Una storia semplice

di kianeko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Addio ***
Capitolo 2: *** La telefonata ***
Capitolo 3: *** Ritornare alla vita ***
Capitolo 4: *** Buon Natale! ***
Capitolo 5: *** La lettera ***



Capitolo 1
*** Addio ***


La storia è ambientata in Giappone poco prima che Mark parta per l'Italia, la ragazza è italiana e si trova lì per uno scambio culturale, lì conosce il bomber nipponico diventando sua amica.


- Ti devo parlare, vieni con me -.
Lei lo seguì in silenzio.
- Ho preso la mia decisione,… -
Lui era di spalle, si era ripromesso di non guardarla negli occhi o non ci sarebbe riuscito.
Intanto lei lo osservava: i capelli scuri, un po' lunghi, lasciati andare in modo selvaggio, le spalle ampie e forti, le braccia scure di sole,dai muscoli ben torniti,le mani…
Perché stava stringendo i pugni con tanta forza?
- …non posso lasciare le cose a metà… - fece lui ma si bloccò.
Le fredde mani di lei stringevano la sua, si voltò con stupore.
Quegli occhi di ghiaccio fissavano i suoi caldi occhi neri, come se cercassero una risposta ad una muta domanda.
Lui cercava di controllare le sue emozioni ma non ci riusciva: sentiva il suo cuore a mille e sentiva che se non avesse fatto qualcosa subito non sarebbe riuscito a dirglielo, ma il suo corpo non reagiva, non riusciva a togliere la mano da quelle di lei e quegli occhi erano come una calamita, non riusciva a staccarli.
Poi lei lo lasciò e abbassò lo sguardo: che avesse trovato la risposta che cercava?
Non poteva aver capito tutto senza che lui aprisse bocca!
- Ti sto rendendo tutto più difficile, - fece lei - ma volevo che ti calmassi-.
Gli morirono le parole in gola, non riuscì ribattere.
- Sai quando ti arrabbi o sei nervoso, stringi i pugni a quel modo. Io volevo solo capire se eri arrabbiato, ma a quanto pare è solo una brutta cosa quella che stai per dirmi - disse lei con calma e serenità, poi sorrise.
Quel sorriso in circostanze diverse avrebbe rischiarato la sua giornata ma ora…
All'improvviso si fece scuro in volto.
- Sto per partire e non ci rivedremo mai più -.
- Si lo so! Non devi preoccuparti per me , non ti disturberò e non posso permettermi di rivederti - sorrise.
- Cosa? - fece lui stupito.
- Non era quello che stavi per dirmi? Io penso di si. I tuoi occhi sono tristi e non mentono: non mi vuoi più vedere - sorrise di nuovo.
Silenzio.
Lui rimase senza parole: l'amava con tutto se stesso e non volendolo ammettere non glielo aveva mai detto, fra loro non c'erano state che parole, eppure lei lo aveva accettato subito e senza diffidenza, lei lo aveva consolato e rassicurato, e ora aveva parlato per lui.
La fissò senza parlare, poi si avvicinò e le accarezzò il viso pallido: perché ora, che tutto era più semplice, stava così male?
Non capì cosa fosse, ma sentì una forte fitta al petto e quel sorriso lo stava facendo soffrire ancora di più.
- Mi odi? Io non voglio farti soffrire, voglio solo rendere le cose più facili e il non vederci mi era parsa la soluzione più logica, ma ora… - disse lui.
- Perché dovrei odiarti? Perché sei stato sincero? - lo guardò finalmente negli occhi.
Non capiva, lui credeva che lei gli volesse un po' di bene, almeno come amica.
Spostò la mano da quel viso candido e la lasciò cadere lungo il fianco.
- Perché… perché mi fai questo? - fece lui - Se ti comporti così non capisco! -
Lei fece finta di non sentirlo e gli si avvicinò, lo prese per il collo della maglia e si portò il viso scuro di lui alla sua altezza, poi appoggiò la sua fronte a quella di lui e chiuse gli occhi.
- Mi mancherai! Mi mancherà la tua presenza, il tuo caratteraccio, il tuo viso e le tue parole, ma io ti voglio bene e sarai sempre nel mio cuore -.
Riaprì gli occhi e sorrise.
- Ricordami anche tu! -
Lei lasciò andare la maglia, ma lui rimase chino a fissarla, poi si rialzò e la attrasse a sé in un abbraccio più che fraterno.
- Avrai un posto speciale nel mio cuore, stanne certa! Sono sicuro che prima o poi ci rincontreremo! -
- Dobbiamo rincontrarci! Non puoi lasciare le cose a metà - rise lei.

