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Pai non mosse un muscolo. Guardò
ancora l’ombra del suo signore e comandante, un’indistinta macchia scura
nell’ambiente acquoso e buio, e gli parve di vederlo annuire in conferma. Pai
sgranò ancor di più gli occhi e guardò con la coda dell’occhio Taruto, che per
lo stupore si era alzato in piedi e fissava Deep Blue con la mascella a mezz’asta:
« M-ma…! »
Deep Blue lo seccò con voce
bassa:
« Nessun “ma”. I nostri avversari
sono più insidiosi del previsto, e non posso tollerare oltre le loro
intrusioni. »
« Comprendo, Deep Blue-sama. –
disse Pai piano – Ma il capitano Fuu non è… »
« È più che adatta. »
Fu la sola replica, e Pai si vide
costretto ad abbassare la testa, annuendo. Taruto lo imitò, inginocchiandosi e
tenendo lo sguardo basso per non far vedere la sua faccia allarmata.
***
Kisshu si mosse lentamente, senza
far muovere neppure una foglia sul ramo dov’era posato. Le sue iridi dorate
scesero sulla strada, scrutando attorno guardinghe, finchè una ben nota chioma
rosso scuro non le attirò a sé, come una calamita.
Kisshu si appiattì contro il
tronco e si accovacciò nell’incavo tra esso ed il ramo, per potersi sporgere in
avanti e guardare meglio la sua micina. Ichigo era in divisa e camminava quasi
saltellando, un sorriso radioso in volto e il proprio ragazzo al fianco.
L’alieno avvertì lo stomaco
contrarsi come se lo stessero stritolando; un sapore amaro gli salì in bocca e
gli occhi si ridussero a due fessure, mentre inconsciamente stringeva il manico
di uno dei suoi sai in una mano.
Quel
dannato manichino calzato e vestito…
Mosse un paio di passi sul ramo,
avvicinandosi quanto più potè all’estremità. Ora vedeva ancora meglio i due,
anche se restava mimetizzato alla perfezione nella macchia verde.
Stavano per passare proprio sotto
di lui.
L’altra lama gli comparve nella
mano libera. Non avrebbe dovuto nemmeno teletrasportarsi, gli bastava un
piccolo balzo e zak!
Niente più Ao No Kishi. Niente
più Aoyama.
Soprattutto, niente e nessuno tra
lui e Ichigo.
Saggiò appena con la punta del
dito il filo di una delle lame, come sempre perfettamente affilato, e sorrise.
« Kisshu. »
Il ragazzo sobbalzò al contatto della
mano sul suo polso. Si voltò di scatto, innervosito, e seccò Pai con
un’occhiata velenosa:
« Che vuoi?!? – sussurrò tra i
denti – Levati, ho da fare! »
« Deep Blue-sama vuole che
rientri. – sentenziò l’altro laconico, lasciando la presa – Ora. »
« Ho da fare. – replicò in
fretta, tornando ad osservare la sua preda – Levati dalle scatole! »
« No. Ora. »
Kisshu guardò il fratellastro un
po’ sorpreso: lo vedeva o no che stava per eliminare uno dei loro nemici più
fastidiosi? Cosa poteva esserci di così importante da fermarlo?
Sbuffò furente e fece sparire le
sue armi, mentre i due giapponesi gli passavano accanto, due metri più in
basso, senza neppure vederlo.
***
Kisshu non era un tipo
obbediente, su quello non c’era da discutere. E non erano state poche le volte,
da quando si trovavano sulla Terra, che aveva disubbidito ad un ordine diretto
del suo capo.
In quel momento, però,
l’espressione di Pai, più rigida del solito, e l’aria agitata di Taruto lo
convinsero a non chiedere nulla e ad aspettare.
Dopo vari minuti d’attesa
l’ambiente attorno a loro cambiò di colpo. I tre si genuflessero di fronte al
loro signore e Kisshu alzò lo sguardo verso di lui: non potevano ancora
distinguerne il viso, ma sapeva che Deep Blue in quel momento lo stava
guardando, e pretendeva la sua attenzione.
« Sento ormai che il mio
risveglio è prossimo. – sentenziò l’ombra – Ma voi mi avete già deluso troppe
volte e non penso sia opportuno lasciare a voi tutto l’operato, da qui in
avanti. »
Kisshu digrignò i denti senza
farsi vedere, e gli parve di scorgere lo stesso moto di stizza anche in Pai e
Taruto, ma non provò nemmeno a guardarli.
« Ritengo di aver scelto la
persona più adatta a sistemare le cose – continuò Deep Blue – e perciò non
tollererò da parte vostra ulteriori fallimenti. »
Senza aggiungere altro l’ombra
sparì, e i tre alieni si ritrovarono nella loro dimensione. Kisshu incrociò le
braccia al petto, furibondo, e guardò di traverso i due fratelli che si
lanciavano occhiate in tralice.
« Voi sapete di chi stava
parlando, vero? »
Era un’affermazione più che una
domanda. Pai lo guardò in silenzio, mentre Taruto prese a fregarsi il collo con
fare nervoso:
« Beh… Sì, forse… »
Kisshu lo fissò e il ragazzino si
morse il labbro, con aria colpevole. Pai sospirò e si massaggiò una tempia,
conscio di quel che stava per succedere, e Kisshu sbottò:
« E allora?! »
L’aria alle spalle degli altri
due tremò un istante, bloccando la sfuriata del ragazzo. Una sinuosa figura di
donna avanzò spedita proprio nella sua direzione e Kisshu, dopo un primo
momento di stupore, mandò un’imprecazione tanto secca da far sobbalzare il
piccolo Taruto, anche se questi sapeva benissimo come il fratellastro avrebbe
reagito.
« Mi state prendendo per il
culo?! »
« Vuoi moderare il linguaggio,
per piacere? Trovo irritante questo tuo essere scurrile. »
In tutta risposta Kisshu imprecò
ancor più pesantemente. La donna lo fissò e Kisshu si ritrovò costretto a tacere,
guardandola torvo.
La squadrò da capo a piedi, non
era cambiata di una virgola da quando erano partiti.
Più che una donna, ancora una
ragazza, all’incirca della sua età, il fisico snello fasciato in una corta
gonna amaranto e in una maglia color bronzo, che le lasciava scoperte le
braccia, le spalle e la schiena; portava dei saldali rosso ciliegia, con lunghi
lacci che le salivano lungo il polpaccio, risaltandone la carnagione chiara. Le
caratteristiche orecchie della loro gente facevano capolino da una cascata di
capelli castano chiaro, lisci e fini, che arrivava a sfiorarle le caviglie,
incorniciando il viso tondo dai tratti morbidi, sul quale ammiccavano due occhi
color prato. La ragazza continuò a fissare Kisshu, le labbra rosate, piene e
ben disegnate incurvate in un sorriso di sfida, e lui sentì il suo orgoglio
bruciargli il petto.
« Non si saluta? »
« Non devo proprio fare un
accidente, Aisei. – sibilò il ragazzo – Solo chiedere per quale fottutissimo
motivo tu ti trovi qui. »
« Sei sordo o lento di
comprendonio? – chiese lei, incrociando le braccia – Deep Blue-sama è stato
chiaro… »
« E lui vorrebbe dirmi che tu
sei meglio di noi tre?! »
« Kisshu. »
« Chiudi il becco Pai! Fatti gli
affari tuoi! »
Il maggiore non replicò,
guardandolo torvo: sapeva bene che, quando si parlava di Aisei, Kisshu
diventava feroce come un lupo ferito.
« Deep Blue-sama ritiene che il
mio aiuto possa esservi prezioso. – continuò la ragazza pacata – Per cui, se
non ti sta bene, puoi pure tornare a casa, perché io da qui non mi muovo. »
Lui sembrò pronto ad ucciderla
con lo sguardo, ma Aisei sostenne l’occhiataccia con aria impassibile.
Taruto guardò con apprensione il
fratellastro e la ragazza. Non poteva dirlo, ma riteneva che quella decisione
del loro signore fosse stata decisamente la peggiore, ed era quasi certo che
anche Pai la pensasse come lui.
La domanda sorgeva spontanea:
Aisei era stata chiamata per loro… Oppure solo per lui?
Kisshu serrò il pugno, dando le
spalle alla ragazza:
« Puoi star certa che invece ti
costringerò a farlo, con le buone o con le cattive. »
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SALVE A TUTTIIIIIII!!! Ebbene sì, sono
tornata xD!!
Tutti: Ma se restavi dov’eri eravamo più
contenti!!
-_____-***… Cmq… Lo so, ho ancora da
completare “Il Collezionista” e dovrei aggiungere basta un capitolo a “I viaggi
di Mewlliver”, che vegeta sul sito da mesi ^^””, ma per quest’ultima non trovo
l’ispirazione giusta, mentre per il Collezionista sono andata così avanti con
le bozze dei nuovi cap che mi basterebbe solo ricorreggerli ^^. E allora voi
chiederete: bene, ma perché allora ci stai scartavetrando le balle con una
nuova porcheria?!? A dire il vero ho i bozzetti di questa storia da tempo sul
pc, ma non facevano che viaggiare senza scopo da una cartella all’altra, senza
che io gli degnassi davvero di attenzione… Poi in questi giorni, mentre
spulciavo le fanfic preferite e leggevo i capolavori delle mie sorelline ^^, mi
son detta “eccchecchispios! Guarda come s’impegnano! Potrei fare uno
sforzettino!” e così… TADAAAAN! Ho buttato giù la trama principale ^^!
E così oggi, in un noioso pomeriggio in cui
non riesco a cavare un ragno dal buco per la lezione di metodologia, ho
corretto e sistemato il prologo, tutto pronto per voi! So che è corto, ma
volevo lasciare un po’ di suspense ^o^! (ma dove -__o? ndKisshu – Tu farai una
brutta fine, stai attento +___+*… ndRia)
La storia si svolge più o meno dopo la
scoperta della vera identità di Ao No Kishi (non lo avevamo capito -_-… ndTutti
– L’hai scritto circa venti righe fa ndPai - era solo una puntualizzazione!
ndRia – Sì, certo… ndTutti – ç__ç… Perché tutti pensano che sia rincoglionita e
non mi ricordi le cose? ndRia), quindi, agendo prima del finale, non so come
cambieranno le cose xD! (non c’è niente da ridere, sai =__=? ndRyou).
Non ho ancora deciso tutti i dettagli
(Asteniamoci dai commenti -___-“” ndKisshu - zitto te! ndRia), ma adoro il
personaggio di Aisei e voglio troppo scrivere ancora di lei x3, perciò mi
rivedrete presto ;) (esami permettendo ç_ç!).
Simpatici -__-“”… Ok gente, questo è il mio
piccolo regalo di Natale, assieme al nuovo cap del Collezionista ;)! Questo cap
sarà abbastanza tranquillo, metterò solo a fuoco alcuni particolari e preparerò
le cose x l’azione vera (insomma, un capitolo inutile? ndKisshu – SBAM! <-
Ria lo spiattella contro il tavolo – Taci tu +___+**!), ma ho voluto
pubblicarlo prima dell’inizio delle feste così da non lasciarvi troppo col
fiato sospeso ^o^… I ringraziamenti in fondo!
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Cap.01
– Lo strano potere
« ICHIGO!! »
La mewneko mandò un lieve
singhiozzo, appiattendosi ancor più contro il muro e sperando che Minto non
l’avesse vista per davvero.
« Si può sapere che stai
facendo?! »
Inutile, la moretta l’aveva vista
eccome. Ichigo si alzò piano, stiracchiando un sorriso impacciato, mentre la
compagna la fissava severamente a braccia conserte.
« Ehm… Ciao Minto… »
« Macché “ciao”! Lo sai di quanto
sei in ritardo?! – indicò con fare perentorio l’orologio appeso al muro – Ben
venti minuti! Ti sembra il modo?!? »
Ichigo borbottò qualcosa,
abbassando lo sguardo colpevole. Lo sapeva di aver fatto tardi, proprio per
questo che aveva aspettato l’unico istante in cui tutte le sue amiche si erano
trovate distanti dall’ingresso, per poter sgusciare dentro ed evitare la strigliata
della mora.
« Sei irrecuperabile! »
« D’accordo, ma non c’è bisogno
di arrabbiarsi tanto. – sbottò Ichigo alla fine – Tu non fai mai niente qui
dentro, ti ricordo! »
« Cosa?! »
« Non sono certo io a passare i
miei pomeriggi bevendo tè! »
« Dai, ragazze, per favore…
Minto-san, Ichigo-san… »
« Lasciale perdere Retasu. –
l’ammonì pacata Zakuro, guardando le altre due che continuavano a litigare –
Falle sfogare. »
« P-però…! »
« Si stancheranno prima o poi. »
E con quell’ultima, laconica
affermazione la mora tornò al lavoro, seguita da Purin che se la rideva di
gusto guardando le altre due (Ichigo, in quel momento, con tanto di coda felina
per il nervoso). Retasu sospirò rassegnata:
« Uffa… »
« Siamo alle solite… »
La ragazza fece un balzo
improvviso, voltandosi col cuore che batteva a mille:
« Sh-Shirogane-san!
M-mi hai spaventata! »
La sua faccia rossa, però, diceva
tutt’altro, e rendendosene conto Retasu abbassò di colpo lo sguardo,
imbarazzatissima. Ryou non reagì, apparentemente senza accorgersi di nulla, e
fece un passo verso le due litiganti, guardandole severo:
« Ragazze, piantatela. »
Loro lo seccarono conuno sguardo, ma lui le ignorò e fece un cenno
a Purin:
« Chiudi la porta, per piacere, e
metti il cartello di chiusura. Dobbiamo parlare. »
Notando la sua faccia preoccupata
la biondina si limitò ad annuire, obbedendo. Ichigo e Minto si zittirono di
colpo, e Retasu gli si accostò timidamente:
« È… È successo qualcosa? »
« Temo di sì. Venite subito di
sotto. »
***
Kisshu era uno di quei tipi a cui
piace giocare con le ragazze. Tutte
le ragazze. Gli piaceva stuzzicarle, blandirle pian piano, fino a farle cadere
ai suoi piedi(*) e, per quanto fossero riottose, orgogliose o quant’altro,
tutte cedevano.
Sempre.
Perché per Kisshu era un gioco,
un gioco allettante e piacevole, a cui sapeva giocare da maestro; e perché per
lui erano tutte uguali.
Con due eccezioni.
Una era Ichigo, e Taruto lo
capiva benissimo, anche se non riusciva a capacitarsi di come fossero
peggiorati i gusti del fratello per scegliere “quella vecchiaccia”.
L’altra era Aisei.
Non sapeva il motivo, e l’unica
domanda che aveva mai provato a fare era stata ricambiata con una tale
occhiataccia da parte del ragazzo dal farlo astenere da altre indagini, ma
Taruto sapeva per certo che Aisei fosse l’unica che Kisshu davvero detestava.
Non poteva essere altrimenti, a
giudicare dagli sguardi fulminanti che stava tirando al fratello maggiore e alla
ragazza; Taruto sentì un’altra volta una fortissima curiosità premere contro la
sua volontà, ma si costrinse a trattenere le domande e, scostata l’attenzione
da Kisshu, tornò a guardare gli altri due , intenti di fronte al computer di
Pai con aria assorta.
« E sei riuscito a raccogliere
tutti i dati di ogni singolo scontro? »
Chiese Aisei al ragazzo,
ammirata. Pai annuì senza scomporsi:
« L’ho ritenuto opportuno. »
Kisshu emise un verso di stizza,
volutamente bello sonoro. Certo, se si trattava di una nuova rompiscatole era
calmo e pacato, se invece si trattava di lui il suo fratellone reagiva con la
grazia di uno squalo famelico!
Gli altri due finsero non sentire
le sue lamentele e continuarono il loro lavoro. Aisei scrutò ancora un istante
le file di dati che venivano proiettate davanti ai loro occhi, portandosi un
dito sotto al mento:
« Avete anche dei dati su quelle
ragazzine terrestri? »
« Tutti quelli che sono riuscito
ad ottenere – ripetè Pai – sono qui. »
Lei annuì un paio di volte,
riflettendo, e poi sospirò:
« È davvero una montagna di roba…
Mi ci vorrà un secolo! »
Il ragazzo non le rispose. Aisei
riflettè ancora e poi lo guardò, come soppesando cosa fare; Pai le rispose con
un’occhiata obliqua, poteva immaginare cosa
volesse fare per accelerare i tempi, e l’idea non gli piaceva.
L’aveva sperimentato una volta, e
aveva potuto classificare l’esperienza come una delle più fastidiose della sua
vita; da non ripetere mai più.
« Non perdi occasione per fatti
gli affari degli altri, vero? »
I due si voltarono lentamente.
Kisshu guardava Aisei con un sorriso maligno, la sua battutina aveva fatto centro:
la ragazza aveva assunto un’espressione marmorea, le labbra ridotte a una linea.
« Il mio potere non è qualcosa
che va usato per il gossip, pezzo di
deficiente. »
Sibilò tra i denti; lui fece
spallucce e le rivolse un’occhiata eloquente, soddisfatto di essere riuscito ad
irritarla. Pai sospirò con rassegnazione:
« Se pensi di fare prima, Fuu,
fallo pure – disse piatto, porgendole il braccio – del resto, io non ho nulla da nascondere. »
Non lo stava guardando, ma il suo
commento era rivolto a Kisshu, chiaro come la luce del sole. Il ragazzo,
infatti, si irrigidì, punto sul vivo, e digrignò i denti:
« Che vorresti dire con questo?! »
« Lascia perdere, Pai. »
Aisei allontanò il braccio del
ragazzo, non senza prima rivolgere un sorriso canzonatorio all’alieno dai
capelli verdi:
« Li studierò con calma da sola. »
Con fare elegante si allontanò
dal quadro comandi, senza più degnare di un’occhiata Kisshu che invece,
irritato com’era, avrebbe per una volta continuato volentieri la conversazione,
anzi, la litigata. Almeno, alla fine, avrebbe avuto una scusa per fulminarla.
« Taruto. »
Il ragazzino si riscosse di
colpo, sorpreso di essere chiamato dalla bruna, e quasi cadde dal piedistallo
dove se ne stava a gambe incrociate.
« Puoi aiutarmi? »
« In che senso? »
Aisei guardò appena Pai, che
annuì, e snobbò di nuovo Kisshu, liquidandolo con un gesto della mano:
« Pai e Kisshu dovranno restare
qui a cercare altri segnali della MewAqua, perché il risveglio del nostro
signore sia ancor più rapido – spiegò – ma io vorrei dare un’occhiatina ai
nostri nemici, ed è una cosa che occupa tempo. »
« Dovrei portartici io? –
bofonchiò il ragazzino – Pensi che non sia abbastanza bravo per aiutarli?! »
« Assolutamente no. – gli sorrise
lei – Ma Pai è più avvezzo a queste cose, e Kisshu, dopo gli ultimi
inconveniente con quel tizio (com’era…? Ao No Kishi, giusto?) è meglio che non
si cacci nei guai… »
Guardò appena il menzionato con
aria irriverente. Lui sembrava sul punto di ucciderla.
« E visto che io ho bisogno di un
valido aiuto… »
Taruto sembrò pensarci, poco
convinto, ma alla fine borbottò un “va bene” e i due scomparvero in un istante.
Nella dimensione rimbombò il
colpo secco di un pugno:
« Merda! »
« Datti una calmata, Kisshu.
Tanto, Aisei è qui e qui resta, finchè non torneremo a casa. »
« Tu stai zitto! – lo indicò con
uno scatto iroso – E dimmi che cazzo volevi dire prima! »
« Avanti, non prendermi in giro.
Sai benissimo che sto parlando di quella stupida umana. »
Kisshu non replicò, serrando la
mascella.
« Ringrazia che Fuunon lo sa, e ringrazia che non lo sa Depp
Blue-sama. »
« Vaffanculo. »
« Coda di paglia? »
Kisshu borbottò qualcosa che Pai
non capì, e lo guardò storto:
« Non sono fatti tuoi. »
« Direi di sì, se col tuo agire
insensato comprometti la missione. »
« Io non sto compromettendo
proprio un accidente!! »
« Ah no? »
Pai gli rivolse la sua occhiata
più raggelante, sibilando di rabbia:
« Chi è stato a far scappare
quell’umana dalla trappola mia e di Taruto(**)? No, perché sai, avevo proprio
l’impressione che l’idiota che l’ha svegliata dal sonno fossi stato proprio tu!
»
Kisshu ingoiò il rospo. Certo che
l’aveva salvata, e per un motivo ben preciso! Ma cosa sarebbe servito tentare
di spiegarlo, e proprio a Pai? Era già tanto se non aveva vuotato il sacco con
il loro capo, chiederli anche di ricordarsi un istante di avere un cuore e
cercare di comprenderlo almeno vagamente, era troppo.
« In ogni caso, Deep Blue-sama ha
capito perfettamente che ti stai comportando in modo strano – disse ancora Pai
con tono di superiorità – e senza che tu riesca a ragionare, ci troviamo a
corto di un membro. Mi sembra ovvio che Aisei sia la scelta più saggia. »
Se voleva far perdere le staffe
al ragazzo, c’era riuscito. A ripensare all’aliena Kisshu seccò il fratellastro
con un’altra parolaccia e prese a girare in tondo, trattenendo a stento un urlo
d’esasperazione:
« Oh, quanto è…! Mi ci mancava! »
« Se non avessi sempre agito di
testa tua – commentò l’altro – Deep Blue-sama non avrebbe dovuto chiamarla qui.
»
« Vuoi dirmi che il suo simpaticissimo modo di trattarmi come un
surrogato mal funzionante di soldato è perché è brava a fare il suo lavoro?! »
Sbottò sarcastico. Pai lo guardò
con sufficienza:
« No. Quello è perché non ti
sopporta. »
Kisshu lo fissò con la mascella
spalancata. Poi, mandandolo a quel paese, si teletrasportò anche lui, lanciando
maledizioni ed imprecazioni in tutte le direzioni.
***
Con aria preoccupata Keiichiro mandò
l’immagine al proiettore. Nel buio della stanza, le cinque MewMew videro brillare
sulla parete l’immagine un po’ sfocata della mappa della città, in cui un punto
rosso continuava a pulsare, con un sordo bip
di accompagnamento.
« Ieri pomeriggio – spiegò il
bruno – abbiamo rivelato una variazione di forze, proprio qui, dove tempo fa
avevamo scovato uno dei passaggi per la dimensione aliena(***). »
« Ehm.. Il che vorrebbe dire? »
chiese Ichigo titubante.
« Vuol dire che qualcosa è
entrato lì dentro, qualcosa che non è
umano. »
Fu la gelida risposta di Ryou.
Tra le ragazza passò un tremito d’agitazione.
« Un chimero? »
« Non penso, Zakuro. – fece il
biondo scuotendo la testa – Fosse stato un chimero Masha l’avrebbe individuato.
No, era qualcosa che non abbiamo rilevato finchè non è entrata lì dentro. »
Ichigo deglutì a vuoto, quel
discorso non le piaceva per nulla.
« Purtroppo non abbiamo altre
informazioni per ora – si scusò Keiichiro – ma abbiamo preferito avvertirvi, è
stato qualcosa di davvero insolito. »
Le ragazze annuirono convinte.
Ichigo si frugò rapida in tasca, tirando fuori il cellulare:
« Sarà meglio che avverta
Aoyama-kun. – spiegò, all’occhiata di Minto – Del resto, ora che gli alieni
sanno che lui è Ao No Kishi, è pericoloso! »
L’amica annuì appena. Ryou,
sempre immobile e con le braccia conserte, ebbe un lieve guizzo al labbro,
guardando la rossa salire di sopra con aria preoccupata.
Che
cosa irritante.
Retasu lo fissò di sottecchi, ma
non disse nulla, mordicchiandosi il labbro.
« Avanti… Rispondi dai…! »
Il cellulare di Aoyama suonò a
vuoto altre due o tre volte, ma senza risultato. Ichigo sospirò e spense la
comunicazione, prendendo a scrivergli un messaggino.
Sapeva bene che il ragazzo non
l’avrebbe sentita, quando era agli allenamenti di kendo era scrupolosissimo e
non portava mai con sè il telefonino, ma non potergli
dire di quell’inquietante rilevazione di Ryou e Keiichiro la innervosiva,
avrebbe preferito di gran lunga avvertirlo subito.
Si rimise il cellulare in tasca e
fece per scendere di nuovo, quando Masha le comparve accanto tutto agitato:
« Ichigo, Ichigo, piii! »
« Che succede? »
« Alieni, alieni, pii!
»
« È questo il posto? »
Taruto annuì con decisione. Aisei
incrociò le braccia, scrutando il Caffè con aria scettica, su quei muri c’era
tanto di quel rosa da darle allo stomaco.
« Ma perché non le avete
attaccate qui, se sapete dove si nascondono? »
«Ci abbiamo provato una volta –
disse il ragazzino – ma cercavamo la MewAqua che Kisshu e la vecchiaccia
avevano trovato sulla cima della Torre. Poi secondo Pai è uno spreco di tempo,
il nostro scopo ora è trovare il cristallo prima di loro. »
Il
solito ragionamento pratico del sempai.
Aisei annuì con un sorrisetto; poi
guardò Taruto divertita, inarcando il sopracciglio:
« Vecchiaccia? »
« Quella là! »
Indicò con rabbiasotto di sé. Dal Caffè le ragazze erano tutte
uscite di gran carriera, e li scrutavano col naso all’insù e l’aria allarmata.
« Ah…. Dici quella lì? »
Fece un cenno verso la rossa del
gruppo e il brunetto annuì con un sorrisetto cattivo in viso. Aisei squadrò
ancora un istante le ragazze, scendendo pian piano di quota:
« Beh, vediamo che sa fare. »
Mentre i due si avvicinavano
Purin indicò il ragazzino, mettendo il broncio:
« Ah, Taru-Taru, sei di nuovo
tornato a fare il cattivo! »
« Io sarei venuto a fare che?! –
sbottò lui iroso – Dovresti aver paura di me, invece di dire cretinate! »
Aisei alzò gli occhi al cielo, un
po’ rassegnata.
E
questo è uno dei soldati che dovrebbe salvare la nostra gente?
Sotto di loro, le altre ragazze,
erano tutte intente a guardare chi fosse la persona accanto a al ragazzino. Appena
era uscita Ichigo, guardando distrattamente, aveva creduto si trattasse di Pai,
forse per l’abitudine di vederlo sempre con Taruto appresso, ma s’era dovuta
rettificare un istante dopo.
Aisei si fece più vicina, senza
che le ragazze muovessero un muscolo. Ichigo la fissò ad occhi sgranati, quindi
era stata lei a creare il disturbo rilevato da Keiichiro? Poteva benissimo
esserlo, dato che non l’aveva mai vista combattere assieme agli altri tre
alieni, fino a quel momento.
Com’è
bella…
Di colpo l’aliena si bloccò e
fece un cenno a Taruto. Il ragazzino sorrise e, fatti comparire un paio di
para-para, li lanciò contro un albero ad un paio di metri dalle MewMew: La
pianta splendette un istante e prese a muovere le radici e la chioma come un
serpente, ondeggiando avanti ed indietro, andando poi all’attacco delle cinque
terrestri con passi pesanti e goffi.
Le MewMew si ripresero nello
stesso momento, trasformandosi, e mentre le più grandi si lanciavano contro il
chimero-albero, MewPurin fece una doppia capriola e si avventò su Taruto,
afferrandolo per i piedi.
« Che cavolo fai?! – protestò
lui, cercando di divincolarsi – Mollami, scimmia da circo! »
« Non ci penso neanche! »
Aisei guardò un secondo la
scenetta con aria stranita, ma lasciò presto perdere: Taruto, per quanto
piccolo, era un bravo soldato, non avrebbe avuto certo troppe grane ad
eliminare quella mocciosetta.
Ho
altro di cui occuparmi.
Nella sua mano sinistra comparve
un coltello dalla punta sottilissima, un’arma piccola quanto pericolosa: la sua
puntura era leggera e faceva perdere pochissimo sangue, ma l’emorragia interna
che causava era letale. Anche sulla Terra ne esisteva una simile; gli spagnoli
la chiamavano almarada, o chupasangre, succhiasangue.
Aisei fece girare un istante la
sua almarada tra le mani, come per controllasse che fosse ben bilanciata, e stringendo
forte il manico ricurvo si lanciò in mezzo allo scontro.
MewMinto, che stava evitando che un
ramo largo quanto la sua testa le fracassasse la cassa toracica, fu mancata per
un soffio dall’affondo dell’aliena, anche se percepì il sibilo della lama
accanto al suo orecchio; Aisei non si scompose e schivò senza problemi il
tentativo di contrattacco, lanciandosi poi contro MewRetasu. La ragazza mandò
uno strillo strozzato quando vide la lama puntare verso la sua pancia, ma
riuscì ad evitarla ed afferrò saldamente le sue nacchere:
« Ribbon… Lettuce Rush! »
Aisei, colta alla sprovvista, fu
colpita dal getto d’acqua, finendo ai piedi del chimero-albero e rischiando di
venir spiaccicata da una delle sue radici contorte. La creatura, però,
riconoscendo in qualche modo uno dei suoi “padroni”, la schivò e continuò a
concentrarsi su MewZakuro, che gli teneva stretto un grosso gruppo di rami nel
laccio della sua frusta.
Il chimero mandò un ruggito
gutturale, tentando di liberarsi; Aisei si teletrasportò al livello delle sue
fronde imprigionate e affondò forte col taglio dell’almarada: la frusta di
Zakuro fu tagliata di netto, come fosse stata di burro, liberando il chimero
che schioccò i rami di fronte a sé, colpendo di striscio MewRetasu e MewIchigo.
MewZakuro invece rotolò all’indietro per
il contraccolpo e l’aliena le fu di subito addosso, la lama pronta a colpire.
« Onee-sama! »
Aisei si scostò appena in tempo
per non essere centrata da una delle frecce della mewbird.; salì in aria,
riprendendo fiato e stando attenta a portarsi fuori tiro dalla giovane arciera,
ma il chimero stava dando a lei e alle compagne abbastanza da fare per non
considerarla più di tanto.
La bruna si portò due ciuffi
dietro l’orecchio, pensierosa. In quanto ad agilità fisica non erano male, ma quelle
ragazzine non era nulla che i tre Ikisatashi non
avrebbero potuto gestire. Si guardò un momento attorno sentendo uno
schiamazzare concitato, e scorse Taruto ancora impegnato con la ragazzina
vestita di giallo: questa gli era salita sulle spalle, tenendogli un braccio
attorno al collo, e lui stava tentando in tutti i modi di togliersela di dosso,
dimenandosi come un’anguilla. Sembrava che stessero giocando piuttosto che
combattere, e dalla faccia soddisfatta di Purin e quella paonazza di Taruto davano
proprio l’idea di due amichetti intenti a farsi i dispetti.
« Ti ho detto di scendere, vuoi
ascoltarmi sì o no?!? »
« No, finchè non chiedi scusa per
averci attaccate di nuovo Taru-Taru! »
« Piantala di chiamarmi così! –
sbottò lui, rosso come un pomodoro – E non ti appiccicare a questo modo!! »
Aisei sospirò seccata, forse
aveva fatto troppo affidamento su di lui.
Girò l’almarada tra le dita,
riafferrando saldamente il manico e puntando la mewscimmia con occhi gelidi:
che fosse una o l’altra, se aveva l’occasione di levarsi una di quelle
rompiscatole dai piedi era meglio approfittarne.
« Ribbon… Strawberry Surprise! »
Ci fu una luce accecante e Aisei
fu costretta a coprirsi gli occhi con un braccio; dimentica dell’attacco che
voleva fare contro Purin strizzò le palpebre, tentando di capire cosa stesse
succedendo, e finalmente riuscì a scorgere una di quelle ragazze (quella che
Taruto aveva definito “vecchiaccia”) colpire con uno strano raggio d’energia il
chimero. La creatura gemente e si dimenò gettando in alto i rami, finchè non
scomparve in un mare di luce iridescente, lasciando soltanto il para-para a
galleggiare a mezz’aria.
Man mano che la luce scemava la
bruna fissava la scena sempre più stranita: com’era possibile che quella
ragazzina avesse distrutto un chimero con un colpo solo?
Aisei ridusse gli occhi a due
fessure, brandendo l’almarada come uno scalpello.
Devo
scrutare lei per prima.
L’aliena si lanciò di testa
contro il gruppo, puntando senza esitazione sulla mewneko; le altre non
riuscirono a fermarla, tenute alla larga dalla sua lama, e MewIchigo si accorse
troppo tardi della direzione presa dalla bruna per saltare via.
Aisei, però, non la colpì.
Non fece nulla, se non afferrarle
il braccio.
Ichigo tremò da capo a piedi,
sentendo di perdere le forze; fu come se qualcosa di freddo e viscido le
s’insinuasse dentro, dandole la nausea, e sentì girarle la testa.
Era colpa di quell’aliena. Non
sapeva cosa stesse facendo, ma al tocco della sua mano sulla sua pelle Ichigo
aveva avuto l’impressione che qualcosa
avesse preso a scrutarle dentro, in un punto del suo animo in cui nessuno
poteva entrare, in cui nessuno doveva entrare. Mai.
Non riuscì a muoversi; Aisei era
tranquillissima e non dava segni di turbamento, mentre Ichigo aveva
un’espressione di puro terrore: voleva gridare, disgustata, ma dalla bocca non
le uscì neppure un suono. Dopo qualche secondo la presa della bruna si allentò
impercettibilmente ed Ichigo schizzò all’indietro, urlando con voce stridula.
Aisei la osservò incredula, come
se fosse stata colpita da un pensiero inaspettato, ma poi il suo viso divenne
una maschera d’ira: quello che aveva visto
era senza senso! Eppure… Non potevano esserci errori.
« Bene. – sentenziò – Per ora
direi che mi basta. »
Aveva saputo a sufficienza. Si
teletrasportò prima che una delle MewMew potesse reagire e ricomparve di fronte
a Taruto, ancora intento a litigare con Purin.
La ragazza sbuffò seccata e afferrò
la biondina per la coda, strappandola con violenza dalle spalle di Taruto.
« Sparisci. »
Con un gesto infastidito Aisei
lasciò la presa. Purin cadde giù a peso morto, urlando, ma Aisei non se ne curò
di più che se si fosse trattato di un insetto; Taruto, invece, si bloccò
dov’era, rilassandosi solo quando scorse MewMinto afferrare la ragazzina a
mezz’aria.
Per fortuna era riuscita a prenderla…
Scosse la testa con forza, non
doveva essere contento! Guardò di sottecchi Aisei, sperando che non avesse
notato le sue reazioni sconclusionate, perché non sarebbe stato in grado di
spiegare. La ragazza, però, non pareva
interessata a quel che lui faceva. Sembrava invece parecchio irritata e
impaziente di andarsene da lì:
« Andiamocene Taruto. So
abbastanza per il momento. »
Si teletrasportò senza nemmeno
aspettare una risposta dal ragazzino. Lui si corrucciò, seguendola: tutti a lui
gli adulti lunatici!
A terra, Ichigo tremava ancora. Le
amiche le erano attorno e la fissavano preoccupate, tentando di rimetterla in
piedi, visto che la rossa se ne stava in ginocchio senza riuscire ad alzarsi.
« Ichigo, che è successo? »
« Nee-chan, sei pallidissima! »
pigolò Purin.
La rossa strinse la mano di Minto
e fece un cenno di diniego. Le veniva da piangere, era stato davvero orrendo, e
per di più non era stata in grado di opporsi.
« Cerca di calmarti ora. – disse
Zakuro con premura – Prendi fiato. »
La rossa obbedì, scoprendo di
essere già più tranquilla dopo due profondi respiri. Le amiche continuarono a starle
attorno e a confortarla, lanciandosi di quando in quando sguardi allarmati.
« Pensate che sia stata lei a…? »
« A provocare il disturbo
registrato da Akasaka e Shirogane? – chiese la mewlupo – Temo proprio di sì,
Retasu. »
« A me non piace! – borbottò
Purin – Mi ha quasi fatta schiantare per terra! »
« Se tu pensassi a combattere
invece che a giocare – la sgridò Minto – Non ti ritroveresti da sola ad
affrontare gli avversari! »
« Ma io ero con Taru-Taru! –
replicò concitata – È testone, ma non è cattivo. »
La mora le rivolse un’occhiata
scettica, ma evitò di contraddirla e di perdersi in una discussione infinita.
Retasu aiutò Ichigo a rimettersi in piedi, mentre l’amica tornava al suoi
aspetto normale: aveva ripreso colore, e la sgradevole sensazione di prima era
scomparsa. La paura, però, era rimasta, assieme ad una domanda imperterrita:
cosa le aveva fatto quell’aliena dai capelli bruni?
***
Aisei comparve nella dimensione
aliena con uno schiocco. Era furente. Avanzò a passo spedito lungo il
corridoio, divorandolo in un paio di falcate, e spalancò la porta che aveva di
fronte con quanta forza aveva.
« Kisshu! »
Lui non la guardò. Spaparanzato
su una sorta di chaise lounge color porpora, le
braccia dietro la testa, sembrava addormentato, ma Aisei sapeva benissimo che
era sveglio.
« Kisshu, guardami! » lui aprì
una palpebra sola:
« No, grazie, ho appena mangiato…
»
« Fai meno lo spiritoso! – lo
zittì – Sai di essere nei guai?! E in guai grossi! »
« Uh, che paura! »
Lei sbattè il palmo della mano
sullo schienale, costringendolo ad aprire gli occhi. Kisshu si ritrovò
imprigionato in una gabbia di ciocche nocciola, a guardare il proprio riflesso in
quelle iridi verdi tempestate di pagliuzze dorate: la sua solita faccia
insolente e il ghigno beffardo gli ammiccarono da quei due specchi di giada, e si
sorprese che non gli si vedesse in volto anche il terribile crampo che aveva
ricevuto il suo stomaco.
« Kami-sama, quanto non ti sopporto! »
« Non cambiare discorso. –
replicò la bruna – L’ho visto, sai?! »
« Cosa? »
« Tu – hai – protetto - quell’umana. »
Scandì le parole fino a rendere
ognuna di esse pesante come un macigno. Kisshu si accigliò, alzandosi, e la
scostò di lato in malo modo:
« Hai letto la mente di Ichigo? Non
avevi detto che ti saresti accontentata dei dati di Pai? »
« Ho voluto accelerare i tempi. –
spiegò brusca – Ho visto i suoi poteri! Ti rendi conto che quella ragazzina può
essere seriamente una minaccia?! Ci hai mai anche lontanamente pensato?! »
« E tu hai mai pensato che non mi
ci vuole nulla a farla a fettine? »
« Da quel che ho visto – fece con tono provocatorio – non
si direbbe. »
Kisshu sentì montare la rabbia di
colpo. La fulminò con lo sguardo e le afferrò il polso tanto forte da farle
male:
« Stammi bene a sentire –
sussurrò – Ichigo è affar mio! Stanne fuori! »
« Nonpuoi decidere tu questo. – rispose lei
piatta, divincolandosi dalla sua stretta – Se è un ostacolo, la ucciderò. E ti
conviene cominciare anche te a pensarci, o prenderò in considerazione di
riferire il tuo comportamento a Deep Blue-sama. »
Kisshu non rispose. Quella non
era una buona alternativa; considerando che, per quanto il loro capo fosse
ancora solo in forma embrionale, aveva già il suo bel caratterino, e se avesse
sentito che lui aveva fatto fuggire Ichigo e tutte le sue amiche dalla trappola
mortale in cui gli altri l’avevano imprigionate, lui avrebbe detto addio alla
vita molto prima del previsto.
Aisei lo guardò con
commiserazione:
« Oddio, non dirmi che te ne sei
innamorato sul serio…! »
Lui la fissò piccato:
« Ma ti fai gli affari tuoi?! »
« Troppo tardi. – fece spallucce,
mostrando la mano – Ho visto tutto. »
Kisshu fissò la manina pallida,
le dita affusolate e con le unghie lunghe, e ebbe l’impulso di staccargliela di
netto, unito alla voglia di fare qualcos’altro, altrettanto impulsivo, ma di
ben altro genere.
« Sul serio, te ne sei innamorato
per davvero?! – fece maligna - Mi dispiace dirtelo, ma se continui a pretendere
le sue attenzioni a quel modo, otterrai pochino. »
Era troppo. Kisshu le afferrò con
forza le spalle e la costrinse a sedersi sul divanetto, poi posò le mani ai
lati della sua testa, bloccandola, e la guardò con odio:
« Cosa ne sai tu, di quel che sto
passando? – ebbe l’impressione di sentire le ferite inflittegli da Ao No Kishi
riprendere a bruciare - Ne hai anche solo una vaga idea?! »
Aisei parve spaventarsi, ma fu
solo per alcuni istanti; continuò a fissarlo negli occhi e sollevò la mano
destra, lentamente, poggiandola sulla sua.
Come sempre, non fu una buona
idea.
La rabbia del ragazzo le arrivò
dritta allo stomaco, soffocandola con una morsa al petto. Fu costretta a
ritrarre subito le dita, stringendole nel pugno come se fossero appena venute a
contatto con un fornello rovente. Kisshu la fissò senza scomporsi:
« Stai alla larga da Ichigo. »
Scomparve senza aggiungere altro.
Aisei si rimise in piedi, livida di rabbia, e tornò indietro sbattendo i piedi
con forza.
Era successo di nuovo.
Di solito, lei non era in grado
di leggere ciò che provava la gente. Certo, bastava che si concentrasse
toccando un punto scoperto della pelle di un altro e subito poteva vederne i
ricordi, scoprire le sue parole e tutto ciò che aveva fatto, ma i sentimenti,
quelli no, non era in grado di leggerli.
Era troppo complicato, ci
volevano anni di allenamenti per essere capaci di fare una cosa del genere, e
visto che ormai le persone con doti come le sue erano rarissime anche tra la
sua gente, Aisei non l’avrebbe mai imparato. Certo, visto che la vita di chi
subiva il suo potere le scorreva di fronte come un film, poteva capire ciò che
una persona provava con gli occhi, leggendone i movimenti e i gesti, ma non era
in grado di percepire il cuore degli
altri.
Solo con Kisshu era il contrario,
ed era sempre stato così sin da quando si conoscevano. Anzi, più che il
contrario, si poteva dire che Kisshu era l’unica persona che Aisei non
riuscisse a leggere.
La sua mente non le appariva mai come un insieme d’immagini, ma
come una nube fuligginosa in cui lei non era in grado d’orientarsi. Ancor
peggio, la maggior parte delle volte riusciva a farla quasi scappare,
gettandole addosso tutto quel che stava provando, ed era assai raro che fosse
un sentimento positivo.
Quel
ragazzo da sempre problemi!
Cercò di calmarsi, che quel’idiota si battesse per la sua racchietta,
se voleva. Se si fosse messo di mezzo, avrebbe fatto fuori sia lei che lui.
Ricomparve nella sala dove si
trovava Pai con aria decisamente più rilassata, anche se dentro di sé era
ancora molto nervosa. Il ragazzo dai capelli scuri non si voltò nemmeno a
guardarla, mentre Taruto, in piedi accanto all’altro, la guardò irritato:
« Ma dove sei sparita?! Mi hai
mollato laggiù e…! »
« Ho dovuto discutere una cosa
con Kisshu. – tagliò corto – Ora però non è importante. Pai, tu hai rilevato
niente? »
Taruto la guardò sbuffando,
incrociò le braccia e si appoggiò ad una colonna con aria imbronciata:
possibile che nessuno dei suoi compagni lo degnasse di attenzione?! Lo
trattavano sempre e solo come un mocciosetto, e la
cosa lo mandava in bestia.
Pai gli gettò solo un’occhiata,
poi tornò a parlare con Aisei:
« A dire il vero sì. Ma non sono
sicuro che si tratti della MewAqua. »
« In che senso? »
Il ragazzo battè un paio di
pulsanti sulla tastiera e fece comparire l’immagine di un fiume che scorreva in
mezzo alla metropoli, attraversato da l’alto ponte della ferrovia; l’immagine
non mostrava nulla d’insolito, quando improvvisamente l’acqua del fiume prese a
splendere, mandando un arcobaleno di luce.
Aisei e Taruto fissarono lo
spettacolo ad occhi sgranati:
« Ma cos’è? »
Pai guardò il fratellino senza
rispondere e corrugò la fronte.
« Credo dovremmo andarlo a
scoprire quanto prima. – disse Aisei – Quante volte s’è ripetuto questo
fenomeno? »
« Per ora solo un paio. – rispose
il ragazzo – Ma qualunque cosa ci sia lì sotto emana delle deboli onde
d’energia con una frequenza abbastanza regolare, perciò… »
La ragazza annuì. Era bene andare
ad investigare, subito.
(*) aah, come le capisco *ç*…
Sbav!
Kisshu: tenetemela a distanza,
grazie =__=””!
(**) ep. 39, “I sogni rubati”
(***) ep. 15 “Masha alla
riscossa” (che episodio inutile -__-! ndRia – Piiii ç___ç!
ndMasha)
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Eccomi
qua! Allora che ne dite?
Kisshu:
che mi hai fatto apparire poco, e soprattutto mi hai sempre fatto fare la
figura dell’idiota -__-*!
Tranquillo,
avrò modo di renderti ancora più imbecille andando avanti ^^+!
Kisshu:
ç__ç… Cattiva… Almeno mi metti assieme alla mia micetta ç__ç?
Non
compio miracoli io!
Kisshu:
D’ho T__T!
Aisei:
che idiota…
Kisshu:
pure qui rompi tu?! +___ç** <- estrae i suoi sai
Aisei:
vuoi sfidarmi? Non chiedo di meglio *__*…
Buoni
voi due! <- Ria li lega e li chiude in uno sgabuzzino – fatemi rispondere ai
commenti in santa pace!
X MadamaKokoro: spero di
rispondere alle tue aspettative e di farla + emozionante che mai ^^, la mia
volontà è quella. (se facciamo affidamento sulle tue doti, però… ndTaruto - …
ndPai_che_annuisce – Voi state buoni o mi vendicherò in maniera assai + sadica
di come ho programmato +___+… - Glom O__O””…). “Bagonghi”?! X°°°D! bellissimo!
Mi piace una cifra, sa proprio di cosa stupida xDD (vorresti dire che siamo
stupidi?! ndIchigo_&_Masaya - … No comment =_=! ndRia)
X Danya91: scrittura
divina °\\°?! Grazie mille onee-chan, sei troppo gentile ^\\^!! Tranqui, al
massimo posso schiattare perché poltrisco troppo xDD! Aisei piace moltissimo
anche a me, quindi spero di averti fatto contenta con questo cap, dato che è
visto molto dal suo punto di vista; sta tranquilla, al nostro Kisshu farà
venire i sorci verdi ancora per pareeeeechio tempo ;) (è una minaccia o che?
ndKisshu)
X Avly: e io sono più
che onorata di sapere che i miei lavori ti stanno facendo affezionare a questa
sezione del sito ^^! Grazie per i complimenti sul collezionista e grazie per
questi, ovviamente ^o^! vedi sopra, io adoro Aisei! Mi divertirò un mondo a
scrivere le discussioni tra lei e Kisshu d’ora in avanti xD! Per la tua
domanda… No, ma è un no con riserve, nel senso che non lo erano, ma… Non posso
dirti altri, o spoilero! Saprai col tempo ;)… Continua a leggermi e a leggere
il Collezionista, mi raccomando ^^!
X chocola92: spero che
questo seguito ti soddisfi, anche se è piccolino ^^. Ci vediamo presto!
X MissGiulietta: mmm… Ho come l’impressione che il prologo ti
sia piaciuto ^o^! xD grazie mille piciola, spero che anche questo nuovo cap ti
piaccia come l’altro!
Ringrazio tutti
coloro che hanno anche solo letto senza commentare, ma se avete il tempo fatelo
^^! Mi fate felicissima, anche un commentino piccino piccino, anche una
critica, per me sono tutti modi di migliorare! Un grazie di cuore!
Ok, ora non penso
di aggiornare prima della fine della vacanze, ma chissà? La storia, come
vedete, sta seguendo un po’ l’anime, ma non penso di fare sempre così:
l’episodio sul fiume Sumida mi serviva ;), ma penso di cambiare molte cose sulla
trama originale d’ora in poi… chi vivrà vedrà!
Ryou: anche
questa è una minaccia =__=?
Taruto: ehm,
scusa…
Che c’è?
Taruto: … Ma
Kisshu e Aisei sono ancora legati nello sgabuzzino?
O__O”! ops °__°”…
<- Ria vede provenire dallo sgabuzzino tuoni e lampi – Ehi, non sfasciatemi
la casa! Pai-chan, vieni ad aiutarmi ç__ç!
Pai: tu mi
esoneri dalla fanfic?
Ma certo che no,
che domanda è?!
Pai: … Allora
ciao. <- si teletrasporta.
O___o?! noo, non
lasciarmi con quelle due bestie assetate di sangue T___T!! Sob… Arrivederci
gente, provo ad andare a fermarli… Sperando non mi coinvolgano nelle loro liti
e mi uccidano ç__ç…
Buongiorno a tutti! Oddio, non aggiorno da un secolo! Mi dispiace tanto
ç__ç, ma ho un sacco di lavoro da fare con l’università, e non ho trovato un
solo momento per scrivere… inoltre sono senza internet fino a nuovo ordine, o
almeno ce l’ho sl nei week-end ç___ç… me depressa!
NOI NO! ndTutti
Bast… -___ç***… vabbè, ecco finalmente un nuovo chappy! Questo capitolo si
svolge durante l’episodio sul fiume Sumida (“una luce nel fiume”) ovviamente
con le mie personali modifiche ;)… Chissà che ho combinato!
Asteniamoci dai commenti ndKisshu
Antipatico! Ok gente, vi lascio alla lettura, ci vediamo in fondo!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.02
– La battaglia al fiume Sumida
La
sera di quello stesso giorno il gruppo delle MewMew, affiancato da Aoyama, Ryou
e Keiichiro, si diresse anch’esso ad indagare sulla misteriosa luce proveniente
dal fiume Sumida.
Ichigo,
imbacuccata nel suo giaccone per proteggersi dal freddo di Gennaio, mandò
l’ennesimo sospiro, attirando l’attenzione di Minto:
«
Si può sapere che hai da borbottare? – fece brusca – È già abbastanza irritante
trovarsi qui al fiume col freddo che c’è. »
«
Io non stavo borbottando! »
Replicò
la rossa; s’incupì di nuovo, e l’amica la guardò confusa:
«
Cosa c’è? » chiese con fare più gentile. Ichigo scosse la testa:
«
Niente, stai tranquilla… Sono solo stanca. »
Minto
la fissò ancora qualche secondo, poi fece spallucce e si voltò, stringendosi
nelle braccia:
«
Speriamo di non prendere tutta questa umidità per un altro falso allarme come
quello dell’altro giorno! »
Ichigo
annuì distrattamente. In effetti sarebbe stato seccante trovarsi di nuovo a
lottare per un cristallo che poi non c’era, com’era successo al quartiere di Harajuku, ormai ridotto ad una foresta(*).
Non
era quel pensiero, però, a tormentare l’umore della mewneko. Da ore non faceva
che rimuginare sullo scontro con quella misteriosa nuova aliena, e su cosa le
fosse accaduto quando questa l’aveva afferrata.
Ci
aveva messo un po’ a rimettere in ordine i pensieri, perché la terribile
sensazione che aveva provato l’aveva fatta a lungo da padrona, nella sua testa;
anche una volta tornata tranquilla non era riuscita a descrivere granchè
l’esperienza. Le era sembrato di ripercorrere la sua vita, di rivedere episodi
e luoghi specifici del passato come le sequenze di un film, senza riuscire a
fermarne il flusso, e (per quanto le fosse quasi impossibile descriverlo a
parole) aveva avvertito chiaramente che quella ragazza bruna aveva visto tutto
quanto. Ogni secondo, ogni suo pensiero, ogni sua parola.
Ichigo
scosse la testa per l’ennesima volta. Era assurdo, nessuno era in grado di
leggere la memoria delle gente solo toccandola! Nessun essere umano…
Ah, giusto… Dimenticavo che è
aliena!
Quel
pensiero le strinse le viscere: a conti fatti, abituata a tutte le creature dai
poteri più strani, la sua supposizione non era certo una prospettiva così
assurda… Né tantomeno rassicurante.
***
«
Cosa vorrebbe dire “non lo trovo”?! »
Aisei
puntò i pugni sui fianchi e divaricò le gambe, fissando Taruto torva. Il
ragazzino fece spallucce:
«
Quello che ho detto: non lo trovo, non c’è. – ripetè – Anche se anch’io mi
chiedo che fine abbia fatto… »
Aisei
mandò uno sbuffo irato e si portò una mano agli occhi:
«
Io Kisshu lo uccido! »
«
Deep Blue l’ha lasciato… In libertà, per così dire – disse Pai tranquillo –
l’ha richiamato solo per annunciargli il tuo arrivo, ma per il resto che faccia
come vuole. »
«
Dopo quel che ho visto, non mi sembra proprio il caso di lasciarlo fare! »
Protestò
la bruna. Pai la guardò con sufficienza:
«
Capisco… Ma in fondo si tratta solo di una insulsa infatuazione. Kisshu non è
così stupido come credi, quando arriverà il momento tornerà. »
Aisei
emise un verso sarcastico. Evidentemente non era granchè convinta delle sue
parole.
«
Lascialo perdere. – continuò lui – Forza, andiamo. »
***
«
Purin! Stai bene?!? »
Le
ragazze si sporsero dalla ringhiera del lungofiume, cercando con lo sguardo la
biondina che c’era caduta dentro. Purin tornò a galla dopo qualche secondo,
ridacchiando:
«
Ragazze, è incredibile! L’acqua del fiume è pulitissima, sembra di stare
immerse nell’acqua minerale! »
«
Stai scherzando?! »
«
Non berla, o ti dovremo portare all’ospedale! »
«
No, ha ragione Minto-san. »
La
corresse Keiichiro. Il bruno era chinato verso l’acqua e vi stava immergendo
dentro una piccola antenna, collegata ad un rilevatore:
«
L’acqua del fiume è diventata misteriosamente pulita, non c’è traccia
d’inquinamento. »
«
E tu pensi che sia un effetto legato alla MewAqua? »
«
Non lo so… I dati in nostro possesso sono ancora troppo pochi, è ancora presto
per pronunciarci. »
Di
colpo una dolce luce argentata prese a riflettersi sulla superficie del fiume,
interrompendo le parole di Keichiiro. Ryou fece un
passo verso la ringhiera:
«
È lo stesso fenomeno di ieri sera… »
«
Non è lo stesso. – furono le laconiche parole di Aoyama – Sento che stavolta… È
diverso… »
Nessuno
parve sentirlo o fare caso al tono della sua voce; solo Ryou gli lanciò uno
sguardo interrogativo, ma tacque.
Questo ragazzo…
Aisei
apparve qualche metro sopra la superficie del fiume nello stesso istante in cui
la sua luce aumentava d’intensità, risplendendo di colori come un’aurora
boreale. S’incantò qualche secondo a quella vista, stringendo inconsciamente
con la mano qualcosa che portava sotto la canotta.
«
Un altro arcobaleno di luce…! – esclamò Taruto – Pai, secondo te da cosa
dipende? »
«
Non ne sono sicuro… In ogni caso, il nostro obbiettivo primario è recuperare la
MewAqua. »
«
Sono d’accordo. – fece Aisei, portando con un gesto brusco la mano lungo il
fianco – La rinascita del nostro signore, in primo luogo. »
Pai
annuì appena, lanciando poi un’occhiata torva verso la banchina:
«
… Ed eliminare tutti quelli che ci ostacolano. »
Taruto
ghignò e incrociò le braccia al petto con fare divertito:
«
Mi hai tolto le parole di bocca! »
«
Guardate lassù! »
«
A quanto pare abbiamo compagnia… »
Le
parole di Zakuro e Retasu accompagnarono una morsa gelata che strinse lo
stomaco di Ichigo.
La ragazza bruna…!
Si
costrinse a cancellare quel malessere, ma la figura elegante di Aisei che si
stagliava sul cielo nero velluto, inondata dalla luce della MewAqua, le sembrò
molto più spaventosa di quelle degli altri due alieni.
Aisei,
invece, si limitò a degnarla di un’occhiata sprezzante; la sua attenzione fu
catturata subito dalla versione umana di Ao No Kishi, che l’aliena fissò con
gli occhi ridotti a due fessure, mentre la sua almarada le compariva
silenziosamente nella mano. I dati che Pai le aveva mostrato e i ricordi di
Ichigo lo qualificavano come un elemento ben più pericoloso della mewneko, e
senza dubbio il più urgente da eliminare.
«
Sempai, hai un piano? »
«
Taruto si occuperà del cristallo. – rispose Pai sbrigativo – Io terrò occupate
queste scocciatrici. »
Le
lanciò un’occhiata eloquente:
«
Nell’istante in cui MewIchigo si troverà in difficoltà, Ao No Kishi sarà un
bersaglio facile. »
Aisei
sorrise maligna:
«
Ottima lettura del pensiero, sempai. »
Era
un ottimo piano; del resto l’aveva visto chiaramente nella mente della rossa:
Ao No Kishi proteggeva sempre e solo lei, una volta che si fosse trovato
impegnato a salvare la sua bella, per Aisei si sarebbe trasformato in un
puntaspilli.
«
Bene! – ridacchiò Taruto – Io vado! »
E
con un tuffo di testa il ragazzino scomparve in acqua. Sul molo, MewRetasu era
già pronta ad inseguirlo, ma Purin la fermò afferrandole il braccio:
«
Per favore, lascia che vada io! »
«
Ma Purin… Tu non puoi respirare sott’acqua! »
«
E invece sì! Grazie alle speciali caramelle di Keiichi-san!
»
Gongolante
la biondina mostrò un barattolo di palline blu, ne masticò una e si tuffò senza
nemmeno ascoltare le sue amiche.
«
Sii prudente! »
La
pregò Retasu; Minto sbuffò:
«
Deve sempre fare di testa sua! »
Al
contrario di loro, Pai e Aisei non sembravano preoccuparsi troppo del loro
compagno più piccolo.
Senza
altri preamboli il ragazzo agitò il suo ventaglio, sollevando un’enorme onda
che si diresse verso la banchina a tutta velocità. Le ragazze saltarono, ma
Ichigo fu travolta e trascinata in un vortice d’acqua: la rossa annaspò,
tentando di liberarsi, ma la forza del gorgo era troppa, e lei scendeva sempre
più con la testa sotto.
«
Ichigo! »
Come
da copione, Ao No Kishi si lanciò subito in suo soccorso. Aisei gli fu alle
spalle un secondo dopo:
«
Questo era il tuo ultimo atto eroico, cavaliere! »
Ao
No Kishi fu colto alla sprovvista, troppo intento atentare di salvare la sua Ichigo per
rispondere con determinazione all’attacco: scartò leggermente di lato, mentre
l’almarada gli strappava i vestiti e gli tagliava la carne del braccio come se
fosse stato burro, e poi tentò di allontanare la sua assalitrice con un calcio,
mentre tendeva il braccio sano per afferrare la mewneko. Aisei non potè che
sogghignare:
«
Dovresti pensare prima alla tua vita, lo sai?! »
Il
secondo affondo stavolta andò a vuoto, perché Ao No Kishi riuscì ad entrare nel
vortice un secondo prima che la lama approfondisse ancora un po’ la sua ferita.
Si strinse Ichigo al petto e saltò sulla banchina, facendola scendere di
scatto; la rossa lo guardò allarmata:
«
Il tuo braccio…! »
«
Tranquilla – fece a denti stretti – è solo un graffio… »
Secondo
Ichigo, però, la sua espressione era un po’ troppo sofferente perché fosse
“solo un graffio”.
«
Se ti comporterai ancora così, la prossima volta quel graffio sarà un braccio
mozzato. »
Ichigo
seccò Aisei con un’occhiata velenosa:
«
Hai solo di che provarci, maledetta! »
L’aliena
non si scompose, ridendo tra sé e sé maliziosa:
«
Sempai, credo che ci occorra il tuo diversivo. »
Con
un breve cenno d’intesa, Pai liberò nel fiume centinaia di para-para nello
stesso momento: un esercito di piccoli, rapidissimi e feroci chimeri a forma di
manta si lanciò contro le MewMew, che scomparvero sommerse da una marea di
esseri blu.
***
«
Eccola…!! »
Cacciando
una gran risata Taruto fece una mezza piroetta, mentre guardava il cristallo
che risplendeva come una perla sommersa a meno di unmetro da lui.
«
Beh, prendiamola e smammiamo alla svelta! »
«
Non provarci! »
Il
ragazzino urlò, mentre un paio di braccine lo avvinghiavano per le spalle,
bloccandolo.
«
E che cav…?! TU?!?
Che cavolo fai?! Lasciami! »
«
Non ci penso proprio! – trillò Purin stringendo la presa – Devi smetterla di
comportanti da bambino cattivo, Taru-Taru! »
«
Da che?!? – ringhiò lui – E piantala con quel nome idiota! »
«
Non è idiota, Taru-Taru! »
«
T’ho detto di piantarla! »
In
tutta risposta, Purin gli tirò un pugno in testa mettendo il broncio:
«
Taru-Taru, sei un bambino cattivo e quindi vai punito! »
«
Ma come ti permetti?! Guarda che questa me la paghi! »
E
replicò con lo stesso infantile quanto inefficace colpo, scatenando una vera e
propria lotta a suon di pugni sulla zucca.
«
Te le farò scontare tutte, brutta scimmia da circo! »
«
Lo vedremo, Taru-Taru! »
«
E piantala!!!! »
***
«
Ribbon MintEcho! »
L’ennesima
truppa di chimeri-manta fu spazzata via dal colpo della MewMew, sostituita alla
stessa velocità da un altro gruppo ancor più numeroso. La morettina tentò di
evitarli, ma le creature la fecero cadere sul bordo del molo, prendendo poi a
trascinarla verso l’acqua.
«
N-no…! No! Lasciatemi! »
«
MewMinto! »
Ichigo
le andò subito in soccorso, ma i chimeri-manta erano davvero troppi e non
riuscì a fare altro che impedire all’amica di annegare, restando poi a giocare
ad un infinito tiro a segno.
Nemmeno
Ao No Kishi se la passavameglio, e
tantomeno le loro compagne, ma almeno la frusta di Zakuro sembrava abbastanza
efficace; cosa che Pai sembrò non gradire:
«Fuu
Rai SenpuuJin!»
Scagliò
una gigantesca saetta verso l’alto, e presto il cielo divenne una tempesta di
lampi, che sfrigolavano pericolosamente tra le nubi nere e l’acqua sempre più
agitata.
Intanto,
Ichigo era stata sopraffatta dal chimeri, che l’avevano intrappolata dal collo
in giù; Pai caricò indietro la sua arma, pronto a finirla, quando un getto
d’acqua s’intromise sulla sua traiettoria. L’alieno guardò seccato verso la
disturbatrice, incrociando lo sguardo di MewRetasu: la sua stretta sul
ventaglio si accentuò un poco.
«
Non preoccuparti sempai, a quella gatta ci penso io. Occupati di quella lì in
verde. »
Pai
non le diede risposta.
Aisei
scattò verso MewIchigo, guizzando agile tra le saette e le onde, ma anche se il
suo sguardo era puntato sulla rossa, con la coda dell’occhio non perdeva un
solo movimento di Ao No Kishi, già lanciato al suo inseguimento.
Vieni bello… Aspetto solo te.
Con
un gran tonfo, MewRetasu schizzò fuori dall’acqua, verso Pai. Lui rimase
impassibile, fermo a mezz’aria come una statua aspettando l’attacco, mentre le
iridi verdi di lei lo scrutavano tristi:
«
Perché cercate di distruggere la Terra? In fondo anche i vostri antenati sono
nati su questo pianeta! »
Lui
restò sorpreso dalla domanda, ma sul suo volto non trasparì il minimo
cambiamento. Impugnò più saldamente il ventaglio e rispose laconico:
«
Perché ce l’hanno ordinato. »
La
ragazza lo raggiunse e la conversazione morì così com’era cominciata.
Retasutentò di attaccarlo a mani nude, ma nessuno
dei colpi centrò il bersaglio, e quando il suo slancio terminò la mewfocena ricadde
nel fiume, mentre Pai scagliava altre truppe di chimeri verso il resto del
gruppo.
«
Non ho tempo da perdere con te. »
«
Allontanati subito da Ichigo! »
Aisei
guardò Ao No Kishi da sopra la spalla e sorrise: c’era cascato come un bambino.
La
ragazza schivò agilmente il fendente del biondo e ingaggiò uno scontro rapido
quanto violento: la sua almarada era molto più piccola della spada del
cavaliere, ma lei era veloce e ben più forte di quanto il suo aspetto lasciasse
ad intendere. Inoltre, Ao No Kishi non faceva altro che passare il suo sguardo
dall’aliena, ad Ichigo, che tentava in tutti i modi di raggiungerlo, e infine
al cielo crepitante.
Doveva
liberare la mewneko, e presto, o quei lampi l’avrebbero centrata in pieno.
«
Spostati, dannata! »
«
Costringimi, moccioso. »
L’almarada
sibilò di fronte al viso del biondo, che sentì la pelle della guancia prendere
a bruciare.
«
Te l’ho detto, ti conviene pensare a te stesso. Non mi ci vorrebbe troppo a
portarti via l’occhio sinistro. »
«
TACI! »
I
due contendenti affondarono nello stesso istante, mirando al cuore. Entrambi
schivarono, ma Ao No Kishi riuscì a travolgere Aisei con una spallata e a
spingerla a sufficiente distanza, liberando Ichigo un secondo prima che un
fulmine incenerisse la massa di chimeri e lei stessa.
Aisei
recuperò l’equilibrio e fissò i due severa. Ao No Kishi era pronto a
ricominciare lo scontro, ma l’aliena si spostò di scatto, raggiungendo Pai; il
biondo la guardò confuso, ricevendo in cambio un sorriso soddisfatto.
