The Millionaire

di Jordan Cullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...prologo... ***
Capitolo 2: *** ...Partenza... ***
Capitolo 3: *** ...I Caraibi... ***
Capitolo 4: *** ...Nuovi amici in vista... ***
Capitolo 5: *** ...Nuovi amici in vista... Part II ***
Capitolo 6: *** ... Fuga... ***
Capitolo 7: *** ... In trappola... ***
Capitolo 8: *** ... Vecchie amicizie e nuove speranze... ***
Capitolo 9: *** ...Delusione... ***
Capitolo 10: *** ...Dolci fantasie diventano realtà... ***
Capitolo 11: *** ... Tutto alle spalle... ***



Capitolo 1
*** ...prologo... ***


The Millionaire

 

Sbuffai una nuvola di fumo e mi divertii a spostarla con i soffi. Era molto che non mi prendevo un momento di pausa. Beh…. A dir la verità per me non sono mai esistiti dei giorni senza pensieri o preoccupazioni.

Mi presento sono Edward Cullen. Mio padre Sigismondo III Cullen e mia madre Jane Hughes sono scomparsi da più o meno tre anni…. avevo appena compiuto 18 anni e mi ritrovai con questo fardello sulle spalle. Debiti da pagare, per mia fortuna riuscii a fare tutto tenendomi ancora un pò di miglioncino per mandare avanti la baracca. Non sono un figlio di cui vantarsi. Non ho mai dimostrato affetto da quando mi ricordo. Non ho mai portato fiori sulla tomba di famiglia e tutto il resto.

Da quando mio padre spirò sono a capo della più importante compagnia alberghiera di tutto il mondo. Sapete com’è…. Viaggi gratis in tutto il mondo e belle ragazze vogliose del tuo corpo e dei tuoi soldi pronte ad aspettarti appena scendi dal jet privato.

Una vita che tutti sognano e che pochi si possono permettere.

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Capitolo 2
*** ...Partenza... ***


Capitolo primo

... Partenza ...

 

Così un altro anno era passato. Donne, alcool e lusso più sfrenato. Dopo la morte dei miei, i miei idoli erano proprio questi. Vedevo la gente che mi stava intorno che mi stava vicina per vero affetto, ma per i miei soldi. E io…. io li facevo fare. I miei soldi erano ciò che sostentava e rendeva più accettabile la loro scomparsa.

Quella mattina mi recai come tutti i giorni nel mio ufficio.

“buongiorno signor Cullen….” mi disse la signorina Alice da dietro la scrivania.

“buongiorno” le risposi

“il suo caffè è già sulla scrivania e…” mentre parlava andò a sbattere contro la porta a vetri del mio ufficio e cadde con un sonoro tonfo. La vidi mentre si rialzava da terra e raccoglieva tutte le carte sparse sul pavimento

“signorina faccia più attenzione!!!” gli dissi con un mezzo sorrisino sulla faccia

“si si… mi scusi!” si scusò lei ed entrammo nella stanza

“quindi stavo dicendo che gli appuntamenti per oggi sono…” e incominciò con un lungo catalogo di cose da fare che mi riempirono la mattinata.

“ok va bene può andare” le dissi accendendo il pc sulla mia scrivania

La piccola ragazza si avvio verso la porta cercando di non sbatterci di nuovo contro. Misi un paio di firme sulle varie scartoffie appoggiate sulla scrivania e mi preparai alla riunione delle nove e quarantacinque.

Mi avviai per il corridoio evitando ogni contatto umano e mi diressi verso la sala riunioni. Erano già tutti lì uomini di mezza età mi guardarono adoranti, ma sapevo già che quello che vedevano in me, non era un ragazzo spaesato e spaventato nell’affrontare quelle assurde riunioni dove si trovavano idee assurde, ma solo i soldi che guadagnavo.

“signor Cullen siamo qui riuniti per valutare il Budget annuale della catena di alberghi” mi disse quello che aveva l’aria più anziana dei quindici uomini seduti al tavolo

“si si prego procedete!” e si alzò un altro uomo che iniziò a dire cifre e nomi che non capii o meglio non mi interessava…

Intanto la mia mente vagava: non immaginavo mai quante donne avrei potuto conoscere ancora. E magari chi lo sa trovare una che sia mia per sempre…. Eh già mia… per… sempre quante volte avrei voluto trovare una ragazza che dopo la prima scopata non avesse incominciato già a pensare al matrimonio. Eppure so che c’era e speravo tanto di trovarla.

Ancora a metà della riunione e avvolto nei miei pensieri uscii dalla sala riunioni sotto lo sguardo attonito di tutti.

Mi rintanai nel mio ufficio per una buona mezz’ora che mi permise di liberarmi di tutti i miei impegni presi precedentemente da Alice.

“ma come signor Cullen! Non può annullare tutto solo perché è annoiato…” mi disse lei in preda al panico

“certo che posso Alice e l’ho già fatto. Anzi fai una cosa non ho voglia di sentire né di vedere nessuno! Sono stato chiaro?”

“si signore… è stato chiarissimo!” mi disse a testa bassa

“… e adesso portami il cappotto che voglio uscire!” le dissi con arroganza

“ehm… e io signore che faccio?” mi chiese lei appena misi un piede fuori dalla soglia della stanza

“che ne so io! Fai quello che vuoi non è un mio problema!” e chiusi la porta con un forte schianto che la fece traballare per qualche secondo.

Uscendo dall’ufficio ci fu una serie di “arrivederci signor Cullen” o di “a presto le farò sapere se ci sono delle novità!”

Appena fuori dal grande grattacielo, nel bel mezzo di New York, mi stava aspettando già la limo pronta a portarmi ovunque io avessi chiesto…

“George portami a casa per favore!” ordinai all’autista

“come vuole signore…”

“ah… e vedi se trovi un Starbucks aperto prendimi un cappuccino!” aggiunsi

“va bene signore”

La macchina si mise in moto con un rombo che mi fece trasalire. Guardai fuori dal finestrino aspettando che qualcosa attirasse la mia attenzione ma come al solito la noiosa NY city non aveva niente da offrirmi. Ci fermammo dopo un quarto d’ora e George scese dalla macchina correndo nella caffetteria come gli avevo chiesto. Ne uscì dopo soli cinque minuti con un bicchierone fumante che mi porse al finestrino.

“ecco la sua bibita signore”

“molto efficiente complimenti!” e presi il bicchiere

“la ringrazio signore!”

“ah George! Non chiamarmi più ‘signore” dissi mimando le virgolette con le dita

“si certo signore!” e sorridemmo entrambi

Il viaggio continuò monotono come al solito e finalmente arrivammo nel mio adorato albergo, salimmo fino alla mia adorata suite e mi gettai sul mio adorato letto.

“George che ne dici di prenderti una vacanza?”
“ma come?” mi disse spaesato

“si si te la meriti dopo tanti anni che servi la nostra famiglia non sei mai stato fuori da queste mura e penso che una vacanza faccia al tuo caso!” gli dissi

“si grazie signore!”

“George!!” gli dissi facendogli no con il dito

“mi scusi signo…. Edward!” e andò a rintanarsi nella sua stanza con un sorriso sulle labbra.

- Finalmente da solo senza servitù o roba del genere e adesso che avrei fatto!!! Ma si certo se George si prendeva una vacanza di sicuro me la sarei presa anche io… va bene vediamo dove sarei potuto andare? Avevo alberghi più o meno in tutto il mondo tranne ai poli, non pensavo che sarebbe stata fruttuosa la cosa il turismo in quei luoghi sembra congelato -

Li aprii piano piano creandomi un po’ di suspance….Austria!!!

- mmh nooo!!! Troppo fredda… - diedi un’altra spinta al mappamondo e quello iniziò a girare.

Questa volta lo fermai con un tagliacarte e tenendo chiusi gli occhi mi avvicinai al planisfero stando attento a non urtare niente.

Togliendo il taglia carte aprii gli occhi e vidi la bellissima città di…

“Signorino Edward io sarei pronto per andare” mi disse George con una stravagante camicia a fiori.

“ok bene buon divertimento George e non tornare tanto presto mi raccomando!”

“certo non si preoccupi!” mi disse lui richiudendosi la porta alle spalle.

Adesso toccava a me. Andai in camera per prepararmi alla partenza…

 

dissi tra me e me e iniziai a ridere. Andai nel mio studio dove due enormi librerie svettavano fino al soffitto e feci girare il mappamondo. Puntai il dito a caso sul globo chiudendo gli occhi.

 

Li riaprii piano piano creandomi un po’ di suspance….Austria!!!

- mmh nooo!!! Troppo fredda… - diedi un’altra spinta al mappamondo e quello iniziò a girare.

Questa volta lo fermai con un tagliacarte e tenendo chiusi gli occhi mi avvicinai al planisfero stando attento a non urtare niente.

Togliendo il taglia carte aprii gli occhi e vidi la bellissima città di…

“Signorino Edward io sarei pronto per andare” mi disse George con una stravagante camicia a fiori.

“ok bene buon divertimento George e non tornare tanto presto mi raccomando!”

“certo non si preoccupi!” mi disse lui richiudendosi la porta alle spalle.

Adesso toccava a me. Andai in camera per prepararmi alla partenza…

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Capitolo 3
*** ...I Caraibi... ***


 

Capitolo secondo

I Caraibi

Il jet privato mi aspettava sulla pista d’atterraggio con i motori accesi. Furono le due hostess che mi accolsero amorevolmente, mi tolsero il cappotto e presero la mia valigia che misero in uno scomparto vicino alla cabina di pilotaggio. Mi accomodai sulla prima poltrona e intanto sentii i motori che andavano su di giri mentre il portellone incominciava a chiudersi.

Ci portammo sulla pista per il decollo e con una incredibile accelerata l’aereo decollo tra le nuvole ed un cielo blu notte.

“mister Cullen il decollo è avvenuto con successo, il pilota le augura un buon viaggio!” mi disse una hostess

“ringrazi il capitano da parte mia… e mi porti un cuscino. Vorrei dormire.” dissi senza preamboli.

La donna uscì per qualche minuto dal mio scompartimento e tornò con un enorme cuscino che appoggiò su una poltrona vicino alla mia e abbassò lo schienale.

“ecco a lei… signore” mi disse con un sorriso

“si si va bene…” le risposi burbero e mi distesi sulla poltrona.

La donna uscendo abbassò le luci della cabina e con un altro pulsante fece calare tutte le tendine degli oblò. Mi addormentai quasi subito cullato dalla sensazione di leggerezza.

 

- Edward vieni qui! -

- mamma!!! -

Un’immagine confusa di una donna mi apparve come sullo schermo di un grande cinema.

- ti ho detto di venire qui… - ripeté la donna

- si mamma arrivo - le rispose un bambino, con le lacrime agli occhi, da lontano

- ma guarda te come ti sei conciato!!! - rimproverò la donna

Ehi ma quello sono io!!! Ma dove siamo? …

- ma Jane lascialo stare è piccolo! Ed è normale che si sporchi… - disse un’uomo alle sue spalle

- essi certo Sigismondo… a te che importa in fondo se si sporca gliene compri un altro di vestito buono… giusto! -

Papà!!! Essi era proprio mio padre severo e austero con i suoi dipendenti e un pezzo di pane con me.

- non dico questo è solo che se si sporca lo laviamo il vestitino… vero Eddy? - disse al bambino dandogli un buffetto sulla guancia

- vero - disse il bimbo sorridendo

Ma si…. Adesso ricordo!!! La vacanza in campagna dalla nonna… che bello che è stato quel giorno. Mi divertivo un sacco a saltare nelle pozzanghere dopo che finiva di piovere. Ecco perché mamma è così arrabbiata. Ahh quanto facevo dannare quella donna.

Il bambino riprese a correre e saltò in braccio ad un uomo anziano che camminava verso i miei genitori.

- ciao nonno!! - disse il bimbo in preda all’eccitazione

- allora stiamo facendo arrabbiare la mamma? - gli disse sorridendo l’anziano signore

- si si però mi sgrida sempre! - disse il bimbo mettendo il broncio

- ah attiva la mamma! - e così strappo un sorrisetto al bambino.

Ad un certo punto quando il bambino scese dalle braccia del nonno, il vecchio signore ci accuccio portandosi una mano al petto…

Il paesaggio si offuscò e mi ritrovai in una sala di ospedale. I miei genitori stavano uscendo da una stanza accompagnati da un medico.