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Capitolo 2
*** La telefonata ***


Quando aprì gli occhi e la vide non riuscì a capire cosa ci facesse lei lì, poi cominciò a ricordare: l'aveva chiamata un paio di giorni prima per parlarle, ma non ci era riuscito, non c'era; poi non ricordava più nulla.
Era così bella: la pelle bianca come la neve, i capelli castani chiari, il corpo ben fatto.
Era più bassa di lui e non portava quasi mai i tacchi e vestiva da "paracadutista" come diceva lei.
Era stupenda.
Tentò di alzarsi ma un capogiro lo fece ricadere sul letto. Non l'aveva svegliata per fortuna.
Rimase steso, non capiva perché avesse quelle fitte alla testa; si voltò a guardarla ancora: indossava una maglia bianca ed un paio di pantaloni scuri, un paio di calzini bianchi e i capelli raccolti in una treccia sfatta.
Tentò di nuovo di alzarsi e dovette resistere al dolore: stava camminando cioè stava dondolando e non ricordava.
Andò in bagno e vide il suo volto allo specchio: sembrava appena uscito dalla centrifuga.
- Buongiorno! Come stai? - fece lei con un sorriso.
- Ho un mal di testa atroce! -
- Si lo so! Non hai fatto altro che lamentarti tutta la notte! - sorrise di nuovo - Ti faccio un tè, forza muoviti! -
La guardò andare in cucina, poi la senti prendere il bollitore.
Cosa ci faceva lei lì?
Come mai si era lamentato tutta la notte?
Proprio non ricordava.
Andò in cucina, si sedette e si strinse la testa tra le mani.
- Quando mi hanno detto che mi hai telefonato non ci credevo, sai non è da te - fece lei armeggiando con le tazze.
- Hmm! - bofonchiò lui.
La testa gli stava scoppiando e le mani gli tremavano.
Perché?
Un brivido di freddo lo fece sussultare.Lei senza parlare gli passò una felpa.
- Grazie! - fece lui dopo un attimo di esitazione.
Senza parlare, lei si girò e gli porse la tazza che aveva in mano, poi si sedette davanti a lui bevendo il suo tè.
Lui cominciò a sorseggiare il liquido caldo osservandola di sottecchi.
- Ho fatto la spesa, - fece lei - tieni! Prova! Questi biscotti li ho fatti io! - sorrise.
Quel sorriso illuminava la sua vita: da quanto tempo non lo vedeva?
Prese un biscotto e dovette ammettere che era molto buono.
- Mi hai telefonato ma non so il perché? - fece lei appoggiando la tazza.
- Volevo sentirti! - rispose lui.
- E' buffo, non credevo fossi un sentimentale! - fece lei seria con una punta di malizia - Forse era la febbre! -
- Non capisco - fece lui con sguardo inquisitore.
- Ti ho telefonato appena me lo hanno detto, ma non c'eri. Così ci ho riprovato il giorno dopo, più di una volta, ma non ha risposto nessuno, - sorseggiò il suo tè - allora ho preso il treno e sono venuta -.
Lui la guardò negli occhi.
- E la scuola? -
- Non preoccuparti, mi sono organizzata! -
- Hmm! - fece lui - Come sei entrata? -
- Ho suonato e mi hai aperto. - prese un biscotto - Quando ti ho visto ho capito tutto: avevi la febbre! Hai dormito per due giorni! -
- Cosa? - fece lui, ma si dovette calmare perché stava troppo male.
- Non agitarti, ho pensato a tutto io! - sorrise.
Lei gli prese la mano e la strinse.
- Forse hai ancora un po' di febbre, sei caldo! Và a letto è meglio! - gli sorrise.
Lui si stese e sentendola in cucina si sentì rincuorato.
Perché aveva deciso di non vederla?
Di non dirle nulla?
Perché non voleva ostacolarla, voleva che vivesse la sua vita senza rimpianti.
Lui non capiva se lei lo amasse o se gli fosse solo amica, ora però non gli importava perché era lì.
Chiuse gli occhi, la testa gli faceva troppo male.
Lei gli si avvicinò in silenzio e rimase ad osservarlo: il viso contratto in una smorfia di dolore.
Avevano deciso di non vedersi, poi lui era ricomparso; non dovevano vedersi se lo erano detti anche l'ultima volta invece ora erano di nuovo al punto di partenza.
Lui aprì gli occhi sentendosi osservato.
- Cosa c'è? -
- Stavo solo pensando - disse lei.
Lui non disse altro, rimase a guardare quegli occhi azzurri che lo incantavano, quelle guance pallide impercettibilmente tinte di rosa, quella fronte alta e spaziosa e quella bocca rossa e carnosa, ben disegnata.
Come l'amava, ma ammetterlo sarebbe stato il suo punto debole.
Conosceva ogni singola sfumatura azzurra di quegli occhi, ci si era perso molte volte.
Chiuse gli occhi ma lei era lì, sempre in primo piano.
Come si era deciso a chiamarla?
Non lo sapeva, sapeva solo di averlo fatto, forse erano stati i primi sintomi di febbre.
- Vuoi che ti lasci solo? - e fece per andarsene.
Lui le prese una mano.
- No , resta ancora un po' mi fa piacere che tu stia qui! - lei gli sorrise e annuì, poi si mise a sedere sul letto.
I tratti di quel viso scuro erano unici e lei non poteva staccarvi gli occhi.
Lei strinse forte la mano di lui, che non l'aveva lasciata, e se la portò al viso.
Una lacrima scese giù.
Lui la sentì: piangeva.
Perché?
Aprì gli occhi e si tirò su per asciugarle il viso.
- Non preoccuparti non è niente - fece lei.
Lui la guardò e le baciò la fronte.
- Sono felice di rivederti e sono felice che tu mi abbia chiamata - disse lei con un filo di voce.
- Sono felice anch'io, perché non mi hai risposto! -

