo capitolo potrebbero già essere passati due mesi e non seguirò più la storia scritta dalla Rowling. Spero che la cosa non vi dia fastidio.

Ok, adesso vi lascio, ci risentiamo.

Un bacio, Milly.

Smaels: ciaoooo!!! Wow, sono così contenta che questa storia ti piaccia, veramente, quando ho letto la tua recensione mi è nato spontaneo un sorriso e mi sono quasi messa a saltare sul divano… cmq per quanto riguarda la tua proposta, guarda, io lo farei volentieri un prequel il punto è che purtroppo non ho molta ispirazione e neanche tempo anche perché ho già molte altre fanfic in cantiere e dopo questa ho già in mente di pubblicarne un'altra ke ho già iniziato a scrivere. Però, siccome a me dispiace non poter accontentare i miei lettori, ti faccio una proposta: perché non lo fai tu? Se la storia ti piace penso che tu ti sia già fatta un’idea di come erano sirius e sam a hogwarts, anche in base ai ricordi di sam. Io ovviamente ti darò una mano, potrai kiedermi qualunque cosa che non ti è chiara, qualsiasi consiglio e aiuto e suggerimento. Sempre se ti va e se hai tempo, sia kiaro, ok? Fammi sapere e spero ke ti sia piaciuto anke questo cappy. Un bacio e a presto, kisskiss milly.  

 

 



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Capitolo 34
*** Capitolo trentadue ***


(“E… Sam? Non dire niente nemmeno a papà”.)

Harry era seduto su una comoda poltrona nell’ufficio di Sam; alla fine aveva deciso di far presente a sua zia il tipo di punizioni che dava la Umbridge. Anzi, in realtà erano stati i suoi amici a convincerlo e lui aveva accettato soltanto per smettere di sentire Hermione che continuava a parlare a proposito di punizioni corporali e maltrattamenti sui minori.

Beh, effettivamente non aveva tutti i torti; se non avesse avuto dalla sua parte il Ministro, sarebbe stata da far arrestare.

“Vuoi che le vada a parlare?” gli chiese Sam dopo aver ascoltato la sua dichiarazione.

“Fai come vuoi”. Le rispose lui scrollando le spalle e senza guardarla in volto.

“Se la cosa ti farebbe star meglio…”.

“In realtà non penso ci sarebbe molta differenza. Sono stati Hermione e Ron a convincermi a dirtelo, in realtà”.

“No, hai fatto benissimo. Non capisco come possa usare dei metodi così barbari e crudeli. È proprio una megera”.

“Concordo con te. Ma se glielo andassi a dire mi farei la figura da Serpeverde leccaculo, non credi?”

Sam gli sorrise comprensiva; effettivamente nemmeno lei si sarebbe lamentata con qualche suo familiare per un’ingiustizia da parte di un insegnante. Al limite si sarebbe vendicata da sola.

“Allora non lo farò”.

Harry si alzò dalla poltrona per uscire dalla stanza dato che aveva gli allenamenti di Quidditch.

“E Sam?” aggiunse prima di varcare la porta. La zia alzò lo sguardo verso di lui. “Non dire niente nemmeno a papà”.

Lei annuì; questo poteva capirlo benissimo. Sapeva come avrebbe reagito James. Odiava le ingiustizie e se poi venivano fatte a suo figlio… Chi lo tratteneva più?

                                                                              Ma non sei felice. Non sei più James.          Non sei più il mio  Jimmy".                                                                                                                 “Ti voglio bene, Sally. 

                                                                 Ti voglio troppo bene per anche  solo rischiare di perderti”.)

Sam e James erano seduti da soli in cucina, erano rimasti solo loro svegli a quell’ora nella grande casa di Grimmauld Place, gli altri erano già andati tutti a dormire. Loro invece avevano deciso di trattenersi, con ancora i bicchierini di Whiskey che continuavano a far rigirare tra le dita, ormai vuoti.

James se ne stava seduto, anzi, in realtà più che altro accasciato, su una sedia, gli occhi nocciola fissi su un punto indefinito del pavimento e ogni cinque minuti si passava la mano destra tra i capelli.

Sam invece era appoggiata al tavolo da lavoro, anche lei con lo sguardo perso nel vuoto, ma a differenza del fratello, lei ogni tanto tornava alla realtà e allora si accorgeva dei movimenti dell’uomo e delle sue espressioni e capiva, senza troppi problemi, che c’era qualcosa che non andava; una volta, quel gesto di passarsi la mano tra i capelli, lo faceva solo quando voleva che le ragazze lo guardassero, soprattutto Lily, lo faceva per darsi delle arie. Ma adesso… beh, non solo adesso, ma già da quando era diventato più grande e da quando aveva preso parte direttamente ancora nella prima guerra magica, aveva cominciato a farlo quando era nervoso o stressato o quando c’era qualcosa che lo preoccupava.

E non era solo quello a turbare Sam riguardo al fratello; era da un po’ che James non era più lo stesso.

“James?” lo chiamò lei a un certo punto puntandogli gli occhi addosso.

“Hm?” fece lui in risposta ma senza distogliere lo sguardo dal pavimento, come se in realtà non si fosse nemmeno accorto che la sorella lo chiamava e quella risposta fosse stata soltanto un gesto automatico, sentendo qualcuno che pronunciava il suo nome.

“James, guardami!” esclamò allora Sam alzando un po’ di più la voce.

James allora alzò lo sguardo verso di lei, incuriosito da quel tono.

“Ti farò una domanda e voglio che tu mi risponda sinceramente”. La ragazza si sedette su una sedia davanti a lui. “C’è qualcosa che non va?”

L’uomo inarcò le sopracciglia.

“No, perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?”

“Perché lo vedo dalla tua espressione. E so anche che cos’è”.

Il fratello esitò un attimo prima di chiederglielo, dato che probabilmente intuiva che cosa sapeva sua sorella.

“E che cosa sarebbe?”

“Ti manca Lily”.

Lui non rispose e Sam interpretò quel silenzio come un’affermazione; d’altronde, chi tace acconsente.

“Però potrei fare una cosa”. Continuò allora lei mettendo le sue mani su quelle di James chiuse a pugno, facendogli sollevare lo sguardo su di lei.

Lui inarcò di nuovo le sopracciglia in una muta domanda che Sam capì subito.

“Beh, la zia da cui avrei teoricamente ereditato i poteri… lei aveva resuscitato la sua amica e… insomma, potrei provarci anch’io. Ho letto dei libri e mi sono informata…”.

“No!” la interruppe lui alzandosi improvvisamente dalla sedia con un espressione dura in volto. “No!”

“Ma perché no, James?”

“Perché per queste cose ci vuole tanta forza e anche energia vitale… e la zia era morta dopo qualche giorno”.

“Ma lei era vecchia”.

“Non c’entra un bel niente”.

Tra i due calò un attimo di silenzio, un silenzio piuttosto teso in cui i due non si scambiarono nessuno sguardo. Ma fu Sam alla fine la prima a romperlo.

“Pensaci. Se lo facessi tu riavresti di nuovo Lily. Non ti piacerebbe passare il Natale insieme a lei? E Harry ha bisogno di una madre”.

“Se Harry ha bisogno di una madre posso benissimo trovare un’altra che gli piaccia…”.

La ragazza spalancò gli occhi sentendo quell’affermazione. “Oh, andiamo James, non dire idiozie! Lo sappiamo tutti e due che non potresti mai sostituire Lily”.

“E non potrei mai permettere che tu rischi la vita!” Adesso sembrava proprio sul punto di arrabbiarsi.

Sam si alzò mettendoglisi davanti.

“Sono sicura che non mi succederà niente”. Gli sussurrò lei dolcemente prendendolo per le spalle per farlo rilassare.

“Non puoi saperlo. E io non potrei mai perdonarmi se ti succedesse qualcosa”.

“Ma te lo devo…”.

“Tu non mi devi un bel niente. Mi bastate tu, Harry, Sirius e Remus”.

“Ma non sei felice. Non sei più James. Non sei più il mio Jimmy”.

Lui alzò lo sguardo verso di lei e i loro occhi identici si scontrarono; la ragazza poté leggere benissimo la sofferenza che c’era negli occhi del fratello. Almeno, quando c’era Harry, quella sofferenza veniva assopita un po’, non era sempre così visibile, però adesso… no, non le piaceva vedere suo fratello soffrire così.

“Ti voglio bene, Sally. Ti voglio troppo bene per anche solo rischiare di perderti”. Le sussurrò lui alla fine abbracciandola forte.

(Sì, Harry era proprio come lui, per certi versi.)

Quel giorno, a Hogwarts, si giocava la prima partita della stagione di Quidditch e tutti gli studenti erano piuttosto in visibilio, per non parlare anche di alcuni insegnanti.

La partita tra Grifondoro e Serpeverde era iniziata ormai da mezz’ora e negli spalti era seduto anche James accanto a Sam, gli occhi puntati solo sul figlio che cercava il boccino, con Malfoy sempre alle calcagna.

L’uomo si sentiva proprio orgoglioso, suo figlio volava proprio come lui se non anche meglio. E in quel momento avrebbe voluto trovarsi anche lui in quel campo, a provare di nuovo l’adrenalina e l’emozione che suscitava ogni partita, sapendo che alla fine la squadra dipendeva soprattutto dal Cercatore.

All’improvviso però, senza che gli spettatori avessero avuto neanche il tempo di accorgersene, Harry aveva fatto una veloce manovra e in men che non si dica si era ritrovato il Boccino d’oro in mano con i suoi compagni di squadra che già gli saltavano addosso in preda all’entusiasmo e all’euforia per aver vinto quella partita, gli studenti di Grifondoro seduti tra gli spalti che gridavano contenti  e già in festa.

Poco dopo, quando erano tutti scesi dalle scope e  Sam e James stavano per avviarsi verso il campo, Malfoy si era avvicinato ad Harry e i gemelli per dire loro qualcosa.

I due non avevano sentito niente, ma avevano solo visto i pugni di Harry e uno dei due gemelli abbattersi sul Serpeverde, dato che nemmeno le forze dei componenti della squadra erano bastati per tarttenerli, e subito dopo la McGranitt e la Umbridge che si precipitavano per calmare la rissa.

 

“Allora, cos’è successo?” chiese James allarmato non appena vide suo figlio e Fred uscire dall’ufficio della McGranitt con ancora indosso le divise da Quidditch, dopo che erano stati beccati a picchiare Malfoy. Con lui c’erano anche Sam, Ron ed Hermione.

“Ci ha espulsi dalla squadra e anche a George, quella vecchia Rospa”. Rispose Fred in tono arrabbiato e fumando ancora di rabbia.

“COSA?!” sbottò James all’improvviso con gli occhi completamente fuori dalle orbite. “Ma non spetta a lei decidere”. Poi il suo sguardo si posò sul figlio che però teneva gli occhi bassi, con un’espressione strana, forse rassegnata, ma si vedeva che era arrabbiato mentre si comportava come se cercasse di trattenerla.

“Sì, è non capisco perché abbia espulso dalla squadra anche George che non ha fatto niente”. Si lamentò ancora Fred.

“Beh, lo avrei picchiato anch’io se non mi aveste fermato”. Fece l’altro gemello.

“Ma che cosa vi ha detto Malfoy per farvi incazzare così?”.

“Ha offeso nostra madre e anche la sua”. Sembrava che Weasley fosse diventato il portavoce di Harry.

Questa volta il moro alzò lo sguardo sul padre e i due si scambiarono un’intensa occhiata.

Sì, Harry era proprio come lui, per certi versi. Pensò James.

ANGOLINO FOR ME

Ciaoooooooo!!!! Eheheh, sorpresi di risentirmi?? Lo so, vi avevo detto ke sarei tornata per i primi di settembre ma ce l’ho fatta ad aggiornare prima, spero ke la cosa non vi dispiaccia… ebbene, allora, ke ne dite di questo capitolo?? Vi è piaciuto??

Comunque, nel prossimo, o in quello dopo ancora, ci sarà una sorpresa. Vi lascio un indizio così potete provare a indovinare voi: si tratta di una cosa di cui Sam e James hanno discusso. Purtroppo non posso dirvi di più se no diventa troppo facile.

Ma va bene, ora basta con le chiacchere, è meglio che vi lasci. Mi raccomando, continuate a godervi l’estate e spero ke non stiate morendo troppo dal caldo.

Kisskiss,

Milly.

roxy_black: ciaooooo amica miaaaa!!! Sono contenta ke anke a distanza di kilometric tu ti ricordi di me e delle mie fanfic… mi manki un casinissimo, non vedo l’ora di rivederti. Ma, stando al cap, sono veramente contenta che ti sia piaciuto e ke l’abbia trovato dolcissimo. Per quanto riguarda Malfoy, beh, sì, iniziava a piacermi ma quella fase si è un po’ stoppata. Ma poi bisogna anche capire il povero Harry, insomma, suo padre è stato rinchiuso nelle celle di casa sua quindi con qualcuno dovrà pur prendersela, no?? Spero ti sia piaciuto anche questo cap e… beh, alla prossima. Tvttttttbxsool.

 Smaels: ciao carissima… naturalmente hai tutto il tempo che vuoi per pensare alla mia proposta e io ti ribadisco che, se vorrai scrivere questa storia, ti darò una mano e ti aiuterò anche a scrivere qualcosa se vuoi. Per quanto riguarda invece il capitolo, beh, sono contenta ke non mi odi per il fatto di aver fatto fare quella fine a Malfoy perché credo che le fan di Draco ke hanno letto lo scorso capitolo mi vorranno linciare. E Sam che fa l’insegnante… beh, sì, effettivamente ne vedremo delle belle soprattutto con una certa insegnante vestita di rosa ma non voglio anticipare niente e poi penso ke tu abbia già capito. E poi James… ankio lo vedo un po’ come uno scansafatiche combinaguai però bisogna anche ammettere ke adesso è cresciuto e ne ha passate tante perciò è maturato un po’, soprattutto ora che è padre deve cercare di avere la testa a posto. Quindi, va bene uno po’ di scherzi e malandrinate ogni tanto, ma quando bisogna essere seri si sta seri. Un bacio e alla prossima, kisskiss Milly.

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Capitolo 35
*** Capitolo trentatre ***


    (Ma la vita è così, è piena di                                                                                           scelte da fare… è tutta un  bivio. )

Era sera e a Hogwarts tutti gli studenti e gli insegnanti si era riuniti in Sala Grande per la cena; anche Sam aveva deciso di unirsi a loro per quella volta. Dal tavolo gigante dove sedeva con gli altri professori, adesso poteva ammirare la Sala Grande in tutta la sua grandezza e magnificenza. Beh, era meglio dire tornare ad ammirare.

Non era cambiata per niente da quando lei era una semplice studentessa di quella scuola e veniva lì con le sue amiche o suo fratello per mangiare e fare i compiti. Le riaffiorarono alla mente un sacco di bei ricordi felici, doveva ammettere che quelli erano stati proprio bei tempi, nonostante ci fosse già la guerra che imperversava in tutto il Mondo Magico come stava accadendo anche adesso.

Certo che era strano… quando il tempo va avanti, quando cresci e sai che un giorno non sarai più come sei adesso e che le cose che ti circondano un giorno non saranno più le stesse, ti aspetti che cambi tutto, tutto ma proprio tutto. Ti aspetti che le cose migliorino, che il mondo vada avanti e che progredisca, che le guerre finiscano, che non ci siano più le differenze razziali e discriminazioni. E invece poi ti accorgi che in realtà le cose non sono cambiate poi così tanto, anzi, sono rimaste quasi le stesse, le stesse cose positive e negative che c’erano prima. Soprattutto negative. L’unica cosa che è cambiata in realtà sei tu.

I tavoli si riempirono delle ottime pietanze preparate dagli Elfi Domestici e tutti furono ben felici di incominciare a mangiare; Sam, intanto, fece il giro del tavolo degli insegnanti con lo sguardo: anche loro erano tutti rimasti uguali, forse solo un po’ invecchiati e con qualche ruga in più, però le sembravano gli stessi di sempre. Silente, Piton, la McGranitt, il piccolo Vitious, la Sprite… era strano, era una sensazione strana. Trovarsi seduta in mezzo a loro, essere la collega di quegli stessi insegnanti che una volta insegnavano a lei.

E per un attimo si rivide bambina, si rivide di nuovo una giovane studentessa alle prese con i compiti, con lo studio, gli esami, gli amici, i ragazzi… si ricordò di alcuni episodi avvenuti proprio in Sala Grande. Come quella volta che lei e Kath avevano convinto Izzy a confessare a Remus che si era presa una cotta per lui scrivendoglielo su un bigliettino che Sam era andato a infilarglielo in un libro approfittando di un momento di distrazione del ragazzo. Il bigliettino era firmato e all’inizio Remus si era comportato come se non fosse successo nulla ma dopo avevano cominciato ad uscire e frequentarsi. Naturalmente la storia non era durata molto e Izzy ci era rimasta piuttosto male. Ma Sam sapeva perché Remus l’avesse mollata, sebbene non ne capisse il perché, come d’altronde non capiva mai le sue seghe mentali a causa di quel piccolo problema peloso che conoscevano solo lei e i Malandrini.

Le venne da sorridere… eh sì, erano successe parecchie cose. Ma adesso… beh, adesso quelle cose le sembravano lontane anni luce, addirittura le sembrava come se non le avesse vissute lei ma come se le avesse solo sentite raccontare in modo dettagliato da qualcun altro.

E solo in quel momento sentì il peso dell’età piombarle addosso, come un uragano. In fondo aveva trentadue anni, effettivamente erano passati circa vent’anni da allora. Ma l’età non le era mai gravata tanto, non ci aveva mai badato tanto, tanto meno durante il suo viaggio, o meglio, la sua fuga. A volte se ne era pure scordata.

Beh, trentadue anni non erano neppure così tanti.

Si riscosse dai suoi pensieri e voltò lo sguardo verso la Umbridge; aveva deciso di sedersi lontano da lei perché quella donna le dava proprio sui nervi. Non solo perché aveva dato quella punizione barbara a suo nipote ma perché era una donna che dava sui nervi anche solo a vederla e non era l’unica a pensarlo. Non le piaceva per niente, come non piaceva a quasi nessuno, nemmeno a Silente. Non le piacevano i suoi modi, i suoi principi, le sue idee e neanche la sua vocetta e il suo atteggiamento da (falsa) nonna gentile che ti prepara i biscotti e il suo modo di vestire.

Durante le riunioni degli insegnanti, quando la sentiva parlare, soprattutto quando parlava male degli studenti, il che succedeva quasi sempre, ci mancava poco che le facesse una scenata, tipo quella che aveva fatto alla signora Weasley. Oh, Merlino solo sapeva quanto sforzo le ci voleva per trattenersi.

Levò lo sguardo da lei e lo spostò sugli studenti; loro erano solo dei ragazzi innocenti che pensavano ancora solamente a divertirsi e giocare, come lo era stata lei infondo. Ma erano ancora completamente ignari di quello che si trovava là fuori, di quello che accadeva, soprattutto visto che il Ministero non credeva nel ritorno di Voldemort. Però Sam temeva che presto anche loro si sarebbero trovati coinvolti, che presto anche loro avrebbero dovuto prendere una decisione, una decisione che sarebbe stata definitiva, avrebbero dovuto scegliere da che parte stare. E quello li avrebbe fatti crescere e maturare in fretta, forse troppo in fretta. Come era successo anche a lei.

Si sarebbero visti portare via qualcuno, e forse anche più di qualcuno, che amavano, avrebbero visto le loro famiglie sfasciarsi e tutto a causa di un pazzo maniaco assetato di potere. Soprattutto se andavi contro di lui.

E tutto questo la faceva star male perché non voleva che qualcun altro affrontasse quello che aveva affrontato lei.

Insomma, adesso era tornata a casa e quello che aveva perso lo aveva recuperato, almeno in parte. Ma lei era stata fortunata, tutto sommato, e non tutti avevano questa fortuna.

E quei ragazzi… beh, erano solo dei ragazzi, appunto. Non sarebbe neanche stato giusto farli scegliere da che parte stare.

Ma la vita è così, è piena di scelte da fare… è tutta un bivio.

         (Come avrebbe potuto dimenticare                                                                                      una delle sue più grandi amiche.)

Sam si trovava nella sala d’attesa del San Mungo insieme a Remus, Harry e Hermione mentre la famiglia Weasley era rimasta nella stanza dov’era ricoverato Arthur dopo che era stato morso dal serpente di Voldemort; per fortuna Harry era riuscito a salvarlo sognando l’attacco. Ma ciò, se da un lato poteva essere qualcosa di positivo, da un altro non lo era per niente perché ciò significava che il Signore Oscuro poteva invadere la mente del ragazzo. E questo non rallegrava nessuno.

I quattro se ne stavano seduti sulle sedie in silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri, mentre attendevano che ciascuno terminasse le proprie visite; James era andato a trovare la madre, ma Sam aveva deciso di non seguirlo perché… beh, non ce la faceva, non ce la faceva a vedere la madre in quello stato senza che neanche la riconoscesse.

“Sam?” si sentì chiamare ad un tratto però, voltandosi, non riuscì a capire chi fosse. “Samantha?” ripeté la voce.

Questa volta la ragazza scoprì il proprietario di quella voce e si trovò di fronte una donna che ad un primo impatto le parve molto familiare, ma non riusciva a ricordarsi dove l’avesse già vista. Finché…

“Isabel?!” esclamò Sam incredula scattando dalla sedia come una molla e andando incontro alla donna; come avrebbe potuto dimenticare quei ricci biondi e quegli occhi così azzurri da far invidia al cielo. Come avrebbe potuto dimenticare una delle sue più grandi amiche.  “Oh mio Dio! Da quanto tempo!”

E le due donne si abbracciarono con dei sorrisi calorosi.

“Eh sì, è passato tanto tempo”. Disse la bionda sciogliendosi dall’abbraccio. “Ma che ci fai qua?”

“Sono venuta a trovare un amico. Ma tu piuttosto? Non dirmi che lavori qui?” le chiese la mora notando il camice bianco che indossava l’amica.

“Certo! Nel reparto Ferite e Malattie Magiche”. Le rispose Izzy spostando poi l’attenzione sui tre che stavano insieme a Sam.

Sam parve accorgersene così glieli presentò.

“Beh, lui è Remus e penso che tu lo conosca già”.

“Certo!” rispose la bionda abbracciando anche lui. “Come stai, Remmy?”

“Tutto bene e tu?”

“Bene grazie”.

“Loro invece sono Hermione”. Proseguì Sam. “E Harry, mio nipote”.

Izzy rimase leggermente sbigottita vedendo il ragazzo.

“Certo che somiglia così tanto a James”. Commentò con un’espressione malinconica “Ma tu piuttosto come stai?” chiese poi rivolta a Sam tornando di nuovo col sorriso; certo che era incredibile il modo rapido con cui Izzy poteva cambiare stato d’animo. Lo era quand’era giovane e lo è anche adesso.

“Beh, sto bene. Sto piuttosto bene”. le rispose la mora con un sorriso e si stupì da sola della sincerità di quelle parole. Fino a qualche mese prima non avrebbe risposto così. “E tu?”

“Oh, io mi sono sposata e ho anche tre figli”.

Sam sgranò gli occhi sorpresa. “Davvero?” Beh, in fondo non era così strano. Izzy aveva sempre detto che avrebbe voluto avere una grande famiglia.

“Eh sì. E io e te abbiamo un sacco di cose da raccontarci”.

“Ma sai qualcosa di Kathleen?”

“Lei è ancora in America, da quando si era trasferita con i suoi, se ti ricordi”.

Sam annuì.

“Però sta bene. Un paio di volte sono pure andata a trovarla”.

“E’ fantastico!” Sam non sapeva che altro dire; le sue amiche erano rimaste in contatto, si erano incontrate e sicuramente avevano mantenuto quell’amicizia forte che le legava una volta. Lei invece… beh, lei aveva preferito allontanarsi, staccarsi da tutto e da tutti. Forse loro non ci avevano pensato così tanto a lei… e questo la fece stare un po’ male.

“Un giorno dobbiamo incontrarci per raccontarci tutto”. continuò la bionda.

“Sì, assolutamente sì”.

“Non ora però, ho un sacco di lavoro da fare. Ti manderò un gufo, così potremo metterci d’accordo”.

“Certo. Sono contenta di averti rivista”.

“Anch’io”.

Sam guardò l’amica allontanarsi e lasciò andare un sospiro di malinconia e consapevolezza e la sua mente improvvisamente volò ad Alex; Izzy somigliava ad Alex. Non sapeva esattamente per che cosa, forse per i ricci biondi o per l’esuberanza e la vivacità che avevano entrambe, ma qualcosa le accomunava.

E soltanto adesso capiva perché aveva deciso di raccogliere quella ragazza dal bar e portarla via con sé. In fondo lei non aveva mai abbandonato del tutto il suo mondo, c’era sempre qualcosa che glielo ricordava, anche se lei non se ne accorgeva.

E niente capita mai per caso… certi incontri, certi incidenti…

Noi siamo così perfette.

Immacolate.

ANGOLO AUTRICE UN PO’ SNERVATA

Eccoci qui ragazzi, di nuovo… come state?? Spero tutto bene… avete già finito i compiti delle vacanze? Io no :P

Vi è piaciuto questo cap?? lo so che forse non era molto e che magari vi aspettavate che succedesse qualcosa di più però ho voluto mettere qualche pensiero di Sam visto che era da un po’ che non lo facevo. E poi anche l’incontro con una vecchia amica mi sembrava piuttosto importante visto che Sam ha avuto un bel po’ di amiche, insomma, aveva quel gruppetto che era tipo i Malandrini. E comunque Izzy comparirà un’altra volta. Oops, forse ho detto troppo.

Vabbè, ora smetto di parlare che è meglio e spero di ricevere qualche recensione perché… L’ALTRA VOLTA NON ME NE AVETE LASCIATA NEANCHE UNA!!!! COME OSATEEEE??!!

Buahahaha!!!!!

Okok, basta con questi scleri, ci risentiamo.

Kisskiss, Milly.

 

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Capitolo 36
*** Capitolo trentaquattro ***


(“Ma dove sono?"                                                                                                                          “A casa. Sei a casa”.)

James e Harry erano sdraiati sul divano del salotto di Grimmauld Place, addormentati, il più piccolo dei Potter si trovava sopra il padre con la testa appoggiata sul suo petto, probabilmente cullato dal suo battito del cuore, mentre James gli teneva una mano poggiata sulla schiena che probabilmente prima era impegnata nell’atto di massaggiargliela perché il ragazzo si rilassasse visto che era da un po’ che era piuttosto teso.

Sam se ne stava nascosta dietro la porta ad ammirare quella scena con un sorriso sulle labbra; era una delle scene più belle e più tenere alla quale avesse mai assistito. Si ricordava quando anche a lei e a suo fratello capitasse di addormentarsi così, sulla pancia del padre.

Poi si mise un attimo a riflettere; era la Vigilia di Natale, fuori la neve aveva ormai iniziato a fioccare da un bel pezzo e nella casa si poteva già respirare il dolce profumo dei biscotti sfornati dalla Signora Weasley quella mattina e ammirare l’albero di Natale e le decorazioni natalizie appese qua è la per la casa. Il giorno dopo invece sarebbe stato il giorno di Natale, giorno di festa e di allegria per tutti quanti, ci si sarebbero scambiati i regali… e lei voleva fare un regalo molto speciale a James e a Harry, un regalo che più speciale non si poteva.

Suo fratello però glielo aveva proibito in un certo senso, le aveva detto di non farlo. Ma in fondo, chi era lui per decidere che cos’era giusto o sbagliato? Lei voleva solo che smettesse di soffrire, voleva solo vederlo di nuovo felice e voleva rendere felice anche Harry dandogli quello che non aveva mai potuto avere.

Sì, lo avrebbe fatto, si decise alla fine, anche se ciò significava disubbidire a James, ma in fondo quando mai lei aveva seguito le regole?

Salì le scale il più silenziosamente che poté; a parte suo fratello e suo nipote addormentati sul divano e Sirius addormentato anche lui nella loro stanza dopo che avevano fatto l’amore, non c’era nessun altro in casa. I Weasley erano andati di nuovo al San Mungo a trovare Arthur e non sarebbero tornati prima di sera molto probabilmente. Perciò aveva ancora un paio di ore da passare indisturbata.

Arrivò all’ultimo piano della casa, quello dove non andava quasi mai nessuno e aprì una porta piuttosto robusta e pesante che cigolò leggermente; si trovò in una stanza piuttosto macabra, illuminata solo dalla debole luce che entrava dalle finestre, piena zeppa di libri di varie dimensioni e impolverati appoggiati su degli scaffali e delle librerie che praticamente riempivano tutti i muri della stanza.

Era la grande biblioteca di Grimmauld Place, ma adesso nessuno ci entrava mai così nella stanza si respirava odore di chiuso e c’erano ancora le ragnatele appese qua e là.

Soltanto Sam ci era entrata per cercare delle informazioni ed era riuscita a trovare un libro riguardo a un incantesimo che la interessava; non era sicura che avrebbe funzionato sebbene tutto ciò che ci fosse scritto faceva presupporre che l’incantesimo era corretto e che avrebbe avuto dei risvolti positivi.

Purtroppo però si trattava di un libro di magia oscura.

Però tentare comunque non nuoceva e se anche avesse fallito… beh, nessuno ne avrebbe saputo niente.

Cominciò ad accendere delle candele e chiuse completamente tutte le persiane delle finestre perché doveva esserci poca luce. Si posizionò in ginocchio al centro della stanza, dove c’era uno spazio vuoto, e cominciò a spargere della polverina grigia che aveva comprato a Nocturn Alley tutto intorno a sé, in modo da costruire un cerchio attorno a lei. Poi prese il libro e una ciotola vuota e li posizionò davanti a sé.

“Io vi invoco Dei dell’oltretomba…”. Iniziò a recitare leggendo dal libro. “… vi invoco per riavere indietro ciò che mi è caro. Vi invoco per chiedere una restituzione alla Morte. In cambio vi dono il mio potere, il mio sangue…”. E con un coltello si fece un taglio al braccio facendo sgorgare il sangue nella ciotola davanti a lei. “…e una parte di colui appartenente alla persona che la Morte ha sottratto”. E infine appoggiò nella ciotola anche un capello di Harry che era riuscita a sottrarre al nipote poco prima.

Aspettò un attimo per vedere che cosa sarebbe successo, ma sembrava che non stesse accadendo niente. Chiuse gli occhi pensando che questo forse avrebbe cambiato qualcosa; improvvisamente si sentì delusa, come se avesse fallito qualcosa di veramente importante, qualcosa per cui qualcun altro contava su di lei, sebbene non fosse così. Però forse ci aveva contato lei… che funzionasse. E si sentì ridicola, le parve ridicolo tutto quello, quell’incantesimo che aveva recitato che adesso le pareva così assurdo e stupido e idiota… e il suo sangue… si era dissanguata per niente.

Prima che avesse avuto il tempo di pensare qualsiasi altra cosa, ad un tratto sentì una specie di strattone, come quello che provi quando ti Smaterializzi o quando ti trasporti con una Passaporta solo che questo era molto più forte. Era come se qualcuno l’avesse afferrata per le caviglie per trascinarla da qualche parte e infatti subito dopo si trovò a precipitare nel vuoto, come Alice quando cade nel buco inseguendo il coniglio bianco, solo che quello dove stava precipitando lei era completamente vuoto, non c’era niente ed era tutto nero. Le sembrava di star cadendo in un pozzo profondo e non riusciva a vederne l’uscita, nemmeno guardando in alto riusciva a scorgere uno sprazzo di luce. Cercò di urlare ma sembrava che la voce non volesse uscirle dalla gola, come se non ne avesse più.

Poi pensò che si sarebbe schiantata al suolo una volta che avesse finito di cadere, sempre se ci fosse un fondo. Allora pensò di tirar fuori la bacchetta, ma non riusciva a muoversi, non riusciva a muovere neanche un muscolo. Non che fosse paralizzata o qualcosa del genere, ma semplicemente non poteva muoversi. Si sentiva leggera come una piuma e il suo corpo semplicemente si lasciava cadere nel vuoto.

Cominciò a sentirsi stanca e spossata, come se avesse lavorato tanto e adesso dovesse riposarsi e tutta la paura che aveva provato fino a poco fa scomparve in un attimo; gli occhi cominciarono a chiudersi e si sarebbe volentieri messa a dormire. Ma all’improvviso davanti a lei, in tutto quel buio, comparve una luce, una luce che però non era accecante, anzi era persino piacevole. Però era strano come fosse comparsa lì, non c’erano né lampadine né candele. Era comparsa dal nulla, come una salvezza da quel buco profondo.

Sam aprì gli occhi di scatto, tutto il sonno ormai completamente scomparso e guardò dentro quella luce così luminosa e calda e piacevole e… amichevole. Sì, quella luce non poteva farle del male.

E poi, in mezzo a quella luce, comparve una figura, dapprima molto sfocata, quasi come se fosse soltanto un’ombra creata appunto dalla luce, ma poi divenne sempre più nitida e chiara. E la ragazza poté capire che si trattava di una persona, di una donna più precisamente, una donna con lunghi capelli rossi e gli occhi verdi molto familiari. La donna le stava sorridendo e le protese la mano come se aspettasse di ricevere qualcosa.

Sam la guardò confusa e incredula, non capiva molto di quello che stava succedendo, le pareva tutto un sogno. Si accorse soltanto in quel momento che non stava più precipitando ma si era fermata e ora era come se stesse fluttuando nel vuoto, come quando ti trovi nello spazio e non c’è la gravità. Però il suo corpo era ancora leggero. Tornò a guardare la donna che le stava ancora tendendo la mano; era bella, era una donna molto bella, ma in mezzo a quella luce sembrava così irreale, come un’immagine o una specie di fantasma.

Allora anche Sam le tese la mano in un gesto automatico, spontaneo, come se stesse obbedendo a un ordine. E non appena la sua mano si appoggiò su quella della donna, si sentì di nuovo strattonare e all’improvviso, in meno di un secondo, sentì che era cascata per terra, su un pavimento piuttosto duro e freddo e aveva leggermente sbattuto con le ginocchia.

Subito però si era rialzata scoprendo di sentirsi leggermente stanca e spossata, come se avesse appena concluso una lunga corsa oppure una dura battaglia; faceva persino fatica a respirare.

Era di nuovo nella biblioteca di Grimmauld, ma forse non si era mai nemmeno mossa da lì ed era avvenuto tutto nella sua testa, magari si era solo addormentata. Poi però scoprì che non era più sola; sdraiata sul pavimento, accanto a lei, c’era una donna con lunghi capelli rossi, sdraiata sulla pancia così che non poteva vederla in viso. Sam però ebbe il sospetto che fosse la donna che aveva visto nella luce ed ebbe anche il sospetto che potesse essere… inevitabilmente le venne da sorridere sentendosi riempire di speranza.

La girò per poterla vedere in viso e… sì, ce l’aveva fatta. Era lei ed era anche viva e vegeta, poteva vedere il suo torace che si abbassava e si alzava facendo capire che respirava e a Sam parve pure di sentire il suo cuore battere anche se quella doveva essere solo una sua  impressione.

“Lily?” la chiamò percuotendola un po’ perché si svegliasse. “Lily?”

Vide la donna muoversi e poi lentamente aprire gli occhi, gli occhi verdi identici a quelli di Harry.

Quando Lily aprì del tutto gli occhi rimase un attimo a fissare Sam con uno strano sguardo, forse leggermente perso e confuso.

“Lily, come ti senti?” le chiese Sam preoccupata però felice.

“Strana”. Le rispose lei alzandosi a sedere. Poi guardò attentamente Sam come a volerla studiare, forse capendo di averla già conosciuta.

“Sono Sam”. Le disse infatti la mora come se le avesse letto nel pensiero. “Samantha Potter, ti ricordi? Tua cognata”.

Lily sgranò gli occhi. “Sam? Oh mio Dio! Ma dove sono?”

Sam le sorrise dolcemente. “A casa. Sei a casa”. E la abbracciò.

 

               (Ma come si poteva fare il riassunto di                                                                           praticamente mezza vita?)

Sam aveva raccontato tutto a Lily, in poche parole il riassunto di tutto quello che era successo in quei quattordici anni, almeno le cose più essenziali. E Lily l’aveva ascoltata rapita, come un bambino che ascolta la favola della buona notte e c’era mancato poco che si mettesse a piangere delle volte, sentendo che la vita non era stata per niente facile, specialmente per le persone che amava.

Non ci aveva neanche messo tanto a raccontare, una mezz’oretta circa. Ma come si poteva fare il riassunto di praticamente mezza vita? Non avrebbe voluto far soffrire Lily, ma come si poteva fare? Aveva visto nei suoi occhi la tristezza, il dolore per tutto quello che era successo e per essersi persa molte cose; l’infanzia di suo figlio, per non averlo visto crescere e anche quei quattordici anni di suo marito in cui era stato prigioniero.

E anche a Sam era dispiaciuto tanto… insomma, era appena tornata in vita e già le toccava soffrire.

Adesso però erano dietro la porta del salotto di Grimmauld Place a spiare James e Harry che dormivano sul divano, tutte due con un sorriso sulle labbra.

“Sono così belli”. Sussurrò Lily senza distogliere gli occhi dai suoi due uomini. “E Harry gli somiglia così tanto”.

“Vai da loro”. Le fece Sam. “Vai da loro, Lily”.

La donna non se lo fece ripetere due volte e in punta di piedi si avvicinò al divano sdraiandosi accanto a James cercando però di non svegliarli. James si mosse leggermente e poi spostò un braccio per poggiarlo sotto la testa della moglie, in un gesto automatico, senza neanche accorgersene.

Sam guardava quella scena da dietro la porta e si sarebbe messa a piangere dalla contentezza. Poi salì le scale e tornò in camera da Sirius.

ANGOLINO PICCOLO PER ME

Ebbene ragazzi… è tornata anche Lily… eheheh, ve lo immaginavate?? Beh, non potevo mica lasciare il mio piccolo James da solo perché James è solo di Lily e basta. Perciò se non c’è lei…

Coooomunque… vi è piaciuto?? Spero di sì anche se non si parla di molto altro, solo del ritorno di Liy. Ma continuate a leggere e vedrete che non rimarrete delusi. Almeno lo spero.

Va bene, adesso vi lascio che sarete stanchi di sentirmi sempre parlare.

Ci sentiamo la prossima volta e spero di ricevere qualche recensione.

Kisskiss, Milly.

stefanmn: ciaooooo… sn proprio contenta che la mia storia ti piaccia e che ti abbia stimolato a leggere visto che non ti piace… poi sei stato anche bravo ad arrivare fino a qui in soli due giorni. Ebbene, spero ti sia piaciuto anche questo cap e spero di risentirti presto qui…un bacio grande, milly. J

 fede15498: ciao carissima!! Che bello scoprire sempre nuovi fan!!! Non ti preoccupare se non hai recensito prima, è vero che a volte può sembrare che io mi arrabbi quando qualcuno non recensisce ma non è affatto vero, è solo quello che voglio far credere. Muahahah!!! Piuttosto sono contenta che la storia ti piaccia dato che questa è anche una delle prime storie di HP che scrivo. (ovviamente ce ne saranno altre XDXD) e per quanto riguarda i compiti invece, beh, sta tranquilla, nemmeno io li ho finiti e non ho nemmeno intenzione di finirli. I prof. Sono un po’ bastardi a darceli specialmente durante le vacanze estive… va bene, ora ti lascio e spero di risentirti. Kisskiss Milly.

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Capitolo 37
*** Capitolo trentacinque ***


         (…dopo l’avrebbe stretta nel suo abbraccio da tigre,                                                          l’avrebbe inondata di baci e non                                                                                        l’avrebbe più lasciata andare.)

James mugugnò qualcosa nel sonno prima di aprire gli occhi e guardarsi un attimo attorno leggermente confuso; sentiva ancora il peso di Harry sdraiato sopra di lui, ma poi si accorse anche che c’era qualcun altro accanto a lui. Volse lo sguardo e strabuzzò gli occhi per la sorpresa; una donna dai lunghi capelli rossi che incorniciavano un viso angelico gli dormiva accanto e lui le aveva pure circondato le spalle con un braccio.

Finalmente anche la donna si svegliò e rimase a fissarlo negli occhi nocciola con un sorriso dolce, quel sorriso che James non avrebbe mai potuto dimenticare.

“Ciao Jamie”. Lo salutò lei.

“Lil…Lily?” fece l’uomo non riuscendo più a distogliere lo sguardo dagli occhi verdi della donna, quegli occhi verdi identici al ragazzo che ancora gli stava sdraiato sopra. “Ma come…cosa…quando?” cominciò a biascicare senza riuscire a trovare le parole adatte. Poi fu come se una specie di lampadina gli si fosse accesa, gonfiò le guance e…

“SAAAAAAAAAAAM!!!!!” urlò a pieni polmoni alzandosi violentemente dal divano e correndo al piano di sopra in cerca della sorella. Lily rimase lì leggermente sbigottita scoppiando poi a ridere.

Era sempre così con James, a volte aveva delle reazioni strane e insensate ma lei, che ormai lo conosceva meglio di chiunque altro, sapeva che aveva reagito così solo perché non sapeva bene in quale modo reagire. Certo, era felicissimo di rivedere la moglie, infatti sicuramente dopo l’avrebbe stretta nel suo abbraccio da tigre, l’avrebbe inondata di baci e non l’avrebbe più lasciata andare.

Lily voltò lo sguardo ridacchiando ancora quando all’improvviso si trovò a specchiarsi in un paio di occhi smeraldini identici ai suoi e il respiro le si mozzò in gola; Harry ricambiava il suo sguardo e la osservava come se avesse appena visto la Madonna di Lourde. Ma sembrava che nemmeno lui sapesse come reagire; infatti se ne stava lì immobile con un espressione da pesce lesso.

“Harry?” lo chiamò lei allora guardandolo con un sorriso ancora più dolce di quello che aveva rivolto al marito; era identico a James, però aveva i suoi occhi.

“Mam…mamma?” fece lui e soltanto allora le saltò al collo affondando il viso nei suoi capelli e lasciando scendere le lacrime mentre Lily prendeva ad accarezzargli i capelli felice di poter finalmente stringere il suo bambino fra le braccia.  

          (“Eh sì, quei due sono fatti l’uno per l'altro.                                                                         Sembrano già marito e moglie”.)

“Vaffanculo, Remmy! Perché non posso batterti una buona volta?!” gridò Sirius in preda all’isteria, sbattendo un pugno sul tavolo e facendo saltare dappertutto le pedine degli scacchi dopo che Remus lo aveva battuto per circa la terza volta nonostante l’Animagus si fosse fatto dare pure suggerimenti da Lily che se ne stava seduta su una poltrona in braccio a James a osservare la partita con aria divertita.

“Non è colpa mia se non sai giocare”. Si difese il licantropo.

“Io non so giocare? Io non so giocare? Questo non è assolutamente vero! Sei tu che sei un mostro!”

Sirius si alzò incrociando le braccia e facendo un espressione che doveva essere imbronciata ma che però era soltanto buffa.

Sam e Tonk scoppiarono a ridere.

“Che ridete voi?”

“Dai amore non prendertela”. Fece Sam andando ad abbracciare il suo uomo. “Tu sei bravo in qualcos’altro”.

“Tipo?” fece lui con aria maliziosa.

“Non posso dirtelo. Ci sono dei bambini qua”. Rispose lei indicando con un cenno Harry, Ron, Fred, George e Ginny che se ne stavano seduti in un angolo a confabulare fra loro.

“Bambini a noi?!” fece Harry con aria indignata. “Ma quanti anni credi che abbia io?”

“Oh porco Salazar, siete tutti permalosi qui!”

E tutti i presenti nella stanza scoppiarono a ridere.

“Ragazzi, tra un po’ il pranzo sarà pronto”. Avvisò la signora Weasley arrivando dalla cucina dove stava preparando un ottimo pranzetto di Natale.

“Sei sicura che non vuoi una mano, Molly?” le chiese Lily voltandosi verso di lei senza però alzarsi dalle gambe del marito perché si sentiva come inchiodata o forse era la sua presa. Ormai James non faceva altro che starle appiccicato e abbracciarla, come se non volesse più lasciarla andare da nessuna parte.

“Oh no, cara, grazie. Resta pure qua”. Le rispose la signora Weasley con un sorriso.

“Se vuoi posso aiutarti io”. Si aggiunse Dora che coglieva ogni occasione per rendersi utile.

La signora Weasley, però, che conosceva le doti culinarie della ragazza, si affrettò a rispondere. “Oh, no, no. Non serve. Mi arrangio benissimo da sola”. Di certo non voleva che le facesse saltare in aria la cucina.

“Come vuoi”.

Remus cercò di nascondere un sorrisetto divertito che però non sfuggì a Tonks.

“Perché ridi?”

“No, non sto ridendo”.

“Sì, invece”.

“No, affatto. Non oserei mai”.

“Sì, stai ridendo di me”.

L’espressione della Metamorfomagus era diventata piuttosto minacciosa, tanto da far iniziare a tremare il povero Licantropo.

“E ti consiglio di cominciare a scappare”. Aggiunse la ragazza afferrando un cuscino dal divano e brandendolo minacciosamente.

Remus non se lo fece ripetere due volte e iniziò a correre in giro per la casa con Dora che gli correva dietro minacciandolo col cuscino.

“Eh sì, quei due sono fatti l’uno per l’altro. Sembrano già marito e moglie”. Commentò Sirius.

“Concordo con te, Paddy. Il problema è farglielo capire a Moony”. Aggiunse James. Poi si rivolse ai ragazzi seduti in un angolo. “Che cosa state confabulando voi?”

“Dobbiamo tirare uno scherzo alla Umbridge”. Gli rispose uno dei gemelli senza farsi troppi problemi; ormai aveva imparato che coi Malandrini bisognava condividere tutti gli scherzi e farsi pure aiutare.

“Che cosa? Vi caccereste nei guai”. Li ammonì Lily con voce grave.

“Ed ecco il Prefetto Lily che torna all’attacco”. Scherzò James col suo solito sorriso malandrino. “E dai amore, quella Rospa se lo merita”.

“Sì, ma è un insegnante”.

“E allora? Anche noi facevamo gli scherzi agli insegnanti”.

“Ma tu e Sirius eravate dei bulletti arroganti che si divertivano a tirare scherzi alla gente”.

“E’ per questo che ti sei innamorata di me”.

“No, non è per questo”. Fece Lily alzandosi dalle gambe del marito e avviandosi verso la porta.

“Ah no?” James era rimasto un attimo perplesso. “E allora per cosa?”

“Eeeeh…”.

“No, Lily adesso me lo dici”. James si mise a inseguirla mentre la donna gli sfuggiva facendo la misteriosa.

(Si era tratto solo di un bacio o...                                                                                                       Era qualcosa di più?)

Harry aveva solo voglia di andare a letto, aveva il bisogno di sdraiarsi su qualcosa di morbido e orizzontale e riposarsi almeno una mezz’oretta. E magari prendere anche un’aspirina perché era sicuro che dopo la testa gli avrebbe fatto un male d’inferno. Stava cominciando già adesso e la cicatrice gli prudeva.

Quindi, mal di testa da cicatrice più mal di testa da dopo sbornia non portava niente di buono.

Sirius e James gli avevano fatto bere troppo Whiskey e anche troppo Champagne e lui non ci era abituato. Così adesso si sentiva leggermente brillo e aveva solo voglia di dormire un po’. Tra l’altro si stava già facendo parecchio tardi.

Così aveva iniziato ad avviarsi verso le scale quando ad un tratto si era sentito bloccato. Si era guardato indietro per vedere se ci fosse qualcuno che non voleva farlo passare però era completamente solo. Allora aveva proseguito ma si era reso conto che c’era come una specie di barriera invisibile che non voleva farlo andare avanti, una specie di vetro trasparente. Però non si vedeva niente.

Allora, con la poca forza e la poca voglia che gli erano rimaste, alzò lo sguardo verso l’alto e vide dei rametti verdi che pendevano sulla sua testa.

Vischio.

Bene, perfetto.

Aveva già dovuto assistere ai baci tra i suoi genitori e Sam e Sirius a causa di quella cosa. Beh, in realtà gli ultimi due continuavano  a baciarsi anche senza vischio e poi aveva sentito anche gli urletti isterici di suo padre e del suo padrino perché avevano visto Remus e Tonks baciarsi sempre a causa di quel maledetto Vischio.

Ma chi cavolo l’aveva inventato?

E adesso gli toccava aspettare finché non passava qualcuno dell’altro sesso che lo baciasse. Ma chi sarebbe potuto essere? Di donne ce n’erano poche in quella casa e di certo non gli andava di baciare la signora Weasley.

Certo che la sfortuna lo perseguitava sempre.

Poco dopo però arrivò Ginny e, non potendo passare nemmeno lei, si accorse che c’era del Vischio. Allora voltò lo sguardo verso il ragazzo che le rispose con una scrollata di spalle rassegnata. Il viso della ragazza divenne immediatamente del colore dei suoi capelli.

Tagliamo la testa al toro e facciamola finita, pensò Harry cominciando ad avvicinarsi al viso di Ginny dato che non ce la faceva più a stare lì. La rossa non oppose resistenza e non si spostò. Quand’era più piccola e aveva appena conosciuto Harry non faceva altro che sognare una cosa del genere e anche adesso ogni tanto le capitava di pensarci.

Finalmente le loro labbra si poggiarono una sull’altra in un bacio casto e delicato. E così sarebbe dovuto essere, almeno secondo Harry. Ma qualcosa lo spinse ad approfondirlo facendolo diventare sempre più intenso e passionale cosa che venne ricambiata da Ginny.

Non sapeva bene che cosa glielo avesse fatto fare; forse la stanchezza, oppure l’alcool. Sapeva solo che… gli piaceva, sì gli piaceva. E il bacio con Cho in confronto era niente.

Dopo un po’ si staccarono, anche perché avevano bisogno di recuperare aria. Il Vischio ormai era scomparso e così Harry, lanciando uno sguardo un po’ imbarazzato alla ragazza, si avviò su per le scale lasciandola ccompletamente attonita e sbigottita.

Si era tratto solo di un bacio o…

Era qualcosa di più?

TOC TOC…E’ PERMESSO??

Ciaooooo!!! Siete stupiti di trovarmi già qui?? Ehehehe… siccome ho già un bel po’ di capitoli pronti vogli pubblicarne il più possibile dato che dopo inizia pure la scuola e inoltre ho già in serbo un’altra storia e non vedo l’ora di pubblicarla. E inoltre ho visto che questa fanfic sta iniziando ad avere successo per cui non volevo farvi soffrire troppo facendovi aspettare a lungo. Eh, visto che sono buona??

Però ciò non vuol dire che dobbiate diminuire con le recensioni adesso che finalmente mi avete fatta contenta…

Comunque sia non preoccupatevi perché questa settimana credo che aggiornerò un’altra volta, perciò tenetevi pronti. Godiamo tutti quanti finché ci sono i capitoli pronti perché il mio cervellino e il pulcino che fa girare le rotelline hanno deciso di partire per una lunga vacanza ai Caraibi e non sono ancora tornati, perciò anche la mia ispirazione ultimamente è andata a farsi benedire. Speriamo che tornino presto anche perché tra un po’ ricomincia la scuola.

Ma andando al capitolo, come avrete potuto notare, nemmeno qui è successo niente di che. Ma ho voluto dare un po’ di pace a questa povera gente e farli godere le vacanze di Natale dato che tra un po’… beh, non voglio certo fare spoiler, diciamo solo che quando c’è una guerra bisogna sempre essere pronti ad affrontare anche le cose brutte.

Va bene dai, baste con le ciance. Ora vi lascio e mi raccomando anche voi lasciatemi una recensione anche striminzita va bene.

Kisskiss, Milly.

 isobel96: oddio, così mi commuovi… ohohoho (milly afferra dei fazzoletti e si asciuga gli occhi piangendo come se avesse appena finito di vedere Titanic). Cavolo, non sapevo di essere così brava… sono veramente contenta e non sai quanto che questa storia ti piaccia e che ti piaccia pure il mio modo di scrivere visto che è una cosa che adoro fare, scrivere intendo. Bene, visto che non vedi l’ora di leggere un nuovo cap ogni volta, penso che tu sia contenta che abbia aggiornato così presto. Spero ti sia piaciuto anche questo e spero pure di risentirti di nuovo. Un bacio, Milly.

 fede15498: ciaoooo… eccoti di nuovo qua!!! Bene, spero ti sia piaciuta la reazione di Harry e James. In realtà a me non tanto è solo che, come ho già detto in uno dei capitoli precedenti, non sono molto brava a descrivere queste scene così dolci e smielate e piene di lacrime. Non credo di aver reso molto bene la cosa. Però, che ci posso fare, ogni scrittore ha le sue pecche. Vabbè dai, spero comunque che il capitolo ti sia piaciuto e a presto. Kisskiss Milly.

stefanmn: ciaooo… eh sì, io non potrei mai lasciare da solo il mio James. Coooomunque, a quanto pare il fratellino si è un po’ incazzato con la sorellina, ma non ti preoccupare, tra fratelli le litigate sono all’ordine del giorno, dopo si fa sempre pace. E poi poveretto, non sapeva bene come reagire… cerchiamo di capirlo. Va bene, spero di risentirti. Kisskiss Milly.

 roxy_black: ooooh, ti sei commossa?? *.* ke cara, amore mio. In realtà non mi era nemmeno passato per l’anticamera del cervello di far comparire Lily il giorno dopo e comunque non penso che sarebbe stata una cosa scontata, forse è più scontata questa. Ma vabbè, dai. Per quanto riguarda l’invocazione agli dei non credo di essermi ispirata a qualcosa di particolare ma se devo essere sincera in quel momento stavo pensando alla scena in cui Willow fa resuscitare Buffy parlando con gli dei, non so se hai presente. Benebene… spero di risentirti e spero che ti sia piaciuto anche questo. Un beso, Milly.

