S.Potter di millyray (/viewuser.php?uid=69746)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo uno ***
Capitolo 4: *** Capitolo due ***
Capitolo 5: *** Capitolo tre ***
Capitolo 6: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 7: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 8: *** Capitolo sei ***
Capitolo 9: *** Capitolo sette ***
Capitolo 10: *** Capitolo otto ***
Capitolo 11: *** Capitolo nove ***
Capitolo 12: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 13: *** Capitolo undici ***
Capitolo 14: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 15: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 16: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 17: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 18: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 21: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 22: *** Capitolo venti ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventitre ***
Capitolo 26: *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo 27: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisei ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventisette ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 31: *** Capitolo ventinove ***
Capitolo 32: *** Capitolo trenta ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentuno ***
Capitolo 34: *** Capitolo trentadue ***
Capitolo 35: *** Capitolo trentatre ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentaquattro ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentacinque ***
Capitolo 38: *** Capitolo trentasei ***
Capitolo 39: *** Capitolo trentassette ***
Capitolo 40: *** Capitolo trentotto ***
Capitolo 41: *** Capitolo trentanove ***
Capitolo 42: *** Capitolo quaranta ***
Capitolo 43: *** Capitolo quarantuno ***
Capitolo 44: *** Capitolo quarantadue ***
Capitolo 45: *** Capitolo quarantatrè ***
Capitolo 46: *** Capitolo quarantaquattro ***
Capitolo 47: *** Capitolo quarantacinque ***
Capitolo 48: *** Capitolo quarantasei ***
Capitolo 49: *** Capitolo quarantassette ***
Capitolo 50: *** Capitolo quarantotto ***
Capitolo 51: *** Capitolo quarantanove ***
Capitolo 52: *** Capitolo cinquanta ***
Capitolo 53: *** Capitolo cinquantuno ***
Capitolo 54: *** Capitolo cinquantadue ***
Capitolo 55: *** Capitolo cinquantatre ***
Capitolo 56: *** Capitolo cinquantaquattro ***
Capitolo 57: *** Capitolo cinquantacinque ***
Capitolo 58: *** Capitolo cinquantasei ***
Capitolo 59: *** Capitolo cinquantasette ***
Capitolo 60: *** Capitolo cinquantotto ***
Capitolo 61: *** Capitolo cinquantanove ***
Capitolo 62: *** Capitolo sessanta ***
Capitolo 63: *** Capitolo sessantuno ***
Capitolo 64: *** Capitolo sessantadue ***
Capitolo 65: *** Capitolo sessantatre ***
Capitolo 66: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Introduzione 1
Ciao a tutti!!!!!
Millyray è venuta anche qua a tormentarvi muahahahahah!!!!!
Sicuramente qualcuno di voi è rimasto davanti al PC con la
bocca aperta stile Urlo di Munch dallo spavento oppure qualcuno di voi è già
corso all’armadio per prepararsi le valige e scappare via da qui il più presto
possibile oppure state già affilando le asce….
Ma non vi preoccupate non vi farò del male non sono qui per
torturare nessuno, voglio solo pubblicare una nuova fanfiction.
Questa è la prima volta che scrivo una fanfiction di Harry
Potter, prima d’ora avevo scritto solo ff su Twilight (The Power of the Love e Stessi
Occhi Stesso Sangue che è ancora in fase di completamento) e spero che
questa mia creazione vi piaccia anche perché ci ho messo l’anima a scriverla…
Per ora pubblico solo il Prologo e il primo capitolo e se vi
piace o non vi piace potete recensire, anzi DOVETE recensire!!!!
Vi pregooooooo… farete felice una persona, sono sempre
contenta quando qualcuno commenta le mie storie, sia per dirmi cose belle e
brutte o anche quando mi date i consigli che sono sempre ben accetti…
Questa fic è una fic che piace molto anche a me (ma questo
non vuol dire che eve per forza piacere anche a voi) e sono sicura che fic del
genere non ne avete mai letti.
An sì, un’altra cosa che stavo per dimenticarmi è che è
ispirata al film S.Darko che sono andata a vedere al cinema con mio fratello,
la mia amica roxy-black (ha scritto anche lei una ff dal titolo Miss Malfoy, se
vi interessa) e sua sorella. Se qualcuno di voi ha visto questo film noterà che
ci sono alcune somiglianze e alcune scene derivate dal film…
Magari i primi capitoli vi annoieranno un po’ perché forse
non capirete molto ma vi assicuro che se andrete avanti vi piacerà (almeno lo
spero).
Ci saranno alcuni personaggi nuovi (di cui una è la
protagonista) creati da me e solo da me e gli altri ovviamente appartenenti
alla Rowling, anzi alla mitica Rowling…
Ora penso di avervi detto tutto e mi dispiace se vi ho
annoiati con questa lunga introduzione ma mi piace sempre parlare un po’ della
mia storia all’inizio.
Ho messo rating giallo perché ci sono alcune scene un po’
forti (ovviamente non in tutti i capitoli) ma niente di che.
Tutto qui… adesso se vi interessa andare avanti basta che
girate pagina e io, Millyary, vi do il
benvenuto nella fanfiction S.Potter.
Kiss a tutti e un grazie in anticipo a chi leggere o
recensirà.
Ciao
Millyray
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Prologo ***
Introduzione 1
(Noi siamo così
perfette. Immacolate.)
“Sai, se decidessi di buttarmi giù da questo ponte, come ho
fatto con questo mozzicone di sigaretta, beh, non so dirti di preciso che cosa
succederebbe. Mi schianterei al suolo, mi ridurrei in tanti pezzettini e polvere,
diventerei un tutt’uno con il suolo e con i sassi. E di me non rimarrebbe
niente, solo polvere e ossa, non ci sarebbe nemmeno il ricordo di me, perché
ormai non c’è più nessuno che mi possa ricordare. Ormai sono rimasta sola, sola
in questo mondo dimenticato da Dio, in questo mondo che ormai è andato a
puttane e qualsiasi cosa io faccia, non potrebbe cambiare niente, niente più
cambierà. Niente. Io sono niente, nessuno mi conosce, nessuno mi pensa, nessuna
piangerà per me. Perché allora io sono qui? Perché il destino non si è preso
anche me? È crudele, il mondo è crudele. Quasi invidio mio fratello, che se ne
è andato e non deve vedere la sofferenza che c’è qui. In questo mondo di
merda”.
“Sbagli. La vita è piena di sorprese, di cose belle, basta
guardarsi intorno, non è sempre tutto perduto…”
“No, sei tu che sbagli. Cosa faresti se tutto ciò per cui ha
un senso vivere, per cui tu daresti anche la vita, se ne va, lasciandoti da
solo, a combattere contro il dolore, la sofferenza, la solitudine. No, è inutile,
è inutile continuare a combattere quando si sa che hai perso, è solo una
sofferenza inutile, continuare a vivere”.
“Ma c’è sempre qualcosa che si può fare. Basta continuare a
sperare…”
“Ho già sperato anche troppo, ormai è morta anche quella.
Tutto, qui è morto. L’unica cosa che adesso mi rimane da fare è saltare giù da
questo ponte e farla finita, è inutile che io continui a esistere, sarebbe solo
uno spreco, una perdita di tempo. La vita mi ha già tolto molto è ora che mi
tolga di mezzo anche io. Nessuno mi impedisce di buttarmi giù”.
“Ma non puoi farlo sul serio, non puoi farla finita così.
Sei giovane, hai ancora tempo per…”
“Per cosa? Rimediare? E a che cosa?”
“La vita è preziosa. Non puoi sprecarla così…”
“Forse sono troppo codarda per farlo. Non sono coraggiosa
come mio fratello. Lui si è sacrificato per qualcun altro, ha fatto la sua
scelta, è morto per salvare qualcun altro. Volevo esserci io al posto suo”.
“E allora non pensi che dovresti vivere per lui? Lui non lo
vorrebbe…”
“Che ne sai che cosa vorrebbe? Nessuno ormai sa che cosa
vorrebbe dato che è morto!”
“Ma tu lo ricordi ancora. Finché lo ricorderai non sarà
morto… non è tutto inutile…”
“La mia vita è già
inutile”.
“E’ troppo facile farla finita”.
“No, se sei troppo codardo per farlo. E io lo sono”.
PICCOLO ANGOLINO PER ME
Eccovi qua il prologo spero vi piaccia e che andrete avanti
a leggere… io posterò già il primo capitolo e spero lo leggerete e lo
recensirete in tanti… baci…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo uno ***
Introduzione 1
Nove anni prima.
Una ragazza dai lunghi capelli castani e disordinati e gli
occhi nocciola se ne stava seduta ad un tavolo del bar e continuava a fissare
il suo bicchiere di cocktail, ormai vuoto. Forse ne avrebbe ordinato un altro.
Se si ubriacava era meglio, almeno si toglieva quello strazio che c’era nella
sua testa e non pensava più a niente perché sarebbe stata talmente sbronza da
non riuscire più nemmeno a parlare e non avrebbe dovuto sopportare tutti quei
orribili ricordi nella sua testa e il mondo di merda nel quale viveva sarebbe
diventato soltanto qualcosa di incorporeo su cui si stava solo per dovere.
La gente intorno a lei parlava, rideva e scherzava ignara di
tutto, di tutto quello che li circondava. Quella gente si fermava solo alle
apparenze, cosa ne sapevano loro della sofferenza che c’era in giro, di com’era
in realtà il mondo, di quello che la gente in realtà provava
Un’altra ragazza, seduta quattro tavoli più avanti, guardava
la mora con una nota di curiosità nello sguardo. Sembrava così triste, assorta
nei suoi pensieri, qualcosa la faceva stare male terribilmente.
All’improvviso la mora vide una ragazza dai capelli biondi e
ricci con gli occhi verdi sedersi di fronte a lei, al suo tavolo e sorriderle
come per dire: Io ti capisco. Ma nessuno la capiva, nessuno la poteva capire.
(Non sono una che
programma la propria vita basandosi su criteri prestabiliti.
Anzi, se fosse per
me non la programmerei neanche, ma
farei ciò che ho
voglia di fare seguendo il mio cuore)
“Ciao!” la salutò questa. Non ottenne risposta.
“Io sono Alexis McCanzie. E tu?” chiese la bionda alla
ragazza mora che era ritornata a fissare il suo bicchiere vuoto.
“Sam”. Rispose la mora continuando a fissare il suo
bicchiere, con fare annoiato.
“Sam… e?” chiese Alexis; non le bastava solo un nome, tra
l’altro forse anche un diminutivo.
“Sam e basta”. Rispose la mora guardando ancora in basso,
mentre l’altra la guardava dalla testa ai piedi volendo capire che cosa la
turbava, perché sembrava così giù di morale. Non sembrava ubriaca, anche perché
non vedeva latri bicchieri vuoti.
Sam, intanto cominciava a chiedersi cosa volesse quella
ragazza da lei, perché era venuta al suo tavolo; se voleva soldi o un posto
dove dormire sbagliava persona, perché lei aveva tutto tranne quello, anzi
ormai non aveva più niente. Ma non sembrava una poveraccia di strada perché a
prima vista aveva un bell’aspetto, non trascurato o sciupato.
“D’accordo, Sam. Allora, tu puoi chiamarmi Alex”. Le disse
la bionda e non ottenendo risposta, continuò un po’ titubante. “Sei qui solo di
passaggio?”
Adesso la ragazza mora con gli occhi nocciola alzò la testa
di scatto e assunse un’espressione che parve frustrata e scocciata.
“Che te ne importa?” le chiese quasi urlando. Cosa voleva da
lei quella sconosciuta, perché le chiedeva se era solo di passaggio, cosa le
importava a lei? Che si facesse i cazzi suoi.
“Scusa se te lo chiedo, ma è la prima volta che ti vedo da
queste parti e devo dire che qui conosco quasi tutti, quindi… se tu sei nuova…”
cercò di scusarsi Alex un po’ spaventata da quella reazione brusca. Adesso che
però al guardava meglio e che aveva alzato lo sguardo le parve molto bella:
poteva avere si e no vent’anni, aveva un bellissimo viso ondulato, abbronzato,
chiazzato da qualche lentiggine, un naso a patatina, le labbra sinuose e rosee
e dei grandi occhi da cerbiatto nocciola con delle bellissime ciglia lunghe. Il
volto, poi era incorniciato da una grande chioma di lunghi capelli marroni
scuro che le scendevano fino al sedere quasi, scalati e spettinati che le
davano un’aria da selvaggia. Sembrava uscita da uno di quei film in cui c’è
sempre una bella ragazza che va via di casa per sfuggire a qualcosa di
terribile, qualcosa che non poteva sopportare e si ritrova a vagabondare in
giro per il mondo per dimenticare.
In sé era molto bella e graziosa ma aveva qualcosa nello
sguardo, negli occhi che si vedeva che soffriva, che qualcosa nella sua vita
non andava bene; forse era appena stata mollata dal suo ragazzo o aveva
litigato con qualcuno, pensò Alex.
Poi osservò il suo abbigliamento: aveva un paio di jeans
molto corti che lasciavano intravedere delle gambe lunghe e abbronzate con i
piedi calzati in un paio di scarpe da ginnastica consumate e sporche. Al collo
aveva un cordoncino nero su cui probabilmente era legato un ciondolo nascosto
dal top che le metteva in risalto il seno prosperoso e le lasciava la pancia
dritta scoperta. Le sue mani stavano giocherellano con un fazzolettino
accartocciato sul tavolo. Aveva entrambe le braccia abbronzate, quasi fosse
stata in spiaggia a prendere il sole, ma non c’era da stupirsi, visto che
quella era una città molto soleggiata e non pioveva quasi mai. Notò anche che
aveva anche un grande tatuaggio sul braccio destro che recava la scritta:
“Grifo, we are the best” e un piercing sul sopraciglio sinistro.
Anche Sam stava fissando la ragazza bionda seduta davanti a
lei: aveva un’aria simpatica con quei ricci biondi che le incorniciavano un
grazioso viso a forma di cuore, un po’ pallido, ma dolce. Gli occhi verdi che
suscitavano sicurezza e tranquillità, ma allo stesso tempo sembravano
spaventati. I capelli le arrivavano alle spalle e aveva un ciuffo di finti
capelli rosa in mezzo e un piercing al naso. Non sembrava molto alta, anzi
forse non era neanche maggiorenne. Indossava una minigonna bianca e una
magliettina rosa molto aderente con scritto: “Sex, drag and Alcool”. Con quel
abbigliamento forse voleva darsi un’aria da grande ma era ancora solo una
bambina.
“Comunque sì, sono di passaggio”. Proruppe all’improvviso
Sam per togliersi da quel silenzio imbarazzante che si era creato al loro
tavolo. Se non avesse visto le sue labbra muoversi, Alex avrebbe giurato che
fosse stato qualcun altro a parlare e non quella ragazza così silenziosa e
sofferente.
“E hai intenzione di andare via presto?” le chiese Alex
ancora un po’ incerta; non voleva provocare un altro scoppio d’ira come quello
di prima.
“No!” fu la risposta secca della mora.
“E allora dove hai intenzione di andare?” le chiese ancora
la bionda.
“Non lo so. Ovunque mi porti il destino, penso”. Rispose Sam
un po’ spazientita da quelle domande. Non le piaceva tanto che gli altri si
facessero gli affari suoi, ma non voleva nemmeno sembrare antipatica a quella
ragazza. Lei di solito era gentile con tutti, ma solo se gli altri erano
gentili con lei. E la biondina non le aveva fatto niente, ancora. Però tutte
quelle domande le sembravano comunque strane.
“Bello. Mi piace, sai. Seguire il destino. Non sono una che
programma la propria vita basandosi su criteri già prestabiliti, anzi se fosse
per me non la programmerei neanche, ma farei ciò che ho voglia di fare,
seguendo solo il mio cuore”.
Già, magari fosse così facile, pensò Sam guardando la
ragazza seduta di fronte a lei con un cipiglio curioso. Certo che quella Alex
era proprio curiosa, cosa ne sapeva lei della vita, avrà a malapena diciotto
anni.
“Sembra che tu ne sappia parecchio”. Commentò Sam
appoggiando un gomito sul tavolo e sorreggendosi la testa con la mano come se
fosse molto pesante e non riuscisse a tenerla.
“Non so se so parecchio, ma so quello che mi basta sapere e
sinceramente il resto non m’interessa. Non si può sapere proprio tutto, anzi
forse noi non sappiamo niente ma crediamo di sapere molto. Il fatto è che non sappiamo niente
della vita”.
Parole sagge! Chi crede di sapere tutto della vita, allora
non sa un bel niente ed è proprio uno sciocco. La stessa Sam non ne sapeva poi
così molto, anche se le erano capitate le cose più brutte che potevano capitare
nella vita.
“Posso venire con te?” le chiese Alex, con sguardo neutro
quasi le avesse chiesto qual’era il suo colore preferito.
Sam inarcò le sopracciglia e questa volta la fissò negli
occhi. Alex se ne stava in silenzio attendendo una risposta.
“Quanti anni hai?” si decise poi a parlare Sam, ma questa
domanda Alex di certo non se la aspettava. Che cosa importava quanti anni
aveva?
“Diciannove”. Rispose comunque, ancora seria.
Sam per tutta risposta, girò la testa dall’altra parte
inchiodando lo sguardo su un calendario che si trovava sulla parete dove stava
il bancone del locale e dove un paio di persone erano sedute intente a leggere
o a parlare con la cameriera del bar e diede uno sguardo torvo alla ragazzina
bionda come per dire: “Ma a chi la vai a raccontare”.
Alex, notando quello sguardo e intuendo che non le aveva
creduto, rispose un po’ offesa: “Sembro giovane, ma in realtà non lo sono. Ho
diciannove anni. Ma questo ha importanza?”
Sam tornò a fissarla e questa volta accennò un debole
sorrisetto: “Non lo so. Comunque io ne ho venti”. Le disse annoiata. Certo che
quella aveva una faccia tosta a chiederle di venire con lei, manco la
conosceva.
“E dimmi un po’, perché vuoi andare via da qui?” le chiese
poi Sam guardandola con malizia e inclinando leggermente la testa.
Alex esitò un attimo ma poi si decise a rispondere: “Ci deve
per forza essere un motivo per cui s fa qualcosa?”
“C’è sempre un motivo per cui facciamo qualcosa”. Le rispose
la mora come se conoscesse lo scopo della vita e di tutte le cose che accadono.
“E a te importa?” le chiese Alex. Evidentemente non aveva
voglia di raccontarle gli affari suoi o forse non voleva, ma se era per questo
non lo voleva neanche Sam.
“Sì, se ti devo portare con me”. Le rispose con cipiglio
critico.
“Questo vuol dire che mi porti con me?” chiese la bionda
speranzosa e spalancando i chiari occhi verdi.
“Solo se paghi tu il conto”.
E dicendo questo Sam si alzò dal tavolo e si diresse svelta
verso l’uscita del locale lasciando la povera Alex al tavolo attonita e
curiosa. Sembrava essersi accorta solo cinque secondi dopo che la mora se n’era
andata.
(Tu da che cosa stai
scappando?
Dal futuro. E tu?
Dal passato)
Alex pagò il conto e uscì anche lei da locale portandosi
appresso una grossa borsa e
trovando Sam che se ne stava appoggiata ad una macchina
decappottabile di uno strano colore verde acqua un po’ scrostata e sporca di
fango.
La ragazza stava fumando una sigaretta con fare annoiato,
inspirando il fumo e buttandolo fuori con sbuffi e sospiri e stava scrutando le
nuvole soffici e candide del cielo che si muovevano dolcemente in quell’immenso
azzurro infinito che sembrava così bello, ma chi sa cosa nascondeva in realtà.
Abbassò lo sguardo e vide arrivare verso di lei la biondina
con passo deciso, ma appena le fu a un metro di distanza rallentò e la
raggiunse un po’ titubante. Si appoggiò anche lei alla macchina scrutando la
mora che fumava la sigarette completamente indifferente a quello che le stava
accadendo intorno. Addirittura Alex pensò che non si fosse neanche accorta
della sua presenza, finché questa non buttò via la sigarette e fece il giro
dell’auto dalla parte del guidatore.
“Forza Sali!” la incoraggiò Sam aprendo l’auto.
“Andiamo… con questa?” le chiese Alex un po’ timorosa.
Poteva anche sembrare dolce ma c’era qualcosa nel suo sguardo che metteva paura
e poi non voleva dire qualcosa che l’avrebbe turbata.
“Beh che credevi? Che saremmo andati con una ferrari?” le
rispose Sam mettendosi al volante. Anche Alex fece lo stesso, sedendosi dalla
parte del passeggero, senza dire niente.
Ledue ragazze partirono per le strade deserte di quella
piccola cittadina di San Francesco. Nessuna delle due aveva ancora spiccicato
parola da quando erano partite.
“Tu da che cosa stai scappando?” chiese Sam alla ragazza
seduta di fianco a lei, interrompendo quel silenzio.
“Perché mi fai questa domanda?” chiese a sua volta Alex
stupita da quella strana domanda.
“Beh, quando uno parte così, vuol dire che sta scappando da
qualcosa”. Le spiegò semplicemente la mora.
“E chi ti dice che io stia scappando da qualcosa?” la bionda
continuava a fare la misteriosa.
“E allora che cosa ti avrebbe spinto a chiedere a una
perfetta sconosciuta di partire con lei per un viaggio senza neanche una meta
precisa”.
Alex rimase un attimo in silenzio ammirandosi le mani che
stringeva in grembo.
“Dal futuro”. Rispose alla fine. Pensava di trovarsi la voce
spezzata, roca, bassa e invece fu decisa, forte e chiara. Si stupì anche che
Sam non le disse niente, nessun commento, niente di niente. Continuava ad avere
lo sguardo fisso sulla strada, le mani che stringevano il volante. Ed Alex
pensò che anche lei avesse qualcosa da nascondere, qualcosa che la faceva stare
male e che non voleva raccontare a nessuno, qualcosa di difficile da
dimenticare.
“E tu da che cosa stai scappando?” chiese la biondina a sua
volta.
“Dal passato!” rispose semplicemente Sam, senza esitare,
senza fare neanche una piega continuando a guardare avanti. Forse lì si sarebbe
conclusa la loro conversazione, forse non avrebbe scoperto niente di più
riguardo a questa Sam. Forse. Era tutto un “forse” come la vita del resto.
ANGOLINO AUTRICE
Allora vi è piaciuto?? Spero di sì e se vi ho messo qualche
dubbio non vi preoccupate tutto ha suo tempo… allora chi sono secondo voi
queste due ragazze?? Se avete già qualche ipotesi non esitate a scrivermi e
commentare… sono ben accetti consigli e critiche… ciao…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo due ***
Capitolo due
(E cosa ti ha fatto
di così male il futuro?
Esiste.)
Arrivarono in un piccolo albergo che si trovava ai margini
della strada e che serviva ad offrire un alloggio per gli autisti che si
fermavano a riposare un notte.
Non era niente di che, aveva almeno una decina di stanze e
puzzava di muffa.
Le ragazze pensarono di fermarsi lì per una notte, visto che
ormai stava calando il buio e domani sarebbero ripartite.
Presero le loro borse ed entrarono nell’alberghetto nel cui
ingresso si presentava soltanto un piccolo bancone di legno improvvisato con un
campanellino d’ottone sopra.
Le ragazze si guardarono intorno, ma non videro nessuno e
non sapevano che fare.
Allora Alex suonò il campanellino d’ottone posato sopra il
bancone e come un fulmine a ciel sereno, sbucò da sotto il tavolo un ragazzino
di forse diciassette anni con delle grandi orecchie a sventola e i due denti
davanti sporgenti. Aveva dei strani capelli a spazzola rossi e sorrideva
amichevole alle due ragazze che lo guardavano cercando di trattenere le risate;
se gli mettevano un naso rosso poteva benissimo fare il pagliaccio.
“Buonasera bellezze! Desiderate qualcosa?” chiese lui
gentilmente.
“Sì, una stanza, grazie!” rispose Sam che riusciva a stento
trattenere le risate.
“Per quanto tempo?” chiese ancora lui senza accorgersi di
niente.
“Una notte!” rispose ancora Sam perché se Alex apriva bocca
gli avrebbe riso in faccia.
“Bene. Tenete le chiavi!” disse lui, porgendo alla mora un
mazzo di chiavi con scritto il numero 12 sul portachiavi e le due ragazze
salirono le scale che cigolavano sotto i loro piedi.
Cominciarono a cercare la stanza numero 12 e appena la
trovarono aprirono la porta con le chiavi ed entrarono dentro. La stanza si
presentava molto piccola e buia, puzzava di muffa e aveva soltanto un piccolo
armadio impolverato e due piccoli letti striminziti e stretti con delle coperte
più ruvide del pavimento.
Le ragazze mollarono le borse per terra e cominciarono a
guardarsi intorno; beh, una notte ci potevano anche stare.
Sam corse subito alla finestra ad aprire un po’ per far
entrare un po’ d’aria e allontanare quell’orribile puzzo di muffa, mentre Alex
accese la lampada che stava sul comodino a fianco di uno dei letti.
Poi si sedettero, ciascuna su un letto e si guardarono non
sapendo che dire. Poi Alex chiese: “Ti va un panino?” ed estrasse dalla sua
borsa un sacchetto di plasticai n cui c’erano dei tramezzini tagliati a
triangolo. Uno lo prese lei, mentre l’altro lo offrì alla mora che cominciò a
mangiare lentamente quasi fosse costretta a farlo.
“Allora, tu sei una vagabonda?” chiese la bionda dopo un
paio di minuti di silenzio.
“Preferisco definirmi cittadina del mondo”. Rispose la mora.
“Oh, giusto. E da quanto è che viaggi?”
“Due anni più o meno”.
“E quanto tempo stai in un posto?”
“Dipende dal posto o dalla gente che c’è. A volte per
qualche settimana, a volte per qualche mese. Ma mai per più di un anno”.
“E come fai a… mantenerti?” Alex esitò un attimo prima di
fare una domanda.
“Ho parecchi soldi, ma se decido di stare in un posto per
qualche mese, allora mi trovo un lavoretto”.
Alex non fece altre domande e Sam non aggiunse altro, così
rimasero in silenzio. La bionda pensò che ci doveva essere qualche scheletro
nell’armadio dietro a quel faccino dolce e innocente. E l’avrebbe scoperto,
prima o poi, sì l’avrebbe scoperto. Non tanto perché fosse curiosa di sapere i
fatti altrui ma perché sapeva che lei e quella ragazza avevano qualcosa in
comune. Scappavano tutte e due da qualcosa, qualcosa che le faceva star male,
ma forse il motivo di Sam era più grave e duro del suo, visto dalla sua
espressione e da quegli occhi perennemente malinconici.
“Da cosa scappi?” chiese Sam ad Alex.
“Te l’ho detto dal futuro”.
Sam mandò giù anche l’ultimo pezzo del tramezzino e poi
continuò.
“E cosa ti ha fatto di così male il futuro?”
“Esiste!”
A quella risposta la mora fece un sorriso, che parve più un
ghigno o una smorfia.
“Che risposta!” fu il suo commento. “Vorresti che il futuro
non esistesse?”
“Beh, potrebbe almeno non essere così complicato”.
Ci furono un altro paio di minuti di silenzio, interrotti
solo dal vento che strusciava tra gli alberi e il gracchiare di qualche gufo.
Poi Sam disse: “E’ tutto complicato, anche le cose più
semplici.”
“A volte la soluzione migliore è scappare”. Concluse Alex
anche lei mandando giù l’ultimo boccone del suo tramezzino.
“E i tuoi genitori?” le chiese Sam guardando fuori dalla
finestra e notando che stava spuntando la luna piena.
La bionda emise un forte sospiro e poi rispose: “Sono loro
appunto il problema. Mio padre vuole farmi fare qualcosa che io non voglio e
mia madre fa tutto quello che lui dice o le chiede. È come se lui fosse il suo
padrone, le da gli ordini e quel che è peggio lei gli obbedisce senza opporre
resistenza anche se non è d’accordo”.
Sam si girò dall’altra parte ma sempre vicino alla finestra.
“E cosa vorrebbe farti fare tuo padre?” chiese.
“Ho appena finito il liceo e lui vorrebbe che lavorassi
nella sua azienda del cazzo, ma io gli ho detto che non voglio, che mi fa
schifo. E lei allora mi ha costretta, ha detto che se non facevo come lui mi
diceva allora mi cacciava via di casa. E io gli ho detto che se le cose stavano
così, allora sarei stata io ad andarmene. E infatti, eccomi qui!”
Alex si era confidata con quella ragazza che conosceva da
solo un paio d’ore e non sapeva neanche il motivo preciso per cui l’aveva
fatto. Forse perché confidandosi lei l’avrebbe fatto anche Sam o forse perché
aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Adesso però aveva paura di venire
giudicata male, perché all’improvviso, così come lo aveva raccontato, il motivo
della sua fuga le sembrava stupido e banale e pensava che Sam le avrebbe dato
della sciocca.
E invece lei se ne stava lì alla finestra a fissare un punto
impreciso del pavimento, impassibile, senza dire una parola, tanto che Alex si
chiese se avesse sentito qualcosa di quello che le aveva detto.
“E tu cosa vorresti fare?” chiese ad un tratto la mora
fissando ancora quel punto impreciso del pavimento come incantata.
Ad Alex ci vollero un paio di secondi per afferrare la domanda
e rendersi conto che stava parlando con lei.
“Non lo so. Mi piace viaggiare. E ballare. Sì, mi piacerebbe
fare la ballerina”. Rispose lei e un’altra volta si sentì stupida e sciocca.
E un’altra volta Sam non le disse niente e la cosa
cominciava a darle sui nervi.
“E pensi che la cosa migliore sia scappare?”
Ecco, si aspettava un commento del genere, però nella sua
voce non c’era affatto critica o meraviglia. Piuttosto sembrava normale, come
se le avesse fatto una semplice domanda.
“Beh, qualche volta è più semplice scappare dalle
difficoltà”. Rispose Alex abbassando lo sguardo. Sapeva anche lei che scappare
era da vigliacchi.
“Ovvio!” commentò infine Sam finalmente tirando su lo
sguardo.
in questo caso erano
tutte e due vigliacche.
“E tu perché scappi?” chiese la ragazza dagli occhi verdi
guardando la mora che però non stava ricambiando lo sguardo, ma guardava tutta
da un’altra parte.
Sam sembrava non volesse rispondere; teneva lo sguardo basso
e la bocca chiusa. Alex sapeva che non sarebbe stato facile cavarle qualcosa di
bocca, ma se volevano intraprendere quel viaggio insieme dovevano pur
confidarsi qualcosa. Lei lo aveva fatto, ma forse perché lei era più forte da
sopportare tutto quello che la vita di terribile le riservava o forse perché le
cose che tormentavano Sam erano molto più terribili.
“E cosi sei scappata di casa”. Sbottò all’improvviso
ignorando la domanda che le aveva fatto Alex.
“Sì, non sopportavo più di stare in quella topaia!” rispose
la ragazza guardando un po’ storto Sam che non accennava a spostarsi dalla
finestra.
“Ma perché non rispondi alla mia domanda?” le chiese infine
Alex un po’ scocciata da quella poca fiducia. “Dovresti sfogarti. Qualsiasi
cosa ti turba dovresti parlarne con qualcuno…”
Sam finalmente si spostò dalla finestra e fissò lo sguardo
dritto negli occhi della bionda.
“E tu credi che io venga a raccontare i cazzi miei proprio a
te, che neanche ti conosco?” sbottò all’improvviso aggressiva.
“Beh, potremmo conoscerci!” esclamò Alex cautamente.
“Chi ha detto che io voglio conoscerti e che voglio venire a
parlare con te di quello che mi turba!”
“Beh io lo fatto!”
Sam fece un paio di secondi di silenzio, come in cerca delle
parole giuste e poi disse, stavolta più calma.
“Non ho intenzione di portarti con me per tutto il viaggio!
E non ti racconterò niente della mia cazzo di vita. E adesso, non parliamone
più”.
E dicendo questo di sdraiò sul letto facendo finta di voler
dormire. Alex rimase con un palmo al naso e decise di non insistere di più,
almeno per quella notte. Però si sarebbe fatta confidare, magari avrebbe dovuto
insistere un po’, ma alla fine Sam avrebbe ceduto. Perché se c’era una cosa che
Alexis McCanzie non faceva mai, era rinunciare.
E questa volta non avrebbe rinunciato.
ANGOLO
SCRITTRICE TRISTE
Ciao…
Ecco
qui finito anche il cap. due però non sono mica felice… e sapete perché??
Perché nessuno ha recensito!!!!!! Neanche l’ombra di una recensione!!!!!!
(ovviamente a parte quella della mia amica Roxy che recensisce solo perché e
mia amica e perché la costringo io). Non capisco perché nessuno metta una
recensione… capisco che magari la mia ff non è la migliore del mondo, ma non fa
nemmeno così schifo. (almeno spero).
Potete
scrivere qualsiasi cosa anche solo “ciao continua” oppure “fai schifo”, basta
che non legga sempre zero recensioni che mi fa veramente star male…
Non
è che vi cascano le braccia se scrivete…
E
mi dispiace se i primi capitoli magari sono un po’ noiosetti o sembra che non
centri niente con HP ma vi assicuro che non sono malata mentale e che so che cosa
sto scrivendo… basta solo che voi mettiate
tante recensioni e così io posso andare avanti più velocemente…
Insomma
cosa posso fare per convincervi?? Supplicarvi??
(Millyray
si mette in ginocchi e congiunge le mani) vi prego, vi prego, vi prego!!!!!!!
Vabbè
adesso non vi rompo più, me ne vado così non mi avete più fra i piedi comunque
volevo solo ringraziare chi ha messo qst ff tra i preferiti e tra le seguite e
anche chi ha solo letto e volevo anche rispondere alla recensione di Roxy…
Kiss
e ciao… vostra Millyray (depressa).
roxy_black:
ah, amica mia cosa farei senza di te?? Mi sarei
buttata sotto un treno… le tue parole mi hanno veramente confortata… e spero
tanto ankio ke qualcuno recensisca in futuro le mie storie, soprattutto questo
che ci ho messo animo a scriverla… sn contenta ke ti piaccia il personaggio di
sam perkè sarà lei più che altro la protagonista, ma poi si scoprirà ke in
realtà il suo carattere nn è così, anzi, questa è solo una corrazza ke si è
costruita per… vedrai, vedrai… spero comunque ke ti sia piaciuto anke questo,
in cui si scopre qualcosa di più su Alex… su sam… si vedrà più avanti… baci…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo tre ***
Capitolo tre
Due anni dopo…
Camminava…
Camminava sulla strada deserta, stava sorgendo l’alba e il
sole ormai riusciva a intravedersi dietro all’orizzonte. I suoi raggi non
illuminavano ancora tutta la strada e non riscaldavano ancora molto ma presto
l’avrebbero fatto perché se c’era una cosa che in quella città non mancava mai
erano i raggi di sole che a volte facevano così tanto caldo da costringerti a
rimanere in casa.
Ma in fondo la gente di quel posto non era una che andava
sempre di fretta o era occupata a guardare l’orologio per non arrivare tardi al
lavoro.
Sam camminava barcollando lungo la strada senza sapere di
preciso dove andava, né cosa faceva. Aveva addosso soltanto un vestitino
azzurro ed era a piedi scalzi. Il vento le scompigliava i lunghi capelli scuri
e teneva gli occhi leggermente socchiusi chini sulla strada. In mano reggeva
una bottiglia di whisky ormai completamente vuota.
Forse sarebbe stramazzata lì al suolo come un sacco di
patate, in mezzo alla strada e chi la trovava magari avrebbe pensato che fosse
morta.
Però riuscì a raggiungere l’auto e stramazzò dentro sul
sedile posteriore della cabriolet. Si chiese pure lei come era riuscita ad
arrivarci, pensava che sarebbe crollata molto prima.
“Nottataccia?” chiese Alex all’amica stramazzata nell’auto.
Per tutta risposta, Sam emise un grugnito e si addormentò a
pancia in su.
Sì, quella era stata proprio una di quelle notti in cui dire
nottataccia era dire poco. Quella era stata una di quelle notti in cui andava
nel primo negozio o nel primo locale che trovava aperto e beveva tutto ciò che
di alcolico c’era finché non si ubriacava talmente tanto da non riuscire
nemmeno a reggersi in piedi. Beveva per dimenticarsi tutto ciò che di terribile
c’era nella sua vita, per dimenticarsi i sogni che le risvegliavano certi
ricordi che avrebbe preferito non ricordare che avrebbe preferito cancellare. E
qual’era la soluzione migliore se non ubriacarsi fino allo sfinimento? E quando
lo faceva tutto intorno a lei diventava nebuloso e poco chiaro, il mondo
diventava una fitta nebbia in cui non si vedeva niente e la sua mente era
talmente annebbiata da non riuscire a formare una frase di senso compiuto, ma
solo sbuffi e grugniti.
Sentì solo la macchina partire e poi tutto il suo corpo fu
inghiottito da un senso di vuoto e nulla.
Ad un tratto, non sapeva quanto tempo era passato, ma le ci
volle pure qualche minuto per realizzare che si trovava in macchina, si svegliò
e ordinò alla sua amica di fermare l’auto e quando questa lo fece uscì di
fretta e si sporse ai margini della strada per vomitare tutto ciò che aveva
bevuto e forse mangiato, ma era da ieri sera che non mangiava.
Alex la stava aspettando in macchina ancora al volante e
quando finalmente Sam finì di vomitare anima e corpo tornò a sedersi in
macchina senza dire una parola e, sempre senza dire una parola, partirono di
nuovo. Una cosa negativa della sbronza era che dopo vomitavi tutto ciò che
c’era nel tuo corpo.
Sam appoggiò la testa al sedile e mise una mano sulla
portiera della macchina, poi chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente.
Per fortuna che c’era la sua amica Alex accanto a lei che
l’aiutava nel momento del bisogno e la ascoltava quando si voleva sfogare.
Già, amica. Anche lei si stupì di pensare ad Alex come alla
sua amica. Non perché avesse un anno meno di lei, ma perché fino a qualche
tempo fa era solo una sconosciuta, una ragazzina in cerca di guai e adesso era
diventata la sua migliore amica, senza di cui non avrebbe potuto fare niente.
È vero, erano passati solo due anni da quando si erano conosciute,
ma bastano per fare conoscenza e prendere confidenza.
Sam si era confidata con lei, le aveva raccontato tutto ciò
che la turbava e Alex aveva saputo ascoltarla. Era la prima volta che
raccontava tutto questo a una persona, tutto ciò che la vita le aveva tolto in
passato ed era la prima volta che lo raccontava così, ad alta voce, a qualcuno.
E ricordare le aveva fatto un po’ male, le erano venute le lacrime agli occhi,
ma cercava di ricacciarle indietro subito, perché non avrebbe mica pianto, non
si sarebbe messa a frignare come una bambina piccola. In tutta la sua vita avrà
pianto si e no tre o quattro volte e di sicuro non si sarebbe rimessa a
piangere di nuovo. Però allo stesso tempo le aveva fatto anche bene parlarne
con qualcuno, perché adesso c’era una persona che condivideva con lei tutto
quello e sapere che c’era qualcuno accanto a lei che la capiva e la confortava,
le metteva sicurezza e sollievo.
Anche Alex aveva fatto lo stesso, pure lei si era confidata
con Sam, ma i suoi problemi non erano minimamente grandi come quelli della
mora, ma lei la capiva lo stesso. Ognuno aveva i suoi problemi, chi più grandi
chi più piccoli e a volte la gente a bisogno di staccare, di scappare e di
trovare qualcuno con cui condividere le proprie pene.
Ed è così che loro due si erano incontrate, si erano
conosciute ed erano diventate amiche. Il destino aveva pensato di unire le loro
strade, magri per alleviare le loro sofferenze o per fare un regalo visto che
la loro vita finora non era mai stata una delle migliori.
(Ma la
vita era strana.
Faceva del male a
certe persone
senza un motivo
preciso.
Solo
per gusto)
Guidavano sulla strada deserta, ormai il sole era già alto
nel cielo e il vento scompigliava loro i capelli dolcemente, come se volesse
dare sollievo.
Adesso Sam guardava fuori, ai lati della strada in cui si
estendeva l’erba giallognola e secca e alcuni alberi con le foglie ingiallite
dal caldo. Sembrava tutto così triste, tutto morto come ogni cosa su questo
mondo, per lei era tutto morto anche lei era morta. O meglio, camminava,
mangiava, respirava e parlava come una qualsiasi persona viva, ma dentro si
sentiva morta. La sua vita era morta.
Che senso aveva tutto questo? Che senso aveva continuare a
vivere se dentro ti sentivi morto?
Alex mise nella radio della macchina un cd di Vasco Rossi. A
tutte due piaceva Vasco Rossi, in fondo facevano una vita come quella del
cantante italiano e sapevano che cosa significavano le sue canzoni: Voglio una
vita spericolata, voglio una vita come quella dei film, voglio una vita come
Steve McQueen. E sapevano il significato di: Senza Parole… e va bene così,
Senza Parole.
Ma ad un certo punto Sam decise di spegnere la radio, non
voleva più ascoltare Vasco, non voleva sentire quella Canzone.
Alex la guardò curiosa ma non disse niente: aveva capito con
quella ragazza era meglio non spingersi in certi punti. Pensò che la vita le
aveva fatto tanto male, tanto da odiare persino una canzone di Vasco Rossi. Non
se lo meritava. Ma la vita era strana. Faceva del male a certe persone senza un
motivo preciso. Solo per gusto.
Stavano ancora tutte e due in silenzio. Nessuna aveva il
coraggio di parlare, o forse non avevano niente da dirsi. Quel silenzio bastava
per far capire in che stato d’animo si trovavano.
Sam prese il pacchetto di sigarette e se ne accese una. Tirò
un paio di boccate e poi spostò la sigaretta verso la portiera perché il fumo
andasse dall’altra parte. Aveva bisogno di fumare perché le era salito il
nervoso, sentendo quella Canzone di Vasco. Aveva acceso in lei certi ricordi
che non voleva ricordare.
Alex la guardava tristemente. Aveva degli occhi così belli,
da cerbiatta, ma erano così sofferenti… un cerbiatto sofferente…
ANGOLO
SCRITTRICE FELICE X LE VACA DI NATALE…
Ciaoooooooo!!!!!!!!
Eccomiiiiiiiii!!!!!!!!!!
Millyray
è sempre qui!!!!!!!
Siete
contenti che abbia già postato un altro capitolo??
Io
però non sono contenta… sapete perché?? Perché mi da fastidio e mi rende un po’
gelosa che certe ff ricevono anche una decina di commenti mentre io ne ricevo
al massimo due… come è possibile?? C’è qualcosa che non va in me??
Lo
so che ormai vi avrò rotto con questa storia, ma non so più come convincervi…
che devo fare, buttarmi giù da un ponte?? Ci tengo veramente che lasciate dei
commenti anche per dirmi che non vi piace o per darmi consigli perché in questa
fanfic. mi sono impegnata veramente tanto (anche se potrebbe non sembrare), ma
ho cercato di renderla abbastanza interessante e integrante… e poi vorrei
sapere se siete curiosi di sapere chi sono Sam e Alex e vorrei sentire le
vostre ipotesi…
Vabbè,
ora non vi rompo più giuro, me ne vado se no finisce che scrivo un poema…
Ciao,
ciao…
roxy_black:
ciao… sn contenta ke tu nn recensisca perkè ti senti
obbligata, dato ke io sto sempre lì ad assillarti perkè leggi e lasci quale recensione…
sai nn mi piace ke la gente si senta obbligata a fare qualcosa x me, preferisco
ke lo faccia cn piacere… poi,secondo me tu giudiki un po’ troppo in fretta le
xsone… già ti sta antipatica Alex ke nn sai neanke ki è e nn la conosci
nemmeno, come è già successo nell’altra ff… dovresti prima conoscere un po’ le
cose per decidere poi se ti stanno antipatike o no… xò almeno sn contenta ke ti
piaccia Sam visto ke sarà la protagonista principale di tutta la storia…
tigrebianca1995: ke bello un’anima buona ke ha deciso di raccogliere le mie suppliche e
lasciare un commentino… sn davvero contenta ke ti piaccia e ke pensi ke sia
brava… ihihihi… (millyray si mette a saltare come una matta) grz mi hai reso
una persona felice… poi, anke secondo me ci sta bene questo contrasto fra le
due ragazze, Sam e Alex… anke se sono tanto diverse poi diventano amike… d’altronde
gli opposti si attraggono… anke se alla fine si scoprirà ke Sam non è così, ke
il suo carattere è molto diverso da questo solo ke… eeeeh… non te lo posso dire
altrimenti rivelo la parte clou della storia… ma se continuerai a seguirmi (e a
recensire) scoprirai tutto… un bacio…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo quattro ***
Capitolo quattro
(Alla vostra età mi
succedevano cose
che mi facevano
credere che Dio non esistesse)
Erano passati un paio di giorni da quando le due ragazze
erano arrivate in quella sperduta cittadina di non si sa che posto dimenticato
da Dio.
Stavano passeggiando tranquillamente lungo un prato con
l’erba alta e arbusti lunghi su cui ci potevi inciampare. Loro due saltellavano
come conigliette lì in mezzo con un lecca lecca alla ciliegia in bocca e gli
occhiali a forma di cuore calati sugli occhi.
All’improvviso si fermarono perché avevano incrociato un
uomo sulla trentina che stava tagliando l’erba col taglia erba. Si fermarono a
guardarlo: era abbastanza alto, muscoloso e un espressione da duro. Aveva un
paio di jeans vecchi e consunti e una camicia bianca un po’ macchiata con le
maniche arrotolate fino ai gomiti che lasciavano intravedere un paio di braccia
muscolose.
Quando l’uomo notò le due ragazze che lo guardavano fermò il
taglia erba e si girò a salutarle.
“Salve!” disse lui sorridendo e mostrando una fila di denti
dritti e bianchissimi.
“Salve!” salutarono le due ragazze ridacchiando e ciucciando
il lecca lecca.
Si fermarono un attimo tutti e tre a contemplarsi e poi
l’uomo chiese.
“Non vi ho mai viste qui. Siete nuove?”
“Siamo solo di passaggio”. Rispose Alex rimettendosi il
lecca lecca in bocca.
“Oh, e avete intenzione di fermarvi molto?” chiese ancora
l’uomo asciugandosi il sudore con la manica.
“Non lo so. Forse finché il mio alito non saprà
completamente di ciliegia”. Questa volta fu Sam a rispondere e ridacchiò come
una drogata seguita dall’amica che si dovette tenere al suo braccio per non
cadere.
“Bene. Se avete intenzione di fermarvi un paio di giorni
venite in città a visitare la piccola chiesa che hanno appena costruito”. Disse
l’uomo alle due ragazze che ridacchiavano come ubriache. Lui le guardava un po’
stranito e un po’ divertito.
“Ma lei è un prete?” chiese Alex un po’ stupita.
“Certo!” rispose lui come se nulla fosse.
Le due ragazze strabuzzarono gli occhi.
“Non si direbbe”. Commentò Sam. Non le erano mai piaciuti
molto i preti però quello non era niente male con i capelli spettinati al vento
e gli occhi azzurro cielo. Se lo sarebbe portato a letto volentieri, si trovò a
pensare.
“Tutti con questa storia di Dio e di Gesù, ma chi ha le
prove che lui esiste”. Commentò Alex maliziosa e guardando il prete che non
smetteva di sorridere alle due ragazze. Forse pensava che fossero un po’ matte.
“Sapete, alla vostra età mi succedevano cose che mi facevano
credere che Dio non esistesse”. Disse il prete e le due amiche si guardarono
curiose.
“Chissà di che cosa
sa l’alito di Gesù?” chiese Sam più a se stessa che agli altri.
Fecero un attimo di silenzio poi Alex rispose.
“Di menta piperita!”
E tutte due di nuovo a sghignazzare.
“Senti, piacere di averti conosciuto ma noi ora dobbiamo
andare!” disse Sam ad un tratto seria.
E poi proseguirono lungo la strada superando il prete che le
guardava andare via.
“Comunque io mi chiamo Eric!” urlò alle due mentre si
allontanavano.
Le ragazze si fermarono di nuovo e si girarono verso il
prete.
“Eric, eh? Io
sono Alex e lei è la mia amica Sam”. Rispose la bionda e di nuovo ripartirono
tenendosi a braccetto e leccando il chupa chups.
(Noi siamo così
perfette.
Immacolate)
Era pomeriggio quando Alex e Sam si trovavano in un bar a
bere un succo d’arancia.
Non sapevano che cosa fare, non sapevano dove andare. Forse
si sarebbero fermate in quella città per un po’ di tempo ma avrebbero dovuto
trovarsi un lavoro o qualcosa che li facesse guadagnare dei soldi.
“Che cosa facciamo?” chiese Sam ad Alex rigirando il suo
bicchiere tra le mani.
Alex esitò un attimo prima di rispondere.
“Non lo so. Qualsiasi cosa. Tanto noi siamo così perfette.”
“Immacolate.” Aggiunse Sam sorridendo all’amica.
Quella era la loro frase, la loro frase simbolo con cui si
sentivano forti e sicure.
“Potremmo andare nella chiesa di cui ci ha parlato quel
prete.” Propose Alex.
Sam fece arricciare la bocca come se ci stesse pensando. Poi
rispose.
“E per cosa? Per pregare?!”
Dopo un paio di
secondi di silenzio scoppiarono in una fragorosa risata come se avessero detto
la cosa più stupida del mondo.
Così come avevano cominciato smisero di ridere e
cominciarono a guardarsi intorno.
Lo sguardo di Sam cadde su dei ritagli di giornale che erano
affissi su una bacheca vicino al bancone del locale. Parlavano di alcuni
ragazzi che erano misteriosamente spariti e mai ritrovati ma non si sapeva chi
era il criminale. Ce n’erano almeno una decina.
La proprietaria del locale venne da loro per chiedere se
volevano qualcos’altro ma Alex rispose di no.
“Che cosa sono quelle?” chiese Sam alla signora che teneva
il bricco del caffè in mano, indicando i ritagli di giornale affissi sulla
bacheca.
“Oh, quelli. Sono di un paio di anni fa. Sono ritagli di un
giornale locale che parlano tutti dei bambini scomparsi nella nostra città, ma
non sono mai stati ritrovati. Molti dicono che sia stato uno pazzo uscito da un
manicomio. Ma ovviamente non hanno prove e lui adesso non si trova più da
nessuna parte”.
Cadde il silenzio al loro tavolo mentre Sam fissava ancora
quei ritagli di giornale come se fosse la prima volta che vedeva una roba del
genere.
“Ma è terribile!” commentò, infine.
“Oh, sì” grugnì la cameriera e si allontanò.
Sam rigirò la testa verso la sua amica e abbassò lo sguardo
al tavolo.
(Ma forse, a volte,
era meglio non sapere)
Non sapeva perché, ma in quel momento quella cosa le parve
terribile. Sì, si sente sempre parlare di incidenti terribili, di rapimenti, di
omicidi. Ma non le sembrava giusto che qualcuno se la dovesse prendere con dei
bambini innocenti. Aveva sempre sentito parlare di bambini che muoiono in
terribili incidenti o vengono assassinati, della fame nel mondo, di bambini
malnutriti o di quelli rimasti orfani. Ma in quel momento tutto quello le parve
terribile, spaventoso. Soprattutto le dispiaceva molto per i bambini orfani,
che non avrebbero mai rivisto i loro genitori o peggio, non li avrebbero mai
conosciuti.
“Ehi, ancora a pensare a cose tristi?” le chiese Alex
dolcemente e con un tono comprensivo.
Lei sapeva sempre come confortarla, sapeva che cosa le
passava per la testa, le bastava soltanto interpretare il suo sguardo o la sua
espressione e sapeva anche leggere i suoi sentimenti soltanto guardandola negli
occhi.
Ma sapeva anche come tirarla su di morale, come farla
divertire e più volte loro due si erano messe a ridere come matte per certe
battute che facevano o per certe cose divertenti che vedevano.
Quella ragazza era veramente un regalo del destino, era da
tanto che non riusciva a divertirsi abbastanza decentemente e dimenticare per
un po’ i brutti ricordi.
Dopo, però questi brutti ricordi tornavano, anche nei sogni
e allora ricominciavano le fumate e l’alcool.
Era come se avesse degli incredibili sbalzi d’umore, come
un’adolescente, benché non fosse più un adolescente, da molto tempo, ormai. Era
dovuta crescere molto in fretta.
“No, è tutto a posto!” rispose alla sua amica, sorridendole
ma si capiva che era falso.
Le ragazze lasciarono la mancia sul tavolo e si diressero
fuori, sotto un sole cocente e cominciarono a camminare. Dove? Non lo sapevano
neanche loro. In fondo erano solo delle cittadine del mondo e andavano dove i
loro piedi li portavano.
Spesso si chiedevano se tutto quello avesse un senso. Se
avesse un senso esistere, vivere. In fondo la vita era solo questo, no? Vivere,
piangere, ridere e dopo morire, no? Ma a volte c’era solo sofferenza e dolore,
quindi vivere non aveva un senso. Se il destino ha già previsto una vita
terribile per te, perché allora crearsi tanti problemi col vivere?
Erano tutte quelle domande a cui nessuno sapeva darsi una
risposta e forse non l’avrebbero mai neanche trovata.
Ma forse, a volte, era meglio non sapere.
AVVISO:
QUESTO POSTO E’ OCCUPATO DA MILLYRAY.
Ciao
a tutti!!!!! Ecco qua anche il quarto capitolo!!!!
Allora
che ve ne è parso?? Naturalmente se volete dirmi qualcosa, lasciare qualche
commentino o anche una critica e un consiglio potete benissimo farlo, basta che
lasciate una recensione…
Naturalmente,
come al solito, continuo a ricevere pochissime recensioni e questo non mi
piace, ma non continuerò a insistere tanto non otterrò nulla, sigh!
Vabbè,
non voglio assillarvi, quindi siete liberi di fare ciò che volete… se non
recensite non importa, se invece lo fate renderete felice una persona in più su
questa terra e naturalmente sarete consapevoli di aver fatto una buona azione e
vivrete col cuore in pace…
Comunque
come avete passato il Natale?? Spero bene… io mi sono divertita e vi auguro
anke un buon 2010 ke tutti i vostri sogni possano realizzarsi nell’anno nuovo!
Ora
vi lascio e vi mando un kiss…
Alla
prossima Millyray…
kitty
e milly: davvero hai seguito la mia ficcy?? Ke bello sn proprio contenta!!! Anke secondo
me il secondo è molto interessante e spero ke ti sia piaciuto anke questo! Comunque
ti auguro un buon 2010… baci.
tigrebianca1995: ciao…davvero hai pensato a qualcosa?? Ke
bello sn proprio curiosa di sapere cosa… ma non so se da questo cappy riuscirai
a tirar fuori un altro indizio… spero comunque ke ti sia piaciuto e ke
continuerai a seguirmi… baci.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo cinque ***
Capitolo cinque
(Ma per chi l’aveva
presa?
Per una puttana?)
Erano ormai passate un paio di settimane da quando Sam e
Alex erano arrivate in quella città e ormai si erano abituate ai ritmi di quel
posto. Avevano aiutato un paio di volte la proprietaria del locale a servire i
clienti quando si era ritrovata senza camerieri e anche un uomo a scaricare un
furgone pieno di legna, tanto per guadagnare qualche soldo ed erano diventate
subito amiche di tutti. Le persone le trovavano simpatiche.
Adesso si erano imbucate ad una festa che qualcuno aveva
organizzato nella sua umile casetta e ora c’erano centinaia di corpi sudati e
con gli ormoni sull’orlo dello scoppio che si agitavano a ritmo di una musica
che faceva sempre lo stesso suono, non cambiava mai ritmo e che non aveva alcunché
di orecchiabile, ma ti faceva soltanto scoppiare i timpani.
Alex si allontanò subito dall’amica e si lanciò sulla pista
a ballare come una matta anche lei con gli ormoni a bomba.
Sam si avvicinò al tavolo delle bibite e prese un bicchiere
di punch. Non sapeva di preciso perché si trovassero a quelle festa, dove
sicuramente c’erano più imbucati che invitati.
Ballavano tutti come dei matti intorno ad una piscina, nella
quale qualcuno si tuffava a rotta di collo.
Dopo qualche bicchiere di punch (forse una decina) anche Sam
decise di lanciarsi in pista e cominciò pure lei a ballare, anzi ad agitarsi,
come facevano tutti gli altri.
Ad un certo punto un ragazzo piuttosto carino le si avvicinò
e cominciò a ballare insieme a lei, o meglio, a strusciarsi contro di lei. Lei
non lo respinse minimamente. In effetti, era un po’ brilla.
All’improvviso lui cominciò a strusciarle addosso ancora di
più e le circondò la vita con le braccia. Lei non lo respinse nemmeno quando
cominciò a baciarla sul collo, sulle guance e sulla bocca. Erano baci stampo,
veloci, rapidi. Ma lei non lo respingeva, sembrava che nemmeno si accorgesse di
quello che stava facendo. Forse aveva esagerato col punch.
Poi quello sconosciuto la prese in braccio e facendosi largo
tra tutti quei corpi in movimento la
portò all’interno della casa. Ma non si fermò lì in salotto o in cucina, no,
andò avanti, lungo una scala a chiocciola ed entrò, con ancora la ragazza in
braccio, in una stanza un po’ disordinata e con un letto con le coperte sfatte.
Chiuse la porta con un calcio e la adagiò sul letto salendo
sopra di lei. Cominciò a baciarla dappertutto, sulle gambe scoperte e
abbronzate, poi salì sopra e si dedicò alla pancia e ai fianchi e poi passò al
collo e alle labbra. Lei intanto gli accarezzava i capelli e il corpo
dolcemente.
Si sedettero sul letto senza smettere di baciarsi e
accarezzarsi, con le gambe intrecciate e stavolta presero a togliersi i
vestiti.
Lei non lo respingeva, non lo conosceva nemmeno, ma non le
importava di fare sesso con uno sconosciuto. Anche lui però stava facendo sesso
con una sconosciuta. Forse erano entrambi sbronzi o forse erano gli ormoni
impazziti o forse tutti e due. Sta il fatto, però, che quelli facevano l’amore
e non avevano intenzione di fermarsi.
Passarono così circa una mezz’ora e poi lo sconosciuto si
rialzò dal letto e cominciò a rivestirsi lasciando la povera Sam mezza
tramortita, ancora sdraiata sul letto e con gli occhi semichiusi.
Dopo che si fu infilato anche le scarpe, si frugò nella
tasca e le lanciò sul letto qualcosa di arrotolato, e dicendole: “Tieni!” se ne
andò.
La ragazza si mise seduta sul letto e prese quella cosa che
le aveva lanciato. Era un gruzzoletto da cinquanta dollari.
Fissò la porta dalla quale era appena uscito. Ma per chi
l’aveva presa? Per una puttana? Pensò subito di andare a suonargliele, ma poi
ci pensò un po’ su. Non aveva voglia di fare a cazzotti, anche se poteva
benissimo farlo, di forza ne aveva, però si sentiva brilla e aveva un po’ di
mal di testa. E poi non gli aveva chiesto lei di fare sesso a pagamento, era
stato lui che forse aveva frainteso, quindi questo non faceva di lei una
prostituta. E poi aveva bisogno di soldi, quindi, dopo essersi rivestita, mise
i soldi in tasca e uscì.
La festa stava andando agli sgoccioli ormai. C’era chi era
sdraiato per terra completamente tramortito dall’alcool, chi pomiciava negli
angoli della casa, chi abbandonava la festa barcollante e chi continuava ancora
ad agitarsi sulla pista da ballo. Sam non riusciva a trovare Alex da nessuna parte.
Ma non se ne preoccupò molto; se c’era una cosa che quella ragazza sapeva fare,
era badare a se stessa.
Uscì da quel baratro di ormoni in subbuglio e si allontanò
lungo la strada, nel buio più totale illuminato solo dalla luna e dalle stelle.
Non c’erano nemmeno i lampioni accesi in quella strada.
(Era come un viaggio
di sola andata,
senza
ritorno,un viaggio senza fermate)
Dopo essersi allontanata parecchi metri da quella casa col
vento che le scompigliava i capelli e il vestito, tanto che quella musica
spacca-timpani non giungeva più alle sue orecchie, si sdraiò sull’erba morbida
che c’era ai margini della strada e cominciò a guardare le stelle che quella
sera erano particolarmente numerose.
Erano così belle, quei piccoli puntini luminosi che davano
gioia a chi le guardava, ma accendevano anche ricordi felici. Per Sam erano
felici, ma le faceva male pensarci, proprio perché erano felici e sapeva che
non avrebbe mai più ritrovato quella felicità. E non voleva ricordare. Non
voleva.
Chiuse gli occhi e cercò di non pensare, cercò di svuotare
completamente la sua mente. E pian piano si addormentò, mentre il mondo intorno
a lei vorticava, girava lentamente, lasciando procedere le cose, lasciando che
la strada continui il suo percorso, senza fermarsi, senza tornare indietro,
senza lasciare il tempo di riprendere il fiato. Non potevi far altro che
lasciarti trascinare. Era come un viaggio di sola andata, senza ritorno, un
viaggio senza fermate. Un treno che andava avanti veloce e procedeva, procedeva
senza pensare a nessuno e chi rimaneva indietro era perduto. Non potevi far
altro che seguirlo. Anche quando volevi che si fermasse permettendoti di
scendere.
Quand’è che per lei quel viaggio si sarebbe fermato? E cosa
avrebbe trovato alla fine? Gioia? Felicità? Che cosa? O si sarebbe ritrovata di
nuovo sola? La solitudine non le era mai piaciuta. Le piaceva essere circondata
da tante persone, da amici, dalla sua famiglia, da quelli a cui voleva bene. Ma
era rimasta soltanto lei. Lei e le stelle, che nascondevano segreti e ricordi
di tutte le persone, perché loro vedono tutto, loro sanno tutto e tutti i
ricordi delle persone sono fisse nella loro luminescenza, per l’eternità…
“Guarda Sam. Vedi quella stella là in alto, quella che brilla più degli
altri?”
“Sì!”
“Bene. La chiamerò
Sally”.
“Ma come?”
“Così. Lo so che un
nome ce l’ha già, ma io la voglio chiamare Sally lo stesso. Così quando ti
sentirai sola, potrai guardarla e ti ricorderai di me e saprai che io sarò
sempre lì con te, che non ti lascerò mai da sola. Non sarai mai da sola. Te lo
prometto”.
“E’ una promessa?”.
“E’ una promessa”.
Si svegliò di soprassalto, quasi urlando e si teneva una
mano sulla nuca. Aveva un po’ di mal di testa e un leggero senso di nausea.
Ma non era quello a preoccuparla. Aveva sognato, di nuovo.
Un altro incubo. Come sempre. Era una di quelle notti in cui faceva sogni
orribili, sul suo passato, riviveva esperienze dolorose e certe volte si
svegliava urlante nel sonno. Altre volte, invece, non riusciva più a chiudere
occhio dopo quegli incubi, così passava tutta la notte insonne o usciva per
farsi qualche goccio. Preferiva le notti in cui non sognava niente, ma ormai
quelle erano sempre più rare, a parte quando si ubriacava, ma non poteva di
certo ubriacarsi tutte le notti. I suoi sogni erano sempre popolati da incubi
terribili, che risvegliavano in lei ricordi che avrebbe preferito cancellare.
Si guardò intorno e vide che era seduta sull’erba e il sole
che splendeva in alto in un cielo azzurro senza nuvole. Porca vacca! Aveva
dormito all’aperto tutta la notte?
Si alzò un po’ barcollante e cominciò a trascinarsi lungo la
strada. Doveva arrivare all’albergo in cui avevano affittato una stanza, lei e
Alex, e forse lì avrebbe ritrovato anche la sua amica. Non aveva la più pallida
idea di dove fosse finita la notte prima alla festa.
Era ormai quasi giunta a destinazione, quando vicino, in un
parcheggio, notò la macchina che avevano noleggiato, col tettuccio aperto e
dentro, sui sedili posteriori, Alex che dormiva con un braccio sulla faccia.
Le si avvicinò e la bionda ritornò dal mondo dei sogni.
“Ehi dove sei stata?” le chiese con tono accusatorio, appena
mise a fuoco la sua figura.
Sam non rispose subito, si limitò a spostare lo sguardo da
un’altra parte con gli occhi socchiusi dal sonno.
“Perché non sei entrata?” domandò poi indicando con un cenno
l’albergo che si trovava a pochi passi da lì, mentre Alex si metteva seduta in auto. Ignorò completamente
la domande di prima dell’amica.
“Ti volevo aspettare, ma evidentemente sono crollata”.
Rispose lei sbadigliando.
Le ragazze entrarono nella loro stanza d’albergo e Sam si
fiondò subito in bagno.
Si guardò subito sul piccolo specchio attaccato sopra al
lavandino; non aveva una gran bella cera: il viso abbronzato e chiazzato di
lentiggini intorno al naso sembrava un po’ pallido e gli occhi da cerbiatta
nocciola erano segnati da occhiaie. I capelli lunghi ora spettinati come non
mai.
Sembrava quasi un cadavere!
Decise che era meglio farsi una doccia, cosa che fece,
lavandosi anche i capelli. Cercò pure di pettinarli come si deve, ma andavano
sempre da tutte le parti. Così decise di lasciar perdere e si vestì con le
prime cose comode che trovò nella borsa.
Si sentiva un po’ meglio dopo la doccia.
Intanto Alex si era di nuovo appisolata sul letto e Sam non
volle svegliarla, così si trascinò fuori dalla stanza cercando di non far
rumore.
ANGOLINO
PER ME
Allora
che ve ne pare?? Vi è piaciuto, state capendo un po’ di più chi è Sam??
Ho
pure messo un ricordo della ragazza, quello scritto in corsivo… ma secondo voi,
chi è l’altra persona che parla con lei??
Boh,
lasci a voi il compito di risolvere il mistero, se avete qualche ipotesi non
esitate a recensire.
P.S.
passato bene il capodanno??
roxy_black: sisi… c’era un prete nel film ke abbiamo visto e anke bambini scomparsi…
ma nn mi ricordo se il prete si riamava Eric… cmq non era cattivo, ma anke se
lo era questo della mia storia nn lo è…la tua fanfic l’ho letta e l’ho anke
recensita… è carina e fa anke ridere… ma sarà ke io rido x ogni cazzata… kiss
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo sei ***
Capitolo sei
(Tutti commettiamo
dei peccati…
la cosa più
difficile è ammetterli)
Uscì nell’aria calda della mattina e cominciò a passeggiare
tranquillamente per la città guardandosi un po’ intorno, la gente che passava
accanto a lei, i negozi ancora chiusi, le vetrine che mettevano in mostra i
manichini, i locali aperti per chi faceva colazione prima di andare al lavoro.
Teneva le mani affondate in tasca e lo sguardo basso. Tutta
quella gente, si faceva prendere dalla monotonia delle loro giornate, sempre le
stesse abitudini, sempre le stesse cose. Quello era il ciclo delle giornate, il
ciclo della vita.
Ma Sam odiava la monotonia, voleva che la sua vita fosse
sempre piena di avventure, fin da quando era piccola. Le piaceva l’azione, il
rischio, l’adrenalina… era questo che secondo lei significava vivere. Odiava
stare sempre ferma.
Non seppe per quanto tempo camminò così, forse cinque
minuti, forse dieci, forse mezz’ora, ma che le importava del tempo? Ultimamente
era l’ultima cosa a cui pensava.
Era giunta in una specie di piazzola su cui si innalzava
alta una chiesetta tutta bianca con le vetrate colorate e una porta di legno
imponente. Non era molto grande, ma era abbastanza alta. Sul tetto c’era un
grande crocifisso di legno e una scritta: “New Country Church”.
Sam pensò che dovesse essere la nuova chiesa di cui aveva
parlato il prete che lei e Alex avevano incontrato.
Restò un attimo lì a fissare quella costruzione. Le dava
come una strana sensazione, una sensazione di disagio, di impotenza. Si era
trovata spesso davanti a delle chiese ma non le avevano mai dato quella strana
sensazione. Era come se avesse un nodo allo stomaco.
Decise di entrare anche se forse non era vestita in modo
consono all’occasione, ma non le importava.
Aprì la grande porta di legno e varcò la soglia. Vide uno
spazio in penombra illuminato solo dalla flebile luce delle candele. Quando i
suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, notò che c’erano delle panche
disposte in file ordinate in uno spazio circolare e, davanti a queste, un lungo
altare coperto da una tovaglia ricamata e sopra un candelabro con altre candele
lunghe e rosse.
Dietro all’altare, su un muro, c’era un crocifisso con Gesù
attaccato, rifinito nei minimi dettagli e sembrava proprio sofferente. In un
angolo, un po’ nascosto, c’era un organo.
Non era mai stata una credente, trovava questa storia di Dio
e della Bibbia soltanto bazzecole e non capiva perché in quel momento si
trovasse lì, che cosa l’avesse spinta ad entrare.
Comunque, notando che non c’era nessuno, avanzò di qualche
passo e poi, a passo più deciso, si avvicinò alle panche in prima fila e si
sedette.
Non sapeva di preciso cosa doveva fare; forse pregare, forse
niente? In tutta la sua vita aveva
pregato solo una volta e non sapeva di preciso come si facesse. Ma poi a cosa
serviva pregare, se alla fine le tue preghiere non si realizzano mai?
Per fortuna, non dovette stare lì a riflettere molto perché
Eric la raggiunse e con un sorriso esclamò:
”Sono contento che sei venuta!”
Lei non sapeva che dire e lo seguì con lo sguardo mentre le
si sedeva accanto.
“Sai, Dio mi ha avvertito che saresti venuta!” proseguì lui.
La ragazza lo guardò
negli occhi un po’ meravigliata.
“E come ha fatto ad avvertirla? Le si è presentato lì sulla
porta di casa e gliel’ha detto? O forse le è venuto in sogno?” sbottò lei con
un tono di sfida.
Lui attese un attimo prima di rispondere e quando lo fece
non sembrava affatto arrabbiato o indignato per questa mancanza di rispetto, ma
mantenne sempre quel sorriso affettuoso e un tono dolce.
“Sai, a volte nella vita arriva quel momento in cui non sai
più che fare e scopri che la fede è l’unica strada. Allora dobbiamo afferrare
al volo quel momento e credere. È l’unico modo per cui tutto si sistemi”.
Sam lo guardò ancora negli occhi. Stavolta non sembrava
arrabbiata o contrariata.
“Lei non è stato sempre un prete. Ha fatto qualcosa… di
sbagliato… ha voluto rimediare…” non era una domanda, ma un’affermazione. La
stessa Sam si stupì per averlo detto, non sapeva che cosa gliel’avesse fatto
dire, forse per quello che aveva detto il prete o forse quella strana luce che
c’era nei suoi occhi.
Lui non rispose subito, guardò in avanti, come se cercasse
di trovare le parole giuste o come se aspettasse qualcosa che gli facesse
capire quello che doveva dire, come un segno divino.
Intanto la ragazza, non distolse gli occhi da lui.
“Tutti commettiamo dei peccati…” sbottò poi lui, girandosi
verso di lei. “La cosa più difficile è ammetterli”.
Dopo aver detto queste parole estrasse qualcosa dalla tasca
e lo mise nella mano della ragazza chiudendole il pugno. Poi si alzò e cominciò
ad allontanarsi.
“Aspetti!” cercò di fermarlo Sam. “Che peccato ha commesso?
Cosa le ha fatto prendere questa strada?”
Lui si girò, ma non rispose alla sua domanda, piuttosto
ripetè:
“Ricordati, Sam, a volte la fede è l’unica strada…” e se ne
andò.
La ragazza rimase a fissare il punto in cui lui era sparito
e poi abbassò lo sguardo sulla sua mano per vedere che cosa le aveva dato. Aprì
il pugno e vide che era una collanina con una piccola croce di legno attaccata
all’estremità.
Poi spostò lo sguardo verso il crocifisso attaccato al muro.
Rimase lì a fissarlo, come incantata. Sembrava quasi che si muovesse, che la
sofferenza di Gesù fosse lì, in quella stanza, in quel momento, vera e reale e
un po’ di quella sofferenza la prese, dentro di lei, si sentì anche lei
sofferente, ad un tratto si sentì persa.
Poi qualcosa apparve nella sua testa, immagini, sprazzi di
ricordi e poi qualcos’altro che non c’entrava nulla. Uscì dalla chiesa, non con
il corpo, ma con la mente e si trovò a ricordare quelle scene, a vedere quelle
immagini che aveva tentato in tutti i modi di cancellare.
Poi, così come se n’era andata, ritornò di nuovo in quella
chiesa, ma tutto le parve un po’ confuso. Che cos’era successo? Aveva avuto una
visione? O si era addormentata per due secondi e aveva sognato?
Non lo sapeva, ma non voleva rimanere un attimo di più in
quel posto, così si alzò e rapidamente si diresse verso l’uscita.
Quando uscì fu travolta di nuovo dalla monotonia della vita
di quelle persone che giravano lì intorno, che le fece dimenticare tutto ciò
che era accaduto nella chiesa.
Se nella chiesa si era sentita sofferente, persa e triste,
adesso si sentì un po’ meglio, con il sole che le riscaldava il viso e le
ridava un po’ di calore e gioia.
(Qualcuno qui dice
che è stato in carcere,
ma non so bene
perché.)
Erano passate altre due settimane da quando Alex e Sam erano
arrivate in quella cittadina; avevano racimolato un po’ di soldi e avevano pure
trovato occasioni in cui divertirsi.
Ora, nel tardo pomeriggio, si trovavano in un bar a bere una
coca al bancone. Parlavano di dove sarebbero potute andare, quale sarebbe stata
la loro prossima tappa.
La cameriera chiese se volevano qualcos’altro. Alex ordinò
un’altra coca e Sam si decise a chiedere:
“Lei conosce Eric, il prete di quella chiesa?”
La cameriera rispose un po’ indignata, come se la ragazza
dubitasse che sapesse fare il caffè.
“Ma certo! Tutti qui lo conoscono e gli portano rispetto!”
Sam esitò un attimo prima di continuare, un po’ titubante.
“Ma cosa ha fatto… insomma… perché ha deciso di fare il
prete?”
Anche la cameriera esitò un attimo prima di rispondere.
“Qualcuno qui dice che è stato in carcere, ma non so bene
perché. E ha deciso di crearsi una nuova vita, di rimediare ai suoi sbagli!”
Ecco perché allora le aveva detto quelle parole. Sam non se
le era affatto dimenticata.
Alex le lanciò un occhiata come per dire: “Che te ne
importa?” ma Sam rispose con una scrollata di spalle e rimase a fissare il suo
bicchiere in silenzio.
(Il destino non fa
mai niente senza un motivo preciso)
Qualcuno dice che la vita sia un dono prezioso, che non va
sprecato e che bisogna approfittare di tutti i momenti belli che ti regala.
Qualcun altro dice che è solo un momento di passaggio che ti separa un posto
migliore o peggiore, dipende da come ti sei comportato. Qualcuno ancora pensa
che la vita sia come un lungo percorso in cui ci sono varie strade che sono le
tue scelte e tu devi decidere quale prendere, qualcuno crede che sia come una
lunga scala che va in salita e ogni scala è un ostacolo che tu devi superare e
uno scalino può essere alto o basso, dipende da quanto difficile è l’ostacolo.
Se poi, tu non riesci a superarlo e cadi dallo scalino, allora sei finito, sei
morto. Ma se riesci a superare tutti gli scalini, arrivi in cima, dove c’è una
porta e varcata questa porta trovi la pace, la gioia, la calma. Poi c’era chi
era convinto che la vita fosse soltanto qualcosa di inutile e schifoso, una
perdita di tempo e non vedeva l’ora di farla finita.
Sam non sapeva a quali di questi gruppi apparteneva,
dipendeva dall’umore. A volte era felice e pensava che la vita fosse un bel
dono, ma quello quando era una bambina. Adesso non si sentiva più così felice e
pensava più che altro che fosse una lunga scala o, nei momenti peggiori, una
perdita di tempo.
Secondo lei esisteva il destino, era il destino che decideva
tutto, che ti faceva fare certe cose, che ti faceva prendere certe decisioni. E
poi il destino incrociava la tua strada insieme a quella di qualcun altro,
facendovi incontrare e conoscere. Non per puro caso o semplice coincidenza, ma
perché c’è un motivo preciso, perché tutto accade con uno scopo. Il destino non
fa mai niente senza un motivo preciso.
Se il destino aveva deciso di incrociare la sua strada con
quella di Alex vuol dire che un motivo c’era, ma Sam non era riuscita a capire
quale. Forse perché non voleva che fosse sola, voleva che ci fosse qualcuno
accanto a lei, che condividesse le sue pene, perché se se le teneva tutte
dentro, senza mai confidarsi con nessuno sarebbe scoppiata.
Sam poi pensava che tutte le persone viventi sulla terra
avessero uno scopo nella loro vita, che fossero nate per fare qualcosa.
L’obiettivo era quello di portare a termine quel compito e poi, una volta
portato a termine, si poteva anche andare, si poteva anche morire. Ma finché
non lo si portava a termine non si poteva farla finita, non si poteva morire.
Alcuni scopi erano semplici altri, invece, più complessi.
Per esempio, i bambini che morivano appena nati. Forse il
loro scopo è soltanto quello di esalare un respiro e basta. Semplice. Poi
potevano andare in pace, lasciando questo mondo spietato e crudele.
Altri, invece, erano molto più difficili, come togliere la
vita a qualcun altro.
Se tu cerchi di morire prima di portare a termine il tuo
scopo, non ce la fai. Se per esempio, ti butti giù da un palazzo di quindici
metri, non muori ma ti fai molto male, se ti vuoi impiccare, arriva qualcuno e
ti fa cambiare idea.
Il destino trova sempre un modo per farti vivere o morire. E
quando decide di farti morire, non puoi evitarlo. Puoi schivare la morte mille
e mille volte ma quella ti troverà sempre, qualsiasi cosa tu faccia. Non puoi
sfuggire alla morte. L’unica cosa che puoi fare è accoglierla a braccia aperte.
Puoi scappare dalle difficoltà, dai problemi, ma non dalla
morte.
In fondo la morte è serena, facile. Vivere è difficile.
Quindi perché averne paura? Perché avere paura della morte?
Sam si chiedeva perché certa gente ne avesse paura, lei non
la temeva, non c’era più niente che le faceva paura. A volte, si sentiva così
triste che non desiderava altro che le cadesse un meteorite in testa o che
venisse coinvolta in una sparatoria o che salvasse una persona da una macchina
che correva a tutta velocità ed essere messa sotto. Almeno in quel caso sarebbe
morta da eroina.
Non c’è niente di più bello; morire da eroi.
Tutti ti ricordano, ti lodano.
Ma Sam non aveva più nessuno che la ricordasse. Sicuramente,
se anche adesso avesse deciso di buttarsi giù da un ponte, nessuno avrebbe
notato la sua assenza, magari non avrebbero nemmeno trovato il suo corpo e
sarebbe rimasta lì, a decomporsi finché di lei non fossero rimaste soltanto
polvere ed ossa o magari sarebbe stata mangiata dagli insetti e dagli animali.
Al solo pensiero le veniva da vomitare.
Si accese una sigaretta e cominciò a fare sbuffi di fumo.
Fumare la faceva sentire meglio, quando era giù di morale o quando aveva
bisogno di calmare i nervi.
Cercò di svuotare la mente e di rilassarsi. Il venticello
fresco della sera le scompigliava i capelli e le accarezzava dolcemente il
viso. Ci si poteva addirittura sentire in paradiso.
E desiderò veramente di essere in paradiso, con chi voleva
più bene.
Desiderò di tornare indietro nel tempo, di essere di nuovo
felice, di essere una semplice bambina, con le sue amiche, con la sua famiglia,
con suo…
Con tutti quelli che adesso le mancavano.
ANGOLINO
PICCOLO PER ME…
Allora??
Vi è piaciuto??
Spero
di sì, perché anche a me è piaciuto molto questo capitolo nonostante l’abbia
scritto io… l’ho riletto e mi ha appassionato… e non ve lo dico solo perché vi
convinca a leggerlo, ma lo dico perché è vero… a volte scrivo certe cose che
piacciono tantissimo anche a me…
Vabbè…
ora vi lascio… che palle domani si torna a scuola… qualcuno ne ha voglia??
Baci…
millyray…
P.S.
certo che una recensione la potevate lasciare nello scorso capitolo… non
importa, basta che ne lasciate una qui.
P.P.S.
ho scritto una fanfic insieme alla mia amica Roxy… si intitola Sam e Chris
ed è sempre di Harry Potter…spero
l’andrete a leggere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo sette ***
Capitolo sette
(Sembravano
così tristi, così sconvolti per qualcosa che era capitato.)
Quella mattina Sam si svegliò con una strana sensazione,
come se stesse per succedere qualcosa o come se fosse già successo qualcosa.
Non sapeva perché si sentiva così, era curioso. Però non era
la prima volta che le capitava di provare questa strana sensazione e l’ultima
volta che l’aveva provata…
Non ci voleva pensare, non voleva ricordare.
Andò in bagno e si sciacquò il viso, si rivestì poi, insieme
ad Alex, uscirono fuori per andare a fare colazione al solito locale, dove
ormai i clienti abituali le conoscevano.
Quando entrarono anche lì aleggiava un’atmosfera strana,
come se fosse in corso qualcosa di disastroso o come se qualcosa fosse già
capitato, qualcosa di brutto. Erano tutti molto silenziosi oppure
chiacchieravano a bassa voce, tanto che si sentiva solo un mormorio indistinto.
Si sedettero al loro solito tavolo e quando la cameriera
arrivò ordinarono due brioches e due succhi d’arancia.
Sam cominciò a guardarsi intorno: due tizi piuttosto
corpulenti sedevano ad un tavolo vicino alla finestra e parlavano a voce molto
bassa, sembrava una conversazione piuttosto… cupa… un altro tizio sedeva ad un
tavolo in un angolo riservato ai fumatori e fumava una sigaretta leggendo il
giornale, una donna sedeva al bancone e scriveva al computer portatile, qualche
sedia più distante da lei sedeva un altro uomo che teneva la testa bassa e
beveva quello che sembrava un bicchiere di whisky.
La proprietaria del locale affaccendata dietro il bancone,
preparava il caffè, la bacheca sempre piena dei soliti ritagli di giornale, i
fiori posati sul davanzale di una finestra, la scritta “Cindy’s” un po’
sbiadita… tutto come al solito. L’unica cosa che sembrava diversa era l’umore
di tutte quelle persone, sembravano così tristi, così sconvolti per qualcosa
che era capitato. Anche il locale stesso sembrava avere qualcosa di cupo,
sembrava giù di morale. Ma per cosa?
Sam si concentrò di più per sentire quello che dicevano i
due uomini seduti vicino alla finestra e riuscì a sentire solo: “Ma è orribile,
un disastro!” “Ho incontrato il parroco Eric stamattina ed era sconvolta,
nonostante cercasse di nasconderlo”.
Allora qualcosa era successo, ma cosa?
Quando la cameriera arrivò con le ordinazioni delle due
ragazze, Sam la bloccò e le chiese: “Ma cos’è successo?”
La cameriera la guardò un po’ turbata e poi rispose: “La chiesa nuova ha preso fuoco!”
Sam e Alex si guardarono sconvolte e meravigliate.
“Come ha preso fuoco?” chiese la ragazza bionda. Sam
sembrava non riuscire a spiccicare parola.
“Così, è bruciata. Non è rimasto più niente.” Rispose la
cameriera e se ne andò a testa bassa.
Sam non sapeva che dire; insomma, come fa una chiesa così, a
prendere fuoco, come se niente fosse.
Alex le lanciò uno sguardo significativo. Anche lei era
sorpresa dell’accaduto, benché la chiesa non era nemmeno andata a visitarla
però l’aveva vista dall’esterno. Nemmeno lei era una grande credente,
nonostante i suoi genitori l’avessero educata ad andare in chiesa tutte le
domeniche e a leggere la
Bibbia. Ma lei la trovava sempre una perdita di tempo.
Lei ha sempre avute delle sue idee, non si lasciava mai
influenzare dagli altri, aveva le sue opinioni, i suoi gusti, non seguiva le
mode come gli altri, ma sceglieva quello
che piaceva a lei. Non si preoccupava nemmeno delle critiche degli altri, non
le importava di quello che gli altri pensavano.
(Bisogna sapere
andare avanti,
bisogna sapere
accettare la sconfitta)
Dopo aver mangiato, le ragazze uscirono fuori e si diressero
subito dove si trovava la chiesa. Ma adesso, lì in quella piazzetta, non c’era più
niente, niente che potesse ricordare che lì una volta ci fosse una chiesa.
C’erano soltanto dei resti e dei pezzi bruciacchiati, anneriti e completamente
distrutti. Non si poteva distinguere un libricino del vangelo da un crocifisso.
Alex e Sam rimasero un attimo lì a guardare quello orrido
spettacolo, con i volti entrambi sconvolti. Poi la bionda indicò alla sua amica
un punto al centro di quel polverone e, quando la mora guardò lì dove Alex le
aveva indicato, vide che su una panca annerita e bruciacchiata, però ancora
tutta intera, era seduto il prete Eric con le spalle curve e la testa bassa.
Le amiche si avvicinarono al prete e si sedettero accanto.
Lui non alzò su lo sguardo, sembrava quasi non averle
neanche notate. Dal canto loro, le due ragazze, non dissero niente. Forse
perché non sapevano che dire o forse perché era meglio sopportare tutto quello
in silenzio.
“Qualcuno ha bruciato la chiesa”. Sbottò ad un tratto Eric
senza alzare lo sguardo, anzi, senza muovere nemmeno un dito e facendo sobbalzare
le due amiche. Si guardarono da sopra le sue spalle, evidentemente in cerca di
qualcosa da dire.
“Come fa a saperlo? Magari è stato solo un incidente…” disse
Alex quasi in un sussurro.
Ma Eric scosse la testa.
“No! Le candele erano tutte spente e non c’era stato nessun
temporale, nessun tuono a causare questo. È stato un incendio doloso e… ora non
è rimasto niente”. Concluse con un tono che Sam credette stesse piangendo.
Poi tirò su la testa e puntò lo sguardo su Sam che lo guardò
con i suoi grandi occhi nocciola. Credeva che lo avrebbe visto piangere o con
il viso sconvolto, invece lui sembrava così normale. Ovviamente non era felice,
ma non sembrava così depresso. Quasi… rassegnato.
“Ma chi… chi può essere stato?” chiese la mora titubante e
tenendo la voce bassa, quasi si trovassero dentro ad una chiesa intatta.
“Queste sono quelle domande che ci poniamo tutti i giorni.
chi può fare certe cose. Chi può essere così cattivo da bruciare una chiesa, da
rapire dei bambini, da uccidere delle persone, da fare del male a qualcun
altro, da divertirsi vedendo la gente soffrire”. Sbottò tutto d’un fiato Eric e
le due ragazze rimasero un attimo sbigottite.
Sam aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma non le venne
niente così la richiuse. Già, chi può essere così perfido da fare una roba del
genere. Lei non ha mai creduto in Dio ma non per questo andava in giro a
bruciare tutte le chiese della città.
“Sapete…” proseguì il prete guardando un punto di fronte a
sé, dove forse prima c’era l’altare col crocifisso. “…il destino a volte gioca
brutti scherzi. Credi che tutto abbia trovato una sua giusta posizione, credi
che tutti i tasselli del puzzle siano al loro posto, credi che la tua vita
abbia trovato la strada giusta, ma all’improvviso tutto questo crolla. All’improvviso
il puzzle viene distrutto, i pezzi sparsi ovunque e ti trovi smarrito…”
Sam guardò il prete negli occhi e vi lesse tristezza. Sì,
uno all’apparenza poteva sembrare normale, allegro, ma poteva essere tutta
un’allegria falsa. Una corazza che uno si costruisce intorno a sé, per non
sentirsi debole, per non essere vulnerabile. Peccato che gli occhi queste cose
non riescano a nasconderle bene.
“Sono i peccati che commettiamo, sono gli errori… ma la
fatica è riconoscerli. L’ha detto lei, no? Magari chi l’ha fatto… si pentirà”.
Cercò di consolarlo Sam, ma ad un tratto si rese conto della stupidità delle
sue parole.
Il prete però non le rispose con severità o con
frustrazione, ma mantenne sempre un tono dolce, quasi paterno.
“Appunto perché è difficile ammettere i propri peccati,
nessuno si pentirà. O magari lo farà, ma non lo ammetterà”.
Sam e Alex rimasero di nuovo in silenzio. Ormai non c’era
più niente che potessero fare o dire perché le cose ritornino al loro posto.
Ormai quello era e quello resterà.
“E’ inutile piangersi addosso.” Sbottò Eric. “Bisogna sapere
andare avanti, bisogna saper accettare la sconfitta”. E dicendo questo se ne
andò.
La mora infilò la mano in tasca e tirò fuori la collanina
che il prete le aveva regalato. Guardò verso la sua amica che ricambiò lo
sguardo. Andare avanti, accettare la sconfitta… già proprio quello che lei non
sapeva fare.
(Il destino non fa
mai niente senza
un motivo preciso)
Poco dopo anche Alex e Sam si alzarono e si allontanarono
dalla chiesa distrutta.
Camminavano in silenzio nella città illuminata dal sole
mattutino.
In effetti, Sam quella mattina, svegliandosi, aveva avuto
uno strano presentimento, ma mai si sarebbe immaginata che qualcosa sarebbe
andato storto, mai avrebbe creduto di avere così tanta ragione. Poche volte era
successo che lei non aveva ragione e certe volte odiava avere ragione, proprio
come in quel momento. Che avesse un sesto senso? O dei poteri paranormali che
le facevano avvertire il pericolo quando era nelle vicinanze o quando c’era qualcosa
che non andava? Poteva essere un fatto positivo, peccato però che quando se ne
rendeva conto era già tardi.
Due volte già aveva avuto uno strano presentimento, due
volte aveva avvertito quella sensazione che qualcosa di terribile stesse per
accadere, due volte in tutta la sua vita e tutte e due le volte aveva avuto
ragione.
Una chiesa bruciata… le sembrava così strano. Fino a
soltanto pochi giorno fa lei era entrata in quella chiesa, aveva assaporato
l’odore di incenso e di cera delle candele, si era seduta su quelle panche e
aveva guardato quel crocifisso. E adesso tutto quello era perduto, esattamente
come con…
Tutto quello le metteva una strana inquietudine
(Noi siamo così perfette
Immacolate.)
Tornarono nella loro stanzetta d’albergo e si sedettero sul
letto in silenzio.
Si guardarono negli occhi con malinconia, poi Alex disse
piano.
“Certo che però è strano”.
Sam annuì soltanto.
“Chi può essere così perfido?” proseguì la bionda.
Sam questa volta non fece e non disse niente.
Calò un silenzio di tomba. Tutto intorno era silenzioso, nemmeno
il vento si sentiva, nemmeno gli uccelli. Sembrava che tutti volessero fare
qualche minuto di silenzio, come per ricordare qualcuno che era appena morto.
Come a scuola nei giorni di una commemorazione.
“Forse è un segno del destino”. Sbottò ad un tratto Sam con
lo sguardo rivolto verso il basso. “Il destino non fa mai niente senza un
motivo preciso”. Aggiunse poi, vedendo che la sua amica era un po’ basita.
“E’ il destino che decide tutto”. Commentò alla fine Alex
spostandosi i capelli dagli occhi verde chiaro.
Poi, come se obbedissero ad un ordine, si abbracciarono
calorosamente come se non si vedessero da tanto tempo. Rimasero lì per qualche
minuto, quasi si volessero consolare a vicenda.
“Noi siamo così perfette”. Le sussurrò Alex nell’orecchio
tanto che solo lei potesse sentire, anche se non c’era nessun altro in quella
stanza.
“Immacolate”. Rispose di rimando Sam dolcemente.
SPAZIO
AUTRICE.
Bene, bene… eccoci qui con un altro capitolo… vi è piaciuto?? Come
mai la chiesa è stata bruciata?? Secondo c’è un motivo o forse non c’è una
spiegazione logica a tutto questo… perché in fondo è il destino che decide come
devono andare le cose, quindi un motivo preciso non ci deve sempre essere…
Ricordatevi di lasciare una recensione… kiss milly…
Vale Lovegood: ciao cara… grazie per i complimenti… purtroppo non ti posso dare la
risposta a nessuna delle tue ipotesi perché così svelerei subito il mistero e
non ci sarebbe più gusto, ma posso solo dirti di continuare a leggere e
scoprirai tutto… cmq non ti abbattere, le stranezze a volte servono per vedere
cose che gli atri non vedono… kiss…
roxy_black: ecco, brava
non dire nulla… e comunque sì, il prete eric è una brava persona…in fondo tutti
commettiamo degli errori… per quanto riguarda quel ragazzo, non so come si
chiami, né dove abita, ma è stato uno stronzo… la nostra Sam non vale così poco…
ma in fondo nemmeno lei è stata tanto intelligente a fare sesso col primo che
capita, ma che ci puoi fare, è fatta così… baci…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo otto ***
Capitolo otto
Sette anni dopo…
Come in un sogno…
Stava seduta lì, sull’erba ai margini della strada. Aveva le
gambe piegate e il mento appoggiato sopra le ginocchia. I capelli al vento, gli
occhiali a forma di due cuori rosa calati sugli occhi. In una mano teneva la sigaretta
che stava fumando tra sbuffi di fumo grigio e nell’altra teneva una piccola
girandola colorata che a volte faceva rigirare tra le dita. Un vestito bianco
che le copriva il corpo magro e perfetto. Aveva soltanto quello a coprirla, le
arrivava alle ginocchia, sembrava quasi un lenzuolo un po’ strappato e
impolverato. Le lasciava scoperte le lunghe gambe abbronzate i cui piedi
calzavano un paio di infradito bianche.
Lo sguardo perennemente triste rivolto verso il laghetto
grigiastro illuminato dai caldi raggi del sole.
Mentre inspirava un'altra boccata di fumo della sigaretta,
pensava a tutto quello che aveva passato. Da quanto tempo era in viaggio? Da
quasi dieci anni ormai. Si sentiva come in fuga, scappava da qualcosa. Da se
stessa, dalla sua vita, dal suo doloroso passato. Aveva incontrato Alex, che
era diventata la sua migliore amica ormai, senza la quale si sarebbe persa.
Alex diceva che era lei quella che aveva bisogno di Sam, che senza di lei
avrebbe brancolato nel buio, ma Sam non la pensava allo stesso modo. Alex era
l’unica a sapere tutto quello che provava, che conosceva tutto il suo dolore,
che la consolava quando si sentiva triste senza dire niente. A volte non
servivano le parole ma bastava solo uno sguardo, per trasmettere tutto il calore
e tutto il sentimento che si prova verso una persona.
Hanno viaggiato da per tutto, sono state pure in Europa, ma
Sam preferiva i posti caldi, perciò erano ritornate nel sud America.
Si erano fatte un tatuaggio, un falco sulla scapola sinistra
che simboleggiava la libertà, la loro libertà. Si sentivano libere, nessuno
poteva fermarle, nessuno poteva rovinare la loro libertà. Erano cittadine del
mondo, non si sarebbero chiuse in una gabbia come facevano molte persone. Che
si costruivano intorno una gabbia senza neanche rendersene contro. Era quella
che Sam definiva gabbia d’oro dove si ha tutto ma non si ha la cosa più
importante.
(Una felicità
distrutta, rubata,
una felicità che lei
aveva perso molto tempo fa…)
Buttò la sigaretta e la schiacciò con un piede. Poi si alzò
piano tenendo ancora stretta la girandola e si diresse verso la macchina dove
la stava aspettando la sua amica.
Con un salto raggiunse la portiera chiusa di Alex, che stava
leggendo un libro, sbattendo con le mani sul finestrino e sorridendo con una
falsa allegria. La bionda fece un balzo quando la sentì arrivare così.
Sam intanto aveva fatto il giro della macchina e si era
seduta dalla parte del passeggero.
Alex intanto aveva messo in moto ed ora erano partite di
nuovo sulla strada in cui c’erano poche macchine.
Sam aprì il finestrino e mise la testa fuori guardando la
strada e tutto ciò che c’era intorno: alberi, macchine, cespugli…
Mise fuori anche la girandola tenendola con una mano e il
vento leggero la fece girare dolcemente. Sam sorrise, stranamente in quel
momento si sentiva bene, un po’ più serena, un po’ più allegra.
All’improvviso però la girandola le cadde di mano e rimase
lì sulla strada. La ragazza rimase con un palmo dal naso e quando vide un’altra
macchina che ci passava sopra schiacciandola si sentì triste e quasi in colpa.
Tornò seduta in macchina, rammaricata.
Quella girandola che rappresentava la felicità, la gioia,
una girandola che fa venir un certo senso di allegria adesso era lì, in mezzo
alla strada, distrutta e rovinata. Una felicità distrutta, rubata, una felicità
che lei aveva perso già molto tempo fa, quando era ancora una bambina, quando
era troppo presto per sapere che cos’era veramente la vita, quando era troppo
presto per dire addio, per piangere, per sentirsi soli. Una felicità che
dubitava avrebbe mai ritrovato.
La felicità si può trovare in piccole cose, come il viso di
un amico, la lettura di un libro che adori, un film che ti fa sognare, in un
bacio, in una carezza, una parola, in un sorriso, in un oggetto.
La felicità è leggera come una piuma, è soffice come una
spugna, è fragile come un vetro, è delicata come la pelle di un bambino. La
felicità è semplice.
Che cosa c’è da dire sulla felicità? Ha volte credi di
sapere cosa sia, ma quando te lo chiedono non sai cosa rispondere, esattamente
come sul tempo, sull’amore, sul dolore, sulla morte.
Sono tante le cose che le persone non sanno, non conoscono.
Forse potremmo conoscerle sperimentandole sulla nostra pelle.
Tante volte proviamo felicità, amore, gioia, ma altrettante
volte proviamo sofferenza, odio, dolore.
Felicità per noi stessi o per gli altri, dolore provocato
sulla nostra pelle o nel nostro cuore. Sono tutti sentimenti umani e, anche se
certi non li vorremmo provare, purtroppo li proviamo.
A Sam venne in mente quella favola dove c’era un uomo molto
ricco che non voleva mai innamorarsi perché pensava che sarebbe diventato
stupido e indifeso. Così, con un incantesimo, si è fatto estrarre il cuore e lo
ha nascosto in un baule. Un giorno però conobbe una bellissima fanciulla, che
voleva a tutti i costi sposarsi con lui. L’uomo però non ne era innamorato,
però gli piaceva molto quella fanciulla e gli sarebbe piaciuto sposarsi con una
donna bella anche se non l’amava. Così le rivelò il suo segreto e le mostrò il
suo cuore nascosto nel baule, ormai diventato brutto e peloso dal tempo. Lui se
lo rimise a posto, la fanciulla però non lo ha più voluto sposare così lui l’ha
uccisa dicendo: “Mia o di nessun altro”. E poi si suicidò.
Le erano sempre piaciute le favole, sua madre glie ne
raccontava tante, quando era piccola, prima di addormentarsi. Le piaceva molto
anche guardare i film horror, non le facevano mai paura e di questo lei si
stupiva. Non capiva perché non era ancora riuscita a trovare un film che le facesse
veramente paura. Forse non erano abbastanza paurosi o forse era lei che era
incolume alla paura. In effetti non aveva mai provato paura per qualcosa; forse
solo preoccupazione o ansia, ma vera paura proprio no.
Questo le piaceva, non avere paura. Però sapeva che tutte le
persone avevano paura di qualcosa, ma lei non aveva trovato ancora qualcosa che
la spaventasse.
(Le piaceva il sole,
le piaceva sentire i
suoi caldi raggi
riscaldarle il
corpo)
All’improvviso si sentì un botto e si vide uscire del fumo
grigio dal motore della macchina che si spense e Alex fu costretta a fermarsi a
bordo della strada.
Sam uscì dall’auto e aprì il cofano per controllare cosa
c’era che non andava, ma fu inondata da un vampata di fumo grigio e puzzolente
che le fece lacrimare gli occhi.
Richiuse il cofano, perché lei non ci sapeva fare e disse
alla sua amica: “Dovremmo aspettare che passi qualcuno e chiedere aiuto”.
“Sì, ma qui non passa nessuno!” si lamentò la bionda con
frustrazione.
Purtroppo aveva ragione, pensò la mora mentre, passandosi
una mano tra i lunghi capelli, controllava da ogni parte della strada per
vedere se qualcuno arrivava.
Ma era tutto deserto, ci poteva passare perfino una balla di
fieno, come nei film western. Mancavano però i cactus.
Non sapevano di preciso quanto tempo fosse passato, sapevano
solo che stavano ancora aspettando. Una cosa che odiavano tutte e due,
aspettare.
Alex era appoggiata alla macchina con gli occhiali da sole
sugli occhi e si guardava intorno un po’ imbronciata.
Sam invece era distesa in mezzo alla strada, il vestito
bianco e i capelli sparsi sull’asfalto grigio e le braccia aperte. Se non si
vedeva che respirava, si poteva giurare che fosse morta, teneva anche gli occhi
chiusi, mentre il sole la riscaldava con i suoi raggi. Le piaceva il sole, le
piaceva sentire i suoi caldi raggi riscaldarle il corpo. Ma a volte le piaceva
anche la pioggia, le piaceva soprattutto camminare sotto la pioggia.
Dopo quelli che parvero degli interminabili minuti, videro
arrivare un tizio dentro una mercedes rossa e Alex andò vicino all’amica che
stava ancora sdraiata in mezzo alla strada. Sembrava non essersi accorta che
stava arrivando una macchina, ma forse non si sarebbe mossa nemmeno se questa
avesse cercato di metterla sotto.
La macchina però si fermò e uscì fuori un ragazzo, che non
poteva avere più di trent’anni, con dei capelli castani un po’ scompigliati,
una giacca di pelle e dei jeans strappati sulle ginocchia. Portava gli occhiali
da sole scuri e fumava una sigaretta.
Si appoggiò alla sua macchina, continuando a fumare, come se
niente fosse, come se le ragazze neanche fossero lì. Dal canto suo, Sam
continuava a stare sdraiata lì, con gli occhi chiusi, mentre Alex si avvicinò a
lui e si appoggiò anche lei alla sua macchina.
“Che cos’à la tua amica?” chiese lui, con fare annoiato e
indifferente, continuando a fumare. Aveva fatto la domanda, ma non sembrava
importagli molto della risposta.
“E’ morta!” fece Alex scherzando, ma il suo tono non aveva
niente di ironico o di scherzoso.
All’improvviso, la ragazza mora, si alzò come obbedendo ad
un ordine e aprì i suoi grandi occhi da cerbiatta nocciola.
Il ragazzo buttò via la sigaretta con gesto esperto e disse:
“Volete che vi controlli la macchina?”
“Puoi vedere se il motore ha qualcosa che non va?” chiese
Alex mentre, il ragazzo si dirigeva verso la loro auto e apriva il cofano. Le
due amiche gli si avvicinarono.
“Dovete cambiare la batteria”. Annunciò lui, dopo che aveva
messo le mani su qualche pezzo del motore per controllarlo.
“Non partirà mai se non la cambiate”. Continuò il ragazzo
mentre si girava verso le due. “Avete bisogno di un passaggio?” chiese infine.
Le due amiche si guardarono poi, la bionda rispose: “Magari!
Ci puoi accompagnare fino in centro?”
“Certo!” annuì lui, guardando un punto impreciso della
strada. “A proposito, io sono Ed”.
“Io sono Alex” si presentò la bionda, e poi, indicando
l’amica. “E lei è Sam”.
Sam non disse e non fece niente. Sembrava ammutolita
all’improvviso.
“Non sei una tipa molto loquace, tu”. Notò Ed, ma nemmeno a
questa affermazione Sam sembrava reagire.
Sembrava non avesse molta voglia di parlare. Di solito
faceva quello che aveva voglia di fare e se qualcuno le dava degli ordini, o
non obbediva o lo prendeva a calci.
Il ragazzo accompagnò le amiche fino in città, dove loro
poterono chiamare un carro attrezzi che venisse a prendere la loro auto, ma
siccome era a noleggio, se ne sarebbero occupati quelli del noleggio.
Durante il passaggio in città, parlarono soltanto Ed e Alex
che era seduta accanto a lui, dalla parte del passeggero, mentre Sam sedeva
dietro guardandosi intorno con fare annoiato.
Ed sembrava un tipo molto serio, ma era abbastanza simpatico
e anche molto carino, ma forse era più carino che simpatico. Peccato però che
il suo pensiero di vita fosse: non fare oggi quello che puoi fare domani. Non
aveva un lavoro fisso, qualche volta aiutava un amico nella sua autofficina e
viveva in quella città da quando suo padre l’aveva cacciato via di casa.
E quella macchina che aveva era un caro regalo di suo zio
per il suo diciottesimo compleanno. Non era un gran uomo, suo zio, aveva detto,
ma nemmeno suo padre. Sua madre, invece, era morta quando lui aveva solo otto
anni, ormai non se la ricordava neanche. Le voleva bene, ma ormai aveva
imparato a conviverci.
Arrivarono in città e Ed lasciò le ragazze nei pressi di un
piccolo albergo, dove avrebbero trovato un posto per dormire. Cosa che fecero
appena uscite dalla macchina e preso le loro robe.
SPAZIO
AUTRICE
Allora
che ve ne pare?? Sono passati sette anni e ormai Sam e Alex si sono lasciate
alle spalle la cittadina dove c’era la chiesa bruciata.
A
quanto pare il prete non c’entra niente con i bambini scomparsi, in effetti non
era quello il centro della storia. Sam è stata attirata da quei ritagli perché
odia le persone che se la prendono con dei bambini innocenti e forse più avanti
capirete perché.
E
nemmeno la chiesa bruciata ha una risposta.
In
effetti perché tutto dovrebbe avere una risposta, perché noi dobbiamo sempre
sapere perché le cose accadono. Accadono e basta, è il destino a decidere e
l’importante è che sappia lui perché le fa accadere, noi non dobbiamo per forza
sapere tutto. Non siamo Dio.
E
dopo questi “pensieri profondi” vi lascio e non vi rompo più. Se mi lasciate
qualche recensione sarei molto felice non voglio ritrovarmi solo con quella di
roxy che per di più è mia amica e quindi è ovvio che recensisca sempre.
Kiss…
milly…
roxy_black: già il destino…uno dei grandi misteri della vita… a volte è inutile ke ci
scervelliamo sul perkè accadono certe cose, in fondo è il destino a deciderle…
cmq sì eric è un brav’uomo solo ke anke a lui possono capitare dll sfortune
ogni tanto… o no?? Alla prossima… kiss
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo nove ***
Capitolo nove
(A Sam piacevano
molto gli occhi azzurri,
avrebbe sempre
voluto averli azzurri,
ma lei ce li aveva
nocciola, nocciola come…)
Una delle cose che a Sam piaceva tanto era stare seduta in
un bar a bere qualcosa e osservare la gente che entrava e usciva. Cercava di
leggere le loro espressioni, scrutare i loro sguardi, guardare il colore dei
loro occhi. La cosa che la attirava di più in una persona era il colore degli
occhi.
E adesso, in quel caldo pomeriggio, Alex e Sam erano sedute
in un locale a bere della birra e a parlare del più e del meno. Ma da quanto
stavano insieme avevano esaurito tutti gli argomenti. Non avevano trovato tante
cose in comune, ma forse era proprio questo che le legava, il non avere niente
in comune, l’essere diverse. Però una cosa in comune ce l’avevano in comune
comunque: entrambe scappavano dalla vita.
“Ma secondo te gli scienziati trovano una risposta per
tutto?” chiese Sam all’amica seduta di fronte a lei, mentre si dondolava sulla
sedia.
“Non lo so. Come si fa a trovare una risposta per tutto?” fu
il commento di questa, mentre beveva l’ultimo sorso della sua birra.
All’improvviso un ragazzo dai capelli neri un po’ lunghi e
uno viso spigoloso si girò verso di loro e disse, tutto d’un fiato. “Non ho
potuto fare a meno di sentirvi e credo che, anche se gli scienziati trovano
delle risposte a un sacco di cose, non possono trovare delle risposte a tutto,
come per esempio, alla nostra esistenza”.
Le due amiche lo guardarono meravigliate e quasi arrabbiate
che lui si fosse impicciato nella loro conversazione.
“Comunque io sono Jeremy”. Si presentò lui notando
l’espressione delle ragazze e tese loro la mano.
Alex però si girò verso l’amica ignorando la mano tesa del
ragazzo.
“Jeremy? Non è un nome da gey?” sbottò lei con espressione
curiosa e il poveretto, sentendo questo commento ritrasse la mano e si rigirò
dall’altra parte.
Sam però, per tutta risposta, scrollò le spalle e tornò a
fissare il suo bicchiere.
“Senti, quando vai in cucina, esci subito fuori”. Disse alla
fine la bionda e uscì dal locale.
La mora rimase un attimo lì e, capendo le intenzioni
dell’amica, lasciò i soldi lì sul tavolo. Aveva capito che Alex voleva che se
ne andassero senza pagare.
Prima di uscire, però si avvicinò al ragazzo di prima e gli
sussurrò.
“Non penso che tu sia gey. Comunque io sono Sam”.
Lui non ebbe nemmeno il tempo di dire A che lei era già
uscita.
Sam però aveva notato che aveva dei profondi occhi azzurri
che lasciavano trapelare la curiosità del ragazzo, curiosità di sapere, di
scoprire, di conoscere la vita.
A Sam piacevano molto gli occhi azzurri, avrebbe sempre
voluto averli azzurri, ma lei ce li aveva nocciola, nocciola come…
(Le persone non
vivono per sempre felici e contenti.
Le persone riescono
a malapena a vivere)
I sogni sono come la carta, la carta può essere tagliata,
stracciata, buttata via, bruciata. Anche i sogni, ma se noi sappiamo trattarli
con cura, allora, possiamo sognare. Ma solo sognare? I sogni non possono
diventare realtà? I nostri sogni e desideri cambiano il mondo. È vero, ma bisogna
saperli realizzare.
A Sam ormai sembrava che tutti i suoi sogni si fossero
infranti, infranti come la carta bruciata, stracciata. Tanto valeva buttarli in
un cestino.
Da piccola aveva un sacco di sogni e diceva sempre che li
avrebbe realizzati. Una volta aveva detto che il suo sogno era quello di essere
la protagonista di un film horror. Un’altra volta aveva detto che il suo sogno
era quello di diventare un’archeologa marina e un’altra volta voleva fare la
cantante.
Ma era solo una bambina. Allora non sapeva niente dei sogni,
della vita, del mondo. Allora pensava che fosse tutto facile, che fosse tutto
come nei film o nelle fiabe. C’era una volta… e vissero tutti felici e
contenti.
Ma le persone non vivono per sempre felici e contenti, le
persone riescono a malapena a vivere…
Lei voleva avere una vita serena, semplice, voleva sposarsi
con un bell’uomo fare con lui tanti figli e avere un bel lavoro. Ma no, non è
stato così. Adesso si trovava in quella sperduta cittadina, con soltanto una
ragazza sognante a farle compagnia. Ma proprio senza quella ragazza sognante
non sarebbe andata da nessuna parte.
Forse soltanto in fondo ad un burrone.
All’improvviso videro in lontananza un ragazzo, Ed, che se
ne stava appoggiato ad un muro e guardava qualcosa oltre la strada.
Alex gli corse incontro e Sam la dovette seguire.
“Ciao!” esclamò lei guardandolo e sorridendo come una
bambina a cui è appena stata promessa una bambola nuova. Si vedeva quanto gli
sbavava dietro e a Sam fece un po’ schifo. Non capiva che cosa ci trovasse di
bello in lui.
“Ciao”. Salutò di rimando lui voltandosi verso di lei,
mentre Sam girava la testa per vedere che cosa stesse osservando prima e notò
che, in fondo alla strada, c’erano delle ragazzine, forse appena maggiorenni,
che parlavano e ridacchiavano.
