Dangerous love

di Aurora Barone
(/viewuser.php?uid=4146)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 La morte di Mayko ***
Capitolo 2: *** 2 tristezza comune ***
Capitolo 3: *** un giorno come tanti ***
Capitolo 4: *** una notte d'inverno ***
Capitolo 5: *** angelo ***
Capitolo 6: *** 6 I suoi occhi ***
Capitolo 7: *** 7 una povera ragazzina ***
Capitolo 8: *** 8 la coscienza ***
Capitolo 9: *** 9 malinteso ***
Capitolo 10: *** 10 un passaggio ***
Capitolo 11: *** 11 fiume ***
Capitolo 12: *** Una scomoda verità ***
Capitolo 13: *** Ricominciare ***
Capitolo 14: *** Cattive intenzioni? ***
Capitolo 15: *** Ti uccido! ***
Capitolo 16: *** la sfida di Kyo ***
Capitolo 17: *** i pensieri di Kyo ***
Capitolo 18: *** perdita dei sensi ***
Capitolo 19: *** Keitawa ***
Capitolo 20: *** la realtà di un sogno ***
Capitolo 21: *** lo stesso cognome ***
Capitolo 22: *** I ricordi e i rimpianti del passato... ***
Capitolo 23: *** Rivelazioni ***
Capitolo 24: *** Soluzione? ***
Capitolo 25: *** Ipnosi ***
Capitolo 26: *** spirito ***
Capitolo 27: *** IL LAVORO DI UN LADRO ***
Capitolo 28: *** un abbraccio... ***
Capitolo 29: *** L' abbraccio di Kyo ***
Capitolo 30: *** Tornare bambini ***
Capitolo 31: *** Una promessa da mantenere ***
Capitolo 32: *** Sofferenza comune ***
Capitolo 33: *** Il padre di Yari ***
Capitolo 34: *** Promessa infranta ***
Capitolo 35: *** Bacio intenso ***
Capitolo 36: *** bacio intenso (Kyo) ***
Capitolo 37: *** Complicazioni e risoluzioni? ***
Capitolo 38: *** la casa di un politico ***
Capitolo 39: *** Partenza per Okinawa ***
Capitolo 40: *** partenza per Okinawa (Yoko) ***
Capitolo 41: *** i sentimenti di Toshio ***
Capitolo 42: *** innamorato? ***
Capitolo 43: *** scuola? ***
Capitolo 44: *** primo giorno di scuola ***
Capitolo 45: *** ti amo ***
Capitolo 46: *** l'amore di un padre ***
Capitolo 47: *** Io amo vostra figlia! ***
Capitolo 48: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1 La morte di Mayko ***


Giornata dal punto di vista di Kyo:

Da quando lei non c'è piùla mia vita è giunta ormai al termine.

I suoi splendidi capelli castani, i suoi occhi color cioccolato e il suo viso così delicato che riuscivano a riempirmi di felicità non c' erano più.

L'ultima volta che l'ho vista, il suo corpo era sporco di sangue e il suo viso era pallido,lei era morta a causa mia.

Adesso dentro di me c'era soltanto silenzio,un silenzio malinconico che riempiva le mie giornate di furti e di scopate con tante ragazze diverse,di cui non ricordava nemmeno il loro nome.

Il solo nome che ricordavo era il suo "Mayko", quello che mi aveva dato la forza di andare avanti quando credevo di non farcela più e che adesso mi aveva distrutto.

E ora senza di lei chi ero?Ero solo un delinquente come tanti altri.

Era questo che la gente pensava di me,in fondo era vero.

Avevo messo da parte la mia arroganza e ammettevo di essere uno come tanti altri.

Questo non mi rendeva felice ma non mi rattristava nemmeno,ciò che mi struggeva era che Mayko non era più accanto a me. Lei mi aveva sempre reso speciale anche se non lo ero mai stato, era la sua presenza a rendermi tale, perché mi apprezzava per quello che ero, riuscendo ad estrapolare in me tanti pregi che io non riuscivo a vedere.

Qualcuno bussò alla porta della mia stanza.

Non risposi.

Continuavo a stare seduto bevendo ancora qualche sorso di vino.

La bottiglia era ormai vuota, la osservai era come tante altre bottiglie,nera e vuota.

Mi sentivo come quella bottiglia priva di contenuto,io ero privo di gioie ed ero distrutto dal dolore, poi mi soffermai su quel bicchiere che mi era appena scivolato dalle mani, si era frantumato come il mio cuore.

A volte mi sembrava di vederla ancora qui accanto a me:

Sentivo la sua risata gioiosa, era talmente reale che per qualche istante volli illudermi che fosse tutto vero.

Tralasciando quella cruda verità:lei era morta e non sarebbe tornata da me.

Nonostante lo desiderasse con tutta se stessa, non avrebbe potuto farlo.

Dopo un po' la sua immagine scomparve, era stata soltanto la mia immaginazione.

Lei non c'era più, e avrei dovuto accettare la realtà e andare avanti.

Dopotutto non potevo fare altro che cercare di dimenticarla, ma ero come Orfeo, non volevo rassegnarmi, avrei voluto che qualcuno sentisse la mia disperazione, che non era un sublime canto, ma un semplice lamento triste che mi perseguitava, volevo che qualcuno lo scacciasse via, permettendomi di riportarla in vita.

Ma ripensando alla storia di Orfeo, mi ricordai che nonostante gli Dei gli avessero offerto il loro appoggio, conducendolo negli inferi, per salvare la sua Euridice, egli non ci riuscì, perché cedette alla tentazione e la guardò, mancando alla condizione posta dagli Dei.

Ma Orfeo era stato stupido, io di sicuro non avrei mai commesso il suo stesso errore, io sarei stato in grado di riportare Mayko indietro, mi sarei attenuto ai patti, avrei fatto qualunque cosa pur di riportarla indietro.

Qualcuno entrò nella mia stanza,era un uomo con i capelli neri raccolti in una coda,i suoi occhi erano castani e identici ai miei ed era un po' più alto di me, ma aveva un fisico piuttosto gracile rispetto al mio.

Era mio fratello,non realizzai subito che fosse lui, perché ero troppo ubriaco per riconoscerlo .
Mi guardava preoccupato,non sapendo che dire e che fare, finalmente si decise.

"Kyo sei di nuovo ubriaco?"chiese serio in viso.

"bè,non si vede"gli risposi ridendo.

Mi stava iniziando a girare la testa e mi veniva pure da vomitare, ma ero contento senza sapere il perché.

Mio fratello capì che da lì a poco avrei vomitato.

Mi trascinò in bagno in cui nauseato vomitai con la testa china sul water.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 tristezza comune ***


2 Tristezza comune


 

Giornata dal punto di vista di Kyo:

La sbornia mi era ormai passata.
Mi sentivo osservato.
Mi voltai.
Gli occhi di mio fratello erano puntanti su di me.
Mi guardava con quello sguardo severo.
"Smettila di piangerti addosso, non lo capisci che non ti serve a nulla comportarti così!"disse mio fratello urlando con rabbia.
Non lo avevo mai visto così arrabbiato.
Lui era sempre stato quello che non perdeva mai la calma,di solito ero io a perderla con tanta facilità.
Mentre lui era il classico bravo ragazzo pacato, che non si arrabbiava mai neanche volendo.
Quelle parole che aveva pronunciato erano vere:
non serviva a nulla piangermi addosso come un bambino, ma non riuscivo ad andare avanti, a vedere qualcosa di positivo in questo lurido mondo, perché era la sua presenza a rendere gradevole la mia vita, era stata sempre lei a farmi capire che la vita fosse un dono e non una disgrazia.

Io non dissi niente.
Lo guardai con indifferenza e lui uscì dalla stanza più arrabbiato di prima sbattendo forte la porta.
Lui non poteva capirmi,nessuno poteva comprendere quello che provavo.
Mi avvicinai alla finestra ormai si era fatta sera,il cielo si era ormai fatto scuro e in mezzo a quell' oscurità la luna emanava una fioca luce dorata.
Quel cielo tenebroso ero io, e quella luce chi era?
Quella piccola luce di speranza mi mancava, la volevo pure io, mi sarebbe bastata un lieve bagliore per sentirmi vivo ancora una volta.

Poi mi ritornò in mente quel giorno che cambiò per sempre la mia vita:

Io stavo camminando per le strade,erano soltanto le cinque del mattino,non c'era molta gente in giro.
Qualcuno mi chiamò,era un uomo sulla quarantina, che mi puntava una pistola contro.
Stava fermo davanti a me e mi guardava con compassione,sembrava quasi gli dispiacesse uccidermi.
Io non feci nulla, non potevo fare niente, ero disarmato,aspettavo solo il momento in cui si fosse deciso a spararmi.
All'inizio non ebbi paura, ma quell' attesa stava iniziando a diventare insostenibile.
Non capivo se voleva ammazzarmi perchè non lo faceva subito, invece di prolungare le mie sofferenze?
Purtroppo quando si decise a farlo non colpì me, ma una ragazza che si era messa in mezzo.

Mayko era finita per terra e mi guardò per l'ultima volta.
Il suo corpo era coperto di sangue e il suo viso era divenuto bianco e freddo come non lo era mai stato.
Cercava di dirmi qualcosa ma non riuscivo a capirla, la sua voce era molto flebile e confusa, poi smise di parlare e dalla sua bocca uscì molto sangue e poi i suoi occhi si chiusero per sempre.
Io ero chinato dinanzi al suo corpo inerme, ancora non riuscivo a realizzare che fosse morta.
Non volevo crederci, era troppo doloroso ammetterlo.
L'uomo che le aveva sparato, quel bastardo era svanito nel nulla, senza lasciare alcuna traccia di sé.
Non riuscivo neppure a ricordare quel volto, era oscurato dalla mia memoria.
Dopo mi sdraiai sul letto, mi addormentai con quei pensieri tristi ancora nella mia testa.
Il giorno seguente non feci nulla di speciale,stavo leggendo un articolo sul giornale “Tokyo Espress”.
Parlava di Keitawa,un politico che si era candidato come nuovo presidente, conoscevo bene quell'uomo,tutti credevano di sapere chi fosse,ma io e mio fratello eravamo i soli a conoscerlo veramente.


Giornata dal punto di vista di Yoko:

Ero appena uscita per andare a scuola,la mia sorellastra Shizuko si era fatta accompagnare dal suo autista, mentre io chissà perché ogni volta ero costretta a farmi accompagnare da mio padre o meglio il mio padre adottivo.
Aveva una macchina sportiva,gli era costata tantissimo, ma per lui i soldi non erano un problema ne aveva in grande quantità.
Salì in macchina piuttosto preoccupata,avevo paura delle sue intenzioni.
Lui guidava lanciandomi talvolta qualche sguardo malizioso, io guardavo fuori dal finestrino per non incontrare quello sguardo che mi terrorizzava.
Avrei voluto sedermi nei posti dietro, ma lui mi obbligò a sedermi davanti a lui.
Durante i semafori e le fermate causate dal traffico, si avvicinava a me per toccare ogni parte del mio corpo con le sue viscide mani.
Io avrei voluto sottrarmi da ciò, ma non potevo fare niente, ero solo una ragazzina quattordicenne spaventata, così continuavo a guardare fuori dal mio finestrino, per non dover incrociare il suo sguardo che mi incuteva timore.
Avevo cominciato a provare paura, da quando aveva iniziato a provare un grande interesse verso il mio corpo.
Quando sua moglie tornava tardi per questioni di lavoro, ne approfittava per entrare nella mia stanza e violentarmi, non avevo mai avuto il coraggio di parlarne a qualcuno.
Rei il mio ragazzo con cui c'era stato solamente qualche bacio era sempre molto impegnato, giocava a basket insieme ai suoi amici, quindi non ci vedevamo molto e quelle poche volte che ci vedevamo non trovavo le parole per raccontargli quello che mi era accaduto. Le mie amiche Yuri e Yamiko non sapevo se mi avrebbero capito,inoltre mi mancava il coraggio di raccontarlo a qualcuno, perché in quel caso, se lo scopriva mi uccideva.
Mi fece scendere dalla macchina, io scesi in fretta avendo paura che ci ripensasse.
Eravamo arrivati, la mia scuola era un istituto privato per gente piena di soldi.
Scesi di corsa dalla macchina, volevo andarmene a scuola il più presto possibile,ma lui voleva accompagnarmi sino a lì.
Io gli dissi di non disturbarsi, così lui con un espressione maligna, mi chiedeva un bacio sulla guancia prima di andarsene.
Mi avvicinai al suo corpo curvo che era pronto per ricevere quel bacio,senza alcun sentimento facevo quello che mi chiedeva sperando che un giorno mi avrebbe lasciato in pace.

Finalmente dopo quel bacio se ne andò ed io entrai a scuola contenta, perché quello era l' unico posto dove nessuno avrebbe abusato di me.
Percorsi il corridoio che era affollatissimo di ragazzi e ragazze che ridevano fra di loro, riuscì a superare quella marmaglia ed entrai nella mia classe.
La prof non era ancora arrivata,i miei compagni erano tutti alzati che parlavano fra di loro.
Rei smise di parlare con la sua comitiva e si avvicinò a me. "Ciao Yoko!"disse lui sorridendomi.
"Ah,ciao..."dissi io.
"Ma che hai?!lo sai, sei davvero strana.
Ci sono giorni in cui spicchi felicità da tutti i pori e giorni in cui sei di pessimo umore!mi disse lui.
"Tutti hanno dei giorni neri e giorni in cui si sentono felici!"gli risposi. "Rei,Rei!"lo chiamò uno dei miei compagni.
"Adesso devo andare"disse lui tagliando corto.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** un giorno come tanti ***


3 Un giorno come tanti

Punto di vista di Yoko:

Molto spesso le cose ci capitano all' improvviso:
Un giorno come tanti può cambiare la nostra intera esistenza senza che noi c'è ne rendiamo conto.
A scuola la prof era ormai arrivata,tutti si sedettero ai loro posti e anch'io lo feci.
Le lezioni proseguirono come al solito, io non seguivo un granchè, la mia mente vagava fra un pensiero all'altro,quell' uomo che mi aveva adottato che si era rivelata una persona orribile e Rei che sembrava fregarsene di me.
Il pensiero più frequente era quell'uomo, era il mio incubo del giorno e della notte, quella situazione era davvero difficile da gestire.
A ricreazione Yuki e Yamiko mi chiamarono, le raggiunsi correndo verso la mensa della scuola.
Mi sedetti accanto a loro,c'erano altre due ragazze, stavano sbavando sopra una rivista. Yamiko baciava la rivista mentre Yuki e le altre ci sbavavano sopra.
Ritenevo il loro atteggiamento del tutto stupido però in un certo senso riuscivano a farmi dimenticare i miei problemi almeno per un po'. Le osservai volendo capire chi c'era in quella rivista,di sicuro ci doveva essere qualche bel ragazzo.
"Ragazze?!ma chi c'è in questa rivista?!"chiesi io. "C'è il ragazzo più bello e affascinante che ci sia!".disse yamiko.
"Ma di chi stai parlando?!"chiesi io,stavo iniziando a incuriosirmi.
Yuki mi mostrò la rivista,c'era un ragazzo molto alto,muscoloso,aveva i capelli castani un po' scompigliati e gli occhi castani che non suscitavano alcuna emozione.
Quel ragazzo era vestito di nero e stava camminando per le strade di shibuya.
Non avevo la più pallida idea di chi fosse, però dovevo ammettere che era davvero un bel ragazzo ma ritenevo esagerato il comportamento delle mie compagne.
"E chi sarebbe?!".chiesi io. Le mie compagne mi guardarono sconvolte.
"lui è un attore, famosissimo ma tu vivi proprio in un altro mondo!”.affermò Yamiko.

"Yamiko come mai ti stupisci così tanto?!. fa parte di Yoko essere così disinformata!è ben informata solo su Yuki Kajiura!affermò Yuki.

La campana suonò e uscimmo da scuola dopo un'altra ora di lezione veramente noiosa.
Di pomeriggio non feci nulla di speciale,rimasi a casa, a leggere un libro poggiato su uno scaffaledi casa mia.
Lo doveva aver comprato Shizuka la mia sorellastra, così feci le ore piccole su quel romanzo.
Si fece subito sera,uscì dalla mia stanza per cenare, la cameriera non aveva ancora finito di cucinare e Shizuko voleva mangiare e quindi finì per lamentarsi come al solito.
Lei era una bella ragazza,aveva i capelli lunghi castani,gli occhi verdi della madre ed era magrissima e anche molto alta,peccato che il suo aspetto non era bello quanto il suo carattere: era una ragazza frivola, viziata e si credeva superiore a gli altri.
Io con lei non andavo molto d'accordo e infatti spesso litigavamo.
L'unica persona che mi trattava bene in quella famiglia era la signora Keitawa:
lei era una persona straordinaria così generosa e ingenua non aveva niente a che fare col marito e la figlia, molti suoi gesti mi ricordavano la mia povera madre.


Punto di vista di Kyo:

Leggevo ancora "il tokyo espress".
Mio fratello entrò nella stanza. "Cosa c'è?"gli chiesi.
"Bè credo sia meglio andare"disse lui.

Presi la mia giacca nera pronto per uscire...

Arrivati a casa di Kukishi,mio fratello dovette uscire.
Kukishi voleva esclusivamente parlare con me.
Il suo ufficio era enorme e lui stava seduto su una sedia ultra confort con le rotelle.
Quella stanza era davvero enorme ed era piena di quadri,la maggior parte di quei quadri li avevo rubati io.
Prese un pacco di sigarette e ne estrasse due, una la lanciò verso di me, riuscì a prenderla.
Ci eravamo messi a fumare,poi finite le sigarette lui iniziò a parlarmi.
"Sai Kio,ho un lavoretto per te!".mi disse lui.
"Che dovrei fare?!". "devi portare questi sacchi di cocaina ad un certo kimura kyoshi".
"Mi sembra troppo pericoloso!!la polizia sta tenendo d'occhio tutta Tokyo".
"E' da quando in qua hai paura delle cose pericolose?!.
"Dammi qua"gli dissi facendomi dare i sacchi. Ero già sulla mia macchina nera sportiva insieme a mio fratello.
Arrivati a Shibuya,scesi dalla macchina, mio fratello rimase in macchina ad aspettarmi.
Camminai per un bel po' prima di trovare la casa di Kimura,dopo averla trovata terminai la mia consegna, ma qualcosa non andò per il verso giusto.
Stavo andando da mio fratello e ormai le strade erano deserte perchè si era fatta notte fonda, ma intravidi due poliziotti, riuscì a scappare in tempo finendo in una strada molto chic.


 

Pumto di vista di Yoko:

Dopo la cena tutto andò come le altre notti, quell'uomo aveva ancora abusato di me.
Le sue mani si insinuavano con forza nel mio corpo.
Cercai di liberarmi ma ogni tentativo era vano.
Urlai piangendo ma nessuno mi ascoltava.
Le mie urla erano soffocate da quelle quattro mura, dopo di ciò mi lasciò sul letto in lacrime.
Mi buttai giù da esso per la disperazione.
Il mio corpo nudo toccò quel pavimento gelido, mi rialzai con il solo sostengo delle mie mani e andai verso il mio armadio per vestirmi.
Mi misi la prima cosa che mi ritrovai sotto gli occhi: la mia divisa scolastica nera.
Non sapevo bene che fare,l'unica cosa che sapevo che dovevo uscire da quella casa.
Tanta fu la voglia di andare via da quella casa, che uscì senza scarpe.
Nessuno si accorse che ero uscita perché avevo fatto meno rumore possibile.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** una notte d'inverno ***


 4 una notte d' inverno


Yoko:

Ero ormai giunta fuori da quell' inferno di casa.
Le strade erano illuminate da lampioni che illuminavano l'intera città.
Non c'era anima viva,si sentiva solo il rumore dei miei passi.
Faceva molto freddo ed il vento soffiava fortissimo, i miei piedi scalzi si erano infreddoliti eravamo ancora a settembre e faceva già freddissimo.
Quell' inverno arrivato in anticipo, sembrava dare voce all'angoscia che giaceva dentro di me.
Camminavo senza una meta,non pensavo a niente, sembrava che ormai la mia testa fosse vuota fino a quando non mi tornò in mente tutto: Mia madre era povera e non avendo potuto trovare un lavoro onesto, si dovette accontentare del lavoro disonesto,meno gradito dalle donne serie come lei.
Lei faceva dono agli uomini del proprio corpo per sfamarmi.
Vivevamo per strada e la gente ci guardava con disprezzo.
Poi un giorno mia madre si ammalò gravemente.
Aveva la febbre molto alta, chiesi aiuto ai passanti ma non sembrava importare a nessuno se una puttana stava male, così mia madre morì in un freddo giorno di dicembre.
Quella notte solo un uomo si avvicinò a me:                                                                                              
era un uomo ben vestito, aveva una camicia bianca con una cravatta nera,portava una giacca abbinata ai pantaloni.
I suoi capelli corvini erano perfettamente in ordine,ma le sue sopracciglia molto arcuate e il suo fisico robusto sfocavano quell' immagine di perfezione,inoltre i suoi occhi castani erano inaccessibili,non si scorgeva alcun emozione da quegli occhi, le sue labbra mostravano sempre quel dolce sorriso che traeva in inganno.
Nessuno sapeva che quel sorriso era solo una falsa e quanto in realtà fosse malvagio.
Dopo aver pensato a tutto ciò ,decisi di dirigermi a scuola.
Volevo salire sul terrazzo.
Volevo buttarmi giù da lì per lasciarmi alle spalle quella vita piena di amarezza e angoscia.
Presi le chiavi della scuola,le avevo perchè ero rappresentante di classe,tutti i rappresentanti di classe che riuscivano a guadagnarsi la fiducia del direttore le avevano.
Io ero una di quei rappresentanti che aveva comprato la sua fiducia, col fatto che mio padre adottivo fosse un politico importante. Infilai la chiave nella serratura.
Aperta la porta,accesi gli interruttori della luce.
Percorsi il corridoio e salì le scale, finalmente giunsi sopra quel terrazzo.
Mi affacciai guardando giù, le macchine parcheggiate erano più piccole viste da quell' altezza.
Mi misi sopra la ringhiera del terrazzo e osservai il cielo.
Avevo paura di morire, nonostante la mia vita fosse triste.
Mi resi conto di essere molto legata ad essa, credevo che sarebbe stato molto semplice e invece non lo era affatto.
Per suicidarsi ci voleva coraggio, un coraggio che mi mancava così pensai che la mia voglia di vivere fosse solo puro masochismo, che soddisfacesse qualcuno forse Dio.
Dov'era lui quando io ne avevo più bisogno? Si divertiva a farmi soffrire?
Quel giorno ero arrabbiata con lui.
"Signore io non so se esisti,ma so che esisti non condividerai questa mia scelta e forse non hai tutti i torti,una parte di me mi dice che è una cosa sbagliata quella che sto per fare,ma io non posso continuare a soffrire in questo modo"il mio tono era sereno fino a qui.
Poi ci fu una pausa, adesso la mia voce cambiò tono, era furente:
Io non c'è la faccio,sono troppo debole per continuare a vivere.
"Perchè signore non mi aiuti?"
"Tu non mi hai mai aiutato!"
"Perchè?"
"Forse perchè non esisti oppure ti piace vedermi soffrire! Ed è per questo che non vuoi che mi uccida...perchè altrimenti ti toglierei tutto il divertimento!"

Pronunciai quelle parole in una collera disperata, ma ciò nonostante nessuno ascoltò le mie parole solo il vento che si era fatto più calmo e accarezzava i miei lunghi capelli neri.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** angelo ***


5 Angelo

Kyo:

Quella notte, in quella strada vidi un volto, quel viso muliebre e angelico attirò subito la mia attenzione.
I suoi capelli neri le ricadevano lungo le spalle,i suoi occhi castani erano colmi di angoscia,le sue labbra erano di un rosso sangue. "un angelo",pensai vedendola. Era sopra il terrazzo della scuola che avevo davanti.
Stava sopra la ringhiera di quel terrazzo, voleva di sicuro suicidarsi, dai suoi occhi uscì qualche lacrima.
Rimasi del tutto affascinato da quel volto, ma allo stesso tempo provai paura.
Dei brividi mi percorsero la schiena e non me ne spiegavo il motivo.
Era da molto tempo che avevo smesso di provare paura,questo stato d'animo su di me era sparito e adesso era ricomparso all'improvviso. La mia testa entrò in confusione,tanti ricordi disconnessi mi vennero in mente.
Una ragazza che urlava "ti prego non mi uccidere!"
Il suo volto era sfuocato e si perdeva nel buio,riuscivo solo ad intravedere alcuni tratti del suo viso.
Poi le parole di Mayko "perché?".
Il suo era un perché disperato, ma al contempo colmo di rabbia, non afferravo il senso di quei ricordi così vaghi, dovevano essere avvenimenti accaduti prima della mia amnesia.
Prima della morte di Mayko, avevo avuto un incidente con la macchina, da quel giorno persi una parte della mia memoria.
I dottori avevano detto che il mio desiderio di dimenticare e la mia testa lesionata, facilitarono la perdita dei miei ricordi, ma seppelliti da qualche parte del mio cervello, essi stavano riemergendo.
Non sapevo se esserne felice o meno, sapevo che la mia amnesia celasse qualcosa di oscuro che c'era in me, non riuscivo ad immaginare cosa fosse e di certo non mi immaginavo che fosse qualcosa di veramente terribile, da quel giorno iniziò una nuova fase della mia vita. La ragazza che mi aveva fatto ricordare una piccola parte del mio passato,non si era ancora suicidata.
Io non volevo che lo facesse,forse per puro egoismo,per soddisfare un mio capriccio ovvero di conoscere il mio passato.
Quella ragazza mi forniva una visione del passato molto confusa, ma sapevo accontentarmi, così decisi di andare sopra quel terrazzo per fermarka. Entrai dentro la scuola con molta facilità,non dovetti forzare neanche un po' la serratura,la porta era aperta.
Salì in fretta le scale,sperando che non fosse troppo tardi, quegli scalini erano molto larghi e sembravano non finire mai, percorsi scalino dopo scalino, cercando di far in fretta, più andavo salendo e più gli scalini sembravano aumentare,non finivano mai.
Arrivato all'ultimo scalino del tutto sfinito,non avevo più la forza di camminare, ma mi feci coraggio e proseguì ,vidi quella ragazza messa di spalle sopra la ringhiera.
Mi avvicinai a lei cercando di fare meno rumore possibile, non si accorse neppure della mia presenza.


 

Yoko:

Volevo suicidarmi però mi mancava il coraggio per farlo, inoltre continuavo a chiedermi se ciò che stavo facendo fosse giusto o sbagliato, così facendo non riuscivo a prendere una decisione, alla fine smisi di pormi troppi problemi e decisi di buttarmi.
Mi buttai senza rifletterci, non sapendo a cosa andavo incontro, in fondo nessuno sa a cosa va incontro quando muore,mentre stavo per cadere mi chiedevo se esistesse una seconda vita dopo la morte o se in realtà non esisteva un bel niente, ma ero convinta che ben presto avrei ricevuto una risposta a quelle domande.
Stavo cadendo per sempre,una parte di me sentiva il disperato bisogno di fermare tutto, qualcuno esaudì quel desiderio: era stata una mano gelida che aveva afferrato la mia, lasciandomi sospesa tra la vita e la morte.
Aprì gli occhi per vedere il proprietario di quella mano, non riuscì a vederlo bene, perché faceva molto buio, la sua mano sollevò il mio corpo con molta facilità.
Ormai tornata sopra il terrazzo,fissai il mio salvatore con disprezzo anche se una parte di me gli era grata perché essa voleva vivere, ma l'altra che prevaleva non voleva continuare a vivere, per tale ragione mi infuriai. "Si può sapere perché l'hai fatto?!"gli chiesi con rabbia, lui non mi rispondeva,rimaneva impalato a fissarmi.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 I suoi occhi ***


6 i suoi occhi...

Yoko:
Mi sentivo i suoi occhi addosso, i suoi occhi sembravano, attraversare i miei pensieri e i miei stati d’animo, mi mettevano a disagio,volevo che la smettesse di fissarmi o forse no, sembrava sapessero ciò che stessi provavo,loro condividevano la mia angoscia?
Quello sconosciuto riusciva a capirmi, sembrare provare le mie stesse emozioni, così i nostri sguardi tristi si confortarono.
La collera che avevo provato verso quel volto,era svanita, grazie a quello sguardo che mi faceva provare delle emozioni intense, non riuscivo a definire perfettamente quelle emozioni,così incomprensibili e mai provate.
Mi avvicinai al corpo di quel ragazzo,il mio istinto mi diceva di abbracciarlo.
Ascoltai il mio istinto senza rifletterci. Lo abbracciai.
Stringevo quel corpo estraneo da cui trassi conforto.
Lui non tardò a ricambiare, le sue forti braccia mi stringevano a sé, in tal modo i nostri corpi aderivano all’un l’altro, così il mio cuore pulsò più forte del dovuto.



Kyo:
Cercava conforto fra le mie braccia,ma come potevo io confortarla?!
Io che non ero in grado di confortare neanche me stesso,io che soffrivo in silenzio,quel silenzio che nessuno sapeva ascoltare.
Quella ragazza però lo aveva ascoltato,sentiva il mio dolore e la mia rabbia, era riuscita a vedere cosa nascondevo, dietro i miei occhi privi di emozione.
I suoi occhi sembravano conoscermi,ed entravano in sintonia con i miei.
Avrei voluto parlargli, ma le sue iridi mi impedivano di farlo, esse mi parlavano,mi dicevano cosa fare così mi lasciavo manovrare da quegli occhi. Ero ormai divenuto il suo burattino, esaudivo ogni suo desiderio, i suoi occhi volevano che ricambiassi il suo abbraccio e lo feci guardando il suo sguardo desideroso di conforto, che mi scrutavano inutilmente, perché essi conoscevano ormai tutto di me. Avevano buttato giù una delle mie maschere che portava da molto tempo, quella che nascondeva i miei sentimenti, ancora però non sapevo che ben presto lei avrebbe buttato una maschera che portavo, che neanch’io sapevo di portare.
La maschera che aveva creato la mia amnesia, quella che mi avevano fatto indossare, nascondendomi la verità, ancora non ero cosciente di tutto questo,mi facevo comandare da quegli occhi ed ero felice di farlo.
Dopo un po’ il mio telefonino squillò,in quel momento quegli occhi smisero d’ipnotizzarmi, avevo acquisito il controllo delle mie azioni.
Terminai quel lungo abbraccio per rispondere al telefonino che squillava ininterrottamente nella tasca dei miei pantaloni neri. Infilai una mano nella mia tasca e lo presi, risposi senza pensarci due volte: Una voce preoccupata parlava,era piuttosto familiare,la riconobbi subito anche se aveva subito qualche cambiamento, di solito il tono di mio fratello era spensierato e brioso, invece in quel momento la sua voce suonava ansiosa e piena di angoscia. “kio?!”mi chiamava con ansia.
Io risposi con un “si”secco.
La sua preoccupazione non mi importava,in fondo lui si preoccupava sempre per niente. “si,può sapere dove sei?”mi chiese lui infastidito dal mio tono.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 una povera ragazzina ***


7 una povera ragazzina

 

Kio:

Spiegai a mio fratello dov'ero, rispose dicendo che mi sarebbe subito venuto a prendere, nel frattempo la ragazza che stava di fronte a me,era immersa nei suoi pensieri, i suoi occhi erano meno spauriti e tristi,ero stato io a confortarla?
Era piuttosto evidente,eppure come poteva uno come me privo di sensibilità confortare qualcuno?
Sentendosi osservata si voltò verso di me,rimase in silenzio, sembrava piuttosto imbarazzata dal mio sguardo.
Continuavo a fissarla senza capirne neanch'io il motivo,forse perchè mi incuriosiva.

In quell' istante aprì bocca, interrompendo quella comunicazione, che avveniva attraverso sguardi e gesti, ma solo dopo, mi resi conto, che l' aveva interrotta lei distogliendo lo sguardo da me, chissà perché l' idea che non fissasse più il mio volto mi recasse tanto fastidio.
"Allora...cos'è che ti preoccupa?"
Lei si voltò verso di me,mi guardò come se volesse dirmi di farmi gli affari miei, così nascose i propri problemi rimanendo in silenzio,in un certo senso quel comportamento mi intenerì, ma non lasciai trasparire i miei sentimenti, limitandomi a risponderle con un secco:"Fa come ti pare"
Lei continuava a non dire nulla,mi ricordava molto me stesso:
Io mi chiudevo spesso in me stesso,non parlando mai di ciò che mi angosciava e quel comportamento prolungava le mie sofferenze, ma era l'unico che riuscivo ad assumere, gli altri non avrebbero compreso, oppure mi avrebbe compatito ed io odiavo essere compatito. Poteva anche essere che lei fosse muta, dopotutto non avevo mai udito la sua voce, avevamo parlato senza parlare realmente, come se le parole non ci servissero, così frugai tra le tasche della giacca e dei pantaloni cercando un pezzo di carta e una penna ma non ne avevo.

 

 

Yoko:

Mi trovavo di fronte a lui,lo guardavo con la coda dell' occhio chiedendomi chi fosse e perchè mi avesse salvato e poi conchi aveva parlato al telefonino?
Mi aveva chiesto cosa mi preoccupasse,mi fece quella domanda con una certa naturalezza.
Io non soddisfai la sua curiosità,non avevo voglia di parlarne, tanto meno con uno sconosciuto.
Lui intuii dal mio silenzio che non volevo parlarne,e mi rispose con amarezza "fa come ti pare!". Quell' affermazione era tagliente e colma di amarezza e mi permetteva di chiudermi in me stessa senza ostacoli. Se avesse insistito avrei ceduto, sarei finita per parlargli di ciò che mi tormentava,ma lui non insistette, forse non gli importavano più di tanto conoscere i miei problemi, poi lo vidi frugare tra le tasche della sua giacca e dei suoi pantaloni, non avevo idea di cosa cercasse, ma dopo un po' si arrese, non avevo trovato ciò che cercava e sbuffò.
"Hai in mente di stare qui per tutta la notte?"mi chiese con sguardo di rimprovero.
"veramente io...."
"ma allora c'è l'hai la lingua!".rispose lui con un certo sollievo.
Ci spostammo verso la luce,così ci guardammo molto più attentamente:
Lui aveva l'aria di una di quelle persone grandi e sicure di se,che nonostante stessero bene con se stesse erano persone colme di tristezza.

Kio:

La guardai, dalla luce capì che si trattava di una ragazzina,il suo volto muliebre e angelico,appariva anche piuttosto infantile,sopratutto i suoi atteggiamenti erano così puerili.
Ogni sguardo che le lanciavo la traeva in imbarazzo,anche la sua voce era dolce e con una cadenza ancora infantile.
Avendo capito che si trattava di una ragazzina,capì che non potevo lasciarla lì da sola.
Mi sarei sentito fin troppo in colpa per averla abbandonata nel cuore della notte e sopratutto ridotta in quello stato pietoso, vivevo già di fin troppi rimpianti e non volevo aggiungerne un altro.
All' inizio diedi questa spiegazione egoista al mio comportamento fin troppo generoso, ma in fondo sapevo che c'era qualcosa dietro, che non riguardava neppure la mia amnesia.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 la coscienza ***


Yoko: Finì per piangere,non riuscivo a dimenticare quelle mani che mi toccavano con forza,quella rabbia che provava verso di me,le mie urla e la sua risata del tutto sadica.
Non avevo mai capito perchè mi odiasse,forse perchè non ero davvero sua figlia, oppure non esisteva un reale motivo, ma io tentavo inutilmente di trovarne uno.
Era triste realizzare che qualcuno potesse recarti tanto dolore senza una ragione plausibile.
Ero martire della sua rabbia e della sua angoscia, in fondo il signor Keitawa era un uomo affranto,mi capitava spesso di vedere in lui una certa tristezza, che si confondeva con la rabbia e che finiva per scaraventarsi sugli altri, sopratutto su di me. Io che ero una persona di poca importanza,non ero sua figlia e sua moglie, per tale ragione i miei sentimenti erano insignificanti, quindi ciò lo autorizzava a farmi del male?
Meditabonda com'ero, non prestai molta attenzione al ragazzo che stava di fronte a me.
Le mie lacrime continuavano ad uscire,avrei voluto fermarle,perchè mi sentivo una sciocca che si piangeva addosso, invece di risolvere i problemi, in fondo era più facile e più comodo piangermi addosso, nonostante alimentasse ancor di più il mio dolore.


Kyo:
Era ridotta davvero male,piangeva e singhiozzava,isuoi singhiozzi sembravano non aver fine.
Non sapevo che fare,mi trovavo accorto d'idee,in fondo non era un problema mio.
Continuavo a ripetermelo nella mia mente,ma la mia coscienza mi impediva di fregarmene, così presi dalla tasca un fazzoletto di carta.
Mi avvicinai a lei e glie lo porsi.
Lei allungò la mano per prenderlo,in quel momento si sollevò la manica della sua maglietta:
Il suo polso era rosso,pieno di lividi e graffi.
Lei prese il fazzoletto con cui si asciugò le lacrime e anche il naso gocciolante. mi disse tra i singhiozzi un grazie carico di gratitudine, sforzandosi di farmi un sorriso.
Capì subito che quel grazie non si riferiva solo al fazzoletto, ma anche al fatto che le avevo salvato la vita.
Dopo un po' si riprese,non capivo come ma adesso era serena,mi guardava spensierata come se di colpo avesse dimenticato i suoi problemi.
"Come ti chiami?"mi chiese lei imbarazzata.
Mi suonò come una di quelle domande piuttosto fuori luogo,ma nonostante ciò risposi:"Mi chiamo Kio e tu?".
Ero curioso di conoscere il suo nome,lei mi rispose "Yoko".
Sinceramente non sapevo a che servisse quell' inusuale presentazione,credevo che le nostre strade si sarebbero divise in quello stesso giorno in cui si erano incontrate, invece ciò non avvenne.
Le chiesi ciò che sospettavo da un bel pezzo,"ma sei piccola?"
Rispose titubante "ho 14 anni"con quella voce dolce e flebile.
Forse si era fatta delle idee sbagliate su di me,in fin dei conti con quell'espressione seria e cupa che mi mettevo l'avrei per forza indotta a pensare male.
"Ma tu non dovresti essere a casa? i tuoi non si preoccupano?"Le chiesi.
"Figuriamoci" .mi rispose con amarezza.
"allora sono stati loro a picchiarti?!" gli chiesi impietosito.
La mia domanda la mise a disagio, si limitò a farmi un cenno con la testa.
Ero ormai abituato a sentire certe cose ,per me erano cose di tutti i giorni.
Per uno costrettoa lavorare con gente disonesta era più che normale sentire queste cose.
Purtroppo ero costretto ad averci a che fare ,se volevo mantenere me e mio fratello, e in fondo io non avevo la presunzione di ritenermi migliore di loro.

Yoko:
Il ragazzo scese da quel terrazzo, io lo seguì nonostante avessi paura di lui, una paura che ritenni alquanto stupida visto che mi aveva salvato la vita, ma forse non era stata poi così stupida perché colui che una volta si era dimostrata gentile verso di me ,mi aveva procurato tutto questo dolore.
Per questo motivo avevo smesso di fidarmi fin troppo ciecamente del prossimo.
"Se vuoi posso offrirti un passaggio.." la voce di quel ragazzo era molto fredda e distaccata.
Sembrava quasi che si sentisse costretto ,era come se qualcuno o qualcosa l'obbligasse a farlo.


 

Kio:

La mia coscienza, che forse in passato non mi aveva impedito di compiere atti maligni, adesso agiva, impedendomi di lasciare quella ragazza in balia del suo spiacevole destino.
Se solo mio fratello fosse arrivato in fretta lei non mi avrebbe posto quella domanda.
Lei scrutò il mio sguardo serio e cupo, che si contrapponeva al suo che era ormai divenuto allegro e spensierato.
Mi fece quella domanda che mi riporto indietro con la mente. "perché sei così serio?".
mi chiese lei con un ' ingenua impertinenza. Quella domanda l'avevo già sentita ,mi suonava familiare, qualcun altro me l'aveva già fatta.
Mi tornarono in mente dei ricordi vaghi ,sentivo delle urla, era una voce femminile che urlava disperata "ti prego non uccidermi!" .
Poi un ricordo attraverso la mia mente un giardino stupendo con degli alberi di mele, il prato era pieno di fiori, inoltre c'era il sole accecante, che mi impediva di vedere la ragazza che stava di fronte a me. Riuscivo a vedere i suoi lunghi capelli corvini ,i suoi occhi puntati su di me e vedevo le sue labbra muoversi, ma non udivo alcun suono.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 malinteso ***


9 Malinteso

Kyo:

Mio fratello arrivò nel medesimo istante, in cui la mia testa era entrata in confusione con tutti quei ricordi vaghi e alquanto macabri che mi intimorivano.

Era sceso dalla mia macchina nera e mi fissava,fissava anche la ragazza che era di fronte a me con una preoccupazione incomprensibile e mosso da uno scatto di rabbia improvviso , si avvicinò a me spingendomi verso il muro della scuola.
Lo guardai incredulo, mentre mi strattonava contro quel muro, non capivo cosa gli stesse passando per la testa e il dolore non mi permetteva di pensare, ma nonostante tutto non reagii, non che fossi contro la violenza, perché di solito quando qualcuno mi provocava ero il primo a reagire, ma in quella circostanza non si trattava di uno qualunque che mi stesse malmenando: si trattava di mio fratello maggiore per cui nutrivo un grande rispetto.

Lo rispettavo non perché fosse mio fratello, ma perché tra i due lui era il più ragionevole, quello che trovava sempre una soluzione a tutti i problemi che creavo io, inoltre non perdeva mai la calma neanche nei momenti più critici, per tale ragione, ero quanto mai sorpreso di quella reazione che non gli s'addiceva.

Mentre riflettevo su quel comportamento bizzarro, cercando di scorgere nel suo sguardo una qualche motivazione, lui mi osservava ancora con quello sguardo di rimprovero, come se avessi fatto qualcosa di terribile così offeso dalla mia incredulità, mi mollò un pugno nello stomaco.

Lo guardai ancora una volta stupefatto,la rabbia aveva preso pieno possesso di lui, era la prima volta che lo vedevo così incazzato, ma dopo aver sferrato quel colpo di improvviso sembrò essersi calmato per un istante e si concedette una pausa.

Ebbi soltanto il tempo di massaggiarmi un po' lo stomaco dolorante, perché tornò ad essere più furente di prima e come un gladiatore glorioso teneva il pugno pronto, lo bloccai appena in tempo con la mia mano, ma premeva forte contro la mia mano che stringeva il suo pugno, dopo un po' mollai la presa rassegnato, non riuscivo a sostenere tutta quella forza.

Eppure non lo avrei mai detto che mio fratello fosse così forte e imponente, dopotutto non lo avevo mai visto fare a botte, anzi il più delle volte lo avevo visto mentre le prendeva di santa ragione dagli altri ragazzini, quando ero ancora un bambino e non ero ancora in grado di difendermi da solo.

Il suo pugno ormai libero salì verso il mio volto,voleva darmi un altro pugno, osservavo la scena incredulo, avrei tanto voluto reagire, ma la mia coscienza me lo impediva, perché lui era mio fratello ed ero sicuro che presto si sarebbe fermato anche lui, perché tra di noi vigeva un rispetto reciproco e con quel comportamento lui lo stava infrangendo senza una ragione.

Non si fermò come avevo sperato, anzi con violenza colpì il mio naso che iniziò a sanguinare, ma notando il sangue che gocciolava sull' asfalto sembrò riacquistare la ragione, ma continuava ad assumere quell' espressione alterata.

Mi scervellai sulla ragione, che non riuscivo a trovare e poi improvvisamente capii il malinteso, ma non potevo credere che pensasse azioni così sconcertanti e che io fossi in grado di fare certe cose... e non mi aveva neanche chiesto spiegazioni,era direttamente arrivato alle sue assurde conclusioni.
Ero rimasto piuttosto deluso, come poteva pensare che avessi molestato quella ragazzina?
Dannazione, ecco che cosa ci si guadagna ad aiutare gli altri, a salvare la vita ad una ragazzina suicida, pugni e diffamazione.

Per colpa di quell' idiota adesso mio fratello mi credeva un molestatore e mi scocciava pure dover spiegare il reale svolgimento degli eventi, anzi ero persino in collera con lui, perché non credevo che il nostro legame fosse un semplice legame di sangue, ma ritenevo che fosse basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco, invece mi ero sbagliato, perché se il nostro rapporto fosse stato così non avrebbe mai pensato certe cose su di me.

I miei occhi si soffermarono sulla fonte di tutti i miei problemi, quell' essere indefinito poiché non era né una bambina né una donna, i suoi denti profumavano ancora di latte, ma il suo corpo era già come quello di una donna: i fianchi e quei morbidi e prosperosi seni.

Distolsi lo sguardo, dandomi mentalmente del maniaco e del pedofilo, perché osservando quei seni mi vennero in mente dei pensieri impuri, avevo persino pensato che avrei fatto meglio a molestarla sul serio, almeno non sarei stato incolpato e picchiato ingiustamente, poi respinsi tali pensieri inorridito da me stesso.

Guardai mio fratello con uno sguardo di indifferenza, volevo vedere fino a dove si sarebbe spinto: volevo vedere se mi avrebbe ammazzato ingiustamente senza chiedere spiegazioni.

 

Yoko:
Fissavo quella scena incapace di reagire,non sapevo che fare quel ragazzo veniva picchiato da un altro ragazzo più grande, dopo un po' lo sguardo di Kyo (aveva detto di chiamarsi così) si soffermò su di me, ancora una volta arrossì, il suo sguardo mi metteva in soggezione, era come se mi stesse spogliando con gli occhi, mentre veniva ingiustamente malmenato.

Dopo un pò smise di picchiarlo,allora decisi di raggiungerli, per vedere le condizioni del ragazzo, osservai il suo naso sanguinante,ero rimasta allibita dal suo sguardo che era rimasto sempre lo stesso,quell' espressione che aveva,era così sicura e non mostrava alcun segno di preoccupazione.
Dopo un pò sentì quella risata così arrogante e che suonava un pò maligna, era di Kyo del ragazzo che mi aveva salvato la vita.



Kyo:
 

Ridevo,nonostante non fossi divertito dalla situazione, infatti la mia era una risata nervosa e forzata.

Volevo ridere per fargli del male, perchè sapevo quanto quella risata potesse avere un certo effetto sulle persone, quella risata alquanto fuori luogo con cui mi beffavo degli altri, anche suo mio fratello quella risata riscuoteva un certo effetto, odiava quella risata ,come odiava molti dei miei comportamenti, che riteneva immaturi e privi di razionalità.

"Smettila di ridere!. non c'è nulla da ridere, dopo quello che hai fatto!. Kio mi hai veramente deluso,io ti credevo diverso, credevo che tu fossi cambiato ma a quanto pare mi sbagliavo!". mi disse con molta serietà.

Cambiato?quella parola rimbombava nel mio cervello,lui sapeva cosa fosse successo prima della mia amnesia, ma non voleva dirmelo e allora perchè doveva rinfacciarmelo.

Perchè doveva rinfacciarmi qualcosa che non sapevo? Era davvero crudele da parte sua rinfacciarmi ciò che non ricordavo e di cui non voleva parlarmi.

Questo rafforzò il mio desiderio di ricordare,desideravo sapere cosa avevo fatto di così terribile,non mi importavano le conseguenze ,che avrebbe portato il passato.

Intanto la ragazza che aveva seguito la scena,si avvicinò a me preoccupata:

"stai bene?"mi chiese, subito dopo si voltò verso mio fratello e gli lanciò un occhiataccia.

Mio fratello si rese conto di aver frainteso tutto, ma nonostante ciò non mi chiese scusa ed era molto strano da parte sua, di solito era il primo a scusarsi e ad ammettere i propri errori, ero io quello testardo e arrogante.

Mi asciugai il naso con un fazzoletto,non feci alcuna domanda a mio fratello, tanto se glie ne avessi fatta una di sicuro non mi avrebbe risposto, ma avrebbe cambiato discorso come al solito.

"Andiamo a casa!"disse serenamente, come se non fosse successo nulla.

Io volsi il mio sguardo verso quella ragazza malridotta,la mia coscienza continuava a frustrarmi, continuava a dirmi che non potevo lasciarla lì, ma alla fine la mia coscienza ebbe il sopravvento.

"allora lo vuoi un passaggio?" le proposi.

"si,grazie!"mi rispose subito.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 un passaggio ***


Yoko:

Avevo pronunciato quel si senza neanche rifletterci, me ne pentii subito, in fondo non conoscevo quei due, che un minuto fa si prendeva a pugni e adesso finivano per camminare insieme, quasi come se non fosse successo nulla.
Guardando quei due,mi accorsi della loro somiglianza,i loro occhi erano simili,in più il loro modo di camminare era praticamente uguale:
Tutte due camminavano come due soldati in battaglia,controllavano le strade per vedere se c'erano nemici e ostacoli ecc...sbattevano i piedi nel suolo in modo molto silenzioso continuando a guardarsi attorno.
Sarebbe bastato un banale rumore ad allarmare quei due,almeno era ciò che pensavo io in quel momento, li guardavo divertita, senza riuscire a capire perchè si comportassero in quel modo.
Arrivati in macchina,io mi misi nei posti dietro, un po' spaventata perché di solito non salivo nelle macchine degli sconosciuti, inoltre le loro facce non erano molto rassicuranti, quella del fratello era docile e dal classico bravo ragazzo, ma quella di Kyo sembrava quella di un detenuto,inoltre aveva dei modi bruschi, inoltre guidava tenendo una sigaretta fra le labbra, quell'odore acre giunse alle mie narici ed io finì per tossire, il fratello mi sentì tossire e si voltò verso di me e osservò guardò il guidatore che si stava finendo la sigaretta.

"la ragazza dietro non sopporta il fumo!" affermò invitandola a buttarla,
Il guidatore non rispondeva,continuava a guidare e a fumare, incurante come se non gli importasse un bel nulla oppure non aveva affatto sentito le parole del fratello, dopo un po' finì la sua sigaretta gettandola fuori dalla macchina.


 

Kyo:


Avevo finito la mia sigaretta,prima di finirla avevo sentito mio fratello parlare ma non lo avevo ascoltato, sentivo la sua voce così distante da non riuscirne a capire il senso poiché ero immerso nei miei pensieri, mi era tornato in mente un nome "Yari".
Quel nome mi era così familiare e pure non riuscivo a capire a chi appartenesse, non mi ricordavo di conoscere qualcuno che avesse quel nome,e pure mi era fin troppo familiare.
"Yari"a chi poteva riferirsi quel nome?forse era un nome maschile o era femminile?forse quel nome apparteneva ad una ragazza...oppure non significava proprio un bel niente,
Dopo un pò smisi di pensarci e mi concentrai sulla strada, dopo un po' dallo specchio retrovisore guardai la ragazzina seduta nei posti dietro,non fiatava, era rigida, sembrava preoccupata, dopotutto quale persona sana di mente salirebbe nella macchina di due sconosciuti senza timore?

“Dove abiti?” le chiesi non vedendo l' ora di scaricarla il più presto possibile, non sapevo perché ma la sua presenza non mi metteva a mio agio, inoltre mio fratello se pur non aveva fatto domande di alcun genere, ero sicuro che aspettasse soltanto il momento opportuno per farmi un interrogatorio senza la ragazzina tra i piedi.

Lei mi osservò perplessa e con uno sguardo incerto rispose “Veramente ecco...io...non ho un posto dove andare...”

Io e mio fratello ci volgevamo due occhiate del tipo “Ora che facciamo? La scarichiamo in una via qualunque?”

Mio fratello mi guardava accennando un si, avrebbe voluto scaricarla in una strada qualunque perché per noi era solo un intralcio alla nostra vita da delinquenti, però nella mia testa c'era una vocina che mi diceva “No,non lo fare, potresti seriamente pentirtene!” rispondeva ad essa, dicendo che stupidaggini, ma lei continuava ad insistere e così cedetti ascoltai la voce della mia coscienza.

“Allora ti portiamo a casa nostra?” le chiesi osservandola dal retrovisore, ma non riuscivo a vederla bene, c'era troppo buio.

Così accessi la luce della macchina, per vederla meglio sembrava stesse tremando, in effetti quella notte faceva molto freddo, ma forse tremava anche di paura e la vedevo arrovellarsi su quella mia proposta, come se avesse voluto accettare, ma avesse paura di cosa le potesse succedere.

Mio fratello mi volgeva uno sguardo di disapprovazione e dopo spense la luce della macchina dicendo che avrei consumato inutilmente la batteria, accessi il riscaldamento quasi d'istinto, poi mi soffermai su quel mio gesto, incominciando a sentirmi un idiota, stavo diventando troppo disponibile e generoso, di solito mi comportava così quando c'era di mezzo una qualche scopata, ma non era così in questo caso, non mi sarei scopato una nanerottola suicida, poiché avrei rischiato la galera e già la rischiavo per altre ragioni, non ne avrei voluto aggiungere una così stupida, inoltre cosa poteva mai avere una come lei più di altre ragazze, niente di più e niente di meno, anzi forse tante cose sarebbero state in suo sfavore come l' inesperienza,

Eppure c'era qualcosa in lei, che mi attraeva e mi metteva disagio, forse doveva essere stato per quello sguardo che mi aveva rivolto, sembrava avermi letto nella mente, inoltre se ripensavo a quell' abbraccio mi veniva un crampo allo stomaco. Ero come un ragazzino con il suo primo amore e ne ero disgustato terribilmente, poiché avevo già superato la fase preadolescenziale e non aveva senso ritornarci per giunta con una che non aveva ancora superato quella fase, no non era niente era soltanto la testa che pensava troppo mi dissi mentalmente.

“D'accordo, portatemi a casa vostra” rispose con un tono di voce rassegnato e triste, era come se stesse dicendo si ad una violenza di gruppo, forse doveva essere stato questo a cui aveva pensato, che non appena l' avremmo portata a casa io e mio fratello avremmo abusato di lei per tutta la notte, ma io e mio fratello non miravamo affatto a questo, per mio fratello era soltanto una gran bella seccatura, per me più o meno la stessa cosa, ma per ragioni ben diverse, però pensandoci grazie a lei mi erano riaffiorati dei ricordi, quindi dopotutto non era male se restava a dormire a casa mia.

Arrivati a casa, lei si guardò intorno, la lasciai proseguire per prima, ma lei si voltava sempre per controllarmi, temeva per caso che l' afferrassi da dietro? Bizzarro se aveva davvero così paura, “Perché aveva accettato?”


 

Yoko:

Avevo troppa paura, così d'improvviso mi pentii di aver accettato quel passaggio e di aver detto “Si, portatemi a casa vostra” ma pensai che se avessero avuto cattive intenzioni, non avrei mai potuto sottrarmi ai loro voleri, se avessi detto “lasciatemi in questa strada” di sicuro loro non lo avrebbero mai fatto, così ritenni che la cosa migliore fosse lasciar intendere che ci stavo e successivamente trovare un modo per scappare, oppure lasciare che le cose andassero in quell' orribile modo, dopotutto ormai mi stavo abituando all' idea che tutti gli uomini dovessero sempre e solo abusare di me, era questo quello che pensavo e iniziavo a credere che fosse giusto così, poiché non avevo niente da offrire agli altri se non il mio corpo.

Kyo mi fece entrare per prima, stava cercando di sembrare rassicurante, ma qualunque sforzo risultava vano, anzi più lo vedevo sforzarsi e più questo mi spaventava.
Se si sforzava così tanto significava che non era affatto una persona di cui fidarsi, così mi voltava verso di lui che stava dietro di me, però lo vedevo rimanere distante, aspettava che io proseguissi per fare dei passi più grandi...
anche quello doveva essere una tecnica per tranquillizzarmi, ma quando meno me lo sarei aspettato, lui mi avrebbe afferrato da dietro e si sarebbe rivelato per l' animale che era.

Guardai quell'appartamento,non avevo mai visto una casa così piccola, ma con la coda dell' occhio continuavo a non perderlo di vista.
L'ingresso nonostante fosse piccolo era abbastanza accogliente,dopo l'ingresso c'era un lungo e angusto corridoio che conduceva alla cucina.
Andando sempre più avanti c'era il bagno, e più avanti ancora c'erano due stanze l'una di fronte all'altra.
Kyo mi portò in una di quelle stanze, questa volta sembrò abbastanza frettoloso, non vedeva l' ora di consumare pensai, avrei voluto scappare, ma sapevo che se fossi scappata da quella casa, avrei incontrato qualcun altro che avrebbe voluto abusare di me e sarei stata punto e daccapo, dopotutto che cosa poteva sperare una come me, forse di incontrare il vero amore? La stanza non era affatto accogliente,sembrava un tugurio,negli scaffali pieni di polvere c'erano dei libri tutti disordinati, mentre invece nella scrivania c'era il monitor del computer e un mucchio di fogli, per terra c'erano delle bottiglie di vino e di birra vuote,c'erano anche dei pezzi di vetro sul pavimento e altri fogli, si, era la stanza di un molestatore pensai, perdendomi in quello squallore, c'erano anche delle riviste porno qua e là e dei dvd con donne mezze nude.

Kyo:

La feci entrare in tutta fretta dentro la mia stanza perché volevo andare a dormire il più presto possibile.
Mi dimenticai di tutte le riviste vietato ai minori che c'erano li dentro e di tutte quelle cose che avrebbero potuto suscitare preoccupazione a chi lo era già, così non appena entrammo cercai di spostare con il piede le riviste più oscene sotto il letto, mentre lei concentrava lo sguardo da qualche altra parte.
Le mie azioni erano incomprensibili e disdicevoli per uno come me, che era diventato apatico e insensibile a tutto e a tutti.

Così non sopportandomi più, smisi di osservarla e la trattai bruscamente, dicendo “ Tu dormi per terra” dissi dandole una coperta.

Lei rimase sorpresa, forse finalmente aveva compreso che non avevo alcuna intenzione di farle del male, poi osservò spaventata il pavimento intravedendo un topo che camminava indisturbato e affermò flebilmente “Io ho paura dei topi”.

La sua espressione era così indifesa e dolce, ma non potevo più lasciarmi addomesticare da una bambina così la osservai con il mio solito sguardo incurante dicendo “ Non c'è altro che io possa offrirti...e ti conviene non farmi arrabbiare!” dissi spaventandola più del necessario.


YOKO:

Non mi voleva molestare, ma non era il massimo della gentilezza però non era neanche una cattiva persona, dopotutto mi aveva salvato la vita e si era offerto di ospitarmi a casa sua per quella notte, anche se non si trattava di un albergo a 4 stelle e non mi aveva offerto il letto come di solito i ragazzi fanno, dovevo essergli comunque grata pensai.

“Grazie” affermai guardandolo con esagerata riconoscenza e sollevata dal fatto che non mi volesse molestare, anzi sembrava quasi guardarmi con disgusto.
"Non ringraziarmi!”mi disse volgendomi uno sguardo glaciale.


 

Kyo:


Ero pentito,in fondo che me ne fregava di quella ragazzina,perchè diamine mi ero presa tutte quelle preoccupazioni per lei,adesso mi toccava averla in casa e lasciarmi torturare dal suo sguardo che non mi dava alcuna tregua e che mi rimbecilliva.
Quegli sguardi però mi ricordavano qualcosa, in un certo senso volevo ricordare ma allo stesso tempo non volevo,avvertivo una strana sensazione come se ricordare ciò che era successo non avrebbe portato nulla di buono.
Poi ripensai al nome che mi era venuto in mente in macchina:
"Yari "forse quel nome aveva qualcosa a che fare col mio passato.
Mi sdraiai nel letto e mi misi a pensare intensamente a quel nome che si perse nel sonno.


 

Yoko:

Spensi la luce,notando che quel ragazzo già dormiva,poi mi sdraiai per terra con la coperta che mi aveva dato.
Non riuscivo a dormire perchè stavo pensando ai topi e in più stavo fin troppo scomoda su quel freddo pavimento.
Riaccesi la luce volgendo uno sguardo d'invidia al ragazzo che immaginavo dormisse beato, ma non era così:
il suo viso era inquieto e le sue palpebre tremavano, vedevo le pupille bianche senza le sue iridi nere, suscitando in me una certa impressione, anche perché lo vedevo agitarsi molto nel letto come se fosse in preda ad una crisi epilettica.

Preoccupata lo osservai per diverse ore, forse avrei dovuto semplicemente svegliarlo, ma forse svegliarlo non era neanche una buona idea.
Mi ricordai di quella volta che avevo dormito a casa di una mia compagna di scuola, lei soffriva di sonnambulismo.

Sentii un rumore e la ritrovai alzata con gli occhi chiusi che vagava per casa, sbattendo contro i mobili della casa, tentai d svegliarla più volte, ma senza risultati quando ci riuscii disorientata mi chiese cosa fosse successo e dopo svenne, scoprì solo dopo che non avrei dovuto svegliarla.
Per tale ragione non lo svegliai e mi rimisi a dormire sperando che non fosse una crisi epilettica, ma che fosse soltanto un brutto sogno ad agitarlo tanto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 fiume ***


12 Fiume
Kyo:

Dall'acqua si ebbe la vita,e da che cosa si ebbe la fine?
Guardo il cielo pensando dove tu possa essere in questo momento...
Sei dove tutto finiscE...dove le tue sofferenze non possono essere cancellate da un sorriso...dove non posso raggiungerti...a quanto pare Dio se esiste in questo schifoso mondo, sono sicuro che è stato lui ad ostacolarci.
Ho provato molte volte a raggiungerti, ma non ha funzionato.

Una volta con tutto il coraggio che avevo:
ho preso la pistola e ho provato a spararmi alla nuca,un colpo secco e sarei morto. Ho pigiato il grilletto ma la pistola era scarica, un dannato scherzo del destino, una semplice coincidenza o è stato lui a rendere scarica la mia pistola?
Perché io ero sicuro che fosse carica!
Lo so che credi che sia una stupido,effettivamente lo sono,ma che posso farci dopo la tua morte il mio cervello ha smesso di funzionare correttamente ed è come se fossi morto insieme a te.
Quasi quasi inizio a non sapere più  quanto faccia 2x2, sai queste mie pessime battute mi confortano, perché non ho perso la mia stupida ironia,che è l'unica a farmi sopravvivere in questo mondo dove non succede mai nulla di speciale, dove rimango fermo ad osservare i giorni, i mesi e gli anni che passano lontano da te.
Ora, mi guardo attorno chiedendomi dove sono, però una parte di me è contenta  perché sta succedendo qualcosa di diverso, ma mi sento  anche smarrito,io non conosco questo bosco dove mi trovo e non conosco questo fiume.
Forse sono semplicemente impazzito o forse è la mia immaginazione che fa brutti scherzi.                
Ti ricordi quand'eravamo piccoli,tutti mi prendevano in giro perchè avevo sempre la testa fra le nuvole,ero un vero sognatore vivevo in un mondo tutto mio,dove la violenza veniva usata solo quand'era necessaria, dopo le botte prese dai nostri compagni del liceo,il mio mondo dei sogni si è distrutto,è così ho imparato a difendermi.
In fondo solo il più forte sopravvive,è questa la triste legge della società nonostante le democrazie e tutte leggi che la gente possa inventarsi,l'unica vera legge che esista è questa.
Ci ho messo fin troppo tempo a capirlo,a capire che le persone oneste sono sempre quelle che ci vanno fottute,e che le persone deboli verranno sempre calpestate.
Credevo che i buoni sarebbero stati premiati e i cattivi puniti,credevo che la vita fosse come le fiabe in cui i buoni vivono felici e contenti, ma da molto tempo ho capito che non è così,i buoni fanno sempre la figura dei fessi e i cattivi se ne approfittano.
E  in realtà non esistono buoni e cattivi,abbiamo tutti un pò di cattiveria arretrata dentro di noi, possiamo dire che il demonio alberga dentro l'uomo, perché alla fine per lui sarà sempre più semplice fare la cosa sbagliata anziché quella giusta.
Se mi vedessi in questo momento chissà cosa penseresti?
Che sono il solito Kyo, quello che hai amato, oppure che sono un delinquente come altri che ha perso tutto quello che di umano e di buono aveva da offrire.
Smetto di pensare e mi guardo di nuovo intorno:
Un bosco con fiori appassiti,con alberi dai rami spezzati,il suolo tutto ricoperto di foglie secche, un ambiente molto triste,che sembrava rispecchiare la mia vita,forse quello era l'inferno.                     
Un posto senza luce,il sole non esisteva e neanche la luna esisteva,niente solo un cielo oscuro, c'era solo unl fiume era bello alla vista,l'acqua era così limpida e trasparente,nell'ammirarla mi venne voglia di berne almeno un sorso,chinai le mie mani verso l'acqua, la raccolsi incosciente di ciò che sarebbe accaduto.
L'acqua era nelle mie mani,l'avevo ammirata così tanto,da consumarla solo con i miei occhi,allora mi decisi a berla, ormai del tutto assettato e desideroso.                                                                     
Era l'acqua più buona che io avessi mai bevuto,ma tutto ad un tratto iniziai a sentire quel retrogusto sgradevole.
Non sapevo ben definire quel sapore che mi stava quasi uccidendo, osservai l' acqua che mi era rimasta nelle mie mani,era divenuta densa,abbassai gli occhi e la osservai credendo che fosse solo una mia impressione.
Invece era vero,l'acqua era diventata densa e non era più trasparente, ma era di color rosso porpora: era sangue,intimorito da ciò,mi pulì le mani, ma esse rimasero ricoperte di sangue.                      
Guardai le rive è la mia paura aumentò quando constatai che il fiume che si prospettava dinanzi a me era ricoperto di sangue.
Non sapevo perchè l ' acqua fosse diventato sangue.
in realtà non ci avevo neanche pensato,non riuscivo a pensare a niente,avevo solo paura, avrei voluto scappare da quel luogo, ma ero talmente terrorizzato da non riuscire a muovermi.
Tutto ad un tratto riuscì a muovere le mani e cercai di pulirle asciugandole nei  miei vestiti, ma il sangue non si toglieva, erano come le macchie di un pennarello indelebile.
Poi sentì una voce familiare che mi chiamava,proveniva dal fiume, lo guardai c'era una sagoma che  camminava tranquillamente sulle rive del fiume.
Conoscevo quella ragazza,quel sorriso non avrei mai potuto dimenticarlo, ma era cambiata tantissimo, il  suo splendido corpo era divenuto più gracile di come me lo ricordassi, anche il viso sembrava piuttosto sciupato e rinsecchito,persino nel suo sorriso c'era qualcosa di diverso,sembrava che vi fosse una certa amarezza.
Non volevo credere che fosse Mayko,non poteva certo essere lei,lei era era morta, eppure quell' immagine era così reale,non sembrava essere una delle mie immaginazioni.
"Maiko?"urlai attendendo una risposta da parte sua.
Lei in tutta risposta mi sorrise, questo però era uno dei suoi soliti sorrisi,in cui non c'era alcuna amarezza, rimase ferma nelle rive del fiume,aprì bocca guardandomi senza produrre alcun suono.
Guardai i suoi occhi, erano rossi come il sangue che riflettevano la sua immagine,mi accorsi di questo particolare fin troppo tardi.
I suoi occhi ormai mi controllavano,facevo solo ciò che mi chiedevano,mi dicevano di andare da lei e lo feci con la mente ormai assente, ero come un bambolotto nelle sue mani incapace di intendere e di volere.
Iniziai a percorrere il fiume per raggiungerla,correvo sempre più veloce,ormai arrivato a destinazione,riacquistai  il controllo della mia mente.
La guardai intimorito,i suoi occhi mi spaventavano e  il suo sorriso era di nuovo cambiato, inoltre  indossava un vestito bianco pieno di macchie,erano macchie di sangue.
"bè,che c'è amore?dopo tanto tempo che non ci vediamo,non mi dai neanche un bacio!".pronuncio queste parole in tono maligno, non la riconoscevo più,lei non era la Mayko di cui mi ero innamorato.
I suoi occhi rossi continuavano a fissarmi,le sue labbra rosso sangue erano sempre più vicine alle mie,mi fece un altro di quei sorrisi maligni, poi all'improvviso estrasse una pistola  che era nascosta dalla larga manica del suo vestito bianco.                                                        
Impugnava con grazia quell oggetto di morte, si era proprio lei, la Mayko di cui ero innamorato, riconoscevo quel portamento, era incredibile, qualunque cosa lei facesse riusciva sempre a farlo con un eleganza fuori dal comune, come se fosse una divinità.
I suoi occhi tornarono castani e scomparse quel sorriso maligno dalla sua bocca,questa volta mi guardava semplicemente con rabbia e disprezzo, cosa avevo fatto di così terribile? Perché mi odiava?
Ero disperato, il mio solo e unico amore, mi odiava e non ne sapevo la ragione, ma avrei tanto voluto saperlo, così urlai chiedendole “Perchè? Perché mi odi?”
Lei senza una risposta mi puntò la pistola contro di me,non ero più di tanto triste del gesto,in fondo era quello che volevo,io volevo morire,e allora perchè dentro di me mi sentivo colmo di malinconia?.
Mayko continuava a fissarmi,poi aprì bocca "io mi chiedo come tu abbia potuto fare una cosa del genere ad una mia amica!"disse lei con disprezzo mentre si decideva a spararmi.
Osservai i suoi occhi  e sentii il suo caldo respiro per un' ultima volta, poi fu come rivivere ogni istante della mia vita: la prima volta che baciai la sua bocca e poi tutti quei giorni spensierati da liceale che ormai erano trascorsi e non sarebbero mai più tornati, in quell' istante sentii uno sparo,un solo sparo e una fitta al cuore che mi fece finire a terra in mezzo a quel fiume di sangue.
Stavo annegando, per quanto cercassi di riemergere non ci riuscivo,sentivo il respiro divenire sempre più lieve, mi mancava sempre più ossigeno, così  incominciai a nuotare per cercare di tornare in superficie, ma la ferita mi faceva ricadere giù.
Senti un odore di morto e  mi guardai intorno per capire da dove provenisse:
vidi degli scheletri sotto l' acqua rossastra, uno indossava una divisa scolastica, era la stessa di Mayko, spaventato spostai con violenza quello scheletro che affondava verso di me.
Dentro la mia testa riecheggiava l' urlo di una  ragazza,un lamento fastidioso e poi  uno sparo che la fece zittire.
"Mi dispiace,Kyo ma ho dovuto farlo"  urlò Mayko piangendo.
Il suo urlo fu così forte che lo udì sotto acqua e scatenò una tempesta che fece sollevare le rive del fiume, così la corrente mi trascinò ancora più in fondo, ormai per me era finita, sarei morto annegato, così esalai il mio ultimo respiro.
Riaprii gli occhi,ero nel mio letto sudato e agitato più che mai, solo in quell' istante capii che era stato solo un terribile incub e pure sembrava tutto così reale,che ne rimasi scioccato tanto da non riprendere più sonno, il letto era tutto bagnato,lo controllai preoccupato, con sollievo costatai che era semplicemente umido di sudore e non di sangue.
Qualcuno aprì la porta della stanza senza neanche bussare,spaventandomi a morte,
mi girai preoccupato avendo sentito la porta che si apriva.
Infilai una mano nella tasca dei miei pantaloni,nella quale c'era la mia pistola, ma era stato un falso allarme,era semplicemente quella ragazza suicida.
"bè che c'è?ti ho per caso spaventato?sei un tipo strano"disse la ragazza non riuscendo a tenere a freno la lingua.
Mi alzai dal letto,stavo andando verso la cucina ma la ragazza in questione mi fermo dicendomi "visto che non hai  più voglia di dormire ti dispiacerebbe farmi dormire nel tuo letto?" chiese goffamente.
Ha proprio una bella faccia tosta, pensai guardandola.
“No,non puoi!e tra l'altro te lo sconsiglio visto che è tutto bagnato di sudore!",dopo avergli risposto a tono,me ne andai in cucina seccato,pensavo a quanto ancora avrei dovuto tenermi quella ragazzina dentro casa, mi creavo non pochi problemi psicologici.
Io volevo evitare i problemi ma a quanto pare loro venivano da me o ero io ad attirarli verso di me, dopotutto questo problema era sorto perché io le avevo salvato la vita,fai del bene e male ricevi!
Dentro di me,sentivo che quella ragazzina mi avrebbe procurato solo tante seccature,ma in fondo che potevo fare?
Sbatterla fuori a calci, sarebbe potuta essere un'idea da non escludere oppure farle un buco in testa con la mia pistola,la seconda possibilità avrei preferito escluderla.

Yoko:
Mi svegliai alle 5 del mattino, avevo i reni  che mi facevano malissimo e  la vescica  mi stava per scoppiare, dovevo correre al bagno, era da un bel po' che la trattenevo senza dire niente, ma adesso rischiavo davvero di farmela addosso, così  uscì dalla stanza percorrendo il corridoio stretto di quella piccola casa, ma mi scontrai con qualcuno, era il fratello di Kyo che mi guardava sospettoso, “Che ci fai tu sveglia?” Imbarazzata risposi “Ecco io...dovrei andare al bagno....”
Il fratello mi indicò il bagno e aspettò fuori dalla porta, non capivo perché ma mi teneva sotto controllo, anche se non erano dei molestatori, ero certa che nascondessero qualcosa, dopo rientrai nella stanza e vidi Kyo che mi guardava spaventato, dopo riconoscendomi si alzò dal letto senza proferire parola.
Guardavo il suo letto, come se fosse il paradiso terrestre, dopo aver dormito in quel pavimento che puzzava di alcool, così senza pensarci  gli chiesi “ "visto che non hai più voglia di dormire ti dispiacerebbe farmi dormire nel tuo letto?". “No,non puoi!e tra l'altro te lo sconsiglio visto che è tutto bagnato di sudore!" disse con un tono che non accettava repliche.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Una scomoda verità ***


 12 Una scomoda verità


 

Kyo:

Quella mattina la passai fumando sigarette, avevo perso il conto di quante ne avessi fumate,era raro che fumassi, ma in quel momento era diventato il mio principale bisogno poiché mi distraevano dai brutti pensieri e sostituivano la birra che era finita.
Quell' incubo mi aveva fatto passare la voglia di dormire,credevo quasi di essere tornato bambino, quand'ero piccolo facevo sempre degli incubi,e mi andavo a rifugiare nel lettone grande tra le braccia di mia madre.
Sorridevo stupidamente nel ricordare quei momenti,era bello sentire il calore del suo corpo,e fra le sue braccia mi sentivo protetto, ero sicuro che i mostri dei miei incubi non mi avrebbero attaccato stando accanto a lei.
"Chissà se sarà ancora viva..."me lo chiedevo per la prima volta,non me l' ero mai chiesto,non mi ero mai posto il problema perché non mi importava anzi a dirla tutto fingevo che non mi importasse, perché dopotutto quello che era successo io volevo fregarmene e dimenticarmi per sempre di lei.
avrei tanto voluto odiarla con tutto me stesso perchè lei non aveva mai amato né me e né mio fratello, ci aveva abbandonato nelle mani di un padre dispotico per costruirsi un'altra famiglia.
 Il mio sorriso scomparve improvvisamente,mi chiedevo perché ricordassi questi eventi e non quello che era accaduto recentemente.
Avevo un ricordo vago di quell'incidente,stavo guidando la macchina,poi un rumore e nient'altro.
Quello che era accaduto prima dell'incidente non me lo ricordavo minimamente, la versione data da mio fratello fu questa : “Ubriaco ti stavi dirigendo verso casa di Mayko e poi hai sbattuto contro una macchina”
Ma c'era qualcosa di strano in quel racconto, perché non avevo mai guidato ubriaco fradicio e in quel periodo non ero neppure un gran bevitore,quindi se avevo bevuto e guidato in quelle condizioni doveva esserci una ragione...
Sicuramente era avvenuto qualcosa prima dell' incidente, qualcosa che né Mayko e ne mio fratello avevano osato dirmi.
Mi accorsi di aver rivangato ancora una volta il passato e così decisi di prendere un'altra sigaretta.
"Kio!"sentì una voce che mi chiamava.
Volsi uno sguardo a mio fratello,era stato lui a chiamarmi.
"ehy,fratellino che ci fai sveglio a quest'ora?!"mi disse lui volgendomi un sorriso.
Ero stupito,il suo tono suonava così dolce nel pronunciare quelle parole.
Pensavo che fosse arrabbiato con me per la nanerottola che avevo ospitato in casa, invece non mi riservava alcun rancore.
In fondo mio fratello era sempre molto affettuoso e non riservava quasi mai rancore,anch'io un tempo ero tale e quale a lui, poi quando ho capito che essere così era inutile anzi peggiorava le cose ho smesso di esserlo.
"Dovrei farti la stessa domanda"gli dissi ricambiando il sorriso.
"Ma sei sicuro di stare bene!"mi disse esaminando il mio sorriso.
"Bè,diciamo che sopravvivo,perché ho qualcosa che non va?!"gli chiesi serenamente.
"Mi prendi per caso in giro?!E' da tanto che non sorridevi in quel modo!ah mi sembra di aver capito"disse lui volgendomi uno sguardo di chi la sapeva lunga.
" di che stai parlando?!"gli chiesi stupito,non avevo la più pallida idea di cosa gli passasse per la testa in quel momento.
"Mi riferisco a quella ragazza che è nella tua stanza"disse lui con un tono che mi suonò alquanto malizioso.
"Vorrai dire una bambina e poi non è come credi tu,ma dico per chi mi hai preso!"risposi più infastidito del necessario.
"Sembra ti faccia venire il buon umore!”
"Ma figuriamoci,anzi sembra rendermi più irrequieto!per noi costituisce un grosso problema tenere quella bambina a casa nostra!dobbiamo sbarazzarci di lei!"parlavo con gran foga,non sembravo neanche fin troppo convinto di quello che dicevo.
"Concordo con te,ma..."disse lui bloccandosi di colpo.
"Ma cosa?"gli chiesi io,ero abbastanza curioso di sapere perché avremo dovuto tenerci quella mocciosa a casa nostra.
"Ma se ha il potere di affievolire il tuo caratteraccio sarebbe meglio tenercela!"disse lui alquanto divertito.
Non risposi alla sua provocazione,tanto ogni risposta sarebbe stata inutile per smentire le sue idee.
Conclusi quella conversazione sbadigliando:"Adesso sono proprio stanco,quindi vado a dormire"gli dissi abbandonandolo in cucina.
Tornai nella mia stanza,trovando una spiacevole sorpresa: la ragazza sdraiata per terra, adesso stava sdraiata comodamente con gli occhi chiusi e la testa poggiata al mio cuscino.
Mi avvicinai per rimetterla per terra, ma guardandola da vicino provai uno strano brivido alla schiena.
Rimasi intenerito dal suo visino così rilassato e poi osservai le coperte che lasciavano vedere una parte del suo corpo un po' paffuto, così senza pensarci troppo le rimboccai le coperte dormendo io su quel freddo pavimento.


Yoko:

Sdraiata comodamente su un bel lettone,dormivo senza volermi alzare anche sapendo che dovevo andare a scuola perchè la scuola era importante per il mio futuro.
Volevo stare ancora sotto le coperte,ancora solo per un istante e poi mi sarei alzata come tutte le solite e noiose mattine.
Con gli occhi ancora un pò socchiusi mi guardai attorno,guardavo quella stanza piena di tristezza e di sporcizia,e in tutta la stanza si sentiva quell'odore acre di alcool,era da tutta la notte che lo sentivo.
Di botto mi alzai, guardai la stanza e decisi di fare un pò di pulizie,sapevo che forse non sarebbe stata una buona idea visto che non era casa mia e quindi non potevo certo fare quello che volevo però non credevo che Kyo si sarebbe arrabbiato perchè avevo trasformato quel tugurio in una vera stanza.
Forse in questo modo gli avrei dato delle ottime ragioni per farmi restare a casa sua, dato che non avevo nessun posto dove andare ed ero certa che il mio patrigno mi stava sicuramente cercando.
Dopo essermi alzata,mi accorsi che per terra c'era qualcosa o qualcuno,era quel tipo.
Effettivamente non ci avevo pensato,mi ero intrufolata nel suo letto senza pormi il problema a chiedermi lui dove avrebbe dormito,accecata dalla voglia di dormire comodamente non ci avevo voluto pensare.
Stava ancora dormendo,e così ne approfittai per buttare tutte quelle bottiglie di alcool mezze vuote.
Poi iniziai a scopare,anche se fu un'impresa riuscire a trovare una scopa.
Sistemai gli scaffali e tutti i fogli che c'erano per terra e sulla scrivania, adesso si che quella poteva definirsi una stanza,era soddisfatta del mio operato e mi chiedevo se anche il proprietario della stanza l'avrebbe gradito.
Stava ancora dormendo,ma non dovevo andare a lavoro?
Ma se dormiva voleva dire che forse lavorava di pomeriggio.
Senza neanche accorgermene pestai una foto.
Era una foto tutta stropicciata dove c'era Kio con due ragazze una con i capelli castani e con gli occhi anch'essi castani e l'altra invece aveva dei lunghi capelli neri.
Erano tutte due delle belle ragazze molto magre ed avevano tutte due un kimono,quella con i capelli castani indossava un kimono nero e stringeva la mano di lui mentre l'altra portava un kimono rosa e se ne stava un pò in disparte.
In quella foto c'era un atmosfera molto armoniosa,data dal fatto che si trovavano in un bel giardino pieno di fiori e dal fatto che Kio e quella ragazza con i capelli castani sorridevano,sembravano davvero felici anche se l'altra ragazza aveva un sorriso forzato.



Kyo:

Mi svegliai stanco di dormire scomodamente per terra, avevo tutta la schiena indolenzita e tutto era successo per colpa di quella bambina.
Ero veramente incazzato, ma non era soltanto per il letto, ciò che mi faceva più arrabbiare era stato il mio comportamento, mi ero messo a dormire per terra cedendo il mio letto ad una sconosciuta senza una ragione plausibile, ancora una volta mi sentivo in preda ai feromoni impazziti di un adolescente.

Mi alzai da terra,massaggiandomi il collo che mi doleva quanto la schiena, ma subito mi ritrovai faccia a faccia con quella gran seccatura, sembrava volermi dire qualcosa. Iniziai a guardare la stanza per non incontrare il suo sguardo,non sapevo perchè mi comportassi in quel modo così bizzarro.
Guardai la stanza chiedendomi se quella era la mia stanza,era stata messa in ordine da qualcuno.
"Bè mi sono presa la libertà di ordinarla.."mi disse la ragazzina un po' titubante.
"Ti sei presa fin troppe libertà come quella di ieri sera che non mi è piaciuta affatto ma tanto adesso te ne andrai"gli dissi con un tono amaro che non ammetteva repliche,ma nonostante ciò lei replicò lo stesso. "E questa sarebbe la tua gratitudine!sei davvero una persona molto comprensiva!"mi disse sarcasticamente.
"Ma gratitudine per cosa?Perchè mi ha pulito la stanza bè potevi risparmiatelo!sono io che ho fatto fin troppo per te ragazzina!"gli risposi furioso.
"Grazie per avermi costretto a continuare una vita che non volevo continuare!"disse urlando.
"Se è questo è il problema posso rimediare subito,riparerò a questo mio errore sta tranquilla"gli dissi ancora con amarezza.

Si, adesso ero finalmente tornato in me ed ero pronto a sbarazzarmene in qualunque modo, dopotutto ero stato io a compiere il gesto sbagliato ovvero salvarle la vita.

Lei mi guardò spaventata,non capiva cosa io volessi dire, sorrisi malignamente nel vederla sorpresa.
Impugnai la pistola irrequieto,da quello che ricordavo non ero mai stato capace di compiere un tale gesto,ma in fondo non si trattava di un vero omicidio poiché la vittima era acconsenziente e poi sarebbe morta comunque se io non l'avessi fermata.
Avevo puntato la pistola sulla tempia della ragazza ma non ero per nulla deciso a compiere un tale gesto,volevo semplicemente spaventarla, lei mi fissò intimorita cominciando a piangere.
 Le lacrime le rigavano il viso, ingenuo e graziosamente tondo, poi la mia attenzione si concentrò su quella foto che stringeva tra le mani,in quella foto c'ero io, Mayko e una ragazza.
 La pistola mi cadde dalle mani,e mi sembro di avere un dejavu,avevo già vissuto quel momento ma non riuscivo a ricordare chiaramente.
Yoko in lacrime mi fissava notando il mio accesso interesse verso quella foto e allora me la diede senza proferire parola.
Guardai la ragazza dai capelli neri che stava un po' in disparte,guardandola mi ricordai di aver baciato le sue morbide labbra e di aver fatto sesso con lei, così mi ricordai di aver tradito Mayko con quella ragazza.
Quella scoperta mi aveva distrutto, non volevo crederci. Uscì di casa correndo come se volessi scappare dalla realtà,e raggiunsi il primo bar che mi capito sotto gli occhi per bere.

In quel momento compresi l' effettivo pericolo della memoria che ancora una volta riemergeva a causa di quella ragazzina, avevo creduto che ricordare mi facesse bene, invece stavo peggio di prima, adesso avrei tanto voluto dimenticare quell' episodio che piano piano nella mia testa diventava sempre più dettagliato:

Io e la ragazza dai capelli neri eravamo sdraiata su un letto, eravamo entrambi nudi, tutti e due avvinghiati l' uno all' altra, lei mi sorrideva, mentre io le rivolgevo uno sguardo freddo e distaccato, non ero molto preso da lei, miravo soltanto al suo corpo e a nient'altro invece lei sembrava nutrire dei profondi sentimenti per me.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Ricominciare ***


Kyo:

Osservavo la gente. Sorridevo. Finalmente ero sereno, ma era soltanto l' effetto dell' alcool che scacciava tutti i brutti pensieri.
Mi guardai intorno :C'erano dei brutti ceffi che come me bevevano avidamente alcool e alcuni importunavano qualche ragazza.
Le ragazze in tutta risposta sorridevano a quest'ultimi,e finivano per darsi appuntamento da qualche altra parte, risparmiando al proprietario del bar la visione di certe cose.
Il proprietario di quel bar era un uomo anziano di pessimo umore e da come gestiva il suo bar si capiva che non amava quel lavoro o meglio non amava la gente che entrava nel suo bar.
Erano tutti dei pessimi elementi,uomini dissoluti senza alcun principio morale,tutti i loro principi morali si perdevano su un bicchiere di vino, per non parlare delle donne così prive di pudore che facevano di tutto e di più pur di divertirsi, altre per denaro.
Ma molte lo facevano per il semplice piacere di essere possedute da diversi uomini.
Io stavo seduto sul bancone ad osservare tutti quegli ammiccamenti chiedendo un altro bicchiere, ma il proprietario non volle darmi il bicchiere richiesto.
Mi guardava con compassione,e poi aprì bocca"Sei ancora giovane per gettare la tua vita su una bottiglia di vino,tu non sei come quei tizi svergognati".
L'uomo notò un uomo ed una donna che si stavano lasciando fin troppo andare,sembravano animali in calore, gli urlò contro finendo per cacciarli.
Dopo fui colto da una stanchezza improvvisa così mi accasciai davanti al bancone.

Il mio inconscio veniva disturbato dai rumori reali, udì lo scrosciare della pioggia e i clienti del locale parlare, gradualmente quelle voci diminuivano sempre di più, fino a che non vi fu il silenzio. poi sentii soltanto la pioggia che batteva contro il tetto del locale, provocandomi malinconia.


 

Yoko:
Era ancora mattina,e tutto era accaduto in ben pochi minuti,bastava pronunciare una frase per morire.
 Non avevo mai pensato che potesse essere così facile, ma anche così brutto.
Adesso pensavo alla morte con più consapevolezza, rendendomi conto di cosa significasse realmente morire, perché molti sicuramente non ci pensano, colti dalla disperazione si affidano ad essa come sola portatrice di pace nel proprio animo, ma morire comporta la perdita di ogni cosa, anche di quel briciolo di possibilità che hai di essere felice, perché dopotutto la vita è fatta di un alternarsi di momenti brutti e belli inversamente proporzionali tra di loro, ma siamo noi che tendiamo sempre a ricordare con più facilità i momenti tristi della vita credendo che siano stati maggiori rispetto ai momenti felici.

Adesso ne ero certa non volevo morire... perché se fossi morta tutto quello che avevo cercato di costruire nella mia vita,tutti i miei sforzi e i miei sogni sarebbero andati in fumo e avevo ancora tante esperienze da voler vivere:
scherzare con le mie amiche,ballare in qualche discoteca,vivere le prime delusioni d'amore e prendere brutti voti a scuola per poter poi migliorare, e un giorno quando sarei cresciuta,mi sarei sposata con l'uomo che amavo e avrei avuto dei figli.

Volevo la vita di una ragazzina comune della mia età e invece no,non avevo mai avuto una vita così, a causa di quell'uomo che voleva diventare presidente ma sotto quella maschera di brava persona si nascondeva il capo della mafia,che aveva ucciso e molestato tante persone.

Io odiavo il mio patrigno,e adesso il mio odio era cresciuto e avevo capito che non aveva senso mettere fine alla mia vita a causa di una persona come lui.
Dovevo andare avanti anche se le cose non sembravano andare per il verso giusto,soltanto così sarei riuscita ad ottenere la vita che volevo.
Quei pensieri erano fin troppo combattivi e non sembravano frutto della mia mente,ero sempre stata una persona che si buttava a terra alle prime difficoltà che andava incontrando nel suo cammino.
Sapevo che era sbagliato scappare di fronte ai problemi, o cercare una scorciatoia per risolverli, ma era l'unica cosa che inevitabilmente riuscivo a fare.
Adesso avevo capito che continuare a soffrire in silenzio non sarebbe servito a nulla,dovevo fare qualcosa. Uscì da quella casa ancora un po' sconvolta dall'avvenimento di prima,di sicuro non ero molto serena dopo che quel balordo aveva cercato di uccidermi, ma non ero molto scossa perché adesso sapevo cosa dovevo fare.
In fin dei conti era stato quell' avvenimento a farmi capire che dovevo continuare a vivere ed essere pronta a rialzarmi dopo una caduta.
Come diceva Confucio "La nostra forza non è data dal fatto che non cadiamo mai,ma dal fatto che riusciamo sempre a rialzarci dopo una caduta".
Passai a scuola,era ormai tardi, infatti non ero lì per andarci, ma per aspettare Rei.
Volevo vederlo,lui mi metteva sempre di buonumore con il suo ottimismo e le sue barzellette.
Rei era il mio ragazzo,ma per modo di dire in realtà non lo vedevo granchè come fidanzato, era simpatico,bello,gentile ma non era quello che volevo,lo vedevo più come un amico che come ragazzo.
Volevo qualcuno che mi capisse con cui potevo confidarmi e che mi facesse sentire protetta mentre con Rei questo non era possibile.
Lui era un tale fifone,e quando c'era una situazione di pericolo era il primo a svignarsela.
E poi non era solo questo,lui non era molto comprensivo nei miei confronti,spesso mi mancava di rispetto e spesso lo faceva senza accorgersene.
Da un po' di tempo aveva iniziato a mettermi fretta,voleva fare l'amore con me,ma io non volevo.
Dopo le brutte esperienze avute col mio patrigno, “sesso” quella sola parola che tanto incuriosiva i ragazzi e le ragazze della mia età a me recava disturbo e paura. Aspettavo che le ore di scuola finissero fuori dalla scuola,finalmente finirono e subito scorsi la figura di Rei che usciva dal cancello ma in compagnia di una ragazza.
Lì per li, nulla di grave ma le cose degenerarono quando la ragazza gli diede un bacio sulla bocca lasciandomi a bocca aperta.
Ero infastidita,non perché il mio ragazzo mi avesse tradito ma perché ero stata ingannata dal mio migliore amico,provai un lieve fastidio che svanì quasi subito.
In quello stesso momento arrivò Yakiko era dietro di me,e mi diede una pacca sulla spalla tutta allegra,facendomi prendere un bello spavento. "Tu guarda chi si vede,oggi te la sei menata?mi disse con fare scherzoso.
"Non proprio...ho combinato un casino!"le risposi pensierosa.
"Con questa menata hai fatto prendere uno spavento incredibile a tuo padre"disse lei divertita.
"Mio padre?Lui è stato qua?!"le domandai preoccupata.
"Si,ti ha cercato,credeva fossi a scuola e mi sembrava alquanto preoccupato,però non dovresti fargli prendere certi spaventi solo per menartela!" mi disse assumendo un tono più serio del precedente.
"Yakiko adesso devo andare!"le dissi salutandola e tagliando corto.
Avevo paura che il mio patrigno fosse ancora in quei paraggi a cercarmi.
Per Yakiko avevo semplicemente commesso il grave errore di aver saltato la scuola,ma la verità era benché più grave visto che me ne ero scappata di casa.
Yakiko non aveva mai capito nulla di me e figuriamoci se aveva capito qualcosa sul mio patrigno, neanche si era accorta che mentre lei parlava c'era Rei con una ragazza ma in quel momento l'ottusità di Yakiko ebbe ben poca importanza,quello che davvero mi importava era andarmene da quella zona pericolosa.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cattive intenzioni? ***


 Yoko:

Mi guardavo intorno, speravo di non incontrarlo e fu così non lo incontrai.

I miei occhi castani fissarono il cielo,aveva da poco smesso di piovere ma già stava tornando il sole.

La mia testa era sgombra dai pensieri e ciò era molto strano anche quando ero serena qualche pensiero mi attraversava la mente, invece stranamente in quel momento la mia testa era libera,ero spensierata e un sorriso mi si posò sulle labbra.

Ritornai in quella casa da cui ero uscita, intimorita da quello che mi era successo,nessuno aveva mai cercato di uccidermi neanche il mio patrigno,ma non avevo un altro posto dove andare e poi se Kyo avesse davvero voluto uccidermi lo avrebbe già fatto, quindi non avevo molto da temere.

Ripensai al mio patrigno, lui non mi avrebbe mai ucciso, non ne avrebbe tratto alcuna soddisfazione perché a lui piaceva vedermi soffrire, lo capivo dal suo sguardo soddisfatto poiché di me poteva disporre a proprio piacimento come se fossi un suo oggetto.

Io subivo in silenzio, avevo paura ed era quella stessa paura ad impedirmi di reagire e di sottrarmi a quelle porcherie che facevano di me la sua prostituta.

Dopo una violenza di solito mi facevo sempre un bagno, strofinavo forte il mio corpo con una spugna come se volessi cancellare quello che era successo un attimo prima, ma purtroppo il bagno non serviva ad un granchè, quello che era successo rimaneva impresso nella mia memoria e sul mio corpo.

Avevo lividi e graffi sparsi ovunque, ma non ero soltanto questo a farmi male e a terrorizzarmi...era quella sensazione che provavo ogni qualvolta che lui mi molestava, era come se piano piano la mia persona si stesse annullando rimanendo intrappolata in quello stato succube.

Se ripensavo alle esperienze più orribili vissute a causa sua, mi saliva una forte agitazione e rabbia,che diventava rancore, che alimentava il mio desiderio di vendetta.

Dovevo sicuramente vendicarmi di tutte le umiliazioni ricevute, però non ero in grado di farlo.
Ero soltanto una ragazzina piccola e indifesa e purtroppo una parte di me credeva che forse quel trattamento, che mi fosse stato riservato da quell'uomo fosse motivato, perché io dopotutto cos'ero, cosa rappresentavo, guardandomi allo specchio, mi rendevo conto di non valere nulla.
Ma forse anche per la mia persona una speranza poteva esserci, dopotutto un delinquente stranamente mi aveva salvato la vita.
Che fosse stato mandato da Dio? Era strano a dirsi che uno come quello fosse mandato da Dio, in fin dei conti io ero una comune mortale, non potevo di certo sapere come lavorava questo Dio di cui tutti parlavano, ma che non avevano mai conosciuto di presenza.
Come al solito la mia mente delirava pensando cose bizzarre, o forse le mie ipotesi potevano anche essere vere: “Kio era un angelo mandato da Dio?”
Nessuno poteva accertarsi che non fosse così, come nessuno poteva accertarsi della sua veridicità.

Arrivata in quel portone, citofonai non sapendo che dire, temevo che non mi aprissero.

"Chi è?"rispose una voce somigliante a quella di Kio solo che sembrava più matura.

Risposi dicendo "Yo.."e mi bloccai sulle ultime lettere,ma nonostante ciò mi aprì.

Salì le scale,notando che l'ascensore era rotto e arrivai sfinita alla porta grigia appena socchiusa.

Entrai ma la casa era deserta,arrivata in cucina notai che c'era qualcuno nascosto,andai a vedere chi era, più mi avvicinava e più questa figura si avvicinava a me per vedermi meglio.

"Ah,ma sei tu!io credevo che fossi..." mi guardò sereno e tolse la mano dalla tasca dei jeans.

Era il fratello di Kio ,non mi ricordavo come si chiamasse.

"Ma chi credevi che fossi?!"gli chiesi curiosa.

"Lascia stare,meglio che non ti spieghi certe cose!"mi rispose facendomi capire che era meglio non fargli troppe domande.

Nonostante ciò io continuai con le mie domande,perché volevo una spiegazione.

"Perché non puoi dirmelo? E poi comunque lo so che siete dei delinquenti,quel pazzo di tuo fratello mi ha puntato una pistola contro" gli risposi non riuscendo a frenare la lingua,mi accorsi subito di aver sbagliato a dire quelle cose ma ormai era troppo tardi.

"Cosa hai detto?!"chiese innervosito,faceva finta di non aver udito bene, ma dal suo tono si intuiva che avesse sentito alla perfezione le mie parole.

"Io..."dissi  tremando e abbassando lo sguardo.

Poi iniziò ad avvicinarsi a me,prima lentamente e poi i passi divennero sempre più veloci.
 Indietreggiai spaventata fino a che non mi ritrovai a sbattere la schiena contro un muro.
 Lui era vicino a me,fin troppo vicino e mi guardava innervosito.

"Mi spiace,ma ormai non puoi andare da nessuna parte!"disse minaccioso.

"ma... che vuoi fare?"gli chiesi tremando.

Si allontano un po' da me e uscendo la pistola dalla tasca me la puntò contro.

Continuavo a tremare,ero sicura che mi avrebbe ucciso.

"Girati!"mi disse lui.
 In quel momento immaginai cosa volesse farmi:Dopo mi avrebbe chiesto di togliermi i vestiti e lì sarebbe stata la fine.

La sua pistola era puntata contro di me,la sentivo sembrava che volesse conficcarmela nella schiena e ben presto mi avrebbe conficcato qualcos'altro, da qualche altra parte, ritenevo che ciò fosse inevitabile, dopotutto ero stata sciocca e una vera svampita per aver accettato un passaggio da due sconosciuti e ancora più sciocca, ero stata in quell' istante per essere tornata per una seconda volta in quella casa.

Doveva per forza accadermi qualcosa di veramente brutto, questa volta me l' ero proprio cercata, ma invece di difendermi, mi abbandonavo completamente lasciando che facesse ciò che volesse di me.
Ero stanca, per tanto tempo avevo cercato di liberarmi dalla stretta rude di un uomo che premeva con violenza contro di me senza una ragione, ma i miei tentativi erano sempre stati vani.
Pensai sollevata almeno questa volta me l' ero cercata, ero stata sconsiderata e quindi in un certo senso “ME LO MERITAVO”.

Ma non capivo cosa stesse aspettando, perché ancora non mi chiedeva di togliermi i vestiti o forse voleva togliermeli lui?

La cosa che più odiavo prima di subire una qualche violenza, era l'attesa che mi faceva salire una certa ansia.
Sentì i suoi passi che si allontanavo e che si riavvicinarono trasportando qualcosa.

"Abbassati"mi disse lui.

Mi abbassai, il mio sedere toccò qualcosa, era una sedia, poi mi legò le mani alla sedia con una corda.
L'ansia finì quando sentì la porta che si chiudeva, se ne era andato costatai sollevata.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Ti uccido! ***


Yoko:

Legata in quella sedia, le ore passavano, mi dimenavo cercando di liberarmi soltanto dopo diversi tentativi mi rassegnai.
In quel momento volevo essere a casa,se quella poteva chiamarsi casa, per me era sempre stato l'inferno celato dall' aspetto di un finto paradiso.
La casa del patrigno era una villa splendida con un giardino enorme e la piscina,ma chi vi abitava non era così splendido,anche se sapeva farlo credere a tutti con gesti,frasi fatte,sorrisi falsi e promesse mai mantenute, come tutti i politici che si rispettino seguiva un copione ben preciso perfetto e impeccabile.
La sua povera moglie era inconsapevole di tutto, non aveva mai osata addentrarsi negli sporchi affari del marito e naturalmente non sapeva neanche delle molestie che mi infliggeva,in quel momento mi tornò in mente un ricordo violento,forse il più brutto che potesse venirmi in mente: Quel giorno,mi strappò i vestiti, reagii male eppure di solito lo lasciavo fare pregando che primo o poi avrebbe smesso,ma quel giorno persi la pazienza.
Gli mostrai tutto il mio disprezzo urlandogli contro parole che non avevo mai osato dirgli, ma che da anni mi tenevo dentro.
"Non ti devi più azzardare a toccarmi!sei solo uno schifoso bastardo! Che tu sia maledetto signor Keitawa, io ti maledico!"
Le mie acide parole si abbattevano su di lui,lo rimproveravano e lo dannavano, se soltanto avessero potuto ucciderlo invece no, purtroppo le parole non bastavano, anzi le mie stesse parole potevano uccidere me scatenando la sua ira, infatti dopo aver gridato tutto il mio disprezzo, lui mi prese a schiaffi,a pugni e a calci.
Quando finì per terra mi pestò la testa con un piede ridendo soddisfatto,mi disprezzava e non sapevo neanche perché,forse la verità era molto semplice “ lui era pazzo”.
Mi aveva dato prova della sua pazzia,molte volte.
Una volta a cena,sua moglie gli aveva chiesto com'era andata a lavoro,lui inizialmente non rispose era come se non ci fosse,stava pensando intensamente e così non aveva fiatato.
Però la moglie insistette così tanto che il marito guardò la moglie e gli rispose dicendo "io cammino...io cammino...io cammino..io cammino"
C'era sempre una pausa fra un cammino all'altro,la sua voce era incerta ma ripetendo costantemente la parola acquisiva sicurezza e quindi ripeteva ancora insistentemente "io cammino"La figlia guardò la madre con preoccupazione, anche lei era preoccupata,continuava a sentire la voce del marito che continuava a pronunciare con convinzione quelle parole insensate. Io ero l'unica che continuava a mangiare avidamente mostrando estremo disinteresse verso l' accaduto, ma nessuno se ne accorgeva perché erano tutti troppo presi e preoccupati per il signor Keitawa. Anche quella volta che il signor Keitawa si dimenticò di prendere le sue medicine per la tachicardia e stette molto male, io rimasi impassibile,mentre tutti lo soccorrevano, io lo guardavo provando quasi piacere nel vederlo soffrire e tenevo le mani incrociate, speravo tanto che morisse, che ponesse fine alla sua esistenza che rendeva difficile la mia, purtroppo non morì. Lo so, è brutto desiderare la morte di un altro essere vivente, ma non potevo far a meno di desiderare ardentemente la sua morte, poiché era l' unico modo, che avevo per poter vivere senza subire mai più violenze immotivate.

Una volta mi procurai persino un veleno per poterlo uccidere,ma quando gli porsi il bicchiere, lui intuii subito che in quel bicchiere ci fosse qualcosa di strano, forse dall' ansia che traspariva dal mio volto oppure semplicemente era una persona che diffidava con facilità oppure lo aveva scoperto in un modo o nell' altro, così mi propose divertito di berlo per prima io, ma io mi rifiutai di farlo, così lo gettò su quella pianta che annaffiavo tutti i giorni con cura, per me quella pianta era importante, poiché era l' unico essere vivente con cui parlassi dei miei problemi, lui sapeva quanto fosse importante per me quella pianta per tale ragione si vendicò su di essa.
Smisi di pensare,non era il momento di pensare al passato,adesso dovevo pensare al presente e trovare una soluzione per uscire da quella situazione.
Mi consolai pensando che era uscita da situazioni più difficili,però non mi ero mai ritrovata legata ad una sedia.
Come potevo liberarmi da quelle corde che mi stringevano i polsi?