«
Ao No Kishi! Guarda! »
Ichigo
si strinse istintivamente a lui mentre lo chiamava, ed indicò il cielo. Un
altro fulmine squarciò le nuvole sopra le loro teste, ma era troppo grande per
allontanarsi a sufficienza da evitarlo.
«
Ribbon Lettuce
Rush! »
«
Ribbon MintEcho! »
«
Ribbon Zakuro Pure! »
I
colpi delle MewMew s’incrociarono sopra la testa della rossa e del ragazzo,
generando un’esplosione di energia che costrinsei due ragazzi ad acquattarsi a terra,
schiacciati dalla pressione, mentre il MewPower faceva da scudo tra loro e la
saetta.
Ma
non c’era forza sufficiente. Ichigo tentò di usare la sua arma sullo scudo, ma
non riusciva ad alzarsi e si limitò a guardare spaventata le scariche che
lambivano il sottile strato di luce, che si abbassava di secondo in secondo.
«
Credevo mi avrebbero fatta divertire di più… »
«
Non mi sembra il caso di lamentarsi per queste sciocchezze.
Aisei
fece spallucce, guardando Pai con aria divertita.
«
E Taruto? – sbuffò poi la ragazza – Ci sta mettendo un po’ troppo… »
Detto
fatto, dietro di loro si udì un gran tonfo e il ragazzino sbucò fuori
dall’acqua con MewPurin appesa al suo piede. La biondina non sembrava
intenzionata a mollare la presa, ma appena vide i suoi amici in difficoltà
lasciò andare Taruto e afferrò i suoi anelli.
Aisei
capì all’istante cosa volesse fare:
«
Taruto! – sbraitò – Fermala! »
Avevano
l’occasione di vedere due dei loro avversari morire – in maniera parecchio
violenta e dolorosa, per giunta – sarebbe stato un delitto permettere a quella
mocciosa di salvarli.
La
reazione di Taruto, però, non fu abbastanza tempestiva, e mentre la mewscimmia
ripiombava in acqua vicino al molo, il suo colpo gelatinoso raggiunse Ichigo e
Ao No Kishi, assorbendo il fulmine e poi polverizzandosi. Aisei digrignò i
denti furente:
I
due obbedirono e si portarono tutti a distanza di sicurezza, mentre Ao No Kishi
e Ichigo, unendo le forze, spazzavano via con un paio di colpi tutto l’esercito
di chimeri-manta.
Gli
occhi di Aisei divennero due lame per la rabbia; anche Pai era furente,
sembrava una maschera di ghiaccio, e Taruto divenne parecchio titubante a
comunicargli la novità.
«
Ho… Una brutta notizia. – borbottò alla fine – Non c’era nessuna MewAqua. »
«
Cosa?!? »
«
Ne sei sicuro? » gli chiese il fratello.
«
Certo! – replicò piccato – C’è solo una fortissima luce, e basta! »
«
Com’è possibile? Sempai, i tuoi dati non dicevano che il fiume si era purificato?
»
«
Infatti. Un effetto tipico della MewAqua. Eppure, a quanto pare non c’è! »
Taruto
si portò le mani dietro la testa, sbuffando:
«
Uffa, abbiamo fatto tutta questa fatica per niente! »
«
Abbiamo lottato un’altra volta per niente! »
Sbottò
Purin con tono mogio. Le sue compagne non seppero cosa risponderle e si
limitarono a guardarla mentre s’incupiva, troppo impegnate a domandarsi cosa
fosse stata effettivamente quella luce per prestare ascolto alle sue proteste.
Soltanto
Retasua quella frase sollevò
sovrappensiero lo sguardo, incrociando quello di Pai: non il solito sguardo di
gelida superiorità, sembrava guardarla più che altro confuso, incerto. I due si
fissarono negli occhi per secondi infiniti, finchè il piccolo Taruto non gli
disse qualcosa e i tre alieni sparirono.
Retasu
impiegò qualche istante a riabbassare gli occhi, rimasti a contemplare il cielo
che si schiariva sempre più velocemente, e cercò di ignorare quello strano
fremito che aveva avvertito nel petto.
***
Aisei
si appoggiò ai resti di una colonna fluttuante della loro dimensione,
passandosi una mano sugli occhi.
Era
furiosa. Il loro piano, che sembrava così ben studiato, semplice e di poca
fatica, si era rivelato un fallimento; per giunta, non avevano trovato nulla di
utile, sprecando solo energie.
Pai
si era già rimesso al lavoro: voleva capire cosa fossero quelle luci che
continuavano ad apparire, e che legame avessero effettivamente con la MewAqua,
ma in quel momento i continui bip bip del suo database erano per la ragazza fastidiosi
come una zanzara nelle orecchie.
«
Quella gatta e il suo cavalierucolo hanno la pelle
molto più dura del previsto… » borbottò, cercando di focalizzare i suoi
pensieri su un solo motivo d’ira.
«
Sono solo due gran scocciatori! – proruppe Taruto – Ma tu non dovevi
eliminarli?! »
Pai
smise un istante di lavorare, guardando il fratello di sottecchi: quello era
stato un momento perfetto per tenere a freno la lingua, ma a quanto pareva
Taruto non possedeva il senno del “prevenire è meglio che curare”.
Aisei,
infatti, si tirò in piedi di scatto e raggiunse in ragazzino con passo da
militare: aveva trovato un a valvola di sfogo per la sua rabbia.
«
E tu?! – sibilò tra i denti – Quanto ti ci voleva per eliminare quella
mocciosetta?! »
Taruto
non rispose, bloccandosi di colpo. Per sua sfortuna Aisei lo notò, e passò
rapidamente da un’espressione assassina ad una inquisitrice:
«
Taruto? »
«
Non l’ho ritenuto necessario, tutto qui. – borbottò – Avevo un altro
obbiettivo, lei non era certo un problema. »
Il
suo tono era risoluto, ma lui evitava con cura d’incrociare lo sguardo della
bruna, in maniera un po’ troppo palese.
«
E le alghe? – puntualizzò la ragazza – Se non sbaglio i chimeri-pianta sono la
tua specialità: avresti potuto crearne un paio, avresti evitato ti disturbasse
nel tuo lavoro (perché l’ha fatto, mi sembra ovvio!) e una volta finito,
avresti semplicemente dovuto lasciarla in compagnia dei pesci. »
Taruto
si morse un poco il labbro e scoppiò:
«
Non c’ho pensato, va bene?!? E poi come combatto sono affari miei, non ti
riguarda! »
E
si volatilizzò, accompagnando lo schiocco del teletrasporto con un paio
d’imprecazioni davvero poco adatte ad un ragazzino di 10 anni. Aisei sospirò,
portandosi la mano al fianco:
«
Ma sei sicuro che i fratelli siate voi due e non Taruto e il deficiente? »
Pai
evitò di risponderle e si rimise a lavorare con zelo; Aisei però, non demordè:
«
Insomma, non pensi anche tu che si comporti con un po’ troppa superficialità? »
«
Io non credo. – rispose laconico – È solo un po’ troppo giovane, tende a
giocare un po’ troppo. »
«
E tu mi sembra che stia liquidando un po’ troppo velocemente la cosa. »
Pai
rallentò un secondo:
«
E tu? »
«
Come scusa? »
«
Ti sei arrabbiata solo perché Taruto ti ha stuzzicata quand’eri già
emotivamente instabile, o perché ha toccato un nervo scoperto? »
La
fissò con aria impassibile, a cui Aisei rispose con un sorriso quasi
altrettanto gelido e feroce:
«
Dovresti saperlo, sempai: io non sbaglio mai
la mira una seconda volta. »
Taruto
ricomparì in un piccolo angolo semideserto della dimensione aliena, nascosto da
un gruppo di pilastri un po’ troppo ravvicinati; a lui piaceva gironzolare, ma
la Terra era troppo rumorosa e sporca per i suoi gusti e quel nascondiglio era
perfetto per starsene un po’ in pace.
Arrabbiato
come non mai il ragazzino prese a sbattere i piedi, camminando in circolo e
gesticolando i pugni serrati:
«
Quella brutta…! Chi si crede di essere per farmi la predica?! Scema! Scemascemascema!! »
Soffiando
e bofonchiando si sedette pesantemente a gambe incrociate su un mozzicone di
colonna, serrando le mani sulle caviglie:
«
L’unico motivo per cui non l’ho fatta fuori è che prima voglio vedere quella
nanerottola tremare di paura davanti a me! – latrò tra i denti – Sì, proprio
così! La voglio vedere chiedere pietà, terrorizzata, e dopo potrò farla fuori! »
Incrociò
le braccia e annuì parecchie volte, convincendosi delle sue parole:
«
Sì, gliela farò vedere io! Ad Aisei… E a quella mocciosa! Sì… »
Mandò
un involontario sospiro e si appoggiò ad una colonna:
«
Beh… Sarà molto meno divertente combattere una volta che la scimmia non ci sarà
più… »
Scosse
la testa con forza, scacciando quel pensiero:
«
Che discorso assurdo! È una mia nemica, punto e basta! E così smetterò di
sentirmi chiamare con quell’irritante nomignolo idiota! »
« Taru-Taru! »
«
Quello stupido… Nomignolo… »
***
Ichigo
chiuse la cassetta del pronto soccorso e la rimise al suo posto, sorridendo
appena:
«
Per fortuna la ferita non era profonda, così ho potuto medicartela io. »
Aoyama
le rivolse il suo miglior sorriso(**):
«
Ti ringrazio, piccola. »
Ichigo
ricambiò con espressione beata e arrossì.
«
Oh santo cielo! Ma voi due non vi stancate mai?! »
«
Minto, fatti gli affaracci tuoi! » sibilò la rossa. Minto fece spallucce con
fare superiore:
«
Potreste almeno lasciarvi andare quando siete soli, invece di dare spettacolo. »
«
“Dare spettacolo” *gocc*? »
«
MINTO IO TI UCCIDO!!! »
Le
due ragazze ricominciarono a beccarsi sotto lo sguardo rassegnato dei presenti;
Aoyama si lasciò sfuggire un sorrisetto tirato.
«
Certo non vi annoiate mai, vero? »
Fece,
rivolgendosi a Retasu. La ragazza rispose con un sorriso gentile.
«
Ah, Aoyama-kun… - disse poi – La tua divisa è sporca… »
Aoyama
si guardò distrattamente la giacca: c’era una macchiolina scura, larga non più
di un paio di centimetri, quasi al centro del petto. Il moro sorrise:
«
Grazie, non me n’ero nemmeno accorto…! »
«
Ma dove te la sei fatta? – ridacchiò Ichigo avvicinandosi – Non è da te essere
così dis… »
«
Uh? Che c’è, piccola? »
«
Questo… Non è sporco… - sfiorò la giacca di lui con due dita, pallida in volto
– È sangue! Aoyama-kun, ti sei ferito?! »
Il
ragazzo la scrutò interdetto e controllò meglio, la macchia era in effetti
sangue, ma era sicuro di non essere stato colpito. Si scostò un poco la divisa
e controllò sotto, sulla sua pelle c’era un puntino, largo forse appena come la
punta di una penna.
«
Non me n’ero nemmeno reso conto! – sdrammatizzò, accarezzando Ichigo sulla
testa – Stai tranquilla, non è nulla. Guarda, è superficiale, non perde che
poche gocce. »
«
Già. »
Replicò
Ryou. Tutti lo fissarono, non piacque molto il tono nervoso con cui stava
parlando:
«
Non ne perde un po’ troppe per essere una ferita superficiale? »
***
Aisei
sfiorò la sfera con la punta delle dita, e l’immagine proiettata di fronte a
lei cambiò. Scorse nuovamente i dati delle battaglie che Pai aveva evidenziato,
quindi sfiorò un altro punto della sfera e su di essa comparve un piccolo
riquadro, in cui lei iniziò a digitare prendendo appunti.
Aveva
stilato una “graduatoria” dei loro avversari, in modo da rendere efficace il
loro successivo piano al 100%.
Toccò
di nuovo la sfera per far scorrere le immagini, mentre ricontrollava la sua
lista.
Ichigo
Momomiya. Agilità, coraggio, una forza discreta, ma era ancora troppo inesperta
in battaglia; la sua carta vincente era senza dubbio l’arma a forma di
campanella che possedeva, ma senza di quella si sarebbe rivelata un bersaglio
facilmente gestibile.
Minto
Aizawa. La sua capacità di volare poteva risultare un fastidio, e la sua
abilità di arciera era evidente, ma non forte a sufficienza. Pericolosità
media.
Retasu
Midorikawa. Nonostante le capacità fisiche, troppo
“morbida” nella lotta: mancava sia di spirito d’iniziativa che del giusto
livello di decisione; tuttavia, il fatto che potesse spostare con velocità e
violenza ingenti masse d’acqua si era spesso dimostrato un problema, oltre al
fatto – Aisei rilesse ancora una volta di dati per assicurarsi di leggere le
testuali parole riportate – che possedeva la “capacità di attaccare soltanto
col singolo movimento nelle dita”.
Beh, bisognerà che le impedisca di
muovere pure quelle.
Il
nome di Retasu finì in prima posizione al fianco di Ichigo, e Aisei riprese.
Zakuro
Fujiwara. Per un lungo periodo aveva agito in solitario,
distruggendo con successo un gran numero di chimeri; la sua arma a forma di frusta
era veloce, potente e senza limiti di dimensione. Determinata, sicura,
indipendente e perfino spietata, se l’occasione lo richiedeva. Senza alcun
dubbio quella più fastidiosa.
Aisei
portò immediatamente il suo nome sopra a quello delle altre.
Purin
Fon. La più giovane, per quanto agile ed estremamente forte mancava di serietà
e capacità di pianificazione; la sua arma permetteva di intrappolare i chimeri,
ma soltanto per un certo periodo di tempo, e se questi superavano la forza di
contenimento della trappola, potevano liberarsi senza problemi.
Aisei
fece scivolare il suo nome in fondo.
«
Sbaglio o non c’è Ao No Kishi scritto lì sopra? »
Aisei
sollevò gli occhi al cielo e ignorò il tono sarcastico di Kisshu.
«
Che vuoi? »
«
Molestarti un po’. – fece maligno – Deep Blue-sama vi aveva convocati, ma Pai e
Taruto non ti hanno trovata. »
«
Stavo lavorando. Non li avrò sentiti. »
Continuò,
senza guardarlo. Kisshu sogghignò:
«
Voleva istruirvi sulle sue nuove direttive – disse con fare teatrale – o
almeno, questo ho capito dallo sproloquio di Pai: sai, era abbastanza irritato,
credo che si sia beccato una lavata di capo per causa tua. »
Aisei
non gli rispose e spense tutto. Afferrò una piccola lastra di un materiale
simile a quello della sfera, completamente trasparente, e riprese il suo lavoro
digitandovi sopra con rapidità.
«
Ti sei già messa nei guai appena arrivata? »
«
Non sono come te. – replicò fredda, girando sui tacchi – Infatti, non mi
nascondo dalle mie responsabilità. Andrò subito a scusarmi con Deep Blue-sama. »
«
Che brava bambina! – la canzonò lui, con voce più aspra – Così obbediente! Così
diligente! »
«
Al contrario di te. »
Rispose
con un sorriso beffardo. L’espressione di Kisshu si gelò.
«
Comunque, immagino di cosa volesse parlarci. – Aisei fece un sorriso famelico e si voltò
verso di lui – Ho già eseguito l’ordine. »
Kisshu
la fissò interrogativo.
«
Immagino di averti guastato la festa… Ma sai com’è, era lì davanti a me, tutto
preoccupato per la sua bella… Un bocconcino troppo invitante! »
***
«
Aoyama-kun! »
Ichigo
sorresse il ragazzo un secondo prima che rovinasse a terra. Lui cercò di non
lasciarsi andare giù con tutto il proprio peso, ma di colpo gli era impossibile
stare in piedi.
«
Aoyama-kun! Che cos’hai?! »
«
Non… Lo so… - boccheggiò lui; perché gli doleva così il petto? – Faccio… Fatica
a respirare… »
«
Aoyama-kun! Perdi sangue! »
Il
moro tentò invano di rialzarsi. Gli girava la testa e sentiva il sangue in
bocca.
Possibile che non me ne sia
accorto…?
La
testa gli girò più forte e non riuscì a tenersi alla rossa, crollando a terra
privo di sensi.
«
Aoyama-kun! »
***
Kisshu
afferrò Aisei per il polso e la guardò di colpo infuriato:
«
Non puoi esserci riuscita! »
«
Perché no? – rispose tranquilla, guardandolo con soddisfazione – Era un
avversario pericoloso e ho provveduto a toglierlo di mezzo. »
«
Tu come al solito agisci senza pensare! »
«
Io? »
Lo
scrutò divertita, e Kisshu fu seriamente tentato di schiaffeggiarla.
«
Se non se ne accorge, immagino morirà d’emorragia interna… »
«
… Tu…! Dannata, era un mio bersaglio! »
«
E dov’era scritto?! Se volevi affrontarlo di nuovo, dovevi partecipare alla
missione. »
Lei
fece comparire un istante la sua almarada, sulla cui punta splendeva una goccia
rosso scuro:
«
Credo di averlo già detto… Io non sbaglio mira una seconda volta. »
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Eccociiiiii! Che ne dite? Noioso? Palloso? Da tirarmi una
mazzata sul naso ^^”””? XD ringrazio coloro che sono sopravvissuti e spero
chenon mi abbandonerete, anche se vi
lascio così spesso con la suspense finale.
Ma quale suspense! =__=” ndKisshu
Deficiente =_=! ndAisei
Voi due vi ammazzo prima della fine, vi avverto +___+***!!
Sigh, sn un’autrice bistrattata… per lo meno i miei lettori mi
sostengono ç___ç! Vi ringrazioooo!
Kaifan91: grazie carissima ^^, tanta devozione mi commuove ç_ç! Scusa, ci ho
messo un sacco ad aggiornare, ma non ho proprio avuto la forza di continuare… E
scrivere così per fare non mi andava, perciò ho dovuto attendere tempo ed
ispirazione ^^. Eh, già, povero Kisshu… E’ davvero triste! Ma stai tranquilla
che non lo lascerò in questo stato è__é! (mi metti con la mia Ichigo *__*?!
ndKisshu – Schiodati, hai solo un pensiero c***! ndPai). Hihihi, dici che sn
stata troppo cattiva con Aoyama ^^+?
chocola92: scusa, ti ho fatto aspettare un sacco… spero ti piaccia cmq questo cap
^^
Miss Giulietta:grazie degli auguri ^^”! e anche
buon Anno, buona Pasqua e buon 1° maggio XDDD! Ok la smetto XP. Per il momento
non posso ancora rivelare nulla sul passato di Aisei e su come conosca gli
altri, ma aspetta fiduciosa! I misteri saranno svelati! Anch’io adoro come lei
e Kisshu si stuzzicano, sn troppo forti X333! Per Retasu è ormai noto al mondo…
Poverina! Chissà come finirà con Ryou… (ma se non lo sai tu che sei l’autrice
è__é! ndRyou – Sob ç__ç ndRetasu - …. ndPai)
Akly:
onoratissima di essere nella cerchia delle fanfic che ti piacciono ^^! Eh, già,
qualcosa sotto c’è, ma chissà cos’è ;)… Spiacente ma non mi scucio! Per il
Collezionista il capitolo è in lavorazione, ma come ho scritto ad inizio cap
per il momento sn offline, appena potrò posterò cmq prometto ^^!
Grazie a tutti! Alla prox gente, e
commentate in tanti!!
Buongiorno
a tutti!! Spero vi sia arrivata la mia mail di scuse per l’assenza secolare
(coi motivi della mia sparizione xP) e spero mi perdonerete. Ho ricevuto dei
messaggi di risposta in queste settimane, e sono davvero felice ^^. Vi
ringrazio di cuore degli incoraggiamenti, spero non mi abbandoniate ^^””!
Dopo
“Il Collezionista” è il momento di aggiornare anche “GG&ET” (che acronimo
del c****! ndKisshu – Tu taci altrimenti ti faccio fare a fettine *_*! Rischi in
due fanfic quindi non tentarmi +__+… ndRia) ^^. Comincio a complicare la
situazione ;)! Inizia una bella lotta tra gli schieramenti alieni e MewMew,
cosa succederà?
E se non lo sai tu… ndTutti
Ma
qui è necessario un cartello con scritto “sarcasmo” quando parlo, tipo GenmaSaotome =_=*?! Vabbè, non
aggiungo altro ^^”! vi lascio al capitolo, ci si vede in fondo!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.03 – La
vendetta negata. Aoyama-kun è nei guai?!
«
Ti prego Keiichiro-san, accelera! »
«
Stai tranquilla Ichigo-san! »
L’auto
di Keiichiro sbandò pericolosamente sorpassando due macchine, anch’esse intente
in un sorpasso, e scatenando clacson di protesta; il bruno accelerò senza
badarci e soffocò lo strombettio nel rombo del motore, mentre Ichigo si
artigliava al sedile e sorreggeva col braccio libero un Masaya semisvenuto.
La
ferita, che Ryou aveva fasciato meglio che poteva, continuava a sanguinare con
forza un sottile rigagnolo di sangue, e Masaya diventava sempre più pallido.
Ichigo strinse la stoffa della divisa del moro, mordendosi il labbro.
Resisti, Masaya-kun!
***
Il
colpo contro il muro diede un rimbombo sordo, mentre la lama dell’almarada che
cadeva a terra tintinnava argentina. Aisei digrignò i denti gemendo e tentò di
divincolare il polso dalla stretta di Kisshu, che glielo storceva in malo modo.
«
Ti rendi conto di cosa hai fatto?!? »
Sbraitò
il ragazzo; l’aliena sentì un moto di paura sotto quello sguardo furente, ma
stette attenta a mascherarlo. Kisshu le spinse ancora il braccio contro il muro
e glielo sollevò di più, costringendola in punta di piedi.
«
M-mi fai male, scemo! Mollami…! »
«
Tu non ti rendi conto! – urlò ancora lui, ignorandola – Non capisci?! Ero io, IO dovevo eliminare Ao No Kishi!! Io e nessun’altro!! »
Kisshu
si strinse con la mano libera il petto ed ebbe l’impressione che le ferite
inflittegli da Ao No Kishi si riaprissero(*). L’umiliazione, il dolore, la
perdita del suo posto nel gruppo assieme a Pai e Taruto agli occhi di Deep
Blue, uniti alla consapevolezza di non potersi più riscattare, gli incendiarono
il petto.
Fece
un verso di stizza e strattonò Aisei lanciandola alle sue spalle. La ragazza
zampettò un paio di metri per restare in equilibrio, quindi si tirò su e fronteggiò
Kisshu furente:
«
La colpa è solo tua! Se ti fossi impegnato, a quest’ora…! »
Si
bloccò. Kisshu la guardava di sbieco con un misto di furia cieca e tristezza;
sembrava lo sguardo di chi è stato tradito.
Aisei
deglutì a vuoto.
Il
ragazzo non disse altro e si teletrasportò via.
***
Il
reparto di terapia intensiva dell’ospedale era vuoto e silenzioso da ore ormai.
Ichigo, rigida come una statua di sale, fissava inebetita la grande porta di
fronte a sé e il neon in alto, che lampeggiava ancora con su scritto
“operazione in corso”, immobile fin da quando quattro ore prima erano entrati.
Si
stritolò le mani in una morsa. Keiichiro stava parlando con i medici di turno
sciorinando per spiegare la ferita del ragazzo non si sa quale scusa, a cui
tutti i presenti sembravano stare dando credito senza riserve, piegando il capo
in assenso e lanciandosi sguardi preoccupati.
Ad
Ichigo però non importava nulla. Non le importava che i medici s’interrogassero
su quella ferita insolita, né che i signori Aoyama fossero impossibilitati a
raggiungere il figlio e si stessero disperando, in lacrime: a lei importava
solo sapere come stava Masaya-kun.
Come…
Come aveva potuto permettere che quell’aliena lo ferisse?! Masaya l’aveva
protetta, e lei aveva lasciato che quella bruna quasi lo uccidesse.
Masaya-kun…!
Si
sentì un plin sommesso e Ichigo
sobbalzò. La scritta al neon si era spenta.
***
Con
un lieve tremolio dell’aria, Kisshu comparve sopra un cielo di Tokyo denso di nubi
nere, che preannunciavano pioggia.
L’alieno,
incurante delle raffiche gelide, scrutò con aria ostile gli edifici sotto di
lui, individuando l’ospedale dove Masaya era stato ricoverato.
Quell’umano
doveva augurarsi di essere morto, o la ferita di Aisei sarebbe stato l’ultimo
suo problema.
***
«
Dov’è?! »
Taruto
sobbalzò tanto che quasi cadde dalla colonna su cui era seduto, mentre Pai si
limitò a fissare stupito Aisei che entrava nella stanza come una furia:
«
Come scusa? »
«
Quell’idiota di Kisshu!! – sbottò lei diretta al ragazzo – Dov’è finito? »
«
E noi che ne sappiamo? – borbottò Taruto risedendosi meglio – Sarà in giro a
bighellonare come suo solito. »
La
ragazza digrignò i denti in segno di stizza e non rispose. Pai la osservò
meglio, lasciò il posto alla sfera dati e fissò Aisei, aggrottando la fronte:
«
Che è successo? »
Lei
si portò una mano al mento, rosicchiandosi l’unghia del pollice:
«
Credo sia andato a cercare Ao No Kishi… »
«
Ao No Kishi? »
«
E allora? – Taruto stese le gambe prendendo a dondolarle nel vuoto – Tanto è
già mezzo morto a quest’ora, no? Se vuole dargli il colpo di grazia… »
Si
fermò, notando i due più grandi lanciarsi occhiate cupe.
«
Se arriva in tempo, forse quell’umano sarà ancora abbastanza forte da
contrastarlo. »
«
Ho dei dubbi. – fece Pai asciutto – Ma per sicurezza forse è meglio cercarlo. »
Aisei
lo fissò, annuendo, quindi fece una smorfia cattiva:
«
Ma dai, sempai…! Ti preoccupi per Kisshu? »
«
Kisshu agisce sempre da idiota e spesso e volentieri ingigantisce le cose. –
replicò gelido – Vorrei evitare scatenasse un terremoto solo perché deve
ammazzare quell’omuncolo fastidioso. »
Girò
sui tacchi, lasciando tacitamente la patata bollente alla bruna.
«
E comunque – la guardò di sbieco da sopra la spalla – sei stata tu a venirlo a cercare, non io. »
Aisei
fece uno scatto, irritata. Taruto ebbe l’impressione che il fratello la
guardasse con aria di rimprovero (anche se non capiva il motivo), ma la bruna
non replicò e si limitò a sparire con uno schiocco.
***
Con
un ultimo cenno, Ichigo salutò Keiichiro e lo guardò correre di nuovo al Cafè,
per assicurarsi che tutto andasse bene.
I
medici avevano finalmente permesso ad Ichigo di sedersi accanto a Masaya. Il
ragazzo non era ancora fuori pericolo, ma la ferita era stata ricucita, anche
se a fatica, e il cuore era regolare seppur molto debole. Avevano detto che il
punteruolo da ghiaccio con cui si era ferito (tale era stata, nella bugia di
Keiichiro, “l’arma dell’incidente”) aveva di poco mancato un polmone, ma aveva
scheggiato lo sterno; era stato difficile rimuovere i frammenti ossei, e
l’emorragia era stata così forte da causare la perdita di più di un litro di
sangue.
Ichigo
sospirò, sfiorando la guancia dell’amato: la sua pelle era appena tiepida, era
pallidissimo, le labbra erano livide. La rossa gli strinse la mano, prendendo a
piangere sommessa:
«
Masaya-kun…! »
«
Ah, è ancora vivo…! »
***
Al
Cafè, le ragazze stavano sedute attorno ad uno dei tavoli, in religioso
silenzio. Ryou, appoggiato ad una colonna poco lontano, parlava al cellulare
con Keiichiro, scuro in volto.
«
Ok… Grazie Kei, ci vediamo tra poco. »
Chiuse
la comunicazione sospirando. Minto sollevò la testa vedendolo tornare e lo
guardò ansiosa:
«
Allora? »
«
Come sta Aoyama-san? »
«
Non è del tutto fuori pericolo, ma sembra che il peggio sia passato. »
Retasu
sorrise rincuorata e si scambiò uno sguardo radioso con Purin.
«
Ichigo è rimasta la? »
«
Sì… Ha comunque il cellulare, Keiichiro le ha raccomandato di telefonarci se ci
sono novità. »
Minto
annuì.
Ryou
sospirò ancora e, senza aggiungere altro, stava per tornarsene in laboratorio,
quando il cellulare squillò di nuovo. Il ragazzo sbuffò e guardò sorpreso il
numero sullo schermo:
«
Kei? Che succ…? »
Al
suo silenzio, le ragazze si misero sul chi vive; dal cellulare proveniva una
voce concitata e un pigolio elettronico continuo, simile alla voce di Masha.
«
Shirogane nii-chan, che succede? »
«
Ichigo è in pericolo! – fece il biondo trafelato, correndo fuori – Correte
subito da lei! »
***
Ichigo
trasalì spaventata.
«
Kisshu…! »
Aveva
parlato con un filo di voce, terrorizzata: i suoi occhi umidi erano fissi sui
sai dell’alieno, impugnati con le lame all’ingiù e pronti a colpire.
«
Koneko-chan, togliti. – sussurrò lui
con voce fredda – Fammi passare. »
Si
lanciò su Masaya e Ichigo scattò, placcandolo e spingendolo lontano dal letto.
I due sfondarono il vetro della stanza e caddero giù: Ichigo guardò
terrorizzata il vuoto, ma mentre Kisshu si teletrasportava via lei vide un
tetto, pochi metri più in basso, e con una capriola degna dei suoi geni felini
la rossa vi atterrò sopra, incolume.
«
Non starmi fra i piedi questa volta, Ichigo. – Kisshu, poco sopra di lei, la
guardò torvo – Ho un conto in sospeso con lui. »
«
Non ti azzardare a toccarlo! »
La
mewneko si trasformò e in un balzo fu sul terrazzino di fronte alla finestra di
Masaya, frapponendosi fra lui e Kisshu.
«
Non ti permetterò di fargli del male! Ribbon
Strawberry Surprise! »
Kisshu
schivò l’ondata di luce con un balzo e attaccò; MewIchigo parò il colpo con la
sua campanella, tentando in tutti i modi di tenere lontano l’alieno da Masaya.
«
Spostati! – le urlò lui contro – Devo ucciderlo prima che muoia! »
«
Non dirlo! – strillò lei terrorizzata da quelle parole – Masaya-kun non morirà!
»
«
Oh sì, invece. – lo sguardo dorato del ragazzo si riempì di rammarico – Quella non sbaglia mira. »
Ichigo
si bloccò in equilibrio sull’angolo del cornicione, rabbrividendo al suo tono.
Kisshu le lanciò un’occhiata divertita e disgustata, l’amore che lei provava
per quell’umano gli dava la nausea:
«
Pensi che dei semplici medici umani potranno salvarlo? »
Ichigo
divenne bianca come un cencio e, lasciandolo lì, saltò verso la stanza di
Masaya, ma Kisshu fu più veloce:
«
E’ mio! »
«
NO!!! »
Kisshu
avvertì la lama affondare in qualcosa, poi rovinò addosso alla rossa con un
tonfo. Si tirò su dolorante e si fissò la mano:
«
Cosa…? »
C’era
del sangue sulla sua mano.
«
Koneko-chan…! »
Quando
Aisei comparve sopra l’ospedale, poco mancò che il Ribbon Strawberry Surprise schivato da Kisshu la centrasse. Mandò
uno sbuffo seccato, che combinava quell’imbecille?!
Scese
di quota rapida, affacciandosi alla finestra distrutta da cui aveva visto
entrare Kisshu e la mewneko.
Restò
di sasso scorgendo il suo alleato sollevare con delicatezza la rossa e fissarla
terrorizzato, mentre lei si premeva gemendo una mano sul fianco. I sai di
Kisshu giacevano accanto a lui; uno era sporco di sangue sulla lama.
«
Ichigo! Ichigo, koneko-chan! »
Ichigo
mandò un altro lamento, tentando di alzarsi, e ricadde subito con un lamento
secco, dopo essersi sollevata solo di pochi centimetri. Kisshu le strinse le
spalle, portandola vicino al proprio viso:
«
Perché ti sei messa in mezzo, razza di stupida?! Non era te che volevo
colpire!! »
«
N… N-non… Ti lascerò… Fare… Del male a… Masaya-kun… »
Kisshu
la fissò a bocca aperta, ferito dalle sue parole, mentre la rossa tentava
ancora di rimettersi in piedi. Aisei serrò i pugni e soffiò:
«
Questo è troppo… E’ patetico!! »
Ichigo
si voltò di scatto spaventata, mentre Kisshu afferrò i sai e si frappose
d’istinto tra la ragazza e Aisei, almarada già sguainata; gli occhi verdi della
ragazza dardeggiarono nauseati:
«
Sei assolutamente patetico, Kisshu!! È una tua nemica! »
«
Stanne fuori, Aisei! »
«
Tu - sei - impazzito! – sillabò,
fuori di sé – Ao No Kishi è mezzo morto, la leader delle MewMew ti è caduta tra
le braccia facendosi ferire come una stupida e tu non li finisci?!? »
«
Ti ho detto di starne fuori! – il ragazzo le puntò una lama contro – Ao No
Kishi è mio! E non ti permetterò di toccare Ichigo! »
La
bruna per tutta risposta gli saltò addosso; Kisshu si ritrovò uno dei sai e
l’almarada a sfiorargli la punta del naso.
«
No, certo – sibilò Aisei – a quello ci hai già pensato tu, vero? »
Kisshu
sgranò gli occhi per la rabbia e respinse la bruna con forza, spingendola fuori
dalla stanza:
«
Toccala e ti uccido, Aisei! »
Tirò
un calcio sulla spalla alla ragazza che perse l’equilibrio e precipitò di
qualche metro, sbandando; Kisshu ne approfittò e tornò nella stanza, dove
Ichigo si era appoggiata al letto di Masaya. La rossa sobbalzò nel vederlo, ma
gli lanciò comunque uno sguardo di sfida mentre teneva con dita tremanti la sua
campanella.
Kisshu
sentì una fitta al cuore a scorgere il fianco della ragazza perdere sangue e le
sue braccia avvolgere il corpo del moro per proteggerlo.
«
Mi dispiace di averti fatto male, koneko-chan. »
Sospirò.
La guardò ed ebbe l’impressione che il petto gli si squarciasse in due dal
dolore.
Perché? Che diavolo ha questo
stramaledetto umano che io non posso darti?!
Sollevò
un sai, minaccioso; le sue iridi d’oro parvero brillare:
«
Ora, però, è meglio se ti sposti. »
Aisei
impiegò qualche secondo a tornare lucida.
Dannazione… quando vuole Kisshu
mira davvero bene!
Gli
avrebbe fatto scontare anche quella.
Inviperita
tornò alla finestra dove riposava Masaya e vide Kisshu pronto a dare il colpo
finale al ragazzo. A frapporsi tra i due, però, c’era ancora la mewneko.
Senza
farsi notare da Kisshu estrasse l’almarada e gli si appostò alle spalle: se
nell’istante di apporre il colpo finale l’alieno avesse vacillato, lei avrebbe
terminato il lavoro.
Su, muoviti Kisshu.
Ichigo
si strinse di più a Masaya. Tremava da capo a piedi e il dolore della ferita la
rendeva quasi cieca, ma non poteva allontanarsi dal ragazzo.
Guardò
Kisshu supplichevole:
«
Ti prego, lascialo stare… »
Il
ragazzo dovette fare un grande sforzo per non cedere:
«
E’ l’ultima volta, koneko. Spostati…
»
«
Mai!!! »
Kisshu
fece un sorriso triste:
«
Come vuoi… »
Ichigo
guardò il sai sollevarsi e serrò gli occhi.
Masaya-kun!
«
Ic…
ig…
»
La
rossa sussultò:
«
Masaya-kun! »
Il
grido di Kisshu coprì le flebili parole di Ichigo, ma un istante prima che il
fendente calasse, Masaya si alzò di scatto e urlò il nome della ragazza con
quanto fiato aveva in gola.
La
stanza fu inondata di luce blu ed esplose.
***
Pai
guardò torvo lo schermo della sfera dati: era comparsa una finestra, che
segnalava una forte emissione di energia non molto lontano da lì.
«
Taruto, dove si trovano Kisshu e Aisei? »
Il
ragazzino stava per rispondere seccato che non ne sapeva nulla, ma
un’occhiataccia del maggiore lo convinse ad accendere diligentemente un’altra
sfera dati di fronte a sé:
«
Più o meno… Qui. »
Toccò
la sfera e una mappa di Tokyo si allargò sopra le loro teste, un puntino che
lampeggiava ritmico. Pai si accigliò ancora, toccò la sua sfera e sovrappose la
sua mappa a quella di Taruto: Kisshu e Aisei si trovavano nello stesso punto in
cui veniva emessa quella straordinaria energia, che era aumentata di colpo.
«
Che diavolo è?! »
Sbottò
il brunetto. Pai non rispose, limitandosi ad estrarre il suo ventaglio:
«
Andiamo. »
***
«
Forza ragazze, più veloci! »
«
Aspettaci, Minto nee-chan! »
La
mewbird saltò sopra il cavalcavia di un ponte e poi ancora giù, tagliando in
linea d’aria la strada verso l’ospedale dove avevano portato Masaya.
MewZakuro
si fermò di colpo, drizzando le orecchie:
«
Ferme! Lo… Sentite anche voi? »
Le
ragazze si misero in ascolto, ma prima che la mewwolf potesse spiegare,
un’enorme esplosione a un centinaio di metri da loro le fece trasalire.
«
C-cos’era?!? » pigolò MewRetasu.
«
Veniva dall’ospedale! »
«
Ichigo! »
***
Aisei
si alzò dolorante come se avesse ricevuto una trave d’acciaio in piena testa.
Che diavolo è successo?
L’esplosione,
qualunque cosa l’avesse provocata, l’aveva spedita tre tetti più in là,
mandandola ad incastrarsi dentro un vecchio condizionatore.
Si
alzò mandando un’imprecazione degna di un portuale, quando si accorse che anche
Kisshu era stato sbalzato via con lei.
«
Dannazione…! Kisshu! »
Il
ragazzo aveva preso l’esplosione in pieno: sembrava parecchio malconcio, e se
al botto non si aggiungeva il volo che aveva fatto, sembrava avesse avuto
comunque modo di divertirsi strisciando con la schiena sopra quasi quattro
metri di cemento.
«
Kisshu…! Tutto a posto?! »
Si
diede della cretina per una domanda così palesemente inutile, e ancor di più
perché si preoccupava per uno stupido simile.
Kisshu
non la guardò nemmeno. Alzandosi con un lamento scrutò la finestra
dell’ospedale, da cui spuntava la figura di Ao No Kishi.
Rispetto
al solito, però, il ragazzo sembrava ancora più pericoloso: un’aura d’energia
azzurra lo avvolgeva in maniera confusa, mentre i suoi occhi blu di solito
tranquilli saettavano omicidi tra i due alieni. Aisei fu scossa da un brivido:
«
Kisshu… Cos’è quello? »
«
Non lo so. »
«
UAH! Hai visto che buco?!? »
Pai
non si unì all’entusiasmo infantile di Taruto alla vista dello squarcio nel
muro dell’ospedale; era molto più concentrato a fissare quello che doveva
essere Ao No Kishi, in piedi sul bordo di quel che restava di una finestra.
«
Aaah, che palle! »
Pai
alzò gli occhi al cielo, suo fratello minore aveva un linguaggio per cui
sarebbe servito il detto terrestre “lavare la bocca col sapone”.
«
Che c’è? »
«
Abbiamo compagnia. »
«
Ma cos’è successo qui?! »
La
domanda terrorizzata di MewRetasu non ebbe risposta.
«
Guardate! – esclamò Minto – Ci sono Kisshu e l’altra aliena! »
«
E li ci sono Pai e Taru-Taru! »
«
Purin… *gocc* »
«
Dov’è Ichigo? »
Chiese
MewZakuro brusca. Le ragazze si guardarono attorno preoccupate, ma non videro
nessuno.
«
Ma quello… - Retasu indicò la figura in alto – Quello è Ao No Kishi?! »
«
Come hai potuto… Ferire Ichigo…? »
La
voce di Ao No Kishi sembrava venire dall’oltretomba. Aisei estrasse l’almarada,
pallida in volto.
Questo qui..! Ma come fa a reggersi
in piedi?!
«
Kisshu, meglio filare! – borbottò a mezza voce – Questo qui è pericoloso! »
«
No. »
I
sai tornarono nelle mani del ragazzo e Aisei sbottò:
«
Vuoi morire a tutti i costi?! Prima aiuti la gatta, ora questo?! »
«
Nessuno ti ha chiesto nulla! Io faccio quello che mi pare! »
Senza
aggiungere altro Kisshu si teletrasportò di fronte ad Ao No Kishi, che parò
l’attacco con una foga mai vista:
«
Tu… Hai ferito… Ichigo! »
Kisshu
trattenne tra i denti un gemito di dolore, mentre sentiva le braccia tremare
dallo sforzo.
È… fortissimo! Molto più dell’altra
volta!
Ao
No Kishi spinse più forte, le pupille sottili come spilli:
«
Hai ferito Ichigo! »
Aisei
mandò un verso non meglio definito dal nervoso, Kisshu non sapeva proprio come
cacciarsi nei guai.
Pezzo di scemo…
Sentì
delle voci vicine. Alle sue spalle vide spuntare il resto delle MewMew e, poco
sopra la sua testa, Pai e Taruto.
Sorrise,
aveva un piano.
«
Sempai! »
Dall’alto,
Pai guardò appena nella sua direzione.
«
Tieni occupate le bimbe laggiù, non voglio fastidi! – imbracciò l’almarada e si
alzò in volo – Io mi occupo della rossa! »
L’alieno
annuì. Dietro Aisei, le ragazze sobbalzarono:
«
Ichigo è nei guai! »
«
Presto! – Minto inforcò il suo arco – Dobbiamo fermarla! »
«
Eh, no! »
Un’innocua
pianta in vaso su un terrazzo vicino vu assalita da un chimero, e mostruosi
rami spinosi si avventarono sulla mewbird prima che potesse fare una mossa.
Taruto se la rise di gusto, il fratello che lo affiancava, ventaglio in mano.
«
Spiacenti, ma voi non vi muoverete di qui! »
Ichigo
ebbe l’impressione di avere un alveare in testa tanto le ronzavano le orecchie;
sentiva il fianco pulsare regolare e le vertigini, dovute alla perdita di
sangue, le davano la nausea. Non era sicura che la stanza fosse sprofondata
nell’oscurità perchè era saltato l’impianto elettrico o perché aveva la vista
annebbiata, quindi si sforzò di mettere a fuoco, sollevandosi con un piagnucolio:
vide la schiena di Ao No Kishi, in piedi sulla finestra, irradiata di luce blu,
e udì la sua voce, lontana e confusa, sussurrare rabbiosa.
Ao No… Kishi…?
«
Masaya-kun…! »
Sollevò
di scatto la testa e credette di svenire: il letto di Masaya era vuoto.
«
M-Masaya-kun! Non… Non alzarti! »
Il
ragazzo, però, parve non sentirla.
Ichigo
fece tintinnare il campanellino sulla coda preoccupata e si mise in ginocchio,
cercando di raggiungerlo.
Non
poteva farcela, era stato ferito! Era debole…
Un momento… Cos’è quella luce?
I
suoi pensieri furono interrotti dalla comparsa di Aisei, alla cui vista Ichigo
emise un rantolo spaventato. L’aliena la guardò divertita:
«
Ciao. Ti ricordi di me? »
Kisshu
vide con la coda dell’occhio una chioma bruna comparire nella stanza alle
spalle di Ao No Kishi e sbiancò:
«
Aisei, no! »
Per
fortuna la mewneko fu più rapida sia della sua assalitrice che del ragazzo, e
afferrata al volo la sua arma saltò oltre la finestra superando sia Ao No Kishi
che Kisshu.
Ichigo
atterrò con malagrazia sul tetto di prima ed sentì un conato che trattenne a
stento; la testa le girava come sull’ottovolante, non poteva continuare ferita
com’era.
Su,
Ao No Kishi sembrò perdere interesse per l’avversario:
«
Ichigo! »
In
risposta, Kisshu lo disarmò e lo colpì con una gomitata, correndo dietro ad
Aisei che si era già fiondata sulla rossa:
«
Ah, no, non mi sfuggirai! »
«
Fermarti! »
I
sai e l’almarada cozzarono con forza. Aisei fissò Kisshu con odio:
«
Togliti dai piedi! »
«
Non ti permetterò di fare del male ad Ichigo! »
Aisei
e Kisshu ingaggiarono uno scontro a mezz’aria, mentre Ichigo, sotto, osservava
la scena senza capire, il fiato grosso per la fatica.
«
Sei un idiota, Kisshu! »
«
Ma sono più forte di te! »
Nell’aria
risuonò un altro sferragliare di lame e il cielo prese a tuonare forte. Aisei
si corrucciò, Kisshu era stupido, ma non bugiardo, e lei era consapevole del
loro divario di forze.
Ho bisogno di un diversivo.
Nemmeno
il tempo di pensarlo e si udì un urlo; i due alieni si voltarono, schivando
solo per un secondo la lama di Ao No Kishi, che mancato il colpo si avventò
subito su Kisshu in preda ad una furia cieca.
Aisei
ghignò soddisfatta:
«
Beh, ti lascio il biondo Kisshu. – fece, divertita alla vista del compagno in
difficoltà – La gatta me la prendo io. »
Si
fiondò contro Ichigo che parò il suo primo attacco, ma barcollò all’indietro
per il rinculo, incerta sulle gambe. Aisei sorrise di più, sarebbe stato
facilissimo ucciderla.
Udì
un sibilo e portò d’impulso l’almarada alle sue spalle, bloccando la lama di Ao
No Kishi prima che le facesse saltare la testa.
«
Allontanati da lei!! »
Merda… Quanti cavalier serventi ha
questa dannata gatta spelacchiata?!?
Il
cielo tuonò con più vigore e grossi goccioloni ghiacciati presero a crivellare
gli sfidanti, riempendo d’umidità l’aria elettrica.
Da
una parte, Pai e Taruto tenevano impegnate Purin, Minto, Retasu e Zakuro; la
situazione non era a loro favore, visto che il chimero-pianta creato da Taruto
sembrava rinvigorito dall’umido e attaccava senza interruzione, e che le nubi
temporalesche erano un aiuto a Pai, che non doveva far altro che aggiungere ai
suoi fulmini quelli naturali, guidandoli contro le nemiche.
Dall’altra,
c’era lo scontro a quattro più strano che si fosse mai visto.
Ao
No Kishi attaccava Aisei e Kisshu, di cui la prima era intenta a tentare di
colpire Ichigo e il secondo ad impedirle di farlo, difendendo anche lui la
mewneko, ma allo stesso tempo cercando di tenere lontani quest’ultima e Ao No
Kishi perché non si proteggessero a vicenda.
Ichigo
non sapeva più da che parte guardare. Se tentava di raggiungere Ao No Kishi si
trovava di fronte i due alieni, ma se Aisei cercava di colpirla Kisshu si
schierava a suo favore e attaccava l’aliena; se invece se ne restava da parte,
la bruna la tallonava senza sosta, e Ao No Kishi saltava da una parte all’altra
in preda ad una furia mai vista, menando fendenti senza nemmeno guardare.
La
rossa era al limite. Sentiva il cuore pulsarle nelle orecchie e la gola
bruciare, per via dei respiri sempre più vicini che faceva e per l’aria fredda;
tremava, aveva il costume zuppo e ormai le sue orecchie feline si muovevano a
scatti, infastidite dal brusio continuo che sentivano dentro.
Mandò
un’occhiata supplichevole alle compagne, ma queste non potevano aiutarla.
Schivò a fatica l’ennesimo affondo di Aisei e crollò a terra semisvenuta,
sentendo lontane le voci di Ao No Kishi e Kisshu che la chiamavano.
Aisei
sogghignò.
È mia!
Si
spinte con la punta del piede per sterzare verso la mewneko, afferrò la coda
della rossa e si teletrasportò via.
Che
ci pensasse Kisshu al biondo spadaccino. Lei ora poteva uccidere Ichigo con
calma.
***
«
Ichigo-san! »
Retasu,
che aveva visto Ichigo svanire assieme all’aliena bruna, saltò in direzione del
tetto, allarmata.
«
Non distrarti! »
Un
fulmine le tagliò la strada e lei dovette atterrare su un tetto più in basso,
allontanandosi dalle altre. Sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di Pai, che
in quel momento le ricordavano il cielo tempestoso che avevano sopra la testa.
«
Il tuo avversario sono io, MewMew. »
«
MewRetasu! »
«
Voi vecchiacce dovreste preoccuparvi di più per voi stesse! »
Minto
e Zakuro videro Taruto sghignazzare e dal corpo del chimero-pianta spuntare
dozzine di boccioli, che si divisero in chimeri più piccoli.
«
Fatele fuori! »
Le
due ragazze balzarono per evitare l’ondata, mentre il brunetto si rotolava dal
ridere:
«
Sceme! ♪
Sceme! ♪Scemeee ♪!
»
Si
preparò a lanciare i chimeri all’attacco finale, quando gli si spiattellò
davanti alla faccia un body giallo canarino.
Purin?!
«
Chcfzz?!?! »
Fu
l’unica cosa che riuscì a sbraitare (che assomigliava parecchio ad un “che
cazzo?!”) soffocato dalla stoffa e dai suoi stessi polmoni, che avevano smesso
di funzionare quando il suo cuore aveva accelerato.
«
Non ti permetterò di fare altri danni, Taru-Taru! »
«
A-ancora tu?! – sbottò il ragazzino, una colorazione facciale rasente il viola
– La vuoi finire di saltarmi addosso?! »
Lei
per tutta risposta gli si piazzò davanti al naso, stringendolo per il collo.
Taruto sentì di essere prossimo all’infarto:
«
Scendi immediatamente! »
«
No e poi no! – gli piantò il naso contro il suo, scrutandolo torva – Almeno finchè
non la smetterai di fare il cattivo! »
Taruto
se possibile divenne ancora più rosso e, con uno strepito quasi isterico, si
scollò a forza la biondina di dosso, che saltò agilmente su un cornicione lì
vicino.
«
Mai sentito parlare di “rispetto dell’altrui fisicità”?! »
Strillò
il brunetto. Purin lo guardò confusa, reclinando la testa:
«
Cos’è l’altra fisica? »
«
Oh kami-sama *gocc*!! Senti, scimmia da circo, stammi alla larga e basta, hai
capito?! Altrimenti uccido anche te! »
«
No, Taru-Taru! – fece lei energica – Se continui, dovrò affrontarti! »
Taruto
imprecò a mezza voce e la fissò cupo:
«
Te la sei cercata! »
(*) ep. 38 “il
Natale dei segreti”
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Allora che ne dite? Sì, lo so, sn cattiva a lasciarvi così ;P, ma ho deciso di tenermi
sulle 11 pagine di word per capitolo e quindi mi fermo qui ^^.
Sei
una str….!!! ndTutti
*SBAM*-> spedisce i lettori su Marte a martellate (col martello di gomma
per montare i telai): Non dite parolacce che sono sufficienti quelle di Kisshu
e Taruto!
Sì,
infatti, complimenti -_-… E’ un moccioso di 10 anni e parla come un marinaio
50enne! ndKisshu
Ha
parlo esprit de finesse! ndMinto
Già!
ndTaruto
Io sn grande abbastanza per parlare come [censura] voglio!
ndKisshu
Vacci piano mister finezza =_=””…
See,
fine proprio! Ma si tirano calci simili ad una ragazza?! ndAisei
Tu
non sei una ragazza, ma una iena! ndKisshu
=__=***…
Autrice posso ucciderlo?! ndAisei
Non ancora ^^.
Uffa!
ndAisei
Ehi
come sarebbe?! *gocc* ndKisshu
Ok, gente, ora vado a finire di scrivere
i prossimi capitoli de “Il Collezionista” e il resto che ho tagliato da questo
^^! Prima di chiudere, però voglio ringraziare con tutto il cuore __LaLadyDark e Danya, per i messaggi che mi hanno
inviato e per i loro incoraggiamenti, e anche Ella_Sella_Lella e Purinsun
che mi hanno risposto (anche se per altre fanfic): vi ringrazio davvero, mi fa
un piacere immenso sapere di non avervi perso ♥!
Grazie a tutti!! E
ricordate, recensite recensiterecensite!!!
MATA ASHITA~♥!!
Shialveshialve
^w^! Visto che sono (quasi) libera da impegni :P, sono tornata alla carica
anche con GG&ET X3!
Kisshu: stattene a casa…
Crepa!
*Kisshu rantola in un
angolino picchiato a padellate* Okioki ^w^ torniamo allo scontro con Ao No Kishi, cosa
combinerà Aisei-chan? Ci libereremo una buona volta di Ichigo ^^?
Ichigo: ugh °_°"" nyah!
Aisei: basta chiedere +_+…
Kisshu: la mia micetta!
Ichigo/Aisei: Kisshu -\\\-""/-.-** TACI!
Ok cominciano i
risvolti inquietanti e il rapporto tra Kisshu e Aisei si fa più complicato! (o
si svela + complicato? Mah ;)… )
Kisshu: che rapporto -_-"?
Aisei: Io non ho nessun rapporto con questo qui!!
*li ignora* ringrazio
con un abbraccio Danya (spero che stavolta non ti abbia costretto a rileggere
ancora tutti i cap precedenti ^^""!) e vi
lascio alla lettura :D!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.04
– Aisei VS Kisshu VS Ao No Kishi, proteggerò Ichigo!
Kisshu si guardò attorno
terrorizzato. Aisei c’era riuscita, aveva preso Ichigo!
Ao No Kishi aveva smesso di
attaccarlo, anche lui intento a cercare la mewneko con aria sperduta, ma Kisshu
era più determinato: era certo che Aisei fosse lì vicino. La bruna non avrebbe
mai perso l’occasione di eliminare il suo bersaglio davanti a lui che era così coinvolto, doveva togliersi la
soddisfazione di vederlo imparare la lezione.
Del
resto non è cambiata da allora.
Serrò la presa sui suoi sai,
sentendo qualcosa di metallico scivolargli nello stomaco. Sorrise amaro, non
credeva che ripensarci gli potesse fare ancora tanto male.
All’improvviso Ao No Kishi lo
afferrò per il colletto, puntandogli la lama alla gola:
« Dov’è?! Dov’è Ichigo? »
Kisshu si limitò a
teletrasportarsi a distanza di sicurezza con sufficienza, ignorando lo
strepitare del biondo.
Vorrei
saperlo anch’io.
***
Poco distante, Aisei abbandonò
Ichigo dietro un rialzo del tetto su cui era salita, in modo che fosse
nascosta; la ragazza mandò un mugolio sommesso, non era svenuta, ma di certo
non si rendeva più conto di dove si trovasse.
Patetica.
Aisei la fissò con superiorità.
Le sarebbe bastato avvicinarsi, scostare quel lezioso collarino rosa con la
pelliccia, e trapassare la gola con la sua lama affilata: la terrestre non si
sarebbe neppure accorta di morire.
Che
essere patetico!
Era per quella che Kisshu aveva
perso la testa?
Assolutamente
dei pessimi gusti.(*)
Decise di aspettare. C’erano
parecchie questioni che le lasciavano dubbi circa la guerra in corso tra la sua
gente e i terrestri, e prima di finire la rossa voleva accertarsi di alcune
cosette.
Si affacciò oltre il parapetto:
dal grattacielo su cui si trovava aveva una visuale perfetta dello scontro in
atto, nonostante il buio e la pioggia.
Per primo scrutò Ao No Kishi.
Vicino a lui Kisshu era scomparso, segno che il ragazzo aveva capito che Aisei
si trovava nei paraggi e la stava cercando.
Che facesse pure, pensò
sorridendo la bruna, non sarebbe arrivato in tempo.
Tornò a concentrarsi sul biondo.
Quella strana energia azzurra che l’aveva pervaso poco prima continuava ad
avvolgerlo, muovendosi sinuosa come un’onda attorno al suo corpo; Aisei
aggrottò la fronte, era spaventosamente forte, ma anche famigliare: aveva già
avvertito quella vibrazione e non solo durante lo scontro al fiume Sumida.
Ma
dove?
Ichigo mandò un altro lamento e Aisei
cambiò l’oggetto dell’analisi: non poteva lasciare che la ragazza si
riprendesse, in coscienza temeva la sua arma, anche se la rossa era mezza
svenuta.
Pai lottava come sempre,
attaccando la mew verde con ferocia e scatenando saette che sfrigolavano a
lungo sulle superfici umide. Aisei scorse la ragazza gridare spaventata mentre
un fulmine attraversava una larga pozza sul tetto e quasi la fulminava, e si
trattenne dal ridere.
Come sempre, il suo sempai era
delicato come un bulldozer in una cristalleria.
Scorse MewMinto e MewZakuro alle
prese coi chimeri-pianta e le vide con piacere in difficoltà, quindi cercò
Taruto e i suoi occhi si ridussero a due fessure.
Come la volta precedente e quella
ancora prima, il brunetto sembrava più giocare che lottare. Lui e MewPurin si
inseguivano sui tetti limitandosi a schivare blandi attacchi da una parte e
dall’altra; sembrava che Taruto passasse più che altro il tempo ad insultare la
biondina, intimandole di stargli alla larga.
Ora Aisei ne era convinta: come
nel caso di Kisshu, c’era qualcosa di strano in quei “nemici”.
Sospirò, scostandosi una ciocca
fradicia dal viso, ci avrebbe riflettuto una volta tornati alla base. Ora
voleva pensare a MewIchigo. Roteò l’almarada della mano e si avvicinò alla rossa:
questa continuava a socchiudere gli occhi senza riuscire a guardarsi attorno,
lagnandosi sottovoce, e muoveva pian piano i campanellini sulla coda e sul
polso, che tintinnavano argentini tra le pieghe dei grandi fiocchi fradici.
Aisei serrò le labbra finchè non
divennero una linea dritta, detestava con tutto il cuore i campanelli.
Non
credevo che avrei potuto incontrare qualcuno di più odioso di lui.
« Aisei. »
La ragazza si voltò con uno
sbuffo esasperato, incurante della lama che Kisshu le puntava in mezzo agli
occhi. Scorse le sue iridi smeraldo passare sul metallo lucido e scrutò
l’alieno con l’aria di una mamma che sgrida il figlio di cinque anni:
« Non dirmi che vuoi ancora
fermarmi! »
« Ichigo è mia! – fece piano con
tono minaccioso – Non ti permetterò neppure di sfiorarla. »
Aisei emise una risata sguaiata:
« Tua?! Andiamo, se potesse si incollerebbe a quell’umano col
mastice! Gli sbava dietro come un cane, non ho mai visto nessuno di più
disperatamente innamorato! E verrebbe da te?! »
Kisshu la fulminò con odio:
« Ichigo è mia! »
« Sei così disperato da farmi
pietà! – lo canzonò velenosa – Allora è proprio un tuo modo di prendere
sbandate… »
« NON OSARE! »
Aisei perse di colpo la sua
baldanza e lo guardò sorpresa dell’urlo. Lo sguardo di Kisshu si era fatto
triste, oltre che furente:
« Non osare… Non osare prendermi
in giro! Non su questo! Mi hai
capito?! »
La bruna voleva replicare con
sarcasmo, ma sentì la voce morirle in gola e Kisshu continuò a inveirle contro:
« Non te lo permetto! Pensa ciò
che vuoi, giudicami, trattami da stupido e ostacolami se vuoi provarci, ma non
darmi del bugiardo! Mai, mai! Tu lo dovresti sapere e, se ancora non ti è
entrato in quella testaccia di marmo, allora ti conviene toglierti di mezzo,
perché non mi fermerò! Né per te né per nessun’altro! Sono stato chiaro?! »
Aisei fece una smorfia:
« Risparmiare questa inutile
gatta significa tradire Deep Blue-sama! Te ne rendi conto?! »
Kisshu non rispose.
« Su, togliti. – riprese poi,
facendole cenno con la lama – Non voglio combattere contro di te. »
« KISSH…! »
Ci fu un rantolo più forte ed
entrambi guardarono Ichigo; lei mosse appena le labbra:
« M-M… M-Masaya… kun… »
L’aria fu invasa da una scarica
elettrica che non era dovuta né al temporale né al Fuu Rai Sen di Pai. I due alieni guardarono in basso, allarmati, e
scorsero una figura indistinta pervasa da un’aura di energia blu.
« ICHIGO!!! »
« A-Ao No Kishi?! »
Pai e MewRetasu smisero di
lottare nello stesso momento, fissando entrambi il biondo che urlava come un
ossesso emanando ondate di energia fuori controllo.
« Cosa sta facendo?! » domandò
stridula MewMinto, distruggendo uno degli ultimi chimeri. Zakuro non rispose,
colpendo i rimanenti con la sua frusta, ma d’istinto indietreggiò un po’:
quell’energia le dava i brividi.
« Ao No Kishi nii-chan è strano…
»
« Sono d’accordo… – Taruto fissò
Purin seccato – Ma tu mollami, dannata *gocc*! »
« No e poi no, Taru-Taru! –
sbottò lei, abbarbicata stile koala alle gambe del brunetto - Chiedi scusa! »
« E piantala di chiamarmi…! »
S’interruppe quando entrambi
furono investiti da un enorme spostamento d’aria. Scorsero la silhouette
luminosa di Ao No Kishi dirigersi verso un grattacielo e lì fermarsi, emettendo
ondate d’energia sempre più ampie.
Sul tetto, Kisshu e Aisei
indietreggiarono un poco alla vista del biondo: digrignava i denti come una
belva, ansimando, e gli occhi erano quasi bianchi.
« Ic…h…igo… »
Il suo sguardo vacuo si poggiò
sulla figura della rossa dietro di loro, e urlò di nuovo:
« ICHIGOOO! »
Kisshu e Aisei non fecero in
tempo a scappare.
Ci fu un’altra esplosione,
stavolta molto più forte. Una colonna d’energia azzurra si sollevò nel cielo di
Tokyo in un silenzio glaciale, spezzato solo dal grido di Ao No Kishi e da un
tuono lontano, e in poco meno di qualche secondo la deflagrazione si espanse,
invadendo la zona circostante con un boato assordante.
Le MewMew assistettero impotenti
al disastro. Quando l’onda d’urto le travolse, Zakuro afferrò Minto, che era
più vicina, e corse verso uno spazio angusto tra due palazzi:
« Ragazze, al riparo! Subito! »
Ma MewRetasu e MewPurin non
furono abbastanza veloci.
I vetri dei palazzi attorno
esplosero contemporaneamente, rovinando addosso a Purin mischiati alla pioggia
fitta. La biondina urlò spaventata, quando sentì qualcuno afferrarle la mano:
« Che cavolo fai stupida?! »
« Taru-Tar…! »
Il ragazzino si teletrasportò un
secondo prima che l’energia li investisse: lui e Purin si ritrovarono dietro un
alto gradino di un marciapiede, dove Taruto si strinse contro la mewscimmia e
si rannicchiò con lei più che potè; sentì l’esplosione vibrare attorno, sopra e
sotto di loro, ed ebbe l’impressione che gli esplodessero i timpani, il cuore
nello stomaco per la paura e fu tentato seriamente di darsela a gambe, ma
dovette restare immobile per non essere spinto via, Purin che si reggeva
terrorizzata al suo gilet.
Retasu cercò di coprirsi il viso
con le braccia e di scorgere uno spiraglio di fuga, nonostante la luce la
accecasse e il frastuono l’assordasse tanto da non sentire neppure la propria
voce; fu spinta molto più lontano da dove si trovava con una potenza terribile
(per miracolo senza centrare un ostacolo, in balia com’era di quella forza) e
vide che neppure Pai era riuscito a scappare e ora era a pochi metri da lei,
cercando di contrastare l’impatto. Di colpo Retasu intravide la salvezza: uno
spazio tra un grosso capannone e un palazzo vecchio stile, due cubi di cemento
solidi; si guardò ancora a fianco e vide l’alieno dai capelli scuri, ancora
vicino a lei. Senza pensare gli afferrò uno dei copri avambracci viola e indicò
a fatica il punto che aveva scorto, cominciando a tirare il ragazzo per fargli
capire cosa voleva dirgli. Non seppe spiegare perché lui le afferrò saldamente
il braccio e la tirò con lui al sicuro.
***
Così com’era esploso lo scoppio
si dissolse, lasciando spazio ad un silenzio grattato solo da tuoni stanchi.
Ichigo aprì gli occhi confusa.
Non aveva la più pallida idea di dove fosse o di come ci fosse finita, né
perché ci fosse Masaya svenuto poco lontano da lei…
Masaya-kun…?
« Masaya-kun!!»
La rossa tentò di alzarsi di
scatto e cadde in ginocchio, senza forze. Chiamò ancora e ancora il ragazzo,
senza risposta, e scoppiando in lacrime gli si avvicinò a passi incerti,
prendendolo per le spalle:
« Masaya-kun, Masaya-kun!
Rispondimi, ti prego! Masaya-kun!(**) »
Il moro continuò a non dare segno
di sentirla e Ichigo singhiozzò più forte. Non capiva nulla, né perché Masaya
era lì con lei in quelle condizioni, né perché la zona tutt’attorno sembrava
essere stata coinvolta in una sorta di esplosione: il palazzo su cui si
trovavano aveva perso quasi metà degli ultimi tre piani, tutti i vetri del
circondario si erano vaporizzati, i muri degli edifici erano crepati come solo
nel peggiore dei terremoti, e all’ospedale era stata strappata a forza quasi
una facciata intera.
E
le ragazze?! Che è successo alle ragazze?!