“Che ci fate qui?” chiese lui.
“Oh, eravamo solo di passaggio”. Rispose Alex mentre Sam si
voltava di nuovo verso di loro, seria. Voleva andare via, non voleva parlare
con quel ragazzo.
“Bene. Allora, volete venire a prendervi qualcosa da bere
con me?” chiese Ed, sorridendo.
Ma Sam rispose prontamente e con un tono un po’ arrabbiato:
“No, abbiamo appena bevuto. Adesso ce ne dobbiamo andare”. E trascinò la sua
amica via da lì, mentre lei da lontano, salutava il moro e gli sorrideva.
“Ma si può sapere perché mi hai trascinata via?” le chiese
Alex dopo che si furono allontanate, un po’ scocciata.
Sam non rispose, si limitò a continuare a camminare e ad
accendersi una sigaretta.
“Oh, va bene, come vuoi, ignorami! Ma così ti togli tutto il
divertimento!”
La mora non capiva che cosa c’entrasse il divertimento, ma
non glielo chiese, continuò a fumare la sua sigaretta.
(La felicità si può
trovare anche negli attimi più tenebrosi,
se solo qualcuno si
ricorda di accendere la luce)
Quella sera andarono ad una festa in un pub, dove c’erano la
piscina, alcool, sesso e droga.
A Sam non piacevano granché queste feste, ma Alex la
trascinò dentro in quel tumulto di persone che ballavano e bevevano. Lei era
rimasta all’ingresso, mentre l’amica bionda era già entrata dentro e aveva
cominciato a ballare come una pazza.
All’improvviso qualcuno la salutò da dietro le spalle.
“Ciao!”
Lei si girò e vide che era Jeremy, il ragazzo che avevano
conosciuto nel bar e che Alex pensava fosse gey.
Un sorriso le uscì spontaneo dalle labbra e lo salutò di
rimando. Non capiva perché ma era contenta di vederlo.
“Ciao!”
Lui esitò un attimo prima di chiedere.
“Anche tu a questa festa?”
“Sì, beh, mi ha trascinata Alex… ma tu che ci fai qui? Non
sembri tanto tipo da questo genere di feste”. All’improvviso a Sam questa
domanda parve un po’ sciocca e offensiva, ma con suo stupore Jeremy non si
offese.
“Beh, in effetti non so se mi divertirò. Però un po’ di
divertimento non fa mai male a nessuno”.
Sam annuì soltanto, non sapeva che altro dire e si sentì
stranamente in imbarazzo.
“Allora…” continuò lui, un po’ esitante. “Ci si vede… in
giro…” e se ne andò, sparendo nel tumulto della folla che ballava.
Per quei pochi minuti che aveva parlato con Jeremy, si era
dimenticata di tutto, dei suoi problemi, della sua vita, di tutto e si era
sentita felice, come se al mondo non ci fossero altre preoccupazioni. Forse la
felicità è proprio questo, non una promessa, non un dovere, ma solo qualcosa
che ti fa dimenticare tutto.
La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi,
se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce…
Anche lei decise di unirsi alle persone che si agitavano in
un ballo a ritmo di musica pompante e cominciò a ballare sentendo il proprio
cuore battere nel petto e il sudore scenderle lungo la schiena.
Si era spinta sul bordo della piscina e all’improvviso tutta
quella voglia di ballare, di divertirsi, le era passata e voleva soltanto
andarsene. Ma era circondata da troppe persone e non riusciva a passare,
tentava di spingersi, ma niente, nessuno la fece passare. Ad un tratto sentì
qualcuno che le toccava un braccio e la spinse facendola cadere in acqua con un
tuffo, dove c’era già molta altra gente. Per un attimo le mancò il fiato e
credeva che stesse per perdere i sensi, ma riuscì ad uscire dall’acqua e
tornare in superficie. Ma chi aveva avuto la brillante idea di buttarla in
piscina, con tutti i vestiti addosso? Adesso si sarebbe presa un malanno se non
si fosse cambiata. Vabbè che faceva caldo.
Uscì fuori dal pub grondante d’acqua e si diresse a piedi
fino all’albergo. Era già notte fonda e non c’erano lampioni che illuminassero
la strada, solo la luna e le stelle e le luci al neon del pub.
Certo che la gente aveva un bel modo di divertirsi, pensò
sarcastica. E se Alex l’avesse portata di nuovo a una festa del genere,
l’avrebbe piantata lì e se ne sarebbe andata.
ANGOLO
MIO
Allora,
che ve ne pare?? Bello?? Buuuuuuuuuh… direte voi… vabbè come volete ma io
questa storia la continuerò e vedrete che vi piacerà più avanti. (almeno
spero).
Niente…
rispondo alle recensioni e me ne vado, comunque speravo di avere un po’ più di
recensioni… magari commentate in questo anke se volete solo dire qualcosa di
brutto…
Kiss milly…
roxy_black: ciao… beh,nn so ke dirti spero ankio ke vada tutto bene… ma infondo sì ke
andrà bene le storie finiscono sempre bene, o no?? Ma… cosa c’entra l’omino
bianco… cmq io e teddy (quello di coccolino) ti salutiamo e ti mandiamo un
grosso bacio… kiss…
Vale
Lovegood: purtroppo nn posso
dirti niente se no rovino la sorpresa, ma ti posso solo dire di nn scartare
questa ipotesi… tutto è possibile!!!!!!! Continua a seguirmi e lo
scoprirai!!!!! Kiss…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo dieci ***
Ricordi
(Credo siano dei
segni del destino,
bisogna saperli
interpretare, però)
Si svegliò di colpo. Un altro stupido incubo. Ne faceva
molti ormai in quel periodo ed erano tutti più o meno uguali. La cosa peggiore
era che risvegliavano in lei tanti di quei ricordi, che se non riusciva a
toglierseli dalla testa, si ubriacava finché non si dimenticava completamente
tutto.
Guardò nel letto accanto al suo e vide che Alex era
profondamente addormentata, forse si era ubriacata l’altra notte.
Sam si infilò le infradito e, ancora con i pantaloncini
corti e la canottiera bianca nei quali aveva dormito, uscì dalla stanza e
cominciò a passeggiare per la strada.
Ad un tratto giunse in uno spiazzo dove vide dei poliziotti
e della gente che guardava qualcosa curiosa.
Si avvicinò anche lei e, facendosi largo tra la folla, vide
una gigantesca voragine scavata nel terreno con al centro un gigantesco masso
nero con scintille di luce verde; sembrava un meteorite.
Notò poi che accanto a lei c’era Jeremy e gli chiese: “Ma
cos’è successo?”
Lui rispose prontamente. “Stamattina hanno trovato questo
grosso meteorite che deve essere piovuto dal cielo durante la notte”.
Sam rimase un attimo immobile a fissare il meteorite,
perplessa.
“Come meteorite?” chiese poi un po’ confusa.
“E’ strano, sì. Forse ci sarà una pioggia di meteoriti”.
Rispose il ragazzo, per niente preoccupato. Anzi, nei suoi occhi c’era una
strana luce curiosa e maliziosa.
A Sam tutto quello pareva strano. Certo, di cose strane ne
aveva viste, ma un meteorite che pioveva dal cielo così...
“E che cosa ha colpito?” chiese la ragazza, incantata a
guardare il meteorite, come del resto tutta la gente che si trovava lì.
“Solo un monumento che si trovava qui”.
In effetti, nella voragine c’erano dei residui di qualche
pietra un po’ annerita, ma non si vedeva bene.
“E’ strano!” disse lei a bassa voce ma Jeremy riuscì a
sentirla lo stesso.
“Sì, è proprio strano. Ma nella vita accadono sempre cose
strane. Credo siano dei segni del destino, bisogna saperli interpretare, però.”
Segni del destino. Si parlava sempre del destino. Sam
credeva nel destino, secondo lei tutto quello che accadeva era perché il
destino lo decideva, ma se il destino faceva tutto per un motivo preciso,
allora qual’era il motivo della caduta di quel meteorite? Che cosa significava?
Che presto ci sarebbe stata una pioggia di meteoriti e che tutti dovevano
andarsene, per non morire? O magari qualcosa di più complesso, forse il
meteorite simboleggiava qualcosa? Che cosa, grandezza, potenza? Qualcosa di
grande e potente stava per succedere?
Guardare quel meteorite le metteva una certa inquietudine,
sentiva come se dentro ci fosse qualcosa… qualcosa di forte, potente… non
riusciva a trovare un nome per questa cosa… forse, magico?
Per tutto il giorno la gente non face altro che parlare del
meteorite che era precipitato e chiedersi che cosa significasse. Alcuni erano
preoccupati, altri semplicemente curiosi.
Anche Sam era curiosa di sapere che cosa significasse quel
meteorite, ma non aveva la più pallida idea e non aveva neanche la voglia di
rimuginarci sopra. Alex invece lo trovava fantastico e fico, come diceva lei.
Ma cosa ci trovasse di fico, Sam non lo sapeva proprio. È stata una fortuna che
non fosse precipitato da un’altra parte, come sopra una casa o sopra l’albergo
dove si trovavano loro.
Forse significava questo! La morte di qualcuno, ma di chi?
Non lo sapeva e Sam non ci voleva pensare. Pensare alla morte era l’ultima cosa
che voleva, specialmente a quella di qualcun altro. Se moriva lei non le
sarebbe importato molto. Ma non voleva che morisse qualcun altro. Non ora, non
così, non lì.
Mentre le due ragazze passeggiavano per la strada e Alex si
era fermata a osservare un paio di scarpe da una vetrina, Sam vide uscire
Jeremy da un negozio di abbigliamento e gli si diresse incontro, con un
sorriso. Di nuovo fu inondata da un senso di felicità.
“Ciao!” lo salutò allegramente.
“Ciao!” rispose di rimando lui guardandola con quei profondi
occhi azzurri.
Lei rimase un attimo in silenzio, prima di chiedere.
“Che ci fai qui?”
“Oh, ho appena finito di lavorare. Sai, questo è il negozio
di mio padre e con quello che guadagno mi pago l’università”. Rispose lui
sorridendo.
“Vai all’università?” chiese lei stupita e ammirata. Le sono
sempre piaciuti gli uomini intelligenti, ma anche coraggiosi e forti. E
soprattutto quelli che sapevano farla ridere.
“Sì, faccio un’accademia scientifica…” spiegò lui.
“Oh, ecco perché ti affascinano le cose paranormali a cui
non puoi dare una risposta”.
Lui rise, come se Sam avesse fatto una battuta però anche
Sam si trovò a sorridere insieme a lui. Si sentiva così allegra, così leggera.
Sembrava che tutto ciò che l’avesse afflitta sino a quell’istante fosse
scomparso. Però sapeva anche che quando Jeremy se ne fosse andato via, tutto il
mondo le sarebbe crollato addosso, di nuovo.
“Sì, beh secondo me c’è sempre una risposta a tutto anche se
a volte queste risposte sono sbagliate, ma le persone riescono a trovare una
soluzione a tutto”. Fece lui e all’improvviso tornarono tutti e due seri.
Intanto Alex, che aveva finito di ammirare le scarpe, si era unita a loro.
“Allora, che dicevate?” chiese lei allegramente.
“Niente, devo andare. Ci vediamo ragazze!” le salutò Jeremy
e se ne andò. A Sam dispiacque quando lui si fu allontanato.
“Ti piace?” chiese Alex alla mora che stava ancora fissando
il punto in cui il ragazzo si era allontanato.
“Cosa? No!” negò prontamente Sam diventando un po’ rossa.
“Sì che ti piace. Ma non puoi trovartene uno un po’ più
carino?” le chiese Alex cominciando a camminare a braccetto dell’amica.
“Chi ha detto che non è carino. E poi a me non importa l’aspetto fisico,
l’importante è che sia bello dentro”. Si giustificò Sam. Era vero, a lei non
era mai importato molto dell’aspetto fisico di un ragazzo, per lei contava
quello che c’era dentro.
“E come deve essere il tuo ragazzo ideale?” le chiese Alex
curiosa.
“Vediamo…” cominciò Sam alzando gli occhi al cielo per
pensare. “Deve avere i capelli scuri, gli occhi azzurri. Poi deve essere
intelligente, coraggioso, forte e deve sapermi far ridere.” Concluse. “Oh, e
deve anche essere alto”. Aggiunse infine.
“E’ chiaro che queste caratteristiche coincidano con quelle
di Jeremy. Ha i capelli scuri, gli occhi azzurri, è alto, intelligente e forse
anche coraggioso. Ma non mi sembra né forte, né divertente”. Le fece notare la
sua amica.
Sam però non le rispose. Era vero, Jeremy coincideva con
quelle caratteristiche, ma non stava pensando a lui quando le aveva elencate,
stava pensando a un altro ragazzo che aveva conosciuto molto tempo fa e del
quale si era presa una cotta dalla prima volta che lo aveva visto. Ma Alex non
lo poteva conoscere.
(Sai, è più il fatto
che esisti.
Non so se mi spiego)
Passeggiava sul marciapiede e guardava la gente intorno a
lei, fumando una sigaretta. Le piaceva guardare la gente, la trovava una cosa
interessante ed era una delle cose che le calmava i nervi e che la aiutava a
non pensare.
All’improvviso vide una mercedes rossa parcheggiata in malo
modo e il suo proprietario che se ne stava lì, appoggiato come una statua.
“Ciao!” la salutò lui, mentre lei gli passava accanto
facendo finta di non averlo visto. Ma evidentemente non aveva funzionato. Lui
l’aveva vista.
“Ciao”. Lo salutò di rimando lei debolmente.
“Sai, credevo che il gatto ti avesse mangiato la lingua”.
Disse lui sarcastico, ma Sam non riuscì a trovare niente che la facesse ridere
in quella battuta. Non perché fosse una critica su di lei, ma perché quel
ragazzo non la faceva ridere affatto, nemmeno se fosse il miglior
racconta-barzelette della contea. Semplicemente le stava antipatico. Non capiva
nemmeno bene il perché, forse erano i suoi modi, forse il suo carattere. E lei,
con quelli che non le vanno a genio, non voleva avere niente a che fare.
“Comunque…” proseguì lui vedendo che non gli rispondeva e
pensando che avesse di nuovo perso la lingua. “Ti va di venire a casa mia a
bere una tazza di thè?”
Sam pensò che una tazza di thè non era proprio quello che le
avrebbe potuto offrire e nemmeno sapeva in che casa abitasse, forse una topaia,
ma non aveva comunque voglia di venire a casa sua nemmeno se abitasse in una
reggia con cinquecento camere e con una ventina di domestici.
“No, grazie!” rifiutò lei e fece per andarsene.
Lui però la prese per un gomito.
“Aspetta! Dai, non essere scortese”. Insistè lui guardandola
accigliato negli occhi.
“Ti ho detto di no!” ripeté lei urlando. “E mollami!” e con
uno strattone si liberò il gomito.
“Scusa!” si scusò lui frustrato e un po’ arrabbiato. “Ma che
ti ho fatto di male?”
Lei ci pensò un po’ su e poi rispose con una luce perfida
negli occhi. “Sai, è più il fatto che esisti. Non so se mi spiego!”
E se ne andò.
Poi si rese conto delle sue parole. Ma che aveva detto. È
più il fatto che esisti? Ma chi gliel’aveva fatto dire? Le erano uscite
spontanee quelle parole, un ricordo le tornò alla mente, ma non voleva
ricordare, non voleva ricordare quella persona. Il fatto era che le piaceva
tormentare le persone che le stavano antipatiche, anche se non le avevano fatto
niente. Era sempre stato un suo difetto.
Ma quelle parole, quelle parole che aveva detto… perché,
perché sempre un sacco di ricordi, che voleva cancellare, dimenticare le
tornavano sempre in mente e non la lasciavano mai in pace?
SPAZIO
AUTRICE
Ciao…
eccomi tornata!!!! Lo so che ho aggiornato poco tempo fa, ma mi è venuta voglia
di aggiungere anche questo capitolo che mi sembra piuttosto carino e forse
capirete un po’ di più chi è Sam… allora, secondo voi chi è il ragazzo a cui
pensava Sam quando aveva elencato i tratti che deve avere il ragazzo ideale per
lei?? Eh… io non vi dico niente, magari fate voi qualche ipotesi lasciandomi
una recensione… e comunque pian piano ci stiamo avvicinando al capitolo clou in
cui capirete chi è veramente Sam… kiss milly…
roxy_black: ciao… sisi… jeremy nel film era interpretato da jasper di twilight… l’attore
però si kiama jackson rathbone… spero ti piaccia anke questo cap e credimi sam
nn si prenderà il raffreddore, lei è una dura… ma purtroppo devo deluderti
perkè jeremy sarà solo di passaggio… (e ki se ne frega come si scrive gay, l’impo
è ke si capisca). cmq un bacione anke a te e spero pure io di diventare una
grande scrittrice… kiss
_ki_:
ciao… ke bello avere una nuova lettrice… cmq nn sei
l’unica a pensare ke sam sia la sorella di james, ma purtroppo nn ti posso dire
se hai ragione o no perkè se no rovinerei la sorpresa… posso solo dirti di
continuare a leggere e scoprirai ke collegamento c’è tra sam e harry…. Ihihihi…
e poi grazie per i complimenti, era proprio mia intenzione rendere questa
storia molto misteriosa… e anke se nn hai visto il film nn importa, capisci lo
stesso… il film mi è servito solo come spunto… kiss…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo undici ***
Capitolo undici
(Papà lo chiamava
piccolo malandrino…)
Quando si dice, i segni del destino…
Era in un bar, seduta al bancone da sola, a bere vodka. Alex
l’aveva lasciata nella stanza d’albergo a dormire perché ieri sera si erano
addormentate tardi e un difetto di Alex era quello di dormire. Sam non capiva
come facesse a dormire così tanto, lei la considerava una perdita di tempo.
“Ciao!” la salutò un ragazzo che le si era seduto accanto.
Lei si girò verso di lui e vide che era Jeremy.
“Ciao!” ricambiò lei, sorridendogli debolmente. Stranamente
adesso non si sentiva più felice, come accadeva tutte le volte che lo vedeva.
“Come va?” le chiese.
“Bene!” rispose lei, ma ebbe la sensazione di mentire. In
effetti non si sentiva bene, non perché avesse un dolore fisico, ma… non era
felice.
“Senti, ti va di venire a casa mia? Ti offro qualcosa se
vuoi e magari ci facciamo una chiacchierata”. La invitò lui.
Wow! Un secondo invito in una settimana.
Però a differenza dell’invito di Ed, questa volta non fu
subito sul punto di rifiutare subito, anzi decise di accettare. In fondo, aveva
voglia di un po’ di compagnia e Alex non era proprio disponibile.
“D’accordo!” esclamò la ragazza e lui le sorrise contento.
“Non ti preoccupare! Pago io!” disse poi Jeremy, accennando
al suo bicchiere di Vodka.
Lui pagò e insieme uscirono dal bar.
Con la sua auto, la accompagnò fino a una piccola e graziosa
casetta un po’ più fuori dalla città con i fiori sui davanzali e un piccolo
comignolo sul tetto.
“Vieni?” le chiese lui invitandola ad entrare.
Lei lo seguì e entrarono dentro.
La casa era tutta al pianterreno, c’era un piccolo salotto
con il camino un morbido divano e anche un pianoforte. Poi c’era una cucina
luminosa e spaziosa con un tavolo rotondo su cui erano posati dei fiori.
Sam rimase lì a guardarsi un po’ intorno e notò che la casa
era in ordine e pulita e profumava di violette e menta.
“Ora ci abitiamo solo io e i miei genitori”. Disse Jeremy
rispondendo a una domanda che non aveva espresso a parole.
“Vieni?” ripeté incitandola ad andare avanti in un corridoio
su cui c’erano altre porte di legno.
Lei andò avanti e fu attirata da una porta. Si avvicinò per
aprirla, ma poi esitò e guardò verso il ragazzo.
“Puoi entrare, se vuoi”. Le disse lui dolcemente.
Lei allora, aprì la porta piano ed entrò quasi in punta di
piedi, come se non volesse svegliare qualcuno che dormiva.
Rimase sulla soglia a guardare. La stanza era illuminata
solo dalla luce del sole che filtrava dalle persiane chiuse. Però riuscì a
vedere un grande letto con le lenzuola fatte, scaffali e librerie pieni di
coppe, giocattoli, peluche e libri. I muri azzurri, un grande armadio di legno,
una scrivania…
“Era di mio fratello”. Disse Jeremy rispondendo a un'altra
domanda muta della ragazza.
Era una bella stanza, ma lei aveva come una strana
sensazione. Perché lì non c’era nessuno, perché regnava un silenzio tombale. Se
era la stanza di un bambino dovrebbe regnarvi il caos. E invece lì era tutto
così perfetto, così orribilmente pulito e ordinato.
Lei andò più avanti avvicinandosi alla finestra.
“Aveva solo dieci anni quando è stato trovato morto in un
burrone”. Disse il ragazzo. Nella sua voce non c’era traccia di malinconia o di
tristezza, era così impassibile. O aveva imparato a convivere con quella
disgrazia o si era costruito uno scudo intorno, per non farsi vedere debole. O
forse aveva raccontato quella storia a così tante persone che ormai c’era
abituato.
“M…mi dispiace”. Riuscì soltanto a biascicare Sam voltandosi
verso il ragazzo.
“Già. Ma ormai ci sono abituato. È mia madre che è rimasta
più sconvolta di tutti. Adesso fa finta di niente, ma io a volte la sento
piangere e la sorprendo qui dentro”. Disse lui, con aria un po’ più rattristata
e Sam si chiese perché stesse raccontando a lei tutte quelle cose. Cosa
c’entrava lei? Cosa poteva farci?
Poi si avvicinò al comodino e prese in mano una foto. Un
ragazzino pallidoccio, con i capelli spettinati e neri e gli occhi azzurri le
sorrideva felice dalla cornice tenendo in mano una palla.
Lei rimase incantata a guardare quella foto.
“Si chiamava Jack, ma tutti lo chiamavano Jim”. Continuò
Jeremy e Sam rimase stupita ancora con la foto in mano. “E’ stato terribile,
non vederlo più scorrazzare in giro per la casa, non sentirlo suonare il
pianoforte anche se a volte sbagliava tutte le note, non vederlo più sorridere.
Sai, era un tipo molto sorridente”.
Sam si sentiva il cuore in gola e le lacrime salirle agli
occhi. Perché, perché le diceva quelle cose?
“E che guai che combinava! Papà lo chiamava piccolo
malandrino!”
Sam non riusciva più a starsene lì, non poteva ascoltare
quelle parole che le facevano venire in mente un sacco di ricordi, non voleva
ricordare, non voleva pensare.
Mise giù la foto e biascicando un “scusa” se ne andò.
“Ma che ti prende? Che c’è?” le urlò dietro Jeremy ma lei
era già uscita. Non capiva che le prendeva, perché all’improvviso fosse
scappata così.
La ragazza intanto era già in strada che correva senza
fermarsi, asciugandosi le lacrime che le uscivano dagli occhi. Non voleva
piangere, non di nuovo, non voleva ricordare quello che per anni aveva cercato
di dimenticare. Non voleva cadere di nuovo, non voleva…
(Era un altro segno
del destino,
ma cos’altro voleva
la vita da lei?)
Si fermò soltanto quando aveva raggiunto il ponte. Guardò
giù, oltre l’orizzonte il sole stava ormai tramontando. Perché Jeremy le aveva
raccontato quelle cose, cosa significava? Era un altro segno del destino, ma
cos’altro voleva la vita da lei? Il vento si alzò e le scompigliò i capelli
asciugandole le poche lacrime che erano rimaste.
Basta! Doveva finirla, finirla con tutta quella storia, con
tutti quei ricordi che la facevano piangere, che la facevano soffrire.
Guardò giù. Il ponte era alto. Se qualcuno ci cadeva moriva
di sicuro. Si schiantava. A meno che non sapesse volare.
Le nuvole si addensarono, una piccola goccia cadde dal bordo
del ponte. Sembrava che il tempo stesse mostrando a tutti i suoi sentimenti, le
sue emozioni, sembrava che il cielo soffrisse insieme a lei.
Le sarebbe piaciuto potersi fondere insieme a quelle piccole
gocce di pioggia, diventare tutt’uno con loro, cadere e poi evaporare e tornare
di nuovo in cielo. Passare inosservata, essere una come tante altre.
Nessuno fa caso all’acqua che evapora dopo le piogge…
quando torna il sole… poco importa se anche in quell’acqua ci sono le lacrime spese a piangere per
amore… per dolore… l’acqua evapora… torna nell’aria e torna nei nostri polmoni…
respiriamo il vento che ci investe il viso… e le lacrime tornano dentro di noi…
come le cose che abbiamo perso… nulla si perde per davvero… ogni secondo che
passa… ogni luna che sorge… non fanno altro che dirci… vivi e ama quello che
sei… comunque tu sia, ovunque tu sia… guarda in alto… verso il sole… chiudi gli
occhi e non stancarti mai di sognare… la vita è troppo breve per non essere felici…
insieme…
Ma Sam ormai aveva perso
tutto per essere felice…
SPAZIO
MIO
Ciao…
allora vi è piaciuto?? Naturalmente se volete lasciare dei commenti potete
scrivere una recensione che è sempre molto gradita…
Prima
di lasciarvi volevo dirvi che il pezzo finale che ho scritto in corsivo è
tratto dal film Ho voglio di te e lo dice Step… qualcuno di voi sicuramente lo
sapeva già ma era solo per avvertirvi che non era farina del mio sacco… tutto
qui… e non vi preoccupate se ancora non riuscite a capire chi è Sam, manca
pochissimo per scoprirlo, basta che continuate a seguirmi… kiss… milly…
roxy_black: beh certo ke i
miei lettori sn intelligenti… cosa credi?? Cmq qual’era l’ultima frase ke ha
detto sam? Sai, è più il fatto ke esisti… nn so se mi spiego… era quella
giusto?? Beh, ovvio ke era memorabile… ihihihi… alla prossima e speriamo ke ti
sia piaciuto anke questo…kiss
_ki_: una ricerca sul brasile?? Bello, mi piacerebbe andarci un giorno… cmq
parlando di sirius, anzi più ke altro dei suoi okki, credo ce li abbia azzurri
in realtà perkè se vai su wikipedia c’è scritto ke ce li ha grigi qnd una
specie di azzurro kiaro… ma nn posso dirti se c’entra cn la storia, ma qst
ormai l’avrai capito da te… ma nn ti preoccupare, ancora un paio di capitoli e
cpirai tutto quindi la tua agonia nn
durerà ancora x molto…kiss e alla prossima…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo dodici ***
Capitolo dodici
(Noi siamo così
perfette.
Immacolate).
Un’altra settimana solitaria è passata. Come tutto su questo
mondo. È solitario. Semplicemente solitario.
E Sam si sentiva sola. Le mancavano tutte quelle cose che
aveva fatto da giovane, da bambina. Le mancavano quelle persone, quelle
avventure, quegli abbracci, quelle carezze.
Stava passeggiando sul bordo della strada come una
vagabonda. Ma era quello che si sentiva, una vagabonda, una cittadina del
mondo. Ma il mondo era la sua gabbia. La sua gabbia d’oro.
All’improvviso vide un’auto, una mercedes rosso fuoco che
sfrecciava accanto a lei e poi fermarsi qualche metro più in là dalla ragazza.
Si avvicinò buttando via la sigaretta che stava fumando e si
appoggiò alla portiera della auto che aveva il tettuccio aperto.
“Ciao!” la salutò Alex che si trovava sul lato del
passeggero e accanto a lei, al volante c’era Ed, con gli occhiali scuri sugli
occhi.
“Ciao!” ricambiò Sam.
“Ti vuoi unire a noi?” le chiese la bionda con fare
annoiato.
Sam attese prima di rispondere, in modo acido.
“No che non mi voglio unire a te e allo sfigato che c’è con
te”.
Non voleva parlare in modo rabbioso con Alex, ma le uscì
spontaneo.
“Senti…” cominciò Alex, anche lei in modo rabbioso. “Mi sono
stancata dei tuoi modi. Sei sempre lì a piangerti addosso, a dire quanto fa
schifo la vita. Se proprio ti sei stancata di vivere buttati giù da un ponte.
Ma la vita non è solo dolore e tristezza e depressione. Ci sono un sacco di
cose belle, basta solo cercarle. La vita è breve per non essere felici e… ah ma
perché perdo tempo con te!”
Sam la guardava meravigliata.
“Sto cercando di dirti…” continuò la bionda. “Che dovresti
imparare a lasciarti alle spalle il passato e imparare ad andare avanti. Non è
poi così difficile”. Fece una pausa, poi proseguì. “Penso che le nostre strade
qui si dividano”.
“Che intendi dire?” le chiese Sam meravigliata e
preoccupata.
“Che è ora di finirla!” le rispose Alex, poi in tono più
dolce. “Le nostre strade ora si dividono. Tu vai per la tua e io per la mia. Ma
non sto dicendo che la nostra amicizia sia finita, io ti terrò sempre nel mio
cuore. In fondo sei stata una persona importante nella mia vita. Ma a volte
arriva il momento di staccare la spina e per noi quel momento è arrivato,
adesso. E dovresti farlo anche tu”.
“Ma io cosa faccio senza di te?” chiese Sam triste.
“Qualsiasi cosa! Tu puoi fare tutto se solo ci credi”. Le
accarezzò un braccio. “Noi siamo così perfette”.
“Immacolate”. Aggiunse la mora.
Ed premette sull’acceleratore e si allontanarono. Ma avevano
fatto solo pochi metri che una macchina sbucò all’improvviso e a tutta velocità
andò a sbattere contro la
Mercedes dove si trovavano Ed e Alex colpendo proprio la
parte dove stava seduta la ragazza.
Il ragazzo riuscì ad uscire dall’auto. A parte il sangue che
gli usciva un po’ dalla testa, per il resto sembrava incolume.
Sam che aveva assistito a tutta la scena, si portò le mani
alla bocca. Le gambe cominciavano a cederle facendola cadere in ginocchio, gli
occhi che le si riempivano di lacrime, paura e incredulità, il cuore che le
batteva in gola a ritmo frenetico quasi le volesse uscire dal petto, la bocca
contorta in un urlo che non le uscì mai dalle labbra.
(Quando la morte ci
sorride non possiamo
far altro che
sorriderle di rimando)
È incredibile come la vita a volte ti può fregare. Per ogni
persona c’è una strada diversa e il destino ci fa scegliere quale prendere, ma
a volte non ci lascia neanche la possibilità di scegliere. Poi queste strade si
incrociano con quelle di un'altra persona e allora non siamo più soli, sappiamo
che avremo sempre un amico accanto. Ma, sempre per colpa del destino, arriva il
momento in cui queste strade si devono separare, in un modo o nell’altro e ti
ritrovi di nuovo da solo, ti sembra che tutto il mondo ti sia crollato addosso.
Tutti moriamo prima o poi. E anche se noi cerchiamo di
evitare in tutti i modi la morte di qualcuno non ci riusciremo mai, perché se
una persona deve morire, deve morire e basta. Non possiamo sfuggire dalla morte
e non possiamo nemmeno evitarla a qualcuno. Quando la morte ci sorride, noi non
possiamo far altro che sorriderle di rimando.
E allora sappiamo che la nostra strada si è interrotta, che
non potremo più andare avanti, anche se vorremmo proseguire.
Il nostro viaggio si è fermato, il nostro treno è giunto a
destinazione, ora possiamo scendere. O magari partire…
Ma quando scendiamo significa che è tutto finito, che il
nostro viaggio è terminato, che il nostro tempo è finito.
La vita è piena di emozioni, belle e brutte, di gioia,
felicità, allegria, amore, ma anche odio, dolore, sofferenza, tristezza.
Dobbiamo saper godere dei primi e affrontare a testa alta gli ultimi. Ma
dobbiamo saper vivere. Perché la vita è troppo breve per non essere felici…
anche se la vita, a volte ci toglie tutto e ci rintaniamo in noi stessi, nel
nostro guscio, non vogliamo più parlare con nessuno, non abbiamo voglia di fare
più niente. Vorremmo solo morire. Siamo vivi ma ci sembra di essere morti,
morti dentro. E allora che senso ha vivere? Che senso ha tutto ciò?
Per alcuni la vita è così bella, così facile, ma per altri è
così dura, così complicata.
Piangere non serve a niente, le lacrime sbiadiscono i
ricordi, sbiadiscono le immagini, ma non le cancellano. Non si può dimenticare
qualcosa che è veramente importante.
Cadiamo in un abisso, in un nulla eterno e profondo e
intorno è tutto buio, non vediamo niente. Un pozzo buio e profondo.
Basta però guardare
in alto per vedere un po’ di luce, un po’ di sole e una mano tesa ad aiutarci.
Anche quando le carte sono state giocate tutte, anche quando pensi di non
riuscirci. Ma basta la speranza, credere che tutto si risolverà. Allora la
vedi, la vedi quella mano che si tende ad aiutarti e a tirarti su.
(…e non puoi neanche
riportare indietro
la mia amica).
Sam camminava a testa bassa sul marciapiede, dove non c’era
quasi nessuno. Non le importava della gente che passava, non le importava più
di nulla ormai. Perché le sarebbe dovuto importare di qualcosa che non aveva
più.
Si avvicinò a una vetrina e notò un manichino che indossava
un vestito che avrebbe fatto invidia ad una principessa che possedeva i vestiti
più belli di tutto il mondo.
Era lungo che strisciava anche un po’ per terra, senza
spalline, cucito in modo che sembrasse avere delle scaglie verdognole. Sam se
lo immaginò addosso. Quanto le sarebbe piaciuto, ma non si poteva permettere
neanche quello. E poi per cosa lo avrebbe indossato? E per chi?
Poi vide uscire Jeremy dal negozio e avvicinarsi a lei con
un sorriso.
“Ti piace?” le chiese notando che guardava il vestito ammirata.
Lei annuì debolmente.
“Senti…” cominciò lui un po’ imbarazzato. Non sapeva come
cominciare con quel discorso. Non sapeva come l’avrebbe presa la ragazza.
Perdere un’amica era la cosa più terribile che potesse capitare ad una persona.
All’improvviso però si sentì il rombo di una moto e tutti e
due si girarono verso la strada. Videro Ed fermarsi con un piede a terra e
togliersi il casco.
“Mi dispiace per la tua amica”. Disse lui.
Che faccia tosta, pensò Sam. Certo la macchina non ce
l’aveva ma in compenso aveva una moto e la faccia tosta non gliela levava
nessuno.
“C’è qualcosa che posso fare per te?” le chiese in tono che
sembrava triste e dispiaciuto ma che a Sam parve talmente falso che le venne la
nausea.
“Non saprei… riportami indietro la mia amica oppure comprami
quel vestito”. Disse lei in tono arrabbiato e frustrato, guardandolo in viso.
Non piangeva e non voleva piangere. Era stufa, ormai aveva pianto tutte le
lacrime.
“Non me lo posso permettere”. Disse Ed in tono ancora più
dispiaciuto e falso.
“Già… e non puoi neanche riportare indietro la mia amica”. E
dicendo questo in tono sprezzante, Sam se ne andò lasciando lì i due ragazzi.
Jeremy e Ed si guardarono negli occhi con sguardo di sfida,
poi Jeremy diede una testata a Ed talmente forte che lo fece cadere a terra
svenuto. E si allontanò anche lui soddisfatto e sorridente.
Sam si sentiva così impotente, così frustrata, così
arrabbiata col mondo intero. Aveva voglia di spaccare tutto, ma si conteneva.
Almeno le era rimasto ancora un briciolo di lucidità per non dare di matto.
ANGOLINO
MIO
Mi
sa che la povera Sam la sto facendo soffrire come un cane…
Vabbè,
non vi preoccupate… arrivano per tutti i momenti felici, quelli in cui sembra
tutto risolversi alla fine, quindi quei momenti arriveranno anche per Sam.
Mi
raccomando, non perdetevi il prossimo capitolo perché ci sarà la svolta…
finalmente capirete bene chi è Sam… e mi raccomando, ricordatevi di lasciare
anche una recensione.
Kiss…
roxy_black: non direi proprio
di essere sadica e nn faccio mai soffrie i miei protagonisti, almeno anke se li
faccio soffrire alla fine sono di nuovo felici…ihihihih… continua a seguirmi kiss
_ki_: sn contenta ke la storia ti piaccia e spero ke continui a piacerti… cmq resta
pure della tua convinzione, tanto nel prossimo capitolo scoprirai tutto… e sn contenta
anke ke la tua ricerca sia andata bene…kiss…milly…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo tredici ***
Capitolo tredici
N.B.
vi consiglio di leggere questo capitolo ascoltando Sally di Vasco
Rossi…
(Un vestito
principesco,
per una piccola
principessa.)
Entrò nella sua stanza d’albergo e trovò un vestito coperto
da una busta di plastica sul suo letto. Era quello che aveva visto in vetrina
del negozio dove lavorava Jeremy.
Si avvicinò e vide che sopra c’era un biglietto che diceva:
“Un vestito principesco, per una piccola principessa”. E poi una firma: Jeremy.
Mise giù il biglietto e prese in mano il vestito. Era ancora
più bello visto tra le sue mani.
(E’ troppo facile
farla finita.
No, se sei troppo
codardo per farlo. E io lo sono)
Sedeva sul ponte con le gambe scalze penzoloni. Era alto si
e no trenta metri, ma non le faceva mica paura l’altezza. Il sole stava tramontando,
un altro giorno stava per finire. Il vento le scompigliava i lunghi capelli
scuri e il vestito lungo che aveva ricevuto in regalo da Jeremy.
In mano teneva una sigaretta e guardava un punto
dell’orizzonte. Era bello vedere come i raggi del sole al tramonto dipingevano
il cielo di rosso e arancione, quasi dorato.
Una macchina si fermò dietro di lei, ma lei non ci fece
caso, nemmeno quando Jeremy le si avvicinò.
Lei continuò a fumare, tutti e due in silenzio.
“Mio fratello James è morto quando avevo diciassette anni e
da allora niente è stato più lo stesso”. Disse lei ad un tratto, in tono
neutrale quasi fosse abituata a raccontare quella storia a tutti, invece lui
era la prima persona a cui lo raccontava, dopo Alex. Non capiva da dove venisse
tutta quella voglia di confidenza, forse perché lei e Jeremy soffrivano per la
stessa cosa.
“Niente rimane lo stesso quando una persona muore”. La
consolò lui guardando per terra.
Lei inspirò un’altra boccata di fumo dalla sigaretta e
proseguì.
“Darei di tutto pur di tornare indietro”.
“E invece il tempo è l’unica cosa che non si può
controllare”.
“La mia vita non ha più un senso, non so più che fare.
Allora mi sembrava tutto un sogno, ero così felice, ma questa felicità è andata
a sfottersi ed è da dieci anni che scappo dal passato, dalla mia vita, per non
dover rivivere quei ricordi, per dimenticarli, per cancellarli”.
“Non credi che sia ora di smettere di scappare?” le chiese
lui.
Sam, per tutta risposta buttò via il mozzicone di sigaretta
e disse:
“Sai, se decidessi di buttarmi giù da questo ponte, come ho
fatto con questo mozzicone di sigaretta, beh, non so dirti di preciso che cosa
succederebbe. Mi schianterei al suolo, mi ridurrei in tanti pezzettini e
polvere, diventerei un tutt’uno con il suolo e con i sassi. E di me non
rimarrebbe niente, solo polvere e ossa, non ci sarebbe nemmeno il ricordo di
me, perché ormai non c’è più nessuno che mi possa ricordare. Ormai sono rimasta
sola, sola in questo mondo dimenticato da Dio, in questo mondo che ormai è
andato a puttane e qualsiasi cosa io faccia, non potrebbe cambiare niente,
niente più cambierà. Niente. Io sono niente, nessuno mi conosce, nessuno mi
pensa, nessuna piangerà per me. Perché allora sono qui? Perché il destino non
si è preso anche me? È crudele, il mondo è crudele. Quasi invidio mio fratello,
che se ne è andato e non deve vedere la sofferenza che c’è qui. In questo mondo
di merda”.
“Sbagli. La vita è piena di sorprese, di cose belle, basta
guardarsi intorno, non è sempre tutto perduto…”
“No, sei tu che sbagli. Cosa faresti se tutto ciò per cui ha
un senso vivere, per cui tu daresti anche la vita, se ne va, lasciandoti da
solo, a combattere contro il dolore, la sofferenza, la solitudine. No, è
inutile, è inutile continuare a combattere quando si sa che hai perso, è solo
una sofferenza inutile, continuare a vivere”.
“Ma c’è sempre qualcosa che si può fare. Basta continuare a
sperare…”
“Ho già sperato anche troppo, ormai è morta anche quella.
Tutto, qui è morto. L’unica cosa che adesso mi rimane da fare è saltare giù da
questo ponte e farla finita, è inutile che io continui a esistere, sarebbe solo
uno spreco, una perdita di tempo. La vita mi ha già tolto molto è ora che mi
tolga di mezzo anche io. Nessuno mi impedisce di buttarmi giù”.
“Ma non puoi farlo sul serio, non puoi farla finita così.
Sei giovane, hai ancora tempo per…”
“Per cosa? Rimediare? E a che cosa?”
“La vita è preziosa. Non puoi sprecarla così…”
“Forse sono troppo codarda per farlo. Non sono coraggiosa
come mio fratello. Lui si è sacrificato per qualcun altro, ha fatto la sua
scelta, è morto per salvare qualcun altro. Volevo esserci io al posto suo”.
“E allora non pensi che dovresti vivere per lui? Lui non lo
vorrebbe…”
“Che ne sai che cosa vorrebbe? Nessuno ormai sa che cosa
vorrebbe dato che è morto!”
“Ma tu lo ricordi ancora. Finché lo ricorderai non sarà
morto… non è tutto inutile…”
“La mia vita è già
inutile”.
“E’ troppo facile farla finita”.
“No, se sei troppo codardo per farlo. E io lo sono”.
(Tutti hanno dei
momenti di codardia,
fa parte dell’essere
umano)
Camminava nel vento pungente di metà febbraio. Ma non era di
certo il vento a darle fastidio.
Era tornata a casa, quella era la sua casa. In fondo ne
aveva sentito molto la mancanza. Aveva tentato di scappare da tutto e tutti e ora
si era ritrovata di nuovo lì, in quella città, in quel mondo che era uno dei
luoghi in cui aveva vissuto i suoi sogni, le sue avventure.
Quei negozi pieni di oggetti magici, passava vicino alle
vetrine e si ricordava che lì ci era stata, molto tempo fa e che allora era
tutto più semplice, non c’erano tutti quei problemi, non c’era motivo di
scappare. E poi perché scappare? Solo i codardi lo fanno e lei non era mai
stata una codarda, ma in quel momento, purtroppo lo è stata anche lei. Tutti
hanno dei momenti di codardia, fa parte dell’essere umano.
Ora, si trovava di nuovo lì. Alla fine è stato inutile
scappare.
Sapeva quello che doveva fare, quello che forse avrebbe
dovuto fare anni fa, ma non lo aveva fatto per un momento di debolezza. Si era
voluta prendere una pausa, un distacco.
Per prima cosa sarebbe andata lì, nel posto dove tutto era
finito, doveva incontrare una persona, doveva salutarlo, doveva dirgli tutto
quello che avrebbe voluto dirgli tantissimo tempo fa.
E ora, mentre camminava mimetizzandosi con tutta quella
gente intorno a lei pensava a cosa dirgli. I capelli sempre sciolti per essere
accarezzati dal vento. Aveva soltanto un vestitino nero attilato che le
arrivava alle ginocchia, un copri-spalle abbinato e un paio di stivali col
tacco che le arrivavano al di sotto del ginocchio. Ma non aveva freddo, forse
perché era abituata al freddo e al vento tipici di Londra. Forse era per questo
che le piacevano di più i posti caldi. Perché non c’era freddo.
Arrivò davanti ai cancelli del cimitero, ma esitò un attimo
prima di entrare. Forse non era pronta a rivivere tutto, a ricordare tutto. Ma
chi se ne frega, aveva aspettato anche troppo! È arrivato il momento di
mettersi il cuore in pace.
Aprì il cancello su cui era scritto: Godric’s Hollow
Cemetery ed entrò.
Sapeva dove doveva andare, c’era stata soltanto una volta,
più di dieci anni fa, ma se lo ricordava perfettamente. E in fondo, come poteva
dimenticarsi l’esperienza più brutta di tutta la sua vita.
Cominciò a camminare un po’ timorosa in mezzo a quelle bare,
quelle statue e quelle croci. Non le erano mai piaciuti granché i cimiteri, le
mettevano su inquietudine.
E poi la trovò, la tomba che cercava.
Si avvicinò lentamente, non c’era nessuno intorno, almeno,
non c’era anima viva.
Si sedette sopra la tomba di marmo e rimase un attimo in
silenzio prima di cominciare a parlare.
“Ciao fratellone. Eccomi qua! Credevi che non sarei mai
venuta, vero?” cercava di essere allegra, perché sapeva che suo fratello non
avrebbe voluto vederla piangere, che vorrebbe che lei fosse felice, ma il tono
di voce le uscì tutt’altro che felice.
“Mi manchi tantissimo lo sai? Mi mancano le nostre
scorazzate in giro per la città e tutte quelle cose che facevamo insieme. Ti
ricordi il nostro cavallo? Aveva un bellissimo manto colore cioccolato e noi lo
chiamammo Chocolate e lo cavalcavamo sempre, facevamo sempre le corse coi
cavalli. Io mi divertivo così tanto. E ti ricordi anche quando abbiamo visto
quel film d’amore che a me era piaciuto tanto in cui la protagonista si chiamava
Sally ed era bellissima e a me sarebbe tanto piaciuto essere come lei. E tu
allora hai detto che io ero ancora più bella di lei e hai cominciato a
chiamarmi Sally e mi hai dedicato la canzone Sally, di Vasco Rossi, te lo
ricordi vero?” alcune lacrime le affiorarono agli occhi ma lei le ricacciò
indietro. Poi riprese, con voce spezzata. “Guardavamo sempre i film horror
insieme e io mi tenevo così stretta a te perché mi sentivo al sicuro, protetta.
Erano i momenti più belli di tutta la mia vita. Starti vicino, sapere che eri
sempre lì, accanto a me, che mi proteggevi. Perché io ti volevo bene e te ne
voglio anche adesso, ma tu sei così lontano. E poi, prima del tuo matrimonio,
ci siamo messi sotto le stelle a guardare il cielo e tu hai detto che la stella
più luminosa l’avresti chiamata Sally così che io tutte le volte che mi sentivo
sola e triste avrei soltanto alzato lo sguardo, avrei visto quella stella e
avrei saputo che tu eri sempre vicino a me, che non mi avresti mai lasciata
sola. Ma il fatto è che adesso mi sento così sola, così triste e tu mi manchi
tanto”. Una lacrima solitaria le scese per la guancia, ma lei la asciugò con la
manica. “Vorrei poterti abbracciare di nuovo, vorrei poterti stringere e fare
di nuovo le corse coi cavalli, scorazzare in giro, giocare a Quidditch”. Fece
una pausa e poi riprese. “Eri il migliore. Eri il migliore fratello del mondo e
sono sicura che saresti stato anche il papà migliore del mondo. E lo so che
forse tu ti aspettavi che io mi prendessi cura di tuo figlio, ma avevo solo
diciassette anni e andavo ancora a scuola e… ed è stato tutto così… così
orribile. Non sai che cosa darei per tornare indietro, per correggere i miei
errori, per non rifare gli stessi sbagli. Ma forse posso fare qualcosa adesso,
insomma, meglio tardi che mai, no? Tu dicevi sempre di guardare avanti,
qualsiasi cosa accada, guarda avanti e a testa alta. Adesso io voglio fare
così. Andrò avanti e farò quello che avrei dovuto fare molto tempo fa. E
perdonami se non sono stata una brava sorella, se forse avrei potuto fare
qualcosa e che invece non ho fatto”. Si asciugò un’altra lacrima, quando
all’improvviso cominciarono a cadere delle gocce dal cielo grigio e nuvoloso.
“Ciao James. Ti voglio bene”.
Infine, dopo aver accarezzato la scritta James Potter sulla
tomba, si alzò quando ormai la pioggia si faceva sempre più fitta. Cominciò a
camminare per ritornare al cancello e uscire dal cimitero.
Intorno a lei era tutto silenzioso, si sentiva solo il
rumore sei suo passi sul selciato e della pioggia che continuava a cadere
bagnandole il viso e i capelli e tutto e lacrime cominciavano a scenderle
mescolandosi con la pioggia e bagnando i suoi grandi occhi nocciola… e pensava…
Sally cammina per la strada senza nemmeno guardare per
terra, Sally è una donna che non ha più voglia di fare la guerra, Sally ha
patito troppo, Sally ha già visto che cosa ti può crollare addosso, Sally è già
stata punita per ogni sua distrazione, debolezza,
per ogni candida carezza, tanto per non sentire l’amarezza
Sam camminava sulla ghiaia, camminava ma non guardava, non
guardava da nessuna parte. Si sentiva così stanca, non aveva più voglia di fare
niente, non aveva voglia di combattere per qualcosa che ormai aveva perso. Ha
già sofferto troppo, non le andava di soffrire ancora, si sentiva già il mondo
intero crollarle addosso. La vita l’aveva punita anche troppo, per tutti i suoi
errori, per tutti i suoi sbagli.
Senti che fuori piove, senti che bel rumore. Sally cammina
per la strada sicura senza pensare a niente, ormai guarda la gente con l’aria
indifferente. Sono lontani quei momenti, quando lo sguardo provocava
turbamenti, quando la vita era più facile e si potevano mangiare anche le
fragole perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra
la follia, sopra la follia.
Intanto continuava a piovere e il rumore della pioggia la
faceva rilassare, la faceva smettere di pensare. Continuava a camminare e non
pensava a niente. Non c’era nessuno intorno a lei, ma anche se ci fosse stato
qualcuno non le sarebbe importato. Ormai non le importava più della gente che
passava. Ormai quei bei momenti felici che aveva vissuto, in cui aveva fatto
tutte le cose più belle che si possono fare nella vita, erano così lontani.
Sembrava tutto così lontano, quando uno sguardo ti rendeva felice, quando stavi
con gli amici e quando ridevi con loro e ti divertivi.
Senti che fuori piove, senti che bel rumore. Ma forse
Sally è proprio questo il senso, il senso del tuo vagare, forse davvero ci si
deve sentire alla fine un po’ male.Forse alla fine di questa triste storia
qualcuno troverà il coraggio per affrontare i sensi di colpa e cancellarli da
questo viaggio per vivere davvero ogni momento
con ogni suo turbamento e come se fosse l’ultimo.
La sua vita è diventata solo un continuo vagare e che senso
ha avuto? Si sentiva ancora male, ma forse è questo che la vita ha voluto da
lei, che alla fine si sentisse male. Forse, quando tutto questo sarà finito,
quando non ci sarà più tristezza in giro, qualcuno saprà come affrontare tutto
ciò che di brutto è accaduto nel mondo e sconfiggerà i sensi di colpa. E allora
si potrà ricominciare a vivere e vivere ogni giorno della vita come se fosse
l’ultimo, godendone a pieno.
Sally cammina per la strada leggere, ormai è sera, si accendono le luci
dei lampioni, tutta la gente corre a casa davanti alle televisioni. Ed un
pensiero le passa per la testa, forse la vita non è stata tutta persa, forse
qualcosa s’è salvato, forse davvero non è stato poi tutto sbagliato, forse era
giusto così, forse ma forse ma sì.
Cosa vuoi che ti dica io, senti che bel rumore.
Sam camminava sotto la pioggia leggera, si sentiva leggera,
ma allo stesso tempo pesante come se trasportasse un grosso peso con sé. Ma
forse non tutto quello che ha fatto, quello che le è successo è stato sbagliato,
forse doveva finire così, forse alla fine tutto si sistemerà, forse… forse la
pioggia cancellerà tutto e si potrà ricominciare a vivere.
Ascolta…
La pioggia…
SPAZIO
AUTRICE
Ebbene
sì ragazzi… la nostra cara Sam è la sorella di James Potter come forse alcuni
di voi avranno già capito… e secondo voi cosa succederà adesso?? Lo saprete
solo se continuate a seguirmi e se recensirete in tanti, tanti e tanti…
Io
ringrazio anticipatamente chi leggerà questa storia e ringrazio anche Vasco
Rossi per la bellissima canzone Sally che mi ha fatto da colonna
sonora e mi è servita da ispirazione del capitolo…
Adesso
vi lascio e ricordatevi di lasciare un commento… kiss… milly…
_ki_: ciaooooooo…. Eh sì a quanto pare tu avevi indovinato riguardo a Sam…cmq
anke a me stava antipatico Ed per questo l’ho fatto pikkiare da jeremy… e
invece per Alex di spiace anke a me ma in qualke modo dovevo farla andar via
perkè adesso per Sam sta per iniziare una nuova vita, senza Alex… e nn ti
preoccupare vedrai ke tornerà felice anke lei e devi ancora vedere con ki…
ihihihi… kiss… alla prossima…milly…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo quattordici ***
capitolo quatordici 1
(E’ incredibile…
come cambiano le cose…)
Si allontanò dal cimitero e si diresse verso un pub vicino a
Diagon Alley. La prima fase del suo progetto era fatta; non era stato poi così
terribile. Adesso bastava andare avanti.
Entrò nel pub completamente zuppa d’acqua mentre fuori
pioveva ancora e si sedette al bancone.
Un uomo dai capelli biondo cenere dall’aria un po’
trasandata nonostante sembrasse ancora molto giovane e attraente le chiese:
“Cosa vuole?”
Lei tenendo sempre lo sguardo basso rispose: “Una vodka!”
Ad un tratto però una scintilla le comparve nella mente, un
ricordo. Quella voce le sembrava già di averla sentita da qualche parte e anche
quel viso e quello sguardo non le erano sconosciuti.
Lo stesso sembrava averlo pensato anche quell’uomo perché,
quando lei tirò su lo sguardo per vederlo meglio, lui la stava fissando e i
suoi occhi nocciola si scontrarono con quelli castano dorati dell’uomo. Un
momento… occhi dorati?
“Remus!?” esclamò all’improvviso la ragazza.
“Samantha!?” anche lui sembrava averla riconosciuta.
I due rimasero a bocca aperta. Certo che non si aspettavano
di incontrarsi proprio lì. E così…
“WOW! Che ci fai qui?” gli chiese lei sorpresa, ma contenta
di vederlo. Era da tanto tempo che non si vedevano, da quando lei aveva deciso
di andare via.
“Beh, come puoi vedere, ci lavoro. Ma tu? Non te n’eri
andata?”
Le stava sorridendo, quel sorriso dolce che solo Remus
poteva avere, che solo lui sapeva regalare alla gente, quel sorriso che a Sam
era sempre piaciuto.
“Io? Beh, ho deciso di tornare”. Gli rispose lei
semplicemente. “Mi era mancato il Mondo Magico e stare tra i Babbani mi aveva
stufato”.
Lui la guardò dolcemente.
“Sei fradicia”. Le disse piano notando che aveva tutti i
capelli bagnati.
“Oh, ho camminato sotto la pioggia. Mi piace. Ma non
importa”. Si giustificò lei. Di sicuro essere completamente bagnati a metà
Febbraio non era la cosa migliore, ma a lei non importava molto.
“Che cosa ti ha riportata qui?” le chiese il licantropo
distogliendo lo sguardo dal suo viso, nel quale si stava quasi incantando.
“Una persona. Voglio fare quello che avrei dovuto fare molto
tempo fa”. Rispose lei malinconicamente. Fra i due cadde il silenzio, poi Remus
le chiese un po’ titubante: “Harry? Il figlio di James?”
Lei trasse un profondo sospiro e rispose: “Sì. È a Hogwarts,
vero?”
“Sì” rispose Lupin. Poi aggiunse: “L’anno scorso ho
incontrato Sirius Black” ha questo nome Sam strabuzzò gli occhi, ma lasciò che
l’amico proseguisse: “E’ scappato da Azkaban e adesso si sta nascondendo da
qualche parte. Non è stato lui a tradire James e Lily, ma Peter Minus. Alla
fine James ha scelto lui anziché Sirius perché pensava che non avrebbero mai
capito che fosse il piccolo Minus e invece…” Remus si interruppe e la ragazza
disse guardando un punto impreciso del bancone:
“L’ho sempre saputo. Me lo sentivo che non poteva essere
stato Sirius. Lui e James erano così legati, erano come fratelli. Sirius non
sarebbe mai stato capace di una cosa simile”.
Remus annuì semplicemente, con sguardo vacuo.
“Harry, lo sa?” chiese poi Sam.
“Di Sirius? Sì e gli vuole bene. Ma non sa niente di te e
non so come la prenderà, però forse sarà contento di venire a vivere con te.
Odia i Dursley e loro non è che lo trattino bene. A proposito qualcuno lo ha
iscritto al Torneo Tremaghi”.
“Come qualcuno?” chiese Sam strabuzzando gli occhi.
“Ha solo quattordici anni e non può partecipare chi ne ha
meno di diciassette, però qualcuno ha iscritto lui. Non si sa chi, ma chi lo ha
fatto non ha buone intenzioni”.
Sam rimase un attimo perplessa.
“Ma è pericoloso”. commentò alla fine la ragazza.
“Sì, ma a Bourty Crouch interessano solo le sue regole”. Le
rispose il licantropo.
Sam sbuffò, poi chiese preoccupata: “Tu stai bene, Monny?
Non hai una bella cera, la luna piena non ti fa bene, eh?”
Lui le sorrise e rispose: “Tranquilla, sto bene. E tu Sam? »
« Sì ! » mentì la ragazza. Non era vero, non
stava granché bene. Ma avrebbe cercato di dimenticare tutto quello e di andare
avanti.
“Senti…” cominciò Remus. “Se vuoi andare ad Hogwarts, ti
posso accompagnare. Harry mi conosce, quindi forse…”
“No, non serve! E poi ci andrò fra qualche giorno, prima
pensavo di sistemare un po’ la casa dei miei genitori e poi di andare a trovare
la mamma in ospedale, sai…”
Remus annuì semplicemente e i due rimasero di nuovo in silenzio. Poi il
licantropo le disse dolcemente spostandole una ciocca di capelli dagli occhi.
“Sai, non sei cambiata molto, a parte le lentiggini… non ne
avevi così tante da piccola”.
Sam sorrise. Era sempre così dolce Moony, sapeva sempre
trovare le parole giuste per raddolcirti e consolarti, era come il miele.
“Da piccola. Già tu mi conosci da quando avevo otto anni”.
Gli ricordò lei.
“Me lo ricordo la prima volta che sono venuto a casa tua”.
Lei rise ricordando i bei momenti passati. “Già tu James,
Sirius e Peter ne avete combinate di tutti i colori”.
E si misero a ridere di nuovo.
“E’ incredibile…” commentò alla fine Remus, tornando serio.
“Come cambiano le cose…” aggiunse Sam.
“A proposito, la vuoi ancora la Vodka?” le chiese poi il
licantropo ricordandosi che lei aveva fatto un ordinazione.
“Oh, no grazie. Mi è passata la voglia. Forse è meglio se
adesso vado!” rispose lei alzandosi dalla sedia.
“D’accordo. Allora, ci vediamo”. La salutò Lupin.
“Sì, sai dove trovarmi”.
E così dicendo la ragazza uscì dal locale nell’aria pungente
dell’inverno. Per fortuna che aveva già smesso di piovere.
(Penso che debba
tenerlo tu…)
Era passata una settimana da quando Samantha era tornata a
casa sua, dove una volta aveva abitato con i suoi genitori e con suo fratello.
Non l’aveva trovata molto trasandata; il giardino era
rimasto quello di sempre perché suo padre se ne prendeva sempre molta cura e
aveva messo un incantesimo perché l’erba non crescesse troppo e rimanesse tutto
così, almeno finché non toglieva l’incantesimo e decideva di cambiare, magari
piantando qualche altra pianta. Davanti alla finestra di camera sua, per
esempio, erano piantate delle bellissime rose rosse perché lei le ha sempre
amate le rose rosse e così suo padre un giorno aveva deciso di piantare una
pianta di rose rosse proprio sotto la finestra di camera sua, così che avesse
una bella visuale.
Nemmeno all’interno era messa molto male, c’era un po’ di muffa
e parecchia polvere, ma con qualche colpo di bacchetta era riuscita a sistemare
tutto e aveva dato aria ai tappeti e alle lenzuola.
In pochi giorni la casa era tornata a splendere come prima.
Aveva recuperato la bacchetta in un cassetto della sua stanza.
Pensava di essere un po’ arrugginita con la magia e invece le era riuscito
tutto bene, era sempre stata una strega eccellente, quando andava a scuola e
anche dopo, specialmente in Difesa Contro le Arti Oscure, per questo aveva
deciso di diventare Auror.
Ma dopo quel disastro di quella notte di Halloween che non
era mai riuscita a dimenticare, non ce l’ha fatta più e aveva deciso di
abbandonare il Mondo Magico per vagare in giro tra i Babbani. In fondo le era
sempre piaciuto viaggiare senza una meta precisa. E chissà cosa l’avesse spinta
a ritornare lì.
Forse tutti quei strani sogni che faceva. Continuava a
sognare suo fratello, le cose che aveva fatto in passato con lui e dopo ad un
tratto si ritrovava in un posto strano, buio e umido che sembrava una prigione
e si risvegliava di soprassalto.
Adesso però si stava preparando per andare ad Hogwarts.
Mise un paio di jeans scuri e una felpa rossa e uscì di
casa.
Il sole stava quasi per calare, non sapeva bene se venire di
giorno o di sera, ma poi decise per la sera, perché almeno non c’erano lezioni.
Si smaterializzò nei pressi del castello e si avvicinò al
grande cancello che dava l’accesso alla scuola di Magia e Stregoneria più
famosa di tutto il mondo Magico.
Ad un tratto vide uscire dall’interno un uomo basso,
sciupato che stava zoppicando verso la ragazza e quando si avvicinò abbastanza
al cancello Sam lo riconobbe come Argus Gazza, il vecchio custode che era lì
anche quando lei andava a scuola.
“Chi è?” le chiese il vecchio ometto, anzi, più che altro le
bofonchiò contro.
“Sono Samantha Potter e vorrei parlare con Albus Silente”.
Rispose lei paziente.
Il vecchio custode la squadrò dall’alto in basso e a Sam
parve che la stesse annusando, poi aprì il cancello e la fece entrare.
Senza dirle niente cominciò a dirigersi verso l’ufficio del
Preside e lei lo seguì come un cane obbediente. C’erano alcuni studenti che
giravano in giro per la scuola, alcuni in piccoli gruppetti, altri tenendo dei
libri sotto il braccio.
Arrivarono davanti al grande gargoyle di pietra che stava
davanti alla porta dell’ufficio del preside. Il custode diede la parola
d’ordine e lasciò che la ragazza procedesse senza di lui. Sam salì sulla scala
a chiocciola e si trovò davanti alla porta dell’ufficio del Preside. Bussò un
paio di volte e quando sentì dire avanti, entrò dentro, con passo fermo e
deciso.
Il preside era seduto sulla sua poltrona da preside, con la
barba bianca che gli arrivava quasi alla pancia e la veste dorata che scendeva
fino ai piedi. Al suo fianco stava come sempre la professoressa McGranitt e
c’era anche Malocchio Moddy che scrutava tutta la stanza con l’occhio magico.
Quando i tre la videro si girarono tutti verso la ragazza e
Silente la fissò dai suoi occhiali a mezzaluna, forse tentando di ricordare
dove l’avesse già vista.
“Buonasera, professor Silente, sono contenta di rivederla.
Oh, e c’è anche lei professoressa McGranitt”. Salutò la ragazza allegramente i
due professori con un sorriso.
La
McGranitt sgranò gli occhi quando riconobbe la ragazza ed
esclamò: “Samantha Potter!”
“Esattamente io! Sono contenta di vedere che qualcuno si
ricorda ancora di me”.
Anche Silente parve stupito dal rivedere una delle sue
vecchie studentesse che non vedeva da un sacco di tempo e che forse mai si
sarebbe aspettato di rivedere.
“Samantha Potter,
eh?!” ripeté Silente come per accertarsi della verità di questo nome.
Sam continuò a sorridere e a guardare Silente dritto nei
suoi occhi azzurri.
“Da quanto tempo non ho il piacere di incontrarla!” disse il
preside sorridendo a sua volta anche lui. “Che cosa la porta qui?”
“Una persona e lei sa bene chi, immagino”. Rispose la
ragazza, facendo un sorriso malandrino che ricordava tanto quello di James.
“Intende il giovane Potter?” stavolta fu la McGranitt a porre la
domanda.
“Proprio così. In fondo dovrei conoscere il figlio di mio
fratello, no?”
Nella stanza all’improvviso cadde il silenzio, un silenzio
interrotto soltanto dai pigolii della fenice Fanny, che se ne stava comodamente
sdraiata sul suo trespolo e anche dal mormorare dei quadri con i presidi appesi
alle pareti che si scambiavano commenti su quello che stava accadendo.
“Immagino che Harry Potter sarà lieto di accettare il suo
invito”. Disse ad un tratto Silente come se avesse appena letto nella mente di
Sam. Era sempre un mistero come facesse Silente a sapere tutto su quello che
volevano fare gli altri.
“Professore, lei mi stupisce sempre”. Fu il commento della
ragazza.
Il preside sorrise come se lei gli avesse appena fatto un
bel complimento.
“Allora, immagino che io non debba fare niente”. Disse
Silente.
“No, sono solo venuta per chiederle il permesso di vedere
mio nipote”.
“Professoressa, sarebbe così gentile da accompagnare la
nostra visitatrice nella Sala Comune di Grifondoro?” chiese Silente alla
McGranitt che annuì sorridendo e disse alla ragazza di seguirla.
Prima che uscisse, Sam si girò un attimo verso Moody che se
ne stava lì e che non aveva neanche spiccicato parola da quando lei era
entrata. E poi si chiese che cosa ci stava a fare lui lì.
Ma non ci stette a riflettere molto e continuò a camminare
accanto alla professoressa di Trasfigurazione finché non giunsero alla Sala
Comune di Grifondoro.
Quando entrarono, trovarono la Sala stranamente vuota a
parte due ragazzi e una ragazza che se ne stavano comodamente seduti sulle
poltrone vicino al camino.
“Potter, hai visite!” disse la professoressa rivolta ad un
ragazzo con i capelli spettinati, gli occhi verdi e gli occhiali tondi sul
naso.
Lo sguardo del ragazzo si voltò verso Sam e la professoressa
e così fecero anche il ragazzo coi capelli rossi e la ragazza coi boccoli biondi.
Il cuore di Sam fece un tuffo quando vide Harry.
“Vi lascio soli”. Disse la McGranitt e uscì.
Sam e Harry rimasero un attimo lì a guardarsi non sapendo
bene né che fare, né che dire.
La ragazza notò che Harry era molto simile a suo fratello
James, tranne per gli occhi verdi e la cicatrice sulla fronte e a Sam venne in
mente i giorni in cui lei e suo fratello trascorrevano in quella Sala Comune.
“Sai…” cominciò lei passandosi una mano tra i capelli. “Mi
ricordo come se fosse ieri quando io mi trovavo in questa stessa Sala Comune
insieme a tuo padre, Harry”.
Il ragazzo sgranò gli occhi quando lei menzionò suo padre.
Possibile che lo conoscesse?
“Lei… lei ha conosciuto mio padre?” chiese Harry meravigliato.
“Se conoscevo James? Lo conoscevo come le mie tasche, il mio
adorato fratellino”. Disse lei, neanche rendendosi conto che aveva detto
“fratellino” e che Harry aveva quasi fatto un balzo a questa parola.
“Cosa?”
Adesso anche gli altri due la guardavano confusi.
Sam attese un attimo prima di continuare.
“Lo so che ti sembrerà strano, ma è la verità. Io sono
Samantha Potter, la sorella di tuo padre”.
Harry sgranò gli occhi e il suo cuore cominciò a battere
forte; era emozionato, confuso e anche un po’ spaventato. Che doveva fare? Le
doveva credere?
“Senti…” continuò Sam. “… mi dispiace se non sono venuta
prima, lo so, forse avrei dovuto, ma…” la ragazza non sapeva come continuare.
Poi gli prese una mano e lo guardò negli occhi. Occhi verdi negli occhi nocciola.
Sam aveva gli occhi nocciola proprio come suo padre, pensò Harry, e gli
somigliava molto anche, aveva anche lei i capelli scuri e disordinati.
“Sono stata via per molto tempo perché volevo dimenticare,
volevo abbandonare tutto ma adesso sono ritornata… per te”. Concluse e gli
sorrise, un sorriso dolce che racchiudeva tutto il suo amore per quel ragazzo,
l’unico ricordo di suo fratello.
“Se non mi credi puoi chiedere a Silente o a qualunque altro
insegnante di Hogwarts”. Gli disse lei.
“No, ti credo!” sbottò lui. Nemmeno sapeva come faceva a
crederle, ma aveva una strana sensazione che quella ragazza dicesse la verità,
che non fosse una bugia anche se non ne aveva le prove. Ma le credeva.
Lei gli sorrise di nuovo. Le credeva e non l’aveva presa
male per la sua lontananza, per non essersi mai fatta viva.
Lei si alzò e si avvicinò alla finestra. Non sapeva che
altro dire, lui le credeva, le bastava quello, per ora.
“Raccontami qualcosa!” le chiese lui, mentre lei stava
guardando fuori dalla finestra, il sole che ormai era calato e aveva oscurato
tutto il cielo. Le aveva chiesto di raccontarle qualcosa, evidentemente si
riferiva a suo padre, forse voleva avere delle prove o forse, semplicemente,
voleva sapere qualcosa della vita del padre che non aveva mai conosciuto.
“Vediamo…” cominciò lei, facendosi pensierosa. “Una volta
io, James e Sirius abbiamo fatto uno scherzo a Gazza, ma poi la McGranitt ci ha messo in
punizione tutti e tre. Tuo padre non voleva coinvolgermi, ma io lo costretto.
Non me ne fregava molto delle conseguenze”.
“E che scherzo era?”
“Avevamo lanciato delle caccabombe davanti al suo ufficio e
quando lui è uscito ci è scivolato sopra e ha strisciato lungo tutto il
pavimento finché non è giunto sotto ad una porta sopra alla quale intanto ci
avevamo piazzato un secchio di vernice che gli è caduto addosso”.
Harry e Ron risero, Hermione invece rimase seria.
“Che risate che ci siamo fatti!” esclamò poi mettendosi a
ridere anche lei, ricordando i bei tempi.
“A proposito di Sirius…” cominciò Harry, tornando serio.
“Lo so già!” lo interruppe lei. “Me l’ha raccontato Remus”.
Harry annuì.
“Senti, si sta facendo tardi e io devo tornare a casa”. Gli
disse Sam e lui abbassò la testa deluso.
“Ti faccio una proposta: perché non vieni a vivere con me?”
gli chiese.
Harry spalancò la bocca. “Puoi pensarci un po’ prima, poi mi
mandi una lettera, ok?”
“Certo che vengo a vivere con te!” sbottò lui. Non aveva
intenzione di vivere ancora con i Dursley.
Lei gli si avvicinò e si tolse la collana che portava sempre
al collo. Gliela mise in mano e gli chiuse il pugno.
“Penso che debba tenerla tu”. Gli disse e dopo un ultimo
dolce sorriso, uscì, lasciando il povero Harry confuso e un po’
emozionato.
ANGOLINO
PRIVATO
Ed
ecco fatto… pure l’incontro tra Harry e Sam.
Lo
so che forse sarebbe stato normale se Harry se la fosse presa con Sam per non
essersi mai fatta viva, ma non volevo fare un Harry incazzato anche perché poi
non avrei saputo come farla perdonare dal nipote.
Ma
avete letto attentamente una parte del discorso tra Sam e Remus?? Io non vi
dico niente, lascio a voi le ipotesi e il beneficio del dubbio, comunque non
preoccupatevi, tutto si chiarirà…
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto e che recensirete in tanti anche perché non
mi sembra che questa fanfic abbia molto successo però a me piace molto e vorrei
mandarla avanti.
E
dovete ancora vedere che cosa succederà più avanti…
Ora
vi lascio e ho anche una piccola sorpresina per voi!!!!!
Qui
ci sono alcune foto di Sam su come vorrei che fosse… spero vi piacciano e
lasciate un commentino anche sulle foto.
Kiss,
milly…
http://img518.imageshack.us/img518/5682/e345d7deb132188di3vj7.jpg
http://upapasosite.altervista.org/fotomarta.jpg
http://imblog.aufeminin.com/blog/D20060301/83515_762855171_207578763_small_H191427_L.jpg
http://www.starok.com/html/photos/Dafne-Fernandez.jpg
roxy_black: già ankio
vorrei aver avuto un fratello come james… sarebbe stato bello… cmq spero ke ti
piaccia anke qst cappy e ankio ti voglio tanto tanto bene… kiss
_ki_: ciao ecco brava fai i compiti… cmq nn ti preoccupare se nn hai letto il
capitolo con la canzone di Vasco, era solo un consiglio in modo da renderla più
malinconica… a me Vasco piace molto perkè mi piacciono i suoi testi più ke
altro… cmq nn penso sia un caso ke james abbia scelto quel nome da dare a Sam,
mi era venuto in mente così, proprio mentre ascoltavo qll canzone ke si
addiceva un po’ alla malinconia di Sam, allora ho pensato perkè nn dare un nome
a Sam con cui la kiama solo james… anke sam ha dato un nomignolo a suo fratello
ma lo scoprirai più avanti…qui c’è anke lìincontro fra Sam e Harry ma non è
come te lo sei immaginato tu perkè Sam nn mi sembra tipo da fare l’insegnante…
ma vedrai più avanti… kiss
P.S.
vi sono piaciute le foto??
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo quindici ***
Capitolo 15
(Il ragazzo pensò
che dovesse
essere appartenuto a suo padre).
Harry era rimasto a fissare il quadro dal quale Sam era
appena uscita, ancora incredulo e stupito di tutto quello che era venuto a
sapere. Aprì la mano per vedere che cosa gli avesse messo in mano e vide che
era una collana con un cordoncino nero su cui era appeso un ciondolo
rettangolare grande come il dito medio su cui c’era scritto James. Il ragazzo pensò che dovesse
essere appartenuto a suo padre.
Ron e Hermione si girarono a guardarlo.
“Miseriaccia!” esclamò l’amico dai capelli rossi. “Che
scoperta!”
“Che pensi di fare, Harry?” gli chiese Hermione pensierosa e
preoccupata.
“Non lo so!” rispose il ragazzo dalla cicatrice chiudendo la
mano che teneva ancora la collana.
“Le credi?” gli chiese di nuovo Hermione.
Harry esitò un attimo prima di rispondere: “Sì!”
(Forse si era
lasciata trascinare dai ricordi
e adesso le sembrava
che tutto fosse tornato come prima)
Sam era a casa da un paio di giorni e aveva avuto il modo di
riflettere sulla conversazione avuta con Harry, anche se non avevano avuto modo
di parlare molto. Ma aveva intenzione di tornare molto presto a trovarlo.
Se poi voleva venire a vivere con lei non ci sarebbe stato
alcun problema, di stanze ce n’erano molte e lei era pronta ad accoglierlo come
figlio suo. Gli aveva sempre voluto bene, fin da quando era nato, non per
niente era suo nipote, anche se per molto tempo non aveva avuto modo di
mostrarlo.
La casa era abbastanza in ordine e pulita e tutte le stanze
erano a posto, in ordine. Lei aveva preso di nuovo la stanza nella quale aveva
dormito quando abitava ancora con i suoi genitori. Era ancora piena di bambole,
peluches e libri che leggeva e con cui giocava da piccola, ma non aveva
intenzione di spostarli. Nella casa era rimasto tutto come anni fa, niente era
cambiato.
Quasi si aspettava di rivedere comparire i suoi genitori che
cucinavano insieme in cucina, che era una cosa che facevano spesso o di
rivedere suo fratello che scorrazzava in giro per la casa a cercare qualcosa da
fare.
Le sarebbe piaciuto ritornare con lui sulla casetta di legno
che avevano costruito insieme su una quercia dietro casa e che era il loro rifugio segreto in cui si
nascondevano quando volevano rimanere soli o quando progettavano di fare
qualche scherzo.
Ma sapeva che questo non sarebbe mai stato così… mai più…
Scese in cucina per prendersi qualcosa da bere, quando
entrando dalla porta notò qualcuno seduto al tavolo.
Aveva i capelli scuri arruffati, gli occhi nocciola e
occhiali tondi sul naso. Teneva le braccia incrociate sul petto e quando la
vide le fece un sorriso sghembo, quel sorriso malandrino che non avrebbe mai
potuto dimenticare, quel sorriso che poteva appartenere soltanto ad una
persona. A lui… a…
“J… Jam… James…” per poco non cadde sul pavimento quando lo
riconobbe. Non poteva essere lui, non poteva, era contro natura.
All’improvviso l’uomo sparì, così com’era comparso se ne
andò, lasciando la povera Sam di stucco. O dio ma che succedeva? Era
completamente impazzita e ora aveva pure le allucinazioni o quello era il suo
fantasma che abitava la vecchia casa dei suoi genitori? Qualsiasi cosa fosse
stata non le piacque per niente e decise che era meglio dimenticarsene. Forse
si era lasciata trascinare dai ricordi e adesso le pareva che tutto fosse tornato
come prima. Ma doveva mettersi il cuore in pace perché niente sarebbe stato più
come prima, anche se le faceva un male infernale ammetterlo.
All’improvviso fu riscossa da dei strani uggiolii
provenienti da fuori e di diresse alla porta d’ingresso per aprirla e vedere
chi fosse.
Appena la aprì un grosso cane nero dagli occhi
grigio-azzurri entrò in casa e lei lo guardò dritto negli occhi per capire chi
fosse. Le sembrava di conoscerlo.
La bocca le si spalancò in un sorriso quando finalmente capì
chi era, mentre il cane si trasformava in umano.
“Sirius!” esclamò lei e lo abbracciò forte. Aveva sentito
anche tanto la sua mancanza, era una delle poche persone della sua famiglia che
le fosse rimasto. E vabbè, non è che facesse effettivamente parte della sua
famiglia, ma Sirius, per i suoi genitori era come un secondo figlio e per James
era come un fratello e quindi lo era anche per lei.
“Ciao scricioletto!” la salutò lui ricambiando l’abbraccio.
Solo dopo un po’ lo lasciò andare e lo guardò negli occhi;
quegli occhi grigio-azzurri che le erano sempre piaciuti tanto, gli occhi di
Sirius, di uno dei ragazzi più belli di tutta Hogwarts. Adesso forse non era
più come prima, perché Azkaban aveva lasciato dei segni molto profondi e
marcati su di lui che sarebbe stato difficile cancellare, era dimagrito molto e
non aveva più tutti quei muscoli come una volta. i capelli che gli ricadevano
sulle spalle neri e spettinati. Ma i suoi occhi, quelli non sarebbe cambiati
mai.
“Come stai?” le chiese lui dolcemente sorridendole dolce.
“Bene, forse meglio di te”. Rispose lei cercando di sembrare
serena, ma non lo era molto. Almeno fece sorridere un po’ Sirius.
“Ma come hai saputo che sono qui?” gli chiese poi la
ragazza.
“Harry, mi ha scritto una lettera”. Rispose lui semplicemente.
Cadde il silenzio intorno a loro, nessuno dei due sembrava
cosa dire. Forse in un altro momento avrebbero fatto delle battute, avrebbero
sicuramente riso e scherzato come facevano sempre, ma quello non sembrava
momento di risate. Forse si sarebbero messi più volentieri a piangere.
“Senti, mi dispiace per…” cominciò Sam guardando da un'altra
parte per evitare di guardare Sirius negli occhi.
“No, di spiace a me. È stato orribile per te immagino”. Le
interruppe lui.
“Sì, ma non quanto per te. Sei stato ad Azkaban anche se eri
innocente e, insomma…” Sam non sapeva più come continuare, ma l’amico non
sembrava essersene accorto.
Rimasero di nuovo un po’ in silenzio, poi Sirius le chiese:
“Senti, non è che mi posso fare una doccia e magari avere
dei vestiti puliti”.
“Sì, certo che puoi. Il bagno sai dov’è e puoi prendere i
vestiti di mio padre se vuoi nell’armadio e magari c’è anche qualcosa di
James…”
Al nome di James, Sirius aveva avuto un piccolo tremito ma
poi fece come gli aveva detto la ragazza e andò a farsi una doccia.
(Ogni volta che
incontrava i suoi occhi si perdeva
come in un immenso
oceano,
un oceano pieno di
ricordi)
Dopo un po’ suonò il campanello e Sam andò ad aprire
trovandosi davanti Remus che le sorrise non appena la vide.
“Ciao!”
“Ciao!”
Si salutarono.
“Come va?” le chiese il licantropo.
“Tutto a posto. Tu?”
“Come al solito. Sei stata da Harry?”
“Sì e beh, non so che dirti. Mi ha creduta e non si è
arrabbiato come immaginavo facesse. Gli ho chiesto se voleva venire ad abitare
con me e sembrava contento. Ma andrò a trovarlo di nuovo”.
Remus le sorrise mentre si sedevano in salotto.
“Certo, non li sopporta i Dursley”.
Ad un tratto arrivò in salotto anche Sirius con i capelli
ancora bagnati, i jeans lunghi e una maglietta rossa che gli donava
particolarmente.
“Sirius!” esclamò Remus alzandosi dal divano.
“Remus!”
E i due amici si abbracciarono.
“E’ da un po’ che non ti vedo!”
“Già pure io!”
Anche Sam si era alzata e si era persa un attimo a guardare
gli occhi di Sirius, quegli occhi che sapevano essere penetranti ma anche dolci
allo stesso tempo.
“Sam, tutto bene?” le chiese Black vedendola immersi in
chissà quali pensieri.
“Cosa?” la ragazza sembrava scesa dalle nuvole. “Oh, sì, sì.
Tutto ok”. E gli sorrise.
“Remus, ti fermi a cena?” chiese poi all’amico dagli occhi
dorati.
“Sì, va bene, se non ti disturbo!” accettò lui.
“Ma che disturbo. Almeno mi farete un po’ di compagnia”.
E così la serata trascorse piacevolmente, tra risate e
battute soprattutto da parte di Sirius. Per un attimo sembravano essersi
dimenticati di tutte le cose brutte accadute in quegli anni, sembrava che tutto
fosse molto più allegro e spensierato. Naturalmente non parlarono mai del
passato, non vollero ricordare quei bei momenti passati assieme ad Hogwarts,
perché sapevano che gli avrebbe fatto male, ma sapevano anche che prima o poi
li avrebbero dovuti affrontare.
Alla fine però Remus dovette andarsene per tornare ai suoi
doveri e rimasero soltanto Sirius e Sam in casa da soli.
“Senti, Sir… ti va di rimanere qui con me? Visto che ti devi
nascondere potresti rimanere qui con me, tanto qua non ci sono vicini che ti
potrebbero notare”.
Sirius si sorprese un po’ dalla sua richiesta.
“Dici… dici sul serio?”
“Certo!” annuì la ragazza.
L’amico le diede un buffetto sul naso e disse “Adoro le tue
lentiggini!”
“Lo prendo per un complimento!”.
“Ovvio!”
Ma perché sapeva sempre essere così dolce nei momenti più
tristi, perché riusciva sempre a penetrarla in profondità con quello sguardo e
quegli occhi della pioggia che tanto adorava. Ogni volta che incontrava i suoi
occhi si perdeva come in un immenso oceano, un oceano pieno di ricordi.
ANGOLO AUTRICE RITARDATARIA
Ciaooooooo!!!!!! Eccomi tornata!!!! Vi sono mancata?! Avete
pensato che fossi sparita per sempre?! E invece no!! sono di nuovo qui a
tormentarvi…
Innanzitutto mi scuso con tutti i miei lettori per questo
mega ritardo… non è da me, veramente ma in questo ultimo periodo sono stata
molto impegnata tra compiti, scuola e tutto il resto per non parlare del mio
computer che mi faceva i dispetti… ma adesso la scuola è finita e mi posso
rilassare e posso anche aggiornare più spesso. Il mio computer purtroppo ha
ancora problemi quindi sono costretta a usare di una amica ma non importa non
posso lasciare qst storia in sospeso…
Bene, adesso ditemi un po’ voi. Vi è piaciuto questo
capitolo? Spero di sì e spero che recensiate in tanti… anche se sono minacce di
morte, so di meritarmele…
Adesso vi lascio e mi scuso ancora tanto per il ritardo… un
bacio.
Milly…
roxy_black:
ciaoooo... sn contenta ke ti piaccia e
spero ke nn ti sia arrabbiata per qst lunga attesa... un bacio e alla
prossima... kiss la tua best.
_ki_:
ciaooooo... sn contenta ke ti sia
piaciuto lo scorso capitolo... cmq sia nn so di preciso di che colore siano i
capelli di Hermione ma nn penso sia molto impo... grazie per avermelo detto
comunque... se ti interessa sapere la ragazza delle foto è un’attrice si kiama
Daphne Fernandez e ha recitato in Paso Adelante... quindi nn è orientale xo io
l’ho trovata adatta... spero ke mi perdonerai per il ritardo e ke continuerai a
seguirmi... kiss... milly
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo sedici ***
capitolo sedici
(Ora non era più
tutto come una favola,
ora c’erano
sofferenza e malinconia da combattere)
Era passato qualche giorno e Sirius adesso abitava a casa
sua ma naturalmente qualche volta usciva a farsi un giro sotto forma di cane.
Non avrebbe sopportato di stare chiuso in casa troppo a lungo e di sicuro non
sarebbe stata Sam ad impedirglielo. Per lei andava benissimo, bastava solo che
stesse attento.
Quel giorno decise di nuovo di andare a trovare Harry a
Hogwarts ma questa volta si trasformò in un falco, che era il suo Animagus in
cui aveva imparato a trasformarsi insieme a suo fratello, e volò fino al
castello della scuola di Magia e Stregoneria.
Dopo aver vagato un po’ in giro per il castello trovò Harry
accompagnato dai suoi fedeli amici Ron ed Hermione ma insieme a loro c’era
anche Piton che sembrava stesse discutendo di qualcosa con i tre amici o forse
era solo con Harry.
Lei si avvicinò alle spalle dell’insegnante in silenzio e
poi esclamò.
“Severus Piton!”
Lui si girò verso la ragazza e la guardò con cipiglio
altezzoso. Forse sembrava sorpreso ma se anche fosse stato così, cercò di
nasconderlo.
“Samantha Potter!” disse invece.
Lei sorrise con un sorriso sghembo che era tutt’altro che
amichevole.
“Vedo che le vecchie abitudini non cambiano mai”. Notò lei parlando
in modo aspro e guardandolo dall’alto in
basso soffermandosi sui suoi capelli unticci.
“Tu non mi sembri il tipo da fare certi commenti”.
Contraccambiò acido il professore Serpeverde. “Piuttosto, cosa ci fai qui?”
“Beh, sono una persona libera. Posso andare dove mi pare e
piace. O è un reato?”
Dietro alle spalle di Piton Harry e Ron faticarono a
trattenere una risata sotto i baffi.
Lui non commentò, né disse nulla. Rimase impassibile.
Così, vedendo che il professore di Pozioni non sembrava
volesse fare nulla, Sam chiamò: “Harry, vieni con me?”
E i quattro uscirono nel cortile di Trasfigurazione, poi si
sedettero su una panchina.
“Mi sono ricordata che noi non ci siamo ancora presentati”.
Disse lei rivolta ai due amici di Harry. “Io sono Samantha, ma potete chiamarmi
Sam. E voi?”
“Io sono Ron Weasley” disse il ragazzo dai capelli rossi
indicando se stesso, e poi l’amica dai capelli ricci. “E lei è Hermione
Granger”.
“Piacere Ron e Hermione”. Concluse lei. Sembrava dolce e
gentile, pensarono i due.
“Allora che mi racconti?” chiese infine, rivolta a Harry.
“Com’è andata la prima prova Tremaghi?”
Harry aspettò un attimo prima di rispondere.
“Beh, bene considerando che ho dovuto affrontare un Ungaro
Spinato”. Rispose lui. Adesso quella prova gli sembrava lontana anni luce,
nonostante soltanto qualche mese prima aveva tremato come una foglia all’idea
di affrontare un drago.
“Davvero? E come hai fatto?” Sam sembrava sorpresa e
meravigliata ma allo stesso tempo orgogliosa.
“Volando sulla Firebolt che mi ha regalato Sirius”. Rispose
il ragazzo con un sorriso.
Sam guardò un punto oltre la spalla di Harry, l’albero sotto
il quale aveva vissuto uno dei momenti più belli della sua vita e anche più
magici. Ma era soltanto una bambina quand’era successo, ora sembrava tutto così
lontano, tutto così irreale. Adesso non era più tutto come una favola, ora
c’erano anche sofferenza e malinconia da combattere.
“A cosa pensi?” le chiese Harry vedendo che il suo sguardo
si era perso in qualche fantasia.
“Cosa?” per la seconda volta in quella settimana sembrava
cascare dalle nuvole, la piccola Sam, come la chiamava sempre Sirius quando
erano a scuola, la sua testa si era riempita di fantasie da quando era successa
quella cosa magica sotto l’albero.
“No, niente scusa.” Cercò di scusarsi, ma poi decise di
raccontargli la verità. “Mi era solo venuto in mente che era sotto quell’albero
che io e Sirius ci eravamo scambiati il primo bacio”.
Harry e gli altri le sorrisero mentre lei tornava con la
mente di nuovo al presente.
“Siete stati insieme?” le chiese poi Hermione.
“Oh, no!” negò la ragazza dagli occhi nocciola. “Ci eravamo
solo baciati. Io avevo appena compiuto quindici anni e lui stava per finire il
settimo anno ad Hogwarts. Beh, posso anche considerarmi fortunata, visto che Sirius
era il ragazzo più sexy della scuola”. precisò guardando in direzione di
Hermione e mostrando un sorriso malandrino. Sam non diventava mai rossa quando
parlava dei ragazzi, non se ne vergognava mica, però non era come suo fratello
che spiattellava ai quattro venti se si era baciata o messa con qualcuno.
“Comunque…” volle proseguire Samantha. “La seconda prova,
qual è?”
“Non lo so”. Rispose sconsolato Harry. “L’indizio è un uovo
che appena lo apri comincia a urlare come un ossesso che ti spacca i timpani e
non si capisce niente. Quindi, in poche parole, non ne ho la più pallida idea”.
Sam rimase un attimo in silenzio, come pensierosa.
“Chi sono gli altri concorrenti?” chiese poi.
Harry la guardò un attimo interdetto. Perché quella domanda?
Pensava l’avrebbe aiutato a risolvere il mistero dell’uovo. Ma rispose
comunque.
“Cedric Diggory, Fleur Delacour e Viktor Krum”.
“Viktor Krum, il miglior giocatore di Quidditch del mondo?”
chiese Sam stupita.
“Già, quel Viktor Krum!” sbottò Ron, nominando Viktor quasi con
disprezzo che Sam non notò ma che fece sbuffare un pochino Hermione.
“Comunque, hai detto un uovo?” proseguì poi Samantha
passandosi una mano tra i capelli. “E se lo apri all’aperto comincia a
stridere. Allora, forse, non lo devi aprire all’aperto”.
Il ragazzo con la cicatrice la guardò scettico. “E dove
all’ora?”
La zia attese un attimo prima di rispondere. “Non lo so.”
Infine propose. “Sotto le coperte?”
E i tre si misero a ridacchiare dalla stupidità di quella
risposta, che più che altro voleva essere una battuta. Era brava a fare battute
quando voleva e aveva fatto ridere spesso le sue amiche.
“Non so…” rispose più seria, infine. “Se mi viene in mente
te lo dico. Comunque, hai riflettuto sulla mia proposta di venire a vivere con
me?”
“Certo che vengo a vivere con te!” rispose il ragazzo moro
con un sorriso contento. “Ma dove?”
“Nella casa dove abitavo da piccola coi miei genitori e mio…
e tuo padre”. Rispose lei.
Harry rimase un attimo interdetto e sorpreso. Se lì ci aveva
abitato suo padre voleva dire che avrebbe visto la casa dove lui aveva
trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza, una casa sicuramente piena di
ricordi, magari avrebbe visto qualche gioco o qualsiasi altro oggetto di suo
padre.
La prospettiva lo rendeva contento ma anche un po’
irrequieto e spaventato.
“Ora mi accompagnate da Hagrid? È da tanto che non lo vedo”.
Chiese Sam e i tre, accompagnati dalla zia di Harry, andarono a trovare Hagrid
che li accolse a braccia aperte e fu veramente contento di rivedere Sam e
parlarono del più e del meno, ricordando i bei tempi trascorsi ad Hogwarts,
quando lei, suo fratello e i suoi amici scorrazzavano in giro e ogni tanto Sam
coinvolgeva anche le sue amiche.
(Papà mi diceva
sempre
che ero la sua
principessa)
Erano passate un altro paio di settimane e ormai marzo era
agli sgoccioli e la seconda prova del Torneo Tremaghi si avvicinava. Sam
sperava veramente che Harry fosse riuscito a trovare un modo per scoprire
quell’indizio e gli aveva pure detto che se aveva bisogno del suo aiuto glielo
dava volentieri.
Intanto lei era a casa sua sdraiata a pancia in giù sul
divano del salotto a leggere un libro. Aveva indosso soltanto una camicia di
cotone di suo fratello che le arrivava fino alle cosce e le maniche arrotolate.
Cercava un modo per rilassarsi, ma sembrava tutto inutile, si sentiva molto
agitata ed era nervosa.
La casa era molto silenziosa e Sirius, che era andato a
farsi un giro, entrò in casa e si fermò sulla soglia del salotto.
“Quella è una camicia di James?” le chiese notando l’unico indumento
che aveva indosso, a parte le mutande, ovviamente.
“Sì!” rispose lei semplicemente guardandolo con i suoi
grandi occhi nocciola da cerbiatta.
Sirius faticò a trattenere una risata.
“Porti gli occhiali?” le chiese ancora notando che aveva
pure un paio di occhiali da vista, ma a differenza di quelli di suo fratello i
suoi erano rettangolari e con la montatura rossa.
“Solo quando leggo”. Rispose lei questa volta senza
distogliere lo sguardo dal suo libro.
Sirius si sedette sul divano vicino ai suoi piedi e biascicò
un “Certo che vi somigliate tantissimo” a cui lei rispose con un mugugno.
“Cosa leggi di bello?” le chiese ancora l’Animagus vedendo
che lei non sembrava accennare a incominciare una conversazione senza
monosillabi.
“Gli effetti secondari dei sogni”.
“E da quando la piccola Sam legge?”
Certo che Sirius la conosceva troppo bene. Era vero, lei di
certo non era una fan dei libri e non amava molto leggere. In tutta la sua vita
avrà letto sì e no cinque libri, forse qualcuno a malapena anche, era sempre
stata troppo impegnata a cacciarsi nei guai e fare i dispetti alla gente per
occuparsi della sua conoscenza culturale, ma nonostante non fosse stata una
studentessa modello era molto intelligente ed era riuscita a diventare Auror
come i suoi genitori e suo fratello. Da piccola non aveva questa ambizione ma
con tutto quello che era successo aveva cominciato a sviluppare un carattere
vendicativo e forse anche un po’ sadico.
“E’ che sono nervosa, tra un po’ devo andare a parlare coi
Dursley e questo mi mette agitazione. Devo trovare un modo per rilassarmi”.
Rispose la ragazza guardando l’amico e mettendosi gli occhiali sopra la testa.
“Perché non metti su un po’ di musica, ti piaceva
ascoltarla”. Le propose lui.
La ragazza ci pensò su un attimo e poi, si alzò, si avvicinò
allo stereo e mise dentro un CD della sua cantante preferita che cominciò
subito a riempire la stanza con le sue note romantiche e piene d’amore.
Say you're sorry
That face of an angel
Comes out just when you need it to
As I paced back and forth all this time
Cause I honestly believed in you
Holding on
The days drag on
Stupid girl,
I should have known, I should have known
“Dimenticavo quanto ti piacessero i cantanti Babbani”. Notò
Sirius alzandosi dal divano e avvicinandosi a lei.
“Già…” riuscì a biascicare soltanto lei perché si era di
nuovo persa in quei profondi occhi grigio-azzurri che sapevano farle
dimenticare sempre tutto.
I'm not a princess, this ain't a fairy tale
I'm not the one you'll sweep off her feet,
Lead her up the stairwell
This ain't Hollywood, this is a small town,
I was a dreamer before you went and let me down
Now it's too late for you
And your white horse, to come around
“Ti ricordi i cavalli che avevate tu e tuo fratello?”
Lei continuava a guardarlo negli occhi con aria sognante.
“Sì… erano uno marrone e uno bianco…”
Baby I was naive,
Got lost in your eyes
And never really had a chance
My mistake I didn't know to be in love
You had to fight to have the upper hand
I had so many dreams
About you and me
Happy endings
Now I know
Lui le si era avvicinato ancora di più e ora le aveva
circondato la vita con le braccia avvicinandola ancora di più a sé.
I'm not a princess, this ain't a fairy tale
I'm not the one you'll sweep off her feet,
Lead her up the stairwell
This ain't Hollywood, this is a small town,
I was a dreamer before you went and let me down
Now it's too late for you
And your white horse, to come around
La ragazza non si mosse, la sua stretta era così forte, ma
forse non era poi così forte, era lei che non voleva staccarsi. Si sentiva così
sicura tra quelle braccia forti, così protetta e sapeva che niente avrebbe
potuto farle del male.
And there you are on your knees,
Begging for forgiveness, begging for me
Just like I always wanted but I'm sooo sorry
E poi non riusciva nemmeno a staccarsi da quegli occhi così
profondi, le sembrava quasi di riuscire a provare tutto quello che provava lui.
Le sembrava di sprofondarci dentro, le sembrava di poterci nuotare dentro.
Cause I'm not your princess, this ain't a fairytale
I'm gonna find someone someday who might actually treat me well
This is a big world, that was a small town
There in my rearview mirror disappearing now
And its too late for you and your white horse
Now its too late for you and your white horse, to catch me now
“E voi due adoravate cavalcare”.
“Sì, me lo ricordo… facevamo anche le gare”.
Ora il viso di Sirius si avvicinava sempre di più a quello
di Sam e lei non riusciva a staccarsi, a fare niente. Le sembrava che ci
fossero soltanto loro due e nient’altro. Loro due e le parole di quella
bellissima canzone. Nessuno avrebbe potuto rompere quell’incanto finché c’erano
loro due.
Oh, whoa, whoa, whoa
Try and catch me now
Oh, it's too late
To catch me now
“Papà mi diceva sempre che ero la sua principessa”.
I loro visi erano sempre più vicini, tra le loro labbra
c’erano soltanto due centimetri di distanza e a Sam quasi si fermò il fiato. Il
suo corpo premeva contro il petto di Sirius e pensava che non sarebbe più
riuscita a staccarsi.
(Sam, quella è una
camicia di James?)
All’improvviso si sentì suonare il campanello e i due
ragazzi tornarono improvvisamente alla realtà. Si staccarono da quell’abbraccio
e Sam, dopo aver spento la musica, andò ad aprire.
Aveva creduto per un attimo che lui l’avrebbe baciata, ma
questo non era successo. Chissà se lui si ricordava del bacio che si erano
scambiati a Hogwarts ancora tanto tempo fa.
Sam pensò che non le importava se lui se ne fosse
dimenticato, ma dentro di sé sperava con tutto il cuore che se ne ricordasse.
Aprì la porta e si trovò davanti Remus che le sorrise
dolcemente appena la vide. Lui era sempre così dolce e tenero, chiunque se ne
sarebbe innamorato, anche se lui non la pensava allo stesso modo. Sapeva essere
un vero amico e c’era sempre nel momento del bisogno, almeno per lei c’era
stato.
“Ciao! Ti disturbo?” le chiese.
“No, affatto!” esclamò lei, ma se lui fosse arrivato qualche
secondo più tardi forse sarebbe riuscita a baciare Sirius, o forse non ci
sarebbe neanche riuscita. Lei non era il tipo di ragazza per Sirus, non era mai
stata come quelle con cui lui era stato, non si considerava all’altezza.
“Ciao Moony!” salutò Sirius raggiungendo l’amico.
“Ragazzi…” li chiamò Sam. “Io devo andare a parlare coi
Dursely, voi rimanete pure qua e fate quello che volete”.
“D’accordo!” rispose l’amico licantropo e prima che sparisse
su per le scale diretta in camera sua, le chiese. “Sam, quella è una camicia di
James?”
“Sì”. Rispose la ragazza e andò a cambiarsi.
“Facciamo una gara coi cavalli??”
“Ok, Jamie. Ma io prendo quello bianco!”
“Allora io prendo Chocolate”.
“Tanto vincerò io, come sempre!”
“Non cantar vittoria troppo presto!”
PICCOLO
ANGOLINO PER ME
Ciao!
Avete visto che questa volta non vi ho fatto attendere mesi e mesi prima di
aggiornare? Sono molto contenta di questo e spero lo siate anche voi… comunque,
come vi va la vita?? Ahah, da me prosegue tutto bene e a quanto pare pure i
personaggi di qst fic sembra se la cavino bene, soprattutto Sam e Sirius…
ihihihi…
Beh,
non ho niente da dirvi, se voi invece premete dalla voglia di dirmi qualcosa,
di darmi qualche suggerimento o consiglio o anche se volete solo commentare
questa fanfic basta che clicchiate su Inserisci una recensione… potete anche
scrivere cose negative, non mi offendo mica…
Bene,
bene, per adesso è tutto. Alla prossima, kiss.
Milly.
P.S. la canzone che ho scritto sopra è di
Taylor Swift e si intitola White Horse. È una canzone bellissima, io me ne sono
innamorata la prima volta che l’ho sentita. Andate a vedervi il video perché è
molto bello anche quello e pure la cantante non è niente male.
Bree
Cullen: ciao…
ke bello sn proprio contenta di avere una nuova lettrice e sn contenta anke ke
la fic ti piaccia. Cmq ki nn vorrebbe avere sirius in casa propria… ihihih… x
qnt riguarda l’apparizione di james purtroppo x il momento nn te lo posso
dire ma lo scoprirai presto se continui a seguirmi… e tranqui, aspetta un po’ prima
di ammazzare silente. Bei soprannomi quelli ke hai dato ai dursley, ehehe, gli
si addicono proprio. Un bacio, milly.
roxy_black: yo, sono contenta ke il cappy ti sia piaciuto… cmq
ki nn sarebbe contento di avere in casa il bellissimo siry… e x qnt riguarda l’apparizione
di james nemmeno a te posso dire cosa sia, ma lo scoprirai se continuerai a
leggere. E grazie ancora per avermi prestato il pc l’altra volta, ma cm vedi
qst volta nn mi è servito. Kiss, milly. Fang: ciao ciao. Milly: tu ke ci fai
qui? Fang: sn venuto a salutare. Milly: ma va a farti un volo. Fang: ok, Maax
aspettami!! Milly: ehehe
_ki_: eh già è passato proprio un mukkio di tempo, ma sn
contenta ke nn te la sia presa x il mio mega ritardo e sn anke contenta ke ti
sia piaciuto lo scorso cap. cmq sì, credo ankio ke adesso tutto cambierà e x
qnt riguarda la protezione di harry nn c’è da preoccuparsi, sarà al sicuro anke
con sua zia. A parte il fatto ke io la
storia dll protezione nn l’ho mai capita tanto bene. Vabbè, un bacio e alla
prossima. Kiss milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo diciassette ***
Sentimenti nuovi
(Certo che sua
sorella aveva gusti
decisamente migliori
in fatto di uomini)
Privet Drive numero quattro.
Sam fece un grande sospiro e suonò al campanello pensando a
come cominciare quel discorso.
Le aprì la porta un uomo grosso come una mongolfiera, con degli
occhi porcini e i baffoni da tricheco. Veramente quell’uomo sembrava in tutto e
per tutto ad un tricheco e la ragazza immaginò che quello doveva essere Vernon
Dursley.
“Salve signore, vorrei parlare coi signori Dursley”.
L’uomo la squadrò dall’alto in basso con un aria che forse
per lui doveva parere minacciosa, ma che a Sam fece più che altro venire in
mente un porcellino d’india.
L’uomo venne affiancato da una donna alta e magra che a
differenza del marito sembrava un bastoncino lungo e sottile ed era talmente
rigida che sembrava avesse ingoiato un manico di scopa.
La donna aveva corti capelli rossi e imbottiti come il
cotone e degli strani occhi verde oliva e Sam capì che quella doveva essere
Petunia Dursley, la sorella della moglie di suo fratello.
La ragazza pensò che decisamente sua cognata Lily aveva
gusti molto più decenti in fatto di uomini dato che si era sposata con James
che era decisamente molto più figo di quel uomo-tricehco che si era scelta sua
sorella come marito. Certamente James e Vernon non avevano nulla in comune né
fisicamente né caratterialmente. Sam però provò a immaginarsi suo fratello con
la stazza del signor Dursley, ma fallì miseramente.
“Chi è lei?” chiese il signor Dursley, anzi, più che altro
ringhiò.
“Sono Samantha Potter la sorella di James, il padre di
Harry”. Rispose lei e aggiunse. “Mi fate entrare?”
E visto che non otteneva risposta, entrò da sola scostando
un po’ la signora Dursley, perché sicuramente ci sarebbe voluta una ruspa per
spostare un uomo come Vernon Dursley.
Sam si promise che piuttosto che sposare un uomo come quello
sarebbe rimasta zitella per sempre.
“Quindi lei è imparentata con quel ragazzo?” chiese zia
Petunia con una vocetta squillante e gracchiante.
Come faceva Lily ad essere sorella di quella donna, rimaneva
un mistero, anzi, sembrava quasi impossibile che fossero imparentate. Non si
somigliavano per niente, Lily era molto più bella, aveva i capelli di un rosso
molto acceso e gli occhi verde smeraldo non verde oliva come quelli di Petunia.
Sam poi provò ad immaginarsi Petunia sposata con suo fratello e lei a doverle
fare da cognata ma scacciò via quel pensiero con una faccia disgustata.
“Quel ragazzo è mio nipote e sono venuta soltanto a
chiedervi se poteva venire ad abitare con me”. Disse Sam un po’ nervosa e quasi
arrabbiata. Riusciva a capire da un semplice contatto visivo com’erano fatte
certe persone.
“E perché non è mai venuta prima, allora? Tutti questi anni
ha dovuto vivere sotto il nostro tetto sapendo benissimo che noi odiamo quelli
come lui!” cominciò ad urlare il signor Dursley diventando paonazzo e rosso in
viso. Certo che gli ci voleva poco per riscaldarsi.
“Perché io ho avuto da fare in questi anni e quindi non ero
in grado di tenerlo con me!” stava cominciando ad urlare pure lei. Ma di certo
non avrebbe detto a quei due che era scappata come una vigliacca. “E
sinceramente non capisco come abbia fatto Harry a sopportarvi, io sarei già
scappata di casa!”
“Ma guarda un po’ questa insolente, come si permette ad
offenderci…” cominciò il signor Dursley.
“Io offendo chi mi pare e piace!” adesso stava cominciando
ad urlare anche Sam e dovette resistere alla tentazione di lanciargli una
fattura. “E poi nemmeno lei mi sembra mi abbia trattato granché bene. Ma cosa
crede che noi maghi siamo alieni?”
A quella parola i due Dursley ebbero un sussulto.
Sam continuò, questa volta rivolgendosi a Petunia.
“Mi stupisco poi, che lei sia così vile e crudele, di certo
Lily non era così. Non sembrate neanche sorelle”.
Sentendo il nome della sorella, Petunia sussultò leggermente
e rimase senza parole, così come anche l’uomo-tricheco.
“Ma comunque non sono venuta qui per litigare. Volevo
soltanto avvertirvi di questo. Ora se non vi dispiace tolgo il disturbo”.
E si diresse alla porta, ma prima di uscire si rivolse di
nuovo alla signora Dursley.
“Certo che sua sorella aveva gusti decisamente migliori in
fatto di uomini”.
E lanciando uno sguardo schifato in direzione del signor
Dursley, uscì sbattendo la porta.
Era decisamente contenta di aver lasciato quella casa e non
voleva nemmeno pensare a come doveva essersi sentito Harry ad abitare con quei
due. Si pentì di non essere tornata prima.
E non era nemmeno riuscita a trattenersi dal dire quelle
cose a Petunia. Poteva capire il signor Dursley, lui era un uomo ributtante e
con certe considerazioni riguardo al mondo decisamente all’antica, ma da parte
di Petunia si aspettava più considerazione. Non immaginava che fosse così
diversa da Lily.
(Beh, sì. Hai le
lentiggini e non posso più
chiamarti piccola
Sam, visto che ormai sei cresciuta.
Adesso sarai
Lentiggini)
E finalmente era tornata a casa, nella sua dolce casetta,
bella, comoda e confortevole e non quella orribile e inospitale topaia nella
quale vivevano i Dursley.
“Ciao lentiggini!” la salutò Sirius vedendola rientrare, che
era seduto insieme a Remus al tavolo da pranzo e stavano bevendo del Whisky.
Sam si fece crollare sulla sedia distendendo le gambe e
mollando un grosso sospiro.
“Lentiggini?” chiese a Sirius notando il nomignolo con cui
voleva chiamarla.
“Beh, sì. Hai le lentiggini e non posso più chiamarti
piccola Sam, visto che ormai sei cresciuta. Adesso sarai Lentiggini”. Rispose
lui guardandola come incantato. Gli erano sempre piaciute quelle lentiggini, un
carattere che in famiglia sembrava avere solo lei, e quei suoi occhi nocciola
così simili a quelli di James, così dolci, così grandi. C’erano molte cose in
lei che gli piacevano: il suo sorriso che ti sapeva catturare, il suo sguardo
che sapeva trasmetterti tutto ciò che provava, la sua gentilezza e bontà, ma
anche la sua arroganza e orgogliosità.
Perché sì, Sam poteva sembrare una ragazza molto dolce,
profonda e tranquilla, ma quando voleva sapeva essere molto perfida e
vendicativa soprattutto con chi la faceva arrabbiare e chi la trattava male. Il
suo motto era: “Vendicati ad ogni torto subito” cosa che sapeva fare con molta
perfidia e cattiveria quando voleva. Sapeva anche essere più arrogante di suo
fratello ma come lui era anche orgogliosa e non si faceva mettere i piedi in
testa tanto facilmente.
Ma chi la conosceva bene sapeva che poteva essere un’ottima
amica, sapeva essere sincera e leale e
quando ce n’era bisogno sapeva sempre darti ottimi consigli. Apriva il suo
cuore soltanto a poche persone, quelle che conosceva meglio e di cui sapeva di
potersi fidare, agli sconosciuti mostrava solo tanta neutralità. Non avrebbe
mai tradito un amico, né mai ne avrebbe lasciato uno in difficoltà. Sapeva
riconoscere le persone giuste da quelle sbagliate ad occhio nudo.
Per Sirius lei è sempre stata come una sorellina più
piccola, da proteggere e coccolare. Mai avrebbe creduto che fosse diventata
così bella, con quelle gambe lunghe e abbronzate, gli occhi da cerbiatta, la
bocca sensuale che ti fa venir voglia di baciarla, le lentiggini che fanno
venire tenerezza, i capelli scuri disordinati che le scendevano sulle spalle,
un espressione da gattino che sembra sempre in cerca di coccole.
“Lentiggini…va bene!” sospirò di nuovo la ragazza.