- mi dispiace signori… il signor Hughes è stato colto da un infarto. Essendo molto anziano l’organismo non ha retto. Dalle analisi notiamo che ha già avuto altri episodi di questo genere. Inoltre ci dispiace dirvi che non gli rimane molto da vivere. Stimiamo che possa sopravvivere per massimo altri due giorni, non di più! - e detto ciò l’uomo si allontanò

I miei genitori si abbracciarono e fu di uovo buio intorno a me. Varie immagini si susseguirono: una bara circondata da i famigliari e dai miei genitori, una donna anziana che piangeva e poi niente tutto buio. Sentivo freddo.

- Mister Cullen… - mi chiamò una voce in lontananza - Mister Cullen si svegli!! -

 

Aprii gli occhi e il viso della hostess mi portò alla realtà.

“signor Cullen siamo arrivati a destinazione!” mi disse con un sorriso

“ok grazie…” mi alzai dalla poltrona ancora assonnato

“le prendo il soprabito e la valigetta!”

“si per favore!” il sogno mi lasciò perplesso e pensante per tutto il tragitto che separava l’hotel dall’aeroporto.

I caraibi mi accolsero nell’ora più calda e i caldi raggi del sole mi costrinsero a togliere il soprabito appena scesi dall’auto per entrare nell’hotel. Mi avvicinai alla reception e chiesi le chiavi del mio appartamento, che mi furono date dopo qualche minuto d’attesa. Il ragazzo che aveva preso la valigia mi aspettava vicino all’ascensore.

Entrati nell’ascensore spinsi il pulsante che ci portò fino al quattordicesimo piano in pochi minuti.

Uno squillo ci avviso che eravamo arrivati all’ultimo piano. Le porte si aprirono e entrai direttamente in casa dove l’aria condizionata faceva il suo lavoro.

Diedi una parsimoniosa mancia al ragazzo che mi aveva portato la valigia, che contando gli spiccioli ritornò ai piani inferiori.

Mi tolsi la cravatta che sembrava strozzarmi e riempii la vasca con acqua ghiacciata. Notai che l’appartamento aveva un giardino pensile con una grossa piscina nel mezzo. Mi sdraiai sul letto aspettando che si riempisse la vasca.

- che stanchezza - pensai sbuffando

Mi rimisi in piedi e mi tolsi le scarpe e mi levai la camicia buttandola sul letto. Di conseguenza tolsi anche i pantaloni che mi stavano facendo morire di caldo e li gettai su una sedia. Ritornai in bagno per chiudere il rubinetto. Spinsi play sullo stereo che incominciò a inondare la stanza da bagno con una musica rilassante, e infine mi immersi.

Perso nelle note della radio non mi accorsi della presenza che mi osservava sulla porta della stanza.

“buongiorno signor Cullen… io sono Narissa pronta a servirla” mi disse la ragazza poco più che ventenne,con dei lunghi capelli castani e un corpo statuario.

Aveva un bikini molto piccolo che lasciava poco all’immaginazione. Sulle spalle portava una lunga camicia da notte che formava uno strascico sul pavimento. Ai piedi portava delle scarpe col tacco altissimo che slanciavano la sua figura, facendola sembrare altissima.

“ciao Narissa!” gli dissi guardandola dalla testa hai piedi

La ragazza entrò nella stanza inginocchiandosi alle mie spalle. Con le mani incominciò a massaggiarmi le spalle per rilassarmi. Gettai la testa all’indietro, sentendomi in paradiso. La schiuma incominciava a diradarsi e lasciò intravedere il mio corpo immerso nell’acqua. La ragazza calò le mani sul petto massaggiandomi con delicatezza i capezzoli.

“ehi ma che fai?” gli chiesi

“cerco di farla rilassare mio signore” e detto questo si tolse la vestaglia e le scarpe.

Con uno scatto secco del braccio si slacciò il reggiseno che cadde sul pavimento di marmo.

“va bene così per rilassarla signorino?” mi disse passandosi una mano sul seno sodo

Io non riuscii a rispondere era difficile anche controllarsi in quella situazione. Narissa si tolse anche gli slip, mostrandosi a me completamente nuda.

Rimase lì a farsi ammirare per qualche secondo per poi entrare nella vasca. Azionò il meccanismo per il riflusso dell’acqua e ci trovammo entrambi nudi, uno di fronte all’altra.

“signor Cullen la vedo un po’ teso!” mi disse sorridendo “cosa posso fare per farla distendere completamente?” mi disse avvicinandosi a me in modo provocante.

Continuai a non rispondere alle sue provocazioni… ma ormai mancava poco prima che esplodessi. Lei incominciò a passarmi le sue mani sul petto e mi lecco appena sotto il mento e il lobo dell’orecchio. A quest’ultima provocazione da parte sua mi arresi totalmente, abbassando ogni tipo di guardia.

Accortasi di questo la ragazza incominciò a mordicchiarmi un capezzolo. Mi passai una mano tra i capelli e stetti immobile aspettandomi qualsiasi cosa da Narissa.

Le presi la testa portandola all’altezza del mio pene. Quella aprii la bocca incominciando a leccarlo e a stringerlo tra le labbra. I suoi occhi mi guardarono per un secondo il mio viso estasiato dal lavoro che stava facendo.

Incominciai a venire un po’ sporcandole le labbra di sperma, cercai di trattenermi e sperai di non fare una magra figura. Lei lasciò stare il mio pene e prese un po’ di sperma dalle sue labbra e lo spalmò sul mio capezzolo, e incominciò a leccarlo e succhiarlo, provocando in me un senso incommensurabile di godimento.

“si Narissa…. Così! Brava…” le dissi in un sussurro

Sentendo le mie parole mise il mio pene tra i suoi seni turgidi e mi incominciò a massaggiarmi, muovendosi su e giù.

-

oddio non ce la faccio più devo fare qualcosa! Non resisterò ancora per molto -

Mi alzai in piedi uscendo dalla vasca e le porsi una mano per portarla nella piscina nel giardino. Mi sedetti sul bordo e le sopra di me. Incominciai a penetrarla con dolcezza, sentivo che contraeva i muscoli della vagina e questo significava che era pronta per essere penetrata del tutto. Presi il suo sedere con le mani e incominciai a sollevarlo e abbassarlo, provocandole dei piccoli gemiti. Lei si lasciò andare e appoggio il suo seno sul mio petto.

Narissa gettò la testa in dietro con la bocca leggermente socchiusa.

La feci sdraiare sul bordo della piscina e continuai a penetrarla senza sosta. La ragazza si morse un labbro talmente tanto forte che un rivolo di sangue gli colò sulla guancia mi piegai su di lei e glielo leccai via insieme a una goccia di sudore.

Estrassi il pene e la feci mettere in ginocchio. Mi avvicinai alla sua bocca e cominciai a masturbarmi. La ragazza aspettava impaziente il mio seme, che non tardò ad arrivare, con la bocca aperta.

Dopo aver fatto sesso la ragazza si rivestì e uscì dall’appartamento. Io mi tuffai ancora nudo nella piscina e mi sentii in qualche modo appagato…. Chiusi gli occhi sorridendo con il sole che accarezzava il mio corpo sotto l’acqua.

 

 

 

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Capitolo 4
*** ...Nuovi amici in vista... ***


 

Capitolo Terzo

Nuovi amici in vista I

 

Dopo una notte passata tra le coperte di seta. Mi vestii per andare in spiaggia. L’hotel era costruito su un’isola dell’arcipelago, dove si ergeva maestoso. La piccola pista di atterraggio era l’unico punto per arrivare in quella terra paradisiaca. Il mio appezzamento personale sulla spiaggia era già pronto: un gazebo con una sdraio a due piazze e sul piccolo tavolino c’era un cocktail ghiacciato.

Non feci molto caso alla bevanda, mi tolsi la maglietta e mi avviai sulla passerella che mi portava direttamente in acqua. Non feci molto caso alla gente che mi stava intorno, e che mi guardava con occhi adoranti, e mi tuffai in acqua. La fredda acqua mi portò un senso di sollievo dal caldo sole che anche alle nove della mattina picchiava in testa.

Nuotai fino ad una piattaforma di legno, a qualche metro dalla riva, dove vidi alcuni ragazzini che stavano facendo una gara di tuffi. Mi issai sulla piattaforma e rimasi seduto a prendere il sole per un po’. il movimento delle onde che imprimevano al piano mi diede un senso di tranquillità e mi lasciai cullare. Mi ero quasi addormentato quando sentii delle piccole goccioline che mi cadevano sul viso.

Aprii gli occhi e mi trovai faccia a faccia con un piccolo ragazzino, che faceva parte della piccola combriccola. Gli occhi cerulei e lo sguardo vispo mi fecero sentire un po’ a disagio e senza accorgermene persi l’equilibrio e mi ritrovai di nuovo dentro l’acqua. Riemergendo notai che quel ragazzino era ancora lì che mi fissava, seduto vicino al posto in cui ero. Mi issai di nuovo sul legno ingrossato dagli schizzi d’acqua che facevano i tuffi.

Mi sedetti vicino a lui e lo guardai.

“ciao!” mi disse il bambino prima che potessi parlare e poi aggiunse “ io sono Matt…”

“ciao…. Io sono Edward!” gli dissi confuso

“piacere Edward… quanti anni hai?”

“ehm… venti” gli dissi ancora di più in soggezione “e tu quanti anni hai?”

“sedici anni! Da dove vieni?” mi ribattè lui. La sua insistenza a farmi le domande mi incominciava a innervosire

“ New York…” gli risposi guardandolo negli occhi sperando che la smettesse si farmi quelle inutili domande e mi lasciasse in pace a godermi un po’ di sole.

“anche io e la mia famiglia siamo di New York!!!” mi rispose lui tutto eccitato e aggiunse “ti va di fare i tuffi con me?” la sua richiesta mi disarmò. In fin dei conti pensai che lui non sapeva chi fossi e quella spontaneità e la sua spontaneità era quasi simpatica dopo un po’.

Accettai la sua richiesta. E lui iniziò con un tuffo a “bomba” che sollevò qualche schizzetto d’acqua qui e lì.

Riemerse dopo qualche secondo detergendosi gli occhi con le dita.

“ora tocca a te! Però aspetta che esco dall’acqua prima” mi disse avvicinandosi alla piattaforma. Gli porsi una mano e lo aiutai a salire.

“ bene adesso tuffai” mi disse battendomi con la mano sulla gamba

Mi sentii in imbarazzo, in fin dei conti non avevo mai fatto una cosa del genere da bambino. Vinto l’imbarazzo mi buttai in acqua con un tuffo di testa.

“ehi ma così non vale devi fare dei tuffi normali!!” mi disse il ragazzino appena riemersi dall’acqua

“ah… ok fammi riprovare allora” gli dissi avvicinandomi a lui

Presi una rincorsa dal centro della piattaforma e imitai il tuffo che aveva fatto lui in precedenza.

“wow bello… ma non sarà mai come il mio!” mi disse

Gli risposi con un sorriso… verso quel ragazzino provavo quasi un affetto fraterno. Non avevo mai avuto un fratellino minore a cui badare.

“Matthew vieni qui… stiamo andando a pranzo!” una voce femminile dalla costa richiamò il bambino che si tuffò in acqua all’istante

“oh beh… ci vediamo! Ciao” mi disse il bambino prendendo a nuotare verso la spiaggia

“si si… ciao!” gli risposi sedendomi sull’asse di legno

Rimasi ancora per qualche ora disteso sulla piattaforma a prendere un po’ di sole e poi mi gettai in acqua anch’io per ritornare sulla spiaggia.

Il lido era quasi del tutto vuoto quando ritornai a stendermi sotto il gazebo. C’erano solo un paio di giovani coppie che si scambiavano dolci effusioni d’amore stesi sulle grandi sdraio.

- che amara consolazione che è l’amore - pensai sorseggiando il cocktail portatomi qualche minuto prima da una cameriera in spiaggia

Nel relax più totale mi godetti la calma della spiaggia desolata. Mi addormentai accarezzato dalla dolce brezza pomeridiana.