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Capitolo 38
*** Capitolo trentasei ***


(Non aveva mai creduto nel vero amore.                                                                                            Ma adesso si doveva ricredere.)

Sam mise le gambe giù dal letto sedendosi sul bordo e poi si passò la mano tra i capelli spettinati facendo un sonoro sbadiglio; non aveva proprio voglia di alzarsi quella mattina però purtroppo le toccava andare al lavoro dato che quel giorno ricominciava la scuola dopo le vacanze di Natale.

“Hm… Sam…”. La chiamò Sirius con la voce impastata dal sonno e gli occhi ancora chiusi, allungando una mano per toccarle la schiena, forse in un debole tentativo di trattenerla; nemmeno lui voleva che se ne andasse.

“Devo andare, Sirius”. Fece lei rimanendo però ancora seduta sul letto.

Allora lui si alzò sul letto con le ginocchia e le si avvicinò da dietro cominciando a massaggiarle le spalle e dandole qualche bacio sul collo ogni tanto. Lei si sarebbe volentieri lasciata andare a quelle coccole e si sarebbe ributtata nel letto. Ma il dovere chiamava.

“Veramente Sirius, devo andare”. E questa volta riuscì ad alzarsi in piedi districandosi dalle mani dell’uomo; all’improvviso però le venne un capogiro e dovette aggrapparsi al comodino accanto al letto per non cadere.

“Che c’è? Stai male?” le chiese l’Animagus allarmato.

“No, no. Tutto a posto. Mi gira solo un po’ la testa”. Gli rispose lei portandosi le dita alla fronte per massaggiarla un po’. In realtà non era solo la testa che le girava ma si sentiva anche la nausea ed era già da qualche giorno che la prendeva tutte le mattine. Poi le passava così come le arrivava e allora l’assaliva una tremenda fame e si trovava a sgranocchiare qualcosa ad ogni ora.

“Forse dovresti rimanere a casa oggi”. Le suggerì Sirius ma inutilmente perché la ragazza si era già avviata all’armadio per trovare qualcosa da mettersi.

“Oh, no. Non troverai una scusa per tenermi inchiodata al letto”. Gli rispose lei spogliandosi e rimanendo completamente nuda per la gioia degli ormoni dell’uomo.

“Lo sai che non ti terrei mai inchiodata al letto”. Disse lui con un sorriso malizioso.

“Certo che sei proprio un pervertito”.

“Come faccio a non esserlo con una ragazza con un corpo così perfetto?” chiese lui ammirando i suoi seni sodi e tondi, la sua pancia piatta e le sue gambe lunghe e abbronzate.

“Comunque se stai troppo male torna a casa”.

“Sirius, da quando ti preoccupi così tanto per qualcuno?”

“Da quando ho completamente perso la testa per te”.

E in effetti era vero. Sam gli aveva fatto completamente perdere la testa, gli aveva rubato il cuore, lo aveva reso di nuovo felice dopo un sacco di tempo. Non aveva mai creduto in quello che James chiamava sempre Vero Amore quando parlava di Lily. Ma adesso si doveva ricredere.

Sam gli si avvicinò in modo piuttosto sensuale e lo baciò sulla bocca con passione.

“Però non è giusto che voi possiate scorrazzare dove vi pare mentre io devo stare chiuso in questa maledetta casa”. Disse lui quando smisero di baciarsi.

Lo sguardo della ragazza si incupì un attimo. Poteva capire come si dovesse sentire, anche per lei sarebbe tremendo. E le dispiaceva. Però lei non poteva farci niente. Purtroppo…

“Mi dispiace, amore”. Cercò di consolarlo. “Però vedrai che prima o poi si risolverà tutto”.

“Sì, ma quando?”.

“Non lo so”.

Sam si infilò anche la maglietta e cominciò ad avviarsi verso la porta.

“Aspetta, Lentiggini”. La fermò Sirius.

Lei si voltò di nuovo verso di lui.

“Non è che stai male perché hai consumato energia vitale per resuscitare Lily?”

La ragazza esitò un attimo prima di rispondere: “No, non credo”. E uscì.

Anche lei aveva pensato che fosse per quello però poi… beh, in realtà aveva già un’idea perché da un po’ avesse quei capogiri e quelle nausee la mattina. E non c’entrava niente col fatto che aveva fatto resuscitare Lily.

  (Sam non si lasciava di certo spaventare da una minaccia                                                            come quella; già quand’era una studentessa lei, ci era                                                          finita spesso nell’ufficio del Preside.)

I ragazzi del quarto anno di Grifondoro e Corvonero si trovavano vicino alla Foresta Proibita e stavano aspettando che la loro insegnante di Cura delle Creature Magiche arrivasse; in realtà c’era già un insegnante lì ed era la Umbridge ma lei era venuta solo perché doveva assistere alla lezione come ispettrice. Aveva ricevuto il compito di ispezionare il modo di lavorare dei professori dal Ministro della Magia e poi, probabilmente, gli riferiva tutte le informazioni e lui le dava il compito di licenziare qualcuno.

Ovviamente questa cosa sarebbe dovuta spettare al preside, era lui a prendere le decisioni in merito alla scuola e al suo corpo insegnanti, ma contro il Ministro nessuno poteva dire niente. E nemmeno lui apprezzava questo sistema barbarico.

Naturalmente gli insegnanti erano stati avvisati di questo e anche gli studenti, così nessuno  dei ragazzi lì presenti si stupì vedendo arrivare Sam piuttosto nervosa e stressata, senza degnare la Umbridge, che era seduta in un angolino, di uno sguardo. Era nota a tutti l’antipatia che la Potter provava nei confronti della Donna Rospo.

“Buongiorno, ragazzi”. Salutò. “Oggi studieremo i Pelucchetti. Qualcuno sa dirmi che cosa sono?”

La mano di una ragazza bionda di Corvonero scattò in aria.

“Sì, Luna?”

“I Pelucchetti sono dei piccoli animaletti pelosi e colorati, come le Puffole Pigmee. Però bisogna stare attenti a come li si tratta perché possono diventare molto cattivi e sputarti addosso una sostanza vischiosa che ti fa venire le pustole”. Rispose la ragazza con la sua solita aria stralunata.

“Molto bene, Luna. Quindici punti a Corvonero”.

“Ehm, ehm”. Fece la Umbridge per schiarirsi la gola ma era chiaro a tutti che stava cercando solo di attirare l’attenzione dato che la ragazza non l’aveva nemmeno salutata. Sam però fece finta di niente e continuò.

“Allora. Adesso ciascuno di voi si prenderà un Pelucchetto e ricordatevi di trattarli con dolcezza e tenerezza. Per ogni evenienza…”.

“Ehm, ehm”.

“C’è qualcosa che non va professoressa Umbridge?” chiese alla fine voltandosi verso l’insegnante di Difesa e pronunciando il suo nome in tono acido.

“Oh, no. Assolutamente nulla”. Le rispose l’altra in finto tono cordiale e con un finto sorriso tenero.

“Allora posso tornare alla mia lezione?”

“Certo. Faccia pure”.

Sam tornò a rivolgere l’attenzione ai ragazzi con un’espressione piuttosto frustrata; sì, quei giorni aveva i nervi a fior di pelle ed era meglio non provocarla.

“Stavo dicendo che per ogni evenienza ho portato il rimedio contro le pustole dei Pelucchetti. Ma spererei proprio di non doverlo usare tutto”.

La ragazza poggiò un grande cesto in mezzo al prato, dove dentro c’erano un sacco di quei animaletti pelosi e colorati che erano proprio carini a vedersi.

“Ehm, ehm”. Fece di nuovo la Umbridge e questa volta Sam non riuscì proprio a trattenere i suoi nervi.

“Senta, professoressa Umbridge, se c’è qualcosa che non va me lo dica chiaramente. Non sono venuta qui per perdere tempo”.

La Umbridge non parve minimamente turbata dal fatto che la ragazza le stava urlando addosso e neanche dal fatto che le si fosse avvicinata in modo piuttosto minaccioso e la sovrastava di un bel po’ con la sua altezza.

“Vorrei solo farle notare, professoressa Potter, che io sono arrivata qui prima di lei e lei non mi ha degnata nemmeno di un’occhiata, per dire del fatto che non mi ha fatto neanche un cenno di saluto. Questa io la chiamo maleducazione”. Spiegò la donna vestita di rosa con la sua voce gracchiante ma mantenendo un tono calmo e tranquillo.

Gli studenti adesso avevano abbandonato l’attenzione sui Pelucchetti e guardavano la scena tra le due insegnanti con sguardi attoniti.

“Oh beh, se è solo questo il problema allora non siamo messi bene.” iniziò Sam. “Nemmeno a lei hanno insegnato l’educazione dato che questo è un comportamento da bambini. E ora per favore, mi faccia il piacere di smetterla di stressarmi perché io sono venuta qui solo per tenere una lezione. È lei quella che si è ficcata in testa di doverci controllare tutti come fossimo degli animali chiusi in gabbia che devono essere studiati. Ma per favore!”

“Farò presente al preside il suo comportamento”.

“Ma faccia quello che vuole!”

Sam non si lasciava di certo spaventare da una minaccia come quella; già quand’era una studentessa lei, ci era finita spesso nell’ufficio del Preside.

E poi conosceva Silente anche fin troppo bene e sapeva che non l’avrebbe licenziata solo per quello. Non che la cosa la intimorisse o la preoccupasse. Più che altro le avrebbe dato fastidio perché così faceva il gioco della Umbridge.

La lezione continuò e tutti quanti furono piuttosto entusiasti dei Pelucchetti; solo a un paio di studenti capitò di beccarsi i loro sputi, ma niente di troppo grave.

La Umbridge, invece, andò in giro tra gli studenti a raccogliere le informazioni riguardo all’insegnante e al suo modo di insegnare e tenne costantemente d’occhio i movimenti di Sam per niente intimorita dalla sfuriata che le aveva fatto prima.

La ragazza però fece finta di niente.

ANGOLINO PICCOLINO PER ME

Ciaooooo!!! Allora, come va?? Contenti di essere tornati a scuola? No eh? Beh, immagino… io mi sento già massacrata e siamo solo al secondo giorno quindi direi che non sono per niente messa bene. Ma magari qui c’è qualcuno che non va più a scuola. Beh, beato lui…

Cooomunque, arriviamo al capitolo?? Allora, vi è piaciuto?? Beh, spero di sì anche se comunque non succede molto ma anche questo diciamo che è solo un capitolo di transizione.

Piuttosto però… vi faccio una piccola domanda: voi avete capito che cos’ha Sam? Perché da un po’ si sente male? è una cosa solo di passaggio, magari una piccola influenza oppure è qualcosa di importante?? Bo, lascio a voi il piacere di risolvere il dubbio.

Piccola anticipazione per il prossimo capitolo: comparirà un personaggio che conosciamo molto bene. C’è chi lo ama e che lo odia… mmmh, chi sarà mai??

Anche questo risolvetelo voi, se vi va, e magari potete dirmi le vostre ipotesi lasciandomi una recensione, anzi, vorrei tanto che lo faceste visto che nello scorso capitolo non ne ho avute molte e non so come mai.

Vabbè, ok dai, ora vi lascio e ci sentiamo alla prossima.

Kisskiss, Milly.

 stefanmn: ciaooo... eh sì, Harry e Ginny sono proprio carini e sono una delle coppie che non spezzerei mai. per quanto riguarda il vischio è solo una pianta che spunta in genere verso Natale quando due persone provano dei sentimenti l'uno nei confronti dell'altro e si devono baciare perchè se no non posso spostarsi di lì. Adesso non sono bene se questa sia l'interpretazione giusta però è quella che c'è in questa fanfic. Se proprio ti interessa vai a vedere su Wikipedia. Un saluto e spero di risentirti. Milly.

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Capitolo 39
*** Capitolo trentassette ***


 (“Non avevi intenzione di farmi soffrire?                                                                            Beh, ci sei riuscito”.)

Sam stava frugando nei cassetti di Grimmauld Place per fare un po’ di ordine e pulizia, dato che non aveva altro da fare e poi voleva fare un favore a Sirius liberando la casa di tutti quei cimeli di famiglia che il suo fidanzato odiava tanto.

Ad un tratto però, si imbatté in una busta bianca che, non sapeva per quale motivo, attirò particolarmente la sua attenzione; poteva essere una busta qualsiasi, magari conteneva una vecchia lettera, oppure era completamente vuota.

Rimase un attimo a fissarla, come se fosse qualcosa di pericoloso e dovesse studiare il modo più giusto per prenderla senza farsi male; alla fine però la prese piuttosto delicatamente. Sul davanti non c’era scritto niente così la girò dall’altra parte e quello che vi lesse la lasciò ad occhi e bocca spalancati facendole improvvisamente battere il cuore più forte.

TESTAMENTO DI SIRIUS ORION BLACK

Le mani cominciarono a sudarle tutto ad un tratto e le vennero pure i brividi lungo la schiena; ma non sapeva proprio come comportarsi, come reagire. Forse doveva lasciar perdere e fare finta di nulla, in fondo non era affar suo. Ma poi pensò… Sirius era il suo fidanzato, era una delle persone più importanti che ci fossero nella sua vita, si sarebbe cavata gli occhi per lui.

Come poteva lui aver fatto una cosa del genere? Come poteva anche solo pensarci? Come se sapesse già che sarebbe… no, non osava neanche pensarci. Era giovane e già aveva fatto un testamento.

Non le importava del contenuto, non le importava a chi avesse lasciato il suo patrimonio… non le importava. Le importava di lui e del fatto che stavano insieme e che non si sarebbero mai lasciati ma avrebbero vissuto una vita lunga e felice insieme. Ma a chi la andava a raccontare? Non viveva mica in una favola… anzi, la guerra che c’era là fuori testimoniava bè… che effettivamente forse Sirius non aveva così sbagliato nel fare testamento.

Però… però, era troppo presto, cazzo. E per di più non le aveva detto niente.

Non sapeva più che pensare, aveva un sacco di pensieri che le turbinavano nella mente e non riusciva a dar loro un ordine. Si sentì montare una tremenda collera, assalire dalla rabbia e alla fine, impugnando la lettera in una mano, si diresse a passo di marcia verso la cucina dove quel giorno erano radunati solo i Malandrini.

Aprì la porta con una tale violenza da far alzare persino la polvere e i tre uomini si girarono verso di lei vedendola entrare con i capelli spettinati, quasi sparati in aria come se avessero preso vita propria e un’espressione dura; sembrava pure che le uscisse fumo dalle orecchie e dal naso.

“Sirius, mi vuoi spiegare che cos’è questa?” chiese con voce dura, rivolta all’uomo dagli occhi grigi, sbattendogli davanti la busta con la scritta bene in vista davanti al suo naso.

Lui guardò prima la lettera e poi spostò lo sguardo verso la ragazza che continuava a fissarlo dritto negli occhi. James e Remus guardavano la scena leggermente allibiti e non osavano fiatare.

“Sam, io…”. Cominciò Sirius senza sapere però che cosa dirle. Non aveva neanche il coraggio di guardarla negli occhi ma si limitò a fissare la busta, notando che però non l’aveva aperta.

“Tu cosa? Avevi per caso intenzione di dirmelo?” gli chiese allora la ragazza guardandolo dall’alto della sua postazione e sembrando così più minacciosa davanti ai suoi occhi.

“Non volevo farti soffrire”. Cercò di giustificarsi lui.

“Non avevi intenzione di farmi soffrire? Beh, ci sei riuscito”. La ragazza si sentì improvvisamente pizzicare gli occhi, sicuramente delle lacrime che erano pronte a scendere, ma non aveva intenzione di cedere davanti a Sirius. Lei non piangeva, cazzo, lei non piangeva…

“Mi dispiace”. Soffiò lui sempre senza guardarla.

“Ti dispiace, eh? Adesso ti dispiace? Sirius, hai solo trentacinque anni e pensi già a far testamento? Cazzo! E te la sei fatta un’assicurazione sulla vita, eh? E magari vai anche a confessarti da un prete, così hai risolto tutto!”

Sì, ora aveva iniziato a urlare e sentiva che le lacrime ormai erano arrivate al bordo e non le avrebbe trattenute ancora per molto. Così spostò lo sguardo dall’uomo e si girò un attimo per avere il tempo di asciugarsi gli occhi con una manica.

“Sam, ti prego, cerca di capire”. Adesso lui aveva alzato lo sguardo su di lei e la stava guardando in modo piuttosto… supplicante.

“Io non devo capire proprio un bel niente! Vaffanculo, Sirius!” e uscì dalla cucina sempre a passo di marcia salendo su per le scale.

I Malandrini restarono lì completamente impietriti, Sirius aveva di nuovo riportato gli occhi sulla busta che conteneva il suo testamento.

“Vai a parlarle, Sirius”. Gli consigliò Remus posandogli una mano sulla spalla. “Vai a parlarle”.

L’Animagus allora si alzò; sarebbe andato da lei anche senza il consiglio dell’amico, non sopportava che Sam fosse incazzata con lui, anche se quella era la prima volta che succedeva. E poi doveva chiarire.

(“Devi promettermi che non mi lascerai mai”.)

Salì le scale e arrivò davanti alla porta della loro camera. La aprì piano e delicatamente, come se non volesse svegliare qualcuno che dormiva, e vide Sam sdraiata sul letto a pancia in giù, scossa dai singhiozzi.

Stava piangendo. Sam non piangeva mai, però adesso sì. Ed era stato lui a farla piangere.

Questo lo faceva stare ancora peggio.

Si avvicinò, sempre piano e silenziosamente, al letto salendoci sopra in ginocchio e mettendosi accanto a lei.

“Sam?” la chiamò dolcemente iniziando ad accarezzarle delicatamente la schiena.

La ragazza però non ebbe alcuna reazione.

“Sam”. Riprovò e, vedendo che non reagiva ancora, insistette di più. “Lentiggini?”

“Vattene via!” esclamò lei allora a quel punto con la voce rotta dal pianto. Reagiva sempre quando lui la chiamava così.

“No, io non me ne vado da nessuna parte”. Sirius avvicinò la bocca all’orecchio della ragazza, solleticandola leggermente con la barba sul collo. “Ascoltami. Devi capire che siamo in guerra e io non voglio lasciare niente di irrisolto se… se mi dovesse succedere qualcosa, ok?” cercò di spiegarle con un tono e delle parole che normalmente si usano per i bambini piccoli. Il fatto era che lei, sì spesso si comportava da vera leonessa che sapeva usare gli artigli, ma certe volte era dolce come un cucciolo bisognoso di coccole, come in quel momento. 

Sam allora si voltò verso di lui con gli occhi rossi dal pianto e con ancora le lacrime fresche sulle guance.

“Sirius, io ti amo”.

“Anch’io ti amo. E non sai nemmeno quanto”.

“Ho ritrovato James ma ora non voglio perdere te”.

“Non mi perderai, non ancora almeno”.

“No, Sirius. Tu mi devi fare una promessa”.

“Dimmi”.

Lei portò le braccia attorno al suo collo e gli soffiò in viso guardandolo fisso negli occhi con uno sguardo deciso: “Devi promettermi che non mi lascerai mai”.

Sirius però non seppe come risponderle; non gli piaceva fare promesse che difficilmente avrebbe potuto mantenere. Ma lei lo guardava con degli occhi così speranzosi… non poteva non prometterglielo, ma se poi non riusciva a mantenere la promessa…

“Promettimelo”. Ripeté lei.

“Te lo prometto”. Rispose lui alla fine guardandola negli occhi nocciola.

Lei allora lo baciò e fu un bacio pieno di… tante cose; paura, dolore, tristezza, passione, desiderio… amore.

È vero, quando si è in guerra bisogna essere pronti ad affrontare tutto, anche la morte e soprattutto la morte di qualcuno che ami.

Anche se questo significava soffrire.

Ma la guerra era sofferenza…

ANGOLO AUTRICE

Salve… eccomi già di ritorno. Ho visto che ho avuto parecchie visite e recensioni in pochi giorni nello scorso capitolo perciò ho deciso di aggiornare il prima possibile. Lo so, avevo detto che in questo capitolo si sarebbe scoperto perché Sam stava male e chi era il nuovo personaggio che compariva. Un attimo di pazienza, però, adesso ci arrivo.

Il fatto è che questi ultimi capitoli che sto pubblicando li ho già scritti un po’ di tempo fa e perciò lo scorso capitolo l’ho pubblicato dimenticando che ci fosse anche questa scena. In realtà avrei anche potuto non metterla, però mi è venuta in mente ricordandomi del sesto libro in cui Silente dice a Harry del testamento di Sirius perciò ho pensato perché non mettere anche una scena del genere.

Siccome però mi sono accorta troppo tardi dell’errore e siccome io mantengo sempre le mie promesse e cerco di accontentare i miei lettori, pubblico subito anche il prossimo capitolo, quello che forse aspettavate con più trepidazione.

Perciò adesso vi lascio con la speranza che comunque anche questo vi sia piaciuto.

Risponderò nel prossimo cap. alle recensioni.

Milly.

 

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Capitolo 40
*** Capitolo trentotto ***


N.B. se siete arrivati qui non appena avete aperto la fanfic tornate indietro perché ho pubblicato due capitoli, il 37 e il 38.  

(…automaticamente, si portò una mano alla pancia                                              accarezzandola delicatamente.)

Sam si aggirava per la stanza dell’Ufficio Misteri, quella contenente un sacco di scaffali pieni di contenitori di vetro di varie forme e dimensioni, quella che conteneva le Profezie.

Quella sera toccava a lei fare la guardia e così ora si ritrovava a camminare lì, lentamente e attentamente, stando attenta a ogni minimo rumore, solo la luce della sua bacchetta a illuminarle la strada.

Però aveva una strana sensazione, una sensazione che non le piaceva per niente, come quella che aveva provato quando credeva che suo fratello fosse morto o come quando era bruciata quella chiesa.

Ma continuava a ripetersi che non c’era niente che non andava, che non c’era niente da temere. Non poteva venire nessuno ad attaccarla, soltanto una volta era successo che i Mangiamorte tentassero di prendere la Profezia ma c’era una pattuglia di Auror dell’Ordine lì e non c’erano riusciti. Quindi perché sarebbe dovuto succedere un’altra volta e proprio quella sera che c’era lei?

La sensazione comunque non andava via e si sentiva il cuore in gola; non era mai stata una paurosa e comunque non lo avrebbe mai dimostrato a nessuno così aveva accettato di fare la guardia senza volersi tirare indietro. Anche se ora, pensandoci, forse era meglio se lo avesse fatto.

E non per lei… automaticamente, si portò una mano alla pancia accarezzandola delicatamente. Aveva scoperto perché le veniva la nausea tutte le mattine e perché mangiasse così tanto, lo aveva scoperto da dieci giorni. Ma non lo aveva detto a Sirius, non lo aveva detto a nessuno, ancora.

Non sapeva nemmeno lei bene il motivo, forse non aveva trovato ancora l’occasione giusta.

Ma era da un mese ormai che…

Si sentì improvvisamente un rumore che le fece gelare il sangue nelle vene; perché, perché quella sera aveva così paura?

Strinse ancora di più la mano sull’impugnatura della bacchetta e la puntò verso la direzione da dove era provenuto il rumore.

Però non vide nessuno.

Sarà stata la sua immaginazione.

Ancora due ore, doveva resistere ancora due ore  e poi qualcuno le avrebbe dato il cambio.

Così sarebbe tornata a casa, avrebbe riabbracciato Sirius e glielo avrebbe detto. E tutto sarebbe andato bene.

Di nuovo un altro rumore e questa volta non poteva esserselo immaginato; un rumore di ventri infranti, come se qualcosa fosse caduto e si fosse rotto.

“Chi c’è?” chiese puntando la bacchetta in ogni direzione consapevole che ormai non era più sola; le rispose solo il suo eco.

“Fatti vedere!”

All’improvviso sentì una voce, una voce che rideva piuttosto sguaiatamente e istericamente, una risata malvagia. E diventava sempre più forte.

Poi qualcuno cominciò a correrle tutto intorno, ma era troppo veloce tanto che riusciva a distinguere soltanto un’ombra scura che si lasciava dietro gli svolazzi del suo mantello. E intanto continuava a ridere. Sam la riconobbe come la voce di una donna, una voce di donna troppo familiare.

Anche lei continuava a girarsi ovunque andasse l’ombra, tenendo la bacchetta puntata davanti a sé e cercando di rimanere calma. Sembrava essere una sola persona, quindi avrebbe dovuto farcela.

La figura ad un tratto si fermò davanti a lei e cominciò a parlare con un tono divertito e malvagio.

“Oh, ma guarda. C’è la piccola Potter, qui”.

Si abbassò il cappuccio scoprendo un volto cereo in cui spiccavano due paia di occhi scuri, come dei pozzi profondi e incorniciati da una massa di capelli lunghi, scuri e ricci che le svolazzavano un po’ ovunque.

Sam la riconobbe, non si sarebbe mai potuta scordare di quella donna e non si stupì nemmeno di trovarsela davanti nonostante dovesse essere rinchiusa ad Azkaban ma, nella prigione dei Maghi, c’era stata un’evasione di massa poco tempo fa.

“Bellatrix!” pronunciò la ragazza con voce dura; sapeva che la Mangiamorte era piuttosto forte ma non solo perché ci sapeva fare con la bacchetta, ma anche perché era spietata e assatanata. Però a quanto pareva era sola e quindi non sarebbe stata così invincibile. E in fondo, anche Sam era brava a combattere.

“Credo proprio che mi divertirò stasera”. Esordì Bellatrix sempre con quel suo tono divertito e minaccioso e un sorrisetto sadico dipinto in volto.

Sì, era proprio pazza, constatò Sam. Non solo malvagia, ma anche pazza.

“Oh, io non ci giurerei tanto”. La contraddisse Sam prima di lanciare un Reducto per far cadere alcuni scaffali su di lei allontanandosi da lì.

“Dove scappi, Potter?” le urlò dietro la Mangiamorte iniziando a inseguirla. Le lanciò Maledizioni e Schiantesimi che la ragazza riuscì a schivare senza troppe difficoltà. Ma poi, vedendo che presto l’avrebbe raggiunta, si fermò, si voltò e le lanciò uno Stupeficium che però Bellatrix riuscì a evitare.

Iniziarono a duellare faccia a faccia riuscendo ogni tanto a colpirsi e a ferirsi ma senza farsi troppi danni; Sam sperava solo che non la colpisse alla pancia.

La giovane Grifondoro dovette abbassarsi per schivare un incantesimo lacerante ma poi Bellatrix la colpì con un incantesimo di imprigionamento e Sam cadde al suolo con le braccia e le gambe divaricate sentendosi legata ai polsi e alle caviglie da delle corde invisibili. La bacchetta le era volata più distante e non sarebbe mai riuscita a recuperarla se non si liberava. Ma liberarsi era impossibile. E cominciò a maledirsi da sola sentendosi un’imbecille per essersi fottuta con un incantesimo così semplice e così banale. Sì, era fottuta, Bellatrix non l’avrebbe lasciata morire tanto facilmente. Perché era chiaro che ormai sarebbe morta. Lo sapeva che non doveva venire lì quella sera.

“Oh, ma bene, bene, bene”. cominciò la Mangiamorte con tono soddisfatto avvicinandosi minacciosamente a Sam riversa a terra senza possibilità di muoversi.

“Adesso voglio giocare un pochettino con te. Crucio!”

Sam urlò con quanto fiato aveva in gola, in preda ai dolori più atroci e inarcando solo la schiena dato che non poteva muovere né le braccia né le gambe, altrimenti si sarebbe agitata come una matta.

Le sue urla ricoprivano la risata sguaiata della Mangiamorte che finalmente decise di porre fine alla Maledizione abbassando la bacchetta e dando alla ragazza un attimo di tregua.

“Dammi la Profezia, ragazzina, così ti risparmierai tutto questo”.

“Non… non te la darò mai”. Le rispose Sam con la voce rotta e roca.

“Crucio!”

E di nuovo i dolori iniziarono facendola urlare ancora. Sapeva che Bellatrix non la torturava solo per ottenere il suo scopo, la torturava anche per divertirsi, perché ci provava gusto. Provava divertimento nel vedere le persone urlare e soffrire.

Continuò così per un bel po’, la Mangiamorte che le chiedeva di darle la Profezia e Sam che si rifiutava trovandosi così a urlare sempre più forte a causa del dolore insopportabile, che non avrebbe nemmeno potuto descrivere.

Non sapeva dire quanto tempo fosse passato, forse minuti o forse ore. Sapeva solo che avrebbe voluto morire, desiderava morire in quel momento perché quel dolore infernale terminasse, per non sentire più niente. Non ce la faceva più.

“E dimmi un po’ Potter, sai dirmi dove si nasconde quel traditore di mio cugino Sirius?” le chiese ad un tratto Bellatrix con gli occhi iniettati di sangue.

Sam accelerò il respiro; cosa voleva quella pazza da Sirius? E poi, perché lo chiedeva a lei? Cosa ne sapeva lei che stava insieme a suo cugino?

“Oh, sono sicura che lo sai”.

“No, io… non… so niente”. Le rispose Sam in un flebile sussurro che però la Mangiamorte udì benissimo. Poteva torturarla quanto voleva ma non avrebbe mai fatto in modo che Voldemort ottenesse ciò che voleva. E tanto meno avrebbe tradito qualcuno che amava.

“Risposta sbagliata. Crucio!”

Sam strinse i pugni cercando di sopportare anche quello. Ma ormai era sicura che o sarebbe impazzita oppure sarebbe morta. E sinceramente avrebbe preferito morire.

Ad un tratto si sentì bagnata in mezzo alle gambe, qualcosa di vischioso le colava dai pantaloni sul pavimento. Anche Bellatrix sembrò accorgersene così abbassò di nuovo la bacchetta e le si avvicinò inginocchiandole si davanti. Toccò con un dito quella sostanza in mezzo alle sue gambe e se la portò vicino agli occhi.

La ragazza stesa a terra alzò un attimo il capo e si accorse che era qualcosa di rosso… sangue…

Capì immediatamente che cos’era successo e soltanto ora scoppiò in singhiozzi mentre Bellatrix si leccava il sangue dal dito.

“Oh, ma che peccato!” la compatì facendo partire un’altra ondata di torture mentre Sam non aveva più fiato in gola per urlare.

“Smettila… ti prego…”. Si trovò a supplicarla; in genere non si abbassava mai a cose del genere ma proprio non ce la faceva più.

All’improvviso si sentì la porta sbattere e James, Tonks, Kingsley e Malocchio irruppero nella stanza con le bacchette puntate minacciose contro la Mangiamorte.

Moody le lanciò un potente Schiantesimo facendola andare a sbattere contro la parete opposta mentre Kingsley e James si inginocchiarono accanto alla ragazza liberandola dall’incantesimo.

Tonks intanto cercò di imprigionare Bellatrix ma questa le riuscì a sfuggire Smaterializzandosi e la giovane Auror imprecò.

“Sam, ti riportiamo a casa, sorellina”. Sussurrò James alla ragazza sollevandola in braccio dal pavimento mentre questa, tremando, scoppiò in singhiozzi disperati sulla sua camicia.

SPAZIO AUTRICE TERRORIZZATA

Fermi, che state facendo?? Abbassate quelle asce. No, che cosa sono quei forconi?? Oddio mio, i sassi no, eh?? Se mi fate del male o mi uccidete poi non saprete più come andrà a finire la storia.

Lo so, lo so, ho fatto del male a Sam e a qnt pare nn solo a lei. Beh, in realtà non sono stata io ma Bellatrix (uno dei personaggi che odio con tutto il cuore). Anche se però sarei io l’autrice…*w* ,a vabbè, dettagli, dettagli.

Sì, sono imperdonabile e anche perfida, che ci posso fare. Il fatto è che, dovete capire, che nelle mie storie non sarà tutto rose e fiori, una cosa che io non sopporto assolutamente, quando tutto è perfetto anche se fuori imperversa il finimondo. Il Mondo Magico è in piena guerra e ciò provoca un sacco di dolori, sofferenze, sacrifici e tante altre cose per niente piacevoli.

Quando io scrivo cerco di avvicinarmi il più possibile alla realtà dei giorni nostri o degli anni passati, anche se magari si tratta di una storia fantasiosa. E penso che questo lo abbia fatto anche la Rowling scrivendo questa fantastica saga.

Quindi, cercate di sopportarmi, sono fatta così. Ma comunque, anche se all’inizio faccio sempre soffrire i miei personaggi e li faccio capitare un sacco di cose brutte, non è detto che ci sia un finale pessimo, anzi, potrebbe anche esserci l’Happy End.

Ok, questo era il capitolo a cui mi riferivo la volta scorsa.

Spero vi sia piaciuto, come è piaciuto a me scrivendolo.

Adesso vi lascio mentre voi intanto mi lasciate qualche commentino, anche piccolo, piccolo. E giù i forconi per favore. J

Ringrazio fede15498, stefanmn, puffola_lily, malandrina90 e eterea per le recensioni e vi rispondo a tutti quanti insieme visto che mi avete detto più o meno la stessa cosa: grazie tantissimo per i complimenti, veramente, mi fate venire ancora di più la voglia di scrivere perché è anche grazie a voi se questa fic va avanti. Per quanto riguarda invece sul fatto che Sam sia incinta… beh, qui non si esplicita chiaramente comunque penso che ormai si capisca *w*… il guaio però è che è arrivata Bellatrix e beh… non vi dico altro, dovete solo portare un altro pochino di pazienza.

Un bacione a tutti, kisskiss… Milly.

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Capitolo 41
*** Capitolo trentanove ***


(“Credo che abbia avuto un aborto”.)

Malocchio, Tonks, Kingsley e James con in braccio Sam si Materializzarono nel salotto di Grimmauld Place dove li attendevano Lily, Remus e Sirius piuttosto preoccupati. 

Quest’ultimo, non appena vide la fidanzata sanguinante che tremava tra le braccia del fratello, rimase paralizzato senza riuscire a muoversi né a dire niente.

“Oh mio Dio!” esclamò Lily sconvolta, portandosi le mani alla bocca.

“Lily, dobbiamo portarla di sopra e curarle le ferite”. Le disse il marito avviandosi già su per le scale seguito da tutti quanti gli altri, anche da Sirius che era riuscito a riprendersi e ora voleva soltanto assicurarsi che la sua Sam stesse bene e starle vicino.

James adagiò la sorella sul letto e le spostò i capelli dal viso potendo notare che stava piangendo dalle lacrime che le scendevano copiose sulle guance. Beh, non poteva certo biasimarla, era appena stata torturata.

“Che incantesimi hanno usato?” gli chiese Lily mentre si avvicendava insieme a Moody per controllare le ferite che aveva riportato che però non erano molte, anzi, erano più che altro graffi.

“Le Cruciatus”. Le rispose lui in tono duro e serio senza riuscire a distogliere gli occhi dalla sorella sofferente.

Sirius spalancò occhi e bocca e gli ci volle parecchio per mantenere il controllo e non andare a spaccare qualcosa. Ma non sapeva proprio che fare; poteva solo starsene lì a guardare la fidanzata inerme e ferita senza poter far niente, solo starle vicino e sperare che si riprendesse.

“Tranquilla Sam… andrà tutto bene, starai bene”. le sussurrava intanto James per cercare di tranquillizzarla.

Lei allora lo afferrò con la mano per la maglietta per cercare di attirarlo a sé; lui, capendo le sue intenzioni, si avvicinò accarezzandole la fronte dolcemente.

“Il… bambino…”. Mormorò lei ma talmente a bassa voce che nemmeno il fratello, che era quello più vicino, riuscì ad udirla.

“Cosa?”

“Il bambino… il bambino…”. Ripeté lei questa volta a voce molto più alta tanto che la poterono udire tutti e scoppiò di nuovo a piangere portandosi le mani sul volto scossa dai singhiozzi.

“Quale bambino?”

“Oddio, guardate!!” esclamò Lily indicando la pozza di sangue tra le gambe di Sam.

“Sangue?!” esclamò Tonks stupita non notando alcuna ferita però.

Fu Lily a rispondere alla domanda muta che si stavano ponendo tutti quanti.

“Credo che abbia avuto un aborto”.

(Avrebbero potuto avere un figlio…)

Sirius entrò in salotto piuttosto sconvolto e pallido; era stato l’ultimo a lasciare la stanza di Sam per lasciarla riposare dopo che Lily le aveva dato un paio di tranquillanti grazie ai quali la ragazza era riuscita ad addormentarsi.

L’Animagus si accasciò su una poltrona passandosi stancamente le mani nei capelli. Gli altri non dissero niente, si limitarono solo a guardarsi chi ancora sconvolto, chi preoccupato e chi arrabbiato.

“Chi è stato?” chiese ad un certo punto Sirius con un tono piuttosto infuriato e minaccioso guardando tutti i presenti nella stanza. “Chi è stato a farle quello?”

“Bellatrix”. Gli rispose alla fine Tonks con voce ferma. L’uomo però rimase piuttosto calmo, con lo stupore di tutti.

“Giuro che l’ammazzo. Fosse l’ultima cosa che faccio”. Sibilò però sempre col tono minaccioso e guardando in basso; le sue mani si chiusero a pugno.

James gli poggiò una mano sulla spalla per cercare di confortarlo.

“Io sono dalla tua parte però devi cercare di stare tranquillo. Non fare cose avventate”. Lo ammonì l’amico che conosceva bene il carattere impulsivo di Sirius e aveva spesso la tendenza a reagire senza pensare, specialmente quando c’erano in ballo persone che amava.

“Era incinta!” sbottò però Black voltandosi verso James con uno sguardo che faceva leggermente paura. “Era incinta e non mi ha detto niente”.

“Forse non ne ha avuto l’occasione”. Cercò di farlo ragionare Remus.

“Sì, però…”.

“Mi dispiace tanto”. Borbottò allora Tonks andando ad abbracciare il cugino senza che questo se lo fosse aspettato; alla ragazza però dispiaceva veramente. Adorava suo cugino e le piaceva anche Sam. E non era giusto che le fosse capitato questo.

Avrebbero potuto avere un figlio…

(Sembrava un angelo, il suo angelo…)

Sirius era rientrato nella sua stanza dove sul letto giaceva Sam ancora addormentata. Le si sedette accanto e le prese la mano mettendosi a osservarla; gli era sempre piaciuta quando dormiva, era così dolce, così innocente, così indifesa, così… bellissima. Con i capelli scuri sparsi sul cuscino, la bocca leggermente socchiusa e il torace che si alzava e si abbassava a ritmo regolare.

Sembrava un angelo, il suo angelo…

Ad un tratto però la ragazza iniziò a muoversi e dopo un po’ aprì gli occhi puntandoli in quelli grigi dell’uomo che la osservava ancora come se non l’avesse mai vista.

“Ciao”. La salutò lui allora.

Lei ricambiò con un dolce sorriso. Ma improvvisamente sembrò ricordarsi di quello che era accaduto e automaticamente si portò la mano libera dalla stretta di Sirius alla pancia. L’Animagus le si fece ancora più vicino.

“Tu lo sapevi di essere incinta?”

“S… sì”. Rispose lei un po’ titubante, con la voce leggermente incrinata.

“E perché non me lo hai detto?”

Sam si voltò a guardarlo con occhi pieni di rammarico e tristezza. Però non c’era rabbia o delusione nel tono di Sirius. C’erano soltanto curiosità, preoccupazione e dispiacere.

“Perché… perché non ne ho mai avuto l’occasione e… non sapevo come dirtelo”.

Allora scoppiò totalmente in lacrime capendo che ormai non c’era più niente da fare, che il danno era stato fatto. Sirius la prese tra le braccia iniziando a cullarla come si faceva con una bambina e a sussurrarle parole dolci.

“Tranquilla, stai tranquilla. Andrà tutto bene vedrai”.

Adesso la ragazza iniziò a piangere contro la sua camicia scossa dai singhiozzi e Sirius sentì che prima o poi avrebbe ceduto anche lui alle lacrime, sebbene non fosse una persona molto incline al pianto.

“Ti prego Sam, smettila di piangere se non mi metto a piangere pure io. Ti amo, lo sai che ti amo e si aggiusterà tutto”.

(“Penso che le cose non accadano per caso.                                                                           C’è sempre un motivo”.)

Sam si alzò dal letto e indossò una camicia di Sirius che le stava parecchio grande e larga; scese giù in cucina a piedi scalzi e si accese una sigaretta.

Ora che ci pensava, era da un po’ che non fumava, forse da due o tre giorni. Non se n’era nemmeno accorta, in genere sapeva che non era facile smettere. Probabilmente perché le cose nella sua vita finalmente avevano iniziato ad andare meglio, molto meglio. Però adesso ne aveva veramente bisogno, si sentiva nervosa, stressata, arrabbiata e triste. Si sa infatti, che le cose belle non durano mai per sempre.

Fino a qualche mese fa si sarebbe scolata un paio di bottiglie di Vodka vomitando anche l’anima la mattina dopo, soltanto per non pensare, per non ricordare… ma adesso, beh, di questo non aveva più bisogno perché effettivamente le cose si erano sistemate.

Le serviva solo una sigaretta.

Poco dopo sentì dei passi che scendevano le scale e vide arrivare Lily con indosso soltanto il pigiama.

“Ciao”. La salutò la rossa. “Che ci fai in piedi, dovresti riposarti”.

“Non riuscivo a dormire”. Le rispose l’altra. “Tu?”

“Nemmeno io”.

“Siamo nella stessa barca a quanto pare”.

“Già”.

Entrambe si limitarono a starsene lì, appoggiate al tavolo della cucina, in silenzio, forse non sapendo che dire oppure perché non c’era bisogno di parole.

“Mi dispiace… per il bambino intendo”. Disse ad un certo punto Lily

“Anche a me”. Fece Sam espirando il fumo della sigaretta. “Ma forse doveva andare così”.

“Pensi?”

“Penso che le cose non accadano per caso. C’è sempre un motivo”.

ANGOLO AUTRICE STANCA

Ciao ragazzi, sì sono proprio stanca perciò non mi dilungo in troppe parole. Non ho molti commenti riguardo il capitolo, lo so che non è niente di speciale e forse nemmeno come ve lo aspettavate però mi è venuto fuori così. Che ci posso fare…

Lasciatemi voi qualche commentino piuttosto, ditemi pure che fa schifo e che non volete più che scriva.

Bacioni e a presto, kisskiss.

Milly.

fede15498 : eh già, povera Sam però purtroppo la vita è così… forse sono un po’ dura ma sai, nelle mie storie mi piace rispecchiare la realtà. Comunque non so se sia un male o un bene che io ti abbia influenzata col mio odio verso bellatrix, ma penso tu la odiassi già da prima quindi non è poi tanto un male. sono contenta che cmq il capitolo ti sia piaciuto anche se triste, ma molte volte sono proprio quelli tristi ad essere i più belli. Va bene, spero di risentirti. Kisskiss Milly.

stefanmn: ciaooo… eh, mi dispiace ma il bambino è morto. Purtroppo è così, spero comunque che continuerai a leggere… e sono contenta che anche tu odi bellatrix :p kisskiss Milly.

 roxy_black: bellatrix non è diversamente buona è diversamente abile di mente semmai… scusami, lo sai che la odio e non ci posso fare niente. E poi mi sembrava la più adatta a fare questo, è perfida e malvagia al punto giusto. Cmq sia non so se qualcuno la ucciderà o meno, continua solo a leggere e scoprirai tutto. kisskiss Milly

 Puffola_Lily: eh sì, Sam purtroppo ha perso il bimbo… che ci si può fare… Sirius comunque non è andato subito a fare a pezzi quella schifosa mangiamorte (scusa per le parole ma io la odio), effettivamente forse qui è stato un po’ OOC, ma penso che prima debba stare un po’ la fidanzata e poi, beh, si vedrà quello che farà… spero che ti sia piaciuto anche questo cap e spero di risentirti… kisskiss Milly.

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Capitolo 42
*** Capitolo quaranta ***


(“Mi vuoi sposare?”)

Sam rientrò a Grimmauld Place passandosi stancamente una mano tra i capelli; quella era stata proprio una giornata dura, aveva dovuto correggere un sacco di compiti, la Umbridge creava sempre più scompiglio e i ragazzi erano stati più agitati del solito. Forse perché quel giorno era San Valentino.

Lei però non vedeva soltanto l’ora di buttarsi sul letto e prendersi qualche coccola dal suo Sirius. Al diavolo anche San Valentino. L’aveva sempre considerata una festa stupida; insomma, perché doveva esserci un giorno in cui scambiarsi effusioni, coccole e bigliettini d’amore? Se ami qualcuno lo puoi fare qualsiasi giorno.

Ma non appena mise piede in casa, sentì che c’era qualcosa di strano, qualcosa di diverso. Innanzitutto, nell’aria sembrava esserci un odore dolciastro, piuttosto buono, come di fiori e poi non sembrava non esserci nessuno. Ma questo era impossibile, almeno Sirius doveva esserci per forza.

“Sirius”. Chiamò. Non le rispose nessuno e cominciò a preoccuparsi.

Allora abbassò lo sguardo per terra, sentendo di aver calpestato qualcosa, e trovò dei petali di rosa sparsi intorno ai suoi piedi. Ce n’erano moltissimi, di diversi colori, rossi, bianchi, rosa, arancioni e persino blu.

A quel punto iniziò a sentire una canzone, ma non riuscì a capire da dove provenisse, era come se si trovasse nei muri, si sentiva in tutta la casa.

Voglio farti un regalo
Qualcosa di dolce
Qualcosa di raro
Non un comune regalo
Di quelli che hai perso
O mai aperto
O lasciato in treno
O mai accettato
Di quelli che apri e poi piangi
Che sei contenta e non fingi
In questo giorno di metà settembre
Ti dedicherò
Il regalo mio più grande.

Iniziò a camminare seguendo i petali di rosa perché sembrava proprio che segnassero un percorso che si doveva seguire. Non ci capiva niente, non sapeva che cosa stesse facendo né chi fosse stato a fare tutto quello.

Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perchè
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai partenza
Regalo mio più grande
Regalo mio più grande.

Iniziò a salire le scale, sempre lentamente però, piuttosto confusa e stupita. Iniziò a farsi un sacco di idee in testa; beh, era San Valentino quindi qualcuno voleva fare una romantica sorpresa. Magari era stato James, infondo per Lily sarebbe stato capace di tutto. Oppure era soltanto uno scherzo.

Vorrei mi facessi un regalo
Un sogno inespresso
Donarmelo adesso
Di quelli che non so aprire
Di fronte ad altra gente
Perché il regalo più grande
È solo nostro per sempre.

All’improvviso però le venne da sorridere; forse era stato Sirius a fare tutto quello… per lei. Le rose, la canzone… però poi ci ripensò. Lui non era proprio il tipo per fare quello, non era così romantico, aveva sempre considerato quelle cose per sciocchi innamorati che credono che l’amore duri per sempre.

Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perchè
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai…

Continuò a seguire i petali adesso lungo il corridoio dove si trovavano tutte le camere del piano superiore. Diede un’occhiata più avanti per vedere fino a dove arrivassero e, con stupore, vide che finivano nella camera che condivideva con Sirius. Allora forse…

E se arrivasse ora la fine
Che sia in un burrone
Non per volermi odiare
Solo per voler volare
E se ti nega tutto quest’estrema agonia
E se ti nega anche la vita respira la mia
E stavo attento a non amare prima di incontrarti
E confondevo la mia vita con quella degli altri
Non voglio farmi più del male adesso
Amore..
Amore..

Proseguì fino ad arrivare nella sua stanza, con la musica che ancora suonava e ciò che vide la lasciò completamente sorpresa. Anche il letto, con le lenzuola rosse, era pieno di petali e ai bordi c’erano delle rose rosse intere oltre che sparse in giro sui mobili. E inoltre, la luce era data soltanto da delle candele sparse qua e là per la stanza che creavano un’atmosfera suggestiva e… romantica.

Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente
E poi..
Amore dato, amore preso, amore mai reso
Amore grande come il tempo che non si è arreso
Amore che mi parla coi tuoi occhi qui di fronte
Sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu
Il regalo mio più grande.

Ad un tratto sentì qualcuno che l’abbracciava da dietro e iniziava a baciarle il collo rilassandola. Non ci fu bisogno di girarsi o chiedere chi fosse, l’aveva già capito. Non avrebbe non potuto riconoscere quell’odore, quelle carezze, quei baci. Cavoli, allora era stato proprio lui.

La canzone si concluse e rimasero soltanto loro due in quella stanza piena di petali che emanavano quell’odore così buono e le candele…

All’improvviso vide la sua mano che da dietro le porgeva una scatoletta blu scuro. Lei la prese e con stupore si voltò verso Sirius che la guardava con un sorriso dolce e forse anche un po’ emozionato. Se ne stava davanti a lei solo in jeans e il petto scoperto.

Senza dirle niente, prima guardò la scatoletta e poi lei e Sam capì immediatamente che la doveva aprire.

Lei lo fece con mani tremanti, intuendo che cosa ci dovesse essere dentro; infatti, non appena l’aprì si trovò di fronte un anello con un piccolo diamante in cima che sembrava brillare da tutte le parti in quel momento.

Senza ancora rendersi veramente conto di quello che stava succedendo, Sam alzò lo sguardo verso Sirius che le fece una domanda che la lasciò completamente spiazzata e ancora più incredula.

“Mi vuoi sposare?”

Lei però non gli rispose, non subito almeno. Continuò a spostare lo sguardo da Sirius all’anello, credendo che fosse tutto soltanto un sogno. Lui intanto aspettava una risposta e per un attimo temette che gli avrebbe detto di no.

“S…sì”. Gli rispose alla fine infilandosi l’anello al dito ancora tutta tremante.

Sirius le sorrise felice, felice come forse non lo era mai stato in vita sua. Poi la prese in braccio e l’adagiò sul letto cosparso di petali.

Restarono lì a guardarsi, occhi negli occhi, il nocciola nel grigio.

“Ma come hai fatto a fare tutto questo?” gli chiese Sam guardandola incantata una volta che si fu ripresa dallo shock.

“Sono riuscito a mandare via tutti gli altri e James mi ha procurato le rose e l’anello che però ho scelto io”. Le rispose lui stando sopra di lei e guardandola con quel suo solito sorriso strafottente.

“Però non ti facevo così romantico”. Adesso Sam aveva preso ad accarezzargli il petto scoperto facendo scorrere le dita sui contorni del tatuaggio.

“Tu mi hai cambiato completamente. Mi hai reso un uomo migliore. Ti amo da morire”.

“Anch’io ti amo”.

E finalmente si baciarono con passione, foga e desiderio.

ANGOLO AUTRICE UN PO’ RAFFREDDATA

Ciaoooo!!! Eccomi tornata!! Lo so, in questo capitolo non succede niente di speciale, a meno che non consideriate speciale una proposta di matrimonio, però ci voleva anche questo non vi pare?? Insomma, Sam e Sirius dovranno pur sposarsi o no??

So anche che questo comportamento, questo sfoggio di romanticheria dolcissima e traboccante di miele da tutte le parti, non è tipico di Sirius e se ne accorge anche Sam, ma… beh, era da un bel po’ che avevo in mente questo capitolo e non ho resistito.

So pure che la canzone che ho messo nel capitolo non è mai stata scritta in quell’epoca e non è nemmeno di un cantante inglese, però le parole ci stanno e poi una piccola libertà poetica me lo concedete spero… quindi, ringrazio Tiziano Ferro per questa meravigliosa canzone, Il regalo più grande. Penso la conosciate tutti no?

Ok, dopo aver chiarito queste cose, beh, che dire?? Mah, io non ho nient’altro da commentare piuttosto fatelo voi. Mi farete molto felice se mi lasciate una recensione, non mordo mica anche se dite che fa schifo questo capitolo.

Va bene, ora vi lascio augurandovi una vita serena e felice perché tutti voi siete come stelle cadute dal cielo e ve lo meritate… O.O (ok, lasciate perdere quello che vi ho appena detto, è colpa della mia ex prof di ita che ieri ho incontrato in città e che mi ha detto queste cose XD sì, lo so, è una tipa strana).

Vi lascio anche una bellissima foto di Sam e Sirius fatta dalla mia amica roxy_black che ha un talento naturale per queste cose. Grazie millissime roxy, e non solo per la foto. (ne approfitto anche per farle un po’ di pubblicità: andate a leggere le sue fanfic che sono molto belle, specialmente Miss Malfoy che sta iniziando a diventare sempre più interessante oppure se preferite qualcosa di divertente c’è anche La giovane donna o La vita delle scrittrici). Ti voglio immensamente bene Roxy!!!!

È tutto, grazie e alla prossima.

Kisskiss, Milly

ROXY_BLACK: ehilà!! Sì, lo so, lo scorso capitolo è stato parecchio triste ma ormai dovresti aver capito che tipo di storie scrivo… cmq non so ancora se Bella finirà nelle mani di Sirius, ma si vedrà. Spero invece che questo capitolo per te sia stato più allegro e che ti abbia fatta sorridere di più. E poi, visto che ti piacciono le cose romantiche… kisskiss, Milly.

PUFFOLA_LILY: non ti preoccupare se la recensione è piccola, sono contenta lo stesso. Mi fa piacere che lo scorso cap ti sia piaciuto, spero che anche questo sia stato bello ugualmente. E poi penso sia stato anche un po’ meno triste. Spero di risentirti presto, kisskiss Milly.

STEFANMN: ciaoooo!!! Scusa se ti ho fatto piangere cn lo scorso capitolo però sono contenta comunque perché vuol dire che qualcosa ti ha dato… le storie più belle sono proprio quelle che ti lasciano qualche emozione, triste o felice che sia. Non credo che riuscirò a diventare famosa come la Rowling però grazie per avere fiducia in me. Semmai riuscirò a pubblicare qualcosa, ti ricorderò e magari ti dedicherò anche un libro. Baci, Milly.