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Capitolo 3
*** Ritornare alla vita ***


Il muto terrore negli occhi di lei a quella notizia, lo paralizzò; lei così coraggiosa e determinata, ora così fredda e distante, pallida e assente.
Ma dov'era finita, così all'improvviso, la sua voglia di vivere?
Nulla, nessuna risposta a quella domanda.
Gli altri guardavano i due con occhi curiosi, occhi che però non riuscivano a percepire nulla in quell'immobilità.
Perché ora gli appariva così fragile e indifesa?
Perché, lei così istintiva e dinamica, ora fissava il vuoto paralizzata?
In trance, ecco come le appariva.
Milioni di pensieri nella mente di lui, tutti a cercare una risposta; poi un lieve ricordo, prima indistinto poi più tenace, iniziò a farsi strada nella miriade di emozioni che come un turbine lo portavano giù verso il fondo del suo cuore e tentavano di affogarlo.
- Non si tocca mai il fondo, vero? Perché sono così stupido e lento? - disse lui - Tu me lo hai detto ed io ho fatto finta di niente -.
A quelle parole la ragazza si voltò verso di lui: lo fissava ma in realtà vedeva solo il vuoto e lui lo sapeva, lo sentiva.
Un leggero bisbigliare da parte degli altri che chiedevano cosa ci fosse tra i due, cosa fossero l'uno per l'altro.
Nulla, solo silenzio.
Perché così all'improvviso era successo, perché di nuovo e perché proprio a lei.
- Io non volevo ti giuro - provò a dire lui.
Per lui era come guardare attraverso un cristallo: vedeva il dolore, la paura e l'angoscia in quegli occhi così vuoti che in genere pulsavano di vita ed emanavano gioia di vivere.
Una dolce brezza autunnale mosse un ciuffo di capelli sul viso della ragazza.
All'improvviso tutti ammutolirono: lui dolcemente le portò quel ciuffo ribelle dietro l'orecchio, poi le prese la testa fra le mani, ed a quel tocco il gelo si sciolse; lui le accostò la testa al suo petto e a quel contatto il mare di sentimenti mai espressi di lei vennero fuori.
A quel pianto lui si senti così vicino, vicino ad un dolore che non poteva capire.
Perché mi sento gelare?
Perché ora soffro per lei?
Lui le accarezzava dolcemente la schiena.
Il terrore di lei e la forza di lui si attraversarono: lei sentiva il gelo di poco prima abbandonarla ed il calore di quei sentimenti così semplici pervaderle il corpo.
Cosa stava succedendo?
Il pianto, l'abbraccio, la vita ecco cos'era: lui aveva tirato fuori da quell'angolo scuro del mare la sua vera essenza ed ora stava per tornare a respirare dopo quella lunga apnea.
- Mi è mancato il respiro - fece lui.
- Grazie, - rispose lei - ora sono viva -.