Le piaceva quel nomignolo, tutto quello che diceva o faceva
Sirius le piaceva. Era sempre stato il ragazzo più bello di Hogwarts il sogno
erotico di tutte le ragazze della scuola e tutte desideravano averlo come
ragazzo, almeno per una volta. Anche Sam lo aveva desiderato, ma lo sentiva
come un qualcosa di proibito, un qualcosa che non doveva fare, che non doveva
desiderare. Forse perché era il migliore amico di James, una specie di secondo
fratello per lui e quindi un po’ lo era anche per lei. Non ci aveva mai provato
con lui, come faceva con altri ragazzi che le piacevano e quel bacio… beh, quel
bacio non era stato un bacio d’amore, più che altro un bacio di consolazione,
perché si sentiva triste in quel momento e lui forse cercava di tirarle su il
morale. Sta di fatto che ormai quello era passato, e non sarebbe più tornato.
Faceva parte soltanto dei suoi ricordi, dei suoi tanti ricordi.
“Com’è andata con i Dursely?” le chiese Remus notando la sua
aria un po’ frustrata.
Lei lo guardò un attimo prima di rispondere.
“Pensavo peggio… ho detto quello che avevo da dire e…
niente. Certo che quella gente proprio non ha limiti, non capisco come faceva
Lily ad essere imparentata con quella!” e alla parola “quella” fece una faccia
schifata. “E’ peggio di Mocciosus!”
I due amici sghignazzarono e lei li guardò di sbieco.
“Che avete da ridere?”
“Niente!” risposero in coro Sirius e Remus, facendo una
faccia da innocenti. Entrambi sapevano quanto erano insopportabili quelle due
persone e ora anche Sam ne aveva avuto la prova.
(Papà, quante stelle
ci sono in cielo?)
Era in una strana stanza buia e scura, si sentiva un
gocciolio d’acqua, probabilmente qualche infiltrazione e c’era un odore di
muffa e di chissà quale altra immondizia. Probabilmente c’erano anche un sacco
di topi lì dentro.
Lì dentro… era in un posto, al chiuso questo lo poteva
percepire, ma non riusciva a capire dove perché era tutto buio e non si vedeva
granché bene. Poi la sua vista cominciava ad abituarsi al buio e cominciava a
intravedere qualcosa.
C’erano delle sbarre, come in una cella… sì, doveva essere
in una cella e forse, dall’odore e dalla muffa e dalle infiltrazione era in un
qualche sotterraneo di qualche villa. Provò a muovere un braccio per vedere se
percepiva o se riusciva a muovere il suo corpo.
Sì, ci riusciva aveva spostato il braccio ma aveva anche
provocato un rumore di catene. Era incatenata, aveva un braccio chiuso da una
catena che la teneva attaccata al muro come un cane. Il resto del suo corpo era
tutto indolenzito, anzi, più che altro sentiva uno strano dolore fisico in
tutto il corpo, come se fosse appena stata percossa o picchiata o torturata. E
le sembrava di sanguinare, da qualche parte, forse in più punti.
Ma un momento… cosa ci faceva lì? Come ci era finita? E
soprattutto, in quale cella si trovava?
Ad un tratto sentì come una voce bisbigliare, ma non da qualche
altra parte della stanza ma dalla sua testa. Sentiva nella sua testa una strana
voce, che la chiamava e le diceva: “Aiutami… Sam… aiutami…”. Quella voce… le
sembrava di conoscerla, le era familiare. Ma sì, era di…
(Vorrei poter
riportare indietro il tempo)
Si svegliò di soprassalto nel suo letto tutta sudata.
Aveva dormito, era nel suo letto e non in quella cella
bagnata e muffosa. Era al sicuro, nel suo letto. E non le sarebbe successo
niente.
Era bagnata fradicia, aveva sudato nonostante la temperatura
non fosse molto calda e lei aveva dormito con le coperte addosso.
Ma quel sogno, le sembrava così reale, le sembrava quasi di
essere lì.
Sperava soltanto di non aver urlato altrimenti avrebbe
svegliato Sirius che dormiva nella stanza a fianco alla sua.
Si girò su un fianco con la mano sotto alla testa.
Non era la prima volta che faceva un sogno del genere, erano
ormai notti che gli incubi la perseguivano. Sempre lo stesso posto, sempre la
stessa persona. Ma mai erano stati così reali e marcati, da quando era tornata
in quella casa sembrava diventassero quasi realtà e se dopo non si fosse
svegliata avrebbe quasi creduto di essere lì veramente.
E poi quell’allucinazione che aveva avuto?? Che significato
avevano tutte queste cose??
Decise di alzarsi un attimo per andare a fumarsi una
sigaretta e schiarirsi le idee.
Erano le due di notte e lei era uscita sul piccolo portico
all’entrata della casa. La notte era così bella. Non c’era la luna ma c’erano
un sacco di stelle e si potevano vedere quelle più luminose.
Una volta da piccola aveva tentato di contarle ma non ci era
riuscita, si era persa dopo la decima o la dodicesima stella.
L’avevano sempre affascinata molto quei piccoli puntini
luminosi, non capiva come faceva una cosa tanto piccola ad essere così luminosa
e bella. E diceva che anche lei un giorno sarebbe diventata una stella.
Dopo poco fu raggiunta da Sirius che le si avvicinò senza
dire niente e si mise anche lui a guardare le stelle, in silenzio. Era un
momento così, non c’era niente da dire.
“Vorrei poter riportare indietro il tempo”. Disse
semplicemente Sam e Sirius annuì con la testa soltanto.
“Papà, quante stelle ci sono in cielo?”
“Sam, le stelle sono infinite, non c’è un numero preciso. Non puoi mica
contarle”.
“Quanto infinite?”
“Tanto, molto… ogni stella corrisponde al desiderio di una persona che
abita su questo pianeta e quando la stella cade vuol dire che il desiderio di
questa persona si è realizzato”.
“Quindi se io adesso esprimo un desiderio questo si avvera?”
“Certo, Sam. Perché non provi?”
“Ma io ora non desidero niente. Ho già tutto, te, la
mamma, James, gli amici. I desideri si usano per esprimere cose grandi, cose
infinite”.
SPAZIO PER ME
Ciao cari amici e amiche… come state?? Sapete
ke ieri è stato il mio complex… eheheh… bene bene, mi sento leggermente più
vekkia, anzi no, non è vero mi sento come sempre… però mancano solo due anni
alla patente… oh yeah… benebene… allo, vi è piaciuto il cap?? spero di sì e
lasciate qualke recensione please, ke qst fanfic nn mi sembra abbia molto
successo… uhuhuhu… dai fatemi qst regalo di complex… ora vi lascio e ci
sentiamo la prox volta… kiss… milly un po’ più vecchia…
roxy_black: ciao… sn contenta ke la mia storia ti abbia tirata
su di morale… e cmq sì, quel problema peloso è sempre lì in mezzo, sempre a
rompere… no skerzo, remus nn rompe mai le scatole… fang se vuoi te lo saluto
però nn so qnd arriverà… lui è un po’ come il vento, arriva qnd meno te lo
aspetti… ciao alla prossima, kiss.
_ki_: allora, voglio risp subito alla tua domanda ke nn
mi è ancora stata fatta da ness… sì, per qnt riguarda il quarto libro, seguirò
la storia così come l’ha scritta la rowling… è per qst ke nn ho fatto dire a
sam la soluzione dell’uovo… e quindi comparirà anke voldemort, ma se nn c fosse
lui sarebbe troppo noioso e tranquillo e qst non ci piace molto… invece per gli
altri libri ci saranno dei cambiamenti e vedrai ke cambiamenti… ehehehe… bene,
ade t saluto e fatti sentire ancorok?? Ke sei la mia lettrice preferita…
eheheh, kiss milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo diciotto ***
Capitolo diciotto
(Era tutto così
assurdo, come poteva Voldemort
essere tornato dopo
tutti questi anni)
Ed era anche arrivato giugno.
Quel giorno Sam doveva andare a prendere Harry alla stazione
di King’s Cross e non vedeva l’ora.
Aveva assistito sia alla seconda prova del Torneo Tremaghi
che alla terza e aveva saputo tutto ciò che era successo: la coppa-passaporta
che lo aveva portato nel cimitero, Codaliscia che aveva ucciso quel ragazzo,
Cedric Diggory, il ritorno di Voldemort, Barty Crouch junior che si era
spacciato per Malocchio Moody richiudendo quello vero in un baule per nove
mesi…
Era tutto così assurdo, come poteva Voldemort essere tornato
dopo tutti questi anni, se per Sam tutto quello era difficile da digerire
allora per Harry com’era? Non vedeva l’ora di rivedere suo nipote, di
stringerlo forte e di abbracciarlo, di consolarlo.
(Due galeoni per mia
zia e Sirius)
Harry, Ron, Hermione, Ginny, Fred e George si stavano
dirigendo verso la barriera che li avrebbe riportati nel mondo dei Babbani
riabbracciando i loro genitori e i loro familiari. Harry, nonostante tutto
quello che era successo durante l’anno e specialmente alla fine, si sentiva
felice perché per la prima volta non sarebbe tornato dai Dursley e non avrebbe
passato un’orrenda estate con loro.
Attraversarono la barriera e subito Ron, Ginny, Fred e
George abbracciarono i signori Weasley mentre Hermione abbracciava i suoi
genitori e la signora Weasley diede un abbraccio soffocante pure a Harry che lo
aveva sempre considerato come un figlio. Il ragazzo dalla cicatrice sulla
fronte però si stava guardando intorno alla ricerca della persona che lo
avrebbe ospitato a casa sua per l’estate e alla quale sentiva già di voler
molto bene. Ma per sua sfortuna non riusciva a trovarla da nessuna parte,
quando all’improvviso Hermione esclamò indicando due persone con un dito:
“Harry guarda!”
Il ragazzo guardò nella direzione indicatagli dalla sua
amica del cuore e vide sua zia Sam che stava avanzando nella loro direzione
reggendosi con un braccio a Remus perché stava ridendo talmente tanto che forse
sarebbe crollata a terra. Evidentemente Remus la stava facendo ridere molto o
forse stavano ricordando qualcosa di divertente. Anche l’ex professore aveva
un’aria molto divertita, nessuno aveva mai visto il professor Lupin divertirsi
così tanto.
“Che sexy!” esclamò Fred vedendo Sam.
Harry lo guardò un po’ storto, però doveva ammettere che sua
zia era veramente molto attraente. Portava una paio di jeans corti fino al
ginocchio che le lasciavano intravedere le gambe lunghe e abbronzate, un paio
di stivaletti di pelle e una maglietta a maniche corte da cui spuntavano le
braccia su cui quello destro c’era il tatuaggio: “Grifo, we are the best”. I
capelli lunghi e spettinati raccolti in due trecce.
“Secondo me si mettono insieme”. Disse George alludendo a
Sam e Remus.
“No, secondo me si mette con Sirius”. Lo contraddisse Harry.
“Ne sei sicuro?” gli chiese Fred.
“Certo!” affermò il moro.
“D’accordo allora scommettiamo”. Propose George.
“Due galeoni per tua zia e Lupin”. Aggiunse Fred.
“Due galeoni per mia zia e Sirius”. Concluse Harry.
Non appena Sam vide i ragazzi tra cui c’era anche suo
nipote, buttò via la sigaretta che stava fumando e corse ad abbracciare suo
nipote seguita da Remus.
“Ciao!” lo salutò lei euforica.
“Ciao Harry!” lo salutò anche Remus con una stretta di mano.
“Professor Lupin!” esclamò Hermione andando incontro a tutti
quanti, lasciando un attimo i suoi genitori.
“Oh, ciao
Hermione. E per favore chiamami Remus e dammi del tu. Ormai non sono più
un vostro insegnante”.
“Salve, lei deve essere la zia di Harry?” chiese la signora
Weasley rivolta alla ragazza che la superava di molto in altezza e la povera
Molly doveva alzare un po’ la testa per guardarla in faccia.
“Sì, sono Samantha e mia dia del tu per favore. Il lei mi fa sentire troppo vecchia”.
Rispose lei suscitando le risate generali.
“Bene.” proseguì la signora Weasley. “Io sono Molly e lui è
mio marito Arthur” e indicò il signor Weasley. “Loro invece sono i miei figli
Fred e George” e indicò i gemelli che fecero uno dei loro migliori sorrisi “Lei
è Ginny” e indicò la ragazza dai capelli rossi che stava guardando Sam quasi
fosse una Dea. “E lui è Ron”. E indicò il ragazzo dai capelli rossi che stava
accanto a Harry e che aveva il viso quasi più rosso dei suoi capelli.
“Ron e io ci siamo già conosciuti e anche Hermione”. Fece
notare Sam sbattendo i suoi grandi occhi nocciola.
“Ora sarà meglio tornare a casa!” annunciò il signor Weasley
e dopo altri vari saluti e promesse di scrivere le lettere e di venirsi a
trovare, se ne andarono tutti lasciando la stazione di King’s Cross.
(Tutto quello era
straordinariamente stupendo)
Purtroppo Remus aveva altri impegni, così dovette lasciare
che Harry e Sam tornassero a casa da soli.
Quando Harry si trovò davanti a quella grande dimora non
potette far altro che sgranare gli occhi.
La prima cosa che notò fu la casa grande a due piani tutta
dipinta di bianco con delle grandi finestre e c’era un terrazzo in quasi tutte
le stanze. Al pianterreno c’era persino un portico che conduceva all’entrata
della casa. Se era così bella da fuori chissà com’era dentro.
C’era persino un cortile gigantesco nel quale si poteva
persino giocare a Quidditch e un’altra cosa che notò Harry era una piccola
stalla accanto alla casa. Non poteva credere che suo padre avesse vissuto in
una villa del genere. Insomma non era proprio una villa, ma… era gigantesca.
“Ma… avete una stalla?” chiese il ragazzo alla zia curioso.
“Sì, avevamo due cavalli”. Rispose lei conducendolo dentro
la casa.
Anche all’interno la casa era molto bella: a sinistra una
cucina grande e luminosa con un tavolo da lavoro tondo e a destra il salotto
ampio nel quale c’era pure una porta scorrevole che dava l’accesso a una
piccola sala da pranzo.
Le scale a chiocciola, poi, conducevano al piano di sopra
nel quale c’erano sicuramente un sacco di stanze e il bagno.
Harry salì di sopra ed entrò in quella che Sam gli aveva
indicato come la sua stanza da letto, dove aveva già sistemato i suoi bagagli.
La stanza era bellissima, non c’era che dire: molto illuminata da una grande
finestra su cui erano appese tende di velluto rosso, un grande letto tutto
ordinato, un armadio gigantesco che sarebbe bastato per due persone. La vista
poi dava su una grande quercia sulla quale era stata costruita una casetta di
legno in cui evidentemente suo padre e sua zia giocavano da piccoli.
Tutto quello
era straordinariamente stupendo, non c’era che dire, Harry non si sarebbe mai
immaginato di vivere in una casa del genere.
Ma a distoglierlo dai suoi pensieri fu una voce da dietro di
lui che gli chiese: “Bello vero, eh?”
Quella voce non era di sua zia, no perché era una voce
maschile ma Harry l’avrebbe riconosciuta fra mille. E infatti, quando si girò,
trovò il suo padrino appoggiato allo stipite della porta.
“Sirius!” esclamò e corse ad abbracciarlo.
L’uomo ricambiò la stretta e gli spettinò i capelli.
“Com’è andata?”
“Beh, poteva andare meglio”. Rispose il ragazzo ripensando a
tutti gli avvenimenti di quell’anno e l’Animagus lo guardò comprensivo.
(Quando voleva
qualcosa veramente,
lei sapeva sempre
ottenerlo,
non era una che si
arrendeva tanto facilmente.)
Quella sera Sam, Harry e Sirius cenarono tutti insieme
allegramente e si riempirono per bene la pancia anche perché Sam era una cuoca
eccezionale quando voleva. Quando voleva qualcosa veramente, lei sapeva sempre
ottenerlo, non era una che si arrendeva tanto facilmente.
“Harry, ma che fine ne hai fatto del premio del Tremaghi?”
chiese Sirius al suo figlioccio.
Harry esitò un attimo prima di rispondere, ma poi si decise. In fondo al suo
padrino glielo poteva dire: “L’ho dato a Fred e George perché possano comprarsi
il loro negozio di scherzi. Io non lo volevo, non avrei saputo che farmene”.
Sirius e Sam lo guardarono sorridendo.
“Hai fatto bene”. fu il commento alla fine di sua zia.
“Più che bene”. aggiunse Sirius.
Ci furono altri secondi di silenzio, poi Sam disse.
“Però quando sono andata ad Hogwarts ho notato che Malocchio
aveva qualcosa di strano. Insomma… non sembrava lui”.
Sirius rispose con un’alzata di spalle e Harry non fece
niente, assunse soltanto un’espressione riflessiva.
“Il primo giorno ci ha insegnato le Maledizioni senza
Perdono”. Notò il ragazzo alla fine.
“Beh, non dico che non le dobbiate imparare, ma eravate solo
del quarto anno. Cosa avrà insegnato a quelli del settimo, allora?” commentò
Sirius giocherellando col suo bicchiere.
“Dovevate vedere la faccia sconvolta di Neville quando ha
usato la Maledizione Cruciatus su un ragno”. Disse ancora Harry e i due adulti
si guardarono un po’ preoccupati.
(Era un Pensatoio.
Ma di chi? Di Sam)
Erano passati un paio di giorni da quando Harry era entrato
a vivere nella casa con sua zia e Sirius che a volte andava a farsi dei giri
sottoforma di cane. Per fortuna la casa dei Potter era un po’ isolata dal resto
delle altre, quindi non c’erano vicini che potessero fare le spie o notare
qualcosa di strano, benché un semplice cane non avrebbe avuto niente di strano.
Harry si trovava a passeggiare per il corridoio del piano
superiore della grande casa quando, all’improvviso si imbatté, in una porta di
legno uguale a tutte le altre su cui però era appeso un foglio di carta con
scritto: “Proprietà privata dei Malandrini-tenetevi alla larga se non volete
essere fatturati”.
Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore quando ipotizzò di chi
poteva essere quella stanza e un po’ esitante, decise di dare un’occhiatina.
Abbassò cautamente la maniglia e per sua fortuna, notò che
non era chiusa a chiave. Lentamente spinse la porta e quello che gli si parò
davanti lo lasciò di stucco: scaffali ricolmi di libri, coppe e foto alcune
delle quali ritraevano suo padre e sua zia abbracciati insieme, nelle altre
invece c’erano i Malandrini ad Hogwarts tutti insieme e poi una foto che lo
colpì più di tutte: un ragazzino coi capelli spettinati, gli occhi nocciola e
gli occhiali tondi con un sorriso Malandrino che Harry immaginò doveva essere
suo padre anche perché gli somigliava molto, stava abbracciando una ragazzina
più piccola anche lei coi capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola e
poi, dietro di loro, due adulti, un uomo che somigliava parecchio a James solo
che era più vecchio con un sorriso sereno e sicuro e accanto a lui una donna
dai boccoli rosso scuro, il viso a cuore e un sorriso così dolce e materno a
cui non potevi resistere. Se quei due ragazzini erano suo padre e sua zia,
allora i due adulti dovevano essere i loro genitori, quindi i suoi nonni.
Harry guardò meglio la foto e notò che il nonno aveva gli
occhi verdi chiaro, sua nonna ce li aveva nocciola, quindi suo padre e Sam
avevano ereditato gli occhi dalla loro madre, i capelli dal padre.
Si chiese come aveva vissuto suo padre da bambino, come si
comportava coi suoi genitori, come si chiamavano i suoi nonni e soprattutto
com’erano morti.
Gli sarebbe piaciuto saperlo, magari l’avrebbe chiesto a
Sam, ma prima di lasciare la stanza, diede un ultima occhiata: ai muri erano
appesi poster magici di giocatori di Quidditch che sicuramente erano stati
attaccati con la colla magica che non si staccava mai e poi c’era pure un
poster babbano che raffigurava Madonna. Suo padre era un fan di Madonna??
Quella stanza era così in ordine, così pulita, ma allo
stesso tempo trasmetteva un calore e un’accoglienza come se in quella stanza ci
abitasse ancora qualcuno e non fosse stata abbandonata per più di quattordici
anni.
Però era bello che non fosse stata toccata, che l’avessero
lasciata così com’era, che non l’avessero trasformata in una palestra o in
chissà cos’altro.
Uscì dalla stanza lasciandosi tutti quei ricordi alle spalle
e questa volta notò un’altra camera da letto con la porta spalancata, il letto
matrimoniale sfatto e un grande armadio di noce. Questa volta doveva essere la
stanza dei suoi nonni ma c’erano i vestiti di Sam. Gli venne in mente che sua
zia gli aveva detto che lei avrebbe usato quella dei suoi genitori e non la
sua. Ma un’altra cosa attirò la sua attenzione. Una piccola ciotola era posta
sulla scrivania dalla quale uscivano delle nuvolette di fumo azzurrognolo e
Harry intuì che cosa doveva essere perché un po’ di tempo fa lo aveva visto
pure nell’ufficio di Silente.
Era un Pensatoio, ma di chi? Di Sam?
SPAZIO AUTRICE IN VACANZA
Ciao ragazzi, questa volta ho fatto presto perché sarà
l’ultimo aggiornamento per almeno un mese… mi dispiace dirvelo ma io parto
sabato per la Croazia, vado in vacanza e non mi porto il computer dietro… anche
a me serve una vacanza ogni tanto… e poi voi avrete tutto il tempo per leggere
questo capitolo e magari rileggervi anche tutta la storia e recensire… mi
raccomando recensite in tanti e fatemi un po’ di pubblicità… intanto me ne
faccio un po’ ankio; se vi mankerò proprio tanto potete leggere due mie fanfic
di Twilight, The Power of the Love (già completa) e Stessi Occhi Stesso Sangue
(non ancora completa).
Io vi auguro buone vacanze e, mi raccomando, se potete,
andate al mare, divertitevi, abbronzatevi e mangiate tanto gelato.
Un bacio e un abbraccio caloroso, alla prossima…
La vostra Milly… ciao…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo diciannove ***
questo
(Quelli dovevano
essere i suoi nonni,
ma allora…)
Era un Pensatoio. Ma di chi? Di Sam?
Harry decise di darci un’occhiata, in fondo non sarebbe
successo niente se curiosava un po’.
Si avvicinò di più a quella piccola ciotola e vi immerse il
viso fino a che non si trovò in un luogo completamente diverso e in un altro
tempo.
Guardandosi intorno notò che era su una spiaggia dove c’era
molta gente che si godeva il caldo sole estivo.
Il mare era piuttosto agitato e c’era poca gente in acqua, i
più coraggiosi che volevano affrontare le onde.
Guardando un po’ tutte le persone che c’erano vide due
persone che stavano prendendo il sole: una donna dai capelli rosso scuro e gli
occhi nocciola stava leggendo una rivista, mentre un uomo dai capelli scuri le
spalmava la crema sulle spalle. Quelli dovevano essere i suoi nonni, ma allora…
Guardò verso l’acqua e una piccola bambina di più o meno sei
anni attirò la sua attenzione: aveva i capelli bagnati lunghi fino alle spalle
e un costumino a pezzo intero di colore giallo con i cuoricini rossi. Stava
giocando vicino a uno scoglio e l’acqua alta le bagnava le gambe facendola
scivolare, ma lei continuava a rialzarsi decisa.
All’improvviso le onde si fecero ancora più alte e anche le
poche persone che erano in acqua cominciarono ad uscire finché non rimase più
nessuno.
“Sam, allontanati dallo scoglio, le onde sono troppo alte”.
Disse l’uomo avvicinandosi alla bambina e prendendola per mano.
Sam ubbidiente, si allontanò dallo scoglio e si sedette
sull’asciugamano accanto alla madre.
“Ma papà, James è ancora in acqua”. Lo avvertì lei e il
padre andò subito a guardare dov’era l’altro figlio e quando notò un puntino un
po’ distante nell’acqua che stava nuotando contro le onde, lo chiamò.
“James, esci! Le onde sono troppo alte!”
“Aspetta ancora un po’ papà!” si lamentò il ragazzo.
“No, esci adesso!” rincarò la dose l’uomo che temeva che con
le onde alte suo figlio sarebbe potuto annegare. Ma ogni volta che doveva
convincere James a fare qualcosa, doveva sempre combattere contro la sua testardaggine
e cocciutaggine.
Decise di lasciare il figlio ancora un po’ in acqua, tanto
lui era un bravo nuotatore, nonostante avesse solo nove anni, però lo avrebbe
tenuto sotto controllo perché con quelle onde c’era da stare attenti.
Ad un tratto però Sam si era alzata e aveva gridato:
“Papàààà!” indicando col dito in acqua e quando il padre guardò nella direzione
indicata dalla figlia, vide James andare sotto e non riaffiorare più
dall’acqua.
Anche sua moglie si era alzata, in panico e aveva urlato al marito:
“Edward, fa qualcosa!” e l’uomo si era precipitato subito in acqua e aveva
nuotato contro tutte quelle onde per recuperare il figlio che ormai stava
andando sotto, perdendo i sensi completamente.
L’aveva riportato sulla spiaggia in braccio e siccome non si
riprendeva ancora aveva dovuto premergli le mani sul petto per fargli sputare
tutta l’acqua che aveva bevuto e non appena si era ripreso tirarono tutti
quanti un sospiro di sollievo e la madre era andata subito ad abbracciarlo
ancora in panico mentre Sam cercava di smettere di piangere dallo spavento.
“Te l’avevo detto di uscire, James!” lo sgridò il padre che
stava cercando di recuperare il fiato, non solo per la nuotata ma anche perché
gli era venuto un colpo.
(Un giorno verremo a
riprenderceli)
All’improvviso il ricordo cambiò ancora e questa volta lo
scenario era completamente diverso.
Questa volta il luogo lo conosceva benissimo perché era la
casa dove abitava suo padre da piccolo e dove adesso abitava lui.
Sotto al portico c’erano due ragazzini, di nuovo Sam e suo
padre e stavano parlando di qualcosa che Harry non riusciva a udire da dove si
trovava, quindi cercò di avvicinarsi, tanto non lo vedeva nessuno.
“E così, allora domani vai a Hogwarts?” chiese Sam al
fratello. Quindi, questo voleva dire che James doveva avere undici anni.
“Eh, sì”. Rispose lui con un sorriso beato sul volto. Si
vedeva che era felice di andarci.
“E sei felice?” gli chiese ancora Sam. Lei, a differenza del
fratello, non sembrava tanto contenta.
“Certo che sono felice!” un’altra risposta di assenso.
“Ma non ti dispiace stare lontano da casa?”
“Beh, un po’ sì. Ma tanto tornerò per le vacanze”.
“Ma mi mancherai…” si lamentò Sam e quasi le venivano le
lacrime agli occhi.
“Oh, Sammy, anche tu mi mancherai, tanto e lo sai”. E il
fratello corse subito ad abbracciarla.
“Ma tu non ti dimenticherai mai di me, vero?”
“E come potrei dimenticarmi di te, se ti voglio un mare di
bene. Vedrai che il tempo passerà in fretta e mi troverai di nuovo a romperti
le scatole e magari combineremo qualche altra malandrinata insieme”.
E dicendo così la fece subito ridere. Era questo che
Samantha adorava tanto di suo fratello, che sapeva farla ridere sempre e
comunque, lui le avrebbe messo un sorriso sulle labbra anche se ci fosse stata
la fine del mondo. E poi sapeva anche essere dolce e trovare le parole giuste
per consolarti.
“Sai cosa facciamo?” proseguì ancora James staccandosi
dall’abbraccio.
“Cosa?”
“Andiamo nella nostra casa sull’albero e nascondiamo il
simbolo del nostro più grande sogno”.
“Cioè?” chiese Sam con un espressione un po’ confusa.
“Prendiamo un oggetto che simboleggi quello che noi
desideriamo di più e lo nascondiamo in una scatola che poi metteremo nella
nostra casa. Se poi un giorno torneremo a riprenderceli vuol dire che quel sogno
si è realizzato. Per esempio, io vorrei diventare un campione nel Quidditch
come cercatore perciò nasconderò questo boccino.” E le fece vedere un piccolo
boccino dorato con le ali strette nella sua mano. “E tu?” chiese poi alla
sorella.
“A me piacerebbe viaggiare intorno al mondo”. Rispose lei
dopo averci pensato un attimo.
“Perfetto!” esclamò James. “Allora prendi un oggetto che lo
simboleggi”.
Sam si frugò nella tasca e ne estrasse un portachiavi che
aveva un piccolo mappamondo come ciondolo.
James le sorrise e si arrampicarono tutti e due sull’albero
per entrare nella piccola casetta di legno, nascondendo i loro tesori.
“Un giorno verremo a riprenderceli…”.
(Non cantare
vittoria troppo presto)
Il ricordo cambiò ancora, ma il luogo rimase uguale, solo
che adesso i due fratelli si trovavano nella stalla.
“Senti tu prendi Choccolate io prendo Teo.” Disse James alla
sorella sistemando la sella su un cavallo coloro nero pece con una piccola
macchia bianca sulla fronte.
Sam invece cominciò a preparare un cavallo marrone
cioccolato.
Quando furono montati tutti e due in sella cominciarono a
cavalcare lentamente con un portamento elegante, come se fossero dei veri
cavallerizzi e anche i cavalli avevano un andatura molto aggraziata.
“Facciamo una gara!” propose Sam.
“Il primo che fa il giro della foresta e torna qui è il
vincitore”. Disse James.
“D’accordo, ma tanto vincerò io!” esclamò la ragazza, sicura
di avere già la vittoria in tasca.
“Non cantare vittoria troppo presto”. L’ammonì il fratello e
cominciarono a correre coi cavalli giù per la foresta e su per le colline.
(Ti chiamerò come
lei.
Sally.)
E ancora un altro ricordo.
Questa volta erano dentro casa, seduti sul divano, al buio.
Stavano guardando un film in televisione, un horror a quanto pareva.
Sam si stringeva addosso a James ma non sembrava spaventata
perché stava guardando tutto ad occhi sgranati, non si perdeva neanche una
scena, benché ci fossero tutti quei pezzi spaventosi pieni di sangue e altra
roba che faceva venire un colpo.
Lei guardava senza emettere fiato e si stringeva forte al
braccio del fratello.
Dopo un po’ ci furono i titoli di coda e James tirò fuori il
DVD che stavano guardando.
“Non capisco come facciano a piacerti questi film
spaventosi”. Commentò il ragazzo mettendo a posto il videoregistratore.
“Non sono poi così spaventosi”. Si lamentò Sam sdraiandosi e
accendendo la luce.
“Nessuna ragazza come te guarderebbe queste cose.” Continuò
ancora lui.
“Io non sono come le altre. O forse preferisci che guardi
quei sdolcinati film d’amore che a te fanno vomitare tanto?” gli chiese lei
guardandolo con due occhi dolci, ma al tempo stesso malandrini.
“Oh, no ti preferisco di gran lunga così”.
Rimasero tutti e due sdraiati sul divano in silenzio.
Alla fine fu Sam a parlare per prima.
“Però questo film era bello. Non c’era solo Horror, ma anche
amore. E poi hai visto la protagonista che bella che era? Mi piacerebbe tanto
essere come lei”.
James sghignazzò un attimo prima di rispondere.
“Beh, sì era bella. E le somigli un pochino. Sai che faccio?
Ti chiamerò come lei Sally”.
“Sally? E perché?”
”Beh, così. Visto che ti piace”.
“Grazie Jimmy!” disse lei abbracciando suo fratello.
“Soltanto tu mi chiami Jimmy. Gli altri mi chiamano Jamie o
Jim”.
“E ti dispiace?”
“No, affatto”.
ANGOLO AUTRICE NON PIU IN VACANZA
Ciao ragazzi!!! Sono tornata!!!! Siete contenti??
Lettori: noooooo!!!!!!
Milly: ahahahahah… dai che se non ci fossi io questa fanfic
non andrebbe avanti.
Allora, cosa ve ne è parso?? In questo cap c’erano un po’ di
ricordi di Sam e spero che vi siano piaciuti. Ovviamente questa è solo la prima
parte, perché nel prossimo cappy ce ne saranno altri. Quindi, se avete qualche
commento da fare, ciccate su inserisci una recensione.
Per il resto, come sono andate le vostre vacanze?? Spero
bene. Adesso però bisogna prepararsi per la scuola. Avete già comprato i libri,
gli zaini, gli astucci, i diari?
Spero di sì perché non manca molto, bisogna cominciare col
conto alla rovescia.
Vabbè, adesso basta con le chiacchere che se no facciamo
notte. Ci sentiamo la prossima volta, quando mi avrete fatto qualche recensione
scrivendomi anche dove siete stati in vacanza.
Bene, bene… vi saluto, ciaoooooo!!!!
Alla prossima, kiss, kiss… milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo venti ***
I Volturi
(…e con quei
profondi occhi azzurri
che sapevano
catturarti e ammaliarti)
Questa volta oltre al tempo, cambiò anche il luogo.
Sam si trovava sull’Espresso di Hogwarts e stava cercando
uno scompartimento vuoto nel quale sedersi.
Quando all’improvviso vide arrivare suo fratello insieme ad
altri tre ragazzi.
“Eccoti Sam!” esclamò James venendole incontro seguito dagli
altri tre.
“James!” lo salutò lei felice di vederlo perché pareva un
po’ confusa. Sembrava non sapesse che fare.
“Ragazzi!” chiamò James. “Lei è mia sorella Samantha. Sam,
loro sono Sirius, Remus e Peter”. Fece le presentazioni.
“Ciao!” la salutò Remus guardandola con i suoi grandi occhi
dorati.
Ma Sam sembrava avere occhi solo per una persona, Sirius che
se ne stava lì in mezzo spavaldo come suo solito e con quei profondi occhi
azzurri che sapevano catturarti e ammaliarti. Sirus era veramente un bel
ragazzo non c’era che dire, tutte le ragazze di Hogwarts desideravano stare con
lui almeno per una volta, ma poi le fortunate rimanevano sempre deluse. Non
perché lui le trascurasse o perché facesse pena a letto, ma perché la maggior
parte delle volte era lui a lasciarle.
“Sam, ti vieni a sedere con noi?” le chiese Remus
distogliendola dai suoi pensieri e dallo sguardo magnetico di Sirius.
Quell’altro, Peter, la stava guardando come se avesse appena visto un fantasma
e a Harry venne voglia di spaccargli la faccia.
“S…sì”. Rispose un po’ titubante la ragazza.
I cinque andarono a sedersi in uno scompartimento vuoto e
dopo un po’ arrivarono a Hogwarts ma qui Sam si dovette separare dal fratello e
dai suoi amici perché lei doveva andare con quelli del primo anno.
Adesso erano tutti in sala Grande e si stava svolgendo lo
Smistamento. Dopo alcuni nomi fu il turno di Sam. Lei si avvicinò alla sedia
senza alcuna esitazione, con un sorriso sicuro stampato sul volto;
evidentemente sapeva già dove sarebbe finita.
E infatti: “Grifondoro!” urlò il cappello parlante e lei
andò a sedersi con il resto dei suoi compagni al tavolo dei Grifondoro.
“Ehi Sally, Sally!” si sentì chiamare e girandosi vide suo
fratello che le tirava su i pollici e le mostrava il suo perfetto sorriso
malandrino.
(E non solo perché
lui era più grande di lei)
Era di nuovo Hogwarts ma questa volta era il cortile di
Trasfigurazione.
Tre ragazze stavano sedute su una panchina sotto ad un
grande salice e chiacchieravano animatamente di qualcosa. Una delle tre, Harry
la riconobbe come sua zia Sam, le altre due invece non le aveva mai viste. Una
aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle e occhi azzurri e un viso
angelico, mentre la terza aveva lunghi capelli ricci biondi e occhi castani.
“Wow Sam! Adoro stare con tuo fratello!” disse la ragazza
dai capelli neri.
“Kath, tanto tra un po’ ti mollerà. È sempre così”. Rispose
Sam passandosi una mano tra i capelli.
“E dai, non essere così pessimista”. Ribattè l’amica
guardandola accigliata.
“Lo sai che ha per la testa soltanto la Evans”.
“Sì, ma prima o poi se la toglierà dalla testa. Lei non lo
caga neanche”.
“Beh, bisogna ammettere che tuo fratello è carino e la Evans
è una delle ragazze più carine della scuola, starebbero bene insieme”. Disse
all’improvviso la ragazza dai capelli ricci. “Piuttosto a me piace molto il suo
amico biondo, Remus. Avete visto quant’è dolce?” la ragazza fece un’espressione
completamente innamorata che quasi le sarebbero spuntati i cuoricini sugli
occhi. Ogni volta che si parlava di Remus perdeva la testa per non parlare di
quando lo vedeva.
“Sì, certo Izzie, continua a sognare”. Le disse Kath
ricevendo un’occhiataccia dall’amica.
“Piuttosto tu…” sbottò all’improvviso la bruna guardando Sam
con occhi minacciosi. “Anche tu sei una delle ragazze più carine della scuola e
hai successo con i ragazzi… chi vuoi acchiappare adesso?”
“Cosa?” chiese Sam assumendo un’espressione innocente, ma i
suoi occhi dicevano tutto il contrario.
“Avanti, ammettilo che ti piace un bellissimo ragazzo dai
capelli scuri e gli occhi azzurri come il mare. E che questo ragazzo sia
nientemeno che il migliore amico di tuo fratello.” Disse Izzie e adesso tutte e
due le amiche la guardavano con un espressione che non ammetteva repliche. Sam
si sarebbe trovata costretta ad ammettere.
“A me non piace Sirius!” cercò di negare la mora, ma i suoi
occhi innamorati la tradivano.
“Sì che ti piace. Si vede da come lo guardi”. Le fece notare
Kath.
“E poi lui è così bello. Stareste bene insieme”. Aggiunse
Izzie.
“Lui non mi piace. E anche se fosse non potremmo stare
insieme”. Disse Sam alzandosi e scappando via inseguita dalle amiche che le
chiedevano il perché di quella risposta.
Si vedeva che Sam era cotta di lui, ma non si era mai
lasciata andare come con gli altri ragazzi. Lei era brava a rimorchiare quelli
che le piacevano, ma con Sirius non ci aveva mai provato. E non solo perché lui
era più grande di lei.
(E’ il padre di
Sirius)
James e Sam si trovavano nella sala d’attesa di quello che
sembrava un ospedale. James era seduto su una sedia, lo sguardo perso e
preoccupato. Sam aveva la testa appoggiata alla sua spalla e lui le aveva
circondato le spalle con un braccio. Lei sembrava così triste per qualcosa e
aveva gli occhi lucidi.
Harry si chiese che cosa potesse mai essere successo e
perché si trovavano in un ospedale.
Una signora coi capelli corti e scuri si avvicinò a loro e
Sam le chiese:
“Zia, chi è stato a fare del male a papà?”
La signora esitò un attimo prima di rispondere.
“E’ stato un certo Orion Black”.
Sam e James rimasero a bocca aperta, senza parole, uno più
sconvolto dell’altro. Adesso anche James aveva gli occhi lucidi.
Fu Sam la prima a recuperare la parola e rivolgendosi al
fratello, disse:
“E’ il padre di Sirius”.
(Tu non sei come
loro,
tu sei diverso)
Era di nuovo Hogwarts, ancora il cortile, qualche mese più
tardi.
Sam era seduta sulla stessa panchina, sotto lo stesso albero
dove un po’ di tempo fa Harry l’aveva vista con le sue amiche.
Ma questa volta era da sola e sembrava molto triste. Non
sembrava accorgersi molto di quello che accadeva intorno a lei. E non sembrava
essersi accorta nemmeno della persona che le si era seduta accanto.
“Come mai sembri così triste?” le chiese il ragazzo
guardandola e cercando di darle conforto soltanto con uno sguardo.
Lei, appena ne riconobbe la voce, si girò verso di lui e
incontrò di nuovo quei profondi occhi azzurro cielo che le erano sempre
piaciuti. Tutto di lui le piaceva.
“Mi manca mio padre, Sirius”. Rispose lei.
Sirius strinse i pugni e assunse un’espressione minacciosa e
anche colpevole.
“Mi dispiace”. Sussurrò lui. Non sapeva proprio che altro
dire.
“Non è colpa tua. Tu non centri niente, te lo ha detto anche
mio fratello”. Questa volta sembrava che dovesse essere lei a consolare lui.
“Sì, ma è colpa di quel bastardo di mio padre. Lui è così…”
La ragazza lo prese per una mano e cercò di guardarlo in
viso, ma lui non stava guardando lei ma un punto impreciso dell’erba. Poi però
si girò a guardarlo e quello che la ragazza vide, furono degli occhi spaventati
e colpevoli.
“Tu non sei come loro, tu sei diverso”. Gli sussurrò Sam
cercando di tranquillizzarlo.
E come se avesse reagito a comando, Sirius avvicinò il suo
viso a quello di Sam e le diede un leggero bacio sulle labbra a cui lei si
lasciò andare completamente. Poi, però si staccò, e come se niente fosse il
ragazzo se ne andò lasciando la povera Sam sbigottita e incredula, ancora col
sapore delle labbra di Sirius nelle sue.
(E se la guarderemo
nello stesso momento ci incontreremo.
Anche quando saremo
lontani)
James e Samantha erano sdraiati sul tetto della propria
casa, stretti l’un l’altro.
“E così tra un po’ ti sposi, eh?” sospirò la ragazza. “Sei
contento?”
“Mi sposo con la donna dei miei sogni, dì un po’ te”. Disse
lui felice.
“Qualche volta ricordati della tua sorellina che ti vuole
tanto bene”.
James sghignazzò. “Ma io mi ricorderò sempre di te, Sally”.
Rimasero tutti e due un attimo in silenzio a contemplare la
coperta luminosa che stava sulle loro teste. Quella notte era piena di stelle.
Poi James disse. « Vedi
quella stella luminosa?” e le indicò una stella che risaltava più delle altre.
“Sì”. Rispose la ragazze guardando dove le aveva indicato il
fratello.
“Bene. La chiamerò Sally e ogni volta che la guarderai ti
ricorderai di me e ogni volta che la guarderò io mi ricorderò di te. E se la
guarderemo nello stesso momento ci incontreremo. Anche quando saremo lontani.
Va bene?”
Sam sorrise felice. Suo fratello sapeva essere veramente
dolce quando voleva e questo suo lato lo mostrava soltanto a sua sorella e
anche alla donna che amava. A volte qualcuno pensava che fosse soltanto un
presuntuoso arrogante e orgoglioso, ma chi lo conosceva bene come lei, sapeva
anche che lui era dolce e romantico.
“E magari ascolteremo di nuovo la canzone Sally di Vasco
Rossi, quella che ti piace tanto”. Aggiunse ancora il ragazzo.
“D’accordo Jimmy”. Sospirò felice la sorella.
(Perché mi hai
lasciata, James!
Perché mi hai
lasciata sola?!)
Era la Sala Grande ed era in corso una festa. Dalle
decorazioni doveva essere Halloween perché dappertutto erano appese zucche e
zucchette, ragni e pipistrelli.
Era una festa in maschera perché erano tutti mascherati,
c’era qualcuno vestito da vampiro, qualcuno da lupo mannaro, qualcuno da
Frankenstein e altri mostri.
Harry cercò di trovare sua zia in quel tumulto di persone
che ballavano e si dimenavano.
Non dovette cercare molto perché la trovò quasi subito
abbracciata ad un ragazzo biondo che ballavano insieme. Era più grande rispetto
agli altri ricordi nei quali l’aveva vista, doveva avere più o meno diciassette
anni.
Ed era bellissima. Aveva un lungo vestito bianco che
strisciava ai piedi e le maniche diventavano più larghe man mano che arrivavano
alla fine. E quei capelli lunghi e disordinati e la coroncina di fiori le
davano un’aria talmente surreale. Sembrava una principessa ed era così felice
di ballare col suo cavaliere, si stava divertendo così tanto, sembrava che
niente potesse rovinarle quella serata.
All’improvviso però una ragazzina le si avvicinò e le disse
che il professor Silente la voleva nel suo ufficio.
Sam lasciò il ragazzo biondo e gli disse di aspettarla e poi
abbandonò la Sala Grande diretta all’ufficio del Preside. Harry la seguì perché
era strano che Silente chiamasse qualcuno nel suo ufficio durante una festa a
cui di solito partecipava anche lui.
Quando entrarono dentro di certo non si aspettavano di
vedere quello che videro:
la professoressa McGranitt con un fazzoletto in mano che
cercava di trattenere le lacrime e il professor Silente sconvolto che guardava
la ragazza con occhi tristi.
“Cos’è successo, professore?” chiese Sam spaventata. Non
aveva mai visto né Silente, né la McGranitt sconvolti così tanto.
Silente attese un attimo prima di rispondere, sembrava che
cercasse le parole adatte.
“Poco fa abbiamo saputo che suo fratello e sua moglie sono
stati traditi. Voldemort li ha trovati e naturalmente non c’è stato niente da
fare. Sono stati assassinati tutti e due, ma il bambino si è salvato. Lo
abbiamo portato dai suoi zii, i Dursley”.
Sam aveva ascoltato tutto senza emettere fiato e sentendo
tutte quelle parole si era portata le mani alla bocca sconvolta. Delle lacrime
cominciarono ad affiorarle agli occhi. Si era come immobilizzata, non riusciva
a dire niente, forse quasi neanche a respirare.
“Tra un po’ la faremo mandare a casa sua da sua madre”.
Disse la McGranitt e aggiunse. “Mi dispiace”.
Ma Sam non sembrava aver udito quelle ultime parole, ormai
sembrava completamente andata, sconvolta.
Uscì di corsa dall’ufficio del Preside e cominciò a correre
senza una meta precisa. Non c’era nessuno nei corridoi, erano tutti alla festa
e in un attimo la ragazza si era trovata nella sua Sala Comune ed era corsa nel
suo dormitorio con le lacrime che le bagnavano completamente gli occhi.
Harry guardò tutta la scena orripilato, quasi si sarebbe
messo a piangere anche lui.
Sam cominciò a distruggere tutto quello che c’era nella sua
stanza, a rovesciare i bauli a strappare le tende e le foto e i poster appesi
alle pareti e tutto piangendo disperatamente.
Dopo aver messo a soqquadro tutta la stanza, scivolò contro
un muro con le mani sulla faccia completamente bagnata e poi si strappò anche
il vestito e distrusse la coroncina di fiori.
Era orribile, come faceva una serata così bella e felice a
trasformarsi in un incubo, così, da un momento all’altro.
“Perché mi hai lasciata, James! Perché mi hai lasciata
sola!” urlò.
ANGOLO AUTRICE RITARDATARIA
Cavolo ragazzi, rileggendo l’ultimo ricordo è venuto da
piangere anche a me?? E voi?? Cosa ne pensate di questo capitolo??
Ovviamente, come avrete notato, è il proseguimento di quello
scorso, perché purtroppo nn potevo mettere tutti sti ricordi in un unico
capitolo se no veniva troppo lungo, ma spero non vi sia dispiaciuto.
Sicuramente vi sarà dispiaciuto di più che io abbia
aggiornato così tardi… eh, ma ragazzi miei, purtroppo in questi giorni sono
stata molto impegnata con la scuola e impegni vari. Già il primo giorno di
scuola mi avevano dato compiti.
Comunque, a voi come va la scuola?? È stato traumatico il
ritorno?? Per me sì, ma ci si abitua.
Bene, ora vi lascio e spero di ricevere tante visite e
recensioni… kiss kiss milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo ventuno ***
capitolo ventuno
(La nonna è ancora
viva?)
Harry uscì dal Pensatoio sconvolto e scombussolato.
Alcuni ricordi lo avevano lasciato scioccato, specialmente
gli ultimi. Aveva capito che la vita di Sam non era stata così felice e
spensierata, ma che le aveva comunque regalato bei momenti da ricordare. Ma era
proprio questo che faceva male; ricordare tutte quelle cose, tutti quei momenti
felici passati insieme alle persone a cui vuoi più bene e sapere che quei
momenti non li potrai rivivere mai più.
E c’era una domanda che continuava a frullargli nella mente,
una domanda alla quale voleva avere una risposta precisa e diretta, senza giri
di parole e sapeva che Sam gliel’avrebbe data perché lei non era una persona
molto enigmatica e quando voleva andava dritta al punto.
Si girò dall’altra parte della stanza perché aveva sentito
un rumore e aveva trovato Sam appoggiata al cornicione della porta che lo
guardava con uno sguardo che Harry non riuscì a identificare; non sapeva se era
arrabbiata perché aveva frugato nei suoi ricordi o se era preoccupata perché il
ragazzo poteva essere sconvolto da tutto quello che aveva visto.
Ma a Harry non
importava molto se fosse arrabbiata o preoccupata, gli interessava avere
soltanto una risposta alla sua domanda e senza esitare, gliela pose:
“La nonna è ancora viva?”
(E quando si era
ripresa
non si ricordava più
niente)
Erano seduti entrambi sul letto matrimoniale, Sam sdraiata
sui cuscini e Harry con la testa appoggiata al suo seno.
La zia gli aveva spiegato tutto, che suo padre era morto quando
lei aveva solo quattordici anni un po’ prima delle vacanze di Natale e che sua
madre era rimasta molto sconvolta ma era riuscita ad andare avanti per lei e
James, perché aveva ancora dei figli da proteggere. Però non era mai riuscita a
riprendersi come prima, non sorrideva più tanto come una volta e non si sentiva
più tanto allegra. Anche per Sam e suo fratello era stato terribile, Sam si
sentiva molto triste perché era molto legata a suo padre e con lui aveva
passato dei momenti bellissimi e quando era morto le era sembrato che tutto le
sarebbe potuto crollare addosso. Ma poi era riuscita ad andare avanti, anche
perché c’era James. E anche per James era stato terribile, anche lui era molto
affezionato al padre, ma era riuscito a superare la perdita quasi subito, con
la sua voglia di vivere e la sua voglia di divertirsi. Ma in realtà Sam sapeva
che per James era stato peggio di quello che mostrava perché lui sapeva
costruirsi una corazza intorno ai suoi sentimenti impenetrabile a chiunque e
che apriva soltanto a chi sapeva comprenderlo fino in fondo. L’unico
cambiamento che si notava era che James aveva abbassato la cresta e non si
comportava più da orgoglioso e non lanciava più fatture a destra e a manca.
Così era riuscito a conquistarsi la sua Lily.
E poi… e poi era morto anche lui, James, il mitico
fratellone di Sam, quello che lei considerava il fratello migliore del mondo.
E per la loro mamma era stato uno shok, era stata la goccia
che aveva fatto traboccare il viso. Già sconvolta per la morte del marito,
questa volta era stato ancora peggio, aveva perso uno dei suoi figli, una delle
persone che amava di più al mondo. Era rimasta sconvolta, era svenuta e quando
si era ripresa non si ricordava più niente, nemmeno di avere un’altra figlia. I
medici dicevano che era per lo stress, per lo shok, perché voleva dimenticare
tutto ciò che era successo e il suo cervello le aveva dato quella specie di
benedizione facendole dimenticare la morte del marito, del figlio ma facendole
dimenticare anche di avere un’altra figlia, di essere stata sposata e di aver
avuto tutta una vita.
Era stata ricoverata al S.Mungo, le facevano vari test,
cercavano di farle recuperare la memoria, ma senza successo. Sam era andata a
trovarla, ma la donna proprio non la riconosceva, non aveva la più pallida idea
di chi fosse.
Sta di fatto, che dopo la morte del fratello, a soli
diciassette anni, Sam si era trovata completamente sola e non sapeva più che
fare. All’inizio aveva provato un senso di vendetta per tutti quelli che le
avevano fatto del male, per tutti quelli che le avevano tolto le persone più
care e aveva desiderato uccidere Voldemort con le sue mani ma ormai non c’era
più niente da fare, perché il Signore Oscuro era già morto e poi anche se lo
avesse ucciso lei questo non sarebbe riuscito a riportarle indietro suo
fratello e neanche suo padre. Aveva deciso di diventare Auror come lo erano
stati suo padre e suo fratello, e pensava che così magari si sarebbe sentita
meglio, avrebbe avuto qualcuno su cui sfogare la sua rabbia e fare del male a
quelli che avevano fatto del male a lei le dava un certo senso di sollievo.
Aveva avuto sempre un carattere molto vendicativo.
Ma non era riuscita a resistere molto: appena diventata
Auror era andata via, lontano da Londra e lontano dal Mondo Magico, per cercare
di dimenticare e di non pensare, per rifarsi una nuova vita. Cosa che non
riuscì a fare, perché in tutti quegli anni non aveva fatto altro che viaggiare
in giro per il mondo, cosa che in fondo desiderava fin da bambina, con una
compagna indimenticabile e alla fine la vita, o il destino aveva deciso di
privarla anche di quello. Forse era un segnale, forse significava qualcosa, sta
di fatto che però lei adesso si trovava di nuovo lì, nella sua vecchia casa, a
ricordare tutte quelle belle e brutte esperienze che tanto aveva cercato di
dimenticare.
(…gli avrebbero
voluto bene come dei veri genitori…)
Harry aveva ascoltato tutto il racconto senza fiatare e in
quel momento non sapeva proprio che cosa provare.
“E’ terribile!” riuscì soltanto a biascicare alla fine.
“Già”. Annuì sua zia con un sospiro.
Rimasero per un po’ in silenzio, non sapendo bene che dire.
Harry stava bene lì, così, tra le braccia di sua zia. Provava un certo senso di
calore e affetto che non aveva mai provato prima. Si sentiva al sicuro,
protetto, gli sembrava che tra le mura di quella casa non sarebbe potuto
succedere nulla, che il pericolo non sarebbe mai potuto entrare, nonostante
solo poche settimane prima avesse assistito al ritorno di Lord Voldemort. Ma
lì, tra le braccia di Sam gli veniva solo voglia di sorridere e di pensare
positivo, si stava così bene. Era un po’ come stare tra le braccia di sua
madre, ma visto che una madre non l’ha mai avuta, Sam poteva considerarla
proprio come una madre, in fondo era pur sempre sua zia.
“Ciao!” li salutò Sirius che era arrivato all’improvviso lì
e ora li stava guardando dalla soglia della porta sorridendo. “Che fate di
bello?”
“Niente Paddy. Un po’ di chiacchere!” rispose Sam
sorridendogli di rimando.
“An!” esclamò l’Animagus. “Pensavo si facesse baldoria senza
di me”.
“Ma tu pensi sempre alla baldoria? E comunque, come potremmo
fare una festa senza invitare il mitico re degli intrattenimenti”. Disse
sarcastica la ragazza mentre Sirius si avvicinava al letto e si sdraiava accanto
a Sam.
“Ovviamente! Che festa sarebbe senza il sottoscritto che fa
un po’ di casini”.
Sorrisero tutti e tre e dopo si trovarono a contemplare il
soffitto della stanza sdraiati nel letto senza dire niente.
“Che facciamo al compleanno di Prongs Junior?” chiese
all’improvviso Sirius interrompendo il silenzio.
“Prongs Junior?” Harry lo guardò stranito. Perché lo aveva
chiamato così?
“Certo! Tuo padre era Prongs Senior quindi tu sei Prongs
Junior!” rispose Sirius come se fosse la cosa più normale del mondo.
Harry non poté far altro che sorridere.
Certo che quella scena era veramente bella da vedere: loro
tre che se ne stavano sdraiati su un letto facendo la parte di una felice
famiglia che si voleva tanto bene. Magari lo sarebbero anche potuti diventare.
Se Sirius e Sam si mettevano insieme sarebbe come se loro fossero i suoi
genitori. Insomma, non quelli veri e propri, ma gli avrebbero voluto bene come
dei veri genitori e il solo pensiero lo fece sorridere.
(Ma quindi siete voi
i Malandrini)
Sam e Harry erano andati a trovare i Weasley alla Tana sotto
chiaro invito della signora Weasley, che voleva a tutti i costi conoscere
meglio la zia di Harry. E ovviamente anche Sirius voleva venire con loro e così
si presentò insieme agli latri due sotto forma canina, per ovvi motivi.
“Ciao Harry caro!” salutò la signora Weasley appena lo vide
entrare e poi aggiunse. “Oh, ciao Samantha! Quel cane è tuo”.
Non è che la signora Weasley amasse molto i cani,
specialmente della stazza di Sirius, poi trovarsene uno dentro casa sua, la
rendeva un po’ nervosetta e non voleva mancare di rispetto a Samantha. Sperava
di riuscire a farsi piacere la ragazza che già la rendeva un po’ dubbiosa dopo
aver saputo che se ne era andata in giro per il mondo a fare chissà cosa
lasciando un povero ragazzo nelle mani di quelle persone che di sicuro non gli
avevano dato né amore né affetto.
“Wow! E’ bellissimo, però è molto grosso. Cosa gli dai da
mangiare?” chiese Ginny avvicinandosi e accarezzandolo sulla testa.
“Beh, vedi… penso che a lui piaccia nutrirsi da solo”.
Rispose Sam mentre lei e Harry cercavano di trattenere le risate. Ginny invece
la guardava scettica dopo quella risposta.
Ron, dopo aver capito l’allusione a quello che Sam aveva
detto e dopo aver anche capito chi era in realtà quel cane, esclamò: “Oh mio
Dio. Per tutte le mutande zozze di Merlino!”
“Che c’è Ron?” gli chiedeva la sorella mentre davanti agli
occhi di tutti Sirius riprendeva la sua forma umana.
Ginny cacciò un urlo, la signora Weasley si portò le mani
alla bocca, Ron ritirava indietro le gambe sul divano per non essere azzoppato
di nuovo e Fred e George esclamavano un: “Fico!”
“Che c’è gente. Mica mordo!” esclamò Sirius a quegli sguardi
increduli e forse un po’ spaventati.
“E la mia gamba allora?” sbraitò Ron che di certo non si era
dimenticato dell’episodio avvenuto l’anno scorso.
“Beh, scusa. Non ce l’avevo con te ma con il tuo topo”.
Rispose Sirius facendo la sua solita faccia da cucciolo bastonato quando voleva
farsi perdonare.
“Beh, sì Sirius tende a diventare un po’ aggressivo quando
vuole vendetta”. Aggiunse Sam guardando Sirius di sbieco.
“Ehi, così non mi sei d’aiuto”. Si lamentò Sirius come un
bambino a cui erano state rubate le caramelle.
Ginny continuava a guardarlo ancora terrorizzata, mentre
Fred e George lo guardavan come se fosse un Dio sceso in terra. Per loro tutto
quello che aveva fatto quell’uomo era straordinario.
“Oh, bene caro. Ma non è un po’ pericoloso per te essere
qui?” gli chiese Molly che era la prima volta che vedeva Sirius in carne ed
ossa. Aveva sentito tutte quelle storie su di lui che avevano spaventato a
morte pure lei e quando aveva saputo che
era scappato da Azkaban temeva per la vita dei suoi figli e di Harry.
Ovviamente poi, aveva saputo tutta la verità da suo figlio Ron ma ancora non riusciva
a crederci che quell’uomo avesse passato dodici anni nella prigione dei maghi
più terribile al mondo anche se era innocente. E ora, ritrovarselo nel salotto
di casa propria, beh, non era proprio il massimo per i suoi nervi. E poi non
metteva nemmeno così tanta paura da come lo descrivevano e dalle foto sui
giornali.
“Che vuoi che sia un po’ di pericolo. Nella vita bisogna
anche rischiare”. Rispose l’Animagus con un sorriso malandrino, quello che solo
lui aveva e quello che Sam amava veramente tanto.
“Ma come fai?” gli chiesero Fred e George guardandolo ancora
meravigliati.
“A fare cosa?” chiese Sirius guardandoli confuso.
“A trasformarti!” esclamarono i due gemelli.
“Oh, anni di allenamento. Non è facile diventare un
Animagus”. Rispose Sirius con una punta d’orgoglio nella voce come se stesse
parlando del suo bambino prodigio.
“Illegali!” aggiunse Sam.
“Siete Animagus illegali?” chiese George ancora più
incredulo.
“Certo! Ve l’ho raccontato io!” rispose Ron con voce
lamentosa perché i fratelli non lo avevano ascoltato quando aveva raccontato
tutta quella storia.
“Come le racconti tu le cose Ron, non si capirebbe nemmeno
se lo ripetessi un centinaio di volte”. Gli rispose Ginny con un cipiglio che
ricordava tanto mamma Molly.
All’improvviso si sentì il CRAC di una materializzazione e
la signora Weasley che apriva la porta a qualcuno e una chioma di capelli
castano chiari e degli occhi dorati spuntarono nel salotto.
“Moony!” esclamò Sirius vedendo l’amico. “Che ci fai qui?”
Remus lo guardò curioso e incredulo. Probabilmente si stava
facendo la stessa domanda.
“Sono stato invitato. Tu piuttosto, Padfoot, non dovresti
essere qui. E se ti beccano?”
Sirius lo liquidò con una scrollata di spalle.
“Sciocchezze! Se finora non mi hanno mai beccato, perché
dovrebbero farlo ora?”
“Sirius non ha mai avuto una grande consapevolezza del
rischio, anzi, più le cose sono rischiose, più lo attirano”. Disse Sam come se
stesse spiegando qualcosa a una classe di studenti. Lei era molto brava quando
doveva spiegare qualcosa o fare il riassunto di una lunga storia usando certi
paragoni che nessuno sapeva dove andasse a tirarli fuori.
“Vabbè, ma poi se ti beccano, non venire a lamentarti da me,
Paddy”. Lo ammonì l’amico licantropo, che stava sempre lì a fare avvertimenti,
anche i più piccoli, come lavati le mani prima di mangiare o non andare a letto
senza esserti lavato i denti. Sarà stato così abituato a fare da babysitter a
quegli squilibrati dei suoi amici di Hogwarts che ormai aveva preso questa
abitudine e non gliela toglieva più nessuno.
“Tranquillo, Moony. Non ti manderò un Dissennatore con un
biglietto per dirti di liberarmi, rilassati per una volta”. rispose l’Animagus
con il suo solito ghigno da Malandrino.
“Un momento!” li interruppero Fred e George che avevano
assistito a quello scambio di battute a bocca aperta. “Voi avete detto Moony e
Padfoot?” chiesero i ragazzi stupiti.
“Certo!” risposero i due amici chiamati in causa.
“E avete anche degli amici che si chiamano Prongs e
Wormtail?” chiesero ancora i gemelli.
“Avevamo”. Rispose Sirius con una punta di amarezza e anche
di disprezzo nella voce e abbassando lo sguardo.
Adesso i ragazzi non capivano quell’improvviso cambio di
umore.
Allora ci pensò Sam a rispondere ai loro sguardi
interrogativi.
“Padfoot è Sirius perché si trasforma in un cane, Moony è
Remus per il suo piccolo problema peloso” e alla parola ‘piccolo problema
peloso’ aveva fatto le virgolette con le dita come faceva sempre suo fratello.
“Poi c’è o meglio, c’era Prongs che era mio fratello James perché si
trasformava in un cervo e infine Wormtail…” e quel nome lo disse con un tale
disprezzo che non cercò nemmeno di nascondere. “…è Peter Minus che si trasforma
in topo”.
Dopo due secondi di silenzio i gemelli esclamarono rivolti a
Harry: “Ficoooooo! Tuo padre si trasformava in cervo!”
E tutti risero.
“Ma anche tu Sam sei un Animagus?” chiese Ginny guardando la
ragazza con uno sguardo ammirato. Di certo Sam era il nuovo modello da seguire
per la piccola Grifondoro, a cui erano sempre piaciute ragazze come lei, un po’
ribelli sia nell’aspetto che nel carattere e di certo Sam con quei capelli
sempre in disordine e il piercing al sopraciglio dava tutta l’aria di essere
una ragazza un po’ ribelle. Per non parlare del suo sguardo Malandrino.
“Certo! Io mi trasformo in un falco!” rispose la ragazza con
un sorriso dolce verso la ragazzina.
“Come mai in un falco?” le chiese Harry curioso.
“Beh, io non sono mica così orgogliosa e vanitosa come lo
era tuo padre. Io sono più… diciamo… uno spirito libero”. E con questa risposta
ci aggiunse pure il perfetto sorriso sghembo che era uguale identico a quello
di suo fratello James, tanto che appena Sirius lo vide gli sembrò di trovarsi
di fronte al suo migliore amico, quello che aveva perduto tanti anni fa, quello
che non avrebbe mai potuto avere.
L’uomo si incantò a guardarla come se fosse un angelo appena
comparso davanti a lui e aveva la bocca leggermente aperta. Anche Sam si era
incantata a guardarlo e ora non riusciva più a distogliere lo sguardo da lui
perché i suoi occhi l’avevano di nuovo trascinata e stava di nuovo sprofondando
in quell’abisso di azzurro-grigio che l’aveva sempre incantata.
“Ehi ragazzi!” li stava chiamando Remus. “Terra chiama
Samantha e Sirius. Ci siete?” e fece schioccare le dita davanti ai loro visi al
che i due ritornarono di nuovo nel presente.
“Si? Cosa? Come? Dove?” aveva cominciato a biascicare Sam
mentre Sirius si passava una mano tra i capelli.
“Quei due si piacciono!” aveva sussurrato Ginny a Harry al
che il ragazzo rispose con un cenno della testa e lanciò un’occhiata a Fred e
George che diceva tanto: la vittoria ce l’ho già in tasca io. E i due gemelli
risposero con un’altra occhiata che diceva: non cantare vittoria troppo presto.
“Ma quindi siete voi i Malandrini?” domandarono in coro i
due gemelli Weasley che non avevano dimenticato lo scopo della loro domanda
iniziale.
“Sì!” risposero ancora in coro Remus e Sirius.
“E voi avete creato la Mappa del Malandrino!” esclamarono
ancora i due Grifondoro.
“Sì” risposero di nuovo il licantropo e l’Animagus.
“WOW! Voi siete dei geni!” adesso gli sguardi di Fred e
George erano pieni di ammirazione verso i due uomini.
“Ragazzi, guardate che state parlando con due dei Malandrini
più unici di tutta Hogwarts”. Disse Sam indicando Remus e Sirius come se stesse
parlando dei suoi figli prodigio.
“WOW! Chissà quante ne avete combinate!” continuarono ancora
i due gemelli.
“Beh, parecchie. Ma era James che se la andava a inventare
tutte. È stato lui a dare l’idea della Mappa del Malandrino e anche ad avere
l’idea di diventare Animagus quando avevamo scoperto il piccolo problema peloso
di Rem. Per non parlare di tutti gli scherzi che facevamo a Gazza”. Rispose
Sirius con amarezza e malinconia ricordando i bei tempi passati. Di certo era
stato James il leader dei Malandrini anche se non lo avrebbe mai ammesso perché
secondo lui non ci doveva essere nessun capo da nessuna parte, secondo lui
tutti avevano gli stessi diritti di
tutti. Però era lui quello ad avere le idee, a trascinare gli altri, era lui il
timone del gruppo.
“Ed il qui Onnipresente RemRem ci diceva sempre che ci
avrebbe messo in punizione o ci minacciava di una morte lenta e dolorosa.”
Aggiunse Sirius ridacchiando.
“Beh, una volta l’ho fatto. E non mi chiamare RemRem se no
si che avrai una morte lenta e dolorosa, anzi no, magari ti faccio catturare
dagli acchiappalappiacani”. Lo minacciò l’amico che odiava che qualcuno lo
chiamava con quei nomignoli assurdi, specialmente davanti agli altri. E poi se
lo si provocava diventava un po’ acido e ci andava pesante con le minacce.
“Già, una volta ci hai messi in punizione ma poi ti sei
trovato a dormire in riva al lago e non ci hai mai più riprovato”. Disse Sirius
cercando di trattenere le risate. Quanto aveva riso con James quando Remus era
tornato mezzo congelato dal giardino della scuola dove ce lo avevano portato
gli amici per vendicarsi di una punizione che li aveva affibbiato.
Remus represse un brivido ricordando com’era stato
ritrovarsi in riva al Lago dove aveva dormito tutta la notte e senza neanche
accorgersene. Vabbè che ormai era primavera ma faceva freddo comunque fuori e
lui era solo in boxer, maglietta e una coperta addosso.
Risero tutti quanti e pure il povero licantropo si lasciò
trascinare in una risata divertita.
Eh sì, quella sembrava proprio la giornata dei lieti
ricordi…
ANGOLINO-INO-INO
Ehi salve gente!!
È da un po’ che non ci sentiamo, ma sapete com’è quando uno
ha tanto da fare… beh, allora che ve ne pare di questo capitolo??
Io ne sono abbastanza contenta perché rileggendolo mi ha
piuttosto preso e non lo dico per vantarmene ma perché ci ho messo l’anima a
scrivere questa fic…
E a voi piace??
Potete farmi sapere che cosa ne pensate lasciando una breve
recensione, anche solo di due parole e anche per criticare, non mi offendo
mica. Lo so che molti di voi non hanno mai voglia di recensire, vi capisco,
però dai siamo vicini a Natale quindi potreste essere buoni e lasciarmi un
pensierino, sarebbe anche un bel regalo che mi potreste fare…
Beh, dai non vi sto a rubare troppo tempo che sicuramente siete
impegnati a mangiare panettoni, pandori e dolcetti vari, quindi adesso vi
lascio e vi auguro di trascorrere delle belle vacanze, vi faccio gli auguri di
Natale e di Felice anno nuovo e spero che ci sentiremo presto…
Kisskiss Milly…
P.S. cosa avete kiesto a Babbo Natale??
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Capitolo ventidue ***
Non sei un mostro
(Lo avrebbe riconosciuto
anche tra
mille altre persone, i suoi capelli perennemente
spettinati e quei grandi occhi nocciola…)
Si trovava in un posto buio, puzzolente. L’unica
luce che si intravedeva era quella proveniente da delle fiaccole appese ai muri
esterni della cella. Era una cella lo capiva dalle sbarre che c’erano alla
porta e si capiva anche dall’odore di muffa e dal gocciolio d’acqua che molto
probabilmente proveniva da una perdita del soffitto. Però sembrava una cella
sotterranea, magari con le tubature rotte.
Forse era la cella di una villa, ma quale? E
soprattutto perché si trovava lì, come ci era finita? L’unica cosa che Sam
riusciva a capire era che stavolta non era incatenata al muro, ma si trovava in
piedi completamente libera, appoggiata al muro. Non era sola però; davanti a
lei c’era qualcuno, riusciva a intravedere una sagoma e sentiva respirare, un respiro
affannoso come se questa persona avesse appena fatto una lunga corsa. Chissà
però perché Sam non era convinta per niente che questa persona avesse corso;
beh, ovvio altrimenti non si sarebbe trovata lì. Sicuramente era appena stata
torturata.
La ragazza gettò una veloce occhiata alla porta con
le sbarre tanto per accertarsi che non ci fosse nessuno e poi cominciò ad
avvicinarsi pian piano con il cuore che le batteva all’impazzata. Stava già
cominciando a farsi un’idea su chi poteva essere; era completamente assurdo ma
più si avvicinava più l’emozione e la paura la travolgevano. Se fosse veramente
stato lui, allora…
Quando gli fu completamente vicino si inginocchiò
delicatamente e rimase lì, davanti a quella figura che ancora non riusciva a
distinguere bene, che però molto probabilmente doveva essere un uomo. Sam vide
pure che aveva le mani incatenate.
Nulla di tutto ciò però le fece pensare che potesse
trattarsi di una persona malvagia e cattiva, di qualcuno da cui tenersi a
distanza. Anzi, provava soltanto il desiderio di liberarlo e di aiutarlo perché
sapeva che era stato rinchiuso lì ingiustamente. Forse era un ostaggio.
Ad un tratto l’uomo alzò lo sguardo verso di lei e
Sam per poco non tirò un urlo, non tanto per il suo aspetto malconcio ma perché
lo aveva riconosciuto. Non poteva che essere lui anche se questo era
impossibile e la ragazza se ne rendeva bene conto. Però lo avrebbe riconosciuto
anche tra mille altre persone, i suoi capelli perennemente spettinati e quei
grandi occhi nocciola che in quel momento la stavano guardando con
un’espressione sconvolta e supplicante, così simili ai suoi.
Sam rimase lì così, semplicemente a fissarlo con uno
sguardo tra lo scioccato, lo stupito, il confuso e mille altre sensazioni che
stava provando tutte insieme. Non sapeva né che fare né che dire; era una cosa
impossibile, non poteva che essere un sogno eppure sembrava così reale, così…
“Aiutami Sam, aiutami…”. Sentì sussurrare nella sua
testa. Era stato lui a parlare o almeno a dire quelle parole perché aveva
riconosciuto la sua voce però non aveva mosso le labbra, non aveva aperto
bocca. Forse se l’era solo immaginato, forse la sua testa le stava facendo
brutti scherzi.
(Un
sogno troppo reale.)
All’improvviso tutto quello scomparve e lei si
ritrovò seduta nel suo letto, in camera sua, nella sua casa. Si guardò un
attimo attorno, per capire bene dove si trovava; il cuore le batteva ancora
all’impazzata e aveva ancora un po’ di paura. Si sentiva tutta bagnata, molto
probabilmente di sudore.
Si passò una mano tra i capelli; era stato soltanto
un sogno, un brutto e orribile incubo. Tutto qui. Ma allora perché le era
sembrato così reale, perché si ricordava ogni cosa nei minimi dettagli come se
l’avesse vissuto veramente? Perché provava ancora tutte quelle emozioni che
aveva provato nel sogno?
Decise di darsi una rinfrescata così si alzò e andò
in bagno. Si sciacquò il viso e poi si guardò allo specchio; si faceva spavento
da sola con i capelli così spettinati, quell’espressione così sconvolta e le
occhiaie sotto gli occhi. Non si sarebbe stupita se avesse fatto scappare anche
gli zombie.
Scese in cucina perché ora tornare a dormire non
sarebbe stata una buona idea. Sembrava che tutto il sonno le fosse scomparso e
poi non voleva fare di nuovo quel sogno. Aprì il frigo e tirò fuori una
tavoletta di cioccolato bianco: lo mangiava sempre quando era piccola
soprattutto quando si sentiva triste. Però in quegli ultimi anni non ne aveva
mangiato tanto, aveva preferito eliminare la tristezza con l’alcool.
Si sedette sul divano del salotto con le ginocchia
appoggiate al petto e si mise a pensare mangiando la sua cioccolata. In realtà
non avrebbe voluto farlo però quel sogno continuava a tornarle in mente
prepotentemente. E oltre a sentire ancora le sensazioni che aveva provato nel
sogno ne sentiva anche un’altra di cui non riusciva a spiegarsi il motivo. Era
una strana sensazione di senso di colpa e di dovere come se dovesse fare
qualcosa per lui, come se lei dovesse liberarlo anziché starsene lì seduta a
far niente mentre lui era là dentro a soffrire e patire chissà quali pene.
Però sapeva che non era così, sapeva che lui non era
in quella cella semplicemente perché questo non era possibile; lui se n’era
andato, era morto quattordici anni fa e questo non sarebbe potuto cambiare. Si
era trattato soltanto di un sogno, di un incubo. D’altronde non era la prima
volta che lo faceva, quel sogno ormai la stava perseguitando ma mai prima
d’allora le era parso tanto reale. Un sogno troppo reale.
Questo almeno era ciò che diceva la sua mente, la
cosa che le pareva più sensata. Ma il suo cuore non la pensava proprio allo
stesso modo.
Non sapeva più che fare, le sembrava di stare per
impazzire e aveva voglia di piangere; voleva smetterla di pensare a lui, voleva
smetterla di fare quei sogni che non la facevano dormire. Forse avrebbe fatto
bene a lasciarsi un po’ andare, d’altronde era da molto che non piangeva, forse
da quella notte di Halloween.
(forse è il senso di colpa il fatto che non ha fatto
niente
per impedire che morisse).
“Ehi! Neanche tu riesci a dormire?” le chiese una
voce che scendeva dalle scale. Sam non si voltò nemmeno per vedere chi era,
tanto aveva già riconosciuto la voce. Più che altro non aveva più la forza di
fare niente, né di voltarsi né di rispondere.
“Mi ero dimenticato quanto andassi pazza per il
cioccolato bianco”. Aggiunse lui sedendosi sul tavolino di legno davanti a lei
per poterla guardare meglio e non si stupì di trovarla leggermente sconvolta e
malinconica. Anche lei lo guardò nei suoi profondi occhi azzurri e desiderò
soltanto che fosse suo, desiderò possederlo e abbracciarlo.
“Continuo a sognarlo, Sirius”. Disse lei ad un
tratto senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. “E non capisco perché”.
“E’ che ti manca. Anch’io lo sogno spesso”. Le
rispose lui capendo a chi si riferiva. Anche lui adesso aveva lo sguardo triste
e malinconico.
“Non è questo. È sempre lo stesso sogno ed è da
tanto che lo faccio. Sogno che lui sia ancora vivo e che sia rinchiuso in una
cella”.
“Forse è il senso di colpa, il fatto che non hai
fatto niente per impedire che morisse. Lo avresti potuto salvare mentre invece
non l’hai fatto”. Le rispose lui ma parlando più a se stesso che a lei. Era
così che lui si sentiva.
“Ma comunque, si è trattato soltanto di un sogno”.
Aggiunse infine questa volta sedendosi accanto alla ragazza e accarezzandole
dolcemente i capelli.
“Sirius?”
“Dimmi”.
“Abbracciami”.
L’uomo non se lo fece ripetere due volte e strinse
la ragazza circondandola con le sue braccia; Sam ad un tratto si sentì più
rassicurata e più al sicuro. Sirius le dava sicurezza e a volte le pareva
un’ancora di salvezza. Come in quel momento: le era bastato un suo abbraccio
per sentirsi meglio. E non voleva più sciogliersi da quel dolce abbraccio
Quando poi i due si staccarono rimasero a guardarsi
negli occhi come se fossero attratti da delle calamite e sembrò che il nocciola
di lei si mischiasse con l’azzurro di lui. Avrebbero voluto rimanere così tutta
la sera.
Sirius però cominciò ad avvicinare pian piano il suo
viso a quello di Sam e lei non accennò minimamente a spostarsi. L’unica cosa
che fece fu abbassare lo sguardo.
Le loro labbra si toccarono e cominciarono a
baciarsi prima delicatamente e poi sempre più voracemente staccandosi soltanto
per riprendere fiato. Sam tolse la maglietta a Sirius che se la fece sfilare
senza opporre resistenza mentre lui passò la mano sotto la maglietta della
ragazza andando a toccare sempre più giù e facendola eccitare, facendole
desiderare il suo corpo.
Così i due lo fecero, si amarono sul divano, quella
notte, illuminati soltanto dalla luna che splendeva alta nel cielo scuro.
(E
capii che il suo amore per
lui non era affatto svanito…)
Il sole era ormai quasi del tutto alto nel cielo e i
suoi raggi entravano attraverso le tende della finestra illuminando Sam e
Sirius che se ne stavano a dormire sul divano completamente nudi a parte una
leggera coperta che copriva le loro parti intime.
La prima a svegliarsi fu la ragazza, infastidita
dalla luce accecante del sole e quando fece per alzarsi notò che c’era qualcuno
accanto a lei e per di più che non era nel suo letto ma sul divano del salotto.
Si girò e vide che accanto a lei dormiva Sirius, completamente indisturbato. Le
immagini della notte precedente le tornarono alla mente tutte d’un colpo e
all’improvviso il sonno le scomparì del tutto; le era appena capitata una cosa
che aveva sognato fin da quando era diventata un’adolescente, fare sesso con
Sirius, si era sempre sentita attratta da lui. E ora… ora non capiva… si
sentiva confusa, emozionata e anche un po’ in subbuglio però aveva anche come
la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Però non capiva il perché,
insomma, finalmente aveva realizzato uno dei suoi sogni da adolescente ma
sentiva che qualcosa non andava. Forse il fatto che ora non era più un
adolescente o forse il fatto che era Sirius, il migliore amico di suo fratello.
Ma doveva anche ammettere di non essere affatto
dispiaciuta, non era pentita di aver fatto l’amore con lui, anzi lo avrebbe
fatto di nuovo. Era stato proprio come se l’era immaginato, lui non aveva perso
la sua capacità di attrarre e di far eccitare benché avesse passato dodici anni
ad Azkaban. E ora, guardandolo lì dormire come un angioletto, le sembrava la
creatura più bella del mondo, il suo Sirius, quello che aveva cominciato a
sognare fin da quando lo aveva conosciuto su quel treno e quello per cui aveva
fatto impazzire le sue amiche perché non riusciva mai a confessargli ciò che
provava per lui.
Era il suo Sirius e lei sapeva di non avergli dato
soltanto il suo corpo quella notte…gli aveva dato molto di più.
“Ehi, ciao”. La salutò lui dolcemente e a bassa
voce, ancora impastata dal sonno. Sam guardò incantata quegli occhi azzurri
così profondi, quegli occhi che l’avevano sempre fatta impazzire, gli occhi di
Sirius. E capii che il suo amore per lui non era affatto svanito, però non era
nemmeno svanito il suo timore nel confessargli ciò che sentiva.
“Dormito bene?” le chiese lui.
“Sì”. Rispose lei semplicemente guardandolo
sorridendo dolcemente. Non era una bugia, aveva dormito proprio bene dopo che
l’avevano fatto, non aveva fatto più alcun incubo, anzi, non aveva sognato
proprio niente. E questo la fece sorridere ancora di più.
“Che cosa c’è?” le chiese ancora Sirius incuriosito
dal suo strano sguardo.
“Niente. È che pensavo a stanotte”.
“Ah già. Forse dovremmo alzarci se non vogliamo che
Harry ci trovi così”.
Quelle parole gelarono quasi completamente la
ragazza; chissà perché aveva pensato che sarebbe successo qualcosa tra loro due
a parte il sesso. Lei era soltanto Sam, la piccola sorella di James e sicuramente Sirius non era cambiato affatto
nei confronti delle ragazze. O forse non gli era nemmeno piaciuto, magari se
n’era già pentito.
“Mi aiuti a trovare le mutande?” le chiese lui
alzandosi dal divano e prendendo in mano i suoi jeans.
Anche Sam si alzò e
raccolse i suoi vestiti cercando di nascondere l’espressione triste e
sofferente che le era comparsa sul volto.
ANGOLO PER LA SCRITTRICE UN PO DELUSA
Salve, allora, vi è piaciuto questo cap?? spero di sì,
però io devo dirvi che non sono per niente contenta perché nessuno di voi ha
recensito e questo mi mette un po’ giù.
Da, ragazzi, lo so che è noioso però fate un gesto di
solidarietà e donate un po’ di felicità anche a questa povera scrittrice. Lo so
che non sono molto brava però ci metto impegno.
E poi sono curiosa di sapere che cosa pensiate voi di
tutto quello che è successo, tra Sam e Sirius, i sogni di Sam…
Vabbè, ora vi lascio e ci sentiamo alla prossima…
Kisskiss, milly.
roxy_black: ciao cara… si povera la nonna di
Harry, a volte è meglio dimenticare, ne sono convinta anch’io, se no si soffre
troppo… comunque sono contenta che il cap ti sia piaciuto e sono anche contenta
che ti abbia fatto pure sorridere perché sinceramente a me farebbe forse più
piangere che ridere… comunque, dimmi cosa ne pensi anche di questo e alla
prossima… kisskiss milly
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Capitolo ventitre ***
Capitolo ventitre
(Pianse
come una bambina, silenziosamente…)
Sam si svegliò di soprassalto, leggermente sudata e
con il cuore che batteva forte. Ormai ci era abituata, quegli incubi erano
diventati una routine notturna così come lavarsi i denti. Però, ciò che le
piaceva meno, è che stavano diventando quasi indispensabili; da un lato voleva
sbarazzarsene perché non ce la faceva più a continuare a svegliarsi nel cuore
della notte coi sudori freddi e per non parlare che certe volte tardava ad
andare a dormire proprio per questo motivo, ma dall’altro sentiva che, se avesse
smesso di farli, qualcosa le sarebbe venuto a mancare. Quegli incubi stavano
diventando una specie di speranza, sebbene molto debole, di qualcosa che
avrebbe tanto voluto, di qualcosa che aveva perso tanto tempo fa. E quei sogni
le dicevano che non era ancora tutto perduto, che quella cosa che aveva perso
poteva ancora recuperarla.
Il suo cuore e la sua mente però non volevano ancora
realizzarlo, perché era praticamente impossibile e lei non voleva crearsi altre
false speranze. La mattina semplicemente si alzava e cercava di dimenticarsi
tutto, come aveva sempre fatto, dicendosi che erano soltanto sogni.
C’era ancora una cosa che però non capiva: perché
quegl’incubi continuavano a perseguitarla? Tutte le notti, sempre la stessa
cosa.
Passandosi una mano tra i capelli, la ragazza girò
la testa verso la persona che dormiva nel letto accanto a lei. Aveva sperato
che rilassandosi contro il suo corpo quei incubi sarebbero smessi. Ma la sua
vita era cambiata comunque, ora aveva Harry e anche Sirius.
Ma Sirius non era ancora suo, almeno non del tutto.
Facevano l’amore, questo sì, ma il loro rapporto non era andato oltre, durante
il giorno era come se si dimenticassero di tutto quello che facevano la notte,
o almeno così sembrava fare lui.
Sam però no, lei non poteva dimenticare tutto, non
ciò che riguardava Sirius; non si era nemmeno dimenticata il loro primo bacio
ad Hogwarts. Aveva avuto il piacere e l’onore di essere una delle ragazze che
erano andate a letto col ragazzo più bello della scuola, una volta se ne
sarebbe vantata per questo ma ora… ora non avrebbe avuto senso, che piacere ne
avrebbe tratto? Andava a letto con Sirius Black, col migliore amico di suo
fratello. Che cosa avrebbe detto James?
Ed ecco ciò che le piaceva meno della sua nuova
vita; si trovava spesso a ricordare il passato, anche solo guardando un oggetto
di quella casa, anche solo guardando gli occhi grigio-azzurri di Sirius. Si
trovava spesso a chiedere che cosa avrebbe fatto James, che cosa avrebbero
detto suo fratello o suo padre? A volte si immaginava persino sua madre in
cucina che preparava da mangiare.
E questo la faceva soffrire, la faceva star male.
Almeno prima, quando aveva viaggiato in giro per il mondo, scacciava via
facilmente quei pensieri oppure si scolava una bottiglia di whisky. Non c’era
niente che la facesse ricordare.
Quindi non capiva bene il motivo per cui fosse
tornata, non sapeva spiegarselo. Forse il pensiero che doveva occuparsi di
Harry, ma a lui, doveva ammetterlo anche se a malincuore, ci aveva pensato
pochissime volte e comunque sia, se non era tornata prima ad occuparsene,
perché l’avrebbe dovuto fare adesso?
E come se non bastasse c’era Sirius a complicarle
tutto. Ogni volta che lo guardava si perdeva nei suoi occhi così profondi e
malinconici. Facevano sesso, era vero, ormai lo facevano tutte le notti da più
di una settimana e lui era ancora piuttosto bravo come dicevano ad Hogwarts, le
piaceva fare sesso con lui. Ma questo non le bastava, no, perché lei provava
qualcosa per lui e ormai non poteva più nasconderlo nemmeno a se stessa. Ma
lui? Lui che cosa provava per lei? Non le aveva mai fatto capire niente, anche
se ogni tanto la guardava, le lanciava degli sguardi furtivi quando pensava che
lei non se ne sarebbe accorta. Ma forse solo perché la desiderava, desiderava
il suo corpo. In effetti lei poteva capirlo, era stato rinchiuso per dodici
anni in quella prigione che sembrava l’Inferno sulla Terra e adesso che poteva
approfittarne… d’altronde lui era stato sempre un playboy, ad Hogwarts era
stato famoso proprio per questo e qualche studentessa faceva pure scommesse se
sarebbe riuscita a portarlo a letto. Usava le ragazze come strumenti di
piacere. D’altronde anche lei era così, usa e getta, nemmeno lei aveva avuto
rapporti che fossero durati per più di tre mesi. E certi ragazzi li usava solo
per portarseli a letto.
Ma per un po’ aveva creduto che con lei sarebbe
stato diverso, che si sarebbe comportato diversamente. E perché? Perché, Sam?
Solo perché sei la sorellina del suo migliore amico? Questo forse sarebbe stato
anni fa, quando James era ancora vivo. Ma lui adesso non c’era, quindi non
poteva dire niente. O forse aveva pensato che lui fosse cambiato perché ormai
non erano più ai tempi di Hogwarts.
Era soltanto lei, però, quella che si ingannava
sempre; la piccola e stupida Sam. Lei poi, non era così diversa dalle altre,
era solo un altro strumento di piacere.
Scese dal letto e si diresse in bagno per darsi una
rinfrescata. Guardandosi allo specchio si spaventò quasi vedendo la sua
immagine riflessa; capelli scompigliati, viso pallido e le occhiaie sotto gli
occhi. Sembrava uno zombie.
“Non l’avrei mai detto, tu e Sirius…”. Sentì ad un
tratto una voce dietro le sue spalle, una voce che non avrebbe mai dimenticato
e di scattò si girò; lo vide, seduto sul bordo della vasca, capelli
scompigliati come al solito e quegli occhi nocciola così identici ai suoi. Ci
mancò poco che cadesse a terra per lo stupore e l’incredulità.
“Tu…tu… che ci fai qui?” riuscì a sussurrare con
voce così bassa che chiunque avrebbe faticato a sentire.
Lui però le sorrise, quel suo solito sorriso
malandrino che tirava quando aveva in mente qualche scherzo da fare.
“Secondo te?”
E così com’era arrivato, se ne andò,
improvvisamente, come un’ombra che scompariva.
Sam rimase per almeno due minuti lì immobile, a
fissare la vasca vuota dove fino a poco tempo fa c’era seduto lui. Era ancora
sconvolta e non capiva che cosa le
stesse succedendo. Forse stava impazzendo. Forse quella casa le faceva male, forse
c’erano i fantasmi. Ma allora perché li vedeva solo lei? No, era più probabile
che stesse impazzendo.
Scivolò lungo il muro al quale era rimasta
appoggiata e si sedette per terra raccogliendo le gambe e affondando la faccia
nelle ginocchia. Pianse, pianse per del tempo che nemmeno lei sapeva quanto,
semplicemente, dopo tanto tempo, si lasciò andare e pianse forse tutte le
lacrime che non aveva pianto prima.
Pianse come una bambina, silenziosamente per non
svegliare nessuno e desiderò di non trovarsi lì in quel momento, desiderò di
tornare bambina e di avere di nuovo la sua famiglia accanto, desiderò che un
meteorite le cadesse addosso e che la uccidesse, desiderò di non essere mai
nata.
(Io…
io credo di amarti.)
Sam era impegnata a preparare la colazione per sé e
i suoi due uomini che non si erano ancora alzati.
Era piuttosto indaffarata o almeno, cercava di
esserlo, così da non pensare a niente. Le era pure venuto spontaneo stamparsi
un sorriso in faccia, uno di quei sorrisi falsi che ormai aveva imparato a fare
benissimo.
Ad un tratto sentì dei passi strascicati dietro le
sue spalle e una voce che la salutava: “Buongiorno Lentiggini, come stai?”
“Bene Sirius, grazie”.
“Mmmm, che buon profumino”. Disse lui annusando l’aria.
Poi si sedette al tavolo senza dire più niente. Sam
capì che la stava fissando perché si sentiva il suo sguardo addosso e poi, le
sembrava che a lui piacesse molto guardarla mentre cucinava; se almeno però
avesse potuto leggergli nella mente…
“Dobbiamo parlare, Sam”. Annunciò lui, ad un tratto,
dopo un po’.
“E di cosa? Di come arredare la casa?” disse lei
senza voltarsi e quasi un po’ arrabbiata. Non voleva essere così acida, però le
era uscito spontaneo, non capiva perché; forse non bastava un falso sorriso in
faccia per far credere a sé stessa e agli altri di essere di buon’umore.
“Ti prego, Samantha”. Aggiunse lui con una voce
quasi supplicante.
E lei allora si voltò; lui non l’aveva mai chiamata
Samantha, mai… doveva essere qualcosa di serio allora e si intuiva anche dal
suo sguardo.
“Dimmi Sirius”.
Lui si alzò dalla sedia e pian piano cominciò ad
avvicinarsi a lei, con soltanto i pantaloni addosso. Sam, per non guardarlo in
faccia perché sapeva che se lo avesse fatto si sarebbe di nuovo smarrita nei
suoi occhi, si concentrò sul tatuaggio che era disegnato sul suo petto, un
grifone in bianco e nero che spalancava la bocca mostrando le fauci. Poteva
sembrare terrificante, all’inizio, ma poi faceva pensare a tutt’altro: forza,
orgoglio e coraggio. E lei capiva benissimo perché se lo fosse fatto.
“Sai, era da un po’ di tempo che ci pensavo e…”.
cominciò lui quando le fu a pochi centimetri di distanza; sembrava un po’ in
difficoltà però, come se non sapesse bene ce dire. “Io non so cosa tu provi per
me, però so che io provo per te”.
Queste parole la sconvolsero un po’, tanto che alzò
lo sguardo e vide che gli occhi di Sirius la fissavano dritto in faccia, così
che, quando lei ebbe alzato la testa, i loro occhi si scontrarono.
“Io… io sono sicuro di provare per te qualcosa di
molto forte, non riesco mai a smettere di pensarti né di guardarti. Tu sei
diversa dalle altre ragazze che ho frequentato, so che con te potrò costruire
qualcosa un giorno. Non è soltanto sesso per me”. Sirius fece una pausa come
per trovare le parole giuste mentre il cuore di Sam batteva a mille.
“Io… io credo di amarti”. Aggiunse poi lui. “Vuoi
essere la mia ragazza?”
A Sam sembrò di essere tornata adolescente, quando i
ragazzi, a volte con un po’ di difficoltà, le chiedevano di uscire e certe
volte non riuscivano a trovare le parole perché avevano davanti Samantha Potter
e non una qualsiasi ragazza.
Forse lei adesso era diventata una qualsiasi
ragazza, ma lui però non era uno qualsiasi, era Sirius Black, l’uomo per il
quale poco prima si era fatta tante seghe mentali.
Si sarebbe messa a saltare dalla gioia.
“Sì!” disse soltanto, sorridendogli e lui ricambiò
con un altro sorriso, uno di quelli che l’avevano sempre fatta impazzire.
Sirius la strinse forte a sé dandole poi un bacio
delicato sulle labbra, simile a quello che le aveva dato anni fa ad Hogwarts.
All’improvviso però sentirono un rumore e, quando si
staccarono, trovarono Harry che li guardava con uno strano sorriso malizioso.
“Cos’hai da sorridere a quel modo?” gli chiese il
padrino.
“Niente, niente”. Si difese il ragazzo. “Sono solo
felice per voi e anche per me. Ho appena vinto una scommessa”.
“Che scommessa?”
“Fred e George avevano scommesso che Sam si metteva
con Remus ma io ho scommesso su voi due. E a quanto pare avevo avuto ragione”.
I due adulti non
poterono far altro che sorridere.
SPAZIO AUTRICE
Eccomi di nuovo qui, siete contenti di risentirmi? Lo so
che è da un po’ che non mi faccio sentire ma ho avuto tanti impegni, mi
dispiace. E poi, più recensioni ci sono, più rapidamente io aggiorno. E invece,
devo di nuovo, con mio sommo dispiacere, dire che DOVETE RECENSIRE!!!!!!!! Non
vi mordo mica, potete anche scrivere delle critiche, così mi aiutate a
migliorare la mia fanfic.
Comunque sia, cosa ve ne è parso di questo? Era un po’
dedicato a Sam e Sirius, che finalmente sono riusciti a mettersi insieme. Lo so
che adesso è ancora piuttosto tranquillo, quindi magari vi annoia anche un po’,
però non vi preoccupate che presto comincerà ad avere un po’ più di “sostanza”.
Intanto voi, mi raccomando, continuate a seguirmi e per
favore, lasciate qualche recensione, così mi fate felice.
Kisskiss,
Milly.
Solaria87: ciao a te cara… sono contenta che tu
abbia recensito e sono pure molto contenta ke segui la storia e ke ti piaccia…
cmq sì, direi pure io ke sam e sirius stanno bene insieme, ciò vuol dire ke
pure qst cap ti è piaciuto visto ke qua i due innamorati finalmente si mettono
insieme. Per quanto riguarda invece Jame, ancora non ti posso dire niente, però
continua a seguirmi e lo scoprirai… baci e alla prossima, milly.
roxy_black: ciao cara, eh sì, come hai potuto
constatare sam e sirius hanno già fatto sesso e si sono già messi insieme. Due persone
che si crogiolano nello stesso dolore non possono far altro ke attrarsi… cmq,
sempre per quanto riguarda James, anke a te devo ripetere la stessa cosa ke ho
detto all’amica qui sopra; dovrai attendere ancora un po’. Beh, spero ke ci
risentiremo, kisskiss milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo ventiquattro
(Per
ricordare i bei vecchi tempi?)
Harry e Sirius erano stravaccati sul divano a
fissare il muro che avevano davanti e a sbuffare. Sam, invece, era seduta per
terra, sul tappeto e stava sfogliando una rivista di gossip. Quella giornata
era piuttosto torrida e le tendine della casa non erano completamente aperte
per evitare che il sole caldo entrasse del tutto facendoli sudare più di quanto
lo erano già.
“Che palle!” esclamò ad un tratto Harry passandosi
una mano tra i capelli.
“Perché non fai qualcosa? Tu almeno puoi uscire, non
devi stare rinchiuso in casa col terrore che ti arrestino”. Gli rispose il
padrino come per fargli una ramanzina.
“Non saprei dove andare e poi fa troppo caldo per
camminare. E anch’io magari potrei essere catturato da un Mangiamorte. E poi da
quand’è che hai paura di essere arrestato? Puoi trasformarti in cane”. Gli
rispose il ragazzo con un’occhiataccia così che l’Animagus non trovò niente per
ribattere; in effetti, non aveva tutti i torti.
Passarono un altro paio di minuti così, seduti
sbuffanti sul divani, finché Sam non esclamò: “Eureka!!”
“Eu che? È per caso un nuovo tipo di incantesimo?”
le chiese Sirius guardandola stranito perché ad un tratto si era alzata dal
pavimento scattando come una molla.
“No amore, mi è solo venuta in mente un’idea per
passare il tempo”. Gli rispose lei con uno sguardo dolce; da quando si erano
messi insieme Sam si sentiva più felice e più forte ad affrontare ogni cosa.
“Dovrei avere ancora dei video che avevo girato con
James secoli fa, quando eravamo più giovani. Possiamo guardarli se volete”.
“Per ricordare i bei vecchi tempi? D’accordo perché
no?”
Sia Harry che Sirius si misero più composti sul
divano entrambi interessati a vedere la giovinezza dei due fratelli Potter, il
primo perché era sempre curioso di conoscere cose nuove sul padre e il secondo
perché ogni occasione era buona per ricordarsi del suo migliore amico, nonché
fratello, anche se faceva male.
Sam si mise a guardare tra gli scaffali per trovare
i video giusti; i suoi genitori avevano sempre amato molto gli oggetti babbani,
in particolare quelli che riguardano l’elettronica, così avevano comprato una
TV, una videocamera e non solo. E spesso, si ritrovavano tutti e quattro
davanti a quel grande apparecchio a guardare qualche film sgranocchiando
popcorn.
La ragazza inserì la prima cassetta nel registratore
e quella partì.
(Dai Sam, che voliamo
in alto sulle nuvole)
“Papà!!
Vieni qua a spingermi?” urlò una voce femminile, che sembrava essere quella di
una bambina. Era seduta su un’ altalena, con le gambe che penzolavano giù e le
manine che stringevano forte le due catene di ferro. Aveva i capelli raccolti
in due lunghe trecce un po’ spettinate e un paio di grandi occhi nocciola da
cerbiatta. Doveva avere sui sei anni.
“Dai
Sam, che voliamo in alto sulle nuvole!” esclamò un uomo che l’aveva appena
raggiunta correndo; era piuttosto alto, muscoloso, coi capelli scuri come
quelli della bambina e gli occhi verdi.
“Più
in alto, papà, più in alto!” gli gridava intanto la figlia ridendo divertita.
Amava andare sull’altalena, era un po’ come volare e la faceva sentire libera e
leggera.
All’improvviso,
padre e figlia vennero raggiunti da un altro bambino, un po’ più grande di Sam
ma che le somigliava parecchio, con i stessi capelli scuri e gli stessi occhi.
Aveva stampato in faccia un sorisetto furbo. Lui salì sull’altalena con i piedi
e cominciò a dondolarsi cercando di andare sempre più forte.
“Stai
attento a non farti male, James!” si sentì ammonirlo la voce di una donna che
però si trovava fuori dall’obiettivo della videocamera, perché molto
probabilmente era lei che faceva il video.
Il
bambino, però, continuò a dondolarsi sull’altalena come niente fosse, ignorando
l’avvertimento della madre.
“Katie,
dai vieni qui anche tu. Lascia giù la videocamera!” la chiamò l’uomo
continuando ancora a dondolare la bambina.
A
quelle parole si vide comparire nello schermo anche una donna con lunghi
boccoli rossi e gli occhi nocciola come quelli dei suoi figli; si sistemò
accanto al marito abbracciandolo.
La
videocamera continuò a inquadrare la famiglia e questo significava o che c’era
qualcun altro ancora che la teneva oppure che le aveva fatto un incantesimo
perché continuasse a girare da sola il filmato.
Quando il video terminò, Sam, quella più grande,
quella seduta nel salotto della sua casa, tirò fuori la cassetta e con un
sospiro di malinconia, che cercò di non far sentire agli altri due, ne inserì
un’altra.
(Sam,
spegni quel coso o te lo butto nel cesso)
Questa volta la videocamera mostrava un lungo
corridoio con il tappeto blu e le pareti bianche su cui ogni tanto si aprivano
delle porte. La videocamera però si spostava cercando di inquadrare ogni angolo
del corridoio, soffermandosi su qualche porta.
“Vediamo
un po’ che cosa c’è di interessante, qui.” Diceva una voce fuori
dall’inquadratura, che proveniva da dietro, quindi doveva essere qualcuno che
teneva la videocamera ed era la voce di una ragazza.
“Oh,
qualcuno sta aprendo la porta!” esclamò ad un tratto voltando l’inquadratura
verso un ragazzo di circa diciassette anni, coi capelli scompigliati come non
mai e gli occhi nocciola impastati dal sonno. Indossava solo un paio di boxer e
una maglietta rossa a maniche corte che lasciavano quindi scoperti i muscoli
delle braccia. E molto probabilmente doveva essersi appena alzato.
“Ciao
fratellone! Saluta gli spettatori!” gli disse la voce di Sam da dietro
puntandogli la videocamera quasi in faccia.
“Sam,
spegni quel coso o te lo butto nel cesso”. La minacciò lui mettendosi la mano
davanti alla faccia infastidito.
“Uff”.
si senti sbuffare la sorella, quando lui era entrato da un’altra porta che
molto probabilmente nascondeva il bagno.
Ad
un tratto si sentì aprirsi un’altra porta e la videocamera si spostò subito
dall’altra parte, inquadrando un ragazzo, anche lui di circa diciassette anni,
che se ne stava appoggiato allo stipite della porta, in tutta la sua bellezza;
indossava solo un paio di pantaloni lunghi, senza maglietta così che gli si
potevano ammirare i pettorali. I capelli gli ricadevano scuri attorno al viso
attraente su cui brillavano due profondi occhi azzurri.
La
ragazza non disse niente quando lo vide, molto probabilmente aveva pure
trattenuto il fiato perché non si sentì più nessun suono. Nemmeno il ragazzo
disse niente, semplicemente le lanciò un’occhiata quasi indifferente, come se
lei non fosse nemmeno lì a puntargli addosso una videocamera, e poi spostò lo
sguardo da un’altra parte facendo un enorme sbadiglio che non rovinò per niente
il suo volto attraente, anzi, era sexy persino lo sbadiglio.
Dopo
un po’ il ragazzo si staccò dalla porta e cominciò a dirigersi giù per le scale
del corridoio finché non scomparve totalmente alla vista, allorché Sam decise
di spegnere la videocamera, sempre stando zitta.
Quando anche questo video si fu concluso, la ragazza
ne inserì un terzo, quello che le piaceva di più e anche quello che forse la
faceva sentire più triste e malinconica.
Questa volta la videocamera inquadrò una ragazza dai
lunghi capelli scuri che le contornavano un viso piuttosto grazioso, con
qualche lentiggine qua e là e gli occhi da cerbiatta che riuscivano sempre ad
ammaliare tutti quanti; era Sam, un po’ più grande rispetto ai video
precedenti, ma un po’ più piccola rispetto ad adesso… insomma, una Sam
adolescente.
(Io non ti lascerò mai.
Me lo prometti?
Sì, te lo prometto.)
“Allora,
sorellina, comincia ad avventurarti per la casa degli orrori”. Le disse una
voce maschile, leggermente divertita, dietro la videocamera.
“E
dove dovrei andare?” chiese lei guardandolo curiosa.
“Non
lo so, comincia a salire quelle scale ad esempio”. E si vide spuntare una mano
davanti allo schermo che le stava indicando delle scale col dito indice.
La
ragazza le guardò un attimo sbigottita; molto probabilmente si trovavano in una
casa abbandonata, perché era piena di polvere, i muri erano pieni di muffa e
incrostazioni, le travi stavano cadendo a pezzi e quelle scale che lui le aveva
indicato sembravano tutt’altro che stabili.
“Ma
sei matto? E se crollano?”
“Ma
no che non crolleranno. E poi non dirmi che hai paura”. La sfidò il fratello
che ancora teneva la videocamera.
“No
che non ho paura”. Gli rispose lei con un tono di sfida e cominciò a salire la
scale, lentamente, sobbalzando ad ogni scricchiolio.
“Così
ti voglio sorellina. Fiera e coraggiosa. Magari facciamo un film horror e lo
intitoliamo Sally, la ragazza che non ha paura”. Le rispose lui con tono
scherzoso.
“Sì,
Jimmy. E tu sarai il regista”.
“Ovvio,
l’ho inventato io il film”.
“Io
però non ci voglio più salire su queste scale”. Si lamentò lei fermandosi a
metà tragitto dato che aveva visto che mancava uno scalino.
“D’accordo,
allora scendi. Se ti succede qualcosa mamma mi uccide”. Le concesse lui non
volendola costringere a fare qualcosa che non voleva. La ragazza scese le
scale, questa volta più velocemente.
“Sediamoci
qua”. Aggiunse lui e andò ad appoggiare la videocamera in cima a qualcosa
perché poi si vide spuntare lui davanti allo schermo; era un ragazzo molto
simile a Sam, avevi capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola come quelli
della sorella. Sembrava solo più grande, sui vent’anni.
Il
fratello le lanciò un leccalecca alla fragola prima di sedersi su una panca
davanti a lei.
“Allora,
cosa mi racconti? Come va con l’amore?” le chiese lui con uno sguardo
malizioso.
“Oh,
le solite cose. Hai presente Adam di Tassorosso?” quando il ragazzo annuì lei
proseguì. “Ecco, scopa davvero bene!”
Ed
entrambi scoppiarono a ridere.
“E
le cose tra te e Lily come vanno?” gli chiese poi lei, tornata seria.
Lui
le fece un sorriso, non uno di quelli malandrineschi che faceva quando aveva in
mente uno scherzo, ma uno di quelli che mostrava poche volte e solo alle
persone che conosceva bene, uno di quei sorrisi dolci, che faceva quando
pensava a qualcosa di veramente piacevole.
“Direi
a meraviglia visto che fra un paio di settimane ci sposiamo”.
“Oh,
già è vero, il matrimonio da favola che desideravi da una vita”. scherzò lei
prendendolo in giro. “E dopo il matrimonio avrete intenzione magari anche di
mettere su famiglia, con tanto di cane, due gatti e figli”.
“Ovvio,
però i gatti possiamo anche risparmiarceli, per il cane c’è già Sirius e per i
figli... ne sforneremo una decina, cinque maschi e cinque femmine. I maschi
saranno identici a me ma con gli occhi verdi come quelli di Lily e le femmine
saranno identiche a Lily ma con gli occhi nocciola”.
“Oh
santo Merlino, non voglio essere al posto di Lily con tutti quei piccoli Potter
in giro per casa che le faranno venire i capelli bianchi prima dei
quarant’anni. E come avresti intenzione di chiamarli?”.
James
assunse un’aria fintamente pensierosa prima di rispondere alla sorella con un
sorriso. “Beh, se avremo una femmina la chiameremo Sally ovviamente mentre se
sarà maschio… mi piacerebbe chiamarlo Harry”.
“Come
il Principe?”
“Sì,
ma mio figlio sarà molto meglio di quel vanitoso e borioso principino da
quattro soldi”.
Sam
scoppiò a ridere togliendosi il leccalecca dalla bocca per non soffocarsi ma
poi se lo rimise in bocca e tornò seria tutt’ad un tratto, come se qualcuno le
avesse premuto un pulsante.
E
il fratello sembrò notarlo, come notava ogni più piccola sfaccettatura sul viso
della sorella.
“Che
c’è sorellina? Come mai sei così seria?”
Lei
spostò i suoi occhi da cerbiatta su James e lo guardò con uno sguardo strano.
“Sono
preoccupata”. Gli rispose alla fine, tirando un sospiro; non era abituata a
mostrare le sue preoccupazioni e le sue debolezze davanti agli altri, James era
una delle poche persone davanti a cui lo faceva. “Sai, tutta questa storia
della guerra, di Voldemort. Ogni giorno muoiono delle persone e i Mangiamorte
sembrano sbucare da ogni angolo. Tu ora non sei più al sicuro ad Hogwarts e io
non voglio che… che ti succeda come con papà… non posso perderti”.
James
le fece un sorriso dolce e rassicurante e poi si alzò per sederle si accanto,
circondandole la vita con un braccio.
“Sammy,
devi stare tranquilla. Sono sicuro che questa guerra finirà presto e… a me non
succederà niente. Io non ti lascerò mai”.
“Me
lo prometti?”
“Sì,
te lo prometto”.
(…e
se non puoi dimenticare fai in
modo che loro dimentichino te.)
Ad un tratto lo schermo della tv divenne nero, il
video era finito. Sam tirò fuori la cassetta dal videoregistratore combattendo
contro le lacrime che stavano tentando di scivolare lungo le sue guance. Ma lei
cercava di impedirglielo, non avrebbe pianto ancora, non dopo tutto questo
tempo. Doveva imparare ad andare avanti, a ricordare il passato senza lasciarsi
prendere da un’innaturale e pesante malinconia tutte le volte. E proprio non
capiva perché non ci riuscisse, perché non poteva essere come coi ragazzi, una
botta e via, e il giorno dopo si dimenticava persino del loro nome.
Sapeva solo che in quel momento continuavano a
rimbombarle le parole di James, quelle che le aveva detto quel giorno
dell’ultimo video che avevano girato, quelle parole che avevano segnato la
promessa più importante che lui avesse mai potuto farle… una promessa che non
era riuscito a mantenere.
E troppi altri ricordi, ricordi che non riusciva a
dimenticare.
Forse perchè quei ricordi erano un po’ come Sirius:
qualsiasi cosa facessi per dimenticarli, una parte del tuo cuore rimaneva
sempre intrappolato lì dentro. Ma doveva esserci un motivo se facevano così
male.
E quei video avevano riportato a galla tutto ciò che
ora non c’era più, tutta una vita e una felicità strappata e calpestata, come
una girandola schiacciata dalle ruote di un’automobile. Quei video li aveva
guardati soltanto un’altra volta, anni fa, prima di decidere di abbandonare
tutto e scappare, come una vigliacca, una vigliacca che non era mai stata.
Ma si sa… quando la
vita ti toglie tutto, tu non puoi far altro che cercare di dimenticare quello
che ti ha tolto… e se non puoi dimenticare fai in modo che loro dimentichino
te.
SPAZIO AUTRICE RITARDATARIA (COME SEMPRE)
Ehi, ciao ragaaaaa!!! Come va?? Siete contenti che sia
Maggio e soprattutto che sia arrivata ormai quasi la fine della scuola?
