Souvenir dall' Italia

di _Shee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter nr. 1 ***
Capitolo 2: *** chapter nr. 2 ***
Capitolo 3: *** chapter nr. 3 ***
Capitolo 4: *** chapter nr. 4 ***
Capitolo 5: *** chapter nr. 5 ***
Capitolo 6: *** chapter nr. 6 ***
Capitolo 7: *** chapter nr. 7 ***
Capitolo 8: *** chapter nr. 8 ***
Capitolo 9: *** chapter nr. 9 ***
Capitolo 10: *** chapter nr. 10 ***
Capitolo 11: *** chapter nr. 11 ***
Capitolo 12: *** chapter nr. 12 ***
Capitolo 13: *** chapter nr. 13 ***
Capitolo 14: *** chapter nr. 14 ***
Capitolo 15: *** chapter nr. 15 ***
Capitolo 16: *** chapter nr. 16 ***
Capitolo 17: *** chapter nr. 17 ***
Capitolo 18: *** chapter nr. 18 ***
Capitolo 19: *** chapter nr. 19 ***



Capitolo 1
*** chapter nr. 1 ***




Un’attricetta da quattro soldi. Un’arrampicatrice sociale. Così potevo sembrare agli occhi della gente, ed io d’altronde non avevo dato modo di dimostrare altro. Ora annusavo quelle coperte, che puzzavano d’alcool e di sudore. Lui ancora affannato era girato verso di me con gli occhi chiusi. Mosse un braccio e lo lasciò cadere pesantemente sulla mia schiena. Dove stavo finendo? Che cosa stavo diventando? Affondai la testa nel cuscino: e se fossi morta soffocata? A chi sarebbe importato? A quest’uomo forse toglierei lo sfizio di farlo con qualcuna senza essere costretto a pagare…forse a lui un pochino dispiacerebbe, per un motivo o per un altro.
-Mi ami, Matteo?- gli chiesi voltandomi di nuovo verso di lui.
-Ma certo che sì, non potrei risponderti altrimenti dopo quello che hai fatto oggi!-
Sospirai, e vidi le coperte iniziare a vibrare oltre le lacrime. -Già…-
-Però cazzo non mi chiamare Matteo, mi fa schifo!-
Respirai l’odore della sigaretta che si stava accendendo, il fumo denso scese pesante nei miei polmoni, non potei fare a meno di tossire, e lui questa cosa non l’aveva mai sopportata.
-Avanti alzati, su- e mi scosse con un piede.
Ma perché, perché non mi dici subito che sono solo un oggetto, perché non mi butti fuori di casa quando hai smesso di divertirti, perché non capisci…
-Gaia, alzati- e incalzò ripetutamente sul fianco, mentre io immobile subivo – cazzo, alzati!- e con violenza mi spinse fuori del letto, lasciandomi rotolare come una bambola di pezza oltre il bordo, addosso al rigido comodino.
Sbattei per terra dolorosamente, l’urto si diffuse come una scarica d’elettricità per tutto il corpo.
Rimasi così, a piangere come una stupida, nuda come un verme, trovando l’unico appoggio sullo spigolo del mobiletto, mentre lui si alzava dall’altra parte e veniva verso di me.
-Non ho intenzione di sentire i tuoi stupidi piagnistei, stasera c’è il gala e voglio che tu sia pronta per le 19.
Poi uscì dalla camera sbattendo la porta, nello stesso momento in cui il pianto soffocava la mia gola ed io non potei che abbandonarmi ai singhiozzi isterici…

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Capitolo 2
*** chapter nr. 2 ***


Toc, toc…
-Signorina, sono Elisabeth, sono venuta ad aiutarla…
Lasciatemi sola, vi prego, non ce la faccio più…
Poi la sveglia trillò…erano già le 17…
Toc, toc, toc…
-Signorina…
Con la mano cercai sul letto qualcosa con cui coprirmi, e la prima cosa che trovai fu la vestaglia, la sua vestaglia…
La indossai come se quello fosse l’ultimo abito da mettere prima della condanna a morte. Puzzava di fumo. Mi alzai ed aprii la porta.
-Ciao Elisabetta…
-Elisabeth, non Elisabetta
-Sì sì scusami, sai è un brutto vizio il mio, ho bisogno di qualcosa che mi ricordi l’Italia.
Lei mi sorrise imbarazzata, senza sapere che in quel momento l’unica a doversi vergognare ero solo io.
-Beh, allora mentre io mi faccio una doccia, puoi preparare il vestito e i trucchi.
-Certo signorina.
Ordini, adesso anche gli ordini ho la sfacciataggine di dare. M’infilai sotto il getto d’acqua fredda e strofinai con violenza tutto il corpo, dovevo sentire che sotto le mie mani c’ero ancora io.
Elisabetta mi aspettava davanti al gabbiotto con l’asciugamano. Me lo avvolse tutt’intorno e mi precedette davanti alla toeletta. Mi accasciai sulla poltroncina mentre lei si prendeva cura dei miei capelli. Fu allora che mi guardai allo specchio, e non riuscii a riconoscere il mio volto. E se è vero che noi siamo i nostri ricordi, io ormai non ero più nessuno.
-Ah, signorina, se vuole le ho portato il giornale d’oggi!
-Grazie, Elisab…grazie.
Ma forse avrebbe fatto meglio a non portarmelo: nella pagina dei gossip campeggiava la foto di Matthew Reed, con colei che quella settimana gli avrebbe fatto da nuova fiamma…e non ero certo io. Ecco a cosa mi ero ridotta, a fare da fidanzata ufficiale ad un uomo che scopava una donna diversa ogni settimana, a fare da bella facciata ad un palazzo fatiscente.
Richiusi il giornale e lo appoggiai sulla toeletta, chiusi gli occhi e mi abbandonai completamente ad Elisabetta…ma prima di potermi fare il trucco, la ragazza dovrà aspettare che le mie lacrime abbiano smesso di sgorgare.

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Capitolo 3
*** chapter nr. 3 ***


Durante tutto il tragitto Matteo non mi rivolse la parola. Io cercavo di guardare al di fuori dei vetri oscurati ma essi foderavano ciò che c’era fuori come una nebbia nera. Solo le luci erano abbastanza forti da perforare la coltre, ma anch’esse non riuscivano a distogliere il mio pensiero da Matteo.
Ma io lo amavo davvero? Oppure, per quale motivo dovrei amarlo, se ogni mio gesto è a senso unico?
La macchina iniziò a rallentare e con la coda dell’occhio vidi Matteo girarsi verso di me.
-Primo: il mio nome è Matthew, non Matteo.
Mi voltai verso di lui, che cosa centrava adesso?
-Se oserai chiamarmi Matteo anche solo mezza volta giuro che te la farò pagare a suon di schiaffoni, fosse pure sia costretto a farlo davanti a tutti.
La mia testa annuì. Ma dentro di me qualcosa soffocava.
-Secondo: se non ti calcolo vuol dire che mi devi stare lontana.
La mia testa annuì di nuovo. E dentro di me qualcosa moriva.
-Terzo: sei stupenda stasera, non potrei fare più bella figura. Non rovinare ogni cosa. – e sorrise amabilmente come se tutto gli fosse dovuto.
Io chinai il capo inerme. Come ogni volta, lui era riuscito a salvarsi. Mi prese per il polso e lo strinse con forza: “Tu sei mia”, questo mi stava dicendo. Infine si voltò e aprì la portiera…ignorando la mia smorfia di disgusto.