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Capitolo 4
*** Buon Natale! ***


- Ciao capo, ci vediamo domani! - fece la ragazza.
- Anche per stasera è finita! - si stiracchiò.
All'improvviso sentì un rumore alle spalle e si voltò.
Lui era lì che la fissava: un piumino nero ed una sciarpa a righe.
- Ciao! Che ci fai qui? - fece lei.
- Passavo! - disse lui - Cioè sono in vacanza per cui sono venuto a salutarti! -
Lei lo guardò sbalordita, era davvero cambiato: prima non l'avrebbe chiamata e tanto meno sarebbe andato a salutarla.
- Torni a casa? - chiese lei cominciando a camminare.
- Si, è da un po' che non vedo la mia famiglia perciò… - disse seguendola.
- Fai bene! Io parto tra qualche giorno il tempo di finire la scuola. -
Il tempo non era bello e minacciava nevicate.
Dal canto suo il ragazzo non amava affatto il freddo e la neve, ma lei sembrava essere una creatura dei ghiacci.
Erano tanto diversi e non solo fisicamente: caldo e freddo, neve e sole.
- Andiamo a prendere una cioccolata? - fece lei - In fondo non è tanto tardi! -
- Ok, ma offro io! -
Lei non disse nulla ma non avrebbe mai immaginato che avrebbe detto una cosa così.
- Tra poco è Natale! - disse lui.
- Già! -
- Hai pensato hai regali? -
- No! Io odio il Natale! - disse lei.
Lui non disse niente ma rimase sorpreso: questo era uno degli aspetti freddi del suo carattere, anche se erano pochi.
- Guarda! - fece lei indicando un locale. - E' carino, ci vengo con i miei amici! - sorrise.
Dopo la risposta gelida di prima, era riuscita a passare a quel sorriso caldo.
A volte non se lo spiegava ma riusciva a spiazzarlo.
Entrarono e si sedettero ad un tavolino vicino alla vetrata ed ordinarono due cioccolate.
Fuori faceva tanto freddo e lui non lo sopportava.
Si tolsero i cappotti.
Il locale era carino: piccolo e accogliente.
- Come và la scuola? - domandò lui.
- Come al solito, alti e bassi! - rispose lei - Tu invece? -
- Normale! -
Nessuno dei due sapeva cosa dire perché vedersi era un caso eccezionale e dopo l'ultima volta non si erano promessi niente.
Gli occhi di lei fissi a guardare fuori, per un attimo sembrarono cercare qualcosa.
Lui la guardava affascinato.
- Nevica - disse con molta calma lei.
- Preferisco il sole! -
Lo aveva detto senza mai staccarle gli occhi di dosso.
Arrivò la cameriera con le cioccolate.
- Lo sai, quando è inverno sembra quasi che il mondo rallenti ed è bellissimo! - disse lei guardando la tazza.
- Io preferisco l'estate! -
Erano proprio diversi e per questo andavano d'accordo.
- D'estate la bellezza sta nella frenesia, - ribatte lei - ma per ogni stagione c'è qualcosa di speciale e bello! -
Il maglione a collo alto a righe orizzontali viola e azzurre le si addiceva proprio, i pantaloni in jeans blu scuri, ampi, tipici della sua mentalità e un paio di scarpe simili a quelle da calcio rosse, stonate con tutto il resto, ma per chi la conosceva quel colore richiamava la sua voglia di vivere.
- Cosa farai a capodanno? - chiese lei.
- Non so ancora. Tu? -
- In famiglia! Credo. -
Lui prese a sorseggiare la sua cioccolata fumante.
Lei lo guardava estasiata: non erano uguali, non amavano le stesse cose, erano di due paesi diversi, eppure…
Doveva bastare? Per che cosa?
Si volevano bene, ma fino a che punto?
Quegli occhi neri così caldi e penetranti, erano la cosa più bella che avesse mai visto, sprigionavano forza e coraggio di vivere.
Poi all'improvviso…
- Cosa pensi di me? - disse lei fissandolo.
Lui posò la tazza sorpreso.
Perché? Cosa centrava?
- In che senso? - rispose lui.
- Cosa pensi di me come persona: antipatica o simpatica, buona o cattiva, ecc. -
L'aveva spiazzato ancora.
- Dunque fammi pensare… - e rimase a fissarla mentre lei era in agitazione.
- … sei simpatica, dolce, allegra, poi… - si fermò a pensare un attimo.
- Ah! Ecco! Sei solare e spiritosa! -
Lei sospirò poi guardò fuori.
- Tu sei la mia bussola, - fece lei - quando non so cosa fare penso a te! -
Lui la guardò e vide la sua tristezza, poi fissò la sua tazza.
- Se tu non mi volessi più vedere io… - fece lui.
Lei si girò a guardarlo il volto, scuro e serio.
- … io penso che ne morirei! - alzò lo sguardo in cerca di quello di lei.
Lei sorrise dolcemente.
- Usciamo? - fece lei - Accompagnami a casa! -
Lui annuì e la seguì in silenzio.
Non parlarono più per tutto il tragitto.
Lei sorrideva e lui era contento di vederla felice.
Sotto casa della ragazza, lui si fermò per salutarla.
Lei gli prese le mani stranamente erano calde.
- Vuoi salire? I miei compagni sono già partiti! -
Lui la guardò, gli occhi azzurri di lei sembravano un mare estivo: caldo.
Sentì un sentimento caldo scivolargli nel cuore.
- Meglio di no! - rispose lui.
Lei gli sorrise e dolcemente lo abbracciò.
- D'accordo, ma ora non parlare. Stringimi! -
Nevicava ancora, ma a entrambi sembrò che il mondo si sciogliesse, come il colore cola sulla tela, così la realtà si dissolveva.
Lei alzò la testa e lo guardò.
I loro sguardi si incrociarono per un istante che sembrò infinito.
Lei si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò sulle labbra poi corse via.
Davanti al portone si girò e gli sorrise.
- Buon Natale! -