Kyo:

Ero ancora un po' brillo,il barista mi offrì del caffè per farmi riprendere,ma non mi ripresi più di tanto.
Sorridevo come un perfetto idiota senza un motivo ben preciso e uscì dal bar barcollando.
Arrivai a casa del tutto distrutto,si era ormai fatto pomeriggio e come minimo avrei dovuto fare qualche rapina per pranzare,mi chiedevo cosa stesse combinando mio fratello,tutt' ad un tratto pensai ad un'altra persona.
Mi ricordai di aver puntato la pistola,a quella bambina,si chiamava Yoko stranamente il suo nome mi era rimasto così impresso nella mente.
Entrai a casa trovando mio fratello davanti la porta,mi sembrava alterato,mi guardava come se da un momento all'altro mi avesse preso a parole.
"Bè,che c'è?"gli chiesi secco.
"c'è che sei un coglione!ci vuoi far finire in galera per caso?"mi rispose alterato.
"ma di che cazzo stai parlando?"gli chiesi guardandolo confuso.
"Sei pure ubriaco!Ma uno di questi giorni finisco per dartele di santa ragione!"disse lui ancora alterato.
Io scoppiai a ridere,lui finì per incazzarsi seriamente,mi diede un pugno colpendomi in pieno volto, Che male!
Pensai, massaggiandomi il viso, quando si arrabbiava sapeva dare dei pugni da esperto di kick boxing.
Dopo un po' sembrò essersi calmato e si limitò a trascinarmi nella mia stanza e a mettermi nel letto, poiché non ero in grado di arrivarci da solo, perché continuavo a barcollare e a fatica mantenevo l' equilibrio.
"Appena ti finisce la sbornia,non so quello che ti faccio!Mi sono proprio stancato di te e dei tuoi comportamenti sconsiderati!".
Sdraiato nel letto,continuavo a ridere e lui uscì dalla stanza sbattendo con furia la porta.
Finita la sbornia,mi ricordai di quant'era successo,diamine se mi ricordavo.
Avevo fatto incazzare mio fratello e non sapevo neanche perché, così uscì dalla stanza ed entrai nella sua.
Era seduto su una sedia intento a leggere dei pezzi di carta. che posò subito nel cassetto della sua scrivania quando mi vide.
"Che stavi leggendo?"gli chiesi sospettoso.
"Niente...nulla d'importante!ma si può sapere che ci fai qui?!
Ti ho già mollato un pugno!!vuoi per caso che te ne molli un altro?!" disse lui facendo alcune brevi pause fra una frase all'altra.
"ma si può sapere che cazzo hai?"gli chiesi io.
"dimmi se è normale mettersi a puntare una pistola contro una ragazzina!?!abbiamo già i nostri problemi e tu ti metti a provare ad uccidere pure le ragazzine!se ti piace uccidere le ragazzine uccidile e basta!e non finire per lasciarle in vita,che poi ci fanno finire in galera"questa volta parlo con estrema foga.
Io lo guardai sconvolto"se devi uccidere le ragazzine almeno uccidile e basta?".
Quelle parole erano strane,non appartenevano a mio fratello, le aveva pronunciate con una tale leggerezza che potevano appartenere solo ad un serial killer spietato.
"Allora,adesso la ragazzina è legata su una sedia in cucina!sta a te decidere cosa dobbiamo farcene!ma suppongo che te ne sbarazzerai!"continuò lui a parlare con una certa calma che mi preoccupò.
"Si,ci penserò io"gli risposi mostrandomi calmo,nonostante non lo fossi affatto.
Stavo per andarmene in cucina, ma notai che lui stava venendo con me,così lo fermai dicendogli che preferivo rimanere solo con la vittima.
Arrivai in cucina col cuore che mi stava esplodendo.
Ma in fin dei conti cosa me ne importava?
Tanto le facevo solo un favore! Lei non voleva vivere?
 E poi neanche la conoscevo,non sarebbe poi stato così difficile dimenticarmela,fare finta che non di non averla uccisa anzi che non era mai esistita.
Mi avvicinai e vidi la sedia in cui era legata,era girata,infatti guardai la sua schiena e il suo sedere.
Così mi sarebbe stato più facile ucciderla.
Gli puntai la pistola alla testa,lei non si era neanche accorta di me.
Alla fine non ci riuscì,non era più facile ucciderla senza vedere il suo volto.
Forse sarebbe stato meglio vederlo?!
Alla fine finì per pararmici davanti, posai la pistola per terra e la guardai non dicendo nulla.
Poi mi decisi, raccolsi la pistola e glie la puntai in testa di scatto.
Lei era spaventata,mi guardava con gli occhi supplichevoli e spaventati.
"Bè,non volevi morire?!ti sto dando la tua occasione!" affermai, pensando che non avevo altra scelta se non quella di sbarazzarmene.
Se la lasciavamo libera avrebbe parlato e non potevo permetterlo,inoltre mio fratello mi avrebbe serbato rancore perché per colpa mia rischiavamo la galera, dopotutto io ero sempre quello che combinava casini, quindi per una volta volevo riparare ad uno dei miei guai senza ricorrere al suo aiuto, evitando almeno per una volta di essere un peso per mio fratello.
"Io non voglio quest'occasione...io non voglio morire..."mi disse flebilmente fra i singhiozzi.
Stava piangendo ed io non sapevo cosa fare, dopotutto dovevo ucciderla, era inevitabile!
Però... guardando le sue lacrime... e sentendo... la sua candida vocina, il coraggio se ne andava a farsi fottere.
"Bè,allora mi spiace ma mi hai messo tu in questa brutta situazione!
Dovresti saper dar peso alle parole che dici, non puoi dire io voglio morire quando in realtà vuoi vivere! Non si scherza su questo genere di cose...Ma tu cosa cazzo puoi capirne mai sei solo una mocciosa!"gli risposi arrabbiato.
"Mi dispiace,io non lo farò mai più!"mi disse angosciata.
"bè, puoi stare tranquilla che non potrai farlo più visto che oggi morirai"pronunciai quelle parole da perfetto serial killer professionista anche se in realtà non lo ero affatto, dentro di me mi sentivo morire ma non avevo altra scelta.
"No,ti prego! Io...farò tutto ciò che vuoi...ma ti prego non uccidermi!"mi diceva supplicandomi.
Ero ormai al limite,se avesse continuato a supplicarmi e a guardarmi in quel modo avrei di sicuro ceduto.
Dovevo farla smettere di parlare e di guardarmi in quel modo,altrimenti non c'è l'avrei mai fatta... e se non l'avessi fatto... di sicuro lei ci avrebbe fatto sbattere in galera,non volevo finire in galera per una stupida ragazzina.
"Smettila,stai zitta!ormai è troppo tardi!!Avresti dovuto pensarci prima!!"gli urlai amaramente.
Aveva smesso di parlare ma continuava a guardarmi con gli occhi lucidi.
"Dannazione" pensai guardando quegli occhi, mi ricordavano quelli di Mayko poiché erano del suo stesso colore, così finì per buttare la sedia per terra.
Mi chinai e le puntai la pistola sulla testa ancora per una volta.
Questa volta aveva la testa abbassata e teneva lo sguardo basso, riuscivo solo a vedere i suoi capelli neri,ma sentivo ancora quei dannati singhiozzi, che finivano per appartenermi.
Stavo piangendo pure io?
 Mi sfiorai gli occhi per accertarmi che stessi davvero piangendo e ne ebbi la conferma, quando le mie mani si inumidirono di calde lacrime.

Non piangevo ormai da anni, da quando Mayko era morta, mi limitavo a soffrire dentro,senza riuscire mai a piangere e a liberarmi del tutto del dolore che provavo, era come se il dolore avesse consumato ogni lacrima.     
Ma adesso piangevo silenziosamente, non volevo che Yoko udisse i miei singhiozzi.
Tentai inutilmente di fermare quel torrente di lacrime,che ritenevo insensato dopotutto per chi piangevo?
Per una ragazzina che neppure conoscevo!
 Impugnai con decisione la pistola, non volevo lasciarmi fermare da degli sciocchi sentimentalismi, ma era tutto inutile, per quanto ci provassi, non riuscivo a trovare il coraggio necessario per sparare.
 Il cuore mi batteva così forte mentre guardavo quel corpicino legato su quella sedia capovolta,così rassegnato misi la pistola in tasca.
 Lasciai Yoko legata su quella sedia gettata a terra,non la rialzai, non che non volessi, ma non osavo avvicinarmi a lei, perché mi spaventava l' idea che una semplice ragazzina come lei, fosse stata in grado di farmi piangere.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** la sfida di Kyo ***


Yoko:


Quell' incubo sembrava finito. Mi aveva lasciato in vita. Non sapevo perchè e in quel momento non osavo neanche chiedermelo.
Rivivevo la scena nei miei pensieri: il volto furioso del ragazzo che mi puntava contro la pistola, in quel istante avevo provato una paura difficile da descrivere,il cuore mi batteva forte e una certa angoscia si impadronì di me.
Era stata un'esperienza peggiore della prima volta, era come se fossi più consapevole delle sue azioni:
Sapevo che stesse mettendo fine alla mia vita.
Lui aveva un espressione imperturbabile e la sua voce si scaraventava su di me con un certo impeto non curante.
Pronunciava delle parole d'odio,che mi facevano capire che era inutile supplicarlo perchè mi avrebbe ucciso lo stesso.
I suoi occhi rimanevano impassibili alle mie suppliche,anche se talvolta mi sembrava di vedere gli occhi di un ragazzo triste e rassegnato.
Forse era stata una mia impressione,visto che dopo finì per scaraventarmi a terra, però non mi uccise.
Che le mie suppliche non fossero state vane?
In fin dei conti,ricordavo ancora quella notte in cui mi aveva salvato la vita e mi aveva abbracciato, era stato lui, lo stesso ragazzo che adesso voleva uccidermi, ma quei vaghi occhi tristi che sparivano e riapparivano tornando ad essere impassibili, mi lasciavano una certa incertezza nell' esprimere un giudizio su di lui, era una persona cattiva o buona?
Mi potevo fidare di lui o non mi potevo fidare?
 Era come se avesse due personalità che combattevano fra di loro,una benigna e un'altra maligna.
Una disposta a distruggermi e un'altra che non provava alcun interesse e piacere nel farlo, alla fine in quella dura disputa, vinse la sua parte benigna.
Ero più serena, anche se rimanere legata ad una sedia e buttata a terra, non era il massimo, ma se non altro non avevo ricevuto alcuna molestia ed ero ancora viva.
Il mio viso sfiorava il pavimento freddo provocandomi brividi per tutto il corpo:
La pelle del mio viso era divenuta fredda quasi come quella di un cadavere e in fin dei conti c'ero andata più o meno vicina.

Una ragazza con un lungo vestito nero e il viso coperto da un velo bianco che celava la sua bellezza lasciando intravedere solo i suoi occhi color ghiaccio, di un blu elettrico che ipnotizza: era così che mi ero sempre immaginata la morte.
Lei sfiorò il mio corpo con le sue mani fredde e maligne, il suo tocco era passionale e travolgente, ma allo stesso tempo doloroso, ma alla fine le ritrasse lasciandomi in vita.

Sentii dell'aria fredda provenire da qualche parte, come se ci fosse qualche finestra aperta, ma non potevo vederla nella posizione in cui ero, potevo soltanto vedere quel pavimento bianco con il quale ero a stretto contatto.
Udii improvvisamente l' ululato del vento, soffiava fortissimo e sfiorava la mia pelle senza che io lo volessi, era come un abuso, però era diverso dal tocco del mio patrigno, perché ciò non mi causava dolore, ma si limitava ad infreddolirmi.
Cercai inutilmente di alzarmi, di sollevare la mia testa china su quel pavimento, ma le  corde mi impedivano di muovermi, così sforzandomi inutilmente mi venne il torcicollo.
Senza che io volessi, tornai ancora una volta al mio passato:"Mamma,mamma!"urlavo con tutta la forza che avevo,era una notte di pioggia come tante altre.
Lo sguardo di mia madre era pallido e vuoto,i suoi occhi erano privi di vita, il suo volto era caldo,e il suo corpo bagnato tremava.
La guardavo preoccupata,anche se avevo 5 anni ero consapevole che le sarebbe successo qualcosa.
La strada era piena di passanti con l'ombrello sotto la testa per ripararsi, mentre io e mia madre non avevamo nessun riparo,non avevamo nulla ne un soldo per comprare un tozzo di pane ne una casa dove stare. "Aiuto!vi prego aiutatemi!"mi volgevo ai passanti che mi mostravano la loro indifferenza, nessuno poteva interessarsi alla vita di una puttana e dentro di me saliva ancor di più l'angoscia.
Ero impotente,non potevo far nulla per lei e in pochi minuti chiuse i suoi occhi color mogano per sempre, mi lasciò silenziosamente senza un preavviso.
In quel momento capì che lei mi stava lasciando e che non l'avrei mai più rivista.
Scossi il suo corpo inanimato diverse volte, nonostante fossi consapevole che non si sarebbe mai più risvegliata. Non volevo crederci.
"Non ti lascerò per nulla al mondo"mi aveva detto poco tempo fa e invece lo aveva fatto, mi aveva lasciato "tradendo"la mia fiducia, pensai questo nel momento in cui morii e la odiai profondamente rinnegando la sua esistenza per lungo tempo.
Soltanto crescendo capii che morire non era una scelta e che quindi mia madre mi aveva abbandonato contro la sua stessa volontà.
Ero stata una stupida bambina ingenua e inconsapevole della cruda realtà della vita, ma adesso era tutto così perfettamente chiaro, sapevo che la vita non era rosea, che non esisteva il giovane principe azzurro in grado di salvarmi dai malvagi.
Dopotutto non ero la protagonista di una favola, non avrei mai potuto esserlo, poiché non ero intrepida ,coraggiosa,bella e forse non ero neanche buona come tutte le altre protagoniste, ero solo una ragazza come tante altre,che veniva costantemente assalita dai sfortunati eventi della vita.
Per tale ragione, non avrei mai avuto pace e non sarei mai stata veramente felice.
Mi sentivo ormai senza speranze,non riuscivo ad uscire da quella situazione,non avevo neanche la possibilità di fuggire.
Ero impotente e non era la prima volta che mi sentivo in quello stato di impotenza di fronte agli eventi della mia vita.
Gli eventi erano sempre più forti di me ed io non era abbastanza tenace per fronteggiarli, poiché ero solo una bambina troppo debole, ma non volevo continuare ad essere vittima delle circostanze, però per quanto ci provasse sembrava inevitabile: Potevo cambiare strada,potevo fare qualsiasi cosa ma nulla avrebbe cambiato gli eventi.
Tornando indietro e cambiando le mie azioni passate il corso degli eventi sarebbe cambiato?
A volte avevo riflettuto sulla possibilità di poter tornare indietro per vedere se la mia vita potesse mutare in meglio, ma purtroppo non si poteva tornare indietro e molto probabilmente le circostanze della vita sarebbero rimaste inalterate.
Oppure poteva anche essere vero, che il corso degli eventi dipendesse dalla proprie azioni,ma purtroppo quella stramaledetta macchina del tempo non esisteva e anche avendo la possibilità di tornare indietro, avrei saputo sfruttarla in mio favore?
Come potevo sapere qual' era l' azione giusta da compiere, che avrebbe scaturito le circostanze favorevoli?
Non potevo avere la certezza che ciò che avrei fatto non mi avrebbe trascinato in altri eventi sfavorevoli!
Forse, addirittura, le mie nuove azioni avrebbero creato situazioni ancora più avverse di quelle che già affrontate.
Ma nonostante fossi buttata terra e legata come un salame,dovevo considerare che ero ancora viva,respiravo ancora,oppure ero morta da un bel pezzo e non me ne ero accorta, perché anche se ero viva,non notavo la differenza fra me e un cadavere: avevo il viso ed il corpo gelido, inoltre giacevo inerme per terra,senza riuscire a muovermi.
Mi sentivo così vuota,priva di di qualsiasi sentimento che avrebbe provato una persona viva, non avevo neanche la forza di piangere e di esternare i miei sentimenti,non ero in grado di fare nulla.
Quel senso di vuoto non svanì subito,io credevo che non sarebbe più svanito,e invece si affievolì lentamente svanendo dal tutto quando mi trovai di fronte Kio.
Mi osservava in un modo bizzarro e dai suoi occhi non riuscivo a percepire nulla.
Le sue iridi sembravano avvolte da un angoscioso mistero... cercai di captare qualcos'altro, ma la sua figura era impenetrabile,non era semplice capire quali fossero le sue intenzioni, avrei potuto identificarlo come il classico serial killer spietato e pure non riuscivo a vederlo sotto quella luce.
 Se fosse stato un assassino spietato mi avrebbe già ucciso e invece mi avevo risparmiato,mi aveva salvato da morte certa e adesso mi guardava in quel modo.
 "Sei ridotta proprio male!"disse guardandomi attentamente.
Non mi era neanche accorta che avesse sollevato la sedia e che fosse già mattina, avevo passato gran parte della giornata a pensare non accorgendomi che il tempo passava.
"bè,adesso devo pensare che farmene di te!"disse prendendo una sigaretta dal pacchetto, che aveva nella tasca dei pantaloni.
Io volevo supplicarlo di lasciarmi andare, promettendo che non avrei detto nulla alla polizia, lui però non era disposto a liberarmi, sembrava avere tutt'altro in mente.
 Arrivò il fratello in cucina,sorpreso di vedermi ancora legata alla sedia.
"Kio se non sbaglio ieri sera ti avevo detto di sbarazzartene!"disse il fratello serio in volto.
"Andiamo e se lo una bambina!Non avrebbe neanche il coraggio di andare dalla polizia!" Kio disse questa frase deridendomi.
Il fratello non sembrava essere del suo stesso parere, anzi era infastidito dalla leggerezza con il quale Kio affrontasse la questione.
"Già, appunto perché è una bambina... io non voglio finire in prigione per una bambina!"disse il fratello innervosito.
"Ma come frigni!senti io non ho intenzione di fare una cosa del genere.. quindi se ci tieni tanto fallo tu e non se ne parla più!"disse con un espressione scocciata, lanciando al fratello una sorta di provocazione, il fratello rispose subito dicendo: "Credi che non ne sia capace?! Guarda che l'incapace sei tu non io!”
Dopo un po' proseguì dicendo “E poi io che ci guadagno ad ucciderla?!"
Era come se cercasse di trovare una scusa per tirarsi indietro,era abbastanza evidente che non avesse intenzione di sporcarsi le mani.
"Bè,l'hai detto tu in cambio non rischiamo la prigione!quindi piantala di tirarti indietro!"disse Kio tranquillamente.
"Questo lo dici tu,io rischio più anni perché se scoprono che ho ucciso questa qui....e poi sei stato tu a infilarci in questo guaio!e quindi spetta a te risolverlo!"disse il fratello ancora innervosito.
Io li guardavo perplessa,ero preoccupata non potevo crederci la mia vita era diventata una sorta di competizione o di sfida fra i due fratelli,la cosa mi infastidiva parecchio perché non credevo fosse giusto giocare sulla vita degli altri e soprattutto sulla MIA.
Ma chi si credevano di essere?!
Anche se potevo ben notare che nessuno dei due sembrava decidersi ad uccidermi,sembrava che tutte due cercassero di tirarsi indietro.
"Non vuoi ammettere che non hai il coraggio di farlo!?"disse Kio ridendo.
"Bè veramente sei tu che non hai il coraggio di farlo!"disse il fratello.
"Sei proprio ridicolo!cerchi di rigirare sopra la questione!disse Kio continuando a stuzzicarlo.
"Mi hai proprio stancato!dammi questa cazzo di pistola e vediamo chi non ha il coraggio!"disse il fratello furente. "
Tieni!"disse Kio tranquillamente e poi si avvicinò a me, notando la mia agitazione mi sorrise dicendomi "Sta tranquilla tanto non ne ha il coraggio!"Mi lasciai cullare dal suono della sua voce, era rincuorante e suadente, ma anche nel suo sorriso c'era qualcosa di meraviglioso, eppure non era un sorriso carico di dolcezza e di benevolenza, ma era così disarmante e seducente.
"Kio togliti se non vuoi che spari pure a te!"disse il fratello puntandomi la pistola contro.
Kio si allontanò dicendo "Agli ordini!"che suonava come una vera presa in giro.
Il fratello mi aveva puntato la pistola ma la sua impugnatura non era decisa come quella di Kio la mano gli tremava e il suo volto si era fatto quasi triste guardandomi. "Smettila di guardarmi!"mi disse innervosito.
Io abbassai gli occhi,spaventata forse adesso mi avrebbe davvero ucciso?Non volevo neanche pensarci e pure ancora non avevo sentito nessuno sparo, che avesse usato il silenzioso?
Eppure non sentivo alcun dolore al petto.
"Basta non c'è la faccio!"disse il fratello rassegnato.
"lo sapevo!sei troppo buono per fare certe cose!"disse Kio soddisfatto, ma questa volta non sembrava beffarsi di lui, anzi era come se lo stimasse, ma che non volesse farlo notare,come se in un certo senso gli pesasse ammetterlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** i pensieri di Kyo ***


I pensieri di Kio


Kio:

 Nello stesso momento in cui mio fratello puntò la pistola alla ragazza,io provai una sensazione strana era come se in un certo senso fossi preoccupato,forse aveva davvero intenzione di spararle.
Ma a me non doveva importare anzi ciò mi avrebbe dovuto rasserenare, perché così mi sarei sbarazzato di quel problema che avrebbe di sicuro portato altri problemi con la sua presenza.
 Ma bisognava considerare che non era bella l' idea che mio fratello si sporcasse le mani di sangue,sapevo che se l'avesse fatto l'avrebbe rimpianto e di sicuro il volto della ragazzina lo avrebbe tormentato in ogni istante della sua vita.
Ma lui non era un tipo impulsivo come me,non si lasciava facilmente trasportare dai sentimenti momentanei,in lui c'era sempre una certa preoccupazione,viveva con il timore di commettere errori quindi prima di fare qualsiasi cosa ci pensava di continuo.
Era un tipo molto riflessivo e magnanimo, per tale ragione, ero certo che non avrebbe mai potuto uccidere qualcuno e adesso ne ero più che convinto, vedevo la mano che gli tremava nell'impugnare la pistola,non si decideva a premere il grilletto e sicuramente non lo avrebbe mai premuto e infatti non lo fece.
Quando mi avvicinai alla ragazza per tranquillizzarla,il mio scopo non era proprio quello o forse si?
Non so spiegarmi il motivo per cui mi avvicinai a lei, acquietandola dicendole che mio fratello non ci sarebbe mai riuscito,forse volevo solo beffarmi di lui con la ragazzina, ma non ne ero convinto, era come se sorridendole e calmandola cercassi di acquietare il mio animo, ma perché mai una cosa come quella dovesse farmi sentire meglio? Me lo chiedevo senza trovare alcuna risposta, poi ripensai alle lacrime versate il giorno precedente dandomi dello stupido.
Mi stavo lasciando coinvolgere da una bambina senza una vera e propria ragione.
Cosa aveva che mi attirava? Non era neanche tutta questa bellezza!
Guardandola con occhio critico, non era una silhouette, non aveva questo gran bel culo, ma in compenso aveva un bel seno, però era una quattordicenne e questo annichiliva i pensieri impuri, eppure pensandoci per me l' età non era mai stato un gran problema.... Invece adesso mi sembrava un problema abissale e insormontabile.
Mi sembrava indecente e vergognoso pensare a Yoko come una possibile scopata, forse perché dal suo viso traspariva un ingenuità e un innocenza di bambina che non avevo mai visto a nessuna ragazza.
Era quell'ingenuità ad attirarmi?
Incominciavo a perdermi nei suoi occhi color nocciola e a provare una sorta di scossa al cuore quando mi era vicina, qualcosa in me stava cambiando e non sapevo se era un bene o un male.
Forse aveva ragione mio fratello affievoliva il mio caratteraccio o forse in realtà stavo vaneggiando...
Nessuno poteva cambiare quello che ero! Figuriamoci un'adolescente!
Non ero una brava persona,non era destinato ad esserlo,gli eventi mi avevano trascinato in traffici di cocaina e in vendita di merci illegali con il quale aiutavo i mafiosi,anche se avrei deciso di fare un lavoro onesto, non ci sarei mai riuscito ad esserlo poiché non era nella mia natura l'onestà e i sfortunati eventi della mia vita me l'avevano annunciato.
Sostenevo nella mia testa troppi ricordi spiacevoli e troppi rimpianti,vivevo sostenendo qualcosa che era più grande di me e che non sarei riuscito a cambiare:non avrei mai potuto alterare il mio passato, chi ero e sopratutto non si poteva scegliere la propria famiglia.
Quel nome che sentivo pronunciare ogni giorno,quel politico di nome Keitawa era mio padre, se qualcuno l'avesse scoperto mi avrebbe invidiato, pensando che un uomo onesto come lui non si meritava un criminale per figlio.
Non si meritava un figlio come me?Io credevo piuttosto il contrario,io non mi meritavo un padre come lui, forse era persino colpa sua se ero diventato quello che ero.
Prima ero un ragazzo debole che si lasciava calpestare e adesso ero divenuto il calpestatore.
Mi divertivo a calpestare una quattordicenne. Ora pure i sensi di colpa.
Ma chi diamine era questa ragazzina, perché lei doveva sconvolgermi emotivamente con la sua sola presenza?
Ero stato violento con lei,ma in fondo se le era cercata o forse no?
Violento era una parola grossa, non lo avevo molestata, l' avevo soltanto buttata per terra, con un certo impeto, però...era stata lei ad aver sbagliato, ma era una bambina anche se sbagliava era giustificata.
Le ragazzine della sua età, potevano sbagliare e commettere degli errori, ma gli adulti no,un minimo errore di un adulto non era giustificabile,e i miei erano troppi,non si sarebbero potuti contare con le sole dita delle mani,erano fin troppi e alcuni neanche li ricordavo, ma li avevo pagati a caro prezzo,avevo perso Mayko e con lei se ne andò la mia gioia di vivere.

Del resto si sapeva che io e Dio non andavamo d'accordo eravamo in un continuo conflitto:lui mi indicava la via giusta, ma io in tutta risposta percorrevo la via opposta.
Non ero propenso a seguirla perché sapevo che qualunque via avrei seguito, la vita sarebbe comunque stato un inferno,quindi a che serviva impegnarsi tanto a seguire quella faticosa via del bene, quando ne avevo una più semplice e a portata di mano “La via del male” banalmente potrei definirla così, ma riflettendoci attentamente chi ha stabilito cos'è giusto e sbagliato? Dio? Quello stesso Dio in cui non credo mi impone questo confine invalicabile di cose giuste e sbagliate, ed io magari dovrei seguirlo?
Ma a volte mi mettevo in discussione, chissà forse esisteva veramente, ma se dovevo immaginarmelo e credere nella sua esistenza, non me lo sarei mai immaginato come tutti pensavano che fossero:
Chi mi parlava di lui,lo vedeva come un essere umile che si era sacrificato per noi, io invece non avevo quest'immagine di Dio, forse una volta la ebbi grazie a Mayko,ma adesso lo vedevo solo come uno sfruttatore, che si serviva degli esseri umani, pretendendo in loro fiducia assoluta e che non smuoveva un solo muscolo per aiutare gli esseri uomini nei momenti peggiori della vita, anzi sicuramente ogni  dolore e sofferenza umana derivava da una semplice partita a scacchi tra Dio e il diavolo, loro erano i giocatori e noi le pedine.
L' idea della giocata scacchi, mi faceva oltremodo infuriare.
Se Mayko era morta per una stupida competizione fra Dio e il Diavolo di sicuro non avrei perdonato e risparmiato nessuno dei due giocatori, ma oltre a questa teoria ne avevo una più semplice e scontata:  che lui mi mettesse alla prova causandomi sofferenze infinite e quando aveva visto la mia fiducia venire meno sempre di più si è vendicato su Mayko.
 Ma anche questa teoria classico del Dio che punisce e che ci tiene tanto alla nostra fiducia è completamente stupida.
Che cosa glie ne potrà fregare a lui di ricevere la mia piena approvazione?
 Io che sono un essere completamente inutile, molti mi definirebbero ben volentieri “Rifiuto della società”, ma non disdegno più di tanto questo ruolo perché per apprezzare i grandi uomini: coloro che migliorano le cose, bisogna avere coloro che distruggono la società, altrimenti non esisterebbero ne l' uno ne l' altro, quindi grazie anche ai criminali esiste la roba buona.
Tornando a parlare di Dio: l' unica cosa che me lo rende detestabile è la morte di Mayko per me lei era tutto,era la mia gioia,il mio dolore, era una parte di me che ormai ho perso per sempre.
So che non tornerà più,anche se a volte spero tanto in un suo ritorno improvviso, ma ormai ho perso le speranze.
Guardai la quattordicenne che mi era davanti,mi aveva fatto un sorriso e mi rivolse uno sguardo pieni di gratitudine come se io avessi fatto qualcosa di straordinario per lei, ma in realtà non avevo fatto assolutamente nulla.
Fece invece tutto lui, mio fratello la slegò e decise di tenere quella ragazzina in casa nostra, effettivamente era l'unica decisione da prendere ma io preferì evitare di parlarne.
Infatti quando lui mi chiese se ero d'accordo, io non risposi, mi limitai a scuotere il capo con scarsa convinzione, sapevo che non avevamo altra scelta poiche lei sapeva che eravamo dei criminali, ma non volevo più saperne di quell' esserino, che mi scombussolava emotivamente.
Non era affatto piacevole quella sensazione, mi sentivo come un uomo su di una barca durante una tempesta, mi lasciavo trascinare dalla corrente e dalle violente ondate, cercando inutilmente di non farla affondare, ma il livello del mare si sollevava sommergendo la mia barca.
D'altra parte, non avrei neanche potuto mostrare la mia disapprovazione perché mio fratello non l'avrebbe presa bene, dopo il mio mancato consenso nell' ucciderla, non si poteva certo pensare di liberarla.
Avrei dovuto sopportarmi quella ragazzina, non avevo altra scelta, pensai rassegnato e non sapevo neanche fino a quando,forse giusto il tempo, di guadagnarsi la nostra fiducia per poi lasciarla andare.
Yoko,continuava a guardarmi, sembrava voler scoprire i miei pensieri,ma ovviamente erano fin troppo complessi per una ragazzina, non avrebbe mai potuto comprenderli.
Sembrava incuriosita,mi guardava attentamente.
Forse mi aveva preso in simpatia ma io non ricambiavo i sorrisi e gli sguardi attenti della ragazza,mi limitavo a lanciarle qualche occhiataccia minacciosa come a volerle dire che doveva stare attenta a ciò che faceva e a ciò che diceva altrimenti sarebbe stati guai.
Ma purtroppo anche non facendo assolutamente nulla, lei era in grado di farmi venire il mal di mare su quella dannata barca che affondava, lasciandosi sconfiggere dalle emozioni più fugaci e di ben poca importanza, persino le onde meno violente erano in grado di far sprofondare la mia fragile barca.
Dopo un po' smise di guardarmi, probabilmente intimorita dalle mie occhiatacce,così questa volta il suo interesse si spostò verso mio fratello che ricambiò lo sguardo con indifferenza che avrei tanto voluto avere anch'io.
Del resto anche se avesse voluto fare il minaccioso,non sarebbe stato convincente quanto me, avevo delle grandi capacità recitative che usavo spesso a mio vantaggio per spaventare la gente, ma avevo come l' impressione che su di lei non suscitassero l' effetto sperato, perché dopo un po' mi sorrise guardandomi come se fossi la sua unica salvezza.
Quello sguardo ingenuo e grato di una bambina a cui avevano strappato l'innocenza forse un po' troppo presto,riempiva i miei pensieri di domande a cui non sapevo trovare una risposta.
Buffo a dirsi che un sorriso e qualche sguardo,potesse farmi pensare tanto e ricordarmi Mayko.
Sembrava che quel sorriso appartenesse a lei,un sorriso sincero, che non mostrava derisione ma solo una semplice ingenua dolcezza difficile da trovare nelle altre persone, poi il suo sguardo imbarazzato e attento, che si insinuava nel mio senza darmi pace.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** perdita dei sensi ***


YOKO:

Leggevo un libro scritto da Mayko Ayachi,non avevo mai sentito quel nome e dire che di libri ne avevo letti tanti, ma di questa autrice sconosciuta, mai letto uno in vita mia. Avevo trovato questo libro nella stanza di Kio.
Mi sembrò una storia del tutto banale,una di quelle classiche storielle del tutto surreali forse perché invidiavo la protagonista,era difficile non ammettere che la invidiavo.
Bè lei era felice perché aveva trovato il primo amore mentre io che avevo trovato?Di sicuro nulla di tutto ciò.
Purtroppo per me nulla di tutto questo era possibile,forse avrei dovuto mettere da parte il pessimismo e cogliere il vero insegnamento di quella storia, perché anche Akino prima era triste e sola ma poi quel misterioso ragazzo le si presentò improvvisamente davanti.
Erano passati pochi minuti, da quando la mia vita era stata messa a rischio a causa di una scommessa e nonostante tutto porgevo un sorriso al mio “rapitore” se potevo definirlo così.
Un sorriso di gratitudine?
Non sapevo sinceramente che pensare, il mio sorriso sembrava apparentemente immotivato o forse volevo ringraziarlo di non avermi uccisa e di avermi tranquillizzata quando il fratello tendeva la pistola contro di me.
Per tale ragione, mi sembrò di intravedere un briciolo di bontà in quel ragazzo, che non lasciava trasparire con facilità, ma che io ero riuscita a vedere poiché non conoscevo la vera bontà, quella che viene esternata senza troppi problemi.
 A parte la mia matrigna nessuno era stato davvero gentile con me, senza rivelarsi in realtà un essere abominevole come il mio patrigno.

Così improvvisamente ne fui felice, perché forse non era tutto nero come lo dipingevo io, forse qualcosa di bello, si prospettava per me, in quella casa di criminali, ma da questo dovevo ben guardarmi, ma non mi sembravano persone poi tanto cattive.

Incredibile, ma vero,dopo i lunghi giorni di smarrimento di angoscia ossessiva che non sembrava volermi abbandonare, sembravo felice di essere in quella casa, anche se gli sguardi di Kyo non erano sempre rassicuranti, anzi era un ragazzo dai modi molto bruschi e primitivi.
Nella stanza entrò qualcuno,allora posai in fretta, il libro sullo scaffale dove era stato riposto prima che lo prendessi.
Era Kio con una bottiglia di vino e un bicchiere in mano, mi volse uno sguardo vago,senza neanche rivolgermi la parola, dopo si sedette su una sedia con le gambe aperte e poi poggiò sulla scrivania la bottiglia e il bicchiere.

Riempì il bicchiere fino all'orlo e non perse tempo a berlo tutto in un sorso.
 Io rimasi ferma a fissarlo,mentre lui si preparava velocemente a mandar giù dell'altro vino.
Aveva versato il vino nel bicchiere,sempre fino all'orlo e lo finì ancora una volta in un sorso solo.
Dal quarto bicchiere capì che era un ubriacone senza speranza.
Continuava a versare del' altro vino nel bicchiere quando io mi avvicinai a lui.
"Non credi di esagerare un po' troppo con l'alcool?!"gli dissi cercando di farlo smettere.
Lui continuò a versare senza porsi alcun problema, era come se io non avessi detto nulla.
"Ehy ma mi ascolti?!"gli dissi io infastidita dal suo comportamento.
"Fatti i cazzi tuoi!credo di averti avvertito abbastanza!"disse Kio con uno sguardo minaccioso che mi fece rabbrividire.
Notai che si stava già facendo sera, la stanza iniziava ad essere un po' fosca e Kio continuava a bere come se niente fosse.
"Ma allora continui sei proprio uno con la testa dura?!"non riuscivo a farmi gli affari miei, anche se lui me lo aveva detto chiaramente che era meglio non impicciarmi.
Non sapevo il motivo per cui mi interessasi tanto a Kio,e forse non c'era una ragione particolare forse perché non sopportavo la gente che dipendesse dall'alcool o dalla droga.
Ero ancora vicina a lui,e lui mi guardò in uno strano modo,quello sguardo era molto simile a quello del mio patrigno, allora mi allontanai dal ragazzo che si alzò dalla sedia scaraventandola a terra.
"Ma come siamo carine! Se ti preoccupi così tanto per me vuol dire che mi ami!su avanti vieni qui che ci divertiamo!"disse lui avvicinandosi a me barcollando.
Io tremavo,non riuscivo neanche a muovermi tanta era la paura.
"Tanto non hai altra scelta! Quindi fai la brava!". disse lui sorridendomi maliziosamente.
Mi strinse i polsi trascinandomi accanto al letto,cercai di liberarmi ma inutilmente continuando a tremare di paura.
Ero spaventata ma allo stesso tempo triste,ormai mi sentivo quasi un oggetto, sembrava che tutti volessero da me sempre la stessa cosa:VIOLENTARMI.
Dentro di me incominciavo a credere che fosse giusto, che la gente abusasse di me perché ero una buona a nulla, non potevo far altro che far eccitare gli uomini, anzi forse non ero neanche buona per quelle cose.
Dopotutto non ero neanche bella,i miei capelli neri sembravano quelli di una strega,i miei occhi a mandorla non avevano alcuna particolarità,il mio naso mostrava qualche imperfezione, infatti era più grande del dovuto, le mie gote rosee erano troppo grandi e il mio viso era fin troppo arrotondato ed il mio corpo era troppo enorme,quei 55 kg per me equivalevano a delle tonnellate.
A scuola non andavo benissimo e se ricevevo bei voti era solo perché il mio patrigno era una persona importante.
a volte mi capitava di scrivere alcune pagine di diario,una volta provai a scrivere un romanzo ma non piacque a nessuno,mi avevano detto che avevo molta fantasia ma che ero molto sintetica e che lo stile lasciava a desiderare.
E così non scrissi più nulla,solo qualche poesia che non facevo leggere a nessuno ma anche come poetessa non ero di certo il massimo.
Forse solo nella danza riuscivo davvero a dimostrare le mie capacità che mi sembravano ben poche,anche se mi sentivo grassa riuscivo a muovermi con grazia e in modo leggiadro da sembrare quasi una piuma.
Mi lasciavo trascinare delle sinfonie o da qualche lirica drammatica, che accompagnavano il movimento del mio corpo, ma era come se quella musica accompagnasse anche la mia vita che la osservavo scorrere, come uno spettatore, che attende con ansia il colpo di scena.
Non mi importavano i soliti sorrisi ipocriti dei professori che si complimentavano con me o che dolcemente mi spiegavano cosa avevo sbagliato nei compiti ed erano subito pronti a rispiegarmi tutto.
Quei sorrisi non mi rendevano felice perché erano dei sorrisi pieni di falsità e dire che una volta mi ero illusa che quei sorrisi e quelle gentilezze venissero dal loro buon animo,poi però scoprì la verità,un professore di matematica diverso da tutti gli altri finì per arrabbiarsi perché non studiavo mai la matematica visto che era una materia abbastanza difficile per me.
Mi rispiegò pazientemente la lezione un mucchio di volte anche dopo la scuola, ma io giunta a casa non riuscivo ad eseguire gli esercizi,la mia testa andava da tutt'altra parte e quando mi sforzavo di concentrarmi non riuscivo lo stesso a farli.
Ero proprio ottusa e così non feci mai gli esercizi di matematica,tanto che il professore dopo la scuola finì per arrabbiarsi dicendomi che non mi avrebbe rimandato nella sua materia solo perché il mio patrigno forniva un sacco di contributi alla scuola.
Così le mie insicurezze di adolescente presero il sopravvento, mentre un altro uomo oltre al mio patrigno avrebbe abusato di me.
Ero colpevole di ciò che mi accadeva! Forse era questa la risposta! Non sapevo più che pensare.
Mentre riflettevo su me stessa,Kio mi stringeva ancor di più i polsi sembrava volermeli spezzare.

Avrebbe dovuto stringerli con più forza per spezzarmeli per davvero, ma ben presto lo fece, strinse i polsi con più fermezza, tanto che urlai dal dolore tentando inutilmente di liberarmi anche supplicandolo, poi mi arresi e gli urlai di decidersi, di piantarla di farmi stare in attesa del momento decisivo e più crudo: quando mi avrebbe tolto la divisa scolastica, in quel momento ero certa che una parte di me sarebbe morta, ma forse Yoko, l' adolescente ingenua e dolce, era morta ormai da tempo.

Eppure nonostante tutto sentivo qualcosa in me di vivo, forse il mio cuore che batteva all' impazzata, non sapevo bene cosa fosse,ma questo qualcosa sembrava essere più forte di tutte le mie sofferenze,potevano distruggermi, ma non potevano portarmi via questo qualcosa che mi faceva continuare a vivere.
I miei polsi continuavano ad essere stretti dalle mani di Kio,io cercai ancora una volta di liberarmi ma sapevo che era inutile, così le lacrime mi bagnarono il viso, la sua espressione rimase incurante di fronte ai miei singhiozzi ed io mi arresi alla sua forza.
Ero diventata accondiscendente come con il mio patrigno.
In fin dei conti non potevo far nulla per cambiare le cose, così mi spinse facendomi cadere nel letto per poi salire sopra di me.


KYO:

Seguivo la scena da spettatore come se non fossi io a farlo,come se fosse qualcun altro e quindi non mi importava.
Era come se avessi una certa consapevolezza di ciò che succedeva, ma non riusciva a controllarlo,tutto mi sfuggiva di mano come sempre, ma una parte di me era ancora cosciente,ma non riuscivo a liberarmi del tutto dallo stato di incoscienza.
Era come se avessi una doppia personalità,una che ragionava soffrendo di quello che stessi facendo, l'altra che si divertiva senza porsi alcuno scrupolo.
Non volevo fare una cosa del genere,ma il mio cervello era ancora molto confuso per riuscire a ragionare del tutto,non potevo fermare l'alcool così facilmente,non ci riuscivo e pure non avevo mai perso il controllo in quel modo.
Rimasto sdraiato sopra la ragazza,non mi mossi, non feci nulla.
Dentro di me c'era una continua lotta fra me e l'alcool, alla fine io ebbi la meglio.
Mi ritrovai sopra quella bambina impaurita e piangente,quasi mi venne un colpo,era come se mi fossi risvegliato di botto,ritrovandomi in una realtà del tutto diversa da quella che avevo vissuto.
Ma adesso ero tornato nella cruda e spaventosa realtà.
Mi alzai dal letto ancora un po' barcollante,anche la ragazza si alzò dandomi un pugno in pieno volto,come se finalmente avesse trovato il coraggio di uccidermi.
Dalla sua espressione sembrava volermi uccidere,anche senza quel pugno avrei capito che era piuttosto arrabbiata, ma non mi mai sarei aspettato nulla di simile.
Nessuna ragazza aveva mai osato alzarmi le mani tuttavia non dissi niente, non sapevo che fare e che dire, in quanto credevo di meritarmi molto peggio di un pugno.
"Non provare mai più a farmi una cosa del genere!"urlò Yoko.
Adesso però stavo proprio esagerando,ma che voleva?Di certo non mi sarei scusato anche se avrei dovuto,ero troppo arrogante per fare una cosa del genere.
"Adesso basta!stai davvero esagerando!"gli dissi avvicinandomi a lei e finendo per spaventarla a morte, ma mentre mi muovevo mi sentì strano,la testa mi girava moltissimo e sentivo che il mio corpo si faceva sempre più debole.
Vedevo tutto sfuocato e a fatica riuscivo a tenerli aperti,fino a quando non li chiusi e fini per terra avendo perso i sensi.
Sentivo la voce della ragazza che urlava che chiamava il mio nome con agitazione "Kio!Kio!".
Mi chiamava con una certa insistenza e con molta preoccupazione.
Sentivo un'altra voce che mi chiamava questa voce,era femminile ma diversa era calorosa e dolce,era quella di Mayko.
Mi trovai sdraiato in un giardino stupendo,alberi stupendi,tutto pieno di verde e c'era un albero imponente,forse il più bello di tutti,era un albero di mele.
Non avevo mai visto un albero così meraviglioso e le mele erano così mature,erano di un rosso accesso.
Mi alzai da terra e guardai l'albero più da vicino,oltre all'albero c'era un fiume anch'esso meraviglioso che rifletteva la mia immagine.
Guardai la mia immagine riflessa e mi accorsi di essere nudo e dalle mie mani sgorgava del sangue, ma non avevo alcuna ferita nelle mani, era come se fossero sporche del sangue di qualcun altro.
Di chi apparteneva quel sangue?.

Poi mi avvicinai al fiume per riflettere la mia immagine, dal riflesso vidi il mio corpo sporco di sangue, tremai, notando anche che non avevo alcuna ferita.

Poi mi riguardai le mani questa volta non più dal riflesso, le mie mani questa volta non erano più sporche di sangue così pensai che doveva essere stata una mia impressione ma quando osservai per una seconda volta il mio riflesso, tornai a vedermi sporco di sangue.
Tanto che finì per correre e ad allontanarmi da quel fiume come se fosse stregato,allontanandomi dal fiume notai che ero finito in un posto buio e tetro,era un bosco spaventoso con pipistrelli e avvoltoi che svolazzavano,si sentiva anche ululato di qualche lupo.
Gli abeti erano giganteschi e di un verde scurissimo,e i fiori erano quasi tutti morti e di colori scuri,poi c'erano delle rose color amaranto con delle spine gigantesche,queste rose erano diverse da tutte le rose che io avessi visto.
Erano spaventose sembravano avere un anima,sembravano comunicarmi il loro disprezzo,erano vive e mi guardavano.
Mi stavano guardando non sapevo che occhi avessero,non sapevo come facevano a vedermi ma sapevo che mi stavano osservando e che mi stavano parlando in qualche modo.
In questo luogo lugubre e dalle tonalità scure,vidi una ragazza non credevo di conoscerla.
Quasi mi chiedevo se la conoscessi,il suo volto mi era così familiare e i suoi capelli neri li avevo già accarezzati,ma chi era?
Guardava la ragazza seduta sul suolo che sollevò gli occhi verso di me,i suoi occhi erano di un castano molto scuro,portava un kimono rosa che era sporco di sangue,era ferita sul torace.
Cercai di capire chi fosse, mentre tremavo di paura notando che si avvicinava sempre più a me dicendo continuamente il mio nome con insistenza.

 

YOKO:

Lo vidi finire per terra improvvisamente,quasi fu un sollievo visto che non poteva farmi del male ridotto in quelle condizioni, ma dopo ben pochi minuti finì seriamente per preoccuparmi.
Cercai di svegliarlo chiamandolo,ma niente. Lui non rispondeva.
In qualche modo mi sentivo colpevole di quello che era successo,mi sentivo responsabile e se Kio fosse morto non me lo sarei perdonato.
Dopo averlo chiamato insistentemente, decisi di chiamare suo fratello e di informarlo su quant'era successo,sicuramente l'avremo dovuto portare all'ospedale.
 Sentivo l'agitazione del mio cuore che aumentava sempre di più.
Corsi andando a chiamare il fratello,lui mi guardò stupito. "Kio....sta male...è svenuto"dissi cercando di riprendere fiato.
Lui rimase scosso dalla notizia,andò nella stanza di Kio in fretta e furia ed io lo raggiunsi.
Il fratello strinse il polso di Kio per sentire i battiti  poi lo mise sul letto.
Abbassò la testa poggiandola al petto di Kio.
"Il cuore batte ancora..bè nulla di grave!"disse il fratello riacquistando la calma.
"Ma lui è svenuto quindi qualcosa di grave deve esserci!dovremo portarlo all'ospedale!"gli dissi io.
Lui mi guardò come se avessi detto qualcosa di inverosimile,ci fu una pausa e poi si decise ad aprire bocca.
"Non posso portarlo all'ospedale è troppo rischioso!"disse il fratello. "rischioso?ma lui sta male!"gli dissi io con un tono che non ammetteva repliche.
"Ehy guarda che è mio fratello non il tuo e quindi ci penso io a lui!e tu non immischiarti!"mi disse lui infastidito dalla mia intrusione.
Rimasi ferma a fissare il corpo del ragazzo che giaceva nel letto,sembrava in fin di vita.
Sentivo di dover fare qualcosa per salvarlo ma cosa avrei dovuto fare? Il fratello non sembrava volermi ascoltare e la mia testa era ancora confusa.
La preoccupazione si era ormai del tutto impossessata di me e mi chiedevo come faceva suo fratello ad essere così tranquillo.
Più passava il tempo e più perdevo la calma e quasi pensai alla possibile morte del ragazzo.
Una tomba,una lapide e tutta la gente sparsa accanto a quella tomba e il prete che benedice il morto e poi ci sarebbe dovuto essere un discorso,un bel discorso su quel ragazzo.
Di solito si diceva era una brava persona,era speciale,gentile ecc...ecc...ma in quel funerale non c'era nessuno a parlare.
C'era solo silenzio non si sentiva neanche il suono dei singhiozzi della gente che piangeva,nessuno piangeva c'ero io inginocchiata alla tomba con dei fiori rosa in mano, avevo gli occhi chiusi come se non volessi vedere quella gente attorno a me.
Quella gente che era venuta solo tanto per venire e tutti mi guardavano come per dirmi che la gente moriva tutti i giorni.
Non c'era bisogno di prendersela tanto perché erano cose che capitavano.
Quegli sguardi erano peggio di mille parole,erano una vera crudeltà,erano degli sguardi spensierati che ti fissavano come se non fosse accaduto nulla di spiacevole.
Avevo sempre immaginato un funerale, ma di solito avevo immaginato il mio di funerale in cui ci sarebbero state molte persone importanti, che nemmeno sapevano chi fossi.
L'unica cosa che sapevano è che ero "figlia del politico Keitawa"e questo era ciò che bastava per andare al funerale e fingersi tristi,ma nonostante gli sforzi in quel funerale non piangeva nessuno, solo la mia matrigna piangeva per davvero.
Solo le sue lacrime bagnarono la mia lapide e purificarono la mia anima triste e sola, che vagava nel buio dell'inferno.
Mi avvicinai al letto per vedere le sue condizioni e lo sentì parlare nel sonno.
Pronunciava un nome con una tale ostinazione,quel nome era "Mayko".
Mi chiedevo chi fosse Mayko,doveva essere il nome di una ragazza però non ero certa che si trattasse di una ragazza,anche se il nome era molto femminile.
Kio continuava a chiamare quel nome, questa volta urlava e si dimenava.
Cercai di calmarlo stringendogli la mano con la mia.
Era piacevole stringere la sua mano e sentire il suo corpo accanto al mio.
Non ero mai stata così vicina ad un ragazzo in vita mia,solo con Rei,mi era stato così vicino e pure lo avevo sempre sentito distante. Forse perché io e Rei eravamo diversi, ma in fin dei conti potevo dire che io e quel ragazzo sdraiato nel letto fossimo simili?.
Lui era uno che si faceva di alcool,una persona molto triste che si allontana dagli altri e che minacciava la gente e pure nonostante avessi visto questo di lui,sapevo che quel ragazzo non era soltanto così e che doveva essere qualcosa di più di questo. "



 


KYO:

Mayko,Mayko,Mayko!" avrei urlato il suo nome all'infinito.
La cercavo in mezzo a quell'inferno,ma lei non c'era, era scomparsa mi aveva abbandonato per sempre anche nei sogni.
Avrei voluto abbracciarla,toccarla,baciare le sue labbra ancora una volta per poi poterle dire addio,solo per l'ultima volta e invece lei non c'era più.
Al posto suo c'era una ragazza dai capelli neri che aveva il corpo sporco di sangue e che diceva di conoscermi.
Io avrei voluto coprire il mio sesso in qualche modo, mi vergognavo della mia nudità come Adamo che scopre improvvisamente di essere nudo.
"Kio,così non mi riconosci?” chiese guardandomi, poi aggiunse con severità “Quando hai deciso di uccidermi, però sembravi conoscermi molto bene!"
Rimasi spaventato da quelle parole.
Cercai una via di fuga da quel delirio, erano ricordi vaghi che si inserivano nella mia mente,costruendo sogni mischiati da realtà e da cose mai realmente accadute, ma come facevo a riconoscere gli avvenimenti reali da quelli falsi?
 Quella ragazza era davvero esistita, io l' avevo vista in quella foto, insieme a Mayko, si era proprio lei, Yari, l' amica di Mayko con cui l' avevo tradita.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Keitawa ***


Keitawa:


Osservavo il tempo scorrere seduto comodamente nel mio studio,sulla mia splendida poltrona in pelle,potevo fare quello che volevo e pure non ero soddisfatto.
Tutte le mattine il mio sguardo cercava di fuggire davanti a quello specchio,mia moglie non sapeva perché odiassi tanto gli specchi, nemmeno la mia cara figlia lo sapeva e neanche Yoko.
Il suo nome improvvisamente mi tornò in mente,cercavo di scacciarla dalla mia mente ma era impossibile.
Era come se quell'essere mi avesse stregato e in più quell'essere mi serviva, solo lei avrebbe potuto realizzare il mio sogno.
Sarei potuto diventare presidente senza problemi grazie a quella ragazzina,quindi bisognava ritrovarla a tutti i costi e pure non la riuscivo a trovare.
Avevo mandato i miei uomini a cercarla ma in vano,quegli uomini li odiavo erano dei semplici incapaci lecca piedi da quattro soldi.
E dire che mi ero ridotto pure a doverla cercare io, senza ottenere alcun risultato ed ebbi quasi l'impressione di essere triste per non averla ritrovata.
Ma triste senza trovare una ragione, forse perché senza di lei non avevo nulla di interessante con cui giocare..
Esco dalla stanza e quasi senza accorgermene passo dal lungo corridoio, in cui c'è uno specchio gigantesco attaccato alla parete e mi ritrovo faccia a faccia con me stesso riflesso, il mio viso e il mio corpo erano ormai ottemprati dalla vecchiaia.
Mi guardo angosciato e allo stesso tempo arrabbiato,era come se rivedessi tutto quello che ero,non solo il mio aspetto fisico ma tutto quello che in quegli anni avevo fatto.
Mi tornò in mente quella maledetta ragazzina,cercavo di scacciarla dalla mia mente ma era impossibile, la sua voce dura riecheggiava nelle mie orecchie, era stata la sola ad aver avuto il coraggio di dirmi cosa realmente pensava di me, me lo aveva detto infuriata mentre stavo abusando di lei, ancora una volta, senza alcun rimpianto.
Cercai di scacciarla dai miei pensieri, ma con scarso risultato, la figura di quella ragazza così infantile, poi il suo corpo non riuscivo proprio a scacciarlo dalla mia mente, me la sarei portata a letto ancora una volta,ancora per una fottuta ultima volta.
E pure potevo avere tutte le ragazze che volevo, anche molte minorenni si erano offerte,in fin dei conti non era difficile portarsi a letto una minorenne senza doverla forzare, dopotutto io ero Keitawa, potevo pagarle bene, e pure a me quelle bambine non mi interessavano.
Volevo soltanto lei, quella bambina che mi detestava con tutte le sue forze, che mi dannava, mi malediva.
 Non capivo bene cosa mi passasse per la testa,forse il mio era puro masochismo, o forse era solo la stanchezza a farmi delirare.
Doveva essere sicuramente la stanchezza,le elezioni mi stavano distruggendo,ogni giorno usciva sempre un nuovo scandalo su di me.
Non era bello ricordare ciò che era successo e sapere che non avrei potuto facilmente cancellare ciò che avevo fatto e ciò che avrei fatto in futuro.
Nageshi non avrebbe avuto di sicuro pietà di me,lui voleva rovinarmi e forse primo o poi ci sarebbe riuscito, ma per ora l' unica cosa che glie lo aveva impedito, era stata Yoko, la sua cara figliola che io avevo in custodia, ma adesso che era scappata, nulla avrebbe potuto impedire a Nageshi di far vedere a tutto il Giappone, l' uomo che era veramente Keitawa.
Per tale ragione dovevo recuperare Yoko, quella dannata ragazzina, inoltre lei rappresentava lo scandalo per eccellenza di Nageshi,
che aveva avuto una relazione con una puttana.
Se avessi confessato la verità su Yoko sarebbe stato scandalo anche per me, visto che l'avevo adottata, però forse sarei apparso come una brava persona che è disposta ad aiutare chiunque senza fare distinzioni.
In fin dei conti sapevo sempre come uscirne pulito da qualunque situazione, però avrei dovuto evitare che Nageshi e Yoko si incontrassero.
Ritornai al mio studio ad aspettare che i miei uomini tornassero e che mi dessero la buona notizia, ma quel giorno tornarono senza buone notizie.
"Signor Keitawa, ci dispiace il signor Ayame è scappato!". disse il più coraggioso che tremava.
Guardava la giacche nere e le cravatte che quegli uomini portavano, poi mi soffermai sulle loro tasche dei pantaloni, dove tenevano ben conservate le loro pistole, portatrici di morte, che possedevo anch'io.
 Ed io di sicuro avevo ucciso molti più uomini di quei codardi, che non avevano le palle per porre fine alla mia vita,dopotutto era così dannatamente semplice, bastava soltanto che prendessero quella dannata pistola e con un semplice click sarei morto come gli stessi uomini che avevo ucciso.
Improvvisamente avevo voglia di morire, mi sentivo insoddisfatto, perchè dopo tanti sacrifici non avevo raggiunto i miei obbiettivi e anche quando li raggiungevo non sembravano mai bastarmi e continuavo ancora, procurando altro dolore agli altri.
Ma non ho mai provato rimorso per nessuno, l' unico rimorso che mi porto da anni è quello di aver fatto del male ai miei stessi figli.
“Papà!” gridava sempre Kyo da piccolo.
Era sempre stato il mio figlio preferito, lo avevo amato, molto più di Toshio perché lui mi procurava tante soddisfazioni, era il primo della classe, eccedeva negli sport e aveva imparato in fretta a suonare il pianoforte.
 Invece Toshio se ben più calmo di temperamento, lui era un vero disastro in tutto quel che faceva, non mi piaceva Toshio perché rispecchiava la parte di me più negativa, mentre Kyo era la mia parte ottimale!
Ma quando ho deciso di cambiare lavoro e di lavorare per dei mafiosi, tutto è cambiato, se ne sono scappati, ma dopotutto non credo che sia stato solo quella la ragione, ma c'è ne erano un 'infinità.
Talvolta anzi spesso, ero un padre dispotico, che imponeva ai figli le proprie decisioni e spesso imponevo a Kyo delle cose, perché volevo spingerlo sempre di più al successo, volevo che lui fosse perfetto, mentre con Toshio non nutrivo aspettative, lui era come un'ombra che mi passava accanto, qualunque cosa lui dicesse non mi andava bene e quando mi illustrava le sue aspettative per il futuro tassativamente lo demoralizzavo, dicendo che per lui era inutile pure provarci, ma non lo facevo con cattiveria, volevo semplicemente che capisse quale fosse il suo posto e che non si mettesse per la testa grandi aspettative che non era in grado di raggiungere, volevo soltanto evitare di farlo soffrire.
“Signor Keitawa tutto bene?” chiese uno dei miei uomini.
“Si, ero soltanto sovrappensiero” mi affrettai a rispondere.
Mi soffermai per una seconda volta su quelle cravatte, ne portavo anch'io una simile, erano le cravatte dei mafiosi che vogliono sembrare delle brave persone e costatavo che vestiti in quel modo, mi sembravano più delle brave persone che dei mafiosi.
Ero incazzato nero perciò che mi avevano appena detto ed ero arrabbiato perché non li credevo degni di me o forse la mia era soltanto invidia perché nonostante cercassero di fare i mafiosi non ci riuscivano, mentre io invece non riuscivo ad essere una brava persona.
Mi atteggiavo ad essere una brava persona ma non lo ero affatto,ero cambiato.
Le circostanze mi avevano costretto a cambiare e avevo capito che per diventare potente dovevo ricorrere alla forza.
Così alla fine ero riuscito a diventare quello che avevo sempre voluto, una persona autorevole e ricca.
E pure non sembravo esserne soddisfatto anzi ero triste e stanco e il mio malessere si manifesto contro quei due malcapitati.
Li guardavo furibondo,col solo sguardo riuscivo ad incutere loro timore, loro tenevano lo sguardo basso, avevano paura persino di guardarmi.
"Ve lo siete lasciato scappare?!non credo di aver capito bene!" urlai minacciosamente,avevo voglia di ucciderli ma tuttavia non lo feci.
Non volevo avere anche loro nella coscienza e in fin dei conti facevano del loro meglio, così mi limitai a sbraitargli contro e li cacciai via.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** la realtà di un sogno ***


Kyo:
 
Questo doveva essere un sogno e pure anche se le situazioni fossero al limite dell'assurdo

apparivano così reali e così espressive da non sembrare un sogno.

La realtà aveva subito uno stravolgimento,perché situazioni veramente accadute si confondevano con il sogno.

Quella ragazza dai capelli neri, Yari, si confondeva con qualcun altro.

Era come se il suo viso cambiasse forma diventando quello di un'altra persona.

Quel viso lo conoscevo perfettamente era un viso che avevo visto recentemente. Era di Yoko.

I due volti della ragazza svaniscono, così ritorno a rivivere quel momento,la ragazza legata ad una sedia io che punto la pistola alla sua tempia, era sempre Yoko,stesso viso impaurito,stessi occhi castani e piangenti, ma questa volta rimasi insensibile alle suppliche.

E quando mi decisi a pigiare il grilletto, guardai il viso della ragazza senza provare nulla come se non avessi un fottuto cuore.

"Ti prego non farlo,non uccidermi!"sentivo quella tremante voce,ma che non apparteneva a Yoko,era di qualcun altro,era sempre femminile ma non la sua, a chi apparteneva? Mi concentrai meglio per capire chi fosse, poi riconobbi quel volto, era Yari.

Osservai l' ambiente dove eravamo, ma era molto buio e non riuscivo a vedere nulla di familiare, che potesse farmi intuire dove ci trovassimo.

Poi subito dopo, mi vidi, nel momento in cui pigiai quel grilletto a sangue freddo, senza alcun rimorso, si sentii solo il rumore dello sparo e poi più niente,i lamenti della ragazza smisero di sentirsi, per rompere il silenzio canticchiai "Fur elise"di Beethoven.

Era un brano che sapeva suscitare in me una certa tristezza, però c'era una parte in cui la musica diventava improvvisamente allegra,mi sembrava quasi di aver l'impressione di sentire Mozart.

Poi improvvisamente quando meno me l'aspettavo il brano ritornava ad avere quella tonalità angosciosa,poi di nuovo allegro e poi terminava con la stesso ritmo triste e misterioso.

Era come se il brano definisse le varie fasi della vita,angoscia e felicità che si contrastano fra di loro, però l'angoscia era quella prevalente.

In quel momento però canticchiavo quel brano allegramente e mostrando quel sorriso da perfetto idiota che tenevo solo quando ero ubriaco fradicio.

Notai il corpo della ragazza steso per terra e quel che dissi fu "Puttana piantala di dormire,immagino che ti devi esser divertita a far la vittima con Mayko!oh, povera!il suo ragazzo ti ha violentato e tu povera cara non avevi il coraggio di dirlo a Mayko per non ferire i suoi sentimenti!. Povera Yari,lei non ha colpe non si è infilata spontaneamente nel letto di Kio,lei non farebbe mai nulla del genere!.

Lei non farebbe mai nulla per ferire i sentimenti di Mayko e basta dormire!"dissi scoppiando a ridere e prendendola a calci,ma lei continuava a star stesa per terra.

."Fottiti vuoi continuare a dormire e dormi stupida puttana che non sei altro!"dissi continuando a ridere di gusto,e poi ricominciai a canticchiare "fur Elise"

Continuavo a canticchiarla allegramente incosciente di tutto ciò che fosse accaduto,poi uscì e decisi di guidare la macchina,senza una vera ragione,non avevo una metà da raggiungere bè in effetti pensai di andare a trovare Mayko, ma la strada non era quella per andare a casa di Mayko,quella strada non mi avrebbe portato da nessuna parte.

Improvvisamente riaprì gli occhi, ritrovandomi due occhini color nocciola che mi fissavano. Quella piccola figura stava seduta su di una sedia solo per stare accanto a me mentre dormivo.
Sicuramente stavo vaneggiando,ero ancora molto confuso da quel sogno. Mi chiedevo se io avessi davvero ucciso Yari,potevo mai aver fatto qualcosa del genere?

Ero preoccupato e scombussolato da ciò che avevo visto in quel sogno,aveva visto delle scene troppo crude da vedersi.

Quei calci che davo a quel corpo morto,era stato bruttissimo e poi io che canticchiavo “fur elise” allegramente come se non fosse successo nulla di grave.
L'alcool avrebbe potuto farmi commettere qualcosa del genere?Yari era veramente esistita?

Poteva anche essere solo frutto del mio inconscio,ma in quella foto che mi aveva mostrato Yoko, lei era presente quindi quella era la prova schiacciante che lei era esistita.

"Kio!"la ragazza mi fissò mi vide immobile intento a guardare uno scaffale, che in realtà non stavo guardando,avevo concentrato i miei occhi su di esso per pensare.

"Cosa c'è?"le chiesi freddamente.

Poi mi accorsi che la mano della ragazza stringeva la mia,la sua mano era morbida e calda. La osservai, era una mano di bambina, con ancora quelle fossette puerili sul palmo della mano.

Yoko si accorse che prestai attenzione alla sua mano così imbarazzata pose fine alla stretta,ma io l'afferrai, accarezzando quelle graziose fossette di bambina. Non sapevo cosa stessi combinando ma volevo che la sua mano riscaldasse la mia,volevo sentire il calore e la morbidezza della sua pelle.
Dovevo esser impazzito,forse strinsi la sua mano perché la ragazza mi ricordava molto Mayko o forse non c'era una ragione ben precisa.
Yoko arrossì sembrava che fosse in agitazione "io...ehm...se vuoi ti preparo qualcosa da mangiare!". disse Yoko all'inizio non sapendo che dire,ci fu un momento in cui balbettò e sembrava non dovesse più smetterla di dire "io".

"No,non ho fame!e poi non credo saresti in grado di cucinarmi qualcosa di buono!"dissi sgarbatamente, senza neanche mostrarmi riconoscente di fronte alla sua disponibilità.

Lei riuscì a liberare la sua mano dalla mia e se ne andò senza dire una parola.

Io ripensai al sogno,non sapevo ben dire se quella fosse la verità,in quel sogno apparivo come un essere disumano.

Ero davvero un essere disumano e senza scrupoli da non aver pietà per nessuno?

Tutte le mie sicurezze si stavano dileguando, e se quel Kio che avevo visto in sogno, non fosse altro che il Kio del passato,in quel caso, anch'io ero come mio padre, un assassino, ma molto probabilmente era colpa sua, era stato lui ad immettermi il gene assassino.

Ma se ero stato davvero capace di uccidere qualcuno perché adesso non ero più capace,perché non avevo ucciso Yoko?

L' alcool era davvero capace di cambiarmi e di farmi fare cose che non volevo, ma perché uccidere Yari, la migliore amica di Mayko e che allo stesso tempo era la mia amante.

Ripensai alle parole del sogno, ma cominciavo sempre più a dimenticare, le parole che avevo urlato contro quel cadavere.

Dannazione! Era stata tutta colpa di quella ragazzina, che aveva chiamato il mio nome nel momento in cui stavo pensando per bene al sogno appena fatto, poi mi ricordai un dettaglio insignificante, che sembrava insensato e del tutto scollegato al sogno:

A casa di mio padre c'era un orologio a pendolo che segnava l'ora sbagliata.

Non sapevo come questo piccolo particolare potesse essere importante, però doveva essere importante per essermi tornato in mente.

Così decisi su due piedi di andare in un negozio di orologi,forse dovevo esser impazzito però dovevo vedere un orologio a pendolo,volevo vederlo con i miei occhi.

Mentre mi preparavo per uscire arrivò Yoko con un vassoio in mano, in cui teneva poggiato un piatto in cui c'era del sushi.

"Ho pensato avessi fame!"disse sorridendomi. "ma ti avevo detto che non avevo fame"gli dissi infastidito.

"Ma tuo fratello mi ha detto che il sushi ti piace molto e allora..."disse lei continuando a sorridermi insistentemente.

"Mi spiace tra l'altro devo uscire!"gli risposi freddamente.

"Ma non puoi uscire ti sei appena ripreso!"mi disse lei preoccupata.

,"bè, io vado"dissi tagliando corto.

"allora vengo con te"disse la ragazza posando in tutta velocità il vassoio sulla scrivania.

La ragazza mi seguì correndo per stare al passo con me,io cercavo di accelerare il passo per non averla tra i piedi.

Nonostante accelerassi il passo me la ritrovavo sempre accanto,per le strade la gente ci guardava come se fossimo due amanti,trovavo la cosa abbastanza ridicola e banale.

Poi mi chiedevo come qualcuno potesse davvero pensarlo, ma la gente doveva essere diventata davvero di larghe vedute, ma dopotutto nella società odierna si aggirano ragazzine svampite che per soldi stanno con cinquantenni e le più normali se ne vanno con quelli della mia età.

Improvvisamente stare accanto a Yoko, mi mise a disagio, era come se mi vergognassi di quello che gli altri potessero credere e pensare di noi, eppure la cosa non avrebbe dovuto preoccuparmi più di tanto poiché non l' avevo pagata per fare certe porcherie, ma l' idea che gli altri lo pensassero mi rendeva stranamente irrequieto, perché?

Dopotutto Io con lei non ci volevo avere nulla a che fare, almeno in apparenza, ma tralasciando la ragione e l' apparenza, il mio cuore sembrava essere di tutt'altra opinione.

Durante il tragitto, nonostante le mie continue e brusche repliche, lei continuò inspiegabilmente a seguirmi, così dovetti rassegnarmi e senza volere mi abituai alla presenza della ragazza, anche se continuavo ad esserne ancora un po' infastidito, ma non si trattava di un vero e proprio fastidio, ma era un fastidio derivato dal mio stravolgimento emotivo, ce l' avevo con lei perché mi stravolgeva senza fare e dire nulla.

"Allora dove andiamo?"mi disse lei tutta sorridente. Io non capivo proprio cosa le fosse successo,non riuscivo più a scrollarmela di dosso,si era incollata a me e non voleva più andarsene. Io non le risposi ma la guardai con uno dei miei sguardi minacciosi,allora lei decise di starsi zitta ma continuava a seguirmi.

Io entrai al negozio e lei arrivò al negozio sfinita,doveva aver corso molto per dover stare al passo con me.

" un negozio di orologi antichi?"disse pensando ad alta voce.

Io iniziai a dare un occhiata in giro,quel posto era pieno di orologi di tutti i tipi e si sentiva spesso qualche ticchettio.

Io fissai gli orologi a pendolo,nessuno di quelli assomigliava a quello di mio padre,quello era in legno con le lancette in oro e quando suonava sembrava di essere in chiesa, sembrava che fossero delle campane a suonare.

Yoko mi seguì e inizio anche lei a guardare gli orologi a pendolo,sembrava essere felice e in pace con il mondo.

“E così ti interessi agli orologi antichi!conosco un posto che ha molti più orologi a pendolo di questo negozio!"disse Yoko facendosi sentire dal proprietario, un uomo anziano e con un brutto caratteraccio. Si avvicinò infastidito dall'affermazione di Yoko.

"bè,signorina questi orologi sono i miglior orologi di antiquariato che ci sono in giro!"disse infastidito. "ma io veramente... non ho detto che questi orologi siano brutti solo che non sembra che il mio amico sia interessato a questi!mi sembra che stia cercando un altro tipo di orologio!"disse lei.

Yoko aveva capito in pieno che non c'era l'orologio che mi interessava,ne rimasi a dir poco stupito non pensavo che una bambina potesse comprendermi,sapevo che era una stupidaggine quella che aveva compreso, però ciò mi lascio senza parole e poi il mio amico? Da quando eravamo amici?

Alla fine uscimmo dal negozio e l'anziano signore ci guardo in malo modo ed io ricambiai lo sguardo, mentre Yoko gli sorrise cercando di addolcirlo.

Così capii, Yoko ingenuamente stava cercando di addolcire anche me con quel sorriso,ma non sembrava che potesse riuscirci, il mio carattere era forse ancor più difficile di quell'uomo.

Il negozio in cui mi portò era davvero un bel negozio,tutti gli orologi erano ben riposti in appositi scaffali d'antiquariato.

Inoltre la proprietaria non era niente male,era una bella ragazza dai capelli tinti di biondo,occhi castani e indossava un vestito da gothic lolita.

Aveva un vestito azzurro pieno di merletti bianchi e di fiori colorati di rosa e indossava delle scarpe da bambola nere.

Il suo viso era molto acqua e sapone,aveva soltanto messo un po' di ombretto azzurro sugli occhi.

Il corpo era molto magro ed esile,non era neanche molto alta e il seno era abbastanza formoso.

Rimasi affascinato dal negozio,sul pavimento c'era un lungo tappeto rosso e tutti gli orologi avevano un etichetta gialla in cui vi era scritto il prezzo con una scritta nera in corsivo.

Sulle pareti del negozio vi erano appesi dei quadri alcuni erano gotici e altri erano rococò.

Era ben evidente il contrasto fra i due stili,rimasi molto affascinato da un quadro in cui c'era rappresentata una donna vestita di nero,aveva un vestito lungo che era mezzo strappato,infatti mostrava uno dei seni della donna.

La donna aveva il volto bianco e le labbra erano di un rosa schiarito,gli occhi erano di un blu spento,la sua espressione era malinconica non aveva nessuno accanto a lei.

Iniziai a guardare gli orologi a pendolo e il mio sguardo si poso su un orologio in particolare,era identico a quello che avevo mio padre,ne rimasi stupefatto.

Yoko si avvicinò a me e mi guardò sorridente.

."E così è questo l'orologio che ti piace,il mio patrigno ne aveva uno uguale!bè però è strano questi orologi non si trovano facilmente!"disse Yoko.

"Infatti sono molto rari,è davvero bizzarro ma anche mio padre aveva un orologio uguale a questo"gli risposi.

Trovai la cosa alquanto strana,era una strana coincidenza, poi la guardai non sembrava più di buon umore.

Io non la capivo proprio,mi sembrava un essere talmente incomprensibile, prima tutta allegra che mi stava addosso e poi con quell' espressione malinconica sul volto, che fosse in quella fase adolescenziale dove si diventa un po' lunatici e si passa da un umore ad un altro?

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** lo stesso cognome ***


Lo stesso cognome

KYO:

Yoko era una ragazza che andava controcorrente,i suoi capelli neri erano scompigliati,avevano una piega grottesca che li rendeva gonfi. Il suo aspetto era diverso da quello che la società ci aveva imposto,lei era solo una sempliciotta. In fin dei conti avevo sempre pensato che la moda fosse banale,mi vestivo come volevo senza dar importanza alla moda o a di quello che potevano pensare gli altri. In poche parole mi vestivo come un ragazzino,quasi quasi Yoko poteva sembrare più grande di me. Alla fine uscimmo dal negozio senza comprare un bel niente e la proprietaria in stile rococò mi sorrise, ma non aveva calcolato Yoko che la salutò facendole un sorriso. Io non sorrisi alla proprietaria,la guardai freddamente e uscì. Ormai sembravo odiare le donne,anche se mi attraevano non riuscivo a provare alcun sentimento, il sesso diventava qualcosa di meccanico e per nulla soddisfacente. Quelle donne mi fissavano,mi guardavano raggianti,era come se provassero qualcosa che io non provavo ormai da tempo. Da quando Mayko era morta,avevo creato un muro fra me e gli altri. Non avrei amato nessun altro,lei era la sola a capirmi,a sapere tutto quello che avevo passato e ad avermi tirato su nei momenti in cui sentivo di non farcela. Yoko continuava a pedinarmi e in fin dei conti mi abituai alla sua presenza,sembrava quasi che la sua compagnia non mi dispiacesse. Irrompeva il silenzio che ci sarebbe stato se fossi stato solo e sembrava voler distruggere la barriera che avevo creato fra me e gli altri. Era come se cercasse in tutti i modi di distruggerla nonostante le difficoltà, ma perché lo stava facendo?Non riuscivo a concepire ciò che le passava per la testa,era come una di quelle donne che mi ero portato a letto con gli occhi raggianti e speranzosi, ma io distruggevo le loro speranze,distruggevo quegli occhi raggianti facendo intendere che per me quella notte non aveva avuto importanza. Spegnevo quegli occhi,distruggevo i loro sogni e la loro gioia comportandomi in quel modo,loro finivano per inveirmi contro e una ragazza che non aveva alcun tipo di orgoglio era finita per inginocchiarsi a me e a piangere e a pregarmi di restare con lei. La ragazza in questione era una psicopatica ma per andarci a letto era apposto,poi quando decisi di scaricarla lei reagì male alla cosa,non era riuscita a sopportarlo e si era inginocchiata a me ma io la respinsi,non mi importava nulla di lei mi dispiaceva il fatto che piangesse ma non c'era altro da fare. Così lei il giorno seguente si taglio le vene e tutte le persone che mi conoscevano mi ritennero colpevole della sua morte, io inizialmente non mi sentì in colpa,non era colpa mia se quella ragazza non ci stava con la testa e non sapeva accettare il fatto di essere stata scaricata. Poi però trovarono una lettera che lei l'aveva scritta per me prima di morire. Quando lessi quella lettera tutto il mio mondo si capovolse. “Ciao Kio-san, Questo è un ciao che sta per voler dire addio, abbandono questo mondo,so che non capirai le ragioni,so che penserai che sono solo una pazza che ti sei voluto scopare in un momento di disperazione però per me tu eri qualcosa di più. Mi bastava un tuo sguardo per stare meglio nonostante la malattia peggiorasse,nonostante continuassi a sentire quelle voci. Kio-san io ti amavo e non ti odio perciò che hai fatto,non riuscirei mai ad odiarti perché tu mi hai regalato ciò che nessuno è stato in grado di regalarmi. Tu mi hai fatto amare e mi hai dato l'illusione di essere corrisposta,anche se era un illusione è stato bello. Dopo la malattia nessuno ha voluto più amarmi,tutti si allontanavano da me, spaventati che da un momento all' altro avrei fatto qualcosa di strano. Tu invece no,rimanevi insieme a me nonostante tutto. Credo quindi che nonostante non mi amassi, provavi almeno un briciolo di affetto per me,avresti potuto facilmente trovare una ragazza normale da portati a letto e invece tu avevi deciso di rimanere con me. Forse mi starò sbagliando ma voglio morire felice sapendo che almeno mi volevi bene,ma se mi vuoi bene non soffrire per la mia morte perché io sono felice di farlo. Sono felice di andarmene, avendo avuto la possibilità di starti accanto almeno per un pò,quindi non soffrirne perché io me ne vado felice, e in fin dei conti non c'è più una ragione che mi spinga a rimanere. Addio Kio-san. Reiku” Rimasi fermo con la lettera fra le mani e tremavo,mio fratello non disse nulla sapeva perfettamente che non c'era alcun modo per consolarmi di quanto era accaduto. Ero stato egoista,avevo usato quella ragazza come se era un oggetto da usare a mio piacimento. I sensi di colpa mi stavano distruggendo ma alla fine mi ripresi. E da quel giorno in poi,non andai a letto più con nessuna ragazza ma non ne sentivo la necessità. Nel caso ne avessi sentito la necessità,sarei andato in uno di quei postacci a pagare qualche puttana che avrebbe fatto tutto quanto senza innamorarsi di me. Una volta ci andai però mi resi conto che non era la stessa cosa,in fin dei conti mi piaceva vedere quagli occhi raggianti,vedere quei sorrisi pieni di amore che erano rivolti solo a me. Era come se sentissi il bisogno di essere amato però non riuscivo a corrispondere. Ritornando a Yoko,lei continuava a seguirmi. Dovevamo attraversare la strada, ma lei da perfetta svampita stava rischiando di farsi investire, così istintivamente la spinsi verso il marciapiede dov'ero rimasto io." Grazie Kio" rispose confusa, come se soltanto in quell' istante si fosse resa conto del camion che le stava andando addosso. “Scusa come mi hai chiamato?!Dovresti chiamarmi per cognome e non prenderti tutte queste confidenze!E poi sono più grande di te"gli risposi infastidito. "Scusa io non so neanche quale sia il tuo cognome!io comunque sono Keitawa Yoko ma puoi tranquillamente chiamarmi Yoko!".disse sorridendomi. "Rimasi turbato quando pronunciò quel cognome e in più la ragazza mi aveva sorriso come se fossimo due che stavano per diventare amici,ma la situazione era ben diversa. Poi mi soffermai ancora su quel cognome, “Keitawa” condividevamo lo stesso cognome, anche se l' avevo cambiato insieme a mio fratello, rimaneva comunque quella nociva verità, che potevo nascondere agli altri, ma non a me stesso, io ero figlio di quell'uomo.

“Keitawa?” ripetei stupito.

“Si...” rispose confusa.

“Quel Keitawa?” le chiesi.

“Intendi il...politico?” affermò titubante.

“Si, chi dovrei intendere!” affermai improvvisamente urlando di rabbia stringendole con forza il braccio.

“Che ti prende?” chiese tremando di paura con quella sua dolce vocina.

“Scusa, mi dispiace...non volevo farti male e ne spaventarti” dissi mollando la presa.

Lei mi guardò incredula, di fronte le mie scuse, io ero più stupefatto di lei, di norma non mi scusavo con nessuno, solo con Mayko lo avevo fatto, ma con nessun 'altra mi ero mai scusato in vita mia, perché non ne trovavo la ragione, nonostante i danni e i dolori che recavo agli altri, non mi sentivo in dovere di scusarmi. Ma quelle scuse, mi parvero non soltanto riferite alla stretta al braccio e al mio urlo, che doveva di sicuro averla intimorita non poco, ma anche a quello che le aveva fatto mio padre, da quel che mi aveva detto lei, avevo capito soltanto che fosse stata picchiata, ma udendo quel cognome, ero certo, che l' avesse molestata.

YOKO:

Mi stavo comportando in un modo in cui forse non dovevo comportarmi, ma qualcosa mi diceva che potevo fidarmi di Kyo, poi mi aveva salvato ancora una volta da morte certa. Ero sovvrapensiero quando attraversai la strada e non mi resi per nulla conto di quel camion, stavo pensando a quei brutti ricordi che mi ossessionavano, ma la sua stretta calorosa, mi ha risvegliato e riportato alla realtà, nessuno poteva farmi del male in quel momento, perchè ero accanto a lui. Ma doveva essere solo una sensazione illusionaria, dopotutto neanche lo conoscevo bene e quel poco che sapevo di lui, non era molto confortante: era un criminale. Ma l' unica cosa che volevo tenere in conto, di lui, per ora era il benessere che mi stava procurando stare in sua compagnia. Ma ero stata una vera sciocca, non avrei dovuto dire il mio cognome, perchè avrebbe potuto usarmi a suo vantaggio, chiedendo al mio patrigno il riscatto. Il mio patrigno in quel caso avrebbe pagato la somma pattuita non perché mi volesse bene, ma semplicemente perché io ero la sua bambola preferita.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** I ricordi e i rimpianti del passato... ***


Kyo:

"Yoko Keitawa"Quel cognome continuava a perseguitarmi, pensavo che non avrei dovuto più averci a che fare, e invece non andò affatto come io sperassi.
Lei era dunque la mia sorellastra? Ma da quel che sapevo, mio padre aveva avuto due figlie dal suo secondo matrimonio, una delle due era stata adottata, ma era Yoko la figlia che era stata adottata o quell' altra Shizuko?
L'idea che condividessi con lei lo stesso marciume, non mi piaceva affatto, dopotutto, questo significava avere Keitawa come padre, significava avere dentro di sé qualcosa di marcio e sporco, anche se non avessi mai fatto del male a nessuno, mi sarei sempre e comunque sentito marcio dentro.
Tornando a casa pensai di parlarne a mio fratello forse lui avrebbe chiarito i miei dubbi.
In più mi ero reso conto di aver dato alla ragazza libero arbitrio,l'avevo lasciata per strada libera da ogni cosa, avrebbe potuto benissimo scappare e andare dalla polizia e invece lei mi aveva seguito.
Ero stato un perfetto idiota,ma in fin dei conti chi era stato il più stupido io o lei?.
Aveva l'opportunità di scappare e se l'era lasciata sfuggire,che fosse stupida?
Non capivo perché non fosse scappata,e pure non mi sembrava una ragazza stupida anzi mi sembrava abbastanza intelligente, e poi chiunque saprebbe muovere il cervello in una circostanza simile e scappare.
Lei invece non aveva fatto nulla anzi mi seguiva,come se il vero rapitore fosse lei e non io.
Tornati a casa,trovai la cucina apparecchiata,mio fratello aveva cucinato e sembrava di buonumore e aveva comprato il giornale, il solito "Tokyo Exspress".
Io in tutta sincerità odiavo quel giornale, perché la maggior parte delle sue notizie erano quasi tutte false.
La prima pagina del giornale si apriva con "La scomparsa della figlia di Keitawa".
"oh cristo!". dissi pensando ad alta voce.
"che succede?"chiese mio fratello che aveva appena finito di cucinare.
Yoko stava seduta di fronte a me e mi osservava senza batter ciglio.
"Adesso i giornali parlano della sua scomparsa!"gli dissi.
"Ma della scomparsa di chi?"chiese mio fratello pensieroso.
Guardò il giornale e lo sfogliò subito dopo per passare all' approfondimento dell' articolo, non appena vide la foto della ragazzina, gli fu chiaro tutto.
"Non può essere!"disse lui serio in volto.
Yoko si avvicinò a noi per vedere il giornale, per capire cosa ci avesse così tanto sconvolto. “Ah, fantastico ora questa nanerottola ha pure a che fare con quella sottospecie di uomo, se lo si può definire così!” disse alterato mio fratello, guardando Yoko con odio. “ Io...provo la stessa cosa, odio quell' individuo...” disse Yoko. “Ah di questo non mi importa, quello che mi interessa davvero è che tu esca dalla nostra vita!”rispose Toshio urlandole contro. Yoko rimase immobile e in silenzio, sembrava non avere idea di cosa dire e di cosa fare, sembrava in estremo disagio, così mi immischiai cercando di calmare mio fratello, ma sembrava tutto inutile, anzi finì per prendersela pure con me, così dopo un po' trascinai Yoko nella mia stanza per avere un po' di pace e lei improvvisamente si scusò, dicendo “Mi dispiace, averti creato tutti questi problemi... e capisco anche la reazione di tuo fratello, ho intuito che conosce la vera natura di Keitawa” Chiamava il padre per cognome, in più quando pronunciava quel cognome, sembrava quasi che volesse far a meno di pronunciarlo,anch'io provavo la stessa cosa,odiavo Keitawa con tutto me stesso.
Quand'ero piccolo lui fu troppo presente, sembrava nutrire una certa ossessione per me, non era ricco come adesso e picchiava spesso mia madre, ma la cosa che più mi spaventava era questa possessione che aveva nei miei confronti, era geloso di chiunque mi ronzasse intorno, mi trattava come se fossi una sua proprietà e mi diceva sempre cosa fare e non ero mai stato il tipo che accetta le imposizioni come Toshio, io dopotutto ero sempre stato di indole più rivoluzionaria.
Io ero il figlio preferito, quello che andava bene a scuola e a negli sport,solo la box non era il mio forte e neanche il karate infatti le prendevo sempre da tutti, perché a scuola tutti odiavano il mio modo di essere, ero troppo perfetto e gentile così venivo visto come un ragazzo indifeso.
Non so quante volte fui buttato per terra,credo un mucchio di volte,una volta fui picchiato anche da alcune ragazze.
Fu così che conobbi Mayko, anche lei veniva perseguitata da quelle ragazze.
Mayko non sembrava soffrirne,si limitava a pagarle in modo che non le dessero fastidio.
Il giorno in cui conobbi Mayko,ero stato trascinato con violenza nel bagno delle ragazze ed ero stato picchiato da cinque ragazze.
Avevano tutte quel sorriso malvagio che non sembrava affatto umano,sembravano delle vere e proprie streghe.
Mayko era chiusa in uno dei tre bagni,ed io ero finito per terra che gemevo per il dolore e il capo per così dire la ragazza che comandava le altre ragazze,mi diceva di alzarmi e sul mio conto diceva delle cose per nulla carine.
Mayko uscì dal bagno e mi vide malconcio per terra pieno di graffi e lividi.
La ragazza che comandava le altre era una ragazza di nome Yuko Koteki, aveva i capelli corti neri e aveva alcune ciocche rosse e il suo viso era come quello di un ragazzo e infatti spesso veniva scambiata per un ragazzo, ma di certo dopo un tale affronto nessuno la passava liscia.
Assumeva sempre le solite espressioni,era quasi sempre incazzata e guardava tutti con sguardo minaccioso,alcune ragazze avevano persino paura di guardarla in faccia.
La ragazza si accorse quasi subito della presenza di Mayko.
"Buongiorno,mia cara santarellina!"disse deridendola con malignità.
Le altre ragazze cominciarono a ridere di gusto,Mayko non rispose alle provocazioni, ma si limitava a fissarmi con un espressione indecifrabile.
Io la osservai pensieroso,mi resi subito conto della sua bellezza:
Aveva un viso angelico e innocente,le gote erano abbastanza grandi e graziose,il suo viso era molto arrotondato e gli occhi come i capelli erano di un castano molto chiaro.
"Schifoso verme,mi sa che oggi sei fortunato,la nostra suoretta ti salverà!". mi disse Koteki.
"Quanto vuoi?per lasciarlo in pace!"disse Mayko volgendosi alla ragazza che comandava.
La sua voce era molto flebile e un po' tremante.
"1.000 yen!"disse la ragazza.
"1.000 yen?"chiese Mayko stupita dalla cifra.
"Eh si lui è speciale,ci fa proprio divertire questo schifoso verme, non è vero ragazze?"chiese alle altre.
Le altre ragazze risposerò con un si e poi guardarono Mayko ridendo, Lei si avvicinò porgendole i soldi con estrema cortesia, che non meritavano.
"Brava suoretta!"disse la ragazza prendendosi i soldi e andandosene insieme alle altre.
"Va tutto bene?vuoi che ti aiuti ad alzarti?"mi chiese lei.
"no,grazie ce la faccio anche da solo"gli dissi cercando di alzarmi.
Riuscì ad alzarmi e poi mi fissò ancora senza togliermi gli occhi di dosso, quando si accorse che io mi ero resi conto del suo sguardo attento,arrossì e cerco di guardare da un'altra parte.
"Bè,vorrei ringraziarti mi hai tirato fuori dai guai!" le dissi sorridendole.
"No,non fa nulla!"mi rispose lei.
"bè 1.000 yen sono una bella cifra!ma te li renderò!"le risposi.
"Tu non devi rendermi nulla!"aggiunse lei.
"Io te li renderò lo stesso, ma come ti chiami?sai non ti ho mai vista!"gli dissi io.
"Anamichi Mayko"affermò.
"Bè...io invece sono..."non feci neanche in tempo di dire il mio nome che lei mi interruppe.
"Keitawa Kio!"esclamò.
"Come fai a sapere il mio nome?!"gli chiesi io.
"bè....conosco una tua compagna di classe!". disse lei vaga.
"strano le mie compagne sono tutte come Koteki!quindi non credo potresti andarci d'accordo!bè come si chiama?"le chiesi.
"Bè scusami ma adesso devo proprio tornare in classe!Ciao!"disse fuggendo via.
Anch'io tornai in classe e durante la ricreazione stetti come al solito insieme a Takahashi.
Takahashi era anche lui uno studioso che veniva spesso preso in giro,però quando si trattava di pugni e di calci lui era sempre bravo a svignarsela.
"Koteki ti sta guardando!non sembra volerti togliere gli occhi di dosso!"mi sussurrò Takahashi che era accanto a me seduto nel banco.
Koteki era seduta in un altro banco ed era con le solite altre quattro ragazze.
"Secondo me ha in mente qualcosa!"gli risposi io sempre a bassa voce.
Guardai Koteki che finalmente mi aveva tolto gli occhi di dosso e sembrava avere un'aria annoiata.
Poi mi decisi a parlare a Takahashi dell'incontro che avevo fatto in bagno.
"Anamichi Mayko?!ah,la suora!"disse lui.
"Perché suora?"gli chiesi io.
"Dopo la scuola,ha intenzione di prendere i voti!ed è per questo che tutti la chiamano suora!". disse lui lasciandomi completamente di stucco.
"Ma mi prendi in giro?!"gli chiesi io.
"Ma no è la verità,so che può sembrare assurdo!faticavo a crederci pure io ma è la verità!". mi rispose lui.
"Ma allora perché ha scelto questa scuola e non una scuola di suore?!"esclamai io.
"Bè,questa è una bella domanda!"mi rispose lui.
"Comunque è davvero strano che tu sia riuscito a scambiarci qualche parola!So che sta quasi sempre lontana dai ragazzi!". disse lui.
"Bè inefetti ho notato che era un po' strana!"gli risposi io.
Aveva notato che in Mayko c'era qualcosa di strano,mi aveva guardato in un modo strano,diverso dal modo in cui mi guardavano le altre ragazze ed era imbarazzata,inoltre non sapevo come facesse a conoscere il mio nome,non credeva molto alla storia della mia compagna di classe e inoltre mi chiedevo perché fosse fuggita via.
Poi col passare dei giorni mi accorsi che Mayko all'uscita della scuola prendeva il mio stesso autobus.
Infatti spesso la vidi intenta a fissarmi e poi quando si rendeva conto che io me ne accorgevo,guardava qualcos'altro facendo finta di nulla. Così finii per chiedermi se da poco prendeva il mio stesso autobus, oppure lo aveva sempre preso ed io non me ne fossi mai accorto,quando la incrociavo lei mi fissava. ma quando si accorgeva dei miei sguardi,si girava imbarazzata.

Un giorno decisi di seguirla,sarei sceso quando lei sarebbe scesa da quell' autobus, così la segui e la chiamai. Lei mi guardò stupita però non sembrava essere infastidita dalla mia presenza.

"Ciao keitawa!che c'è?".mi chiese lei.

"Bè ecco l'altra volta sei scappata...io volevo..."dissi poco convinto,non sapevo neanch'io cosa volevo dirle,non sapevo perchè l'avevo seguita.

"Ecco mi sento in debito con te per quello che hai fatto!"le spiegai.

"Non devi sentirti in debito, in fondo Dio dice di aiutare il nostro prossimo!".disse lei.

"bè già!"risposi con scarsa convinzione.
"Tu non sei credente?"mi chiese lei.

"Bè..no cioè non saprei!è solo mi chiedo dove è Dio, quando le cose si complicano?!quanti bambini muoiono di fame e Dio che fa?.Credo che se esistesse un Dio dovrebbe pur far qualcosa non credi?"LE risposi con amarezza. "Non è colpa di Dio se ci sono bambini che muoiono di fame e poi chi ti dice che è Dio che deve sempre pensare a tutto?!Dovremo essere noi a preoccuparci dei bambini che muoiono di fame e di tutto il resto,lui ha già fatto abbastanza avendoci creato ed essendosi sacrificato per noi!".disse lei.

"Non condivido!"le risposi seccamente. "Perchè sei tanto in collera con Dio?!"mi domandò, osservandomi con attenzione,non sembrava essere arrabbiata per quanto avevo detto, anzi stava cercando di capire il motivo per cui fossi ateo.

Quando me lo chiese mi venne in mente tutto quanto,tutta la mia infanzia: Mia madre e tutti quegli uomini nudi sul letto e mio padre che la picchiava.

Io avevo 5 anni e avevo paura ma non capivo bene cosa succedeva e mio fratello che aveva 10 anni,piangeva.

Mio padre di per sé non era cattivo, ma lo diventò con il tempo, forse era stata la vita da povero operaio ad averlo incattivito così tanto e a ciò doveva aver contribuito mia madre, che si lamentava continuamente, per i nostri grossi problemi economici assoggettando ogni colpa a mio padre che lavorava tutto il giorno, mentre lei andava a letto con tutti gli uomini che voleva, senza crearsi il minimo scrupolo e si faceva anche pagare, ma quei soldi non servivano alla famiglia, ma a se stessa, per comprare cianfrusaglie, vestiti alla moda e per preservare la sua bellezza, attraverso chirurgie plastiche, parrucchieri ed estetisti.

Pensandoci bene, lei non era mai stata una brava madre, eppure quando io e Toshio eravamo piccoli, c'eravamo sempre lasciati ingannare, da quel suo modo di fare dolce che aveva verso di noi davanti a mio padre, ma nella realtà dei fatti a lei non importava nulla di noi, tutte le volte che chiedeva soldi a mio padre per comprare cose per noi, in realtà venivano spesi per soddisfare “i suoi bisogni”, mentre lui si affannava tanto, supplicando persino il suo datore di lavoro per un aumento e ricevendo solo una risata aspra come risposta alla sua richiesta. Aveva ricevuto sempre e solo umiliazioni, persino davanti a me e a Toshio, eppure anche se eravamo piccoli, capivamo che quelle risate erano contro mio padre.

Pensandoci bene, mi era persino difficile odiarlo, perché aveva sofferto molto e a causa di questo era diventato un mostro che picchiava Toshio, perché non era il suo figlio favorito, come lo ero io che gli facevo dimenticare quello che era stato in passato, ovvero il povero operaio disperato, mentre Toshio era la sua immagine passata riflessa, quell''io fallito che non voleva tornare ad essere e che voleva dimenticare per sempre.

Conoscevo le ragioni del suo odio verso Toshio perché all' età di 15 anni, me lo aveva confessato diverse volte, mentre io cercavo di fermarlo e di calmarlo quando si avventava contro mio fratello,privo di alcuna colpa, la sua sola colpa era quella di avere altre attitudini rispetto alle mie, che mio padre non riusciva a vedere e ad apprezzare.

In quel periodo le cose si complicarono sempre di più, mio padre incominciò a lavorare per i Yakuza fino a diventare sempre più potente, sino a diventare ministro, ma il giorno in cui tutto cambiò per davvero fu quando mio fratello venne violentato da mio padre, da quel momento in poi, io e mio fratello lo odiavamo, ma lui non si rendeva conto del male che ci avesse inferto e che i suoi figli non fossero più orgogliosi di lui, perché purtroppo ormai si era inserito nell' ambiente dei ricconi, che di certo non è un bell' ambiente, la maggior parte di essi sono uomini corrotti che credono di potersi concedere tutto perché sono ricchi e pretendono il rispetto solo perché hanno i soldi.

Quel giorno che mio fratello venne violentato, io avevo fatto tardi, perché ero andato al club di musica e in quell' arco di tempo in cui fui fuori da casa accadde tutto, perché mio padre non avrebbe mai fatto nulla, se ci fossi stato a casa io, perché teneva a me e all' opinione che io avevo di lui, infatti dopo averlo fatto, sembrava essersene pentito e disse a mio fratello che se solo ne avesse fatto parola con me, lo avrebbe ucciso.

Quando bussai alla porta di casa, mio fratello mi aprì con le lacrime agli occhi, lo vidi con la maglietta mezza strappata ed un occhio nero.

Gli chiesi con preoccupazione cosa fosse successo, lui non mi rispose, si limitò a guardarmi con rabbia, perché io ero il figlio preferito, quello a cui non veniva mai fatto nulla di male, mentre lui veniva sempre e comunque maltrattato, nonostante cercasse sempre di dare il meglio di sé.

“Non ti riguarda!” affermò freddamente.

Quella reazione non era da lui, così insistetti “Dimmi cos'è successo!” lui neppure mi guardava, distolse lo sguardo e tirò dritto per andarsene nella sua stanza.

Lo raggiunsi correndo, mentre lui osserva un punto imprecisato della stanza, così ancora più preoccupato di prima mi avvicinai a lui, insistendo ancora, dovevo sapere assolutamente cosa gli fosse successo, ma lui si ostinava a tacermi tutto, così gli strinsi il braccio per obbligarlo a dirmi cosa c'era che non andava e lui mi rispose “Nulla, continua a gustarti le lodi di papà!” affermò come provocazione.

“Dunque è stato lui? Che cosa ti ha fatto?” gli domandai in ansia.

Lui tremò dicendo “Mi ha...” da quel momento in poi non ci fu bisogno di proseguire il discorso, capì perfettamente cosa fosse successo, osservando la sua maglietta strappata che lasciava una parte scoperta del corpo di mio fratello che era piena di graffi e lividi. Dopo aver ricordato ciò, Mayko osservò il mio sguardo turbato dicendomi “ C'è qualcosa che ti preoccupa...una sofferenza che ti assale...sai l' ho intuito subito, sin dalla prima volta che ti ho visto...”
“Tu non sai niente di me” le risposi indispettito.

“Allora parlami di te, di quello che ti preoccupa!” affermò in modo incoraggiante.

“Perchè mai dovrei parlare ad un'estranea dei miei problemi!” affermai infastidito.

"Ho capito non ti va di parlarne!bè fa come vuoi,ma guarda che la cosa peggiore è tenersi tutto dentro!Bisogna condividere con gli altri i propri problemi!".mi disse saggiamente lei.

E da quel giorno, le sue parole mi balenarono sempre per la testa e il bisogno di confidarmi con qualcuno crebbe sempre di più, fino a che non andai da lei finendo per raccontarle tutto.

Mayko non avrebbe condiviso i comportamenti del Kio ventenne che ero diventato,un po' scorbutico e quasi sempre triste e mi tenevo tutto dentro senza parlarne a nessuno.

Molte volte mio fratello si mostro disponibile e mi offrì una spalla su cui piangere ma io rifiutavo il suo sostegno, pur sapendo che lui non aveva sofferto meno di me, perché in segreto aveva amato anche lui Mayko, ma il suo era stato un 'amore proibito e non corrisposto, perché lei era la mia ragazza.

Avevo sempre saputo che l' amasse forse persino più di me, ma avevo sempre finto di non saperlo, cercavo sempre di negare questa cruda realtà, perché sapevo che lui era il più indicato per lei, avevano tante cose in comune e andavano molto d'accordo, tutti e due credevano in Dio, mentre io avevo smesso di crederci e poi sapevo di essermi molte volte comportato male con lei, però non ricordavo bene, ma sapevo che oltre al tradimento, l' avevo sempre e comunque fatta soffrire, mi sforzai di ricordare, e poi incominciai a ricordare quel periodo in cui incominciai a marinare la scuola e a sperimentare i vari tipi di droga, lei disapprovava, cercava sempre di portarmi nella strada giusta, ma io mi rifiutavo di ascoltarla, anzi le dicevo che se avesse continuato a rompermi con le sue prediche l' avrei lasciata, così lei smise di farmele, perché aveva paura che la lasciassi.