FEDE15498: beh, semmai questa storia un giorno dovesse completamente fallire, continuerò a scrivere lo stesso solo per te… ihihihi… sono però contenta che lo scorso cap ti sia piaciuto, soprattutto le reazioni di Sam e Sirius visto che a me non convincevano molto. E non ti preoccupare, Bellatrix non la passerà liscia ma non voglio svelarti nulla di più. Abbi un po’ di pazienza. Baci e abbracci, Milly. J

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Capitolo 43
*** Capitolo quarantuno ***


 (…adesso era diventato un animale a quattro zampe,                                                                    più precisamente un cane,                                                                                                      un cane d’argento molto grosso.)

I ragazzi del quinto anno di Grifondoro e Tassorosso stavano aspettando nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure che arrivasse la professoressa Umbridge già con i libri aperti sul banco, rassegnati ormai al fatto che le lezioni per quella materia sarebbero state parecchio noiose. Intanto, per ingannare l’attesa, avevano incantato degli aeroplanini di carta per farli volare in giro per la stanza.

Dopo un po’ però videro entrare Sam con un sorriso a trentadue denti e sedersi sulla cattedra come faceva di solito. I ragazzi si stupirono parecchio nel trovarla così di buon umore, anche più del solito. Infatti, avevano notato che in quegli ultimi giorni era stata piuttosto cupa e nervosa. Però adesso erano contenti nel vederla così felice, dato che era l’insegnante preferita per la maggior parte.

Un’altra cosa di cui si stupirono comunque, era il fatto che era entrata lei nell’aula di Difesa al posto della Umbridge.

“Dov’è la professoressa Umbridge?” chiese una ragazza di Tassorosso.

“Oh, ha un piccolo problemino con lo stomaco, così sono stata incaricata di sostituirla”. Le rispose Sam con un sorriso divertito; era stata lei a infilare dei lassativi nel suo thè quella mattina, così che l’avrebbe fatta correre al bagno almeno fino a… sera. “Spero che non vi dispiaccia”.

Molti ragazzi si sorrisero l’un l’altro contenti di questa notizia, già pregustando il fatto che la lezione di quel giorno sarebbe stata molto più interessante e… entusiasmante, come si addiceva a una lezione di Difesa.

“Adesso, mettete via i libri e tirate fuori le bacchette”. Proseguì l’insegnante alzandosi dalla cattedra per dirigersi alla lavagna.

“Oh, finalmente qualcosa di interessante!” esclamò Seamus Finnigan rimettendo il suo libro nello zaino tutto contento, mentre Sam scriveva alla lavagna quello che a quanto pareva doveva essere una formula magica.

EXPECTO PATRONUM

Alcuni dei ragazzi fecero dei sorrisetti contenti e soddisfatti perché sapevano già che cos’era un Patronus dato che facevano parte dell’ES e glielo aveva insegnato Harry.

“Allora ragazzi, qualcuno sa dirmi che cos’è quello che ho scritto alla lavagna?” chiese Sam voltandosi verso i suoi studenti.

La mano di Hermione scattò immediatamente in aria prima di quella di tutti gli altri.

“E’ l’ incantesimo per far comparire il proprio Patronus, che è una specie di animale protettore, serve per proteggersi dai Dissennatori. Bisogna pensare a un ricordo felice per chiamarlo, visto che i Dissennatori si nutrono di ricordi brutti e dolorosi”.

“Ottimo Hermione, dieci punti a Grifondoro. Allora, chi vuole essere il primo a provare?”

A quel punto però si sentì bussare alla porta e una testa con una zazzera scura e spettinata fare capolino nell’aula.

“Ciao sorellina”. Salutò il nuovo arrivato rivolto a Sam.

“James!?” esclamò lei sorpresa e incredula. “Che ci fai qui?”

“Volevo venire a trovarti e poi mi andava di visitare la mia vecchia scuola”. Le rispose semplicemente lui con un sorriso malandrino.

“Ma come sei arrivato fin qua?”

“Ho i miei metodi”.

“Ok, però io starei facendo lezione”. Gli fece notare lei con un’espressione che diceva ‘O te ne vai o ti faccio andare via io a calci in culo’.

“Sì, infatti mi stavo chiedendo che cosa ci stai facendo tu nell’aula di Difesa”.

“Sto sostituendo la Umbridge che sta male”.

James ad un tratto assunse un’aria pensierosa, come se stesse riflettendo intensamente su qualcosa, poi le chiese di nuovo. “Ma non è che per caso c’entri tu sul fatto che lei sta male”.

“James, per l’amor del cielo! Stai disturbando la mia lezione!” gli urlò lei perdendo la pazienza.

Gli studenti risero divertiti nel vedere quella scena e l’espressione fintamente spaventata dell’uomo sotto le grida dell’insegnante. Tutta la loro attenzione era concentrata sui due e avevano anche notato la somiglianza tra quel James e Harry e inoltre l’aveva chiamata sorellina, per cui fare due più due non era difficile. E poi non erano molto stupiti nel vedere il padre di Harry, che tutti credevano morto, davanti a loro dato che avevano letto sul giornale che i genitori del ragazzo in realtà non erano morti ma erano stati tenuti prigionieri dai Mangiaorte, notizia fatta divagare da Silente. Che era una mezza verità ma sempre meglio che far sapere che Sam aveva la capacità di resuscitare i morti.

“D’accordo, d’accordo”. Fece James alzando le mani in alto in segno di resa. “Prometto che non disturbo. Mi siedo qua e starò buono buono, come un agnellino”. E andò a sedersi sulla sedia che stava dietro alla cattedra mettendoci i piedi sopra.

Sam alzò gli occhi al cielo esasperata ma divertita e fece per dire qualcosa rivolta ai suoi alunni quando venne di nuovo interrotta dal fratello.

“Stavate studiando i Patronus?”

Questa volta la ragazza sbuffò e lo guardò minacciosa. “Sì James, e prima che tu ci interrompessi volevo che qualcuno provasse a farne uno”.

“Sì, ma prima dovresti fare tu una dimostrazione”. Le fece notare lui. “Se vuoi lo faccio io”. Aggiunse passandosi una mano tra i capelli.

La sorella gli fece il gesto di procedere e lui, dopo aver preso la bacchetta, evocò un grosso cervo d’argento con delle lunghe corna maestose che inizio subito ad andare in giro per l’aula facendosi ammirare dai ragazzi che lo guardavano incantati.

“Ma è identico a quello di Harry!” esclamò Lavanda Brown indicando il Patronus come fosse un alieno.

“Davvero!?” fece James leggermente sorpreso. “Non l’ho mai visto”.

Lo sguardo del ragazzo allora si spostò sul padre e allora anche lui prese la sua bacchetta e invocò il suo cervo che però era un po’ più piccolo. E i due Patronus iniziarono ad andare in giro per l’aula sembrando proprio padre e figlio.

“Adesso però anche Sam dovrebbe fare una dimostrazione”. Aggiunse James guardando la sorella in modo fintamente accusatorio.

Sam sospirò e invocò pure lei il suo animale d’argento che però non era più quello che aveva sempre avuto. Era sempre stato un falco mentre adesso… adesso era diventato un animale a quattro zampe, più precisamente un cane, un cane d’argento molto grosso. La ragazza rimase un attimo interdetta.

“Wow!” esclamò James guardando il Patronus anche lui un po’ stupito. Poi spostò lo sguardo sulla sorella e le fece un sorriso dolce.

“Che bello!” commentò una ragazza di Tassorosso che stava provando a carezzare la testa del cane-Patronus il quale sembrava proprio avesse iniziato a scodinzolare.

“Qualcun altro vuole provare?” chiese poi Sam guardando i suoi studenti. Ma dentro di lei fremeva la voglia di urlare al mondo che si sarebbe sposata con Sirius Black, il suo Sirius Black.

Neville alzò la mano un po’ titubante.

“Sì, Neville. Vieni qua e facci vedere il tuo Patronus. Ricordati di pensare a un ricordo felice”.

(“E’ stata veramente una lezione fantastica”.)

La lezione proseguì per un’altra ora finché non suonò la campanella che segnalava che la lezione era finita. E quel giorno tutti furono dispiaciuti di doversene andare da una lezione di Difesa. Molti si avvicinarono ad Harry per dirgli che suo padre era proprio forte dato che si erano divertiti parecchio con le sue battute e il modo in cui faceva esasperare Sam.

Il trio invece si era invece trattenuto di più nell’aula.

“Ragazzi!” li chiamò Sam anche lei rimasta ancora nell’aula con James.

Harry, Ron ed Hermione si avvicinarono alla cattedra dove erano seduti i due.

“Indovinate un po’. Sirius mi ha chiesto di sposarlo”. Fece la ragazza con un sorriso felice mostrando l’anello di diamanti che aveva all’anulare sinistro.

“Wow, congratulazioni!” fece Harry contento.

“Sì, congratulazioni proprio”. Aggiunse Ron.

“E avete già deciso la data?” chiese Hermione.

“Ancora no, ma spero che sia presto. Anche se mi piacerebbe che fosse alla luce del sole”. Rispose lei facendo assumere a tutti un’espressione un po’ dispiaciuta.

“Ma sì, sono sicura che sarà così”. La consolò allora Hermione con un sorriso rassicurante e cominciando a dirigersi verso l’uscita seguita dai due amici.

“E Sam…”. Aggiunse Harry voltandosi verso la zia prima di varcare la porta. “E’ stata veramente una lezione fantastica”.

    (“Sbaglio, oppure ho sentito una punta di                                                                      gelosia nel tuo tono, sorellina?”)

James e Sam stavano passeggiando nel cortile di Trasfigurazione dopo che la ragazza aveva fatto fare un giro della scuola al fratello e lo aveva accompagnato a visitare alcuni dei suoi vecchi insegnanti.

A un tratto però videro i Weasley ed Hermione seduti su una panchina sotto ad un albero e decisero di unirsi a loro.

“Ciao ragazzi!” salutò James non appena li ebbero raggiunti.

“Ciao”. Ricambiarono i ragazzi.

“Che stavate facendo?” chiese Sam.

“Mah, niente di che. Stavamo dicendo di quanto è rognosa la Umbridge”. Rispose Ron aggiungendo alla sua frase un’espressione schifata.

Sam e James non poterono far altro che trovarsi d’accordo.

“Ho sentito che tu e Sirius vi sposate”. Sbottò Ginny rivolta a Sam per cambiare argomento.

“Eh sì!” affermò l’insegnante con un sorriso radioso mostrando l’anello di fidanzamento.

“Congratulazioni!” dissero i due gemelli in coro.

“Ragazzi, ma dov’è Harry?” chiese poi James notando che suo figlio non c’era.

“Sarà in giro a sbaciucchiarsi con la Chang o con qualche altra ragazzetta del suo Fanclub”. Rispose Ginny in tono acido alzando gli occhi al cielo.

James sorrise divertito.

“Sbaglio, oppure ho sentito una punta di gelosia nel tuo tono, sorellina?” chiese Fred rivolto alla sorella e guardandola malizioso.

La ragazza spalancò gli occhi fintamente sbigottita.

“Gelosa? Chi? Io?”

“Sì, sì. Proprio tu”. confermò George con lo stesso sguardo del gemello.

“No, affatto. Ma che dite? Perché dovrei essere gelosa?”

Tutti quanti scoppiarono a ridere divertiti facendo sprofondare la povera ragazza di imbarazzo il cui viso si mimetizzò perfettamente coi suoi capelli.

Meno male che non aveva raccontato a nessuno del bacio con Harry, beh, a nessuno esclusa  Hermione. A lei lo aveva raccontato perché era una delle sue migliori amiche e la migliore a cui raccontare di questi problemi.

Però forse, effettivamente, avrebbe dovuto fare come le consigliava l’amica; parlarne con Harry. Ma lui sembrava proprio essersene dimenticato.

ANGOLO AUTRICE MATTA

Ciaooo!!! Contenti che abbia postato così presto?? Ihihi…

Allora, vi è piaciuto il capitolo?? Spero di sì, magari vi siete fatti anche qualche risata dopo il momento di lacrime. Lo so che magari poteva essere apparso strano che James fosse venuto al castello e si fosse intromesso ad una lezione, però ehi, lui è un Malandrino e se non si mette a rompere un po’ e a infrangere le regole, che razza di Malandrino sarebbe??

Invece non stupitevi del fatto che Sam abbia messo dei lassativi nel thè della Umbridge, anche lei è una Malandrina fatta e finita e se non fa dei dispetti a chi odia, beh, non sarebbe Sam.

Bene dai, i commenti li lascio a voi, l’ultima cosa che ho da dirvi è che presto pubblicherò un’altra fic di Harry Potter, verso gli inizi di Ottobre credo, anche se non ho ancora finito questa. Non preoccupatevi, non tarderò ad aggiornare Samantha Potter anche perché ho già alcuni capitoli pronti e ho già in mente il finale. Quindi, spero che andrete a leggere anche quest’altra mia fanfic, mi fareste proprio un ottimo piacere. Ma ovviamente non vi costringo.

Ok, mi sono dilungata già troppo.

Vi mando un abbraccio fortissimo che mi state proprio cari. Continuate a recensire e diventatemi sempre più numerosi, mi raccomando :D

Kisskiss, Milly

STEFANMN: uuuh… sono proprio contenta che ti ho fatto emozionare, vuol dire che il capitolo ha fatto effetto. Comunque sia, spero non sia venuto troppo troppo sdolcinato, perché a me le cose sdolcinate non piacciono molto, anche se magari la canzone di tiziano forse te lo ha fatto credere. Beh, io dico sempre di non essere né romantica né sdolcinata, ma alla fine mi ritrovo ad ascoltare le canzoni d’amore. Mah… vabbè, spero di risentirti. Un bacio. Milly

FEDE15498: ahah tranquilla per il momento da gallina, anch’io ne ho spesso. Forse lo avuto proprio mentre scrivevo lo scorso capitolo. Sono contenta però che hai ascoltato la canzone mentre leggevi, allora ti ha fatto proprio quell’effetto che ha fatto a me. E sono anche contenta che ti piaccia, avevo paura che qualcuno la trovasse troppo sdolcinato e per niente adatto né alla situazione né ai personaggi. Non a molti piace tiziano ferro. Spero di risentirti, un beso. Kisskiss, Milly.

P.S. roxy_black ci tiene a ringraziarti per i complimenti che hai fatto alla sua foto. È proprio contenta che ti piaccia. Ti avviso che ce ne saranno altre, anche più hot, per cui preparati. XD

PUFFOLA_LILY: uuuuh!! Ti è piaciuto così tanto?? (Milly si mette a saltellare sul letto come un canguro in preda a strilli da gallina). Sono d’accordo con te, Sirius è strafigo e a petto nudo, be’, è semplicemente da sbavo. Anch’io invidio Sam e vorrei proprio ritrovarmelo nel mio letto mezzo nudo e con delle rose in mano solo per me *w*. Ok, basta, se no qua gli ormoni ci attaccano. Ihihi. Spero di risentirti, un bacio. Kisskiss, Milly

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Capitolo 44
*** Capitolo quarantadue ***


N.B. chiedo già umilmente perdono alle fan di Draco Malfoy; non è che io odi quel personaggi, mi sta semplicemente indifferente. Diciamo che per me è un personaggio piuttosto elastico, lo adeguo per ogni fanfiction che scrivo o leggo. E in questa storia mi è venuto così, mi dispiace. Non posso farci niente. Non cruciatemi, vi prego.

(“Dai, facciamolo tornare da noi.                                                                                            Farà bene anche alla mamma”)

Sam e James si trovavano da soli nella biblioteca di Grimmauld Place con le finestre chiuse mentre la luce era data soltanto da alcune candele accese e sparse qua e là. Sam era seduta in mezzo al pavimento, dentro al cerchio della polverina magica e davanti a lei una ciotola vuota.

“Sei sicura che funzionerà?” le chiese James appoggiato alla libreria in un angolo con voce piuttosto cupa e preoccupata.

“Ma sì certo, se ha funzionato una volta funzionerà anche la seconda”. Gli rispose lei minimamente preoccupata.

“Mi preoccupo solo che non ti succeda qualcosa”.

“Perché dovrebbe succedermi qualcosa?”

“Queste cose sono pericolose, lo sai”.

“Lo so, ma finora abbiamo avuto fortuna”.

“Con la fortuna non si scherza”.

“Non ti facevo così saggio, fratellino”. Sam alzò lo sguardo verso James  e lo guardò con un sorriso rassicurante.

“Dai, facciamolo tornare da noi. Farà bene anche alla mamma”. Aggiunse infine non ottenendo risposta  dal fratello.

(“…Credo che questa volta tu abbia
 
veramente rischiato la vita”.)

“Sam! Sam! Svegliati!” chiamava James dando qualche scossa e sberletto sulle guance della sorella per farla rinvenire.

La ragazza si alzò lentamente; aveva la testa che girava e si sentiva piuttosto debole, come se qualcuno l’avesse tramortita dopo averla picchiata un po’. Aveva anche il respiro leggermente accelerato e il cuore che batteva piuttosto forte.

James aveva fatto piuttosto fatica a risvegliarla e si era veramente spaventato quando l’aveva vista svenire e non rialzarsi più; ci avrà impiegato almeno dieci minuti per farla rinvenire.

La ragazza intanto si guardò intorno confusa finché non riuscì a mettere bene a fuoco il fratello davanti a lei.

“Che è successo?” gli chiese con voce molto debole.

“Non lo so. Dimmelo tu”. le rispose lui sorreggendola.

“Io…io… l’avevo trovato e gli avevo preso la mano. Ma poi… poi sono quasi caduta dentro… la luce intendo, dentro la luce”.

James spalancò gli occhi preoccupato e scioccato; si erano informati un po’ dopo che Sam aveva fatto resuscitare Lily e avevano scoperto che in teoria quella luce da dove Sam aveva recuperato la cognata era la luce dell’aldilà, quella dove si trovano tutti i morti. Se lei stava per cascarci dentro voleva dire che… non voleva neanche pensarci.

“Ma lui dov’è?” chiese Sam puntando uno sguardo duro e preoccupato negli occhi del fratello dopo essersi di nuovo guardata intorno.

“Non lo so. Non lo vedo”.

“Forse dovrei riprovarci”.

“Non se ne parla neanche. Credo che questa volta tu abbia veramente rischiato la vita”.

Sam non disse niente né cercò di negare; forse perché semplicemente non ne aveva la forza oppure perché effettivamente non poteva dare torto al fratello.

“Oh Santo Merlino! Sam! James!” si sentirono chiamare ad un tratto dalla voce di Sirius che proveniva dal salotto al piano di sotto.

I due ragazzi si precipitarono giù per le scale allarmati dal tono serio e preoccupato del padrone di casa.

Quando arrivarono, però, si trovarono davanti un uomo piuttosto alto, con i capelli scuri e spettinati e gli occhi verdi che loro conoscevano molto bene.

“Papà!?” esclamarono i due tra l’incredulo e il sorpreso.

                            (…il tuo unico peccato è quello di essere                                                                                     nato in una famiglia sbagliata…)

“Ragazzi, mi dispiace veramente tanto che abbiate dovuto soffrire così tanto”. Disse il signor Potter guardando i tre figli, visto che ormai considerava anche Sirius come un figlio, con sguardo dispiaciuto e malinconico. “E mi dispiace di avervi lasciati ad affrontare tutto questo da soli”.

“Non è stata di certo colpa tua, papà”. Cercò di confortarlo Sam con un sorriso comprensivo.

“Sappiamo benissimo di chi è stata la colpa, invece”. Aggiunse Sirius in tono rabbioso e frustrato.

Tutti voltarono lo sguardo verso di lui capendo benissimo come dovesse sentirsi; colpevole e… beh, anche triste per tutto quello che era successo e frustrato per non essere riuscito almeno lui ad aiutare a proteggere quelli che amava.

“Amore, ti stai incolpando per caso?” gli chiese Sam con voce dura e uno sguardo serio.

Sirius però non le rispose, si limitò a buttarsi su una poltrona e a passarsi stancamente le mani tra i capelli.

Il signor Potter allora gli si sedette davanti e gli appoggiò le mani sulle spalle facendogli alzare il viso così che i loro sguardi si incontrarono, occhi verdi negli occhi grigi.

“Figliolo, tu non hai alcuna colpa per quello che è successo, il tuo unico peccato è quello di essere nato in una famiglia sbagliata ma nemmeno per questo ti si può incolpare. La famiglia non te la puoi scegliere”.

Black non era mai stato molto abituato a sentirsi fare discorsi del genere, quando era piccolo suo padre non gliene aveva mai fatti e comunque l’ultima volta che il signor Potter gli aveva parlato in questo modo avrà avuto sedici o diciassette anni.

Quindi non sapeva più che dire, come comportarsi, cosa fare. Ma in fondo non servivano molte parole, anche un semplice scambio di sguardi bastava.

“Comunque sono contento che stai insieme a mia figlia”. Aggiunse infine con un sorriso molto simile a quello di James.

“Wow, papà, questo è un miracolo! Non ti sono mai piaciuti i miei ragazzi”. Esclamò Sam a quel punto ridendo divertita e ricordandosi le scenate di gelosia che faceva suo padre quando veniva a sapere che la sua piccola bambina aveva un fidanzatino.

“Eh, Principessa, le persone cambiano”. Fu il commento del padre e tutti quanti scoppiarono a ridere.

“Piuttosto, potrei vedere la mia cara mogliettina, adesso?” chiese infine quando tutti smisero di ridere.

Gli altri tre si guardarono l’un l’altro come a chiedersi se fosse una buona idea.

Alla fine fu James a rispondere. “Va bene, ti accompagniamo”.

                                              (“Avrò paura di voi soltanto quando una                                                                           scimmia mi uscirà dal culo”.)

“Oh, ma guardate chi c’è, la banda degli sfigati”. Disse Malfoy in tono piuttosto acido trovandosi davanti a Harry, Hermione, Ron e Ginny insieme ai suoi due scagnozzi, Tiger e Goyle.

“E qui invece abbiamo il leccaculo figlio di papà con i suoi scimmioni deficienti”. Gli rispose Harry a tono già pronto ad un’altra battaglia, questa volta a suon di bacchette.

“Credi di potermi offendere con queste insulse frasette fatte, Potterino?” fece Malfoy che sembrava stesse proprio per incazzarsi; Harry, invece, dal canto suo si sentiva proprio tranquillo e non vedeva l’ora di mettere in azione la sua bacchetta.

I due nemici iniziarono ad avvicinarsi l’un l’altro con sguardi piuttosto minacciosi e guardandosi dritto negli occhi intanto che altri ragazzi si radunavano lì attorno per assistere alla scena.

“Ragazzi, non mi sembra il caso di iniziare una lotta proprio qui”. Si intromise Hermione mettendosi in mezzo ai due per fermare una possibile futura lotta.

“Non sono affari tuoi questi, Mezzosangue”. Sputò acidamente il biondo Serpeverde scatenando questa volta anche le ire di Ron mentre Ginny trascinava indietro la riccia perché non finisse in mezzo.

“Ritira immediatamente quello che hai detto!” sbraitò Harry a pochi centimetri di distanza da Malfoy.

“Non ci penso proprio”.

A quel punto il Grifondoro diede uno spintone piuttosto forte al Serpeverde facendolo arretrare all’indietro e infuriare ancora di più; Tiger e Goyle si schioccarono le dita.

“E anche voi due fareste meglio ad andare via se non volete finire male”. li minacciò Harry in tono rabbioso.

“Credi di farci paura?” fece Tiger guardando i quattro Grifondoro come fossero dei scarafaggi.

“Beh, dovresti averne”. Gli rispose Ron che già aveva tirato fuori la bacchetta insieme all’amico.

“Avrò paura di voi soltanto quando una scimmia mi uscirà dal culo”. Bofonchiò il grosso Serpeverde.

“D’accordo”. Lo assecondò Harry mostrando un sorrisetto malandrino e agitando la bacchetta quasi senza farlo nemmeno notare; in quel momento Tiger assunse un’espressione strana, come se fosse stato colpito all’improvviso da un acuto mal di pancia. Si piegò in avanti emettendo strani borbottii, mentre tutti gli sguardi erano puntati su di lui, curiosi.

Si sentì uno schiocco, come di un pezzo di stoffa che si strappa; infatti erano i pantaloni di Tiger che si erano strappati e ad un tratto si vide spuntare, a poco a poco, una piccola scimmietta dal pelo bianco e nero che immediatamente iniziò a sbraitare e a correre in giro per il cortile.

Tiger svenne non si sapeva se per la paura o il dolore che gli aveva provocato quella scimmietta uscendo dal suo didietro. Malfoy e Goyle invece guardavano tutta quella scena con un espressione che era tra lo spaventato e lo sbigottito. Tutti gli altri ragazzi che erano lì presenti invece scoppiarono a ridere e c’era addirittura chi l’aveva fotografato. Anche Harry se la rideva divertito e ora guardava i due Serpeverde con uno sguardo che diceva: Provate a sfidarmi adesso.

Era un piccolo trucchetto innocuo che gli aveva insegnato suo padre, molto divertente ed efficace a spaventare i nemici.

Infatti Malfoy iniziò subito ad arretrare sempre più veloce finché non si voltò mettendosi a correre terrorizzato.

“Dove scappi, Malfoy?” gli urlò dietro Harry disarmandolo con un Expelliarmus e facendolo quindi cadere per terra.

Allora lo sollevò a mezz’aria con un Levicorpus e lo tenne così sospeso a testa in giù.

“Tuo padre verrà a sapere anche questo, eh Malfoy?” lo prese in giro con tono canzonatorio mentre gli altri ragazzi radunati lì attorno continuavano a ridere. “Allora, chi vuole vedere le mutande del Furetto?” chiese poi il Grifondoro rivolto al suo pubblico.

In quel momento però stava passando Sam che, non appena vide tutta quella scena, ebbe un improvviso attacco di Déjà-vu.

“Chi vuole vedere le mutande di Mocciosus?”

“Harry!” lo chiamò con voce severa. “Che cosa stai facendo?”

Harry abbassò immediatamente la bacchetta facendo cadere Malfoy a terra mentre tutti gli altri ragazzi smettevano di ridere, leggermente spaventati e preoccupati. Anche Harry tremava leggermente sotto lo sguardo minaccioso della zia; eh sì, a volte faceva proprio paura.

SPAZIO AUTRICE MATTA

Ciaoooo!!! Allora, piaciuto il cappy?? Capito adesso perché all’inizio ho scritto quella nota. Spero non ve la siate presa troppo a male, immagino che ci siano molte fan del bel Serpeverde. Perché sì, lo posso ammettere anch’io. È bello e non è affatto un personaggio che odio, posso capire perché la Rowling lo abbia fatto agire così e perché gli ha fatto fare delle azioni malvagie.

Ovviamente tutti voi vi sarete accorti che per la scena delle smutandata di Malfoy mi sono ispirata a quella di Piton junior da parte di James junior. Anzi, lo praticamente copiata ma vabbè, Harry è pur sempre figlio suo.

Meno ovviamente, ma sicuramente molto probabile, avrete capito che per la scena della scimmietta che esce dal culo di Tiger, invece, mi sono ispirata al film Una settimana da Dio con Jim Carrey.

Comunque sia, spero che vi siate divertiti. Ho fatto anche resuscitare il padre di James e Sam. Visto?? Eheheh… sono sempre piena di sorprese io, o no? Bo’, vabbè, sta a voi giudicare lasciandomi qualche bella recensione. O anche brutta, è lo stesso.

Mi permettete anche di farmi un pochino di pubblicità?? Eeeh già, ci vuole.

Allora, per la saga di Twilight ho pubblicato due fanfiction che sono già complete: The Power of The Love e Stessi occhi stesso sangue. Per la saga di Maximum Ride, invece, per chi di voi la conosce e ne è un fan, mi farebbe un immenso piacere se andasse a leggere La luce dei miei occhi.

Ok, è finita, adesso potete tornare a respirare, ahahah… anche per oggi Milly ha finito di rompere. Kisskiss. 

STEFANMN: sono contenta che ti siano piaciuto gli scorsi due capitoli e spero che ti sia piaciuto anche questo, soprattutto visto che Jim Carrey è il tuo attore preferito XD… ahaha spero di risentirti, kisskiss Milly.

FEDE15498: uuuh, mi fa proprio piacere che lo scorso capitolo ti abbia messa di buon umore, in tal caso allora anche questo dovrebbe farlo. Sempre ammesso che tu non sia un fan sfegatata di Malfoy. in tal caso dovrò andare a nascondermi dalle maledizioni che sicuramente mi lancerai. Ok, dai, fatti risentire che ormai mi sono affezionata a te… ihihi kisskiss Milly.

Ps: non ti preoccupare, la mia prossima fic arriverà a breve, penso già la prossima settimana e sarei molto felice se l’andassi a leggere… J

PUFFOLA_LILY: ciaooo!!! Ahaha, ho capito che stra adori Sirius… beh lo adoro anch’io e d’altronde chi non lo amerebbe?? Anche secondo me i gemelli sono forti, infatti adoro anche loro, soprattutto Fred. Ed era ovvio che Sam facesse uno si vendicasse della Umbridge, il suo lato Malandrino non è mica morto. Ok, spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo e anche per te vale quello che ho detto sopra a Fede… se sei una fan di Malfoy, mi sa che dovrò correre più veloce del vento per scappare dalle maledizioni che mi lancerete… (Milly si fa piccola piccola). Kisskiss Milly.

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Capitolo 45
*** Capitolo quarantatrè ***


 (Per lei si sarebbe fatto di nuovo chiudere ad Azkaban,                                                                    per lei si sarebbe pure fatto uccidere.)

Sirius chiuse il frigo della cucina e si diresse verso il salotto con un bicchiere di Whiskey in mano. Si trovava da solo in casa e non aveva la più pallida idea di che cosa fare; era frustrante doversene stare lì dentro senza poter uscire fuori e collaborare direttamente con gli altri membri dell’Ordine. Si sentiva come se fosse chiuso in prigione… di nuovo.

A volte gli sembrava quasi che sarebbe impazzito o che avrebbe avuto una crisi isterica; però adesso c’era di nuovo James, il suo migliore amico, suo fratello. All’inizio gli sembrava soltanto un sogno, non poteva credere di averlo di nuovo accanto.

E poi c’era anche Sam, la sua piccola Sam, la sua Lentiggini… lei riusciva a calmare tutte le sue pene, a fargli dimenticare tutti i problemi. Con lei sarebbe anche andato sulla Luna e avrebbe attraversato il deserto del Sahara. Per lei si sarebbe fatto di nuovo chiudere ad Azkaban, per lei si sarebbe pure fatto uccidere.

Se qualcuno anni fa gli avesse detto che un giorno si sarebbe innamorato perdutamente di qualcuna e che questa qualcuna sarebbe stata proprio la sorella del suo migliore amico gli avrebbe riso in faccia. E invece… invece si era proprio innamorato perdutamente e se fosse successo qualcosa a Sam… no, non voleva pensarci. Le aveva promesso che non l’avrebbe mai lasciata e ciò implicava anche che l’avrebbe protetta e che non avrebbe permesso che le succedesse qualcosa.

E inoltre presto si sarebbero dovuti sposare però non sapeva né come né quando. Sapeva che lei desiderava un bel matrimonio, con tutti gli amici e i parenti, un matrimonio fatto magari all’aperto, in estate. Insomma, lei non era mai stata una ragazza che faceva molti sogni di questo tipo, che sognava matrimoni da favola, principesse e principi azzurri sui cavalli bianchi. Però, quando sei piccolo, queste cose è inevitabile che le desideri anche se da adulto poi ti è indifferente.

Ma almeno voleva regalarle questo, un bel matrimonio da favola. Voleva renderla felice, se lo meritava e in certi momenti aveva paura che con lui non potesse essere felice. Nessuna ragazza era mai stata abbastanza felice con lui e con nessuna ragazza era mai stato felice lui.

Però con lei… beh, con lei sì che era felice. Anche dentro quella casa, anche sentendosi in trappola. E anche se fosse dovuto morire il giorno dopo, beh, non gli sarebbe importato perché avrebbe saputo che negli ultimi giorni della sua vita era stato felice. Con Sam

Appoggiò il bicchiere di Whiskey sul tavolino del salotto e si passò una mano tra i capelli stancamente; doveva trovare qualcosa da fare se no sarebbe veramente potuto uscire da quella casa anche lanciandosi dalla finestra per la noia.

Ad un tratto però sentì un rumore piuttosto forte che lo riscosse dai suoi pensieri; era un rumore secco, come quello di un ramo che si spezza ma lui l’aveva riconosciuto come il tipico CRAC della Materializzazione. E dopo il primo ne susseguirono altri, forse quattro, ancora più forti. Provenivano dal piano superiore.

Immediatamente la sua mano corse alla bacchetta e il suo cuore accelerò i battiti; non poteva essere nessuno dei suoi amici, loro entravano sempre dalla porta. Ma magari erano solo inutili paranoie, forse era solo Sam che voleva fargli una sorpresa oppure Kreacher che faceva i soliti dispetti. O anche un topo.

Dopo un po’ però sentì dei passi che scendevano dalle scale, parecchi passi e immediatamente si nascose dietro il divano in attesa, col cuore trepidante e la bacchetta pronta.

Ma, non appena una delle persone che si erano infiltrate in casa sua, entrò nel salotto dove si trovava lui, Sirius strabuzzò gli occhi. Bellatrix Lastrange, in tutto il suo splendore nonostante tutti quegli anni passati ad Azkaban, si aggirava per la stanza toccando i mobili come se volesse analizzarli per scoprire se lì abitavano delle persone e da quanto tempo.

L’uomo però dovette ammettere che la cugina aveva ancora mantenuto quell’eleganza e quel portamento nobile tipici della famiglia Black, quelli che invece lui aveva sempre cercato di non possedere. E inoltre, quel cipiglio e quella smorfia che aveva sul viso gli ricordavano terribilmente sua madre.

La donna si fermò accanto al tavolino dov’era appoggiato il bicchiere di Whiskey ancora mezzo pieno; lo prese in mano e lo assaggiò leccandosi le labbra in un modo alquanto serpentesco.

Sirius, da dietro il divano, intanto, ghignò tra sé e sé; era un’occasione che avrebbe potuto cogliere al volo, avrebbe potuto vendicare Sam e quel bambino che non avevano mai avuto.

Lentamente e molto silenziosamente si mosse verso la cugina e le si piazzò dietro le spalle puntandole la bacchetta contro la nuca; la Mangiamorte, sentendo la pressione del bastoncino, si voltò verso l’uomo rimanendo però totalmente impassibile, come se stesse aspettando proprio quello.

“Cuginetto caro”. Gracchiò Bellatrix inarcando le labbra. “Da quanto tempo che non ci vediamo. Sai, si sentiva tanto la tua assenza ad Azkaban, manchi molto ai Dissennatori”.

“Io credo invece che si senta molto di più la tua assenza. Sono sicuro che i Dissennatori non vedano l’ora di riaverti”. Le rispose Sirius questa volta puntandole la bacchetta alla fronte. “E ti ci rispedirei volentieri io stesso da loro se non avessi un conto in sospeso con te”.

“E’ una minaccia questa per caso?” gli chiese lei con la sua voce strascicata e per niente intimorita.

“No, è una constatazione”. L’uomo avvicinò il viso a quello della donna e le soffiò a un centimetro dalla faccia. “Preparati a morire”.

Bellatrix, per tutta risposta, sorrise come se fosse soddisfatta di qualcosa facendo così vacillare Sirius che non si era minimamente aspettato quella reazione; all’improvviso però si sentì colpire alla schiena da uno Schiantesimo molto forte, come se fosse stato provocato da più di una bacchetta e andò a sbattere contro il tavolino mandandolo in frantumi.

Sentì la cugina ridere in modo molto sguaiato; si chiese che cosa fosse successo dato che la Mangiamorte non aveva nemmeno estratto la bacchetta dal mantello. Quando si riprese dal colpo, con la vista ancora leggermente offuscata, vide altri tre Mangiamorte con le bacchette sguainate accanto alla porta.

Maledizione! Si era completamente dimenticato che ne erano entrati altri. Eppure Moody lo ripeteva sempre, vigilanza costante.

Bellatrix gli si avvicinò premendo bene i tacchi dei suoi stivali sul pavimento e gli puntò contro la bacchetta. Sirius però riuscì a spostarsi rotolando per schivare l’incantesimo e agilmente raccolse la bacchetta che gli era caduta lì vicino e si rialzò.

Lanciò una maledizione contro i tre Mangiamorte vicino alla porta riuscendo a colpirne uno mentre gli altri due si erano spostati per schivarla permettendo così a Sirius di passare. Corse su per le scale intanto che Bellatrix gli lanciava altri Schiantesimi e altre Maledizioni che l’Animagus riusciva a evitare, così andavano a colpire la ringhiera e i muri attorno.

Quando arrivò in cima alle scale, però, si trovò davanti ad un quarto Mangiamorte che gli scalzò un incantesimo ma Sirius, velocemente, riuscì ad abbassarsi colpendolo poi alle gambe per restituirgli l’attacco.

Il Mangiamorte cadde a terra iniziando a contorcersi come in preda alle convulsioni.

“Dove scappi cuginetto?” sentì Bellatrix urlargli dal piano di sotto in modo molto provocatorio. “Non dirmi che sei un vigliacco”.

Lui era tutt’altro che vigliacco, però in quella casa c’erano troppi Mangiamorte per una persona sola. Beh, teoricamente ne aveva atterrati due e ne rimanevano altri tre, inoltre voleva ammazzare sua cugina. Così, recuperando un po’ le forze e prendendo un gran respiro, decise di scendere di sotto e affrontarli a testa alta.

“Sono tutto per te, Bellatrix!” esclamò con voce dura una volta che fu arrivato all’ultimo scalino. Lanciò immediatamente un incantesimo ai due Mangiamorte; voleva lasciare la cugina per ultima così avrebbe avuto tutto il tempo per ucciderla lentamente. I due però erano piuttosto bravi e anche agili così riuscivano a schivare benissimo tutte le Maledizioni e gli Schiantesimi e anche se venivano colpiti si rialzavano in fretta.

Iniziò una lotta piuttosto accesa tra i quattro in cui si vedevano uscire scintille di tutti i tipi  di tutti i tipi che andavano a colpire i muri e i mobili della casa dato che erano tutti piuttosto bravi ad approfittare di ogni angolo per schiavare gli attacchi.  Al rumore degli oggetti distrutti si aggiungevano i risolini di esultanza di Bellatrix.

Sirius strisciò verso il divano dato che gli sembrava un buon punto da dove tenere sotto controllo la situazione e si diede un’occhiata al braccio perché sentiva qualcosa di viscido e bagnato che gli colava lungo il gomito; c’era un taglio che però non sembrava molto profondo. Forse avrebbe dovuto mandare un Patronus a qualcuno per chiamare aiuto ma non aveva molto tempo e adesso aveva anche dovuto innalzare uno scudo magico per evitare l’attacco di uno dei tre Mangiamorte che si era messo in una zona piuttosto vantaggiosa per poter colpire senza essere colpito a suo volta.

Così l’Animagus fu costretto ad alzarsi uscendo allo scoperto per poterlo attaccare e mettere K.O., se no gli impediva di affrontare gli altri due.

Bellatrix però approfittò subito di quella situazione e colpì il cugino con una Cruciatus piuttosto potente che lo fece cadere a terra tra urla di dolore. Gliene lanciò altre due prima di avvicinarglisi lentamente e minacciosamente, facendo udire bene i tacchi.

Sirius non aveva più la forza di muoversi, tanto meno di attaccare. Se ne rimase semplicemente lì, appoggiato al muro in un angolo, con il respiro accelerato.

La Mangiamorte estrasse un pugnale dal mantello e con un colpo secco lo conficcò nello stomaco dell’uomo facendolo rantolare.

“Bye, bye, cuginetto”. Gli sussurrò a poca distanza dal viso prima di sfilare il coltello e Smaterializzarsi dalla casa con gli altri due Mangiamorte che si erano portati dietro anche i due feriti.

Sirius invece non riusciva più a fare niente, nemmeno fermare il sangue che gli usciva copioso dalla ferita allo stomaco e che gli faceva parecchio male. La vista gli si era ormai offuscata e sentiva che anche le ultime forze stavano per abbandonarlo finché non chiuse definitivamente gli occhi e non sentì più alcun dolore.

ANGOLINO PER ME

Sicuramente adesso, per la millesima volta, vi sarete preparati armati di asce e forconi pronti a scagliarmeli addosso.

Chiedo veniaaaaaa!!! Pietà!!!! Se mi uccidete non saprete mai come andrà a finire la storia, non saprete se Sirius è morto oppure no.

Lo so, lo so, quand’è che lascerò in pace questi poveri personaggi?? Ma ormai dovreste aver capito che sono un po’ sadica, per cui… muahahah…ok ok, basta, così non faccio altro che alimentare il vostro odio…

Bene, che cosa succederà nel prossimo capitolo?? Sirius sopravvivrà?? Come la prenderanno Sam e James?? Chi lo troverà??

Lascio a voi la risoluzione del quiz, chi azzeccherà tutte le risposte riceverà onore e gloria per il resto della sua vita… ahahah.

Kisskiss, continuate a recensire e cercate di essere sempre più numerosi. J

Milly.

P.S. è arrivata Little Marauders, la nuova fanfiction che vi avevo promesso. Ho già pubblicato il prologo e il primo capitolo, se la andaste a leggere mi fareste veramente felice. Di nuovo, kisskiss.

FEDE15498: ciao carissima… sono contenta che riguardo a Malfoy non te la sia presa perché l’ultima cosa che vorrei è offendere i miei lettori. Comunque sia, se lo scorso capitolo ti ha messo di buon umore, credo invece che questo ti farà piangere o che almeno non ti farà sicuramente sorridere. Embè, ormai dovresti aver capito come sono… dopo il sereno arriva sempre la tempesta, che ci posso fare. spero comunque che ti sia piaciuto e di’ a tuo fratello che mi va benissimo se cianci, anzi, sono contenta, mi piacciono le persone che parlano tanto. Perciò, spero di risentirti cianciare, kisskiss Milly.

PUFFOLA_LILY: oddio!! Una fan di Malfoy… O.O *va a nascondere la testa sotto terra per la vergogna*. Anzi, dovrei proprio sotterrarmi visto che qui ho fatto del male a Sirius, al povero e caro Sirius. Sì, sono proprio perfida, lo so. Non c’è speranza… L adesso avrai tutti i motivi per farmi fuori. Va bene, ti do ragione questa volta, forza, ammazzamiii!!! Oddio, mi sento tanto melodrammatica oggi. Va bene dai, la smetto di romperti che ormai mi starai lanciando maledizioni di tutti i tipi… hihihi… oddio! Cos’era quella?? Una crucio?? Ahahaha *scappa a gambe levate*. Kisskiss Milly.

ROXY_BLACK: ahaha ross, della serie non è che ti odio ma se tu prendessi fuoco e io avessi un bicchiere d’acqua, lo berrei. Comunque sia, sono proprio d’accordo con te, James era il classico bulletto, lo devo ammettere, ma è anche per questo che lo amo… *w*. Sono d’accordo con te anche sul fatto che non si gioca con la vita e con la morte, anzi, sono convinta anch’io che la morte sia giusta. Ma tu sai che io sono cronicamente incapace di uccidere i Malandrini. Per cui… ok, spero di risentirti. Un beso, mi amor. Milly

STEFANMN: sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso cap e spero anche questo. Un bacio, Milly.

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Capitolo 46
*** Capitolo quarantaquattro ***


(Noi siamo così perfette. Immacolate.)

James era appena entrato a Grimmauld Place numero dodici per passare un po’ di tempo con l’amico dopo essere stato nella casa dei suoi genitori assieme al padre, a Lily e Remus. Non gli piaceva lasciare Sirius da solo per troppo tempo in quella casa e Sam era ad Hogwarts perciò non aveva neanche la sua compagnia.

Non appena però mise piede nel corridoio gli mancò il respiro e venne immediatamente pervaso da un’ondata di panico e da brividi che gli scorsero lungo la schiena. Sembrava che nella casa fosse avvenuta la terza guerra mondiale; mobili rotti, muri distrutti, scale e ringhiera scheggiati e c’era pure qualche macchia rossa sul pavimento.

Qualcuno doveva essersi infiltrato nella casa per attaccare Sirius o chiunque si trovasse lì dentro. Ma chi? E perché? E soprattutto adesso Sirius dov’era?

Corse praticamente per tutto il corridoio, per quanto le macerie glielo permettessero, e ogni tanto chiamava l’amico a gran voce; giunse fino in salotto che era ridotto ancora peggio.

All’improvviso, però, qualcosa di rosso e vischioso che scivolava lungo il pavimento vicino al divano, come una specie di rigagnolo che scorre, attirò la sua attenzione; capì immediatamente che era sangue, parecchio sangue.

Fece il giro del divano finché non trovò l’amico appoggiato al muro, completamente immobile e con gli occhi chiusi, con una profonda ferita allo stomaco da cui usciva tutto quel sangue che aveva visto scorrere sul pavimento.

Gli tastò il polso col fiato sospeso e il panico che lo pervadeva in tutto il corpo; niente, non riusciva a sentirlo, non riusciva a sentire niente. Si sarebbe volentieri messo ad urlare per la paura, la rabbia, la frustrazione… ma doveva cercare di mantenere la calma. Doveva esserci, doveva esserci per forza quel dannato battito, il corpo era ancora caldo.

Allora gli mise due dita sul collo provando a sentire se c’era qualcosa lì, ma ancora non riusciva a sentire niente.

“Cazzo, Sirius, non puoi lasciarmi!” urlò in modo rabbioso cercando di non far uscire le lacrime e di non farsi prendere totalmente dal panico.

Appoggiò la testa sul petto, lì era più semplice sentire qualcosa. E infatti finalmente lo udì, il battito del cuore, ma era molto, molto debole.

Tirò un sospiro di sollievo riprendendo il controllo; adesso doveva fermare l’emorragia e richiudere la ferita. Cercò di bloccarla con le mani ma non serviva a niente anche perché poi non poteva usarle per fare qualcos’altro. Così si tolse la camicia rimanendo in canottiera, l’appallottolò e la premette forte sulla ferita riuscendo a bloccare lo scorrere del sangue almeno un po’.

Poi iniziò a scuotere l’amico per farlo rinvenire.

“Ehi, Sirius, svegliati. Ti prego, svegliati!”

Stavolta iniziò pure a schiaffeggiarlo.

“Ti prego, Paddy, forza svegliati. Dai cazzo, ti giuro che se non ti svegli ti prenderò a calci in culo tante di quelle volte che non riuscirai più a sederti per almeno sei mesi”.

Finalmente vide la testa di Sirius muoversi e sentì dei mugugni uscire dalla sua bocca.

“Jam…es?” bofonchiò con voce debole e senza aprire gli occhi.

“Oh, grazie a Merlino, sei vivo!” esclamò James alzando gli occhi al cielo sollevato. “Riesci a dirmi che è successo?” gli chiese poi, più che altro per tenerlo occupato così che non si riaddormentasse di nuovo.

“Ma…Mangiamorte”. Riuscì a borbottare Sirius.

“Quanti?”

“Cinque”.

“Cinque contro uno. Che vigliacchi!” James avrebbe volentieri spaccato qualcosa se non avesse avuto le mani occupate a bloccare l’emorragia.

“Bella…”. mormorò Black, ma talmente a bassa voce che l’amico non riuscì a udirlo.

“Che cosa?”

“Bella…Bellatrix… non sono riuscito a… ucciderla”.

“D’accordo, non ha importanza ora”. Cercò di confrontarlo James. “Ti devo portare da un’altra parte per curarti la ferita, ok?”

Sirius gli rispose soltanto con un borbottio e James, vedendo che si sarebbe addormentato di nuovo, lo scosse un po’.

“Tu però devi resistere, devi rimanere sveglio, ok? Ti porto via da qui, ma devi resistere. Pensa a Sam, pensa a Sam che ti sta aspettando”.

“Sam…”.

“Sì, Sam”.

James si sarebbe volentieri messo a urlare dalla disperazione; non sapeva più che fare, non sapeva dove portarlo e lui non poteva curare quella ferita da solo, ma non poteva nemmeno portarlo al San Mungo, era ancora ricercato.

Poi gli venne in mente; ma certo, a casa sua! Là inoltre c’era Lily che di sicuro avrebbe saputo cosa fare.

Tenendo la camicia premuta sulla ferita con una mano, con l’altra prese la bacchetta e si Materializzò nel salotto di casa sua dove suo padre, sua moglie e l’altro suo migliore amico erano seduti tranquillamente sul divano.

Non appena però videro spuntare James con tra le braccia un Sirius piuttosto sanguinante e mezzo svenuto, balzarono in piedi spaventati e scioccati.

“Oh mio Dio, che è successo?” chiese Lily spostando lo sguardo dal marito all’amico.

“I Mangiamorte lo hanno attaccato. Aiutatemi a portarlo di sopra e a curarlo”.

Remus non perse tempo e immediatamente corse ad afferrare Sirius per aiutare James a portarlo in una delle stanze al piano superiore. Lily e il signor Potter li seguirono.

Riuscirono a farlo sdraiare sul letto, però Sirius aveva di nuovo perso i sensi; subito Lily e Remus cominciarono ad affaccendarsi per chiudere la ferita.

“Cazzo, è profonda!” esclamò Lily afferrando delle bende e delle Pozioni curative. James si spaventò; non aveva mai sentito la moglie imprecare così. “E quanto sangue ha perso? È una fortuna che non sia ancora morto dissanguato”.

“Non lo so! Io l’ho già trovato così quando sono arrivato”. Le rispose il marito passandosi una mano tra i capelli frustrato; era troppo preoccupato per l’amico e non sapeva proprio che fare. Lui non si intendeva nel curare le ferite e non voleva essere d’impiccio a Lily e Remus nel tentativo di aiutarli. Però non poteva nemmeno starsene con le mani in mano. Così si voltò verso il padre che se ne stava fermo sulla soglia della porta fissando Sirius sanguinante sul letto con uno sguardo pervaso dal panico.

James lo afferrò per le spalle per farlo tornare in sé.

“Papà, ascoltami. Vai di sotto e aspetta che arrivi Sam. Se lo vedesse così…”.

Non sapeva come concludere la frase però il padre l’aveva capito lo stesso dato che si era precipitato di sotto probabilmente per non doversene stare lì a guardare, anche lui senza poter fare niente.

Iniziò a passeggiare avanti e indietro per il corridoio, davanti alla porta d’ingresso torcendosi le mani in modo nervoso e sentendosi i brividi di paura scorrere lungo la schiena. In tutta la sua vita aveva avuto paura pochissime volte, anzi, l’unica paura vera che aveva provato era stata quella di perdere qualcuno che amava.

E adesso aveva paura.

All’improvviso sentì il CRAC di una Materializzazione fuori in giardino e, dando una sbirciatina dalla finestra, riconobbe i capelli scuri della figlia.

La sentì girare la chiave nella toppa intanto che lui si era piazzato davanti alla porta senza sapere bene che fare.

Sam entrò in casa tranquilla e contenta ma, non appena vide la faccia pallida e sconvolta del padre, ogni sorriso che era impresso sul suo volto sparì completamente. Aveva immediatamente capito che era successo qualcosa, qualcosa di terribile.

“Papà, che cos’è successo?” gli chiese con la voce imperlata dal panico.

“Ecco, vedi…”. Iniziò il padre senza sapere bene come spiegarle la situazione.

“Papà, mi dici che è successo?” questa volta la ragazza glielo urlò a poca distanza dalla faccia.

“Di sopra… c’è Sirius…”. Provò a spiegarle il signor Potter.

“Che cos’è successo a Sirius?” Sam ormai aveva le lacrime agli occhi per la rabbia e la paura ma si sforzava di non farle uscire.

Vedendo che però il padre non le rispondeva si precipitò su per le scale senza che nessuno la potesse fermare.

Ma non era per niente preparata alla scena che le si presentò non appena entrò nella stanza; Sirius sdraiato sul letto inerme e con gli occhi chiusi, attorno a lui una pozza di sangue intanto che Lily si affaccendava nel versare la Pozione curativa e mentre Remus chiudeva la ferita e lo bendava.

Sam si sentì cedere le gambe; cadde in ginocchio coprendosi il viso con le mani non riuscendo più a bloccare le lacrime che ora iniziarono a cadere copiose sul suo viso. Il padre, che l’aveva raggiunta, andò subito ad abbracciarla.

Intanto le venne di nuovo un Déjà-vu.

Noi siamo così perfette. Immacolate.

Una macchina che colpiva forte il lato del passeggero dov’era seduta Alex.

Alex era morta.

Sirius era… no Sirius non era morto, non ancora. Lui non poteva morire. Se lui moriva il mondo avrebbe smesso di girare e anche lei avrebbe smesso di vivere.

E ora non aveva più la forza per resuscitarlo.

“Allora?” sentì la voce di James e immediatamente alzò lo sguardo con le lacrime che ancora non avevano smesso di scivolarle lungo le guance. Lily e Remus erano riusciti a chiudere la ferita e Sirius ora sembrava solo profondamente addormentato.

Lily esitò un attimo prima di rispondere. “Ha perso troppo sangue. Ho… ho paura che… potrebbe non farcela”.

Un silenzio tombale invase la stanza non appena la donna ebbe pronunciato quelle parole, un silenzio che fu interrotto soltanto dai singhiozzi disperati di Sam ancora stretta fra le braccia del padre che stava tentando in tutti i modi di calmarla.

“No!” esclamò James guardando la moglie negli occhi. “No, non può finire così. Ci deve essere qualcosa che si può fare. Che ne so… una pozione!”

“Beh, ci sarebbe la Pozione Sanguenos, quella che serve per far recuperare del sangue a qualcuno che ne ha perso molto…”.

A James immediatamente si illuminarono gli occhi e Sam aveva di nuovo rialzato lo sguardo, questa volta con un po’ di speranza. “E’ perfetto! Tesoro sei un genio!”