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Capitolo 4
*** chapter nr. 4 ***


Appena spalancò lo sportello della macchina i flash abbaglianti di decine di paparazzi erano tutti indirizzati verso di noi. Mi schermai gli occhi con la mano sinistra, mentre l’altra pendeva ciondoloni dalla sua mano. Lui sorrideva gioviale e soddisfatto, ed io, mio malgrado, dovevo fare lo stesso. Salimmo le scale verso il gran portone spalancato, superando una folta schiera di body- guard: nonostante tutto trovavo impossibile che nessun paparazzo fosse riuscito ad infiltrarsi dentro.
Il salone era immenso, una visione spettacolare e il tutto pullulava di VIP.
La maggior parte, sia che mi fosse stata presentata, sia che fosse stata ignorata da Matteo, mi guardava con la stessissima faccia: nonostante fossi già da un anno in quel giro, mi vedevano ancora come la contadinella venuta dalla campagna con il carro ed il mulo.
-Ciao Gwyneth, ciao Chris, vi ricordate di Gaia?
-Hey Brad! Che piacere rivederti! E Angelina? Ah con i piccoli, certo! Conosci Gaia?
-Wow Johnny! Come va? E Vanessa? Ah eccola! Questa è Gaia, non mi sembra di avervela mai presentata…
-Come va Demi? Ashton come stai? Posso presentarvi Gaia?
Mi sballottava per la sala come se presentarmi a tutti valesse la sua vita.
Poi nel brusio generale sentii chiamare il suo nome, una, due, fino a tre volte.
Anche lui lo sentì e si bloccò di colpo a guardarsi intorno. E verso di noi veniva una donna dal trucco talmente marcato da farla sembrare finta. Fumava una sigaretta da un lungo bocchino…antica!
-Oh Ellen! Vi state già divertendo senza di me?
Io lo guardai interrogativa.
-Dai vieni Matty, stanno aspettando solo te!Io però non ho resistito!
Poi la guardai bene in faccia, e non mi fu difficile capire: era già partita per un altro universo. Quando poi si accorse che la fissavo mi soffiò in faccia il fumo ed io mi sentii costretta a tossire, più che altro perchè ero contrariata dal suo gesto.
La donna rise garrula, e tirò Matteo per una manica.
-Beh, ok Ellen arrivo subito. Devo solo pensare un attimo a dove mettere Gaia.
Esatto, doveva solo pensare a dove mettere il suo trastullo, in modo che nessuno potesse rubarglielo. Ma di tempo per pensare sembrava averne molto poco, e senza tanti problemi, mi liquidò spingendomi lontano da lui.
-Pensaci tu a dove metterti.
E si dileguò tra la folla, senza rendersi conto che mi aveva sbattuto addosso ad una persona.
Neanche io pensai più di tanto a chi aveva fermato la mia caduta verso terra, continuavo a guardare il punto in cui avevo visto sparire Matteo. Poi però sentii battere sulla mia spalla.
Mi voltai come se non sapessi chi fosse, come se nessuno avesse assorbito il peso del mio corpo lanciato verso uno spazio indefinito.
-Penso che tu…
-Oh, ah, sì, scusami, è che, non è stata colpa mia, è soltanto che…hey! Ma tu sei…
-Devono non averci ancora presentati se tu sai chi sono io mentre io non so chi sia tu.
-Beh, deve essere anche un fatto di popolarità credo, però lo spintone poteva sembrare una bella presentazione…un po’ di fantasia su!
-Particolare più che altro! E anche un po’ dolorosa!
-Ihih, in effetti! Oddio, ma perchè rido! Ti ho fatto male?
-Mi fa più male non sapere il tuo nome.
-Ah…ehm…sicuro? Ad ogni modo, io, sono Gaia…
-Ah bene, un nome italiano, come il mio!
-Eh già…
E da quel momento non potei fare a meno di ripetere quel nome migliaia e migliaia di volte nella mia testa, l’unico nome fino a quel giorno che mi riportava all’Italia, e che nessuno avrebbe potuto rinfacciarmi di storpiare: Leonardo.

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Capitolo 5
*** chapter nr. 5 ***


A dir la verità in quel momento ero in vena di tutto, fuorché parlare, eppure la ripicca di far arrabbiare Matteo per il comportamento che mi aveva riservato prevalse sul mio stato d’animo, e senza troppe cerimonie mi attaccai a Leonardo a mo’ di parassita…non riuscivo a smentirmi mai.
-Beh, sei da solo stasera?
Il mio fu un colpo troppo basso perché la sua reazione non potesse notarsi visibilmente.
-Come potrei negarlo…non so neanche chi me l’abbia fatto fare a venire qua…
-Ah, ehm, scusami, ma certo se avessi voluto avresti trovato orde di pazzoidi pronte ad accompagnarti…
Mio Dio! Ma posso uscirmene con cose tanto stupide? Non ero assolutamente capace di salvare quella situazione. Come mi stavo comportando da cretina! Lui di rimando non rispose.
-Senti, perché non ci prendiamo qualcosa di forte da bere, e anneghiamo i dispiaceri nell’alcool? Non pensare che io stia in condizioni migliori delle tue, fidati –
-Sì, in realtà lo ho notato…quindi stai con Matthew Reed, no?
-Ma ha importanza se io sono la sua ragazza o no? Doveva andarsi a fare una pista, quelle sono cose importanti, poverino…
Leonardo accennò un sorriso che sciolse il nodo che mi bloccava lo stomaco. Da rimanere estasiati.
-Và così male?
-Beh, diciamo che non è proprio un mostro di bravura…è…un mostro e basta…
Ma l’ultima parte la dissi talmente a bassa voce che vidi Leonardo fare un notevole sforzo per capire cosa avevo detto, senza costringermi a ripetere.
-Vanno bene due vodka-martini?- mi chiese, con una gentilezza inaudita, che da come l’avevo trattato all’inizio i cocktail avrebbe dovuto tirarmeli appresso più che offrirmeli.
-Alla James Bond? Fantastico!- Oh grazie Leo, vodka vodka e ancora vodka.
Ci avvicinammo al mobile bar e fummo subito serviti. Tracannai il bicchiere senza indugi, mentre Leonardo quasi shockato teneva ancora il suo a mezz’aria.
Gli sorrisi cercando di darmi un’aria maliziosa e anche lui ingollò il contenuto del suo bicchiere.
-Vuoi fare a gara? – mi chiese sorridente
Io lo guardai tra il sorpreso e lo sconcertato. Poi sorrisi ancora e gli tesi la mano.
-Affare fatto!-
-Altri due vodka-martini per favore!- urlò al cameriere mentre mi stringeva forte la mano.
-Ma facciamo anche altri sei! – gridai dietro di lui.
Al diavolo Matteo!






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Grazie per le recenzioni nel capitolo 4!! Nonostante siano solo due penso che senza di esse avrei evitato di proseguire...e mi dispiace terribilmente di aver aspettato tutto questo tempo per farlo!!

@Cam: io e la grammatica non ci siamo mai prese bene, strano che tu abbia visto solo un errore! per quanto riguarda la lunghezza dei capitoli sò che è un mio grave difetto ma a fare cose troppo prolisse sono la prima ad annoiarmi, quindi preferisco tagliare corto. Comunque cercherò di seguire il tuo consiglio per quanto mi sarà possibile :D GRAZIE

@Ramona37: il tuo entusiasmo è...è...indescrivibile! :P Grazieee!!

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Capitolo 6
*** chapter nr. 6 ***