Rimpiangevo tutto quello che le avevo fatto, tutto il male che dovevo averle procurato,mentre lei non aveva fatto altro che darmi amore rinunciando persino a prendere i voti per me, mettendosi contro persino il suo stesso padre,mentre io cosa le avevo dato? Soltanto dolore... ma purtroppo non potevo tornare indietro e riparare ai miei errori, forse avrei semplicemente dovuto affidarla alle mani di mio fratello inconsapevole che io fossi al corrente dei suoi sentimenti verso di lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Rivelazioni ***


KYO:

Cercai di tranquillizzare Yoko, che continuava scusarsi con insistenza, che colpe aveva lei? se non la mia stessa colpa di essere stata cresciuta da quell'uomo.
Dopo un po', uscì dalla stanza per parlare in privato con mio fratello e per prendere insieme una decisione insieme, per quanto riguardava Yoko.
Mio fratello pensava ai guai che avrebbe comportato ciò,perchè avevamo rapito la figlia di un politico e quindi ci sarebbero stati molti poliziotti a setacciare le strade e a controllare ogni zona, non pensavo al fatto all' idea che potesse avere con lei un qualche rapporto di parentela.
"I poliziotti controlleranno ogni casa,ogni strada,ogni posto per ritrovarla!"disse lui preoccupato.
"Io non credo proprio!a quell'uomo non importa proprio nulla di me!".rispose Yoko comparendo all' improvviso.
“Ti avevo detto di rimanere nella stanza!” la rimproverai.
"Bè,ma se è finita la notizia sui giornali vuol dire che è interessato a ritrovarti!" rispose Toshio osservandola attentamente, dopo un po' rimase in silenzio, stava riflettendo, dopo un po' rispose dicendo:"Mi è venuta un'idea,noi gli restituiamo la figlia ma gli chiediamo dei soldi in cambio!" parlava come se Yoko non fosse presente, mentre io guardavo la ragazzina che tremava alla sola idea di mio fratello.
"Togliti dalla testa queste idee balzane!"gli risposi.
" e perchè?"mi chiese lui.
"Perchè...” affermai senza riuscire a spiegare la ragione della mia disapprovazione, dopo un po' mi affrettai ad inventarmene una sul momento “ bè, potrebbe essere pericoloso!”
Ma in realtà pensavo fosse una cosa disonesta, non volevo farlo, non volevo riportarla alle cure di quel sudicio essere, perché mi faceva troppa pena, inoltre poteva anche essere la mia sorellastra e mi sentivo come se avessi delle responsabilità verso di lei.
"Kio mi sto proprio stancando di queste cazzate!"mi disse lui abbastanza alterato.
"Senti credo sia meglio parlarne in un'altra stanza!"gli risposi.
Ci recammo in salotto, per parlare in privato io cercai di sdrammatizzare un po' la situazione.
"Guarda che incazzandoti così,poi inizierai ad avere problemi al fegato!" dissi cercando di sdrammatizzare.
"Vuoi piantarla con le cazzate o giuro che ti ammazzo!"mi disse lui arrabbiandosi ancor di più.
"Ma calmati un po'!"
"Calmarmi?!Kio ogni volta crei sempre problemi e tocca sempre a me doverli risolvere e adesso che ho trovato la soluzione anche a questo grosso casino!tu mi dici no!"mi rispose nervoso.
"Ma rifletti un attimo!non ti importa il fatto che quella ragazzina potrebbe essere nostra sorella?!ti sembra giusto fare una cosa simile a nostra sorella?"gli domandai.
"E in bè cosa diamine mi frega?!in fondo è solo un legame di sangue,io non la conosco neanche!"disse mio fratello.
"Ma da quant'è che sei diventato così?!"gli chiesi io,stupito da tutto quel che aveva detto.
Sembrava che non gli importasse nulla di quella ragazza e pure spesso le aveva sorriso,sembrava quasi che l'avesse presa in simpatia e invece non le importava nulla di lei, faticavo a credere che quel menefreghismo appartenesse a mio fratello.
"A Kio vuoi saperlo da quant'è che sono diventato così?!sono diventato così per via di quello che è successo prima del tuo incidente!Anche in quell'occasione ho dovuto tirarti fuori dai guai e rimpiango quel che ho fatto per salvarti quel tuo fottutissimo culo!"mi disse lui.
"Non capisco di cosa parli?"gli chiesi incuriosito.
"Certo tu non ricordi!Tu te ne esci pulito da tutto!Non ti sporchi mai le mani!Non vivi ogni devastante giorno,ricordando quel fottutissimo giorno come se fosse oggi!"mi disse lui arrabbiato.
"Non è stata una mia scelta non ricordare!io vorrei ricordare!"gli risposi infuriato-
"E va bene ti accontento subito,dopo aver distrutto il futuro da suora di Mayko,hai abusato di una sua amica di nome Yari con cui eri diventato amico, sapevi che lei provava qualcosa per te e te ne sei approfittato. Poi arriva la parte più bella, il fatidico giorno dell' incidente,Yari aveva raccontato quant'era successo a Mayko, lei non voleva più saperne di te e così ti sei dato all' alcool e Yari preoccupata per te è venuta a casa nostra e tu l'hai uccisa e poi te ne sei uscito ubriaco e hai preso la macchina.
Io e Mayko ci siamo occupati del cadavere di Yari,ci siamo presi di coraggio e l'abbiamo seppellito in un giardino se non l'avessimo fatto,ti avrebbero spedito in riformatorio!"mi racconto mio fratello.
Toshio smise di parlare notando l'angoscia e lo stupore che stavo provando in quel momento.
Non volevo credere alle sue parole,c'erano troppe cose che non mi convincevano.
Perché avrei dovuto approfittare di Yari?Cosa mi importava di lei,io amavo solo Mayko e non avrei mai fatto nulla che potesse farla soffrire.
E poi io non potevo averla uccisa,non avrei potuto farlo,non ne avrei mai avuto la forza e la voglia di farlo e poi Mayko non avrebbe mai seppellito il corpo di Yari,lei non avrebbe mai fatto nulla di questo tipo.
Lei non mi avrebbe coperto le spalle se avessi fatto del male a qualcuno, non lo avrebbe mai fatto,forse si mi amava ma non fino a questo punto fra lei e me c'era pur sempre Dio.
Certe volte ero quasi geloso della sua fede,della sua dedizione verso Dio e spesso mi sentivo quasi in colpa perché a causa mia Mayko rinunciò al suo sogno di diventare suora.
Forse in realtà quello non era nemmeno il suo sogno,ma era il sogno di suo padre,suo padre voleva che si facesse suora e così sin da piccola Mayko fu cresciuta con i diversi principi religiosi.
Doveva essere buona,non doveva fare i capricci e suo padre le raccontava spesso delle storie narrate dalla bibbia, ogni sera glie ne raccontava una e Mayko in un certo senso rimase affascinata dalla figura umile e misericordiosa di Dio.
Così volendo bene al padre e non volendogli mai dare un dispiacere e rimanendo affascinata da Dio,crebbe sempre più in lei la voglia di servire Dio,di aiutare le persone che avevano bisogno,di essere umile e di non cedere alle vendette,alle gelosie e ai molti peccati che percorrevano l'uomo.
Quando però mi vide passeggiare nel corridoio della scuola tutto cambiò,il suo cuore iniziò a battere per me e così per potermi stare un po' più vicino decise di prendere il mio stesso autobus e cercò informazioni su di me e allora scoprì il mio nome.
Poi avevamo avuto la fortuna d'incontrarci in quel bagno,anche se era stato un incontro un po' sconveniente visto che io ero steso a terra e non avevo certo fatto la mia bella figura.
Mayko però sembrava essersi innamorata di questa mia sensibilità,di questa mia incapacità di reagire e di fare del male agli altri e sinceramente non capivo cosa ci fosse di positivo nell'essere deboli.
Per lei colui che era debole in realtà era forte,secondo lei la vera forza era data dal sopportare in silenzio ogni tipo di angheria, che avere la forza reagire.
In tutta franchezza non capì mai questi suoi concetti, però in un certo senso ero affascinato da questo suo modo di vedere le cose.
In quel momento ebbi la sensazione che il mio cuore non avrebbe retto tutto ciò che mi ho fratello mi disse,era come se avessi ricevuto una pugnalata al cuore.
Era come se fosse il mio ultimo giorno di vita,come se il tempo si fosse fermato di colpo ed io fossi tornato a quel giorno.
Stavo iniziando a ricordare qualcosa, alcune scene della mia vita mi tornavano in mente, come uno di quei film già visti che mi ricordavo a malapena.
Il giardino della scuola,questo era lo scenario in cui si svolgeva tutto.
"Mayko!ti prego ascoltami!"il mio tono era quasi sull'orlo della disperazione.
Mayko non parlava, la sua espressione era quella di una persona senza vita come se l'avesse persa di colpo, mi avvicinai a lei,mi guardò con uno sguardo carico di odio.
"Come hai potuto fare una cosa simile a Yari,alla mia amica Yari!"disse Mayko piangendo.
"Mayko non è come pensi,io non l'ho costretta a fare nulla!Ha fatto tutto di sua volontà!"gli risposi-
"Yari non avrebbe mai fatto nulla di simile,lei non mi ha mai tradito a differenza tua!ma sta tranquillo che non la passerai liscia!"disse Mayko con rabbia.
"Mayko questo comportamento non è da te!tu mi hai sempre ascoltato e mi hai sempre creduto!perchè adesso non vuoi credermi?"le chiesi.
"Quello che dici manca di credibilità!e comunque hai ragione questo comportamento non è da me!da quando ti ho conosciuto sono cambiata,adesso sono stanca di non riservare rancore verso i mali che vengono inflitti a me e alle persone a me care!Quindi stai certo che mi vendicherò di quel che hai fatto,ti farò finire in riformatorio o ti ucciderò se sarà necessario!"disse Mayko.
Le sue parole però erano quelle di una persona che stava soffrendo e che diceva ciò solo per rabbia,solo perché in quel momento il dolore era troppo grande da sopportare,ma non perché pensasse veramente ciò che diceva.
Dopo un po' smisi di ricordare e ritornai al presente.
"Kio va tutto bene?senti mi dispiace non avrei dovuto dirtelo in questo modo!"mi disse mio fratello.
"Come cazzo faccio a sentirmi bene dopo quel che mi hai detto!dimmelo!"gli dissi furibondo.
"Kio non prendertela con me!non è colpa mia se hai fatto quel che hai fatto,io solo cercato di aiutarti anzi per quel che mi riguarda ho fatto fin troppo per te!"mi rispose lui alterato.
"Bè nessuno,aveva chiesto il tuo aiuto e di trascinare Mayko in questa orrida storia!"gli risposi io.
"io non ho trascinato nessuno,sei stato tu a trascinarla e non cercare di discolparti,scaricando le tue colpe su di me!"disse lui uscendo dalla stanza.
Non piangevo,sapevo che non aveva senso piangere,sapevo che le lacrime non avrebbero potuto cancellare ciò che era successo.
In quel momento avrei voluto chiedere scusa a Mayko per tutto il dolore che gli avevo recato,per ciò che la costrinsi a fare.
Volevo chiedergli grazie, perché nonostante ciò che avevo fatto,nonostante gli avessi portato via l'unica persona che la capiva e che la stava vicino nei momenti difficili,lei aveva continuato ad amarmi facendo finta che nulla fosse successo.
E quando a scuola si parlò della scomparsa di Yari,le finse di conoscerla solo e semplicemente di vista.
Io non mi ricordavo di lei,ignoravo il fatto di averla uccisa e la mia vita trascorse bene o male tranquilla,nonostante le liti fra i miei genitori, che avvenivano sempre per le stesse ragioni,mia madre tradiva mio padre e lei si lamentava dei problemi economici, fino a che non lo lasciò per un uomo ricco, abbandonando persino i suoi stessi figli. Ma quando mio padre divenne ricco, io e mio fratello decidemmo di scapparcene, dopo ciò che aveva fatto a Toshio, mi rifiutavo di vivere con quell'uomo,da quel momento in poi smisi di considerarlo mio padre, perchè prima lo potevo giustificare perché poteva essere stressato dal troppo lavoro, da mia madre e dalle continue umiliazioni, ma che se la prendesse con mio fratello solo perché non sapeva suonare il pianoforte o per altre capacità che avesse meno di me, non mi sembrava una buona giustificazione, così io e mio fratello non mettemmo più piede in quella casa e lui dopo averci tanto cercato sembrò farsene una ragione e si risposò.
Poi un giorno dopo essere riuscito a trovare una casa dove vivere con mio fratello in tutta tranquillità e aver abbandonato la scuola definitivamente, passeggiai per le strade di Tokyo, ma la mia in realtà non era una passeggiata mattutina, uno Yakuza mi aveva affidato un incarico, era tra i miei primi incarichi, più che altro si trattava di traffici di droga oppure rapimenti, ma a parte questo non uccidevo mai nessuno, rifiutavo incarichi di quel genere, sia perché non ero in grado di fare quel tipo di cose, la polizia mi avrebbe quasi subito scoperto e poi andava contro i miei principi, non mi sarei mai spinto a tanto per guadagnarmi qualche soldo, ma quell' uomo mi ingannò non si trattava di uno Yakuza, ma di un killer professionista che voleva uccidermi, ma nel momento in cui si decise a sparare vidi correre una figura verso di me, era lei, la mia adorata Mayko che correva verso la morte.
In un solo istante la vidi finire per terra, ancora inconsapevole di cosa realmente fosse successo, era lì la mia amata, distesa sull' asfalto, mentre rimanevo immobile ad osservarla realizzando quello che fosse successo, quell' uomo che l' aveva uccisa ne approfittò per scappare.
Trovai per terra un biglietto da visita che apparteneva al padre di Yari,inizialmente non capì, ma adesso mi era tutto chiaro quell'uomo era stato mandato dal padre di Yari per vendicarsi. Non sapevo come ma lui doveva essere al corrente che fossi stato io ad uccidere sua figlia e molto probabilmente uccise Mayko e non me di proposito,perché voleva farmi capire cosa significasse perdere una persona a cui si vuole bene. Ma alcune cose non mi erano chiare, mi chiedevo come avesse potuto prevedere che Mayko fosse venuta in quel posto, in quel momento, e anche lei come mai alle cinque del mattino si trovava in quella stessa strada di Tokyo, sembrava come se nulla fosse stato lasciato al caso.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Soluzione? ***


Kyo:

Mio fratello mi lasciò solo con la mia angoscia,questa volta non era più disposto a consolarmi e a rasserenarmi.
Lui non era più disposto a farlo,l'aveva fatto per troppo tempo ed io che facevo tutte le volte?
Rifiutavo la sua spalla su cui piangere, e in quel momento lo avevo colpevolizzato ingiustamente.
Di certo mio fratello non aveva colpe in quella brutta storia, ero solo e soltanto io ad avercele.
Forse me la presi con lui perché volevo prendermela con qualcuno, perché non riuscivo a prendermela con me stesso.
Forse invece come diceva mio fratello,volevo scaricare le mie colpe su qualcuno.
In quel momento avrei voluto mio fratello accanto, ma lui se ne era andato e d'altronde aveva le sue buone ragioni.
Oltre a mio fratello non potevo contare su nessuno,non avevo nessun altro che si interessasse a me,prima c'era Mayko e adesso pretendevo ancora che ci fosse qualcuno a consolarmi dopo aver
distrutto tante vite, quella di Mayko,Yari ,di mio fratello ma anche del padre di Mayko, che non riuscì ad accettare la sua morte.
Inizialmente cadde in depressione almeno così dissero al funerale, poi un giorno si uccise conficcandosi un coltello sul torace vicino alla lapide di Mayko.
Andai al funerale solo per rispetto nei confronti di Mayko, ma di suo padre poco mi importava anzi quell'uomo lo detestavo,solo che in un certo senso mi sentivo colpevole della sua morte.
In quel momento odiavo me stesso,mi identificavo come un assassino,una persona che non avrei mai voluto essere.
Quindi continuavo a rimanere immobile intento a pensare a quel che avevo fatto,mi stavo facendo un esame di coscienza.
Ricordando vagamente quel ragazzino dolce e timido che ero una volta,in un certo senso rimpiangevo di non essere più quel ragazzino, ormai mi sentivo solo un essere mostruoso, che causava dolore a tutti quelli che gli stavano attorno.
Dopo un po' sentì la porta aprirsi e mi ritrovai mio fratello e Yoko intenti a fissarmi.
"Kio senti dobbiamo sbarazzarci di questa ragazzina quindi o fai come ti ho detto oppure giuro che l'ammazzo!"disse lui,non sembrava neanche mio fratello,era come se fosse posseduto da un diavolo, ma alla fin fine mi accorsi, che i diavoli non centravano ma che era davvero lui.
Era il Toshio ormai cresciuto, non più quello affettuoso con tutti che non avrebbe fatto male neanche ad una mosca, non più quello che ogni domenica andava in chiesa insieme alla mia Mayko,
adesso era una persona diversa, che se ne fregava della gente e che pensava solo a se stesso.
Io fui colto di sorpresa,non sapevo che dire,la sua affermazione sembrava molto veritiera sembrava davvero disposto ad ucciderla.
L'idea che la uccidesse sembrava toccarmi più di quanto non dovesse in fin dei conti a me cosa me ne fregava?!.
Non sembrava neanche interessarmi per via del legame di sangue,non sapevo perché ma quella ragazzina aveva qualcosa di speciale, non sapevo ben dire cosa.
Guardai Yoko aveva uno sguardo triste e preoccupato, come di chi stesse aspettando, che la sentenza fosse pronta.
Stava aspettando le mie parole e dal suo sguardo coglievo un filo di speranza,ma io non sapevo cosa dire per far riflettere mio fratello e poi trovai una soluzione approssimativa che avrebbe potuto calmare mio fratello.
"Ehm..bè ecco..."dissi io all'inizio un po' scosso e indeciso,non sapevo se parlare a mio fratello della soluzione approssimativa.
Stavo ancora pensando alla storia di Yari, d'altronde mio fratello, non mi aveva dato molto tempo per riprendermi e accettare quant'era accaduto,e già aveva tirato fuori la storia di Yoko.
"Bè ecco cosa?. Ti hanno mangiato la lingua?!. Oggi stai cercando di farmi incazzare più del solito?!"chiese mio fratello.
"Cazzo!dammi il tempo di pensare!io comunque credo che possiamo trovare un'altra soluzione!"gli risposi.
"Che soluzione?" chiese scettico.
"Bè vado da Hachiko e vedo che mi dice lui!Quello trova una soluzione sempre a tutti!”esclamai.
"E va bene l'importante che non mi torni con la ragazzina!"affermò..
"ok!"
Bè in realtà quella soluzione approssimativa non era una grande soluzione, in realtà sapevo che Hachiko non avrebbe potuto aiutarmi.
Mi avrebbe sicuramente dato dei consigli sbagliati e di questo ne ero certo,più che altro avevo parlato di Hachiko solo per calmare mio fratello e per riuscire a prendere un po' di tempo.
"Bè io vado!"dissi trascinandomi Yoko.
Arrivati fuori salimmo sulla mia macchina nera e lei era intenta a guardare sul suo finestrino: le strade, le persone che camminavano serene, i bambini che giocavo e c'erano anche molte ragazzine della sua età che uscivano con le amiche e si divertivano serenamente.
"Dove stiamo andando?!" mi chiese dopo un po' la ragazza.
"Da uno di nome Hachiko, chissà forse mi saprà davvero dire cosa devo farci con te!"le risposi.
Lei mi fissò perplessa, quasi cercasse di percepire qualcosa in me, forse cercava delle risposte a qualche domanda che non aveva il coraggio di farmi.
Fatto sta che arrivammo nel locale di Hachiko, che si trovava in una strada non molto frequentata dai bambini in cui c'erano molti love hotel.
Perché in effetti l'idea di Hachiko nel mettere su quel locale, era stata abbastanza buona e fruttava abbastanza al suo portafogli, l'idea era: che gli uomini andavano nel locale per conoscere qualche donna e per poi portarsela al love hotel.
Yoko quando capì che dovevamo entrare in quel locale, si fermò e mi guardò incerta ma la mia insistenza ebbe la meglio.
Entrammo e vidi un uomo ubriaco che vomitava per terra e un altro uomo ubriaco che urlava qualcosa di incomprensibile e che correva per tutto il locale,e poi c'era un uomo grasso che da sotto il tavolo del locale si stava facendo succhiare il pene da una donna,, si udivano i gemiti dell' uomo in ogni angolo del locale.

Yoko notò i due uomini, ma soprattutto l'uomo e la donna e assunse un'aria disgustata e impaurita, il suo sguardo cadde senza volere verso quel pene scoperto, ma subito dopo distolse lo sguardo imbarazzata,così in quel momento, mi sentii infastidito io stesso da quello squallore, a cui di solito non davo mai troppa importanza.
"E cazzo se volete fare questo genere di cose andatevene nei love hotel, sono a pochi passi da qui!" urlai contro quei due.
La donna smise di fare quel che stava facendo e l' uomo mi guardò minaccioso, chiudendosi la cerniera dei pantaloni.
"Ma fatti i cazzi tuoi!" disse l'uomo abbastanza alterato.
"A me non va di vedere le vostre porcate!" gli risposi altrettanto alterato.
Poi l'uomo si alzò dalla sedia e si avvicinò a me e a Yoko.
"Parli bene tu che ti scopi le bambine! anzi perché non c'è le scambiamo?!" propose guardando Yoko malizioso e facendomi l'occhiolino.
" Schifoso pervertito io non scambio proprio nulla!" gli risposi con disgusto e carico di rabbia.
"Su,su! non vorrai farmi incazzare?!" disse lui cercando di mettere la buona.
"Ti ripeto che io non scambio nulla e non mi interessa la tua squaldrinella!" gli risposi.
"Preferisci la tua bambina!? Bè inefetti ha delle belle bocce!". disse l'uomo malizioso.
Io avevo una strana voglia di prenderlo a pugni, non sapevo perché ma improvvisamente stavo perdendo il controllo di me stesso, ma mi conveniva davvero mettermi contro 90 kili di grasso?!
In quel momento non ci pensai granchè,gli mollai un bel pugno a cui lui rispose volentieri,
me ne arrivò a dare qualche quattro e dalla sua espressione capì che era pronto ad uccidermi.
Mi sentivo tornato bambino quando le prendevo sempre, anche se prima le avrei prese anche dai moscerini.
Quinto pugno era fatta, mi aveva spaccato il naso e cercavo inutilmente di colpirlo, poi mi scaraventò a terra saltandomi addosso e qualcuno lo fermò.
"Insomma Amigos lo sai che non voglio liti nel mio locale!"disse una voce che mi parve familiare.
L'uomo mi si scrollò di dosso e così capì che la voce apparteneva ad Hachiko.
"Kio?!"mi guardò lui stupito.
"Aspetta tu conosci questo rompi coglioni?!"chiese l'uomo grasso.
"Si è un mio amico"disse Hachiko.
L'uomo grasso dopo un po' se ne andò e Yoko si avvicinò fissandomi preoccupata.
"Stai bene?!"chiese Yoko.
"Ehm si abbastanza!"dissi avvertendo dolori dappertutto e notando che il naso mi gocciolava.
"Kio e chi è quella?!Niente bambine in questo locale altrimenti la polizia mi fa chiudere!"disse Hachiko.
"Hachiko sta tranquillo che la polizia non è qui!"gli risposi io.
"E no mio caro,mi sono bastati i 10 anni che ho passato per spaccio di cocaina e se mi chiudono il locale la mia vita è finita!"disse Hachiko.
"Uffa,ho capito!quanto vuoi?"gli chiesi.
"3000 yen!"rispose Hachiko.
"Ecco tieni!"gli dissi porgendogli i soldi che prese soddisfatto.
Andammo al bancone e lui mi offrì una birra.
" E la signorina che prende?!"disse guardando Yoko divertito.
"Un bicchiere d'acqua"dissi io.
"Ma parla?"chiese Hachiko.
"Si,ce l'ho la lingua!"disse Yoko annoiata.
Hachiko squadrò la ragazza mentre versava l' acqua nel bicchiere, poi glie lo diede facendo un po' il cretino, la prima volta finse di darglielo continuando a stringerlo tra le sue mani, la seconda volta glie lo cedette, Yoko prese il bicchiere sbuffando e lo sorseggio.
"Kio comunque non pensavo che ti piacessero le bambine,anche se devo ammettere che questa è proprio carina!"disse Hachiko.
"Io e lei?!No,ti sbagli!è una storia un po' complicata,fatto sta che adesso mi ritrovo sta ragazzina a casa e non so che farne, infatti ti volevo chiedere se potevi darmi un consiglio!"gli risposi.
Hachiko si guardò attorno prima di rispondermi e abbassò un po' il tono della voce.
Io guardai a Hachiko speranzoso, forse lui avrebbe trovato la soluzione più giusta, ma quando aprì bocca capì di essermi sbagliato.
"Potresti venderla a quel tizio come cazzo si chiama?Quello che fa i filmini porno con le minorenni!"disse Hachiko.
"Hakimi?"gli chiesi deluso.
"Si,proprio lui!"disse Hachiko.
Yoko aveva sentito le parole di Hachiko e il suo sguardo era fisso su di me, ed era abbastanza agitata di sicuro per la sua sorte.
In fin dei conti la sua sorte era nelle mie mani e non sapevo che fare,in fin dei conti sapevo che vendendola ad Hakimi tutto si sarebbe subito risolto, ma lo sguardo di Yoko penetrava i miei pensieri non permettendomi di prendere quella decisione.
"No, ma che dici?!Io non voglio rientrarci in queste cose!"gli risposi.
Finì la birra e quasi subito ero pronto ad uscire dal locale,salutando Hachiko.
Quando uscimmo mi decisi a lasciar andare Yoko,se ne sarebbe andata ed io non avrei avuto più problemi e a mio fratello potevo dire di averla venduta ad Hakimi.
"adesso le nostre strade si separano!Bè in un certo senso devo dire che è stato bello conoscerti!"dissi alla ragazza andandomene.
Lei però forse non aveva compreso le mie parole e mi seguì.
" Forse non hai capito!Ti sto offrendo la libertà,puoi andartene dove ti pare!"le dissi.
"Ma io non ho dove andare!"disse Yoko tristemente.
"E in bè non è un problema mio!"
"E poi se mi lasci andare io posso denunciarti!"mi disse Yoko.
"Io non credo che tu lo farai!"affermai.
"Ti prego io non ho dove andare!"disse la ragazza supplichevole.
"Cazzo!ti ho già detto che non è una cosa che mi riguarda!"le risposi incominciando ad alterarmi.
Sentivo che, se continuava a guardarmi con quello sguardo supplichevole,con quegli occhi che imprimevano tutta quell'angoscia,non avrei trovato il coraggio di abbandonarla.
Il coraggio stava già svanendo, quindi dovevo farla andare via prima che mi fosse mancato del tutto.
"Vattene!Giuro che ti ammazzo se non te ne vai! "dissi sbraitandogli contro.
"Allora fallo!Uccidimi!"disse rimanendo immobile davanti a me.
Yoko stava ferma davanti a me,aspettando una mia reazione.
Da parte mia nessuna reazione,ero rimasto a fissarla senza dire nulla.
Mi chiedevo in cosa avessi sbagliato,io le stavo offrendo la libertà ma lei la rifiutava.
Yoko camminava sbattendo velocemente i piedi sull'asfalto, come se fosse inseguita da un grosso lupo mannaro, per tutto il tragitto camminammo in silenzio,nessuno trovo qualcosa da dire.
Io non avevo nessuna voglia di parlare, però mi sembrava doveroso dire qualcosa,così le dissi che se non fosse sparita dalla mia vista l' avrei portata da quell' Hakimi. Lo sguardo della ragazza si fece sempre più assente,era come se,la sua mente fosse altrove ed avesse abbandonato il suo corpo. Speravo che se ne scappasse via e invece era come se non mi stesse neppure ascoltando, così le urlai contro “Cosa credi che io mi faccia degli scrupoli a condurti da quel tizio?Nella mia vita ho fatto cose peggiori, che questa mi pare una bazzecola di poco conto, ormai qualunque io cosa faccia sarà comunque spedito all' inferno, perciò non mi creo alcun problema!” le dissi stringendole il braccio e obbligandola a guardare i miei occhi cupi. Lei mi guardò spaventata non appena vide il mio sguardo, come se avesse visto un fantasma o qualcosa che desiderava dimenticare e incominciò a tremare, così istintivamente mollai la presa pensando che ormai era fatta se ne sarebbe andata, pensai con un po' di dispiacere, ma lei rimase ferma a fissarmi, come se stesse contemplando un'opera artistica di chissà quale valore. Che fosse stupida?. La prima volta in cui le concessi inconsapevolmente libero arbitrio,lei non ne approfittò e quella era la sua seconda opportunità che lei gettava via, doveva esserci qualcosa che non quadrava. Io ero in un certo senso il suo rapitore,una persona che avrebbe dovuto pregare in ginocchio, per farsi concedere la libertà e invece lei mi supplicava per rimanere a casa mia.
Quella situazione era paradossalmente assurda,quasi da apparire un po' buffa e mi scappò una risata.




Yoko:
Quando Kyo mi disse di entrare in quel locale ero spaventata, ma la sua voce anche se aveva quel tono malinconico e cupo, per una ragione a me sconosciuta, sentivo che di essa potevo fidarmi.
Ma quando vidi quell'uomo grasso con quella donna, pensai che forse non avrei dovuto fidarmi così ciecamente di lui, doveva avermi ingannato, chissà cosa mi avrebbe spinto a fare, forse presto anch'io avrei dovuto fare qualcosa di sconcio con un uomo sudicio come quello o forse voleva che lo facessi con lui.
Kyo accorgendosi del mio timore e del mio sconcerto, si avvicinò a quell'uomo, sembrava arrabbiato, gli diceva di fare le sue porcate da qualche altra parte, allora capì che non era come avevo pensato.
Ma in ben poco tempo, scoppiò una accesa rissa tra i due a causa mia, rimasi stupita quando Kyo gli mollò un pugno solo perché aveva fatto un commento volgare nei miei confronti, dopotutto c'ero abituata a scuola, tutti i ragazzi commentavano ad alta voce “che belle bocce che ha quella!”ma nessuno aveva mai osato prendere le mie difese, neppure il mio ragazzo, per lui era quasi motivo di vanto che tutti dicessero che avessi un bel seno con quel fare volgare.
Così improvvisamente mi sentii felice, ma allo stesso tempo preoccupata perché non era proprio come nei film dove il protagonista che difende la propria amata ha la meglio, Kyo stava per essere fatto a pezzi da quell'uomo, finiva a terra diverse volte, ma si rialzava con insistenza, come se di morire non gli importasse, poi un uomo lii separò, era il famoso Hachiko di cui mi aveva parlato Kyo.
Avrei voluto ringraziarlo per come mi aveva difeso, rischiando di farsi ammazzare e facendomi sentire per un solo istante una principessa, che purtroppo non ero e che non avrei mai potuto essere, perché non rientravo in quei canoni di bellezza e non avevo la stessa innocenza di quelle candide fanciulle delle fiabe che mia madre mi raccontava da bambina.
Dovetti tornare ben presto alla realtà, anche quell' Hachiko sembrava lievemente molesto, ma nonostante tutto era innocuo, infatti Kyo non sembrava neppure prestare attenzione alle sue occhiate, inizialmente fece delle storie perché diceva che nel suo locale non voleva minorenni, ma quando Kyo gli chiese quanti soldi voleva, lui non fece più storie.
Poi offrì a Kyo una birra e con un fare scherzoso e fastidioso si rivolse a Kyo, chiedendo “La signorina cosa vuole?” lui si limitò a rispondere un bicchiere d'acqua senza neppure chiedermi cosa volessi, così Hachiko ridendo chiese “Ma parla?” come se parlasse di una bambola e non di una persona che stava lì davanti a lui, così infastidita gli risposi “Si, ce l' ho la lingua!”, non rispose affatto al mio tono infastidito, non mi considerava affatto e continuava a parlare con Kyo come se io non ci fossi. “Non pensavo ti piacessero' le bambine, però devo mettere che questa è proprio carina!” Kyo gli fece capire che si sbagliava di grosso che tra noi e due non c'era quel tipo di rapporto, mi infastidii il modo in cui lo disse, come se una relazione tra noi due fosse del tutto impossibile e gli spiegò vagamente la situazione chiedendogli consiglio, ma come immaginavo quell'uomo non era un buon suggeritore, e fece il nome di un certo Hakimi che usava le minorenni per girare film porno.
Ora ne ero certa ancora una volta, non ero finita in buone mani, per conoscere un tipo che faceva questo genere di cose Kyo non doveva affatto essere una brava persona, ma dopotutto lo sapevo già che era un criminale quindi perché mi stupivo tanto. Nonostante tutto, continuavo ad essere speranzosa, non sapevo perché ma il suo sguardo non sembrava tanto cattivo, dopotutto avevo conosciuto il diavolo in persona e il suo nome non era Kyo, ma Hoshiki Keitawa e dopo di lui niente e nessuno poteva farmi più paura.
Non che non fossi spaventata dalla decisione che poteva prendere, ma una parte di me mi spingeva a credere che non mi avrebbe dato in pasto ad uomo tanto orribile, dopo avermi difesa in quel modo, ma questa certezza non era fondata solo dal modo in cui mi avesse difeso, ma anche da qualcosa che non riuscivo a capire con chiarezza, era quella stretta al cuore che provavo quando mi guardava e si avvicinava a me, quella stessa stretta che avevo provato quando afferrò la mia mano pronto a tirarmi su da quel terrazzo per salvarmi la vita e poi rammentai le sue braccia intorno ai miei fianchi, se ci ripensavo il nostro, non sembrava l' abbraccio di due estranei, ma di due persone che si erano costantemente cercate per tutte la vita e che finalmente si erano trovate. I nostri occhi si incrociarono, poi si voltò verso Hakimi e disse quel no che aspettavo con trepidazione e che avevo tanto bramato, terrorizzata dall' idea che anche lui si sarebbe rivelato un essere malvagio come il mio patrigno, ma adesso ne ero certa lui era diverso.
Dopo essere usciti da quel locale, lui mi disse un addio, voleva che me ne andassi, ma io non volevo andarmene non ora che avevo trovato qualcuno di cui potessi fidarmi e dopotutto io non avevo un posto dove andare, così continuai a seguirlo, allora continuo a replicare convinto che non avessi compreso le sue parole, aggiungendo quella minaccia, che se non fossi scappata, mi avrebbe ucciso oppure mi avrebbe portato da quell' Hakimi, ma non l' ascoltavo più.
La mia mente era altrove,spesso mi capitava di viaggiare con la mente, potevo essere chiunque volessi essere,potevo trovarmi dove volevo e potevo aver a fianco chiunque volessi, in quel caso dovevo dire che immaginavo sempre la compagnia di quel ragazzo, ma in un modo totalmente diverso.
Le circostanze erano diverse, d'altronde se le circostanze fossero state diverse, fra me e lui sarebbe potuto nascere qualcosa,forse una solida amicizia o qualcosa di più.
Ed ecco che era fatta,mi ero appena presa una cotta per un estraneo, che per giunta aveva 22 anni.
Per le mie coetanee, non ci sarebbe stato niente di male, anzi per loro era un motivo di vanto:stare con un ventenne,ma io non la pensavo così.
Io ero diversa, per me era assurdo che un ventenne si fidanzasse con una quattordicenne.
Mi sembrava solo che il ventenne, in genere volesse un rapporto meno duraturo possibile e si servisse di qualche ragazzina,per ricevere ciò che voleva,ovvero una cosa di una notte per poi scaricarla senza problemi.
In genere le ragazzine della mia età erano facilmente manovrabili, per loro la cosa più importante, era che il loro ragazzo ventenne fosse felice, non pensando a ciò che volevano loro.
Più che un rapporto amoroso,mi sembrava un rapporto fra un cane e il suo padrone, ma neanche, spesso il rapporto fra cane e padrone,era migliore di certi rapporti "amorosi".
Io comunque ero una ragazza, che si prendeva facilmente qualche cotta,mi bastava ricevere un semplice gesto generoso, da qualche ragazzo per innamorarmene.
Non avendo mai avuto dei buoni rapporti con l'altro sesso,mi bastava un solo gesto generoso per provare certi sentimenti, ma adesso non sapevo più se si trattava di una semplice cotta e di qualcos'altro, dopotutto guardando Kyo non provavo le stesse cose che avevo provato con Rei.
Forse perché lui era diverso, non aveva mai fatto nulla per me, il nostro rapporto non avrei mai saputo definirlo chiaramente, i suoi piccoli gesti generosi, non mi erano mai bastati, ma non ebbi mai il coraggio di lasciarlo perché temevo egoisticamente che lasciando Rei, sarei rimasta sola con i miei problemi, ma la verità troppo amara da sopportare,era che, ero sempre stata sola con i miei problemi.
“Spesso Rei avrebbe voluto offrirmi il suo appoggio”, ma lui era troppo impegnato a navigare su internet o a giocare a basket per donarmi il suo sostegno morale, ma forse pretendevo troppo dagli altri, dopotutto io sapevo solo pretendere affetto e attenzioni, ma io dopotutto cosa davo agli altri? Non avevo nulla da offrire, a parte la mia angoscia e il mio seno grasso, che tanto detestavo, quindi se non avevo mai dato nulla,perché mai qualcuno avrebbe dovuto darmi qualcosa?.
Forse era già abbastanza aver ricevuto il dono di vivere, ma io molto probabilmente dovevo essere un'ingrata perché disprezzavo quel dono, che non aveva fatto altro che recarmi tante inutili sofferenze, infatti quando Kyo minacciò di uccidermi gli risposi incurante “Fallo!”, aspettavo la sua reazione, il momento in cui avesse posto fine alla mia vita e invece non lo fece.
Poi Kyo minacciò di portarmi da Hakimi,accorgendosi che non lo stavo a sentire mi afferrò per il braccio, vidi il suo viso così da vicino, da suscitare in me inquietudine, perché quegli occhi così neri e rabbiosi li avevo visti solo a Keitawa, tremai senza rendermene conto, Kyo allora mollò la presa e i suoi occhi tornarono quelli di sempre, ma nonostante tutto continuavano a lasciarmi un vago ricordo di Keitawa, era come se una parte del mio patrigno vivesse in lui.
Dovevo scappare, forse quello era un avvertimento che mi era stato lanciato da Dio, ma nonostante la paura, rimasi immobile ad osservarlo, era davvero bello. Il suo viso era così enigmatico, aveva quegli occhi neri e quello sguardo severo e riluttante di Keitawa, ma osservandolo con più attenzione, mi resi conto che i suoi occhi erano diversi, più grandi, più espressivi, carichi di qualcosa che Keitawa non aveva, anche le sopracciglia erano meno spesse e piano piano, quello sguardo severo si assopiva,diventando uno sguardo carico di dolcezza, poi notai il suo naso che sanguinava per colpa mia, avrei voluto dirgli qualcosa, ringraziarlo, ma mi mancava il coraggio per farlo e avevo paura che mi dicesse che non l' avesse fatto per me, ma soltanto perché non sopportava che la gente facesse certe cose in pubblico. Improvvisamente scoppiò a ridere, era ancora più bello quando rideva, poi mi piaceva il suono della sua risata, era come se ridesse di gusto e non come le risate di alcuni miei compagni che avevo udito spesso, che sembravano forzate e finte o addirittura isteriche.
"La macchina è qui!"disse Kio con rassegnazione.
"Si"le risposi continuando a guardarlo con insistenza, ma quando si accorgeva del mio sguardo imbarazzato finivo per distoglierlo.
"Su,sali!ei sveglia!"disse il ragazzo, notando in me tanta perplessità.
"Dove mi stai portando?" le chiesi un po' preoccupata.
"A casa mia!"mi rispose lui,scocciato.
Feci un sospiro di sollievo e un sorriso mi si stampò sul viso, lui se ne accorse subito e fu subito pronto a interrompere quel sollievo momentaneo dicendo:
"Guarda che non ho intenzione di tenerti a casa mia,ancora per molto!Domani dovrai andartene e niente storie!”
"ma io non ho dove andare!" affermai tristemente.
"ancora con questa storia!. Come devo dirtelo che ciò non mi riguarda?!"mi disse Kio alterato.
"Invece ti riguarda,dopo che mi hai salvato la vita,ti deve riguardare!"gli risposi decisa, ma allo stesso tempo avevo o paura di farlo seriamente arrabbiare.
"E che cazzo,fai del bene e male ricevi!"disse lui sarcastico.
"Chi ti dice che hai fatto del bene?!"
"E si,avrei dovuto lasciarti crepare!"mi rispose aspramente.
"Questi non sono discorsi da fare"gli dissi io, amaramente colpita dalle sue parole.
"Risparmia le prediche,di certo non le accetto da una quattordicenne!. Sono abbastanza grande da farmele anche da solo!". disse Kio scocciato.
"Tu avrai 20 anni ma dai tuoi ragionamenti ne dimostri pochi!"gli risposi.
"Sei una nanerottola impertinente!Guarda che non ti conviene provocarmi!." Mi rispose Kio stringendomi i polsi.
"No,lasciami!mi fai male!"dissi io supplichevole.
"La prossima volta stai attenta a quel che dici!"mi disse allentando quasi subito la stretta.

Kyo:

Ero abbastanza alterato,bè c'era da dire che ero una persona abbastanza suscettibile,ma questa bambina mi faceva proprio salire i nervi.
Avevo una grandissima voglia di picchiarla ma mi limitai a stringerle un po' i polsi per farla stare zitta.
Non capivo nemmeno che bisogno c'era di trattenersi,se avevo tanta voglia di picchiarla perché non farlo?Perchè crearmi tutti questi problemi?.
La mia era proprio una sfrenata voglia di ucciderla, perché era come se desse voce alla mia coscienza.
Ma io non avevo voglia di ascoltare la mia coscienza,volevo zittirla in qualche modo,ma era troppo tardi.
Arrivati a casa,mio fratello non si stupì più di tanto nel vedere la ragazzina.
Io pensavo fosse nervoso e così gli dissi:"sta tranquillo,domani sloggia che già non ne posso neanch'io di questa storia!".
"E come mai non ne puoi più?"mi rispose mio fratello.
" Quel moscerino mi fa incazzare!"gli risposi.
Yoko nel frattempo era nella mia stanza e quindi non sentiva i discorsi fra me e mio fratello.
"Bè,l'amore non è bello se non è litigherello"disse mio fratello sarcastico.
"Che coglione che sei!"gli risposi infastidito,ma in un certo senso ero contento, perchè se faceva il coglione,non era più arrabbiato, anzi era il coglione di sempre, che faceva dell' ironia e che se la rideva quasi in ogni circostanza.
Ma ripensai improvvisamente al modo brutale con il quale avevo ucciso Yari,non sarei più stato in pace con me stesso,dopo quel che era successo,però il modo di scherzare di mio fratello e il suo sorriso dolce che mi rivolgeva mi rasserenava,voleva farmi capire che tutti i rancori che nutriva nei miei confronti erano svaniti e che alla fine non dovevo preoccuparmi tanto del passato, però di una cosa ero certo se avessi lasciato Mayko nelle mani di mio fratello tutto questo non sarebbe mai successo e in quel caso lei sarebbe ancora viva e felice, chissà forse sposata insieme a Toshio.
“Kyo tutto bene?” chiese lui notando il mio turbamento.
“Si” gli risposi, mentre immaginavo quella coppia felice e perfetta che avevo sempre contrastato con la mia presenza.
“Non avrei dovuto dirti quelle cose, mi dispiace, sono stato spregevole” affermò dispiaciuto.
“No, hai fatto bene” gli risposi, cercando di tranquillizzarlo, in fondo non era cambiato molto, era pur sempre il mio bravo fratellone.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Ipnosi ***


Una perversa idea

KYO:

Il naso sanguinava ancora ma non gli stavo dando importanza, d'altronde sapevo che non era nulla di grave.
Quella giornata passò in fretta,era un giorno di novembre e faceva abbastanza freddo, mio fratello dopo un pò si accorse del mio naso sanguinante.
"Ma che hai combinato?"
Non sapevo come spiegargli la lite, ma alla fine mi apprestai a dire "bè,ecco ho avuto una lite con un ciccione!".
"Ma te la vai proprio a cercare!.Comunque domani si fa la rapina!"mi disse lui soddisfatto.
"Rapina?"chiesi curioso.
"Non ci posso credere che tu l'abbia scordato!"mi rispose incredulo e allo stesso tempo deluso.
"Ah,si vero!.La rapina!"esclamai io.
Dentro di me mi chiedevo di che rapina stesse parlando,cercai di mettere un pò d'ordine nella mia mente,ma quella rapina non la ricordavo affatto.
"Non ti ricordi proprio di questa rapina?!"
Mio fratello comprese dal mio sguardo, che non avevo la più pallida idea,di cosa stesse parlando,noi due spesso ci capivamo con un semplice sguardo, ma da un pò di tempo c'erano state delle incomprensioni.
"bè,la rapina in banca"disse lui.
"Sto iniziando a ricordare qualcosa"dissi, iniziando a ricordare.
"Bè, forse dovresti farti controllare da qualcuno,in questo periodo soffri spesso di alcune amnesie! "disse mio fratello un pò preoccupato.
"Secondo me la fai troppo tragica!.Insomma può capitare di dimenticarsi qualcosa!"esclamai io.
"Si,ma Kio questa non è la prima volta!"voleva farmi notare mio fratello.
"Ma di che parli?"gli chiesi curioso.
"Quindi non ricordi neanche questo!"mi rispose lui.
"Una volta di mattina presto sei entrato nella mia stanza,ti sei infilato nel mio letto.
io mi sono svegliato, ti ho chiesto che, ci facevi nel mio letto e tu mi hai chiesto chi ero.
Non ti ricordavi nulla di me e poi ti sei addormentato e ti sei ricordato di me."
"Ma che mi prendi in giro?"gli risposi io.
"No,affatto è davvero successo!.Dovresti farti controllare da un mio amico che fa il medico!E' un tipo davvero in gamba!". mi disse lui.
"Uno psicologo?"chiesi io.
"Si"mi rispose lui.
"Aspetta tu mi credi pazzo?!" affermai polemico.
"Ma no,penso solo che devi avere qualche disturbo, che ti causa questo tipo di amnesie!"mi rispose lui.
"E che cazzo,io non ho alcun disturbo!" gli dissi uscendo dalla stanza.
Mi recai nella mia stanza,dove c'era Yoko intenta a frugare in uno dei cassetti della scrivania.
"Ma che stai facendo?!"gli dissi furibondo.
"io volevo solo...comunque scusa mi dispiace" disse balbettando.
"Che stupida! Menomale che domani te ne vai!"
"Senti riguardo a domani, io devo proprio andarmene domani?! Non posso restare? .Ti chiedo solo il tempo necessario per trovare una sistemazione e in cambio farò tutto ciò che desideri" mi disse supplichevole.
"Tu per me sei inutile, non c'è nulla, che tu possa fare per me, a parte levarti dai piedi!" gli risposi freddamente.
"Io posso fare tutto quel che vuoi...qualsiasi cosa!" mi disse lei supplichevole.
Mi faceva tenerezza, ma non potevo tenerla con me, per tante ragioni, mio fratello avrebbe disapprovato ed io non ero un tipo affidabile, non ero migliore di mio padre, ma lei continuava a supplicarmi, arrivò persino a mettersi in ginocchio dinanzi a me, finendo per mettermi a disagio, mi chiedevo se non avesse un minimo di dignità, ma verso sera capì che, non ne aveva affatto, dopotutto la disperazione ti porta a fare le cose più scabrose.
Io mi stavo sdraiando nel letto,lei timidamente si avvicinò a me, non capivo cosa avesse in mente, riuscivo solo a vedere quello sguardo timido e incerto,dopo un po' abbassò lo sguardo e si tolse la maglietta.
Io rimasi stupito dal gesto, ma la ragazza non mi diede modo di rifletterci abbastanza pèerchè subito dopo si chinò per sbottonarmi i pantaloni.
I miei occhi caddero sul suo seno senza volere, era così grande e doveva essere anche così soffice, non sembrava affatto quello di una bambina, mi piaceva, avrei voluto sfiorarlo delicatamente, ma sapevo di non poterlo fare, nonostante la tentazione fosse forte,così per non cedere cercai di guardare da un'altra parte, solo in quel momento mi resi conto che la ragazza mi stava già togliendo i boxer e a quel punto la fermai, respirando affannosamente rendendomi conto di essermi senza volere eccitato. Yoko doveva averlo notato per forza, forse per questa ragione continuava a fissare i miei boxer, ma quando si accorse del mio sguardo su di lei, guardò da un'altra parte ed io ero ancora più imbarazzato di lei, chissà perché, di solito ero sempre così sicuro di me, sopratutto nelle attività sessuali, ma in quel contesto mi vergognavo e mi facevo schifo solo e soltanto a guardarmi e non volevo che lei mi guardasse, perché mi sentivo troppo riluttante, perché le avevo lasciato vedere qualcosa che non avrebbe dovuto, la parte più primordiale di me che disconoscevo persino io, perché era la prima volta che mi trovavo in situazioni come quelle con una ragazzina. Lei nonostante l' imbarazzo, continuava a voler togliere i miei boxer, ma io la fermai prontamente dicendo:
"No, non voglio fare questo genere di cose con te" le dissi respingendola a malincuore.

Yoko era imbarazzata, continuava a tenere lo sguardo basso, poi disse “ Pensavo che lo volessi, dopotutto eri ecci...”

“Non dire queste cose!” le urlai.

“Perchè?” chiese sorpresa.

“Sei una bambina!”affermai.

“Però ti eri... e lo sei ancora!”

Mi misi i pantaloni per coprire meglio quell' oscenità, ma Yoko sembrava non volersi dare per vinta e avvicinava il suo seno scoperto verso il mio petto, era dolce e sensuale allo stesso tempo.
"Ecco sarebbe meglio che ti rivesta" le dissi, cercando di non guardarle il petto.
“Non ti vado bene...perchè?” mi chiese con uno sguardo triste.
"ma che domande! sei solo una bambina" gli risposi.
"allora domani devo andarmene?" mi chiese tenendo lo sguardo basso.
"aspetta ,è per questo che hai fatto tutta questa cosa?!" gli risposi furibondo.
"Che stupida! anche se noi due avessimo fatto certe cose,lo stesso domani te ne saresti dovuta andare! e non mi stupisce che Keitawa,ti abbia violentata se ti comporti così! "esclamai amaramente.
"Veramente io, non mi sono mai comportata così, è solo che tu...”

“Io cosa?” le chiesi incerto, non ero sicuro di volerlo sapere.

“Tu sei stato buono con me, quindi ho pensato che dopotutto te lo meritavi...”

“Ah bene, quindi a tutti a quelli che sono buoni con te, fai questo genere di cose!” la rimproverai, sembravo un padre che faceva le prediche a sua figlia.

“No...perchè sino ad ora nessuno è mai stato così buono con me...” affermò con il capo chino sembrava non riuscire a sostenere il peso del mio sguardo.

“Togliti dalla testa queste idee io non sono buono, anzi posso essere molto più pericoloso di Keitawa e di chiunque altro, il diavolo in persona non è niente in confronto a me!”

“Perchè ce l' hai tanto con te stesso?” mi chiese cogliendomi di sorpresa.

“Io non ce l' ho con me stesso, mi piace essere peggiore del diavolo...” le dissi cercando di apparire convincente.

“Se ti piace essere così, allora perché ti sei fatto tanti scrupoli con me”

La guardavo incredulo, era davvero una quattordicenne? Sembrava una donna sotto le vesti di una bambina, mi faceva impressione, nessuna donna era mai riuscita a mettermi in difficoltà e l' idea che ci riuscisse una bambina, mi dava sui nervi.

“Perchè...si rischia la galera...non si scherza con le violenze sui minori”

“Ma io ero acconsenziente...”

“Il tuo consenso vale poco, perché sei una bambina e quindi lo stesso verrei sbattuto in prigione. “Dunque è solo per questo?” chiese con un espressione delusa.

Perché quello sguardo delusa, che cosa si aspettava che le dicessi, che avvessi un grande rispetto di lei, che non avrei mai potuto farle del male, perché...oddio che diamine pensava la mia mente dovevo fermare quel battito forte al petto e quei pensieri troppo assurdi. Mi faceva sentire terribilmente in colpa, non la sopportavo più, non potevo più reggere quella situazione.La guardavo, avevo uno sguardo così triste, ingenuo e disperato, mi faceva sentire così disonesto per quello che le avevo detto ed era come se cercasse in me quel briciolo amore che la vita non aveva mai saputo darle.
"Rimarrai qui fino a che, non troverai un posto dove stare, ma dovrai fare ogni cosa che ti chiederò!" gli dissi del tutto disarmato da lei.
"ok grazie mille" disse facendo un bel sorriso.
Aveva il viso di una persona che aveva raggiunto il culmine della felicità, ero stato io a renderla felice e a cancellare quella disperazione e quelle paure che si portava dietro?
Io di solito ero quello, che volente o non volente, procurava solo dolore agli altri ,mentre questa volta le cose andarono diversamente, per la prima volta riuscivo a rendere felice qualcuno, così incominciai a provare una sensazione di pace interiore davvero gratificante.
Forse a causa di quelle sensazioni così belle, decisi di far dormire Yoko nel mio letto, ma lei non voleva lasciarmi dormire per terra, insistette così tanto per spingermi a dividere il letto insieme a lei, tanto che alla fine cedetti al suo volere, ormai era impossibile dirle no, ero diventato il suo burattino. Cercai di mantenere una certa distanza,ma al risveglio me la ritrovai accanto a me, dormiva beatamente, sembrava che nessuno potesse disturbare il suo sonno.mi chiedevo con quale coraggio, qualcuno le potesse far del male, come si poteva abusare di quel grazioso corpicino paffuto ,bè c'era da dire che nonostante fosse paffuto era molto attraente, ma si poteva stare fermi ad ammirarlo, ma non si poteva osare toccarlo. Mi sarebbe piaciuto toccarla, ma se lo avessi fatto, mi sarei fatto schifo e non avrei mai più avuto il coraggio di guardarla in faccia. Osservai le sue labbra erano così morbide e rosse, in quel momento l' avrei baciata, ma anche quella era una cosa che non avrei dovuto osare per delle innumerevoli ragioni, differenza di età, dna condiviso con l' uomo che le aveva fatto del male e poi anch'io ero un'assassino, un essere pericoloso, potevo soltanto farle male, persino un mio semplice bacio sarebbe bastato ad ucciderla. Avrei preferito andare con una prostituta che baciarla perché loro almeno si facevano pagare, per aver sopportato i baci e le carezze di un lurido assassino, invece con lei era più complicato, non avrei potuto pagarla, se lo avessi fatto, l' avrei insultata stabilendo un prezzo che non sarebbe mai stato alla sua altezza.

Dopo un po', mi alzai dal letto e mi recai in cucina.
Mio fratello era sempre stato mattiniero, infatti aveva già finito di mangiare la sua colazione.
"buongiorno!" mi disse lui, sorridendomi.
"la mia colazione?" gli chiesi guardandolo.
"ah, è lì" disse indicandomi un piatto, che si trovava nel tavolo.
"di buonumore oggi?!" mi chiese lui.
"bè, non saprei!" gli risposi io.
"ma, se hai il sorriso stampato sulla faccia!" costatò lui.
"ehm.. Yoko rimarrà qui per un po' di tempo!" gli dissi io.
"scusa e chi sarebbe Yoko?!" mi chiese lui.
"ma, come chi sarebbe la ragazzina!" risposi io sbigottito.
"Ah, si non mi ricordavo che si chiamasse Yoko" rispose lui.
"Bè, non sei arrabbiato?" gli chiesi stupito.
"Ma perché mai dovrei esserlo!. Al massimo veniamo arrestati per sequestro di persona! Ci facciamo 14 anni di carcere o forse 20 visto che è pure minorenne! " disse ironico.
" ma che devo fare? la devo lasciare in mezzo ad una strada!?". risposi io
"bè sarebbe un'idea, in ogni caso quel che vuoi farne ne fai!. Io voglio rimanerne fuori, ma sappi che se finisco in galera per questa cazzata, non so se riuscirei a controllare l'istinto di ucciderti!" mi rispose lui.
"poi sai che mi è venuta un'idea!. Yoko potrebbe farci da ostaggio!" gli dissi io.
"Kio guarda che in una banca ,lo troviamo facilmente un ostaggio!" mi rispose lui.
"si, ma le autorità se ne fregano degli ostaggi qualunque. Insomma di recente degli ostaggi sono stati ammazzati, perché la polizia se ne fregava di loro, E di conseguenza i criminali venivano arrestati, ma se sia un ostaggio come Yoko ,un ostaggio importante che ha, a che fare con Keitawa il discorso è diverso!". Dissi io.
Bè, forse hai ragione!. Ah, comunque ti ho preso un appuntamento con quel dottore!. Oggi alle 10:00!."mi disse lui.
"Ma sono ora le 10:00!"gli risposi io.
"infatti, ti conviene sbrigarti!" mi rispose lui.


Mi recai nello studio di quel dottore, era molto accogliente e ben curato,non dovetti aspettare un granchè, anche se ero indeciso se entrare o meno in quella stanza.
Mi decisi ad entrare, il dottore doveva avere all'incirca 40 anni, ma sembrava portarli abbastanza bene.
"Buongiorno, signor Kasinshi!" Kio Kasinshi dico bene?!" disse lui.
"Si sono io!" gli risposi.
"Sei identico a tuo fratello!. Siete proprio due gocce d'acqua!" lui affermò.
"Ah, capisco "dissi io abbastanza freddo.
"Dunque suo fratello mi ha detto che soffre di amnesie!" mi disse lui.
"Bè,si ma nulla di grave" risposi abbastanza scocciato.
"Secondo lei, non ricordarsi di aver ucciso qualcuno non è grave?" mi chiese il medico.
Rimasi spiazzato di fronte a quell'affermazione, lui sapeva di Yari? No doveva soltanto essere una strana coincidenza, forse aveva un paziente che non ricordavo cose di quel genere e me lo chiedevo ccosì tanto per, dopotutto mio fratello non gli avrebbe mai rivelato cose così intime.
"bè, ecco io non saprei!" dissi cercando di mantenere la calma.
"Su non si preoccupi!. Sarà il nostro piccolo segreto!" disse lo psicologo sorridendomi.
"Segreto?! Io non ho fatto nulla di male!" gli risposi alterato.
"Signor Kasinshi, non si preoccupi" rispose lui.

“Glie l'ha detto mio fratello?” gli chiesi.

“Io so molte cose...Keitawa Kyo...” affermò lui sorridendomi in un modo strano.

“Mi chiamo Kasinshi!” gli urlai contro.

“D'accordo, ma perché si agita in questo modo, mi sono soltanto confuso!”

Tremai, pensando che quell'uomo sapeva troppo, inoltre non sopportavo quel cognome, non volevo che qualcuno osasse chiamarmici.

Quell'uomo non mi piaceva e voleva andarmene da lì il più presto possibile, in fondo quello non era un posto adatto a me, era per i pazzi ed io di certo non lo ero.
"Allora mi parli un po' della sua vita". Mi chiese lo psicologo.
"Ecco della mia vita non c'è nulla da dire, nulla d'interessante da dire" affermai forzatamente, cercando un pretesto per andarmene.
"Cosa fa quando non lavora? mi chiese l'uomo.
"Cosa faccio?. Bè niente! dissi io.
"Cioè?"mi chiese lui.
"Insomma le ho già risposto" gli dissi alquanto infastidito.
Quel medico mi sembrava voler mettere il coltello nella piaga, più che aiutarmi e poi io non avevo bisogno di nessun aiuto.
"Potrebbe essere più specifico!" continuò lui.
"Perché mai dovrei raccontarlo ad uno strizzacervelli, rompi coglioni come lei?!" gli risposi furibondo.
"Ti riformulò la domanda ti dispiacerebbe essere più specifico!" continuò lui.
"Io me ne vado!” affermai tirando dritto, ma lui mi bloccò.

“Signor Kasinshi, avanti stia calmo!”

“Io me ne voglio andare e lei non può impedirmelo” affermai furibondo strattonandolo.

Adesso potevo uscire, ero libero pensai, ma in quel medesimo istante il dottore mi conficcò una siringa sul braccio.

Mi risvegliai sul divano dello studio, con lui che mi faceva delle domande, ero sotto ipnosi, non riuscivo a controllare le cose che dicevo, le mie parole venivano fuori da sole.

“Che cosa fai dopo il lavoro?”

"Quando non lavoro, penso a quel poco che ricordo della mia vita passata, poi affogo le mie sofferenze nell' alcool e leggo il giornale" dissi non riuscendo a controllare la mia bocca che si muoveva da sola.
Vita sociale?. Non parlavo con nessuno solo con mio fratello e quello che avevo con Yoko, non poteva essere considerato rapporto sociale.
“Vita sentimentale?” chiese il dottore, ancora con quel fottuto interrogatorio.

E ora cosa avrei detto, che l' amore di tutta la mia vita era morto, di sicuro questo avrei detto e invece no, o meglio lo dissi ma poi feci il nome di Yoko.

“Com'è questa Yoko?”

perché continuava a farmi quelle domande fastidiose al quale non volevo e non dovevo rispondere,ma per quanto non volessi rispondevo rimanendo stupito io stesso dalle mie risposte.

“E'...indefinibile...bella,ingenua, dolce e così....piccola che io...”

“ Voi due avete fatto sesso?”

“No, io...vorrei, ma non posso...”

“Che cosa te lo impedisce?”

“Ha solo 14 anni...sarei un depravato...a fare delle cose perverse con una minorenne...”

“Tu la ami?”

“ Si...” mentre rispondevo il cuore batteva forte e dentro di me mi sentivo male, avevo svelato qualcosa che avevo negato persinoa me stesso e dopo questa rivelazione fui colto da degli attacchi epilettici e svenni, quando mi risvegliai non ricordai più nulla e il dottore si limitò a dirmi che ero semplicemente svenuto durante un ipnosi.

Ricordavo vagamente qualche domanda che mi era stata posta, poi piano piano incominciai a ricordare ma giunto a quell'ultima domanda “la ami?” non riuscivo a ricordare quale fosse stata la mia risposta.



Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** spirito ***


KYO:

“Non avrebbe dovuto farmi l' ipnosi contro il mio volere!” affermai ancora in stato confusionale.
“Signor Kasinshi, lei faceva il difficile, così non ho avuto altra scelta!”
“Ha dei metodi bizzarri...non metterò mai più piede nel suo studio!”
“Sai cosa accomuna noi due?” mi chiese guardandomi attentamente,
“Niente!” affermai pronto andardarmene.
“E invece è qui che si sbaglia, tutti e due abbiamo qualcosa da nascondere e qualcosa che rimpigiamo di aver fatto...”
“Lei chi diamine è?” gli chiesi osservandolo, da quel che sapevo non lo avevo mai visto prima d'ora eppure il suo viso non mi era del tutto sconosciuto.
“Tu chi pensi che io sia?” mi chiese lui osservandomi con un espressione cupa.
“Che cos'è un indovinello?” gli chiesi sarcastico.
“Esattamente, cerca di ricordare,Keitawa Kyo!”
“La smetta di chiamarmi così!” gli urlai contro.
“Sei cresciuto molto, dall' ultima volta che ti ho visto...”
“Non mi ricordo affatto di lei!” replicai.
“Eppure io mi ricordo perfettamente di te, Keitawa Kyo!”
“Adesso basta io me ne vado!” affermai furioso.
“Hai paura non è vero? Paura di quello che potresti ricordare...”
“Non ho paura, mi sto semplicemente stancando di ascoltare le sue stronzate!” affermai pronto ad uscire da quello studio, ma la porta era chiusa a chiave.
Lo psicologo mise in bella mostrò la chiave che teneva in una mano, lo guardai confuso, non capivo quali fossero le sue intenzioni,
“Che cosa vuole da me?” gli chiesi furente.
“Voglio che ti concentri e che ricordi”
Per quanto cercassi di ricordare, non riuscivo a focalizzare il viso di querll' uomo nei miei sbiaditi ricordi, ma lui continuava ad insistere, poi cambiò improvvisamente discorso dicendo“Sai, io avevo una figlia della tua stessa età...”
“Che le è successo?”
“E' morta” disse agitato con lo sguardo fisso su di me.
“Come?” gli chiesi perplesso.
“Il tempo è scaduto!” affermò con foga, improvvisamente non vedeva l' ora di farmene andare via e mi accompagnò sino alla porta.
“Aspetti un momento, volevo chiederle, riguardo quell ' ultima domanda che mi ha fatto io cosa le ho risposto?”
“Mi dispiace, ma ho altri clienti, torni la prossima volta signor Kasinshi!” disse con un sorriso eccesivamente finto.
Me ne andai rimanendo con quel dubbio che mi ossessionava, cosa avevo risposto a quella domanda:“ La ami?”cosa potevo mai avergli risposto, per quanto cercassi di ricordare, non lo sapevo, ma scetticamente pensai devo per forza aver detto no, però ho detto di volerci fare sesso, ma ci pensai su dopotutto non era poi così strano che volessi andarci a letto, dopotutto era una bella ragazza e aveva un bel seno e forse era anche frutto di una mia depravazione, eppure altre volte mi era capitato di vedere ragazzine molto più belle e attraenti, che non sembravano neppure delle quattordicenni, ma donne grandi e vissute, con tutto quel trucco sulla faccia e che portavano i tacchi su quei piccoli piedini, ma non mi erano mai piaciute, mentre Yoko per qualche ragione incomprensibile mi attraeva, perché? Dopotutto lei in confronto non era nulla, era soltanto una ragazzina acqua e sapone, poi ci pensai meglio, forse era il il suo seno così prosperoso a renderla desiderabile, ma avevo conosciuto ragazze anche con il seno molto più grande del suo e non mi avevano mai suscitato quell' effetto. Ah ma che diamine andavo pensando! Dovevo pensare più che altro a quello strano psicologo, si comportava come se io e lui ci conoscessimo e sapeva troppe cose sul mio conto, potevaavergliele dette Toshio? No, mio fratello non avrebbe mai parlato a degli estranei di quegli avvenimenti o forse aveva usato anche con lui l'ipnosi.
Tornato a casa,parlai con mio fratello, gli chiesi se avesse parlato di me a quello psicologo, lui mi rispose di no e poi mi guardò con un espressione curiosa “Perchè, è successo qualcosa?” mi chiese.
“No, nulla non preoccuparti...” affermai, mentre dentro di me incominciavo ad agitarmi, perché quell'uomo sapeva chi ero e sapeva anche che avevo ucciso qualcuno.
Mio fratello prese a parlare della rapina, ma non lo stavo neppure a sentire, avevo troppe preoccupazioni per la testa, dopo un pò andai nella mia stanza che era apparentemente vuota, c'era molto silenzio,non si sentivano nemmeno i rumori esterni, sembrava non ci fosse nessuno eppure avvertivo una strana presenza eppue ne ero certo nella stanza non c'era nessuno, ma quando mi voltai verso la porta vidì una ragazza, messa di profilo con lo sguardo chino per terra, aveva il viso bianco come la neve,gli occhi e i capelli castani malridotti,il corpo era magrissimo e portava un vestito bianco sporco di sangue, la guardai incredulo e spaventato, era Mayko.
Pensai fosse un sogno,che ciò non poteva essere la realtà, ma allora perchè non mi svegliavo?.
Volevo svegliarmi da quel sogno ma era tutto inutile, allora capì, che quella era la realtà.
"Mayko"dissi io,a fatica pronunciai quel nome.
Lei non mi rispose, continuava a tenere lo sguardo chino sul pavimento, non si mosse nemmeno, era immobile come una statua, poi sentì il rumore della porta aprirsi,nella stanza entrò Yoko.
Io rimasi immobile a guardare Mayko,senza far caso a Yoko,si avvicinò a me,mantenendo delle certe distanze.
"Kio?!"mi chiamò la ragazza insistentemente.
Io non le risposi,ero troppo spaventato per aprire bocca,lei continuò a chiamarmi,ma io non le risposi, era come se la sua voce fosse lontana, dopo smisi di guardare Mayko e mi voltai verso Yoko.
"Che cosa fai?"mi chiese stranita.
"Tu la vedi?"gli chiesi.
"Vedere chi?!"mi chiese sconcertata.
"Quindi tu non la vedi,ma questo non è possibile,lei è qui,io la vedo!"gli risposi alterato.
Yoko mi guardava spaventata,mi guardava come se mi credesse pazzo, così riguardai il punto in cui avevo visto Mayko, ma lei non c'era più,era scomparsa nel nulla.
“Credo di aver avuto un'allucinazione”affermai a bassa voce, parlavo più con me stesso che con Yoko, ma lei udii le mie parole e mi chiese turbata “ Vedi ancora qualcosa?”
“No, se ne è andata...” affermai cercando di calmarmi.
“Sai alcuni pensano che non siano allucinazioni, ma che siano gli spiriti dei morti, che decidono di farsi vedere solo da chi desiderano” affermò osservandosi intorno, come se volesse anche lei aver voluto vedere lo spettro di Mayko.
“Solo da chi desiderano?” chiesi perplesso.
“Si, ad esempio dalle persone che hanno amato durante la loro vita...”
“Ah, che stupidaggini” affermai con scetticismo, ma dentro di me stavo riflettendo su quello che mi aveva appena detto.
“ Si, forse sono solo stupidaggini...però a me piace crederci, voglio vivere con la speranza di poter vedere almeno per una volta lo spirito di mia madre...” affermò malinconica, continuando a guardarsi intorno.
“Tua madre è morta? Quindi non è quella che sta con Keitawa?” le chiesi per accertarmi del fatto che io e lei non avessimo alcuna parentela.
“No, non lo è...e Keitawa non è neppure il mio vero padre... loro mi hanno adottata”
Aveva risposto come volevo, aveva proprio detto quello che desideravo sapere, chissà perché ma ero sollevato dalla notizia che lei non fosse mia sorella.
“E il tuo padre vero?” le chiesi osservando il suo faccino che era pallido quasi quanto quello dello spettro appena visto.
“Pensavo non ti importasse niente di me...”
“Era soltanto per distrarmi dall' allucinazione appena avuta...” affermai mentendo spudoratamente, non avevo alcuna intenzione di lasciarle notare il mio acceso interesse.
“Mio padre, non lo conosco...per me è come se fosse morto, ha abbandonato mia madre quando era ancora incinta” affermò con freddezza.
“Quindi non ti posso neppure portare dal tuo vero padre...” affermai deluso, ma non ero neppure così costernato da quella risposta.
“Ah, per questo me l' hai chiesto” affermò scoraggiata.
“Sarà meglio, che mangi qualcosa mi sembri troppo pallida!” affermai osservandola.




Yoko:


Mi ero appena svegliata e notai che Kio aveva lasciato il letto, non avevo ancora voglia di alzarmi, così rimasi nel letto con gli occhi aperti, stavo pensando alle stranezze di Kio.
Non sapevo che pensare su di lui,si arrabbiava sempre e pure non mi sembrava una persona a cattiva.
Aveva fatto molto per me,mi aveva salvato la vita e se non fosse stato per lui,avrei dovuto girare uno di quei schifosi film porno e poi nonostante mi fossi spogliata non volle farlo. Avevo sempre pensato che tutti gli uomini,pensaserò solo al sesso mentre lui sembrava diverso,forse non se l'era sentita per la differenza di età, ma non tutti si sarebbero fatti tanti scrupoli, mi bastava pensare al mio patrigno, lui di certo non se li sarebbe fatti.
Perchè un uomo orribile come lui,mi aveva adottato?.
Spesso me lo chiedevo,non trovando una risposta plausibile,forse per la sola voglia di violentarmi.
Dopo un pò mi alzai dal letto, il fratello di Kio, era stato stranamente gentile, mi aveva preparato la colazione,io lo ringraziai e lui mi sorrise, anche suo fratello era molto strano:Un giorno voleva sbarazzarsi di me e il giorno seguente mi preparava la colazione con il sorriso stampato sulla faccia.
Il fratello di Kyo, dopo la colazione mi disse di venire nella sua stanza, io con un po' di timore, entrai in quella stanza, poi lui mi guardò ridendo “E' la prima volta che decido di violentare una ragazza quindi riuscirai a difenderti non temere!” Rimasi incredula a fissarlo, pronta a scappare e ad urlare, ma lui continuò a ridere dicendo “Stavo scherzando, stavo solo pensando di farti vedere il panorama che si vede su questo balcone...”
Aveva proprio ragione si vedeva davvero un bel panorama, tutti i grattacieli e i palazzi di Tokyo e da un'altra parte si poteva scorgere perfettamente il monte Fuji.
“Ti piace?” mi chiese osservandomi in un modo strano.
“Si...” affermai incerta.
Rimasi lì,per un bel po', anche quando il fratello di Kyo tornò dentro, mi disse che se volevo continuare ad ammirare il panorama potevo benissimo farlo, così restai ad ammirarlo ancora per un po', quando mi decisi a rientrare, incrociai Kyo immobile ed intento ad osservare il nulla nella sua stanza, lo chiamai ripetutamente, ma lui non mi rispose.
La sua espressione era cupa, mi avvicinai a lui,ma non si accorse minimamente di me, poi si voltò dalla mia parte, chiedendomi se vedevo qualcosa,ma cosa avrei dovuto vedere?
Poi ci pensai, forse si trattava di uno spirito, ne avevo sentito parlare a dei ragazzi, dicevano che gli spiriti dei morti scelgono da chi farsi vedere, così gli dissi questa cosa e lui assunse un atteggiamento scettico oppure non voleva crederci. Io invece volevo crederci, dopotutto era il solo modo che avevo per poter vedere ancora per una volta mia madre, ma forse era vero non esistevano,altrimenti avrei già rivisto mia madre e invece niente, poi pensai alla possibilità che non volesse farsi vedere da me per non spaventarmi. Parlai a Kyo del mio desiderio di vedere lo spettro di mia madre, sembrava stupito dal mio discorso forse doveva avermi preso per pazza, dopotutto non avevo i desideri di una ragazzina comune. Poi mi chiese "Perchè tua madre non è la donna che sta con Keitawa?" Così gli spiegai con chiarezza che ero stata adottata e allora mi chiese del mio vero padre, perchè d' improvviso si dimostrava così interessato a me e glie lo chiesi per sodisfare la mia curiosità, anche perchè mi procurava un certo piacere l' idea che nutrisse quest' interesse a conoscermi, ma lui non voleva darmi alcun tipo di soddisfazione e si limitò a darmi una risposta non del tutto sodisfacente, “Era soltanto per distrarmi dall' allucinazione appena avuta...” Nonostante la risposta per nulla appagante gli risposi lo stesso, dicendogli la verità che non sapevo nulla di lui, ma che lo consideravo morto perché aveva abbandonato mia madre quando era ancora incinta di me, poi però pensandoci forse lui neppure era stato messo al corrente di me, dopotutto mio padre doveva essere solo uno dei tanti clienti di mia madre, quindi non aveva più di tanto colpe, lui andava da mia madre solo per sollazzarsi non per generare figli. Kyo dopo un po' disse “Sarà meglio che mangi qualcosa, ti vedo pallida” Mangiai qualcosa soltanto per farlo contento, perché avevo già mangiato ed ero abbastanza sazia.


Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** IL LAVORO DI UN LADRO ***


Il lavoro di un ladro

kyo:

Entrò mio fratello nella stanza,si era già preparato per la rapina, io neppure sapevo che quella rapina avesse luogo quello stesso giorno.
Stava avvenendo fin troppo velocemente,non avevo riflettuto sul da farsi, mio fratello invece era sereno,sicuramente doveva aver programmato tutto alla perfezione.
Lasciai Yoko all'oscuro di tutto,io gli dissi di venire con noi e lei ci seguì facendo poche storie, non fece domande,non disse assolutamente nulla, fece solo uno sbadiglio,
Saliti in macchina,misi un cd a caso per smaltire la calma, il brano inizio era Fur elise di Mozart, quel brano mi ricordo ancora una volta Yari.
Yoko era seduta dietro e canticchiava quel brano, io presi quel cd e lo buttai fuori dal finestrino.
Yoko non capì il senso del mio gesto, credeva volessi fargli uno sgarbo perché aveva notato che quel brano era stato di suo gradimento.
Poi presi un altro cd,doveva essere qualche cantante Jpop, non sapevo bene chi fosse e non mi importava un granchè scoprirlo.
Mio fratello si era portato una grossa valigetta, mentre io mi ero limitato a portare l'essenziale:pistola,colte llo e la calza per non farmi riconoscere.
Eravamo quasi arrivati e la tensione cresceva, Yoko inconsapevole di ciò che sarebbe successo, era spensierata.
Io mi intercalai nella parte del ladro pericoloso,per me era come stare su un palcoscenico gremito di gente, io ero il protagonista e dovevo recitare bene il mio ruolo, altrimenti non sarei riuscito a coinvolgere il pubblico, loro dovevano aver paura di me e se non fossi riuscito ad intimorirli con i miei numeri avrei rovinato lo spettacolo.
In fondo un ladro doveva suscitare delle emozioni, come un attore su un palcoscenico ed io mi comportavo come se tutto fosse finzione, un film dove ciò che facevo in quegli attimi non aveva delle gravi conseguenze, al massimo ci rimettevo la carriera. E che cosa deve fare un attore per non rimetterci la carriera? Deve attenersi al ruolo che gli è stato assegnato, quindi se gli danno il ruolo del ladro,non poteva uccidere, perché in quel caso avrebbe recitato il ruolo dell' assassino o ambe due i ruoli, che non erano richiesti nel copione, quindi quando le cose si mettevano male potevo come minimo ferire qualcuno, ma non ucciderlo.Mi piaceva pensare che fosse tutto un film o uno spettacolo teatrale perché mi rendeva più tranquillo, mentre invece se l' avessi considerata una vera rapina in quel caso mi sarei lasciato prendere dal panico e non sarei stato in grado di far nulla o avrei commesso degli errori madonarli che mi avrebbero sbattuto in prigione.Inoltre in questo modo, era come se avessi realizzato il mio sogno, perché da piccolo avevo sempre sognato di fare l' attore, nonostante non fossi portato per la recitazione, ma adesso avevo imparato almeno a calarmi nella parte del criminale.
Sapevo naturalmente che c'era una gran differenza fra l'attore ed il ladro, dopotutto non era poi così difficile fare il ladro, bastava avere una pistola in mano per far chinare tutti ai miei piedi ,certo oltre alla pistola, dovevo mantenere la calma ed essere convincente, ma la pistola favoriva il coinvolgimento del pubblico,l'attore invece non aveva alcun aiuto, doveva coinvolgere il pubblico con le sue capacit, l' unica differenza era che fare il ladro comportava dei grossi rischi.
Eravamo ormai arrivati , la banca era davanti a noi, incominciai a pensare a quanti soldi dovevano esserci lì dentro, anche mio fratello pensava la stessa cosa, lo intuivo dal suo sguardo.
Guardai Yoko, non sapevo se fosse giusto usarla come ostaggio, ma volevo dimostrare a mio fratello, che dopotutto in qualcosa poteva esserci utile, così non avrebbe più fatto poi tante stiorie, così mi decisi, con l''inganno avrei fatto partecipare anche lei allo spettacolo.
"Allora, adesso tu entri in quella banca e fai finta di dover ritirare qualcosa!" dissi a Yoko.
"Ma non capisco, perché dovrei farlo?!" mi chiese Yoko stupita.
"Tu fallo e basta!. Ricordi il patto?!, tu devi fare tutto quello che ti chiedo" gli risposi.
Riuscì a convincere Yoko, lei uscì dalla macchina ed entrò in banca, nel frattempo mio fratello giocherellava con i proiettili della sua pistola, mentre io rimanevo fermo ad aspettare il momento opportuno per agire.

Yoko:

Anc
ora una volta rimanevo all'oscuro di tutto, nessuno mi diceva dove stavamo andando,avrei potuto chiedere, ma ero sicura che nessuno dei due mi avrebbe dato una risposta concreta, così li seguii senza dire niente.

In macchina c'era un silenzio assoluto,poi Kio lo interruppe mettendo un cd, così ascoltai le favolose note di fur elise,quel brano di Beethoven, metteva una certa tristezza però era un bel brano ,mi lasciai trasportare dalla musica e senza accorgermene lo canticchiai.
Dopo un po' quel brano non si sentì più, perché Kio tolse quel cd e lo buttò giù dal finestrino, che lo avesse fatto perché lo avessi canticchiato?Poi mise un cd di qualche cantante recente, una di quelle intente a copiare Ayumi Hamasaki.
Musica davvero pessima, non riuscivo a capire se fosse di loro gradimento, forse neppure la stavano ascoltando,non sembravano prestarci molta attenzione, sembravano tutti e due persi nei loro pensieri, chissà a cosa pensavano.
Poi improvvisamente ci fermammo e Kio mi disse di andare in banca,dovevo far finta di dover ritirare qualcosa o di dover richiedere un prestito e incominciavo a chiedermi il perché, ma da Kyo non ricevetti alcuna spiegazione,
Non mi andava di farlo e di certo non avrebbero potuto obbligarmi, invece non era affatto così, dopotutto erano dei criminali, in quel momento, mi resi conto di essere stata una stupida ,non ero ero scappata quando avrei potuto liberamente farlo, così adesso ne piangevo le conseguenze,
Non avevo altra scelta lo capivo dallo sguardo insistente di Kyo, che dovevo fare quello che mi ordinava senza alcuna esitazione, così andai in quella banca incosciente di ciò che sarebbe successo.
La banca era molto grande e c'era una confusione pazzesca, gente che andava e veniva e due poliziotti che la sorvegliavano, uno di questi si avvicinò a me dicendo:"Ragazzina, che ci fai qui?"
"Ecco io...devo ritirare una cosa!" gli risposi.
"Ma sei accompagnata da qualcuno più grande? "mi chiese lui.
"No, io..."gli risposi non sapendo che dire.
"Allora puoi andartene da qui, questo non è luogo per le bambine!".disse lui.
Io sapevo che se sarei uscita da lì Kio si sarebbe innervosito, così cercai un pretesto qualunque ed inventai sul momento:
"No, ecco devo essermi spiegata male...mio padre mi ha detto di aspettare qui... fra un po' arriverà!" gli risposi io.
"Ah, d'accordo!" mi rispose lui, tornando accanto al suo collega.

La banca era piena di gente ed io stavo ferma ad aspettare, non sapevo neanch'io cosa aspettavo e molto probabilmente la mia era un'attesa inutile, forse Kyo aveva semplicemente deciso di abbandonarmi dentro quella banca. Così non avendo nulla da fare, incominciai ad osservare la gente, c'era un ' allegra signora con un grazioso bambino fra le sue braccia,
mentre altra gente sbuffava perchè era stanca di aspettare il turno, erano tutti presi dai soliti problemi quotidiani, come li invidiavo. Ma dopo un po' quella calma quotidiana svanii quando entrarono due uomini incappucciati e armati.
La gente iniziò a tremare e anch'io avevo molta paura, non riuscivo ancora a realizzare che cosa stesse succedendo, mentre invece i due poliziotti sembravano aver intuito le intenzioni dei due uomini e si preparavano al peggio.

L'uomo più basso, sparò un colpo a casaccio, non appena la gente udii lo sparò si buttarono tutti a terra per non essere colpiti, mentre io ero rimasta paralizzata, non riuscivo a muovermi, avrei voluto buttarmi a terra, ma la paura me lo impediva.

Me li ritrovai all' improvviso davanti a me, mi allontanai da quei due,cercando di nascondermi tra la gente che avevo accanto e cercai anche di capire se qualcuno era stato ferito,poi mi tranquillizzai un po' perchè non c'era stato alcun ferito.

Era sempre l'uomo più basso a dirigere tutto, mentre l' altro si limitava a tenere a bada i poliziotti e le altre persone,dopo un po' l'uomo più basso urlò a gran voce "tutti a terra!"

Risultò abbastanza inutile dirlo, perché erano già tutti a terra tranne io, mi stavo gettando per terra, cercando di mantenere la calma, dopotutto non era morto nessuno o almeno per il momento, ma l'uomo mi fermò dicendo"Tu no,vieni qui!"mi guardai attorno sperando che non stesse parlando con me, poi realizzai che non c'era nessun altro alzato a parte me. Raggiunsi il ladro insicura e spaventata che mi puntava contro una pistola, per evitare che cercassi di scappare o di tendergli qualche trappola.

Non capivo fra tante gente che c'era,perchè mai doveva scegliere me?

"Ei ti decidi!"disse puntandomi la pistola contro.

Io mi avvicinai a quell'uomo e lui cambiò arma,prese un coltello e me lo puntò alla gola. Sentivo quel freddo e tagliente metallo sul mio collo e incominciai a sentire l' ansia impossessarsi di me, ero diventata un ostaggio e forse da li a poco sarei morta, poi pensai a Kio,perchè mi aveva abbandonato lì e perchè ero rimasta lì ad aspettarlo?.

Se non fossi rimasta in banca, non avrei assistito a quello che stava accadendo e nessuno mi avrebbe fatto del male e invece come una stupida ero rimasta lì ad aspettare chissà cosa.

L'uomo che teneva il coltello vicino alla mia gola,iniziò a parlare "Dateci i soldi e nessuno si farà male!" affermò, la sua voce aveva un tono marcato e duro, eppure mi sembrava di averla già udita da qualche parte ed anche quella grande mano dalle dita lunghe e affusolate non mi era del tutto sconosciuta, la osservai accuratamente dopotutto non potevo fare un granchè, se non ammirare quella mano da pianista.

Se non gli avessero dato i soldi, mi avrebbe ucciso, così ancora una volta la mia vita e la mia morte veniva decisa dagli altri, ma ero fiduciosa, confidavo nel buon cuore della gente e poi c'erano i poliziotti di sicuro loro avrebbero fatto qualcosa.

L'altro uomo aspettava che gli venissero consegnati i soldi, ma i dipendenti si erano lasciati trascinare dal nervosismo e perdevano tempo, mentre i poliziotti si mandavano dei segnali in codice e si preparavano ad agire.

Io temevo che quei poliziotti potessero fare qualcosa di sbagliato, in quel caso ne avrei di sicuro pagato io le conseguenze ne ero certa e incominciai a sudare freddo, mentre continuavo a sentire quel maledetto coltello puntato nella mia gola e quel corpo sconosciuto vicino al mio.

La gente era spaventata quanto me,alcuni sembravano preoccupati per la mia sorte anche se non mi conoscevano. Sicuramente dovevo stargli molto a cuore,perché si immaginavano loro in quella situazione,loro che da lì a poco sarebbero morti e per via di chi?Per via di un delinquente che non aveva niente di meglio da fare pensai infastidita,

I due uomini mascherati, stavano iniziando sempre più a innervosirsi e dentro di me crebbe sempre più, l'istinto di sopravvivenza. Non volevo morire a causa di un delinquente,avrei preferito morire suicida, che morire per mano di un uomo che neanche conoscevo, così mi dimenai, cercando di liberarmi dalla stretta dell'uomo, non accorgendomi del grosso errore che stavo facendo,perchè più mi dimenavo e più il coltello si avvicinava alla mia gola.

Così mi feci un taglio sul collo,non era stato neanche il mio carnefice a ferirmi, ma ero stata io stessa ad essermi avvicinata troppo al coltello per cercare di liberarmi.

Iniziai a sentire la ferita che bruciava e adesso ne ero certa da lì a poco sarei morta,ma allora perché i miei occhi non si chiudevano?.

L'uomo mi allontanò il coltello dalla gola e mi sussurro "sta tranquilla,non ti succederà niente"quella voce la conoscevo e non aveva più quel tono duro, ma era dolce e rassicurante.

I dipendenti della banca mi guardavano preoccupati e presero con agitazione i soldi,mentre i poliziotti come tutti gli altri stavano a terra e talvolta mi scrutavano.

L'altro uomo disse "ci state mettendo troppo per questi soldi!".

Mentre quello che mi tratteneva col coltello, disse "guardate che fra un po' mi libero della ragazzina e verrà qualcun altro di voi a tenermi un po' di compagnia!"rispose con un amaro sarcasmo.

I dipendenti iniziarono a sborsare tutti i soldi che avevano e l'altro uomo iniziò a mettere i soldi su una valigetta.

Io iniziai muovermi perché l'uomo col coltello mi spingeva con violenza, dicendomi di camminare e così in poco tempo eravamo già fuori dalla banca, però con i poliziotti alle calcagna, così mi intimarono di correre più forte che potevo, io correvo insieme a loro, ormai rimasti senza fiato salimmo su un veicolo, non prestai molta attenzione a che tipo di auto fosse, però ebbi l' impressione che fossi già salita in quella macchina. Uno dei due la mise in moto e la macchina iniziò correre veloce fra le strade e con molta facilità seminò i due poliziotti.

" Dio non ci credo li abbiamo già seminati,che poliziotti incompetenti!". disse uno di loro guardando dietro.

L'uomo che era sul volante disse con sarcasmo "bel lavoro di squadra!".

"Ma risparmiati le cazzate! E' stata solo fortuna,abbiamo avuto la fortuna di beccare due poliziotti coglioni!".disse l'altro un po' scocciato.

"Bè di che ti lamenti,meglio così no?". Esclamò quello al volante

"Togliamoci sta cosa dalla faccia,che diamo troppo nell' occhio!disse l'altro.
Io ancora ero incredula dal fatto che fossi ancora viva o forse ero morta e non me ne ero resa conto,perchè i due non sembravano dare molto peso a me.
Era come se non ci fossi o come se fosse naturale, il fatto che io fossi accanto a loro,come se già si fossero abituati alla mia presenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** un abbraccio... ***


Più il tempo passava e più la tensione che provavo aumentava, senza accorgermene urlai ad alta voce :"Kio aiutami!"mi aveva salvato la vita una volta ma adesso lui non era lì e di sicuro non mi avrebbe più tirato fuori dai guai.
L'uomo al volante si mise a ridere e l'altro disse "allora sei proprio stupida"disse anche lui ridendo, non capiva perché ridessero così tanto di me, mi davano sui nervi.
Uno dei due uomini si tolse la calza,con un gesto delle mani abbastanza veloce, intravidi il suo volto dallo specchietto retrovisore, conoscevo quegli arruffati capelli castano chiaro e quegli occhi neri così freddi e profondi nel quale potevo perdermi e poi vidi quelle labbra che raramente destavano un sorriso, il proprietario di quella bocca non era altro che Kyo. Rimasi senza parole, scoprendo che la mano del mio carnefice, appartenesse allo stesso ragazzo che mi avesse dato conforto nel momento più grigio della mia esistenza. Poi l'altro uomo si tolse la maschera,così scoprì che non era altro che suo fratello, mi avevano fatto un bello scherzo, dovevano essersi molto divertiti alle mie spalle o forse le loro intenzioni non erano davvero buone, forse adesso ero davvero il loro ostaggio.
" Yoko pensavo tu avessi capito da sola la situazione, ma a quanto pare sei più ingenua di quanto credessimo "mi disse Kio con la solita espressione fredda che assumeva quasi sempre.
“Quali sono le vostre intenzioni?” chiesi preoccupata.
Volevo capire quale fosse il mio ruolo in quella faccenda,ero l'ostaggio che dovevano uccidere o ero qualcos'altro?.
In fondo ero stata io la stupida in tutta quella storia, perché di solito quando si ha a che fare con dei delinquenti si cerca una via d'uscita,ma io non l'avevo cercata anzi era stato il delinquente ad offrirmi la soluzione,ma io rifiutai la libertà, lasciandomi ingannare dalla sua apparente generosità. Dopotutto non ero cambiata, ero rimasta la Yoko stolta che crede ancora nell' esistenza dei buoni in questo diavolo di mondo, mentre invece tutti continuavano a rivelarsi degli esseri meschini.
"Non saprei.. penso che ti taglieremo a pezzettini"disse Kio con un espressione sadica sul volto.
Il mio viso sbianco improvvisamente, rimasi in silenzio per paura di poter dire qualcosa di avventato che potesse innervosirlo.
Poi il fratello si mise a ridere dicendo"così la spaventi a morte!" e continuando a guidare aggiunse "sta solo scherzando!".
Non sapevo fino a che punto Kio stesse scherzando,non sembrava che scherzasse,il suo volto sembrava così serio e irremovibile, non era la stessa persona che mi aveva salvato la vita. Il mio collo sanguinava incessantemente, stavo perdendo troppo sangue e incominciai ad avere sempre più paura, sentivo il mio cuore battere all' impazzata, non volevo morire ero ancora così giovane, ma non potevo fermare lo scorrere del sangue che continuava a fluire fuori sporcandomi la maglietta.
"Continuo a sanguinare!"dissi preoccupata, ma la mia preoccupazione come immaginavo non fu affatto ricambiata, non glie ne importava proprio nulla della mia vita, così mi infuriai dicendo “ Vi sbatteranno in galera per aver ucciso una minorenne, vi ci faranno marcire!”
" Yoko fra non molto avrai un emorragia e morirai e noi ti seppelliremmo in un posto dove nessuno scaverai mai"disse Kio sorridendo sadicamente, i suoi occhi sembravano davvero quelli del diavolo in persona.
"No,io non voglio morire!vi prego portatemi in un ospedale!"dissi disperata.
Io non volevo morire, so che può sembrare da pazzi dire una cosa del genere dopo aver tentato il suicidio, ma in realtà non volevo suicidarmi,io volevo solo avere una vita diversa e provare quell' ebbrezza di poter perdere tutto in un semplice istante, ma ormai questa sensazione mi aveva stancato e mi aveva fatto capire la vera importanza che avesse per me la vita:per me vivere significava poter ammirare il sole, con la speranza che un giorno tutto fosse cambiato in meglio e vedere la felicità degli altri riflessa nei loro volti come se mi appartenesse e poi guardare un qualche anime, cercando di allontanare i miei pensieri da tutto il resto, così quando guardavo un anime o un qualche film, mi lasciavo sopraffare dalla sindrome di Werther, ovvero era come se diventassi la protagonista di quel film o di quell' anime, però cercavo sempre di trarre dal personaggio in cui mi immedesimassi gli aspetti più positivi, così adesso diventai la protagonista di qualche anime, che di solito erano sempre tenaci e determinate, non come me, che ero sempre stata un tipo che si butta a terra con molta facilità.
“Liberatemi!” urlai agitandomi.
Arrivati a casa, stavo iniziando a pensare ad una via di fuga, dovevo andare in ospedale al più presto possibile,prima che l'emorragia mi avesse ucciso.
"Bene Yoko vieni con me!"disse Kio assumendo un espressione seria in volto, io non avevo alcuna voglia di seguirlo, ma lui mi trascinò prendendomi per il braccio,così non potei far altro che seguirlo, avevo paura di cosa avesse in mente.
Mi portò in bagno chiudendo la porta dietro di se, lo osservai i suoi occhi non sembrano preannunciare nulla di buono, adesso li riconoscevo chiaramente, erano gli stessi occhi vispi e pazzi di Keitawa.
"Che vuoi fare?"gli chiesi spaventata.
"Voglio rendere la tua morte meno sofferta!"disse prendendo una valigetta di metallo.
"No!"gli risposi allontanandomi da lui.
Mi allontanai spaventata, intuendo che mi volesse uccidere e persino in un modo bizzarro, forse in puro stile Jack lo squartatore, così mi guardai attorno per cercare una via d'uscita e poi notai quelk tavolo che mi era accanto dove erano posate un paio d forbici, lui stava cercando di aprire la valigetta che non si apriva con molta facilità, così approfittai della sua distrazione per prendere le forbici.
“Fermo!” gli urlai, mentre cercava ancora di aprire la valigetta.
Kio non sembrava intimorito dalle forbici che gli puntavo contro,anzi sorrideva e si avvicinò piano piano a me, le mie mani tremavano, avevo un'arma eppure lui continuava a venire verso di me, cominciavo a chiedermi perché continuasse a muoversi, avrei potuto ucciderlo oppure era certo che non avrei mai avuto il coraggio di farlo,ma si sbagliava di grosso, questa volta non sarei stata più la Yoko fragile e stolta, ma sarei stata tenace e decisa.
Purtroppo la mia tenacia ebbe termine più del previsto, non sapevo perché ma non appena mi rivolse quello sguardo e quel sorriso dolce, le forbici mi scivolarono dalle mani con estrema facilità e lui le spostò dalla sua parte con il piede, poi riuscì ad aprire la valigetta, mentre io stavo cercando di riprendere le forbici, ma era impossibile riuscire a prendere quelle dannate forbici,avrei dovuto avvicinarmi a lui senza che se ne accorgesse e poi avrei dovuto abbassarmi in fretta per prenderle, insomma era davvero troppo complicato.
Così ormai rassegnata mi soffermai su quella valigetta per vedere gli strumenti di tortura che il mio carnefice intendesse usare, ma mi dovetti ricredere non c'erano armi, ma soltanto medicinali. Tirò fuori da essa della bambagia versandogli dell' alcool etilico, lo guardai attonita, lui mi guardò sorridendo, che bel sorriso pensai osservandolo, rimanendo immobile a fissarlo con meraviglia.“ Non pensavo che le ragazzine temessero così tanto il disinfettante....certo brucia un po' però...” disse continuando a ridere.
“Io pensavo che tu...” affermai non riuscendo a completare la frase, ero troppo sbalordita.
“Adesso brucerò un po'...” disse posando la bambagia sul mio collo e mi lamentai per il bruciore.
"Hai solo un piccolo graffietto nulla di grave!” affermò guardandomi.
Prima mi aveva parlato di emorragia pensai confusa e adesso diceva che era un semplice graffio?Kio aveva notato le mie perplessità e assunse un espressione divertita dicendo:"Che idiota riguardo l'emorragia stavo solo scherzando!”
Cercai di mantenere la calma, ma era furiosa, avrei voluto ucciderlo per lo spavento che mi aveva fatto provare, ma dopotutto dovevo ringraziare il cielo che fosse tutto uno scherzo e una burla, però ero lo stesso arrabbiata, avrebbe potuto risparmiarmi tutta quell' ansia e agitazione che mi aveva messo addosso.
“Mi hai spaventato a morte!” affermai infuriata.
“Mi sono un po' lasciato prendere la mano, ma la colpa in parte è tua, che sei una credulona!” affermò ridendo.
Improvvisamente non ero più arrabbiato con lui, non sapevo perché ma il suo sorriso mi ipnotizzava, così non ebbi la forza di controbattere. Poi di c divenne serio e mi fece delle domande su mia madre, non capivo perché mi stesse chiedendo quel genere di cose, così all' inizio rimasi in silenzio, anche perché non avrei saputo come iniziare il discorso e non sapevo se tralasciare alcuni particolari, ovvero che mia madre fosse una poco di buono.
“Se non ti va di parlamene non fa nulla” affermò pacatamente.
Ma alla fine per una qualche ragione a me sconosciuta, finì per raccontargli tutto senza tralasciare nessun particolare, quando finì di raccontargli tutto, lui non disse il solito mi dispiace che tutti avrebbero detto compassionevoli, si limitò semplicemente a darmi un ' energica pacca sulla spalla, senza volere incominciai a piangere, le lacrime scendevano dal mio viso come se fossero impazzire, avrei tanto voluto fermarle, ma era tutto inutile.
Lui non disse nulla, non diceva le solite frasi ipocrite delle persone che ti dicono di farti coraggio, quando in realtà, non sanno neppure il motivo per il quale stai soffrendo perché non l' hanno mai vissuto nella loro pelle, ma nonostante tutto, con ipocrisia ti dicono di farti forza. In quei momenti pensai a loro nelle mie condizioni e mi chiedevo “ Chissà se loro vivendo le mie sofferenze avessero avuto la forza di smettere di piangere e di farsi coraggio come tanto predicavano”.
" Non avrei dovuto chiederti quelle cose"disse sinceramente dispiaciuto dal mio stato d'animo.
“No, non è colpa tua” affermai cercando di fermare le lacrime.
“Non devi per forza fermarle, se hai voglia di piangere, fallo” disse notando i miei inutili sforzi.
Ancora una volta reagii d'istinto,mi gettai letteralmente fra le sue grandi e forti braccia, riuscivo a sentire il calore del suo corpo e sentivo quelle braccia che mi avvolgevano come una pesante coperta che si metteva nei giorni d'inverno per stare al caldo, però quel calore era ancora più piacevole perchè non scaldava soltanto il corpo, ma anche la mente ottenebrata dagli spiacevoli ricordi, poi sentivo i suoi respiri e il suo fiato che mi giungevano un po' sino alla testa e alle guance, anche quella era una bella sensazione ma era molto fioca, pechè mi arrivava ben poco del suo fiato e dei suoi respiri, perché purtroppo ero troppo distante dalla sua bocca per via della mia scarsa altezza e della sua che invece era eccessiva.
Mi chiedevo quanto potesse essere alto, forse era un metro e ottanta, mentre io arrivavo si e no a sfiorare un metro e cinquantacinque,pensai sentendomi una nanerottola.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** L' abbraccio di Kyo ***


L' abbraccio di Kyo:

Kyo:

Dentro quella banca si udii soltanto il mio sparo e la voce di mio fratello che intimava ai bancari di sbrigarsi a prendere i soldi.
Io in quei momenti mi sentivo come un Dio, tutti avrebbero fatto quello che volevo perché erano tutti consapevoli che le loro vite dipendessero da me e provavo un sadico piacere nel vedere quella massa di gente spaventata e disperata solo per la mia presenza, ma quello stesso piacere allo stesso tempo, mi faceva sentire disumano e vile quanto mio padre.
“Ma in fondo, qual' essere umano, non ama predominare sugli altri? Tutti gli uomini chi più chi meno, bramano il potere e in passato ci sono sempre state continue lotte soltanto per soddisfare questo desiderio”con queste riflessioni giustificavo quella sensazione appagante che provavo e così continuavo a recitare la mia parte.
Tutti si erano letteralmente gettati per terra spaventati, nonostante avessi mirato ad una parete dove non vi fosse nessuno, vidi una donna stringere così forte il suo bambino, tanto da rischiare di soffocarlo.
Dopo un po' il mio sguardo si spostò verso il mio piccolo ostaggio, che si stava mettendo a terra insieme a quella massa di corpi come se fossero morti, alcuni non avevano neppure il coraggio di muoversi, sembravano dei cadaveri.
“No, tu vieni qui!” affermai sperando che non riconoscesse la mia voce, perché volevo che la sua paura e il suo sbigottimento non fossero finti altrimenti non avrebbe saputo fingere bene, poiché era un'attrice troppo inesperta, così l' unico modo per renderla credibile era farle credere di essere un vero ostaggio.
E dovevo dire che la sua reazione fu perfetta:tremava come una foglia e i suoi occhi castani erano sgranati per l' eccessivo turbamento, un po' mi dispiaceva spaventarla a morte, però anche in quel caso mi sentivo appagato, anzi forse più di prima, perché la sua espressione era l' eccellente impersonificazione del terrore.
Ma a tutto ad un tratto, provai una strana sensazione, era come se tutti i riflettori si fossero spenti e ne fossero rimasti accessi solo due, uno puntato verso di me e un' altro che rifletteva Yoko.
Era davvero come se non ci fosse nessuno a parte io e lei, mi ero persino dimenticato della presenza di mio fratello, ma fortunatamente la cosa più importante non l' avevo dimenticata, ovvero che ero nel bel mezzo di una rapina e non potevo permettermi sciocchezze.
Osservai Yoko, puntandole una pistola per convincerla ad avvicinarsi, ma mi resi conto che non lo facevo più con quella convinzione iniziale,anzi era come se mi sentissi in qualche modo minacciato dalla sua presenza e non sapevo il perché, dopotutto quale minaccia poteva mai rappresentare quel piccolo animaletto?
Si voltò per accertarsi che parlassi realmente con lei, poi abbandonando ogni vana speranza mi raggiunse lentamente, ogni suo passo mi faceva stare all' erta, come se appartenessero ad un poliziotto, così le dissi inferocito non potendone più di quell' agitazione che non era da me “Ei, ti decidi!”
Dopo un po' cambiai arma e finalmente mi fu così vicina da riuscire ad afferrarla da dietro per puntarle alla gola il coltello, sentivo il suo soffice corpicino premere e tremare contro il mio.
Poi dissi qualcosa del tipo "Dateci i soldi e nessuno si farà male!",un espressione alquanto ridicola ma che riuscì ad avere l'effetto sperato, sembravano tutti più agitati di prima, sopratutto i dipendenti che cercavano di dare in gran fretta i soldi a Toshio, ma in quello stesso momento Yoko incominciò ad agitarsi e cercando di liberarsi, finì per farsi un taglietto sul collo, tentai di placarla perché di quel passo si sarebbe davvero uccisa con le sue mani e le allontanai il coltello dalla gola dicendole rassicurante, con il mio solito timbro di voce:"sta tranquilla,non ti succederà niente".
Pensai che ormai mi avesse riconosciuto, così continuai a recitare la mia parte senza più alcuna interruzione, impostandomi di nuovo quella voce gutturale
Poi spostai lo sguardo verso mio fratello che ormai aveva preso il bottino e scambiandoci sguardi d'intesa incominciavamo ad andare via, mentre Toshio continuava a tenere la pistola puntata verso i due poliziotti,io incominciavo a correre spingendo con forza Yoko.
Saliti in macchina, mio fratello mise subito in moto, fu una di quelle corse così lontane da quelle dei film americani che finì per deludermi, avrei tanto voluto un po' più di azione: macchine fuori strade e sbandate, ma purtroppo quei poliziotti erano dei veri incapaci, si fecero' seminare con molta facilità, togliendo l' elemento più emozionante del film: l' adrenalina, l' azione e la suspence, così mi lamentai mentre mio fratello affermò “Ma di che ti lamenti anzi tanto meglio che erano degli incapaci quei due poliziotti!” poi sentii urlare da dietro, quasi come una preghiera“Kyo aiutami!”
Mio fratello si mise a ridere, ma ero sicuro che ridesse non perché Yoko non ci avesse riconosciuto, ma per il fatto che invocasse il mio nome in quel modo disperato, infatti mi lanciò uno sguardo del tipo “Kyo, hai fatto conquiste!” solitamente avrei risposto con un ' altro sguardo ambiguo, ma in quel caso, non ricambiai.“Togliamoci questa cosa dalla faccia, che diamo troppo nell' occhio!” affermai i
Con un gesto rapido mi tolsi la calza e rivolgendomi alla ragazza che era dietro di me affermai “Yoko pensavo tu avessi capito da sola la situazione, ma a quanto pare sei più ingenua di quanto credessimo "lei allora mi guardò incredula poi chiese ancora più allarmata di prima “Quali sono le vostre intenzioni?”
"Non saprei.. penso che ti taglieremo a pezzettini" affermai divertito dalla sua espressione preoccupata.
“No,io non voglio morire!vi prego portatemi in un ospedale!"disse supplichevole e disperata. “Così la spaventi a morte!” affermò mio fratello più divertito di me, poi si rivolse a lei dicendo con quel suo solito tono rassicurante“ Sta solo scherzando!”
Ma Yoko non sembrò dare molto credito alle sue parole, perciò continuava ad avere quell' espressione preoccupata, che mi divertiva ma allo stesso tempo mi faceva sentire un po' in colpa per averla terrorizzata, però non volevo e non potevo mostrarmi docile con lei sotto gli occhi di Toshio, avrebbe di sicuro travisato tutto.
Sentii la sua voce agitata “Continuò a sanguinare” ma ne io ne mio fratello le prestammo attenzione così disse alterata: “Marcirete in galera se mi lasciate morire...” Toshio di fronte quella minaccia corruccio le sopracciglia temeva la galera più di qualunque altra cosa, ma sapeva perfettamente che la nanerottola non stava per morire, così rimase in silenzio, continuando a guidare con noncuranza.
" Yoko fra non molto avrai un emorragia e morirai e noi ti seppelliremmo in un posto dove nessuno scaverà mai"dissi sorridendo sadicamente, non potevo farci nulla, non riuscivo a controllare quel desiderio perverso di terrorizzarla .
Tornati a casa, dissi a Yoko di venire con me, lei mi seguii incerta, la condussi in bagno per disinfettarle la ferita sul suo tenero collo, così incominciai a guardarmi a tornò per cercare la valigetta dei medicinali,in quello stesso momento quello scricciolo di donna, mi chiese “Che vuoi fare?”
Il suo sguardo era talmente indifeso, da suscitarmi una sorta di morsa al cuore, non avevo mai provato una cosa simile, di solito ero sempre stato un tipo strafottente nei confronti dei dolori e delle paure altrui, ma in quella circostanza mi sentivo come se il divertimento stesse svanendo, lasciando spazio solo al rimorso, ma respingevo forzatamente quella sensazione continuando a spaventarla.
“Voglio rendere la tua morte meno sofferta!” dissi continuando a prendermi gioco di lei.
"No!” pungolò indietreggiando.
Io la ignorai e tentai di aprire la valigetta, che sembrava letteralmente sigillata, non riuscivo ad aprirla, nonostante i miei sforzi, dopo un po' Yoko mi urlò contro: “ fermo!”.
La osservai, mi puntava contro delle forbici, sembrava decisa ad uccidermi, ma osservandola non potevo far a meno di sorridere,era soltanto una ragazzina, non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidermi, così mi avvicinai tranquillamente a lei, lei tramava e in men che non si dica le forbici le scivolarono dalle mani, così le spostai con il piede dalla mia parte, in questo modo non avrebbe potuto riprenderle con tanta facilità o senza che me ne accorgessi.
Aprì la valigetta suscitando il suo più grande stupore, perché dentro quella valigia non c'erano altro che medicinali, mentre lei doveva aver pensato che ci fossero degli oggetti pericolosi. Tirai fuori dalla valigetta, della bambagia e del' alcool etilico, notando i suoi occhioni castani sbalorditi affermai beffardamente“ Non pensavo che le ragazzine temessero così tanto il disinfettante....certo brucia un po' però...”
“Io pensavo che tu...” affermò non riuscendo a completare la frase.
“Adesso brucerò un po'...” dissi posando la bambagia sul suo collo lungo e sottile, ancora gocciolante di sangue.
"Hai solo un piccolo graffietto nulla di grave!” affermai notando ancora la sua eccessiva preoccupazione.
Poi notando il suo sguardo confuso, le dissi"Che idiota riguardo l'emorragia stavo solo scherzando!”
“Mi hai spaventato a morte!” affermò infuriata.
“Mi sono un po' lasciato prendere la mano, ma la colpa in parte è tua, che sei una credulona!” affermai divertito, chissà perché mi piaceva così tanto prendermi gioco di lei, di solito non ci trovavo alcun piacere a far quel genere di cose, anzi ritenevo che le reazioni della gente fossero quasi sempre noiose e prevedibili e invece lei mi aveva sorpreso, di solito quando qualcuno si sentiva minacciato da me, non avrebbe avuto il coraggio di parlare e di muoversi, mentre lei aveva persino preso un paio di forbici e me le aveva puntate contro.
La sentii sussultare per il bruciore, poi le tolsi la bambagia dal collo e le chiesi delle informazioni riguardo sua madre, non sapevo la ragione che mi portò a farle quella domanda, forse perché il silenzio era diventato insostenibile e così fu solo un pretesto per parlare e scacciare via quell' atmosfera di disagio, ma ascoltavo con attenzione ogni minima parola, come se non volessi lasciarmi sfuggire nulla e allora capii che Yoko era in parte come me e mio fratello, sola e abbandonata, ma poi pensandoci mi resi conto che dopotutto io non ero come lei, io avevo mio fratello, mentre lei non aveva nessuno che potesse confortarla, inoltre le nostre sofferenze erano ben diverse e inconfrontabili: io avevo sofferto per Toshio e per l' odio che nutrisse nei miei confronti, perché ero il figlio preferito, non mi aveva mai fatto del male, ma sapevo che in fondo al cuore provasse odio e invidia nei miei confronti. A parte queste sofferenze, tutte le altre me le ero procurate da sole, ferendo e facendo del male agli altri: sopratutto a Mayko che non se l' era mai meritato, lei mi aveva sempre amato, mentre io l'amavo, ma in modo torbido, forse perché ero sicuro che primo o poi avrebbe preso i voti spinta dalle continue pressioni fatte dal padre e in questo modo mi avrebbe lasciato per sempre, così per paura di soffrire reprimevo i miei sentimenti per lei, trattandola male e arrivando persino a tradirla.
Dopotutto ero certo, che se avesse dovuto scegliere avrebbe sempre e comunque scelto Dio e non me, nonostante lei affermasse di aver scelto me, io non le volli mai credere, perché era una suora ancor prima di esserlo, dopotutto aveva subito un' educazione cattolica molto rigida dove persino un atto sessuale fatto con amore, veniva ritenuto uno sgradevole peccato, così quando accadde fu la prima e l'ultima volta, perché i sensi di colpa la assalirono per lungo tempo, forse fu questa la ragione che mi spinse a tradirla, dopotutto ero in quella fase adolescenziale dove si hanno tutti gli ormoni ancora in subbuglio e in qualche modo avrei dovuto sfogarmi.Ma questo di certo, non poteva discolparmi del tutto, però ero sicuro di una cosa, io non avevo molestato Yari, perché andava contro ogni mia legge morale, ma riguardo l' uccisione sembravano non esserci dubbi, dopotutto vidi quella scena anche nei miei ricordi, mentre invece la violenza procuratele non la vidi affatto, anzi rammentai la sua più completa approvazione.
Riguardo l' uccisione avrei potuto trovare mille ragioni per giustificare il mio reato, ma nessuna di esse mi avrebbe discolpato alla perfezione e ciò che mi faceva più stare male era l' idea che mio fratello e Mayko dovettero persino divenire miei complici e poi accadde l' evento più drammatico la morte di lei, ma tutte queste sofferenze me l' ero procurate da solo, a causa delle mie cattive azioni, mentre invece Yoko e Toshio non avevano colpe, ma nonostante tutto ricevettero sofferenze peggiori, poiché vissute sulla loro pelle.
Dopo aver ascoltato la triste storia su com'era morta sua madre,ripensai a Mayko, così pensai che qualcosa in comune tra di noi c'era, avevamo tutte e due perso una persona cara, però Yoko non aveva alcuna colpa, lei era solo una bambina quando perse sua madre, non aveva mai fatto nulla di male, mentre io avevo ucciso una ragazza.
La vidi piangere, dopo aver finito di parlare, così mi scusai con lei per averle fatto quel genere di domande, ma lei con dolcezza disse “Non è colpa tua”, era bello sentirmi dire quelle parole, perché era come se non si riferissero solo alla domanda che le avessi posto, ma anche riguardo la morte di Mayko. Era come se Dio o chi altri, tramite Yoko mi volessero comunicare che non era stata colpa mia, ma che la morte di Mayko era inevitabile e che sarebbe morta comunque, anche se io non avessi ucciso Yari.
Sentii i suoi singhiozzi, non erano i soliti piagnistei fastidiosi e ingiustificati di una ragazzina di quell' età, aveva tutte le ragioni del mondo per piangere ed io di certo non mi sentivo in dovere di negarglielo nonostante mi dispiacesse vederla ridotta in quello stato.
Tentava inutilmente di trattenere le sue calde lacrime, così le dissi “Non devi per forza fermarle, se hai voglia di piangere, fallo” dopotutto era anche un buon modo per sfogarsi, anzi quasi quasi la invidiavo perché io dopo la morte di Mayko, persi la capacità di piangere, piansi solo al suo funerale, poi non riuscii più a farlo ed era peggio, perché era come se tutta la sofferenza che provassi non riuscissi ad esternarla e a scacciarla via dal mio cuore e poi grazie a quella stessa ragazzina piansi quando avrei dovuto ucciderla su ordine di Toshio.
Dopo un po' quel piccolo esserino si avvicinò a me cercando di avvolgere tutto il mio corpo con le sue piccole braccia, mentre ricevevo il calore del suo corpo e delle sue braccine, il mio cuore batteva così forte, che sembrava volesse uscirmi fuori dal petto.
Ricambiai l' abbraccio, stringendola forte a me, però non ci misi molta forza, temendo che si potesse spezzare con la sola stretta delle mie braccia,inoltre ebbi come l' impressione che da quell' abbraccio ne stessi traendo beneficio soltanto io:Lei mi donava un abbraccio puro, mentre io quello sporco di un assassino ed era come se la stessi macchiando del sangue di Yari.
“Tu, mi abbracci perché non sai chi sono, figlio dell'uomo che ti ha molestato e poi oltre a questa sconvolgente verità ci sarebbe da dire che io ho ucciso una ragazza”pensai dentro di me, mentre sentivo i suoi singhiozzi fermarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Tornare bambini ***


Kyo:

Dopo un po' lei smise di abbracciarmi così anch'io smisi di stringerla, prima allentai la stretta e poi allontanai a malincuore le mie braccia dal suo corpo.
“Scusami, mi sono ecco...lasciata prendere dalla disperazione e così ti ho abbracciato senza rifletterci...” affermò imbarazzata.
“Non dovresti abbracciare gli sconosciuti...” affermai cercando di apparire freddo e distaccato.
“ Si, ma tu non sei uno sconosciuto...” balbettò osservandomi con un espressione cauta ma al contempo dolce.
“Che cosa sai di me?” le domandai lasciandola di stucco, perché era vero non sapeva nulla di me, neppure il mio cognome falso e figuriamoci quello vero.
“Tu sei la persona che mi ha salvato la vita, che mi ha consolato....questo è quello che conta” affermò flebilmente.
“Quindi non ti importa sapere chi sono?” le chiesi scettico.
“Si, però questo non potrebbe mai compromettere quello che hai fatto per me...” affermò abbassando lo sguardo per non incrociare il mio.
“Attenta, ragazzina a quel che dici...” la avvertii.
Yoko mi osservò perplessa e disse “Lo so, già che sei un malavitoso, non so quel che fai di preciso per vivere, ma non mi importa saperlo, ho vissuto con gente più sporca di te, che non si fa scrupoli neanche con una ragazzina come me...mentre tu hai quel po' di bontà e mi basta quella...”
“D' accordo, allora io sono Kei... cioè intendevo Kasinshi Kyo...”
“Ah, capisco” affermò scrutandomi con la coda dell'occhio.
Avrei voluto dirle la mia vera identità, ma mi vergognavo troppo per ammettere quella schifosa realtà e inoltre sapevo che se glie l' avessi detto non mi avrebbe più guardato con quello sguardo dolce, anzi di sicuro mi avrebbe odiato, ma perché mi importava così tanto non essere odiato da lei?
“Allora d'ora in poi sarò Kasinshi Yoko...” affermò sorridendo, poi però arrossii di botto.
Rimasi interdetto, che cosa intendeva dire con quell' affermazione, se aveva intenzione di fantasticare con la mente su matrimoni e famiglia con me, poteva anche scordarselo e notando la mia espressione non del tutto soddisfatta disse “Credo lei abbia frainteso...ecco io intendevo...che siccome ho un cognome brutto da portare, pensavo che il tuo..il suo... fosse meglio così...”
Mi stava dando improvvisamente del lei, ero diventato improvvisamente così vecchio ai suoi occhi,così non potendone più di sentirmi dare del lei, le dissi “Ho solo 22 anni, non c'è bisogno di darmi del lei...”
Non sapevo perché dessi tanto peso a quelle formalità, dopotutto lei sarebbe stata solo una piccola parentesi della mia vita che primo o poi sarebbe svanita, come una delle tante altre cose.
“ Sai riguardo ad oggi sono felice di esserti stata utile in qualche modo...” affermò sorridendo.
Quel sorriso, mi faceva sentire terribilmente in colpa l' avevo usata come ostaggio e lei invece di incazzarsi, era felice di essermi stata in qualche modo utile, di certo ragazzine più innocenti di lei non ne avevo mai incontrate.
Poi entrò improvvisamente mio fratello che ci guardava interrogativo “Che ci fate qui?” chiese.
“Le ho disinfettato la ferita....” affermai incerto, con un po' di agitazione, non volevo che sapesse dell' abbraccio tra me e Yoko, di sicuro si sarebbe fatto delle idee sbagliate.
“Ecco io dovrei andare al bagno, quindi se poteste uscire mi fareste un grandissimo favore!” affermò stringendo le gambe per trattenere la vescica.
A Yoko scappò una risata, notando che mio fratello, si stava facendo la pipi addosso,. lui invece la guardò con uno sguardo lievemente imbronciato, non gli piaceva sentirsi preso in giro.
Usciti dal bagno, ci recammo nella mia stanza, io mi adagiai nel letto, ero stanco morto, mentre lei si sedette nella sedia che si trovava vicino la scrivania della mia stanza.
Le dissi di prendermi il telecomando poggiato sulla scrivania, lei si avvicinò al mio letto per darmelo, così accesi la tv che era davanti al letto.
Lasciai un canale a caso, dove c'era il telegiornale, che parlava della scomparsa di Keitawa Yoko.
Si vedeva la troupe di giornalisti sotto casa di Keitawa, che non aspettavano altro che la sua uscita, ma lui si limitò a rimaneredavanti il cancello della villa dicendo che non volevo rilasciare alcuna intervista poiché la situazione era molto delicata e non voleva che i giornalisti usassero la scomparsa di sua figlia come mezzo per fare audience.
Minacciò i giornalisti sotto casa, gridandogli contro che li avrebbe denunciati tutti, era veramente furioso chissà perché si agitava tanto “il mio amato” padre e poi quelle parole così profonde, non erano da lui:“Non usate mia figlia per fare soldi, per fare audience o per qualunque altro secondo fine!” Osservai l' espressione turbata di Yoko, anche lei non riusciva a comprendere quella reazione di Keitawa.
Cercai di scorgere qualcosa dai suoi occhi neri come i miei e poi capii che forse stava nascondendo qualcosa riguardo Yoko, altrimenti perché era così interessato a lei, doveva per forza esserci qualcosa sotto.
“Sai perché è così interessato a ritrovarti?” le chiesi.
Lei con sincerità rispose “Non lo so...”
“Sei sicura di non saperlo?” le chiesi per accertarmi della sua sincerità.
“Lo giuro...non ne ho idea...” affermò con un groppo in gola temendo che non le avessi creduto.
Guardai il suo faccino, non scorgendovi neppure la traccia di una bugia, poiché se avesse mentito avrebbe di sicuro abbassato lo sguardo, oppure avrebbe guardato un punto imprecisato della stanza, invece no, mi osservava sicura di quel che diceva. Così fui certo che non mi stesse mentendo, perché una ragazzina non era in grado di mentire così bene.
Dopo però incominciai a pensare, che se per Keitawa Yoko era importante, per soddisfare un suo secondo fine, non si sarebbe fermato davanti a niente per ritrovarla, avrebbe fatto setacciare tutta Tokyo se fosse stato necessario e questo mi preoccupava non poco.
L' idea di doverci avere a che fare non mi piaceva per diverse ragioni, perché aveva rovinato la vita di Toshio ed anche la mia, a Toshio per le violenze, a me per il suo affetto ossessivo e poi mi ricatto anche quando scappai di casa: Se non fossi tornato a vivere con lui, mi avrebbe fatto espellere dalla scuola e persino dalla società, infatti fu così. Non potei più frequentare la scuola e neanche trovare un lavoro, poiché non appena tutti leggevano il mio cognome tutti si tiravano indietro dicendomi di non potermelo offrire, anche quando cambiai cognome avvenne la stessa identica cosa e allora capii che di nascosto mi controllava.
Per questo motivo io e mio fratello, ci ritrovammo a dover spacciare cocaina e a rapinare qualche banca per poter tirare a campare.
Ma una delle ragioni che più mi preoccupava nell' averci a che fare, era che lui era un politico potente, ricco e corrotto, mentre io e mio fratello eravamo solo due criminali da quattro soldi, quindi in un probabile scontro ci avrebbe fatto fuori in poco tempo con i suoi aguzzini.
Altra cosa che mi preoccupava più di tutte era Toshio, lui non avrebbe retto la vista di quell'uomo, dopo tutto il male che gli aveva fatto, non l' avrebbe sopportato, sarebbe stato troppo doloroso per lui.
Così mi trovavo tra due fuochi, aiutare Yoko correndo il rischio che Keitawa ci trovasse, oppure abbandonarla tirandomi fuori da quella brutta storia una volta per tutte.
“Io non credo che tu possa rimanere qui, lui ti sta cercando e non si fermerà di fronte a niente, per trovarti!” affermai perplesso.
“Sei un vigliacco” affermò furibonda, guardandomi con un espressione severa sul volto.
“Che diamine le prendeva così all'improvviso?” mi chiesi tra me e me.
Inoltre non mi piaceva il modo in cui mi avesse definito,era inappropriato, mentre la definizione più corretta era “egoista”, pensavo solo e semplicemente alla mia pelle e non alla sua, dopotutto che cosa poteva mai esserci di male in questo, tutti gli uomini pensano solo e soltanto a se stessi, quando avvertono il pericolo, si chiama istinto di sopravvivenza.
“Io non sono vigliacco, sono semplicemente egoista!” affermai cercando di mantenere la mia solita freddezza.
“ E non esserlo, potresti pentirtene...” affermò osservandomi con i suoi occhioni color nocciola lucidi e supplichevoli.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lei, per guardare meglio la sua espressione, lei allora pianse dicendo “T prego farò tutto quello che vuoi...qualunque cosa, ma non mandarmi via....”
Mi sentivo in colpa, poiché l' avevo di nuovo fatta piangere, ma che cosa avrei dovuto fare, non avevo altra scelta che mandarla via, ma lei non si dava per vinta e con i suoi occhi tristi continuava a persuadermi.
Tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni un paio di fazzoletti, ne estrassi uno per poi poggiarlo sulle guance umide di Yoko, lei interpreto quel gesto come un“ puoi restare” e mi sorrise calorosamente.
Io non avevo ancora detto nulla, però lei mi aveva già fregato con le sue convinzioni che non mi andava di dover deludere, insomma ero caduto vittima di una ragazzina alla quale non sapevo dire no, perché non appena le negavo di restare in casa mia, lei piangeva afflitta ed il mio cuore si contorceva.
Forse avrei dovuto lasciare quel meschino compito a mio fratello, anche se lui era sempre stato il ragazzo dal cuore d'oro, ero certo che in quell' occasione non si sarebbe lasciato convincere con tanta facilità dalle lacrime di quello scricciolo e l' avrebbe cacciato subito fuori da casa nostra.
“Grazie grazie grazie grazie” ripeteva tutta contenta.
Io la osservavo rassegnato, ma dentro di me provavo una strana sensazione di benessere, nonostante sapessi che quella scelta avrebbe comportato non pochi pericoli, poi lei di nuovo parlò sorridendomi. “Non ti pentirai di questa scelta” affermò con entusiasmo.
“Invece me ne pentirò, perché quell'uomo farà fuori me e mio fratello e poi riuscirà a riprenderti”
Lei allora perse tutto l' entusiasmo e incominciò a tremare spaventata dall' idea che Keitawa potesse trovarla, così mi fece sentire ancora una volta in colpa.
Non sapevo più come comportarmi, così alla fine per tranquillizzarla mentii spudoratamente dicendo “Non potrà mai trovarti, qui sei al sicuro!”
Bastò quella semplice frase a farle tornare il sorriso, anzi sembrava ancor più contenta di prima,ma stranamente anch'io ero contento e sorrisi automaticamente come un ebete.
Avrei voluto controllarmi, ma era tutto inutile, non riuscivo a far a meno di sorridere come un idiota, mentre lei invece tornava ad assumere la sua solita espressione turbata.
Mi dispiaceva vederla così e senza pensarci troppo, mi avvicinai a lei per farle il solletico alla pancia, lei scoppiò a ridere, mentre con le dita le tastavo il suo morbido stomaco.
“Basta! Ti prego!” disse continuando a ridere di gusto.
Io continuavo a farle il solletico divertito dalla sua sonora risata,mentre lei tentava di acciuffare le mie mani con le sue per fermarmi e poi corse via ridendo, ma era tutto inutile la raggiunsi quasi subito e in quell' azzuffamento di solletico, senza accorgercene finimmo nel letto e in una posizione abbastanza ambigua.
Ero sopra di lei, sentivo il calore del suo corpicino sotto il mio e anche il suo viso era così vicino al mio, se mi fossi avvicinato di un altro solo centimetro, le mie labbra avrebbero sfiorato le sue.
Osservavo le sue labbra tentato dal desiderio di baciarle, ma non potevo farlo, era tutto così dannatamente sbagliato, pensavo mentre sentivo il mio cuore esplodere.
La sentii sussultare, così sollevai lo sguardo verso i suoi occhi, lei mi guardò imbarazzata dicendomi “Mi stai stritolando...”
“Scusami...” dissi subito alzandomi dal letto per liberare il suo corpo dal mio.
Ma quando meno me l' aspettassi, lei mi colse alle spalle per farmi il solletico sullo stomaco con le sue manine, mi uscirono le lacrime agli occhi per quanto risi.
Non ridevo così da troppo tempo, forse da quando Mayko era morta o forse ancor prima che lei morisse, un po' mi sentii come se fossi tornato bambino.
“Ti prego, adesso basta!” affermai continuando a ridere.
“No, questa è la mia vendetta!” disse giocosamente
“E va bene, allora non mi lasci altra scelta!” affermai scherzosamente, liberandomi dalle sue manine e riprendendo a farle il solletico, lei uscì dalla stanza correndo in giro per casa, io la seguii scontrandomi con mio fratello che ci guardava scioccato, non avendo idea di cosa stessimo combinando.


Yoko:

Le mie lacrime smisero di scorrere come per magia, era stato lui a farmi stare meglio, ma forse avevo commesso un errore, insomma mi era battuta fra le sue braccia, così senza pensarci troppo, così mi staccai dal suo corpo con imbarazzo.
Lui allentò la stretta e piano piano smise di avvolgermi con le sue forti braccia, mi scusai con lui per il mio comportamento e lui allora mi disse che non era una buona cosa abbracciare gli estranei.

“ Si, ma tu non sei uno sconosciuto...” balbettai, a causa del suo sguardo penetrante concentrato su di me.
“Che cosa sai di me?” mi domandò lasciandomi di stucco, dopotutto non sapevo davvero nulla di lui, neppure il suo cognome, ma avrei tanto voluto sapere ogni cosa di lui, però ero certa che se gli avessi chiesto chi fosse, lui di certo si sarebbe rattristato, perché anche lui come me doveva avere un passato difficile da accettare, così dovevo semplicemente accontentarmi di quel che sapevo ovvero che lui era il mio salvatore, dopotutto per me questa era la sola cosa che contava davvero, perché nessuno al mondo mi aveva masi salvato e fatto sentire così bene come lui.
“Tu sei la persona che mi ha salvato la vita, che mi ha consolato....questo è quello che conta” affermai flebilmente.
“Quindi non ti importa sapere chi sono?” mi chiese scettico.
“Si, però questo non potrebbe mai compromettere quello che hai fatto per me...” affermai abbassando lo sguardo per non incrociare il suo che mi metteva in estremo disagio, poi sentivo il mio cuore rimbombare così forte.
“Attenta, ragazzina a quel che dici...”disse sottovoce, con quella voce roca così sensuale.
Era la prima volta che mi sentivo così fortemente attratta da un ragazzo, poi per giunta era molto più grande di me, forse era questo mi piaceva di lui che fosse molto più maturo, ma può darsi che inconsapevolmente, stessi cercando un rimpiazzo alla figura paterna che mi era sempre mancata. Lo osservai incerta, non mi sembrava però una perfetta figura paterna nonostante mi avesse protetto, mi sarebbe sembrato difficile immaginarmelo come padre, poi mi soffermai sul suo avvertimento, che non mi aveva affatto preoccupato, non riuscivo a temerlo dopotutto quello che aveva fatto per me, avrebbe potuto dirmi qualunque cosa, ma nulla sarebbe cambiato, io le sarei sempre e comunque rimasta grata di tutto, perché nessun altro mi aveva mai difeso prendendosi a pugni con uomo di 90 kili, nessun altro mi aveva mai consolato nel modo in cui fece lui e nessun altro mi salvò mai la vita. Così affermai “Lo so, già che sei un malavitoso, non so quel che fai di preciso per vivere, ma non mi importa saperlo, ho vissuto con gente più sporca di te, che non si fa scrupoli neanche con una ragazzina come me...mentre tu hai quel po' di bontà e mi basta quella...”
Anche se rapinava le banche, non mi importava, anche se mi aveva puntato un coltello alla gola e mi aveva usata come ostaggio, anche quello non importava, anzi finalmente potevo in qualche modo ricambiare la sua generosità essendogli utile a qualcosa.
“D' accordo, allora io sono Kei... cioè intendevo Kasinshi Kyo...”
“Ah, capisco” affermai scrutandolo con la coda dell'occhio, perché mi sentivo il suo sguardo addosso che mi metteva a disagio, così evitai di guardarlo, ma sapendo che mi guardava arrossii.
Nella mia mente ripetei quel cognome Kasinshi e dire che mentre lo stava pronunciando, per un momento ebbi l' impressione che stesse dicendo qualcosa tipo “Kei” e conoscevo perfettamente un cognome che iniziasse con quelle lettere ed era quello del mio patrigno, ma pensai vabbè esistono tanti cognomi con “Kei” , Keiwa, Ketaka, ,Keitishuwa e via dicendo, quindi pensai nulla di strano, poi però si corresse dicendo quel Kasinshi, che mi fece stare più tranquilla, perché non amava i cognomi che cominciassero con “Kei”.
“Allora d'ora in poi sarò Kasinshi Yoko...” affermai sorridendo, poi però arrossii di botto, pensando di aver detto qualcosa che potesse essere perfettamente frainteso, infatti dalla sua espressione compresi che avesse capito male, mentre io avevo soltanto voluto dire che preferivo portare un cognome migliore rispetto a quello di Keitawa e che quindi mi sarebbe piaciuto appropriarmi di un cognome pulito come il suo. Così mi corressi dicendo "Credo che lei abbia frainteso...ecco io intendevo...che siccome ho un cognome brutto da portare, pensavo che il tuo..il suo... fosse meglio così..."mi ero inceppata per l' imbarazzo, anche a causa del suo sguardo incredulo e di sapprovazione verso quel che avessi detto un momento prima.”
"Guarda che ho soltanto un 22 anni, non c'è bisogna che tu mi dia del lei" disse infastidito dal fatto che lo avessi fatyto sentire vecchio.“ Sai riguardo ad oggi sono felice di esserti stata utile in qualche modo...” affermai sorridendo.
Poi entrò improvvisamente suo fratello che ci guardava interrogativo “Che ci fate qui?” chiese.
“Le ho disinfettato la ferita....” affermò con foga Kyo, sembrava per qualche strana ragione agitato.
“Ecco io dovrei andare al bagno, quindi se poteste uscire mi fareste un grandissimo favore!” affermò stringendo le gambe per trattenere la vescica.
Mi scappò una risata, notando che suo fratello, si stava facendo la pipi addosso,. lui mi guardò storto, così cercai di smetterla di ridere.
Usciti dal bagno, ci recammo nella stanza di Kyo, lui si stiracchio nel letto, sembrava stanco, dopotutto rapinare una banca doveva essere abbastanza stancante, io mi sedette nella sedia che si trovava vicino la scrivania della sua stanza.
Lui mi guardò dicendomi di prendergli il telecomando poggiato sulla scrivania, così in gran fretta cercai il telecomando e glie lo diedi avvicinandomi nel letto, ero disposta a fare qualunque cosa mi chiedesse, l' unica cosa che contasse per me era rimanere lì in quella casa dove Keitawa non avrebbe mai più potuto farmi del male.
Lasciò un canale dove c'era il telegiornale, che parlava della mia scomparsa.
Si vedeva la troupe di giornalisti sotto casa di Keitawa, che non aspettavano altro che la sua uscita, ma lui si limitò a rimanere sul cancello della villa dicendo che non volevo rilasciare alcuna intervista poiché la situazione era molto delicata e non voleva che i giornalisti usassero la scomparsa di sua figlia come mezzo per fare audience.
Minacciò i giornalisti sotto casa, gridandogli contro che li avrebbe denunciati tutti, era veramente furioso chissà perché si agitava tanto e poi quelle parole così profonde, non erano da lui:“Non usate mia figlia per fare soldi, per fare audience o per qualunque altro secondo fine!” Rimasi sconcertata dalle sue parole, forse si stava rendendo conto del male che faceva alla gente o forse gli mancava semplicemente il suo giocattolino preferito..
“Sai perché è così interessato a ritrovarti?” mi chiese Kyo.
“Non lo so...” gli risposi incerta, poi ci pensai su, cosa poteva mai volere da me, se non il mio corpo.
“Sei sicura di non saperlo?” mi chiesi per accertarsi della mia sincerità.
“Lo giuro...non ne ho idea...” affermai con un groppo in gola, pensando all' idea che mi volesse solo perché ero la sua bambola preferita con cui si divertiva a giocare ogni qualvolta volesse, ma non parlai a Kyo di questa mia mezza idea, perché sembrava che lui si aspettasse chissà quale altra risposta.
“Io non credo che tu possa rimanere qui, lui ti sta cercando e non si fermerà di fronte a niente, per trovarti!” affermò perplesso.
Dopo avermi salvato la vita,difeso e consolato, adesso si tirava indietro, dicendomi ancora una volta di sparire dalla sua vita, così come niente fosse ed io che mi ero illusa d aver trovato finalmente qualcuno di cui potermi fidare, così non riuscii più a gestire la rabbia, ma non ero furiosa con lui, ma più che altro con me stessa perché come al solito mi lasciavo ingannare.
“Sei un vigliacco” affermai furibonda, guardandolo con un espressione severa sul volto.
“Io non sono vigliacco, sono semplicemente egoista!” affermò freddandomi con il suo solito sguardo.
“Si, è vero sei egoista, ma ciò che mi fa più rabbia e che non lo sei stato sin da subito, prima mi hai mostrato la dolcezza, mi ha fatto capire che di te potevo fidarmi ciecamente anche senza gesti né parole ma con quei semplici sguardi, ma ora quando ti guardo capisco che non erano altro bugie” pensai tra me, però sapevo che se mi fossi arrabbiata e se avessi detto quelle parole che pensavo dentro la mia testa di certo non lo avrei persuaso a farmi restare, anzi mi avrebbe cacciato fuori a pedate, così mi calmai e ricominciai a tenere quel solito tono flebile e supplichevole.
Dopotutto ero veramente disperata, se mi cacciava via dove sarai andata?Cosa avrei fatto della mia vita? Non avrei potuto far nulla, anzi si qualcosa l' avrei potuta fare: suicidarmi senza alcuna interruzione.
“ E non esserlo, potresti pentirtene...” affermAi osservandolo con le lacrime che mi scendevano lungo il viso.
Kyo si alzò dal letto avvicinandosi a me, “Ti prego farò tutto quello che vuoi...qualunque cosa, ma non mandarmi via....”affermai continuando a supplicarlo con gli occhi lucidi.
Dopotutto ero sempre stata alla ricerca di un porto sicuro e adesso che l' avevo trovato, non volevo lasciarlo, lì mi sentivo al sicuro, a parte un graffietto sul collo, non mi era mai successo nulla di grave, né il fratello né Kyo avevano mai osato toccarmi e questo per me era già abbastanza.
Kyo Tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un paio di fazzoletti, ne estrasse uno poggiandolo con delicatezza sulle mie guance umide, così capii che lui non mi avrebbe abbandonato, perché non era egoista come credeva di essere, così improvvisamente la gioia si impossesso di me.
Avevo Finalmente avevo trovato qualcuno che tenesse veramente a me, dopo aver allungo cercato e aspettato quel qualcuno era arrivato, certo non era il classico belloccio che le adolescenti della mia età sognavano di incontrare, ma d'altronde io non amavo i soliti stereotipi, anzi mi sentivo attratta da lui, per il perfetto coordinamento delle sue imperfezioni: Mi piaceva il suo grande naso sembrava una grossa patata, mi faceva sorridere e poi si integrava perfettamente con il resto del viso.
“Grazie grazie grazie grazie” dicevo tutta contenta.
Poi aggiunsi con entusiasmo: “Non ti pentirai di questa scelta”
“Invece me ne pentirò, perché quell'uomo farà fuori me e mio fratello e poi riuscirà a riprenderti”
Rimasi turbata da quel' affermazione, dopotutto Keitawa era un uomo pericoloso, ricco e potente, era scontato che sarebbe riuscito a recuperarmi con l' aiuto dei suoi scagnozzi, quindi anche rimanendo a casa di Kyo, lui sarebbe primo o poi riuscito a rintracciarmi in qualche modo e poi avrebbe persno ucciso Kyo e Toshio a causa mia, perciò tanto valeva che sparissi dalla loro vita per non metterli in pericolo.
“Non potrà mai trovarti, qui sei al sicuro!”subirtto dopo disse.
Bastò quella semplice frase a farmi tornare il sorriso, poi sorrise anche lui, era strano quando sorrideva, perché era un evento abbastanza raro e quando avveniva sembrava che stesse arrivando la primavera, poi però pensai a Keitawa nonostante le parole rassicuranti di Kyo, ero certa che lui mi avrebbe trovata e in fondo lo aveva detto semplicemente per tranquilizzarmi, ma anche se fossi riuscita a sfuggirgli, non sarei mai riuscita a liberarmi di lui, perché il mio patrigno era dentro di me, nonostante volessi scacciarlo dalla mia mente, lui continuava a vivere nei miei pensieri e nei miei ricordi più brutti.
Ricordavo la prima volta che mi molestò, era stata la più brutta, ero stata così ingenua, lui mi aveva detto che aveva in serbo per me un bel gioco da fare insieme, io lo seguii lasciandomi ingannare dal suo sguardo falsamente affettuso, poi però quando entrai nella sua stanza, lui mi disse di togliermi i vestiti.
Io allora capii che c'era qualcosa di strano, ma lui nonostante mi rifiutassi di farlo, continuava ad insistere, così cercai di scappare dalla stanza, ma lui aveva chiuso la porta a chiave, poi tirò fuori un coltello dalla tasca con il quale mi strappò tutti i vestiti.
“Papà che stai facendo?” affermai coprendomi il seno con le braccia.
“Quante volte te l' ho detto di non chiamarmi papà, lo sai che non lo sopporto!” affermò con ferocia, poi mi trascinò per il braccio, cercai inutilmente di liberarmi ma era tutto inutile.
“Ti, prego mi fai male” affermai piangendo non riconoscendolo più, di solito era sempre stato gentile con me, ma da quel giorno in poi venne fuori la sua vera natura.

Lui continuava a stringermi forte il braccio, poi mi buttò giù nel letto e incominciai a sentire le sue sudicie mani sul mio corpo. “Grida quanto vuoi, tanto nessuno ti potrà sentire... e salvare da me” diceva divertito, poi rammentai quel dolore lancinante alle gambe, che avrei voluto tenere chiuse, ma lui continuava a tenermele divaricate con la forza come se volesse spezzarmele. Gridavo, mi disperavo cercando di liberarmi, ma era tutto inutile, ero troppo debole per riuscire a liberarmi da quel grasso corpo, così debolmente lasciavo che facesse ciò che volesse sperando che quelle interminabili ore dolorose primo o poi finissero, quando finii sentii una fitta nell' intimità che mi giunse sino allo stomaco, poi notai le perdite di sangue, gridai di paura e dal dolore, credetti di morire, sarebbe stato più semplice se fossi morta, purtroppo però rimasi viva. Poi credetti che fosse stato solo un incubo, perchè quando eravamo con altre persone mio padre era quello di sempre, si comportava come se niente fosse successo e tornava ad essere affettuoso, ma quando tutti se ne andavano, nella notte si infilava nel mio letto ancora per farmi del male, allora da quel momento capii che non era stato uno spiacevole incubo, ma che si trattava della realtà.
Kyo improvvisamente mi fece il solletico alla pancia, scoppiai a ridere, mentre con le dita continuava a tastarmi con insistenza lo stomaco.
“Basta! Ti prego!” dissi continuando a ridere di gusto, dimenticandomi di Keitawa e di quegli sgradevoli ricordi che mi aveva lasciato.
Tentai di acciuffare le sue mani per fermarlo, poi mi misi a correre continuando a ridere, non mi ero mai divertita così prima d'ora.
Lui mi raggiunse quasi subito e in quell' azzuffamento di solletico, senza accorgercene finimmo nel letto e in una posizione abbastanza ambigua.
Lui era sopra di me, sentivo il calore del suo corpo che avvolgeva il mio, era una bella sensazione, mi sentivo protetta, però allo stesso tempo avevo paura che anche lui volesse improvvisamente farmi del male, poi osservai il suo viso che era così vicinissimo al mio e poi vidi i suoi occhi guardarmi in un modo strano, dopo sentii il suo corpo premere sempre più contro il mio, mi stava schiacciando, così non potendone più dissi imbarazzata “Mi stai stritolando
“Scusami...” disse subito alzandosi dal letto per liberare il mio corpo dal suo.
Mi sentii in colpa per aver pensato male di lui anche solo per un istante, poi mi avvicinai a lui per fargli il solletico alla pancia.
“Ti prego, adesso basta!” affermò ridendo.
“No, questa è la mia vendetta!” dissi divertita.
“E va bene, allora non mi lasci altra scelta!” affermò scherzosamente, liberandosi dalle mie mani e facendomi lui il solletico, io allora uscì dalla stanza correndo in giro per casa e lui mi seguii.

In quel momento diventai una bambina, la bambina che non ero, perché il mio patrigno oltre la mia verginità mi portò via la mia innocenza, persi la voglia di giocare con le bambole, perché era come rivedere me in quei momenti dove ero impotente proprio come una bambola, poi persi lentamente ogni voglia di giocare e di divertirmi come tutti gli altri ragazzini.


Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Una promessa da mantenere ***


Kyo:

Mi fermai subito, non appena incrociai Toshio, cercando una spiegazione plausibile che spiegasse il perché mi fossi messo a correre in giro per casa.

Lui mi osservò con un espressione irritata “ Che succede? Perché sorridi a quel modo?”

“Io non sto affatto sorridendo” dissi lanciandogli il mio solito sguardo glaciale.

“E perché Yoko correva ridendo e tu la inseguivi a quel modo?” chiese alterato.

“L' ho vista di cattivo umore e così...per tirarla su di morale le ho fatto il solletico e allora...” confessai imbarazzato.

“Da quando in qua ti metti a fare il baby sitter?” mi domandò acidamente.

“Non capisco perché te la stia prendendo tanto!” esclamai incerto.

“Eh mi chiedi il perché? Sai Kyo si tratta di professionalità, non si può essere così amichevoli con il nemico....”

“Non mi risulta che Yoko sia il nemico....”

“Si, ma mi risulta che lei sia figlia di quell' uomo...”

“E noi allora di chi siamo figli? Rispondimi!”esclamai indispettito.

“Si, ma a noi non ci sta cercando, mentre invece lei si, e sai che significa questo? Che se ci trova siamo spacciati, anzi no tu no, perché tu sei sempre stato il figlio favorito, sono io quello che ci rimetterà in questa storia!”

“Allora cosa vuoi che faccia?” gli chiesi confuso.

“Non lo so, ma di certo essere amichevole con lei, non credo sia una buona cosa...”

“Ma pure tu non mi risulta che sia stato l' esempio di cattiveria con lei...” dissi urlando.

“Lo sai perfettamente che mi riesce difficile comportarmi male con le ragazze, mentre tu invece sei l' esperto nel settore!” affermò provocandomi.

“Adesso basta piantala di rinfacciarmi il passato!” affermai furibondo con la schiuma alla bocca.

“Cosa credi? Che faccia male solo a te ricordare il passato, pensi che io mia sia divertito a consolare Mayko tutte le volte che ti andavi a divertire... o che andavi a casa di Yari...” strillò nevrastenico.

“Allora tu lo sapevi di Yari e sapevi anche che non l' avevo molestata e non hai mai detto niente? Perché?”

“Di cosa stai parlando? Io sapevo che fra voi due c'era una relazione, poi però lei disse che l' avevi molestata e non mi risulta che tu non l' abbia molestata!”

“Non ti risulta, che significa?”

“Significa che altre volte si forse era acconsenziente, ma altre volte no”

“Credi a Yari, ma non a me è incredibile...che tu creda ad un ' estranea e non alle parole di tuo fratello!” affermai sdegnato.

“Kyo tu neppure ti ricordi come siano andate veramente le cose!”

“Invece ti sbagli io ricordo, perfettamente.... e non mi risulta che io l' abbia violentata...”

“Ricordi le cose come vuoi ricordarle, ti costruisci un mondo di ricordi tutto tuo, dove tu non sei altro che vittima degli altri non è vero?” disse severamente.

“Questo non è affatto vero, ricordo pure di aver ucciso Yari e per quello non mi discolpo, ma io non l' ho mai costretta a fare niente....”

“E perché non l' hai detto subito, cosa aspettavi per dirlo?”

Poi ricordai quella discussione tra me e Mayko:

“Ti prego Mayko ascoltami non è affatto così, io non ho mai costretto Yari a far nulla, lei era acconsenziente!”

“Mi fai schifo è la cosa che più mi fa ribrezzo è che continui a negare la verità!”

Lei era furiosa, pronta per andarsene, mentre io continuavo a spiegarle, ma lei non voleva ascoltarmi, così le strinsi il braccio con forza “Ti prego ascoltami!” le urlai contro con disperazione, ma lei non voleva sentire alcuna ragione e si agitò gridando “Non mi toccare, mi fai schifo!” disse sputandomi in pieno volto, così d'istinto le mollai uno schiaffo, in quello stesso momento si immischiò Toshio dicendo “Adesso, basta non credi di aver fatto abbastanza”. Lo guardai furioso dicendo “Così neanche tu mi credi.... da che parte stai?”

“Io sto dalla parte dei più deboli e tu non mi sembri affatto debole Kyo” disse guardando Mayko che aveva gli occhi gonfi per il pianto.

Dopo aver ricordato dissi “Io ho cercato più volte di difendermi dalle accuse, ma nessuno era disposto a credermi e poi ogni volta c'eri tu che ti mettevi sempre fra me e Mayko...Se ti piaceva tanto la mia ragazza perché non ti ci mettevi insieme!”

Ecco l' avevo detto, avevo detto quello che da anni sapevo e che non avevo mai rivelato a mio fratello, lui mi guardò sbigottito “Io non ho mai provato nulla per lei, ti stai sbagliando...”

“Già come no, credevi che non lo sapessi...e invece no, lo sapevo perfettamente che lei ti piacesse...ti si leggeva in faccia....”

“E anche se fosse...io non ho mai fatto nulla con lei quindi non hai niente da rimproverarmi, quando invece avrei potuto benissimo farlo, dopo che tu te ne andavi con Yari e la maltrattavi facendola soffrire...”

“Forse avresti dovuto...” dissi sottovoce con malinconia, ma dalla sua espressione perplessa capii che mi doveva aver sentito.



“Si, hai ragione avrei dovuto...lo rimpiangerò finchè campo di esserti stato così fedele...” esclamò con ferocia.

“Tu mi odi non è vero? Per Mayko, per Keitawa...” affermai tristemente.

“Non ti odio, ti invidio, hai avuto tutte le fortune, una ragazza bella e dolce, che ti amava veramente e papà che ti era sempre vicino, ma nonostante tutto tu finivi sempre per essere insoddisfatto....è questo che non ti perdonerò mai” affermò carico di rabbia.

“Nessuno mi perdonerà mai per quello che ho fatto, né Yari, né Mayko, né le loro famiglie e neppure tu fratello mio, ma sai...soffrendo ogni giorno per quel che ho fatto credo di aver in parte espiato le mie colpe...” dissi osservando la sua espressione severa che non mutò di una virgola.

Sapevo che non mi avrebbe perdonato tanto facilmente e neanch'io ero in grado di perdonarmi per quel che avessi fatto, però non potevo lasciare che il passato mi sotterrasse e mi uccidesse, dovevo in qualche modo lasciarmi tutto alle spalle e andare avanti, nonostante tutto, era questo che cercavo di fare ogni giorno, ma mi era quasi sempre impossibile, perché gli occhi cadaverici di Mayko non smettevano di tornarmi alla mente e poi rammentai quella ragazza tutta agghindata di collane e orecchini, che mi aspettava ogni volta nel cortile della scuola. Aveva come al solito quella sua solita espressione festosa. Non appena dicevo “Ciao” lei partiva come una radio, non smetteva quasi mai di parlare. A volte mi perdevo fra i suoi discorsi, passava da un discorso ad un altro con una facilità incredibile.

Io l' ascoltavo in silenzio, aspettando il momento in cui mi interpellasse, dopotutto non ero mai stato un grande chiacchierone, rispondevo solo se ero interrogato, altrimenti non aprivo bocca e lei lo sapeva bene, così mi chiamò in causa dicendo “Mayko dov'è?”

“Non ne ho idea, forse in chiesa....” affermai ironico.

Lei mi strinse a sé, senza dir nulla, io rimasi immobile, mi piaceva il suo seno accanto al mio petto, però non ci vedevo nulla di romantico e sentimentale, pensavo soltanto ad un piacere puramente fisico. Lei improvvisamente mi diede un bacio sulle labbra per nulla casto se confrontato a quello sfioramento di labbra donatomi da Mayko, rimasi fermo come un pupazzo, avrei voluto allontanarla da me, ma la sua lingua che si muoveva veloce dentro la mia bocca me lo impediva.

Avrei voluto fermare l' eccitazione e il piacere che mi inondava, ma non ci riuscivo, per quanto ci provassi era tutto inutile, il pensiero di Mayko finiva per svanire in quegli attimi di passione.

Yari conosceva alla perfezione ogni mio punto debole e quando la respingevo, sapeva bene quali erano i tasti sul quale marcare meglio, a volte finiva per ridermi in faccia dicendo “ Sei noioso, casto e puro quasi quanto Mayko...” poi altre volte come una sanguisuga si attaccava a me, senza alcuna intenzione di lasciarmi andare, mi riempiva di baci, di morsi di carezze e di tutto ciò che Mayko non era mai stato in grado di darmi: “piacere fisico allo stato puro” lo definii in un certo periodo lontano da ogni senso di colpa e rimorso. Fermai quel turbinio di ricordi, notando che mio fratello mi stesse per dire qualcosa.

Mi osservò con un espressione corrucciata, poi disse malinconico con quel po' di voce che gli era rimasta per il troppo adirasi:

“Tu non espierai mai le tue colpe perché non continuerai a soffrire quanto me, perché tu sei una rondine forte e libera da ogni sofferenza, mentre io sono un uccello al quale sono state spezzate le ali troppo presto e che non vola più. Tenterò più volte, di spiccare quel maledetto volo, ma non ci riuscirò mai e così continuerò a soffrire, mentre tu riuscirai sempre e comunque ad andare avanti ed io invece rimarrò sempre fermo ai ricordi del passato rimpiangendo tutto quello che avrei potuto e dovuto fare per essere felice”

“Questo non è vero, anch'io soffro...” affermai indispettito.

“Non mi risulta, avevi davvero un bel colorito prima e ridevi davvero di gusto...” esclamò guardandomi torbido.

“Io ho fatto una promessa ed intendo mantenerla...”

“Hai già rotto quella promessa, non appena Yoko è entrata in questa casa...” disse in tono di accusa.

“Ti sbagli non è così...Mayko è la sola che amerò per il resto della mia vita!” affermai deciso più che mai.

Non avrei mai potuto sciogliere quella promessa in nessun caso, perché l' avevo fatta soffrire ed era morta per colpa mia, quindi questo era il minimo che potessi fare per Mayko, se non amarla per sempre e nel caso in cui mi fossi innamorato di un altra mi sarei ucciso pur di non tradirla mai più.

“Non sei in grado di mantenere una promessa come questa, perché tu sei troppo fortunato, riesci sempre a trovare il sole che ti riscalda dopo ogni tempesta...”

“Piantala di dire cose senza senso...” affermai furioso.

Poi d'improvviso una voce femminile ci interruppe, era Yoko “ Che succede?” chiese stupita osservandoci.

Mio fratello la osservò con un espressione indecifrabile, poi le sorrise docilmente e subito dopo mi guardò dicendo “Sai, se avrò una seconda opportunità di sicuro non ti sarà più così fedele...”

Non comprendevo cosa avesse voluto dire con quel discorso, dopotutto quale seconda opportunità gli si poteva presentare? Mayko era morta!

Yoko ci guardava tra il confuso e il preoccupato, io tentavo di capire se avesse ascoltato i nostri discorsi, non volevo che sapesse che eravamo imparentati con Keitawa, di sicuro una cosa del genere l' avrebbe rattristata e sconcertata non poco.

Così non appena tornammo nella mia stanza le chiesi allarmato “Hai sentito tutto?”

Lei mi guardò incerta e disse “Ho sentito qualcosa riguardo una promessa nient'altro...”

“Ah, ok” dissi facendo un sospiro di sollievo.

Dopo un po' sentii il mio stomaco brontolare, così andai in cucina per vedeere cosa stesse combinando mio fratello, che era il cuoco di casa.

Lui mi guardò ancora indispettito, non sapevo cosa fare per evitare ce l' avesse con me, sembrava che qualunque cosa facessi gli desse fastidio anzi era come se non fosse per nulla gradita la mia presenza.

Aveva appena messo la pentola sul uoco, mi offrii di aiutarlo, ma lui mi impedii di fare qualunque cosa, così tornai nella mia stanza amareggiato.

Yoko si era affacciata alla finestra, guardava le strade di quella pessima periferia dove abitavo, mi avvicinai anch'io alla finestra per vedere, lei non appena mi vide saltò in aria cacciando un urlo. Le tappai la bocca con la mano, non volevo che mio fratello si allarmasse per nulla, era già in collera con me, chissà cosa avrebbe pensato sentendo Yoko urlare, forse avrebbe creduto che la stessi molestando come secondo lui avessi molestato Yari.

Sentii le sue labbra delicate e calde sulla mia mano che tentavo inutilmente di muoversi, lasciandomi della saliva calda sulla mano, poi non appena fui sicuro che si fosse calmata le tolsi la mano dalla bocca.

“Mi ha spaventata a morte... non si compare così all' improvviso...” mi sgridò.

“A casa mia faccio quel che mi pare “ borbottai. Presi un fazzolettino per asciugarmi la mano bagnata della sua saliva, lei allora tornò a guardare fuori dalla finestra,anch'io lo feci per capire cosa stesse guardando con così tanta attenzione.

C'era un signore losco che mormorava qualcosa all' orecchio di un altro signore, poi si scambiarono qualcosa che era avvolto in dei fazzoletti di stoffa bianchi, doveva essere cocaina pensai osservandoli, dopotutto non ero il primo che trafficava droga, poi il suo sguardo si spostò verso una bambina che giocava dall' altra parte del quartiere, saltellava su di una cordicella cadendo ogni volta, poi altri bambini schiamazzavano e si azzuffano divertendosi come pazzi.

“Ah, che bell' età! “ affermai invidioso della loro fanciullezza, che non avrei mai più avuto.

“Già è vero...” esclamò lei come una vecchietta sgangherata che era ormai lontanissima a quell' età di giochi e scherzi.

“Ma che! Tu sei ancora in quell' età!” affermai guardando le sue grandi e morbide guance di bambina.

Avevo sempre avuto un debole per quel tipo di guance, dato che io avevo un viso scarno: al posto delle guance quasi mi si vedevano le ossa, soltanto il mio grosso naso veniva fuori da quella consunta faccia che mi ritrovavo e di certo non era una bellezza a vedersi, quante persone mi avevano consigliato di farmelo rifare da un chirurgo plastico, ma io mi rifiutavo di fare una cosa del genere, con quel naso ero nato e con quell' enormità sarei morto e dopotutto c'è ne erano state anche persone che lo avevano apprezzato così nella sua imperfezione, una di queste fu Mayko, Yari invece si divertiva a schernirmelo e a pizzicarmelo con la mano.

Poi osservai i capelli neri di Yoko che le ricadevano lungo le spalle,lasciando scoperte quelle grandi orecchie a sventola, le osservai soddisfatto, finalmente avevo colto nella sua bellezza fanciullesca almeno un difetto, poi la mia attenzione tornò alle sue grandi gote arrossate.

La mia mano si avvicinò al suo viso per darle un buffetto sulle guance, lei i mi guardò tra l' imbarazzo e lo stupore, però non oppose resistenza.

Io nel frattempo testavo la morbidezza di quelle guance giovanili, rendendomi conto di non aver mai toccato qualcosa di così soffice e morbido in vita mia, poi con le mani ci giocherellavo a mio piacimento spostando le sue grosse gote tutte su un punto del viso, in quel modo assumeva un espressione troppo buffa: da obesa con le labbra disegnate.

Dopo un po' mi parve di sentire un 'odore, sconosciuto, ma piacevole, che inebriava i miei sensi, cercai di capire cosa fosse e da dove provenisse, ma la fonte sembrava Yoko.

E dire che altre volte gli ero stato così vicino, ma non avevo mai prestato attenzione a quell'odore che emanasse, forse si era messa una profumo pensai, ma a casa mia non avevo profumi, non ne usavamo io e mio fratello.

Io non sopportavo gli odori forti, quindi preferivo non usarne e lui penso per lo stesso motivo, così preferivamo puzzare che soffocare in mezzo a quegli odori forti e nauseabondi.

Ma quell' odore non era per nulla stucchevole, era leggero, quasi floreale, però non sapevo a che tipo di fiore potesse mai appartenere, cercai di far mente locale al profumo di fiori che conoscevo, eppure niente, giglio garofano, rosa, viola, azalea, fior di pesco, fior d' arancio, ma nessuno dei fiori alla quale pensavo aveva quello stesso profumo che continuavo ad aspirare avvicinandomi sempre più a lei come un drogato che sniffava la propria droga.

No, quell' odore non l' avevo mai sentito prima d'ora, forse era odore di bambina, di giovinezza, ma non l' avevo mai sentito a nessun'altra ragazzina quel profumo indecifrabile, così curioso continuai ad aspirarlo con più intensità, arrivai persino a chinare il capo, pressando le mie narici contro il suo collo, soltanto allora capii che quella fragranza non esisteva in natura, era qualcosa che possedeva soltanto lei. Come le viole e i gigli godono di un loro odore, anche lei emanava una sua essenza, che non si poteva paragonare ad altre, quindi era inutile cercare qualcosa che avesse quel buon odore poiché non esisteva, perché quella fragranza era di Yoko e di nessun altro.

Allontanai il mio naso dal suo collo, pensando che per ora quella gran dose inalata mi potesse bastare, lei mi guardò turbata e confusa, cercava di capire perché l' avessi annusata come un cane, doveva essere inconsapevole del buon odore che emanasse. Poi mi venne l'istinto di mangiarmela, dopotutto se aveva un così buon odore perché mai non avrebbe dovuto avere un buon sapore, poi mi diedi una batosta sulla testa per frenare le mie voglie cannibalesche, rabbrividendo per aver solo pensato una cosa del genere.

Lei mi guardava come se fossi ammattito e come darle torto, mi ero appena dato una batosta sulla testa da solo, mi lamentai anche per il dolore, mentre lei mi chiedeva se fosse tutto apposto.

Io le risposi annuendo con il capo, poi le dissi di venire con me in cucina per vedere se era pronto da mangiare, dopotutto doveva esser stata la fame, ad avermi provocato quel desiderio cannibalesco.

Il mio appetibile spuntino mi seguii senza dir nulla, non mi chiese alcuna spiegazione per il comportamento insolito avuto prima, apprezzavo anche questo di lei, non faceva sempre domande come tutte le ragazze che avevo conosciuto, ma se non le faceva significava che ci meditava rispondendo da sola agli eventi appena accaduti e questo non era neanche una buona cosa, chissà che cosa poteva aver mai dedotto da quel mio comportamento, senza darmi alcuna possibilità di spiegarmi, così di punto in bianco finirono per mancarmi i continui interrogatori posti dalle ragazze.

“Non hai niente da chiedermi?” le chiesi speranzoso, volevo che mi domandasse cosa fossero quelle stranezze, ma pensandoci che cosa avrei mai potuto risponderle se me lo avesse chiesto? Alla fine, mi ero buttato la zappa sui piedi, così speranzoso sperai che non mi ponesse quella domanda perché non sapevo cosa diamine dirle.

“Che cosa ti dovrei chiedere?” affermò stupita.

Si comportava come se non fosse avvenuto nulla di particolare o come se fosse normale che un ragazzo la fiutasse come un animale, forse non era la prima volta che le succedeva, così pensai che molto probabilmente era abituata alla gente che l' annusasse per gustare il suo fresco odore. Ma l' idea che lo avessero fatto un po' tutti, non mi piaceva affatto, finii quasi per diventarne geloso, volevo essere il solo a godere di quel buon profumino.

“Sei abituata alla gente che ti annusa?” le chiesi non riuscendo a resistere dal desiderio di sapere se ero il solo ad averlo fatto o se c'erano stati altri annusatori prima di me.

Lei rise dicendo “No, tu sei il primo che mi molesta in tal senso...”

“Non usare il verbo molestare impropriamente” affermi severo.

“Scusa, hai ragione non centrava molto...” affermò con la sua candida vocina.

Ma se era la prima volta che qualcuno l' annusava, perché non mi faceva una cavolo di domanda, insomma a questo punto non sapevo chi era il più strano, se io o lei, io che l' avevo annusata o lei che si lasciava annusare senza dir nulla.

Ci stavo pensando troppo, perché mai affannarsi tanto per sapere cosa frullasse per la testa di una ragazzina della nuova generazione? Forse nulla, i mass media dovevano averle talmente svuotato il cervello da averle ucciso una volta e per tutte i neuroni, eppure mi era parsa un essere pensante, si ma bisognava pur sapere a cosa pensasse forse al belloccio di turno.

No, non era quel genere di ragazzetta banale e superficiale, sembrava più...non sapevo neppure io cosa sembrasse, sarà che non mi ero mai rapportato con una ragazzina della sua età, eppure più la guardavo e più non riuscivo a vederla come una bambina, a parte l' aspetto fisico, aveva quell' espressione di donna vissuta che tanto mi spaventava, poi però quando l' osservavo con insistenza arrossiva proprio come una bambina.

Arrivati in cucina il mio sguardo s i rivolse verso la tavola apparecchiata con cura da mio fratello, che mi lanciava degli sguardi ambigui. Mi rifiutavo persino di interpretarli, non volevo neanche sapere che cosa pensasse, dopotutto io avevo fatto una promessa e l' avrei mantenuta e poi Yoko non era affatto il mio tipo, anzi non era niente , era soltanto una lattante, con un buon profumo e quel grazioso faccino, ma per il resto lei...non contava nulla...ma mentre pensavo questo cose era come se un altro me stesso parlasse e dicesse “Si, si Kyo credici finchè vuoi...ma non potrai negarlo ancora per molto” Avrei tanto voluto poter zittire quella voce, ma non aveva alcuna intenzione di placarsi, anzi continuava a trastullarsi perseguitandomi: “ Ha una pelle vellutata, un buon profumo, un bel faccino e poi quel paffuto e grazioso corpicino, poi quella vocina dolce e melodiosa.....” Ogni cosa che diceva richiamava piacevolmente i miei sensi, che cercavo inutilmente di trattenere.

Mio fratello si sedette a capotavola come al solito, quello era sempre stato il suo posto, mentre io sedevo quasi sempre nel posto accanto alla sua sinistra mentre Yoko si sedette in quello accanto alla sua destra, così come una famigliola seduta per il pranzo incominciammo a mangiare.

Toshio aveva cucinato una delle sue tante prelibatezze: la zuppa di soba, come la faceva lui non la faceva nessun altro e questa era già una delle sue doti, che non tutti riuscivano ad apprezzare in un uomo, ma che io elogiavo poiché non avevo una moglie che mi cucinasse ed io avrei di sicuro combinato un vero putiferio, non ero fatto per questo genere di cose.

Potevo essere sempre stato bravo a scuola e in tante altre innumerevoli cose, ma per quanto riguardava cucinare e altre cose come pulire, spazzare e fare il bucato, in questo cose era capace solo mio fratello e nelle cose in cui non era capace lui, ero capace io, insomma ci compensavamo a vicenda ed io nonn ci avevo mai trovato nulla di male in questo , mentre lui invece sembrava non aver mai sopportato l' idea di non riuscire in ciò che sapessi fare io.

Tuttora non sopportava quando la cocaina venisse affidata a me e non a lui, oppure quando dovevamo fare una rapina non sopportava che facessi quasi tutto io, però finiva sempre per lasciarmelo fare temendo che finisse come quella volta che fece di testa sua:

Il proprietario del locale riuscii a coglierlo di sorpresa sparandogli con una pistola, mio fratello cadde per terra. Io che ero rimasto in macchina ad aspettarlo fuori dal negozio, avevo sentito uno sparo, ma pensai che fosse un suo sparo per allarmare la gente del locale, poi però non vedendolo arrivare entrai nel locale e lo trovai ferito.

L'uomo con la pistola fra le mani, era pronto per sparare anche contro di me, ma io con le mani in alto dissi “Andiamo amico, facciamo come se non fosse successo nulla, tu ci lasci andare e noi ce ne andiamo,così nessuno si fa male ok?”

L'uomo in questione mi scrutò incazzato nero “Noi non siamo amici, dannati bastardi giuro che se vi vedo ancora nel mio locale vi ammazzo, parola mia che vi massacro! Ci siamo intesi?”

Quell'uomo mi terrorizzava, non ea un venditore come tanti altri, era scaltrissimo, forse aveva già avuto a che fare con dei rapinatori o forse era un ex Yakuza, ma l' unica cosa che davvero mi importava in quel momento era uscirne vivo da quella brutta storia.

“Ti assicuro che non ci faremo mai più vedere nel tuo locale!”

“Voglio ben sperarlo!” affermò avvicinandosi a me, poi mi mise la canna della pistola vicino all' orecchio.

“La prossima volta che vedo una sola delle vostre brutte facce giuro che vi spappolo i timpani!”grido imbestialito come una belva feroce.

Incominciai a balbettare dalla paura, quell'uomo era davvero terrificante, sembrava uscito da qualche film wester e poi non ci si poteva discutere, gli avevo già detto che non saremmo mai più venuti nel suo locale, ma lui continuava a minacciarmi con insistenza.

“Per favore, c'è mio fratello steso per terra, lo devo almeno medicare...”

“Come se me ne fregasse qualcosa di lui,per quel che riguarda può anche morire...”

“ Se lui muore...lei finisce in galera” esclamai per convincerlo a lasciarci andare.

Lui rise di crepacuore “Io dovrei finire in galera? Per aver ucciso due tipi insulsi come voi, ma fammi il piacere!”

Osservai quell'uomo con attenzione, doveva essere all' incirca sulla sessantina, ma nonostante tutto era scaltro come una volpe, inoltre godeva anche di ottima prestanza fisica, forse persino migliore della mia, poi osservai il suo volto, i suoi capelli sfibrati e sbiaditi, che sembravano paglia bruciata, poi guardai i suoi occhi, uno era castano e l' altro era di un azzurro molto chiaro, ma non era un occhio vero, osservandolo bene, capii che si trattava di un occhio di vetro.

Rabbrividii, mi avevano sempre fatto impressione gli occhi di vetro, inoltre il modo in cui lo usava mi faceva ancor più raccapricciare, strabuzzava quella grossa palla di vetro per guardarmi meglio, come se gli stesse uscendo fuori dalle orbite.

Incomincio a perlustrarmi i pantaloni e la giacca per vedere se fossi armato, notando che non avessi alcuna arma con me, mi lasciò andare con mio fratello che caricai sulle mie spalle.

Così da quel giorno, smise di agire di testa sua e lasciò fare tutto a me, sia perché non volevo mai più beccarsi un proiettile sullo stomaco e sia perché io volevo evitare di ritrovarmi un uomo con un occhio di vetro che mi puntava una pistola, magari un uomo normale potevo anche accettarlo, ma con l' occhio di vetro no, forse esso mi terrorizzava più dell'arma stessa, ma c'era anche da dire che non era un uomo qualunque, sembrava anzi uno più astuto di noi, poi era più rozzo e sudicio di un barbone e poi non potevo dimenticare il modo in cui disse quella frase “Giuro che se rivedo ancora le vostre brutte facce nel mio locale, vi spappolo i timpani”Che dire avrebbe fatto un baffo persino ai film di Quentin Tarantino.

Mi ridestai dai miei ricordi, non era salutare pensare a spappolamento di timpani durante il pranzo, così mi misi a mangiare la mia zuppa di soba dimenticando quell' accaduto, poi la mia attenzione inevitabilmente si spostò verso Yoko, mangiava lentamente prendendo uno spaghetto alla volta facendo persino attenzione a non sporcarsi la bocca,

Finii per sentirmi a disagio, osservandoli mangiare poiché ero il solo che mangiava con foga finendo per sporcarsi la bocca di zuppa e per dover ributtar giù qualche spaghetto nel piatto perché ne avevo già messi troppi in bocca, eh si all'età di 22 anni non avevo ancora imparato a mangiare decentemente.

Ma non avevo mai pensato sino ad ora di non saper mangiare, avevo sempre pensato che io e mio fratello avessimo due modi diversi di mangiare, ma guardando Yoko finivo per sentirmi schifosamente rozzo.

“Qualcosa non va?” chiese mio fratello stupito.

“Nulla... solo...non ho fame...” affermai notando gli occhi di Yoko che mi scrutavano.

Chissà poi perché mi preoccupavo tanto di quello che potesse pensare di me, in fondo che mi fregava della sua opinione, poteva anche pensare che fossi rozzo, cosa accidenti me ne importava, ma alla fine per quanto negassi, non riuscivo davvero a trovare il coraggio di mangiare davanti a lei.

Dopo un po' pensai di uscire, forse un po' di aria fresca mi avrebbe rimesso a nuovo, scacciando quelle paranoie che mi creavo per una di cui non mi importava nulla.

Mi alzai da tavola dicendo che sarei uscito. Mio fratello mi guardò interrogativo, poiché sapeva che non uscivo mai a quell' ora, COSì MI CHIESE “Un impegno importante?”

“No, ho soltanto voglia di fare due passi...”

“Sicuro di stare bene?” mi chiese lui un po' preoccupato.

Io davvero non lo capivo prima mi dimostrava tutto il suo disprezzo e poi si preoccupava per me per un nonnulla, era davvero incomprensibile.

Si alzò da tavola anche lui, portandomi in un'altra stanza dicendo di volermi parlare in privato, lo seguii perplesso, cos'altro aveva da dirmi? forse voleva continuare a mettere il coltello nella piaga, bè ero pronto per ricevere il colpo finale, tanto ormai tutto quel che diceva mi scivolava velocemente via come se non fosse nient'altro che polvere.

Ero pronto per ascoltare ancora una volta il suo fiume di parole, ma non disse quello che pensavo avrebbe detto anzi tutt'altro, si scusò persino per le cose che aveva detto in precedenza dicendo: “Mi dispiace, io non avrei dovuto dirti quelle brutte cose... mi ripropongo sempre di non farlo però...alla fine finisco per rinfacciarti sempre tutto...”

“Non importa, lo capisco... che non puoi perdonarmi per quello che ho fatto, anch'io non posso perdonarmelo...”

“Kyo, promettimi che non farai sciocchezze... nonostante tutto, sei pur sempre mio fratello, ti voglio bene...”

“Ma di che stai parlando? Diamine, ho soltanto detto che voglio andare a fare due passi, non che voglio buttarmi sotto un treno in partenza!”

“Menomale!”affermò ridendo.

Ricambiai il sorriso, per fargli capire che anch'io gli volevo bene, lui sembrò aver compreso, dopotutto sapeva che non era da me dirlo chiaramente, non ero mai stato quello dalle parole facili, persino a Mayko non riuscii mai a dire quel fatidico ti amo, perchè tutte le volte che tentavo di dirglielo finivo per incepparmi in un groviglio di parole che non centravano nulla, quando sarebbero bastate due semplici parole per definire quello che provavo. Rimpiangevo di non avergli mai detto quelle due stramaledette parole, ma ormai era troppo tardi per rammaricarmene, l' unica cosa che potevo fare era solo una sola, dimostrare che l' amavo mantenendo quella promessa fatta davanti alla sua tomba.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Sofferenza comune ***


Yoko:

Correvo a perdifiato nella casa di Kyo per non lasciarmi acciuffare, ma mi scontrai con suo fratello che mi guardava con un espressione strana sul volto, poi però si limitò a sorridermi, il suo era un sorriso bonario, diverso da quello di Kyo, era anch'esso un bel sorriso, però sembrava come se fosse di circostanza.

Proseguii verso la cucina correndo divertita, mi nascosi sotto il tavolo, così ero certa che Kyo non mi avrebbe trovato e quando meno se lo sarebbe aspettato sarei sbucata fuorti dal tavolo per lanciargli un attacco di solletico, ma purtroppo i miei piani sembrarono sfumare, dato che la mia vittima non si decideva ad arrivare.

Sbuffai scocciata, rimanendo sotto il tavolo e incominciai a giocherellare con le ciocche dei miei capelli, aspettandolo trepidante, ma niente non si decideva ad arrivare, avrei dovuto rinunciare sin da subito vedendo che non arriva dopotutto si trattava soltanto di un puerile gioco, dopotutto poteva anche essersi stancato di giocare con me, aveva 22 anni, non potevo di certo divertirsi con queste bambinate, pensai depressa.

Eppure lo avevo visto ridere e divertirsi, mentre giocherellavamo come due bambini e allora mi convinsi che sicuramente mi stava cercando nelle altre stanze, così sporsi un po' la testa fuori dal tavolo per vedere se era in qualche altra stanza che mi stava cercando, ma non lo vidi affatto, poi sentii due voci discutere, una era di Kyo e l'altra del fratello, così mi alzai dal tavolo per vedere che cosa si stessero dicendo, rimasi nascosta dietro un muro.

“Io ho fatto una promessa ed intendo mantenerla...”

“Hai già rotto quella promessa, non appena Yoko è entrata in questa casa...” disse in tono di accusa.

“Ti sbagli non è così...Mayko è la sola che amerò per il resto della mia vita!” affermò Kyo.

“Non sei in grado di mantenere una promessa come questa, perché tu sei troppo fortunato, riesci sempre a trovare il sole che ti riscalda dopo ogni tempesta...”

“Piantala di dire cose senza senso...” affermò Kyo con furia.

Rimasi stupita dai loro discorsi, parlavano di una promessa che era stata sciolta per colpa mia, ma i cosa potevo mai centrare in quella storia, poi quando sentii le parole di Kyo capii, lui aveva fatto una promessa alla ragazza che amava e quella promessa era di amarla per il resto della sua vita. Divenni gelosa, anch'io avrei voluto qualcuno che mi giurasse amore eterno ed immaginai che per un istante lui avesse gridato il mio nome, ma purtroppo non lo fece, il nome della sua amata non era Yoko, ma Mayko. Così non avendo più voglia di ascoltare altro, uscii fuori dal mio nascondiglio chiedendo “Che succede?” Non appena feci quella domanda smisero di discutere e suo fratello mi sorrise docilmente, dopo spostò lo sguardo verso Kyo dicendo “Sai, se avrò una seconda opportunità non ti sarò più così fedele!”

Non capivo quella frase di Toshio e perché aveva prima guardato me e poi Kyo in quel modo strano, era come se volesse lasciar intendere qualcosa al fratello, ma persino Kyo sembrava non compredere quell' allusione.

Dopo un po' io e Kyo tornammo nella sua stanza, lui sembrava ansioso e non appena tornammo nella sua stanza mi chiese subito “Hai sentito tutto?” con un ' agitazione eccessiva.

Io lo guardai incerta, era vero si erano detti delle cose strane che non avrei dovuto sentire,dopotutto, da quel discorso si deduceva che suo fratello lo credesse innamorato di me, ma lui aveva risposto negando tutto, perciò di cosa mai si preoccupava tanto, lui amava la sua Mayko pensai indispettita. “Ho sentito qualcosa riguardo una promessa nient'altro...” cercai di dire tranquillamente.

“Ah, ok” disse facendo un sospiro di sollievo.

Che cosa aveva tanto da sospirare? Poi ci meditai su, io ero stata sotto quel tavolo ad aspettarlo come un ' allocca e forse prima che io sentissi quel brusio, si erano già detti qualcosa, che non ero riuscita a sentire perché ero stata troppo impegnata a pensare all' espressione di Kyo quando lo avrei colto di sorpresa, sferrandogli il mio attacco.

Si, doveva esserci qualcosa che mi veniva taciuto, ma che cosa poteva essere di così terribile da arrivare persino a nascondermelo, forse erano due assassini di professione,ma nessuno dei due mi sembrava adatto a quel mestiere. No, era impossibile, mi rifiutavo di crederci. Kyo non avrebbe mai potuto uccidere qualcuno! Ed ecco che ancora mi lasciavo soggiogare da qualcuno, dopotutto io che cosa ne sapevo di lui, non lo conoscevo neppure, avrebbe potuto persino essere un terrorista, io cosa avrei mai potuto saperne? Eppure continuavo con insistenza a volermi fidare di lui.

Kyo uscii dalla stanza senza dirmi nulla, io allora lo osservai, mentre usciva dalla stanza, come se in quell' istante avesse deciso di uscire dalla mia vita. Ripensai a quelle parole: “Io amerò per tutta la vita Mayko!” Avrei voluto zittire la sua voce che mi rimbombava dentro la testa, ma era inutile, continuavo a sentirla. “Mayko” chissà che tipo di ragazza era, poi mi ricordai di quel libro che avevo letto nella stanza di Kyo, era di una certa Mayko, forse era la stessa persona. Bene era pure una scrittrice e magari anche di successo tanto per umiliarmi ancora un po' della mia insignificante figura.

Mi affacciai alla finestra per scacciare quella ragazza dai miei pensieri, dopotutto era inutile pure pensarci, perché doveva essere di sicuro più bella di me e doveva avere molte altre qualità per il quale non avrei mai potuto competere con lei.

Guardavo i passanti a e quel quartiere malfamato che puzzava di tabacco e alcool, poi vidi un uomo che parlottava con un altro all' orecchio e si scambiavano qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa fosse, mi pareva una grossa matassa di fazzoletti di stoffa, doveva forse esserci avvolta qualcosa di particolare,altrimenti non mi sarei spiegata il perché si parlassero all' orecchio e poi non avrebbe avuto senso scambiarsi quel cumulo di stoffa, a meno che non fosse stato tessuto pregiato, ma non mi pareva proprio pregiato, anzi era di qualità abbastanza scadente.

Improvvisamente vidi una schiena accanto a me, così saltai di colpo in aria e gridai, quella figura mi tappò la bocca con la mano, io allora sollevai lo sguardo per vedere chi era: non era altro che Kyo.

Senti la sua grande mano di pianista posata sulle mie labbra che tentavano inutilmente di muoversi , poi mi resi conto che nel tentativo di aprir bocca gli avevo sbavato la mano.

“Mi ha spaventata a morte... non si compare così all' improvviso...” lo sgridai.

“A casa mia faccio quel che mi pare “ borbottò. Prese un fazzolettino per asciugarsi la mano bagnata della mia saliva, io tornai a guardare fuori dalla finestra per nascondere il mio imbarazzato per avergli insalivato la mano.

Kyo dopo essersi asciugato la mano e aver tirato il fazzoletto sul cestino della stanza, si affacciò alla finestra accanto a me:



C'erano ancora quei due tizi che si sussurravano qualcosa all' orecchio poi l'altro tirò fuori dalla tasca un altro groviglio di bianchi fazzoletti , poi guardai il resto del quartiere: c'era una bambina che giocava su di una strada de quartiere lontana dai i due tizi loschi di prima, saltellava su di una cordicella cadendo ogni volta e mettendo il broncio seccata, poi vidi altri bambini che schiamazzavano e si azzuffano divertendosi come pazzi.

“Ah, che bell' età! “ affermò Kyo nostalgico.

“Già è vero...” esclamò anch'io con lo stesso tono, come se quell' età fosse ormai lontana dalla mia portata.

“Ma che! Tu sei ancora in quell' età!” affermò guardandomi con quella sua espressione seducente.

Cercai di capire perchè mi guardasse a quel modo, ma non riuscivo a comprendere cosa gli fosse preso, così tentai di sostenere il suo sguardo, ormai stanca di lasciar trapelare il mio imbarazzo, ma le mie guance arrossirono senza che potessi fermarle, ero certo che lui le stesse osservando e questo mi metteva ancor più in difficoltà.

La sua mano si avvicinò al mio viso, non riuscivo proprio a capire quali fossero le sue intenzioni. Avrei voluto allontanarmi da lui, ma non ci riuscivo, le mie gambe parevano incollate al pavimento, così lo lasciai fare con la mia solita espressione impacciata.

Lui mi pizzicò delicatamente le guance con la sua mano da pianista, non era il primo che lo faceva, tutti avevano il vizio di farlo perché dicevano che aveva delle belle guanciotte. Ma di solito tutti mi stringevano forte le gote sino a staccarmele, mentre invece la sua mano era stata garbata nei confronti delle mie guance, poi le strinse spostandole tutte verso i miei occhi, in quel modo la mia faccia si gonfiò come un pallone. Poi tutto ad un tratto si fermò e chinò il capo verso il mio collo, sentii il suo grazioso nasone premere contro la mia gola, mi faceva lievemente il solletico, ma trattenni le risa. Incominciò ad annusarmi con ostinazione, come se sentisse qualche odore particolare sulla mia pelle, ma io non sentivo proprio nulla, avevo sempre pensato di non possedere un qualche odore particolare.

Dopo avermi annusato per un buon quarto d'ora, allontanò il suo naso dal mio collo, io lo guardai turbata e confusa, cercavo di capire che cosa avesse sentito di così singolare dal mio collo da giraffa. Poi lo vidi darsi un colpo violento sulla testa, che cosa gli prendeva così all'improvviso? Forse era un po' svitato pensai, però mi affascinava quel suo insolito comportamento.

Gli chiesi se fosse tutto apposto, lui annuii volgendo il capo all' insù, poi mi dissi di venire con me in cucina per vedere se era pronto da mangiare, così lo seguii.

“Non hai niente da chiedermi?” mi chiese lui con un espressione bizzarra sul volto.

“Che cosa ti dovrei chiedere?” affermai stupita.

Avrei forse dovuto chiedere perché mi annusasse a quel modo, no, avrei preferito non saperlo, magari mi avrebbe detto che puzzavo, ma era anche colpa loro se emanavo fetore perché non mi avevano concesso di farmi un bel bagno. Molto probabilmente avrei semplicemente dovuto chiederlo, quindi forse era questo che voleva che gli chiedessi per evitare di dirmelo lui, nel modo più brusco possibile del tipo “Lavati che puzzi da morire!”

“Sei abituata alla gente che ti annusa?” mi chiese.

Io risi da quella strana domanda dicendo “No, tu sei il primo che mi molesta in tal senso...”

“Non usare il verbo molestare impropriamente” affermò severo.

“Scusa, hai ragione non centrava molto...” esclamai.

Tutte le volte che non mi ritrovavo il suo sguardo addosso, coglievo l' occasione per potermi annusare le braccia e la pelle, per capire se puzzassi per davvero, ma tutte le volte non sentivo alcun tipo di odore.

Arrivati in cucina trovammo la tavola apparecchiata. Rassegnata smisi di sniffarmi, rendendomi conto che ero decisamente inodore come al solito. Il fratello di Kyo, fu il primo a sedersi, si sedette a capotavola, mentre Kyo si sedette accanto alla sua sinistra ed io mi sedetti alla loro desta, del resto era l' unico posto vacante.

Osservai quell' appetitosa zuppa di soba e incominciai a mangiare con estrema lentezza, per assaporare bene ogni sapore e non lasciarmi sfuggire neppure il minimo retrogusto, non mi capitava tutti i giorni di mangiare zuppa di soba. Il mio patrigno si sentiva troppo altolocato per permettere che a casa sua venissero serviti piatti che definiva dei poveracci, quindi a casa mia non si faceva altro che mangiare caviale e cose caratteristiche della nouvelle cousine che tanto odiavo.

Notai gli occhi color petrolio di Kyo puntati verso di me, non era il massimo averli davanti mentre mangiavo, mi intimidivano non poco, ma ero decisa più che mai a non lasciarmi ostacolare dai sue occhiate.

“Qualcosa non va?” chiese il fratello di Kyo, notando che non aveva neppure impugnato le bacchette.

“Nulla... solo...non ho fame...” affermò guardando le bacchette che impugnavo.

Si alzò dalla tavola dicendo che voleva uscire, suo fratello gli chiese se avesse un impegno importante, lui rispose dicendo “No, voglio soltanto fare due passi...”

“Sicuro di stare bene?” chiese il fratello impensierito..

Si alzò da tavola anche lui e se ne andarono insieme in un 'altra stanza, molto probabilmente per parlare in privato, io continuai a mangiare la mia zuppa infastidita dal fatto che parlassero sempre alle mie spalle.

Poi vidi Kyo uscire dalla porta di casa e suo fratello si rimise a tavola per mangiare insieme a me. Dopo un po' accese la tv molto probabilmente per rompere quel rumoroso silenzio che era calato fra di noi.

“Scommetto che ti piacciono gli anime...” affermò lui lasciando un canale dove c'era un anime a me sconosciuto.

Osservai l' anime appena messo forse era qualcosa tipo Mazinga, con I robottoni che avevo sempre odiato, così dissi “Si, alcuni mi piacciono, ma quelli con i robot da combattimento li detesto”

“Anch'io...” affermò cambiando canale e finendo per mettere il telegiornale.

“Ieri c'è stata una rapina in una banca di Tokyo, ma la cosa più particolare che ha suscitato sgomento e stupore ai presenti è stato il viso dell' ostaggio di cui i due criminali si sono serviti... infatti molti affermano che l' ostaggio era proprio Yoko Keitawa, figlia del primo ministro Keitawa...”

Accidenti, ma i giornalisti non avevano altro di cui parlare se non di me, era incredibile, ogni cosa riguardante la mia persona sembrava non sfuggirgli.

Toshio ascoltò il servizio in silenzio, poi d'improvviso aprì bocca, ma parlava più con se stesso che con me “Keitawa non ci metterà molto ad arrivare a noi...”

“E come potrebbe arrivare a voi ?” chiesi stupita.

“Perchè ci conosce più di chiunque altro...Kyo non te l' ha detto?”

“Detto cosa?” affermai sorpresa.

Lui fece una risata isterica dicendo “Certo lui non te l' ha detto...altrimenti te ne saresti scappata via all' istante...”

“Ma di che cosa stai parlando?” chiesi irrequieta.

“Chiedilo a lui non appena torna, io sono arcistufo di questa faccenda!”esclamò risentito.

Ricominciai a mangiare questa volta con frenesia, avevo fretta di tornarmene nella stanza di Kyo, poiché non riuscivo più a sostenere lo sguardo di Toshio che mi guardava con quell' espressione alterata, nonostante io non gli avessi fatto proprio nulla.

Finalmente finii quell' esorbitante ciotola di soba e m i infilai nella stanza di Kyo, ma dopo un po' la porta venne aperta da Toshio.

“Che cosa vuoi?” chiesi agitata indietreggiando.

“Calma ragazzina...non volevo terrorizzarti....” disse pacatamente.

Mi osservò in un modo strano, poi si avvicinò a me e mi strinse il braccio con le sue grandi mani, però queste erano diverse da quelle di Kyo sembravano più sciupate rispetto a quelle del fratello.

Sollevò una manica della mia divisa scoprendomi il braccio dove avevo un livido lasciatomi dal mio patrigno, lui allora mollò la presa, alzando la manica della sua camicia grigia, mostrandomi lo stesso livido.

“Chi è stato?” affermai allarmata.

“ A te chi ti ha procurato quel livido?” chiese lui con un espressione cupa.

“Kei...” dissi non riuscendo a pronunciarlo, poiché avrei voluto cancellare quel nome dalla mia mente.

“Dì quel nome!” disse lui gridando forte.

“Keitawa...” affermai piangendo disperatamente.

“Abbiamo qualcosa in comune” disse guardandomi torvo.

“Vuoi dire che è stato...Kei...” esclamai angosciata.

Condividevamo qualcosa di davvero brutto pensai osservando la sua espressione malinconica, avrei voluto dirgli qualcosa, ma non sapevo davvero che dirgli. Poi avrei voluto chiedergli come mai loro avessero avuto a che fare con Keitawa, ma non mi parve il momento adatto per domandarglielo, così senza sapere cos'altro fare, lo abbracciai per donargli il mio conforto. Lui come Kyo ricambiò il mio abbraccio stringendomi con le sue forti braccia, così sentii il calore del suo corpo, però era diverso da quello di Kyo e se avessi dovuto confrontarli, mi sarei trovata in difficoltà perché erano due abbracci completamente diversi.


Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Il padre di Yari ***


KYO:

Camminai senza metà per dimenticare una certa ragazzina almeno per un momento, per quanto ci provassi ogni tentativo risultava vano, lei era sempre lì, nella mia testa pronta ad ossessionarmi.

Mi recai al cimitero per commemorare la mia amata e scacciare una volta per tutte quel pensiero che mi impediva di mantenere la mia promessa.

Comprai dei gigli bianchi da un anziano signore, lui mi rivolse un cordiale sorriso,ma io non ebbi la forza di ricambiarlo poichè ero di malumore, poi percorsi il lungo sentiero di ciottoli fino a quando non vidi la sua lapide, così di colpo mi fermai osservandola con angoscia, non avevo il coraggio di avvicinarmi, mi sentivo in colpa, per aver lasciato che il mio cuore battesse per qualcun'altra.

Mi guardai attorno:il cimitero era desolato come al solito e si udiva soltanto quell' assordante silenzio, che mi rendeva irrequieto più di ogni altra cosa, poi mi feci forza e mi avvicinai alla sua tomba.

Lessi ancora una volta il suo nome scolpito sulla grigia lapide sempre con la stessa agonizzante tristezza che mi lacerava il petto e poi mi parve ancora una volta di vederla, questa volta il suo viso godeva di un ottimo colorito e mi sorrideva calorosamente.

Volevo dirle che l' amavo che non potevo vivere senza di lei, ma non ci riuscivo, le parole non volevano uscirmi fuori dalla bocca e poi lei sparii lasciandomi un profondo vuoto dentro.

I gigli mi scivolarono dalle mani, li raccolsi posandoli sotto l' incisione del suo nome e incominciai a parlare con lei come se fosse ancora viva, però le parole ancora una volta mi morirono in gola, avrei voluto dirgli ti amo, ma non ci riuscivo.

Dopo un po' sentii una voce maschile :“ Anche tu qui...”

Mi voltai di scatto, avevo già sentito quella voce apparteneva allo psicologo in cui ero andato giorni fa.

“Che ci fa lei qui?” gli chiesi perplesso.

“ Ti aspettavo...” affermò con un mezzo sorriso allusivo.

“Me? Perché?” gli chiesi tra il sorpreso e il preoccupato.

“Non hai riflettuto su quel che ti ho detto....”

Lo osservai più da vicino, io quell' uomo l' avevo già incontrato e non nel suo studio, ma da qualche altra parte, in un contesto diverso e allora ricordai:

Io e Mayko davanti la porta di casa di Yari che suonavamo il campanello, poi lei ci accolse festosamente a casa sua tra abbracci e baci, poi giunti in cucina Yari mi presentò al padre, era un uomo cordiale e dalla battuta sempre pronta, faceva lo psicologo.

“Il padre di Yari” dissi mentre un brivido mi percorreva la schiena.

“Esattamente...” affermò lui con una strana calma dipinta sul volto.

“Che cosa vuole da me?” affermai agitato.

“Cosa voglio! Tu hai ucciso mia figlia!” urlò colpendomi in pieno volto.

Poi mi misi ad urlare anch'io con disperazione “E lei ha fatto uccidere Mayko!”

Lui di colpo si rabbuio dicendo “Non era Mayko che dovevo far uccidere, quello è stato frutto di uno sfortunatissimo errore...”

“Che significa?” gli chiesi scosso con il cuore in gola.

“Io non avrei mai ucciso Mayko, era la figlia del mio migliore amico, non avrei mai potuto fare una cosa tanto cattiva... infatti il mio obbiettivo era tuo fratello! Gli avevo messo un fogliettino dentro la giacca avvertendolo dell' ora e del giorno in cui un assassino ti avrebbe ucciso...e quel fogliettino però non so come finii tra le mani di Mayko, e dire che era stato tutto progettato nei minimi particolari, persino quell'uomo con cui ti dovevi incontrare tu si era messo d' accordo con il serial killer che avevo incaricato”

Quindi la morte di Mayko era stato uno sfortunato errore, in realtà la vendetta del padre di Yari era destinata a Toshio, ma questa rivelazione mi mise in difficoltà poiché non potevo né disperarmi per l' errore e né esserne contento, non potevo preferire ne la morte dell' uno e dell' altro, erano tutte e due persone a me care.

Lui ricordava malinconico quello sfortunato errore che aveva causato la morte del suo amico stesso e poi mi osservò con odio, sembrava volesse uccidermi con il solo sguardo.

“Ho perso tre persone a me care, per colpa tua!” disse con le lacrime agli occhi.

Incominciai a ricordare quanto fosse sempre stato gentile nei confronti di Mayko, la trattava come se fosse la sua seconda figlia, proprio per questo anche lui come il padre di Mayko non mi vedeva di buon occhio poiché la facevo sempre piangere e disperare.

Poi tirò fuori dalla tasca una pistola e me la puntò contro , io rimasi allibito e spaventato, non ebbi la forza di muovermi, poi lui sembrò calmarsi e aprì bocca dicendo “Dov'è hai seppellito la mia bambina?”

Mi sentii morire di rimorso non appena mi fece quella domanda, per colpa mia Yari era stata seppellita chissà dove e lui non aveva neppure potuto riabbracciare il corpo di sua figlia, gli era stata negata persino la lapide, un luogo dove poterla ricordare. Mi dispiaceva negargli anche questo, ma non sapevo dove era stata seppellita, così gli risposi dicendo “Non lo so...”

Lui allora si infuriò dicendo “ Vedi di ricordartelo!”

“Non sono stata io a seppellirla...” ammisi angosciato.

“E chi è stato?” urlò con una collera disperata.

“Toshio e Mayko...” dissi senza pensare alle conseguenze che avrebbe comportato quella rivelazione.

Respirò affannosamente udendo il nome di Mayko, gli mancò per un attimo il respiro e usò la lapide di Mayko per sostenersi, io mi avvicinai a lui per soccorrerlo, ma lui con la pistola ancora alla mano mi urlò contro “Non ti avvicinare!”

Dopo un po' sembrò riprendersi e poi disse ancora scioccato: “Mayko non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, lei e Yari sono cresciute insieme, si sono sempre volute talmente bene” disse addolorato.

“Anch'io faticavo a crederci, ma è così...”

“E' tutta colpa tua!” esclamò furente, puntandomi ancora la pistola contro, ma le mani gli tremavano e le lacrime scesero dal suo viso addolorato.

Osservandolo bene, non era più l'uomo allegro e giocoso che Yari mi aveva presentato, adesso non era altro che un uomo invecchiato e addolorato per la morte di sua figlia.

“Mi dispiace per tutto il male che le ho recato.” dissi sinceramente costernato, pur sapendo che non mi avrebbe mai perdonato per quello che avevo fatto, anzi non volevo neppure il suo perdono perchè non me lo meritavo, non dopo tutto il dolore che gli avevo provocato.

Ma improvvisamente ricordai qualcosa: Yari era venuta a casa mia, io ero ubriaco fradicio, lei mi guardava con un sorriso sadico, quasi folle e mi diceva “Amor mio, mi hai costretto tu a farlo... non avevo scelta per poter stare con te...” Io nonostante fossi ubriaco capii perfettamente il suo discorso e gli dissi furioso “ Come hai potuto dire una cosa del genere? Io non ti ho mai costretta a far nulla!”

“Già, lo so tu non potresti mai fare una cosa del genere e invece lei ha creduto a questa mia bugia, lo vedi non ti merita!”

La osservai furibondo dicendo “Adesso basta! Vattene!”

Lei non volle andarsene e mi baciò io la respinsi dicendo “ Non lo capisci, io amo solo Mayko, non ho mai amato te, tu per me sei sempre stata una con il quale divertirmi niente altro...”

Lei allora si infuriò e disse con un ghigno“Mi immaginavo che avresti detto così...per questo ho deciso...di sbarazzarmi di lei!”

“Che cosa stai dicendo?” le chiesi scioccato notando il suo sguardo folle e disperato.

Lei in tutta risposta mi mostrò un coltello e poi si diresse verso la porta di casa, ma io la fermai preoccupato di quello che potesse fare a Mayko, così persi improvvisamente il controllo e la legai ad una sedia, poi presi la mia pistola e le sparai ormai del tutto incosciente di quello che stessi facendo.

Era così che erano andate le cose, Yari era impazzita, era disposta a tutto pur di avermi tutto per sé, arrivando persino ad inventarsi che io l' avessi molestata per separarmi una volta e per tutte da Mayko, purtroppo questo non era sufficiente, perché io avrei continuato ad amare Mayko, così alla fine era arrivata a quella drastica conclusione : uccidere Mayko.

Io per fermarla finii per uccidere Yari, inconsapevole che alla fine per vendicare Yari, Mayko sarebbe comunque morta e questo mi fece capire una cosa importante:gli eventi della vita non si possono fermare, Mayko doveva morire per un motivo o per un altro, quello era il suo destino, quindi non ero colpevole della sua morte, ma ero colpevole di quella di Yari, colpevole di aver voluto combattere contro un destino avverso.

Il padre di Yari rimase allibito dalle mie scuse, ma non fu disposto ad alleviare le mie colpe con un perdono e poi disse “ Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto, ma allevieresti una piccola parte delle tue colpe dicendomi dove è stata seppellita la mia bambina...”

Io allora tenni il capo basso per non incrociare il suo sguardo, mi sentivo mortificato perché non ero conoscenza di dove si trovasse il cadavere di Yari e poi dissi “ Lo chiederò a Toshio...”

Lui allora posò la pistola nella tasca dei suoi pantaloni e disse gridando con tutta la forza che aveva in gola e con tutto il disprezzo che poteva provare:“ Se non lo farai, giuro che ammazzo te e tuo fratello e tutti quelli che ami!”

Quando uscii dal cimitero mi parve ancora di udire quelle parole, che mi facevano sentire feccia e non più uomo, con quale faccia sarei potuto tornare a casa? Non avevo il coraggio di tornarci, almeno non ancora, così continuai a camminare senza metà per le strade della città, quando si fece sera mi decisi a tornare a casa.

Mio fratello aprì la porta di casa e non appena mi vide mi gridò contro “Ma dove cazzo sei stato!”

“A fare due passi...” affermai scocciato.

“Per tutto questo tempo!Ti stavo venendo a cercare! Mi hai fatto preoccupare pezzo di idiota!”

“Sei troppo apprensivo, dovresti saperlo che l' erba cattiva non muore mai!” dicendo ciò tornai nella mia stanza.

Vidi Yoko intenta a fare una piroetta ed altri movimenti di danza classica, si muoveva abbastanza bene, sembrava leggiadra come una piuma, nonostante avesse delle scarpe inadatte per fare tali movimenti e per non parlare del pavimento in marmo che era scivolosissimo, infatti in men che non si dica la vidi ruzzolare per terra facendo un gran frastuono.

Sapevo che non avrei dovuto ridere, ma chiederle se stava bene e se era tutto apposto, però la caduta che aveva fatto era stata troppo buffa che non riuscii a trattenermi.

Dopo aver riso di gusto, mi chinai per soccorrerla, lei distesa sul pavimento mi mollò un sonoro schiaffo sulla faccia dicendo “Non c'è niente da ridere, mi sono fatta male!” disse mettendo il broncio.

Non mi feci niente, era stata più una carezza che uno schiaffo, così non ci badai molto e mi curai solo delle sue condizioni.

“Dove ti fa male?” le chiesi apprensivo, forse anche troppo per i miei gusti, ma era più forte di me.

“La gamba! Mi fa malissimo!”

“Quale?”

“La sinistra!”

Le massaggiai la sua paffuta gamba che le doleva chiedendole se le faceva ancora male, lei disse di si, così continuai a massaggiarle delicatamente la nuda gamba, cercando di scacciare ogni pensiero perverso che mi balenasse per la testa.

“Va meglio?” le chiesi.

Lei mi guardò dicendo: “ No...”

Continuai a massaggiare la pelle liscia della sua gamba ancora un po', non mi dispiaceva farlo però suscitava in me pensieri per nulla casti, così dopo un po' smisi di farlo , ma lei continuava a dire che le faceva molto male e che non riusciva a muoverla, così la presi in braccio e la adagiai sul mio letto.

Quando la presi in braccio sembrò sbalordita dal gesto e poi confessò imbarazzata “Nessuno, mi ha mai preso in braccio...”

Io rimasi in silenzio, non avevo alcuna intenzione di perdermi in inutili discorsi con lei poiché avevo fatto una promessa che intendevo mantenere, insomma non potevo lasciare che una ragazzina venuta dal niente cancellasse per sempre il legame che c'era tra me e Mayko.

“Credo che la mia gamba abbia bisogno di un altro tuo messaggio...” disse timidamente.

Le sfiorai la gamba con un desiderio e una passione inaudita, tanto che la mia mano finii per spostarsi sempre più su,fino ad arrivare al suo interno coscia, lei non disse nulla, non oppose resistenza nonostante stessi toccando un punto che non centrasse nulla, poi tornai al punto che avrei dovuto toccare e ormai fuori controllo avvicinai le mie labbra alla sua gamba per baciarla.

Dopo averle baciato la gamba e l' interno coscia, mi fermai mortificato di quel che avessi fatto, mentre lei rossa in viso mi osservò in un modo strano, avrebbe dovuto gridarmi contro che ero un maniaco e invece non lo fece, forse era spaventata pensai, ma non sembrava affatto terrorizzata da me.

Uscii dalla stanza cercando di dimenticare quell' accaduto, forse era meglio far finta che non fosse mai avvenuto e poi mi tornarono alla mente le parole del padre di Yari e dalla promessa che gli avevo fatto, così andai nella stanza di mio fratello per chiedergli dove avessero seppellito Yari.

Non sapevo come cominciare quel discorso, poi alla fine mi decisi dicendo così senza troppo giri di parole: “ dove avete seppellito Yari?”

Lui mi guardò scosso dalla domanda che gli facevo così all'improvviso senza una vera e propria spiegazione,così incominciò a farmi tante domande, ma non avevo alcuna voglia di raccontargli dell' incontro del padre di Yari, perché era troppo doloroso richiamarlo alla mente.

Lui nonostante tutto, decise di rispondermi dicendo “ Nel giardino della villa di Keitawa, lì nessuno sarebbe mai andato a controllare...”

Quella risposta era l'ultima che avrei voluto sentire,perchè se il cadavere di Yari era in quella villa sarebbe stato impossibile per il padre di Yari riaverlo indietro, poiché c'erano sempre guardie del corpo ovunque e da tutte le parti, non era di certo facile introdursi in quella casa e figurarsi mettersi a scavare nel giardino per prendere un cadavere.

Mio fratello disse notando la mia espressione cupa: “Non preoccuparti non lo troverà mai nessuno....”

Io uscii dalla sua stanza e rimasi fuori dalla porta, respirando a fatica, mi incominciò a mancare l' aria improvvisamente,poi riuscii a riprendere fiato e ripensai all' espressione addolorata del padre di Yari, che adesso sarebbe stata ancor più sofferente poiché non avrebbe mai potuto riabbracciare la sua bambina.

Avrei voluto tornare nella mia stanza, ma ripensando a quello che era appena avvenuto con quella ragazzina, pensai che non fosse una buona idea tornarci, ma sapevo che primo o poi sarei dovuto rientrare in quella stramaledetta stanza, così alla fine mi decisi ad andarci stanco di tutti i problemi che mi ponessi solo e semplicemente per una bambinetta e non avevo neppure mangiato per colpa sua, così andai in cucina pronto a ingurgitare qualunque cosa come capitava e mandai al diavolo le buone maniere del tutto quando non trovai neppure le bacchette, mio fratello come al solito nel sistemare la cosa finiva sempre per cambiarle sempre di posto e adesso Dio solo sapeva dove diamine erano finite!Mi scocciava da morire rientrare nella sua stanza per chiedere delle bacchette poi incominciavo a non vederci più dalla fame, così pensai “Vabbè al diavolo del tutto le buone maniere, mangio con le mani!” . Mi sedetti davanti al tavolo, pronto per farmi fuori quella zuppa di soba ancora fredda di frigorifero, mi scocciava persino riscaldarla al forno a microonde, così incominciai a prendere gli spaghetti con le mani sporcandomi tutto di brodo e di spaghetti che mi cadevano da tutte le parti, inutile dire che sembravo un uomo in età primitiva, ma ero troppo affamato per curarmene, così divoravo e bevevo rumorosamente la zuppa senza curarmi del tipo di rumore che facessi, ma mentre stavo mangiando sentii una voce: “Kyo?” disse Yoko osservandomi con un espressione indecifrabile

“Tu che diamine ci fai qui?” chiesi tra l' infuriato e l' imbarazzato poiché ero stato colto in un momento davvero indecente.

“Hai la faccia tutta sporca di zuppa” affermò lei tentando di mantenersi seria, dato che mi aveva visto arrabbiato, ma era evidente che le venisse da ridere.

“Prendimi subito un fazzoletto!” le ordinai infastidito.

“Ma perché mangiavi con le mani?” mi chiese sconcertata.

“Io a casa mia, mangio come mi pare...” brontolai mortificato.

Yoko mi diede un fazzolettino per asciugarmi la faccia e con il quale mi pulii anche le mani, poi la guardai stupito aveva detto che le faceva male la gamba, secondo quanto detto non avrebbe potuto muoversi da quel letto e invece camminava normalmente.

“Senti ma tu non avevi detto che ti faceva terribilmente male la gamba”

“Mi è passata...” balbettò.

“Così di colpo?” le chiesi per nulla convinto dalla sua risposta.

“Si...sorprendente...” affermò cercando di apparire convincente.

“Non era vero che ti faceva male la gamba?”le chiesi posando il fazzoletto sporco sul tavolo.

“Certo che era vero...”

“Non mi prendere in giro ragazzina e ora dimmi perché fingevi che ti facesse tanto male!” affermai incollerito, non sopportavo di esser stato preso in giro da una bambina.

“All' inizio mi faceva davvero male poi però mi è passato....”

“Si, ma la domanda è perché?”

“Perchè mi piacevano le tue carezze...” affermò con lo sguardo basso.









Yoko:

Toshio sciolse l' abbraccio sorridendomi in un modo strano, continuavo a non capirlo, poi si chinò per avvicinare le sue labbra alle mie, sembrava che volesse baciarmi, ma non appena vide che mi allontanavo lasciò perdere con uno sguardo amareggiato e uscii fuori dalla stanza, lasciandomi più confusa di prima.

Rimasta sola non avevo idea di come passare il tempo, inizialmente accesi un po' la tv per vedere se facevano qualche film interessante, ma non facevano assolutamente niente, così mi misi a fare di continuo zapping con il telecomando guardando scorrere i vari canali.