Masaya mandò un rantolo e le sue
palpebre sussultarono. Ichigo gli poggiò una mano sulla guancia, sospirando
sollevata e al contempo continuando a cercare nervosamente un segno delle
amiche.
Cos’è
successo?
***
Retasu tenne gli occhi serrati
finchè non tornò il silenzio. Tremando socchiuse un occhio e vide che le mura
tra cui si era nascosta avevano retto all’impatto, sebbene ora avessero
venature degne di trent’anni d’intemperie.
Meno
male…
Si accorse di avere qualcosa sul
braccio, qualcosa che aveva una stretta gentile. Era la mano di Pai.
Oh,
kami-sama!
Retasu ritrasse il braccio con un
urletto di stupore, arrossendo fino alla radice dei capelli; Pai imitò il gesto
– ovviamente senza né urlare né arrossire – confuso quanto lei.
Il disordine durò, però, pochi
secondi e il ragazzo corrucciato si teletrasportò di nuovo sopra i tetti,
tralasciando la mewfocena come se non l’avesse neppure vista.
Seccato l’alieno tornò dove si
trovava al momento dell’esplosione e si guardò attorno, cercando un segno dei
compagni nel mezzo del disastro, ma il quartiere sembrava divenuto deserto.
« Taruto! Aisei! Kisshu! – mandò
un tzs scocciato – Dannazione, dove
siete? »
Kisshu ebbe l’impressione che lo
chiamassero e aprì gli occhi, faticando nemmeno avesse avuto le palpebre di
piombo; gli sembrò che gli si fossero rotte metà delle ossa, tanto era
dolorante. Imprecando si alzò, accorgendosi di essere incastrato in un tetto e
di penzolare dal soffitto della casa sottostante con tutte e due le gambe. Il
braccio sinistro gli faceva male e sembrava gonfio, doveva aver colpito
qualcosa di grosso durante il volo fuori programma; in più, aveva tagli e
graffi su tutto il corpo, oltre un completo di vestiti bruciacchiati peggio di
un sopravvissuto ad un incendio.
Come
diavolo ha fatto quello a fare tutto ‘sto casino?
Si massaggiò il collo, sbuffando,
e si ricordò che aveva Aisei vicino a sé quando era stato colpito dall’onda
d’urto.
Guardò alle sue spalle; la
ragazza giaceva riversa su un fianco, anche lei pesta e graffiata come lui, ma
sembrava fosse atterrata in maniera molto più brusca rispetto a Kisshu: un
lungo taglio le prendeva il bracco destro dalla spalla fin sotto il gomito e sotto
la nuca, tra i ciuffi castani, s’intravedevano delle chiazze rosse
terribilmente simili a sangue.
Kisshu le si inginocchiò vicino,
scuotendola in malo modo. Era sicuro che la stretta che avvertiva in fondo allo
stomaco era per via del dolore al braccio, non per il pallore di Aisei.
« Ehi, svegliati! »
La ragazza non si mosse; Kisshu
si dovette accertare perfino se respirasse. Accertatosene le diede un altro
scrollone, ma niente; sentì, stavolta chiaramente, la voce di Pai che lo
chiamava, e si mise le mani nei capelli esasperato:
« Aaah, per l’amore del...! »
Con malagrazia prese Aisei sotto
la schiena e sotto le ginocchia e se la mise in braccio, mentre lancianva tutte
le maledizioni concesse nella sua lingua natia.
Ma
per caso sono nato in un anno sfigato?! Che altro deve succedermi?
Si sollevò piano di quota e
scorse Pai in lontananza; gli andò incontro, non senza prima essersi accertato
con occhiate vigili che la sua koneko
stesse bene. Scorse la figura confetto della rossa sul tetto – in piedi e
vigile – e vicino a lei quella di Ao No Kishi, e Kisshu si convinse che, come
sempre, la sua sfortuna non conosceva limiti al sadismo.
Taruto sentì ronzargli le
orecchie ancora parecchio dopo che l’esplosione si era dissolta. Con attenzione
si guardò attorno e poco mancò che urlasse.
Perché
diavolo sto abbracciando Purin?!
Allontanò le braccia dalle spalle
della biondina e se le nascose dietro la schiena, quasi fossero state
refurtiva. Purin, che fino a quel momento era rimasta immobile vicino a lui con
le mani sulle orecchie, a non sentire più la stretta del ragazzino si alzò
lentamente:
« Siamo… Siamo vivi? »
Taruto mandò un grugnito che
doveva essere un “sì”. Purin lo guardò e gli sorrise radiosa, causandogli il
terzo coccolone della giornata:
« Grazie di avermi salvata,
Taru-Taru! »
« I-i-i-io non ti ho salvata! –
farfugliò lui avvampando – Non l’ho fatto apposta! »
Lei lo guardò col suo solito
sorriso, senza capire. Taruto si sentiva la faccia bollente e la bocca che si
muoveva indipendente dalla sua volontà faceva strane smorfie per l’imbarazzo:
nemmeno Purin poteva dare ascolto a quella frase cretina, si contraddiceva da
solo tra fatti e parole!
Il ragazzino sentì Pai chiamarlo
e alzò lo sguardo: il fratello era proprio sopra di lui e gli si stava
avvicinando Kisshu, che reggeva una – apparentemente – svenuta Aisei in
braccio.
Taruto si alzò in silenzio,
pronto a raggiungerli, quando si accorse di una cosa e raggelò.
Aisei aveva aperto gli occhi e lo
stava guardando. Guardava lui e Purin.
«
Quanto ti ci voleva per eliminare quella mocciosetta?! »
Sbiancò. Vide la ragazza
rigettare la testa verso Kisshu, esausta, e pregando che quell’occhiata
inquisitoria fosse stata un suo abbaglio si teletrasportò al fianco dei tre
compagni.
« Taruto, tutto a posto? »
Il ragazzino annuì e Pai ricambiò
il gesto. Taruto gettò un’occhiata furtiva ad Aisei, ma la ragazza era davvero
priva di sensi.
« Qualcuno mi spiega che
accidenti è successo?! »
Sbottò. I due ragazzi si
fissarono corrucciati.
« E’ stata la mewneko? »
« No – fece Kisshu – non potrebbe
mai fare qualcosa del genere. »
Indicò appena il disastro sotto
di loro:
« E’ stato Ao No Kishi. »
« Neppure lui è così forte. »
puntualizzò Pai.
« Te lo assicuro. Gli ero di
fronte, e così pure Aisei. »
Il maggiore fissò la bruna e
annuì, il suo stato era la prova evidente delle parole di Kisshu.
« Ma com’è possibile? » chiese
Taruto.
« Faremo meglio a scoprirlo. »
Pai fece per andarsene, ma Kisshu
lo bloccò:
« Aspetta! Senti… Prendila tu,
ok? – cercò di passargli Aisei in braccio, a disagio – E’ meglio. »
Pai lo fissò in silenzio, gli
diede le spalle e si teletrasportò alla base seguito da Taruto, lasciandolo con
un palmo di naso.
« … *gocc* Quel… Se ‘sta qui si
sveglia e mi prende a pugni, saprò a chi dare la colpa! »
***
Ichigo aiutò Masaya ad alzarsi
sebbene lei stessa si reggesse a stento in piedi. Vide le ragazze raggiungerla
a grandi balzi e il cuore le divenne leggero come un palloncino:
« Siete tutte salve…! »
« Sì – Minto guardò Zakuro
adorante – tutto merito della prontezza di onee-sama! »
« Anche Taru-Taru è stato bravo!
– trillò Purin felice – Mi ha salvata! »
« Cosa? – i campanelli di Ichigo
vibrarono forte – Non è possibile…! »
Minto e Ichigo si scambiarono
occhiate incerte; solo Zakuro si sciolse in uno dei suoi sospiri enigmatici,
forse perché era l’unica a rendersi conto come andavano le cose tra quei due
bimbetti.
Retasu, invece, si strinse il
braccio sovrappensiero, senza rispondere.
« Retasu, tutto ok? »
« Eh? Ah… S-sì, Minto-san,
tranquilla, tutto benissimo! »
« Aoyama nii-chan invece non sta
bene! – piagnucolò Purin preoccupata – Ma cos’è successo? »
« Era ferito – si aggiunse Minto
– come ha fatto a trasformarsi in Ao No Kishi? »
Masaya la guardò confuso e disse
flebile:
« N-non… Non lo so… »
« Ora non importa. – fece Zakuro
con tono più duro – Voi due… Dovete essere subito curati. »
« Ma l’ospedale… »
« E’ troppo pericoloso restare in
città, Retasu. – disse Ichigo – Andiamo al Cafè. »
***
Kisshu adagiò con delicatezza
Aisei dentro la capsula rigenerante che Pai stava programmando; la macchina,
simile ad un lettino con una cupola trasparente(***), era collegato a centinaia
di fili e ad una sfera dati più grande delle altre: avrebbe rimesso in sesto le
ferite della bruna in poche ore.
« Molto bene. – disse Pai – Non
resta che settarlo… »
Kisshu annuì vago. Taruto era già
stato spedito a riposarsi, per quanto avesse schivato l’impatto diretto
dell’esplosione l’onda d’urto l’aveva in parte colpito, ed era meglio non
correre rischi.
« Anche tu stai maluccio. –
continuò asettico il moro – mi chiedo come siate sopravvissuti prendendo
quell’onda d’energia in piena faccia. »
« Coriacei come zecche. »
ridacchiò Kisshu cattivo. Pai fece una smorfia:
« Vatti a riposare anche tu. »
Kisshu sollevò la mano come a
dirgli che avrebbe obbedito, quando vide qualcosa.
« Aspetta…! »
Bloccò la cupola prima che si
chiudesse e si sporse su Aisei, prendendo nel palmo qualcosa che lei portava al
collo.
Una piccola gemma ovale,
rilucente di tutte le sfumature del bianco e dell’argento, grossa quanto un
mandarino.
Kisshu spalancò la bocca,
incredulo, e non si accorse che Aisei si era svegliata.
Quasi spaventata la ragazza
riafferrò la pietra e se la strinse contro il petto, trucidando Kisshu con lo
sguardo. Lui la continuò a fissare ad occhi sgranati:
« Perché…? »
« VATTENE! »
La ragazza aprì il palmo libero
contro il petto di lui e il ragazzo fu sbalzato parecchi metri indietro; Aisei
tossì con forza e gemette, tenendosi il braccio leso.
« Non sforzarti. » cercò di
blandirla Pai, impassibile eppure sconcertato dalla scena.
« Vai… via! – sbraitò ancora la
bruna verso Kisshu – Pai! Mandalo via! »
Con decisione Pai la costrinse a
sdraiarsi e, mentre Aisei cercava di controllare un altro accesso di tosse, il
ragazzo chiuse la cupola: si udì un ronzio sordo, il macchinario si illuminò e
Aisei si tranquillizzò, addormentandosi.
Quando ebbe fatto, il moro si
voltò verso Kisshu. Lui era ancora seduto per terra, attonito e col fiato
grosso.
« Kisshu… Che cavolo è stato? »
Il ragazzo s’incupì di colpo,
serrando i pugni:
« Che stronza… Mi prende in
giro?! »
Borbottò qualcosa di non meglio
definito e si teletrasportò via inveendo. Pai si passò una mano sulla fronte,
una venuzza pulsante sulla tempia: possibile che nessuno lì dentro sapesse cosa
volesse dire “gestire le proprie emozioni”?
Gestire
le proprie emozioni…
Si guardò istintivamente il palmo
della mano e lo richiuse a pugno, corrucciandosi. Un minuscolo gesto di pietà
per un essere umano era qualcosa di insignificante.
Assolutamente
insignificante.
***
Ichigo ricoprì con la divisa la
fasciatura fattale e ringraziò il dottore. L’uomo, barba di due giorni,
occhiaie e aria annoiata, era un conoscente di Ryou e Keiichiro, una di quelle
persone che si limitano a ricucirti senza farti troppe domande: non si era
quindi messo troppi pensieri in testa quando aveva risistemato una
quattordicenne con una brutta ferita da arma da taglio sul fianco.
Retasu, che era nella stanza
assieme a Ichigo, ringraziò il dottore con un inchino e lo lasciò uscire,
quindi si avvicinò all’amica e la fermò prima che scendesse:
« Sei ancora debole. – le disse
con dolcezza – Ti prego, riposati ancora un poco. »
« Devo vedere come sta Masaya-kun…
»
« Non preoccuparti – continuò la
giapponese gentile – il dottore ha detto che ora è completamente fuori
pericolo, deve soltanto riposarsi anche lui. »
Ichigo sorrise, rasserenata, e
annuì. Si accoccolò meglio sul letto – pensando, un po’ maligna, che quello si
poteva considerare un dispetto nei confronti di Ryou, visto che era la sua
stanza – e si addormentò in un paio di minuti. Retasu restò accanto a lei
finchè non fu certa che dormisse e poi uscì, il viso attraversato da
un’espressione preoccupata.
Masaya riposava nella stanza di
Keiichiro. Il dottore non aveva parlato direttamente con le ragazze, ma loro
avevano capito che c’era stato qualcosa di strano.
Masaya era guarito di colpo,
riuscendo a combattere con una forza fuori dal normale anche con un buco nel
petto, esausto e anemico; non solo, secondo quanto aveva accennato loro Ryou –
il biondo non era stato prodigo di dettagli – avevano capito di essere state
molto fortunate: se Masaya fosse stato nel pieno delle forze, l’energia che le
aveva investite le avrebbe uccise.
Avvertì un brivido ripensando a
quello che avevano detto i telegiornali, nelle edizioni speciali di quella
sera: centinaia di feriti tra l’ospedale e gli edifici adiacenti, molti
dispersi tra i passanti; un miracolo che il palazzo sventrato dalla furia di Ao
No Kishi – quello su cui si trovava Ichigo – fosse un palazzo di uffici, a
quell’ora ormai vuoto da ore.
Retasu sospirò. Ad aggravare il
tutto c’era la laconica frase che l’americano aveva lasciato loro, prima di
tornare in laboratorio per tentare di chiarire la questione:
« Si è trattato di un evento
straordinario, ma non è da escludere che si ripeta. Stavolta, con Aoyama al
pieno della forza. »
Sospirò ancora preoccupata,
risistemandosi gli occhi sul naso. Diventava sempre molto nervosa quando
succedeva qualcosa che non capiva, e che quel qualcosa fosse anche una
situazione pericolosa l’agitava ancora di più.
Inoltre, com’era normale per il
suo dolce carattere, era anche preoccupata per Ichigo e Masaya: non potevano
tacere la situazione all’amica, ma si domandava come avrebbe reagito alla
notizia.
Poi c’era la questione della
nuova aliena, Aisei, che pareva aver preso di mira proprio Ichigo, e quella di
Kisshu. Retasu era consapevole che fossero nemici, ma la sua indole gentile non
riusciva a farle provare un po’ di pena per l’alieno dagli occhi d’oro; lei era
spesso lenta per certecose, ma ormai aveva capito – e si
stupiva che Ichigo non se ne rendesse conto – che l’eccessiva infatuazione
dell’alieno era amore vero: nel vederlo così, preso tra i compagni e la rossa,
collerico e impulsivo, le stringeva il cuore – non riuscì a non pensare che se
Kisshu l’avesse sentita avrebbe imprecato pesantemente – e le faceva invidiare
un poco l’amica.
Masaya-san,
Kisshu-san… E anche Shirogane-san.
Piegò la testa e si strinse le
mani al petto. Era ingenua, non stupida, vedeva con chiarezza i sentimenti di
Ryou per Ichigo; e questo le faceva molto più male che essere stata rifiutata
direttamente dal biondo. Forse era per quel motivo che un po’ capiva Kisshu;
forse, un poco, lo invidiava pure.
Le sarebbe piaciuto essere in
grado di lottare per il sentimento che provava per Ryou, ma non ne aveva il
coraggio; e partire con uno svantaggio tanto evidente nei confronti di Ichigo
l’abbatteva ancor di più.
Scosse la testa, cercando di
portare i suoi pensieri su altre questioni “più importanti”, ma questo le fece
tornare alla mente solo un altro dubbio.
Si fissò il braccio: se non fosse
stato per l’aiuto di Pai, forse anche lei sarebbe ferita in quel momento.
L’alieno diceva chegli avevano ordinato di combattere e che per
la sua gente avrebbe combattuto, sempre e comunque, sordo a qualunque supplica
o richiesta di pace. Diceva che erano avversari.
Ma
allora… Perché mi hai salvata?
***
Aprì
l’altra mano e la mostrò alla bambina, che mandò un grido di gioia:
«
L’hai trovato! L’hai trovato! »
«
Per chi mi hai preso?! Certo che l’ho trovato! »
Lei
gli prese con garbo il pendente dalla mano e se lo rimise di corsa al collo,
rimirandolo felice.
«
Grazie mille! »
Kisshu
scrollò di nuovo le spalle:
«
Non potevo lasciarti con quella faccia triste… »
Risero
entrambi. Lei stiracchiò un sorriso impacciato, allungandosi quel poco che
bastava da dare a Kisshu un altro piccolo bacio, a metà strada tra la guancia e
la bocca.
«
Ti voglio bene. »
Lo
mormorò così piano che faticò a sentirla.
Kisshu si svegliò di colpo,
sobbalzando. Presi due respiri profondi si guardò attorno, sentiva la testa
pesantissima.
Devo aver dormito
troppo.
E, a giudicare dai suoi sogni,
nemmeno troppo bene.
Si mise a sedere sul letto, gli
faceva male dappertutto; si scompigliò i capelli e sbuffò, ancora assonnato, e
poi si passò una mano sugli occhi.
Era come se lo avessero preso a
bastonate in testa. La sua mente rivedeva la sua immagine di moccioso senza che
lui riuscisse a scacciarla dalla testa, convincendolo che doveva aver
danneggiato qualche neurone di troppo.
Pure il mio
cervello ho contro!
Si mise in piedi imprecando e
prese a pattugliare la sua stanza come un leone in gabbia, il sonno non aveva
cancellato la domanda che continuava a porsi ore prima.
Avrebbe dovuto mettersi alla
ricerca di una spiegazione per quanto avvenuto il giorno prima. Avrebbe dovuto
concentrarsi sul perché il corpo Ao No Kishi aveva reagito così e scatenato
quella forza.
Eppure, l’unica domanda che gli
passava per la testa era il perché Aisei portasse quello stramaledetto pezzo di
roccia appeso al collo.
Non ne aveva il diritto! Nessun
diritto!
Soprattutto, non ne aveva alcun
motivo.
Cosa diamine è
venuta a fare quella dannata quaggiù?
***
Quando Aisei si presentò nella
stessa sala dove Pai lavorava di solito era già sera; il moro non c’ea,
probabilmente stava lavorando in laboratorio.
Beh, era meglio così, non aveva
voglia di dare spiegazioni.
Tagliò dritta la sala e si
diresse alla sua stanza, dove richiuse la porta in modo che nessuno potesse
entrare o potesse venire a disturbarla, eccetto – per motivi di obbedienza,
ovvio – che si fosse trattato di Deep Blue in persona.
Si avvicinò al letto, quindi
allungò la mano nell’aria ed un piccolo schermo luminoso le comparve di fronte.
Prese a digitare rapida, inviando il messaggio e aspettando poi la risposta;
sentiva la macchina ronzare piano, e poi sullo schermo comparve una scritta.
Ciao,
sorellina. E’ strano che tu mi contatti, cos’è successo?
Sorrise, sua sorella non stava
mai a girare troppo attorno alle domande. Riprese a digitare in silenzio.
Nulla. Ho
bisogno di qualche informazione.
Informazione?
Hai Pai vicino a te, miglior fonte d’informazione di così…!
Non voglio
parlarne con Pai
Ci fu qualche secondo senza
risposta.
…
Perché?
Devo indagare
da sola.
Una risposta che non diceva
nulla, come sempre; la persona dall’altra parte rimase ancora in silenzio, poi
decise di non insistere.
Cosa
ti serve?
Informazioni
su quanto accadde a Deep Blue-sama quando la nostra gente fuggì dalla Terra.
E
perché?
Perché forse
ho capito come risvegliare Deep Blue-sama.
(*) ok, non neghiamolo: ad Aisei
Ichigo sta palesemente sul c***! (e l’autrice ci va a braccetto ^w^… - ç_ç!
ndIchigo)
(**) se lo dice ancora la uccido
+___+**! ndAisei
(***) sì lo so uso sempre lo
stesso modello xP… E’ quello che Ikumi-sensei disegna nel manga, è facile e
funzionale da prendere a prestito ;)!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Allora che ne dite? Spero
di aver stuzzicato ulteriormente la vostra curiosità ci vediamo presto presto!! Un bacio a tutti e lasciate tanti commentiniii x3!!
Peppereppeppepèèèè! Salve a tutti e ben
trovati! Con un assurdo anticipo J, aggiorno GG&ET,
me feliceeee >w< !!
Kisshu: ma non potevi startene a casa?
Taci, alieno maniaco!
Kisshu: io non sono un maniaco! Sono un sano ragazzo con sani
stimoli sessuali.
Pai/Aisei/Taruto/Ichigo: e tu li chiami "sani"?!
Lasciamo perdere
-.-""… Vi lascio subito al capitolo, senza scordare di ringraziare
tutti coloro che leggono questa ficcy (mi raccomando,
commentate vi preeeegoooo x3!!) e a blackmiranda
(spero apprezzerai anche questi cap ;)… Per Aisei
dovrai aspettare ancora un pochino, ma pian piano verrà fuori la "vera Aisei"
;P!)
Aisei: perché, ora chi sono -.-?
mmm… Un killer semi-professionista?
Kisshu: un'acida st*****?
Ichigo: una megera impicciona?
Pai: una con forti turbe umorali?
Ryou: una gran gnocca…
Retasu: R-R-Ryou-san ç\\\ç!
Ryou: beh, che c'è? È vero!
Aisei: grazie umano. Ti ammazzerò per ultimo ^-^!
Minto: quale dolcezza -.-""…
Se avete finito di
dire stupidaggini -.-*, io saluterei -_-!
Ok, ora si dispiegheranno
nuovi inquietanti piani *w*. È un capitolino di passaggio e ho preferito farlo
più corto, ma tranquilli mi divertirò moooolto nel prox capitolo +w+… *la regina delle situazioni che
precipitano*
Tutti: pauraaaaaaç___ç"""!!
A fine capitolo!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.05
– La trappola. Ao No Kishi è Deep Blue…?!
Aisei ricontrollò per l'ennesima
volta i dati che i suoi compagni avevano immagazzinato sugli scontri con Ao No
Kishi e le informazioni inviatele dalla sorella.
Era quasi certa che la sua teoria
fosse più che fondata, ma aveva bisogno di un'ultima prova: non poteva
presentarsi al cospetto di Deep Blue senza certezze.
Ma non poteva agire da sola.
Non era molto contenta, ma
avrebbe dovuto chiedere aiuto a Pai; non era in grado di realizzare un piano
simile.
Ma come fare con Kisshu?
Se le cose fossero andate come progettava
sarebbe rimasta coinvolta anche Ichigo; di conseguenza, se fosse rimasta
coinvolta Ichigo, Kisshu sarebbe intervenuto per salvarla.
La rabbia le montò per un istante
e le scese con altrettanta velocità. Strinse d'istinto il ciondolo che aveva al
collo, nascosto sotto gli abiti, ma lasciò subito la stretta.
Cretina.
Si chiese perché Kisshu facesse
tante storie, se era innamorato di quella gatta morta, perché non eliminare
quella caricatura di principe azzurro che aveva sempre appresso, quando questo
era nella sua debole forma umana? O rapire direttamente la rossa e portarla via
con la forza?
Le tornò in mente lo sguardo del
ragazzo quando lei aveva minacciato la vita di Ichigo, e subito dopo quello di
quando lui aveva parlato con la rossa, quello di quando l'aveva cercata.
Ossessionato.
Appassionato.
Perdutamente innamorato.
Ad Aisei si rovesciò lo stomaco e
schioccò la lingua furente.
Innanzitutto si sarebbe occupata
di Ao No Kishi. Come dessert, si sarebbe divorata quella spocchiosa caramella
alla fragola miagolante.
Si teletrasportò nella sala
principale e com'era prevedibile vi trovò Pai, intento nelle solite meticolose,
noiosissime revisioni di dati. Il ragazzo sollevò appena lo sguardo e Aisei
tagliò subito corto:
« Dobbiamo controllare una cosa.
»
« Più specificatamente? »
« Una cosa utile al completo
risveglio di Deep Blue-sama. »
Lui la fissò di colpo
interessato. Aisei ricambiò con sguardo severo:
« E dobbiamo fare in fretta.»
***
« Sei sicuro di stare bene? »
Masaya rivolse uno dei suoi
soliti sorrisi ad Ichigo e annuì con dolcezza:
« Sto benissimo. Mai stato
meglio. »
La rossa si sciolse in
un'espressione trasognata e annuì luminosa, incurante dell'occhiata torva che
Ryou mandò al moro.
Masaya non poteva "stare
benissimo"!
Era impossibile!
L'emorragia che quell'aliena gli
aveva causato era stata gravissima, i medici l'avevano salvato per il rotto
della cuffia; inoltre, poco prima che si trasformasse nuovamente in Ao No
Kishi, Ichigo aveva informato tutti loro che era ancora sotto trasfusione.
Eppure si era alzato, aveva
combattuto e aveva devastato abbastanza città da far concorrenza ad un chimero.
Ryou tentò di mantenere la sua
solita aria calma e rivolse uno sguardo indefinito a Masaya, che ricambiò con
espressione gentile:
« Vi ringrazio di avermi aiutato.
»
S'inchinò lievemente a lui e a
Keiichiro, mentre Ichigo si avviava di sotto. Il bruno rispose con un lieve
sorriso:
« Sarà meglio che scenda anch'io.
Avrete fame, ora. »
Masaya ringraziò e tornò a
guardarsi con Ryou. Nessuno dei due tradiva altra sensazione che pacata
compostezza, dal biondo, e gratitudine sincera e tranquillità dal moro.
Come sempre, però, i loro sguardi
sottintendevano silenziosi dialoghi, incomprensibili ad alcuno.
« È stato molto pericoloso
stanotte… »
« Sì. »
« Credevo avessi il controllo
sulla tua forma di Ao No Kishi. »
Le parole quiete di Ryou non davano
il benchè minimo segno di astio, sebbene il sotto-testo fosse una critica
evidente alle interferenze di Masaya con le missioni delle ragazze; l'altro sembrò
non notare nulla:
« Credevo anche io – parve
scusarsi – ma forse dovrei controllare di più le mie emozioni. »
Stavolta la critica parve
giungere da lui. Ryou restò immobile, imperscrutabile, e Masaya continuò:
« Non ricordo molto di ieri,
purtroppo. Altrimenti, forse avrei potuto aiutarvi per capire cos'è successo. »
Ryou si limitò ad annuire e
ripresero a fissarsi. Fu la voce di Ichigo e delle altre ragazze che arrivavano
dal locale, a destarli:
« Spero – sospirò Ryou piano –
che non succeda più una cosa del genere… »
Masaya fece un sorriso angelico(*)
e avviandosi di sotto, sussurrò:
« Non preoccuparti. Tra non
molto, sarà tutto finito. »
Ryou lo guardò in silenzio
svanire dietro l'angolo. Nelle parole di Aoyama non c'era stata malizia né
minaccia, solo la sua solita tranquilla e gentile parlata; sembrò addirittura
dirlo sovrappensiero, quasi un'idea bisbigliata tra sé e sé.
Eppure, l'americano aveva sentito
un brivido percorrergli la schiena e non riuscì a farlo smettere, neppure
quando scese di sotto e incrociò gli sguardi delle MewMew.
Il radioso e giocondo sorriso di
Purin, che esultava della buona salute degli amici e ingaggiava uno dei suoi
spettacolini "per ravvivare l'ambiente".
Lo sguardo un po' altezzoso di
Minto, che commentava acida le moine che Ichigo rivolgeva al suo ragazzo e,
sotto i baffi, rideva contenta della felicità dell'amica.
L'espressione dolce di Retasu, la
timidezza che le imporporava le guance mentre salutava il biondo.
L'aria seria e adulta di Zakuro
che rivolgeva a tutte occhiate affettuose.
Il sorriso raggiante di Ichigo
che teneva Masaya per mano…
Ryou sentì lo stomaco contrarsi e
strinse con più forza le braccia al petto.
Masaya non gli piaceva.
Per più di un motivo.
Qualcuno meno nobile degli altri.
Ma lui non era il tipo che si
lasciava offuscare dai sentimenti personali, almeno non completamente; doveva
restare lucido e giudicare le azioni di Masaya con attenzione.
E anche così non riusciva a
fidarsi completamente di Ao No Kishi. Era pericoloso e instabile, e l'episodio
del giorno precedente lo aveva dimostrato;se non fosse stato per una serie di fortunate circostanze, probabilmente
ora le ragazze non sarebbero state li a sorridere.
Doveva tenere il giapponese
sott'occhio. Guardò Ichigo cingere il braccio di Masaya e a Ryou venne un po'
da sorridere amaramente, la rossa gli avrebbe inveito contro se avesse scoperto
che voleva monitorare il suo amato.
Ma
lo faccio per voi, Ichigo.
Si diresse al sotterraneo
ignorando le domande di Keiichiro su cosa stesse facendo.
Lo
faccio per proteggervi… E per proteggerti.
***
Deep Blue rimase in silenzio a
fissare Aisei e Pai, genuflessi e a capo chino. Il ragazzo era rigido e
immobile e nulla, nel suo atteggiamento, mostrava l'ansia che gli stava dando
l'aver proposto quel piano.
« Ne siete certi? »
« Assolutamente. »
Aisei alzò la testa e guardò di
fronte a sé reverente e decisa:
« Abbiamo confrontato i dati in
nostro possesso con alcune informazioni giunte dalla nostra patria. »
Pai trattenne un verso di stizza;
definire "patria" quel sasso gelato da cui provenivano, a discapito
della loro verde e rigogliosa Terra,
gli sembrava inadeguato, ma non disse nulla.
« Pare che quando fummo costretti
ad abbandonare questo pianeta, la vostra persona sia rimasta indietro… »
Aisei sospese la frase, a dir la
verità non era certa del motivo: le informazioni che aveva ottenuto dalla
sorella, per quanto attendibili, non specificavano il perché il loro signore
non avesse seguito il suo popolo nella fuga dalla devastazione climatica. Cercò
di riprendersi e continuò:
« Sicuramente per tentare di
proteggere la nostra ritirata – annuì con fermezza – e nell'impresa, pare che
parte di voi si sia unita al cristallo che creammo all'epoca. »
« Quella che le terrestri
chiamano Mew Aqua… »
Mormorò Deep Blue; Pai annuì:
« Gli umani forse non ne sono
ancora a conoscenza, ma i cristalli non accumulano solo potere, ma anche
informazioni. »
« In che senso? »
« In ognuna di esse, anche in
quelle il cui potenziale energetico era esaurito – spiegò ancora Pai – abbiamo
trovato tracce di DNA di innumerevoli creature viventi, anche ormai estinte.
Forse neppure i nostri antenati si aspettavano un effetto simile, o forse lo
avevano proprio previsto, per avere delle fonti di informazioni sicure e
ripopolare il pianeta dopo il disastro che ci costrinse ad andarcene.
« Considerando ciò che sta
accadendo, parte del vostro personale corredo genetico potrebbe essere rimasto
impresso nei cristalli. In questo modo ha avuto la possibilità di rimanere in
contatto con creature viventi fisicamente e intellettivamente vicine a noi…
Seppure inferiori. »
Pose l'accento sull'ultima frase
e si fermò un istante. Quindi continuò:
« E mentre la sua coscienza
rimaneva accanto alla nostra gente, il suo corpo materiale svaniva, ma non il
suo codice genetico, che in qualche modo deve essersi legato al DNA degli
esseri umani nel perdurare dell'influenza benefica dei cristalli. »
Aisei si sporse un poco in
avanti:
« Abbiamo quasi la certezza che i
vostri geni si siano ripresentati nell'umano chiamato Aoyama Masaya. »
« Ao No Kishi. »
« Precisamente. »
« Una sorta di atavismo. –
continuò Pai – Ao No Kishi ha iniziato ad apparire poco tempo dopo che il suo
involucro umano, Aoyama, è stato attaccato da alcuni chimeri(**).
Probabilmente, il contatto con creature aliene e con il nostro popolo, oltre
agli inutili sentimenti per la ragazza umana, devono aver smosso ciò che nel
suo corredo genetico lo lega a noi. »
« E cosa vi da la certezza di
questo? »
« Indubbiamente c'è il suo
aspetto – riprese Aisei – molto più simile al nostro, che ai terrestri, e i
suoi poteri, che nessun essere umano normale può possedere. »
« In ultimo – aggiunse Pai – i
suoi poteri aumentano esponenzialmente e con questa crescita diminuiscono i
frammenti di cristallo che riusciamo ad ottenere. »
« Cosa intendi? »
« Le ultime Mew Aqua che abbiamo
trovato… In realtà non c'erano, erano solo fonti di intensissima luce. Eppure,
le avevamo individuate con precisione. »
Aisei concluse il discorso:
« Ma quando raggiungevamo il
posto il potere del cristallo era stato assorbito da qualcosa, o da qualcuno… »
Rivolse un'occhiata al loro
signore sorridendo trionfante:
« E, ogni volta, sul posto
compariva anche Ao No Kishi. »
Deep Blue tacque. Le parole della
ragazza e di Pai sembravano aver colto nel segno e i due lo videro – anzi,
intuirono – soppesare il discorso; Aisei aveva una luce euforica e soddisfatta
negli occhi color prato:
« Credo… Anzi crediamo – si
corresse – che Ao No Kishi stia inconsciamente cercando di accumulare energia.
Per lei. »
Deep Blue sembrò tendersi verso
di lei: Pai dovette ammettere, con somma irritazione, che pendeva dalle sue
labbra.
La bruna tentò di rincarare la
dose, ma il ragazzo le fece segno di tacere e osservò in silenzio il loro
signore.
« Molto… Bene. – disse infine quest'ultimo
con calma – Ma non ne siete certi, vero? »
Aisei dovette chinare umilmente
il capo, non si aspettava una domanda del genere in quel momento, sebbene fosse
più che ovvia. Intervenne quindi Pai con la sua solita flemma:
« Col piano che le abbiamo prima
esposto siamo certi di confermare quest'ipotesi. »
Disse con voce ferma. Deep Blue
parve riflettere e quindi annuì:
« Molto bene. Agite come da
programma, allora, e tenetemi aggiornato. »
I due si inchinarono più
profondamente e la stanza fluttuò tornando ad essere lo spazio di colonne e
ruderi sospesi che era la loro dimensione.
« Bene. – fece Pai – Vado a
cercare Taruto, ci rivedremo qui tra un'ora. Tu occupati di Kisshu. »
Aisei non riuscì a protestare che
lui era già scomparso.
La ragazza mandò un grugnito di
stizza, se quello era il modo del suo sempai per vendicarsi del fatto che stava
prendendo il suo posto al comando delle operazioni, come vendetta era un po'
troppo crudele.
Impiegò più di mezz'ora a
rintracciare Kisshu. Alla fine lo scovò in un angolo seminascosto della
dimensione, in una specie di nicchia ricavata da un grosso resto di colonna
abbandonato in orizzontale e un quadrilatero di archi, privato dei pilastri da
circa la metà al pavimento. Il ragazzo se ne stava sdraiato come suo solito, le
braccia dietro la nuca e una caviglia appoggiata al ginocchio dell'altra gamba.
Parve non notare la bruna; Aisei,
dal canto suo, rimase perfettamente immobile e in silenzio a qualche metro da
lui per il tempo sufficiente ad essere certa che non l'avesse notata.
Si avvicinò lentamente e si chinò
un poco verso di lui, sembrava effettivamente dormire.
Sorrise sotto i baffi, quel
ragazzo soffriva sicuramente di letargia.
Lo guardò per alcuni minuti
avvicinandosi ancora un po'.
Non era cambiato da quando erano
bambini.
Neppure il suo carattere era
cambiato.
Si allontanò di scatto appena un
secondo prima che Kisshu si svegliasse. Aisei si mordicchiò il labbro, mentre lui
sbadigliava e poi la fissava accigliato: no, non era cambiato, quindi non
poteva parlargli.
Avrebbe dovuto ingannarlo.
« Che diavolo vuoi? »
Borbottò lui cupo. Aisei mantenne
una rigida compostezza:
« Deep Blue ti ha affidato una
missione. »
La bugia suonò strana visto che
il loro signore lo aveva praticamente "licenziato", ma la bruna
rimase ferma senza tradire alcun turbamento e insisté:
« Vuole riabilitarti – disse
inventando sul momento – e visto che sei stato il primo a raggiungere la Terra
e la conosci meglio… »
S'interruppe, non aveva la più
pallida idea di che frottola inventarsi. Kisshu sbottò acido:
« Cosa? »
« Gli… Gli serve una forza vitale
particolare. »
« Particolare? In che senso? »
« E io che ne so? – fece altera –
Non sono in grado di rubare le forze vitali, non so cosa possa intendere. »
« Molto utile… »
Non sembrava convinto e Aisei
prese ad agitarsi. Di colpo si ricordò di alcuni dati che aveva visionato, tra
cui il rapporto del giorno in cui lui tentò di rubare la forza vitale di Purin.
« Forze parlava di una delle
MewMew… »
Kisshu la fissò torvo; Aisei fu
tentata di nominare Ichigo, ma non avrebbe sortito alcun effetto; poi pensò
ancora a Purin, ma non poteva: aveva altri progetti per la bambina.
« Di quella verde. »
« MewRetasu? »
Kisshu era stupito: lui non aveva
avuto alcun rapporto con la verdolina – a parte essersi scontrato con lei e le
sue amiche – e non aveva alcun interesse nei suoi confronti, ma Aisei aveva
pensato che la ragazza fosse abbastanza debole per essere sconfitta facilmente
da sola, e sufficientemente pericolosa da essere sulla lista delle eliminabili
al più presto.
Kisshu fece un ghignetto e la
guardò di sbieco:
« Non dovrei occuparmi io del
pesciolino, ma Pai. »
« Che c'entra Pai? »
Lui non rispose e continuò a fare
un sorrisetto sardonico; Aisei fece spallucce, non gli interessavano le sue
battute stupide, l'importante era che avesse abboccato.
« Non mi ha detto nulla sul
metodo… Lascia decidere a te. »
Lui sbuffò e si alzò di
malavoglia, sparendo borbottando. Aisei tirò un sospiro di sollievo, anche
quella era fatta…
Si teletrasportò indietro e dopo
un po' comparvero Pai e Taruto.
« Dov'è Kisshu? »
« Lontano da qui. »
Taruto guardò la bruna storto,
Pai non disse nulla.
« Allora, vogliamo incominciare?
»
Sparirono tutti e tre
ricomparendo in una zona di brulla campagna ai piedi di una collina, su un
prato di erba secca. Taruto, già informato da Pai del piano, incrociò le
braccia al petto e sbuffò:
« Devo creare una dimensione
grande come tutto questo?! »
Allargò le braccia e abbracciò
simbolicamente il prato di fronte a sé, le pendici della collina e i radi boschetti
che si spandevano per chilometri.
« Basta solo fin laggiù – fece
Pai laconico indicando un punto poco lontano – ma fai un lavoro accurato. »
Il ragazzino si imbronciò e si
mise all'opera. Pai e Aisei si guardarono:
« Io comincio a lavorare sui
chimeri – disse il ragazzo – tu procurati il DNA di quei due. »
Aisei lo fissò in silenzio e
scomparve.
Sì, il suo sempai si stava
vendicando pesantemente.
***
Kisshu apparve mollemente sul
cielo di Tokyo, azzurro e terso nell'aria gelida; all'orizzonte, però, si
addensavano nuvoloni neri roboanti, minacciando pioggia.
Il ragazzo sbuffò, chissà perché
Deep Blue gli aveva affidato un compito come quello, così noioso e inutile…
A pensarci, però, era una
punizione abbastanza adatta a lui.
Si mise pancia sotto e guardò
distrattamente in basso: Retasu, una ventina di metri sotto di lui, correva a
perdifiato con la sua solita andatura un po' goffa, la cartelletta in mano e la
sciarpa che le stringeva il collo e sembrava farla sudare più che tenerle il
giusto caldo.
Kisshu sbuffò.
Non aveva un grande interesse per
quella ragazza.
Non era certo brutta, anzi ! Ma del resto
tutta la sua allegra comitiva, esclusa Purin per ragioni d'età, era un insieme
di graziose tipette – i loro costumini stuzzicavano parecchio l'immaginazione –
e su ciascuna di loro si sarebbe potuto fare un pensierino; ed era carina,
Retasu, o per meglio dire Kisshu la trovava carinamente buffa, con gli occhiali
grandi sul viso rotondo e quella sua aria impacciata e timida, che tentava di
smorzare con occhiate decise mentre combatteva, ottenendo solo una bizzarra
espressione corrucciata.
La cosa, però, finiva lì.
Per dirla con semplicità, non era
il suo tipo.
Fece un sorrisetto maligno
reggendosi il viso con una mano, però era decisamente il tipo di qualcun altro…
« Aaah! Quand'è che il mio
fratellone si sveglierà e mi seguirò nella strada immorale dell'amore per i
nemici? »
In basso, Retasu inciampò e la
sua borsa rotolò sulla strada per un paio di metri. Kisshu trattenne una risata
cattiva, mentre lei lamentandosi si alzava barcollando e con un gemito
raccoglieva la roba che le era uscita dalla cartella.
« Beh, eseguire solo il mio
compito sarebbe troppo noioso. – fece apparire un para-para nella mano libera –
vediamo di divertirci un po'… »
***
Aisei comparve silenziosamente
nello spogliatoio del Caffè MewMew; da dietro la porta sentiva il vociare dei
clienti, il tintinnare di piatti, piattini e tazzine, le voci ormai note delle
terrestri.
Schioccò la lingua annoiata e
prese ad aprire gli armadietti.
In uno c'era ancora una divisa da
cameriera con rifiniture verdi, evidentemente Kisshu aveva intercettato Retasu
a metà strada.
Beh…
almeno fa quel che deve.
Accanto c'era quello di Minto:
odorava di profumo costoso e il suo vestito grigio-blu era appeso ordinatamente
alla gruccia; sulla parete c'era una foto di una piccola Minto in abitino
bianco, con un bambino che le assomigliava. L'armadietto dopo era quello di
Purin, con l'abitino alla cinese perfettamente ripiegato; dopo quello della
mewlupo, ancora più spoglio di quello della bambina.
Come sempre in quei casi,
l'ultimo era quello giusto.
L'armadietto di Ichigo aveva lo
stesso odore che Aisei odiava, un olezzo dolciastro di fragole: alle pareti
c'erano foto da macchinetta sue e delle amiche e sue e di Masaya e Aisei,
disgustata, ne prese una a caso e la strappò lentamente, gettando poi i resti a
terra. Con rabbia frugò tra gli indumenti della mewneko e scovò la sua preda,
un bel capello rosso; fece per chiudere e cercare l'armadietto di Masaya,
quando sul mucchio di stracci in cui aveva ridotto gli abiti di Ichigo vide un
ciuffo nero come la pece.
Brava
gatta morta…
Prese i due capelli e sparì
velocemente com'era apparsa. Era tentata di spalancare la porta, fiondarsi
fuori e infilzare Ichigo senza troppi complimenti, ma per il loro piano le
occorreva viva.
Almeno all'inizio.
***
Kisshu ammirò soddisfatto il suo
chimero prendere forma: assomigliava ad un'enorme medusa, con un muso canino
zeppo di zanne sbavanti; la creatura ringhiava sommessamente, agitando piano i
tentacoli mollicci, provvisti ciascuno di un grosso uncino che secerneva un
liquido maleodorante e dall'aspetto tossico.
Il chimero schioccò le sue
propaggini viscide e il ragazzo parve convinto.
Avrebbe lasciato all'animale il
compito di sfinire un po' Retasu, quindi avrebbe preso senza troppa fatica la
sua energia vitale e se ne sarebbe tornato a casa.
Prima di lanciare la creatura si
guardo però attorno: anche se il suo chimero avrebbe interrotto il segnale del
ciondolo di Retasu, impedendo alle sue compagne di correrle in soccorso, era
troppo vicino alla loro zona d'azione, avrebbero potuto accorgersi di un essere
alto quindici metri che abbatteva tutto quello che gli stava attorno.
Beh,
non ho voglia che mi interrompano. Questo sarà un divertente passatempo, non
voglio seccature.
Schioccò le dita e il chimero,
ancora fluttuante a mezz'aria, e Retasu scomparvero, seguiti subito dopo da
Kisshu.
Conosceva la zona adatta per
rilassarsi senza scocciatrici extra.
***
Accadde tutto così in fretta che
per alcuni secondi credette di essere inciampata di nuovo.
Di colpo la strada di fronte a
lei vibrò rapidamente, come se si fosse trovata su un treno ad alta velocità: i
colori e i contorni si confusero in una scia indefinita e si riplasmarono
velocemente in un luogo nuovo, mentre lei cadeva malamente sul prato.
Intontita e confusa si alzò
lentamente, percependo l'erba intirizzita pungerle il palmo e l'aria fredda e
umida sferzarle il viso; attorno a sé non c'era nulla, se non campagna aperta.
« Buongiorno testolina d'alga. »
« Kisshu! »
Retasu afferrò prontamente il suo
ciondolo e si mise in posizione per fronteggiarlo, ma non si trasformò:
« C-cosa vuoi? »
Lui sogghignò:
« Sempre pronta a parlamentare
eh? Non sarebbe meglio trasformarsi? »
Retasu non seppe che rispondere,
sentendosi una stupida:
« P-prima voglio sapere che hai
in mente! »
Kisshu fece spallucce:
« Sei senza speranza… Ringrazia
che sto svolgendo un compito decisamente ingrato e non ho voglia di fare
fatica. »
Mentre parlava la vide sbiancare,
scorgendo il chimero alle sue spalle; sorrise soddisfatto e il chimero emise
uno stridio acuto e un enorme scudo si materializzò attorno a loro, schermandoli
ad amici e avversari. Kisshu sbuffò seccato:
« Uffa, come sei frettoloso! – il
chimero ringhiò sommesso – Dai, vai a divertirti. »
L'essere emise un ruggito da far
gelare il sangue e il corpo di Retasu brillò assumendo la sua mewform. Mandò un
acuto strillo mentre il mostro le precipitava davanti minaccioso e Kisshu si
levò in aria, accomodandosi come se fosse in poltrona:
« Non ucciderla, però. Mi serve
solo quasi morta. »
***
« Chimero, chimero, c'è un
chimero! Piii! »
Quando l'urlo di Masha invase la
cucina Keiichiro quasi fece precipitare una torta intera sul pavimento. Allarmate
dal grido le MewMew si precipitarono in cucina, mentre l'uomo correva a
controllare da dove provenisse il segnale rilevato dal robottino.
« Che succede Kei? »
Chiese Ryou concitato.
« Chimeri. Strano, sono in una
zona isolata… - commentò vago il bruno – Sono quasi a quattro chilometri
dall'abitazione più vicina. »
« Che gli frulla in testa a
Taru-Taru e ai suoi amici? »
« Non lo so… »
Mormorò Minto e si scambiò
occhiate confuse con le amiche; Zakuro, invece, si accigliò:
« Dov'è Retasu? »
« Non è ancora arrivata? »
La domanda di Ryou ricevette
risposta dal silenzio gelido delle ragazze; il biondo sentì lo stomaco
contrarsi.
« Kei, dov'è? »
L'uomo rilevò e coordinate e le
ragazze assieme a Masaya si fiondarono fuori senza che i due aggiungessero
altro.
Nessuno sospettò nemmeno che si
stavano dirigendo dritti in una trappola.
E neppure che, se solo avessero
puntato un mezzo chilometro più a sud, avrebbero potuto evitarla e salvare
Retasu, che in quel momento stringeva spasmodicamente le sue nacchere affrontando
l'orrendo chimero-medusa, nell'inutile attesa che il segnale del suo ciondolo
venisse captato.
Ma in quel momento lei era
completamente isolata, alla mercé del ghignetto canzonatorio di Kisshu e
terribilmente in svantaggio.
Mandò un urletto soffocato
evitando una goccia di acido grande come una moto e Kisshu sbadigliò:
« Uffa, detesto che siate così
coriacee! »
Si mosse svogliatamente in aria,
bloccandosi di colpo.
Aveva sentito qualcosa.
Per meglio dire, aveva avvertito.
C'era una strana distorsione
nell'aria, una barriera.
Ma non era quella che aveva
generato il suo chimero.
Non capì da cosa potesse essere
generata. Da Pai o dagli altri? Forse, ma che ci facevano lì? Forse un chimero
isolato, magari creato per allontanare le MewMew dalla città?
Non gli piacque per nulla. Ripensò
al dialogo con Aisei e la cosa gli piacque ancora meno.
Il suo sesto senso pizzicò fastidiosamente
e fu molto tentato di andarsene, ma del resto lui non sapeva più nulla delle
operazioni gestite da Taruto e Pai, quindi poteva anche sbagliarsi; e, in quel
caso, andarsene avrebbe significato condannarsi da solo agli occhi di Deep
Blue.
Sentì MewRetasu urlare di nuovo e
schivare un'altra gettata di acido per un soffio; i suoi occhi dorati divennero
due fessure:
« Sbrigati bestione. Devo concludere
e andare a controllare. »
***
« Si può sapere perché tutto
questo sbattimento?! »
Sbottò Taruto annoiato. Pai non
gli rispose, guardando fisso i piccoli chimeri a forma di volatile che si ammucchiavano
appena fuori dalla barriera che il brunetto aveva creato; Aisei sospirò
rassegnata:
« Te l'abbiamo già detto, Taruto.
Dobbiamo verificare che Ao No Kishi abbia effettivamente un rapporto con Deep
Blue-sama. »
« E tutto questo a che serve?! »
« Il potere di Ao No Kishi è
sempre più instabile. – continuò Pai laconico – Dobbiamo avere il posto e il
tempo per analizzare il tutto; soprattutto, dobbiamo impedire alle MewMew di
interferire.
« Questi chimeri terranno a bada
le terrestri, mentre i chimeri che plasmerò sul DNA di MewIchigo servirà come
esca per Ao No Kishi. »
« E per levarci altre castagne
dal fuoco – concluse Aisei con malignità – provvederemo a usare lo stesso
trucchetto sulla gatta morta color confetto. »
Taruto sbuffò seccato, mentre Pai
rivolse ad Aisei un'occhiata indefinibile.
A nessuno poteva sfuggire l'astio
con cui la ragazza parlava di Ichigo e l'idea lo innervosiva.
Prima Kisshu, poi lei; e nemmeno
Taruto si salvava.
Sembrava che tutti fossero
completamente incapaci di vedere le loro avversarie come quello che erano:
misere entità inferiori e da considerare solo come meri ostacoli alla loro
missione.
Pregò che quantomeno, visto che i
suoi sentimenti non sembravano molto positivi, gli usasse in maniera
costruttiva contro le terrestri.
Voltò la testa di scatto, scosso
da un brivido.
Un
chimero…?
Cosa ci faceva un chimero così
lontano da loro? Non si era neppure accorto che se ne fosse allontanato uno…
« Sempai, tutto a posto? »
« Certo. »
Mentì lui. Probabilmente si stava
sbagliando e tornò al suo lavoro, tentando di ignorare quella flebile fragranza
di mare che sentì appena si voltò.
Come poteva sentire odore di mare
quando si trovava quasi in montagna?
Non aveva alcun senso, perciò era
qualcosa che poteva perfettamente ignorare.
Eppure il profumo non scomparve e
neppure il lieve nervosismo che lo aveva colto.
Una
cosa senza alcun senso.
Ma di cose assurde ne sarebbero
accadute a sufficienza, da quell'esatto istante; abbastanza da bastargli per il
resto della vita.
(*) voi non lo odiate mortalmenteeeee +_+**?!?!
Kisshu/Ryou/Pai/Taruto/Aisei/DeepBlue: Sì!!
Ichigo: Masayaaaç_ç""!
(**) episodio 13
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Ok, eccoci qui ^w^!
Ooooh, ma quanto mi divertirò nel prossimo capitolooo
^w^!! *sbava felice*
Iiiiiiih aiuto! Perdonoooo!!! Omamma ma da
quant'è che non aggiorno?!? COSI' TANTO?!? Ok, vado a nascondermi sotto un
sasso ç_ç""!
Chiedo perdonissima! L'ispirazione mi aveva abbandonato, ma mi sono
sforzata di non far morire la storia e così… Sono tornata!
Kisshu: ma se la lasciavi morire era uguale… Magari se morivi
pure te…
*SBATABAPAAAM!!*
Kisshu viene proiettato nell'iperspazio.
Ok, ho perso anche troppo
tempo! Vi lascio al nuovo capitolo, ci vediamo in fondo!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.06
– Baka! Non possiamo essere amici! Se prendi questa mano, io ti aiuterò
Le MewMew corsero a più non posso
per raggiungere il punto in cui Keiichiro e Ryou avevano rilevato il chimero.
Ichigo compì l'ennesimo balzo e divorò un'altra decina di metri in pochi
istanti, il viso sempre più arrossato per la fatica e lo sguardo preoccupato.
Perché Retasu era lì? Perché doveva essere lì, anche se non
rilevavano il segnale del suo ciondolo; doveva essere lì, o la presenza del
chimero non avrebbe avuto alcun senso.
Ma perché lì, perché così
distante, perché lei?
Un movimento alla sua destra la
innervosì ulteriormente. Guardò preoccupata Ao No Kishi, che correva al suo
fianco perfettamente in salute.
Cosa che doveva essere
impossibile. Quantomeno strana.
« Saresti dovuto rimanere a
riposarti. »
Fu l'unica cosa che riuscì a dire
la rossa. Il ragazzo le sorrise appena:
« Dove vai tu, vado io. – disse
dolce – Sarò sempre accanto a te. »
Lei fece un sorriso tirato e
tornò a concentrarsi sulla corsa.
Arrivarono al punto segnalato da
Masha dopo una ventina di lunghissimi ed estenuanti minuti. Tutti restarono
pietrificati alla vista dell'orda di chimeri che si affollava di fronte a loro,
e forse per questo nessuno notò il forte tremolio, come d'aria rovente, che si
stagliava alle spalle dei mostri.
« Chimeri…! E sono a centinaia…!
»
Gemette MewMinto. Vicino a lei
MewPurin perlustrò attorno, agitata:
« Ma dov'è Retasu nee-chan? E gli
alieni? »
« Se vuoi la nostra presenza,
bambina… »
Uno schiocco sordo e tre ombre
note saettarono di fronte ai chimeri.
« Basta chiedere. »
Successe tutto in una frazione di
secondo. Appena Aisei ebbe terminato la frase e lei, Taruto e Pai si furono
teletrasportati, l'alieno più grande generò una raffica di ghiaccio che scagliò
contro gli avversari; subito i chimeri accompagnarono il colpo gettandosi sui
terrestri, e in un istante fu il caos.
I fulmini e le raffiche di vento
del ventaglio di Pai confondevano i sensi, soffocando i combattenti e
riempiendo l'aria di polvere rendendo in poco tempo impossibile capire, nel
marasma di mostri che zigzagavano da ogni lato, chi fosse vicino a chi, alleato
o nemico che fosse.
MewIchigo continuava a calciare e
distruggere chimeri, ancora, ancora e ancora, un fiume di creature stridenti
che non le lasciavano neppure il tempo di pensare a dove la stessero spingendo.
Non vedeva nulla, solo ombre confuse, movimenti sfuggenti, zanne e artigli. La
sagoma di una delle amiche, il bagliore di un colpo. La chioma di Ao No Kishi.
E ancora zanne, artigli, polvere, lampi che blandivano pelle e orecchie.
Un chimero troppo coraggioso la
colpì alla testa e lei cadde indietro, rotolando un po' più distante dalla
bolgia. Mentre si alzava dolorante, con la coda dell'occhio, riuscì a
distinguere un altro gruppetto di chimeri che incalzava il suo amato e lo
spingeva in una misteriosa barriera, oltre cui lui cadde con un urlo.
« Masaya-kun! »
Senza pensare, lo seguì e
scomparve.
Ao No Kishi continuava a fendere
l'aria con la spada e distruggere chimeri, ancora, ancora e ancora, un fiume di
creature stridenti che non gli lasciavano neppure il tempo di pensare a dove la
stessero spingendo. Non vedeva nulla, solo ombre confuse, movimenti sfuggenti,
zanne e artigli. La sagoma di una delle ragazze, il bagliore di un colpo. La
coda nera di Ichigo. E ancora zanne, artigli, polvere, lampi che blandivano
pelle e orecchie.
Un paio di chimeri lo spinsero di
lato, schiantandolo contro un alberello solitario poco distante. Mentre
riprendeva lucidità, con la coda dell'occhio, riuscì a distinguere un altro
gruppetto di chimeri che incalzava la mewneko e la spingeva in una misteriosa
barriera, oltre cui lei cadde con un urlo.
« Ichigo! »
Senza pensare, la seguì e
scomparve.
Aisei si sollevò un poco di quota
sopra la battaglia e sogghignò.
Ad una delle estremità della
barriera, MewIchigo correva in soccorso di Ao No Kishi. Dalla parte opposta,
era invece Ao No Kishi a correre in suo soccorso.
Il sorriso dell'aliena si
allargò, ci erano cascati.
« Sempai, è ora! – urlò in
direzione di Pai – Lascio il resto a voi! »
Scomparve senza aspettare
risposta. Pai osservò appena il punto in cui prima si trovava la bruna e poi
guardò ancora in basso.
Tutto procedeva secondo piani,
non restava che verificare le loro supposizioni. E sistemare le altre MewMew.
Contò distrattamente e solo
allora se ne rese conto. Quando lo capì si irritò della cosa, ma la
constatazione non smise comunque di assillarlo.
Mancava MewRetasu.
***
La mewfocena schivò un nuovo
schizzo di acido e caracollò sul ciglio della collinetta alle sue spalle,
sbatacchiando contro la barriera. Col fiato grosso e il viso contratto dalla
paura tentò di colpire il chimero col suo Ribbon
Lettuce Rush, ma la creatura scartò di lato e il colpo centrò uno dei
tentacoli senza provocare grandi danni, anche se l'essere mandò un acuto
strillo di dolore.
MewRetasu guardò disperata e
confusa l'alieno che fluttuava sopra di lei, cercando di capire cosa volesse da
lei e perché l'avesse attaccata a quel modo, isolandola dalle compagne. Kisshu,
però, non dava neppure più segno di considerarla e guardava fisso un punto
lontano verso est con aria cupa.
Il ragazzo ne era ormai certo, da
quella parte c'era un altro chimero. E al suo udito fine, forse complice un
vento favorevole e sadico, o forse solo la sua ossessione, arrivava
distintamente l'eco di un campanellino.
Ichigo.
Strinse le dita e le nocche
candide divennero ancor più pallide.
Doveva aspettarselo. Era troppo
strano che Deep Blue gli affidasse un compito dopo quanto aveva combinato, e
anche il recuperare forze vitali… A quel punto non aveva senso.
Si era fatto fregare da Aisei.
Di
nuovo.
« Sono un idiota. »
Guardò con sprezzo la terrestre sotto
di lui e riportò lo sguardo sulla barriera. Se in quel momento fosse uscito
forzando il campo di forza non sapeva come avrebbe potuto reagire il chimero:
forse si sarebbe distrutto, o forse avrebbe cercato di attaccarlo.
Ancora un tintinnio impercettibile,
argentino e distante.
Kisshu si slanciò di lato e come
si aspettava sbattè contro la barriera, ma a differenza di quanto accadeva a
Retasu per cui lo scudo era come un muro, al tocco del ragazzo la superficie
era compatta ed elastica e reagiva alla pressione della sua mano deformandosi.
Lui fece ancora forza e il chimero strillò prendendo a contorcersi: le
vibrazioni che le spinte di Kisshu provocavano sulla barriera si percuotevano
sul corpo della creatura, come scariche elettriche in un circuito, e la bestia
scattava e gemeva ad ogni scossa agitando convulsa i tentacoli. Retasu osservò
la scena impotente e attonita, ascoltando Kisshu imprecare contro la barriera
che non cedeva:
« Avanti…! »
***
« Che ti prende? »
Pai non rispose alla domanda di
Taruto e continuò a tenere la testa voltata, gli occhi ridotti a due fessure.
Non gli piaceva per nulla la vibrazione che avvertiva sulla pelle: si trattava
sicuramente di un chimero, ma così forte… Se fosse sfuggito a lui e Taruto non
avrebbe emesso tanta energia, quelli che avevano creato erano solo dei
diversivi che ricevevano la loro forza dal loro numero, e sarebbe occorsa
almeno la metà di quanti aveva di fronte per eguagliare ciò che sentiva. Senza
contare che la vibrazione era molto irregolare.
« Non dirmi… –sbuffò seccato – Quello stupido di Kisshu…! »
Si chiese che razza di piano
avesse architettato Aisei per tenerlo alla larga.
Sfogando la sua irritazione Pai
sferzò l'aria con una cascata di schegge gelate. Da ovest avvertì un'altra
violenta ondata d'energia e si fermò ancora. Con stizza fece scomparire il suo
ventaglio e sbuffò:
« Taruto, lascio a te il resto. »
« Che?!? »
« Sta succedendo… Qualcosa. Quello stupido di Kisshu… –
borbottò a denti stretti – Il piano è avviato, cerca di sbarazzarti di questi
scocciatori. Torno quanto prima. »
« E-ehi! Pai, aspetta! »
Ma il compagno era già sparito.
« Oh, insomma! Sempre a me i
compiti ingrati! »
***
Kisshu diede un'altra spinta più
forte e il chimero gemette con un acuto quasi straziante. La creatura mosse i
tentacoli alla cieca, furente, cercando di fermare il suo padrone ma incapace
di colpirlo per davvero. Kisshu scacciò con un calcio un uncino che gli sfiorò
la gamba, caricò indietro e si lanciò ancora contro lo scudo.
Finalmente questo si piegò e il
ragazzo avvertì un rivolo d'aria.
Pai arrivò in pochi istanti al
punto da cui proveniva l'anomalia e non potè evitare di preoccuparsi. Qualunque
cosa ci fosse aveva creato una distorsione nell'aria tale che il paesaggio
sembrava immerso nell'acqua di un mare agitato: cominciò quasi a sperare che si
trattasse di un chimero fuori controllo, e non di qualcosa di peggio.
Eliminò gli ultimi metri nello
stesso momento in cui Kisshu sfondava lo scudo. Non scorse l'altro ragazzo, ma
solo un bagliore che lo accecò; l'energia per un secondo parve esplodere,
invece tornò indietro trascinando Pai con sé e lo scudo si ricompose con un
botto, imprigionandolo. Pai tentò di capire come reagire, ma appena ebbe aperto
un occhio qualcosa lo centrò alla schiena schiantandolo a terra.
Il ragazzo assecondò l'impatto
per ammortizzarlo, rotolando nella polvere, e quando aprì gli occhi la
preoccupazione si acuì.
Il chimero di fronte a lui – di
sicuro, opera di Kisshu, anche se non lo scorgeva in giro – si agitava come tarantolato,
schizzando acido ovunque e prorompendo in sbraiti acuti; i suoi occhi grandi e
con la pupilla orizzontale erano spalancati e, come Pai temeva, neri e lucenti
come ebano. Allungò istintivamente la mano verso la barriera e ricevette una
piccola scossa. Impossibile uscire. La preoccupazione vibrò un secondo in pura
paura.
Ma bastò voltarsi dall'altra
parte e una stretta ben diversa gli serrò lo stomaco, qualcosa che assomigliava
fin troppo ad esasperazione, quando incrociò due attoniti occhioni verdi che lo
studiavano confusi.
« … MewRetasu. »
***
Kisshu arrivò di volata alla
barriera dentro cui Ichigo e Ao No Kishi erano scomparsi. Gli ci volle una
frazione di secondo per scorgere Taruto intento a tenere a bada tre MewMew con
un esercito di chimeri, ma ancora meno per non vedere né Ao No Kishi, né Aisei,
né Ichigo. Il suo cuore perse un battito e frugò attorno con lo sguardo per
trovare il familiare abitino rosa, ma intuì solo l'enorme barriera alle spalle
di Taruto.
Senza farsi notare Kisshu vi ci
gettò immediatamente all'interno. Subito ogni rumore della battaglia svanì e il
ragazzo si trovò di fronte un complesso labirinto di rocce, buchi e gole, che
si inerpicava sul fianco di una montagna. Fluttuò incerto, finchè in lontananza
non udì la voce di Ichigo che chiamava Aoyama.
« Che diavolo hanno in mente
quegli altri tre…?! »
***
« … MewRetasu. »
« P-Pai-san? Cosa…? Cosa… »
La ragazza non capiva più niente.
Prima Kisshu l'attaccava con un enorme chimero polipoide sputa acido,
imprigionandola e godendosi lo spettacolo della sua lotta, lasciandola poi al
suo destino fino ad andarsene del tutto causando, a quel che aveva capito, uno
scompenso nel chimero che se possibile era diventato ancora più feroce; infine,
dal nulla spuntava Pai che era stato appena bastonato dal chimero sopracitato e
in quel momento, in ginocchio e un po' malconcio, la guardava seccato come un
adulto verso un bambino petulante.
« Cosa fai… Qui? »
Pai si rimise in piedi e sbuffò:
« Ti sembra logico chiedere una
cosa simile ad un avversario, invece di attaccarlo? »
Alle sue parole MewRetasu strinse
le dita attorno alle sue nacchere, ma non si spaventò comunque più di tanto:
sporco di terra e con la guancia graffiata dopo essere stato malmenato da ciò
che – almeno da copione – avrebbe dovuto essere suo alleato, Pai non era molto
convincente.