Persi presto il conto dell’alcool che buttai giù, ma dovetti ammettere che ero stata battuta su tutti i fronti dal bel faccino che avevo davanti. Entrambi ridevamo come pazzi senza alcun motivo, bastava guardarci in faccia per scoppiare in una sonora gioia. Ci alzammo ondeggianti dalle sedie e ci buttammo tra la gente, incuranti dello spettacolo imbarazzante che stavamo dando.
La vodka ha il pregio e il difetto di permetterti di ragionare su quello che fai sotto il suo effetto, facendoti frullare però una domanda nella testa: “Perché non dovrei?”.
Imboccammo la prima porta che ci capitò davanti per finire in uno studiolo circolare, e direttamente davanti a noi si apriva un finestrone che portava su di un balcone immerso nel buio, che però affacciava su di un vasto giardino.
Dapprima mi sdraiai per terra, la testa girava davvero troppo. Poi però lui mi tirò su, un po’ barcollante.
L’aria era terribilmente fredda ed io ero coperta solo da un leggero scialle di seta. Mi appoggiai con i gomiti sulla ringhiera. Senza il minimo rumore Leonardo appoggiò la sua giacca sulle mie spalle. Io lo guardai sorpresa e lui sorrise di nuovo alzando le spalle. Poi si appoggiò anche lui, tanto vicino da poter toccare l’uno il braccio dell’altro. –Guarda che io sono rimasta sconvolta quando sei morto congelato nel film Titanic! Non vorrai fare la stessa fine, spero!
-Ahah, con tutta la vodka che ho bevuto mi sento bollire, non preoccuparti per me.
-Guarda che anch’io non ci sono andata giù leggera però il freddo lo sento eccome!
E ancora più inaspettatamente mi fasciò con un braccio, e mi strinse talmente forte che fui costretta ad affondare il viso nell’incavo del suo collo.
Respirai l’odore del suo profumo, come se fosse quella la mia cocaina.
-Abbiamo bevuto davvero troppo. – riuscii a sillabare in un sospiro.
-E sono contento di averlo fatto –
Alzai lo sguardo verso di lui, che sembrava non aspettare altro. Racchiuse nelle sue labbra le mie, in un delicatissimo bacio, privo d’impeto ma denso di parole. Appoggiai le mie mani sul suo petto, e lo sentii vibrare. Come trovavo fastidiosa quella camicia, che separava le mie dita dalla sua pelle.
Mi strinse ancora più a se, quasi a volermi assorbire in lui. Ero totalmente inebriata dal suo profumo buono che mi stavo abbandonando al piacere. Accarezzai con il naso il profilo del suo volto mentre lui iniziò a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. Non potei fare a meno di ridere compiaciuta. Poi prese il mio volto e lo avvicinò nuovamente alla sua bocca…
In un lampo di lucidità lo allontanai. Non fare così, non posso sopportarlo.
-Hai bevuto troppo non ragioni. – gli dichiarai, strappandomi con forza le parole dal petto.
Ma lui si riavvicinò e mi rapì una seconda volta. E questa volta avevo tutte le intenzioni di rimanere avvinghiata a lui, nel turbine che invadeva la mia mente ed il mio cuore…
Ma i sogni sembra non siano destinati a durare a lungo: una sequenza di flash lacerò l’atmosfera, come una ghigliottina affilata. Mi allontanai subito da Leonardo e guardai prima lui, poi il punto da cui era partita la luce, nel cupo giardino.
Leonardo si avvicinò e mi sfiorò con grazia il braccio.
Il suo volto s’era incupito, ma la dolcezza del suo volto non era scomparsa.
-Ormai è successo. – disse.
Ma io non pensavo a me, non pensavo a Leonardo, davanti ai miei occhi c’era solo un enorme palazzo dagli interni troppo vecchi ma dalla facciata fresca e interessante che veniva demolito da una pesante palla di piombo. Il castello di carte di Matteo, sarebbe crollato con me.

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Capitolo 7
*** chapter nr. 7 ***


-Io, io devo avvisare Matteo! Ma perché mi sono lasciata trascinare! Ho rovinato ogni cosa! Ed è tutta colpa tua! – e lo additai con ferocia.
Com’ero meschina, come se non mi ero buttata con gioia tra le sue braccia.
-Ma possibile che sei così succube di quell’uomo?- mi rinfacciò lui con impeto.
Io rimasi interdetta. Non riuscivo a guardarlo fisso negli occhi, mentre i suoi invece erano fermi su di me.
-Non è colpa di nessuno, ci siamo trovati nello stesso brutto momento sentimentale e ci siamo lasciati andare. Basta. È stato solo un bacio e non trovo alcun motivo per pentirmi di quello che ho fatto, e lo rifarei di nuovo, qualsiasi siano le conseguenze. Perché tu invece devi farti tutti questi problemi? – rincarò la dose.
Io continuavo a guardare da un’altra parte. Ogni sua parola mi stava dilaniando.
Poi si avvicinò e con fermezza girò il mio volto troppo, troppo vicino al suo. Sentivo il suo respiro confondersi con il mio, la confusione mi straziava il cuore…ti prego, portami via da qui!
Ma non riuscii a fermare due insulse lacrime che raggiunsero le sue mani. Lui le fece scivolare sulle mie braccia, poi girò la testa e si allontanò da me, dandomi la schiena.
Io gliela sfiorai con la punta delle dita mentre percorrevo qualche passo all’indietro, avrei voluto dirgli qualsiasi cosa pur di non andarmene così, oppure speravo che fosse lui a dirmi qualcosa…ma la voce di Matteo iniziò a sorgere dentro di me, come un castigo divino, riempiendo la mia testa del suo rimprovero…ed io dovetti per forza voltarmi per raggiungerlo.

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Capitolo 8
*** chapter nr. 8 ***


Non sapevo se “rallegrarmene” o rabbrividire nel trovare Matteo proprio davanti a me non appena tornai dentro lo studiolo.
Solo lui ed io.
Leonardo non era visibile da quel punto e probabilmente non poteva neanche sentire che ero ancora lì, eppure in qualche modo sapevo che lui c’era e ciò mi turbava ancora di più. Però non potevo mentire a Matteo, non ci riuscivo. La mia prima intenzione fu di raccontargli tutto e scacciare i sensi di colpa che mi tormentavano; ma poi mi accorsi in che condizioni stava, e mi sentii come congelata in una lastra di ghiaccio, incapace di qualsiasi movimento…ma come avrei mai potuto aprire il mio cuore ad una persona del genere?…: Matteo era strafatto.
I nostri sguardi s’incontrarono e io notai subito quanto le pupille potessero essere dilatate, sembrava avere gli occhi intrisi di veleno, faceva impressione.
-Gaia! Ti stavo cercando! – mi gridò gioviale, nonostante stessimo quasi faccia a faccia.
Poi vedendo che non rispondevo mi afferrò per un braccio e mi strattonò.
-Hey ci sei? Andiamo a casa, dai, sono in vena di una notte di fuoco, eh? Che cosa ne dici? Ti sei divertita o hai ancora bisogno di una botta di vita?-
E non so che cosa mi spinse a parlare, non so che cosa sbloccò il groppo che avevo in gola, forse ancora la vodka, forse la presenza di Leonardo a poca distanza da noi o forse il fatto che mi rendevo sempre più conto che continuando in quel modo mi stavo solo rovinando…fatto sta che parlai, e le parole che usai fulminarono la sagoma che avevo davanti, che mai si sarebbe aspettato questo da me:
-Non te lo sei fatto succhiare abbastanza stasera? Schifoso pezzo di str**zo!-
Non ebbi neanche il tempo di capire la sua reazione che la stessa mi colpì in piena faccia sotto forma di ceffone. Inciampai più volte nel tentativo di non perdere l’equilibrio, la guancia iniziò a pulsare in modo terribile anche se nell’oblio dell’alcool il dolore si disperse presto.
-Come ca**o ti permetti ti parlarmi così, pu**anella nauseante? Forza andiamo a casa se non vuoi che ti ammazzo di botte davanti a tutti!
Ed io, che avevo perso di nuovo ogni forma di coraggio lo seguii ancora, tra le lacrime, senza più pensare a Leonardo che ormai mi sembrava solo frutto della mia mente, e attanagliandomi solo al vestito, ormai l’unica cosa che sentivo mia, senza ancora accorgermi che ciò che stringevo non era il mio abito, ma una giacca, una giacca da uomo, intrisa del suo odore.

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Capitolo 9
*** chapter nr. 9 ***


