Behind the Darkness

di StillAnotherBrokenDream
(/viewuser.php?uid=84421)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Who is your Master? ***
Capitolo 3: *** Let me sleep. ***
Capitolo 4: *** When he became a vampire ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


I

“Just when I thought I'd reach the bottom

I'm dying again.”

(Going Under – Evanescence)

 

 

Prologo

 

 

 

 

Il sole era ormai tramontato, lasciando il passo alle tenebre rischiarate soltanto da quel tenue bagliore lunare.

Poteva sentirli, brulicanti come formiche, uscire dalle tane per vivere la loro notte.

Maschi, femmine, androgini:  esseri ambigui e assetati, spietate creature notturne avide di sangue e paura.

Sentiva le loro anime oscure risvegliarsi dal torpore diurno, quasi stiracchiandosi come gatti appena svegli.

Sorrise, perchè sentì anche quella sottile paura che serpeggiava nelle loro menti malvagie.

Paura del cacciatore sconosciuto che intendeva mieterli come erba maligna, estirparli dalla faccia della terra.

E facevano bene ad avere paura, perchè la caccia stava per iniziare di nuovo, come ogni sera.

Si alzò dalla sedia, prese la giacca posata sullo schienale e la indossò, lentamente: era una giacca preziosa.

Prese dal tavolo le chiavi dell'auto ed uscì dalla porta fischiettando.

L'ascensore era occupato, decise di non aspettare e cominciò a scendere le scale velocemente,

troppo velocemente per un essere umano.

Prima di uscire dal portone si fermò a controllare all'interno della giacca:

voleva essere sicuro di non aver dimenticato niente, neanche il cellulare, più tardi poteva aver bisogno di parlare con Charlie.

Tutto era al suo posto, la notte era appena iniziata e sapeva dove andare.

Si diresse verso la propria auto, salì e mise in moto.

“Si comincia.” disse a sé stesso ingranando la marcia.

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A. : Prologo molto striminzito che faceva parte del capitolo già scritto, ma per esigenze tecnico-narrative ho dovuto staccarlo dal resto. Spero di avervi almeno un po’ incuriosito ^__^! Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Who is your Master? ***


I

 

Who is your Master?

 

 

 

I'm severing the heart then I'm leaving your corpse behind

Not dead but soon to be, though.”

(Puscifer – The Undertaker.)

 

 

 

Parcheggiò l'auto poco distante dall'ingresso e si mise ad osservare con attenzione. All'apparenza non sembrava un covo, e anche l'energia che emanava non era totalmente malvagia: però era intensa. Forse all'interno c'era qualche Maestro.

Il pensiero di riuscire a far fuori uno di quei mostri assassini quasi lo emozionava.

E forse prima di sbarazzarsene facendo un favore all'umanità, sarebbe riuscito a sapere qualcosa del suo Maestro.

Spense il motore e scese, chiuse lo sportello e attraversò la strada dirigendosi all'entrata del “Red By Night”.

Un energumeno gli lanciò una rapida occhiata ma non lo fermò: a suo giudizio era vestito adeguatamente.

L'interno non era niente di speciale, solite luci rossastre, solita atmosfera fumosa, musica ripetitiva e gente ammassata che beveva, parlava, ballava. Solo un piccolo dettaglio rendeva quel posto particolare: almeno metà di loro erano vampiri.

Individuò subito il Maestro: una specie di pappone afro-americano seduto su quello che nelle intenzioni doveva essere un trono, attorniato da tre belle ragazze che per essere lì dovevano essere della stessa razza infernale. Oltre alle signorine sanguisuga c'erano di guardia due bestioni come quello incontrato poco prima; capì che per il momento il Maestro era inaccessibile, e questa consapevolezza lo demoralizzò.

Si sarebbe accontentato nuovamente di qualche puttanella che prima avrebbe tentato di sedurlo e poi di dissanguarlo a morte. Andò a sedersi al bar, aspettando di essere abbordato: le vampire erano molto intraprendenti.

Cosa prendi, amico?” gli chiese il barista. David lo guardò con attenzione e concluse che era un umano vivo e vegeto.

“Una birra, per favore.” Il barista gli porse la birra, ma non fece in tempo a portarla alla bocca che sentì qualcuno avvicinarsi.

“Ciao tesoro, posso sedermi accanto a te?”

A chiedergli ciò era stata una procace ragazza che all'apparenza aveva non più di ventidue anni, ma poteva averne anche un centinaio. Anzi, ne aveva sicuramente un centinaio, i segni sul collo erano scuri e molto piccoli, cicatrizzati da tanto tempo e mascherati da un banale tatuaggio floreale.

“Certo che puoi bellezza, io mi chiamo David. si presentò tendendole la mano.