Il chimero strillò nuovamente e
Pai fece comparire il suo ventaglio; con stupore di MewRetasu, però,non lo puntò alla gola della ragazza, ma
invece portò l'attenzione alla creatura che – Retasu si convinse di essere
impazzita, perché era una cosa illogica – lo squadrava minaccioso schioccando
la bocca.
« Cos'è quello…? »
La domanda le sorse
spontanea.Anche se non aveva subito
alcuna mutazione evidente per lei, MewRetasu era sicura che il chimero non
fosse più lo stesso da cui era fuggita fino a pochi minuti prima; rimase basita
quando Pai le rispose:
« Un chimero velagigos(*). »
Lei non rispose, non capendo, e
Pai aggiunse mentre indietreggiava guardingo:
« Un chimero che agisce
autonomamente… »
« Autonomamente?! »
La bestia schioccò ancora i denti
e MewRetasu si coprì la bocca con le mani, soffocando istintivamente un urlo;
aveva l'idea che il chimero fosse un po' confuso e faticasse ad individuarli.
Che fosse così o meno, Pai le fece un lievissimo cenno d'approvazione per il
gesto e continuò sussurrando:
« I chimeri eseguono ordini
precisi, difficilmente escono dal loro schema. Se questo viene interrotto a
forza, a volte succede che l'alterazione del DNA abbia il sopravvento e si
trasformino… Diciamo in esseri viventi veri e propri. »
La creatura sbattè forte a terra
un tentacolo e mosse la testa frenetica tornando più attiva. MewRetasuimitò Pai, che cercava una via d'uscita
evidentemente inesistente, e bisbigliò:
« Kisshu-san ha perforato la
barriera per uscire… »
Lo mormorò tra sé e sé
riflettendo ad alta voce, ma a Pai non sfuggirono le sue parole. Schioccò la
lingua furioso, Kisshu non aveva la più pallida idea di come non si creavano problemi!
Il chimero puntò gli occhi neri
sui due prigionieri e MewRetasu credette con orrore di vederlo sorridere.
« Ora per lui – tagliò corto Pai
– siamo entrambi due piccoli stuzzichini. »
***
Ichigo correva disperata tra le
rocce e i sentierini impervi rischiando più volte di scivolare e precipitare
nelle profonde gole che ululavano ai lati del percorso. Chiamò ancora Masaya
con voce strozzata, quasi in lacrime, ma le rispose solo la sua voce
echeggiando tra le mura di pietra.
Eppure era caduto così vicino a
lei…! Come poteva essere scomparso?!
La paura le gelava il sangue
facendola correre più veloce, sempre più affannata, chiamando il ragazzo sempre
più a gran voce; di quando in quando aveva l'impressione che qualcuno le fosse
vicino, ma appena voltava la testa scorgeva solo l'ombra della sua coda che si
ritirava.
« Masaya -kun…. Dove sei?! Masaya
-kun! »
Masaya accelerò l'andatura,
chiamando Ichigo con quanto fiato aveva in corpo. Aveva perso la ragazza appena
entrato nella barriera, eppure era caduta a neppure un paio di metri da dove si
trovava lui.
Avvertì una stretta poderosa allo
stomaco che gli diede quasi la nausea, se le fosse accaduto qualcosa…
Scosse la testa e quando si
fermò, la vide.
Un grosso fiocco rosato e una
punta di pelo nero che svanivano dietro una curva.
Il sollievo riempì il petto del
giovane che chiamò ancora la rossa e aumentò il passo. Finalmente l'aveva
trovata.
Aisei osservò soddisfatta i due
ragazzi affannarsi nel dedalo naturale che era il monte che stava sorvolando.
Il suo piano scivolava via come un ingranaggio ben oliato, tutto era perfetto.
Kisshu era impegnato lontano da
lì. Le tre MewMew oltre il labirinto erano tenute occupate dal suo sempai, da
Taruto e da un gremito quanto aggressivo esercito di chimeri e presto sarebbero
capitolate. Ancor più importante, entrambe le sue prede principali erano
intrappolate e alla sua totale mercé, intente ad inseguire delle imitazioni
l'uno dell'altra.
Non le restava che aspettare e
appena Ao No Kishi avesse raggiunto la falsa Ichigo sarebbe scattata la
trappola. Il chimero avrebbe liberato un surrogato di MewAqua realizzato sui
dati raccolti da Pai e, se le loro intuizioni fossero state giuste, avrebbero
avuto conferma dei loro sospetti sull'interazione tra Ao No Kishi e Deep Blue.
Si fossero sbagliati poco male, avrebbe avuto occasione di ucciderlo ottenendo
un nemico in meno da dover combattere.
Nel frattempo, Ichigo avrebbe
trovato il falso Masaya. Non che questo fosse progettato per fare granchè, e in
fondo Aisei non voleva facesse nulla: le bastava che Ichigo fosse sola, lontana
dal suo cavaliere e dalle sue petulanti compagne. Al resto avrebbe pensato lei.
Ridacchiò maligna e deliziata
all'idea di potersi sbarazzare della gatta e fluttuò elegante qualche metro più
in là, per mantenere sempre i suoi bersagli sott'occhio. Era snervante vedere
che avrebbero dovuto correre ancora un po' come topolini in mezzo al labirinto,
prima che lei potesse gustarsi il suo divertimento, ma avrebbe aspettato: non
avrebbe rovinato tutto con colpi di testa o azioni insensate, doveva seguire il
piano.
Non
sono mica Kisshu.
A quel pensiero strinse le dita
attorno alla pietra che teneva sul petto e le si rovesciò lo stomaco.
Da quando il ragazzo aveva visto
la gemma era diventato difficile non pensarci, ma era consapevole di dover
scacciare ogni più piccola idea sull'argomento. Non era il momento, non era il
luogo, ma soprattutto non avrebbe avuto alcun senso. Ormai si erano rotte
troppe cose, si era detto troppo. Rinvangare il tutto per una speranza – una
stupida, insensata speranza – era inutile e disturbante.
Riportò di scatto la mano lungo
il fianco e strinse il pugno, le belle sensazioni malevole di poco prima
completamente evaporate:
« Non essere scema. »
Concentrarsi. Concentrarsi.
Era lì per il suo pianeta. Per la
sua gente. Per sua sorella. Non era lì per nessun altro motivo.
Si rialzò di quota e si portò
proprio sulla cima del monte, in posizione di vedetta. I suoi occhi di giada si
erano fatti più duri e la sua impazienza era alle stelle.
« Avanti. Muovetevi. »
***
Taruto evitò per un pelo un Ribbon Mint Echo e mandò una piccola
squadra di chimeri contro la mora, immediatamente soccorsa da MewZakuro.
Il brunetto strinse le braccia
lungo i fianchi indispettito, così era troppo! Lui era forte, ma contro tutte e
tre quelle MewMew anche lui poteva avere qualche problema!
« Tutto perché quegli idioti di
Kisshu, Pai e Aisei vanno a farsi i loro piani per i fatti loro e mi lasciano
senza darmi una mano! »
Guardò MewPurin imprigionare una
decina di chimeri nel Pudding Ring
Inferno e imprecò sempre più arrabbiato:
« Ora mi avete rotto! »
Fece comparire tra le mani
quattro para-para e li lanciò nel terreno. Nodosi rami di rovo spaccarono la
terra uscendo con fragore e serpeggiarono verso le tre MewMew, pronti a
colpire: il primo passò sotto a dieci chimeri e afferrò MewMinto alla caviglia
strappandole un gemito di dolore; il secondo si avventò su MewZakuro, non
riuscendo a bloccarla ma ingaggiando con lei una sfida a colpi di frusta,
impedendole di correre in soccorso dell'amica.
« Minto nee-chan! »
Il terzo ramo cercò di bloccare
MewPurin, ma la ragazzina lo ruppe a metà con un calcio deciso. Il quarto tentò
la stessa manovra, ma la biondina lo schivò e, dopo averlo centrato, si lanciò
contro chi lo aveva evocato: Taruto non fece in tempo a schivare e precipitò al
suolo, con MewPurin a cavalcioni su di lui che gli bloccava i polsi. Lui non
seppe se essere più furioso per la solita reazione per nulla spaventata di lei,
o perché avvertì chiaramente la faccia andargli a fuoco.
« Scendi immediatamente, brutta
scimmia bionda! »
« No se non prometti di
smetterla, Taru-Taru! – sbottò lei in risposta – Non ti farò più far del male
alle mie amiche! »
Taruto digrignò i denti e si
agitò tentando di divincolarsi:
« Non…! Chiamarmi…! A quel modo…!
»
Con un movimento improvviso
riuscì a liberarsi un braccio e afferrò MewPurin per la spalla, gettandola di
lato, e si rimise in piedi squadrandola minaccioso:
« Possibile che non ti entri in
quella testaccia?! – berciò scarlatto in volto – Io e te siamo nemici! Nemici, la capisci questa parola?! »
MewPurin non gli rispose e si
alzò anche lei, l'espressione torva.
« Lo capisci che devi smetterla
di chiedermi di non attaccarvi?! È la mia missione! »
« Una missione stupida! »
Sbottò lei.
« Stupida?! Voi umani avete
invaso e rovinato la nostra casa, noi vogliamo solo riprendercela! »
« E per questo distruggete il
pianeta coi vostri attacchi?! – gli rimbrottò – È vero, gli umani hanno fatto
un sacco di danni, ma non per questo potete distruggere tutto, o far del male a
persone che non c'entrano niente! »
Taruto non le rispose serrando i
pugni.
« … E cosa dovrei fare secondo
te? – borbottò cupo – Tornare a casa e dire "mi dispiace, non mi va di
aiutarvi"?! Ci sono un sacco di persone che aspettano il mio aiuto! »
« Ti aiuterò io Taru-Taru! »
Lo disse con un sorriso così
luminoso da spiazzare il ragazzino, che la fissò ad occhi sgranati:
« Vedrai, troveremo un modo.
Basta smettere di farsi questa stupida guerra! Ti aiuterò a salvare tutti i
tuoi amici. »
Lui continuò a fissarla
imbesuito, incapace di credere che stesse dicendo sul serio simili
stupidaggini.
« Gli amici di Taru-Taru sono
miei amici! »
« Ma sei scema?! Ti pare che
possa essere così semplice?!? »
Lei continuò a sorridergli e
Taruto si sentì come il giorno che aveva lottato con MewPurin sotto al Tokyo
Dome: quel sorriso così sincero e contento, come se loro due fossero davvero
amici lo colpiva dritto al petto, confondendolo e facendogli accelerare il
cuore in modo stupido.
« Noi non possiamo essere amici.
»
Aggiunse a fatica con tono
sepolcrale. Prima che MewPurin dicesse altro lui si alzò in volo e richiamò i
chimeri, che gli si distribuirono attorno ruotando disciplinati in cerchi
concentrici; il ragazzino allargò le braccia e puntò gli occhi dorati su
MewMinto e MewZakuro, ignorando completamente la mewscimmia sotto di lui.
« È ora di farla finita! »
Con uno scatto abbassò le braccia
e i chimeri gracchiarono all'unisono lanciandosi in tutte le direzionicircondando le avversarie: impossibilitate a
reagire, le tre terrestri si ritrovarono bersagliate da ogni lato dalle
creature, che zigzagavano colpendole senza lasciare il minimo spiraglio di
difesa. Taruto cacciò un grido di incitamento e le bestie lo imitarono. Lui
silenziosamente ringraziò del gesto, perché i loro versi coprivano i gemiti di
dolore delle ragazze molto meglio di quanto non facesse la sua voce:
« Voialtre crepate qui e adesso!
»
***
« Fuu Hyou Sen! »
La raffica glaciale si cristallizzò
attorno a due tentacoli del chimero, che si schiantarono a terra imprigionati
nel ghiaccio; la creatura ruggì in protesta e agitò una delle propaggini
libere, facendo schioccare l'uncino sulla cima e gettando verso Pai una pioggia
di acido. Il ragazzo si teletrasportò rapido al sicuro, una, due, tre volte,
lasciando cerchi bruciacchiati e fumanti nel terreno colpito al suo posto, ma
la barriera non concedeva troppo spazio di manovra e, all'improvviso, evitando
l'ennesimo colpo si ritrovò sotto la mira delle braccia del chimero: troppo
vicino riuscì a sfuggire ai goffi movimenti dei tentacoli, ma non alla sua arma
ad acido che lo centrò sulla schiena. Paigemette e si allontanò fulmineo, terrorizzato dallo sfrigolio e dal
bruciore che avvertiva alle sue spalle; cercò di non perdere lucidità, si sfilò
rapido la maglia e la gettò a terra con rabbia, studiandola nervoso mentre si
accartocciava e disfaceva in piccoli brandelli e tentò di toccarsi la spalla,
ritraendo subito le dita dalla ferita: avesse aspettato un secondo di più non
sarebbe stata solo la pelle a piagarsi.
Il chimero inarcò all'indietro la
schiena molle e strillò acuto. Pai, ancora preso dal colpo ricevuto, si accorse
troppo tardi che lo stava attaccando un'altra volta.
« Ribbon Lettuce Rush! »
L'enorme getto d'acqua scagliò la
creatura dal lato opposto della barriera e le strappò un aspro uggiolio di
dolore mentre la superficie trasparente e lucida vibrava all'impatto.
« Tutto a posto?! »
Pai non rispose e per la prima
volta da quando lo conosceva, MewRetasu gli vide in volto un'espressione
allibita.
« … Sei per caso stupida? »
« C-come…? »
« Mi stai aiutando? »
Se il sarcasmo fosse stato solido
Retasu avrebbe ricevuto un colpo in pieno viso. Arrossì fino alla punta delle
antenne e mormorò:
« S-sì… »
« Di tutte le cose assurde che ho
visto fare a voi umani, credo che questa sia la più sciocca. »
« C-c-c-co…? »
« Una guerriera che salva il
proprio nemico è patetica. »
Il gelo e la calma con cui pronunciò
quelle parole in un primo momento paralizzarono Retasu che si acquattò un poco,
indietreggiando; fu un gemito più stridulo del chimero intontito e furente che
si divincolava, a riscuoterla e a farle rizzare le spalle mentre lo guardava
torva:
« Allora siamo in due. »
Il volto di Pai rimase una
maschera d'indifferenza, ma alla ragazza non sfuggì il guizzo di irritazione
che ebbe la sua fronte.
Lui frugò qualunque possibile
risposta a tono, ma non ne trovò. E comunque non avrebbe avuto senso giustificarsi
per una sua azione, priva o meno di senso che fosse, con una sua nemica.
« E io non sono una guerriera, o
un soldato o…! O qualunque altra cosa tu pensi! »
Sbottò e gli diede le spalle
fissando il chimero:
« Non so perché mi hai salvata,
l'altro giorno, ma ti devo la vita e ho intenzione di ripagare. – gli sorrise
appena da dietro la spalla – E non puoi impedirmelo. »
Se Pai si sorprese della sua
risolutezza non lo diede a vedere. Chiuse semplicemente gli occhi e, atono,
tornò a concentrarsi anche lui sulla creatura che aveva di fronte:
« Non essermi d'intralcio, umana.
»
Non aspettò risposta e volò
contro il chimero colpendolo con il Fuu
Rai Sen; la creatura urlò dal dolore ma non si arrestò, cercando di
afferrarlo, e venne ancora bloccata dal Ribbon
Lettuce Rush di MewRetasu. Pai guardò seccato la ragazza che compiva
mostruosi balzi qui e là cercando di non dare respiro al chimero.
Calmo.
Mantieni la mente lucida.
Soffiò tra i denti, la spalla gli
bruciava come l'inferno.
« Fuu Rai Sen! »
Non doveva farsi
irritare da una cosa insignificante come il gesto benevolo di quella ragazza.
Era una sciocca che aveva dimostrato più volte di non essere adatta ad una
guerra, che agisse come meglio credeva lui non aveva tempo di badarle, doveva
sbarazzarsi di quella seccatura di velagigos.
A
lei penserò dopo.
Si teletrasportò
evitando un uncino del mostro e cominciò a colpirlo in punti diversi con
attacchi blandi, cercando un punto debole; i suoi occhi scuri seguivano attenti
la traiettoria dei fulmini senza lasciarsi sfuggire neppure i colpi di
MewRetasu, riuscendo così a controllare più zone contemporaneamente. Il chimero
si dimenava e ruggiva, agitando più velocemente le braccia, ma non crollava né
cedeva.
Non
resta che colpirlo dall'interno.
La creatura
continuava a tenere spalancate le fauci canine, ma era impossibile lanciare un
colpo che le centrasse con sicurezza. Avrebbe potuto mozzargli tutti i diciotto
tentacoli, ma era un dispendio di energie e un rischio, l'essere avrebbe potuto
colpirlo o forse aveva una capacità rigenerante – probabile, conoscendo Kisshu
– e i suoi sforzi sarebbero stati vani.
Indietreggiò un
poco, la sua unica possibilità era colpirlo quanto più velocemente poteva agli
occhi e cogliere la sua distrazione, sperando di avere abbastanza raggio
d'azione.
« Fuu Rai Sempuu Jin! »
Il vento e i
fulmini colpirono in pieno i grandi occhi del chimero, sguarniti di protezione:
la bestia strillò e si contorse, ma ancor prima che Pai riuscisse a scagliare
il secondo colpo MewRetasu lo precedette.
Con un balzo
seguì l'attacco di Pai e si avvicinò quanto più potè alla bocca del mostro, le
nacchere sfoderate:
« Ribbon Lettuce Rush! »
Per un istante
Retasu credette di avercela fatta. Ancora tre metri e il suo attacco avrebbe colpito
il chimero e messo fine alla battaglia.
Due metri.
Uno.
Strillando sempre
più acuto il chimero voltò di scatto la testa e il Ribbon Lettuce Rush si disintegrò contro il suo fianco. Retasu
sgranò gli occhi, terrorizzata e consapevole di non poter interrompere lo
slancio finale del suo salto: il chimero aprì mezza palpebra e subito la centrò
con un tentacolo, bloccandola a terra.
Retasu ebbe la
sensazione che un brutto taglio le si fosse aperto sulla schiena, nel momento
in cui il chimero la schiantava al suolo. Cercò di urlare, ma la voce uscì
strozzata per la pressione e il peso stesso del braccio del mostro e lei
rantolò, tossicchiando; avvertì un sapore amarognolo in bocca e un freddo
angosciante le scese nelle viscere, mentre vedeva il chimero studiarla e
sollevare minaccioso un altro tentacolo. L'uncino mandò un lieve luccichio agli
ultimi raggi di sole che veniva coperto dalle nubi temporalesche e la ragazza
capì: non sarebbe morta per colpa dell'acido, ma l'uncino l'avrebbe trapassata
da parte a parte per poi, probabilmente, renderla lo spuntino pomeridiano della
creatura.
Pensò alla sua
famiglia, al suo fratellino, alla sua dolce mamma, a suo padre; l'idea di non
rivederli un'ultima volta era doloroso quanto la consapevolezza di non aver mai
detto loro la verità sulla sua doppia vita.
Pensò alle sue
amiche, lontane chissà dove e ignare della sua sorte.Avrebbe voluto averle a fianco.
Pensò a Ryou e le
si inumidirono gli occhi; sapeva che l'avrebbe respinta, ma avrebbe voluto
dirgli la verità sui suoi sentimenti, almeno una volta.
Il chimero
ritrasse il tentacolo e ruggì cupo. Retasu chiuse gli occhi e gridò disperata
in attesa del colpo, avvertendolo fendere l'aria.
Non provò alcun
male, forse il taglio era stato talmente immediato da reciderle i recettori del
dolore, come un'ustione troppo ampia faceva provare solo freddo. Il grido del
chimero che seguì immediatamente dopo la convinse ad aprire gli occhi, confusa.
Il tentacolo del
chimero era stato mozzato e proprio in quell'istante si stava schiantando poco
lontano da lei, rotolando lontano. Vide il profilo di Pai, scuro contro la luce
del sole, frapposto fra lei e il chimero, il ventaglio rosso sporco del liquido
gelatinoso di cui era composta la creatura; lui guardò un momento l'essere che
sbraitava agitando l'arto mozzato e subito si voltò verso di lei e le afferrò
un braccio, strattonandola:
« Vuoi muoverti?!
»
Retasu strinse le
dita attorno al suo polso e spinse col braccio libero, tentando di divincolare
le gambe, e con un rumore sordo guizzò via da sotto il tentacolo che la
imprigionava appena prima che un altro le spappolasse la testa.
Si rimise ben
dritta e studiò il ragazzo attonita, senza aver tempo di chiedere nulla. Il
chimero tornò all'attacco martellando il terreno con una serie di colpi a
ripetizione e nel fracasso, cercando di allontanarsi dalle zone d'impatto,
leiudì appena la voce di Pai:
« Fallo di nuovo!
»
« Come..?! »
Mandò uno
strilletto e rotolò di lato, avvertendo l'acido che le abbrustoliva la punta
della coda. Cercò Pai con lo sguardo e lo vide puntare ancora il ventaglio
contro il chimero:
« Fuu Hyou Sen! »
Il colpo colpì il
chimero agli occhi un'altra volta. Lo strato di ghiaccio era spesso e, per
quanto la bestia tentasse diromperlo,
non crollava. Retasu non aspettò un altro richiamo:
« Ribbon Lettuce Rush! »
« Fuu Rai Sen! »
I fulmini
saettarono sul getto d'acqua della MewMew, moltiplicandosi e generando una
coltre protettiva a respingere i tentacoli del chimero che provavano ad
intercettarlo. L'ondata rombò nella bocca del mostro, esplodendo sorda al suo
interno: il chimero lanciò un gemito stridulo che si affievolì poco a poco, si
accasciò e infine si dissolse in cinque innocui para-para che sbatacchiarono
pigri contro la barriera che si dissolveva piano.
MewRetasu
indietreggiò di alcuni passi contrastando il desiderio di lasciarsi cadere a
terra; respirò a fondo, esausta, e guardò Pai che cercava di calmare il respiro
e tornare al suo integerrimo portamento.
Quando voltò lo
sguardo e incrociò quello di MewRetasu avvertì ancorala morsa d'esasperazione allo stomaco,
mescolata con un sentimento così antico da risultargli quasi estraneo, ma che
identificò come imbarazzo.
Aveva ostentato
la sua superiorità battezzando la ragazza come stupida per volerlo aiutare e
lui l'aveva salvata da morte certa. Per la seconda volta.
Restò immobile,
troppo furioso con se stesso per reagire, cercando di interpretare lo sguardo
di MewRetasu.
Gratitudine? Superiorità?
Scherno?
Gli parve più sincera curiosità
e, in un certo modo, consapevolezza di qualcosa a lui sconosciuto.
« Grazie. »
Disse solo lei. Pai non le
rispose.
« Hai usato la conduttività
dell'acqua per potenziare il colpo? »
Lui continuò a tacere e lei lo
prese per un sì.
« Per fortuna ho capito. »
Ancora nessuna risposta. Retasu
approfittò della cosa e insisté:
« Ti ringrazio di avermi salvata.
»
Pai non gradì la frase e la
fulminò con occhi di pietra:
« Faresti meglio a non essere
così amichevole, umana. »
« Io ti devo la vita. – continuò
imperterrita – È un dato di fatto, concedimelo. »
Lui strinse le labbra riducendole
ad una linea. Doveva ammettere che preferiva di gran lunga la ragazza quando
era taciturna. Così… Intraprendente e
con la parlata sciolta, lo irritava più di quanto di solito facessero gli
umani.
« Un gesto di pietà
insignificante. »
Sibilò sprezzante. Retasu però
non si ritrasse:
« Bisogna avere un cuore per
provare pietà(**). »
Lui si soprese dell'affermazione
e rilassò appena lo sguardo, studiandola. Retasu parve meno baldanzosa ora che
Pai la degnava di attenzione, ma raccolse le mani al petto e continuò:
« Lo vedi che… Che non siamo così
diversi? Noi e voi…! Proviamo dei sentimenti, gli stessi sentimenti. Se
provassimo a parlare, a capirci, forse… »
Pai tornò a squadrarla con odio e
si alzò in volo:
« Non potremmo mai capirci,
umana. – soffiò – Come potreste voi capire il nostro dolore? »
« Invece se…! »
Le gettò un'occhiata talmente
glaciale che Retasu avvertì le parole morirle sulle labbra. Lui la scrutò un
ultima volta prima di scomparire:
« Ti conviene smetterla di
tentare su questa inutile strada. O finirai per essere uccisa prima del tempo.
»
Retasu rimase immobile. Una parte
di sé prese a gridare come un ossessa, come le era venuto in mente di parlare
con Pai a quella maniera?! Avrebbe potuto ucciderla!
Ma
non l'ha fatto.
Guardò a terra e poi ancora il
cielo ormai grigio cupo. Un rombo lontano la riscosse e il suo ciondolo,
finalmente, ricevette il segnale dei ciondoli delle altre.
Erano vicine.
(*)
parolina inventata :P, non è che l'anagramma di selvaggio.
(**)
visto che è tanto tanto tanto che non aggiorno :PPP, puntualizzo ricordandovi
che questa storia si svolge più o meno da dopo la scoperta dell'identità di Ao No
Kishi: ogni riferimento di Retasu in questo pezzo viene dall'episodio 41
"Chimero inquinante"
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Ta-ta-ta-ta-taaaah! Suspense!
Tutti: te un poco st***** lo sei, sai?
Ciiiii ^w^!!!
Hehehe mi spiace che l'inizio
sia così "confuso" saltellando da una parte all'altra, ma sapete
com'è dovendo gestire tante scene ho dovuto arrangiarmi :P! *squilli di trombe*
cosa sarà successo a Kisshu, Aisei, Ichigo e l'ameboide biondo mentre Retasu e
Pai-chan combattevano?
Pai: ritira quel "chan" o ti surgelo fino alla
prossima fine del mondo -.-**…
Secondo i Maya
potrebbe essercene una seconda tra non molto, quindi ci resto poco ^-^!
Kisshu: non ci stavano granchè quelli, lasciatemelo dire -.-!
Cosa farà Taruto in
evidenti crisi di coscienza?
Taruto: *parolaccia intraducibile*
Voglio rinnovare i
miei super ringraziamenti sentitissimi, correlati di tanti baci e tanto amore Aira_chan, Danya, Fujuki_Matsui97, Viola_Merida_32
e a Amuchan♥!! Grazie del supporto
ragazze, spero non mi abbandonerete per il MOSTRUOSO RITARDO!! Vi voglio
rassicurare, ho preparato i prossimi capitoli per cercare di aggiornare tutto
con la stessa frequenza di Crossing: perciò vi mando
tanti bacini e vi dico CI VEDIAMO TRA UN MESE! Mata
ne~♥
Mi stavo limitando a
salutare tutti i lettori adattandomi al momento in cui leggeranno il capitolo,
cafone!
Kisshu: quanto sei tuonata -.-"!
Ok io ho appena finito
gli esami e sono esausta! Finalmente ho una settimana per riposarmi e
soprattutto scrivereee! Disegnareeee!
Dormireeee! (è impazzita…) Aggiorno immediatamente
GG&ETcosì posso pareggiare la
pubblicazione con Crossing e (non diciamolo troppo
forte!) potrò aggiornare ogni paio di settimane.
Kisshu: e ci crediamo tutti…
*rumore di padellata
in fronte* Scopriamo cosa è accaduto ai quattro occultati dalla barriera di
Aisei! Come si risolverà il piano dell'aliena contro Ao No Kishi? *musica di
sottofondo*
Ryou: sembra la presentazione di un telefilm di infima
categoria… E ci tengo a precisare che pure in questo capitolo non compaio
-.-""…
Ma tesshoro!
Questo non è il tuo momento ^-^! Anzi, onestamente non so nemmeno quanto
comparirai in questa fanfic ^^""…
Ryou: Che?!
Devo andare prima che
gli venga la crisi mistica, buona lettura ci si vede in fondo!!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.07
– Combatti! Combatti! Combatti! Io ho paura di…
Ichigo ormai era esausta.
Da quanto cercava Masaya nel
labirinto roccioso? Ore? Minuti? Le parevano giorni.
Tirò forte su col naso e si fregò
il guantino contro gli occhi, doveva cercare di contenere l'ansia e la paura.
Doveva fare come Zakuro, essere fredda e concentrata, non sapeva cosa poteva
esserci lì dentro anche se non aveva incontrato nessuno e nulla fino ad allora.
Il pensiero, invece di calmarla,
le scatenò una nuova scarica di brividi freddi lungo la schiena.
E se qualcosa ci fosse stato, ma
invece di colpire lei avesse attaccato Masaya?
« Aoyama-kun! »
Le rispose ancora solo e soltanto
l'eco della sua voce tremula. Prese due respiri affannosi, guardandosi attorno,
e si ritrasse di colpo quando il piede che aveva mosso senza guardare si
ritrovò a penzolare nel vuoto, il bordo del sentiero che franava sotto di esso;
si accostò alla parete tenendosi una mano al petto, il cuore le batteva come un
tamburo.
« Aoyama-kun… »
***
MewMinto riuscì a liberarsi del
rovo attorno alla caviglia e svolazzò confusamente, cercando di uscire dalla
nebbia di chimeri che le feriva ogni centimetro del corpo raggiunto dai loro
becchi storti. Sentì uno strillo più acuto di MewPurin e si voltò di scatto
tentando di vederla nella confusione, ma distratta non notò il chimero che
puntava alla sua testa: avvertì il bruciore fulmineo del taglio e sbandò in
malo modo, rotolando a terra prima che un'onda di chimeri in picchiata la
falciasse.
Sopra di lei e le altre, Taruto
continuava ostinatamente a starsene rannicchiato con gli occhi così stretti da
farsi venire mal di testa. Ormai tratteneva i chimeri a fatica, erano troppi
per lui solo, ma non voleva che smettessero di riempire l'aria dei loro gridi,
degli schiocchi dei loro becchi e del frusciare delle loro piume.
Udì MewPurin chiamare MewMinto e
strillare, ansimando mentre distruggeva alcuni dei mostri.
Non
voglio.
MewZakuro tentò di contrattaccare
ma venne atterrata da una nuova ondata, mandando un sommesso ringhio di dolore.
Non
voglio sentire.
MewMinto chiamò la sua sempai,
biascicando ancora intontita dalla botta alla testa, e lanciò una delle sue
frecce che esplose forse troppo vicino, perché lei subì il contraccolpo e fu
scagliata indietro.
Non
voglio sentire.
Non
voglio sentire.
Non
voglio.
Non
voglio!
Non riusciva più a sopportarlo.
Insisteva a voler mantenere un atteggiamento forte, spietato, ma ogni colpo che
infliggeva lo faceva stare talmente male che era come picchiarsi da solo. Che
senso aveva combattere a quel modo?
« Ma non posso… Io… »
Non poteva neppure immaginare una
cosa simile.
Lui aveva un compito importante.
Non aveva dimenticato la sua casa, non aveva dimenticato né il freddo né la
fame; non aveva scordato i suoi genitori lontani, tutti coloro che facevano
affidamento su di lui e sugli altri. Non aveva cancellato un solo giorno la
rabbia verso ciò che gli umani avevano fatto alla loro patria originale.
Allora perché lo disgustava tanto
continuare a lottare?
Sentì il grido di lotta di
MewPurin e la vide afferrare un chimero per poi usarlo come proiettile,
lanciandolo contro i suoi simili; altri che le svolazzavano attorno tentarono
di fermarla, ma lei balzò sulle loro schiene e li usò come percorso per
allontanarsi dalla calca,imprigionandone un'altra decina in uno dei suoi budini. Le creature non
gradirono e accelerarono l'andatura, così Purin non vide il rovo-chimero ancora
attivo che serpeggiava contro di lei.
Il grido soffocato che emise fu
raggelante. La biondina impallidì, ma ringraziò i riflessi allenati che le
fecero subito serrare le mani attorno al ramo, incuranti delle spine, mentre
questo la sollevava impiccandola.
« MewPurin! »
La voce di Zakuro si perse nello
stormire sempre più scatenato dei chimeri. Le compagne della mewscimmia
tentarono di raggiungerla, invano. Purin cercò di liberarsi, ma il rovo
stringeva e stringeva; presto le sue dita persero sensibilità e lei percepì le
spine graffiarle sempre più profondamente la pelle delle mani e del collo,
sempre più a fondo, sempre più giù…
« FERMATIIII!! »
« Ribbon Zakuro's Pure! »
Anche nel frastuono Purin percepì
con certezza la voce di Taruto, quasi contemporaneamente a quella di MewZakuro
che roteò la sua frusta ingigantendola come mai aveva fatto, spazzando via
tutti i chimeri in un solo colpo.
La mewwolf cadde ginocchioni,
spossata dall'attacco che aveva richiesto troppo alle sue forze; lo sguardo
annebbiato, vide MewMinto correrle incontro e MewPurin cadere dolcemente a
terra e sospirò sollevata. Poi sollevò la testa e tentò di aprire di più gli
occhi, incerta su ciò che stava vedendo.
Taruto era vicino a MewPurin, il
ramo che aveva imprigionato la biondina tra le mani come se lo avesse
strappato, il fiato corto e lo sguardo spaventato che andava a riempirsi di
sollievo.
Se ne accorse anche Purin e lo
stesso brunetto. Lì per lì parve sorpreso, poi un po' indispettito e confuso;
lo guardarono gettare il mostro vegetale già inerme a terra e diventare triste
e impaurito, prima di scomparire con un rumore sordo.
« Taru-Taru! Aspetta! »
Il richiamo di Purin si perse nel
nulla.
Le tre ragazze rimasero immobili,
scambiandosi poi la stessa occhiata interdetta; Purin era appena più contrita,
ma tutte pensavano la stessa cosa. Nessuna di loro poteva negare che Taruto
avesse salvato la piccola del gruppo, qualunque fosse stato il motivo per
farlo. Ciò che era sicuro, era che non
avrebbe dovuto farlo e della cosa era consapevole anche lui, vista la
faccia che aveva fatto.
« E ora…? »
MewZakuro intuì che Purin volesse
concludere la frase con "cosa succederà a Taru-Taru?", ma la biondina
lasciò il discorso in sospeso e lei non le rispose.
Sentirono qualcuno chiamarle in
lontananza e un barlume di sollievo le distrasse, mentre scorgevano MewRetasu
correre loro incontro.
« Ragazze! »
« Onee-san! »
« Retasu! Stai bene?! »
La verde annuì alla domanda di
Minto, sebbene le varie escoriazioni, graffi, bruciature e strappi sugli abiti
davano ad intendere ben altro.
« Cos'è successo? »
« Io… Io non lo so, Zakuro-san. –
ammise sconfortata – Kisshu-san mi ha attaccata, poi… »
Ripensò a tutto quanto accaduto e
le parve ancora più assurdo, tanto che non credette neppure fosse sensato
riportarlo.
« Ma dove sono Ichigo-san e Ao No
Kishi-san? »
Le altre tre sobbalzarono. Era
successo tutto così in fretta che il pensiero di non scorgere più i compagni
non le aveva colte.
MewZakuro socchiuse gli occhi e
compì qualche rapido passo verso le spalle di MewMinto: ai suoi occhi acuti non
sfuggì più la vibrazione dell'aria di fronte a sé e, attenta, allungò la mano
per capire.
« Onee-sama…! »
La mora avvertì un leggero
pizzicore, ma non dolore, e la sua mano scomparve oltre una coltre sottile come
un capello.
« Dite che Ichigo è lì dentro? »
Zakuro indietreggiò e impugnò più
saldamente la sua frusta:
« Non ci resta che scoprirlo,
Minto. »
***
Masaya svoltò oltre una curva,
poi un'altra poi un'altra ancora, rimanendo sempre un passo indietro rispetto
alla falsa Ichigo.
« Ichigo! Ichigo, aspetta! »
Ma quella non rispondeva.
Come poteva? Non era nei suoi
compiti parlare ed era stata creata senza una voce, così come non aveva un suo
pensiero o una sua volontà.
La falsa Ichigo accelerò
l'andatura per distanziare ancora il suo inseguitore e raggiunse il punto prestabilito
dai suoi padroni. Si voltò solo un secondo per controllare di avere abbastanza
tempo per agire e appurata la cosa, terminò il suo ultimo compito.
Da sotto la gonna rosa estrasse
una piccola sfera trasparente completamente vuota. Essendo un chimero non
capiva e non aveva neppure interesse a capire cosa avesse di così speciale
quell'oggetto, ma qualunque membro del MewTeam avrebbe potuto scambiarlo per un
cristallo di MewAqua inattivo, per l'impercettibile scia che emanava: come
sempre, Pai aveva fatto un lavoro eccellente.
Il chimero non formulò certi
inutili pensieri e strinse tra le mani la sfera: a poco a poco, il suo corpo
prese a dissolversi, come sabbia lasciata al vento, mentre la sfera si riempiva
di essenza iridescente e iniziava a pulsare ritmica.
La creatura socchiuse gli occhi
rosa e anche il viso e le mani si scomposero, lasciando la sfera a levitare a
mezz'aria. La sua breve vita artificiale avrebbe fatto da motore per il finto
cristallo; la cosa sarebbe durata poco, il tempo sufficiente per provocare una
reazione in Ao No Kishi.
Aisei giocherellò con un ciuffo
di capelli e sbuffò, alla fin fine le cose stavano per concludersi. Non vedeva
più il chimero-Ichigo – doveva essere giunto a destinazione – mentre la vera
Ichigo era ad una ventina di metri dal vicolo cieco a cui l'aveva condotta il
chimero-Ao No Kishi, anche lui svanito com'era stato programmato per fare.
La bruna fece comparire la sua
almarada nella mano e la roteò pigramente, l'impazienza pari solo al piacere che
già pregustava nel far sparire dall'universo il coagulo rosato che era la
terrestre.
Piegò distratta la testa da un
lato e il suo buonumore svanì per l'ennesima volta.
« Non è possibile…! »
Trenta metri sotto di lei, che
svolazzava in cerca di qualcosa – o qualcuno – con fare agitato, c'era Kisshu.
Aisei strinse tanto l'elsa
dell'almarada che si convinse di esserla conficcata nel palmo:
« Ma quanto è stupido?!? »
Ao No Kishi girò a destra e intuì
di aver raggiunto un punto cieco del sentiero. Rise piano, Ichigo doveva essere
proprio dietro l'angolo:
« Finalmente! Piccola, è tutto a
post… »
S'interruppe nello stesso momento
in cui i suoi occhi chiari si posarono sulla sfera lattescente a due braccia di
distanza da lui. Fece a malapena in tempo a pensare ah, la MewAqua che il suo cervello si spense.
Non sapeva perché fosse lì. Non
era importante.
Chi fosse. Non era importante.
Cosa stava facendo. Non era
importante.
Prendila.
Un richiamo. Impellente come un
bisogno, innegabile come un principio, inviolabile come un istinto.
Prendila.
Si avvicinò a passi calmi
all'oggetto e lo strinse tra le mani.
Era lì per quella.
Era sempre stato lì per
prenderla.
Era l'unica cosa che gli
importasse, prenderla.
Le uniche convinzioni che
splendevano nella sua mente vuota.
Avvicinò la sfera a sé
rimirandola con occhio vacuo, girandola e rigirandola tra le dita. Lui non
doveva fare nulla, sarebbe avvenuto tutto in automatico. Ma il finto cristallo
esaurì all'improvviso il suo scarso potere e, con un ultimo lampo, si spense tornando
trasparente e vuoto.
Il ragazzo restò immobile.
Non
lo è. Non lo è. Non lo è!
Strinse i palmi sulla superficie
fredda e scagliò la sfera contro una parete, disintegrandola.
Dov'era quella vera? Dov'era?
Dov'era?
Nella sua testa svuotata comparve
un lampo di memoria. Capelli rosa, occhi rosa, coda nera.
Trovala.
Trovala. Trovala.
Lui cercava la gemma. Lei la
sapeva trovare.
Lei
ti serve.
Sollevò lo sguardo da terra e
osservò un punto lontano. Restò fermo per interminabili istanti e poi, capì
dove l'avrebbe trovata.
Kisshu tese quanto più potè le
orecchie cercando un segno di Ichigo; di tanto in tanto sentiva echeggiare la
sua voce in lontananza, ma non capiva da dove provenisse.
« Maledizione, cosa sta
succedend- »
Estrasse i suoi sai un momento prima
che la lama apparsa dal nulla gli mozzasse il naso. Scurì in volto riconoscendo
l'arma e diede più forza con le braccia, facendo indietreggiare l'avversario.
« Si può sapere cosa diavolo ci
dai qui?! »
« Giretto turistico, Ai. »
Aisei rincarò il vigore della
spinta squadrandolo con odio:
« Guai a te se mi richiami così,
idiota che non sei altro. »
Kisshu ridacchiò aspro e spezzò
la sua guardia, costringendola ad arretrare. Aisei sferzò l'aria con la lama e
ripetè:
« Perché sei qui?! »
« Potrei farti la stessa domanda
– ribattè lui velenoso, facendole roteare di fronte al viso le proprie lame –
come mai non sono stato invitato al party? »
Aisei emise un verso di
commiserazione:
« La tua gatta spelacchiata non
ha bisogno di aiuto. »
Kisshu s'incupì, come temeva
c'entrava Ichigo.
« Avevi qualche bel progetto in
mente? »
« Nulla che ti riguardi. »
« Mi ferisci! – esclamò teatrale
– Credi che ti intralcerei? »
Lei sollevò le sopracciglia
eloquente.
« Non so nemmeno cosa vuoi fare…
»
Aisei strinse la presa sull'elsa
e si preparò a caricare nuovamente:
« Ti ho detto che non è nulla che
ti riguardi! »
L'almarada cozzò secca contro i
sai incrociati di Kisshu; Aisei ritrasse l'arma e immediatamente riprese a
colpire, incalzando l'altro con una furia quasi cieca.
Tutto
questo… Tutto questo…
« Solo… Per una maledettissima
umana…! »
Ichigo era sicura di aver
finalmente raggiunto Masaya; a pochi metri da lei c'era uno spiazzo circondato
da muri lisci come piastrelle e friabili come cenere, il ragazzo doveva per
forza essere lì.
« Aoyama-kun…! »
Le sue parole rimbombarono contro
le pareti vuote. Nulla. Non c'era assolutamente nulla.
« Aoyama-kun… »
Era impossibile! Lei lo aveva
visto! Era certa… Era…
Un tremito le saettò lungo la
spina dorsale mentre percepiva un clangore di lame. Sollevò lo sguardo
armandosi della sua campanella e vide Kisshu e Aisei sopra di lei, che
lottavano tra di loro.
« Cosa…? »
Non capiva.
Aisei e Kisshu erano alleati: se
quel labirinto – come stava cominciando a temere – era una loro trappola, perché
avrebbero dovuto lottare tra di loro invece di attaccarla?
E
se…
Scosse la testa, era ridicolo.
Kisshu aveva dimostrato in fin troppe occasioni quanto il suo "amore"
fosse distorto e pericoloso, minacciando senza sosta la rossa di morte se non
lo avesse seguito; non aveva motivo di difenderla da una sua alleata.
Ma
all'ospedale l'ha fatto.
MewIchigo si morse il labbro a
disagio.
« Cosa sta succedendo? »
Vide i due alieni colpirsi con
più violenza e si premette le mani sulla bocca. Non aveva senso, non aveva
alcun senso!
Udì dei passi e scattò indietro.
Chi poteva essere? Pai? Taruto?
Divenne improvvisamente ignara
dei due sopra di lei e si sciolse in un sorriso sollevato, vedendo la tanto
agognata sagoma azzurra che aveva cercato così disperatamente.
« Aoyama-kun! Meno male! Stai
ben- »
S'immobilizzò dov'era e accennò
un passo indietro.
« Aoyama-kun…? »
« Una miserabile umana! »
Kisshu fermò l'affondo di Aisei,
fece una capriola e le arrivò alle spalle puntandole il sai alla nuca; lei si
voltò appena in tempo per limitare il taglio a pochi ciuffi di capelli, prima
di tornare ad attaccare.
« Che cosa te ne importa? – rise
lui amaro – Non dirmi che sei gelosa! »
Aisei rispose centrandolo alla
mandibola con una tallonata e gettandolo lontano da sé:
« Non farmi ridere! – berciò con
quanto più sprezzo poteva – Per te?! »
Kisshu la fissò velenoso,
massaggiandosi il mento, e ricominciò a lottare sogghignando sprezzante e
mandando ancor più fuori dai gangheri la bruna.
« Mi disgusta unicamente che tu abbia
ripudiato la nostra causa, la tua stessa gente, per un essere inferiore e
insignificante come quella ragazzina! »
Parò la stoccata dei sai e fu
costretta a retrocedere per sostenere il colpo. Kisshu si sporse oltre le lame
e le si avvicinò tanto che Aisei potè riflettersi con chiarezza nelle sue
iridi, ribollenti dalla rabbia e simili ad oro fuso.
« Se le cose stanno così… »
Sfilò rapido un braccio dallo
stallo e nell'aria risuonò lo stridore delle lame:
« Questo non è che un inutile
orpello che non ti appartiene. »
Aisei avvertì appena qualcosa
tirare sul suo collo e poi Kisshu si allontanò, senza smettere di scrutarla
cupo. Lei si toccò la gola e sbiancò accorgendosi di cosa scivolava da fuori il
pugno del ragazzo.
« No, aspetta un mom…! »
Le proteste di Aisei furono
coperte da un grido acuto che rimbombò per tutto il canalone sottostante. La
bruna e Kisshu guardarono in basso, confusi, e sul viso del ragazzo calò un
gelido velo di pallore:
« …Ichigo! »
La mewneko, caduta a terra,
strusciò a scatti sul pavimento roccioso e rannicchiò le gambe al petto, le
ginocchia tremanti. Sulla gota bianca di paura si era aperto un taglio netto e
gli occhi erano spalancati dal terrore.
La figura di fronte a lei compì
un altro passo e lei indietreggiò ancora. Ancora una volta, non capiva.
I suoi occhi le dicevano che
quello che aveva davanti era Ao No Kishi. I capelli, lo sguardo, gli abiti,
perfino la camminata. Era Ao No Kishi.
Ma lo sguardo gelido e vuoto che
la fissava non era di Ao No Kishi. O di Masaya.
Masaya non l'avrebbe mai guardata
così ferocemente. Non le sarebbe mai piombato addosso come aveva fatto pochi
secondi prima, brandendo la spada e ferendola.
Non
è Masaya.
« Tu chi…? »
Lui mosse un altro passo e lei
indietreggiò ancora.
I suoi occhi, le sue orecchie,
perfino il suo naso le diceva che si trattava di Masaya: era il suo viso, era
il suo passo, era il suo odore.
Non
è Masaya.
« Dov… è…? »
« C-cosa? »
Ao No Kishi si trascinò ancora
avanti senza smettere di mormorare parole incomprensibili aprendo appena le
labbra.
« Dove… Tu sai… Dove… Dov'è… »
« Non capisco…! »
Pigolò lei terrorizzata e tentò
di alzarsi, caracollando goffamente all'indietro.
« Il cris…
lo… Voglio… Crist… »
« N-non so di cosa tu stia
parlando…! »
Ao No Kishi bruciò gli ultimi metri
che lo distanziavano dalla rossa e le serrò la mano destra attorno alla gola;
sollevò Ichigo da terra come se fosse una piuma e a nulla valsero gli sforzi di
lei di sciogliere la morsa.
Non
è… Lui non è…!
No…
È
lui…
Il
suo profumo… Sono le sue mani… Sono le sue mani!
« Masaya, lasciami ti prego…! »
« Dov'è… Il cristallo…? »
Ichigo avvertì la stretta farsi
più dura e cominciò ad agitare le gambe cercando di liberarsi.
« Di cosa parli…?! Masaya,
lasciami…! »
« Portami al cristallo…! »
« Masaya, LASCIAMI TI PREGO! »
Sentì il ragazzo lanciare un urlo
belluino e poi ritrarre di scatto la mano, mentre lei veniva presa per la vita
e portata via.
« Kisshu…! »
« Ciao micetta. Come va la vita?
»
Il suo tipico tono scanzonato
strideva moltissimo con la sua espressione feroce e la lama puntata contro Ao
No Kishi. Il biondo era ancora fermo col braccio sollevato e la mano che
cingeva il collo di Ichigo si muoveva a scatti, un rivolo di sangue che
gocciolava a terra.
« Stai indietro, micetta. Il tuo
amichetto sembra aver perso le poche rotelle che aveva… »
Ichigo vide con terrore l'alieno
avanzare a lama sfoderata e gli afferrò un braccio:
« No, Kisshu! Ti prego…! »
« Mi prendi in giro? – sbottò
esasperato – Stava per spezzarti il collo e lo difendi?! »
« Non è… Non è colpa sua! »
« Cosa stai dicendo, Ichigo… »
Studiò scettico Ao No Kishi che
riabbassava il braccio e continuava a borbottare cose apparentemente senza
senso, ondeggiando appena da un piede all'altro. Era evidente che il ragazzo
avesse perso il senno, almeno in parte o temporaneamente, ma Ichigo insisté
piagnucolando:
« No…! Deve… Deve avergli fatto
qualcosa…! »
E guardò Aisei che se ne stava
ferma sopra di loro. Kisshu corrugò la fronte, l'idea non pareva così stupida,
ma la faccia soddisfatta e sorpresa di Aisei lasciava ad intendere che
centrasse solo in minima parte.
La bruna osservò compiaciuta Ao
No Kishi che insisteva a puntare Ichigo come un avvoltoio:
« Ha funzionato… Ha davvero
funzionato! »
« Cosa gli hai fatto?! »
L'aliena proruppe in una risata sguaiata,
gustandosi con somma soddisfazione il disorientamento della terrestre:
« Io non ho fatto niente, cara
mia! Beh, quasi. – ammise facendo spallucce – Ma ti assicuro che il nuovo
baffetto che hai sulla guancia è tutta farina del sacco del tuo bellimbusto! »
La rossa si sfiorò il taglio
sulla gota eavvertì un nodo alla gola:
« Bugiarda! »
Mentre lei piangeva piano Ao No
Kishi ricominciò a muoversi e le puntò contro la spada minaccioso:
« Dammela… Il cristallo… Mi
serve… Mi serve… »
Ichigo non riusciva a comprendere
una singola sillaba che pronunciava e Kisshu la spostò indietro:
« Avvicinati, su. Non vedo l'ora
di divertirmi con te, maledetto bastardo. »
« No, Kisshu! »
La rossa fu spinta ancora
indietro con un balzo, mentre Kisshu deviava un fendente del biondo.
Quest'ultimo arrancò indietro ringhiando sommesso e Kisshu ne approfittò per
voltarsi, afferrando con forza il polso della rossa:
« Sei così cieca da non renderti
nemmeno conto di quando rischi la vita?! »
« Ahi, Kisshu…! Mi fai male! »
« Anche il tuo tesorino te ne ha
fatto – sussurrò aspro – ma non mi sembra che tu ne stia facendo una tragedia.
»
Si voltò un istante sentendo Ao
No Kishi rantolare e quando lo vide solo reggersi la fronte, stordito, tornò a
guardare Ichigo; le lasciò il polso e le afferrò il mento fra le dita:
« Se ti fa così piacere, posso
limitarmi a portarti via di qui. – disse sfiorandole le labbra – Con me sarai
al sicuro. »
Ichigo rispose ritraendo
rabbiosamente la testa e squadrandolo rossa in volto:
« Lo sai che non verrò mai con
te! »
Lui fece per ribattere, ma Ao No
Kishi urlò di nuovo e l'alieno si voltò pronto a fronteggiarlo:
« Nemmeno se ti salvo la
vita…– sospirò dolorosamente – A
continuare a respingermi così mi ucciderai, micina. »
Nonostante il sorriso che gli
incurvava le labbra la sua voce suonò ferita e stanca ed Ichigo non riuscì ad
evitare di mordersi la lingua.
« Lascia… la… »
« Prova un po' a prenderla, se ci
riesci! »
« Kisshu, no, non ucciderlo! »
« Ti ci metti anche tu, Aisei?! »
Sbottò esasperato, ma l'altra
replicò solo con sguardo vittorioso: Ao No Kishi sembrava diventare più
instabile di minuto in minuto e piccole fiamme azzurre avevano cominciato a
danzare sulle sue braccia e sulle sue spalle. Kisshu abbassò l'arma:
« Ma che cavolo gli prende? – di
colpo sgranò gli occhi – Non dirmi che…?! »
« Lasciala… Ridammela… »
Aisei sorrise trionfante.
Kisshuaprì la bocca, sconvolto, quando
un Ribbon Mint Echo diretto alle sue
gambe lo costrinse a balzare di lato.
« Allontanati dalla mia amica! »
« È così che si ringrazia per
l'aiuto? – protestò lui – Preoccupatevi di lui piuttosto! »
Alle sue parole le MewMew appena
giunte videro spaventate Ao No Kishi, un'aura blu ormai evidente che si espandeva
irregolare tutt'attorno al suo corpo.
« Che gli prende ad Ao No Kishi
nii-chan? »
« Non lo so. »
Fu la laconica risposta di Zakuro
che svelta afferrò le compagne accerchiando Ichigo:
« Formiamo una barriera, presto!
»
Le amiche obbedirono e uno scudo
color arcobaleno risuonò attorno alle cinque, un secondo prima che tutto
esplodesse in un lampo celeste.
***
Kisshu ricomparve molti metri
sopra il dedalo montuoso, sebbene non ve ne fosse più traccia; al posto del
monte e di quanto vi fosse attorno nel raggio di dieci metri c'era un enorme
cratere, profondo e scuro.
Il ragazzo non trattenne un
brivido, se non si fosse teletrasportato in tempo anche lui sarebbe stato
ridotto in briciole.
« Dunque è questa la potenza di
quel bastardo? No… »
Settò gli occhi, c'era
dell'altro. Molto, molto altro.
« Che lui sia… »
Intravide a malapena le cinque
figurine colorate delle terrestri nel polverone sottostante e poi guardò alla
sua destra, scorgendo Aisei un secondo prima che scomparisse.
Solo in quel momento si accorse
che entrambe le sue mani erano vuote.
Ichigo continuò a scuotere il
ragazzo, svenuto e ritornato al suo aspetto normale, che non accennava a
riaprire gli occhi.
« Aoyama-kun! »
Finalmente il moro emise un lieve
mugolio e socchiuse gli occhi:
« Ichigo… »
« Aoyama-kun! Grazie al cielo! »
Lui si mise faticosamente a
sedere e si massaggiò la fronte:
« Cosa… Cos'è successo…? »
La risposta venne dall'urlo di
stupore di MewPurin che guardò spaventata il cratere alle loro spalle. Retasu
si prese il viso tra le mani impallidendo:
« Come abbiamo fatto a
sopravvivere…? »
Le altre non risposero ed Ichigo guardò
Masaya, lo sguardo confuso che ammirava la voragine; la rossa avvertì una
stretta allo stomaco e non riuscì ad evitare di indietreggiare appena, quando
lui sollevò la testa verso di lei. Rannicchiò le mani al petto e immediatamente
se ne pentì, afferrando con entrambe la sinistra di Masaya:
« Credo… Credo sia meglio se ora
torniamo al Cafè. »
MewMinto annuì decisa e andò in
suo aiuto per sostenere Masaya, incerto sulle gambe. La rossa passò un braccio
attorno alla vita del fidanzato, ma non riuscì a guardarlo in faccia.
Si vergognava. Sapeva bene cosa
aveva sentito appena aveva incrociato i suoi occhi scuri, e nulla di ciò che
tentò di dirsi la convinse del contrario.
Non poteva negare. Lei aveva
visto, lo aveva visto. E aveva visto
il risultato, dandosi solo altri motivi per acuire il malessere.
Lei aveva avuto paura di Masaya.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Eccelofattaaaa! Che faticaccia! Hihihi… Le cose si stanno evolvendo prima del previsto
però, sono contenta!
Nuovi misfatti e nuove
domande! *continuiamo con la pubblicità da due soldi :P* Vi incuriosisco almeno
un pochino? Eh? Eh? Ditemi! Ditemi :D!
Ah, se qualcuno se lo
fosse chiesto… Sì, la montagna in cui si trovano Ichigo e gli altri è la stessa
dell'episodio 48 ;). Come accennavo nei primi capitoli seguirò per una piccola
parte la storia originale (infatti, qui sono solo Ichigo e l'ameba ad essere in
trappola, e non è Kisshu ad intuire qualcosa su Ao No Kishi, ma Aisei)
Ryou: e nessuno se n'era accorto finora -.-""…
Sarcasmo?
Ryou: Noooo! -.-"""
È un aggiornamento
ultra veloce quindi saluto tutti coloro che hanno commentato ultra velocissimi,
baci a tutti! Vi voglio bene continuate a seguirmi, ci vediamo presto ♥
Stasera sono buona e
aggiorno tutte le mie storie :D! Ma come sono gentile ^w^! Tutti: Oooooh!
Brutti -.-*!
Entriamo nel vivo vivissimo! E anche un po' nel cruento…! Nonché triste ç_ç!
Kisshu: ma che cavolo hai scritto?!
Mo lo vedi…
Un cap
prettamente incentrato su due personaggi ;)! No spoiler, a voi la lettura a più
tardi!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.08
– In un campo di bocche di leone, come sull'arcobaleno noi amici, danziamo
Aisei comparve silenziosamente
nella propria stanza nella dimensione aliena. Non accese neppure una luce
sebbene il buio fosse così intenso da risultare impenetrabile perfino ai suoi
occhi, né tentò di prendere qualche respiro più fondo e lento per calmare il
suo affanno; al contrario cercò di trattenere il fiato e fare meno rumore
possibile, nascondendosi in un angolino riparato, occultando quanto più
possibile la sua presenza.
Scrutò di sottecchi le mani che
aveva serrato in una morsa sul seno e, lentamente, schiuse le dita: la piccola
goccia bianca legata al filo reciso da Kisshu emetteva un impercettibile
riflesso argenteo nonostante l'oscurità, e seppur la ragazza la stesse toccando
con dita sporche di terra non una briciola di polvere si depositò sulla
superfice levigata.
Aisei si morse il labbro. Sapeva
di comportarsi da sciocca, ma ancor più della vergogna per il suo gesto era la
felicità di avere ancora quel gioiello tra le mani.
« … Sono io ad essere patetica. »
Gioiva per qualcosa avvenuto in
quelli che ormai erano eoni prima, quando tanto le sue azioni quanto la sorte
sadica le mettevano in bella mostra il fatto che nulla sarebbe mai tornato come
allora.
Lasciò che alcune lacrime
fuggiasche le scorressero sulle guance, approfittando del buio, e sfiorò appena
con le labbra la gemma per poi stringerla ancora tra le mani, poggiandola sulla
fronte.
« Ma che cosa sto facendo…?! »
Prese un lungo respiro tremulo e
si riallacciò la pietra al collo asciugandosi il viso, ma non si alzò finchè
non sentì qualcuno comparirle alle spalle.
Schioccando le dita nel medesimo
istante dell'arrivo del suo ospite accese la luce e tentò di rimettersi dritta
sembrando naturale, come se fosse appena comparsa; non era convinta di esserci
riuscita, ma Pai non era interessato ai suoi turbamenti:
« Deep Blue-sama ci ha convocati.
»
« … Siete certi di quel che mi
state dicendo? »
La voce ultraterrena di Deep Blue
tradiva una nota di eccitazione. Di fronte a lui, genuflessi, Aisei e Pai si
limitarono ad annuire con decisione e il loro capo si lasciò sfuggire un altro
sospiro elettrizzato; la bruna gettò un'occhiata di sfuggita a Kisshu, a poca
distanza da loro, ma lui non sembrava intenzionato a considerarla e si limitò
ad alzare appena lo sguardo verso il loro signore, il volto congelato in
un'espressione seria.
« Questo è quanto accaduto –
disse Aisei – e la conferma di ciò che supponevamo… »
« Ogni qualvolta rileviamo una
nuova MewAqua e lì vicino appare Ao No Kishi – testimoniò Pai – il cristallo
sembra sparire: non appena lo raggiungiamo, non rimane altro che una forte
luce, o una scia di energia che non è altro che un residuo.
« Oggi Ao No Kishi si è trovato
vicino ad un cristallo ancora integro, anche se fittizio, e di colpo è sembrato
dimenticarsi di tutto il resto. Il suo unico interesse era la gemma. »
« E…? »
Incalzò Deep-Blue. Il sorriso di
Aisei si allargò:
« Il potere racchiuso all'interno
era infinitesimale e si è esaurito in pochi istanti. Appena Ao No Kishi si è
resto conto che non c'era alcun cristallo è andato a cercare qualcuno in grado
di trovarlo. »
« MewIchigo. »
La bruna si stupì di sentire la
voce di Kisshu, ma non lo diede a vedere per rispetto al suo signore e continuò
a guardare quest'ultimo reverente.
« Era ovvio che non fosse
cosciente di sé! – disse lei con più veemenza – Fino a pochi giorni fa il suo
unico compito sembrava proteggere MewIchigo, invece oggi l'ha aggredita per
ottenere il cristallo. »
« Coi dati raccolti possiamo
asserire con certezza che Ao No Kishi stia uscendo da una sorta di stato
embrionale. – concluse Pai – Come alla sua comparsa non era molto cosciente di
sé, fino a rivelarsi come seconda identità dell'umano Masaya Aoyama, ora sembra
stare per entrare in una nuova fase. E pian piano lui diventa più forte, più
feroce e… »
« Meno umano. »
I tre alieni guardarono l'ombra
del loro signore bisbigliare dal buio in cui la sua sagoma si perdeva.
« Allora è proprio vero… Se così
fosse… Se così fosse… »
Kisshu guardò Deep Blue con
attenzione. L'entità non aveva ancora un viso o tratti definiti che
permettessero di distinguerne le espressioni, eppure il ragazzo era certo che
in quel momento Deep Blue fosse perso in una visione estatica.
« Un corpo… Finalmente… Avrò il
dominio di questo pianeta! »
« Siamo certi ci sia un'altra
MewAqua. »
Disse Pai, calmo eppure
entusiasta all'idea della loro imminente vittoria:
« Se riuscissimo ad attirare Ao
No Kishi e lui reagisse come già fatto, noi potremmo… »
Ma Deep Blue non l'ascoltava e
continuava a borbottare tra sé e sé con tono quasi maniacale:
« Un'altra! Ce n'è un'altra… E un
corpo? »
« Mio signore…? »
« Non solo questo pianeta…! Ma
anche…! »
« Mio signore. »
Deep Blue mandò un grugnito
seccato e guardò Kisshu: il ragazzo lo fissava indecifrabile, ma visto lo stato
di delirio da cui l'aveva risvegliato Deep Blue evitò di rimproverarlo e tentò
di assumere il solito atteggiamento pacato.
« Cosa… Dobbiamo fare, dunque? »
L'essere impiegò qualche secondo
a sciogliere il tetro scambio di sguardi con Kisshu e a voltarsi verso Pai:
« Trovate quell'umano – sentenziò
infine – e portartelo a me. »
I tre annuirono e fecero per
sparire.
« Aspetta, capitano Fuu. »
Aisei si fermò e così Pai e
Kisshu, ma dato il silenzio di Deep Blue se ne andarono senza repliche.
« Cosa desidera, Deep Blue-sama?
»
L'essere tacque e sospirò,
ritrovando la sua calma:
« Capitano Fuu… Aisei. – si
corresse – Fammi rapporto sui tuoi compagni. »
La bruna indugiò, irrigidendosi.
Deep Blue la fissò severo e lei deglutì, rizzando la schiena e cominciando:
« Come sempre Pai è stato
essenziale per la riuscita del piano. – disse risoluta – Senza il suo aiuto e il
suo intervento in battaglia, non avrei potuto scoprire nulla. »
« Ovviamente. »
Deep Blue non dubitava della
lealtà e dell'utilità del suo più fedele servitore e anche Aisei lo sapeva,
quindi il discorso fino ad allora era una semplice formalità. Per continuare,
invece, dovette consumare un bel po' di saliva per inumidire la bocca riarsa
dal nervosismo:
« Kisshu… Ha eseguito gli ordini
che gli avevamo riferito… »
« Ma? »
Già. Ma, gigantesco e terribile ma.
Aisei sospirò e disse in un fiato:
« Ha rintracciato noi, Ao No
Kishi e MewIchigo. È intervenuto per difendere la ragazza quando Ao No Kishi
l'ha attaccata. »
« Tutto qui? »
Lei sostenne lo sguardo che in
realtà non vedeva e annuì:
« Solo questo. »
« E cosa mi dici di Taruto? »
Aisei non rispose subito. Era
cosciente di quanto aveva visto uscendo dalla barriera, come era cosciente di
cosa comportasse dirlo a Deep Blue.
« … Taruto doveva occuparsi delle
tre MewMew arrivate con MewIchigo. – disse piano – Così, mentre Kisshu
provvedeva a MewRetasu, ci saremmo disfatti di tutte e cinque. »
« Ma le terrestri erano vive,
quando siete tornati fuori dalla barriera. »
Aisei non fu in grado di
rispondere e fece solo un cenno col capo. Deep Blue restò in silenzio per un
po' e poi annunciò:
« Ho un incarico da affidarti,
Aisei. »
« Sono al suo servizio. »
Perfino con quella forma
indistinta Aisei intuì perfettamente il suo signore sorridere crudele:
« Io so. »
« Deep Blue-sama? »
« Io so, Aisei. So perché sei qui
sulla Terra, perché hai fatto in modo di essere fra i primi soldati scelti come
supporto d'emergenza. »
La ragazza spalancò le iridi
color giada e divenne pallida:
« Mio signore, io… »
« Taci. – proruppe gelido – Non
ha importanza. Sono conscio della tua fedeltà e della tua integrità, e so che
tu… Non mi tradirai. »
Non si trattava di un elogio o di
una constatazione, era una minaccia. Aisei avvertì un sapore nauseabondo
salirle dalla gola e chinò il capo con deferenza:
« Cosa devo fare? »
Quando ricomparve di fronte ai
compagni, una decina di minuti più tardi, Aisei aveva il volto esangue con una
poco simpatica sfumatura verdastra. Fece appena un cenno al tentativo di Pai di
chiedere se fosse tutto a posto, ad intendere di evitare l'argomento, e di
nascosto si asciugò un rivolo di sudore freddo che ancora le scivolava lungo la
tempia.