E com’eravamo arrivati ora ce n’andavamo. Lui che stringeva con possessione il mio polso, ed io che lo seguivo disarmata, come se fino a quel momento non fosse successo nulla…ma io sapevo fin troppo bene che non era così e che un semplice bacio in quel mondo di riflettori si trasforma presto in un avvenimento mondiale.
Salimmo in macchina senza fiatare; io avrei voluto tanto vuotare il sacco, ma la paura della sua reazione mi frenava, ben sapendo che ad ogni modo, alla fine, lo sarebbe venuto a sapere lo stesso.
Poi lui parlò, con noncuranza, squadrandosi le unghie delle mani:
-Con chi hai passato la serata?-
Io rimasi zitta, per la paura di darmi la zappa sui piedi da sola: ero tentata di mentirgli, ma a che scopo? Che cosa avrei mai potuto rispondergli senza vedermi poi ridurre ad un sacco da kick-boxing?
-Non…non lo so…-
Tipica risposta idiota.
-Che vuol dire che non lo sai?
-Ho…ho trincato troppo e non mi ricordo quasi niente. -
Potrebbe benissimo beversela se volesse, in fondo come ragionamento non fa una piega…
-Beh, allora se vuoi te lo dico io!-
E alzò lo sguardo verso di me, mentre io tentavo di darmi un atteggiamento sorpreso, e mentalmente cercavo di rallentare il battito del mio cuore.
-Ah…ah sì?
-Sì potrei, ma non mi va di dirtelo. Non mi è mai stato simpatico come tipo. Mi hanno detto che vi siete ubriacati insieme e vi siete messi a fare gli scemi…non l’avrai mica fatto apposta per rovinarmi la reputazione?- e si fece una risata.
Io lo squadrai terrorizzata, se sapesse davvero tutto non riderebbe di certo!
-Credo, di no…- ed attesi un’obiezione, che non arrivò.
Avevamo ormai raggiunto casa e me n’accorsi solo dopo la frenata dell’autista. Matteo guardava fuori del finestrino e sembrava ridere sotto i baffi, e questa cosa mi atterriva.
Non appena la macchina si fermò aprì la portiera e scese, poi da fuori mi tese la mano.
Che cosa dovevo fare? Accettarla?
La guardai per un po’ poi mi spostai da sola, ignorandola. Lui sembrava averla presa bene se non che appena arrivai al bordo del sedile mi strattonò di fuori, rischiando di farmi cadere a faccia avanti sul brecciolino, e come se non avesse fatto nulla, continuava ad avere lo stesso sorriso stampato sulla faccia.
Io lo cercai con gli occhi, per sperimentare un approccio diverso, non sapendo però che espressione dare al mio sguardo, potevo variare dal sorpreso al rabbioso, dal consapevole al martoriato; il succo era: quale lo avrebbe fatto inca**are di meno?
In realtà ogni mio sforzo era vano perché lui non mi guardava neanche lontanamente, mi spingeva, mi tirava avanti a calci, ma sembrava non avere nessun’intenzione di rivolgermi un’occhiata.
Ma solo dentro casa scoprii tutta la violenza che Matteo aveva in serbo per me.

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Capitolo 10
*** chapter nr. 10 ***


A cosa sono disposta pur della fama, pur di non rimanere una persona come tutte le altre? A farmi mettere i piedi in faccia. A cosa sono disposta pur di crearmi una realtà tutta mia, dove poter credere di aver trovato tutto quello che una persona può desiderare, capace di annerire invece il modo in cui mi sto distruggendo all’interno? A farmi trattare come uno straccio da pavimenti.
Sto dando il mio corpo in pasto ai cani, ricattando me stessa, in cambio di bugie.
Ed ora stringo solo l’aria, perché attorno a me ho costruito solo castelli di sabbia, facili da buttare giù con un soffio. Solo quest’atmosfera pesante è rimasta a coprirmi, e separarmi dal resto. Non so neanche quanto tempo è che Matteo mi ha lasciata sola, sola con le pulsazioni dei colpi subiti dal mio corpo, sola con i miei tormenti. Tra qualche giorno compariranno i lividi, ma già da adesso sento il dolore per ogni movimento che faccio. Stendo il braccio in cerca della giacca di Leonardo, la mia mano trema sul pavimento polveroso. L’ ha lanciata nell’angolo, me l’ ha strappata via con violenza, e per colpa mia che mi ero attaccata alla fodera si è lacerata pure quella. Me la premo sul viso con violenza. Perché non soffocarmi col suo odore, sarebbe la fine più dolce che potrei fare…poi frugo tra le tasche, ma trovo solo il biglietto di una tintoria. Comico. Io che dal nulla cerco di diventare qualcuno, e chi qualcuno lo è già cerca ancora qualcosa di comune… Leonardo… Leonardo… Leonardo… Leonardo… Leonardo… Leonardo… Leonardo…
E tutto mi sembra così lontano, non ho neanche più il suo sapore sulle labbra, non sento più sul mio braccio il contatto con il suo, non sento più le parole che mi ha sussurrato nell’orecchio…e chissà se saprò di nuovo, cosa sono quelle sensazioni…
Come potermi ancora perdere nei suoi occhi, e dimenticare davvero le bruttezze di questo mondo?
Come aver ancora la possibilità di respirare ossigeno sotto terra? Come poter trattenerlo a me senza farmi trascinare dalle mie stupide pippe mentali lontano da lui?
Ma probabile che quella sia stata la mia unica possibilità, gli angeli non chiamano più di una volta dove non c’è risposta…
Sarà solo tra una settimana che potrò rivedere quei momenti, impressi su una carta troppo fragile per non essere deformata dalle mie lacrime…

Ah, sono riuscita a dire a Matteo quello che si dovrà aspettare. La sua mano è calata su di me con sempre maggior furore, mi ha strappato l’unica cosa che potevo avere ancora indosso e dal suo sguardo ho seriamente pensato che fosse pronto ad ammazzarmi… però sono ancora qua e non so cosa sarebbe stato meglio…
Mi lasciò così per terra, urlante e sgolante, i singhiozzi mi facevano vorticare la testa angosciosamente, cercavo di gridare con tutto il fiato che i miei polmoni erano riusciti a trattenere al di là dei calci, mi aiutava quasi a non pensarci…ma lui ormai se n’è andato, stringendosi le mani al petto, codardo nel vedere la sua donna sputare sangue; prima di chiudersi la porta alle spalle mi ha lanciato un’occhiata fugace, e sembrava stare peggio di me. Pareva in procinto di vomitare le viscere dalla sofferenza…ma non ebbi il tempo di preoccuparmi per lui, che le fitte di dolore sul mio corpo si acuirono con un sussulto e la mia mente non riuscì a sopportarlo.



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Grazie ilachan89!!! non sapevo più se continuare o no questa storia che nessuno mi recensisce, ma il tuo commento m'ha fatto tornare un po'di speranza! TnX :*

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Capitolo 11
*** chapter nr. 11 ***