 

- mamma voglio andare dal nonno adesso!! - parlò un bambino sulla quindicina

 

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Capitolo 5
*** ...Nuovi amici in vista... Part II ***



Nuove amicizie part II


- mamma voglio andare dal nonno adesso!! - parlò un bambino sulla quindicina

- Edward non si può andare dal nonno… - gli rispose una giovane donna
- ma io lo voglio! - il bambino incrocio le braccia sul petto e mise il broncio
- Edward te l’ho già detto un milione i volte, non possiamo -
- mah mamma… -
- niente ma… la discussione e chiusa -  a queste parole il piccolo bambino incominciò a piangere
La grande sala dove si trovavano a consumare un’abbondante cena si riempì del piccolo lamento del bambino. Le domestiche che servivano al tavolo rimasero ferme con lo sguardo basso e continuarono a servire come se nulla fosse successo.
- Ingrid porta mio figlio in camera sua e fa in modo che ci resti senza arrecare danno a nessuno - la piccola donna, che era rimasta ferma in un angolo per tutto il tempo, si avvicino al tavolo prendendo il bambino per un braccio e uscirono entrambi, con il ragazzino che continuava a piangere e scalciare.
Il corridoio silenzioso era riempito solo dai singhiozzi del bambino che era portato in camera dalla sua bambinaia. Entrarono in camera e Ingrid chiuse la porta dietro di se.
- Ingrid perché mi fai questo? - chiese il piccolo Edward
- sono le disposizioni di sua madre! -
- si ma mi vuoi almeno un po’ di bene? -
- ma certo signorino non immagino vita migliore che accudirla - le rispose la donna mentre gli sbottonava la camicia
- e allora perché tutti mi trattano male da un mese… non posso più vedere il nonno, non usciamo più di casa e non vedo mai mio padre… per non parlare di mia madre che sembra essere diventata la regina dal cuore di ghiaccia della favola che mi racconti sempre prima di andare a dormire -
- mah signorino… sono successe alcune cose che hanno cambiato gli eventi della vostra famiglia… non può vedere più suo nonno perché è volato in cielo ed è con gli angeli adesso vicino al signore nostro e sua madre è una donna talmente fragile in questo periodo che non riesce a dimostrarle l’affetto che lei chiede - la donna lo fece sedere sul letto e gli sfilò le scarpe, togliendogli anche i pantaloni che appoggiò su una sedia vicino al letto.
- ma tu almeno mi vuoi bene? - insistette il bambino
- certo signorino e fino a quando il signore non deciderà che la mia ora sia arrivata gliene vorrò sempre -
- grazie Ingrid - Edward gli gettò le braccia al collo e la donna lo strinse a se come farebbe una madre con il suo bambino - ti voglio bene - aggiunse il piccolo bambino per poi infilare il pigiama e mettersi sotto le coperte
- gliene voglio anch’ io signorino -  disse la donna sedendosi sulla sedia a dondolo vicino al letto
- Ingrid… -
- si… -
- … mi racconti una favola? -
- certo! - gli rispose la donna alzandosi a prendere un piccolo libricino nella libreria della stanza per poi risedersi sulla stessa sedia
- c’era una volta in una piccola contea, in un paese molto lontano da qui, una dolce ragazza…. -

L’immagine incominciò ad allontanarsi, la porta si chiuse e il buio invase la mia mente.
“no!” urlai mettendomi a sedere
- un altro sogno!! - pensai
Mi rigettai a peso morto sulla sdraio mettendomi le mani sugli occhi per pararmi dal sole che stava tramontando all’orizzonte
“ciao Edward!” una voce squillante mi fece dimenticare per un po’ il mio sogno. Il ragazzino che avevo incontrato sulla banchina quella mattina correndo verso di me
“ciao Matt!” gli dissi ancora assonnato
“tutto bene?” mi chiese guardandomi negli occhi e sedendosi vicino a me
“si si…”
“mmh non mi sembra dalla tua faccia!” mi rispose indagando nel mio sguardo
“stai tranquillo… va tutto bene e tu che hai fatto fino ad adesso?” mi misi a gambe incrociate facendogli un po’ di spazio e lui mi imitò
“niente sono stato in spiaggia fino ad ora… e adesso vado di nuovo via per la cena!” mi disse lui alzando gli occhi al cielo
“Matt vieni via da lì!” una donna stava guardando verso di noi “ non dare fastidio al signore”
“mah mamma stiamo parlando!” le ribatté il bambino
Intanto la donna si era alzata e stava venendo sotto il nostro gazebo. Aveva la pelle molto abbronzata e un fisico da modella. I capelli castani le scendevano fin sopra il seno e gli occhi castani avevano un non so che di orientale.
“ti ho detto di non dar fastidio al signore!” gli ripeté
“signora non si preoccupi non mi dà fastidio e poi io e Matt ci siamo già conosciuti! Vero piccolino?” le risposi e il bambino annui alla mia domanda
“va beh… mi scusi signor Cullen non volevo importunarla ma non so proprio tenere a bada questa peste!” disse rivolgendo lo sguardo al bambino
“le ripeto che non si deve preoccupare mi sono affezionato a suo figlio e non mi da alcun fastidio starci insieme!”
“va bene comunque adesso è ora di andare Matthew…” mi disse e prese il bambino sotto braccio per riportarlo nella loro stanza
“ciao Edward ci vediamo a cena!”
“va bene… ciao Matt!” gli risposi
Guardai l’orologio una volta che la coppia si fu allontanata e notai che ormai si era fatto tardi, quindi presi le mie cose e ritornai anche io in camera per prepararmi per la cena.

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Capitolo 6
*** ... Fuga... ***


Capitolo quarto

… Fuga…

 

 

Scesi nella grande hall dell’hotel per dirigermi verso il ristorante. Due portieri aprirono le porte della sala illuminante e con un inchino mi diedero il benvenuto. Un metre di sala mi accompagnò al tavolo alla fine di una lunga scalinata che portava su un piano più alto di quello da cui ero entrato. Mi diede un menù e si allontanò silenziosamente nella direzione opposta da cui eravamo arrivati.

Diedi una rapida occhiata alla lista delle pietanze che erano elencate e lo richiusi subito. Un timido cameriere si avvicinò al mio tavolo.

“si… signor Cullen ha de… deciso che cosa desidera ordinare per stasera?” mi chiese titubante

“ho deciso per le ostriche!”

“ma… ma signore non sono sul menù!” mi disse il ragazzo abbastanza intimorito nel contraddirmi

“lo so! ma non mi importa… ho deciso per le ostriche e non accetto un ‘no’ come risposta!” tuonai con fare strafottente. Il ragazzo terrorizzato segno sul taccuino la mia richiesta e si allontanò a passo sostenuto verso la cucina.

Intanto diedi un’occhiata alla gente che c’era nella sala del ristorante. Grazie alla mia posizione sopra elevata avevo tutto sotto controllo. Donne e uomini di tutte le razze era rinchiusi in quel posto senza rivolgersi alcuno sguardo, riempiendo solo le loro bocche di cibarie varie. Un rumore insopportabile di posate che cozzavano contro la ceramica dei piatti, mi urtava parecchio.

- in fin dei conti che vuoi che faccia tutta questa gente se non abbuffarsi! - pensai tra me e me mentre guardavo una donna masticare.

Una musica di sottofondo mi fece distrarre. Mi sembrava di riconoscerla. La mia mente tornò indietro di qualche anno prima che i miei genitori diventassero tutto ciò che odiavo nella mia vita. La dolce ninna nanna che mi cantava mia madre prima di dormire risuonava pura e dolce, come la voce che tempo addietro me la recitava per farmi addormentare. Socchiusi gli occhi e cercai di ricordare le parole.

Riaprii gli occhi giusto il tempo di vedere un uomo corpulento, vestito di bianco con un lungo grembiule nero, avvicinarsi al mio tavolo scortato dal cameriere che mi aveva servito pochi minuti prima.

“buonasera signor Cullen” mi salutò cordialmente l’uomo

“salve…” gli risposi abbastanza scocciato dalla sua presenza

“mi hanno appena avvisato della sua scelta per stasera!” mi disse lui misurando le parole

“e allora?” gli risposi non degnandolo di uno sguardo

“abbiamo un po’ di difficoltà tecniche nel esaudire la sua richiesta! Mi dispiace signore!”

“e questo sarebbe un mio problema perché?” alla mia domanda lo chef rimase a bocca aperta senza proferire nessuna parola.

“ecco vede se potesse….” interrupi la sua lamentela con la mano

“ho capito! Evitiamo qualsiasi scusa banale…” detto ciò mi alzai dalla sedia e mi diressi verso l’uscita dove i due uscieri mi riaprirono le porte che davano sulla hall.

- bene e adesso che si fa? - mi chiesi

Mi avviai al bancone del bar che si affacciava su una terrazza dove lo staff dell’animazione intratteneva la gente, seduta ai vari tavolini quadrati. Mi sedetti anch’io su uno sgabello libero e appoggiandomi al bancone ordinai un martini.

Il tempo dell’attesa non fu particolarmente veloce. Presi il drink e mi guardai intorno ispezionando faccia per faccia la gente che rideva alle battute del comico di turno.

C’erano donne anziane, che ridevano mostrando le marcate rughe sul loro viso, un’altra donna di mezza età era stata appena fatta alzare da un animatore per sottoporsi a qualche strana gag organizzata al momento. Guardai distrattamente il poco esilarante spettacolino. Sorseggiai dal bicchiere un piccolo sorso del liquido incolore e vagai ancora un po’ con lo sguardo, quando qualcuno mi strattonò la giacca.

“ehi…” dissi girandomi

“ciao Edward!” una vocina squillante come quella di un piccolo folletto mi fece abbassare lo sguardo

“Ehi… ciao Matt” risposi sorridendo

“che fai?” la domanda del piccolo ragazzino mi fece sorridere ancora una volta. Sollevai il bicchiere per farglielo vedere “cos’è? Acqua?” mi chiese insistendo

“non proprio è qualcosa di più forte!” gli risposi prendendolo in braccio e mettendomelo sulle ginocchia.

“posso berlo anche io?” mi chiese

“non penso ti farebbe bene! Sei troppo piccolo per certe cose!”

“ah va bene, ma non ti ho visto a cena stasera!” mi disse abbassando lo sguardo

“lo so sono venuto qui… e come vedi ci siamo visti lo stesso!” gli dissi bevendo un altro sorso dal bicchiere e continuai “e invece tu? Hai mangiato bene?”

“Edward…”

“si che c’è?” gli chiesi preoccupato dato che aveva abbassato lo sguardo improvvisamente

“ti puzza l’alito di alcool!” mi disse puntandomi i suoi occhi sulla mia bocca e mi strappò un’altra risata

“ah si scusami allora!” e iniziai a fargli il solletico sui fianchi. Matthew buttò la testa all’ indietro ridendo di gusto

“basta… basta! Ti prego…” una piccola lacrimuccia per il troppo ridere, scese sulla sua guancia dorata per via dell’abbronzatura

“vieni ti voglio presentare una persona!” mi disse il ragazzino saltando giù dalle mie ginocchia

“ok aspetta un attimo!” bevvi l’ultimo sorso del drink e chiamai il barman “un altro per favore!”

Afferai il martini che mi fu servito a tempo record e mi avvicinai a Matt che mi prese per mano e mi fece sedere ad un tavolo con altre tre persone.

“questa è la mia famiglia!” citò lui orgoglioso.

La donna seduta alla mia destra, fasciata da un abito aderente e con una scollatura molto provocante, mi sembrava famigliare.

“salve piacere… signor Cullen io sono Elionor!” si presentò la donna aggiungendo “sono la mamma di questa piccola peste.”

- ora ricordo dove l’avevo vista! -

“mamma lui si chiama Edward!” mi precedette il ragazzino “lui è mio papà Jason, e lei e mia sorella Patricia”

L’uomo che rispondeva al nome di Jason sembrava un uomo molto distinto anche se sfoggiava un paio di bermuda e una maglietta bianca aderente. Poi c’era la ragazza di nome Patricia che invece vestiva in modo più elegante con un vestitino turchese che le faceva risaltare il seno e si intonava molto bene con l’abbronzatura e i suoi occhi castani. La ragazza sembrava molto timida, infatti da quando mi ero seduto che aveva gli occhi bassi.

“molto piacere di conoscervi…” dissi mostrandomi gentile nei loro confronti

“il piacere è tutto nostro mister Cullen!” mi rispose l’uomo distogliendo un attimo gli occhi dallo spettacolino.

Intanto Matt mi saltò di nuovo sulle ginocchia appoggiandosi al mio petto e rimase fermo in quella posizione fino a quando lo staff dell’animazione non diede la buonanotte alle persone lì sedute.

La gente piano piano iniziò a defilansi dalla piazzola. Io mi alzai leggermente dallo schienale della sedia. Notai che Matt si era addormentato.