Lei stese la sua, pallida e magra.

Era fredda, rigida, e ghermì la mano di David come un artiglio.

“Piacere mio David, io sono Lora.”

David ritrasse la mano rapidamente, toccare quella pelle ghiacciata gli dava i brividi, ma era un contatto che doveva per forza avere ogni volta, dato che c'era il rischio di sbagliare obiettivo scambiando una normale squillo per un demonio.

In un posto frequentato da quegli esseri non era raro che gli umani si impregnassero del loro inconfondibile tanfo, e l'energia negativa tendeva ad espandersi.

“Posso offrirti qualcosa, Lora?” le chiese con gentilezza.

“Magari una birra.” rispose sporgendosi in avanti con fare da civetta.

Era bella, se non fosse stata una di quelle creature ci sarebbe andato a letto per davvero. Ne aveva incontrato alcune così belle e convincenti da farlo capitolare: era stato fortunato, perché in quelle rare occasioni in cui non era stato il cervello a comandare aveva incontrato vampirette lascive ma innocue, e le aveva lasciate andare senza neanche spaventarle: ma era stato un incosciente, perché potevano scoprirlo e da cacciatore sarebbe diventato preda, e ciò non gli piaceva affatto.

“David, che ci fa un tipo così carino in posto come questo?” disse lei bevendo un sorso.

“Potrei farti la stessa domanda: bella come sei non credo ti serva un localaccio di periferia per trovare……..amici.”

Lora rise, mostrando denti troppo bianchi per esseri veri e canini sporgenti.

- Questa di anni ne ha duecento – pensò David.

Avere denti acuminati anche in situazione di riposo significava essere della vecchia guardia.

E più erano vecchi, più erano forti, lo sapeva bene: lui stesso ne era la prova.

“Beh sì, hai ragione: ho molti amici ma adoro farmene sempre di nuovi. Sono una ragazza socievole, sai?” concluse con un sorriso.

“Immagino. E io sarò il tuo prossimo amico?”

Se ti fa piacere, certo. A me piacerebbe moltissimo averti... come amico.

Lora lo rendeva nervoso, meglio affrettare i tempi e liberarsene subito.

E dimmi dolcezza, ti andrebbe di approfondire la conoscenza fuori di qui?” le chiese David ammiccando e sfiorandole la mano con le dita.

“Certamente, ma… devo confessarti una cosa…”  fece lei con uno sguardo malizioso.

Dimmi tutto, sono qui per te.”

“Sai, io sono una studentessa che deve arrangiarsi come può, la mia famiglia non ha molte possibilità e non voglio gravare su di loro. Tu sei molto carino e verrei a fare una passeggiata con te in ogni caso….

Ma…?” la incalzò David, anche se aveva capito benissimo cosa voleva dire.

Ma sono costretta a chiederti un piccolo regalo, in segno d’amicizia. Saprò ricambiare ampiamente la tua generosità” dichiarò senza arrossire e allungando una mano sulla coscia di David. Sentiva il freddo di quella mano attraverso la stoffa dei pantaloni.

Ma quello che davvero lo preoccupava era la novità del pagamento anticipato, non era mai successo, al massimo avevano chiesto i soldi arrivati in camera, addirittura quelle con le quali era stato a letto non li avevano neanche accettati.

Nessuna avevano preteso i soldi nel locale: Lora voleva attaccarlo appena usciti fuori.

David non si scompose, infilò la mano dentro la giacca e la tirò fuori stringendo alcune banconote: intanto pensava a cosa fare una volta fuori di lì.

“Capiscono benissimo, anzi ti ammiro: sai unire l’utile al dilettevole. Sempre che io sia dilettevole per te..la provocò avvicinando le banconote alla sua mano.

“Moltissimo, David. Sono sicura che saprai soddisfarmi in tutti i sensi.

- L’importante è crederci -  considerò David ricambiando il sorriso.

“Farò del mio meglio, puoi starne certa. Vogliamo andare?” la invitò alzandosi.

“Con molto piacere, caro.” rispose, afferrando i soldi sul bancone.

David lasciò una banconota al barista e prese Lora sottobraccio. La vide con la coda dell’occhio fare un cenno con la testa a qualcuno, il pappone o chi per lui sicuramente.

Sulla porta incontrarono un’altra ragazza socievole e le due donne si salutarono.

“Lora! Vedo che hai un nuovo amico, e anche carino.. ciao tesoro.

A David bastò un’occhiata per capire che si trattava di una creatura relativamente giovane, i segni su quel bel collo erano vividi e profondi: non più di sessant’anni, benché ne dimostrasse quaranta di meno. Il loro capo aveva buon gusto e fiuto negli affari, reclutava prostitute belle e molto giovani.  O almeno tali dovevano sembrare ai clienti.