Ma qua è arrivata anche Millyray che, dopo non so nemmeno
io quanto tempo, finalmente ha deciso di aggiornare. Eh, ma sapete com’è, mille
impegni che non ti lasciano un attimo di respiro, con la scuola, i compiti e la
marea di verifiche che gli insegnanti mettono sempre verso la fine dell’anno
mentre io mi sento sempre più stanca. È un miracolo che non mi sia già
addormentata sulla tastiera. E credetemi, non sono tutte scuse.
Ma, torniamo a noi perché non siamo qui per parlare di
scuola ma di questo capitolo. Allora, vi è piaciuto? A me non convince molto,
non so se sono riuscita a rendere abbastanza questi ricordi e la malinconia che
prova Sam. Lo so che per il momento sembra un po’ monotona e noiosa la fanfic,
però questi sono tutti capitoli un po’ di transizione, mi servono per far
capire il rapporto che c’era tra James e Samantha, quanto affetto provavano nei
confronti dell’uno e dell’altra perché poi… beh, poi vedrete, io non vi voglio
anticipare niente.
Dovete solo portare un po’ di pazienza e lasciare magari
una recensione, anche per criticare. Il tasto di Inserisci una recensione non
morde mica e mi rederete contenta se lo cliccaste scrivendoci anche solo due
parole.
Bene, penso di avervi detto tutto e ci risentiamo la
prossima volta sperando che non sia tra millenni.
Un bacio,
Milly. XDXD
roxy_black: ciaooooooooo!!! Eccoti accontentata cn
un altro cap ma ancora mi sa ke nn ti sarà kiarito il dubbio su James… e come
ho scritto prima dovrai aspettare ancora un po’ perkè tutti i tuoi dubbi
vengano a galla… per quanto riguarda matrimonio e figlio… beh, si vedrà, ma nn
tutte le coppie devono per forza sposarsi e avere figli o no?? Kisskiss milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Capitolo venticinque ***
Capitolo venticinque
(Si
vedeva lontano un miglio che le
due non si sopportavano…)
Era arrivato anche il mese di Agosto che però non si
era portato via il sole e nemmeno il caldo afoso.
Sirius si trovava seduto in cucina chiaccherando con
Remus e la signora Weasley che sfaccendava in cucina. Si erano trasferiti tutti
a Grimmauld Place numero dodici, la casa dei genitori di Sirius. Silente aveva
deciso di ricostituire l’Ordine della Fenice. L’Animagus però non era molto
contento di essere di nuovo tornato nella sua vecchia casa, dove aveva vissuto
i momenti più brutti della sua vita, specialmente se doveva starci segregato.
Per fortuna che però c’era Sam che lo consolava e gli faceva sbollire la rabbia
e il nervosismo ogni tanto.
Proprio in quel momento, la ragazza entrò e i due
uomini, non appena la videro, capirono che quel giorno era meglio non badarle
troppo; aveva tutti i capelli arruffati, come se avesse fatto una lotta e per
di più la sua espressione sembrava mandare scintille in tutti gli angoli.
“Li odio!” ringhiò lei entrando in cucina vestita
solo di una maglietta e un paio di pantaloncini molto corti, i vestiti con cui
in pratica dormiva.
“Che cos’è che odi, amore mio?” le chiese Sirius
cercando di essere il più dolce possibile per non tirarsi la sua furia addosso.
“I miei capelli!”
“E si può sapere perché, per Merlino?”
“Non riesco a farli stare in ordine!” questa volta
il suo tono era più piagnucolante.
“Ma tesoro, tu stai benissimo anche con i capelli
per aria”.
La ragazza non fece in tempo nemmeno a lanciargli
un’occhiataccia che si ritrovò col culo per terra e la sedia sulla quale era
crollata pesantemente, mezza rotta accanto a lei.
Remus e Sirius scoppiarono a ridere.
“Ahaha, sei più imbranata di mia cugina”.
“Santo Merlino, Sam. Questa è stata fantastica”.
“Smettetela di ridere, cazzo! E aiutatemi a tirarmi
su!” questa volta invece sembrava che stesse per diventare isterica.
“Samantha! Modera il linguaggio!” la sgridò la signora
Weasley, ma la ragazza non ci fece nemmeno caso.
Black la prese per le mani e la rimise in piedi
riparando la sedia con un colpo di bacchetta, senza però riuscire a smettere di
ridere.
“Mi sa tanto che oggi Sam è in quel periodo del
mese”. Commentò. “Però, credevo fossi soltanto tu Remus ad avere la Luna
Storta”.
“Ahah, spiritoso”. Il licantropo gli lanciò
un’occhiata piuttosto malevola, cosa che scatenò ancora di più il divertimento
di Sirius.
“Senza offesa, Sirius, ma odio questa casa!” esclamò
Sam tornando a sedersi, ma su un’altra sedia.
“Ah, tranquilla. Puoi dirlo quanto vuoi”.
La giovane Potter si accese una sigaretta e, con un
colpo di bacchetta, appellò il posacenere dal salotto, cominciando a fumare
piuttosto nervosamente.
“Cara, non è che potresti spegnere quella
sigaretta?” le chiese Molly cercando di mantenere la pazienza e la calma, ma si
vedeva che stava per scoppiare.
“Sirius, posso fumare?” chiese lei però, senza
degnare nemmeno di un’occhiata la povera donna.
“Certo, fuma dove vuoi”.
“Il padrone ha asserito”. Disse lei rivolta alla
signora Weasley lanciandole uno sguardo di sfida.
La donna sbuffò e tornò a sfaccendare tra le
pentole. Si vedeva lontano un miglio che le due non si sopportavano, Sam era
una delle poche persone che riusciva a far saltare i nervi alla mite, dolce e
gentile Molly che non odiava mai nessuno a meno che non fosse un Mangiamorte.
Non le piaceva molto che Harry vivesse con lei e non era molto contenta che i
suoi figli la frequentassero, ma non poteva evitarlo, purtroppo, dato che lei
stava simpatica a tutti, pure a suo marito.
Per quanto riguardava Sam, invece, lei non
sopportava la signora Weasley perché aveva troppo la tendenza a comandare e non
sopportava come faceva da mamma ad Harry, facendo sentire lei un incapace. Però
lei piace suo marito, con cui parlava spesso di cose babbane e anche i suoi
figli, soprattutto i gemelli. Una volta aveva fatto da cavia a una delle loro
invenzioni.
“Sam, allora hai deciso se accettare la proposta di
Silente?” chiese Remus rivolto all’amica e tornando finalmente serio.
Pochi giorni fa, infatti, il preside di Hogwarts le
aveva chiesto se voleva accettare la cattedra di Cura delle Creature Magiche
per il tempo dell’assenza di Hagrid. Lei aveva risposto che ci avrebbe pensato,
ma solo perché non le andava di dire di no a Silente. In realtà non le andava
proprio di insegnare, non era mai stata un’amante di quel lavoro, anzi, se le
chiedevano se voleva farlo lei rispondeva di no con una faccia un po’ schifata.
Non le piaceva star seduta dietro ad una cattedra a spiegare a delle persone
che nemmeno l’ascoltavano. Se fosse stato Difesa ci avrebbe anche fatto un
pensierino positivo. Non che Cura delle Creature Magiche non le piacesse, anzi,
era stata una delle migliori in quella materia, le piaceva trattare con animali
strani.
“Non lo so…”. Rispose lei espirando una boccata di
fumo dal naso.
“Secondo me è una buona idea. Potresti badare di più
ad Harry e tenerlo fuori dai guai”. Cercava di convincerla il licantropo.
“Moony, stiamo parlando di un Potter. Loro si
caccerebbero nei guai comunque e dovunque”.
Avete presente il detto parli del diavolo e spuntano
le corna? Infatti…
“Buongiorno”. Salutò Harry entrando in cucina anche
lui con i capelli scompigliati e gli occhi ancora gonfi dal sonno.
“Anche tu odi i tuoi capelli?” gli chiese Sirius.
“No, perché?” fece il suo figlioccio passandosi una
mano tra i capelli in un modo tanto simile a quello di James.
“Niente, lascia stare. Una lunga storia”. Tagliò
corto Remus sorridendo ancora.
(Forse avrebbe dovuto parlarne con qualcuno,
forse doveva dire che vedeva il fantasma di suo fratello.)
Era tardo pomeriggio e tutti quelli che si trovavano
in quel momento a Grimmauld Place, erano impegnati nelle faccende domestiche. Costretti, ovviamente, dalla signora Weasley.
S.O.S. she’s in disguise
S.O.S. she’s in disguise
There’s a she wolf in disguise
Coming out, coming out, coming out
Sam aveva sempre odiato le
faccende domestiche, anche semplicemente riordinare la sua camera o preparare
la tavola. Secondo lei era una perdita di tempo, lei aveva sempre di meglio da
fare. E poi, diceva, se la casa non è un po’ sporca sembra che tu non ci abiti
neanche.
A domesticated girl that’s all
you ask of me
Darling it is no joke, this is lycanthropy
The moon’s awake now with eyes wide open
My body’s craving, so feed the hungry
Però, siccome era stata
costretta dalla signora Weasley che le aveva messo in mano una scopa con
un’espressione che non ammetteva repliche, aveva deciso di accontentarla per
una volta e aveva cominciato a spazzare il pavimento, non senza qualche sbuffo
infastidito, però. Non capiva perché dovevano farlo loro e non quello scansafatiche
di un Elfo Domestico che era tanto bravo a sfottere gli altri.
I’ve been devoting myself to
you Monday to Monday and Friday to Friday
Not getting enough retribution or decent incentives to keep me at it
I’m starting to feel just a little abused like a coffee machine in an office
So I’m gonna go somewhere cozy to get me a lover
And tell you all about it
Dopo poco, però, si era già stufata e così aveva deciso
di mettere un po’ di musica inserendo nella radio un CD babbano che aveva
comprato in uno dei suoi viaggi. E adesso era in salotto a dimenarsi al ritmo della musica usando,
ogni tanto, il manico di scopa come palo per la lap dance. Un ballo in cui era
riuscita a coinvolgere pure Hermione e Ginny e anche i gemelli ed ora tutti si
stavano divertendo come dei matti, cosa che non erano mai riusciti a fare
durante le faccende domestiche.
There’s a she wolf in your
closet
Open up and set her free
There’s a she wolf in your closet
Let it out so it can breathe
In quell momento entrò nella
stanza anche Sirius che rimase incantanto a guardare come le lunghe gambe
abbronzate della sua ragazza si muovessero in modo piuttosto sensuale e sexy. Eh, sì, ammettiamo,
le guardava anche il culo.
Sitting across a bar, staring
right at her prey
It’s going well so far, she’s gonna get her way
Nocturnal creatures are not so prudent
The moon’s my teacher, and I’m her student To locate the single men, I got on
me a special radar
And the fire department hotline in case I get in trouble later
Not looking for cute little divos or rich city guys that just want to enjoy
But having a very good time and behave very bad in the arms of a boy
L’Animagus venne ben presto
raggiunto da Remus, probabilmente attirato dalla musica. Lui però rimase un po’
perplesso nel notare tutta quella gente che si scatenava.
“Ehi Rem, certo che la canzone
è proprio adatta a te”. Commentò Sirius sentendo il testo della canzone.
“Oh, She Wolf di Shakira?”
fece l’altro.
“La conosci?”
“Certo! Io a differenza di te
un po’ di cultura babbana ce lo”. A quelle parole però Black gli lanciò
un’occhiataccia.
There’s a she wolf in the
closet
Open up and set her free
There’s a she wolf in your closet
Let it out so it can breathe
Lo sguardo di Sam cadde sui
due uomini e li guardò maliziosamente, ricambiata immediatamente di Sirius. Poi
però, spostò lo sguardo in un angolo della stanza e all’improvviso bloccò il
suo frenetico ballo diventando seria e un po’ anche pallida.
S.O.S. she’s in disguise
S.O.S. she’s in disguise
There’s a she wolf in disguise
Coming out, coming out, coming out
Un uomo dai capelli scuri e
spettinati e gli occhi nocciola come i suoi la guardava con una strana
espressione. Di nuovo, si disse Sam riconoscendo quel volto. Forse avrebbe
dovuto parlarne con qualcuno, forse doveva dire che vedeva il fantasma di suo
fratello.
S.O.S. she’s in disguise
S.O.S. she’s in disguise
There’s a she wolf in disguise
Coming out, coming out, coming out
“Sam, tutto bene?” le chiese
Sirius accorgendosi che all’improvviso si era persa a fissare qualcosa.
“Sì, sì”. Mentì lei tornando a
spazzare ma senza ballare e sperando che presto se ne andasse.
There’s a she wolf in your closet
Let it out so it can breathe.
(E
ora che il tuo amico Potter è morto lo
rimpiazzi con la sorellina. Ma che uomo!)
“Ti fermi a cena Severus?” chiese il signor Weasley
a Piton, una delle tante sere in cui era venuto a trovarli per discutere dei
piani dell’Ordine, con suo immenso disappunto.
Il professore di Pozioni assunse un’espressione
schifiltosa, come se avesse appena annusato qualcosa di sgradevole. “Non mi
fermo a frequentare certe compagnie più del neccessario”. Rispose con il suo
solito tono strascicato lanciando un’occhiata omicida in direzione di Sirius,
cosa che all’Animagus non sfuggì.
“Le vecchie abitudini sono dure a morire, vero
Mocciosus?” gli rispose a tono Black, che di certo non amava rimanere
indifferente quando qualcuno lo provocava. “Sempre così gentile e cortese con
le persone. E poi, quand’è che deciderai che lo shampoo fa molto bene ai
capelli?”
Sam per poco non scoppiò a ridere in faccia a Piton
che, se possibile, aveva assunto un’espressione ancora più acida.
“Tu di certo non sei un esempio di nuove abitudini
Black. E dimmi un po’, come ti senti ora che sei di nuovo tornato a casa?
Scapperai di nuovo come un codardo a piangere tra le braccia di qualche altro
amichetto?”.
Sirius lo avrebbe volentieri spiaccicato al muro, se
non fosse stato preceduto da Sam che teneva la bacchetta puntata contro la gola
dell’insegnante sotto lo sguardo spaventato e attonito degli altri presenti.
“Ritira immediatamente quello che hai detto!”
“Oh, bravo! Adesso ti fai pure difendere da una
stupida ragazzina. Oh, ma è vero, tu devi sempre avere qualcuno che ti segue
come una brava paperella, se no non sei contento se non ti metti in mostra e
non hai qualche stupido imbecille che fa tutto quello che gli dici. E ora che
il tuo amico Potter è morto lo rimpiazzi con la sorellina. Ma che uomo!”
Sam premette più forte la bacchetta contro la sua gola
mentre Sirius… beh, lui tentò di nuovo di saltargli il collo ma venne di nuovo
bloccato, questa volta da Remus.
“Sirius, per favore. Non mi sembra il caso”.
“Lui non ha il diritto di dire certe cose!” ringhiò
l’Animagus guardando Piton minaccioso, come se lo volesse uccidere con uno
sguardo.
“Sirius, non siete più ragazzini. Cerca di
ragionare”.
“Infatti. Non mi sembra un’ottima idea incominciare
a battersi”. Aggiunse Tonks cercando di dare manforte a Remus.
Piton si diresse verso la porta senza degnare di
un’occhiata nessuno e scomparve.
Sam si voltò a guardare Sirius e notò che era
leggermente sconvolto e aveva ancora bisogno di scaricare i nervi su qualcuno.
Lei allora gli si avvicinò e gli posò un delicato bacio sulle labbra.
“Lascialo stare”. Gli
disse infine. Sapeva che, più di tutto, gli avevano fatto male le ultime parole
dette dal professore. Non aveva mai sopportato quando si parlava male di James
o di sua sorella, specialmente ora.
SPAZIO AUTRICE COME SEMPRE IN RITARDO
Ciaoooo rieccomi!!! Vi ho fatto attendere troppo?? Oppure
avete festeggiato l’assenza di questa pazza scrittrice che ormai ha scassato le
balle :P eheheh, ma non vi libererete tanto facilmente di me muahahah… alloraaaaa, siete contenti
che sia finalmente finita la scuola e che potete andare al mare, mangiare
gelati, vestirvi poco e far quel cavolo che vi va??
Beh, ma non siamo qui per parlare di questo maaaa… della
storia!!! Vi è piaciuto il cappy?? Spero di sì anche se noto con immenso
dispiacere che questa fanfic non ha
molto successo ma ormai non ci posso far niente, io continuerò a scriverla
finché non l’avrò finita anche perché a me piace scrivere quindi scrivo più per
me e se a qualcuno piace bene e se non piace amen.
Comunque, come avete letto si sono trasferiti tutti a
Grimmauld e qui ho voluto fare una specie di piccolo resoconto delle cose che
succedono in questa “bellissima” casa e dei rapporti che ha Sam con gli altri
personaggi. Adesso però inizierà il vero clou della storia, forse già a partire dal prossimo capitolo, ci sarà una
sorpresa e, se volete scoprire di che cosa si tratta, seguitemi anche nella
prossima puntata.
E vi faccio anche una domanda: secondo voi perché Sam
continua a vedere il fantasma di James? Fate le più svariate ipotesi e vediamo
chi indovina, potete scrivermele cliccando sul tasto Inserisci una recensione,
anche se la storia vi fa schifo o anche per scrivermi solo due paroline.
Bene, questo è tutto e… alla prossima perché chi c’è c’è
chi non c’è non sa quel che si perde XDXD
Kisskiss, milly.
P.S. è vero che la canzone di Shakira non c’era ancora a
quei tempi però mi andava di metterla. In fondo è una fanfic, posso scriverci
quello che voglio. J
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Capitolo ventisei ***
(Adesso
si sentiva proprio una cretina, una cretina
e anche una vigliacca per essere scappata
così…)
Sam
era seduta in salotto su una poltrona insieme a
Remus, Sirius, Tonks, Harry, Ron, Hermione, Ginny e i gemelli, chi
accomodato
sul divano, chi sui cuscini e chi semplicemente per terra.
“Sam,
perché non ci racconti qualcosa che facevi da
giovane?” chiese ad un tratto la più piccola di
casa Weasley. La ragazza si
girò a guardarla curiosa.
“Sì,
dai. Magari qualcosa che facevi con tuo
fratello”. Aggiunsero i gemelli.
Questa
volta tutti quanti i ragazzi si voltarono a
guardarla speranzosi; erano, infatti, tutti molto curiosi di sapere
qualcosa
della sua vita, di quello che faceva da giovane, avevano capito che era
stata
una ragazza piuttosto ribelle che combinava un sacco di guai.
“D’accordo.
Vediamo… che potrei dirvi”. Incominciò
Sam con sguardo pensieroso. “Quando avevo otto anni avevamo
dei vicini di casa
che avevano un figlio molto dispettoso. Per esempio, portava il suo
cane nel
nostro giardino perché facesse la pipì oppure si
arrampicava sull’albero e mi
spiava dalla finestra e una volta aveva rubato un giocattolo a mio
fratello.
Così, io e James, avevamo deciso di vendicarci. Un giorno
l’avevamo invitato a
venire a giocare con noi, in un parco, solo che aveva smesso di piovere
da poco
e noi conoscevamo un posto dove si creavano molte pozzanghere fangose.
Così lo
avevamo portato in uno spiazzo dove c’era un enorme
pozzanghera piena di fango,
sembrava quasi un lago e James, con una leggera spinta l’ha
buttato dentro”.
“O
Santo Merlino!” esclamò Tonks. “E poi
cos’è
successo?”
“Poi
io minacciai di lanciargli una maledizione che
lo avrebbe perseguitato per tutta la vita se avesse osato dire a
qualcuno
quello che gli avevamo fatto e gli mostrai il mio sguardo da
assatanata.
Dovevate vederlo, era quasi morto di spavento!!! È scappato
via a gambe levate
piangendo come una femminuccia”.
“Wow!
Siete stati forti!” commentò Ron. “E poi
vi ha
rotto ancora?”.
“Certo
che no. Non ha più osato avvicinarsi a casa
nostra”.
“Certo
che ce la vedo io Sam che fa lo sguardo da
assatanata”. Disse Sirius guardando la sua ragazza con
sguardo malizioso e il
sorriso sghembo che a lei piaceva tanto.
“E
che altro avete fatto?” chiese Fred ridendo
ancora divertito.
Sam
si voltò verso Sirius e Remus. “Ragazzi, vi
ricordate quello scherzo che avevamo fatto a Gazza?”
“Quale?
Gliene abbiamo fatti tanti”.
“Quello
con Mrs Purr”.
“Aaan,
sì quello è stato fortissimo”.
“Dai,
racconta!” la incoraggiarono i ragazzi.
“Beh,
avevamo rapito la gatta di Gazza, in verità lo
aveva fatto Sirius perché un giorno si è messo a
correre in giro per il
castello trasformato in cane”. E lanciò uno
sguardo di sbieco all’Animagus.
“Avevamo lasciato un biglietto nel suo ufficio per dirgli di
venire a
riprendersi Mrs Purr, nello stanzino delle scope e poi
l’abbiamo chiuso a
chiave lì dentro”.
“Che
perfidi!” esclamò Hermione guardandola
sconvolta.
“Anche
lui si comportava da stronzo con noi”. Si
difese Sam. “Comunque si era preso un bello spavento ed era
riuscito a
liberarsi solo il giorno dopo. Alla fine però ci ha scoperti
e ci ha messi in
punizione, tutti quanti, anche Remus dato che eravamo riusciti a
coinvolgere
anche lui”.
“Ahaha,
è vero, Moony, te lo ricordi?” chiese Sirius
ridendo rivolto al licantropo.
“E
chi se lo scorda? Comunque mi avevate costretto,
non l’ho fatto di mia spontanea
volontà”. Rispose Remus guardando male i due
amici.
“E
cosa vi ha fatto fare Gazza?” chiese Ron.
“Ci
ha fatto pulire il suo ufficio per un mese. Non
vi dico neanche quante cianfrusaglie c’erano lì
dentro per non parlare della
polvere”. Rispose Sam.
“Eh
sì, noi lo sappiamo benissimo”. Aggiunsero Fred
e George scambiandosi uno sguardo complice. “Comunque anche
noi dovremmo
provare a fargli uno scherzo del genere”.
“Ehi,
Moony!” chiamò improvvisamente Sirius.
“Ti
ricordi quando James aveva incantato la sedia di Mocciosus
perché facesse le
puzzette quando lui si sedeva?”
“Oddio,
è vero!” questa volta anche il licantropo
scoppiò
a ridere ricordando lo scherzo.
“Praticamente
tutte le volte che si muoveva sulla
sedia quella faceva delle puzzette piuttosto chiassose e tutta la
classe a
ridere”.
“Sì,
ma era stato ancora quando Lily e Piton erano
amici”. Gli ricordò Remus.
“Oh,
è vero. Mamma santa che strigliata che si era
beccato James quella volta. Gli aveva gridato di tutto e talmente forte
che
forse l’avevano sentita pure dall’altra parte del
castello. E lì, davanti a
tutta la classe. Io avevo mal di pancia per le risate”.
“E
il bello era che, mentre Lily gli stava gridando
tutte quelle cose, lui la guardava come un ebete”.
“Ahahah,
è vero. E l’unica cosa che alla fine le ha
detto è stato: Evans, quando ti arrabbi sei ancora
più bella. Lei era andata
ancora di più sulle furie”.
Tutti
quanti nella sala erano intenti ad asciugarsi
le lacrime per le risate, soprattutto i tre adulti nel ricordare tutti
quegli
episodi.
“Ma
Sam”. La chiamò ad un tratto Ginny. “Chi
era più
malandrino tra te e James”.
“Oh,
James, senza ombra di dubbio. Tutti gli scherzi
che conosco io li ho imparati da lui. E si faceva molti meno scrupoli
di me nel
farli”.
“Ma
tutto quel tempo che sei stata via, dove eri
andata?” chiese Harry guardando la zia con espressione seria.
“Ero
in giro per il mondo babbano. Sono partita
quando avevo circa vent’anni e sono stata un po’ in
Australia, in California,
Messico, Argentina, Texas… tutti posti caldi
comunque”.
“E
hai conosciuto persone nuove?” le chiese Hermione
curiosa.
“Sì,
beh, diciamo che ho conosciuto persone
interessanti”. A quel punto Sam si bloccò; era la
prima volta dopo un bel po’
di tempo che ripensava ad Alex, quell’episodio della sua vita
aveva cercato di
rimuoverlo dalla sua mente, anzi, per la verità aveva
cercato di cancellare
tutta la parte della sua fuga, dei suoi viaggi. E per un po’
ce l’aveva anche
fatta, si ricordava di quelle cose ma come se non le avesse vissute lei
direttamente, come se si fosse trattato soltanto di un film.
Adesso
si sentiva proprio una cretina, una cretina e
anche una vigliacca per essere scappata così, dalla sua
vita, dal suo passato.
Non era da Grifondoro e James glielo avrebbe sicuramente rinfacciato.
Anche
se Sirius continuava a ripeterle il contrario,
lei si sentiva una vigliacca.
(Sei
scappata come una vigliacca solo perché non
avevi il coraggio di affrontare la realtà!)
“Ragazzi,
dobbiamo discutere di cose importanti
riguardanti l’Ordine. Dovreste uscire”.
Sbottò ad un tratto la signora Weasley
dopo aver sparecchiato la tavola dalla cena.
“Uffa!
Ma perché non possiamo sentire anche noi?
Mica moriamo se scopriamo cose sull’Ordine!” si
lamentò Ginny alzandosi dalla
tavola di malavoglia, imitata dagli altri.
“Ginny,
non discutere su queste faccende! Non voglio
che voi stiate a sentire!” la sgridò la madre
guardandola con occhi severi
facendo passare a tutti i ragazzi la voglia di ribattere.
“Secondo
me invece Ginny ha ragione”. Si intromise
Sam guadagnandosi un’occhiata di riconoscenza da parte della
più piccola di
casa Weasley. Molly invece la guardò con uno sguardo
omicida, così che Sam
proseguì senza lasciarsi intimorire però.
“Che cosa mai dovrebbe succedere se
assistono anche loro per una volta. Anzi, potrebbe essere un vantaggio
se si
trovano in pericolo…”.
“In
pericolo? In che tipo di pericolo si dovrebbero
mai trovare?” la interruppe la signora Weasley con gli occhi
fuori dalle
orbite. “Sono solo dei ragazzi, non dovrebbero pensare a
queste cose!”
“Il
mondo è pieno di pericoli! Perché non dovrebbero
partecipare!?”
“Perché
lo dico io e loro sono i miei figli, tu non
hai alcun diritto di decidere per loro”. Sembrava quasi che
la signora Weasley
avesse aspettato una sola parola sbagliata da parte della ragazza per
scoppiare, dato che aveva puntato le mani sul tavolo, adirata,
guardando Sam
con occhi furibondi, quegli occhi che facevano sempre scappare suo
marito e i
suoi figli, ma di certo non Sam, che la guardava dritto in faccia senza
abbassare lo sguardo. Lei non abbassava mai lo sguardo, davanti a
nessuno, non
lo avrebbe fatto nemmeno davanti a Voldemort.
“Io
non sto decidendo per loro, li hai sentiti anche
tu, vogliono partecipare. È una loro scelta”.
“Loro
non sanno cos’è meglio per loro! E non lo sai
nemmeno tu! Sei solo una ragazzina!”
“Ragazzina
io? Con chi credi di star parlando?”
adesso anche Sam si era proprio incazzata di brutto, si era alzata
dalla sedia
e guardava Molly con occhi ancora più omicidi rispetto a
quelli della donna.
Gli altri invece guardavano la scena stupiti e increduli, non sapendo
se
intervenire oppure lasciare che le cose si risolvessero da sole.
“Samantha,
tu giochi tanto a fare l’adulta e la
saggia ma in realtà non lo sei affatto! Sei solo una
ragazzina che si preoccupa
delle sue unghie e dei suoi capelli, che fuma e che beve. Tu non sai
cos’è la
vita!”
Un
bicchiere vicino a Sam aveva iniziato a tremare,
pronto per scoppiare. La ragazza guardava la donna davanti a lei
dall’alto in
basso, cosa che le riusciva benissimo visto che era molto
più alta di lei.
“E
tu allora? Solo perché hai cresciuto sette figli
non significa che tu sappia tutto della vita, della morte o che so io!
Questo
lo possono fare tutti, allora!”
“Tu
però no. Non sei nemmeno capace di occuparti di
te stessa. E adesso pretendi anche di prenderti cura di Harry! Non ci
sei mai
stata tutti sti anni, lui non sapeva nemmeno della tua esistenza e
dovresti
essere la sua parente più stretta! Dove sei stata, eh? Dove?
Sei scappata come
una vigliacca solo perché non avevi il coraggio di
affrontare la realtà! E
adesso vorresti pure fargli da madre, magari ti sposi con Sirius e
pretenderai
che lui sia il padre. Però nessuno di voi due
c’è stato tutto sto tempo!”
Per
poco tutti temettero che la ragazza si sarebbe
lanciata sulla signora Weasley tirandola per i capelli; Sirius e Remus
infatti
sapevano che la ragazza odiava che le dicessero che era una vigliacca.
Invece
Sam le rispose, alzando ancora di più la voce
e facendo tremare pure il lampadario.
“Sì,
è vero sono scappata ed è stato un
comportamento da codardi, un comportamento non da me. Ma tu che avresti
fatto
al posto mio? Oh, ma d’altronde perché ci dovresti
pensare, nessuna disgrazia è
mai avvenuta in casa tua, sono tutti ancora vivi e vegeti! Di sicuro
tuo padre
non è stato ucciso quando avevi solo quattordici anni dai
genitori del tuo
migliore amico e non ti è mai nemmeno morto il fratello
quando ne avevi solo
diciassette che tua madre, dal dolore è impazzita perdendo
completamente la
memoria e non riconoscendo più nemmeno sua figlia. E per non
parlare che ho anche
visto morire un’amica davanti ai miei occhi! Sono stata a
tanto così” e
avvicinò il pollice all’indice della mano destra.
“dal buttarmi giù da un
ponte! Sì, è vero sono scappata e ho sbagliato.
Ma adesso sono ritornata e
voglio rimediare ai miei sbagli, quindi chiedo scusa se non sono stata
presente. E poi Sirius che cazzo c’entra? Mica è
stata colpa sua se quello che
credeva il suo migliore amico l’ha incastrato facendolo
finire ad Azkaban per
dodici anni! Prova tu a passarceli dodici anni dentro quella cazzo di
prigione,
prova tu a vedere morire qualcuno dei tuoi figli e poi dimmi che cosa
faresti”.
Sam
aveva quasi il fiatone per la sfuriata, ma si
era scaricata, aveva sbollito la sua rabbia, almeno così
sembrava dato che il
bicchiere e il lampadario avevano smesso di tremare.
Tutti
stavano spostando gli occhi dalla ragazza alla
signora Weasley, increduli, sconvolti, stupiti e forse anche un
po’ spaventati,
ma tutti pronti a vedere come avrebbe reagito adesso la donna, che
però
sembrava essere ammutolita all’improvviso, incapace di
proferire parola.
Guardava Sam con occhi sgranati e la bocca leggermente aperta. Aveva
perso
tutta la sua determinazione e anche quello sguardo omicida negli occhi,
era
solo incredula anche lei e confusa.
Sam
si spostò e si diresse alla porta, ma prima di
varcarla, si girò di nuovo verso Molly.
“Sappiamo
tutti che mi odi. Se vuoi prendertela con
me, prenditela solo con me, non tirare in ballo altre
persone”.
E
alla fine uscì, sentendo pizzicare gli occhi.
Nella
sala da pranzo tutti si lanciarono occhiate,
non sapendo bene che fare.
“Beh,
Molly cara, credo proprio che tu stavolta
abbia un pochino esagerato”. Disse Arthur rivolto alla moglie
e intimandole di
sedersi.
Sirius,
allora, si alzò dalla sedia e uscì in cerca
di Sam; fece poca strada, però, perché la
trovò seduta sugli scalini, con le
ginocchia piegate e il viso affondato in essi, i capelli lunghi che le
ricadevano sul viso. Era scossa da quelli che sembravano singhiozzi.
Sam che
piangeva? Non aveva mai visto la sua ragazza piangere. Improvvisamente
gli fece
tenerezza, capì che quella ragazza dura e resistente che lei
cercava di
sembrare, era in realtà solo una corazza che si era
costruita in tanti anni per
non mostrarsi debole e fragile. Ecco perché si irritava
subito quando si
tiravano fuori certi argomenti.
“Lentiggini”.
La chiamò lui sedendosi accanto a lei
e abbracciandola; lei allora appoggiò la testa sul suo petto
bagnandoli la
camicia con le lacrime; lui capì che aveva solo bisogno di
uno sfogo, però si
sentiva impotente, voleva fare qualcosa per consolarla, non gli piaceva
vedere
la sua Sam così distrutta.
Dopo
un po’ arrivò anche Remus, seguito da Tonks,
Harry, Hermione, Ron, Ginny, Fred e George.
“Wow,
Sam. Sei stata portentosa, stasera!” si
complimentò Fred con lei mostrandole un sorriso a trentadue
denti.
“Sì,
davvero fantastica!” aggiunse George. “Nemmeno
noi abbiamo tutto sto coraggio nell’affrontare nostra
madre”.
Sam
a quel punto spostò la testa dal petto di
Sirius, per guardare i ragazzi con gli occhi gonfi dal pianto.
Riuscirono,
però, a farla sorridere un po’.
“Secondo
me non sei affatto una pessima zia”. Le
disse anche Harry. “Anzi, sei la zia migliore del mondo. Con
te mi diverto e
posso parlare di tutto. E quando te ne sei andata non era per scappare,
non era
stato un comportamento da vigliacchi. Avevi solo bisogno di staccare un
po’ la
spina, di un distacco. A me non importa se non c’eri,
l’importante è
che ci sei adesso. E sono sicuro che anche
papà la penserebbe alla stessa maniera”.
“Hai
sentito, lentiggini? Ti vogliono tutti quanti
bene”. La consolò ancora Sirius accarezzandole la
testa; lei mostrò un sorriso
di riconoscenza a tutti quanti loro, tra le lacrime.
“Ma,
scusa se te lo chiedo, amore. Ma chi era
l’amica che hai visto morire?”
La
ragazza prese un bel respiro prima di rispondere;
sì, forse era meglio così, doveva sfogare anche
quello con qualcuno. “Si
chiamava Alexis, era un’amica babbana che avevo conosciuto
durante i miei
viaggi. Abbiamo viaggiato insieme per nove anni, le ho raccontato
praticamente
tutto della mia vita. Lei mi è stata accanto per tutto quel
tempo, mi ha
ascoltata e ha saputo capirmi. Le ho voluto tanto bene. Poi un giorno
improvvisamente è morta, così, senza motivo. Solo
perché uno stupido coglione è
andato addosso alla macchina in cui era seduta. Ed era avvenuto davanti
ai miei
occhi, potevo esserci anch’io in quella macchina. Potevo
esserci io al posto
suo”.
Sirius
la abbracciò di nuovo e questa volta lei
appoggiò la testa sulla sua spalla.
“Non
pensarci più, Sam”. Le consigliò Remus.
“Quello
era il passato. La vita adesso va avanti e quello che è
successo purtroppo non
si può cancellare”.
(adesso
sapeva, aveva capito perché faceva sempre
sti sogni e perché vedeva il fantasma di suo
fratello).
Sam
si trovava in un posto buio e umido, si
sentivano delle gocce cadere, probabilmente da delle tubature rotte.
Era di
nuovo quel posto, di nuovo quella specie di prigione, quella che
sognava ormai
quasi tutte le notti.
Il
suo sguardo inevitabilmente andò in fondo alla
stanza, dove sapeva già chi ci avrebbe trovato. Ma questa
volta non c’era solo
l’uomo incatenato al muro che le chiedeva aiuto, non
c’era solo suo fratello ma
anche qualcun altro, qualcuno che gli stava di fronte inginocchiato,
qualcuno
che sembrava lo stesse minacciando, sebbene lei non riuscisse a sentire
quello
che gli diceva. Aveva i capelli lunghi, ma al buio della stanza non
riusciva a
capire il colore, però dovevano essere chiari. Forse era una
donna.
Ad
un tratto lo sconosciuto si alzò, si allontanò e,
prima di abbandonare la cella, si girò verso Sam senza
però vederla. Il cuore
di Sam perse un battito mentre lei spalancava gli occhi alla vista
dell’uomo.
Sì, era un uomo e sapeva anche chi era.
Si
svegliò di soprassalto ritrovandosi seduta nel
suo letto, o meglio, in quello di Sirius a Grimmauld. Era tutta sudata,
aveva
il respiro accelerato e il cuore che batteva all’impazzata. E
soprattutto,
adesso sapeva, aveva capito perché faceva sempre sti sogni e
perché vedeva il
fantasma di suo fratello. Non c’erano dubbi.
Accese
la lampadina sul comodino e scosse Sirius,
che le dormiva accanto, per svegliarlo.
“Sirius,
ti prego svegliati. È una cosa importante”.
Lo supplicava col panico nella voce.
“Che
c’è?” le chiese lui con voce assonnata.
“E’
vivo. Lui è vivo!”
“Chi
è vivo?”
SPAZIO-SCONOSCIUTO
DA QUALCHE PARTE NEL DESERTO-AUTRICE
Ebbene
miei cari amici, millyray è già tornataaaa!!!!
(balla di fieno che rotola)
Vabbè,
insomma, per i pochi cactus e le balle di fieno
rotolanti che mi seguono, siete contenti che abbia aggiornato
così presto?
Adesso ho decisamente più tempo per scrivere. Siete
contenti??
(Lettori
che brandiscono asce e scuri pronti a inseguire
milly) Nooooo!! Non uccidetemi, anche perché non saprete mai
come finisce la
storia. Insomma, avete visto?? A quanto pare James è vivo, o
così almeno dice
Sam. Chi lo sa però, lascio a voi le ipotesi. Intanto, se
siete curiosi,
dovrete seguirmi nella prossima puntata.
Questo
capitolo mi è venuto più lungo rispetto agli
altri, però non volevo spezzarlo perché volevo
metterci l’ultima scena così da
creare un po’ di suspense, come in quelle telenovele dove la
cosa più
emozionante succede sempre alla fine e finisce che tutti rimangono a
bocca
aperta e con gli occhi sgranati.
E
vi è piaciuta la sfuriata tra la signora Weasley e
Sam?? A me sì, me la sono immaginata ancora prima di
cominciare a scrivere la
storia. Spero in realtà che vi sia piaciuto tutto il
capitolo, dato che a me
piace abbastanza, sono contenta di come mi è venuto, tranne
la prima parte
però, gli scherzi dei malandrini non mi convincono molto. Ma
vabbè. Alla fine
però, quando Sam ha raccontato tutte quelle cose a Molly
è venuto da piangere
persino a me, ma forse non per la storia, credo di aver avuto dei miei
pensieri
per la testa, quindi…
Ok,
adesso penso proprio che vi lascerò e per favore,
lasciatemi una recensione anche piccola piccola. Vi prego!!! *.*
Kisskiss
milly.
roxy_black: ciaoooo
carissima... ahahah, ankio ho sempre immaginato di cantare a Remus She
Wolf, mi piacerebbe troppo vedere la sua faccia... ahahah... cmq spero
proprio che questo capitolo ti sia piaciuto, a me in particolare il
litigio tra Sam e Molly mi è piaciuto e scommetto che tu
farai il tifo per Sam... e cmq, ok una piccola anticipazione te la
posso fare: sì, in questa storia comparirà
bellatrix però tu lo sai ke io la odio perciò non
è ke farà kissà quali grandi gesta,
diciamo solo ke ci sarà qlcn ke si incazzerà
ancora più con lei e ke la vorrà morta a tutti i
costi... più di qlcn... ok, ho già detto
troppo... bene adesso ti saluto e alla prossima... kisskiss milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Capitolo ventisette ***
(Eppure
stamattina ne era convintissima
era convintissima che suo fratello fosse vivo…)
Sam
era seduta in cucina, il posacenere appoggiato
sul tavolo davanti a lei, una sigaretta stretta tra l’indice
e il medio e lo
sguardo fisso puntato davanti a lei, verso un punto indefinito, come se
fosse
immersa profondamente nei suoi pensieri. Era ancora mattina presto, lei
indossava soltanto un paio di pantaloncini cortissimi e una maglietta
bianca, i
vestiti con cui praticamente dormiva, i capelli lunghi e scuri
spettinati con
un ciuffo che le ricadeva sugli occhi nocciola.
E
se avesse sbagliato tutto? E se si fosse trattato
effettivamente solo di un sogno?
Aveva
svegliato Sirius nel cuore della notte,
completamente in panico ma perfettamente lucida su quello che stava
succedendo
e sicura su quello che stava dicendo. Era persino riuscita a
convincerlo e lui
l’aveva guardata scioccato e sconvolto, ma aveva letto anche
una certa emozione
nei suoi occhi. Il bello, poi, era che lui era riuscito a convincere
pure Remus
ed ora, erano entrambi partiti per Malfoy Manor a salvare James che,
secondo il
suo sogno, era rinchiuso in una delle celle di quella villa.
“Buongiorno”.
Salutò la signora Weasley entrando in
cucina. Era ancora arrabbiata con Sam per la sera scorsa, ma aveva
deciso di
fare finta di niente e di interagire poco con la ragazza. Cosa che
secondo lei
poteva fare anche Sam, ma a quanto pareva la ragazza si continuava a
comportarsi da bambina, dato che non aveva degnato la donna nemmeno di
uno
sguardo. Ma Molly proprio non poteva capire che cosa turbasse la mente
della
ragazza.
Era
troppo sconvolta e preoccupata per poter anche
solo dire qualcosa; si sentiva le budella attorcigliate, il cuore che
le
batteva a mille e anche uno strano senso di nausea. E quella era la
terza
sigaretta che faceva fuori.
“E’
inutile che io ti dica di spegnere quella sigaretta,
vero?” continuò la signora Weasley ma, non
ricevendo neanche stavolta una
risposta da parte della mora, si girò e iniziò a
preparare la colazione senza
più dire niente.
Sam
intanto continuava a fissare un punto delle
decorazioni delle piastrelle davanti a lei; perché adesso
non si sentiva più
così sicura? Eppure stamattina ne era convintissima, era
convintissima che suo
fratello fosse vivo e che si trovasse chiuso in quella maledetta cella.
Ma
adesso… adesso sentiva che effettivamente era assurdo, come
poteva James essere
vivo? Lo aveva visto anche lei il suo cadavere al funerale. Poteva aver
mandato
Sirius e Remus verso morte certa e tutto per cosa? Per niente, per una
sua
stupida e insensata convinzione.
Se
fosse successo loro qualcosa non se lo sarebbe
mai perdonata.
In
realtà lei voleva andarci da sola, ma Sirius
glielo aveva proibito e le aveva intimato di restare a casa mentre loro
due
andavano da soli in missione di salvataggio.
E
adesso iniziava a pentirsi.
Però
non poteva essere completamente tutto
sbagliato. Insomma, se faceva quei sogni ci doveva anche essere un
motivo, no?
(“Ma
da quand’è che abbracci la gente Paddy?"
“Da quando sono troppo felice per dire
qualcosa”.)
“Sirius,
ripetimi un’altra volta perché siamo
qui”.
Sbottò Remus cercando di rimanere calmo, piegato dietro a un
cespuglio
dell’immenso giardino di Villa Malfoy, con Sirius ed entrambi
con le bacchette
sguainate in mano.
“Per
tirare fuori James”. Gli rispose l’amico come
niente fosse.
“Ma
è completamente assurdo! Perché dovrebbe
trovarsi qui? Lui è morto!” per quanto gli facesse
male dire quella cosa, Remus
cercava di essere razionale, visto che sembrava anche essere
l’unico che aveva
mantenuto un po’ di lucidità. Non voleva nemmeno
pensare a come avevano fatto
Sam e Sirius a convincerlo a venire fino a lì, praticamente
nella bocca del
serpente. E poi, come se non bastasse, doveva pure cercare di rimanere
calmo
perché, se si faceva saltare i nervi, si sarebbe messo a
sbraitare ad alta voce
all’amico facendoli scoprire e questa era l’ultima
cosa che voleva.
“Sam
ha detto che si trova qui e io mi fido di lei”.
“La
tua ragazza allora ha qualche rotella fuori
posto e tu più di lei”.
“L’entrata
posteriore della cella dovrebbe essere
là”. indicò Sirius facendo finta di non
aver udito le ultime parole del
licantropo. “Dobbiamo cercare di
entrare
senza farci beccare”.
“Fosse
facile”.
Remus
non aveva fatto nemmeno in tempo a finire la
frase che l’altro si era già allontanato dal
cespugli, tenendosi sempre
accucciato. Così anche il biondo lo dovette seguire tenendo
d’occhio le guardie
che si trovavano sparse qua e là per il cortile. Intanto
scongiurava di tornare
sano e salvo a casa perché non gli andava proprio di
rimettere la vita in
quella assurda missione di salvataggio che non aveva alcun senso. E
inevitabilmente un pensiero gli corse anche a Dora.
“Visto?
Non è stato poi così difficile”. Disse
Sirius con un sorriso malandrino una volta che furono entrati nei
sotterranei
dove si trovavano le celle.
“Bene.
E adesso che cos’hai intenzione di fare?”
“Cercare
in ogni cella finché non lo troviamo”.
Sirius
cominciò ad addentrarsi nell’oscurità
dei
sotterranei, facendo luce con la bacchetta e puntandola in ogni cella
accanto a
cui passavano. Remus lo seguiva silenziosamente facendo la stessa cosa.
Però
camminavano già da un po’ e tutte le celle che
trovavano erano vuote e pian piano anche loro cominciavano a perdere la
speranza. L’Animagus però sembrava non volersi
arrendere così facilmente.
“Giuro
che se la tua ragazza si è sbagliata le
taglio la test…”. Cominciò a sbraitare
di nuovo il licantropo ma fu interrotto
da Sirius che teneva la bacchetta illuminata verso una cella con lo
sguardo
fisso in un punto.
“Ehi
Moony, guarda”.
Remus
guardò dove l’amico gli stava indicando e vide
che c’era qualcuno in quella cella.
Però… insomma, poteva esser chiunque.
Però
qualcosa gli diceva che quello era James, non sapeva nemmeno lui cosa
ma…
adesso ne era sicuro anche lui.
Il
cuore di entrambi gli uomini cominciò a battere
fortissimo dall’emozione.
Sirius
aprì la porta della cella con un semplice
Alohomora ed entrò ma rimase vicino alla soglia a fissare la
figura che gli
stava di fronte, nascosta dall’oscurità, una
figura che sembrava dormire a
giudicare dal respiro pesante, dal fatto che teneva la testa abbassata
e che
era immobile.
“Prongs?”
chiamò ad un tratto con la voce
leggermente inclinata; sì, forse era assurdo tutto quello ma
sentiva anche lui
che quello era il suo migliore amico, suo fratello.
La
figura davanti
a lui alzò la testa e l’Animagus
sentì che aveva puntato lo sguardo su
di lui, sebbene non lo vedesse bene a causa
dell’oscurità.
“Paddy?”
parlò ad un tratto quello. E a Sirius venne
quasi un colpo. Adesso ne aveva la certezza assoluta, era James, sia
perché lui
era una delle poche persone a conoscere il suo soprannome, sia
perché quella
voce era la voce del suo migliore amico, l’avrebbe
riconosciuta fra mille,
sebbene fosse un po’ roca e bassa.
“Oh,
Santo Merlino!” esclamò l’Animagus
correndo
incontro all’amico e inginocchiandosi davanti a lui. Si
fermò un attimo a
osservarlo e lo riconobbe, anche se un po’ malconcio e con la
barba leggermente
troppo lunga. Ma i capelli scuri e spettinati e gli occhi nocciola
identici a
quelli della sua ragazza erano rimasti sempre gli stessi.
“Cazzo!
Allora sei vivo!” e Sirius lo abbracciò
forte, come non l’aveva mai fatto, anzi, forse
l’ultima volta che aveva
abbracciato James era stato quando era scappato di casa.
“Anch’io
sono felice di vederti”. Disse James con un
sorriso, sentendosi felice come non lo era stato da molto tempo,
praticamente
da tutto il tempo che era rimasto rinchiuso lì. Gli sembrava
un sogno. Insomma,
come avevano fatto i suoi amici a trovarlo? “Ma da
quand’è che abbracci la
gente, Paddy?”
“Da
quando sono troppo felice per dire qualcosa”.
Sirius,
spostando lo sguardo, notò che l’amico era
incatenato con le braccia al muro, anche perché non aveva
ricambiato
l’abbraccio. Così si voltò verso Remus
che se n’era rimasto indietro, ancora
con gli occhi e la bocca spalancati, incapace di fare o dire qualsiasi
cosa.
“Moony,
uomo di poca fede, hai visto che è vivo? E
non startene lì impalato come un baccalà ma vieni
ad aiutarmi!”
Il
licantropo, reagendo all’ordine come un automa,
corse verso i due amici e si inginocchiò anche lui di fronte
a James iniziano a
cincischiare con le catene per aprirle.
“Ma
ragazzi, come avete fatto a trovarmi?”
“E’
stata Sam a dirci che eri qua”.
“Sam?”
“Sì,
Sam, tua sorella”.
Ad
un tratto però si sentì uno strano rumore e dei
passi che si avvicinavano.
“Ragazzi,
mi sa che abbiamo compagnia”. Fece Remus
guardando verso la porta della cella.
“Sì,
l’avevo notato”. Commentò Sirius in modo
acido,
una volta che ebbe aiutato James a rialzarsi. “Jamie, non ce
l’hai una
bacchetta vero?”
“Ti
pare che se avessi avuto una bacchetta me ne
sarei rimasto qui dentro per tutto sto tempo?”
(…era
perfettamente sveglia e adesso stava
abbracciando James, suo fratello…)
Sam
era ancora seduta su quella sedia, ormai aveva
finito di fumare quasi tutto il pacchetto di sigarette, con lo sguardo
ancora
puntato su quello stesso punto. Non sapeva nemmeno lei da quanto tempo
era in
quelle condizioni, ma sapeva solo che erano passate parecchie ore e che
Sirius
e Remus non erano ancora tornati. Pure la signora Weasley si era
accorta che la
ragazza aveva qualcosa che non andava, ma non aveva il coraggio di
chiedere
niente per paura di un altro scoppio d’ira come quello
dell’altra sera. E poi,
aveva la sensazione che comunque non avrebbe ottenuto risposta.
La
ragazza intanto pensava che, se non fossero
tornati entro mezz’ora, sarebbe andata lei a cercarli e, se
avesse scoperto che
erano morti, si sarebbe buttata giù da un ponte e questa
volta senza esitare.
Ad
un tratto però si sentì il rumore di una
Materializzazione e Sirius e Remus comparvero sulla soglia della porta,
uno
accanto all’altro, leggermente ammaccati. Sam
spostò lo sguardo verso di loro,
sorridendo, contenta di vedere che stavano bene, ma
non si alzò subito dalla sedia, sia perché
era troppo felice di vederli che non riusciva a reagire subito, sia
perché le
loro facce le dicevano che c’era qualcos’altro,
dato che entrambi sorridevano
contenti e malandrini.
“Guarda
chi c’è, Sam”. Le disse il suo fidanzato
spostandosi di lato per scoprire James che se ne stava dietro di loro.
Non
appena lo vide, la ragazza spalancò occhi e
bocca, sorpresa e sconvolta. Ormai si era illusa che avesse sbagliato,
le bastava
soltanto che i due tornassero vivi, di certo non si era
aspettata…
“Ciao
sorellina”. La salutò lui mostrandole un
sorriso sghembo, il suo sorriso sghembo, quello che era tanto simile al
suo e
quello che aveva visto comparire così tante volte in
quell’inconfondibile volto
dagli occhi nocciola, circondato dai scuri capelli spettinati.
Senza
sapere che dirgli o che pensare, lei si alzò
dalla sedia e praticamente gli si buttò tra le braccia
rischiando che si
capotassero entrambi, ma lui, per fortuna, riuscì a
mantenere l’equilibrio e a
prenderla in braccio, sebbene fosse parecchio debole.
Si
abbracciarono forte, come non avevano fatto da
tanto tanto tempo, anzi, come forse non si erano mai abbracciati. E lei
scoppiò
in lacrime, lì davanti a tutti, lì sul suo petto,
sulla sua maglietta che già
era un po’ sporca.
Non
le importava più di niente, non le importava che
ci fossero Sirius, Remus e la signora Weasley che la osservavano,
quest’ultima
tra l’altro piuttosto confusa.
Queste
lacrime non erano come quelle dell’altra
sera, ma erano lacrime di gioia e di felicità. Una
felicità che non provava da
tantissimo tempo.
Per
un attimo credette
che fosse tutto un sogno. Ma non poteva essere un sogno,
perché era
perfettamente sveglia e adesso stava abbracciando James, suo fratello,
non lo
vedeva più rinchiuso in una cella sconosciuta e incatenato
al muro.
MIO
PICCOLO SPAZIO
Salveeee!!!
Eccomi, sono tornata!! Avete visto che ho
fatto presto stavolta?? Ehe, merito di queste fantastiche vacanze in
cui ho un
sacco di tempo per scrivere… ma voi come ve la passate?? Vi
siete già
rimpinzati di gelato oppure vi state ancora preparando per la prova
costume??
Ma
torniamo a noi, ogni volta finisco per divagare e poi
non vi voglio rubare troppo tempo… allora, vi è
piaciuto il capitolo?? Se sì
scuotete in su e in giù se no scuotetele da una parte
all’altra. Ok, no sto
scherzando, semmai sarebbe meglio che mi lasciaste una recensione, che
male non
mi fa, anzi… a quanto pare però James
è vivo ed è pure tornato tra i suoi cari
e amati amici e parenti. Scommetto che tutti adesso vi starete
chiedendo: Come
la prenderà Harry? Ehehe, si vedrà, anche
perché non lo so nemmeno io. Basta
solo che continuiate a seguirmi, spero di riuscire ad aggiungere un
altro cap
questa settimana.
Ok,
un ultima cosa prima di chiudere: vorrei lasciare
anche un piccolo spazio per la pubblicità quindi…
se vi piace la saga di
Twilight potete andare a leggere le mie due fanfic Stessi Occhi Stesso
Sangue
(completa) e The Power of the love (completa) e se vi piace anche la
saga di
Maximum Ride, sempre se la conoscete, andate a leggervi pure La luce
dei miei
occhi che però è ancora in alta fase di
completamento.
E
se siete degli amanti di pensieri profondi e vi piace
la filosofia, date un’occhiata al mio blog:
ilblogdimillysdiary.blogspot.com e
magari lasciatemi anche un commentino.
Ok,
adesso posso lasciarvi sul serio e mi raccomando, non
mancate alla prossima puntata!!!
Kisskiss,
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Capitolo ventotto ***
(“Ma
allora… allora lui è il padre di
Harry?”)
“Qualcuno
per favore mi potrebbe spiegare che sta
succedendo?” chiese la signora Weasley confusa e spazientita,
spostando lo
sguardo da Sirius e Remus a Sam e quell’altro uomo che era
appena entrato e che
aveva appena sciolto l’abbraccio con la ragazza.
“Oh,
si scusate. Dobbiamo fare le presentazioni”.
Disse Sirius con un sorriso divertito. “James ti presento
Molly Weasley, Molly
lui invece è James Potter, il fratello di Sam”.
La
donna boccheggiò come un pesce fuor d’acqua,
confusa ancora di più e anche stupita, incredula e
sconvolta. Che la stessero
prendendo in giro?
“Ma…
ma non era… morto?” riuscì a
bofonchiare alla
fine guardando l’uomo davanti a lei così tanto
simile a Harry.
“A
quanto pare no”. Rispose Remus guardando l’amico
ritrovato con un sorriso. “E credo che ci dovremmo raccontare
un sacco di
cose”.
“Ma
allora… allora lui è il padre di
Harry?” chiese
ancora la signora Weasley che però non si era ancora ripresa
dallo shock e
dallo stupore.
“Harry!?”
esclamò James voltandosi verso i suoi
amici con sguardo preoccupato e spaventato.
“Sta
bene”. gli rispose Sam. “E’ ancora di
sopra che
dorme”.
“Allora
è qua?”
La
sorella annuì per poi aggiungere. “Magari
più
tardi parlerete”.
“Parlare?
Ho sempre odiato parlare? Devo per forza
parlare?”
“Dai
Prongy, è tuo figlio. Sono sicuro che troverai
le parole adatte”. Cercò di rassicurarlo Sirius
posandogli una mano sulla
spalla. Tutti riuscivano a capire come dovesse sentirsi; insomma, non
aveva
visto suo figlio per quattordici anni, in pratica era come se non lo
avesse mai
conosciuto.
“Ok,
ma prima dovrò farmi una doccia”.
“Sì,
ti accompagno”.
Sam
cominciò ad avviarsi per le scale tenendo il
fratello per mano come se non lo volesse perdere per nulla al mondo,
neanche in
una casa. Beh, in fondo era così.
(“Tu
fai tutto troppo facile".
“Senti chi parla! Non eri tu
quello che non si preoccupava
mai di niente e che faceva solo quello
che si sentiva di
fare?"
“Sì,
ma quando si tratta di sentimenti non è
così”.)
“Sam?”
“Hm?”
“Mi
sei mancata”.
James
era seduto sul bordo della vasca da bagno che
si faceva sistemare qualche ferita che aveva un po’ sparsa
qua e là per il
corpo e mettere un po’ in ordine dalla sorella.
“Anche
tu. E non sai nemmeno quanto”.
Tra
i due cadde il silenzio; in verità si sarebbero
voluti raccontare un sacco di cose, ma nessuno dei due sapeva da che
parte
iniziare. Per il momento volevano godersi quel momento, rendersi ancora
veramente conto che si erano ritrovati.
“Sam?”
chiamò di nuovo James.
“Dimmi”.
L’uomo
prese un sospiro prima di porre la domanda
che gli premeva più di tutte.
“Secondo
te… come la prenderà Harry col fatto che
sono tornato?”
“Come
vuoi che la prenda? Sarà felicissimo”.
“Sì,
ma non pensi che insomma… potrebbe prenderla
male? Che potrebbe odiarmi?”
“Jimmy,
ma che dici? Perché dovrebbe odiarti?”
James
sorrise dolcemente; da quanto tempo non
sentiva sua sorella che lo chiamava Jimmy? Da tanto, troppo…
“Beh,
per non esserci stato”.
“Ma
mica era colpa tua”.
“Sì,
ma lui questo non lo sa. Crede che io sia
morto. E non ci conosciamo nemmeno”.
“Per
questo sarà ancora più felice di
rivederti!”
“Tu
fai tutto troppo facile”. Commentò lui alla fine
con un tono un po’ esasperato.
“Senti
chi parla! Non eri tu quello che non si
preoccupava mai di niente e che faceva solo quello che si sentiva di
fare?”
“Sì,
ma quando si tratta di sentimenti non è
così”.
Sam
emise un sospiro; beh, in effetti su quello non
aveva proprio torto. E lei ne sapeva qualcosa. Si chiese se dovesse
dirgli che
lei e Sirius stavano insieme o se era meglio aspettare. Ma in fondo,
che male
ci poteva essere?
Forse
per il fatto che James aveva sempre
considerato Sirius come un fratello?
“James,
non ti devi preoccupare. Harry è un ragazzo
intelligente e capirà, vedrai che capirà. E poi
è uno che si riesce a conoscere
abbastanza in fretta, sa sempre andare al sodo, lo capisci subito se
gli stai a
genio oppure no. È molto simile a te e non soltanto di
aspetto”.
(“Ti
voglio bene, figliolo”.
“Anch’io, papà”.)
“Signora
Weasley, mi vuole spiegare che le succede?”
chiese un Harry piuttosto spazientito e confuso. Era sceso in cucina
con Ron
non appena i due si erano svegliati e aveva trovato la madre del suo
migliore
amico immobile in cucina leggermente pallida e sconvolta. Aveva
biascicato un
paio di parole confuse non appena aveva visto il moro entrare, ma
nessuno dei
due ragazzi era riuscito a capire qualcosa.
“Mamma,
sto iniziando a preoccuparmi!” esclamò anche
Ron guardando la madre pure lui preoccupato e spaventato per il fatto
che
potesse essere successo qualcosa di grave, magari a qualcuno della sua
famiglia.
“Ecco
vedi, Harry… è successa una cosa
strana… che
non so spiegarti”.
“Mamma!
Che è successo!?”
La
donna però non disse più niente, aveva solo
spostato lo sguardo su qualcuno davanti a lei.
I
due ragazzi, allora, ancora più confusi, si
voltarono e rimasero pure loro a occhi sgranati, soprattutto Harry, che
dopo un
attimo di sbigottimento stava iniziando a capire qualcosa.
In
fondo, trovarsi davanti un uomo praticamente
identico a te se non per il fatto che era più vecchio, non
era cosa da tutti i
giorni. E non era nemmeno difficile capire chi poteva essere.
Anche
James e Sam osservavano i due ragazzi,
soprattutto James non riusciva a spostare gli occhi dal figlio,
così simile a
lui e chiedersi: che faccio adesso? Cosa gli dico?
“Oh,
miseriaccia!” commentò alla fine Ron.
“Harry,
per caso quello sei tu venuto dal futuro”.
“No,
non credo, Ron”. Gli rispose l’amico. Lui e
quell’uomo avevano una piccola differenza, anzi due.
L’uomo non aveva la
cicatrice come lui e per di più aveva gli occhi nocciola
identici a quelli di
Sam.
“Credo
che voi due dobbiate parlare, adesso”. Disse
alla fine Sam.
“Vieni,
andiamo Ron”. Aggiunse la signora Weasley
trascinando il figlio confuso fuori dalla cucina; i tre si chiusero la
porta
alle spalle.
Padre
e figlio rimasero ancora per un po’ a
guardarsi, uno più scioccato di quell’altro. Alla
fine James sbottò.
“Senti,
io… io non sono mai stato molto bravo con i
discorsi, però…”.
“Papà”.
Lo interruppe ad un tratto Harry, ma senza
sapere il perché. Non sapeva che dirgli. Aveva semplicemente
dovuto dire quella
parola, quella parola che non aveva mai potuto dire, forse solo per
sentire
come suonava pronunciata da lui o forse solo per essere veramente
sicuro che
fosse suo padre quello davanti a lui.
“Co…
come…”. Harry non sapeva come porgli la
domanda.
“In
realtà non sono morto. Mi hanno tenuto
prigioniero nei sotterranei di Villa Malfoy per tutto questo
tempo”.
“Oh
mio Dio!” esclamò il ragazzo stringendo i pugni.
“Già.
E mi dispiace se non sono stato con te come
avrei dovuto”.
“Non
era certo per colpa tua”.
Grazie
al cielo Sam aveva ragione, pensò James tra
sé e sé sorridendo alle parole del figlio.
“L’importante
è che ci sei adesso”.
Harry,
non sapendo che altro dire e sentendosi un
po’ imbarazzato, decise di fare quello che aveva sempre
sognato di fare.
Abbracciò il padre il quale ricambiò, un
abbraccio di quelli che nessuno dei
due aveva mai potuto avere. Avrebbero tanto voluto che quel momento non
finisse
mai, che durasse per sempre.
“Ti
voglio bene, figliolo”.
“Anch’io,
papà”.
Quando
si staccarono Harry notò che sul braccio
destro suo padre aveva un tatuaggio; lo guardò meglio e si
accorse che c’era
scritto il suo nome.
“Ti
sei fatto tatuare il mio nome sul braccio?”
chiese guardando il padre leggermente commosso.
“Sì,
non appena eri nato”.
“Beh,
direi che siamo pari”. Rispose Harry
mostrandogli la collana con scritto James, che aveva al collo e che gli
aveva
regalato sua zia.
“Ok,
questa cosa mi sembra tanto da piccioncini
innamorati e romanticoni”. Commentò alla fine
James con un’espressione buffa.
“Sì,
concordo pienamente con te”.
(“Paddy,
tu lo sai che se farai soffrire
mia sorella
te la
vedrai davvero brutta? “Ho
afferrato il concetto, Jamie, grazie”.)
“Allora,
James. Ci dici come sei finito là?” chiese
Remus rivolto all’amico.
Erano
tutti radunati in cucina, tutti quanti i
Weasley più Sirius, Remus, Harry, Sam e Tonks che era
arrivata da poco portando
in croissant.
“Beh,
quella notte…”. Cominciò James.
“…quando Peter
ci aveva traditi e Voldemort aveva scoperto il nostro nascondiglio, in
realtà
non sono morto. Voldemort mi aveva solo torturato ma non mi aveva
ucciso. Dopo
credo sia arrivato Lucius Malfoy o qualcuno dei suoi scagnozzi e mi
hanno
portato là tenendomi prigioniero. Non me lo ricordo
perché ero svenuto e quando
mi sono risvegliato mi trovavo già la”.
“Sì,
ma perché?” chiese Sirius leggermente
arrabbiato. Con Malfoy si intendeva.
“Non
lo so. Non me l’hanno mai detto. Forse per
interesse personale”.
“Beh,
giuro che quando lo vedo gli spacco la faccia”.
Ringhiò Harry minaccioso.
“E
io ti dò una mano”. Gli diede manforte Ron.
“Ragazzi,
non so se riuscirete ad averla vinta con
uno come lui. E’ piuttosto bravo con la bacchetta”.
Li avvertì James con un
sorriso divertito però.
“Ma
noi intendiamo quello piccolo. Il furetto”. Gli
disse il figlio e James rimase piuttosto perplesso.
“Malfoy
ha un figlio?”
“Sì
ed è piuttosto irritante”. Gli rispose Ginny
schiacciando
una bottiglietta d’acqua immaginando che fosse la testa di
Malfoy.
“Oh,
Santo Godric! L’Uomo Topo si è
riprodotto!?”
“Perché
Uomo Topo?” chiesero i gemelli curiosi.
“Beh,
perché una volta ho visto un film babbano che
parlava di un uomo che era orfano ed era cresciuto con i topi
così credeva di
essere anche lui un topo. Somiglia molto a Malfoy Senior dato che ha i
capelli
lunghi e quasi bianchi”.
Tutti
i ragazzi scoppiarono a ridere a crepapelle.
“Ahah,
allora il soprannome di Malfoy Junior è
azzeccato. Furetto!” commentò Hermione
asciugandosi le lacrime per il ridere.
“Cavoli!
Il fantasma dell’opera!” esclamò Sam.
“Non
ci avevo nemmeno pensato!”
“Ok,
tornando alle cose serie…”. Li interruppe alla
fine Remus guardando James con espressione… beh, seria.
“Ma com’è che allora al
tuo funerale abbiamo seppellito il tuo corpo accanto a quello di
Lily?” era
sempre il solito razionale lui.
“Era
un fantoccio o un manichino con le mie
sembianze”.
“E
Lily non l’hanno sostituita?” chiese Sirius.
“No,
lei no”. Rispose James che si era fatto
improvvisamente triste; e tutti potevano capirne il perché.
Se Lily non era
stata sostituita significava che lei era morta veramente.
“E
hai mai provato a scappare?” gli chiese Tonks
cercando di cambiare l’argomento.
“Certo
che ci ho provato. Ma sapete, senza una
bacchetta non era facile e l’unica cosa che potevo fare era
trasformarmi in
cervo. Ma riuscivano sempre a catturarmi. Ma piuttosto, voi come avete
fatto a
capire che mi tenevano là?”
“E’
stata Sam a dircelo”. Rispose Sirius.
James
si voltò verso la sorella stupito e curioso.
Lei, allora, gli spiegò.
“Continuavo
a fare sogni strani in cui c’eri sempre
tu che te ne stavi incatenato in una cella, ma non riuscivo mai a
capire dove
né tantomeno perché facessi quei sogni. A volte
vedevo anche il tuo fantasma,
soprattutto quando mi trovavo a casa dei nostri genitori. Credevo
fossero sensi
di colpa o che stessi diventando pazza. Finché,
però, nell’ultimo sogno, non ho
visto Malfoy nella cella con te e allora ho capito tutto. Mi dispiace
solo non
esserci arrivata prima”.
“Non
ti preoccupare, sorellina. In fondo anch’io
avrei creduto di star diventando matto”. Ad un tratto James
assunse un’aria
pensierosa. “Però ora che mi ci fai pensare, ti
ricordi zia Betty?”
“Zia
Betty?”
“Sì,
quella vecchia che parlava con sé stessa.
Quando era morta la sua migliore amica lei continuava a sognarla e a
vederla e
credeva di avere dei poteri speciali, tipo poter parlare coi morti o
farli
ritornare. Così si era informata e aveva scoperto un
incantesimo con cui aveva
fatto resuscitare l’amica”.
“Cavoli!
È vero! Però poi era morta”.
“Sì,
perché in teoria per far resuscitare qualcuno
gli devi dare un po’ della tua forza vitale, quindi lei non
ce l’aveva fatta
anche se aveva resuscitato la sua amica”.
Tutti
gli altri assistevano allo scambio di battute
fra i due, chi affascinato, chi curioso, chi incredulo e chi
indifferente, tipo
Sirius, che si stava divorando la seconda ciambella.
“Ma
noi non l’abbiamo mai vista questa resurrezione
miracolosa. Magari erano solo storie”.
“Potrebbe
anche essere, ma Sam pensaci. A te è
successa più o meno la stessa cosa. Non è che hai
ereditato i suoi poteri?”
“Ma
io non ho resuscitato nessuno”.
“Sì,
ma hai sognato me e sei riuscita a capire che
ero vivo. Qualche potere strano ce l’hai”.
“Oddio,
tesoro!” esclamò ad un tratto Sirius
guardando Sam come se fosse una serial killer. “Stai
iniziando a farmi paura.
Vedi la gente morta!”
“Ma
non dire scemenze, Sirius!”
“Tesoro?!”
chiese James guardando l’amico incredulo
e stupito. Sirius non chiamava mai nessuno tesoro.
“Ehm…”.
Cominciò Sam leggermente imbarazzata, non
sapendo bene come spiegargli la cosa. Alla fine optò per
andare dritta al
punto. “Io e Sirius stiamo insieme”.
Lo
sguardo di James continuò ad andare da sua
sorella al suo migliore amico, o meglio, fratello. Li guardava curioso,
scettico, meravigliato. Non se lo sarebbe mai aspettato,
chissà perché ma non
se lo sarebbe mai aspettato. Alla fine si fermò a fissare
l’Animagus con
sguardo severo e leggermente minaccioso.
“Paddy,
tu lo sai che se farai soffrire mia sorella
te la vedrai davvero brutta?”
“Ho
afferrato il concetto, Jamie, grazie”.
“Ehi,
James, da quand’è che sei così
protettivo?”
gli chiese la sorella guardandolo stranita. Lui non aveva mai
minacciato i suoi
precedenti ragazzi così.
“Eh
sai, quando conosci bene una persona è meglio
prendere tutte le precauzioni e ho viste molte ragazze col cuore
infranto per
colpa di questo cagnaccio. E certe abitudini sono dure a
morire”.
“Ma
lei è la prima ragazza che mi scopo da quando
sono uscito da Azkaban!”
“E
allora fai in modo che continui così dato che se
la fai soffrire farò in modo che scopare ti sia
difficile”. Minacciò ancora
James l’amico.
A
quel punto tutti quanti scoppiarono a ridere
vedendo anche l’espressione spaventata e preoccupata che
aveva assunto Sirius.
“Ma
allora tu sei il terzo Malandrino?” chiesero i
gemelli osservando James con ammirazione e divertimento; avevano
sentito
raccontare un sacco di suoi scherzi ed erano sicuri che si sarebbero
divertiti
un mondo con lui.
“Il
terzo Malandrino? Vorrete dire il primo!”
“E
sei Prongs? Quello che ha creato la Mappa del
Malandrino?”
“La
Mappa del Malandrino? Ce l’avete ancora?”
l’uomo
guardò in direzione degli amici i quali però
fecero un cenno verso Harry.
Il
ragazzo, con un sorriso furbo, tirò fuori dalla
tasca un pezzo di pergamena vuoto e leggermente ingiallito.
Con
un tocco di bacchetta pronunciò: “Giuro
solennemente di non
avere buone
intenzioni”.
Eh
no, da quel momento
sarebbe stato difficile averne.
ANGOLO
AUTRICE UN PO’ ESAURITA
Ma
ciaoooooo bella gente!! Come state? Cosa mi
raccontate??
Ecco
qui un altro bel capitolo (beh, almeno spero) come
vi avevo già anticipato. Ho deciso di pubblicare abbastanza
presto perché credo
che la prossima settimana non riuscirò a pubblicare, almeno
fino a sabato, dato
che sarò via e non sono tanto sicura che nel posto in cui
vado ci sia la
connessione wireless.
Ma
che mi dite di questo cap?? Vi è
piaciuto?? I Malandrini di nuovo tutti insieme, beh, a parte uno, ma
Codaliscia
ormai non conta. Io li adoro troppo per lasciarli morire e specialmente
adoro
James, quindi, in un modo o nell’altro, troverò
sempre una maniera di farlo o
farli tornare.
Spero
veramente che vi sia piaciuto, anche perché è
parecchio lungo. La parte in cui ci sono James e Harry però
non mi convince
molto, non sono molto brava a descrivere queste scene romantiche e
troppo
smielate.
Va
bene, ora vi lascio e vi auguro buon proseguimento di
vacanze. E per favore, lasciatemi qualche recensione!!!
Pleeeeeaaaase!!!!
Kisskiss,
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Capitolo ventinove ***
(“Non
sono stata per niente una brava sorella
“Tu sei la sorella migliore del
mondo…”)
Sam
e James erano comodamente seduti sul divano del
salotto di Grimmauld Place, lui appoggiato allo schienale e lei con la
testa
appoggiata sul suo petto e seduta in mezzo alle sue gambe.
“Allora,
sorellina che cosa mi racconti? Che cosa
hai fatto tutto questo tempo che io non c’ero?” le
chiese a un tratto James col
suo solito tono scherzoso.
Sam
esitò un attimo prima di rispondere; ora si
stava rendendo sempre più conto che non si era affatto
comportata bene, che non
era stata per niente una brava sorella.
“Non
ho fatto quello che avrei dovuto fare, in
realtà.” Cominciò. “Me ne
sono andata, poco dopo che ero diventata un’Auror.
Non ce la facevo a rimanere nella nostra casa, c’erano troppi
ricordi e non mi
sentivo affatto bene”.
“E
dov’eri andata?” le chiese il fratello ma senza
mostrare rabbia come lei si era aspettata.
“Un
po’ in giro per il mondo, soprattutto
nell’America del Sud dove faceva più caldo e ho
conosciuto una ragazza babbana
durante quei viaggi. Avevo bisogno di allontanarmi da questo posto che
mi
ricordava così tanto te e papà e diciamo che in
un certo senso mi era servito
anche se facevo continuamente quei sogni e succedevano cose
strane”.
“Cose
strane di che tipo?”
“Beh,
per esempio una volta era caduto un meteorite
in un posto e in un altro era bruciata una chiesa e continuavano a
scomparire
bambini”.
“Forse
erano segnali anche quelli, collegati ai
sogni che facevi”.
“E’
possibile. Però…”. La ragazza si
bloccò non
sapendo bene come continuare, ma sentiva che doveva liberarsi di questo
groppo
che sentiva alla gola.
“Però
cosa?” la incitò James.
“Però…
non me ne sarei dovuta andare. Sarei dovuta
rimanere qui e prendermi cura di Harry e invece sono scappata come una
vigliacca. E tu hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me. Non
ho fatto
quello che avresti voluto che facessi. Non sono stata per niente una
brava sorella”.
“Ma
stai scherzando? Tu sei la sorella migliore del
mondo e non potrei mai arrabbiarmi con te”.
“Sì,
ma tuo figlio… e io…”.
“Oh,
ormai è acqua passata e non mi va di essere
arrabbiato per questo. In fondo eri molto giovane quando è
successo… quello che
è successo, come avresti potuto prenderti cura di lui se
andavi ancora ad
Hogwarts. Sono sicuro che lo capisce anche lui. Adesso siamo tutti
insieme e
questo è l’importante”.
Sam
si voltò verso di lui e gli fece un sorriso
dolce che il fratello ricambiò guardandola intensamente con
i suoi caldi occhi
nocciola, identici a quelli della sorella.
“Ma
sai qual è stata la goccia che ha fatto
traboccare il vaso?” gli chiese poi lei abbassando lo sguardo.
“Quale,
Sally?”
Lei
ebbe un leggero fremito nel sentirsi chiamare
così… di nuovo.
“La
morte del nostro cavallo, Choccolate. Allora sì
che avevo perso tutto, di te, della mamma, del papà, della
vita che abbiamo
avuto un tempo. Dentro di me si era già rotto qualcosa, ma
quella volta era
stato definitivo”.
James
spinse la testa della sorella contro il suo
petto e l’abbracciò forte iniziando a cullarla.
“Mi
dispiace”. Le sussurrò e ci mancò poco
che lei
si mettesse a piangere.
“Ma
che ne è stato della mamma?” chiese poi il
fratello.
Sam
tirò un sospiro prima di rispondere; ecco un
altro macigno che doveva scrollarsi di dosso.
“Ha
avuto uno shock quando ha sentito che eri morto.
Si era agitata molto, poi era svenuta e quando si era risvegliata non
si
ricordava più niente, né di me, né di
te, né di niente. I medici avevano detto
che il suo cervello aveva immagazzinato troppe emozioni forti, troppi
dolori e
troppe tragedie che ha cercato di espellere. Adesso è al San
Mungo”.
La
ragazza sentì il fratello irrigidirsi e fissare
lo sguardo in un punto indefinito della stanza; si era aspettata che
esplodesse, che cercasse di fare qualcosa per curarla o che commettesse
qualche
pazzia. Ma non successe niente di tutto questo.
Sì,
James da un lato era cambiato e non perché fosse
cresciuto; era molto più calmo o almeno così
sembrava, comunque sia non
sembrava esprimere molto le sue emozioni come succedeva una volta, che
gli si
leggeva in faccia quello che provava o pensava. E deve essere stato
tutto
quello che aveva vissuto; tutti quegli anni di prigionia, il fatto che
non avesse
mai visto suo figlio crescere…
“Comunque…
comunque, mi dispiace per Lily”. Sussurrò
alla fine Sam guardandolo in viso.
…
la mancanza di Lily.
L’uomo
abbassò lo sguardo verso la sorella ma non le
disse niente; a volte le parole non servivano.
Ad
un tratto qualcuno comparve sulla soglia della
porta e guardò i due seduti sul divano.
“Ciao
campione!” salutò James con un sorriso
malandrino in viso.
Harry
si avvicinò al divano e immediatamente Sam si
spostò per far sedere lui tra le gambe del padre. Il ragazzo faticava ancora
a credere che suo
padre non era morto, che era lì accanto a lui vivo e vegeto
come aveva sempre
sognato. A volte non gli sembrava nemmeno reale.
“E
tu che cosa mi racconti?” gli chiese James.
“Fammi indovinare… scommetto che sei un
Grifondoro”.
“Ovvio!
E gioco anche a Quidditch, come Cercatore”.
“Ma
davvero?” fece James con un sorriso orgoglioso.
“Allora non mi somigli solo in aspetto.
E magari ti cacci anche sempre nei guai?”
“Beh,
a volte. Ma mica lo faccio apposta!”
E
tutti e tre scoppiarono a ridere.
“Ahah,
quante volte ti hanno messo in punizione?”
chiese poi James ancora divertito.
“Hmmm,
ho perso il conto. Però Piton se la prende
per niente a volte”.
“Piton?”
“Sì,
insegna Pozioni”. Rispose Harry con una faccia
disgustata mentre James sgranava gli occhi.
“Oh
Santo Godric! Come ha fatto quel scarafaggio a
diventare un insegnante?”
“Ah,
non me lo chiedere”.
(“Ti
va di giocare all’Auror e al Mangiamorte?”)
Sirius
entrò nella sua camera da letto trattenendo
uno sbadiglio; era piuttosto stanco quella notte, sicuramente sarebbe
crollato
appena avesse messo la testa sul cuscino.
Ma,
non appena aprì la porta, tutto il sonno che
sentiva improvvisamente scomparve e sgranò gli occhi
rimanendo piuttosto
sorpreso.
Sam
era seduta sul suo letto, con le gambe
leggermente piegate indietro e un sorriso piuttosto malizioso e
sensuale sul
viso; indossava solo un reggiseno color rosso fuoco e i tanga abbinati
con i
reggi calze.
L’Animagus
immediatamente sentì che il suo amichetto
lì sotto iniziava ad agitarsi.
“Lentiggini…”.
Borbottò con voce leggermente rauca.
“A… a che cosa devo tutto questo?”
“Beh,
ho pensato che sei stato piuttosto bravo e
coraggioso a salvare James quindi… ti meriti una
sorpresa”. Rispose lei
parlando con voce sensuale. “Ti va di giocare
all’Auror e al Mangiamorte?” gli
chiese poi le i mostrando un paio di manette con attaccati dei
pellucchi neri.
Sirius
non se lo fece ripetere due volte e,
togliendosi la maglietta in fretta e furia, si buttò sul
letto e cominciò a
baciare la sua ragazza dappertutto mentre lei cercava di sbottonargli i
jeans.
Choccolate
era morto, quella notte,
nella stalla. Lei era rimasta accanto a lui tutta la notte, soli loro
due ma
adesso… adesso anche lui l’aveva lasciata. Come
tutti. Adesso era completamente
sola. Adesso… che senso aveva rimanere? Per continuare a
soffrire?
SPAZIO
PER ME
Ciaooooo!!!
Come va?? Allora, vi è piaciuto questo cap??
A me sinceramente non tanto e poi è un po’ di
transizione.
Ma
ok i commenti li lascio a voi… piuttosto, siete andati
a vedere Harry Potter e I Doni della Morte parte 2? Io sì e
devo dire che mi è
piaciuto moooooooooooooooolto di più rispetto alla prima
parte. Io e la mia
amica praticamente ci siamo tenute per mano tutto il tempo e alla fine
siamo
pure scoppiate a piangere quando erano morti Fred, Remus e Tonks. E per
non
parlare di quando erano comparsi i fantasmi del Malandrini e di Lily.
Sigh
sigh… che tristezza.
Però
l’Epilogo è stato fantastico anche se non avevano
mostrato Teddy (andrò a picchiare i produttori con una mazza
per questo
oltraggio) e poi… che carini i figli *.*
.
Ok,
adesso vi lascio e per favore lasciatemi qualche
recensione… un bacio, milly.
roxy_black:
ciaoooo cara… nn ti preoccupare se nn hai recensito, non sei
mica costretta, ma
sai la tua recensione mi sempre
di
consolazione visto che ne ricevo poche L
vabbè dai, in fondo conta che io scriva visto che lo faccio
per
me più che altro. Poiiii… allora,
l’Uomo Topo non può mai mancare, ahahah dai
è
troppo divertente e poi ci sta bene visto che suo figlio è
un furetto. Per quanto
riguarda Harry e James, sì hai ragione tu ma, come avevo
già scritto la volta
scorsa non sono molto brava a descrivere queste scene così
smielate e… insomma,
hai capito. Infatti non convinceva nemmeno me, ma vabbè. E
poi, beh, James non
è mai stato un fratello così protettivo e
comunque Sirius è il suo migliore
amico perciò, anche se sa che è sempre stato un
po’ bastardo con le donne, sa
anche che non potrebbe mai far soffrire qualcuno dll sua famiglia. E
poi è come
hai detto tu: è inutile creare casini appena tornato, tra
l’altro è stato
proprio lui a tirarlo fuori da qll cella insieme a Remus. Ok ora ti
lascio e
spero che ti sia piaciuto anche qst cappy sebbene sia un po’
noiosetto. Baci baci,
la tua amica milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Capitolo trenta ***
(“…Riuscirai
a tenertela stretta oppure
lascerai che muoia anche lei?”)
Severus
Piton entrò nella cucina di Grimmauld Place
sempre con il suo solito cipiglio arrogante e quella sua postura
così
rigida e severa,
facendosi odiare già da
molti solo per quello.
E
non si poteva certo dire che gli abitanti di
Grimmauld fossero suoi fan.
Non
appena mise piede nella stanza lanciò a tutti
occhiatine di sbieco e quasi disgustate, soffermandosi in particolare
su James.
Non si era stupito di trovarlo lì, perché
Silente, che lo aveva saputo da Remus
e da qualche altro membro dell’Ordine, lo aveva avvisato, ma
non riuscì a
trattenere un cipiglio di disgusto, come se l’Animagus fosse
una puzzolente
cacchetta che si trovava in mezzo alla sua strada.
E
la cosa era ricambiata pure da James; anche lui
era stato avvertito della visita di Piton, dato che quella sera ci
sarebbe
stata una riunione dell’Ordine e solo Merlino sapeva quante
ne aveva tirate sul
fatto che pure quel miserabile Mi-lavo- i
capelli-nell’olio-delle-patatine-fritte facesse parte
dell’Ordine e fosse stato
proprio Silente a renderlo un membro.
“Ma
bene, bene, vedo che l’allegra brigata di
spostati imbecilli si è di nuovo felicemente
riunita”. Commentò lui acidamente
con il suo solito tono strascicato, non riuscendo proprio a trattenersi
dall’offendere quelli che erano i suoi nemici ormai quasi
più di Voldemort.
Intanto spostava lo sguardo da James, a Sirius, a Remus con occhiate
assassine.
“Piton,
non mi sembra il caso di attaccare briga.
C’è altro di cui dobbiamo discutere,
adesso”. Cercò di calmare le acque Sam,
mantenendo un tono tranquillo e pacato.
“Per
una volta Potter hai detto una cosa sensata.
Non sapevo fossi capace di usare il cervello”.
Commentò invece l’insegnante di
Pozioni, che quella sera si sentiva proprio in vena di offendere e fare
commenti acidi.
Quelle
parole però scatenarono le reazioni di James
e Sirius che si alzarono dalle sedie e corsero con la mano alle
rispettive
bacchette.
“Ritira
immediatamente quello che hai detto”. Latrò
Potter a pochissima distanza dal Serpeverde e con
un’occhiata, che se avesse
potuto, lo avrebbe ucciso, anzi, fatto esplodere la testa da quanto
intensamente lo guardava negli occhi scuri.
“Ragazzi,
per favore, smettetela”. Li redarguì
Remus, cercando di trattenere Sirius che era quello più
vicino a lui e inoltre
ormai era abituato a dover trattenere gli scatti d’ira
dell’amico.
Piton
però sembrava volerli provocare apposta, come
se fosse masochista, dato che non
avrebbe avuto molto scampo con i due Animagus. “Ma che bello,
il grande Potter
torna di nuovo all’attacco facendo da cavaliere alla
sorellina. Riuscirai a
tenertela stretta oppure lascerai che muoia anche lei?”
James
sembrò diventare il diavolo in persona,
capendo l’allusione che aveva fatto l’insegnante.
Nessuno poteva parlargli a
quel modo.
Velocemente,
senza che nessuno facesse in tempo ad
accorgersene, estrasse la bacchetta dalla cintura e la puntò
alla fronte di
Piton inchiodandolo al muro. Il Serpeverde, intanto, continuava a
fissarlo
dritto negli occhi sempre con quell’espressione neutra e
indifferente in cui si
poteva leggere anche una punta di odio. Però sembrava non
gli importasse niente
che Potter gli volesse far del male o peggio, ucciderlo.
“James,
adesso basta, per favore”. Lo ammonì la
sorella avvicinandoglisi e posandogli un mano sul braccio che impugnava
la
bacchetta.
“Lui…
lui non ha alcun diritto di parlarmi in quel
modo”. Sbraitò lui sempre senza spostare lo
sguardo da quello di Piton e senza
mollare la presa sulla bacchetta. Sembrava avere però la
voce rotta, incrinata;
si sentiva che soffriva per quello che l’insegnante aveva
detto.
“Lo
so James, ma non ne vale la pena, veramente, non
ne vale la pena”. Cercò di calmarlo ancora Sam.
“Abbassa la bacchetta, ti
prego. Di là c’è Harry e non sarebbe
bello che vedesse che tu fai del male a un
suo insegnante”.
Allora
l’uomo abbassò la bacchetta lentamente,
convinto forse dal tono dolce che aveva usato la sorella o forse per
quello che
aveva detto; effettivamente non si sarebbe fatto una bella figura
davanti al
figlio e non sarebbe di certo stato un buon esempio. Anche se, da
quello che
gli aveva detto, pure lui odiava Piton.
La
riunione poté finalmente iniziare, anche se la
tensione si poteva sentire benissimo nell’aria e continuavano
a volare
occhiatacce tra i Malandrini e l’insegnante di Pozioni.
(…In
realtà il sogno più grande della mia vita
l’ho realizzato”.)
“Allora,
Sam. Lo facciamo?” chiese James rivolgendo
un sorriso dolce alla sorella che gli stava accanto.
Si
trovavano nel giardino della loro vecchia casa e
avevano gli occhi nocciola puntati su una grande quercia sul retro
della casa
su cui si poteva notare una piccola casetta costruita tra i rami pieni
di
foglie di un bel verde brillante.
“Ce
lo eravamo promessi, no?” fece lei di rimando
con un tono piuttosto basso, forse dovuto alla commozione.
I
due fratelli si arrampicarono sull’albero ed
entrarono nella piccola casetta, dovendo accucciarsi parecchio.
“Cavoli,
non ricordavo fosse così piccola”.
Commentò
James andando a sbattere la testa sul soffitto nonostante fosse in
ginocchio.
“Sai
com’è. Quando l’avevamo costruita
eravamo dei
piccoli marmocchi”. Gli rispose la sorella. “E
sarebbe un po’ imbarazzante che
qualcuno vedesse due adulti che giocano in una casetta
sull’albero”.
“Non
stiamo giocando. Dobbiamo solo recuperare
quello che ci spetta”.
Come
a voler confermare quelle parole, Sam si
diresse verso un angolino e, alzando una trave, tirò fuori
una piccola scatoletta
rossa un po’ sbiadita e impolverata.
Lanciò
un’occhiata d’intesa al fratello e
l’aprì
delicatamente, come se contenesse qualcosa di molto delicato che non
doveva
assolutamente rompersi.
Dentro
però c’erano solo due oggetti; un piccolo
portachiavi a forma di mappamondo e un boccino dorato con le ali un
po’
spiegazzate.
Sam
e James presero ciascuno i loro oggetti, la
ragazza il portachiavi e lui il boccino.
“Beh,
sorellina, sono contento che tu sia riuscita a
realizzare il tuo sogno”. Le disse lui con un sorriso sincero.
Lei
lo ricambiò, ma poi ad un tratto si rabbuiò,
guardandolo dispiaciuta. “Tu però non sei
diventato quello che volevi
diventare”. Abbassò gli occhi al boccino tra le
mani del fratello.
“E
chi te lo dice?” fece lui con un sorriso malandrino,
il solito ghigno malandrino di James. “Allora ero solo un
marmocchio che ancora
non sapeva niente della vita. In realtà il sogno
più grande della mia vita l’ho
realizzato”.
Sam
aveva capito a che cosa si riferisse ma evitò di
fargli notare che purtroppo non era andato come doveva andare.
Sì, aveva
sposato Lily e aveva avuto un figlio da lei, come aveva sempre sognato,
ma lei
adesso era morto e lui era vissuto per quattordici anni lontano da suo
figlio,
perdendosi praticamente tutta la sua infanzia e quasi tutto della sua
vita.
Sì,
la vita era proprio ingiusta.
(Non
poteva mica mancare un quarto malandrino.
Non
poteva mica mancare un quarto malandrino.
(Non
poteva mica mancare il quarto malandrino.)
Sirius
entrò fischiettando nella cucina con indosso
solo i boxer e un’aria un po’ da ebete stampata in
faccia.
“Ehi,
come mai così di buon umore, Paddy?” chiese
James, che era appoggiato al lavello della cucina aiutando Molly
Weasley a
preparare la colazione.
Per
tutta risposta l’amico semplicemente scrollò le
spalle.
“Immagino
che tu abbia dormito molto bene”. continuò
intanto l’altro facendo un sorriso malizioso.
“Tua
sorella è un vero portento a letto”. Fece
Sirius allora con un sorriso sghembo, i famosi sorrisi sghembi di
Sirius che
una volta avevano avuto il potere di stendere qualsiasi ragazza lo
vedesse. Non
che la cosa fosse molto diversa adesso.
“Ricordati
quello che ti ho detto, però”. Lo
ammonì
James con un’occhiata minacciosa e l’amico
annuì senza però riuscire a
togliersi quel sorrisetto dalla faccia.
A
quel punto entrò anche Sam, pure lei con un
sorriso soddisfatto dipinto in volto e quasi saltellando.
“Ciao,
ragazzi!” salutò afferrando una ciambella dal
tavolo.
“Buongiorno
sorellina”.
La
ragazza all’improvviso puntò lo sguardo su Sirius
guardandolo in modo un po’ strano.
“Che
c’è?” le chiese lui notando il suo
sguardo
puntatogli addosso.
“No
è solo che…”.
“Solo
che?”
“Beh,
pensavo… che forse staresti meglio senza
barba”.
L’Animagus
la guardò come se gli avesse appena detto
di voler andare al Luna Park a giocare negli autoscontri e mangiare
tanto
zucchero filato.
“Sì,
è vero, Sirius”. Concordò James
guardando anche
lui l’amico. “La barba ti fa sembrare
più vecchio”.
“Non
è vero!” protestò Black sentendosi
leggermente
offeso.
“Sì,
che è vero amore. Cioè, io ti amerei sia senza
che con la barba, ma forse ti preferisco senza. E poi la barba
punge”.
Sirius
non poté dire niente per difendersi né per
protestare o rispondere a tono dato che in quel momento
entrò Remus che
sembrava di umore completamente opposto a quello di Sam e Sirius; aveva
un’aria
piuttosto malaticcia, con quel viso pallido e gli occhi spenti, per non
parlare
che faticava a camminare.
E
tutti si ricordarono che era quel periodo del
mese.
“Ciao,
Moony”. Lo salutò James con un ghigno
malandrino. “Bellissima giornata oggi, vero?”
Il
licantropo lo guardò di sbieco prima di
accasciarsi su una sedia.
“Allora,
ragazzi. Stasera ci divertiamo?” fece di
nuovo James guardando Sirius questa volta.
Remus
non capì subito che cosa l’amico intendesse,
ma poi, arrivandoci vedendo l’espressione di Potter,
cercò di protestare.
“Sarebbe meglio di no, ragazzi. Qualcuno potrebbe scoprirvi e
sarebbe
pericoloso…”.
“Ma
Remus, smettila con le tue solite paranoie”. Lo
interruppe Sirius con un tono scocciato. “Cosa vuoi che
succeda? E poi… beh,
torneremo ai vecchi tempi, no?” e si scambiò
un’occhiata d’intesa con quello
che ormai considerava suo fratello.
“Sam,
ti unisci a noi?” chiese James alla sorella.
Non poteva mica mancare un quarto malandrino.
La
ragazza annuì con un sorriso in risposta.
Sì,
sembrava proprio
che le cose sarebbero migliorate.
SPAZIO
ANCHE A ME
Rieccomi
di nuovo, ragazzi. Non ci ho messo molto nemmeno
stavolta ad aggiornare, vero? Beh, è solo perché
domani, anzi, stasera moooolto
tardi, parto per il mare e non ho proprio idea di quando
riuscirò ad
aggiornare. In teoria starò via circa un mese e non so se
là dove vado ci sia
la connessione per internet o se comunque riuscirò ad
andarci perciò ho deciso
di postare un nuovo capitolo prima di partire, così da farvi
anche un regalo
per le vacanze.
Anche
questo è un capitolo di transizione, quindi
sicuramente sarà stato un po’ noiosetto per voi,
ma che ci posso fare. non mi è
neanche venuto così male considerando che l’ho
scritto di getto e che non ero
molto ispirata.
Ok,
ma ora basta blaterare che vi sto già rubando
parecchio tempo.
Vi
saluto augurandovi buone vacanze e mi raccomando, non
mangiate troppi gelati che se no vi viene l’indigestione.
E
per favore, lasciatemi qualche recensione, visto che è
estate. Siate buoni, pleeeaaaseee.
Un
bacio.
La
vostra Millyray.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Capitolo trentuno ***
(E
James non poté fare a meno di notare tutto quello,
soprattutto come lo sguardo della
ragazza
indugiasse su suo figlio.)
“Mamma,
hai visto il mio pullover?!” gridò Ginny
dalle scale.
“E’
insieme a tutti gli altri vestiti che ho appena
lavato” le urlò Molly in risposta dalla cucina.
“Ahia!
State attenti con quel baule!” si sentì di
nuovo la voce di Ginny che gridava contro i gemelli che stavano
tentando di
portare giù i bauli facendoli levitare; ora che si potevano
materializzare e
che potevano usare la magia anche fuori da Hogwarts facevano
più danni di
quanti ne avessero mai fatti in tutto quel tempo.
Harry
scese di corsa le scale e piombò in cucina
come una furia dove James, Sirius, Sam e la signora Weasley si
voltarono verso
di lui incuriositi.
“Cerchi
qualcosa?” gli chiese il padre vedendo che
si guardava intorno come se stesse cercando qualcosa.
“Papà,
hai visto la mia Firebolt?” gli chiese il
ragazzo, allora.
“Sì,
scusa. È in camera mia, l’ho usata per farmi un
giro, ieri”.
Harry
annuì e fece per avviarsi fuori dalla cucina,
ma si scontrò con Ginny che era entrata proprio in quel
momento; la ragazza
divenne improvvisamente rossa e biascicò un
“Scusa” a fior di labbra, mentre
Harry le sorrise dolcemente.
E
James non poté fare a meno di notare tutto quello,
soprattutto come lo sguardo della ragazza indugiasse su suo figlio.
(“Ti
voglio bene”. “Io
di più
“Questo è
impossibile.)
Si
trovavano tutti quanti alla stazione di King’s
Cross, i signori Weasley, Remus, Tonks, Malocchio Moody, James, Sam e
persino
Sirius in versione Padfoot. Tutti per accompagnare i ragazzi a prendere
il
treno che li avrebbe portati a Hogwarts.
Ma,
non appena varcarono la barriera che separava il
mondo magico da quello babbano, Harry e Ron notarono qualcosa, o meglio
qualcuno, che attirò la loro attenzione e anche il loro
disgusto.
“Ma
guarda, guarda, il Furetto ha ancora il coraggio
di mostrare la sua faccia in giro”. Commentò Ron
mentre si avvicinava con
l’amico al biondo, dicendo la frase ad alta voce per essere
udito anche dal
Serpeverde.
“Oh,
ma chi si rivede. Lenticchia e lo Sfregiato”.
Fece Malfoy per rispondere a tono. “Immagino che tu Potter
sia contento ora che
il paparino ti è tornato a casa. Peccato che non si possa
dire lo stesso per la
mammina”.
Harry
si allungò per saltargli addosso con le
orecchie che fumavano dalla rabbia, ma fu prontamente trattenuto da Ron.
Malfoy
invece sghignazzava in modo alquanto
malefico; quell’estate, oltre a lui, erano cresciuti anche il
suo ego e la sua
perfidia.
“Ti
consiglio di chiudere quella ciabatta che hai al
posto della bocca. E usala solo per respirare, visto che parli solo a
sproposito”. Latrò Ron sempre con il suo tono
rabbioso.
“Oh,
Lenticchia, sembra che quest’estate tu ti sia
esercitato per rispondere a tono senza tirare fuori la bacchetta. E a
Potter
invece hanno rubato la lingua, oppure il paprino ha deciso di
tagliartela
perché si è già stancato di sentire la
tua voce?”
A
quel punto nemmeno la Piovra Gigante sarebbe
riuscita a trattenerlo; Harry si districò dalla presa
dell’amico e mollò un
pugno a Malfoy che lo fece cadere per terra. Poi gli saltò
addosso cominciando
a picchiarlo senza lasciargli scampo.
Quella
scena attirò parecchi sguardi mentre Ron li
guardava preoccupato senza sapere come intervenire senza finire nella
mischia.
Per
fortuna però arrivarono James, Remus, Sam e
Sirius sempre in versione cane e il padre riuscì a staccare
il figlio da Malfoy
e a trattenerlo; il biondo si guardò un attimo intorno
terrorizzato come un
coniglio, come se dovesse ancora realizzare bene quello che era appena
successo, poi si alzò e scappò via a gambe levate.
“Cavoli
amico, l’hai conciato piuttosto male”.
commentarono Fred e George rivolti a Harry che se ne stava ancora tra
le
braccia del padre e notando il sangue che usciva dal naso e dalla bocca
di
Malfoy.
“Ma
che ti ha fatto questa volta?” chiese Hermione.
“Io
quello schifoso non lo posso proprio sopportare.
È un presuntuoso, arrogante, bastardo, figlio di
Mangiamorte”. Esclamò Harry
con ancora il fiatone per la lotta.
“Vieni
con me”. Disse ad un tratto James tirando il
figlio per un braccio e portandolo in un angolo in modo che rimanessero
soli
loro due senza poter essere uditi da nessuno.
Harry
temette che il padre si fosse arrabbiato ma
quando gli si inginocchiò davanti per essere alla sua stessa
altezza, notò la
sua espressione tranquilla e subito si rilassò.
“Perché
lo hai picchiato?” gli chiese semplicemente
James con un tono strano.
“Mi
aveva provocato. E aveva anche preso in giro
Ron”.
“Allora
l’hai fatto solo per quello”.
Harry
non gli rispose, si limitò solamente a
guardarlo nei suoi occhi nocciola.
“Ci
sono modi meno brutali per rispondere alle
provocazioni”. Continuò allora James.
“Lo
so”. Rispose il ragazzo con voce rassegnata e
forse anche un po’ pentita. “Ma sicuramente anche
tu avrai picchiato qualcuno”.
Disse poi come per difendersi.
“Sì,
ma io ero un bulletto arrogante. Non voglio che
commetti gli stessi errori che ho fatto io”.
Padre
e figlio si scambiarono un intenso sguardo,
nocciola con verde, e a James per un attimo parve di poter rivedere la
sua Lily
negli occhi del figlio.
“Comportati
bene a Hogwarts, ok? E non cacciarti nei
guai”.
“D’accordo”.
“Me
lo prometti?”
“Te
lo prometto”.
“Ti
voglio bene”.
I
due si scambiarono un abbraccio.
“Io
di più”.
“Questo
è impossibile”. Fece James rivolgendogli un
sorriso malandrino.
Poco
dopo Harry era già sul treno con i suoi amici
diretto ad Hogwarts anche quell’anno, ma questa volta molto
più felice perché
sapeva che al ritorno, oltre a Sirius e Sam, ci sarebbe stato anche suo
padre
ad aspettarlo.
("Paddy?"
“Hm?”
“Mi manca Lily”. )
James
e Sirius erano seduti nella cucina di
Grimmauld Place, la sera dopo che avevano accompagnato i ragazzi alla
stazione.
“Paddy?”
“Hm?”
“Che
hai fatto quando hai creduto che fossi morto?”
“Sono
andato a cercare quella schifosa pantegana di
Minus ma poi sono finito ad Azkaban”.
“Non
intendevo quello”.
“E
allora che cosa?” Sirius si voltò verso
l’amico
guardandolo con i suoi occhi grigi.
“Come
ti sei sentito?”
L’Animagus
abbassò lo sguardo prima di rispondere.
“Come
se mi avessero strappato il cuore dal petto
per farlo a pezzi e poi saltarci sopra”.
“E
hai pianto?”
“Sì”.
Rispose Sirius dopo un attimo di esitamento.
Calò
un minuto di silenzio poi James esclamò.
“Wow,
avrei voluto vederti. Sarà sicuramente stata
una cosa epica, tu che piangi”.
“Non
è stato per niente divertente, Prongs”.
Il
moro tornò improvvisamente serio.
“Paddy”.
“Hm?”
“Mi
manca Lily”.
Sirius
spostò di nuovo lo sguardo su di lui. Non
aveva la più pallida idea di che fare; James non sembrava
sul punto di piangere
ma l’amico sentiva che aveva bisogno di consolazione. Ma che
cosa avrebbe
potuto fare? Dire una battuta? Oppure erano meglio delle parole di
consolazione
o magari un abbraccio. Lui non era mai stato bravo in queste cose.
“Ci
sono qui io”. Disse alla fine e subito dopo si
maledisse per quelle così stupide e insensate parole.
(Sarebbe
stata un’ottima insegnante, sua zia
E forse anche un’ottima sostituta di Hagrid.)
I
ragazzi del quinto anno di Grifondoro e Serpeverde
entrarono nell’aula di Cura delle Creautre Magiche curiosi di
conoscere il
nuovo insegnante dato che alla cena del ritorno a Hogwarts non
c’era.
Sam
era seduta sulla cattedra con le gambe fasciate
in un paio di jeans attillati e i piedi calzati in un paio di tacchi
accavallate, mentre aspettava che tutti i suoi studenti si mettessero
comodi.
Alla
fine aveva accettato l’incarico del preside ma
a patto che potesse tornare a casa quando finiva il suo orario
lavorativo,
senza dover rimanere ad alloggiare lì; per lei non sarebbe
stato difficile
visto che le bastava trasformarsi in falco e volare via.
Quando
alla fine i ragazzi si furono seduti si
misero a fissare con interesse la giovane insegnante davanti a loro,
soprattutto i ragazzi.
“Bene
ragazzi”. Cominciò Sam rimanendo seduta sulla
scrivania però. “Prima di andare fuori a iniziare
la nostra lezione, direi che
ci dovremmo presentare. Io sono Samantha Potter e sono la vostra nuova
insegnante di Cura delle Creature Magiche”.
La
mano di Lavanda Brown scattò immediatamente in
alto.
“Lei
è una parente di Harry?” chiese la ragazza.
“Sì,
sono sua zia”.
Alcuni
ragazzi si guardarono leggermente straniti.
“Un’altra
Potter. Certo che voi sembrate i Weasley,
spuntate come i funghi”. Commentò Malfoy in tono
sprezzante.
“Signor
Malfoy se ha commenti inappropriati da fare
la prego di farlo fuori da quest’aula o se ha lamentele si
può rivolgere al
Preside”. Gli rispose Sam guardandolo acidamente. Nemmeno lei
riusciva a
sopportarlo, più che altro la sua famiglia, ma adesso era
un’insegnante e
doveva essere imparziale.
Alcuni
ragazzi di Grifondoro risero.
“Comunque,
stavo dicendo…”. Proseguì la nuova
prof.
“Non chiamatemi professoressa, mi sentirei troppo vecchia,
piuttosto chiamatemi
Sam. Tra l’altro non ho mai voluto fare
l’insegnante, sono stata in un certo
senso convinta da Silente, quindi cercate di non rendermi la vita un
inferno,
ok?”
Harry
intanto sorrise
tra sé e sé; sì, sarebbe stata
un’ottima insegnante, sua zia. E forse anche
un’ottima sostituta di Hagrid.
SPAZIO
PER ME
Ciao
ragazzi, sono riuscita ad aggiornare più in fretta
del previsto, ma adesso non posso dirvi quando riuscirò a
farlo la prossima
volta però vi avviso già che dovrete aspettare
almeno due settimane, forse
anche fino a settembre.
Oggi
sono di poche parole purtroppo perché non ho molto
tempo, spero solo che vi sia piaciuto anche questo capitolo e che mi
lasciate
almeno una recensione.
Vi
dico che da adesso in poi farò parecchi salti
temporali, tipo al prossimo capitolo potrebbero già essere
passati due mesi e
non seguirò più la storia scritta dalla Rowling.
Spero che la cosa non vi dia
fastidio.
Ok,
adesso vi lascio, ci risentiamo.
Un
bacio, Milly.
Smaels:
ciaoooo!!! Wow, sono così contenta che
questa storia ti piaccia, veramente, quando ho letto la tua recensione
mi è
nato spontaneo un sorriso e mi sono quasi messa a saltare sul
divano… cmq per
quanto riguarda la tua proposta, guarda, io lo farei volentieri un
prequel il
punto è che purtroppo non ho molta ispirazione e neanche
tempo anche perché ho
già molte altre fanfic in cantiere e dopo questa ho
già in mente di pubblicarne
un'altra ke ho già iniziato a scrivere. Però,
siccome a me dispiace non poter
accontentare i miei lettori, ti faccio una proposta: perché
non lo fai tu? Se
la storia ti piace penso che tu ti sia già fatta
un’idea di come erano sirius e
sam a hogwarts, anche in base ai ricordi di sam. Io ovviamente ti
darò una
mano, potrai kiedermi qualunque cosa che non ti è chiara,
qualsiasi consiglio e
aiuto e suggerimento. Sempre se ti va e se hai tempo, sia kiaro, ok?
Fammi sapere
e spero ke ti sia piaciuto anke questo cappy. Un bacio e a presto,
kisskiss
milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Capitolo trentadue ***
(“E…
Sam? Non dire niente nemmeno a papà”.)
Harry
era seduto su una comoda poltrona nell’ufficio
di Sam; alla fine aveva deciso di far presente a sua zia il tipo di
punizioni
che dava la Umbridge. Anzi, in realtà erano stati i suoi
amici a convincerlo e
lui aveva accettato soltanto per smettere di sentire Hermione che
continuava a
parlare a proposito di punizioni corporali e maltrattamenti sui minori.
Beh,
effettivamente non aveva tutti i torti; se non
avesse avuto dalla sua parte il Ministro, sarebbe stata da far
arrestare.
“Vuoi
che le vada a parlare?” gli chiese Sam dopo
aver ascoltato la sua dichiarazione.
“Fai
come vuoi”. Le rispose lui scrollando le spalle
e senza guardarla in volto.
“Se
la cosa ti farebbe star meglio…”.
“In
realtà non penso ci sarebbe molta differenza.
Sono stati Hermione e Ron a convincermi a dirtelo, in
realtà”.
“No,
hai fatto benissimo. Non capisco come possa
usare dei metodi così barbari e crudeli. È
proprio una megera”.
“Concordo
con te. Ma se glielo andassi a dire mi
farei la figura da Serpeverde leccaculo, non credi?”
Sam
gli sorrise comprensiva; effettivamente nemmeno
lei si sarebbe lamentata con qualche suo familiare per
un’ingiustizia da parte
di un insegnante. Al limite si sarebbe vendicata da sola.
“Allora
non lo farò”.
Harry
si alzò dalla poltrona per uscire dalla stanza
dato che aveva gli allenamenti di Quidditch.
“E
Sam?” aggiunse prima di varcare la porta. La zia
alzò lo sguardo verso di lui. “Non dire niente
nemmeno a papà”.
Lei
annuì; questo poteva capirlo benissimo. Sapeva
come avrebbe reagito James. Odiava le ingiustizie e se poi venivano
fatte a suo
figlio… Chi lo tratteneva più?
Ma non sei felice. Non sei più James.
Non
sei più il mio Jimmy".
“Ti voglio bene, Sally.
Ti
voglio troppo bene per anche
solo rischiare di perderti”.)
Sam
e James erano seduti da soli in cucina, erano
rimasti solo loro svegli a quell’ora nella grande casa di
Grimmauld Place, gli
altri erano già andati tutti a dormire. Loro invece avevano
deciso di
trattenersi, con ancora i bicchierini di Whiskey che continuavano a far
rigirare tra le dita, ormai vuoti.
James
se ne stava seduto, anzi, in realtà più che
altro accasciato, su una sedia, gli occhi nocciola fissi su un punto
indefinito
del pavimento e ogni cinque minuti si passava la mano destra tra i
capelli.
Sam
invece era appoggiata al tavolo da lavoro, anche
lei con lo sguardo perso nel vuoto, ma a differenza del fratello, lei
ogni
tanto tornava alla realtà e allora si accorgeva dei
movimenti dell’uomo e delle
sue espressioni e capiva, senza troppi problemi, che c’era
qualcosa che non
andava; una volta, quel gesto di passarsi la mano tra i capelli, lo
faceva solo
quando voleva che le ragazze lo guardassero, soprattutto Lily, lo
faceva per
darsi delle arie. Ma adesso… beh, non solo adesso, ma
già da quando era
diventato più grande e da quando aveva preso parte
direttamente ancora nella
prima guerra magica, aveva cominciato a farlo quando era nervoso o
stressato o
quando c’era qualcosa che lo preoccupava.
