When I look at you

di Tedda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Sfogo ***
Capitolo 3: *** La cena ***
Capitolo 4: *** Lacrime ***
Capitolo 5: *** Figuraccia ***
Capitolo 6: *** Giornata in spiaggia ***
Capitolo 7: *** Incontro spiacevole ***
Capitolo 8: *** Sempre così debole ***
Capitolo 9: *** Un po' di spiegazioni ***
Capitolo 10: *** Un po' di spiegazioni - 2 parte ***
Capitolo 11: *** Presentazioni ufficiali ***
Capitolo 12: *** Tempo di domande ***
Capitolo 13: *** Tempo di risposte ***
Capitolo 14: *** Un giorno poco importante ***
Capitolo 15: *** Una visita a sorpresa ***
Capitolo 16: *** Scommessa ***
Capitolo 17: *** Una reazione inaspettata ***
Capitolo 18: *** Il compleanno ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Ho sempre amato,
e te ne do la prova:
prima di amare,
io non ho mai vissuto pienamente.
E. Dickinson

SARAH

Non la riconoscevo più, quella donna seduta di fianco a me non poteva essere mia madre.

 Da quando mio padre, un anno prima, se ne era andato, non era più la stessa: sempre cupa, fredda e distaccata. Non avevamo mai avuto un rapporto stupendo, ma nell’ultimo periodo le cose erano andate di male in peggio.

 La tensione in casa era insostenibile e non passava un giorno senza che litigassimo.

Per questo mamma aveva deciso di mandarmi a vivere da suo cugino Adam, che abitava a Forks. Diceva che era per il bene di entrambe, e a me sinceramente, non dispiaceva l’idea di allontanarmi un po’ da lei e ritrovare la tranquillità che mi mancava da tanto, troppo tempo.

Da quanto mi aveva raccontato Adam, Forks era una cittadina sperduta in mezzo ai boschi e con pochi abitanti. Esattamente quello che cercavo in quel periodo.

“Ma piantala mamma !” non potei evitare di urlarle in faccia queste parole, era l’unico modo in cui riuscivamo a comunicare.

“Piantala di fare cosa ?! A volte proprio non ti capisco …” il suo tono di voce era così freddo, il che non era una novità da un anno a sta parte, ma era una cosa nuova per la donna a cui avevo imparato a voler bene. Non poteva essere mia madre, me lo ripetevo in continuazione.

“Ammetti che mi mandi via perché non mi vuoi tra i piedi” glielo sputai in faccia, con tutta la rabbia che avevo dentro.

“Per quante volte ancora dovrò ripeterti che non è per questo ? Ti dico che, sia io che te, abbiamo bisogno di un po’ di tempo per ritrovare noi stesse e cercare di rimediare alla situazione che si è creata tra noi…” pronunciando quelle parole ritrovai, dopo tanto tempo, un po’ di mia madre, il suo tono di voce ora era più dolce.

“Si certo, come no” e con questo conclusi il discorso, che ormai si ripeteva da più volte. Mi girai verso il finestrino per guardare fuori, e pensare ad altro. Mi andava bene che mi mandasse via, ma non che si inventasse scuse, mentendomi spudoratamente. Avrei preferito che fosse stata sincera e mi avesse detto - voglio che vai a Forks perché voglio stare un po’ da sola - lo avrei veramente preferito.

All’improvviso la macchina frenò, facendomi balzare in avanti.

“Ma sei impazzita ?” chiesi.

“Basta, mi sono stufata. Scendi dalla macchina !” quel poco, che un attimo prima avevo ritrovato di mia madre sparì tanto velocemente quanto era arrivato, portato via da una persona fredda e dal tono agghiacciante, quasi inumano.

“Stai scherzando spero” la sfidai con la certezza che non avrebbe mai avuto il coraggio di mollarmi in mezzo alla strada.
Ma a quanto pare mi sbagliavo, perché lei allungò il braccio e mi aprì la portiera. La guardai scioccata, non ci potevo credere, ma lo stava facendo davvero ?

“Allora ?! Cosa aspetti ?” mi fissava, aspettando che io scendessi “per arrivare a casa di mio cugino Adam basta che vai sempre dritta, è la prima casa. Io ti porto le valigie e poi torno a casa. Ci vediamo quando sarai diventata abbastanza matura …” praticamente mi spinse giù dalla macchina, e subito dopo se ne andò.

Rimasi lì, ferma sul ciglio della strada, per almeno cinque minuti a maledire mia mamma.

- Ci vediamo quando sarai abbastanza matura - aveva detto, non ci potevo credere, lei mi lasciava in mezzo alla strada in una città che non avevo mai visto e poi ero io quella che doveva diventare matura ? Che madre sciagurata.

Quando mi fui ripresa cominciai a camminare nella direzione che mi aveva indicato la donna che avrebbe dovuto essere mia madre …

E continuai a camminare per un bel pezzo.

JACOB

 Era stata una tipica mattinata, almeno fino a quel momento.

Appena sveglio avevo fatto un giro di perlustrazione e visto che era tutto tranquillo avevo deciso di approfittare del momento di pausa per andare a Port Angeles per comprare un po’ di ricambi che mi servivano per finire la macchina, mancava davvero poco, al massimo entro un mese l’avrei finita.

Ora era ferma in garage, lo stesso garage dove, tanto tempo prima, aveva lavorato alle moto con Bella.

Bella, la ragazza che amavo, cavolo, ogni volta che cercavo di pensare a qualcos’altro lei riappariva nella mia mente come un chiodo fisso.

Sembrava che non riuscissi, o meglio non volessi essere felice. Lei mi piaceva davvero ma ormai l’avevo persa, aveva preferito il succhiasangue a me, e io non ci potevo fare niente.

Volevo dimenticarla, ero stanco di continuare a pensare a una ragazza che non ricambiava i miei sentimenti …
Ma l’amavo troppo per farlo.

Con la mente occupata da queste riflessioni riuscii anche a sbagliare strada. Strano, perché conoscevo quei posti come le mie tasche.

Girai lo sguardo per cercare di capire dov’ero e fu lì che la vidi: una ragazza minuta, quasi goffa che camminava sul ciglio della strada. Senza neanche volerlo il piede pigiò sul pedale del freno, facendo inchiodare la macchina in mezzo alla strada, sentivo l’impulso di tornare indietro, di andare da quella ragazza e fare in modo che fosse al sicuro, volevo proteggerla.

Probabilmente ero pazzo, ma feci un’inversione a “U” e mi accostai vicino alla ragazza, che mi stava ancora fissando, probabilmente per via del rumore che aveva provocato la frenata.

L’avevo spaventata, solo al pensiero di averla fatta soffrire rabbrividii … Ma che cosa mi stava succedendo ? Dovevo assolutamente parlare con Sam, lui avrebbe sicuramente saputo darmi qualche risposta.
Tornai a concentrarmi su quella ragazza ancora senza nome.

“Ti serve un passaggio ?” cercai di sembrare il più normale possibile, anche se dentro di me c’era una tempesta.
Lei alzò lo sguardo, che fino ad ora era stato rivolto verso il basso, e incrociò il mio.

 In quel preciso istante, mentre i miei occhi fissavano i suoi occhi verdi, il tempo si fermò. Mi sentii improvvisamente completo, e leggero come non mai ... Tutto andò finalmente al proprio posto.
Non riuscivo a smettere di guardarla, i miei occhi erano incollati ai suoi.
Non sentivo più nessun dolore, e Bella era magicamente sparita dai miei pensieri.

Ora c'era solo lei...

***

Angolo della Scrittrice.

Questa è la prima Fan Fiction che scrivo, in assoluto.
Spero solo che vi piaccia... (:
Fatemi sapere, mi raccomando !

Tedda.

 

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Capitolo 2
*** Sfogo ***


Se leggi questi versi,
dimentica la mano che li scrisse:
t'amo a tal punto
che non vorrei restar
nei tuoi dolci pensieri,
se il pensare a me
ti facesse soffrire.

Shakespeare

SARAH

La macchina si fermò improvvisamente in mezzo alla strada, esattamente come aveva fatto mia madre, ma che aveva la gente oggi ?!  Sembravano tutti impazziti, forse era l’aria di quella piccola cittadina che dava alla testa.

Persa tra i miei pensieri non mi accorsi che la macchina si era appostata di fianco a me, che stavo ancora fissando il punto in cui aveva frenato due minuti prima.

“Ti serve un passaggio ?” la voce proveniva da dentro l’abitacolo della macchina. Alzai lo sguardo e lo vidi.
Al volante c’era un ragazzo dalla pelle abbronzata, con i capelli corti, neri come il carbone e leggermente spettinati, quel taglio lo rendeva decisamente affascinante. Gli occhi erano neri come i capelli, e così profondi che sembravano pronti ad urlare da tante emozioni avevano dentro.
Era davvero un bellissimo ragazzo. Volevo, anzi, dovevo sapere di più su di lui, non riuscivo a smettere di guardarlo. Era una sensazione strana da descrivere, forse anche impossibile a parole.

“Hei, ci sei ?” mi chiese quel ragazzo, con tono dolce. Solo in quel momento notai che aveva una voce splendida, era roca ma il tono era pacato. Un sorriso si aprì sul suo volto, inevitabilmente questa sua felicità mi contagiò, e non potei evitare di sorridergli a mia volta.

“Si si, ci sono” gli risposi, cercando di fargli credere a quello che avevo appena detto. Perché sinceramente, non ero molto concentrata su quello che ci stavamo dicendo. In quel momento mi stavo perdendo nei suoi occhi, quei magnifici occhi scuri.

“Certo…” lo disse come se fosse certo che non era vero.
Cavolo, mi capiva anche meglio di me. Cercai di lanciargli un’occhiataccia, ma il mio tentativo fallì miseramente, tra le mie e le sue risate.

“Comunque” continuò lui “cosa ci fai da sola in mezzo alla strada?” cercò di usare il tono più disponibile che riuscì a tirar fuori, almeno così mi parse.

“E’ una storia lunga…” sussurrai, abbassando lo sguardo. Pensavo non mi avesse sentito e invece …

“Mi piacciono le storie lunghe e poi, ho tutto il tempo che vuoi” nella sua voce c’era curiosità. Sembrava sincero, e davvero interessato a sentire quello che avevo da dire.
Gli avrei subito detto tutto quello che era successo, qualcosa dentro di me, mi diceva che potevo fidarmi, ma non volevo sembrare disperata. Quindi abbassai lo sguardo e mi finsi indecisa. Speravo che insistesse, avevo davvero bisogno di sfogarmi.

“Non ti mangio mica” e intanto che pronunciava queste parole, scese dalla macchina e si avvicinò a me, con la mano destra mi tirò su il volto, costringendomi a guardarlo negli occhi. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo, e avrei voluto distogliere gli occhi dai suoi, ma sembrava che tutte le forze che avevo in corpo mi avessero abbandonata.
Quando sfoderò il suo sorriso, così luminoso e caloroso, non riuscii più a trattenermi e gli disse tutto. Non tralasciai nessun particolare, cominciai a raccontargli di mio padre, di come mia madre non fosse più la stessa, e del perché stavo vagando, da sola, in una città che non conoscevo nemmeno.
Non volevo piangere, ma ogni volta che raccontavo quella storia a qualcuno, non riuscivo a farne a meno. Mi vergognai da morire quando alcune lacrime scesero lungo la mia guancia, bagnandomi il viso.
Ma lui, vedendo che raccontare della mia vita mi faceva ancora male, si avvicinò e mi abbracciò. Al contatto con la sua pelle un brivido mi percorse la schiena, era calda, anzi, caldissima.
Scottava.

Quelle constatazioni abbandonarono la mia mente appena sentii il suo odore: sapeva di buono. Profumava di muschio, quasi lo stesso profumo che aveva la foresta. E fatalità, a me era sempre piaciuto l’odore della foresta. A quel pensiero non potei evitare di sorridere.
Le sue braccia mi strinsero fortissimo, e ad un certo punto non riuscii più a respirare, ma non mi importava. Sembrava avesse una forza sovrumana, e non riuscisse a misurarla.

Rimanemmo abbracciati per parecchio tempo, nel silenzio più assoluto, quel silenzio sembrava urlare, o forse ero solo io che stavo impazzendo perché mi era troppo vicino - molto più probabile.
Quando mi ripresi e sciogliemmo l’abbraccio – anche se di mala voglia – guardandolo, arrossii. Non potevo credere di essere scoppiata a piangere e di essermi buttata tra le braccia di uno sconosciuto, anche se mi sembrava di conoscerlo da una vita.
Cercai di smorzare l’imbarazzo, cominciando a parlare.

“Scusa” sussurrai. Alzai lo sguardo e mi accorsi che stava sorridendo, per un istante mi innervosii pensando che stesse ridendo di me, poi però, mi accorsi che era un sorriso di comprensione, come se sapesse esattamente quello che stavo provando.

“Scusa per cosa ?” il suo meraviglioso sorriso si allargò, fino a occupare quasi tutto il viso.

“Per essere scoppiata a piangere in questo modo. Ti sarò sembrata un po’ strana” abbozzai un sorriso, come se stessi tentando di convincerlo.

“Figurati, ne conosco di persone strane, e tu non sei tra queste” appoggiò la mano sulla mia guancia, e con il pollice asciugò le ultime lacrime, che erano ancora presenti sul mio volto.
Ad un certo punto aggrottò le sopracciglia, una piccola ruga si formò in fronte, come se si stesse sforzando di pensare. Mi colse di sorpresa, non sapevo cosa c’era di così importante da sforzarsi in quel modo, e il fatto che non sapessi cosa gli stava passando per la testa mi faceva impazzire.

“Bè, forse un po’ strana si !” disse sghignazzando. La piccola ruga era sparita, ed ora sul suo viso c’era solo un enorme sorriso.

“Grazie ! Davvero gentile !” mi finsi offesa, ma durò solo pochi secondi, non riuscivo ad essere arrabbiata con lui per troppo tempo.

“Dai vieni qua” la sua espressione ora era seria, leggevo nei suoi occhi che aveva voglia di abbracciarmi. La risposta affermativa ai miei pensieri arrivò quando lui mi cinse i fianchi e mi tirò verso di lui, non sembrava fare nessuno sforzo, come se avesse spostato una piuma al posto che una persona.
Non me lo feci ripetere due volte. Praticamente mi buttai su di lui, appoggiai la testa sul suo petto, anche quello bollente come tutto il resto del corpo, e gli lanciai le braccia al collo.
Le sue braccia mi avvolsero, sentivo il suo respiro delicato e profumato sul collo.
Stargli così vicino mi dava una scarica di energia pazzesca, in quel momento tutto sembrò andare al proprio posto.
Mi dimenticai perfino di mia madre, che in quel periodo era un pensiero fisso nella mia mente, poche persone, anzi nessuno prima di lui, riusciva a farmela dimenticare.

“Adesso che ci penso, non mi sono neanche presentato. Io sono Jacob Black” e mi porse la mano, io gliela strinsi, il cuore cominciò a battere sempre più forte.
“Piacere”, gli mostrai uno dei miei sorriso migliori “Io sono Sarah Nicols”. Adesso era lui che sorrideva.

Sembrava davvero felice.


JACOB

Quando la vidi piangere, non riuscii a trattenermi, sentii una rabbia incontrollata salirmi dentro alla vista della sua sofferenza, avrei voluto spaccare qualcosa, ma cercai di calmarmi solo perché lei era vicino a me e non avrei sopportato di farle del male.
Sentivo un bisogno assurdo di fermare le lacrime che le stavano bagnando il viso, volevo renderla felice e farle riapparire il sorriso.
Avevo paura, però, che pensasse fossi un maniaco, in fondo non sapeva neanche come mi chiamavo, ma l’abbracciai. La strinsi, cercando di non metterci troppa forza, – anche se avrei voluto – ma il mio tentativo sembrò fallre: ad un certo punto non la sentii più respirare, probabilmente avevo stretto troppo.
La sentivo così fragile tra le mie braccia, avevo paura di spezzarla se ci avessi messo ancora più forza.
Lei non oppose nessun tipo di resistenza, anzi, sembrava contenta di quel mio gesto, quindi non mi fermai. E restammo così per un bel po’.

Avevo la sensazione che per troppo tempo, tutti l’avessero trascurata, pensando che ormai fosse abbastanza grande da cavarsela da sola, ma io sapevo che non era così, si vedeva che era fin troppo sensibile.
Ma ora c’ero io, mi sarei preso cura di lei, non avrebbe più sofferto se ci fossi stato io vicino a lei.
Si scusò, mi chiese scusa per aver pianto, aveva paura che pensassi fosse strana, ma lei non sapeva che non lo avrei mai potuto pensare.
Lei mi piaceva così com’era, anche con i suoi difetti.
Sembra una cosa impossibile da pensare, se consideriamo che la conoscevo da poco più di un’ora, ma quando hai l’Imprinting è così, perchè questo era successo: avevo avuto l'Imprinting con lei, ne ero sicuro.
Non avevo mai provato quelle sensazioni con nessun altra, neanche con Bella.
Ci presentammo, solo ora sapevo il suo nome: Sarah. Un nome perfetto. Si addiceva esattamente ai suoi dolci lineamenti.

“Che ne dici se ti do un passaggio ?” non era una domanda, se non avesse accettato l’avrei presa di peso e messa in macchina, non sarebbe stato un problema. Non sarei mai riuscito a lasciarla in mezzo alla strada, da sola e in una città che non aveva mai visto.

“Grazie, sarebbe fantastico !” era entusiasta dell’idea, sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori, che contagiò anche me.

“Andiamo allora” gli aprii la portiera e la feci entrare in macchina.
Il tragitto passò in fretta, fin troppo per i miei gusti. Mi spiegò dov’era la casa e quando arrivammo, ci fu un attimo di silenzio.

“Ci vediamo …” pronunciammo queste parole all’unisono. Era evidente che avevamo voglia di rivederci. Sapevo che non avrebbe trovato il coraggio per chiedermelo e quindi lo feci io.

“Emh … Se ti va sta sera, potresti venire a casa mia. Ci saranno anche degli altri miei amici. Sempre se ti va …” il mio tono di voce risultò troppo insicuro per il mio solito, e mi stupii.
Normalmente ero molto sicuro di me stesso, a volte talmente tanto da sembrare presuntuoso.

“Magari ! Cioè, mi piacerebbe venire” arrossì, le sembrava di aver messo troppo enfasi nella risposta, ma cercò di nasconderlo. Feci finta di niente, anche se lo notai.
Non poteva nemmeno immaginare quanto mi avesse reso felice quella risposta così entisiasta. Senza nemmeno pensarci mi aprii in un sorriso.

“Ci vediamo dopo allora. Ti passo a prendere verso le otto …” la mia voce, ora era tornata normale, e non traballava più come aveva fatto prima.

“Ok ciao !” accompagnò questo saluto con un sorriso, uno sincero. Avvicinò il viso al mio e mi schioccò un bacio sulla guancia destra, la sentii arrossire.

La guardai mentre entrava in casa e rimasi seduto in macchina per almeno altri dieci minuti prima di partire.
Mi avviai verso casa, felice come non lo ero da molto tempo.

 

***

Angolo della Scrittrice.

Spero vi sia piaciuto il primo capitolo, e anche questo.
Ringrazio barbidoluzza per avermi consigliato.
Volevo dirle che ho provato a rileggere di nuovo l'ultimo pezzo. Ed ho notato anche io che era davvero troppo, e quindi ho provato a modificarlo.
Spero che adesso sia venuto meglio ! ^^
Volevo inoltre ringraziare chi ha messo questa storia tra le preferite o le seguite ! (:

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 3
*** La cena ***


Ricordo il magico istante:
Davanti m'eri apparsa tu,
Come fuggevole visione,
Genio di limpida beltà.
Puskin

 

 



SARAH

Mi aveva accompagnato a casa, da vero gentiluomo, e mi aveva invitato a cenare a casa sua, la sera stessa. Dovevo sbrigarmi, avevo poco tempo.
Dovevo almeno salutare Adam, ci eravamo già visti più volte prima di quel giorno, ma non volevo sembrare maleducata. Chiacchierammo per una decina di minuti, poi vedendo che ero di fretta, gentilmente, mi indicò la camera e il bagno.
Perfetto, avevo proprio bisogno di una doccia, l’acqua calda aveva un potere magico su di me, riusciva a farmi rilassare e mi liberava la mente.

Uscii dalla doccia e aprii la valigia che aveva portato mamma, il ricordo di quello che era successo mi assalì la mente, ma non volevo farmi guastare la serata da lei, quindi lo rimossi a forza.
Tirai fuori dalla valigia un paio di jeans e una maglietta a maniche corte. Presi le scarpe, avevo pensato di mettere le ballerine ma non volevo esagerare. Un filo di trucco ed ero pronta.
Ero anche in anticipo, quindi dovetti aspettare dieci minuti.

Jacob arrivò puntualissimo, suonò il campanello ed io corsi ad aprire, prima di spingere la maniglia della porta, mi diedi un’ultima occhiata allo specchio e poi aprii.
Rimasi senza fiato, era bellissimo: indossava una maglietta rosso scuro super attillata e un paio di pantaloni neri. Solo all’ora mi accorsi di quanto fosse alto, ma soprattutto muscoloso.
Avevo sempre pensato di essere alta, ma vicino a lui mi sentivo una puffa.
Salutammo Adam e ci avviammo verso la macchina. A metà strada Jacob mi cinse i fianchi con un braccio, avvicinò la testa al mio orecchio e mi sussurrò qualcosa.