“Mi dispiace tesoro, ma questo giovanotto è tutto mio!” affermò decisa Lora.

L’altra, che il ciondolo al collo indicava come “Flora”, fece una smorfia alla collega e si rivolse direttamente a David.

“Diglielo tu tesoro, che verresti a fare un giro con me. Sono molto simpatica, sai?”

Lo sguardo di David cadde sul seno sporgente della bella sanguisuga.

“Sì, me ne sono accorto. Ma devi scusarmi, ho già un impegno con la tua amica.

Se cambi idea, sai dove trovarmi, ciao tesoro!” lo salutò agitando le dita affusolate.

- Anche se non sembri pericolosa come questa, verrò a trovarti senz’altro - pensò lui.

Le due donne si salutarono e Flora raggiunse il bancone del bar saltellando sorridente.

David pensò che probabilmente aveva non solo guadagnato bene, ma anche mangiato.

Il contrasto tra luci del locale e buio della strada era quasi inesistente, si accorse così che evidentemente all’interno avevano ridotto l’illuminazione: ai vampiri piaceva il buio.

L’omaccione già visto in precedenza ignorò entrambi, e i due attraversarono la strada sottobraccio. David si guardò bene dal guidarla verso la sua auto, si diresse invece verso un vicolo più appartato tra due palazzi. Lei non disse nulla, non aveva paura e non si chiedeva affatto del perché il suo cliente la stava portando in un posto buio e isolato.

Una donna umana, anche se prostituta, avrebbe avuto almeno qualche perplessità e si sarebbe rifiutata di seguirlo, ma in questa occasione David era una potenziale vittima: ne era sicuro, la sorpresa l’avrebbe lasciata sgomenta.

Senza dirsi nulla, l’una si staccò dall’altro, e Lora rimase indietro di qualche passo.

David capì immediatamente il perché e senza farsi vedere inserì la mano destra in una tasca interna della giacca, aspettando la prima mossa della sua avversaria.

“Ehi David, ma dove mi stai portando, ragazzaccio?” la voce della donna era cambiata.

Prima di rispondere, David estrasse dalla giacca la sua preziosa arma.

“Volevo mostrarti una cosa molto particolare, e al buio rende meglio…”

“Davvero? Anche io voglio mostrarti qualcosa. ribatté lei digrignando i denti.

“Lo so, ma prima guarda la mia!”

David si voltò di scatto, brandendo la sua micidiale arma: un pugnale dalla lunga lama  ricurva che ricordava molto una falce. Si trovò davanti il volto trasformato di Lora, che ora mostrava due fila di denti appuntiti e neri, i capelli folti e biondi erano diventati una massa di rovi grigi, e la pelle prima pallida  era diventata gialla e sottile.

Porca miseria quanto sei brutta, ecco perché chiedi i soldi prima!” la insultò David.

Lora fissò lo sguardo sulla lama della falce, sembrava quasi sbalordita.

“Sì, tua madre mi ha insegnato il mestiere prima di crepare!” David rise.

“Però, che linguaggio per una fanciulla così carina.” ma il mostro era totalmente rapito dalla sua arma luccicante.

“Ti piace il mio giocattolo? Fatti avanti, puttana!”

Il mostro si riprese dallo stupore, e ringhiando si avventò contro David, afferrandolo per le spalle e spingendolo contro un muro.

“Accidenti quanta foga! Quasi quasi mi fai eccitare!” esclamò, anche se in realtà era sorpreso dalla sua forza. C’era decisamente qualcosa che non andava: lui era più vecchio di quella megera, eppure era fortissima.

“Non hai idea di come lo sia io, stupido umano!” e fece per morderlo sul collo. David prontamente la respinse con un pugno.

Che villano! Alzare le mani su una povera ragazza indifesa!”

Infatti non voglio alzare le mani, brutta troia. Voglio tagliuzzarti con questo!” e fece scintillare la lama al riflesso di un lampione.

“Prima devi riuscirci, caro.” e lo attaccò nuovamente, abbattendosi su di lui come una furia.

Con sua grande sorpresa, quella creatura infame riuscì ad atterrarlo, mettendosi a cavalcioni su di lui: ma che cazzo stava succedendo? Eh no, finire ammazzato da quella cosa mostruosa proprio no! Così mentre la vampira spalancava quella bocca acuminata avvicinandosi al suo collo, David  invertì le posizioni e la bloccò a terra, cercando di tenere ferme quelle dannate mani munite di unghie affilate come coltelli. Il mostro si dimenava cercando di graffiarlo, ma David aveva finalmente ripreso la sua consueta forza, e riusciva a tenerla ferma abbastanza facilmente. La vampira tentò di dargli un calcio all’inguine, ma lui si accorse del movimento e le strinse le gambe tra le proprie.