“Jason prendi tu Matthew?” chiese la donna al marito che silenziosamente si avvicinò a me prendendo il ragazzino tra le braccia che si sveglio appena il braccio al padre.

“forza Matt andiamo a dormire in camera!” disse l’uomo mettendolo a terra

“va bene papà! Saluto Edward e andiamo” gli rispose strofinandosi il palmo della mano su un occhio.

Si avvicinò a me e mi buttò le braccia al collo “buonanotte…” mi disse e si riavvicinò ai suoi genitori che lo aspettavano sulla porta.

“buonanotte piccolino… ci vediamo domani in spiaggia!” e con la mano lo salutai

Salutato il ragazzino e i suoi genitori, mi avviai verso la spiaggia passando tra le villette e la gente che tornava in camera.

Arrivato sulla spiaggia tolsi le scarpe e camminai fino al mare a piedi nudi, affondando di qualche centimetro nella sabbia sottile. Mi sedetti su una sdraio e appoggiai le scarpe e la giacca su un altro lettino. Tirai fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette e me ne accesi una. Ispirai profondamente prima di buttare fuori una nuvola di denso fumo che di diradò dopo pochi secondi. Guardai in direzione del mare scrutando l’orizzonte che ormai si confondeva con il nero del cielo.

Tirai ancora un’altra boccata dalla sigaretta, che aveva iniziato a disegnare delle piccole nuvolette di fumo bianco.

I piccoli lampioni a forma di fungo illuminavano gran parte della spiaggia. Mi guardai intorno e vidi una piccola figura seduta sulla sabbia a poca distanza da me. Il vestito turchese che si adagiava sulla sua persona ricadeva leggero sulla sabbia disegnando un piccolo semicerchio. Sembrava la corolla di un fiore da cui spuntavano due lunghe e affusolate gambe dorate.

Mi avvicinai di soppiatto cercando di non fare molto rumore e mi accucciai dietro di lei.

“Patricia… giusto?” le dissi in un orecchio. La ragazza sobbalzò appena sentì la mia voce

“si…” la sua voce melodiosa mi sembrava quasi irreale

“scusami non era mia intenzione farti spaventare” le dissi sorridendo sghembo

“tranquillo non mi hai spaventato!” si scusò la ragazza “pensavo di essere sola”

“se vuoi vado via!” le dissi alzandomi in piedi

“no no! Rimani…” al suo invito mi sedetti vicino a lei

“allora… mi chiedevo dove fossi finita! Sei sparita in mezzo alla folla e non ti ho vista andare via con la tua famiglia”

“si lo so… ma sai la sera mi piace stare qui a pensare e mi riesce facile la sera quando qui non c’è nessuno!”

“capito” tirai l’ultima boccata dalla sigaretta per poi spegnerla nella sabbia

“ti seccherebbe se ti chiedessi una sigaretta?” mi domandò la ragazza stringendosi nelle spalle

“no! Assolutamente anzi scusami se non te l’ho offerta prima!”

“tranquillo!” mi rispose lei e le porsi il pacchetto “ti posso chiedere un altro favore?”
“si certo dimmi!”

“potresti accendermela tu per favore?” mi chiese abbassando lo sguardo per vergogna della sua richiesta.

Presi la sigaretta e la infilai tra le labbra. La osservai ancora una volta afferrando l’accendino nella tasca. Accesi la sigaretta con una lunga boccata e gliela porsi.

Patricia l’afferrò e tirò anche lei una boccata facendo accendere il tizzone incandescente alla punta.

“grazie” mi disse incrociando le braccia sulle ginocchia

“di niente. Quanti anni hai?” le chiesi

“diciannove…”

“e so che sei di New York come me!” incalzai cercando di instaurare un discorso

“eh già!” mi rispose lei laconica tirando un’altra volta

“vedo che non ti piace molto parlare!”

“senti…” non terminò la frase che si alzò in piedi afferrò le sue scarpe e corse via.

Ebbi il tempo di afferrare anche le mie cose e rincorrerla per cercare spiegazione al suo comportamento di poco prima. A piedi scalzi correvo tra i piccoli sentieri di mattonelle che collegavano tutte le piccole villette. Incrociai la sua piccola figura prima che scomparisse dietro una porta.

“cavolo è veloce la ragazzina!” mi dissi tenendo sott’occhio la porta da dove era entrata. Mi fissai in mente il numero della stanza così l’avrei potuta individuare meglio l’indomani.

- 345 b - mi ripetevo nella mente il numero della stanza mentre ritornavo nel mio appartamento. Mi gettai sul letto che mi accolse come il ventre materno. Chiusi gli occhi e mi continuai a domandare cosa le avesse preso per fuggire in quel modo. Le immagini di quella sera mi si affollarono nella mente e poco alla volta caddi nelle braccia di Morfeo.

 

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Capitolo 7
*** ... In trappola... ***


Nota dell’autore a piè di pagina. Buona lettura!!! XD




Capitolo quinto
In trappola

- ma dove diavolo si sarà cacciata? - mi chiesi una volta arrivato in spiaggia.
Diedi una rapida occhiata a tutte le piccole coppie e famiglie che erano in quel momento sulla spiaggia. Notai con grande amarezza che non c’erano. Ritornai indietro verso la hall dove entrai nella sala del ristorante, dove mi si prospettò la stessa scena deludente di poco prima.
- sembrano spariti nel nulla! - mi dissi ancora una volta nella mente
Una volta uscito dal ristorante mi feci spazio tra la gente ferma per il check- in o per il check- out pronta con le valigie per ritornare nella loro città. Suonai insistentemente il campanello sul bancone della reception. Un ragazzo trafelato mi venne incontro.
“mi dica mister Cullen” mi disse con il fiatone di chi avesse corso 100m
“ho bisogno di sapere se…” mi interruppi pensai che ne Matt ne la sua famiglia mi avesse detto quale fosse il loro cognome - diamine…. -  pensai
“va bene niente…” dissi al ragazzo  
“come vuole signore” mi rispose cortesemente
Mi avviai di nuovo nello spiazzo dove la sera precedente l’avevo incontrata. Nulla da fare. Un altro buco nell’acqua. La mia mente cerco di trovare una soluzione al problema che si era creato. Ma si certo… problema risolto. Mi rifiondai sul bancone della reception e suonai insistentemente il campanello. Lo stesso ragazzo uscì di nuovo per soddisfare la mia richiesta.
“mi dica…” mi disse
“non è che mi può dire a chi è stata data la camera 345 b?”
“un attimo che controllo sul pc…” detto questo si allontanò
Passarono pochi minuti e il ragazzo ritornò con un foglio pieno di annotazioni.
“nella stanza da lei indicata era occupata dai signori Miles….” mi disse il ragazzo e continuando a leggere aggiunse “ma sono partiti stamattina alle otto in punto!”
Guardai l’orologio. Erano già le undici e mezza. L’avevo persa ormai.
“va bene grazie lo stesso!” e mi allontanai
- nessuna ragazza mi aveva trattato mai in quel modo! Provavo verso di lei un attrazione tale che la mia mente non aveva mai provato. Non so il perché forse per il modo nel quale mia aveva trattato o per come era fuggita senza darmi spiegazioni. Il fatto sta che la voglio e dovessi girare tutto il mondo la troverò - mi ridestai dai miei pensieri una volta che sentii un assordante schianto provenire dalla parte alta dell’hotel.
Mi ritrovai per terra circondato da detriti e da persone urlanti che correva all’impazzata senza una meta. Un altro schianto assordante e il rumore di finestre che si disintegravano mi fece reagire. Mi alzai e guardai fuori una pioggia di vetro e fuoco rendeva quel luogo peggio dell’inferno. Mi girai verso un bambino, che piangeva, fermo in mezzo alla hall tra la gente che continuava a correre. Mi avvicinai a lui e lo presi in braccio. Lo strinsi a me, mettendogli una mano sulla testa per proteggerlo da eventuali urti che poteva subire nella fuga. Mi avvicinai verso l’ascensore che si apri con un esplosione di fiamme. Cercai con lo sguardo un’altra uscita. Andai in direzione della spiaggia ma appena tocai la porta a vetri incandescente, essa scoppio lanciando all’esterno una miriade di frammenti che rilucevano alla luce del sole, come piccoli diamanti. Mi accucciai proteggendo il bambino, che avevo in bracco, con il mio corpo.
- cazzo siamo in trappola! - sussurrai tra i denti. Cercai un’altra uscita cercando di fare il più in fretta possibile poiché l’aria diventava incandescente. Il fumo incominciò a saturare l’aria respirabile.
“piccolo no ti preoccupare ti porto fuori di qui!” dissi al bambino che continuava a piangere tra le mie braccia, stringendosi sempre di più al mio collo.
“signor Cullen di qui!” un’inserviente attirò la mia attenzione. Avevano aperto una porta taglia fuoco a pochi metri da me. Incominciai a correre nella sua direzione cercando di non inciampare dei detriti sul pavimento. L’albergo si era svuotato all’interno. Mentre correvo vidi il ristorante completamente in fiamme e la poca gente dentro che urlavano in preda alla disperazione.
Tirai un calcio alle porte che si spalancarono.
“ehi voi! Di qui!” gli urlai. Le due coppiette e la piccola famigliola alzarono lo sguardo verso di me e incominciarono a correre nella mia direzione. Attraversammo insieme i metri che ci dividevano dalla salvezza. Fui l’ultimo a precipitarmi fuori. Dopo qualche passo fuori dalla porta mi girai e vidi il tetto rovinare sotto i miei occhi consumato dalle fiamme, prima che gli inservienti richiudessero la porta evitando che le fiamme ci investissero. Mi appoggiai su un muro per riprendere un po’ di fiato. Una donna sulla quarantina di anni mi si avvicinò strillando e piangendo.
“grazie hai salvato mio figlio… te ne sarò riconoscente per la vita!” mi disse lei afferrando il bambino che avevo ancora stretto tra le braccia.
“signori venite tutti da questa parte dobbiamo lasciare l’isola al più presto!” disse un uomo vestito di bianco all’inizio del piccolo sentiero che portava al molo dove era attraccata un grandissima nave da crociera che avrebbe contenuto tutta la gente presente sulla piccola isola.
Un paio di uomini vestiti come il primo dirigevano la gente, mentre un terzo mi fece alzare e mi portò sulla pista di atterraggio dove il mio jet personale era pronto per il decollo.
Mi fece salire a bordo e si allontanò di corsa verso il resort dove aiutò gli altri due marinai a imbarcare la gente che si accalcava vicino al portellone di imbarco.

“signor Cullen è tutto apposto?” mi disse l’hostess appena l’aereo fu decollato
“si grazie!” le risposi ancora un po’ traumatizzato dall’accaduto. Guardai fuori dal finestrino appena in tempo per vedere la nave allontanarsi e il mio hotel cadere, come una scultura di bastoncini di legno sferzata dal vento, alzando a sua volta una nube di polvere e ceneri appena una parte si sgretolò e rovinò inesorabilmente verso l’oceano.  
“ha bisogno di qualcosa?” mi chiese la donna poggiandomi una mano sulla spalla
“un po’ d’acqua per favore!” ordinai alla donna
“subito signore!” l’acqua non tardò ad arrivare