“Sei stupenda stasera”. Arrossii, alzai lo sguardo e lo vidi sorridere. Pensavo mi stesse prendendo in giro, ma capii che non era così, allora ne approfittai.

“Grazie. Anche tu stai davvero bene !”. Ero sincera, non era una delle solite frasi che si dicono per gentilezza in queste situazioni, lo pensavo davvero.

Impiegammo poco tempo per arrivare a casa sua: era una piccola casetta di legno, circondata dai boschi, proprio carina.

“Benvenuta a La Push !” mi augurò, da buon padrone di casa.

“Grazie” gli sorrisi “i tuoi amici sono già dentro ?” non riuscii a resistere alla curiosità di sapere dov’erano. Non vedevo l’ora di conoscerli.

“Non mangiamo dentro in casa, di solito andiamo in una piccola radura vicino al bosco. E’ un posto molto bello” si vedeva che gli piaceva davvero quel posto.
Solo ad un pazzo non sarebbe piaciuto, aveva un’atmosfera quasi magica.

“Anche meglio” cercai di fargli capire quanto fossi felice di essere lì con lui, e lui sembrò afferrare il mio intento, perché sorrise di gusto.
Parcheggiò la macchina e scendemmo. Non pensavo avrebbe fatto così freddo, ed io ero anche in maniche corte. Non riuscii a trattenere un brivido, Jacob se ne accorse subito e prontamente mi porse la sua felpa. Cavoli, aveva pensato proprio a tutto.

“Grazie” gli dissi prendendo la sua felpa e infilandola “non pensavo avrebbe fatto così freddo” in quel momento mi sentii un po’ stupida per non averci pensato io.
Quando mi fui infilata la felpa – che mi stava enorme – lui mi posò un braccio sulle spalle. La sua pelle era come un termosifone portatile, infatti appena sentii il calore del suo braccio, avvertii meno freddo.

Camminammo per circa cinque minuti nel bosco, per fortuna non era ancora buio, se no non sarei stata in grado di camminare senza cadere. Comunque c’era Jacob, che ad ogni segno di cedimento da parte mie, era pronto a sorreggermi con le sue potenti braccia.
Arrivammo alla radura, inizialmente mi sentii un po’ fuori posto, loro probabilmente si conoscevano da una vita, mentre io non conoscevo nessuno.
La sensazione di essere un’intrusa sparì appena vidi i loro volti: ognuno di loro aveva stampato in faccia un enorme sorriso. Erano tutti alti e muscolosi come Jacob, ma cosa gli davano da mangiare per farli crescere così tanto?
Sembravano tutti fratelli, capelli corti, neri e occhi altrettanto scuri.

“Siete arrivati finalmente !” ci salutò uno di loro avvicinandosi “piacere, io sono Seth”. Mi porse la mano.

“Io sono Sarah” risposi stringendogli la mano sorridendo, e a lui si illuminarono gli occhi.

“Ragazzi” disse Jacob, parlando a tutti i presenti “questa è Sarah. E loro sono Seth, che hai già conosciuto” e gli lanciò uno sguardo complice “poi c’è Sam, Paul, Jared, Embry e Leah …” me li indicò una alla volta, in quel momento si fermarono tutti ad osservarmi. Mi sentii arrossire, non mi piaceva più di tanto stare al centro dell’attenzione.
Ma dopo pochi secondi tra un “piacere di conoscerti” e un “benvenuta” l’attenzione si spostò su altro, e ognuno ricominciò a pensare ai fatti propri.
Tutti tranne Seth, che si girò di nuovo verso di noi, sorridendo.

“Ehi, ti sei trasferita qui da poco ?” mi chiese con sincera curiosità.

“Bè, più o meno”. Non sapevo cosa dirgli, di solito ero abbastanza timida con le persone che non conoscevo. Jacob era stata l’unica eccezione.
Fortunatamente intervenne proprio lui, che aveva intuito il mio disagio nel rispondere a quella domanda.

“Scusalo, non riesce proprio a farsi gli affari suoi” disse rivolgendosi a me, e fulminando Seth con lo sguardo …

“Ma che ho fatto ?” ci chiese lui, che stava ancora cercando di capire. Poveretto, non poteva sapere.
Mi sentii in colpa, in fondo non aveva fatto niente di male.

“Non hai fatto niente, anzi, scusa. Diciamo che resterò qui per un po’ di tempo” cercai di rispondere alla sua domanda senza entrare troppo nei particolari. Ma a Seth bastò questo, il suo volto si aprì in un sorriso e poi si rivolse a Jacob.
“Visto ?! Lei si che è gentile” disse rivolto a Jacob, sfidandolo. E poi indifferente se ne tornò dai suoi amici.
Mi girai verso Jacob e gli feci la linguaccia.

“Hai sentito ? Io si che sono gentile” gli dissi con tono superiore, poi però gli sorrisi.

“Grazie, comunque” continuai dopo pochi secondi. Mi alzai in punta di piedi per arrivare al suo stesso livello e lo baciai sulla guancia.
Dal gruppetto di ragazzi che era a pochi metri da noi, arrivò un “Oooooh” ed io in quel momento, arrossii imbarazzata.

“Lasciali perdere” mi rassicurò Jacob, spingendomi verso di loro.

 

La serata fu magnifica, l’imbarazzo iniziale sparì dopo poco, grazie soprattutto a loro, che mi fecero sentire a casa.
Rimasi scioccata nel vederli mangiare, anzi, credo che il termine giusto sia divorare. Ingurgitarono tutto quello che c’era in meno di cinque minuti, mentre io ero ancora al primo boccone.

“Non potreste, per una volta, cercare di contenervi ?” la voce di Leah spezzò il silenzio, dovuto alla bocche piene di cibo.

“Che ci vuoi fare, siamo uomini …” Paul ebbe subito la risposta pronta, scatenando così, le risate di tutti i maschi presenti.

“Più che uomini direi maiali !” mi stupii di sentir parlare Leah, non aveva spiccicato parola per tutta la serata, e a mala pena mi aveva salutato. Ora invece, sembrava di buon umore.
Ora eravamo solo io e lei a ridere, e continuammo a farlo per un bel po’, sotto gli sguardi offesi di tutti gli altri.

“Batti il cinque !” dissi rivolta a Leah, mi ero lasciata prendere dall’atmosfera e non riuscii a trattenermi.

“Ehi, stai dalla sua parte ?!” era la voce di Jacob, l’avrei riconosciuta in mezzo a mille.

“Mi sembra ovvio !” dissi, guardandolo con aria di sfida.

“Ma che brava fidanzata che hai …” la voce squillante di Embry s’intromise nel piccolo battibecco che si era formato tra me e Jake.
Mi misi a ridere, divertita da quella battuta, ma poi, ripensandoci, mi accorsi che lui aveva detto fidanzata …
Arrossii violentemente e Jake se ne accorse, infatti mi mise il braccio bollente intorno ai fianchi e mi baciò dolcemente la fronte.
Sentii un leggero brusio provenire dagli altri, mi avrebbe infastidito un po’ se ci avessi fatto caso, ma ero impegnata a fare altro. Avevo alzato lo sguardo per vedere la sua espressione: sembrava preoccupato. Gli feci un leggero sorriso e il suo volto si illuminò.
Secondo me aveva paura che quello che aveva detto Embry, a proposito che fossi la sua ragazza, avesse potuto infastidirmi.
Ma non era affatto così, anzi, mi aveva riempito di gioia.

Per tutto il resto della serata rimanemmo così: il suo braccio intorno ai miei fianchi e la mia testa appoggiata sulla sua spalla.
Tutte le altre persone, che erano là con noi passarono in secondo piano, io avevo occhi solo per Jake.
Ogni volta che qualcuno mi faceva una domanda, come risposta riceveva solo un cenno di capo o qualche parola farfugliata. In fondo mi dispiaceva, loro erano stati tutti così gentili con me quella sera, e io non li badavo neanche.
Ma non sembravano per niente offesi, forse tutto l’incontrario. Sembravano godersi la scena: ogni volta che Jacob mi dava un bacio o io gli facevo una carezza, ricominciavano i brusii di sottofondo. Ed io ogni volta mi sarei voluta sotterrare per la vergogna, ma non riuscivo a resistere a Jake.  Era come una calamita per me, quando eravamo vicini non potevo fare a meno di accarezzarlo e baciarlo. Jake sembrava non farci caso, era concentrato su di me …

Quella sera sarei potuta morire felice, mi sembrava un sogno, non poteva succedere una cosa del genere a me. Non potevo piacergli, lui era così … Perfetto, mentre io ero impacciata e goffa. Eppure era lì con me, che mi teneva stretta.

 

Verso mezzanotte si offrì di accompagnarmi a casa, e io di certo non rifiutai. Salutammo tutti e partimmo.

“Piaciuta la serata ?” mi chiese mentre ci stavamo avviando verso la macchina.

“Si, mi sono veramente divertita. Sono tutti simpaticissimi !”. Anche se non gli avevo tenuti troppo di conto speravo non ce l’avessero con me.

“Grazie, anche tu sei grande !”. L’urlo di Seth spezzò il silenzio che c’era in quel momento. Mi girai verso di lui, per lanciargli in sorriso.
Ma come aveva fatto a sentirmi ? Eravamo lontani dal punto in cui si trovava lui, almeno duecento metri. Mi rivolsi a Jake con aria un po’ incerta.

“Ha un buon udito, tutto qui …” non sapeva neanche lui cosa dirmi. Sembrava assente, con la mente altrove. Probabilmente stavo esagerando, forse avevo alzato troppo il volume della voce mentre pronunciavo quelle parole.
La mia mente si liberò completamente da tutti quei pensieri quando Jake mi prese la mano. Le mie piccole dita s’intrecciarono con le sue, che messe a confronto ora sembravano più grandi che mai.
Arrivammo fino alla macchina, mi aprì la portiera e mi fece salire, lasciandomi – mio malgrado – la mano.

 

***

 

 

Angolo della Scrittrice.

Eccomi di nuovo qua, con un altro capitolo ! ^^    Come sempre spero che la storia vi piaccia, e mi raccomando, fatemi sapere i vostri pareri a riguardo. Sono pronta ad accettare consigli e suggerimenti ! (;

Volevo rinraziare Naruchan Love 4ever e Skyline per aver messo la mia storia tra le preferite, e cesarina89, ddebt e Zanna 97 per averla messa tra le seguite ! Sono davvero felice che la storia vi piaccia ! (:   Ovviamento dico GRAZIE anche a tutte le persone che l'hanno letta ... Spero veramente che continuiate a seguirla ! ^^

Alla Prossima !

Tedda.

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Capitolo 4
*** Lacrime ***


Nei disperati miei tormenti,
Nel chiasso delle vanità,
Tenera udivo la tua voce,
Sognavo i cari lineamenti.
Puskin




JACOB

Quando arrivai a casa sua, credevo che il mio cuore non potesse battere più forte.
Mi sbagliavo. Aumentò violentemente quando venne ad aprirmi: era meravigliosa. Come sempre del resto. Rivederla mi rallegrò immediatamente.

Arrivammo in quella piccola radura, dove avremmo dovuto mangiare.
Ero agitato, speravo si sentisse a suo agio in mezzo a quegli zoticoni dei miei amici. Lei sembrava felice di conoscerli, salutò tutti con un sorriso enorme stampato in faccia. Ci guardò letteralmente scioccata quando cominciammo a mangiare, ma ci ero abituato, non era normale ingurgitare il cibo in quella maniera.

Fu una serata stupenda, non potevo dire altro, era stato tutto perfetto. Finalmente avevo avuto l’opportunità di starle vicino e di godermi quei piccoli gesti d’affetto che mi regalò durante tutta la serata. Anche da parte mia però, non mancarono, anzi, forse le dedicai troppo attenzioni, non volevo che mi considerasse appiccicoso, ma a lei non sembrava dispiacere. Quindi continuai, non riuscivo proprio a starle lontano, anche se ci avessi provato – cosa che non feci, non ne vedevo il motivo – non ci sarei riuscito.
L’unico neo era che i miei amici - non ero sicuro che lo fossero ancora visto quanto avevano rotto durante tutta la serata. Ogni volta che mi avvicinavo a Sarah, cominciavano a farfugliare tra di loro, lei sicuramente avrà sentito solo un brusio di sottofondo, ma io avevo sentito perfettamente ogni parola.

“Guardalo com’è cotto” questo era stato il commento di Paul quando le avevo dato un bacio in fronte.
Gli avrei spaccato la faccia, ma la fragile ragazza che avevo tra le braccia era troppo preziosa per farle correre un simile rischio. Quindi cercai di restare calmo, e respirare il suo profumo mi aiutava molto.

“Scommetto che gli vorrebbe saltare addosso” adesso si era messo anche Seth a commentare, ma che razza di amici avevo ? Avrebbero dovuto farsi gli affari loro, mi davano troppo fastidio. Pensavo che adesso l’avessero finita. Ma mi sbagliavo, di nuovo. E il peggio doveva ancora arrivare.

“Ma che brava fidanzata che hai !”. Era stato Embry, chi altro se non lui ?! Sarah adesso, avrebbe pensato che gli avessi raccontanto chissà cosa. Ma io, invece, avevo cercato di nascondergli il più possibile, proprio per evitare certe situazioni. Troppo imbarazzo per i miei gusti ! Ma per quanto volessi stare zitto, i miei pensieri erano tutti rivolti a lei e quel pomeriggio, appena mi ero trasmormato, loroavevano saputo tutto ...

Quello che aveva detto Embry non era più un sussurro, e aveva sentito anche Sarah. Tutti cercarono di trattenere le risate, ma fallirono miseramente. Vidi l’unica persona di cui m’importava veramente arrossire sotto le mie braccia. Avrei voluto picchiarli, tutti quanti. Sentii la rabbia salire. Di solito non ero così irascibile, ma da quando l'avevo conosciuta, cioè poche ore prima, avrei potuto fare di tutto pur di renderla felice.

Stavo per alzarmi e andare da Embry per dargli giusto quattro o cinque sberle in faccia, ma Sarah alzò il volto verso il mio, ancora intriso di rabbia, e mi sorrise. Un sorriso leggero, ma compiaciuto. Tutta la rabbia sparì, e il mio viso si illuminò, almeno credo.
Questo voleva dire che gli andava bene essere la mia fidanzata ? Lo speravo davvero.
Avrei veramente voluto saltargli addosso, ma non come intendeva Embry, l’avrei voluta riempire di baci e abbracciarla, per non lasciarla andare mai più.

Si era fatto tardi, allora mi offrii di accompagnarla a casa, e lei accettò.
Salutammo tutti e ci incamminammo verso la mia macchina. Mi venne naturale, non ci pensai nemmeno quando le presi la mano.
Sorrise, senza guardarmi, ma lo fece. Non parlammo, finche non arrivammo dove, qualche ora prima, avevo parcheggiato l’auto.
Non riuscii a stare zitto e placare la mia curiosità.

“Ma non ti è dispiaciuto prima ?” le chiesi con fare innocente, volevo chiarire le cose con lei. Volevo essere sincero e dirle che mi piaceva da impazzire, anzi, dirle che l’amavo. Avrebbe di sicuro pensato che fossi pazzo, ad amarla dopo un giorno che ci conoscevamo. Ma era questa la verità …

“Dispiaciuto per cosa ?”. Probabilmente non aveva capito la mia domanda, in effetti non l’avrei capita nemmeno io se fossi stato al suo posto.
Ok Jake, ce la puoi fare. Respira a fondo e poi dille tutto quello che provi pensai.

“Quando Embry, si insomma, ha detto che … Eri la mia fidanzata”, avevo pensato di dirglielo tutto d’un fiato e con coraggio, come un vero uomo … Ma dove ?! Me la stavo facendo sotto dalla paura, paura che non mi volesse e che potesse rifiutarmi.

“Ah, a dire il vero … No. E a te, è dispiaciuto ?” e sorrise imbarazzata. Alzò lo sguardo, e mi mostrò i suoi bellissimi occhi verdi. A quella risposta le feci un sorriso a trentadue denti. Da qualche parte riuscii a trovare quel pizzico di coraggio che mi servì per dirle quello che avevo in mente da qualche ora.

“No no, anzi. Forse mi prenderai per pazzo, ma voglio essere sincero”. Non riuscivo a trovare le parole per dirle quello che provavo, era tremendamente difficile cercare di spiegarglielo senza entrare troppo nei particolari.

“Non ti prenderei mai per pazzo, fidati” mi incoraggiò lei. Solo allora riuscii a cominciare.

“Ti volevo solo dire che, sei importante per me. Lo so che ci conosciamo solo da un giorno, ma è come se ti conoscessi da sempre. Tu mi piaci, mi piaci da morire” buttai fuori tutto. Avrei voluto dirgli tante altre cose, che ero un licantropo per esempio, ma mi sembrava troppo prematuro. Volevo prepararmi bene, sapere esattamente cosa dirle, e farlo nel modo più giusto possibile. E poi, non volevo spaventarla. La fissai intensamente negli occhi. Era felice, e questo era evidente.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma dalle sue labbra non uscì nessun suono. La vedevo così impacciata, mi faceva quasi tenerezza. Le presi il volto fra le mani, e mi avvicinai lentamente. Mi fermai a pochi centimetri dal suo viso, volevo godermi a pieno quel momento. Anche io però avevo dei limiti, e ad un certo punto non riuscii più a starle così vicino, senza muovermi.
Quindi accorciai ancora la distanza che ci divideva, fino a congiungere le mia labbra con le sue. Sembravano fatte su misura: si adattavano perfettamente l’una all’altra. Appena toccai le sue labbra carnose una scossa mi percorse la schiena.
Tutti i problemi, che fino a quel momento erano una presenza fissa nella mia testa, sparirono.
Mi lasciai trasportare dalla situazione, e quel bacio che era iniziato in modo dolce, diventò pieno di passione. Il mio braccio sinistro andò intorno al suo fianco, cingendolo. La mia mano destra si posò sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente. Lei mi lanciò le braccia al collo, alzandosi in punta di piedi per raggiungermi. Sentivo che cercava di stringermi con tutte le forze che aveva. Anche se non mi fece niente, apprezzai lo sforzo.

 Spezzai quel meraviglioso bacio solo quando non ebbi più fiato, avevo smesso di respirare appena toccate le sue labbra, i miei polmoni – per qualche strano motivo che non riuscivo ad intuire - si erano bloccati. Si rifiutavano di far entrare aria dentro il torace.
Sempre con il suo viso tra la mani, mi allontanai per guardarla meglio in faccia. Aveva gli occhi lucidi: stava per piangere. Mi prese una fitta al cuore. Speravo almeno che fosse per la gioia …
Vidi una lacrima scendere lungo le sue guance leggermente arrossite, probabilmente per l’imbarazzo.

***

Angolo della Scrittrice.

Questa volta ho deciso di aspettare un po' di più per mettere il nuovo capitolo, perchè se si legge tutto subito, non c'è neanche gusto ! (;

Ma arriviamo ai ringraziamenti ...
Grazie a ddebt e kucciolottathebest per aver aggiunto questa storia tra le preferite. E a vallinda per averla messa tra le seguite ! GRAZIE davvero. ^^
Solo un'ultima cosa, poi vi lascierò in pace, promesso ...
Volevo dire a Zanna 97 che sono davvero felice che la storia ti piaccia, spero che continuerai a seguirla ! ^^

E come sempre, aspetto consigli e suggerimenti !
Okkei, ora la faccio finita ...

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 5
*** Figuraccia ***


Ho amato fino alla follia. Ma quella che gli altri chiamano follia, per me è l'unico modo sensato di amare.

 


JACOB

La stavo ancora guardando, incerto su cosa fare. Cercai qualcosa di adatto da dire in una situazione del genere, ma non mi venne in mente niente. Non mi era mai capitato una cosa del genere, anche se non ero poi così esperto.
Per fortuna lei mi precedette.

“Scusa, sono una scema. E’ che non immagini neanche quanto sono felice …” si scusò, sembrava davvero mortificata.

“Non serve che ti scusi, se lo fai perché sei felice. Ma se lo fai perché ti dispiace, bè, in questo caso sarebbe un po’ strano” cercai di sdrammatizzare, non sopportavo vederla così. Evidentemente funzionò, perché finalmente rividi un sorriso sul suo volto, i suoi denti bianchi risplendevano sotto la luce della luna. Era ancora più bella. I nostri visi si avvicinarono nuovamente. Ci baciammo, questa volta più dolcemente.

 Non mi sarei mai dimenticato quella sera, sarebbe rimasta scolpita nella mia mente per tutto il resto della vita. Nnostante tutto, l’idea che il giorno dopo, quando mi sarei trasformato, tutti gli altri avrebbero visto quella scena m’infastidiva, volevo che rimanesse solo nostra. In certi casi odiavo queste “cose da lupi”.

Salimmo in macchina, strinsi la sua mano nella mia, e non la mollai per tutto il tragitto. Arrivammo a casa sua, o meglio di Adam, scendemmo dalla macchina e andammo verso la porta. Non avrei mai voluto salutarla, ma dovetti farlo.

“Ci vediamo domani allora ?”. La mia voce traboccava di speranza.

“Certo, cosa c’è in programma ?” mi rispose, abbastanza tranquillamente. Voleva farmi credere di stare bene, ma io potevo sentire chiaramente il suo cuore battere all’impazzata.

“Pensavo di andare in spiaggia, magari ci facciamo un bagno” le dissi. Avevo già programmato tutto molte ore prima, non volevo farmi trovare impreparato.