“Ma non ne abbiamo!” si affrettò a spiegare la rossa per non creare false speranze. “E ci vuole troppo tempo per prepararla, per non parlare del fatto che ci vuole sangue di unicorno”.

“Ma qualcuno deve avercene un po’!” esclamò James stizzito e frustrato.

Tutti i presenti si guardarono non sapendo più che fare.

“Piton!” esclamò improvvisamente Sam ancora inginocchiata sul pavimento. “Piton! Lui deve avercene nel suo ufficio”.

“Hai ragione, Sam”. Concordò James. “Ma chi gliela andrà a chiedere? A me non la darà mai, nemmeno se lo supplico in ginocchio. Però potrei minacciarlo…”.

“Gliela chiederò io”. Si offrì Lily per fermare tutte le idee strampalate che venivano a James.

“Davvero lo faresti?” le chiese Sam con uno sguardo grato.

“Certo!”

Però non era molto contenta del fatto di doversi di nuovo trovare davanti al suo ex migliore amico.

SPAZIOOOOOOOOOOO!!!!!

Ciaoooo!!! Rieccomi tornata!!! Presto, vero?? Ebbene, vi è piaciuto questo capitolo?? Sirius non era morto, però non createvi false speranze, non è ancora detta l’ultima parola.

Nel prossimo capitolo ci sarà l’incontro tra Lily e Piton e… il nostro amato e odiato pozionista vorrà dare la Pozione alla donna che ha sempre amato oppure non lo farà soltanto perché odia Sirius??

Continuate a seguirmi e lo scoprirete. J

Ok, ora vi lascio perché non ho molto da dire. Ditemi voi cosa ne pensate di questo capitolo lasciandomi una recensione, che mi fanno sempre un immenso piacere.

KissKiss… Milly.

P.S. la Pozione Sanguenos me la sono inventata io. Sicuramente c’è una Pozione che fa recuperare il sangue a chi ne ha perso molto però non mi veniva in mente il nome e non mi andava di fare una ricerca in internet. Se voi lo sapete, siete liberissimi di informarmi.

P.P.S. purtroppo, in questo periodo la mia ispirazione è andata a farsi un viaggetto non so dove nemmeno io. Quindi, quando avrò finito di pubblicare i capitolo che ho già pronti, potrei non aggiornare più così regolarmente, perciò ragazzi, mi dispiace, ma non prendetevela. La scuola mi sta veramente impegnando molto, non faccio altro che avere in mente Enrico IV e Gregorio VII e i miracoli di S. Francesco. Cercate di capirmi.

P.P.P.S. ho anche aggiornato l’altra fanfic. Non sapete quanto mi abbia fatto piacere vedere che mi seguite da una fic all’altra. Ma lo scoprirete leggendo il nuovo capitoloJ.

fede1549: ciaooo!!! Allora, siamo in tre a voler uccidere Bellatrix, anzi no, in quattro perché c’è ancora Sirius che deve vendicare il suo bambino. Coooomunque, ehi, lei hai indovinate tutte!!! Che brava!!! Peccato però che non c’era nessun premio in palio. Vabbè dai, spero ti possa bastare il fatto che ho aggiornato rapidamente. Sono contenta che tu abbia letto la mia altra fic ma ti ho risposto alla recensione là, per cui potrai leggere tutto là. Spero di risentirti dato che le tue recensioni mi rendono molto felice. Ti devo però avvisare che, nonostante io sia cronicamente incapace di uccidere i Malandrini, come ho già detto, sono piuttosto masochista, sai, come la Rwoling che ha ucciso Sirius e Fred nonostante abbia pianto. Si vede che mi ha influenzata. Mah. Vabbè, dai la smetto di cianciare, se no ciancia una ciancia l’altra non si finisce più e diventiamo come delle vecchie comari che spettegolano sempre. Kisskiss Milly.

Puffola_Lily: ehiiiii!!!! Non sai quanto mi facciano piacere le tue recensioni, soprattutto perché continui a leggere nonostante faccia capitare delle disgrazie come queste. Io se fossi in te avrei già provveduto a far fuori questa scrittrice matta e a far scomparire ogni traccia. E poi… io un genio? Non credi di star esagerando?? Ahaha, beh ti ringrazio veramente tanto, ogni volta che leggo le tue, anzi, le vostre recensioni, mi si distende un sorriso, specialmente perché vedo che le mie storie, perché non c’è solo questa, vi piacciono molto. Per me è veramente importante. Ma, tornando alla storia, beh, qui si risolve tutto o forse no. Mmmh, non si sa se Sirius riuscirà a sopravvivere. Beh, continua a seguirmi e si vedrà. Un beso, Milly.

 stefanmn: eh, caro mio, purtroppo queste disgrazie capitano, la gente muore ogni giorno. E chi sa se anche il nostro Sirius morirà. Comunque sia, oggi non mi sono presentata lo stesso, anche se Sirius non è ancora morto. Sono veramente pessima. Vabbè, lasciamo stare, tanto ormai mi conosci. Continua a seguirmi, se hai ancora voglia e pazienza di sopportare questa scrittrice fallita. -.- un bacio, la tua Milly.

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Capitolo 47
*** Capitolo quarantacinque ***


                                        (“Allora non lo fare per lui".                                                                                                   “Fallo per me”.)

Lily si spolverò i vestiti dalla cenere del camino con il quale era arrivata e si guardò un po’ intorno; l’ufficio di Piton rispecchiava proprio il suo carattere e il suo modo di essere.

Aveva incontrato l’insegnante di Pozioni già due volte prima di allora e i loro rapporti… beh, non si poteva certo dire che fossero migliorati molto, erano rimasti come lo erano agli ultimi anni di scuola, sebbene adesso si parlassero un po’ di più e Piton non cercasse più di far voltare la rossa verso la parte del male.

In verità Lily non provava più molti rancori, sarebbe stata anche pronta a dimenticare tutto ma… sentiva che c’era qualcosa che glielo impediva e non era solo James che ogni volta trattava male Piton facendolo scappare via. Era geloso del Serpeverde, sebbene la donna non riuscisse a spiegarsi il motivo.

A un tratto, Severus sbucò da un’altra stanza dell’ufficio, probabilmente la camera da letto e rimase leggermente sorpreso nel vedere la ex migliore amica nel suo ufficio.

“Lily!” esclamò guardandola negli occhi verdi.

“Ciao, Severus”. Disse lei specchiandosi nel suo sguardo scuro. “Ho bisogno del tuo aiuto”. Aggiunse poi andando subito al sodo per non perdere troppo tempo, dato che non ce n’era.

Piton le fece solo un cenno con la testa perché proseguisse.

“Mi serve una Pozione Sanguenos”.

L’insegnante rimase leggermente basito ma riuscì a nasconderlo bene attraverso il suo atteggiamento e il suo portamento sempre severo e attento.

“E chi è che si è fatto male? Quella feccia di tuo marito per caso?” le chiese in tono duro e acido.

“Questo non ti dovrebbe interessare. E non hai alcun diritto per parlare così di mio marito”. Anche lei gli rispose a tono, con voce dura, la stessa che usava ogni volta che si rivolgevano la parola durante il sesto e settimo anno. “Adesso, per favore, dammi la pozione”.

“Visto che ti devo dare una Pozione fatta da me penso di avere almeno il diritto di sapere a chi serve”.

Lily chiuse gli occhi e sospirò rassegnata e frustrata; era meglio non tirarla troppo per le lunghe. A volte Piton sapeva essere difficile e testardo proprio come suo marito.

“A Sirius”.

Piton fece una smorfia con le labbra.

“E io dovrei fare un favore a quel lurido cane di Sirius Black?”

“Allora non lo fare per lui”.

A quelle parole l’insegnante sollevò le sopracciglia perplesso.

“Fallo per me”. Aggiunse Lily vedendo la sua espressione confusa, guardandolo con i suoi grandi occhi verdi che in quel momento erano… supplicanti.

E Severus non riuscì a resistere. In fondo, come avrebbe potuto resistere vedendo Lily, il suo amore impossibile, che lo guardava così e che gli chiedeva di farle un favore? Già quando aveva messo piede nel suo ufficio aveva intenzione di fare qualsiasi cosa gli chiedesse, persino andare sulla luna.

“Sai Lily, non avrei mai creduto che un giorno ti saresti affezionata a quei perdenti”. Le disse prendendo da uno scaffale la pozione e mettendogliela in mano.

(In un certo senso li avevano indeboliti.)

Lily entrò di corsa in camera dove trovò Sirius sdraiato sul letto, addormentato, e Sam che gli teneva la mano con ancora le lacrime agli occhi.

“Tieni”. Le disse consegnandole la pozione di un contenuto rosso scuro. “Dagliela non appena si sarà svegliato”.

“Grazie, Lily”.

“Non c’è bisogno che mi ringrazi”. Le rispose la cognata mostrandole un sorriso rassicurante. In fondo, non le era costato molto chiedere la pozione a Piton. Su una cosa però il suo ex amico aveva ragione; nemmeno lei avrebbe mai creduto che un giorno si sarebbe affezionata ai Malandrini, però era successo. Amava James con tutto il cuore e voleva bene ai suoi amici e a sua sorella.

La donna tornò di sotto dove trovò suo marito, Remus e il signor Potter seduti sul divano in un silenzio piuttosto teso.

“Ma come hanno fatto i Mangiamorte a entrare a Grimmauld Place?” chiese sedendosi sul bracciolo della poltrona dove stava seduto suo marito.

“E’ quello che ci stiamo chiedendo anche noi. Dobbiamo parlarne con Silente”. Le rispose Remus tormentando un cuscino. “Adesso però quel posto non è più sicuro. Dovremo spostarci da qualche altra parte”.

“E come hanno fatto a scoprire che Grimmauld è la base dell’Ordine?” chiese ancora la donna ma stavolta nessuno le rispose.

La verità era che nessuno lo sapeva, in quel momento non sapevano niente e questo li lasciava parecchio spiazzati. I Mangiamorte stavolta avevano colpito e avevano colpito anche un buon punto. In un certo senso li avevano indeboliti.

“Non avrei dovuto lasciarlo da solo”. Disse a un tratto James tenendo lo sguardo puntato per terra.

Lily gli strinse una spalla in un tentativo di consolazione,  capendo benissimo a che cosa si riferisse. “Amore, non è stata colpa tua”.

“James, purtroppo è successo e adesso non possiamo disperarci”. Aggiunse il signor Potter. “Sono sicuro che Sirius starà bene, lui è forte”.

                                                   (“Ti amo da morire".                                                                                                          “Anch’io ti amo e non immagini  
nemmeno quanto”.)

Sam non sapeva più da quanto tempo fosse seduta lì, al capezzale del suo fidanzato, senza mai lasciargli la mano. Ore, minuti… non ne aveva la più pallida idea. Sapeva solo che tra un po’ sarebbe esplosa se Sirius non si risvegliava presto.

“Dovresti riposarti un po’”. Le disse a un tratto la voce di James dietro di lei; non lo aveva nemmeno sentito entrare.

“Sto bene”. gli rispose senza voltarsi.

Così James uscì dalla stanza con passo felpato lasciando lì la sorella, sapendo benissimo che non l’avrebbe mai convinta a lasciare la stanza di Sirius, almeno finché lui non si fosse risvegliato.

Soltanto allora Sam si decise a guardare all’orologio e si accorse che era già mezzanotte passata. Ed era dal tardo pomeriggio che stava lì.

“Ti prego amore, avevi promesso che non mi avresti mai lasciata”. Gli sussurrò lei appoggiando la sua mano sul suo viso mentre guardava l’anello di fidanzamento che le aveva regalato.

Rimase così circa altri venti minuti finché non sentì la mano di Sirius muoversi dentro la sua. Immediatamente spostò lo sguardo verso il suo viso e vide che lentamente stava aprendo gli occhi.

“Amore…”. Lo chiamò con voce dolce e un sorriso sollevato.

“Ciao”. La salutò lui con voce bassa e debole aprendo del tutto gli occhi; anche lui le sorrise, contento di vederla lì. Si sentiva però parecchio debole, non riusciva a muovere neanche un muscolo ed era anche parecchio pallido. Beh, infondo aveva perso parecchio sangue.

Così Sam afferrò immediatamente la pozione che era posata sul comodino e gliela avvicinò alla bocca.

“Prendi questa e vedrai che starai meglio”.

Sirius però la riconobbe subito e spostò lo sguardo verso Sam che gli si era seduta accanto.

“Chi te l’ha data?” le chiese

“Non ha importanza”.

“Sì, invece”.

Sam sospirò. “Piton”.

“Allora non la voglio. Non voglio dover la vita a Mocciosus”.

La ragazza alzò gli occhi al cielo esasperata; maledetto l’orgoglio maschile. Poi si rivolse al fidanzato in tono supplichevole. “Ti prego amore, prendila. Fallo per me”.

Questa volta Sirius non poté protestare, non quando Sam lo supplicava così e alla fine si decise a prenderla.

“Certo che ha un sapore schifoso!” esclamò con una smorfia dopo che ebbe svuotato tutta la boccetta e facendo ridere Sam che era soltanto contenta di vedere che finalmente stava bene; il lato positivo di questa pozione era però che faceva effetto dopo pochi secondi e infatti Sirius sembrò subito recuperare un po’ di forza.

Tentò di mettersi seduto ma faticò a trattenere un gemito.

“Sta fermo!” lo sgridò Sam sistemandogli i cuscini dietro la testa. Infine appoggiò la testa alla sua spalla iniziando ad accarezzargli il petto con una mano.

“Mi hai spaventato da morire, lo sai?”

“Mi dispiace”.

Rimasero così per qualche minuto, in silenzio, beandosi di quella vicinanza e di quel contatto.

“Ti amo da morire”. Gli sussurrò alla fine Sam.

“Anch’io ti amo e non immagini nemmeno quanto”. Le rispose lui prendendole la mano che gli accarezzava il petto e intrecciando le dita di lei con le sue.

“Non voglio che mi lasci”.

“E infatti non ti lascio. Te l’ho promesso”.

“Ma è quasi successo”.

“Però non è successo”.

“E se succedesse?”

“Non succederà, vedrai”.

ANGOLO AUTRICE RAFFREDDATA

Ciaoooo!!! Milly è di nuovo qui!!! Ahahah, adesso potete abbassare le asce e i lanciafiamme. Sirius è vivo e sta bene, visto?? Non sono poi così crudele…

Forse non vi sarà piaciuto l’incontro tra Lily e Piton ma devo confessarvi una cosa. Io non so mai come comportarmi con Piton, non so mai se farlo buono o cattivo. Mi sta semplicemente indifferente, esattamente come mi succede con Silente. Per me sono due personaggi piuttosto complicati e perciò non mi piace avere molto a che fare con loro, quindi, beh se non vi va bene ditemelo pure. Insomma, Piton non mi sta molto simpatico sebbene alla fine si è riscattato e abbiamo scoperto che in realtà era buono. Però comunque, nella prima guerra magica era stato un Mangiamorte e ha fatto anche lui delle azioni malvagie. Se per esempio avesse tenuto la bocca chiusa sulla Profezia, Lily e James sarebbero ancora vivi forse. Sarà per questo che non lo sopporto e che non voglio trattarci spesso.

Ma, lasciamo stare le mie opinioni, piuttosto ditemi le vostre con qualche recensione che mi fa sempre piacere ricevere. Ho aggiornato anche l’altra fic.

Un beso, Milly.

P.S. qui vi metto un’altra foto fatta dalla mia amica roxy_black di Sirius e Sam. Spero vi piaccia come è piaciuta a me. A lei in realtà non piace molto :p

FRAPOTTER: ehilà! Che bello, una nuova recensitrice. Allora, effettivamente sì, è un po’ la riadattazione del film S.Darko, infatti ho anche scritto nell’intro che mi sono ispirata a quel film lì che a me è anche piaciuto sebbene abbia fatto un po’ di fatica a capirlo. Però sono contenta che la mia storia ti piaccia. Per quanto riguarda la Pozione, sì hai ragione tu, ho fatto una ricerca e si chiama RimpolpaSangue ma non l’ho cambiato perché ormai avevo scritto quel nome lì, perciò… bene, spero di risentirti. Un bacio, Milly.

FEDE15498: ahah, non ti preoccupare, Sirius sta benone. Sei masochista anche tu?? oddio, non ti avrò influenzata io?? Se no mi sentirei terribilmente in colpa O.O

P.S. se vuoi possiamo studiare insieme. In che classe sei?? Ahah lol J

PUFFOLA_LILY: ehilà!! Anche tu impegnata con la scuola? Eh, purtroppo non ci possiamo fare niente. Hai visto che Sirius è vivo e vegeto?? Beh, vegeto forse un po’ meno, ma almeno è vivoJ  spero di risentirti perché per me ormai le tue recensioni sono come l’aria, non vivo senza. Oddio, che frase smielata che mi è uscita fuori. Colpa di del libro che sto leggendo. >.< un beso, Milly.

STEFANMN: non ti è piaciuto lo scorso capitolo per colpa della suspense?? Beh, io adoro la suspense. *w*. Beh, spero allo che ti sia piaciuto invece questo cap. un beso, Milly.

 

 

 

 

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Capitolo 48
*** Capitolo quarantasei ***


(Quello faceva stare male anche lei.)

Sam camminava piuttosto lentamente e a testa bassa per il parco di Hogwarts esalando ogni tanto qualche boccata di fumo della sigaretta; in quei giorni si sentiva piuttosto frustrata, stanca e preoccupata. Era preoccupata di tutta quella situazione, del ritorno di Voldemort, del fatto che non sapevano che cosa lui stesse facendo e che poteva andare a creare scompiglio e ammazzare persone innocenti senza che loro lo potessero fermare. E soprattutto era preoccupata per Sirius; erano passati ormai tre giorni dall’attacco che aveva subito ma non si era ancora ripreso del tutto. E poi lei lo vedeva che era spesso giù di morale per il fatto che non poteva fare niente, nemmeno uscire di casa e si sentiva come se fosse in prigione.

Ma non solo per quello; c’era anche un’altra cosa che lo teneva giù, che li teneva giù tutte e due, una cosa di cui non avevano parlato da quando era successo perché era considerato argomento tabù. Il bambino che avevano perso.
Quello faceva stare male anche lei.

E poi era anche frustrata, frustrata per il fatto che il Ministro non volesse ammettere il ritorno di Voldemort, frustrata dalla Umbridge e dalla sua tirannia e frustrata anche da quella guerra che aveva di nuovo iniziato ad imperversare, come quella di tanti anni fa, quando lei era ancora troppo piccola e troppo giovane. Lei era tornata a Londra ed era tornato anche Voldemort. Che fosse un segno del destino? O una semplice coincidenza? Non lo sapeva, sapeva solo che adesso non voleva perdere nessuno perché, se fosse successo e di nuovo, non ce l’avrebbe fatta ad andare avanti, in nessun modo, stavolta. 

Così, con tutti questi pensieri per la testa, passeggiava per il parco di Hogwarts calpestando l’erba verde che era iniziata a spuntare in quei primi giorni di Marzo, insieme a qualche fiorellino.

A un tratto però, una scena non molto consueta e a quanto pareva nemmeno troppo piacevole, le apparve davanti agli occhi; nel cortile principale erano ammucchiati un sacco di studenti di Hogwarts, tra cui anche suo nipote e i suoi amici, che formavano un cerchio perfetto al centro del quale si trovavano quella megera della Umbridge e la Professoressa Cooman, disperata e in lacrime, con ai piedi il suo baule e un altro paio di valigie.

Sam intuì subito che cosa doveva essere successo; immediatamente si fece largo tra gli studenti e avanzò a passo spedito accanto alla Cooman.

“Si può sapere che cosa sta succedendo qui?” chiese in tono duro spostando lo sguardo da una professoressa all’altra.

“Succede che la professoressa Cooman non vuole capire di doversene andare da questa scuola, che ormai qui non ha più niente da fare”. le rispose la Umbridge con il suo solito tono calmo ma acido.

“Ma io non ho un posto dove andare”. Biascicò la povera insegnante di Divinazione tra le lacrime.

“E perché mai se ne dovrebbe andare?” chiese di nuovo Sam guardando stavolta solo l’insegnante di Difesa.

“Perché l’ho licenziata”.

Sam spalancò gli occhi e immediatamente si sentì montare dentro una rabbia che avrebbe faticato a trattenere, visto che sembrava pervaderla da giorni ormai.

“E con quale diritto lei pensa di licenziare gli insegnanti di questa scuola?” le abbaiò contro facendo arretrare tutti quanti mentre la Cooman improvvisamente alzò lo sguardo e guardò la ragazza con uno sguardo pieno di gratitudine e rispetto, continuando però a singhiozzare.

“Invece ne ho tutto il diritto dato che sono stata autorizzata dal Ministro in persona, piuttosto è lei quella che dovrebbe starsene zitta e lasciarmi fare il mio lavoro”.

Sam questa volta divenne quasi il diavolo in persona e una panchina dietro di lei iniziò addirittura a tremare.

“Lasciarle fare il suo lavoro? E che razza di lavoro sarebbe? Io me ne strainfischio di quello che fa lei e, detto con tutto il cuore, lei e il suo carissimo Ministro potete benissimo andare a farvi fottere!” le urlò in faccia con tutto il fiato che aveva in gola scatenando le ilarità e le risate degli studenti lì presenti che applaudirono e fischiarono per le parole di Sam.

La Umbridge invece, sembrò indignarsi.

“Ma che parole sono? Vedo che purtroppo nessuno le ha insegnato l’educazione. Dire queste cose in presenza degli studenti. Lei non mi sembra affatto un’insegnante competente e questo a incominciare dal suo modo di vestirsi”. Adesso anche la Umbridge aveva leggermente alzato il tono di voce e le aveva sputato quelle parole guardandola dall’alto in basso, probabilmente disgustata dal fatto che Sam quel giorno avesse indossato una minigonna e gli stivali col tacco. “E per questo la dovrei licenziare!”

“E allora mi licenzi!” le urlò Sam con quanto fiato aveva in gola. “Anzi no, sa che cosa? Mi licenzio io!” disse infine puntando i piedi e sconvolgendo parecchio i ragazzi che ormai si erano affezionati parecchio a lei.

La ragazza però, portò la mano alla cintura dove teneva la bacchetta e sicuramente l’avrebbe puntata contro la vecchia Rospa se proprio in quel momento non fosse sopraggiunto Silente insieme alla McGranitt.

“Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi la situazione qui?” chiese il Preside in tono calmo, portandosi vicino a Sam e alla Cooman un po’ meno in lacrime.

“Signor Preside, so che questa notizia potrebbe non piacerle ma sono stata costretta a licenziare la Professoressa Cooman per la sua incapacità di insegnare in modo adeguato e coerente al programma. E anche la Professoressa Potter si è appena licenziata da questa scuola”. Gli rispose la Umbridge in tono soddisfatto.

“Professoressa Umbridge”. Iniziò Silente parlando a voce piuttosto alta rispetto al suo normale. “Nonostante il Ministro le abbia dato il potere di licenziare i miei insegnanti, non ha alcun diritto di buttarli fuori dalla mia scuola”. Poi si voltò verso Sam e aggiunse. “Sam, saresti così gentile da accompagnare Sibilla nei suoi alloggi? E dopo raggiungimi nel mio ufficio che dobbiamo discutere di questo tuo licenziamento”.

“Certo, Albus”. Rispose Sam non molto contenta però di quest’ultima richiesta. Con un colpo di bacchetta fece levitare le valigie della Professoressa Cooman trascinandosi dietro anche la donna che continuava a mormorare ringraziamenti in direzione di Silente.

   (“Oh, per la barba di Merlino, Sam, se non ti conoscessi                                                                         direi che sei più pazza di quello che dicono di                   Silente”.)

Sam corse praticamente a perdifiato in direzione della capanna di Hagrid dopo aver avuto la notizia, da suo nipote e dai suoi amici, che il Mezzogigante era tornato.  Certo che aveva avuto un tempismo perfetto; era tornato proprio quando lei si era licenziata.

Silente aveva cercato di convincerla a non farlo però questa volta lei era stata irremovibile; non aveva intenzione di lavorare con quella megera che voleva imporre la sua dittatura. E proprio mentre riponeva in un baule le cose che c’erano nel suo ufficio, i tre amici erano venuti ad avvertirla di quel fatto per il quale ora stava correndo a rotta di collo.

Arrivò alla capanna di Hagrid in men che non si dica e praticamente si buttò sulla porta bussando come un’ossessa.

Si sentì un forte graffiare, probabilmente le zampe di Thor e poi davanti le comparve il buon faccione del suo vecchi amico Hagrid.

“Sam!” esclamò lui guardandola con un solo occhi dato che quell’altro era coperto da una grossa bistecca che il gigante teneva premuto con una mano.

“Ciao Hagrid, posso entrare?” chiese lei.

Lui si scostò per farla passare.

“Ma che ti è successo alla faccia?” gli chiese lei con un’aria preoccupata, notando il suo occhio pesto, il labbro spaccato e qualche altro livido qua e là.

“Beh, ci hai presente quella missione a cui mi ha mandato Silente?” iniziò a spiegare lui con il suo solito tono gentile.

“Certo”.

“Ecco…”.

“Non è andata bene con i Giganti?” finì lei per lui capendo subito.

“No”. Hagrid buttò la bistecca a Thor e iniziò a preparare il Thè. “Ma tu che ci fai qui?”

“Silente mi ha chiesto di sostituirti, perciò…”.

“Oh Santo Merlino, insegni ad Hogwarts?!” sembrava che la cosa sconvolgesse ma allo stesso tempo facesse ridere anche Hagrid.

“Sì, ma ora non più. Mi sono licenziata”.

“E perché?”.

“Non sopportavo più di lavorare con quel confetto gigante della Umbridge. Quindi arrivi a puntino”.

“Oh sì, ci ho sentito. Ma raccontami qualcosa di te”.

A Sam improvvisamente si illuminarono gli occhi e si fece più vicina ad Hagrid come una bambina che desidera sedersi sulle ginocchia di Babbo Natale e lo guarda con degli occhi imploranti.

“Oh mio Dio, Hagrid, sono successe tante cose!” iniziò lei con una voce talmente allegra che al Mezzogigante parve di nuovo di vedere di nuovo la Sam bambina tanta sembrava essere la sua contentezza, il che era un po’ strano dato il malumore di poco prima della ragazza. Ma lei era un po’ come il vento; cambiava umore molto facilmente. E poi forse era contenta perché non doveva più lavorare con la Umbridge.

“Allora, innanzitutto, mio fratello non è morto, poi Lily…”.

“Aspetta, aspetta, frena un attimo!” la bloccò Hagrid sedendosi su una sedia. Sam, che aveva preso a camminare avanti e indietro per la stanza partendo a raccontare e duecento chilometri orari, si bloccò e lo guardò sorridente. “Che hai detto di tuo fratello?”

“Che è vivo!”

“James è vivo!?!” Hagrid strabuzzò gli occhi incredulo guardando Sam come se avesse le chele al posto delle braccia.

“Sì. In realtà non è mai morto. Era tenuto prigioniero nelle segrete di casa Malfoy e io sono riuscita a scoprirlo grazie a dei sogni che facevo. Un potere ereditato da una mia vecchia zia”.

“James è vivo!” ripetè Hagrid più che altro a se stesso per realizzare la cosa. “E che mi dicevi di Lily?”

“Beh, è viva anche lei. Cioè, prima non lo era ma io sono riuscita a farla resuscitare sempre grazie al potere di questa mia zia. E ho fatto resuscitare anche mio padre. Solo che adesso non posso più farlo perché è una cosa piuttosto difficile e richiede molta energia vitale”. Spiegò velocemente lei fermandosi alla fine a guardare il povero gigante davanti a lei che era rimasto con la bocca spalancata e gli occhi quasi fuori dalle orbite.

“Oh, per la barba di Merlino, Sam, se non ti conoscessi direi che sei più pazza di quello che dicono di Silente”.

La ragazza ridacchiò portandosi una mano tra i capelli.

“E c’è qualcos’altro che devo sapere? Qualche altra notizia sconvolgente?”

“Beh, sto insieme a Sirius e mi ha pure chiesto di sposarlo”. Hagrid per poco non si strozzò con il Thè che stava bevendo.

“Sirius? Non ci avrei mai creduto che quel Cacciatore di donne un giorno si sarebbe sposato. E per di più con te”.

“Sì, abbiamo tutti quanti fatto fatica a crederci. Però è successo”.

“Beh, l’importante è che tu sia felice. Mi ricordo ancora quando eravate più piccoli e venivate e a scorrazzare qui in giro”.

“Oh, sì. E chi se lo scorda quello”.

“E Harry? Immagino che anche lui sia felice adesso ora che ci a ritrovato i genitori”.

Proprio in quel momento si sentì bussare alla porta e la voce di Harry urlare da fuori ad Hagrid di aprire.

ANGOLO AUTRICE

Ciaoooo!!! Ecco qui un altro capitolo, questa volta spero un po’ più allegro.

Avete visto che ho inserito anche Hagrid?? Eh, non poteva mica mancare il buon vecchio gigante. E Sam si è licenziata. Ci rimarranno molto male i suoi studenti?? Ma quanto si capisce che mi sta in c**o la Umbridge??

Vabbè dai, questo era un altro capitolo in merito soprattutto ai pensieri di Sam e non solo. Sembra quasi che sia tornata bambina.

Ok, il resto dei commenti li lascio a voi, sia positivi che negativi e spero di riceverne un po’ di più.

Un bacio e un abbraccio dalla vostra Milly.

PUFFOLA_LILY: sono contenta che ti sia piaciuto anche lo scorso capitolo e spero che questo ti piaccia altrettanto *w*. Eh sì, Sam e Sirius sono dolcissimi anche se a volte mi vengono un po’… come si può dire… affiatati. È il termine giusto?? Bo’, sarà colpa dei miei ormoni ogni volta che pensano a Sirius a petto nudo O.O

FEDE15498: oooh, ma sembra che io e te abbiamo parecchie cose in comune. Tranne la classe però, io sono in terza superiore. Se vuoi posso darti ripetizioni in qualcosa, me la cavo in italiano e nelle lingue. Ok dai, torniamo alla storia: mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, specialmente la parte tra Lily e Piton visto che io non ne ero molto convinta. Roxy è molto felice di sapere che la foto ti è piaciuta, ovviamente ce ne sarà anche una terza più avanti xD. Un bacio, Milly.

STEFANMN: bene, spero allora che tu abbia fatto bei sogni. :D per quanto riguarda Voldemort, invece, beh, ci sarà più avanti, tranquillo. Ma non è il personaggio più importante qua, mi dispiace. Un bacio, Milly.

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Capitolo 49
*** Capitolo quarantassette ***


(“Carpe diem, ragazza mia, carpe diem”.)

Lily e Sam erano sedute ad un bar in Diagon Alley dopo una stancante spedizione di shopping; avevano deciso di uscire quel giorno, così da distrarsi un po’ e dimenticarsi di tutti i problemi con Voldemort, con l’Ordine, il Ministro e anche con i mariti e i fidanzati stressanti. E adesso, per riposarsi un po’ i piedi, si erano piazzate ormai da mezz’ora davanti ad una fumante tazza di cioccolato caldo. Per essere i primi di Aprile faceva ancora piuttosto freddo.

“Hai visto che ci ha fatto bene uscire un po’?” sbottò a un tratto Lily pulendosi i baffi di schiuma con la lingua.

“Sì, lo penso anch’io”. Le rispose Sam con un sorriso. Sì, a lei aveva fatto proprio bene e poi era da un po’ che voleva rifarsi il guardaroba.

“Sai, io e Sirius pensavamo di riprovarci. Ad avere un bambino, intendo”. Le confidò Sam guardandola negli occhi verdi.

“Davvero?! Ma è fantastico!” esclamò Lily con gli occhi luminosi. “Chi l’avrebbe mai detto che un giorno Sirius avrebbe messo su famiglia”. Aggiunse la rossa facendo ridere anche l’altra. “E sai che cosa anche?”

“Che cosa?”

“Anche io e James vorremmo avere un altro bambino”.

“Ma dai?!” si soprese Sam. Poi però notò che nello sguardo di Lily c’era qualcosa di strano, come un velo di preoccupazione misto a malinconia. Perciò aggiunse. “Ma?”

“Perché pensi che ci sia un ma?”

“Perché te lo leggo in faccia”.

Effettivamente c’era, ormai Lily non poteva più negarlo.

“Ho paura”.

Sam inarcò un sopracciglio. “Di cosa?”

“Che quello che è successo con Harry possa ripetersi. Sì, lo so che è una cosa stupida ma… insomma, non riesco a fare a meno di pensarci. E poi mi sentirei come se lo usassi per fare quello che con Harry non ho potuto fare. Mi sento ancora in colpa per non esserci mai stata per lui…”.

“Lily”. La bloccò Sam appoggiando una mano sul quella della cognata che teneva stretta la tazza di cioccolato come se fosse un salvagente a cui aggrapparsi per non annegare. “Primo, la stessa disgrazia non capita mai due volte e secondo, anche Harry sarebbe felice di avere un fratellino o una sorellina, ne sono sicura. E non ti incolpa affatto per non esserci mai stata”.

“Sì, ma sento che avrei potuto fare di più”.

“E invece hai fatto tutto ciò che potevi quella notte. È di Voldemort che stiamo parlando!” cercava di confortarla la cognata.

Fra le due calò per un po’ il silenzio, poi Sam le chiese. “Ne hai parlato con James?”

“No, lo sai che cosa mi direbbe lui. E poi lo vorrebbe tanto un altro bambino”.

Sam semplicemente annuì capendo benissimo che cosa intendesse la cognata; conosceva bene le reazioni del fratello.

Poi spostò lo sguardo sulla strada e vide la vetrina di un negozio di abiti da sposa che metteva in bella mostra alcuni tra i vestiti più belli. Alla ragazza si illuminarono immediatamente gli occhi.

Lily seguì il suo sguardo e capì immediatamente.

“Carpe diem, ragazza mia, carpe diem”. Le suggerì con un sorriso.

     (“Ma che cosa c’è dentro quel sacchetto?"                                                                                          “E’ il mio abito da sposa”.)

Lily e Sam rientrarono a casa dove trovarono i rispettivi mariti e fidanzati ad  attenderle.

“Ma quanta roba avete comprato?!” esclamò James sgranando gli occhi davanti a tutti quei pacchi e sacchetti che tenevano nelle mani le due donne.

“Solo lo stretto necessario”. Rispose Lily con un sorrisetto divertito.

“Stretto necessario? Mi sembra che abbiate prosciugato tutti i negozi di Diagon Alley. E avete prosciugato anche le nostre tasche”. Commentò Sirius in tono acido.

“Esagerato!” sospirò Sam divertita. “Siamo donne, lo shopping fa parte del nostro DNA”.

“Ma che cosa c’è dentro quel sacchetto?” le chiese poi il fidanzato puntando il dito contro un sacchetto che aveva particolarmente attirato la sua attenzione e dal quale vedeva spuntare un pezzo di stoffa bianco racchiuso da un involucro.

“Questo ancora non lo puoi vedere”. Gli rispose la ragazza portandosi il sacchetto al petto e mostrandogli uno sguardo malizioso. Poi si avviò su per le scale ma prima aggiunse perché si sarebbe divertita nel vedere la sua reazione. “E’ il mio abito da sposa”.

(… credo proprio di essermi innamorato”.)

“Ma tu che cosa provi nei suoi confronti?” chiese Hermione rivolta ad Harry. I due ragazzi si trovavano in biblioteca; la riccia stava cercando un libro su uno scaffale mentre l’amico le raccontava dei suoi problemi di cuore.

“Beh… mi piace stare con lei, anzi, lo adoro”. Le rispose lui leggermente imbarazzato, ma tanto con Hermione poteva parlare di tutto. Con Ron no di sicuro, avrebbe reagito male, soprattutto visto la persona di cui stavano parlando. “Lei mi piace un sacco, mi diverto e poi è bella… molto bella”.

“E magari diventi irrimediabilmente geloso tutte le volte che la vedi parlare con un altro ragazzo”. Aggiunse Hermione scherzosamente.

“Si nota tanto?” le chiese l’amico passandosi una mano tra i capelli.

“Beh, se uno non ci fa troppo caso…”.

Fra i due cadde un attimo di silenzio, poi Harry continuò. “Dopo quel bacio che ci siamo scambiati, beh, non so che cosa sia successo… so solo che non riesco a smettere di pensarci, non riesco a smettere di pensare a lei, al suo viso, ai suoi capelli…”.

Hermione si voltò verso l’amico guardandolo in un modo strano. Harry però teneva lo sguardo basso perciò non se ne accorse.

“Sai, Hermione… credo proprio di essermi innamorato”.

“Allora non ti resta che fare una cosa”.

“Cosa?”

“Dichiararti”. Gli rispose decisa la ragazza.

“Dichiararmi?” Harry spalancò gli occhi.

“Certo, dichiararti. Dirle che la ami”.

“Non mi sembra tanto una buona idea”.

“E perché no?”

“Beh, perché… se mi dicesse di no, insomma…”.

“Non farti tutte ste seghe mentali, Harry! Diglielo e basta. Se poi ti dice di no, beh, potrete essere solo amici”.

“Non credo che in quel caso sarebbe facile essere amici, soprattutto per me”.

“Beh, provaci lo stesso. Magari invitala prima ad uscire e vedi come vanno le cose”. Gli consigliò Hermione. Lei in realtà sapeva benissimo che la ragazza di cui Harry si era preso una sbandata sarebbe stata felicissima di sentire una sua dichiarazione o anche semplicemente di uscire con lui, però voleva tenerlo un po’ sulle spine e non voleva facilitargli la cosa. I maschi bisogna farli soffrire un po’.

“Beh, forse potrei farlo”. Concluse infine Harry.

Né lui né Hermione però si erano accorti che Cho Chang li stava spiando da dietro una libreria e che, non appena sentì tutto quel discorso, si allontanò via saltellando e felice come una Pasqua credendo che Harry si fosse innamorato di lei. Purtroppo però non aveva avuto la furbizia di sentire l’ultima frase detta dal ragazzo.

“Secondo te Ron mi ucciderà se gli dico che mi sono innamorato di sua sorella?”.

(“Ehi sorellina, con chi credi di star parlando?”                                                        “Con mio fratello, il perdente”.)

“Sam! James!” chiamò il signor Potter. “Venite qua”.

I due lo raggiunsero nella stalla dove si trovava il padre e lo guardarono curiosi.

“Che c’è?”

“Guardate un po’!” esclamò l’uomo nascondendo un sorrisetto divertito e contento.

Non appena Sam e James entrarono nella stalla rimasero a bocca aperta; due bellissimi cavalli, uno bianco come la neve, l’altro nero come la notte, li guardavano maestosi con i loro grandi occhi scuri.

“Oh mio Dio, papà!” esclamò Sam sorpresa come lo era stata poche volte nella sua vita.

“Quella bianca è Princess e quello nero è Blackie. Vi piacciono?”.

“Sono bellissimi”. Sospirò James non riuscendo a distogliere lo sguardo dai due animali. Si ricordava quando da giovani avevano altri due cavalli e uno di questi era Choccolate, quello a cui erano più affezionati. Ovvio, quei due cavalli non sarebbero mai riusciti a sostituire Choccolate però… erano pur sempre meravigliosi.

“Perché non vi fate una cavalcata?” propose il signor Potter.

Sam afferrò immediatamente una sella e incominciò a preparare il cavallo nero.

“Jimmy, sei pronto a essere battuto?”

“Ehi sorellina, con chi credi di star parlando?”

“Con mio fratello, il perdente”.

“Te lo faccio vedere io chi è il perdente”.

A Robert Potter sembrò di rivedere di nuovo i suoi piccoli Sam e James, quei due ragazzi spensierati che si divertivano a farsi gli scherzi e prendersi in giro.

Così, mentre li guardava cavalcare nel sole luminoso di Maggio che illuminava il bosco poco lontano dalla casa, rientrò dentro dove lo aspettava la moglie. Avevano deciso di tirarla fuori dal San Mungo sebbene ancora non si sia ripresa del tutto e la sua memoria non aveva ancora recuperato tutti i ricordi. Però sembrava stare decisamente meglio, non aveva più avuto nessuna crisi e tutti credevano che stare con i propri figli e la propria famiglia l’avrebbe aiutata.

SPAZIO AUTRICE ESAURITA

Salveeee!!!!! Sorpresi di risentirmi così presto?? Ebbene, che ve ne pare di questo capitolo?? Finalmente un po’ di tranquillità per i nostri personaggi. Sam e James hanno avuto dei cavalli nuovo e non pensate che abbia fatto apposta a chiamare uno dei due Blackie, semplicemente non mi veniva in mente un nome abbastanza adatto per un cavallo nero. Sapete com’è, non ho molta fantasia per i nomi degli animali, mentre Harry  si è preso una bella sbandata per Ginny. Lo so che in realtà dovrebbe succedere al sesto anno ma ho deciso di anticipare le cose, non penso ci sia niente di male.

E vi avviso che presto ci sarà anche un matrimonio in grande stile!!! xD

E secondo voi, Sam e Sirius e Lily e James riusciranno ad avere un altro bambino?? E saranno maschietti o femminucce??

Continuate a recensire e spero anche che i commenti aumentino che mi fa sempre piacere riceverne, sia positivi che negativi.

Un beso, la vostra Milly.

FEDE15498: eh beh, Sam non si farà mai mettere i piedi in testa quindi si farà sempre sentire, nel bene e nel male. E sì, anche io ci rimarrei malissimo se un insegnante del genere se ne andasse. Cmq per le ripetizioni stavo solo scherzando, sono contenta che tu vada bene a scuola e in tutte le materie, penso sia una cosa importante. Io invece ho un pessimo rapporto con la matematica, pessimo ma proprio pessimo >.< della serie, io sto alla matematica come Sam sta alla Umbridge -.- ok, spero di risentirti. Un bacio, Milly.

PUFFOLA_LILY: certo che non sei l’unica che diventa mezza folle quando pensa a Sir mezzo nudo :p ci sono anche io, eh… xD davvero ti rivedi in Sam? Ahah, bene, mi fa piacere. Sinceramente, per realizzarla, credo di essermi ispirata ad un lato del mio carattere che c’è ma che raramente esce, mentre la nostra Sam lo mostra spesso. Spero allora che ti sia piaciuto anche questo capitolo e alla prossima, mi raccomando :D kisskiss, Milly

STEFANMN: la Umbridge sta sulle scatole a tutti. Trovami una persona a cui piaccia. Hagrid invece è un simpaticone, concordo con te :D alla prossima, Milly.

 

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Capitolo 50
*** Capitolo quarantotto ***


(“Tutto qui quello che sai fare?”)

L’Ordine della Fenice insieme ad alcuni ragazzi dell’Esercito di Silente stavano combattendo una dura lotta nella stanza dell’Ufficio Misteri dopo che Harry aveva fatto quell’orribile sogno su Voldemort che torturava suo padre per avere qualcosa da lui. Non aveva minimamente pensato che potesse trattarsi di una trappola e adesso vedeva i suoi amici e le persone che più amava rischiare la pelle.

Però se la stavano cavando tutti piuttosto bene.

“James, dietro le spalle!” urlò Remus in direzione dell’amico che, dopo aver messo K.O. il Mangiamorte contro cui stava combattendo, si voltò  e ne vide un altro che proprio in quel momento gli scagliò contro un raggio di luce verde. James riuscì ad abbassarsi appena in tempo grazie ai suoi riflessi.

“Non si attacca mai alle spalle, vigliacco!” gli urlò prima di lanciargli un’Everte Statim in pieno petto e mandarlo dalla parte opposta della stanza.

Ad un tratto però sentì Luna urlare e la trovò sdraiata per terra con un Mangiamorte che la sovrastava dall’alto e le puntava addosso la bacchetta minaccioso. Fece per soccorrerla ma fu preceduto da Kingsley Schaklebolt che mandò a gambe all’aria l’aggressore della piccola Corvonero.

James allora cominciò a guardarsi attorno in cerca del figlio e lo trovò che aveva appena scagliato una potente Stupeficium contro un Mangiamorte facendogli sbattere la testa sul muro.

“Bel colpo, figliolo”. Gli disse con un sorriso malandrino.

“Grazie”.

Sam invece era impegnata in un duello senza freni contro un altro seguace di Lord Voldemort al quale era scivolata la maschera scoprendo il volto di Lucius Malfoy; doveva ammettere che il biondo era piuttosto bravo e ci sapeva fare molto bene con la bacchetta ma lei riusciva a tenergli testa benissimo. Sperava solo di riuscire a metterlo al tappetto il più presto possibile così da poter andare ad aiutare gli altri.

“Tutto qui quello che sai fare?” sentì Sirius urlare e lanciandogli un’occhiata di sottecchi lo vide che combatteva contro Bellatrix che fumava perfidia da tutti i pori. Aveva una brutta sensazione, non c’era affatto da scherzare con Bellatrix e così aveva continuato a lanciargli occhiate per tenerlo sotto controllo mentre lei combatteva ancora contro Malfoy. In quel caso le avrebbe fatto proprio comodo l’occhio magico di Moody.

Finalmente riuscì a disarmarlo e a ferirlo alle gambe facendolo cadere e gemere per il dolore. Vide anche un’altra cosa però che le piacque molto poco; Sirius era riuscito a far cadere a terra la cugina e ora se la rideva in modo piuttosto sguaiato urlandole che era una schiappa. Bellatrix però aveva ancora in mano la bacchetta e Sam la vide sollevarla e puntarla contro l’Animagus che si trovava immediatamente davanti al Velo.

Senza pensarci due secondi di più si precipitò dal fidanzato e lo buttò a terra proprio mentre un raggio di luce rossa passava sopra le loro teste.

“Sam?” sussurrò lui alla ragazza sdraiata sopra di lui. Poi si accorse con orrore che lei stava sanguinando dal braccio.

“State bene ragazzi?” chiese Tonks inginocchiandosi accanto ai due.

“Sì, è solo un graffio”. Le rispose Sam guardando la ferita che aveva al braccio e che in realtà era molto più profonda di un semplice graffio.

In quel momento, con lo sgomento e la paura di tutti, comparve Lord Voldemort in persona che si scagliò contro Harry per avere la Profezia che il ragazzo teneva ancora in mano.

(“Adesso non vi resta che da fare ancora una cosa”.)

Sam, James e Remus si trovavano fuori dall’aula delle udienze al Ministero e continuavano ad andare avanti e indietro davanti alla porta per il nervoso; Sirius era entrato lì dentro da circa una ventina di minuti.

Dopo che il Ministro della Magia era arrivato al Ministero durante la battaglia insieme a Silente, finalmente si era reso conto che Sirius non era affatto un Mangiamorte, vedendolo combattere dalla parte dei buoni, e che non aveva commesso nessun reato, trovando Peter Minus che combatteva insieme agli altri Mangiamorte. Inoltre aveva ascoltato la dichiarazione di James che gli aveva raccontato dello scambio di Custode Segreto e di tutto ciò che ne è derivato.

I tre che se ne stavano lì fuori però, non riuscivano a capire perché adesso si dovesse fare questa specie di mini udienza, non potevano dichiararlo innocente e basta? Probabilmente si trattava solo di cose burocratiche.

A un tratto però videro la porta aprirsi e Sirius uscire dall’aula insieme a Moody e Kinglsey.

“Allora?” chiesero James e Remus in coro.

“Assolto!” rispose Sirius con un sorriso.

“Evvai!” esclamò Sam contenta saltandogli praticamente in braccio.

“Lentiggini, così mi uccidi”. Commentò l’Animagus divertito.

“Adesso non vi resta che da fare ancora una cosa”. Disse James rivolto alla sorella e all’amico.

I due lo guardarono senza capire.

“Celebrare il matrimonio”.

“Ha ragione”. Aggiunse Sam ancora tra le braccia del fidanzato. “E io so già dove anche”. 

 (Era tutto perfetto, sarebbe stato tutto perfetto.                                                                       Come nei suoi sogni di bambina.)

In quei quattro giorni c’era stato parecchio movimento ad Hogwarts, soprattutto nel cortile di Trasfigurazione dove c’era un via vai frenetico di persone che andavano e venivano.

Gli studenti guardavano ancora piuttosto sbigottiti tutte quelle persone che si davano parecchio da fare e sembravano prendere le misure di ogni cosa, persino delle piante. Beh, ormai avevano ricevuto la notizia dal preside che presto nel loro castello si sarebbe tenuto un matrimonio, più precisamente il penultimo giorno di lezioni. Quello che però li aveva sorpresi di più, insieme al ritorno di Voldemort, era chi si sposava: Samantha Potter e Sirius Black.

La loro ex insegnante di Cura delle creature magiche con l’ex famigerato pluriomicida. Erano rimasti piuttosto scioccati quando avevano letto sulla Gazzetta dell’innocenza del rampollo di casa Black, qualcuno non ci credeva, a qualcuno sembrava pure non importare mentre a qualche altro, la maggior parte, dispiaceva per lui, del fatto che aveva dovuto passare dodici anni nella prigione più terribile del mondo senza che avesse commesso alcun crimine. 

“Sam, che dici se i fiori li mettiamo lungo la navata che devi percorrere?” chiese Amelia, l’organizzatrice che Sam aveva ingaggiato per aiutarla a preparare il matrimonio, rivolta alla futura sposa.

“Sì, mi va benissimo!” le rispose la ragazza voltandosi poi dall’altra parte. “Mamma, secondo te è meglio il vino o lo spumante da mettere a tavola?” urlò poi in direzione della madre che finalmente si era ripresa e sembrava essere completamente guarita dal male che le aveva fatto perdere completamente la memoria; i medici avevano detto che si era trattato di un miracolo però tutti erano stati felicissimi di questo. In verità, la donna aveva ancora alcuni ricordi da recuperare, però sembrava ci stesse riuscendo bene, con l’aiuto anche del marito e dei figli.

“Mmmh, mettiamoli tutti e due, tesoro!” le rispose la madre con un sorriso.

“Sì, ma poi non vorrei che papà e James si ubriachino e si mettano a ballare sui tavoli”.

“Oh, tranquilla. Baderò io a quei due”.

Ormai era quasi tutto pronto, sembrava non mancasse più niente, le decorazioni, la torta, il cibo e le bibite per il banchetto, i fiori, il prete e persino gli abiti degli sposi. Presto sarebbe arrivata anche Kathrin, l’amica di Sam che le avrebbe fatto da damigella insieme a Isabel.

Era tutto perfetto, sarebbe stato tutto perfetto. Si disse Sam. Infondo, bastava che ci fossero i suoi amici, i suoi parenti e Sirius e per lei sarebbe stato comunque meraviglioso. Come nei suoi sogni di bambina.

SPAZIO AUTRICE IN VACANZA FISICAMENTE E MENTALMENTE

Ciaooooooooo!!!! Eccomi qua, con queste vacanze ho deciso di approfittarne e di postare un altro capitolo, non solo di questa ma anche delle mie altre due storie. Spero che anche voi vi stiate godendo queste vacanze, i ponti sono veramente una gran cosa.

Allooooora, che ve ne pare?? Spero vi sia piaciuto questo cap. sebbene alla fine non succede granché. La battaglia al Ministero mi sembra piuttosto importante quindi non ho voluto toglierla, l’unica cosa che ho cambiato è che non ho fatto morire Sirius (anche perché, se lo avessi fatto, sicuramente questa volta mi avreste uccisa sul serio e fra atroci torture scommetto xD) e non mi andava di mettere tutta la parte della lotta tra Voldemort e Silente perché quella penso la conosciate già, quindi mi sembrava anche un po’ inutile e noioso.

Nel prossimo capitolo finalmente… IL MATRIMONIO!!!!

Per fortuna che Sirius è stato assolto se no dovevano celebrarlo in segreto J

Bene, dopo avervi annoiato un bel po’ penso di potervi lasciare.

Spero di ricevere un sacco di recensioni e… beh, vi saluto, che è meglio.

Un beso, Milly.

FEDE15488: anch’io alle medie andavo bene in matematica sebbene non mi sia mai piaciuto, è alle superiori che sono diventata un disastro. Ma basta, non voglio di certo demoralizzarti con questi argomenti, piuttosto parliamo della storia che è meglio, mi sa. Allora, per quanto riguarda il sesso dei nuovi figli, io ho già deciso, ma dovrai portare un pochino di pazienza :p invece, proprio come speravi, la signora Potter si è ripresa e potrà partecipare al matrimonio della figlia. Yuhuhuhuhu!!! J comunque, mi dispiace per Cho ma a me sta proprio antipatica e nei prossimi capitoli non si farà una bella figura. Spero che ti sia piaciuto anche questo e un bacione, Milly.

STEFANMN: mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e che ti piaccia la coppia Harry/Ginny. Piacciono anche a me. J spero di risentirti, un beso, Milly

PUFFOLA_LILY: ehehe, e chi non se li immagina i figli dei mitici malandrini xD Comunque penso che SIrius sarebbe da sbavo anche con un costume da zucca indosso, eheheh :p Comunque, per rispondere alla tua domanda, Sirius adesso dovrebbe avere quasi 36 anni mentre Sam ha tre anni in meno del fratello perciò ne ha quasi 33. Spero di risentirti, un bacione. Milly.

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Capitolo 51
*** Capitolo quarantanove ***


(“Sono veramente felice per te, Sally”.)

Sam si trovava in una delle tante aule del castello di Hogwarts, davanti ad uno specchio gigante; l’abito bianco le fasciava tutto il corpo lasciandole scoperte le braccia e senza celarle tutte le sue curve più perfette. Il velo poi non era molto lungo ed era incastrato perfettamente tra i boccoli dei suoi capelli raccolti in una morbida crocchia con un paio di ciuffi lasciati cadere davanti al viso.

Un dolce sorriso le increspava le labbra mentre si ammirava allo specchio; quasi non ci credeva, quel giorno era finalmente arrivato.