Guardai la data sul display del telefono…una settimana. Sì, ormai era passata una settimana esatta da quella sera. Una settimana in cui ho continuato a vedere i raggi del sole solo attraverso i sottili spiragli della serranda. Una settimana in cui non mi sono mossa dal mio angolo, confinata in un sopore ipnotico, fisico e mentale.
Solo adesso mi ero trascinata davanti al telefono, il trillo era riuscito a penetrare la bolla che si era plasmata attorno a me. Mi arrivò come un suono distorto, ondeggiante, scomposto, incerto ed indigeribile. Per un attimo non collegai neppure cosa fosse. Poi vidi il display illuminarsi ad intermittenza, e non potei fare a meno di sradicare i miei arti imbalsamati.
Sollevai la cornetta incerta e l’appoggiai all’orecchio…
-Sì?
Mi uscì dalla bocca un rantolo scoordinato, quella parola era sgorgata raschiando la gola con vigore.
-Gaia sei tu? Mi metti quasi paura!
-Cosa? Chi ca…?
-Gaia ma sono io! Beverly!
-Ah…come stai?
La mia in realtà era una reazione più che sorpresa, ma il tempo per riprendermi non era stato abbastanza e suonò più come un’esclamazione delusa.
-Io come sto? Dopo il casino che hai combinato voglio sapere tu come stai! Non sai quante proposte mi sono arrivate! Sei stata grandiosa! Una mossa veramente azzeccata! Sapevo che prima o poi avresti fatto grandi cose!
Che amarezza. Ormai la gente è convinta che ogni mio movimento sia destinato al puro fine di farmi un nome.
Come poterle spiegare che in quel momento ero tutto fuorché un arraffatrice d’occasioni?
-Io non ho fatto niente.
Il mio tono cupo fu più efficace delle stesse parole.
-Ma che dici! Non è possibile, dai, ormai ti conosco su…o no? Senti, qualsiasi sia il motivo di tutto ciò sei richiestissima!
Io rimasi zitta. La gioia di Beverly mi feriva.
-Avanti Gaia! Sono o no la tua manager? Per quanto fino a adesso ci siamo sentite talmente di rado non te lo devi dimenticare!
-Eh già, le proposte sono sempre state così poche ed insignificanti che evitavi anche di chiamarmi, non riconosco mai neppure la tua voce…
-Però da adesso le cose cambieranno! Sei attesa in programmi televisivi, talk-show, ti stanno offrendo anche film!
-Con lui?
Chiesi con un filo di speranza.
-Beh, ecco veramente. Dai, sono livelli troppo superiori perché tu ci possa arrivare così facilmente, è tutta un'altra classe, e poi…ma non sai che cosa sta succedendo di fuori?
-Beverly…
E mi bloccai. Il fatto che non avesse un nome traducibile in italiano mi faceva pesare ancora di più la faccenda.
-Beverly, è una settimana che non esco da casa. Una settimana che sto fuori dal mondo. Neanche Matteo si è fatto vivo…
-Oh cavoli! Allora ho fatto proprio bene a chiamarti! Vabbeh, tanto sai che non sono una campionessa di tatto…
Sì, lo so fin troppo bene. Però la esortai, seppur con controvoglia.
-Continua, ti prego.
-E va bene. Sono uscite queste foto, tesoro non puoi immaginare quanto siano romantiche, quel paparazzo è stato davvero fenomenale, anche se in realtà non siete poi così visibili, e subito dopo è arrivata la smentita di DiCaprio…
-Ha…smentito?
-Beh sì cara, che pretendi, è una star e tu…beh, tu no.
-Come ha negato?
Sentivo la mia voce spegnersi ad ogni sillaba. Nella mia mente il ritratto di Leonardo era pitturato con colori troppo freschi, ed uno per uno iniziarono a colare sulla tela, fino ad estinguere il dolce sorriso che lo distingueva.
-In realtà non mi ci sono soffermata molto, robe tipo è una mia fan, si è arrampicato parecchio sugli specchi insomma, e ha cercato di farsi vedere con un’altra super modella delle sue…però quando un personaggio famoso smentisce una notizia vuol dire che un fondo di verità c’è! E ormai la pulce nell’orecchio ce l’ hanno un po’ tutti!
Ed anch’io sapevo bene quale era la realtà, io che ho guardato nei suoi occhi, io che ho ascoltato il suo cuore ed io che ho assaggiato le sue labbra.
-Beverly…
-Dai non interrompermi! La cosa più sconcertante è quello che ha fatto Matthew!
-Eh? Matteo? Che…che ha fatto?
Mi resi conto presto che avevo ripreso a tremare.
-Beh per prima cosa ti avviso che lo hai ridotto ad uno straccio, è andato persino in ospedale! Però hanno tentato di contenere questo fatto, quindi non ne so molto, ma comunque la cosa importante è che ha……
E si zittì. Mi stava portando all’esasperazione!
-Ha cosa? Dimmelo!
-Ha……ma, devo essere proprio io a dirtelo? Vabbeh, ormai ci siamo…Ha annunciato le vostre nozze!
-……………………………………………………….Ah…ok.
E attaccai in faccia a Beverly. Premetti con sicurezza la cornetta sul pulsante, poi mi appoggiai al letto e fissai il vuoto attorno a me. Non ricordavo nulla di quella conversazione tranne l’ultima frase pronunciata da Beverly…la sentivo bruciare lentamente dentro di me, si stava imprimendo nella mia carne, mi stava marchiando a fuoco.
Io e Matteo…moglie e marito…schiava e padrone…sempre insieme…finché morte non ci separi…

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Capitolo 12
*** chapter nr. 12 ***


Il telefono squillò nuovamente, ma mi bastò allungare il braccio per impossessarmi un'altra volta della cornetta.
-Beverly.
-Spero vivamente che sia solo caduta la linea! Ho persino aspettato che fossi tu a richiamarmi, ma non l’ hai fatto!
-No, infatti, ti ho attaccato in faccia di proposito, mi servivano due minuti in completa solitudine.
-Non ne hai passati abbastanza di minuti in solitudine?
Non riuscii a distinguere l’impostazione della sua voce, e non capii se il suo era interesse nei miei confronti o se si stesse solo impicciando dei fatti miei.
-Tra poco rimpiangerò i miei minuti di solitudine…
-Su Gaia, tra un po’ rimpiangerai anche di non esserti goduta questi momenti di solitudine in completa tranquillità!
Quando sarai incatenata a Matthew sarà il tuo primo pensiero!
Per quanto fosse difficile ammetterlo, aveva ragione da vendere. Incatenata.
-Senti però la tua Beverly che ti ha combinato!
L’eventualità che riuscisse a stupirmi positivamente ormai rasentava l’impossibile.
-Avanti, spara.
-Bene! Apri bene le orecchie! Tra qualche giorno, so che DiCaprio sarà ospite ad una “Serata Speciale” in favore dell’ambiente. Ho sfruttato un po’ di conoscenze, e tra oggi e domani ti arriverà l’invito ufficiale. Non ho neanche pensato al fatto che vi avesse già pensato Matthew, perché sappiamo tutti quanto gliene possa fregare poco. Inoltre, sarà abbastanza pieno di paparazzi per coronare degnamente questa faccenda con un bello scoop. Avrei un po’ di paura per quanto riguarda la reazione del tuo futuro marito, ma non mi sembra che se andasse peggio di così, in te cambierebbe qualcosa. Mi sembra di parlare con una larva!
Sentii la cornetta scivolarmi dalle mani. Avrei potuto rivedere Leonardo.
E non m’interessava per quale motivo Beverly me lo facesse fare, in quel momento era la persona che adoravo di più in tutta la mia esistenza.
Sarei riuscita a tirare la boccata d’aria che Matteo mi ha sottratto costantemente con la sua presenza. Sarei riuscita ad allontanarmi da Matteo senza rammarichi.
Accanto a Leonardo non avrei più subito maltrattamenti, e mi sarei sentita davvero una donna…
-Grazie Beverly.
Non attesi neanche la sua risposta che riagganciai. Stava zampillando dentro di me un briciolo di speranza…pensavo di non sapere più cosa fosse la Speranza.
D’un tratto m’accorsi d’essere terribilmente stanca. Sbadigliai sonoramente e mi raggomitolai per terra. Al mio risveglio ero certa che tutto sarebbe cambiato, in meglio…

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Capitolo 13
*** chapter nr. 13 ***


Lo sognai.