“Andare in spiaggia mi va bene, ma non so se sia il caso fare il bagno con questo freddo”. Era incerta, ora pensava veramente che fossi pazzo.
Quella sera faceva freddissimo per lei. Ma io sapevo – grazie i miei sensi sviluppati – che domani la temperatura si sarebbe alzata e sarebbe uscito il sole.

“Sono d’accordo, ma credo che domani ci sarà il sole” e detto questo le sorrisi, cercando di convincerla.

“Bè, allora mi fido”. Sprizzava allegria da tutti i pori, e la trasmise anche a me. Le feci un sorriso complice, e poi la salutai baciandola dolcemente. Mentre mi allontanai, andando verso la macchina, mi girai più volte per riuscire a vederla un’ultima volta. Sentivo ancora il suo odore - che mi attirava come una calamita – e non riuscivo a non girarmi.
Credevo di avere un buon controllo su me stesso quando si parlava di trasformazioni e cose del genere, ma quando si trattava di Sarah, il mio autocontrollo svaniva nel nulla.

Ero preda delle mie emozioni.

SARAH

Ci eravamo baciati. E io ero stata ferma come un baccalà, bloccata dalle mie stesse emozioni. Mi sentivo impacciata, non sapevo cosa fare mentre lui si muoveva esperto. Il cuore andava all’impazzata ed ero tutta sudata. Quando aveva allontanato il suo volto dal mio, come una scema – tanto per cambiare – mi era pure scesa una lacrima. Ma io dico: come si fa ?! Sono davvero una cretina. Devo sempre rovinare tutto, era un momento perfetto e io che faccio ? Piango. Ma erano davvero lacrime di felicità ! Jake era stato fin troppo gentile. Aveva cercato di rassicurarmi dicendomi che non c’era niente di male.
No, figuriamoci, non c’è niente di male nel mettersi a piangere quando il ragazzo che ti piace ti bacia. Tutto nella norma…

Mi accompagnò fino a casa di Adam con la sua macchina, e non mi lasciò la mano neanche per un secondo, come se avesse paura che me ne andassi. Ma dove potevo andare senza di lui ? Gli sarei rimasta accanto, se mi avesse voluto ancora dopo la figura penosa che avevo fatto. Prima di rimettersi in viaggio per tornare a casa sua, a La Push, mi baciò, questa volta molto più dolcemente.
Il giorno seguente saremo andati in spiaggia, finalmente saremo stati un po’ da soli. Avrei potuto godermi quei momenti con lui fino in fondo. Sarei stata libera di baciarlo e abbracciarlo senza sentire il brusio di sottofondo, che era stato sempre presente durante quella sera.

Guardai la macchina partire, per poi sparire nel buio della notte. Rimasi ferma lì, davanti all’entrata di casa, per un bel po'.
Ripensai a quando ci eravamo conosciuti, al mio sfogo, a come lui era riuscito ad ascoltarmi senza giudicarmi, a tutte le attenzioni che mi aveva dedicato quella sera, a come tentava di proteggermi da tutto e da tutti e poi al bacio.
Quel meraviglioso bacio.

Dopo essermi ripresa, entrai in casa cercando di fare meno rumore possibile. Le luci erano spente, probabilmente Adam stava già dormendo, in fondo era molto tardi, era normale che dormisse. Sgattaiolai fino in camera mia, mi infilai il pigiama, e andai sotto le coperte. Non mi feci neanche la doccia, sentivo ancora addosso il profumo di Jake e volevo che rimanesse lì fino a quando non l’avrei rivisto. Sentire quell'odore mi rilassava in un modo incredibile.

Ovviamente non riuscii ad addormentarmi subito, erano successe troppe cose quella sera e avevo troppi pensieri per la testa. Alla fine, però, ce la feci e fu una notte tranquilla.
Sognai Jake ovviamente, non c’era neanche bisogno di dirlo.

***

Angolo della Scrittrice.

Salve a tutti ! (:   Scusate se questo capitolo non è dei più interessanti, ma serve per andare avanti nella storia...
Adesso arriviamo ai ringraziamenti ! ^^
Grazie a eia, Kaida Seleny e morgana92 per aver messo la storia tra le seguite. Grazie grazie grazie (:
Io comunque, sto ancora aspettando i vostri pareri (;   Come faccio se no, a sapere se la storia vi piace o se c'è qualcosa da cambiare ?
Mi fareste SUPER felice ! (:

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 6
*** Giornata in spiaggia ***


Di te amo più di quanto riescano a dire
la mia parola
e la mia tristezza.

SARAH

La mattina seguente mi svegliai super rilassata, era ancora presto, quindi ebbi il tempo di fare tutto con calma. Andai in bagno, accesi l’acqua della doccia, e mi infilai sotto il getto bollente.

Prima di scegliere cosa indossare, mi affacciai alla finestra per vedere com’era il tempo fuori: c’era il sole, proprio come aveva detto Jake. Sorrisi involontariamente. Andai ad aprire la valigia – non avevo ancora avuto tempo di disfarla – e tirai fuori un paio di pantaloni corti in jeans e una canottiera grigia. Per fortuna ci avevo messo dentro anche un costume, quindi lo indossai e poi mi vestii. Andai a preparare la borsa, mettendoci dentro un asciugamano che avevo preso in prestito da Adam. Prima di scendere in cucina per fare colazione, però, ritornai in bagno. Volevo vedere in che stato erano i capelli, ricci com’erano non sapevi mai cosa aspettarti. Quel giorno per fortuna avevano deciso di stare a posto, quindi li lasciai sciolti.

Scesi le scale e un odore di frittelle m’investì. Evidentemente Adam era già sveglio e mi stava preparando la colazione.

“Buongiorno Sarah !” disse appena mi vide, era sempre gentile con tutti, aveva davvero un cuore d’oro.

“Ciao, non dovevi disturbarti a prepararmi la colazione”. Mi dispiaceva farlo sgobbare così quando avrei potuto arrangiarmi da sola.

“Ma scherzi ?! Sei mia ospite, è il minimo”. Il suo tono di voce non ammetteva repliche, quindi mi limitai ad annuire sorridendo.

“Non sei un po’ in ritardo ?” mi chiese lui mentre mi stavo ingozzando, quelle frittelle erano davvero buone !

“Come ?”. Non ero sicura di aver capito bene, io pensavo di essere anche in anticipo. Adesso erano le nove e trenta e Jake sarebbe dovuto arrivato tra minimo mezz’ora.

“Il tuo amico, Jacob, è qui fuori dalle otto. Gli ho chiesto se voleva entrare, ma ha detto che non voleva disturbare” cercò di difendersi lui.

“Cosa ?? Dalle otto ?! E perché non mi hai svegliata ?”. Per poco non mi strozzai con il boccone che avevo in bocca.

“Mi ha detto di lasciarti dormire”. Non finii nemmeno di ascoltare quello che aveva da dire, che mi ero già fiondata versp la porta. Mi fermai appena fuori, era seduto in macchina che mi guardava sorridendo.
Mi avvicinai all’auto e bussai al finestrino, lui lo abbassò.

“E così sei qua dalle otto ?” gli chiesi, fingendomi il più tranquilla possibile.

“Eh già…”. Mi sorrise, come se fosse la cosa più normale di questo mondo.

“Ma sei pazzo ?!” scoppiai “potevi almeno svegliarmi no ?” e mi misi a ridere, lui era lì che mi aspettava da due ore, mentre io avevo continuato tranquillamente a dormire.

“Mi sarebbe dispiaciuto svegliarti” si giustificò. Oh bè, se era felice lui …

“Allora, sei pronta ?” tentò di cambiare argomento, e funzionò, anche perché non vedevo l’ora di vedere la spiaggia di La Push, ma soprattutto stare insieme a Jake.

“Tu non stai bene” sussurrai mentre mi giravo e correvo verso casa per prendere la borsa, lo intravidi ridere. Salutai Adam, salii in macchina e poi partimmo.

“Quindi si va in spiaggia !” gli dissi, guardando fuori dal finestrino, dove splendeva il sole.

“Si, hai visto che ho indovinato ?”. Dal suo tono di voce si intuiva che era convinto di quello che mi aveva detto la sera prima.

“Solo fortuna” lo sminuii, non volevo dargliela vinta così facilmente.

“Ma che fortuna, è tutto talento questo !”. Non voleva arrendersi, quindi decisi di farlo contento.

“Si certo, tutto talento” cercai di fargli credere che fossi davvero convinta di quello che stavo dicendo, ma lui si accorse che non era così.

“Mi prendi pure in giro eh ?!”. Non riuscì a contenere un sorriso. “Embry ha decisamente ragione” concluse convito. Non capivo dove volesse arrivare dicendo questo.

“E che cosa dice Embry, sentiamo” gli risposi con tono di sfida.

“Dice che ho proprio una brava fidanzata” sentenziò lui, citando la frase che aveva usato Embry, la sera prima. Non riuscii a fare a meno di sorridergli, quella parola mi riempiva il cuore di gioia: fidanzata.
C’era ancora una curiosità, però, che mi attanagliava la mente, e non riuscivo più a tenergliela nascosta.

“Questo vuol dire che sono la tua fidanzata ?”. Ecco, l’avevo detto, ed ora ero pronta a subirne le conseguenze. Mi avrebbe detto di no, lo sapevo, ma me la ero andata a cercare chiedendoglielo.
Non volevo alzare lo sguardo, non ne avevo la forza, per questo mi colse di sorpresa.
Sentii le sue mani calde attorno al mio viso, e la sue labbra sulle mie. Fu un bacio dolce, perfetto in poche parole. Quando lasciò libera la mia bocca, mi sforzai di dire qualcosa.

“Lo devo prendere come un si ?” ansimai, con il respiro era ancora alterato. Non sarei mai riuscita ad abituarmi al suo contatto, ogni volta che mi sfiorava andavo in tilt: il corpo non rispondeva più al cervello. Mosse leggermente la testa su è giù, a mo’ di si. Il cuore stava per scoppiarmi nel petto da tanta gioia aveva dentro. Ero sicura che mi avrebbe rifiutato, come avevano fatto tutti i ragazzi che mi piacevano prima di lui. Ma con Jake era diverso, lui era speciale. Il rapporto che ci legava sembrava una cosa soprannaturale: nessuno di noi riusciva a stare troppo tempo senza l’altro, quando lui era felice inevitabilmente lo ero anche io. Era strano pensare a queste cose solo pochi giorni dopo che ci eravamo conosciuti, ma mi sembrava di conoscerlo da una vita. Quindi mi comportavo e pensavo di conseguenza.
La voce di Jake mi distolse da quei pensieri.

“Dai andiamo, se no arriviamo in spiaggia che è già buio”, e detto questo accese la macchina e partimmo. Come la sera precedente non lasciò la mia mano neanche mentre guidava. Non era proprio una cosa sicura da fare, ma no feci nessun tipo di obbiezione.

Arrivammo in spiaggia: era davvero un bel posto, c’era un panorama meraviglioso. La spiaggia era circondata dalle montagne, e il mare si estendeva fino all’orizzonte. Il rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia riuscivano sempre a rilassarmi, e fu così anche in quel caso. Non c’era nessuno in quel posto oltre a noi, era tutto deserto.

Scendemmo dalla macchina, Jake mi prese la mano e mi guidò verso la spiaggia. Appena ci fermammo misi giù la borsa, e cominciai a togliermi i vestiti.

“Andiamo a fare il bagno ?” chiesi, convinta che mi avrebbe detto di si, infondo era stato lui ad insistere l’altra sera.

“Aspetta, prima volevo parlarti di una cosa”. Si era incupito improvvisamente e la sua voce era preoccupata, troppo per i miei gusti. Smisi subito di slacciare il bottone dei pantaloni. La sua preoccupazione aveva contagiato anche me.

“Ok va bene, dimmi”. Si sentiva che non ero tranquilla come prima. E Jake se ne accorse.

“Non voglio farti preoccupare. Ma non è una cosa semplice da dire”, deglutì, non riusciva trovare le parole, così cercai di incoraggiarlo.

“Stai tranquillo, dimmelo e basta”, abbozzai un mezzo sorriso. Non volevo fargli capire quanto fossi agitata, era già abbastanza in difficoltà per conto suo.

“Voglio dirtelo senza tanti giri di parole. So che ti sembrerà impossibile ma io sono”. Non riuscì a finire la frase.

“Ciao ragazzi ! Che ci fate qua tutti soli ?”, la voce squillante di Seth tuonò in quel silenzio. Assieme a lui c’erano anche tutti gli altri, erano a petto nudo – come al solito - e indossavano solo un paio di pantaloncini in jeans. Stavano venendo nella nostra direzione.
No no no, ti prego, fa che vadano via subito pensai, non sarei riuscita a sopportare di stare tutta la giornata con quel peso, volevo assolutamente sapere che cosa stava per dirmi Jake.

“Ciao ragazzi” li salutò Jake. Non riuscivo a capire se la sua voce fosse sollevata o ancora più preoccupata di prima.

“Siete venuti in spiaggia e non ci avete neanche invitato ?”. Ora era Paul a parlare. Aveva sempre la battuta pronta, mi chiedevo se sarebbe mai riuscito a stare per cinque minuti serio.

“Credo che riusciremo a perdonarvi solo se ci fate stare qui con voi” continuò Paul. No, non sarebbe mai riuscito a stare serio, ne ero convinta. Senza neanche aspettare una nostra risposta, si fiondarono in acqua.

“Che fate ancora là ? Muovetevi, l’acqua è caldissima !” ci invitò Jared.

“Continueremo il nostro discorso dopo” cercò di convincermi Jake.

"Te lo prometto” continuò vedendo che non era riuscito nel suo intento.
Non potevo non fidarmi di lui, quindi mi tolsi i vestiti, gli presi la mano e insieme raggiungemmo gli altri in acqua.

***

Angolo della Scrittrice.

Siamo nel 2010 ! Bè buon anno a tutti ! (:

Ora però bisogna ringraziare (:
Grazie a Mometta_Cullen e a Niki_CuLLen_ per aver aggiunto la storia tra le preferite, e grazie a sole a mezzanotte per averla messa tra le seguite ! E grazie a tutti quelli che l'hanno anche solo letta...
Spero di leggere presto i vostri pareri, anche se non sono postivi ! (;

Alla prossima ! (:

Tedda.

 

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Capitolo 7
*** Incontro spiacevole ***


Amare significa pensare intensamente a qualcuno, dimenticando sé stessi.
J. Morrison



SARAH

Jared aveva proprio ragione, l'acqua era davvero calda, o forse era solo la vicinanza di Jake – che era sempre bollente – a non farmi avvertire freddo.

La giornata passò tranquilla, stemmo per un’ora buona in acqua, poi uscimmo e ci stendemmo a prendere il sole. Cercai di dimenticare il discorso che aveva cominciato Jake prima, mettendolo in un angolo della mente. Ma non mi voleva proprio lasciare, ogni volta che cominciavo davvero a divertirmi, ritornava a martellarmi in testa.

Diventò presto buio, quindi fummo costretti ad andare via. Gli altri ragazzi in tre secondo erano già pronti, ci salutarono e andarono via, mentre io mi stavo ancora preparando.
Ma come facevano a fare tutto così velocemente ? Bah…
Jake – gentile come al solito – aspettò pazientemente che fossi pronta, e poi ci incamminammo verso la macchina. Faceva molto più freddo di quel pomeriggio, e io come al solito non mi ero portata la felpa. Ma naturalmente ci aveva pensato Jake, me la porse e io la infilai ringraziandolo, era la stessa maglia della sera prima.

“Ma come fai a non avere mai freddo ?”. Cercavo di prendere un po’ di tempo, volevo sapere cosa voleva dirmi, ma non ero sicura di essere pronta. Sapevo che non era una cosa bella, se no non si sarebbe così incupito mentre cercava di dirmelo, e in quel momento era tutto così perfetto, non volevo che niente e nessuno arrivasse a rovinarlo. Aspettai una sua risposta, che non arrivò. Lo guardai per cercare di capire il motivo del ritardo nella sua risposta.
Il suo volto fissava un punto preciso nel bosco, lo sguardo assente e il naso quasi arricciato. Mi girai nella direzione in cui stava guardando, per tentare di capire che cosa ci fosse, ma non vidi niente.
Sentii le sue braccia cominciare a tremare.

“Jake, cosa c’è ?” chiesi, non tentai neanche di mascherare la mia preoccupazione, tanto non ci sarei riuscita. Il mio sguardo andava, sempre più freneticamente, da Jake al punto in cui lui stavo guardando, ma continuavo a non vedere niente.

“Resta dietro di me”. La sua voce era dura e fredda, non lo avevo mai sentito così, era davvero spaventosa. Un brivido mi percorse tutto il corpo.
Le sue potenti braccia mi spinsero dietro la sua schiena, era talmente grosso che mi copriva completamente.
Sporsi la testa per tentare di capire cosa stesse succedendo dall’altra parte e fu lì che li vidi: due occhi rossi come il sangue ci fissavano, o meglio, mi fissavano. Sotto la luce della luna riuscii a intravedere solo l’ombra di quella specie di persona, sembrava un uomo.
Lentamente, e a piccoli passi, si stava avvicinando, e più era vicino più lo vedevo bene.
Ora ero sicura fosse un uomo, ma quegli occhi tradivano le sue sembianze: erano di un colore assurdo, impossibile per un essere umano. Non li avevo mai visti di una tonalità del genere, erano terrorizzanti.
Un forte ringhio spezzò il silenzio della foresta, sembrava di un animale. Aguzzai le orecchie, tentando di capire da dove provenisse quello strano suono, e lì mi accorsi che usciva dal petto di Jake.
Ma com’era possibile ? Non poteva uscire da un uomo questa specie di ringhio, eppure veniva proprio da lui, ne ero sicura.
Ora si che ero davvero spaventata.

“Jake” sussurrai. Dalla mia bocca non uscì nessun'altra parola, speravo mi dicesse qualcosa per tranquillizzarmi - come faceva quando mi vedeva spaventata - ma non rispose nulla.
Il ringhio divenne ancora più forte.
Sentii le sue mani calde spingermi ancora più indietro, tentai di porre resistenza, ma lui era troppo forte, quindi arretrai.

“Resta indietro” ripetè, finalmente sentivo di nuovo la sua voce, anche se avrei poreferito non sentirla così dura e preoccupata. Più che un’affermazione sembrava un ordine ed io non ribattei, indietreggiai ancora di qualche passo.
Ma che cosa voleva fare Jake ? Se solo quella specie di uomo gli avesse fatto qualcosa… Non riuscivo nemmeno a pensarci, rimossi a forza quel pensiero. Non poteva succedergli qualcosa, non doveva succedere.
Vidi la figura di Jake tremare e diventare sempre più indefinita, fino a quando i suoi vestiti scoppiarono. Jake non c’era più, al suo posto era apparso un lupo dal pelo rossiccio. Non era un lupo di taglia normale, era davvero enorme, alto come un cavallo, se non di più.
Lo stesso ringhio che prima stava uscendo dal petto di Jake, ora usciva dal petto di quel lupo. Iniziavo a non capire più niente, stavo sicuramente impazzendo.
Intanto “l’uomo” davanti al lupo, si era avvicinato ancora di più. Non riuscii a trattenere un gemito, la paura era troppa, ormai insopportabile. Il lupo si girò di scatto verso di me. Avrei  davvero dovuto essere  spaventata da quell'animale enorme, ma non lo ero affatto.
I suoi occhi erano uguali a quelli di Jake: scuri e profondi. E rivedere in lui lo stesso sguardo di Jake riuscì – anche se solo per un secondo – a tranquillizzarmi. I suoi occhi però, erano pieni di preoccupazione.

Senza che potessi nemmeno accorgermene, l'uomo dagli occhi rossi, che era ancora davanti al lupo, gli si buttò addosso. Lo alzò di peso e lo scagliò addosso al tronco di un albero. Sentii una fitta al cuore vedendo l’animale accasciarsi al suolo, gemendo.
In quel momento assurdo, per qualche strano motivo, il mio cervello continuava a funzionare e una domanda mi sorse spontanea: come aveva fatto a sollevarlo così facilmente ?! Doveva avere una forza straordinaria, se non sovrumana.
Messo KO il lupo, l’uomo cominciò ad avvicinarsi, solo pochi metri ci dividevano. Non riuscivo più a respirare, ero troppo spaventata. Neanche in un secondo quella specie di persona, mi raggiunse.
Era vicina, troppo vicina. Potevo sentire il suo respiro in faccia. Non era caldo come quello di Jake, era gelido, così freddo che mi fece rabbrividire.
Alzò entrambe le mani e le mise intorno al mio viso, erano ancora più fredde del respiro e a quel contatto un’altra serie di brividi mi percorsero il corpo. Inspirò profondamente, e i suoi occhi diventarono ancora più rossi. Aprì la bocca in un sorriso, mostrandomi i denti, splendenti sotto la luce della luna, e si avvicinò ancora di più.
Chiusi gli occhi, convinta che mi avrebbe ucciso...

 

***

Angolo della Scrittrice.