Ah-ah dolcezza! Vuoi distruggermi i gioielli di famiglia?” il mostro sorrise emettendo un suono disumano.

“Tu non hai le palle, impossibile distruggertele.

Per tutta risposta, David le assestò un pugno in piena faccia, riuscendo a tenerle i polsi con una sola mano. Il mostro smise di ridere e cominciò a mugugnare per il dolore. Un pugno da parte di David era una cosa da evitare ad ogni costo. Peccato lei non lo sapesse.

Se le donne fossero tutte come te, me le taglierei io stesso! È un vero peccato che tu sia un cesso senza pari, altrimenti ti farei vedere cosa so fare. Ti avrei reso felice, sai puttana?” e le diede un altro pugno.

Fottiti, stronzo!” inveì la creatura sotto di lui.

Che linguaggio! Nel tuo secolo non era permesso alle signorine di parlare così, vero? Quanti anni hai, tesoro? Duecento? Trecento? Avanti, dì allo zio David da quanto tempo infesti questo mondo!”

Il mostro trovò la forza di ridere ancora una volta. “Zio? Tu sei un misero moscerino in confronto a me! Non sei niente!”

“Sì, okay. Ora dimmi quanti anni hai e chi è il tuo Maestro. le chiese ancora una volta.

Fottiti!” fu la sua risposta. Allora David le puntò il pugnale alla gola, premendo fino a farla sanguinare. Un rivolo di sangue scuro cominciò a scendere lungo la lama.

“Cominci a stancarmi, vecchia baldracca. Rispondi alle mie domanda e SUBITO!” la minacciò ringhiando.

“Sono nata nel 1762, in Europa, e il mio Maestro è morto oltre cento anni fa, ucciso da un cacciatore. cominciò finalmente lei.

“Brava. Ora dimmi come si chiamava il tuo Maestro e da quale secolo proveniva.

Il mostro ritornò al suo silenzio, allora lui premette ancora di più la lama contro la sua gola, facendola gemere.

“Ah! Okay, basta! Il mio maestro si chiamava Mauritius, ed era nato nel 1703. È tutto quello che so! Non è che i Maestri si dilunghino molto a parlare di loro stessi!”

David rifletté, concludendo che non era lui il suo Maestro. Un altro buco nell’acqua.

“Brava ragazza, abbiamo finito.” le annuncia e senza darle il tempo di reagire, la trafisse con quel pugnale antico.

“No!” urlò il mostro.

David di alzò immediatamente, allontanandosi da lei: non doveva guardarla o i rimorsi lo avrebbero tormentato a lungo.

Dopo essere colpiti da quell’arma, i vampiri tornavano umani. Pochi istanti prima della fine, ma tornavano umani.

La sentì lamentarsi, singhiozzare. La sua voce era tornata normale, era tornata umana.

Resistette all’impulso di voltarsi a guardarla: non doveva farlo. Si incamminò per uscire dal vicolo, sbucò sulla strada e dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, uscì allo scoperto e si diresse verso la sua auto, nascondendo di nuovo la sua arma nella giacca.

Merçi, monsieur…” sussurrò prima di spirare quella che una volta era stata una vampira.

David non la sentì, per sua fortuna. Non sarebbe stato la prima volta che una di quelle cose lo ringraziava per averla liberata. Lui non voleva la gratitudine di nessuno, tanto meno delle sue vittime. Perché quello che faceva era puro egoismo. Amava uccidere i vampiri, anzi preferiva di più il verbo sterminarli, lo faceva sentire meglio.

Non avrebbe potuto farli fuori tutti certo, ma sicuramente più di qualunque altro cacciatore avesse mai fatto. Era la sua missione, che durava da cinquecento anni. Non si sarebbe fermato mai, fino alla fine. Niente rimorsi, niente pentimenti.

Raggiunse la sua auto e vi salì, mise in moto e prima di partire prese il cellulare dalla giacca: aveva bisogno di fare il pieno.

“Charlie, sono io. Scusa per l’ora ma…. è stata una serataccia… ho bisogno del tuo aiuto.”

Non c’è problema David, ti aspetto.”.

David lo ringraziò e riattaccò.

Si disse di essere fortunato, per uno come lui avere un amico come Charlie era una manna dal cielo, altrimenti non avrebbe proprio saputo come fare. Sarebbe morto in poco tempo, lo sapeva bene. Piuttosto che fare diversamente, si sarebbe lasciato morire.

Ma per adesso, questo problema non era imminente, finché c’era Charlie era tutto sottocontrollo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Let me sleep. ***


David stava male

Let me sleep

 

 

“Hey I'm feeling tired

My time is gone today

You flirt with suicide

Sometimes that's ok”

(Korn – Falling away from me)

 

 

 

David stava male.