Camminavo a piedi scalzi sulla terra umida, dove il placido movimento del lago ravvivava sporadicamente il vivo marrone del terriccio. Nella mano destra portavo una telecamera professionale, di quelle che pesano quintali, ma in realtà non mi dava fastidio, mentre nella mano sinistra stringevo un microfono argentato.
Ero contenta, ero carica d’energia, mi sentivo gagliarda e tosta.
Poi lo vidi in lontananza, che seduto sul molo immergeva i piedi e li tirava fuori tra mille spruzzi, come fanno i bambini alla scoperta di quell’elemento tutto nuovo per loro.
Allungai il passo fino a correre verso di lui.
Quando sentì i miei passi sul legno scricchiolante si voltò verso di me, e mi rivolse il suo bel sorriso spensierato, che poteva render limpida l’acqua più torbida.
Mi sedetti accanto a lui, posai la videocamera a terra ed accesi sia essa che il microfono.
Lo guardai nelle iridi, perdendomi in quell’azzurro, e non potei che convincermi che fosse il cielo a riflettere il colore dei suoi occhi, e non il contrario.
Poi avvicinai il microfono alla sua bocca, mi schiarii la voce, ed ingrossandola un pochino gli chiesi:
-Avanti, signor DiCaprio, ci dia una dimostrazione della sua bravura in una scena infausta!
Lui mi guardò divertito, spinse verso di me il microfono, poi con gesto teatrale si portò le mani al petto ed iniziò a gemere.
Io squadrai la telecamera per essere sicura che si trovasse nella posizione giusta, poi ripresi a guardare il suo spettacolo esagerato: roteava il corpo fino a sfiorare per terra, ma appena sembrava che stesse per accasciarsi, si risollevava e ricominciava a roteare. Dovetti soffocare una risata per paura che si sentisse troppo nel video.
Continuò così per un po’, finché non si bloccò, mi tese una mano tremula, rovesciò gli occhi all’indietro, tirò fuori un gorgoglio bislacco e finalmente stramazzò sul legno cigolante.
Applaudii felice a quella scena comica, più che tragica.
-E adesso, signor DiCaprio, ci mostri…mmm…che ci vuole mostrare? Eh?
Ma lui non si muoveva. Sembrava non respirare neanche. La cosa non mi convinceva.
-Ok, complimenti signor DiCaprio, ma adesso si rimetta in sesto per i nostri telespettatori.
E cercai di smuoverlo con la mano libera dal microfono. Ma lui rimaneva impassibile. E la cosa più che non convincermi m’intimoriva quasi.
Eppure non ci misi neanche due secondi, ad attuare la mia strategia. Mi spostai accanto al suo corpo sdraiato, posai il più discretamente possibile un piede sulla sua spalla ed uno sul suo fianco, e puntellandomi con le mani per terra, lo spinsi oltre il bordo.
L’acqua sollevata schizzò da tutte le parti, ma riuscii chissà come ad evitarla.
Prima che finisse dentro l’acqua però, avevo visto con certezza che aveva riaperto sgomentato gli occhi. Risi come una matta.
Ma ricominciai a temere il peggio quando mi accorsi che non risaliva.
Mi sporsi sul molo per cercare la sua sagoma, e lui sbucò all’improvviso davanti al mio viso.
Cacciai un urlo di sorpresa e terrore, e spiccai un salto che mi riportò al sicuro al centro del molo. Strano che non mi avesse buttato nell’acqua con lui.
-Hey, signorina intervistatrice, la pagano anche per questo? È un lavoro divertente il suo!
Non potei fare a meno di ridere, soffocando l’affanno.
-Veramente per un nano-secondo ho pensato di strizzarti il nervo della bestemmia, ma subito dopo ho temuto per la mia incolumità ed ho optato per un bel bagno refrigerante!
Poi vidi le sue mani aggrapparsi al molo, ed in un attimo s’issò sopra di esso, accanto a me che ancora non riuscivo a rilassarmi dopo il panico.
S’arruffò i capelli, colpendomi con gli schizzi d’acqua. Era zuppo da capo a piedi, i vestiti gli si erano incollati al corpo facendolo sembrare un wrestler super-pompato, ma evidenziando anche un bel principio di pancetta. Rivolse lo sguardo verso il sole, sembrava soddisfatto del tepore sul suo corpo.
Mi ripresi, e in un moto di coraggio gli domandai:
-Posso?
Stavo tendendo le mie braccia verso di lui. Si voltò verso di me, mi squadrò bene e si batté l’indice sul mento. Arricciò le labbra per un attimo, prima di sciogliersi in un sorriso indescrivibile.
Mi ravvicinai a lui, avevo quasi paura, poi goffamente lo abbracciai e respirai l’odore dell’acqua fresca dalla sua pelle. Lo strinsi sempre di più. Sentivo l’umido impregnarmi la maglietta, mi sentivo come un mattoncino del tetris alla ricerca dell’incastro perfetto.
Le sue labbra scivolarono sul mio collo, e si fermarono su una spalla. Le premeva con garbo, ma ogni leggera pressione generava in me un brivido d’eccitazione. Mi strusciai ancora di più su di lui, che continuava ad imprimere sulla mia pelle il suo timbro.
Il mio sguardo per un attimo fu catturato dalla spia rossa della telecamera. Era ancora accesa, e stava riprendendo tutto.
Sentii la sua mano premere sulla mia schiena. Si sporse in avanti e mi pose delicatamente a terra, mentre si stendeva su di me e mi faceva sua. Sogghignai.

Riaprii gli occhi di scatto, e davanti a me c’era ancora quel ghigno, nitido nella mia mente…mi sentivo un mostro.



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Grazie Romy75 per il commentooo!! *_* Sono contentissimissima che ti piaccia la mia FF (anche perchè quando la gente scopre che non parlo di robert pattinson smette subito di leggere XD)...però ti avviso, la protagonista è davvero masochista e prima che si svegli ce ne vorrà!! Spero che avrai pazienza :)


Forse è anche ora che ringrazio chi ha messo la storia tra i preferiti:
1 - gegge_cullenina
2 - masychan
3 - Ramona37

E chi l'ha messa tra le seguite:
1 - ilachan89yamapi
2 - romina75
3 - Sbruby

GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!

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Capitolo 14
*** chapter nr. 14 ***


Non potevo rivederlo. La poca coscienza che mi era rimasta si batteva per impedirmi di correre da lui, perché in realtà, lo stavo solo usando. Mi serviva. Non ero abbastanza forte da sottrarmi dalle mani rapaci di Matteo senza l’aiuto di un povero Cristo.
Riesco solo a sentirmi una codarda… Vile… Pusillanime… (basta) Pavida… (basta) Imbelle… (Basta) Meschina… (BaStA) Vigliacca… B-A-S-T-A ! ! !

Basta…sì…basta…basta…
Sono stufa di soffocarmi da sola, di sopprimere ogni sparuto anelito di piacere.
Basta rimpianti e basta rimorsi.
La gente non si fa tutti i problemi che mi faccio io, il mondo è pieno di chi mangia sulla testa degli altri e non è possibile che solo io, non mi possa concedere quest’opportunità quando ne ho finalmente l’occasione.
Anche Beverly mi sta sfruttando per diventare la grande manager che desidera, anche Matteo mi usa per coprire le sue mancanze come uomo sano di mente, e perché io non dovrei servirmi di Leonardo per scarcerarmi per una buona volta da questa galera?
Ma poi non è vero che lo sto utilizzando, io lo amo! Sì lo amo! Non devo sentirmi in colpa, se mi nascondo dietro la parola amore, serve a questo no? A difendere. A lottare. A vivere.
Non c’è nulla che mi vieta di comportarmi così tranne me stessa, e me stessa è stata sempre per me la peggior consigliera.
Ora devo solo ricordarmi delle sensazioni che ho saggiato al solo sapere che avrei potuto rivederlo. Da quel momento ricomincerò. Nessuna pippa mentale. Sarò serena, allegra e Gaia, e non ci sarà nessun altro più importante di me.

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Capitolo 15
*** chapter nr. 15 ***


Uscii dalla doccia tamponandomi i capelli. Non mi coprii neppure con un asciugamano, tanto c’ero solo io sulla Terra. Sentivo l’acqua bollente sfrigolare ancora sulla mia pelle. Mi lasciai cadere sul letto, e non potei fare a meno di sorridere. Che bello sentirsi una persona nuova. C’è una forza particolare che ti cresce dentro e ti fa credere davvero di poter essere capace di qualsiasi cosa. Mi coprii con i vestiti preparati al bordo del letto. Mi si accartocciarono addosso mentre assorbivano l’umido della mia pelle. Guardai la finestra spalancata. Perfetto! E’ necessario far entrare tanta, tanta aria, da cristallizzarmi le gocce addosso e farmi morire di reumatismi!
Anzi, in realtà quello che mi ci vuole è solo un po’ di movimento all’aria aperta. Aspettare chiusa dentro casa, un invito che probabilmente, con la fortuna che mi ritrovo, arriverà con un ritardo estremo, metterebbe ancora più a dura prova il mio tentativo di domare la pazzia crescente. La mia testa ribollisce come una pentola d’acqua dimenticata da ore sul fornello: sì, perché dovrei pensare a Matteo, a Leonardo, a ciò che sto facendo passare ancora a me stessa e a ciò che passerò poi…ma il fatto è che non me ne può fregare di meno! Se l’unica forza su cui posso contare è quella del menefreghismo, ben venga! Voglio solo annebbiare tutto ciò che ho passato, e non preoccuparmi più delle conseguenze. Quel che è stato, è stato e quel che sarà, sarà…
Continua ad esserci la voce cavernosa di Matteo, quella che rimbomba incessantemente dentro di me, purtroppo quella non mi abbandona mai, nonostante ogni sforzo. Per un po’ ero riuscita a metterla a tacere, ma torna costantemente più poderosa che mai. Mi limita, mi sbarra la strada, ma non m’impedirà di vedere Leonardo, stavolta, per la prima volta, non glielo permetterò! Potrà ciarlare quanto gli pare, ma solo perché ancora non sa di cosa posso essere capace!
Ma come a richiamare il diavolo in persona davanti a me, proprio in quel momento mi sporsi dalla finestra pronta a sperimentare i benefici di una prima boccata d’aria, e mentre ripetevo con sempre più convinzione “Matteo non te lo permetterò”, la sua macchina si parcheggiò placidamente sotto la finestra, sfiorando la rigogliosa fioritura di tulipani selvatici…e le mie sicurezze iniziarono a scivolarmi di nuovo dalle mani.