Visto che gli ultimi due capitoli non erano il massimo dell'interesse, ho deciso di aggiungere subito questo, che è decisamente meglio !
Almeno spero ... (;

Ringrazio Desyree92 per aver messo la storia tra le seguite,
e anche tutti quelli che l'hanno letta !
GRAZIEE (:

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 8
*** Sempre così debole ***


Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l'aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
P. Neruda




SARAH

Io lo fissavo spaventata e lui mi guardava come se stesse ammirando qualcosa di stupendo. E intanto la paura saliva sempre di più.
All’improvviso riapparse di nuovo quel ringhio, lo stesso che avevo sentito provenire da Jake, solo che questa volta era decisamente più forte. Aprii leggermente gli occhi per capire cosa stesse succedendo: ora l’uomo mi dava le spalle, davanti a lui c’erano sei lupi, grossi come quello rossiccio ma tutti di colori diversi. Erano in posizione d’attacco e ringhiavano, ma non a me. Fissavano intensamente l'uomo che mi stava davanti.
Feci appena in tempo a vedere l’uomo correre via alla velocità della luce, sparendo in mezzo ai boschi nel buio della notte, dopodichè i lupi fecero lo stesso.
Un attimo prima quel posto era pieno di strani personaggi ed ora ero rimasta sola, stavo tremando sempre di più per la paura.
Volevo correre, andare via immediatamente da quel posto, ma i miei piedi sembravano ancorati a terra.
Solo in quel momento mi ricordai del lupo rossiccio accasciato sotto l’albero, lo cercai freneticamente con lo sguardo, guardando vicino ad ogni tronco, ma non trovai nessun lupo.
Ora sotto un albero c’era solo Jake.

“Jake” sussurrai con la voce piena di terrore, ma non per quello che mi avrebbe potuto fare l'uomo che era scappato nei boschi, ma per quello che poteva essere successo a Jake. Al solo pensiero che potesse essersi ferito, gli occhi mi diventarono lucidi, avevo la vista offuscata a causa delle lacrime che mi riempivano gli occhi, ma non mi importava, ora volevo solo andare da Jak. Gli corsi incontro e in poco tempo gli fui accanto.
Mi accucciai vicino a lui, accarezzandogli dolcemente la guancia, cercando di essere il più delicata possibile per evitare di fargli ulteriormente male.
Le lacrime cominciarono a scendere lungo il mio viso, bagnandomi le guance e il respiro si fece affannoso, ero davvero terrorizzata. L’immagine degli occhi di quell'uomo continuavano a ronzarmi in testa e vedere Jake accasciato a terra, immobile, non mi aiutava affatto.
Cominciai a singhiozzare, talmente forte che a un certo punto non riuscii più a respirare. Mi misi una mano sul costato, sperando di far tornare regolare il respiro – anche se inutilmente – e cercai di calmarmi.

“Tranquilla, sto bene”, fu Jake a parlare. La sua voce era più debole di un sussurro, se non ci fosse stato un silenzio così assoluto in quel momento non sarei riuscita a sentirlo. Ma almeno sapevo che era ancora vivo e - per quanto mi sembrasse impossibile - stava bene. E questo riuscì, in parte, a calmarmi.

“Come fai a dire che stai bene ?”. La mia voce era spezzata dai singhiozzi, feci fatica anche io a capire quello che stavo dicendo.
Una mano si posò sulla mia spalla. Mi girai di scatto, ancora più spaventata di prima al pensiero che potesse essere tornato l’uomo, questa volta davvero pronto ad uccidermi.
Ma, fortunatamente, era Sam. Mi tranquillizzai alla vista di quel volto così saggio e ora, più calmo che mai. Sul suo viso era accennato un sorriso, ma come faceva a stare così sereno ?! Forse lui sapeva chi era quell'uomo, cosa voleva e che cosa andava fatto adesso. Ci speravo veramente, ma speravo ancora di più che lo facesse, perché io mi stavo veramente facendo prendere dal panico.

“Dobbiamo andare” disse rivolgendosi a me. Pensai di aver sentito male, quelle parole mi sembravano assurde in quel momento, cominciavo a non capire più niente. Mi sembrava tutto surreale: l'uomo dagli occhi rossi, i lupi, ma soprattutto quello di colore rossiccio, che ora era sparito laciando il posto a Jake.
E intanto Jake era ancora lì, steso sotto l’albero. E Sam se ne voleva andare ? Ma come poteva fargli una cosa del genere ?

“Ma sei impazzito ?! Vorresti lasciarlo qua ? Ma che razza di amico sei ?! Dovresti vergognarti, ecco cosa. Non ci penso nemmeno a venire con te, ma tu torna pure a casa se vuoi, io rimango qua con Jake !”. Quella raffica di parole uscì dalla mia bocca senza nemmeno una pausa. Stavo farneticando, volevo dire tantissime cose, e tutte in un solo momento. Solo che il risultato non era dei migliori.
Io, a differenza sua, non avrei mai potuto lasciarlo là.
Mi girai di nuovo verso Jake, dando così le spalle a Sam e vidi che lui si stava alzando tranquillamente.

“Ma che fai ?” gli chiesi scioccata e i singhiozzi, che si erano fermati, ripartirono.

“Ti ripeto che sto bene. Ora dobbiamo solo andarcene”.Lla sua voce era preoccupata, ma anche un po’ scocciata, come se gli desse fastidio che mi preoccupassi così tanto per lui. Forse non voleva pensassi che non era in grado di cavarsela da solo, ma a me non me ne importava niente di tutte quelle cavolate, io volevo solo che stesse bene. Non riuscivo ancora, però, a capire se era in pensiero per me o se aveva paura che quell'uomo potesse tornare.
I singhiozzi e le lacrime aumentarono a dismisura, erano talmente tanti che mi impedirono, per la seconda volta, di respirare.
Jake era già in piedi, mentre io ero ancora accasciata a terra. Non riuscivo proprio ad alzarmi, la paura mi bloccava. Avrei veramente voluto andarmene da quel posto, ma sembrava che tutte le forze che avevo in corpo fossero sparite improvvisamente. Jake capì che non ce l’avrei fatta ad alzarmi, allora si abbassò e mi prese in braccio. Mi alzò senza il minimo sforzo, nonostante poco prima l’avessero sbattuto contro un albero. Avrei dovuto essere io quella che lo aiutava ad alzarsi e non il contrario.
Non mi piaceva apparire sempre così debole, come se non sapessi affrontare nulla, come se la mia vita fosse sempre stata una passeggiata, anche se io sapevo che non era stato affatto così.
Ma non mi preoccupavo in quel momento, mi fidavo completamente di Jake, come non avevo mai fatto con nessuno e sapevo che lui mi accettava così com’ero: con tutti i miei pregi, ma soprattutto con i miei difetti, e questo mi faceva sempre sentire al sicuro quando ero con lui, potevo essere semplicemente me stessa, senza temere che lui mi giudicasse.

“Tranquilla, stai tranquilla. E’ tutto finito. Ora ti porto a casa” cercò di tranquillizzarmi lui. La sua voce era tornata normale, anzi, era anche più dolce del solito. Mi strinse al suo petto caldo e mi baciò dolcemente la fronte. Sentirlo vicino mi permise finalmente di ricominciare a respirare regolarmente.
E appena fui in grado di parlare gli risposi.

“No non voglio andare  a casa, non voglio rimanere da sola. Resta con me, ti prego”. La mia non era una richiesta, era una supplica. Non sarei riuscita a stare da sola in quel momento, sarei sicuramente impazzita.
Avevo bisogno di lui, ora più che mai.

“Rimarrò con te, te lo prometto”. Mi strinse ancora di più, come se volesse proteggermi da qualsiasi altro pericolo. Sentivo, però, qualcosa di strano nella sua voce, qualcosa che gli dava fastidio.
Lasciai perdere quei pensieri, credendo che fosse solamente una mia sensazione.
Gli misi le braccia intorno al collo, appoggiai la testa nell’incavo della sua spalla e rimasi lì, in silenzio.
Piano piano persi i sensi, sprofondando nel sonno. Il caldo che Jake emanava era un invito troppo forte ad addormentarsi, ed io non riuscii a resistere.

 

***

Angolo della (triste) Scrittrice.

Si, sono triste ):    Non c'è nessuno che mi dice come trova questa storia, evidentemente non piace molto.
Infatti non sono sicura di continuare a pubblicarla ...

Ringrazio comunque fabiolita per averla messa tra le preferite, e nerry, SaryKrum Ianevski e YesYes per averla messa tra le seguite ! ^^
Grazie anche a chi l'ha letta. E fatevi sentire, vorrei almeno sapere se vi piace ! (;

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 9
*** Un po' di spiegazioni ***


Per chi intraprende cose belle, é bello soffrire, qualsiasi cosa gli tocchi .
Platone

JACOB

Non ero riuscito a proteggerla, mi ero fatto buttare contro un albero. Che schiappa ..
Ma il peggio era che ero rimasto lì, inerme. Volevo alzarmi, dovevo farlo. Ma per quanto cercassi le forze necessarie, non riuscivo a trovarle.
E intanto lei era là, tra le mani di quello schifoso succhiasangue.
Grazie al cielo erano arrivati gli altri, se non ci fossero stati loro …
Non osavo nemmeno immaginarlo. Non sarei mai riuscito a perdonare me stesso per quello che avevo fatto, o meglio, non fatto.

“Ti rendi conto che sarebbe potuta” non volevo neanche pronunciare quella parola, ma lo feci “morire” sputai con tutta la frustrazione che sentivo in quel momento.

“Ma non è successo, e non devi colpevolizzarti per qualcosa che non è accaduto” la voce saggia di Sam riusciva sempre a tranquillizzarmi, ma non ora.

“Ma se non ci foste stati voi, ora lei non sarebbe di là a dormire …” dissi, puntando lo sguardo sulla porta della mia camera.
Non sarei mai riuscito a dimenticare gli occhi di quel bastardo, mentre le teneva il viso tra le mani.
Erano bramosi, bramosi del suo sangue. Rabbrividii solo pensandoci.

“Ora basta, smettila di darti la colpa !” la voce da alfa di Sam non ammetteva repliche.
A volte le “gerarchie” del branco mi davano davvero sui nervi. Adesso non potevo neanche provare quello che volevo ?
Non mi andava proprio di fare tutto quello che mi diceva lui.

“Torno di là” borbottai, mentre mi avviavo in camera mia, dove lei stava ancora dormendo.
Quando si sarebbe svegliata le avrei dovuto dare alcune spiegazioni, ma immaginavo che avesse già capito quasi tutto. Era una ragazza davvero perspicace.
Ma questo non bastava a placare tutte le mie preoccupazioni e le mie paure.
Temevo che dopo aver avuto la conferma di quello che ero veramente, si sarebbe spaventata …
E infondo sarebbe stato assolutamente ragionevole, per una persona normale, aver paura di un licantropo.
Di una persona che non sarebbe mai potuta essere totalmente affidabile, sarebbe potuto bastare un piccolo gesto o una frase sbagliata al momento sbagliato, per farmi perdere la pazienza e farmi arrabbiare.
Sarebbe potuto succedere un disastro, avrei potuto farle del male …
No no no, al solo pensiero mi innervosii, quindi dovetti rimuoverlo a forza dalla mia mente.
Non l’avrei nemmeno sfiorata, non le avrei mai torto un solo capello.
Sarei riuscito a calmarmi, nella remota possibilità che fosse accaduto, ne ero certo.
Lei era più importante della mia stessa vita, ormai senza di lei la mia esistenza non aveva più senso.
Dipendevo da lei e lei da me, o almeno, speravo continuasse a farlo anche dopo quello che era successo.

SARAH

L’uomo avanzava verso di me, l’unica cosa che riuscivo a vedere, in quel buio totale, erano i suoi occhi: rossi come il sangue.
In pochi secondi lo ritrovai a pochi metri da me, si avvicinava sempre di più, con passo lento.
Questa sua lentezza faceva salire ancora di più la mia paura, e il cuore cominciò a battere all’impazzata.

“No no no, stammi lontano !” gli urlai contro, ero terrorizzata.

Una mano calda mi si posò sulla guancia, e lì mi svegliai, urlando.
Mi sembrava che il cuore si fosse fermato per un momento, ma ripartì appena lo vidi …
Era seduto sul bordo del letto, le sue mani bollenti erano intorno al mio viso.
Jake era ancora una volta al mio fianco, sempre pronto ad aiutarmi nei momenti difficili.

“Ehi ehi, era solo un incubo” la sua voce era tranquilla, anche se gli occhi erano pieni di preoccupazione ed ansia, ma cercava di non farlo vedere per non farmi agitare ancora di più.
Mi rilassai nel momento stesso in cui lo sentii parlare, la sua voce aveva quasi un potere magico su di me: riusciva sempre e comunque a rilassarmi.
Stemmo un po’ in silenzio, perdendoci l’uno negli occhi dell’altro, parlavano meglio di qualsiasi altra parola.
Sarei potuta rimanere così per tutto il giorno, non mi serviva nient’altro oltre a lui. Quando eravamo insieme mi sentivo completa.
Quel giorno avevo veramente temuto di perderlo, vederlo in quello stato mi aveva terrorizzata.
Però mi sembrò che stesse bene, nonostante la preoccupazione che gli si poteva leggere negli occhi.
Ad un certo punto lui spezzò il silenzio.

“Mi sa che ti devo qualche spiegazione” mi guardava dritto negli occhi, si vedeva che non ce la faceva più a mentire su chi era veramente, a tenersi tutto dentro.

“Direi di si” abbassai lo sguardo, non ero sicura di volerlo sapere, ma ero certa che qualsiasi cosa mi avesse detto, l’avrei accettata comunque, senza neanche pensarci.
Non potevo vivere senza di lui.

“Hai presente il discorso che avevo cominciato prima in spiaggia ?” i suoi occhi traboccavano di speranza, non voleva ricominciare tutto da capo.
Per fortuna era tutto perfettamente scolpito nella mia mente. Quel pomeriggio in spiaggia cercai di dimenticarlo, ma nonostante tutta la mia buona volontà non riuscii a farlo.

“Certo” la mia voce tremante fece trasparire tutta la mia preoccupazione.

“Ecco. Come ti avevo detto, voglio dirtelo senza troppi giri di parole, anche se dopo quello che è successo sta sera lo avrai già capito da te … Si insomma, io sono un licantropo” sembrò liberarsi da un peso, che da troppo tempo ormai, gravava sulle sue spalle.
Tirò quasi un sospiro di sollievo, e la sua espressione si tranquillizzò leggermente.
Se me lo avesse detto quel pomeriggio sarei rimasta un po’ scioccata, ma dopo tutto quello che era accaduto mi immaginavo qualcosa di simile .
Nonostante tutto, non riuscivo a capire ancora una cosa.

“Questo lo avevo intuito, ma volevo sapere il perché. Cioè, voglio dire, come mai esistete ?” non sapevo se l’ultima parola fosse esatta, magari si sarebbe offeso.
Ma quella era l’unica espressione che mi venne in mente al momento, ed ero troppo stanca per sforzarmi di trovare un altro modo per dirglielo.

“Per proteggere tutti voi” sembrava quasi felice, forse grazie alla mia reazione, direi abbastanza tranquilla.
Forse si aspettava che avrei sgranato gli occhi, spalancato la bocca e sarei rimasta a fissarlo incredulo, ma questo genere di scenate non era da me.
Avevo un carattere decisamente tranquillo.

“Proteggerci da chi ?” e appena ebbi finito la frase, mi si accese una lampadina nel cervello “oh, da quella specie di uomo. Vero ?” al ricordo di quella persona rabbrividii.
Mi ripassò in mente tutta la scena.
Anche se sapevo che non mi avrebbe più potuto fare del male, quel uomo mi terrorizzava ancora.
Volevo solo dimenticarmi quello che era successo poche ore prima. Volevo metterlo in un angolo della mente, e non tirarlo fuori mai più.
Volevo andare avanti.

“Esatto, quello lì” anche la sua voce era diventata dura.
Ma, a differenza mia, non sembrava spaventato, solo pieno di rabbia al ricordo.

“Ma che cos’era ?” riuscii a dire solo questo, avevo ancora stampato in mente quegli occhi rossi come il sangue e il respiro gelido…
Un altro brivido mi percorse la schiena.

“Bè, era … un vampiro” sputò fuori quella parola con disprezzo.
No, non era spaventato.
Era arrabbiato, macche arrabbiato, era incazzato nero con quel vampiro – mi fece uno strano effetto pensare a quella parola – lo avrebbe voluto uccidere, avrebbe voluto vendicarsi per quello che aveva cercato di farmi, ci avrei scommesso.

“Un va-vampiro ?” la mia voce era incredula.
Non era possibile, erano esseri immaginari, credevo esistessero solo nei libri e nei film, ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso.
Mi fermai un istante, rimisi in ordine le idee e ci riflettei per un attimo.
In quel momento io stavo tenendo la mano a un licantropo e non volevo accettare l’esistenza dei vampiri ?
Sarei stata un po’ ipocrita, non se non di più…

 

***

Angolo della Scrittrice.

Mi dispiace tantissimo per averci messo così tanto a mettere questo capitolo. Spero mi perdonerete ! (;
Il fatto è che tra la scuola che è ricominciata e cose varie, sono stata super impegnata.
Ma a parte questo, sono davvero felice: ci sono state 4 recensioni !!! (: Forse per altre persone non sarà così entusiasmante
ma per significa molto ! ^^

Ringrazio fata93, fracullen, francy_m85 e kirej per aver aggiunto la storia alle seguite. E Mary96twilight per averla messa tra le preferite ! ^^

Ed ora posso finalmente rispondere alle recensioni XD :
Niki_CuLLen_ = ma vaaaa, non ti devi scusare per non aver recensito prima !! Anzi, grazie per averlo fatto. Sono davvero felicissima che ti piaccia, e poi sono daccordo con te, Jacob è dolcissimo ^^ Spero continuerai a seguire la storia ! Bacii XD
kucciolottathebest = oooh che bello, qualcuno che dice che scrivo bene !! GRAZIE ^^. Ma sono più felice che ti piaccia la storia, e grazie per la recensione .. Spero continuerai a seguirla ! [:
kirej = ti dico che ho deciso di continuarla ^^ Comunque, sono felice che la storia ti piaccia !! XD
SaryKrum Ianevski = traaanquilla ^^ Andrò avanti con questa storia e sono contenta che ti piaccia ! [:

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 10
*** Un po' di spiegazioni - 2 parte ***


Camminerò e volerò con te,
io e te soli con le nostre illusioni,
coi nostri pensieri, coi nostri amori.

 



SARAH

Eravamo ancora seduti sul suo letto, stava continuando a spiegarmi un po' di più sul suo mondo.

“Ora ti capirei benissimo se non volessi vedermi più” la sua voce era cambiata, ora era piena di malinconia.
Mi si riempì il cuore di tristezza nel vederlo così, volevo vederlo felice, volevo vederlo sorridere.
Nonostante la tristezza però, in fondo ne fui anche un po’ felice, voleva dire che lui a me ci teneva, o almeno così sembrava.
Non voleva perdermi, ma a me non passava neanche per la mente di andarmene. Lui era tutto per me, forse non lo aveva ancora capito.
Volevo spiegargli bene come stavano le cose, in modo che non avesse più l’occasione di dubitare dei miei sentimenti.

“Ascoltami bene, perché non voglio sentirti dire mai più certe cose. Io non potrei mai, mai vivere senza di te, ora che ti ho conosciuto non ti libererai di me tanto facilmente. Che sia chiaro …” cercai di essere concisa e diretta, per non dargli la possibilità di replicare.

“Grazie” fu la sua risposta. Solo questo.

“E per cosa ?” la mia voce era perplessa, non capivo veramente cosa intendesse.
Mi stava ringraziando per … Non mi venne in mente nessun motivo valido per ringraziarmi, in fondo avrei dovuto essere io a farlo.
Se non ci fossero stati lui e i suoi amici poco prima, non sarei stata lì in quel momento.
No, non era lui che doveva ringraziarmi.

“Grazie perché hai accettato quello che sono, poche persone lo avrebbero fatto” aveva quasi gli occhi lucidi, almeno così mi sembrò, ma non pianse.
Mi era davvero grato, ma come poteva anche solo pensare che non lo avrei accettato ? Era veramente pazzo.

“C’è un’altra cosa che ti devo dire” continuò lui.
Lo guardai aspettando che continuasse, ormai niente avrebbe più potuto spaventarmi.
Avrei potuto affrontare tutto, se c’era Jake al mio fianco.
Mi sentivo forte, e più felice che mai.
Niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento.

“Nella nostra specie” pronunciò questa parola con una certa insicurezza “esiste un fenomeno particolare. In pratica quando incontri la persona giusta, la tua anima gemella se così si può dire, abbiamo l’Imprinting. E’ una specie di colpo di fulmine, ma cento volte più forte. E’ come uno spostamento di gravità, basta guardarla per un attimo negli occhi, e niente, mai e poi mai, sarà più importante di lei. In un istante ci si rende conto di potersi trasformare in tutto ciò di cui lei ha bisogno, che sia un protettore, un fratello, un amico o un amante” e per l’ennesima volta sembrò liberarsi di un peso.
Ci ragionai un attimo sopra, per metabolizzare bene questa ennesima novità. La trovavo una cosa veramente romantica. Bastava guardarla per capire che era lei quella giusta, le saresti stato devoto per tutta la vita. Era una cosa meravigliosa.

“Wow, ma perché me ne parli ?” non riuscivo a capire – che novità – il perché me lo stesse dicendo, in fondo che cosa centravo io ?

“E’ semplice, perché io l’ho avuto con te …” me lo disse molto tranquillamente, come se fosse la cosa più semplice e ovvia del mondo.
Sbattei le palpebre un paio di volte e rimasi a fissarlo per qualche minuto, un po’ scioccata.

“Tu, hai avuto l’Imprinting, con m-me ?” scandii le parole, per farmele entrare in testa, e magari cominciare a credere a quello che avevo appena sentito.

“Esatto, proprio con te …” mi disse soddisfatto “perché, ti dispiace ?” era una domanda retorica, sapeva benissimo che non poteva essere così, che era una cosa che mi rendeva più felice che mai.