Pensai a Kyo chissà dov'era andato, forse era con la sua ragazza, poi storsi il naso dicendo tra me e me “Ma chi se ne importa!”, ma era inutile non riuscivo affatto a scacciarlo dai miei pensieri e ripensavo a quando mi aveva fatto il solletico nello stomaco e a come ci stavamo divertendo, prima che il fratello ci interrompesse.

Poi mi misi a provare dei passi di danza classica, era da tanto che non ballavo, mi mancava tanto la mia scuola di danza, era la sola cosa che mi mancava oltre alla mia mamma adottiva, in fondo si era sempre comportata bene con me anche se era così cieca da non capire la vera natura di suo marito.

Lei parlava di Keitawa come se fosse l'uomo più dolce del mondo, forse era l' amore a renderla cieca, non sapevo davvero che pensare. Ma in fondo non è stata l' unica ad essere stata ingannata da lui, ha preso in giro tutta Tokyo, tutti lo venerano come se fosse Dio sceso in terra, perché lui sa fingere bene, si cala nella parte del bravo politico, del padre e del marito premuroso.

Mi misi a ondeggiare provando a fare una piroetta, ma non mi riuscii bene perché il pavimento era scivoloso e le scarpe da ginnastica della scuola non erano il massimo, così mi passai il tempo per tutto il pomeriggio, tra una pausa ed un'altra per vedere che ore erano e pensando a Kyo che non era ancora tornato.

Riprovai ancora quei passi, ondeggiavo e roteavo allegramente, non pensando a nulla, diventando un tuttuno con i miei passi, anche se mancava un elemento importante la musica, ma ancora una volta quel dannato pavimento e quelle dannate scarpe mi andavano contro, riusci a non cadere per miracolo, poi riprovai ancora e ancora fino a che non finii per terra sbattendo il sedere e gran parte delle ossa, che male pensai e nel frattempo sentii qualcuno ridere di gusto,conoscevo quella risata, era di Kyo, dopo un po' si avvicinò a me chiedendomi come stavo, io gli mollai uno schiaffo, reagii d'istinto senza pensarci, dicendogli che non c'era nulla di divertente e che mi era fatta davvero male, poi però me ne pentii dopotutto era venuto per soccorrermi, ma mi vergognavo pure a chiedergli scusa. Notai con sollievo che non se l'era presa, si comportò come se non gli avessi fatto nulla e mi chiese qual'era il punto che mi faceva male, io gli spiegai che era la gamba sinistra e lui incominciò ad accarezzarmela con dolcezza , lo lasciai fare senza protestare nonostante fossi molto imbarazzata.

Era piacevole, sentire il calore della sua grande mano sulla mia pelle, così finii per approfittarne fingendo che la gamba mi facesse ancora male, poi d'improvviso mi prese in braccio,sentii le sue braccia intorno alle mie gambe e sui miei lunghi capelli.

Nessuno mi aveva mai preso in braccio e stretto a se in quel modo, mi sentivo una piccola principessa con il suo maestoso principe e così imbarazzata gli confessai di non esser mai stata presa in braccio, ma lui sembrò dimostrare scarso interesse o non aveva alcuna voglia di parlare, così rassegnata non dissi più nulla.

Lui mi posò sul letto con delicatezza, poi smise di considerarmi e si sedette pensando ai fatti suoi, forse c'era qualcosa che lo turbava, ma era certa che se glie lo avessi chiesto non me lo avrebbe mai confidato, così attirai ancora una volta l' attenzione su di me per le gambe richiedendo ancora un po' delle sue carezze, lui riprese ad accarezzarmi con aria seccata, sembrava lo stesse facendo per forza poi però vidi le sue carezze farsi meno delicate e più passionali, fino a che la sua mano non fini sotto la mia gonna per raggiungere il mio interno coscia, avrei dovuto fermarlo, ma non ne avevo ne la forza ne la voglia, era troppo piacevole.

Poi incominciò a darmi dei piccoli baci sulla gamba e sull'interno coscia e dopo dei baci sempre più appassionati, respirai affannosamente per il piacere che mi faceva provare, ma dopo un pò si fermò con una faccia preoccupata di chi ha appena commesso un omicidio, io lo guardai tentando di fargli capire che non aveva fatto nulla di male, ma lui in tutta risposta uscìì dalla stanza come se stesse fuggendo da me.

Rimasi immobile nel letto, pensando al perché avesse reagito in quel modo, forse perché era fidanzato, poi c'era la differenza di età e poi...poi... non sapevo più a che altre supposizioni fare, così pensai che fossero soltanto quelle, dopo un po' incominciai a pentirmi del mio comportamento lo avevo lasciato fare senza dir nulla, non era stato un buon comportamento, così davo l' aria di una poco di buono, ah se dovevo pensare a questo già non l' avevo data in precedenza l' impressione di una ragazza seria visto che avevo provato ad andarci a letto per convincerlo a farmi restare a casa sua.

Si, ma quello era stato un gesto disperato, lui doveva averlo capito, ma adesso quell' idea non mi balenava per la testa per disperazione, ma per curiosità e desiderio di provare quello di cui tutte le ragazze parlavano il piacere fisico.

Tutti pensano che all' età di 14 anni le ragazzine dovrebbero giocare con le bambole e hanno ragione, però purtroppo i tempi delle bambole sono praticamente finiti per molte ragazzine molto premature che vogliono subito fare esperienze di ogni tipo come se fossero abbastanza grandi per fare ogni cosa. Io non sono mai stata così, sono sempre stata dell' idea che ogni cosa avvenisse a suo tempo, però dopo aver subito le violenze del mio patrigno, avrei voluto cancellare quella brutta esperienza e provare quella di cui avevo tanto sentito parlare alle mie compagne, quell' amore travolgente, quelle mani dolci che ti sfiorano e che ti fanno sentire amata.

Mi alzai dal letto toccandomi la gamba che aveva sfiorato un momento prima Kyo, era rimasta un po' della sua saliva sulla mia gamba la toccai come se fosse qualcosa di prezioso, poi mi decisi ad andare a vedere cosa stesse facendo.

Notai la luce della cucina accesa sicuramente era lì, non appena entrai lo vidi intento a mangiare la zuppa di soba che aveva lasciato a pranzo, ma la cosa che mi lasciò interdetta era che la stava mangiando con le mani.

“Kyo?” dissi stupefatta e divertita allo stesso tempo.

Lui posò la ciotola sul tavolo e mi guardò con quella sua faccia tutta sporca di zuppa e con tutti gli spaghetti che gli erano caduti addosso, neppure un bambino si sarebbe mai sporcato così tanto.

“Tu che diamine ci fai qui?” mi chiese arrabbiato.

“Hai la faccia tutta sporca di zuppa” gli dissi tentando di non ridere, perché già era infuriato per non so quale motivo, se mi mettevo pure a ridergli in faccia non sarebbe stato il massimo.

Si, però perché si arrabbiava con me io non gli avevo fatto niente, se non sapeva mangiare quelli erano problemi suoi, io non centravo nulla.

“Prendimi subito un fazzoletto!” mi ordinò infastidito.

“Ma perché mangiavi con le mani?”le chiesi osservando come aveva ridotta quella povera tavola che sembrava un vero campo di battaglia tra spaghetti e zuppa che gocciolava da tutte le parti, non osavo pensare come si sarebbe arrabbiato suo fratello nel vederlo quel macello, dato che era l' unico che si mettesse a fare pulizie in quella casa, perché Kyo non muoveva un dito, io mi sarei anche offerta di aiutarlo, ma siccome con me aveva sempre un comportamento insolito, a volte mi sorrideva e altre volte mi detestava, quindi preferivo evitare di propormi perché avrebbe potuto benissimo o mandarmi a quel paese o accettare calorosamente il mio aiuto, siccome temevo la prima possibilità preferivo lasciar perdere.

“Io a casa mia, mangio come mi pare...” brontolò.



Gli presi un fazzolettino per asciugarsi la faccia , poi lo guardai ancora trattenendomi per non ridere.

“Senti ma tu non avevi detto che ti faceva terribilmente male la gamba”

“Mi è passata...” balbettai, non sapendo cos'altro dire,

“Così di colpo?” mi chiese lui, non sembrava affatto convinto della mia risposta

“Si...sorprendente...” affermai incerta.

“Non era vero che ti faceva male la gamba?” mi chiesi posando il fazzoletto sporco sul tavolo.

“Certo che era vero...”

“Non mi prendere in giro ragazzina e ora dimmi perché fingevi che ti facesse tanto male!” affermò incollerito.

“All' inizio mi faceva davvero male poi però mi è passato....”

“Si, ma la domanda è perché?” continuò a chiedermi arrabbiato.

Rassegnata decisi di dire la verità così, timidamente ammisi:

“Perchè mi piacevano le tue carezze...”


Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Promessa infranta ***


Kyo:

Osservai Yoko incredulo per le parole che aveva appena pronunciato, così dissi “Eh come?”,in realtà avevo sentito piuttosto bene quello che avesse detto, ma volevo accertarmi di aver udito bene.

“Mi...piacevano le tue carezze...” disse in un sussurro.

Anche questa volta avevo perfettamente udito le sue parole, ma siccome lo disse sottovoce, potevo anche a non aver ben inteso cosa volesse dire, così le dissi “Potresti dirlo un po' più forte”

Lei allora con lo sguardo ancora basso, si mise ad urlare “ Mi piacevano le tue carezze!”

La sua voce rimbombò per tutta la casa, doveva averla udita persino mio fratello così le dissi “Abbassa la voce!”

“Ma mi hai detto tu di alzare la voce” affermò timidamente.

“Si, ma non ti ho detto di urlare!” la rimproverai, non volevo di certo che mio fratello sentisse quel discorso, ma ormai doveva per forza averlo udito.

Lei non aveva il coraggio di guardarmi dritto negli occhi e questo mi tranquillizzava, perché io ero più nervoso di lei, non sapevo cosa dire di fronte una cosa del genere, ma sapevo che avevo una promessa da mantenere inoltre lei era troppo inesperta per capire certe cose, era soltanto una ragazzina insicura e spaventata che non appena vedeva qualcuno che la ricoprisse di una minima attenzione lei credeva di esserne attratta o chissà cosa.

“Non dovresti farti toccare e baciare da uno come me...perchè non mi conosci neppure e poi sei una bambina...”

“Sei stato tu a toccarmi e a baciarmi la gamba” affermò indispettita ancora con lo sguardo basso.

“Non accadrà più...io...” affermai balbettando, non sapevo più cosa dire per giustificare la mia pessima condotta.

“Si, lo so sei fidanzato...” disse interrompendomi, sembrava come se improvvisamente avesse perso tutto l' imbarazzo iniziale e si fosse presa di coraggio per guardarmi dritto negli occhi in un modo bizzarro, io allora distolsi lo sguardo.

“Fidanzato?” chiesi sorpreso.

“si, ho sentito la promessa ed il resto...amerai sempre Mayko no?” mi guardò come se mi volesse incolpare di ciò.

“Esattamente...” risposi osservando i suoi occhi castani farsi lucidi.

Stava piangendo? La osservai perplesso e le accarezzai la testa per calmarla, ma lei si infuriò dicendo “Non mi toccare!”

“Scusa, hai ragione...non ti toccherò più credo sia la cosa migliore...” affermai tristemente allontanando la mano dalla sua testolina. Mi dispiaceva quella situazione, ma sapevo di non poter fare altrimenti.

“Se non puoi ricambiarmi allora non illudermi...” affermò dandomi le spalle.

“Ricambiarti?”chiesi stupefatto, lei credeva davvero di essersi innamorata di me.

“Stammi a sentire..alla tua età si hanno le idee molto confuse, gli ormoni fanno brutti scherzi e si crede chissà cosa, magari di essere innamorati e...”

“Si, credo tu abbia ragione...”affermò trattenendo i singhiozzi.

Mi faceva terribilmente male, vederla così triste per colpa mia, ma che cos'altro potevo fare, non avevo altra scelta, così decisi di tornarmene nella mia stanza, ma comparii mio fratello che assistette al pianto di Yoko guardandomi male.

“Non farti idee strane io...” affermai osservando il suo sguardo furente.

Lui non mi degnò di uno sguardo, ma si avvicinò a Yoko pronto per darle conforto,lo guardai si stava comportando come se Yoko fosse Mayko, in effetti tra le due v i era una qualche vaga somiglianza sia di carattere che fisica, ma potendo osservare meglio Yoko capii che non erano poi così simili.

“Adesso calmati” disse lui con il solito di voce rassicurante, facendomi sentire un verme.

Yoko incominciò a calmarsi, mentre lui le stava vicino ancora tranquillizzandola e porgendole un fazzoletto, che strano era come avere un dejavu, avevo già vissuto una scena simile, solo che la ragazza da consolare non era Yoko, ma Mayko che piangeva a causa mia e che veniva continuamente consolate da mio fratello.

Dopo Yoko sembrò calmarsi e mio fratello preparò la cena.

Mangiammo nel più completo mutismo, nessuno osava parlare di quello che fosse accaduto o di altro,preferivamo astenerci da qualsiasi conversazione che potesse sfociare in un ' accesa lite, sopratutto io che ero sicuro che qualunque cosa avrei detto, avrei finito per alterarlo per un motivo o per un altro.

Yoko ci scrutava tutti e due con incertezza tra un boccone ed un altro, io distoglievo lo sguardo guardando un punto imprecisato della cucina, poi di colpo mi tornò alla mente il padre di Yari avrei dovuto dirgli dov'era seppellita la figlia e non osavo immaginare la sua reazione quando gli avessi detto che si trovava a casa di mio padre.

Come avrebbe potuto recuperare il corpo della figlia, incominciai a chiedermi con il brutto presentimento che toccasse a me recuperare quel corpo, dopotutto io ero il colpevole di questa brutta situazione quindi toccava a me sbrigarmela.

Suonò il campanello, non aspettava alcuna visita, chi poteva mai essere? Mio fratello si alzò dalla tavola per vedere chi fosse, io lo seguii preoccupato.

Guardò dallo spioncino e aprii senza rivolgermi la parola, poi osservò l'uomo davanti la porta dicendo “Salve che ci fa qui...” Io lo osservai, riconoscevo quegli occhi colmi d odio e rancore: era il padre di Yari, ma mio fratello non lo sapeva per lui era solo un semplice psicologo.

Come mai non lo riconosceva? Poi mi ricordai, in effetti lui a casa di Yari non ci era mai stato e non gli capitò mai di incrociare il padre di Yari neppure al funerale di Mayko poiché non era venuto.

Mio fratello lo fece accomodare in casa sorridendogli, lui allora gli chiese come andavano le cose, se aveva ancora i soliti problemi, io li guardai confuso, non capivo di quali problemi si riferisse, mio fratello non aveva mai avuto alcun problema che io sapessi, poi mi guardò dicendo con un espressione seria“Ciao Kyo. Come va?”

Sapevo perfettamente che quel Kyo come va volesse dire “Hai scoperto dove mia figlia è stata sepolta...” io risposi incerto con un “va tutto bene” poi arrivati in cucina lui osservò Yoko salutandola con un sorriso strano impresso sul volto e disse “Tu devi essere Yoko...”

Lei lo guardò confusa chiedendosi come mai sapesse il suo nome, lui allora disse che per motivi professionali non potesse svelarlo e poi guardò subito dalla mia parte, anche quello sguardo significava qualcosa?
“Come mai è venuto qui?” chiese mio fratello.

“Vengo sempre a far visita ai miei pazienti, per vedere quali sono le loro condizioni, comunque Toshio ti trovo molto bene e anche tu...” disse guardando dalla mia direzione.

“Quindi Toshio sei stato un suo paziente?” gli chiesi guardandolo, non capendo quale potesse mai essere il problema che avesse spinto Toshio ad andare da uno psicologo, lui dopotutto non soffriva di amnesie come me.

Yoko ci osservava confusa, mentre io attendevo la risposta di Toshio che faticava ad arrivare così il padre di Yari disse “Suvvia non c'è nulla di male se anche Toshio è stata un mio paziente...”

Toshio mi guardò dicendo “Dopotutto non sei l' unico ad avere problemi, anzi io sono stato quello che ne ha avuti più di te...”

Sapevo perfettamente a che cosa si riferisse, però non poteva continuare a rimproverarmi di essere stato il figlio preferito e di non aver subito violenze come lui, non stata di certo colpa mia, io non avevo scelto di essere il preferito, ero stato solo più fortunato e basta.

“Sai credo di essermi stancato di sentirmi sempre dire di quanto io sia stato fortunato...di quanto io faccia schifo...di quanto io abbia fatto soffrire gli altri...devo continuare a vivere con i sensi di colpa sentendomi un verme per ogni cosa, anche per quelle di cui non ho alcuna colpa? Allora sai che ti dico Toshio mi sono rotto il cazzo, di tutto questo...e poi non dire che mi vuoi bene perché non è vero sei soltanto un ipocrita di merda, perché se mi volessi veramente bene non continueresti a farmi sentire così...” gli urlai contro, perdendo del tutto il controllo sotto gli occhi scioccati dei presenti.

Toshio si infuriò più di me “Non fare la vittima...questo ruolo non ti s'addice per nulla”

Il padre di Yari si immischiò dicendo “Adesso basta voi due, vi converrà abbandonare ogni ostilità e proteggervi tra di voi, perché anch'io ho qualcosa da dire!”

Lo osservai, il suo sguardo non prometteva nulla di buono, infatti tirò fuori dalla tasca una pistola, puntandola verso Toshio, lo osservai allarmato, non capendo perché tra i due avesse scelto Toshio come vittima e non me.

“Tu hai seppellito mia figlia...dimmi dove è il suo cadavere!” disse urlando.

Toshio lo guardò incredulo, come se non capisse di cosa stesse parlando poi però incominciò a capire e disse tremando “Il padre di Yari”

Yoko spaventata smise di mangiare e rimase immobile seduta senza aver la forza di muoversi e di dir niente.

“Nel giardino di casa Keitawa “ affermò mio fratello con quel po' di voce che gli era rimasta.

“Sarà impossibile prendere il suo cadavere...” esclamò adirato, poi però con un ghigno sul volto lo stesso che avevo visto a Yari il giorno in cui la uccisi disse “Tanto non è un problema mio, ma vostro...domani sera mi porterete quel cadavere altrimenti vi faccio fuori a tutti e tre, compresa la ragazzina...”

“Lei non centra niente con questa storia” affermai preoccupato.

“Non mi importa...se centra o non centra rivoglio il cadavere di mia figlia entro domani, questo è quanto...”

“Ma è impossibile riuscirci casa Keitawa è sempre sorvegliata...” replicai.

“E' un problema vostro” affermò prima di andarsene.

Dopo che uscii da casa nostra, io e Toshio ci guardammo non avendo idea di cosa poter fare di fronte una situazione come quella, poi il nostro sguardo si rivolse alla povera ragazzina che ci andava di mezzo ingiustamente.

“Mi potreste dare una spiegazione...” affermò lei perdendo la calma, forse perché ci andava di mezzo anche lei.

Io non avevo alcuna intenzione di spiegarle tutto, come potevo dirle che avevo ucciso una ragazza, di sicuro se avessi detto una cosa del genere non mi avrebbe più guardato in faccia o io non avrei più avuto il coraggio di farlo.

Toshio prese la parola dicendo “Mio fratello ha uciso una ragazza molto tempo fa e adesso il padre vuole indietro il suo cadavere che abbiamo sotterrato a casa di Keiawa...”

Lei incominciò a tremare e a farsi prendere dal panico e si avvicinò alla porta di casa per scapparsene, ma mio fratello la fermò stringendola forte a sé.

Lei gli mollò dei pugni gridando di lasciarla andare, ma lui non lo fece poi mi guardò dritto in faccia dicendo “Mi sa che non abbiamo altra scelta, dobbiamo andare a casa di Keitawa stanotte, almeno nel buio possiamo avere una qualche possibilità di non farci scoprire...”

“Hai ragione” affermai dimenticandomi della nostra lite, dopotutto anche lui se ne era ormai dimenticato, mentre riguardo a Yoko, la guardavo con frustrazione, vedendola stretta da mio fratello mentre tremava come una foglia per uscire una volta e per tutte dalla nostra lurida vita.

“Pensavo che tu fossi diverso” disse guardandomi con un espressione delusa e triste.

Mio fratello scoppiò a ridere di fronte le parole di Yoko dicendo “ Sei una povera illusa, come Mayko e Yari, lui non è in grado di amare nessuno a parte se stesso...”

Aveva ragione, ancora una volta mi pesava ammetterlo ma mio fratello aveva ragione, io avevo sempre pensato a me stesso, avevo messo da parte i sentimenti che nutrivo per Mayko per paura di soffrire, pensando al mio bene temendo che lei potesse primo o poi decidersi a prendere i voti e riguardo Yari la stessa identica cosa, avrei potuto respingerla, ma non lo feci perché mi piaceva fare sesso con lei, era questa la sola cosa che contava, nient'altro, dei suoi sentimenti non mi curai affatto neppure quel giorno quando venne a casa mia dicendomi che si era inventata di esser stata violentata da me per allontanarmi da Mayko,senza troppi giri di parole le dissi che per me era stata solo una con cui divertirmi. Poi stessa cosa anche con Toshio, non mi curai mai dei sentimenti che nutrisse per Mayko e di quanto avrebbero potuto essere felici insieme se io non fossi stato fra di loro. Così guardai Yoko fisso negli occhi dicendo malinconico “Ha ragione Toshio, io ho sempre pensato a me stesso, non curandomi mai degli altri”

Toshio mi guardò con un espressione meno severa poiché ammettevo le mie colpe, poi legò Yoko ad una sedia per impedirle di scappare per poi andare insieme a me a casa di Keitawa , ma io lo fermai dicendo “Tu resta qui, è una cosa che devo sbrigare da solo...”

“Già come se ne fossi capace,” affermò mio fratello contrariato.

“Non sono più quel Kyo, adesso me la posso cavare da solo...”

“Si, ma il punto è che c'è in pericolo la mia vita a causa di questa storia perciò...” affermò acidamente.

Toshio non sapeva fingere bene , anche se voleva fare il disinteressato non ci riusciva affatto, in realtà lui era sempre stato il migliore tra i due, sempre disponibile, buono e gentile, ma adesso tentava di diventare quello che non era, un ragazzo egoista ed opportunista che pensava solo al suo bene e a nient'altro, com'era stato io un tempo, non faceva altro che imitarmi, forse perchè credeva che in questo modo il suo destino non sarebbe stato più avverso come in passato.

“Non ti preoccupare, non mi succederà niente!” affermai rassicurandolo.

“Come se me ne importasse qualcosa di te...” esclamò infastidito.

“D' accordo, io comunque vado...” dissi prima di uscire di casa.

“Aspetta non sai neppure il punto esatto dove si trova” affermò mio fratello.

“Dove si trova?”

“Accanto alla fontana dei cigni, dove c'era la cuccia di Teddy”

“Ah, ho capito” affermai ricordandomi nostalgicamente il cane che avevamo.

Prima di uscire presi la pala e osservai Yoko che si dimenava tentando inutilmente di slegarsi tra piagnistei e urla,mi si stringeva il cuore a vederla così, ma non potevo cancellare ciò che avevo fatto e non avrei potuto nasconderlo a vita, primo o poi la verità sarebbe venuta a galla.

Così ancora una volta avevo fatto soffrire qualcuno che non se lo meritava, avrei voluto prendermi a pugni e a calci faccia, mi odiavo più di quanto mi potesse odiare mio fratello e più di Yoko stessa per quello che ero.

Ma adesso avrei almeno fatto una buona azione, avrei riportato il corpo di Yari a suo padre, anche se quella sarebbe stata una vera e propria impresa.

Uscii di casa con la pala fra le mani sperando di non incontrare qualche vicino invadente,ma chiunque si sarebbe insospettito a vedermi girare con una pala tra le mani sopratutto a quell'ora, ormai giunto in macchina, accesi il motore pronto a partire e mi preparai mentalmente a tornare in quel luogo in cui non mettevo piede ormai da anni.

Ormai arrivato presi una torcia dalla macchina, portandomi anche la pala, sperando che non mi scoprisse nessuno. questa era la prima volta che mi introduceva furtivamente in una casa e sopratutto in quella casa.

Temevo di venir scoperto,m in quel caso sarebbe stati guai seri, di sicuro Keitawa non mi avrebbe lasciato andar via, mi aveva sempre desiderato tutto per sé per un motivo o per un altro, quindi di sicuro mi avrebbe segregato in quella enorme casa, come se fossi una sua proprietà assoluta.

Mi portai dietro la pala e la torcia, poi con tutta la forza che avevo in corpo lanciai la pala oltre il cancello, sperando che nessuno mi sentisse e poi scavalcai la ringhiera.

Da quello che ricordavo l' allarme si trovava nella porta di casa quindi non sarebbe scattato se fossi rimasto distante da essa.

Accesi la torcia, guardandomi intorno per paura che qualcuno mi vedesse, ma sembrava non esserci nessuno o forse dormivano tutti dopotutto si era fatto tardi e non c'erano neppure le guardie del corpo, così mi incamminai verso la fontana dei cigni che conoscevo bene e poi andai verso la cuccia di Teddy, c'era ancora nonostante fosse morto, dopotutto mio padre gli era molto affezionato e la lasciò come ricordo del suo amato cane.

Così con la pala e aiutandomi con la sola luce della torcia incominciai a scavare senza fermarmi neanche per un solo istante, ma sembrava tutto inutile non c'era alcun cadavere li sotto, più scavavo e più mi facevo qualche nuova vescica alla mano che mi bruciava forte, inoltre le braccia non me le sentivo più e anche la schiena, mi faceva terribilmente male e persino gli occhi che sforzavo per vedere bene con la fioca luce della torcia finivano per dolermi.

Non potevo farcela, era tutto inutile pensai dandomi per vinto, ma mentre pensavo ciò, riflettevo sul volto di quell'uomo che voleva riabbracciare sua figlia, non potevo deluderlo, ma oltre a lui non potevo deludere né Yoko nè Toshio, perché loro ci avrebbero rimesso la vita a causa mia e queste erano le sole ragioni che mi spingevano a continuare a spalare nel buio pesto di quel giardino.

Riguardo la mia vita, di quella non mi importava un bel niente, dopotutto se fossi stato ammazzato dal padre di Yari sarebbe stato più che giusto dato che gli avevo ucciso la figlia e in questo modo avrei raggiunto Mayko.

La terra mi giunse ovunque, negli occhi, nella testa e nei capelli, ma ciò nonostante non mi fermai neppure per scrollarmela di dosso e continuai a scavare sperando che il mio impegno venisse ripagato, ma per quanto io scavassi, sembrava impossibile riuscire a ritrovare quel cadavere.

Il sudore mi bagnò i vestiti e il viso, mi asciugai la faccia con le mani sporche di terra e fango e poi ripresi a scavare ricordandomi il volto di Yoko deluso e sofferente a causa mia, dovevo scavare sopratutto per lei, perché se non avessi ritrovato quel cadavere, il padre di Yari l' avrebbe ammazzata e questo non era giusto, perché lei non centrava affatto con questa storia.

Si formò un enorme fosso sul terreno dalla quale trovai una collana di perle rosse, la raccolsi e la osservai attentamente, ero sicuro che appartenesse a Yari, quindi ricominciai scavare con più enfasi, ma dopo un po' mi accasciai al suolo stremato.

Mi rialzai pronto per rimettermi al lavoro, ma per quanto ci provassi finivo sempre per gettare la spugna a causa della stanchezza, così di nuovo mi coricai sul pronto, questa volta però mi addormentai.

Mi risvegliai all' alba e notando il sole, subito incominciai a rimettermi a scavare alla svelta per paura che mi potessero scoprire.

Dopo un po' vidi delle braccia su quell' enorme fossa, poi un busto e poi piano piano tutto il corpo putrefatto della ragazza che avevo ucciso, poi osservai il suo viso inanimato, i suoi occhi castani spalancati mi intimorivano, era come se mi osservassero, così tentai di non prestargli attenzione.

Dopo aver tirato fuori il cadavere di Yari, ricoprii la fossa che avevo fatto con la terra che vi era prima, anche se le mie braccia e la mia schiena erano ormai sfinite,persino le gambe faticavano a sostenere il resto del corpo.

Fatto anche ciò,tirai il corpo di Yari e la pala fuori dalla villa controllando che non vi fosse nessuno, ma a quell'ora sembrava non esserci nessuno.

La misi dentro un grosso sacco nero che infilai in macchina e che poi portai a casa, facendo un sospiro di sollievo perché era andato tutto liscio.

Mio fratello non appena mi vide mi abbracciò, non sembrava più fare tanto il difficile e mi fece subito capire che era veramente stato in pensiero per me.

Yoko invece dormiva e mio fratello l' aveva slegata e portata nel mio letto, la guardai dormire, era proprio bella quando dormiva. aveva quell' espressione beata che le invidiavo poiché avevo passato una notte insonne dormendo qualche oretta su uno scomodo prato.

Andai a farmi una doccia dato che ero sporco di terra, di sudore e che puzzavo anche di cadavere,l' acqua fredda mi rinfrescava il corpo dolorante e le vescicole alle mani continuavano a pizzicare forte sopratutto a contatto con l' acqua fredda.

Usci dalla doccia fresco e pulito poi però mi resi contodi essermi dimenticato i vestiti nella mia stanza, così mi recai nella stanza in accappatoio, tanto Yoko stava dormendo, ma quando entrai trovai Yoko sveglia che abbassò lo sguardo imbarazzata.

Io allora presi dei vestiti a casaccio per uscire alla svelta, ma lei mi fermò dicendo “ Quel cadavere l' hai...” la interruppi dicendo “Non preoccuparti è tutto apposto...”

Lei allora mi guardò ancora quell' espressione delusa e allo stesso tempo incollerita chiedendomi “Perchè l' hai uccisa?”

“Perchè voleva uccidere la mia ragazza, ma alla fine per aver ucciso lei, suo padre ha ucciso Mayko quindi il mio gesto non è servito a molto...”

“Mi dispiace per la tua ragazza” disse come se le dispiacesse per davvero.

“Mi dispiace averti fatto del male, sembra che io non riesca a far a meno di far soffrire la gente che mi sta vicino... perciò adesso penso che tu abbia capito che è meglio che te ne vada da qui...”

“Andarmene e come? Tuo fratello?”

“Non preoccuparti con lui me la sbrigo io...lascia fare a me...” dissi tranquillamente pur sapendo che mio fratello si sarebbe incazzato non poco per questa mia iniziativa.

Presi i vestiti e me ne andai dalla stanza,mentre mi rivestivo riflettevo su quanto era accaduto in quei giorni, era strano, ma improvvisamente i momenti passati con quella ragazzina erano diventati qualcosa di prezioso, forse perché ero sicuro che non ci sarebbero stati altri momenti insieme a lei, dato che quel giorno se ne sarebbe andata via insieme al sacco che stava all' ingresso di casa mia.

Dopo essermi vestito e aver aspettato che mio fratello uscisse a far la spesa come di consueto, io ero pronto per lasciar libera Yoko, ma lei invece di andarsene alla svelta come le dicevo di fare rimase immobile guardando me e poi quella porta, come se dovesse scegliere tra me ed essa.

Io aprii la porta di casa a malincuore, non avevo altra scelta, dovevo lasciarla uscire dalla mia pessima vita, perché quella era la sola cosa giusta che potevo fare per evitare di farle del male, come avevo fatto con tutti gli altri che mi erano stati intorno.

“Avevo detto che qualunque cosa tu avessi fatto non mi importava, ma che mi importava solo di quello che tu avevi fatto per me, non ricordi?”

“Si” affermai stralunato.

“Quindi non mi importa di che crimini ti sei macchiato in passato, perché non sei più quel Kyo...”

La guardai infuriato dicendo “E che ne sai? Chi ti dice che io non sia lo stesso Kyo del passato, che ne sai tu di me ragazzina?”

“So che se fossi stato quel Kyo non mi avresti salvato la vita, mi avresti già ammazzato e non ti saresti fatto tanti scrupoli a fare sesso con me e poi ad abbandonarmi per strada...”

“Si ma...” affermai senza sapere cosa dire perché ancora una volta era riuscita a lasciarmi senza parole.

La guardai avvicinarsi a me, questa volta non aveva più alcun timore e capendo che aveva deciso di non andarsene, ma di rimanere a casa mia, io controbattei dicendo “ Io ho ucciso una ragazza! Possibile che la cosa non ti tocchi...”

Lei mi guardò ancora insistendo su quel punto “Te l' ho già detto no?”

“Che ragazzina impossibile!” pensai sorridendo tra me e me, in fondo per quanto non volessi ammetterlo una parte di me era contenta della sua insolita decisione , ma l' altra pensava che non fosse affatto una buona cosa.

La guardavo ancora incredulo, come poteva aver deciso di rimanere al fianco di un assassino, avrebbe dovuto provar repulsione, orrore o quanto meno paura, ma sembrava che i sentimenti provati il giorno precedente fossero del tutto svaniti dal suo volto.

Decisamente non era una ragazzina comune, sotto le mentite sfoglie di bambina insicura, ingenua e spaventata dal mondo, veniva fuori una ragazza che non si lasciava spaventare dal mio oscuro passato, che aveva terrorizzato persino me da arrivare al punto di dimenticarmelo.

Quella giornata trascorse in fretta, Toshio tornò a casa dopo aver fatto la spesa e preparò la colazione come al solito, mentre io mi addormentai nel letto poiché ero troppo stanco e indolenzito.


Yoko:

Dopo aver ammesso che le sue carezze mi piacevano, lui mi guardò con un espressione stravolta, come se avessi detto una pesante bestemmia che offendesse la sua persona.

“Come?” chiese lui non avendo udito bene o forse rimasto troppo incredulo da quel che avessi detto.

Mi toccava ridire quella frase imbarazzante, così mi presi di coraggio, strinsi i denti e feci un respiro profondo, ok non era poi così difficile, ma il mio cuore batteva all'unisono e poi avevo il suo sguardo penetrante rivolto sempre verso di me.

Abbassai lo sguardo intimidita dai suoi occhi neri che sembravano volermi risucchiare nella loro oscurità e dissi in un sussirro “ Mi piacevano le tue carezze”. La mia faccia divenne di un rosso sfolgorante, mentre pronunciavo quelle parole, lui allora disse protesti alzare la voce, allora tentai di mettere da parte l' imbarazzo e gli urlai contro che mi piacevano le sue carezze, sembrava anche un po' arrabbiata mentre lo dicevo, perché ero certa che avesse sentito bene, ma che si divertisse a mettermi a disagio.

Abbassa la voce!” mi rimproverò.

In effetti avevo esagerato, usato tutta la forza delle mie corde vocali per dirlo, ma imbarazzata mi giustificai dicendo che me lo avevo detto lui di alzare la voce.

“Si, ma non ti ho detto di urlare!” affermò sottovoce poi disse “Non dovresti farti toccare e baciare da uno come me...perchè non mi conosci neppure e poi sei una bambina...”

“Sei stato tu a toccarmi e a baciarmi la gamba” affermai indispettita dalle sue parole, non sopportavo che mi trattasse sempre come una bambina, era vero rispetto a lui ero piccola e inesperta, ma non poteva considerarmi come una elle tante lattanti.

“Non accadrà più...io...” affermò incerto, mi parve pure di sentirlo balbettare.

“Si, lo so sei fidanzato...” dissi interrompendolo, guardandolo in faccia con un espressione amareggiata, che gli rimproverava il fatto di essere impegnato con un'altra che non ero io, ma sapevo che non ero colpa sua, ma del caso, eppure non riuscivo a far a meno di lanciargli quello sguardo colmo di rammarico.

“Fidanzato?” chiese sorpreso.

“si, ho sentito la promessa ed il resto...amerai sempre Mayko no?”chiesi amareggiata guardandolo dritta degli occhi, il fastidio sembrava più forte dell'imbarazzo.

“Esattamente...” rispose pacatamente, come se non ci fosse alcun problema, dopotutto doveva essere così per lui, perché per lui gli abbracci che ci eravamo scambiati e tutto il resto non era contato nulla, soltanto per me i momenti con lui erano stati speciali, così piansi sotto i suoi stessi occhi, avrei tanto voluto non farlo, riuscire a fermare quelle fottutissime lacrime, ma era tutto inutile.

Aveva ragione ero una stupida bambina, che piangeva per delle stupidaggini e che si lasciava illudere con tanta facilità dagli altri, ma pensandoci lui non aveva mai lasciato intendere che io gli piacessi, quindi ancora peggio mi ero illusa da sola senza neppure rendermene conto.

Mi accarezzò la testa per calmarmi, ma quel contatto mi rendeva le cose ancor più difficili da accettare così gli urlai contro di non toccarmi.

“Scusa, hai ragione...non ti toccherò più credo sia la cosa migliore...” affermò come se si sentisse in colpa e tolse subito le mani dalla mia testa.

“Se non puoi ricambiarmi allora non illudermi...” affermai ormai fuori controllo.

“Ricambiarti?”chiese stupefatto, come se non avesse ben inteso i miei sentimenti.

Dopo una breve pausa disse:“Stammi a sentire..alla tua età si hanno le idee molto confuse, gli ormoni fanno brutti scherzi e si crede chissà cosa, magari di essere innamorati e...”

“Si, credo tu abbia ragione...”affermai trattenendo i singhiozzi e la rabbia, non sopportavo quei discorsi, poteva anche essere più grande di me, ma non poteva avere la presunzione di sapere cosa io provassi, lui non era dentro la mia testa.

Pi vidi comparire il fratello di Kyo che ci guardava interrogativo, dopo guardò Kyo intuendo che era stato lui il colpevole ad avermi fatto piangere.

“Non farti idee strane io...” affermò Kyo infastidito dallo sguardo che gli lanciava il fratello..

Lui non lo degnò di uno sguardo, ma si avvicinò a me pronto per darmi conforto,lo guardai incredula, io davvero non lo capivo quel ragazzo, ma forse non mi interessava neppure comprenderlo sopratutto in quel momento e poi non volevo più cadere nella stesso tranello in cui mi ero cacciata a causa delle gentilezze e del conforto di qualcuno, quindi con lui mi comportavo come se non avessi alcun bisogno del suo appoggio.

“Adesso calmati” disse rassicurante.

Lo guardai ancora facendo la sostenuta, non avevo alcuna intenzione di farmi consolare da un altro uomo, che mi avrebbe fatto soffrire per un motivo o per un altro, poi però rassegnata finii per lasciarmi consolare da lui accettando pure il fazzoletto che mi mise fra le mani.

Aveva un espressione eccessivamente dolce, amabile e rassicurante, non come quella di Kyo che anche se riusciva ad essere dolce e rassicurante, sembrava come se qualcosa lo frenasse, come se avesse paura di mostrare la sua vera natura.

Quando mi calmai, suo fratello preparò la cena e mangiammo nel più completo mutismo, nessuno osava parlare di quello che fosse accaduto o di altro.

Io avrei voluto dir qualcosa per rompere il gelo di quella piccola cucina che incominciavo sempre più a sentire, ma non sapevo che cosa fosse giusto dire in una cena come quella, dopotutto non mi trovavo a casa Keitawa dove c'era la mia matrigna che mi rassicurasse e mi dicesse di parlare tranquillamente che anche se avessi detto una sciocchezza lei mi avrebbe ascoltato interessata e sorridente, così che persino il mio patrigno avrebbe finto un vago interesse, mentre Shizuko infastidita mi avrebbe punzecchiato come al solito prendendosi un rimprovero da parte della madre.

In quel caso, non mi trovavo con una famiglia ricca come i Keitawa, mi trovavo in una casupola che sembrava appartenere a dei veri e propri poveracci, che facevano i criminali di professione, quindi di cosa si poteva mai parlare?Scrutavo tutti e due con incertezza tra un boccone ed un altro, sembravano inalberati per un motivo che non capivo, forse la fonte del loro fastidio ero proprio io.

Dopo un po' suonò il campanello, non sembrava aspettassero qualche visita, chi poteva mai essere?

Il fratello di Kyo si alzò per andare ad aprire, lo guardai era più stupito di me nell' udire il campanello e Kyo lo seguii a ruota con il suo stesso sbalordimento.

Io continuai a mangiare continuando a chiedermi chi fosse,avrei voluto alzarmi, ma non volevo apparire troppo invadente, così rimasi seduta fingendo scarso interesse, ma in realtà cercavo di sentire ogni discorso che si stessero dicendo, ma purtroppo non riuscivo a sentire bene a causa delle mura erano fin troppo spesse.

Entrarono in cucina con un uomo dall'aria smunta e molto segnata dall' età, mi osservò salutandomi con un sorriso strano impresso sul volto e disse “Tu devi essere Yoko...” Io lo guardai perplesso non sapendo se ricambiare o meno il saluto, io non lo conoscevo, ma lui come faceva a sapere il mio nome? Gli chiesi come mai conoscesse il mio nome, ma lui disse che per motivi professionali non potesse svelarlo poi guardò dalla parte di Kyo.

Come mai è venuto qui?” chiese Toshio.

“Vengo sempre a far visita ai miei pazienti, per vedere quali sono le loro condizioni, comunque Toshio ti trovo molto bene e anche tu...” disse guardando Kyo, non capivo parlava con Toshio però guardava Kyo, era davvero molto bizzarro.

“Quindi Toshio sei stato un suo paziente?” chiese Kyo scioccato.

Io ero più esterrefatta di Kyo, perché non capivo di cosa stessero parlando, paziente? Poi dedussi che fosse una sorta di medico quell'uomo.

“Suvvia non c'è nulla di male se anche Toshio è stata un mio paziente...” affermò l'uomo pacatamente.

Toshio guardò Kyo dicendo “Dopotutto non sei l' unico ad avere problemi, anzi io sono stato quello che ne ha avuti più di te...”

“Sai credo di essermi stancato di sentirmi sempre dire di quanto io sia stato fortunato...di quanto io faccia schifo...di quanto io abbia fatto soffrire gli altri...devo continuare a vivere con i sensi di colpa sentendomi un verme per ogni cosa, anche per quelle di cui non ho alcuna colpa? Allora sai che ti dico Toshio mi sono rotto il cazzo, di tutto questo...e poi non dire che mi vuoi bene perché non è vero sei soltanto un ipocrita di merda, perché se mi volessi veramente bene non continueresti a farmi sentire così...” gli urlò contro Kyo, mentre diceva queste parole sembra furioso, ma allo stesso tempo avvilito.

Toshio si infuriò più di lui “Non fare la vittima...questo ruolo non ti s'addice per nulla”

Quell'uomo si immischiò dicendo “Adesso basta voi due, vi converrà abbandonare ogni ostilità e proteggervi tra di voi, perché anch'io ho qualcosa da dire!”

L'uomo allora tirò fuori dalla tasca una pistola che puntò contro Toshio, osservai la scena perdendo completamente l' appetito.

“Tu hai seppellito mia figlia...dimmi dove è il suo cadavere!” disse urlando.

Toshio lo guardò incredulo, come se non capisse di cosa stesse parlando poi però disse “Il padre di Yari”

“Nel giardino di casa Keitawa “ affermò il fratello con quel po' di voce che gli era rimasta.

“Sarà impossibile prendere il suo cadavere...” esclamò adirato, poi però con un ghigno sul volto disse “Tanto non è un problema mio, ma vostro...domani sera mi porterete quel cadavere altrimenti vi faccio fuori a tutti e tre, compresa la ragazzina...”

Ascoltai i loro discorsi rabbrividendo, si parlava della figlia di quell'uomo che era stata seppellita da Toshio chissà dove e che lui volesse indietro quel cadavere e poi altra cosa che mi allarmò era che il cadavere di quella ragazza si trovasse nel giardino Keitawa, quello stesso giardino dove avevo sempre passeggiato e giocato con Shizuko prima che diventasse arrogante e insopportabile.

Perché il cadavere si trovava in quella casa e perché Toshio lo aveva seppellito? E poi in mezzo a tutta questa storia di cui non avevo idea finivo per rimetterci anch'io, pensai preoccupata dopo aver sentito l'intimidazione dell'uomo.

“Lei non centra niente con questa storia” affermò Kyo preoccupato.

“Non mi importa...se centra o non centra rivoglio il cadavere di mia figlia entro domani, questo è quanto...” affermò seccamente.

“Ma è impossibile riuscirci casa Keitawa è sempre sorvegliata...” replicò Kyo.

“E' un problema vostro” affermò prima di andarsene.

Quando se ne fu andato i due fratelli sembrava come se comunicassero attraverso un intesa di sguardi, poi si voltarono verso di me e allora mi decisi a chiedere una qualche spiegazione.

“Mi potreste dare una spiegazione...” affermai agitata.

Kyo mi guardò rimanendo in silenzio, come se ci fosse dietro quella faccenda qualcosa di grave che volesse tacermi, mentre Toshio prese la parola dicendo “Mio fratello ha ucciso una ragazza e adesso il padre vuole indietro il suo cadavere che abbiamo sotterrato a casa di Keitawa” Mi lasciai prendere dal panico, da non capire più nulla, sapevo solo una cosa dovevo scapparmene da quella casa così mi avvicinai alla porta di casa pronta per scappare, ma il fratello riuscii a prendermi e mi strinse forte a sé, mentre io scalciavo e gli davo dei pugni gridando di lasciarmi andare con tutta la forza che avevo in corpo, ma lui non lo fece poi guardò dritto in faccia Kyo dicendo “Mi sa che non abbiamo altra scelta, dobbiamo andare a casa di Keitawa stanotte, almeno nel buio possiamo avere una qualche possibilità di non farci scoprire...”

“Hai ragione” affermò Kyo.

Io cercavo ancora di liberarmi da quella forte stretta, tentai pure di mordergli il braccio, ma non ci riuscii, ero come una bestiola indifesa, poi il mio sguardo si posò verso Kyo, verso il ragazzo che avevo ritenuto una persona di cui potermi fidare, adesso non era più così, lui aveva ucciso una persona, come avrei potuto fidarmi ancora di uno così.

I nostri sguardi si incrociarono il suo era uno sguardo intriso di frustrazione, mentre il mio era spaventato e disperato.

“Pensavo che tu fossi diverso” disse guardandolo con un espressione delusa e triste.

Mio fratello scoppiò a ridere di fronte le mie parole dicendo “ Sei una povera illusa, come Mayko e Yari, lui non è in grado di amare nessuno a parte se stesso...”

Mi guardò fisso negli occhi, anche se sapevo cosa aveva fatto, non riuscivo a far a meno di ammirare quelle due grandi perle nere sfavillanti “Ha ragione Toshio, io ho sempre pensato a me stesso, non curandomi mai degli altri”

La sua espressione era afflitta, come se stesse portando un grosso peso sulle spalle che non riusciva a scrollarsi di dosso nonostante avesse tanto voluto farlo.

Guardavo i suoi occhi colmi di tristezza, non riuscendo a credere che quegli splendidi occhi potessero essere ad un assassino, ma dopotutto avevo sempre intravisto in quegli occhi qualcosa di Keitawa, erano dello stesso colore e della stessa grandezza, si poteva quasi dire che fossero identici, eppure io riuscivo a vedere qualcosa di diverso in quegli occhi, carichi di dispiaceri e di angoscia.

Toshio mi legò ad una sedia per impedimi di scappare per poi andare insieme a Toshio a casa del mio patrigno , ma lui lo fermò dicendo “Tu resta qui, è una cosa che devo sbrigare da solo...” disse con i suoi occhi pentiti e costernasti per tutto il male che avesse fatto.

“Già come se ne fossi capace,” affermò il fratello contrariato.

“Non sono più quel Kyo, adesso me la posso cavare da solo...”disse lui ancora con quell' espressione affranta.

“Si, ma il punto è che c'è in pericolo la mia vita a causa di questa storia perciò...” affermò a

“Non ti preoccupare, non mi succederà niente!” affermò lui come se il fratello avesse detto che si preoccupava per lui.

“Come se me ne importasse qualcosa di te...” esclamò Toshio infastidito.

“D' accordo, io comunque vado...” disse prima di uscire di casa.

“Aspetta non sai neppure il punto esatto dove si trova” affermò suo fratello.

“Dove si trova?” chiese Kyo.

“Accanto alla fontana dei cigni, dove c'era la cuccia di Teddy”

“Ah, ho capito” affermò seccamente lui.

Prima di uscire impugnò una pala da portare con sé e poi mi osservò mentre tentavo inutilmente di liberarmi piangendo e urlando, lui mi guardò impietosito come se gli dispiacesse davvero quello che mi stava facendo passare, poi però se ne uscii.

Toshio mi disse di calmarmi,io lo feci per paura che si infuriasse per davvero, poi mi mi sfiorò il viso dicendo “Per quanto io ti trova insopportabile ragazzina, hai qualcosa che mi ricorda tanto Mayko, forse è per questo che Kyo è sempre docile con te, forse spera di poter riscattare tutto il male che ha fatto a Mayko comportandosi bene con la sua brutta copia...io al contrario, ti trovo insopportabile per questa tua somiglianza, perché sai io quella ragazza l'amavo veramente, non come Kyo, che finiva per trattarla sempre male...io non le facevo mai mancare niente...ma lei preferiva sempre lui a me...”

Rimasi attonita da quelle parole, io ero la brutta copia di Mayko per loro due pensai amareggiata cercando di mantenere la calma, ma non ci riuscii non sopportavo l' idea di venir considerata il clone malriuscito di qualcun altro.

“Io non sono la brutta copia di nessuno, io sono Yoko!” urlai infuriata.

“Si, ma le somigli così tanto per certi versi che uno non può far a meno di pensare che tu sia una sua brutta copia di lei...” affermò serio in viso continuando a toccarmi il viso con dolcezza.

Poi avvicinò la sua bocca vicino alla mia, tentai inutilmente di liberarmi, ma non ci riuscivo, ero legata in quella maledetta sedia, quindi non potevo affatto sottrarmi a quel bacio.

Le sue labbra erano morbide e calde, però non erano le labbra che avrei voluto davvero baciare nonostante gli somigliassero molto, dopotutto erano fratell, così per un momento ebbi l' illusione che appartenessero a Kyo, mentre lui s illudeva che appartenessero a Mayko la ragazza di Kyo che lo aveva sempre rifiutato, ma quando riaprii gli occhi vidi il suo volto, non era quello di Kyo, che mi piaceva molto, così gli mollai un morso sulla lingua che aveva introdotto a forza sulla mia bocca, così si staccò dalle mie labbra lamentandosi per il dolore e poi mi mollò un forte schiaffo sulla guancia.

“Anche se sei una brutta copia, mi rifiuti come lei!” affermò furioso.

Rimasi immobile riflettendo su ciò che avesse detto e su quel bacio, era stato il mio secondo bacio dopo quello che avevo ricevuto dal mio ex ragazzo, se potevo definirlo ragazzo, dopotutto non ci vedevamo mai e il massimo che ci davamo era un bacio a stampo, tanto per dire che ci eravamo baciati, non c'era passione e né amore da parte di entrambi.

Lui stava con me solo per fare il gradasso e per sentirsi più grande rispetto ai suoi amici perché aveva già la fidanzata e pure con un gran bel seno, mentre io stavo con lui solo per colmare la figura paterna che mi mancava, ma lui non rispondeva affatto alle mie esigenze.

Passai quasi tutte le ore della giornata pensando e riflettendo su quante volte le cose non andassero come io sperassi, anche in quella circostanza era tutto andato in malora, Kyo si era rivelato un assassino e suo fratello mi aveva dato un bacio che non volevo.

Mi riusciva ancora impossibile credere che lui avesse potuto uccidere qualcuno e continuavo a non volerci credere a voler rinnegare quell'amara verità, ma purtroppo era tutto vero e non potevo fingere che non lo fosse.

Lui me lo aveva anche detto era il diavolo in persona, che non dovevo abbracciare e ne farmi toccare da uno come lui, ma io come una stupida non avevo badato alle sue parole, però ricordando lo sguardo che aveva, non riuscivo neppure a provare orrore, disprezzo e paura nei suoi confronti, perché riconosceva il suo reato con un sincero pentimento.

Se ne era persino andato da solo a ripescare quel cadavere assumendosi tutte le responsabilità di quanto fosse accaduto. Uno come Keitawa non lo avrebbe mai fatto, per questo erano così diversi quei due e per questo non riuscivo ad avercela davvero con Kyo per quello che avesse fatto perché sembrava aver sofferto e pagato abbastanza per quello che avesse fatto, lo capivo bene dal suo sguardo, era come se ogni giorno combattesse duramente con se stesso, anche da come parlava di se stesso capivo bene che si odiava per quell'insano gesto che avesse compiuto.

Dopo un po' mi addormentai sulla sedia, poi sentii le forti braccia di qualcuno che mi stringevano forte a sé, mi ricordai allora di Kyo che mi aveva portato in braccio quando mi feci male alla gamba e pensai fosse lui, così dissi ripetutamente il suo nome nel sonno.

Mi risvegliai nel letto di Kyo, era ormai mattina e poi vidi la porta aprirsi e comparire Kyo con indosso solo un' accappatoio nero, lo osservai rimanendo affascinata dalla sua bellezza:

I suoi capelli castano chiaro erano tutti in disordine e gocciolanti, mentre tentava di aggiustarseli notando il mio sguardo rivolto verso di essi, poi abbassai lo sguardo e senza volere finii per guardare il suo torso nudo che si vedeva lievemente dalla scollatura a v dell' accappatoio.

Sembrava aver un bel fisico, non era il classico ragazzo muscoloso che si vedeva in televisione, però aveva quel tanto di muscoli che bastavano, ma notando il suo sguardo imbarazzata mi voltai da un'altra parte mentre lui incominciò a prendere dei vestiti a casaccio, sembrava andasse di fretta, forse era anche lui imbarazzato, poi mi diedi mentalmente della stupida, un ragazzo grande e grosso come lui che si imbarazzava a farsi vedere in accappatoio da una bambina come me, no, non pensavo proprio che fosse possibile.

Stava per andarsene, ma io lo fermai decisa a chiederle se fosse andato tutto bene la scorsa notte dicendo “Quel cadavere l'hai” ma non avevo il coraggio di completare quella frase, lui allora mi interruppe dicendo ““Non preoccuparti è tutto apposto...”

“Perchè l' hai uccisa?” gli chiesi cercando almeno una giustificazione che potesse in qualche modo giustificare il suo gesto.

“Perchè voleva uccidere la mia ragazza, ma alla fine per aver ucciso lei, suo padre ha ucciso Mayko quindi il mio gesto non è servito a molto...”

“Mi dispiace per la tua ragazza” affermai incredula e dispiaciuta.

Io avevo creduto che la sua ragazza fosse ancora viva e invece lei era morta, questo in parte mi sollevò poiché non avevo alcuna rivale, ma dall'altra finii per darmi della stupida come potevo sollevarmi di fronte una rivelazione tanto brutta come quella.

“Mi dispiace averti fatto del male, sembra che io non riesca a far a meno di far soffrire la gente che mi sta vicino... perciò adesso penso che tu abbia capito che è meglio che te ne vada da qui...”

Lo guardavo impietosita , sembrava sinceramente addolorato di tutto quello che aveva fatto ed era persino disposto liberarmi nonostante avrei potuto denunciarlo.

“Andarmene e come? Tuo fratello?” le chiesi attonita.

“Non preoccuparti con lui me la sbrigo io...lascia fare a me...” disse tranquillamente.

Poi silenziosamente prese i vestiti e se ne andò dalla stanza, lo guardai uscire con un espressione malinconica sul volto come se stesse uscendo non più dalla stanza ma dalla mia vita.

Dopo quando il fratello di Kyo uscii per andare a fare la spesa, Kyo mi accompagnò verso la porta di casa per farmene andare.

La libertà tanto agonizzata la sera precedente finalmente mi veniva servita su un piatto d'argento, eppure quella stessa libertà adesso era come se non la volessi più, sopratutto osservando le sue grandi braccia che mi avevano stretto a sé intensamente come se non volessero mai più lasciarmi e poi le sue mani che mi avevano sfiorato le guance, i capelli e la mia testa, adesso invece venivano usate per aprire quella porta.

Ripensai alle parole che gli avevo detto quel giorno in cui lui mi disse cupamente che era un diavolo e che non avrei dovuto farmi abbracciare da uno come lui, io in quella circostanza gli dissi che non mi importava chi era e cosa avesse fatto, quello che contava per me era quello che aveva fatto per me, ma avevo mentito spudoratamente perché non appena scoprii di quella ragazza, Yari che lui aveva ucciso io, subito lo avevo guardato con occhi diversi e delusa avevo lasciato intendere che non mi fidassi più di lui.

Mi sentii in colpa ricordando ciò, sopratutto notando i suoi occhi scuri e tristi che continuavano a fissarmi come se avessero tanto scongiurarmi di non andarmene ma che non avessero il coraggio di farlo.

“Avevo detto che qualunque cosa tu avessi fatto non mi importava, ma che mi importava solo di quello che tu avevi fatto per me, non ricordi?”

“Si” affermò stralunato.

“Quindi non mi importa di che crimini ti sei macchiato in passato, perché non sei più quel Kyo...” dissi sicura di quello che stessi dicendo, non avevo più paura, perché ormai lo conoscevo, avevo capito chi era, era una persona si che aveva fatto delle brutte cose, ma che ne era davvero pentito e che tutte le mattine si svegliava struggendosi e soffrendo per tutto quello che avesse fatto.

Mi guardò infuriato dicendo “E che ne sai? Chi ti dice che io non sia lo stesso Kyo del passato, che ne sai tu di me ragazzina?”

“So che se fossi stato quel Kyo non mi avresti salvato la vita, mi avresti già ammazzato e non ti saresti fatto tanti scrupoli a fare sesso con me e poi ad abbandonarmi per strada...” dissi mettendolo a tacere, dopotutto era vero se fosse stato quel Kyo io neppure ci sarei rientrata nella sua vita.



“Si ma...” affermò bloccandosi, rimanendo senza parole.

Mi avvicinai a lui, questa volta non aveva più alcun timore e capendo che avevo deciso di non andarsene, ma di rimanere a casa sua, lui controbatteva dicendo “ Io ho ucciso una ragazza! Possibile che la cosa non ti tocchi...”

Io mi limitai a dirgli “Te l' ho già detto no?”

Dopo un po' Toshio tornò a casa e preparò la colazione, io lo guardavo provando un forte disagio, non sapevo come comportarmi dopo che mi avesse baciato e dopo che lo avessi morso rifiutandolo, così non appena Kyo se ne andò lasciandomi sola con lui in cucina,decisi allora di tornarmene nella stanza di Kyo non riuscendo più a reggere quella situazione. Arrivata nella sua stanza, vidi Kyo accasciato nel letto e dormire beato come un bambino, poi osservai le sue carnose labbra che sembravano parlarmi, era come se mi dicessero di baciarle, ma la paura che si potesse svegliare da un momento all'altro mi bloccava più di ogni altra cosa.

Dopo un po' la sua espressione beata svanii e incominciò a diventare inquieta rigirandosi di continuo nel letto, poi dopo un po' incominciò a delirare dicendo delle cose senza senso tipo “ Perché?”e molte altre frasi sconnesse, poi urlò il nome di Mayko e dopo il mio.

Lo guardai angosciata, mi dispiaceva vederlo così stravolto, speravo che almeno quando dormisse potesse riposare bene e invece persino nel sonno continuava quella dura lotta con se stesso, così rimasi ferma ad osservarlo incerta sul da farsi, non sapevo se svegliarlo oppure lasciarlo ridotto in quella situazione, ma sapevo di non poterlo lasciare in quel modo, così chiamai il suo nome ripetutamente stringendo la sua mano nella mia.



Kyo:

Ero nel giardino di casa Keitawa, quel giardino dove avevo passeggiato molte volte con Mayko, lei diceva che le piaceva molto il giardino di casa mia sopratutto quella fontana in pietra bianca dove c'erano le statue di due cigni che intersecavano i loro colli formando una sorta di x e dai loro enormi becchi spalancati usciva della limpida acqua.

Mayko poi si avvicinò alla cuccia di Teddy dicendo “Povero Teddy era davvero un bravo cane...”

Io ricordai quel cane, gli ero sempre stato molto affezionato da piccolo ci giocavo sempre così anch'io aggiunsi “Si...”

Lei dopo un po' mi scrutò dicendo “Kyo, lo sai che ti amo...”

Io rimasi immobile d fronte quella confessione, anch'io l' amavo, ma per quanto avessi voluto dirlo non ci riuscivo, tremavo mentre tentavo anch'io di pronunciare quelle parole che lei aveva detto con tanta calma.

“Tu non ami non è così” disse lei notando che non avessi risposto al suo ti amo che avrei dovuto.

“Non è vero io ti...però...” dissi non riuscendo ancora a dire quelle maledette parole.

“Se mi amassi me lo diresti e invece non hai neppure la forza di dirmelo...” disse accusandomi.

“Dimmi la verità c'è un 'altra ragazza che ami adesso...” disse osservando un punto del giardino.

Osservai la direzione che era intenta a fissare e in quell'istante vidi Yoko che veniva dalla nostra direzione, mentre Mayko spariva come un fantasma.

“Mayko! Mayko!” urlai il suo nome diverse volte ma fu tutto inutile.

Yoko nel frattempo avanzava verso la mia direzione, ma io ero troppo intento a pensare a Mayko per curarmi di lei, così mi allontanai da lei, ma dopo un po vidi comparire il cadavere putrefatto di Yari che usciva fuori dal sacco nero dentro la quale l' avevo messo e che era pronto per uccidere Yoko dicendo : “ Se la ucciderò nessuno potrà più dividerci, questo è il solo modo per farti capire chi ti ama davvero...”

“No” urlai mentre tirava fuori il coltello avanzando verso Yoko che la guardava spaventata, poi comparve ancora una volta Mayko lei sembrò approvare il gesto di Yari, poi però guardò verso la mia direzione con un velo di tristezza disse “Se continuerai ad aver paura di esprimere quello che realmente provi, sarà inevitabile che tu le faccia del male...”

Yari improvvisamente scomparve e Yoko si gettò sul prato ancora terrorizzata di quanto fosse accaduto, mentre Mayko continuava a parlarmi dicendo “Continui ad essere quel Kyo che mi fa tanto soffrire, credi forse che mantenendo a forza quella promessa tu possa farmi riposare tranquilla, così non fai altro che farmi stare in pensiero per te...persino da morta non trovo la pace a causa tua. Mi fai persino sentire in colpa, non ti sopporto più!” disse urlando furibonda puntandomi il dito contro.

“Perchè? Perché? Tu dici queste cose? Perché sei così ingiusta con me?” le chiesi disperato, non avendo fatto altro che amarla e pensarla e con quella promessa non avevo fatto altro che dimostrarle il mio sincero amore.

“Tu...non puoi continuare ad amare qualcuno che è morto...Devi andare avanti, perché tu sei ancora vivo “ affermò guardando in direzione di Yoko.

“Non vuoi che lei soffra non è vero, allora digli quello che provi!” disse guardandomi con un espressione benevola sul volto.

“Io ti devo tante scuse,Mayko!” affermai dispiaciuto di quanto le avessi fatto del male.

“Kyo la morte allieva ogni dolore , ogni ferita, anche Yari non soffre più, quindi non temere...tu devi solo guardare avanti cercando di non commettere più gli stessi errori...”

La guardai addolorato come poteva chiedermi di andare avanti, adesso che la rivedevo e che avrei potuto riabbracciarla, ma non appena mi avvicinai a lei per stringerla a forte a me, vidi Yoko che stava per essere risucchiata dentro un buco nero che si era formato sotto il prato.

“Yoko!” urlai con tutta la forza che avevo in corpo rincorrendola.

Mayko allora disse “Lo sai perfettamente quello che devi fare per evitare che venga risucchiata...”

“No, che non lo so,che cosa devo fare?”

“Te l'ho già detto devi essere sincero prima con te stesso e poi con lei...” disse svanendo via.

Improvvisamente sentii una voce chiamarmi era quella di Yoko e allora riaprii gli occhi era stato solo un brutto sogno.

Sentii la mano di Yoko stringere la mia, ma subito decise di allontanarla, io intuendo che volesse allontanarla sentendo la sua presa farsi sempre più debole, la strinsi forte facendola aderire la manina alla mia grossa mano, così allora compresi ciò che Mayko intendesse dirmi nel sogno e così la promessa era stata sciolta per sempre.


Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Bacio intenso ***


Yoko:
Kyo arraffò la mia mano come se fosse un oggetto di valore che non volesse lasciarsi sfuggire, poi però arrivò quell'uomo con la faccia incartapecorita, non era altri che il padre di quella ragazza che era stata uccisa da Kyo.
Lui con un espressione seria e composta, gli diede quel gran sacco nero dove giaceva il corpo morente della figlia, io li scrutai dal lungo corridoio della casa, mentre l'uomo tirava fuori dal sacco quel corpo per assicurarsi che si trattasse della figlia.
Non appena scorse il suo viso, divenne bianco come un cencio e pianse disperato chinandosi per vederla meglio, era come se avesse realizzato solo in quel momento che sua figlia non fosse più in vita.
Kyo si scompose chinandosi anche lui, cercando di far qualcosa per calmare quell'uomo, ma ogni gesto e ogni parola pronunciata dalla sua bocca finiva per farlo stare ancor più male, così Kyo con la sua solita espressione colpevole e malinconica tornò al suo posto, lasciando che l'uomo portasse via sua figlia.
Ma l'uomo posò il cadavere delicatamente sul freddo pavimento e poi si avvicinò a Kyo puntandogli il dito contro con una collera accesa, ma al contempo disperata.
“Perchè? Perché? Dimmi perché? Hai fatto questo alla mia bambina!” disse stringendolo per il colletto della camicia come se volesse strangolarlo.
Kyo non oppose resistenza, chinò il volto per guardare il corpo di Yari e poi lo sollevò guardando l'uomo sofferente che stava lì dinanzi a lui pronto a soffocarlo con le sue mani.
Lo sentii sussultare dal dolore e respirare affannosamente per il respiro che sempre più gli andava mancando, ma ciò nonostante rimase fermo, senza mostrare alcun cenno di volersi difendere, mentre l'uomo continuava a tirargli il collo con più impeto, fino a che il respiro piano piano gli mancasse del tutto.
Mi intromisi spaventata,urlandogli contro “Che cosa volete forse ucciderlo!”
“Non ti intromettere tu!” disse guardandomi con uno sguardo di ghiaccio.
Poi il fratello di Kyo udendoci dall' altra stanza si intromise anche lui fermando l'uomo, dicendo “Mio fratello le ha dato ciò che volevate e per tale ragione, lei deve mantenere la sua parola ed era quella di non ucciderci...”
Lui tornò in sé, smettendo di stringere il colletto di Kyo che finalmente tornava a respirare normalmente, anche se con il collo livido.
L'uomo allora si chinò per raccogliere il corpo della figlia e Kyo si abbassò per aiutarlo, ma lui si infuriò dicendo “Non osare toccare il corpo di mia figlia!”
“Perdonatemi signore!” disse con voce tremante.
Toshio guardava il fratello chiedendogli se stava bene, lui non rispose neppure alla domanda, era troppo concentrato ad osservare quell'uomo che tentava di frenare le lacrime e la rabbia.
Toshio aprii la porta all'uomo, ma lui gli rispose dicendo “Non ho bisogno alcun aiuto, non ne voglio aiuti da voi luridi bastardi!”.
Anche Toshio non si infuriò di fronte le accuse dell'uomo, subiva in silenzio sapendo che questo era il minimo dopo tutto il male che avessero recato a quell'uomo, ma rispetto a Kyo, la sua espressione era più distaccata, forse perché la sua sola colpa era stata quella di aver protetto il suo fratellino.
Kyo osservò l'uomo uscire e chiudere dietro di sé la porta di casa, ancora con quell'espressione dispiaciuta e colma di un rimpianto infinito, mentre il fratello lo guardava continuando a chiedergli se stava bene.
Lui non rispondeva, era come se non sentisse le parole del fratello e continuava a guardare quella porta ormai chiusa con quell' espressione vacua e smarrita.
Il fratello gli toccò la testa per vedere se avesse febbre o qualche malore, ma capii che non aveva nient'altro che quel grande rimorso a soffocarlo, così tornò nella sua stanza.
“Kyo!” lo chiamai urlando forte.
Lui si voltò verso di me, guardandomi con quell' espressione smarrita e disperata, poi si decise ad aprir bocca dicendo “Ti prego... lasciami in pace...”
Poi mi diede uno spintone prima che gli colasse qualche lacrime dal viso, lo osservai impietosita, pronta a darle il mio conforto, ma lui mi diede le spalle dicendo “Te l' avevo detto di andartene...così uccidi quel po' di orgoglio che mi rimane...”
Osservai le sue possenti spalle incredula, non avevo affatto capito che cosa intendesse dire, solo dopo capii che si vergognava di aver pianto in mia presenza, io allora mi avvicinai a lui dicendo “ Non credo che ti debba vergognare anzi le tue lacrime indicano che sei veramente dispiaciuto di quello che hai fatto...”
“Si, ma le lacrime non riportano in vita Yari, sono del tutto inutili e patetiche...” disse tra i singhiozzi che tentava inutilmente di fermare.
Circondai il suo busto con le mie tenere braccia e premetti la mia testa contro la sua larga schiena per alleviare il suo tormento, mentre lui subiva il mio abbraccio senza scomporsi.
“Perchè sei tanto comprensiva con un uno come? Io dovrei farti schifo!” affermò tra i singhiozzi.
“Tu non mi fai schifo, mi pare di avertelo già fatto capire...” affermai timidamente.
“Questo perché sei una bambina ingenua, che non sa distinguere il bene dal male...”
“Sarà quel che dici tu! Ma non mi importa!” affermai testarda.
Lui allora scrollò le mie mani dal suo corpo e si voltò verso di me venendomi vicino alla bocca, senza volere lasciò che un alitata calda giungesse alla mia bocca, mentre mi diceva sottovoce con quella sua voce roca e sensuale di chiudere gli occhi.
Osservai i suoi occhi color oro nero, ancora gonfi per le innumerevoli lacrime versate, che mi guardavano con dolcezza, ma al contempo con bramosia. Avvampai per l' imbarazzo chiudendo gli occhi, in attesa di quell' ardente bacio, che mi sembrava di aver atteso fin troppo a lungo. Sentii ancora una volta una sua alitata alla bocca, poi la sua lingua carezzevole si posò sulle mie labbra disegnandone il contorno, ma avidamente reclamarono un vero e proprio bacio. Lui continuò a leccarmi le labbra e a posare le sue labbra nelle mie procurandomi piacere, ma anche un desiderio bruciante, che attendeva con frenesia di venir soddisfatto, così spalancai la bocca invitando la sua lingua ad entrare, essa accettò di buon grado l' invito,scontrandosi con la mia, con sfolgorante passione.
Andammo avanti così per un bel po' di tempo, non rendendoci conto che le ore passavano mentre noi continuavamo a baciarci con trasporto, in quell'istante era come se il tempo, lo spazio fossero svaniti e ci fossimo soltanto io e lui sospesi in aria.
Kyo mi accarezzò il viso pizzicando le mie grasse guance, dopo la sue mani scesero lungo il mio collo, poi più in basso toccarono le mie spalle e le mie braccia, con un' incertezza inaspettata per uno della sua età, dopo un po' tornarono al punto di partenza e ripercorsero precipitoso lo stesso tragitto fino a che non giunsero lungo le mie spalle e poi con una mano mi sfiorò il torace fermandosi cautamente per non giungere al seno.
Di scatto le sue labbra si allontanarono dalle mie per non superare il limite che sembrava essersi predisposto, senza aver neppure chiesto alla sottoscritta, pensai infastidita.
“Questo era il tuo primo bacio, Yokochan?” chiese sorridendo.
Ero incerta su cosa rispondere, era come se fosse stato il mio primo bacio, perché quello di Rei era stato un semplice sfioramento di labbra e quello del fratello era stato un quasi bacio che però avevo cautamente fermato quasi subito, quindi che cosa avrei dovuto rispondere? Poi mi soffermai sul modo in cui mi avesse chiamato, non era più Yoko, ma con quel suffisso “chan” che era molto più intimo e che lasciasse intendere che tra di noi ci fosse una certa confidenza, poi però ci pensai su quel “chan” si usava spesso per le ragazze piccole e carine, quindi era questo che intendeva dirmi che ero piccola e che quello doveva essere stato per forza il mio primo bacio, ecco perché sorrideva, si prendeva gioco di me pensai con fastidio, così gli risposi con un no secco.
Lui non si aspettava proprio quella risposta, glie lo si leggeva perfettamente in viso e sembrava aver i nervi a fior di pelle per la mia risposta poco soddisfacente .
“E chi ti ha baciato prima di me, dimmi!” disse nervoso.
Non capivo proprio perché si infuriasse, io avevo soltanto voluto dimostrarle che non ero poi così inesperta, come credesse lui, forse era stato questo ad averlo innervosito incominciai a supporre osservando i suoi occhi fiammanti di rabbia.
“Non capisco perché ti arrabbi...” poi aggiunsi infastidita:“Non sono così bambina come credi tu...”
“E' stato Keitawa a baciarti?” mi chiese cupamente.
“No...” affermai.
Keitawa non mi aveva mai baciato non era nel suo stile, lui andava direttamente al sodo, perché il bacio non lo concedeva ai giocattolini con il quale si divertiva, quello lo concedeva soltanto alla moglie.
“E allora chi?” mi chiese con quell' espressione seria in volto, come se fosse successa chissà solo quale catastrofe.
“Non vedo perché tu ne stia facendo un dramma...” affermai frastornata.
“Niente scusami pensavo che tu non avessi mai baciato nessuno... prima di me e l' idea che tu l' abbia fatto...” affermò non riuscendo a proseguire quel discorso sconclusionato.
Io vedendo che l'aria si stava facendo sempre più tesa, cambiai discorso dicendo beffardamente“E comunque che cosa sono queste confidenze di chiamarmi Yokochan...”
“E allora tu che da quando mi conosci non fai altro che chiamarmi per nome, dovresti almeno darmi del senpai, sono più grande di te, esigo rispetto!” disse facendo la voce grossa, imitando un professore universitario e poi ridendo lui stesso della sua imitazione disse “Anzi, devi chiamarmi sensei!”
Mi misi a ridere, non ce lo vedevo proprio come professore, poi mi burlai di lui dicendo “Si, un professore che non sa neppure mangiare una zuppa come si deve!”
Lui arrossii di botto di fronte la mia osservazione tentando inutilmente di difendersi, era veramente buffo, poi però disse punzecchiandomi “E tu che sei una credulona senza speranze!”
“E tu che ti metti ad annusare le ragazze neanche fossi un cane!” dissi divertita.
“E tu che seduci un povero delinquente, con questa siamo 3 a 2”
“E tu che...” affermai non trovando più nulla da dire.
“Spiacente sembra che questa partita l' abbia vinta io...” disse ridendo, mostrando il suo sorriso mozzafiato.
Sembrava aver dimenticato il padre di Yari e tutta la tristezza che avevo provato un momento prima persino i suoi occhi non erano più gonfi e arrossati di pianto, poi però ripensai alle parole del fratello, aveva detto che non ero altro che una brutta copia di Mayko, così dunque era stata per questa ragione che lo aveva spinto a baciarmi, però dal suo sguardo sembrava sinceramente attratto da me in quanto Yoko e non da me in quanto copia malriuscita della sua amata.
Kyo dopo un po' osservò l' orologio e disse che si era fatto veramente tardi e che doveva uscire, aveva un impegno urgente da sbrigare, io gli chiesi cosa avesse da fare d'importante, ma lui storse il naso facendo il vago dicendo che erano cose di lavoro, allora mossa dalla curiosità che non riuscivo più a controllare gli chiesi cosa facesse vero e proprio per vivere.
“Non avevi detto che non ti importava cosa facevo...” affermò scocciato.
“Non penso che sia altro di così terribile che tu possa nascondermi...dopo quello...”
“Ecco...io spaccio cocaina con mio fratello...”
“Ah..” affermai incerta, non volevo né criticare il suo modo di vivere né accettarlo così per come era.
Poi ripensai a dove avevano seppellito il cadavere di Yari, per quanto non volessi ricordargli quel fatto, c'erano delle domande che avrei voluto fargli, una di queste era perché lo avevano seppellito lì e come mai conoscevano il nome del cane del mio patrigno, di quel cane sapevano solo i componenti della mia famiglia, ma all' infuori di loro né giornalisti e né altri politici erano a conoscenza di quel cane.
Lui stava per andarsene, ma io lo fermai dicendo di voler venire con lui, ma Kyo non era affatto d'accordo, non mi voleva intorno ai suoi traffici anche perché ero ricercata dalla polizia, così rassegnata rimasi in casa, però in fondo ero contenta, finalmente avevo trovato la persona che faceva al caso mio ed era lui, pensai sorridendo come un ebete, dopotutto lui era il mio primo amore.

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** bacio intenso (Kyo) ***



Kyo:


Afferrai la sua candida mano tenendola stretta alla mia, ma in quello stesso istante suonò il campanello, andai subito a vedere chi era, non appena aprii la porta vidi il padre di Yari.
Era venuto per portar via il cadavere di sua figlia, la mia espressione mutò di colpo, ancora una volta mi sentivo irrimediabilmente in colpa, non ne potevo più di sentirmi così, ma era la sola cosa che riuscivo a fare.
Gli diedi quel sacco nero dove giaceva la figlia con angoscia, avrei voluto far qualcosa per rendere quella situazione meno cruda di quanto fosse, ma non c'era niente che potessi fare.
Quando l'uomo tirò fuori quel cadavere dal sacco, vide il volto di Yari ormai tumefatto dagli anni, ma ancora abbastanza riconoscibile.
Osservai i suoi occhi spenti, in passato quegli occhi avevano luccicato di desiderio per me, era la sola che mi facesse sentire desiderato in tutti i sensi, non mi aveva mai fatto mancare niente, mi aveva sempre riempito di attenzioni, di dolcezza e anche di quello che desideravo più di ogni altra cosa ed io come l' avevo ripagata?
Avevo lasciato che il suo cuore soffrisse e impazzisse per me, dopotutto non era stata altro che colpa mia se lei quel giorno arrivò a pensare di voler uccidere la sua migliore amica che conosceva sin da quand'era bambina.
Mi tornò in mente quella volta, che la conobbi, Mayko me la presentò, lei mi sorrise affabilmente dicendo che se avrei fatto soffrire Mayko, me l' avrebbe fatta pagare cara.
All' inizio non sembrò esser scattato nessun interesse in lei verso di me, poi però con il tempo il nostro rapporto incominciò a diventare sempre più intimo, sopratutto quando Mayko mi chiese di darle lezioni di matematica poichè non era molto brava, ma Yari inizialmente rifiutò facendo complimenti, mentre Mayko insisteva dicendo che non c'era alcun problema, anch'io dissi la stessa cosa perché era la migliore amica di Mayko e alla fine si lasciò convincere, ma da lì scatto tutto.
Tra una spiegazione ed un 'altra e una qualche disequazione riuscita, lei mi abbracciò scherzosamente riuscendo ad averla fatta giusta e successe molte volte, ma non ci vidi mai nulla di male finchè da un abbraccio non si passo ad un bacio.
Lei si scusò dicendo che non sapeva cosa le fosse preso, io la guardai sconvolto non ebbi neppure la forza di respingerla neppure quella volta, forse perché in fondo ero attratto da lei, mi piaceva il suo modo di fare, il suo sorriso, il suo viso e anche il suo corpo, però il mio cuore non batteva forte come quando vedevo Mayko.
Ci comportammo come se nulla fosse mai successo, ma primo o poi Yari ricadeva nel solito errore fino a che non arrivammo direttamente al suo letto, anche in quel caso non riuscii a respingerla, il modo in cui mi guardava mi sconvolgeva, mi bramava nel modo in cui volevo che mi desiderasse Mayko, ma lei non riusciva a volermi in quel modo, molto probabilmente perché tra di noi ci sarebbe stato sempre Dio o piuttosto la rigida educazione che aveva ricevuto da piccola che le impediva di lasciarsi completamente andare ad ogni tipo di passione.
Quasi volli discolparmi scaricando un po' la colpa su Mayko su quanto fosse accaduto, certo magari se lei fosse stato più disponibile sessualmente, io magari non avrei mai ucciso Yari, ma che cazzate mi inventavo, possibile che dovevo ragionare con gli attributi e non con la testa.
Il padre non appena scorse il viso di Yari, divenne bianco come un cencio e pianse disperato chinandosi per vederla meglio, era come se avesse realizzato solo in quel momento che sua figlia non fosse più in vita.
Io mi chinai accanto a lui, cercando di far qualcosa per calmarlo, ma ogni gesto e ogni parola pronunciata dalla mia bocca finiva per farlo stare ancor più male, così mi rialzai, tornando a sentire quella fitta al cuore che mi uccideva, era il rimorso che non voleva darmi pace.
Il padre di Yari o posò il cadavere delicatamente sul freddo pavimento e poi si avvicinò a me puntandomi il dito contro con una collera accesa, ma al contempo disperata.
“Perchè? Perché? Dimmi perché? Hai fatto questo alla mia bambina!” disse stringendomi per il colletto della camicia come se volesse strangolarmi.
Io non opposi resistenza,chinai il volto per guardare il corpo di Yari e poi lo sollevai guardando l'uomo sofferente che stava lì dinanzi a me pronto a soffocarmi con le sue mani.
Dentro di me pensavo che forse se mi fossi lasciato ammazzare, mi sarei sentito meglio, avrei espiato le mie colpe una volta e per tutte, dopotutto qual'è altro destino poteva mai avere uno come me se non quello di venir ucciso.
Dopo un po' Yoko si intromise urlando spaventata:“Che cosa volete forse ucciderlo!”
“Non ti intromettere tu!” disse il padre di Yari gelando con il solo sguardo.
Guardai Yoko, come se fosse l'ultima volta che l' avrei vista, mi sarebbe mancata ne ero certo, poi però vidi mio fratello si stava intromettendo anche lui dicendo “Mio fratello le ha dato ciò che volevate e per tale ragione, lei deve mantenere la sua parola ed era quella di non ucciderci...”
Perché si intrometteva anche lui? Non era forse lui quello che mi odiava di più? Poi lo guardai bene, no lui non mi odiava per quanto volesse farlo non ci riusciva, c'era sempre qualcosa che lo spingeva a volermi bene e a volermi sempre e comunque proteggere persino da me stesso e anche in quella circostanza lo faceva come aveva sempre fatto.
Mi ricordai una cosa quand'ero piccolo avevo sempre una tremenda paura del buio e ogni volta finivo per mettermi ad urlare nel cuore della notte, mio fratello era il solo a svegliarsi e a chiudermi che cosa avessi, così ogni volta finivo per dormire accanto a lui.
Lui spesso si lagnava perché gli fregavo sempre tutto il letto,ma alla fine si rassegnava, poi però mi ricordai di quelle altre volte che fui lui a chiedermi di dormire con lui, sembrava avesse paura di qualcuno o di qualcosa, poi capii lui sapeva che se io ero accanto a lui mio padre non gli avrebbe fatto nulla, allora capii che le violenze le aveva subite sin da bambino, eppure io ero stato così ceco da non accorgermene.
Il padre di Yari tornò in sé, smettendo di stringere il mio colletto così ripresi a respirare normalmente, anche se con il collo livido.
L'uomo allora si chinò per raccogliere il corpo della figlia ed io abbassai per aiutarlo, nonostante fosi ancora sconvolto da quello che avessi scoperto, ma lui si infuriò dicendo “Non osare toccare il corpo di mia figlia!”
“Perdonatemi signore!” disse con voce tremante.
Toshio mi guardava chiedendomi se stava bene, io avrei voluto chiederlo a lui e avrei anche voluto chiedergli perché non me ne avesse mai parlato e Mayko lei perché non ne aveva parlato? Io ero sicuro che lei lo sapesse, dopotutto lui si confidava con lei, anzi a dirla tutta tutti si confidavano con lei, perché sapeva sempre essere rassicurante e confortante e aveva sempre un buon consiglio da dare, ma tuttavia non parlava mai dei problemi che gli raccontasse la gente, sapeva sempre tenere la bocca chiusa su tutto.
Non risposi neppure alla domanda, era troppo concentrato ad osservare quell'uomo che tentava di frenare le lacrime e la rabbia per aver perduto la sua bambina.
Toshio aprii la porta all'uomo, ma lui gli rispose dicendo “Non ho bisogno alcun aiuto, non ne voglio aiuti da voi luridi bastardi!”.
Toshio non si infuriò di fronte le sue accuse, subiva in silenzio sapendo che questo era il minimo dopo tutto il male che gli avevamo fatto.
Osservai l'uomo uscire e chiudere dietro di sé la porta di casa, sentendomi impotente, avrei voluto fare qualcosa per alleviare il dolore che provava,ma non potevo far nulla. dispiaciuta e colma di un Mio l fratello mi guardava continuando a chiedermi se stava bene, ma io non gli risposi neppure e continuai a guardare quella porta ormai chiusa con quell' espressione vacua e smarrita.
Mio fratello mi toccò la testa per vedere se avesse febbre o qualche malore, quel contatto mi ricordò una cosa che avevo completamente dimenticato su mio fratello:
Era una giornata come tante altre eppure lui non sembrava del suo solito umore, qualunque cosa gli dicessi finiva per infuriarsi, poi si avvicinò a me e mi strinse con violenza il braccio spingendomi nel letto, io lo osservai intimorito e tremante, mentre lui mi salii di sopra, stava per strapparmi i vestiti, poi però qualcosa lo frenò.
“Tu Kyo non sai come ci si sente!” affermò piangendo.



Tremai, mentre lui toglieva la sua mano da me e lui se ne andò via guardandomi in un modo strano, come se avesse capito a cosa avessi pensato in quel momento.
“Kyo!” mi chiamò Yoko urlando forte.
Mi voltai verso di lei, guardandola con un' espressione disperata, poi mi decisi ad aprir bocca dicendo “Ti prego... lasciami in pace...”
Le diedi uno spintone per convincerla ad andarsene, prima che mi mettessi a piangere davanti a lei, ma in men che non si dica le lacrime scesero senza che potessi fermarle, mi sentivo in colpa per tutto. per Yari, per suo padre e per mio fratello, perché lui doveva aver passato tutto questo e non io e poi perché anche Yoko e non io?
Avrei tanto voluto trovare una ragione a tutto questo, ma purtroppo non esisteva una ragione, era così è basta, quelli come me, che uccidevano la gente riuscivano a passarla liscia, mentre agli innocenti veniva inferto questo gran dolore.
Yoko mi osservò compassionevole, pronta a darmi il suo conforto, ma io gli diedi le spalle dicendo “Te l' avevo detto di andartene...così uccidi quel po' di orgoglio che mi rimane...”
Già così uccideva tuttociò che di uomo mi era rimasto, il mio orgoglio, anche quello stavo perdendo a causa delle lacrime che non smettevano a scendere davanti a Yoko che mi osservava pronta ad offrirmi la sua compassione, ma non volevo essere commiserato così finii per darle le spalle per non farmi vedere in lacrime nonostante mi avesse ormai visto.
Yoko disse“ Non credo che ti debba vergognare anzi le tue lacrime indicano che sei veramente dispiaciuto di quello che hai fatto...”
“Si, ma le lacrime non riportano in vita Yari, sono del tutto inutili e patetiche...” dissi tra i singhiozzi che tentavo inutilmente di fermare.
Circondò il mio busto con le sue tenere braccia e premette la sua testa contro la mia larga schiena da buttafuori, per alleviare il mio tormento, mentre io subivo il suo abbraccio senza scompormi e traendone sempre più conforto.
“Perchè sei tanto comprensiva con un uno come? Io dovrei farti schifo!” affermai tra i singhiozzi.
“Tu non mi fai schifo, mi pare di avertelo già fatto capire...” affermò timidamente.
“Questo perché sei una bambina ingenua, che non sa distinguere il bene dal male...”
“Sarà quel che dici tu! Ma non mi importa!” mi rispose intestardita.
Io allora scrollai le sue mani dal mio corpo e mi voltai verso di lei, non avevo neppure io idea di cosa stessi facendo, lasciavo soltanto che il mio istinto agisse, così finii vicino alla sua bocca e le dissi sottovoce di chiudere gli occhi, mente scrutavo i suoi occhi color nocciola fissarmi in un modo così dolce, ma allo stesso tempo intenso, poi però vidi il suo viso diventare rosso come un papavero e dopo di ciò chiuse gli occhi.
La tentazione di baciarla era irresistibile, era qualcosa di proibito che però non potevo far a meno di violare, era qualcosa di sbagliato alla quale non potevo sottrarmi, nonostante fossi consapevole che dopo averlo fatto, avrei detto “che gran cazzata!” e me ne sarei pentito forse anche per il resto della mia inutile esistenza, ma non importava, dovevo farlo, non potevo farne a meno, perché almeno per quel solo istante sarei stato felice di aver fatto quella sciocchezza.
Così lo feci, baciai la ragazza che aveva molestato mio padre e che era ancora una bambina:
La mia lingua si posò sulle sue morbide labbra disegnandone il contorno, continuavo a leccarle con desiderio, mi piacevano un sacco quelle labbra color amaranto, poi posai le mie labbra sulle sue e subito dopo ripresi a leccarle con avidità, poi vidi la sua bocca spalancarsi pronta ad accogliere la mia lingua sulla sua bocca. Essa accettò di buon grado l' invito,scontrandosi con la sua piccola e calorosa linguetta, ormai al culmine del desiderio.
Andammo avanti così per un bel po' di tempo, non rendendoci conto che le ore passavano mentre noi continuavamo a baciarci con trasporto, in quell'istante era come se tutto sparisse i dolori e cattivi ricordi, scomparivano lasciando spazio soltanto alla nostra felicità.
Le accarezzai il viso pizzicando i suoi grandi zigomi, dopo la mie mani scesero lungo il suo collo, poi più in basso toccarono le sue piccole spalle e le sue braccia, con incertezza non volevo fare qualcosa di avventato, non volevo spingermi oltre perché era pur sempre una ragazzina. Dopo un po' le mie mani tornarono al punto di partenza e ripercorsero precipitose lo stesso tragitto fino a che non giunsero di nuovo lungo le sue spalle e poi con una mano le sfiorai il torace fermandomi cautamente per non giungere al seno.
Di scatto le mie labbra si allontanarono dalle sue, perché era stato così vicino a perdere il controllo ea volerle toccare quei due favolosi seni che aveva, ma sapevo di non poterlo fare perché se lo avessi fatto non sarei stato migliore di mio padre.
“Questo era il tuo primo bacio, Yokochan?” le chiesi sorridendo.
Mi venne spontaneo chiamarla in quel modo per ovvie ragioni, era piccola, graziosa e dolce, quindi quele suffisso migliore se non “Chan”.
Mi sarei aspettato subito un si, ma lei non lo disse, sembrava ci stesse pensando, poi però mi disse quel no, che mi raggelò il sangue alle vene, non sapevo neppure io il perché me la prendessi tanto, ma l' idea che qualcun altro avesse baciato le sue labbra mi mandava in corto circuito il cervello dalla collera.
“E chi ti ha baciato prima di me, dimmi!” dissi assuefatto dalla gelosia.
“Non capisco perché ti arrabbi...” poi aggiunse infastidita:“Non sono così bambina come credi tu...”
“E' stato Keitawa a baciarti?” le chiesi cupamente.
Non riuscendo a togliermi dalla testa le mani viscide del mio patrigno che la toccavano e la baciavano, a quel solo pensiero mi sentivo ribollire il sangue.
Chissà quanto male le doveva aver fatto pensai osservando i lividi sparsi nelle braccia e quei graffi che avevo visto sulle gambe.
“No...” affermò
“E allora chi?” le chiesi e serio in volto, per sapere a chi dovevo spaccare la faccia, ma forse stavo esagerando.
“Non vedo perché tu ne stia facendo un dramma...” affermò Yoko.
La sua voce mi fece calmare, dopotutto aveva ragione perché me la prendevo tanto, anch'io avevo baciato tante altre ragazze e perché lei non poteva averlo fatto.
Eppure lo avevo così dato per scontato che non avesse baciato nessuno, tanto che mi entusiasmava l' idea di essere il primo, così sarei stato il solo ad aver gustato il sapore delle sue labbra, invece con dispiacere dovetti ricredermi.
“Niente scusami pensavo che tu non avessi mai baciato nessuno... prima di me e l' idea che tu l' abbia fatto...” affermai non riuscendo a proseguire quel discorso sconclusionato.
“E comunque che cosa sono queste confidenze di chiamarmi Yokochan...” disse Yoko scherzosamente per sdrammatizzare.
“E allora tu che da quando mi conosci non fai altro che chiamarmi per nome, dovresti almeno darmi del senpai, sono più grande di te, esigo rispetto!” dissi facendo la voce grossa, imitando un professore universitario, risi io stesso mia imitazione. Non ero mai stato un gran burlone, ero sempre stato un ragazzo serio e noioso e invece da quando conoscevo Yoko, incominciavo a tirar fuori un lato sconosciuto di me, quello più buffo.
“Anzi, devi chiamarmi sensei!”la canzonai in modo stravagante.
Lei scoppiò a ridere poi disse come presa in giro: “Si, un professore che non sa neppure mangiare una zuppa come si deve!”
Io arrossii di botto di fronte la sua osservazione tentando inutilmente di difendermi come potevo,così le dissi sfottendola: “E tu che sei una credulona senza speranze!”
Se ci ripensavo scoppiavo a ridere, come poteva davvero creduto che potesse venirle un'emorragia per un graffietto simile.
“E tu che ti metti ad annusare le ragazze neanche fossi un cane!” disse divertita.
“E tu che seduci un povero delinquente, con questa siamo 3 a 2”
“E tu che...” affermò non trovando più nulla da dire.
“Spiacente sembra che questa partita l' abbia vinta io...” dissi ridendo, mentre la vidi sbuffare e farmi quel buffo muso lungo.
Avevo dimenticato tutto grazie a quel bacio intenso e grazie a lei, mi ero quasi dimenticato di esser un indegno essere grazie al suo sorriso che mi regalava. Facevo il buffone per ricevere il suo dolce sorriso in cambio che mi riscaldava il cuore e che aveva il potere di sconvolgermi.
Dopo un po' osservai l' orologio, si era fatto davvero molto tardi, dovevo uscire, avevo un cliente che voleva consegnata la cocaina, così dissi a Yoko che dovevo andare poiché avevo un impegno urgente, lei mi chiese che impegno avevo, io storsi il naso rimanendo sul vago dicendo che erano affari di lavoro, così lei mi fece quella domanda seccante e opprimente.
“Non avevi detto che non ti importava cosa facevo...” affermai scocciato.
“Non penso che sia altro di così terribile che tu possa nascondermi...dopo quello...” disse sorridendomi.
Veramente avevo davvero qualcosa di ancora più terribile che le nascondevo, qualcosa di peggiore di aver ucciso una ragazza ed era che io ero figlio di Keitawa, quella si che era una rivelazione sconvolgente che le avrebbe procurato un infarto o Dio solo sa cosa.
Avrei voluto dirglielo, poiché mi sentivo quel peso addosso che mi opprimeva, ma non potevo farlo, non era l'occasione adatta, avevamo appena smesso di baciarci!
“Ecco...io spaccio cocaina con mio fratello...” affermai rivelando una verità meno sconvolgente.
“Ah..” affermò incerta, non poteva di certo far i salti di gioia per il lavoro che facevo, ma non fece neppure la schifiltosa, la sua reazione fu passabile.
Ma ero certo che se le avessi detto “Sono il figlio di Keitawa”in quel caso la sua reazione non sarebbe stata delle migliori, forse mi avrebbe sputato in faccia e tirato addosso tutti gli oggetti della casa urlando e piangendo disperata, oppure sarebbe rimasta immobile e in silenzio senza aver la forza di aprir bocca per lo shock.
Ero pronto per uscire di casa, ma Yoko mi fermò dicendo che voleva venire con me, ma io le dissi di no, non potevo per tante ragioni portarle con me sia perché era ricercata da mio padre e dalla polizia e poi perché i miei clienti non erano delle brave persone e quando vedevano un essere dell' altro sesso non si comportavano da veri gentiluomini.