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Capitolo 16
*** chapter nr. 16 ***


No, no, no…ma la sfiga non ha nessun altro da crocifiggere? È una cosa assurda!
Presi un respiro profondo, cercai di gonfiare il più possibile i miei polmoni di cartapesta, inspirai lentamente e trattenni il fiato. Matteo aveva il potere di farmi dimenticare in un attimo chi fossi, ma ormai ero stufa di questa situazione, probabilmente non sarei mai riuscita a dire di no ai suoi comandi, ma d’ora in poi avrebbe dovuto iniziare ad accettare anche le mie richieste.
Lasciai fuoriuscire l’aria che avevo incamerato e ricominciai a respirare in modo regolare.
Ce la potevo fare.
Fissavo la macchina assopita nel vialetto, lui non scendeva. Un pensiero vivace fece capolino: forse gli era preso un attacco di cuore fulminante! Mi tesi fuori della finestra con tutto il busto, per tentare di vedere qualcosa, ma i vetri oscurati sono stati creati per un motivo ben preciso, ed io per quanto impegno ci potessi mettere non potevo annullare la loro funzione. Ma non potevo nemmeno rimanere in bilico sul davanzale col rischio di protendermi troppo, perdere l’appoggio e finire spappolata sul brecciolino…anche se la prospettiva sarebbe stata preferibile ai miei peggiori incubi.
Cercai di concentrarmi sul riverbero del sole sul finestrino, ma appena iniziai a perdermi dentro il bagliore, questo scomparve; e la luce illuminò solo il viso di Matteo. Il finestrino continuava ad abbassarsi lentamente, ma non m’interessava. Matteo alzò una mano, come a rispondere ad un appello… Poi si sporse verso il sedile del passeggero, aprì la portiera e quando rinvenne fuori trascinò con se un mazzo di fiori immenso.
La mia mente si svuotò completamente. Gli ingranaggi rallentarono fino a fermarsi del tutto. Anche i muscoli mi abbandonarono, e oltre a sentirmi le braccia e le gambe terribilmente pesanti, anche il mio labbro inferiore calò verso il basso, fino a spalancarsi tra stupore e spavento: io non sarei mai riuscita a capirlo.

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Capitolo 17
*** chapter nr. 17 ***


Lui rimaneva fermo a fissarmi con il mazzo in mano. Che aspettasse una mia mossa? Ma cosa avrei mai potuto fare io? Mi sarei potuta aspettare di tutto tranne il suo arrivo, il mio cervello non riusciva ancora a rendersi conto della situazione. Lui spostò il peso da un piede all’altro e mi accorsi che qualcosa in Matteo era realmente cambiato: era indeciso.
L’attesa d’altronde si fece sempre più insostenibile. Mi ritrassi dalla finestra e raggiunsi la porta della camera. Sarei dovuta scendere? O sarebbe venuto lui a prendermi… e a torturarmi?
La mano accarezzò involontariamente la chiave nella toppa. Poi consapevolmente la girai, e sentii il meccanismo scattare. Non avrebbe potuto toccarmi.
Sentii i suoi passi sul brecciolino. Stava arrivando. Si era deciso. Ad ogni passo diminuiva la distanza tra noi. Sarebbe sopraggiunto e avrebbe trovato la porta chiusa. Che cosa avrebbe potuto fare? Sfondarla. Non n’avrebbe nessun timore. Ed io subirei peggio le conseguenze. Ma offrirmi direttamente come spuntino sarebbe stato ancora più critico. Il suono dei suoi passi si era spostato dentro casa. Il tappeto li rendeva morbidi e costanti. Stava salendo già le scale. Esigui secondi e sarebbe arrivato a pochi centimetri da me. Solo una porta troppo sottile mi separava da lui. Avrebbe potuto abbatterla con un soffio. Il lupo cattivo contro la casetta di paglia. Si era fermato, ormai era qui. Al rumore dei passi fece posto la cadenza quasi ansante del suo respiro. Troppe sigarette. Prima o poi lo avrebbero ucciso, ma sarebbe stato sempre troppo tardi. Sentii il fruscio della plastica attorno ai fiori. Poi si schiarì la voce.
-Gaia…
Un groppo allo stomaco sembrò risalirmi fino in gola. La mia mano tremava ancora sulla chiave. Eravamo troppo vicini.
-Tesoro, aprimi, voglio parlare con te.
Parlare? L’unico modo in cui sapeva parlare era a forza di botte.
-Non so se sai cosa sta succedendo fuori…
Sì lo so, ma non è certo grazie a te. Beverly è stata una vera manna dal cielo.
-Non so se sai nemmeno come sono stato io…se mi lasci entrare io…
Contaci.
-Ti ho portato anche dei fiori…
Li ho visti idiota.
-Gaia aprimi ti prego, ho capito tante cose in questa settimana.
Troppo remissivo, questo non è Matteo. A questo potrei anche aprire la porta, ma durerebbe poco.
-Gaia, ti amo come non amerò mai nessun’altra. Non m’importa cosa hai fatto o cosa farai, non rinuncerò a te per così poco.
Chi gli avrà insegnato queste battute? Deve essere uno che ci sa fare, poiché la mano si serrò sulla chiave, senza che io lo volessi.
-Gaia, sono stato male, molto male…
Sbirciai dalla toppa. Probabilmente se ne accorse perchè si portò la mano al cuore, in un gesto fin troppo meccanico.
-La sera stessa, io, sono dovuto andare all’ospedale, ho pensato di morire…
Forse adesso capirai come posso essermi sentita!
-E ho pensato molto a noi due…e mi dispiace…tanto…
Non basta! La mia mano s’irrigidì sulla chiave… non deve bastarmi!
-Per questo voglio sposarti, non voglio che per le mie colpe tu debba soffrire, davanti a Dio giurerò di non farti più del male, e saremo sempre e solo noi…perché…perché tu mi ami vero?
La valanga mi travolse, la domanda da un milione di dollari…da una misera parolina sarebbe dipesa la mia vita. Ma quale vita avrei avuto accanto a lui? Aspettare la morte in una bara sotto terra sarebbe stato meno claustrofobico.
-Mi ami vero?
Ed il fatto che lo avesse ripetuto, in modo tanto incalzante, rese lampante tutto quello che desiderava. Io non sarei neanche potuta più essere di mia proprietà, ma esclusivamente sua. Una marionetta. Una marionetta da sbattere a terra ogni volta che si fosse stufato, come un bambino piccolo, e poi che avrebbe potuto raccogliere quando conveniva a lui, magari dopo avergli fatto prendere un po’ di polvere e averla calpestata un po’.
Ma che altro avrei potuto fare? Rimanere in quella camera fino alla fine dei miei giorni?
Fu il timore a comandare la mia mano, che rigirò la chiave al contrario e schiuse la porta. Me ne stavo già pentendo, ma ormai non potevo tornare indietro…
-Lo sapevo.
Lo sapeva. Sapeva che non valevo niente come persona e che avrei acconsentito a tutto.
Mi sorrise consegnandomi tra le braccia il mazzo di fiori. Quei fiori che in un cimitero mi sarebbero parsi più allegri.