Se ne accorse a circa tre chilometri dalla sua destinazione: l’ambulatorio di Charlie. Gli tremavano le mani e la vista iniziava ad appannarsi. Ecco perché quella troietta gli era parsa tanto forte, era lui ad essere debole.

“Gesù santo… spero di non andare a schiantarmi..mormorò a sé stesso, tentando di tenere fermo il volante.

Dipendere dal sangue era già di per sé orribile, ma andare in crisi in quel modo come un fottutissimo tossico, era decisamente degradante. Eppure doveva esserci abituato, negli ultimi cinquecento e rotti anni, non aveva mai potuto farne a meno.

Col cazzo. David Rouvelle non si sarebbe mai abituato a quello schifo di vita alla quale era stato condannato secoli prima. MAI.

Era riuscito solo a venire a patti con essa, votando la propria esistenza alla caccia ai vampiri. Sì, un vampiro che scanna tranquillamente i vampiri. Che fossero maschi o femmine poco gli importava, purché riuscisse ad ammazzarli. Non prima di avere avuto qualche piccola informazione sui loro Maestri: anzi a pensarci bene, spesso aveva dato loro la caccia soprattutto per questo motivo.

Voleva trovare il suo Maestro, il mostro che l’aveva vampirizzato quel lontano 1503.

Per causa sua ora stava male, se fosse vissuto come un semplice mortale, sarebbe morto da secoli e non avrebbe visto tutto l’orrore a cui ha assistito in centinaia d’anni. Avrebbe vissuto una modesta vita, nella campagna francese del500, insieme alla sua famiglia.

Invece era sopravvissuto a tutti, nascondendosi, scappando e….. cacciando.

Fin quando non decise di attraversare l’oceano, duecento anni fa, e approdare in America. Non parlava più francese, l’aveva dimenticato, e anche l’accento in due secoli era scomparso. Si era disfatto del cognome una cinquantina d’anni prima, quando per lui iniziò a diventare molto più facile assumere identità fittizie procurandosi documenti falsi.

Adesso era David Parker, trent’ anni. Peccato che lui avesse trent’ anni nel 1503. In effetti l’unico lato positivo, se mai era possibile trovarne uno, era quello di essere diventato un vampiro in giovane età: se gli fosse capitato in tarda età, sarebbe stato peggio.

Il mondo moderno ha poco rispetto per gli anziani, aveva notato qualche anno prima.

Sicuramente il lato peggiore dell’immortalità che gli era stata data senza volerla, era quello di dover dipendere dal sangue umano.

La macchina sbandò a sinistra, ma riuscì a sterzare evitando un frontale con un’altra auto, che strombazzò furiosamente.

Il tragitto fino all’ambulatorio medico di Charlie non gli sembrò mani tanto lontano. O forse era il suo disagio a fargli credere di non arrivare mai. Aveva la nausea, e il suo cuore pulsava in maniera incontrollata, cercando di mandare in circolo più velocemente il sangue, in attesa di quello nuovo. Che schifo.

Finalmente intravide la casa di Charlie, il suo amico medico, adiacente alla quale aveva aperto un ambulatorio… veterinario.

Sì, poco dignitoso. Ma David dopotutto solo all’apparenza era un umano: in realtà era un grosso pipistrello, no? Quindi, andava bene anche un veterinario che l’aiutasse a rifornirsi di sangue, evitandogli di morire o, cosa peggiore, di andare a cercarselo da solo. Meglio morire.

Frenò la macchina facendo slittare le ruote sulla ghiaia, tentò di scendere ma cadde in ginocchio: stava decisamente male.

“Charlie!” chiamò, non riuscendo ad alzarsi da solo.

Dalla porta dell’ambulatorio si affacciò un uomo sui sessant’anni, magro e alto, che appena riconobbe la figura quasi stesa a terra, si precipitò a soccorrerlo.

“Ragazzo mio, sei messo proprio male, eh?” gli disse aiutandolo a rimettersi in piedi.

“Sì, direi che sto proprio di merda, amico mio. gemette David ansimando.

I due si avviarono verso l’ambulatorio, il medico spalancò la porta ed entrarono. Le luci al neon ferirono gli occhi di David, che cercò di ripararsi con una mano. La luce non era mai stato un problema per lui, tranne quando era in grave crisi d’astinenza. Come adesso, per l’appunto.

“Forza giovanotto, un ultimo sforzo e ci siamo…” lo incoraggiò il medico, aiutandolo a distendersi su un lettino.

“Almeno questa volta non mi hai messo sul tavolo operatorio…” chiosò l’altro, nonostante stesse malissimo.