Ero da un paio di ore in camera da letto, sfuggito all’inferno di poco prima, cercai di distrarmi accendendo la tv.
Una donna sulla quarantina di anni annunciò le notizie al telegiornale.
“nessun morto nell’incidente di stamane nell’arcipelago dei Caraibi…” la voce riempi la stanza e la mia mente. Alzai di qualche tono il volume del televisore
“… l’hotel all’ora dell’impatto, con il BOING 746, era pieno di gente che era arrivata per passare una settimana di relax, nel hotel si trovava anche Edward Cullen il proprietario della catena alberghiera di cui lo stabile faceva parte…” una foto scattatami da un paparazzo era apparsa di fianco al viso dell’annunciatrice “ per il momento non ci sono vittime nell’incidente. La gente si è messa in salvo subito dopo l’impatto. Alcuni esperti pensano che sia stato un atto terroristico ai danni della famiglia Cullen. Anche se non molto accreditate queste ipotesi sono molto diffuse tra il pensiero della gente e sul web.” spesi la televisione della mia camera da letto con rabbia per le infamità che erano state appena dette.
- ma per quale motivo qualcuno può avercela con me e con la mia famiglia non abbiamo mai fatto niente! - pensai mentre mi distendevo sul letto per riprendermi dall’accaduto.
Il cellulare sul comodino incominciò a squillare all’impazzata, persone di cui non sapevo neanche l’esistenza incominciarono a chiamarmi per chiedermi lo stato di salute in cui mi trovassi.
E poi arrivò la chiamata di Ession.
“ehi amico tutto ok?” mi disse lui preoccupato. Ession era uno dei miei più cari amici. Lo conoscevo da anni e mi fidavo ciecamente di lui, non aveva ma tradito la mia fiducia, e sapevo che non l’avrebbe mai fatto
“si bello… tutto bene! Sai sono un po’ sconvolto ma mi passerà!” gli risposi cercando di fingere tranquillità
“ho appena sentito la notizia alla tele!”
“ah già! Un sacco di baggianate!” gli dissi cercando consolazione nelle sue parole
“si già… senti secondo me dovresti smentire tutto se no qui ti sputtanano alla grande! E poi penso che dovresti andare in giro con una scorta… sai per le evenienze. Non si sa mai”
“ma va Ession… evitiamo se no veramente do troppo scalpore e poi non penso che ci riproveranno. Penso abbiano raggiunto il loro obbiettivo!”
“OBBIETTIVO!” mi disse lui quasi urlando e poi aggiunse “Edward qui non si tratta di obbiettivi, l’hanno fatto per un motivo: ti volevano accoppare!” mi disse imitando l’accento siculo, regione di origine della sua famiglia.
“ma no! Non dire stronzate!” gli dissi con voce meno ferma
“niente stronzate. Domani aspettati due bodyguard!” mi disse lui sicuro delle sue parole
“ok Ession. So di non riuscire a farti cambiare idea… quindi fai come vuoi!”
“bene compare… hai novità da dirmi? Divertito in vacanza?”
“si si molto. Sai ho incontrato una ragazza che mi ha fottuto la testa e non la riesco a dimenticare!”
“povero Edward…” mi disse lui canzonandomi
un’idea mi balenò subito nella mente “ehy ti va domani di venire nel mio ufficio, ho bisogno di parlarti!”
“va bene, se me lo chiedi così insistentemente ci vengo!” mi disse lui fingendo di farsi desiderare. Sapevo che non vedeva l’ora di venire da me per incominciare a esplorare la mia vita, anche se non aveva nessuna scusa perché gli dicevo la maggior parte delle cose che mi passavano in testa.
“ok grazie a domani allora!” gli dissi
“a domani Ed…. adesso riposati!” mi disse lui prima di riattaccare
Posai, di nuovo, il cellulare sul comodino e mi coprii con le lenzuola fin sotto il mento. Le cose mi avrebbero riempito la giornata dell’indomani mi affollarono la testa e in meno che non si dica un pensiero mi impegnò cerebralmente: Patricia. Dovevo trovarla ad ogni costo!
 


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Bene bene… siamo qui ad un altro capitolo della Fan fiction The Millionaire. Come avrete di sicuro capito in questa Fiction mi incentro sul personaggio di Edward che non è più il bello e dannato, ma un ragazzo con un bel po’ di soldi per fare quel che vuole. Annuncio già che Bella ci sarà ma avrà, come Alice, un ruolo marginale. Quindi non rimaneteci male se non la troverete quasi mai. Mi incentrerò molto sul personaggio di Eddy e spero di farvi appassionare di più alla storia fino a quando finirà. Inoltre ho riscontrato che tra le mie FF vi è molto piaciuta “Incest” e “A special Xmas in Cullen’s house”. Sono molto onorato di avere dei lettori così. Aspetto che anche questa storia vi possa appassionare come le altre. Ora ho finito di annoiarvi! Al prossimo Capitolo e spero di trovare un sacco di recensioni per potervi rispondere e chiarire i vostri dubbi….


Grazie
Jordan Cullen
xoxo  

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Capitolo 8
*** ... Vecchie amicizie e nuove speranze... ***


Capitolo  sesto
Vecchie amicizie e nuove speranze



Mi svegliai di soprassalto, caddi per terra con un sonoro tonfo.
La luce si accese e un uomo, che riconobbi essere George, entrò nella mia stanza …. Il mio maggiordomo personale che prese servizio presso la mia famiglia dopo Ingrid.
“tutto bene signorino?” mi chiese lui vedendomi disteso sul pavimento avvolto dalle lenzuola. George era tornato qualche ora dopo di me avendo sentito la notizia al telegiornale
“si si, grazie! Ho fatto un’incubo” gli dissi rimettendomi a sedere sul letto
“ha bisogno di qualcosa signorino?” mi chiese preoccupato George
“no grazie! Puoi ritornare nelle tue stanze” gli dissi rimettendomi sotto le coperte.
Quando l’uomo ebbe richiuso la porta dietro di se cercai di riprendere sonno, ma non fu così facile: l’incubo, l’incidente dell’albergo, Patricia.vorticava tutto nella mia testa cercando di trovare un senso. Le idee si misero in ordine e stilai una lista, nella mia mente, di tutto ciò che avrei dovuto fare l’indomani mattina. Guardai l’orologio al led che stancamente segnava i secondi. Segnava le 7:30 e 12 secondi, mancava mezz’ora prima che la mia giornata piena d’impegni e problemi da risolvere iniziasse.
Mi distesi nel letto e mi misi un braccio lentamente sugli occhi per pararmi dal sole mattutino che stava nascendo all’orizzonte.

- Perché questo? Ahi litigioso amore, o amore odiato, tutto quanto dal nulla fu creato. Vanità seria, pesante leggerezza, disarmonico caos di forme belle - ripetei quella frase di Romeo nella mia mente fino a quando non mi alzai verso le otto - perché Patricia non ti fai trovare! Che dolore atroce imponi al mio cuore… spero che il giorno in cui ti ritroverò sia il prima possibile affinché io possa godere della luce e della tua purezza. -

Pensai a lei fino a quando Ession non irruppe nel mio ufficio, con una entrata in suo stile. Era un ragazzo molto alto, dai capelli castani dagli occhi vivaci e sinceri.
Accompagnato da due energumeni inquietanti. Avevo un’aria poco socievole e mi resi conto dal loro aspetto che sarebbero stati i miei bodyguard personali.
“ciao Ed” mi salutò appena entrò nella stanza.
“ciao… e loro chi sarebbero?” mi riferivo ai due energumeni alle sue spalle
“ti presento i tuoi compagni di vita!” mi disse lui con un gesto teatrale
“ah si certo!” alzai gli occhi al cielo cercando di soffocare una risata “ma i miei compagni di vita potrebbero aspettare fuori però? Ho bisogno di parlarti di alcune cose molto importanti!” gli dissi cercando di non far trapelare le mie emozioni
“si si certo” mi disse e poi si girò verso i due che intanto si erano fermati sulla soglia della porta “ragazzi aspettatelo fuori! Ci vorranno due minuti…” detto questo i due uomini uscirono ed Ession chiuse le porte affinché orecchie indiscrete non potessero sentire i nostri discorsi.
“beh allora che succede?” mi chiese lui impaziente delle mie notizie
“Patricia Miles… fissa bene questo nome nella tua mente!” gli dissi senza perdermi in preamboli “me la devi trovare ad ogni costo!” gli ordinai senza far caso al tono della mia voce
“ah affari di cuore allora!” mi disse lui con un sorrisino “com’è questa ragazza?”
“bellissima. Ha la carnagione scura, capelli castani e occhi scuri….” non gli fornii altri dettagli. Conoscendolo mi avrebbe di sicuro canzonato e volevo tutto tranne che questo.
“elementare Watson!” mi disse imitando Sherlock Holmes e poi aggiunse “ok allora ritieniti fortunato… l’investigatore Ession è al tuo servizio messer Cullen”
“si si e vedi di trovarla!”