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Complicazioni e risoluzioni? ***


Kyo:
Andai nella stanza di mio fratello per prendere quei grossi pacchetti di cocaina che erano incartati come buste di zucchero, mio fratello mi diede una mano a trasportarli, erano giusti 50 pacchetti.
Me li caricai in macchina, ma venni fermato da un' anziana vecchietta rimbecillita del mio palazzo che era la sola a credere che quello che vendessi fosse realmente dello zucchero.
Dopotutto era un quartiere abbastanza malfamato dove vivevano una mandria di spacciatori e tra di noi ci conoscevamo, con alcuni riuscivo pure a mettermi d'accordo, ma con altri, era come se fossimo in concorrenza, sopratutto con uno in particolare che aveva un pessimo caratteraccio e che impediva a tutti di spacciare in certe parti del quartiere perché quello era territorio suo.
“Quanto viene una busta di zucchero?” mi chiese la vecchina.
Perfetto e ora cosa le racconto? La osservai attentamente e le sorrisi calorosamente, lei disse pizzicandomi forte le guance “Che bravo ragazzone!” osservai la sua dentiera mezza tolta e quel rossetto messo male, poi dissi “ Signora, questo zucchero non posso venderglielo me lo hanno ordinato...”
“50 pacchi di zucchero per una sola persona?” chiese sbalordita.
“Si, un vero drogato di zucchero!” affermai ridendo.
“Allora dopo aver fatto la sua consegna potrebbe farmi avere un pacchetto di zucchero per me?”
“Ma certamente!” dissi simulando un bel sorriso da imbecille.
“Ma che bravo ragazzone” disse riprendendo a stringermi forte le guance, provocandomi un dolore lancinante, solo quando furono abbastanza arrossate mi lasciò in pace.
Quando fui certo che se ne fosse andata, mormorai “Ma che gran rottura di coglioni!” poi salii in macchina pronto ad accendere il motore, ma mi accorsi con gran piacere che avevo finito la benzina.
“Vaffanculo!” sbraitai contro la macchina che non aveva alcuna intenzione di partire, poi ci rinunciai e mi recai dal benzinaio a piedi con un bidone.
Riempii il bidone di benzina, ma dopo averlo riempito incrociai qualcuno che non avrei mai voluto vedere, c' era Keitawa con uno dei suoi tanti macchinoni e con il suo solito sorriso smagliante, incominciai a chiedermi cosa ci potesse fare lì, mentre tentavo di mettermi lontano da lui per non farmi vedere.
Stava facendo il pieno alla macchina, tirando fuori una mancia spropositata per il benzinaio che era con un espressione carica di gratitudine, poi Keitawa gli sorrise tirando fuori una fotografia dalla tasca, allora mi misi più vicino per sentire quello che si dicevano.
“Ha mai visto questa ragazza da queste parti?”
“Signor Keitawa quella è sua figlia? Quella scomparsa giusto?”
“Si, ma abbassi la voce non voglio che qualcuno venga a sapere che sto cercando mia figlia da queste parti...” disse a bassa voce.
“Ma non se ne dovrebbe occupare la polizia?”
“La polizia è inutile...preferisco far da me...”
“Che bravo padre deve voler davvero molto bene a sua figlia...”
“Basta con le cazzate e dimmi se l' hai vista, forse magari era in compagnia di qualcuno...”
“No, mi spiace non credo di averla vista....”
Keitawa era in collera, voleva persino menare il benzinaio ma i suoi due scagnozzi lo fermarono mentre lui gli urlava contro che erano un branco di incapaci, io approfittai della loro distrazione per andarmene via di corsa prima che mi potessero vedere.
Mentre acceleravo il passo cercando di non dare nell' occhio, mi domandai perché stava cercando proprio nella zona in cui abitavo, forse perché le aveva controllate tutte e per esclusione era giunto lì, oppure nutriva qualche sospetto su di me.
Arrivato alla macchina, misi la benzina e partii sgommando, cercando di affogare i cattivi presentimenti che si facevano spazio nella mia mente.
Arrivato al luogo di incontro che era una stradicciola scoscesa e abbandonata, dove c'era una casetta diroccata che veniva utilizzata da molti spacciatori come luogo d'incontro per dirigere i loro traffici. Si pagava anche un 'occhio della testa per dirigere i propri traffici in quella casa perché quello era definito il luogo più sicuro dove la polizia non avrebbe mai controllato. Entrai in quella casetta buia con i mobili rosicchiati dalle termiti e dove le pareti erano ormai fradice per l' eccessiva umidità, poi il mio sguardo si spostò verso Ariwa che era colui che controllava il posto e che si faceva pagare per far dirigere i traffici di cocaina in quel luogo.
Lo odiavo quel tizio, dato che il suo lavoro non era altro che un furto, perché quella casa neppure gli apparteneva però rompeva le palle, facendosi pagare per far spacciare in quel luogo, ma dopotutto per vivere ognuno faceva quel che poteva e lui si era inventato quel mestiere, così gli diedi la solita somma di denaro che pagavo per poter vendere in pace la mia cocaina.
Aspettai il mio cliente sperando che non tardasse troppo altrimenti avrei dovuto pagare di più, perché il pagamento era pure in base alle ore ed io avevo pagato per un quarto d'ora.
Poi incominciai a scaricare i cinquanta pacchi di cocaina, Ariwa mi aiutò insieme ad altri suoi amici con il quale divideva parte dei soldi che guadagnava, io gli dissi di lasciar perdere che non avevo affatto bisogno del loro aiuto, perché non ero certo che quel loro servizio fosse gratuito.
“Non preoccuparti, questo è un servizio gratuito, dopotutto sei uno dei miei miglior clienti!” disse con quel sorriso eccessivamente bonario tanto da sembrare fasullo.
“No, ce la faccio anche da solo...” dissi togliendo i pacchetti dalle sue mani, così i suoi amici li posarono per terra osservandomi con un espressione indecifrabile.
Dopo un po' vidi arrivare una porsche nera, si trattava del mio cliente, un ragazzo di diciotto anni pieno di soldi e insoddisfatto della vita, figlio di un grande industriale.
Scese fuori dalla macchina mostrandomi un sorriso forzato, che conoscevo bene, quello che facevo anch'io molto spesso per far finta che tutto andasse alla grande, ma la cosa più brutta è che non cercavo semplicemente di ingannare gli altri, ma persino me stesso con quel sorriso.
Entrò dentro la casa diroccata e pagò la stessa somma che avevo pagato io ad Ariwa, poi diede un 'occhiata alle finte buste di zucchero e poi ne aprì una lasciandone scivolare una dose sulla mano.
La sniffò per provarla invitandomi a fare lo stesso, io allora dissi “No, grazie, io la vendo soltanto, non ne prendo...”
Lui allora rise “Perchè?”
“Non mi piace la cocaina...” affermai mentre lui mi osservava incredulo.
Poi disse sempre con quella stessa espressione divertita e beffarda “E allora che tipo di droga ti piace?”
“Nessuna...” affermai.
“Sul serio... cioè tu vendi questa roba e non ti piace?”
“Assolutamente no...” affermai scocciato da quel dialogo.
Dopotutto il mio lavoro era soltanto venderla né sniffarmela e ne stare a parlare del perché non mi piacesse la cocaina o chissà quale altro tipo di droga.
“Divina” affermò non appena la inalò.
Non era la prima volta che comprava cocaina, quel ragazzo era uno dei miei migliori clienti, però nonostante tutto, non lo tolleravo, perché era solo un ragazzino che aveva da poco raggiunto la maggior età e già si faceva di quella roba.
Mi faceva persino sentire in colpa il fatto di dovergliela vendere, ma purtroppo nel mio lavoro non c'era spazio per questioni morali, dovevo vendere quella schifezza punto e basta e quest'era la sola cosa che contava, però 50 pacchi erano davvero troppi per lui da solo, pensai.
“Che cosa ci fai con 50 pacchi di cocaina?” gli chiesi perplesso.
“Il tuo lavoro è solo quella di venderla, non di curarti di cosa ne faranno i tuoi clienti...”
“si, ma ....” affermai incerto su cosa altro poter dire.
Dopotutto non erano affaracci miei, forse la rivendeva ad altre persone ad un prezzo più alto, oppure se la fumava tutta lui, ma cinquanta pacchetti tutti insieme mi preoccupava doverglieli dare, avrebbe potuto sniffarsela tutta e in poco tempo entrare in overdose.
No, non era un gran cosa dargli 50 pacchi tutti insieme, però in fin dei conti che cazzo me ne importava a me?
“Stammi a sentire, per oggi ti vendo 15 buste di cocaina poi per le altre verrai un altro giorno ok?”
“Ma che razza di discorsi sono questi?”mi chiese amareggiato.
“D'accordo, eccoti la 50 buste, ma non fartele tutte in un giorno...è pericoloso...”
“Cosa sei uno spacciatore o mio padre?” chiese con accesso sarcasmo.
Era proprio come pensavo: uno sciocco ragazzino irresponsabile, ma io l' avevo avvertito e quindi la mia coscienza poteva dirsi apposto.
Lo aiutai ad infilare le buste dentro la macchina e poi lui mi diede i soldi che mi doveva, poi me ne tornai verso casa, ma ancora una volta incrociai Keitawa sotto casa mia, dopotutto sapeva dove abitavo e guardo verso la mia direzione, mi aveva visto.
“Figliolo come stai?” disse non appena scesi rassegnato dalla macchina.
“Tutto bene” affermai cercando di rispondere con il tono più naturale possibile.
“Non è che hai visto questa ragazza?” mi chiese tirando fuori dalla tasca la foto di Yoko.
Osservai la foto e poi dissi “No, mai vista!”
“Sicuro?” mi chiese lui volgendomi un sorriso che aveva l' aria di saperla lunga, mentre io continuavo ad essere circospetto.
“No, davvero...” affermai osservando i due scagnozzi di Keitawa che osservavano il palazzo dove abitavo.
“Allora non ti dispiace se entriamo a casa tua!” affermò Keitawa ridendo malignamente.
Io sbiancai all'improvviso e poi mi infuriai dicendo “Ma che cazzo vuoi dalla mia vita, ho cambiato casa, cognome per non essere più disturbato da te, ma tu continui a perseguitarmi!”
“No, è qui che ti sbagli sei tu che perseguiti me, ti sei preso una cosa che mi appartiene!” affermò con la sua solita espressione cinica.
“Non posso farti entrare in casa, Toshio non la prenderebbe bene...” affermai usando ciò come pretesto per non farlo entrare.
“ Come se mi importi qualcosa di quello lì...” affermò incurante.
“Quello lì, è tuo figlio...” esclamai incollerito.
“Stammi a sentire, se ti sei preso Yoko per reclamare il riscatto, non hai che dirlo... posso darti tutti i soldi che vuoi, nessun problema!L'importante è che quella puttanella torni dal suo legittimo proprietario!”
“Mi sembra di averti già detto di non aver idea di cosa tu stia parlando!” ribattei infuriato, cercando di sembrare il più convincente possibile, ma era inutile lui non ci cascava affatto.
“D'accordo vorrà dure che entreremo con la forza” affermò ridendo soddisfatto.
I suoi scagnozzi mi assalirono, tentai inutilmente di difendermi ma era tutto inutile e poi entrarono a casa mia, mentre mi tenevano a bada con un coltello puntato alla mia gola.
Mi costrinsero a bussare in casa, Toshio aprì la porta trovandosi faccia a faccia con Keitawa.
Lo vidi tremare di paura non appena lo vide, poi però si infuriò dicendo “Che cosa significa questo?”
Keitawa allora lo guardò dicendo “Non temere di te, non me ne importa un accidente, non ti farò niente...voglio soltanto la ragazza!”
Mio fratello guardò verso la mia direzione e disse “Se te la consegno ci lascerai in pace una volta e per tutte?”
Keitawa annui e lui allora aprì bocca nonostante io gli facessi cenno di starsi zitto, lui disse “Si trova nella stanza di Kyo, li infondo...”
Keitawa seguii le indicazioni di mio fratello, mentre il suo scagnozzo controllava mio fratello, io nel frattempo cercavo di liberarmi dallo scagnozzo che mi puntava il coltello alla gola, ma per quanto ci provassi era tutto inutile, non ci riuscivo.
Dopo un po' vidi tornare Keitawa con Yoko , lei camminava costretta dall' arma che le puntava contro, mentre lui la guardava compiaciuto dicendo “Mi sei mancata molto, hai fatto preoccupare molto il tuo papà lo sai?”
Lei atterrita e tremante, quasi sul punto di piangere gli chiese “Come hai fatto a trovarmi?”
“Che c'è? Non sei contenta di tornare a casa con il tuo caro papà?” chiese Keitawa ironicamente.
Lei guardò verso la mia direzione e poi disse “Loro non centrano, lasciali stare...”
“Non gli farò niente, non preoccuparti” disse facendo una risata isterica.
Poi smise di ridere e disse “Dimmi solo una cosa Kyo, perché hai rapito la mia dolce Yoko?”
“Io non l' ho rapita” affermai osservando affranto Yoko che adesso sarebbe tornata a casa di quel sudicio verme.
Keitawa fece come se non avessi detto nulla e fece delle supposizioni dicendo “Forse l' hai rapita per farmi un dispetto perché ti senti solo senza il tuo papà che ti riempia di attenzioni o forse credi che voglia più bene a lei che a te, figlio mio? Eppure dovresti saperlo tu sei il mio preferito in assoluto!”
Di scatto mi voltai verso Yoko che udendo le parole di Keitawa divenne bianca e smorta come un cencio, poi mi guardò infuriata e disperata urlandomi contro “Perchè non me l'hai detto che lui è tuo padre?”
Keitawa mi guardò con un espressione divertita dicendo :” quindi lei non lo sapeva che io fossi tuo padre...”
Yoko mi osservò con un espressione delusa poi pianse urlando “Io mi fidavo di te... e tu invece mi hai mentito...”
“Piantala con i tuoi piagnistei non fai altro che scocciare mio figlio!” disse Keitawa inferocito, poi mi osservò dicendomi con il suo solito tono di voce acido “Non mi dirai che ti eri preso una cotta, per questa puttanella...tu puoi avere ragazze migliori te l'assicuro, lei non ha neppure una delle tue capacità...” disse sorridendomi rivolgendomi il suo solito sorriso affettuoso.
“Se mi vuoi davvero bene, lasciala stare...lasciaci in pace!” affermai sperando che mi avrebbe dato ascolto.
“Non posso, e poi lei non è niente, puoi averne tante ragazze come lei...basta cercarle per strada...” affermò acidamente.
Avrei voluto poterlo picchiare, lo odiavo, sopratutto per il modo in cui trattava Yoko, non potevo sopportarlo, poi lo guardai chiedendogli “Perchè hai tanto bisogno di lei, se è una ragazza come tante altre?”
“Perchè lei mi serve per raggiungere i miei obbiettivi...” disse rimanendo sul vago.
Dopo un po' uscirono di casa portandosi via Yoko, io la guardai per un' ultima volta, ma lei distoglieva lo sguardo, non ero neppure più degno di un suo sguardo.
Mi affaciai alla finestra per guardarli andarsene, ma non volevo lasciarla in quelle pessime mani, non potevo farlo, così presi la mia pistola e uscii di fretta e furia di casa, mentre mio fratello tentava inutilmente di fermarmi.
“Ti prego, Kyo non fare cazzate!” affermò lui, ma io non lo stavo neppure ascoltando.
“Vi conviene lasciarla andare” affermai furibondo.
Keitawa mi guardò divertito dicendo “Andiamo che intenzioni hai? Tu spari a noi e noi spariamo a lei” disse puntando la pistola alla tempie di Yoko.
Dopo un po' però vidi sbucare dei uomini in giacca cravatta che colpirono i due scagnozzi di Keitawa sparandogli addosso, poi intimarono Keitawa di lasciar stare la ragazza ma lui non aveva alcuna intenzione di farlo, poi però qualcuno lo colpì da dietro e lui cadde per terra sanguinante.
I due scagnozzi feriti lo soccorsero e se ne scapparono via, mente gli altri uomini si impadronirono di Yoko. Io li guardai preoccupato, questi erano peggio degli scagnozzi di Keitawa e poi erano qualche cinque, mi misi a sparare all'impazzata, ma li mancai tutti, poi improvvisamente sentii un tonfo e un dolore lancinante alla testa.
Quando riaprii gli occhi, vidi una cupola ogivale rossa sul tetto, poi abbassai gli occhi per capire dove diamine ero finito, era una stanza molto lussuosa con le pareti rosso amaranto.
Dopo un po' sentii bussare alla porta dissi “Avanti...” e mi trovai faccia a faccia con Yoko che mi guardava con un espressione indecifrabile.
“Come stai?” mi chiese osservandomi la testa.
Mi sfiorai la testa che ancora mi doleva, era stata fasciata nel punto in cui era stata ferita, poi la guardai chiedendole cosa fosse successo di preciso.
Lei allora disse “Uno di quegli uomini ti ha tirato un sasso in testa...”
“ E sai per caso dove siamo?”
Lei fece spallucce, per far capire che non aveva proprio idea, poi mi guardò risentita, ricordando ciò che le avevo taciuto e che aveva scoperto quel giorno.
“Perchè non me l' hai detto?” mi chiese ancora una volta.
La guardai malinconico dicendole “Non sapevo davvero come dirtelo”
“Però avresti dovuto dirmelo!” disse infuriata.
“Si, così ti avrei fatto schifo, più di quanto non mi faccia schifo io...” affermai infastidito notando il modo in cui mi guardava che non era più lo stesso di quando mi aveva baciato.
“Si, però così hai reso le cose ancor più difficili... mi hai ingannato e adesso non so più se potermi fidare di te...” affermò incominciando a piangere.
Mi avvicinai a lei per calmarla, ma lei indietreggiò spaventata, io la guardai preoccupato chiedendole cosa avesse , lei allora disse “Perdonami, ma adesso...quando ti guardo è come se vedessi lui...”
“D'accordo, non mi avvicinò” affermai per calmarla, cercando di non apparire ne triste ne in collera, anche se in realtà ero molto triste.
Ero infelice perché adesso lei era terrorizzata da me, perché vedeva in me l'uomo che l' aveva molestata dopotutto io ero stato generato da lui, quindi in fondo un giorno sarei potuto diventare come lui e non avrei potuto far nulla per cambiare ciò che ero, perché io ero suo figlio e non potevo farci nulla, era una verità dalla quale non potevo fuggire.
“Sono stati quegli uomini a portarci qui?” le chiesi cambiando discorso.
Annui tra i singhiozzi, la guardai afflitto, avrei voluto farle il solletico per farle tornare il buon umore, ma adesso non avrei più potuto né toccarla né avvicinarmi troppo a lei perché l' avrei fatta star male.
“Che intenzioni hanno lo sai?” le chiesi serio in viso.
“Non ne ho idea...” disse dandomi le spalle per non guardarmi in faccia.
Mi toccai la faccia con repulsione, non riuscendo ad accettare il fatto che somigliassi così tanto a mio padre, avevo i suoi stessi occhi e i suoi stessi lineamenti marcati, un po' più addolciti e giovanili, però erano pur sempre quelli, l'unica cosa che non presi da lui furono i capelli neri, io avevo preso i capelli castano chiaro di mia madre, mentre Toshio somigliava molto più a mia madre, aveva dei lineamenti delicati, quasi quanto quelli di una ragazza, infatti spesso veniva scambiato per una donna perché portava anche quei lunghi capelli corvino che erano la sola cosa che aveva preso da mio padre.
Forse per questo mio padre preferiva me, perché io gli somigliavo molto, mentre Toshio le doveva ricordare mia madre e i suoi tradimenti e questo non doveva piacergli affatto.
“Gli somiglio molto non è vero?” le chiesi tristemente.
“Si, gli somigli però... se lui non me l' avesse detto non l' avrei mai capito, perché siete così uguali eppure per certi versi così diversi, è davvero strana la vostra somiglianza... anche la tua voce in certi momenti è simile alla sua, sopratutto quando ti arrabbi però la tua sa essere anche molto dolce, mentre la sua non lo è mai...”
“Mi dispiace io...” affermai non sapendo cosa dire per poter giustificare tutto il male che le stessi causando.
Lei allora si voltò verso di me dicendo “Non è colpa tua, non puoi scusarti perché gli somigli...”
Dopo un po' però i nostri discorsi vennero interrotti da un uomo che ci disse di seguirlo, mi guardai intorno percorrendo il luogo corridoio di quella grande casa chiedendomi dove caspita eravamo finiti, ma dopo un po' le risposte non tardarono ad arrivare.
Arrivammo dentro un grande studio, dove c'era uno scaffale con dei libri che avevano la copertina in pelle di tartaruga e poi altri oggetti molto preziosi dal quale si capiva che era la casa di una persona importante.
Osservai la scrivania dove era seduta un uomo che avevo già visto sui giornali o da qualche altra parte, lui tossii per schiarirsi la voce.
I suoi capelli erano grigi e i suoi occhi dello stesso colore delle iridi di Yoko, aveva anche qualcos'altro che mi richiamava alla mente lei guardandolo, così finii per guardare prima lei e poi lui cercando di capire in che cosa si somigliassero tanto.
Lui osservò Yoko con molta attenzione e poi le disse “Non temere non ti succederà niente qui sei al sicuro” disse notando i suoi occhi gonfi e le lacrime che da poco avevano smesso di scorrerle in viso.
Sembrava dolce e sincero, mentre le parlava, poi il suo sguardo si spostò verso di me con aria severa non più rassicurante com'era stato con Yoko.
“Riporta Yoko nella sua stanza” disse al signore che ci aveva portato nel suo studio.
Quando Yoko se ne fu andata, lui si schiarii di nuovo la voce chiedendomi sgarbatamente “ Tu chi diamine sei?”
Io lo guardai incredulo dicendo “Questa domanda dovrei farla io a lei...”
“Non hai un'idea di chi possa essere?” mi chiese osservandomi attentamente.
“Se lei non mi conosce non vedo come debba conoscerla io...” affermai storcendo il naso.
Lui allora tirò un articolo di giornale verso di me, io lo presi prontamente e incominciai leggerlo e poi mi ricordai lui era l' avversario di Keitawa, l'uomo con il quale mio padre si contendeva i voti per le elezioni presidenziali, ma non vedevo come questo potesse centrare con me e con Yoko.
“Io sono il padre di Yoko...” affermò con un espressione irrequieta sul volto.
“Il padre di Yoko?” gli chiesi incredulo.
“Si, lei è mia figlia” disse serio in volto.
Rammentai le parole di Yoko, suo padre l' aveva abbandonato sua madre quand'era ancora incinta e così lei non voleva saperne nulla di lui, per lei era come se lui non fosse mai esistito poiché non c'era mai stato per lei.
“Io non capisco...” affermai confuso.
“Io neanche capisco, sopratutto non capisco chi diamine tu sia e perché hai rapito mia figlia?” mi chiese indispettito.
“Io non ho rapito sua figlia e lei che è voluta venire a casa mia...non l' ho costretta” affermai pacatamente.
“Si, bella storiella!” disse ridendo.
“Sul serio...” affermai infastidito dal fatto che non mi credesse.
“Senti una cosa, quanto volevi per il riscatto di Yoko? Dimmi quanto volevi ed io te lo darò basta che non ronzi più intorno a mia figlia!” disse tranquillamente.
“Mi sembra di aver già detto che io non ho rapito sua figlia!” affermai in collera.
“Quanto vuoi?” insistette lui.
“Non voglio dei soldi!” affermai infuriato.
“E allora cos'è che vuoi?” mi domandò facendosi sempre più assillante.
“Niente!” gli urlai contro irritato.
“Vorrei concludere questa situazione in maniera pacifica, ma se fai così rendi le cose complicate...” affermò scocciato.
“Non capisco di cosa lei stia parlando...” affermai tentando di capire che cosa intendesse.
“Vedi tu non mi piaci affatto e sopratutto non mi piace affatto l' idea che mia figlia sia stata a casa tua...e chissà solo cosa tu gli possa aver fatto non ci voglio neppure pensare...” affermò guardandomi con ripugnanza.
“Quando ha deciso di mettersi a fare il padre?Adesso che è troppo tardi, che sua figlia è stata molestata più volte da Keitawa!” gli dissi fuori di me.
“Io non lo sapevo che sua madre era incinta, poi quando scoprii di avere una figlia fu Keitawa a farmelo sapere mostrandomi il dna di Yoko...e allora dovetti stare attento a quel che facevo, perché se mettevo in giro strane voci su di lui per contrastarlo nella politica, lui avrebbe fatto del male a mia figlia” affermò cupamente.
“Comunque non è con me che dovrebbe giustificarsi ma con lei...” gli dissi osservando quegli occhi che mi fissavano inquieti.
“Non ho il coraggio di dirgli che sono suo padre” esclamò angosciato.
“Dovrà pur dirglielo!” esclamai osservando i suoi bei occhi castani che mi ricordavano Yoko.
“In fondo, non sembri un cattivo ragazzo...” disse guardandomi fisso, come se mi stesse guardando dentro.
Era buffo prima mi parlava come se fossi una feccia dicendo “chissà solo cosa tu possa aver fatto a mia figlia” e poi invece, mi diceva non sembri poi un così cattivo ragazzo, si stava forse prendendo gioco di me?
Poi si fece serio dicendo “Però per essere certo che non tu sia un cattivo ragazzo voglio che tu mi dica tutto di te, ogni cosa...”
Non capivo davvero che cosa volesse da me, prima diceva che voleva che sparissi dalla vita di Yoko e forse dopotutto era la cosa più giusta da fare, dato che io ero uno spacciatore e lei la figlia di un bravo uomo che tentava di contrastare mio padre.
“Se vuole che io sparisca dalla vita di sua figlia lo faccio, ma non ho bisogno né di soldi e né di quant' altro...” affermai pacatamente.
“No, ecco vedi invece stavo pensando un'altra cosa... dato che io non ci sarò mai a casa per questioni di lavoro poi considerando anche che per Yoko sarà uno choc venire sballottata da una casa ad un'altra, poi Tokyo per lei non è molto sicura tra Keitawa che le cerca, e poi altri uomini che intenderanno rapirla credendola sua figlia, inoltre vorrei evitare gli scandali, se si scoprisse che è mia figlia e e che l' ho avuta con una prostituta sarebbe un vero scandalo” affermò suo padre.
“Non capisco davvero dove lei voglia arrivare...” disso cercando di capire che cosa davvero volesse dire.
“Ti vorrei lasciare Yoko in custodia ti pagherei anche, per potarla via da Tokyo e per tenerla d'occhio, ma tu mi devi dimostrare che di te io mi possa fidare ciecamente”
Rimasi allibito da una tale decisione, non me l' aspettavo proprio, ormai che avevo creduto di doverle dire addio, suo padre mi faceva una proposta del genere, ma non sapevo davvero se accettare o meno, dopotutto come avrei potuto dimostrargli che si potesse realmente fidare di me, io ero sempre stato un tipo inaffidabile, poi se gli raccontavo chi ero e che cosa avevo fatto in passato non si sarebbe fidato affatto.
Poi sorrisi pensando a quanto padre e figlia fossero simili, tutti e due che volevano potersi fidare ciecamente di me.
Dopo un po' il padre di Yoko mi guardò dicendo “Ho sentito dai miei uomini che hai cercato di liberare Yoko dalle grinfie di Keitawa... quindi pensandoci non ho bisogno di altre dimostrazioni per fidarmi di te, ma sappi che se succede qualcosa a mia figlia per colpa tua, te la vedrai con me!” affermò con un tono intimidatorio da far accapponare la palle.
“Anzi... sarà meglio che venga anche uno dei miei uomini a controllare il tuo operato” affermò sorridendo.
“Non capisco e allora perché non la affida direttamente ad uno dei suoi uomini?” gli chiesi perplesso.
“Perchè non sono persone che lei conosce e di cui si fida, mentre tu sei uno che conosce e di cui si fida...”
“Come fa a dirlo con certezza?” gli chiesi sorpreso.
“Perchè me l' ha detto lei” esclamò sorridendo.
“E allora perché prima mi ha attaccato in quel modo?” gli chiesi più confuso che persuaso.
“Non credo che tu possa comprendere le gelosie e le ansie di un padre...” mi rispose alzandosi dalla sedia e venendo
verso di me.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** la casa di un politico ***


Eccomi qui con un altro capitolo, grazie " Moon9292 " ti ringrazio per i tuoi commenti e per avermi seguito fino a qua,nonostante la stia tirando un pò troppo per le lunghe, è che non mi andava di fare un finale fin troppo affrettato e inoltre mi andava di approfondire meglio il rapporto tra Kyo e Yoko e così sono finita senza rendermene conto al 38 capitolo.. buffo no?=) mi dispiace che tu sia stata male e spero che ti sia ripresa! cmq buon anno anche a te! Spero che continuerai a seguirmi!

Yoko:
Come riassumere una giornata piena come quella?
Bè era tutto tranquillo fino a quando non bussarono alla porta, poi entrò Keitawa nella mia stanza e da lì capii che le cose non erano più quelle di sempre.
Venni assalita dal terrore e dalle incertezze, come aveva fatto a trovarmi?
Era tutto un bel mistero, poi però quando mi portò in cucina puntandomi una pistola, mi trovai dinanzi Kyo con un coltello puntato alla gola e il fratello che veniva controllato dall' altro suo scagnozzo.
Loro non centravano con quella brutta storia, così lo pregai di non far loro del male e lui disse che non l' avrebbe fatto, poi però parlo con Kyo come se lo conoscesse.
Gli chiese la ragione per il quale mi avesse rapito e poi venne fuori quella dura verità, Kyo era suo figlio, ancora una volta mi aveva mentito.
Sbiancai come un cencio di fronte quella rivelazione, ma non sapevo davvero se infuriarmi se disperarmi oppure potevo rimanere semplicemente indifferente, ma non era facile farlo, perché le mie reazioni in quel momento erano fuori controllo ed erano tante.
Gli urlai contro, me la presi con lui dicendo che io mi ero sempre fidata di lui e che ancora una volta mi aveva deluso, lui mi guardò cupamente senza aver la forza di poter dire qualcosa.
Keitawa se ne accorse e incominciò a dire delle cose insulse e sferzanti sul mio conto, mentre lui gli chiedeva di lasciarci in pace, mentre lui diceva di non poterlo fare perché aveva bisogno di me per la sua carriera politica.
Io davvero non capivo cosa potessi centrare io con la sua carriera politica, ma in quel momento questa era l'ultima delle cose che mi premeva, ciò che mi premeva di più era quella terribile verità.
Osservai suo fratello sembrava rimasto impassibile di fronte ad ogni cosa, mentre Kyo era come me, provava un turbinio di emozioni che non riusciva a controllare.
Dopo un po', Keitawa e i suoi scagnozzi uscirono di casa, io fui costretta a seguirlo per evitare che mi facesse un buco in testa, ma forse quella sarebbe stata la cosa migliore.
Poi pensandoci se gli servivo tanto non avrebbe mai potuto spararmi, però se me ne andavo non gli ero più utile quindi alla fine si quel buco in testa me lo avrebbe fatto, non era di certo uno che si facesse scrupoli per raggiungere i suoi obbiettivi.
Prima di uscire avevo guardato ogni singola parte della casa che riuscivo a vedere, ogni mobile e parete sembrava legata ad un momento o ad un ricordo: Kyo che mi inseguiva ed io che mi nascondevo sotto il tavolo, poi i pasti fatti insieme, Kyo sporco di zuppa e poi la prima volta che mi aveva fatto entrare da quella stessa porta da cui adesso uscivo.
Provai un senso di vuoto, uscendo fuori da quella casa sapendo che non ci sarei mai più tornata e poi pensai alla villa di Keitawa, era lì che sarei dovuta tornare, in quella casa infernale dove Keitawa non faceva altro che infilarsi nella mia stanza nel cuore della notte.
Persi il conto di quante lacrime versai per il dolore e per la paura di dover rimettere piede in quella casa, dove nessuno mi avrebbe compreso pienamente, neppure la mia matrigna per quanto mi volesse bene non capiva quanto dolore quell'uomo mi provocasse e se avessi voluto parlagliene, lei per prima sarebbe morta di choc o di dolore e il mio patrigno mi avrebbe ucciso.
Non capivo davvero come due persone così diverse potessero stare insieme, lei dolce,gentile, sincera e sempre disponibile, mentre lui sferzante, cattivo, falso,violento insomma lui possedeva tutti i difetti peggiori al mondo, eppure quand'era con la mia matrigna avevo come l'impressione che neppure stesse fingendo, era come se lei riuscisse a cavare qualcosa di buono in quell'uomo.
Stavo per salire in macchina, ma poi sentii la voce di Kyo che urlava di lasciarmi stare, ma Keitawa divertito colse tutto ciò come una sfida e disse “ Tu mi spari ed io sparo a lei!”
Dopo un po', sentii dei passi che si facevano sempre più veloci, qualcuno sparò contro Keitawa e i suoi scagnozzi, poi mi ritrovai nelle mani di altri individui, ma non sembravano scagnozzi di Keitawa, perché i suoi erano sempre vestiti di nero, mentre questi portavano camicie e giacche di colori variopinti, erano eccentrici e un po' buffi, ma in quel momento non riuscivo a prenderla a ridere perché erano in cinque e armati fino ai denti, mentre Kyo era da solo.
Intimò anche quegli uomini di lasciarmi stare e incominciò a sparare all'impazzata a quelli che erano messi lontano da me, ma non poteva o non voleva sparare a quello che mi stringeva a sé perché altrimenti avrebbe rischiato di colpirmi.
Poi uno da dietro gli tirò un sasso colpendolo in testa, dopo svenne e allora lo caricarono in macchina come un sacco di patate, avrebbero almeno potuto trasportarlo con più delicatezza pensai.
Mentre gli uomini con me, sembravano veramente gentili e disponibili, mi dissero di non preoccuparmi che non avevano cattive intenzioni, ma io non sapevo se fidarmi o meno.
Mi portarono in una villa enorme, mi ricordava vagamente quella del mio patrigno, però lì c'era un'atmosfera più bella e pacifica, poi mi portarono in una bella stanza con un tetto che aveva una cupola d'orata con una stella a 5 punte, rimasi impressionata neppure la casa del mio patrigno aveva le cupole d' orate, poi vidi un letto matrimoniale a baldacchino con le lenzuola e i veli di un blu molto scuro, mentre le pareti a parte la cupola d'orata erano tutte color panna.
C'era anche un enorme televisore ultrapiatto, un computer, una libreria molto ampia e un ampio armadio a muro vuoto.
Rimasi sbalordita, poi notando che fosse vuoto capii che quella stanza inutilizzata, poi mi scappò un risolino pensando “Questa magari è la stanza degli ospiti...” mi veniva da ridere, perché se la stanza degli ospiti era così, non osavo immaginare come fossero quelle dei coabitanti.
Poi mi dissi “Ma che soldi buttati!” e pensare che in altre parti del mondo c'è gente che muore di fame e questi qui hanno una reggia e buttano i soldi per farsi fare un'inutile cupola d'orata, finii persino per sentirmi in colpa perché all'inizio ne ero rimasta affascinata, ma adesso era come se vedessi solo tutti i bambini che pativano la fame nelle altre parti del mondo.
Poi mi soffermai sulle pareti, c'erano anche molti stucchi e specchi e i mobili erano in legno pregiato, ogni minima sciocchezza era sfarzosa e di materiali pregiatissimi.
“Cos'era una casa in stile rococò?” mi chiesi facendo della tagliante ironia.
Dopo un po' vidi entrare un uomo, lo conoscevo o almeno lo conoscevano tutti era l'uomo più ricco di Tokyo, dopo Keitawa e il suo celebre avversario, tutti e due si contendevano l' elezioni presidenziali, ma a guardarli non sapevo dire chi fosse meglio o peggio.
Mi parve un altro Keitawa in carne ed ossa, forse sapeva fingere meglio di lui, ma non mi sarei di certo lasciata abbindolare con tanta facilità da un politico che sa sempre cosa dire o cosa fare in ogni circostanza.
Sapeva fingere talmente bene, da sembrare persino spontaneo nei suoi modi di fare e il suo aspetto aveva qualcosa di familiare che sembrava far crollare il muro difensivo che avevo appena innalzato tra me e lui.
“Yoko...qui non ha di che temere...” disse guardandomi con affetto.
“Non mi chiami per nome...non ci conosciamo neppure” affermai indispettita.
Non lo sopportavo, per quanto cercasse di essere gentile e carino, sapevo che era fasullo quanto Keitawa , ne ero più che certa!
“Scusa, non volevo essere scortese...” affermò dispiaciuto.
“Piuttosto cosa vuole da me?” gli chiesi sospettosa.
“Nulla...” affermò perplesso.
“E magari si aspetta che sia tanta sciocca da poterci credere, gli uomini come Keitawa e lei vogliono sempre qualcosa...non fanno mai qualcosa come tirarmi fuori dai guai senza secondi fini...” esclamai acidamente.
“Non paragonarmi a quell'uomo...” esclamò seccato.
“E riguardo il ragazzo che era con me cosa gli avete fatto?” gli chiesi preoccupata.
“Nulla, gli abbiamo medicato la testa, ora è in un'altra stanza a riposare...”
“E volevo chiederti chi sia quel tizio?” mi chiese con un espressione contrariata e ripugnata.
“Quel tizio, è l' unica persona che mi ha salvato la vita e che mi ha tirato fuori dai guai più volte!” affermai infastidita.
“Si, ma la sua faccia è proprio quella di un delinquentello di strada...” affermò insistendo su quel punto.
“Pensi quel che le pare, può criticare come vuole la gente, ma preferisco quelli che lasciano trasparire ciò che sono e non quelli che lo nascondono bene come lei, che alla fine si rivelano i peggiori in assoluto...” affermai squagliata.
“Io non ti ho fatto nulla, non vedo perché te la prendi tanto con me” affermò lasciando trasparire soggezione per le mie sgarbate risposte, ma ero sicuro che anche quella fosse finta.
“Perchè voi politici siete tutti uguali, tante belle parole, belle promesse e poi alla fine il paese va a rotoli in mezzo a tutta la vostra corruzione e alle schifezze che fate...” gli risposi irritata.
“Ho capito...” affermò rassegnato.
“Ancora non ha risposto alla mia domanda cosa vuole da me?” esclamai furente.
“Te l' ho già detto nulla...” affermò amareggiato.
Guardai i suoi occhi sembravano dispiaciuti e turbati, ma non me la dava a bere, sapevo perfettamente che quelli come lui erano addestrati bene a mentire, chissà magari si esercitava pure con lo specchio per simulare certe espressioni così realistiche.
Dopo un po' se ne andò lasciandomi detto dove si trovava la stanza di Kyo, io allora andai per accertarmi delle sue condizioni, anche se dopo quella dura verità, sarebbe stato difficile fidarmi ancora di lui, però sapevo di doverlo fare perché le bugie che mi aveva sempre detto non si erano mai ritorte contro di me e in fondo non potevo fargliene una colpa.
Non potevo incolparlo del padre che aveva, perché i genitori non si sceglievano ed io lo sapevo bene, nonostante mia madre fosse una brava madre, non era la madre che tutti avrebbero voluto avere, perché il lavoro che faceva era tra i più riprovevoli e a ripensarci me ne vergognavo.
Mi vergognavo di lei, perché non avevo la madre che avevano le mie compagne, una madre in carriera che faceva la stilista o chissà qual'è altro bel mestiere e quando tutti mi chiedevano che cosa faceva mia madre, io rispondevo dicendo la casalinga, dopotutto non era più di tanto una bugia, perché quando me lo chiedevano si riferivano alla mia matrigna, credendo che lei fosse la mia vera madre.
E mio padre se avessi potuto sceglierlo, a quest'ora sarebbe stato lì vicino a me, avrei vissuto con lui e sarebbe stato un padre dolce,amabile e sempre disponibile e non uno dei tanti clienti di mia madre, che aveva fornito soltanto il seme per generarmi
Ecc, perché io non potevo incolparlo del padre che avesse, infatti l' unica cosa che mi sentivo di dovergli rimproverare era il fatto che me lo avesse taciuto, se me lo avesse detto subito forse avrei potuto accettarlo con più facilità e invece adesso sarebbe stato più scioccante e difficile perché lui mi piaceva molto e c'eravamo persino baciati, ma questa verità adesso avrebbe potuto compromettere il nostro rapporto.
Quando me lo ritrovai davanti il cuore incominciò a tamburellare come una tromba, mentre lui rimaneva immobile a fissarmi senza riuscire a dir nulla.
“Come stai?” gli chiesi impassibile cercando di non lasciar trasparire alcuna emozione, tentai persino di fargli credere che glie lo chiedessi così tanto per parlare.
Lui si sfiorò la testa fasciata che doveva ancora dolergli, poi mi osservò confuso chiedendomi cosa fosse successo di preciso, sembrò non far neppure caso alla freddezza con il quale gli avessi parlato.
Lei allora disse “Uno di quegli uomini ti ha tirato un sasso in testa...”
“ E sai per caso dove siamo?”
Io feci spallucce, per far capire che non ne avevo proprio idea, anche se una mezza idea ce l' avevo, ovvero eravamo nella casa di quel fastidioso politico,poi lo guardai risentita.
“Perchè non me l' hai detto?”gli chiesi in tono greve.
Lui mi guardò con un espressione addolorata dicendo “Non sapevo davvero come dirtelo”
“Però avresti dovuto dirmelo!” dissi infuriata.
“Si, così ti avrei fatto schifo, più di quanto non mi faccia schifo io...” affermò infastidito.
“Si, però così hai reso le cose ancor più difficili... mi hai ingannato e adesso non so più se potermi fidare di te...” affermai incominciando a piangere.
Si avvicinò a me, ma io indietreggiai spaventata, lui mi guardò preoccupato chiedendomi cosa avessi. Io gli spiegai quello che realmente provavo:“Perdonami, ma adesso...quando ti guardo è come se vedessi lui...”
Era vero, a guardarlo il volto di Keitawa mi tornava alla mente persino la sua voce sembrava la sua, nonostante il diverso timbro e tono fossero diversi, in lui c'era sempre qualcosa che richiamasse alla memoria il padre.
“D'accordo, non mi avvicinò” affermò per calmarmi.
“Sono stati quegli uomini a portarci qui?” mi chiese cambiando bruscamente discorso.
Annui tra i singhiozzi, mentre sentivo il suo sguardo afflitto addosso, questa volta non sarebbe bastato né un abbraccio né una carezza e neppure il solletico a calmarmi, perché la sua vicinanza e il suo tocco mi avrebbe fatto più male che bene.
“Che intenzioni hanno lo sai?” mi chiese serio in viso.
“Non ne ho idea...” dissi dandogli le spalle per non guardarlo in faccia, sapevo che non era sintomo di buona educazione, ma non volevo guardarlo perché i suoi occhi color carbone erano quelli di Keitawa, anche la sua bocca, la stessa bocca che avevo baciato e assaporato con la mia era quella di quell'uomo.
“Gli somiglio molto non è vero?” mi chiese, intuendo la ragione per il quale gli dessi le spalle.
“Si, gli somigli però... se lui non me l' avesse detto non l' avrei mai capito, perché siete così uguali eppure per certi versi così diversi, è davvero strana la vostra somiglianza... anche la tua voce in certi momenti è simile alla sua, sopratutto quando ti arrabbi però la tua sa essere anche molto dolce, mentre la sua non lo è mai...”
“Mi dispiace io...” affermò mettendomi in difficoltà perché non aveva motivo di scusarsi.
Così mi presi di coraggio e mi voltai verso di lui dicendo “Non è colpa tua, non puoi scusarti perché gli somigli...”
Dopo un po' però i nostri discorsi vennero interrotti da un uomo che ci disse di seguirlo, mi guardai intorno percorrendo il luogo corridoio di quella grande casa pensando ancora a quanti soldi avessero sprecato per quel pavimento in marmo pregiato e poi ancora stucchi, addirittura pure gli affreschi, vabbè che pure mio padre ne aveva alcuni però quelli erano immensi e adornavano l' intero corridoio, poi persino le porte dipinte da sembrare dei quadri e non delle vere e proprie porte. Arrivammo dentro un grande studio, dove c'era uno scaffale con dei libri che avevano la copertina in pelle di tartaruga e poi altri oggetti molto preziosi dal quale si capiva che era la casa di una persona importante e allora incrociai lo sguardo di quel politico che stava seduto sulla sua comoda poltrona in pelle.
Il lusso di quella casa traspariva da tutti i lati, ma Kyo non sembrava prestargli molta attenzione, neppure lui sembrava amare quel tipo di esagerazioni, poi però il politico ordinò all' altro uomo di farmi uscire che voleva parlare in privato con Kyo. Mi chiesi che cosa avesse da dirgli che io non potessi ascoltare.
Ma purtroppo rimanendo fuori dalla stanza non riuscivo a sentire bene che cosa si dicessero e l'uomo che mi aveva fatto uscire, notando che avessi attaccato l' orecchio alla parete per sentire bene cosa si dicessero, mi portò via da lì, chiedendomi se avessi fame.
In effetti un po' di fame, ce l' avevo però non volevo mangiare a casa di uno come quello, di sicuro sarebbe stato come mangiare cibo avvelenato, ma dopo un po' lo stomaco incominciò a brontolare e quel corpulento uomo mi sorrise calorosamente, mentre io arrossii di botto per lo strano rumore che aveva fatto il mio stomaco.
“Avanti, andiamo in cucina...poi oggi è il tuo giorno fortunato, la cameriera ha cucinato cinese, ravioli brasati, pollo in agrodolce e tante altre leccornie...”
“Non mi piace il cinese!”mentii più decisa che mai a non mangiar neppure un solo boccone in quella casa.
Poi però mi sembrò di sentire la voce di quell'uomo rimbombare nella mia testa, mi soffermai sopratutto su quel pollo in agrodolce, io ne andavo pazza e poi a casa di Keitawa non avevo mai la possibilità di mangiare cinese, riuscivo a mangiarlo soltanto quando uscivo con le mie compagne di scuola.
Alla fine non resistetti e mangiai, mentre lui rimaneva in piedi e immobile fissandomi attentamente senza perdermi di vista, io nel frattempo su quella grande tavola per venti persone, mi lasciavo servire dalla cameriera che mi sorrideva come se fossi la padrona di casa.

Kyo:

Il padre di Yoko mi guardò amareggiato dicendo " Credo che mia figlia mi odi..."

"Ma se neppure la conosce" affermai storcendo il naso.

"Si, ma da quel poco che siamo detti, non sembro andarle a genio" affermò risentito.

"Mi dispiace" affermai realmente dispiciuto, dopotutto non mi sembrava una cattiva persona.

"Riguardo a quello che ti ho detto prima, porta mia figlia ad Okinawa ...vi ordinerò il biglietto e dei documenti falsi così nessuno capirà che lei è Yoko Keitawa...."

"Aspetti un attimo non mi risulta di aver accettato il suo incarico..." affermai, ma quell'uomo non mi stava neppure ad ascoltare.

Continuava a parlare senza sentire ragioni, pensandoci bene, non lo sopportavo, pretendeva che accogliessi la sua richiesta come oro colato, ma io non avevo alcuna intenzione di diventare il baby sitter di Yoko o comunque accettare soldi per stare con lei, non mi sembrava un gesto molto nobile da parte mia.

Ma per quanto protestassi nulla sembrava fermare quell'uomo che continuava a parlare e a stabilire le cose senza ascoltare il mio parere, così in men che non si dica io e Naoki ci trovammo fuori dalla porta di casa di quell'uomo, seguiti da quell' energumeno che mi aveva condotta in quello studio.

Ci recammo verso casa mia per prendere mio fratello, anche lui doveva ricevere carte false e fingersi un'altra persona, ma quando gli spiegai la situazione non sembrò prenderla bene, poi non so come o perchè finii per rassegnarsi dicendo "Sempre meglio di spacciare droga no?"

Io lo guardai perplesso, mentre Yoko continuava a non capire perchè dovessimo partire e perchè quell'uomo fosse venuto con noi, ma non potevo spiegargli che quel politico fosse suo padre, non mi sembrava corretto doverglielo dire io, era molto più giusto che glie lo dicesse lui primo o poi.








Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Partenza per Okinawa ***


KYO:

“Partenza per Okinawa ore 20:30” comunicò l' altoparlante.
Mio fratello mi osservava nervoso, io ero più ansioso di lui, non avevamo mai lasciato Tokyo, eppure forse quella sarebbe stata la soluzione migliore, perché continuando a rimanere confinati in quella città non avremmo mai ricevuto delle buone opportunità, a parte rubare, spacciare, rapinare e chissà solo altro cosa a causa di Keitawa che ci contrastava sempre.
Quindi mentre aspettavamo il treno arrivare era come se dinanzi a noi si aprisse un nuovo mondo pieno di aspettative che non avevamo mai avuto, anche Yoko sembrava ansiosa e piena di buoni propositi, anche se tuttora non sapeva la ragione di quell'inaspettata partenza, tuttavia non fece domande e disse allegramente “Lì c'è una stazione termale mi pare si chiami Beppu...”
“Ah, si potremmo anche andarci” disse l'uomo corpulento, che era la nostra ombra e si metteva sempre fra me e Yoko per distanziarci, il padre di Yoko lo aveva proprio messo all' erta su ogni cosa.
Che strana comitiva di viaggiatori pensai guardandoci, eravamo tutti un po' sulle nostre sopratutto io e mio fratello, Yoko sembrava l' unica ad allietare l' attesa del treno, ci fece in pratica un itinerario completo su Okinawa.
Mentre io la guardavo con un espressione saccente, come se già sapessi tutte le cose che stava dicendo, mentre in realtà le disconoscevo tutte, in pratica non avevo affatto idea di dove stessimo andando.
Yoko ci cascava, credeva davvero che sapessi tutte le cose che diceva e così disse “Si, però non c'è gusto a dirti le cose se già le conosci” disse facendo il muso lungo.
Toshio che fino ad ora era stato sulle sue, senza pronunciare neppure una parola disse sorridendole “Io non le sapevo...”
Lo osservai esterrefatto, non capiva cosa gli stesse passando per la testa poi mi guardò con un espressione quasi di sfida, così assunsi un espressione rimbambita non capendo cosa volesse comunicarmi con quello sguardo.
Anche Yoko sembrava sorpresa dal suo comportamento, dopotutto si era sempre comportato in un modo insolito con lei che non avrei mai saputo definire, a volte gentile e altre volte scorbutico.
Lui non era mai stato irascibile,eppure in quel periodo sembrava aver tirato fuori il peggio di sé, ma adesso stava tornando il buon caro e vecchio Toshio, anche se quello sguardo non mi convinceva.
Yoko ricambiò il suo sorriso, poi però sentendosi gli occhi di mio fratello addosso distolse lo sguardo, lui allora guardò verso la mia direzione schioccando un bacio con le labbra e poi rise tornando a guardare Yoko, dopo si voltò di nuovo verso di me con un espressione soddisfatta.
Voleva dirmi che si era baciato con Yoko, almeno questo è quello che avevo capito dal suo gesto, ma non volevo affatto crederci, era impossibile e non volevo neppure osare immaginarmelo, poi però incominciai ad innervosirmi, così non appena il treno arrivò divenni taciturno.
Yoko non riusciva a capire cosa avessi e durante il tragitto, mi chiese più volte se non avessi per caso la nausea, io le feci cenno di no con il capo, poi guardai mio fratello che ero seduto alla nostra destra davanti a Yoko con quell' energumeno di uomo.
Ripensai al bacio che ci eravamo dati io e Yoko,incominciando a chiedermi , se ora da quel bacio potevamo dire di stare insieme o meno e poi volevo davvero impegnarmi con lei? L' ultima volta che mi ero impegnato con qualcuno era stato un vero fallimento, e non volevo che con lei succedesse la stessa cosa e tanto per complicare di più la situazione venivo a sapere che si era baciata con mio fratello.
L' idea che quei due potessero essersi per davvero baciati, mi mandava in bestia e mentre traboccavo di gelosia, Toshio si faceva più socievole del previsto nei confronti di Yoko e da allora ebbi un cattivo presentimento.
Ci stava provando con lei sotto i miei stessi occhi senza porsi alcun problema, mentre io continuavo a spremermi le meningi, lui ne approfittava spudoratamente.
Yoko gli rivolgeva sorrisi di circostanza, lui invece sorrideva un po' troppo per i miei gusti ed ebbi l' impressione di aver già vissuto un momento come quello:
Mi rammentai di quelle volte che lui e Mayko parlottavano di nascosto, parlando di me, io finivo sempre per beccarli in fragrante e loro ridevano incolpandosi a vicenda dicendo che fosse stato l' uno o l'altro a cominciare a sparlarmi.
Dopo un po' Yoko osservò il finestrino e ammirò il paesaggio, mio fratello fece lo stesso ed io li osservavo con un po' di incertezza e preoccupazione.
Dopo un po' Yoko si addormentò e appoggiò la sua testolina sulla mia spalla, mentre il tirapiedi di suo padre mi osservava contrariato, io allora gli dissi a bassa voce per non svegliare Yoko, che non stavamo facendo niente di male e di rilassarsi un po'.
Lui allora non disse più nulla, mentre mio fratello continuava a lanciarmi certe occhiate, poi guardava Yoko con lo sguardo fisso tanto per suscitare di più il mio fastidio e la mia irritazione.
Arrivati ad Okinawa alle 23 passate, sfiorai una guancia di Yoko per svegliarla, lei aprii gli occhi e con la voce ancora impastata dal sonno mi chiese se eravamo già arrivati, mentre mio fratello e quel gigante d'uomo si erano già alzati prendendo le valigie.
Yoko si stiracchiò e sbadigliò rumorosamente e poi finalmente scendemmo dal treno ammirando la città dove ci trovavamo.
Era davvero bella, sembrava anche meno caotica di Tokyo, anche i volti delle persone sembravano più rassicuranti, ma dopo un po' incominciai a sentirmi disorientato e confuso, non avevamo neppure una mappa, come dovevamo orientarci? L' energumeno dopo un po' tirò fuori una mappa di Okinawa, era ben attrezzato, che dire Nageshi, il padre di Yoko, lo aveva addestrato bene.
Aveva pensato a tutto, aveva pure prenotato un hotel per dormire almeno per quella notte e il giorno seguente avremmo cominciato a cercare casa.
Osservai Yoko stava tremando di freddo con quella divisa scolastica così leggera, che le lasciava scoperte le gambe, non era poi così strano che sentisse freddo.
Ah, ora che dovrei fare le classiche cose dei film? Dovrei togliermi la giacca facendo il figo per poi morire di freddo io? NO. Non ci pensavo per sogno, non che non volessi per il gesto, solo che era il solito clichè romantico che non tolleravo.
“Ci sarà qualche centro commerciale aperto a quest'ora e qua vicino?” chiesi alla guardia del corpo di Yoko.
Lui osservò la cartina e tutto il materiale di cui si era dotato e annui dicendo che c'è ne era uno nei paraggi che forse era aperto, poi mi domandò il perché ed io lo rimproverai dicendo “E me lo chiedi non lo vedi che sta tremando di freddo?”
“E Quella doveva essere la sua guardia del corpo e non si accorgeva neppure che stava congelando?” pensai tra me.
Mio fratello si avvicinò a Yoko, poi lo vidi allungare un braccio come se volesse togliersi la giacca, NO,stava per fare lui quella patetica scenetta, per fare il figo, così mi tolsi la giacca in fretta per batterlo sul tempo, dopo gli rivolsi un sorriso ebete che significava ho vinto io. Lui non volle darmi alcuna soddisfazione e mi lanciò un ' occhiata imperscrutabile.
Yoko prese la giacca incerta dicendo “Ma così non sentirai freddo?”
Stavo già tremando di freddo, ma ormai che c'ero dentro quella situazione filmica, mi calai del tutto nella parte e incominciai ad atteggiarmi, dicendo “Io?freddo?Noi uomini siamo più forti del freddo!” dissi con una spaventosa serietà e con quell' espressione superba e imperiosa che non mi apparteneva, ma che avevo visto fare agli attori più famosi, anche i gesti erano identici, il modo in cui gli misi la giacca e avrei potuto anche suggerirle le sue battute, ma anche se la mia interpretazione era perfetta,non potevo di certo competere con i grandi bellocci televisivi ,nonostante non mi ritenessi brutto..
Yoko scoppiò a ridere seguita da mio fratello, non appena riuscii a smettere di ridere mi chiese “Cos'era quella frase?”
“In tutti i film che si rispettino c'è sempre un'idiota che dà la giacca alla Mary Sue della situazione e gli dice parole di questo tipo no?” le feci notare.
“ Sei l' anti romanticismo in persona!” affermò divertita.
“Se la pensi così allora restituiscimi la giacca!”
Yoko disse con un tono infantile “Non ci penso per sogno!”
“Tra voi due non so chi sia il più bambino...se tu o lei...” affermò mio fratello sbuffando seccato.
Dopo un po' arrivammo in quel centro commerciale, così comprammo un bel po' di cose,io una giacca per evitare che congelassi, Yoko comprò un paio di jeans per evitare di prendere freddo alle gambe e altri vestiti dato che non ne aveva neppure uno a parte quella divisa, ma avevo come l' impressione che comprasse le cose non in base a quello che realmente le piacesse, ma in base al prezzo.
“Yoko non l' hai neppure provata e sembra che tu non l' abbia neppure guardata!” affermai osservando quell' orribile maglietta giallastra.
Poi dopo un po' capii, si stava creando dei problemi perché credeva che pagassi io, ma non era proprio così, dato che suo padre mi aveva dato dei soldi per me , per Yoko e persino per mio fratello, mi ero già sentito uno schifo quando mi aveva dato quei soldi fra le mani e adesso ci si metteva anche lei con questa storia.
“Non devi crearti dei problemi, compra quel che ti pare abbiamo soldi a sufficienza!” affermai sorridendole.
Lei mi osservò imbarazzata “Ma non mi va che spendi soldi inutili per i miei capricci...”
“Non ti preoccupare!” affermai per rassicurarla.
Ma era tutto fiato sprecato e in men che non si dica lo fece ancora, posava tutto ciò che le piaceva accorgendosi del prezzo, così dopo un po' la bloccai sul tempo togliendole dalle mani il vestito che stava posando.
L' osservai era proprio carino, era un vestito bianco con dei grandi pois rossi, era molto anni 60 però non mi dispiaceva e a lei piaceva glie lo si leggeva negli occhi.
“E' carino, potresti provartelo...” affermai.
“No, non mi piace..” rispose con incertezza.
“Non ti piace per il prezzo!” esclamai beffardamente.
Insistendo fino a sfinirla riuscii a farglielo provare e lo comprai con o senza la sua approvazione, anche se era stata davvero un'impresa riuscire a convincerla a provarselo. Era la prima volta che mi capitava di aver a che fare con una ragazza che si creasse tanti problemi perché pagassi io, tutte le altre donne ne avrebbero di certo approfittato fino ad arraffare anche l'ultimo centesimo che avessi in tasca.
Con Mayko non mi era mai successo perché non mi capitava mai di pagare qualcosa per lei, perché Mayko non poteva mangiare fuori perché soffriva di molte allergie alimentari e suo padre molto apprensivo per com'era non voleva che per errore finisse per mangiare qualcosa a cui era allergica. Di solito non faceva mai shopping insieme a me, al massimo guardavamo le vetrine, ma non entravamo mai in un negozio con l'impegno di comperare qualcosa, forse perché una volta le ho detto che non amavo fare shopping.
Osservai mio fratello chiedendogli se potevamo andare, lui era rimasto immobile e intento a fissare una ragazza con una minigonna a jeans, da quando in qua era fatto così maniaco? Pensai osservando la sua espressione concentrata sul sedere della giovane ragazza.
La osservai guardandomi prima intorno per accertarmi che Yoko non fosse nei paraggi, dopo un po' mio fratello mi chiese continuando a non toglierle gli occhi di dosso “Secondo te quanti anni avrà?”
“ 24 forse...” affermai osservando i suoi capelli, la sua schiena, ogni parte del suo corpo sembrava emanare un ' esorbitante quantità di feromoni.
“Kyo?” sentii la vocina di Yoko chiamarmi, io mi voltai di scatto ormai colto in fragrante.
“Che facevate?” chiese curiosa.
“Niente...” affermai facendo una risatina un pò isterica, quella classica che mi veniva quando dicevo una bugia.
Uscimmo dal centro commerciale per recarci in hotel, era un albergo molto lussuoso, al padre di Yoko non mancavano di certo i soldi pensai, ma avere tutti quei soldi non sapevo ben dire se fosse una cosa brutta o bella.
Arrivati lì tirammo fuori i nostri documenti, lessi per la prima volta il nome che c'era scritto “Akiyama Kuso” no, ma che razza di nome era mai quello, rilessi gli ideogrammi per accertarmi di non aver sbagliato e invece era proprio Kuso. (kuso in giapponese significa merda)
Così scocciato pronunciai quel nome alla reception, l'uomo mi guardava come se lo stessi prendendo in giro e Yoko si avvicinò a me sussurrandomi che forse aveva sbagliato a leggere gli ideogrammi.
“Ma no che non ho sbagliato a leggerli!” mormorai.
Poi mio fratello prese il suo documento cercando e disse “Akiyama Tako” (Tako significa pervertito)
Scoppiai a ridere, così beffardo disse “Guarda che tu sei combinato peggio di me, Kuso!”
Anche Yoko scoppiò a ridere, mentre l' uomo della reception si stava indispettendo:
“Signori vi state prendendo gioco del nostro hotel?”
Yoko prese il suo nome e lesse“ Akiyama Hime” (HIME=principessa) poi si mise a leggere l' energumeno: “ Kaichiwa Saito”
Solamente io e mio fratello avevamo ricevuto quei pessimi nomi ed ebbi come l' impressione che ci fosse lo zampino di Nageshi, di sicuro non poteva affatto essere un caso e infatti dopo un po' mi chiamò chiedendomi se mi fosse piaciuto lo scherzo.
Aveva uno strano senso dell'umorismo, anzi era veramente pessimo perché avrei dovuto camparci con quel nome e non era una gran bella cosa chiamarsi in quel modo, ma mentre mi dibattevo contro di lui per telefono, lui continuava a non ascoltarmi e dopo un po' mi chiuse il telefono.
“Che uomo odioso”pensai tra me, mentre dovetti chiarirmi con l'uomo della reception e fargli capire che non ci stavamo prendendo gioco di lui, così ci inventammo sul momento che i nostri genitori erano punk e per questa ragione avevamo quei nomi così particolari.
“Ma è legale dare dei nomi come quelli a dei bambini, come minimo li dovreste denunciare!” affermò l'uomo sconcertato.
“Stavamo pensando di farlo” affermai lanciando un 'occhiata divertita a mio fratello, mente Yoko volendo difendere i genitori punk disse goffamente“Uhm bè almeno non sono nomi scontati come Takashi e Sakura, in Giappone si chiamano tutti così, sono così stucchevoli...”
“Io mi chiamo Takashi” affermò fulminandola con lo sguardo.
“Ecco vede tutti si chiamano Takashi anche lei!” continuò ingenuamente con la sua critica.
Mentre l'uomo avrebbe tanto voluto incenerirla con il solo sguardo, così per evitare che ci buttasse fuori a calci dissi:
“ Non intendeva dire che Takashi sia un brutto nome, ma poiché è così bello finisce per essere troppo usato”
Mio fratello nel frattempo conversava con l'energumeno, non sapevo neppure di cosa stessero parlando però sembravano andare d'accordo quei due.
Non appena ci venne consegnata la chiave, arrivammo nella nostra camera era molto bella e accogliente, ma non ci diedi troppa importanza e aprii la valigia per mettermi il pigiama che ero molto stanco, ma dopo un po' Yoko arrivò dentro la mia stanza senza nemmeno bussare.
“Che c'è?” le chiesi.
“Kuso” disse ridendo.
“Ah, ti ci metti pure tu!” affermai sbuffando.
Yoko vide la valigia aperta e poi mi chiese “Ci tieni molto a quel libro, per questo te lo sei portato?”
Osservai la valigia aperta e il libro di cui parlava Yoko, era il solo e unico libro che riuscii a far pubblicare a Mayko, si trattava di alcune favole che aveva scritto lei, erano storie d'amore, di fantasia, anche un po' scontate, però a lei non importava, le piaceva solo e soltanto scrivere e non lo faceva neppure perché volesse diventare una scrittrice, ma lo facevo soltanto come hobby.
Una volta le chiesi perché non scrivesse qualcosa di più realistico o di più complesso e lei mi rispose “Le storie sono scritte per fantasticare con la mente, quindi non ha senso che mi metta a scrivere di cose quotidiane, altrimenti sarebbe noioso e poi le cose complesse fanno parte della vita, quindi non avrebbe senso che le raccontassi, mentre invece le cose semplici non esistono nella vita ed è per questo che mi piacciono le favole, perché le favole hanno una trama così lineare e semplice, dopo tante avversità il lieto fine è sempre assicurato!”

Annuii con il capo e poi le dissi che se voleva poteva anche leggerlo, lei allora mi guardò e disse “ in verità avevo letto di nascosto una storia di quel libro a casa tua... però non sembra essere il mio genere...”
“Come mai?”
“ Non vorrei offendere..quindi preferisco limitarmi col dire che non è il mio genere...”
“Neanche il mio se è per questo, sono troppo scontate e semplici e c'è sempre quel maledetto lieto fine”
“Era proprio questo che intendevo, però non volevo dirtelo, perché non volevo che ti offendessi o che ti arrabbiassi, visto che ci tieni molto a quel libro dato che è stato scritto dalla tua ex”
“Ci tengo molto a questo libro, perché è l' unica cosa carina che io sia riuscito a fare per lei...”
“Cioè?”
“Glie l' ho sottratto di nascosto per pubblicarlo, perché lei non me lo avrebbe permesso, dato che non si riteneva molto brava e temeva le critiche degli altri, ma quando venne pubblicato divenne il libro più in voga tra le ragazzine, forse quella è stata l'unica volta che sono riuscito a renderla felice”
“Non credo che quella sia stata la sola volta che tu l' abbia resa felice” affermò Yoko con un espressione benevola sul viso.
Mi avvicinai a lei, avrei voluto baciarla, stringerla a me, ma mi resi subito conto che non era una buona idea, perché non appena le distanze tra di noi diminuivano, lei incominciò a tremare trovandosi il mio volto così vicino al suo.
“Rimanere da soli e così vicini, mi fa stare in ansia, scusami!” affermò allontanandosi da me.
“E allora non dovevi neppure entrare!” affermai irritato, non avrei voluto risponderle in quel modo, ma le parole mi scivolarono di bocca.
“Già, hai ragione...” affermò ferita dalle mie parole.
Uscii alla svelta dalla stanza, io non sapevo neppure se tentare di fermarla o meno, ma mentre riflettevo sul da farsi, era già troppo tardi, lei se ne era già andata chiudendo la porta dietro di sé.
Osservai la stanza: notai uno specchio su di una parete, così mi accostai ad esso per riflettere la mia immagine, in quel momento il mio viso, la mia espressione, i miei occhi, la mia bocca, il mio naso, mi erano detestabili e mi parvero anche ripugnanti.
Avrei tanto voluto non somigliargli così tanto. Avrei voluto essere Toshio, lui non gli somigliava affatto. Improvvisamente l' idea che Toshio potesse stare con lei mi piombò per la testa, dopotutto lui non somigliava a Keitawa e aveva passato le sue stesse brutte esperienze e poi si erano anche baciati.
Riguardo al bacio avrei forse dovuto chiedere una qualche spiegazione a Yoko, per capire meglio quella faccenda, magari risparmiandomi la sfuriata di gelosia, dato che non sapevo neppure se stessimo o non stessimo insieme.
Osservai ancora una volta il mio viso che risvegliava in Yoko i brutti ricordi, le violenze e i dolori arrecati da quell'uomo, così capii che molto probabilmente non avremmo mai potuto stare insieme, perché l' avrei soltanto fatta soffrire ricordandole tutti quei brutti momenti ,anzi non avrei dovuto accettare l' incarico di suo padre, ma per quello potevo riparare cedendolo a Toshio. Lui di sicuro era il più indicato per stare con Yoko, ne ero certo.
Era sempre stato buono, gentile,premuroso e dolce con Mayko e lo sarebbe stato anche con Yoko, per questo motivo dovevo farmi da parte, se non volevo che le cose mi sfuggissero di mano, come era successo in passato con Mayko.


Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** partenza per Okinawa (Yoko) ***


Yoko:
Partenza per Okinawa ore 23:30” disse l' annunciatrice delle partenze.
Mentre noi insolita comitiva di viaggiatori attendevamo l' arrivo di quel treno, dico “Insolita” perché io ero una minorenne scappata di casa, due delinquenti e l' altro non avevo ancora capito con chiarezza chi fosse e perché fosse venuto con noi.
Sapevo che lavorava per quel politico, quel fastidioso uomo che aveva cercato in tutti i modi di comprare la mia simpatia e non mi spiegavo neppure la ragione di quel comportamento.
Ma oltre a questa domanda, me ne ponevo altre, del tipo perché improvvisamente Kyo aveva deciso di partire, avrei tanto voluto chiederglielo, ma non volevo che si sentisse assillato, dato che quella domanda glie l' avessi già posta e lui in merito era stato piuttosto vago.
Poi pensandoci quel viaggio non mi dispiaceva, non mi ero mai mossa da Tokyo, l'unico viaggio che avevo fatto erano state le banali gite scolastiche dove visitavi qualche prefettura di Tokyo o qualche posto che non era neppure tanto lontano da Tokyo e non mi ero neppure mai divertita.
Inoltre andare via da Tokyo per me significava essere molto più lontana da Keitawa e questo poteva soltanto essere un bene, poi in questo modo avrebbe riscontrato più difficoltà a trovarmi, poiché in Giappone c'erano tante città e non poteva subito arrivare a capire che mi trovassi ad Okinawa.
Questa era una delle cose che mi aveva detto Kyo, aveva usato una spiegazione di questo tipo per giustificare il nostro viaggio, ma avevo come l' impressione che ci fosse qualche altra cosa sotto, glie lo si leggeva dritto in faccia che non stesse dicendo del tutto la verità, ma dalla sua espressione sembrava che ciò che mi stesse tacendo non fosse poi tante grave.
Ormai avevo imparato a conoscerlo e sapevo che quando mi nascondeva qualcosa di brutto, dai suoi occhi non traspariva buon umore, ma una forte amarezza e senso di colpa quindi potevo stare tranquilla, non era nulla di così grave.
Incominciai a pensare ad altro, ovvero a come potesse essere Okinawa, ne avevo sentito parlare bene, sapevo tutta su quella città perché mi capitava spesso di leggere le guide turistiche, era un modo per evadere dalla realtà che mi circondava e sopratutto da Keitawa.
Sognavo spesso di fuggire oppure di svegliarmi una mattina e ritrovarmi in un altro luogo che non fosse Tokyo o che almeno non fosse casa Keitawa, ma tutte le volte che mi svegliavo rivedevo quelle pareti color avorio e quel letto insudiciato del suo sudore la notte precedente e allora piangevo disperatamente ributtandomi nel letto con la sola speranza di non svegliarmi mai più.
La mia matrigna quando mi vedeva così, mi chiedeva cosa avessi io rispondevo che era soltanto stress da studio, lei allora smetteva di pormi domande, io avrei tanto voluto dirgli la verità, ma mi mancava il coraggio, così a volte tentai persino di lasciare che se ne accorgesse, indossando delle magliette a maniche corte per mostrare con chiarezza quei lividi e graffi, poi però quando mi chiedeva come me li ero fatti, finiva per mancarmi il coraggio.
Avrei tanto voluto dire “è stato suo marito”, avrei voluto gridarlo al mondo intero che il mio patrigno, l'uomo che tutti rispettavano non era neppure degno di essere chiamato uomo per quello che mi aveva fatto, ma avevo paura di lui e di essere compatita dagli altri.
Tutti avrebbero detto “poverina” e le solite frasi di circostanza, poi mi avrebbero mandato da uno psicologo, un estraneo che neppure mi conosceva ma che doveva emettere sentenze su di me e sui traumi che dovevo aver subito, lui cosa ne poteva mai sapere? Era stato lui ad esser violentato o io?
NO, non volevo andare da uno strizzacervelli e non volevo neppure il compatimento degli altri, ne facevo volentieri a meno, però rimanendo in silenzio le violenze proseguivano incessanti, ma dopotutto se ne avessi mai parlato a qualcuno o se lo avessi denunciato sarebbe di sicuro cambiato qualcosa? Lui era un politico ricco,potente e rispettabilissimo ed io una piccola e inutile ragazzina, a chi avrebbero dato mai ascolto a me o a lui?
Basta, non dovevo più pensarci! Adesso si presentava un nuovo presente dinanzi a me, quindi che senso poteva mai avere rivangare il passato.
Così i miei pensieri si concentrarono su quel solo e preciso argomento “Okinawa”, in quel momento era il paradiso per me, la scappatoia che avevo sempre immaginato e sognato tra quelle guide turistiche.
Guardai i miei compagni di viaggio, sembravano anche loro eccitati anche se non lo comunicavano espressamente, lo capiva dalle loro espressioni e anche dal loro silenzio, ero certa che stavano meditando riguardo al viaggio che stavamo intraprendendo.
Avrei tanto voluto che condividessero con me quei pensieri e quelle aspettative, ma forse era chiedere troppo, così incominciai a dire qualcosa io per invogliarli a comunicare.
Li informai che lì c'era una stazione termale chiamata Beppu, l' unico che mi diede ascolto era il tirapiedi di Nageshi che si era messo tra me e Kyo, ebbi come l'impressione che per qualche ragione ci volesse allontanare l'uno dall'altra.
Rispose con un espressione pacata e naturale che avremmo potuto andarci, senza neppure il minimo di entusiasmo, sembrava che stesse lì più per un affare di lavoro che per piacere.
Guardai il suo volto incartapecorita, doveva essere super giù un quarantenne, la sua espressione era sempre contratta e rigida come un buttafuori che sta sempre all' erta e che non si scompone mai dal posto in cui è, anche lui era così.
Anche se nessuno mi avesse sollecitato a continuare a parlare di Okinawa, io lo feci lo stesso perché sapevo che anche se non parlavano mi stavano ascoltando o almeno Kyo lo stava facendo, ascoltava ogni cosa con attenzione e annuiva lasciando intendere che già fosse al corrente di tutto.
“Non ha senso che ti dica le cose se già le sai” affermai sbuffando scocciata.
Il fratello che fino ad ora sembrava essersi fatto i fatti suoi, senza mostrare alcun cenno d'interesse per quello che stavo dicendo, disse sorridendomi “Io non le sapevo”
Lo guardai ricambiando il sorriso forzatamente, poiché da quando mi aveva baciato cacciando a forza la sua lingua nella mia bocca, che io in tutta risposta gli morsi, non sapevo più come comportarmi con lui.
Mi aveva pure dato un risonante schiaffo dicendo che non ero altro che una pessima copia di Mayko, le sue parole erano rimaste impresse nella mia mente, così mi voltai di scatto non appena i suoi occhi castani incrociarono i miei.
Pensai che avesse una gran bella faccia tosta a guardarmi in quel modo dopotutto quello che mi avesse fatto, ma avrei comunque giocato al suo gioco, facendo come se nulla fosse successo perché non volevo che tra Kyo e lui si creassero asti a causa mia, così mostrai sempre un sorriso ad ogni cosa che diceva, come faceva lui del resto.
Quando il treno partii, Kyo seduto accanto a me rimaneva immobile e in silenzio con lo sguardo fisso verso un punto imprecisato del treno,gli chiesi se avesse la nausea, ma lui disse di no col capo, non aveva neppure voglia di esprimersi a parole.
Il fratello ricominciava a guardarmi, a sorridermi e ad attaccare bottone come se fossimo due grandi amici, io feci lo stesso, anche se in verità non avevo alcuna voglia di intrattenermi in quell' inutile conversazione.
Parlavamo del tempo e dei fatti di cronaca che erano successi di recente in Giappone,insomma delle solite cose che si usano come pretesto per parlare con qualcuno che non si conosce, ma come ogni conversazione tra due estranei, dopo tanto parlare fino all' esaurimento di quegli sciocchi argomenti, si rimane senza altro da dire e calò un imbarazzante silenzio.
Io osservai il finestrino del treno per osservare il paesaggio e per evitare gli sguardi insistenti di Toshio che sembravano quasi supplichevoli, come se volessero incoraggiarmi a dire qualcosa per irrompere quel silenzio, guardando i suoi occhi speranzosi finivo anche per sentirmi in colpa perché non avevo né la voglia né l' interesse di parlare con lui, inoltre non volevo che Kyo si facesse delle idee sbagliate fra me e suo fratello.
Dopo un po' mi addormentai appoggiando la testa sulla morbida spalla di Kyo, non era pelle ossa come le schiena di Rei che era talmente gracile da non riuscire a vederlo, sopratutto perché io non ero una ragazzetta magra, aveva un fisico imperfetto e paffuto, non ero di certo una silhouette, però non ero neppure una balena, ma in confronto a lui sembravo un vero e proprio buttafuori e non era una gran bella cosa, insomma eravamo una coppia piuttosto comica. Invece la spalla di Kyo era grassottella al punto giusto e le sue braccia mostravano quel po' di muscoli che Rei si sarebbe solo e soltanto sognato poiché era tutto ossa, poi quando eravamo insieme più che un buttafuori mi sentivo bassa quanto un hobbit.
Mi accoccolai su quel morbido torpore, che rimaneva stabile come un vero e proprio cuscino, allietando quelle ore che avevamo ancora da passare in treno e in tal modo sfuggii agli sguardi di Toshio, anche se ero certa che mi stesse ancora guardando, persino mentre dormivo avevo l'impressione che i suoi occhi fossero puntati verso di me. Imbarazzata pensai a quell' espressione potessi avere con gli occhi chiusi e cercai di non sbavare come al solito, come facevo sempre quando dormivo sopratutto per non rischiare di bagnare la spalla di Kyo, di sicuro non avrei fatto una gran bella figura.
Dopo un po' sentii una mano fredda sfiorarmi il viso, causandomi i brividi lungo la schiena, ero certa che era la mano di Kyo, l' avrei riconosciuta fra mille.
Aprii gli occhi che ancora non abituati alla luce mi si chiudevano da soli, dopo un po' mi stiracchiai e mugugnai “Siamo già arrivati?”, Kyo non fiatò neppure, si limitò ad annuire con il capo, avrei tanto voluto chiedergli cosa diamine avesse e se avessi fatto qualcosa che lo avesse infastidito, ma quello non mi parve il momento più opportuno.
Toshio e quella sottospecie di buttafuori si erano già alzati dai loro posti, l'uomo portò la valigia di Toshio e si mostrò stranamente gentile con lui, gli sorrise calorosamente, mentre a me e a Kyo ci guardava sempre con quelle occhiate rigide e rimaneva sulle sue,, mentre con Toshio assumeva un atteggiamento ben diverso, ma Kyo non sembrò prestarci molta attenzione, sembrava più impegnato a prendere la sua valigia.
Usciti dalla stazione ferroviaria, era come trovarsi in un altro mondo, strade monumenti sconosciuti e graziose casette basse mai viste prima d'ora, anche se era buio e quindi non si riusciva ad ammirare tutto alla perfezione, riuscivo vedere bene solo le insegne luminose che c'erano anche a Tokyo ma che erano più colorate e ben diverse dal luogo in cui ero cresciuta, avevano quel tocco più originale e grazioso.
Dopo un po' incominciai a sentire freddo, del resto avevo soltanto quella divisa scolastica che portavo da giorni e che mi teneva le gambe scoperte, così incominciai a tremare per il gelo.
Kyo sembrò accorgersene e quando il buttafuori tirò fuori la cartina, fece una domanda insolita che inizialmente non compresi, chiese se c'era un centro commerciale aperto a quest'ora in quei paraggi, poi quando il buttafuori chiese la ragione disse “Bè non lo vedi che sta morendo di freddo!” e in pochi secondi lo vidi togliersi la giacca e porgermela per farmela mettere.
Lo guardai con un espressione emozionata e incerta per il gesto chiedendogli “Ma così non sentirai freddo tu?”
Lui dopo un po' con una voce impostata e quasi teatrale disse “Io? Freddo? Noi uomini siamo più forti del freddo!” anche i suoi gesti erano tutti ben studiati come la scena di un qualche film.
Scoppiai a ridere senza neppure riuscire a trattenermi, la sua espressione così seria e convinta di quel che stesse dicendo era troppo comica, Toshio rise pure, ma non sembrò ridere perché l' espressione e il tono di Kyo lo facesse per davvero ridere, ma sembrava che lo avesse fatto per conformarsi alla mia risata, mentre il buttafuori rimaneva rigido e impalato come un lampione, si scompose lievemente solo quando vide Toshio ridere.
Dopo chiesi a Kyo il significato di quella frase e lui mi rispose facendo un'aspra critica ai film romantici: “In tutti i film che si rispettino c'è sempre un'idiota che dà la giacca alla Mary Sue della situazione e gli dice parole di questo tipo no?”
“ Sei l' anti romanticismo in persona!” lo punzecchiai divertita.
“Se la pensi così allora restituiscimi la giacca!” affermò divertito.
“Non ci penso per sogno!” esclamai tirando fuori una vocetta infantile quasi stridula.
“Tra voi due non so chi sia il più bambino...se tu o lei...” affermò Toshio seccato, sembrava infastidito dal nostro rapporto, ma dopo un po' mi chiesi qual'era il nostro rapporto?
Ci eravamo dati un solo bacio, non era certa che potevamo dire di star insieme, ma forse era sciocco pure chiederselo, era scontato oppure no?
Così incominciavo a chiedermi se fosse giusto chiederglielo o no, forse mi avrebbe preso per stupida o per una sciocca bambina perché queste cose non bisognava chiederle bisognava viverle e basta e poi con il tempo si stabilivano, ma vivere con quell'incertezza addosso non mi piaceva affatto.
Giunti al centro commerciale, ci separammo, ognuno vedeva il reparto che più gli aggradava, dopo un po' Kyo comparse all'improvviso dicendomi che potevo comprare tutto quel che volessi, io storsi il naso contrariata, ma lui non sembrò farci caso.
Sapevo di essere senza vestiti e che avrei dovuto comprarli, però non avevo neppure uno yen in tasca, così mi maledii per non essermi portata neppure il portafogli quel giorno che ero scappata di casa, ma pensandoci ero giustificata, non lo avevo portato perché inizialmente non avevo progettato la fuga, ma il suicidio,quindi nell'aldilà i soldi a che cosa mi potevano mai servire? A corrompere San Pietro per darmi la chiave che aprisse le porte del paradiso e non quelle dell'inferno? Eh si anche in quel caso, i soldi mi sarebbero stati utili, quindi non ero tanto giustificata, magari San Pietro non sarei riuscita a corromperlo, ma qualche angelo corruttibile si trova sempre.
Incominciai a guardarmi intorno c'erano dei bei vestiti, ma tutti quelli che mi piacevano costavano troppo, soltanto quegli orribili vestiti dai colori smorti e che sembravano per donne di mezza età, costavano poco ed erano anche messi in saldo, sicuramente perché non li comperava nessuno dato che fossero così orrendi, molto probabilmente neppure le anziane signore avrebbero avuto il coraggio di comperarli.
Rassegnata presi una maglietta a casaccio curandomi soltanto del prezzo, era sempre su quel genere, ma fortunatamente trovai almeno dei jeans semplici ed economici.
Kyo mi fece notare che la maglietta non l' avevo neppure provata e secondo lui neppure guardata, forse perché notò anche lui che era davvero oscena sia per il modello che per il colore, sembrava una maglietta di forza color vomito.
“Non devi crearti dei problemi, compra quel che ti pare abbiamo soldi a sufficienza!” affermò sorridendomi.
“Ma non mi va che spendi soldi inutili per i miei capricci...” esclamai imbarazzata.
“Non ti preoccupare!” disse rassicurante.
Ma nonostante mi avesse rassicurato, non mi andava di fargli spendere tanti soldi per un mio piacere personale e in men che non si dica, posai tutto ciò che mi piaceva, non appena vedevo quei prezzi da capogiro, ma mentre stavo posando un vestito, Kyo sbucò all'improvviso togliendomelo dalle mani e osservandolo, io cercai di fare la vaga tentando di non fargli capire che mi piacesse.
“E' carino, potresti provartelo...” affermò Kyo.
“No, non mi piace..” mentii, ma non era brava a dire le bugie e mi si leggeva chiaramente in faccia che quel vestito mi piacesse.
“Non ti piace per il prezzo!” esclamò beffardamente.

Insistette fino a che non ridusse a niente ogni mia volontà di obbiettare, lasciandomi promettere che se lo avessi provato non era certo che gli avrei permesso di comprarmelo, ma lui lo comprò senza neppure darmi ascolto.
Non ebbi neppure la forza di arrabbiarmi, in fondo era premuroso da parte sua, solo che questa situazione mi metteva terribilmente a disagio perché non avrei potuto ricambiare ed io del resto odiavo la regola che paga l'uomo, non condividevo affatto quella politica femminista o maschilista, non sapevo dire se fosse femminista perché andasse a sfavore dell'uomo, oppure maschilista ritenendo che la donna non fosse capace di procurarsi i soldi e quindi la dovesse gestire l'uomo che era ritenuto il più forte tra i due.
Kyo dopo un po' andò verso suo fratello per chiedergli se potevamo andare, poi li osservai non sapevo bene cosa stessero facendo poi guardai verso la direzione che osservavano con tanta insistenza.
Era una ragazza dai capelli cotonati con un espressione troppo docile, quasi stucchevole , anche la sua bellezza mi parve esagerata, ma notai spiacevolmente che per quei due non fosse così, ma i loro occhi miravano a qualcos'altro di sicuro non al viso.
Quella mi parve una risposta abbastanza chiara, non stavamo insieme altrimenti non si sarebbe messa a guardare il primo sedere che gli capitasse sotto occhio o forse si, chi poteva mai dirlo del resto sono uomini!Ah, adesso mi mettevo anche a giustificarlo,poi guardai il sedere di quella tizia, non c'era che dire “perfetto”,perciò come non biasimarlo e inoltre con quella minigonna non era poi così strano che attirasse l' attenzione, osservai la mia divisa e il vestito che avevo comprato, era troppo lungo e per nulla attraente.
“La prossima volta compro una minigonna” mi dicevo tra me e me, dopo un po' mi avvicinai a quei due non potendone più degli sguardi persi che rivolgevano a quella tizia, più che altro non ne potevo più di vedere Kyo che ammirasse quel posteriore.
“Kyo?” lo chiamai ingenuamente avvicinandomi a lui.
Lui si voltò di scatto come se fosse stato scoperto mentre rubava qualcosa e mi osservò con un espressione del tipo “Io non ho fatto nulla di male” anche se gli si leggeva dritto in faccia la colpevolezza e nonostante avessi visto con i miei occhi il reato, lui con quell'espressione innocente sperava di farla franca.
“Che facevate?” chiesi curiosa
“Niente...” affermò facendo una risata isterica e sempre con quell'espressione da vittima sospettata ingiustamente.
Per questa volta, glie la faccio passare liscia, ma alla prossima non sarò poi tanto clemente pensai tra me e me, poi però meditai “Certo non sapendo se stiamo insieme non posso neppure permettermi le sfuriate di gelosia” e poi ritenni che forse era un po' infantile arrabbiarmi per una cosa come quella, del resto aveva un bel posteriore come non dargli torti.
Quindi ritenni che forse era meglio comportarmi da “persona matura”, forse una ragazza ventiduenne avrebbe sopportato una cosa del genere . Nello stesso attimo in cui me lo chiesi vidi una ragazza all'incirca dell' età di Kyo, arrabbiarsi con il fidanzato perché aveva guardato anche lui il sedere di una ragazza o si trattava della stessa ragazza di cui cadevano vittima tutti gli uomini del negozio oppure era una strana e bizzarra coincidenza.
Uscimmo dal centro commerciale per recarci in hotel, era un albergo molto lussuoso, lo osservai scioccata, da quando in qua, Kyo aveva tutti i soldi per permettersi una cosa del genere, forse da quando aveva rapinato quella banca pensai.
Non è che mi andasse molto a genio, che mi avesse comprato dei vestiti e che soggiornassimo in un hotel lussuoso usando soldi rubati, però non ci diedi molto peso, dopotutto i soldi con il quale viveva Keitawa non era più puliti di quelli anzi tanto peggio, c'erano morte pure persone dietro a quel denaro che gli giungeva fra le mani.
Arrivati lì tirammo fuori i nostri documenti, lessi per la prima volta il mio nome, incrociai le dita sperando che non fosse uno di quei nomi odiosi e scontati tipo “Sakura” oppure ancora peggio qualcosa come “Sadako”,di certo chiamarsi come il celebre personaggio di un film horror, non mi sembrava un buon inizio, inoltre i miei compagni in passato deridendomi avevano detto che gli somigliassi dato che avessi i capelli molto lunghi e neri come la protagonista, quindi ricevendo quel nome sarei stata condannata a vita.
“Akiyama Hime” feci un sospiro di sollievo.
Buffo, da piccola avevo sempre sognato essere una principessa e adesso ricevevo quel nome, che strana coincidenza pensai, mentre rammentavo quel vecchio diario che tenevo da bambina dove avevo scritto tante cretinate del tipo “Voglio essere una principessa”, più che altro questo avvenne quando Shizuka incominciò a farmi i dispetti, dicendo che mi trattava così perché io non ero una principessa come lei, dato che non era figlia vera di suo padre.
Ci rimasi malissimo perché volevo molto bene a Shizuka, lei era sempre stata la mia compagna di giochi, ma suo padre non vedeva di buon occhio il nostro rapporto e primo o poi riuscii a mettermela contro e così ogni giorno pregavo dicendo di voler diventare una principessa come Shizuka, di poter essere alla sua altezza e lo scrivevo sperando che un giorno si avverasse, persino nelle lettere che scrivevo a natale indirizzate a Babbo natale scrivevo di voler diventare una principessa, ma nessuno soddisfò mai la mia richiesta, soltanto dopo capii che la mia richiesta era impossibile da soddisfare. Chissà che fine aveva fatto quel diario, non lo avevo più trovato in casa!
“Akiyama Kuso” affermò Kyo leggendo il suo nome.
Stupita e al contempo divertita lo guardai sussurrandogli che sicuramente doveva aver sbagliato a leggere gli ideogrammi, “Ma tu guarda a 22 anni neppure sa leggere” pensai.
“Ma no che non ho sbagliato a leggerli!” mormorò.
Poi tirò fuori anche suo fratello il suo documento e disse “Akiyama Tako” (Tako significa pervertito)
Kyo scoppiò a a ridere ed il fratello gli rispose a tono:“Guarda che tu sei combinato peggio di me, Kuso!”
Anch 'io scoppiai a ridere, mentre l' uomo della reception si stava indispettendo:
“Signori vi state prendendo gioco del nostro hotel?”
Io incominciai a leggere il mio nome davanti a tutti, volevo mostrare soddisfatta la mia fortuna:“ Akiyama Hime” (principessa) poi si mise a leggere l' energumeno: “ Kaichiwa Saito”
Kyo e suo fratello tentarono di chiarire con l'uomo della reception spiegandogli che non lo stavano prendendo in giro, così si inventarono sul momento che i loro genitori erano punk e quindi gli avevano dato quei nomi così particolari.
Peccato che solo loro due avessero quei nomi, mentre io possedevo davvero un bel nome rispetto a loro e da quel cognome si intuiva che appartenessimo alla stessa famiglia, ma l' uomo non ci prestò attenzione.
“Ma è legale dare dei nomi come quelli a dei bambini, come minimo li dovreste denunciare!” affermò l'uomo sconcertato.
“Stavamo pensando di farlo” affermò lanciando un 'occhiata divertita al fratello, io mi intromisi ritenendo esagerata la reazione dell'uomo, del resto oggnuno è libero di chiamare i figli come vuole anche se quei nomi in effetti non erano il massimo, però sempre meglio di quei stramaledetti nomi usatissimi che tanto odiavo.
“Uhm bè almeno non sono nomi scontati come Takashi e Sakura, in Giappone si chiamano tutti così, sono così stucchevoli...” affermai goffamente
“Io mi chiamo Takashi” affermò fulminandomi con lo sguardo.
“Ecco vede tutti si chiamano Takashi anche lei!” affermai ingenuamente con la mia critica, non avendo affatto notato l' espressione infuriata dell'uomo, poi osservandolo capìì che avevo fatto un bel guaio l' avevo irritato fortemente.
“ Non intendeva dire che Takashi sia un brutto nome, ma poiché è così bello finisce per essere troppo usato” disse Kyo prendendo le mie difese.
“La mia salvezza” pensavo tra me con un espressione trasognante e beata.
Toshio nel frattempo conversava allegramente con l'energumeno, quei due sembravano andare stranamente d'accordo, ma in un modo strano, avvertivo una strana complicità, ma non è che mi importasse un granchè.
Non appena ci venne consegnata la chiave, arrivammo nella nostra camera era molto bella e accogliente, ma i miei pensieri erano indirizzati da tutta altra parte del tipo “Io e Kyo stavamo insieme?” e mi potevo concedere una ramanzina per aver guardato il sedere di un'altra ragazza,diciamo che la domanda era sempre la stessa nonostante cambiasse il modo in cui la formulassi.
Così entrai nella sua stanza decisa più che mai a chiederglielo, fregandomene se potesse sembrare stupida o infantile, mi importava soltanto sciogliermi quel dubbio che mi faceva stare in ansia.
Non bussai neppure, se avessi perso tempo per bussare di sicuro in quel lasso di tempo ci avrei ripensato e non avrei più trovato il coraggio di dirglielo.
“Che c'è?” mi chiese, io lo osservai con le parole che non riuscivano ad uscirmi di bocca.
“Kuso” dissi ridendo, senza sapere cos'altro dire.
“Ah, ti ci metti pure tu!” affermò sbuffando.
Dopo un po' il mio sguardo si spostò verso la sua valigia mezza aperta, non ero un tipo molto ordinato, i vestiti erano stati messi a casaccio ed erano tutti piegati male e cacciati a forza lì dentro,se me lo avesse chiesto glie l' avrei fatta io, pur di non vedere quel macello.
Fra i vestiti e tutte le altre cianfrusaglie, vidi il libro di Mayko da cui avevo letto una storia,molto fiabesca e abbastanza scontata, avrei voluto leggerne altre ma dopo quella storia banale, preferii evitare.
“Ci tieni molto a quel libro, per questo te lo sei portato?”gli chiesi, mentre incominciai pensare che non ero più in competizione con una ragazza viva e vegeta, ma questa volta con un cadavere.
Ma che cosa andavo pensando, non potevo essere gelosa di una ragazza che era morta, era sciocco e sbagliato, ma per quanto non volessi sembrava inevitabile perché ero certa che lei vivesse nei suoi pensieri.
Annuii con il capo e poi mi disse che se volevo potevo anche leggerlo, affermai incerta poiché non volevo offendere la sua adorata Mayko e le sue capacità di scrittrice, perché comunque la storia era scritta bene, era la trama che lasciava a desiderare, più che altro il genere che seguiva non mi piaceva affatto:
“ In verità avevo letto di nascosto una storia di quel libro a casa tua... però non sembra essere il mio genere...”
“Come mai?”
“ Non vorrei offendere..quindi preferisco limitarmi col dire che non è il mio genere...”
“Neanche il mio se è per questo, sono troppo scontate e semplici e c'è sempre quel maledetto lieto fine”
“Era proprio questo che intendevo, però non volevo dirtelo, perché non volevo che ti offendessi o che ti arrabbiassi, visto che ci tieni molto a quel libro dato che è stato scritto dalla tua ex”
“Ci tengo molto a questo libro, perché è l' unica cosa carina che io sia riuscito a fare per lei...”
“Cioè?”
“Glie l' ho sottratto di nascosto per pubblicarlo, perché lei non me lo avrebbe fatto fare, dato che non si riteneva molto brava e temeva le critiche degli altri, ma quando venne pubblicato divenne il libro più in voga tra le ragazzine, forse quella è stata l'unica volta che sono riuscito a renderla felice”
“Non credo che quella sia stata la sola volta che tu l' abbia resa felice” affermai con un espressione benevola sul viso, anche se avvertivo ancora quel fastidio e quella morsa al cuore, mentre avevo ascoltato in silenzio le sue parole, però in fondo ero contenta perché ne aveva parlato con me, del resto non mi aveva mai parlato espressamente di lei e del loro rapporto.
Non appena si avvicinò a me gli dissi:“Rimanere da soli e così vicini, mi fa stare in ansia, scusami!” non avrei voluto allontanandomi da lui,ma non appena me lo trovai davanti e così vicino, tutti i ricordi mi tornarono in mente, Keitawa che mi tirava brutalmente capelli, i miei vestiti strappati, io che mi dimenavo e piangevo senza aver alcun modo di liberarmi e poi quegli occhi, gli stessi occhi color carbone di Kyo che adesso mi guardavano amorevoli, ma che in passato mi avevano fatto tanto soffrire. Sapevo che non erano la stessa persona e me lo ripetevo continuamente nella testa per farmi coraggio, ma era come se le loro figure si sovrapponessero fino a che non ne rimanesse soltanto una, quella di Keitawa.
“E allora non dovevi neppure entrare!” affermò irritato.
Ecco lo avevo fatto arrabbiare, del resto aveva tutte le ragioni del mondo per arrabbiarsi, non potevo colpevolizzarlo di quello che mi aveva fatto qualcun' altro, però non era facile sopratutto sapendo che fossero padre e figlio, se non lo avessi mai saputo forse non avrei mai notato tutta quella palese somiglianza.
“Già, hai ragione...” affermai ferita dalle sue parole.
Uscii alla svelta dalla stanza, prima che scoppiassi a piangere davanti a lui, non mi andava di fargli vedere che quella situazione mi facesse tanto male, speravo soltanto che domani tutto sarebbe andato come al solito, noi che scherzavamo mettendo una pietra sopra a quell' accaduto.
Ma purtroppo non sarebbe stato così ne ero certa perché ogni qualvolta sarei rimasta sola con lui e che avrei sentito il peso del suo sguardo così vicino al mio, avrei ricordato quelle mani che mi laceravano la pelle e che mi strattonavano, facendomi sbattere da una parte all'altra della stanza fino a che non giungessi contro quel letto.
Ricevevo i colpi trattenendo a stento le lacrime perché non ero libera neppure di piangere, di esprimere il mio dolore, perché si inferociva ancor di più e con uno sguardo maligno rideva intimandomi di non azzardarmi a farlo, altrimenti avrebbe fatto di peggio. Me lo aveva già fatto conoscere il peggio ed erano le sigarette che ustionavano la mia pelle causandomi un dilaniante bruciore.
In quel caso mi sarebbe stato impossibile ne smettere di piangere e ne trattenere le urla per l' incessante ustione che avrei sentito inondarmi su tutta la pelle, poi avrei sentito l'odore della mia pelle bruciata, mentre lui rilassato avrebbe continuato come se stesse bruciando la carne di un'animale e non quella di una persona,poi mi avrebbe anche tirato calci e messo una benda o qualcosa alla bocca per fermare le mie urla o mi avrebbe mollato qualche altro calcio o qualche schiaffo per farmi zittire.
Per evitare che accadesse, quando mi faceva quella minaccia, trattenevo le lacrime e mi mettevo una mano sulla bocca per non fargli sentire i miei singhiozzi scusandomi come mi ordinava di fare, non avevo altra scelta se non ubbidirgli facendo tutto ciò che mi chiedeva di fare senza potermi dibattere, altrimenti sapevo quale sarebbe stata la punizione.
Ricordando queste situazioni non avrei potuto avvicinarmi a Kyo tranquillamente, avrei sempre avuto paura sia di lui in quanto uomo e sia in quanto figlio di Keitawa, non sapevo neppure se la colpa fosse da attribuire alla sua somiglianza o fosse da attribuire soltanto ai traumi che avessi subito.
Mi addormentai con le lacrime agli occhi, tentando di pensare a qualcosa che potesse distrarmi dai cattivi pensieri, ma per quanto ci provassi era tutto inutile, avrei continuato per tutta la notte a rigirarmi nel letto e non appena avrei chiuso gli occhi, non avrei fatto che vedere il volto di Keitawa, che rideva dicendo che primo o poi mi avrebbe trovata e me l' avrebbe fatta pagare cara con i metodi violenti che usava sempre.
D'improvviso quel viaggio non mi parve più una gran bella esperienza, ma qualcosa che primo o poi era destinata a svanire come tutte le cose belle, mentre i lividi, le ustioni e i graffi quelli rimanevano sia nella mia pelle e sopratutto INDELEBILI nella mia mente.
I primi tempi ebbi persino paura dei ragazzi: scuola dicevo di non voler stare con il banco né dietro e ne accanto a dei ragazzi, ma il professore non mi ascoltava neppure, mi diceva di piantarla di fare la difficile e anche quando organizzavano le attività di gruppo mi rifiutavo sempre di stare accanto a qualche ragazzo. Il professore invece di accogliere la mia richiesta come avrebbe dovuto, anzi finiva per mettermi in un gruppo di soli ragazzi come se lo facesse di proposito, dicendo che ne aveva parlato a mio padre di questa faccenda, che non volessi stare a stretto contatto con i ragazzi. Lui si era inventato delle scusanti adeguate per giustificare il mio comportamento, dicendo che ero sempre state in scuole puramente femminili e che disconoscevo i ragazzi e per tale ragione ne avessi tanta paura.
Ma in fondo non tutto il male vien per nuocere!Infatti stando a stretto a contatto con tutti quei ragazzi e sapendo che non avrei mai potuto evitarlo, perché il professore lo faceva di proposito,alla fine prendendomi di coraggio , riuscii a superare la mia paura, scoprendo che non tutti i ragazzi fossero violenti e pericolosi, però stavo sempre ben attenta a non rimanere sola con ragazzi che non conoscessi bene. Mi spaventavo persino degli uomini che chiedessero informazioni per strada , quante volte avevo fatto delle pessime figure scappando via, dovevano avermi preso per una mentecatta, ma non riuscivo a far a meno di temere il peggio.

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** i sentimenti di Toshio ***


nikoletta89:RINGRAZIO ANCHE TE PERCHè MI CONTINUI A SEGUIRE, MA LEGGENDO QUESTO CAPITOLO SCOPRIRAI COME SI METTERANNO LE COSE!xD

Moon9292: TI RINGRAZIO ANCORA!RIGUARDO AL FRATELLO E' UN PERSONAGGIO CONTORTO E IN QUESTO CAPITOLO SI CHIARISCONO I SUOI SCOPI OVVERO SE E' VERAMENTE INNAMORATO DI YOKO O SE LO FA SOLO PER VENDICARSI...

Kyo:

Mi addormentai avendo gli incubi per tutta la notte,pensando e ripensando che mio fratello dopotutto era il più indicato per stare con Yoko e poi se lo meritava dopo tanto aver sofferto, adesso finalmente avrei potuto concedergli un po' di felicità. Così quando mi risvegliai la prima cosa che feci fu andare nella stanza mio fratello, volevo parlargli, volevo fargli capire che non lo avrei ostacolato se le piaceva sinceramente Yoko.

Era come al solito mattiniero, stava guardando la tv sul letto, mi invitò a sedermi accanto a lui e poi rammentai ancora quella volta che mi aveva buttato con la forza sul letto, poi però si era fermato piangendo disperatamente.

“Che c'è?” mi chiese mio fratello, mentre si accorgeva che rimanevo immobile con quell' espressione turbata sul volto.

“Niente...volevo solo parlarti di quello che mi hai comunicato a gesti ieri...” dissi pacatamente.

“E non sei arrabbiato?” chiese sorpreso.

“No, non sono arrabbiato, anzi è una buona cosa...” esclamai facendo un mezzo sorriso.

“Oh, andiamo Kyo non mi prendere in giro e mollami, questo pugno!” affermò non credendomi affatto.

“Ho già fatto una volta l' errore di non averti lasciato Mayko, non ripeterò lo stesso errore...” affermai ripetendomi dentro la testa che era la cosa migliore da fare, ma per quanto mi sforzassi non ne ero affatto sicuro.

“Si, ma tanto non è interessata a me, ma a te alla fine siamo punto e daccapo...” affermò seccato.

“Vedrai che conoscendoti meglio, cambierà idea...”lo incoraggiai.

“Sicuro di quello che stai dicendo? Mi stai dicendo che ho la tua approvazione?”mi chiese con un espressione risoluta sul viso.

“Si...” affermai incerto.

“Certo che ci devi tenere davvero tanto per cedermela con tutta questa facilità!” affermò ironico.

“Io davvero non ti capisco” affermai incerto.

“Tu credi che lei mi piaccia?E che io fossi innamorato di Mayko? Tu in realtà non hai capito veramente nulla di me e sai sono stanco di voler reggere questa commedia, solo perché tu vuoi negare l' evidenza!” affermò infuriato.

“Eh?” esclamai spalancando gli occhi per lo stupore, non avevo idea di quello che volesse dire, poi ad un certo punto mi guardò con un espressione triste.

“Io non ti seguo” affermai stralunato e impensierito, tentando di capire che cosa mi volesse e dire e perché se non era innamorato né di Mayko e né di Yoko, si era sempre comportato in quel modo, forse perché ero il preferito di papà e per vendetta si comportava in quel modo, oppure c'era qualcos'altro, ma la mia mente non riusciva ad elaborare altre supposizioni.

“Lo fai soltanto perché sono il preferito di quel viscido uomo, perché a me mi ha sempre trattato bene?” gli chiesi fulminandolo con lo sguardo, non ci potevo credere che avesse baciato Yoko e che stesse sempre intorno a Mayko solo per tentare di sottrarmele per vendetta personale.

“No, come al solito non vuoi proprio capire...” affermò ormai con le lacrime agli occhi.

“E adesso perché piangi?” gli chiesi sconvolto, non mi era mai capitato di vederlo piangere sopratutto in quel modo disperato.

“Kyo quand' eri piccolo ti ricordi che quando rompevi qualcosa la colpa veniva data sempre a me ed io le prendevo senza dir nulla...e tu tentavi in qualche modo di fermare papà dicendogli la verità che eri stato tu, ma lui non ti ascoltava e quando finivo per terra con il mento sanguinante, l' unico che rimaneva lì a chiedermi come stavo eri tu...” disse sorridendomi, poi mi sfiorò il viso con dolcezza.

“Che cosa vuoi dire?” gli chiesi perplesso, mentre lui continuava ad accarezzarmi il viso, come se volesse comunicarmi qualcosa con quel semplice gesto.

“Non sono mai stato in collera con te per Mayko, perché lei non mi è mai piaciuta, ti ho odiato un po' per papà, ma mi era pure difficile odiarti perché eri sempre buono con me, ma l' unica cosa che mi riusciva difficile non fare, era quella di...” si bloccò di scatto con le lacrime agli occhi.

“Quella di?” chiesi frastornato dai suoi discorsi, mi stava dicendo che tutto quello che avevo creduto fino adesso era sempre stato errato e allora cos'era che mi rendeva detestabile ai suoi occhi e perché continuava sempre a mettersi fra me e le ragazze che mi piacessero.

Lo aveva sempre fatto, persino anche dopo Mayko, non voleva che andassi a letto con delle ragazze diceva che non era una buona cosa e si infuriava, erano le uniche volte in cui perdeva la pazienza, mentre per il resto era sempre stato buono e dolce con me, senza mai lasciar intravedere quell' invidia che nutrisse per me perché ero il figlio più amato, incominciò a rinfacciarmelo soltanto quando nella nostra casa comparve Yoko, non appena lei mise piede in quella casa, lui parve sin da subito contrariato.

“Sono bravo a fingere, ma adesso sono stanco, mi sono stancato, credo di essere arrivato allo sfinimento...” affermò malinconico.

“Io davvero non capisco che ti prende” gli dissi mentre lui allontanava la sua mano dal mio viso.

“Per esclusione la ragione per il quale tentassi di portarti via Mayko, Yari e Yoko e qualsiasi donna con cui tu volessi far qualcosa, può essere soltanto una ed è la più scioccante e che ti rifiuti persino a voler concepire...”

Ci pensai su, era vero, non era stato gentile in quel modo solo con Mayko, ma anche con Yari aveva sempre tenuto quel comportamento esageratamente amichevole, tanto che per un certo periodo pensai che si fosse infatuato di lei, ma poi tornava ancora a farlo con Mayko e successivamente anche con le altre ragazze, era come se cercasse di portarmi via ogni ragazza, forse perché lui non ne aveva mai avuta una e a pensarci mi parve strano, perché lui non aveva mai avuto una ragazza?Eppure a scuola, nonostante tutti pensassero che avesse dei tratti particolarmente femminili, c'erano state alcune ragazze carine che lo avevano definito carino e che sarebbero state disposte ad uscirci.

Poi rammentai quella dichiarazione d'amore che una volta buttò nel cestino senza neppure averla letta, quando gli chiesi il perché lo avesse fatto, non rispose, rimase in silenzio ad osservarmi con un espressione insolita.

“Per esclusione la ragione per il quale tentassi di portarti via Mayko, Yari e Yoko e qualsiasi donna con cui tu volessi far qualcosa, può essere soltanto una ed è la più scioccante e che ti rifiuti persino a voler concepire...” le sue parole riecheggiavano nella mia testa, ma per quanto mi sforzassi di capire ciò che volesse dire,non riuscivo proprio a seguirlo.

Soltanto dopo capii ripensando al tocco amorevole della sua mano con la quale mi aveva accarezzato il viso, poi lo vidi avvicinarsi sempre di più al mio viso, allora lo allontanai spingendolo via.

“Tu ...” affermai scioccato e pallido in viso, non avendo la forza di riuscire a dirlo e di concepire un tale pensiero.

“Hai capito finalmente che.. ti amo!” affermò asciugandosi gli occhi umidi di lacrime.

“Ma allora quando mi rinfacciavi che tradissi Mayko?” gli chiesi disorientato.

“Ti rinfacciavo quel fatto e parlavo di quella promessa, per far in modo che ti saresti tirato indietro e avresti lasciato perdere Yoko, ho detto anche a Yoko che era una brutta copia di Mayko,così credendo che la considerassi soltanto per questo, non ti avrebbe più importunato, ma lei ha continuato a farlo...”

“E perché l' hai baciata?”

“Con la speranza che forse si sarebbe infatuata di me, distogliendo gli occhi da te,dopotutto non è altro che una ragazzina e così ho pensato che non sarebbe stato tanto difficile conquistarla, magari dicendole semplicemente che anch'io ero stato molestato da Keitawa, ma lei mi ha morso la lingua”

“Ho capito...” affermai ancora scioccato, non vedevo l' ora di uscire da quella stanza, mentre mio fratello mi guardava con quei suoi soliti occhi docili, che avevo sempre pensato facessero parte del suo buon animo e invece era sempre stato così perché era innamorato del suo stesso fratello, anche per questo era sempre stato iperprotettivo nei miei confronti e poi quando Yoko venne a casa mia, spinto dalla gelosia divenne sempre più irascibile.

“Devo andare” affermai uscendo frettolosamente dalla stanza, ma mio fratello mi strinse forte il polso dicendo “Mi dispiace, averti turbato in questo modo. Ma non ce la facevo più a tenermi dentro questo segreto e per quanto mi sforzi di infatuarmi di qualcun' altro non ci riesco, anche quella ragazza, che abbiamo visto al centro commerciale in verità non mi attraeva affatto,la fissavo sperando che primo o poi avrei sentito quella forte attrazione che provo per te e forse avrei voluto persino innamorarmi di Yoko, ma niente...”

“Adesso basta!” gli urlai contro liberandomi dalla sua stretta e uscii di corsa sconcertato da quel che mi avesse detto.

Gli volevo bene come si vuole bene ad un fratello, ma non in quell' altro senso, era una di quelle cose che non mi aveva mai sfiorato la mente com'è normale che sia, mentre invece lui silenziosamente lo aveva sempre fatto tentando di tenere ogni ragazza alla larga da me, ma per quanto ci provasse era tutto inutile.

Anche quella volta che mi aveva buttato nel letto, non era stato come mi aveva fatto credere, ovvero che lo avesse fatto per farmi provare le stesse cose che avesse passato lui, ma perché mi amava e avrebbe voluto fare l'amore con me.

Volevo zittire quei pensieri, anzi avrei voluto non aver mai messo piede in quella stanza e non essere mai venuto a conoscenza di una verità tanto complicata come quella.

Ero suo fratello ed ero eterosessuale, quindi non potevo per nulla e in nessun caso ricambiare i suoi sentimenti, ma questa situazione mi dispiaceva tantissimo, avrei voluto alleviare le sue angosce, mentre invece ero stato io stesso ad avergliele procurate inconsapevolmente.

Poi non sapendo che altro fare, andai nella stanza di Yoko in quel momento forse era l'unica persona che avrebbe potuto in qualche modo calmarmi, dopo una dichiarazione tanto sconvolgente.