« Cosa aveva di così interessante
da dirti Deep Blue-sama? »
Lei rispose al commento ostile di
Kisshu con un'occhiata storta e biascicò, ancora stomacata:
« Se avesse voluto che tu
sapessi, non ti avrebbe fatto uscire. »
Kisshu incassò senza replicare.
Cosa strana, pensò Pai, ma lo sguardo feroce dell'altro gli fece intuire che
fosse successo qualcosa – di nuovo – tra lui e la bruna, perciò non fece altre
domande.
« Devo parlare con Taruto. »
I due ragazzi guardarono Aisei
sorpresi e si voltarono. Taruto era proprio ad un paio di metri da loro seduto
in cima ad una colonna con espressione seccata, ma quando udì pronunciare il
suo nome s'irrigidì nemmeno avesse preso la scossa, diventando bianco come un
lenzuolo.
« Cosa succede? »
Chiese solo corrucciandosi
caparbio; Aisei gli fece cenno di scendere e posò qualcosa su un mozzicone di
pilastro lì vicino usandolo come tavolino.
Il brunetto si avvicinò studiando
l'oggetto che tintinnò contro la superficie di marmo. Si trattava di una
piccola ampolla, alta una quindicina di centimetri, dal corpo tondo e il collo
lungo e affusolato; era di vetro o di un materiale simile, con un tappo a
diamante perfettamente inserito nel suo alloggiamento, ed era completamente
vuota.
« Che roba è? »
Sbottò sospettoso. Aisei incrociò
le braccia al petto e lo osservò fredda, prendendo a passeggiargli attorno:
« Sai, fisicamente noi e gli
umani differiamo per pochi elementi. Ad esempio la nostra composizione
sanguigna è pressoché la stessa. »
Lui la guardò senza capire, ma il
discorso per qualche misteriosa ragione lo inquietava. Non disse nulla e Aisei
proseguì:
« Anche la quantità è la stessa,
circa cinque litri di sangue a persona. »
« Vuoi farmi la lezione di
scienze? »
Proruppe con superiorità; a nessuno
sfuggì, però, la nota inquieta nel suo tono aspro.
« Occorrono appena due litri di
sangue perché si muoia per dissanguamento. »
Proseguì la ragazza e posò la
punta del dito medio sull'ampolla, cominciando a farla roteare sul posto:
« Questo oggettino è speciale.
Nonostante le dimensioni ha una capacità fino a tre litri e a discapito di
qualunque cosa tu ci metta dentro, non aumenta di peso. »
Diede un colpetto con l'unghia e
fece tintinnare il vetro con un rumore secco. Taruto ebbe la sensazione che il
suono gli vibrasse nelle ossa congelandogli le vene.
« Deep Blue-sama non è
soddisfatto del tuo comportamento morbido. »
Pai e Kisshu rimasero in
silenzio. Il ragazzo più grande parve una statua di sale, mentre l'altro si
corrucciò e guardò con una vena di preoccupazione Taruto, l'ombra atterrita
della coscienza negli occhioni dorati.
« Vuole una prova della tua forza
e, soprattutto, della tua lealtà. »
Con uno scatto Aisei afferrò la
boccetta e la sbattè di fronte al naso del ragazzino:
« Ti affida questa. – concluse
gelida – E mi ordina di riportarti le sue parole. "Ritorna dopo averla
riempita del sangue di MewPurin, oppure non tornare più." »
***
Ichigo terminò di indossare la
divisa e prese il cellulare che aveva appoggiato su uno dei ripiani del suo
armadietto; lo aprì e scrisse una breve mail di risposta all'ultima inviatale
da Masaya, quindi si infilò il telefonino nella tasca del grembiule e sospirò.
Erano passati due giorni dai terribili
eventi in montagna: Masaya, spossato da quanto accaduto, aveva avuto la febbre
alta ed era rimasto a casa da scuola e dal lavoro, chiedendo ad Ichigo di non
andarlo a trovare perché non si ammalasse e di limitarsi a chiamarlo e
mandargli messaggi.
Una bugia pietosa visto che la
febbre non era dovuta ad un virus, ma Ichigo era stata abbastanza sollevata di
non incontrarlo. Non si era ancora disfatta del disagio per aver avuto paura di
lui, del suo amato Masaya, ma peggio di questo c'erano le considerazioni che
lei stava continuando a fare, involontariamente, sul comportamento del ragazzo.
Non si era certo immaginata quanto accaduto nel labirinto e qualcosa, forse il
suo sesto senso felino, le faceva dubitare delle accuse rivolte ad Aisei. Ao No
Kishi era evidentemente fuori controllo, ma non per fattori esterni: nonostante
il suo sguardo vitreo, il ragazzo l'aveva guardata, l'aveva riconosciuta e
cercata con cognizione di sé, con feroce e insana determinazione.
Ma
perché? Non ha senso… Aoyama-kun me l'ha detto, è diventato Ao No Kishi per
proteggermi…
Si sfiorò sovrappensiero il
cerotto che aveva sulla guancia. L'immagine di Ao No Kishi folle di rabbia,
della sua mano sul proprio collo, del suo sguardo furioso la fecero tremare da
capo a piedi.
Serrò gli occhi tentando di
scacciare la paura. C'era una spiegazione, sicuramente una spiegazione…
« Ichigo! Insomma, quanto ci
metti! Il locale è stracolmo! »
La rossa scattò al richiamo di
Minto e le rivolse un mezzo sorriso:
« Scusa… Arrivo subito! »
Rise sistemandosi la crestina; la
mora la studiò attenta:
« Tutto a posto? »
« Come? Certo, perché me lo
chiedi? »
Minto non reagì, preoccupata, poi
scosse la testa tentando di sorridere:
« Su, sbrigati. Oggi manca anche
Purin, c'è una bolgia infernale! »
« Purin? »
« Non ti ricordi? – sospirò
rassegnata – Sei la solita… Ha preso un giorno di ferie perché la sorellina
aveva la giornata dei genitori all'asilo. »
Ichigo esclamò un ah! ricordando e Minto la guardò con
sufficienza:
« Dovresti mangiare più pesce e
meno dolci, la tua memoria è quella di una nonnetta! E dire che sei un gatto…!
»
« Chiudi il becco! »
Proruppe e afferrò a piene mani
il vassoio che Keiichiro le porgeva col suo solito sorriso. L'uomo le osservò
battibeccare e sorridere ai clienti e rise:
« Sono sempre così allegre che è
un piacere per gli occhi! »
***
Purin applaudì con foga mentre i
bambini dell'asilo s'inchinavano goffamente ai genitori, ringraziandoli per la
presenza al loro spettacolo. La piccola Heicha, dalla terza fila, si sporse con
la testa e fece un saluto eccitato alla sorella, tornando velocemente a posto
prima di venire rimproverata.
« Vi ringraziamo per essere
venuti oggi, signori! – esclamò la maestra di Heicha con un gran sorriso – Se
volete seguirmi da questa parte, i bambini saranno felici di fare merenda
assieme a voi. »
Mamme e papà vennero assaliti dai
loro piccoli che li tiravano nella stanza accanto, dove un grosso tavolo era
stato imbandito con onigiri, frutta tagliata in forme di animali e patatine.
Neppure Heicha si lasciò sfuggire l'occasione e agguantò Purin per la mano
strascinandola alla postazione della frutta, indicando trionfante gli spicchi
di mela che aveva preparato con le maestre:
« Guarda sorellina, un
coniglietto! »
« È bellissimo, Heicha! – sorrise
la biondina afferrando uno spicchio e divorandolo in un boccone – Ed è anche
buono! »
La bambina ridacchiò e si lasciò
abbracciare, felice di aver avuto sua sorella maggiore per un paio d'ore solo
per sé.
« Beh, è ancora presto. – fece
poi mortificata Purin – Sarà il caso che torni al lavoro. »
La bambina la guardò delusa e
Purin fu tentata di non continuare, quando le venne in soccorso la maestra
della piccola:
« Purin-chan ha ragione,
Heicha-chan – disse materna, poggiandole una mano sulle spalle – ha preso
apposta un giorno di ferie per venire a vederti, non sei contenta? »
Heicha si guardò la punta delle
scarpine e borbottò in assenso.
« Però le sue colleghe potrebbero
aver bisogno di lei. – continuò la donna – Non è bello che la tua sorellina
voglia aiutarle? »
La bambina non sembrò
convintissima, ma annuì e abbracciò Purin stretta stretta.
« Per farmi perdonare stasera
cuciniamo tutti assieme gli hamburger! – esclamò la ragazzina schioccandole un
bacio in fronte – E ti prometto che il prossimo giorno libero andiamo tutti al
parco a vedere le anatre. »
« Anche con Chincha, Hanacha,
Ruucha e Honcha?! »
« Certo! »
Rise ed Heicha la strinse per la
vita allungandosi poi quanto più potè in punta di piedi, dandole un bacio sulla
guancia:
« Allora ti aspetto! »
Purin salutò la sorellina e
l'insegnante e si avviò verso il Cafè, canticchiando a mezza bocca. Le
dispiaceva molto rinunciare a trascorrere un po' di tempo con Heicha, ma era
dura tirare avanti solo coi risparmi e coi pochi soldi che inviava il padre ogni
mese. Keiichiro e Ryou avevano proposto spesso di aumentarle lo stipendio per
lo stesso numero di ore, ma la biondina aveva risposto sempre di no: voleva
guadagnare onestamente, senza trucchi e senza favori, preferiva piuttosto
sfruttare ogni ora possibile per racimolare qualcosina di più, o intascare
qualche monetina coi suoi spettacoli al parco.
Alzò gli occhi su un orologio ai
bordi dell'incrocio dov'era arrivata, se si fosse sbrigata avrebbe potuto
lavorare ancora quattro ore.
« Bene! – esclamò stringendo il
pugnetto – Forza, di corsa, di corsa! »
Trotterellò dall'altro lato della
strada e avanzò nel viale, svoltando poi in una traversa laterale che
costeggiava un piccolo parco a quell'ora praticamente deserto; con quella
scorciatoia sarebbe tornata al Cafè in una manciata di minuti. Riprese a
canticchiare allegra sul viottolo deserto, quando girato dietro un albero una
figura familiare la fece fermare.
« Taru-Taru! »
Lui piegò appena di lato la testa
senza risponderle. Sospirò beffardo vedendo che lei non si trasformava nemmeno,
ma lo guardava allegra e diceva:
« Stai bene, meno male! Ho
pensato che ti avrebbero sgridato perché mi avevi aiutata! »
« Io non ti ho aiutata. »
Bofonchiò e lei sorrise. Gli si
avvicinò e lo scrutò meglio, rendendosi conto che sembrava preoccupato:
« Che hai, Taru-Taru? »
Lui non rispose di nuovo e la
fissò cupo:
« Continui a fare l'amichevole?
Guarda che… Aah, lasciamo perdere! »
Purin ridacchiò, ma smise subito
quando lo vide mantenere quella faccia mogia. Il ragazzino allungò una mano in
tasca e strinse l'oggetto al suo interno; digrignò i denti poi, lentamente,
stese il braccio destro dietro di sé: dal nulla comparve un passaggio nero,
apparentemente aperto verso l'oscurità. Purin indietreggiò un pochino, mentre
lui compiva un passo dentro e si voltava a guardarla:
« Potresti seguirmi un attimo? »
***
Keiichiro finì di sistemare le
provviste nel magazzino e passò di fronte al laboratorio, più per abitudine che
per scrupolo. Fu una fortuna, pensò, il fatto di farlo, perché subito il suo
sguardo fu catturato da uno schermo che lampeggiava allarmante e che, se non
avesse guardato, probabilmente avrebbe scoperto solo dopo ore.
Si avvicinò rapidamente al
computer e sbiancò, voltandosi di scatto e divorando le scale per il
pianterreno in un paio di secondi. Tentò di non sembrare allarmato quando le
ragazze lo videro per non spaventarle, e fece cenno a Ryou di seguirlo in
disparte; i suoi tentativi di dissimulare col biondo ovviamente fallirono
miseramente e Ryou sussurrò preoccupato:
« Cosa succede? »
« Il segnale del ciondolo di
Purin… È scomparso. »
***
Purin si ritrovò in un'immensa
grotta scura, a malapena illuminata da scarsi raggi di luce che arrivavano da
spaccature nel soffitto. Le pareti curve erano levigate come dopo millenni di
certosino lavoro dell'erosione e lunghe colonne calcaree, trasformazione di
stalattiti e stalagmiti saldate per sempre, pendevano da terra al soffitto come
filamenti di tessuto strappato; il pavimento era morbido, quasi che fosse stata
appena dissodato e poi risistemato, e profumava di terra e muschio anche se non
vi si scorgeva un solo filo d'erba.
« Mi piace questo posto. »
Sussurrò la ragazzina, riuscendo
anche così a sentire la sua voce rimbombare contro i costoni. Taruto replicò
grugnendo e si sedette su una pietra piatta vicino ad un raggio di sole,
prendendo a giocherellare col terriccio fresco.
« Dove siamo? »
« In una dimensione che ho creato
io tempo fa. – borbottò, disegnando cerchi con l'indice – Per starmene
tranquillo da Kisshu e Pai. A volte sono proprio dei rompiscatole. »
Purin ridacchiò e andò a sedersi
vicino a lui; raccolse le ginocchia al petto, le abbracciò e ondeggiò sul
sedere:
« Sei stato davvero bravo! »
Un altro grugnito. Purin sospirò
contenta e poi esclamò:
« Sai cosa mi ricorda? Quando
siamo rimasti intrappolati sotto al Tokyo Dome! »
« Ti ho ripetuto cento volte che
io potevo andarmene quando mi pareva. – mugugnò seccato – Eri tu quella in
trappola! »
« Ma tu sei rimasto vicino a me e
poi mi hai salvata. »
Taruto imprecò tra i denti
arrossendo e non la degnò di replica; Purin sorrise radiosa:
« Grazie a te non ho avuto per
niente paura, quella volta! »
« E invece ora? »
Purin lo guardò confusa. Taruto
la fissò indecifrabile:
« Sei in una dimensione
sconosciuta da cui non puoi andartene, completamente da sola. Con un alieno. »
Terminò di disegnare una faccia
triste sul pavimento e tornò a guardarla:
« Non hai paura? »
« Ci sei tu qui con me. – sorrise
lei – Per quale motivo dovrei avere paura? »
Continuò a sorridere e Taruto,
senza ribattere per l'ennesima volta, non potè impedire alle labbra di piegarsi
appena all'insù.
Ritorna dopo averla riempita del sangue di MewPurin,
oppure non tornare più.
Il pensiero gli piombò nel petto
come un mattone. Guardò Purin che si alzava e prendeva ad esplorare attorno e
intese benissimo perché lei non avesse paura di lui.
Perché avrebbe dovuto? Taruto
sapeva che poteva fare la voce grossa quanto voleva, ma non sarebbe mai stato
in grado di fare veramente male a Purin.
Si sfiorò la tasca e attraverso
la stoffa sentì il freddo del vetro.
« … E ora cosa faccio? »
« Cos'hai detto, Taru-Taru? »
« Non ho detto un accidente –
sbottò – e ti ho già detto di non chiamarmi a quella maniera! »
Purin ridacchiò e raccolse le
mani dietro la schiena, camminando con passi alti e ostentati e fischiettando.
« Senti, Taru-Taru, perché mi hai
portata qui? »
Lui la fissò storto per il
nomignolo, ma parve a disagio e non trovò di che risponderle. Purin si strinse
nelle spalle, era lo stesso anche se non c'era un motivo, era già contenta così
perché era vicina al ragazzino senza che lui insistesse a voler lottare.
« Senti Taru-Taru! »
« E che palle! »
La ragazzina ignorò le proteste e
s'inginocchiò vicino a lui, sporgendosi più che potè per guardarlo ben da
vicino:
« Tu manovri le piante, giusto? »
« Sì, perché? »
Lei assunse un'espressione
entusiasta e a prese a gesticolare per fargli capire meglio:
« Sai fare dei fiori? – e mimò
una corolla con le dita – Cioè, devi fiori normali! Non quei così brutti e
deboli che fai di solito! »
« I miei chimeri non sono deboli!
– reclamò – E comunque perché dovrei? »
« Dai, ti prego! Sono curiosa! »
« Non ci penso nemmeno. »
« Ti prego, ti prego, ti prego,
ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego! »
Gli agguantò il braccio e
cominciò a scuoterlo come una pentolaccia senza sentire neppure una parola
delle sue lamentele. Taruto cercò di darsi un tono e di non arrossire per
l'imbarazzo della vicinanza non richiesta, quando – forse per via della
cantilena di Purin che l'aveva quasi ipnotizzato – gli venne un'idea.
« E va bene! Va bene! – esplose
staccandosela di dosso, rosso come un papavero – Se lo faccio chiudi quella
boccaccia petulante?! »
Lei si sedette composta e annuì
freneticamente con occhi colmi di curiosità. Taruto continuò a borbottare su
quanto la ragazzina fosse seccante e si mise in piedi, spalancando entrambe le
braccia. Come d'incanto una distesa di bocche di leone sbocciò su ogni
centimetro di terreno spoglio, inondando in pochi istanti l'aria del loro
profumo delicato; la grotta si era trasformata in un prato estivo macchiato di
giallo, violetto, rosa e verde.
Il brunetto abbassò le braccia
con un sospiro, quel giochetto era talmente facile che si annoiava solo nel
farlo, ma qualcun altro era scioccato.
« Guarda che se non chiudi la
bocca ci entreranno le mosche. »
« Che bello… »
Con una risatina argentea Purin
si sollevò in piedi e prese a correre in tondo, a destra e a sinistra, balzando
di pietra in pietra per non calpestare nemmeno una fogliolina.
« Che belli, sono bellissimi
Taru-Taru! Sei bravissimo! »
« Piantala di straparlare,
scimmia da circo. »
Borbottò a disagio e la osservò
accucciarsi accanto ad una bocca di leone lilla che si ergeva un po' più alta
delle altre; da brava bambina, Purin allungò l'indice per accarezzare i petali
a prima vista così setosi e morbidi e mandò un urletto:
« Ehi, mi ha punta! »
« Ma che stupidaggini dici?! –
sbuffò Taruto esasperato – I denti di leone non hanno spine! »
Non incrociò il suo sguardo
mentre lo diceva; Purin non ci fece caso e alzò un sopracciglio, aveva ragione,
eppure sulla punta del suo dito risplendeva una gocciolina rosso brillante. Si
mise il polpastrello in bocca per chiudere il taglio e ricominciò a correre in
giro, deliziata:
« Sono così belli che mi viene
voglia di nuotarci! »
« E fallo, a me che mi frega? –
continuò a brontolare lui – Fai pure la scema quanto di pare… »
« Sembri un vecchietto noioso,
Taru-Taru! – protestò Purin gonfiando le guance – E comunque, non voglio far
del male a questi fiori. »
Lui incrociò le braccia e sollevò
il mento fiero:
« Ti sembra che io possa fare
delle piantine rachitiche? Questi fiori non morirebbero neppure per una gelata,
anche se li calpesti non sentono nulla! E posso vivere per anni in vaso come
nella terra. »
Purin spalancò la bocca ammirata:
« Dici davvero?! – vedendolo
annuire cacciò un altro urletto deliziato – Allora posso prenderli?! Sul
serio?! »
« Solo quelli gialli. »
« Come? »
Taruto si voltò un'altra volta e
guardò un punto in alto sul soffitto, ripetendo vago:
« Prendi quelli gialli. Sono… Più
robusti. »
Purin inclinò la testa confusa,
ma poi alzò le spalle e prese a riempirsile braccia di bocche di leone gialle. Presto ne ebbe un mazzo così
grosso che ebbe paura di rovinarlo muovendosi intanto che lo teneva tra le
mani, così lo poggiò su un sasso e si mise a correre sul prato fiorito. Le
sembrava tutto così magico e si sentiva così felice di stare parlando col suo
amico, senza lotte o altre sciocchezze – anche se lui insisteva a voler
mugugnare per ogni cosa – che non poteva fare a meno di rotolare, fare capriole
e ruote in mezzo all'erba, mostrando tutti i suoi numeri a Taruto che o la
prendeva in giro dicendole che erano giochetti da mocciosi, o schioccava la
lingua con sufficienza.
Purin rise di cuore e si lasciò
cadere in un mucchio di bocche di leone rosa, sollevando una nuvola di polline
che le fece diventare la faccia gialla come i capelli. Taruto non riuscì a
trattenersi dal ridere:
« Sembri un pulcino! »
« Ah sì? »
Lei mise su un'espressione
minacciosa e gli soffiò in faccia tutto il polline che aveva nelle mani:
« Oh mamma, guardati! –
sghignazzò come una pazza – Sembri una zebra gialla e marrone! »
« E che diavolo è una zebra?! »
Lei rise ancora più forte e
Taruto potè solo unirsi a lei.
Dopo poco Purin smise di correre
e iniziò a stiracchiarsi, sbadigliando esausta:
« Certo che qui si sta davvero
bene…! »
Taruto aveva finito di ridere e si
era seduto meglio al suo posto, incrociando le gambe:
« È vero. »
La biondina gli si sedette vicino
e mandò un altro sbadiglio; si fregò un pochi gli occhi e poi sbadigliò ancora.
« Taru-Taru… »
Lui rispose con un monosillabo
indefinito.
« È tanto che siamo qui? »
« … Non lo so. »
« Deve essere tardi… »
Era la sua spiegazione alla
sonnolenza che le era piombata addosso, chissà da quante ore correva e
saltellava in giro. Si mise la mano davanti alla bocca slogandosi la mascella
come un ippopotamo. Taruto non commentò la cosa e strinse le mani attorno alle
caviglie, fissando il vuoto:
« Credo di sì. »
Lei sbadigliò ancora e dondolò un
poco con la testa. Taruto si voltò dall'altra parte, scuro in volto,
rigirandosi solo quando sentì un peso sulla gamba e qualcosa che gli
solleticava la pelle: per un secondo il suo torace divenne una grancassa.
« Che stai facendo, scimmia da
circo?! »
Purin bofonchiò qualcosa e
sistemò meglio la testolina bionda sulla coscia del ragazzino, raggomitolandosi
sul terriccio morbido. Taruto aveva gli occhi sbarrati e le guance scarlatte
mentre muoveva in su e in giù la bocca senza emettere suono, che fosse
quantomeno di una frequenza udibile dall'orecchio umano.
« Purin, potresti alzarti per
favore?! Non sono un cuscino! »
Lei non accennò neppure a
considerare la richiesta, ma sorrise:
« Che bello, Taru-Taru…! »
« Eh? »
« Mi hai chiamata per nome, è la
prima volta. »
Lui rimase immobile senza sapere
come reagire; osservò la ragazzina accoccolarsi meglio, mugolando assonnata,
rilassò le spalle e la lasciò sistemarsi come voleva, poggiandosi indietro sui
palmi delle mani. Rimasero in silenzio e Purin sbadigliò ancora, biascicando
mentre si addormentava:
« Taru-Taru… »
« Cosa c'è? »
« Siamo amici, vero? »
Lui sospirò e sorrise:
« Certo che lo siamo, scimmietta
da circo… »
Lei ridacchiò soddisfatta:
« Ho tanto sonno… »
« Lo so. »
« Taru-Taru… »
« Cosa? »
« Stai meglio? »
Abbassò la testa guardandola
senza capire e lei aprì mezza palpebra, ormai pesante come piombo:
« Prima mi sembravi triste. »
Taruto sospirò ancora e scosse la
testa:
« Ti sbagli. »
« Non sei bravo… A dire le bugie…
»
Il respiro di Purin prese a farsi
ritmico e profondo. Il brunetto la guardò un altro paio di minuti:
« Purin? »
La bambina rispose con un
grugnito.
« Credo che questa sarà l'ultima
volta che ci vediamo. »
« … Perché?... »
Taruto tacque e guardò in alto
senza davvero vedere la volta, perso in chissà quali pensieri. Quando tornò a
guardare la biondina e capì che si era completamente addormentata, le spazzò
via con delicatezza il resto del polline dai capelli; studiò distratto la
voglia rosa che le spuntava da dietro la frangia e non potè trattenere un altro
doloroso sospiro.
***
Ichigo si guardò affannosamente
attorno e scorse angosciata la luce del sole iniziare a diventare aranciata.
« Ancora nessuna traccia di
Purin? »
« Purtroppo no. – gracchiò la voce angosciata di Keiichiro dal
ciondolo della rossa – Voi avete trovato
qualche indizio? »
« Ancora niente. – sospirò
agitata Retasu – Cosa le sarà successo? »
« È presto per dirlo. – disse Ryou con tono più fermo che potè – Per il momento non possiamo che c- »
« Alieno!
Alieno!»
Tutte le quattro MewMew, stanche
e preoccupate dalle ore di ricerca infruttuosa, presero un accidente appena il
robottino pigolò acuto:
« C'è
un alieno! Piii!»
« Dove Masha?! – strillò Ichigo
afferrandolo – Dov'è? »
Il robottino piò e spiccò il volo
inseguito dalle ragazze che, come temevano, videro presto all'orizzonte
spuntare la sagoma di casa Fon.
Entrarono come furie nel cortile
e si scagliarono sulla porta, trovandola aperta. Al colmo dell'ansia la
spalancarono e rimasero imbesuite nel vedere proprio Purin, sorriso
soddisfatto, raggomitolata sul divanetto che stava di fronte all'ingresso come
un topolino nel gruviera.
« Purin…! »
La piccola strizzò le palpebre
contrariata della voce di Ichigo e si alzò pian piano, sfregandosi gli occhi
più intontita che mai:
« Ragazze… »
« Purin, stai bene vero? – mormorò
Retasu con gli occhi lucidi, inginocchiandosi vicino a lei – Eravamo così
preoccupate! Sei scomparsa per tutto il giorno! »
« Avevo chiesto ad Akasaka
nii-chan e Shirogane nii-chan il giorno libero… »
Bofonchiò insistendo a strofinare
la faccia per svegliarsi.
« Non hai capito, sei sparita del tutto. – insisté Minto concitata –
Akasaka-san e Shirogane non ti rintracciavano da nessuna parte! »
Purin non le rispose e sbadigliò.
Solo in quel momento focalizzò di trovarsi in casa sua – dove non si era addormentata
– con le sue amiche attorno – che non si trovavano assieme a lei quando aveva
chiuso gli occhi. Si guardò attorno frastornata e, vicino a sé, trovò il suo
prezioso mazzo di bocche di leone.
Taru-Taru…?
***
Aisei non degnò di uno sguardò
Taruto che sbatteva la fiala consegnatagli poche ore prima sul tavolo di fronte
a lei, per quanto lui avesse ostentato il gesto fin quasi a frantumare il
contenitore. La bruna abbassò appena la testa, annoiata, e fischiò ammirata:
« È stracolma! »
« Sarai contenta, spero. »
Fece sprezzante, ma lei rispose
severa:
« Sarà Deep Blue, a valutare che
sia soddisfacente o meno. »
Taruto non rispose e girò sui
tacchi con aria di superiorità, mentre Aisei prendeva l'ampolla in mano e
faceva oscillare il liquido rosso al suo interno come un buon vino in una
bottiglia.
Non
correre. Non volare. Non teletrasportarti. Cammina e basta.
La schiena dritta come il più
fiero dei soldati Taruto si lasciò alle spalle la bruna e sorpassò Kisshu,
comparso in quello stesso istante:
« Che ci fai qui? »
« Ho completato la missione. –
rispose semplicemente il brunetto – Ora ho da fare. »
L'altro lo guardò attonito e si
voltò verso Aisei, ma lei confermò le sue paroleoscillando la bottiglietta tra le dita. Il
ragazzo non disse niente, ma non potè evitare di studiare il più piccolo che
scomparire con l'espressione più comprensiva che mai avesse fatto.
« Aisei, davvero… Sei una
stronza. »
Lei si limitò ad afferrare più
saldamente la boccetta e se ne andò senza guardarlo.
Taruto riprese a respirare solo
quando fu convinto di essere a distanza di sicurezza.
Era andata, in qualche modo, era
andata. Si guardò il palmo della mano che ancora tremava e strinse il pugno,
pregando che così smettesse.
Per fortuna il suo piano era riuscito,
e la goccia di sangue inghiottita dalla bocca di leone-chimero era stato
sufficiente per clonarle la quantità richiesta da Deep Blue.
Certo, anche così non rimaneva un
grandissimo piano. Il polline delle bocche di leone rosa, modificato da lui
stesso, non avrebbe tenuto Purin addormentata per sempre e prima o poi, se la
lotta fosse continuata, lei si sarebbe scontrata ancora contro di lui e gli
altri. Quando fosse successo, nessuno avrebbe potuto intercedere per lui con
Deep Blue, e non era certo che si sarebbe limitato a sospenderlo dalle azioni
come aveva fatto con Kisshu.
Si rese conto che camminando era
arrivato in uno dei laboratori secondari usati da Pai. Scorse proprio il
ragazzo intento in chissà quale ricerca, che analizzava, spostava e inviava
dati e ricerche forse al suo sistema personale di analisi, per visualizzarli in
ogni momento.
Restò in silenzio sulla soglia.
Pai parve non averlo rilevato e proseguì nel suo lavoro, facendo risuonare
nella stanza buia lievi suoni elettronici.
Se avesse potuto parlarne con
Pai, di certo avrebbe trovato una soluzione. Pai trovava sempre soluzioni per
tutto, anche quand'era piccolo era sempre stato così: lui non perdeva mai il
sangue freddo o la concentrazione, aveva sempre tutto sotto controllo, sempre un
piano di riserva, sempre una seconda scelta che in genere non serviva perché la
prima era già perfetta.
« Vuoi qualcosa? »
Pai lo chiese senza voltarsi e
Taruto si convinse che avesse gli occhi pure dietro la testa per averlo notato,
oppure lui aveva un passo da elefante e non lo aveva mai saputo; mormorò un no.
« Cosa fai? »
« Invio alcuni dati ad una certa
persona – fece vago – ho bisogno… Di un altro parere. »
Il fatto che Pai avesse un tale
desiderio era preoccupante, ma Taruto non gli chiese altro. Oscillò un poco sui
talloni e poi prese a massaggiarsi un braccio:
« Fratellone… »
Pai alzò immediatamente le mani
dalla pulsantiera e guardò Taruto girandosi un poco: doveva essere da quando il
ragazzino aveva quattro anni che non lo chiamava più a quella maniera.
« … Dici che mamma e papà stanno
bene? »
L'altro continuò a fissarlo senza
dire una parola. Sospirò impercettibilmente, Taruto era un bravo guerriero, ma
era inesperto e giovane; in più, dentro, rimaneva solo un bambino.
« Le cose stanno diventando
complicate. – non gli mentì, ma dopo gli concesse uno dei suoi mezzi sorrisi –
Ma loro stanno sicuramente bene. »
Taruto replicò con un sorriso
sghembo e triste e si voltò di scatto:
« Ti lascio lavorare. »
Scomparve senza lasciare
all'altro possibilità di parola; Pai rimirò a lungo il punto in cui era
scomparso, una fastidiosa sensazione d'inquietudine che s'insinuava nel petto.
***
Steso
nel suo letto Masaya si corrucciò e si agitò, girandosi da una parte all'altra.
Aveva
freddo, ma anche caldo. Stava sognando, eppure, non vedeva nulla.
Ti è rimasto poco
tempo.
Nel
buio della sua mente dormiente vide una luce calda e familiare; la vide
brillare ed espandersi fino a coprire tutto il suo sguardo e accecarlo,
facendolo ripiombare nell'oscurità.
Ancora per poco.
***
Il
sensore della sala principale di rilevamento si accese di colpo e Taruto
sobbalzò spaventato dal cantuccio in cui si era rintanato per pensare. Si
avvicinò veloce alla sfera per le analisi, sopra la superficie trasparente
lampeggiavano due punti rossi ben visibili.
«
Mew Aqua…? »
I
punti per alcuni istanti divennero tre, poi quattro, poi decine che risuonavano
all'unisono, quindi scomparvero. Taruto guardò frastornato la sfera che si
spegneva, quella era la cosa più strana che avesse mai visto:
«
Ma che diavolo vuol dire?! »
Restò in silenzio e compì qualche passo incerto
verso il centro della stanza, quasi a cercare degli indizi.
« Pensi che io sia stupida? »
Quella voce bloccò Taruto dove si
trovava: il brunetto ebbe l'impressione che una secchiata d'acqua ghiacciata
gli fosse stata rovesciata addosso e adocchiò Aisei venirgli incontro dal buio
con espressione tetra.
« Cosa intendi? »
Lei sollevò la mano, in cui
reggeva ancora l'ampolla colma di rosso, e la schiantò a terra. Un'immensa
chiazza di sangue lucente prese a spandersi fra i frammenti di vetro e Aisei
sbottò sprezzante:
« Davvero un bel sangue! Peccato
tu non abbia controllato che fosse tutto a posto. »
Taruto osservò la chiazza rossa
diventare in pochissimi secondi scura e fibrosa.
« Dove si è mai visto del sangue
che coagula così velocemente?! – insisté lei – Pessimo lavoro! »
Taruto fissò terrorizzato la
macchia che prendeva a tendere al nero e Aisei alzò il tono, rabbiosa e triste:
« Come hai potuto fare una simile
stupidaggine?!? »
Lui sollevò la testa e la guardò
di traverso, estraendo le sue bolas; anche se la ragazza si trovava in
penombra, non gli era sfuggito il luccichio dell'almarada:
« Speravo ve ne sareste accorti
tra un po'… »
« Fai anche lo spiritoso?! Sei un
cretino, come tuo fratello! »
Puntò la lama contro il ragazzino
pronta a colpire. Taruto rimase immobile, sebbene non smettesse di tremare, e
per un secondo ebbe l'impressione che Aisei, nonostante il sorriso rabbioso,
piangesse.
Ok so che vorrete
uccidermi per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare >.< ""!
vi prego abbiate pietà ^^""! so che vorrete sapere subito cos'è
successo dallo scorso capitolo, quindi non mi dilungo e vi lascio alla lettura!
A dopo :D
La luce artificiale del soffitto
in acciaio gettava ombre lunghe e fredde sulla città placidamente animata dalla
sua quotidiana routine. Nelle ultime settimane il clima già spietato del
pianeta aveva dato prova di tutta la sua furia scaraventando la popolazione
nello sconforto: quei pochi giorni faticosi ma calmi erano stati per molti un
inaspettato miracolo, nell'attesa che i loro soldati e il loro signore
facessero ritorno vittoriosi dalla patria perduta.
La giovane donna sospirò e
raddrizzò la schiena; non voleva lasciare che il periodo difficile abbattesse
il suo animo ottimista, per se stessa e per coloro che aveva cari. Terminò di
raccogliere le razioni settimanali dall'apposito banco al mercato e quindi
attraversò spedita la piazza, decisa a dirigersi a casa. A metà strada i suoi
occhi e il suo naso furono attirati dalle invitanti pagnotte dolci di
un'anziana venditrice, da cui pochi si fermavano; la giovane si accarezzò
distrattamente qualche ciuffo dei lunghissimi capelli neri, tentata dal cibo, e
alla fine svoltò decisa verso la vecchina e indicò due piccoli panini sul lato
del bancone. Il suo portamonete pianse un poco a vederle dilapidare la paga di
tante, durissime ore extra di lavoro al mantenimento dei pannelli di calore, ma
come la mora si era detta prima non poteva lasciare che le difficoltà la
abbattessero: un piccolo premio per il suo stomaco le avrebbe risollevato l'umore.
Ringraziò la venditrice e si
diresse verso la periferia della città dove la folla era molto più rada, e il
ronzio elettrico dei rivestimenti luminosi sopra di lei era un basso e
familiare sottofondo; si lasciò cullare dal rumore accostato ai suoi passi
leggeri sulla strada battuta, e scorse incuriosita una figura nel cortile
accanto a quello di casa sua. I suoi occhi verdi sparsi di pagliuzze dorate
furono attraversati da un lampo di preoccupazione, riflesso dell'ansia evidente
che agitava la donna di fronte a lei.
« Zia? »
La donna, sulla quarantina e con
capelli color del cielo notturno, sobbalzò sentendosi chiamare e stese un
sorriso preoccupato alla ragazza che tentò di stemperare ridacchiando:
« Ti ho spaventata? »
« Ero sovrappensiero. »
Rispose la donna. La ragazza
immaginò il motivo e sorrise più incoraggiante che potè:
« Da quant'è che non li senti? »
« Tre mesi, una settimana e
quattro giorni. – sospirò la donna angustiata – Tu invece? »
« Come? »
« Sei riuscita a contattare
Aisei? »
La ragazza scosse la testa e
sorrise mesta:
« Nemmeno un messaggino – mentì –
sai com'è fatta mia sorella… »
La donna annuì e sospirò, quasi
sollevata della cosa.
« Vedrai che stanno bene zia. –
insisté la ragazza – Torneranno presto. »
L'altra sorrise dolcemente ma con
poca convinzione.
« Ah, a proposito…! »
Svelta a cambiare argomento la
mora frugò nel cesto malconcio in cui aveva stipato le provviste e tirò fuori
uno dei piccoli involto di carta odorosi di pane dolce, porgendolo alla donna
che rise gentile:
« Non dovevi… »
L'altra le fece segno di non dire
altro e dopo averla salutata, coprendo con voce forte le sue proteste, entrò
lesta nella casa a fianco; mantenne il sorriso finchè la donna non fu rientrata
e lei si fu chiusa la porta della sua abitazione alle spalle per poi sbuffare
esasperata.
« Quei tre sono dei disgraziati…!
»
Posò i pasti di almeno cinque
giorni sul tavolino consunto della piccola cucina e si rese conto che il
monitor – unico oggetto vagamente moderno della casa – posto sullo scrittoio in
fondo al salotto era illuminato.
Forse
Aisei mi ha inviato qualche altro messaggio…
Prese un pezzetto di pagnotta
dolce e mangiucchiando si sedette con uno scricchiolino sullo sgabellino di
fronte al monitor: c'era un messaggio in effetti, ma non da Aisei.
« Giuro che lo uccido…! –
bofonchiò seccata aprendolo – Non ti fai sentire per mesi nemmeno dalla tua
famiglia e adesso…! »
Se la zia avesse scoperto la cosa
si sarebbe certo disperata.
Ingoiò con foga rabbiosa un
boccone zuccherino mentre apriva il messaggio:
« Con tutta la tua intelligenza
Pai, a volte sei un vero id- »
Le
bastò leggere l'intestazione del messaggio per rimanere ammutolita.
Scusami per disturbarti Nair(*),
ma ho bisogno del tuo aiuto.
Non voglio chiederti nulla su
Aisei (anche se sono convinto che tu sappia perché si trova sulla Terra). Dal
suo arrivo però le cose qui stanno cambiando e non come mi aspettavo.
Deep
Blue-sama sta per risorgere e qualcosa non quadra.
Nair si pulì rapidamente sulla
gonna le dita dai cristalli di zucchero e aprì l'allegato; più leggeva e più il
pallore le scolorì le guance.
Spense il monitor e schizzò fuori
di casa diretta all'Archivio Generale. Se quel che Pai scriveva era vero… E se
ripensava a ciò che aveva detto ad Aisei…
Avvertì una morsa gelida serrarle
lo stomaco.
Ti
prego, fai che mi stia sbagliando!
***
Kisshu restò a fissare Pai
impegnato nella ricerca di nuovi segnali della MewAqua; nulla lasciava
intendere che qualcosa turbasse lui o il ragazzo più grande, ma chi li avesse
osservati con attenzione avrebbe avvertito la palpabile tensione dalle due
parti.
« … Che fine ha fatto? »
« Di chi stai parlando? – domandò
Pai atono – Di Aisei? »
« Di Taruto. »
L'altro smise solo un istante di
digitare, ma non si voltò.
« Sono un paio di giorni che non
lo vedo. »
« E tu da quanti giorni non stai
qui senza andartene a zonzo? »
Ribattè Pai senza scomporsi.
Kisshu sbuffò sprezzante:
« Non prendermi in giro. »
« È un soldato. Non ha bisogno di
una bambinaia. »
« Ma se fargli da bambinaia e
imporgli ordini è il tuo più grande divertimento! – sbottò iroso – E poi da
quando Taruto fa piani di sua iniziativa?! Specie in quest-
»
L'aria e la stanza attorno
vibrarono mutando in un fondo abissale verde e violaceo e i due ragazzi si genuflessero
immediatamente di fronte alla figura sfocata di Deep Blue.
« Siamo ai suoi ordini Deep
Blue-sama. »
Disse reverente Pai; Kisshu si
limitò ad abbassare più a fondo il capo.
« Devo solo farvi un annuncio. »
I due aspettarono ma l'ombra non
disse altro: alla sua destra l'aria tremò e la sagoma di Aisei si fece in pochi
istanti più nitida dall'oscurità e avanzò di un passo, fermandosi subito dopo.
Kisshu si corrucciò nel vederla.
La ragazza era estremamente pallida, le iridi color giada erano quasi vitree e
dall'espressione del suo viso era difficile capire se fosse provata o solo
d'improvviso indifferente a tutto.
« D'ora in avanti sarà Aisei ad
affiancarvi nella vostra missione. »
I ragazzi non capirono
immediatamente il senso della frase. Aisei gli stava già aiutando, perché specificarlo? Kisshu sgranò gli occhi capendo
le parole che Deep Blue non aveva pronunciato, ma che donavano senso al tutto.
Compreso l'alone che intravedeva sulle dita della mora.
« Signore… »
« È tutto. »
Senza dare altra risposta a Pai,
Deep Blue scomparve con un trapestio metallico. Appena il paesaggio di rovine
tornò a circondare i tre alieni, Kisshu si avventò su Aisei e l'afferrò per il
colletto della maglia sbattendola contro una colonna e strappandole un secco
gemito di dolore.
« Kisshu! »
Il ragazzo ignorò le proteste di
Pai.
« Dov'è?! – sibilò feroce verso
la mora – Dov'è?! »
Aisei mandò un altro singhiozzo e
provò a liberarsi della presa affondando le unghie nella mano del ragazzo,
mentre Kisshu tirava la stoffa sollevandola un paio di centimetri da terra:
« Dov'è Taruto?! »
Lei fece presa sul suo braccio
per impedire che la maglia le tagliasse la pelle della gola e stiracchiò una
smorfia feroce:
« E chi lo sa? »
Kisshu ritrasse il braccio e la sbattè un'altra volta contro il pilastro. Pai gli balzò
addosso e lo tirò via, mentre Aisei prendeva a ridere bassa, una risata così
triste e aspra da risultare inascoltabile.
« Che cazzo hai da ridere?! »
Provò ad afferrarla un'altra
volta, ma Pai lo trattenne:
« Kisshu, smettila! »
« Sei scemo o cosa?! – berciò
scrollandoselo di dosso – Non hai ancora capito?! »
Prese la mano di Aisei che ancora
rideva tra sé e sé e la sollevò: con la luce neppure il più cieco di loro
avrebbe potuto non vedere l'ombra rossastra sulle sue dita, e seppur ciò che le
aveva macchiate fosse stato lavato via, a Pai come a Kisshu giunse chiaro nel
naso e nella gola un familiare retrogusto metallico.
Pai non reagì allentando la
stretta attorno alle braccia dell'altro e fissò la bruna. Lei teneva la testa
china e le spalle tremavano; quando alzò il capo, Kisshu si rese conto che i
suoi occhi erano gonfi e in quell'istante, a discapito del sorriso sghembo che
aveva, erano lucidi e tristi:
« Non tutti… Possono permettersi
il lusso di disobbedire a Deep Blue-sama e starsene tranquilli, sai? »
I ragazzi rimasero a squadrarla
sogghignare amara per lunghi minuti. Lo schiaffo di Kisshu tuonò nell'aria
immobile quando interruppe i suoi singulti aspri.
Aisei tenne lo sguardo spalancato
e si portò lentamente due dita alla guancia rovente dove Kisshu l'aveva
malmenata, intanto che con un risucchio sordo lui spariva; Pai restò ancora
qualche momento a fissare la bruna, immobile. Aisei incrociò per un momento i
suoi occhi violacei, così gelidi che più che mai le parvero ghiaccio, e in essi
catturò solo il suo riflesso opaco, come se oltre quei due specchi non vi fosse
che il vuoto. Non emise un suono e nel silenzio glaciale lui si girò e si
allontanò nel corridoio a passi lenti fino a sparire.
La ragazza scivolò lungo la
colonna e cadde a terra in ginocchio. Il grido che lanciò sembrò volerle
squarciare il petto.
***
Purin salutò la sorellina e
stringendo la borsa con la spesa per il Cafè si avviò a passi veloci verso la
sua scorciatoia per il locale. Si fermò al semaforo sospirando e alzò
distrattamente gli occhi verso l'orologio digitale, sul palazzo dall'altro lato
della strada: da quando Taruto l'aveva riportata a casa dalla dimensione colma
di bocche di leone, erano passati due giorni e non lo aveva più visto, né
c'erano più stati attacchi da parte degli alieni. Si avviò per il piccolo parco
sospirando: non negava di essere preoccupata, il comportamento del brunetto era
stato un po' strano e anche se le aveva puntualizzato seccato che non l'aveva
aiutata, quel pomeriggio alla montagna, lei non si liberava dell'ansia che il
suo gesto gli avesse causato dei guai.
« Anche Ichigo nee-chan in questi
giorni è diversa… –sospirò forte
prendendo una curva – Non mi piacciono queste cos- »
Si fermò di colpo, avvertendo il
flebile residuo di un odore pungente.
« Cos'è? »
Si allungò sulle punte dei
piedini e arricciò con vigore il nasino annusando l'aria: non capì di cosa si
trattasse, ma il DNA della scimmia leonina tremò nel percepire l'odore come per
un segnale di pericolo. che la biondina non interpretò.
Strinse il pugno allarmata e
accelerò il passo; era pressoché arrivata al punto dove Taruto aveva aperto la
sua dimensione e più si avvicinava, più lo strano odore diventava definito. Il
brivido della sua parte animale divenne chiara paura. Vide l'albero e vi girò
attorno con un balzo quasi sperando di veder spuntare il piccolo alieno, ma
vide solo la stradina vuota.
Sospirò delusa e inquieta, in
quel punto l'esalazione era molto più forte di prima. Cercò attorno qualunque
cosa le risultasse fuori posto, tutto ciò che potesse essere la causa
dell'odore, ma quando gli occhioni castani scorsero il terribile mucchietto di
macchie rosse sulla corteccia dell'albero desiderò non averle mai viste.
Sangue.
Si girò terrorizzata rendendosi
conto che alcune gocce ormai secche picchiettavano anche la strada alle sue
spalle, mimetizzate sull'asfalto usurato e le foglie accartocciate, mentre di
fronte a lei si interrompevano bruscamente.
Era successo qualcosa a Taruto.
Lo sapeva, ne era sicura, e probabilmente si era rifugiato nel suo
nascondiglio.
Non si fermò a pensare oltre dei
come e dei perché. Cercò un tremolio nell'aria o un segno che individuasse la
dimensione, ma non scorse nulla; sempre più agitata allungò le braccia
oscillandole nel vuoto, cercando l'ingresso e non trovandolo entrò ancor più
nel panico: avvertì la bocca seccarsi mentre faceva qualche altro passetto con
le mani tese avanti, e di colpo un grosso buco oscuro le si aprì di fronte con
un risucchio sordo.
« Non ci credo…! »
Il poco sollievo che le sciolse
il groppone alla gola durò la frazione di secondo necessaria a vedere altre
macchie rossastre apparire di fronte ai suoi piedi. Deglutì forte e saltò
dentro il passaggio senza voltarsi.
La caverna era tornata spoglia e
solo un prato basso si arrampicava a fatica sui piccoli declivi e sulle rocce.
Le macchie rosse diventavano più fitte appena dopo l'ingresso e continuavano
tracciando un sentiero in fondo a cui, accoccolato contro un costone, scorse
con orrore un famigliare cespuglio color castagna.
« Taru-Taru…! »
Per il primo, devastante minuto,
a vederlo così immobile temette il peggio. Caracollò sulle rocce viscide di
tenera erba e si inginocchiò accanto a lui, singhiozzando sollevata rendendosi
conto che, almeno flebilmente, respirava; la pelle già diafana del ragazzino
era cianotica e segnata da decine e decine di tagli brevi, ma profondi: doveva
aver perso moltissimo sangue e sembrava essersi trascinato fino al suo rifugio
consumando le ultime energie.
« Taru-Taru… »
Purin gli afferrò delicatamente
una spalla e lo scosse piano chiamandolo ancora e ancora senza che lui
reagisse. Quando finalmente sul viso del brunetto comparve un'ombra delle sue
iridi dorate la mewscimmia si dovette serrare le mani sul viso per non gridare.
« P… in… »
« Taru-Taru! »
Lui digrignò i denti e gemette
piano per lo sforzo enorme che fu muovere la testa. Purin lo vide tentare
invano di deglutire e frugò nella borsa prendendo una bottiglietta d'acqua:
prese con dolcezza la nuca di Taruto, affondando con le dita in qualcosa di
caldo e viscido e rabbrividendo, e piano piano lo aiutò a bere pochi sorsi.
Taruto riuscì a malapena ad ingoiare due gocce bagnandosi il collo col resto
del contenuto, ma alla fine parve respirare meglio.
« Taru-Taru che ti è successo?!
Chi ti ha fatto questo?! »
Lui provò ad articolare dei suoni
ma inarcò ancora la schiena per il dolore e mandò alcuni veloci respiri
affannosi.
« Devi farti curare…! »
Fece tre volte per alzarsi,
tornando sempre sui suoi passi per l'agitazione, e infine gli posò le dita
sulla guancia e cercando di apparire calma lo confortò:
« Vado a chiedere aiuto! Resisti,
ok? »
Gli sembrò che lui stiracchiasse
una smorfia incoraggiante mentre saltava fuori dal portale.
***
« Ancora niente… »
« Aoyama-san non ti ha più
contattata? »
La rossa chiuse il telefono e
sorrise con dolcezza a Retasu:
« Solo qualche messaggio, ma da
ieri non l'ho più sentito. – sospirò – Immagino si stia riposando… »
« La febbre dura da qualche
giorno. – la rassicurò la verde – Stai tranquilla, è sicuramente così. Domani
sarà di nuovo in forma. »
L'amica ricambiò il sorriso
sentendosi più serena.
« Ma insomma, che fine ha fatto
Purin con la spesa?! – sbuffò Minto sistemando l'ultima sedia – È tardiss- »
La porta si spalancò sulle sue
ultime parole. Nella stanza scese il gelo mentre Purin, tra affanno e
singhiozzi, tentava di articolare frasi di senso compiuto.
« Purin! Che è successo?! »
Ichigo si fiondò con le altre al
capezzale della piccola amica e Retasu si coprì la bocca:
« Oddio… È sangue…! »
« Cos'è successo?! – insisté
Minto afferrando le mani della biondina – Come ti sei fatta male? »
« Non è…! Non è mio! Taru-Taru…!
Taru-Taru… »
Le ragazze si scambiarono
occhiate allarmate e Ichigo tentò di ripulire un poco le mani dell'amica mentre
Ryou e Keiichiro, attirati dal chiasso, piombavano allarmati nell'ingresso.
« Cos'è questo baccano? … Purin!
Cosa…?! »
« Taru-Taru è ferito! – esclamò
angosciata – Non so cosa gli è successo ma… È grave! C'è… C'è tanto sangue… »
Ryou incrociò le braccia e il suo
sguardo si fece di ghiaccio:
« Devono aver cominciato a
lottare tra loro… »
Ichigo lo fulminò duramente e
Purin si fregò il naso col braccio:
« Mi serve aiuto! »
« Aiutare un alieno? »
Tutti si voltarono a guardare il
biondo. Purin sgranò gli occhi senza comprendere il suo tono:
« Non è un alieno! E' Taru-Taru. »
« Purin, smettila con questa
storia. – la seccò lui severo – Ti rendi conto di quello che stai dicendo? »
« È un mio amico! »
« È un alieno invasore che ha
cercato più volte di uccidere te e le altre. – puntualizzò glaciale – Non gli
farò certo il favore di salvargli la pelle. »
La bambina lo fissava allibita.
« Shirogane, ma cosa stai
dicendo?! – intervenne Ichigo – Guardale le mani! Deve essere grave…! Non
possiamo ign…! »
« Vi ricordo che il proget m è nato per sconfiggere gli
alieni! »
« Sconfiggerli, non…! »
La rossa non riuscì a formulare
la parola ucciderli, ma il suo
sguardo fu eloquente; Ryou non battè ciglio.
« Shirogane nii-san, ti prego! Lo
capisco quello che dici, ma Taru-Taru è mio amico! »
Lui rimase immobile.
« Ryou, ragiona un secondo. »
Con gentilezza e decisione
Keiichiro gli afferrò la spalla e fece un cenno verso la piccola, sussurrando:
« Guardala. »
« Shirogane-san… »
Nessuna delle proteste smosse
l'americano di un passo. Purin cercò sostegno nelle amiche, ma quando si
accorse che nessuna di loro sapeva bene come fare dopo la presa di posizione di
Ryou, assunse una smorfia rabbiosa e scoppiò in lacrime:
« Sei… Sei crudele! »
« Sono solo realist-
»
« Sei cattivo! – strillò – Dici
che gli alieni sono cattivi, ma sei tu ad esserlo! Ti odio! »
Scacciò la mano di Ichigo quasi
disgustata:
« E voi siete come lui! »
« Purin, ascolta un mom- »
« Siete dei mostri! »
Si voltò e schizzò a tutta
velocità nel vialetto e tornò al passaggio per la caverna praticamente volando.
L'ingresso si riaprì non appena lei vi si trovò davanti e fregandosi con rabbia
i lacrimoni che le rigavano il viso tornò al capezzale di Taruto e cercò di
aiutarlo ad alzarsi:
« Stai tranquillo – tirò su col
naso e soffocò un singhiozzo – ti aiuterò io Taru-Taru… Forza… »
Lui gemette nell'incoscienza,
incapace di sostenersi sulle gambe; Purin si morse le labbra senza sapere cosa
fare e alzò lo sguardo verso il passaggio, spaventandosi all'ombra che vide
sgusciare verso di loro.
« Oh mio…! Aspetta, aspetta! Ti
aiuto! »
« Retasu… »
La mewscimmia osservò intontita
la verde spostarla e prendere gentilmente Taruto in braccio: aveva la fronte
imperlata di sudore, il fiato grosso e gli occhiali spostati di lato e
indossava ancora la divisa, doveva averla inseguita dall'istante in cui lei era
corsa via dal locale. Purin la guardò prendere un respiro profondo,
impressionata dal sangue, aggiustarsi meglio Taruto contro il petto e uscire
lesta dal passaggio.
« Retasu, per… »
« Perché Taruto-san è tuo amico.
»
Le sorrise con dolcezza e Purin
trattenne nuove lacrime:
« Grazie nee-chan! »
Appena i tre andarono fuori dalla
dimensione questa si chiuse alle loro spalle. Retasu si guardò attorno e cercò
di nascondere tra le braccia lo svenuto Taruto:
« Dobbiamo sbrigarci – sussurrò –
se qualcuno ci vedesse sarebbero guai. »
« Andiamo a casa mia. »
La verde annuì e seguì la
biondina che la conduceva per strade più riparate.Il percorso fu lunghissimo e spesso furono
costrette a fermarsi per non essere notate dalla gente, con Purin che di quando
in quando controllava tormentata che Taruto respirasse ancora e intanto
stringeva la sua mano che penzolava oltre il gomito di Retasu.
« Così ci stiamo mettendo troppo
tempo – sussurrò la verde, guardando preoccupata il brunetto sempre più pallido
– dobbiamo accelerare. »
Purin annuì, ma entrambe
fissavano senza sapere come fare l'arteria trafficata su cui si affacciava il
viottolo dove si erano fermate.
« C'è troppa gente… »
Retasu si morse il labbro.
Avrebbero potuto trasformarsi, ma temeva di dare troppi sobbalzi al piccolo
alieno saltellando sui tetti e lui era già sufficientemente provato.
Un clacson suonò ripetutamente al
loro fianco facendole trasalire. Le ragazze sbirciarono la strada che
s'intravedeva alla loro sinistra e scorsero il profilo rosso di un'auto
sportiva che fece brevemente retromarcia e permise al conducente di guardare
nel vicolo e fare segno alle due di raggiungerlo.
« Akasaka-san…! »
Purin d'istinto si frappose tra
lui e Taruto, corrucciandosi guardinga, ma Keiichiro le sorrise e senza
spegnere il motore tirò il freno a mano guardandole con decisione:
« Forza. »
Il bruno aprì la portiera
posteriore e incoraggiò ancora le ragazze a salire, guardandosi attorno tramite
gli specchietti retrovisori:
« Su, prima che qualcuno vi veda.
»
Purin restò ferma ancora un
momento e poi lo guardò con affetto e gratitudine, e aiutò Retasu a sistemare
Taruto nel sedile posteriore; si sedette vicino a lui e gli posò la testa sulle
sue gambe, mentre Retasu saliva davanti e Keiichiro partiva senza aggiungere
altro.
Fortunatamente gli altri
fratellini di Purin erano ancora a scuola e la bambina non dovette preoccuparsi
di tenerli buoni. Aperta la porta lasciò Retasu e Keiichiro con in braccio
Taruto sulla soglia e corse su per le scale verso la sua camera dove preparò il
letto, mentre Kei la raggiungeva e posava il piccolo sulle lenzuola.
« Purin-san, mi occorre
dell'acqua per favore. »
La bambina annuì e schizzò nel
corridoio. Keiichiro si fece passare la grossa borsa che Retasu aveva preso dal
suo bagagliaio e tirò fuori tutto l'occorrente per curare le ferite di Taruto,
compreso uno strano macchinario che la verde gli vide usare per auscultare
l'alieno su tutto il corpicino martoriato.
« Per fortuna non sembra avere
emorragie interne… »
Sussurrò e lo mise via aprendo
l'enorme scatola del pronto soccorso; Retasu continuò a fissarlo e Keiichiro
sorrise gentile, picchiettando con le dita sulla scatoletta:
« Un giocattolo che ho costruito
per le emergenze. Non sono un medico, ma con questo almeno posso valutare la…
Gravità della situazione. »
La ragazza gli sorrise intenerita
dall'impegno e si fece da parte lasciando entrare Purin, che reggeva tra le
mani una conca stracolma d'acqua; la biondina si inginocchiò vicino a Keiichiro
e standosene immobile lo studiò pulire e medicare le ferite di Taruto. Retasu
uscì in silenzio dalla camera e si diresse con discrezione al bagno, come
ricordava in fondo al corridoio: si osservò solo un momento nello specchio e si
sfilò il grembiule lievemente macchiato di rosso, prendendo poi a lavarsi le
mani. Le si strinse lo stomaco scorgendo l'alone vermiglio che si scioglieva
nell'acqua.
Come
si può…?Una cosa del genere…
A dispetto di quanto diceva Ryou
lei sapeva benissimo che Kisshu, Pai e Taruto non avrebbero mai fatto una cosa
simile. Ricordava cos'era successo il giorno che Kisshu, stremato dalle ferite
di Ao No Kishi, era stato soccorso dagli altri due(**),
la loro preoccupazione per il compagno ferito e la rabbia verso di loro che non
avevano dato alcun valore al suo gesto. Non poteva neppure lontanamente credere
che facessero una cosa del genere a Taruto.
E
poi perché…?
Finì di ripulire il lavandino,
spense l'acqua e si asciugò le mani raccogliendo il grembiule abbandonato sul
pavimento, senza smettere di rimuginare.
« E se fosse… »
Ricordò quanto Purin aveva
raccontato il giorno alla montagna, ma scosse la testa: anche se avessero
punito Taruto per non averla eliminata, quello
era…
« Troppo. »
Bisogna
avere un cuore per provare pietà
Accostò il grembiule
al petto e sospirò forte. No, non poteva aver…
« No, non lo faresti mai. »
Guardò distratta le poche gocce
rimaste sulle sue dita caderle sulle scarpe e strinse tra
le mani la stoffa bianca:
« Vero, Pai-san…? »
« Ho fatto tutto quello che
potevo – sospirò Keiichiro chiudendo il suo borsone – ora deve riposarsi. »
Purin annuì e con piccoli passi
sulle ginocchia si avvicinò di più al letto: Taruto respirava ancora molto
piano, ma le sue guance sembravano aver ripreso un po' di colore.
« Grazie Akasaka nii-chan. »
Lui sorrise e le diede un
buffetto sulla testa.
« Nii-chan? »
« Dimmi. »
« Perché hai aiutato Taru-Taru? »
Il ragazzo la guardò un secondo
senza rispondere. Purin lo studiava accigliata e Keiichiro dedusse che, dopo
quanto Ryou aveva detto, fosse grata ma pur sempre confusa del suo gesto. Cercò
di trovare una spiegazione chiara e concisa, ma alla fine riuscì solo a
sorridere e chiedere:
« Perché non avrei dovuto? »
Lei ricambiò con un sorriso colmo
di riconoscenza.
« Come sta? »
« Deve riposare Retasu-san. –
disse Kei issandosi la borsa in spalla – Ma credo che se la caverà. »
« Che sollievo…! »
Sorrise a Purin e la piccola
ricambiò appena.
« Sarà meglio tornare al locale.
»
Disse gentilmente Kei spingendo
piano Retasu fuori dalla stanza:
« Gli altri si chiederanno dove
siamo. »
Lei annuì.
« Akasaka nii-chan. »
« Sì? »
« Io… Vorrei stare a casa. Finchè
non sono sicura che Taru-Taru non stia meglio. »
Il bruno sorrise dolcemente e
annuì con vigore. La bambina sorrise e li accompagnò all'uscita, con Retasu che
amorevole diceva:
« Se ti serve aiuto chiamami ok?
»
« D'accordo. »
I due se ne andarono e Purin
trottò ancora nella sua stanza e si sedette sul pavimento vicino a Taruto,
posando la mano su quella del brunetto.
***
Il
cielo era già scuro quando Ichigo finì di risistemare il locale, ma mai lo
sarebbe stato quanto il suo umore.
Dopo
che Purin era scappata via inseguita da Retasu anche Keiichiro era sparito per
alcune ore senza dire una parola; al suo ritorno Ryou, fulminati sia l'amico
che Retasu con una gelida occhiata di biasimo, si era limitato a sentenziare
che il loro comportamento avrebbe reso la lotta solo più lunga ed era sparito
al piano di sopra. Kei non aveva reagito, mantenendo la solita espressione
calma ma senza sorridere, mentre Retasu lì per lì aveva abbassato il capo,
colpevole, poi quasi ci avesse ripensato aveva scoccato al biondo uno sguardo
rimproverante e si era rimessa al lavoro; per il resto della giornata non aveva
proferito verbo, ma Ichigo aveva notato che un pensiero a lei ignoto la
tormentava, da come insisteva a torturarsi un ciuffo della frangia e dagli
occhi tristi. Lei, dal canto suo, non riusciva a liberarsi da un bruciante
senso di colpa per essere rimasta al Cafè invece di esaudire la richiesta
disperata di Purin: non aveva idea di cosa ne pensasse Zakuro, criptica come
sempre eppure, forse, più cupa del solito, ma in Minto era cerca si agitasse lo
stesso amaro sentimento che serrava il suo petto.
La
seggiola che aveva ribaltato colpì il tavolo con un po' troppa energia e
allungò discreta le dita sulla seduta, controllando di non aver crepato nulla.
«
Potresti evitare? »
La
voce dura di Ryou non la colse minimamente di sorpresa. Fu anzi lui a stupirsi
dell'espressione dura che ricevette in risposta, ma insisté:
«
Quelli li pago io. »
«
Non sia mai che lasci il signor Shirogane più povero di qualche spicciolo! –
soffiò velenosa –Potrebbe sentirsi male! »
Lui
la osservò muoversi sempre più nervosamente per il locale e aggrottò la fronte
scettico:
«
A cosa devo tutta questa dolcezza di tono? »
Ichigo
lo fulmino per il tono sarcastico:
«
Hai abbandonato un bambino ferito a morte, ti basta?! »
«
Andiamo Ichigo. Non farmi la paternale. »
«
Non farmi…?! »
La
rossa gli si fiondò contro come un treno in corsa puntellandogli l'indice sul
petto:
«
Come puoi dire una cosa simile?! »
«
Osservo solo le cose più lucidamente di voi. – continuò atono – Vi lasciate
troppo prendere dal buonismo, dovete pensare alla vostra vita e a quella del
pianeta, non certo a quella dei nemici! »
«
E per farlo dovremmo trasformarci in assassine?! »
«
Mica vi ho chiesto di sgozzarlo. Ho solo deciso che non era il caso di portare
aiuto ad avversario. – fece spallucce e poco mancò che Ichigo lo
schiaffeggiasse – Taruto era… »
«
Non osare! – strillò secca – Non osare dire che lui…! Non è….! »
L'idea
le raggelava il sangue fin quasi a rovesciarle lo stomaco. Ryou non smise di
fissarla severo:
«
Non dovrebbe importarti in ogni caso. Tu e le altre avete fatto la scelta più
intelligente dandomi retta. »
Ichigo
fece per ribattere e ottenne solo di mandare uno strambo singhiozzo gutturale.
Avvertì gli occhi inumidirsi, ma non versò una lacrima: alzò la testa rabbiosa
e squadrando Ryou quasi con disgusto si tolse grembiule e crestina sbattendole
per terra.
«
Sarà stata anche la più intelligente, ma era quella sbagliata. »
Non
si curò che lui volesse o meno replicare o continuare il discorso; scattò
velocissima verso lo spogliatoio, afferrò la sua roba e tenendosela
sottobraccio corse fuori.