“Assolutamente no, anzi !” la mia voce esprimeva al cento per cento la mia gioia.
Ridemmo tutti e due …
Mi prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo per baciarmi.
Come al solito il cuore impazzì, batteva talmente veloce che ormai non lo sentivo più.
Non mi sarei mai abituata alle sue calde labbra. Ogni volta che mi sfioravano mi sembrava di essere in paradiso, non poteva esserci niente di meglio.

“Ti amo” mi disse solo questo, allontanando leggermente il suo viso dal mio.
Alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi meravigliosi, scuri e pieni d’amore.
In quel momento mi sentii arrossire.

“Ti amo anch’io …” queste parole uscirono dal cuore.
Lo amavo veramente, con tutta me stessa. Non avevo mai provato quel sentimento per nessuno, e mai lo avrei provato per qualcun altro, che non fosse Jake.
Buttai l’occhio sulla piccola sveglia che era sul comodino vicino al letto.
Tra tutte quelle emozioni non mi ero resa conto di che ore erano: le tre e mezza di notte.
Le tre e mezza ?? Oddio, Adam di sicuro sarebbe stato in pensiero.

“Devo tornare subito a casa, Adam sarà incazzato nero ma soprattutto preoccupato !” mi stavo alzando dal letto ma sentii le mani di Jake afferrarmi per i polsi, bloccandomi.

“Ma che fai ? Devo andare !” mi girai per guardarlo e capire cosa volesse fare, e lo vidi ridere “ti stai divertendo ?” chiesi un po’ scocciata.

“Si, molto” e ricominciò a ridere di gusto “ho chiamato io Adam mentre dormivi, e gli ho detto che avevi incontrato una tua vecchia amica, e ti fermavi a dormire da lei” riusciva sempre a pensare a tutto.
Lo amavo anche per questo …

“Ah, quindi dormo qua con te ?” mi finsi indifferente, anche se dentro di me ero contentissima.
E intanto mi risedetti sul letto di fianco a lui.

“Si” mi rispose sorridendo, sembrava ancora più entusiasta di me.
Mi distesi nuovamente di fianco a Jake, lui mise il suo braccio intorno alle mie spalle, e io mi appoggiai a lui.
Il suo profumo m’invase, adoravo quel odore, sin dalla prima volta che l’avevo sentito.
Dopo un po’ mi addormentai, cercai con tutte le forze di non farlo, volevo godermi quei momenti insieme a lui, ma la stanchezza prese il sopravvento.
Erano successe così tante cose quel giorno …
Ora sapevo che Jake ci sarebbe sempre stato per me, anche perché non aveva scelta.
E questo pensiero mi fece spuntare sul volto un sorriso.
C’era, però, una domanda che mi ronzava in testa fastidiosa, non avevo avuto il coraggio di chiederglielo perché me ne vergognavo un po’, così preferii tenermela per me.
Però per quanto volessi scordarla non ci riuscivo, era una di quello domande che arrivano nel momento più sbagliato, a guastarti la festa.
Se non fosse esistito l’Imprinting, Jake si sarebbe ugualmente innamorato di me ?
Se non fosse esistito, sarebbe stato lo stesso vicino a me in quel momento ?
Se non fosse esistito, invece di piacergli avrei potuto stargli antipatica.
Gli avrebbero potuto dare fastidio tutte le mie insicurezze, il mio bisogno costante di sentirmi protetta, l’ansia che prendeva il sopravvento quando ero agitata e la mia quasi assurda timidezza.
Non gli sarebbero potute piacere le leggere lentiggini che avevo sotto gli occhi, le unghie tutte rovinate a causa del mio stupido vizio di morderle, le fossette che apparivano sul mio volto quando ridevo.
Tutte quelle piccole cose che o si amano o si odiano.
Forse lui non voleva stare con me, forse lo faceva solo perchp questo strano Imprinting glielo imponeva. Magari quello che veramente voleva non ero io.
Ma non ci volevo pensare, quelle insicurezze non dovevano assalirmi, non volevo lo facessero.
Troppo volte non avevo vissuto a pieno la mia vita, troppe volte mi ero lasciata scappare piccoli momenti di felicità che servono per essere sereni fino in fondo.
Ma volevo cambiare, ero veramente intenzionata a cominciare a vivere, a farlo veramente, e mettere da parte le mie insicurezze era il primo passo per farlo.
Sapevo di poter essere felice insieme a Jake, grazie a lui avevo superato un momento della mia vita in cui non mi fidavo più di nessuno, in cui mi ero chiusa in me stessa, come fanno i ricci.
Ma lui era arrivato e in pochissimo tempo era riuscito a farmi mettere da parte tutta la tristezza, grazie alla sua solarità, così contagiosa.
Si, potevo davvero essere felice insieme a lui.

***

 

 

Angolo della Scrittrice.

Salve a tutti ! (:
Spero davvero di essere riuscita a spiegare bene l'Imprinting ...
Questa volta ho cercato di accorciare i tempi, e penso che si sia notato ! (;
L'ultima volta mi sono dimenticata di fare una cosa, quindi l'ha faccio adesso: voglio ringraziare VERAMENTE francy_m85 per avermi messo tra gli autori preferiti ! XD
Sono felicissimaaaa !!

E ora rispondo alle recensioni (che bello poterlo fare !)
kucciolottathebest = hai visto ? Questa volta ci ho messo decisamente meno a postare .. ^^ Spero che il capitolo ti sia piaciuto, e spero continuerai a seguirla ! (: Baci !
volpessa22 = bè, c'è sempre una prima volta no ?! ^^ Ma sono felice che sia questa storia la prima che leggi che non sia Edward/Bella .. Hahah, che soddisfazione !(: Comunque, sono contenta che ti piaccia. Spero davvero che ti sia piaciuto anche questo capitolo e che continuerai a seguirla ! XD Bacii !

E con questo ho finito, spero di sentire qualche parere sulla storia.
Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 11
*** Presentazioni ufficiali ***


T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio
P. Neruda

 

JACOB

Proprio come speravo, non fu molto difficile dirle tutto. L’unica cosa che mi creò un po’ di difficoltà fu spiegarle l’Imprinting. Non era affatto una cosa semplice da dire a parole, ci si poteva rendere conto di quanto fosse potente solo quando lo avevi con qualcuno.
All’inizio sembrò non crederci, ma poi vidi i suoi occhi riempirsi di felicità quando si rese conto che non la stavo prendendo in giro. L’amavo, dal primo momento in cui l’avevo vista e ogni giorno di più.

Le settimane successive passarono molto tranquille, ma furono le più felici della mia vita. Passai praticamente tutto il tempo con Sarah, tra La Push e casa sua.
Billy mi assillava da un sacco di tempo: la voleva conoscere. Voleva conoscere la ragazza che mi aveva fatto uscire dalla fissazione per Bella, la ragazza che mi aveva reso così felice, la persona che ora, era la più importante, anche più della mia stessa vita.
All’inizio non ero molto entusiasta alll’idea, mio padre a volte riusciva a essere davvero imbarazzante. Che razza di padre sarebbe stato altrimenti ?!
Comunque alla fine mi lasciai convincere. Un pomeriggio, mentre stavo guardando la TV insieme a mio padre, lui tentò per l’ennesima volta di convincermi.

“Allora Jake, quando mi farai conoscere questa ragazza così speciale ?”. Si vedeva che aveva veramente voglia di conoscerla.

“Eddai papà! Come ti ho già detto un sacco di volte, quando sarà il momento vi conoscerete”. Mi sembravo un po’ ridicolo nel ruolo di fidanzato apprensivo, non è decisamente nel mio stile. Però, per chissà quale motivo, mi veniva da comportarmi così.

“E se il momento fosse adesso ?” ribatté lui.
Stavo per rispondergli, ma la sua espressione era così... dolce. Era identica all’espressione dei bambini quando cercano di convincere i propri genitori a comprargli il lecca - lecca. Ed io, proprio come fanno quei genitori, non riuscii a resistere.

“E va bene, adesso provo a chiamarla e poi ti dico” dovetti arrendermi.
Andai verso il telefono sorridendo, in fondo volevo bene a mio padre anche per questo: sapevo essere serio nei momenti in cui era necessario, ma a volte sembrava un ragazzino.
Telefonai a Sarah e le chiesi se le andava di venire da me. Sembrava entusiasta all’idea, e non se lo fece ripetere due volte. Anche se era sempre felice di venire da me, e viceversa, mi faceva sempre piacere vedere che aveva voglia di passare del tempo assieme.

Poco dopo la telefonata sentii il rombo della sua macchina, e mi precipitai fuori.
Era bellissima, come sempre. Mi avvicinai a lei quasi correndo, ogni volta che la vedevo mi sentivo leggero, pieno di vita.

“Buongiorno !” la salutai sorridendo. La presi per i fianchi, la avvicinai a me e la baciai. Il suo profumo m’invase, la adoravo ogni giorno di più, lei e il suo profumo.

“Ciao, che si fa oggi ?”, e sfoderò il suo sorriso migliore.

“Sai, pensavo di farti conoscere mio padre, visto che oggi è a casa...” la buttai lì, fingendo che fosse una cosa da nulla.
Se avessi visto anche solo un cenno di esitazione nei suoi occhi, avrei ritirato immediatamente l’offerta. Non volevo obbligarla a fare qualcosa che non si sentisse di fare, per lei poteva essere anche troppo presto, e in quel caso mio papà avrebbe aspettato. Ma non sembrò affatto esitante, anzi, sembrava sinceramente felice.

“Si che bello ! Mi farebbe davvero piacere”. E di nuovo quel magnifico sorriso apparse sul suo viso. La scrutai meglio, per capire se lo faceva solo per farmi contento. Ma in lei non vidi nessuno segno di finzione. Era davvero entusiasta.

“Allora ?! Che ci facciamo ancora qua ?” mi chiese perplessa. Appena ebbe finito di parlare, le presi la mano, intrecciando le mie dita alle sue, e la condussi fino a casa mia.
Entrammo, e vidi mio padre appostato di fianco all’entrata con un sorriso enorme in volto. Aspettai che anche Sarah fosse dentro e poi feci le presentazioni.

“Sarah, questo è mio padre Billy. Papà, questa è Sarah”, indicai prima lui e poi lei.
Lanciai un’occhiata complice a mio padre, cercando di fargli capire che doveva comportarsi bene. Ma sapevo che adorava già quella ragazza, solo per il fatto che rendeva felice me. Di sicuro l’avrebbe adorata ancora di più quando l’avrebbe conosciuta, era impossibile non amarla, era assolutamente fantastica. Sia dentro che fuori.

“E’ un piacere conoscerti” disse mio padre, rivolto a Sarah “ho sentito molto parlare di te nell’ultimo periodo”, e detto questo mi guardò, come a dire che ero io a non smettere di parlare di lei.
Guardai Sarah decisamente imbarazzato: era tutta rossa in faccia, sembrava un pomodoro. Non riuscii a non sorridere, e le strinsi ancora più forte la mano, per farle sentire che le ero vicino. Lei alzò lo sguardo e mi sorrise a sua volta.
Dopodiché lanciai un’occhiataccia a mio padre, che mi sorrise nuovamente.

“Grazie, anche per me è un piacere” rispose Sarah dopo qualche minuto. La sua voce era quasi un sussurro, ma si poteva sentire che era compiaciuta. Forse le aveva fatto piacere che io parlassi sempre di lei.
In effetti ultimamente, avevo stressato tutti. Anche i ragazzi del branco erano costretti a sentirmi pensare a lei tutto il giorno, ma che ci potevo fare io ?! Lei adesso era il centro della mia vita. Brontolavano in continuazione, ma sapevo che erano felici per me.
Mio papà ci invitò a sederci, lo vidi andare in camera e tornare con un grosso album fotografico quadrato, ricoperto da una piccolo strato di polvere.
No, pensai, fa che non le faccia vedere le mie foto da piccolo !

“Ti va di vedere alcune foto ?” chiese lui, rivolgendosi a Sarah. La sua voce era estremamente tranquilla, come se non sapesse che mi dava fastidio.

“Papà ti prego !” cercai, in modo molto infantile, di convincerlo a non farle vedere le foto.

“Shhh...” mi zittì lui.
Gli lanciai un’occhiataccia, ma non se ne accorse. Non mi stava neanche guardando, era troppo impegnato a sfogliare l’album, descrivendo ogni singola foto.

“Oh, guarda che carino che eri !” mi disse Sarah, con gli occhi che brillavano. Alzò lo sguardo, mi fissò negli occhi e mi sorrise. Era un sorriso dolce, che mi fece sciogliere immediatamente, e anche zittire.
Forse era questo il suo vero intento...
Sembrava una tipica scena da film, quando si fanno le presentazioni ufficiali.
Avevo sempre provato compassione per il personaggio che doveva sopportare che i proprio genitori sbandierassero ai quattro venti tutte le storie imbarazzanti della sua infanzia, ed ora c’ero io al posto suo. Provavo compassione perfino per me stesso.

Dopo circa un’ora, passato tra album, vecchie foto e aneddoti imbarazzanti decisi che non ne potevo più.

“Ok, adesso basta. Papà noi dobbiamo andare”. Non credo che la mia voce fosse molto amichevole, infatti mio papà non disse nulla per replicare.

“Va bene, spero di rivederti presto” disse rivolgendosi a Sara. Era praticamente un invito, e sapevo che lei avrebbe accettato. Sembrava che si fosse davvero divertita a guardarmi quando ero piccolo e, soprattutto, a prendermi in giro...

“Magari” gli rispose, e poi tutti e due guardarono me, come per chiedermi se l’avrei ancora portata in casa quando ci fosse stato mio padre.
Gli occhi di tutti e due erano imploranti ed io non riuscii a resistere a quelli di Sarah.

“Ok ok, basta che gli album con le mie foto rimangano dentro gli armadi !” sentenziai, rivolgendomi a mio padre. Entrambi sorrisero soddisfatti.
Si salutarono e noi due ci avviammo verso la porta. Prima di uscire, mi girai verso mio padre e lo fulminai con lo sguardo. Lui sorrise nuovamente, e mi salutò con un cenno della mano.

“Ma lo sai che eri proprio carino ?!” mi disse Sarah mentre ci stavamo avviando verso la sua macchina. Era talmente dolce che sembrava parlasse con il bambino delle foto, e non con me. Dicendo questo alzò la mano destra e mi pizzicò la guancia.
Quel gesto mi ricordò mia nonna, me lo faceva sempre, ogni volta che mi vedeva.

“Oh ti prego, sembri mia nonna”. Misi in parole quello che avevo appena pensato, e senza darle il tempo di rispondere la baciai. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che le nostre labbra si erano incontrate. E averla avuta vicina tutto il giorno, senza poterla baciare – per via di mio padre - non mi aveva di certo aiutato.

“E tu baci così tua nonna ?! E’ un po’ inquietante”. La sua voce aveva un tono sarcastico. Mi sorrise, e io non potei fare a meno di ricambiare.
Ma, appena possibile, ricongiunsi le mie labbra con le sue, dovevo recuperare tutto il tempo perso quel giorno.

*** 

Angolo della Scrittrice.

Rieccomi qua, con un nuovo capitolo ! ^^
Devo ammettere che mi sono divertita a scrivere questo pezzo della storia, anche se in fondo mi dispiace per Jacob, non deve essere stato molto piacevole... (:

Ed ora - rullo di tamburi - si risponde alle recensioni !

volpessa22 = hahah che bello, il capitolo precedente è il tuo preferito !! ^^ Eggià si amano, sono felice pure io ! (: Spero continuerai a seguirla, baci ! ^^
kucciolottathebest = ecco qua il seguito, così ora sai cosa succede... ^^ Spero - come sempre - che continuerai a seguirla (: Baci !

E concludo qui, alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 12
*** Tempo di domande ***


Quando ami, scopri in te una tale ricchezza, tanta dolcezza, affetto, da non credere nemmeno di saper tanto amare.




JACOB

Il resto della giornata la passammo a casa di Emily, c’erano anche tutti gli altri. Casa sua era diventata un punto di ritrovo per tutti. Per quanto piccola fosse, miracolosamente riusciva a contenerci tutti.
Sarah ormai era una di famiglia, riusciva a stringere amicizia con tutti, perfino con Leah – il che era una cosa incredibile. Non sembrava a disagio a stare in una casa piena di licantropi, e questo mi faceva immensamente piacere.
Dopo che gli avevo detto quello che ero veramente, tra di noi non era cambiato niente, anzi, le cose erano anche migliorate. Ogni giorno scoprivo nuovi lati di lei, cose che ancora non conoscevo, e queste mi facevano innamorare di lei ancora di più…
Cominciavo a pensare seriamente che, forse, la mia vita sarebbe stata finalmente felice con lei al mio fianco. Senza più problemi che mi facessero soffrire di nuovo. Da quando avevo conosciuto Sarah, la mia vita era perfetta.
Spesso però, mi chiedevo come sarebbe andata se il giorno in cui la conobbi non avessi sbagliato strada, o se non fossi addirittura uscito.
Lo chiesi anche a Sam quel pomeriggio, quando io, lui, Seth e Jared dovemmo andare a fare una giro di ricognizione, se così si può chiamare. Più che altro andarono Seth e Jared, mentre io e Sam rimanemmo sulla spiaggia ad aspettarli, tanto loro si divertivano a fare quel genere di cose.
Eravamo a La Push, stavamo aspettando che Seth a Jared tornassero dalla perlustrazione e approfittai di uno dei pochi momenti in cui con c’erano gli altri intorno.
Ero stato indeciso per tutto il giorno se chiederglielo o no: non volevo fare la figura dello stupido, di quello che tira fuori domande senza senso.
Alla fine decisi che, conoscendo Sam, sarebbe stato più che disponibile a rispondermi. Mi aveva aiutato in tutto questo tempo e di sicuro non mi avrebbe "abbandonato” adesso. Lo sentiva quasi come un dovere, aiutarci intendo. Visto che lui era stato il primo a trasformarsi Sentiva di dovere aiutare noi, che eravamo arrivati dopo.

“Senti, posso farti una domanda ?” chiesi, cercando di sembrare il più normale possibile.

“Certo” fece lui, cercando di nascondere un sorriso. Ok, il mio tentativo di non fare una figuraccia era miserabilmente sfumato, ancora prima di fargli la domanda. Si capiva benissimo che non ero il massimo della tranquillità.

“Secondo te, se il giorno in cui ho conosciuto Sarah non avessi sbagliato strada, l’avrei conosciuta lo stesso ?”.Ecco, l’avevo detto. Non era stato poi così difficile...
Ci fu qualche minuto di silenzio: Sam continuava a fissare il mare. Ad un certo un punto mi venne il dubbio che non avesse sentito la domanda, ma proprio quando gliela stavo per ripetere cominciò a parlare.

“Non ti posso rispondere con sicurezza” disse, continuando a guardare il mare.
Sempre il solito Sam: pratico e realistico. Ma io non volevo supposizioni, volevo certezze. Volevo che qualcuno mi dicesse < si, l’avresti conosciuta sicuramente >.
Non volevo che Sam fosse sincero, volevo che mi mentisse se era quello che serviva per far sparire il senso di vuoto che mi assaliva al pensiero di una vita senza Sarah. Volevo poter tornare indietro, per non fargli quella stupida domanda, cosicché non mi facesse venire ancora più dubbi.
Volevo riuscire a farli sparire, tutti quei dubbi. Volevo ritornare ad avere la mia solita spavalderia e smettere di sentirmi così impotente di fronte al sentimento che provavo per lei.
Volevo troppe cose, era questo il punto.

“Per come la vedo io” continuò Sam “la forza dell’Imprinting è talmente tanta che vi sareste incontrati comunque, in un modo o nell’altro. Non so se capisci cosa voglio dire” concluse, rivolgendomi finalmente uno sguardo.

“Si si, lo capisco” sussurrai. Ecco, era questo che volevo sentire. Esattamente questo !
Modificai la prima parte della risposta, quel < non ti posso rispondere con sicurezza > divenne < puoi starne certo >. Così ero molto più tranquillo.
Codardo pensai. In effetti è questo che ero: non volevo prendere in considerazione la possibilità di non aver conosciuto Sarah. Non mi bastava averla vicino adesso, volevo, anzi avevo bisogno, di sapere che ci sarebbe stata comunque. Mi spaventava solo l’idea.

“Jake, sei qui con noi ?!” chiese Seth sventolandomi la mano destra davanti agli occhi.

“Figurati, l’abbiamo perso da tempo” rispose Jared al posto mio, e tutti si misero a ridere, me compreso.
Tra tutti quei ragionamenti non mi ero nemmeno accorto che erano tornati.

“Forza, adesso dobbiamo andare” ci richiamò Sam, che stava ancora sorridendo.
E così ci avviammo verso casa, loro felici di andare finalmente a mangiare, mentre io soddisfatto e confortato dalla risposta ottenuta.

 

SARAH

Mi aveva presentato suo padre.
Forse non era una cosa così importante, anche visto il fatto che il nostro legame era qualcosa di soprannaturale e tutto quello che seguiva. Ma io avevo sempre considerato la presentazione dei propri genitori come qualcosa di importante, infatti i miei genitori – o meglio, mia madre – non avevano mai conosciuto nessuno. Quindi fui felicissima quando me lo chiese.
Billy – suo padre - era un uomo fantastico, per quel poco che l’avevo conosciuto. Sembrava davvero simpatico, ma soprattutto disponibile. Esattamente il contrario di mia madre.
Mi sarebbe davvero piaciuto avere un padre come lui. Mi mostrò anche delle foto di Jake da piccolo: era così carino !
Dopo aver salutato Billy passammo una parte del pomeriggio da Emily, fu una giornata davvero piacevole, – come al solito del resto - ormai non mi sentivo più a disagio quando stavo con loro.
Erano miei amici, o meglio, la mia famiglia...
Subito dopo che Jake, Sam, Seth e Jared ritornarono dal solito giro di ricognizione, Paul e Seth si misero a discutere su chi era il più veloce e Jake si avvicinò a me.