Sirius la aspettava poco fuori da quella stanza, nel cortile di Trasfigurazione, dove si sarebbero fatti la loro promessa e si sarebbero messi al dito quel paio di fedi che li avrebbe uniti per sempre. Proprio sotto all’albero dove si erano scambiati il loro primo bacio.

“Sei bellissima, sorellina”. Sentì una voce che le diceva dalla soglia della porta. Si voltò e trovò il fratello che le sorrideva dolcemente, quel sorriso che riservava solo a lei e a pochi altri. “Mi sa che Sirius sverrà quando ti vedrà”.

“Spero di no, altrimenti ci toccherà posticipare il matrimonio”. Gli rispose la ragazza divertita.

James le si avvicinò con le mani in tasca e l’aria spavalda; eh sì, era tornato ad avere il solito portamento da latin lover di sempre, anche se forse inconsapevolmente.

I due si strinsero in un abbraccio stretto, uno di quei rari abbracci che si erano scambiati.

“Sono veramente felice per te, Sally”. Sussurrò James tenendo la sorella ancora stretta a sé.

Quando poi si staccarono si guardarono negli occhi identici.

“Bene, ora vado. Devo svolgere il mio compito da testimone, ovvero calmare lo sposo”. Le disse poi col suo solito sorriso malandrino e prendendo ad allontanarsi.

Prima di uscire dalla porta però, si volse di nuovo verso la ragazza e aggiunse.

“Non farti venire un colpo però quando Sirius ti dirà il suo discorso”.

“Cosa? Quale discorso?!” esclamò Sam spalancando gli occhi e sentendosi pervadere da un leggero senso di panico.

James, per tutta risposta, ridacchiò.

                                                       (Mai Hogwarts era stata più allegra                                                                                                e bella di quel giorno.)

Harry uscì nel cortile andando a sedersi vicino a Ron ed Hermione, sulla panca riservata agli studenti di Grifondoro lanciando un’occhiata divertita a James che cercava di calmare un Sirius piuttosto pallido che se ne stava seduto su una delle poche sedie rimaste libere. I posti a sedere erano stati messi in modo piuttosto ordinato; ogni Casa della scuola aveva le proprie panchine riservate e ce n’erano altre anche per gli invitati dei due sposi.

Perciò in quel momento il cortile era strapieno di gente. E mai Hogwarts era stata più allegra e bella di quel giorno. Tutti partecipavano con allegria e divertimento a quel matrimonio, eccetto i Serpeverde che consideravano tutto quello stupido, insulso e mortalmente sdolcinato.

Dopo poco partì la marcia nuziale, suonata al piano da Remus, e le damigelle di Sam, Izzy e Kate, iniziarono la loro sfilata tenendo in mano i bouquet precedute però dalla più piccola delle figlie di Isabel che spargeva i petali di rose.

Poi arrivò anche la sposa e immediatamente tutti i presenti si alzarono in piedi con gli occhi puntati su di lei; Sam camminava a braccetto del padre con passo sicuro e fiero, bellissima nel suo vestito bianco. Teneva lo sguardo puntato su Sirius mentre si dirigeva verso di lui che l’aspettava sotto all’albero dove si erano scambiati il loro primo bacio.

(Ti amo con i tuoi difetti e con i tuoi pregi, ti amo                                                                  per quello che sei, per come mi fai sentire…”.)

“Sam, non sono mai stato bravo con le parole…”. Iniziò Sirius con il suo discorso, guardando la fidanzata dritto negli occhi nocciola, come a voler incatenare i loro sguardi. Si vedeva chiaramente che era emozionato. “In realtà non sono mai stato bravo in niente, nemmeno ad amare. Ma tu mi hai completamente cambiato, mi hai reso un uomo migliore e non riesco nemmeno a immaginarmi una vita senza di te. Vorrei passare con te il resto dei miei giorni, anche se dovessero essere pochi perché in questa schifosa guerra non si sa mai come potrebbe andare a finire. Non m’importa, non m’importa perché vicino a te sono felice e questo mi basta. Pure se dovessi morire domani o il mese prossimo o fra un anno, non me ne importerebbe perché saprei che i miei ultimi giorni sono stati felici, perché tu eri con me. Mi importa solo che a te non succeda niente, mi importa solo che tu sia felice e che riesca ad avere tutto dalla vita. E io farò di tutto perché questo accada. Tu sei la mia piccola e dolce Lentiggini e lo sarai per sempre. Ti amo, ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo”.

Sam ascoltò tutte quelle parole senza riuscire a distogliere lo sguardo da Sirius e sentì addirittura pungere gli occhi per le lacrime di emozione e felicità che volevano uscire. Ma non voleva lasciarle andare.

“Beh, visto che hai fatto questo enorme sforzo, penso di doverlo fare anche io, sebbene non mi sia preparata niente”. Cominciò anche Sam guardando il fidanzato dritto negli occhi grigi. In quel momento era come se non ci fosse nessuno, solo loro due e il loro immenso amore.

She said, I was seven and you were nine
I looked at you like the stars that shined
In the sky, the pretty lights
And our daddies used to joke about the two of us
Growing up and falling in love and our mamas smiled
And rolled their eyes and said oh my my my.

“Mi ricordo ancora quando ero piccola e mi piaceva tantissimo guardare le stelle. Mio padre mi diceva che le stelle erano i sogni di tutte le persone che vivevano su questo pianeta e quando ne cadeva una allora significava che il sogno di qualcuno si era avverato. Così io mi mettevo a guardare il cielo, la notte, e sperare che una stella cadesse anche per me. Avevo un sacco di sogni allora soprattutto trovare il mio Principe Azzurro che mi portasse via sul suo cavallo bianco. Poi, crescendo, ho capito che questi sogni erano veramente assurdi, che non sarebbero mai potuti diventare realtà perché erano solo favole. Finché non ho incontrato te. Mi ricordo ancora il giorno in cui ci siamo conosciuti e inconsapevolmente mi sono innamorata di te, eri tu il mio Principe Azzurro. E lo sei anche adesso. Ti amo con i tuoi difetti e con i tuoi pregi, ti amo per quello che sei, per come mi fai sentire…”.

Take me back to the house in the backyard tree
Said you'd beat me up, you were bigger than me
You never did, you never did
Take me back when our world was one block wide
I dared you to kiss me and ran when you tried
Just two kids, you and I...
Oh my my my my.

“Ti amo per il tuo semplice modo di essere. Mi ricordo anche di quella volta quando ci trovavamo nel giardino di casa mia e tu avevi detto che mi avresti picchiata perché eri più grande di me e tu non mi sopportavi mentre io ero solo innamorata di te. Oppure, quando mi avevi baciata, proprio sotto questo albero dove ora ci stiamo sposando. Non ho mai capito che cosa significasse, forse volevi solo consolarmi o… non lo so, ma eravamo solo ragazzi, ragazzi ignari di tutto quello che succedeva fuori, ignari della guerra, della vita…”.

I was sixteen when suddenly
I wasn't that little girl you used to see
But your eyes still shined like pretty lights
And our daddies used to joke about the two of us
They never believed we'd really fall in love
And our mamas smiled and rolled their eyes
And said oh my my my...

“Mi ricordo anche di quella volta, quando avevo sedici anni e non ero più quella piccolo bambina che eri abituato a  vedere, non ero più la piccolo Sam. Però tu  continuavi ad essere il mio inconsapevole Principe Azzurro e i tuoi occhi per me brillavano proprio come le stelle. Nessuno avrebbe mai pensato che ci saremmo innamorati. Nemmeno noi due”.

Take me back to the creek beds we turned up
Two A.M. riding in your truck and all I need is you next to me
Take me back to the time we had our very first fight
The slamming of doors instead of kissing goodnight
You stayed outside til the morning light
Oh my my my my.

“A volte vorrei soltanto poter riportare indietro il tempo e rivivere quelle cose da capo. Come quando, quella volta, alle due del mattino, ero appena tornata a casa da un disastroso appuntamento e avevo soltanto bisogno di una spalla su cui piangere o di qualcuno con cui sfogarmi. James però non c’era, ma c’eri tu. Così sei rimasto con me fino al mattino, ad ascoltarmi, a consolarmi”.

A few years had gone and come around
We were sitting at our favorite spot in town
And you looked at me, got down on one knee      
Take me back to the time                              
when we walked down the aisle
Our whole town came and our mamas cried
You said I do and I did too
Take me home where we met so many years before
We'll rock our babies on that very front porch
After all this time, you and I

 “Adesso però tutto questo è passato, gli anni sono passati e noi siamo cambiati. Quei momenti che abbiamo vissuto non ritorneranno più. Quello che conta però è che siamo insieme e nessuno ci potrà più separare. Adesso potremo finalmente vivere insieme felici nonostante ci sia questa assurda guerra. Ma almeno saremo insieme, proprio come hai detto tu e tutto ci sembrerà più facile. Ci sono le nostre famiglie, i nostri amici e nessuno potrà portarceli via perché nessuno potrà portarci via l’amore”.

I'll be eighty-seven; you'll be eighty-nine
I'll still look at you like the stars that shine
In the sky, oh my my my...
 

“E spero di poter passare con te il resto della mia vita. Chissà, forse avremo anche dei figli. Finchè continueremo ad amarci sarà come essere sempre insieme, qualsiasi cosa accada. E io continuerò a guardarti come una stella nel cielo, anche quando saremo vecchi e cadenti. Sarai sempre il mio Principe Azzurro”.

Durante tutto questo discorso, Sam aveva deciso di lasciar cadere le lacrime perché non riusciva più a trattenerle e inoltre non si vergognava più di mostrare i suoi sentimenti a Sirius. Ora con lui avrebbe condiviso tutto.

Sirius, dal canto suo, non sapeva che dire. Tutto quello che aveva detto lui prima, nel suo discorso, gli sembrava niente in confronto a quello che lei gli aveva detto.

Così cercò semplicemente di baciarla ma fu bloccato dal prete che non aveva ancora detto le fatidiche parole finali.

“Fermi, fermi un attimo!”

Gli ospiti scoppiarono a ridere mentre Sam e Sirius sbuffavano spazientiti.

“Con il potere che mi è stato conferito, io vi dichiaro marito e moglie”. Concluse e, rivolgendosi a Sirius. “Ora potete baciarvi”.

Sirius sollevò Sam in braccio e le diede un bacio passionale e intenso mentre tutti gli altri scoppiavano in applausi allegri e divertiti accompagnati da urla e fischi di giubilo e c’era anche chi si asciugava le lacrime con un fazzoletto, come Andromeda, la McGranitt e la madre di Sam.

Infine la ragazza lanciò il bouquet che finì tra le mani di una sorpresa Ninfadora Tonks che lanciò un’occhiata a Remus che sghignazzava divertito al suo fianco.

ANGOLO AUTRICE TERRIBILMENTE SDOLCINATA

Ma ciaoooooooo!!!! Ecco qua finalmente il capitolo tanto atteso, il matrimonio, nel prossimo ovviamente ci sarà la seconda parte.

Allora, devo ammettere che questo capitolo è stato un vero parto. L’avevo iniziato e poi non sapevo più come proseguirlo sebbene avessi già le idee e abbastanza chiare.

Però devo dire che mi sono piuttosto sorpresa di me stessa perché, insomma, credo di non aver mai scritto una cosa più sdolcinata di questa. Non so se avevo mangiato troppo miele quel giorno oppure se uno spirito zuccheroso e smielato si sia impossessato di me.

Mah, sta a voi giudicare, comunque devo dire che questo non è uno dei miei capitoli preferiti proprio perché gronda zuccheri da tutti i pori.

Per la scena del bacio “senza permesso del prete” mi sono ispirata a una puntata di Grey’s Anatomy, quella del matrimonio tra Izzy e Alex. Qualcuno di voi lo guarda? So anche che forse potrebbe apparire un po’ strano che il discorso di Sam sia stato più lungo di quello di Sirius che se lo era anche preparato, ma per la ragazza avevo più idee su cosa farle dire visto che avevo come base la canzone che avete potuto leggere. E, a proposito della canzone, si intitola Mary’s Song (oh my my my) di Taylor Swift.

Adesso voi direte: e basta con questa Taylor! Hai rotto!

Eh, mi dispiace ragazzi, ma dovrete sorbirvela perché nelle mie storie credo che comparirà spesso visto che è una cantante che adorooooo!!!!

Inoltre, la canzone mi sembrava terribilmente adatta a questa coppia. Andate a sentirvela se vi piace il genere. È molto bella.

Ultima cosa che devo dire è che Sirius qui forse è stato un po’ OOC, però dai, la fic è mia quindi posso adattarlo xD

Bene, penso di aver detto tutto ma se manca qualcosa o se avete dubbi ditemelo pure lasciandomi qualche recensione.

Un forte abbraccio dalla vostra Milly.

P.S. quasi dimenticavo. Sotto vi lascio un’altra foto di Sam e SIrius realizzata come sempre dalla mia amica roxy_black. Grazie roxyJ e se lasciate un commentino anche alla foto farebbe piacere sia a me che a lei.

FEDE15498: ehilà!! Allora, hai visitato il liceo?? Com’è?? Ma quale ti piacerebbe frequentare?? Oddio, perdonami, non ho certo intenzione di ficcare il naso nei tuoi affari, ma ho il difetto di essere alquanto curiosa xD bene, spero che questa prima parte del matrimonio ti abbia abbastanza soddisfatta, mentre la “bella” figura di Cho arriverà nel prossimo capitolo. Per quanto riguarda James ubriaco, invece, hmm, non so, però mi stai tentando :P un beso, cara. Alla prossimaJ

PUFFOLA_LILY: eeeh, ti confesso che, prima di far morire un Malandrino, dovrebbero spararmi almeno venti volte, quindi, non ti preoccupare :p ecco qua il tanto atteso matrimonio e nel prossimo, la seconda parte. Spero ti sia piaciuto. Ti mando un bacio. Ciao.

STEFANMN: eh sì, finalmente un po’ di felicità per i nostri eroi. Ma ora molte ragazze saranno gelose con il nostro bel Malandrino che si sposa. Eeeh, pazienza. Un abbraccio, Milly.

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Capitolo 52
*** Capitolo cinquanta ***


(“Hai sentito la ragazza? Sparisci!”)

“Te lo avevo detto io che saresti stato bene con la barba”. Disse Sam rivolta a Sirius con un sorriso divertito. L’Animagus le schioccò un bacio a sorpresa.

I due si trovavano accanto alla tavola dei banchetti e Black si era appena divorato due fette di torta sotto lo sguardo scioccato e divertito di Sam.

“Per te farei questo ed altro”. Le disse lui mandando giù un boccone di arrosto.

La ragazza sospirò.

“Basta! Ti ho detto che fra noi è finita!” sentirono esclamare ad un tratto a una ragazza che si era appena avvicinata al tavolo. Era piuttosto carina, con quel vestito rosa pallido che le arrivava fino alle ginocchia, i capelli biondi e ondulati e gli occhi azzurri. Dietro di lei c’era un ragazzo piuttosto grosso e con la faccia da bulletto. Non era male, ma si vedeva che era il classico tipo tutto muscoli e niente cervello. E sembrava che la ragazza ce l’avesse proprio con lui.

“Ti prego Cindy. Prometto che non lo faccio più”. Le rispose lui con uno sguardo da cucciolo bastonato, uno sguardo che evidentemente era abituato a fare.

“Sarà la centesima volta che me lo prometti. Non voglio più avere niente a che fare con te! Sparisci!”

Le sue urla attirarono l’attenzione dei neo sposini che si trovavano lì vicino e la risposta del ragazzo fu bloccata da Sirius che gli disse schioccandosi le dita:

“Hai sentito la ragazza? Sparisci!”

“Ma io… lei…”.

“Sai, non sono molto gentile con quelli che tormentano le donne ed è da un po’ che non meno le mani, perciò vedi di non farmi perdere la pazienza. Sparisci!”

Il ragazzo sbuffò ma alla fine si allontanò, probabilmente intimorito dallo sguardo omicida che gli aveva lanciato Black e comunque sapeva che era stato accusato di omicidio, anche se ingiustamente, perciò non voleva mai che questa accusa diventasse fondata.

La ragazza si voltò verso di lui con un sorriso grato e sollevato.

“Grazie”. Disse all’uomo. “Non sapevo più come liberarmene. Meno male che lui sta per finire l’anno così non lo vedrò più”.

“Tranquilla. Se viene di nuovo a romperti fammi un fischio”.

La bionda ridacchiò.

“Ahah, posso ripagarla in qualche modo?”

“Intanto dammi del tu, non sono così vecchio. E poi… beh, potresti concedermi un ballo”.

“Se alla sua signora non dà fastidio”. Rispose la ragazza lanciando un’occhiata a Sam che alzò gli occhi al cielo.

“Va bene”. acconsentì alla fine. “Ma ti terrò d’occhio ragazzina, quindi non mettergli le mani dove non dovresti”.

Sirius e la ragazza scoppiarono a ridere divertiti e si inoltrarono verso la pista da ballo facendosi largo tra le altre varie coppie che stavano già ballando.

“Sirius, erano molto belle le parole che hai detto alla professoressa durante il matrimonio”. Disse a un certo punto la ragazza tenendo le braccia attorno al collo dell’uomo e guardandolo negli occhi. “Anch’io un giorno vorrei trovare un uomo così romantico e innamorato di me”.

Sirius sorrise. “Oh, non credere. Non sono sempre stato così. Diciamo che anch’io da giovane ero molto stronzo con le donne”.

“An sì? Però si vede che sei innamorato di Sam”.

“Sì, lo sono. La amo da impazzire”. Mentre lo diceva il volto dell’Animagus era diventato terribilmente serio e sincero. Nemmeno tra le braccia di quella bellissima e giovane ragazza si sarebbe potuto dimenticare il viso della sua Lentiggini. “Comunque, non è giusto che tu sappia il mio nome e io il tuo no”.

“Mi chiamo Cindy Parker”.

“E quanti anni hai, Cindy?”

“Sedici, sto per finire il sesto anno. Tassorosso”.

“Oh”.

“Che c’è, sembri deluso”.

“No. È solo che adesso capisco perché quel ragazzo non ti mollava. Voi Tassi siete un po’ troppo buoni di cuore e perdonate facilmente. Dovete cercare di essere un po’ più duri invece”.

“Dici?”

“Certo”.

Sam intanto se ne stava un po’ in disparte a guardare Sirius e la ragazza ballare e chiaccherare. Anche lui era tornato a essere il solito Playboy. Un sorriso beato le era dipinto in viso. Si sentiva proprio felice, per la prima volta dopo tanto tempo. Amava suo marito e lo avrebbe amato per sempre, nel bene e nel male. Suo marito. Le suonava così strano. Ma immensamente bello.

Alla fine si avvicinò a James e Lily che stavano chiaccherando sotto ad un albero.

“Ehi, fratellino. Mi concederesti un ballo o tua moglie mi crucia?”

Lily ridacchiò e spinse il marito per farlo andare con la sorella. “Andate pure”.

Anche Sam e James salirono sulla pista da ballo e cominciarono a ballare abbracciati.

“Perché sorridi?” chiese ad un tratto la ragazza notando che il fratello ridacchiava.

“Guarda dietro di te”.

Sam si girò e anche a lei venne da sorridere notando Remus e Dora che ballavano lentamente, lei con la testa appoggiata sul suo petto e lui che le cingeva la vita con le braccia in modo molto protettivo.

(“Io mio figlio non l’ho cresciuto così!”                                                                                  “No, infatti tu non mi hai cresciuto”.)

James stava chiaccherando con Sirius e Remus quando, ad un tratto, si vide sfrecciare davanti Harry che andò a nascondersi sotto al tavolo. I tre uomini lo guardarono curiosi e sopresi, poi James si abbassò sollevando il bordo della tovaglia e incrociando gli occhi del figlio.

“Che stai facendo?”

“Mi sto nascondendo”.

“Sì, questo l’ho notato. Ma da chi? E perché, per l’amor del cielo?”

“Dalla Chang. Mi sta appiccicata come una cozza e io non la voglio. Crede che abbia ancora una cotta per lei”. Gli spiegò il ragazzo.

“E tu saresti un Grifondoro??!! Io mio figlio non l’ho cresciuto così!” gli urlò James trascinandolo via da sotto al tavolo facendolo rotolare nell’erba.

“No, infatti tu non mi hai cresciuto”. Protestò Harry massaggiandosi il braccio per il quale il padre l’aveva afferrato per tirarlo via dal suo nascondiglio.

“Vai!” gli urlò James mollandogli un calcio per farlo alzare. Harry gli fece una pernacchia ma alla fine raggiunse Cho che se ne stava al centro del parco.

“Finalmente hai smesso di evitarmi”. Sospirò la ragazza guardandolo con tanto d’occhi quando lui le arrivò davanti.

“Senti Cho… noi… dobbiamo parlare”. Le disse lui con sguardo basso.

“Oh, ti renderò le cose più semplici. So cosa mi devi dire e non ce n’è bisogno perché anche io ti amo”.

Harry questa volta alzò gli occhi su di lei guardandola con un certo senso di panico.

“No, ma che hai capito?!”.

“Sì, ammettilo. Ti ho sentito quando lo dicevi ad Hermione”.

“Non mi stavo riferendo a te!” urlò Harry tanto che l’attenzione di tutti quanti si spostò a lui e alla Corvonero. “Mi riferivo a Ginny Weasley! Io amo Ginny”.

Il ragazzo non si era assolutamente reso conto di averlo urlato nel bel mezzo del parco, soltanto quando Cho gli disse: “Beh, non c’era bisogno di farlo sapere a tutti” si guardò attorno avvampando di vergogna e desiderando di sprofondare nel terreno. La Corvonero si allontanò sentendo gli occhi pizzicarle per le lacrime mentre intorno a lui si era fatto improvvisamente silenzio e tutti lo guardavano, chi un po’ sorpreso e chi divertito. I Malandrini scoppiarono a ridere mentre Lily esclamava: “Tutto suo padre”.

“Sai, adesso mi aspetterei un bacio”. Disse una voce dolce che lo aveva appena raggiunto. Harry alzò lo sguardo e si trovò davanti i caldi occhi color cioccolato di Ginny e i suoi bellissimi boccoli rossi. Era bellissima con quel vestitino azzurro che evidenziava le sue curve.

Sentendo andare via un po’ di imbarazzo, decise di baciarla lì, davanti a tutti, fregandosi del fatto che ci fossero almeno un centinaio di persone che li guardavano. Qualcuno però gli fece un applauso.

                                                                           (“Adesso ami Ginny".                                                                                                “Sì. E non  posso farci niente.)

“Lo so, sono stato uno stronzo”.

“Sì, lo sei stato”.

Alla fine, grazie ai calci in culo che gli aveva dato Hermione, Harry si era deciso ad andare a parlare con Cho per farsi perdonare o almeno farle capire che era dispiaciuto. La sua migliore amica gli aveva fatto una ramanzina di mezz’ora dicendogli che non ci si comportava così con le donne e che è stato fortunato che lei non lo avesse avada kadavrizzato lì sul posto ballando sul suo cadavere.

Lui di certo non ha potuto darle torto, così adesso si trovava seduto vicino al Lago Nero con la Corvonero che cercava di nascondere le lacrime e dirsi che non le importava niente di Potter e delle sue scuse. Lui di certo non avrebbe potuto rimettere insieme i pezzi del suo cuore infranto.

“So che non mi meriterei il tuo perdono ma voglio farti almeno capire che mi dispiace. Non avrei dovuto dirtelo a quel modo che amo un’altra però… però, non so. Mi sono saltati i nervi e… sì, sono stato un emerito coglione e ti prego di perdonarmi. Non avrei dovuto trattarti così soprattutto perché tu stai ancora soffrendo per Cedric e io ti ho dato delle false speranze. Mi dispiace. Comunque, quella volta che ci siamo baciati nella Stanza delle Necessità, non è stato uno sbaglio. Mi piacevi veramente, ma adesso…”.

“Adesso ami Ginny”. Concluse Cho per lui senza voltarsi a guardarlo.

“Sì. E non posso farci niente. Tu sei una ragazza carina, gentile, onesta e simpatica, troverai sicuramente qualcuno che ti saprà amare per come sei e non un idiota come me”.

La ragazza alla fine non poté trattenere un sorriso divertito per il modo in cui Harry si stava auto insultando solo per farsi perdonare. Non ci poteva fare niente, lo trovava così tenero ed era difficile tenergli il muso. E poi, lo doveva ammettere anche lei, si era soltanto presa una cotta per lui. Non lo amava veramente, aveva solo bisogno di qualcuno che le facesse dimenticare Cedric.

“D’accordo, ti perdono”. Disse alla fine sorridendogli.

“Davvero?”

La ragazza annuì e lui le sorrise sollevato.

“POTTEEEEEEER!” si sentì chiamare ad un tratto e quando si voltò, vide Ron che stava correndo nella sua direzione con sguardo piuttosto minaccioso, nella veste del fratello protettivo che lo voleva scannare per aver baciato la sua sorellina.

“Oh cazzo!”

(C’erano ancora le speranze.)

“Scusate! Posso avere la vostra attenzione?” fece James da in cima ad una sedia attirando l’attenzione di tutti quanti. “Allora, in veste di testimone dello sposo, vorrei dire quattro paroline, visto che oggi tra l’altro i discorsi sembrano essere all’ordine del giorno”.

Gli ospiti ridacchiarono.

“Sono felice che il mio migliore amico e la mia sorellina abbiano trovato l’amore della loro vita. Certo, non avrei mai detto che Sam avrebbe scelto proprio quella zucca vuota di Sirius ma…”.

“Ehi!” esclamò Black tirandogli un tovagliolo sporco addosso che Potter però riuscì a evitare scansandosi leggermente.

“Sono contento che abbiano trovato un po’ di felicità…”.

A un tratto l’uomo si bloccò vedendo Harry sfrecciargli davanti inseguito da un terrificante Ron che stava brandendo una mazza da Quidditch. Poi però proseguì come se niente fosse.

“Invece, in veste di fratello maggiore iperprotettivo, ci tengo a dire al mio caro cognato che, se farà soffrire mia sorella, ci penserò io stesso a farlo a pezzetti e vendere i suoi organi al mercato nero”.

Di nuovo tutti quanti scoppiarono a ridere divertiti.

“Adesso, però voglio vedere anche l’altro mio migliore amico felicemente accasato con accanto una bella mogliettina e tanti bambini”.

Remus si sbattè una mano in fronte capendo benissimo che si stava riferendo a lui.

Dopo quel discorso, un appaluso sorse spontaneo e James iniziò ad inchinarsi pavoneggiandosi scherzosamente.

“James non cambierà proprio mai”. Commentò la McGranitt con un sorriso divertito.

“Oh, direi proprio di no”. Rispose Lily che si trovava accanto alla professoressa. “Ma infondo, io lo amo così”.

L’insegnante la guardò dolce e comprensiva; ora sembrava proprio cambiato tutto. Certo, Voldemort c’era ancora, la guerra non era finita. Ma avevano di nuovo accanto le persone che amavano e che avevano aiutato molto nella prima guerra.

C’erano ancora le speranze.

E’ PERMESSO??

Uuuh, capitolo particolarmente lungo. Ho cercato di metterci un po’ di momenti romantici e un po’ di divertenti e spero di esserci riuscita. Comunque, scusate se non ho postato prima ma, come vi avevo detto, ho finito i capitoli già pronti e quindi adesso devo ricominciare a scriverli e, siccome non ho abbastanza tempo tra compiti, scuola e vari impegni, non vi assicuro più un aggiornamento rapido come prima.

Ma non vi preoccupate, non ho certo intenzione di mollarla questa storia, soprattutto perché mi sembra piaccia parecchio.

Bene, il matrimonio è finito e avete pure assistito alla “bella” figura di Cho, anzi, in realtà sarebbe meglio dire che è stata una “bella” figura di Harry o di entrambi. Mano male che il ragazzo si è fatto perdonare. Infondo, poveretta, l’aveva trattata proprio male. Non è che la Chang mi stia proprio antipatica, mi è semplicemente indifferente, un po’ come Malfoy. Però alla fine mi era dispiaciuto per lei quindi ho cercato di rimediare.

Bene dai, sembra che le cose stiano andando per il meglio per i nostri eroi e chissà se dureranno con la guerra che imperversa.

Lasciatemi un commentino che mi fanno sempre piacere.

Un bacio,

Milly.

FEDE15498: liceo artistico, eh? Wow, allora sai disegnare… J io invece faccio il classico ma indirizzo linguistico. Torniamo alla storia, però. Sono molto contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, io l’ho trovato troppo sdolcinato, ma vabbè, sono i lettori alla fine che devono giudicare. Comunque, Sirius sarebbe da sbavo anche travestito da zucca gigante. LOL. Mi fa anche piacere che inizi a piacerti Taylor, adesso influenzo tutti quanti con la mia passione per quella cantante, ehehe. Vabbè, spero di risentirti e un bacio. M.

PUFFOLA_LILY: eh, magari Sirius dicesse quelle cose anche a noi. *w* io mi metterei ad urlare. Quanto invidio Sam. E dire che è una mia creazione -.- vabbè. Anche a te piace Taylor??!! Bene, bene, bene. Io amo quella cantanteJ ok, spero di risentirti. Un beso, Milly.

STEFANMN: no, non mi sembra affatto strano che tu non abbia mai sentito una canzone di Taylor. Non è molto famosa qui e in genere ai ragazzi non piace. Ma vabbè, spero che il capitolo ti sia piaciuto e giuro che ho finito di scassare con le sue canzoni. Un bacio, M.

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Capitolo 53
*** Capitolo cinquantuno ***


(“Tranquilla, ti tengo io.                                                                                                     Non ti farei mai cadere”.)

Sirius era appoggiato sul parapetto della poppa della nave gigantesca sulla quale aveva salpato insieme a Sam circa due settimane fa per godersi la loro luna di miele in crociera. Era la prima volta che viaggiava su una nave e i primi giorni non erano certo stati i migliori, il suo stomaco si era sentito parecchio in subbuglio.

Ma alla fine si era abituato e aveva anche dovuto ammettere che non era male quel viaggio, specialmente le escursioni che avevano fatto nei diversi paesi nei quali si erano fermati.

Stava ammirando il bellissimo tramonto che dipingeva il cielo con colori caldi, nonché puramente Grifondoro, davanti a lui quando, ad un tratto, si sentì chiamare.

“Sirius”.

Si voltò e vide Sam che gli sorrideva dolcemente. Lui le sorrise di rimando rimanendo sempre attaccato alla ringhiera.

“Allora?” fece e non ci fu bisogno di aggiungere altro perché la ragazza aveva capito tutto con quella semplice domanda.

“Sì!” gli rispose senza esitazioni. “Sono incinta”.

All’Animagus partì un sorriso che andava da un orecchio all’altro e, non appena la moglie gli si buttò tra le braccia, la strinse forte baciandola tra i lunghi capelli scuri.

“Merlino, quanto ti amo, Lentiggini”.

“Anch’io, Sirius. Anch’io”.

Si girarono verso il mare e il magnifico panorama che li si offriva e l’uomo la fece salire su una piccola sporgenza.

“Ma che fai?!” esclamò lei leggermente spaventata. Non era messa in una posizione molto sicura, la ringhiera della poppa le arrivava alla pancia e se si sporgeva ancora un po’ sarebbe sicuramente caduta in acqua.

“Tranquilla, ti tengo io. Non ti farei mai cadere”. La rassicurò il marito tenendola stretta per i fianchi. Lei adesso era leggermente più alta di lui e teneva le mani strette al parapetto per paura di cadere. Ma, non appena Sirius le disse quelle parole, si rassicurò subito.

“Adesso, allarga le braccia”. Aggiunse sussurrandole all’orecchio.

La ragazza chiuse gli occhi e lentamente portò le braccia in fuori.

“Apri gli occhi e rilassati”.

Sam aprì gli occhi e si allargò in un sorriso di puro piacere e meraviglia. Le sembrava quasi di non trovarsi più sulla nave, ma di star muovendosi per conto suo in direzione di quel tramonto sopra alle spumeggianti onde del mare.

“Wow!”

“Hai visto?”

“Sembra di volare senza scopa. È bellissimo!”

“Tu sei bellissima”.

Sirius portò le mani sulla sua pancia ancora piatta ma che ben presto avrebbe svelato la figura di suo figlio, della sua felicità.

                                                     (“Non m’importa nemmeno se sei un lupo mannaro.                                                                                                 Tu non sei un mostro.                                                                                                                  Sei la personapiù                                         dolce e speciale                                                                                      che io abbia mai conosciuto”.)

Tonks si materializzò davanti casa di Remus decisa più che mai a parlargli. Ormai era sicura di quello che provava per lui, era sicura di amarlo ed era sicura anche che i sentimenti dell’uomo non fossero da meno.

Bussò forte alla porta e poco dopo il licantropo venne ad aprirle sgranando leggermente gli occhi per la sorpresa nel trovarsela davanti.

“Ciao Dora!” esclamò lui. Era l’unico che poteva chiamarla col nome intero o col diminutivo, non si arrabbiava mai con lui se lo faceva. E chissà perché?

“Remus, dobbiamo parlare”. Disse lei in tono deciso, spostandolo per entrare. Era piuttosto accogliente la casa di Remus, piccola ma accogliente, con dei bei mobili all’antica, gli scaffali pieni di libri e oggetti vari. Si respirava un odore di… casa.

“E di cosa?”

“Di quello che è successo al matrimonio. Di quel bacio che mi hai dato”.

Era da giorni che ci pensava e non riusciva a toglierselo dalla testa. Se lui glielo aveva dato, allora c’era un motivo. Non era semplicemente ubriaco e tanto meno si era lasciato trasportare dall’atmosfera.

“An”. Sospirò il licantropo abbassando lo sguardo leggermente imbarazzato. “Senti, a proposito di quello… mi dispiace, non dovevo baciarti. È stato un…”.

“Non dirmi che è stato un errore!” lo interruppe la ragazza alzando la voce piuttosto spazientita. “So benissimo che non è stato un errore, né per me né per te. Io ti amo, Remus e so che tu ami me”.

L’uomo portò gli occhi dorati in quelli color cioccolato della ragazza e la guardò leggermente sbigottito. Non era abituato a vedere la dolce, imbranata e tenera Dora alzare così la voce. Sembrava proprio che avesse fatto uscire il suo spirito da Auror.

“Hai ragione”. Rispose allora lui con voce calma senza abbassare lo sguardo. Ormai non poteva più negare, non poteva più nascondere che amava quella piccoletta che era entrata prepotentemente nella sua vita sconvolgendolo tutto e non certo negativamente. “Sì, ti amo ma…”.

“Ma…”. Lo incitò Tonks sorpresa per il fatto che le avesse confessato i suoi sentimenti così esplicitamente. Credeva che avrebbe dovuto tirargli fuori le parole con le tenaglie.

“Ma io non sono l’uomo giusto per te. Tu sei giovane, sei bella e troverai ancora tantissimi altri uomini che ti meriteranno e ti accetteranno per quello che sei. Io sono vecchio ormai, abbiamo più di dieci anni di differenza, sono povero in canna, non ho niente da darti. E per non parlare del fatto che sono un Lupo Mannaro”.

Guardandolo dolcemente, Tonks gli si era avvicinata e gli aveva messo le mani attorno al collo.

“A me però non importa. Non m’importa se sei più grande di me, non vuol dire che sei vecchio. Hai solo trentasei anni, per Merlino! Non m’importa nemmeno se sei povero, non mi devi dare assolutamente nulla. Mi basta il tuo amore. E non m’importa nemmeno se sei un lupo mannaro. Io ti amo per quello che sei, per come sei, con tutti i tuoi difetti, sia quelli pelosi che non”.

Remus faticò a trattenere un risolino divertito ma alla fine si trovò anche a sospirare quasi stancamente.

“Ma come fa a piacerti un mostro come me?”

“Tu non sei un mostro. Sei la persona più dolce e speciale che io abbia mai conosciuto”.

La ragazza affondò il viso nella sua camicia stringendolo forte a sé mentre l’uomo ricambiava l’abbraccio sorridendo.

“Oh tesoro, non sai in che guaio ti stai andando a cacciare”.

(Adorava provocare il marito.)

“Tesoro, quella ragazza ti sta adocchiando”. Sussurrò James all’orecchio del figlio che gli era sdraiato vicino a godersi il sole.

Il ragazzo voltò la testa nella direzione indicatagli dal padre e squadrò piuttosto annoiato la tipa che lo stava fissando piuttosto spudoratamente; bionda, occhi azzurri, fisico ben fatto. Non male, ma gli sembrava una tipa troppo facile per non parlare che aveva visto di meglio.

“Non t’interessa?” gli chiese James guardandolo attraverso i suoi occhiali da sole.

“Assolutamente no! Sono un ragazzo fedele io”. Gli rispose il figlio portandosi gli occhiali da sole sulla testa e girandosi a pancia in giù per prendere un po’ di sole anche sulla schiena.

“Ecco Jamie, perché non impari da lui?” lo sgridò Lily senza distogliere gli occhi dalle parole crociate che stava facendo.

“Ma quando mai io sono stato infedele?” fece l’uomo stizzito.

“Beh, prima di metterti con me lo eri”.

“Ma le altre non mi interessavano”.

Lily ridacchiò divertita. Adorava provocare il marito. E soprattutto adorava quel paio di settimane che avevano deciso di passare al mare per rilassarsi un po’ e riallacciare i rapporti nella loro famiglia.

Una bella vacanza nel mondo babbano, prima di buttarsi di nuovo nella solita vita e in quella orribile guerra.

                                      (“Io invece vorrei una femmina.                                                                                                 Così sarebbe la mia   principessa.”)

“Allora, a cosa brindiamo?” chiese Sirius alzando in alto il suo bicchiere colmo di champagne. Era seduto ad un tavolo del ristorante della nave con Sam che quella sera aveva deciso di vestirsi piuttosto elegante e lui non poteva far altro che guardarla con occhi pieni di amore e desiderio.

“A noi due?” rispose la ragazza.

“E al nostro bambino”. Aggiunse l’Animagus facendo tintinnare il bicchiere con quello di Sam.

“Sei bellissima, signora Black”. Le sussurrò prima di darle un leggero bacio vicino all’orecchio.

Lei mugugnò di piacere e contentezza.

“Samantha Black. Suona così bene”. Commentò lei.

“Io e te suoniamo bene”. aggiunse lui mettendole una mano sulla pancia. La ragazza la coprì con la sua e lo guardò negli occhi.

“Pensi sia maschio o femmina?” le chiese lui.

“Non lo so. A me piacerebbe avere un bel maschio con i tuoi stessi occhi”.

“Io invece vorrei una femmina”.

“Una femmina?”

“Sì, così sarebbe la mia principessa. E magari con i capelli sbarazzini come i tuoi”.

Sam ridacchiò. “Intanto, dobbiamo pensare ai nomi”.

 

 

Ninfadora si risvegliò con uno sbadiglio e la prima cosa che sentì fu quella di essere sdraiata in un morbido letto coperta soltanto dal lenzuolo. Aprì di scatto gli occhi e si accorse che sotto al lenzuolo non aveva altro, era praticamente nuda.

Dovette pensare un attimo prima di inquadrare la scena dell’altro giorno. Le sembrava solo un sogno, un bellissimo e piacevole sogno. Non sapeva bene come fosse finita a letto con Remus. Si erano baciati e poi semplicemente si erano ritrovati in camera da letto. Sapeva però che le era piaciuto, da matti. Lo avrebbe rifatto di nuovo, anche subito.

Lui però non c’era, non era nel letto con lei e la ragazza immaginò subito che si fosse pentito e se ne fosse andato da qualche parte con l’intenzione di tornare solo quando avesse avuto la certezza che lei se ne fosse andata.

Richiuse gli occhi. Intanto, però, si sarebbe fatta cullare ancora dal ricordo delle dolci labbra di Remus e delle sue carezze.

Dopo cinque minuti, però, sentì dei passi avvicinarsi e qualcuno sedersi nel letto accanto a lei. Una mano prese ad accarezzarle il viso spostandole i capelli dalla fronte.

Lei aprì piano gli occhi inquadrando la figura di Remus a torso nudo e, inevitabilmente, sorrise tirando quasi un sospiro di sollievo.

“Scusa, non volevo svegliarti”. Le disse lui dolcemente.

“Tranquillo, non stavo dormendo”.

“Ti ho portato la colazione”.

Lei lanciò un’occhiata al vassoio poggiato sul comodino.

“Wow! È la prima volta che qualcuno mi porta la colazione a letto”.

Rimasero per un po’ a guardarsi negli occhi, il miele di lui nel cioccolato di lei.

“Lo sai che hai degli occhi bellissimi?” fece Dora ad un tratto mettendosi seduta poggiandogli una mano sul petto ben fatto, sebbene non come quelli di Sirius o James.

Lui le sorrise; in realtà i suoi occhi non gli erano mai piaciuti, erano gli occhi del mostro, della maledizione che si portava addosso.

“Sei ancora sicura di voler stare con me?”

“Io sì. E tu?”

“Con te non sono mai sicuro di niente”. Le rispose lui buttandolesi sopra. Poi, con un colpo di reni, ribaltò le posizioni ritrovandosi sdraiato nel letto a pancia in su con lei sopra.

SPAZIO AUTRICE

Ooooh, ma quanto sono dolci Remus e Dora? No, non potevo fare proprio a meno di parlare anche di questa coppia visto che è una delle mie preferite.

Bene, anche questo capitolo era dedicato un po’ all’amore, sempre un po’ sdolcinato ma non penso superi la soglia come i precedenti due.

È inutile che dica che la scena iniziale tra Sam e Sirius era ispirata a Titanic? Ma quanto amo quel film!!!!!!

Beh, che dire, ancora un po’ di pace per i nostri amici. Proprio come dice Lily, rilassiamoci un po’ prima che la guerra si abbatta su di noi.

Lasciatemi una recensioncina mi raccomando, anche piccola va bene.

Un bacio,

Milly.

P.S. purtroppo mi sa che dovrete aspettare di nuovo fino a domenica prossima prima di leggere un altro capitolo. Eh, mi dispiace, ma ho un sacco di impegni in questi giorni.

FEDE15498: quindi tuo fratello studia anche il greco oltre al latino?? Brrr… sono contenta comunque che il capitolo ti sia piaciuto e anche qui Remus e Dora sono dolci. Ma d’altronde, il bel licantropo non riusciamo ad immaginarcelo in maniera diversa :p un bacio, M.

STEFANMN: momento sdolcinato da 10 e lode? Beh, insomma, secondo me lo era quello con la canzone di Taylor, ma vabbè, se lo dici tu… spero ti sia piaciuto anche questo capitolo molto dolce e alla prossima… kisskiss, M

PUFFOLA_LILY: ahahaha la tua recensione mi è sembrata tanto: sì sì sono tutti carini e coccolosi ma per me c’è solo Siriuuuuuuuuussss!!!! Beh, come darti torto. Ma diciamo che nello scorso capitolo tutti quanti hanno avuto il loro momento di gloria. E ovvio che Sirius rimarrà il solito Play boy, non possiamo immaginarcelo in maniera diversa. Così come James :p spero di risentirti, un bacio. M.

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Capitolo 54
*** Capitolo cinquantadue ***


(“Si saranno dati al sesso sfrenato e selvaggio”.)

Quel pomeriggio c’era parecchio movimento alla Tana, dato che i Weasley avevano deciso di organizzare una cena a casa loro ed invitare qualche membro dell’Ordine tra cui i Potter, Sirius e Remus e, stranamente, aveva accettato di venire anche Malocchio.

Così, con Molly ai fornelli e i ragazzi che continuavano a fare mille giri per apparecchiare la tavola nel giardino sul retro, c’era un continuo andirivieni e dappertutto si sentiva un buon profumino di arrosto e di dolci. La Signora Weasley aveva dato da fare anche ad Hermione che era arrivata alla Tana un paio di giorni fa per trascorrere il resto delle vacanze con gli amici.

Ad un tratto si sentì un grosso botto e si vide rotolare qualcuno fuori dal camino, un ragazzo dai capelli scuri e scompigliati.

“Ouch!” si lamentò questo portandosi una mano dietro la nuca.

“Harry!” esclamarono Ron ed Hermione che avevano assistito alla rovinosa caduta dell’amico cercando di trattenere le risate. Il rosso lo aiutò immediatamente ad alzarsi e poi lo abbracciò di slancio, seguito subito dopo dalla ragazza.

“Odio i viaggi attraverso il camino”. Commentò il moro massaggiandosi ancora la nuca.

“Aspetta quando imparerai a Smaterializzarti”. Lo avvisò Fred che stava tenendo pericolosamente in bilico dei piatti, seguito, come sempre naturalmente, da George.

“Ragazzi! Cos’era quel baccano?” si sentì la voce di Ginny dal piano superiore ma quando scese giù, rimase un attimo sorpresa nel vedere Harry che le sorrideva.

“Harry!” esclamò correndo ad abbracciare il ragazzo per poi lasciarsi andare ad un passionale bacio.

“Oh, come se non si fossero visti per vent’anni”. Commentò un po’ schifato Ron beccandosi uno scappellotto da parte di Hermione.

“Beh, sempre meglio Harry di Finnigan”. disse George.

“O di Michael Corner”. Aggiunse Fred.

“Oppure di quel Tassorosso bavoso”. Continuò ancora George.

“E quel Corvonero coi piercing? .

Molto probabilmente i gemelli avrebbero elencato tutti i ragazzi con cui la sorella era stata se Ron non li avesse fermati. “Va bene, va bene, ho capito. Decisamente meglio Harry.

“Oh, Harry caro”. Salutò la Signora Weasley rivolgendogli uno sguardo dolce e materno non appena fu entrata in salotto. “Dove sono i tuoi genitori?”

“Sono andati a prendere Sirius e Sam che stanno tornando dalla luna di miele”.

“Chissà se si sono divertiti”.

“Ma certo! Erano in luna di miele”.

“Si saranno dati al sesso sfrenato e selvaggio”.

“Fred!” lo sgridò la Signora Weasley e il ragazzo immediatamente si dileguò sghignazzando.

(“Brutto canide, hai messo incinta mia sorella!”)

Era tutto pronto, ormai tutti erano seduti a tavola, chi più chi meno, e il cibo era stato servito e pronto ad essere mangiato. Mancavano soltanto Tonks e Remus e i Signori Weasley non volevano che si iniziasse a mangiare finchè non fossero arrivati anche loro. Persino Malocchio si stava spazientendo.

Finalmente i due ragazzi si videro arrivare mano nella mano e ciò destò un po’ di sorpresa negli sguardi di tutti che però li guardarono con occhi luminosi.

“Finalmente, ragazzi. Cominciavamo a darvi per dispersi”. Disse Sirius dando una pacca sulla spalla di Remus. “E vedo, Moony, che la ragazza ti ha finalmente messo al guinzaglio”. Al che tutti quanti scoppiarono a ridere.

“Scusate. Ci eravamo un po’… trattenuti”.

“A calarvi i pantaloni, immagino”. Scherzò James beccandosi uno scappellotto da parte della moglie. Dora e Remus invece arrossirono e Moody grugnì qualcosa guardando Tonks. Era la sua pupilla e non era molto contento che stesse con Lupin. Non che ce l’avesse con lui, anzi, lo considerava un bravo e onesto ragazzo, però non era certo semplice stare con uno che soffriva di licantropia.

“Adesso finalmente possiamo iniziare a mangiare”. Concluse il Signor Potter accomodandosi a tavola.

“Ehm… veramente non ancora”. Lo interruppe Sirius lanciando un’occhiata complice a Sam.

“Cosa c’è ancora?!” sbuffò frustrato Edward sbattendo le braccia sui fianchi.

“Io e Sirius vi dobbiamo dire una cosa”. Cominciò Sam alzandosi in piedi col marito e aspettando che tutti le prestassero attenzione. “Noi… aspettiamo un bambino”. E istintivamente si portò le mani alla pancia.

James, che stava bevendo il vino, sputò tutto il liquido addosso al povero Kingsley che gli sedeva davanti e che si alzò di scatto urlandogli improperi. Gli altri invece rimasero per un attimo sbigottiti ma alla fine la Signora Potter scoppiò in un: “Oh, avrò un altro nipotino!”

“Brutto canide, hai messo incinta mia sorella!” esclamò invece James facendo l’atto di prendere l’amico per il collo.

“Ma cosa ti incazzi!? Non è mica la prima volta!” cercò di difendersi Sirius andando a nascondersi dietro alla moglie che guardava quella scena divertita.

“Dai James, calmati”. Cercò di calmarlo anche Lily afferrandolo per un braccio per rimetterlo a sedere.

James però guardò l’amico in cagnesco come a volergli lanciare una maledizione soltanto col potere dello sguardo, ma poi, si aprì in un largo sorriso molto raddolcito.

“Ma certo, ragazzi. Stavo solo scherzando”.

Sirius tirò immediatamente un sospiro di sollievo all’udire quelle parole dall’amico.

“Ovviamente sono contento per voi e speriamo che stavolta vada bene”.

E così anche tutti gli altri sbottarono in esclamazioni di giubilo e felicitazioni, pacche sulle spalle, baci e abbracci e finalmente la cena poté avere inizio.

( “Sono proprio orgoglioso di te”.)

James, Lily, Harry, Sirius e Sam erano seduti a tavola nella cucina di casa Potter a fare colazione. Abitavano tutti quanti ancora nella casa dei genitori di Sam e James, dato che ancora non avevano trovato una casa loro. In realtà, Sirius voleva portare la sua Sam nel castello dello zio Alphard, però aveva bisogno di essere messo un po’ apposto e doveva ancora cominciare a farlo.

A un tratto, sentirono un gufo becchettare alla finestra desideroso di entrare e Katy si alzò immediatamente per andare ad aprirgli.

Portava due lettere da Hogwarts per Harry, in una c’erano i risultati degli esami e, nell’altra, la lista dei nuovi libri per la scuola.

Gli esami erano andati piuttosto bene, persino Piton gli aveva dato una O in Pozioni e Lily era abbastanza contenta. Harry stava leggendo la lettera con la lista dei libri, quando un sorriso piuttosto malandrino gli illuminò il volto.

“Papà, guarda un po’”. Il ragazzo mise davanti al naso del padre una spilla tondeggiante con i colori rosso e oro e la scritta Capitano. James spalancò gli occhi e mostrò un sorriso orgoglioso non appena capì di che cosa si trattava.

“Capitano della squadra di Quidditch! Tu sì che sei mio figlio!” e lo abbracciò di slancio. “Sono proprio orgoglioso di te”.

  (“Fratellone, ci sono un sacco di cose che                                                                         voi maschi non potrete capire”.)

Sirius, James e Harry stavano aspettando in salotto, chi spaparanzato sul divano, chi appoggiato sul piano di lavoro della cucina, l’arrivo delle loro signore per inoltrarsi in un intenso pomeriggio di shopping. Non capivano perché le donne ci dovessero sempre mettere così tanto a prepararsi, manco andassero ad una serata di gala. Già erano di pessimo umore visto che, oltre ad andare a Diagon Alley per comprare i libri e il materiale scolastico ad Harry, Lily e Sam avevano deciso di trascinare tutti quanti per i centri commerciali babbani.

“Oh Merlino! Ma tu hai intenzione di andare così?!” esclamò Sirius sbigottito vedendo scendere Sam con un paio di tacchi alti circa dodici centimetri. Certo, si era vestita in modo piuttosto provocante, come suo solito d’altronde e quei tacchi la facevano ancora più slanciata, tanto che le sarebbe volentieri saltato addosso anche in quel momento, ma non voleva mai che si slogasse una caviglia con quei trampoli e che lui fosse costretto a portarla in groppa per tutto il tragitto.

“Beh, che c’è che non va?” chiese lei con voce suadente schioccandogli un bacio a fior di labbra. Era quasi più alta di lui.

“Non capisco come facciate voi donne a camminare con quei cosi”. Commentò James guardando la sorella.

“Fratellone, ci sono un sacco di cose che voi maschi non potrete capire”.

 

“Fuuuuu!” si lasciò sfuggire Sirius vedendo uscire Sam con indosso un paio di pantaloni ghepardati e piuttosto attillati. La ragazza gli fece una sfilata davanti e poi rientrò in camerino per provarsi qualcos’altro. Lanciò un’occhiata al sacchettino pieno di vestitini prema-man e completini intimi che se ne stava lì per terra accanto a lui e poi a Remus che aveva tutta l’aria di star per crollare lì o di mimetizzarsi con la sedia sulla quale era seduto nell’attesa che arrivasse Dora con un altro centinaio di vestiti da provare. James, invece, sembrava essere stato mangiato dal camerino nel quale era entrato con Lily con la scusa di aiutarla ad allacciarsi un vestito ma molto probabilmente era stato “trattenuto” dal fare qualcos’altro.

Ginny e Harry, invece, erano finiti da qualche altra parte, probabilmente seduti in un bar a mangiare gelato. Erano già un paio d’ore che non li vedevano.

“Porco Salazar, credo che preferirei uno scontro con Bellatrix piuttosto che questa tortura”. Commentò Sirius sbuffando e ottenendo dall’amico solo un grugnito come risposta. Poveretto, si avvicinava la luna piena e cominciava a non avere una bella cera.

ANGOLO AUTRICE

Salve, eccomi tornata con un altro capitolo. Ok, lo so che qui non succede praticamente niente ma è solo un capitolo di transizione, è stato anche piuttosto semplice da scrivere. Nel prossimo, invece, inizierà a succedere qualcosa.

Spero che vi sia piaciuto comunque e che vi siate divertiti a leggerlo. Lasciatemi qualche recensione, vorrei riceverne qualcuna in più rispetto a quelle che ricevo sempre che comunque mi fanno sempre piacere.

Un bacio e buon fine settimana a tutti.

Milly.