Ah-ah. Almeno adesso hai telefonato, quella volta mi sei piombato in casa alle tre di notte! E per la cronaca, sei stato tu a buttarti sul tavolo operatorio, non ti ci ho messo io. si difese Charlie con ironia, mentre scopriva il braccio di David per legare il laccio emostatico.

“Già… hai ragione…. f.. forse credevo di essere un ca….” tentò di rispondere, ma iniziò a tremare con violenza e le parole gli morirono in gola. Gli occhi cambiarono colore, da nocciola a verde ghiaccio, digrignò i denti mostrando lunghi canini affilati.

“Legami! Charlie, legami!” urlò all’amico, facendo appello a quel briciolo di lucidità che gli restava.

L’altro non se lo fece ripetere due volte, afferrò le cinghie di cuoio che pendevano dal lettino e lo bloccò legandogli strettamente braccia, tronco e gambe. David ringhiava. Un suono che aveva ben poco a che fare con la sua calma e suadente voce di sempre.

Povero ragazzo, pensò con tristezza.

“Sta’ tranquillo, figliolo. Ora passa… sta’ calmo.” lo rassicurò il medico, molto preoccupato per la violenta crisi dell’apparentemente giovane uomo.

David non rispose, non ne aveva la forza: combatteva contro l’essere che era in lui, combatteva contro sé stesso.

Scosso da brutali convulsioni, non sentì il grosso ago forargli la pelle dell’avambraccio. Fatto ciò, Charlie appese al sostegno per le flebo una grossa sacca di sangue, ed aprì la valvola che la collegava all’ago inserito del braccio di David. Lentamente il sangue iniziò a scorrere lungo il tubicino, giù fino alla quella vena pulsante, assetata di quel vischioso liquido. Quando finalmente quel sangue entrò nel suo, David cominciò a calmarsi, le convulsioni cessarono e i suoi occhi tornarono del loro colore abituale. Il respiro affannoso rallentò, e sparirono anche i lunghi denti.

“Dio mio…. questa volta è stata proprio brutta…” commentò David dopo alcuni istanti. La sua voce era tornata normale.

E’ colpa tua ragazzo mio, non devi lasciar passare tutto questo tempo tra una trasfusione e l’altra. So che ti fa schifo l’idea, ma è pur sempre meglio che berlo. Non ti pare?” lo rimproverò l’attempato veterinario.

“Hai ragione. Solo che vorrei poter farne a meno….”

L’altro annuì. “Lo so Dave… lo so. Ma non puoi, e con il tuo…. lavoro, non puoi permetterti di stare male.” gli disse riferendosi alla caccia.

“Charlie…. dammi qualcosa. Fammi dormire, ti prego. Non mi piace sentire il sangue fluire nelle mie vene. Fammi dormire.” lo pregò.

Il medico sospirò e preparò una siringa. “Come vuoi tu, ragazzo.” e gli iniettò un forte calmante nel braccio senza ago.

Pochi istanti dopo, David cominciò a rilassarsi sul serio, il suo viso si distese, fino a comparirgli un sorriso sulle labbra.

“Dottore…. non so cosa farei senza di te. Oddio sto per addormentarmi…..sospirò felice.

E allora dormi, figliolo. Al risveglio sarai come nuove.” lo incoraggiò Charlie. David iniziò a ridacchiare, nonostante fosse sul punto di cedere al potente sonnifero.

Perché sghignazzi nonostante la dose equina di calmante?” gli domandò in tono ironico.

“Beh… mi chiami spesso ragazzogiovanottofigliolo. Quando in realtà io potrei essere il bisnonno….. del bisnonno……del tuo trisav…” ma non riuscì a terminare il concetto, poiché cadde in un sonno profondo.

Questa volta fu il veterinario a ridacchiare divertito.

“Sì certo, come vuoi tu. Resta il fatto che tu non solo hai la faccia da ragazzo, ma anche il cuore, figliolo.”

Ovviamente David non rispose, dormiva tranquillamente mentre il sangue ristorava il suo corpo immortale.

“Fatti una bella dormita Dave, nei hai bisogno.” bisbigliò il suo amico allontanandosi dal lettino.

Spostò una sedia e si sedette, prevedeva che sarebbero trascorse un paio d’ore e non poteva lasciarlo solo. David non l’aveva abbandonato al suo destino, oltre quarant’anni prima, per cui lui non l’avrebbe mai fatto.

Un bravo ragazzo condannato al vampirismo per l’eternità: una condanna orribile per David.

Un’orribile pena cominciata più di cinquecento anni fa……….