Ripensai a quel che mi avesse detto mio fratello, le aveva detto che era una brutta copia di Mayko, avrei dovuto arrabbiarmi per come l' avesse trattata, ma non ebbi la forza di farlo, ero troppo scioccato da quelle semplici parole “Ti amo” e ancor prima che le pronunciasse avevo già compreso. Invano avevo sperato che fosse soltanto uno scherzo di cattivo gusto, ma i suoi occhi erano sinceri e il modo in cui l' aveva detto era stato carico di profondità e di una dolcezza intensa, che non poteva affatto trattarsi di una bugia o di uno scherzo.

Persino la sua voce era diventata mielosa, lo era sempre stata, però non avevo mai pensato che fosse così somigliante a quella di una ragazza, nonostante a scuola lo dicessero sempre e lo deridessero dandole della ragazza e chiamandolo “Toshiochan”, io non avevo mai pensato che lui fosse come una ragazza, si era vero portava i capelli lunghi e i tratti del suo viso era molto delicati, però ero abituato a vederlo così e non mi ero mai stranito, anzi mi infastidivo quando i miei compagni si facessero certi pensieri su di lui, ovvero che fosse gay, non che ci fosse qualcosa di male se lo fosse stato veramente, però non lo credevo affatto possibile.

Quando mi decisi a bussare nella stanza di Yoko, sentii la sua vocina flebile chiedere chi fosse ed io risposi col dire “sono Kyo”, lei rispose scocciata dicendo “Puoi entrare”.

Aprì la porta, trovandola ancora sdraiata nel letto con il viso quasi interamente sprofondato nelle pesanti coperte, continuò a rimanere sdraiata anche quando mi vide entrare e mi chiese con una certa freddezza che non gli apparteneva “Che vuoi?”

“Credo di doverti delle scuse riguardo a ieri, non volevo risponderti in quel modo, però questa situazione è davvero pesante...” affermai tentando almeno di riuscire a chiarirmi con lei.

“Si, ti capisco e mi dispiace, la colpa in fondo è mia, è colpa della mia stupida paura che non riesco a superare...” affermò cambiando di colpo tono della voce.

“Non è colpa di nessuno dei due, forse un po' colpa del destino che ci ha giocato un cattivo scherzo, però non è da attribuire a nessuno dei due.Non è colpa mia perché non posso farci nulla se gli somiglio e non è colpa tua perché perché dopotutto quello che ti ha fatto è normale che tu ti senta spaventata da me che gli somiglio così tanto e che per disgrazia sono pure suo figlio” arrivai a questa conclusione dopo averci pensato tutta la notte.

“Si, però nonostante la colpa non sia di nessuno dei due il problema persiste...”mi fece notare.

“Già, per tale ragione ti starò lontano, non mi avvicinerò più del dovuto...” le promisi.

“Si, ma non voglio neppure che tu lo faccia” affermò contrariata.

“Non credo che ci sia altra soluzione” esclamai angosciato e fermo sulla mia decisione.

“Ma posso riuscire a superare le mie paure, l'ho già fatto una volta , prima non osavo avvicinarmi a nessun tipo di ragazzo...e adesso non ho più paura come prima e potrebbe essere la stessa cosa per le paure che provo quando ti sto vicino, posso superarle!” disse guardandomi con una decisione che non le avevo mai visto prima d'ora.

Di scatto scese dal letto con indosso una lunga camicia da notte con delle viole raffigurate, io non appena la vidi mettere i piedi nudi sul pavimento incominciai ad allontanarmi per non esserle troppo vicino, ma lei con decisione andava verso la mia direzione, poi le urlai di fermarsi.

“Non essere avventata, se vuoi superare la tua paura, non puoi credere di riuscirci subito, bisognerà fare un passo per volta, se riuscirai a trovare la forza e il coraggio di superare questa paura, ti avvicinerai di un passo verso di me e poi un' altro giorno ancora un passo in più, fino a che non arriverai ad annientare la distanza che ci separa superando ognuna delle tue paure” dissi osservandola.

“D'accordo” affermò rimanendo nel punto in cui era e poi tornò indietro dicendo “Allora farò il passo di oggi!” disse sorridendomi.

Dopo un po' tornando vicino al letto, si avvicinò di un passo, verso la mia distante figura,poi rimase immobile a fissarmi, io feci lo stesso, era strano vederla così distante, mi metteva una certa tristezza, però sapevo che non c'era altro modo.

“Kyo, c'è qualcosa che ti turba?” mi chiese alzando il tono della sua vocetta, perché da quella distanza neppure era certa che potessi sentirla.

“Nulla, anzi credo di doverti delle scuse riguardo il comportamento di mio fratello” affermai dispiaciuto sia per quel che le avesse detto e per lo sgradevole incidente del bacio.

“Ah, te l' ha detto” affermò impensierita.

“Si, ma riguardo quel che ti ha detto, ci tengo a farti sapere che non ti ritengo un ripiego dato che è Mayko è morta”

“Non avevo voluto crederci, però devo ammettere che qualche dubbio mi era venuto al riguardo” disse sinceramente e mostrando un lieve sorriso per quello che le avessi detto.

“E volevo dirti che avresti dovuto dirmelo, che mio fratello ti importunasse,anzi questa storia che non me l' hai detto mi fa un po' incazz... cioè volevo dire innervosire!” affermai correggendomi, tentando di mantenermi calmo, anche se ero arrabbiato, non con lei in sé, ma per il fatto che di questa storia ne fossi venuto a conoscenza solo dopo e tramite mio fratello.

“Volevo soltanto evitare che vi litigaste per colpa mia” disse sommessamente,giustificandosi con quell'espressione ingenua e dispiaciuta di fronte la mia mimica alterata e di rimprovero, facendomi sentire in colpa per essermela presa tanto con lei.

Così mi scusai per essermi alterato in quel modo e lei si scusò di non avermelo detto, dopo scoppiammo a ridere, rendendoci conto che eravamo una di quelle coppie veramente poco inclini alle liti e allora le dissi “Che noiosi, potremmo litigare almeno per una volta con serietà”

“Ti stavo per dire la stessa cosa, Kuso!” affermò per provocarmi con la ridarella.

“Ah, guarda che c'è il rischio che mi arrabbio sul serio se continui a chiamarmi in quel modo!” la canzonai.

“Kuso, Kuso Kuso!” continuò lei ridendo.

“Una ragazza della tua età non dovrebbe dire certe parolacce!” esclamai mettendomi un timbro di voce duro, imitando uno di quei professori bacchettoni e rompi scatole.

Si mise a ridere , continuando ancora a punzecchiarmi chiamandomi in quel modo e dopo esserci divertiti come al solito a comportarci come due bambini, che magari da parte sua poteva essere normale perché era una bambina,mentre io non lo ero più. Avevo superato quell' età degli scherzi e delle prese in giro, però quando ero con lei, sembrava proprio di no e avevo come l'impressione che il tempo si fosse fermato ed io fossi tornato ad essere un quattordicenne insieme a lei, non mi dispiaceva affatto, però pensai che potessi avere un problema di tipo mentale, forse un problema di crescita, ma non sapevo davvero a cosa attribuirlo, ma in quel momento non volevo neppure pensarci.

Poi mi tornò in mente la confessione di Toshio ed ero certo che avrebbe continuato a scagliarsi contro Yoko, forse ancor più di prima e molto probabilmente si aspettava pure una risposta a quel che mi avesse confessato, ma doveva già aver dato per scontato la risposta, ovvero che non lo ricambiassi.

Mi dispiaceva immensamente recargli dolore, però non potevo farci nulla se non ricambiassi i suoi sentimenti che ritenevo così sbagliati e contorti e primo o poi avrebbe dovuto pur farsene una ragione.

“C'è Kyo? Sei diventato di colpo così serio e pallido in viso” disse osservandomi rimanendo nel punto in cui era come di accordo.

“Nulla” affermai incerto, non sapevo se dirgli di Toshio o meno, mi sembrava una cosa troppo assurda da dire sopratutto ad una ragazzina della sua età.

“Non è vero, mi nascondi qualcosa e sembra anche una cosa grave, dalla tua espressione” affermò osservandomi accuratamente il volto.

“E' che è una cosa un po' insolita, strana da dire..non so...” esclamai incerto e sentendomi un po' in soggezione.

“Non sopporto che tu mi nasconda le cose sopratutto le cose che ti causano turbamento” affermò risentita.

“Ok, te lo dico” affermai respirando affannosamente, poi riaprì la bocca per pronunciare quelle parole, ma le dissi così piano che le sentii soltanto io,allora le ripetei con sgomento e un misto di mortificazione “Mio fratello in realtà è innamorato di me”

Yoko scoppiò a ridere credendolo uno scherzo dicendo “Bello scherzo! E magari ti aspettavi pure che ci cascassi!”

“No, Yoko è la verità” affermai cupamente.

Lei smise subito di ridere e mi guardò con un espressione stravolta e incredula per quella scioccante rivelazione, che spiegava il comportamento ostile di Toshio verso di lei e anche il tentativo di sedurla per allontanarla da me.

“Per questo motivo se c'è qualche problema con lui faresti meglio a dirmelo...” dissi torvo, mentre lei annuiva non avendo la forza di parlare e di esprimere un parere in merito, ma dopotutto che cosa avrebbe mai potuto dire, non c'erano parole per una cosa del genere che mi era stata nascosta da anni. Poi incominciai a chiedermi e allora quando avevo creduto che fosse in competizione con me? in realtà non lo era mai stato?Molto probabilmente avrebbe voluto essere lui ad occuparsi delle questioni più pericolose di lavoro,perchè si spaventava che mi accaddesse qualche cosa e per tutto questo tempo non avevo fatto altro che equivocare i suoi comportamenti,ma era stato lui a renderli equivoci per nascondermi quell'amara verità,ovvero che fosse perdutamente innamorato di me.

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** innamorato? ***


Yoko:
Mi svegliai con un dolore lancinante alla schiena, non avevo né la forza né la voglia di alzarmi, sopratutto ripensando alle parole brusche di Kyo che mi avevano ferito fortemente. Inoltre sentivo freddo persino sotto le coperte così ci affondai il viso lasciando scoperto soltanto il naso e gli occhi.
Dopo un po' sentii bussare alla porta ed ebbi il brutto presentimento che fosse Kyo, non avevo alcuna voglia di vederlo, poiché non sapevo come comportarmi con lui.
Non sapevo se dovergli delle scuse o riservargli rancore, oppure come altra possibilità: era lui a dovermi delle scuse per il suo comportamento, che mi aveva ridotto in lacrime.
Mi decisi ad aprir bocca chiedendo chi fosse, riconobbi subito la sua voce ancor prima che me lo dicesse, ma lo lasciai comunque parlare sperando che ci ripensasse e se ne andasse. Non lo fece. Sentivo il rumore di un piede che sbatteva nel pavimento, doveva essere un suo tic nervoso perché glie lo avevo visto fare già altre volte.
Gli dissi che poteva entrare, ormai rassegnata, ma rimasi nel letto con il viso quasi sepolto dalle pesanti coperte, avrei voluto affondarci il resto del viso per evitare di incontrare quegli occhi color carbone, che dovevano essere ancora irritati dal mio comportamento della scorsa serata
In quell'istante pensai che forse ero io a dovergli delle scuse, dovevo essergli parsa davvero infantile,dopotutto lui e suo padre erano due persone completamente differenti, nonostante la somiglianza, ma per quanto cercassi di pensarla così, la paura prendeva il sopravento impedendomi di pensare.
Era come una reazione istintiva, quasi animale, come quando da piccoli ci si brucia stando troppo vicini al camino oppure quando si mette un dito sulla punta di un coltello e ci si taglia, io allo stesso modo avevo paura di Kyo, perché avevo già commesso l' errore di avvicinarmi troppo a qualcuno e quand'era successo, mi ero bruciata e tagliata.
Potevo ancora sentire quel bruciore sulla mia pelle e il dolore provocato dai tagli fatti sul mio corpo, che era stato infettato,straziato e quasi squarciato dalla lama di un coltello e quella voce sadica e fredda risuonare nella mia testa senza darmi tregua, avrei tanto voluto che qualcuno la fermasse.
“Che c'è?” gli chiesi freddamente non appena entrò.
Era una freddezza che non mi apparteneva, ma anche quella era istintiva, ma non appena incrociai la sua espressione pentita, riuscii a distinguere Kyo da Keitawa.
“Credo di doverti delle scuse riguardo a ieri, non volevo risponderti in quel modo, però questa situazione è davvero pesante...” affermò porgendomi le sue più sincere scuse.
“Si, ti capisco e mi dispiace, la colpa in fondo è mia, è colpa della mia stupida paura che non riesco a superare...” affermai impacciata, mi sentivo così sciocca e in colpa per averglielo fatto pesare. Dopotutto era evidente che l' idea di essere figlio di Keitawa lo ripugnasse ed io non facevo altro che ricordarglielo di continuo.
Con quel mio atteggiamento non facevo altro che ferire tutti e due,continuando a dargliela vinta a Keitawa, mi parve persino di sentire la sua risata sadica avventarsi contro di me,mentre si metteva fra me e Kyo per dividerci.
“Non è colpa di nessuno dei due, forse un po' colpa del destino che ci ha giocato un cattivo scherzo, però non è da attribuire a nessuno dei due. Non è colpa mia perché non posso farci nulla se gli somiglio e non è colpa tua perché dopotutto quello che ti ha fatto è normale che tu ti senta spaventata da me, che gli somiglio così tanto e che per disgrazia sono pure suo figlio”
Le sue parole mi tranquillizzarono non poco, perché avevo creduto che si sarebbe arrabbiato, dicendomi che si sentiva offeso dal fatto che io non mi fidassi di lui e che lo paragonassi a suo padre, invece mi giustificava, del resto aveva ragione,io non avevo colpe e neanche lui.
“Si, però nonostante la colpa non sia di nessuno dei due il problema persiste...”gli feci notare scoraggiata.
“Già, per tale ragione ti starò lontano, non mi avvicinerò più del dovuto...” mi promise con un espressione malinconica.
“Si, ma non voglio neppure che tu lo faccia” affermai contrariata.
“Non credo che ci sia altra soluzione” esclamò fermamente convinto di quel che dicesse.
“Ma posso riuscire a superare le mie paure, l'ho già fatto una volta , prima non osavo avvicinarmi a nessun tipo di ragazzo...e adesso non ho più paura come prima e potrebbe essere la stessa cosa per le paure che provo quando ti sto vicino, posso superarle!” dissi ansiosa, non volevo che Kyo perdesse ogni speranza riguardo il nostro indefinito rapporto.
Di scatto scesi dal letto, prendendomi di coraggio per avvicinarmi a lui, non volevo che la sola persona che era state gentile con me, non mi stesse più vicino.
Ma non appena mi vide mettere i piedi sul pavimento incominciò ad allontanarsi,io non potendolo accettare, mi avvicinai sempre di più, volevo vincere ogni paura, perché temevo che Kyo se ne sarebbe andato per sempre e che si sarebbe cercato qualche altra ragazza, meno problematica di me e anche più carina.
“Non essere avventata, se vuoi superare la tua paura, non puoi credere di riuscirci subito, bisognerà fare un passo per volta, se riuscirai a trovare la forza e il coraggio di superare questa paura, ti avvicinerai di un passo verso di me e poi un' altro giorno ancora un passo in più, fino a che non arriverai ad annientare la distanza che ci separa superando ognuna delle tue paure” dissi osservandola.
Le sue parole annientarono le mie paure in un solo istante, era disposto ad aspettare ogni mio passo, giorno dopo giorno, chi altro lo avrebbe fatto?
Era dolce e paziente, più di quanto credessi,del resto non stavamo neppure insieme, non era di certo tenuto a farlo.
“D'accordo” affermai incoraggiata dal suo tono languido. “Allora farò il passo di oggi!” aggiunsi sorridendogli.
Dopo un po' tornai vicino al letto, mi avvicinai di un passo a lui, rimasi immobile a fissare la sua imponente figura così lontana, , era strano vederlo così distante, ma ciò mi motivava ancor di più a vincere ogni mia paura per abbattere ogni passo che ci tenesse divisi e lo avrei fatto, piano piano ci sarei riuscita ne ero certa.
“Kyo, c'è qualcosa che ti turba?”gli chiesi osservando preoccupata la sua espressione, forse si era pentito della frase che aveva appena pronunciato, che mi aveva reso così felice.
“Nulla, anzi credo di doverti delle scuse riguardo il comportamento di mio fratello” affermò dispiaciuto.
“Ah, te l' ha detto” affermai impensierita.
“Si, ma riguardo quel che ti ha detto, ci tengo a farti sapere che non ti ritengo un ripiego dato che è Mayko è morta”
“Non avevo voluto crederci, però devo ammettere che qualche dubbio mi era venuto al riguardo” dissi sinceramente mostrando un lieve sorriso per la sua confessione.
“E volevo dirti che avresti dovuto dirmelo, che mio fratello ti importunasse,anzi questa storia che non me l' hai detto mi fa un po' incazz... cioè volevo dire innervosire!” affermò correggendosi con un espressione furiosa.
“Volevo soltanto evitare che vi litigaste per colpa mia” dissi sommessamente e dispiaciuta di fronte la sua mimica alterata e di rimprovero.
Si scusò subito di essersi alterato in quel modo ed io mi scusai per non averglielo riferito, dopo scoppiammo a ridere, rendendoci conto che eravamo una di quelle coppie veramente poco inclini alle liti e allora mi disse“Che noiosi, potremmo litigare almeno per una volta con serietà”
“Ti stavo per dire la stessa cosa, Kuso!” lo punzecchiai.
“Ah, guarda che c'è il rischio che mi arrabbio sul serio se continui a chiamarmi in quel modo!” mi canzonò mostrandomi quel sorriso che mi lasciava senza fiato.
“Kuso, Kuso Kuso!” continuai a prenderlo in giro perché volevo ancora vedere quel sorriso che era interamente rivolto a me.
“Una ragazza della tua età non dovrebbe dire certe parolacce!” esclamò mettendosi un timbro di voce duro, imitando uno di quei professori bacchettoni e rompi scatole.
Mi misi a ridere , le sue imitazioni erano uniche, nessun altro sarebbe mai riuscito a farmi ridere tanto quanto lui. Era bravo,ma oltre a questo ero del tutto coinvolta da ogni suo gesto e parola da non lasciarmi sfuggire nulla della sua minuziosa e spassosa imitazione.
Continuai ancora a punzecchiarlo chiamandolo in quel modo perché volevo ridere a più non posso e volevo divertire lui, dopotutto c'è lo meritavamo, dopo aver sofferto tanto nella nostra vita per ragioni differenti.
“Cosa c'è Kyo? Sei diventato di colpo così serio e pallido in viso” dissi non appena smise di ridere.
“Nulla” affermò con una di quelle espressione che non prometteva nulla di buono, anche se negava ero sicura che c'era qualcosa che lo turbasse.
Avevo osservato la mimica del suo volto un' infinità di volte, conoscevo a memoria ogni sua espressione, quella afflitta, giocosa, dolce, seria,furiosa ed ero certa che quelle sopracciglia leggermente inarcate e quell' ambiguo sorriso, celassero qualcosa di grave.
“Non è vero, mi nascondi qualcosa e sembra anche una cosa grave, dalla tua espressione” affermai continuando a studiare il suo volto.
“E' che è una cosa un po' insolita, strana da dire..non so...” esclamò incerto e sembrava anche un po' in soggezione.
“Non sopporto che tu mi nasconda le cose sopratutto quelle che ti causano turbamento” affermai indispettita, del resto lui si infuriava perché non lo avessi messo al corrente dei problemi avuti con suo fratello ed io mi irritavo del fatto che mi tacesse le cose,eravamo pari.
“Ok, te lo dico” affermò respirando affannosamente, poi riaprì la bocca per pronunciare quelle parole, ma le dissi così piano che non riuscii a sentirle,allora con sgomento e un misto di mortificazione gli sentii dire:“Mio fratello in realtà è innamorato di me”
Io scoppiai a ridere credendolo uno scherzo dicendo “Bello scherzo! E magari ti aspettavi pure che ci cascassi!”
“No, Yoko è la verità” affermò cupamente, la sua espressione era così tremendamente seria che smisi subito di ridere e lo guardai con un espressione stravolta e incredula per quella scioccante rivelazione, che spiegava il comportamento ostile di Toshio verso di me.
“Per questo motivo se c'è qualche problema con lui faresti meglio a dirmelo...” disse torvo, mentre io annuivo non avendo la forza di parlare, più che altro non avevo idea di cosa poter dire di fronte una rivelazione come quella.
Il nostro silenzio fu subito interrotto da qualcuno che spalancò la porta,era proprio Toshio, colui di cui avevamo parlato un momento prima, tutti e due lo guardammo sbalorditi, osservai i suoi occhi sembravano a disagio di fronte i nostri occhi che lo scrutavano con attenzione.
Ci chiedevamo tutti e due la ragione per il quale fosse entrato nella mia stanza, ma dopo un po' Kyo aprì bocca e con irritazione gli fece notare che non era educato entrare nella stanza di una ragazza senza neppure avvertire.
Lui lo guardò di sottecchi, senza scusarsi,poi si voltò verso di me dicendo “ Credo di doverti delle scuse...” la sua espressione era afflitta sembrava sincero, ma non sapevo se fidarmi davvero.
Era difficile comprenderlo, inoltre le sue scuse erano state espresse con troppa facilità e quasi fatte apposta perché c'era Kyo nella stanza e per motivare in qualche modo quell' inaspettata e ineducata visita.
“Kyo ti dispiacerebbe lasciarmi solo con Yoko?” chiese guardando il fratello con un espressione sofferente.
“No, non vedo che cosa c'è che tu debba dirle che io non possa sapere!” affermò irritato.
“D'accordo, lo dirò davanti a te, non mi importa, la mia non è una minaccia, è soltanto una richiesta disperata” affermò piangendo davanti ai nostri stessi occhi.
L' osservai dispiaciuta, mentre Kyo sembrò essersi addolcito di fronte quel pianto, però rimase sempre nello stesso punto in cui era senza avvicinarsi a lui per consolarlo.
“Io volevo chiederti se per favore potessi lasciare in pace mio fratello” disse guardandomi con un espressione supplichevole evitando di incrociare lo sguardo di Kyo.
La sua richiesta era difficile da accontentare,però osservandolo così disperato, mi sentii male e in colpa, mentre Kyo sembrava in difficoltà, era come se non sapesse se arrabbiarsi con lui o oppure cercare di consolarlo e nell' indecisione non fece nulla.
Mentre Toshio lo osservava con la coda dell'occhio,mentre le lacrime scendevano frettolosamente giù dal suo volto come delle violente cascate, avrei voluto fermare quelle lacrime, ma ero io stessa ad avergliele procurate “sottraendogli” suo fratello,senza che gli fosse mai appartenuto.
Non gli risposi, non avevo la forza di dir nulla, non mi sentivo di accogliere la sua decisione, però sapevo che se gli avessi detto “No”, lui avrebbe continuato a piangere incessantemente e non riuscivo a rimanere insensibile a quel sincero turbinio di lacrime.
Mi sentii inondare il cuore dalla sua spontanea manifestazione di dolore e Kyo notando quanto il fratello mi avesse messo in difficoltà, disse con un tono di voce pacato “Lo capisco che stai soffrendo, ma non dovresti fare certe richieste...” poi aggiunse questa volta in tono di accusa “Sei egoista!”
“E tu non credi di non esserlo, non ci hai mai pensato a me, ai miei sentimenti!” disse il fratello ferito avvicinandosi a lui.
Ma dopo un po' entrò qualcun' altro, era quell' energumeno d'uomo che interruppe l' accesa discussione appena iniziata tra Kyo e il fratello.
“C'è la colazione pronta e poi dovremmo andare a cercare casa!” disse con quella sua solita espressione imperturbabile, poi si avvicinò a Toshio scrutandolo per bene.
“E' successo qualcosa?” gli chiese con un tono molto confidenziale, notando i suoi occhi arrossati e gonfi e il naso gocciolante di muco che risucchiava rumorosamente con il naso.
Toshio imbarazzato non rispose, mentre l'uomo si comportava come se nella stanza ci fosse soltanto Toshio e gli sfiorò quella lunga e rigogliosa matassa di capelli neri che possedeva soltanto lui, neppure io possedevo capelli belli come quelli. Poi di scattò si scusò goffamente per il suo azzardato gesto,mentre io e Kyo li osservavamo interrogativi.
L' energumeno, tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un fazzoletto di stoffa con le sue iniziali incise e glie lo porse con gentilezza, Toshio lo rifiutò dicendo che non poteva accettare il suo fazzoletto personale, ma lui insistette così tanto, che alla fine lo accettò ringraziandolo, si soffiò il naso con quel fazzoletto dicendogli che glie lo avrebbe pulito.
Kyo poi osservò l'uomo con un espressione acuta come se avesse intuito qualcosa e gli chiese “Non ti abbiamo ancora chiesto qual'è il tuo nome vero...”
“ Takahashi” affermò guardandomi con un espressione divertita, sapendo quanto disapprovassi quel nome.
“Lo dicevo che questo nome è troppo usato...” affermai sbuffando non potendone più di tutti quei Takahashi che imperversavano tutto il Giappone.
“Tanto dobbiamo usare dei nomi finti, quindi chiamatemi Saito” affermò sempre con quella sua espressione fredda, poi si voltò verso Toshio come se gli volesse dire qualcosa, ma alla fine non disse nulla,mentre Kyo fissava lui e poi Toshio, come se si stesse facendo un suo disegno in testa.
“Quanti anni hai?” chiese Kyo curioso.
“30...perchè?” chiese l'uomo, osservandolo stupito poiché prima d'ora non gli avevamo mai fatto domande.
“No, è che tu e Toshio vi togliete così poco, lui ne ha 27...” affermò lanciandogli un'occhiata d'intesa all'uomo, mentre Toshio fulminò Kyo con lo sguardo.
Io osservai l'uomo sorpresa, mi era parso molto più grande, io glie ne avrei dati una quarantina,ma sarà che alla mia età si ha come l'impressione che la gente adulta sia più vecchia di quanto realmente lo sia, anche Kyo la prima volta che lo avevo incontrato avevo avuto l'impressione che fosse molto più di grande di quanto realmente fosse.
“Si, lo avevo già notato...” affermò bonariamente.
“Credo che dovremmo andare a fare colazione!” disse Toshio, per fermare Kyo che stava per dire qualcos'altro a Takahashi.
Io del resto ero più confusa che persuasa, poi riflettendoci con più attenzione, mi parve di capire qualcosa, Kyo credeva che Takahashi avesse una sorta di cotta per Toshio e non faceva altro che incoraggiarlo.
Ma non capivo come facesse ad esserne così certo,poteva essere anch' essere che il suo comportamento nei confronti di Toshio fosse semplicemente amichevole e che lui lo avesse soltanto frainteso.
Arrivati al ristorante dell'hotel, ci accorgemmo che tutti i posti a sedere erano solo per due persone e Kyo non appena li vide distratti, mi prese per mano lasciando in tronco quei due con un espressione furba e soddisfatta.
“Sarà stato un bene averli mollati così di punto in bianco?” gli chiesi perplessa, ormai seduta davanti a lui in uno dei tanti tavolini del ristorante.
“E' soltanto un esperimento...” affermò guardandosi intorno per vedere se si erano seduti da qualche parte.
“Ho capito quello che intendi fare, però non credi di aver un po' frainteso quel ragazzo...magari prova solo simpatia per tuo fratello, metti caso che è etero, cioè non è bello infinocchiargli una situazione simile e comunque tuo fratello è innamorato di te...” affermai contrariata.
“Ah, ti crei troppi problemi...alla fine stanno soltanto mangiando da soli in un tavolo per due...”
“Lo stanno facendo?” gli chiesi stupita voltandomi verso la direzione che fissava con insistenza Kyo.
“Non dirlo in quel modo, che la gente potrebbe pensare male!” affermò ridendo.
Li osservai erano seduti su uno di quei piccoli tavolini aspettando che il cameriere li servisse, ma non riuscivo a percepire se tra quei due vi fosse un'atmosfera romantica.
Poi Kyo mi guardò dicendo “Mi spiace di aver sciolto in così poco tempo la promessa che ti avevo fatto...”
“Ah, ti riferisci a quando mi hai preso per mano, ma sai quando siamo in mezzo a tanta gente non ho paura di te e quando rimaniamo soli dentro una stanza...che ho paura” affermai a bassa voce per evitare che tutta la gente del ristorante sentisse i nostri discorsi.
“Allora non credo sia una paura tanto strana per la tua età....” costatò.
“Piantala di avere quell'aria di superiorità...” affermai sbuffando, non lo sopportavo quando diceva “alla tua età, i tuoi quattordici anni” o chissà quale altra frase che mi facesse sentire come se ci fosse un profondissimo burrone tra me e lui che ci tenesse separati.
“Non intendevo offenderti...” affermò pacatamente.
“E' soltanto che mi chiedevo che cosa pensa tutta questa gente che ci osserva...” affermò osservandosi intorno, poi si voltò di nuovo verso di me.
“Non è che ci voglia un genio per capirlo, insomma lo sai...” esclamai scocciata.
“E a te non dà fastidio?” mi chiese pensieroso.
“Si, ma se si pensa a tutto quello che gli altri pensano e potrebbero pensare, non si vive più...”gli feci notare.
“Oh come l'impressione che sia io il quattordicenne e tu la ventiduenne” affermò scherzosamente.
“No, è solo che ci sono abituata agli sguardi indiscreti della gente, tutti credono di sapere quello che sei e sono pronti a giudicarti,solo da quel poco che sanno o che colgono da un semplice sguardo, ma in realtà non sanno nulla...” affermai rammentando le mie compagne e tutti quelli che mi avevano sempre guardata con invidia perché il mio patrigno era una persona importante o che mi avevano definita presuntuosa, perché stavo sempre sulle mie a scuola o in qualunque altro posto, fraintendevano tutti questo mio comportamento definendomi come una persona che si sente superiore e che si distacca dagli altri, ma in realtà mi avevano dipinta per quella che non ero.
In realtà avevo soltanto paura del rifiuto degli altri o di venir maltrattata da qualcun' altro oltre che dal mio patrigno, così stavo sempre all'erta, non lasciando mai trapelare nulla su di me e rimanevo seduta davanti al mio banco in silenzio, persino a ricreazione quando tutti abbandonavano la classe, solo due persone ebbero il coraggio di parlarmi, lasciando che la mia barriera difensiva crollasse piano piano.
Erano state Yuri e Yamiko le sole che mi avevano degnato di un saluto e che talvolta mi davano a parlare senza pretendere neanche una risposta, avevano intuito che non ero così per presunzione, ma avevano scambiato il mio atteggiamento per timidezza, del resto ero anche timida.
Pensandoci mi mancavano le lunghe chiacchierate delle mie amiche, erano sempre state gentili nei miei confronti, sempre disponibili, anche quando mi sentivo triste, ma io non ebbi mai la forza di aprirmi con loro, temevo che non mi avrebbero capito nonostante mi volessero tanto bene.
Inizialmente quando ero triste mi assillavano riempiendomi di domande e di solito credevano sempre che il mio problema fosse Rei o qualche compito andato male, del resto loro riflettevano i loro problemi su di me, credendo che potessero essere gli stessi e non mi sentivo neppure di fargliene una colpa, però senza volere le odiavo perché loro erano così serene e spensierate, come se avessero assaporato solo esperienze dolci nella loro vita, mentre io avevo assaggiato solo quelle più amare e dolorose.
“Hai perfettamente ragione...” affermò come se gli avessi tolto le parole di bocca.
“Che avrò mai detto di così allucinante?” gli chiesi ironica.
“No, è soltanto che sei stata molto illuminante”con un sorriso stampato sulla bocca.
Dopo un po' il cameriere ci servii da mangiare, lui non appena ci venne dato il cibo,rimase fermo ad osservarmi mangiare, io imbarazzata gli chiesi perché non mangiava, almeno così avrebbe smesso di osservarmi con insistenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** scuola? ***


Yoko:

Kyo mi osservò intensamente, non perdeva di vista nessuno dei movimenti delle mie bacchette, io in quei momenti distoglievo o abbassavo lo sguardo. Dopo un po' prese le sue bacchette usandole nello stesso modo in cui le usavo io, era come se mi stesse imitando.

Che mi stesse prendendo in giro pensai inizialmente, osservando i bocconi piccoli che mangiava con lentezza, però la sua espressione non era derisoria, ma naturale come se volesse farmi credere che lui mangiasse così come me.

Tra una portata e l'altra, Kyo sembrava mi volesse dire qualcosa, ma la sua voce era incerta e finiva sempre per incespicarsi in parole vaghe e sconnesse.

Ad un certo punto si schiarii la voce questa volta sembrava più sicuro di sé, così di colpo richiamò la mia attenzione che si era spostata verso la gente presente in quel ristorante, erano tutti in giacca e cravatta e ben vestiti, mentre io e Kyo con dei semplici jeans e gonna, insomma i vestiti di tutti i giorni, sembravamo due veri scapestrati.

“Senti...Yoko...” disse con un espressione indecifrabile.

Rimasi ferma intenta a scrutarlo con il cuore che mi batteva più forte del dovuto, mentre con la mente tentavo di prevedere le sue parole ancor prima che le dicesse.

Incominciavo ad immaginare a ruota libera chissà quali parole d'amore sarebbero uscite dalla sua bocca, ma non c'era bisogno che si sforzasse tanto, mi bastava un semplice chiarimento sul fatto che stessimo o non stessimo insieme, però allo stesso tempo avevo paura di saperlo, perché avrebbe anche potuto essere un no.

“Volevo chiederti...se il tuo primo bacio è stato con Toshio”disse con un espressione curiosa, mentre mi cadevano le braccia, perché mi ero illusa che mi avrebbe chiesto e detto qualcos'altro.

“Ancora con questa storia!” dissi sospirando seccata, più che altro ero irritata perché avrei preferito sentirmi dire qualcos'altro.

“Che ti costa dirmelo?” mi chiese ancora con quell' espressione di chi sta morendo dalla curiosità di saperlo.

“A dire il vero,non è così semplice perché...prima di tuo fratello, c'è stato Rei ma ci siamo sempre dati baci a stampo, poi con tuo fratello è stata una cosa molto breve...” affermai timidamente e lievemente scocciata, non capivo che importanza potesse avere una cosa del genere se non si chiariva quel punto fondamentale ovvero se stavamo o non stavamo insieme.

“Bene allora si può quasi dire che il tuo primo bacio tu l' abbia dato a me!” disse soddisfatto, in un modo che mi infastidii come se fosse contento di ciò solo per accrescere il suo ego.

“Cos'è un vanto?” chiesi irritata,sopratutto perché non avevo ancora udito le paroline che avevo tanto voluto sentire.

“Si, il vanto di aver baciato soltanto io una ragazza così graziosa”affermò osservando con insistenza il mio viso.

Goffamente lo osservai, chiedendomi se non mi stesse prendendo in giro, mentre il mio cuore batteva forte per quel semplice complimento appena ricevuto.

“Ah, ma avrai conosciuto ragazze molto più belle...tipo quella del negozio alla quale guardavi il sedere...” affermai diffidando del complimento che mi avesse appena fatto.

“Le ho guardato il sedere, ma non l' ho baciata e non l' ho accolta a casa mia e non le ho ceduto il mio letto finendo per ridurmi a dormire per terra per lei...” mi fece notare, provando un certo imbarazzo.

Era strano vederlo imbarazzato, lui uomo esperto e grande che si imbarazzava ad esprimersi con una bamboccia della mia età, mi sorprendeva non poco, poi analizzai accuratamente le sue parole, era come se stesse dicendo quello che avrei voluto sentirmi dire:che io ero speciale in qualche modo per lui, però l' aveva detto in modo differente da come me l'ero immaginato, però non ero di certo disposta ad accontentarmi di quelle semplici parole, puntavo a qualcosa di meglio del ritengo che tu sia una ragazza graziosa, così divenni ostinata e storsi il naso come se non credessi alle sue parole.

“Credi che ti prenda in giro?” chiese Kyo perplesso.

“Non so... graziosa..baci tutte le ragazze che ritieni graziose...” affermai guardandomi intorno per fingermi disinvolta, quando invece ero imbarazzatissima.

“No,cioè intendevo dire che...” affermò bloccandosi di botto, come se non sapesse neppure lui cosa davvero intendesse.

Notando con la coda dell'occhio la sua accesa incertezza, cambiai discorso, ma lui di colpo riprese l'argomento dicendo “Devi sapere...che io...dopo Mayko non ho mai avuto relazioni serie, quindi non so come dovermi comportare...e ho paura di me stesso, di commettere qualche sciocchezza e di ferirti in qualche modo...” disse agitato.

Afferrai la sua mano che era poggiata sul tavolo per rassicurarlo, la sua mano strinse la mia come se avesse paura che la mia mano sfuggisse da un momento all' altro.

Dopo, ormai giunti al dolce, comparvero Toshio e Saito, anche se il suo vero nome è Takahashi preferivo chiamarlo con il nome falso, che con quel nome gettonatissimo.

“Vi abbiamo trovati” disse Toshio rivolgendo a Kyo un'occhiataccia per lo scherzo che gli aveva giocato.

“Avete già mangiato il dolce?” chiese Kyo non curandosi affatto delle sue occhiatacce.

“Si...” asserii Toshio con un misto di fastidio e imbarazzo.

“Dovremmo andare a cerare casa” affermò Saito con quella sua solita espressione rigorosa e diligente, come se fosse un soldato sull' attenti, ma non appena Toshio apriva bocca e faceva qualcosa di colpo si dimenticava dell' ordine e della rigorosità, non sarebbe bastato un semplice attenti per destarlo da Toshio.

A questo punto pensai che Kyo avesse ragione, lui era infatuato di Toshio, non c'era ombra di dubbio,ma mentre riflettevo su queste cose, Toshio guardava me e Kyo, più che altro la sua attenzione si concentrò sulle nostre mani che erano attaccate l'un l' altra, io allora decisi di sciogliere quella stretta, ma la mano di Kyo ancora una volta me lo impediva.

Non appena ci alzammo dal tavolo, per andare a cercare casa smise per un attimo di prendermi per mano, poi lo rifece non curandosi affatto degli sguardi indiscreti del fratello,mentre Saito sembrava cercare di capire quale relazione bizzarra ci fosse tra noi tre.

Girammo diverse case,trovando sempre e solo camere matrimoniali,in pratica tutti coloro che divorziavano si mettevano a vendere le case con le stanze matrimoniali e di conseguenza le case dai letti singoli erano tutte state comprate da queste persone divorziate ed era praticamente impossibile trovare una casa dai letti singoli.

“Ah, che sarà mai io potrei dormire ovunque, anche su un divano e poi voi due siete fratelli potreste dormire insieme” affermò Saito guardando Toshio e Kyo.

“No, ecco non è una buona idea...” affermò Kyo contrariato.

Kyo storse il naso,facendo il vago per non lasciar trapelare né a Saito e né alla donna che ci stava presentando la casa la vera ragione per il quale non volesse dormire con suo fratello, mentre io imbarazzata gli dissi che per me non c'era problemi se dormivamo insieme del resto lo avevamo già fatto cioè dormire insieme precisai notando il modo in cui la donna ci guardasse male,sopratutto per la differenza di età che c'era fra me e Kyo.

Mentre nessuno dei tre era affatto d'accordo con la mia proposta, poi però ormai stanchi di cercare casa, ci decidemmo a prendere quella, anche se ancora non sapevamo come doverci organizzare dato che c'erano solo due camere matrimoniali.

Quella prima notte Kyo decise di dormire in uno de divani che c'era in soggiorno, ma io lo fermai dicendo che per me non c'era davvero alcun problema se dormivamo insieme, ma lui disse “Hai paura di stare con me da sola in una stanza e figuriamoci a dormire insieme a me...”

“Si, ma dovrò pur superare questa paura...” affermai certa di quel che stessi dicendo e poi non mi piaceva dormire sola.

“Potrei anche diventare molesto...” affermò tentando di fermare la mia ostinazione.

“Che stupidaggini!” affermai non credendogli affatto.

“Poi non dire che non ti ho avvertita” affermò rassegnato, mentre ci recammo in quella stanza.

Non appena entrammo per la prima volta in quella stanza tutti e due imbarazzati avevamo cambiato idea, quel letto a baldacchino a forma di cuore rosso e poi quei petali sparsi di rose sui comodini e c'erano anche quelle luci soffuse che contribuivano a creare ancor più quell'atmosfera della prima notte.

“Credo che dormirò in soggiorno...” affermò Kyo pronto a svignarsela.

Dovevo superare la mia paura e questa era l'occasione migliore per farlo, di certo non mi sarei lasciata battere da un letto a forma di cuore o da chissà cos'altro e poi ero certa che Kyo non mi avrebbe mai fatto nulla che non volessi, ma pensandoci neppure mi sarebbe tanto dispiaciuto se fosse successo qualche cosa.

“Avanti, Kyo...per favore resta, mi spaventa di più dormire da sola che con te...” affermai per convincerlo.

“Si, ma se non voglio restare lo faccio per la tua incolumità...” ammise impacciato.

“Ah, che stupidaggini...non lo faresti mai...” affermai arrossendo.

“Chi ti dice che non potrei farlo?” mi chiese mordendosi nervosamente un labbro.

“Insomma c'è stato anche di peggio di un letto a baldacchino, mi sono spogliata davanti a te e non mi hai fatto niente...” esclamai abbassando lo sguardo con imbarazzo ricordando quel mio gesto sconsiderato.

“Dal modo in cui lo dici sembra quasi ti dispiaccia” affermò abbozzando un mezzo sorriso.

“Vado a mettermi il pigiama” dissi evitando il suo sguardo e andandomene frettolosamente in bagno poiché ero troppo imbarazzata dalla sua osservazione.

In poco tempo mi misi il pigiama,dopo mi incamminai verso il lungo corridoio e aprì la porta della stanza senza bussare. Non era stata un'ottima idea, dato che non appena aprì la porta vidi Kyo a torso nudo che si stava abbottonando la camicia del pigiama, richiusi subito la porta non appena incrociai il suo sguardo sorpreso.

“Avresti potuto dirmelo che ti stavi mettendo il pigiama!” affermai da dietro la porta.

“Ma se te ne sei andata subito senza darmi il tempo di dire nulla!” mi fece notare.

“Comunque ho finito” disse dopo un po', così entrai vedendolo con quel pigiama nero in unica tinta, da quando lo conoscevo non gli avevo mai visto indossare colori allegri, ma sempre vestiti dai colori spenti e smorti.

“Hai persino il pigiama nero” affermai sconcertata.

“Il nero è un colore elegante...” disse per difendersi.

“Si, però ci sono anche altri colori e poi non sembra che tu stia andando a dormire, ma che tu stia andando ad un funerale...” esclamai osservando quel pigiama, ma dovevo ammettere che non gli stava male. Poi notai che si era dimenticato di abbottonare un bottone di sopra che lasciava vedere una parte del suo petto nudo, che non era niente male.

“Ti sei dimenticato di abbottonare un bottone...” gli dissi indicandoglielo col dito.

“No, è che mi dà fastidio essere troppo accollato...” esclamò osservando il bottone che non aveva abbottonato.

Dopo un po' mi avvicinai di un passo a lui, guardandolo bene non ebbi più l'impressione di vedere suo padre, Keitawa era come se lo avessi sepolto dalla mia mente, così feci un altro passo, poi un altro ancora, Kyo mi osservò senza dir nulla finchè le distanze tra di noi si infransero del tutto.

Mi avvolse fra le sue braccia sussurrandomi all' orecchio in tono sensuale che non avrei dovuto essere così precipitosa sopratutto in una stanza come quella,poi sciolse quel dolce abbraccio e vedendo la sua bocca che si avvicinava alla mia chiusi automaticamente gli occhi e socchiusi le labbra pronta a ricevere quel bacio appassionato.

Era più ardente del primo bacio che ci eravamo dati, incominciai anche io ad infilare la mia lingua sulla sua bocca, lui mi lasciò fare incominciando a leccarla con la sua, con frenesia.

Continuammo per lungo tempo a baciarci sempre con quella sfrenata passione e ormai ansimanti di piacere, sopratutto Kyo che avevo provocato senza accorgermene ormai travolta dalla passione, feci aderire perfettamente il mio seno contro il suo corpo e poi gli leccai le sue morbide labbra. Mi sollevò da terra per farmi arrivare con più facilità alle sue labbra, dato che ogni volta che dovessi baciarlo ero costretta a reggendomi sulle punte dei piedi, mentre lui spesso e volentieri era costretto a curvare la schiena.

In quel momento eravamo tutti e due completamente fuori controllo, ma quello che aveva meno controllo di sé stesso era sempre Kyo, dopo un po' si mise a camminare mentre mi teneva saldamente sollevata con le sue forti braccia, dopo un po' mi mise giù e riprese a baciarmi curvando la schiena, mentre incominciai a notare che lì vicino ci fosse il letto, ma non ci prestai molta attenzione e continuai a baciarlo, ma dopo un po' mentre ci baciavamo sentii la forza del suo corpo che mi spingeva giù contro il letto.

Caddi nel letto con lui messo sopra di me, lui smise in quel momento di baciarmi dicendo “Ti avevo avvertito...che avrei potuto essere molesto...poi tu mi provochi...” disse con un espressione dolce, non sembrava affatto avere cattive intenzioni e in quel momento quelle sue cattive intenzioni, non mi parvero dispiacermi un granchè.

Riprese a baciarmi, poi si fermò e mi sollevò la maglietta del pigiama scoprendomi lo stomaco, poi incominciò ad accarezzarlo e a pizzicarmi i rotoli di ciccia che tanto odiavo.

Poi chinò la testa verso il mio stomaco, la sua bocca succhiò la pelle del mio stomaco e sentii il suono delle pernacchie,io scoppiai a ridere anche se ero un po' delusa avevo pensato che le sue intenzioni fossero diverse, poi incominciò a farmi il solletico sullo stomaco,mentre io cercavo di liberarmi inutilmente dal suo corpo.

“Ah comunque ho una cosa per te” disse dopo un po' alzandosi dal letto.

“Che cosa?” chiesi sorpresa.

“Aspetta devo chiedere a Saito se l' ha ritirata...” affermò lasciandomi sulle spine.

Dopo un po' lo vidi ritornare con una divisa scolastica fra le mani, era diversa dalla mia era composta da una camicia bianca poi sopra c'era un maglioncino rosso con un fiocco bianco e a maniche corte che lasciava in bella vista le maniche della camicia che erano larghe e ariose e poi una gonna con delle strisce bianche e rosse orizzontali.

“Cos'è?” chiesi perplessa.

“La tua nuova divisa scolastica” affermò dandomela.

“Si, ma io non vado a scuola...” esclamai confusa.

“Infatti domani sarà il tuo primo giorno di scuola...” affermò tranquillamente.

“Aspetta...io dovrei andare a scuola...perchè?” chiesi per nulla contenta.

“Perchè hai 14 anni...e a quest'età sai com'è si va a scuola...” esclamò sempre con la stessa pacatezza.

“Ma, io non ho alcuna intenzione di andarci!” esclamai contrariata,tirandogli la divisa addosso.

Kyo raccolse la divisa che era finita sul pavimento e poi mi chiese “Perchè?”

“Perchè non mi va...non mi piace la scuola...e poi perché mai un delinquente dovrebbe curarsi del fatto che io vada o non vada a scuola...”controbattei.

“Bè, alla tua età anch'io andavo a scuola, quindi che cosa c'è di strano?”

Io sbuffai non avevo alcuna voglia di andare in una nuova scuola, non mi piaceva affatto quel luogo per tante ragioni, si studiava, i professori altezzosi e severi e gli studenti una mandria scalcinata di idioti, a parte qualche eccezione.

“Quasi quasi ci andrei io al posto tuo, io ricordo con nostalgia la scuola, quelli si che erano dei bei tempi spensierati...” affermò nostalgico.

“Ma allora vacci tu...” affermai con ripugnanza.

“Non credo sia fattibile” disse ridendo.

“E allora obblighi me ad andarci?” chiesi irritata.

“Sai ti credevo molto più matura e invece fai i capricci proprio come una bambina...” mi offese.

“D'accordo ci andrò, smetterò di fare la bambina ma non rivolgermi la parola da ora in poi!”esclamai alterata, subito dopo mi sdraiai nel letto dormendo su un fianco dandogli le spalle, dopo un po' sentii la sua voce chiamarmi, ma io finsi di dormire.


Kyo:

Tra me e Yoko sembrava andare tutto bene, fino a quando non litigammo per una sciocchezza, la scuola.

Anch'io alla sua età odiavo la scuola, poi però per un motivo o per un'altra avevo imparato ad apprezzarla ed ero diventato il primo della classe, in quel periodo eccellevo in quasi tutte le materie ed ero oggetto di odio e di invidia da parte dei compagni e delle compagne perché i professori mi lodavano sempre.

Sdraiata nel letto osservavo il suo corpo di spalle tentando di capire se stesse realmente dormendo, la chiamai, ma dopo un po' mi accorsi che non c'era nulla da fare stava dormendo.

Ripensai a quella giornata, in quel ristorante avrei tanto voluto dirle tante cose, ma avevo paura di impegnarmi seriamente con lei perchè la sola ragazza che avevo amato era finita ammazzata per colpa mia e non volevo che ciò si ripetesse e poi mi ricordai di quando l' avevo buttata nel letto ormai desideroso di farla mia, ma sapevo di non poterlo fare, era sbagliato e così mi fermai limitandomi a farle delle pernacchie sullo stomaco, ma se ripensavo ai suoi baci e al suo corpo stretto al mio, non riuscivo a far a meno di pensare a certe cose e mi addormentai pensando a quanto fossi depravato.

Al mio risveglio, osservai l' orologio che faceva le 7 del mattino e svegliai Yoko con le buone e con le cattive, dato che doveva andare a scuola, lei con la voce impastata dal sonno disse “Che c'è?”

“Sono le 7 e devi prepararti per andare a scuola....”

“Uffa ma quanto sei noioso...” disse sbadigliando e incominciando ad alzarsi sbattendo contro i vari oggetti della casa.

Dopo un po' si preparò e l' accompagnai a piedi temendo che si sarebbe persa, ma alla fine a causa mia ci perdemmo, ma non avevo alcuna voglia di ammettere che ci eravamo persi, ma lei sembrò accorgersene lo stesso, del resto era da circa una mezza oretta che camminavamo senza arrivare a destinazione.

“Ah, fantastico ci siamo pure persi!” sospirò scocciata.

“E' una tua impressione, so perfettamente qual'è la strada...” mentii.

“E allora adesso da dove prendiamo?” mi chiese con un espressione divertita sul volto.

“Ehm...direi da quella parte!” dissi indicando una direzione a casaccio.

La cosa veramente buffa è che dopo un po' ci ritrovammo per davvero davanti quella scuola, lessi il nome della scuola per accertarmi che fosse quella, sembrava non esserci ombra di dubbio era proprio quella.

“Che ti avevo detto!” affermai compiaciuto.

“Scommetto che è stata solo fortuna...” affermò sospettosa.

“Ti sbagli ho sempre saputo quale fosse la strada...” dissi ridendo sotto i baffi.

Dopo un po', la salutai, ma rimasi dietro un muro per tenerla d'occhio per assicurarmi che fosse entrata a scuola e non appena la vidi entrare me ne tornai a casa perdendomi numerose volte finchè non riuscii ad arrivare a casa,ormai stanco morto.

Yoko:

Entrata in quella scuola, mi sentii lo stomaco in subbuglio, sopratutto quando incrociai lo sguardo dei ragazzi di quella scuola, alcuni non appena mi vedevano fischiettavano e sentii qualche commentino sgradevole fatto sottovoce ad un altro compagno che mi guardava ridendo. Poi incrociai gli sguardi di alcune ragazze della scuola, che a vedermi si erano fatte i loro complessi di inferiorità perché avevo il seno più prosperoso rispetto a loro.

Incominciai a camminare curva e con un braccio intorno al petto per evitare che tutti me lo guardassero,ma un solo braccio non bastava per coprire quella prosperità che attirava così tanto l' attenzione e di cui ne avrei fatto volentieri a meno.

Dopo un po' suonò la campanella e cercai la classe in cui ero, non appena la trovai bussai incerta, sentii una voce maschile e matura dire “avanti”.

Entrai rassegnata e scoraggiata, sempre curva per non far notare quale gran peso portassi in petto, mentre il professore mi chiedeva di presentarmi davanti a tutti.

Guardai il resto della classe, che non appena mi vide li sentii parlottare fra di loro e sentii anche qualche schiamazzo, mentre il professore li richiamava all'ordine.

Io avrei voluto volentieri risparmiarmi quella presentazione, sopratutto perché già solo a vederli mi erano già tutti antipatici, sopratutto quel ragazzo dai capelli tinti di un biondo ossigenato che mi scrutava dalla testa ai piedi, aveva tutta l'aria del ragazzo indisciplinato e dalla quale avrei dovuto ben guardarmi, poi per il resto gli altri sembravano innocui, anche se molto stupidi.

“Mi chiamo Akiyama Hime e vengo da Tokyo e ho 14 anni...” dissi piuttosto annoiata, mentre il professore mi incoraggiava a dire qualcos'altro.

Per me quelle semplici frasi, potevano bastare, che cos'altro avrei dovuto dire? Ma il professore era piuttosto insistente e disse “Perchè non ci parli dei tuoi interessi?”

“I miei interessi ecco...mi piace leggere, ascoltare musica, uscire, andare al cinema...” dissi inventando sul momento.

Dopo un po' il professore chiese agli studenti se avevano qualche domanda da farmi il biondo alzò con insistenza la mano, ma il professore fece come se non lo avesse visto, ma era praticamente impossibile, dato che gli fosse davanti mentre agitava con insistenza la sua mano, così lui rassegnato disse “D'accordo Kirari, ma se è qualcosa di volgare come al tuo solito, lo sai che ti becchi la sospensione!”

“Mi chiedevo se fosse il peso delle sue tette a farla stare così curva...” disse ridendo mentre gli altri si aggregarono a lui.

Il professore si infuriò gridando “Ti becchi un altra settimana di sospensione e adesso fuori dalla classe!”

“Grazie professore!” affermò schioccando le labbra vicino al professore, poi guardò verso la mia direzione e schioccò un bacio verso di me dicendo “Hai una quarta vero?”

Il professore lo spinse a forza fuori dalla porta, poi guardò verso la mia direzione dicendo “Non farci caso, lui è il peggiore...è la cosa ancor peggiore è che tutti lo seguono a ruota” Infatti tutti gli altri ridevano concitati, mentre io mortificata presi posto, poi il professore si mise ad urlare per zittire gli schiamazzi.

Non mi sentivo affatto a mio agio, mi sentivo gli occhi puntati dappertutto, riuscii a sentirmi meglio soltanto a ricreazione quando rimasi sola seduta davanti al mio banco, ma dopo un po' vidi comparire il biondo che era stato cacciato dal professore, finsi di non averlo neppure visto, ma lui venne verso il mio banco.

“Ho come l'impressione di aver visto la tua faccia da qualche parte, non sarai tipo un'attrice...” affermò con un espressione malevola che non mi piaceva affatto.

“Io devo andare ...” affermai alzandomi dalla sedia, pronta per andarmene ovunque, l' unica cosa che mi importava era di star lontana da quel tizio.

Lui mi afferrò per un braccio, io tentai di liberarmi, ma non ci riuscii poi rise dicendo “Dai fammi dare solo una palpata al tuo seno...”

Riusci a liberarmi dalla sua stretta e mi misi a correre scappando via di fretta e furia sperando di averlo seminato e cercai di confondermi con la folla di ragazzi che giravano per i corridoi.

Ma dopo un po' mi scontrai con due ragazzi, erano dei compagni di quel ragazzo biondo, mi scusai per avergli sbattuto contro ma loro dopo un po' mi dissero “Dove credi di andare!” guardandomi con quell' espressione maligna.

“Io non vi ho fatto niente, lasciatemi in pace!”urlai disperata.

Dopo un po' comparve il biondo mentre quei due mi tenevano ferma, poi però comparve una ragazza con altre due sue amiche che prese le mie difese.

“Guarda che se continui così, glie lo dirò a papà...” disse minacciandolo.

“Oh andiamo sorella, volevamo solo farci due risate, spaventandola un po'...” disse tranquillamente, mentre i suoi amici mi liberarono.

Ringraziai la ragazza che mi aveva tirato fuori dai guai, lei mi diede una pacca sulla spalla dicendo “Non c'è di che, anzi ti porgo le mie scuse per mio fratello, è insopportabile...”mentre le sue amiche mi sorrisero anche loro affabilmente.

“Io sono Reika e loro sono le mie migliori amiche Tsubasa e Ichiko” disse la ragazza sorridendomi amichevolmente.

Era una ragazza dai capelli castani molto corti, se non fosse stato per i suoi tratti del viso femminili, si sarebbe potuta benissimo scambiare per un ragazzo,mentre Tsubasa e Ichiko portavano i capelli lunghi di un castano tutti e due molto chiaro, erano due sorelle gemelle.

“Io sono Akiyama Hime...” dissi presentandomi.

Lei mi guardò dicendo “Lo sapevo già, siamo nella stessa classe...e anzi scusa anche per quell'incidente durante la tua presentazione. Mio fratello è una vera carogna, lo detesto!”

Parlammo per un po', più che altro fu lei a parlare e le sue amiche, io non ero mai stata una ragazza chiacchierona, così quando mi facevano delle domande, io rimanevo sul vago sopratutto perché non potevo dire la verità, ma mi scocciava anche mentire, riguardo i miei genitori e sulle motivazioni che mi avevano portato ad Okinawa.


Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** primo giorno di scuola ***


Yoko:
“Sai...la tua faccia mi è familiare...” affermò Tsubasa osservandomi attentamente, era un 'osservatrice molto attenta, poi lo fece anche la sorella, ma dalla sua espressione capì che non aveva lo stesso sguardo attento di Tsubasa.
Io nel frattempo rimanevo in silenzio con il fiato sospeso, avevo paura che Tsubasa ricollegasse la mia immagine a quella di qualche giornale, riconoscendomi in quanto figlia di Keitawa scappata di casa, mentre Reika cambiò discorso focalizzando l' attenzione delle amiche da un'altra parte.
Dentro di me la ringraziavo nonostante mi avesse salvato inconsapevolmente,così parlarono per un bel po' di tempo di qualche ragazzo e dei soliti discorsi futili di cui si parlava così per passare allegramente la ricreazione, prima di quell' indesiderato ritorno in classe.
Dovevo ammettere che erano abbastanza simpatiche, ma rimanevo sempre ben attenta a non lasciar trapelare troppo di me, ma per mia fortuna non appena mi veniva posta una domanda, c'era Reika che incominciava ad attaccare bottone discostando l' attenzione su di me verso di lei, per un attimo ebbi l'impressione che lei fosse al corrente di tutto, poi storsi il naso pensando che fosse semplicemente egocentrica.
Quando le sue amiche tornarono nella loro classe poiché era suonata la campana, mi guardò con un espressione di complicità e poi mi sussurrò all' orecchio “ So, perfettamente che sei Yoko Keitawa...”
“No ti sbagli!” urlai agitata.
“Non preoccuparti, sono sempre stata una persona che tiene la bocca chiusa...” affermò sorridendomi.
“Il punto è che ti sbagli, non sono lei!” affermai continuando a negare, non potevo di certo fidarmi del resto era pur sempre un'estranea.
“D'accordo non importa, tanto negherai fino all'ultimo....” affermò affabilmente.
“Perchè non sono chi credi!” continuai ad insistere per spingerla a credermi.
Lei fece spallucce dicendo che non aveva più intenzione di parlarne , perché tanto rimaneva delle sue idee,dopo un po' entrammo in classe beccandoci una bella sgridata, insomma non male come primo giorno, beccarmi una sgridata in piena regola da un professore nuovo e sopratutto di matematica.
Sottolineo matematica, dato che ero sempre stata in guerra con questa materia, sin da bambina. Addizioni, sottrazioni,moltiplicazioni, espressione, equazioni, disequazioni, insomma non ci ho mai capito nulla e quel professore quando mi rimisi a sedere mi osservava con insistenza, mentre io tentavo di non fissarlo tenendo le dita incrociate, sperando che non mi chiamasse alla lavagna.
In men che non si dica, lo vidi alzarsi dalla cattedra e avvicinarsi al mio banco, io finsi di perdermi in calcoli vari osservando l' esercizio, quando in realtà non avevo la più pallida idea di cosa fosse e di come si risolvesse.
“Qualche difficoltà signorina Akiyame?” chiese osservando il mio foglio bianco.
“No, assolutamente...” affermai, ormai arcistufa di farmi spiegare le cose, lo avevo fatto in passato con il mio ex professore, ma era stato tutto fiato sprecato, non ero portata per quella materia, dopotutto era un handicap che mi portavo da anni.
“Allora non le dispiacerà venirlo a risolverlo alla lavagna!” affermò con quella risatina soddisfatta e maligna.
Gli si leggeva negli occhi e dal resto del suo viso, lui era il classico professore perfido, lo compresi subito, ancor prima di quella richiesta, non appena rientrai in classe con Reika, sia per la sua sfuriata esagerata,dopotutto la campana era suonata da ben pochi minuti e sia per quell'insolito silenzio tombale,nelle altre ore avevo udito schiamazzi e risatine, mentre nelle ore di quel professore non si udiva neppure il ronzio di una mosca.
Io rimasi seduta nel mio banco fingendo di non averlo sentito, ma lui insistette e incominciava anche ad innervosirsi, mentre il resto della classe mi guardava rimanendo in silenzio, si senti un lieve brusio di fondo, ma non ebbero neppure il tempo di completare una parola perché il professore incominciò ad urlare “Kirai e Yohnami!” loro sorpresi osservarono il professore discolpandosi, dicendo che non erano stati loro a parlare.
Il professore li sgridò dicendo “Siete dei veri bugiardi, riconosco perfettamente le voci di ognuno di voi...”
Poi la sua attenzione si soffermò di nuovo su di me “Allora Akiyama vuoi venire a fare quest' esercizio che ti aspetta con grande trepidazione!” disse con sarcasmo.
Mi alzai rassegnata, sapendo di non avere alcuna speranza se non quella di fare una figuraccia tremenda davanti a tutti.
Camminai a passi lenti per perdere tempo, ma il professore mi metteva fretta dicendo “Su su muoviti che l' esercizio ti aspetta...”
Arrivata davanti alla lavagna, mi sentii in una sorta di palcoscenico con tutta la classe che mi osservava in silenzio, poi notai il biondino, poggiare le scarpe sopra il banco con un' espressione strafottente,mentre Reika gli faceva dei cenni con le mani per dirgli di togliere i piedi dal banco.
“Kirari Uriyo togli le scarpe dal banco!” urlò il professore isterico.
Lui lo ignorò, dopo un po' il professore andò verso il suo banco e lo fece alzare a forza, tirandolo per un' orecchio.
“Stammi a sentire, io non sono comprensivo, non me ne importa nulla se a casa tua sei abituato così,qui sei nel mio territorio e ti comporti come dico io!” urlò stringendogli forte l' orecchio fino a farglielo diventare paonazzo.
“D'accordo ho capito...” affermò il biondino per fargli allentare la stretta che gli doleva e si rimise a sedere nel banco senza più poggiare le scarpe sul banco.
Era uno di quei professori severi e rompi scatole, però il suo metodo risultava abbastanza efficace, era riuscito ad ammansire persino quel biondino indisciplinato.
“Allora quest' esercizio...Akiyame...” affermò il professore notando la lavagna bianca che osservavo in silenzio,dopo un po' udii un suggeritore, era Reika, ma venne subito scoperta dal professore.
Aveva un udito e una memoria eccezionale, come faceva a riconoscere le voci dei suoi alunni così alla perfezione?
Fortunatamente sembrò non trovarci gusto a perseguitare una come me, dato che mi ostinavo a non scrivere nulla alla lavagna, preferivo astenermi anziché provarci,dopo un po' chiamò un'altra ragazza con il quale ci si divertii parecchio,dato che aveva scritto una marea di calcoli insensati e sbagliati.
Mi faceva un po' pena,alla sua età si divertiva a prendere in giro i propri alunni quattordicenni,poi si dava tante arie da saputello evidenziando gli errori e risolvendolo lui, come se fosse così scontato il procedimento da non aver neppure bisogno di spiegarlo perché era così chiaro da spiegarsi da se, poi scrisse sul registro qualcosa, dopo un po' il suo sguardo si soffermò di nuovo su di me e quella ragazza poi disse “Voi due farete il corso di recupero di matematica...”
“Fantastico ci mancava pure il corso pomeridiano”pensai sbuffando,mentre il professore dettava altri esercizi.
Dopo quell' agonizzante ora, vidi comparire una professoressa di media statura con una fioca voce, quasi soporifera e che veniva contrastata da quella degli alunni, poi successivamente vidi altri professori, era buffo come tutti quei professori fossero differenti, c'era quello severo e mentecatto, quello burlone che si confonde tra gli alunni e la professoressa indifesa che non si sa far rispettare.
Non appena suonò la campanella tutti conservarono i libri e uscirono a razzo, io persi un po' di tempo perché non mi ero neppure accorta che l'ora fosse suonata, tanto ero persa nei miei pensieri.
Pensavo ad un modo per potermi vendicare di Kyo dopo una bellissima trovata come quella di farmi frequentare la scuola, ma non sapevo davvero cosa inventarmi, ma primo o poi avrei trovato un modo per fargliela pagare cara, ne ero certa.
Presi i libri e li infilai a casaccio nella cartella, poi uscii fuori dalla classe aspettando Kyo, doveeva venirmi a prendere lui almeno così aveva detto.
Ma aspettando vidi il biondo passarmi accanto, non appena lo incrociai mi guardai attorno, il cortile della scuola era ormai deserta, così ebbi un brutto presentimento e accelerai il passo allontanandomi prima che mi potesse vedere, ma dopo un po' lo vidi incrociare il mio sguardo.
Si avvicinò verso di me e io incominciai a correre disperatamente, ma dopo un po' mi resi conto che ero finita in una parte del giardino dove non c'era più uscita,insomma mi ero fregata da sola.
Ancora una volta ero riuscita a lasciarmi soggiogare da un uomo, anzi questa volta era ancora peggio, era un mio coetaneo.
“Lasciami in pace!” urlai spaventata mentre lo vedevo avvicinarsi.
“Andiamo...non è che chieda chissà che cosa...è soltanto una palpatina...” disse ridendo.
Lo spinsi per terra con tutta la forza che avevo in corpo, non vedendoci più dalla rabbia e dal timore che potesse succedere ciò che era successo con il mio patrigno, lui cadde per terra, ma subito dopo si rialzò, ma in quel momento ne approfittai per scappare,dopo un po' mi tirò per un braccio.
Tentai inutilmente di liberarmi ma la sua stretta era troppo forte, poi mi spinse contro il muro dove non ebbi alcuna possibilità di liberarmi e allora mi misi a gridare , lui mi mollò uno schiaffo per zittirmi, ma io continuai a gridare più forte con tutta la voce che avevo in gola sperando che ci fosse ancora qualcuno a scuola che potesse udirmi per venire in mio soccorso.
Dopo un po' udii dei passi farsi sempre più vicini e veloci, lui allarmato si voltò per vedere di chi si trattasse, riconobbi quel viso e quegli color carbone, si trattava di Kyo.
Kyo incrociò lo sguardo del biondo che continuava a stringermi il polso e lo fulminò con il solo sguardo, il biondo lo guardò come se non fosse successo nulla chiedendogli “C'è forse qualche problema?”
“Non mi piace picchiare i ragazzini, non ci provo affatto gusto,quindi un consiglio personale, lasciala in pace e non ti succederà niente!” lo intimò Kyo con quell' espressione severa e cattiva che teneva spesso suo padre.
“Non ti dare tutte queste arie,soltanto perché sei più grande di qualche anno!” affermò il biondino.
Kyo si avvicinò dicendogli beffardamente “Sei soltanto un nanerottolo!”
Ma lui ferito nell' orgoglio si avvicinò a Kyo mollandogli un pugno sullo stomaco.
Io osservai Kyo preoccupata, mentre riceveva il colpo, con un' espressione dolorante si toccò lo stomaco, poi scoppiò a ridere dicendo “Era una finta!Non sei affatto un granchè, era tutto qui?”
Il ragazzo era pronto a sferrargli un altro colpo , mentre Kyo continuava ad umiliarlo ridendo continuando a ricevere colpi, sembrava come se ci fosse abituato a ricevere pugni da non provare più dolore, poi gli mollò un pugno sullo stomaco e lo spinse per terra.
“Sei noioso...” affermò sospirando, poi la sua espressione divenne seria e gli disse “Fallo un'altra volta e non sarò più tanto gentile! Ci siamo ben intesi?”
Il biondo non aveva alcuna intenzione di rispondergli e allora Kyo si alterò e gli schiacciò la gamba con il piede, mentre lui stava cercando di rialzarsi.
“Ok, ho capito...” affermò il biondo scocciato.
Lo vidi avanzare verso di me, chiedendomi se era tutto ok, io gli risposi di si, anche se un po' scossa dalla situazione e dal modo in cui si era avventato contro il biondino ribelle.
Così incominciammo a camminare, dopo un po' mi disse di salire su una macchina, se quella si poteva chiamare automobile, era un vero rottame.
“Che cos'è questa macchina?” chiesi con un espressione sbalordita.
“L' ho comprata oggi, in un mercato dell' usato, mi è costa pure poco...un affare no?” disse ridendo.
“E' orribile! E poi tu mi sembravi uno di quelli che ama le macchine sportive...” affermai ricordando la macchina nera che aveva a Tokyo.
“Così ti piacciono gli uomini con i macchinoni!” affermò ridendo.
“No, solo che mi pare strano che tu abbia acquistato questo catorcio!” affermai stranita.
“Vedi non ho i soldi per permettermi una bella macchina e poi alla fine è soltanto un mezzo di trasporto...chi se ne importa!”
“Aspetta abbiamo avuto i soldi per un hotel di lusso, per affittare quella casa e per tante spese anche facoltative e adesso non hai soldi per comprarti una macchina decente?” gli chiesi sospettosa.
“Cioè i soldi ci sono, ma non sono soldi miei perciò...”
“Che vuoi dire?” gli chiesi confusa.
Lui non mi rispose e cambiò discorso dicendo:
“Quindi questo primo giorno di scuola non mi sembra essere andato un granchè” affermai riferendosi al biondo.
“No, ti sbagli a parte quell' incidente, c'erano tanti bei ragazzi...” affermai sorridendo, pensando che magari si sarebbe ingelosito,ma dato che stava guidando non riuscivo a vedere bene la sua espressione del viso.
“Vorrai dire tanti mocciosi come quello lì...” affermò irritato.

Kyo:
Ricevetti una chiamata dal padre di Yoko, gli dissi che avevo fatto come mi chiedeva avevo accompagnato Yoko a scuola e risposto a tutte le sue richieste,poi mi colse in fallo dicendomi che sarebbe venuto quel giorno stesso per vedere come ci eravamo sistemati.
Temevo che le cose adesso mi potessero sfuggire di mano, del resto il padre di Yoko non sapeva della relazione che c'era fra me e la figlia e di certo non l' avrebbe accettata, ma Yooko non sapeva neppure che quello era suo padre quindi non si sarebbe creata alcun problema a rapportarsi affettuosamente con me.
Dopo un po' diedi un ' occhiata all' orologio, aspettavo con ansia che si facesse l'ora in cui uscisse da scuola, mi mancava, del resto eravamo sempre stati insieme di mattina, di pomeriggio, di sera,insomma sempre accanto e adesso stare lontani anche un secondo poteva essere un incubo.
Dopo un po' Toshio entrò nella mia stanza,aveva un espressione che non preannuncia nulla di buono, dopo un po' incrociai quegli occhi carichi di affetto che non avei mai ricambiato.
“Che c'è?” affermai seccato, non lo ero veramente, però dovevo sembrarlo altrimenti se fossi stato troppo gentile, mi avrebbe di sicuro frainteso.
“Kyo volevo chiederti...ma tu la ami Yoko?” affermò con un espressione spaurita come se temesse la mia risposta.
“Non credo che questi siano affari tuoi!” affermai infastidito, perché non ero in grado di rispondere a quella domanda, perché avevo troppa paura di far chiarezza sui miei veri sentimenti.
“Se mi dici chiaramente che la ami, ti lascerò perdere e me ne farò una ragione” affermò avvicinandosi pericolosamente a me.
Sembrava una ragazzetta spilungona che si avvicinava a me,io indietreggiai, mentre lui continuava ad avvicinarsi cercando di raggiungere la mia bocca con le sue labbra.
“Smettila!” dissi spingendolo via con violenza.
Con un espressione mortificata e ferita uscii dalla stanza senza dir nulla, dopo un po' comparve Takahashi chiedendomi perché Toshio stesse piangendo disperatamente.
Avrei tanto voluto non esistere in quel momento, del resto non facevo altro che far soffrire gli altri,nonostante non lo volessi, non appena qualcuno/a si innamorava di me, io lo facevo soffrire per un motivo o per un altro.
Gli spiegai con imbarazzo la situazione del resto ce l' aveva scritto in faccia che era infatuato di Toshio, perciò pensai che fosse un suo diritto essere al corrente di ciò.
“Ah, pensavo fosse qualcosa di più grave...” affermò sollevato.
“E questo non sarebbe grave?” gli chiesi stupito.
“No, perché io sono molto meglio di te...e primo o poi se ne accorgerà anche lui” disse con arroganza.
Lo scrutai notando quel fisico da buttafuori, quelle braccia muscolose e la sua imponenza, io al confronto ero un nanerottolo, ma orgoglioso per com'ero non glie l' avrei mai data vinta così dissi “ Saresti meglio di me, solo per un po' di muscoli in più!”
“Un po' di muscoli in più...” disse ridendo, abbassando la manica della sua maglietta per farmi vedere meglio quei muscoli.
“Come se contasse solo l'aspetto fisico, contano anche altre cose...” affermai, tentando di fregarlo su un altro punto.
“Ma io infatti quando dicevo che sono meglio di te non mi riferivo di certo ai muscoli, sei tu che hai dedotto che parlassi dei muscoli...io mi riferivo al carattere...”
Dopo un po' uscii dalla stanza per andare a consolare Toshio, io dopo un po' uscii di casa, pensando che fosse una buona idea comprarmi una macchina, di certo non era comodo spostarsi a piedi, dopotutto la scuola di Yoko era lontana, così feci un giro in varie concessionarie, ma le macchine avevano dei prezzi da capogiro, non che non avessi i soldi per potermi permettere macchine costose, però quei soldi erano del padre di Yoko e non mi sembrava corretto approfittarne troppo.
Dopo un po' adocchiai un mercato dell' usato pieno di cianfrusaglie, in mezzo a vestiti, mobili e tante altre bancarelle, vidi un signore che vendeva un pezzo di plastica tutto ammaccato, dopo un po' guardandolo meglio, mi resi conto che era un automobile.
Comprai quell' affare, assicurandomi che funzionasse, per partire partiva, ma andava a due all'ora, ma dopotutto non potevo permettermi di più di quella macchinina fracassata.
Arrivato a scuola di Yoko con quel catorcio di macchina, scesi da esso, cercandola, ma non vidi nessuno nel giardino di quella scuola, così preoccupato incominciai a cercarla dopo un po' sentii un urlo ed ero certo che appartenesse a Yoko, ma non era facile capirne la provenienza.
Dopo un po' quando sentii il secondo urlò allora capì da dove provenisse e in ran fretta raggiunsi il luogo da cui provenisse.
Vidi un ragazzino con dei capelli tinti di un biondo ossigenato, con quell' espressione corrucciata con il quale voleva sembrare minaccioso, poi vidi Yoko spaventata che tentava di liberarsi dallla sua mano che gli stringeva con forza il braccio, allora lo fulminai con lo sguardo.
Lui chiese “Qualche problema?”
“Non mi piace picchiare i ragazzini, non ci provo affatto gusto,quindi un consiglio personale, lasciala in pace e non ti succederà niente!” lo intimai, non avendo alcuna voglia di ricorrere alla violenza su un ragazzetto dell' età di Yoko.
“Non ti dare tutte queste arie,soltanto perché sei più grande di qualche anno!” affermò quel fastidioso nanerottolo.
Mi avvicinai dicendogli beffardamente “Sei soltanto un nanerottolo!” del resto a vederlo mi faceva solo pena, se la prendeva con le ragazzine indifese per sentirsi forte, era soltanto il solito bullo gradasso con il quale avevo avuto spesso a che fare sin da bambino.
Colpito nell' orgoglio si avvicinò a me e mi diede un pugno, lo lasciai fare divertito., certo che non sarebbe stato un granchè, infatti fu una sorta di carezza, del resto era un quattordicenne, che si metteva contro un ventiduenne.
Non era di certo come quand' ero piccolo che i quattordicenni me le davano di santa ragione, dato che ai tempi ero anch'io un quattordicenne. Sentii un lieve fastidio allo stomaco e finsi di provare un profondo dolore per prendermi gioco di lui, quando lo vidi con quell' espressione soddisfatta, gli dissi la verità “Era una finta!Non sei affatto un granchè, era tutto qui?”
Il ragazzo era pronto a sferrarmi un altro colpo , mentre io continuava ad umiliarlo ridendo continuando a ricevere colpi del tutto deludenti, sapevo perfettamente che mi sarebbe bastato poco per fargli veramente male, ma non volevo fargliene, perché dopotutto era soltanto un ragazzino e non era arrivato a far nulla di male a Yoko, del resto non sembrava neppure avere delle cattive intenzioni, non so il suo sguardo non sembrava di un cattivo ragazzo, forse un po' problematico, però secondo me aveva soltanto voluto far un po' il gradasso per mettere paura a Yoko, ma le sue intenzioni non erano davvero quelle di farle veramente del male.
“Sei noioso...” affermai sospirando, poi la mia espressione divenne seria,venendo colto dal dubbio, pensando a cosa sarebbe potuto succedere se non fossi arrivato prima, forse nulla oppure il peggio. “Fallo un'altra volta e non sarò più tanto gentile! Ci siamo ben intesi?” gli dissi pensando a ciò che poteva succedere che non volevo neppure considerare.
Il biondo non aveva alcuna intenzione di rispondermi,così gli pestai la gamba con forza, mentre lui stava cercando di rialzarsi.
“Ok, ho capito...” affermò il biondo scocciato.
Mi avvicinai a Yoko per accertarmi delle sue condizioni, era tesa, doveva essere ancora scossa dopo quella situazione, così le sorrisi tentando di confortarla, poi la invitai a seguirmi,mentre raggiungevamo quell' automobile ammaccata.

“Che cos'è questa macchina?” chiese con un espressione sbalordita.
“L' ho comprata oggi, in un mercato dell' usato, mi è costa pure poco...un affare no?” dissi ridendo notando quella sua espressione sbalordita e allo stesso tempo sconcertata.
“E' orribile! E poi tu mi sembravi uno di quelli che ama le macchine sportive...”
“Così ti piacciono gli uomini con i macchinoni!” esclamai divertito.
“No, solo che mi pare strano che tu abbia acquistato questo catorcio!” affermò stranita.
“Vedi non ho i soldi per permettermi una bella macchina e poi alla fine è soltanto un mezzo di trasporto...chi se ne importa!”
“Aspetta abbiamo avuto i soldi per un hotel di lusso, per affittare quella casa e per tante spese anche facoltative e adesso non hai soldi per comprarti una macchina decente?” mi chiese incredula.
“Cioè i soldi ci sono, ma non sono soldi miei perciò...”
“Che vuoi dire?” mi chiese confusa.
Di certo non potevo spiegargli che quei soldi mi erano stati dati per badare a lei e che me li aveva dati suo padre, quindi preferii non risponderle e fare il vago, mentre mi decidevo a mettere in moto quella macchina.
“Quindi questo primo giorno di scuola non mi sembra essere andato un granchè” affermai riferendomi al biondo mentre guidavo.
“No, ti sbagli a parte quell' incidente, c'erano tanti bei ragazzi...” affermò sorridendo.
“Vorrai dire tanti mocciosi come quello lì...” affermai irritato incominciando a confondermi,ecco perfetto avevo sbagliato strada grazie a questa sua frase.


Yoko:
Tentai di capire se la sua irritazione fosse gelosia o meno, del resto ad una ragazza piace un po' di gelosia “nel proprio ragazzo”,ma la sua espressione non lasciava trapelare niente, era troppo concentrato sulla strada, per pensare a quello che avesi detto,così insistetti con un po' di imbarazzo con quella storia.
“Davvero dei bei ragazzi, un ragazzo mi ha pure chiesto se potevamo frequentarci...” dissi per attirare di più la sua attenzione.
“E tu che gli hai risposto?”mi chiese curioso.
“Che ci dovevo pensare” affermai facendo la vaga.
“Ah,capisco...” affermò freddamente.
Dopo un po' ormai arrivati a casa, salimmo in casa e Kyo mi guardò con un espressione confusa, poi mi disse che a casa sarebbe venuto quel politico di nome Nageshi a trovarci, non capivo davvero cosa legasse Kyo a quell'uomo.
Poi per nulla soddisfatta del suo comportamento gli chiesi con un po' di imbarazzo“Non ti da fastidio che io abbia detto a quel ragazzo che ci dovevo pensare?”
“Fastidio? Perché ?” chiese come se non avesse idea di cosa stessi parlando.
“Perchè...pensavo che tra me e te ci fosse...” dissi non avendo il coraggio di proseguire quel discorso, ero troppo imbarazzata perché ero la sola ad aver creduto che tra di noi ci fosse un legame particolare.
“Vedi... nella vita si possono presentare due situazioni una in cui si sceglie e l'altra in cui non si ha l'opportunità di scegliere, non mi piace che qualcuno stia con me solo perché non ha altra scelta, ma che stia con me perché sa cosa si prova stando con le altre persone e che tra le altre abbia scelto me...” affermò Kyo con naturalezza.
Mi aveva lasciato a bocca aperta, non mi aspettavo di certo una tale risposta, poi ammisi con imbarazzo che non era vera la storia del ragazzo.
Lui allora mi chiese il motivo per il quale mi fossi inventata una cosa del genere, io imbarazzata rimasi in silenzio, dopo un po' lo vidi avvicinarsi, eravamo in quella stanza con il letto a forma di cuore, ma ero certa che nemmeno questa volta sarebbe successo nulla, poi ripensai al biondino che mi stringeva il braccio e che mi guardava il seno.
Mi chiedevo se a Kyo non capitasse mai di voler toccare il mio seno, del resto sapevo che e a tutti faceva uno strano effetto vedermi tutto quel ben di Dio, che altre sopratutto della mia età non avevano, infatti più di una volta, finivo per sentirmi un mostro dato che mi ero sviluppata troppo presto.
La prima volta che vidi quei grossi cocomeri crescermi sul petto, incominciai ad usare delle fasce che me lo stringessero così forte da non farlo notare, ma finivo per ottenere l' effetto contrario, oppure dopo un po' queste fasce e questi reggiseni stretti stretti finivano per slacciarsi.
Era buffo, perché in televisione spesso avevo sentito parlare di ragazze che bevevano il latte credendo che facesse crescere il seno oppure di quelle che avrebbero voluto ricorrere alla chirurgia plastica per rifarsi il seno più grande, mentre io avrei fatto qualsiasi cosa per avere il seno di una misura più piccola.
Inoltre con quell' enormità, ero più soggetta ad essere importunata dai ragazzi, dagli uomini di mezza età e in più dovevo sorbirmi anche le invidie delle ragazze che avrebbero voluto quel peso al posto mio quando io ne avrei fatto volentieri a meno.
Era soltanto una seccatura quando correvo, quando camminavo quando facevo qualsiasi movimento sentivo questo peso e poi mi sentivo sempre gli occhi puntati addosso prima di tutto sul mio decoltè e poi si soffermavano sul mio viso, era una di quelle cose che mi dava maggiormente fastidio.
Inoltre ciò mi faceva sentire colpevole, come se fossi stata io stessa ad istigare il biondo a causa della prosperità del mio seno,dopotutto se non avessi avuto il seno così grande di sicuro non sarebbe arrivato a tanto pur di toccarmelo.
“Kyo mi chiedevo...che cosa ne pensi del mio seno?” affermai con imbarazzo.
“In che senso?” chiese in soggezione.
Ecco, non pensi che sia troppo grosso?” gli chiesi arrossendo.
Kyo abbassò lo sguardo verso il mio seno, ma io istintivamente me lo coprii con le braccia, lui mi disse per giustificarsi “Mi avevi chiesto un parere, così stavo analizzando la parte su cui me l' hai chiesto”
Smisi di coprire il seno con le braccia, ma non appena vidi il suo sguardo abbassarsi, il cuore sembrò scoppiarmi, poi disse a disagio “Non è troppo grosso... è perfetto...” poi dopo un po' mi guardò fisso dicendo “Perchè mi fai queste domande imbarazzanti?”
“Perchè è la parte del mio corpo che più detesto, del resto è colpa del mio seno se vengo sempre importunata” affermai ripensando al mio patrigno, al biondo e a tutte quelle volte che avevo sentito qualche commentino sgradevole su di me.
“Ma non è colpa del tuo seno, se ci sono un sacco di maniaci di questi tempi!”
“Kyo...tu vorresti ...” affermai con le guance rosse,non avendo il coraggio di finire quel discorso, poi aggiunsi “ toccarmele?” abbassando lo sguardo con le guance infiammate.
“Si...cioè no...cioè si, però...” affermò balbettando.

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** ti amo ***


Kyo:

Ero stato messo alle strette, non sapevo cosa rispondere di fronte una domanda di quel genere, perché se ero sincero, sarei passato per un depravato come tutti gli altri uomini, ma se le dicevo di no, pensava che non mi piaceva lei o il suo seno.

Quindi continuavo a balbettare senza giungere ad una conclusione, continuando a dire un si e un no susseguito da un però e da vari ma che sottolineavano la mia incertezza.

Lei mi guardò con imbarazzo scusandosi per la domanda indiscreta che mi avesse rivolto,ma aggiunse che ci teneva a sapere quale fosse la mia risposta.

Io così ripresi a scervellarmi e a perdermi in una marea di teorie che avrebbe comportato il mio si o no, solo dopo mi decisi a dire “Non saprei...tu che risposta vuoi che ti dia?” dissi ormai sull' orlo della disperazione.

“Vorrei che fossi sincero, no che mi dai la risposta che voglio,solo per farmi contenta...” affermò aspettando la mia risposta.

“Considerando che sono pur sempre un uomo....non è difficile sapere la risposta...” affermai in completo disagio, facendomi carico di tutte le conseguenze che avrebbe comportato quella risposta.

Lei mi guardò timidamente, ma allo stesso tempo sembrava compiaciuta dalla mia risposta,dopo un po' la vidi avvicinarsi a me e mi afferrò il polso spostando la mia mano verso il suo petto.

Io mi liberai appena in tempo dalla sua stretta del tutto in soggezione, lei sbuffò scocciata, ma allo stesso tempo sembrava anche lei in estremo disagio “Volevo solo lasciarti fare ciò che volevi...”

“Non farmi certe richieste, mi metti in una situazione difficile” affermai osservando la sua espressione delusa,mentre mi ascoltava.

“Kyo, da un po' di tempo, mi chiedevo...io che cosa sono per te? Sono solo una ragazzina per te?” mi chiese con un tono lievemente alterato.

Per me non era solo una ragazzina, ma non sapevo neppure io come definire il nostro rapporto., era qualcosa di speciale e di indefinibile allo stesso tempo e mentre ci pensavo sentii una stretta al cuore che mi impediva di respirare e incominciai a farmi prendere dall' ansia,avevo paura di quel sentimento e di quella sensazione che cercavo inutilmente di bloccare, ma che continuavo a provare mentre ero in sua compagnia.

Amore pensai tra me, era caduta in quella morsa senza via d'uscita, che era sempre stata per me e per gli altri fonte di tutti i mali, chi diceva che l'amore è bello,dolce e rassicurantesi sbaglia, l' amore è dannazione, è sofferenza e tutto ciò che di peggiore può esistere,per tale ragione incominciai ad infuriarmi con me stesso, avevo sempre finto che quel sentimento non mi sfiorasse o che avrei sempre trovato il modo di fermarlo e invece ero finito in un punto di non ritorno con Yoko e avevo lasciato che tutto questo accadesse, mi ero lasciato abbindolare da quel sentimento ingannatore che inizialmente è meraviglioso quasi fiabesco e poi diventa dannoso e ingestibile.

Dopo un po' la guardai e rivolsi quella stessa domanda che mi aveva posto dicendole freddamente“Ed io che sarei per te?”

Lei sorpresa dalla mia freddezza disse respirando a pieni polmoni“Io...ti amo...”

Io la osservai esterrefatto e allo stesso tempo provando una forte agitazione, quando qualcuno si innamorava di me, per un motivo o per un altro finiva sempre male e non sapevo neppure a chi attribuire la colpa,molto probabilmente la colpa era mia, non ero mai stato pronto ad impegnarmi seriamente con qualcuno, neppure con Mayko, non ero mai entrato nell' ottica che fossimo seriamente fidanzati e quando diceva di amarmi, finivo sempre per trattarla male.

Dopo un po' con il cuore in gola le risposi tentando di apparire freddo e distaccato “Tu non sai neppure cosa voglia dire amare, sei troppo piccola per capire certe cose”

Lei mi guardò con un espressione angosciata e allo stesso tempo carica di rabbia mi accusò dicendo “Ecco, lo sapevo tu mi tratti solo come una bambina, non mi tratti come una donna!”

Non pensavo veramente ciò che dicevo, in parte si, ma più che altro ero seriamente preoccupato per lei, non volevo che soffrisse per colpa mia, così spinto dai miei buoni propositi, speravo veramente che non fosse innamorata di me, in realtà dicevo quelle cose più a me stesso che a lei.

Dopo un po' avrei voluto uccidermi, perché ero stato avventato, avevo sempre agito senza pensare e adesso ne piangevo le conseguenze con il risultato che Yoko si fosse innamorata di me, ma sapevo che non poteva di certo esserci un lieto fine dietro questa storia, perché ero in perenne conflitto con me stesso, con quella parte di me, che ripugnavo che aveva tradito e maltrattato Mayko più volte, che aveva ucciso Yari,stravolto il cuore di una ragazza pazza che si era suicidata quando l' avevo lasciata e persino quello di mio fratello.

Lei piccola e ingenua non sapeva a cosa andava incontro innamorandosi di uno come me, ma sicuramente non era neppure questo ad innervosirmi, ma ciò che mi innervosiva veramente era che lei piccola e inesperta riuscisse a dire quelle parole che io non sarei mai riuscito a dire perché ero solo un codardo egoista che aveva paura di soffrire e di far soffrire.

“Non ti tratto come una bambina, solo che dai dei giudizi troppo affrettati,,,amare qualcuno è qualcosa di veramente complesso e difficile che neppure puoi immaginare...” affermai inquieto.

“Questa è una tua opinione, ma amare dovrebbe essere una cosa piuttosto semplice, sono le persone a complicare tutto” affermò osservandomi con singolare attenzione.

“Esatto ed io complico tutto nei rapporti sentimentali...” le risposi cupamente.

“Forse hai ragione, sono stata affrettata però io credo davvero in quel che dico, ma non pretendo di certo una risposta, ho sentito soltanto il bisogno di dirlo e l'ho detto” affermò timidamente, quasi un po' mortificata.

Mentre altre ragazze mi avrebbero di certo fatto una sfuriata offese dal fatto che non le avessi detto subito con decisione quanto le amassi, lei remissivamente accettava di rimanere con il dubbio,forse perché aveva intuito dal mio sguardo il mio eccessivo turbamento.

“Anzi sai che ti dico...facciamo finta che io non abbia mai detto quella frase...” aggiunse ancora per tranquillizzarmi e ormai pentita di aver esternato apertamente i suoi sentimenti.

Mi si stringeva il cuore a vederla così, avrei tanto preferito che si incavolasse, che mi mollasse un pugno perché non mi ero affrettato a risponderle come da copione, ma lei non lo fece, anzi si scusava e giustificava per avermi espresso con chiarezza i suoi sentimenti.

Mentalmente mi davo dell' idiota, del resto non era così difficile mettere insieme quelle due paroline,ma non appena mi decidevo a farlo, avevo come l' impressione di vedere il viso di Mayko e di altri fantasmi del passato che avevano sofferto a causa dei forti sentimenti che nutrivano per me.

Yoko dopo un po' accese la tv per distrarmi da quel “ti amo” che mi aveva detto con così tanta fermezza, ma per quanto cercasse di farmelo dimenticare, ormai quelle parole le aveva pronunciate e non era facile per me dimenticarmene.

Il telegiornale parlava di uno scontro tra Nageshi e Keitawa, i due politici avevano presentato i loro programmi politici e avevano discusso a lungo fra di loro litigando pubblicamente, per una serie di scandali che Keitawa aveva messo in giro su Nageshi.

Yoko non appena vide Keitawa e Nageshi, incominciò a sbuffare ed era pronta per cambiare canale, io le dissi di non cambiare, lei lasciò quel canale sospirando rumorosamente dicendo che erano uno peggiore dell'altro.

Fecero vedere quel servizio dove Keitawa aveva parlato di fronte a giornalisti e una serie di persone che lo acclamavano, come se fosse già diventato presidente del Giappone, dove parlava malamente di Nageshi mostrando sotto i suoi stessi occhi delle foto che mostravano lui da giovane con una prostituta dal viso che avevano fatto censurare,mentre lui si difendeva come poteva.

Keitawa faceva sempre dei discorsi impeccabili e innumerevoli promesse ai cittadini, che di sicuro non avrebbe mai mantenuto,mentre Nageshi lo lasciava parlare con un sorriso stampato sulle labbra, come se lo stesse prendendo in giro, quando fu il suo momento di aprir bocca disse “ Keitawa è un bravo attore...sa sempre qual'è la parola giusta e il punto in cui toccare... sa persino quali sono i miei punti deboli, ma se scaverete dietro il suo passato, troverete più scheletri dell' armadio di quanti ne abbia avuti io!Io sono andato con una prostituta e lui con le vostre figlie!”

Keitawa si difese dicendo che le sue erano delle assurde insinuazioni, poi Nageshi riprese il discorso parlando del suo programma politico, che però non entusiasmo molto il pubblico poiché non era nulla di sconvolgente, era un programma più realistico e ben lontano dalle grandi aspettative dei cittadini.

Si udirono una serie di boati da parte di molte persone, mentre lui continuava a parlare, poi fu interrotto dal giornalista che diede la parola a Keitawa che continuava con quella sua parlantina che usava per addomesticare i cittadini presenti.

Sembravano tutti contro Nageshi, persino il giornalista gli faceva delle domande particolarmente antipatiche, riguardo quella prostituta ritratta nella foto e lui incominciava a farsi cupo, mentre Keitawa rimaneva sempre calmo e pacato come se conoscesse già le domande e le avesse studiate a casa.

Nageshi se ne andò con la coda tra le gambe dichiarando di di non sentirsi tanto bene per poter interrompere quello scontro dove il solo vincitore era Keitawa, perché mentiva bene, mentre lui che era sincero e proponeva un programma politico fattibile, veniva escluso dai cittadini come possibile candidato.

“Keitawa le spara più grosse, mentre lui non è bravo a mentire...” affermò Yoko osservando Nageshi.

“Non credo che mentisse, il suo programma politico, non era vago come quello di Keitawa, che dice una serie di obbiettivi senza spiegare bene come ha intenzione di raggiungerli”

Yoko scocciata disse “Che cos'è tu e quello lì siete grandi amici?”

“No, però non sembro una cattiva persona...” affermai osservando la sua espressione infastidita, pensando a quale fosse stata la sua reazione, quando avrebbe scoperto che quell'uomo che tanto criticava era suo padre.

“E se dovessi scegliere tra uno dei due? Non preferiresti Nageshi?” gli chiesi osservandola.

“Non sceglierei nessuno dei due, sono politici e sono fin troppo bravi a mentire!” affermò sdegnata come se i politici fossero la specie peggiore che esistesse.

“Oh andiamo in Giappone abbiamo anche avuto dei bravi politici!” affermai pensando ai vari primi ministri che si erano susseguiti.

“Si, come quelli che coinvolti nello scandalo recruit oppure quell' altro che ci ha fatto entrare in guerra, durante la seconda guerra mondiale!” esclamò indignata.

“Uhm fai troppo la saccente per i miei gusti...vediamo magari sai pure dirmi chi era questo primo ministro coinvolto in quello scandalo?” le chiesi divertito.

Lei mi mostro un lucente sorriso dicendo “Il ministro in carica era Noburo Takeshita!”

“Mi fai paura!” dissi allibito,pensando che quando avevo la sua età, facevo tutt'altro che interessarmi alla politica.

Dopo un po' si mise a ridere dicendo “ scommetto che me l' hai chiesto perché non lo sapevi!”

Io feci una smorfia di disapprovazione, poi lei mi guardò con un espressione turbata dicendo “ Per distrarsi dalle cose che fanno male, le persone finiscono per interessarsi un po' a tutto”

Mentre lei parlava, il telegiornale andò avanti con le altre notizie, poi si sdraio nel letto invitandomi a fare lo stesso ed ebbi come l'impressione che stesse cercando di provocarmi.

Io rimasi alzato come uno stoccafisso, poi mi chiese sorpresa “Che c'è? Perché non ti sdrai un po'?”

La vidi sbattere le ciglia in un modo insolito, poi sdraiata in quel modo la sua gonna mostrava più di quanto avrei dovuto vedere, glie lo feci notare, lei si aggiustò timidamente la gonna, allora capì che non lo aveva fatto apposta poi però mi guardò come se volesse farmi una domanda, ma che le mancasse il coraggio di farmela.

Nervoso per com'ero, mi morsi ripetutamente il labbro tentando di frenare qualsiasi strano pensiero, del resto non avevo visto nulla di chè soltanto le sue cosce paffute e un po' di mutandine, niente che non avessi mai visto.

Poi mi guardò con un espressione confusa e disse “ Io davvero non ti capisco...”

“In che senso?” le chiesi stralunato.

“ Ecco, non capisco a che gioco stai giocando con me....” affermò osservandomi con un espressione penetrante come se volesse entrare dentro la mia testa.

“Non sto giocando a nessun gioco...” affermai mentre si avvicinava a me, puntandomi il dito contro come se le avessi fatto qualcosa di grave.

“Insomma, mi baci, poi però non sei chiaro...non appena ti rivelo i miei sentimenti tu diventi un ghiacciolo e allora capisco che le tue intenzioni non sono serie e mi comporto di conseguenza, ma non vuoi neppure quello...e allora che cos'è che vuoi?” mi chiese infuriata mollandomi un sonoro schiaffo.

“Hai detto di non volere una risposta di dimenticare quello che avevi detto e così ho agito di conseguenza...” affermai massaggiandomi la guancia colpita, era riuscita veramente a farmi male.

“Si, ma non ho voluto sapere la risposta, perché l' ho capita dal tuo sguardo...tu non mi ami e non posso fartene una colpa...ma mi va bene, mi accontenterò di altro...” affermò incominciando a spogliarsi.

“Ferma!” le urlai contro, infuriato più con me stesso che con lei, perché come al solito stavo facendo soffrire qualcuno che amavo senza poterci far nulla.



Yoko:

Aspettavo una risposta da parte di Kyo, imbarazzata dalla domanda che gli avessi posto, ma volevo togliermi dalla testa un dubbio ed era il seguente ovvero che lui mi considerasse soltanto una bambina per nulla seducente oppure era al contrario era soltanto interessato a me sessualmente.

Rispose con un susseguirsi di si e di no, poi si decise ad ammettere che in quanto uomo ne fosse particolarmente attratto, quella risposta in parte mi faceva piacere, però mi metteva altri dubbi in testa ovvero che stesse giocando con me, come fanno del resto tutti i ragazzi grandi con le quattordicenni che le capitano sotto tiro, eppure se avesse voluto davvero farlo, si sarebbe già preso ciò che desiderava.

E Forse neppure mi importavano le sue vere intenzioni, perché c'era qualcosa che era più forte della mia coscienza ad impedirmi di pensare ed era il mio cuore che batteva fortissimo.

Volevo che mi toccasse, volevo sentire il calore del suo corpo sul mio, le sue i mani da pianista su di me, che mi accarezzavano e che mi facessero sentire amata. Mi bastava vivere quel sogno anche solo per un istante, anche se presto mi sarei risvegliata dalla realtà per poi scoprire che non avesse fatto altro che ingannarmi.

Quella breve e intensa felicità sminuiva il trauma del risveglio, del resto ero ormai abituata ad essere sempre ingannata dagli altri, che forse non mi faceva più alcun effetto,mentre invece la felicità era la sola cosa che conoscevo poco e che desideravo più di ogni altra cosa al mondo.

Così presi la sua mano e la avvicinai verso il mio petto, ma lui non appena capì le mie intenzioni liberò il suo polso dalla mia stretta.

“Non farmi certe richieste, mi metti in una situazione difficile” affermò.

“Kyo, da un po' di tempo, mi chiedevo...io che cosa sono per te? Sono solo una ragazzina per te?” gli chiesi lievemente alterata, del resto mi sentivo presa in giro da lui, perchè non riuscivo veramente a capirlo.

Dopo un po' la guardai e rivolsi quella stessa domanda che mi aveva posto dicendole freddamente“Ed io che sarei per te?”

Sorpresa dalla sua freddezza dissi respirando a pieni polmoni“Io...ti amo...” fu una frase detta spontaneamente, perché in quel medesimo istante capì che bastava un suo semplice sguardo freddo a fare la differenza.

Dopo un po' con il cuore in gola rispose tentando di apparire freddo e distaccato “Tu non sai neppure cosa voglia dire amare, sei troppo piccola per capire certe cose”

Io lo guardai angosciata e allo stesso tempo carica di rabbia lo accusai dicendo “Ecco, lo sapevo tu mi tratti solo come una bambina, non mi tratti come una donna!”

"Non ti tratto come una bambina, solo che dai dei giudizi troppo affrettati,,,amare qualcuno è qualcosa di veramente complesso e difficile che neppure puoi immaginare..."affermò inquieto.

"Questa è una tua opinione, ma amare dovrebbe essere una cosa piuttosto semplice, sono le persone a complicare tutto"affermai osservandolo, avrei voluto capire cosa gli passasse per la testa.

“Esatto ed io complico tutto nei rapporti sentimentali...” rispose cupamente.

“Forse hai ragione, sono stata affrettata però io credo davvero in quel che dico, ma non pretendo di certo una risposta, ho sentito soltanto il bisogno di dirlo e l'ho detto” affermai timidamente, quasi un po' mortificata.

“Anzi sai che ti dico...facciamo finta che io non abbia mai detto quella frase...” aggiunsi ormai pentita di aver esternato apertamente i suoi sentimenti.

Ero stata sciocca, avrei dovuto immaginarmi una simile reazione da parte sua, del resto era impossibile che qualcuno potesse innamorarsi di me, io ero la ragazza da violentare e non d' amare, ormai mi sembrava piuttosto chiaro e non glie ne volevo neppure fare una colpa, perché non poteva farci nulla se non mi amava.

Dopo un po' accesi la tv per distrarre Kyo dai miei sentimenti che gli avevo esternato così con chiarezza, anche se mi faceva male comportarmi come se non avessi detto niente perché io lo amavo per davvero, ne ero certa, perché quelle fitte allo stomaco, quel batticuore e quel vuoto che avevo provato non appena udii la sua voce fredda, sembravano tutti dei chiari segnali.

Il telegiornale parlava di uno scontro tra Nageshi e Keitawa, i due politici avevano presentato i loro programmi politici e avevano discusso a lungo fra di loro litigando pubblicamente, per una serie di scandali che Keitawa aveva messo in giro su Nageshi, incominciai quasi subito a sbuffare ed era pronta per cambiare canale, ma Kyo mi fermò.

Io guardai con quale attenzione seguisse quello scontro, sembrava più interessato a quella notizia che a me e ai miei sentimenti che gli avevo confessato un momento prima, ferita allora capì non faceva altro che prendersi gioco di me, si divertiva a giocare con le bambine tutto qui,dopo un po' il mio sguardo si soffermò su Nageshi, più che altro per distrarmi dalla figura di Kyo che in quel momento mi faceva tanto soffrire.

“Keitawa le spara più grosse, mentre lui non è bravo a mentire...” affermai per sembrare piuttosto tranquilla. "Non credo che mentisse, il suo programma politico, non era vago come quello di Keitawa, che dice una serie di obbiettivi senza spiegare bene come ha intenzione di raggiungerli"

scocciata dissi “Che cos'è tu e quello lì siete grandi amici?”

“No, però non sembro una cattiva persona...” affermò osservando la mia espressione infastidita.