FEDE15498: ciao caraJ ahaha, pure io non so come ho fatto a prendere sei in latino questi due anniJ tu per fortuna, sei farai l’artistico, non ce lo avrai visto che l’artistico è l’unico liceo che non fa latino, almeno mi sembra. Ma torniamo alla storia và… allora, puoi stare pure tranquilla  e lasciar perdere i forconi perché questa volta ho intenzione di far nascere il bambino. Eh, sarò anche perfida ma non fino a questo punto. Titanic è anche il mio film preferito e anch’io trovo Remus stra dolce…. Spero di risentirti, cara. Un beso, Milly.

PUFFOLA_LILY: ehilà carissima!! Ma lo sai che adoro sempre leggere le tue recensioni? Mi fai sentire importante e mi stimoli a scrivere, ma questo vale anche per le altre recensioni che ricevo e pure per le visite naturalmente. Sono proprio contenta che la storia ti piaccia naturalmente e… che altro? Non so, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e alla prossima. Un bacione, Milly.

STEFANMN: oooh, sono proprio contenta che trovi che io scriva bene tutti i momenti, è una cosa che mi riempie di orgoglio verso me stessa :p ehehe, modesta me :P vabbè, per quanto riguarda chi vivrà e chi morirà nella mia versione dei fatti, beh… puoi immaginartelo, o no? Eheh, un bacio, Milly.

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Capitolo 55
*** Capitolo cinquantatre ***


            (“Un  assassinio!"                                                                                                                       “L’anima divisa            dal corpo".                                                                                                 “Immortale!”)

L’Ordine della Fenice al completo era riunito nell’ufficio di Silente che per quell’occasione era stato leggermente ingrandito per farci stare tutti quanti. Al momento era il luogo più sicuro e più lontano da orecchie indiscrete dove potersi riunire.

“Allora Albus, ci spieghi il motivo per cui hai deciso di riunirci tutti quanti?” berciò Alastor Moody dal fondo della stanza con la sua voce roca udibile anche ai più sordi.

“C’è qualche novità in merito a Colui-che-non-deve-essere-nominato?” chiese Bill spostandosi dagli occhi una ciocca di capelli sfuggita al codino che teneva legato dietro la nuca. Fleur gli stava accanto anche lei membro dell’Ordine da quell’estate, quando era tornata dalla Francia per passare un po’ di tempo col fidanzato.

“Sì, c’è una novità. Piuttosto positiva anche”. Rispose Silente celando un sorrisetto soddisfatto dietro la lunga barba bianca.

“E allora vorresti mettere al corrente anche noi poveri mortali di questa novità?” fece James che non perdeva mai il suo buon umore e coglieva ogni occasione per fare battutine.

Silente tornò improvvisamente serio e prese a camminare avanti e indietro davanti alla scrivania con le mani giunte dietro la schiena. Nessuno si accorse, però, che una di queste era annerita e intirizzita come se si fosse bruciata per essere rimasta troppo tempo nel fuoco.

“Ho scoperto come possiamo porre fine alla vita di Lord Voldemort”. Non appena il preside pronunciò queste parole, mormorii di sorpresa ma anche di giubilo si levarono tra i presenti. L’anziano mago però, riuscì a riportare la calma per continuare col discorso. “Non iniziate ad esultare immediatamente però, non è una soluzione definitiva, servirà solo per avvicinarci alla sua fine, per porre fine alla sua immortalità. È un arma che Voldemort stesso si è impegnato a creare, un’arma oscura che nessun mago prima d’ora era mai riuscito a realizzare”.

“E quale sarebbe quest’arma?” chiese Kingsley staccandosi dal muro su cui era appoggiato e ponendo più attenzione alle parole del professore.

“Avete mai sentito parlare di Horcrux?”

“Horcrux?!” sbottò Sirius sgranando gli occhi. “Ma è una delle magie più oscure che ci siano”.

“Esattamente, Sirius”.

“Ma che cos’è un Horcrux?” chiese Lily dando voce alla domanda di molti che non avevano la più pallida idea di che cosa fosse un Horcrux.

“Come vi ha già fatto notare Sirius, è una delle magie più oscure che ci siano. Un Horcrux può essere un oggetto oppure una persona nel quale è contenuto un pezzo di anima del mago che lo ha creato. Se questo mago subisce una ferita mortale non muore perché il frammento di anima glielo impedisce. Per crearlo è necessario un incantesimo molto potente, oltre che orrendo e l’unico sistema è quello di compiere un assassinio. Oltre a ciò, la perdita di un frammento della propria anima conduce ad una perdita di umanità per il mago che l’ha creato”.

“Oh Santo Merlino!”

“Un assassinio!”

“L’anima divisa dal corpo”.

“Immortale!”

Erano questi più o meno i mormorii che cominciarono a sentirsi dopo questa spiegazione di Silente, accompagnati da toni sbigottiti, increduli, schifati e anche un po’ spaventati.

“E quindi Voldemort ha creato un Horcrux per rendersi immortale”. Fece Sam rivolta al preside e zittendo le voci concitate dei presenti.

“Mi dispiace dirtelo Samantha, ma Voldemort è ben più spietate da avere l’idea di crearne solo uno. Infatti, ne ha realizzati ben sette”.

“Sette Horcrux?!” sbottò la Signora Potter portandosi una mano alla bocca sconvolta.

“E quali sono questi oggetti in cui è contenuta l’anima di Voldemort?” chiese ancora Sam che se ne stava seduta tra le braccia di Sirius.

“E’ proprio questo il problema. Non ho idea di quali possano essere questi oggetti. Al momento ne sono stati distrutti due”. E mostrò gli oggetti appoggiati sulla sua scrivania, un diario piuttosto consunto e un anello d’oro massiccio. “Questo anello era appartenuto a Tom Orvoloson Riddle, il padre babbano di Voldemort. Ho provveduto io stesso a distruggerlo. Invece il diario è stato distrutto dal giovane Harry Potter al suo secondo anno, quando ha salvato la piccola Ginevra Weasley dall’anima di Voldemort che l’aveva posseduta”.

Immediatamente a James comparve un sorrisetto orgoglioso sulle labbra.

Silente proseguì: “Poco tempo fa sono riuscito a recuperarne anche un terzo, con l’aiuto di Severus”. E qui tutti gli sguardi si voltarono verso il professore di Pozioni che era stato l’unico ad essere rimasto impassibile per tutto il tempo, appoggiato in un angolo del muro a braccia incrociate. Silente intanto mostrò agli altri il medaglione verdognolo con il simbolo di Salazar Serpeverde appeso ad una lunga catena che aveva recuperato in una grotta tra il mare della Scozia. “Purtroppo però abbiamo scoperto che è un falso. Qualcuno, molto tempo fa, deve essere arrivato prima di noi pe riprenderlo e sostituirlo con questa copia. All’interno c’è un biglietto lasciato a Voldemort da chi ha scoperto del suo segreto. Tutto mi dice, però, che non sia riuscito a distruggere l’originale”.

Cadde un attimo di silenzio nella stanza in cui si sentì volare solo qualche commento fatto a bassa voce. Fanny, con un verso poco aggraziato, volò verso Silente per poi poggiarglisi sulla spalla.

“Ma come ha fatto Voi-sapete-chi a sapere di questi Horcrux? Mi sembra che una magia così oscura non sia mai stata insegnata ad Hogwarts”. Fece la McGranitt guardando il preside da sopra i suoi occhiali.

“Come già sapete Voldemort ha frequentato questa scuola e sapeva molto bene come manipolare le persone. Si è fatto spiegare la funzione di questa magia da una persona di cui non c’è bisogno di dire il nome”. Rispose il professore rimanendo molto vago. Non voleva certo cacciare nei guai o scatenare brutte dicerie nei confronti del povero Horace Lumacorno che già si sentiva abbastanza in colpa per aver svelato una magia del genere al Mago Oscuro più potente di tutti i tempi. Silente lo aveva assunto in quella scuola soltanto per farsi dire come fossero andate esattamente le cose quella sera di molti anni fa.

“E lei, preside, vorrebbe che noi scoprissimo quali sono questi Horcrux e che li distruggessimo tutti”. Quella di James sembrava più un’affermazione che una domanda.

“Proprio così, James”.

 
(Non mi perderei per niente la tua                                                                                       prima partita da capitano”.)

Harry e Ginny camminavano abbracciati per il corridoio del secondo piano quando, improvvisamente, incrociarono lungo la strada Sirius e James che stavano discutendo di qualcosa in maniera piuttosto fitta.

“Papà! Sirius!” esclamò Harry sorpreso. “Che ci fate qui?”

“Oh ciao, ragazzi!” ricambiò James con un sorriso. “Stavamo tornando dall’ufficio di Silente. C’era una riunione dell’Ordine”.

“Oh. E c’è qualche novità?” fece ancora Harry.

“No, tesoro. Niente di nuovo”. Gli rispose il padre con un sorriso rassicurante. Di certo non avrebbe detto ad Harry degli Horcrux. Era solo un ragazzo, non poteva di certo farlo carico di una responsabilità così grossa, sebbene quella guerra lo riguardasse in prima persona.

“Adesso stiamo andando da Lily e Remus che si sono fiondati in biblioteca per non so quale assurdo motivo. Volete venire con noi?” chiese Sirius ai due ragazzi.

“No, abbiamo gli allenamenti di Quidditch”. Rispose Ginny stringendosi ancora di più al fidanzato.

“D’accordo”.

I due uomini fecero per allontanarsi quando Harry richiamò di nuovo l’attenzione del padre.

“Papà! La prima partita è contro Serpeverde. Ci sarai?”

“Certo! Non mi perderei per niente la tua prima partita da capitano”. Gli rispose sorridendogli malandrino.

(“Questa scrittura… queste iniziali… Mio fratello”.)

James continuava a rigirarsi fra le dita il medaglione di Serpeverde che era riuscito a farsi dare da Silente. Se ne stava seduto al tavolo della cucina della casa dei suoi genitori insieme a Sirius e a Sam stravaccati sul divano. Proprio non riuscivano a capire chi potesse essere stato a rubare il vero medaglione lasciando quel messaggio.

“James, mi fai vedere il biglietto?” chiese a quel punto Sirius che non lo aveva ancora visto.

L’amico gli lanciò il foglietto che l’altro prese al volo.

Al Signore Oscuro,

so che avrò trovato la morte prima che tu legga queste parole

ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto.

Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile.

Affronto la morte nella speranza che quando avrai incontrato il tuo degno rivale

sarai di nuovo mortale.

R.A.B.

Sirius studiò il messaggio per cinque minuti buoni assumendo un’espressione terribilmente concentrata. Improvvisamente, però, divenne pallido e sgranò gli occhi.

“Amore, che succede?” gli chiese Sam portandogli un braccio dietro la schiena e scrutandolo in viso.

“Sirius?” fece James preoccupato per l’espressione assunta dall’amico.

L’Animagus però continuava a non parlare, sembrava caduto in uno stato catatonico.

“Tesoro?”

“Questa scrittura… queste iniziali…”. Mormorò finalmente alzando lo sguardo in direzione di James. “Mio fratello”.

“Cosa?!” sbottarono Sam e James in coro.

“Ma sì. Lui si firmava sempre così. R.A.B. Regulus Arcturus Black. E questa scrittura… la riconoscerei fra mille. È mio fratello”.

Nella stanza cadde un terribile silenzio,  non si sentiva volare una mosca. I tre erano uno più sconvolto di quell’altro. E Sirius sentiva un sacco di emozioni diverse invadergli le viscere.

“James”. Chiamò Lily interrompendo quel gelo. “Puoi venire un attimo? Ti devo parlare”.

L’uomo si alzò senza dire una parola, come fosse un automa. Era ancora scioccato per la sorpresa.

Andarono nel corridoio quando finalmente sbottò come un fiume in piena.

“Non sai che abbiamo scoperto. Il medaglione… il fratello di Sirius…”. Lo sguardo sembrava esserglisi illuminato.

“Sono incinta!” esclamò Lily interrompendo i suoi farneticamenti.

James tornò di nuovo serio impallidendo.

“Cosa?!”

“Sono incinta”.

ANGOLO AUTRICE

Rieccociii!!!

Ecco, come vi avevo detto, qui la vicenda si è rifatta interessante. La scoperta degli Horcrux, il messaggio di Regulus, Lily incinta.

Ma permettete anche a me un piccolo commentino a questo cap.

Sicuramente avrete capito che Harry in questa storia non passerà tutto il settimo anno alla ricerca degli Horcrux, anzi, sembra quasi che non ne sarà a conoscenza. Quindi, che cosa farà? Come sconfiggerà Voldemort?? Eheh, lascio a voi la risoluzione di questi dubbi. Comunque, la spiegazione di Silente degli Horcrux l’ho presa da Wikipedia perché non mi ricordavo esattamente come se dovesse realizzare un Horcrux perciò non volevo scrivere degli strafalcioni.

Invece, per quanto riguarda il messaggio lasciato da Regulus, anche quello preso pari pari dal sesto libro (Il principe Mezzosangue) e Sirius che scopre che in fondo suo fratello non era così malvagio, beh, ho voluto inserire questa scena perché personalmente Reg è un personaggio che mi piace parecchio sebbene non compaia mai, ma venga solo menzionato. E inoltre mi è dispiaciuto molto per la brutta fine che ha fatto e secondo me è stato veramente un eroe o almeno è morto come tale.

Come si suol dire, non è mai troppo tardi… per tornare sulla strada giusta.

Bene, penso di aver detto tutto.

Adesso aspetto soltanto i vostri commentucci… un beso,

Milly.

FEDE15498: oddio, tutte le capitali dell’Asia? Io alle medie mi sono dovuta imparare solo quelle dell’Europa e adesso le ho pure dimenticate, pensa che a malapena mi ricordo quelle dell’Italia -.- cmq tranquilla, il bambino nascerà e sembra anche che non sarà l’unico. Grazie per il commento, un bacio. M.

PUFFOLA_LILY: grazie mille per il commento, sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero che anche questo ti piaccia altrettanto. Un bacio, M.

STEFANMN: ahah, eh sì, i Malandrini non cambieranno mai. Grazie per il commento, un bacio. M

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Capitolo 56
*** Capitolo cinquantaquattro ***


(“…facciamo in modo che la sua morte non sia stata vana”.)

“Sirius, calmati per favore!” era da un po’ che Sam cercava di calmare il marito esagitato. Sembrava che l’Animagus avesse delle reazioni un po’ tardive. Erano passati un paio di giorni dalla scoperta del medaglione e del messaggio lasciato da Regulus all’Oscuro Sire e lui sembrava rendersene conto soltanto ora, cominciando a fare discorsi senza senso che facevano capire che i sensi di colpa gli stavano mordendo il culo e camminando avanti e indietro nella camera da letto, arrivando quasi a scavare un solco nel pavimento.

La ragazza sospirò. Certo che Sirius era veramente una testa dura. Non era riuscita a farsi ascoltare neanche per un secondo.

“SIRIUS!” urlò alla fine esasperata alzandosi dal letto sul quale era seduta e guardando il marito con uno sguardo piuttosto omicida. “Smettila, per favore!”

Soltanto allora l’uomo interruppe la sua camminata e i borbottii sconclusionati, voltandosi a guardare la moglie con uno sguardo un po’ spaventato. Era la prima volta che lei alzava così la voce contro di lui e questo lo fece un po’ rabbrividire, primo perché non gli piaceva farla arrabbiare e secondo, perché Sam faceva leggermente paura quando era arrabbiato.

“Amore, siediti”. Gli ordinò con voce più calma e tranquilla ma mantenendo un tono autoritario, come di chi dà degli ordini.

Sirius immediatamente si sedette abbassando lo sguardo e facendo cadere i lunghi capelli ricci sul viso.

“Non sarebbe dovuto succedere”. Mormorò lui con voce bassa ma perfettamente udibile. “Io…io… avrei dovuto”.

Sam a quel punto gli si inginocchiò davanti coprendogli le mani chiuse a pugno con le sue.

“Tesoro, smettila di incolparti. Non è stata certo colpa tua”. Cercò di calmarlo parlandogli con un tono che si utilizzerebbe soltanto con un bambino capriccioso.

“Come fai a dire che non è stata colpa mia? Io avrei dovuto aiutarlo. E invece me ne sono soltanto andato lasciandolo solo, in balia di ideali che nemmeno conosceva”.

Sam esalò un bel respiro prima di cominciare a parlargli.

“Eri giovane, eri soltanto un ragazzo. Tu non hai fatto niente di sbagliato, anzi. Te ne sei andato perché non credevi negli ideali della tua famiglia e non volevi essere come loro. Tu sapevi quello che volevi e avevi la forza di ribellarti. Regulus purtroppo no, lui ha solo cercato di fare quello che gli altri dicevano era giusto soltanto per non deludere la propria famiglia. Perché non era forte come te. La strada che aveva intrapreso era sbagliata, certo, e purtroppo se ne è reso conto troppo tardi. Ma almeno, alla fine, lo ha capito, anche se troppo tardi. Si è pentito e ha cercato di cambiare strada sapendo benissimo che avrebbe potuto rimetterci la vita. Ma ha fatto tutto da solo, tu non c’entri nulla”.

“Sì, ma sono stato un’egoista! Avrei potuto stargli più vicino, parlargli di più. Cercare di ascoltarlo e capirlo”.

“Tutti ci comportiamo da egoisti almeno una volta nella vita. Che ne potevi sapere tu? Pure io sono stata egoista, ho pensato solo a me e al mio dolore andandomene come una vigliacca quando ho creduto che James fosse morto, anziché prendermi cura di Harry”.

“Sì, ma quello è diverso. Tu non hai perso nessuno. Regulus invece è morto”.

“Certo, Regulus è morto perché ha sbagliato. Però alla fine è morto per una buona causa. E facciamo in modo che la sua morte non sia stata vana”.

(“Oddio! Ma tu sanguini!”)

Quel pomeriggio a Hogwarts si sarebbe tenuta la prima partita di Quidditch dell’anno, Grifondoro contro Serpeverde e le due casate erano piuttosto esagitate. Le tribune erano piene; c’era chi teneva alcuni stendardi in mano pronto a fare il tifo e chi andava in giro a raccogliere scommesse.

Lily e James erano seduti accanto ad Hermione, Neville e Luna per godersi meglio la partita e fare il tifo per il figlio.

Finalmente le squadre erano entrate in campo, i Grifoni da una parte e le Serpi dall’altra. Nell’aria si poteva annusare odore di adrenalina e di emozione, tutti sapevano che fra le due casate non correva buon sangue, soprattutto nel campo da Quidditch dato che i verde-argento non erano affatto famosi per il gioco pulito.

Dopo la stretta di mano dei due capitani e il fischio di Madame Bumb, i giocatori si levarono in alto sulle loro scope e la partita poté avere inizio.

“Wow! Questo sì che è mio figlio!” esclamò James osservando come Harry riusciva a evitare, con una manovra piuttosto acrobatica, un bolide che aveva cercato di staccargli la testa.

I Grifondoro erano in vantaggio di dieci punti, l’ultimo tiro in porta di Ginny era stato spettacolare mentre la parata di Ron aveva fatto alzare in piedi gli studenti rosso-oro che avevano iniziato a cantare e fischiare per incitarlo ancora di più. Le orecchie del povero Weasley avevano raggiunto tonalità vulcaniche.    

La partita stava durando ormai da mezz’ora e si stava prospettando pure lo scoppio di un temporale all’orizzonte, quando finalmente Harry individuò il boccino e si mise alla caccia di questo. Nemmeno Malfoy perse tempo e iniziò inseguire il Grifondoro standogli sempre alle costole e spintonandolo ogni tanto dalla scopa.

“Finirà col farlo cadere”. Commentò James in tono piuttosto rabbioso stringendo forte Lily che guardava la partita piuttosto preoccupata e col cuore in gola.

Harry, intanto, continuava a seguire il boccino e, proprio nel momento in cui aveva allungato la mano per afferrarlo, un bolide lo colpì forte allo stomaco buttandolo quasi giù dalla scopa. Un battitore di Serpeverde aveva diretto la palla nella sua direzione volendolo colpire apposta per farlo deconcentrare e perdere di vista il boccino. Il moro però era riuscito a mantenere l’equilibrio e a non precipitare nel vuoto.

Era un fallo più che evidente e, quando uno dei compagni di squadra  chiese ad Harry se voleva fermarsi, scosse la testa per continuare la partita. Non voleva e non poteva assolutamente perdere quella partita. Il boccino era ancora lì, sentiva le sue alette scalpicciare a pochi passi da lui. 

Si portò una mano allo stomaco per calmare il dolore che sentiva e con l’altra direzionò la scopa per mettersi all’inseguimento di Malfoy che ora stava cercando di prendere il boccino.

Non ci mise molto, la Firebolt era piuttosto veloce e riuscì a superare il biondo Serpeverde di un bel po’. Mancava veramente poco quando, ad un tratto, la vista cominciò ad annebbiarglisi e il paesaggio davanti a lui diventare più offuscato. Si accorse, anche, di avere il braccio che teneva sullo stomaco bagnato di una sostanza piuttosto vischiosa e, quando la ritirò, vide che era coperta di sangue.

Cazzo! Non credeva di essersi ferito così tanto, quel bolide sembrava avergli fatto un buco nello stomaco e soltanto adesso cominciava a sentire un male allucinante.

Avrebbe dovuto fermare la partita, dire che era rimasto ferito. Ma mancava così poco, il boccino era lì, Malfoy era troppo indietro…

Riportò la mano allo stomaco e allungò di nuovo l’altra al boccino che iniziava a sdoppiarglisi davanti agli occhi riuscendo ad afferrarlo.

Immediatamente, tutti i Grifondoro si alzarono in piedi e scoppiarono in urla di giubilo.

Harry però aveva sbandato contro la rete che divideva il campo dalle tribune ed era caduto per terra ritrovandosi disteso su un fianco con il boccino ancora stretto tra le dita. I suoi compagni di squadra si erano precipitati da lui credendo però che fosse caduto per l’emozione.

La prima a lanciarglisi addosso fu Ginny. “Harry! Sei stato grande! Vera…”. Si accorse però che il ragazzo aveva il respiro accelerato, era tutto sudato e sembrava non vederla più sebbene avesse gli occhi aperti. Guardò la mano che aveva portato al suo stomaco e sbiancò alla vista di tutto quel sangue. “Oddio! Ma tu sanguini!”

                (“Noi siamo così perfette".                                                                                             “Immacolate”.)

Sam e Sirius erano sdraiati sul letto della loro stanza, abbracciati l’un l’altro. Non dormivano, semplicemente si stavano godendo quel momento di intimità e di tranquillità, come se, una volta che fossero usciti da quella stanza, si sarebbero ritrovati a dover affrontare qualcosa di terribile.

“Che farei io senza di te, Sam?” fece Sirius a un certo punto accarezzando i capelli della moglie con gesti lenti.

“Hmmm, credo che ti avrebbero rinchiuso in un manicomio con una camicia di forza”. Scherzò la ragazza facendo sorridere anche il marito.

Sirius la strinse forte a sé prendendo poi ad accarezzarle la pancia ancora piatta.

“Come lo chiamiamo?” non c’era bisogno di specificare a chi si riferisse.

“Hmmm… se è femmina mi piacerebbe Alexis”.

“Alexis? Sì, mi piace. E se è maschio che ne dici di James?”

“James Regulus. Come i suoi zii”.

(“E perdere la partita? Non se ne parla neanche”.)

Harry aprì gli occhi lentamente cercando di distinguere i lineamenti della persona che gli sedeva accanto.

“Mamma”. Mormorò riconoscendo i lunghi capelli rossi e gli occhi verdi della madre. 

“Ciao, tesoro”. Gli rispose lei con un sorriso dolce spostandogli i capelli scuri dalla fronte. “Come ti senti?”

“Come si mi avessero appena maciullato lo stomaco”. Rispose il ragazzo mettendosi a sedere nel letto dell’infermeria. Tutto d’un colpo gli tornarono alla mente gli eventi delle ultime ore: la partita, il bolide, Malfoy, il boccino.

“La prossima volta che ti succede una cosa del genere però, lascia perdere il boccino”. Lo ammonì James con voce leggermente severa, sedendoglisi accanto. Si vedeva che si erano spaventati un bel po’.

“E perdere la partita? Non se ne parla neanche”.

L’uomo ridacchiò. Era sconcertante quanto quel ragazzo gli somigliava. “Comunque, credo che i tuoi compagni di casa ti stiano preparando una bella festa”.

“Io e James però ti dobbiamo dire una cosa prima”. Fece Lily ad un tratto non volendo più rimandare.

Harry inarcò le sopracciglia curioso. Sperava solo che non fosse niente di brutto.

“Sono incinta”.

Il ragazzo rimase senza parole e senza alcuna espressione per almeno venti secondo precisi in cui i genitori lo guardarono con l’ansia che saliva alle stelle. Alla fine però, buttò le braccia al collo della madre abbracciandola forte e non facendo caso alla ferita al suo stomaco.

“Sei contento?”

“Certo!”

ANGOLO AUTRICE

Bene, bene, bene… sono, diciamo… soddisfatta di questo capitolo. E voi?

Beh, non ho molti commenti da fare, devo però dirvi una cosa.

Purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, questa fic sta volgendo al termine. Non so esattamente quanti capitoli manchino però non credo se andrà oltre il sessanta.

Eh lo so, pure quasi non ci credo. È da un anno circa che sto andando avanti a scriverla. Ormai mi sono affezionata a questa storia, a Sam e a tutti quanti.

Però tutte le cose hanno una fine ed è arrivato il momento di concludere anche questo.

Quindi, finché non arriviamo ancora alla vera conclusione, cerchiamo di goderci questi ultimi capitoli.

Un bacio a tutti,

M.

PUFFOLA_LILY: *saltella in giro per la stanza battendo le manine* uuuuh, sono così contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto talmente tanto da lasciarti senza parole. Effettivamente non era male. Me modesta U.U comunque non ti preoccupare, la curiosità non è mai male però ti devo dire di pazientare perché i tuoi dubbi e le tue domande troveranno una risposta prima o poi, non ti preoccupare. D’altronde ci stiamo avvicinando alla fine xD spero di risentirti, un bacio. M.

FEDE15498: ti confesso che io e la geografia non andiamo tanto d’accordo e il mio senso dell’orientamento fa proprio pena. Sì sì, Reg mi piace proprio tanto e mi è dispiaciuto quando è morto a quel modo. Però, che ci puoi fare, zia Row non è stata molto buona con i suoi personaggi. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e non ti preoccupare, non ti farò più così tante domande J un bacio, M.

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Capitolo 57
*** Capitolo cinquantacinque ***


(“Hogwarts è assediata. Venite ad aiutarci”.)

“Sirius, abbassati!” urlò James in direzione dell’amico che stava per essere colpito da una crucio proveniente da un Mangiamorte mascherato.

L’Animagus fece appena in tempo a rotolare per terra nella neve, quando vide l’incantesimo passargli sopra e sfracellarsi contro il muro di un ex negozio di Diagon Alley. Non avrebbe proprio saputo dire da quanto tempo ormai andasse avanti quella battaglia, molto probabilmente erano ore. Si trovavano al Ministero, lui e gli altri Auror, quando ricevettero la notizia che Diagon Alley era stata attaccata dai Mangiamorte e, senza perdere tempo, si erano precipitati lì dove si trovavano anche altri membri dell’Ordine per cercare di fermare quel casino.

Molto probabilmente, però, dopo quella battaglia, di Diagon Alley non sarebbe rimasto molto, bruciata tra le fiamme dell’Ardemonio e maledizioni varie.

Sirius vide James precipitarsi da Malocchio per dargli una mano con i Dissennatori prima di cominciare la lotta con un altro Mangiamorte. Erano riusciti ad atterrarne e catturarne alcuni, ma erano decisamente troppi e pure i bruttissimi e terribili guardiani di Azkaban ci si mettevano in mezzo.

“Aaaaah!” urlò qualcuno poco distante da lui e, quando volse lo sguardo, vide Tonks riversa per terra con Bellatrix che la sovrastava dall’alto puntandole la bacchetta addosso.

“Levati dal cazzo, cugina!” esclamò Sirius colpendo la Mangiamorte con un Everte Statim ben assestato. “Stai bene?” chiese poi alla ragazza aiutandola ad alzarsi.

“Sì, grazie”.

“Sirius!” si sentì chiamare l’uomo da Kingsley che gli si era avvicinato perdendo del sangue dalla fronte. “Vai ad aiutare James e Malocchio coi Dissennatori”.

L’Animagus non se lo fece ripetere due volte e corse immediatamente ad aiutare i due amici evocando il suo Patronus.

“Cazzo, sono troppi! Non ce la faremo mai!” commentò James ansimando e asciugandosi il sudore con la manica della camicia strappata.

“Potter, non ti facevo così mammoletta”. Lo sbeffeggiò Moody in un tentativo di provocazione.

“Non sono una mammoletta!” gli rispose l’altro indignato per poi dare maggiore forza al suo cervo argentato.

Improvvisamente, però, videro comparire un altro Patronus che però non sembrava avere intenzione di sconfiggere i Dissennatori, ma piuttosto, quello di portare un messaggio. Era un gatto e i tre uomini lo riconobbero come quello della McGranitt per i cerchi attorno agli occhi a mo’ di occhiali. Questo significava altri guai in vista.

“Hogwarts è assediata. Venite ad aiutarci”. Disse infatti il Patronus parlando con la voce della professoressa di Trasfigurazione.

“Maledizione!” imprecò Sirius esausto. “Possibile che non possiamo avere un attimo di pace?”

“Porca puttana! C’è mio figlio là!” esclamò James prima di cominciare a correre nemmeno lui sapeva dove, completamente preso dal panico.   

(Avrebbe voluto una morte meno dolorosa, non gli piaceva                                                  per niente l’idea di venire fatto a pezzi.)

Quello era un incubo, un vero incubo. Non uno dei soliti sogni in cui si ritrovava a causa di Voldemort. Era un incubo divenuto realtà. Harry se ne rendeva conto e avrebbe tanto voluto che non fosse così.

I Mangiamorte erano penetrati ad Hogwarts senza che nessuno avesse idea di come avessero fatto e per di più Silente sembrava essere scomparso. Gli studenti erano in pericolo così come i suoi amici e lui non aveva la più pallida idea di che fare.

Si trovava nei pressi della capanna di Hagrid insieme a Ginny e avevano appena steso un paio di Mangiamorte che erano andati a sbattere contro un muro di mattoni e ora se ne stavano riversi a terra completamente immobili. Il ragazzo sperava che fossero morti.

“Oh Merlino, cos’è quello?!” esclamò Ginny con orrore guardando in direzione della Foresta Proibita qualcosa che stava uscendo lentamente  ringhiando in modo terribile con i denti digrignati. Sembrava un grosso orso dal pelo scuro come il carbone.

“Qualcosa che non ci piacerà per niente”. Le rispose Harry spostando lo sguardo in direzione del cielo, alla luna tonda e piena che splendeva sulle loro teste, minacciosa quasi quanto il mostro che stava per attaccare loro.

All’improvviso il mostro corse fuori dalla foresta e si scagliò contro i due ragazzi che dovettero buttarsi a terra per non venire travolti.

“Ginny, scappa! È un licantropo!” gridò Harry in direzione della ragazza.

“Sei matto?! Non ti lascio da solo!” fece lei in risposta cercando di raggiungere la sua bacchetta che però si era rotta in due parti.

Il licantropo tornò alla carica scagliandosi sta volta solo su Ginny ma la ragazza non ebbe né il tempo né la prontezza di scansarsi questa volta, così il mostro le precipitò addosso.

Harry però, che aveva ancora la bacchetta in mano, cominciò a scagliare tutti gli incantesimi che gli vennero in mente per spostare il grosso lupo nero dalla ragazza. Purtroppo però sembrò che non gli sortissero alcun effetto ma almeno era riuscito a distrarlo dalla ragazza facendolo voltare verso di lui.

Adesso era nei guai lui però, dato che il licantropo stava correndo nella sua direzione e in un balzo gli fu addosso così come lo era poco prima con Ginny. Harry, sbattendo contro al suolo, aveva perso la bacchetta e il lupo era troppo pesante per scansarlo via con le mani.

Porco Salazar! Lo avrebbe sicuramente sbranato, ne era sicuro.

Ginny, nel frattempo, si stava rialzando da terra ma aveva sbattuto la testa quando il licantropo le aveva rovinato addosso, così le ci vollero un paio di secondi per snebbiarsi la vista e accorgersi di quello che era appena successo.

“Harry!” urlò lei vedendo che il suo ragazzo era praticamente sotto le fauci del mostro. Si alzò per recuperare la sua bacchetta ma la caviglia che si era slogata, purtroppo, cedette e si ritrovò di nuovo per terra.

Harry, intanto, sentiva i denti del lupo che affondavano nel suo fianco sinistro ed era sicurissimo che glielo avrebbe staccato. Avrebbe voluto una morte meno dolorosa, non gli piaceva per niente l’idea di venire fatto a pezzi. Proprio nel momento in cui il licantropo stava per affondare ancora di più le fauci nella carne, si sentì un ululato e un altro lupo mannaro, dalla pelliccia color cioccolato, uscì dalla foresta scaraventando via quello nero dal corpo del ragazzo.

“Stai bene?” chiese Ginny quando finalmente fu riuscita a trascinarsi dal ragazzo sorreggendogli la testa.

“Sì… credo”. Biascicò il moro toccandosi la ferita al fianco ma dovendo subito ritirare le dita sentendola immediatamente bruciare. Entrambi lanciarono un’occhiata ai due lupi che sembravano impegnati in una lotta piuttosto agguerrita. Quello marrone era decisamente più piccolo di quello nero ma non se la stava vedendo male. E gli aveva appena salvato la vita.

“Andiamocene. Ce la fai a camminare?” chiese Harry alla ragazza accanto a lui.

“Non lo so. Mi sono rotta una caviglia”.

“Allora ti porto io”.

(“Spero di no, altrimenti non se lo perdonerà mai.                                                             Non so nemmeno se ci riuscirò io”.)

James continuava a fare avanti e indietro per l’infermeria e mancava veramente poco che ci scavasse un solco. La battaglia si era conclusa, alcuni Mangiamorte erano stati catturati, altri uccisi e alcuni, purtroppo, erano scappati.

Per fortuna erano riusciti a mettere in salvo la maggior parte degli studenti, ma alcuni erano rimasti comunque feriti così come gli Auror che erano corsi in aiuto di Hogwarts. Così adesso si trovavano tutti in infermeria per farsi curare dalle mani esperte di Madame Chips. Silente però non era ancora tornato  e nessuno sapeva dove fosse.

“James, smettila o ti dovrò ficcare un sedativo nel culo”. Lo ammonì l’infermiera intanto che cercava di curare le ferite sul viso di Bill Weasley senza curarsi di fare la sboccata.

“Non ho idea di dove sia Harry. Non l’ho visto per tutta la battaglia. Come faccio a stare calmo?” si lamentò lui sull’orlo di una crisi isterica. Avrebbe tanto voluto andare a cercarlo ma Madame Chips lo aveva confinato lì e aveva sigillato la porta in modo che nessuno potesse uscire ma solo entrare. Era troppo abituata agli studenti che non rispettavano i suoi ordini.

“Se è per questo non c’è neanche Ginny”. Gli fece notare Ron che se ne stava seduto in un angolo dell’Infermeria accanto alla sua famiglia e a Hermione.

“Vuoi che chiami Lily?” gli fece Sirius con voce calma. Lui poteva capirlo, era preoccupato per suo figlio, non voleva perderlo ora che lo aveva ritrovato.

“No, non serve”. Gli rispose lui interrompendo la sua camminata. Non voleva farla preoccupare, tanto meno nel suo stato. Non voleva che succedesse qualcosa al bambino.

All’improvviso però, la porta della stanza si aprì e  finalmente comparvero Harry e Ginny, uno più pallido e stravolto di quell’altro.

“Oh sia lodato Merlino!” esclamò James correndo da suo figlio mentre la signora Weasley abbracciava la figlia.

“Ma dove eravate?” chiese questa senza mollare la ragazza.

“A combattere i licantropi”. Le rispose Harry socchiudendo un occhio con aria sofferente per la ferita al fianco che sentiva bruciare.

“Siete feriti?” chiese James con aria preoccupata.

“Credo… credo…”. Iniziò il ragazzo ma purtroppo non riuscì a concludere perché le gambe non lo ressero più e cadde tra le braccia del padre che lo afferrò prontamente perché non sbattesse per terra.

“Oh Merlino!” esclamò Poppy Chips. “Mettilo sul letto”.

James obbedì immediatamente mentre anche gli occhi di Sirius, di Hermione e di tutti i Weasley si facevano preoccupati.

L’infermiera sollevò la maglietta di Harry per studiare la ferita al fianco.

“Oddio!” esclamò passando un dito sopra i contorni frastagliati del morso. “E’ stato morso. Un licantropo lo ha morso”.

“Che cosa?!” fece James spostando lo sguardo da lei al figlio svenuto sul letto. “Che licantropo? Chi?”

“Pensi che sia stato…”. Iniziò Sirius ma non ebbe il coraggio di concludere il pensiero.

“Spero di no, altrimenti non se lo perdonerà mai. Non so nemmeno se ci riuscirò io”.

“Era nero”. Li interruppe Ginny con le lacrime agli occhi. “Un licantropo nero. È stato lui a morderlo. Poi è arrivato uno marrone che ci ha aiutati. E i due hanno iniziato a lottare”.

James abbassò lo sguardo sul figlio addormentato prendendo ad accarezzargli i capelli.

Quella proprio non ci voleva.

ANGOLO AUTRICE RITARDATARIA

Salve ragazzi, eccomi tornata. Scusate se vi ho fatto attendere così tanto ma mi mancava proprio l’ispirazione e anche il tempo per scrivere. In compenso vi regalo questo capitolo di cui vado piuttosto orgogliosa e dove c’è un sacco di azione sebbene io non sia portata per scene di questo tipo.

Ebbene, penso di non aver alcun commento, piuttosto voglio sapere che cosa ne pensate voi.

Scusate ancora il ritardo.

Un bacio a tutti e, naturalmente, buone feste.

Milly.

FEDE15498: carissima, sono proprio contenta che questa storia ti sia piaciuta così tanto e che ti sia rimasta impressa, è una cosa che veramente aggrada. Dispiace anche a me che si finita, ma purtroppo tutte le cose belle finiscono. Naturalmente io continuerò a scrivere e spero che tu continuerai a seguirmi. Un bacione e buone feste, M.

STEFANMN: ci conto di continuare a leggere le tue recensioniJ spero che ti piaceranno altrettanto anche le altre mie storie. Bacioni, M.

PUFFOLA_LILY: grazie mille per i complimenti cara. Spero di risentirti e buone feste, kiss.

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Capitolo 58
*** Capitolo cinquantasei ***


(“Sono… sono diventato un… licantropo?”)

“Si è svegliato?” chiese Remus entrando come una furia nell’infermeria e facendo bella mostra di una faccia sconvolta e piuttosto esausta. Era quasi mezzo giorno e Harry non si era ancora svegliato dopo essere stato morso l’altra sera. I Malandrini erano sicuri che non fosse stato Moony ad avvelenarlo, Ginny lo aveva detto ed era strasicura che si trattasse del lupo nero, però volevano avere una conferma anche dal ragazzo.

“No, non ancora”. Rispose James, che se ne stava seduto sul letto accanto al figlio ancora profondamente addormentato. Vicino a lui c’era anche Lily, piuttosto pallida e sconvolta, mentre Sirius e Sam se ne stavano seduti vicini, sul letto, in silenzio come poche volte lo erano stati nella loro vita.

Madame Chips aveva deciso di permetterli di restare soltanto perché si trattava di un caso particolare e perché erano la famiglia di Harry.

Ad un tratto, videro il ragazzo muoversi pian piano e cominciare a sbattere le palpebre come intento a scacciare qualcosa, finché non aprì gli occhi inquadrando, a poco a poco, chi gli stava intorno. I presenti, però, rimasero piuttosto scioccati: non aveva più quei famosi occhi verde smeraldo, così simili a quelli di Lily. Adesso, al loro posto, c’erano due grandi pozze giallo dorate, simbolo della maledizione della luna e di ciò che sarebbe stato costretto a passare una volta al mese.

Remus si passò una mano tra i capelli, cominciando a sudare freddo.

“Ehi, campione!” lo salutò James con un sorriso, cercando di mantenere la voce ferma.

Harry tentò di mettersi seduto, ma una scarica di dolore proveniente dal fianco, lo fece gemere penosamente e costringere a sdraiarsi di nuovo sul letto.

“Cerca di stare attento. Hai una brutta ferita”. Lo avvertì il padre, sistemandogli le coperte.

“Tesoro, ti ricordi quello che è successo?” gli chiese Lily amorevolmente, ma non riuscendo a nascondere la sua espressione preoccupata e rattristata.

Harry si portò una mano alla fronte per cercare di stemprare il male alla testa che gli pulsava persino dalle orecchie e, richiudendo un attimo gli occhi, passò a rassegna i fatti successo l’altra sera.

L’attacco a Hogwarts, i Mangiamorte, incantesimi e attacchi che volavano ovunque, lui e Ginny vicini alla Foresta Proibita, i licantropi… i licantropi… i licantropi…

Un momento! I licantropi… il licantropo!

Cercò di fare mente locale per un attimo. Però, la ferita al fianco che gli pulsava da morire, più del mal di testa e tutte quelle altre strane sensazioni che sentiva invadergli il corpo, come i muscoli doloranti, un senso di nausea che gli saliva dalla bocca dello stomaco e gli odori che gli pungevano il naso in modo quasi insopportabile, non gli facevano avere alcun dubbio.

Era stato morso da un licantropo. Ora si ricordava perfettamente dei denti che affondavano nella sua carne.

“Sono… sono diventato un… licantropo?” chiese con voce roca, anche se già sapeva la risposta. Voleva solo una conferma.

James sospirò forte, ma alla fine fu Sirius a rispondergli.

“Sì”.

Harry si passò le mani sulla faccia e tra i capelli, come fosse terribilmente stanco, e nascose un sorrisetto quasi ironico. La cosa non lo aveva sconvolto più di tanto, forse perché sapeva che nessuno dei suoi amici o della sua famiglia lo avrebbe odiato, anzi, lo avrebbero aiutato. E poi… beh, aveva imparato che nella vita può succedere sempre di peggio di quello che ti succede. E infondo, che sarà mai diventare pelosi una volta al mese?

“Harry”. Lo chiamò ad un tratto Remus.

Il Grifondoro alzò il capo nella sua direzione con cipiglio curioso.

“Chi è stato a morderti?”

Harry gli sorrise tranquillo, mettendosi seduto con la schiena appoggiata alla spalliera del letto.

“Tranquillo, non sei stato tu. E’ stato un licantropo nero. Mi è saltato addosso e poi sei arrivato tu e vi siete affrontati”.

Il licantropo più vecchio esalò un sospiro di sollievo. Almeno quello… nella mente di tutti soltanto un nome vorticava… Greyback.

“Ma lo sai che cosa ti spetterà adesso?” gli chiese di nuovo.

“Lo so”. Gli rispose il ragazzo abbassando lo sguardo. “Ma non posso certo farne un dramma adesso”.

“Questo è parlar Grifondoro!” esclamò Sirius saltando in alto e facendo scoppiare a ridere tutti gli altri che sentirono scendere un poco la tensione.

Sirius e le sue uscite del cazzo… però, in certi casi, non avrebbero proprio potuto farne a meno.

(“Ok, ma non dirlo a tua madre”.)

Erano quasi le due del mattino e James, Sirius e il signor Potter erano seduti attorno al tavolo della cucina di casa Potter a fissare immobili e confusi il medaglione di Serpeverde e la spada di Grifondoro poggiati in cima.

Avevano scoperto che il medaglione ce l’ha sempre avuto Kreacher ed erano riusciti a riprenderselo. Ora però si è posto un altro problema: dovevano distruggerlo e, sebbene avessero l’arma, non sapevano come fare. Dovevano aprirlo in qualche modo, ma quello sembrava essere stato sigillato con della magia più potente di quella che loro conoscevano, almeno era quello che avevano supposto.

Ormai avevano provato di tutto e non sapevano più dove andare a sbattere la testa.

A un tratto sentirono dei passi scendere le scale e videro spuntare Harry sulla soglia della porta, pallido, assonnato e spettinato. Era tornato a casa per le vacanze di Natale da un paio di giorni e in quel periodo ci sarebbe stata la luna piena così adesso non era proprio in gran forma, doveva anche avere qualche linea di febbre e, soprattutto, gli davano molto fastidio gli odori, così a volte nemmeno riusciva a mangiare, andando a rigettare tutto.

James, non appena lo vide, si parò di fronte al tavolo per non fargli vedere che cosa c’era.

Harry, però, se ne accorse e mostrò una faccia perplessa.

“Che ci fai in piedi?” gli chiese il signor Potter per fargli distogliere l’attenzione.

“Avevo sete e non riuscivo a dormire”. Rispose il ragazzo con fare annoiato. “Che cosa mi stai nascondendo?”

“Niente”. Fece James, un po’ troppo frettolosamente per star dicendo la verità. “Perché mai dovrei nasconderti qualcosa?”

Il figlio assottigliò lo sguardo. “Allora cos’è quella spada?”

“Che spada?”

“Non fare il finto tonto con me”.

Harry attraversò il padre e si mise vicino al tavolo, senza che nessuno glielo impedisse. Ma infondo, perché mai avrebbero dovuto? E per non parlare del fatto che a lui era sempre difficile nascondere qualcosa.

Il giovane Grifondoro rimase un attimo a osservare la spada affascinato e poi la prese in mano, impugnandola per l’elsa e rigirandosela davanti al naso.

“Ma questa è la spada…”.

“Di Godric Grifondoro, sì”.  Concluse Sirius per lui.

“Wow, l’ultima volta che l’avevo usata è stato al mio secondo anno per uccidere il Basilisco. Ma… a cosa vi serve?”

“Ce l’ha data Silente”. Gli rispose James.

“Ma perché?”

I tre uomini si lanciarono uno sguardo che implicava una muta domanda.

“Ma sì… diteglielo, infondo, lo riguarda”. Disse alla fine Sirius scrollando le spalle.

James si voltò verso Harry e, dopo un paio di minuti, si decise a parlare, snocciolandogli in poche parole la storia degli Horcrux di Voldemort, facendogli un breve riassunto.

“Quindi, se ho capito bene… voi dovete distruggere questi Horcrux”.

“Esattamente”.

“Ne avete trovato uno, ma non sapete come fare”.

“Sì. Più che altro non sappiamo come aprirlo”.

Rimasero tutti e quattro per un po’ in silenzio, intenti a pensare, finchè Harry non parlò di nuovo.

“Beh, se è qualcosa costruito da Voldemort, sicuramente avrà usato qualcosa che solo lui o comunque poche persone conoscono”.

“E’ quello che abbiamo pensato anche noi. Sicuramente della magia potente o un incantesimo oscuro”. Concordò Sirius.

Harry si lasciò crollare su una sedia e sospirò stancamente.

“Non penso. Probabilmente li doveva tenere sotto controllo perciò non avrà utilizzato qualcosa di troppo complicato o che richieda troppo tempo. Sono d’accordo però che abbia utilizzato qualcosa che pochi conoscono”.

“Sì, ma cosa?” fece James frustrato.

Cadde di nuovo il silenzio, interrotto solo dal vociare di qualche gufo.

“Il Serpentese!” sbottò ad un tratto Harry, con gli occhi che brillavano.

“Il Serpentese?” fece il signor Potter perplesso.

“Sì, Voldemort lo conosceva e non sono tanti quelli che lo sanno parlare”.

“Beh, non ha tutti i torti”. Lo appoggiò Sirius guardando James con un sorrisetto contento.

“Io lo conosco. Posso provare ad aprirlo”. Si offrì il giovane Grifondoro.

“Beh, tentar non nuoce”.

“Ok, ma non dirlo a tua madre”. Lo avvisò James, afferrando il medaglione dal tavolo.

(Già gli mancava lo sguardo di Lily negli occhi del figlio.)

“Amore?” chiamò Ginny dolcemente, pungolando una guancia del suo ragazzo.

Harry quel pomeriggio era crollato sul divano e si era addormentato in meno di due minuti, come ormai gli succedeva molto spesso. Ok, se prima non gli era parsa una cosa tanto drastica, adesso avrebbe preso in mano qualsiasi cosa pur di eliminare il veleno della licantropia che gli scorreva nelle vene.

“Hmm?” bofonchiò lui, aprendo leggermente gli occhi dorati e scorgendo i capelli rossi della grifoncina.

Lei gli si sdraiò accanto e si strinse nel suo abbraccio caldo, tastandogli la fronte per vedere se aveva ancora la febbre.

Quella notte ci sarebbe stata luna piena e praticamente Harry non riusciva ad alzarsi dal divano. Remus gli aveva detto che, con l’andare del tempo, il suo corpo si sarebbe abituato alla maledizione e ai vari aspetti che essa comportava. I primi tempi, erano i più duri, naturalmente.

Dietro la porta, James osservava quella scena con un sorrisetto contento stampato in faccia. Ginny gli piaceva e soprattutto, non si era lasciata intimidire dal piccolo problema peloso contro cui ora, avrebbe dovuto lottare il suo ragazzo.

“Jamie?” si sentì chiamare, sentendo qualcuno che gli poggiava una mano sulla spalla.

Voltandosi, trovò gli occhi ambrati di Remus che lo scrutavano attentamente, quegli stessi occhi che ora avrebbe visto tutti i giorni sul viso di Harry. Già gli mancava lo sguardo di Lily negli occhi del figlio.

“Come sta?”

Capì immediatamente a chi si riferiva la domanda dell’amico e, con un leggero cenno del capo, gli indicò il divano su cui era sdraiato Harry.

“Come ogni licantropo il giorno di luna piena, se non peggio”.

“Mi dispiace”.

Prongs si limitò a scrollare le spalle e a dirigersi in cucina, seguito dal licantropo.

“Moony?”

“Hmm?”

“Ti dispiace se stasera io e Pad ti lasciamo da solo? Sai, vorrei… vorremmo stare con Harry”.

“Ma certo, James”. Rispose Remus con un sorriso. “Non l’avevo nemmeno messo in dubbio.

DISCUTIAMONE…

Finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare. Scusate se mi sono fatta attendere. È che ho già tre fanfic in corso e non riesco ad aggiornare  con tanta regolarità, mi dispiace. Quindi, da un lato sono anche contenta che questa storia stia per finire. Eh, lo so, ora mi odierete, ma iniziate a fare il countdown.

Per il resto, che mi dite?? È stato traumatico il ritorno a scuola/lavoro? Vi hanno già riempiti di compiti e robe da studiare?

Spero di no, anche perché voglio ricevere taaante recensioni e se non lo fate per colpa degli insegnanti, andrò da loro personalmente e li crucierò tutti. Muahaha *risata alla Strega Varana*.

Vi è piaciuto il capitolo? Povero Harryuccio, dite voi… eh, lo so, prima la partita di Quidditch e ora questo. Ma io sono sadica, ormai dovreste averlo capito.

se però a qualcuno è parso strano che Harry avesse capito subito come aprire l'Horcrux, beh, io penso che non sia così stupido e d'altronde, così succede anche nel libro se non ricordo male. xD

xD

Prima di concludere e lasciarvi, vorrei riservare anche un piccolo angolino alla pubblicità: per la categoria di Harry Potter, oltre a questa, abbiamo anche Little Marauders (ancora in corso), per la categoria di Twilight abbiamo The Power of the Love e Stessi occhi Stesso sangue (entrambe concluse) e, per la categoria di Maximum Ride, abbiamo La luce dei miei occhi (ancora in corso).

Poi, so di averlo già pubblicizzato, però se lo merita proprio, il fantastico Forum (GDR) di Harry Potter di cui faccio parte anche io. Se amate questa mitica saga, se avete molta fantasia e se vi piace scrivere, è veramente ottimo: potete ruolare, partecipare a contest di fanfic e grafica, far parte della vostra Casa preferita e conoscere persone nuove. Gli utenti che ci sono già, sono fantastici :D

Vi lascio il link, venite almeno a darci un’occhiata….

http://patronusgdr.forumcommunity.net/

Un bacio a tutti J alla prossima.

P.S. scusate, il capitolo non l’ho riletto perciò, se c’è qualche errore, perdonatemi.

FEDE15498: eccoti accontentataJ e poi non dire che non soddisfo i miei lettori. xD e poi, mi sarei sentita in colpa se ti causavo danni celebrali per colpa della troppa insonnia :p beh, che te ne pare?? Soddisfatta o rimborsata? Grazie mille per i complimenti, spero di risentirvi.

PUFFOLA_LILY: sì, il licantropo era Greyback e Harry a quanto pare è un licantropo. Chissà cosa succederà nel prossimo capitolo xD mah, continua a seguirmi e lo scoprirai :p

STEFANMN: in questo capitolo penso tu abbia avuto la risposta a tutte le tue domande xD che te ne pare?? Un bacio, alla prossima.

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Capitolo 59
*** Capitolo cinquantasette ***


(“Il bambino sta bene, però… non sarebbe proprio                                                         giusto parlare di un bambino”.)

Sam e Lily rientrarono in casa già pregustandosi le facce dei rispettivi mariti una volta che avrebbero dato loro la notizia. Erano ancora le vacanze di Natale e si trovavano ancora tutti a casa dei genitori di James e Samantha che in quel periodo era decorata a festa e si poteva respirare un’aria di gioia e allegria, per quanto quello stato di guerra permettesse loro.

Quel giorno le due donne erano uscite per fare una visita ginecologica da un medico babbano che conosceva Lily, solo perché pensavano che i medici babbani avessero l’attrezzatura più adatta e più sicura per certe cose. Inoltre, così avevano potuto sviluppare le radiografie. 

Non appena misero piede nella cucina, gli sguardi di Sirius, James e dei signori Potter si rivolsero a loro, chi in ansia, chi curioso e chi trepidante.

“Allora? Com’è andata?” chiese immediatamente Black guardando la moglie con uno sguardo ansioso.

Sam cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore e si passò una mano tra i capelli, gesti che faceva sempre quando era nervosa. E ciò non aiutò per niente il pover’uomo.