E
non era solo quello a turbare Sam riguardo al
fratello; era da un po’ che James non era più lo
stesso.
“James?”
lo chiamò lei a un certo punto puntandogli
gli occhi addosso.
“Hm?”
fece lui in risposta ma senza distogliere lo
sguardo dal pavimento, come se in realtà non si fosse
nemmeno accorto che la
sorella lo chiamava e quella risposta fosse stata soltanto un gesto
automatico,
sentendo qualcuno che pronunciava il suo nome.
“James,
guardami!” esclamò allora Sam alzando un
po’
di più la voce.
James
allora alzò lo sguardo verso di lei,
incuriosito da quel tono.
“Ti
farò una domanda e voglio che tu mi risponda
sinceramente”. La ragazza si sedette su una sedia davanti a
lui. “C’è qualcosa
che non va?”
L’uomo
inarcò le sopracciglia.
“No,
perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?”
“Perché
lo vedo dalla tua espressione. E so anche
che cos’è”.
Il
fratello esitò un attimo prima di chiederglielo,
dato che probabilmente intuiva che cosa sapeva sua sorella.
“E
che cosa sarebbe?”
“Ti
manca Lily”.
Lui
non rispose e Sam interpretò quel silenzio come
un’affermazione; d’altronde, chi tace acconsente.
“Però
potrei fare una cosa”. Continuò allora lei
mettendo le sue mani su quelle di James chiuse a pugno, facendogli
sollevare lo
sguardo su di lei.
Lui
inarcò di nuovo le sopracciglia in una muta
domanda che Sam capì subito.
“Beh,
la zia da cui avrei teoricamente ereditato i
poteri… lei aveva resuscitato la sua amica e…
insomma, potrei provarci anch’io.
Ho letto dei libri e mi sono informata…”.
“No!”
la interruppe lui alzandosi improvvisamente
dalla sedia con un espressione dura in volto. “No!”
“Ma
perché no, James?”
“Perché
per queste cose ci vuole tanta forza e anche
energia vitale… e la zia era morta dopo qualche
giorno”.
“Ma
lei era vecchia”.
“Non
c’entra un bel niente”.
Tra
i due calò un attimo di silenzio, un silenzio
piuttosto teso in cui i due non si scambiarono nessuno sguardo. Ma fu
Sam alla
fine la prima a romperlo.
“Pensaci.
Se lo facessi tu riavresti di nuovo Lily.
Non ti piacerebbe passare il Natale insieme a lei? E Harry ha bisogno
di una
madre”.
“Se
Harry ha bisogno di una madre posso benissimo
trovare un’altra che gli piaccia…”.
La
ragazza spalancò gli occhi sentendo
quell’affermazione. “Oh, andiamo James, non dire
idiozie! Lo sappiamo tutti e
due che non potresti mai sostituire Lily”.
“E
non potrei mai permettere che tu rischi la vita!”
Adesso sembrava proprio sul punto di arrabbiarsi.
Sam
si alzò mettendoglisi davanti.
“Sono
sicura che non mi succederà niente”. Gli
sussurrò lei dolcemente prendendolo per le spalle per farlo
rilassare.
“Non
puoi saperlo. E io non potrei mai perdonarmi se
ti succedesse qualcosa”.
“Ma
te lo devo…”.
“Tu
non mi devi un bel niente. Mi bastate tu, Harry,
Sirius e Remus”.
“Ma
non sei felice. Non sei più James. Non sei più
il mio Jimmy”.
Lui
alzò lo sguardo verso di lei e i loro occhi
identici si scontrarono; la ragazza poté leggere benissimo
la sofferenza che
c’era negli occhi del fratello. Almeno, quando
c’era Harry, quella sofferenza
veniva assopita un po’, non era sempre così
visibile, però adesso… no, non le
piaceva vedere suo fratello soffrire così.
“Ti
voglio bene, Sally. Ti voglio troppo bene per
anche solo rischiare di perderti”. Le sussurrò lui
alla fine abbracciandola
forte.
(Sì,
Harry era proprio come lui, per certi versi.)
Quel
giorno, a Hogwarts, si giocava la prima partita
della stagione di Quidditch e tutti gli studenti erano piuttosto in
visibilio,
per non parlare anche di alcuni insegnanti.
La
partita tra Grifondoro e Serpeverde era iniziata
ormai da mezz’ora e negli spalti era seduto anche James
accanto a Sam, gli
occhi puntati solo sul figlio che cercava il boccino, con Malfoy sempre
alle
calcagna.
L’uomo
si sentiva proprio orgoglioso, suo figlio
volava proprio come lui se non anche meglio. E in quel momento avrebbe
voluto
trovarsi anche lui in quel campo, a provare di nuovo
l’adrenalina e l’emozione
che suscitava ogni partita, sapendo che alla fine la squadra dipendeva
soprattutto dal Cercatore.
All’improvviso
però, senza che gli spettatori
avessero avuto neanche il tempo di accorgersene, Harry aveva fatto una
veloce
manovra e in men che non si dica si era ritrovato il Boccino
d’oro in mano con
i suoi compagni di squadra che già gli saltavano addosso in
preda
all’entusiasmo e all’euforia per aver vinto quella
partita, gli studenti di
Grifondoro seduti tra gli spalti che gridavano contenti
e già in festa.
Poco
dopo, quando erano tutti scesi dalle scope
e Sam e James
stavano per avviarsi verso
il campo, Malfoy si era avvicinato ad Harry e i gemelli per dire loro
qualcosa.
I
due non avevano sentito niente, ma avevano solo
visto i pugni di Harry e uno dei due gemelli abbattersi sul Serpeverde,
dato
che nemmeno le forze dei componenti della squadra erano bastati per
tarttenerli, e subito dopo la McGranitt e la Umbridge che si
precipitavano per
calmare la rissa.
“Allora,
cos’è successo?” chiese James allarmato
non
appena vide suo figlio e Fred uscire dall’ufficio della
McGranitt con ancora
indosso le divise da Quidditch, dopo che erano stati beccati a
picchiare
Malfoy. Con lui c’erano anche Sam, Ron ed Hermione.
“Ci
ha espulsi dalla squadra e anche a George,
quella vecchia Rospa”. Rispose Fred in tono arrabbiato e
fumando ancora di
rabbia.
“COSA?!”
sbottò James all’improvviso con gli occhi
completamente
fuori dalle orbite. “Ma non spetta a lei decidere”.
Poi il suo sguardo si posò
sul figlio che però teneva gli occhi bassi, con
un’espressione strana, forse
rassegnata, ma si vedeva che era arrabbiato mentre si comportava come
se
cercasse di trattenerla.
“Sì,
è non capisco perché abbia espulso dalla
squadra anche George che non ha fatto niente”. Si
lamentò ancora Fred.
“Beh,
lo avrei picchiato anch’io se non mi aveste
fermato”. Fece l’altro gemello.
“Ma
che cosa vi ha detto Malfoy per farvi incazzare
così?”.
“Ha
offeso nostra madre e anche la sua”. Sembrava
che Weasley fosse diventato il portavoce di Harry.
Questa
volta il moro alzò lo sguardo sul padre e i
due si scambiarono un’intensa occhiata.
Sì,
Harry era proprio
come lui, per certi versi. Pensò
James.
ANGOLINO FOR ME
Ciaoooooooo!!!! Eheheh,
sorpresi di risentirmi?? Lo so, vi avevo detto ke sarei tornata per i
primi di
settembre ma ce l’ho fatta ad aggiornare prima, spero ke la
cosa non vi
dispiaccia… ebbene, allora, ke ne dite di questo capitolo??
Vi è piaciuto??
Comunque,
nel prossimo, o in quello dopo ancora, ci sarà
una sorpresa. Vi lascio un indizio così potete provare a
indovinare voi: si
tratta di una cosa di cui Sam e James hanno discusso. Purtroppo non
posso dirvi
di più se no diventa troppo facile.
Ma
va bene, ora basta con le chiacchere, è meglio che vi
lasci. Mi raccomando, continuate a godervi l’estate e spero
ke non stiate
morendo troppo dal caldo.
Kisskiss,
Milly.
roxy_black: ciaooooo amica
miaaaa!!! Sono
contenta ke
anke a distanza di kilometric tu ti ricordi di me e delle mie
fanfic… mi manki
un casinissimo, non vedo l’ora di rivederti. Ma, stando al
cap, sono veramente
contenta che ti sia piaciuto e ke l’abbia trovato dolcissimo.
Per quanto
riguarda Malfoy, beh, sì, iniziava a piacermi ma quella fase
si è un po’ stoppata.
Ma poi bisogna anche capire il povero Harry, insomma, suo padre
è stato
rinchiuso nelle celle di casa sua quindi con qualcuno dovrà
pur prendersela,
no?? Spero ti sia piaciuto anche questo cap e… beh, alla
prossima. Tvttttttbxsool.
Smaels: ciao carissima… naturalmente hai tutto
il
tempo che vuoi per pensare alla mia proposta e io ti ribadisco che, se
vorrai scrivere
questa storia, ti darò una mano e ti aiuterò
anche a scrivere qualcosa se vuoi.
Per quanto riguarda invece il capitolo, beh, sono contenta ke non mi
odi per il
fatto di aver fatto fare quella fine a Malfoy perché credo
che le fan di Draco
ke hanno letto lo scorso capitolo mi vorranno linciare. E Sam che fa
l’insegnante…
beh, sì, effettivamente ne vedremo delle belle soprattutto
con una certa
insegnante vestita di rosa ma non voglio anticipare niente e poi penso
ke tu
abbia già capito. E poi James… ankio lo vedo un
po’ come uno scansafatiche
combinaguai però bisogna anche ammettere ke adesso
è cresciuto e ne ha passate
tante perciò è maturato un po’,
soprattutto ora che è padre deve cercare di
avere la testa a posto. Quindi, va bene uno po’ di scherzi e
malandrinate ogni
tanto, ma quando bisogna essere seri si sta seri. Un bacio e alla
prossima,
kisskiss Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** Capitolo trentatre ***
(Ma
la vita è così, è piena di
scelte
da fare… è tutta un bivio. )
Era
sera e a Hogwarts tutti gli studenti e gli
insegnanti si era riuniti in Sala Grande per la cena; anche Sam aveva
deciso di
unirsi a loro per quella volta. Dal tavolo gigante dove sedeva con gli
altri
professori, adesso poteva ammirare la Sala Grande in tutta la sua
grandezza e
magnificenza. Beh, era meglio dire tornare ad ammirare.
Non
era cambiata per niente da quando lei era una
semplice studentessa di quella scuola e veniva lì con le sue
amiche o suo
fratello per mangiare e fare i compiti. Le riaffiorarono alla mente un
sacco di
bei ricordi felici, doveva ammettere che quelli erano stati proprio bei
tempi,
nonostante ci fosse già la guerra che imperversava in tutto
il Mondo Magico
come stava accadendo anche adesso.
Certo
che era strano… quando il tempo va avanti,
quando cresci e sai che un giorno non sarai più come sei
adesso e che le cose
che ti circondano un giorno non saranno più le stesse, ti
aspetti che cambi
tutto, tutto ma proprio tutto. Ti aspetti che le cose migliorino, che
il mondo
vada avanti e che progredisca, che le guerre finiscano, che non ci
siano più le
differenze razziali e discriminazioni. E invece poi ti accorgi che in
realtà le
cose non sono cambiate poi così tanto, anzi, sono rimaste
quasi le stesse, le
stesse cose positive e negative che c’erano prima.
Soprattutto negative.
L’unica cosa che è cambiata in realtà
sei tu.
I
tavoli si riempirono delle ottime pietanze
preparate dagli Elfi Domestici e tutti furono ben felici di
incominciare a
mangiare; Sam, intanto, fece il giro del tavolo degli insegnanti con lo
sguardo: anche loro erano tutti rimasti uguali, forse solo un
po’ invecchiati e
con qualche ruga in più, però le sembravano gli
stessi di sempre. Silente,
Piton, la McGranitt, il piccolo Vitious, la Sprite… era
strano, era una
sensazione strana. Trovarsi seduta in mezzo a loro, essere la collega
di quegli
stessi insegnanti che una volta insegnavano a lei.
E
per un attimo si rivide bambina, si rivide di
nuovo una giovane studentessa alle prese con i compiti, con lo studio,
gli
esami, gli amici, i ragazzi… si ricordò di alcuni
episodi avvenuti proprio in
Sala Grande. Come quella volta che lei e Kath avevano convinto Izzy a
confessare a Remus che si era presa una cotta per lui scrivendoglielo
su un
bigliettino che Sam era andato a infilarglielo in un libro
approfittando di un
momento di distrazione del ragazzo. Il bigliettino era firmato e
all’inizio
Remus si era comportato come se non fosse successo nulla ma dopo
avevano
cominciato ad uscire e frequentarsi. Naturalmente la storia non era
durata
molto e Izzy ci era rimasta piuttosto male. Ma Sam sapeva
perché Remus l’avesse
mollata, sebbene non ne capisse il perché, come
d’altronde non capiva mai le
sue seghe mentali a causa di quel piccolo problema peloso che
conoscevano solo
lei e i Malandrini.
Le
venne da sorridere… eh sì, erano successe
parecchie cose. Ma adesso… beh, adesso quelle cose le
sembravano lontane anni
luce, addirittura le sembrava come se non le avesse vissute lei ma come
se le
avesse solo sentite raccontare in modo dettagliato da qualcun altro.
E
solo in quel momento sentì il peso
dell’età
piombarle addosso, come un uragano. In fondo aveva trentadue anni,
effettivamente erano passati circa vent’anni da allora. Ma
l’età non le era mai
gravata tanto, non ci aveva mai badato tanto, tanto meno durante il suo
viaggio, o meglio, la sua fuga. A volte se ne era pure scordata.
Beh,
trentadue anni non erano neppure così tanti.
Si
riscosse dai suoi pensieri e voltò lo sguardo
verso la Umbridge; aveva deciso di sedersi lontano da lei
perché quella donna
le dava proprio sui nervi. Non solo perché aveva dato quella
punizione barbara
a suo nipote ma perché era una donna che dava sui nervi
anche solo a vederla e
non era l’unica a pensarlo. Non le piaceva per niente, come
non piaceva a quasi
nessuno, nemmeno a Silente. Non le piacevano i suoi modi, i suoi
principi, le
sue idee e neanche la sua vocetta e il suo atteggiamento da (falsa)
nonna
gentile che ti prepara i biscotti e il suo modo di vestire.
Durante
le riunioni degli insegnanti, quando la
sentiva parlare, soprattutto quando parlava male degli studenti, il che
succedeva quasi sempre, ci mancava poco che le facesse una scenata,
tipo quella
che aveva fatto alla signora Weasley. Oh, Merlino solo sapeva quanto
sforzo le
ci voleva per trattenersi.
Levò
lo sguardo da lei e lo spostò sugli studenti;
loro erano solo dei ragazzi innocenti che pensavano ancora solamente a
divertirsi e giocare, come lo era stata lei infondo. Ma erano ancora
completamente ignari di quello che si trovava là fuori, di
quello che accadeva,
soprattutto visto che il Ministero non credeva nel ritorno di
Voldemort. Però
Sam temeva che presto anche loro si sarebbero trovati coinvolti, che
presto
anche loro avrebbero dovuto prendere una decisione, una decisione che
sarebbe
stata definitiva, avrebbero dovuto scegliere da che parte stare. E
quello li
avrebbe fatti crescere e maturare in fretta, forse troppo in fretta.
Come era
successo anche a lei.
Si
sarebbero visti portare via qualcuno, e forse
anche più di qualcuno, che amavano, avrebbero visto le loro
famiglie sfasciarsi
e tutto a causa di un pazzo maniaco assetato di potere. Soprattutto se
andavi
contro di lui.
E
tutto questo la faceva star male perché non voleva
che qualcun altro affrontasse quello che aveva affrontato lei.
Insomma,
adesso era tornata a casa e quello che
aveva perso lo aveva recuperato, almeno in parte. Ma lei era stata
fortunata,
tutto sommato, e non tutti avevano questa fortuna.
E
quei ragazzi… beh, erano solo dei ragazzi,
appunto. Non sarebbe neanche stato giusto farli scegliere da che parte
stare.
Ma
la vita è così, è piena di scelte da
fare… è
tutta un bivio.
(Come
avrebbe potuto dimenticare
una delle sue più grandi amiche.)
Sam
si trovava nella sala d’attesa del San Mungo
insieme a Remus, Harry e Hermione mentre la famiglia Weasley era
rimasta nella
stanza dov’era ricoverato Arthur dopo che era stato morso dal
serpente di
Voldemort; per fortuna Harry era riuscito a salvarlo sognando
l’attacco. Ma
ciò, se da un lato poteva essere qualcosa di positivo, da un
altro non lo era
per niente perché ciò significava che il Signore
Oscuro poteva invadere la
mente del ragazzo. E questo non rallegrava nessuno.
I
quattro se ne stavano seduti sulle sedie in
silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri, mentre attendevano che
ciascuno
terminasse le proprie visite; James era andato a trovare la madre, ma
Sam aveva
deciso di non seguirlo perché… beh, non ce la
faceva, non ce la faceva a vedere
la madre in quello stato senza che neanche la riconoscesse.
“Sam?”
si sentì chiamare ad un tratto però,
voltandosi, non riuscì a capire chi fosse.
“Samantha?” ripeté la voce.
Questa
volta la ragazza scoprì il proprietario di
quella voce e si trovò di fronte una donna che ad un primo
impatto le parve
molto familiare, ma non riusciva a ricordarsi dove l’avesse
già vista. Finché…
“Isabel?!”
esclamò Sam incredula scattando dalla
sedia come una molla e andando incontro alla donna; come avrebbe potuto
dimenticare quei ricci biondi e quegli occhi così azzurri da
far invidia al
cielo. Come avrebbe potuto dimenticare una delle sue più
grandi amiche. “Oh
mio Dio! Da quanto tempo!”
E
le due donne si abbracciarono con dei sorrisi
calorosi.
“Eh
sì, è passato tanto tempo”. Disse la
bionda
sciogliendosi dall’abbraccio. “Ma che ci fai
qua?”
“Sono
venuta a trovare un amico. Ma tu piuttosto?
Non dirmi che lavori qui?” le chiese la mora notando il
camice bianco che
indossava l’amica.
“Certo!
Nel reparto Ferite e Malattie Magiche”. Le
rispose Izzy spostando poi l’attenzione sui tre che stavano
insieme a Sam.
Sam
parve accorgersene così glieli presentò.
“Beh,
lui è Remus e penso che tu lo conosca
già”.
“Certo!”
rispose la bionda abbracciando anche lui.
“Come stai, Remmy?”
“Tutto
bene e tu?”
“Bene
grazie”.
“Loro
invece sono Hermione”. Proseguì Sam. “E
Harry,
mio nipote”.
Izzy
rimase leggermente sbigottita vedendo il
ragazzo.
“Certo
che somiglia così tanto a James”.
Commentò
con un’espressione malinconica “Ma tu piuttosto
come stai?” chiese poi rivolta
a Sam tornando di nuovo col sorriso; certo che era incredibile il modo
rapido
con cui Izzy poteva cambiare stato d’animo. Lo era
quand’era giovane e lo è
anche adesso.
“Beh,
sto bene. Sto piuttosto bene”. le rispose la
mora con un sorriso e si stupì da sola della
sincerità di quelle parole. Fino a
qualche mese prima non avrebbe risposto così. “E
tu?”
“Oh,
io mi sono sposata e ho anche tre figli”.
Sam
sgranò gli occhi sorpresa. “Davvero?”
Beh, in
fondo non era così strano. Izzy aveva sempre detto che
avrebbe voluto avere una
grande famiglia.
“Eh
sì. E io e te abbiamo un sacco di cose da
raccontarci”.
“Ma
sai qualcosa di Kathleen?”
“Lei
è ancora in America, da quando si era
trasferita con i suoi, se ti ricordi”.
Sam
annuì.
“Però
sta bene. Un paio di volte sono pure andata a
trovarla”.
“E’
fantastico!” Sam non sapeva che altro dire; le
sue amiche erano rimaste in contatto, si erano incontrate e sicuramente
avevano
mantenuto quell’amicizia forte che le legava una volta. Lei
invece… beh, lei
aveva preferito allontanarsi, staccarsi da tutto e da tutti. Forse loro
non ci
avevano pensato così tanto a lei… e questo la
fece stare un po’ male.
“Un
giorno dobbiamo incontrarci per raccontarci
tutto”. continuò la bionda.
“Sì,
assolutamente sì”.
“Non
ora però, ho un sacco di lavoro da fare. Ti
manderò un gufo, così potremo metterci
d’accordo”.
“Certo.
Sono contenta di averti rivista”.
“Anch’io”.
Sam
guardò l’amica allontanarsi e lasciò
andare un
sospiro di malinconia e consapevolezza e la sua mente improvvisamente
volò ad
Alex; Izzy somigliava ad Alex. Non sapeva esattamente per che cosa,
forse per i
ricci biondi o per l’esuberanza e la vivacità che
avevano entrambe, ma qualcosa
le accomunava.
E
soltanto adesso capiva perché aveva deciso di
raccogliere quella ragazza dal bar e portarla via con sé. In
fondo lei non
aveva mai abbandonato del tutto il suo mondo, c’era sempre
qualcosa che glielo
ricordava, anche se lei non se ne accorgeva.
E
niente capita mai per caso… certi incontri, certi
incidenti…
Noi
siamo così perfette.
ANGOLO
AUTRICE UN PO’ SNERVATA
Eccoci
qui ragazzi, di nuovo… come state?? Spero tutto
bene… avete già finito i compiti delle vacanze?
Io no :P
Vi
è piaciuto questo cap?? lo so che forse non era molto
e che magari vi aspettavate che succedesse qualcosa di più
però ho voluto mettere
qualche pensiero di Sam visto che era da un po’ che non lo
facevo. E poi anche
l’incontro con una vecchia amica mi sembrava piuttosto
importante visto che Sam
ha avuto un bel po’ di amiche, insomma, aveva quel gruppetto
che era tipo i
Malandrini. E comunque Izzy comparirà un’altra
volta. Oops, forse ho detto
troppo.
Vabbè,
ora smetto di parlare che è meglio e spero di
ricevere qualche recensione perché…
L’ALTRA VOLTA NON ME NE AVETE LASCIATA
NEANCHE UNA!!!! COME OSATEEEE??!!
Buahahaha!!!!!
Okok,
basta con questi scleri, ci risentiamo.
Kisskiss,
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** Capitolo trentaquattro ***
(“Ma
dove sono?"
“A casa. Sei a casa”.)
James
e Harry erano sdraiati sul divano del salotto
di Grimmauld Place, addormentati, il più piccolo dei Potter
si trovava sopra il
padre con la testa appoggiata sul suo petto, probabilmente cullato dal
suo
battito del cuore, mentre James gli teneva una mano poggiata sulla
schiena che
probabilmente prima era impegnata nell’atto di
massaggiargliela perché il
ragazzo si rilassasse visto che era da un po’ che era
piuttosto teso.
Sam
se ne stava nascosta dietro la porta ad ammirare
quella scena con un sorriso sulle labbra; era una delle scene
più belle e più
tenere alla quale avesse mai assistito. Si ricordava quando anche a lei
e a suo
fratello capitasse di addormentarsi così, sulla pancia del
padre.
Poi
si mise un attimo a riflettere; era la Vigilia
di Natale, fuori la neve aveva ormai iniziato a fioccare da un bel
pezzo e
nella casa si poteva già respirare il dolce profumo dei
biscotti sfornati dalla
Signora Weasley quella mattina e ammirare l’albero di Natale
e le decorazioni
natalizie appese qua è la per la casa. Il giorno dopo invece
sarebbe stato il
giorno di Natale, giorno di festa e di allegria per tutti quanti, ci si
sarebbero scambiati i regali… e lei voleva fare un regalo
molto speciale a
James e a Harry, un regalo che più speciale non si poteva.
Suo
fratello però glielo aveva proibito in un certo
senso, le aveva detto di non farlo. Ma in fondo, chi era lui per
decidere che
cos’era giusto o sbagliato? Lei voleva solo che smettesse di
soffrire, voleva
solo vederlo di nuovo felice e voleva rendere felice anche Harry
dandogli
quello che non aveva mai potuto avere.
Sì,
lo avrebbe fatto, si decise alla fine, anche se
ciò significava disubbidire a James, ma in fondo quando mai
lei aveva seguito
le regole?
Salì
le scale il più silenziosamente che poté; a
parte suo fratello e suo nipote addormentati sul divano e Sirius
addormentato
anche lui nella loro stanza dopo che avevano fatto l’amore,
non c’era nessun
altro in casa. I Weasley erano andati di nuovo al San Mungo a trovare
Arthur e
non sarebbero tornati prima di sera molto probabilmente.
Perciò aveva ancora un
paio di ore da passare indisturbata.
Arrivò
all’ultimo piano della casa, quello dove non
andava quasi mai nessuno e aprì una porta piuttosto robusta
e pesante che
cigolò leggermente; si trovò in una stanza
piuttosto macabra, illuminata solo
dalla debole luce che entrava dalle finestre, piena zeppa di libri di
varie
dimensioni e impolverati appoggiati su degli scaffali e delle librerie
che
praticamente riempivano tutti i muri della stanza.
Era
la grande biblioteca di Grimmauld Place, ma
adesso nessuno ci entrava mai così nella stanza si respirava
odore di chiuso e
c’erano ancora le ragnatele appese qua e là.
Soltanto
Sam ci era entrata per cercare delle
informazioni ed era riuscita a trovare un libro riguardo a un
incantesimo che
la interessava; non era sicura che avrebbe funzionato sebbene tutto
ciò che ci
fosse scritto faceva presupporre che l’incantesimo era
corretto e che avrebbe
avuto dei risvolti positivi.
Purtroppo
però si trattava di un libro di magia
oscura.
Però
tentare comunque non nuoceva e se anche avesse
fallito… beh, nessuno ne avrebbe saputo niente.
Cominciò
ad accendere delle candele e chiuse
completamente tutte le persiane delle finestre perché doveva
esserci poca luce.
Si posizionò in ginocchio al centro della stanza, dove
c’era uno spazio vuoto,
e cominciò a spargere della polverina grigia che aveva
comprato a Nocturn Alley
tutto intorno a sé, in modo da costruire un cerchio attorno
a lei. Poi prese il
libro e una ciotola vuota e li posizionò davanti a
sé.
“Io
vi invoco Dei dell’oltretomba…”.
Iniziò a
recitare leggendo dal libro. “… vi invoco per
riavere indietro ciò che mi è
caro. Vi invoco per chiedere una restituzione alla Morte. In cambio vi
dono il
mio potere, il mio sangue…”. E con un coltello si
fece un taglio al braccio
facendo sgorgare il sangue nella ciotola davanti a lei.
“…e una parte di colui
appartenente alla persona che la Morte ha sottratto”. E
infine appoggiò nella
ciotola anche un capello di Harry che era riuscita a sottrarre al
nipote poco
prima.
Aspettò
un attimo per vedere che cosa sarebbe
successo, ma sembrava che non stesse accadendo niente. Chiuse gli occhi
pensando che questo forse avrebbe cambiato qualcosa; improvvisamente si
sentì
delusa, come se avesse fallito qualcosa di veramente importante,
qualcosa per
cui qualcun altro contava su di lei, sebbene non fosse così.
Però forse ci
aveva contato lei… che funzionasse. E si sentì
ridicola, le parve ridicolo
tutto quello, quell’incantesimo che aveva recitato che adesso
le pareva così
assurdo e stupido e idiota… e il suo sangue… si
era dissanguata per niente.
Prima
che avesse avuto il tempo di pensare qualsiasi
altra cosa, ad un tratto sentì una specie di strattone, come
quello che provi
quando ti Smaterializzi o quando ti trasporti con una Passaporta solo
che
questo era molto più forte. Era come se qualcuno
l’avesse afferrata per le
caviglie per trascinarla da qualche parte e infatti subito dopo si
trovò a
precipitare nel vuoto, come Alice quando cade nel buco inseguendo il
coniglio
bianco, solo che quello dove stava precipitando lei era completamente
vuoto, non
c’era niente ed era tutto nero. Le sembrava di star cadendo
in un pozzo
profondo e non riusciva a vederne l’uscita, nemmeno guardando
in alto riusciva
a scorgere uno sprazzo di luce. Cercò di urlare ma sembrava
che la voce non
volesse uscirle dalla gola, come se non ne avesse più.
Poi
pensò che si sarebbe schiantata al suolo una
volta che avesse finito di cadere, sempre se ci fosse un fondo. Allora
pensò di
tirar fuori la bacchetta, ma non riusciva a muoversi, non riusciva a
muovere
neanche un muscolo. Non che fosse paralizzata o qualcosa del genere, ma
semplicemente non poteva muoversi. Si sentiva leggera come una piuma e
il suo
corpo semplicemente si lasciava cadere nel vuoto.
Cominciò
a sentirsi stanca e spossata, come se
avesse lavorato tanto e adesso dovesse riposarsi e tutta la paura che
aveva
provato fino a poco fa scomparve in un attimo; gli occhi cominciarono a
chiudersi e si sarebbe volentieri messa a dormire. Ma
all’improvviso davanti a
lei, in tutto quel buio, comparve una luce, una luce che
però non era
accecante, anzi era persino piacevole. Però era strano come
fosse comparsa lì,
non c’erano né lampadine né candele.
Era comparsa dal nulla, come una salvezza
da quel buco profondo.
Sam
aprì gli occhi di scatto, tutto il sonno ormai
completamente scomparso e guardò dentro quella luce
così luminosa e calda e
piacevole e… amichevole. Sì, quella luce non
poteva farle del male.
E
poi, in mezzo a quella luce, comparve una figura,
dapprima molto sfocata, quasi come se fosse soltanto un’ombra
creata appunto
dalla luce, ma poi divenne sempre più nitida e chiara. E la
ragazza poté capire
che si trattava di una persona, di una donna più
precisamente, una donna con
lunghi capelli rossi e gli occhi verdi molto familiari. La donna le
stava
sorridendo e le protese la mano come se aspettasse di ricevere
qualcosa.
Sam
la guardò confusa e incredula, non capiva molto
di quello che stava succedendo, le pareva tutto un sogno. Si accorse
soltanto
in quel momento che non stava più precipitando ma si era
fermata e ora era come
se stesse fluttuando nel vuoto, come quando ti trovi nello spazio e non
c’è la
gravità. Però il suo corpo era ancora leggero.
Tornò a guardare la donna che le
stava ancora tendendo la mano; era bella, era una donna molto bella, ma
in
mezzo a quella luce sembrava così irreale, come
un’immagine o una specie di
fantasma.
Allora
anche Sam le tese la mano in un gesto
automatico, spontaneo, come se stesse obbedendo a un ordine. E non
appena la
sua mano si appoggiò su quella della donna, si
sentì di nuovo strattonare e
all’improvviso, in meno di un secondo, sentì che
era cascata per terra, su un
pavimento piuttosto duro e freddo e aveva leggermente sbattuto con le
ginocchia.
Subito
però si era rialzata scoprendo di sentirsi
leggermente stanca e spossata, come se avesse appena concluso una lunga
corsa
oppure una dura battaglia; faceva persino fatica a respirare.
Era
di nuovo nella biblioteca di Grimmauld, ma forse
non si era mai nemmeno mossa da lì ed era avvenuto tutto
nella sua testa,
magari si era solo addormentata. Poi però scoprì
che non era più sola; sdraiata
sul pavimento, accanto a lei, c’era una donna con lunghi
capelli rossi,
sdraiata sulla pancia così che non poteva vederla in viso.
Sam però ebbe il
sospetto che fosse la donna che aveva visto nella luce ed ebbe anche il
sospetto che potesse essere… inevitabilmente le venne da
sorridere sentendosi
riempire di speranza.
La
girò per poterla vedere in viso e… sì,
ce l’aveva
fatta. Era lei ed era anche viva e vegeta, poteva vedere il suo torace
che si
abbassava e si alzava facendo capire che respirava e a Sam parve pure
di
sentire il suo cuore battere anche se quella doveva essere solo una sua impressione.
“Lily?”
la chiamò percuotendola un po’ perché
si
svegliasse. “Lily?”
Vide
la donna muoversi e poi lentamente aprire gli
occhi, gli occhi verdi identici a quelli di Harry.
Quando
Lily aprì del tutto gli occhi rimase un
attimo a fissare Sam con uno strano sguardo, forse leggermente perso e
confuso.
“Lily,
come ti senti?” le chiese Sam preoccupata
però felice.
“Strana”.
Le rispose lei alzandosi a sedere. Poi
guardò attentamente Sam come a volerla studiare, forse
capendo di averla già
conosciuta.
“Sono
Sam”. Le disse infatti la mora come se le
avesse letto nel pensiero. “Samantha Potter, ti ricordi? Tua
cognata”.
Lily
sgranò gli occhi. “Sam? Oh mio Dio! Ma dove
sono?”
Sam
le sorrise dolcemente. “A casa. Sei a casa”. E
la abbracciò.
(Ma
come si poteva fare il riassunto di
praticamente mezza vita?)
Sam
aveva raccontato tutto a Lily, in poche parole
il riassunto di tutto quello che era successo in quei quattordici anni,
almeno
le cose più essenziali. E Lily l’aveva ascoltata
rapita, come un bambino che
ascolta la favola della buona notte e c’era mancato poco che
si mettesse a
piangere delle volte, sentendo che la vita non era stata per niente
facile,
specialmente per le persone che amava.
Non
ci aveva neanche messo tanto a raccontare, una
mezz’oretta circa. Ma come si poteva fare il riassunto di
praticamente mezza
vita? Non avrebbe voluto far soffrire Lily, ma come si poteva fare?
Aveva visto
nei suoi occhi la tristezza, il dolore per tutto quello che era
successo e per
essersi persa molte cose; l’infanzia di suo figlio, per non
averlo visto
crescere e anche quei quattordici anni di suo marito in cui era stato
prigioniero.
E
anche a Sam era dispiaciuto tanto… insomma, era
appena tornata in vita e già le toccava soffrire.
Adesso
però erano dietro la porta del salotto di
Grimmauld Place a spiare James e Harry che dormivano sul divano, tutte
due con
un sorriso sulle labbra.
“Sono
così belli”. Sussurrò Lily senza
distogliere
gli occhi dai suoi due uomini. “E Harry gli somiglia
così tanto”.
“Vai
da loro”. Le fece Sam. “Vai da loro,
Lily”.
La
donna non se lo fece ripetere due volte e in
punta di piedi si avvicinò al divano sdraiandosi accanto a
James cercando però
di non svegliarli. James si mosse leggermente e poi spostò
un braccio per
poggiarlo sotto la testa della moglie, in un gesto automatico, senza
neanche
accorgersene.
Sam
guardava quella
scena da dietro la porta e si sarebbe messa a piangere dalla
contentezza. Poi
salì le scale e tornò in camera da Sirius.
ANGOLINO
PICCOLO PER ME
Ebbene
ragazzi… è tornata anche Lily… eheheh,
ve lo
immaginavate?? Beh, non potevo mica lasciare il mio piccolo James da
solo
perché James è solo di Lily e basta.
Perciò se non c’è lei…
Coooomunque…
vi è piaciuto?? Spero di sì anche se non si
parla di molto altro, solo del ritorno di Liy. Ma continuate a leggere
e
vedrete che non rimarrete delusi. Almeno lo spero.
Va
bene, adesso vi lascio che sarete stanchi di sentirmi
sempre parlare.
Ci
sentiamo la prossima volta e spero di ricevere qualche
recensione.
Kisskiss,
Milly.
stefanmn:
ciaooooo… sn proprio contenta che la
mia storia ti piaccia e che ti abbia stimolato a leggere visto che non
ti piace…
poi sei stato anche bravo ad arrivare fino a qui in soli due giorni.
Ebbene,
spero ti sia piaciuto anche questo cap e spero di risentirti presto
qui…un
bacio grande, milly. J
fede15498: ciao carissima!! Che bello scoprire sempre
nuovi fan!!! Non ti preoccupare se non hai recensito prima,
è vero che a volte
può sembrare che io mi arrabbi quando qualcuno non
recensisce ma non è affatto
vero, è solo quello che voglio far credere. Muahahah!!!
Piuttosto sono contenta
che la storia ti piaccia dato che questa è anche una delle
prime storie di HP
che scrivo. (ovviamente ce ne saranno altre XDXD) e per quanto riguarda
i
compiti invece, beh, sta tranquilla, nemmeno io li ho finiti e non ho
nemmeno
intenzione di finirli. I prof. Sono un po’ bastardi a darceli
specialmente
durante le vacanze estive… va bene, ora ti lascio e spero di
risentirti. Kisskiss
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** Capitolo trentacinque ***
(…dopo
l’avrebbe stretta nel suo abbraccio da tigre,
l’avrebbe inondata di baci e non
l’avrebbe più lasciata andare.)
James
mugugnò qualcosa nel sonno prima di aprire gli
occhi e guardarsi un attimo attorno leggermente confuso; sentiva ancora
il peso
di Harry sdraiato sopra di lui, ma poi si accorse anche che
c’era qualcun altro
accanto a lui. Volse lo sguardo e strabuzzò gli occhi per la
sorpresa; una
donna dai lunghi capelli rossi che incorniciavano un viso angelico gli
dormiva
accanto e lui le aveva pure circondato le spalle con un braccio.
Finalmente
anche la donna si svegliò e rimase a
fissarlo negli occhi nocciola con un sorriso dolce, quel sorriso che
James non
avrebbe mai potuto dimenticare.
“Ciao
Jamie”. Lo salutò lei.
“Lil…Lily?”
fece l’uomo non riuscendo più a
distogliere lo sguardo dagli occhi verdi della donna, quegli occhi
verdi
identici al ragazzo che ancora gli stava sdraiato sopra. “Ma
come…cosa…quando?”
cominciò a biascicare senza riuscire a trovare le parole
adatte. Poi fu come se
una specie di lampadina gli si fosse accesa, gonfiò le
guance e…
“SAAAAAAAAAAAM!!!!!”
urlò a pieni polmoni alzandosi
violentemente dal divano e correndo al piano di sopra in cerca della
sorella.
Lily rimase lì leggermente sbigottita scoppiando poi a
ridere.
Era
sempre così con James, a volte aveva delle
reazioni strane e insensate ma lei, che ormai lo conosceva meglio di
chiunque
altro, sapeva che aveva reagito così solo perché
non sapeva bene in quale modo
reagire. Certo, era felicissimo di rivedere la moglie, infatti
sicuramente dopo
l’avrebbe stretta nel suo abbraccio da tigre,
l’avrebbe inondata di baci e non
l’avrebbe più lasciata andare.
Lily
voltò lo sguardo ridacchiando ancora quando
all’improvviso si trovò a specchiarsi in un paio
di occhi smeraldini identici
ai suoi e il respiro le si mozzò in gola; Harry ricambiava
il suo sguardo e la
osservava come se avesse appena visto la Madonna di Lourde. Ma sembrava
che
nemmeno lui sapesse come reagire; infatti se ne stava lì
immobile con un
espressione da pesce lesso.
“Harry?”
lo chiamò lei allora guardandolo con un
sorriso ancora più dolce di quello che aveva rivolto al
marito; era identico a
James, però aveva i suoi occhi.
“Mam…mamma?”
fece lui e soltanto allora le saltò al
collo affondando il viso nei suoi capelli e lasciando scendere le
lacrime
mentre Lily prendeva ad accarezzargli i capelli felice di poter
finalmente
stringere il suo bambino fra le braccia.
(“Eh
sì, quei due sono fatti l’uno per
l'altro.
Sembrano già marito e moglie”.)
“Vaffanculo,
Remmy! Perché non posso batterti una
buona volta?!” gridò Sirius in preda
all’isteria, sbattendo un pugno sul tavolo
e facendo saltare dappertutto le pedine degli scacchi dopo che Remus lo
aveva
battuto per circa la terza volta nonostante l’Animagus si
fosse fatto dare pure
suggerimenti da Lily che se ne stava seduta su una poltrona in braccio
a James
a osservare la partita con aria divertita.
“Non
è colpa mia se non sai giocare”. Si difese il
licantropo.
“Io
non so giocare? Io non so giocare? Questo non è
assolutamente vero! Sei tu che sei un mostro!”
Sirius
si alzò incrociando le braccia e facendo un
espressione che doveva essere imbronciata ma che però era
soltanto buffa.
Sam
e Tonk scoppiarono a ridere.
“Che
ridete voi?”
“Dai
amore non prendertela”. Fece Sam andando ad
abbracciare il suo uomo. “Tu sei bravo in
qualcos’altro”.
“Tipo?”
fece lui con aria maliziosa.
“Non
posso dirtelo. Ci sono dei bambini qua”.
Rispose lei indicando con un cenno Harry, Ron, Fred, George e Ginny che
se ne
stavano seduti in un angolo a confabulare fra loro.
“Bambini
a noi?!” fece Harry con aria indignata. “Ma
quanti anni credi che abbia io?”
“Oh
porco Salazar, siete tutti permalosi qui!”
E
tutti i presenti nella stanza scoppiarono a
ridere.
“Ragazzi,
tra un po’ il pranzo sarà pronto”.
Avvisò
la signora Weasley arrivando dalla cucina dove stava preparando un
ottimo
pranzetto di Natale.
“Sei
sicura che non vuoi una mano, Molly?” le chiese
Lily voltandosi verso di lei senza però alzarsi dalle gambe
del marito perché
si sentiva come inchiodata o forse era la sua presa. Ormai James non
faceva
altro che starle appiccicato e abbracciarla, come se non volesse
più lasciarla
andare da nessuna parte.
“Oh
no, cara, grazie. Resta pure qua”. Le rispose la
signora Weasley con un sorriso.
“Se
vuoi posso aiutarti io”. Si aggiunse Dora che
coglieva ogni occasione per rendersi utile.
La
signora Weasley, però, che conosceva le doti
culinarie della ragazza, si affrettò a rispondere.
“Oh, no, no. Non serve. Mi
arrangio benissimo da sola”. Di certo non voleva che le
facesse saltare in aria
la cucina.
“Come
vuoi”.
Remus
cercò di nascondere un sorrisetto divertito
che però non sfuggì a Tonks.
“Perché
ridi?”
“No,
non sto ridendo”.
“Sì,
invece”.
“No,
affatto. Non oserei mai”.
“Sì,
stai ridendo di me”.
L’espressione
della Metamorfomagus era diventata
piuttosto minacciosa, tanto da far iniziare a tremare il povero
Licantropo.
“E
ti consiglio di cominciare a scappare”. Aggiunse
la ragazza afferrando un cuscino dal divano e brandendolo
minacciosamente.
Remus
non se lo fece ripetere due volte e iniziò a
correre in giro per la casa con Dora che gli correva dietro
minacciandolo col
cuscino.
“Eh
sì, quei due sono fatti l’uno per
l’altro.
Sembrano già marito e moglie”. Commentò
Sirius.
“Concordo
con te, Paddy. Il problema è farglielo
capire a Moony”. Aggiunse James. Poi si rivolse ai ragazzi
seduti in un angolo.
“Che cosa state confabulando voi?”
“Dobbiamo
tirare uno scherzo alla Umbridge”. Gli
rispose uno dei gemelli senza farsi troppi problemi; ormai aveva
imparato che
coi Malandrini bisognava condividere tutti gli scherzi e farsi pure
aiutare.
“Che
cosa? Vi caccereste nei guai”. Li ammonì Lily
con voce grave.
“Ed
ecco il Prefetto Lily che torna all’attacco”.
Scherzò James col suo solito sorriso malandrino.
“E dai amore, quella Rospa se
lo merita”.
“Sì,
ma è un insegnante”.
“E
allora? Anche noi facevamo gli scherzi agli
insegnanti”.
“Ma
tu e Sirius eravate dei bulletti arroganti che
si divertivano a tirare scherzi alla gente”.
“E’
per questo che ti sei innamorata di me”.
“No,
non è per questo”. Fece Lily alzandosi dalle
gambe del marito e avviandosi verso la porta.
“Ah
no?” James era rimasto un attimo perplesso. “E
allora per cosa?”
“Eeeeh…”.
“No,
Lily adesso me lo dici”. James si mise a
inseguirla mentre la donna gli sfuggiva facendo la misteriosa.
(Si
era tratto solo di un bacio o...
Era qualcosa di più?)
Harry
aveva solo voglia di andare a letto, aveva il
bisogno di sdraiarsi su qualcosa di morbido e orizzontale e riposarsi
almeno
una mezz’oretta. E magari prendere anche
un’aspirina perché era sicuro che dopo
la testa gli avrebbe fatto un male d’inferno. Stava
cominciando già adesso e la
cicatrice gli prudeva.
Quindi,
mal di testa da cicatrice più mal di testa
da dopo sbornia non portava niente di buono.
Sirius
e James gli avevano fatto bere troppo Whiskey
e anche troppo Champagne e lui non ci era abituato. Così
adesso si sentiva
leggermente brillo e aveva solo voglia di dormire un po’. Tra
l’altro si stava
già facendo parecchio tardi.
Così
aveva iniziato ad avviarsi verso le scale
quando ad un tratto si era sentito bloccato. Si era guardato indietro
per
vedere se ci fosse qualcuno che non voleva farlo passare
però era completamente
solo. Allora aveva proseguito ma si era reso conto che c’era
come una specie di
barriera invisibile che non voleva farlo andare avanti, una specie di
vetro
trasparente. Però non si vedeva niente.
Allora,
con la poca forza e la poca voglia che gli
erano rimaste, alzò lo sguardo verso l’alto e vide
dei rametti verdi che
pendevano sulla sua testa.
Vischio.
Bene,
perfetto.
Aveva
già dovuto assistere ai baci tra i suoi
genitori e Sam e Sirius a causa di quella cosa. Beh, in
realtà gli ultimi due
continuavano a
baciarsi anche senza
vischio e poi aveva sentito anche gli urletti isterici di suo padre e
del suo
padrino perché avevano visto Remus e Tonks baciarsi sempre a
causa di quel
maledetto Vischio.
Ma
chi cavolo l’aveva inventato?
E
adesso gli toccava aspettare finché non passava
qualcuno dell’altro sesso che lo baciasse. Ma chi sarebbe
potuto essere? Di
donne ce n’erano poche in quella casa e di certo non gli
andava di baciare la
signora Weasley.
Certo
che la sfortuna lo perseguitava sempre.
Poco
dopo però arrivò Ginny e, non potendo passare
nemmeno lei, si accorse che c’era del Vischio. Allora
voltò lo sguardo verso il
ragazzo che le rispose con una scrollata di spalle rassegnata. Il viso
della
ragazza divenne immediatamente del colore dei suoi capelli.
Tagliamo
la testa al toro e facciamola finita, pensò
Harry cominciando ad avvicinarsi al viso di Ginny dato che non ce la
faceva più
a stare lì. La rossa non oppose resistenza e non si
spostò. Quand’era più
piccola e aveva appena conosciuto Harry non faceva altro che sognare
una cosa
del genere e anche adesso ogni tanto le capitava di pensarci.
Finalmente
le loro labbra si poggiarono una
sull’altra in un bacio casto e delicato. E così
sarebbe dovuto essere, almeno
secondo Harry. Ma qualcosa lo spinse ad approfondirlo facendolo
diventare
sempre più intenso e passionale cosa che venne ricambiata da
Ginny.
Non
sapeva bene che cosa glielo avesse fatto fare;
forse la stanchezza, oppure l’alcool. Sapeva solo
che… gli piaceva, sì gli
piaceva. E il bacio con Cho in confronto era niente.
Dopo
un po’ si staccarono, anche perché avevano
bisogno di recuperare aria. Il Vischio ormai era scomparso e
così Harry,
lanciando uno sguardo un po’ imbarazzato alla ragazza, si
avviò su per le scale
lasciandola ccompletamente attonita e sbigottita.
Si
era tratto solo di un bacio o…
TOC
TOC…E’ PERMESSO??
Ciaooooo!!!
Siete stupiti di trovarmi già qui?? Ehehehe…
siccome ho già un bel po’ di capitoli pronti vogli
pubblicarne il più possibile
dato che dopo inizia pure la scuola e inoltre ho già in
serbo un’altra storia e
non vedo l’ora di pubblicarla. E inoltre ho visto che questa
fanfic sta
iniziando ad avere successo per cui non volevo farvi soffrire troppo
facendovi
aspettare a lungo. Eh, visto che sono buona??
Però
ciò non vuol dire che dobbiate diminuire con le
recensioni adesso che finalmente mi avete fatta contenta…
Comunque
sia non preoccupatevi perché questa settimana
credo che aggiornerò un’altra volta,
perciò tenetevi pronti. Godiamo tutti
quanti finché ci sono i capitoli pronti perché il
mio cervellino e il pulcino
che fa girare le rotelline hanno deciso di partire per una lunga
vacanza ai
Caraibi e non sono ancora tornati, perciò anche la mia
ispirazione ultimamente
è andata a farsi benedire. Speriamo che tornino presto anche
perché tra un po’
ricomincia la scuola.
Ma
andando al capitolo, come avrete potuto notare,
nemmeno qui è successo niente di che. Ma ho voluto dare un
po’ di pace a questa
povera gente e farli godere le vacanze di Natale dato che tra un
po’… beh, non
voglio certo fare spoiler, diciamo solo che quando
c’è una guerra bisogna
sempre essere pronti ad affrontare anche le cose brutte.
Va
bene dai, baste con le ciance. Ora vi lascio e mi
raccomando anche voi lasciatemi una recensione anche striminzita va
bene.
Kisskiss,
Milly.
isobel96: oddio, così mi commuovi…
ohohoho (milly
afferra dei fazzoletti e si asciuga gli occhi piangendo come se avesse
appena
finito di vedere Titanic). Cavolo, non sapevo di essere così
brava… sono
veramente contenta e non sai quanto che questa storia ti piaccia e che
ti
piaccia pure il mio modo di scrivere visto che è una cosa
che adoro fare,
scrivere intendo. Bene, visto che non vedi l’ora di leggere
un nuovo cap ogni
volta, penso che tu sia contenta che abbia aggiornato così
presto. Spero ti sia
piaciuto anche questo e spero pure di risentirti di nuovo. Un bacio,
Milly.
fede15498: ciaoooo… eccoti di nuovo qua!!! Bene,
spero
ti sia piaciuta la reazione di Harry e James. In realtà a me
non tanto è solo
che, come ho già detto in uno dei capitoli precedenti, non
sono molto brava a
descrivere queste scene così dolci e smielate e piene di
lacrime. Non credo di
aver reso molto bene la cosa. Però, che ci posso fare, ogni
scrittore ha le sue
pecche. Vabbè dai, spero comunque che il capitolo ti sia
piaciuto e a presto. Kisskiss
Milly.
stefanmn:
ciaooo… eh sì, io non potrei mai
lasciare da solo il mio James. Coooomunque, a quanto pare il fratellino
si è un
po’ incazzato con la sorellina, ma non ti preoccupare, tra
fratelli le litigate
sono all’ordine del giorno, dopo si fa sempre pace. E poi
poveretto, non sapeva
bene come reagire… cerchiamo di capirlo. Va bene, spero di
risentirti. Kisskiss
Milly.
roxy_black: ooooh, ti sei commossa?? *.* ke cara, amore
mio. In realtà non mi era nemmeno passato per
l’anticamera del cervello di far
comparire Lily il giorno dopo e comunque non penso che sarebbe stata
una cosa
scontata, forse è più scontata questa. Ma
vabbè, dai. Per quanto riguarda l’invocazione
agli dei non credo di essermi ispirata a qualcosa di particolare ma se
devo
essere sincera in quel momento stavo pensando alla scena in cui Willow
fa
resuscitare Buffy parlando con gli dei, non so se hai presente.
Benebene… spero
di risentirti e spero che ti sia piaciuto anche questo. Un beso, Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** Capitolo trentasei ***
(Non
aveva mai creduto nel vero amore.
Ma adesso si doveva ricredere.)
Sam
mise le gambe giù dal letto sedendosi sul bordo
e poi si passò la mano tra i capelli spettinati facendo un
sonoro sbadiglio;
non aveva proprio voglia di alzarsi quella mattina però
purtroppo le toccava
andare al lavoro dato che quel giorno ricominciava la scuola dopo le
vacanze di
Natale.
“Hm…
Sam…”. La chiamò Sirius con la voce
impastata
dal sonno e gli occhi ancora chiusi, allungando una mano per toccarle
la
schiena, forse in un debole tentativo di trattenerla; nemmeno lui
voleva che se
ne andasse.
“Devo
andare, Sirius”. Fece lei rimanendo però
ancora seduta sul letto.
Allora
lui si alzò sul letto con le ginocchia e le
si avvicinò da dietro cominciando a massaggiarle le spalle e
dandole qualche
bacio sul collo ogni tanto. Lei si sarebbe volentieri lasciata andare a
quelle
coccole e si sarebbe ributtata nel letto. Ma il dovere chiamava.
“Veramente
Sirius, devo andare”. E questa volta
riuscì ad alzarsi in piedi districandosi dalle mani
dell’uomo; all’improvviso
però le venne un capogiro e dovette aggrapparsi al comodino
accanto al letto
per non cadere.
“Che
c’è? Stai male?” le chiese
l’Animagus
allarmato.
“No,
no. Tutto a posto. Mi gira solo un po’ la
testa”. Gli rispose lei portandosi le dita alla fronte per
massaggiarla un po’.
In realtà non era solo la testa che le girava ma si sentiva
anche la nausea ed
era già da qualche giorno che la prendeva tutte le mattine.
Poi le passava così
come le arrivava e allora l’assaliva una tremenda fame e si
trovava a
sgranocchiare qualcosa ad ogni ora.
“Forse
dovresti rimanere a casa oggi”. Le suggerì
Sirius ma inutilmente perché la ragazza si era
già avviata all’armadio per
trovare qualcosa da mettersi.
“Oh,
no. Non troverai una scusa per tenermi
inchiodata al letto”. Gli rispose lei spogliandosi e
rimanendo completamente
nuda per la gioia degli ormoni dell’uomo.
“Lo
sai che non ti terrei mai inchiodata al letto”.
Disse lui con un sorriso malizioso.
“Certo
che sei proprio un pervertito”.
“Come
faccio a non esserlo con una ragazza con un
corpo così perfetto?” chiese lui ammirando i suoi
seni sodi e tondi, la sua
pancia piatta e le sue gambe lunghe e abbronzate.
“Comunque
se stai troppo male torna a casa”.
“Sirius,
da quando ti preoccupi così tanto per
qualcuno?”
“Da
quando ho completamente perso la testa per te”.
E
in effetti era vero. Sam gli aveva fatto
completamente perdere la testa, gli aveva rubato il cuore, lo aveva
reso di
nuovo felice dopo un sacco di tempo. Non aveva mai creduto in quello
che James
chiamava sempre Vero Amore quando parlava di Lily. Ma adesso si doveva
ricredere.
Sam
gli si avvicinò in modo piuttosto sensuale e lo
baciò sulla bocca con passione.
“Però
non è giusto che voi possiate scorrazzare dove
vi pare mentre io devo stare chiuso in questa maledetta
casa”. Disse lui quando
smisero di baciarsi.
Lo
sguardo della ragazza si incupì un attimo. Poteva
capire come si dovesse sentire, anche per lei sarebbe tremendo. E le
dispiaceva. Però lei non poteva farci niente.
Purtroppo…
“Mi
dispiace, amore”. Cercò di consolarlo.
“Però
vedrai che prima o poi si risolverà tutto”.
“Sì,
ma quando?”.
“Non
lo so”.
Sam
si infilò anche la maglietta e cominciò ad
avviarsi verso la porta.
“Aspetta,
Lentiggini”. La fermò Sirius.
Lei
si voltò di nuovo verso di lui.
“Non
è che stai male perché hai consumato energia
vitale per resuscitare Lily?”
La
ragazza esitò un attimo prima di rispondere: “No,
non credo”. E uscì.
Anche
lei aveva pensato che fosse per quello però
poi… beh, in realtà aveva già
un’idea perché da un po’ avesse quei
capogiri e
quelle nausee la mattina. E non c’entrava niente col fatto
che aveva fatto
resuscitare Lily.
(Sam
non si lasciava di certo spaventare da una minaccia
come quella; già quand’era una
studentessa lei, ci era
finita
spesso nell’ufficio
del Preside.)
I
ragazzi del quarto anno di Grifondoro e Corvonero
si trovavano vicino alla Foresta Proibita e stavano aspettando che la
loro
insegnante di Cura delle Creature Magiche arrivasse; in
realtà c’era già un
insegnante lì ed era la Umbridge ma lei era venuta solo
perché doveva assistere
alla lezione come ispettrice. Aveva ricevuto il compito di ispezionare
il modo
di lavorare dei professori dal Ministro della Magia e poi,
probabilmente, gli
riferiva tutte le informazioni e lui le dava il compito di licenziare
qualcuno.
Ovviamente
questa cosa sarebbe dovuta spettare al
preside, era lui a prendere le decisioni in merito alla scuola e al suo
corpo
insegnanti, ma contro il Ministro nessuno poteva dire niente. E nemmeno
lui
apprezzava questo sistema barbarico.
Naturalmente
gli insegnanti erano stati avvisati di
questo e anche gli studenti, così nessuno
dei ragazzi lì presenti si stupì
vedendo arrivare Sam piuttosto nervosa
e stressata, senza degnare la Umbridge, che era seduta in un angolino,
di uno
sguardo. Era nota a tutti l’antipatia che la Potter provava
nei confronti della
Donna Rospo.
“Buongiorno,
ragazzi”. Salutò. “Oggi studieremo i
Pelucchetti. Qualcuno sa dirmi che cosa sono?”
La
mano di una ragazza bionda di Corvonero scattò in
aria.
“Sì,
Luna?”
“I
Pelucchetti sono dei piccoli animaletti pelosi e
colorati, come le Puffole Pigmee. Però bisogna stare attenti
a come li si
tratta perché possono diventare molto cattivi e sputarti
addosso una sostanza
vischiosa che ti fa venire le pustole”. Rispose la ragazza
con la sua solita
aria stralunata.
“Molto
bene, Luna. Quindici punti a Corvonero”.
“Ehm,
ehm”. Fece la Umbridge per schiarirsi la gola
ma era chiaro a tutti che stava cercando solo di attirare
l’attenzione dato che
la ragazza non l’aveva nemmeno salutata. Sam però
fece finta di niente e
continuò.
“Allora.
Adesso ciascuno di voi si prenderà un
Pelucchetto e ricordatevi di trattarli con dolcezza e tenerezza. Per
ogni
evenienza…”.
“Ehm,
ehm”.
“C’è
qualcosa che non va professoressa Umbridge?”
chiese alla fine voltandosi verso l’insegnante di Difesa e
pronunciando il suo
nome in tono acido.
“Oh,
no. Assolutamente nulla”. Le rispose l’altra in
finto tono cordiale e con un finto sorriso tenero.
“Allora
posso tornare alla mia lezione?”
“Certo.
Faccia pure”.
Sam
tornò a rivolgere l’attenzione ai ragazzi con
un’espressione piuttosto frustrata; sì, quei
giorni aveva i nervi a fior di
pelle ed era meglio non provocarla.
“Stavo
dicendo che per ogni evenienza ho portato il
rimedio contro le pustole dei Pelucchetti. Ma spererei proprio di non
doverlo
usare tutto”.
La
ragazza poggiò un grande cesto in mezzo al prato,
dove dentro c’erano un sacco di quei animaletti pelosi e
colorati che erano
proprio carini a vedersi.
“Ehm,
ehm”. Fece di nuovo la Umbridge e questa volta
Sam non riuscì proprio a trattenere i suoi nervi.
“Senta,
professoressa Umbridge, se c’è qualcosa che
non va me lo dica chiaramente. Non sono venuta qui per perdere
tempo”.
La
Umbridge non parve minimamente turbata dal fatto
che la ragazza le stava urlando addosso e neanche dal fatto che le si
fosse
avvicinata in modo piuttosto minaccioso e la sovrastava di un bel
po’ con la
sua altezza.
“Vorrei
solo farle notare, professoressa Potter, che
io sono arrivata qui prima di lei e lei non mi ha degnata nemmeno di
un’occhiata, per dire del fatto che non mi ha fatto neanche
un cenno di saluto.
Questa io la chiamo maleducazione”. Spiegò la
donna vestita di rosa con la sua
voce gracchiante ma mantenendo un tono calmo e tranquillo.
Gli
studenti adesso avevano abbandonato l’attenzione
sui Pelucchetti e guardavano la scena tra le due insegnanti con sguardi
attoniti.
“Oh
beh, se è solo questo il problema allora non
siamo messi bene.” iniziò Sam. “Nemmeno
a lei hanno insegnato l’educazione dato
che questo è un comportamento da bambini. E ora per favore,
mi faccia il
piacere di smetterla di stressarmi perché io sono venuta qui
solo per tenere
una lezione. È lei quella che si è ficcata in
testa di doverci controllare
tutti come fossimo degli animali chiusi in gabbia che devono essere
studiati.
Ma per favore!”
“Farò
presente al preside il suo comportamento”.
“Ma
faccia quello che vuole!”
Sam
non si lasciava di certo spaventare da una
minaccia come quella; già quand’era una
studentessa lei, ci era finita spesso
nell’ufficio del Preside.
E
poi conosceva Silente anche fin troppo bene e
sapeva che non l’avrebbe licenziata solo per quello. Non che
la cosa la
intimorisse o la preoccupasse. Più che altro le avrebbe dato
fastidio perché
così faceva il gioco della Umbridge.
La
lezione continuò e tutti quanti furono piuttosto
entusiasti dei Pelucchetti; solo a un paio di studenti
capitò di beccarsi i
loro sputi, ma niente di troppo grave.
La
Umbridge, invece, andò in giro tra gli studenti a
raccogliere le informazioni riguardo all’insegnante e al suo
modo di insegnare
e tenne costantemente d’occhio i movimenti di Sam per niente
intimorita dalla
sfuriata che le aveva fatto prima.
La
ragazza però fece
finta di niente.
ANGOLINO
PICCOLINO PER ME
Ciaooooo!!!
Allora, come va?? Contenti di essere tornati
a scuola? No eh? Beh, immagino… io mi sento già
massacrata e siamo solo al
secondo giorno quindi direi che non sono per niente messa bene. Ma
magari qui
c’è qualcuno che non va più a scuola.
Beh, beato lui…
Cooomunque,
arriviamo al capitolo?? Allora, vi è piaciuto??
Beh, spero di sì anche se comunque non succede molto ma
anche questo diciamo
che è solo un capitolo di transizione.
Piuttosto
però… vi faccio una piccola domanda: voi avete
capito che cos’ha Sam? Perché da un po’
si sente male? è una cosa solo di
passaggio, magari una piccola influenza oppure è qualcosa di
importante?? Bo,
lascio a voi il piacere di risolvere il dubbio.
Piccola
anticipazione per il prossimo capitolo: comparirà
un personaggio che conosciamo molto bene. C’è chi
lo ama e che lo odia… mmmh,
chi sarà mai??
Anche
questo risolvetelo voi, se vi va, e magari potete
dirmi le vostre ipotesi lasciandomi una recensione, anzi, vorrei tanto
che lo
faceste visto che nello scorso capitolo non ne ho avute molte e non so
come
mai.
Vabbè,
ok dai, ora vi lascio e ci sentiamo alla prossima.
Kisskiss,
Milly.
stefanmn:
ciaooo... eh sì, Harry e Ginny sono proprio carini e sono
una delle coppie che non spezzerei mai. per quanto riguarda il vischio
è solo una pianta che spunta in genere verso Natale quando
due persone provano dei sentimenti l'uno nei confronti dell'altro e si
devono baciare perchè se no non posso spostarsi di
lì. Adesso non sono bene se questa sia l'interpretazione
giusta però è quella che c'è in questa
fanfic. Se proprio ti interessa vai a vedere su Wikipedia. Un saluto e
spero di risentirti. Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** Capitolo trentassette ***
(“Non
avevi intenzione di farmi soffrire?
Beh, ci sei riuscito”.)
Sam
stava frugando nei cassetti di Grimmauld Place
per fare un po’ di ordine e pulizia, dato che non aveva altro
da fare e poi
voleva fare un favore a Sirius liberando la casa di tutti quei cimeli
di
famiglia che il suo fidanzato odiava tanto.
Ad
un tratto però, si imbatté in una busta bianca
che, non sapeva per quale motivo, attirò particolarmente la
sua attenzione;
poteva essere una busta qualsiasi, magari conteneva una vecchia
lettera, oppure
era completamente vuota.
Rimase
un attimo a fissarla, come se fosse qualcosa
di pericoloso e dovesse studiare il modo più giusto per
prenderla senza farsi
male; alla fine però la prese piuttosto delicatamente. Sul
davanti non c’era
scritto niente così la girò dall’altra
parte e quello che vi lesse la lasciò ad
occhi e bocca spalancati facendole improvvisamente battere il cuore
più forte.
TESTAMENTO
DI SIRIUS ORION BLACK
Le
mani cominciarono a sudarle tutto ad un tratto e
le vennero pure i brividi lungo la schiena; ma non sapeva proprio come
comportarsi, come reagire. Forse doveva lasciar perdere e fare finta di
nulla,
in fondo non era affar suo. Ma poi pensò… Sirius
era il suo fidanzato, era una
delle persone più importanti che ci fossero nella sua vita,
si sarebbe cavata
gli occhi per lui.
Come
poteva lui aver fatto una cosa del genere? Come
poteva anche solo pensarci? Come se sapesse già che
sarebbe… no, non osava
neanche pensarci. Era giovane e già aveva fatto un
testamento.
Non
le importava del contenuto, non le importava a
chi avesse lasciato il suo patrimonio… non le importava. Le
importava di lui e
del fatto che stavano insieme e che non si sarebbero mai lasciati ma
avrebbero
vissuto una vita lunga e felice insieme. Ma a chi la andava a
raccontare? Non
viveva mica in una favola… anzi, la guerra che
c’era là fuori testimoniava
bè…
che effettivamente forse Sirius non aveva così sbagliato nel
fare testamento.
Però…
però, era troppo presto, cazzo. E per di più
non le aveva detto niente.
Non
sapeva più che pensare, aveva un sacco di
pensieri che le turbinavano nella mente e non riusciva a dar loro un
ordine. Si
sentì montare una tremenda collera, assalire dalla rabbia e
alla fine,
impugnando la lettera in una mano, si diresse a passo di marcia verso
la cucina
dove quel giorno erano radunati solo i Malandrini.
Aprì
la porta con una tale violenza da far alzare
persino la polvere e i tre uomini si girarono verso di lei vedendola
entrare
con i capelli spettinati, quasi sparati in aria come se avessero preso
vita
propria e un’espressione dura; sembrava pure che le uscisse
fumo dalle orecchie
e dal naso.
“Sirius,
mi vuoi spiegare che cos’è questa?”
chiese
con voce dura, rivolta all’uomo dagli occhi grigi,
sbattendogli davanti la
busta con la scritta bene in vista davanti al suo naso.
Lui
guardò prima la lettera e poi spostò lo sguardo
verso la ragazza che continuava a fissarlo dritto negli occhi. James e
Remus
guardavano la scena leggermente allibiti e non osavano fiatare.
“Sam,
io…”. Cominciò Sirius senza sapere
però che
cosa dirle. Non aveva neanche il coraggio di guardarla negli occhi ma
si limitò
a fissare la busta, notando che però non l’aveva
aperta.
“Tu
cosa? Avevi per caso intenzione di dirmelo?” gli
chiese allora la ragazza guardandolo dall’alto della sua
postazione e sembrando
così più minacciosa davanti ai suoi occhi.
“Non
volevo farti soffrire”. Cercò di giustificarsi
lui.
“Non
avevi intenzione di farmi soffrire? Beh, ci sei
riuscito”. La ragazza si sentì improvvisamente
pizzicare gli occhi, sicuramente
delle lacrime che erano pronte a scendere, ma non aveva intenzione di
cedere
davanti a Sirius. Lei non piangeva, cazzo, lei non piangeva…
“Mi
dispiace”. Soffiò lui sempre senza guardarla.
“Ti
dispiace, eh? Adesso ti dispiace? Sirius, hai
solo trentacinque anni e pensi già a far testamento? Cazzo!
E te la sei fatta
un’assicurazione sulla vita, eh? E magari vai anche a
confessarti da un prete,
così hai risolto tutto!”
Sì,
ora aveva iniziato a urlare e sentiva che le
lacrime ormai erano arrivate al bordo e non le avrebbe trattenute
ancora per
molto. Così spostò lo sguardo dall’uomo
e si girò un attimo per avere il tempo
di asciugarsi gli occhi con una manica.
“Sam,
ti prego, cerca di capire”. Adesso lui aveva
alzato lo sguardo su di lei e la stava guardando in modo
piuttosto…
supplicante.
“Io
non devo capire proprio un bel niente!
Vaffanculo, Sirius!” e uscì dalla cucina sempre a
passo di marcia salendo su
per le scale.
I
Malandrini restarono lì completamente impietriti,
Sirius aveva di nuovo riportato gli occhi sulla busta che conteneva il
suo
testamento.
“Vai
a parlarle, Sirius”. Gli consigliò Remus
posandogli una mano sulla spalla. “Vai a parlarle”.
L’Animagus
allora si alzò; sarebbe andato da lei
anche senza il consiglio dell’amico, non sopportava che Sam
fosse incazzata con
lui, anche se quella era la prima volta che succedeva. E poi doveva
chiarire.
(“Devi
promettermi che non mi lascerai mai”.)
Salì
le scale e arrivò davanti alla porta della loro
camera. La aprì piano e delicatamente, come se non volesse
svegliare qualcuno
che dormiva, e vide Sam sdraiata sul letto a pancia in giù,
scossa dai
singhiozzi.
Stava
piangendo. Sam non piangeva mai, però adesso
sì. Ed era stato lui a farla piangere.
Questo
lo faceva stare ancora peggio.
Si
avvicinò, sempre piano e silenziosamente, al
letto salendoci sopra in ginocchio e mettendosi accanto a lei.
“Sam?”
la chiamò dolcemente iniziando ad
accarezzarle delicatamente la schiena.
La
ragazza però non ebbe alcuna reazione.
“Sam”.
Riprovò e, vedendo che non reagiva ancora,
insistette di più. “Lentiggini?”
“Vattene
via!” esclamò lei allora a quel punto con
la voce rotta dal pianto. Reagiva sempre quando lui la chiamava
così.
“No,
io non me ne vado da nessuna parte”. Sirius
avvicinò la bocca all’orecchio della ragazza,
solleticandola leggermente con la
barba sul collo. “Ascoltami. Devi capire che siamo in guerra
e io non voglio
lasciare niente di irrisolto se… se mi dovesse succedere
qualcosa, ok?” cercò
di spiegarle con un tono e delle parole che normalmente si usano per i
bambini
piccoli. Il fatto era che lei, sì spesso si comportava da
vera leonessa che
sapeva usare gli artigli, ma certe volte era dolce come un cucciolo
bisognoso
di coccole, come in quel momento.
Sam
allora si voltò verso di lui con gli occhi rossi
dal pianto e con ancora le lacrime fresche sulle guance.
“Sirius,
io ti amo”.
“Anch’io
ti amo. E non sai nemmeno quanto”.
“Ho
ritrovato James ma ora non voglio perdere te”.
“Non
mi perderai, non ancora almeno”.
“No,
Sirius. Tu mi devi fare una promessa”.
“Dimmi”.
Lei
portò le braccia attorno al suo collo e gli
soffiò in viso guardandolo fisso negli occhi con uno sguardo
deciso: “Devi
promettermi che non mi lascerai mai”.
Sirius
però non seppe come risponderle; non gli
piaceva fare promesse che difficilmente avrebbe potuto mantenere. Ma
lei lo
guardava con degli occhi così speranzosi… non
poteva non prometterglielo, ma se
poi non riusciva a mantenere la promessa…
“Promettimelo”.
Ripeté lei.
“Te
lo prometto”. Rispose lui alla fine guardandola
negli occhi nocciola.
Lei
allora lo baciò e fu un bacio pieno di… tante
cose; paura, dolore, tristezza, passione, desiderio… amore.
È
vero, quando si è in guerra bisogna essere pronti
ad affrontare tutto, anche la morte e soprattutto la morte di qualcuno
che ami.
Anche
se questo significava soffrire.
Ma
la guerra era
sofferenza…
ANGOLO
AUTRICE
Salve…
eccomi già di ritorno. Ho visto che ho avuto
parecchie visite e recensioni in pochi giorni nello scorso capitolo
perciò ho
deciso di aggiornare il prima possibile. Lo so, avevo detto che in
questo
capitolo si sarebbe scoperto perché Sam stava male e chi era
il nuovo
personaggio che compariva. Un attimo di pazienza, però,
adesso ci arrivo.
Il
fatto è che questi ultimi capitoli che sto pubblicando
li ho già scritti un po’ di tempo fa e
perciò lo scorso capitolo l’ho
pubblicato dimenticando che ci fosse anche questa scena. In
realtà avrei anche
potuto non metterla, però mi è venuta in mente
ricordandomi del sesto libro in
cui Silente dice a Harry del testamento di Sirius perciò ho
pensato perché non
mettere anche una scena del genere.
Siccome
però mi sono accorta troppo tardi dell’errore e
siccome io mantengo sempre le mie promesse e cerco di accontentare i
miei
lettori, pubblico subito anche il prossimo capitolo, quello che forse
aspettavate con più trepidazione.
Perciò
adesso vi lascio con la speranza che comunque
anche questo vi sia piaciuto.
Risponderò
nel prossimo cap. alle recensioni.
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** Capitolo trentotto ***
N.B.
se siete arrivati qui non appena avete aperto la
fanfic tornate indietro perché ho pubblicato due capitoli,
il 37 e il 38.
(…automaticamente,
si portò una mano alla pancia accarezzandola
delicatamente.)
Sam
si aggirava per la stanza dell’Ufficio Misteri,
quella contenente un sacco di scaffali pieni di contenitori di vetro di
varie
forme e dimensioni, quella che conteneva le Profezie.
Quella
sera toccava a lei fare la guardia e così ora
si ritrovava a camminare lì, lentamente e attentamente,
stando attenta a ogni
minimo rumore, solo la luce della sua bacchetta a illuminarle la
strada.
Però
aveva una strana sensazione, una sensazione che
non le piaceva per niente, come quella che aveva provato quando credeva
che suo
fratello fosse morto o come quando era bruciata quella chiesa.
Ma
continuava a ripetersi che non c’era niente che
non andava, che non c’era niente da temere. Non poteva venire
nessuno ad
attaccarla, soltanto una volta era successo che i Mangiamorte
tentassero di
prendere la Profezia ma c’era una pattuglia di Auror
dell’Ordine lì e non
c’erano riusciti. Quindi perché sarebbe dovuto
succedere un’altra volta e proprio
quella sera che c’era lei?
La
sensazione comunque non andava via e si sentiva
il cuore in gola; non era mai stata una paurosa e comunque non lo
avrebbe mai
dimostrato a nessuno così aveva accettato di fare la guardia
senza volersi
tirare indietro. Anche se ora, pensandoci, forse era meglio se lo
avesse fatto.
E
non per lei… automaticamente, si portò una mano
alla pancia accarezzandola delicatamente. Aveva scoperto
perché le veniva la
nausea tutte le mattine e perché mangiasse così
tanto, lo aveva scoperto da
dieci giorni. Ma non lo aveva detto a Sirius, non lo aveva detto a
nessuno,
ancora.
Non
sapeva nemmeno lei bene il motivo, forse non
aveva trovato ancora l’occasione giusta.
Ma
era da un mese ormai che…
Si
sentì improvvisamente un rumore che le fece
gelare il sangue nelle vene; perché, perché
quella sera aveva così paura?
Strinse
ancora di più la mano sull’impugnatura della
bacchetta e la puntò verso la direzione da dove era
provenuto il rumore.
Però
non vide nessuno.
Sarà
stata la sua immaginazione.
Ancora
due ore, doveva resistere ancora due ore
e poi qualcuno le avrebbe dato il cambio.
Così
sarebbe tornata a casa, avrebbe riabbracciato
Sirius e glielo avrebbe detto. E tutto sarebbe andato bene.
Di
nuovo un altro rumore e questa volta non poteva
esserselo immaginato; un rumore di ventri infranti, come se qualcosa
fosse
caduto e si fosse rotto.
“Chi
c’è?” chiese puntando la bacchetta in
ogni
direzione consapevole che ormai non era più sola; le rispose
solo il suo eco.
“Fatti
vedere!”
All’improvviso
sentì una voce, una voce che rideva
piuttosto sguaiatamente e istericamente, una risata malvagia. E
diventava
sempre più forte.
Poi
qualcuno cominciò a correrle tutto intorno, ma
era troppo veloce tanto che riusciva a distinguere soltanto
un’ombra scura che
si lasciava dietro gli svolazzi del suo mantello. E intanto continuava
a
ridere. Sam la riconobbe come la voce di una donna, una voce di donna
troppo
familiare.
Anche
lei continuava a girarsi ovunque andasse
l’ombra, tenendo la bacchetta puntata davanti a sé
e cercando di rimanere
calma. Sembrava essere una sola persona, quindi avrebbe dovuto farcela.
La
figura ad un tratto si fermò davanti a lei e
cominciò a parlare con un tono divertito e malvagio.
“Oh,
ma guarda. C’è la piccola Potter, qui”.
Si
abbassò il cappuccio scoprendo un volto cereo in
cui spiccavano due paia di occhi scuri, come dei pozzi profondi e
incorniciati
da una massa di capelli lunghi, scuri e ricci che le svolazzavano un
po’
ovunque.
Sam
la riconobbe, non si sarebbe mai potuta scordare
di quella donna e non si stupì nemmeno di trovarsela davanti
nonostante dovesse
essere rinchiusa ad Azkaban ma, nella prigione dei Maghi,
c’era stata
un’evasione di massa poco tempo fa.
“Bellatrix!”
pronunciò la ragazza con voce dura;
sapeva che la Mangiamorte era piuttosto forte ma non solo
perché ci sapeva fare
con la bacchetta, ma anche perché era spietata e assatanata.
Però a quanto
pareva era sola e quindi non sarebbe stata così invincibile.
E in fondo, anche
Sam era brava a combattere.
“Credo
proprio che mi divertirò stasera”.
Esordì
Bellatrix sempre con quel suo tono divertito e minaccioso e un
sorrisetto
sadico dipinto in volto.
Sì,
era proprio pazza, constatò Sam. Non solo
malvagia, ma anche pazza.
“Oh,
io non ci giurerei tanto”. La contraddisse Sam
prima di lanciare un Reducto per far cadere alcuni scaffali su di lei
allontanandosi da lì.
“Dove
scappi, Potter?” le urlò dietro la Mangiamorte
iniziando a inseguirla. Le lanciò Maledizioni e Schiantesimi
che la ragazza
riuscì a schivare senza troppe difficoltà. Ma
poi, vedendo che presto l’avrebbe
raggiunta, si fermò, si voltò e le
lanciò uno Stupeficium che però Bellatrix
riuscì a evitare.
Iniziarono
a duellare faccia a faccia riuscendo ogni
tanto a colpirsi e a ferirsi ma senza farsi troppi danni; Sam sperava
solo che
non la colpisse alla pancia.
La
giovane Grifondoro dovette abbassarsi per
schivare un incantesimo lacerante ma poi Bellatrix la colpì
con un incantesimo
di imprigionamento e Sam cadde al suolo con le braccia e le gambe
divaricate
sentendosi legata ai polsi e alle caviglie da delle corde invisibili.
La
bacchetta le era volata più distante e non sarebbe mai
riuscita a recuperarla
se non si liberava. Ma liberarsi era impossibile. E cominciò
a maledirsi da
sola sentendosi un’imbecille per essersi fottuta con un
incantesimo così
semplice e così banale. Sì, era fottuta,
Bellatrix non l’avrebbe lasciata
morire tanto facilmente. Perché era chiaro che ormai sarebbe
morta. Lo sapeva
che non doveva venire lì quella sera.
“Oh,
ma bene, bene, bene”. cominciò la Mangiamorte
con tono soddisfatto avvicinandosi minacciosamente a Sam riversa a
terra senza
possibilità di muoversi.
“Adesso
voglio giocare un pochettino con te.
Crucio!”
Sam
urlò con quanto fiato aveva in gola, in preda ai
dolori più atroci e inarcando solo la schiena dato che non
poteva muovere né le
braccia né le gambe, altrimenti si sarebbe agitata come una
matta.
Le
sue urla ricoprivano la risata sguaiata della
Mangiamorte che finalmente decise di porre fine alla Maledizione
abbassando la
bacchetta e dando alla ragazza un attimo di tregua.
“Dammi
la Profezia, ragazzina, così ti risparmierai
tutto questo”.
“Non…
non te la darò mai”. Le rispose Sam con la
voce rotta e roca.
“Crucio!”
E
di nuovo i dolori iniziarono facendola urlare
ancora. Sapeva che Bellatrix non la torturava solo per ottenere il suo
scopo,
la torturava anche per divertirsi, perché ci provava gusto.
Provava
divertimento nel vedere le persone urlare e soffrire.
Continuò
così per un bel po’, la Mangiamorte che le
chiedeva di darle la Profezia e Sam che si rifiutava trovandosi
così a urlare
sempre più forte a causa del dolore insopportabile, che non
avrebbe nemmeno
potuto descrivere.
Non
sapeva dire quanto tempo fosse passato, forse
minuti o forse ore. Sapeva solo che avrebbe voluto morire, desiderava
morire in
quel momento perché quel dolore infernale terminasse, per
non sentire più
niente. Non ce la faceva più.
“E
dimmi un po’ Potter, sai dirmi dove si nasconde
quel traditore di mio cugino Sirius?” le chiese ad un tratto
Bellatrix con gli
occhi iniettati di sangue.
Sam
accelerò il respiro; cosa voleva quella pazza da
Sirius? E poi, perché lo chiedeva a lei? Cosa ne sapeva lei
che stava insieme a
suo cugino?
“Oh,
sono sicura che lo sai”.
“No,
io… non… so niente”. Le rispose Sam in
un
flebile sussurro che però la Mangiamorte udì
benissimo. Poteva torturarla
quanto voleva ma non avrebbe mai fatto in modo che Voldemort ottenesse
ciò che
voleva. E tanto meno avrebbe tradito qualcuno che amava.
“Risposta
sbagliata. Crucio!”
Sam
strinse i pugni cercando di sopportare anche
quello. Ma ormai era sicura che o sarebbe impazzita oppure sarebbe
morta. E
sinceramente avrebbe preferito morire.
Ad
un tratto si sentì bagnata in mezzo alle gambe,
qualcosa di vischioso le colava dai pantaloni sul pavimento. Anche
Bellatrix
sembrò accorgersene così abbassò di
nuovo la bacchetta e le si avvicinò
inginocchiandole si davanti. Toccò con un dito quella
sostanza in mezzo alle
sue gambe e se la portò vicino agli occhi.
La
ragazza stesa a terra alzò un attimo il capo e si
accorse che era qualcosa di rosso… sangue…
Capì
immediatamente che cos’era successo e soltanto
ora scoppiò in singhiozzi mentre Bellatrix si leccava il
sangue dal dito.
“Oh,
ma che peccato!” la compatì facendo partire
un’altra ondata di torture mentre Sam non aveva
più fiato in gola per urlare.
“Smettila…
ti prego…”. Si trovò a supplicarla; in
genere non si abbassava mai a cose del genere ma proprio non ce la
faceva più.
All’improvviso
si sentì la porta sbattere e James,
Tonks, Kingsley e Malocchio irruppero nella stanza con le bacchette
puntate
minacciose contro la Mangiamorte.
Moody
le lanciò un potente Schiantesimo facendola
andare a sbattere contro la parete opposta mentre Kingsley e James si
inginocchiarono accanto alla ragazza liberandola
dall’incantesimo.
Tonks
intanto cercò di imprigionare Bellatrix ma
questa le riuscì a sfuggire Smaterializzandosi e la giovane
Auror imprecò.
“Sam,
ti riportiamo a
casa, sorellina”. Sussurrò James alla ragazza
sollevandola in braccio dal
pavimento mentre questa, tremando, scoppiò in singhiozzi
disperati sulla sua
camicia.
SPAZIO
AUTRICE TERRORIZZATA
Fermi,
che state facendo?? Abbassate quelle asce. No, che
cosa sono quei forconi?? Oddio mio, i sassi no, eh?? Se mi fate del
male o mi
uccidete poi non saprete più come andrà a finire
la storia.
Lo
so, lo so, ho fatto del male a Sam e a qnt pare nn
solo a lei. Beh, in realtà non sono stata io ma Bellatrix
(uno dei personaggi
che odio con tutto il cuore). Anche se però sarei io
l’autrice…*w* ,a vabbè,
dettagli, dettagli.
Sì,
sono imperdonabile e anche perfida, che ci posso
fare. Il fatto è che, dovete capire, che nelle mie storie
non sarà tutto rose e
fiori, una cosa che io non sopporto assolutamente, quando tutto
è perfetto
anche se fuori imperversa il finimondo. Il Mondo Magico è in
piena guerra e ciò
provoca un sacco di dolori, sofferenze, sacrifici e tante altre cose
per niente
piacevoli.
Quando
io scrivo cerco di avvicinarmi il più possibile
alla realtà dei giorni nostri o degli anni passati, anche se
magari si tratta
di una storia fantasiosa. E penso che questo lo abbia fatto anche la
Rowling
scrivendo questa fantastica saga.
Quindi,
cercate di sopportarmi, sono fatta così. Ma
comunque, anche se all’inizio faccio sempre soffrire i miei
personaggi e li
faccio capitare un sacco di cose brutte, non è detto che ci
sia un finale
pessimo, anzi, potrebbe anche esserci l’Happy End.
Ok,
questo era il capitolo a cui mi riferivo la volta
scorsa.
Spero
vi sia piaciuto, come è piaciuto a me scrivendolo.
Adesso
vi lascio mentre voi intanto mi lasciate qualche
commentino, anche piccolo, piccolo. E giù i forconi per
favore. J
Ringrazio
fede15498, stefanmn, puffola_lily, malandrina90
e eterea per le recensioni e vi rispondo a tutti quanti insieme visto
che mi
avete detto più o meno la stessa cosa: grazie tantissimo per
i complimenti,
veramente, mi fate venire ancora di più la voglia di
scrivere perché è anche
grazie a voi se questa fic va avanti. Per quanto riguarda invece sul
fatto che
Sam sia incinta… beh, qui non si esplicita chiaramente
comunque penso che ormai
si capisca *w*… il guaio però è che
è arrivata Bellatrix e beh… non vi dico
altro, dovete solo portare un altro pochino di pazienza.
Un
bacione a tutti, kisskiss… Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 41 *** Capitolo trentanove ***
(“Credo
che abbia avuto un aborto”.)
Malocchio,
Tonks, Kingsley e James con in braccio
Sam si Materializzarono nel salotto di Grimmauld Place dove li
attendevano
Lily, Remus e Sirius piuttosto preoccupati.
Quest’ultimo,
non appena vide la fidanzata
sanguinante che tremava tra le braccia del fratello, rimase paralizzato
senza
riuscire a muoversi né a dire niente.
“Oh
mio Dio!” esclamò Lily sconvolta, portandosi le
mani alla bocca.
“Lily,
dobbiamo portarla di sopra e curarle le
ferite”. Le disse il marito avviandosi già su per
le scale seguito da tutti
quanti gli altri, anche da Sirius che era riuscito a riprendersi e ora
voleva
soltanto assicurarsi che la sua Sam stesse bene e starle vicino.
James
adagiò la sorella sul letto e le spostò i
capelli dal viso potendo notare che stava piangendo dalle lacrime che
le
scendevano copiose sulle guance. Beh, non poteva certo biasimarla, era
appena
stata torturata.
“Che
incantesimi hanno usato?” gli chiese Lily
mentre si avvicendava insieme a Moody per controllare le ferite che
aveva
riportato che però non erano molte, anzi, erano
più che altro graffi.
“Le
Cruciatus”. Le rispose lui in tono duro e serio
senza riuscire a distogliere gli occhi dalla sorella sofferente.
Sirius
spalancò occhi e bocca e gli ci volle
parecchio per mantenere il controllo e non andare a spaccare qualcosa.
Ma non
sapeva proprio che fare; poteva solo starsene lì a guardare
la fidanzata inerme
e ferita senza poter far niente, solo starle vicino e sperare che si
riprendesse.
“Tranquilla
Sam… andrà tutto bene, starai bene”. le
sussurrava intanto James per cercare di tranquillizzarla.
Lei
allora lo afferrò con la mano per la maglietta
per cercare di attirarlo a sé; lui, capendo le sue
intenzioni, si avvicinò
accarezzandole la fronte dolcemente.
“Il…
bambino…”. Mormorò lei ma talmente a
bassa voce
che nemmeno il fratello, che era quello più vicino,
riuscì ad udirla.
“Cosa?”
“Il
bambino… il bambino…”.
Ripeté lei questa volta a
voce molto più alta tanto che la poterono udire tutti e
scoppiò di nuovo a
piangere portandosi le mani sul volto scossa dai singhiozzi.
“Quale
bambino?”
“Oddio,
guardate!!” esclamò Lily indicando la pozza
di sangue tra le gambe di Sam.
“Sangue?!”
esclamò Tonks stupita non notando alcuna
ferita però.
Fu
Lily a rispondere alla domanda muta che si
stavano ponendo tutti quanti.
“Credo
che abbia avuto un aborto”.
(Avrebbero
potuto avere un figlio…)
Sirius
entrò in salotto piuttosto sconvolto e
pallido; era stato l’ultimo a lasciare la stanza di Sam per
lasciarla riposare
dopo che Lily le aveva dato un paio di tranquillanti grazie ai quali la
ragazza
era riuscita ad addormentarsi.
L’Animagus
si accasciò su una poltrona passandosi
stancamente le mani nei capelli. Gli altri non dissero niente, si
limitarono
solo a guardarsi chi ancora sconvolto, chi preoccupato e chi arrabbiato.
“Chi
è stato?” chiese ad un certo punto Sirius con
un tono piuttosto infuriato e minaccioso guardando tutti i presenti
nella
stanza. “Chi è stato a farle quello?”
“Bellatrix”.
Gli rispose alla fine Tonks con voce
ferma. L’uomo però rimase piuttosto calmo, con lo
stupore di tutti.
“Giuro
che l’ammazzo. Fosse l’ultima cosa che
faccio”. Sibilò però sempre col tono
minaccioso e guardando in basso; le sue
mani si chiusero a pugno.
James
gli poggiò una mano sulla spalla per cercare
di confortarlo.
“Io
sono dalla tua parte però devi cercare di stare
tranquillo. Non fare cose avventate”. Lo ammonì
l’amico che conosceva bene il
carattere impulsivo di Sirius e aveva spesso la tendenza a reagire
senza
pensare, specialmente quando c’erano in ballo persone che
amava.
“Era
incinta!” sbottò però Black voltandosi
verso
James con uno sguardo che faceva leggermente paura. “Era
incinta e non mi ha
detto niente”.
“Forse
non ne ha avuto l’occasione”. Cercò di
farlo
ragionare Remus.
“Sì,
però…”.
“Mi
dispiace tanto”. Borbottò allora Tonks andando
ad abbracciare il cugino senza che questo se lo fosse aspettato; alla
ragazza
però dispiaceva veramente. Adorava suo cugino e le piaceva
anche Sam. E non era
giusto che le fosse capitato questo.
Avrebbero
potuto avere un figlio…
(Sembrava
un angelo, il suo angelo…)
Sirius
era rientrato nella sua stanza dove sul letto
giaceva Sam ancora addormentata. Le si sedette accanto e le prese la
mano
mettendosi a osservarla; gli era sempre piaciuta quando dormiva, era
così
dolce, così innocente, così indifesa,
così… bellissima. Con i capelli scuri
sparsi sul cuscino, la bocca leggermente socchiusa e il torace che si
alzava e
si abbassava a ritmo regolare.
Sembrava
un angelo, il suo angelo…
Ad
un tratto però la ragazza iniziò a muoversi e
dopo un po’ aprì gli occhi puntandoli in quelli
grigi dell’uomo che la
osservava ancora come se non l’avesse mai vista.
“Ciao”.
La salutò lui allora.
Lei
ricambiò con un dolce sorriso. Ma
improvvisamente sembrò ricordarsi di quello che era accaduto
e automaticamente
si portò la mano libera dalla stretta di Sirius alla pancia.
L’Animagus le si
fece ancora più vicino.
“Tu
lo sapevi di essere incinta?”
“S…
sì”. Rispose lei un po’ titubante, con
la voce
leggermente incrinata.
“E
perché non me lo hai detto?”
Sam
si voltò a guardarlo con occhi pieni di rammarico
e tristezza. Però non c’era rabbia o delusione nel
tono di Sirius. C’erano
soltanto curiosità, preoccupazione e dispiacere.
“Perché…
perché non ne ho mai avuto l’occasione
e…
non sapevo come dirtelo”.
Allora
scoppiò totalmente in lacrime capendo che
ormai non c’era più niente da fare, che il danno
era stato fatto. Sirius la
prese tra le braccia iniziando a cullarla come si faceva con una
bambina e a
sussurrarle parole dolci.
“Tranquilla,
stai tranquilla. Andrà tutto bene
vedrai”.
Adesso
la ragazza iniziò a piangere contro la sua
camicia scossa dai singhiozzi e Sirius sentì che prima o poi
avrebbe ceduto
anche lui alle lacrime, sebbene non fosse una persona molto incline al
pianto.
“Ti
prego Sam, smettila di piangere se non mi metto
a piangere pure io. Ti amo, lo sai che ti amo e si
aggiusterà tutto”.
(“Penso
che le cose non accadano per caso.
C’è sempre un motivo”.)
Sam
si alzò dal letto e indossò una camicia di
Sirius che le stava parecchio grande e larga; scese giù in
cucina a piedi
scalzi e si accese una sigaretta.
Ora
che ci pensava, era da un po’ che non fumava,
forse da due o tre giorni. Non se n’era nemmeno accorta, in
genere sapeva che
non era facile smettere. Probabilmente perché le cose nella
sua vita finalmente
avevano iniziato ad andare meglio, molto meglio. Però adesso
ne aveva veramente
bisogno, si sentiva nervosa, stressata, arrabbiata e triste. Si sa
infatti, che
le cose belle non durano mai per sempre.
Fino
a qualche mese fa si sarebbe scolata un paio di
bottiglie di Vodka vomitando anche l’anima la mattina dopo,
soltanto per non
pensare, per non ricordare… ma adesso, beh, di questo non
aveva più bisogno
perché effettivamente le cose si erano sistemate.
Le
serviva solo una sigaretta.
Poco
dopo sentì dei passi che scendevano le scale e
vide arrivare Lily con indosso soltanto il pigiama.
“Ciao”.
La salutò la rossa. “Che ci fai in piedi,
dovresti riposarti”.
“Non
riuscivo a dormire”. Le rispose l’altra.
“Tu?”
“Nemmeno
io”.
“Siamo
nella stessa barca a quanto pare”.
“Già”.
Entrambe
si limitarono a starsene lì, appoggiate al
tavolo della cucina, in silenzio, forse non sapendo che dire oppure
perché non
c’era bisogno di parole.
“Mi
dispiace… per il bambino intendo”. Disse ad un
certo punto Lily
“Anche
a me”. Fece Sam espirando il fumo della
sigaretta. “Ma forse doveva andare così”.
“Pensi?”
“Penso
che le cose non
accadano per caso. C’è sempre un motivo”.
ANGOLO
AUTRICE STANCA
Ciao
ragazzi, sì sono proprio stanca perciò non mi
dilungo in troppe parole. Non ho molti commenti riguardo il capitolo,
lo so che
non è niente di speciale e forse nemmeno come ve lo
aspettavate però mi è
venuto fuori così. Che ci posso fare…
Lasciatemi
voi qualche commentino piuttosto, ditemi pure
che fa schifo e che non volete più che scriva.
Bacioni
e a presto, kisskiss.
Milly.
fede15498 :
eh già, povera Sam però purtroppo la vita
è così… forse
sono un po’ dura ma sai, nelle mie storie mi piace
rispecchiare la realtà. Comunque
non so se sia un male o un bene che io ti abbia influenzata col mio
odio verso
bellatrix, ma penso tu la odiassi già da prima quindi non
è poi tanto un male.
sono contenta che cmq il capitolo ti sia piaciuto anche se triste, ma
molte
volte sono proprio quelli tristi ad essere i più belli. Va
bene, spero di
risentirti. Kisskiss Milly.
stefanmn:
ciaooo… eh, mi dispiace ma il bambino
è morto. Purtroppo è così, spero
comunque che continuerai a leggere… e sono
contenta che anche tu odi bellatrix :p kisskiss Milly.
roxy_black: bellatrix non è diversamente buona
è
diversamente abile di mente semmai… scusami, lo sai che la
odio e non ci posso
fare niente. E poi mi sembrava la più adatta a fare questo,
è perfida e
malvagia al punto giusto. Cmq sia non so se qualcuno la
ucciderà o meno, continua
solo a leggere e scoprirai tutto. kisskiss Milly
Puffola_Lily:
eh sì, Sam purtroppo ha perso il bimbo…
che ci si può fare… Sirius comunque non
è andato subito a fare a pezzi quella
schifosa mangiamorte (scusa per le parole ma io la odio),
effettivamente forse
qui è stato un po’ OOC, ma penso che prima debba
stare un po’ la fidanzata e
poi, beh, si vedrà quello che farà…
spero che ti sia piaciuto anche questo cap
e spero di risentirti… kisskiss Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 42 *** Capitolo quaranta ***
(“Mi
vuoi sposare?”)
Sam
rientrò a Grimmauld Place passandosi stancamente
una mano tra i capelli; quella era stata proprio una giornata dura,
aveva
dovuto correggere un sacco di compiti, la Umbridge creava sempre
più scompiglio
e i ragazzi erano stati più agitati del solito. Forse
perché quel giorno era
San Valentino.
Lei
però non vedeva soltanto l’ora di buttarsi sul
letto e prendersi qualche coccola dal suo Sirius. Al diavolo anche San
Valentino. L’aveva sempre considerata una festa stupida;
insomma, perché doveva
esserci un giorno in cui scambiarsi effusioni, coccole e bigliettini
d’amore?
Se ami qualcuno lo puoi fare qualsiasi giorno.
Ma
non appena mise piede in casa, sentì che c’era
qualcosa di strano, qualcosa di diverso. Innanzitutto,
nell’aria sembrava
esserci un odore dolciastro, piuttosto buono, come di fiori e poi non
sembrava
non esserci nessuno. Ma questo era impossibile, almeno Sirius doveva
esserci
per forza.
“Sirius”.
Chiamò. Non le rispose nessuno e cominciò
a preoccuparsi.
Allora
abbassò lo sguardo per terra, sentendo di
aver calpestato qualcosa, e trovò dei petali di rosa sparsi
intorno ai suoi
piedi. Ce n’erano moltissimi, di diversi colori, rossi,
bianchi, rosa,
arancioni e persino blu.
A
quel punto iniziò a sentire una canzone, ma non
riuscì a capire da dove provenisse, era come se si trovasse
nei muri, si
sentiva in tutta la casa.
Voglio farti
un regalo
Qualcosa di dolce
Qualcosa di raro
Non un comune regalo
Di quelli che hai perso
O mai aperto
O lasciato in treno
O mai accettato
Di quelli che apri e poi piangi
Che sei contenta e non fingi
In questo giorno di metà settembre
Ti dedicherò
Il regalo mio più grande.
Iniziò
a camminare seguendo i petali di rosa perché
sembrava proprio che segnassero un percorso che si doveva seguire. Non
ci
capiva niente, non sapeva che cosa stesse facendo né chi
fosse stato a fare
tutto quello.
Vorrei
donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perchè
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai partenza
Regalo mio più grande
Regalo mio più grande.
Iniziò
a salire le scale, sempre lentamente però,
piuttosto confusa e stupita. Iniziò a farsi un sacco di idee
in testa; beh, era
San Valentino quindi qualcuno voleva fare una romantica sorpresa.
Magari era
stato James, infondo per Lily sarebbe stato capace di tutto. Oppure era
soltanto uno scherzo.
Vorrei mi
facessi un regalo
Un sogno inespresso
Donarmelo adesso
Di quelli che non so aprire
Di fronte ad altra gente
Perché il regalo più grande
È solo nostro per sempre.
All’improvviso
però le venne da sorridere; forse era
stato Sirius a fare tutto quello… per lei. Le rose, la
canzone… però poi ci
ripensò. Lui non era proprio il tipo per fare quello, non
era così romantico,
aveva sempre considerato quelle cose per sciocchi innamorati che
credono che
l’amore duri per sempre.
Vorrei
donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perchè
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai…
Continuò
a seguire i petali adesso lungo il
corridoio dove si trovavano tutte le camere del piano superiore. Diede
un’occhiata più avanti per vedere fino a dove
arrivassero e, con stupore, vide
che finivano nella camera che condivideva con Sirius. Allora
forse…
E se
arrivasse ora la fine
Che sia in un burrone
Non per volermi odiare
Solo per voler volare
E se ti nega tutto quest’estrema agonia
E se ti nega anche la vita respira la mia
E stavo attento a non amare prima di incontrarti
E confondevo la mia vita con quella degli altri
Non voglio farmi più del male adesso
Amore..
Amore..
Proseguì
fino ad arrivare nella sua stanza, con la
musica che ancora suonava e ciò che vide la
lasciò completamente sorpresa.
Anche il letto, con le lenzuola rosse, era pieno di petali e ai bordi
c’erano
delle rose rosse intere oltre che sparse in giro sui mobili. E inoltre,
la luce
era data soltanto da delle candele sparse qua e là per la
stanza che creavano
un’atmosfera suggestiva e… romantica.
Vorrei
donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente
E poi..
Amore dato, amore preso, amore mai reso
Amore grande come il tempo che non si è arreso
Amore che mi parla coi tuoi occhi qui di fronte
Sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu
Il regalo mio più grande.
Ad
un tratto sentì qualcuno che l’abbracciava da
dietro e iniziava a baciarle il collo rilassandola. Non ci fu bisogno
di
girarsi o chiedere chi fosse, l’aveva già capito.
Non avrebbe non potuto riconoscere
quell’odore, quelle carezze, quei baci. Cavoli, allora era
stato proprio lui.
La
canzone si concluse e rimasero soltanto loro due
in quella stanza piena di petali che emanavano quell’odore
così buono e le
candele…
All’improvviso
vide la sua mano che da dietro le
porgeva una scatoletta blu scuro. Lei la prese e con stupore si
voltò verso
Sirius che la guardava con un sorriso dolce e forse anche un
po’ emozionato. Se
ne stava davanti a lei solo in jeans e il petto scoperto.
Senza
dirle niente, prima guardò la scatoletta e poi
lei e Sam capì immediatamente che la doveva aprire.
Lei
lo fece con mani tremanti, intuendo che cosa ci
dovesse essere dentro; infatti, non appena l’aprì
si trovò di fronte un anello
con un piccolo diamante in cima che sembrava brillare da tutte le parti
in quel
momento.
Senza
ancora rendersi veramente conto di quello che
stava succedendo, Sam alzò lo sguardo verso Sirius che le
fece una domanda che
la lasciò completamente spiazzata e ancora più
incredula.
“Mi
vuoi sposare?”
Lei
però non gli rispose, non subito almeno.
Continuò a spostare lo sguardo da Sirius
all’anello, credendo che fosse tutto
soltanto un sogno. Lui intanto aspettava una risposta e per un attimo
temette
che gli avrebbe detto di no.
“S…sì”.
Gli rispose alla fine infilandosi l’anello
al dito ancora tutta tremante.
Sirius
le sorrise felice, felice come forse non lo
era mai stato in vita sua. Poi la prese in braccio e
l’adagiò sul letto
cosparso di petali.
Restarono
lì a guardarsi, occhi negli occhi, il nocciola
nel grigio.
“Ma
come hai fatto a fare tutto questo?” gli chiese
Sam guardandola incantata una volta che si fu ripresa dallo shock.
“Sono
riuscito a mandare via tutti gli altri e James
mi ha procurato le rose e l’anello che però ho
scelto io”. Le rispose lui
stando sopra di lei e guardandola con quel suo solito sorriso
strafottente.
“Però
non ti facevo così romantico”. Adesso Sam
aveva preso ad accarezzargli il petto scoperto facendo scorrere le dita
sui
contorni del tatuaggio.
“Tu
mi hai cambiato completamente. Mi hai reso un
uomo migliore. Ti amo da morire”.
“Anch’io
ti amo”.
E
finalmente si
baciarono con passione, foga e desiderio.
ANGOLO
AUTRICE UN PO’ RAFFREDDATA
Ciaoooo!!!
Eccomi tornata!! Lo so, in questo capitolo non
succede niente di speciale, a meno che non consideriate speciale una
proposta
di matrimonio, però ci voleva anche questo non vi pare??
Insomma, Sam e Sirius
dovranno pur sposarsi o no??
So
anche che questo comportamento, questo sfoggio di
romanticheria dolcissima e traboccante di miele da tutte le parti, non
è tipico
di Sirius e se ne accorge anche Sam, ma… beh, era da un bel
po’ che avevo in
mente questo capitolo e non ho resistito.
So
pure che la canzone che ho messo nel capitolo non è
mai stata scritta in quell’epoca e non è nemmeno
di un cantante inglese, però
le parole ci stanno e poi una piccola libertà poetica me lo
concedete spero…
quindi, ringrazio Tiziano Ferro per questa meravigliosa canzone, Il
regalo più
grande. Penso la conosciate tutti no?
Ok,
dopo aver chiarito queste cose, beh, che dire?? Mah,
io non ho nient’altro da commentare piuttosto fatelo voi. Mi
farete molto
felice se mi lasciate una recensione, non mordo mica anche se dite che
fa
schifo questo capitolo.
Va
bene, ora vi lascio augurandovi una vita serena e
felice perché tutti voi siete come stelle cadute dal cielo e
ve lo meritate…
O.O (ok, lasciate perdere quello che vi ho appena detto, è
colpa della mia ex
prof di ita che ieri ho incontrato in città e che mi ha
detto queste cose XD
sì, lo so, è una tipa strana).
Vi
lascio anche una bellissima foto di Sam e Sirius fatta
dalla mia amica roxy_black che ha un talento naturale per queste cose.
Grazie
millissime roxy, e non solo per la foto. (ne approfitto anche per farle
un po’
di pubblicità: andate a leggere le sue fanfic che sono molto
belle,
specialmente Miss Malfoy che sta iniziando a diventare sempre
più interessante
oppure se preferite qualcosa di divertente c’è
anche La giovane donna o La vita
delle scrittrici). Ti voglio immensamente bene Roxy!!!!
È
tutto, grazie e alla prossima.
Kisskiss,
Milly
ROXY_BLACK:
ehilà!! Sì, lo so, lo scorso capitolo
è stato parecchio triste ma ormai
dovresti aver capito che tipo di storie scrivo… cmq non so
ancora se Bella
finirà nelle mani di Sirius, ma si vedrà. Spero
invece che questo capitolo per
te sia stato più allegro e che ti abbia fatta sorridere di
più. E poi, visto
che ti piacciono le cose romantiche… kisskiss, Milly.
PUFFOLA_LILY:
non ti preoccupare se la recensione è piccola, sono contenta
lo stesso. Mi fa
piacere che lo scorso cap ti sia piaciuto, spero che anche questo sia
stato
bello ugualmente. E poi penso sia stato anche un po’ meno
triste. Spero di
risentirti presto, kisskiss Milly.
STEFANMN:
ciaoooo!!! Scusa se ti ho fatto piangere cn lo scorso capitolo
però sono
contenta comunque perché vuol dire che qualcosa ti ha
dato… le storie più belle
sono proprio quelle che ti lasciano qualche emozione, triste o felice
che sia.
Non credo che riuscirò a diventare famosa come la Rowling
però grazie per avere
fiducia in me. Semmai riuscirò a pubblicare qualcosa, ti
ricorderò e magari ti
dedicherò anche un libro. Baci, Milly.
FEDE15498:
beh, semmai questa storia un giorno dovesse completamente fallire,
continuerò a
scrivere lo stesso solo per te… ihihihi… sono
però contenta che lo scorso cap
ti sia piaciuto, soprattutto le reazioni di Sam e Sirius visto che a me
non
convincevano molto. E non ti preoccupare, Bellatrix non la
passerà liscia ma
non voglio svelarti nulla di più. Abbi un po’ di
pazienza. Baci e abbracci,
Milly. J
|
Ritorna all'indice
Capitolo 43 *** Capitolo quarantuno ***
(…adesso
era diventato un animale a quattro zampe,
più precisamente un cane,
un cane d’argento molto grosso.)
I
ragazzi del quinto anno di Grifondoro e Tassorosso
stavano aspettando nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure
che arrivasse la
professoressa Umbridge già con i libri aperti sul banco,
rassegnati ormai al
fatto che le lezioni per quella materia sarebbero state parecchio
noiose.
Intanto, per ingannare l’attesa, avevano incantato degli
aeroplanini di carta
per farli volare in giro per la stanza.
Dopo
un po’ però videro entrare Sam con un sorriso a
trentadue denti e sedersi sulla cattedra come faceva di solito. I
ragazzi si
stupirono parecchio nel trovarla così di buon umore, anche
più del solito.
Infatti, avevano notato che in quegli ultimi giorni era stata piuttosto
cupa e
nervosa. Però adesso erano contenti nel vederla
così felice, dato che era
l’insegnante preferita per la maggior parte.
Un’altra
cosa di cui si stupirono comunque, era il
fatto che era entrata lei nell’aula di Difesa al posto della
Umbridge.
“Dov’è
la professoressa Umbridge?” chiese una
ragazza di Tassorosso.
“Oh,
ha un piccolo problemino con lo stomaco, così
sono stata incaricata di sostituirla”. Le rispose Sam con un
sorriso divertito;
era stata lei a infilare dei lassativi nel suo thè quella
mattina, così che
l’avrebbe fatta correre al bagno almeno fino a…
sera. “Spero che non vi
dispiaccia”.
Molti
ragazzi si sorrisero l’un l’altro contenti di
questa notizia, già pregustando il fatto che la lezione di
quel giorno sarebbe
stata molto più interessante e… entusiasmante,
come si addiceva a una lezione
di Difesa.
“Adesso,
mettete via i libri e tirate fuori le
bacchette”. Proseguì l’insegnante
alzandosi dalla cattedra per dirigersi alla
lavagna.
“Oh,
finalmente qualcosa di interessante!” esclamò
Seamus Finnigan rimettendo il suo libro nello zaino tutto contento,
mentre Sam
scriveva alla lavagna quello che a quanto pareva doveva essere una
formula
magica.
EXPECTO
PATRONUM
Alcuni
dei ragazzi fecero dei sorrisetti contenti e
soddisfatti perché sapevano già che
cos’era un Patronus dato che facevano parte
dell’ES e glielo aveva insegnato Harry.
“Allora
ragazzi, qualcuno sa dirmi che cos’è quello
che ho scritto alla lavagna?” chiese Sam voltandosi verso i
suoi studenti.
La
mano di Hermione scattò immediatamente in aria
prima di quella di tutti gli altri.
“E’
l’ incantesimo per far comparire il proprio
Patronus, che è una specie di animale protettore, serve per
proteggersi dai
Dissennatori. Bisogna pensare a un ricordo felice per chiamarlo, visto
che i
Dissennatori si nutrono di ricordi brutti e dolorosi”.
“Ottimo
Hermione, dieci punti a Grifondoro. Allora,
chi vuole essere il primo a provare?”
A
quel punto però si sentì bussare alla porta e una
testa con una zazzera scura e spettinata fare capolino
nell’aula.
“Ciao
sorellina”. Salutò il nuovo arrivato rivolto a
Sam.
“James!?”
esclamò lei sorpresa e incredula. “Che ci
fai qui?”