“detto fatto!” mi rispose lui uscendo dall’ufficio
Mi lasciai cadere sullo schienale della sedia sperando che Ession facesse il lavoro appena assegnatoli e, in un certo senso, mi sentii risollevato.
“Signor Cullen…” una voce metallica proveniente dal piccolo apparecchio sulla mia scrivania mi fece sobbalzare
“si Alice…” dissi avvicinandomi al vivavoce e premendo il tastino rosso
“… mi scusi se la disturbo ma qui fuori c’è la stampa per quello che è success…”
“manda via tutti! Non ricevo nessuno oggi!” le dissi non facendole finire neanche la frase
“come vuole signor Cullen!” mi rispose la sua voce squillante. Un grande vociare e la confusione che si creò fuori dal mio ufficio fu sedata dalla vigilanza, che prontamente sgomberò l’area d’attesa. Aspettai qualche minuto prima di richiamare Alice.
Premetti il pulsante del vivavoce “alice portami il fascicolo 342, per favore” le dissi e la risposta non tardò ad arrivare “subito signor Cullen…”
Aspettai qualche minuto e fuori dal mio ufficio sentii un gran frusciare di carte che venivano spostate e sfogliate. Irruppe nella stanza una ragazzina spaventata. Alzai gli occhi dal giornale che stavo sfogliando e la vidi in tutta la sua innocenza: grandi occhi nocciola che mi guardavano terrorizzati, una bocca carnosa e rossa come il bocciolo di una rosa, carnagione bianca come la neve e un fisico da modella.
“ecco a lei Edwa… mister Cullen!” mi disse la ragazza appoggiandomi il pacchetto da me richiesto sulla scrivania
“g-grazie…” dissi tradendo lo stupore nella mia voce
“prego” mi rispose lei abbassando gli occhi con le guance in fiamme
“lei chi è?” le chiesi ricomponendomi
“sono Bella Swan… la sua nuova segretaria!” mi rispose rapidamente quasi senza prendere fiato tra una parola e l’altra
“strano non ero stato informato della sua assunzione” la ragazza imbarazzata non rispose alla mia provocazione “grazie penso che possa andare adesso” continuai io
“si…” e quasi correndo uscì dalla stanza
Un sorriso mi spuntò sulle labbra - e siamo a due!! - pensai ricordando quella sera sulla spiaggia e Patricia.
- Ma come può essere possibile che le ragazze abbiano paura di me? In fondo non mordo… - all’idea un altro sorriso mi spuntò sulle labbra - non sono mica un vampiro o un licantropo -
Comunicai a Alice di entrare nell’ufficio. E tutta trafelata si precipitò da me, sapeva che non mi piaceva aspettare.
“ha bisogno di qualcosa?” mi chiese richiudendosi le porte alla spalle
“si… a dir la verità vorrei essere tenuto al corrente delle nuove reclute, che assumiamo in ufficio!” le dissi parecchio acido
“si… ehm… mi scusi! Ma avevo bisogno di un aiuto con gli appuntamenti e i meeting da gestire”
“va bene… puoi andare” prima che potesse uscire aggiunsi “ah… Alice evita di tormentarti le mani la prossima volta… non è bello e poi che figura ci facciamo!”
“va bene signore” alla sua risposta scoppiai in una grassa risata
La mattina passò abbastanza monotonamente. Le solite carte da firmare, il controllo del budget aziendale e l’analisi delle richieste che venivano fatte da ogni singolo albergo.
Finalmente arrivò l’ora di pranzo che determinava la fine della mia giornata lavorativa. Presi le mie cose e scesi di gran fretta nella hall per poi precipitarmi in strada dove l’autista mi aspettava con la porta della macchina aperta. Dietro di me i due energumeni che mi aveva appioppato Ession montarono in macchina subito dopo di me.
“portami al ristorante Oyster…” dissi all’autista che subito mise in moto
La caotica New york stringeva tra le sue grinfie il traffico congestionato nelle strade. Ad ogni semaforo una cinquantina di macchine rombanti aspettava il verde per poter riprendere la sua marcia, per le strade si vedevano gente di tutte le nazionalità che con occhi spendi camminavano senza una meta. I tombini vicino al marciapiede esalavano fumi che sembravano provenire direttamente dall’inferno. Ci fermammo all’ennesimo semaforo. Dal sottopassaggio della metro alla mia sinistra uscirono un gruppetto di punk che spiccavano, con i loro abiti neri e le loro acconciature particolari, tra la gente dagli abiti di differenti colori.
Arrivammo al piccolo ristorante dopo una buona mezz’ora. George, il mio autista nonché mio maggiordomo personale, mi aprì la porta per farmi scendere e con me scesero anche i due bruti che ormai non mi lasciavano in pace da quella mattina.
“sentite ragazzi! So che dovete fare il vostro lavoro ma… lasciatemi un po’ di tempo da solo” dissi ai due che si guardarono in faccia reciprocamente e poi ritornarono a guardarmi ancora più straniti “andate!!! Aspettatemi a casa George vi ci accompagnerà” gli dissi indicandogli la macchina
“ma… signore!” mi rispose il biondino alla mia sinistra
“niente ma… è un ordine!” gli risposi ed entrai da solo nel locale.
La struttura era molto elegante e sofisticata. Sotto il pavimento c’era un enorme acquario che ricopriva tutto il locale. Tutto in quel posto richiamava il mare.
“Edward!!!”
“ciao zio Lu’” dissi a mia volta
Essi il caro e unico zio Luigi. Non era mio zio consanguineo, infatti era parente di Ession, ma per me era come uno della famiglia e io per lui. Lo conoscevo da quando avevo tre anni. E i miei genitori andavano sempre da lui per pranzi e cene. Aveva rinnovato da poco il locale, ma purtroppo non ero potuto andare per motivi di lavoro.
“come stai?” mi disse lui con un sorriso a trentadue denti sotto gli enormi baffi neri
“tutto bene, grazie!” gli risposi io un po’ imbarazzato dai suoi modi
“madonna mia… come sei cresciuto! Fatti vedere un po’…” e mi girò tutt’intorno per esaminare ogni particolare di me
“cosa ti porta qui da me figliolo!”
“vorrei mangiare se è possibile… sai da quando i miei non ci sono più le tue prelibatezze mi mancano un po’”
“ma certo accomodati pure!” mi accompagnò al tavolo abilmente apparecchiato al momento dai suoi inservienti “che cosa vorresti mangiare?”
“quello che vuoi tu zio… a me va bene tutto!” gli risposi una volta che mi fui seduto
“ah va bene caro Eddy… ti preparerò qualcosa da leccarti i baffi!” detto così lo zio Luigi si allontanò di fretta entrando in cucina.
Diedi una rapida occhiata al locale, nel grande acquario sotto i miei piedi nuotavano ogni sorta di pesci: carpe di ogni colore, pesci rossi e striati si erano adattati a quell’ambiente così diverso dal loro habitat naturale. In un altro acquario c’era un polipo che mi guardava insistentemente con i suoi occhi vitrei, con i suoi lunghi tentacoli disegnava aggraziati cerchi nell’acqua. Il polpo sembrava quasi danzare come una ballerina di flamenco che fa ondeggiare la sua gonna a ritmo di musica.
Distolsi lo sguardo dall’animale per concentrarmi su qualcosa che attrasse la mia attenzione. Infondo alla lunga stanza c’erano il ritratto di mia madre e di mio padre l’una di fianco all’altro. La stima e il rispetto che portavano per lo zio Luigi era immenso, la famiglia di Ession mi era stata molto vicina una volta che i miei erano morti e fin dall’infanzia ero molto attaccato a loro. Nel vedere quel tributo ai miei genitori stavo per commuovermi se non fosse che al mio tavolo i camerieri incominciarono a portare la prima portata.
Una volta apparecchiato davanti a me il piatto mi augurarono un buon pranzo. Guardai molto attentamente il contenuto del piatto davanti a me: due Vol-au-vent ripieni di salmone e con uno spicchio di limone sopra, mi fecero venire l’acquolina in bocca - i miei preferiti - pensai felice come un bambino. Di fianco ai due tortini, adagiati su una foglia di lattuga, c’erano tre gamberi cotti a puntino. Infilzai il primo con la forchetta lo mangiai in un sol boccone. Il dolce sapore che mi si sprigiono in bocca  non appena lo addentai fu unico: le varie spezie erano ben combinate con il gusto naturale del gambero, e ne risaltavano ancor più il sapore; per poi lasciarti alla fine con una punta di aspro.
Finii la pietanza nel piatto in un batter d’occhio e bevvi un po’ di vino bianco per buttar giù tutto. Prontamente un cameriere mi tolse il piatto e lo portò via. Continuai a guardarmi intorno e notai una coppia di anziani signori, dall’aria nobile, che stavano addentando l’aragosta nei loro piatti. La donna sulla sessantina di anni aveva un largo cappello nero con degli ornamenti di tulle dello stesso colore. Era vestita con un abito grigio troppo stretto in vita, che la rendeva ancora più grassa di quanto potesse essere. - sciocca vanità - pensai continuandola a guardare.
Lo zio Lu’ mi si piazzo davanti con la sua pancia impedendomi la visuale.
“Edward… caro Ed sai che è cattiva educazione fissare la gente!” mi disse lui sorridendo
“ehm si zio ma…”
“no niente ma!” mi disse lui facendomi segno di no con il dito e mi sorrise di nuovo
“va bene!” gli dissi io sorridendo a mia volta
In mano aveva un altro piatto con della pasta fumante.
“è per me?” lo guardai con gli occhi da cagnolino
“si Edward… non c’è bisogno che mi guardi così!” mi disse lui poggiandomi il piatto davanti “ti ho preparato una cosa che non avevi mai mangiato e spero che ti piaccia!”
“ma certo che mi piacerà!” gli risposi entusiasto
“buon appetito allora!”
Prima di incominciare a gustarmi la pietanza la osservai per bene come un gattino che conosce per la prima volta il suo padrone. Infilai la forchetta nel pezzo di pesce, tagliato a cubetti, e lo infilai in bocca. Il gusto non era niente male… riuscivo a distinguere bene il gusto del basilico e della ricotta che erano amalgamati sapientemente tra di loro e con il pesce.
Il sapore mi inebriò la bocca e il naso e riuscivo solo a sentire quell’odore. Mangiai anche questo piatto voracemente.

Al termine del pranzo mi alzai con la pancia piena e mi diressi alla cassa per pagare, ma prontamente lo zio Lu’ mi fece ricacciare il denaro nel portafoglio e mi accompagnò all’uscita porgendomi il cappotto.
“grazie…” dissi io imbarazzato
“figurati Ed e vienimi a trovare quando puoi!” mi rispose lui salutandomi con una stretta di mano.
“lo farò! Grazie ancora…”
Uscii in strada, che come al solito era troppo affollata e tra uno spintone e l’altro riuscii a raggiungere un taxi che mi portasse a casa.
“ 48 th per favore” ordinai all’autista che mise in moto il taxi
Ricevetti la telefonata di Ession quando stavo attraversando il Williamsburg Bridge.
“ciao Carissimo…” mi disse appena accettai la chiamata
“ciao Ession… novità?” gli chiesi subito io
“secondo te!?” mi rispose elettrizzato
“spero per te di si!” gli recitai io con accento siculo
“tranquillo… l’ho trovata!!!”
“davvero! Non mi prendi in giro come tuo solito?” gli chiesi io
“ma per chi mi hai preso!!! Comunque ho il suo nome, il suo indirizzo, so tutto su di lei!”
“grandioso allora ci vediamo domani a casa mia!” gli dissi cercando di concludere la chiamata
“ok… cercherò di esserci!” e dopo una risatina la chiamata si interruppe.
Pagai il tassista per la corsa e mi infilai in casa tirando un sospiro di sollievo.


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Capitolo 9
*** ...Delusione... ***


Capitolo settimo
Delusione


“dannazione ma quando arriva!” mi dissi aspettando Ession nella grande sala della mia residenza “se non arriva tra cinque secondi… giuro che lo ammazzo”
Il sole caldo di Marzo entrava dalle grandi e imponenti vetrate contornate dalle pesanti tende di broccato misto a seta. Mi affacciai da una di quelle finestre e finii per appoggiarmi al parapetto del balcone di pietra, che si affacciava sull’imponente giardino.
Passeri, pavoni, cardellini vagavano indisturbati nelle aiuole intenti nelle loro mansioni quotidiane. I pesci del piccolo laghetto nuotavano spensierati, intrecciando i loro percorso con i loro simili. I vari giardinieri e personale addetto alla manutenzione si dedicava al santuario lavoro di quello che molti descrivevano come Eden sulla terra. La luce del sole incominciava a ferirmi gli occhi, quindi decisi di rientrare per ripararmi dai primi raggi della primavera che riprendeva a vivere. Il fresco piacere che mi invase una volta dentro mi fece per un minuto dimenticare il motivo per cui ero così agitato.
Guardai insistentemente l’orologio sul caminetto che stancamente segnava le quattro del pomeriggio. Mi appoggiai con il cuore che mi martellava nel petto pensando al momento in cui avrei rivisto Patricia. Non mi sembrava vero che l’avesse trovata così facilmente e che nell’arco di quella giornata l’avrei potuta rivedere.
I due Body guard erano come al solito vicino a me. Non mi lasciavano un attimo da solo. Avevo per tutto il giorno, e non saprei la notte, i loro occhi perennemente puntati addosso e attenti a vedere ciò che succedeva intorno.
Afferrai il cellulare, che avevo appoggiato sul tavolo al centro della sala, e scrissi un messaggio a Ession. - mi spieghi dove sei finito? Ti aspetto da stamattina… -
Riappoggiai l’apparecchio sul tavolo e le porte si spalancarono facendo entrare l’esile figura di George.
“Signor Cullen… la persona che stava aspettando è arrivata”
“bene lasciala entrare, George!” dissi tutto con il cuore che mi era salito in gola
“buonasera Cugino…” mi disse lui appena entrò nella sala con quell’aria da strafottente.
Mi misi a sedere e lui vicino a me, appoggiando la cartellina azzurra con su scritto il mio nome sul tavolo.
“ciao… cerca di fare in fretta! Hai tutto?” gli chiesi io apatico e abbastanza infastidito dal su imperdonabile ritardo
“ok calma Eddy… ecco qui ho tutto!” e incominciò a tirare fuori tutte le scartoffie e foto dalla cartellina, che mi dispose ordinatamente davanti a me. Afferrai il primo plico e lo lessi attentamente.
“Patricia Morgan…” leggendo il nome avevo già capito che era un buco nell’acqua “Ession mi stai prendendo in giro?”
“no cugino…”  mi rispose lui con un chicco d’uva in bocca
“ti avevo detto espressamente detto nome e cognome della ragazza e tu te ne vieni fuori con un’ altro nome?!?” gli dissi con il sangue che mi stava andando alla testa
“ma Ed…” non volevo sentire nessuna spiegazione. Gli lanciai il plico davanti e lui lesse
“ti avevo detto che si chiamava Patricia Miles…”
“ops… piccolo errore nelle indagini!” mi disse lui deglutendo
Mi lasciai cadere sulla sedia sfinito. L’adrenalina che avevo accumulato in quelle ore mi stava abbandonando e mi sentivo sempre più stanco.
“Ession come hai fatto a sbagliare su una cosa così semplice…” gli chiesi quasi tra le lacrime di quell’illusione svanita
 “scusami… e stata una svista!” gli fece segno di tacere con una mano
“ok va bene… adesso ti prego di uscire e di lasciarmi solo!” gli dissi cupo
“ma… capita a tutti di sbagliare…”
“lasciami solo per favore. Porta con te anche quei due che mi hai messo alle calcagna!” alzai di qualche tono la voce.
O per timore o magari aveva solo capito il mio stato, lui prese tutte le sue cose e se ne andò portando con se anche i due scagnozzi.