“Ti va di andare a fare un giro un spiaggia ?”. Mi sembrò tranquillo, forse voleva solo andare via per passare un po’ di tempo insieme.
In effetti era da tanto che non stavamo da soli, passavamo tutti i giorni insieme, ma sempre con qualcun altro vicino. Che fossero i ragazzi del branco, Emily o Adam non riuscivamo mai a stare veramente insieme.

“Certo”. Fui felicissima quando me lo chiese, finalmente avrei potuto averlo tutto per me.

Andammo in spiaggia, era da tanto che non ci andavamo. L’ultima volta era stato il famigerato pomeriggio in cui avevamo incontrato quel vampiro.
Ormai non mi scandalizzavo più per la presenza di vampiri in quella zona, ovviamente mi spaventavano non poco, però c’era Jake e tutto il resto del branco che proteggevano tutti.
Sinceramente era questa la cosa che mi agitava di più: sapere che lui doveva affrontarli, che si trovava continuamente davanti a quegli esseri così spaventosi.
Quando era in giro per i boschi a controllare e non tornava a casa per l’ora in cui avrebbe dovuto farlo mi facevo prendere dal panico. Pensavo al peggio, che gli fosse successo qualcosa di brutto per esempio.
C’era sempre qualcuno, però, pronto a tranquillizzarmi e per fortuna non gli era mai accaduto nulla, e di questo ne ero davvero grata.

Cercando di non farci notare, sgattaiolammo fuori di casa e ci avviammo verso la spiaggia. Era esattamente come me la ricordavo, forse anche più bella.
C’era un’atmosfera quasi magica in quel posto, come se fosse un pezzo di mondo fuori da tutto il resto, dove l’uomo non era ancora arrivato a metterci lo zampino, rovinando tutto.
Il cielo era – come sempre – nuvoloso, c’era un leggero vento, ma non faceva freddo. Molto probabilmente perché c’era Jake vicino a me.
Molto volte mi ero chiesta com’era non avere mai freddo, secondo me meraviglioso. Io detestavo con tutto il cuore il freddo, mi piaceva il sole.
Sembrava un po’ ridicolo che mi fossi trasferita a Forks, dove il sole praticamente non esisteva, ma in quel momento mi sembrò la decisione più giusta di tutta la mia vita. Anche se non ero stata proprio io a prenderla...
Camminammo lungo il bagnasciuga, mano nella mano, parlando di tutto e di niente. Le solite cose insomma, di come era andata la giornata e che cosa avremo fatto il giorno seguente.
In quell’ultimo periodo avevo cercato di mettere da parte quella fastidiosa domanda che mi assillava: come sarebbero andate le cose se non avesse avuto l’Imprinting con me ? E ci riuscii anche con discreti risultati direi. In certi momenti però risaliva a galla, e tante volte me la tenni dentro. Per come la vedevo io era una domanda stupida, oltre che imbarazzante, ma era dura tenergli nascosto qualcosa.
Mi conosceva troppo bene e spesso capitò che si accorse che qualcosa non andava, ma io sviavo sempre le sue domande, cambiando discorso o facendo finta di nulla.
Ci avevo pensato parecchio, e la mia decisione finale fu che se c’era questa domanda che mi frullava in testa non era giusto non dirgli quello che pensavo, ci dicevamo sempre tutto, non c’erano segreti fra di noi.
Il nostro rapporto mi piaceva proprio per questo, non c’erano mai cose non dette, almeno fino a quel momento.

***

Angolo della Scrittrice.


Chiedo umilmente scusa per il ritardo ! (;
Spero non siate troppo arrabbiati...
L'altro giorno qui ha nevicato un sacco !! Hahahah, sono così felice. Credo che non mi stancherò mai della neve... (:   L'unica cosa negativa è che oggi c'è il sole, e quindi si è sciolto tutto, ti pareva ! Succede sempre così. (:

Ed ora le risposte alle recensioni:
kucciolottathebest = che bello, ti piacciono sempre i capitoli ! Che bello, che bello (:
Bè, è ovvio che Jacob era bello anche da piccolo !! ^^ Spero che questo capitolo ti piaccia come gli altri. Ciaaao !! (:
volpessa22 = graaazie anche a te !! Mi fa un sacco piacere che ti piacciono i capitoli ^^
Penso anche io che per Jake sia stato imbarazzante, se fossi stata al posto suo mi sarei vergognata da morire ! (:
Spero ti piaccia questo capitolo, che noia sono troppo ripetitiva ! ^^ Ciaaao (:

Grazie davvero a tutte due, ogni volta che pubblico un nuovo capitolo non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni, che tra l'altro non mancano mai ! (:
GRAZIE GRAZIE GRAZIE.

Alla prossima !!

Tedda. 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Tempo di risposte ***


L'amore fa vedere le cose diversamente da come sono.

F. Nietzsche



SARAH

Mi succedeva anche di sentirmi in colpa, veramente ! Quando mi chiedeva cosa c’era che non andava e io gli rispondevo che andava tutto bene avrei voluto mettermi ad urlare, per dirgli che non era vero. La sua espressione ogni volta si svuotava, sembrava rattristarsi, come se si ritenesse responsabile per quello che mi succedeva. Mi sentivo talmente stupida, avevo tutto quello che poteva desiderare: Jake, e mi creavo tutte queste paranoie per niente. Così quel pomeriggio decisi di dirglielo, volevo essere totalmente sincera con lui, sperando solo che non mi prendesse per una sciocca.

In un momento di silenzio, mentre lui aveva lo sguardo perso verso l’orizzonte, raccolsi tutto il mio coraggio e mi preparai a dirgli tutto.

“C’è qualcosa che non va ? Sei strana” mi precedette lui “è a causa mia ? Ho fatto qualcosa che non va ?”.

La sua voce era malinconica e i suoi occhi pieni di tristezza. Mi fissava, aspettando un qualsiasi tipo di risposta. Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di capire bene quello che mi stava dicendo. Lui era sempre attentissimo ai miei sentimenti, a non farmi mai sentire triste ed io, solo perché ero piena di insicurezze, dovevo farlo sentire in colpa.

Restai un po’ in silenzio, in cerca delle parole giuste da dire, per fargli capire che lui non centrava niente, che era anche troppo perfetto per me. Ero io che ero fatta male, sempre così insicura, anche quando andava tutto bene. Smisi di camminare e mi misi davanti a lui, impedendogli così continuare a camminare..

“Togliti subito dalla testa che sia colpa tua”.

Cercai di usare il tono di voce più duro che riuscii a tirar fuori.

“Non è assolutamente così, ok ? Sono io che sono strana” continuai.

“Tu non sei strana” cercò di rassicurarmi.

Volevo dirgli tutto e subito, non ce la facevo più a tenermi tutto dentro. Mi sembrava così assurdo sentirmi in quel modo, non avevo mai avuto un carattere estroverso, anzi, tutto il contrario. Tendevo a tenermi tutto dentro, preferivo soffrire in silenzio piuttosto che sbandierare ai quattro venti come mi sentivo, era una sensazione totalmente nuova per me. Inoltre, non era un segreto così enorme, non era nemmeno un segreto, solo una curiosità che non aveva ancora trovato risposta.

Quando stavo con lui era tutto amplificato, sentivo il bisogno di dirgli tutto. La più piccola stupidaggine non detta, poteva diventare un peso enorme sullo stomaco. Mi assalivano i sensi di colpa, mi sentivo una bugiarda e finivo sempre col dirgli tutto. La maggior parte delle volte si metteva a ridere, perché da come ne parlavo io inizialmente sembrava una cosa grave, anche se non lo era.

“Lasciami finire per favore, il fatto è che da un po’ di giorni ho una domanda che mi ronza in testa. Però non riuscivo a dirtela, non so nemmeno io il perché”.

Abbassai lo sguardo, mi sentii talmente stupida e superficiale in quel momento. Avevo paura di chiederglielo, ma perché ? Non c’era un reale motivo per cui dovessi temere una sua reazione, in fondo non c’era neanche un motivo per avere una reazione negativa, credo. Era solo una semplice curiosità, niente di più niente di meno.

“Sai che puoi dirmi tutto” mi rassicurò, la sua voce era così dolce. Adoravo quel suono, così limpido e cristallino. In quel momento capii di essere stata veramente una cretina ! Come potevo dubitare del suo amore ? Come avevo potuto credere anche solo per un momento che se non fosse esistito l’Imprinting non mi avrebbe amato ? Cretina, cretina e cretina. Ecco cosa ero...

Ma ormai avevo cominciato il discorso, non potevo chiuderla lì dicendogli come sempre che andava tutto bene. Dovevo cercare di essere matura, matura e sincera.

“E’ un po’ che mi chiedo se, insomma… Se non fosse esistito l’Imprinting, noi adesso saremo qui ? Voglio dire, tu, non dico mi ameresti perché forse non è così, però ti piacerei lo stesso ?”.

Buttai fuori tutto, finalmente glielo avevo detto. Mi sentivo così leggera, come se mi fossi tolta un peso dalla schiena. Ora bisognava solo vedere come reagiva...

Alzai leggermente lo sguardo per guardarlo meglio in faccia. Jake mi guardava a sua volta, aveva gli occhi fissi sui miei, ma non era arrabbiato, sembrava quasi sofferente.

Fa che non si senta responsabile, ti prego pensai appena lo guardai meglio.

Lo conoscevo bene, mi piaceva osservare i suoi occhi per cercare di capire come si sentiva veramente. Bastava un attimo per riuscire a capirlo, il suo sguardo era così espressivo che non poteva nascondere niente. Lo avevo fatto così tante volte che ormai avevo imparato tutte le sue espressioni. Sapevo che quando sorrideva, se era veramente felice, gli si formavano delle piccole ruchette sull’angolo dell’occhio e i suoi occhi si illuminavano. Sapevo che quelle poche volte che era imbarazzato non riusciva a guardarti in faccia, si metteva una mano in tasca e l’altra la passava tra i capelli. Sapevo che quando si sentiva in colpa ti guardava fisso negli occhi, con lo sguardo pieno di tristezza, come se ti implorasse di perdonarlo. Così mi aveva guardato quando mi chiese scusa per non essere riuscito a proteggermi da quel vampiro. Ed è così che mi guardò in quel momento.

Ma perché doveva sempre assumersi tutte le responsabilità ? Non era sempre colpa sua, doveva capire che anche io avevo le mie colpe, che non era una santa. Era sempre troppo protettivo, ma io lo amavo ugualmente, non mi interessava se a volte esagerava.

E poi non mi aveva ancora risposto, forse avevo interpretato male io la sua reazione. Finchè non avesse detto qualcosa non avrei potuto saperlo.

 

 

JACOB

Avevo capito bene ?! Mi stava chiedendo se mi sarebbe piaciuta lo stesso ? Neanche se l’avessi amata, se mi sarebbe piaciuta !

Inizialmente mi innervosii di quella domanda, non so nemmeno io il motivo preciso. Ma subito dopo il nervosismo sparì. Cominciai a ragionarci per qualche secondo, in fondo ci doveva essere una ragione per la quale mi faceva quella domanda, non poteva nascere dal nulla. Mi disse anche che era da un po’ che ci pensava, quindi non era una cosa nuova. Mi sentii in colpa, in colpa per non averle prestato più attenzioni, per non aver capito subito che c’era qualcosa che non andava. Forse tra tutti gli impegni con il branco l’avevo trascurata. Forse non le avevo fatto capire abbastanza chiaramente quanto fosse importante e fondamentale per me.

Quanti dubbi può far sorgere una semplice domanda ? Una miriade, se non di più. Ne avevo la testa piena.

“Se non fosse esistito tu adesso non mi piaceresti, io ti amerei alla follia. Proprio come faccio adesso, perché questo è: pura follia. Ti assicuro che non ho mai provato nulla di simile per qualcun’altro, e nemmeno avrei mai pensato fosse possibile. E pure è così. Forse sono stato assente nell’ultimo periodo, ti ho trascurato, ma ti prometto che d’ora in poi cambierà tutto. Ti starò sempre accanto, finchè non mi sopporterai più. Sarò il tuo incubo”.

Alla fine la buttai sul ridere, non ero mai stato un ragazzo sdolcinato o troppo romantico, quelli che di notte si mettono sotto la finestra della tua camera e, magari mentre piove, si mettono a cantarti canzoni d’amore o cose del genere. No, non era decisamente nel mio stile, preferivo le cose semplici ma fatte col cuore. Quindi preferii alleggerire un po’ la situazione, non avevo mai detto certe cose ad una ragazza, e in quel momento sinceramente fui un po’ in imbarazzo. Lei mi guardava, io la guardavo, nessuno dei due diceva niente. Fortunatamente però riuscii a farla ridere e l’imbarazzo iniziale sparì. Sembrava serena, forse perché la mia spiegazione era stata abbastanza convincente.

“Per prima cosa, non mi hai per niente trascurata. Secondo, per quanto tu ti possa impegnare non riuscirai mai a diventare insopportabile, credimi” disse lei per tutta risposta. La prima frase con un po’ più di durezza, ma nella parte finale il suo tono divenne decisamente più dolce. Dopodiché si aprì in un sorriso, un meraviglioso sorriso.

Ah le donne, che complicate. Non le capirò mai… pensai mentre la guardavo, e inevitabilmente sorrisi.

“Che c’è da ridere ?” mi chiese lei, con fare un po’ perplesso.

“Niente, stavo solo pensando che sei stupenda” sussurrai io. Immediatamente lei arrossì, e sorrise dolcemente.

Mi avvicinai leggermente per baciarla, ma lei mi precedette. Mi si buttò letteralmente addosso, e con le braccia mi circondò il collo. Il suo profumo mi inondò come un pugno nello stomaco. Non fraintendiamo però, un pugno che fui felicissimo di ricevere.  

 

Il tempo volò, letteralmente. In un batter d’occhio si era fatta sera e così dovemmo tornare a casa, anche se di mala voglia. La accompagnai con la mia macchina e durante il tragitto cercai di andare il meno veloce possibile, così da poter passare più tempo possibile con lei. Ogni minuto era prezioso, ogni minuto in più che passavo con lei mi rendeva felice.

Raggiunta la casa di Adam, la salutai baciandola dolcemente. La osservai mentre percorreva il vialetto, avvicinandosi alla porta d’entrata. Appena prima di richiudere la porta alle sue spalle, si girò verso di me e mi sorrise. Ma quanto era bella ?! Era più che bella, era stupenda.

 

* * *

 

Angolo della Scrittrice.

Sinceramente mi vergogno un po' a presentarmi qui, dopo ben QUATTRO mesi che non posto un, e dico un capitolo. Comunque spero che ci sia ancora qualcuno che continua a seguirmi ! (:

Devo ammettere che per un po' di tempo ho messo da parte questa storia, ma da qualche giorno l'ho ripresa in mano e la sto un po' modificando. Prima la sapevo praticamente a memoria, ma adesso, leggendola a distanza di tempo, sono riuscita a capire cosa c'era che non mi convinceva.  

Mi sono ripromessa che posterò con più regolarità, anche perchè pure io mi dimenticavo dove ero arrivata e dovevo sempre andare a rileggermi l'ultimo capitolo.

Spero di sentire qualche commento, e magari anche qualche insulto per il troppo tempo impiegato, che ci starebbe anche ! (:

Rispondo alla recensione del capitolo di quattro mesi fa ! (:

kucciolottathebest = mi fa sempre piacere che i capitoli piacciano ! (:  Bè, in effeti quel capitolo non era molto lungo, ma spero di aver recuperato con questo. ^^   Spero che tu non mi abbia abbandonato dopo questi lunghi quattro mesi e spero anche di risentire i tuoi pareri ! xD   Ciaoo !

 Alla prossima (spero) ! (:

PS = percaso c'è qualcuno che può dirmi come mai quando vado a capo mi viene tutto quello spazio ? Grazie in anticipo ! (:

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Capitolo 14
*** Un giorno poco importante ***


Se non ci mette troppo, l'aspetterò tutta la vita.

O. Wilde



SARAH

Aveva reagito bene, come al solito mi ero fatta tutte quelle paranoie per niente. Ma adesso basta, dovevo mettere da parte la mia insicurezza e cominciare a vivere giorno per giorno, facendo quello che mi sentivo di fare. Ora ne ero sicura, ne avevo la certezza assoluta: mi amava, lo avrebbe fatto lo stesso, con o senza Imprinting. Questa consapevolezza mi fece andare a dormire tranquilla, e con un sorrisetto, anche un po’ ebete, in faccia.

La mattina seguente mi svegliai ancora più tranquilla della sera precedente e, se possibile, anche più felice. Scesi al piano di sotto con assoluta calma, sapevo che Adam mi stava preparando la colazione, ormai era diventata un’abitudine. La mattina andava a lavorare piuttosto tardi, quindi ogni mattina aspettava che io mi svegliassi, mi preparava la colazione e poi si avviava al lavoro. Tantissime volte avevo cercato di dissuaderlo, anche se con scarsi risultati. Si era impuntato su questa cosa e sembrava che neanche un carro armato sarebbe riuscito a smuoverlo. Evidentemente la cocciutaggine era un gene comune nella mia famiglia.

“Buongiorno Sarah, dormito bene ?” mi chiese Adam, gentilissimo come al solito. Durante i due mesi che mi aveva ospitato non si era mai lamentato di me. Mai un rimprovero sulla mia quasi assurda pigrizia o sul mio disordine. Era sempre stato anche troppo disponibile con me, facendomi spesso sentire in colpa credendo di non fare abbastanza in casa. Ma ogni volta che mi offrivo di fare qualcosa, anche solo apparecchiare la tavola o portare fuori la spazzatura, si defilava dicendo che io ero l’ospite e che non mi dovevo scomodare. A parte che tanto ospite non ero visto i lungo periodo che avevo passato a casa sua. Troppo gentile, ecco cos’era.

“Si grazie, ho dormito benissimo ! Quante volte ti ho detto che non serve che mi prepari la colazione?” brontolai con fare scherzoso.

“E io quante volte ti ho detto che tu sei…” replicò Adam.

“L’ospite” terminai la frase per lui, con tono svogliato. Ma mi risollevai subito appena vidi la colazione che mi aveva preparato. Si poteva dire tutto di Adam tranne che non fosse bravo a cucinare.

“Si sta avvicinando il grande giorno” si congratulò lui tutto contento, mentre io mi stavo ingozzando come un maiale.

“Che grande giorno ?!” bofonchiai, con la bocca piena di cibo. Da come parlava sembrava che mi dovessi sposare di lì a pochi giorni. Mi immaginai la scena: io col vestito bianco che andavo verso l’altare. Chissà chi ci sarebbe stato ad aspettarmi, in quel momento mi venne in mente soltanto una persona... Mi presi in giro da sola per quello a cui stavo pensando e per poco non scoppiai a ridere, tanto che Adam mi guardò un po’ storto, per poi ricominciare a parlare.

“Non dirmi che te lo sei dimenticato. Vediamo se riesco a fartelo ricordare, oggi è il 18 agosto quindi…” cercò di imbeccarmi lui.

Ci ragionai per qualche minuto e poi improvvisamente mi si accese una lampadina nel cervello.

“Oh cavolo, me ne ero completamente dimenticata ! Tra due giorni è il mio compleanno” sussurrai, quasi come stessi parlando da sola.

Tra tutte le cose che erano successe nell’ultimo periodo il mio compleanno era proprio all’ultimo posto tra i miei pensieri.

Fino a qualche anno fa mi piaceva festeggiare il mio compleanno, mi piaceva almeno per un giorno essere al centro dell’attenzione, vedere tutta la mia famiglia che si dedicava per un’intera giornata solo a me. Ma da quando papà era morto non era più stata la stessa cosa. Mia madre non era più la stessa, non le interessava particolarmente di me e, puntualmente, ogni anno si dimenticava il mio compleanno. Quindi avevo praticamente cancellato quel giorno dalle festività, preferivo che la gente non lo sapesse più che se ne dimenticasse. In questo modo era meno doloroso.

Mi aveva fatto piacere che Adam se ne fosse ricordato, era da tanto che non succedeva. Ma in quel periodo non sentivo veramente la necessità di festeggiare il mio compleanno, avevo tutto quello che potevo desiderare, se non di più. Avevo Jake, il che di per sé bastava e avanzava, in più avevo trovato dei nuovi amici e più passava il tempo più diventavano importanti per me, quasi una famiglia. Ero felice insomma. Mi sembrava di sprecare tempo a festeggiare il mio compleanno, in fondo era un giorno come tutti gli altri.

No, non volevo festeggiarlo, volevo trascorrere quel 20 agosto esattamente come avevamo trascorso tutti gli altri giorni, in modo semplice.

La voce di Adam si insinuò tra questi intricati pensieri, riportandomi alla realtà.

“Pensi di fare qualcosa per il tuo compleanno ?” domandò curioso.

“No, preferisco non fare niente” borbottai, mentre finivo di ripulire per bene il piatto.