“Volevo
venire a trovarti e poi mi andava di
visitare la mia vecchia scuola”. Le rispose semplicemente lui
con un sorriso
malandrino.
“Ma
come sei arrivato fin qua?”
“Ho
i miei metodi”.
“Ok,
però io starei facendo lezione”. Gli fece
notare lei con un’espressione che diceva ‘O te ne
vai o ti faccio andare via io
a calci in culo’.
“Sì,
infatti mi stavo chiedendo che cosa ci stai
facendo tu nell’aula di Difesa”.
“Sto
sostituendo la Umbridge che sta male”.
James
ad un tratto assunse un’aria pensierosa, come
se stesse riflettendo intensamente su qualcosa, poi le chiese di nuovo.
“Ma non
è che per caso c’entri tu sul fatto che lei sta
male”.
“James,
per l’amor del cielo! Stai disturbando la
mia lezione!” gli urlò lei perdendo la pazienza.
Gli
studenti risero divertiti nel vedere quella
scena e l’espressione fintamente spaventata
dell’uomo sotto le grida
dell’insegnante. Tutta la loro attenzione era concentrata sui
due e avevano
anche notato la somiglianza tra quel James e Harry e inoltre
l’aveva chiamata
sorellina, per cui fare due più due non era difficile. E poi
non erano molto
stupiti nel vedere il padre di Harry, che tutti credevano morto,
davanti a loro
dato che avevano letto sul giornale che i genitori del ragazzo in
realtà non
erano morti ma erano stati tenuti prigionieri dai Mangiaorte, notizia
fatta
divagare da Silente. Che era una mezza verità ma sempre
meglio che far sapere
che Sam aveva la capacità di resuscitare i morti.
“D’accordo,
d’accordo”. Fece James alzando le mani
in alto in segno di resa. “Prometto che non disturbo. Mi
siedo qua e starò
buono buono, come un agnellino”. E andò a sedersi
sulla sedia che stava dietro
alla cattedra mettendoci i piedi sopra.
Sam
alzò gli occhi al cielo esasperata ma divertita e
fece per dire qualcosa rivolta ai suoi alunni quando venne di nuovo
interrotta
dal fratello.
“Stavate
studiando i Patronus?”
Questa
volta la ragazza sbuffò e lo guardò
minacciosa. “Sì James, e prima che tu ci
interrompessi volevo che qualcuno
provasse a farne uno”.
“Sì,
ma prima dovresti fare tu una dimostrazione”.
Le fece notare lui. “Se vuoi lo faccio io”.
Aggiunse passandosi una mano tra i
capelli.
La
sorella gli fece il gesto di procedere e lui, dopo
aver preso la bacchetta, evocò un grosso cervo
d’argento con delle lunghe corna
maestose che inizio subito ad andare in giro per l’aula
facendosi ammirare dai
ragazzi che lo guardavano incantati.
“Ma
è identico a quello di Harry!” esclamò
Lavanda
Brown indicando il Patronus come fosse un alieno.
“Davvero!?”
fece James leggermente sorpreso. “Non
l’ho mai visto”.
Lo
sguardo del ragazzo allora si spostò sul padre e
allora anche lui prese la sua bacchetta e invocò il suo
cervo che però era un
po’ più piccolo. E i due Patronus iniziarono ad
andare in giro per l’aula
sembrando proprio padre e figlio.
“Adesso
però anche Sam dovrebbe fare una
dimostrazione”. Aggiunse James guardando la sorella in modo
fintamente
accusatorio.
Sam
sospirò e invocò pure lei il suo animale
d’argento che però non era più quello
che aveva sempre avuto. Era sempre stato
un falco mentre adesso… adesso era diventato un animale a
quattro zampe, più
precisamente un cane, un cane d’argento molto grosso. La
ragazza rimase un
attimo interdetta.
“Wow!”
esclamò James guardando il Patronus anche lui
un po’ stupito. Poi spostò lo sguardo sulla
sorella e le fece un sorriso dolce.
“Che
bello!” commentò una ragazza di Tassorosso che
stava provando a carezzare la testa del cane-Patronus il quale sembrava
proprio
avesse iniziato a scodinzolare.
“Qualcun
altro vuole provare?” chiese poi Sam
guardando i suoi studenti. Ma dentro di lei fremeva la voglia di urlare
al
mondo che si sarebbe sposata con Sirius Black, il suo Sirius Black.
Neville
alzò la mano un po’ titubante.
“Sì,
Neville. Vieni qua e facci vedere il tuo
Patronus. Ricordati di pensare a un ricordo felice”.
(“E’
stata veramente una lezione fantastica”.)
La
lezione proseguì per un’altra ora
finché non
suonò la campanella che segnalava che la lezione era finita.
E quel giorno
tutti furono dispiaciuti di doversene andare da una lezione di Difesa.
Molti si
avvicinarono ad Harry per dirgli che suo padre era proprio forte dato
che si
erano divertiti parecchio con le sue battute e il modo in cui faceva
esasperare
Sam.
Il
trio invece si era invece trattenuto di più
nell’aula.
“Ragazzi!”
li chiamò Sam anche lei rimasta ancora
nell’aula con James.
Harry,
Ron ed Hermione si avvicinarono alla cattedra
dove erano seduti i due.
“Indovinate
un po’. Sirius mi ha chiesto di
sposarlo”. Fece la ragazza con un sorriso felice mostrando
l’anello di diamanti
che aveva all’anulare sinistro.
“Wow,
congratulazioni!” fece Harry contento.
“Sì,
congratulazioni proprio”. Aggiunse Ron.
“E
avete già deciso la data?” chiese Hermione.
“Ancora
no, ma spero che sia presto. Anche se mi
piacerebbe che fosse alla luce del sole”. Rispose lei facendo
assumere a tutti
un’espressione un po’ dispiaciuta.
“Ma
sì, sono sicura che sarà
così”. La consolò
allora Hermione con un sorriso rassicurante e cominciando a dirigersi
verso
l’uscita seguita dai due amici.
“E
Sam…”. Aggiunse Harry voltandosi verso la zia
prima di varcare la porta. “E’ stata veramente una
lezione fantastica”.
(“Sbaglio,
oppure ho sentito una punta di
gelosia
nel tuo tono, sorellina?”)
James
e Sam stavano passeggiando nel cortile di
Trasfigurazione dopo che la ragazza aveva fatto fare un giro della
scuola al
fratello e lo aveva accompagnato a visitare alcuni dei suoi vecchi
insegnanti.
A
un tratto però videro i Weasley ed Hermione seduti
su una panchina sotto ad un albero e decisero di unirsi a loro.
“Ciao
ragazzi!” salutò James non appena li ebbero
raggiunti.
“Ciao”.
Ricambiarono i ragazzi.
“Che
stavate facendo?” chiese Sam.
“Mah,
niente di che. Stavamo dicendo di quanto è
rognosa la Umbridge”. Rispose Ron aggiungendo alla sua frase
un’espressione
schifata.
Sam
e James non poterono far altro che trovarsi
d’accordo.
“Ho
sentito che tu e Sirius vi sposate”. Sbottò
Ginny rivolta a Sam per cambiare argomento.
“Eh
sì!” affermò l’insegnante con
un sorriso radioso
mostrando l’anello di fidanzamento.
“Congratulazioni!”
dissero i due gemelli in coro.
“Ragazzi,
ma dov’è Harry?” chiese poi James
notando
che suo figlio non c’era.
“Sarà
in giro a sbaciucchiarsi con la Chang o con
qualche altra ragazzetta del suo Fanclub”. Rispose Ginny in
tono acido alzando
gli occhi al cielo.
James
sorrise divertito.
“Sbaglio,
oppure ho sentito una punta di gelosia nel
tuo tono, sorellina?” chiese Fred rivolto alla sorella e
guardandola malizioso.
La
ragazza spalancò gli occhi fintamente sbigottita.
“Gelosa?
Chi? Io?”
“Sì,
sì. Proprio tu”. confermò George con lo
stesso
sguardo del gemello.
“No,
affatto. Ma che dite? Perché dovrei essere gelosa?”
Tutti
quanti scoppiarono a ridere divertiti facendo
sprofondare la povera ragazza di imbarazzo il cui viso si
mimetizzò
perfettamente coi suoi capelli.
Meno
male che non aveva raccontato a nessuno del
bacio con Harry, beh, a nessuno esclusa Hermione.
A lei lo aveva raccontato perché era
una delle sue migliori amiche e la migliore a cui raccontare di questi
problemi.
Però
forse,
effettivamente, avrebbe dovuto fare come le consigliava
l’amica; parlarne con
Harry. Ma lui sembrava proprio essersene dimenticato.
ANGOLO
AUTRICE MATTA
Ciaooo!!!
Contenti che abbia postato così presto?? Ihihi…
Allora,
vi è piaciuto il capitolo?? Spero di sì, magari
vi siete fatti anche qualche risata dopo il momento di lacrime. Lo so
che
magari poteva essere apparso strano che James fosse venuto al castello
e si
fosse intromesso ad una lezione, però ehi, lui è
un Malandrino e se non si
mette a rompere un po’ e a infrangere le regole, che razza di
Malandrino
sarebbe??
Invece
non stupitevi del fatto che Sam abbia messo dei lassativi
nel thè della Umbridge, anche lei è una
Malandrina fatta e finita e se non fa
dei dispetti a chi odia, beh, non sarebbe Sam.
Bene
dai, i commenti li lascio a voi, l’ultima cosa che
ho da dirvi è che presto pubblicherò
un’altra fic di Harry Potter, verso gli
inizi di Ottobre credo, anche se non ho ancora finito questa. Non
preoccupatevi, non tarderò ad aggiornare Samantha Potter
anche perché ho già
alcuni capitoli pronti e ho già in mente il finale. Quindi,
spero che andrete a
leggere anche quest’altra mia fanfic, mi fareste proprio un
ottimo piacere. Ma
ovviamente non vi costringo.
Ok,
mi sono dilungata già troppo.
Vi
mando un abbraccio fortissimo che mi state proprio
cari. Continuate a recensire e diventatemi sempre più
numerosi, mi raccomando
:D
Kisskiss,
Milly
STEFANMN:
uuuh… sono proprio contenta che ti ho fatto
emozionare, vuol dire che il capitolo ha fatto effetto. Comunque sia,
spero non
sia venuto troppo troppo sdolcinato, perché a me le cose
sdolcinate non
piacciono molto, anche se magari la canzone di tiziano forse te lo ha
fatto
credere. Beh, io dico sempre di non essere né romantica
né sdolcinata, ma alla
fine mi ritrovo ad ascoltare le canzoni d’amore.
Mah… vabbè, spero di risentirti.
Un bacio. Milly
FEDE15498:
ahah tranquilla per il momento da gallina,
anch’io ne ho spesso. Forse lo avuto proprio mentre scrivevo
lo scorso
capitolo. Sono contenta però che hai ascoltato la canzone
mentre leggevi,
allora ti ha fatto proprio quell’effetto che ha fatto a me. E
sono anche
contenta che ti piaccia, avevo paura che qualcuno la trovasse troppo
sdolcinato
e per niente adatto né alla situazione né ai
personaggi. Non a molti piace
tiziano ferro. Spero di risentirti, un beso. Kisskiss, Milly.
P.S.
roxy_black ci tiene a ringraziarti per i complimenti
che hai fatto alla sua foto. È proprio contenta che ti
piaccia. Ti avviso che
ce ne saranno altre, anche più hot, per cui preparati. XD
PUFFOLA_LILY:
uuuuh!! Ti è piaciuto così tanto?? (Milly
si mette a saltellare sul letto come un canguro in preda a strilli da
gallina).
Sono d’accordo con te, Sirius è strafigo e a petto
nudo, be’, è semplicemente
da sbavo. Anch’io invidio Sam e vorrei proprio ritrovarmelo
nel mio letto mezzo
nudo e con delle rose in mano solo per me *w*. Ok, basta, se no qua gli
ormoni ci
attaccano. Ihihi. Spero di risentirti, un bacio. Kisskiss, Milly
|
Ritorna all'indice
Capitolo 44 *** Capitolo quarantadue ***
N.B.
chiedo già umilmente perdono alle fan di Draco
Malfoy; non è che io odi quel personaggi, mi sta
semplicemente indifferente.
Diciamo che per me è un personaggio piuttosto elastico, lo
adeguo per ogni
fanfiction che scrivo o leggo. E in questa storia mi è
venuto così, mi
dispiace. Non posso farci niente. Non cruciatemi, vi prego.
(“Dai,
facciamolo tornare da noi.
Farà bene anche alla mamma”)
Sam
e James si trovavano da soli nella biblioteca di
Grimmauld Place con le finestre chiuse mentre la luce era data soltanto
da
alcune candele accese e sparse qua e là. Sam era seduta in
mezzo al pavimento,
dentro al cerchio della polverina magica e davanti a lei una ciotola
vuota.
“Sei
sicura che funzionerà?” le chiese James
appoggiato alla libreria in un angolo con voce piuttosto cupa e
preoccupata.
“Ma
sì certo, se ha funzionato una volta funzionerà
anche la seconda”. Gli rispose lei minimamente preoccupata.
“Mi
preoccupo solo che non ti succeda qualcosa”.
“Perché
dovrebbe succedermi qualcosa?”
“Queste
cose sono pericolose, lo sai”.
“Lo
so, ma finora abbiamo avuto fortuna”.
“Con
la fortuna non si scherza”.
“Non
ti facevo così saggio, fratellino”. Sam
alzò lo
sguardo verso James e
lo guardò con un
sorriso rassicurante.
“Dai,
facciamolo tornare da noi. Farà bene anche
alla mamma”. Aggiunse infine non ottenendo risposta dal fratello.
(“…Credo
che questa volta tu abbia
veramente
rischiato la vita”.)
“Sam!
Sam! Svegliati!” chiamava James dando qualche
scossa e sberletto sulle guance della sorella per farla rinvenire.
La
ragazza si alzò lentamente; aveva la testa che
girava e si sentiva piuttosto debole, come se qualcuno
l’avesse tramortita dopo
averla picchiata un po’. Aveva anche il respiro leggermente
accelerato e il
cuore che batteva piuttosto forte.
James
aveva fatto piuttosto fatica a risvegliarla e
si era veramente spaventato quando l’aveva vista svenire e
non rialzarsi più;
ci avrà impiegato almeno dieci minuti per farla rinvenire.
La
ragazza intanto si guardò intorno confusa finché
non riuscì a mettere bene a fuoco il fratello davanti a lei.
“Che
è successo?” gli chiese con voce molto debole.
“Non
lo so. Dimmelo tu”. le rispose lui
sorreggendola.
“Io…io…
l’avevo trovato e gli avevo preso la mano.
Ma poi… poi sono quasi caduta dentro… la luce
intendo, dentro la luce”.
James
spalancò gli occhi preoccupato e scioccato; si
erano informati un po’ dopo che Sam aveva fatto resuscitare
Lily e avevano
scoperto che in teoria quella luce da dove Sam aveva recuperato la
cognata era
la luce dell’aldilà, quella dove si trovano tutti
i morti. Se lei stava per
cascarci dentro voleva dire che… non voleva neanche pensarci.
“Ma
lui dov’è?” chiese Sam puntando uno
sguardo duro
e preoccupato negli occhi del fratello dopo essersi di nuovo guardata
intorno.
“Non
lo so. Non lo vedo”.
“Forse
dovrei riprovarci”.
“Non
se ne parla neanche. Credo che questa volta tu
abbia veramente rischiato la vita”.
Sam
non disse niente né cercò di negare; forse
perché semplicemente non ne aveva la forza oppure
perché effettivamente non
poteva dare torto al fratello.
“Oh
Santo Merlino! Sam! James!” si sentirono chiamare
ad un tratto dalla voce di Sirius che proveniva dal salotto al piano di
sotto.
I
due ragazzi si precipitarono giù per le scale
allarmati dal tono serio e preoccupato del padrone di casa.
Quando
arrivarono, però, si trovarono davanti un
uomo piuttosto alto, con i capelli scuri e spettinati e gli occhi verdi
che
loro conoscevano molto bene.
“Papà!?”
esclamarono i due tra l’incredulo e il
sorpreso.
(…il
tuo unico peccato è quello di essere
nato
in una
famiglia sbagliata…)
“Ragazzi,
mi dispiace veramente tanto che abbiate
dovuto soffrire così tanto”. Disse il signor
Potter guardando i tre figli,
visto che ormai considerava anche Sirius come un figlio, con sguardo
dispiaciuto
e malinconico. “E mi dispiace di avervi lasciati ad
affrontare tutto questo da
soli”.
“Non
è stata di certo colpa tua, papà”.
Cercò di
confortarlo Sam con un sorriso comprensivo.
“Sappiamo
benissimo di chi è stata la colpa,
invece”. Aggiunse Sirius in tono rabbioso e frustrato.
Tutti
voltarono lo sguardo verso di lui capendo
benissimo come dovesse sentirsi; colpevole e… beh, anche
triste per tutto
quello che era successo e frustrato per non essere riuscito almeno lui
ad
aiutare a proteggere quelli che amava.
“Amore,
ti stai incolpando per caso?” gli chiese Sam
con voce dura e uno sguardo serio.
Sirius
però non le rispose, si limitò a buttarsi su
una poltrona e a passarsi stancamente le mani tra i capelli.
Il
signor Potter allora gli si sedette davanti e gli
appoggiò le mani sulle spalle facendogli alzare il viso
così che i loro sguardi
si incontrarono, occhi verdi negli occhi grigi.
“Figliolo,
tu non hai alcuna colpa per quello che è
successo, il tuo unico peccato è quello di essere nato in
una famiglia sbagliata
ma nemmeno per questo ti si può incolpare. La famiglia non
te la puoi scegliere”.
Black
non era mai stato molto abituato a sentirsi
fare discorsi del genere, quando era piccolo suo padre non gliene aveva
mai
fatti e comunque l’ultima volta che il signor Potter gli
aveva parlato in
questo modo avrà avuto sedici o diciassette anni.
Quindi
non sapeva più che dire, come comportarsi,
cosa fare. Ma in fondo non servivano molte parole, anche un semplice
scambio di
sguardi bastava.
“Comunque
sono contento che stai insieme a mia
figlia”. Aggiunse infine con un sorriso molto simile a quello
di James.
“Wow,
papà, questo è un miracolo! Non ti sono mai
piaciuti i miei ragazzi”. Esclamò Sam a quel punto
ridendo divertita e
ricordandosi le scenate di gelosia che faceva suo padre quando veniva a
sapere
che la sua piccola bambina aveva un fidanzatino.
“Eh,
Principessa, le persone cambiano”. Fu il
commento del padre e tutti quanti scoppiarono a ridere.
“Piuttosto,
potrei vedere la mia cara mogliettina,
adesso?” chiese infine quando tutti smisero di ridere.
Gli
altri tre si guardarono l’un l’altro come a
chiedersi se fosse una buona idea.
Alla
fine fu James a rispondere. “Va bene, ti
accompagniamo”.
(“Avrò
paura di voi soltanto quando una
scimmia
mi uscirà dal culo”.)
“Oh,
ma guardate chi c’è, la banda degli
sfigati”. Disse
Malfoy in tono piuttosto acido trovandosi davanti a Harry, Hermione,
Ron e
Ginny insieme ai suoi due scagnozzi, Tiger e Goyle.
“E
qui invece abbiamo il leccaculo figlio di papà
con i suoi scimmioni deficienti”. Gli rispose Harry a tono
già pronto ad
un’altra battaglia, questa volta a suon di bacchette.
“Credi
di potermi offendere con queste insulse
frasette fatte, Potterino?” fece Malfoy che sembrava stesse
proprio per
incazzarsi; Harry, invece, dal canto suo si sentiva proprio tranquillo
e non
vedeva l’ora di mettere in azione la sua bacchetta.
I
due nemici iniziarono ad avvicinarsi l’un l’altro
con sguardi piuttosto minacciosi e guardandosi dritto negli occhi
intanto che
altri ragazzi si radunavano lì attorno per assistere alla
scena.
“Ragazzi,
non mi sembra il caso di iniziare una
lotta proprio qui”. Si intromise Hermione mettendosi in mezzo
ai due per
fermare una possibile futura lotta.
“Non
sono affari tuoi questi, Mezzosangue”. Sputò
acidamente il biondo Serpeverde scatenando questa volta anche le ire di
Ron
mentre Ginny trascinava indietro la riccia perché non
finisse in mezzo.
“Ritira
immediatamente quello che hai detto!”
sbraitò Harry a pochi centimetri di distanza da Malfoy.
“Non
ci penso proprio”.
A
quel punto il Grifondoro diede uno spintone
piuttosto forte al Serpeverde facendolo arretrare
all’indietro e infuriare
ancora di più; Tiger e Goyle si schioccarono le dita.
“E
anche voi due fareste meglio ad andare via se non
volete finire male”. li minacciò Harry in tono
rabbioso.
“Credi
di farci paura?” fece Tiger guardando i
quattro Grifondoro come fossero dei scarafaggi.
“Beh,
dovresti averne”. Gli rispose Ron che già
aveva tirato fuori la bacchetta insieme all’amico.
“Avrò
paura di voi soltanto quando una scimmia mi
uscirà dal culo”. Bofonchiò il grosso
Serpeverde.
“D’accordo”.
Lo assecondò Harry mostrando un
sorrisetto malandrino e agitando la bacchetta quasi senza farlo nemmeno
notare;
in quel momento Tiger assunse un’espressione strana, come se
fosse stato
colpito all’improvviso da un acuto mal di pancia. Si
piegò in avanti emettendo
strani borbottii, mentre tutti gli sguardi erano puntati su di lui,
curiosi.
Si
sentì uno schiocco, come di un pezzo di stoffa
che si strappa; infatti erano i pantaloni di Tiger che si erano
strappati e ad
un tratto si vide spuntare, a poco a poco, una piccola scimmietta dal
pelo
bianco e nero che immediatamente iniziò a sbraitare e a
correre in giro per il
cortile.
Tiger
svenne non si sapeva se per la paura o il
dolore che gli aveva provocato quella scimmietta uscendo dal suo
didietro.
Malfoy e Goyle invece guardavano tutta quella scena con un espressione
che era
tra lo spaventato e lo sbigottito. Tutti gli altri ragazzi che erano
lì
presenti invece scoppiarono a ridere e c’era addirittura chi
l’aveva
fotografato. Anche Harry se la rideva divertito e ora guardava i due
Serpeverde
con uno sguardo che diceva: Provate a sfidarmi adesso.
Era
un piccolo trucchetto innocuo che gli aveva
insegnato suo padre, molto divertente ed efficace a spaventare i
nemici.
Infatti
Malfoy iniziò subito ad arretrare sempre più
veloce finché non si voltò mettendosi a correre
terrorizzato.
“Dove
scappi, Malfoy?” gli urlò dietro Harry
disarmandolo con un Expelliarmus e facendolo quindi cadere per terra.
Allora
lo sollevò a mezz’aria con un Levicorpus e lo
tenne così sospeso a testa in giù.
“Tuo
padre verrà a sapere anche questo, eh Malfoy?”
lo prese in giro con tono canzonatorio mentre gli altri ragazzi
radunati lì
attorno continuavano a ridere. “Allora, chi vuole vedere le
mutande del
Furetto?” chiese poi il Grifondoro rivolto al suo pubblico.
In
quel momento però stava passando Sam che, non
appena vide tutta quella scena, ebbe un improvviso attacco di
Déjà-vu.
“Chi
vuole vedere le mutande di Mocciosus?”
“Harry!”
lo chiamò con voce severa. “Che cosa stai
facendo?”
Harry
abbassò
immediatamente la bacchetta facendo cadere Malfoy a terra mentre tutti
gli
altri ragazzi smettevano di ridere, leggermente spaventati e
preoccupati. Anche
Harry tremava leggermente sotto lo sguardo minaccioso della zia; eh
sì, a volte
faceva proprio paura.
SPAZIO
AUTRICE MATTA
Ciaoooo!!!
Allora, piaciuto il cappy?? Capito adesso
perché all’inizio ho scritto quella nota. Spero
non ve la siate presa troppo a
male, immagino che ci siano molte fan del bel Serpeverde.
Perché sì, lo posso
ammettere anch’io. È bello e non è
affatto un personaggio che odio, posso
capire perché la Rowling lo abbia fatto agire
così e perché gli ha fatto fare
delle azioni malvagie.
Ovviamente
tutti voi vi sarete accorti che per la scena
delle smutandata di Malfoy mi sono ispirata a quella di Piton junior da
parte
di James junior. Anzi, lo praticamente copiata ma vabbè,
Harry è pur sempre
figlio suo.
Meno
ovviamente, ma sicuramente molto probabile, avrete
capito che per la scena della scimmietta che esce dal culo di Tiger,
invece, mi
sono ispirata al film Una settimana da
Dio con Jim Carrey.
Comunque
sia, spero che vi siate divertiti. Ho fatto
anche resuscitare il padre di James e Sam. Visto?? Eheheh…
sono sempre piena di
sorprese io, o no? Bo’, vabbè, sta a voi giudicare
lasciandomi qualche bella
recensione. O anche brutta, è lo stesso.
Mi
permettete anche di farmi un pochino di pubblicità??
Eeeh già, ci vuole.
Allora,
per la saga di Twilight ho
pubblicato due fanfiction che sono già complete: The Power of The Love e Stessi
occhi stesso sangue. Per la saga
di Maximum Ride, invece, per chi di
voi la conosce e ne è un fan, mi farebbe un immenso piacere
se andasse a
leggere La luce dei miei occhi.
Ok,
è finita, adesso potete tornare a respirare,
ahahah…
anche per oggi Milly ha finito di rompere. Kisskiss.
STEFANMN:
sono contenta che ti siano piaciuto gli scorsi
due capitoli e spero che ti sia piaciuto anche questo, soprattutto
visto che
Jim Carrey è il tuo attore preferito XD… ahaha
spero di risentirti, kisskiss
Milly.
FEDE15498:
uuuh, mi fa proprio piacere che lo scorso
capitolo ti abbia messa di buon umore, in tal caso allora anche questo
dovrebbe
farlo. Sempre ammesso che tu non sia un fan sfegatata di Malfoy. in tal
caso
dovrò andare a nascondermi dalle maledizioni che sicuramente
mi lancerai. Ok,
dai, fatti risentire che ormai mi sono affezionata a te…
ihihi kisskiss Milly.
Ps:
non ti preoccupare, la mia prossima fic arriverà a
breve, penso già la prossima settimana e sarei molto felice
se l’andassi a
leggere… J
PUFFOLA_LILY:
ciaooo!!! Ahaha, ho capito che stra adori
Sirius… beh lo adoro anch’io e
d’altronde chi non lo amerebbe?? Anche secondo
me i gemelli sono forti, infatti adoro anche loro, soprattutto Fred. Ed
era
ovvio che Sam facesse uno si vendicasse della Umbridge, il suo lato
Malandrino
non è mica morto. Ok, spero che ti sia piaciuto anche questo
capitolo e anche
per te vale quello che ho detto sopra a Fede… se sei una fan
di Malfoy, mi sa
che dovrò correre più veloce del vento per
scappare dalle maledizioni che mi
lancerete… (Milly si fa piccola piccola). Kisskiss Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 45 *** Capitolo quarantatrè ***
(Per
lei si sarebbe fatto di nuovo chiudere ad Azkaban,
per lei si sarebbe pure fatto uccidere.)
Sirius
chiuse il frigo della cucina e si diresse
verso il salotto con un bicchiere di Whiskey in mano. Si trovava da
solo in
casa e non aveva la più pallida idea di che cosa fare; era
frustrante doversene
stare lì dentro senza poter uscire fuori e collaborare
direttamente con gli
altri membri dell’Ordine. Si sentiva come se fosse chiuso in
prigione… di nuovo.
A
volte gli sembrava quasi che sarebbe impazzito o
che avrebbe avuto una crisi isterica; però adesso
c’era di nuovo James, il suo
migliore amico, suo fratello. All’inizio gli sembrava
soltanto un sogno, non
poteva credere di averlo di nuovo accanto.
E
poi c’era anche Sam, la sua piccola Sam, la sua
Lentiggini… lei riusciva a calmare tutte le sue pene, a
fargli dimenticare
tutti i problemi. Con lei sarebbe anche andato sulla Luna e avrebbe
attraversato il deserto del Sahara. Per lei si sarebbe fatto di nuovo
chiudere
ad Azkaban, per lei si sarebbe pure fatto uccidere.
Se
qualcuno anni fa gli avesse detto che un giorno
si sarebbe innamorato perdutamente di qualcuna e che questa qualcuna
sarebbe
stata proprio la sorella del suo migliore amico gli avrebbe riso in
faccia. E
invece… invece si era proprio innamorato perdutamente e se
fosse successo
qualcosa a Sam… no, non voleva pensarci. Le aveva promesso
che non l’avrebbe
mai lasciata e ciò implicava anche che l’avrebbe
protetta e che non avrebbe
permesso che le succedesse qualcosa.
E
inoltre presto si sarebbero dovuti sposare però
non sapeva né come né quando. Sapeva che lei
desiderava un bel matrimonio, con
tutti gli amici e i parenti, un matrimonio fatto magari
all’aperto, in estate.
Insomma, lei non era mai stata una ragazza che faceva molti sogni di
questo
tipo, che sognava matrimoni da favola, principesse e principi azzurri
sui
cavalli bianchi. Però, quando sei piccolo, queste cose
è inevitabile che le
desideri anche se da adulto poi ti è indifferente.
Ma
almeno voleva regalarle questo, un bel matrimonio
da favola. Voleva renderla felice, se lo meritava e in certi momenti
aveva
paura che con lui non potesse essere felice. Nessuna ragazza era mai
stata
abbastanza felice con lui e con nessuna ragazza era mai stato felice
lui.
Però
con lei… beh, con lei sì che era felice. Anche
dentro quella casa, anche sentendosi in trappola. E anche se fosse
dovuto
morire il giorno dopo, beh, non gli sarebbe importato perché
avrebbe saputo che
negli ultimi giorni della sua vita era stato felice. Con Sam
Appoggiò
il bicchiere di Whiskey sul tavolino del
salotto e si passò una mano tra i capelli stancamente;
doveva trovare qualcosa
da fare se no sarebbe veramente potuto uscire da quella casa anche
lanciandosi
dalla finestra per la noia.
Ad
un tratto però sentì un rumore piuttosto forte
che lo riscosse dai suoi pensieri; era un rumore secco, come quello di
un ramo
che si spezza ma lui l’aveva riconosciuto come il tipico CRAC
della
Materializzazione. E dopo il primo ne susseguirono altri, forse
quattro, ancora
più forti. Provenivano dal piano superiore.
Immediatamente
la sua mano corse alla bacchetta e il
suo cuore accelerò i battiti; non poteva essere nessuno dei
suoi amici, loro
entravano sempre dalla porta. Ma magari erano solo inutili paranoie,
forse era
solo Sam che voleva fargli una sorpresa oppure Kreacher che faceva i
soliti
dispetti. O anche un topo.
Dopo
un po’ però sentì dei passi che
scendevano
dalle scale, parecchi passi e immediatamente si nascose dietro il
divano in attesa,
col cuore trepidante e la bacchetta pronta.
Ma,
non appena una delle persone che si erano
infiltrate in casa sua, entrò nel salotto dove si trovava
lui, Sirius strabuzzò
gli occhi. Bellatrix Lastrange, in tutto il suo splendore nonostante
tutti quegli
anni passati ad Azkaban, si aggirava per la stanza toccando i mobili
come se
volesse analizzarli per scoprire se lì abitavano delle
persone e da quanto
tempo.
L’uomo
però dovette ammettere che la cugina aveva
ancora mantenuto quell’eleganza e quel portamento nobile
tipici della famiglia
Black, quelli che invece lui aveva sempre cercato di non possedere. E
inoltre,
quel cipiglio e quella smorfia che aveva sul viso gli ricordavano
terribilmente
sua madre.
La
donna si fermò accanto al tavolino dov’era
appoggiato
il bicchiere di Whiskey ancora mezzo pieno; lo prese in mano e lo
assaggiò
leccandosi le labbra in un modo alquanto serpentesco.
Sirius,
da dietro il divano, intanto, ghignò tra sé
e sé; era un’occasione che avrebbe potuto cogliere
al volo, avrebbe potuto
vendicare Sam e quel bambino che non avevano mai avuto.
Lentamente
e molto silenziosamente si mosse verso la
cugina e le si piazzò dietro le spalle puntandole la
bacchetta contro la nuca;
la Mangiamorte, sentendo la pressione del bastoncino, si
voltò verso l’uomo
rimanendo però totalmente impassibile, come se stesse
aspettando proprio
quello.
“Cuginetto
caro”. Gracchiò Bellatrix inarcando le
labbra. “Da quanto tempo che non ci vediamo. Sai, si sentiva
tanto la tua
assenza ad Azkaban, manchi molto ai Dissennatori”.
“Io
credo invece che si senta molto di più la tua
assenza. Sono sicuro che i Dissennatori non vedano l’ora di
riaverti”. Le
rispose Sirius questa volta puntandole la bacchetta alla fronte.
“E ti ci
rispedirei volentieri io stesso da loro se non avessi un conto in
sospeso con
te”.
“E’
una minaccia questa per caso?” gli chiese lei
con la sua voce strascicata e per niente intimorita.
“No,
è una constatazione”. L’uomo
avvicinò il viso a
quello della donna e le soffiò a un centimetro dalla faccia.
“Preparati a
morire”.
Bellatrix,
per tutta risposta, sorrise come se fosse
soddisfatta di qualcosa facendo così vacillare Sirius che
non si era
minimamente aspettato quella reazione; all’improvviso
però si sentì colpire
alla schiena da uno Schiantesimo molto forte, come se fosse stato
provocato da
più di una bacchetta e andò a sbattere contro il
tavolino mandandolo in
frantumi.
Sentì
la cugina ridere in modo molto sguaiato; si
chiese che cosa fosse successo dato che la Mangiamorte non aveva
nemmeno estratto
la bacchetta dal mantello. Quando si riprese dal colpo, con la vista
ancora
leggermente offuscata, vide altri tre Mangiamorte con le bacchette
sguainate
accanto alla porta.
Maledizione!
Si era completamente dimenticato che ne
erano entrati altri. Eppure Moody lo ripeteva sempre, vigilanza
costante.
Bellatrix
gli si avvicinò premendo bene i tacchi dei
suoi stivali sul pavimento e gli puntò contro la bacchetta.
Sirius però riuscì
a spostarsi rotolando per schivare l’incantesimo e agilmente
raccolse la bacchetta
che gli era caduta lì vicino e si rialzò.
Lanciò
una maledizione contro i tre Mangiamorte
vicino alla porta riuscendo a colpirne uno mentre gli altri due si
erano
spostati per schivarla permettendo così a Sirius di passare.
Corse su per le
scale intanto che Bellatrix gli lanciava altri Schiantesimi e altre
Maledizioni
che l’Animagus riusciva a evitare, così andavano a
colpire la ringhiera e i
muri attorno.
Quando
arrivò in cima alle scale, però, si
trovò
davanti ad un quarto Mangiamorte che gli scalzò un
incantesimo ma Sirius,
velocemente, riuscì ad abbassarsi colpendolo poi alle gambe
per restituirgli
l’attacco.
Il
Mangiamorte cadde a terra iniziando a contorcersi
come in preda alle convulsioni.
“Dove
scappi cuginetto?” sentì Bellatrix urlargli dal
piano di sotto in modo molto provocatorio. “Non dirmi che sei
un vigliacco”.
Lui
era tutt’altro che vigliacco, però in quella
casa c’erano troppi Mangiamorte per una persona sola. Beh,
teoricamente ne
aveva atterrati due e ne rimanevano altri tre, inoltre voleva ammazzare
sua
cugina. Così, recuperando un po’ le forze e
prendendo un gran respiro, decise
di scendere di sotto e affrontarli a testa alta.
“Sono
tutto per te, Bellatrix!” esclamò con voce
dura una volta che fu arrivato all’ultimo scalino.
Lanciò immediatamente un
incantesimo ai due Mangiamorte; voleva lasciare la cugina per ultima
così
avrebbe avuto tutto il tempo per ucciderla lentamente. I due
però erano
piuttosto bravi e anche agili così riuscivano a schivare
benissimo tutte le
Maledizioni e gli Schiantesimi e anche se venivano colpiti si
rialzavano in
fretta.
Iniziò
una lotta piuttosto accesa tra i quattro in
cui si vedevano uscire scintille di tutti i tipi di
tutti i tipi che andavano a colpire i muri
e i mobili della casa dato che erano tutti piuttosto bravi ad
approfittare di
ogni angolo per schiavare gli attacchi. Al
rumore degli oggetti distrutti si aggiungevano i risolini di esultanza
di
Bellatrix.
Sirius
strisciò verso il divano dato che gli
sembrava un buon punto da dove tenere sotto controllo la situazione e
si diede
un’occhiata al braccio perché sentiva qualcosa di
viscido e bagnato che gli
colava lungo il gomito; c’era un taglio che però
non sembrava molto profondo.
Forse avrebbe dovuto mandare un Patronus a qualcuno per chiamare aiuto
ma non
aveva molto tempo e adesso aveva anche dovuto innalzare uno scudo
magico per
evitare l’attacco di uno dei tre Mangiamorte che si era messo
in una zona piuttosto
vantaggiosa per poter colpire senza essere colpito a suo volta.
Così
l’Animagus fu costretto ad alzarsi uscendo allo
scoperto per poterlo attaccare e mettere K.O., se no gli impediva di
affrontare
gli altri due.
Bellatrix
però approfittò subito di quella
situazione e colpì il cugino con una Cruciatus piuttosto
potente che lo fece cadere
a terra tra urla di dolore. Gliene lanciò altre due prima di
avvicinarglisi
lentamente e minacciosamente, facendo udire bene i tacchi.
Sirius
non aveva più la forza di muoversi, tanto
meno di attaccare. Se ne rimase semplicemente lì, appoggiato
al muro in un
angolo, con il respiro accelerato.
La
Mangiamorte estrasse un pugnale dal mantello e
con un colpo secco lo conficcò nello stomaco
dell’uomo facendolo rantolare.
“Bye,
bye, cuginetto”. Gli sussurrò a poca distanza
dal viso prima di sfilare il coltello e Smaterializzarsi dalla casa con
gli
altri due Mangiamorte che si erano portati dietro anche i due feriti.
Sirius
invece non
riusciva più a fare niente, nemmeno fermare il sangue che
gli usciva copioso dalla
ferita allo stomaco e che gli faceva parecchio male. La vista gli si
era ormai
offuscata e sentiva che anche le ultime forze stavano per abbandonarlo
finché
non chiuse definitivamente gli occhi e non sentì
più alcun dolore.
ANGOLINO
PER ME
Sicuramente
adesso, per la millesima volta, vi sarete
preparati armati di asce e forconi pronti a scagliarmeli addosso.
Chiedo
veniaaaaaa!!! Pietà!!!! Se mi uccidete non saprete
mai come andrà a finire la storia, non saprete se Sirius
è morto oppure no.
Lo
so, lo so, quand’è che lascerò in pace
questi poveri
personaggi?? Ma ormai dovreste aver capito che sono un po’
sadica, per cui…
muahahah…ok ok, basta, così non faccio altro che
alimentare il vostro odio…
Bene,
che cosa succederà nel prossimo capitolo?? Sirius
sopravvivrà?? Come la prenderanno Sam e James?? Chi lo
troverà??
Lascio
a voi la risoluzione del quiz, chi azzeccherà
tutte le risposte riceverà onore e gloria per il resto della
sua vita… ahahah.
Kisskiss,
continuate a recensire e cercate di essere
sempre più numerosi. J
Milly.
P.S.
è arrivata Little Marauders, la nuova fanfiction che
vi avevo promesso. Ho già pubblicato il prologo e il primo
capitolo, se la
andaste a leggere mi fareste veramente felice. Di nuovo, kisskiss.
FEDE15498:
ciao carissima… sono contenta che riguardo a
Malfoy non te la sia presa perché l’ultima cosa
che vorrei è offendere i miei
lettori. Comunque sia, se lo scorso capitolo ti ha messo di buon umore,
credo
invece che questo ti farà piangere o che almeno non ti
farà sicuramente
sorridere. Embè, ormai dovresti aver capito come
sono… dopo il sereno arriva
sempre la tempesta, che ci posso fare. spero comunque che ti sia
piaciuto e di’
a tuo fratello che mi va benissimo se cianci, anzi, sono contenta, mi
piacciono
le persone che parlano tanto. Perciò, spero di risentirti
cianciare, kisskiss
Milly.
PUFFOLA_LILY:
oddio!! Una fan di Malfoy… O.O *va a
nascondere la testa sotto terra per la vergogna*. Anzi, dovrei proprio
sotterrarmi visto che qui ho fatto del male a Sirius, al povero e caro
Sirius. Sì,
sono proprio perfida, lo so. Non c’è
speranza… L
adesso avrai tutti i motivi per farmi fuori.
Va bene, ti do ragione questa volta, forza, ammazzamiii!!! Oddio, mi
sento
tanto melodrammatica oggi. Va bene dai, la smetto di romperti che ormai
mi
starai lanciando maledizioni di tutti i tipi…
hihihi… oddio! Cos’era quella?? Una
crucio?? Ahahaha *scappa a gambe levate*. Kisskiss Milly.
ROXY_BLACK:
ahaha ross, della serie non è che ti odio ma
se tu prendessi fuoco e io avessi un bicchiere d’acqua, lo
berrei. Comunque sia,
sono proprio d’accordo con te, James era il classico
bulletto, lo devo
ammettere, ma è anche per questo che lo amo… *w*.
Sono d’accordo con te anche
sul fatto che non si gioca con la vita e con la morte, anzi, sono
convinta anch’io
che la morte sia giusta. Ma tu sai che io sono cronicamente incapace di
uccidere i Malandrini. Per cui… ok, spero di risentirti. Un
beso, mi amor.
Milly
STEFANMN:
sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso cap
e spero anche questo. Un bacio, Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 46 *** Capitolo quarantaquattro ***
(Noi
siamo così perfette. Immacolate.)
James
era appena entrato a Grimmauld Place numero
dodici per passare un po’ di tempo con l’amico dopo
essere stato nella casa dei
suoi genitori assieme al padre, a Lily e Remus. Non gli piaceva
lasciare Sirius
da solo per troppo tempo in quella casa e Sam era ad Hogwarts
perciò non aveva
neanche la sua compagnia.
Non
appena però mise piede nel corridoio gli mancò
il respiro e venne immediatamente pervaso da un’ondata di
panico e da brividi
che gli scorsero lungo la schiena. Sembrava che nella casa fosse
avvenuta la
terza guerra mondiale; mobili rotti, muri distrutti, scale e ringhiera
scheggiati e c’era pure qualche macchia rossa sul pavimento.
Qualcuno
doveva essersi infiltrato nella casa per
attaccare Sirius o chiunque si trovasse lì dentro. Ma chi? E
perché? E
soprattutto adesso Sirius dov’era?
Corse
praticamente per tutto il corridoio, per
quanto le macerie glielo permettessero, e ogni tanto chiamava
l’amico a gran
voce; giunse fino in salotto che era ridotto ancora peggio.
All’improvviso,
però, qualcosa di rosso e vischioso
che scivolava lungo il pavimento vicino al divano, come una specie di
rigagnolo
che scorre, attirò la sua attenzione; capì
immediatamente che era sangue,
parecchio sangue.
Fece
il giro del divano finché non trovò
l’amico
appoggiato al muro, completamente immobile e con gli occhi chiusi, con
una
profonda ferita allo stomaco da cui usciva tutto quel sangue che aveva
visto
scorrere sul pavimento.
Gli
tastò il polso col fiato sospeso e il panico che
lo pervadeva in tutto il corpo; niente, non riusciva a sentirlo, non
riusciva a
sentire niente. Si sarebbe volentieri messo ad urlare per la paura, la
rabbia,
la frustrazione… ma doveva cercare di mantenere la calma.
Doveva esserci,
doveva esserci per forza quel dannato battito, il corpo era ancora
caldo.
Allora
gli mise due dita sul collo provando a
sentire se c’era qualcosa lì, ma ancora non
riusciva a sentire niente.
“Cazzo,
Sirius, non puoi lasciarmi!” urlò in modo
rabbioso cercando di non far uscire le lacrime e di non farsi prendere
totalmente dal panico.
Appoggiò
la testa sul petto, lì era più semplice
sentire qualcosa. E infatti finalmente lo udì, il battito
del cuore, ma era
molto, molto debole.
Tirò
un sospiro di sollievo riprendendo il
controllo; adesso doveva fermare l’emorragia e richiudere la
ferita. Cercò di
bloccarla con le mani ma non serviva a niente anche perché
poi non poteva
usarle per fare qualcos’altro. Così si tolse la
camicia rimanendo in
canottiera, l’appallottolò e la premette forte
sulla ferita riuscendo a
bloccare lo scorrere del sangue almeno un po’.
Poi
iniziò a scuotere l’amico per farlo rinvenire.
“Ehi,
Sirius, svegliati. Ti prego, svegliati!”
Stavolta
iniziò pure a schiaffeggiarlo.
“Ti
prego, Paddy, forza svegliati. Dai cazzo, ti
giuro che se non ti svegli ti prenderò a calci in culo tante
di quelle volte
che non riuscirai più a sederti per almeno sei
mesi”.
Finalmente
vide la testa di Sirius muoversi e sentì
dei mugugni uscire dalla sua bocca.
“Jam…es?”
bofonchiò con voce debole e senza aprire
gli occhi.
“Oh,
grazie a Merlino, sei vivo!” esclamò James
alzando gli occhi al cielo sollevato. “Riesci a dirmi che
è successo?” gli
chiese poi, più che altro per tenerlo occupato
così che non si riaddormentasse
di nuovo.
“Ma…Mangiamorte”.
Riuscì a borbottare Sirius.
“Quanti?”
“Cinque”.
“Cinque
contro uno. Che vigliacchi!” James avrebbe
volentieri spaccato qualcosa se non avesse avuto le mani occupate a
bloccare
l’emorragia.
“Bella…”.
mormorò Black, ma talmente a bassa voce
che l’amico non riuscì a udirlo.
“Che
cosa?”
“Bella…Bellatrix…
non sono riuscito a… ucciderla”.
“D’accordo,
non ha importanza ora”. Cercò di
confrontarlo James. “Ti devo portare da un’altra
parte per curarti la ferita,
ok?”
Sirius
gli rispose soltanto con un borbottio e
James, vedendo che si sarebbe addormentato di nuovo, lo scosse un
po’.
“Tu
però devi resistere, devi rimanere sveglio, ok?
Ti porto via da qui, ma devi resistere. Pensa a Sam, pensa a Sam che ti
sta
aspettando”.
“Sam…”.
“Sì,
Sam”.
James
si sarebbe volentieri messo a urlare dalla
disperazione; non sapeva più che fare, non sapeva dove
portarlo e lui non
poteva curare quella ferita da solo, ma non poteva nemmeno portarlo al
San
Mungo, era ancora ricercato.
Poi
gli venne in mente; ma certo, a casa sua! Là
inoltre c’era Lily che di sicuro avrebbe saputo cosa fare.
Tenendo
la camicia premuta sulla ferita con una
mano, con l’altra prese la bacchetta e si
Materializzò nel salotto di casa sua
dove suo padre, sua moglie e l’altro suo migliore amico erano
seduti
tranquillamente sul divano.
Non
appena però videro spuntare James con tra le
braccia un Sirius piuttosto sanguinante e mezzo svenuto, balzarono in
piedi
spaventati e scioccati.
“Oh
mio Dio, che è successo?” chiese Lily spostando
lo sguardo dal marito all’amico.
“I
Mangiamorte lo hanno attaccato. Aiutatemi a
portarlo di sopra e a curarlo”.
Remus
non perse tempo e immediatamente corse ad
afferrare Sirius per aiutare James a portarlo in una delle stanze al
piano
superiore. Lily e il signor Potter li seguirono.
Riuscirono
a farlo sdraiare sul letto, però Sirius aveva
di nuovo perso i sensi; subito Lily e Remus cominciarono ad
affaccendarsi per
chiudere la ferita.
“Cazzo,
è profonda!” esclamò Lily afferrando
delle
bende e delle Pozioni curative. James si spaventò; non aveva
mai sentito la
moglie imprecare così. “E quanto sangue ha perso?
È una fortuna che non sia
ancora morto dissanguato”.
“Non
lo so! Io l’ho già trovato così quando
sono
arrivato”. Le rispose il marito passandosi una mano tra i
capelli frustrato;
era troppo preoccupato per l’amico e non sapeva proprio che
fare. Lui non si
intendeva nel curare le ferite e non voleva essere d’impiccio
a Lily e Remus
nel tentativo di aiutarli. Però non poteva nemmeno starsene
con le mani in
mano. Così si voltò verso il padre che se ne
stava fermo sulla soglia della
porta fissando Sirius sanguinante sul letto con uno sguardo pervaso dal
panico.
James
lo afferrò per le spalle per farlo tornare in
sé.
“Papà,
ascoltami. Vai di sotto e aspetta che arrivi
Sam. Se lo vedesse così…”.
Non
sapeva come concludere la frase però il padre
l’aveva capito lo stesso dato che si era precipitato di sotto
probabilmente per
non doversene stare lì a guardare, anche lui senza poter
fare niente.
Iniziò
a passeggiare avanti e indietro per il
corridoio, davanti alla porta d’ingresso torcendosi le mani
in modo nervoso e
sentendosi i brividi di paura scorrere lungo la schiena. In tutta la
sua vita
aveva avuto paura pochissime volte, anzi, l’unica paura vera
che aveva provato
era stata quella di perdere qualcuno che amava.
E
adesso aveva paura.
All’improvviso
sentì il CRAC di una
Materializzazione fuori in giardino e, dando una sbirciatina dalla
finestra,
riconobbe i capelli scuri della figlia.
La
sentì girare la chiave nella toppa intanto che
lui si era piazzato davanti alla porta senza sapere bene che fare.
Sam
entrò in casa tranquilla e contenta ma, non
appena vide la faccia pallida e sconvolta del padre, ogni sorriso che
era
impresso sul suo volto sparì completamente. Aveva
immediatamente capito che era
successo qualcosa, qualcosa di terribile.
“Papà,
che cos’è successo?” gli chiese con la
voce
imperlata dal panico.
“Ecco,
vedi…”. Iniziò il padre senza sapere
bene
come spiegarle la situazione.
“Papà,
mi dici che è successo?” questa volta la
ragazza glielo urlò a poca distanza dalla faccia.
“Di
sopra… c’è
Sirius…”. Provò a spiegarle il signor
Potter.
“Che
cos’è successo a Sirius?” Sam ormai
aveva le
lacrime agli occhi per la rabbia e la paura ma si sforzava di non farle
uscire.
Vedendo
che però il padre non le rispondeva si
precipitò su per le scale senza che nessuno la potesse
fermare.
Ma
non era per niente preparata alla scena che le si
presentò non appena entrò nella stanza; Sirius
sdraiato sul letto inerme e con
gli occhi chiusi, attorno a lui una pozza di sangue intanto che Lily si
affaccendava nel versare la Pozione curativa e mentre Remus chiudeva la
ferita
e lo bendava.
Sam
si sentì cedere le gambe; cadde in ginocchio
coprendosi il viso con le mani non riuscendo più a bloccare
le lacrime che ora
iniziarono a cadere copiose sul suo viso. Il padre, che
l’aveva raggiunta, andò
subito ad abbracciarla.
Intanto
le venne di nuovo un Déjà-vu.
Noi
siamo così perfette. Immacolate.
Una
macchina che colpiva forte il lato del passeggero dov’era
seduta Alex.
Alex
era morta.
Sirius
era… no Sirius non era morto, non ancora. Lui
non poteva morire. Se lui moriva il mondo avrebbe smesso di girare e
anche lei
avrebbe smesso di vivere.
E
ora non aveva più la forza per resuscitarlo.
“Allora?”
sentì la voce di James e immediatamente
alzò lo sguardo con le lacrime che ancora non avevano smesso
di scivolarle
lungo le guance. Lily e Remus erano riusciti a chiudere la ferita e
Sirius ora
sembrava solo profondamente addormentato.
Lily
esitò un attimo prima di rispondere. “Ha perso
troppo sangue. Ho… ho paura che… potrebbe non
farcela”.
Un
silenzio tombale invase la stanza non appena la
donna ebbe pronunciato quelle parole, un silenzio che fu interrotto
soltanto
dai singhiozzi disperati di Sam ancora stretta fra le braccia del padre
che
stava tentando in tutti i modi di calmarla.
“No!”
esclamò James guardando la moglie negli occhi.
“No, non può finire così. Ci deve
essere qualcosa che si può fare. Che ne so…
una pozione!”
“Beh,
ci sarebbe la Pozione Sanguenos, quella che
serve per far recuperare del sangue a qualcuno che ne ha perso
molto…”.
A
James immediatamente si illuminarono gli occhi e
Sam aveva di nuovo rialzato lo sguardo, questa volta con un
po’ di speranza.
“E’ perfetto! Tesoro sei un genio!”
“Ma
non ne abbiamo!” si affrettò a spiegare la rossa
per non creare false speranze. “E ci vuole troppo tempo per
prepararla, per non
parlare del fatto che ci vuole sangue di unicorno”.
“Ma
qualcuno deve avercene un po’!” esclamò
James
stizzito e frustrato.
Tutti
i presenti si guardarono non sapendo più che
fare.
“Piton!”
esclamò improvvisamente Sam ancora
inginocchiata sul pavimento. “Piton! Lui deve avercene nel
suo ufficio”.
“Hai
ragione, Sam”. Concordò James. “Ma chi
gliela
andrà a chiedere? A me non la darà mai, nemmeno
se lo supplico in ginocchio.
Però potrei minacciarlo…”.
“Gliela
chiederò io”. Si offrì Lily per fermare
tutte le idee strampalate che venivano a James.
“Davvero
lo faresti?” le chiese Sam con uno sguardo
grato.
“Certo!”
Però
non era molto contenta
del fatto di doversi di nuovo trovare davanti al suo ex migliore amico.
SPAZIOOOOOOOOOOO!!!!!
Ciaoooo!!!
Rieccomi tornata!!! Presto, vero?? Ebbene, vi
è piaciuto questo capitolo?? Sirius non era morto,
però non createvi false
speranze, non è ancora detta l’ultima parola.
Nel
prossimo capitolo ci sarà l’incontro tra Lily e
Piton
e… il nostro amato e odiato pozionista vorrà dare
la Pozione alla donna che ha
sempre amato oppure non lo farà soltanto perché
odia Sirius??
Continuate
a seguirmi e lo scoprirete. J
Ok,
ora vi lascio perché non ho molto da dire. Ditemi voi
cosa ne pensate di questo capitolo lasciandomi una recensione, che mi
fanno
sempre un immenso piacere.
KissKiss…
Milly.
P.S.
la Pozione Sanguenos me la sono inventata io.
Sicuramente c’è una Pozione che fa recuperare il
sangue a chi ne ha perso molto
però non mi veniva in mente il nome e non mi andava di fare
una ricerca in
internet. Se voi lo sapete, siete liberissimi di informarmi.
P.P.S.
purtroppo, in questo periodo la mia ispirazione è
andata a farsi un viaggetto non so dove nemmeno io. Quindi, quando
avrò finito
di pubblicare i capitolo che ho già pronti, potrei non
aggiornare più così
regolarmente, perciò ragazzi, mi dispiace, ma non
prendetevela. La scuola mi
sta veramente impegnando molto, non faccio altro che avere in mente
Enrico IV e
Gregorio VII e i miracoli di S. Francesco. Cercate di capirmi.
P.P.P.S.
ho anche aggiornato l’altra fanfic. Non sapete
quanto mi abbia fatto piacere vedere che mi seguite da una fic
all’altra. Ma lo
scoprirete leggendo il nuovo capitoloJ.
fede1549:
ciaooo!!! Allora, siamo in tre a voler
uccidere Bellatrix, anzi no, in quattro perché
c’è ancora Sirius che deve
vendicare il suo bambino. Coooomunque, ehi, lei hai indovinate tutte!!!
Che
brava!!! Peccato però che non c’era nessun premio
in palio. Vabbè dai, spero ti
possa bastare il fatto che ho aggiornato rapidamente. Sono contenta che
tu
abbia letto la mia altra fic ma ti ho risposto alla recensione
là, per cui
potrai leggere tutto là. Spero di risentirti dato che le tue
recensioni mi
rendono molto felice. Ti devo però avvisare che, nonostante
io sia cronicamente
incapace di uccidere i Malandrini, come ho già detto, sono
piuttosto
masochista, sai, come la Rwoling che ha ucciso Sirius e Fred nonostante
abbia
pianto. Si vede che mi ha influenzata. Mah. Vabbè, dai la
smetto di cianciare,
se no ciancia una ciancia l’altra non si finisce
più e diventiamo come delle
vecchie comari che spettegolano sempre. Kisskiss Milly.
Puffola_Lily:
ehiiiii!!!! Non sai quanto mi facciano
piacere le tue recensioni, soprattutto perché continui a
leggere nonostante
faccia capitare delle disgrazie come queste. Io se fossi in te avrei
già
provveduto a far fuori questa scrittrice matta e a far scomparire ogni
traccia.
E poi… io un genio? Non credi di star esagerando?? Ahaha,
beh ti ringrazio
veramente tanto, ogni volta che leggo le tue, anzi, le vostre
recensioni, mi si
distende un sorriso, specialmente perché vedo che le mie
storie, perché non c’è
solo questa, vi piacciono molto. Per me è veramente
importante. Ma, tornando
alla storia, beh, qui si risolve tutto o forse no. Mmmh, non si sa se
Sirius
riuscirà a sopravvivere. Beh, continua a seguirmi e si
vedrà. Un beso, Milly.
stefanmn:
eh, caro mio, purtroppo queste
disgrazie capitano, la gente muore ogni giorno. E chi sa se anche il
nostro
Sirius morirà. Comunque sia, oggi non mi sono presentata lo
stesso, anche se
Sirius non è ancora morto. Sono veramente pessima.
Vabbè, lasciamo stare, tanto
ormai mi conosci. Continua a seguirmi, se hai ancora voglia e pazienza
di
sopportare questa scrittrice fallita. -.- un bacio, la tua Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 47 *** Capitolo quarantacinque ***
(“Allora non lo fare per lui".
“Fallo per me”.)
Lily si spolverò i vestiti
dalla cenere del camino con il
quale era arrivata e si guardò un po’ intorno;
l’ufficio di Piton rispecchiava
proprio il suo carattere e il suo modo di essere.
Aveva incontrato
l’insegnante di Pozioni già due volte prima
di allora e i loro rapporti… beh, non si poteva certo dire
che fossero
migliorati molto, erano rimasti come lo erano agli ultimi anni di
scuola,
sebbene adesso si parlassero un po’ di più e Piton
non cercasse più di far
voltare la rossa verso la parte del male.
In verità Lily non provava
più molti rancori, sarebbe stata
anche pronta a dimenticare tutto ma… sentiva che
c’era qualcosa che glielo
impediva e non era solo James che ogni volta trattava male Piton
facendolo
scappare via. Era geloso del Serpeverde, sebbene la donna non riuscisse
a
spiegarsi il motivo.
A un tratto, Severus sbucò
da un’altra stanza dell’ufficio,
probabilmente la camera da letto e rimase leggermente sorpreso nel
vedere la ex
migliore amica nel suo ufficio.
“Lily!”
esclamò guardandola negli occhi verdi.
“Ciao, Severus”.
Disse lei specchiandosi nel suo sguardo
scuro. “Ho bisogno del tuo aiuto”. Aggiunse poi
andando subito al sodo per non
perdere troppo tempo, dato che non ce n’era.
Piton le fece solo un cenno con la
testa perché proseguisse.
“Mi serve una Pozione
Sanguenos”.
L’insegnante rimase
leggermente basito ma riuscì a
nasconderlo bene attraverso il suo atteggiamento e il suo portamento
sempre
severo e attento.
“E chi è che si
è fatto male? Quella feccia di tuo marito
per caso?” le chiese in tono duro e acido.
“Questo non ti dovrebbe
interessare. E non hai alcun diritto
per parlare così di mio marito”. Anche lei gli
rispose a tono, con voce dura,
la stessa che usava ogni volta che si rivolgevano la parola durante il
sesto e
settimo anno. “Adesso, per favore, dammi la
pozione”.
“Visto che ti devo dare una
Pozione fatta da me penso di
avere almeno il diritto di sapere a chi serve”.
Lily chiuse gli occhi e
sospirò rassegnata e frustrata; era
meglio non tirarla troppo per le lunghe. A volte Piton sapeva essere
difficile
e testardo proprio come suo marito.
“A Sirius”.
Piton fece una smorfia con le labbra.
“E io dovrei fare un favore
a quel lurido cane di Sirius
Black?”
“Allora non lo fare per
lui”.
A quelle parole
l’insegnante sollevò le sopracciglia
perplesso.
“Fallo per me”.
Aggiunse Lily vedendo la sua espressione
confusa, guardandolo con i suoi grandi occhi verdi che in quel momento
erano…
supplicanti.
E Severus non riuscì a
resistere. In fondo, come avrebbe
potuto resistere vedendo Lily, il suo amore impossibile, che lo
guardava così e
che gli chiedeva di farle un favore? Già quando aveva messo
piede nel suo
ufficio aveva intenzione di fare qualsiasi cosa gli chiedesse, persino
andare
sulla luna.
“Sai Lily, non avrei mai
creduto che un giorno ti saresti
affezionata a quei perdenti”. Le disse prendendo da uno
scaffale la pozione e
mettendogliela in mano.
(In un certo senso li
avevano indeboliti.)
Lily entrò di corsa in
camera dove trovò Sirius sdraiato sul
letto, addormentato, e Sam che gli teneva la mano con ancora le lacrime
agli
occhi.
“Tieni”. Le disse
consegnandole la pozione di un contenuto
rosso scuro. “Dagliela non appena si sarà
svegliato”.
“Grazie, Lily”.
“Non
c’è bisogno che mi ringrazi”. Le rispose
la cognata
mostrandole un sorriso rassicurante. In fondo, non le era costato molto
chiedere la pozione a Piton. Su una cosa però il suo ex
amico aveva ragione;
nemmeno lei avrebbe mai creduto che un giorno si sarebbe affezionata ai
Malandrini, però era successo. Amava James con tutto il
cuore e voleva bene ai
suoi amici e a sua sorella.
La donna tornò di sotto
dove trovò suo marito, Remus e il
signor Potter seduti sul divano in un silenzio piuttosto teso.
“Ma come hanno fatto i
Mangiamorte a entrare a Grimmauld
Place?” chiese sedendosi sul bracciolo della poltrona dove
stava seduto suo
marito.
“E’ quello che ci
stiamo chiedendo anche noi. Dobbiamo
parlarne con Silente”. Le rispose Remus tormentando un
cuscino. “Adesso però
quel posto non è più sicuro. Dovremo spostarci da
qualche altra parte”.
“E come hanno fatto a
scoprire che Grimmauld è la base
dell’Ordine?” chiese ancora la donna ma stavolta
nessuno le rispose.
La verità era che nessuno
lo sapeva, in quel momento non
sapevano niente e questo li lasciava parecchio spiazzati. I Mangiamorte
stavolta avevano colpito e avevano colpito anche un buon punto. In un
certo
senso li avevano indeboliti.
“Non avrei dovuto lasciarlo
da solo”. Disse a un tratto
James tenendo lo sguardo puntato per terra.
Lily gli strinse una spalla in un
tentativo di
consolazione, capendo
benissimo a che
cosa si riferisse. “Amore, non è stata colpa
tua”.
“James, purtroppo
è successo e adesso non possiamo
disperarci”. Aggiunse il signor Potter. “Sono
sicuro che Sirius starà bene, lui
è forte”.
(“Ti amo da morire".
“Anch’io ti amo e non immagini
nemmeno quanto”.)
Sam non sapeva più da
quanto tempo fosse seduta lì, al
capezzale del suo fidanzato, senza mai lasciargli la mano. Ore,
minuti… non ne
aveva la più pallida idea. Sapeva solo che tra un
po’ sarebbe esplosa se Sirius
non si risvegliava presto.
“Dovresti riposarti un
po’”. Le disse a un tratto la voce di
James dietro di lei; non lo aveva nemmeno sentito entrare.
“Sto bene”. gli
rispose senza voltarsi.
Così James uscì
dalla stanza con passo felpato lasciando lì
la sorella, sapendo benissimo che non l’avrebbe mai convinta
a lasciare la
stanza di Sirius, almeno finché lui non si fosse
risvegliato.
Soltanto allora Sam si decise a
guardare all’orologio e si
accorse che era già mezzanotte passata. Ed era dal tardo
pomeriggio che stava
lì.
“Ti prego amore, avevi
promesso che non mi avresti mai
lasciata”. Gli sussurrò lei appoggiando la sua
mano sul suo viso mentre
guardava l’anello di fidanzamento che le aveva regalato.
Rimase così circa altri
venti minuti finché non sentì la
mano di Sirius muoversi dentro la sua. Immediatamente spostò
lo sguardo verso
il suo viso e vide che lentamente stava aprendo gli occhi.
“Amore…”.
Lo chiamò con voce dolce e un sorriso sollevato.
“Ciao”. La
salutò lui con voce bassa e debole aprendo del
tutto gli occhi; anche lui le sorrise, contento di vederla
lì. Si sentiva però
parecchio debole, non riusciva a muovere neanche un muscolo ed era
anche
parecchio pallido. Beh, infondo aveva perso parecchio sangue.
Così Sam
afferrò immediatamente la pozione che era posata
sul comodino e gliela avvicinò alla bocca.
“Prendi questa e vedrai che
starai meglio”.
Sirius però la riconobbe
subito e spostò lo sguardo verso
Sam che gli si era seduta accanto.
“Chi te l’ha
data?” le chiese
“Non ha
importanza”.
“Sì,
invece”.
Sam sospirò.
“Piton”.
“Allora non la voglio. Non
voglio dover la vita a
Mocciosus”.
La ragazza alzò gli occhi
al cielo esasperata; maledetto
l’orgoglio maschile. Poi si rivolse al fidanzato in tono
supplichevole. “Ti
prego amore, prendila. Fallo per me”.
Questa volta Sirius non
poté protestare, non quando Sam lo
supplicava così e alla fine si decise a prenderla.
“Certo che ha un sapore
schifoso!” esclamò con una smorfia
dopo che ebbe svuotato tutta la boccetta e facendo ridere Sam che era
soltanto
contenta di vedere che finalmente stava bene; il lato positivo di
questa
pozione era però che faceva effetto dopo pochi secondi e
infatti Sirius sembrò
subito recuperare un po’ di forza.
Tentò di mettersi seduto
ma faticò a trattenere un gemito.
“Sta fermo!” lo
sgridò Sam sistemandogli i cuscini dietro la
testa. Infine appoggiò la testa alla sua spalla iniziando ad
accarezzargli il
petto con una mano.
“Mi hai spaventato da
morire, lo sai?”
“Mi dispiace”.
Rimasero così per qualche
minuto, in silenzio, beandosi di
quella vicinanza e di quel contatto.
“Ti amo da
morire”. Gli sussurrò alla fine Sam.
“Anch’io ti amo e
non immagini nemmeno quanto”. Le rispose
lui prendendole la mano che gli accarezzava il petto e intrecciando le
dita di
lei con le sue.
“Non voglio che mi
lasci”.
“E infatti non ti lascio.
Te l’ho promesso”.
“Ma è quasi
successo”.
“Però non
è successo”.
“E se succedesse?”
ANGOLO
AUTRICE RAFFREDDATA
Ciaoooo!!!
Milly è di nuovo qui!!! Ahahah, adesso potete abbassare le
asce e i
lanciafiamme. Sirius è vivo e sta bene, visto?? Non sono poi
così crudele…
Forse non vi
sarà piaciuto l’incontro tra Lily e Piton ma devo
confessarvi una cosa. Io non
so mai come comportarmi con Piton, non so mai se farlo buono o cattivo.
Mi sta
semplicemente indifferente, esattamente come mi succede con Silente.
Per me
sono due personaggi piuttosto complicati e perciò non mi
piace avere molto a
che fare con loro, quindi, beh se non vi va bene ditemelo pure.
Insomma, Piton
non mi sta molto simpatico sebbene alla fine si è riscattato
e abbiamo scoperto
che in realtà era buono. Però comunque, nella
prima guerra magica era stato un
Mangiamorte e ha fatto anche lui delle azioni malvagie. Se per esempio
avesse
tenuto la bocca chiusa sulla Profezia, Lily e James sarebbero ancora
vivi
forse. Sarà per questo che non lo sopporto e che non voglio
trattarci spesso.
Ma, lasciamo
stare le mie opinioni, piuttosto ditemi le vostre con qualche
recensione che mi
fa sempre piacere ricevere. Ho aggiornato anche l’altra fic.
Un beso,
Milly.
P.S. qui vi
metto un’altra foto fatta dalla mia amica roxy_black di
Sirius e Sam. Spero vi
piaccia come è piaciuta a me. A lei in realtà non
piace molto :p
FRAPOTTER:
ehilà! Che bello, una nuova recensitrice. Allora,
effettivamente sì, è un po’ la
riadattazione del film S.Darko, infatti ho anche scritto
nell’intro che mi sono
ispirata a quel film lì che a me è anche piaciuto
sebbene abbia fatto un po’ di
fatica a capirlo. Però sono contenta che la mia storia ti
piaccia. Per quanto
riguarda la Pozione, sì hai ragione tu, ho fatto una ricerca
e si chiama
RimpolpaSangue ma non l’ho cambiato perché ormai
avevo scritto quel nome lì,
perciò… bene, spero di risentirti. Un bacio,
Milly.
FEDE15498:
ahah, non ti preoccupare, Sirius sta benone. Sei masochista anche tu??
oddio,
non ti avrò influenzata io?? Se no mi sentirei terribilmente
in colpa O.O
P.S. se vuoi
possiamo studiare insieme. In che classe sei?? Ahah lol J
PUFFOLA_LILY:
ehilà!! Anche tu impegnata con la scuola? Eh, purtroppo non
ci possiamo fare
niente. Hai visto che Sirius è vivo e vegeto?? Beh, vegeto
forse un po’ meno,
ma almeno è vivoJ
spero di risentirti perché per me ormai le
tue recensioni sono come l’aria, non vivo senza. Oddio, che
frase smielata che
mi è uscita fuori. Colpa di del libro che sto leggendo.
>.< un beso,
Milly.
STEFANMN: non
ti è piaciuto lo scorso capitolo per colpa della suspense??
Beh, io adoro la
suspense. *w*. Beh, spero allo che ti sia piaciuto invece questo cap.
un beso,
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 48 *** Capitolo quarantasei ***
(Quello
faceva stare male anche lei.)
Sam
camminava piuttosto lentamente e a testa bassa
per il parco di Hogwarts esalando ogni tanto qualche boccata di fumo
della
sigaretta; in quei giorni si sentiva piuttosto frustrata, stanca e
preoccupata.
Era preoccupata di tutta quella situazione, del ritorno di Voldemort,
del fatto
che non sapevano che cosa lui stesse facendo e che poteva andare a
creare
scompiglio e ammazzare persone innocenti senza che loro lo potessero
fermare. E
soprattutto era preoccupata per Sirius; erano passati ormai tre giorni
dall’attacco che aveva subito ma non si era ancora ripreso
del tutto. E poi lei
lo vedeva che era spesso giù di morale per il fatto che non
poteva fare niente,
nemmeno uscire di casa e si sentiva come se fosse in prigione.
Ma
non solo per quello; c’era anche un’altra cosa
che lo teneva giù, che li teneva giù tutte e due,
una cosa di cui non avevano
parlato da quando era successo perché era considerato
argomento tabù. Il
bambino che avevano perso.
Quello faceva stare male anche lei.
E
poi era anche frustrata, frustrata per il fatto
che il Ministro non volesse ammettere il ritorno di Voldemort,
frustrata dalla
Umbridge e dalla sua tirannia e frustrata anche da quella guerra che
aveva di
nuovo iniziato ad imperversare, come quella di tanti anni fa, quando
lei era
ancora troppo piccola e troppo giovane. Lei era tornata a Londra ed era
tornato
anche Voldemort. Che fosse un segno del destino? O una semplice
coincidenza?
Non lo sapeva, sapeva solo che adesso non voleva perdere nessuno
perché, se
fosse successo e di nuovo, non ce l’avrebbe fatta ad andare
avanti, in nessun
modo, stavolta.
Così,
con tutti questi pensieri per la testa,
passeggiava per il parco di Hogwarts calpestando l’erba verde
che era iniziata
a spuntare in quei primi giorni di Marzo, insieme a qualche fiorellino.
A
un tratto però, una scena non molto consueta e a
quanto pareva nemmeno troppo piacevole, le apparve davanti agli occhi;
nel
cortile principale erano ammucchiati un sacco di studenti di Hogwarts,
tra cui
anche suo nipote e i suoi amici, che formavano un cerchio perfetto al
centro
del quale si trovavano quella megera della Umbridge e la Professoressa
Cooman,
disperata e in lacrime, con ai piedi il suo baule e un altro paio di
valigie.
Sam
intuì subito che cosa doveva essere successo;
immediatamente si fece largo tra gli studenti e avanzò a
passo spedito accanto
alla Cooman.
“Si
può sapere che cosa sta succedendo qui?” chiese
in tono duro spostando lo sguardo da una professoressa
all’altra.
“Succede
che la professoressa Cooman non vuole
capire di doversene andare da questa scuola, che ormai qui non ha
più niente da
fare”. le rispose la Umbridge con il suo solito tono calmo ma
acido.
“Ma
io non ho un posto dove andare”. Biascicò la
povera insegnante di Divinazione tra le lacrime.
“E
perché mai se ne dovrebbe andare?” chiese di
nuovo Sam guardando stavolta solo l’insegnante di Difesa.
“Perché
l’ho licenziata”.
Sam
spalancò gli occhi e immediatamente si sentì
montare dentro una rabbia che avrebbe faticato a trattenere, visto che
sembrava
pervaderla da giorni ormai.
“E
con quale diritto lei pensa di licenziare gli
insegnanti di questa scuola?” le abbaiò contro
facendo arretrare tutti quanti
mentre la Cooman improvvisamente alzò lo sguardo e
guardò la ragazza con uno
sguardo pieno di gratitudine e rispetto, continuando però a
singhiozzare.
“Invece
ne ho tutto il diritto dato che sono stata
autorizzata dal Ministro in persona, piuttosto è lei quella
che dovrebbe
starsene zitta e lasciarmi fare il mio lavoro”.
Sam
questa volta divenne quasi il diavolo in persona
e una panchina dietro di lei iniziò addirittura a tremare.
“Lasciarle
fare il suo lavoro? E che razza di lavoro
sarebbe? Io me ne strainfischio di quello che fa lei e, detto con tutto
il
cuore, lei e il suo carissimo Ministro potete benissimo andare a farvi
fottere!” le urlò in faccia con tutto il fiato che
aveva in gola scatenando le
ilarità e le risate degli studenti lì presenti
che applaudirono e fischiarono
per le parole di Sam.
La
Umbridge invece, sembrò indignarsi.
“Ma
che parole sono? Vedo che purtroppo nessuno le
ha insegnato l’educazione. Dire queste cose in presenza degli
studenti. Lei non
mi sembra affatto un’insegnante competente e questo a
incominciare dal suo modo
di vestirsi”. Adesso anche la Umbridge aveva leggermente
alzato il tono di voce
e le aveva sputato quelle parole guardandola dall’alto in
basso, probabilmente
disgustata dal fatto che Sam quel giorno avesse indossato una minigonna
e gli
stivali col tacco. “E per questo la dovrei
licenziare!”
“E
allora mi licenzi!” le urlò Sam con quanto fiato
aveva in gola. “Anzi no, sa che cosa? Mi licenzio
io!” disse infine puntando i
piedi e sconvolgendo parecchio i ragazzi che ormai si erano affezionati
parecchio a lei.
La
ragazza però, portò la mano alla cintura dove
teneva la bacchetta e sicuramente l’avrebbe puntata contro la
vecchia Rospa se
proprio in quel momento non fosse sopraggiunto Silente insieme alla
McGranitt.
“Qualcuno
sarebbe così gentile da spiegarmi la
situazione qui?” chiese il Preside in tono calmo, portandosi
vicino a Sam e
alla Cooman un po’ meno in lacrime.
“Signor
Preside, so che questa notizia potrebbe non
piacerle ma sono stata costretta a licenziare la Professoressa Cooman
per la
sua incapacità di insegnare in modo adeguato e coerente al
programma. E anche
la Professoressa Potter si è appena licenziata da questa
scuola”. Gli rispose
la Umbridge in tono soddisfatto.
“Professoressa
Umbridge”. Iniziò Silente parlando a
voce piuttosto alta rispetto al suo normale. “Nonostante il
Ministro le abbia
dato il potere di licenziare i miei insegnanti, non ha alcun diritto di
buttarli fuori dalla mia scuola”. Poi si voltò
verso Sam e aggiunse. “Sam,
saresti così gentile da accompagnare Sibilla nei suoi
alloggi? E dopo
raggiungimi nel mio ufficio che dobbiamo discutere di questo tuo
licenziamento”.
“Certo,
Albus”. Rispose Sam non molto contenta però
di quest’ultima richiesta. Con un colpo di bacchetta fece
levitare le valigie
della Professoressa Cooman trascinandosi dietro anche la donna che
continuava a
mormorare ringraziamenti in direzione di Silente.
(“Oh,
per la barba di Merlino, Sam, se non ti conoscessi
direi che sei
più pazza di quello che dicono di
Silente”.)
Sam
corse praticamente a perdifiato in direzione
della capanna di Hagrid dopo aver avuto la notizia, da suo nipote e dai
suoi
amici, che il Mezzogigante era tornato.
Certo che aveva avuto un tempismo perfetto; era tornato
proprio quando
lei si era licenziata.
Silente
aveva cercato di convincerla a non farlo
però questa volta lei era stata irremovibile; non aveva
intenzione di lavorare
con quella megera che voleva imporre la sua dittatura. E proprio mentre
riponeva in un baule le cose che c’erano nel suo ufficio, i
tre amici erano
venuti ad avvertirla di quel fatto per il quale ora stava correndo a
rotta di
collo.
Arrivò
alla capanna di Hagrid in men che non si dica
e praticamente si buttò sulla porta bussando come
un’ossessa.
Si
sentì un forte graffiare, probabilmente le zampe
di Thor e poi davanti le comparve il buon faccione del suo vecchi amico
Hagrid.
“Sam!”
esclamò lui guardandola con un solo occhi
dato che quell’altro era coperto da una grossa bistecca che
il gigante teneva
premuto con una mano.
“Ciao
Hagrid, posso entrare?” chiese lei.
Lui
si scostò per farla passare.
“Ma
che ti è successo alla faccia?” gli chiese lei
con un’aria preoccupata, notando il suo occhio pesto, il
labbro spaccato e
qualche altro livido qua e là.
“Beh,
ci hai presente quella missione a cui mi ha
mandato Silente?” iniziò a spiegare lui con il suo
solito tono gentile.
“Certo”.
“Ecco…”.
“Non
è andata bene con i Giganti?” finì lei
per lui
capendo subito.
“No”.
Hagrid buttò la bistecca a Thor e iniziò a
preparare il Thè. “Ma tu che ci fai qui?”
“Silente
mi ha chiesto di sostituirti, perciò…”.
“Oh
Santo Merlino, insegni ad Hogwarts?!” sembrava
che la cosa sconvolgesse ma allo stesso tempo facesse ridere anche
Hagrid.
“Sì,
ma ora non più. Mi sono licenziata”.
“E
perché?”.
“Non
sopportavo più di lavorare con quel confetto
gigante della Umbridge. Quindi arrivi a puntino”.
“Oh
sì, ci ho sentito. Ma raccontami qualcosa di
te”.
A
Sam improvvisamente si illuminarono gli occhi e si
fece più vicina ad Hagrid come una bambina che desidera
sedersi sulle ginocchia
di Babbo Natale e lo guarda con degli occhi imploranti.
“Oh
mio Dio, Hagrid, sono successe tante cose!”
iniziò lei con una voce talmente allegra che al Mezzogigante
parve di nuovo di
vedere di nuovo la Sam bambina tanta sembrava essere la sua
contentezza, il che
era un po’ strano dato il malumore di poco prima della
ragazza. Ma lei era un
po’ come il vento; cambiava umore molto facilmente. E poi
forse era contenta
perché non doveva più lavorare con la Umbridge.
“Allora,
innanzitutto, mio fratello non è morto, poi
Lily…”.
“Aspetta,
aspetta, frena un attimo!” la bloccò
Hagrid sedendosi su una sedia. Sam, che aveva preso a camminare avanti
e
indietro per la stanza partendo a raccontare e duecento chilometri
orari, si
bloccò e lo guardò sorridente. “Che hai
detto di tuo fratello?”
“Che
è vivo!”
“James
è vivo!?!” Hagrid strabuzzò gli occhi
incredulo guardando Sam come se avesse le chele al posto delle braccia.
“Sì.
In realtà non è mai morto. Era tenuto
prigioniero nelle segrete di casa Malfoy e io sono riuscita a scoprirlo
grazie
a dei sogni che facevo. Un potere ereditato da una mia vecchia
zia”.
“James
è vivo!” ripetè Hagrid più
che altro a se
stesso per realizzare la cosa. “E che mi dicevi di
Lily?”
“Beh,
è viva anche lei. Cioè, prima non lo era ma io
sono riuscita a farla resuscitare sempre grazie al potere di questa mia
zia. E
ho fatto resuscitare anche mio padre. Solo che adesso non posso
più farlo
perché è una cosa piuttosto difficile e richiede
molta energia vitale”. Spiegò
velocemente lei fermandosi alla fine a guardare il povero gigante
davanti a lei
che era rimasto con la bocca spalancata e gli occhi quasi fuori dalle
orbite.
“Oh,
per la barba di Merlino, Sam, se non ti
conoscessi direi che sei più pazza di quello che dicono di
Silente”.
La
ragazza ridacchiò portandosi una mano tra i
capelli.
“E
c’è qualcos’altro che devo sapere?
Qualche altra
notizia sconvolgente?”
“Beh,
sto insieme a Sirius e mi ha pure chiesto di
sposarlo”. Hagrid per poco non si strozzò con il
Thè che stava bevendo.
“Sirius?
Non ci avrei mai creduto che quel
Cacciatore di donne un giorno si sarebbe sposato. E per di
più con te”.
“Sì,
abbiamo tutti quanti fatto fatica a crederci.
Però è successo”.
“Beh,
l’importante è che tu sia felice. Mi ricordo
ancora quando eravate più piccoli e venivate e a scorrazzare
qui in giro”.
“Oh,
sì. E chi se lo scorda quello”.
“E
Harry? Immagino che anche lui sia felice adesso
ora che ci a ritrovato i genitori”.
Proprio
in quel momento
si sentì bussare alla porta e la voce di Harry urlare da
fuori ad Hagrid di
aprire.
ANGOLO
AUTRICE
Ciaoooo!!!
Ecco qui un altro capitolo, questa volta spero
un po’ più allegro.
Avete
visto che ho inserito anche Hagrid?? Eh, non poteva
mica mancare il buon vecchio gigante. E Sam si è licenziata.
Ci rimarranno
molto male i suoi studenti?? Ma quanto si capisce che mi sta in c**o la
Umbridge??
Vabbè
dai, questo era un altro capitolo in merito
soprattutto ai pensieri di Sam e non solo. Sembra quasi che sia tornata
bambina.
Ok,
il resto dei commenti li lascio a voi, sia positivi
che negativi e spero di riceverne un po’ di più.
Un
bacio e un abbraccio dalla vostra Milly.
PUFFOLA_LILY:
sono contenta che ti sia piaciuto anche lo
scorso capitolo e spero che questo ti piaccia altrettanto *w*. Eh
sì, Sam e
Sirius sono dolcissimi anche se a volte mi vengono un
po’… come si può dire…
affiatati. È il termine giusto?? Bo’,
sarà colpa dei miei ormoni ogni volta che
pensano a Sirius a petto nudo O.O
FEDE15498:
oooh, ma sembra che io e te abbiamo parecchie
cose in comune. Tranne la classe però, io sono in terza
superiore. Se vuoi
posso darti ripetizioni in qualcosa, me la cavo in italiano e nelle
lingue. Ok
dai, torniamo alla storia: mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo, specialmente la parte tra Lily e Piton visto che io non ne
ero molto
convinta. Roxy è molto felice di sapere che la foto ti
è piaciuta, ovviamente
ce ne sarà anche una terza più avanti xD. Un
bacio, Milly.
STEFANMN:
bene, spero allora che tu abbia fatto bei
sogni. :D per quanto riguarda Voldemort, invece, beh, ci
sarà più avanti,
tranquillo. Ma non è il personaggio più
importante qua, mi dispiace. Un bacio,
Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 49 *** Capitolo quarantassette ***
(“Carpe
diem, ragazza mia, carpe diem”.)
Lily
e Sam erano sedute ad un bar in Diagon Alley
dopo una stancante spedizione di shopping; avevano deciso di uscire
quel
giorno, così da distrarsi un po’ e dimenticarsi di
tutti i problemi con
Voldemort, con l’Ordine, il Ministro e anche con i mariti e i
fidanzati
stressanti. E adesso, per riposarsi un po’ i piedi, si erano
piazzate ormai da
mezz’ora davanti ad una fumante tazza di cioccolato caldo.
Per essere i primi
di Aprile faceva ancora piuttosto freddo.
“Hai
visto che ci ha fatto bene uscire un po’?”
sbottò a un tratto Lily pulendosi i baffi di schiuma con la
lingua.
“Sì,
lo penso anch’io”. Le rispose Sam con un
sorriso. Sì, a lei aveva fatto proprio bene e poi era da un
po’ che voleva
rifarsi il guardaroba.
“Sai,
io e Sirius pensavamo di riprovarci. Ad avere
un bambino, intendo”. Le confidò Sam guardandola
negli occhi verdi.
“Davvero?!
Ma è fantastico!” esclamò Lily con gli
occhi luminosi. “Chi l’avrebbe mai detto che un
giorno Sirius avrebbe messo su
famiglia”. Aggiunse la rossa facendo ridere anche
l’altra. “E sai che cosa
anche?”
“Che
cosa?”
“Anche
io e James vorremmo avere un altro bambino”.
“Ma
dai?!” si soprese Sam. Poi però notò
che nello
sguardo di Lily c’era qualcosa di strano, come un velo di
preoccupazione misto
a malinconia. Perciò aggiunse. “Ma?”
“Perché
pensi che ci sia un ma?”
“Perché
te lo leggo in faccia”.
Effettivamente
c’era, ormai Lily non poteva più
negarlo.
“Ho
paura”.
Sam
inarcò un sopracciglio. “Di cosa?”
“Che
quello che è successo con Harry possa
ripetersi. Sì, lo so che è una cosa stupida
ma… insomma, non riesco a fare a
meno di pensarci. E poi mi sentirei come se lo usassi per fare quello
che con
Harry non ho potuto fare. Mi sento ancora in colpa per non esserci mai
stata per
lui…”.
“Lily”.
La bloccò Sam appoggiando una mano sul
quella della cognata che teneva stretta la tazza di cioccolato come se
fosse un
salvagente a cui aggrapparsi per non annegare. “Primo, la
stessa disgrazia non
capita mai due volte e secondo, anche Harry sarebbe felice di avere un
fratellino o una sorellina, ne sono sicura. E non ti incolpa affatto
per non
esserci mai stata”.
“Sì,
ma sento che avrei potuto fare di più”.
“E
invece hai fatto tutto ciò che potevi quella
notte. È di Voldemort che stiamo parlando!”
cercava di confortarla la cognata.
Fra
le due calò per un po’ il silenzio, poi Sam le
chiese. “Ne hai parlato con James?”
“No,
lo sai che cosa mi direbbe lui. E poi lo
vorrebbe tanto un altro bambino”.
Sam
semplicemente annuì capendo benissimo che cosa
intendesse la cognata; conosceva bene le reazioni del fratello.
Poi
spostò lo sguardo sulla strada e vide la vetrina
di un negozio di abiti da sposa che metteva in bella mostra alcuni tra
i
vestiti più belli. Alla ragazza si illuminarono
immediatamente gli occhi.
Lily
seguì il suo sguardo e capì immediatamente.
“Carpe
diem, ragazza mia, carpe diem”. Le suggerì
con un sorriso.
(“Ma
che cosa c’è dentro quel sacchetto?"
“E’ il mio abito da sposa”.)
Lily
e Sam rientrarono a casa dove trovarono i
rispettivi mariti e fidanzati ad attenderle.
“Ma
quanta roba avete comprato?!” esclamò James
sgranando gli occhi davanti a tutti quei pacchi e sacchetti che
tenevano nelle
mani le due donne.
“Solo
lo stretto necessario”. Rispose Lily con un
sorrisetto divertito.
“Stretto
necessario? Mi sembra che abbiate
prosciugato tutti i negozi di Diagon Alley. E avete prosciugato anche
le nostre
tasche”. Commentò Sirius in tono acido.
“Esagerato!”
sospirò Sam divertita. “Siamo donne, lo
shopping fa parte del nostro DNA”.
“Ma
che cosa c’è dentro quel sacchetto?” le
chiese
poi il fidanzato puntando il dito contro un sacchetto che aveva
particolarmente
attirato la sua attenzione e dal quale vedeva spuntare un pezzo di
stoffa
bianco racchiuso da un involucro.
“Questo
ancora non lo puoi vedere”. Gli rispose la
ragazza portandosi il sacchetto al petto e mostrandogli uno sguardo
malizioso.
Poi si avviò su per le scale ma prima aggiunse
perché si sarebbe divertita nel
vedere la sua reazione. “E’ il mio abito da
sposa”.
(…
credo proprio di essermi innamorato”.)
“Ma
tu che cosa provi nei suoi confronti?” chiese
Hermione rivolta ad Harry. I due ragazzi si trovavano in biblioteca; la
riccia
stava cercando un libro su uno scaffale mentre l’amico le
raccontava dei suoi
problemi di cuore.
“Beh…
mi piace stare con lei, anzi, lo adoro”. Le
rispose lui leggermente imbarazzato, ma tanto con Hermione poteva
parlare di
tutto. Con Ron no di sicuro, avrebbe reagito male, soprattutto visto la
persona
di cui stavano parlando. “Lei mi piace un sacco, mi diverto e
poi è bella…
molto bella”.
“E
magari diventi irrimediabilmente geloso tutte le
volte che la vedi parlare con un altro ragazzo”. Aggiunse
Hermione
scherzosamente.
“Si
nota tanto?” le chiese l’amico passandosi una
mano tra i capelli.
“Beh,
se uno non ci fa troppo caso…”.
Fra
i due cadde un attimo di silenzio, poi Harry
continuò. “Dopo quel bacio che ci siamo scambiati,
beh, non so che cosa sia
successo… so solo che non riesco a smettere di pensarci, non
riesco a smettere
di pensare a lei, al suo viso, ai suoi capelli…”.
Hermione
si voltò verso l’amico guardandolo in un
modo strano. Harry però teneva lo sguardo basso
perciò non se ne accorse.
“Sai,
Hermione… credo proprio di essermi
innamorato”.
“Allora
non ti resta che fare una cosa”.
“Cosa?”
“Dichiararti”.
Gli rispose decisa la ragazza.
“Dichiararmi?”
Harry spalancò gli occhi.
“Certo,
dichiararti. Dirle che la ami”.
“Non
mi sembra tanto una buona idea”.
“E
perché no?”
“Beh,
perché… se mi dicesse di no,
insomma…”.
“Non
farti tutte ste seghe mentali, Harry! Diglielo
e basta. Se poi ti dice di no, beh, potrete essere solo
amici”.
“Non
credo che in quel caso sarebbe facile essere
amici, soprattutto per me”.
“Beh,
provaci lo stesso. Magari invitala prima ad
uscire e vedi come vanno le cose”. Gli consigliò
Hermione. Lei in realtà sapeva
benissimo che la ragazza di cui Harry si era preso una sbandata sarebbe
stata
felicissima di sentire una sua dichiarazione o anche semplicemente di
uscire
con lui, però voleva tenerlo un po’ sulle spine e
non voleva facilitargli la
cosa. I maschi bisogna farli soffrire un po’.
“Beh,
forse potrei farlo”. Concluse infine Harry.
Né
lui né Hermione però si erano accorti che Cho
Chang li stava spiando da dietro una libreria e che, non appena
sentì tutto
quel discorso, si allontanò via saltellando e felice come
una Pasqua credendo
che Harry si fosse innamorato di lei. Purtroppo però non
aveva avuto la
furbizia di sentire l’ultima frase detta dal ragazzo.
“Secondo
te Ron mi ucciderà se gli dico che mi sono
innamorato di sua sorella?”.
(“Ehi
sorellina, con chi credi di star parlando?”
“Con mio fratello, il perdente”.)
“Sam!
James!” chiamò il signor Potter. “Venite
qua”.
I
due lo raggiunsero nella stalla dove si trovava il
padre e lo guardarono curiosi.
“Che
c’è?”
“Guardate
un po’!” esclamò l’uomo
nascondendo un
sorrisetto divertito e contento.
Non
appena Sam e James entrarono nella stalla
rimasero a bocca aperta; due bellissimi cavalli, uno bianco come la
neve,
l’altro nero come la notte, li guardavano maestosi con i loro
grandi occhi
scuri.
“Oh
mio Dio, papà!” esclamò Sam sorpresa
come lo era
stata poche volte nella sua vita.
“Quella
bianca è Princess e quello nero è Blackie.
Vi piacciono?”.
“Sono
bellissimi”. Sospirò James non riuscendo a
distogliere lo sguardo dai due animali. Si ricordava quando da giovani
avevano
altri due cavalli e uno di questi era Choccolate, quello a cui erano
più
affezionati. Ovvio, quei due cavalli non sarebbero mai riusciti a
sostituire
Choccolate però… erano pur sempre meravigliosi.
“Perché
non vi fate una cavalcata?” propose il
signor Potter.
Sam
afferrò immediatamente una sella e incominciò a
preparare il cavallo nero.
“Jimmy,
sei pronto a essere battuto?”
“Ehi
sorellina, con chi credi di star parlando?”
“Con
mio fratello, il perdente”.
“Te
lo faccio vedere io chi è il perdente”.
A
Robert Potter sembrò di rivedere di nuovo i suoi
piccoli Sam e James, quei due ragazzi spensierati che si divertivano a
farsi
gli scherzi e prendersi in giro.
Così,
mentre li
guardava cavalcare nel sole luminoso di Maggio che illuminava il bosco
poco
lontano dalla casa, rientrò dentro dove lo aspettava la
moglie. Avevano deciso
di tirarla fuori dal San Mungo sebbene ancora non si sia ripresa del
tutto e la
sua memoria non aveva ancora recuperato tutti i ricordi.
Però sembrava stare
decisamente meglio, non aveva più avuto nessuna crisi e
tutti credevano che
stare con i propri figli e la propria famiglia l’avrebbe
aiutata.
SPAZIO
AUTRICE ESAURITA
Salveeee!!!!!
Sorpresi di risentirmi così presto??
Ebbene, che ve ne pare di questo capitolo?? Finalmente un po’
di tranquillità
per i nostri personaggi. Sam e James hanno avuto dei cavalli nuovo e
non
pensate che abbia fatto apposta a chiamare uno dei due Blackie,
semplicemente
non mi veniva in mente un nome abbastanza adatto per un cavallo nero.
Sapete
com’è, non ho molta fantasia per i nomi degli
animali, mentre Harry si
è preso una bella sbandata per Ginny. Lo
so che in realtà dovrebbe succedere al sesto anno ma ho
deciso di anticipare le
cose, non penso ci sia niente di male.
E
vi avviso che presto ci sarà anche un matrimonio in
grande stile!!! xD
E
secondo voi, Sam e Sirius e Lily e James riusciranno ad
avere un altro bambino?? E saranno maschietti o femminucce??
Continuate
a recensire e spero anche che i commenti
aumentino che mi fa sempre piacere riceverne, sia positivi che negativi.
Un
beso, la vostra Milly.
FEDE15498:
eh beh, Sam non si farà mai mettere i piedi in
testa quindi si farà sempre sentire, nel bene e nel male. E
sì, anche io ci
rimarrei malissimo se un insegnante del genere se ne andasse. Cmq per
le
ripetizioni stavo solo scherzando, sono contenta che tu vada bene a
scuola e in
tutte le materie, penso sia una cosa importante. Io invece ho un
pessimo
rapporto con la matematica, pessimo ma proprio pessimo
>.< della serie,
io sto alla matematica come Sam sta alla Umbridge -.- ok, spero di
risentirti. Un
bacio, Milly.
PUFFOLA_LILY:
certo che non sei l’unica che diventa mezza
folle quando pensa a Sir mezzo nudo :p ci sono anche io, eh…
xD davvero ti
rivedi in Sam? Ahah, bene, mi fa piacere. Sinceramente, per
realizzarla, credo
di essermi ispirata ad un lato del mio carattere che
c’è ma che raramente esce,
mentre la nostra Sam lo mostra spesso. Spero allora che ti sia piaciuto
anche
questo capitolo e alla prossima, mi raccomando :D kisskiss, Milly
STEFANMN:
la Umbridge sta sulle scatole a tutti. Trovami una
persona a cui piaccia. Hagrid invece è un simpaticone,
concordo con te :D alla
prossima, Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 50 *** Capitolo quarantotto ***
(“Tutto
qui quello che sai fare?”)
L’Ordine
della Fenice insieme ad alcuni ragazzi
dell’Esercito di Silente stavano combattendo una dura lotta
nella stanza
dell’Ufficio Misteri dopo che Harry aveva fatto
quell’orribile sogno su
Voldemort che torturava suo padre per avere qualcosa da lui. Non aveva
minimamente pensato che potesse trattarsi di una trappola e adesso
vedeva i
suoi amici e le persone che più amava rischiare la pelle.
Però
se la stavano cavando tutti piuttosto bene.
“James,
dietro le spalle!” urlò Remus in direzione
dell’amico che, dopo aver messo K.O. il Mangiamorte contro
cui stava
combattendo, si voltò e
ne vide un altro
che proprio in quel momento gli scagliò contro un raggio di
luce verde. James
riuscì ad abbassarsi appena in tempo grazie ai suoi riflessi.
“Non
si attacca mai alle spalle, vigliacco!” gli
urlò prima di lanciargli un’Everte Statim in pieno
petto e mandarlo dalla parte
opposta della stanza.
Ad
un tratto però sentì Luna urlare e la
trovò
sdraiata per terra con un Mangiamorte che la sovrastava
dall’alto e le puntava
addosso la bacchetta minaccioso. Fece per soccorrerla ma fu preceduto
da
Kingsley Schaklebolt che mandò a gambe all’aria
l’aggressore della piccola
Corvonero.
James
allora cominciò a guardarsi attorno in cerca
del figlio e lo trovò che aveva appena scagliato una potente
Stupeficium contro
un Mangiamorte facendogli sbattere la testa sul muro.
“Bel
colpo, figliolo”. Gli disse con un sorriso
malandrino.
“Grazie”.
Sam
invece era impegnata in un duello senza freni
contro un altro seguace di Lord Voldemort al quale era scivolata la
maschera
scoprendo il volto di Lucius Malfoy; doveva ammettere che il biondo era
piuttosto bravo e ci sapeva fare molto bene con la bacchetta ma lei
riusciva a
tenergli testa benissimo. Sperava solo di riuscire a metterlo al
tappetto il
più presto possibile così da poter andare ad
aiutare gli altri.
“Tutto
qui quello che sai fare?” sentì Sirius urlare
e lanciandogli un’occhiata di sottecchi lo vide che
combatteva contro Bellatrix
che fumava perfidia da tutti i pori. Aveva una brutta sensazione, non
c’era
affatto da scherzare con Bellatrix e così aveva continuato a
lanciargli
occhiate per tenerlo sotto controllo mentre lei combatteva ancora
contro
Malfoy. In quel caso le avrebbe fatto proprio comodo l’occhio
magico di Moody.
Finalmente
riuscì a disarmarlo e a ferirlo alle
gambe facendolo cadere e gemere per il dolore. Vide anche
un’altra cosa però
che le piacque molto poco; Sirius era riuscito a far cadere a terra la
cugina e
ora se la rideva in modo piuttosto sguaiato urlandole che era una
schiappa.
Bellatrix però aveva ancora in mano la bacchetta e Sam la
vide sollevarla e
puntarla contro l’Animagus che si trovava immediatamente
davanti al Velo.
Senza
pensarci due secondi di più si precipitò dal
fidanzato e lo buttò a terra proprio mentre un raggio di
luce rossa passava
sopra le loro teste.
“Sam?”
sussurrò lui alla ragazza sdraiata sopra di
lui. Poi si accorse con orrore che lei stava sanguinando dal braccio.
“State
bene ragazzi?” chiese Tonks inginocchiandosi
accanto ai due.
“Sì,
è solo un graffio”. Le rispose Sam guardando la
ferita che aveva al braccio e che in realtà era molto
più profonda di un
semplice graffio.
In
quel momento, con lo sgomento e la paura di
tutti, comparve Lord Voldemort in persona che si scagliò
contro Harry per avere
la Profezia che il ragazzo teneva ancora in mano.
(“Adesso
non vi resta che da fare ancora una cosa”.)
Sam,
James e Remus si trovavano fuori dall’aula
delle udienze al Ministero e continuavano ad andare avanti e indietro
davanti
alla porta per il nervoso; Sirius era entrato lì dentro da
circa una ventina di
minuti.
Dopo
che il Ministro della Magia era arrivato al
Ministero durante la battaglia insieme a Silente, finalmente si era
reso conto che
Sirius non era affatto un Mangiamorte, vedendolo combattere dalla parte
dei
buoni, e che non aveva commesso nessun reato, trovando Peter Minus che
combatteva insieme agli altri Mangiamorte. Inoltre aveva ascoltato la
dichiarazione di James che gli aveva raccontato dello scambio di
Custode
Segreto e di tutto ciò che ne è derivato.
I
tre che se ne stavano lì fuori però, non
riuscivano a capire perché adesso si dovesse fare questa
specie di mini
udienza, non potevano dichiararlo innocente e basta? Probabilmente si
trattava
solo di cose burocratiche.
A
un tratto però videro la porta aprirsi e Sirius
uscire dall’aula insieme a Moody e Kinglsey.
“Allora?”
chiesero James e Remus in coro.
“Assolto!”
rispose Sirius con un sorriso.
“Evvai!”
esclamò Sam contenta saltandogli
praticamente in braccio.
“Lentiggini,
così mi uccidi”. Commentò
l’Animagus
divertito.
“Adesso
non vi resta che da fare ancora una cosa”.
Disse James rivolto alla sorella e all’amico.
I
due lo guardarono senza capire.
“Celebrare
il matrimonio”.
“Ha
ragione”. Aggiunse Sam ancora tra le braccia del
fidanzato. “E io so già dove anche”.
(Era
tutto perfetto, sarebbe stato tutto perfetto.
Come nei suoi sogni di bambina.)
In
quei quattro giorni c’era stato parecchio
movimento ad Hogwarts, soprattutto nel cortile di Trasfigurazione dove
c’era un
via vai frenetico di persone che andavano e venivano.
Gli
studenti guardavano ancora piuttosto sbigottiti
tutte quelle persone che si davano parecchio da fare e sembravano
prendere le
misure di ogni cosa, persino delle piante. Beh, ormai avevano ricevuto
la
notizia dal preside che presto nel loro castello si sarebbe tenuto un
matrimonio, più precisamente il penultimo giorno di lezioni.
Quello che però li
aveva sorpresi di più, insieme al ritorno di Voldemort, era
chi si sposava:
Samantha Potter e Sirius Black.
La
loro ex insegnante di Cura delle creature magiche
con l’ex famigerato pluriomicida. Erano rimasti piuttosto
scioccati quando
avevano letto sulla Gazzetta dell’innocenza del rampollo di
casa Black,
qualcuno non ci credeva, a qualcuno sembrava pure non importare mentre
a
qualche altro, la maggior parte, dispiaceva per lui, del fatto che
aveva dovuto
passare dodici anni nella prigione più terribile del mondo
senza che avesse
commesso alcun crimine.
“Sam,
che dici se i fiori li mettiamo lungo la
navata che devi percorrere?” chiese Amelia,
l’organizzatrice che Sam aveva
ingaggiato per aiutarla a preparare il matrimonio, rivolta alla futura
sposa.
“Sì,
mi va benissimo!” le rispose la ragazza
voltandosi poi dall’altra parte. “Mamma, secondo te
è meglio il vino o lo
spumante da mettere a tavola?” urlò poi in
direzione della madre che finalmente
si era ripresa e sembrava essere completamente guarita dal male che le
aveva
fatto perdere completamente la memoria; i medici avevano detto che si
era
trattato di un miracolo però tutti erano stati felicissimi
di questo. In
verità, la donna aveva ancora alcuni ricordi da recuperare,
però sembrava ci
stesse riuscendo bene, con l’aiuto anche del marito e dei
figli.
“Mmmh,
mettiamoli tutti e due, tesoro!” le rispose
la madre con un sorriso.
“Sì,
ma poi non vorrei che papà e James si
ubriachino e si mettano a ballare sui tavoli”.
“Oh,
tranquilla. Baderò io a quei due”.
Ormai
era quasi tutto pronto, sembrava non mancasse
più niente, le decorazioni, la torta, il cibo e le bibite
per il banchetto, i
fiori, il prete e persino gli abiti degli sposi. Presto sarebbe
arrivata anche
Kathrin, l’amica di Sam che le avrebbe fatto da damigella
insieme a Isabel.
Era
tutto perfetto,
sarebbe stato tutto perfetto. Si disse Sam. Infondo, bastava che ci
fossero i
suoi amici, i suoi parenti e Sirius e per lei sarebbe stato comunque
meraviglioso. Come nei suoi sogni di bambina.
SPAZIO
AUTRICE IN VACANZA FISICAMENTE E MENTALMENTE
Ciaooooooooo!!!!
Eccomi qua, con queste vacanze ho deciso
di approfittarne e di postare un altro capitolo, non solo di questa ma
anche
delle mie altre due storie. Spero che anche voi vi stiate godendo
queste vacanze,
i ponti sono veramente una gran cosa.
Allooooora,
che ve ne pare?? Spero vi sia piaciuto questo
cap. sebbene alla fine non succede granché. La battaglia al
Ministero mi sembra
piuttosto importante quindi non ho voluto toglierla, l’unica
cosa che ho cambiato
è che non ho fatto morire Sirius (anche perché,
se lo avessi fatto, sicuramente
questa volta mi avreste uccisa sul serio e fra atroci torture scommetto
xD) e
non mi andava di mettere tutta la parte della lotta tra Voldemort e
Silente
perché quella penso la conosciate già, quindi mi
sembrava anche un po’ inutile
e noioso.
Nel
prossimo capitolo finalmente… IL MATRIMONIO!!!!
Per
fortuna che Sirius è stato assolto se no dovevano
celebrarlo in segreto J
Bene,
dopo avervi annoiato un bel po’ penso di potervi
lasciare.
Spero
di ricevere un sacco di recensioni e… beh, vi
saluto, che è meglio.
Un
beso, Milly.
FEDE15488:
anch’io alle medie andavo bene in matematica
sebbene non mi sia mai piaciuto, è alle superiori che sono
diventata un
disastro. Ma basta, non voglio di certo demoralizzarti con questi
argomenti,
piuttosto parliamo della storia che è meglio, mi sa. Allora,
per quanto
riguarda il sesso dei nuovi figli, io ho già deciso, ma
dovrai portare un
pochino di pazienza :p invece, proprio come speravi, la signora Potter
si è
ripresa e potrà partecipare al matrimonio della figlia. Yuhuhuhuhu!!! J comunque, mi dispiace per Cho ma a me sta
proprio
antipatica e nei prossimi capitoli non si farà una bella
figura. Spero
che ti sia piaciuto anche questo e un bacione, Milly.
STEFANMN:
mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo e che ti piaccia la coppia Harry/Ginny. Piacciono anche a me. J
spero di risentirti, un
beso, Milly
PUFFOLA_LILY:
ehehe, e chi non se li immagina i figli dei
mitici malandrini xD Comunque penso che SIrius sarebbe da sbavo anche
con un
costume da zucca indosso, eheheh :p Comunque, per rispondere alla tua
domanda,
Sirius adesso dovrebbe avere quasi 36 anni mentre Sam ha tre anni in
meno del
fratello perciò ne ha quasi 33. Spero di risentirti, un
bacione. Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 51 *** Capitolo quarantanove ***
(“Sono
veramente felice per te, Sally”.)
Sam
si trovava in una delle tante aule del castello
di Hogwarts, davanti ad uno specchio gigante; l’abito bianco
le fasciava tutto
il corpo lasciandole scoperte le braccia e senza celarle tutte le sue
curve più
perfette. Il velo poi non era molto lungo ed era incastrato
perfettamente tra i
boccoli dei suoi capelli raccolti in una morbida crocchia con un paio
di ciuffi
lasciati cadere davanti al viso.
Un
dolce sorriso le increspava le labbra mentre si
ammirava allo specchio; quasi non ci credeva, quel giorno era
finalmente
arrivato.
Sirius
la aspettava poco fuori da quella stanza, nel
cortile di Trasfigurazione, dove si sarebbero fatti la loro promessa e
si
sarebbero messi al dito quel paio di fedi che li avrebbe uniti per
sempre.
Proprio sotto all’albero dove si erano scambiati il loro
primo bacio.
“Sei
bellissima, sorellina”. Sentì una voce che le
diceva dalla soglia della porta. Si voltò e trovò
il fratello che le sorrideva
dolcemente, quel sorriso che riservava solo a lei e a pochi altri.
“Mi sa che
Sirius sverrà quando ti vedrà”.
“Spero
di no, altrimenti ci toccherà posticipare il
matrimonio”. Gli rispose la ragazza divertita.
James
le si avvicinò con le mani in tasca e l’aria
spavalda; eh sì, era tornato ad avere il solito portamento
da latin lover di
sempre, anche se forse inconsapevolmente.
I
due si strinsero in un abbraccio stretto, uno di
quei rari abbracci che si erano scambiati.
“Sono
veramente felice per te, Sally”. Sussurrò
James tenendo la sorella ancora stretta a sé.
Quando
poi si staccarono si guardarono negli occhi
identici.
“Bene,
ora vado. Devo svolgere il mio compito da
testimone, ovvero calmare lo sposo”. Le disse poi col suo
solito sorriso
malandrino e prendendo ad allontanarsi.
Prima
di uscire dalla porta però, si volse di nuovo
verso la ragazza e aggiunse.
“Non
farti venire un colpo però quando Sirius ti
dirà il suo discorso”.
“Cosa?
Quale discorso?!” esclamò Sam spalancando gli
occhi e sentendosi pervadere da un leggero senso di panico.
James,
per tutta risposta, ridacchiò.
(Mai
Hogwarts era stata più allegra
e
bella di quel giorno.)
Harry
uscì nel cortile andando a sedersi vicino a
Ron ed Hermione, sulla panca riservata agli studenti di Grifondoro
lanciando
un’occhiata divertita a James che cercava di calmare un
Sirius piuttosto
pallido che se ne stava seduto su una delle poche sedie rimaste libere.
I posti
a sedere erano stati messi in modo piuttosto ordinato; ogni Casa della
scuola
aveva le proprie panchine riservate e ce n’erano altre anche
per gli invitati
dei due sposi.
Perciò
in quel momento il cortile era strapieno di
gente. E mai Hogwarts era stata più allegra e bella di quel
giorno. Tutti
partecipavano con allegria e divertimento a quel matrimonio, eccetto i
Serpeverde che consideravano tutto quello stupido, insulso e
mortalmente
sdolcinato.
Dopo
poco partì la marcia nuziale, suonata al piano
da Remus, e le damigelle di Sam, Izzy e Kate, iniziarono la loro
sfilata
tenendo in mano i bouquet precedute però dalla
più piccola delle figlie di
Isabel che spargeva i petali di rose.