Quando mi ridestai dal torpore e dalla malinconia era già buio fuori, avevo passato tutta la giornata a fissare un punto indistinto della stanza senza muovermi, mangiare o pensare. Ero lì fermo come una statua assolutamente perfetta. Una lacrima finalmente mi rigò la guancia che la lasciò scorrere fino al labbro superiore.
Con gli occhi sbarrati di un pazzo mi alzai e mi avvicinai alla finestra. Guardai fuori. Le tenebre avevano preso tutto, la dolce notte che mi confortava e mi faceva dimenticare, non alleviò le mie pene.
“signorino vuole cenare?” mi chiese George alle mie spalle
“no grazie. Stasera mi ritirerò nelle mie stanze presto!”
“come vuole, quando ha bisogno di me mi chiami ed io sarò subito da lei” mi disse lui congedandosi e lasciandomi di nuovo da solo.
La cosa che mi piaceva di lui e che non si intrometteva più del necessario nella mia vita, era il classico maggiordomo inglese: pacato e riservato.
Mi ripresi molto lentamente dalla delusione. Uscii dal salone e mi inoltrai nella zona notte del palazzo. Mi infilai in stanza richiudendomi la porta lentamente alle spalle cercando di non fare rumore. Mi sedetti nel letto ancora vestito ricoprendomi le gambe. Incrociai le braccia sulle ginocchia e una seconda lacrima seguita da altre iniziarono a scendermi sul viso. Non sapevo perché piangessi. - La delusione era tale da portarmi a fare ciò? In fin dei conti io non la conosco… e allora perché? Perché mi succede questo… mi sento ridicolo a piangere come un bambino per una ragazza che ho visto una volta. Ma quella volta è bastata a rapirmi il cuore? - le domande incominciarono ad affollare la mia mente. Mi sembrava che la testa volesse esplodere. Qualcuno bussò alla porta.
“andate via. Non voglio vedere nessuno!” urlai affinchè chiunque dall’esterno mi potesse sentire.
Bussarono di nuovo.
“ho detto che non voglio vedere nessuno!” urlai di nuovo
La porta si socchiuse e la testa del maggiordomo sbucò.
“George che c’è?” gli chiesi asciugandomi frettolosamente le guance con il palmo della mano
“Edward posso entrare?” mi chiese preoccupato per me
“si… va bene!” gli risposi ricomponendomi
“tutto bene padroncino?” prese una sedia e si sedette di fianco al mio letto
“si si va bene…”
“non si direbbe. Sembra sconvolto, da quando il suo ospite è andato via”
“George, caro George! È successa una cosa quando sono stato via e ho bisogno di rivedere una persona!”
Prendendo coraggio il maggiordomo si alzò dalla sedia e si sedette vicino a me sul letto.
“Edward, non mi sembra il caso di non mangiare per una delusione. Ci sono mille persone che possono darle amore da poter colmare questa mancanza”
“si… ma… ma io” non riuscii a finire la frase che ripresi a piangere
George si avvicinò a me e mi abbraccio forte a se. Come un bambino che non ha ricevuto il regalo che i aspettava mi lasciai cullare tra le sue braccia. Mai nessuno espresso affetto verso di me e, in un certo senso, mi piacque. Mi sentii in pace finalmente e finalmente la mia testa fu affollata da un unico senso di amore. Lo stesso amore che mi avrebbe espresso mio padre, se fosse stato qualche volta a casa, o mia madre, se avesse pensato a suo figlio al posto di dedicarsi ai salottini con le sue amiche.
“grazie… sei più di un inserviente per me George. Mi fai stare bene dopo averti parlato!” gli dissi abbracciandolo
“signorino Edward per me è un piacere…” il maggiordomo si sciolse dall’abbraccio con un inchino e mi lasciò di nuovo solo sul letto.
Una volta cambiatomi per la notte mi distesi nel letto e spensi la bajour del comodino e chiusi gli occhi più tranquillo

- Edward aspetta. Non so se sia giusto! - disse un ragazzino di, più o meno, 17 anni; mentre si sedeva sul letto
- si non ti preoccupare… - lo rassicurò un altro ragazzo, più o meno della sua stessa età, che si dirigeva verso di lui - togliti la maglietta Ession… fidati di me - Edward gli sfoderò un sorrisino che avrebbe sciolto qualsiasi cuore
- va bene - il ragazzo obbedì  senza troppi indugi
- ehy cucciolo non ti preoccupare abbiamo tutto il tempo a nostra disposizione. I miei non ci saranno fino a stasera - disse Edward togliendosi anch’esso la maglietta e sfilandosi i pantaloni. Si distese sopra di lui baciandolo castamente sulle labbra.
- ma stai tremando! Ession… -
- no!! - disse imbarazzato l’altro
- e allora perché sei diventato rosso? - lui distolse lo sguardo che prima era fisso nei suoi occhi
- e che… -
- si continua… - lo incalzò Edward
- Ed io non so… ho paura - disse cercando di mascherare il suo imbarazzo.
Il sorriso che spuntò sulle labbra si Edward  era così puro che fece sparire ogni esitazione dal volto del ragazzo di fronte a lui
- ok come vuoi, allora faremo bene a rivestirci! -
- no - disse il ragazzo non appena  Edward afferrò i suoi pantaloni sul pavimento
Ession si inginocchio sul materasso e tirò a se il ragazzo per un braccio, facendolo ricadere sul suo corpo semi nudo. I loro occhi si incrociarono rimanendo fermi per un po’, poi Ession incominciò  - Eddy dimmi che mi ami e sarò tuo - i suo occhi castano chiaro illuminati dal sole primaverile lo incantarono .
- certo che ti amo. Se no non sarei qui con te… scemino - e prese a fargli il solletico
Le loro labbra si toccarono ad un certo punto. Ession socchiuse leggermente la bocca e con la punta della lingua disegnò  un semicerchio sul labbro superiore del ragazzo che gli stava sopra.
Edward cominciò a baciargli dolcemente il collo scendendo fino all’incavo; mentre una mano massaggiava un capezzolo. La schiena di Ession si inarcò facendo capire a Edward quello che voleva. La testa di Ed scese fino al capezzolo e le mani lasciarono spazio alle labbra. Succhiò e morse facendo impazzire il ragazzo sotto di lui. I suoi occhi si chiusero, la sua mente si concentrò sul corpo perfetto dell‘altro. Ession preso dall’eccitazione accarezzava le spalle lisce del compagno seguendo le sue linee perfette, si sbottonò i jeans che caddero sul pavimento e rimasero entrambi in boxer.
Edward iniziò a strofinare il suo membro su quello di Ession facendolo gemere dal piacere. Quest’ ultimo infilò la mano nei boxer iniziando a massaggiarsi,  si scambiarono un altro bacio di complicità e  tutto si fece più semplice….


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Ciao a tutti i miei lettori. E anche questo capitolo è finito…. Siamo arrivati al settimo e spero di non avervi annoiato con la mia storia! Stò cercando di renderla più intrigante possibile per farvi appassionare e spero sinceramente di riuscirci. Inoltre ringrazio fortemente MaryAc_Cullen che continua a sostenermi! Grazie di cuore…. Un bacio e a presto con un altro capitolo.


Jordan Cullen
xoxo

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Capitolo 10
*** ...Dolci fantasie diventano realtà... ***


Capitolo Ottavo
Dolci fantasie diventano realtà



Era appena arrivata l‘estate, con il caldo afoso dell‘immensa New York city. Erano passati tre mesi dall’ultima volta in cui rividi Ession e mi illusi di poter ritrovare quell’amore sfuggevole.

Quella mattina mi svegliai con uno strano senso di irrequietezza. Feci colazione e mi fiondai in bagno per lavarmi. Ormai da tempo i miei gesti erano diventati consuetudinari: una doccia ogni mattina e subito in camera per vestirmi.
Uscii verso le dieci per dirigermi al lavoro con la solita macchina, che percorreva le solite strade. Una volta arrivato George mi aprii lo sportello per farmi scendere. Mi addentrai nel grande grattacielo. La hall era abbastanza fresca per porre sollievo alla calura estiva che sarebbe aumentata in poche ore.  
Mi diressi verso l’ascensore. La gente, che lo aspettava, mi fece spazio. Mi guardavano tutti come se avessi qualcosa che attirasse i loro sguardi sulla mia persona. - ma che hanno tutti oggi? - pensai mentre lo scampanellio elettrico mi avvisò che ero arrivato al 23th piano.
Mi rifugiai prontamente nel mio ufficio, al riparo da quegli sguardi indiscreti, che sembravano spogliarmi, mettendo a nudo la mia anima.
Mi sedetti dietro la mia scrivania, buttando la 24 ore sul piccolo divano di seta rossa. Accesi il pc, che molto lentamente inizio, con un ronzio insistente, ad accendersi.
Ero esausto dopo l’ennesima notte che non dormivo, sentivo la testa pesante e la concentrazione scarseggiava. Mi alzai dalla poltrona dietro la scrivania e mi avvicinai allo specchio, che era vicino alla finestra che guardava sulla strada. Mi avvicinai con passo lento e incerto. Pensando che il riflesso dello specchio potesse non rappresentare l’Edward che conoscevo da tempo.
Gli occhi, che qualche mese prima avrebbero fatto cadere ai miei piedi ogni tipo di ragazza, erano di un azzurro spento, il viso cereo e le guance smunte rendevano il mio aspetto simile a quello di un vampiro. - tutta colpa di quella - mi dissi con un senso di nausea al pensiero della ragazza. - non è possibile Edward che tu ti riduca in questo modo solo per una ragazza!!! Sai quante ne potrai avere come lei o anche meglio… non hai bisogno di lei. In fin dei conti non l’hai conosciuta veramente e lei se è scappata da te non ti merita di sicuro… - il discorso che mi facevo nella testa non faceva una grinza ma in un certo senso Patricia mi era entrata nella testa e il suo pensiero non sembrava aver intenzione di andare via.
Quell’immagine riflessa nello specchio mi avrebbe trasformato in quello che non avrei voluto, quindi decisi di coprirlo con un telo per evitare di specchiarmi nuovamente.
“signor Cullen…” il piccolo vivavoce sulla mia scrivania attirò la mia attenzione
“si Alice dimmi!” le risposi tramite l’apparecchio
“… veramente sarei Isabella… Alice si è allontanata un attimo”
“si va bene… dimmi che c’è Isabella?” risposi io con un tono palesemente scocciato
“il signor De Luca Ession chiede di poterla vedere” mi rispose lei
“no! Come ti devo dire che non voglio vedere nessuno?? Tanto meno il signore lì presente”
Passarono alcuni minuti prima di sentire Ession protestare. Sapevo che non si sarebbe arreso così facilmente, tutto ciò poteva farmi essere fiero di avere un amico come lui. Non ci volle molto prima di sentirlo spalancare la porta del mio ufficio, accompagnato dalle urla di Alice e dallo sguardo sgomento di Isabella.
“allora a che gioco vuoi giocare Edward?” mi disse lui urlando
“non capisco…” gli dissi non scomponendomi alle sue urla
“ah si non capisci? Adesso ti spiego tutto… come la mettiamo che non mi rispondi mai al telefono da più di tre mesi? Come la mettiamo che vivi segregato in casa e in ufficio da quel fottuttissimo pomeriggio? E il culmine e che oggi non volevi neanche ricevermi come se fossi un estraneo! Ti ho chiesto scusa più di una volta, gli errori li posso commettere anche io! Sono un uomo Edward lo capisci?” mi disse lui rasentando l’isteria
“bene… tutto qui quello che mi dovevi dire?” cercai di non rispondere a nessuna delle sue provocazioni, come mi aspettavo lui rimase zitto e quindi aggiunsi con assoluta non curanza “ se hai finito puoi andare” e distolsi lo sguardo dal giornale che stavo leggendo.
In quel momento, come il mondo avesse smesso di girare, vidi una lacrima che scendeva sul suo viso. Ession rimase fermo sull’uscio  con i pugni serrati. Fui mosso da un senso di tristezza che si aggiunse a quello che già stavo vivendo interiormente. Mi alzai dalla poltrona e lo tirai dentro richiudendo la porta.
“Edward io…” mi disse lui con le lacrime agli occhi e con lo sguardo basso
“Ession aspetta!” dissi girandomi
Me lo ritrovai a due centimetri dal volto. Mi appoggiai al muro per mettere qualche centimetro tra di noi ma feci la cosa meno sensata a questo mondo. Con le spalle al muro ero in trappola. Lui mi venne sempre più vicino, fino a quando sentii il suo respiro sulla mia bocca.
“Ession che fai? No… ti prego… non adesso” gli dissi tremando pensando a ciò che avrebbe fatto “avevamo fatto una promessa…”
“Edward io…”
“Ession no ti prego” lo supplicai una seconda volta
“… io…” mi disse lui continuando ad avvicinare il suo viso al mio.
Riuscivo a sentire il suo calore, il suo odore, la sua potenza, la sua voglia del mio… corpo
“… ti amo Edward” mi disse con un filo di voce
“no no No…. Non adesso! Non puoi!” gli dissi cercando di allontanarlo da me, ma sembrava che fosse come una statua di marmo. Non riuscivo a spostarlo di mezzo millimetro.
“non resistere… noi ci apparteniamo!” mi disse lui prendendomi per la vita e stringendomi a se.
Imploravo di lasciarmi andare, ma lei mie parole erano come un sordo grido contro la sua veemenza incitata dalla mia impotenza. Nella mia testa allora scattò qualcosa, qualcosa di improvviso e inaspettato, un’idea che sembrava il rifugio sicuro da tutto: ASSECONDALO! Lo vuoi… non opporre resistenza Edward.
Quella voce, che aveva preso a sussurrarmi quelle cose, era diventata mano a mano un urlo disperato… quasi come un comando, un ordine a cui dovevo obbedire senza obbiezioni. Presi coraggio.
Mentre Ession mi continuava a baciare il collo, io gli tolsi la sciarpa e il cappotto che scivolarono dolcemente sul pavimento.
“finalmente ti sei deciso!” mi disse lui preso dall’eccitazione
Incominciai a sbottonargli la camicia e, quando gli tolsi anche quella, passai le mie mani tremanti sul suo petto glabro. Sentii che era eccitato quando gli sfiorai con le dita i capezzoli. Con il movimento del bacino mi fece capire quali fossero le sue intenzioni. In quell’istante incominciò a spogliarmi, e mi sollevò per le natiche. Incrociai le gambe intorno alla sua vita e continuai a fami baciare sul collo sentendo, anch’io, l’eccitazione che montava nel mio corpo.
Sfilandomi la maglietta, fui invaso da un fremito che mi spinse a baciarlo. Per qualche minuto il bronzeo corpo di Ession tocco il mio niveo.
“mi sei mancato” mi disse all’orecchio
Feci finta di non sentirlo. Mi fece stendere sul divano dove gettai la giacca, mentre lui abbassava le veneziane e chiudeva la porta con doppia mandata.
“Ession non so se…”
“shh… tranquillo Edward adesso siamo solo noi due e nessuno ci darà fastidio!” mi disse per tranquillizzarmi. Nella semi oscurità lo vidi stendersi sopra di me. Ci trovammo l’uno sopra l’altro. Si sfilò i jeans e sentii i suo membro spingere contro la mia gamba. Mi sbottonai i pantaloni che portavo e li tolsi insieme ai boxer. Mi sentivo eccitato all’idea di quel contatto fisico, era tanto che non facevo sesso con una persona… era tanto che una persona non provava quell’attrazione verso di me.
Ession prese il mio pene tra le mani e incominciò a massaggiarlo. Cercai di fingere per la prima mezz’ora sperando che finisse tutto il prima possibile, ma quello che avvenne dopo mi piacque così tanto che non riuscii più a fingere. Si sfilò gli slip e rimase anche lui nudo. Era bello come un dio greco, aveva un corpo statuario. La penetrazione avvenne quando meno me l’aspettavo. Sentii il suo fallo spingersi dentro il mio sedere. E l’unica cosa che riuscii a fare fu stringermi ancora di più a lui. Mi sentii per un momento in paradiso, non riuscivo a pensare a niente se non a lui. Sentivo il suo fiato sul collo. Mi baciò le labbra in modo tanto passionale che dovetti per forza ricambiare.
Mi fece alzare e appoggiare al muro. Continuò a penetrarmi fino a quando qualcosa di caldo colò sulla mia schiena.
Ession mi salutò con un casto bacio sulla guancia. E uscii come se nulla fosse successo. Mi sentii violato nel profondo da lui, dopo quell’avventura infantile, non c’erano più state avvisaglie del suo amore per me. Ritrovarmi in quella situazione, con Lui, mi sembrava troppo insolita. Dal giorno in cui le nostre strade si separarono, avevo superato la sensazione di inquietudine che mi attanagliava nel rifugio sicuro della vita che mi ero abilmente creato. Dopo la sua visita di quella mattina le emozioni, le sensazioni e i ricordi si impossessarono di me. La nostra prima volta, la morte di mio nonno, la morte dei miei genitori e poi la dura e lunga ripresa da tutto quello che mi aveva ferito e la mia rinascita da splendida fenice. I ricordi mi passavano dolorosi nella mente mentre mi rivestivo per abbandonare quella stanza, splendido palcoscenico del mio passato.