Impiegò
più tempo del previsto a raggiungere la casa di Purin. Si dovette appoggiare
alle ginocchia, ormai senza fiato, e guardò le luci dalle finestre della casa
farsi sempre più intense nel buio che avanzava.
Sentì
dei passi e si voltò di scatto restando a fissarsi per alcuni istanti con Minto
e Zakuro, spuntate come dal nulla al suo fianco; la rossa si asciugò la fronte
madida di sudore e raccolse meglio al petto i suoi vestiti che stavano cadendo,
senza sapere bene cosa dire.
Anche
Minto provò ad articolare qualche parola, a disagio, fallendo miseramente,
finché Zakuro non le posò una mano sulla spalla e si fece avanti verso la
mewneko accennando un sorriso:
«
A quest'ora i suoi fratellini avranno fame. Le servirà una mano. »
Ichigo
sorrise timidamente e si avviò con loro alla porta.
***
La
grande biblioteca dell'Archivio Generale era uno dei pochi edifici ad avere una
struttura esteticamente apprezzabile, oltre che funzionale. Le altissime mura
terminanti a cuspide diventavano più buie man mano che si saliva sugli infiniti
scaffali che ricoprivano, stipati di tomi antichi portati in salvo dal Grande
Esodo e ormai ridotti a poco più che polvere e qualche volume scritto con
pergamena artificiale durante gli anni dell'esilio, dall'aria più sciupata dei
loro simili; di quando in quando le scaffalature erano interrotte da grandi e
antiestetici pannelli metalli, gli hard-drive collegati ai piccoli monitor
nella stanza per consultare i documenti più delicati e intoccabili, o per
controllare le ricerche più recenti ormai riportate solo digitalmente.
Nair
ormai da ore era china su volumi e sulla tastiera del suo schermo preferito, in
un angolino riparato, prendendo in continuazione un libro nuovo e posandone un
altro, prendendo appunti, digitando e accumulando un tomo sull'altro fin ad
essersi costruita una fortezza attorno a sé. Di quando in quando uno degli
addetti all'archivio si avvicinava con fare severo e curioso, ma appena
scorgeva il suo tesserino Capomastro d'Archivio – che, per evitare di essere
disturbata, Nair aveva reso ben visibile appuntandoselo sulla schiena – il
disturbatore retrocedeva in religioso silenzio e tornava alle sue occupazioni.
La
ragazza sentiva gli occhi bruciare, ma non si sarebbe fermata finché non avesse
trovato il bandolo della matassa.
Pai
aveva ragione, i dati che aveva raccolto evidenziavano che ci fosse qualcosa di
poco chiaro nel risveglio di Deep Blue, e più lei cercava notizie più la
questione assumeva contorni più nitidi e inquietanti. Si sollevò un istante dal
foglio su cui stava scrivendo e avvertì il freddo scivolarle mellifluo sulla
schiena: le occorreva un'ultima verifica e avrebbe avuto conferma di ciò che
già temeva di sapere.
Se così fosse… Non solo
noi non torneremo mai più sulla Terra, ma essa verrà cancellata da qualunque mappa
stellare.
Si
alzò dalla sedia e prese l'ultimo tomo, il più sgualcito e polveroso di tutti,
da uno scaffale a terra; le sue pagine erano gialle e odoravano di muffa come
la copertina, ma non fu per il disgusto che Nair tremò nell'afferrarlo:
«
Kami-sama, te ne prego, solo per questa volta: che Pai si sia sbagliato. »
***
Trascorsero
altri tre giorni di calma, senza attacchi né chimeri né rilevamenti di MewAqua;
eppure, l'atmosfera che le ragazze respiravano dentro e fuori dal locale era
così tesa e snervante che facevano fatica a tenere conto effettivo del tempo.
Purin
era stata felice di vedere le sue amiche raggiungerla, ma manteneva ancora un
atteggiamento stranamente sostenuto nei loro confronti: nessuna gliene faceva
una colpa, la loro reazione era sta comunque tardiva e alla biondina la cosa
bruciava. Spesso loro andavano a trovarla, anche per aiutarla con i fratellini
che, obbedienti e devoti alla sorella maggiore, cercavano di non stare troppo
attorno a lei e al loro misterioso ospite che ancora non aveva ripreso
conoscenza.
Al
Cafè Ryou non parlava praticamente più con nessuna di loro: sapeva bene che
avevano disobbedito al suo ordine, o come lo definiva lui al suo consiglio, e
non lo tollerava. In particolar modo pareva avercela con Ichigo, di cui non
aveva gradito affatto la scenata dei giorni precedenti, e con Retasu, che senza
alcuna remora era andata in soccorso del nemico ignorando il pericolo.
Quel
pomeriggio la verde, camminando lentamente e sospirando in continuazione, non
riusciva a non biasimarlo: stimava Ryou e provava un enorme affetto nei suoi
confronti, ma la sua cocciutaggine verso gli alieni a volte rasentava la
crudeltà. Inoltre trovava insensata la sua presa di posizione verso Ichigo, che
in quei giorni sembrava ancora più distratta e preoccupata del solito: Masaya
non le rispondeva praticamente più al telefono e non le permetteva di andarlo a
trovare, insistendo nel definirsi ancora febbricitante, ma anche se le avesse
permesso di andare da lui Ichigo non era molto invogliata a farlo e la cosa la
confondeva ancora di più.
Retasu
chiuse un momento gli occhi, angosciata, ma non riuscì a tranquillizzarsi.
Accelerò il passo decidendo che qualche ora di lavoro forse l'avrebbe distratta
il giusto per potersi schiarire le idee, quando delle voci lontane ma che
conosceva attirarono la sua attenzione. Si guardò attorno e non vide nessuno,
così d'impulso alzò lo sguardo, edietro
le fronde degli alberi costeggianti il sentiero scorse due sagome scure nel
cielo terso. Si rannicchiò su se stessa per apparire invisibile e si avvicinò
lentamente: miopia a parte, riuscì a capire che si trattava di Pai e Kisshu ma
non riuscì a sentire le loro parole, sebbene era chiaro dallo sbracciare e dal
volume che Kisshu fosse parecchio arrabbiato. Si avvicinò un altro poco
iniziando a cogliere qualche stralcio di conversazione, ma non ebbe il coraggio
di avanzare oltre; non le sembrava saggio insinuarsi in una lite tra alieni,
tenendo conto che Kisshu non era mai stato molto discreto nel combattere.
«
Non serve a nulla insistere. »
«
Non me ne frega un cazzo! – urlò il ragazzo dai capelli verdi – Se… »
Retasu
lo sentì chiaramente trattenere il respiro sulle parole che non pronunciò,
quasi che dirle avrebbe suggellato qualcosa di terribile.
«
Lo troverò! Da qualche parte… Deve essere da qualche parte! Non può averlo
fatto sparire e basta. »
Pai
non rispose e Retasu si chiuse le dita sulle labbra, parlava di Taruto…!
Di
scatto balzò fuori dagli alberi e corse incontro ai due. Nel vederla Kisshu, il
viso stanco, schioccò furioso la lingua e si teletrasportò via, mentre Pai
rimase a fissarla truce; non estrasse la sua arma e non scollò un secondo lo
sguardo dai movimenti di Retasu, che si affannò ad arrivargli il più vicino
possibile. Nessuno dei due parlò e lei si costrinse a sostenere l'occhiata di
lui, temendo che se avesse distolto gli occhi anche solo per un momento Pai
avrebbe reagito attaccandola come un animale feroce.
«
Ch-chi… Chi state cercando?! »
La
sua voce uscì un po' troppo stridula nel suo tentativo di parlare forte e
chiaro. Pai non le diede risposta e socchiuse ancor di più gli occhi, ormai due
lame violacee sul volto pallido e più teso del solito:
«
Dovresti chiederlo allo stupido, non a me. – sentenziò sepolcrale – Ora vattene
umana finché sono occupato, o ti uccido qui e all'istante. »
Non
aspettò risposta e si alzò di quota di qualche metro pronto a sparire. Retasu
mosse un paio di altri veloci passi verso di lui e gridò ferma:
«
Taruto-san sta bene! »
Fu
difficile capire se Pai si fosse bloccato di colpo o avesse semplicemente
rallentato il volo da dove Retasu si trovava. Si voltò a guardarla con lieve
stupore e lei ripetépiù piano:
«
Taruto-san sta bene. »
Per
la prima volta da quando lo conosceva Retasu potè scorgere un barlume di un
sorriso e di sollievo nell'espressione rigida del ragazzo. Tutto scomparve con
lo stesso lampo con cui lei lo aveva colto e Pai tornò a scrutarla torvo:
«
Dov'è? »
Lei
si ritrasse un poco, corrucciandosi a sua volta e indietreggiando di un passo;
temeva a dire la verità, qualunque cosa fosse accaduta a Taruto non era sicura
che, sapendolo vivo, chi lo avesse attaccato lo avrebbe lasciato stare. Che si
trattasse del ragazzo di fronte a lei o meno.
«
Al sicuro. »
Disse
solo. Pai stese un mezzo sogghigno:
«
Vi assicuro che come ostaggio vi sarà poco utile. »
Lei
rimase a guardarlo seria e gli sembrò che lui si concedesse un altro accenno di
sorriso, un sorriso che stavolta le risulto familiare.
«
Pai-san… Taruto-san è… »
Prima
che lei finisse la frase lui era già scomparso, lasciandola a fissare il cielo
vuoto. Per un secondo aveva avuto l'impressione che la ringraziasse.
***
Si
svegliò di soprassalto, sudato e ansante. Impiegò qualche istante per
inquadrare di trovarsi nel proprio letto, le lenzuola sfatte dal suo agitarsi
nel sonno, la stanza buia e le tende tirate a nasconderlo dall'imbrunire.
Masaya
tese l'orecchio. Sentì i rumori della strada, le macchine in lontananza,
qualche cane che abbaiava dal cortile, i genitori al piano inferiore che si
muovevano.
Tentò
di mettersi a sedere, invano. Non provava dolore, né intorpidimento, eppure il
suo corpo non rispondeva all'ordine. Tentò una seconda volta, invano.
Hai assolto al compito.
Ora devi lasciarlo.
Una
consapevolezza antica e innegabile, come il bisogno di mangiare e dormire. Non
doveva chiedersi da dove venisse, né perché: in qualche modo sapeva che sarebbe
arrivata un giorno, che sarebbe venuto il momento, solo che fino ad allora lo
aveva dimenticato.
Chiuse
gli occhi rendendosi conto che iniziava a muovere con difficoltà anche il
collo.
Era
inevitabile, eppure una parte di sé gridava disperata tentando di restare
presente. Masaya pensò ad Ichigo e una lacrima scivolò via mentre sorrideva
triste:
«
Mi dispiace… »
Ormai
non muoveva più la testa e gli occhi si tenevano aperti a fatica, come la voce
che diventava sempre più flebile.
«
Ti ho amato davvero… Ichigo… »
E
fu col sorriso della rossa che la sua coscienza svanì per sempre.
(*)
parte del nome Al Nair o aGruis,
stella della costellazione della Gru
(**)
episodio 39… Chi non se lo ricorda quell'episodio ♥?
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Ho come l'impressione
che sia un cap un po' corto, ma ho dovuto tagliare
per non dividere poi ^^"" (discorso scolcusionato)
Kisshu: puoi dirlo forte -.-!
-_-* in ogni caso
visto che Taru-Taru sta bene ^w^?
Taruto: ah, quello lo chiami stare bene -_-***?!
Purin: Ria cattiva ç.ç**!
Eddai ^^""!
Gli unici che possono lamentarsi sono Aisei e Ryou, che fanno la parte degli
st****i :P!
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni. Farai
felice milioni di scrittori.
Scusate, sono un
pochino in ritardo, ma penso che me l'abbuonerete… Vero *w*? Vero *w*?!
*occhioni supplicanti*
Ok gente, io sto lavorando a 20 tavole x 4 capitoli di un lavoro manga nuovo,
scrivendo la tesi, preparando le tele e in più mi sto bombardando il cervello
con tutti i film della mia infanzia perché le sere sono da sola (il mio
compagno lavora) e passiamo da Brisby agli Orsetti
del Cuore, quindi non sto messa molto bene xD!
inizia a dipanarsi un po' l'aura attorno ad Aisei, forse si scopriranno le sue
intenzioni? Stiamo arrivando al punto centrale della storia, seguitemi nella
follia!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.10
– Perché lo fai? Un tempo, tu e…
L'ennesima mezza colonna venne
disintegrata dal colpo di Kisshu ed esplose con un frastuono sordo. Il ragazzo
strinse i pugni sui manici dei suoi sai e mandò un urlo rabbioso, ancora
insoddisfatto, e colpì ancora e ancora, riempiendo l'aria attorno a sé di
frammenti di roccia e polvere finché, senza fiato, non fu costretto a fermarsi.
I sai gli scivolarono inerti dalle mani sbatacchiando metallici sul pavimento e
Kisshu li raggiunse presto, accovacciandosi mollemente sulle ginocchia e
stritolandosi la testa tra le dita.
Lo aveva cercato ovunque, ma non
era riuscito a trovare Taruto da nessuna parte.
Aisei aveva davvero… Aveva…
Il pensiero sembrò perforargli il
cervello come una lama per la sua crudele concretezza; era insopportabile.
Perfino lui aveva pensato,
qualche volta, di studiare un piano per mettere i suoi fratelli a cuccia per un
po', per poter continuare a progettare i suoi piani tranquillo, ma ucciderli…
L'idea gli rivoltò lo stomaco.
« Maledetta bastarda… »
«
Non tutti… Possono permettersi il lusso di disobbedire a Deep Blue-sama e
starsene tranquilli, sai? »
Poteva anche essere vero. Ma lui
avrebbe preferito lo mettessero agli arresti fino alla fine della guerra, che
lo rispedissero a casa o anche provassero ad ucciderlo, prima di girare la lama
contro il proprio sangue o contro chi considerava come la sua famiglia.
Per
te… Questo non conta più niente?
Non sapeva più se essere deluso,
arrabbiato, triste o solo esausto.
Volle completamente ignorare la
presenza di Pai alle sue spalle: anche nei suoi confronti, non sapeva più se
odiarlo per la sua impassibilità o prenderlo a cazzotti nella speranza di una
reazione di qualunque tipo, o magari solo per sfogarsi.
« Piantala di fare tutto questo
casino. Presto dovremo tornare in azione, non ho tempo di stare dietro ai tuoi
capricci. »
Kisshu non si alzò nemmeno a
guardarlo, troppo disgustato per essere certo di non piantargli un sai
quantomeno nel piede. Pai sbuffò e gli andò incontro con fare brusco,
afferrandolo per una spalla e scuotendolo aggressivo:
« Se almeno vuoi continuare ad
essere la vergogna del nostro popolo, per lo meno non starci tra i piedi! »
L'altro fece per saltargli alla
gola, fuori di sé, ma si trattenne per captare le bassissime parole che Pai
pronunciò tra un insulto e l'altro.
È
vivo.
Con uno strattone il ragazzo
spinse il verde di malagrazia a terra e se ne andò, fingendo di non aver fatto
nulla.
Kisshu restò ancora in ginocchio
per un po', guardando Pai scomparire con gli occhi spalancati.
Taruto era vivo. Era vivo!
Eppure, Deep Blue era sembrato
certo della sua dipartita, e neppure Aisei aveva lasciato adito a dubbi. Il
loro signore non aveva molti motivi reconditi per nascondere la verità: perciò,
o sia Deep Blue che la ragazza mentivano per seguire sconosciuti disegni
progettati dal capo, oppure era solo Aisei a mentire.
Ma perché?
« Cosa diavolo sta cercando di
fare? »
***
La prima impressione fu di aver
dormito raggomitolato su un fianco con un braccio rannicchiato sotto di sé,
l'altro steso sopra la testa e le gambe strette contro il corpo, così duramente
da risultare rigide e formicolanti al mattino: gli era già capitato di
addormentarsi in pose assurde come quella, magari dopo essersi allenato al capo
di addestramento assieme agli allievi più grandi, e il risultato erano stato
dolori degni di un ottantenne.
Provò a muovere un dito e gli
parve di averlo di piombo. Diede un minimo input alla schiena per muoversi e
cercò di gridare dal dolore lancinante che si procurò, ma la bocca asciutta
produsse solo un rantolo storto.
Doveva essersi fatto decisamente
più male del solito.
Un
momento…
Sì sfiorò l'indice con la punta
del pollice e si riscoprì coperto di bende, sulla mano, sul braccio e dal
fruscio che faceva respirando quasi certamente su tutto il corpo; sotto si sé,
stoffa sottile, profumata e fresca, così come sopra il suo torace. Cercò di
ascoltare attorno, ma nessun suono gli fu familiare; ebbe l'impressione di
sentire delle voci sottili e acute, voci di bambini che bisbigliavano e
trafficavano a poca distanza, come oltre una porta chiusa.
I ricordi lo travolsero con la
stessa intensità del dolore e Taruto fu tentato di urlare di nuovo, ma decise
che fosse meglio trattenersi.
Aisei che scopriva il suo
inganno. Aisei che lo attaccava, la sua almarada che risplendeva e le miriadi
di lame frementi come colibrì che lo circondavano. Il sibilo di mille uccellini
assassini che piombavano su di lui. La pelle che si lacerava e bruciava, la
paura, il sangue. Buio, istanti o forse ore di buio per poi svegliarsi solo,
abbandonato come morto; e poi ancora terrore, gelido terrore mentre si sentiva
davvero morire sempre più rapidamente, il tentativo di salvezza fuggendo: da
Aisei, da Deep Blue, perfino dai suoi fratelli. Via, fuori, senza meta, ovunque
purché riuscisse a sopravvivere.
Buio ancora una volta, forse per
l'ultima volta. E l'impressione di aver sognato Purin; o meglio, forse era
stato un incubo, perché l'aveva vista piangere.
Riuscì con immensa fatica ad
aprire gli occhi, immediatamente attirati da fili color grano che intuì, più
che vedere, a poca distanza da sé. Ci mise qualche minuto a focalizzare proprio
Purin, accovacciata vicino a lui con la testa sulle braccia raccolte come se si
fosse addormentata; gli parve che il cuore gli rotolasse fin nello stomacoa ritmo di rumba.
« Purin… »
La sua voce assomigliò più al
respiro di un qualche vecchio animale, eppure Purin nell'udirla scattò dritta
nemmeno avesse sentito la sveglia e quasi cadde dallo sgabello sui cui
sonnecchiava; guardò Taruto ancora stordita, aveva gli occhi gonfi e parecchio
arrossati e, appena realizzò che il brunetto la stava guardando, scoppiò a
piangere:
« Taru-Taru, ti sei svegliato! »
Per un secondo lui temette di
vedersela saltare addosso e si irrigidì, pronto alla fitta di dolore, invece la
biondina scese dal suo sgabellino e gli si inginocchiò vicino abbracciandolo
delicatamente per il collo, continuando a piangere:
« Meno male… Meno male! – mormorò
– Taru-Taru, credevo non ti saresti svegliato più… »
Lui rimase immobile, sconvolto
dalla sua reazione; tentò d'istinto di accarezzarle la testa per farla calmare,
ma il suo braccio non volle obbedirgli e riuscì appena a sfiorarle il braccio
con la punta delle dita.
« Beh, ora sono sveglio no? »
Bofonchiò; il suo tono voleva
essere come sempre brusco e allo stesso tempo gentile, ottenendo uno strano
pigolio sordo:
« Quindi piantala di piangere.
Quando piangi sei brutta. »
Purin ridacchiò e lo liberò
dall'abbraccio, sedendosi e asciugandosi gli occhi mentre si scambiavano dei
timidi sorrisi. Il bambino cercò di mettersi appena più dritto e ottenne solo
di oscillare sulla schiena da una parte all'altra, gemendo, e desistette.
« Dove sono? »
« A casa mia. Ti ho trovato
alcuni giorni fa… Eri nella dimensione che mi hai fatto vedere, con le bocce di
leone. Ricordi? »
« Certo che ricordo scimmietta da
circo… –sospirò, sentendosi già stanco
– Sono ferito, mica scemo. »
Purin gli concesse un sospiro
divertito.
« Aspetta… Ma come hai fatto a… »
Purin lo guardò senza capire e
Taruto scosse la testa, in quel momento era troppo faticoso riflettere sul
perché Purin fosse riuscita ad entrare nella sua dimensione senza alcun aiuto.
« Io, Retasu nee-chan e Akasaka
nii-chan ti abbiamo portato qui. – la voce della piccola divenne un sussurro –
Avevi tantissime ferite e avevi perso tanto, tanto sangue… Hai dormito un sacco
di tempo… »
Sentì che stava nuovamente per
piangere e prese due profondi respiri, abbassando il capo:
« Credevo che… Che… »
« Lo credevo anch'io. »
Ammise Taruto e si rese conto
solo in quell'istante di quanto sgomento gli lasciasse quel pensiero: aveva
rischiato di morire, anzi, era quasi morto. Tutto il suo corpo prese a
rabbrividire e Purin gli strinse con fare confortante la mano senza chiedergli
nulla.
« Per quanto…? »
« Quattro giorni. – lo precedette
lei – Tranquillo, a parte le ragazze nessuno sa che sei qui. Sei al sicuro. »
Gli mise entrambe le mani sulla
sua:
« Puoi restare finché non starai
di nuovo bene. E rimanere qui tutto il tempo che vuoi. Anche per sempre. »
Taruto avvertì le dita della
bambina tremare:
« Perciò non farti mai più così
male, va bene? »
Non le interessava come Taruto si
fosse procurato quelle ferite, né se c'entrassero Kisshu o Pai o chiunque
altro: voleva soltanto che al suo amico non accadesse mai più nulla di male e
Taruto glielo lesse chiaro negli occhioni castani umidi. Arrossì un poco a
disagio, ma le rivolse un sorrisetto gentile:
« Ovviamente. Nessuno può
fregarmi due volte, cosa credi? »
Lei sorrise e annuì con energia.
Rimasero in silenzio finché lo stomaco del brunetto non protestò sonoramente
per il digiuno e Purin ridacchiò:
« Fame? »
« A dire il vero non ho tanta
voglia di mangiare… »
Mugugnò lui, che all'idea di far
passare nella sua gola dolorante qualcos'altro oltre l'aria non era troppo
entusiasta.
« Ma devi! – fece imperiosa Purin
con il suo fare da sorella maggiore – Tranquillo, io sono brava ai fornelli sai?
»
« Sarà… »
Lei gli fece una linguaccia e lui
rise maligno, mentre Purin scendeva veloce lungo le scale. Taruto aspettò che
fosse sparita e riabbandonò la testa sul cuscino, avvertendo un groppo al
petto; si coprì a fatica il viso con la mano e si diede dell'idiota quando si
accorse di piangere:
« Aisei nee-san… »
***
Aisei si ostinava a fregarsi le
mani rosse e doloranti, prima con movimenti rapidi e nervosi e poi lentamente,
premendo con l'unghia la pelle irritata lungo tutta l'ampiezza del dito fin a
scorticarselo. Orami aveva perso sensibilità alle mani, eppure la sensazione
umida e calda del sangue era ancora incisa sulla sua carne.
Ignorò il bruciore agli occhi,
gonfi dalle lacrime e che imploravano un po' di ristoro, e restò come in trance
nella sua meticolosa pulizia.
Sangue.
Sangue. Quanto sangue che…
Come
ho potuto…? Come ho…?!
Aveva voglia di vomitare.
« Io so, Aisei. »
«
Non ha importanza. Sono conscio della tua fedeltà e della tua integrità, e so
che tu… Non mi tradirai. »
«
Cosa devo fare? »
La bruna si morse il labbro con
violenza ed emise un rantolo strozzato; si conficcò le unghie nel palmo.
« Signore… Ciò che mi chiede… Io…
Io… »
«
Pensi che io abbia bisogno di punire fisicamente te? »
La
voce di Deep Blue era bassa, calma, fredda, spaventosa.
«
Potrebbe essere tua sorella, la prima. »
Aisei
smise di respirare. Nell'ombra confusa potè benissimo intuire il suo signore
mentre ghignava:
«
Lavora al Centro Generale dell'Archivio, vero? Una giovane intelligente.
Sarebbe un peccato… »
La
bruna deglutì a fatica e tartagliò mormorando:
«
Mio signore… Aspetti, io… »
«
D'altro canto… »
«
Mio signore…! »
«
Oppure usare lui come incentivo… »
«
Mio signore! »
Aisei
si gettò praticamente in ginocchio e allungò il viso pallidissimo verso la
sagoma poco più scura. Era consapevole, molto più che altre volte, di come lui
stesse godendo nel vederla in suo potere, disperata; come si beasse della sua
voce strozzata e dei suoi occhi terrorizzati.
Rimasero
entrambi in silenzio, con Aisei che respirava affannosamente e al contempo
cercava di mantenere una dignitosa sottomissione. Deep Blue la fissò, freddo e
irremovibile, per lunghissimi minuti e, infine sussurrò:
«
Molto bene, allora. »
Aisei
abbassò lo sguardo al suo e s'impose di non emettere neppure un suono.
« È necessario imporre un po' di
polso alle nostre truppe. Sono stato clemente con Kisshu, conscio del suo
potere, ma non posso più soprassedere su quanto sta succedendo: Taruto sarà un
esempio adatto. »
Aisei rilassò le dita e guardò i
solchi che aveva lasciato nella carne. Avrebbe voluto gridare, lanciare la sua
almarada per la stanza finché non fosse riuscita a spaccare la lama d'acciaio,
ma non doveva in alcun modo farsi scoprire da Deep Blue in quello stato.
Si sedette a terra e affondò la
faccia dietro le ginocchia: ogni secondo di quanto avvenuto con Taruto le
rimbombava nella memoria fin a farla impazzire.
L'elsa dell'almarada che si
scaldava un istante prima che colpisse.
Non
farlo.
L'arma che si sdoppiava in
centinaia di altre piccole lame che prendevano a vibrare sorde nell'aria ferma,
mentre Taruto faceva roteare le sue bolas.
Non
farlo!
Un gemito secco e il sibilare
dell'acciaio, sopra, sotto, di lato, ovunque. Schizzi di sangue.
Lei lo aveva guardato accasciarsi
a terra in una pozza scura e rimanere immobile. Istanti, forse minuti.
Non era potuta restare a guardare
oltre e se n'era andata; quando si era calmata a sufficienza ed era tornata
indietro per prenderlo e portarlo via, il corpo non c'era più.
Aveva sperato, pregato, per
qualche esile secondo. Poi Deep Blue era comparso e con fermezza aveva solo
sentenziato:
« Ottimo lavoro. »
La speranza disillusa della
ragazza le aveva schiacciato il cuore nel petto: il suo capo doveva aver
provveduto a spostare il corpo. Aisei non aveva parlato, ma solo annuito e
seguito le successive istruzioni obbediente come un cucciolo.
Avvertì la vibrazione di qualcuno
che si teletrasportava nella stanza, ma non reagì. Chiunque fosse non sembrava
intenzionato a raggiungerla e lei si alzò lentamente, voltandosi a guardarlo
con l'espressione più dura e indifferente che le riuscì:
« Cosa vuoi Kisshu? »
Credette che la cassa toracica si
fosse ristretta dal dolore che sentì. Lui non si mosse continuando a guardarla
truce.
« Vuoi tirarmi un'altra sberla? »
Kisshu non le rispose ancora,
fissandola; forse era più corretto dire che la stesse studiando, ma Aisei non
volle considerarlo e gli diede di nuovo le spalle. Si allontanò verso la parte
opposta della stanza e in un angolo comparve una sorta di cassettiera storta,
assemblata con le colonne che disseminavano la dimensione. La ragazza non
calcolò ancora Kisshu, che prese ad avvicinarsi a passi lenti, si sedette su
una parte più bassa della cassettiera che emulava uno sgabello e fece comparire
uno specchio opaco; Kisshu le era ormai alle spalle, ma Aisei insisté con
noncuranza a pettinarsi i capelli e a sistemarsi il viso, per rendersi
presentabile di fronteal loro comandante.
« Se hai qualcosa da dirmi sbrigati.
»
Allungò le dita sul ripiano
storto e sotto di esse comparve una spazzola; le fu difficile non serrare il
pugno sul suo manico:
« Dobbiamo ritrovarci al cospetto
di Deep Blue-sama tra poco, per discutere i dettagli della prossima missione. »
« Taruto è vivo. »
La spazzola emise un suono secco
quando ripiombò sul ripiano e rotolò a terra. Aisei si alzò di scatto e afferrò
Kisshu per il braccio: lui non ebbe problemi a sentire le sue dita vacillare
nella loro presa decisa.
« Dove? Come? »
I suoi occhi verdi sussultavano
cercando un'ombra di bugia in quelli dorati del ragazzo; lui non mosse un
muscolo e Aisei riabbassò il braccio ridendo amara:
« Stai mentendo. »
« Non sto mentendo. »
« Deep Blue-sama la pensa
diversamente! – la sua voce vibrò di rabbia e dolore – Si è occupato lui stesso
di sbarazzarsi del corpo. »
« Lo hai visto? »
Aisei non rispose e lo fissò
aggrottando la fronte.
« Tu hai controllato che fosse
morto sul serio? »
« … Come fai a dire che sia vivo?
»
« È stato Pai a dirmelo. – fece
una pausa, ripensando a Retasu che era comparsa un istante prima che lui se ne
andasse – Credo… Sia con le terrestri. »
Aisei sgranò gli occhi senza
rispondere e gli diede le spalle di colpo, coprendosi la bocca con la mano per
trattenere un singhiozzo.
« Tu… – Kisshu pareva attonito –
Tu sei sollevata che sia vivo! »
La bruna non rispose e cercò di
dissimulare, ma lui proseguì:
« Si può sapere cosa stai
facendo? »
Lei non capì la domanda e quando
fece per domandargli il senso Kisshu le aveva afferrato la spalla voltandola.
« Perché piangi? Perché sei
felice di non averlo ucciso? »
Lei cercò di divincolarsi e
nascondere lo sguardo lucido, ma il ragazzo la prese anche per l'altra spalla e
la costrinse a guardarlo.
« Cosa stai combinando, Aisei?! »
Non riuscì a rispondere e
continuò a fissarlo. Per alcuni secondi Kisshu la vide muovere le labbra e un
barlume di cedimento le attraversò gli occhi chiari, prima che digrignasse i
denti e scrollandoselo di dosso:
« Nulla che coinvolga te! E poi
perché dovrebbe interessarti?! »
Kisshu scurì in volto senza
lasciarla andare:
« Non fare la cretina. »
« Perché?! – soffiò velenosa – Da
quando in qua t'interessa qualcosa di me? »
« Attenta a quello che dici. »
Era una minaccia per nulla
velata, ma Aisei insisté:
« Come se avessi detto una bugia!
E poi perché dovrei affidarmi a uno come te? – il tono sprezzante pareva
volerlo pugnalare – Dovrei credere che tu possa aiutarmi?! O che tu voglia?! Ipocrita! »
« Stai zitta, davvero… »
« Di me non te n'è mai fregato
nulla! »
Il volto di Kisshu si contorse in
una smorfia rabbiosa:
« Vorresti dire che è colpa mia?!
– le puntò il dito contro – Oseresti dire che quello…! »
Lei rimase immobile e Kisshu si
contorse in una smorfia furiosa:
« Tu non ti sei fidata di me! Mai!
»
Aisei indietreggiò allarmata
arrivando in fondo alla camera.
« Mai! Di una parola che ti abbia detto, mai ti sei fidata! »
La afferrò con forza per le
spalle e la sbattè contro il muro, piazzandosi a nemmeno un respiro dal suo
viso. Aisei ebbe l'impressione che il cuore le fosse esploso.
« Nonostante tutto tu… –lo sentì allentare appena la presa, la voce
bassa e afflitta – Tu…! Tu non mi hai nemmeno dato il tempo di spiegarti! Come
al solito, hai voluto agire di testa tua, e tutto perché non mi davi un
briciolo di fiducia! »
Le sue mani scivolarono sui polsi
si Aisei e strinsero forte, tirando la ragazza verso di lui:
« Saresti stata pronta a
qualunque cosa, a fare del male a chiunque, anche a te stessa… Adesso come
allora, senza neppure ascoltare le mie parole. »
Non allontanò di un millimetro lo
sguardo da quello di Aisei, che avvertì presto le gambe diventare molli e
tremanti. Kisshu si ritrovò ad ammirarne gli occhi e le pagliuzze dorate che ne
tempestavano le iridi smeraldo; il profilo del viso; le labbra rosate, piene e
morbide. Maledisse sé stesso per non essersi mai scordato tutto ciò, per il
sentimento bruciante che per un tremendo istante sentì covare sotto le ceneri.
Si accorse di sfiorarle la bocca
con la propria e di colpo la scostò da sé, quasi non riuscisse più a tenerla
vicino.
« Sai che ti dico? Non
m'interessa. – sospirò aspro – Non m'interessa, hai ragione. Arrangiati,
arranca, ammazzati, se vuoi. Non m'importa perché hai obbedito, non m'importa
perché sei qui, non m'importa se vuoi arrivare a ucciderti. »
La guardò appena da oltre la
spalla: il volto ferito e iroso diceva l'opposto di quanto pronunciava la
bocca, ma non per questo cambiò tono o tornò indietro.
« Ma ti avverto… Cerca solo di
trovare Taruto e di fargli del male, o di pronunciare una sola parola di questo
con Deep Blue, e ti giuro che sarò io stavolta ad estrarre la lama. »
Scomparve senza darle il tempo di
replicare. Aisei scivolò a terra incapace di reggersi ancora in piedi; si
accorse che il cuore le martellava in petto così forte che poteva percepirne
ogni pulsazione.
Quando fu in grado di star dritta
capì di non volersi alzare.
« Ma cosa sto facendo…? – non
potè trattenere una risatina – Sto diventando ripetitiva…! »
Per un secondo volle quasi
correre dietro a Kisshu e parlargli. Strinse le dita attorno al ciondolo, sotto
la maglia, e se lo impedì.
Aspettò qualche minuto e poi si
alzò a fatica. Si ricontrollò allo specchio, aveva un aspetto orrendo: il viso
tirato, gli occhi gonfi e tristi, le labbra pallide; le braccia magre avevano i
segni rossi della stretta di Kisshu. Restò ancora ferma in piedi alcuni
secondi, maledicendo che Kisshu le fosse scivolato così vicino da far
tentennare la sua determinazione e drizzò la schiena respirando a fondo.
Non
mollare. Non adesso, non ancora.
Si passò l'indice sopra la stoffa
seguendo il profilo del suo pendente e poi lasciò scivolare la mano nella
tasca, dove strinse delicatamente tra i polpastrelli un pezzetto ripiegato di
carta.
Non doveva arrendersi. Non ancora.
Non prima di aver capito quali
fossero davvero i piani ultimi di Deep Blue.
***
Ichigo non la smetteva di
camminare su e giù per gli spogliatoi del locale, lo schermo del telefonino
sotto gli occhi che le rifletteva unicamente lo sfondo del suo amato gruppo
idol Evolution .
Da due giorni non aveva più
alcuna notizia di Masaya. Era stato scostante da dopo la battaglia alla
montagna, ma da alcune sere prima si era chiuso in un silenzio totale: non
rispondeva né ai messaggi né alle chiamate, e ormai da una piena mezz'ora il
segnale le dava non raggiungibile, come se avesse spento il cellulare oppure –
cosa che le parve più realistica, anche se impossibile – che si fosse scaricata
la batteria a furia di ricevere telefonate.
« Ma non se n'è ancora accorto? »
Dove
sei Masaya-kun…? Cosa stai facendo?
Di colpo l'allegra musichetta di My SweetHeart(*) accese lo schermo e il
cellulare vibrò poderosamente e Ichigo sobbalzò sul posto soffocando uno
strillo; tenne a fatica il telefono tra le dita e lesse con una certa delusione
un numero sconosciuto sul display.
« Pronto? »
« Pronto…? – una voce di donna, bassa e tremula – Momomiya-san? »
« Sì, sono io. – fece la rossa
timidamente – Scusi, chi…? »
« Sono la mamma di Masaya. »
Ichigo sentì il fiato fuggirle
dai polmoni. Non rispose.
« Mi dispiace disturbarti… Non è che… Hai sentito Masaya? L'hai visto? –
domandò preoccupata – È da ieri sera che
non riesco a contattarlo, e non è tornato a casa a dormire. »
« Cosa?! »
« Pensavo… Pensavo che magari… Magari voi due… »
Era titubante, incerta, come se
stesse formulando un pensiero che sapeva già in partenza essere un'assurdità:
« Siete bravi ragazzi, lo so… Però, magari, vi siete visti e… Magari,
dico, magari… »
Ichigo dapprima arrossì capendo
cosa intendesse la donna, poi s'indispettì pensando che correva decisamente
troppo; infine, comprendendo la sua ansia, mormorò con la morte nel cuore:
« Mi… Dispiace, Aoyama-san… Non
sento Aoyama-kun dall'altro ieri. »
La donna emise un oh! strozzato e Ichigo capì di aver
bruciato la sua ultima, vana speranza.
« Certo. Certo… Era ovvio. – farfugliò tra sé e sé – E poi mi avrebbe avvertito… »
« Signora… »
« Va tutto bene cara. »
Il tono di colpo cercò di tornare
più forte e rassicurante e la mewneko percepì chiaramente la madre di Masaya
tentare di sorridere:
« Sono sicura che c'è una spiegazione. Probabilmente ha avuto un problema
dopo gli allenamenti e si è fermato da un amico… Sai come sono i ragazzi, una
chiacchiera tira l'altra… »
Ichigo fece un muto verso
d'assenso, poco convinta:
« Se… Se lo sentissi, la
richiamerò immediatamente. »
« Ti ringrazio molto. – replicò sincera lei – Ma stai tranquilla, vedrai… Vedrai che si farà vivo presto. »
Ichigo annuì ancora e aspettò di
sentire la donna buttare giù. Non appena il cellulare le inviò il segnale di
chiamata interrotta lei se lo infilò nella tasca del grembiule e corse come una
disperata al piano superiore investendo Ryou che si trovava poco oltre la cima
delle scale.
« Ichigo, perché non guardi mai
dove…?! »
L'invettiva si spense immediatamente
appena scorse il volto terrorizzato della rossa:
« Shirogane… Ti prego, devi
aiutarmi! Dobbiamo trovare Aoyama-kun! »
« Come? »
« Temo che gli sia successo
qualcosa…! »
***
Pai digitava lentamente la
tastiera scorrendo i dati sullo schermo. Il suo volto teso divenne una maschera
di ghiaccio mentre analizzava analitico la trascrizione inviatagli da Nair.
E fu in quel tempo che il grande signore
del Pianeta Azzurro, sovrano della Terra e delle Acque tutte, come sue diritto
chiese di divenire anche signore del Cielo.
Le migliori menti giunsero per soddisfare
il suo sogno: forgiarono l'acqua con il fuoco, modellarono l'aria come la terra
e resero la terra trasparente come il vento.
Dalla natura avrebbero preso la forma.
Dalla vita avrebbero preso la forza per colmare la loro opera, perché il grande
signore giungesse la gloria.
Era certo che quelle righe
consunte, che a fatica poteva leggere a causa del riflesso della sfera display,
parlassero della creazione della MewAqua. In un angolo della pagina, accanto a
parole completamente illeggibili, era schizzato ad inchiostro il disegno di una
gemma perfettamente rotonda e trasparente a confermare i suoi sospetti e quelli
di Nair.
Parte del testo era danneggiato e
neppure la ragazza era riuscita a tradurre ciò che c'era scritto, ma anche solo
ciò che restava bastava per inquietare entrambi e confermare ciò che già Pai
temeva.
Quando la forza si aprì perfino la Terra
si piegò alla sua maestosità, e come serva devota chinò il capo festeggiando
con altrettanto vigore aprì il suolo e squarciò i cieli, inneggiando al suo
nuovo signore.
Il ragazzo non trattenne un
sibilo sprezzante: graziosa come metafora per descrivere un'apocalisse globale.
Gli
parve di percepire un rumore e spense velocemente la schermata; non si girò,
rimanendo impassibile a scrutare altri dati senza realmente vederli, nella
perfetta imitazione del lavoratore zelante, e digitò veloce alcune righe che
inviò non visto a Nair.
Era proprio ciò che pensavo.
Temo
che al più presto avrò l'ultima conferma. Appena accadrà, lo saprai. Troverò un
modo per fermare la cosa.
Voltò
appena il capo appena il suo ospite gli fu troppo vicino per ignorarlo. Kisshu
gli rivolse uno sguardo furioso da cane bastonano, ma non gli disse una parola e
quando anche Aisei, qualche secondo dopo, si teletrasportò all'ingresso della
sala, nessuno dei due ebbe la benchè minima reazione all'altro o a qualunque
cosa stesse loro attorno.
Pai come sempre non chiese, fulminando
solo la bruna con odio, ma il suo sguardo si distese appena quando notò che,
sebbene stanca e con evidenti segni di aver pianto a lungo, lei pareva più
serena dell'ultima volta che l'aveva vista.
Detesto
non sapere cosa succede.
Non potè soffermarsi su quel
pensiero che Deep Blue annunciò il suo arrivo con il tipico suono ancestrale. I
tre alieni si genuflessero in silenzio e l'ombra sussurrò:
« È giunto il momento. »
La voce calma non bastò a
nascondere l'agitazione che lo animava:
« Inizio ad avvertire la sua
presenza. È il momento di reclamare quel corpo per me. »
Pai strinse il pugno attorno al
ginocchio e contrasse la mascella, cercando di non dar nulla a vedere.
« Trovatemi l'umano noto come
Masaya Aoyama e portatemelo qui. »
***
« Sì, certo… Sì, ho capito. »
Taruto guardò sovrappensiero
Purin agitarsi di fronte allo strano aggeggio per comunicare – lei lo aveva
chiamato telefono – e mandò giù un altro boccone di riso: in quel paio di
giorni in cui aveva ripreso conoscenza aveva riacquistato velocemente le forze,
probabilmente in parte perché si era accorto di avere quattro giorni di pasti
arretrati e la fame di un lupo, e per giunta la mewscimmia cucinava
divinamente; il ragazzino passava la metà del suo tempo a rimpinzarsi e l'altra
metà a riposarsi – per ordine della grande dottoressa Fon – ma poco alla volta
aveva conquistato il diritto di poter almeno mangiare da seduto e non da
sdraiato. In quel momento, mentre lui consumava il suo spuntino, la cucina era
silenziosa come il resto della casa perché i fratellini di Purin non c'erano –
se ben ricordava, la bambina aveva detto che si trovavano da alcuni parenti per
un qualche evento familiare, ma Purin aveva preferito rimanere con Taruto – gli
unici rumori che intervallavano il silenzio erano i passi di Purin, conditi da
ritmici monosillabi di assenso, e il suono del cucchiaio con cui Taruto
mangiava.
Non
capirò mai perché i terrestri debbano usare due stecchini, invece di questo per
mangiare.
Finì di vuotare la ciotola e
guardò Purin mettere giù la cornetta con aria pensosa.
« Tutto a posto? »
Lei scosse la testa mogia:
« Aoyama nii-chan è scomparso. »
« Parli di quel tizio moro con
cui sta la vecchiac… Cioè, Ichigo? »
« Già – disse piano – è scomparso
da due giorni e nemmeno Akasaka nii-chan riesce a rintracciarlo. »
La biondina corse all'ingresso e
s'infilò le scarpe continuando a guardarsi nervosamente attorno, quasi indecisa
sul da farsi:
« Dobbiamo cercarlo, dopo quel
giorno alla montagna… Potrebbe essergli successo qualcosa, o potrebbe essere
stato rapito. »
« Intendi da Pai e Kisshu? »
Purin serrò immediatamente la
bocca; sebbene non proprio a torto, aveva appena accusato di rapimento gli
amici di Taruto, forse non era stata molto gentile. Lui però la guardò
tranquillo e si alzò stiracchiandosi con cautela:
« Vengo con te. »
« Cosa?! No! – esclamò
parandoglisi davanti – Sei ancora convalescente! Non permetterò che tu ti
faccia male! »
« Guarda che sono abbastanza
grande per badare a me stesso, marmocchia. »
Bofonchiò a disagio.
« Ma se sei più piccolo di me! »
« Mi superi solo di un paio di
centimetri! – sbottò indispettito – E abbiamo la stessa età! »
Si squadrarono torvi e poi lui
cercò di darsi un tono adulto, tossendo e abbassando la voce:
« Voglio solo darvi una mano a
trovarlo. Non combatterò e farò attenzione – la rassicurò condiscendente – ma,
al contrario di quasi tutte voi, io posso volare: sarà più semplice cercarlo
dall'alto. »
Purin si morse il labbro, sapeva
che aveva ragione ma la cosa la preoccupava comunque. Alla fine sospirò e
cedette:
« Però starai attento? »
« Uffa! Ti ho detto di sì! »
Lei sorrise un poco ed entrambi
uscirono, mentre nuvole grigio metallo sfilacciate si stendevano pigre e
dispettose sul sole ormai basso.
***
I tre alieno comparvero nel cielo
plumbeo di Tokyo e scrutarono in basso la citta brulicante; si guardarono
appena l'un l'altro senza una parola, pronti per eseguire le direttive di Deep
Blue. Pai e Kisshu fecero comparire alcuni para-para tra le mani e poi li
lasciarono cadere, mentre le creature s'illuminavano e mutavano in esseri
mostruosi. Uno schianto e una serie di ruggiti cupi e le urla terrorizzate
della folla sottostante, finché la polvere sollevata dai chimeri e dagli
edifici che distruggevano non raggiunse quasi l'altezza dei tre ragazzi.
« Ricordatevi. – fece Pai
laconico – Non dovete intervenire nella lotta: lasciate che le MewMew si
divertano coi chimeri, l'importante è tenerle impegnate sufficientemente a
lungo perché l'umano raggiunga il punto prestabilito. »
Gli altri due annuirono. Kisshu
capì immediatamente che Pai non era sereno come al solito: non c'entrava
l'efficacia del piano, che per quanto troppo raffazzonato per i suoi standar
riteneva efficace, ma qualcosa si agitava nello sguardo scuro del ragazzo
rendendolo teso e nervoso.
« Dove si trova il terrestre? »
Aisei fece comparire una piccola
sfera trasparente su cui brillavano linee sottilissime a tracciare una mappa, e
indicò un puntino che si muoveva ondeggiando:
« Sta arrivando dove
immaginavamo… Se non prende altre deviazioni tra dieci minuti sarà sul posto. »
Pai rispose con un grugnito.
Kisshu non chiese perché non limitarsi a rapire Masaya, o perché Deep Blue
sapesse con certezza dove si stesse dirigendo: era certo che nessuno dei suoi
compagni avesse la risposta, ed era inutile cercare di sondare l'operato del
loro capo.
Guardò ancora in basso la
devastazione che stavano causando i chimeri e sentì lo stomaco contrarsi:
« Ichigo… Ti converrà fare
attenzione. »
Il suo bassissimo sussurro non
sfuggì ad Aisei, che fece scomparire la sfera con uno schiocco irato.
Bugiardo.
***
« Da dove spuntano tutto questi
chimeri?! »
« Non lo so! – gemette Retasu –
Minto, attenta! »
La mewbird si gettò a terra con
un urlo schivando la zampata di un chimero, che invece di centrare lei
sfracellò una fila di alberi del viale su cui si trovavano.
« Maledetto…! »
La freccia della mewbird centrò
la creatura in un occhio e la bestia prese ad agitarsi disperata.
« Non è una trappola…! – riflettè
Zakuro colpendo un altro chimero con la sua frusta – Ci avrebbero già colpite…
Perché un simile attacco?! »
« Avranno terminato le opzioni e
vorranno provare a prenderci per stanchezza. »
Sbottò Minto lanciando un altro
paio di frecce. Ichigo le andò in aiuto, calciando i chimeri che cercavano di
acchiapparla e ringhiando frustrata: non aveva tempo di pensare a cose simili,
doveva ritrovare Masaya.
Pensò alla sua paura nei
confronti del ragazzo e il senso di colpa parve volerla soffocare.
Ti
troverò, Aoyama-kun! Non preoccuparti!
« Ichigo guardati alle spalle! »
La rossa si voltò di scatto al
richiamo di Zakuro, ma non avrebbe schivato in tempo il chimero scagliato
contro di lei.
« Pudding Ring Inferno! »
Ichigo capitombolò all'indietro
per lo slancio e la sorpresa e guardò i budini della mewscimmia che
imprigionavano la creatura, un secondo prima che dei lampi e una piccola arma
roteante disintegrassero la trappola, chimero compreso.
« Taru-Taru! Avevi detto che non
avresti combattuto! »
Il brunetto non replicò,
scendendo accanto a Purin che atterrava dopo il suo salto, e si strinse le
braccia attorno al torace lamentandosi:
« Cavolo, che male! Che male,
male, maleeh…! »
« Questo perché ti sforzi, scemo!
»
« Ehi, come ti- ahi! »
Non ebbe la prontezza di riflessi
di riagguantare le sue bolas, che lo centrarono in piena fronte.
« Purin… Taruto? »
« Ichigo nee-chan! Stai bene?! »
« Sì, grazie… – la rossa li
studiò ancora confusa – Ma cosa ci fate qui? »
« Purin! – la coprì imperiosa
Minto – Sei in ritardo! »
« Stavamo venendo ad aiutarvi a
cercare Aoyama nii-chan – spiegò la biondina assistendo Ichigo nell'alzarsi –
poi il mio ciondolo ha ricevuto il segnale dei chimeri, e poi… »
« Abbiamo visto Pai, Kisshu e
Aisei. »
L'attacco di Retasu scacciò
l'ultimo chimero e tutte le altre MewMew si voltarono verso i due bambini.
Taruto sostenne i loro sguardi, confusi e forse poco sicuri a seguire le sue
parole, e insisté:
« Un attimo prima di arrivare,
erano proprio qui sopra. – fece indicando – Credo che vogliano solo distrarvi,
o vi avrebbero attaccate. »
« Approfittando del gran numero
di chimeri. »
Aggiunse Zakuro. La mora rivolse
un sorriso distensivo al ragazzino e fece scomparire la sua arma:
« L'ho pensato anche io. »
Ichigo si strinse una mano al
petto e sbiancò:
« Aoyama-kun…?! »
Taruto affondò la testa nel
collo:
« Temo di sì. »
La rossa non attese oltre e
schizzò via nel panico, rivedendo nella sua testa solo il sorriso di Masaya e
le espressioni più crudeli che poteva associare ad Aisei e a Kisshu.
Aoyama-kun…!
Solo
dopo un paio di centinaia di metri Ichigo si fermò il secondo necessario per
ascoltare Taruto e lasciarlo andare in testa, cercando di individuare gli altri
alieni. Le MewMew lo seguivano spedite, saltando di tetto in tetto, ma Minto
non aveva ancora rinfoderato la propria arma: forse Purin aveva piena fiducia
nel brunetto e anche Zakuro e le altre non dubitavano di lui, ma per quanto non
lo ritenesse pericoloso per lei rimaneva un alieno contro cui avevano lottato
fino a pochi giorni prima.
La
strada si aprì di fronte a loro nel cortile di pietra di un piccolo tempio,
situato sulla cima di una scala apparentemente infinita; il cielo soprastante
era passato in poche ore dal grigio al nero, tuonando basso, e nello spiazzo
vuoto solo una figura arrancava a passi lenti barcollando come ubriaca.
«
Aoyama-kun! »
Il
grido sollevato di Ichigo non fu sentito dal moro, che non si voltò; le cinque
MewMew e Taruto gli corsero incontro, quando gli ex-compagni del brunetto
comparvero in silenzio proprio sopra Masaya.
Il
ragazzino indietreggiò alla loro vista, specie quando incrociò lo sguardo di
giada di Aisei.
«
Taruto. »
Sobbalzò
e guardò Kisshu che lo aveva chiamato e lo vide sorridere:
«
Allora è vero, stai bene. »
Pai
non sembrò reagire alla vista del fratello minore sebbene lo fissasse con
grande intensità, ma si voltò verso Retasu che, anche se solo un istante, fu
certa di rivedere la minuscola scintilla di gratitudine che aveva colto giorni
prima, quando aveva annunciato al ragazzo che Taruto stava bene.
«
Aoyama-kun! – Ichigo fissò minacciosa i tre alieni – Kisshu, ti giuro che se
gli avete fatto del male…! »
«
Oh, insomma micetta! Perché devo essere sempre io la pietra dello scandalo? »
Nessuno
accennò a voler contare il suo tono scherzoso. Aisei, sempre più torva, fece
comparire sul palmo una MewAqua fasulla, come quella che avevano utilizzato nel
labirinto, e la lasciò cadere verso Masaya.
Il
ragazzo, rimasto accucciato su se stesso con occhio vitreo, sollevò di scatto
la testa e provò ad afferrare l'oggetto: mancò la presa e la sfera di frantumò
al suolo, nell'inutile guscio di vetro che era, e Masaya urlò.
Il
suo grido disperato risuonò attorno in maniera straziante per alcuni secondi
poi lui, stremato, si accasciò al suolo. Ichigo provò a corrergli incontro, ma
il corpo del ragazzo prese a brillare e un'energia fortissima la rispinse
indietro.
Tutti
i presenti dovettero coprirsi gli occhi per la luce man mano più accecante che
emetteva il moro e la terra prese a tremare: nel cielo comparvero sei globi
luminosi, sei MewAqua che scivolarono via come stelle comete e precipitarono su
Masaya, fondendosi con lui, e la luce divenne così intollerabile che nessuno
potè più guardare. Ci fu un boato e un'esplosione, poi tornò al calma.
Le
cinque MewMew e Taruto, a terra, sollevarono piano la testa cercando di
scorgere qualcosa nel densissimo fumo creatosi dove poco prima stava in piedi
Masaya. Ichigo si mise sulle ginocchia tremanti, terrorizzata, e scorse con
gioia una figura muoversi nella polvere:
«
Aoyama-kun…! »
Fece
per richiamarlo, ma le parole le morirono in gola:
«
No… Tu… »
Anche
gli altri, alieni compresi, scrutarono confusi la persona che se ne stava in
piedi e guardava le terrestri con aria indifferente.
«
Chi sei? »
Un
lungo pastrano blu su un corpo giovane e quasi smunto, come il viso pallido
accentuato dai nerissimi capelli neri; sotto di essi lunghe orecchie ferine,
candide come la pelle e come gli occhi cerulei, gelidi come il ghiaccio.
«
Chi sei…? »
«
Mi presento, umana. – la sua voce era calma e glaciale – Il mio nome è Deep
Blue. E dominerò il vostro mondo. »
(*) sì tratta dell'opening
originale dell'anime (ah, ma va -.-"? xP)
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Ultimamente mi sembra
sempre di scrivere poco, sarà un'impressione -.-? vabbè xP Chiudiamo con le
stesse parole di Deepy dell'anime (copiona! xP) e vi
annuncio che devo rimettermi a studiare ~w~, vi mando un bacione in particolare aAmuchan, Danya
e mobo
che hanno avuto la pazienza di commentare, mi raccomando cercate anche voi
altri che leggete di lasciare un commentino :D, e vi saluto! A tra un paio di
settimane :D!
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni. Farai
felice milioni di scrittori.
Buongiornooo!! Buonaseraaaa! Buon "non so che cavolo di ora sia
perché sono sfavataaa""! xD
mi dispiace se ho impiegato così tanto ad aggiornare L purtroppo avevo la
tesi da consegnare e un sacco di altri impegni… Ero troppo fuori per scrivere
@-@"! Ora ricomincierò pian piano tutti gli
aggiornamenti, vi mando tantissimi bacini e vi lascio alla lettura :D!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.11
– È il momento di dire addio. Non sei mai esistito, amore mio?
Ichigo era incapace di muoversi.
Dov'è
Masaya?
Non riusciva a capire. Prima il
terremoto, le MewAqua nel cielo, l'esplosione, poi quel fumo denso…
Ma il suo ragazzo era stato lì, a
dieci metri da lei, per tutto il tempo.
Dov'è
Masaya?
Non afferrava perché non fosse il
suo sorriso radioso ad essere spuntato dal fumo, néperché non scorgesse la sua sagoma man mano
che la polvere si diradava.
Chi
è questo?
L'essere presentatosi come Deep
Blue avanzò lentamente verso di lei e si fermò dopo pochi passi scrutando
attorno curioso.
Retasu non riuscì ad impedire
alla sua voce di tremare spaventata alla vista e alle parole pronunciate dalla
pallida figura:
« C-come? »
« Che significa? – insisté Ichigo
frastornata – Chi sei? Dov'è Masaya? »
Aisei schioccò la lingua
sprezzante:
« Sei parecchio stupida gatta
spelacchiata. Eccolo il tuo umano. »
Porse il palmo verso il suo
signore, ancora intento a valutare la situazione con aria assorta. Ichigo
divenne così cerea che parve sul punto di svenire:
« Stai mentendo. »
La bruna rise nauseata:
« Oh, non potrei mai! La tua
faccia… È una soddisfazione troppo grande per mentirti! »
Kisshu si voltò fulminandola e
Aisei replicò digrignando i denti. Ichigo insisté a fissarli attonita, incapace
di accettare una sola sillaba, ma quando incrociò lo sguardo dorato di Kisshu,
afflitto nel vederla così disperata, dovette cedere. Retasu si coprì la bocca
con entrambe le mani e Minto corse accanto ad Ichigo per sorreggerla prima che
lei cadesse a terra inerme, lo sguardo vitreo fisso nel vuoto.
« Se è uno scherzo non è
divertente! – sbottò la mora – Aoyama-kun è un umano! Questo qui…! »
« Attenta a come parli! – sibilò
Aisei – Sei al cospetto del nostro signore, il sommo Deep Blue. Ti conviene
tenere a freno la lingua se non vuoi che te la stacchi. »
Pai le mandò un'occhiata
indecifrabile, ma al contrario di quanto ci si potesse aspettare non si unì
alla difesa della bruna limitandosi a guardare severo sotto di sé:
« È vero, Masaya Aoyama era un
essere umano. – sentenziò laconico – Ma la struttura del suo DNA era più simile
alla nostra che a quella dei terrestri. »
« Cos…?! »
« Taru-Taru, tu lo sapevi? »
Il brunetto si voltò confuso
verso Purin:
« Sì… Cioè, no… Non credevo che
lo avessero confermato. »
La sua faccia era davvero
mortificata per non aver pensato di dire un simile dettaglio, ma Purin si
limitò ad annuire e a sorridergli comprensiva.
« Un atavismo che risale indietro
di più di centomila generazioni. – proseguì Pai – La MewAqua ha canalizzato la
sua energia rendendo l'involucro adatto per la reincarnazione del nostro
signore. »
« Di che diavolo stai parlando? –
proruppe Zakuro – Cosa gli avete fatto?! »
« Noi proprio niente. – fece
Kisshu con noncuranza – Non vi siete mai chieste come quel vermiciattolo di
Aoyama fosse in grado di trasformarsi in Ao No Kishi? O perché il suo aspetto
assomigliasse al nostro? »
La mewwolf non rispose, colpita
dalla puntualizzazione, e si corrucciò preoccupata.
« No… Non ci credo… »
Con lentezza Ichigo si divincolò dalla
presa gentile di Minto e si drizzò in piedi; guardò con un sorriso triste Deep
Blue e prese tra le dita il campanello che Masaya le aveva regalato:
« Aoyama-kun, sono io. Ti ricordi
di me? – mormorò al suo sguardo perso – Sono Ichigo. »
« Ichigo, cosa fai?! »
Il richiamo di Minto non fu
ascoltato e Ichigo continuò ad avvicinarsi lentamente al moro:
« Te lo ricordi questo? »
Alzò la mano e il campanellino
trillò limpido nell'aria carica d'umidità. Nei suoi occhi castani si agitavano
la fiducia indistruttibile verso Masaya, la paura, la voglia di piangere e lo
smarrimento: Kisshu dovette soffocare l'istinto di teletrasportarsi accanto a
lei per stringerla tra le braccia e portarla via.
« Sei stato tu a regalarmi
questa. È il mio più grande tesoro. »
La campanella trillò una seconda
volta e attirò l'attenzione del moro, che si voltò con sguardo glaciale verso
la mewneko. Mosse un passo verso di lei, che non indietreggiò, e
inspiegabilmente sollevò la mano come a voler ricevere il timido omaggio della
ragazza; Ichigo cercò di non scoppiare in lacrime mentre sorridendo gli
chiudeva le dita attorno al campanellino:
« Te lo ricordi, vero? Te lo
ricordi, Aoyama-kun?! »
L'altro sorrise. Non il sorriso
dolce e comprensivo di Masaya.
Un sorriso gelido e sprezzante,
mentre il pugno chiuso oscillava soffocando il tintinnio del collarino.
« Certo che me lo ricordo. »
Non era la voce del suo Masaya.
Era la voce crudele e sconosciuta di prima, una voce che mai avrebbe dovuto
pronunciare le parole che la rossa sentì di lì a poco:
« "Ho pensato di metterti un
campanellino, così non vorrai più scappare via." »
Aisei non capì il senso di quella
frase, né perché Deep Blue non avesse ancora infilzato la ridicola terrestre da
parte a parte; Pai restò ancora immobile, mentre Kisshu continuò a guardare
Ichigo sentendosi uccidere dal senso di colpa. La rossa aveva gli occhi
sgranati e la bocca storta in una smorfia orripilata.
Deep Blue parlava con tono
sarcastico e sdegnoso, ripetendo con disgustoso divertimento parola per parola
ciò che Masaya, con dolcezza e amore, le aveva detto il giorno in cui le aveva
regalato il suo campanellino(*).
« "Perché sei il mio gattino,
Ichigo." »
Le rivolse un sorriso spietato ed
Ichigo indietreggiò di un passo.
« "Stavo scherzando." »
Non sopportò oltre
quell'espressione e, strozzando un singhiozzo e un grido, arrancò indietro e
cadde senza smettere di fissarlo con gli occhi colmi di lacrime. Deep Blue si
sciolse in una fragorosa risata:
« Certo che ricordo, cara Ichigo.
Ricordo tutto, tutto. Del resto, si tratta del mio corpo, della mia memoria,
come potrei non ricordare? »
Lei fu incapace di proferire
suono e si limitò a restare seduta a terra guardandolo in lacrime.
« In fondo, è anche grazie a te
se dopo trecento milioni di anni sono tornato a possedere il mio corpo. »
« Cosa stai dicendo… Cosa stai dicendo?! – gridò Minto –
Aoyama-kun…! »
« Semplicemente, il mio corpo
surrogato in questo secolo. Per millenni ho atteso in forma di pura essenza che
ricomparisse un corpo tra i discendenti della mia stirpe. Ammetto che – rise
piano – credevo sarebbe comparso tra i diretti eredi del mio sangue, non tra la
sottospecie sviluppatasi dopo la nostra partenza. »
Zakuro si fece avanti
trucidandolo con odio:
« Staresti dicendo… Che hai fatto
in modo di tramandare il tuo DNA marcio anche tra gli esseri umani?! »
Lui sorrise furbo:
« I corpi marciscono. Muoiono.
Avevo bisogno di un corpo immortale.
« Quando… Si è presentata
l'occasione – lasciò la frase in sospeso e sogghignò – ho fatto in modo di dividere
la mia forza. Mai avrei immaginato di minimizzarla al punto da dover ricorrere
nuovamente al Cristallo di MewAqua per ripristinarla. »
« Nuovamente? »
Lui non rispose e continuò a
sorridere. Pai, in alto, divenne ancora più cupo.
« Su, mia cara, te ne do atto. –
fece rivolto ad Ichigo – Inizialmente il mio involucro potrebbe aver scambiato
la sua necessità di avvicinarsi a te per amore. Ma più MewAqua veniva scovata,
più esso riallacciava il suo legame con me, rendendogli chiaro quale fosse il
suo obbiettivo nei tuoi confronti. »
« Tu hai usato noi… Hai usato Ichigo!... – soffiò Minto – Per trovare
la MewAqua…! »
Deep Blue sorrise ancora. Ichigo
era catatonica, immobile, il collarino di pelo già fradicio di lacrime,
tremando lievemente ad ogni parola pronunciata dall'essere.
« Un'esca. Un'arma per proteggere
ciò che mi occorreva. – elencò lui sulle dita – Masaya Aoyama e Ao No Kishi.
Tutte forme necessarie che, raggiunto lo scopo, si sono semplicemente dissolte.
»
Gettò via il campanellino con cui
ancora stava giochicchiando e Ichigo ne seguì la traiettoria con la coda
dell'occhio, sussultando ogni qualvolta l'oggettino trillava contro la pietra
del cortile. Deep Blue rise ancora:
« Devo ammetterlo, ora che ho
riunito ogni tassello, è stato un piano ben congeniato. »
Fece un cenno e i tre alieni alle
sue spalle scesero a terra schierandosi dietro di lui:
« Ora è tempo che finisca ciò che
ho iniziato. »
« Sei un dannato bastardo! »
Gridò Taruto frapponendosi fra
lui e le terrestri:
« Prova ad avvicinarti e ti
friggo! »
« Taruto! »
Aisei cercò quanto più potè di
essere inflessibile, ma non nascose una nota preoccupata nella voce:
« Cosa stai facendo?! Vuoi
tradirci?! »
« Mi risulta che l'abbia già
fatto. – puntualizzò divertito Deep Blue – Ti vedo piuttosto in salute, Taruto.
Qualcuno non ha completato il suo incarico? »
Aisei ebbe un lieve sussulto, ma
Taruto sputò per terra e rise amaro:
« Certo, come no! Siete solo dei
vecchi cretini, avreste dovuto controllare meglio. »
Kisshu a stento si trattenne dal
ridacchiare con una certa ammirazione.
« Sia come sia. »
Con un cenno del palmo Deep Blue
fece comparire una lunga spada d'acciaio e l'afferrò con entrambe le mani:
« Provvederò immediatamente. »
Si scagliò sul brunetto prima
ancora che chiunque potesse muovere un muscolo. Taruto restò immobile dov'era e
fu scagliato di lato, rotolando un paio di metri sul cemento; il suo corpo urlò
di dolore all'impatto, ma tutto perse importanza quando si rese conto di non
essere da solo.