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** When he became a vampire ***


Correva a perdifiato tra la boscaglia, ma gli sembrava che i suoi inseguitori si avvicinassero sempre di più

When he became a vampire

 

 

 

 

 

“Put me to sleep, evil angel

Open your wings, evil angel

Fly over me, evil angel

Why can't I breathe, evil angel”

(Breaking Benjamin – Evil Angel )

 

 

/-------/

 

 

 

 

 

Correva a perdifiato tra la boscaglia, ma gli sembrava che i suoi inseguitori si avvicinassero sempre di più. Piangeva e correva, l'orrore visto tra le mura di casa sua lo avrebbe perseguitato per sempre.

 Forse si sarebbe ucciso, ma certamente non si sarebbe fatto mangiare da quei maledetti essere demoniaci.

Marie.. la sua bella moglie, dissanguata a morte.... Lucille, la piccola adorata Lucille... che orrore, che orrore.

David si fermò un attimo con l'intento di respirare, invece come cercò di riempire i polmoni, vomitò cadendo sulle proprie ginocchia. Faceva freddo, era pieno inverno nella campagna bretone del sedicesimo secolo, stava scendendo la notte ma non doveva fermarsi, non poteva fermarsi. Desiderava la morte ma  non per mano di quei diavoli. Non si sarebbero nutriti del suo sangue come aveva fatto con la sua famiglia.... non avrebbe alimentato la loro incessante bramosia di sangue, preferiva farsi sbranare dai lupi inferociti che talvolta si aggiravano nei dintorni facendo strage di pecore e capre..

 Riprese a correre, con la speranza di raggiungere presto la casa del suo vicino, Etienne, lì avrebbe trovato aiuto.

Raggiunse la modesta casupola quando il sole già si era nascosto dietro le colline, bussò freneticamente alla porta urlando il nome del capofamiglia. Ma non ebbe risposta, nessuno andò ad aprirgli. Si guardò intorno pensando che fossero fuori e che sarebbero tornati a breve con l'appressarsi delle tenebre.

 Ma tutto era silenzio, tutto era desolazione. Anche gli animali tacevano, e fu allora che notò il piccolo corpo del fedele bastardino che giaceva accanto la propria cuccia. Anche se era ormai buio, notò l'ammasso sanguinolento....

Represse un altro conato di vomito e si appoggiò alla porta, che si aprì sotto il suo peso poiché era stata solo socchiusa. Entrò cautamente e l'odore del sangue lo investì in pieno.

Urlò di terrore quando vide lo scempio di quei corpi e corse fuori, riprendendo la sua folle corsa senza meta tra alberi e spine. Non sapeva dove andare, cosa fare, la prossima casa era lontana e... temeva di ritrovarsi di fronte nuovamente quell'orrore e quella morte. I vampiri esistevano, esistevano! Non erano stupide leggende, quei mostri spietati esistevano! E avevano sterminato la sua famiglia mentre egli era lontano, e lo stesso avevano fatto con Etienne e i suoi cari...

Piangeva e le lacrime gli annebbiavano la vista, si sentiva  esplodere il cuore e i polmoni, e non sapeva cosa fare. Mise un piede in fallo e precipitò a terra, tentò di non urlare ma il dolore era grande. Gli ci volle poco per capire perché sentiva quel dolore così acuto e diffuso.

Cadendo, un vecchio ramo spezzato l'aveva ferito ad un fianco, e ora il sangue scorreva copiosamente. Si premette la mano sulla ferita, ma il sangue filtrava dalle dita senza tregua. Sarebbe morto così, nel bosco, braccato da quelle bestie e con l'orrore negli occhi...

Si sentiva sempre più debole, aveva sempre più freddo..

Anche la vista si indeboliva, giocandogli brutti scherzi. Vide una figura alta avvicinarsi a lui.. dannazione era uno di loro! Con l'ultime forze rimaste, si armò della prima pietra che gli capitò sotto mano e la lanciò in direzione dell'ombra nera davanti a lui.

“Sta' lontano da me!” urlò con tutta la forza che gli era rimasta. Pochissima, vale a dire.

La figura nera e alta si chinò su di lui mormorando qualcosa che a David, sul punto di abbandonare la vita, sembrò essere qualcosa tipo...

“Non ti lascerò morire così.. tu continuerai dopo di me...”

Poi il buio e il sapore del sangue in bocca, ferroso e aspro..... e poi di nuovo vita.

Questa fu la notte in cui David divenne vampiro.

 

 

“Ehi Dave. Sveglia su, bell'addormentata.”

La voce di George gli arrivava lontana, come facente parte del sogno e non della realtà.

David aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu il volto sorridente e furbo del giovane George, il figlio maggiore di Charlie.

“Alla buon'ora, fratello!” commentò divertito “Su, alzati, hai fatto il pieno alle tue vene, ti ho portato qualcosa per fare il pieno al tuo stomaco.