Una volta che fui ritornato a casa, mi feci un bagno caldo per alleviare le preoccupazioni. Concluso il bagno avvolsi un asciugamano intorno alla vita e andai verso lo specchio. Con il palmo della mano detersi la condensa ch si era formata sul vetro e mi ci specchiai per qualche istante. L’aspetto vampirismo era del tutto scomparso. Ero come ringiovanito da quell’incontro. Gli occhi azzurri brillavano di nuova vita, il pallore cadaverico lasciò spazio a un minimo di colore sulle guance… e UNA GRANDE MACCHIA VIOLACEA FACEVA BELLA MOSTRA SUL MIO COLLO!
- ESSION… - gridai nella mia mente - bastardo che non sei altro! - quella macchia era proprio dove mi aveva baciato insistentemente lui…
Cercai di nascondere quella macchia con l’accappatoio che mi infilai prima di uscire dal bagno. Anche se incominciava a far caldo. Mi infilai quasi di corsa in camera sotto lo sguardo di tutti gli inservienti della villa.
Il cellulare squillò per un instante. - un messaggio - pensai e mi sedetti sul letto prendendo l’apparecchio dal toilette che avevo a pochi passi dalla porta.
“ciao bellissimo, ti va stasera di uscire? Dei miei amici organizzano una festa e vorrei che venissi con me…”
“ciao… non penso che sia una buona idea vederci stasera!” fu l’unica cosa che riuscii a scrivere. Non sapevo come comportarmi con lui se continuare a vederlo e illuderlo oppure lasciarlo e ferire a morte il mio migliore amico. Mi sembrava di impazzire al pensiero di ciò che era successa quella mattina. Ma la risposta non tardò ad arrivare.
“PS. Non accetto un no come risposta!!!”
“come al solito bisogna fare quello che dici tu… appena ti vedo ti ammazzo!!! Mi hai lasciato un bel ricordino sul collo!” gli inviai togliendomi l’accappatoio e specchiandomi.
“passo da te alle nove in punto fatti trovare pronto!! xp”
 
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MaryAc_Cullen: il sogno che Edward fa alla fine del capitolo precedente va a spiegare perché Ession ha così tanti riguardi verso di lui. In un certo senso è un amore bisex che cercano di tener nascosto agli altri ma Edward si sente in colpa anche di averlo cacciato in quel modo! Allora il suo subconscio gli fa fare questo sogno che un po’ riassume ciò che non ho detto riguardo la sua infanzia… infatti ogni sogno è un piccolo pezzo della sua vita prima che i genitori morissero… 

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Capitolo 11
*** ... Tutto alle spalle... ***


Capitolo nono
...Tutto alle spalle...


Arrivammo alla festa che si teneva nella discoteca più lussuosa dell’intera City. I due Body guard all’entrata scrutavano la gente che entrava dal grande portone in ferro battuto. Entrammo senza problemi.
La grand sala da ballo era stata trasformata in una fedele riproduzione del film “il sognore degli anelli”. Orchi ed Elfi servivano ai tavoli mentre la gente presa dalla mussica elettronica si lanciava  nella mischia  centrale. Io ed Ession ci avviammo verso il bancone del bar per ordinare, facendoci spazio tra la gente.
“che prendi da bere?” mi chiese
“non lo so, per me è lo stesso!” gli risposi continuandomi a guardare intorno, mi sentivo strano a uscire con lui, dopo quello che era successo nel mio studio quella mattina.
Avevo il cuore che mi martellava nel petto, forse stavo avendo una reazione troppo esagerata, nessuno in quella marmaglia ci avrebbe fatto caso a noi due. Ma in ogni caso mi sentivo molto a disagio. Abbassai lo sguardo fino a quando non fui servito del mio drink.
Bevvi un sorso di quell’intruglio di alcool e succo, dal sapore dolciastro e nauseabondo.
“che mi hai preso?” gli chiesi continuando a guardare il bicchiere di vetro che aveva assunto un colore rossastro
“è un Sex on the Beach!? Che c’è non ti piace?”
“no e solo che per me… è troppo dolce!”
“se vuoi te lo cambio!” mi disse, ma guardai l’infinita coda che si era formata davanti al bancone e mi sentii in colpa a dovergliela far rifare
“non ti preoccupare va bene così”
 Bevvi un sorso dalla cannuccia e ne buttai giù un altro sorso subito dopo.
“Oh… piano Eddy!” mi disse lui quando fui a metà bicchiere, dopo neanche cinque minuti e aggiunse “vieni ti presento il festeggiato di stasera..”
Mi prese per mano e mi portò fino ad un piccolo privè dove un ragazzo non molto più giovane di me era accerchiato da dolci e sensuali ragazze elfiche. Il ragazzo era seduto su in trono coperto per metà da un drappo rosso.
All’entrata della stanza, c’erano due energumeni travestiti da orchi. Io ed Ession entrammo e il ragazzo ci accolse a braccia aperte. - Doveva essere qualche amico di vecchia data di Ession, se no non si spiegherebbe il comportamento - pensai rimanendo in disparte fino a quando non fui presentato. Rimanemmo in quella stanza per troppo tempo, per i miei gusti, lanciai uno sguardo annoiato a Ession e uscii salutando il festeggiato.
Una volta uscito mi aggirai per la discoteca in cerca di qualcosa da fare. Ma ad un certo punto qualcosa attirò la mia attenzione e dopo non capii più niente.
Sembrava una visione rimasi ipnotizzato dalla sua bellezza: i suoi capelli castani ondeggiavano sotto la luce strobo che pulsava, il suo corpo sembrava essere impalpabile, il vestito nero bordato di swarovski le dava un un’aria angelica. Vidi la ragazza che ballava insieme a lei e ad un certo punto le vidi avviarsi verso il bagno.
Osservai tutta la scena dalla balconata. - Non mi sembra possibile era lei! L’avevo ritrovata, dopo aver perso ogni speranza di poterla rivedere adesso era lì a pochi metri da me! -
Scesi le scale di corsa. Avevo l’adrenalina a mille e non mi sarei lasciato sfuggire l’unica occasione di poterle parlare. - e se mi fossi sbagliato? E se non fosse lei!? Magari è stata solo un’allucinazione! - ma come potevo pensare a questo. Era lei e ne ero sicuro il cuore non sbaglia mai. Stavo scendendo la seconda rampa di scale per arrivare nella pista da ballo, quando vidi un ragazzo che si infilava nel bagno delle ragazze dove pochi istanti prima era entrata Patricia. Saltai anche gli ultimi gradini e volai verso di loro, spalancai le porte e vidi una scena che mi fece ghiacciare il sangue nelle vene: Patricia era tra le mani sudice di quel ragazzo e la sua amica era per terra svenuta. Ci volle poco che il mio corpo reagì d’ impulso. Afferrai il ragazzo per la felpa e lo gettai contro il muro, gli diedi un calcio sul ginocchio, e glielo spezzai. Presi Patricia e fuggimmo insieme, tra gli spintoni e le gomitate della gente che ballava in discoteca. Appena uscimmo ci appoggiammo al muro del palazzo, ridendo e scivolammo fino a toccare il marciapiede. Dopo qualche minuto riuscii a trovare la forza di rompere il ghiaccio.
“che ci fai qui?” le chiesi
“sono amica del festeggiato… e tu invece?”
“sono venuto con un amico che è anche lui un’ amico del festeggiato” le dissi e le mi sorrise di nuovo
“bene…” mi disse guardando l’orologio “è tardi dovrei tornare a casa”
“ti chiamo un taxi?”
“va bene… Grazie”
“però prima di chiamartelo vorrei sapere una cosa! Mi spieghi perché sei scappata via quella sera in spiaggia?”
“perché… Perché… mi piaci Edward!” mi confessò il suo amore in un sospiro che mi accarezzo lievemente il viso per poi riempirmi il cuore
“ma non riesco a capire perché tu sia scappata, potevamo stare lì a parlare di cose senza senso come tutti quanti..”
“oh Edward ma proprio non riesci a capire…” Patricia si interruppe e mi gettò le braccia intorno al collo e le nostre braccia si toccarono. La strinsi a me fino a quando tutto il resto si dissolse intorno a noi. Esisteva solo lei in quel momento. Un lungo istante di passione ci univa e rendeva un’unica cosa, come lo Yin e lo Yang.
“ti voglio solo per me Edward… mi sei piaciuto fin dall’inizio!” mi confessò la ragazza, mi strinse ancora a se e inspirò profondamente appoggiando il viso al mio petto.
“e lo sarò!” le promisi
Chiamai un taxi e la feci salire. In quel momento mi sentii osservato. Mi voltai e in cima alle scale lo vidi: Ession. Mi guardava sconcertato, ci fissammo per qualche minuto, poi salii sul taxi anch’io e chiusi lo sportello. Il taxi partì e speravo che mi lasciasse stare, lasciai tutto alla festa: i miei guai e la mia vita passata con lui. Avevo deciso di ricominciare.

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