Poi
arrivò anche la sposa e immediatamente tutti i
presenti si alzarono in piedi con gli occhi puntati su di lei; Sam
camminava a
braccetto del padre con passo sicuro e fiero, bellissima nel suo
vestito
bianco. Teneva lo sguardo puntato su Sirius mentre si dirigeva verso di
lui che
l’aspettava sotto all’albero dove si erano
scambiati il loro primo bacio.
(Ti
amo con i tuoi difetti e con i tuoi pregi, ti amo
per quello che sei, per come mi fai
sentire…”.)
“Sam,
non sono mai stato bravo con le parole…”.
Iniziò Sirius con il suo discorso, guardando la fidanzata
dritto negli occhi
nocciola, come a voler incatenare i loro sguardi. Si vedeva chiaramente
che era
emozionato. “In realtà non sono mai stato bravo in
niente, nemmeno ad amare. Ma
tu mi hai completamente cambiato, mi hai reso un uomo migliore e non
riesco
nemmeno a immaginarmi una vita senza di te. Vorrei passare con te il
resto dei
miei giorni, anche se dovessero essere pochi perché in
questa schifosa guerra
non si sa mai come potrebbe andare a finire. Non m’importa,
non m’importa
perché vicino a te sono felice e questo mi basta. Pure se
dovessi morire domani
o il mese prossimo o fra un anno, non me ne importerebbe
perché saprei che i
miei ultimi giorni sono stati felici, perché tu eri con me.
Mi importa solo che
a te non succeda niente, mi importa solo che tu sia felice e che riesca
ad
avere tutto dalla vita. E io farò di tutto perché
questo accada. Tu sei la mia piccola
e dolce Lentiggini e lo sarai per sempre. Ti amo, ti amo più
di qualsiasi altra
cosa al mondo”.
Sam
ascoltò tutte quelle parole senza riuscire a
distogliere lo sguardo da Sirius e sentì addirittura pungere
gli occhi per le
lacrime di emozione e felicità che volevano uscire. Ma non
voleva lasciarle
andare.
“Beh,
visto che hai fatto questo enorme sforzo,
penso di doverlo fare anche io, sebbene non mi sia preparata
niente”. Cominciò
anche Sam guardando il fidanzato dritto negli occhi grigi. In quel
momento era
come se non ci fosse nessuno, solo loro due e il loro immenso amore.
She said, I was seven and you were nine
I looked at you like the stars that shined
In the sky, the pretty lights
And our daddies used to joke about the two of us
Growing up and falling in love and our mamas smiled
And rolled their eyes and said oh my my my.
“Mi
ricordo ancora quando ero piccola e
mi piaceva tantissimo guardare le stelle. Mio padre mi diceva che le
stelle
erano i sogni di tutte le persone che vivevano su questo pianeta e
quando ne
cadeva una allora significava che il sogno di qualcuno si era avverato.
Così
io mi mettevo a guardare il cielo, la notte, e sperare che una stella
cadesse
anche per me. Avevo un sacco di sogni allora soprattutto trovare il mio
Principe Azzurro che mi portasse via sul suo cavallo bianco. Poi,
crescendo, ho
capito che questi sogni erano veramente assurdi, che non sarebbero mai
potuti
diventare realtà perché erano solo favole.
Finché non ho incontrato te. Mi
ricordo ancora il giorno in cui ci siamo conosciuti e inconsapevolmente
mi sono
innamorata di te, eri tu il mio Principe Azzurro. E lo sei anche
adesso. Ti amo
con i tuoi difetti e con i tuoi pregi, ti amo per quello che sei, per
come mi
fai sentire…”.
Take me back to the house in the backyard
tree
Said you'd beat me up, you were bigger than me
You never did, you never did
Take me back when our world was one block wide
I dared you to kiss me and ran when you tried
Just two kids, you and I...
Oh
my my
my my.
“Ti
amo per il tuo semplice modo di
essere. Mi ricordo anche di quella volta quando ci trovavamo nel
giardino di casa
mia e tu avevi detto che mi avresti picchiata perché eri
più grande di me e tu
non mi sopportavi mentre io ero solo innamorata di te. Oppure, quando
mi avevi
baciata, proprio sotto questo albero dove ora ci stiamo sposando. Non
ho mai
capito che cosa significasse, forse volevi solo consolarmi
o… non lo so, ma
eravamo solo ragazzi, ragazzi ignari di tutto quello che succedeva
fuori,
ignari della guerra, della vita…”.
I was sixteen when suddenly
I wasn't that little girl you used to see
But your eyes still shined like pretty lights
And our daddies used to joke about the two of us
They never believed we'd really fall in love
And our mamas smiled and rolled their eyes
And said oh my my my...
“Mi
ricordo anche di quella volta,
quando avevo sedici anni e non ero più quella piccolo
bambina che eri abituato
a vedere, non ero
più la piccolo Sam. Però
tu continuavi ad
essere il mio
inconsapevole Principe Azzurro e i tuoi occhi per me brillavano proprio
come le
stelle. Nessuno avrebbe mai pensato che ci saremmo innamorati. Nemmeno
noi due”.
Take me back to the creek beds we turned
up
Two A.M. riding in your truck and all I need is you next to me
Take me back to the time we had our very first fight
The slamming of doors instead of kissing goodnight
You stayed outside til the morning light
Oh my my my my.
“A
volte vorrei soltanto poter riportare
indietro il tempo e rivivere quelle cose da capo. Come quando, quella
volta,
alle due del mattino, ero appena tornata a casa da un disastroso
appuntamento e
avevo soltanto bisogno di una spalla su cui piangere o di qualcuno con
cui
sfogarmi. James però non c’era, ma c’eri
tu. Così sei rimasto con me fino al
mattino, ad ascoltarmi, a consolarmi”.
A few years had gone and come around
We were sitting at our favorite spot in town
And you looked at me, got down on one knee
Take
me back to the time
when we walked down the aisle
Our whole town came and our mamas cried
You said I do and I did too
Take me home where we met so many years before
We'll rock our babies on that very front porch
After all this time, you and I
“Adesso
però tutto questo è passato, gli anni sono
passati e noi siamo cambiati. Quei
momenti che abbiamo vissuto non ritorneranno più. Quello che
conta però è che
siamo insieme e nessuno ci potrà più separare.
Adesso potremo finalmente vivere
insieme felici nonostante ci sia questa assurda guerra. Ma almeno
saremo
insieme, proprio come hai detto tu e tutto ci sembrerà
più facile. Ci sono le
nostre famiglie, i nostri amici e nessuno potrà portarceli
via perché nessuno
potrà portarci via l’amore”.
I'll be eighty-seven; you'll be
eighty-nine
I'll still look at you like the stars that shine
In the sky, oh my my my...
“E
spero di poter passare con te il
resto della mia vita. Chissà, forse avremo anche dei figli.
Finchè continueremo
ad amarci sarà come essere sempre insieme, qualsiasi cosa
accada. E io
continuerò a guardarti come una stella nel cielo, anche
quando saremo vecchi e
cadenti. Sarai sempre il mio Principe Azzurro”.
Durante
tutto questo discorso, Sam aveva
deciso di lasciar cadere le lacrime perché non riusciva
più a trattenerle e
inoltre non si vergognava più di mostrare i suoi sentimenti
a Sirius. Ora con
lui avrebbe condiviso tutto.
Sirius,
dal canto suo, non sapeva che
dire. Tutto quello che aveva detto lui prima, nel suo discorso, gli
sembrava
niente in confronto a quello che lei gli aveva detto.
Così
cercò semplicemente di baciarla ma
fu bloccato dal prete che non aveva ancora detto le fatidiche parole
finali.
“Fermi,
fermi un attimo!”
Gli
ospiti scoppiarono a ridere mentre
Sam e Sirius sbuffavano spazientiti.
“Con
il potere che mi è stato conferito,
io vi dichiaro marito e moglie”. Concluse e, rivolgendosi a
Sirius. “Ora potete
baciarvi”.
Sirius
sollevò Sam in braccio e le diede
un bacio passionale e intenso mentre tutti gli altri scoppiavano in
applausi
allegri e divertiti accompagnati da urla e fischi di giubilo e
c’era anche chi
si asciugava le lacrime con un fazzoletto, come Andromeda, la McGranitt
e la
madre di Sam.
Infine
la
ragazza lanciò il bouquet che finì tra le mani di
una sorpresa Ninfadora Tonks
che lanciò un’occhiata a Remus che sghignazzava
divertito al suo fianco.
ANGOLO
AUTRICE TERRIBILMENTE SDOLCINATA
Ma
ciaoooooooo!!!! Ecco qua finalmente il
capitolo tanto atteso, il matrimonio, nel prossimo ovviamente ci
sarà la
seconda parte.
Allora,
devo ammettere che questo capitolo è
stato un vero parto. L’avevo iniziato e poi non sapevo
più come proseguirlo
sebbene avessi già le idee e abbastanza chiare.
Però
devo dire che mi sono piuttosto sorpresa
di me stessa perché, insomma, credo di non aver mai scritto
una cosa più
sdolcinata di questa. Non so se avevo mangiato troppo miele quel giorno
oppure
se uno spirito zuccheroso e smielato si sia impossessato di me.
Mah,
sta a voi giudicare, comunque devo dire
che questo non è uno dei miei capitoli preferiti proprio
perché gronda zuccheri
da tutti i pori.
Per
la scena del bacio “senza permesso del
prete” mi sono ispirata a una puntata di Grey’s
Anatomy, quella del matrimonio
tra Izzy e Alex. Qualcuno di voi lo guarda? So anche che forse potrebbe
apparire un po’ strano che il discorso di Sam sia stato
più lungo di quello di
Sirius che se lo era anche preparato, ma per la ragazza avevo
più idee su cosa
farle dire visto che avevo come base la canzone che avete potuto
leggere. E, a
proposito della canzone, si intitola Mary’s Song (oh my my
my) di Taylor Swift.
Adesso
voi direte: e basta con questa Taylor!
Hai rotto!
Eh,
mi dispiace ragazzi, ma dovrete
sorbirvela perché nelle mie storie credo che
comparirà spesso visto che è una
cantante che adorooooo!!!!
Inoltre,
la canzone mi sembrava terribilmente
adatta a questa coppia. Andate a sentirvela se vi piace il genere.
È molto
bella.
Ultima
cosa che devo dire è che Sirius qui
forse è stato un po’ OOC, però dai, la
fic è mia quindi posso adattarlo xD
Bene,
penso di aver detto tutto ma se manca
qualcosa o se avete dubbi ditemelo pure lasciandomi qualche recensione.
Un
forte abbraccio dalla vostra Milly.
P.S.
quasi dimenticavo. Sotto vi lascio
un’altra foto di Sam e SIrius realizzata come sempre dalla
mia amica
roxy_black. Grazie roxyJ
e se lasciate un commentino anche alla foto farebbe piacere sia a
me che a lei.
FEDE15498:
ehilà!! Allora, hai visitato il
liceo?? Com’è?? Ma quale ti piacerebbe
frequentare?? Oddio, perdonami, non ho
certo intenzione di ficcare il naso nei tuoi affari, ma ho il difetto
di essere
alquanto curiosa xD bene, spero che questa prima parte del matrimonio
ti abbia
abbastanza soddisfatta, mentre la “bella” figura di
Cho arriverà nel prossimo
capitolo. Per quanto riguarda James ubriaco, invece, hmm, non so,
però mi stai
tentando :P un beso, cara. Alla prossimaJ
PUFFOLA_LILY:
eeeh, ti confesso che, prima di
far morire un Malandrino, dovrebbero spararmi almeno venti volte,
quindi, non
ti preoccupare :p ecco qua il tanto atteso matrimonio e nel prossimo,
la
seconda parte. Spero ti sia piaciuto. Ti mando un bacio. Ciao.
STEFANMN:
eh sì, finalmente un po’ di
felicità per i nostri eroi. Ma ora molte ragazze saranno
gelose con il nostro
bel Malandrino che si sposa. Eeeh, pazienza. Un abbraccio, Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 52 *** Capitolo cinquanta ***
(“Hai
sentito la ragazza? Sparisci!”)
“Te
lo avevo detto io che saresti stato bene con la
barba”. Disse Sam rivolta a Sirius con un sorriso divertito.
L’Animagus le
schioccò un bacio a sorpresa.
I
due si trovavano accanto alla tavola dei banchetti
e Black si era appena divorato due fette di torta sotto lo sguardo
scioccato e
divertito di Sam.
“Per
te farei questo ed altro”. Le disse lui
mandando giù un boccone di arrosto.
La
ragazza sospirò.
“Basta!
Ti ho detto che fra noi è finita!” sentirono
esclamare ad un tratto a una ragazza che si era appena avvicinata al
tavolo.
Era piuttosto carina, con quel vestito rosa pallido che le arrivava
fino alle
ginocchia, i capelli biondi e ondulati e gli occhi azzurri. Dietro di
lei c’era
un ragazzo piuttosto grosso e con la faccia da bulletto. Non era male,
ma si
vedeva che era il classico tipo tutto muscoli e niente cervello. E
sembrava che
la ragazza ce l’avesse proprio con lui.
“Ti
prego Cindy. Prometto che non lo faccio più”. Le
rispose lui con uno sguardo da cucciolo bastonato, uno sguardo che
evidentemente era abituato a fare.
“Sarà
la centesima volta che me lo prometti. Non
voglio più avere niente a che fare con te!
Sparisci!”
Le
sue urla attirarono l’attenzione dei neo sposini
che si trovavano lì vicino e la risposta del ragazzo fu
bloccata da Sirius che
gli disse schioccandosi le dita:
“Hai
sentito la ragazza? Sparisci!”
“Ma
io… lei…”.
“Sai,
non sono molto gentile con quelli che
tormentano le donne ed è da un po’ che non meno le
mani, perciò vedi di non
farmi perdere la pazienza. Sparisci!”
Il
ragazzo sbuffò ma alla fine si allontanò,
probabilmente intimorito dallo sguardo omicida che gli aveva lanciato
Black e
comunque sapeva che era stato accusato di omicidio, anche se
ingiustamente,
perciò non voleva mai che questa accusa diventasse fondata.
La
ragazza si voltò verso di lui con un sorriso
grato e sollevato.
“Grazie”.
Disse all’uomo. “Non sapevo più come
liberarmene. Meno male che lui sta per finire l’anno
così non lo vedrò più”.
“Tranquilla.
Se viene di nuovo a romperti fammi un
fischio”.
La
bionda ridacchiò.
“Ahah,
posso ripagarla in qualche modo?”
“Intanto
dammi del tu, non sono così vecchio. E poi…
beh, potresti concedermi un ballo”.
“Se
alla sua signora non dà fastidio”. Rispose la
ragazza lanciando un’occhiata a Sam che alzò gli
occhi al cielo.
“Va
bene”. acconsentì alla fine. “Ma ti
terrò
d’occhio ragazzina, quindi non mettergli le mani dove non
dovresti”.
Sirius
e la ragazza scoppiarono a ridere divertiti e
si inoltrarono verso la pista da ballo facendosi largo tra le altre
varie
coppie che stavano già ballando.
“Sirius,
erano molto belle le parole che hai detto
alla professoressa durante il matrimonio”. Disse a un certo
punto la ragazza
tenendo le braccia attorno al collo dell’uomo e guardandolo
negli occhi.
“Anch’io un giorno vorrei trovare un uomo
così romantico e innamorato di me”.
Sirius
sorrise. “Oh, non credere. Non sono sempre
stato così. Diciamo che anch’io da giovane ero
molto stronzo con le donne”.
“An
sì? Però si vede che sei innamorato di
Sam”.
“Sì,
lo sono. La amo da impazzire”. Mentre lo diceva
il volto dell’Animagus era diventato terribilmente serio e
sincero. Nemmeno tra
le braccia di quella bellissima e giovane ragazza si sarebbe potuto
dimenticare
il viso della sua Lentiggini. “Comunque, non è
giusto che tu sappia il mio nome
e io il tuo no”.
“Mi
chiamo Cindy Parker”.
“E
quanti anni hai, Cindy?”
“Sedici,
sto per finire il sesto anno. Tassorosso”.
“Oh”.
“Che
c’è, sembri deluso”.
“No.
È solo che adesso capisco perché quel ragazzo
non ti mollava. Voi Tassi siete un po’ troppo buoni di cuore
e perdonate
facilmente. Dovete cercare di essere un po’ più
duri invece”.
“Dici?”
“Certo”.
Sam
intanto se ne stava un po’ in disparte a
guardare Sirius e la ragazza ballare e chiaccherare. Anche lui era
tornato a
essere il solito Playboy. Un sorriso beato le era dipinto in viso. Si
sentiva
proprio felice, per la prima volta dopo tanto tempo. Amava suo marito e
lo
avrebbe amato per sempre, nel bene e nel male. Suo marito. Le suonava
così
strano. Ma immensamente bello.
Alla
fine si avvicinò a James e Lily che stavano
chiaccherando sotto ad un albero.
“Ehi,
fratellino. Mi concederesti un ballo o tua
moglie mi crucia?”
Lily
ridacchiò e spinse il marito per farlo andare
con la sorella. “Andate pure”.
Anche
Sam e James salirono sulla pista da ballo e
cominciarono a ballare abbracciati.
“Perché
sorridi?” chiese ad un tratto la ragazza
notando che il fratello ridacchiava.
“Guarda
dietro di te”.
Sam
si girò e anche a lei venne da sorridere notando
Remus e Dora che ballavano lentamente, lei con la testa appoggiata sul
suo
petto e lui che le cingeva la vita con le braccia in modo molto
protettivo.
(“Io
mio figlio non l’ho cresciuto così!” “No,
infatti tu non mi hai cresciuto”.)
James
stava chiaccherando con Sirius e Remus quando,
ad un tratto, si vide sfrecciare davanti Harry che andò a
nascondersi sotto al
tavolo. I tre uomini lo guardarono curiosi e sopresi, poi James si
abbassò
sollevando il bordo della tovaglia e incrociando gli occhi del figlio.
“Che
stai facendo?”
“Mi
sto nascondendo”.
“Sì,
questo l’ho notato. Ma da chi? E perché, per
l’amor del cielo?”
“Dalla
Chang. Mi sta appiccicata come una cozza e io
non la voglio. Crede che abbia ancora una cotta per lei”. Gli
spiegò il
ragazzo.
“E
tu saresti un Grifondoro??!! Io mio figlio non
l’ho cresciuto così!” gli
urlò James trascinandolo via da sotto al tavolo facendolo
rotolare nell’erba.
“No,
infatti tu non mi hai cresciuto”. Protestò
Harry massaggiandosi il braccio per il quale il padre l’aveva
afferrato per
tirarlo via dal suo nascondiglio.
“Vai!”
gli urlò James mollandogli un calcio per
farlo alzare. Harry gli fece una pernacchia ma alla fine raggiunse Cho
che se
ne stava al centro del parco.
“Finalmente
hai smesso di evitarmi”. Sospirò la
ragazza guardandolo con tanto d’occhi quando lui le
arrivò davanti.
“Senti
Cho… noi… dobbiamo parlare”. Le disse
lui con
sguardo basso.
“Oh,
ti renderò le cose più semplici. So cosa mi
devi dire e non ce n’è bisogno perché
anche io ti amo”.
Harry
questa volta alzò gli occhi su di lei
guardandola con un certo senso di panico.
“No,
ma che hai capito?!”.
“Sì,
ammettilo. Ti ho sentito quando lo dicevi ad
Hermione”.
“Non
mi stavo riferendo a te!” urlò Harry tanto che
l’attenzione di tutti quanti si spostò a lui e
alla Corvonero. “Mi riferivo a
Ginny Weasley! Io amo Ginny”.
Il
ragazzo non si era assolutamente reso conto di
averlo urlato nel bel mezzo del parco, soltanto quando Cho gli disse:
“Beh, non
c’era bisogno di farlo sapere a tutti” si
guardò attorno avvampando di vergogna
e desiderando di sprofondare nel terreno. La Corvonero si
allontanò sentendo
gli occhi pizzicarle per le lacrime mentre intorno a lui si era fatto
improvvisamente silenzio e tutti lo guardavano, chi un po’
sorpreso e chi
divertito. I Malandrini scoppiarono a ridere mentre Lily esclamava:
“Tutto suo
padre”.
“Sai,
adesso mi aspetterei un bacio”. Disse una voce
dolce che lo aveva appena raggiunto. Harry alzò lo sguardo e
si trovò davanti i
caldi occhi color cioccolato di Ginny e i suoi bellissimi boccoli
rossi. Era
bellissima con quel vestitino azzurro che evidenziava le sue curve.
Sentendo
andare via un po’ di imbarazzo, decise di
baciarla lì, davanti a tutti, fregandosi del fatto che ci
fossero almeno un
centinaio di persone che li guardavano. Qualcuno però gli
fece un applauso.
(“Adesso
ami Ginny".
“Sì.
E non posso farci niente.)
“Lo
so, sono stato uno stronzo”.
“Sì,
lo sei stato”.
Alla
fine, grazie ai calci in culo che gli aveva
dato Hermione, Harry si era deciso ad andare a parlare con Cho per
farsi
perdonare o almeno farle capire che era dispiaciuto. La sua migliore
amica gli
aveva fatto una ramanzina di mezz’ora dicendogli che non ci
si comportava così
con le donne e che è stato fortunato che lei non lo avesse
avada kadavrizzato
lì sul posto ballando sul suo cadavere.
Lui
di certo non ha potuto darle torto, così adesso
si trovava seduto vicino al Lago Nero con la Corvonero che cercava di
nascondere le lacrime e dirsi che non le importava niente di Potter e
delle sue
scuse. Lui di certo non avrebbe potuto rimettere insieme i pezzi del
suo cuore
infranto.
“So
che non mi meriterei il tuo perdono ma voglio
farti almeno capire che mi dispiace. Non avrei dovuto dirtelo a quel
modo che
amo un’altra però… però, non
so. Mi sono saltati i nervi e… sì, sono stato un
emerito coglione e ti prego di perdonarmi. Non avrei dovuto trattarti
così
soprattutto perché tu stai ancora soffrendo per Cedric e io
ti ho dato delle
false speranze. Mi dispiace. Comunque, quella volta che ci siamo
baciati nella
Stanza delle Necessità, non è stato uno sbaglio.
Mi piacevi veramente, ma
adesso…”.
“Adesso
ami Ginny”. Concluse Cho per lui senza
voltarsi a guardarlo.
“Sì.
E non posso farci niente. Tu sei una ragazza
carina, gentile, onesta e simpatica, troverai sicuramente qualcuno che
ti saprà
amare per come sei e non un idiota come me”.
La
ragazza alla fine non poté trattenere un sorriso
divertito per il modo in cui Harry si stava auto insultando solo per
farsi
perdonare. Non ci poteva fare niente, lo trovava così tenero
ed era difficile
tenergli il muso. E poi, lo doveva ammettere anche lei, si era soltanto
presa
una cotta per lui. Non lo amava veramente, aveva solo bisogno di
qualcuno che
le facesse dimenticare Cedric.
“D’accordo,
ti perdono”. Disse alla fine sorridendogli.
“Davvero?”
La
ragazza annuì e lui le sorrise sollevato.
“POTTEEEEEEER!”
si sentì chiamare ad un tratto e
quando si voltò, vide Ron che stava correndo nella sua
direzione con sguardo
piuttosto minaccioso, nella veste del fratello protettivo che lo voleva
scannare per aver baciato la sua sorellina.
“Oh
cazzo!”
(C’erano
ancora le speranze.)
“Scusate!
Posso avere la vostra attenzione?” fece
James da in cima ad una sedia attirando l’attenzione di tutti
quanti. “Allora,
in veste di testimone dello sposo, vorrei dire quattro paroline, visto
che oggi
tra l’altro i discorsi sembrano essere all’ordine
del giorno”.
Gli
ospiti ridacchiarono.
“Sono
felice che il mio migliore amico e la mia
sorellina abbiano trovato l’amore della loro vita. Certo, non
avrei mai detto
che Sam avrebbe scelto proprio quella zucca vuota di Sirius
ma…”.
“Ehi!”
esclamò Black tirandogli un tovagliolo sporco
addosso che Potter però riuscì a evitare
scansandosi leggermente.
“Sono
contento che abbiano trovato un po’ di
felicità…”.
A
un tratto l’uomo si bloccò vedendo Harry
sfrecciargli davanti inseguito da un terrificante Ron che stava
brandendo una
mazza da Quidditch. Poi però proseguì come se
niente fosse.
“Invece,
in veste di fratello maggiore
iperprotettivo, ci tengo a dire al mio caro cognato che, se
farà soffrire mia
sorella, ci penserò io stesso a farlo a pezzetti e vendere i
suoi organi al
mercato nero”.
Di
nuovo tutti quanti scoppiarono a ridere
divertiti.
“Adesso,
però voglio vedere anche l’altro mio
migliore amico felicemente accasato con accanto una bella mogliettina e
tanti
bambini”.
Remus
si sbattè una mano in fronte capendo benissimo
che si stava riferendo a lui.
Dopo
quel discorso, un appaluso sorse spontaneo e
James iniziò ad inchinarsi pavoneggiandosi scherzosamente.
“James
non cambierà proprio mai”. Commentò la
McGranitt con un sorriso divertito.
“Oh,
direi proprio di no”. Rispose Lily che si
trovava accanto alla professoressa. “Ma infondo, io lo amo
così”.
L’insegnante
la guardò dolce e comprensiva; ora
sembrava proprio cambiato tutto. Certo, Voldemort c’era
ancora, la guerra non
era finita. Ma avevano di nuovo accanto le persone che amavano e che
avevano
aiutato molto nella prima guerra.
C’erano
ancora le
speranze.
E’
PERMESSO??
Uuuh,
capitolo particolarmente lungo. Ho cercato di
metterci un po’ di momenti romantici e un po’ di
divertenti e spero di esserci
riuscita. Comunque, scusate se non ho postato prima ma, come vi avevo
detto, ho
finito i capitoli già pronti e quindi adesso devo
ricominciare a scriverli e,
siccome non ho abbastanza tempo tra compiti, scuola e vari impegni, non
vi
assicuro più un aggiornamento rapido come prima.
Ma
non vi preoccupate, non ho certo intenzione di
mollarla questa storia, soprattutto perché mi sembra piaccia
parecchio.
Bene,
il matrimonio è finito e avete pure assistito alla
“bella” figura di Cho, anzi, in realtà
sarebbe meglio dire che è stata una
“bella” figura di Harry o di entrambi. Mano male
che il ragazzo si è fatto
perdonare. Infondo, poveretta, l’aveva trattata proprio male.
Non è che la
Chang mi stia proprio antipatica, mi è semplicemente
indifferente, un po’ come
Malfoy. Però alla fine mi era dispiaciuto per lei quindi ho
cercato di
rimediare.
Bene
dai, sembra che le cose stiano andando per il meglio
per i nostri eroi e chissà se dureranno con la guerra che
imperversa.
Lasciatemi
un commentino che mi fanno sempre piacere.
Un
bacio,
Milly.
FEDE15498:
liceo artistico, eh? Wow, allora sai disegnare…
J
io
invece faccio il classico ma indirizzo linguistico. Torniamo alla
storia, però.
Sono molto contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, io
l’ho trovato
troppo sdolcinato, ma vabbè, sono i lettori alla fine che
devono giudicare. Comunque,
Sirius sarebbe da sbavo anche travestito da zucca gigante. LOL. Mi fa
anche
piacere che inizi a piacerti Taylor, adesso influenzo tutti quanti con
la mia
passione per quella cantante, ehehe. Vabbè, spero di
risentirti e un bacio. M.
PUFFOLA_LILY:
eh, magari Sirius dicesse quelle cose anche
a noi. *w* io mi metterei ad urlare. Quanto invidio Sam. E dire che
è una mia
creazione -.- vabbè. Anche a te piace Taylor??!! Bene, bene,
bene. Io amo
quella cantanteJ
ok,
spero di risentirti. Un beso, Milly.
STEFANMN:
no, non mi sembra affatto strano che tu non
abbia mai sentito una canzone di Taylor. Non è molto famosa
qui e in genere ai
ragazzi non piace. Ma vabbè, spero che il capitolo ti sia
piaciuto e giuro che
ho finito di scassare con le sue canzoni. Un bacio, M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 53 *** Capitolo cinquantuno ***
(“Tranquilla,
ti tengo io. Non
ti farei mai cadere”.)
Sirius
era appoggiato sul parapetto della poppa
della nave gigantesca sulla quale aveva salpato insieme a Sam circa due
settimane fa per godersi la loro luna di miele in crociera. Era la
prima volta
che viaggiava su una nave e i primi giorni non erano certo stati i
migliori, il
suo stomaco si era sentito parecchio in subbuglio.
Ma
alla fine si era abituato e aveva anche dovuto
ammettere che non era male quel viaggio, specialmente le escursioni che
avevano
fatto nei diversi paesi nei quali si erano fermati.
Stava
ammirando il bellissimo tramonto che dipingeva
il cielo con colori caldi, nonché puramente Grifondoro,
davanti a lui quando,
ad un tratto, si sentì chiamare.
“Sirius”.
Si
voltò e vide Sam che gli sorrideva dolcemente.
Lui le sorrise di rimando rimanendo sempre attaccato alla ringhiera.
“Allora?”
fece e non ci fu bisogno di aggiungere
altro perché la ragazza aveva capito tutto con quella
semplice domanda.
“Sì!”
gli rispose senza esitazioni. “Sono incinta”.
All’Animagus
partì un sorriso che andava da un
orecchio all’altro e, non appena la moglie gli si
buttò tra le braccia, la
strinse forte baciandola tra i lunghi capelli scuri.
“Merlino,
quanto ti amo, Lentiggini”.
“Anch’io,
Sirius. Anch’io”.
Si
girarono verso il mare e il magnifico panorama
che li si offriva e l’uomo la fece salire su una piccola
sporgenza.
“Ma
che fai?!” esclamò lei leggermente spaventata.
Non era messa in una posizione molto sicura, la ringhiera della poppa
le
arrivava alla pancia e se si sporgeva ancora un po’ sarebbe
sicuramente caduta
in acqua.
“Tranquilla,
ti tengo io. Non ti farei mai cadere”.
La rassicurò il marito tenendola stretta per i fianchi. Lei
adesso era
leggermente più alta di lui e teneva le mani strette al
parapetto per paura di
cadere. Ma, non appena Sirius le disse quelle parole, si
rassicurò subito.
“Adesso,
allarga le braccia”. Aggiunse sussurrandole
all’orecchio.
La
ragazza chiuse gli occhi e lentamente portò le
braccia in fuori.
“Apri
gli occhi e rilassati”.
Sam
aprì gli occhi e si allargò in un sorriso di
puro piacere e meraviglia. Le sembrava quasi di non trovarsi
più sulla nave, ma
di star muovendosi per conto suo in direzione di quel tramonto sopra
alle
spumeggianti onde del mare.
“Wow!”
“Hai
visto?”
“Sembra
di volare senza scopa. È bellissimo!”
“Tu
sei bellissima”.
Sirius
portò le mani sulla sua pancia ancora piatta
ma che ben presto avrebbe svelato la figura di suo figlio, della sua
felicità.
(“Non
m’importa nemmeno se sei un lupo mannaro.
Tu non sei un
mostro.
Sei
la personapiù
dolce e speciale
che
io abbia mai conosciuto”.)
Tonks
si materializzò davanti casa di Remus decisa
più che mai a parlargli. Ormai era sicura di quello che
provava per lui, era
sicura di amarlo ed era sicura anche che i sentimenti
dell’uomo non fossero da
meno.
Bussò
forte alla porta e poco dopo il licantropo
venne ad aprirle sgranando leggermente gli occhi per la sorpresa nel
trovarsela
davanti.
“Ciao
Dora!” esclamò lui. Era l’unico che
poteva
chiamarla col nome intero o col diminutivo, non si arrabbiava mai con
lui se lo
faceva. E chissà perché?
“Remus,
dobbiamo parlare”. Disse lei in tono deciso,
spostandolo per entrare. Era piuttosto accogliente la casa di Remus,
piccola ma
accogliente, con dei bei mobili all’antica, gli scaffali
pieni di libri e
oggetti vari. Si respirava un odore di… casa.
“E
di cosa?”
“Di
quello che è successo al matrimonio. Di quel
bacio che mi hai dato”.
Era
da giorni che ci pensava e non riusciva a
toglierselo dalla testa. Se lui glielo aveva dato, allora
c’era un motivo. Non
era semplicemente ubriaco e tanto meno si era lasciato trasportare
dall’atmosfera.
“An”.
Sospirò il licantropo abbassando lo sguardo
leggermente imbarazzato. “Senti, a proposito di
quello… mi dispiace, non dovevo
baciarti. È stato un…”.
“Non
dirmi che è stato un errore!” lo interruppe la
ragazza alzando la voce piuttosto spazientita. “So benissimo
che non è stato un
errore, né per me né per te. Io ti amo, Remus e
so che tu ami me”.
L’uomo
portò gli occhi dorati in quelli color cioccolato
della ragazza e la guardò leggermente sbigottito. Non era
abituato a vedere la
dolce, imbranata e tenera Dora alzare così la voce. Sembrava
proprio che avesse
fatto uscire il suo spirito da Auror.
“Hai
ragione”. Rispose allora lui con voce calma
senza abbassare lo sguardo. Ormai non poteva più negare, non
poteva più
nascondere che amava quella piccoletta che era entrata prepotentemente
nella
sua vita sconvolgendolo tutto e non certo negativamente.
“Sì, ti amo ma…”.
“Ma…”.
Lo incitò Tonks sorpresa per il fatto che le
avesse confessato i suoi sentimenti così esplicitamente.
Credeva che avrebbe
dovuto tirargli fuori le parole con le tenaglie.
“Ma
io non sono l’uomo giusto per te. Tu sei
giovane, sei bella e troverai ancora tantissimi altri uomini che ti
meriteranno
e ti accetteranno per quello che sei. Io sono vecchio ormai, abbiamo
più di
dieci anni di differenza, sono povero in canna, non ho niente da darti.
E per
non parlare del fatto che sono un Lupo Mannaro”.
Guardandolo
dolcemente, Tonks gli si era avvicinata
e gli aveva messo le mani attorno al collo.
“A
me però non importa. Non m’importa se sei
più
grande di me, non vuol dire che sei vecchio. Hai solo trentasei anni,
per
Merlino! Non m’importa nemmeno se sei povero, non mi devi
dare assolutamente
nulla. Mi basta il tuo amore. E non m’importa nemmeno se sei
un lupo mannaro.
Io ti amo per quello che sei, per come sei, con tutti i tuoi difetti,
sia
quelli pelosi che non”.
Remus
faticò a trattenere un risolino divertito ma
alla fine si trovò anche a sospirare quasi stancamente.
“Ma
come fa a piacerti un mostro come me?”
“Tu
non sei un mostro. Sei la persona più dolce e
speciale che io abbia mai conosciuto”.
La
ragazza affondò il viso nella sua camicia
stringendolo forte a sé mentre l’uomo ricambiava
l’abbraccio sorridendo.
“Oh
tesoro, non sai in che guaio ti stai andando a
cacciare”.
(Adorava
provocare il marito.)
“Tesoro,
quella ragazza ti sta adocchiando”.
Sussurrò James all’orecchio del figlio che gli era
sdraiato vicino a godersi il
sole.
Il
ragazzo voltò la testa nella direzione
indicatagli dal padre e squadrò piuttosto annoiato la tipa
che lo stava
fissando piuttosto spudoratamente; bionda, occhi azzurri, fisico ben
fatto. Non
male, ma gli sembrava una tipa troppo facile per non parlare che aveva
visto di
meglio.
“Non
t’interessa?” gli chiese James guardandolo
attraverso i suoi occhiali da sole.
“Assolutamente
no! Sono un ragazzo fedele io”. Gli
rispose il figlio portandosi gli occhiali da sole sulla testa e
girandosi a
pancia in giù per prendere un po’ di sole anche
sulla schiena.
“Ecco
Jamie, perché non impari da lui?” lo
sgridò
Lily senza distogliere gli occhi dalle parole crociate che stava
facendo.
“Ma
quando mai io sono stato infedele?” fece l’uomo
stizzito.
“Beh,
prima di metterti con me lo eri”.
“Ma
le altre non mi interessavano”.
Lily
ridacchiò divertita. Adorava provocare il
marito. E soprattutto adorava quel paio di settimane che avevano deciso
di
passare al mare per rilassarsi un po’ e riallacciare i
rapporti nella loro
famiglia.
Una
bella vacanza nel mondo babbano, prima di
buttarsi di nuovo nella solita vita e in quella orribile guerra.
(“Io
invece vorrei una femmina.
Così
sarebbe la
mia principessa.”)
“Allora,
a cosa brindiamo?” chiese Sirius alzando in
alto il suo bicchiere colmo di champagne. Era seduto ad un tavolo del
ristorante della nave con Sam che quella sera aveva deciso di vestirsi
piuttosto elegante e lui non poteva far altro che guardarla con occhi
pieni di
amore e desiderio.
“A
noi due?” rispose la ragazza.
“E
al nostro bambino”. Aggiunse l’Animagus facendo
tintinnare il bicchiere con quello di Sam.
“Sei
bellissima, signora Black”. Le sussurrò prima
di darle un leggero bacio vicino all’orecchio.
Lei
mugugnò di piacere e contentezza.
“Samantha
Black. Suona così bene”. Commentò lei.
“Io
e te suoniamo bene”. aggiunse lui mettendole una
mano sulla pancia. La ragazza la coprì con la sua e lo
guardò negli occhi.
“Pensi
sia maschio o femmina?” le chiese lui.
“Non
lo so. A me piacerebbe avere un bel maschio con
i tuoi stessi occhi”.
“Io
invece vorrei una femmina”.
“Una
femmina?”
“Sì,
così sarebbe la mia principessa. E magari con i
capelli sbarazzini come i tuoi”.
Sam
ridacchiò. “Intanto, dobbiamo pensare ai
nomi”.
Ninfadora
si risvegliò con uno sbadiglio e la prima
cosa che sentì fu quella di essere sdraiata in un morbido
letto coperta
soltanto dal lenzuolo. Aprì di scatto gli occhi e si accorse
che sotto al
lenzuolo non aveva altro, era praticamente nuda.
Dovette
pensare un attimo prima di inquadrare la
scena dell’altro giorno. Le sembrava solo un sogno, un
bellissimo e piacevole
sogno. Non sapeva bene come fosse finita a letto con Remus. Si erano
baciati e
poi semplicemente si erano ritrovati in camera da letto. Sapeva
però che le era
piaciuto, da matti. Lo avrebbe rifatto di nuovo, anche subito.
Lui
però non c’era, non era nel letto con lei e la
ragazza immaginò subito che si fosse pentito e se ne fosse
andato da qualche
parte con l’intenzione di tornare solo quando avesse avuto la
certezza che lei
se ne fosse andata.
Richiuse
gli occhi. Intanto, però, si sarebbe fatta
cullare ancora dal ricordo delle dolci labbra di Remus e delle sue
carezze.
Dopo
cinque minuti, però, sentì dei passi
avvicinarsi e qualcuno sedersi nel letto accanto a lei. Una mano prese
ad
accarezzarle il viso spostandole i capelli dalla fronte.
Lei
aprì piano gli occhi inquadrando la figura di
Remus a torso nudo e, inevitabilmente, sorrise tirando quasi un sospiro
di
sollievo.
“Scusa,
non volevo svegliarti”. Le disse lui
dolcemente.
“Tranquillo,
non stavo dormendo”.
“Ti
ho portato la colazione”.
Lei
lanciò un’occhiata al vassoio poggiato sul
comodino.
“Wow!
È la prima volta che qualcuno mi porta la
colazione a letto”.
Rimasero
per un po’ a guardarsi negli occhi, il
miele di lui nel cioccolato di lei.
“Lo
sai che hai degli occhi bellissimi?” fece Dora
ad un tratto mettendosi seduta poggiandogli una mano sul petto ben
fatto,
sebbene non come quelli di Sirius o James.
Lui
le sorrise; in realtà i suoi occhi non gli erano
mai piaciuti, erano gli occhi del mostro, della maledizione che si
portava
addosso.
“Sei
ancora sicura di voler stare con me?”
“Io
sì. E tu?”
“Con
te non sono mai
sicuro di niente”. Le rispose lui buttandolesi sopra. Poi,
con un colpo di
reni, ribaltò le posizioni ritrovandosi sdraiato nel letto a
pancia in su con
lei sopra.
SPAZIO
AUTRICE
Ooooh,
ma quanto sono dolci Remus e Dora? No, non potevo
fare proprio a meno di parlare anche di questa coppia visto che
è una delle mie
preferite.
Bene,
anche questo capitolo era dedicato un po’
all’amore, sempre un po’ sdolcinato ma non penso
superi la soglia come i
precedenti due.
È
inutile che dica che la scena iniziale tra Sam e Sirius
era ispirata a Titanic? Ma quanto amo quel film!!!!!!
Beh,
che dire, ancora un po’ di pace per i nostri amici.
Proprio come dice Lily, rilassiamoci un po’ prima che la
guerra si abbatta su
di noi.
Lasciatemi
una recensioncina mi raccomando, anche piccola
va bene.
Un
bacio,
Milly.
P.S.
purtroppo mi sa che dovrete aspettare di nuovo fino
a domenica prossima prima di leggere un altro capitolo. Eh, mi
dispiace, ma ho
un sacco di impegni in questi giorni.
FEDE15498:
quindi tuo fratello studia anche il greco
oltre al latino?? Brrr… sono contenta comunque che il
capitolo ti sia piaciuto
e anche qui Remus e Dora sono dolci. Ma d’altronde, il bel
licantropo non
riusciamo ad immaginarcelo in maniera diversa :p un bacio, M.
STEFANMN:
momento sdolcinato da 10 e lode? Beh, insomma,
secondo me lo era quello con la canzone di Taylor, ma vabbè,
se lo dici tu…
spero ti sia piaciuto anche questo capitolo molto dolce e alla
prossima…
kisskiss, M
PUFFOLA_LILY:
ahahaha la tua recensione mi è sembrata
tanto: sì sì sono tutti carini e coccolosi ma per
me c’è solo
Siriuuuuuuuuussss!!!! Beh, come darti torto. Ma diciamo che nello
scorso
capitolo tutti quanti hanno avuto il loro momento di gloria. E ovvio
che Sirius
rimarrà il solito Play boy, non possiamo immaginarcelo in
maniera diversa. Così
come James :p spero di risentirti, un bacio. M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 54 *** Capitolo cinquantadue ***
(“Si
saranno dati al sesso sfrenato e selvaggio”.)
Quel
pomeriggio c’era parecchio movimento alla Tana,
dato che i Weasley avevano deciso di organizzare una cena a casa loro
ed
invitare qualche membro dell’Ordine tra cui i Potter, Sirius
e Remus e,
stranamente, aveva accettato di venire anche Malocchio.
Così,
con Molly ai fornelli e i ragazzi che
continuavano a fare mille giri per apparecchiare la tavola nel giardino
sul
retro, c’era un continuo andirivieni e dappertutto si sentiva
un buon profumino
di arrosto e di dolci. La Signora Weasley aveva dato da fare anche ad
Hermione
che era arrivata alla Tana un paio di giorni fa per trascorrere il
resto delle
vacanze con gli amici.
Ad
un tratto si sentì un grosso botto e si vide
rotolare qualcuno fuori dal camino, un ragazzo dai capelli scuri e
scompigliati.
“Ouch!”
si lamentò questo portandosi una mano dietro
la nuca.
“Harry!”
esclamarono Ron ed Hermione che avevano
assistito alla rovinosa caduta dell’amico cercando di
trattenere le risate. Il
rosso lo aiutò immediatamente ad alzarsi e poi lo
abbracciò di slancio, seguito
subito dopo dalla ragazza.
“Odio
i viaggi attraverso il camino”. Commentò il
moro massaggiandosi ancora la nuca.
“Aspetta
quando imparerai a Smaterializzarti”. Lo
avvisò Fred che stava tenendo pericolosamente in bilico dei
piatti, seguito,
come sempre naturalmente, da George.
“Ragazzi!
Cos’era quel baccano?” si sentì la voce
di
Ginny dal piano superiore ma quando scese giù, rimase un
attimo sorpresa nel
vedere Harry che le sorrideva.
“Harry!”
esclamò correndo ad abbracciare il ragazzo
per poi lasciarsi andare ad un passionale bacio.
“Oh,
come se non si fossero visti per vent’anni”.
Commentò un po’ schifato Ron beccandosi uno
scappellotto da parte di Hermione.
“Beh,
sempre meglio Harry di Finnigan”. disse
George.
“O
di Michael Corner”. Aggiunse Fred.
“Oppure
di quel Tassorosso bavoso”. Continuò ancora
George.
“E
quel Corvonero coi piercing? .
Molto
probabilmente i gemelli avrebbero elencato
tutti i ragazzi con cui la sorella era stata se Ron non li avesse
fermati. “Va
bene, va bene, ho capito. Decisamente meglio Harry.
“Oh,
Harry caro”. Salutò la Signora Weasley
rivolgendogli uno sguardo dolce e materno non appena fu entrata in
salotto.
“Dove sono i tuoi genitori?”
“Sono
andati a prendere Sirius e Sam che stanno
tornando dalla luna di miele”.
“Chissà
se si sono divertiti”.
“Ma
certo! Erano in luna di miele”.
“Si
saranno dati al sesso sfrenato e selvaggio”.
“Fred!”
lo sgridò la Signora Weasley e il ragazzo
immediatamente si dileguò sghignazzando.
(“Brutto
canide, hai messo incinta mia sorella!”)
Era
tutto pronto, ormai tutti erano seduti a tavola,
chi più chi meno, e il cibo era stato servito e pronto ad
essere mangiato.
Mancavano soltanto Tonks e Remus e i Signori Weasley non volevano che
si
iniziasse a mangiare finchè non fossero arrivati anche loro.
Persino Malocchio
si stava spazientendo.
Finalmente
i due ragazzi si videro arrivare mano
nella mano e ciò destò un po’ di
sorpresa negli sguardi di tutti che però li
guardarono con occhi luminosi.
“Finalmente,
ragazzi. Cominciavamo a darvi per
dispersi”. Disse Sirius dando una pacca sulla spalla di
Remus. “E vedo, Moony,
che la ragazza ti ha finalmente messo al guinzaglio”. Al che
tutti quanti
scoppiarono a ridere.
“Scusate.
Ci eravamo un po’… trattenuti”.
“A
calarvi i pantaloni, immagino”. Scherzò James
beccandosi uno scappellotto da parte della moglie. Dora e Remus invece
arrossirono e Moody grugnì qualcosa guardando Tonks. Era la
sua pupilla e non
era molto contento che stesse con Lupin. Non che ce l’avesse
con lui, anzi, lo
considerava un bravo e onesto ragazzo, però non era certo
semplice stare con
uno che soffriva di licantropia.
“Adesso
finalmente possiamo iniziare a mangiare”. Concluse
il Signor Potter accomodandosi a tavola.
“Ehm…
veramente non ancora”. Lo interruppe Sirius
lanciando un’occhiata complice a Sam.
“Cosa
c’è ancora?!” sbuffò
frustrato Edward
sbattendo le braccia sui fianchi.
“Io
e Sirius vi dobbiamo dire una cosa”. Cominciò
Sam alzandosi in piedi col marito e aspettando che tutti le prestassero
attenzione. “Noi… aspettiamo un
bambino”. E istintivamente si portò le mani
alla pancia.
James,
che stava bevendo il vino, sputò tutto il
liquido addosso al povero Kingsley che gli sedeva davanti e che si
alzò di
scatto urlandogli improperi. Gli altri invece rimasero per un attimo
sbigottiti
ma alla fine la Signora Potter scoppiò in un: “Oh,
avrò un altro nipotino!”
“Brutto
canide, hai messo incinta mia sorella!”
esclamò invece James facendo l’atto di prendere
l’amico per il collo.
“Ma
cosa ti incazzi!? Non è mica la prima volta!”
cercò di difendersi Sirius andando a nascondersi dietro alla
moglie che
guardava quella scena divertita.
“Dai
James, calmati”. Cercò di calmarlo anche Lily
afferrandolo per un braccio per rimetterlo a sedere.
James
però guardò l’amico in cagnesco come a
volergli lanciare una maledizione soltanto col potere dello sguardo, ma
poi, si
aprì in un largo sorriso molto raddolcito.
“Ma
certo, ragazzi. Stavo solo scherzando”.
Sirius
tirò immediatamente un sospiro di sollievo
all’udire quelle parole dall’amico.
“Ovviamente
sono contento per voi e speriamo che
stavolta vada bene”.
E
così anche tutti gli altri sbottarono in
esclamazioni di giubilo e felicitazioni, pacche sulle spalle, baci e
abbracci e
finalmente la cena poté avere inizio.
(
“Sono proprio orgoglioso di te”.)
James,
Lily, Harry, Sirius e Sam erano seduti a
tavola nella cucina di casa Potter a fare colazione. Abitavano tutti
quanti
ancora nella casa dei genitori di Sam e James, dato che ancora non
avevano
trovato una casa loro. In realtà, Sirius voleva portare la
sua Sam nel castello
dello zio Alphard, però aveva bisogno di essere messo un
po’ apposto e doveva
ancora cominciare a farlo.
A
un tratto, sentirono un gufo becchettare alla
finestra desideroso di entrare e Katy si alzò immediatamente
per andare ad
aprirgli.
Portava
due lettere da Hogwarts per Harry, in una c’erano
i risultati degli esami e, nell’altra, la lista dei nuovi
libri per la scuola.
Gli
esami erano andati piuttosto bene, persino Piton
gli aveva dato una O in Pozioni e Lily era abbastanza contenta. Harry
stava
leggendo la lettera con la lista dei libri, quando un sorriso piuttosto
malandrino gli illuminò il volto.
“Papà,
guarda un po’”. Il ragazzo mise davanti al
naso del padre una spilla tondeggiante con i colori rosso e oro e la
scritta
Capitano. James spalancò gli occhi e mostrò un
sorriso orgoglioso non appena
capì di che cosa si trattava.
“Capitano
della squadra di Quidditch! Tu sì che sei
mio figlio!” e lo abbracciò di slancio.
“Sono proprio orgoglioso di te”.
(“Fratellone,
ci sono un sacco di cose che
voi maschi non potrete capire”.)
Sirius,
James e Harry stavano aspettando in salotto,
chi spaparanzato sul divano, chi appoggiato sul piano di lavoro della
cucina,
l’arrivo delle loro signore per inoltrarsi in un intenso
pomeriggio di
shopping. Non capivano perché le donne ci dovessero sempre
mettere così tanto a
prepararsi, manco andassero ad una serata di gala. Già erano
di pessimo umore
visto che, oltre ad andare a Diagon Alley per comprare i libri e il
materiale
scolastico ad Harry, Lily e Sam avevano deciso di trascinare tutti
quanti per i
centri commerciali babbani.
“Oh
Merlino! Ma tu hai intenzione di andare così?!”
esclamò Sirius sbigottito vedendo scendere Sam con un paio
di tacchi alti circa
dodici centimetri. Certo, si era vestita in modo piuttosto provocante,
come suo
solito d’altronde e quei tacchi la facevano ancora
più slanciata, tanto che le
sarebbe volentieri saltato addosso anche in quel momento, ma non voleva
mai che
si slogasse una caviglia con quei trampoli e che lui fosse costretto a
portarla
in groppa per tutto il tragitto.
“Beh,
che c’è che non va?” chiese lei con voce
suadente schioccandogli un bacio a fior di labbra. Era quasi
più alta di lui.
“Non
capisco come facciate voi donne a camminare con
quei cosi”. Commentò James guardando la sorella.
“Fratellone,
ci sono un sacco di cose che voi maschi
non potrete capire”.
“Fuuuuu!”
si lasciò sfuggire Sirius vedendo uscire
Sam con indosso un paio di pantaloni ghepardati e piuttosto attillati.
La
ragazza gli fece una sfilata davanti e poi rientrò in
camerino per provarsi
qualcos’altro. Lanciò un’occhiata al
sacchettino pieno di vestitini prema-man e
completini intimi che se ne stava lì per terra accanto a lui
e poi a Remus che
aveva tutta l’aria di star per crollare lì o di
mimetizzarsi con la sedia sulla
quale era seduto nell’attesa che arrivasse Dora con un altro
centinaio di
vestiti da provare. James, invece, sembrava essere stato mangiato dal
camerino
nel quale era entrato con Lily con la scusa di aiutarla ad allacciarsi
un
vestito ma molto probabilmente era stato
“trattenuto” dal fare qualcos’altro.
Ginny
e Harry, invece, erano finiti da qualche altra
parte, probabilmente seduti in un bar a mangiare gelato. Erano
già un paio
d’ore che non li vedevano.
“Porco
Salazar, credo
che preferirei uno scontro con Bellatrix piuttosto che questa
tortura”.
Commentò Sirius sbuffando e ottenendo dall’amico
solo un grugnito come
risposta. Poveretto, si avvicinava la luna piena e cominciava a non
avere una
bella cera.
ANGOLO
AUTRICE
Salve,
eccomi tornata con un altro capitolo. Ok, lo so
che qui non succede praticamente niente ma è solo un
capitolo di transizione, è
stato anche piuttosto semplice da scrivere. Nel prossimo, invece,
inizierà a
succedere qualcosa.
Spero
che vi sia piaciuto comunque e che vi siate
divertiti a leggerlo. Lasciatemi qualche recensione, vorrei riceverne
qualcuna
in più rispetto a quelle che ricevo sempre che comunque mi
fanno sempre
piacere.
Un
bacio e buon fine settimana a tutti.
Milly.
FEDE15498:
ciao caraJ
ahaha, pure io non so come ho fatto a prendere sei in latino questi due
anniJ
tu per fortuna, sei farai l’artistico,
non ce lo avrai visto che l’artistico è
l’unico liceo che non fa latino, almeno
mi sembra. Ma torniamo alla storia và… allora,
puoi stare pure tranquilla e
lasciar perdere i forconi perché questa
volta ho intenzione di far nascere il bambino. Eh, sarò
anche perfida ma non
fino a questo punto. Titanic è anche il mio film preferito e
anch’io trovo
Remus stra dolce…. Spero di risentirti, cara. Un beso, Milly.
PUFFOLA_LILY:
ehilà carissima!! Ma lo sai che adoro
sempre leggere le tue recensioni? Mi fai sentire importante e mi
stimoli a
scrivere, ma questo vale anche per le altre recensioni che ricevo e
pure per le
visite naturalmente. Sono proprio contenta che la storia ti piaccia
naturalmente e… che altro? Non so, spero ti sia piaciuto
anche questo capitolo
e alla prossima. Un bacione, Milly.
STEFANMN:
oooh, sono proprio contenta che trovi che io
scriva bene tutti i momenti, è una cosa che mi riempie di
orgoglio verso me
stessa :p ehehe, modesta me :P vabbè, per quanto riguarda
chi vivrà e chi
morirà nella mia versione dei fatti, beh… puoi
immaginartelo, o no? Eheh, un
bacio, Milly.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 55 *** Capitolo cinquantatre ***
(“Un
assassinio!"
“L’anima divisa
dal corpo".
“Immortale!”)
L’Ordine
della Fenice al completo era riunito
nell’ufficio di Silente che per quell’occasione era
stato leggermente
ingrandito per farci stare tutti quanti. Al momento era il luogo
più sicuro e
più lontano da orecchie indiscrete dove potersi riunire.
“Allora
Albus, ci spieghi il motivo per cui hai
deciso di riunirci tutti quanti?” berciò Alastor
Moody dal fondo della stanza
con la sua voce roca udibile anche ai più sordi.
“C’è
qualche novità in merito a
Colui-che-non-deve-essere-nominato?”
chiese Bill spostandosi dagli occhi una ciocca di capelli sfuggita al
codino
che teneva legato dietro la nuca. Fleur gli stava accanto anche lei
membro
dell’Ordine da quell’estate, quando era tornata
dalla Francia per passare un
po’ di tempo col fidanzato.
“Sì,
c’è una novità. Piuttosto positiva
anche”.
Rispose Silente celando un sorrisetto soddisfatto dietro la lunga barba
bianca.
“E
allora vorresti mettere al corrente anche noi
poveri mortali di questa novità?” fece James che
non perdeva mai il suo buon
umore e coglieva ogni occasione per fare battutine.
Silente
tornò improvvisamente serio e prese a
camminare avanti e indietro davanti alla scrivania con le mani giunte
dietro la
schiena. Nessuno si accorse, però, che una di queste era
annerita e intirizzita
come se si fosse bruciata per essere rimasta troppo tempo nel fuoco.
“Ho
scoperto come possiamo porre fine alla vita di
Lord Voldemort”. Non appena il preside pronunciò
queste parole, mormorii di
sorpresa ma anche di giubilo si levarono tra i presenti.
L’anziano mago però,
riuscì a riportare la calma per continuare col discorso.
“Non iniziate ad
esultare immediatamente però, non è una soluzione
definitiva, servirà solo per
avvicinarci alla sua fine, per porre fine alla sua
immortalità. È un arma che
Voldemort stesso si è impegnato a creare, un’arma
oscura che nessun mago prima
d’ora era mai riuscito a realizzare”.
“E
quale sarebbe quest’arma?” chiese Kingsley
staccandosi dal muro su cui era appoggiato e ponendo più
attenzione alle parole
del professore.
“Avete
mai sentito parlare di Horcrux?”
“Horcrux?!”
sbottò Sirius sgranando gli occhi. “Ma
è
una delle magie più oscure che ci siano”.
“Esattamente,
Sirius”.
“Ma
che cos’è un Horcrux?” chiese Lily dando
voce
alla domanda di molti che non avevano la più pallida idea di
che cosa fosse un
Horcrux.
“Come
vi ha già fatto notare Sirius, è una delle
magie più oscure che ci siano. Un Horcrux può
essere un oggetto oppure una
persona nel quale è contenuto un pezzo di anima del mago che
lo ha creato. Se
questo mago subisce una ferita mortale non muore perché il
frammento di anima
glielo impedisce. Per crearlo è necessario un incantesimo
molto potente, oltre
che orrendo e l’unico sistema è quello di compiere
un assassinio. Oltre a ciò,
la perdita di un frammento della propria anima conduce ad una perdita
di
umanità per il mago che l’ha creato”.
“Oh
Santo Merlino!”
“Un
assassinio!”
“L’anima
divisa dal corpo”.
“Immortale!”
Erano
questi più o meno i mormorii che cominciarono
a sentirsi dopo questa spiegazione di Silente, accompagnati da toni
sbigottiti,
increduli, schifati e anche un po’ spaventati.
“E
quindi Voldemort ha creato un Horcrux per
rendersi immortale”. Fece Sam rivolta al preside e zittendo
le voci concitate
dei presenti.
“Mi
dispiace dirtelo Samantha, ma Voldemort è ben
più spietate da avere l’idea di crearne solo uno.
Infatti, ne ha realizzati ben
sette”.
“Sette
Horcrux?!” sbottò la Signora Potter
portandosi una mano alla bocca sconvolta.
“E
quali sono questi oggetti in cui è contenuta
l’anima di Voldemort?” chiese ancora Sam che se ne
stava seduta tra le braccia
di Sirius.
“E’
proprio questo il problema. Non ho idea di quali
possano essere questi oggetti. Al momento ne sono stati distrutti
due”. E
mostrò gli oggetti appoggiati sulla sua scrivania, un diario
piuttosto consunto
e un anello d’oro massiccio. “Questo anello era
appartenuto a Tom Orvoloson
Riddle, il padre babbano di Voldemort. Ho provveduto io stesso a
distruggerlo.
Invece il diario è stato distrutto dal giovane Harry Potter
al suo secondo
anno, quando ha salvato la piccola Ginevra Weasley dall’anima
di Voldemort che
l’aveva posseduta”.
Immediatamente
a James comparve un sorrisetto
orgoglioso sulle labbra.
Silente
proseguì: “Poco tempo fa sono riuscito a
recuperarne anche un terzo, con l’aiuto di
Severus”. E qui tutti gli sguardi si
voltarono verso il professore di Pozioni che era stato
l’unico ad essere
rimasto impassibile per tutto il tempo, appoggiato in un angolo del
muro a
braccia incrociate. Silente intanto mostrò agli altri il
medaglione verdognolo
con il simbolo di Salazar Serpeverde appeso ad una lunga catena che
aveva
recuperato in una grotta tra il mare della Scozia. “Purtroppo
però abbiamo
scoperto che è un falso. Qualcuno, molto tempo fa, deve
essere arrivato prima
di noi pe riprenderlo e sostituirlo con questa copia.
All’interno c’è un
biglietto lasciato a Voldemort da chi ha scoperto del suo segreto.
Tutto mi
dice, però, che non sia riuscito a distruggere
l’originale”.
Cadde
un attimo di silenzio nella stanza in cui si
sentì volare solo qualche commento fatto a bassa voce.
Fanny, con un verso poco
aggraziato, volò verso Silente per poi poggiarglisi sulla
spalla.
“Ma
come ha fatto Voi-sapete-chi a sapere di questi
Horcrux? Mi sembra che una magia così oscura non sia mai
stata insegnata ad
Hogwarts”. Fece la McGranitt guardando il preside da sopra i
suoi occhiali.
“Come
già sapete Voldemort ha frequentato questa
scuola e sapeva molto bene come manipolare le persone. Si è
fatto spiegare la
funzione di questa magia da una persona di cui non
c’è bisogno di dire il
nome”. Rispose il professore rimanendo molto vago. Non voleva
certo cacciare nei
guai o scatenare brutte dicerie nei confronti del povero Horace
Lumacorno che
già si sentiva abbastanza in colpa per aver svelato una
magia del genere al
Mago Oscuro più potente di tutti i tempi. Silente lo aveva
assunto in quella
scuola soltanto per farsi dire come fossero andate esattamente le cose
quella
sera di molti anni fa.
“E
lei, preside, vorrebbe che noi scoprissimo quali
sono questi Horcrux e che li distruggessimo tutti”. Quella di
James sembrava
più un’affermazione che una domanda.
“Proprio
così, James”.
(Non
mi perderei per niente la tua
prima partita da capitano”.)
Harry
e Ginny camminavano abbracciati per il
corridoio del secondo piano quando, improvvisamente, incrociarono lungo
la
strada Sirius e James che stavano discutendo di qualcosa in maniera
piuttosto
fitta.
“Papà!
Sirius!” esclamò Harry sorpreso. “Che ci
fate
qui?”
“Oh
ciao, ragazzi!” ricambiò James con un sorriso.
“Stavamo
tornando dall’ufficio di Silente. C’era una
riunione dell’Ordine”.
“Oh.
E c’è qualche novità?” fece
ancora Harry.
“No,
tesoro. Niente di nuovo”. Gli rispose il padre
con un sorriso rassicurante. Di certo non avrebbe detto ad Harry degli
Horcrux.
Era solo un ragazzo, non poteva di certo farlo carico di una
responsabilità
così grossa, sebbene quella guerra lo riguardasse in prima
persona.
“Adesso
stiamo andando da Lily e Remus che si sono
fiondati in biblioteca per non so quale assurdo motivo. Volete venire
con noi?”
chiese Sirius ai due ragazzi.
“No,
abbiamo gli allenamenti di Quidditch”. Rispose
Ginny stringendosi ancora di più al fidanzato.
“D’accordo”.
I
due uomini fecero per allontanarsi quando Harry
richiamò di nuovo l’attenzione del padre.
“Papà!
La prima partita è contro Serpeverde. Ci
sarai?”
“Certo!
Non mi perderei per niente la tua prima
partita da capitano”. Gli rispose sorridendogli malandrino.
(“Questa
scrittura… queste iniziali… Mio
fratello”.)
James
continuava a rigirarsi fra le dita il
medaglione di Serpeverde che era riuscito a farsi dare da Silente. Se
ne stava
seduto al tavolo della cucina della casa dei suoi genitori insieme a
Sirius e a
Sam stravaccati sul divano. Proprio non riuscivano a capire chi potesse
essere
stato a rubare il vero medaglione lasciando quel messaggio.
“James,
mi fai vedere il biglietto?” chiese a quel
punto Sirius che non lo aveva ancora visto.
L’amico
gli lanciò il foglietto che l’altro prese al
volo.
Al
Signore Oscuro,
so
che avrò trovato la morte prima che tu legga queste parole
ma
voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto.
Ho
rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile.
Affronto
la morte nella speranza che quando avrai incontrato il tuo degno rivale
sarai
di nuovo mortale.
R.A.B.
Sirius
studiò il messaggio per cinque minuti buoni
assumendo un’espressione terribilmente concentrata.
Improvvisamente, però,
divenne pallido e sgranò gli occhi.
“Amore,
che succede?” gli chiese Sam portandogli un
braccio dietro la schiena e scrutandolo in viso.
“Sirius?”
fece James preoccupato per l’espressione
assunta dall’amico.
L’Animagus
però continuava a non parlare, sembrava
caduto in uno stato catatonico.
“Tesoro?”
“Questa
scrittura… queste iniziali…”.
Mormorò
finalmente alzando lo sguardo in direzione di James. “Mio
fratello”.
“Cosa?!”
sbottarono Sam e James in coro.
“Ma
sì. Lui si firmava sempre così. R.A.B. Regulus Arcturus Black. E
questa scrittura… la riconoscerei fra mille. È
mio fratello”.
Nella
stanza cadde un terribile silenzio,
non si sentiva volare una mosca. I tre erano
uno più sconvolto di quell’altro. E Sirius sentiva
un sacco di emozioni diverse
invadergli le viscere.
“James”.
Chiamò Lily interrompendo quel gelo. “Puoi
venire un attimo? Ti devo parlare”.
L’uomo
si alzò senza dire una parola, come fosse un
automa. Era ancora scioccato per la sorpresa.
Andarono
nel corridoio quando finalmente sbottò come
un fiume in piena.
“Non
sai che abbiamo scoperto. Il medaglione… il
fratello di Sirius…”. Lo sguardo sembrava
esserglisi illuminato.
“Sono
incinta!” esclamò Lily interrompendo i suoi
farneticamenti.
James
tornò di nuovo serio impallidendo.
“Cosa?!”
ANGOLO
AUTRICE
Rieccociii!!!
Ecco,
come vi avevo detto, qui la vicenda si è rifatta
interessante. La scoperta degli Horcrux, il messaggio di Regulus, Lily
incinta.
Ma
permettete anche a me un piccolo commentino a questo
cap.
Sicuramente
avrete capito che Harry in questa storia non
passerà tutto il settimo anno alla ricerca degli Horcrux,
anzi, sembra quasi
che non ne sarà a conoscenza. Quindi, che cosa
farà? Come sconfiggerà
Voldemort?? Eheh, lascio a voi la risoluzione di questi dubbi.
Comunque, la
spiegazione di Silente degli Horcrux l’ho presa da Wikipedia
perché non mi
ricordavo esattamente come se dovesse realizzare un Horcrux
perciò non volevo
scrivere degli strafalcioni.
Invece,
per quanto riguarda il messaggio lasciato da
Regulus, anche quello preso pari pari dal sesto libro (Il principe
Mezzosangue)
e Sirius che scopre che in fondo suo fratello non era così
malvagio, beh, ho
voluto inserire questa scena perché personalmente Reg
è un personaggio che mi
piace parecchio sebbene non compaia mai, ma venga solo menzionato. E
inoltre mi
è dispiaciuto molto per la brutta fine che ha fatto e
secondo me è stato
veramente un eroe o almeno è morto come tale.
Come
si suol dire, non è mai troppo tardi… per tornare
sulla strada giusta.
Bene,
penso di aver detto tutto.
Adesso
aspetto soltanto i vostri commentucci… un beso,
Milly.
FEDE15498:
oddio, tutte le capitali dell’Asia? Io alle
medie mi sono dovuta imparare solo quelle dell’Europa e
adesso le ho pure
dimenticate, pensa che a malapena mi ricordo quelle
dell’Italia -.- cmq
tranquilla, il bambino nascerà e sembra anche che non
sarà l’unico. Grazie per
il commento, un bacio. M.
PUFFOLA_LILY:
grazie mille per il commento, sono contenta
che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero che anche questo ti
piaccia
altrettanto. Un bacio, M.
STEFANMN:
ahah, eh sì, i Malandrini non cambieranno mai. Grazie
per il commento, un bacio. M
|
Ritorna all'indice
Capitolo 56 *** Capitolo cinquantaquattro ***
(“…facciamo
in modo che la sua morte non sia stata vana”.)
“Sirius,
calmati per favore!” era da un po’ che Sam
cercava di calmare il marito esagitato. Sembrava che
l’Animagus avesse delle
reazioni un po’ tardive. Erano passati un paio di giorni
dalla scoperta del
medaglione e del messaggio lasciato da Regulus all’Oscuro
Sire e lui sembrava
rendersene conto soltanto ora, cominciando a fare discorsi senza senso
che
facevano capire che i sensi di colpa gli stavano mordendo il culo e
camminando
avanti e indietro nella camera da letto, arrivando quasi a scavare un
solco nel
pavimento.
La
ragazza sospirò. Certo che Sirius era veramente
una testa dura. Non era riuscita a farsi ascoltare neanche per un
secondo.
“SIRIUS!”
urlò alla fine esasperata alzandosi dal
letto sul quale era seduta e guardando il marito con uno sguardo
piuttosto
omicida. “Smettila, per favore!”
Soltanto
allora l’uomo interruppe la sua camminata e
i borbottii sconclusionati, voltandosi a guardare la moglie con uno
sguardo un
po’ spaventato. Era la prima volta che lei alzava
così la voce contro di lui e
questo lo fece un po’ rabbrividire, primo perché
non gli piaceva farla
arrabbiare e secondo, perché Sam faceva leggermente paura
quando era
arrabbiato.
“Amore,
siediti”. Gli ordinò con voce più calma
e
tranquilla ma mantenendo un tono autoritario, come di chi dà
degli ordini.
Sirius
immediatamente si sedette abbassando lo
sguardo e facendo cadere i lunghi capelli ricci sul viso.
“Non
sarebbe dovuto succedere”. Mormorò lui con voce
bassa ma perfettamente udibile. “Io…io…
avrei dovuto”.
Sam
a quel punto gli si inginocchiò davanti
coprendogli le mani chiuse a pugno con le sue.
“Tesoro,
smettila di incolparti. Non è stata certo
colpa tua”. Cercò di calmarlo parlandogli con un
tono che si utilizzerebbe
soltanto con un bambino capriccioso.
“Come
fai a dire che non è stata colpa mia? Io avrei
dovuto aiutarlo. E invece me ne sono soltanto andato lasciandolo solo,
in balia
di ideali che nemmeno conosceva”.
Sam
esalò un bel respiro prima di cominciare a
parlargli.
“Eri
giovane, eri soltanto un ragazzo. Tu non hai
fatto niente di sbagliato, anzi. Te ne sei andato perché non
credevi negli
ideali della tua famiglia e non volevi essere come loro. Tu sapevi
quello che
volevi e avevi la forza di ribellarti. Regulus purtroppo no, lui ha
solo
cercato di fare quello che gli altri dicevano era giusto soltanto per
non
deludere la propria famiglia. Perché non era forte come te.
La strada che aveva
intrapreso era sbagliata, certo, e purtroppo se ne è reso
conto troppo tardi.
Ma almeno, alla fine, lo ha capito, anche se troppo tardi. Si
è pentito e ha
cercato di cambiare strada sapendo benissimo che avrebbe potuto
rimetterci la
vita. Ma ha fatto tutto da solo, tu non c’entri
nulla”.
“Sì,
ma sono stato un’egoista! Avrei potuto stargli
più vicino, parlargli di più. Cercare di
ascoltarlo e capirlo”.
“Tutti
ci comportiamo da egoisti almeno una volta
nella vita. Che ne potevi sapere tu? Pure io sono stata egoista, ho
pensato
solo a me e al mio dolore andandomene come una vigliacca quando ho
creduto che
James fosse morto, anziché prendermi cura di
Harry”.
“Sì,
ma quello è diverso. Tu non hai perso nessuno.
Regulus invece è morto”.
“Certo,
Regulus è morto perché ha sbagliato.
Però
alla fine è morto per una buona causa. E facciamo in modo
che la sua morte non
sia stata vana”.
(“Oddio!
Ma tu sanguini!”)
Quel
pomeriggio a Hogwarts si sarebbe tenuta la
prima partita di Quidditch dell’anno, Grifondoro contro
Serpeverde e le due
casate erano piuttosto esagitate. Le tribune erano piene;
c’era chi teneva
alcuni stendardi in mano pronto a fare il tifo e chi andava in giro a
raccogliere scommesse.
Lily
e James erano seduti accanto ad Hermione,
Neville e Luna per godersi meglio la partita e fare il tifo per il
figlio.
Finalmente
le squadre erano entrate in campo, i
Grifoni da una parte e le Serpi dall’altra.
Nell’aria si poteva annusare odore
di adrenalina e di emozione, tutti sapevano che fra le due casate non
correva
buon sangue, soprattutto nel campo da Quidditch dato che i
verde-argento non
erano affatto famosi per il gioco pulito.
Dopo
la stretta di mano dei due capitani e il
fischio di Madame Bumb, i giocatori si levarono in alto sulle loro
scope e la
partita poté avere inizio.
“Wow!
Questo sì che è mio figlio!”
esclamò James
osservando come Harry riusciva a evitare, con una manovra piuttosto
acrobatica,
un bolide che aveva cercato di staccargli la testa.
I
Grifondoro erano in vantaggio di dieci punti,
l’ultimo tiro in porta di Ginny era stato spettacolare mentre
la parata di Ron
aveva fatto alzare in piedi gli studenti rosso-oro che avevano iniziato
a
cantare e fischiare per incitarlo ancora di più. Le orecchie
del povero Weasley
avevano raggiunto tonalità vulcaniche.
La
partita stava durando ormai da mezz’ora e si
stava prospettando pure lo scoppio di un temporale
all’orizzonte, quando
finalmente Harry individuò il boccino e si mise alla caccia
di questo. Nemmeno
Malfoy perse tempo e iniziò inseguire il Grifondoro
standogli sempre alle
costole e spintonandolo ogni tanto dalla scopa.
“Finirà
col farlo cadere”. Commentò James in tono
piuttosto rabbioso stringendo forte Lily che guardava la partita
piuttosto
preoccupata e col cuore in gola.
Harry,
intanto, continuava a seguire il boccino e,
proprio nel momento in cui aveva allungato la mano per afferrarlo, un
bolide lo
colpì forte allo stomaco buttandolo quasi giù
dalla scopa. Un battitore di
Serpeverde aveva diretto la palla nella sua direzione volendolo colpire
apposta
per farlo deconcentrare e perdere di vista il boccino. Il moro
però era
riuscito a mantenere l’equilibrio e a non precipitare nel
vuoto.
Era
un fallo più che evidente e, quando uno dei
compagni di squadra chiese
ad Harry se
voleva fermarsi, scosse la testa per continuare la partita. Non voleva
e non
poteva assolutamente perdere quella partita. Il boccino era ancora
lì, sentiva
le sue alette scalpicciare a pochi passi da lui.
Si
portò una mano allo stomaco per calmare il dolore
che sentiva e con l’altra direzionò la scopa per
mettersi all’inseguimento di
Malfoy che ora stava cercando di prendere il boccino.
Non
ci mise molto, la Firebolt era piuttosto veloce
e riuscì a superare il biondo Serpeverde di un bel
po’. Mancava veramente poco
quando, ad un tratto, la vista cominciò ad annebbiarglisi e
il paesaggio
davanti a lui diventare più offuscato. Si accorse, anche, di
avere il braccio
che teneva sullo stomaco bagnato di una sostanza piuttosto vischiosa e,
quando
la ritirò, vide che era coperta di sangue.
Cazzo!
Non credeva di essersi ferito così tanto,
quel bolide sembrava avergli fatto un buco nello stomaco e soltanto
adesso
cominciava a sentire un male allucinante.
Avrebbe
dovuto fermare la partita, dire che era
rimasto ferito. Ma mancava così poco, il boccino era
lì, Malfoy era troppo
indietro…
Riportò
la mano allo stomaco e allungò di nuovo
l’altra al boccino che iniziava a sdoppiarglisi davanti agli
occhi riuscendo ad
afferrarlo.
Immediatamente,
tutti i Grifondoro si alzarono in
piedi e scoppiarono in urla di giubilo.
Harry
però aveva sbandato contro la rete che
divideva il campo dalle tribune ed era caduto per terra ritrovandosi
disteso su
un fianco con il boccino ancora stretto tra le dita. I suoi compagni di
squadra
si erano precipitati da lui credendo però che fosse caduto
per l’emozione.
La
prima a lanciarglisi addosso fu Ginny. “Harry!
Sei stato grande! Vera…”. Si accorse
però che il ragazzo aveva il respiro
accelerato, era tutto sudato e sembrava non vederla più
sebbene avesse gli
occhi aperti. Guardò la mano che aveva portato al suo
stomaco e sbiancò alla
vista di tutto quel sangue. “Oddio! Ma tu sanguini!”
(“Noi
siamo così perfette".
“Immacolate”.)
Sam
e Sirius erano sdraiati sul letto della loro
stanza, abbracciati l’un l’altro. Non dormivano,
semplicemente si stavano
godendo quel momento di intimità e di
tranquillità, come se, una volta che
fossero usciti da quella stanza, si sarebbero ritrovati a dover
affrontare
qualcosa di terribile.
“Che
farei io senza di te, Sam?” fece Sirius a un
certo punto accarezzando i capelli della moglie con gesti lenti.
“Hmmm,
credo che ti avrebbero rinchiuso in un
manicomio con una camicia di forza”. Scherzò la
ragazza facendo sorridere anche
il marito.
Sirius
la strinse forte a sé prendendo poi ad
accarezzarle la pancia ancora piatta.
“Come
lo chiamiamo?” non c’era bisogno di
specificare a chi si riferisse.
“Hmmm…
se è femmina mi piacerebbe Alexis”.
“Alexis?
Sì, mi piace. E se è maschio che ne dici di
James?”
“James
Regulus. Come i suoi zii”.
(“E
perdere la partita? Non se ne parla neanche”.)
Harry
aprì gli occhi lentamente cercando di
distinguere i lineamenti della persona che gli sedeva accanto.
“Mamma”.
Mormorò riconoscendo i lunghi capelli rossi
e gli occhi verdi della madre.
“Ciao,
tesoro”. Gli rispose lei con un sorriso dolce
spostandogli i capelli scuri dalla fronte. “Come ti
senti?”
“Come
si mi avessero appena maciullato lo stomaco”.
Rispose il ragazzo mettendosi a sedere nel letto
dell’infermeria. Tutto d’un
colpo gli tornarono alla mente gli eventi delle ultime ore: la partita,
il
bolide, Malfoy, il boccino.
“La
prossima volta che ti succede una cosa del
genere però, lascia perdere il boccino”. Lo
ammonì James con voce leggermente
severa, sedendoglisi accanto. Si vedeva che si erano spaventati un bel
po’.
“E
perdere la partita? Non se ne parla neanche”.
L’uomo
ridacchiò. Era sconcertante quanto quel
ragazzo gli somigliava. “Comunque, credo che i tuoi compagni
di casa ti stiano
preparando una bella festa”.
“Io
e James però ti dobbiamo dire una cosa prima”.
Fece Lily ad un tratto non volendo più rimandare.
Harry
inarcò le sopracciglia curioso. Sperava solo
che non fosse niente di brutto.
“Sono
incinta”.
Il
ragazzo rimase senza parole e senza alcuna
espressione per almeno venti secondo precisi in cui i genitori lo
guardarono
con l’ansia che saliva alle stelle. Alla fine
però, buttò le braccia al collo
della madre abbracciandola forte e non facendo caso alla ferita al suo
stomaco.
“Sei
contento?”
ANGOLO
AUTRICE
Bene,
bene, bene… sono, diciamo… soddisfatta di questo
capitolo. E voi?
Beh,
non ho molti commenti da fare, devo però dirvi una
cosa.
Purtroppo
o per fortuna, dipende dai punti di vista,
questa fic sta volgendo al termine. Non so esattamente quanti capitoli
manchino
però non credo se andrà oltre il sessanta.
Eh
lo so, pure quasi non ci credo. È da un anno circa che
sto andando avanti a scriverla. Ormai mi sono affezionata a questa
storia, a
Sam e a tutti quanti.
Però
tutte le cose hanno una fine ed è arrivato il
momento di concludere anche questo.
Quindi,
finché non arriviamo ancora alla vera
conclusione, cerchiamo di goderci questi ultimi capitoli.
Un
bacio a tutti,
M.
PUFFOLA_LILY:
*saltella in giro per la stanza battendo le
manine* uuuuh, sono così contenta che lo scorso capitolo ti
sia piaciuto
talmente tanto da lasciarti senza parole. Effettivamente non era male.
Me
modesta U.U comunque non ti preoccupare, la curiosità non
è mai male però ti
devo dire di pazientare perché i tuoi dubbi e le tue domande
troveranno una
risposta prima o poi, non ti preoccupare. D’altronde ci
stiamo avvicinando alla
fine xD spero di risentirti, un bacio. M.
FEDE15498:
ti confesso che io e la geografia non andiamo
tanto d’accordo e il mio senso dell’orientamento fa
proprio pena. Sì sì, Reg mi
piace proprio tanto e mi è dispiaciuto quando è
morto a quel modo. Però, che ci
puoi fare, zia Row non è stata molto buona con i suoi
personaggi. Spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto e non ti preoccupare, non ti
farò più
così tante domande J
un
bacio, M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 57 *** Capitolo cinquantacinque ***
(“Hogwarts
è assediata. Venite ad aiutarci”.)
“Sirius,
abbassati!” urlò James in direzione
dell’amico
che stava per essere colpito da una crucio proveniente da un
Mangiamorte
mascherato.
L’Animagus
fece appena in tempo a rotolare per terra
nella neve, quando vide l’incantesimo passargli sopra e
sfracellarsi contro il
muro di un ex negozio di Diagon Alley. Non avrebbe proprio saputo dire
da
quanto tempo ormai andasse avanti quella battaglia, molto probabilmente
erano
ore. Si trovavano al Ministero, lui e gli altri Auror, quando
ricevettero la
notizia che Diagon Alley era stata attaccata dai Mangiamorte e, senza
perdere tempo,
si erano precipitati lì dove si trovavano anche altri membri
dell’Ordine per
cercare di fermare quel casino.
Molto
probabilmente, però, dopo quella battaglia, di
Diagon Alley non sarebbe rimasto molto, bruciata tra le fiamme
dell’Ardemonio e
maledizioni varie.
Sirius
vide James precipitarsi da Malocchio per
dargli una mano con i Dissennatori prima di cominciare la lotta con un
altro
Mangiamorte. Erano riusciti ad atterrarne e catturarne alcuni, ma erano
decisamente troppi e pure i bruttissimi e terribili guardiani di
Azkaban ci si
mettevano in mezzo.
“Aaaaah!”
urlò qualcuno poco distante da lui e,
quando volse lo sguardo, vide Tonks riversa per terra con Bellatrix che
la
sovrastava dall’alto puntandole la bacchetta addosso.
“Levati
dal cazzo, cugina!” esclamò Sirius colpendo
la Mangiamorte con un Everte Statim ben assestato. “Stai
bene?” chiese poi alla
ragazza aiutandola ad alzarsi.
“Sì,
grazie”.
“Sirius!”
si sentì chiamare l’uomo da Kingsley che
gli si era avvicinato perdendo del sangue dalla fronte. “Vai
ad aiutare James e
Malocchio coi Dissennatori”.
L’Animagus
non se lo fece ripetere due volte e corse
immediatamente ad aiutare i due amici evocando il suo Patronus.
“Cazzo,
sono troppi! Non ce la faremo mai!” commentò
James ansimando e asciugandosi il sudore con la manica della camicia
strappata.
“Potter,
non ti facevo così mammoletta”. Lo
sbeffeggiò
Moody in un tentativo di provocazione.
“Non
sono una mammoletta!” gli rispose l’altro
indignato per poi dare maggiore forza al suo cervo argentato.
Improvvisamente,
però, videro comparire un altro Patronus
che però non sembrava avere intenzione di sconfiggere i
Dissennatori, ma
piuttosto, quello di portare un messaggio. Era un gatto e i tre uomini
lo
riconobbero come quello della McGranitt per i cerchi attorno agli occhi
a mo’
di occhiali. Questo significava altri guai in vista.
“Hogwarts
è assediata. Venite ad aiutarci”. Disse infatti
il Patronus parlando con la voce della professoressa di
Trasfigurazione.
“Maledizione!”
imprecò Sirius esausto. “Possibile
che non possiamo avere un attimo di pace?”
“Porca
puttana! C’è mio figlio là!”
esclamò James
prima di cominciare a correre nemmeno lui sapeva dove, completamente
preso dal
panico.
(Avrebbe
voluto una morte meno dolorosa, non gli piaceva per
niente l’idea di venire fatto a pezzi.)
Quello
era un incubo, un vero incubo. Non uno dei
soliti sogni in cui si ritrovava a causa di Voldemort. Era un incubo
divenuto
realtà. Harry se ne rendeva conto e avrebbe tanto voluto che
non fosse così.
I
Mangiamorte erano penetrati ad Hogwarts senza che
nessuno avesse idea di come avessero fatto e per di più
Silente sembrava essere
scomparso. Gli studenti erano in pericolo così come i suoi
amici e lui non
aveva la più pallida idea di che fare.
Si
trovava nei pressi della capanna di Hagrid
insieme a Ginny e avevano appena steso un paio di Mangiamorte che erano
andati
a sbattere contro un muro di mattoni e ora se ne stavano riversi a
terra
completamente immobili. Il ragazzo sperava che fossero morti.
“Oh
Merlino, cos’è quello?!”
esclamò Ginny con
orrore guardando in direzione della Foresta Proibita qualcosa che stava
uscendo
lentamente ringhiando
in modo terribile
con i denti digrignati. Sembrava un grosso orso dal pelo scuro come il
carbone.
“Qualcosa
che non ci piacerà per niente”. Le rispose
Harry spostando lo sguardo in direzione del cielo, alla luna tonda e
piena che
splendeva sulle loro teste, minacciosa quasi quanto il mostro che stava
per
attaccare loro.
All’improvviso
il mostro corse fuori dalla foresta e
si scagliò contro i due ragazzi che dovettero buttarsi a
terra per non venire
travolti.
“Ginny,
scappa! È un licantropo!” gridò Harry
in
direzione della ragazza.
“Sei
matto?! Non ti lascio da solo!” fece lei in
risposta cercando di raggiungere la sua bacchetta che però
si era rotta in due
parti.
Il
licantropo tornò alla carica scagliandosi sta
volta solo su Ginny ma la ragazza non ebbe né il tempo
né la prontezza di
scansarsi questa volta, così il mostro le
precipitò addosso.
Harry
però, che aveva ancora la bacchetta in mano,
cominciò
a scagliare tutti gli incantesimi che gli vennero in mente per spostare
il
grosso lupo nero dalla ragazza. Purtroppo però
sembrò che non gli sortissero
alcun effetto ma almeno era riuscito a distrarlo dalla ragazza
facendolo
voltare verso di lui.
Adesso
era nei guai lui però, dato che il licantropo
stava correndo nella sua direzione e in un balzo gli fu addosso
così come lo
era poco prima con Ginny. Harry, sbattendo contro al suolo, aveva perso
la
bacchetta e il lupo era troppo pesante per scansarlo via con le mani.
Porco
Salazar! Lo avrebbe sicuramente sbranato, ne
era sicuro.
Ginny,
nel frattempo, si stava rialzando da terra ma
aveva sbattuto la testa quando il licantropo le aveva rovinato addosso,
così le
ci vollero un paio di secondi per snebbiarsi la vista e accorgersi di
quello
che era appena successo.
“Harry!”
urlò lei vedendo che il suo ragazzo era
praticamente sotto le fauci del mostro. Si alzò per
recuperare la sua bacchetta
ma la caviglia che si era slogata, purtroppo, cedette e si
ritrovò di nuovo per
terra.
Harry,
intanto, sentiva i denti del lupo che affondavano
nel suo fianco sinistro ed era sicurissimo che glielo avrebbe staccato.
Avrebbe
voluto una morte meno dolorosa, non gli piaceva per niente
l’idea di venire
fatto a pezzi. Proprio nel momento in cui il licantropo stava per
affondare
ancora di più le fauci nella carne, si sentì un
ululato e un altro lupo
mannaro, dalla pelliccia color cioccolato, uscì dalla
foresta scaraventando via
quello nero dal corpo del ragazzo.
“Stai
bene?” chiese Ginny quando finalmente fu
riuscita a trascinarsi dal ragazzo sorreggendogli la testa.
“Sì…
credo”. Biascicò il moro toccandosi la ferita
al fianco ma dovendo subito ritirare le dita sentendola immediatamente
bruciare.
Entrambi lanciarono un’occhiata ai due lupi che sembravano
impegnati in una
lotta piuttosto agguerrita. Quello marrone era decisamente
più piccolo di
quello nero ma non se la stava vedendo male. E gli aveva appena salvato
la
vita.
“Andiamocene.
Ce la fai a camminare?” chiese Harry
alla ragazza accanto a lui.
“Non
lo so. Mi sono rotta una caviglia”.
“Allora
ti porto io”.
(“Spero
di no, altrimenti non se lo perdonerà mai. Non
so nemmeno se ci riuscirò io”.)
James
continuava a fare avanti e indietro per l’infermeria
e mancava veramente poco che ci scavasse un solco. La battaglia si era
conclusa, alcuni Mangiamorte erano stati catturati, altri uccisi e
alcuni,
purtroppo, erano scappati.
Per
fortuna erano riusciti a mettere in salvo la
maggior parte degli studenti, ma alcuni erano rimasti comunque feriti
così come
gli Auror che erano corsi in aiuto di Hogwarts. Così adesso
si trovavano tutti
in infermeria per farsi curare dalle mani esperte di Madame Chips.
Silente però
non era ancora tornato e
nessuno sapeva
dove fosse.
“James,
smettila o ti dovrò ficcare un sedativo nel
culo”. Lo ammonì l’infermiera intanto
che cercava di curare le ferite sul viso
di Bill Weasley senza curarsi di fare la sboccata.
“Non
ho idea di dove sia Harry. Non l’ho visto per
tutta la battaglia. Come faccio a stare calmo?” si
lamentò lui sull’orlo di una
crisi isterica. Avrebbe tanto voluto andare a cercarlo ma Madame Chips
lo aveva
confinato lì e aveva sigillato la porta in modo che nessuno
potesse uscire ma
solo entrare. Era troppo abituata agli studenti che non rispettavano i
suoi
ordini.
“Se
è per questo non c’è neanche
Ginny”. Gli fece
notare Ron che se ne stava seduto in un angolo
dell’Infermeria accanto alla sua
famiglia e a Hermione.
“Vuoi
che chiami Lily?” gli fece Sirius con voce
calma. Lui poteva capirlo, era preoccupato per suo figlio, non voleva
perderlo
ora che lo aveva ritrovato.
“No,
non serve”. Gli rispose lui interrompendo la
sua camminata. Non voleva farla preoccupare, tanto meno nel suo stato.
Non voleva
che succedesse qualcosa al bambino.
All’improvviso
però, la porta della stanza si aprì e
finalmente
comparvero Harry e Ginny, uno
più pallido e stravolto di quell’altro.
“Oh
sia lodato Merlino!” esclamò James correndo da
suo figlio mentre la signora Weasley abbracciava la figlia.
“Ma
dove eravate?” chiese questa senza mollare la ragazza.
“A
combattere i licantropi”. Le rispose Harry
socchiudendo un occhio con aria sofferente per la ferita al fianco che
sentiva
bruciare.
“Siete
feriti?” chiese James con aria preoccupata.
“Credo…
credo…”. Iniziò il ragazzo ma purtroppo
non
riuscì a concludere perché le gambe non lo
ressero più e cadde tra le braccia
del padre che lo afferrò prontamente perché non
sbattesse per terra.
“Oh
Merlino!” esclamò Poppy Chips. “Mettilo
sul
letto”.
James
obbedì immediatamente mentre anche gli occhi
di Sirius, di Hermione e di tutti i Weasley si facevano preoccupati.
L’infermiera
sollevò la maglietta di Harry per
studiare la ferita al fianco.
“Oddio!”
esclamò passando un dito sopra i contorni
frastagliati del morso. “E’ stato morso. Un
licantropo lo ha morso”.
“Che
cosa?!” fece James spostando lo sguardo da lei
al figlio svenuto sul letto. “Che licantropo? Chi?”
“Pensi
che sia stato…”. Iniziò Sirius ma non
ebbe il
coraggio di concludere il pensiero.
“Spero
di no, altrimenti non se lo perdonerà mai. Non
so nemmeno se ci riuscirò io”.
“Era
nero”. Li interruppe Ginny con le lacrime agli
occhi. “Un licantropo nero. È stato lui a
morderlo. Poi è arrivato uno marrone
che ci ha aiutati. E i due hanno iniziato a lottare”.
James
abbassò lo sguardo sul figlio addormentato
prendendo ad accarezzargli i capelli.
Quella
proprio non ci
voleva.
ANGOLO
AUTRICE RITARDATARIA
Salve
ragazzi, eccomi tornata. Scusate se vi ho fatto
attendere così tanto ma mi mancava proprio
l’ispirazione e anche il tempo per
scrivere. In compenso vi regalo questo capitolo di cui vado piuttosto
orgogliosa e dove c’è un sacco di azione sebbene
io non sia portata per scene
di questo tipo.
Ebbene,
penso di non aver alcun commento, piuttosto
voglio sapere che cosa ne pensate voi.
Scusate
ancora il ritardo.
Un
bacio a tutti e, naturalmente, buone feste.
Milly.
FEDE15498:
carissima, sono proprio contenta che questa
storia ti sia piaciuta così tanto e che ti sia rimasta
impressa, è una cosa che
veramente aggrada. Dispiace anche a me che si finita, ma purtroppo
tutte le
cose belle finiscono. Naturalmente io continuerò a scrivere
e spero che tu
continuerai a seguirmi. Un bacione e buone feste, M.
STEFANMN:
ci conto di continuare a leggere le tue
recensioniJ
spero che ti piaceranno altrettanto anche le altre mie storie. Bacioni,
M.
PUFFOLA_LILY:
grazie
mille per i complimenti cara. Spero di risentirti e buone feste, kiss.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 58 *** Capitolo cinquantasei ***
(“Sono…
sono diventato un… licantropo?”)
“Si
è svegliato?” chiese Remus entrando come una
furia nell’infermeria e facendo bella mostra di una faccia
sconvolta e
piuttosto esausta. Era quasi mezzo giorno e Harry non si era ancora
svegliato
dopo essere stato morso l’altra sera. I Malandrini erano
sicuri che non fosse
stato Moony ad avvelenarlo, Ginny lo aveva detto ed era strasicura che
si
trattasse del lupo nero, però volevano avere una conferma
anche dal ragazzo.
“No,
non ancora”. Rispose James, che se ne stava
seduto sul letto accanto al figlio ancora profondamente addormentato.
Vicino a
lui c’era anche Lily, piuttosto pallida e sconvolta, mentre
Sirius e Sam se ne
stavano seduti vicini, sul letto, in silenzio come poche volte lo erano
stati
nella loro vita.
Madame
Chips aveva deciso di permetterli di restare
soltanto perché si trattava di un caso particolare e
perché erano la famiglia
di Harry.
Ad
un tratto, videro il ragazzo muoversi pian piano
e cominciare a sbattere le palpebre come intento a scacciare qualcosa,
finché
non aprì gli occhi inquadrando, a poco a poco, chi gli stava
intorno. I presenti,
però, rimasero piuttosto scioccati: non aveva più
quei famosi occhi verde
smeraldo, così simili a quelli di Lily. Adesso, al loro
posto, c’erano due
grandi pozze giallo dorate, simbolo della maledizione della luna e di
ciò che
sarebbe stato costretto a passare una volta al mese.
Remus
si passò una mano tra i capelli, cominciando a
sudare freddo.
“Ehi,
campione!” lo salutò James con un sorriso,
cercando di mantenere la voce ferma.
Harry
tentò di mettersi seduto, ma una scarica di
dolore proveniente dal fianco, lo fece gemere penosamente e costringere
a
sdraiarsi di nuovo sul letto.
“Cerca
di stare attento. Hai una brutta ferita”. Lo
avvertì
il padre, sistemandogli le coperte.
“Tesoro,
ti ricordi quello che è successo?” gli
chiese Lily amorevolmente, ma non riuscendo a nascondere la sua
espressione
preoccupata e rattristata.
Harry
si portò una mano alla fronte per cercare di
stemprare il male alla testa che gli pulsava persino dalle orecchie e,
richiudendo un attimo gli occhi, passò a rassegna i fatti
successo l’altra
sera.
L’attacco
a Hogwarts, i Mangiamorte, incantesimi e
attacchi che volavano ovunque, lui e Ginny vicini alla Foresta
Proibita, i
licantropi… i licantropi… i
licantropi…
Un
momento! I licantropi… il licantropo!
Cercò
di fare mente locale per un attimo. Però, la
ferita al fianco che gli pulsava da morire, più del mal di
testa e tutte quelle
altre strane sensazioni che sentiva invadergli il corpo, come i muscoli
doloranti, un senso di nausea che gli saliva dalla bocca dello stomaco
e gli
odori che gli pungevano il naso in modo quasi insopportabile, non gli
facevano
avere alcun dubbio.
Era
stato morso da un licantropo. Ora si ricordava
perfettamente dei denti che affondavano nella sua carne.
“Sono…
sono diventato un… licantropo?” chiese con
voce roca, anche se già sapeva la risposta. Voleva solo una
conferma.
James
sospirò forte, ma alla fine fu Sirius a
rispondergli.
“Sì”.
Harry
si passò le mani sulla faccia e tra i capelli,
come fosse terribilmente stanco, e nascose un sorrisetto quasi ironico.
La cosa
non lo aveva sconvolto più di tanto, forse perché
sapeva che nessuno dei suoi
amici o della sua famiglia lo avrebbe odiato, anzi, lo avrebbero
aiutato. E poi…
beh, aveva imparato che nella vita può succedere sempre di
peggio di quello che
ti succede. E infondo, che sarà mai diventare pelosi una
volta al mese?
“Harry”.
Lo chiamò ad un tratto Remus.
Il
Grifondoro alzò il capo nella sua direzione con
cipiglio curioso.
“Chi
è stato a morderti?”
Harry
gli sorrise tranquillo, mettendosi seduto con
la schiena appoggiata alla spalliera del letto.
“Tranquillo,
non sei stato tu. E’ stato un
licantropo nero. Mi è saltato addosso e poi sei arrivato tu
e vi siete
affrontati”.
Il
licantropo più vecchio esalò un sospiro di
sollievo. Almeno quello… nella mente di tutti soltanto un
nome vorticava…
Greyback.
“Ma
lo sai che cosa ti spetterà adesso?” gli chiese
di nuovo.
“Lo
so”. Gli rispose il ragazzo abbassando lo
sguardo. “Ma non posso certo farne un dramma
adesso”.
“Questo
è parlar Grifondoro!” esclamò Sirius
saltando in alto e facendo scoppiare a ridere tutti gli altri che
sentirono
scendere un poco la tensione.
Sirius
e le sue uscite del cazzo… però, in certi
casi, non avrebbero proprio potuto farne a meno.
(“Ok,
ma non dirlo a tua madre”.)
Erano
quasi le due del mattino e James, Sirius e il
signor Potter erano seduti attorno al tavolo della cucina di casa
Potter a
fissare immobili e confusi il medaglione di Serpeverde e la spada di
Grifondoro
poggiati in cima.
Avevano
scoperto che il medaglione ce l’ha sempre
avuto Kreacher ed erano riusciti a riprenderselo. Ora però
si è posto un altro
problema: dovevano distruggerlo e, sebbene avessero l’arma,
non sapevano come
fare. Dovevano aprirlo in qualche modo, ma quello sembrava essere stato
sigillato con della magia più potente di quella che loro
conoscevano, almeno
era quello che avevano supposto.
Ormai
avevano provato di tutto e non sapevano più
dove andare a sbattere la testa.
A
un tratto sentirono dei passi scendere le scale e
videro spuntare Harry sulla soglia della porta, pallido, assonnato e
spettinato. Era tornato a casa per le vacanze di Natale da un paio di
giorni e
in quel periodo ci sarebbe stata la luna piena così adesso
non era proprio in
gran forma, doveva anche avere qualche linea di febbre e, soprattutto,
gli
davano molto fastidio gli odori, così a volte nemmeno
riusciva a mangiare,
andando a rigettare tutto.
James,
non appena lo vide, si parò di fronte al
tavolo per non fargli vedere che cosa c’era.
Harry,
però, se ne accorse e mostrò una faccia
perplessa.
“Che
ci fai in piedi?” gli chiese il signor Potter
per fargli distogliere l’attenzione.
“Avevo
sete e non riuscivo a dormire”. Rispose il
ragazzo con fare annoiato. “Che cosa mi stai
nascondendo?”
“Niente”.
Fece James, un po’ troppo frettolosamente
per star dicendo la verità. “Perché mai
dovrei nasconderti qualcosa?”
Il
figlio assottigliò lo sguardo. “Allora
cos’è
quella spada?”
“Che
spada?”
“Non
fare il finto tonto con me”.
Harry
attraversò il padre e si mise vicino al
tavolo, senza che nessuno glielo impedisse. Ma infondo,
perché mai avrebbero
dovuto? E per non parlare del fatto che a lui era sempre difficile
nascondere
qualcosa.
Il
giovane Grifondoro rimase un attimo a osservare
la spada affascinato e poi la prese in mano, impugnandola per
l’elsa e
rigirandosela davanti al naso.
“Ma
questa è la spada…”.
“Di
Godric Grifondoro, sì”.
Concluse Sirius per lui.
“Wow,
l’ultima volta che l’avevo usata è stato
al
mio secondo anno per uccidere il Basilisco. Ma… a cosa vi
serve?”
“Ce
l’ha data Silente”. Gli rispose James.
“Ma
perché?”
I
tre uomini si lanciarono uno sguardo che implicava
una muta domanda.
“Ma
sì… diteglielo, infondo, lo riguarda”.
Disse alla
fine Sirius scrollando le spalle.
James
si voltò verso Harry e, dopo un paio di
minuti, si decise a parlare, snocciolandogli in poche parole la storia
degli
Horcrux di Voldemort, facendogli un breve riassunto.
“Quindi,
se ho capito bene… voi dovete distruggere
questi Horcrux”.
“Esattamente”.
“Ne
avete trovato uno, ma non sapete come fare”.
“Sì.
Più che altro non sappiamo come aprirlo”.
Rimasero
tutti e quattro per un po’ in silenzio,
intenti a pensare, finchè Harry non parlò di
nuovo.
“Beh,
se è qualcosa costruito da Voldemort,
sicuramente avrà usato qualcosa che solo lui o comunque
poche persone conoscono”.
“E’
quello che abbiamo pensato anche noi. Sicuramente
della magia potente o un incantesimo oscuro”.
Concordò Sirius.
Harry
si lasciò crollare su una sedia e sospirò
stancamente.
“Non
penso. Probabilmente li doveva tenere sotto
controllo perciò non avrà utilizzato qualcosa di
troppo complicato o che
richieda troppo tempo. Sono d’accordo però che
abbia utilizzato qualcosa che
pochi conoscono”.
“Sì,
ma cosa?” fece James frustrato.
Cadde
di nuovo il silenzio, interrotto solo dal
vociare di qualche gufo.
“Il
Serpentese!” sbottò ad un tratto Harry, con gli
occhi che brillavano.
“Il
Serpentese?” fece il signor Potter perplesso.
“Sì,
Voldemort lo conosceva e non sono tanti quelli
che lo sanno parlare”.
“Beh,
non ha tutti i torti”. Lo appoggiò Sirius
guardando James con un sorrisetto contento.
“Io
lo conosco. Posso provare ad aprirlo”. Si offrì il
giovane Grifondoro.
“Beh,
tentar non nuoce”.
“Ok,
ma non dirlo a tua madre”. Lo avvisò James,
afferrando il medaglione dal tavolo.
(Già
gli mancava lo sguardo di Lily negli occhi del figlio.)
“Amore?”
chiamò Ginny dolcemente, pungolando una
guancia del suo ragazzo.
Harry
quel pomeriggio era crollato sul divano e si
era addormentato in meno di due minuti, come ormai gli succedeva molto
spesso. Ok,
se prima non gli era parsa una cosa tanto drastica, adesso avrebbe
preso in
mano qualsiasi cosa pur di eliminare il veleno della licantropia che
gli
scorreva nelle vene.
“Hmm?”
bofonchiò lui, aprendo leggermente gli occhi
dorati e scorgendo i capelli rossi della grifoncina.
Lei
gli si sdraiò accanto e si strinse nel suo
abbraccio caldo, tastandogli la fronte per vedere se aveva ancora la
febbre.
Quella
notte ci sarebbe stata luna piena e
praticamente Harry non riusciva ad alzarsi dal divano. Remus gli aveva
detto
che, con l’andare del tempo, il suo corpo si sarebbe abituato
alla maledizione
e ai vari aspetti che essa comportava. I primi tempi, erano i
più duri,
naturalmente.
Dietro
la porta, James osservava quella scena con un
sorrisetto contento stampato in faccia. Ginny gli piaceva e
soprattutto, non si
era lasciata intimidire dal piccolo problema peloso contro cui ora,
avrebbe
dovuto lottare il suo ragazzo.
“Jamie?”
si sentì chiamare, sentendo qualcuno che
gli poggiava una mano sulla spalla.
Voltandosi,
trovò gli occhi ambrati di Remus che lo
scrutavano attentamente, quegli stessi occhi che ora avrebbe visto
tutti i giorni
sul viso di Harry. Già gli mancava lo sguardo di Lily negli
occhi del figlio.
“Come
sta?”
Capì
immediatamente a chi si riferiva la domanda
dell’amico e, con un leggero cenno del capo, gli
indicò il divano su cui era
sdraiato Harry.
“Come
ogni licantropo il giorno di luna piena, se
non peggio”.
“Mi
dispiace”.
Prongs
si limitò a scrollare le spalle e a dirigersi
in cucina, seguito dal licantropo.
“Moony?”
“Hmm?”
“Ti
dispiace se stasera io e Pad ti lasciamo da
solo? Sai, vorrei… vorremmo stare con Harry”.
“Ma
certo, James”. Rispose
Remus con un sorriso. “Non l’avevo nemmeno messo in
dubbio.
DISCUTIAMONE…
Finalmente
ce l’ho fatta ad aggiornare. Scusate se mi
sono fatta attendere. È che ho già tre fanfic in
corso e non riesco ad
aggiornare con
tanta regolarità, mi
dispiace. Quindi, da un lato sono anche contenta che questa storia stia
per
finire. Eh, lo so, ora mi odierete, ma iniziate a fare il countdown.
Per
il resto, che mi dite?? È stato traumatico il ritorno
a scuola/lavoro? Vi hanno già riempiti di compiti e robe da
studiare?
Spero
di no, anche perché voglio ricevere taaante
recensioni e se non lo fate per colpa degli insegnanti,
andrò da loro
personalmente e li crucierò tutti. Muahaha *risata alla
Strega Varana*.
Vi
è piaciuto il capitolo? Povero Harryuccio, dite
voi…
eh, lo so, prima la partita di Quidditch e ora questo. Ma io sono
sadica, ormai
dovreste averlo capito.
se
però a qualcuno è parso strano che Harry avesse
capito subito come aprire l'Horcrux, beh, io penso che non sia
così stupido e d'altronde, così succede anche nel
libro se non ricordo male. xD
xD
Prima
di concludere e lasciarvi, vorrei riservare anche
un piccolo angolino alla pubblicità: per la categoria di
Harry Potter, oltre a
questa, abbiamo anche Little Marauders (ancora in corso), per la
categoria di
Twilight abbiamo The Power of the Love e Stessi occhi Stesso sangue
(entrambe concluse)
e, per la categoria di Maximum Ride, abbiamo La luce dei miei occhi
(ancora in
corso).
Poi,
so di averlo già pubblicizzato, però se lo merita
proprio, il fantastico Forum (GDR) di Harry Potter di cui faccio parte
anche
io. Se amate questa mitica saga, se avete molta fantasia e se vi piace
scrivere, è veramente ottimo: potete ruolare, partecipare a
contest di fanfic e
grafica, far parte della vostra Casa preferita e conoscere persone
nuove. Gli utenti
che ci sono già, sono fantastici :D
Vi
lascio il link, venite almeno a darci un’occhiata….
http://patronusgdr.forumcommunity.net/
Un
bacio a tutti J
alla prossima.
P.S.
scusate, il capitolo non l’ho riletto perciò, se
c’è
qualche errore, perdonatemi.
FEDE15498:
eccoti accontentataJ
e poi non dire che non
soddisfo i miei lettori. xD e poi, mi sarei sentita in colpa se ti
causavo danni
celebrali per colpa della troppa insonnia :p beh, che te ne pare??
Soddisfatta o
rimborsata? Grazie mille per i complimenti, spero di risentirvi.
PUFFOLA_LILY:
sì, il licantropo era Greyback e Harry a
quanto pare è un licantropo. Chissà cosa
succederà nel prossimo capitolo xD
mah, continua a seguirmi e lo scoprirai :p
STEFANMN:
in questo capitolo penso tu abbia avuto la
risposta a tutte le tue domande xD che te ne pare?? Un bacio, alla
prossima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 59 *** Capitolo cinquantasette ***
(“Il
bambino sta bene, però… non sarebbe proprio giusto
parlare di un bambino”.)
Sam
e Lily rientrarono in casa già pregustandosi le
facce dei rispettivi mariti una volta che avrebbero dato loro la
notizia. Erano
ancora le vacanze di Natale e si trovavano ancora tutti a casa dei
genitori di
James e Samantha che in quel periodo era decorata a festa e si poteva
respirare
un’aria di gioia e allegria, per quanto quello stato di
guerra permettesse
loro.
Quel
giorno le due donne erano uscite per fare una
visita ginecologica da un medico babbano che conosceva Lily, solo
perché pensavano
che i medici babbani avessero l’attrezzatura più
adatta e più sicura per certe
cose. Inoltre, così avevano potuto sviluppare le radiografie.
Non
appena misero piede nella cucina, gli sguardi di
Sirius, James e dei signori Potter si rivolsero a loro, chi in ansia,
chi
curioso e chi trepidante.
“Allora?
Com’è andata?” chiese immediatamente
Black
guardando la moglie con uno sguardo ansioso.
Sam
cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore e
si passò una mano tra i capelli, gesti che faceva sempre
quando era nervosa. E ciò
non aiutò per niente il pover’uomo.
“Amore,
devo dirti una cosa”. Disse con voce grave.
“Che
cosa?” adesso il povero Animagus stava
veramente impallidendo e probabilmente, se Sam non si fosse sbrigata a
dirgli
che cosa succedeva, sarebbe schiattato di infarto lì sul
colpo. Anche gli altri
guardavano la ragazza preoccupati. “E’ successo
qualcosa al bambino? Sta male?”
“No!”
si affrettò a rispondergli Sam per
tranquillizzarlo. No, il bambino stava benissimo però, da un
lato un po’ si
divertiva a fargli venire colpi al cuore, ma dall’altro non
sapeva come avrebbe
preso lui la notizia che stava per dargli, quindi temporeggiava per
trovare le
parole giuste. “Il bambino sta bene,
però… non sarebbe proprio giusto parlare
di un bambino”.
Sirius
le lanciò un’occhiata perplessa. Che cosa
voleva dire? Come non si poteva parlare di un bambino? E che era? Una
creatura
con quattro occhi e sei gambe? Un essere strano che non si riusciva a
indentificare?