“Sei sicura ?”. Si sentiva dal suo tono di voce che era decisamente stupito. Chissà perché tutti pensavano che le ragazze per festeggiare i propri 17 anni volessero una super festa, piena di invitati e cose del genere. Forse il problema era che io sono diversa da tutte le altre, ma non volevo niente di tutto questo. Al massimo una cena con Jake, ma no, neanche quello.

Io sono dell’idea che se si vuole veramente bene a una persona non serve il compleanno o qualsiasi altra festa per dimostrarlo, bisogna esseri costanti, dimostrandolo giorno dopo giorno. Forse anche per questo non ero mai stata una grande sostenitrice di San Valentino. Era ovvio che mi piaceva ricevere cioccolatini o fiori, ma se non arrivavano vivevo lo stesso, non mi disperavo.

“Sicurissima” risposi, certa di quello che stavo dicendo.

“Come preferisci...  Io ora devo scappare al lavoro, ci vediamo stasera”. Detto questo si avviò verso la porta ed uscì.

 

 Quella mattina, e anche al pomeriggio, non riuscii a vedere Jake. Mi aveva riempito di scuse, dicendo che aveva un impegno col branco che non poteva assolutamente rimandare. Per quanto mi dispiacesse non poterlo vedere, riuscivo perfettamente a capire che avesse altri impegni per quel giorno, e di certo non mi arrabbiai con lui.

Mi mancò terribilmente, quando non ero con lui era come se mi mancasse l’aria. Non mi sembrava possibile accusare così fortemente la mancanza di una persona, non mi era mai successo prima.

Il tempo sembrava non voler più passare, era tutto così noioso senza di lui. Ogni volta che guardavo l’orologio mi sembrava che le lancette fossero ferme sempre sullo stesso punto, era una cosa estenuante.

Feci praticamente di tutto quel pomeriggio, guardai la tv, accesi il computer, ascoltai un po’ di musica, ma quelle cavolo di lancette non si volevano muovere.

 

Finalmente arrivò sera e tra non molto Adam sarebbe tornato a casa, almeno avevo qualcuno con cui parlare. Sentii la chiave infilarsi dentro la serratura della porta: segno che qualcuno stava per entrare.

Alleluia pensai mentre mi precipitavo verso l’entrata. Aprii la porta mentre Adam stava ancora girando la chiave. Lo accolsi con un sorriso a trentadue denti, felicissima che fosse tornato.

“Ehi, quanta felicità nel rivedermi ! Che hai fatto di bello oggi ?” mi chiese, mentre gli tolsi praticamente di forza la giacca dalla mani e andai ad appenderla. Ero stata troppo tempo senza fare niente e ora dovevo recuperare.

“Niente di speciale” farfugliali svogliatamente al ricordo di quella giornata passata così lentamente. Avrei voluto dirgli qualcosa del tipo: mi sono annoiata da morire ma non volevo che si sentisse in colpa per avermi lasciato a casa da sola o qualcosa del genere, quindi optai per un profilo basso.

Un gorgoglio interruppe il silenzio che regnava nella stanza. Abbassai lo sguardo verso il mio povero stomaco affamato e arrossii vistosamente. Non avevo avuto fame quel pomeriggio e quindi non avevo toccato cibo. Ma sembrava che improvvisamente la fame che era sparita fino a qualche minuto prima, fosse magicamente ricomparsa.

Guardai Adam e notai che stava cercando di trattenere le risate, segno che anche lui avevo sentito quel “leggero” rumorino. Mi feci prendere dalla comicità di quella situazione e scoppiai a ridere, vedendo che non ero più imbarazzata si lasciò andare anche Adam e, come me, scoppiò a ridere.

“Hai fame ?” chiese, appena riuscì a riprendere fiato.

“Da morire” risposi.

 Finalmente la noia se ne era andata, anche se Jake mi mancava ancora più di prima. Ogni minuto era sempre peggio, ma cercai di non pensarci, anche perché dovevo resistere fino al giorno successivo e se mi facevo prendere dalla nostalgia non sarebbe finita bene. Così ci avviammo verso la cucina, ancora col sorriso sulle labbra.

 

Mangiai tantissimo quella sera, anche troppo, riuscii ad alzarmi dalla sedia per miracolo. Diedi la buonanotte ad Adam, ringraziandolo per la cena e andai verso la mia camera, feci perfino fatica a salire le scale, a causa del mio stomaco ormai pieno come un barile. Non avevo fatto niente quel giorno ma ero comunque stanchissima. Mi feci una doccia veloce, indossai il mio pigiama preferito: aveva stampati dappertutto dei piccoli cuori con la faccina sorridente che ti salutavano e poi teneva caldissimo. Mi infilai velocemente sotto le coperte e sprofondai con la testa nel mio adorato cuscino.

 

JACOB

Stupidi impegni con il branco ! Era a causa di quelli se non potevo andare da Sarah. Per quanto avessi letteralmente pregato Sam di lasciarmi libero quel giorno, lui non sembrava volerlo fare. Infatti alla fine chiamai Sarah e le dissi che non ci potevamo vedere.

Quel pomeriggio seguimmo la sciai di un succhiasangue che si addentrava nel bosco, ci stemmo dietro tutto il giorno senza giungere a niente. Aveva oltrepassato il confine prima che lo raggiungessimo.

Pomeriggio sprecato pensai mentre stavamo tornando a casa. Avrei potuto stare con lei ma non avevo potuto farlo, e perché ? Perché dovevo correre dietro a questo misterioso succhiasangue, che alla fine si era dileguato nel nulla.

Ecco che comincia a lamentarsi disse Paul tra se e se appena sentì quello che stavo pensando.

Per un attimo mi ero dimenticato che potevano sentirmi, a volte questa cosa era davvero scocciante. Non potevo avere delle cose “mie” perché tutti potevano intrufolarsi nella mia mente.

Non risposi a Paul, mi limitai a sbuffare e cercai di pensare a qualcos’altro che non fosse Sarah o a come stesse in quel momento. Con scarsi risultati però. Pensavo a mio padre e mi veniva in mente lei. Pensavo al succhiasangue che stavamo inseguendo e mi veniva in mente lei. Pensavo a qualsiasi altra cosa e mi veniva in mente lei. Pensavo solo a lei, non riuscivo a farne a meno.

Basta ti prego ! mi supplicò mentalmente Paul. Sapevo che Sarah gli stava simpatica, me lo aveva detto lui stesso, ma riuscivo a capirlo. Sentirmi pensare solo ed esclusivamente a lei non doveva essere molto piacevole, almeno non per lui. Per quanto riguardava me, pensarla o immaginarmi cosa stesse facendo riuscivano, almeno in parte, a colmare la sua mancanza.

Ecco, era successo di nuovo. Non riuscivo a smettere di pensare a Sarah.

Scusate ragazzi, ma è più forte di me mi scusai, sempre mentalmente. Li sentii ridere sommessamente ma non dissero niente, forse avevano capito che non era facile togliermela dalla mente.

* * *

Angolo della Scrittrice.

Eccomi ! Mi devo far perdonare, quindi posto subito un altro capitolo. Comunque, visto che ieri sera ho postato MOLTO tardi, è probabile che qualcuno si sia perso il capitolo precedente. Quindi vi consiglio di tornare indietro ! (:

Per quanto riguarda questo capitolo, spero di essere riuscita a farvi capire il perchè Sarah non vuole festeggiare il compleanno. Casomai fatemi sapere, ok ? (:

Comunque penso che tra qualche giorno metterò già il prossimo capitolo, quindi non dovrete aspettare molto !

Alla prossima ! (:

Tedda.

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Capitolo 15
*** Una visita a sorpresa ***


Devo conservare l'amore nel mio cuore oggi, altrimenti come sopravviverò a questa giornata ?

O. Wilde




JACOB

Finalmente arrivai a casa, ero davvero esausto. Per quanto mi piacesse correre in lungo e in largo in mezzo ai boschi per tutto il giorno, non era certo il miglior modo per rilassarsi.

Aprii la porta ed entrai, probabilmente Billy stava preparando la cena. Infatti era così, trovai mio padre al lavoro vicino ai fornelli.

"Che si mangia di buono ?" chiesi con voce innocente.

"Ciao anche a te ! Io sto bene, grazie per l’interessamento". Non si girò nemmeno verso di me, continuò imperterrito a trafficare con il cibo. Sbuffai leggermente ma non potei fare a meno di sorridere, in effetti non ero stato il miglior esempio di gentilezza. Non risposi niente, mi limita a sedermi a tavola, aspettando che la cena fosse pronta.

Seduto su quella sedia non riuscivo proprio a stare fermo, il piede ormai batteva sul pavimento fuori da ogni controllo, ogni tre secondi guardavo fuori dalla finestra o verso l’orologio nella speranza di vederla magicamente arrivare. Avevo voglia di vederla, non riuscivo più a stare senza Sarah, era passato troppo tempo dall’ultima volta che l’avevo vista.

"Siamo nervosi stasera" disse mio padre sorridendo.

Sono felice che tu ti stia divertendo pensai quando lo vidi ridere. A lui poteva sembrare una cosa esilarante vedermi in quello stato, ma per me non era affatto piacevole. Non glielo dissi perchè sapevo che non lo aveva detto con cattiveria. Optai per qualcosa di decisamente più gentile.

"Scusa, è che" tentai di rispondergli, ma lui mi interruppe cominciando a parlare.

"Ti manca" terminò al frase al posto mio. Non potevo nascondergli niente, mi conosceva troppo bene.

"Da morire" ammisi infine io, con un leggero filo di malinconia nella voce. Mi sembrava davvero impossibile che potesse mancarmi così tanto, andava oltre il possibile e l’immaginabile. Non si può veramente descrivere a parole, solo se si prova sulla propria pelle è possibile comprenderne la potenza. Ritornai a mio padre, che mi stava ancora guardando.

"Allora perché sei qua ?" mi chiese, come se non fosse normale che fossi tornato a casa. Ma dove voleva arrivare ?

"E dove dovrei essere scusa ?" cercai di informarmi, con voce decisamente perplessa. Mio padre arrivava sempre prima di me alle cose: mentre io dovevo ancora capire di cosa stesse parlando, lui si era già programmato tutto. A volte era fastidiosa questa cosa, doveva sempre spiegarmi tutto e io facevo sempre la figura dello scemo. Almeno così pareva a me.

"Beh, potresti andare a trovarla per esempio. Scommetto che le farebbe piacere" sentenziò lui. Appunto, si era già pianificato tutto.

"Ma dai, cioè, è tardi e probabilmente la disturbo". Avrei davvero voluto vederla, ma mi sembrava di disturbare sbucando così, dal nulla.

"Tardi ?! Non farmi ridere, nemmeno io vado a dormire a quest’ora" disse tra una risata e l’altra. In effetti aveva ragione, anzi, aveva pienamente ragione. Non era tardi, erano le 20.30 e di sicuro a quell’ora Sarah non stava dormendo.

Ma che cavolo stavo facendo ? Perché non era venuta a me quell’idea ? Avevo l’opportunità di vederla e me ne stavo seduto lì a far nulla ? Altro che figura della scemo, lo ero veramente. Mi alzai di scatto dalla sedia e mi precipitai fuori dalla porta.

"Ci vediamo dopo!" urlai, mentre cominciavo ad avviarmi verso casa di Sarah. Mio padre era un genio, un genio.

Continuai ad insultarmi per tutto il tragitto, mi insultavo perché non avevo avuto io l’idea di andare da Sarah e perché, oltre a quello, ci avevo anche pensato prima di convincermi ad andare.

Arrivai sotto casa sua e vidi che la luce della sua camera era spenta. Per un secondo, uno solo, pensai di tornare a casa, ma la voglia di vederla era troppa e quindi decisi che, in un modo o nell’altro, quella sera l’avrei vista.

Posso aspettare cinque minuti e vedere se si sveglia pensai mentre mi sedevo ai piedi di un albero.

 

 

SARAH

Ero distesa nel letto, con le luci spente, ma proprio non riuscivo a prendere sonno. Ero stanca, ma quando cercavo di rilassarmi ottenevo il risultato contrario. Mi sentivo gli occhi gonfi e le palpebre pesanti, proprio come quando sei stanca, ma niente. Mi rigirai per l’ennesima volta nel letto, diciamo che avevo provato tutte le posizioni possibili immaginabili: a pancia in giù, a pancia in su, sul lato destro e anche su quello sinistro, con la testa sotto il cuscino.

Cominciavo davvero a stufarmi...

Stanca di aspettare che il sonno prendesse il sopravvento mi alzai svogliatamente dal letto e andai ad affacciarmi alla finestra. Il cielo nero era ricoperto da numerosi piccoli puntini luccicanti, tutti di dimensione diversa. Mi aveva sempre affascinato guardare il cielo, mi rilassava: tutto sembrava così calmo e sereno lassù. Distolsi lo sguardo dal cielo e lo posai su uno degli alberi a poca distanza dalla finestra. Guardi le foglie verdi che crescevano lungo i rami e che insieme formavano una folta chioma, percorsi poi i rami e infine scesi lungo il tronco rugoso.

Mi accorsi solo in quel momento della persona seduta proprio ai piedi di quell’albero: era Jake. Aveva la testa china, i corti capelli color della pece gli ricoprivano gli occhi e respirava lentamente, probabilmente dormiva. Restai lì ancora per un paio di secondi, un po’ sorpresa. Non sapevo bene cosa fare. Alla fine decisi che avrei fatto bene ad andare a svegliarlo, non poteva certo rimanere a dormire sotto un albero per tutta la notte, e poi svegliandolo potevamo finalmente passare un po’ di tempo insieme.

Scesi il più silenziosamente possibile le scale nel tentativo di non svegliare Adam e, altrettanto silenziosamente, aprii la porta ed uscii. Mi avvicinai a Jake e mi accucciai di fianco e lui per vedere se stava veramente dormendo. I grandi occhi, prima nascosti dietro i capelli, erano chiusi: si, stava proprio dormendo.

"Jake" sussurrai.

"Jake" ripetei, questa volta dandogli dei piccoli scossoni. Niente, non ne voleva sapere di svegliarsi.

"Jake, svegliati !" dissi a voce un po’ più alta e aumentando la forza degli scossoni. Finalmente si svegliò, sbattè un paio di volte le palpebre e si guardò un attimo intorno. Ci mise un po’ ma alla fine riuscì a ricordare cosa stava facendo prima di addormentarsi.

"Ciao piccola" sussurrò, con la voce ancora rauca a causa del sonno.

"Ben svegliato. Dormito bene ?" scherzai sorridendo.

"Scusa, ero venuto per salutarti dato che oggi non ci siamo visti, ma mi devo esser addormentato".

"Figurati, immagino cosa tu abbia fatto oggi e penso sia normale essere stanchi" constatai "apprezzo il pensiero, comunque" conclusi accennando un sorriso.

Mi chinai verso di lui e lo baciai dolcemente. Sentii le sue possenti braccia circondarmi e un calore improvviso avvolgermi. Bastava un minimo contatto con la sua pelle che la temperatura corporea si alzava.

Fortuna che qua non fa mai tanto caldo pensi tra me e me.

Restammo così per un po’, volendo sarei potuta rimanerci per tutta la notte. Era così bello potermi stringere a lui.

"Non immagini quanto mi sei mancata" sussurrò a pochi centimetri dal mio orecchio.

"Anche tu mi sei mancato" biascicai. Inspirai a pieni polmoni cercando di far tornare normale il battito, ormai accelerato, del mio cuore. Mi succedeva sempre così.

Allontanò leggermente il suo viso dal mio e questa volta fu lui a bacairmi. Un bacio dolce, delicato.

"Quindi sei venuto a trovarmi ?" chiesi, per avere una conferma di quello che aveva detto poco prima.

"Visto che sei così felice di vedermi" disse con tono ironico "domani potrei anche fare a meno di venirti a trovare" continuò.

"No !" quasi urlai, poi quando mi accorsi della sua espressione divertita cercai di rimediare alla mia uscita poco piacevole.

"Cioè, lo faccio per te, so quanto soffriresti senza di me" continuai con tono di sfida. Mi piaceva farlo arrabbiare, mi divertivo da impazzire. Vedere la sua espressione quando gli rispondevo per le rime era una soddisfazione enorme per me.

"Se lo fai per me allora non posso rifiutarmi".

Detto questo si aprì in un sorriso, il suo sorriso migliore. Mi prese il viso fra la mani, lo avvicinò al suo e mi baciò di nuovo, anche se fu un bacio meno delicato di quello precedente.

Ci sedemmo sui gradini dell’entrata e stemmo fuori ancora un po’, mi cinse le spalle con un braccio e io mi appoggiai a lui. C’era un leggero venticello ma, con lui vicino, la temperatura era perfetta.

 

 

"Uffa, non voglio tornare dentro ! So già che mi mancherai" mi lamentai, dopodiché misi il broncio.

"Nemmeno io vorrei, ma non voglio averti sulla coscienza domani, quando avrai l’aspetto di uno zombie" disse avvicinandosi sempre di più a me, rendendomi difficile formulare una risposta di senso compiuto. Lui sapeva benissimo che mi succedeva così quando mi stava vicino, forse era proprio per questo che si era avvicinato.

Visto che non riuscii a ribattere Jake mi alzò di peso, nel vero senso della parola, e mi portò verso la porta. Prima che la aprisse però, mi baciò velocemente e si avvicinò al mio orecchio.

"Sognami stanotte" sussurrò dolcemente, e detto questo si girò e si allontanò.

Appena mi resi conto che se ne stava andando, e appena fui in grado di ricominciare a respirare, gli corsi incontro, raggiungendolo da dietro. Gli cinsi i fianchi e, alzandomi in punta di piedi, raggiunsi il suo orecchio.

"Lo farò" mormorai, e subito tornai verso casa. Mi girai per chiudere la porta e vidi che Jake mi stava guardando sorridendo, scuotendo leggermente la testa. In risposta gli sorrisi e lo salutai con un cenno della mano.

Era possibile che, anche solo passando pochissimo tempo con lui, potessi sentirmi così felice ? Quella giornata così piatta e noiosa si era improvvisamente trasformata in una delle più belle.

Entrai in casa che Adam stava ancora dormendo, salii le scale e mi misi di nuovo sotto le coperte. Mi addormentai praticamente subito e, per l’ennesima sera in quel periodo, con il sorriso sulle labbra e felice come non mai.

 

***

 

Angolo del Scrittrice.

Saaaalve a tutti ! (:

Come vi avevo promesso l'ultima volta, non ci ho messo molto a postare il nuovo capitolo. Devo dire che mi è piaciuto scriverlo, mi piace immaginare questo tipo di scene tra Jake e Sarah e poi buttarle giù. Sono così carini ! (:   Ok, adesso basta però...

Anche il prossimo capitolo non tarderà ad arrivare, promesso. Se vi va di farmi sapere come la pensate su quello che avete letto sopra, io sono qui ! (;

Ora vediamo di rispondere alla recensione.

kucciolottathebest = che bello risentirti ! (:    Comunque, eccome se ne è passato di tempo, ma alla fine ce l'ho fatta ! Ovviamente son felice che i capitoli ti piacciano, spero di continuare a leggere le tue recensioni ! (;   Ah, e vedrai che tra massimo 4 - 5 giorni arriverà un altro capitolo. Forse anche meno ! (:   Ciaooo !

Bè che altro dire, alla prossima ! (:

Tedda.

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Capitolo 16
*** Scommessa ***


C'è tutta una vita in un'ora d'amore.

H. de Balzac

 

SARAH

Mi svegliai felice, solo grazie al ricordo della sera precedente. Trotterellai giù per le scale e andai direttamente in cucina: la fame si faceva sentire ! Entrata in stanza vidi Jake seduto a tavola che parlava con Adam. Ovviamente stava mangiando quello che era stato preparato per me.

"Di che cosa stavate parlando ?" chiesi incuriosita.

"Niente di importante. Ok ora vi saluto, devo andare al lavoro. Ci vediamo sta sera !" ci salutò Adam, e dopo la nostra risposta uscì di casa. Ritornai a Jake, che aveva smesso per tre secondi di mangiare, e mi stava guardando. Quindi ne approfittai e mi avvicinai a lui per dargli il buongiorno e mi ci sedetti di fianco per fare colazione.

"Mi potresti lasciare qualcosa da mangiare ?" chiesi con tono di sfida.

"Solo se fai la brava" ribatté lui, sempre in tono di sfida. E detto questo sorrise. Un sorriso leggermente maligno, in senso buono però.

"Che scemo che sei" terminai io, sorridendo. Presi in mano la forchetta ma Jake mi bloccò il polso.

"No no, così non va. Ti sembra di fare la brava ? Adesso devi farti perdonare" disse, cercando di continuare la "discussione" che io avevo tentato di terminare poco prima.

"Sentiamo cosa dovrei fare per farmi perdonare..." replicai.

"Avrei qualcosa in mente" mormorò, e di nuovo sul suo volto apparve quel sorriso leggermente maligno. Avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. Che bello sentire di nuovo le sue labbra sulle mie. Si allontanò di qualche centimetro e mi guardò.

"Se è questo il modo per farmi perdonare, dovrei farti arrabbiare più spesso" biascicai, ancora con il respiro alterato.

"Non sarebbe una cattiva idea". Detto questo tornò alla sua colazione. Io rimasi immobile ancora qualche secondo, un po’ intontita, e poi feci lo stesso anche io.

Finito di mangiare tornai su in camera, indossai il costume, infilai le ciabatte e misi l’asciugamano dentro la solita borsa da spiaggia. Dopodiché tornai giù e, insieme a Jake, andammo a La Push. Il tempo era ideale per la spiaggia: stranamente c’era il sole ma nonostante questo c’era una leggera brezza che rendeva l’aria più respirabile.