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Capitolo 18
*** chapter nr. 18 ***


-Questi sono mughetti, ed indicano un ritorno di felicità, come sarà per noi…
Mi aveva sospinto verso il letto ed io m'ero seduta meccanicamente; l’unica cosa che sentivo in quel momento era lo scricchiolio delle mie ossa, il movimento remissivo dei miei muscoli, il senso arrendevole d’ogni parte del mio corpo.
-Questi sono giacinti ed esprimono l’avventatezza, e noi stiamo facendo proprio le cose in fretta ma l’importante è che ne siamo certi…
La sua voce raggiungeva ovattata le mie orecchie, era così carica di melliflua falsità da trovarla erosiva.
Avventatezza e certezza…se fossi stata diabetica un banchetto a base di meringhe sarebbe stato meno sconsiderato.
-Queste invece sono calle e significano raffinatezza, e per prendere queste ho pensato al gala di una settimana fa, eri di una finezza diamantina…
Lui ricordava questo di quella sera…io no. C’era Leonardo e c’ero io, in un mondo a parte. E poi c’era Matteo, sì, ma di lui non scordo solo l’espressione degli occhi cacciatori, e le sue mani, pesanti ed impetuose sul mio corpo.
-Questa è la peonia e manifesta l’amore felice, anche questo è un augurio per la nostra nuova vita insieme…
Non mi ero accorta che mentre indicava i fiori, con una mano mi aveva avvolto le spalle, e mi sfregava un braccio. Non mi ero nemmeno accorta dei brividi che mi percorrevano a fior di pelle. È davvero convinto che sia per il freddo?
-Queste qui sono zagare, i fiori dell’arancio, e danno ad intendere che, voglio sposarti, con tutto me stesso…
Poveri fiori, adoperati per un proposito tanto capriccioso…
-Poi questa è la speronella e palesa la mutevolezza, quello che sei tu, mutevole, ed è per questo che mi piaci…
Ecco ancora la prova che quello non era Matteo: quello vero sopprime ogni mio mutamento, quello vero ha paura dei cambiamenti, quello vero comanda il tradizionalismo eterno del più grande posto sopra a quello un po’ meno grande e che quindi non ha potere di decidere di testa propria.
-Infine, questa è l’ortensia, e vuol dire “Grazie per la comprensione”.
Sentii la sua mano posarsi sulla mia guancia e con una leggera pressione volse il mio viso dalla sua parte. Si avvinghiò con virulenza alle mie labbra, fece saettare la lingua dura e vischiosa nella mia bocca, e mi calcò con la mano sempre più verso di lui. Ora lo riconoscevo. Tolse i fiori dalle mie gambe e provò ad appoggiarmeli a fianco, ma erano troppo pesanti perché potessero tenersi in bilico sul bordo mentre iniziava a muoversi sempre più bruscamente su di me. Il mazzo cadde in una nuvola di petali, e fu l’unica cosa che vidi prima di strizzare gli occhi. Pensai alle ortensie che ringraziavano per la mia comprensione…
E parlai.
-Sai mica che le ortensie significano anche frigidità?
Da quando era tornato non avevo aperto bocca. Non volevo aprirla. Adesso invece la mia mente si era aggrappata al significato nascosto di un fiore, prima che il mio corpo si abbandonasse di nuovo al carnefice. Avevo proferito lentamente, ma con chiarezza. Sembravo quasi sicura di me.
Matteo si bloccò. Le mani strette sui miei polsi. Osservò il mio viso, che stava davvero mutando dall’imperturbabilità ad una sorta di vittoria silenziosa. Corrugò la fronte ed aprì la bocca in una smorfia, pronto, certamente, a riempirmi d’insulti…

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Capitolo 19
*** chapter nr. 19 ***


…ma il citofono scampanellò.
Dapprima furono suoni separati, e né io né Matteo demmo alcun segno di dinamismo. Poi però chiunque fosse si attaccò al pulsante e il rumore non poté più essere ignorato. Matteo mi lanciò un’ultima occhiataccia prima di alzarsi e liberarmi dalla sua stretta.
Se anche alla porta ci fosse stata la polizia pronta ad incarcerarmi per un omicidio che non avevo commesso, il mio corpo non avrebbe potuto smettere di sprizzare tanto benessere. Avrei avuto voglia di saltare e far capriole se non fosse stato per Matteo, che nonostante non avesse intenzione di seguirmi per controllarmi, era pronto a staccarmi una gamba a morsi ad ogni mio segno di giubilo.
Scesi le scale senza fretta: più tempo ci mettevo, più tardi avrei dovuto ricominciare a tenermi salda contro l’oppressione di Matteo.
Sapevo cosa volevano da me, volevano consegnarmi un prezioso invito, un invito che valeva la mia intera esistenza. Strattonai il portone pesante di casa ed uscii all’aria aperta. L’ossigeno s’insinuò dentro di me impetuoso ma piacevole, la linfa vitale ricominciò a scorrermi nelle vene. Corsi per un po’ sul brecciolino, finché le fitte dei sassi conficcati nei piedi scalzi non mi costrinsero a procedere con maggior cautela. Eppure tutto questo non faceva che farmi sentire più viva. Al cancello un ragazzo osservava la mia camminata zoppicante. Sventolai una mano e lui mi rispose poco convinto. Davo proprio l’impressione di una ormai uscita fuori di capoccia, e non poteva essere più vero!
Arrivai al cancello leggermente affannata. Sfoderai il mio sorriso migliore al ragazzo e cercai tra le sue mani la fatidica busta. Non c’era…
-È lei Gaudia Celestina Doriani?
Mi chiese tentennante, sporgendosi verso di me per squadrarmi meglio…ma…Oddio! Maledettissima Beverly! Gli doveva dare per forza il mio nome completo? Che cosa imbarazzante! Ci sarà un motivo se lo ho detto solo a lei o no?
-Ah ehm, sì sono io…
-Mi perdoni se la ho disturbata ma ho ricevuto direttive specifiche, mi hanno espressamente detto che avrei dovuto parlare necessariamente con lei, entro stasera…
-Oh no, non preoccuparti! Anzi sei stato gentilissimo! Beh, sono qui! L’invito?
-Ah, ehm, temo ci sia un errore.
-Un…un errore?
-Sono venuto a dirle che non può andare a trovare il signor DiCaprio.
-Co…come sarebbe a dire?
Ogni cosa nella mia vita non faceva in tempo a tirarsi su che finiva demolita inevitabilmente.
-Dopodomani lei non dovrà presentarsi.
Le cose non quadravano. Beverly che si perde uno scoop del genere?
-Ma scusa chi ti ha mandato?
-Il signor DiCaprio, o chi per lui.
-Ma…ma come fai a sapere il mio nome completo scusa?
-Beh…è su tutti i giornali. Fioccano biografie su di lei.
Perfetto.
-Ma come fa Leonardo a sapere che io domani sarei stata lì?
-Beh, le persone a cui spedire gli inviti sono registrate, e se se n’aggiunge qualcuna, specialmente con un nome ormai riconoscibilissimo come il suo, è difficile non notarlo.
Grandioso. Per colpa del mio stupido nome mi sono bruciata l’asso nella manica.
-Aspetta aspetta, spiegami perché dopodomani non dovrei trovarmi lì.
-Queste sono le esatte parole che mi hanno detto di riferirle: “È stato solo un bacio”.
È stato solo un bacio? Sì, ovvio. Un bacio visto da milioni di persone. Un bacio stampato e ristampato sui rotocalchi di tutto il mondo!
-Beh, digli che io ci sarò. Con o senza invito. Su di me si è sbagliato. Voglio solo…voglio solo riconsegnargli la giacca che mi ha prestato. Ecco. E basta.
Volevo borbottare qualcos’altro ma la scena d’asilo nido che stavo esibendo sembrava sufficiente.
-Se vuole posso…
E mi tese un braccio oltre le sbarre.
-Assolutamente no! Sarò io a portargliela! Ti ringrazio per la disponibilità ma hai fatto davvero abbastanza.
-Beh allora l’ultima cosa che posso fare è consegnarle questo.
Abbozzò un mezzo sorriso mentre mi passava un foglietto sgualcito.
- Cos’è?
- C’è sempre qualcuno che mangia sui pettegolezzi del signor DiCaprio, e siccome volente o nolente lei ci sarà, tanto vale darle qualche informazione in più. Qui c’è scritto praticamente tutto.
Allungai la mano verso quella del ragazzo. Era come se brillasse di luce propria. Strinsi il bigliettino tra le dita con cautela, prima di ritirare la mano. La ruvidità della carta riciclata era inconfondibile.
-Beh ora posso andare. Signorina Doriani, è stato un piacere.
Ero quasi senza parole. Forse non era proprio tutto destinato ad essere distrutto.
Il ragazzo inchinò la testa e s’incamminò per la strada.
Prima che si allontanasse troppo, gli gridai dietro sventolando la mano:
-Però io mi chiamo Gaia, solo Gaia, dillo un po’ a tutti, ti prego!
Si volse ilare ed io sillabai un grazie silenzioso. Lui annuì con la testa e corse via.
Strinsi al petto quel piccolo pezzo di carta, sapendo che in realtà stavo stringendo la mia piccola ma zampillante sorgente di speranza.

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