Ancora intontito dal tranquillante e dal solito, maledetto incubo, David si mise lentamente seduto, mentre Charlie silenzioso gli toglieva l'ago dal braccio.

“Mi sono lamentato nel sonno, eh?” domandò al medico.

Lui annuì. “Già, come ogni volta. Urla e affanni. Dovresti andare dallo psicologo.”

David ridacchiò ma senza divertimento. “Oh certo, vado a raccontargli di come cinquecento anni fa dei figli di puttana hanno ammazzato la mia famiglia e poi mi hanno vampirizzato. Dopo avrebbe bisogno lui di uno psicologo, ma un luminare!”

Tieni, cacciatore, ti ho portato un hamburger. Gli ho raccomandato caldamente di farlo ben cotto, visto che la carne al sangue ti fa schifo. gli disse George lanciandogli il panino avvolto in un sacchetto di carta.

David lo prese al volo e lo scartò, addentandolo voracemente.

Ringraziando Dio, adorava ancora il normale cibo umano.

“Certo che un vampiro che mangia hamburger... è strano!” chiosò il giovane.

David inghiottì prima di parlare. “Perché, un vampiro di per se è normale? Ringrazia piuttosto del fatto che io mi nutra come un essere umano, altrimenti ti avrei mangiato anni fa!”

“Avresti voluto mangiarmi?” domandò alzando un sopracciglio “Uhm... pensavo fossi etero... invece sei attratto da me!”

Charlie scoppiò a ridere mentre a David andò di traverso un boccone.

Fottiti George” lo apostrofò corredando l'insulto con un eloquente gesto della mano “non illuderti, non sei proprio il mio tipo!”

Il giovane figlio di Charlie era la cosa più vicina ad un fratello che David avesse mai avuto, anche durante la sua prima vita. Era nato figlio unico, non aveva avuto fratelli.

E George dal canto suo, era affezionato al vampiro cacciatore. Se lui era nato, era merito suo.

David aveva salvato Charlie quando quest'ultimo era solo un adolescente, e quella stessa notte aveva salvato anche sua madre Vera. Sì, gli doveva davvero molto.

“Come stai?” si informò il giovane umano tornando serio.

Il vampiro sospirò. “Almeno non sento bisogno di sangue... ma tu lo sai. Non sto mai davvero bene.” confessò accartocciando il sacchetto ormai vuoto dell'hamburger.

E grazie del panino, era fantastico! Apprezzo molto che tu sia venuto qui a quest'ora a portarmelo.”

Ma smettila, per un panino?” rispose George “Il vecchietto qui mi ha telefonato dicendomi che ti eri accasciato al suolo e che stavi facendo il pieno... e che al risveglio sicuramente avresti avuto bisogno di cibo solido. Ed eccomi qua, col panino in mano.”

“Vecchietto a chi?” si risentì Charlie mentre sistemava il suo ambulatorio.

David accennò un sorriso divertito e scese dal lettino, gli girava un po’ la testa ma fisicamente stava piuttosto bene.

“Grazie ad entrambi, ragazzi” disse guardandoli “senza di voi…”

“Saresti perduto!” concluse Charlie per lui.

“Esatto.”

Indossò la sua giacca e prese gli occhiali da sole. Era notte fonda ma il neon gli dava fastidio agli occhi.

“Vado via giovanotti, grazie ancora e per qualsiasi problema… non esitate a chiamarmi. raccomandò calorosamente.

“Oh puoi contarci” gli assicurò George “ricordi quando sei venuto a scuola e hai mostrato i denti ai bulli che mi picchiavano? Io ancora ho la scena davanti agli occhi… non finirò mai di ringraziarti!”

David scoppiò a ridere, anche se un po’ si vergognava di quell’episodio.

“Sì lo ricordo benissimo….. ma ora sei cresciuto, e se ti metti nei guai per stronzate… non è detto che io venga in tuo aiuto. Quindi, occhio…”

George storse il naso. “Okay.. lo terrò a mente…”

“Sta’ attento tu, David” intervenne Charlie “ultimamente arrivi qui più morto che vivo… fatti vedere più spesso.”

L’apparentemente giovane vampiro annuì e sospirò profondamente. “Hai ragione… lo farò.”

Salutò di nuovo i due uomini e uscì dall’ambulatorio.

Salì sulla sua auto, imprecando quando si accorse di aver lasciato le luci accese.

“Speriamo che la batteria non sia andata a farsi benedire. mormorò irritato.

Fortunatamente, il motore partì al primo colpo, strappandogli un sorriso.

Partì velocemente alla volta di casa propria, aveva bisogno di dormire ancora un po’.

Lui, dormiva di notte.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=442556