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Capitolo 5
*** La lettera ***


Ciao,
come stai? Spero bene.
Io sono appena stata dal dottore, così ho deciso di scriverti.
Mi manchi tanto e spesso mi sento soffocare.
Mi piacerebbe rivederti ma non so come sia possibile.
Dopo le vacanze si ricomincia e nessuno dei due ha tempo.
Ti è piaciuto il mio regalo di Natale? Spero di si! Non faccio il bis!
Sai se ti conosco bene so che ti stai chiedendo cosa voglio: voglio darti un consiglio e farti un augurio.
Quando leggerai la lettera sentirai molto la mia mancanza ne sono certa.
Quando ti manco pensa al mio carattere e al mio modo di essere.
La vita è un dono prezioso che si riceve una sola volta e perciò va vissuta a fondo assaporandone ogni piccolo istante.
E' in dubbio che anche quando ti mancherò sarà un'esperienza ed il fatto che sia un dolore non deve preoccuparti.
Il dolore aiuta crescere e a formare il nostro carattere.
Quando sto con te mi sembra che il mondo sia di ghiaccio e si sciolga.
Tu che ne pensi?
Ora non posso far altro che lasciarti ho da fare, ma ricordati che la vita è una sfida e che va sempre combattuta perciò usa il sorriso!
Un augurio che posso farti è quello che tu sia sempre felice e non pensare ai miei occhi spauriti di qualche tempo fa perché è passato.
Un bacio, un abbraccio e tanto amore, spero ti bastino è meglio di "Saluti".
Tua per sempre



- Quando lessi questa lettera, - disse lui hai suoi amici - lei era morta. -
Una lacrima all'improvviso solcò il viso del ragazzo.
Nessuno l'aveva mai visto piangere.
- Lei mi aveva detto che era malata, - continuò - che aveva paura perché anche altre persone a cui voleva bene erano morte… -
Riprese fiato.
Non riusciva a trattenere le lacrime stava male e non riusciva nasconderlo.
- … perché? Perché lei? -
Silenzio.
Nella sua mente non vedeva che quegli occhi azzurri ridere, quelle mani fredde muoversi mentre parlava, il suo eccentrico modo di vestire.
Gli altri lo guardavano stringere i pugni: lui era sempre stato indipendente, autonomo ed ora era distrutto dal dolore.
Lui che non mostrava pena per niente e per nessuno.
Poteva, lei, averlo cambiato così?
Si, poteva.
Silenzio.


P. S. Non cambiare mai, perché sei la mia bussola e perché ti amo.

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