“Amore, devo dirti una cosa”. Disse con voce grave.

“Che cosa?” adesso il povero Animagus stava veramente impallidendo e probabilmente, se Sam non si fosse sbrigata a dirgli che cosa succedeva, sarebbe schiattato di infarto lì sul colpo. Anche gli altri guardavano la ragazza preoccupati. “E’ successo qualcosa al bambino? Sta male?”

“No!” si affrettò a rispondergli Sam per tranquillizzarlo. No, il bambino stava benissimo però, da un lato un po’ si divertiva a fargli venire colpi al cuore, ma dall’altro non sapeva come avrebbe preso lui la notizia che stava per dargli, quindi temporeggiava per trovare le parole giuste. “Il bambino sta bene, però… non sarebbe proprio giusto parlare di un bambino”.

Sirius le lanciò un’occhiata perplessa. Che cosa voleva dire? Come non si poteva parlare di un bambino? E che era? Una creatura con quattro occhi e sei gambe? Un essere strano che non si riusciva a indentificare? Ecco, se era veramente successa una cosa del genere era pronto a scommettere che fosse colpa dei geni Black, sapeva che avevano sempre portato sfiga e qualche strana malformazione non solo a livello mentale (bastava vedere sua cugina Bellatrix) ma magari si è diffuso anche a livello fisico, adesso.

Sam andò a sedersi sulle ginocchia del marito circondandogli il collo con le braccia.

“Non è giusto parlare di un bambino…”. Continuò. “Perché sono… due”.

E qui la ragazza assottigliò lo sguardo attendendo la reazione dell’uomo. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe gioito? Avrebbe pianto o avuto una crisi isterica? Si sarebbe limitato a mostrare la sua contentezza in un modo calmo e posato? No, quest’ultima di sicuro no, quando si parlava di Sirius non si potevano usare aggettivi come tranquillo, calmo e posato.

“Due?” fece l’Animagus come per chiedere conferma.

La ragazza annuì con il capo.

“Quindi… doppio cambio di pannolini?”.

Altra affermazione di capo.

“Quindi… due biberon”.

Un altro cenno.

“E due culle, passeggini e seggioloni?”

“Già”.

Improvvisamente l’uomo si fece silenzioso fissando un punto indefinito davanti a sé e dalla sua espressione non si capiva bene che cosa provasse. Era un po’ pallido, ma non sembrava sconvolto più di tanto, forse solo un po’ sorpreso.

“Amore?” lo chiamò dolcemente Sam, ma allo stesso tempo anche preoccupata.

“Dobbiamo prepararci a soccorrerlo da un attacco di panico?” chiese il signor Potter scambiandosi un’occhiata con la moglie.

A quel punto si sentì uno strano lamento e, quando tutti voltarono il capo verso la fonte di quel rumore, videro James che era letteralmente scoppiato a ridere e che sbatteva la fronte sul tavolo in preda quasi a delle convulsioni, tenendosi la pancia con le mani. I presenti lo guardarono come fosse uscito dal manicomio, chiedendosi se magari non si fosse diffuso un virus di pazzia che stava pervadendo lentamente le persone.

Almeno quello era riuscito a far uscire Sirius dallo stato di catatonia nel quale era entrato perché, non appena aveva visto l’amico delirante sul tavolo, si era avventato su di lui afferrandolo per il collo.

“Cazzo hai da ridere?”

James, per tutta risposta, continuò a ridere.

“Aha, la tua faccia. Ahahah!”

Sirius decise di lasciar perdere con un sospiro, tanto quando James si metteva a fare così era inutile tentare di farlo rinvenire, lo avrebbe fatto da solo.

Black allora voltò lo sguardo verso Sam che lo guardava curiosa e ancora un po’ in ansia.

“Allora, sei contento?” gli chiese trepidante.

L’uomo le mostrò un sorriso rassicurante e sì, sembrava anche piuttosto felice.

“Certo, amore. Come potrei non esserlo?”

Si alzò e le andò vicino con il suo solito passo cadenzato, per poi metterle le mani sui fianchi.

“Avremo un doppio lavoro da sbrigare, ma… saranno i nostri bambini”.

E dicendo questo le posò un delicato bacio sulle labbra al quale lei ricambiò con passione e sollievo, facendo giocare le loro lingue e incatenare i loro occhi, il grigio-azzurro del cielo in tempesta nel nocciola caldo delle foglie autunnali.

“E noi?” chiese James ad un tratto rivolto a Lily.

Anche lei gli rivolse un sorriso dolce e gli si avvicinò.

“Noi avremo una bellissima femminuccia”. Gli rispose dandogli un leggero bacio sulla bocca.

“An sì?” fece lui con voce roca. “E quindi sarà Sally?”

“Sì, sarà Sally”.

“A proposito!” sbottò allora Sirius guardando Sam come se dovesse farle una domanda di vita o di morte. “Ma i nostri sono maschi o femmine?”

“Un maschietto e una femminuccia”. Gli rispose lei contenta.

In quel momento, spostandosi verso il frigo della cucina, intervenne il signor Potter che esclamò con un sorriso a trentadue denti.

“Io propongo un brindisi”.

“Certo!”

“Per le signore in dolce attesa, solo del succo di zucca, mi raccomando Edward”. Lo avvertì la moglie con tono fintamente minaccioso, facendo scoppiare a ridere tutti gli altri.

(Alla fine non era successo, non era diventato licantropo.                                                          Alla prima luna piena non si era trasformato…)

“Quindi, Vo…Voldemort avrebbe creato questi Horcrux per diventare immortale”. Ripetè Hermione per accertarsi che avesse capito bene.

Lei, Ron, Ginny e Harry si trovavano nella stanza di quest’ultimo e il moro aveva appena messo al corrente i suoi amici delle ultime notizie. Annuì alle parole della ragazza guardandola con gli occhi verdi.

Alla fine non era successo, non era diventato licantropo. Alla prima luna piena non si era trasformato, ciò però non li faceva avere la certezza che non sarebbe mai successo. Magari il veleno del lupo non era ancora del tutto entrato in circolo nel suo sangue e avrebbe dovuto aspettare un po’ di più. Ma il fatto che stesse abbastanza bene e che i suoi occhi fossero tornati verdi li faceva supporre bene.  Quella notte aveva aspettato con Sirius e suo padre la trasformazione, si ricordava che stava veramente una merda, non riusciva nemmeno a reggersi in piedi, aveva la nausea e sentiva dolere tutte le ossa. Alla fine aveva finito per addormentarsi, tra le braccia del padre e, la mattina dopo, si erano risvegliati tutti e tre senza che fosse successo niente. Doveva ammettere che si era sentito piuttosto sollevato e se l’unico effetto collaterale che avrebbe avuto fosse stato quello, allora avrebbe sopportato.

“Esattamente, Hermione. E al momento ne abbiamo distrutti tre”.

“E quali potrebbero essere gli altri?” chiese Ginny seduta tra le gambe del suo ragazzo con la schiena appoggiata al suo petto.

“Non ne ho idea. Ma dovrebbero essere oggetti a cui Voldemort era molto legato”. Le rispose Harry.

“Per non parlare del fatto che potrebbero essere nascosti chissà dove”. Aggiunse Ron addentando una Cioccorana.

“Beh, ci penseremo. Possiamo stillare una lista di tutti i probabili oggetti e i probabili luoghi a cui Voldemort poteva essere legato”. Propose infine Hermione, al che tutti le sorrisero grati, contenti che, come al solito, il suo dotato cervellino avesse partorito un’altra buona idea.

Calò qualche minuto di silenzio nel quale si sentì soltanto lo sgranocchiare dei vari dolciumi attorno ai quali i ragazzi si erano accerchiati.

“Uno di questi giorni andiamo nel negozio di Fred e George?” propose ad un certo punto Ron gustando una caramella Tutti i gusti + 1.

Harry e Ginny annuirono schiacciandosi di più l’uno contro l’altro, il viso del ragazzo affondato nei capelli di lei e la mano della ragazza attorcigliata alle dita di lui.

PARLIAMONE…

*Esce dalla caverna scrollandosi di dosso polvere e ragnatele*.

Rieccomiiiii!!! Dopo essere sopravvissuta al terremoto (niente di grave per fortuna ma mi stavo per cagare addosso), dopo aver bevuto il mio tè della sera e dopo aver sguazzato tra le varie poetiche canzoni di Ligabue, ho postato.

Scusate per il ritardo con cui aggiorno ma, oltre ad essere impegnata con i vari impegni che comporta il ritorno a scuola e anche quel terribile momento in cui avevo completamente perso l’ispirazione ed ero veramente sull’orlo di una crisi isterica, non ho potuto fare prima, mi dispiace.

Non è che adesso mi sia fatta perdonare tanto, lo so, con questo capitolo un po’ striminzito e, diciamocelo, tirato per le lunghe e le larghe. Ma ho voluto dare un po’ di calma ai nostri eroi, poveretti, e farli godere un po’ di calma e tranquillità. Abbiamo scoperto, quindi, il sesso dei bambini e… udite, udite… Harry non è diventato un licantropo!! xD lo so, sono una bastarda. Prima vi faccio venire un colpo facendovi credere che fosse stato maledetto e poi vi svelo tutto così, con uno schiocco di dita. xDxD

Ok, ora la smetto di cianciare. Rispondo alle recensioni e vi lascio. Spero di ricevere commenti, un bacio e a presto.

Milly.

FEDE15498: spero che ora non mi odierai per questo piccolo cambio di piani riguardo il destino di Harry xD non ti preoccupare, i suoi bellissimi occhietti verdi non glieli toglie nessuno. Che ti pare di questo capitolo piuttosto tranquillo? Un bacio, alla prossima. Kisskiss.

STEFANMN: eheh, nooo, Harry non è diventato licantropo, tranquillo. E per quanto riguarda zio Voldy… eheh, lo vedrai presto non ti preoccupare. Un bacio, alla prossima. M.

PUFFOLA_LILY: eh, sì Harry è un po’ sfigatello, ma dai, stavolta se l’è cavata. Comunque, non mi pare che zia Row avesse scritto da qualche parte che i licantropi avessero gli occhi gialli, ora che mi ci fai pensare, ma in molte fanfic che ho letto gli occhi di Remus sono dorati, così a volte capita che mi confonda e non so più che cosa sia di zia Row e che cosa invece invenzione dei fan. A me personalmente piace questo particolare dei mannari, perciò lo leggerai in quasi tutte le mie fanfic di HP (se continuerai a seguirmi naturalmente). Spero di aver risolto i tuoi dubbi e spero di risentirti. Un bacio, Kiss. M.

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Capitolo 60
*** Capitolo cinquantotto ***


( La casa era decisamente piena di spifferi,                                                                        topi e chissà quali altri animali).

“Secondo te dove potrebbe essere?” chiese Sirius leggermente spazientito.

Lui, James e Bill Weasley erano penetrati nella vecchia casa dei Riddle, quella dove abitò la famiglia paterna di Voldemort. Erano alla disperata ricerca di un altro Horcrux creato dal Mago Oscuro e quello era stato uno dei primi luoghi a cui avevano pensato. Avevano pure stillato una lista di quali potevano essere questi oggetti ed erano arrivati alla conclusione che doveva trattarsi di cose alle quali Voldemort teneva molto e che, in un certo senso, potevano servire per accrescere il suo ego e la sua vanità.

Come gli oggetti che rappresentano i simboli delle quattro casate di Hogwarts. D’altronde, avevano già trovato il medaglione di Serpeverde ed era già un buon indizio.

Peccato, però, che non sapessero quale poteva essere quello di Corvonero e che la spada di Grifondoro era tutt’altro che un Horcrux.

Ma chissà, forse la coppa di Tassorosso…

“Non ne ho idea, Sirius”. Gli rispose James, guardandosi attorno attentamente con la bacchetta ben salda in mano. “E ci vorrà un bel po’ per esplorare tutta la casa”.

“E un semplice incantesimo di appello non basterebbe, giusto?”

“Giusto. Anche perché non siamo esattamente sicuri di che cosa cercare”.

Cominciarono dalla cucina, grande come quella di Grimmauld e rivoltarono ogni cassetto, ogni credenza e ogni mensola e dispensa per non trovarci assolutamente nulla.

Con un sospiro stanco ma per niente pronto a cedere, si diressero ai piani superiori della casa, guardando con attenzione ogni angolo e sussultando ad ogni rumore. La casa era decisamente piena di spifferi, topi e chissà quali altri animali.

“Ragazzi!” li chiamò ad un tratto la voce di Bill proveniente dal corridoio.

I due Animagus accorsero immediatamente da lui per vedere che cosa fosse successo e lo trovarono che fissava un punto davanti a sé.

“Guardate lì”. E indicò con l’indice un’asse del pavimento di legno che si era leggermente sollevato e che lasciava intravedere qualcosa di d’orato e luccicante.

“Evvai!” esclamò Sirius esultante.

(Presto avrebbe avuto altri due nipotini da coccolare).

Sam se ne stava sdraiata sulla sua poltrona preferita, con una mano appoggiata sulla pancia ormai di otto mesi spaccati e gli occhi chiusi, probabilmente intenta a sonnecchiare leggermente.

Lily, invece, era intenta a cucire quelle che dovevano essere delle tutine per bambini. Lavorava sempre a maglia quando era nervosa e quella sera aveva ben ragione di esserlo, col marito che se n’era andato in missione per conto dell’Ordine. Non capiva proprio come facesse Sam ad essere così tranquilla e riuscire persino a sonnecchiare. Forse a lei essere incinta le calmava i nervi e i due bambini che portava in grembo le facevano da calmante. Ma proprio per questo lei non riusciva a stare tranquilla, non riusciva a sopportare che James rischiasse la vita mentre lei aspettava la loro bambina.

Ad un tratto, vide la cognata stiracchiarsi e sbadigliare. Passandosi una mano tra i capelli spettinati, si alzò dal divano e fece per dirigersi in cucina.

Ma, proprio mentre mosse i primi passi, sentì uno strano rumore come di qualcosa che si infrange sul pavimento e si sentì bagnata tra le gambe. Voltò lo sguardo in direzione di Lily, col viso già tremendamente pallido.

“Credo… credo che mi si siano rotte le acque”. Disse Sam con voce atona, già per il male che sentiva premere contro il ventre.

La rossa spalancò gli occhi. “Come? Cosa? Oddio! Ma è troppo presto!”

Sam si accasciò per terra, cercando di trattenere l’urlo per il dolore che sentiva crescere sempre di più, ma fallendoci miseramente.

“Lo so, Lily. Cazzo! Sembra che non vogliano… aaah, aspettare più”.

In quel momento comparve anche la signora Potter, probabilmente attirata da tutto quel casino e guardò la figlia seduta per terra con sguardo preoccupato.

“Lily!” esclamò in direzione della rossa. “Manda un Patronus a Sirius e chiama mio marito. Dobbiamo andare al San Mungo”. La donna cercò di non scomparsi e di non farsi prendere dal panico, in fondo non c’era niente di strano. Sam stava per partorire, forse un po’ prima del previsto, ma non c’era niente di cui preoccuparsi.

Presto avrebbe avuto altri due nipotini da coccolare.

(I figli di Sam e Sirius, una combinazione terribile).

Era da circa un’ora che se ne stavano ad aspettare fuori dalla porta della sala parto, con le urla di Sam che si facevano sempre più forti e lancinanti.

James continuava a camminare avanti e indietro, cercando di non iper-ventilare. Sembrava fosse lui a dover diventare padre e non Sirius, che se ne stava là dentro con la moglie. L’uomo si chiese se l’amico per caso non fosse svenuto. A lui era successo quando era nato Harry e non gli andava di ripetere l’esperienza anche con la figlia.

“James, calmati. Andrà tutto bene”. cercò di calmarlo il padre. Anche lui era piuttosto nervoso, ma non ci si poteva far niente.

Finalmente, dopo altro tempo che parve interminabile, dalla sala parto uscì un’infermiera grassottella che diede loro la bella notizia e li diede il permesso di entrare.  

Quando varcarono la soglia, trovarono una Sam piuttosto sfinita ed esausta, con i capelli appiccicati alla fronte per il sudore, ma con un sorriso radioso dipinto in faccia e un Sirius chinato su una culla a fare le smorfie a qualcuno.

“Ehi, Sally!” esclamò James correndo ad abbracciare la sorella.

“Guardateli, non sono meravigliosi?” chiese Sirius, indicando la culla, al cui interno si trovavano due bellissimi bambini, molto simili tra loro, uno con gli occhi grigio-azzurri, la femminuccia a quanto pareva dalla copertina rosa e l’altro con uno sguardo nocciola pronto ad andare alla scoperta del mondo.

I figli di Sam e Sirius, una combinazione terribile.

“…Un oggetto c’è… quello di Corvonero.                                                                             Il diadema perduto”.

“Ma allora, quale pensate che potrebbe essere questo oggetto?” chiese Neville inarcando le sopracciglia.

Lui, Harry, Ron, Hermione, Ginny e Luna erano seduti sotto il loro ciliegio preferito nel cortile di Trasfigurazione a godersi il sole tiepido della primavera ormai inoltrata, con lo Zefiro che scompigliava loro i capelli e li solleticava il viso. Era proprio una bella giornata perfetta per stare all’aria aperta.

Harry aveva raccontato anche a Paciock e alla Lovegood degli Horcrux e ora stavano ragionando su quali potevano essere.

“Non ne abbiamo proprio idea, Neville”. Gli rispose Ron, scrollando le spalle affranto.

“Però pensate che potrebbe essere ad Hogwarts”.

“E’ un’idea. Era un posto al quale Voldemort era affezionato. E poi è molto sicura, quale posto migliore c’è per nascondere un oggetto così prezioso?”.

Caddero tutti in un profondo silenzio, chi per pensare e chi semplicemente per rilassarsi.

“Io forse ho un’idea”. Sbotto ad un tratto Luna, con il suo solito sorriso sincero e rassicurante ma anche leggermente soddisfatto. Tutta l’attenzione venne rivolta a lei. “Beh, avete detto che dovrebbero essere gli oggetti appartenuti ai quattro fondatori. Un oggetto c’è… quello di Corvonero. Il diadema perduto”.

“Ma Luna, il diadema perduto è appunto… perduto”. Le fece notare Hermione mostrando la pazienza che normalmente si usa coi bambini piccoli.

“Forse no. Basta cercarlo”. La contraddisse Luna, dicendolo come fosse la cosa più ovvia del mondo. “E io so anche dove”.

Nessuno fece in tempo ad aggiungere niente, perché Edvige planò giù in picchiata e consegnò una lettera ad Harry.

DISUTIAMONE…

Allora, due piccola paroline su questo capitolo.

Innanzitutto, mi scuso per la brevità e la banalità, ma non ho avuto molte idee per questa parte. Tra l’altro non l’ho nemmeno riletto, quindi, se ci sono errori, perdonatemi. Spero di riuscirci meglio nel prossimo, dato anche che ci sarà la battaglia finale. Quindi, preparatevi xD.

Poi, ho deciso di mettere la coppa di Tassorosso nella vecchia casa dei Riddle e non nella stanza blindata di Bellatrix alla Gringott, perché mi sembrava più raggiungibile  e anche più ovvio come nascondiglio.

Spero non vi dispiaccia ^^.

Siccome non ho voglia di trattenermi in troppe chiacchere, visto anche l’orario, vi do subito la brutta notizia. Eh sì, ragazzi, non fate quelle facce.

Domenica parto per l’Inghilterra e per almeno una settimana non riuscirò ad aggiornare perciò dovrete portare pazienza. Mi dispiace.

Non so se là riuscirò a trovare la connessione, ma anche se così fosse, non avrò molto tempo per scrivere.

Perciò, spero di ricevere tante visite e tante recensioni al mio ritorno ^^.

Adesso, ho finito di rompere.

Statemi bene, mi raccomando.

A presto,

la vostra sempre fedele,

Millyray ^^

STEFANMN: ah, le reazioni spropositate di Sirius xD spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, un bacio, caro. alla prossima ^^

PUFFOLA_LILY: Ehilà^^ carissima, allora risolvo subito il tuo dubbio: Harry non è un licantropo nè lo sarà, avrà solo dei piccoli effetti collaterali che spiegherò nel prossimo capitolo. E per quanto riguarda la tua curiosità sui figli di Sam e Sirius, non mi ricordo esattamente se avevo deciso per questo di farli avere due gemelli ^^ molto probabilmente sì, però, conoscendomi. Mi sarebbe dispiaciuto togliere un nome, entrambi sono significativi. Spero di risentirti cara, i tuoi complimenti mi fanno sempre molto piacere. Un Bacio, M.

FEDE15498: beh, in bocca al lupo per gli esami. Ma stai tranquilla, se sei in terza media (spero di non sbagliare) dovrebbero andarti bene, sono molto semplici e se sei una che di solito va bene non ti tartasseranno molto. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo e spero di risentirti. Un beso. M.
P.S. sì, il terremoto l'ho sentito e il nostro prof ci ha fatti uscire in cortile, mentre tutti gli altri sono rimasti dentro. ahahah xD speriamo non succeda nulla di più grave, però.

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Capitolo 61
*** Capitolo cinquantanove ***


*Riemerge dalla tomba scansando via le ragnatele, la polvere e spolverandosi i vestiti* Sì, sono tornata ^^ eccovi qua un capitolo fresco, fresco, appena sfornato. Buona lettura  J

 

(Solo un assassino poteva uccidere una persona                                                                  pura  e innocente a sangue freddo e                                                                                  senza un minimo di esitazione).

Harry non aveva idea di come fosse successo tutto quello.

Camminava lentamente per i corridoi del settimo piano del famoso castello di Hogwarts, testimone di uno degli omicidi più brutti che ci fossero mai stati, almeno per il suo modesto parere.

Silente era morto, l’aveva visto lui stesso, lo aveva visto cadere giù dalla Torre leggero come una piuma, colpito in pieno petto dall’Avada Kedavra, non aveva avuto nemmeno il tempo di esalare un semplice respiro.

Era semplicemente morto.

Adesso era soltanto un cadavere, un corpo freddo, immobile e senza vita.

Ancora non ci poteva credere, nemmeno ora che andava scendendo lungo le scale di marmo deserte, solo il battito accelerato del suo cuore che non riusciva a calmarsi a fargli compagnia, insieme ai passi silenziosi e misurati, un terribile nodo di inquietudine e angoscia a lacerargli lo stomaco.

Com’era possibile? Com’ era possibile che Albus Silente, il più grande mago di tutti i tempi, il famoso preside della famosa Scuola di magia e stregoneria, il suo mentore fosse morto così, come una qualsiasi persona, senza nemmeno provare a difendersi, quasi con la rassegnazione dipinta in faccia.
Lo aveva sempre visto come una persona impiegabile, indistruttibile, quasi una divinità e ancora non si capacitava di quello che era successo.
L’avrebbe ricordato per sempre così, come lo aveva visto poco prima che morisse, con una strana luce quasi di consapevolezza negli occhi azzurri e un’espressione per niente rammaricata. Era spirato come una di quelle persone che accoglievano la morte a braccia aperte e se ne andavano senza alcun rimpianto.

Non sembrava essere per niente turbato, anzi, sembrava che se lo aspettasse quasi, come se fosse già stato tutto premeditato.

Ma era impossibile, impossibile e assurdo, non ci poteva credere.

Oltre alla tristezza per la perdita, in lui si agitavano quasi come un uragano, la rabbia e l’odio e forse erano proprio questi fattori a impedirgli di analizzare per bene la situazione: vedeva ancora riflesso davanti ai propri occhi la figura altera e impassibile di Piton che puntava la bacchetta contro il petto del professore e pronunciava senza alcuna esitazione l’Anatema che uccide, accompagnato dalle risa soddisfatte dei Mangiamorte che si era portato dietro, una bella schiera, ne aveva potuti riconoscere parecchi: Bellatrix, Rodolphus, Rabastan, Malfoy, Mulciber, Greyback…  

E lui aveva soltanto potuto assistere alla scena, impotente e immobile, paralizzato da un incantesimo che doveva avergli lanciato Silente e nascosto sotto il mantello dell’invisibilità.
Si trovava su quella torre perché era stato proprio il preside stesso a chiamarlo e a dirgli di portarsi dietro il mantello, dovendogli parlare di qualcosa che sembrava essere importante. Harry non ci aveva capito granché, ma aveva obbedito come al solito.
Peccato solo che l’uomo non avesse avuto nemmeno il tempo di iniziare il discorso, i rumori dei Mangiamorte che entravano si erano fatti udire subito e Silente gli aveva ordinato solo di nascondersi.

Piton, invece, li aveva traditi tutti, aveva tradito Silente, l’Ordine e persino l’amicizia di sua madre facendo entrare i Mangiamorte nella scuola e mettendo in pericolo tutti gli studenti. Per carità, non gli era mai piaciuto granché il professore di Pozioni, ma non credeva che sarebbe stato capace di tanto, un doppiogiochista peggio di Minus.

Non gli interessava se la cosa era stata premeditata oppure no; solo un assassino poteva uccidere una persona pura  e innocente a sangue freddo e senza un minimo di esitazione.

(“E se noi volessimo restare a combattere?!”)

Kingsley Schaklebolt salì sul grande podio della Sala Grande che normalmente ospitava i discorsi del preside e si impossessò del microfono, intanto che lanciava una veloce occhiata a tutta la stanza.

Studenti e professori dell’intera scuola erano riuniti in quella immensa sala, seduti, ma solo per abitudine, alle tavole delle rispettive case, confusi, spaventati e preoccupati. Tra questi c’erano anche quasi tutti i membri dell’Ordine della Fenice.

Dopo che Silente era morto, Voldemort stesso si era premurato di annunciare che, se non gli avessero consegnato Harry Potter entro lo scadere di quelle due ore, avrebbe mandato un bel po’ dei suoi Mangiamorte a fare qualche strage per prenderselo loro stessi e non si sarebbero nemmeno preoccupati di risparmiare donne e bambini.

Così, l’intera scuola, senza nemmeno aver avuto il tempo di compiangere la morte del loro amato preside, si era riunita lì per decidere come organizzarsi e affrontare la sicura guerra che sarebbe scoppiata di lì a un momento.

Ma avevano i minuti contati, ormai.

“Signori e signore, vorrei avere la vostra attenzione”. Pronunciò ad un tratto l’Auror di colore, parlando al microfono con voce chiara, forte e perfettamente udibile, senza alcun cenno di esitazione o insicurezza nello sguardo, attirando l’attenzione di tutti quanti su di sé che smisero subito di parlare e fare confusione, ma prestando attenzione a quello che quell’uomo, dall’apparenza gentile e sincera, stava per dire. “Come tutti voi avete potuto notare, qui dentro, proprio nel castello di Hogwarts, si sta per preparare la battaglia che abbiamo tutti quanti temuto in questi ultimi tempi. Mi dispiace, ma la scuola non è più un posto sicuro e consiglierei a tutti voi studenti di abbandonarla immediatamente, seguendo i vostri insegnanti che vi accompagneranno in un posto sicuro, lasciando che venga difesa da chi ha più esperienza. Per quanto io mi dolga per la morte del professor Silente, ora non c’è niente che possiamo fare se non cercare di metterci al riparo quanto possibile e sopravvivere a questa battaglia”.

Le parole di Kingsley furono seguite da un silenzio tombale che lasciò in tutti quanti un senso di inquietudine e paura. Avevano come la sensazione che quella sarebbe stata la fase decisiva di una battaglia iniziata due anni fa e che solo una delle due parti che si disputavano ne sarebbe uscita vincitrice.

I Mangiamorte e Voldemort? O gli Auror e i membri dell’Ordine della Fenice. Il Male? O il Bene?

“E se noi volessimo restare a combattere?!” esclamò ad un tratto una ragazza castana, alzandosi con uno scatto dal tavolo di Grifondoro e parlando con decisione e durezza nello sguardo, fronteggiando tutti gli sguardi, fiera come i colori e il simbolo della sua casata le imponevano, ma, evidentemente, anche come era nel suo carattere. La sua domanda fu seguita da un coro di esclamazioni, applausi e cori di chi assentiva provenienti dalla sua tavolata.

La McGranitt, sul padiglione accanto a Kingsley, accennò una specie di sorriso nel viso deturpato dall’angoscia e dalla tristezza, fiera dei suoi studenti. Ma d’altronde, che cosa ci si poteva aspettare dai Grifondoro?

“Non abbiamo intenzione di farci cacciare”.

“Vogliamo difendere la nostra scuola”.

“Tu-sai-chi non deve vincere!”

Si sentì esclamare da altri studenti della casata rosso-oro.

La donna afferrò di scatto il microfono dalle mani dell’Auror e rispose alla ragazza che aveva appena parlato.

“Signorina Christensen, purtroppo a voi studenti del settimo anno, non essendo sotto la tutela della scuola, non possiamo impedire di partecipare, ma se vorrete farlo deve essere unicamente una vostra scelta. A tutti gli altri, come ha appena detto Schackelobt, consiglio vivamente di abbandonare il castello. I direttori delle vostre case vi accompagneranno in un posto più sicuro dove potrete anche contattare le vostre famiglie e farvi venire a prendere”.

“E tutte le nostre cose? I nostri effetti personali?” chiese la voce di Pansy Parkinson dal tavolo dei Serpeverde.

“Questo non mi sembra proprio il momento adatto per pensare ai vestiti, i gioielli e tutto il resto, signorina Parkinson. La vostra vita è ben più importante”. Le rispose la professoressa di Trasfigurazione con una nota di rimprovero nella voce.

“Per quanto mi riguarda questa battaglia non è affar mio. Il Signore Oscuro vuole Potter? E allora diamoglielo”.

Grida di dissenso e un sacco di buuu si levarono dalle altre tavolate, mentre quella dei verde-argento rimaneva in silenzio. La Serpeverde non si sentì intimorita per niente, anzi, scrutò con decisione e perfidia le occhiate dure di tutti e neppure si accorse dei ringhi rabbiosi di Sirius e James che avevano tanta voglia di mollarle un pugno su quel faccino da arpia che si ritrovava.

Anche stavolta la McGranitt proveddette a risponderle, sempre tranquillamente, ma senza nascondere il tono acido e derisorio nei confronti della ragazza.

“Signorina Parkinson, non vorrà certo che Voldemort prenda il potere? E non le dispiacerà, vero, se lei e i suoi compagni sarete i primi ad abbandonare la stanza?”

Pansy, questa volta, si limitò a mordersi il labbro inferiore stizzita ma non protestò in alcun altra maniera, limitandosi a seguire il resto della sua casa col professor Vitious che li accompagnava, visto che il loro direttore era impegnato in faccende di tutt’altro tipo.
I Serpeverde, purtroppo, erano tutti così, le loro famiglie, se non collaboravano direttamente con Voldemort, erano comunque suoi sostenitori, oppure, erano completamente indifferenti alla sua presa di potere.

“Fai a farti fottere, Parkinson!” le gridò Fred Weasley dal suo tavolo, beccandosi un coro divertito da parte dei suoi compagni.

La ragazza, questa volta, punta nell’orgoglio e non potendo più stare zitta, estrasse la bacchetta pronta a scagliargli chissà quale incantesimo, venendo prontamente bloccata da Malocchio Moody che la disarmò con uno scatto veloce della sua arma.

“Non mi sembra proprio il momento, signorina. Un’altra battaglia è proprio quello che non ci vuole”. La avvertì con sguardo ghiacciante ed espressione burbera, restituendole la bacchetta e mandandola a seguire i suoi compagni.

Ben presto, fu il turno anche per i Tassorosso,  i Corvonero e i Grifondoro di lasciare la sala, ma questa volta, gli studenti a rimanere furono molti di più, in particolare tra i rosso-oro per i quali la McGranitt fu costretta a scendere per mandare via alcuni studenti del primo, secondo e terzo anno.
Quelli che rimasero decisero di mischiarsi tra di loro, sedendosi ad un unico tavolo. Ormai era inutile fare distinzioni, se volevano vincere quella battaglia dovevano allearsi e collaborare fra di loro.

“Ciao, Sirius!” esclamò una voce femminile che si era appena avvicinata al gruppetto composto da Black, James, Sam, Remus, Dora e Lily.

“Cindy!” esclamò sorpreso l’Animagus, riconoscendo i ricci biondi e gli occhi azzurri e sinceri appartenenti alla ragazza con cui aveva ballato al suo matrimonio. “Che ci fai qui?”

“Be’, rimango a combattere”. Rispose lei con un sorriso dolce. Non sembrava essere per niente spaventata o preoccupata e ciò stupì non poco tutti gli altri.

“Ma sei sicura?”

“Certo! Come ha detto la McGranitt, ho diciassette anni e non possono impedirmi di lottare. E poi… be’, non voglio di certo che Voi-sapete-chi vinca, perciò darò una mano anche io. Lo so che è pericoloso, ma di solito, quando credo in qualcosa e ho degli ideali, li voglio difendere con tutta me stessa e combattere per difenderli. E non voglio che quel viscido prenda il potere, voglio che continui ad esserci la pace. Mio nonno ha combattuto nella prima guerra e mi ha raccontato un sacco di cose. So come vanno le cose”.

“Saresti dovuta finire a Grifondoro”. Le disse Sirius con un sorriso orgoglioso. Gli piaceva quella ragazza, aveva proprio un bel carisma e una determinazione che trapelava dagli occhi. Immediatamente gli venne in mente sua figlia, quella piccola bambina di pochi mesi che ora era al sicuro dalla nonna insieme al fratellino James e alla cuginetta Sally.
Dovevano vincere quella guerra per riavere la loro pace, proprio come aveva detto la Tassorosso, per dare un mondo migliore alle future generazioni, ai giovani, ai suoi figli.

Immediatamente, tutto quello a cui non aveva pensato prima, tutta la preoccupazione, l’angoscia, le paure si sostituirono all’adrenalina e gli piombarono addosso colpendolo forte al cuore: quella era una vera e propria guerra, forse persino peggio di quella che c’era stata quando era uno studente lui, questa volta si sarebbero scontrati direttamente con Voldemort, stavano preparando un vero e proprio campo di battaglia.
Nella prima guerra non se l’era vista granché bene, ma almeno era sopravvissuto. Questa volta, invece, sarebbe potuto morire, eccome. Avrebbe potuto lasciarci la pelle e… non avrebbe potuto vedere i suoi figli crescere.
Il pensiero di questo gli causò uno stretto nodo allo stomaco. Era veramente pronto ad affrontare la morte? Forse sì, se questo significava ridare alle persone che amava un mondo migliore  e fatto di pace, senza più inutili guerre.

Gli bastava solo sapere che tutti i suoi cari erano al sicuro. Jamie e Alex lo erano, ma James, Remus, Dora, Lily… o peggio, la sua Sam. Erano tutti lì, a combattere al suo fianco, decisi ad affrontare anche la morte.

Avrebbe voluto che anche Sam fosse rimasta con i bambini. Almeno, se lui non avesse dovuto farcela, ci sarebbe stata lei a tirarli su, a farli crescere, avrebbero ancora avuto una madre che avrebbe continuato a tenere acceso il ricordo del loro papà, avrebbe raccontato loro di come si erano innamorati e di come il loro papà era morto da eroe per dare a loro una vita lontana dai pericoli e dalle paure.

Con l’angoscia nel cuore, strinse forte la mano alla moglie cercando di sentirla il più vicino possibile e promettendole, con quel semplice gesto, che l’avrebbe protetta costi quel che costi.
Non aveva nemmeno provato a convincerla a restare a casa, tanto sapeva che non avrebbe mai accettato, nemmeno se l’avesse supplicata.

La ragazza ricambiò la stretta e gli mostrò un sorriso rassicurante a cui lui non poté non rispondere.

Quando scoppiava una guerra la prima cosa che si faceva era cercare di mettere al sicuro i propri cari.
E la Signora Weasley ne era la prova vivente, mentre cercava di convincere i figli più piccoli ad andarsene.

DISCUTIAMONE…

Lo so, sono in ritardo, come al solito, è dal mio ritorno dall’Inghilterra che non aggiorno.

Sono imperdonabile e anche le scuse sono sempre le stesse: scuola, compiti, studio, troppi impegni e l’ispirazione che va in sciopero nei momenti meno opportuni.

Spero però che non me ne vogliate e che non vi siate dimenticati di questa storia perché io sono decisa  a finirla. Ormai, tra l’altro, siamo arrivati alla resa dei conti, si sta preparando la battaglia e tutti sembrano essere pronti.

Ho deciso di anticiparla, siamo ancora al sesto anno di Harry, più precisamente la notte in cui è morto Silente. Spero che la cosa non vi dispiaccia.

Ma che cosa succederà? Chi morirà? Chi, invece, si salverà? Come avrete notato, alcune parti le ho prese dal libro: Voldemort che vuole Harry, gli studenti che vengono fatti evacuare, l’Ordine che si prepara, ecc…

Quant’altro sarà uguale? Non vi resta che seguirmi nel prossimo capitolo ^^

Ho già in mente il gran finale xD

Un bacio a tutti…

Milly.

P.S. per quelli che non seguono Little, ho un paio di pubblicità da farvi. Ho pubblicato una nuova fanfic, tempo fa, una One shot tra gli originali, si intitola Pervesness & Blood. Inoltre, ho trovato una casa editrice molto buona (Arduino Sacco editore) che ha deciso di pubblicarmi un libro. Si intitola Come una giostra, ma potete comprarlo solo on line. Qui sotto vi lascio il link dove potete trovarlo.

http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=795

di nuovo, baci…

FEDE15498: eeeh, ma quale ritardo? Sono io qua che deve procurarsi un orologio ^^ comunque, metti pure giù la mazza, non faccio accadere la stessa disgrazia due volte ai miei pg. Anche se forse… no, meglio se la riprendi. Non so ancora chi passerà a miglior vita, trai buoni ^^ Baci, baci…

PUFFOLA_LILY: uh, non sapevo neanche che i gemelli nascessero prima ^^ ahha, che coincidenza. Comunque, mi sa che ti toccherà aspettare ancora un po’ prima di vedere Sirius e Sam alle prese coi marmocchi. Adesso c’è una battaglia da affrontare. Con la speranza di risentirti, un bacione. M.

STEFANMN: eccoti!!! Il mio immancabile Stef. Allora, be’, non ho molto da dire, se non che spero di risentirti e che ti piaccia anche questo cap. un bacione, M.

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Capitolo 62
*** Capitolo sessanta ***


(“… mi dispiace… per tutto”.)

Non poteva crederci, non riusciva proprio a crederci, la sua mente cercava di negare ciò che i suoi occhi avevano appena visto.

Lì, nascosto nel cunicolo del Platano Picchiatore aveva appena assistito ad una scena che… no, non era fuori dal comune, ma… il suo cuore batteva forte, talmente forte che, nel silenzio della stanza, poteva udirsi benissimo, il suo stomaco era completamente sottosopra e non sapeva bene che fare.

Piton se ne stava ancora lì a reggere la vita coi denti, probabilmente, appoggiato al muro e col collo sanguinante. Voldemort non gli aveva lasciato nemmeno il tempo di esalare un respiro, non gli aveva nemmeno lasciato il tempo di capire che cosa stesse succedendo che, con un colpo di bacchetta, gli aveva tagliato la gola e se n’era andato, lasciandolo lì, a morire da solo.

E tutto per cosa? Per una bacchetta, la bacchetta più potente del mondo, a quanto pareva…

Harry non capiva il senso di tutto quello, gli era sembrato, per un attimo, di star assistendo ad uno di quei film babbani. Non aveva mai sopportato Piton, inoltre, era anche un traditore, era sempre stato dalla parte di Voldemort.
Ma sembrava che proprio questo gli si fosse rivoltato contro. Colui-che-non-deve-essere-nominato non aveva scrupoli, non si fidava nemmeno dei suoi più fedeli seguaci e quando si trattava di lui era pronto ad uccidere anche uno dei suoi servitori.

Non che avesse qualche dubbio in proposito.

Con un balzo agile uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò al professore di Pozioni, cercando di bloccargli l’emorragia. Non sapeva bene perché lo stesse facendo, in fondo, era un traditore.
Ma era anche stato il migliore amico di sua madre e… tutti meritavano una seconda possibilità.

L’uomo sgranò gli occhi alla sua vista e sembrò cercare di protendersi verso di lui.

“Pre…pren…dila…”. Gli sussurrò con voce bassa e rauca.

Harry, in un primo momento, non capì a che cosa si riferisse o che cosa volesse, ma, non appena vide una piccola lacrima scendere lungo la sua guancia protesa, comprese che era quella che voleva prendesse.

Doveva celare qualche ricordo importante.

La raccolse in un fazzoletto facendo attenzione che lo bagnasse bene e ritornò a osservare l’insegnante. Non sapeva bene che fare, era inutile andare a chiamare Madame Chips o qualcun altro, ci avrebbe messo troppo tempo e, inoltre, l’uomo non era messo granché bene. Ormai aveva i minuti contati.

“Di’… a Lily…”. Iniziò Piton prendendo fiato ad ogni parola. Lo sguardo di Harry si fece più attento, per riuscire a cogliere quello che il professore voleva dirgli. Si vedeva chiaramente che gli costava un enorme sforzo. “… che… mi dispiace… per tutto”.

Chiuse gli occhi e inclinò il capo sprofondando in un sonno senza sogni, in un sonno profondo ed eterno.
Sembrava essere rimasto vivo fino a quel momento soltanto per quello, per potersi discolpare in qualche modo. Almeno, per poter chiedere scusa all’amore della sua vita.

Harry si asciugò l’angolo dell’occhio con la manica della felpa e lasciò andare il professore.

La guerra miete vittime. Sia tra i buoni che tra i cattivi.
Quante vittime ha fatto fino ad ora?

(Non potevano diventare assassini come loro.)

“Stai bene, James?” chiese Lily guardando il marito preoccupata, mentre cercava di suturargli una ferita al braccio con la bacchetta e le basilari conoscenze di pronto soccorso che aveva.

“Sto alla grande”. Le rispose lui, cercando di farle un sorriso rincuorante sul bel volto stanco e pallido, ma si vedeva lontano un miglio che gli faceva male parecchio. Ma James era una testaccia dura e, piuttosto che mostrarsi debole davanti agli altri o farli preoccupare, si sarebbe cruciato da solo.

Voldemort aveva deciso di concedere loro un’ora di pausa facendo ritirare i suoi Mangiamorte. Solo un’ora, un’ora della quale avrebbero approfittato per curare i feriti, per riorganizzare la battaglia e per portare al sicuro i corpi di chi era morto, di chi si era sacrificato in quella guerra.

Un’ora nella quale avrebbero dovuto consegnargli Harry Potter.

Erano state chiare le parole del Signore Oscuro di poco fa, le avevano udite tutti. Ma naturalmente, nessuno aveva intenzione di consegnarglielo.

“Sono preoccupata per Harry. Dove sarà?” sussurrò di nuovo Lily, fasciando il braccio al marito.

“Sono sicuro che sta bene. Sarà con Ron ed Hermione”. Cercò di rassicurarla James, ma anche lui era chiaramente preoccupato per il figlio. Era da un po’ che non lo vedeva e non aveva la più pallida idea di dove fosse.

Lily abbassò lo sguardo cercando, probabilmente, di nascondere il tormento che la stava divorando, ma James, le prese il mento delicatamente e la coinvolse in un dolce bacio pieno d’amore.

In quel momento, però, la porta della Sala Grande si aprì di scatto  facendo voltare tutti i presenti e Sam piombò nella stanza come una belva, puntando gli occhi sui suoi amici.

“Dov’è!” esclamò quando fu davanti al padre che la trattenne per le spalle nel tentativo di calmarla e capire che cosa volesse. “Dov’è Sirius?!”

Remus, Tonks, Lily e James si guardarono tra loro non sapendo che cosa risponderle; non lo sapevano dov’era Sirius, ma sapevano che, se lo avessero detto a Sam, lei sarebbe andata su tutte le furie ancora di più.

La ragazza, dal canto suo, era preoccupata perché, l’ultima volta che lo aveva visto, ovvero ore fa, stava combattendo contro Bellatrix. I Mangiamorte, però, ora se n’erano andati, ma di suo marito non c’era traccia.

“Sam, tesoro… calmati. Se ti fai venire una crisi isterica non aiuti nessuno”. Le disse il padre cercando di farla ragionare.

Per fortuna, però, Sam non dovette soffrire molto, visto che la porta si spalancò di nuovo e un Sirius ghignante fece il suo ingresso, la bacchetta sollevata a far levitare un corpo stretto in alcuni giri di corda.

“Guardate chi ho trovato!” esclamò l’uomo rivolto agli amici che lo guardarono sollevati.

Sam, però, non gli lasciò il tempo di concludere la frase e nemmeno fece caso a chi aveva trovato: gli si buttò tra le braccia stringendolo forte, appoggiando il viso sulla sua spalla.

“Ehi, tesoro”. le sussurrò Sirius all’orecchio, leggermente stupito, ma ricambiò l’abbraccio. Il suo sguardò, però, passò per tutta la Sala Grande soffermandosi sui feriti che si stavano facendo curare e sui morti lasciati a giacere in un angolo. Il suo cuore fece un balzo quando, tra questi ultimi, vide dei lunghi capelli biondi che circondavano un viso piuttosto giovane, troppo giovane per trovarsi lì.

“Cindy!” sospirò osservando quella figura incredulo, sentendo rompersi qualcosa dentro di lui.
Anche Sam si voltò in quella direzione e pure lei rimase sconvolta nel riconoscere la ragazza. Quando si voltò verso il marito, vide nel suo viso un’espressione che non le piacque per niente; ribolliva di rabbia, era chiaro, ma era anche colmo, forse, di disperazione e rammarico.

Non riuscì, però, a trattenerlo quando si buttò su Wormtail, il Mangiamorte che aveva fatto levitare fino a lì legato come un salame. Prese a prenderlo a pugni, a calci, picchiandolo alla babbana. Gli fece uscire il sangue dal naso e gli spaccò qualche costola e molto probabilmente anche qualche altro osso.
Il piccolo traditore, intanto, urlava e piangeva supplicando ma senza alcuna possibilità di difendersi.

Nessuno dei presenti fece niente per fermarlo, perché avrebbero dovuto, d’altronde? Era uno schifoso Mangiamorte, meritava anche di peggio.

“Schifoso, viscido, leccaculo di merda!” urlava Sirius mentre picchiava il povero Peter. “Meriti di morire, tu e i tuoi schifosi compagni fissati col sangue pure. Meritereste tutti di bruciare all’inferno insieme a Voldemort. Mi fate solo schifo…”.

“SIRIUS!” gridò James che, venutogli dietro, lo aveva preso per le spalle nel tentativo di fermarlo.
Questi si voltò verso di lui e lo fulminò con un’occhiata talmente raggelante che James per poco non indietreggiò spaventato: non aveva mai visto l’amico così. Era completamente fuori di sé.

“Lasciami stare, James. Voglio ucciderlo! Voglio…”.

“Lascialo stare”. Lo bloccò Potter parlando con voce calma e pacata, ma Sirius non sembrava volersi calmare affatto. James poteva capirlo, certo, era arrabbiato, disperato e forse anche un po’ spaventato, ma non era il caso di sfogarsi così su qualcuno, anche se questo qualcuno era una persona malvagia. E tanto meno, lì davanti a tutti.
Inoltre, Peter, così piegato su se stesso, sanguinante, pieno di lividi, tremante e in lacrime gli faceva una pena incredibile.

“Non posso, James! E anche tu dovresti odiarlo! È uno schifoso traditore. Ha fatto del male a te, Lily ed Harry, merita di morire e io…”.

“Calmati, Paddy”. Gli intimò a quel punto James, ma senza severità o durezza nella voce. “Non ne vale la pena”.

Già, non ne valeva la pena.
La guerra era così, ingiusta. Mieteva vittime dappertutto, non importa se bambini, donne, giovani, padri, figli… dovevano fare giustizia, certo, ma non in quel modo. Non potevano diventare assassini come loro.

(E adesso toccava a lui.)

Harry uscì dall’ufficio del preside con le mani e le gambe tremanti, il cuore che batteva come impazzito e tanta confusione nella testa, ma perfettamente conscio di quello che doveva fare.

In un certo senso, però, la cosa non lo stupiva molto.  Forse, in fondo, ne era sempre stato cosciente.
D’altronde era sempre stato così, fin dall’inizio. La sua vita sembrava essere tracciata, ormai, lui non doveva far altro che seguire la strada. Non c’era nessuna scelta da prendere, nessun dubbio.

Quello andava fatto. E basta.
Facile, si sarebbe detto. Anche lui era una vittima, ormai, una delle tante pedine del Signore Oscuro, come lo erano stati i suoi genitori, come lo erano i suoi Mangiamorte, come tutti gli innocenti che aveva ammazzato e persino come Piton. Piton… che alla fine si era sacrificato.
Per amore…

E adesso toccava a lui.

SPAZIO AUTRICE

Ebbene, siamo alla resa dei conto, ragazzi. Chi vincerà? Il bene o il male?

Piccolo commentino… allora: io James lo vedo come un bonaccione incapace di fare del male ad una mosca e incapace di odiare. Se me lo dovessero chiedere, secondo me lui non odia Peter, semplicemente prova pena e lo compatisce.
Quindi, mi scuso se magari non ha avuto la reazione che avreste voluto.

Poi… Harry raccoglie le lacrime di Piton in un fazzoletto perché non poteva certo essere previdente da avere un’ampolla da pozioni in tasca. E con lui Hermione non c’era ^^

L’ultima scena, penso si sia capito però, è tratta dal libro anch’essa ed è quando Harry vede i ricordi di Piton e capisce che si deve consegnare a Voldemort.

Detto questo, posso anche lasciarvi con la speranza di non impiegare troppo tempo per il prossimo capitolo ^^

Sono veramente imperdonabile, lo so e mi dispiace. Tra l’altro questo capitolo non mi è uscito granché ma sono completamente in coma oggi, però lo volevo finire per voi. ^^

Spero mi lascerete qualche recensione.

Baci, M.

CG92: ma che belloooooo, mi segui anche quiiii!!! *scodinzola felice attorno a CG* adoro quando i miei lettori mi seguono da una fic all’altra ^^ però, ok, ora inizio ad avere anche un po’ di paura. Quella cruciatus faceva male e non vorrei mai che tu mi lanciassi qualche altra maledizione addosso. Non vorrei poi ritrovarmi ad avere delle bucce d’arancia al posto delle orecchie oppure zampe di gallina ai piedi. Ma ormai dovresti aver capito che quando faccio avvenire qualcosa di brutto, dopo sistemo sempre tutto ^^ *coccola il cane randagio con la rabbia* comunque, metti via la mannaia, i personaggi che hai nominato sono quelli che adoro di più, quindi… ^^ alla prooooossimaaa!!

FEDE15498: oddio, uno con la mannaia, una con la mazza… hmmm, qua io rischio seriamente la vita. Eh sì, io attendo sempre con trepidazione le tue recensioni ^^ ormai mi ci sono affezionata… quindi, spero, anzi, pretendo di risentirti… al limite, minaccia la wireless se non ti ascolta ^ ^ bacioni.

PUFFOLA_LILY: allora, rispondiamo subito alle domandine ^^ Cindy, non so se ti ricordi, è comparsa anche nel capitolo del matrimonio di Sam e Sirius. Era quella ragazza di Tassorosso che Sirius ha aiutato a liberarsi del Serpeverde e con cui poi ha ballato. In quel capitolo l’avevo inserita così, tanto per fare, sai, uno di quei colpi di genio (o di schizzo, dipende ^^) che ti vengono. Solo che poi, non so, mi è rimasta impressa e ho deciso di riprenderla (anche se, be’, sono stata un po’ brutale con lei). Sai, come quei libri in cui ci sono dei personaggi minori, anche solo delle comparse, ai quali però lo scrittore si affezione e decide magari di scrivere una storia solo su loro (se hai letto Eclipse, per esempio, compare fugacemente il pg di Bree Tanner, ma la Meyer le si è così affezionata che ha deciso di scrivere un libro solo su lei). Ecco… poi… in teoria, secondo i miei calcoli, dovrebbero mancare ancora tre capitoli, compreso l’Epilogo. Ma non li ho ancora scritti, perciò non so… spero di risentirti, bacioni ^^

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Capitolo 63
*** Capitolo sessantuno ***


(Ti amerò per sempre.)

Harry camminava di nuovo per i corridoi del castello, lo sguardo apatico fisso davanti a sé, ma in realtà sembrava che non vedesse niente. Non incrociava quasi nessuno per la strada, solo quei pochi coraggiosi che cercavano di recuperare qualche ferito o morto tra le varie macerie che decoravano in modo inquietante la famosa scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Quante cose erano cambiate in quegli anni, da quando lui aveva messo piede per la prima volta in quel castello. Molte, troppe, una più sconvolgente di quell’altra. In un batter d’occhio si era ritrovato catapultato nel mondo magico del quale non sapeva assolutamente nulla ed era stato proprio lì che aveva conosciuto le persone più importanti della sua vita, era stato proprio lì che gli erano successe le cose più pericolose ma anche emozionanti.
Aveva scoperto il valore dell’amicizia grazie a Ron ed Hermione che non lo avevano mai abbandonato, dimostrandosi dei veri e fedeli amici che non gli stavano accanto solo per il suo nome o la sua fama, aveva scoperto che cosa significava avere una famiglia; aveva trovato Sirius, l’uomo che gli ha fatto da padre e da sostegno porgendogli la spalla su cui piangere nei momenti del bisogno, aveva trovato Sam, la zia un po’ pazza ma terribilmente coraggiosa e tenace e, cosa che non avrebbe mai creduto possibile, aveva ritrovato i suoi genitori, riuscendo a realizzare uno dei suoi desideri più profondi.
E poi era arrivato anche l’amore…

Già, erano successe veramente tante cose in quei sei anni.

Ed ora… ed ora molte persone si sono sacrificate per lui, per l’intero Mondo Magico, facendo capire qual era la parte giusta da cui stare.