« Purin…! »
La bimba rispose con un gemito e
Taruto avvertì il sangue ghiacciarsi nelle vene: si era frapposta fra lui e la
lama di Deep Blue, e in quel momento sulla sua spalla destra spiccava un
profondo taglio rosso vivo, che scendeva lungo la schiena.
Retasu fu vicino ad entrambi i ragazzini
un secondo prima che il brunetto afferrasse le sue bolas e tentasse il
contrattacco assieme a Zakuro e Minto; bastò un fendente dell'alieno moro e
tutti e tre furono scagliati via, Zakuro colpendo assieme al brunetto il
trittico di pietra che stava d'ingresso al cortile e Minto finendo poco
distante.
« Ragazzi! »
Retasu, che sollevava una svenuta
Purin tra le braccia, vide spaventata le amiche muoversi faticosamente anche
solo per rimettersi sedute e Taruto che invece rimase immobile, privo di sensi
per il contraccolpo e le ferite ancora fresche. Impossibilitata a scegliere una
qualunque strategia la verde vide con orrore Deep Blue avvicinarsi lentamente
ad Ichigo, ancora immobile al suolo: cercò di spronarla chiamando più volte il
suo nome, ma la mewneko non si spostò se non per muovere la testa e restare
sempre, inconsciamente, terribilmente in contatto visivo con l'alieno.
È
un incubo.
Non
è vero, è una bugia.
È
tutta una bugia.
Masaya
esisteva.
Masaya
era vero. Mi amava.
Non
era un imbroglio.
È
tutto un incubo. Solo un orrendo incubo.
« Chiudiamo la faccenda, Ichigo?
»
« Mio signore no! »
Kisshu gli andò più vicino e più
veloce che potè e si inginocchiò scomposto:
« La prego… Me ne occuperò io, ma
la risparmi! »
Sostenne lo sguardo rigido di
Deep Blue e non prestò attenzione ad Aisei che, con irritazione, lo afferrava
per un braccio e cercava di farlo tornare al suo posto:
« Ancora per quella maledetta
umana?! – stridé tra i denti – Ti farai ammazzare…! Chiudi quella boccaccia,
idiota! »
Lui si divincolò e Deep Blue lo
fissò ancora, alzando poi la spada sopra la testa; non sarebbe neppure stato
necessario richiamare il fulmine sulla sua sacra lama, la predestinata
all'esecuzione non avrebbe mosso un muscolo, piegata dalla disperazione e dalla
paura.
« Deep Blue-sama, no! »
Il sibilo del fendente e il secco
rumore della lama conficcata nel terreno risuonarono agghiaccianti più del
fulmine che squarciò il cielo nel medesimo istante. Kisshu riprese a respirare
quando vide la sua gattina, ancora confusa, tra le braccia dell'umano biondo
che gironzolava sempre attorno alle MewMew e che l'aveva afferrata all'ultimo
secondo, scappando con un balzo degno di un felino.
Gli
devo un favore.
Aisei finalmente lo lasciò
andare, non senza scacciarlo con un certo disgusto.
« Ichigo! »
Ryou, ancora affannato per lo
scatto fatto e lo spavento, cercò di scuotere la rossa che insisteva a fissare
il vuoto piangendo. Si morse il labbro e la fece sedere più composta, mentre le
amiche andavano loro incontro con i due piccoli feriti.
« Ottimo tempismo, Shirogane. »
Concesse Zakuro. Lui non alzò il
viso verso di lei e sfiorò con la mano la guancia di Ichigo senza ottenere
reazione e ritrasse le dita frustrato.
« Shirogane-san, sei ferito…! »
Lui guardò a malapena il brutto
taglio inflittogli dalla spada di Deep Blue, che aveva squarciato anche il suo
bel giubbotto da moto, e stiracchiò un sorriso falso verso la verde:
« Sto bene. Ora dobbiamo p- »
Per la seconda volta la terra
tremò violentemente. I palazzi attorno oscillarono con tale violenza da
creparsi in pochi secondi lungo tutte le mura, i vetri esplosero, le fondamenta
cedettero, in un rombo di tuono mortale che coprì senza fatica le grida di chi
ancora si trovava nelle vicinanze. Le MewMew alzarono lo sguardo e da sotto la
collina del tempio fuoriuscì un maestoso palazzo a forma di diamante, che si
sollevò lentamente sopra di loro e rimase lassù a fluttuare pigro.
Deep Blue sogghignò, ma non badò
subito alla cosa. Invece squadrò irritato il gruppo di terrestri che si ricompattava,
nascondendo protettivo dietro le sue fila di due più giovani, entrambi privi di
sensi, e Ichigo, ancora stordita. Roteò la spada e poi la fece scomparire,
sospirando:
« Non ho tempo per queste cose.
Aisei, Pai, Kisshu. Ve ne occuperete voi. »
Aisei annuì prontamente, invece
Pai e Kisshu non risposero.
« Io ho qualcosa da finire… Sono
alcuni millenni che l'ho lasciata in sospeso, non voglio aspettare oltre. »
I terrestri si strinsero l'uno
all'altro pronti a proteggersi o a combattere e videro l'alieno alzare
lentamente la mano; nessuno si aspettò di veder Pai intervenire per fermarlo.
« Richiamare altra MewAqua, mio
signore, potrebbe essere pericoloso. »
Deep Blue restò senza voltarsi
alcuni secondi e studiò da sopra la spalla il suo sottoposto, genuflesso
rigidamente. I terrestri non capirono, ma ciò non impedì loro di rabbrividire.
Con sole sei piccole gemme Deep
Blue aveva ottenuto la forza per scacciarle come mosche, cosa sarebbe accaduto
se ne avesse ottenute altre?
« La vostra sola, maestosa
potenza sta facendo vacillare l'equilibrio del pianeta. »
Continuò ossequioso Pai. Solo
allora le MewMew e Ryou si resero conto che il temporale, pronto a scatenarsi
da lì a poco, era divenuto in pochi minuti una tempesta di fulmini a bassa
quota e proprio sopra ciò che restava del tempio le nuvole iniziavano ad
addensarsi in circolo, come l'occhio di un ciclone.
« Se richiamaste i Cristalli
rimasti, la Terra collasserebbe su se stessa. »
Kisshu e Aisei sobbalzarono. Deep
Blue, invece, si voltò del tutto verso Pai e lo guardò indifferente; il ragazzo
sollevò la testa e il suo viso apparve piegato in un gelido furore:
« Ma lei lo sapeva già, vero? »
Deep Blue non rispose subito.
Restò a scrutarsi con il ragazzo in silenzio e alla fine sentenziò duramente:
« Il loro potere appartiene a me.
»
« E per esso distruggerebbe la
Terra? »
Si alzò e lo sfidò alzando
imperioso la testa:
« … Perfino la Terra si piegò alla sua maestosità, e come serva devota
chinò il capo festeggiando con altrettanto vigore aprì il suolo e squarciò i
cieli. – ricordò piano – È stato lei anche allora? »
Kisshu e Aisei guardarono confusi
i due e poi il ragazzo dagli occhi dorati spalancò la bocca inorridito,
capendo; Aisei divenne pallida.
« Sei davvero la più grande mente
della tua generazione, Pai. »
Il complimento del suo capo non
sfiorò nemmeno il ragazzo:
« Una forza tale da diventare un
dio – riprese furioso – ma non fu in grado di controllarla e il pianeta si
autodistrusse quasi completamente per questo. »
Deep Blue rimase sempre in silenzio
e si limitò ad annuire:
« Ora nessuno soffrirà per i miei
scopi. »
« Lei ha causato la pressoché estinzione della nostra gente?! – gridò
Kisshu sconcertato – E vorrebbe fare lo stesso una seconda volta?! »
« La nostra gente non si trova
più qui, se non erro. »
Replicò pacato.
« La nostra gente sta morendo! –
esplose Pai – Vorrebbe negarle la propria terra natia, vorrebbe distruggere la
Terra e abbandonare il suo popolo a spegnersi di freddo e fame?! »
« Una volta che sarò un dio avrò
sufficiente potere per salvare chi sarà ancora vivo. – rispose con noncuranza –
E coloro che non ce la faranno saranno ricordati per aver atteso con fiducia la
grandezza del loro signore. »
« Che brutto figlio di puttana…!
»
« Ti conviene stare attento Kisshu
– sentenziò l'altro – ho già elargito fin troppa clemenza. Non costringermi a
trovare anche con te qualcosa per cui varrebbe la pena morire. »
Kisshu rispose digrignando i
denti e con la coda dell'occhio cercò inconsciamente Aisei. Un barlume di coscienza
gli si accese nella mente.
«
Non costringermi a trovare anche con te qualcosa per cui varrebbe la pena
morire. »
« Sei un folle! – urlò Minto a
pieni polmoni – Non ti permetteremo di distruggere la Terra! »
Deep Blue guardò le terrestri
seccato, forse era il caso di intervenire visto che i suoi sottoposti di
recente non erano molto pronti. Sollevò il braccio e decine di fulmini si
concentrarono sul suo palmo, saettando in aria e sul terreno in una griglia
mortale.
Un gesto e una scarica in grado
di sterminare un esercito fu lanciata sulle MewMew e i loro compagni.
Il fragoroso scoppio non coprì le
urla dei terrestri, con somma soddisfazione di Deep Blue: l'essere attese che
la luce si dipanasse per poter vedere i corpi carbonizzati dei suoi nemici, invece
gli si presentarono solo i ventagli di Pai a dimensioni gigantesche, che
bruciacchiati e rovinati emanavano sottili rivoli di fumo; il ragazzo che li
reggeva aprì lentamente la barricata, mostrandosi affannato e non del tutto
privo delle conseguenze del colpo, e fu costretto a cadere ginocchioni intanto
che abbandonava le armi tornate nella loro forma consueta.
« Pai-san…! »
Non lo stupì che fosse proprio
Retasu ad andargli in aiuto mentre gli altri lo fissavano attoniti, né protestò
quando lei lo aiutò a rimettersi in piedi.
« Anche tu Pai? – Deep Blue non
tradì né delusione né rammarico, ma solo un velato ribrezzo – Dov'è finita la
tua lealtà? »
« Nello stesso posto in cui è
finita la sua dignità, signore. »
« Lascia il sarcasmo a Kisshu – fece con
disprezzo, guardando a malapena il nominato che non pareva in grado di seguire
il susseguirsi degli eventi – non è nelle tue corde. »
Deep Blue rialzò il braccio per
richiamare la MewAqua, l'aria attorno che diventava sempre più elettrica, ma
prima che chiunque intervenisse tutti lo videro spalancare gli occhi e
imprecare:
« Perché?! Perché non torna da
me?! – riprovò e riabbassò rapidamente il braccio con ira – Cos'ha questo corpo
che non va?! »
Ruotò rabbioso verso i terrestri
e i due traditori, prendendo poi un profondo respiro e assumendo un'espressione
compassata:
« Non importa. »
Ormai era impossibile muoversi
senza rischiare di essere centrati da un fulmine. Squadrò ancora i suoi nemici
e poi si girò ancora:
« Ormai è fatta. »
Rievocò la propria spada e l'alzò
verso il cielo, richiamando quanto più potere gli era possibile. Le MewMew si
misero l'una vicino all'altra pronte per tentare di generare uno scudo e Pai
sollevò a stento un ventaglio, stringendo le labbra: non aveva forza a
sufficienza per contrastare l'attacco che si andava formando.
« Non riusciremo mai a
respingerlo! – gemette Retasu – Siamo solo in tre…! »
Minto riabbassò l'arma e
s'inginocchiò accanto ad Ichigo, scuotendola con violenza:
« Avanti, Ichigo! Non possiamo
morire ora, non possiamo morire qui! Devi aiutarci! »
La rossa continuò a scrutarla
vitrea e la mewbird, al limite, le tirò uno schiaffo; Ichigo si girò piano
verso di lei, reggendosi la gota, e Minto fu sollevata di vederle
un'espressione confusa ma gli occhi vigili:
« Minto… »
« Ora non devi pensare! Devi
ricordarti chi sei! – la spronò – Sei una MewMew! Una paladina della Terra! Se
non ti alzi immediatamente, non salverai né la Terra né te stessa, né chiunque
tu abbia a cuore! »
Le parole della mora
risvegliarono del tutto la ragazza, che occultò un istante dalla propria mente
Masaya e quanto appena appreso per schierarsi con le amiche e Pai. lo scudo
delle MewMew tintinnò risplendendo di fronte a loro, ma Pai non si rasserenò.
Non era abbastanza. Non bastava, seppur
di poco non bastava.
Non
ce la faremo a fermarlo.
Deep Blue lanciò un urlo belluino
e colpì il suolo. Kisshu non si riprese in tempo per andare in aiuto di Ichigo
e quando il fendente si schiantò su lei e gli altri, scagliandoli in un
frastuono di terra divelta, aria vorticosa ed elettrica, grida, riuscì solo a
restare immobile e a guardare Deep Blue che si teletrasportava nell'enorme
palazzo fluttuante. Incrociò un secondo Aisei e lei distolse lo sguardo,
incapace di guardarlo, e senza un suono mosse le labbra.
Non
posso.
Si teletrasportò anche lei.
Kisshu rimase dove si trovava,
ignorando i fulmini che lo stavano mancando di pochissimo. Osservò la polvere
ridursi e vide i corpi stesi delle terrestri e dei fratelli, ma non capì come
si potessero muovere. Non lo capì neppure Pai, finché non scorse la sagoma
familiare a poca distanza da dove avevano formato il loro scudo improvvisato:
« Nair… »
Ichigo,
che si trovava più vicina alla figura, sobbalzò scorgendo le orecchie ferine e
la silhouette di un'aliena, ma questa invece non battè ciglio limitandosi a
sorriderle rassicurante mentre faceva scomparire un'arma che, nella confusione
del colpo ricevuto, Ichigo non riuscì ad identificare:
«
Non preoccuparti, non sono tua nemica. »
La
mewneko però non abbassò la guardia e continuò a fissarla terrorizzata,
respirando affannosamente.
«
Nair. »
La
nuova arrivata si voltò cauta verso Pai, accennando un sorriso e annuendo:
«
È da molto che non ci vediamo. »
Tutti
gli sguardi erano di colpo puntati sul ragazzo dai capelli scuri; sembrava che
tutti aspettassero una qualche risposta sull’identità dell’aliena, ma
ovviamente lui non diede delucidazioni.
«
Cosa fai qui? »
Domandò,
invece, ma la ragazza gli fece cenno di lasciar perdere:
«
Ne parliamo dopo. È meglio andarcene subito da qui. »
Pai
parve contrariato, ma annuì docilmente. La tempesta di fulmini stava
raggiungendo il punto culminante e presto sarebbero tutti stati uccisi dalle
folgori, dovevano trovare un riparo.
Nair
allungò con gentilezza la mano affusolata verso Ichigo, portandosi sotto lo
sguardo un brutto taglio che le si era aperto sul braccio durante il volo. La
mewneko scattò appena al contatto con la sua pelle, ma i gesti dell’altra erano
così misurati e garbati che non potè non lasciarla fare.
«
Per fortuna è solo una ferita leggera… »
Sospirò
sollevata, sorridendole. La lasciò andare e tornò a osservare il ragazzo alto:
«
Pai, prendi Taruto-chan(**) e queste ragazze, bisogna
sbrigarsi. »
«
Hai un posto? »
Domandò
laconico. Lei si allungò e gli sfiorò un secondo la fronte con due dita; Pai
chiuse gli occhi pochi secondi ed annuì.
«
È protetta da una barriera, non riusciranno a trovarci. – rispose Nair
brevemente – Ora vai. »
«
N-no, aspetta! »
Minto
si lanciò verso l’aliena, venendo fermata da Pai un secondo prima che il
ginocchio ferito nello schianto le cedesse, facendola crollare sul braccio del
ragazzo:
«
Purin è ancora…! »
Allungò
lo sguardo poco distante da loro verso la macchia gialla che era la mewscimmia,
ancora svenuta e accerchiata da scariche sempre più frequenti.
«
Ci penso io alla vostra amica. – sorrise – Per voi ora è troppo pericoloso
avvicinarsi. »
Minto
la fissò, sobbalzando quando l’ennesima scarica d’energia s’infranse sull’ormai
distrutto pavimento del cortile, arrivando a meno di qualche metro dalla
biondina.
«
Facciamo come dice. »
La
mewbird guardò Zakuro con occhi spaventati. La mewlupo annuì in conferma,
stringendole rassicurante la mano: chiunque fosse quella ragazza, se avesse
voluto far loro del male lo avrebbe già fatto; quindi, anche se non sapeva il
motivo, era dalla loro parte, e potevano fidarsi. Cercò Ryou con lo sguardo,
era decisamente contrariato e confuso da quanto stava accadendo, ma il suo
senso pratico soprassedette sui dettagli e gli fece accettare l'aiuto dei due
alieni senza proteste.
L’intero
gruppo si strinse attorno a Pai, che teneva un'incosciente Taruto in spalla, e
in un istante scomparve. Nair si morse le labbra e si teletrasportò anch’essa
comparendo accanto a Purin. Girò con delicatezza il corpicino della ragazzina:
per fortuna respirava ancora, la ferita però era grave, doveva portarla subito
via da li.
La
biondina mandò un lieve mugolio, aprendo faticosamente gli occhi:
«
E… Tu… C-chi… Sei…? »
«
Un’amica. – sorrise Nair – Andiamo, ti porto in salvo. »
Purin
la studiò un solo momento, sorrise e si abbandonò sul petto della ragazza che
se la prese in braccio con fare materno.
«
Vuoi attaccarmi? »
Nair
sollevò lo sguardo di fronte a sé. Kisshu era apparso poco più avanti e la
fissava con il suo solito sorrisetto canzonatorio:
«
Quanto tempo! – ridacchiò – Non avrei mai pensato che ci saremmo rivisti
proprio qui… »
«
… E in simili circostanze, Kisshu-chan? »
«
Avanti, nee-san! Non sono più un bambino, potresti anche evitare i diminutivi!
»
Lei
mandò un sospiro rassegnato; sembrava una delle loro solite conversazioni, e
non riuscì a trattenere un moto di nostalgia a quel pensiero. Poi il suo
sguardo s’incupì e, continuando a tenere stretta Purin, portò indietro un piede
proteggendo la bambina col proprio corpo e allungò il braccio libero in avanti:
«
Ti ripeto la domanda, vuoi attaccarmi? – lui non rispose – Sappi che se lo
farai, io mi difenderò senza esitazioni. »
Il
suo tono era piatto, privo di qualunque minaccia, ma risoluto come non mai. Nel
suo palmo comparve un bastone verde scuro dalle venature bluastre, lungo un
paio di metri e largo poco più di un pugno: come arma non aveva granchè di
minaccioso, ma Kisshu conosceva benissimo l’abilità del suo possessore e quanto
potesse fare male quel coso, se avesse colpito i punti giusti, e non aveva la
minima voglia di assaggiare di nuovo il sapore dei suoi attacchi.
«
Una come te sarebbe disposta ad affrontarmi per delle estranee? »
Chiese
lui sarcastico; Nair lo scrutò torva:
«
Sono disposta ad affrontarti per ciò che ritengo giusto. »
Lui
si passò una mano dietro al collo, sospirando, e le rivolse un sorriso amaro:
«
Vorrei poterlo fare anch’io. »
Nair
lo fissò confusa. Anche il suo bastone scomparve, e lei prese la piccola Purin
con entrambe le braccia guardando l'altro con espressione grave:
«
Kisshu… »
«
Tranquilla nee-san – sogghignò – me la caverò. Me la cavo sempre. »
Lei
strinse al petto la bambina:
«
… Perché? »
Lui
soppesò cosa rispondere esattamente. Lasciò che la sua bocca si muovesse da
sola:
«
Per Aisei. Devo… Devo capire. E credo che se rimanesse completamente sola con lui – il disprezzo per il suo comandante
era talmente forte da non poter nemmeno pronunciarne il nome – finirebbe per
farsi uccidere. »
Nair
non rispose. Si voltò e fece due passi indietro, dandogli solo un’altra
occhiata prima di sparire:
«
Ti affido la mia sorellina, allora. »
Kisshu
ammirò ancora per un paio di minuti il punto dove la mora si trovava, le saette
che gli sfioravano la punta dei capelli e gli facevano accapponare la pelle.
Senza un rumore si teletrasportò pure lui, un secondo prima che una gigantesca
scarica s'infrangesse al suolo disintegrando il poco che restava del tempio e
del suo cortile.
Non
fu difficile rintracciare Deep Blue, già sistemato nella sala del trono del
palazzo: il moro sedeva gustandosi la magnificenza del salone e parve
infastidito dall'arrivo del suo sottoposto, invece Aisei, rigidamente e
diligentemente in piedi al fianco del trono, sussultò impallidendo.
«
Cosa vuoi, essere inutile? – sussurrò malevolo Deep Blue – Sparisci dalla mia
vista. »
Kisshu
non replicò e si genuflesse chinando quanto più profondamente gli riuscì il
capo:
«
Deep Blue-sama, vi prego di accettare le mie scuse per le mancanze di rispetto
che ho compiuto finora. »
Deep
Blue non mosse un muscolo studiandolo con gelido disinteresse.
«
Ammetto, e prego il vostro perdono per questo, che le vostre parole di prima mi
hanno scosso. Ma ora comprendo il vostro grande disegno, e torno da voi in
ginocchio chiedendo di potervi servire fedelmente, come ho sempre fatto. »
«
Risparmiami i salamelecchi, Kisshu. »
Lui
non obbiettò né si scosse per quelle parole. Deep Blue rimase ancora in
silenzio e soppesò:
«
Finora la tua arroganza ha sfiorato l'insolenza. Eppure, avresti potuto seguire
gli altri due traditori e quell'umana a cui sembri tenere così tanto, ma sei
tornato qui da me, dove non c'è nulla che stuzzichi il tuo interesse. »
Aisei
contrasse la mascella nell'ascoltare il discorso osservando il ragazzo ancora
in ginocchio; Kisshu non fece una piega per tutto il tempo.
«
Potrei anche credere che sei davvero giunto qui per chiedere il mio perdono. »
«
È ciò che v'imploro, mio signore. »
Fu
ancora silenzio. Deep Blue aspettò alcuni interminabili momenti, gli occhi
azzurri fissi sul capo abbassato di Kisshu, si alzò e gli andò incontro a passi
misurati, facendoli risuonare nell'antro vuoto. Kisshu continuò a non reagire
perfino quando Deep Blue gli fu incombente sopra la testa, e nell'istante in
cui lo colpì con una violenta scarica del suo potere la sua unica replica fu
l'istintivo grido di dolore: non si oppose né si difese, finendo sbalzato
violentemente contro la parete, e dopo essersi accasciato a terra si rimise con
ostinazione in ginocchio senza batter ciglio. La sua così ostentata
ossequiosità e l'improvvisa obbedienza, nonostante le ferite e il dolore che
gli facevano tremare ogni arto, scatenarono le risate maligne di Deep Blue che
infine sospirò:
«
Bene. Se è ciò che implori, in onore del servizio che mi hai sempre reso vedrò
di concederti perdono. Aisei! »
La
bruna sobbalzò e mormorò un sì,
andando incontro al suo signore. Non aveva mai smesso di guardare Kisshu per
tutto il tempo e dal bianco delle sue nocche si sarebbe potuto pensare non vi
scorresse più sangue, tanto aveva stretto le dita.
«
Per la modestia che stai dimostrando – continuò Deep Blue rivolto a Kisshu – la
tua punizione sarà clemente. Cinque giorni in isolamento senza cibo né acqua. »
Kisshu
non rispose e restò sempre genuflesso immobile. Aisei, obbedendo agli ordini,
gli andò vicino e gli afferrò con decisione il braccio costringendolo ad
alzarsi; lui l'assecondò come il più mansueto e contrito dei prigionieri.
«
Una volta scontata la tua punizione vi metterete alla ricerca della MewAqua.
Sarò l'essere supremo di questo mondo solo quando avrò raggiunto il mio scopo,
e mi aspetto che entrambi diate anche la vita, se necessario, per ottenere ciò
che voglio. »
«
Sissignore. »
Entrambi
i giovani abbassarono la testa.
Deep
Blue fece avvicinare a sé Kisshu e disegnò con l'indice due cerchi d'energia
che si strinsero attorno ai suoi polsi, bloccandoglieli dietro la schiena.
«
Conducilo al piano più basso Aisei – ordinò – e fai in fretta. Abbiamo molto
lavoro da fare. »
Lei
annuì e condusse fuori il prigioniero.
Rimasto
solo Deep Blue misurò a larghe falcate tutta la stanza e lanciò un grido
disumano, inondando l'edificio e tutto ciò che lo circondava delle malefiche
radiazioni del suo potere:
«
La MewAqua… Deve essere mia! Questo pianeta deve essere mio! La Terra è mia… E
di nessun'altro! »
***
Keiichiro
stava continuando a passare da un computer all'altro, trincerato nei
sotterranei del Cafè. Masha non faceva che pigolare terrorizzato, mentre il soffitto
tremava e nugoli di polvere cadevano sempre più copiosamente ad ogni scossa, ma
il bruno non si arrendeva.
Aveva
perso i contatti con le ragazze a causa dell'alto tasso di elettricità
nell'aria che interferiva con le sue frequenze, e stava tentando vanamente di
ristabilire un segnale o quantomeno di capire cosa stesse accadendo.
La
MewAqua che risaliva dal terreno, l'energia spaventosa che aveva scosso tutta
la città; Aoyama e Deep Blue, la distruzione antica della Terra e l'apparente
prossima replica… Troppe informazioni, troppe risposte inquietanti prima del
silenzio radio.
Non
era neppure più riuscito a rintracciare i segnali dei ciondoli delle ragazze e
anche Ryou era scomparso dal suo radar.
«
Ma cosa sta succedendo… ?! »
Di
colpo sia il tavolo che la sedia si scossero paurosamente. Il monitor del
computer vibrò e frizzò perdendo l'immagine in uno stordente effetto neve e le
pareti attorno presero ad oscillare con forza.
«
Keiichiro! Keiichiro! Pii!!»
L'uomo
schioccò la lingua seccato e si alzò rapidamente afferrando tra le braccia il
robottino rosa, e si lanciò verso un comparto segreto nascosto nel pavimento un
secondo prima che il resto del laboratorio gli crollasse addosso.
(*)
episodio 13, spero di aver ricordato il testo giusto, cmq più o meno è così :P
(grazie fansub eng *w*)
(**) il vezzeggiativo per i maschietti è
solitamente il “kun”, ma quando si parla di adulti (con uno stretto grado di
parentela o confidenza) si usa anche il “chan”.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Uah, ce l'ho fatta! Eheh, però ho barato
:P ho ripreso molto dialoghi degli episodi 50 e 51 tra Deepy
e Kisshu (in realtà ci sarebbe stata pure Ichi, ma la
storia è diversa perciò :P…) Ok, lo so, è cortino
-.-" ero indecisa se mettere altre cose o metterle nel prossimo…
Spiacenti, aspetterete il prossimo ;), per non rovinare l'atmosfera :P. Non
dico nient'altro, ogni cosa potrebbe fare spoiler >.< ! e poi voglio
sapere le vostre opinioni :D!! quindi recensite recensiterecensiteeeee!! Un baciissimo
agiorgia000, Perla_Bartolini, mobo, Amuchan, Danya e a voi lettori tutti,
ci vediamo tra due settimane :D (stavolta sul serio)! ♥
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni. Farai
felice milioni di scrittori.
Pausa! Si riordinano
le idee e si cerca di capire chi vuol fare cosa! Anche Nair è arrivata sulla Terra
e Kisshu e Aisei sono ancora sotto il comando del nostro Deepy,
che accadrà?
Deep Blue: umana, giuro che se mi richiami a quel modo ti
infilzo come un dango.
Dangoooo *ç*…! Deepy, mi hai venire voglia di giapponese! Sushi! *Q____*
Deep Blue: -.-….
Let's go!!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.12
– Perché sei qui? Io voglio solo…
Seppur
l'enorme edificio fluttuasse a mezz'aria Kisshu potè avvertire la spaventosa
vibrazione che scosse il pianeta sotto di esso, come se fosse sotto i suoi
piedi; il suono fu ovattato dal silenzio morto del profondo e cupo corridoio di
pietra, con il suo suntuoso tappeto rosso al centro, e il ragazzo si sporse
verso le pareti pesanti cercando di scorgere qualcosa attraverso i minuscoli
vetri offuscati. Colse solo gli edifici che collassavano su loro stessi e il
profilo della terra che tremava, squassata da un terremoto innaturale, e
avvertì lo stomaco contrarsi.
Ichigo.
Aisei
lo lasciò fare, riprendendo poi a sospingerlo con garbo lungo il corridoio: le
manette d'energia che Deep Blue aveva scolpito impedivano a Kisshu di
teletrasportarsi o volare e lei non era certa di trovare dove fossero collocate
le celle, perciò non le rimaneva che camminare. Nessuno dei due aveva ancora
aperto bocca da quando avevano lasciato il salone e per la ragazza avrebbero
potuto andare avanti così per il resto del percorso.
«
Tu sapevi che sarebbe successo. »
Aisei
non si fermò alle sue parole ma gli diede una spinta più decisa sulla schiena:
«
Non lo so. »
«
Andiamo! Non prendermi per il culo! »
«
Non avevo prove di niente. »
Kisshu
si fermò voltandosi a guardarla incredulo:
«
Lo sapevi per davvero?! »
«
Non sapevo niente! – replicò lei cercando di non urlare per non attirare
l'attenzione – Ho solo… Trovato dei dati, diciamo. Nell'Archivio. »
«
Che diavolo stavi cercando per trovare roba simile? »
Lei
s'irrigidì e lo guardò storta, a disagio:
«
Non avrei immaginato che anche Pai avrebbe trovato le stesse cose. – ammise,
sorvolando la domanda – Né potevo immaginare che riuscisse a tanto. »
Si
guardò attorno e spinse il suo prigioniero verso una scala laterale.
Era
in quel palazzo da cinque minuti e già lo odiava. Le mura erano troppo alte,
prive delle sufficienti finestre e i corridoi erano cupi e bui; l'aria era così
ferma che si faticava a respirare, e più si scendeva nelle viscere del palazzo
più diventava difficoltoso non solo vedere, ma anche sentire un suono definito,
che non fosse l'eco oscuro di qualcosa che si apriva, di uno spiffero o di un
cigolio.
Cercò
di non far intendere a Kisshu quanto si sentisse a disagio, ma sapeva che lui
l'aveva capito; la conosceva troppo bene.
Merda.
Scesero
le scale in silenzio facendo risuonare i propri passi come rintocchi di campane
sorde; quando giunsero al piano più passo, dove si trovavano le prigioni, era
diventato impossibile vedere oltre il barlume luminoso dei ceppi di Kisshu. Il
fondo del palazzo, che generava un corridoio stretto e corto, non era curato
come il resto dell'edificio e semplici quadrati di pietra foderavano il
pavimento. Non c'erano porte o sbarre lungo le pareti, ma quando Aisei ne
sfiorò una su di essa si tracciò la sagoma di un'alta porta quadrata: la porta
si aprì in silenzio su una stanzetta di un paio di metri, completamente vuota e
buia, in cui Kisshu entrò senza opporsi; nello stesso momento i suoi ceppi si
dissolsero.
«
Sei stato un idiota a tornare indietro. »
Lui
non le rispose, immobile come una statua, squadrandola da capo a piedi
inespressivo.
«
Tu vuoi fermarlo. »
Le
dita di Aisei si serrarono sulla porta che stava chiudendo; non riuscì a
guardare Kisshu in faccia.
«
Tu lo sapevi e vuoi fermarlo da sola. »
Percepì
chiaramente che le stesse dando dell'idiota. Quello che non tollerò, era che
sembrò farlo affettuosamente.
«
Cosa diavolo sei venuto a fare qui, Kisshu? »
Non
le piacque l'occhiata obliqua che le mandò, quell'odiosa occhiata capace di
stritolarle lo stomaco.
«
Quello che fai tu. »
«
Bugiardo. »
Non
capì se la sua risatina era un'ammissione di colpa o solo per prenderla in
giro.
«
Perché sei andata a cercare nell'Archivio cose sul passato di Deep Blue? »
Aisei
si morse e labbra, lo fissò e senza rispondere chiuse la porta.
«
Ci si vede tra cinque giorni, stupido che non sei altro. »
Furono
gli ultimi suoni che Kisshu percepì prima del tonfo della porta e
dell'oscurità. Si lasciò cadere a terra e sospirò, qualunque cosa stesse
macchinando quella stupida e qualsiasi cosa volesse fare Deep Blue aveva
guadagnato cinque giorni per sé, per i fratelli e per le MewMew.
Hai solo cinque giorni
micina… Poi, non so se potrò proteggerti.
***
Ichigo
aprì di colpo gli occhi. Aveva addosso la sensazione d'impotenza e terrore di
un incubo spaventoso, ma non ricordava di cosa parlasse, né quando si fosse
addormentata.
Si
guardò attorno, ma quel che vide la lasciò solo più confusa.
Si
trovava in una villa in stile occidentale; assomigliava un po’ alla casa di
Minto, ma quella casa era scura e sembrava non essere stata abitata per anni,
dati i teloni bianchi che coprivano quasi tutti i mobili.
Solo
alcuni erano stati scoperti: un piccolo divanetto di un amaranto spento, su cui
dormiva Taruto, un tavolino in legno laccato e le sue sedie, imbottite con pregiate
stoffe verde muschio tutte impolverate; c’era poi una bella quanto consumata
chaise lounge, su cui si accorse di essere sdraiata,
e uno sparuto materasso – evidentemente portato lì da un’altra stanza –
abbandonato sul pavimento, su cui era rannicchiata Purin. Le sue amiche erano
tutte sedute sulle sedie attorno al tavolino, assieme a Ryou e ad un Pai
dall’aria imbronciata, mentre una ragazza dai lunghissimi capelli neri era in
piedi, china verso Zakuro, e le controllava l’articolazione del polso.
«
Niente di grave. – sorrise sollevata – Temevo te lo fossi rotto, invece è solo
slogato. Cerca però di non forzarlo ok? »
«
Sì. Ti ringrazio Nair. »
«
Comunque, è meglio fasciarlo… »
«
Ichigo-san! »
Retasu,
vedendo l’amica sveglia, le corse incontro prendendole le mani tra le sue:
aveva il viso stravolto e gli occhi gonfi, in contrasto netto con il sorriso di
chi ha appena ricevuto un enorme sollievo. Ichigo impiegò qualche istante a
reagire:
«
Retasu… Ma dove siamo? »
«
In una villa qualche chilometro fuori Tokyo. – spiegò la verde premurosa – Nair-san
l’ha protetta con una barriera, qui saremo al sicuro. »
«
Al sicuro…? »
Ancora
confusa, la mewneko si guardò il braccio: era stato medicato e fasciato alla
perfezione, e avrebbe potuto dire di non aver avuto nemmeno un graffio se il
dolore non le avesse ricordato nitidamente il taglio che le arrivava dal gomito
fino alla spalla.
Allora
non aveva avuto un incubo. Era tutto assolutamente, terribilmente vero.
La
lotta, il risveglio di Deep Blue. Tokyo distrutta…
Mamma… Papà…
Aoyama-kun…
Le
sfuggì un singhiozzo sordo e scoppiò in lacrime. Retasu non chiese nulla e si
limitò a stringerla in un abbraccio, lasciandola sfogare.
Dopo
diversi minuti la rossa tentò di calmarsi, ma la cosa risultò molto più difficile
del previsto. Com’era possibile che la sua vita, il suo mondo… La sua famiglia,
tutto ciò che aveva di più caro fossero svaniti in un colpo solo?
Aoyama…
Avvertì
qualcuno stringerle delicatamente la mano. L’aliena che le aveva aiutate, Nair,
le si era avvicinata e la guardava comprensiva:
«
Non perdere la speranza. – le disse piano – Il Palazzo ha smesso di emanare
l’energia di Deep Blue e la tempesta si è calmata, a quest’ora molti dei
fuggiaschi saranno già in salvo. »
Lei
tirò su col naso, fregandosi goffamente gli occhi:
«
F-fuggiaschi…? »
«
Tutta la città è stata colpita. – intervenne piatto Ryou – Ma solo le zone
limitrofe al Palazzo sono state rase al suolo; tutte le persone degli altri
quartieri sono quasi tutte salve, e le forze dell’ordine stanno organizzando
un’evacuazione di massa. »
Mostrò
una piccola radiolina che aveva recuperato da chissà dove e che gracchiava
confusa le ultime notizie. Ichigo sospirò sollevata, casa sua era distante
dalla zona della battaglia, quindi i suoi genitori erano probabilmente salvi.
Poi
sobbalzò e guardò Retasu: la ragazza aveva lo sguardo basso e sembrava sul
punto di scoppiare per una seconda volta in lacrime.
Sì, è vero, casa mia è
distante…Ma
la casa di Retasu…
L’amica
chinò ancor più lo sguardo e Ichigo le gettò le braccia al collo, stringendola
forte:
«
Oh, Retasu…! »
Fu
l’unica cosa che riuscì a mormorare. La mewfocena ricambiò la stretta con
forza, in silenzio; nessuno aggiunse altro.
«
Però… – riuscì poi a continuare la rossa – Evacuare la città… È una cosa
assurda! »
Si
parlava di Tokyo, un'enorme città la cui superficie raggiungeva i 570 km2:
come speravano di far evacuare tutti i suoi abitanti, per giunta in mezzo a
macerie ed edifici devastati, alla rossa sfuggiva completamente.
«
Le cose, infatti, procedono a rilento. – sbuffò Ryou – Ma, se può consolarti,
nemmeno Deep Blue se la passa troppo bene. »
Ichigo
lo guardò confusa. Allora prese la parola Pai, sempre seduto con le braccia
conserte e le gambe accavallate:
«
L’energia che possiede non è sufficiente per rintracciare la MewAqua Finale,
quella che dovrebbe completare la sua trasformazione. – fece col suo solito
tono, fissando la superficie del tavolo – Rischierebbe di autodistruggersi, se
provasse ad utilizzare la sua forza totale nelle condizioni in cui si trova. »
Quella
frase scatenò un brivido lungo la schiena della rossa. Autodistruggersi voleva distruggere anche il corpo che ospitava
l’entità di Deep Blue, ossia Aoyama.
Pensando
ciò si morse l'interno di una guancia fino a farsi male.
No.
Masaya non è… Non c'è
più… Non c'è mai…
Rifiutò
i suoi stessi pensieri e tornò ad ascoltare l'alieno.
«
L’unica sua speranza è trovare, se esiste, un altro cristallo più piccolo, e
rafforzarsi. »
«
E se non ce ne fossero? »
«
Allora troverà un altro modo di far saltare per aria questo sassolino di
pianeta. – rispose gelido alla rossa – Tutto qui. »
Ichigo
mandò un grugnito e lo squadrò sprezzante. Sentì Nair, al suo fianco, sospirare
paziente:
«
Lascialo perdere, Pai ha sempre la tendenza ad essere negativo. »
Il
ragazzo non rispose alla frase limitandosi ad alzare gli occhi al cielo.
«
Un cristallo, probabilmente, c’è – disse ancora Nair, tranquilla – o Deep Blue
non starebbe ancora ad aspettare per sottomettere gli umani: avrebbe già
riempito il pianeta di chimeri, sguinzagliato Kisshu e Aisei in giro ad
eliminare i superstiti e spaccato in due il suolo a suon di fendenti. »
«
Davvero una prospettiva allettante! »
Sbottò
Minto.
«
Ma così – puntualizzò Nair – non ha fatto.Il che vuol dire che ha altro a cui pensare, e possiamo pensare che sia
proprio trovare quest’ultimo cristallo. »
«
Io sono d’accordo con lei. – disse Zakuro – Quindi, prima lo troviamo, prima
impediremo a Deep Blue di diventare più forte. »
L’aliena
annuì con aria soddisfatta. Terminò di controllare la fasciatura di Ichigo e si
alzò, sorridendo:
«
Guarirà presto, stai tranquilla. »
«
Ah, grazie… Sei stata molto gentile. »
L’aliena
sorrise radiosa.
Ichigo
la studiò avvicinarsi con cautela a Purin, ancora addormentata, girarla
lentamente su un fianco e scioglierle la fasciatura attorno alla spalla destra
e quindi passare sulla ferita sottostante un po’ di pomata antisettica con aria
esperta. Ichigo le si avvicinò e la osservò durante l’operazione, incuriosita.
«
Purtroppo non sono riuscita a procurarmi molto altro di quello. »
Fece
Nair e indicò un ammasso di pomate, bende e scatole del pronto soccorso trafugate
da luoghi diversi:
«
Non sapevo cosa e dove cercare di preciso… Ho preso informazioni all'ultimo
minuto e ho preparato un rifugio d'emergenza, è il meglio che ho potuto fare. »
Ichigo
la guardò da sotto in su e sorrise:
«
Direi che è stato un enorme aiuto. »
Nair
ricambiò il sorriso e Ichigo si prese il viso su una mano:
«
Scusa, ma… Tu sei…? »
«
Un'amica di Pai e degli altri – tagliò corto – ho scoperto alcune cose sospette
su Deep Blue e ho temuto che la situazione sarebbe precipitata in fretta. »
Chiuse
la medicazione della mewscimmia e ammiccò ancora verso la rossa:
«
E quindi eccomi qui. »
«
Dove non dovresti essere, pezzo d’incosciente. – sbottò Pai – Ti rendi conto
che stai rischiando l’osso del collo?! »
«
Ti avrò sentito dire questa frase centinaia di volte, anche se non diretta a
me. – replicò lei – E mi vedo costretta a rispondere al loro stesso modo: “spiacente, ma sprechi il fiato.” »
Pai
alzò nuovamente gli occhi al cielo sbuffando, ma non disse altro, arrendevole.
«
Invece di borbottare – riprese la mora – potresti aiutarmi a convincere questo
ragazzo a farsi medicare il taglio? »
Guardò
sospirando Ryou, che la fulminò con un’occhiata gelida; lei, quasi ci fosse
abituata, rispose incrociando le braccia e fissandolo con rassegnazione.
«
Non ho bisogno del tuo aiuto… Aliena.
»
«
Come siamo suscettibili! »
Il
tono era quello di una mamma che sgrida il figlio ostinato e la cosa parve non
piacere a Ryou, che schioccò la lingua con il secco suono di una mascella di
coccodrillo che si chiudeva.
«
Ok, appurato che non hai una grande simpatia per la mia razza, potresti farti
medicare? Non è un graffietto, può infettarsi. »
«
Sto aspettando di ricevere una risposta dal mio amico. – sibilò lui, fissando
lo schermo del suo telefonino – Ci penserò più tardi. »
Ichigo
sobbalzò, come poteva essersene dimenticata?!
«
Keiichiro-san…! Come sta Keiichiro-san?! »
«
Non lo sappiamo ancora, purtroppo. – mormorò Retasu – Ryou ha scoperto che i
cellulari funzionano ancora e ha provato a contattarlo, ma finora… »
La
rossa si morse il labbro confare
convulso.
«
In ogni caso – continuò Nair risoluta – puoi tenere quell’aggeggio con un braccio
soltanto. Avanti. »
Ryou
piantò lo sguardo celeste in quello di lei; i due si fissarono in silenzio per
quasi un minuto, quella era una sfida a chi cedeva per primo. Incredibilmente,
fu il biondo ad abbassare lo sguardo e con aria imbufalita porse il braccio
all’aliena, che glielo medicò soddisfatta.
«
Questa casa è protetta da qualunque possibilità di rilevamento. – disse poi lei
intanto che gli fasciava il braccio – Se posso azzardare un consiglio, vi
proporrei di restare qui finchè non sarete più in forze, e poi andare a cercare
la MewAqua. »
Ryou
fece per scostare il braccio, in uno scatto d’ira, ma lei lo guardò con
fermezza:
«
Nelle condizioni in cui siete vi fareste solo ammazzare. »
Il
ragazzo continuò a fissarla torvo, ma alla fine dovette annuire: aveva
perfettamente ragione.
Si
sentì un mugolio e delle parole biascicate e tutti i presenti si voltarono
verso il divanetto. Taruto si tirò a sedere, dolorante, e prese a massaggiarsi
la testa borbottando:
«
Ohi… Ma dove cavolo sono?! »
«
Perfetto. – sbuffò l’americano – Anche l’alieno pestifero! »
«
Tu sei molto acido come persona, vero? »
«
Di solito solo con Ichigo… »
Sentenziò
Minto. Nair ridacchiò, sorridendo poi in direzione del ragazzino:
«
Ben svegliato, Taruto-chan. »
«
Onee-san?! Ma tu che ci fai qui?! »
Fece
per alzarsi, ma una forte fitta la fianco lo costrinse a risedersi; Pai lo
guardò serio:
«
Non esagerare. Hai preso un bel colpo. »
Taruto
sembrava sul punto di sbraitargli contro, ma quella frase parve ricordargli
qualcosa; si guardò attorno alla ricerca di Purin, e quando la vide non si
trattenne dal deglutire a vuoto.
«
Sta bene. – gli disse Nair premurosa – Ha bisogno di dormire, adesso. »
Lui
annuì, le labbra strette, quindi scese pian piano dal divano e andò fino a
fianco alla biondina, sedendosi per terra col la schiena contro il materasso.
A
quella scena Pai sembrò guardare per un istante verso Retasu, ma il suo sguardo
si perse nel vuoto con altrettanta velocità.
Scese
il silenzio. Quando la suoneria del cellulare di Ryou lo interruppe, quasi
tutti i presenti sobbalzarono colti alla sprovvista.
«
È un messaggio di Akasaka? »
Domandò
Zakuro. Per la prima volta da quando erano lì, il suo tono parve incrinarsi per
l’agitazione.
Ryou
sorrise:
«
Sì! – le ragazze si lasciarono andare su sedie e divani, sospirando rincuorate
– Si è chiuso nei sotterranei del Cafè, ma sta bene. »
Le
MewMew si guardarono tra loro con aria raggiante. Nair sorrise e si alzò in
piedi, poggiando le bende che aveva ancora in mano sul tavolo:
«
Bene. andrò a prendere il vostro amico, allora. »
«
Come?! »
Ryou
la guardò seccato, ma lei non ci badò:
«
Ne approfitterò per prendere anche qualche provvista. Non vi rimetterete in
forze a stomaco vuoto, no? »
Il
biondo grugnì. Non gli piaceva l’idea che un altro alieno entrasse nel Cafè, ma
in effetti era troppo pericoloso per Keiichiro raggiungerli tanto a piedi
quanto in macchina.
«
Se ti fidi così poco di me – continuò guardandolo eloquente – puoi sempre
accompagnarmi. In fondo, non conosco la strada. »
Ryou
a quella proposta tornò di colpo distaccato come suo solito, anche se un’ira
evidente si agitava sotto i suoi occhi chiari:
«
Certamente. »
L’aliena
gli prese con delicatezza una spalla e i due sparirono con uno schiocco.
Quando
riapparvero nei pressi del locale Ryou ritornò in un lampo al giorno della
scomparsa dei suoi genitori: la sensazione di desolazione e malessere che gli
donava l'edificio distrutto era la stessa, e tutto risultava ancora più
opprimente con la Tokyo semidistrutta e il cielo plumbeo sullo sfondo.
«
Credo si possa riuscire ad entrare. – disse Nair sovrappensiero, scrutando ciò
che restava della porta d'ingresso – Se non ci crolla tutto in testa… Il tuo
amico dov'è? »
Ryou
impiegò un paio di secondi a rispondere. Scosse la testa per riprendersi e
guardò Nair accigliato, ma lei non sembrò aver badato al suo smarrimento.
«
Il Cafè… Ha due piani interrati: un laboratorio di ricerca e uno nascosto, per
le emergenze. Se questo è lo stato del primo piano – sospirò, ammirando il
tetto ormai scomparso – Kei si è di sicuro rifugiato nel piano più basso. È di
cemento armato e progettato con una forte struttura antisismica, più moderna
del resto, è sicuramente lì. »
Nair
annuì e senza troppe cerimonie s'insinuò felina nel minuscolo pertugio tra le
macerie, cercando punti non sensibili a crollo.
«
Sarà più difficile raggiungere delle provviste – ammise poi il biondo mentre la
seguiva – si trovano nel magazzino del primo piano interrato, e se il passaggio
fosse chiuso… »
«
Chiuso? »
Non
capì la domanda sarcastica di lei finché non fu dentro al locale. Il soffitto
aveva ceduto lasciando uno spiraglio di luce dall'alto e abbastanza spazio per
camminare dritti, mentre poco prima dell'ingresso della cucina le colonne della
scala interna avevano ceduto, aprendo una voragine direttamente nel piano
interrato.
«
Come non detto. »
Nair
lo guardò divertita e fece un gesto teatrale con la mano:
«
Prima i signorini. »
«
Stai attenta aliena. – sbuffò lui seccato – Pensavo di cominciare a tollerarti.
»
Nair
e Ryou ricomparvero circa un’ora dopo. Al loro fianco, carico come loro di ogni
genere alimentare che erano riusciti a trovare, c’era Keiichiro con il piccolo
Masha sulla spalla: entrambi erano ammaccati ed impolverati, ma stavano bene. In
un lampo il bruno venne sommerso dagli abbracci delle ragazze, compresa la
piccola Purin che, ripresasi, aveva usato quel poco di forze che aveva solo per
poter salutare l’amico.
Dopo
un po’, ristabilita la calma, il gruppo decise che era meglio cominciare subito
a rimettersi in forze, possibilmente mettendo qualcosa sotto i denti. Nair e
Keiichiro si erano prontamente offerti di preparare la cena, e Retasu si era
accodata a loro: doveva tenersi impegnata, non pensare, o la sua mente sarebbe
filata dritta ai suoi genitori e al suo fratellino, e in quel momento – per
quanto le costasse caro dirlo – non potevano distrarsi. Dovevano pensare subito
ad essere pronte per una controffensiva.
Però…
«
Retasu-chan, vuoi andare un po’ a sdraiarti? »
«
C-come? »
La
ragazza incontrò lo sguardo gentile di Nair, che le aveva poggiato una mano sul
braccio:
«
Sembri sfinita. »
Retasu
scosse la testa, asciugandosi frettolosamente gli occhi. Nair annuì appena e
riprese a badare alla zuppa che stava preparando, senza aggiungere altro.
«
Oh, Pai! Stavo giusto per chiamarti! »
Nel
sentire pronunciare quel nome Retasu sussultò; cercando di nasconderlo voltò
appena la testa, scorgendo l’alieno che entrava dalla porta. Il suo volto era
come sempre impassibile, ma la ragazza ebbe la vaga impressione che si fosse piegato
un momento in un sorriso quando i loro sguardi si erano incrociati.
«
Pai, tra cinque minuti è pronto, avvisi tu gli altri? »
«
Sono diventato un cameriere? » chiese un po’ acido.
«
Ti ho chiesto solo di chiamarli – rise appena la mora con pazienza – non di
andare a spaccare legna! »
Lui
borbottò un sì ed uscì mentre Nair
ridacchiava ancora tra sé e sé.
Retasu
passò veloce lo sguardo da lei alla porta, e si mordicchiò senza pensare il
labbro.
Nair
non aveva detto granchè su di sé. Retasu sapeva solo che si trattava della
sorella di Aisei e che, rimasta in contatto con questa fin dal suo arrivo sulla
Terra, aveva intuito qualcosa di strano e pericoloso nei comportamenti di Deep
Blue, decidendo così di raggiungere la sorella.
Alla
fine, però, vedendo la decisione di Aisei di continuare a servire il loro
signore, Nair era passata al fianco dei loro nemici.
«
Quello è un mostro che vuole questo pianeta per sé, mentre la mia gente muove
di stenti aspettando la salvezza. – aveva detto con amarezza – Io non esiterò
ad affrontarlo: va fermato, e subito! »
Quelle
parole erano state la conferma decisiva a farla accettare nel gruppo, e perfino
Ryou, nervoso a trovarsi nella stessa casa con tre alieni, non aveva più aperto
bocca.
Retasu
non dubitava certo della parola di Nair.
Tutt’altro,
quella ragazza così dolce le aveva subito ispirato simpatia. Era gentile,
premurosa, matura e molto intuitiva, oltre che intelligente; forse non aveva il
cervello dell’americano o di Pai, ma era acuta e sveglia. A Retasu ricordava
vagamente Zakuro, ma mentre l’immagine che dava alla sua amica era quella di
uno splendido animale, forte e selvaggio, Nair le veniva spontaneo associarla a
qualcosa di delicato come un fiore. L'aliena non mascherava in alcun modo gli
anni difficili e la vita di stenti che aveva affrontato, lo si vedeva dalle
mani giovani ma rovinate, da lavoratrice, e dal fisico che nonostante le forme
morbide di una donna adulta risultava magro e un po' sciupato, non proprio
gradevole; stesso di poteva dire del viso ovale che risultava più affilato per
via dei chili mancanti; la caratteristica pelle diafana della sua gente e i capelli,
lunghissimi come quelli di Aisei, neri e lucenti come l’ebano e portati raccolti di lato con una coda, non
aiutavano a mitigare il senso di pallore e ad un occhio critico le donavano
un'aria quasi malaticcia.
Retasu
invece la trovò bella, proprio come un fiore selvatico che se non splendeva
nell'armonia del suo fusto o dei suoi petali, ma ammagliava con il suo colore e
con il suo profumo.
Tanto
nell'aspetto quanto nel carattere non pareva aver nulla in comune con la
sorella, se non per gli occhi: Nair aveva le stesse identiche iridi verde
chiaro di Aisei, tempestate di pagliuzze dorate che luccicavano ogniqualvolta la
mora annuiva o voltava la testa.
«
Cosa c’è? »
«
C-cosa? »
Nair
le sorride gentile:
«
Mi stavi fissando. Vuoi chiedermi qualcosa? »
Retasu
arrossì fino alla punta delle orecchie.
Che figura!
«
N-no, no, tranquilla Nair-san! Er… Ero solo… Sovrappensiero!
»
Nair
annuì, ma non nascose un sorrisetto divertito:
«
Allora volevi chiedermi di Pai? »
Retasu
smise di respirare:
«
P-p-perché dovrei chiederti di Pai?! »
«
Perché stavi fissando la porta da quando è entrato, tutto qui. »
Le
sorrise ancora, e Retasu sentì di essere ad un passo dallo svenire per la
vergogna. Si costrinse a fissare l’interessantissima carota che stava tagliando
e a riprendere il discorso con naturalezza, anche se parlare era quasi
impossibile dato il nodo alla gola.
«
N-no… Era solo… Ero… Sì, curiosa… V-vi conoscete da tanto? »
Nair
annuì con garbo, senza dare adito ad altre battutine o occhiate allusive, come
se non notasse la sua agitazione:
«
Siamo cresciuti assieme – rispose pacata – abbiamo praticamente la stessa età. »
«
Praticamente? »
«
Ho paio d'anni più di lui. – fece ammiccando – E visto da quanto tempo ci
conosciamo, non presto molta attenzione a come lo chiamo. »
Retasu
ebbe l’impressione che si stesse giustificando con lei, quasi per rassicurarla,
ma visto che non c’era una ragione valida per fare una cosa del genere credette
di esserselo sognato.
«
Allora ecco perché chiami anche Taruto… »
«
Ho perso i miei che avevo solo otto anni – spiegò rapida per non darle il tempo
di fare domande – e i genitori di quei due si sono presi anche cura di me e mia
sorella; Taruto-chan l’ho visto nascere, un po’ è come se fosse un altro
fratellino. »
Retasu
annuì e sorrise.
«
Certo che – riflettè dopo un po’, mentre gettava le carote in una padella – non
dev’essere stato semplice… »
«
Che intendi dire? »
«
Beh… Pai-san ha il suo caratterino… »
Si
tappò immediatamente la bocca; aveva parlato senza pensare, ma non si
capacitava di cosa aveva detto né per quale oscura ragione avesse formulato un
simile pensiero. Nair la fissò un istante stupita, poi scoppiò a ridere di
cuore:
«
Hai proprio ragione, è stata una faticaccia! Però – le si avvicinò con fare
cospiratore – sai, è diventato scorbutico con l’età: parlare non ha mai parlato
molto, ma per lo meno da piccolo era più carino. »
«
Di che diavolo stai parlando? »
Retasu
si lasciò sfuggire un urletto. Pai era scivolato come un’ombra alle loro spalle
e si era allungato verso la pentola, afferrandola per i manici con fare brusco.
«
Ti come ti sei inacidito invecchiando. – ridacchio Nair – E non si ruba così la
pentola da sotto il naso di chi cucina! »
«
Certo, grande chef. »
Doveva
essere una battuta, ma Pai la disse con tono così piatto che fu impossibile
capirlo:
«
E poi che vuol dire invecchiando? Ti
ricordo che tu… »
«
Non si dice l’età di una signora! »
Protestò
Nair, minacciandolo con un mestolo improvvisato da un ciocco di legno; Pai la
fissò rassegnato e scosse la testa, si chiedeva ancora come facesse ad avere
tanta pazienza con lei.
Quando
il ragazzo fu sparito oltre l’ingresso, Retasu si trovò di nuovo a tormentarsi
il labbro inferiore.
«
Forza, andiamo anche noi. – fece Nair allegra – Continuiamo il discorso più
tardi. »
«
Il discorso? »
«
Quello che stavo facendo prima che lui c’interrompesse. »
Retasu
annuì, e di colpo si ritrovò curiosissima di sapere come fosse Pai da piccolo,
anche se non ne capiva il motivo. Fece qualche passo verso la porta, quando Nair
la fermò e le sussurrò all’orecchio:
«
Comunque, stai tranquilla, siamo solo amici. »
«
Come? »
«
Io e Pai. Siamo soltanto amici da una vita, ma non siamo e non siamo mai stati
niente di più. »
«
E perché la cosa dovrebbe interessarmi?!? »
Replicò
la mewfocena in un fiato, sconvolta; Nair ammiccò ancora e la lasciò lì, mentre
Retasu la guardava allontanarsi con gli occhi sgranati e il viso paonazzo per
l'assurda allusione che aveva colto nei gesti della mora.
***
Aisei
entrò nella stanza che Deep Blue le aveva assegnato; era nello stesso corridoio
degli alloggi del suo signore, un tempo forse era stata la camera di qualche
nobildonna o qualche membro della corte del sovrano.
«
Sei colei che mi è stata più devota in questo difficile momento della mia
sovranità. – aveva detto piano mostrandole la camera – Sappi che non
dimenticherò né il tuo valore né la tua fedeltà. »
Lei
aveva ringraziato con un profondo inchino e lo aveva lasciato ritirarsi. Era
furioso per il mancato completamento del suo piano e lo vedeva, ma pareva aver
deciso di incolpare se stesso e non lei ed era un'ottima cosa.
Doveva
pensare. Doveva calmarsi e pensare alla mossa successiva con grandissima
precisione, non poteva commettere il minimo passo falso o sarebbero morti tutti,
lei per prima.
Non
poteva opporsi alla ricerca di una MewAqua, ma doveva impedire che Deep Blue
rintracciasse e attivasse la MewAqua Finale: se avesse fallito la sua patria e
la Terra non avrebbero più avuto alcun futuro, come già in passato era quasi
accaduto.
La
presenza di Kisshu era un grosso, grossissimo problema che non sapeva come
gestire. Neppure per un secondo Aisei s'era bevuta la stupidaggine della sua "redenzione":
portarsi appresso quello scriteriato con il rischio che corresse di punto in
bianco in salvezza della sua gattina, era come portare il lupo digiuno nel
recinto degli agnelli, un'idea molto, molto stupida.
Ma cosa è venuto a fare
qui?
Sbuffò
e fece qualche passo nella stanza. Era enorme, con muri altissimi e tende di
broccato rosso, pesanti, muffite, soffocanti; uno spesso tappeto polveroso attutiva
i suoi passi e conduceva al letto a baldacchino, grande quasi quanto la sala da
pranzo a casa sua.
Quella
specie di tenda sopra le lenzuola le dava un senso nauseabondo di
claustrofobia, ma era troppo stanca e la testa le ronzava come un alveare per fare
la schizzinosa. Si lasciò cadere a peso morto sul materasso e si rannicchiò al
centro: fortunatamente, al contrario delle sue aspettative era morbido e
fresco, non odorava di vecchio o sporco; si rilassò in poco tempo e avvertì le
membra sempre più doloranti e stanche, che la imploravano per un po' di riposo.
Chiuse
gli occhi e d'istinto strinse le mani sul ciondolo sotto i suoi vestiti. Lo tirò
fuori senza pensarci e lo studiò distratta, il suo luccichio era quasi
confortante nella penombra di quel mausoleo.
«
Sei proprio uno stupido – mormorò al buio mentre cadeva nel mondo dei sogni – Così…
Mi renderai tutto più difficile. »
Crollò addormentata con la pietra ancora
nel palmo. E cominciò a ricordare.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Sì lo so, ditelo pure:
sei fetusa a chiudere così! Non uccidetemi >.<
! Al prossimo capitolo ci attende un mega flashback che era davvero troppo
lungo per metterlo qui, dovrete pazientare J ma finalmente sapremo
qualcosa di più!
Contate
sulle dita del vostro gatto nell'attesa, ci si vede tra due settimane. Grazie
aper le recensioni di mobo,
Danya,
Amuchan, giorgia000 e Perla_Bartolini e baci&abbracci
♥ ♥♥a tutti!!
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni. Farai
felice milioni di scrittori.
Pepperepeppepepepeee!!! Ci siamooo! Siete pronti a svelare l'arcano passato di Aisei?!
Aisei: ma anche no -\\-"!
Preparate i
fazzolettini e le flebo contro il diabete per questo psicodramma in tre atti!
Ci vediamo in fondo!
Kisshu: devi rivelarmi il tuo spacciatore prima o poi…
Vai con il flashback!!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.13
– Green-Gold Memories: sette anni fa
Non
occorreva si impegnasse perché quei ricordi tornassero vividi alla sua mente. Erano
incisi nella memoria come lettere sulla pietra, indelebili, chiari al punto da
farle male.
L'aria
fredda. La neve sulle dita. E la sua voce che la chiamava…
« Aisei, scendi da lì, avanti! »
Kisshu allungò ancora il collo
verso la figura della ragazzina, aggrappata alla sporgenza metallica a picco
sullo strapiombo; lei gli rivolse un sorrisetto spavaldo, incurante:
« Stai tranquillo, mi tengo
forte. »
La brunetta strinse le cosce e
strisciò un altro po’ sullo spuntone. Mandò un sibilo tra i denti, quel vecchio
pezzo d’impalcatura abbattuto era ghiacciato: le si stavano congelando le dita
e l’aria fredda le era entrata così nelle ossa da farle battere i denti come
nacchere, ma doveva arrivarci.
« Zuccona, andiamocene! – la voce
del ragazzino rimbombò nell’antro vuoto – Lascia perdere! »
Aisei lo guardò storto:
« No! Devo riuscire a prenderne
uno! »
« Stupida, se cadi non vengo
certo a riprenderti! »
Lei lo ignorò, strisciando un
altro poco. La stalattite pendeva di fronte a lei, a meno di mezzo metro.
Unica di tutta la caverna quella
roccia, le cui sfumature andavano dal grigio al perla, dal bianco lattiginoso
alla trasparenza assoluta della punta, riluceva tutt’attorno grazie alla luce
polverosa, come una lanterna nel buio. E lì, sul termine della roccia e ormai
sul punto di cadere, quello che Aisei cercava: una goccia bianchissima, come la
neve che filtrava dalle crepe del soffitto soprastante, e lei doveva riuscire a
prenderla prima che questa cedesse alla gravità, perdendosi per sempre nella
voragine sottostante.
« Aisei, insomma! – protestò di
nuovo Kisshu – Guarda che stavolta è…! »
« Insomma, stai zitto! – sbottò lei
– Un attimo e scendo! »
Lui borbottò qualcosa che
sembrava moltissimo una parolaccia, ma la ragazzina lo ignorò.
Era strano che fosse Kisshu a
sgridarla per una bravata, di solito era lui a cacciarsi nei guai e lei a tirarlo
fuori. In quel momento aveva ragione, però, a preoccuparsi: finchè si trattava
di fare gli stupidi e saltellare in giro attraverso la città era una cosa, ma
stare sospesi nel vuoto su un buco di quasi mezzo chilometro, senza saper
volare o teletrasportarsi, era tutt’altro giochetto.
Ma Aisei doveva avere quella
goccia. Doveva averla! Così avrebbe
dimostrato quanto valeva.
In fondo, la colpa era di quei
ragazzini indisponenti, che avevano osato prenderla in giro, sostenendo che non
sarebbe mai stata in grado di diventare unsoldato.
Perché era femmina!
Assurdo! Inconcepibile!
Sapeva che non avrebbe dovuto dar
loro corda, ma i loro insulti erano stati abbastanza irritanti da necessitare
di un gesto eclatante per zittirli.
Forse
Pai ha ragione quando dice che io e Kisshu siamo due teste di…
La mano sinistra scivolò un poco,
facendola andare a sbattere col mento sul ferro. Aisei urlò, si aggrappò come
una piovra con l’altro braccio e serrò le ginocchia, chiudendo gli occhi. Sentì
Kisshu che tratteneva il respiro, mentre lei restava immobile.
Quando il cuore riprese a battere
regolare, la ragazzina controllò di avere di nuovo una presa salda, quindi
eliminò gli ultimi centimetri che la distanziavano dalla roccia. La stalattite
era proprio sopra di lei, le sarebbe bastato allungare il braccio per toccarla.