 

"Tra quindici minuti saremo in spiaggia" disse Jake mentre stava guidando.

"Così poco ? Secondo me ci metteremo di più".

"Osi contraddirmi ?" disse sorridendo appena. Posò per qualche secondo lo sguardo divertito su di me, per poi tornare alla strada.

"Oh si, eccome se oso" lo sfidai.

Jake aggrottò un attimo la fronte e cercò di trattenere un sorriso.

"Ok. Visto che ne sei così sicura, che ne dici di scommettere ?".

"Ci sto" risposi prontamente, senza pensarci due volte "se vinco io, dovrai fare tutto quello che dico per una settimana intera". Risi al pensiero di Jake nel ruolo del cameriere.

"Se invece vinco io" disse lui, interrompendo i miei pensieri felici "dovrai buttarti in acqua".

"Se è solo questo quello che vuoi" lo interruppi, decisamente sollevata. Non si poteva mai sapere quando si aveva a che fare con quello lì.

"Non ho mica finito." continuò Jake con tono compiaciuto "dovrai buttarti in acqua vestita. Anzi, ti ci butterò io".

Lo guardai decisamente male.

"Una scommessa è una scommessa mia cara, non ti puoi tirare indietro proprio adesso" mi sfidò.

"Infatti non ho nessuna intenzione di farlo. E poi, mi dispiace ma non riuscirai mai a buttarmi in acqua" conclusi con tono deciso.

 

"Ne possiamo parlare ?" tentai di prendere tempo, mentre Jake si avvicinava sempre di più all’acqua, tenendomi in braccio. Per tutta risposta lui si mise a ridere. Entrò in acqua con passo deciso e si fermò solo quando l’acqua gli arrivava ai fianchi. Mi fece ondeggiare un paio di volte dopodiché mi lasciò andare. Feci appena in tempo a chiudere gli occhi che subito mi ritrovai immersa nell’acqua fredda.

Tredici minuti. Tredici.

Ci aveva messo tredici minuti per arrivare alla spiaggia. Aveva spinto il più possibile sull’acceleratore della sua povera macchina, ma alla fine ce l’aveva fatta. Ed io era finita in acqua. Vestita.

Un paio di volte la macchina aveva fatto dei rumori strani, ma lui non se n’era curato minimamente, e aveva continuato imperterrito la sua folle corsa.

A parte quel piccolo "inconveniente", anche se divertente, la giornata passò tranquilla. La solita bella giornata passata insieme, io e lui.

 

JACOB

Avevo vinto la scommessa e Sarah era finita in acqua. Ma se l’era cercata, questo andava detto.

Quando il sole cominciò a sparire dietro alle nuvole decidemmo di tornare a casa, a differenza del viaggio di andata andai con molta più calma visto che non dovevo impiegarci meno di quindici minuti. E Sarah se ne accorse.

"Adesso te la prendi con comodo vero ?!" mi chiese in tono ironico, anche se il suo sguardo non lo era altrettanto.

"Certo. Questo gioiellino ha già dato oggi" dissi indicando la mia adorata macchina.

"Non ti sarai mica arrabbiata, vero ?" aggiunsi quando vidi che Sarah mi guardava sempre peggio.

"Una scommessa è una scommessa, giusto ?" rispose, ripetendo quella che gli avevo detto io durante il viaggio di andata, dopodichè sorrise. Mi sentii subito più sollevato.

Arrivati a casa sua parcheggiai l’auto e poi entrammo. Adam era seduto sul divano e guardava la tv, subito dopo averci salutato si diresse verso il telefono.

"Pensavo di ordinare una pizza. Jacob, tu resti a cena vero ?" mi chiese Adam. Ormai non era una novità, se c’era Sarah c’ero anch’io.

Annuii in risposta alla sua domanda. Adam alzò la cornetta del telefono e chiamò, probabilmente la pizzeria.

 

***

Angolo della Scrittrice.

Sono di nuovo qui. Lo so che il capitolo è un po' più corto rispetto ai precedenti, ma o facevo questo corto e il prossimo più lungo, o il contrario. oddio, spero si sia capito qualcosa. (:

Oggi non ho molto da dire... (:     Quindi rispondo subito alla recnsione:

MoonLight_95 = Grazie, davvero ! Fa sempre piacere vedere che a qualcuno piace questa storia, anche perchè è la prima che metto sul sito, ecc ecc... (:   Comunque, tornando a noi, devo dire che anche a me è dispiaciuto che sia passato tutto questo tempo ma se non c'è "l'ispirazione" non si può proprio far niente, almeno io. [:   Tranquilla che adesso chee ho cominciato non mi fermo più finchè non sono arrivata alla fine, quindi il prossimo capitolo arriverà presto, promesso ! (: Spero che continuerai a seguire la storia.  Baciii !

Come ultima cosa, visto che negli ultimi quattro capitoli mi sono dimenticata - che stupida -, volevo ringraziare tutti le persone che hanno messo questa storia tra i seguiti, i preferiti e anche chi l'ha letta. Grazie davvero ! (:

Ahah fortuna avevo detto che non avevo niente da dire...  Vabbè basta, se no qua anon finiamo più. (:

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 17
*** Una reazione inaspettata ***


E’ solo chi non fa niente che non fa errori, suppongo.
 Joseph Conrad

JACOB

"Che avete fatto di bello oggi ?" chiese Adam, dopo aver addentato uno spicchio della sua pizza.

"Siamo andati in spiaggia" ripose Sarah. Ci guardammo per un secondo ed entrambi sorridemmo al ricordo di quella giornata, anche se io lo feci principalmente perché ripensai alla scommessa e al suo conseguente bagno forzato.

"Non sono sicuro di voler sapere perché ridete" ammise infine Adam, e tutti e tre ridemmo.

"Jacob, che ne dici di convincerla tu ? Io ho già tentato, ma non mi vuole proprio ascoltare" disse Adam. A Sarah andò l’acqua di traverso e cominciò a tossire.

"Tutto ok ?" le chiesi mentre le davo dei piccoli colpetti con la mano sulla schiena. Lei annuì leggermente.

"Convincerla a fare cosa ?" continuai, quando Sarah smise di tossire.

"Per il compleanno" rispose lui tranquillo. Diede un altro morso allo spicchio di pizza.

"Oh, scusate. Pensavo che lo sapessi" continuò Adam quando vide la mia espressione perplessa, si vedeva che era imbarazzato. Mi girai verso Sarah, che aveva lo sguardo fisso sul suo piatto. Dopo alcuni secondi di silenzio probabilmente si rese conto che stavamo guardando lei.

Mi guardò, aprì la bocca e fece per parlare ma io non le lascia il tempo, mi alzai da tavola e andai verso la porta. Vidi con la coda dell’occhio che anche Sarah si alzò e mi seguì fuori. Mi sentivo tradito, imbrogliato dall’unica persona di cui mi fidavo ciecamente e di cui m’importava veramente.

Mi fermai quando fui fuori dalla porta, mi girai ed aspettai che mi raggiungesse. Sarah arrivò pochi secondi dopo.

Si avvicinò a me e posò le sue mani sulle mie braccia, ma io indietreggiai di qualche passo. Mi appoggiai sulle ringhiera della veranda e incrociai le braccia.

"Hai intenzione di dirmi qualcosa ?" sbottai dopo qualche minuto di silenzio.

"Senti, lo so che sei infastidito perché non te l’ho detto ma questo non mi sembra il modo di reagire" disse cercando di tranquillizzarmi, probabilmente temeva che avrei potuto scaldarmi troppo.

"A me sembra di si invece" risposi scocciato. Solo quando mi accorsi dello sguardo che aveva cercai di calmarmi almeno un po’ "pensavo che ci dicessimo tutto, che fossimo completamente sinceri l’uno con l’altro. Ma forse mi sbagliavo".

"No ! Non ti sbagli assolutamente. Non pensavo che te la saresti presa così tanto solo per un compleanno".

"Non è il compleanno di per sé, Sarah, ma il fatto che tu non me l’abbia detto. Infatti non riesco proprio a capire perché hai preferito tenertelo per te".

"Non lo so nemmeno io il perché. E’ solo che tutto sta andando così bene ultimamente che festeggiare il mio compleanno mi sembrava in più, di troppo. E poi non mi serve una super mega festa di compleanno per essere felice, mi basti tu" confessò alla fine, con lo sguardo basso. Continuava a tenere lo sguardo fisso a terra, come se avesse paura di guardarmi.

Mi resi conto solo in quel momento della scenata che avevo fatto, e in più per un nonnulla. Non mi aveva detto che il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno, amen. Non era un motivo per mettersi a litigare, decisamente no. Mi avvicinai lentamente e l’abbracciai. Lei mi circondò il collo con le braccia e ci si aggrappò con tutte le sue forze. In quel momento la sentii veramente vicina.

"Mi dispiace" sussurrò.

"Zitta, non devi neanche dirlo. Sono io che mi devo scusare, mi sono comportato come un bambino di due anni e come un deficiente. Anzi, tutte e due le cose insieme" m’interruppi per qualche secondo "ti amo" continuai poi.

"Anch’io".

La strinsi ancora più forte.

 

SARAH

Tutto mi sarei immaginata tranne quello. Non avevo previsto che Jake si sarebbe potuto arrabbiare per il fatto del compleanno, la sua reazione, infatti, mi aveva colta del tutto alla sprovvista. Comunque alla fine si era risolto, fortunatamente.

Rientrammo in casa, io super imbarazzata a causa della scena a cui Adam era stato costretto ad assistere mentre Jake apparentemente tranquillo. Ma questa non era una novità: non si imbarazzava quasi mai, era consapevole di quello che faceva e non gli importava cosa la gente pensava di lui.

"Scusate, non volevo farvi litigare. E’ che non riesco mai a stare zitto, io e la mia stupida boccaccia !" si scusò Adam, in evidente imbarazzo, appena ci vide.

"Ma figurati ! Sono stata stupida io a non dirglielo" tentai di tranquillizzarlo. Adam abbozzò un sorriso.

"Ero io che non dovevo reagire in quel modo, a volte non penso prima di fare le cose" intervenne Jake.

"Ok, direi che possiamo farla finita con questi è colpa mia e auto-insulti vari. Che ne dite di tornare alla pizza ?" cercai di concludere.

"Assolutamente" concordò Adam.

Dopo aver aiutato Adam a sparecchiare Jake disse che doveva andare a casa, probabilmente doveva tornare dal branco visto che era stato tutto il giorno con me e non li aveva più sentiti.

Lo accompagnai fuori e ci fermammo due minuti a parlare.

"Quindi domani è il tuo compleanno" constatò Jake.

"Eggià, mi dispiace che tu lo sappia solo ora".

"L’importante è che lo sappia, no ?". Annuii leggermente.

"Sei sicura di non voler far niente ? Proprio zero ?" cercò di convincermi lui.

"Sicurissima, zero assoluto" risposi sicura. Jake mi guardò per qualche secondo, alla ricerca di una minima esitazione nei miei occhi ma non trovò nulla. Ero sicura di quello che volevo.

"Potrò almeno farti gli auguri ?".

"Quello devi farlo" lo esortai.

"Meglio di niente" concluse e alla fine sorrise. Si avvicinò a me e mi baciò con estrema dolcezza.

"Sogni d’oro piccola" sussurrò con le labbra a pochi centimetri dalle mie. Io tirai un respiro profondo e ricambiai la buonanotte.

Mi girai e, dopo aver dato un ultimo sguardo a Jake, richiusi la porta alle mie spalle. Sentii il motore della macchina accendersi e farsi via via più lontano.

Tornai in salotto e mi sedetti vicino ad Adam, che stava guardando la tv.

"Tutto risolto, vero ?" mi chiese leggermente in ansia.

"Si si, non ti devi preoccupare. Tutto perfetto". Sorrisi, perché era veramente tutto perfetto.

"Bene, ne sono felice. Sai, vi vedo davvero bene insieme. E’ ovvio che gli piaci veramente e che fa sul serio con te" constatò Adam.

"Già, penso sia quello giusto". Sorrisi nuovamente perché io sapevo che era quello giusto: l’Imprinting non sbagliava mai. Ma lo sarebbe stato anche senza.

"Buonanotte" continuai dopo. Lo baciai sulla guancia e mi avviai in camera mia.

 

 

***

Angolo della Scrittrice.

Salve a tutti !

Tra pochissimo devo andare via e sono super di fretta. Quiiindi non dovrete sopportarmi per molto ! (;

Ho giusto il tempo per rispondere alle recensioni.

MoonLight_95 = e a chi non piace Jake ? (:   Comunque sono andata a leggere la tua storia e l'ho anche recensita. (=     Come ho detto devo andare via e ti devo salutare subito, ciaaao ! (:

kucciolottathebest = tra qualche giorno arriverà il prossimo capitolo.  Ooooh, beata te che vai in vacanza. Almeno credo che tu ci vada, visto che hai detto che parti. (:   Quindi ci risentiremo a settembre ! Ciaaao (=

Alla prossima !

Tedda.

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Capitolo 18
*** Il compleanno ***


L'amore non dà nulla fuorché sé stesso, e non coglie nulla se non da sé stesso.
L'amore non possiede, né vorrebbe essere posseduto poiché l'amore basta all'amore.

Kahlil Gibran

 

SARAH

Addormentarsi non era stato difficile quella notte, quindi la mattina mi sentivo bella sveglia e riposata.

Mi lavai e mi vestii, dopodichè scesi velocemente le scale. In cucina trovai Jake e Adam, che teneva sul palmo della mano un vassoio con una piccola torta al cioccolato e alcune candeline accese sopra. Diciassette, per essere precisi.

Appena li vidi mi bloccai per qualche secondo, un po’ sorpresa, poi però sorrisi e mi avvicinai a loro.

"Auguri tesoro" disse Adam tutto felice e mi diede due baci, uno per guancia.

"Grazie" risposi io un po’ imbarazzata.

"Buon compleanno" intervenne poi Jake. Mi diede anche lui un baciò veloce, probabilmente per via di Adam che guardava.

"Non dovevate mettervi a cucinare" dissi indicando la torta posata sul vassoio.

"Pensi davvero che saremo in grado di cucinare una cosa del genere ?" rispose Jake indicando a sua volta la torta.

"No, probabilmente no" constatai.

"Però siamo andati in pasticceria a prenderla" intervenne Adam, tanto per non farli apparire come due incapaci.

"Bè, meglio di niente no ?!" conclusi sorridendo. Erano stati davvero carini, mi aveva fatto piacere. Era da qualche anno ormai che non spegnevo le candeline: mia mamma era troppo presa da sé stessa e dai suoi problemi per ricordarsi del mio compleanno. Ma quest’anno era tutto diverso, tutto perfetto.

Adam posò delicatamente la torta sul tavolo e tutti ci sedemmo.

"Prima di soffiare devi esprimere un desiderio" mi avvertì Adam. Io annuii.

Non c’è niente che possa desiderare, ho tutto quello che voglio pensai, posando uno sguardo veloce sulle due persone che avevo vicino, ma soffermandomidi più su Jake.

Finsi di pensare a qualcosa e, dopo qualche secondo, soffiai sulle candeline.

La torta era davvero squisita, ora capivo perché non la potevano aver cucinata loro. Jake non sapeva nemmeno accendere il fornello, Adam era bravo a cucinare ma con i dolci era negato. L’avevo capito quella volta che aveva cucinato dei biscotti per festeggiare il mio arrivo. Quando mi aveva chiesto com’erano gli avevo mentito dicendo che erano ottimi, solo che quando ne addentò uno anche lui capì che non era possibile che mi piacessero veramente, quindi ammisi che non era vero. Adam, dopo aver sputato il pezzo che aveva in bocca, preso il vassoio e ne gettò l’intero contenuto dentro la pattumiera.

Sorrisi al ricordo di quella buffa scena.

 

Jake e io salimmo in camera solo dopo che Adam era uscito per andare al lavoro: lo avevamo aiutato a sparecchiare.

Ci eravamo distesi sul letto. Mise il suo braccio intorno alle mie spalle e io appoggiai il viso sul suo petto.

"Grazie per la torta, davvero" dissi, mentre Jake stava giocherellando con le mie dita e alzando la testa per guardarlo.

"Era il minimo. Avevi detto che non volevi niente, ma non potevamo far finta che fosse un giorno come un altro".

"Invece lo è. Non importa a nessuno se oggi è il mio compleanno".

"A parte a te e ad Adam" aggiunsi quando notai lo sguardo di Jake. Abbasai lo sguardo, tornando a guardare le nostre mani intrecciate.

"Ti dico che lo è" insistette "perché diciassette anni fa sei nata tu, la persona più speciale del mondo".

Sorrisi nel sentire Jake dire quelle parole.

"Che c’è ?" chiese sinceramente perplesso.

"Che frase banale. Potevi pensare a qualcosa di più originale". Lo guardai sorridendo.

"Senti, io ci provo. Dovresti apprezzare lo sforzo" rispose fingendosi offeso.

"Lo faccio".

Sorrise teneramente.

"Mi pare di averla letta sulla scatola di alcuni cioccolatini" ammise infine.

"Quanto a originalità non sei proprio il massimo".

"Vero" concordò sorridendo.

"Però, almeno sei sincero. E questo lo preferisco" dissi alzando nuovamente lo sguardo.

"Vero anche questo".

Sorrise nuovamente, baciandomi in fronte.

"Che ne dici se facciamo un salto a casa mia ?" chiese Jake.

"Come mai ?".

"Penso che ci sia qualcuno che vuole farti gli auguri".

"Spero solo che non abbiano organizzato feste o cose così" dissi un po’ pensierosa.

"Credimi: dubito che lo faranno".

"Allora ci vengo" conclusi "anche se non voglio sapere cosa gli hai detto per dissuaderli". Entrambi ridemmo.

Ci alzammo dal letto e ci avviammo verso la macchina. Dopo venti minuti circa eravamo a casa sua.

Jake aprì la porta della sua piccola casa e mi fece entrare per prima. La stanzetta era piena di gente: c’era il branco al completo, Billy e anche Emily.

Ci fu un lungo susseguirsi di baci, abbracci e "tanti auguri" vari. Ero decisamente in imbarazzo ma mi faceva piacere che tutti ci tenessero a farmi gli auguri di persona ma soprattutto che si ricordassero del mio compleanno.

"Una curiosità: come facevate a sapere che era il mio compleanno ?" chiesi curiosa.

"Eh cara mia, sapessi" disse Jared voltandosi a guardare Jake, che abbassò a sua volta lo sguardo, sorridendo leggermente.

"Non smette mai di pensare a te, sei il suo pensiero fisso. E ieri sera continuava a pensare al tuo compleanno" intervenne Paul divertito.

"Sai, sono rimasta molto delusa da te: come hai potuto non dirgli che compivi gli anni ?" scherzò Seth. Tutti cominciammo a ridere alla sua battuta, Jake non sembrava particolarmente divertito ma sorrise comunque.

Era incredibile come il branco fosse una cosa sola, se ce n’era uno c’erano tutti e la cosa che mi piaceva di più era che completavano le frasi degli altri. Era uno spasso ascoltarli.

"Ok, direi che potremmo anche cambiare argomento adesso" intervenne Jake.

"Certo, hai qualcosa da proporre ?" chiese Quil ridendo.

"Penso di sapere cosa vorrebbe proporre" rispose, al posto di Jake, Embry.

"Mi dispiace davvero tantissimo" scherzò Jake "ma penso proprio che dobbiamo andare. Non voglio che Adam si preoccupi".

"Tranquillo, Adam darà per scontato che sono qui" replicai io.

"Va bè, non importa. E’ meglio se andiamo a casa lo stesso" concluse ridendo, a causa della figura appena fatta.

Salutai e ringraziai tutti per gli auguri e, con Jake che mi spingeva, ci avviammo verso la macchina.

Impiegando più o meno il tempo dell’andata, arrivammo a casa mia. Entrammo nel vialetto e lui spense la macchina. Lanciai uno sguardo al posto dove di solito Adam parcheggiava la macchina per vedere se fosse già tornato. Vicino alla sua macchina ce n’era un’altra: quella di mia mamma.

Mia mamma ?! Ma perché è qua ? E' venuta trovarmi ? pensai. Sinceramente l’idea non mi allettava molto, non mi ero ancora dimenticata di come mi aveva mollato in mezzo alla strada, in una città che non conoscevo, un paio di mesi prima. Jake si accorse che mi ero irrigidita. pensai, posando uno sguardo veloce sulle due persone che avevo vicino, ma soffermandomidi più su Jake.

"Ehi piccola, che succede ?". Cercò di sembrare calmo, ma la sua voce era preoccupata. Riusciva sempre a capire quando c’era qualcosa che mi turbava.

"Mia madre" bisbigliai.

 

***

Angolo della Scrittrice.

Salve a tutti ! (: Ho tardato un po' nell'aggiungere questo capitolo, scusate (=

Comunque spero che vi piaccia. Ci sono guai in vista per Sarah e Jake, ma non vi dico altro (:

Bè, non mi resta altro che rispondere alla recensione:

MoonLight_95 = mi fa sempre piacere leggere l tua recensione, grazie che continui a seguirla (:    Non so cosa sia successo per il fatto del tuo compleanno, ma speriamo che vada meglio (:     Per quanto riguarda Jake, non ha fatto niente di esagerato per il compleanno di Sarah ma non poteva di certo far finta di niente. (;     Spero che il capitolo ti sia piaciuto ! Ciao (:

Ho finito, alla prossima ! (:

Tedda.

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