Era arrivato il suo turno, adesso. Toccava a lui fare scacco matto.

Con un sospiro celato, Harry svoltò un angolo e si bloccò nel notare una figura seduta per terra, a gambe incrociate, gli occhi chiusi e i capelli rossi a scivolarle sulle spalle andando a celarle il viso.

Ginny… la sua piccola Ginny, il suo amore.

Lentamente le si avvicinò e, silenziosamente, le si sedette accanto. La ragazza si voltò verso di lui e sgranò gli occhi nel vederlo lì, accanto a lei. Lui non poté far altro che sorriderle dolcemente, di fronte a quel visetto pallido e stanco, gli occhi lucidi per le lacrime trattenute.

“Harry!” esclamò Ginny abbracciandolo di slancio. “Stai bene, grazie al cielo!” e gli diede un bacio sulle labbra con passione e possessività.

Quando si staccarono, lui le lasciò una carezza sul viso e le portò  una ciocca di capelli dietro l’orecchio, senza smettere di guardarla dolcemente.

“Ma dov’eri finito?” chiese ancora lei, poggiando una mano sul quella del ragazzo che non aveva smesso di accarezzarle il viso. Lui, però, non le rispose, si limitò a guardarla negli occhi color castagna, come se vi si fosse perso dentro. Ginny tornò improvvisamente seria, non capendo che cosa prendesse al suo ragazzo.

“Ascolta, Ginny”. Disse ad un tratto Harry, con voce calma e tranquilla anche se dentro tutto il suo animo stava fremendo e agitandosi. “Ho scoperto qual è il penultimo Horcrux. Si tratta di Nagini, il serpente di Voldemort”. Era meglio non dirle dei ricordi di Piton né di tutto il resto, tanto meno ciò che riguardava lui. “Quando e se ti capita l’occasione, devi ucciderla con la spada di Grifondoro. Devono avercela o Ron o Hermione. Se non ce la fai chiedi a loro oppure a Neville”.

“Perché? Tu cosa devi fare?” chiese lei, allora, con gli occhi adesso velati di panico. Non ci capiva niente e aveva come l’impressione che non fosse tutto lì quello che Harry le doveva dire.

“Io ho un’altra cosa da sistemare. Devo distruggere l’ultimo Horcrux”. Le rispose il ragazzo, sempre con quel tono tranquillo che mai gli era appartenuto.

“E quel è? Dove si trova?”

“Non ha importanza, ora, tesoro”. era meglio non dirle la verità. Sarebbe stata troppo dura, le avrebbe dovuto dire addio definitivamente e, oltretutto, lei non lo avrebbe lasciato andare. “Adesso vai in Sala Grande e riposati un po’. Di’ ai miei che sto bene”.

“E tu dove vai?”

“Io ti raggiungerò tra un po’”. Le mentì sentendo l’angoscia montare nel cuore. Ma la sua mente continuava a ripetergli che era meglio così.

“Harry?” Ginny gli si sedette di fronte guardandolo preoccupata e spaventata. “Non avrai mica intenzione di… consegnarti, vero?”

Harry le mostrò un sorrisetto divertito e perplesso. Ma chiaramente era solo una facciata, una grande bugia e sperò che lei non se ne accorgesse. “No! Ma cosa ti viene in mente?! Adesso, però, vai. Ci vediamo tra un po’”.

Lei, allora, già più rassicurata e tranquilla, gli diede un altro bacio sulle labbra che avrebbe voluto approfondire se Harry non l’avesse staccata: sapeva, infatti, che se lo avessero approfondito, non sarebbe più riuscito a separarsene né tanto meno ad andare da Voldemort. Sentiva già gli occhi pizzicare.

Ginny si alzò e si voltò per andarsene, quando il ragazzo la richiamò di nuovo.

“Ginny! Ti amo”.

Ti amerò per sempre.

Lei gli sorrise dolcemente, non immaginando che quello fosse un addio.

“Anche io ti amo, Harry”.

(“Non capisci? Era il suo modo per dirti addio.                                                       Quell’idiota sta andando a suicidarsi!”)

Ginny entrò in Sala Grande piuttosto trafelata e immediatamente andò ad abbracciare la sua famiglia. I Weasley stavano tutti piuttosto bene, a parte Fred che era leggermente ferito al fianco e faceva fatica a stare in piedi, ma almeno erano vivi. La ragazza, poi, si guardò intorno notando quanta tristezza e dolore stava dilagando in quel momento. I morti erano decisamente troppi, troppi da poter essere contati. E quando fra questi notò anche qualcuno che conosceva, come Malocchio Moody, Ted Tonks e alcuni suoi compagni di scuola, come Colin Canon e la sua compagna di stanza, lasciò libero sfogo alle lacrime.

La guerra era così ingiusta. E la morte si prendeva sempre i migliori, i più giovani…

Si lasciò abbracciare da Hermione, mentre Luna le accarezzava i capelli. Almeno i suoi amici e la sua famiglia erano lì con lei. Ma quanto ancora sarebbero restati? La guerra non era certo finita.

“Ginny, Hai per caso visto Harry?” le chiese una voce femminile dietro le spalle. Non appena si voltò, la ragazza vide che anche Lily e i Malandrini le si erano avvicinati.

Questa volta un sorriso tranquillo le incorniciò le labbra tra le lacrime salate.

“Sì, era con me fino a poco fa. Mi ha detto di venire qui e che ci avrebbe raggiunti tra un po’. Ma non so perché ci stia mettendo così tanto”.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo nel constatare che era ancora vivo e che stava bene, solo Hermione, però, parve un po’ dubbiosa.

“Ti ha detto qualcosa?” chiese, in tono preoccupato, all’amica dai capelli rossi.

Ginny si asciugò un attimo gli occhi prima di risponderle. “Sì, mi ha detto che ha scoperto che il serpente di Voldemort è un Horcrux e di ucciderlo non appena ne avessi avuto l’occasione”. Guardò un attimo le facce pallide e confuse degli altri, per poi ricordarsi un’altra cosa e aggiungere: “Ha detto anche che lui sarebbe andato a distruggere l’ultimo Horcrux. Ma non mi ha detto quale sia”.

Tra i presenti calò un silenzio piuttosto inquietante nel quale la tensione si poteva tagliare con un coltello. In tutti alleggiavano le stesse domande: Harry dov’era? Perché non arrivava? Che cosa aveva scoperto?

“Oh Merlino, non può essere!” esclamò Hermione, portandosi una mano alla fronte come se fosse sull’orlo di uno svenimento. Nei suoi occhi si potevano leggere panico e paura.

Ron le circondò la vita con un braccio, come per sorreggerla, mentre tutti gli altri la guardavano preoccupati e confusi. Non che non avessero capito che cosa la ragazza stesse pensando, solo che avevano troppa paura di dirlo. Inoltre, se qualcuno lo avesse espresso ad alta voce, sarebbe diventato troppo vero.
Così, invece, potevano ancora crogiolarsi nel dubbio.

“Hermione, non starai pensando che Harry…”. Fece Ron, non avendo il coraggio di concludere la frase, però.

La ragazza annuì mestamente, senza guardare nessuno.

“NO!” esclamò Ginny con gli occhi spalancati. “No! Non può essersi consegnato. Quando glielo chiesto, se l’avrebbe fatto, mi ha detto di no”.

Lily, udendo quelle parole, strinse forte il braccio di James.

“Ma non capisci, Ginny!” urlò a quel punto Hermione. “Ovvio che ti ha detto di no. Non l’avresti lasciato andare”.

“No, non ci credo, Hermione!” esclamò a quel punto Sirius, guardandola duramente. “Non può essere così incosciente…”.

“Oh sì che può. È sempre stato incosciente. E ha sempre avuto questa mania di fare l’eroe e di sacrificarsi per gli altri”.

“Non è vero. Sono sicura che adesso verrà qui!” la contraddisse Ginny che non voleva ammettere quello che stava dicendo l’amica, per quanto anche lei ormai si stava rendendo conto che era terribilmente vero.

“Ti sembrava strano quando ci hai parlato? Ha detto o fatto qualcosa che poteva far capire che voleva consegnarsi?” le chiese allora Hermione per farla rendere conto.

“No… non lo so. Era abbastanza tranquillo. Troppo”. Ginny si diede mentalmente della stupida per non averlo capito. Come poteva non essersene accorta? Eppure era la sua ragazza, per Diana! Doveva capire che aveva qualcosa in mente, quando l’aveva baciata, toccata e… “Mi ha detto che mi ama”.

“Non capisci? Era il suo modo per dirti addio. Quell’idiota sta andando a suicidarsi!”

Fred si aggrappo forte alla spalla di George per non cadere dopo le dure parole della ragazza, la signora Weasley guardò il marito con espressione sconvolta mentre lasciava cadere le lacrime, Sam strinse la mano di Sirius che se ne stava rigido e immobile mentre fissava un punto davanti a sé, Ron abbracciò Hermione cercando ancora di afferrare bene le sue parole e Ginny crollò in ginocchio.

“Noooo!” urlò Lily aggrappandosi alla camicia di James che se ne stava un po’ come Sirius. “Nooo, non è vero. James!” prese a spintonare il marito nel tentativo di farlo risvegliare.

Lui, allora, le bloccò le mani afferrandola per i polsi e la guardò negli occhi colmi di lacrime e paura.
Non sapeva che fare. Non ci poteva credere.
Suo figlio non poteva…

“James! Dobbiamo andare a riprenderlo!”

(Quella stupida lotta era iniziata con lui                                                                                  e con lui sarebbe finita).

Era all’entrata della Foresta Proibita.
Si voltò un attimo indietro per dare un’ultima occhiata al castello, a quel luogo che lo aveva ospitato per molto tempo, alla sua casa.

Chissà che cosa stavano facendo tutti là dentro… sperava fossero al sicuro, sperava che continuassero a vivere felici una volta finito tutto quello. Per quanto si potesse tornare ad essere felici dopo una guerra.

Non voleva dare tutta questa sofferenza ai suoi genitori e agli amici, ma era la cosa più giusta da fare. Erano già morte troppe persone.

Sarebbe andato tutto bene, continuava a ripetersi. Quella stupida lotta era iniziata con lui e con lui sarebbe finita.

Bastava solo andare avanti, con i piedi pesanti, la paura nello stomaco e il cuore che batteva fortissimo come se sapesse che presto avrebbe smesso di pompare sangue e ossigeno.

Avanti Harry, dimostra ancora una volta di essere un vero Grifondoro.

ANGOLO AUTRICE

Brrr… devo dire che questo capitolo ha sconvolto un po’ anche a me. E voi? Che cosa pensate succederà ora? Harry arriverà da Voldemort? Riuscirà ad ucciderlo?
Lascio a voi le varie ipotesi e qualche commentino… mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate, anche da quelli che sono sempre rimasti in silenzio ^^
Se avete notato, alcune parti sono state un po’ prese dal settimo libro, anche se modificate…

Ok, sarò di poche parole oggi perché tra un po’ arriva mia nipote e dovrò farle da babysitter per qualche giorno.

Un’ultima cosa prima di chiudere… quelli che seguono Little Marauders sanno già che su Fb ho aperto una pagina dedicata alle mie fanfic dove potrete trovare foto, video, disegni e varia roba in merito alle mie storie. E, se volete, potete lasciarmi il commento direttamente lì, così da ricevere (quasi) subito una risposta ^^. Seguitemi anche lì, mi piacerebbe molto. Vi lascio il link.

http://www.facebook.com/MillysSpace

bene, ora passo a rispondere alle recensioni… bacioni ^^

Milly.

STEFANMN: diciamo che Piton non considerava molte cose u.u piccola precisazione tecnica: quello dei sette giorni è The ring non Saw… Saw è un pazzo psicopatico e sadico che si diverte ad uccidere la gente con vari metodi di tortura… un po’ come Bellatrix, no? ^^ cosa ne pensi di questo capitolo? Alla prossima spero… Milly.

FEDE15498: non ti preoccupare, lo studio è più importante. Anche io odiavo Piton adesso invece… be’, mi sta indifferente. Diciamo che se non fosse stato per lui molte cose sarebbero andate un po’ meglio. Anche a me piaceva Cindy, ma sai com’è… sono sadica e masochista e mi piace far soffrire i miei pg. E non sai quante volte pure io avrei voluto picchiare Codaliscia fino a morte. Bene, ora ti lascio alle tue tesine. Spero di risentirti tra un esame e l’altro… kiss.

PUFFOLA_LILY: eh, se tutto andasse bene non sarebbe nemmeno divertente. Comunque, ormai sono sicura che la storia finirà tra tre capitolo, non mi ricordo però quanto ti avevo detto la volta scorsa. Comunque, capitolo in più o in meno, sta per concludersi, dispiace anche a me. Ma non pensiamo a questo ora ^^ fatti risentire, mi raccomando… bacioni, M.

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Capitolo 64
*** Capitolo sessantadue ***


(Lo stava torturando come aveva fatto                                                                                  con suo padre, forse anche peggio.)

Da quanto stavano andando avanti? Mezz’ora, due ore?
Non ne aveva la più pallida idea, sapeva solo che voleva che quell’agonia finisse e al più presto anche. Sentiva che non avrebbe più sopportato un’altra Cruciatus, né una fattura tagliente o anche un semplice Schiantesimo. Probabilmente sarebbe crepato per il troppo dolore o il troppo sangue perso e vaffanculo alla sua morte indolore e veloce nella quale aveva sperato.

Era ancora buio pesto, probabilmente mancava ancora un po’ al sorgere del sole ma ad Harry pareva di riuscire a vedere, in lontananza, oltre l’orizzonte con le montagne frastagliate, l’alba che cercava di farsi spazio tra la notte e le stelle.
Se ne stava disteso nell’erba e nelle foglie umide, sanguinante e col respiro corto, quasi rantolante. Sentiva rimbombare nelle orecchie il battito del proprio cuore, si mise addirittura a contarli, quei palpiti, forse per riuscire ad estraniarsi da quello che stava succedendo, come quando conti le pecore per riuscire ad addormentarti, o forse, semplicemente, per riuscire a trattenere ancora quel minimo di lucidità che gli era rimasto.

35… 36… 37… 39… no, aveva saltato un numero.
Maledizione! Ma perché sembrava che proprio ora il suo cuore sembrasse ancora più vivo che mai e non volesse smettere di compiere quel fastidioso movimento? Non voleva cedere, come invece volevano fare la sua mente e tutto il resto del suo fisico.

Sentì un’altra ferita aprirsi sul suo braccio, in aggiunta alle altre centinaia che avrebbe potuto sfoggiare sul suo corpo se fosse sopravvissuto, cosa molto improbabile. Anzi, impossibile.
Non emise, però, alcun gemito o lamento, ormai il suo corpo era diventato insensibile per poter sentire il dolore.
Gli parve pure di udire in lontananza anche il suo nome urlato da una profonda voce maschile, probabilmente Hagrid che era legato ad un albero lì vicino. Poveretto, dover assistere inerme alla tragica fine di uno dei suoi migliori amici. Per lui doveva essere persino peggio.

Cazzo! Non voleva che andasse così, non doveva andare così.
Ma in fondo, doveva immaginarselo, che Voldemort non gli avrebbe concesso una morte facile. Un semplice Avada Kedavra come quando aveva un anno questa volta non l’aveva avuto. Lo stava torturando come aveva fatto con suo padre, forse anche peggio.
Certo, lui all’inizio aveva cercato di difendersi, quando aveva capito che Voldemort voleva una battaglia epica e non semplicemente uccidere qualcuno che era disarmato. Questo era stato corretto da parte sua, glielo doveva concedere.
Ma ben presto si era trovato a rotolare a terra in preda ad un dolore lancinante e non si era più rialzato se non per riprendere il respiro e sputacchiare sangue.
Voldemort era maledettamente più forte di lui e, oltretutto, aveva quella dannata bacchetta a renderlo ancora più invincibile.

“Signore, mio signore”.

Voldemort si voltò verso la schiera di Mangiamorte alle sue spalle che fino a quel momento era rimasta in silenzio a guardare la scena, quando sentì una vocetta incerta e quasi dolce, per quanto dolce si possa definire la voce di Bellatrix Lestrange, chiamarlo. Era l’unica che aveva il coraggio di interromperlo, ma era anche l’unica a guardarlo con occhi adoranti, come i bambini che guardano ammirati i loro eroi preferiti dei fumetti. Ma forse per lei lo era, un eroe.

“Non sarebbe ora… che ponga fine alla vita del ragazzo?” continuò lei, abbassando il capo di fronte alla maestosità del suo padrone, ma non gli occhi. “Lo ha tenuto in vita fin troppo e mi domando persino come lui sia riuscito a resistere così a lungo”.

Voldemort inclinò il capo e la osservò con i suoi occhi color vinaccia, mostrando un sorriso a trentadue denti piuttosto inquietante.

“Hai ragione, Bellatrix”. Le rispose lui senza guardarla, con la sua voce strascicata e serpentesca, sillabando bene ogni parola. “Devo riconoscere la tenacia di Potter. Gli darò il colpo di grazia, ma…”. Fece una piccola pausa, come se volesse preparare il suo pubblico alla bomba che avrebbe sparato in quel momento, una specie di notizia dell’ultima ora. “Non qui. Voglio che tutti lo vedano, voglio che vadano come il loro eroe, l’eroe del Mondo Magico, si sia ridotto, voglio che vedano come l’ho ridotto io, il mago più potente di tutti i tempi. E voglio che assistano alla sua misera fine. Torniamo ad Hogwarts. E sarai tu”. puntò la bacchetta contro Hagrid che stava singhiozzando senza sosta. “A portarlo in braccio. Ti farà piacere, visto che è il tuo amichetto del cuore”.

(Lei li aspettava, stava aspettando il ritorno                                                                              della sua mamma, del suo papà e di suo fratello.)

Lily se ne stava tra le braccia di James che la cullava e le accarezzava i capelli, dopo averla lasciata sfogare, prenderlo a pugni e piangere sulla sua camicia tutte le lacrime che aveva potuto.

Anche lui se ne stava seduto lì, in quell’angolo, con uno sguardo apatico fisso davanti a sé in una macchia di sangue nel pavimento che sicuramente non vedeva. Aveva voluto andare a cercarlo, a recuperarlo, a dirgli che era una testa di cazzo e ad impedirgli di fare l’eroe.
Era suo figlio, cazzo! Aveva solo sedici anni, non poteva andare incontro alla morte così. Lo avrebbe dovuto fare lui, lui era il padre, lui aveva vent’anni di più.
Harry, invece, aveva tutta una vita davanti.

Una lacrima solitaria gli scivolò dall’angolo dell’occhio, facendosi strada sulla sua guancia e lasciando una scia di pulito in mezzo alla polvere e al sangue incrostato che gli decoravano il viso.

Se non fosse stato per Remus e Kingsley, ora sarebbe stato alla ricerca del figlio e molto probabilmente lo avrebbe anche trovato e portato al sicuro, lontano dalle braccia di Voldemort, della morte.
E invece… e invece quei due gliel’hanno impedito. Perché a loro sembrava inutile andare a girovagare in giro, rischiando la vita, per trovare qualcuno che poteva già essere… morto. Si sarebbe fatto uccidere per nulla se per Harry fosse stato ormai troppo tardi.

Avrebbe voluto spaccarli la faccia, dopo che l’avevano detto.
Loro non avevano figli che rischiavano la vita.
Ma lui sentiva che Harry era ancora vivo, doveva esserlo. Anche perché, se così non fosse stato, Voldemort sarebbe già venuto per annunciare la notizia, no?
Era la sua unica speranza.

L’immagine della piccola Sally, a casa con sua madre, gli lampeggiò di fronte agli occhi come un faro in lontananza. Lei li aspettava, stava aspettando il ritorno della sua mamma, del suo papà e di suo fratello.
Non potevano deluderla.

All’improvviso, si sentì una specie di rumore sordo e molto forte, come una specie di esplosione, proveniente dall’esterno e una voce allegramente isterica che diceva a tutti di uscire. Una voce di donna molto conosciuta.

(Caddero come due valorosi combattenti,                                                                               nella polvere e nel proprio sangue.)

Ora tutti sapevano di che cosa fosse capace la malvagità di Lord Voldemort, perché, trovandosi davanti quella scena, il Signore Oscuro in prima fila che mostrava un sorrisetto trionfante e malvagio, tutti i suoi più fedeli Mangiamorte dietro di lui che mostravano la stessa sua aria contenta, Hagrid tenuto legato da delle corde che sembrava lo avrebbero stritolato e Harry inginocchiato ai piedi dell’Oscuro, completamente sanguinante e più morto che vivo, c’era poco da immaginarsi e da negare.
E a quella vista ci fu chi lanciò un urlo di dolore, chi si accasciò a terra per piangere e chi rimase semplicemente con gli occhi sbarrati a fissare la scena, completamente scioccato e sconvolto.

Lord Voldemort avrebbe trionfato. Possibile?

“Il vostro eroe presto sarà sconfitto!” gridò il malvagio, facendo vagare lo sguardo su tutti i presenti. “Assisterete alla sua disfatta. In fondo, è stato facile sconfiggerlo e sentire le sue urla di dolore, la sua voce che mi implorava di smetterla è stato così… appagante”.

Harry gemette, crollando in avanti sulle braccia. Aveva urlato, certo, ma non lo aveva di sicuro implorato.

Voldemort lo afferrò per i capelli e lo guardò dritto negli occhi, come se volesse ucciderlo soltanto con quello sguardo. Il ragazzo, però, raccolse un po’ di saliva e gliela sputò in faccia mischiata a un po’ di sangue. Il Lord spalancò gli occhi e lo guardò schifato, prima di mollarlo e buttarlo con la faccia nel terreno.

“Schifoso figlio di puttana!” si sentì qualcuno esclamare, per poi vedere un James Potter furente uscire dalla folla di gente con la bacchetta spianata per avventarsi su Voldemort.
Quest’ultimo, però, senza lasciarsi cogliere alla sprovvista, creò una barriera invisibile che bloccò l’uomo lì dov’era,   facendolo ringhiare dalla frustrazione e dalla rabbia.

“Non così in fretta”. Sussurrò, per poi avvicinarsi a James e osservarlo attentamente. “Voi Potter siete veramente difficili da battere. Vi ammiro. E ammiro la tenacia e il coraggio di tuo figlio”.

“Non me ne faccio niente della tua ammirazione”. Sputò James con tutto il disgusto che possedeva. Se avesse potuto, gli sarebbe saltato al collo per ucciderlo a mani nude.

Voldemort, allora, scoppiò nella sua risata sguaiata e volteggiò di fronte ai presenti facendo ondeggiare il suo lungo mantello nero.

“Adesso vi propongo un patto”. Tornò di nuovo a rivolgersi al pubblico di fronte a lui, parlando con voce chiara e ben udibile. “Una volta che avrò ucciso il ragazzo, io, Lord Voldemort, diventerò il Signore del Mondo Magico e tutti voi mi dovrete obbedire. Potrete unirvi a me e avere una vita gloriosa in questo mondo che sarà ripulito da ogni feccia mezzosangue, oppure, potete opporvi e morirete tutti, insieme alle vostre famiglie e alle persone che… più amate”.

A quel punto, sbucò anche Neville Paciock che si affiancò a James guardando Voldemort con odio e disprezzo.

“Mi unirò a te soltanto quando l’inferno gelerà”.

“Oh, ma chi abbiamo qui?” biascicò il Lord, squadrando Neville. “Il giovane Neville Paciock. Anche i tuoi genitori devono essere tanto orgogliosi di te. Sai, il povero Frank e la povera Alice…”.

Neville ormai non badava più alle parole dell’uomo davanti a lui, parole che gli sembravano tanto di scherno, quanto più al serpente, Nagini, che strisciava ai piedi del mago oscuro.

Senza più pensare a niente, strinse l’impugnatura della spada di Grifondoro che teneva dietro la schiena e, con un balzo, sferrò un colpo deciso al serpente, mozzandole completamente la testa.

A quel punto, successero due cose contemporaneamente, che lasciarono gli altri completamente attoniti: dal serpente uscì una specie di fuliggine nera, come il fumo che si emana quando qualcosa viene bruciato e si sentì una specie di urlo stridulo provenire da non si sapeva dove che, però, venne coperto dalla voce arrabbiata e disperata di Voldemort, piegato in due a reggersi lo stomaco, come in preda a un dolore allucinante.

Nessuno si mosse, nemmeno i Mangiamorte.

“Neville!”

Tutti si voltarono verso Harry che, chissà con quali forze era riuscito ad alzarsi in piedi e a protendersi verso l’amico.

“La spada!”

A Neville non ci volle molto per capire e immediatamente lanciò la spada all’amico che riuscì ad afferrarla al volo, rischiando di cadere di nuovo a terra.
Ma non fece quello che alcuni si erano aspettati che facesse.

“Hai cantato vittoria troppo presto, Tom!” gli urlò, voltando la lama dell’arma verso di sé e infilzandola nel proprio stomaco, dal quale sgorgò del sangue come un fiume in piena.

E anche a lui successe come a Nagini: del fumo nero gli uscì dal corpo già profondamente ferito.

Harry, non cedere, non cedere ancora.

“Nooooo!” urlò Voldemort che si piegò ancora di più su se stesso, voltandosi verso il ragazzo per saltargli addosso.

Ma Harry era già riuscito ad afferrare la spada e, non appena il Lord Oscuro gli fu davanti, gliela conficcò nel petto con un colpo deciso.

“Brucia all’inferno”.

Nel silenzio che li circondava, nell’alba che ormai stava sorgendo, entrambi i maghi caddero a terra, nello stesso momento.
Caddero come due valorosi combattenti, nella polvere e nel proprio sangue.

ANGOLO AUTRICE

Be’ dai, non è stato molto difficile scrivere questo capitolo… pensavo che avrei avuto più difficoltà e invece… voi che dite? Siete soddisfatti? L’unica cosa difficile è stato far parlare Voldemort. Scrivere un suo discorso è un po’ come scrivere quello di Silente o del Papa.
Sì, ho cambiato la parte della battaglia. Ho deciso che Harry e Voldemort dovevano combattere perché… be’, mi piaceva di più ^^ fa un po’ più scena, non credete? E Harry che compie un suicidio-omicidio… non chiedetemi come mi sia venuto in mente, ma credo sia molto meglio piuttosto che fargli lanciare un Expelliarmus contro Voldemort -.-‘’ quell’interpretazione della Rowling non mi piace proprio. Insomma, con tutti gli incantesimi che ci sono lei decide di fargli usare il disarmo. Può avere un significato simbolico, certo, ma a me comunque non piace ^^.
Si sa che preferisco le cose in grande stile : D

Bene, ho finito di rompervi… mi piacerebbe che mi lasciaste qualche recensione in più, in fondo non ci mettete molto a scrivermi due paroline, anche per dirmi che cosa non vi è piaciuto. Non mi arrabbio io.
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Ah sì, ultima cosa… per due settimane sarò via quindi non potrò aggiornare… lo farò non appena torno, però… proverò ad aggiornare anche Little Marauders questo finesettimana ma non prometto niente.

Baci baci  a tutti ^^

Milly.

STEFANMN: sei ancora convinto che Harry si salverà? ^^ sì, io so essere molto sadica…  xD che cosa ne pensi di questo capitoletto? Pieno di avvenimenti, non credi? Un saluto dalla tua Milly.

PUFFOLA_LILY: sono contenta che ti piacciono le cose che modifico, sai, non tutti apprezzano i cambiamenti, specialmente per un’opera così bella come quella di zia Row. Comunque, è andata come ti aspettavi? Spero di risentirti presto, un bacione, M.

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Capitolo 65
*** Capitolo sessantatre ***


(Finalmente un sonno senza sogni, dopo tanto tempo).

Harry mugugnò e si agitò nel sonno e dopo poco aprì lentamente gli occhi, venendo immediatamente accecato dai raggi di sole che entravano attraverso le finestre coperte dalle tende.
Riuscì, però, a riconoscere che quelle pareti bianche e quei letti piccoli e stretti, ma piuttosto comodi erano dell’infermeria di Hogwarts. Anche lui era sdraiato su uno di questi e si sentiva tremendamente comodo, sicuro e protetto. Ci sarebbe rimasto volentieri per il resto dei suoi giorni, pur di non tornare alla cruda realtà della vita.

Però… come ci era finito in quel letto?

Ed ecco che, improvviso come un fulmine che si abbatte su un albero mandandolo a terra, i ricordi di quei ultimi… giorni? Mesi? O forse erano passate solo ore? Be’, insomma, i ricordi di tutto quello che era successo gli tornarono alla mente mandando in frantumi pure la sicurezza di quel morbido e caldo letto.

La battaglia di Hogwarts, Voldemort, l’ultimo Horcrux…

Voltò il capo di lato e si trovò davanti un faccino piuttosto preoccupato e stanco, contornato da morbidi capelli rossi. Lo vedeva un po’ sfocato per colpa dell’assenza degli occhiali, ma era sicuro che si trattava di Ginny.

“Harry!” sussurrò lei, un luccichio di sollievo e contentezza accesosi immediatamente nei suoi occhi.

“Ginny”. Fece lui con voce roca e bassa. Si sentiva la gola terribilmente secca e se parlava aveva la sensazione di respirare male. Oltretutto, non riusciva a tenere gli occhi aperti. “Co… come stanno… gli altri?”

La ragazza prese ad accarezzargli i capelli, mentre con l’altra mano gli strinse la sua, forse per dargli un po’ di conforto.

“Stanno tutti bene. Non ti preoccupare. Torna a dormire, hai perso molto sangue”.

Harry non sapeva quanto la ragazza fosse sincera, sperava solo che gli avesse detto la verità e che tutti stessero bene, ma non aveva la forza per indagare di più.
Così, si rilassò di nuovo e tornò a farsi cullare dalle braccia di Morfeo.

Finalmente un sonno senza sogni, dopo tanto tempo.

(“Dov’è il mio orsetto?”)

“Madame Chips ha detto che starà bene. Calmati, Lily”.

“Sì, però perché non si sveglia?”

“Ha perso un sacco di sangue e aveva anche numerose ferite. Sarà anche sotto shock”.

Harry fu risvegliato nuovamente dalle due voci che parlavano in modo piuttosto concitato e le riconobbe come quelle di sua madre e suo padre. Sembravano piuttosto nervosi e agitati.
Sentiva qualcuno seduto vicino a lui, una mano lo stava accarezzando spostandogli i capelli dalla fronte.

Per un po’ fece finta di dormire, rimanendo ad ascoltare ciò che i suoi genitori stavano dicendo.

“Ti ricordi che quando era piccolo e stava male, gli davo un piccolo orsetto di peluches? Lui lo abbracciava e si sentiva subito meglio”.

Gli venne un improvviso moto di tenerezza sentendo queste parole pronunciate da sua madre. Doveva essere lei quella che gli faceva le coccole.

“Dov’è il mio orsetto?” chiese, aprendo gli occhi e sorridendo a sua madre che lo guardava stupita ma piena di sollievo.

“Harry!”

“Tesoro!”

Anche suo padre, che se n’era rimasto accanto alla finestra, gli si avvicinò sedendosi sul letto al suo fianco.

“Come ti senti?”

Harry cercò di mettersi seduto, ma sentì una leggera fitta allo stomaco e un po’ di prurito. Guardò in quella direzione e vide che alcuni giri di benda che gli fasciavano lo stomaco fin quasi al torace.
E poi si ricordò… la spada, la pugnalata. Cavolo! Era riuscito a sopravvivere a tutto questo.

“Sto bene”.

James gli sistemò i cuscini dietro la testa e gli diede un bicchiere d’acqua.

“Ma quanto ho dormito?”

“Quasi una settimana”. Gli rispose suo padre. “Eri messo piuttosto male, avremmo dovuto portarti al San Mungo ma era pericoloso, così sono venuti alcuni medici qui e ti hanno curato. Gli altri feriti, invece, sono andati in ospedale”.

 “E come stanno? Ron, Hermione? Sam, Sirius?”

“Loro stanno bene. Tutti i Weasley stanno bene e Sam e Sirius sono a casa con i bambini”.

“E Voldemort? I Mangiamorte?”

“Voldemort è morto. Gli Auror hanno buttato il suo corpo in una fossa comune. Anche alcuni Mangiamorte sono stati uccisi, altri sono stati catturati, però un paio ne sono scappati. Comunque, non ti preoccupare, si sono già mobilitati per cercarli anche alcuni membri dell’Ordine”.

“Però ora ci devi dire perché diavolo hai ucciso Voldemort a quel modo? Perché ti sei pugnalato da solo?” li interruppe Lily che era parecchio preoccupata e voleva sapere.

Così, prendendo un po’ di fiato, Harry raccontò tutto: dell’ultimo Horcrux che era lui, del fatto che doveva uccidere l’ultimo pezzo di anima di Voldemort dentro di sé così da poter uccidere anche il Signore Oscuro e rompere il legame che li univa e raccontò soprattutto di Piton, del suo doppio gioco e riportò le parole che il professore aveva voluto far sapere a Lily, alla donna che aveva amato per tutta la vita.

(Era finalmente finita.)

Era una bellissima notte di fine giugno, piena di stelle che splendevano in cielo come diamanti, il quarto di luna che sembrava illuminare in modo particolare quella sera, creando un’atmosfera romantica ma anche un po’ malinconica.

Era una notte di festa, di ricordi, ma anche di lacrime, preghiere e commemorazioni. Era una notte in cui si ricordavano tutte quelle persone che avevano sacrificato la propria vita per un mondo migliore, una notte in cui si festeggiavano quelli che, invece, erano rimasti vivi, ma, soprattutto, una notte in cui si celebrava finalmente la tanto sospirata libertà.

Non c’erano più paure, angosce o preoccupazioni.

Hogwarts, ricostruita e tornata splendente come sempre, si era vestita a festa. Un concerto era stato allestito in Sala Grande dove chi voleva poteva ballare oppure semplicemente servirsi al banchetto.
C’erano già parecchie persone dentro, chi parlava, chi piangeva sulla spalla degli amici, chi ricordava tutto ciò che avevano passato, chi semplicemente sospirava o chi si voleva divertire per dimenticare tutto, almeno per un po’.

La guerra era finita, ma non sarebbe di certo stata dimenticata. Le persone che erano morte non sarebbero state scordate, ma anzi, il loro ricordo sarebbe stato ancora più vivido nelle menti di tutti, quella tragedia sarebbe stata raccontata nei libri di storia e alle generazioni future.

Per alcuni sarebbe stato difficile andare avanti con le proprie vite, altri invece avrebbero solo accantonato quest’episodio in un piccolo angolino della propria mente.
Ma la giostra non si era ancora fermata, i sopravvissuti dovevano leccarsi le ferite e continuare.

The show must go on, no?

“E’ proprio bello questo vestito. Ma dove l’hai preso?”  chiese Sirius a Sam, osservando il suo lungo vestito a scaglie.

Sam si strinse nelle spalle, intanto che alcuni flash di ricordi le attraversavano la mente.

“C’è qualcosa che posso fare per te?”

“Non saprei… riportami indietro la mia amica. Oppure comprami quel vestito”.

“Non me lo posso permettere”.

“Già. E non puoi neanche riportare indietro la mia amica”.

 

“Un vestito principesco per una piccola principessa”.

Ricordi tristi, così decise immediatamente di scacciarli via.

“Ehi, Harry!” esclamò Sirius, vedendo il figlioccio arrivare stretto a Ginny che lo sorreggeva visto che ancora faticava a tenersi in piedi.

“Come va?”

“Chiedilo alla mia mano”. Si lamentò il ragazzo. “Ho firmato talmente tanti autografi e stretto talmente tante mani che ora mi fa male il polso”.

“Esagerato!”

“Ora sei una celebrità”. Aggiunse Remus.

“Come se prima non lo fosse”. Rispose Ron al posto dell’amico. “Io ho fame, comunque. Qualcuno mi accompagna al banchetto?”

“Ron! Ma pensi sempre a mangiare?” lo sgridò Hermione mollandogli un pugno sulla spalla e facendo borbottare il rosso.

I presenti attorno a loro risero.

La guerra aveva causato molte vittime, aveva cambiato molte cose. Ma certe abitudini non sarebbero morte mai ed era proprio a queste che ci si doveva aggrappare per andare avanti.

“Mi accompagni fuori, Sirius? Ho bisogno di una boccata d’aria”. Chiese Sam, portando un braccio dietro la schiena di Sirius.

I due uscirono dalla Sala Grande affollata, liberandosi un po’ da tutta quella confusione e da quella musica con cui si faticava a parlare.

Si fermarono sotto ad un portico, Sirius appoggiato ad un muretto con le mani sui fianchi di sua moglie che gli stava davanti e lo guardava negli occhi.

“Sei bellissimo”. Gli sussurrò con un dolce sorriso.

“Anche tu”.

“Finalmente è finita”.

“Già. È finita”.

Sirius avvicinò il viso a quello di Sam e, con un semplice scambio di sguardi, si scambiarono un lento e passionale bacio, pieno di sentimenti. Amore, felicità, gioia, sollievo.

Era finalmente finita.

Ragazzi, questo era l’ultimo capitolo prima del grande epilogo.

Wow, cavolo! Be’, posso risparmiarmi le lacrime e i saluti al prossimo. Rimandiamo per un po’ la parte dolorosa…

Comunque, cosa ne pensate di questo capitolo? Sembra che tutto sia andato per il meglio: i nostri eroi finalmente hanno trionfato, Voldemort e i Mangiamorte non romperanno più e nessuno dei nostri pg preferiti è morto ^^

E tutto grazie a meee, yeeeeaaah!! Ah, dovevo scriverlo io l’ultimo capitolo di HP u.u

Harry: modesta -.-‘’

Milly: pff, stai zitto tu >.<

Bene, non vi rompo più. Mi raccomando, lasciatemi tanti tanti tanti tanti commenti. Anche quelli che finora non hanno detto niente, voglio sapere cosa ne pensate. Bastano anche due righe.

Prima di andare via, però, voglio fare un po’ di pubblicità… allora, io e la mia amica abbiamo aperto una pagina che parla di Queer as Folk, il telefilm di cui ci siamo appassionate in modo maniacale ^^ se non l’avete visto, ma adorate lo yaoi come me, vi consiglio di guardarlo (su yutube trovate tutte le puntate) La versione americana, però, non quella inglese (che fa cagare) Questo è il link per la pagina: http://www.facebook.com/ZiaLula
Inoltre, vi invito di nuovo a mettere mi piace alla pagina di Milly’s Space: http://www.facebook.com/MillysSpace

Bacioni, M.

STEFANMN: ehi!! Ahaha, le sette sfere del drago ^^ bella questa… ma visto che non servono, le userò per me. Muahahahaha!!! *va a chiamare Goku* caro, ormai hai capito che se nelle mie storie non c’è un po’ di sadismo, perfidia e suspence nei momenti migliori io non sono contenta… è questo che rende belle le mie storie ^^ non credi?

PUFFOLA_LILY: grazie per l’ennesima volta dei complimenti *arrossisce* wow, io un genio? Oooh *arrossisce e abbassa la testa*. Sai, quando scrivo non voglio che le cose siano troppo banali e prevedibili, quindi, cerco di fare del mio meglio. Spero di risentirti, un bacione. M.

FEDE15498: Harry è vivo, non ti preoccupare. E io posso continuare a vivere serenamente. Anche se maltratto un po’ i miei pg, dopo si beccano sempre un po’ di coccole *pensa a John e Charlie nell’ultimo capitolo* ^^ fatti risentire, mi raccomando. Baci, M.

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Capitolo 66
*** Epilogo ***


CINQUE ANNI DOPO

La Signora Weasley aveva ormai servito il dessert a tavola e tutti avevano favorito, chi mangiandosi una fettina piccola piccola e chi facendosi fuori addirittura tre porzioni di torta al cioccolato.
I bambini sono stati quelli che l’hanno gradita di più, in particolare il piccolo Teddy che sembrava aver ereditato l’amore per i cioccolato di Remus.

E ora, con i bicchieri di vino davanti e i residui e le briciole di cibo che erano rimaste sulla tovaglia, erano ancora tutti seduti comodamente alla tavola imbandita in giardino, a chiacchierare allegramente, ancora ben lontani dall’alzarsi per tornare ciascuno alle proprie dimore.
I signori Weasley avevano avuto una bella idea, quella di riunire tutti per un pranzo in famiglia nell’ampio giardino della Tana. Era da un po’ che non si trovavano tutti quanti insieme. Così, quel giorno, erano arrivato i Potter al completo con Sirius che ormai faceva parte della famiglia fin da quando era giovane e, naturalmente, anche i Weasley, ai quali, però, mancava la presenza di Charlie e Percy che, come al solito, erano impegnati col lavoro. Però, avevano ricevuto due nuovi acquisti, Fleur, la moglie francese di Bill e la loro figlia, la piccola Victoire.

Harry e Ginny, però, subito dopo il dolce, si erano alzati e mancavano già da un po’, ma sembrava che ancora nessuno lo avesse notato o comunque, nessuno si chiedeva che fine avessero fatto.

I due fidanzati se ne stavano in cucina, Harry appoggiato al bordo del tavolo da lavoro con le mani poggiate ai fianchi di Ginny che, invece, gli stava davanti.

“Pensi che sia il momento giusto per dirglielo?” chiese lei, con sguardo leggermente ansioso.

“Certo! Siamo tutti riuniti, quando ci ricapita un’occasione migliore?”

“D’accordo”. Sospirò lei, alla fine, ricevendo subito dopo un dolce bacio dal suo ragazzo, durante il quale si perse a guardare i suoi occhi, leggermente dorati per l’imminente arrivo della luna piena. Harry non si era mai trasformato dopo il morso, per fortuna, ma durante le notti di plenilunio i suoi occhi diventavano completamente dorati e aveva forti mal di testa e un po’ di nausea, con qualche linea di febbre, alle volte.
Ginny, però, gli stava sempre accanto.

I due ragazzi, una volta che si furono staccati, uscirono di nuovo in giardino per tornare ad unirsi all’allegra compagnia.

“Ehi! Finalmente siete tornati. Credevamo che foste finiti chissà dove a scopare”. Esclamò Sirius, facendo ridacchiare i presenti.

“Sirius! Modera il linguaggio!” lo ammonì Sam, lanciandogli un’occhiata malevola e facendolo smettere immediatamente di ridere.

“Noi… dobbiamo dirvi una cosa”. Li interruppe allora Harry che non aveva seguito affatto i loro discorsi.

Immediatamente, l’attenzione di tutti, che avevano capito che si trattava di una cosa importante, si concentrò su di loro.

“Ecco… io e Harry abbiamo deciso di…”. Cominciò Ginny, interrompendosi perché non sapeva come andare avanti. Lei era quella che temeva di più la reazione degli altri.

“… sposarci”. Concluse allora il ragazzo per lei, voltandosi a guardarla con occhi innamorati.

D’improvviso, cadde il silenzio, tutti rimasero paralizzati dalla sorpresa, chi con la bocca aperta, chi a fissarli come se avessero appena detto di volersi trasferire su Giove e chi addirittura con la forchetta a mezz’aria.
Anche Harry e Ginny erano un po’ sbigottiti, temevano di aver fatto male a dirlo.

Alla fine però, scoppiarono gli applausi, i fischi e le urla di giubilo e, finalmente, i due fidanzati si poterono rilassare, contenti che la loro famiglia approvasse.
Quando si risedettero in mezzo a loro, tutti fecero le congratulazioni ai novelli sposi, James diede a Ginny il benvenuto in famiglia, i fratelli della ragazza tirarono pacche sulla schiena ad Harry, Fleur aveva già iniziato a pensare al vestito da mettersi per il matrimonio e la Signora Weasley si chiedeva se non fosse troppo presto, in fondo, avevano poco più di vent’anni.
Però, Harry presto sarebbe diventato un Auror e aveva una casa tutta sua in cui Ginny ormai abitava quasi regolarmente, lei si era già affermata nelle Holyhead Harpies e, cosa più importante di tutte, si amavano. Il loro amore si poteva definire quasi leggendario.

Gli unici a non esserne rimasti molto sorpresi erano stati Ron ed Hermione, visto che Harry l’aveva già detto a loro già un mese fa, ancora prima di fare la richiesta a Ginny.

“Papà, papà!”

Sirius si voltò non appena si sentì chiamare da una piccola vocetta vivace, vedendo il figlio corrergli incontro con qualcosa tra le mani.
Il piccolo aveva solo cinque anni, ma era già una vera peste, ne combinava sempre di tutti i colori, rompeva le cose e tirava le trecce alla sorella. Insomma, tutto suo padre, come ripeteva spesso Sam, ma di aspetto era un misto tra loro due, capelli scuri e leggermente lunghi come quelli del padre e occhi grandi e nocciola come quelli della madre.
Alexis, invece, era l’opposto: capelli castani e difficili da tenere in ordine, anche se legati e occhi grigio-azzurri che la facevano sembrare una vera bambola. Ma di carattere era più tranquilla rispetto al fratello e ascoltava di più, il che era un vero miracolo, visto che nessuno dei suoi genitori era stato molto obbediente da bambino. James, dopotutto, era anche venuto su bene.

“Tieni, papà”. Disse il bambino, porgendo al padre una ghirlanda di fiori. “L’ho fatta io”.  

“Grazie, tesoro”. gli rispose Sirius, prendendo in mano il regalo e spettinandogli i capelli in un gesto di tenerezza.

Il bambino fece per andarsene, ma Sam lo fermò un attimo perché aveva la bocca ancora sporca di cioccolata.

“Ora puoi andare a giocare con gli altri”. Gli disse dolcemente, dopo avergli pulito la bocca con la salvietta e il bambino corse immediatamente via, a giocare insieme ad Alex, Sally, Teddy e Vicky.

“Wow, Sirius! Il tuo bambino sa fare le ghirlande coi fiori”. Disse Remus per prenderlo in giro, mentre James accanto a lui se la rideva della grossa.

Sirius inarcò le sopracciglia non capendo l’allusione.

“Tra dieci anni ti dovrai preparare quando scoprirai che Jamie è dell’altra sponda”.  Gli spiegò, allora, l’amico.

“Solo perché fa le ghirlande di fiori non significa necessariamente che sarà gaio”. Rispose Black in tono acido, non gradendo affatto queste supposizioni.

“Sì, invece, questo è un piccolo segnale”.

I due amici, però, si divertivano a prenderlo in giro, facendo ridere anche gli altri.

“Questo significa che, anziché andare a vederlo alle partite di Quidditch, dovrò guardarlo a ballare a Broadway?” fece Black, portandosi una mano al cuore in un gesto fintamente melodrammatico.

Sam gli tirò un pugno sulla spalla, divertita.
Che discorsi da idioti che stavano facendo quei tre. A lei, francamente, non importava che orientamento sessuale avrebbe avuto suo figlio, le bastava che fosse felice.

“Invece, James, credo che tua figlia sarà un vero maschiaccio”. Disse ancora Sirius per vendicarsi delle battute di poco prima, lanciando un’occhiata a Sally che giocava con le macchinine insieme a Teddy, mentre Alex e Vicky pettinavano le bambole. Purtroppo per lui, però, James stava ancora raccogliendo fiori.

“Almeno io potrò insegnarle a giocare a Quidditch”.

Sirius, allora, afferrò un pezzo di pane che era ancora rimasto sul tavolo e lo lanciò addosso all’amico che per poco non cadde dalla sedia.

Il pranzo proseguì fino a sera, tra le risate e le battute. Ormai non c’era più spazio per cattive notizie, i brutti episodi di cinque anni fa erano stati dimenticati o non venivano più menzionati.
Le famiglie Potter, Weasley e Black erano lì, riunite al completo e felici come mai lo erano stati.

La pace sarebbe durata ancora per molto, molto tempo.

 

THE END

 

MILLY’S SPACE

Ed eccoci qui, arrivati alla conclusione. Questo era l’epilogo di una storia durata… quanto? quasi quattro anni… sì, il prologo l’ho pubblicato il 13 dicembre del 2009, poco dopo aver visto il film che mi ha ispirata per questa fanfic, S.Darko.  
Devo ammettere che questa storia è stata un vero parto, ci sono stati momenti in cui l’ho veramente odiata, in cui non mi piaceva affatto o non mi convinceva, momenti in cui mi son chiesta “Ma perché diamine la sto scrivendo?”.
Però, poi, ho sempre cercato di mandarla avanti, perché a me non piace lasciare le cose in sospeso, incomplete e poi, era la mia prima fic di Harry Potter e, in un certo senso, ne ero anche orgogliosa, i primi capitoli mi son piaciuti un sacco, sebbene forse, sono stati quelli che mi hanno dato meno credenziali.
Ma, soprattutto, l’ho mandata avanti grazie a voi, sì, proprio a voi, miei cari lettori. Tutte le visite che ricevevo, tutte le recensioni che leggevo sempre con un sorriso sulle labbra mi hanno stimolata ad andare avanti, a non rinunciare a questa storia.

E quindi, prima che me ne dimentichi, ho un bel po’ di ringraziamenti da fare. Perché sono di dovere.

Ringrazio, innanzitutto, tutti quelli che hanno inserito questa fanfiction tra le ricordate: 1 - Allice_rosalie_blak 2 - BOBBIN 3 - Cherie97 4 - Ellie__ 5 - fede15498 6 - giorgioct 7 - Keira Lestrange 8 - lalu0395 9 - Lui_LucyHP 10 - Marty_chick_99 11 - ScudoDiTiglio 12 - yako_chan13 - _Eterea_ 

Ringrazio chi l’ha inserita tra le seguite: 1 - aquizziana 2 - Athena Potter 3 - benny_ 4 - BrianneSixx 5 cfmartineco 6 - cg92 7 - Emily_8 - Erika Potter 9 - fay90 10 - fede15498 11 - Fred_Deeks_Ben 12 - HaileyB 13 - hinkjbs14 - lalu0395 15 - lucciola93 16 - lysdance1 17 - MadHatterJoe 18 - malandrina90 19 - Marius20 - Martina31 21 - melibz 22 - MicroCuts 23 - mik_hewer 24 - Pinns 25 - Puffola_Lily 26 - Queen of Slytherin 27 - ranocchia 28 - Rosa_Linda 29 - sackiko_chan 30 - shary83 31 - stefania881 32 - stefanmn 33 - valepassion95 
34 - 
Vodia  (ben 34 persone… wow, mi commuovo).

Ringrazio chi l’ha inserita tra le preferite: 1 - ALESSIA1992 2 - AngelBlack17 3 - Ayla924 - cg92 5 - fede15498 6 - Julia_Redfern 7 - lalu0395 8 - milly e roxy 9 - Rawr97 10 - roxy_black 11 - Sandyblack94 12 - Smaels 13 - stedanfanyel 14 - stefanmn 15 - thera 

E, soprattutto, ringrazio le 135 persone che l’hanno recensita, facendomi sapere che la storia viene apprezzata e che vale la pena di spendere qualche minuto per leggerla e commentarla, in particolare, ringrazio Puffola_Lily, Fede15498 e Stefanmn che, per un bel po’, hanno commentato questa storia fino all’ultimo capitolo.
Vi ringrazio molto, ragazzi, può sembrare poco, ma una recensione per uno scrittore è veramente importante, può significare molto.

Devo dire che da un lato sono contenta di avere concluso questa storia, andava avanti da troppo tempo (ad essere sincera io avevo in mente anche un finale diverso che avrebbe comportato molti più capitoli, ma riflettendoci bene, ho deciso di accorciarla ^^) e avevo veramente il bisogno e la voglia di concentrarmi su qualcos’altro e far leggere qualche altra mia opera. Dall’altro lato, però, sono anche un po’ dispiaciuta perché, be’, questa storia è stata molto importante per me, insomma, ci son voluti quattro anni perché la completassi, direi che è un po’ come se fossimo cresciute insieme, il mio stile credo sia notevolmente cambiato.

E adesso… adesso ormai ho scritto il fatidico The End. Questo, però, non credo sia un addio, forse più un arrivederci. Eh sì, perché non è detto che non sentiate più parlare di S.Potter. Scrivendo l’epilogo, mi sono venute in mente alcune idee per un sequel. Voi che dite? Datemi dei buoni motivi per scriverlo e io potrei anche farlo ^^ sarebbe carino vedere questi pargoletti, che so, alle prese con Hogwarts, lo studio, il Quidditch, gli amori… ^^
Spero, però, che questo capitolo via sia piaciuto (ormai se io non metto un po’ di yaoi non sono contenta ^^ chiedo scusa se magari a qualcuno possa aver dato fastidio).

Inoltre, alcuni di voi mi hanno suggerito di scriverci pure un Prequel. Ad essere sincera, però, io non ho idee e, sinceramente, sarei più propensa per un sequel. Se però, qualcuno di voi avesse in mente qualcosa di carino, la mia offerta è ancora aperta: posso aprire una specie di Raccolta ispirata a questa storia e voi potete scriverci quello che volete, ovviamente io potrei darvi qualche dritta. Niente di troppo impegnativo, sia chiaro ^^. Ecco, quindi, se volete buttare giù qualcosa, contattatemi via messaggio privato, oppure scrivetemi sulla mia pagina Facebook (http://www.facebook.com/MillysSpace), sono pronta ad accogliere le vostre idee.

Bene, penso sia tutto, ormai.

Spero che continuerete a seguirmi ovunque, non solo in Harry Potter. Ho in mente di pubblicare numerose altre storie, basta solo cercarmi ^^.
Millyray non sparisce senza lasciare tracce.

E adesso… direi che la canzoncina della luna e dell’orso nella casa blu ci sta, che ne dite?

Addio, addio, amici addio, addioooo, noi ci dobbiamo lasciare, ma ehi, io dico  che è ok, io non vedo l’ora di tornare, voglio ritornareeeee *canticchia*.

Ciao, ragazzi e grazie ancora…

Non scordatevi di me *Saluta e asciuga lacrime col fazzoletto a bordo del Titanic * ^^.  Portatemi nei vostri cuoriiiiii!!!

<3

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