« Aisei, per piacere… - la voce
di Kisshu le sembrò incredibilmente fioca – Scendi giù! »
La brunetta tentò una prima
presa: la mano afferrò il vuoto e lei riagguantò la trave con un movimento
sconclusionato, oscillando un poco sopra l’abisso. Kisshu soffiò tra i denti:
« Dai, porca miseria! »
Aisei lo ignorò. Deglutì a vuoto,
strinse la presa e tentò ancora, e le sue dita intirizzite si serrarono attorno
alla goccia, nell’istante esatto in cui essa, scivolando via dalla stalattite
madre, diventava una solida, piccola pietra bianca.
« Ce l’ho!! »
Il suo grido di vittoria si perse
nel silenzio gelato, seguito da uno schiocco sordo. Aisei trattenne il fiato e
di colpo avvertì l’acciaio sotto di lei vibrare con uno scricchiolio sempre più
forte.
« Aisei! »
La tavola vibrò di colpo e le
sfuggì un urlo strozzato. Spaventata la ragazzina tentò di tornare indietro, ma
i movimenti sempre più forti della trave la terrorizzarono al punto di
paralizzarla; non potè far altro che serrare la presa delle mani, incapace di
muoversi. La sporgenza sussultò ancora una volta, poi un’altra e un’altra
ancora: Aisei urlò ad ogni scossone,mentre sentiva il ghiaccio che imprigionava il suo sostegno incrinarsi
sempre di più.
Per
favore, crolla indietro, per favore crolla indietro!
L’impalcatura s’impennò di mezzo
metro e Aisei scivolò verso il bordo della gola, strillando; serrò le gambe per
frenare la sua discesa, mentre la trave si fermava stridendo.
Nel panico Aisei tenne gli occhi
serrati, sussultando quando avvertì una mano prenderle il braccio. Sentì Kisshu
imprecare e tirarla di peso lungo la sbarra, mentre questa riprendeva ad
oscillare, ma lei era troppo spaventata per reagire e si limitò farsi portare
dal ragazzino.
« Aisei, maledizione!! »
Le afferrò con forza una mano,
che ancora teneva serrata attorno alla trave, e la strattonò con forza. Lei
sussultò, riscuotendosi, e con un altro gridolino si mise a gattoni
sull’acciaio gelato: i due bambini scivolarono rapidi verso il suolo sicuro
quando la trave, con un ultimo schiocco secco,s’inclinò di colpo con la punta verso il basso e precipitò nel vuoto,
seguita dai lastroni di ghiaccio che la imprigionavano. Il contraccolpo scagliò
Kisshu e Aisei verso l’uscita della grotta. Entrambi urlarono: Aisei si sforzò
di girarsi con la pancia verso terra per riuscire ad atterrare quantomeno sulle
mani, guardando terrorizzata gli spuntoni di roccia che minacciavano di
frantumarle le ossa se ci fosse caduta addosso da quell’altezza; il volo, però,
non durò che pochi secondi, ed entrambi rotolarono in un istante sul pavimento
roccioso nel sottile strato di nevischio ghiacciato. La ragazzina vide tutta la
caverna ruotarle attorno in un turbinio di neve farinosa esentì il sapore amaro della pietra finirle in
bocca, mentre il rimbombo della frana echeggiava attorno a loro.
Quando finalmente riuscirono a
fermarsi, Aisei era sdraiata a pancia in su, le gambe stese a candela su una
piccola roccia, mentre Kisshu tossiva nevischio e ghiaccio, pulendosi la faccia
dal cumulo di neve su cui era piombato.
« … Siamo ancora vivi… »
In risposta lui si mise sulla
schiena, annaspando, e mandò giù un’altra parolaccia:
« Giuro che uno di questi giorni
ti ammazzo, Aisei! – urlò furente – Ma che ti passa per la testa?!? »
Lei non gli diede risposta.
Kisshu la vide mettersi a sedere dritta e dargli la schiena, lasciandosi
sfuggire un singhiozzo sordo.
« E ora che ti prende? »
Aisei continuò a tacere,
asciugandosi di nascosto una lacrimuccia:
« Niente… - bofonchiò – Sto bene.
»
Lui la fissò in silenzio, ma non
ribattè e sbuffando le si avvicinò:
« Tutto a posto? »
Aisei si voltò appena e lo vide
fare un mezzo sorriso. Annuì convinta:
« Certo. Grazie. »
Lui le fece uno sberleffo e si
sporse oltre la sua spalla:
« Allora? Fammi vedere quel coso,
dai. »
Aisei assunse un’aria gongolante
e sollevò le mani a coppa, mostrandogli una piccola gemma ovale, rilucente di
tutte le sfumature del bianco e dell’argento.
« Wow. – fece Kisshu sarcastico –
E tu avresti rischiato l’osso del collo per questo?!
»
Lei annuì vaga, rapita dai
bagliori della pietra. L’aveva raccolta per sfida, ma ora che aveva in mano
quell’oggetto si rendeva conto di quanto fosse meraviglioso e non riusciva a
scollarvi lo sguardo di dosso.
Aliene o terrestri, evidentemente
le donne erano tutte attirate dagli oggetti che luccicano.
Aisei si rigirò la sfera tra le
dita, saggiandone la superficie liscia e ammirandone l’iridescenza per interi
minuti. Kisshu emise un verso di stizza:
« Dai, torniamocene a casa,
scema… »
Le tirò un colpetto dietro la
testa e prese a sghignazzare, correndo fuori.
« Ahio! – protestò lei,
massaggiandosi la testa – Ehi, dove credi di andare?! Torna qui, me la
pagherai! »
« Io dico che stai bleffando! »
« Non è vero, e questa è la
prova! »
Aisei fronteggiò il gruppetto di
bambini impettendosi e divaricando le gambe, mostrando la gemma che portava al
collo con un gesto teatrale.
I bambini sussultarono un poco e
si guardarono dubbiosi; Aisei sogghignò orgogliosa, quello era il suo trionfo!
Da quando lei e Kisshu erano
tornati dalla grotta, Aisei aveva trasformato la gemma raccolta in un ciondolo,
e non faceva altro che portarsela dietro e mostrarla a tutti, scatenando anche
la curiosità degli adulti. Lei però stava bene attenta a non dire dove l’avesse
presa – e a Kisshu non passava nemmeno per l’anticamera del cervello di
spifferare qualcosa – onde evitare la peggior strigliata della sua vita.
Oltre alla contentezza di avere
vinto la sua sfida, si aggiungeva la soddisfazione di avere un oggetto speciale
ed unico. Era rarissimo trovare qualche donna tra la loro gente che portasse
gioielli, e nessuna avrebbe mai potuto averne uno uguale, perché ormai la
stalattite che perdeva quelle gocce bianche era andata distrutta.
La ragazzina fece un’altra
piroetta e prestò attenzione a mostrare il suo trofeo a tutti i presenti,
lanciando occhiate soddisfatte.
Il più grande dei bambini, più o
meno dell’età di Aisei, con corti capelli scuri e sporchi come la sua faccia,
impolverata e magra, sbottò e si avvicinò alla brunetta:
« Fammi vedere! »
Aisei sussultò un poco,
stringendo il laccetto macilento a cui era legato il pendente; guardò con
sospetto la manina ossuta rivolta verso di lei e l’aria corrucciata del
bambino, e si strinse il ciondolo al petto:
« L’hai già visto. » protestò.
« Fammelo vedere più da vicino. »
« No! »
Il ragazzino si avventò contro di
lei, tentando di strapparle la pietra. Aisei si difese dimenando a mezz’aria il
pugno serrato, mentre gli altri bambini prendevano a ridere ed incitavano il
compagno.
La mano del ragazzino quasi
sfiorò il laccio e Aisei tentò di morderlo, facendolo saltare indietro; ci
furono urli, fischi e risa, e la brunetta saltellò indietro cercando di non
rimanere intrappolata dal gruppetto, che si stringeva attorno a lei.
Aisei girò su se stessa, andando
a sbattere contro l’angolo di una casa, ma mantenne l’equilibrio e barcollò
solo un poco di lato, mentre il bambino rideva sguaiato:
« Vigliacca! Vigliacca! »
Lei digrignò i denti ,
rannicchiandosi per nascondere il suo tesoro, quando scorse una leggera
agitazione nella piccola folla e vide due occhi dorati guardarla apprensivi.
« … Kissh…! »
« Preso! »
Aisei mandò un urletto, mentre il
ragazzino coi capelli scuri la spintonava a terra e sventolava trionfante il
suo bottino. La brunetta si tirò su sibilando tra i denti:
« Ridammelo! »
Quello rise e spiccò una corsa,
seguito a ruota da tutta la sua banda. Aisei e Kisshu, che era stato mezzo
travolto dall’orda, scattarono automaticamente dietro di loro a tutta velocità.
« Ridatemelo! Ridatemelo subito!
»
I ragazzini risero più forte,
infilandosi in mezzo alla folla della piazza principale. Aisei inveì piano,
così li avrebbero persi!
« Aisei! Di qui! »
Kisshu l’afferrò per un braccio e
s’infilò in una strada laterale che correva parallela alla principale: lì era
molto meno affollato, recuperare terreno sarebbe stato più semplice.
« Eccoli! »
Aisei vide con la coda
dell’occhio il bambino dai capelli scuri. Furente, scattò di lato e gli si
lanciò contro, placcandolo con tutta la forza che aveva; i due rotolarono in
mezzo alla gente, investendo almeno quattro persone, e presero a lottare senza
mezzi termini incuranti delle proteste degli adulti colpiti.
« Lasciami! L-lasciami, stronza!
»
« Mai! Ridammi il mio ciondolo,
ridammelo! »
Colpendo alla cieca, Aisei
cercava qualunque punto che costringesse il ragazzino a lasciare la presa sul
suo tesoro; volavano calci, pugni e morsi, oltre ai fastidiosi tentativi di
alcuni adulti di separarli.
« Ohi…! Mollami, strega! Ehi,
aiutatemi! »
« Codardo, combatti da sol…! »
Aisei s’interruppe lanciando un
grido di dolore: al richiamo del loro capo, gli altri ragazzini li avevano
raggiunti, e ora almeno altri due teppistelli le erano saltati addosso e la
stavano prendendo a pugni senza troppi complimenti, mentre il ladruncolo
scappava.
La brunetta si protesse il volto
con le braccia, quando di colpo sentì i suoi due assalitori lanciare degli urli
di dolore.
« Stai bene?! »
Kisshu la fece alzare di scatto,
tirando un altro calcio ad uno dei ragazzini con aria schifata:
« Sfigati vigliacchi
pappamolle!(*) »
« Lasciali perdere… Dai andiamo!
»
Senza neanche aspettarlo Aisei riprese
a correre, cercando disperatamente con gli occhi i suoi obbiettivi in mezzo
alla gente.
Per loro fortuna non erano
riusciti a distanziarli a sufficienza; il gruppetto attraversò tutta la città
senza più riuscire a seminare i proprio inseguitori e si diresse fuori, verso
la periferia, e poi ancora più in là.
Kisshu e Aisei corsero e corsero,
tra case diroccate divorate dal freddo e vecchi palazzi rugginosi, finchè la
strada prese a scendere e divenne priva di alcun segno di civilizzazione. La
via sotto i loro piedi si trasformò rapidamente in terra e rocce gelate; la
neve iniziò ad accumularsi al loro fianco, fioccando lenta dalle aperture nella
copertura ormai usurata sopra le loro teste, e la temperatura scese se
possibile ancor di più.
Aisei, però, non rallentò: ormai
non c’era più alcun posto dove quei ragazzini potessero nascondersi, li avevano
in pugno!
Almeno così credeva.
All’improvviso vide la strada
inclinarsi bruscamente verso il basso e scomparire in una grossa caverna, dove
il gruppo di teppistelli entrò a tutta velocità ridendo e sghignazzando. La
ragazzina intuì all’istante cosa volessero fare.
« Oh no…! »
Accelerò ancora l’andatura, anche
se ormai era senza fiato, e seguì le orme degli altri nella neve fresca con
sempre più ansia.
« ALT! »
Lei e Kisshu si bloccarono.
Avevano raggiunto la voragine al centro della grotta e lì in piedi, con un
sorriso beffardo, c’era il ragazzino dai capelli scuri; teneva il braccio steso
sopra il cratere e nella mano stringeva il pendente di Aisei. La brunetta serrò
i pugni:
« Ridammelo subito! »
« E perché dovrei? – sghignazzò
quello – Tanto, non è mica tuo! »
« Certo che è mio, ladro da due
soldi! »
« Non ci credo. – la schernì –
Come cavolo avresti fatto ad arrivare fin lassù? »
E indicò ciò che restava della
stalattite sopra la voragine, per loro ormai inarrivabile; il suo sorriso si
allargò:
« L’avrai rubata da qualcuno.
Credevi di convincerci, deficiente?! »
« Chi cazzo se ne frega! –
sbraitò Kisshu – Ridalle quell’affare, cacasotto di terza categoria! »
« Che hai detto?!? »
Kisshu lo fissò maligno:
« Non sono io che prendo in giro
una ragazza e poi non solo mi faccio malmenare da lei, ma devo chiedere pure
rinforzi! »
Il ragazzino dai capelli scuri
divenne paonazzo per la rabbia, poi fece una smorfia perfida:
« Beh, se ci tiene tanto… Che se
lo vada a riprendere! »
« No, aspetta! »
Il moretto caricò all’indietro il
braccio e scagliò il ciondolo in aria con quanta forza aveva. La pietra compì
un’ampia parabola sopra la voragine e dopo pochi secondi vi precipitò dentro,
scomparendo nell’oscurità.
Il gruppetto scoppiò in grasse
risate e se la diede a gambe senza troppi complimenti.
« Ti sta bene, strega! »
« Vallo a prendere ora! »
« Cretina! »
« Ehi, voi! Dove cavolo pensate
di andare?!? »
« Kisshu, no! »
Il ragazzino si bloccò di botto,
mentre la piccola banda svaniva assieme al suo codazzo di chiasso.
« Perché no?! Bastardi, si
credono chissà chi perché sono in sette e… »
« T’ho detto lascia perdere! »
Kisshu sobbalzò un poco a quel
tono secco e sconsolato; si voltò meglio verso Aisei, ma lei gli dava le spalle
e fissava il cratere, la testa china, immobile.
« Insomma… E ora che hai? »
Le arrivò a fianco e si fermò di
nuovo:
« Ais… »
Lei respinse la sua mano con uno
schiaffo secco:
« Non è… niente… »
Rispose fioca. Sapeva benissimo
che Kisshu la stava guardando piangere, ma non riusciva a non farlo.
Perchè finiva sempre a quel
modo?!
Ogni volta che riusciva a fare
qualcosa, o aveva qualcosa a cui teneva, quei ragazzini le distruggevano sempre
tutto.
« Ormai… Fa lo stesso. »
Se
la prendono con me solo perché io non ho i genitori pronti a difendermi!
Strinse i pugni così tanto da
farsi venire le nocche bianche. Kisshu incrociò le braccia e la fissò serio:
« Se frigni a questo modo non fa
lo stesso. »
« Invece sì! – sbottò lei,
asciugandosi bruscamente le lacrime – In fondo era soltanto uno stupido sasso!
»
Girò sui tacchi e si avviò verso
l’uscita a passo di marcia, considerando l’argomento chiuso.
« Su – borbottò, tirando su col
naso – se mia sorella e lo zio scoprono che siamo stati qui, siamo belli che
morti tutti e… Che cavolo stai facendo?!?
»
Kisshu non rispose, lanciandole
solo un’occhiata fugace, e continuò ad esplorare tutto il perimetro della
voragine:
« Trovato! »
Sotto ad una protuberanza del
terreno c’era un microscopico sentiero, che costeggiava tutta la voragine e si
allargava pian piano, fino a giungere sul fondo. Lo avevano scoperto tempo
prima, ma fin’ora non avevano osato tentare la
discesa.
« Kisshu… Che hai intenzione di…
?!? »
« Tu vai pure a casa. – fece
sbrigativo, scendendo con cautela – Se papà ti chiede qualcosa, tu non sai
niente come sempre. »
« Un accidente! Che vuoi fare?! »
« Torno subito! »
Urlò lui, sparendo sempre più
velocemente.
« Kisshu! Ehi, aspetta! KISSHU! »
Lui, però, non le rispose più, e
Aisei sentì solo i suoi passi scendere per qualche minuto, finchè non scomparsero anch’essi.
« Kisshu… »
Non
è possibile! Ma che gli è preso?!
Aisei s’inginocchiò e si sporse
in avanti per guardare meglio la voragine; era talmente buio là sotto che ebbe
l’impressione di cadervi da un momento all’altro, e sentì montarle il panico.
Cosa aveva intenzione di fare
Kisshu? Trovare quello stupido sasso?! Si sarebbe sicuramente perso: il fondo
di quelle caverne era un mucchio di vecchie gallerie calcaree, non sarebbe mai
stato in grado di risalire con quel buio.
« Accidenti…! Stupido che non sei
altro! »
Senza aspettare saltò a piè pari
sul sentiero e prese a scendere di corsa, la mano appoggiata alla parete, ma fu
costretta a rallentare l’andatura dopo pochi metri, perché il buio le impediva
di capire dove finisse il sentiero, e sotto i suoi piedi era pieno di sassolini
e ghiaia; non potè che proseguire pian piano, un piede avanti all’altro,
cercando di abituarsi all’oscurità totale e ignorando la corrente d’aria che
sentiva salire dal buco alla sua sinistra, e che le ricordava cosa sarebbe
potuto accadere al passo successivo.
Se
perdessi l’equilibrio…
Sentì il suo piede destro
scivolare via, smettendo di sorreggerla, e l’altra gamba che cedeva privata di
stabilità. Aisei finì a terra e cadde in avanti, rotolando sulla schiena, poi
scontrò qualcosa, forse la parete di una curva, e gemendo tentò di fermare la
sua corsa afferrando una qualunque sporgenza con le dita; sfiorò un paio di rientranze,
ma la pietra gelata le tagliò le dita, e lei ruzzolò ancora giù. Cercò in tutti
i modi di fermarsi, di rallentare, ma era difficile trovare un appiglio:
l’oscurità aumentava di metro in metro e lei sentiva le pietre che le
graffiavano la pelle venire da ogni direzione come pioggia, non capiva nemmeno
più se fosse a testa sotto o a testa in su.
Di colpo la resistenza del suo
corpo contro il suolo finì. Aisei avvertì tutto il suo peso svanire e poi
scivolare in basso e lo stomaco le si serrò in una morsa.
Era uscita dal sentiero.
Urlò con quanto fiato aveva in
gola, preparandosi all’impatto. Per sua fortuna era rotolata molto più in basso
di quanto pensasse, e il suo fu solo un volo di poco più di un metro fino a
terra.
Lamentandosi si rimise in piedi,
ancora frastornata dalla discesa. Quando riacquistò un po’ di lucidità, si
accorse di essere di nuovo in grado di distinguere l’ambiente dove si trovava,
quanto bastava almeno da capire in che direzione avrebbe camminato.
Si trovava sul fondo di una grossa
gola. Il pavimento era ricoperto dei detriti di ghiaccio e della stalattite
precipitata giorni prima, tra i quali s’intravedevano altre gemme come quella
che Aisei aveva perso; le pietre mandavano una lieve fluorescenza, grazie alla
pochissima luce che scendeva dalla caverna superiore, e ce n’erano di ogni
forma e dimensione Aisei cercò con gli occhi la più grande che fosse stata in
grado di trasportare e quando la trovò – era grossa quasi come la sua testa –
s’incamminò lentamente per l’unica strada possibile, pregando che la pietra
riflettesse abbastanza luce da vedere almeno dove poggiava i piedi.
« Kisshu! »
La sua voce non riecheggiò come
si aspettava, ma si spense come se venisse risucchiata via dal buio. Aisei
deglutì a vuoto, se voleva trovare quello stupido non aveva altra scelta che
avanzare.
La gola in cui stava camminando
era stretta e liscia, un brullo paesaggio di rocce nere e stalagmiti su cui
colavano di quando in quando minuscolegocce dal soffitto, risuonando nel silenzio come tuoni. C’era davvero
molto freddo, e umido. L’oscurità non era così fitta come sul sentiero da cui
Aisei era scesa e la ragazzina poteva distinguere le sagome di ciò che aveva
attorno, eppure aveva lo stesso paura. Quella strada, così ampia e vuota
rispetto a lei, le sembrava si prolungasse all’infinito nell’oscurità, pronta
ad inghiottire lei e la sua minuscola fonte di luce.
Per sua fortuna dovette compiere
solo un centinaio di metri, finchè finalmente scorse la sagoma di Kisshu; anche
lui teneva una delle pietre luminescentiin mano, ma sembrava che la sua emettesse molta più luce di quella di
Aisei.
« KISSHU! »
Lui sobbalzò sentendosi chiamare.
Aisei gli corse in contro, troppo felice di averlo trovato e di poter risalire,
mentre il ragazzino sembrava contrariato nel vederla:
« Ma perché sei scesa?!? »
« Perché ero preoccupata, scemo!
– replicò arrabbiata – Perché devi sempre fare stupidaggini?! »
Kisshu la ignorò:
« Come cavolo hai fatto a
scendere? – le fissò le mani e si accigliò – Sei tutta graffiata… »
« Non è niente. – borbottò lei –
Piuttosto… Come mai la tua pietra fa tanta luce? »
Poi vide quel che Kisshu aveva in
mano e sgranò gli occhi. Lui fece un sorriso furbo.
« Ma quella torcia non è di Pai
nii-san? »
« Già. »
« Quella che ti aveva detto che
non avresti mai, mai e poi mai dovuto
fregargli senza permesso o ti avrebbe staccato la testa? »
Puntualizzò; Kisshu scoppiò a
ridere.
« Tuo fratello ti ammazzerà uno
di questi giorni… »
Kisshu fece spallucce:
« Però è servita. »
Aprì l’altra mano e la mostrò alla
brunetta, che mandò un grido di gioia:
« L’hai trovato! L’hai trovato! »
« Per chi mi hai preso?! Certo
che l’ho trovato! »
Aisei gli prese con garbo il
pendente dalla mano e se lo rimise di corsa al collo, rimirandolo felice.
« Grazie mille! »
Kisshu scrollò di nuovo le
spalle:
« Non potevo lasciarti con quella
faccia triste… »
Aisei non gli rispose, chinando
un po’ la testa in imbarazzo. Le succedeva sempre quando Kisshu era un po’ più
gentile con lei e non le piaceva sentirsi così a disagio; preferiva quando
scherzavano o facevano la lotta.
« Dai – bofonchiò, voltandosi – è
meglio se torniamo. »
« Aspetta…! »
« Uh? Cosa c’è? »
Kisshu non le rispose,
limitandosi a guardarla serio. Aisei chinò di nuovo la testa, non le piaceva
nemmeno quando la scrutava in quel modo, con quei bellissimi occhi dorati: si
sentiva di colpo in soggezione e il cuore le batteva più veloce.
« Ti… Devo dire un paio di cose.
»
« Qui? Adesso?! »
« Sì. – sbottò categorico – Qui e
adesso. »
Aisei non rispose,
mordicchiandosi il labbro inferiore:
« E perché…? »
« Perché così, anche se ti
arrabbierai, quando torneremo su potremo fare finta che non sia mai successo
niente. Ok? »
Aisei sospirò, di solito un
discorso del genere precedeva il racconto di qualche succulento segreto – tipo
come infiltrarsi nel comando centrale dell’esercito senza farsi beccare, o un
nuovo nascondiglio – e lei si sentì più sollevata.
« Ok! »
« Voglio una ricompensa per
averti aiutata. »
« Cheeeee?!? – Aisei incrociò le
braccia al petto, facendo una smorfia – Ma sentitelo! Approfittatore! »
Scoppiò a ridere, ma Kisshu non
reagì. Aisei tornò seria e riprese a mordersi il labbro, non la stava prendendo
in giro:
« E… Che vorresti? »
Kisshu fece un’espressione che
Aisei non aveva mai visto e sentì le farfalle dimenarsi nello stomaco.
« Voglio un bacio. »
Aisei lo fissò a bocca aperta:
« M-ma sei scemo?! Che cavolo
dici?! – sbottò arrabbiata – Guarda che non è divertente! »
« Non sto scherzando. »
« P-p-p-perché dovrei farlo?! Anzi
no… Perché cavolo mi stai chiedendo una cosa del genere?!? »
« Perchè mi piaci. »
La brunetta si calmò di colpo,
sussurrando come se all’improvviso non avesse più fiato:
« S-stai… Dici sul serio? »
Lui annuì piano. Aisei prese a
fissarsi la punta delle scarpe, rossa fino alle orecchie e col cuore che
batteva così forte che le stringeva la gola:
« P-perché… Me lo dici adesso? »
« Te l’ho detto… Così anche se ti
arrabbi, o qualunque cosa mi vuoi dire, non ci sentirà nessuno, e quando
torneremo su faremo finta di niente. »
Lei mandò una sorta di grugnito
in risposta, calciando un sassolino.
« Sei… Arrabbiata con me? »
Aisei scosse la testa.
« Ti ha da fastidio? »
Lei fece di nuovo cenno di no,
tormentandosi il bordo della maglia troppo larga:
« N-no… »
Kisshu le si avvicinò un poco:
« Ai, dammi la mano. »
« Eh? »
« Su, dammi la mano. »
Allungò le dita verso di lei, ma
Aisei strinse il pugno:
« Kisshu, non so se ci riesco… »
« Sì che ci riesci. »
La brunetta sospirò, indecisa.
« Io non mi so spiegare bene… –
mormorò il ragazzino – Forse però così posso… »
Aisei titubò ancora un istante,
poi gli prese la mano e chiuse gli occhi. Kisshu la vide arrossire di nuovo,
così tanto che anche le sue dita diventarono un po’ più tiepide.
Finalmente Aisei alzò la testa e lo
guardò in faccia: anche lui sembrava a disagio e continuava a saettare in giro
con lo sguardo, senza riuscire a fissarla troppo a lungo.
« Allora… Posso? »
« Eh? Uh… Huh… »
La brunetta gli sentì aumentare la
stretta sulla sua mano e chiuse gli occhi, con tanta forza da farsi venire mal
di testa.
Da adulto Kisshu avrebbe
annoverato quell’innocente bacino come il più infantile di tutti quelli che
aveva mai dato.
Allo stesso tempo, Aisei avrebbe
potuto dire che quello era stato il bacio più vero in assoluto.
Non durò che poco più di tre
secondi; Aisei sentì la sensazione di qualcosa di morbido, tiepido e un poco
umido, e di colpo le fu impossibile sentire altro suono se non il battito del
suo cuore nelle orecchie.
Nessuno dei due lasciò la presa
sulla mano dell’altro, anche se per due minuti buoni entrambi trovarono molto
più avvincente fissare il pavimento che guardarsi in faccia. Kisshu strinse il
pugno della mano libera e gesticolò stizzito:
« Scusa, io…!»
Aisei gli strattonò la mano,
scuotendo la testa con foga; sentiva la bocca stranamente secca, e non le
riusciva di parlare bene.
« Noi… Continueremo a giocare
insieme, giusto? »
« Eh? »
Lei fece un passettino verso di
lui, stringendogli meglio la mano.
« E continueremo a litigare con
quegli altri scemi, vero? Faremo tutto come sempre, giusto? »
Erano domande una più stupida
dell’altra, ma le uscivano dalla bocca da sole. Si sentiva felice, eppure aveva
paura che, una volta tornati in superficie, sarebbero cambiate troppe cose, e
non voleva.
Ad Aisei piaceva stare con
Kisshu, gli piaceva giocare con lui e cacciarsi assieme nei guai, non voleva
che cambiasse niente tra di loro.
O quasi.
« Ecco, io e te… »
Aisei si morse ancora il labbro
e, forse per la prima e unica volta nella sua vita, tentò con tutte le sue
forze di far capire a qualcun altro cosa provasse in quel momento. Kisshu la
fissò un po’ confuso, ma il tentativo di Aisei parve funzionare; il ragazzino
sorrise furbo:
« Certo! E io continuerò ad essere
più veloce di te e a vincere sempre quando ci sfidiamo. »
« Guarda che la più veloce sono
io. »
Risero entrambi. Aisei stiracchiò
un sorriso impacciato, allungandosi quel poco che bastava da dare a Kisshu un
altro piccolo bacio, a metà strada tra la guancia e la bocca.
« Ti voglio bene. »
Lo mormorò così piano che faticò
lei stessa a sentirsi.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Mi state odiando,
ditelo pure ^^"". Ma vi prego, abbassate i lanciagranate
^-^""…
CLAK-CLANK! *rumore di
caricamento proiettili* Hiiiii
^____^"""""""!!! Vi supplico, se mi
ammazzate non posso + aggiornare ^____^""""!!!
Prima di venire fatta brillare come una valigia abbandonata all'aeroporto ^^",
voglio ringraziare Danya (eh, ci avevi azzeccato con il titolo ;)?), Amuchan, Dancelove, mobo
e Perla_Bartolini dei
loro commenti e tutti coloro che hanno letto, mi fate felice >w< ! Volete
farmi innamorare lasciandomi un commentino-ino ♥?
Ora fuggo!
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro
recensioni. Farai
felice milioni di scrittori.
Secondo blocco di
flashback. Io sono ancora in coma dal precedente, perciò non so cosa stia per
accadere :P (anche perché sono tutta costipata dal raffreddore e ho un booo~♫tto di lavoro arretrato, tipo devo fine 40 tavole entro fine mese e
sono disperata çwç).
Godetevi lo show :D!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.14
– Emerald Temptation: tre anni fa
« Eddai, Kisshu, presentamela! »
« Scordatelo Eliel »
« Ma dai! Vabbè che siete amici
da una vita, ma non è mica tua sorella! »
« In tutta sincerità, non
m’interessa con chi esce Aisei, ma te lo dico col cuore: non è il tuo tipo. »
« E tu che ne sai?! – protestò
l’altro ragazzo, afferrando Kisshu per il collo – La verità è che vuoi
tenertela tutta per te! »
« Chissà… »
« Sei stronzo, sai?! »
I ragazzi presero a ridere come
due idioti, attirando per l’ennesima volta l’attenzione del loro sergente
istruttore, che inveì contro il loro schiamazzare per una decina di minuti
buoni.
A differenza del solito, Kisshu
sopportò la predica senza sbuffi o battutine sarcastiche: era troppo felice di
andarsene in licenza per poter venire irritato da quel bacchettone del suo
insegnante, sei mesi senza poter attraversare quei due chilometri scarsi tra
casa sua e l’Accademia militare gli erano sembrati anni.
Mentre si avviavano veloci verso
i dormitori, Eliel afferrò nuovamente Kisshuper le spalle:
« Dai, voglio conoscere questa
Aisei! È da quando sono qui dentro che non ho uno straccio di ragazza, devo
rimpolpare i miei contatti! »
« T’ho detto che è meglio che lasci
perdere…! »
Eliel sbuffò, capendo di dover
rinunciare, e borbottando sugli amici che non aiutavano nel momento del
bisogno, si avviò alla sua branda; Kisshu lo imitò e si sedette pesantemente
sul letto, infilando alla rinfusa la poca roba che aveva nella valigia.
Cinque minuti dopo era bello che
pronto per dire addio alla noiosissima vita da caserma, almeno per qualche
tempo; salutò i suoi compagni di dormitorio e schizzò fuori dall’edificio come
un fulmine, diretto a casa. Mentre attraversava la piazza del mercato trattenne
a stento un verso di stizza, per colpa delle stupide domande di Eliel si
sentiva nervoso.
Chissà
se Aisei è a casa?
Si strinse attorno al collo il
pastrano che aveva sulle spalle, tremando per uno spiffero ghiacciato, e finalmente
intravide casa sua, in fondo alla via.
« Nair nee-san! »
La ragazza in piedi di fronte
all’uscio si voltò nel sentirlo e gli sorrise con dolcezza:
« Bentornato, Kisshu-chan. »
« Nee-san, guarda che non sono un
bambino! »
Lei ridacchiò, portandosi un
ciuffo color dell’ebano dietro l’orecchio:
« Scusa, Kisshu-chan. »
« A ridagli! »
Nair rise con ancora più
gusto; Kisshu sbuffò rassegnato.
« Allora, tutto bene? Non hai
combinato troppi guai in accademia, vero? »
« No, mammina, sono stato un bravo
bambino. – fece sarcastico, mentre Nair lo fissava eloquente – A proposito…
Mamma e papà? »
« Sono andati al mercato assieme
a Taruto-chan. Immagino ti aspettassero per questo pomeriggio. »
Kisshu annuì con un monosillabo,
prendendo a guardarsi attorno irrequieto. Nair sorrise ancora, facendo per
entrare nella casa di fianco, e guardò il ragazzo con aria maliziosa:
« Mia sorella invece credo sia
andata al vecchio fiume. »
Kisshu fece una smorfia
indispettita, serrando i pugni:
« Non stavo cercando Aisei! »
La ragazza ridacchiò ancora e
Kisshu scostò lo sguardo, a disagio.
« Vabbè – borbottò alla fine –
visto che non c’è nessuno, andrò a fare un giro… »
« D’accordo. »
Kisshu si trattenne dal mettersi
a correre fino al vecchio fiume, non voleva dare a Nair un altro spunto per
prenderlo in giro. Anche se sapeva che aveva ragione.
Il vecchio fiume era parecchio
distante dalla città, nella prima zona che la sua gente aveva abitato: essendo
uno degli unici corsi d’acqua del pianeta che non ghiacciava, era stato usato
da sempre come sorgente; da tempo, però, avevano costruito una centrale
completamente automatizzata per portare l’acqua fino in città, e la zona era
diventata deserta, il posto perfetto per starsene un po’ in pace.
Appena iniziò a sentire il
gorgoglio delle gelide acque del fiume, Kisshu scorse Aisei che passeggiava
distrattamente su e giù lungo l’argine.
Quatto quatto si teletrasportò
alle sue spalle: era un’occasione troppo ghiotta per un scherzo per potervi rinunciare!
Pregustando già le risate fece per agguantare Aisei per la vita, quando questa
lo centrò in pieno con una gomitata sul naso mandandolo lungo disteso a terra.
« OHIIIII…!! Ma sei scema?!? »
« K-Kisshu?!? Eri tu?!? »
« No, sono il mostro delle nevi!
– fece sarcastico, le mani chiuse sul naso e sulla bocca – Ma ti pare che si
debba reagire così?! »
Imprecò a denti stretti,
arricciando il naso con una smorfia di dolore.
« Scusami! Scusa davvero è…! È
che mi hai spaventata! »
« Faccio così paura? »
« Spiritoso! Dai, fa vedere… »
Lui borbottò qualcosa come lascia stare, ma Aisei irremovibile lo
costrinse a mostrargli la faccia; Kisshu sentì un po' troppo prepotentemente lo
stomaco contrarsi mentre lei gli sfiorava il viso con delicatezza.
« Per fortuna ti ho preso male… –
disse Aisei con un sorrisino tirato – Temevo di avertelo rotto! »
« Se fosse successo saresti
incorsa nell’ira di tutta la popolazione femminile universale. »
« Ah, ah, ah! »
Lo canzonò, anche se scandì ogni
frammento della risata con fare troppo acido. Kisshu sorrise.
« A proposito – continuo Aisei,
sempre un po’ stizzita – come mai non sei con quella? »
« Chi? »
« Quella tipa di un po’ di tempo
fa… Credevo vi sareste visti subito appena fossi tornato. Com’è che si
chiamava…? »
« Parli di Milia? – rispose lui
con noncuranza – Boh, e chi l’ha più vista…! »
Aisei lo fissò un istante e si
sforzò di non sembrare contenta:
« … Ah sì? »
« Già. »
« Si può sapere ora perché mi
guardi e sghignazzi?!? – protestò, arrossendo – Non sopporto quando mi prendi
in giro! »
« E chi ha fatto niente? »
La guardò con un sorrisetto
malizioso, trattenendo le risate, e Aisei arrossì ancora di più:
« Sei il solito cretino! »
« Hai intenzione di tenermi il
muso per tutto il giorno? »
« Finchè non mi dici cosa c’era
di così divertente nella mia faccia, sì! »
« Eddai! Basta oggi che sono
tornato »
Aisei lo ignorò, continuando a
camminare impettita. Kisshu si passò una mano sul collo, sospirando: e dire che
tra tutte le cose che voleva evitare quel giorno era discutere con Aisei!
Ma stuzzicarla a quella maniera,
vedere la sua espressione gelosa e le sue guance rosse d’imbarazzo e stizza…
Era qualcosa di cui Kisshu non riusciva a fare a meno. E gli dava anche una
certa soddisfazione vedere che la sua tattica andava a segno tutte le volte.
Quando avevano stabilito che tra
loro due non sarebbe cambiato nulla, quella volta nella grotta, Kisshu aveva
sperato con tutto il cuore che le cose, invece, cambiassero molto in fretta.
Più passava il tempo più gli era
difficile trattenere i suoi sentimenti per Aisei, ma lei invece non cedeva,
respingendolo ogniqualvolta lui tentava di sorpassare la linea di amico.
L’ostinazione di Aisei era
qualcosa fuori dal normale: eppure anche Kisshu sapeva benissimo di piacerle!
Anche un cieco se ne sarebbe accorto!
Non sapendo più che pesci
prendere, Kisshu era passato all’offensiva.
Compiuti i dodici anni ed
entrando nella pubertà, aveva scoperto di avere un certo ascendente sulle ragazze,
e aveva deciso che la cosa poteva tornagli utile.
L’essere amici implicava anche
che a nessuno dei due doveva importare se l’altro frequentava qualcuno, non era
forse così?
Definire quelle che aveva avuto
nel precedente anno e mezzo come “frequentazioni” sarebbe stato eccessivo, ma
tanto bastava per mandare in bestia Aisei che cercava di volta in volta di
prolungare l’intervallo tra una ragazza e l’altra – anche se non lo avrebbe mai
ammesso – stando sempre appiccicata a Kisshuper scoraggiare le spasimanti.
Quel gioco, però, stava
diventando logorante, tanto per lei quanto per lui. Kisshu non sapeva per
quanto ancora avrebbe resistito.
Eliel aveva ragione, lui voleva
Aisei tutta per sé; ringraziava che fino a quel momento i modi da maschiaccio
della bruna avessero reso ciechi gli altri ragazzi. All’idea che qualcuno che
non fosse lui la toccasse, la abbracciasse, pensasse anche soltanto a
baciarla...
Kisshu formulò i pensieri più
truculenti concepibili da una mente razionale, in cui un numero indefinito di
spasimanti erano polverizzati alla velocità della luce.
Rivedere Aisei dopo sei mesi lo
faceva sentire irrequieto, felice ed emozionato, e gli ormoni che presto gli
sarebbero divenuti tanto famigliari davano il loro contributo. La ragazza stava
cominciando a perdere i tratti fisici da bambina: la vita si stava stringendo,
i fianchi andavano a inarcarsi così come la linea del fondoschiena, accarezzata
dai capelli sempre più lunghi, e sul petto s’intravedeva sempre più evidente la
curva del seno.
Kami-sama,
quanto potrò andare avanti così?!?
« Aisei, dai, ascolta. »
La fermò afferrandole con
gentilezza il polso e cercando di concentrare i suoi pensieri su qualcos’altro
che non fosse il desiderio di abbracciarla:
« Scusami ok? Non volevo farti
arrabbiare. »
Lei lo fissò torva e lui ricambiò
con un’occhiata supplichevole. Aisei sbuffò rassegnata, sciogliendosi in un
mezzo sorriso:
« Ok… In fondo ho esagerato
anch’io… »
« Che strano! »
« Ehi! »
Scoppiarono a ridere entrambi.
Aisei lo guardò sorridendo ancor di più:
« Sono... Felice che tu sia
tornato. »
« ... Ah sì? »
Lei annuì con espressione dolce e
Kisshu sentì lo stomaco attorcigliarsi deliziosamente e un piacevole calore
riempirgli il petto.
Così, quando una voce famigliare
lo costrinse a voltarsi, gli sembrò lo avessero centrato con un secchio di
acqua gelata; si girò con una smorfia assassina stampata in faccia.
« Kisshu! Ma guarda un po’,
quanto tempo! »
« Eliel… »
« Ehi, che faccia! Due ore e ti
sei già dimenticato di me?! »
Il tono scherzoso dell’altro non
sembrò sfiorare neppure vagamente Kisshu, che rispose con un sibilo.
« Aspetta un momento…! Ehi, tu
devi essere Aisei, giusto?! – esclamò Eliel, afferrando al volo la mano della
ragazza – Molto piacere! Io sono Eliel. »
« Ehm… Piacere… »
Mormorò lei. Kisshu augurò a
Eliel di mollarle la mano entro i successivi cinque secondi, o gliel’avrebbe
staccata a morsi.
« Visto che alla fine sono
riuscito a farmela presentare lo stesso? »
Scherzò ancora Eliel; Kisshu non
rispose, troppo impegnato a contrarre la mascella per non insultarlo.
« Mi aveva parlato di te, ma non
mi aveva detto che eri così carina! »
Aisei fece un mezzo sorriso,
ringraziando; non amava troppo i cascamorti, ma quel ragazzo era simpatico.
Kisshu serrò i pugni.
Stai
calmo. Stai calmo. Lo sapevi che sarebbe successo, prima o poi. Devi solo
comportarti da essere civile e andartene, portando via Aisei con una scusa...
« Senti Kisshu, visto che vi
siete già salutati, posso rubartela per qualche minuto? »
Il braccio di Eliel si mosse per
agguantare Aisei alla vita. Kisshu respirò a fondo per non urlargli contro.
« No. »
Con fare brusco afferrò la mano
di Aisei e sorpassò Eliel a passo di marcia, guardandolo torvo:
« Scusa, ma dobbiamo andare. –
fece sbrigativo con un cenno della mano – Ci vediamo, eh? »
Eliel non ebbe nemmeno il tempo
di rispondere.
Furente, Kisshu trascinò Aisei il
più distante possibile, fermandosi solo quando il suo camerata fu fuori dalla
loro vista, in un angolo angusto fra tre case. La ragazza, che aveva protestato
tutto il tempo, si liberò dalla sua stretta guardandolo male:
« E ora che ti è preso?! »
« Niente! »
« A me non sembrava! – gli si
piazzò di fronte con le mani sui fianchi – Che ti passa per la testa?! »
« Che mi passa per la testa?!
Vuoi proprio saperlo?!? »
« Sinceramente?! No! Ma non
capisco perché sei dovuto essere così sgarbato! »
« Preferivi che il polipo
afferrasse qualcos’altro oltre alla tua mano e ai tuoi fianchi?! »
« Che scemenze! – sbottò lei
arrossendo – Non ha fatto niente di male! »
Invece anche lei aveva capito
benissimo dove voleva andare a parare Eliel, ma non poteva accettare comunque
il comportamento di Kisshu.
Né voleva ammettere che, in un
angolino recondito della sua testa, le facesse piacere vedere Kisshu geloso.
« E poi anche se fosse? A te che
importa! »
Si morse la lingua a quella
frase; Kisshu la guardò furioso e Aisei si vece piccola piccola,
indietreggiando verso il muro alle sue spalle.
« Cosa me ne importa?! »
Le poggiò una mano accanto alla testa.
Aisei era ormai addossata alla parete e fu costretta a fissare Kisshu negli
occhi. Deglutì a vuoto; Kisshu aveva la maledetta mania di venirle troppo
vicino, gli sarebbe bastato un altro passo per toccarla.
E
da quando è così alto…?
Aisei dovette alzare la testa per
guardarlo in faccia. Prese un bel respiro, convincendosi che il brivido che le
scendeva per la schiena era causato dal muro gelido, e riprese cercando di non
far tremare la voce:
« S-sì. E se invece a me stesse
bene se lui ci prova? Cos’è, puoi avere la ragazza solo tu?! »
« Non è questo il punto! »
Sbottò, arrossendo
impercettibilmente sulla punta delle orecchie – per la seconda e ultima volta
nella sua esistenza – e poi riprese con più foga:
« E comunque no, tu non puoi! »
« Come sarebbe a dire?! – fece
lei inviperita – Non puoi decidere tu! »
« Non puoi, perché se qualcuno
provasse a sfiorarti gli spaccherei la testa! »
« Ma sei impazzito?! P-perchè
dovresti farlo?! »
« Lo sai benissimo perché! Come
sai benissimo che di quelle altre non me ne frega un cazzo, ma di te sì…! »
Aisei tacque un istante, era
talmente arrabbiata e confusa da non trovare la risposta adatta. Quel discorso
stava sforando nel non senso, e sapeva che presto il suo caratteraccio
l’avrebbe portata a dire cose sconclusionate solo per ferire Kisshu e farlo
tacere.
« A me sembra che tu sia solo
possessivo per non si sa quale ragione! »
Dannazione alla sua boccaccia.
Kisshu si corrucciò ancora di
più:
« Piantala di dire stronzate! »
Prese un bel respiro, appoggiando
al muro anche l’altra mano.
Ecco, la sua resistenza era
terminata.
« Lo sai cosa davvero mi da ai
nervi? Non il fatto che tu sia arrabbiata, ma che ti comporti come se non
capissi. »
« Che stai…? »
« Te l’ho già detto, mi sembra.
Credi che da quando eravamo piccoli me lo sia dimenticato? »
Aisei ebbe un fremito.
Digli
di lasciar stare il discorso! Non farglielo dire, non farglielo dire!
« Quella che si ostina a negarlo
sei tu. »
« I-io… Io… »
Doveva dirgli di finirla, che non
riusciva a seguire il suo ragionamento assurdo e che era solo un cretino, ma le
parole non le uscivano dalle labbra.
« Sono innamorato di te e lo sai,
quindi non posso sopportare che idioti come quello ti girino attorno. »
Aisei divampò e cercò di
scappare, ma il suo corpo non si muoveva.
« Kisshu… Senti io… »
Le parole le morirono in gola
quando si accorse che si era fatto più vicino. Non si sentiva nemmeno più
arrabbiata, perché di colpo era troppo concentrata a mantenere salde le gambe.
« Hai idea di come sono stato sei
mesi senza vederti? »
« B-beh… Anche tu mi sei mancato
– bofonchiò lei – però… »
Cercava in tutti i modi di
distogliere gli occhi da lui, ma sembrava che il suo sguardo le occupasse tutto
il campo visivo. Kisshu le sfiorò la guancia con le dita, accarezzando
distrattamente qualche ciuffo che le scendeva sulla fronte. Aisei era sicura di
stare per morire d’infarto.
Quando Kisshu la baciò smise di
respirare, abbandonando poi la testa contro il muro e lasciandosi andare ad un
piacevolissimo stordimento, mentre lui le sfiorava la nuca con la mano e si
piegava sopra di lei, quasi ad impedire che perfino l’aria si mettesse in
mezzo.
Kisshu si separò da lei
malvolentieri, facendo il più piano possibile. Per qualche istante Aisei lo
guardò sognante, le iridi smeraldo tremanti, poi assunse un’espressione di
panico:
« I-io… Io… »
Lo scostò con malagrazia e scappò
via senza voltarsi.
Né Pai né i suoi si domandarono
perché Kisshu non fosse ancora spuntato; la puntualità non era la sua miglior
dote. Il ragazzo moro, comunque, non potè evitare di sbuffare sonoramente,
fissando accigliato la porta.
Suo padre, dall’altro lato del
tavolo, ridacchiò:
« Pai, se continui a fare quella
faccia ti verranno le rughe. »
Taruto, seduto accanto alla
madre, si sganasciò dalle risate; Pai gli lanciò un’occhiata di traverso:
« Quello si è cacciato in qualche
guaio. »
« Non hai nemmeno un po’ di
fiducia in lui? – domandò la madre con un sorriso tirato – E’ la prima licenza
da sei mesi, sarà a fare due passi! »
Pai sbuffò di nuovo e lasciò
cadere il discorso, prendendo a mangiare.
Nello stesso momento la porta di
casa si aprì con un cigolio cupo e Kisshu entrò, richiudendosela alle spalle
fin troppo piano. Pai stava per sgridarlo – come di consueto – ma il
fratellastro aveva una faccia talmente da funerale che l’invettiva gli morì
sulle labbra.
« Kisshu, tesoro, tutto a posto?
»
Il ragazzo sollevò le iridi
dorate verso la matrigna e annuì con un mezzo sorriso:
« Sì – mentì – sono solo stanco.
»
Lei annuì e gli fece segno di
sedersi.
La famiglia prese a mangiare in
un silenzio tranquillo, interrotto solo dal ciarlare del piccolo Taruto. Kisshu
mandò giù piano la zuppa, mandando occhiate in tralice alla madre: lei sapeva
benissimo che il suo sto bene era una
bugia e anche Kisshu aveva capito di non avergliela data a bere; lei, però, non
avrebbe insistito, sapeva anche questo.
Il ragazzo osservò la matrigna
sovrappensiero. Era difficile dire che non si trattasse davvero di sua madre,
entrambi avevano gli stessi occhi color dell’oro, gli stessi che aveva
trasmesso a Taruto. Il patrigno, invece, aveva gli stessi occhi blu violacei di
Pai, mentre i capelli di un bel color castagna passati in toto al figlio
minore.
Una volta ne avevano parlato, ma
non ricordava granchè di quella conversazione: se non errava, dovevano essere
degli zii, biologicamente parlando, o comunque dei parenti alla lontana. C’era
stato un periodo, da bambino, che la coscienza di essere un’aggiunta alla famiglia l’aveva isolato
dai genitori adottivi, ma ormai non poteva figurarsi altro padre e madre se non
quelli con cui stava cenando.
Finito il pasto Kisshu salì nella
sua stanza senza dare troppe spiegazioni. Come immaginava, dopo nemmeno dieci
minuti che si era sdraiato sul letto sentì qualcuno bussare alla porta e sua
madre fece capolino, guardandolo con un sorriso dolce:
« E’ successo qualcosa? »
Lui non rispose e si limitò a
grugnire. La madre lo interpretò come un sì.
« Eri con Aisei-chan? »
Kisshu non rispose di nuovo, ma
s’irrigidì di colpo. La madre mandò un sospiro divertito:
« Sei sempre precipitoso…! »
Lui la guardò appena da oltre la
spalla:
« Ma cosa sei, un’indovina? »
« So solo quando combini qualche
guaio. – gli disse divertita – E soprattutto se in quel guaio c’entra
Aisei-chan. »
Gli sorrise allusiva e il figlio
fece una smorfia imbarazzata:
« Non so più cosa devo fare… »
« Purtroppo non posso aiutarti,
in questo, lo sai. – disse con dolcezza, dandogli un buffetto sulla testa – So
che tu e tuo fratello odiate questa frase, ma penso solo dobbiate parlare con
calma. »
Kisshu emise un gemito di
disperazione. I termini parlare e con calma non rientravano nel suo
vocabolario, quando mai poi nella medesima frase?
« E’ un consiglio da mamma? »
« E’ un consiglio da esperta. »
E gli fece un occhiolino
malizioso per poi uscire; Kisshu si sedette sul letto e guardò la porta
inarcando un sopracciglio:
« E questo che cavolo voleva
dire? »
Aisei rimase sdraiata di fianco
sul letto a fissare il muro, finchè la poca luce artificiale dell’esterno non
scemò e venne sera; ogni tanto sospirava e affondava il viso nel cuscino,
stritolandolo tra le mani, cercando in tutti i modi di allontanare il pensiero
di Kisshu, inutilmente. Nella sua testa il ricordo del loro bacio si ripeteva,
ancora e ancora, e lei cercava d’istinto di riprovare anche la magnifica
vertigine che le sue labbra le avevano dato, senza riuscirci.
Diventò così rossa che le sembrò
di avere la febbre e soffocò un gemito nel guanciale.
L'immagine di se stessa che se la
dava a gambe le faceva venire voglia di prendere a testate il muro.
« Aisei? Posso entrare? »
La ragazza sobbalzò e si mise
seduta di scatto, il cuscino stritolato tra le braccia. Nair la fissava
dalla porta socchiusa e aveva l’aria dubbiosa.
« Nee-chan... »
Aisei chinò la testa e si
mordicchiò le labbra, gli occhi lucidi. La mora le si sedette a fianco e le
poggiò con gentilezza una mano sul ginocchio:
« Ai, cosa succede? Sono due
giorni che non esci da qui. »
La bruna non rispose. Nair si
chinò fino a piantare i suoi occhi smeraldo in quelli appena più chiari della
sorella:
« Kisshu-chan è passato almeno
dieci volte a cercarti. »
Sentendo il nome del ragazzo
Aisei mandò un singhiozzo soffocato:
« Nee-chan... Sono... Una
stupida! »
« Cos’è successo? – la indusse a
sollevare il viso e a sedersi più comoda – Da quando lo conosciamo è la prima
volta che non vi vedo parlare per così tanto tempo… »
« I-io… »
Assecondò la sorella e si
rannicchiò vicino a lei, la testa appoggiata alla sua spalla, tirò forte su col
naso e riprese piano:
« Kisshu… Mi ha… Baciat… »
Soffocò il termine della frase
nel cuscino, sentendo la punta delle orecchie che andava a fuoco. Nair la
fissò con tanto d’occhi e poi sorrise:
« Era l’ora! »
« Che?! »
« Pensavo avrei dovuto aspettare
ancora chissà quanto…! Invece Kisshu è proprio precoce…! »
« Ma cosa stai dicendo?! »
Aisei guardò la sorella
scandalizzata, scarlatta in volto; Nair la guardò confusa:
« Scusa, ma che ho detto di male?
E poi, se è così perché sei triste? Dovresti essere contenta! »
La pelle della bruna divenne se
possibile di un tono più accesa:
« Per quale mot…?! »
« Beh, perché a te Kisshu piace,
no? »
Aisei fermò l’urlo a metà,
ammutolendo e fissando Nair ad occhi sgranati. Abbassò lo sguardo,
scoraggiata, e annuì con la faccia nel cuscino.
« Ma allora cos’è successo? »
« … Sono scappata… »
« Cosa?! »
« Lui mi ha baciata e io sono
scappata via! – pianse lei – Io… »
Nair le accarezzò la testa,
lasciandola sfogare, poi le prese la mano e la guardò interrogativa:
« Ai… Perché? »
Aisei scosse la testa con forza:
« Ho avuto… Ho avuto paura! –
singhiozzò – Quando… Quando Kisshu mi dice che gli piaccio… Non so più cosa
fare! Ho l’impressione di non controllare più il mio corpo, non riesco nemmeno
più a pensare! Penso solo… »
S’interruppe, ormai il viso che
era un tutt’uno con la federa. Nair la guardava con dolcezza e comprensione
e la incitò a proseguire, scostandole i ciuffi castani dietro l’orecchio:
« Solo? »
« … Solo… Che vorrei stare con
lui, e nient’altro. »
Nair mandò un sospiro
divertito. Aisei fissò la sorella appena da oltre il cuscino, nascondendocisi
dietro:
« Non… Non sento più niente, non voglio più sentire niente. Vorrei solo
che mi abbracciasse… »
« Sei davvero innamorata, Ai… »
La bruna non rispose.
« Perché non glielo hai mai
detto? »
« Non lo so… – pianse piano –
Forse… Forse ho paura di non sapere più cosa fare. Di non sapere più come
parlargli, o… »
« Tu pensi troppo, Ai. – l’ammonì
gentile la sorella; le poggiò un dito sul cuore – Non hai bisogno di saperlo.
Lo sai già e basta. »
Aisei la guardò in silenzio e
accennò un mezzo sorriso, incupendosi ancora subito dopo:
« Ora come faccio, però? Kisshu
ormai non vorrà più neanche parlarmi! »
« Uno che non ti vuole parlare
non viene a cercarti per dieci volte. »
La guardò allusiva e Aisei arrossì
di nuovo. Nair si alzò, abbracciandola:
« Non avere paura, Ai. Non hai
nessun motivo di averne. Fai solo quel che ti viene dal cuore. E, perl’amor
del cielo! non pensarci sopra. »
La casa di Aisei e Nair era
proprio accanto a quella della famiglia di Kisshu. Per di più, la stanza di
Aisei dava proprio su quella del ragazzo; a separare gli angusti rettangoli che
facevano da finestra alle due camere c’era sì e no un metro e mezzo scarso,
distanza facilmente superabile da un buon allungo di gamba o da un
impercettibile voletto.
Aisei aveva faticato parecchio a
restarsene nascosta, anche se sapeva che Kisshu non avrebbe provato a
raggiungerla senza il suo permesso.
Almeno credeva.
Diciamo che ne era quasi certa.
Ora, invece, la ragazza lanciava
di continuo occhiate alla finestra di fronte, che rimaneva scura e
all’apparenza vuota. Aspettò finchè non fu sera inoltrata e le luci della casa
a fianco furono spente, e restò ad ascoltare finchè non sentì Nair andare a
riposare.
Sicura che tutti dormissero Aisei
fece un bel respiro e si affacciò più che potè: l’aria ghiacciata delle viscere
del pianeta le ferì la faccia, arrossata e calda per più di un motivo, mentre
sentiva qualcosa piombarle nello stomaco e il cuore che accelerava.
« Kisshu…? »
Non sentì nulla e nessuno si
mosse dall’altra parte.
« Kisshu? Sei sveglio? »
Ancora silenzio. Aisei deglutì a
vuoto e tentò di non far tremare la voce:
« Kisshu… »
Ci fu ancora silenzio per qualche
secondo, poi un frusciare di stoffa e Aisei perse un battito. Continuò a
sporgersi ormai in bilico verso la stanza del ragazzo, e dopo un paio di minuti
buoni Kisshu si portò di fronte alla finestra, l’espressione neutra. Aisei
deglutì a vuoto.
« Kisshu… »
« Stai bene? »
« C-come? »
« Sono due giorni che sei sparita
– disse lui con tono basso – ero preoccupato. »
Aisei si prese alcuni ciuffi
nella mano e prese a passarci in mezzo le dita con fare nervoso, fissando il
bordo di legno consunto:
« N-no… Sto bene… »
« Ok. »
Kisshu le accennò un sorriso
stanco e fece per rientrare.
« No! Kisshu, aspetta…! »
Aisei si slanciò verso di lui
tentando di bloccarlo, riuscendo solo a dimenare qualche secondo le braccia nel
vuoto su e giù.
« Ehi, attenta! »
Kisshu le afferrò il polso e l’aiutò
a rimettersi dritta; sospirarono di sollievo in contemporanea.
« Ma sei scema?! – sbottò lui –
Volevi ucciderti?! »
Lei scosse la testa tenendo il
capo chino e Kisshu le sentì trattenere un singhiozzo.
« Ehi, che succede? »
« Scusa… Volevo parlarti, invece
faccio solo casino…! »
« Cosa? »
« Mi dispiace per l’altro giorno
– mormorò – è solo che… Ecco, vedi… Io… Cioè, io e te… »
Sto
balbettando… Sto balbettando! Ti prego fai che il cielo mi fulmini!
Stritolò una ciocca nel pugno
chiuso e piantò gli occhi su un’inutile, brutta e di colpo fondamentale
macchiolina di sporco sul muro. Sentì Kisshu trattenere una risata e desiderò
che non solo il fulmine la centrasse, ma che inghiottisse la sua camera, la
terra sotto e perfino l’aria sopra la sua testa in modo da eclissare il suo
ricordo dall’universo.
« Che scema! »
Aisei s’impettì e stava per
rispondergli per le rime, quando lo vide guardarsi attorno furtivo e quindi
compiere un balzo librato fino al suo poggiolo, accovacciandovisi sopra:
« Posso entrare? »
Aisei annuì piano, senza
rispondere.
Kisshu entrò con leggerezza nella
stanza della ragazza, senza però allontanarsi dalla finestra. Erano proprio uno
di fronte all’altro, lei con l’aria impacciata e le mani strette al petto, lui
le braccia lungo i fianchi e la faccia tesa; era da tempo che Aisei non gli
permetteva di entrare lì, di solito era lei che si intrufolava nella sua camera
a progettare chissà quale piano astruso per ammazzare la noia. Prese due lunghi
respiri, non si era mai reso conto del profumo di Aisei che sembrava insinuarsi
dappertutto tra quelle quattro mura.
« Kisshu. »
Il ragazzo si riscosse e la
guardò più fisso e serio che potè, in modo da farle capire che aveva la sua più
completa attenzione e che avrebbe ascoltato tutto senza battere ciglio.
« M-mi… Mi dispiace di essere
scappata. – sussurrò lei a capo chino – Ero… Ero confusa. Non sapevo cosa fare,
io… E’ solo che io, per te… E quando sto per dirlo, io… Cioè, non è che abbia
qualcosa da dire (o da nascondere, no!), ma ci sarebbe… Sì, il fatto che…
Insomma, se tu e io… Però, penso sarebbe tutto come sempre, no? Sono io che
sono una vigliacca, perché… Perché dovrei dirti, sì, che… »
Aisei si morse la lingua,
disperata.
Perché
è così complicato da spiegare?!
« Ai… »
Lei sollevò lo sguardo e si rese
conto che Kisshu la stava guardando dritta negli occhi con una strana dolcezza:
« Ai, io ti amo. »
Anche il resto del mondo doveva
essersi bloccato, perché Aisei non riusciva a sentire assolutamente più nulla,
tranne un battito del cuore che le sembrò più quello di un tamburo. Kisshu
continuava a fissarla a quel modo e lei sentì ancora cederle le gambe:
« Tu mi ami? »
Aisei si convinse di stare per
prendersi un colpo.
Kisshu le afferrò la mano e
continuò a guardarla in silenzio. Lei era certa che le stesse dicendo di
calmarsi, che lui era pronto ad aspettare anche tutta la notte, anche tutto il
giorno dopo e quello dopo ancora, che era disposto anche ad ascoltare
un’accozzaglia insensata di parole come il farfugliamento di poco prima, gli sarebbe
solo bastato sentirle dire una risposta, alla fine. Solo quella, in qualunque
forma.
Aisei si premette la mano di
Kisshu contro la guancia, le sembrò gelida contro la sua pelle rovente.
« Sì… »
Stavolta sentì che era lui a
trattenere un po’ il fiato.
« Ti amo tanto… »
Kisshu le abbracciò le spalle e
la baciò, sorridendo con ogni centimetro della faccia; la baciò ancora, la
afferrò per la vita e le fece fare un giro in tondo, ridendo a squarciagola.
Per i primi secondi Aisei lo lasciò fare, lasciandosi trasportare troppo felice
per ragionare, ma poi le venne in mente della sorella, addormentata sullo
stesso piano, e tappò la bocca al ragazzo:
« Abbassa la voce! – sussurrò
trattenendo a stento anche lei una risata felice – Vuoi svegliare tutti
quanti?! »
« Sì, sì… »
Bofonchiò lui depresso,
riposandola a terra; si riprese quasi subito e la baciò ancora, Aisei che
sorrideva beata.
Non
credevo che il cervello potesse andare così facilmente a spasso.
« Ti amo Ai! – ripeteva Kisshu
con un sorriso da un orecchio all’altro – Ti amo! »
« Anch’io. »
Risero entrambi, sobbalzando a
sentire dei movimenti vicini e un mugolare sommesso. Kisshu la guardò inarcando
un sopracciglio:
« Se tua sorella e mio padre ci
beccano svegli a quest’ora e a far casino ci uccidono. »
Aisei annuì e lo riaccompagnò
alla finestra, tenendogli la mano; Kisshu la seguì obbediente ma senza smettere
di baciarle la guancia e accarezzarle la nuca, cose che rendevano Aisei sempre
meno determinata a farlo rientrare.
« Uh? E questo? »
La brunetta lo sentì stuzzicare
con un dito qualcosa che portava al collo. Sorrise impacciata e tirò fuori da
sotto i vestiti la collana che si era fatta anni prima con un cordoncino e una
iridescente pietra bianco argentea.
« Questa… – Kisshu fissò la gemma
che Aisei teneva in mano – Allora l’avevi ancora? »
« Non me ne separo mai. In fondo…
È importante per tutti e due. »
Gli sorrise radiosa e Kisshu la
baciò ancora:
« Sempre. Sei fantastica! »
« Ok, ora però torna normale
(cioè cretino) come tuo solito o ci ripenso. »
« Lo sai che sei diventata
pesante? Dovresti perdere qualche chilo… »
Lei lo trucidò sul posto:
« Ripeti-le-ultime-dieci-parole!!!! »
Aisei si tappò la bocca con le
mani e guardò spaventata verso la porta, ma sembrò tutto tranquillo; Kisshu si
trattenne dal ridere.
« Sei insopportabile! »
Ma stava ridendo anche lei. Con
un sospiro lo costrinse a saltare di nuovo dall’altra parte, sorda alle sue
proteste da bambino:
« Dai! Non vuoi stare ancora un
po’ con me? »
« Voglio evitare che ci
rinchiudano in casa fino alla maggiore età. – ribatté piatta – Avanti, ci
vediamo domani. »
« Uffa! Ok, ok… »
« Ehi, Kisshu. »
« Uh? »
Il ragazzo, accucciato sul bordo
della finestra, vide due mani nivee afferrarlo per il colletto e tirarlo indietro,
dove Aisei lo baciò fluttuando a mezz’aria.
« Non mi avevi dato il bacio
della buonanotte. »
« Kami-sama quanto ti adoro! »
Aisei sospirò divertita, si
baciarono ancora e dopo entrambi si costrinsero, in un titanico sforzo fisico e
mentale, a rientrare nelle loro stanze e stendersi a letto.
« Buonanotte Kisshu. »
« ‘Notte Aisei. »
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Prego Pai mi
allungheresti quella siringa @_@""?
Pai: … Che è?
Insulina
@_@""… Sto per avere un attacco di diabete @________@"""….
Pai: … Passa un po' anche a me va -.-"
Kisshu: quanta simpatia -_-*!
Ok lo so sono smielata
da essere disgustosa, e visto ciò che c'è scritto so che le domande saranno del
tipo "ma come siamo arrivati a loro due che si odiano ?_?"
?!?!"… Lo scoprirete ^w^!
Tutti: CENSURA
Ci vedremo tra due
settimane :D! Ringrazio tantissimo mobo, Dancelove,
Danya, Amuchan e Perla-Bartolini
per i commenti :3, tutti i lettori e mando bacini a tutti!