Ecco, se era veramente successa una cosa del genere era pronto a
scommettere
che fosse colpa dei geni Black, sapeva che avevano sempre portato sfiga
e
qualche strana malformazione non solo a livello mentale (bastava vedere
sua
cugina Bellatrix) ma magari si è diffuso anche a livello
fisico, adesso.
Sam
andò a sedersi sulle ginocchia del marito
circondandogli il collo con le braccia.
“Non
è giusto parlare di un
bambino…”. Continuò.
“Perché sono… due”.
E
qui la ragazza assottigliò lo sguardo attendendo
la reazione dell’uomo. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe gioito?
Avrebbe pianto o
avuto una crisi isterica? Si sarebbe limitato a mostrare la sua
contentezza in
un modo calmo e posato? No, quest’ultima di sicuro no, quando
si parlava di
Sirius non si potevano usare aggettivi come tranquillo, calmo e posato.
“Due?”
fece l’Animagus come per chiedere conferma.
La
ragazza annuì con il capo.
“Quindi…
doppio cambio di pannolini?”.
Altra
affermazione di capo.
“Quindi…
due biberon”.
Un
altro cenno.
“E
due culle, passeggini e seggioloni?”
“Già”.
Improvvisamente
l’uomo si fece silenzioso fissando
un punto indefinito davanti a sé e dalla sua espressione non
si capiva bene che
cosa provasse. Era un po’ pallido, ma non sembrava sconvolto
più di tanto,
forse solo un po’ sorpreso.
“Amore?”
lo chiamò dolcemente Sam, ma allo stesso
tempo anche preoccupata.
“Dobbiamo
prepararci a soccorrerlo da un attacco di
panico?” chiese il signor Potter scambiandosi
un’occhiata con la moglie.
A
quel punto si sentì uno strano lamento e, quando
tutti voltarono il capo verso la fonte di quel rumore, videro James che
era
letteralmente scoppiato a ridere e che sbatteva la fronte sul tavolo in
preda
quasi a delle convulsioni, tenendosi la pancia con le mani. I presenti
lo
guardarono come fosse uscito dal manicomio, chiedendosi se magari non
si fosse
diffuso un virus di pazzia che stava pervadendo lentamente le persone.
Almeno
quello era riuscito a far uscire Sirius dallo
stato di catatonia nel quale era entrato perché, non appena
aveva visto l’amico
delirante sul tavolo, si era avventato su di lui afferrandolo per il
collo.
“Cazzo
hai da ridere?”
James,
per tutta risposta, continuò a ridere.
“Aha,
la tua faccia. Ahahah!”
Sirius
decise di lasciar perdere con un sospiro,
tanto quando James si metteva a fare così era inutile
tentare di farlo
rinvenire, lo avrebbe fatto da solo.
Black
allora voltò lo sguardo verso Sam che lo
guardava curiosa e ancora un po’ in ansia.
“Allora,
sei contento?” gli chiese trepidante.
L’uomo
le mostrò un sorriso rassicurante e sì,
sembrava anche piuttosto felice.
“Certo,
amore. Come potrei non esserlo?”
Si
alzò e le andò vicino con il suo solito passo
cadenzato, per poi metterle le mani sui fianchi.
“Avremo
un doppio lavoro da sbrigare, ma… saranno i
nostri bambini”.
E
dicendo questo le posò un delicato bacio sulle
labbra al quale lei ricambiò con passione e sollievo,
facendo giocare le loro
lingue e incatenare i loro occhi, il grigio-azzurro del cielo in
tempesta nel
nocciola caldo delle foglie autunnali.
“E
noi?” chiese James ad un tratto rivolto a Lily.
Anche
lei gli rivolse un sorriso dolce e gli si
avvicinò.
“Noi
avremo una bellissima femminuccia”. Gli rispose
dandogli un leggero bacio sulla bocca.
“An
sì?” fece lui con voce roca. “E quindi
sarà
Sally?”
“Sì,
sarà Sally”.
“A
proposito!” sbottò allora Sirius guardando Sam
come se dovesse farle una domanda di vita o di morte. “Ma i
nostri sono maschi
o femmine?”
“Un
maschietto e una femminuccia”. Gli rispose lei
contenta.
In
quel momento, spostandosi verso il frigo della
cucina, intervenne il signor Potter che esclamò con un
sorriso a trentadue
denti.
“Io
propongo un brindisi”.
“Certo!”
“Per
le signore in dolce attesa, solo del succo di
zucca, mi raccomando Edward”. Lo avvertì la moglie
con tono fintamente
minaccioso, facendo scoppiare a ridere tutti gli altri.
(Alla
fine non era successo, non era diventato licantropo. Alla
prima luna piena non si era trasformato…)
“Quindi,
Vo…Voldemort avrebbe creato questi Horcrux
per diventare immortale”. Ripetè Hermione per
accertarsi che avesse capito
bene.
Lei,
Ron, Ginny e Harry si trovavano nella stanza di
quest’ultimo e il moro aveva appena messo al corrente i suoi
amici delle ultime
notizie. Annuì alle parole della ragazza guardandola con gli
occhi verdi.
Alla
fine non era successo, non era diventato
licantropo. Alla prima luna piena non si era trasformato,
ciò però non li
faceva avere la certezza che non sarebbe mai successo. Magari il veleno
del
lupo non era ancora del tutto entrato in circolo nel suo sangue e
avrebbe
dovuto aspettare un po’ di più. Ma il fatto che
stesse abbastanza bene e che i
suoi occhi fossero tornati verdi li faceva supporre bene. Quella notte aveva aspettato
con Sirius e suo
padre la trasformazione, si ricordava che stava veramente una merda,
non
riusciva nemmeno a reggersi in piedi, aveva la nausea e sentiva dolere
tutte le
ossa. Alla fine aveva finito per addormentarsi, tra le braccia del
padre e, la
mattina dopo, si erano risvegliati tutti e tre senza che fosse successo
niente.
Doveva ammettere che si era sentito piuttosto sollevato e se
l’unico effetto
collaterale che avrebbe avuto fosse stato quello, allora avrebbe
sopportato.
“Esattamente,
Hermione. E al momento ne abbiamo
distrutti tre”.
“E
quali potrebbero essere gli altri?” chiese Ginny
seduta tra le gambe del suo ragazzo con la schiena appoggiata al suo
petto.
“Non
ne ho idea. Ma dovrebbero essere oggetti a cui
Voldemort era molto legato”. Le rispose Harry.
“Per
non parlare del fatto che potrebbero essere
nascosti chissà dove”. Aggiunse Ron addentando una
Cioccorana.
“Beh,
ci penseremo. Possiamo stillare una lista di
tutti i probabili oggetti e i probabili luoghi a cui Voldemort poteva
essere
legato”. Propose infine Hermione, al che tutti le sorrisero
grati, contenti
che, come al solito, il suo dotato cervellino avesse partorito
un’altra buona
idea.
Calò
qualche minuto di silenzio nel quale si sentì
soltanto lo sgranocchiare dei vari dolciumi attorno ai quali i ragazzi
si erano
accerchiati.
“Uno
di questi giorni andiamo nel negozio di Fred e
George?” propose ad un certo punto Ron gustando una caramella
Tutti i gusti +
1.
Harry
e Ginny annuirono
schiacciandosi di più l’uno contro
l’altro, il viso del ragazzo affondato nei
capelli di lei e la mano della ragazza attorcigliata alle dita di lui.
PARLIAMONE…
*Esce
dalla caverna scrollandosi di dosso polvere e
ragnatele*.
Rieccomiiiii!!!
Dopo essere sopravvissuta al terremoto
(niente di grave per fortuna ma mi stavo per cagare addosso), dopo aver
bevuto
il mio tè della sera e dopo aver sguazzato tra le varie
poetiche canzoni di
Ligabue, ho postato.
Scusate
per il ritardo con cui aggiorno ma, oltre ad
essere impegnata con i vari impegni che comporta il ritorno a scuola e
anche
quel terribile momento in cui avevo completamente perso
l’ispirazione ed ero
veramente sull’orlo di una crisi isterica, non ho potuto fare
prima, mi
dispiace.
Non
è che adesso mi sia fatta perdonare tanto, lo so, con
questo capitolo un po’ striminzito e, diciamocelo, tirato per
le lunghe e le
larghe. Ma ho voluto dare un po’ di calma ai nostri eroi,
poveretti, e farli
godere un po’ di calma e tranquillità. Abbiamo
scoperto, quindi, il sesso dei
bambini e… udite, udite… Harry non è
diventato un licantropo!! xD lo so, sono
una bastarda. Prima vi faccio venire un colpo facendovi credere che
fosse stato
maledetto e poi vi svelo tutto così, con uno schiocco di
dita. xDxD
Ok,
ora la smetto di cianciare. Rispondo alle recensioni
e vi lascio. Spero di ricevere commenti, un bacio e a presto.
Milly.
FEDE15498:
spero che ora non mi odierai per questo piccolo cambio di piani
riguardo il
destino di Harry xD non ti preoccupare, i suoi bellissimi occhietti
verdi non
glieli toglie nessuno. Che ti pare di questo capitolo piuttosto
tranquillo? Un bacio,
alla prossima. Kisskiss.
STEFANMN:
eheh, nooo, Harry non è diventato licantropo, tranquillo. E
per quanto riguarda
zio Voldy… eheh, lo vedrai presto non ti preoccupare. Un
bacio, alla prossima.
M.
PUFFOLA_LILY:
eh, sì Harry è un po’ sfigatello, ma
dai, stavolta se l’è cavata. Comunque, non
mi pare che zia Row avesse scritto da qualche parte che i licantropi
avessero
gli occhi gialli, ora che mi ci fai pensare, ma in molte fanfic che ho
letto gli
occhi di Remus sono dorati, così a volte capita che mi
confonda e non so più
che cosa sia di zia Row e che cosa invece invenzione dei fan. A me
personalmente piace questo particolare dei mannari, perciò
lo leggerai in quasi
tutte le mie fanfic di HP (se continuerai a seguirmi naturalmente).
Spero di
aver risolto i tuoi dubbi e spero di risentirti. Un bacio, Kiss. M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 60 *** Capitolo cinquantotto ***
(
La casa era decisamente piena di spifferi, topi
e chissà quali altri animali).
“Secondo
te dove potrebbe essere?” chiese Sirius
leggermente spazientito.
Lui,
James e Bill Weasley erano penetrati nella
vecchia casa dei Riddle, quella dove abitò la famiglia
paterna di Voldemort. Erano
alla disperata ricerca di un altro Horcrux creato dal Mago Oscuro e
quello era
stato uno dei primi luoghi a cui avevano pensato. Avevano pure stillato
una
lista di quali potevano essere questi oggetti ed erano arrivati alla
conclusione che doveva trattarsi di cose alle quali Voldemort teneva
molto e
che, in un certo senso, potevano servire per accrescere il suo ego e la
sua
vanità.
Come
gli oggetti che rappresentano i simboli delle
quattro casate di Hogwarts. D’altronde, avevano
già trovato il medaglione di
Serpeverde ed era già un buon indizio.
Peccato,
però, che non sapessero quale poteva essere
quello di Corvonero e che la spada di Grifondoro era
tutt’altro che un Horcrux.
Ma
chissà, forse la coppa di Tassorosso…
“Non
ne ho idea, Sirius”. Gli rispose James,
guardandosi attorno attentamente con la bacchetta ben salda in mano.
“E ci
vorrà un bel po’ per esplorare tutta la
casa”.
“E
un semplice incantesimo di appello non
basterebbe, giusto?”
“Giusto.
Anche perché non siamo esattamente sicuri
di che cosa cercare”.
Cominciarono
dalla cucina, grande come quella di
Grimmauld e rivoltarono ogni cassetto, ogni credenza e ogni mensola e
dispensa
per non trovarci assolutamente nulla.
Con
un sospiro stanco ma per niente pronto a cedere,
si diressero ai piani superiori della casa, guardando con attenzione
ogni
angolo e sussultando ad ogni rumore. La casa era decisamente piena di
spifferi,
topi e chissà quali altri animali.
“Ragazzi!”
li chiamò ad un tratto la voce di Bill
proveniente dal corridoio.
I
due Animagus accorsero immediatamente da lui per
vedere che cosa fosse successo e lo trovarono che fissava un punto
davanti a sé.
“Guardate
lì”. E indicò con l’indice
un’asse del
pavimento di legno che si era leggermente sollevato e che lasciava
intravedere
qualcosa di d’orato e luccicante.
“Evvai!”
esclamò Sirius esultante.
(Presto
avrebbe avuto altri due nipotini da coccolare).
Sam
se ne stava sdraiata sulla sua poltrona
preferita, con una mano appoggiata sulla pancia ormai di otto mesi
spaccati e
gli occhi chiusi, probabilmente intenta a sonnecchiare leggermente.
Lily,
invece, era intenta a cucire quelle che
dovevano essere delle tutine per bambini. Lavorava sempre a maglia
quando era
nervosa e quella sera aveva ben ragione di esserlo, col marito che se
n’era andato
in missione per conto dell’Ordine. Non capiva proprio come
facesse Sam ad
essere così tranquilla e riuscire persino a sonnecchiare.
Forse a lei essere
incinta le calmava i nervi e i due bambini che portava in grembo le
facevano da
calmante. Ma proprio per questo lei non riusciva a stare tranquilla,
non
riusciva a sopportare che James rischiasse la vita mentre lei aspettava
la loro
bambina.
Ad
un tratto, vide la cognata stiracchiarsi e
sbadigliare. Passandosi una mano tra i capelli spettinati, si
alzò dal divano e
fece per dirigersi in cucina.
Ma,
proprio mentre mosse i primi passi, sentì uno
strano rumore come di qualcosa che si infrange sul pavimento e si
sentì bagnata
tra le gambe. Voltò lo sguardo in direzione di Lily, col
viso già tremendamente
pallido.
“Credo…
credo che mi si siano rotte le acque”. Disse
Sam con voce atona, già per il male che sentiva premere
contro il ventre.
La
rossa spalancò gli occhi. “Come? Cosa? Oddio! Ma
è
troppo presto!”
Sam
si accasciò per terra, cercando di trattenere
l’urlo
per il dolore che sentiva crescere sempre di più, ma
fallendoci miseramente.
“Lo
so, Lily. Cazzo! Sembra che non vogliano… aaah,
aspettare più”.
In
quel momento comparve anche la signora Potter,
probabilmente attirata da tutto quel casino e guardò la
figlia seduta per terra
con sguardo preoccupato.
“Lily!”
esclamò in direzione della rossa. “Manda un
Patronus a Sirius e chiama mio marito. Dobbiamo andare al San
Mungo”. La donna
cercò di non scomparsi e di non farsi prendere dal panico,
in fondo non c’era
niente di strano. Sam stava per partorire, forse un po’ prima
del previsto, ma
non c’era niente di cui preoccuparsi.
Presto
avrebbe avuto altri due nipotini da
coccolare.
(I
figli di Sam e Sirius, una combinazione terribile).
Era
da circa un’ora che se ne stavano ad aspettare
fuori dalla porta della sala parto, con le urla di Sam che si facevano
sempre
più forti e lancinanti.
James
continuava a camminare avanti e indietro,
cercando di non iper-ventilare. Sembrava fosse lui a dover diventare
padre e
non Sirius, che se ne stava là dentro con la moglie.
L’uomo si chiese se l’amico
per caso non fosse svenuto. A lui era successo quando era nato Harry e
non gli
andava di ripetere l’esperienza anche con la figlia.
“James,
calmati. Andrà tutto bene”. cercò di
calmarlo il padre. Anche lui era piuttosto nervoso, ma non ci si poteva
far
niente.
Finalmente,
dopo altro tempo che parve
interminabile, dalla sala parto uscì un’infermiera
grassottella che diede loro
la bella notizia e li diede il permesso di entrare.
Quando
varcarono la soglia, trovarono una Sam
piuttosto sfinita ed esausta, con i capelli appiccicati alla fronte per
il
sudore, ma con un sorriso radioso dipinto in faccia e un Sirius chinato
su una
culla a fare le smorfie a qualcuno.
“Ehi,
Sally!” esclamò James correndo ad abbracciare
la sorella.
“Guardateli,
non sono meravigliosi?” chiese Sirius,
indicando la culla, al cui interno si trovavano due bellissimi bambini,
molto
simili tra loro, uno con gli occhi grigio-azzurri, la femminuccia a
quanto
pareva dalla copertina rosa e l’altro con uno sguardo
nocciola pronto ad andare
alla scoperta del mondo.
I
figli di Sam e Sirius, una combinazione terribile.
“…Un
oggetto c’è… quello di Corvonero. Il diadema
perduto”.
“Ma
allora, quale pensate che potrebbe essere questo
oggetto?” chiese Neville inarcando le sopracciglia.
Lui,
Harry, Ron, Hermione, Ginny e Luna erano seduti
sotto il loro ciliegio preferito nel cortile di Trasfigurazione a
godersi il
sole tiepido della primavera ormai inoltrata, con lo Zefiro che
scompigliava
loro i capelli e li solleticava il viso. Era proprio una bella giornata
perfetta per stare all’aria aperta.
Harry
aveva raccontato anche a Paciock e alla
Lovegood degli Horcrux e ora stavano ragionando su quali potevano
essere.
“Non
ne abbiamo proprio idea, Neville”. Gli rispose
Ron, scrollando le spalle affranto.
“Però
pensate che potrebbe essere ad Hogwarts”.
“E’
un’idea. Era un posto al quale Voldemort era
affezionato. E poi è molto sicura, quale posto migliore
c’è per nascondere un
oggetto così prezioso?”.
Caddero
tutti in un profondo silenzio, chi per pensare
e chi semplicemente per rilassarsi.
“Io
forse ho un’idea”. Sbotto ad un tratto Luna, con
il suo solito sorriso sincero e rassicurante ma anche leggermente
soddisfatto. Tutta
l’attenzione venne rivolta a lei. “Beh, avete detto
che dovrebbero essere gli
oggetti appartenuti ai quattro fondatori. Un oggetto
c’è… quello di Corvonero. Il
diadema perduto”.
“Ma
Luna, il diadema perduto è appunto…
perduto”. Le
fece notare Hermione mostrando la pazienza che normalmente si usa coi
bambini
piccoli.
“Forse
no. Basta cercarlo”. La contraddisse Luna,
dicendolo come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E io so anche dove”.
Nessuno
fece in tempo
ad aggiungere niente, perché Edvige planò
giù in picchiata e consegnò una
lettera ad Harry.
DISUTIAMONE…
Allora,
due piccola paroline su questo capitolo.
Innanzitutto,
mi scuso per la brevità e la banalità, ma
non ho avuto molte idee per questa parte. Tra l’altro non
l’ho nemmeno riletto,
quindi, se ci sono errori, perdonatemi. Spero di riuscirci meglio nel
prossimo,
dato anche che ci sarà la battaglia finale. Quindi,
preparatevi xD.
Poi,
ho deciso di mettere la coppa di Tassorosso nella
vecchia casa dei Riddle e non nella stanza blindata di Bellatrix alla
Gringott,
perché mi sembrava più raggiungibile e
anche più ovvio come nascondiglio.
Spero
non vi dispiaccia ^^.
Siccome
non ho voglia di trattenermi in troppe
chiacchere, visto anche l’orario, vi do subito la brutta
notizia. Eh sì,
ragazzi, non fate quelle facce.
Domenica
parto per l’Inghilterra e per almeno una
settimana non riuscirò ad aggiornare perciò
dovrete portare pazienza. Mi
dispiace.
Non
so se là riuscirò a trovare la connessione, ma
anche
se così fosse, non avrò molto tempo per scrivere.
Perciò,
spero di ricevere tante visite e tante recensioni
al mio ritorno ^^.
Adesso,
ho finito di rompere.
Statemi
bene, mi raccomando.
A
presto,
la
vostra sempre fedele,
Millyray
^^
STEFANMN: ah, le
reazioni spropositate di Sirius xD spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo, un bacio, caro. alla prossima ^^
PUFFOLA_LILY:
Ehilà^^ carissima, allora risolvo subito il tuo dubbio:
Harry non è un licantropo nè lo sarà,
avrà solo dei piccoli effetti collaterali che
spiegherò nel prossimo capitolo. E per quanto riguarda la
tua curiosità sui figli di Sam e Sirius, non mi ricordo
esattamente se avevo deciso per questo di farli avere due gemelli ^^
molto probabilmente sì, però, conoscendomi. Mi
sarebbe dispiaciuto togliere un nome, entrambi sono significativi.
Spero di risentirti cara, i tuoi complimenti mi fanno sempre molto
piacere. Un Bacio, M.
FEDE15498: beh, in
bocca al lupo per gli esami. Ma stai tranquilla, se sei in terza media
(spero di non sbagliare) dovrebbero andarti bene, sono molto semplici e
se sei una che di solito va bene non ti tartasseranno molto. Spero che
ti sia piaciuto anche questo capitolo e spero di risentirti. Un beso. M.
P.S. sì, il
terremoto l'ho sentito e il nostro prof ci ha fatti uscire in cortile,
mentre tutti gli altri sono rimasti dentro. ahahah xD speriamo non
succeda nulla di più grave, però.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 61 *** Capitolo cinquantanove ***
*Riemerge
dalla tomba scansando via le ragnatele, la
polvere e spolverandosi i vestiti* Sì, sono tornata ^^
eccovi qua un capitolo
fresco, fresco, appena sfornato. Buona lettura
J
(Solo
un assassino poteva uccidere una persona pura e innocente a sangue
freddo e senza
un minimo di esitazione).
Harry
non aveva idea di come fosse successo tutto
quello.
Camminava
lentamente per i corridoi del settimo
piano del famoso castello di Hogwarts, testimone di uno degli omicidi
più
brutti che ci fossero mai stati, almeno per il suo modesto parere.
Silente
era morto, l’aveva visto lui stesso, lo
aveva visto cadere giù dalla Torre leggero come una piuma,
colpito in pieno
petto dall’Avada Kedavra, non aveva avuto nemmeno il tempo di
esalare un
semplice respiro.
Era
semplicemente morto.
Adesso
era soltanto un cadavere, un corpo freddo,
immobile e senza vita.
Ancora
non ci poteva credere, nemmeno ora che andava
scendendo lungo le scale di marmo deserte, solo il battito accelerato
del suo
cuore che non riusciva a calmarsi a fargli compagnia, insieme ai passi
silenziosi e misurati, un terribile nodo di inquietudine e angoscia a
lacerargli lo stomaco.
Com’era
possibile? Com’ era possibile che Albus
Silente, il più grande mago di tutti i tempi, il famoso
preside della famosa
Scuola di magia e stregoneria, il suo mentore fosse morto
così, come una
qualsiasi persona, senza nemmeno provare a difendersi, quasi con la
rassegnazione dipinta in faccia.
Lo aveva sempre visto come una persona impiegabile, indistruttibile,
quasi una
divinità e ancora non si capacitava di quello che era
successo.
L’avrebbe ricordato per sempre così, come lo aveva
visto poco prima che
morisse, con una strana luce quasi di consapevolezza negli occhi
azzurri e un’espressione
per niente rammaricata. Era spirato come una di quelle persone che
accoglievano
la morte a braccia aperte e se ne andavano senza alcun rimpianto.
Non
sembrava essere per niente turbato, anzi,
sembrava che se lo aspettasse quasi, come se fosse già stato
tutto premeditato.
Ma
era impossibile, impossibile e assurdo, non ci
poteva credere.
Oltre
alla tristezza per la perdita, in lui si
agitavano quasi come un uragano, la rabbia e l’odio e forse
erano proprio
questi fattori a impedirgli di analizzare per bene la situazione:
vedeva ancora
riflesso davanti ai propri occhi la figura altera e impassibile di
Piton che
puntava la bacchetta contro il petto del professore e pronunciava senza
alcuna
esitazione l’Anatema che uccide, accompagnato dalle risa
soddisfatte dei
Mangiamorte che si era portato dietro, una bella schiera, ne aveva
potuti
riconoscere parecchi: Bellatrix, Rodolphus, Rabastan, Malfoy, Mulciber,
Greyback…
E
lui aveva soltanto potuto assistere alla scena,
impotente e immobile, paralizzato da un incantesimo che doveva avergli
lanciato
Silente e nascosto sotto il mantello
dell’invisibilità.
Si trovava su quella torre perché era stato proprio il
preside stesso a chiamarlo
e a dirgli di portarsi dietro il mantello, dovendogli parlare di
qualcosa che
sembrava essere importante. Harry non ci aveva capito
granché, ma aveva
obbedito come al solito.
Peccato solo che l’uomo non avesse avuto nemmeno il tempo di
iniziare il discorso,
i rumori dei Mangiamorte che entravano si erano fatti udire subito e
Silente
gli aveva ordinato solo di nascondersi.
Piton,
invece, li aveva traditi tutti, aveva tradito
Silente, l’Ordine e persino l’amicizia di sua madre
facendo entrare i Mangiamorte
nella scuola e mettendo in pericolo tutti gli studenti. Per
carità, non gli era
mai piaciuto granché il professore di Pozioni, ma non
credeva che sarebbe stato
capace di tanto, un doppiogiochista peggio di Minus.
Non
gli interessava se la cosa era stata premeditata
oppure no; solo un assassino poteva uccidere una persona pura e innocente a sangue
freddo e senza un minimo
di esitazione.
(“E
se noi volessimo restare a combattere?!”)
Kingsley
Schaklebolt salì sul grande podio della
Sala Grande che normalmente ospitava i discorsi del preside e si
impossessò del
microfono, intanto che lanciava una veloce occhiata a tutta la stanza.
Studenti
e professori dell’intera scuola erano
riuniti in quella immensa sala, seduti, ma solo per abitudine, alle
tavole
delle rispettive case, confusi, spaventati e preoccupati. Tra questi
c’erano anche
quasi tutti i membri dell’Ordine della Fenice.
Dopo
che Silente era morto, Voldemort stesso si era
premurato di annunciare che, se non gli avessero consegnato Harry
Potter entro
lo scadere di quelle due ore, avrebbe mandato un bel po’ dei
suoi Mangiamorte a
fare qualche strage per prenderselo loro stessi e non si sarebbero
nemmeno
preoccupati di risparmiare donne e bambini.
Così,
l’intera scuola, senza nemmeno aver avuto il
tempo di compiangere la morte del loro amato preside, si era riunita
lì per
decidere come organizzarsi e affrontare la sicura guerra che sarebbe
scoppiata
di lì a un momento.
Ma
avevano i minuti contati, ormai.
“Signori
e signore, vorrei avere la vostra attenzione”.
Pronunciò ad un tratto l’Auror di colore, parlando
al microfono con voce
chiara, forte e perfettamente udibile, senza alcun cenno di esitazione
o
insicurezza nello sguardo, attirando l’attenzione di tutti
quanti su di sé che
smisero subito di parlare e fare confusione, ma prestando attenzione a
quello
che quell’uomo, dall’apparenza gentile e sincera,
stava per dire. “Come tutti
voi avete potuto notare, qui dentro, proprio nel castello di Hogwarts,
si sta
per preparare la battaglia che abbiamo tutti quanti temuto in questi
ultimi
tempi. Mi dispiace, ma la scuola non è più un
posto sicuro e consiglierei a
tutti voi studenti di abbandonarla immediatamente, seguendo i vostri
insegnanti
che vi accompagneranno in un posto sicuro, lasciando che venga difesa
da chi ha
più esperienza. Per quanto io mi dolga per la morte del
professor Silente, ora
non c’è niente che possiamo fare se non cercare di
metterci al riparo quanto
possibile e sopravvivere a questa battaglia”.
Le
parole di Kingsley furono seguite da un silenzio
tombale che lasciò in tutti quanti un senso di inquietudine
e paura. Avevano come
la sensazione che quella sarebbe stata la fase decisiva di una
battaglia
iniziata due anni fa e che solo una delle due parti che si disputavano
ne
sarebbe uscita vincitrice.
I
Mangiamorte e Voldemort? O gli Auror e i membri
dell’Ordine della Fenice. Il Male? O il Bene?
“E
se noi volessimo restare a combattere?!” esclamò
ad un tratto una ragazza castana, alzandosi con uno scatto dal tavolo
di
Grifondoro e parlando con decisione e durezza nello sguardo,
fronteggiando
tutti gli sguardi, fiera come i colori e il simbolo della sua casata le
imponevano, ma, evidentemente, anche come era nel suo carattere. La sua
domanda
fu seguita da un coro di esclamazioni, applausi e cori di chi assentiva
provenienti dalla sua tavolata.
La
McGranitt, sul padiglione accanto a Kingsley,
accennò una specie di sorriso nel viso deturpato
dall’angoscia e dalla
tristezza, fiera dei suoi studenti. Ma d’altronde, che cosa
ci si poteva
aspettare dai Grifondoro?
“Non
abbiamo intenzione di farci cacciare”.
“Vogliamo
difendere la nostra scuola”.
“Tu-sai-chi
non deve vincere!”
Si
sentì esclamare da altri studenti della casata
rosso-oro.
La
donna afferrò di scatto il microfono dalle mani
dell’Auror e rispose alla ragazza che aveva appena parlato.
“Signorina
Christensen, purtroppo a voi studenti del
settimo anno, non essendo sotto la tutela della scuola, non possiamo
impedire
di partecipare, ma se vorrete farlo deve essere unicamente una vostra
scelta. A
tutti gli altri, come ha appena detto Schackelobt, consiglio vivamente
di
abbandonare il castello. I direttori delle vostre case vi
accompagneranno in un
posto più sicuro dove potrete anche contattare le vostre
famiglie e farvi
venire a prendere”.
“E
tutte le nostre cose? I nostri effetti personali?”
chiese la voce di Pansy Parkinson dal tavolo dei Serpeverde.
“Questo
non mi sembra proprio il momento adatto per
pensare ai vestiti, i gioielli e tutto il resto, signorina Parkinson.
La vostra
vita è ben più importante”. Le rispose
la professoressa di Trasfigurazione con
una nota di rimprovero nella voce.
“Per
quanto mi riguarda questa battaglia non è affar
mio. Il Signore Oscuro vuole Potter? E allora diamoglielo”.
Grida
di dissenso e un sacco di buuu si
levarono dalle altre tavolate, mentre quella dei
verde-argento rimaneva in silenzio. La Serpeverde non si
sentì intimorita per
niente, anzi, scrutò con decisione e perfidia le occhiate
dure di tutti e
neppure si accorse dei ringhi rabbiosi di Sirius e James che avevano
tanta
voglia di mollarle un pugno su quel faccino da arpia che si ritrovava.
Anche
stavolta la McGranitt proveddette a
risponderle, sempre tranquillamente, ma senza nascondere il tono acido
e
derisorio nei confronti della ragazza.
“Signorina
Parkinson, non vorrà certo che Voldemort
prenda il potere? E non le dispiacerà, vero, se lei e i suoi
compagni sarete i
primi ad abbandonare la stanza?”
Pansy,
questa volta, si limitò a mordersi il labbro
inferiore stizzita ma non protestò in alcun altra maniera,
limitandosi a
seguire il resto della sua casa col professor Vitious che li
accompagnava,
visto che il loro direttore era impegnato in faccende di
tutt’altro tipo.
I Serpeverde, purtroppo, erano tutti così, le loro famiglie,
se non collaboravano
direttamente con Voldemort, erano comunque suoi sostenitori, oppure,
erano
completamente indifferenti alla sua presa di potere.
“Fai
a farti fottere, Parkinson!” le gridò Fred
Weasley dal suo tavolo, beccandosi un coro divertito da parte dei suoi
compagni.
La
ragazza, questa volta, punta nell’orgoglio e non
potendo più stare zitta, estrasse la bacchetta pronta a
scagliargli chissà
quale incantesimo, venendo prontamente bloccata da Malocchio Moody che
la
disarmò con uno scatto veloce della sua arma.
“Non
mi sembra proprio il momento, signorina. Un’altra
battaglia è proprio quello che non ci vuole”. La
avvertì con sguardo
ghiacciante ed espressione burbera, restituendole la bacchetta e
mandandola a
seguire i suoi compagni.
Ben
presto, fu il turno anche per i Tassorosso, i
Corvonero e i Grifondoro di lasciare la
sala, ma questa volta, gli studenti a rimanere furono molti di
più, in
particolare tra i rosso-oro per i quali la McGranitt fu costretta a
scendere
per mandare via alcuni studenti del primo, secondo e terzo anno.
Quelli che rimasero decisero di mischiarsi tra di loro, sedendosi ad un
unico
tavolo. Ormai era inutile fare distinzioni, se volevano vincere quella
battaglia dovevano allearsi e collaborare fra di loro.
“Ciao,
Sirius!” esclamò una voce femminile che si
era appena avvicinata al gruppetto composto da Black, James, Sam,
Remus, Dora e
Lily.
“Cindy!”
esclamò sorpreso l’Animagus, riconoscendo i
ricci biondi e gli occhi azzurri e sinceri appartenenti alla ragazza
con cui aveva
ballato al suo matrimonio. “Che ci fai qui?”
“Be’,
rimango a combattere”. Rispose lei con un
sorriso dolce. Non sembrava essere per niente spaventata o preoccupata
e ciò
stupì non poco tutti gli altri.
“Ma
sei sicura?”
“Certo!
Come ha detto la McGranitt, ho diciassette
anni e non possono impedirmi di lottare. E poi…
be’, non voglio di certo che
Voi-sapete-chi vinca, perciò darò una mano anche
io. Lo so che è pericoloso, ma
di solito, quando credo in qualcosa e ho degli ideali, li voglio
difendere con
tutta me stessa e combattere per difenderli. E non voglio che quel
viscido
prenda il potere, voglio che continui ad esserci la pace. Mio nonno ha
combattuto
nella prima guerra e mi ha raccontato un sacco di cose. So come vanno
le cose”.
“Saresti
dovuta finire a Grifondoro”. Le disse
Sirius con un sorriso orgoglioso. Gli piaceva quella ragazza, aveva
proprio un
bel carisma e una determinazione che trapelava dagli occhi.
Immediatamente gli
venne in mente sua figlia, quella piccola bambina di pochi mesi che ora
era al
sicuro dalla nonna insieme al fratellino James e alla cuginetta Sally.
Dovevano vincere quella guerra per riavere la loro pace, proprio come
aveva
detto la Tassorosso, per dare un mondo migliore alle future
generazioni, ai
giovani, ai suoi figli.
Immediatamente,
tutto quello a cui non aveva pensato
prima, tutta la preoccupazione, l’angoscia, le paure si
sostituirono all’adrenalina
e gli piombarono addosso colpendolo forte al cuore: quella era una vera
e
propria guerra, forse persino peggio di quella che c’era
stata quando era uno
studente lui, questa volta si sarebbero scontrati direttamente con
Voldemort,
stavano preparando un vero e proprio campo di battaglia.
Nella prima guerra non se l’era vista granché
bene, ma almeno era
sopravvissuto. Questa volta, invece, sarebbe potuto morire, eccome.
Avrebbe potuto
lasciarci la pelle e… non avrebbe potuto vedere i suoi figli
crescere.
Il pensiero di questo gli causò uno stretto nodo allo
stomaco. Era veramente
pronto ad affrontare la morte? Forse sì, se questo
significava ridare alle
persone che amava un mondo migliore
e
fatto di pace, senza più inutili guerre.
Gli
bastava solo sapere che tutti i suoi cari erano
al sicuro. Jamie e Alex lo erano, ma James, Remus, Dora,
Lily… o peggio, la sua
Sam. Erano tutti lì, a combattere al suo fianco, decisi ad
affrontare anche la
morte.
Avrebbe
voluto che anche Sam fosse rimasta con i
bambini. Almeno, se lui non avesse dovuto farcela, ci sarebbe stata lei
a
tirarli su, a farli crescere, avrebbero ancora avuto una madre che
avrebbe
continuato a tenere acceso il ricordo del loro papà, avrebbe
raccontato loro di
come si erano innamorati e di come il loro papà era morto da
eroe per dare a
loro una vita lontana dai pericoli e dalle paure.
Con
l’angoscia nel cuore, strinse forte la mano alla
moglie cercando di sentirla il più vicino possibile e
promettendole, con quel
semplice gesto, che l’avrebbe protetta costi quel che costi.
Non aveva nemmeno provato a convincerla a restare a casa, tanto sapeva
che non
avrebbe mai accettato, nemmeno se l’avesse supplicata.
La
ragazza ricambiò la stretta e gli mostrò un
sorriso rassicurante a cui lui non poté non rispondere.
Quando
scoppiava una
guerra la prima cosa che si faceva era cercare di mettere al sicuro i
propri
cari.
E la Signora Weasley ne era la prova vivente, mentre cercava di
convincere i
figli più piccoli ad andarsene.
DISCUTIAMONE…
Lo
so, sono in ritardo, come al solito, è dal mio ritorno
dall’Inghilterra che non aggiorno.
Sono
imperdonabile e anche le scuse sono sempre le
stesse: scuola, compiti, studio, troppi impegni e
l’ispirazione che va in
sciopero nei momenti meno opportuni.
Spero
però che non me ne vogliate e che non vi siate
dimenticati di questa storia perché io sono decisa a finirla. Ormai, tra
l’altro, siamo arrivati
alla resa dei conti, si sta preparando la battaglia e tutti sembrano
essere
pronti.
Ho
deciso di anticiparla, siamo ancora al sesto anno di
Harry, più precisamente la notte in cui è morto
Silente. Spero che la cosa non
vi dispiaccia.
Ma
che cosa succederà? Chi morirà? Chi, invece, si
salverà? Come avrete notato, alcune parti le ho prese dal
libro: Voldemort che
vuole Harry, gli studenti che vengono fatti evacuare,
l’Ordine che si prepara,
ecc…
Quant’altro
sarà uguale? Non vi resta che seguirmi nel
prossimo capitolo ^^
Ho
già in mente il gran finale xD
Un
bacio a tutti…
Milly.
P.S.
per quelli che non seguono Little, ho un paio di
pubblicità da farvi. Ho pubblicato una nuova fanfic, tempo
fa, una One shot tra
gli originali, si intitola Pervesness & Blood. Inoltre, ho
trovato una casa
editrice molto buona (Arduino Sacco editore) che ha deciso di
pubblicarmi un
libro. Si intitola Come una giostra, ma potete comprarlo solo on line.
Qui sotto
vi lascio il link dove potete trovarlo.
http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=795
di
nuovo, baci…
FEDE15498:
eeeh, ma quale ritardo? Sono io qua che deve
procurarsi un orologio ^^ comunque, metti pure giù la mazza,
non faccio
accadere la stessa disgrazia due volte ai miei pg. Anche se
forse… no, meglio
se la riprendi. Non so ancora chi passerà a miglior vita,
trai buoni ^^ Baci,
baci…
PUFFOLA_LILY:
uh, non sapevo neanche che i gemelli
nascessero prima ^^ ahha, che coincidenza. Comunque, mi sa che ti
toccherà
aspettare ancora un po’ prima di vedere Sirius e Sam alle
prese coi marmocchi.
Adesso c’è una battaglia da affrontare. Con la
speranza di risentirti, un
bacione. M.
STEFANMN:
eccoti!!! Il mio immancabile Stef. Allora, be’,
non ho molto da dire, se non che spero di risentirti e che ti piaccia
anche
questo cap. un bacione, M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 62 *** Capitolo sessanta ***
(“…
mi dispiace… per tutto”.)
Non
poteva crederci, non riusciva proprio a
crederci, la sua mente cercava di negare ciò che i suoi
occhi avevano appena
visto.
Lì,
nascosto nel cunicolo del Platano Picchiatore
aveva appena assistito ad una scena che… no, non era fuori
dal comune, ma… il
suo cuore batteva forte, talmente forte che, nel silenzio della stanza,
poteva
udirsi benissimo, il suo stomaco era completamente sottosopra e non
sapeva bene
che fare.
Piton
se ne stava ancora lì a reggere la vita coi
denti, probabilmente, appoggiato al muro e col collo sanguinante.
Voldemort non
gli aveva lasciato nemmeno il tempo di esalare un respiro, non gli
aveva
nemmeno lasciato il tempo di capire che cosa stesse succedendo che, con
un
colpo di bacchetta, gli aveva tagliato la gola e se n’era
andato, lasciandolo
lì, a morire da solo.
E
tutto per cosa? Per una bacchetta, la bacchetta
più potente del mondo, a quanto pareva…
Harry
non capiva il senso di tutto quello, gli era
sembrato, per un attimo, di star assistendo ad uno di quei film
babbani. Non
aveva mai sopportato Piton, inoltre, era anche un traditore, era sempre
stato
dalla parte di Voldemort.
Ma sembrava che proprio questo gli si fosse rivoltato contro.
Colui-che-non-deve-essere-nominato non aveva scrupoli, non si fidava
nemmeno
dei suoi più fedeli seguaci e quando si trattava di lui era
pronto ad uccidere
anche uno dei suoi servitori.
Non
che avesse qualche dubbio in proposito.
Con
un balzo agile uscì dal suo nascondiglio e si
avvicinò al professore di Pozioni, cercando di bloccargli
l’emorragia. Non
sapeva bene perché lo stesse facendo, in fondo, era un
traditore.
Ma era anche stato il migliore amico di sua madre e… tutti
meritavano una
seconda possibilità.
L’uomo
sgranò gli occhi alla sua vista e sembrò
cercare di protendersi verso di lui.
“Pre…pren…dila…”.
Gli sussurrò con voce bassa e
rauca.
Harry,
in un primo momento, non capì a che cosa si
riferisse o che cosa volesse, ma, non appena vide una piccola lacrima
scendere
lungo la sua guancia protesa, comprese che era quella che voleva
prendesse.
Doveva
celare qualche ricordo importante.
La
raccolse in un fazzoletto facendo attenzione che
lo bagnasse bene e ritornò a osservare
l’insegnante. Non sapeva bene che fare,
era inutile andare a chiamare Madame Chips o qualcun altro, ci avrebbe
messo
troppo tempo e, inoltre, l’uomo non era messo
granché bene. Ormai aveva i
minuti contati.
“Di’…
a Lily…”. Iniziò Piton prendendo fiato
ad ogni
parola. Lo sguardo di Harry si fece più attento, per
riuscire a cogliere quello
che il professore voleva dirgli. Si vedeva chiaramente che gli costava
un
enorme sforzo. “… che… mi
dispiace… per tutto”.
Chiuse
gli occhi e inclinò il capo sprofondando in
un sonno senza sogni, in un sonno profondo ed eterno.
Sembrava essere rimasto vivo fino a quel momento soltanto per quello,
per
potersi discolpare in qualche modo. Almeno, per poter chiedere scusa
all’amore
della sua vita.
Harry
si asciugò l’angolo dell’occhio con la
manica
della felpa e lasciò andare il professore.
La
guerra miete vittime. Sia tra i buoni che tra i cattivi.
Quante vittime ha fatto fino ad ora?
(Non
potevano diventare assassini come loro.)
“Stai
bene, James?” chiese Lily guardando il marito
preoccupata, mentre cercava di suturargli una ferita al braccio con la
bacchetta e le basilari conoscenze di pronto soccorso che aveva.
“Sto
alla grande”. Le rispose lui, cercando di farle
un sorriso rincuorante sul bel volto stanco e pallido, ma si vedeva
lontano un
miglio che gli faceva male parecchio. Ma James era una testaccia dura
e,
piuttosto che mostrarsi debole davanti agli altri o farli preoccupare,
si
sarebbe cruciato da solo.
Voldemort
aveva deciso di concedere loro un’ora di
pausa facendo ritirare i suoi Mangiamorte. Solo un’ora,
un’ora della quale
avrebbero approfittato per curare i feriti, per riorganizzare la
battaglia e
per portare al sicuro i corpi di chi era morto, di chi si era
sacrificato in
quella guerra.
Un’ora
nella quale avrebbero dovuto consegnargli
Harry Potter.
Erano
state chiare le parole del Signore Oscuro di
poco fa, le avevano udite tutti. Ma naturalmente, nessuno aveva
intenzione di
consegnarglielo.
“Sono
preoccupata per Harry. Dove sarà?”
sussurrò di
nuovo Lily, fasciando il braccio al marito.
“Sono
sicuro che sta bene. Sarà con Ron ed
Hermione”. Cercò di rassicurarla James, ma anche
lui era chiaramente
preoccupato per il figlio. Era da un po’ che non lo vedeva e
non aveva la più
pallida idea di dove fosse.
Lily
abbassò lo sguardo cercando, probabilmente, di
nascondere il tormento che la stava divorando, ma James, le prese il
mento
delicatamente e la coinvolse in un dolce bacio pieno d’amore.
In
quel momento, però, la porta della Sala Grande si
aprì di scatto facendo
voltare tutti i
presenti e Sam piombò nella stanza come una belva, puntando
gli occhi sui suoi
amici.
“Dov’è!”
esclamò quando fu davanti al padre che la
trattenne per le spalle nel tentativo di calmarla e capire che cosa
volesse.
“Dov’è Sirius?!”
Remus,
Tonks, Lily e James si guardarono tra loro
non sapendo che cosa risponderle; non lo sapevano dov’era
Sirius, ma sapevano
che, se lo avessero detto a Sam, lei sarebbe andata su tutte le furie
ancora di
più.
La
ragazza, dal canto suo, era preoccupata perché,
l’ultima volta che lo aveva visto, ovvero ore fa, stava
combattendo contro
Bellatrix. I Mangiamorte, però, ora se n’erano
andati, ma di suo marito non
c’era traccia.
“Sam,
tesoro… calmati. Se ti fai venire una crisi
isterica non aiuti nessuno”. Le disse il padre cercando di
farla ragionare.
Per
fortuna, però, Sam non dovette soffrire molto,
visto che la porta si spalancò di nuovo e un Sirius
ghignante fece il suo
ingresso, la bacchetta sollevata a far levitare un corpo stretto in
alcuni giri
di corda.
“Guardate
chi ho trovato!” esclamò l’uomo rivolto
agli amici che lo guardarono sollevati.
Sam,
però, non gli lasciò il tempo di concludere la
frase e nemmeno fece caso a chi aveva trovato: gli si buttò
tra le braccia
stringendolo forte, appoggiando il viso sulla sua spalla.
“Ehi,
tesoro”. le sussurrò Sirius
all’orecchio,
leggermente stupito, ma ricambiò l’abbraccio. Il
suo sguardò, però, passò per
tutta la Sala Grande soffermandosi sui feriti che si stavano facendo
curare e
sui morti lasciati a giacere in un angolo. Il suo cuore fece un balzo
quando,
tra questi ultimi, vide dei lunghi capelli biondi che circondavano un
viso
piuttosto giovane, troppo giovane per trovarsi lì.
“Cindy!”
sospirò osservando quella figura incredulo,
sentendo rompersi qualcosa dentro di lui.
Anche Sam si voltò in quella direzione e pure lei rimase
sconvolta nel
riconoscere la ragazza. Quando si voltò verso il marito,
vide nel suo viso un’espressione
che non le piacque per niente; ribolliva di rabbia, era chiaro, ma era
anche
colmo, forse, di disperazione e rammarico.
Non
riuscì, però, a trattenerlo quando si
buttò su
Wormtail, il Mangiamorte che aveva fatto levitare fino a lì
legato come un
salame. Prese a prenderlo a pugni, a calci, picchiandolo alla babbana.
Gli fece
uscire il sangue dal naso e gli spaccò qualche costola e
molto probabilmente
anche qualche altro osso.
Il piccolo traditore, intanto, urlava e piangeva supplicando ma senza
alcuna
possibilità di difendersi.
Nessuno
dei presenti fece niente per fermarlo,
perché avrebbero dovuto, d’altronde? Era uno
schifoso Mangiamorte, meritava
anche di peggio.
“Schifoso,
viscido, leccaculo di merda!” urlava
Sirius mentre picchiava il povero Peter. “Meriti di morire,
tu e i tuoi
schifosi compagni fissati col sangue pure. Meritereste tutti di
bruciare all’inferno
insieme a Voldemort. Mi fate solo schifo…”.
“SIRIUS!”
gridò James che, venutogli dietro, lo
aveva preso per le spalle nel tentativo di fermarlo.
Questi si voltò verso di lui e lo fulminò con
un’occhiata talmente raggelante
che James per poco non indietreggiò spaventato: non aveva
mai visto l’amico
così. Era completamente fuori di sé.
“Lasciami
stare, James. Voglio ucciderlo! Voglio…”.
“Lascialo
stare”. Lo bloccò Potter parlando con voce
calma e pacata, ma Sirius non sembrava volersi calmare affatto. James
poteva
capirlo, certo, era arrabbiato, disperato e forse anche un
po’ spaventato, ma
non era il caso di sfogarsi così su qualcuno, anche se
questo qualcuno era una
persona malvagia. E tanto meno, lì davanti a tutti.
Inoltre, Peter, così piegato su se stesso, sanguinante,
pieno di lividi,
tremante e in lacrime gli faceva una pena incredibile.
“Non
posso, James! E anche tu dovresti odiarlo! È uno
schifoso traditore. Ha fatto del male a te, Lily ed Harry, merita di
morire e
io…”.
“Calmati,
Paddy”. Gli intimò a quel punto James, ma
senza severità o durezza nella voce. “Non ne vale
la pena”.
Già,
non ne valeva la pena.
La guerra era così, ingiusta. Mieteva vittime dappertutto,
non importa se
bambini, donne, giovani, padri, figli… dovevano fare
giustizia, certo, ma non
in quel modo. Non potevano diventare assassini come loro.
(E
adesso toccava a lui.)
Harry
uscì dall’ufficio del preside con le mani e le
gambe tremanti, il cuore che batteva come impazzito e tanta confusione
nella
testa, ma perfettamente conscio di quello che doveva fare.
In
un certo senso, però, la cosa non lo stupiva
molto. Forse, in
fondo, ne era sempre
stato cosciente.
D’altronde era sempre stato così, fin
dall’inizio. La sua vita sembrava essere
tracciata, ormai, lui non doveva far altro che seguire la strada. Non
c’era
nessuna scelta da prendere, nessun dubbio.
Quello
andava fatto. E basta.
Facile, si sarebbe detto. Anche lui era una vittima, ormai, una delle
tante
pedine del Signore Oscuro, come lo erano stati i suoi genitori, come lo
erano i
suoi Mangiamorte, come tutti gli innocenti che aveva ammazzato e
persino come
Piton. Piton… che alla fine si era sacrificato.
Per amore…
SPAZIO
AUTRICE
Ebbene,
siamo alla resa dei conto, ragazzi. Chi vincerà? Il
bene o il male?
Piccolo
commentino… allora: io James lo vedo come un
bonaccione incapace di fare del male ad una mosca e incapace di odiare.
Se me
lo dovessero chiedere, secondo me lui non odia Peter, semplicemente
prova pena
e lo compatisce.
Quindi, mi scuso se magari non ha avuto la reazione che avreste voluto.
Poi…
Harry raccoglie le lacrime di Piton in un fazzoletto
perché non poteva certo essere previdente da avere
un’ampolla da pozioni in
tasca. E con lui Hermione non c’era ^^
L’ultima
scena, penso si sia capito però, è tratta dal
libro anch’essa ed è quando Harry vede i ricordi
di Piton e capisce che si deve
consegnare a Voldemort.
Detto
questo, posso anche lasciarvi con la speranza di
non impiegare troppo tempo per il prossimo capitolo ^^
Sono
veramente imperdonabile, lo so e mi dispiace. Tra l’altro
questo capitolo non mi è uscito granché ma sono
completamente in coma oggi,
però lo volevo finire per voi. ^^
Spero
mi lascerete qualche recensione.
Baci,
M.
CG92:
ma
che belloooooo, mi segui anche quiiii!!! *scodinzola felice attorno a
CG* adoro
quando i miei lettori mi seguono da una fic all’altra ^^
però, ok, ora inizio
ad avere anche un po’ di paura. Quella cruciatus faceva male
e non vorrei mai
che tu mi lanciassi qualche altra maledizione addosso. Non vorrei poi
ritrovarmi ad avere delle bucce d’arancia al posto delle
orecchie oppure zampe
di gallina ai piedi. Ma ormai dovresti aver capito che quando faccio
avvenire
qualcosa di brutto, dopo sistemo sempre tutto ^^ *coccola il cane
randagio con
la rabbia* comunque, metti via la mannaia, i personaggi che hai
nominato sono
quelli che adoro di più, quindi… ^^ alla
prooooossimaaa!!
FEDE15498:
oddio, uno con la mannaia, una con la mazza… hmmm, qua io
rischio seriamente la
vita. Eh sì, io attendo sempre con trepidazione le tue
recensioni ^^ ormai mi
ci sono affezionata… quindi, spero, anzi, pretendo di
risentirti… al limite,
minaccia la wireless se non ti ascolta ^ ^ bacioni.
PUFFOLA_LILY:
allora, rispondiamo subito alle domandine ^^ Cindy, non so se ti
ricordi, è
comparsa anche nel capitolo del matrimonio di Sam e Sirius. Era quella
ragazza
di Tassorosso che Sirius ha aiutato a liberarsi del Serpeverde e con
cui poi ha
ballato. In quel capitolo l’avevo inserita così,
tanto per fare, sai, uno di
quei colpi di genio (o di schizzo, dipende ^^) che ti vengono. Solo che
poi,
non so, mi è rimasta impressa e ho deciso di riprenderla
(anche se, be’, sono
stata un po’ brutale con lei). Sai, come quei libri in cui ci
sono dei
personaggi minori, anche solo delle comparse, ai quali però
lo scrittore si
affezione e decide magari di scrivere una storia solo su loro (se hai
letto
Eclipse, per esempio, compare fugacemente il pg di Bree Tanner, ma la
Meyer le
si è così affezionata che ha deciso di scrivere
un libro solo su lei). Ecco…
poi… in teoria, secondo i miei calcoli, dovrebbero mancare
ancora tre capitoli,
compreso l’Epilogo. Ma non li ho ancora scritti,
perciò non so… spero di
risentirti, bacioni ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 63 *** Capitolo sessantuno ***
(Ti
amerò per sempre.)
Harry
camminava di nuovo per i corridoi del
castello, lo sguardo apatico fisso davanti a sé, ma in
realtà sembrava che non
vedesse niente. Non incrociava quasi nessuno per la strada, solo quei
pochi
coraggiosi che cercavano di recuperare qualche ferito o morto tra le
varie
macerie che decoravano in modo inquietante la famosa scuola di magia e
stregoneria di Hogwarts.
Quante cose erano cambiate in quegli anni, da quando lui aveva messo
piede per
la prima volta in quel castello. Molte, troppe, una più
sconvolgente di
quell’altra. In un batter d’occhio si era ritrovato
catapultato nel mondo
magico del quale non sapeva assolutamente nulla ed era stato proprio
lì che
aveva conosciuto le persone più importanti della sua vita,
era stato proprio lì
che gli erano successe le cose più pericolose ma anche
emozionanti.
Aveva scoperto il valore dell’amicizia grazie a Ron ed
Hermione che non lo
avevano mai abbandonato, dimostrandosi dei veri e fedeli amici che non
gli
stavano accanto solo per il suo nome o la sua fama, aveva scoperto che
cosa
significava avere una famiglia; aveva trovato Sirius, l’uomo
che gli ha fatto
da padre e da sostegno porgendogli la spalla su cui piangere nei
momenti del
bisogno, aveva trovato Sam, la zia un po’ pazza ma
terribilmente coraggiosa e tenace
e, cosa che non avrebbe mai creduto possibile, aveva ritrovato i suoi
genitori,
riuscendo a realizzare uno dei suoi desideri più profondi.
E poi era arrivato anche l’amore…
Già,
erano successe veramente tante cose in quei sei
anni.
Ed
ora… ed ora molte persone si sono sacrificate per
lui, per l’intero Mondo Magico, facendo capire qual era la
parte giusta da cui
stare.
Era
arrivato il suo turno, adesso. Toccava a lui
fare scacco matto.
Con
un sospiro celato, Harry svoltò un angolo e si
bloccò nel notare una figura seduta per terra, a gambe
incrociate, gli occhi
chiusi e i capelli rossi a scivolarle sulle spalle andando a celarle il
viso.
Ginny…
la sua piccola Ginny, il suo amore.
Lentamente
le si avvicinò e, silenziosamente, le si
sedette accanto. La ragazza si voltò verso di lui e
sgranò gli occhi nel
vederlo lì, accanto a lei. Lui non poté far altro
che sorriderle dolcemente, di
fronte a quel visetto pallido e stanco, gli occhi lucidi per le lacrime
trattenute.
“Harry!”
esclamò Ginny abbracciandolo di slancio.
“Stai bene, grazie al cielo!” e gli diede un bacio
sulle labbra con passione e
possessività.
Quando
si staccarono, lui le lasciò una carezza sul
viso e le portò una
ciocca di capelli
dietro l’orecchio, senza smettere di guardarla dolcemente.
“Ma
dov’eri finito?” chiese ancora lei, poggiando
una mano sul quella del ragazzo che non aveva smesso di accarezzarle il
viso.
Lui, però, non le rispose, si limitò a guardarla
negli occhi color castagna,
come se vi si fosse perso dentro. Ginny tornò
improvvisamente seria, non
capendo che cosa prendesse al suo ragazzo.
“Ascolta,
Ginny”. Disse ad un tratto Harry, con voce
calma e tranquilla anche se dentro tutto il suo animo stava fremendo e
agitandosi. “Ho scoperto qual è il penultimo
Horcrux. Si tratta di Nagini, il
serpente di Voldemort”. Era meglio non dirle dei ricordi di
Piton né di tutto
il resto, tanto meno ciò che riguardava lui.
“Quando e se ti capita
l’occasione, devi ucciderla con la spada di Grifondoro.
Devono avercela o Ron o
Hermione. Se non ce la fai chiedi a loro oppure a Neville”.
“Perché?
Tu cosa devi fare?” chiese lei, allora, con
gli occhi adesso velati di panico. Non ci capiva niente e aveva come
l’impressione che non fosse tutto lì quello che
Harry le doveva dire.
“Io
ho un’altra cosa da sistemare. Devo distruggere
l’ultimo Horcrux”. Le rispose il ragazzo, sempre
con quel tono tranquillo che
mai gli era appartenuto.
“E
quel è? Dove si trova?”
“Non
ha importanza, ora, tesoro”. era meglio non
dirle la verità. Sarebbe stata troppo dura, le avrebbe
dovuto dire addio
definitivamente e, oltretutto, lei non lo avrebbe lasciato andare.
“Adesso vai
in Sala Grande e riposati un po’. Di’ ai miei che
sto bene”.
“E
tu dove vai?”
“Io
ti raggiungerò tra un po’”. Le
mentì sentendo
l’angoscia montare nel cuore. Ma la sua mente continuava a
ripetergli che era
meglio così.
“Harry?”
Ginny gli si sedette di fronte guardandolo
preoccupata e spaventata. “Non avrai mica intenzione
di… consegnarti, vero?”
Harry
le mostrò un sorrisetto divertito e perplesso.
Ma chiaramente era solo una facciata, una grande bugia e
sperò che lei non se
ne accorgesse. “No! Ma cosa ti viene in mente?! Adesso,
però, vai. Ci vediamo
tra un po’”.
Lei,
allora, già più rassicurata e tranquilla, gli
diede un altro bacio sulle labbra che avrebbe voluto approfondire se
Harry non
l’avesse staccata: sapeva, infatti, che se lo avessero
approfondito, non
sarebbe più riuscito a separarsene né tanto meno
ad andare da Voldemort.
Sentiva già gli occhi pizzicare.
Ginny
si alzò e si voltò per andarsene, quando il
ragazzo la richiamò di nuovo.
“Ginny!
Ti amo”.
Ti
amerò per sempre.
Lei
gli sorrise dolcemente, non immaginando che
quello fosse un addio.
“Anche
io ti amo, Harry”.
(“Non
capisci? Era il suo modo per dirti addio. Quell’idiota
sta andando a suicidarsi!”)
Ginny
entrò in Sala Grande piuttosto trafelata e
immediatamente andò ad abbracciare la sua famiglia. I
Weasley stavano tutti
piuttosto bene, a parte Fred che era leggermente ferito al fianco e
faceva
fatica a stare in piedi, ma almeno erano vivi. La ragazza, poi, si
guardò
intorno notando quanta tristezza e dolore stava dilagando in quel
momento. I morti
erano decisamente troppi, troppi da poter essere contati. E quando fra
questi
notò anche qualcuno che conosceva, come Malocchio Moody, Ted
Tonks e alcuni
suoi compagni di scuola, come Colin Canon e la sua compagna di stanza,
lasciò
libero sfogo alle lacrime.
La
guerra era così ingiusta. E la morte si prendeva
sempre i migliori, i più giovani…
Si
lasciò abbracciare da Hermione, mentre Luna le
accarezzava i capelli. Almeno i suoi amici e la sua famiglia erano
lì con lei. Ma
quanto ancora sarebbero restati? La guerra non era certo finita.
“Ginny,
Hai per caso visto Harry?” le chiese una voce
femminile dietro le spalle. Non appena si voltò, la ragazza
vide che anche Lily
e i Malandrini le si erano avvicinati.
Questa
volta un sorriso tranquillo le incorniciò le
labbra tra le lacrime salate.
“Sì,
era con me fino a poco fa. Mi ha detto di
venire qui e che ci avrebbe raggiunti tra un po’. Ma non so
perché ci stia
mettendo così tanto”.
Tutti
tirarono un sospiro di sollievo nel constatare
che era ancora vivo e che stava bene, solo Hermione, però,
parve un po’
dubbiosa.
“Ti
ha detto qualcosa?” chiese, in tono preoccupato,
all’amica dai capelli rossi.
Ginny
si asciugò un attimo gli occhi prima di
risponderle. “Sì, mi ha detto che ha scoperto che
il serpente di Voldemort è un
Horcrux e di ucciderlo non appena ne avessi avuto
l’occasione”. Guardò un
attimo le facce pallide e confuse degli altri, per poi ricordarsi
un’altra cosa
e aggiungere: “Ha detto anche che lui sarebbe andato a
distruggere l’ultimo
Horcrux. Ma non mi ha detto quale sia”.
Tra
i presenti calò un silenzio piuttosto
inquietante nel quale la tensione si poteva tagliare con un coltello.
In tutti
alleggiavano le stesse domande: Harry
dov’era?
Perché non arrivava? Che cosa aveva scoperto?
“Oh
Merlino, non può essere!” esclamò
Hermione,
portandosi una mano alla fronte come se fosse sull’orlo di
uno svenimento. Nei suoi
occhi si potevano leggere panico e paura.
Ron
le circondò la vita con un braccio, come per
sorreggerla, mentre tutti gli altri la guardavano preoccupati e
confusi. Non che
non avessero capito che cosa la ragazza stesse pensando, solo che
avevano
troppa paura di dirlo. Inoltre, se qualcuno lo avesse espresso ad alta
voce,
sarebbe diventato troppo vero.
Così, invece, potevano ancora crogiolarsi nel dubbio.
“Hermione,
non starai pensando che Harry…”. Fece Ron,
non avendo il coraggio di concludere la frase, però.
La
ragazza annuì mestamente, senza guardare nessuno.
“NO!”
esclamò Ginny con gli occhi spalancati. “No! Non
può essersi consegnato. Quando glielo chiesto, se
l’avrebbe fatto, mi ha detto
di no”.
Lily,
udendo quelle parole, strinse forte il braccio
di James.
“Ma
non capisci, Ginny!” urlò a quel punto Hermione.
“Ovvio che ti ha detto di no. Non l’avresti
lasciato andare”.
“No,
non ci credo, Hermione!” esclamò a quel punto
Sirius, guardandola duramente. “Non può essere
così incosciente…”.
“Oh
sì che può. È sempre stato
incosciente. E ha
sempre avuto questa mania di fare l’eroe e di sacrificarsi
per gli altri”.
“Non
è vero. Sono sicura che adesso verrà
qui!” la
contraddisse Ginny che non voleva ammettere quello che stava dicendo
l’amica,
per quanto anche lei ormai si stava rendendo conto che era
terribilmente vero.
“Ti
sembrava strano quando ci hai parlato? Ha detto o
fatto qualcosa che poteva far capire che voleva consegnarsi?”
le chiese allora
Hermione per farla rendere conto.
“No…
non lo so. Era abbastanza tranquillo. Troppo”.
Ginny si diede mentalmente della stupida per non averlo capito. Come
poteva non
essersene accorta? Eppure era la sua ragazza, per Diana! Doveva capire
che
aveva qualcosa in mente, quando l’aveva baciata, toccata
e… “Mi ha detto che mi
ama”.
“Non
capisci? Era il suo modo per dirti addio. Quell’idiota
sta andando a suicidarsi!”
Fred
si aggrappo forte alla spalla di George per non
cadere dopo le dure parole della ragazza, la signora Weasley
guardò il marito
con espressione sconvolta mentre lasciava cadere le lacrime, Sam
strinse la
mano di Sirius che se ne stava rigido e immobile mentre fissava un
punto
davanti a sé, Ron abbracciò Hermione cercando
ancora di afferrare bene le sue
parole e Ginny crollò in ginocchio.
“Noooo!”
urlò Lily aggrappandosi alla camicia di
James che se ne stava un po’ come Sirius. “Nooo,
non è vero. James!” prese a
spintonare il marito nel tentativo di farlo risvegliare.
Lui,
allora, le bloccò le mani afferrandola per i
polsi e la guardò negli occhi colmi di lacrime e paura.
Non sapeva che fare. Non ci poteva credere.
Suo figlio non poteva…
“James!
Dobbiamo andare a riprenderlo!”
(Quella
stupida lotta era iniziata con lui e con
lui sarebbe finita).
Era
all’entrata della Foresta Proibita.
Si voltò un attimo indietro per dare un’ultima
occhiata al castello, a quel
luogo che lo aveva ospitato per molto tempo, alla sua casa.
Chissà
che cosa stavano facendo tutti là dentro…
sperava fossero al sicuro, sperava che continuassero a vivere felici
una volta
finito tutto quello. Per quanto si potesse tornare ad essere felici
dopo una
guerra.
Non
voleva dare tutta questa sofferenza ai suoi
genitori e agli amici, ma era la cosa più giusta da fare.
Erano già morte
troppe persone.
Sarebbe
andato tutto bene,
continuava a ripetersi. Quella stupida
lotta era iniziata con lui e con lui sarebbe finita.
Bastava
solo andare avanti, con i piedi pesanti, la
paura nello stomaco e il cuore che batteva fortissimo come se sapesse
che
presto avrebbe smesso di pompare sangue e ossigeno.
Avanti
Harry, dimostra ancora una volta di essere un vero Grifondoro.
ANGOLO
AUTRICE
Brrr…
devo dire che questo capitolo ha sconvolto un po’
anche a me. E voi? Che cosa pensate succederà ora? Harry
arriverà da Voldemort?
Riuscirà ad ucciderlo?
Lascio a voi le varie ipotesi e qualche commentino… mi
piacerebbe sapere che
cosa ne pensate, anche da quelli che sono sempre rimasti in silenzio ^^
Se avete notato, alcune parti sono state un po’ prese dal
settimo libro, anche
se modificate…
Ok,
sarò di poche parole oggi perché tra un
po’ arriva
mia nipote e dovrò farle da babysitter per qualche giorno.
Un’ultima
cosa prima di chiudere… quelli che seguono
Little Marauders sanno già che su Fb ho aperto una pagina
dedicata alle mie
fanfic dove potrete trovare foto, video, disegni e varia roba in merito
alle
mie storie. E, se volete, potete lasciarmi il commento direttamente
lì, così da
ricevere (quasi) subito una risposta ^^. Seguitemi anche lì,
mi piacerebbe
molto. Vi lascio il link.
http://www.facebook.com/MillysSpace
bene,
ora passo a rispondere alle recensioni… bacioni ^^
Milly.
STEFANMN:
diciamo che Piton non considerava molte cose u.u piccola precisazione
tecnica:
quello dei sette giorni è The ring non Saw… Saw
è un pazzo psicopatico e sadico
che si diverte ad uccidere la gente con vari metodi di
tortura… un po’ come
Bellatrix, no? ^^ cosa ne pensi di questo capitolo? Alla prossima
spero… Milly.
FEDE15498:
non ti preoccupare, lo studio è più importante.
Anche io odiavo Piton adesso
invece… be’, mi sta indifferente. Diciamo che se
non fosse stato per lui molte
cose sarebbero andate un po’ meglio. Anche a me piaceva
Cindy, ma sai com’è…
sono sadica e masochista e mi piace far soffrire i miei pg. E non sai
quante
volte pure io avrei voluto picchiare Codaliscia fino a morte. Bene, ora
ti
lascio alle tue tesine. Spero di risentirti tra un esame e
l’altro… kiss.
PUFFOLA_LILY:
eh, se tutto andasse bene non sarebbe nemmeno divertente. Comunque,
ormai sono
sicura che la storia finirà tra tre capitolo, non mi ricordo
però quanto ti
avevo detto la volta scorsa. Comunque, capitolo in più o in
meno, sta per
concludersi, dispiace anche a me. Ma non pensiamo a questo ora ^^ fatti
risentire, mi raccomando… bacioni, M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 64 *** Capitolo sessantadue ***
(Lo
stava torturando come aveva fatto
con suo padre, forse anche peggio.)
Da
quanto stavano andando avanti? Mezz’ora, due ore?
Non ne aveva la più pallida idea, sapeva solo che voleva che
quell’agonia
finisse e al più presto anche. Sentiva che non avrebbe
più sopportato un’altra
Cruciatus, né una fattura tagliente o anche un semplice
Schiantesimo.
Probabilmente sarebbe crepato per il troppo dolore o il troppo sangue
perso e vaffanculo
alla sua morte indolore e veloce nella quale aveva sperato.
Era
ancora buio pesto, probabilmente mancava ancora
un po’ al sorgere del sole ma ad Harry pareva di riuscire a
vedere, in
lontananza, oltre l’orizzonte con le montagne frastagliate,
l’alba che cercava
di farsi spazio tra la notte e le stelle.
Se ne stava disteso nell’erba e nelle foglie umide,
sanguinante e col respiro
corto, quasi rantolante. Sentiva rimbombare nelle orecchie il battito
del
proprio cuore, si mise addirittura a contarli, quei palpiti, forse per
riuscire
ad estraniarsi da quello che stava succedendo, come quando conti le
pecore per
riuscire ad addormentarti, o forse, semplicemente, per riuscire a
trattenere
ancora quel minimo di lucidità che gli era rimasto.
35…
36… 37… 39… no, aveva saltato un
numero.
Maledizione! Ma perché sembrava che proprio ora il suo cuore
sembrasse ancora
più vivo che mai e non volesse smettere di compiere quel
fastidioso movimento?
Non voleva cedere, come invece volevano fare la sua mente e tutto il
resto del
suo fisico.
Sentì
un’altra ferita aprirsi sul suo braccio, in
aggiunta alle altre centinaia che avrebbe potuto sfoggiare sul suo
corpo se
fosse sopravvissuto, cosa molto improbabile. Anzi, impossibile.
Non emise, però, alcun gemito o lamento, ormai il suo corpo
era diventato
insensibile per poter sentire il dolore.
Gli parve pure di udire in lontananza anche il suo nome urlato da una
profonda
voce maschile, probabilmente Hagrid che era legato ad un albero
lì vicino.
Poveretto, dover assistere inerme alla tragica fine di uno dei suoi
migliori
amici. Per lui doveva essere persino peggio.
Cazzo!
Non voleva che andasse così, non doveva
andare così.
Ma in fondo, doveva immaginarselo, che Voldemort non gli avrebbe
concesso una
morte facile. Un semplice Avada Kedavra come quando aveva un anno
questa volta
non l’aveva avuto. Lo stava torturando come aveva fatto con
suo padre, forse
anche peggio.
Certo, lui all’inizio aveva cercato di difendersi, quando
aveva capito che
Voldemort voleva una battaglia epica e non semplicemente uccidere
qualcuno che
era disarmato. Questo era stato corretto da parte sua, glielo doveva
concedere.
Ma ben presto si era trovato a rotolare a terra in preda ad un dolore
lancinante e non si era più rialzato se non per riprendere
il respiro e
sputacchiare sangue.
Voldemort era maledettamente più forte di lui e, oltretutto,
aveva quella
dannata bacchetta a renderlo ancora più invincibile.
“Signore,
mio signore”.
Voldemort
si voltò verso la schiera di Mangiamorte
alle sue spalle che fino a quel momento era rimasta in silenzio a
guardare la
scena, quando sentì una vocetta incerta e quasi dolce, per
quanto dolce si
possa definire la voce di Bellatrix Lestrange, chiamarlo. Era
l’unica che aveva
il coraggio di interromperlo, ma era anche l’unica a
guardarlo con occhi
adoranti, come i bambini che guardano ammirati i loro eroi preferiti
dei
fumetti. Ma forse per lei lo era, un eroe.
“Non
sarebbe ora… che ponga fine alla vita del
ragazzo?” continuò lei, abbassando il capo di
fronte alla maestosità del suo
padrone, ma non gli occhi. “Lo ha tenuto in vita fin troppo e
mi domando
persino come lui sia riuscito a resistere così a
lungo”.
Voldemort
inclinò il capo e la osservò con i suoi
occhi color vinaccia, mostrando un sorriso a trentadue denti piuttosto
inquietante.
“Hai
ragione, Bellatrix”. Le rispose lui senza
guardarla, con la sua voce strascicata e serpentesca, sillabando bene
ogni
parola. “Devo riconoscere la tenacia di Potter. Gli
darò il colpo di grazia,
ma…”. Fece una piccola pausa, come se volesse
preparare il suo pubblico alla
bomba che avrebbe sparato in quel momento, una specie di notizia
dell’ultima
ora. “Non qui. Voglio che tutti lo vedano, voglio che vadano
come il loro eroe,
l’eroe del Mondo Magico, si sia ridotto, voglio che vedano
come l’ho ridotto
io, il mago più potente di tutti i tempi. E voglio che
assistano alla sua
misera fine. Torniamo ad Hogwarts. E sarai tu”.
puntò la bacchetta contro
Hagrid che stava singhiozzando senza sosta. “A portarlo in
braccio. Ti farà piacere,
visto che è il tuo amichetto del cuore”.
(Lei
li aspettava, stava aspettando il ritorno
della sua mamma, del suo papà e di suo
fratello.)
Lily
se ne stava tra le braccia di James che la
cullava e le accarezzava i capelli, dopo averla lasciata sfogare,
prenderlo a
pugni e piangere sulla sua camicia tutte le lacrime che aveva potuto.
Anche
lui se ne stava seduto lì, in quell’angolo,
con uno sguardo apatico fisso davanti a sé in una macchia di
sangue nel
pavimento che sicuramente non vedeva. Aveva voluto andare a cercarlo, a
recuperarlo, a dirgli che era una testa di cazzo e ad impedirgli di
fare
l’eroe.
Era suo figlio, cazzo! Aveva solo sedici anni, non poteva andare
incontro alla
morte così. Lo avrebbe dovuto fare lui, lui era il padre,
lui aveva vent’anni
di più.
Harry, invece, aveva tutta una vita davanti.
Una
lacrima solitaria gli scivolò dall’angolo
dell’occhio, facendosi strada sulla sua guancia e lasciando
una scia di pulito
in mezzo alla polvere e al sangue incrostato che gli decoravano il
viso.
Se
non fosse stato per Remus e Kingsley, ora sarebbe
stato alla ricerca del figlio e molto probabilmente lo avrebbe anche
trovato e
portato al sicuro, lontano dalle braccia di Voldemort, della morte.
E invece… e invece quei due gliel’hanno impedito.
Perché a loro sembrava
inutile andare a girovagare in giro, rischiando la vita, per trovare
qualcuno
che poteva già essere… morto. Si sarebbe fatto
uccidere per nulla se per Harry
fosse stato ormai troppo tardi.
Avrebbe
voluto spaccarli la faccia, dopo che
l’avevano detto.
Loro non avevano figli che rischiavano la vita.
Ma lui sentiva che Harry era ancora vivo, doveva esserlo. Anche
perché, se così
non fosse stato, Voldemort sarebbe già venuto per annunciare
la notizia, no?
Era la sua unica speranza.
L’immagine
della piccola Sally, a casa con sua
madre, gli lampeggiò di fronte agli occhi come un faro in
lontananza. Lei li
aspettava, stava aspettando il ritorno della sua mamma, del suo
papà e di suo
fratello.
Non potevano deluderla.
All’improvviso,
si sentì una specie di rumore sordo
e molto forte, come una specie di esplosione, proveniente
dall’esterno e una
voce allegramente isterica che diceva a tutti di uscire. Una voce di
donna molto
conosciuta.
(Caddero
come due valorosi combattenti,
nella polvere e nel proprio sangue.)
Ora
tutti sapevano di che cosa fosse capace la
malvagità di Lord Voldemort, perché, trovandosi
davanti quella scena, il
Signore Oscuro in prima fila che mostrava un sorrisetto trionfante e
malvagio,
tutti i suoi più fedeli Mangiamorte dietro di lui che
mostravano la stessa sua
aria contenta, Hagrid tenuto legato da delle corde che sembrava lo
avrebbero
stritolato e Harry inginocchiato ai piedi dell’Oscuro,
completamente
sanguinante e più morto che vivo, c’era poco da
immaginarsi e da negare.
E a quella vista ci fu chi lanciò un urlo di dolore, chi si
accasciò a terra
per piangere e chi rimase semplicemente con gli occhi sbarrati a
fissare la
scena, completamente scioccato e sconvolto.
Lord
Voldemort avrebbe trionfato. Possibile?
“Il
vostro eroe presto sarà sconfitto!”
gridò il
malvagio, facendo vagare lo sguardo su tutti i presenti.
“Assisterete alla sua
disfatta. In fondo, è stato facile sconfiggerlo e sentire le
sue urla di
dolore, la sua voce che mi implorava di smetterla è stato
così… appagante”.
Harry
gemette, crollando in avanti sulle braccia.
Aveva urlato, certo, ma non lo aveva di sicuro implorato.
Voldemort
lo afferrò per i capelli e lo guardò
dritto negli occhi, come se volesse ucciderlo soltanto con quello
sguardo. Il
ragazzo, però, raccolse un po’ di saliva e gliela
sputò in faccia mischiata a
un po’ di sangue. Il Lord spalancò gli occhi e lo
guardò schifato, prima di
mollarlo e buttarlo con la faccia nel terreno.
“Schifoso
figlio di puttana!” si sentì qualcuno
esclamare, per poi vedere un James Potter furente uscire dalla folla di
gente
con la bacchetta spianata per avventarsi su Voldemort.
Quest’ultimo, però, senza lasciarsi cogliere alla
sprovvista, creò una barriera
invisibile che bloccò l’uomo lì
dov’era,
facendolo
ringhiare dalla
frustrazione e dalla rabbia.
“Non
così in fretta”. Sussurrò, per poi
avvicinarsi
a James e osservarlo attentamente. “Voi Potter siete
veramente difficili da
battere. Vi ammiro. E ammiro la tenacia e il coraggio di tuo
figlio”.
“Non
me ne faccio niente della tua ammirazione”.
Sputò James con tutto il disgusto che possedeva. Se avesse
potuto, gli sarebbe
saltato al collo per ucciderlo a mani nude.
Voldemort,
allora, scoppiò nella sua risata sguaiata
e volteggiò di fronte ai presenti facendo ondeggiare il suo
lungo mantello
nero.
“Adesso
vi propongo un patto”. Tornò di nuovo a
rivolgersi al pubblico di fronte a lui, parlando con voce chiara e ben
udibile.
“Una volta che avrò ucciso il ragazzo, io, Lord
Voldemort, diventerò il Signore
del Mondo Magico e tutti voi mi dovrete obbedire. Potrete unirvi a me e
avere
una vita gloriosa in questo mondo che sarà ripulito da ogni
feccia mezzosangue,
oppure, potete opporvi e morirete tutti, insieme alle vostre famiglie e
alle
persone che… più amate”.
A
quel punto, sbucò anche Neville Paciock che si
affiancò a James guardando Voldemort con odio e disprezzo.
“Mi
unirò a te soltanto quando l’inferno
gelerà”.
“Oh,
ma chi abbiamo qui?” biascicò il Lord,
squadrando Neville. “Il giovane Neville Paciock. Anche i tuoi
genitori devono
essere tanto orgogliosi di te. Sai, il povero Frank e la povera
Alice…”.
Neville
ormai non badava più alle parole dell’uomo
davanti a lui, parole che gli sembravano tanto di scherno, quanto
più al
serpente, Nagini, che strisciava ai piedi del mago oscuro.
Senza
più pensare a niente, strinse l’impugnatura
della spada di Grifondoro che teneva dietro la schiena e, con un balzo,
sferrò
un colpo deciso al serpente, mozzandole completamente la testa.
A
quel punto, successero due cose
contemporaneamente, che lasciarono gli altri completamente attoniti:
dal
serpente uscì una specie di fuliggine nera, come il fumo che
si emana quando
qualcosa viene bruciato e si sentì una specie di urlo
stridulo provenire da non
si sapeva dove che, però, venne coperto dalla voce
arrabbiata e disperata di
Voldemort, piegato in due a reggersi lo stomaco, come in preda a un
dolore
allucinante.
Nessuno
si mosse, nemmeno i Mangiamorte.
“Neville!”
Tutti
si voltarono verso Harry che, chissà con quali
forze era riuscito ad alzarsi in piedi e a protendersi verso
l’amico.
“La
spada!”
A
Neville non ci volle molto per capire e immediatamente
lanciò la spada all’amico che riuscì ad
afferrarla al volo, rischiando di
cadere di nuovo a terra.
Ma non fece quello che alcuni si erano aspettati che facesse.
“Hai
cantato vittoria troppo presto, Tom!” gli urlò,
voltando la lama dell’arma verso di sé e
infilzandola nel proprio stomaco, dal
quale sgorgò del sangue come un fiume in piena.
E
anche a lui successe come a Nagini: del fumo nero
gli uscì dal corpo già profondamente ferito.
Harry,
non cedere, non cedere ancora.
“Nooooo!”
urlò Voldemort che si piegò ancora di
più
su se stesso, voltandosi verso il ragazzo per saltargli addosso.
Ma
Harry era già riuscito ad afferrare la spada e,
non appena il Lord Oscuro gli fu davanti, gliela conficcò
nel petto con un
colpo deciso.
“Brucia
all’inferno”.
Nel
silenzio che li
circondava, nell’alba che ormai stava sorgendo, entrambi i
maghi caddero a
terra, nello stesso momento.
Caddero come due valorosi combattenti, nella polvere e nel proprio
sangue.
ANGOLO
AUTRICE
Be’
dai, non è stato molto difficile scrivere questo
capitolo… pensavo che avrei avuto più
difficoltà e invece… voi che dite? Siete
soddisfatti? L’unica cosa difficile è stato far
parlare Voldemort. Scrivere un
suo discorso è un po’ come scrivere quello di
Silente o del Papa.
Sì, ho cambiato la parte della battaglia. Ho deciso che
Harry e Voldemort
dovevano combattere perché… be’, mi
piaceva di più ^^ fa un po’ più scena,
non
credete? E Harry che compie un suicidio-omicidio… non
chiedetemi come mi sia
venuto in mente, ma credo sia molto meglio piuttosto che fargli
lanciare un
Expelliarmus contro Voldemort -.-‘’
quell’interpretazione della Rowling non mi
piace proprio. Insomma, con tutti gli incantesimi che ci sono lei
decide di
fargli usare il disarmo. Può avere un significato simbolico,
certo, ma a me
comunque non piace ^^.
Si sa che preferisco le cose in grande stile : D
Bene,
ho finito di rompervi… mi piacerebbe che mi
lasciaste qualche recensione in più, in fondo non ci mettete
molto a scrivermi
due paroline, anche per dirmi che cosa non vi è piaciuto.
Non mi arrabbio io.
E andate a mettere mi piace alla
mia
pagina FB
http://www.facebook.com/MillysSpace
Ah
sì, ultima cosa… per due settimane
sarò via quindi non
potrò aggiornare… lo farò non appena
torno, però… proverò ad aggiornare
anche
Little Marauders questo finesettimana ma non prometto niente.
Baci
baci a tutti
^^
Milly.
STEFANMN:
sei ancora convinto che Harry si salverà? ^^ sì,
io so essere molto
sadica… xD
che cosa ne pensi di questo
capitoletto? Pieno di avvenimenti, non credi? Un saluto dalla tua Milly.
PUFFOLA_LILY:
sono contenta che ti piacciono le cose che modifico, sai, non tutti
apprezzano
i cambiamenti, specialmente per un’opera così
bella come quella di zia Row.
Comunque, è andata come ti aspettavi? Spero di risentirti
presto, un bacione,
M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 65 *** Capitolo sessantatre ***
(Finalmente
un sonno senza sogni, dopo tanto tempo).
Harry
mugugnò e si agitò nel sonno e dopo poco
aprì
lentamente gli occhi, venendo immediatamente accecato dai raggi di sole
che
entravano attraverso le finestre coperte dalle tende.
Riuscì, però, a riconoscere che quelle pareti
bianche e quei letti piccoli e
stretti, ma piuttosto comodi erano dell’infermeria di
Hogwarts. Anche lui era
sdraiato su uno di questi e si sentiva tremendamente comodo, sicuro e
protetto.
Ci sarebbe rimasto volentieri per il resto dei suoi giorni, pur di non
tornare
alla cruda realtà della vita.
Però…
come ci era finito in quel letto?
Ed
ecco che, improvviso come un fulmine che si
abbatte su un albero mandandolo a terra, i ricordi di quei
ultimi… giorni? Mesi?
O forse erano passate solo ore? Be’, insomma, i ricordi di
tutto quello che era
successo gli tornarono alla mente mandando in frantumi pure la
sicurezza di
quel morbido e caldo letto.
La
battaglia di Hogwarts, Voldemort, l’ultimo
Horcrux…
Voltò
il capo di lato e si trovò davanti un faccino
piuttosto preoccupato e stanco, contornato da morbidi capelli rossi. Lo
vedeva
un po’ sfocato per colpa dell’assenza degli
occhiali, ma era sicuro che si
trattava di Ginny.
“Harry!”
sussurrò lei, un luccichio di sollievo e
contentezza accesosi immediatamente nei suoi occhi.
“Ginny”.
Fece lui con voce roca e bassa. Si sentiva
la gola terribilmente secca e se parlava aveva la sensazione di
respirare male.
Oltretutto, non riusciva a tenere gli occhi aperti.
“Co… come stanno… gli
altri?”
La
ragazza prese ad accarezzargli i capelli, mentre
con l’altra mano gli strinse la sua, forse per dargli un
po’ di conforto.
“Stanno
tutti bene. Non ti preoccupare. Torna a
dormire, hai perso molto sangue”.
Harry
non sapeva quanto la ragazza fosse sincera,
sperava solo che gli avesse detto la verità e che tutti
stessero bene, ma non
aveva la forza per indagare di più.
Così, si rilassò di nuovo e tornò a
farsi cullare dalle braccia di Morfeo.
Finalmente
un sonno senza sogni, dopo tanto tempo.
(“Dov’è
il mio orsetto?”)
“Madame
Chips ha detto che starà bene. Calmati,
Lily”.
“Sì,
però perché non si sveglia?”
“Ha
perso un sacco di sangue e aveva anche numerose
ferite. Sarà anche sotto shock”.
Harry
fu risvegliato nuovamente dalle due voci che
parlavano in modo piuttosto concitato e le riconobbe come quelle di sua
madre e
suo padre. Sembravano piuttosto nervosi e agitati.
Sentiva qualcuno seduto vicino a lui, una mano lo stava accarezzando
spostandogli i capelli dalla fronte.
Per
un po’ fece finta di dormire, rimanendo ad
ascoltare ciò che i suoi genitori stavano dicendo.
“Ti
ricordi che quando era piccolo e stava male, gli
davo un piccolo orsetto di peluches? Lui lo abbracciava e si sentiva
subito
meglio”.
Gli
venne un improvviso moto di tenerezza sentendo
queste parole pronunciate da sua madre. Doveva essere lei quella che
gli faceva
le coccole.
“Dov’è
il mio orsetto?” chiese, aprendo gli occhi e
sorridendo a sua madre che lo guardava stupita ma piena di sollievo.
“Harry!”
“Tesoro!”
Anche
suo padre, che se n’era rimasto accanto alla
finestra, gli si avvicinò sedendosi sul letto al suo fianco.
“Come
ti senti?”
Harry
cercò di mettersi seduto, ma sentì una leggera
fitta allo stomaco e un po’ di prurito. Guardò in
quella direzione e vide che
alcuni giri di benda che gli fasciavano lo stomaco fin quasi al torace.
E poi si ricordò… la spada, la pugnalata. Cavolo!
Era riuscito a sopravvivere a
tutto questo.
“Sto
bene”.
James
gli sistemò i cuscini dietro la testa e gli
diede un bicchiere d’acqua.
“Ma
quanto ho dormito?”
“Quasi
una settimana”. Gli rispose suo padre. “Eri
messo piuttosto male, avremmo dovuto portarti al San Mungo ma era
pericoloso,
così sono venuti alcuni medici qui e ti hanno curato. Gli
altri feriti, invece,
sono andati in ospedale”.
“E come
stanno? Ron, Hermione? Sam, Sirius?”
“Loro
stanno bene. Tutti i Weasley stanno bene e Sam
e Sirius sono a casa con i bambini”.
“E
Voldemort? I Mangiamorte?”
“Voldemort
è morto. Gli Auror hanno buttato il suo
corpo in una fossa comune. Anche alcuni Mangiamorte sono stati uccisi,
altri
sono stati catturati, però un paio ne sono scappati.
Comunque, non ti
preoccupare, si sono già mobilitati per cercarli anche
alcuni membri
dell’Ordine”.
“Però
ora ci devi dire perché diavolo hai ucciso
Voldemort a quel modo? Perché ti sei pugnalato da
solo?” li interruppe Lily che
era parecchio preoccupata e voleva sapere.
Così,
prendendo un po’ di fiato, Harry raccontò
tutto: dell’ultimo Horcrux che era lui, del fatto che doveva
uccidere l’ultimo
pezzo di anima di Voldemort dentro di sé così da
poter uccidere anche il
Signore Oscuro e rompere il legame che li univa e raccontò
soprattutto di
Piton, del suo doppio gioco e riportò le parole che il
professore aveva voluto
far sapere a Lily, alla donna che aveva amato per tutta la vita.
(Era
finalmente finita.)
Era
una bellissima notte di fine giugno, piena di
stelle che splendevano in cielo come diamanti, il quarto di luna che
sembrava
illuminare in modo particolare quella sera, creando
un’atmosfera romantica ma
anche un po’ malinconica.
Era
una notte di festa, di ricordi, ma anche di
lacrime, preghiere e commemorazioni. Era una notte in cui si
ricordavano tutte
quelle persone che avevano sacrificato la propria vita per un mondo
migliore,
una notte in cui si festeggiavano quelli che, invece, erano rimasti
vivi, ma,
soprattutto, una notte in cui si celebrava finalmente la tanto
sospirata
libertà.
Non
c’erano più paure, angosce o preoccupazioni.
Hogwarts,
ricostruita e tornata splendente come
sempre, si era vestita a festa. Un concerto era stato allestito in Sala
Grande
dove chi voleva poteva ballare oppure semplicemente servirsi al
banchetto.
C’erano già parecchie persone dentro, chi parlava,
chi piangeva sulla spalla
degli amici, chi ricordava tutto ciò che avevano passato,
chi semplicemente
sospirava o chi si voleva divertire per dimenticare tutto, almeno per
un po’.
La
guerra era finita, ma non sarebbe di certo stata
dimenticata. Le persone che erano morte non sarebbero state scordate,
ma anzi,
il loro ricordo sarebbe stato ancora più vivido nelle menti
di tutti, quella
tragedia sarebbe stata raccontata nei libri di storia e alle
generazioni
future.
Per
alcuni sarebbe stato difficile andare avanti con
le proprie vite, altri invece avrebbero solo accantonato
quest’episodio in un
piccolo angolino della propria mente.
Ma la giostra non si era ancora fermata, i sopravvissuti dovevano
leccarsi le
ferite e continuare.
The show must go on, no?
“E’
proprio bello questo vestito. Ma dove l’hai
preso?” chiese
Sirius a Sam, osservando
il suo lungo vestito a scaglie.
Sam
si strinse nelle spalle, intanto che alcuni
flash di ricordi le attraversavano la mente.
“C’è
qualcosa che posso fare per te?”
“Non
saprei… riportami indietro la mia amica. Oppure comprami
quel vestito”.
“Non
me lo posso permettere”.
“Già.
E non puoi neanche riportare indietro la mia amica”.
“Un
vestito principesco per una piccola principessa”.
Ricordi
tristi, così decise immediatamente di
scacciarli via.
“Ehi,
Harry!” esclamò Sirius, vedendo il figlioccio
arrivare stretto a Ginny che lo sorreggeva visto che ancora faticava a
tenersi
in piedi.
“Come
va?”
“Chiedilo
alla mia mano”. Si lamentò il ragazzo.
“Ho
firmato talmente tanti autografi e stretto talmente tante mani che ora
mi fa
male il polso”.
“Esagerato!”
“Ora
sei una celebrità”. Aggiunse Remus.
“Come
se prima non lo fosse”. Rispose Ron al posto
dell’amico. “Io ho fame, comunque. Qualcuno mi
accompagna al banchetto?”
“Ron!
Ma pensi sempre a mangiare?” lo sgridò
Hermione mollandogli un pugno sulla spalla e facendo borbottare il
rosso.
I
presenti attorno a loro risero.
La
guerra aveva causato molte vittime, aveva
cambiato molte cose. Ma certe abitudini non sarebbero morte mai ed era
proprio
a queste che ci si doveva aggrappare per andare avanti.
“Mi
accompagni fuori, Sirius? Ho bisogno di una
boccata d’aria”. Chiese Sam, portando un braccio
dietro la schiena di Sirius.
I
due uscirono dalla Sala Grande affollata,
liberandosi un po’ da tutta quella confusione e da quella
musica con cui si
faticava a parlare.
Si
fermarono sotto ad un portico, Sirius appoggiato
ad un muretto con le mani sui fianchi di sua moglie che gli stava
davanti e lo
guardava negli occhi.
“Sei
bellissimo”. Gli sussurrò con un dolce sorriso.
“Anche
tu”.
“Finalmente
è finita”.
“Già.
È finita”.
Sirius
avvicinò il viso a quello di Sam e, con un
semplice scambio di sguardi, si scambiarono un lento e passionale
bacio, pieno
di sentimenti. Amore, felicità, gioia, sollievo.
Ragazzi,
questo era l’ultimo capitolo prima del grande
epilogo.
Wow,
cavolo! Be’, posso risparmiarmi le lacrime e i
saluti al prossimo. Rimandiamo per un po’ la parte
dolorosa…
Comunque,
cosa ne pensate di questo capitolo? Sembra che
tutto sia andato per il meglio: i nostri eroi finalmente hanno
trionfato,
Voldemort e i Mangiamorte non romperanno più e nessuno dei
nostri pg preferiti
è morto ^^
E
tutto grazie a meee, yeeeeaaah!! Ah, dovevo scriverlo
io l’ultimo capitolo di HP u.u
Harry:
modesta -.-‘’
Milly:
pff, stai zitto tu >.<
Bene,
non vi rompo più. Mi raccomando, lasciatemi tanti
tanti tanti tanti commenti. Anche quelli che finora non hanno detto
niente,
voglio sapere cosa ne pensate. Bastano anche due righe.
Prima
di andare via, però, voglio fare un po’ di
pubblicità… allora, io e la mia amica abbiamo
aperto una pagina che parla di
Queer as Folk, il telefilm di cui ci siamo appassionate in modo
maniacale ^^ se
non l’avete visto, ma adorate lo yaoi come me, vi consiglio
di guardarlo (su
yutube trovate tutte le puntate) La versione americana,
però, non quella inglese
(che fa cagare) Questo è il link per la pagina: http://www.facebook.com/ZiaLula
Inoltre,
vi invito di nuovo a mettere mi piace alla pagina di Milly’s
Space: http://www.facebook.com/MillysSpace
Bacioni,
M.
STEFANMN:
ehi!! Ahaha, le sette sfere del drago ^^ bella questa… ma
visto che non
servono, le userò per me. Muahahahaha!!! *va a chiamare
Goku* caro, ormai hai
capito che se nelle mie storie non c’è un
po’ di sadismo, perfidia e suspence
nei momenti migliori io non sono contenta… è
questo che rende belle le mie
storie ^^ non credi?
PUFFOLA_LILY:
grazie per l’ennesima volta dei complimenti *arrossisce* wow,
io un genio? Oooh
*arrossisce e abbassa la testa*. Sai, quando scrivo non voglio che le
cose siano
troppo banali e prevedibili, quindi, cerco di fare del mio meglio.
Spero di
risentirti, un bacione. M.
FEDE15498:
Harry è vivo, non ti preoccupare. E io posso continuare a
vivere serenamente. Anche
se maltratto un po’ i miei pg, dopo si beccano sempre un
po’ di coccole *pensa
a John e Charlie nell’ultimo capitolo* ^^ fatti risentire, mi
raccomando. Baci,
M.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 66 *** Epilogo ***
CINQUE
ANNI DOPO
La
Signora Weasley aveva ormai servito il dessert a
tavola e tutti avevano favorito, chi mangiandosi una fettina piccola
piccola e
chi facendosi fuori addirittura tre porzioni di torta al cioccolato.
I bambini sono stati quelli che l’hanno gradita di
più, in particolare il
piccolo Teddy che sembrava aver ereditato l’amore per i
cioccolato di Remus.
E
ora, con i bicchieri di vino davanti e i residui e
le briciole di cibo che erano rimaste sulla tovaglia, erano ancora
tutti seduti
comodamente alla tavola imbandita in giardino, a chiacchierare
allegramente,
ancora ben lontani dall’alzarsi per tornare ciascuno alle
proprie dimore.
I signori Weasley avevano avuto una bella idea, quella di riunire tutti
per un
pranzo in famiglia nell’ampio giardino della Tana. Era da un
po’ che non si
trovavano tutti quanti insieme. Così, quel giorno, erano
arrivato i Potter al
completo con Sirius che ormai faceva parte della famiglia fin da quando
era
giovane e, naturalmente, anche i Weasley, ai quali, però,
mancava la presenza
di Charlie e Percy che, come al solito, erano impegnati col lavoro.
Però,
avevano ricevuto due nuovi acquisti, Fleur, la moglie francese di Bill
e la
loro figlia, la piccola Victoire.
Harry
e Ginny, però, subito dopo il dolce, si erano
alzati e mancavano già da un po’, ma sembrava che
ancora nessuno lo avesse
notato o comunque, nessuno si chiedeva che fine avessero fatto.
I
due fidanzati se ne stavano in cucina, Harry
appoggiato al bordo del tavolo da lavoro con le mani poggiate ai
fianchi di
Ginny che, invece, gli stava davanti.
“Pensi
che sia il momento giusto per dirglielo?”
chiese lei, con sguardo leggermente ansioso.
“Certo!
Siamo tutti riuniti, quando ci ricapita
un’occasione migliore?”
“D’accordo”.
Sospirò lei, alla fine, ricevendo
subito dopo un dolce bacio dal suo ragazzo, durante il quale si perse a
guardare i suoi occhi, leggermente dorati per l’imminente
arrivo della luna
piena. Harry non si era mai trasformato dopo il morso, per fortuna, ma
durante
le notti di plenilunio i suoi occhi diventavano completamente dorati e
aveva
forti mal di testa e un po’ di nausea, con qualche linea di
febbre, alle volte.
Ginny, però, gli stava sempre accanto.
I
due ragazzi, una volta che si furono staccati,
uscirono di nuovo in giardino per tornare ad unirsi
all’allegra compagnia.
“Ehi!
Finalmente siete tornati. Credevamo che foste
finiti chissà dove a scopare”. Esclamò
Sirius, facendo ridacchiare i presenti.
“Sirius!
Modera il linguaggio!” lo ammonì Sam,
lanciandogli un’occhiata malevola e facendolo smettere
immediatamente di
ridere.
“Noi…
dobbiamo dirvi una cosa”. Li interruppe allora
Harry che non aveva seguito affatto i loro discorsi.
Immediatamente,
l’attenzione di tutti, che avevano
capito che si trattava di una cosa importante, si concentrò
su di loro.
“Ecco…
io e Harry abbiamo deciso di…”.
Cominciò
Ginny, interrompendosi perché non sapeva come andare avanti.
Lei era quella che
temeva di più la reazione degli altri.
“…
sposarci”. Concluse allora il ragazzo per lei,
voltandosi a guardarla con occhi innamorati.
D’improvviso,
cadde il silenzio, tutti rimasero
paralizzati dalla sorpresa, chi con la bocca aperta, chi a fissarli
come se
avessero appena detto di volersi trasferire su Giove e chi addirittura
con la
forchetta a mezz’aria.
Anche Harry e Ginny erano un po’ sbigottiti, temevano di aver
fatto male a
dirlo.
Alla
fine però, scoppiarono gli applausi, i fischi e
le urla di giubilo e, finalmente, i due fidanzati si poterono
rilassare,
contenti che la loro famiglia approvasse.
Quando si risedettero in mezzo a loro, tutti fecero le congratulazioni
ai
novelli sposi, James diede a Ginny il benvenuto in famiglia, i fratelli
della
ragazza tirarono pacche sulla schiena ad Harry, Fleur aveva
già iniziato a
pensare al vestito da mettersi per il matrimonio e la Signora Weasley
si
chiedeva se non fosse troppo presto, in fondo, avevano poco
più di vent’anni.
Però, Harry presto sarebbe diventato un Auror e aveva una
casa tutta sua in cui
Ginny ormai abitava quasi regolarmente, lei si era già
affermata nelle Holyhead
Harpies e, cosa più importante di tutte, si amavano. Il loro
amore si poteva
definire quasi leggendario.
Gli
unici a non esserne rimasti molto sorpresi erano
stati Ron ed Hermione, visto che Harry l’aveva già
detto a loro già un mese fa,
ancora prima di fare la richiesta a Ginny.
“Papà,
papà!”
Sirius
si voltò non appena si sentì chiamare da una
piccola vocetta vivace, vedendo il figlio corrergli incontro con
qualcosa tra
le mani.
Il piccolo aveva solo cinque anni, ma era già una vera
peste, ne combinava
sempre di tutti i colori, rompeva le cose e tirava le trecce alla
sorella.
Insomma, tutto suo padre, come ripeteva spesso Sam, ma di aspetto era
un misto
tra loro due, capelli scuri e leggermente lunghi come quelli del padre
e occhi
grandi e nocciola come quelli della madre.
Alexis, invece, era l’opposto: capelli castani e difficili da
tenere in ordine,
anche se legati e occhi grigio-azzurri che la facevano sembrare una
vera
bambola. Ma di carattere era più tranquilla rispetto al
fratello e ascoltava di
più, il che era un vero miracolo, visto che nessuno dei suoi
genitori era stato
molto obbediente da bambino. James, dopotutto, era anche venuto su
bene.
“Tieni,
papà”. Disse il bambino, porgendo al padre
una ghirlanda di fiori. “L’ho fatta io”.
“Grazie,
tesoro”. gli rispose Sirius, prendendo in
mano il regalo e spettinandogli i capelli in un gesto di tenerezza.
Il
bambino fece per andarsene, ma Sam lo fermò un
attimo perché aveva la bocca ancora sporca di cioccolata.
“Ora
puoi andare a giocare con gli altri”. Gli disse
dolcemente, dopo avergli pulito la bocca con la salvietta e il bambino
corse
immediatamente via, a giocare insieme ad Alex, Sally, Teddy e Vicky.
“Wow,
Sirius! Il tuo bambino sa fare le ghirlande
coi fiori”. Disse Remus per prenderlo in giro, mentre James
accanto a lui se la
rideva della grossa.
Sirius
inarcò le sopracciglia non capendo
l’allusione.
“Tra
dieci anni ti dovrai preparare quando scoprirai
che Jamie è dell’altra sponda”. Gli
spiegò, allora, l’amico.
“Solo
perché fa le ghirlande di fiori non significa
necessariamente che sarà gaio”. Rispose Black in
tono acido, non gradendo
affatto queste supposizioni.
“Sì,
invece, questo è un piccolo segnale”.
I
due amici, però, si divertivano a prenderlo in
giro, facendo ridere anche gli altri.
“Questo
significa che, anziché andare a vederlo alle
partite di Quidditch, dovrò guardarlo a ballare a
Broadway?” fece Black,
portandosi una mano al cuore in un gesto fintamente melodrammatico.
Sam
gli tirò un pugno sulla spalla, divertita.
Che discorsi da idioti che stavano facendo quei tre. A lei,
francamente, non
importava che orientamento sessuale avrebbe avuto suo figlio, le
bastava che
fosse felice.
“Invece,
James, credo che tua figlia sarà un vero
maschiaccio”. Disse ancora Sirius per vendicarsi delle
battute di poco prima,
lanciando un’occhiata a Sally che giocava con le macchinine
insieme a Teddy,
mentre Alex e Vicky pettinavano le bambole. Purtroppo per lui,
però, James
stava ancora raccogliendo fiori.
“Almeno
io potrò insegnarle a giocare a Quidditch”.
Sirius,
allora, afferrò un pezzo di pane che era
ancora rimasto sul tavolo e lo lanciò addosso
all’amico che per poco non cadde
dalla sedia.
Il
pranzo proseguì fino a sera, tra le risate e le
battute. Ormai non c’era più spazio per cattive
notizie, i brutti episodi di
cinque anni fa erano stati dimenticati o non venivano più
menzionati.
Le famiglie Potter, Weasley e Black erano lì, riunite al
completo e felici come
mai lo erano stati.
La
pace sarebbe durata ancora per molto, molto tempo.
MILLY’S
SPACE
Ed
eccoci qui, arrivati alla conclusione. Questo era
l’epilogo di una storia durata… quanto? quasi
quattro anni… sì, il prologo l’ho
pubblicato il 13 dicembre del 2009, poco dopo aver visto il film che mi
ha
ispirata per questa fanfic, S.Darko.
Devo ammettere che questa storia è stata un vero parto, ci
sono stati momenti
in cui l’ho veramente odiata, in cui non mi piaceva affatto o
non mi
convinceva, momenti in cui mi son chiesta “Ma
perché diamine la sto scrivendo?”.
Però, poi, ho sempre cercato di mandarla avanti,
perché a me non piace
lasciare le cose in sospeso, incomplete e poi, era la mia prima fic di
Harry
Potter e, in un certo senso, ne ero anche orgogliosa, i primi capitoli
mi son
piaciuti un sacco, sebbene forse, sono stati quelli che mi hanno dato
meno
credenziali.
Ma, soprattutto, l’ho mandata avanti grazie a voi,
sì, proprio a voi, miei cari
lettori. Tutte le visite che ricevevo, tutte le recensioni che leggevo
sempre
con un sorriso sulle labbra mi hanno stimolata ad andare avanti, a non
rinunciare a questa storia.
E
quindi, prima che me ne dimentichi, ho un bel po’ di
ringraziamenti da fare. Perché sono di dovere.
Ringrazio,
innanzitutto, tutti quelli che hanno inserito
questa fanfiction tra le ricordate: 1
- Allice_rosalie_blak 2
- BOBBIN 3
- Cherie97 4
- Ellie__ 5
- fede15498 6
- giorgioct 7
- Keira
Lestrange 8
- lalu0395 9
- Lui_LucyHP 10
- Marty_chick_99 11
- ScudoDiTiglio 12
- yako_chan13
- _Eterea_
Ringrazio
chi l’ha inserita tra le seguite: 1
- aquizziana 2
- Athena
Potter 3
- benny_ 4
- BrianneSixx 5
cfmartineco 6
- cg92 7
- Emily_8
- Erika
Potter 9
- fay90 10
- fede15498 11
- Fred_Deeks_Ben 12
- HaileyB 13
- hinkjbs14
- lalu0395 15
- lucciola93 16
- lysdance1 17
- MadHatterJoe 18
- malandrina90 19
- Marius20
- Martina31 21
- melibz 22
- MicroCuts 23
- mik_hewer 24
- Pinns 25
- Puffola_Lily 26
- Queen
of
Slytherin 27
- ranocchia 28
- Rosa_Linda 29
- sackiko_chan 30
- shary83 31
- stefania881 32
- stefanmn 33
- valepassion95
34
- Vodia (ben 34
persone… wow, mi commuovo).
Ringrazio
chi l’ha inserita tra le preferite: 1
- ALESSIA1992 2
- AngelBlack17 3
- Ayla924
- cg92 5
- fede15498 6
- Julia_Redfern 7
- lalu0395 8
- milly
e roxy 9
- Rawr97 10
- roxy_black 11
- Sandyblack94 12
- Smaels 13
- stedanfanyel 14
- stefanmn 15
- thera
E,
soprattutto, ringrazio le 135 persone che l’hanno
recensita, facendomi sapere che la storia viene apprezzata e che vale
la pena
di spendere qualche minuto per leggerla e commentarla, in particolare,
ringrazio Puffola_Lily, Fede15498 e Stefanmn che, per un bel
po’, hanno
commentato questa storia fino all’ultimo capitolo.
Vi ringrazio molto, ragazzi, può sembrare poco, ma una
recensione per uno
scrittore è veramente importante, può significare
molto.
Devo
dire che da un lato sono contenta di avere concluso
questa storia, andava avanti da troppo tempo (ad essere sincera io
avevo in
mente anche un finale diverso che avrebbe comportato molti
più capitoli, ma
riflettendoci bene, ho deciso di accorciarla ^^) e avevo veramente il
bisogno e
la voglia di concentrarmi su qualcos’altro e far leggere
qualche altra mia
opera. Dall’altro lato, però, sono anche un
po’ dispiaciuta perché, be’, questa
storia è stata molto importante per me, insomma, ci son
voluti quattro anni
perché la completassi, direi che è un
po’ come se fossimo cresciute insieme, il
mio stile credo sia notevolmente cambiato.
E
adesso… adesso ormai ho scritto il fatidico The
End. Questo, però, non credo sia un
addio, forse più un arrivederci. Eh sì,
perché non è detto che non sentiate
più
parlare di S.Potter. Scrivendo l’epilogo, mi sono venute in
mente alcune idee
per un sequel. Voi che dite? Datemi dei buoni motivi per scriverlo e io
potrei
anche farlo ^^ sarebbe carino vedere questi pargoletti, che so, alle
prese con
Hogwarts, lo studio, il Quidditch, gli amori… ^^
Spero, però, che questo capitolo via sia piaciuto (ormai se
io non metto un po’
di yaoi non sono contenta ^^ chiedo scusa se magari a qualcuno possa
aver dato
fastidio).
Inoltre,
alcuni di voi mi hanno suggerito di scriverci pure
un Prequel. Ad essere sincera, però, io non ho idee e,
sinceramente, sarei più
propensa per un sequel. Se però, qualcuno di voi avesse in
mente qualcosa di
carino, la mia offerta è ancora aperta: posso aprire una
specie di Raccolta
ispirata a questa storia e voi potete scriverci quello che volete,
ovviamente
io potrei darvi qualche dritta. Niente di troppo impegnativo, sia
chiaro ^^.
Ecco, quindi, se volete buttare giù qualcosa, contattatemi
via messaggio
privato, oppure scrivetemi sulla mia pagina
Facebook
(http://www.facebook.com/MillysSpace),
sono
pronta ad accogliere le vostre idee.
Bene,
penso sia tutto, ormai.
Spero
che continuerete a seguirmi ovunque, non solo in
Harry Potter. Ho in mente di pubblicare numerose altre storie, basta
solo
cercarmi ^^.
Millyray non sparisce senza lasciare tracce.
E
adesso… direi che la canzoncina della luna e
dell’orso
nella casa blu ci sta, che ne dite?
Addio,
addio, amici addio, addioooo, noi ci dobbiamo
lasciare, ma ehi, io dico che
è ok, io
non vedo l’ora di tornare, voglio ritornareeeee *canticchia*.
Ciao,
ragazzi e grazie ancora…
Non
scordatevi di me *Saluta e asciuga lacrime col
fazzoletto a bordo del Titanic * ^^. Portatemi
nei vostri cuoriiiiii!!!
<3
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=440109
|