“E se dovessi scegliere tra uno dei due? Non preferiresti Nageshi?” gli chiesi osservandola.

“Non sceglierei nessuno dei due, sono politici e sono fin troppo bravi a mentire!” affermai sdegnata come se i politici fossero la specie peggiore che esistesse.

"Oh andiamo in Giappone abbiamo anche avuto dei bravi politici!" affermò

“Si, come quelli che coinvolti nello scandalo recruit oppure quell' altro che ci ha fatto entrare in guerra, durante la seconda guerra mondiale!” esclamai indignata.

“Uhm fai troppo la saccente per i miei gusti...vediamo magari sai pure dirmi chi era questo primo ministro coinvolto in quello scandalo?” disse divertito.

Si comportava come se prima non fosse successo nulla, la sua espressione mi sembrava piuttosto chiara no n gli importava un bel nulla di me, ma gli piacevo fisicamente come tutti gli uomini del resto.

Gli mostrai un lucente sorriso, per apparire sempre piuttosto pacata, anche se a fatica trattenevo le lacrime e poi le dissi “Il ministro in carica era Noburo Takeshita!”

“Mi fai paura!” disse allibito.

Dopo un po' mi misi a ridere dicendo "scommetto che me l' hai chiesto perché non lo sapevi!" anche se dentro avrei fatto tutt'altro che ridere.

Lui fece una smorfia di disapprovazione, poi lo guardai con un espressione turbata dicendo “ Per distrarsi dalle cose che fanno male, le persone finiscono per interessarsi un po' a tutto”

Mentre parlavo, il telegiornale andò avanti con le altre notizie, poi mi sdraiai nel letto invitandolo a fare lo stesso, se il suo obbiettivo era una solo, ovvero il sesso, non lo avrei di certo contrastato, mi bastava un semplice momento d'illusione per poter essere felice.

Lui rimase alzato come uno stoccafisso, poi gli chiesi sorpresa "Che c'è? Perché non ti sdrai un po'?"

Incominciai a sbattere le ciglia in un modo insolito, tentando di apparire sensuale, anche se mi sentivo piuttosto stupida che altro, poi mi sdraiai con la gonna sollevata in quel modo si vedeva tutto, lui me lo feci notare, mi aggiustai timidamente la gonna, tentando di capire se avessi suscitato in lui qualche reazione particolare poi però delusa pensai che non fosse neppure atratto da me, quindi incominciai a scervellarmi tentando di capire perché mi avesse baciato se non gli piacevo neppure fisicamente.

Poi con un espressione confusa gli dissi “ Io davvero non ti capisco...”

“In che senso?”mi chiese stralunato.

“ Ecco, non capisco a che gioco stai giocando con me....” affermai osservandolo con un espressione penetrante come se volesse entrare dentro la sua testa.

“Non sto giocando a nessun gioco...” affermò mentre io mi avvicinavo a lui, puntandogli il dito contro. "Insomma, mi baci, poi però non sei chiaro...non appena ti rivelo i miei sentimenti tu diventi un ghiacciolo e allora capisco che le tue intenzioni non sono serie e mi comporto di conseguenza, ma non vuoi neppure quello...e allora che cos'è che vuoi?" gli chieso infuriata mollandogli un sonoro schiaffo, lui non reagì si massaggiò la parte lesionata e poi disse la sua:

"Hai detto di non volere una risposta di dimenticare quello che avevi detto e così ho agito di conseguenza..."

"Si, ma non ho voluto sapere la risposta, perché l' ho capita dal tuo sguardo...tu non mi ami e non posso fartene una colpa...ma mi va bene, mi accontenterò di altro..." affermai incominciando a spogliarsi.

“Ferma!” mi urlò contro.

Io non lo ascoltai, incominciai a togliermi di dosso ogni cosa, sperando di suscitare in lui almeno uno dei suoi perversi desideri, perché era la sola cosa che potevo suscitare in tutti gli uomini e ormai mi andava bene così. Sapevo che non potevo chiedere di più perché dagli uomini ero vista solo come un oggetto o un manichino.

Inoltre ripensando alle sue parole aveva detto che io non avevo idea di cosa fosse l'amore, infatti mi trattava proprio come un essere sciocco e inconsapevole di se stessa e dei propri sentimenti, proprio come una bambola.

Mi avvicinai a lui ormai del tutto scoperta dai vestiti gettati sul pavimento, Kyo distolse lo sguardo dal mio corpo e mi urlò contro di mettermi qualcosa addosso, io non gli diedi affatto ascolto e mi avvicinai a lui per spogliarlo, ma lui mi spinse via toccando il mio stomaco scoperto.

“Possibile che io non ti piaccia neppure in quel senso!” dissi piangendo, mentre i suoi occhi si soffermarono sui lividi e le bruciature che avevo in corpo,istintivamente tentai di coprirle.

Mi vergognavo di ciò che mi era stato fatto come se fosse stata colpa mia, poi lui si avvicinò a me mentre piangevo e singhiozzavo per lo spintone appena ricevuto.

"Stupida! Se non faccio certe cose e perché ti rispetto...Credi che perché io sia figlio di Keitawa io sia come lui!" affermò alterato.

"Mi rispetti, perché mi ritieni una bambina priva di attrattiva o perché adesso sai che ti amo e non vuoi ferire i miei sentimenti" pungolai.

"Anch'io" affermò tremante.

"Anche tu cosa?" gli chiesi avvicinandomi timidamente a lui come se mi fossi resa conto solo in quell' istante di essere completamente nuda.

"Ti amo, anch'io" affermò agitato e sbattendo convulsamente una gamba sul pavimento.

Io lo guardai incredula con il cuore che sembrava volermi uscire dal petto, mentre lui si voltò dandomi le spalle, poi lo vidi togliere il copri letto dal letto e me lo mise addosso per coprirmi.

Arrossi poiché avevo fatto tutta quella scenata, credendo che lui non ricambiasse i miei sentimenti e invece mi ero sbagliata, così timidamente mi scusai per tutto quello che gli avevo detto, poi come al solito facevamo a gara con le scuse.

Dopo un po' il telefonino di Kyo squillò, lui tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare per rispondere.


Kyo:

Gli urlai contro di fermarsi, mentre gettava a terra ogni indumento, avrei tanto voluto essere cieco per non poter vedere il suo corpo nudo che mi attraeva più di ogni altra cosa, ma che sapevo di non poter toccare perché era sbagliato, non potevo, lei era solo una bambina ed io non facevo che sentirmi uno schifoso pervertito, poi vidi tutti quei segni, lividi, graffi e bruciature impressi sul suo corpicino e m sentii male, pensando a tutto quello che doveva aver passato a causa di mio padre.

Non appena la vidi avvicinarsi, la spinsi a malincuore via, perché sapevo che se mi veniva troppo vicino avrei di certo perso il controllo, ma lei ci rimase male e pianse dicendo “Possibile che io non ti piaccia neppure in quel senso!”

“Stupida! Se non faccio certe cose e perché ti rispetto...Credi che perché io sia figlio di Keitawa io sia come lui!” affermai alterato, perché non facevo altro che farlo perché la rispettavo e temevo di poterle fare del male senza volere.

“Mi rispetti, perché mi ritieni una bambina priva di attrattiva o perché adesso sai che ti amo e non vuoi ferire i miei sentimenti” pungolai.

Dopo un po' provai a dire quelle due paroline semplici che avrei tanto voluto dire e che avrebbero riportato la pace fra me e lei, ma per quanto ci provassi era una continua lotta con me stesso.

“Anch'io!” affermai volendo dire anch'io ti amo, ma quel ti amo non riusciva a venirmi fuori, era come se le labbra si serrassero di colpo non appena volessi pronunciare quelle parole, poi ripensando a Mayko e a come me ne ero pentito di non averle mai detto ti amo, capì che non potevo più commettere gli stessi errori del passato.



“Ti amo, anch'io” affermai agitato e sbattendo convulsamente una gamba sul pavimento il mio cuore tamburellava come una tromba impazzita,, ero anche un po' a disagio ed ero certa che si sarebbe infuriata dopo tutto quello che le avevo fatto passare per non averglielo detto prima.

Mi guardò incredula con un sorriso stampato sulle labbra, io mi voltai per prenderle il copriletto del letto per coprirla dato che non c'è la facevo più a vederla completamente nuda, senza pensare cose per nulla caste che mi facevano ripugnare me stesso.

Mi porse le sue scuse ed i feci lo stesso, come al solito diventava una gara di scuse tra me e lei, non eravamo di certo fatti per litigare pensai.

Dopo un po' il mio telefonino squillò, risposi non appena lessi il numero, era il padre di Yoko.

“Sono dentro il treno, arriverò verso le quattro o cinque di pomeriggio...” affermò mentre io gli risposi dicendo “Ah, ok...” poi mi rivolse quella domanda che mi mise piuttosto in difficoltà “Come va con mia figlia? Che sta facendo in questo momento?”

Io uscii dalla stanza per evitare che Yoko sentisse e dissi “Ecco, sta studiando...” affermai incerto, dato che non era il mio forte mentire, ma sapevo di non poter di certo dire che sua figlia si era spogliata davanti a me circa un momento prima.

Fortunatamente non mi fece più tante domande e dopo un po' mi salutò, poi rientrai nella stanza con Yoko che mi guardava interrogativa chiedendomi chi fosse, io gli risposi “Nageshi...”

“Ancora quel tipo!” affermò scocciata.

La guardai era avvolta da quel lenzuolo rosso che le avevo dato, così sapendola coperta, mi avvicinai a lei per darle un bacio, ma non appena mi avvicinai lasciò cadere il lenzuolo.

“Se mi ami, non c'è nulla di male se io e te...” affermò imbarazzata.

Mi morsi il labbro con una violenza tale da farmi uscire il sangue, poi cercai di allontanarmi da lei, ma mi mancò la forza di farlo perché una parte di me la desiderava senza porsi alcun freno e limite morale, mentre l'altra voleva allontanarsi da lei pensando alla differenza di età, alle violenze che avesse subito da mio padre e temeva persino che potessi farle del male o che la sporcassi con le mie sudicie mani, poi suo padre l' aveva affidata a me ed io cosa facevo, finivo per fare l'amore con la sua bambina,non era di certo un comportamento corretto.

Purtroppo la parte più perversa della mia persona sembrò prendere il sopravento, sopratutto perché Yoko non faceva altro che istigarla, avvicinando le mie mani al suo seno nudo o ad altre parti del suo corpo,così ormai al limite lasciavo che le sue mani conducessero le mie.

Dopo un po' mi tolse la maglietta lasciandomi a petto scoperto, poi incerta si chinò per togliermi i pantaloni notando la sua incertezza le dissi che non dovevamo per forza farlo se non si sentiva sicura, ma le mie parole parvero avere l' effetto contrario, così con decisione mi sfilò i pantaloni di dosso.

Dopo un po' mi baciò con passione e frenesia, io ricambiai ormai privo di qualsiasi controllo, mi sentivo come un burattino nelle sue mani, pronto a fare qualsiasi cosa volesse.

Dopo un po' la adagiai con cura sul letto posizionandomi sopra di lei, ormai completamente nudo poiché mi aveva tolto ogni indumento di dosso.

La ricoprii di baci dappertutto con estrema dolcezza e con una certa attenzione a non fare cose che non le piacessero e che potessero in qualche modo farle male, baciai ogni suo livido e bruciatura con una certa delicatezza, poi la vidi divincolarsi come se avesse paura e allora di colpo mi fermai, poi si calmò e mi disse di continuare senza problemi, ripresi a baciarla e ad accarezzarla, poi incominciò a baciarmi con una certa frenesia capovolgendo le parti e incominciando a ad essere lei che baciava me ovunque ancora con una certa timidezza che però non la fermava.

Dopo presi il preservativo e fu come un sogno dal quale nessuno dei due voleva risvegliarsi, provavamo un piacere così intenso che non volevamo staccarci l'uno dall'altro,nonostante fossimo sudati e sfiniti, come se i nostri due corpi uniti fossero in perfetta simbiosi da divenire un solo corpo persino le nostre voci ansimanti erano in perfetta sincronia.

Yoko mi stringeva a sé, sorridendo, poi la vidi piangere, non appena vidi le sue lacrime, m preoccupai e incominciai a farle un interrogatorio, essendo piuttosto preoccupato del fatto che se ne fosse pentita o che forse le avessi fatto male, ma tranquillizzandomi mi disse che non avevo fatto nulla di male e che piangeva soltanto perché era felice, sorrisi dandole della piagnona, mentre continuavo a rimanere sopra di lei senza alcuna voglia di staccarmi e poi anche se avessi voluto farlo la sua stretta me lo impediva.

Le sue mani e le sue braccia erano piccoline, ma quando desideravano ardentemente qualcosa, sapevano tirar fuori una forza fuori dal comune o che comunque era difficile credere che potesse appartenere ad una bambina.

Era come l' abbraccio accogliente e forte di una madre che stringe il suo bambino, pensando questo incominciavo a sentirmi un bambino che si lasciava cullare dal caldo abbraccio della propria madre.






Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** l'amore di un padre ***


Il prossimo capitolo penso che sarà il capitolo finale o il penultimo capitolo, spero di non tirarla troppo per le lunghe e mi dispiace per il ritardo con il quale posto i capitoli, ma quest' anno sono ridotta a studiare come una disperata, dato che ho gli esami di maturità e i prof mi stressano in continuazione e poi ma perchè ci sono un sacco di professori esterni agli esami di quest' anno!!!!AIUTOOOOO!!!!Ok, dopo avervi scocciato con i miei problemi, bè eccovi il nuovo capitolo!

L' amore di un padre...


Yoko:

Volevo Kyo più di ogni altra cosa: Volevo sentire il tocco delle sue mani, il calore del suo corpo avvolgere il mio e desideravo provare una sensazione nuova, diversa da quella che mi aveva sempre fatto provare il mio patrigno, che non faceva altro che provocarmi un dolore lacerante, però allo stesso tempo né ero spaventata, temevo che le esperienze negative che avevo provato con il mio patrigno potessero ripetersi, nonostante sapevo che Kyo fosse diverso, non riuscivo a far a meno di temere per la mia incolumità.
Ma quando lo vidi avvicinarsi a me, mi rammentai di cosa aveva fatto un momento prima mi aveva coperto e mi aveva persino sgridato non appena mi ero spogliata dinnanzi a lui, così capì che non avevo proprio nulla da temere, lui era diverso da suo padre,inoltre le sue parole riecheggiavano nella mia testa come un'armoniosa melodia, aveva detto che ricambiava i miei sentimenti. Dopo un po' si avvicinò con l' intento di darmi un bacio, ma non appena si avvicinò lasciai cadere il lenzuolo dicendo timidamente:“Se mi ami, non c'è nulla di male se io e te...” Tentai di superare il mio imbarazzo, ma notando i suoi occhi sbarrati che si trovavano ancora una volta di fronte la mia nudità, mi risultò impossibile non divenire preda dell' imbarazzo. Mi sentivo goffa e grassa, mentre Kyo mi osservava con quei suoi occhi penetranti che non lasciavano trapelare un granchè, poi però distolse lo sguardo accorgendosi che lo stavo guardando, sembrava che le mie parole e il mio corpo scoperto lo avessero messo piuttosto in difficoltà.
Poi presi uno dei suoi polsi e lo strinsi con le mie mani per condurlo verso il mio petto, lui inizialmente fece resistenza, poi però alla fine sembrò cedere.
Sentii il calore della sua mano accarezzarmi il seno, poi le sue dita tastarmi e pizzicarmi ogni minima parte con sfolgorante passione, provai una sensazione piacevole che voleva manifestarsi in versi animaleschi che non avevo mai fatto, forse era quello di cui le mie compagne in passato mi avevano parlato, lo avevano chiamato “Piacere sessuale”.
Kyo mentre toccava ogni mia parte del corpo, mi guardava con insistenza come se volesse studiare ogni mia minima reazione, come un medico che cerca di capire qual'è il punto che dole alla paziente, ma lui sembrava cercare qualcos'altro, forse il punto che potesse suscitare in me reazioni inaudite, come quelle che trattenevo. Dopo un po' si fermò come se ci avesse ripensato, così io continuavo ad incoraggiarlo posando le sue mani nel mio corpo, poi mi avvicinai a lui per spogliarlo, ma mentre gli toglievo la maglietta, mi incominciai a sentire una vera imbranata, le mani mi tremavano e il mio cuore sussultò, non mi piaceva l'idea di essere la sola ad essere nuda, inoltre volevo vedere il suo petto nudo che ero riuscita a vedere solo una volta e per giunta di sfuggita,così mi presi di coraggio.
Lui sollevò le braccia non appena intuii le mie intenzioni, ma sentendomi osservata, agivo con insicurezza, quando gli tolsi la maglietta potei ammirare il suo fisico, che non era nulla di particolare, non aveva dei gran pettorali e dei grossi muscoli, del resto non mi erano mai piaciuti i ragazzi troppo muscolosi e troppo perfetti, ero dell' idea che la bellezza stava anche nelle imperfezioni, come in quel po' di pancetta che aveva oltre a quel po' di muscoli che bastavano, almeno per me.
I nostri sguardi entrarono in completa sintonia come la prima volta che ci eravamo incontrati, tutti e due provavamo le stesse emozioni e gli stessi desideri,volevamo tutti e due appartenerci, dopo un po' mi chinai per slacciargli i pantaloni, ma mi sentivo un ' emerita idiota mentre lo facevo, le mani mi tremavano e stavo bisticciando con il bottone dei pantaloni,inoltre ero caduta vittima dell' imbarazzo, l' idea di vedere la sua intimità mi metteva piuttosto in soggezione, ma allo stesso tempo mi incuriosiva.
Kyo vedendo che ero una catastrofe naturale a togliere un paio di pantaloni, mi disse dolcemente “Non dobbiamo per forza farlo”, ma le sue parole invece di incoraggiarmi a lasciar perdere ebbero l' effetto contrario, perché sentivo che non avevo nulla di cui temere insieme a lui,così riuscì a togliergli i pantaloni d dosso superando almeno un po' del mio imbarazzo, poi mi decisi a togliergli i suoi boxer neri, con imbarazzo distolsi lo sguardo.Guardai la sua protuberanza con la coda dell'occhio.
Dopo un po' lo baciai con frenesia, con il cuore che mi batteva fortissimo mentre lui ricambiava il mio bacio appassionato ormai fuori controllo,dopo un po' mi adagiò con delicatezza sul letto posizionandosi sopra di me e dopo un po' incominciai a sentire le sue labbra e la sua lingua premere sul mio corpo. Io cercavo di trattenere ancora quei bizzarri versi di piacere.
Dopo un po' ribaltai la situazione ormai del tutto eccitata e incominciai a baciarlo dappertutto, anche nel punto che mi metteva soggezione e dopo un po' sentii ansimare,allora capì che era di suo gradimento.
Dopo un po' la situazione si ribaltò ancora una volta e questa volta tornò ad essere lui sopra di me e baciò ogni minima parte del mio corpo, anche i miei lividi e le mie ferite con dolcezza, poi prese il preservativo e dopo di ciò sentii la sua intimità premere dentro la mia.
Non provai alcun dolore, inizialmente soltanto un po' di agitazione, avevo paura di farmi male, invece non provai alcun dolore, ma soltanto un piacere intenso che non avevo mai provato prima d'ora, così lo stringevo a me per incoraggiarlo a continuare, dato che lo vedevo muoversi dentro di me con esitazione fino a che non ci lasciamo tutti e due travolgere dalla passione, superando ogni inibizione.
Continuavo a stringerlo forte a me sorridendo, poi piansi dalla gioia, ma lui piuttosto preoccupato pensava che me ne fossi pentita che forse mi avesse fatto male, così mi fece una sorta di interrogatorio, ma lo tranquillizzai ammettendo che piangevo soltanto perché era felice. Sorrise dandomi della piagnona, mentre continuavo a stringerlo contro il mio corpo, perchè volevo che quel momento durasse in eterno.
Ma purtroppo non fu così, dopo un po' il telefonino di Kyo incominciò a squillare, così imprecai mentalmente contro chi si fosse azzardato a disturbarci in un momento come quello, anche Kyo lo fece, ma lo esterno a gran voce“Uffa che scocciatura, avrei dovuto spegnerlo!” Gli dissi di non rispondere dato che pure lui la riteneva soltanto una scocciatura, ma tuttavia non se la sentii di sottrarsi dal rispondere,così si alzò dal letto per raccogliere il telefonino che era finito sul pavimento, dato che era dentro la tasca dei suoi pantaloni.
“Pronto” rispose in tono scocciato, ma dopo un po' la sua voce cambiò tono e guardò allarmato l' orologio dicendo “Mi scusi tanto, non avevo idea che si fossero già fatte le quattro” poi lo sentii annuire diverse volte,non appena chiuse la chiamata, mi disse con un espressione turbatissima di vestirmi, gli lanciai uno sguardo deluso, mentre lui si giustificava dicendo che Nageshi era arrivato ad Okinawa e che presto sarebbe piombato in casa nostra.
“Io non ho alcun interesse a vedere quel tizio e poi insomma... chi diamine se ne importa di quello lì!” affermai scocciata.
“Ecco...Yoko fai come ti dico, altrimenti succederà una catastrofe...e poi non vorrai di certo presentarti a Nageshi nuda...”
“Io rimango qui!Non voglio vedere quel tipo, mi dà sui nervi!” affermai infastidita, non capivo perché Kyo fosse più interessato a vedere quel politico che a stare con me.
“Prima di giudicare una persona non dovresti conoscerla!” affermò per convincermi.
“Eh d'accordo...” affermai scocciata, incominciando a vestirmi, anche Kyo si rivestii.

KYO:
Sentii il telefonino squillare, doveva suonare proprio in quel momento, insomma quando si dice tempismo perfetto, poi però dopo aver sbuffato scocciato e avergli imprecato contro mi decisi a rispondere, nonostante Yoko mi dicesse di non farlo. Non appena sentii La voce del padre di Yoko incominciai ad agitarmi, sopratutto quando mi disse che era da un bel pezzo che mi aspettava, avrei dovuto andarlo a prendere alla stazione, ma me ne ero completamente dimenticato a causa di sua figlia che mi aveva distratto da tutto il resto, ma questo non potevo menzionarlo, così dissi semplicemente di non essermi accorto che si fosero fatte le quattro e quando mi chiese “Yoko sta studiando?” io gli risposi con un si secco, tentando di apparire piuttosto convincente. Non appena conclusi quella chiamata, feci un sospiro di sollievo,ringraziando il cielo che non mi avesse tempestato di domande, sopratutto perché mi sentivo un verme perché mentre gli dicevo che sua figlia era a studiare, in realtà sua figlia era sdraiata sul letto con nessun vestito indosso.
Dissi a Yoko di vestirrsi,mentre con agitazione mi vestivo, la vidi alzarsi e sbuffare, non aveva alcuna intenzione di fare quel che le avessi detto, poi le spiegai che stava per venire Nageshi, ma ciò nonostante continuava a replicare dicendo che non aveva alcun interesse a vedere quell'uomo e che lei sarebbe rimasta nella sua stanza, così per convincerla le dissi ciò che davvero temevo che sarebbe successa una catastrofe e poi affermai che non poteva giudicare qualcuno che non conosceva.
Alla fine riuscii a convincerla,così feci un altro sospiro di sollievo mentre sistemavo il letto e i cuscini,mentre Yoko mi guardava ancora con un espressione insoddisfatta. Mi avvicinai a lei dicendole “Mi dispiace...anche a me aver interrotto quel che stavamo facendo, ma è una cosa importante...”
“Perchè quell'uomo è così importante?” mi chiese sospirando.
“Primo o poi lo capirai...” affermai incerto, non sapevo se dirgli che quell'uomo fosse suo padre, ma d'altra parte ero certo che presto glie lo avrebbe detto lui di persona,così lasciai perdere.
Yoko non mi fece più domande e non appena suonò il campanello andai ad aprire seguito da Yoko checontinuò a sospirare, sopratutto non appena incrociò lo sguardo di Nageshi.
Lo feci accomodare in cucina, mentre Toshio e Saito parlavano allegramente fra di loro, Saito vedendo entrare il suo datore di lavoro tornò ad essere una sorta di soldatino di piombo, sempre sull' attenti e con un' espressione esageratamente seria.
“Com'è andato il viaggio?” gli chiesi sorridendo più del necessario poiché ero piuttosto agitato, temevo che potesse venir a sapere di cosa io e sua figlia avessimo fatto un momento prima, mentre lui era ad aspettarmi alla stazione.
“Bene...anche se ho dovuto prendere un taxi dato che qualcuno si è scordato di venirmi a prendere...” disse canzonatorio.
“Mi scusi, mi era sfuggito” affermai muovendo convulsamente la gamba per il nervosismo.
“Non importa...Kuso” affermò divertito.
“Eh ma questi nomi dobbiamo rivederli!” affermai scocciato, mentre Toshio protestava insieme a me, poi guardò verso la direzione di Saito e poi si voltò verso Yoko.
“Come stai?” chiese osservando la sua espressione corrucciata.
Yoko lo guardò interdetta, poi gli rispose con impertinenza “Non sono affari suoi!”
Io lanciai uno sguardo di rimprovero verso Yoko, per dirle di non comportarsi in quel modo perché era suo padre l'uomo al quale stava rispondendo male, ma lei continuò ignorando i miei sguardi.
“Hai un bel caratterino...” disse il padre ridendo.
“No, è che lei appartiene alla categoria di uomini che non sopporto...” affermò indispettita.
“Non ami i politici, bene neanch'io!” esclamò sorridendo.
“Come fa un politico ad odiare i politici?” chiese confusa.
“Vedi, il motivo per il quale ho deciso di candidarmi, è stato perché volevo che nel nostro paese ci fosse qualcuno che si interessasse davvero al benessere del paese... e così ho voluto impegnarmi seriamente per diventare quella persona, ma purtroppo le persone si lasciano ingannare dalle grandiosi promesse dei politici come Keitawa” affermò con un espressione delusa.
“Tu credi di essere così diverso da lui, ma secondo me le tue sono solo delle belle parole come le sue che non hanno un briciolo di verità!” affermò non avendo alcuna intenzione di credergli.
Mi intromisi notando l' espressione di Nageshi farsi triste di fronte le parole aspre della figlia, così dissi “Non tutti i politici sono come Keitawa”
Nonostante conoscessi poco Nageshi, ero certo che non era una cattiva persona, dal suo modo di fare, dai suoi gesti e dalle sue parole, ogni cosa in lui era spontanea, inoltre sapevo quanto si preoccupasse per Yoko, quando mi chiamava, mi chiedeva sempre di lei,cosa faceva, come stava e se andava bene a scuola,voleva sapere ogni cosa e ogni minimo dettaglio sulla sua bambina.
Yoko non sembrava del tutto d' accordo con me, ma ciò nonostante non disse nulla poi si inventò una scusa per potersene tornare nella sua stanza dicendo che doveva finire di studiare, poi mi scusai con Nageshi perché non avevamo una stanza dove farlo dormire, anche se in realtà mi sarei scusato con lui per qualcos'altro.
“Non ti preoccupare, posso dormire sul divano” disse posando la valigia all' ingresso dove c'erano ben tre divani.
Poi si sedette sul divano invitandomi a fare lo stesso, l' idea di esser rimasto da solo con lui, mi rendeva irrequieto, avevo paura che potesse farmi qualche domanda indiscreta sul rapporto che c'era fra me e Yoko.
Sembrava triste, forse per il comportamento scontroso di Yoko, cercai di tranquillizzarlo dicendogli che in realtà non ce l' aveva veramente con lui, era soltanto un po' scontrosa e sulla difensiva con gli uomini che avessero qualcosa in comune con Keitawa.
“Non sono di malumore per questo motivo, è solo che vedendola, mi è tornata in mente sua madre, le somiglia molto” disse tirando fuori dalla sua valigia una foto, era la stessa che era stata censurata dai giornalisti.
Me la mostrò, osservai il volto della donna che sembrava Yoko da adulta con accanto un Nageshi giovane e allegro che non sembrava neppure lui, era quasi irriconoscibile, aveva quell' aria trasandata e ribelle che ormai non possedeva più.
Poi osservai i vestiti della donna, non sembrava una prostituta, era vestita come una ragazza comune, nessuno avrebbe mai potuto mai dirlo che fosse una poco di buono se non per quel trucco esagerato che si contrapponeva al suo viso dolce e privo di volgarità.
“Tu pensi che dovrei dirglielo che sono suo padre?” mi chiese osservandomi con un espressione pensierosa.
“Si, penso che dovrebbe farlo e anzi più presto possibile, perché più tarderà a farlo e più sarà lo choc che avrà non appena glie lo dirà...” affermai pensando a quale reazione potesse avere Yoko non appena glie lo avrebbe detto.
“Credo tu abbia ragione, però non è facile...” mi rispose perplesso.
Poi mi osservò in un modo strano, come se volesse chiedermi qualcosa, tuttavia non lo fece ed ebbi come l' impressione che volesse farmi qualche domanda indiscreta sul rapporto che c'era fra me e sua figlia, quindi fui contento non appena costatai che non si decideva ad aprir bocca,ma rimanevo all' erta con il timore che da un momentoall' altro avrebbe tirato fuori quella bomba che mi avrebbe messo in difficoltà.
“Rimarrò qui per un po' di giorni”
“Quanti?” gli chiesi sorpreso.
“All' incirca cinque giorni, ti crea forse qualche problema?” mi chiese sospettoso.
“No, nessun problema!” affermai pensando il peggio, se il padre di Yoko avesse scoperto che io e sua figlia eravamo diventati molto intimi non osavo pensare cosa sarebbe successo e rimanendo all' incirca cinque giorni sotto lo stesso tetto, forse lo avrebbe intuito o scoperto in qualche modo.
Dopo un po' si recò speditamente nella stanza di Yoko dicendo che le doveva dare una cosa, lo lasciai andare, mentre osservavo attentamente l' oggetto che avesse in mano, era un diario.


Yoko:
Non avevo più alcuna voglia di stare insieme a quel politico, sopratutto perché da quando quell'uomo aveva messo piede in casa Kyo si comportava come se non esistessi e tutto ciò era piuttosto irritante,così mi inventai una scusa per potermene tornare nella mia stanza.
Mi buttai a peso morto sul letto, nello stesso letto con cui prima io e Kyo avevamo fatto l'amore, mentre adesso lui era troppo impegnato ad intrattenere quello scocciatore,pensai seccata accedendo la tv per distrarmi, ma qualsiasi canale mettessi non facevano altro che parlare di Keitawa e Nageshi, poi sentii bussare alla porta.
Doveva essere Kyo, così mi affrettai a rispondere che non avevo alcuna voglia di vederlo, non dopo come si era comportato nei miei confronti, ma continuò a bussare con insistenza, così rassegnata gli dissi di entrare, sentii spalancare la porta, poi incrociai lo sguardo dell'uomo, non era affatto Kyo, ma Nageshi notai con estrema delusione.
“E tu? Che vuoi?” chiesi perplessa e scocciata.
“Volevo restituirti questo...” affermò l'uomo con aria incerta.
Osservai l' oggetto che mi stava consegnando, mi era familiare, era il diario in cui avevo sempre scritto da bambina, perché lo aveva lui?
“Perchè hai il mio diario?” chiesi stupefatta.
“E' complicato da spiegare...” affermò porgendomelo.
Lo presi, osservando la sua copertina rigida blu scuro, poi aprì una pagina a casaccio e vidi una grafia disordinata e gigantesca, le frasi erano semplici e scoordinate fra di loro e poi c'erano un mucchio di cancellature a penna che formavano degli enormi scarabocchi e delle macchie di inchiostro sparse un po' qua e là.
“Anche se è complicato io voglio che tu mi spiega come fai ad avere il mio diario?” gli chiesi con insistenza e con un certo fastidio, perché quel diario conteneva dei pensieri miei e intimi di bimba.
“ Me l' ha dato Keitawa, gli ho chiesto io di darmelo...” affermò irrequieto.
“Perchè?” chiesi sbalordita.
“Volevo sapere qualcosa di più di te...perchè sei mia figlia...” affermò serio in viso.
Non appena sentii quelle parole, mi sentii strana, come se fossi morta, non avevo la forza di parlare e il mio cervello sembrò spegnersi di colpo, superato lo choc mi infuriai e incominciai a dibattermi contro quell'uomo.
Era stato lui a far soffrire mia madre e ad averci abbandonato e adesso aveva pure la faccia tosta di farsi vedere e di dirmi in tutta tranquillità che lui era mio padre, dopo che non c'era mai stato per me, aveva la presunzione di definirsi tale.
“Che cosa vuoi da me?” gli urlai contro.
“Io voglio soltanto starti vicino...insomma fare ciò che dovrebbe fare un padre...” affermò osservandomi con dolcezza.
“Ah, adesso hai deciso di metterti a fare il padre, guarda che ormai è troppo tardi!” affermai in collera.
“Non parlare come se io ti avessi abbandonato, io non l' ho fatto, vedi il punto è che neppure sapevo che tua madre fosse incinta...” mi rispose pronto a difendersi.
“E allora se non te l' ha detto deve esserci pur stato un motivo, del resto eri uno dei suoi tanti clienti, non c'era alcuna ragione per il quale dovesse dirtelo” esclamai ripugnata, era uno dei tanti che si era sollazzato con mia madre solo per puro piacere e non per amore e questo pensiero mi ripugnava, perché io ero nata da un semplice rapporto sessuale tra una prostituta e un suo cliente, era davvero squallido.
“Non ti permetto di dire una cosa del genere, io amavo veramente tua madre!” affermò alterato.
Poi mi raccontò di come si erano conosciuti, lui era insieme a dei suoi amici, andavano a divertirsi in qualche locale e come si usa tra alcuni giovani, per concludere in bellezza una serata si andava a letto con qualche prostituta, ma mio padre era un po' scettico, l' idea di andare con una prostituta non lo attirava perché erano troppo squallide e volgari, poi però tra le varie donne mezze nude vide mia madre ferma sul marciapiede.
Era diversa dalle altre, il suo abbigliamento non era volgare, anche il suo viso era dolce e privo di volgarità, nonostante il trucco pesante che avesse messo, poi la vide tossire e notò il suo vestito dalle maniche corte indossato in pieno dicembre e per giunta di sera tarda.
Si impietosi a guardarla mentre tremava per il freddo e zoppicava per un tacco rotto che continuava ad indossare nonostante tutto,così si fermò e la portò con sé in un love hotel.
Lui le faceva delle domande sulla sua famiglia e su altre cose che la riguardavano, ma lei non rispondeva si limitava a svolgere il suo lavoro parlando poco, lui rassegnato la lasciò fare intuendo che non si sarebbe mai confidata, poiché era solo un suo cliente, ma ciò nonostante lui ne rimase particolarmente attratto che finii più volte a tornare su quel marciapiede a cercarla, la trovava sempre lì con la pioggia, con la neve e con il vento che soffiava fortissimo ed era sempre vestita a maniche corte.
Ormai vedendosi sempre, finirono tutti e due per innamorarsi l' uno dell' altra e mia madre incominciò a confidarsi con lui parlando della sua famiglia che era piena di debiti di gioco del padre e che quei debiti con la sua morte erano a suo carico, inoltre era stata più volte licenziata per un motivo o per un altro e alla fine dopo il terzo licenziamento non riuscii più a trovare lavoro, perché chi viene licenziato difficilmente viene ripescato nel mondo del lavoro, per questo molti giapponesi tentano il suicidio, perché sono certi che dopo un licenziamento non riusciranno più a trovare lavoro, oltre al fatto che per loro il lavoro è tutto ed il luogo dove passano gran parte della loro esistenza.
Poi però un giorno mia madre divenne scontrosa nei suoi confronti e gli disse di non farsi più vivo, perché a causa sua non riusciva a fare bene il suo lavoro, ma lui continuava ad andarci lasciandole una consistente somma di denaro, che mia madre rifiutò più volte e poi le disse ancora una volta di non cercarla più fino a quando non finii per ignorarlo e per andare con altri uomini sotto i suoi stessi occhi,almeno questa era la sua versione dei fatti, ma non volevo crederci che fosse andata veramente così.
“Sei un bugiardo, sono certa che sei stato tu ad abbandonarla!” affermai infuriata.
Da sempre avevo pensato che mio padre ci avesse abbandonato e scoprire invece che non era andata proprio così mi scosse molto, perché dall' espressione triste di mia madre era come se fosse stato lui ad averla abbandonata, quindi mi intestardii e non volli dar credito alle sue parole,dopotutto era un politico come Keitawa, anche lui bravo a mentire.
Infuriata mi infilai un paio di scarpe e poi fui pronta per andarmene via, non avevo idea di dove andare, l'unica cosa che sapevo e che non potevo rimanere lì per sentire altre bugie,così scappai via, mentre Nageshi cercava di braccarmi, ma fortunatamente fui più veloce di lui.
Ormai fuori di casa incominciai a guardarmi attorno, non avevo idea di dove andare, non conoscevo le strade di Okinawa quindi allentai il passo e con titubanza, poi scelsi una direzione con il timore di potermi perdere, ma dopo un po' sentii una voce familiare chiamarmi, era la voce di Kyo.
Me lo ritrovai di fronte, lui mi guardò con un espressione sollevata “Menomale che ti ho trovata!”
“Tu lo sapevi che lui era mio padre e non mi hai detto niente!” affermai furibonda,certa che lui ne fosse a conoscenza, di sicuro era questo che mi aveva nascosto per tutto quel tempo.
“Yoko...avrei voluto dirtelo, ma ho ritenuto che fosse più giusto che te lo dicesse lui...” disse un po' dispiaciuto.
“Lasciami in pace, voglio stare da sola!” affermai infuriata.
“Ma se neanche sai le strade di Okinawa, vuoi per caso perderti?”
“Come se tu le conoscessi!” affermai scettica.
“Si, ma io ho la cartina” esclamò mostrando un sorriso.
“E allora dammela e lasciami in pace!” affermai indispettita.
“No, perché ho come l' impressione che tu voglia fare una qualche sciocchezza...” disse stringendo forte la cartina che cercavo di strappargli dalle mani.
“Non ti intromettere!” esclamai rabbiosa, ormai con le lacrime agli occhi mollando la presa sulla cartina.
Kyo mi abbracciò per calmarmi, ma mi divincolai infuriata, perché lui mi aveva nascosto che quell'uomo fosse mio padre e non ero disposta a perdonarlo e poi lo aveva trattato fin troppo bene, nonostante lui non ci fosse mai stato per me, Kyo si azzardava ad essere cordiale e disponibile con lui come se fosse stato un padre modello con me.
La sua stretta era talmente forte che non riuscivo a liberarmi, mentre io continuavo i miei piagnistei gridandogli contro di lasciarmi stare, ma lui non mi ascoltava affatto e continuava ad esercitare la sua forza su di me con quell' abbraccio che mi impediva di scappare.
“Ti capisco, anche mia madre non c'è mai stata per me, però lei a differenza di tuo padre, l' ho conosciuta ed era davvero una poco di buono, ma non come lo poteva essere tua madre che lo faceva per guadagnarsi da vivere, lei lo faceva perché voleva comprarsi vestiti, trucchi e farsi la plastica al seno e per altre banalità... Lei era superficiale, non pensava mai al bene di me e di Toshio e dopo una discussione accesa fra lui e mio padre sorta per queste ragioni, se ne andò via. Mio padre fu violento, le alzò le mani per gelosia, poiché l' aveva trovata a letto con altri uomini più volte. Lei se ne è andata senza pensare ai suoi figli, non glie ne importava nulla di me e Toshio e credo che sia stata anche a causa sua che mio padre sia cambiato così tanto, prima era una brava persona poi però dopo aver ricevuto delusioni su tutti i fronti, sia da sua moglie, dagli amici e da tutti quelli che gli stavano accanto è diventato il Keitawa che conosciamo”
“E' con questo cosa intendi dire?” affermai continuando a fare la scontrosa, nonostante fossi triste per lui.
“ Intendo dire che se una persona ti abbandona non torna indietro e se lo fa vuol dire che non ti ha abbandonato per sua volontà, infatti tuo padre neppure sapeva che tua madre fosse incinta,quindi come potevi essere viva nei suoi pensieri se ignorava persino la tua esistenza”
“Si, ma se lui amava veramente mia madre non avrebbe dovuto lasciarsi convincere da lei” affermai non sapendo più che dire.
“Yoko non so come siano andate le cose, però da quello che vedo tuo padre è una brava persona e ti vuole bene, tutte le volte che mi ha chiamato non ha fatto altro che chiedermi affettuosamente di te e adesso credo che sia preoccupato perché te ne sei scappata via di fretta e furia senza dire nulla...”
“Non può decidere adesso di fare il padre, non dopo che non l' ha mai fatto!” esclamai infastidita.
Kyo smise di stringermi a sé e finì per infuriarsi “ Fa come ti pare,vattene dove vuoi..scappa dai problemi, sono arcistufo di parlare con una persona che non mi ascolta e che non si rende neppure conto della fortuna che ha!”
“Ma quale fortuna?” gli chiesi confusa e indispettita.
“Hai un padre buono che ti vuole bene, mentre io non posso dire di avere la stessa fortuna” esclamò malinconico con le lacrime agli occhi.
Era raro vederlo piangere e quando succedeva finivo per sentirmi triste pure io, così presa dalle sue lacrime incominciai a piangere anch'io, perché mi sentivo terribilmente in colpa, ero sicura che fosse tutta colpa mia se stava piangendo.
Kyo imbarazzato si asciugò le lacrime cercando di porvi fine, ma continuavano a scendere inesorabilmente, poi quando si accorse che stavo piangendo pure io insieme a lui, si scusò dicendo: “Non piangere pure tu, altrimenti cadremo in un circolo senza fine, perché tu piangi perché io piango, poi io piango perché tu piangi e insomma...è un bel casino non credi?”
Mi misi a ridere fra le lacrime, rise anche lui dicendo “Ecco, quando ridi mi sento decisamente meglio!”
“Che egoista, mi fai ridere perché così stai bene tu!” esclamai punzecchiandolo.
“Eh, ma alla fine se tu ridi io rido e se io rido stai bene pure tu, quindi alla fine egoista relativamente, perché lo faccio per fare stare bene anche te...dato che i nostri stati d'animo sono collegati!” affermò Kyo facendomi venire un po' il mal di testa con quei suoi ragionamenti un po' contorti.
“Si, ma io non voglio tornare a casa...non credo di aver la forza di affrontarlo...” affermai agitata.
“D'accordo, allora lo chiamo e gli dico che siamo andati a fare un giro da qualche parte, così non si preoccupa...”
“Grazie, Kyo” affermai grata di quel che stesse facendo, nonostante il mio atteggiamento dovesse fargli saltare i nervi, perché forse lui aveva ragione: io ero stata in un certo senso fortunata più di lui, perché mia madre mi aveva sempre voluto bene e mio padre alla fine non sembrava una cattiva persona, nonostante non lo conoscessi bene, mentre lui aveva avuto una pessima madre e suo padre era diventato un uomo vile.
“Dove vuoi andare?” mi chiese dopo aver concluso la chiamata con mio padre.
“Non saprei...” affermai perplessa.
“D'accordo, allora ti porto in un posto che piace alle ragazzine della tua età...” esclamò ridendo.
“Non mi trattare come se fossi una bambina!” esclamai scocciata.
Dopo un po' mi resi conto che non mi aveva affatto dato ascolto, mi aveva portato in un luogo per poppanti, il luna park, lo guardai storto volendo ucciderlo con lo sguardo, anche se dovevo ammettere che ero contenta dato che non c'era mai andata prima d'ora. Keitawa non era mai stato un padre affettuoso e quindi non mi ci aveva mai portato, si limitava a portarci Shizuka mentre io dovevo rimanere a casa.
“Ti avevo detto di non trattarmi con una bambina!” affermai indispettita.
“Non mi pare che ci siano solo bambine, guarda ci sono pure ragazze più grandi...” affermò guardando delle ragazze su una giostra.
“Si, ma per me queste cose sono infantili!” affermai con superiorità.
“ Alla tua età mio padre mi portava sempre qui quando facevo i capricci ed ero triste”
“A me non mi ci ha mai portato, ci portava sempre Shizuka meno che me...”
“E adesso ti puoi rifare di quelle volte che non ci sei andata...”
“Si ma non pensare che io sia una bambina...”
“Ma non lo penso, lo sei!” affermò con un sorriso disarmante.
“Dove vuoi salire Himechan?”
“Le montagne russe” proposi.
“Sicura? Non è che poi ti senti male?” affermò con un'aria preoccupata, come se fosse lui ad aver paura delle montagne russe e infatti alla fine fu lui a sentirsi male,mentre io mi ero divertita parecchio.
Dopo esser scesi dalle montagne russe, lo vidi barcollare, come se gli girasse forte la testa, gli chiesi se stava bene, ma lui orgoglioso per com'era non avrebbe mai ammesso che le montagne russe lo avevano fatto star male, poi mi disse che doveva soltanto andare un attimo al bagno.
Quando tornò sentii un odore strano provenire dalla sua bocca, era come se avesse appena vomitato, così gli chiesi se stava bene. Lui annui dicendo che era davvero tutto apposto e mi chiese se volessi fare un altro giro sulle montagne russe, ci tenevA tanto a tener salva la faccia da sembrare persino masochista.
Non sapevo se fargliela pagare per il fatto di essere così orgoglioso, da non voler ammettere che le montagne russe lo facessero star male, oppure lasciar perdere e dirgli che mi bastava aver fatto soltanto quel giro, sapendo che aveva appena vomitato, alla fine optai per l'ultima dicendo che ne avevo avuto abbastanza delle montagne russe, poi mi punzecchiò dicendo “Non è che in realtà hai avuto un po' di paura?”
“Ma fammi il piacere quello che ha vomitato sei tu non io...” affermai ridendo, essendomi ormai dimenticata della confessione di Nageshi.
“Non ho vomitato...” affermò con insistenza, poi mi avvicinai per dargli un bacio per poter confermare la mia teoria, se mi allontanava significava che aveva un alito pessimo, poiché aveva vomitato e infatti fu ciò che fece, mi allontanò usando come giustificazione che c'erano troppi bambini per i piedi.
Dopo un po' tornai seria ripensando a mio padre, ancora era difficile da poter realizzare che Nageshi fosse mio padre, sopratutto perché non avevo mai voluto conoscere il mio vero padre, avevo sempre pensato che non mi importasse conoscerlo perché ero certa che fosse una persona cattiva come Keitawa, però Kyo diceva che mi sbagliavo e anche le parole di Nageshi sembravano sempre così sincere. Tuttavia non avevo il coraggio di rivederlo perché un padre è colui che ti vede crescere e che ti sta sempre vicino nei momenti veramente difficili, mentre lui non c'era stato e anche se questo non era avvenuto per colpa sua, non riuscivo a far a meno di ritenerlo un estraneo.
Quando tornammo verso casa, Kyo mi prese per mano per incoraggiarmi poi aprì la porta di casa e mi invitò ad entrare dicendomi di non pormi troppi problemi e di non strafare con le preoccupazioni,così ascoltai il suo consiglio e quando me lo trovai di fronte, rimasi in silenzio non sapendo che dire e che fare, anche lui non disse nulla, ma si limitò ad abbracciarmi. Sentii un calore inondarmi mentre mi stringeva a sé, era diverso dall' abbraccio di Kyo, quello era un' abbraccio affettuoso e paterno che mi era sempre mancato.
Dopo quell' abbraccio carico di affetto, il rapporto tra di noi era migliorato, però continuava ad essere un estraneo, dopotutto non potevo subito riconoscerlo come mio padre da un giorno all' altro, ci voleva del tempo per abituarmi all' idea che lui fosse mio padre, così continuai a chiamarlo Nageshi senza chiamarlo mai papà perché mi faceva troppa impressione chiamarlo in quel modo.
Il giorno seguente, Kyo mi accompagnò a scuola come di consueto e un'altra giornata di scuola incominciò, il biondino continuava ad importunarmi, ma fortunatamente Reika riusciva sempre a tirarmi fuori dai guai ed io finivo come al solito per ringraziarla. Quel giorno Reika era piuttosto strana, era come se avesse in mente qualcosa.
Mi trascinò verso l' aula insegnanti durante la ricreazione assicurandosi che non vi fosse alcun insegnante nei paraggi, poi tirò fuori dal suo zaino una scatola con dei biscotti al cioccolato, me ne fece assaggiare uno dicendo che li aveva preparati lei e dovetti ammettere che erano veramente buoni, poi lasciò la scatola su uno di quei banchi, dove c'era un cassettino chiuso a chiave con scritto il cognome del nostro prof di matematica.
La guardai perplessa chiedendogli perché mai stava lasciando quei biscotti al nostro prof di matematica, lei mi guardò con imbarazzo e arrossendo di botto, poi ammise di esserne perdutamente innamorata. Io la guardai come se fosse completamente ammattita, chiedendomi se stessimo parlando della stessa persona, ovvero di quel feroce vecchio che non faceva altro che sbraitare contro gli alunni.
Lei lo difese dalle mie critiche dicendo che aveva solo trenta anni, glie ne avrei dati di più, ma comunque era pur sempre vecchio per i miei gusti, poi aveva un pessimo carattere ed ero sicura che se ci avesse scoperto sarebbe stati guai.
Lei mi guardò dicendo “ Adesso pure tu sai un mio segreto, così potrai stare tranquilla, che non rivelerò in giro il tuo, perché altrimenti tu rivelerai il mio”
Poi le dissi di andarcene più in fretta possibile, perché se ci trovavano lì sarebbero stati guai seri, poi prese un fogliettino con scritta una formula di matematica complicatissima e la lasciò sopra la scatola dei biscotti.
Non appena fummo lontani dall' aula insegnanti gli chiesi cosa significasse quella formula e lei mi raccontò che una volta il professore aveva lasciato un esercizio nel quale andava applicata quella formula che però nessuno comprese e seppe mai fare, persino lei non ci riuscii mai nonostante fosse molto brava in matematica, poi alla fine finii per impegnarsi tantissimo per risolvere quell' esercizio pensando a come lui si fosse alterato quando nessuno riuscii ad eseguirlo e così per amor suo, si impegnò così tanto da riuscire a risolverlo.
“Ma non riconoscerà la scrittura?”
“No, l'ho fatto al computer!” affermò sorridendo.
“Si, ma secondo me lui non apprezzerà il tuo gesto, conoscendolo finirà per buttare i tuoi biscotti!”
“Si, i primi tempi, li buttava poi però un giorno l' ho visto intento a guardarsi attorno per vedere se c'erano i suoi colleghi per i piedi e di nascosto incominciò a mangiarli e di solito ha sempre un bel sorriso quando riceve i miei biscotti...”
“Si, però non sa che sei tu a mandarglieli, se lo sapesse... forse non ne sarebbe felice, perché sei una sua alunna...” affermai pensierosa.
“Ma tanto non verrà mai a saperlo che sono io”
“Si, però ti va bene davvero così?” gli chiesi perplessa.
“Si, perché l'unica cosa che posso fare è fargli quei biscotti mantenendo l' anonimato, perché lo so che il nostro è un amore impossibile...” affermò con le lacrime agli occhi. Tentai inutilmente di consolarla, ma fu tutto inutile ne era veramente innamorata. Era difficile per me poter comprendere il suo amore, come poteva piacergli un uomo del genere. Quando glie lo chiesi lei incominciò a dire che lo apprezzava perchè non era severo come sembrava, perchè tutte le volte che era arrivata a scuola in lacrime, per le discussioni avute con i suoi genitori, lui era sempre stato disponibile, la portava fuori dalla classe senza mai essere invadente. Gli diceva soltanto di tornare a sorridere perchè era bella quando sorrideva e quando si applicava con entusiamo nei suoi esercizi e problemi di matematica.


Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** Io amo vostra figlia! ***


Il prossimo sarà il capitolo finale!=)

Yoko:

Ormai giunte in classe, iniziò la lezione di giapponese e poi ad un'ultima ora comparve il prof di matematica,quando lui propose l' esercizio che Reika aveva svolto nel fogliettino poggiato sopra la scatola dei biscotti, lei sbiancò di colpo.

“Ragazzi sono certo che qualcuno di voi è in grado di svolgere quest' esercizio!” disse chiamando un po' tutta la classe in causa per vedere se qualcuno gli rispondesse con un si, ma tutti dicevano di non esserne in grado, poi l'ultima persona che chiamò fu Reika. Lei come gli altri disse di non esserne in grado, lui la guardò con un espressione incerta, poi chiamò me, io lessi e rilessi l' esercizio alla lavagna, lui con sarcasmo affermò “Figuriamoci non sai fare neppure una disequazione, figuriamoci un esercizio come questo!”

Avrei tanto voluto rispondergli male, ma sapevo di non poterlo fare, così rimanevo in silenzio trattenendo la rabbia, dopo si rivolse a Reika dicendogli di provare a fare l' esercizio, lei con imbarazzo si alzò continuando ad affermare di non saperlo fare, mentre lui la incoraggiava a provarci. L' aveva scoperta, pensai non appena si fece insistette e quando Reika con imbarazzo raggiunse la lavagna, lui rimase in silenzio, mentre lei continuava a fingere di non saperlo fare.

Poi lasciò alla classe un altro esercizio, mentre continuava a perseguitare Reika costringendola a svolgere quell' esercizio alla lavagna, lei incomincio a sbagliare di proposito l' esercizio, lui guardò gli errori della sua alunna con un espressione bizzarra, poi dopo averla corretta spiegandole come avrebbe dovuto eseguirlo disse “ Sono proprio buoni i biscotti fatti in casa” affermò con un espressione seria che tratteneva un sorriso, poi osservò con la coda dell'occhio Reika ormai paonazza,mentre tutti gli altri studenti osservavano confusi il professore.

Quando suonò la campanella, Reika conservò tutti i libri pronta a darsi alla fuga, ma il professore la chiamò in disparte dicendo che doveva parlaRle, lei guardò con sguardo di supplica dalla miaparte per indurmi a non lasciarla da sola con il professore, ma lui mi osservò con quello sguardo che significava sparisci,così l' aspettai fuori dalla porta. Udii la voce del professore e quella di Reika ma non riuscii a capire cosa si stessero dicendo, poi poggiai l' orecchio nel muro per poter origliare meglio,poi sentii la voce del professore chiamarmi “Akiyame!” ringhiò notando il mio orecchio appiccicato al muro. Io mi ricomposi e lui se ne andò, poi vidi uscire Reika dalla porta della classe con un espressione confusa e turbata teneva la scatola di biscotti ormai vuota. Mi guardai attorno, per vedere se era ancora nei paraggi, non appena mi accorsi che se ne era andato, gli chiesi curiosa che cosa fosse successo, lei disse semplicemente che si era limitò a restituirle la scatola di biscotti ringraziandola per il pensiero, ma suggerendole di darli la prossima volta a qualcuno di veramente speciale e non ad un austero professore come lui, poi la sentii dire tristemente “Mi sa che mi ha rifiutata...”

Ormai fuori dalla scuola,aspettai insieme a Reika l' arrivo di Kyo che mi doveva venir a prendere come di consueto, mentre lei aspettava i suoi genitori chiamandoli al telefonino, ma a quanto pare avevano il cellulare spento, la sentii per la prima volta bestemmiare contro i suoi genitori, poi sentii dei ragazzi urlare “Ma quello non è Nageshi,?! Che ci fa nel cortile della nostra scuola?!”

Poi lo vidi giungere verso di me, era proprio lui mio padre, che tentava di deviare le persone che lo tempestavano di domande, chiedendogli se non fosse veramente lui. Lo osservai perplessa, avrebbe dovuto venirmi a prendere Kyo non lui, poi quando incrociai lo sguardo di Reika che mi osservava interrogativa dissi “Lui è...” ma per quanto mi sforzassi non riuscivo proprio a pronunciare quella parola, così alla fine dissi “è mio zio”, poi Nageshi chiese a Reika se volesse un passaggio, ma lei con gentilezza rifiutò.

Salii silenziosamente in macchina, si trattava di quel rottame che aveva comprato Kyo, infatti Nageshi fece qualche commentino sprezzante dicendo “Ma che ha per la testa quel ragazzo, comprare una macchina come questa, forse non è neppure sicura...”Poi incominciò a cimentarsi nella guida con un espressione un po' preoccupata impressa sul volto, poi gli chiesi “Come mai non è venuto Kyo?”

“Ho detto di volerti venire a prendere io, dopotutto sono io tuo padre...che c'è per caso ti dispiace che sia venuto io a prenderti e non Kyo?”

“No, sono soltanto un po' stranita...tutto qui!” affermai in estremo disagio, dopo un po'piombò il silenzio e quell' atmosfera silenziosa si fece pesante.

“Com'è andata a scuola?” disse per rompere il ghiaccio.

“Bene...” affermai non del tutto convinta,più che altro ripensavo allo sguardo sconsolato di Reika "Mi deve aver rifiutato"la sua voce risuonava nbelle mie orrecchie, mettendomi angoscia, era vittima di un amore non corrisposto.

Ormai di ritorno a casa, pranzammo in prodigioso silenzio, Toshio guardava dalla parte del fratello, mentre Saichi guardava lui, mentre io e Kyo ci osservavamo quasi di nascosto, distogliendo lo sguardo non appena Nageshi ci osservava parlando, poi Kyo accese la tv e come al solito il telegiornale parlava di Keitawa e Nageshi, dopotutto le elezioni erano ormai vicinissime.

Kyo sembrava imitare il modo di mangiare di mio padre, poi sorseggiò un po' d'acqua, mentre mio padre di colpo disse “Guardandoti bene, tu somigli tanto a qualcuno che conosco...” Kyo si affogò con l' acqua non appena sentii questa frase.

Mio padre non era al corrente che Kyo fosse figlio di Keitawa e se lo avesse scoperto non osavo immaginare quale sarebbe stata la sua reazione, poi guardò la tv fissando il volto di Keitawa e poi quello di Kyo, lui allora cambiò canale.

Dopo il pranzo, mio padre mi propose di uscire insieme, dovevamo recuperare tutti quegli anni trascorsi in lontananza,però allo stesso tempo, volevo rimanere sola almeno un momento con Kyo, ma dovetti rinunciarci, mio padre era sempre tra i piedi oppure c'era Toshio e Saito.

Ormai fuori di casa, mio padre prese un taxi rifiutando di dover utilizzare quel cartoccio comprato da Kyo, nonostante lui lo avesse assicurato che la macchina fosse sicura, ma mio padre si impuntò e tra i due lui riusciva sempre ad averla vinta, o più che altro Kyo glie la dava sempre vinta, lo assecondava sempre, in un modo quasi snervante e non me ne spiegavo la ragione.

Ok, era mio padre, ma quelle attenzioni e cordialità, mi sembravano a dir poco esagerate e ingiustificate.

Quando arrivammo a destinazione, lui mi disse “Sai non è una casualità che io abbia spinto Kyo a portarti ad Okinawa...”

“Che significa tu hai spinto Kyo a portarmi ad Okinawa?” gli chiesi perplessa.

“Non te l' ha detto, io ti ho affidata a lui...l' ho pagato per questo”

“Aspetta...Cosa?” chiesi piuttosto alterata.

“Pensavo te l' avesse detto,ma non hai motivo di prendertela...” affermò tranquillamente.

“Cioè lui era il mio babysitter!” affermai furiosa.

“Ecco, cerca di capire tu ti fidavi soltanto di lui e poi non potevo lasciare che rimanessi a Tokyo con Keitawa e poi non potevo neppure dichiarare che tu fossi mia figlia, perché poi la stampa ne avrebbe parlato, insomma un macello dopo l' altro, quindi ho pensato che solo dopo le elezioni ti avrei riportato a casa, ma in quell' arco di tempo dovevi stare da qualcuno e siccome di Kyo ti fidavi, ho pensato che fosse la cosa migliore...”

“Non sono arrabbiata con te, ma con lui!” affermai nervosa.

“Perchè? C'è forse qualcosa fra di voi?” chiese sospettoso.

“No, nulla cioè solo una profonda amicizia...” esclamai mentendo. Ero sicura che non avrebbe approvato il nostro rapporto sentimentale, perché io ero la sua figlia quattordicenne e lui era un ragazzo ventiduenne e per giunta ex spacciatore.

“Comunque ti dicevo, non è un caso che ti abbia fatto venire ad Okinawa, perché sai tua madre in passato viveva qui, infatti è qui che l' ho fatta seppellire quando ho saputo che era morta...”

Osservai il luogo in cui dov'eravamo, era un cimitero pieno di alberi, gigli bianchi sparsi un po' ovunque, si udiva anche il cinguettio degli uccelli e in quel luogo regnava la pace, era come un luogo lontano dal mondo, non si sentiva neppure il ridondante rumore del viavai delle macchine, perché sorgeva lontano dai centri abitati.

Dopo aver camminato a lungo arrivammo dinnanzi alla sua tomba, con il cuore in gola lessi il nome inciso nella lapide era proprio quello di mia madre “Kyoko Fudaka”poi un sorriso triste mi si stampò in viso, ero in parte contenta perché il suo corpo era conservato in quella tomba e non era finito sull' immondizia o rimasto abbandonato per strada in attesa che qualcuno lo portasse via prima che si putrefacesse.

Osservando la sua tomba per la prima volta, fu come se avessi realizzato soltanto in quel momento che lei fosse morta, lo sapevo già però quella lapide non lasciava trasparire alcun dubbio, era la prova indelebile che lei non era più con noi.

Una lacrima solcò il mio viso, poi ne seguirono altre, come una pioggia violenta e incessante,mio padre vedendomi in quello stato si scusò per avermi portato lì, ma io gli dissi che non avesse di che di scusarsi, anzi ero felice di aver potuto vedere “mia madre” non più sul ciglio di una strada, ma in una tomba come tutti gli altri defunti, perchè anche lei ne era degna, nonostante il suo lavoro.

Mi aveva voluto bene, nonostante io rappresentassi un problema per il suo lavoro e non avesse neppure i soldi per mantenermi, poiché non aveva neppure una casa, viveva per strada, lei decise comunque di tenermi con sé, non mi abbandonò, non abortii, rimase con me donandomi il suo affetto e i soldi che raccimolava li spendeva solo ed esclusivamente per me. A volte mi portava anche da una qualche sua amica che viveva in una sorta di bordello vecchio stampo, io rimanevo in una stanza vuota con un letto dove altri uomini avevano consumato prima che io arrivassi lì, quello che mia madre mi ordinava di fare era di non uscire mai da quella stanza e se qualche uomo entrava nella stanza dovevo urlare.

Quando non lavorava mi portava sulla spiaggia ad osservare il mare durante il tramonto, a volte giocava con me ad acchiapparello, io correvo velocemente per non farmi catturare, lei correva a fatica, poi a volte perdeva l' equilibrio come se si sentisse male, una volta si ferii ed io mi avvicinai a lei per darle un fazzoletto per asciugare la ferita, ma lei mi allontanò urlandomi contro che dovevo starle lontano, quando faceva così non la capivo, sapevo solo che stava sempre male e persino il suo lavoro non sembrò più procedere come prima.

“Tua madre ha contratto l' aids e pure glie l' avevo sempre detto di stare attenta e di non fidarsi delle richieste dei clienti che le davano più soldi per farlo senza preservativo..” la sua espressione era cupa e un po' in soggezione nel parlare di certo cose con me.

“Se l' amavi perché non le hai fatto abbandonare quel suo modo di vivere?” gli chiesi incerta.

“Io provenivo da una buona famiglia e i miei genitori non volevano che io frequentassi una prostituta, fecero di tutto per impedirmi di vederla, ma io andavo da lei sempre e comunque, solo che non potevo di certo ospitarla a casa, io vivevo con i miei e poi lei non voleva complicarmi la vita. Penso che per questa stessa ragione non mi abbia detto di te e mi abbia allontanato da lei per evitare che lo scoprissi”disse sommessamente.

Mia madre era sempre stata una donna forte, testarda e che non voleva mai essere fonte di problemi per gli altri, quindi sicuramente doveva essere andata come diceva mio padre, aveva preferito crescermi da sola senza l' aiuto di mio padre, per evitare di dovergli creare dei problemi in famiglia.

Poi mi raccontò che il giorno in cui conseguii la laurea e riuscii ad acquistare una casa e a non dipendere più di tanto dai suoi genitori, le tornò in mente mia madre, erano passati ormai anni da quando non si vedevano, però il tempo non riusciva di certo a cancellare i sentimenti che lui nutrisse per lei e aveva conseguito la laurea e studiato duramente anche per lei, per non dover più dipendere dai suoi genitori, così da poter vivere finalmente insieme a lei. Ma era incerto, non sapeva se correre da lei oppure lasciar perdere dopotutto erano ormai passati anni e anni, ormai doveva essersi dimenticata di lui, così alla fine ne passarono altri ancora sino a che un giorno d'inverno, non le tornò in mente con un insistenza tale, da non riuscire più a far a meno di pensare al suo volto.

Quel giorno si decise, prese la macchina per dirigersi lungo quella strada dove spesso aveva visto mia madre, ma quella volta non la vide più camminare avanti e indietro percorrendo quella strada, così scese dalla macchina, cercandola ovunque, poi trovò il suo corpo inerme steso sul pavimento,era ormai ghiacciato.

“Se solo mi fossi deciso prima ad andarla a trovare, forse lei non sarebbe morta...ma come uno stupido, ho pensato soltanto a me stesso, alla paura di venir rifiutato da lei” disse piangendo.

Io lo osservai tristemente, lui non aveva alcuna colpa, non poteva di certo essere al corrente di me e che mia madre avesse contratto l' aids, così tentai di tranquillizzarlo dicendo che non era affatto colpa sua, ma lui continuava ad incolparsi per tutto quello che fosse successo e poi mi disse “Anzi, hai ragione fai bene a non volermi ritenere tuo padre...dopo il male che ho fatto a tua madre...”

Io con le lacrime agli occhi, lo strinsi a me, anche lui piangendo ricambiò l' abbraccio, poi comprammo dei fiori per mia madre, delle rose bianche, da quel che diceva mio padre erano i suoi fiori preferiti. Parlammo per molto tempo di lei, tra sorrisi e lacrime, ricordando con nostalgia i momenti e i ricordi passati con lei, che neppure la morte avrebbe potuto portare via.

Ormai di ritorno a casa, vidi Kyo intento a giocare a scacchi con Toshio, mentre Saito si limitava ad osservarli e a consigliare ogni tanto qualche mossa a Toshio che non era un granchè con gli scacchi, mentre Kyo rimproverava Saito per i suggerimenti che dava al fratello per metterlo in difficoltà.

“Grazie Saito, grazie a te, questa sarà la prima volta che riuscirò a battere Kyo a scacchi!”

Mi sedetti su una sedia accanto a mio padre che osservava silenziosamente la partita, poi si voltò un attimo verso di me, mettendo per un momento da parte il gioco, Toshio se ne accorse e non appena fece la sua mossa lo chiamò più volte infastidito, mi guardò malamente come se volesse fucilarmi con il suo solo sguardo.

Kyo stava decidendo che mossa fare, io di scacchi non ne capivo un granchè quindi non sarei stata di certo un bravo suggeritore. Poi si intromise mio padre suggerendo la mossa da fare a Kyo, Saito si voltò sorpreso verso il suo datore di lavoro dicendo ad alta voce “Adesso, si che non abbiamo alcuna possibilità di vincere” Toshio lo guardò interrogativo chiedendogli la ragione, mio padre rispose per Saito dicendo “ Sono stato io ad insegnargli a giocare a scacchi...” Saito rise dicendo “ E' impossibile batterla...” affermò guardando mio padre.

Insomma la partita stava diventando una sfida fra quattro persone, Kyo, Toshio e i due suggeritori, mentre io rimanevo ad osservare con indifferenza, non amavo gli scacchi e nessun gioco di quel tipo, stavo semplicemente aspettando il momento in cui avrebbero smesso di giocare.

Kyo ormai preso dalla partita rifiutava pure i consigli di mio padre, dicendo di sapere ciò che faceva, io lo guardavo pensando “ Si tratta solo di una partita di scacchi, perché mai prenderla così seriamente...” mentre mio padre lo osservava con un espressione incuriosita, mentre Toshio adottava tutti i suggerimenti di Saito.

Dopo una mezzora, finalmente quella partita terminò, fece scaccomatto Kyo con un espressione esageratamente compiaciuta per i miei gusti, si trattava solo di un banale gioco, non capivo perché ci tenesse così tanto a vincere, Toshio demoralizzato uscii di scena portandosi dietro Saito.

Poi mio padre propose a Kyo di fare una partita insieme a lui, io sbuffai rumorosamente sperando che si rendessero conto che mi stavo rompendo le scatole e così avrebbero rinunciato alla partita, ma non mi degnarono neppure di un 'occhiata, erano troppo presi dal gioco.

Mentre Kyo eseguii in gran fretta la sua mossa, mio padre disse “Sai da come gioca una persona a scacchi si capisce molto del carattere di una persona...”

Kyo lo osservò perplesso chiedendogli “E' lei cosa ha capito di me, dal mio modo di giocare?”

“Che sei troppo istintivo e passionale, fremi troppo dalla voglia di vincere da non riuscire a riflettere attentamente su quel che fai...”

In quello stesso istante mio padre fece scaccomatto lasciando a Kyo una certa amarezza, mio padre lo guardò divertito dicendo con una certa complicità “ Impara ad essere meno istintivo e passionale nella vita e imparerai a giocare a scacchi...”

Kyo si voltò furtivamente verso di me, quando mio padre accese la tv per vedere se c'erano notizie su Keitawa, io lo osservai sorridendo, lui ricambiò il mio sorriso, poi mio padre si voltò verso di noi, guardandoci con aria sospetta “Che avete da sorridere?”

Kyo smise di sorridere dicendo “No, nulla soltanto una battuta di Toshio che ci faceva sorridere, tutto qui!”

Dopo quella lunga giornata dove mio padre era sempre fra i piedi, per carità gli volevo bene, però da quando c'era lui, non riuscivo più ad avere neppure un secondo di pace con Kyo, avrei voluto rimanere sola con lui, riempirlo di baci e di carezze.

Dopo cena, ormai stremati e pronti per andare a letto, io mi rigirai più volte sul letto, era troppo grande per una sola persona, poi non appena chiusi gli occhi vidi il volto di Keitawa farmi sussultare di paura,così nel buio pesto attraversai il lungo corridoio, poi entrai nella stanza in cui vi erano i tre divani, dove in uno era disteso mio padre, nell' altro Kyo e nel terzo Saito, ma in mezzo al buio era difficile capire quale fosse quello dove vi era Kyo.

Lo chiamai a bassa voce, poi sentii la sua voce bisbigliare “Che c'è Yoko?”

“ Non riesco a prendere sonno...” mormorai.

“Ah...capisco...” disse sottovoce.

“Kyo potresti dormire con me?” gli chiesi supplichevole . Lui alzò un po' la voce dicendo “Ma che sei impazzita! Se tuo padre ci scopre nello stesso letto cosa potrebbe pensare?”

Io mi avvicinai verso dove proveniva la sua voce, poi toccai qualcosa,poi capi che si trattava del suo petto, poi spostai la mano raggiungendo il suo braccio, stringendolo forte per trascinarlo via,alla fine si lasciò convincere da me.

Ci muovevamo cercando di fare meno rumore possibile, poi ormai giunti nella mia stanza ci baciammo con fervore, come se fossero passati anni dall'ultima volta che ci eravamo baciati, poi però mi rammentai di quel che mi avesse detto mio padre, lui si era occupato di me solo per denaro, così improvvisamente gli morsi le labbra per mettere fine al bacio. Lui discostò le sue labbra dalle mie chiedendomi che cosa mi fosse preso.

“E' vero che ti sei occupato di me, perché mio padre ti ha dato in cambio dei soldi?”

“Si, però io non l' ho fatto per i soldi, quelli neppure li ho usati, ci ho comprato solo quel ferro vecchio...”

“Sei un bugiardo!” affermai infuriata.

“Non ho alcuna voglia di litigare, te l' ho già detto non l'ho fatto per i soldi e poi se fosse stato per quello credi che avrei fatto l' amore con te, di certo tuo padre non mi pagava per fare questo genere di cose con sua figlia, non credi?”urlò senza accorgersene.

Dopo un po' udii dei passi, di colpo ci zittimmo tutti e due, poi sentii bussare alla porta,Kyo si nascose sotto il letto, mentre io mi decisi ad aprire, mi ritrovai faccia a faccia con mio padre che diceva di aver sentito qualcuno urlare, entrò nella stanza senza che potessi fermarlo, poi disse “Lo so perfettamente che sei qui, è inutile che ti nascondi!” disse infuriato.

Io guardai mio padre fingendo di non avere idea di cosa stesse parlando e dicendo che ero sola nella stanza, poi controllò ogni parte della stanza e poi si chinò sotto il letto per vedere se lì c'era Kyo, alla fine lo trovò trascinandolo con violenza fuori.

“Ho sentito perfettamente ogni parola, io ti ammazzo!” ringhiò mio padre, mentre Kyo si alzò dal pavimento,tentando di spiegare che c'era un malinteso, ma ad un certo punto capì che era inutile continuare a negare l' evidenza.

Io spaventata osservavo mio padre fuori di sé, era pronto per uccidere Kyo, lo si leggeva da quello sguardo severo che non ammetteva giustificazioni e né repliche di qualunque sorta,mentre Kyo si fece di coraggio dichiarando, “Ok d'accordo quel che ho detto è la pura verità, non c'è alcun bisogno di continuare negarlo e ammetto di aver sbagliato poiché lei mi ha affidato sua figlia ed io ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare, però io...”

Mio padre non gli diede neppure il tempo di finire il discorso e gli mollò un pugno in pieno volto, mentre lui sorpreso rimase immobile, mentre mio padre si avventava ancora contro di lui urlandogli parole ingiuriose sia contro di lui che contro Saito che non aveva tenuto sotto controllo la situazione come avrebbe dovuto.

Io agitata e spaventata non sapevo che fare, mentre Kyo veniva bastonato da mio padre senza reagire, avrebbe potuto farlo se avesse voluto, ma la sua espressione era angosciata, come se fosse pentito anche lui di quel che avesse fatto e si sentisse di meritare tale punizione.

Kyo fini per terra, stremato dai colpi che riceveva da mio padre, mentre lui gli urlava di rialzarsi, Kyo a fatica si rialzò ormai dolorante e pieno di graffi e ferite ovunque, mentre io lo osservavo preoccupatissima, dandomi della sciocca perché non riuscivo a far nulla, se non a rimanere ferma a guardare mentre lui veniva picchiato con violenza.

“Io amo sua figlia!” urlò rialzandosi.

Mentre mio padre gli mollò ancora un altro pugno, pronto ad ucciderlo per la frase appena pronunciata, mentre Kyo disse con un certo impetto“Mi colpisca pure quanto vuole, ma non mi pentirò mai di ciò che ho fatto perché io amo vostra figlia!”

Mio padre fu pronto a scagliarsi ancora una volta contro di lui, ma mi parai di fronte a lui per poter proteggere Kyo e dissi piangendo “Non è colpa sua, sono stata io a volerlo!”

Mio padre in un primo momento rimase stupito dalle mie parole, poi però tornò ad assumere quella sua espressione severa dicendo“Sei così ingenua Yoko, ti sei soltanto lasciata ingannare da questo lurido verme e credo pure di aver capito chi sia in realtà questo bastardo!” mentre Kyo mi diceva di non impicciarmi e di farmi da parte, anche mio padre disse la stessa cosa, ma io non volli ascoltare nessuno dei due,erano così maschilisti, perché quella faccenda miriguardava in prima persona, quindi non potevo lasciare che si uccidessero per colpa mia e volevo che tenessero in considerazione anche i miei sentimenti, non soltanto i loro.

Dopo un po' mio padre si calmò, smise di voler picchiare Kyo, ma disse deciso più che mai che domani stesso mi avrebbe riportato a Tokyo. Io lo guardai contrariata supplicandolo di non farlo, ma lui non volle sentire storie e Kyo rimase in silenzio, senza scomporsi nemmeno un po' contro la decisione di mio padre, sembrava essersi arreso e accettare la mia partenza come se fosse la sola cosa giusta da fare.

“Tanto primo o poi saresti dovuta tornare a Tokyo” affermò mio padre con una certa freddezza.

“Si, ma...” affermai trattenendo a stento le lacrime.

L' idea di lasciare Kyo non mi piaceva affatto, lui era stato colui che mi aveva salvato la vita, che mi aveva ascoltato e consolato quando ne avevo avuto bisogno. Lo amavo tantissimo, avevo fatto l' amore con lui di mia volontà, non mi aveva costretto a fare nulla che non volessi, quindi non riuscivo ad accettare la contrarietà di mio padre, solo perché tra di noi vi fosse una certa differenza di età non significava che non fossimo fatti per stare insieme, perché il nostro rapporto andava oltre tutto questo. Ma mio padre vedeva il nostro rapporto superficialmente come tutte le persone che ci guardavano dall' alto e in basso pronti a giudicare aspramente il nostro rapporto.


Kyo:

Capivo perfettamente la rabbia di suo padre, mi sentivo in parte colpevole, però un' altra parte di me, si credeva innocente e riteneva di aver fatto la cosa giusta, perché amavo Yoko, quindi perché mai avrei dovuto pentirmi di aver fatto l' amore con lei.

Era una ragazzina, però io non le avevo fatto del male, anzi le avevo dato il mio amore, le avevo fatto scoprire cosa significasse essere amati facendole riacquistare fiducia negli altri, quindi perché mai avrei dovuto pentirmi?

Ma se pur una parte di me la pensava così, l' altra si sentiva la coscienza sporca, mi sentivo un sudicio depravato che non aveva saputo assecondare i suoi desideri carnali, così queste due parti di me entravano continuamente in conflitto, poi però prevalse la prima che disse con decisione “Mi colpisca pure quanto vuole, ma non mi pentirò mai di ciò che ho fatto perché io amo vostra figlia!”

Ero pronto a ricevere un altro pugno, un altro spintone, non mi importava avrebbe potuto picchiarmi per quanto volesse, ma i sentimenti che nutrivo per Yoko non sarebbero cambiati.

Dopo Yoko si immischiò parandosi davanti a me per difendermi dal padre che era pronto a farmi a pezzi, Nageshi si fermò per non colpire sua figlia. Lei disse tra i singhiozzo “Non è colpa sua, sono stata io a volerlo!”

“Sei così ingenua Yoko, ti sei soltanto lasciata ingannare da questo lurido verme e credo pure di aver capito chi sia in realtà questo bastardo!” affermò il padre furibondo.

Io le dissi di farsi da parte, anche il padre disse la stessa cosa, ma lei non volle darci ascolto così il padre si limitò col dire che il giorno seguente l' avrebbe riportata a Tokyo. Yoko lo supplicò di non farlo poi fini anche per agitarsi.Io rimasi immobile e in silenzio, non trovai neppure la forza di obbiettare, non riuscivo a credere che il giorno seguente Yoko sarebbe uscita dalla mia vita e del resto sapevo che per legge lui era suo padre e lui era il solo a poter disporre della sua vita, mentre io non ero nessuno, non potevo far nulla e forse dopotutto quella era la sola cosa giusta da fare, dopotutto lei era una quattordicenne ed io un ventiduenne ex delinquente, quale futuro poteva mai darle un tipo come me?

Il padre rispose alle continue repliche della figlia dicendo che tanto primo o poi avrebbe dovuto tornarci a Tokyo. Yoko avrebbe voluto continuare a controbattere che non era d'accordo, trattenendo a stento le lacrime, ma non ebbe più la forza di di dir nulla, poi il padre uscii dalla stanza dicendo che se tra 10 minuti non mi vedeva sdraiato sul divano, sarebbe entrato nella stanza di Yoko per uccidermi.

Io annui con il capo amareggiato da quella sgradevole situazione, poi quando il padre uscii capì che quelli erano gli ultimi 5 minuti che ci rimanevano da poter passare insieme, così l' abbracciai per un'ultima volta, mentre lei infuriata mi disse “Perchè non hai detto nulla? Tu vuoi che torni a Tokyo?”

“Yoko non c'è altra soluzione è lui tuo padre...non io, io non sono nessuno, per la legge sono solo un pedofilo che ti ha molestato...” affermai costernato.

“Allora questo è un addio?” mi chiese disperata.

“Si” affermai cercando di non apparire troppo triste.

Lei mi mollò un sonoro schiaffo con rabbia e sconsolatezza, mentre io mi voltai per uscire dalla stanza, massaggiandomi la gota colpita.

“Ci tieni veramente molto a me da quel che vedo...” affermò con amarezza.

Mentre io finsi di non udirla uscendo dalla porta, ma Yoko mi seguii insultandomi dicendo che ero soltanto un codardo che scappava di fronte le difficoltà, ma io finsi ancora una volta di non sentirla continuando a camminare, poiché ero sicuro che se mi fossi girato e avrei incrociato il suo sguardo non avrei trovato la forza per poter rinunciare a lei.

“Ti odio! Mi hai fatto credere che ci tenessi veramente a me e invece!” affermò piangendo.

Io non mi voltai, ma mi fermai dicendo “ Odiami se questo ti fa sentire meglio, ma non soffrire per qualcuno che non ti ha amato abbastanza...”

“No, tu non mi hai mai amato, altrimenti ti saresti opposto alla decisione di mio padre!” esclamò con ferocia.

“Si, hai perfettamente ragione, volevo soltanto scoparti tutto qui” affermai con freddezza, almeno così sarebbe stato meno doloroso il distacco, se mi avesse creduto uno stronzo, ne avrebbe sofferto meno.

“Come?” chiese scossa dalle mie parole.

“Non fingere di non aver sentito. Hai capito perfettamente! Volevo soltanto divertirmi, del resto sei soltanto una bambina, cosa credevi? Che facessi seriamente?” dissi con una risata sadica e sferzante.

“Allora tutto quello che hai detto prima, era soltanto una bugia?” mi chiese sconvolta.

“Certo, volevo soltanto che tuo padre non mi denunciasse, quale era la mia sola preoccupazione!” affermai freddamente.

Yoko non disse più nulla, ma sentii i singhiozzi che tratteneva a stento, mentre io avanzavo per tornare a stendermi su quel divano. Ormai arrivato lì vidi il padre di Yoko che mi attendeva con una luce accesa, poi non appena mi vide arrivare si mise a dormire, mentre Saito dormiva profondamente senza essersi accorto di nulla, io mi rigirai più volte in quello scomodo divano, diverse volte, senza riuscire a dimenticare il volto di Yoko in lacrime, ma ero certo di aver fatto la cosa giusta, dopotutto avrebbe sofferto solo ora, poi mi avrebbe odiato e poi si sarebbe dimenticata una volta e per tutte di me ed ero certo che a Tokyo avrebbe conosciuto qualcun altro, un ragazzo della sua età di buona famiglia che si sarebbe preso cura di lei e che suo padre avrebbe di sicuro approvato.

Ma l' idea che conoscesse qualcun 'altro se da una parte mi rendeva felice, perché ero certo che era la sola cosa giusta da fare, dall'altra mi angustiava, non volevo che ci fosse qualcun altro che potesse abbracciarla,toccarla e baciarla, avrei voluto essere il solo a poterlo fare. Ma quell' altra parte di me mi diceva di non dover essere egoista che avrei dovuto pensare solo e soltanto al suo bene e quindi avrei dovuto accettare l' idea che stesse con qualcun altro che potesse renderla felice.

Il giorno seguente, fui svegliato dalle urla del padre di Yoko, che aveva trovato un bigliettino poggiato sul suo letto dove c'era scritto “Addio, non voglio uccidermi, ma voglio soltanto stare lontano da tutti e due, sia da te papà che da lui... Non mi fido di voi uomini, siete tutti così falsi e sudici,ah ho preso dei soldi dai vostri portafogli, forse tornerò a Tokyo quando mi sarò calmata, ma nutro forti dubbi in merito.”


Ritorna all'indice


Capitolo 48
*** Epilogo ***


Kyo:

Dopo aver letto il fogliettino insieme al padre, mi sentii morire, Yoko era scappata via, senza dire dove fosse diretta ed era tutta colpa mia, l' avevo ferita e adesso chissà dove era e in quali mani avrebbe potuto finire.

Non mi lavai neppure scesi di corsa insieme al padre per cercarla ovunque, con quella macchina che andava lentissima, rischiai persino di fare un incidente, perché osservavo soltanto i marciapiedi e l'andirivieni della gente, ma non le macchine e i motori che frenavano per non venirmi addosso, mentre il padre di Yoko mi avvertiva del pericolo, riportando la mia attenzione verso la strada, dopo un po' la macchina si fermò del tutto, era finita la benzina, così proseguimmo la nostra disperata ricerca a piedi, poi mi rammentai una cosa, non avevo più il mio telefonino forse se l' era portato lei,così dissi al padre di Yoko di prendere il suo telefonino, glie lo tolsi dalle mani senza dargli alcuna spiegazione e composi il numero del mio cellulare, ma non rispondeva nessuno, poi però sentii la chiamata venir interrotta, l' aveva rifiutata, dopo richiamai con insistenza supplicandola di rispondere, ma Yoko la rifiutò per una seconda volta, riprovai la terza volta, ma il telefonino era stato spento.

“Merda!” urlai infuriato lanciando il telefonino per strada,mentre il padre di Yoko rimaneva in silenzio, forse stava riflettendo su dove la figlia potesse essersene andata.

Il telefonino si aprì in due parti, si era tolta la batteria, Nageshi neppure lo raccolse dall' asfalto, lo lasciò lì, poi disse “Calmati, adesso riflettiamo su dove possa essere andata!”

“Non conosce neppure le strade di Okinawa e si azzarda ad andarsene a zonzo per la città, che incosciente!”

“Ha detto di volersene andare lontano da noi due, quindi suppongo che se ne voglia andare da Okinawa di conseguenza o vuole andare alla stazione di Okinawa oppure all' aeroporto...” affermò Nageshi.

“Allora ci converrà separarci lei vada all' aeroporto ed io alla stazione... d'accordo?” proposi tentando di mantenermi calmo, nonostante fossi nervosissimo.

Non avevamo neppure i soldi per un taxi, Yoko ci aveva sotratto tutti i soldi che avessimo nel portafogli, quindi ci ritrovammo a fare l' autostop, Nageshi riuscii a far fermare qualcuno, utilizzando la sua carica politica per convincere qualcuno a fermarsi urlando per strada la sua identità e dicendo che se gli avessero dato quel passaggio dopo li avrebbe ricompensati di sicuro, mentre io mi parai contro le macchine rischiando di farmi investire per richiedere quel passaggio, alcuni mi bestemmiarono contro non essendo affatto disposti ad accogliere uno come me nella loro macchina, così feci quello in cui ero bravo, rubare.

Menomale che avevo portato la pistola pensai, poi puntai la pistola contro una macchina urlando di fermarsi, il conducente si fermò di botto, poi non appena si fermò aprì la portiera intimandolo di scendere puntandogli contro la pistola, lui scese spaventato,così finalmente avevo una macchina per poter raggiungere la stazione di Okinawa sfrecciai come un pazzo, ma poi fui costretto a dovermi fermare a causa del traffico, così scesi dalla macchina correndo come un disperato, ma a piedi non ce l' avrei mai fatta ad arrivare in tempo.

Sperai che Yoko si trovasse all' aeroporto e non alla stazione, perché di sicuro il padre sarebbe arrivato in tempo, ero io quello che non ce l' avrebbe fatta.


Yoko:

Kio aveva detto di non amarmi che il suo solo interesse era stato quello di scoparmi, dopo quella frase non ebbi più la forza di dir nulla, piansi disperatamente, trattenendo a stento le lacrime.

Lo odiavo, mi aveva mentito e aveva mentito persino a mio padre, la sua sola preoccupazione era quella di finir in galera per aver messo la mani su una minorenne.

Odiavo lui, mio padre e sopratutto me stessa, perché mi ero lasciata ingannare e odiavo mio padre perché mi aveva affidato a lui, se solo non mi avesse lasciato nelle sue mani a quest'ora tutto questo non sarebbe successo, non avrei sofferto così tanto.

Così decisi di scappare da tutti e due, non appena mi risvegliai con le lacrime agli occhi, corsi via portando via i loro soldi e il cellulare di Kyo, volevo scappare, ancora non sapevo dove l' importante era andare lontano da loro.

Presi il primo autobus che vidi passare, non lessi neppure quale fosse la direzione non mi importava, poi scesi in una fermata a caso, poi pensai che continuando a camminare senza una vera metà sarei comunque rimasta ad Okinawa e che primo o poi avrebbero potuto rintracciarmi, così decisi di dirigermi verso la stazione di Okinawa per prendere un treno che mi conducesse via da quella città, ma non avevo idea di quale fosse la strada per arrivare alla stazione di Okinawa, mi maledii per non essermi portata la cartina di Kyo.

Chiesi indicazione a dei signori, loro mi indicarono la strada che avrei dovuto fare, così incominciai a camminare, prendendo anche la metropolitana, giunta a destinazione, ormai stremata, osservai i treni passare non avevo idea di che treno prendere,uno valeva l'altro, però avrei dovuto decidere una destinazione, così lessi e rilessi i treni in partenza.

Uno conduceva a Tokyo, un altro ad Osaka, un altro ancora ad Hokkaido e poi uno diretto a Kyushu, quello di Tokyo era da escludere, poi alla fine mi decisi a prendere quello di Osaka.

Comprai il biglietto alla macchinetta elettronica e poi aspettai il treno in arrivo, ma era in ritardo, poi ripensai a Reika, adesso la invidiavo, il professore di matematica non l' aveva presa in giro, non aveva usato il suo amore per soddisfare i suoi desideri sessuali, come aveva fatto Kyo ingannandomi con i suoi sorrisi e le sue gentilezze.

Mi dispiaceva non averla salutata, anche se ci conoscevamo da poco tempo, lei forse era stata la sola persona che non mi aveva tradito, aveva mantenuto il mio segreto e non mi aveva ingannato, si era anche confidata con me parlandomi dell' amore che nutrisse per il professore di matematica.

Ripensai alle parole di Kyo e alla sua risata cattiva che riecheggiava nelle mie orecchie provocandomi una stretta al cuore, poi mi sentii vuota, non avevo neppure più la forza di piangere, le aveva consumate tutte e poi non volevo più soffrire per una persona meschina come lui, non meritava neppure una goccia delle mie lacrime.

Ripensai anch a mio padre, odiavo anche lui, perché mi aveva lasciato nelle mani di Kyo, aveva lasciato che quell'uomo mi ingannasse e poi se solo le cose fossero andate diversamente adesso io, lui e mia madre avremmo vissuto felici e invece mia madre morì, io finì nelle mani di Keitawa e poi tra le sudicie braccia di Kyo.

Ormai nulla avrebbe potuto essere come prima, lui non poteva tornare ad essere mio padre, avevo ormai perso fiducia verso tutti gli uomini, persino quando vidi un uomo chiedermi che ore fossero gli risposi malamente, poi udii la suoneria del telefonino di Kyo.

Presi il cellulare, con il cuore palpitante e con agitazione, era il numero di mio padre, rifiutai la chiamata, poi squillò per una seconda volta e la rifiutai ancora, poi lo spensi temendo che potessse scoprire il posto in cui fossi, attraverso il cellulare.

Poi vidi due uomini, osservarmi, erano gli uomini di Keitawa, spaventata mi allontanai dalla stazione facendo finta di nulla, ma i due uomini mi seguirono, così accelerai il passo correndo a perdi fiato, ma dopo un po' arrivai ormai al limite, così mi fermai rassegnata. Loro mi afferrarono per i polsi e mi trascinarono via.


Kyo:

Corsi velocemente, con le gambe a pezzi e i polmoni che mi esplodevano in corpo, con la consapevolezza che se fossi arrivato troppo tardi Yoko sarebbe già salita sopra il treno e sarebbe stato troppo tardi. Per giunta non sapevo che treno avesse intenzione di prendere, oppure avrebbe preso l' aereo, ma era più probabile che si trattasse di un treno, perché per l' aereo ci voleva il permesso di un genitore per farla partire, mentre con il treno sarebbe facilmente passata inosservata.

Arrivata alla stazione, mi fermai osservandomi intorno, mi girai e rigirai ovunque, ma non la vidi, forse era troppo tardi, era già partita, così chiesi a tutte le persone che erano lì se avessero visto una ragazzina, ma nessuno fu in grado di darmi una risposta esaustiva.

Esausto e disperato, mi fermai sperando che fosse in aeroporto, ma ero più che certo che avesse preso il treno, così incominciai a pensare a quale treno potesse aver preso, ma era impossibile indovinare così a buffo quale fosse la sua destinazione.

Rimasi lì diverse ore, si fece persino sera, poi mi arresi e percorsi esausto la strada di casa, rimanendo in attesa del ritorno di Nageshi, speravo che fosse tornato con Yoko, ma quando tornò, lo vidi da solo che nutriva la mia stessa speranza, che fossi stato io a trovare la figlia.

Toshio quando capì la situazione non disse nulla, ma non mi sembrava un granchè preoccupato e dispiaciuto per Yoko, ma ne rimase in un certo senso turbato, forse perché mi vedeva del tutto fuori di me: mi rifiutavo di mangiare e di parlare, mi rintanai nella mia stanza bevendo una bottiglia di vino.

Da quando avevo incontrato Yoko, avevo smesso di bere, perché non ne avevo più avvertito il bisogno, ma adesso che lei non era più con me, mi sentivo solo, perso e disperato, inoltre mi sentivo colpevole della sua scomparsa.

Pensavo a lei tutta sola e disperata con questo buio, in un 'altra città che non conosceva e a tutto ciò che poteva succederle, mi lasciai prendere dal panico e piansi più volte, ricordando la prima volta che l' avevo incontrata:

Si stava buttando giù da quel terrazzo, le avevo salvato la vita, ma nonostante ciò, inizialmente non l'avevo sopportata, avevo persino pensato di ucciderla spinto da Toshio, poi però i sentimenti per lei erano cambiati, me ne ero innamorato senza una vera ragione, mi piaceva tutto di lei, anche quando si arrabbiava e si intestardiva agendo di testa sua, come aveva fatto scappandosene via.

Perché se ne era scappata? Stupida ragazzina, pensai furibondo nell' ubriachezza, aveva davvero creduto alle mie parole pensai ferito, come aveva potuto credere che non l' amassi e come aveva potuto pensare di andarsene via, così senza dire dove fosse diretta.

Gettai la bottiglia di vino per terra frantumandola, poi mi scagliai contro ogni oggetto della stanza gettandolo per terra, poi osservai il letto a baldacchino a forma di cuore dove avevamo fatto l' amore.

Mi sdraiai nel letto sentendo ancora il profumo di Yoko, sparso nel letto, era quell' odore particolare e indefinito che possedeva soltanto lei, avrei voluto sniffare quell' odore mantenendolo nelle mie narici, ma ormai si era perso e confuso con il mio fetore, puzzavo di alcool e di sudore.

Dopo un po' il padre di Yoko, mi chiamò dicendo che gli era arrivata una chiamata al telefonino da Keitawa che gli aveva detto di aver rapito Yoko.

Io ero ancora mezzo ubriaco per capire cosa stesse dicendo, mi ripresi dalla sbornia non appena Toshio mi preparò del caffè, poi compresi chiaramente le parole di Nageshi che mi spiegò meglio la situazione.

In pratica Keitawa aveva rapito Yoko, perché voleva che Nageshi abbandonasse le elezioni, ma da quel che sapevo non c'era alcun pericolo che Nageshi venisse eletto primo ministro e allora perché Keitawa lo temeva così tanto da rapire la figlia per convincerlo a rinunciare?

Arrivammo nel luogo d'incontro dove aveva detto Keitawa. Era una vecchia casa abbondata che stava cadendo letteralmente a pezzi, li vidi una Yoko legata ad una sedia, braccata da Keitawa e da altri uomini, con una benda alla bocca che le impediva di parlare.

“Adesso piantala, abbandonerò le elezioni, ma lasciala stare!” affermò il padre di Yoko.

Keitawa non gli diede affatto ascolto e poi disse “ Non hai pagato abbastanza per i tuoi errori, Ikuto!”

“Se hai dei conti in sospeso con me, pigliatela con me e non con mia figlia!” affermò alterato.

“No, è più divertente così...” affermò osservando sadicamente Nageshi, poi il suo sguardo si soffermò confuso verso di me chiedendomi “ E tu figliolo, cosa ci fai qui?”

“Lasciala andare!” affermai furioso e agitato.

“No, spiacente figliolo ma non posso farlo, ci sono troppi conti in sospeso con quest'uomo!” affermò indicando Nageshi.

Poi tirai fuori la mia pistola dandola al padre di Yoko, lui non capì quali fossero le mie intenzioni e prese con incertezza la pistola, mentre gli uomini di Keitawa e lui stesso ci osservava allarmato.

Keitawa posò le sue sudicie mani sul seno di Yoko con un espressione malvagia sul volto, mentre lei cercava inutilmente di liberarsi dalle corde che le stringevano i polsi, io la osservai angosciato, lei mi guardò a a malapena il suo sguardo era spento.

Osservai il padre di Yoko mormorandogli di fare come dicevo io, gli dissi di dire a Keitawa che se non avesse lasciato andare Yoko mi avrebbe sparato e che se non si decideva a lasciarla andare mi avrebbe dovuto sparare per davvero, lui mi osservò incredulo e confuso, poi però infine fece come gli avessi detto.

Keitawa disse “Come se tu fossi capace a sparare a qualcuno. No, tu non sei così, non ti insudici le mani, sei un verme, ma non fino a questo punto!”

Nageshi disse “Tra di noi ci sono soltanto state delle incomprensioni, io ti volevo veramente bene, ti consideravo un fratello e ti avrei anche prestato quei soldi se non fosse stato per i miei genitori che me lo impedirono!”

“Sei un bugiardo, io ero nella merda fino al collo e lo sapevi bene, avevo due bambini da crescere e una moglie... tu invece avevi una famiglia piena di soldi pronta a sostenerti sempre, hai sempre avuto la vita facile tu, sin da quando eravamo piccoli, ti ho sempre considerato mio nemico!” affermò con disprezzo Keitawa.

“Hai ragione sono colpevole di essermi lasciato comandare dai miei genitori, ma non potevo far nulla, mi bloccarono persino la carta di credito, ero ancora giovane per potermi opporre a loro...”

“E stato per questo che ho deciso di candidarmi, per dimostrare a tutti chi è il migliore, quello che merita veramente questa candidatura sono io, perché ho faticato davvero, ho lottato contro tutto e tutti, ho fatto le cose più meschine, per poter arrivare fino in fondo...ho sacrificato i miei figli e tutta la mia intera esistenza per questo, per potermi vendicare di te!” affermò ringhiando.

“Tu sei pazzo!” urlò infuriato Nageshi.

“No, ti sbagli, non sono pazzo sono soltanto incazzato perché in questo schifoso mondo, soltanto quelli come te sono degni di venir considerati dalla società e adesso che sono anch'io come te, ho i tuoi soldi e la vita facile, chi pensi che avrà la meglio io o tu?”

“Non mi importa più nulla di queste elezioni, vuoi diventare primo ministro, bene, diventalo! Abbandonerò la candidatura, non mi importa! Ma lascia in pace mia figlia!Soltanto questo ti chiedo, se hai un briciolo di cuore!” affermò Nageshi.

“Quindi non ti importa nulla delle elezioni, però ti importa di questa puttanella” affermò furioso, puntando un coltello contro il collo di Yoko.

“Sparami!” urlai al padre di Yoko, non appena vidi il coltello puntato verso il suo collo, lui mi guardò incerto, non aveva alcuna intenzione di sparare, ma io uurlai ancora una volta di farlo se voleva che Yoko si salvasse, così mi sparò alla gamba.

Sentii il proiettile penetrarmi nelle ossa del ginocchio, ebbi come l'impressione che un pezzo di osso si fosse spezzato e persi l' equilibrio provando un dolore lacerante.

Keitawa osservò sconvolto verso la mia direzione, io lo osservai sperando che avrebbe liberato Yoko preoccupato della mia salute, dato che ero sempre stato il suo figlio preferito.Speravo che se nutrisse ancora un po' di affetto per me, avrebbe lasciato andare Yoko per salvarmi la vita, ma lui non lo fece anzi mi diede dello stupido, così continuai ad urlare al padre di Yoko di spararmi, tanto valeva che se moriva Yoko morissi pure io nel tentativo di salvarla.

Suo padre mi sparò all' altra gamba, ricaddi per terra ormai non riuscendo più a sollevarmi, aveva tutte e due le ossa delle ginocchia fratturate dai proiettili. Poi vidi Keitawa gettare il coltello sul pavimento, mentre Nageshi continuava a tenere la pistola puntata verso di me, ma non appena si accorse che aveva liberato la figlia, smise di puntare la pistola contro di me per slegare la figlia, ma gli uomini di Keitawa lo fermarono.

“D'accordo non mettiamo in mezzo i nostri figli, risolviamola fra di noi...” disse impugnando una pistola.

“ Facciamo così Yoko canterà una canzone, non appena la canzone termina, chi spara per prima sopravvive, mentre chi spara nell'ultimo istante muore, d'accordo?” propose Keitawa

Nageshi disse “Non potresti semplicemente dimenticare il passato? Io non ho alcuna intenzione di ammazzarti!”

Liberò la bocca di Yoko dalla benda, dicendogli di cantare una canzone enka che cantava sempre sua madre, quando Nageshi gli chiese come faceva a sapere che la madre di Yoko cantasse spesso quella canzone, lui disse divertito, che c'era andato a letto, ma che quella puttanella come la sua ex moglie ovvero mia madre non amava gli uomini come lui, ma sapeva amare solo e soltanto gli uomini ricchi come lui.

“Eri innamorato di Kyoko?” chiese il padre scioccato.

“Ma figuriamoci se ero innamorato di quella puttanella...” affermò con cattiveria.

“ Invece si altrimenti non mi spiego perché tu ce l' abbia così tanto con me...” esclamò Nageshi.

“Si, e magari sono pure innamorato di tua figlia, ma non dire stronzate altrimenti giuro che l' ammazzo!”affermò incollerito.

“Ok , non ti agitare...” rispose Nageshi preoccupato per Yoko, mentre io non riuscivo ancora ad alzarmi da terra.

Yoko con la bocca ormai libera chiese con le lacrime agli occhi “ perché ci stai facendo tutto questo?”

Keitawa gli rispose urlando “Perchè siete tutti degli ingrati, anche tu, ti ho cresciuta in casa mia come se fossi mia figlia e tu invece di amarmi te ne sei andata e hai persino tentato di avvelenarmi, sei come tua madre e come tutte le altre donne che ho conosciuto, ma la cosa più brutta è che l'unica donna è che davvero mi ama non riesco ad amarla!”

Di fronte quella rivelazione restammo basiti e preoccupati, lui aveva amato la madre di Yoko e adesso era innamorato di Yoko, nonostante tutto il male che le avesse fatto, lui affermava di amarla, non capivo e anche Yoko sembrò non comprendere affatto.

“Tu mi hai sempre molestato, fatto del male e adesso dici di amarmi?” chiese scossa.

“La cosa che più detesto è sentirmi impotente davanti ad una donna, detesto, mostrare la mia fragilità e quindi tentavo chiaramente di celarla e poi ti volevo, ti desideravo più di ogni altra cosa e non mi importava se non mi volevi, io ti volevo e questa era la sola cosa che contava, poi facendoti del male in un certo era come far pagare tuo padre per il male che mi avesse fatto...”

“ Tu sei pazzo!” urlò il padre di Yoko, non volendo sentire oltre.

Keitawa avvicinò le sue labbra a quelle di Yoko, che era ancora legata, ma ricevette un chiaro rifiuto da quest'ultima che lo morse, Keitawa gli mollò uno schiaffo, poi esasperato lasciò cadere una lacrima dai suoi occhi neri come la pece.

“Bene allora mia amata, canta questa canzone...” affermò facendo una risata sadica.

Yoko cantò spaventata quella canzone costretta da Keitawa, con la sua vocina angelic e con le lacrime agli occhi temendo per l' incolumità del padre. Durante l' esecuzione della canzone Keitawa disse ai suoi uomini di andarsene e di non intromettersi, poi quando Yoko intonò l'ultima strofa, chiuse gli occhi e quando terminò la canzone si udii uno sparo.

Vidi Keitawa disteso per terra, si era puntato la pistola alla tempia, mentre il padre di Yoko si avvicinò a lui, si agitò per un istante sfiorò appena la mano di Nageshi, poi non si mosse più.

Io ero ancora disteso per terra, non ero in grado di muovermi le ossa delle gambe mi dolevano, poi persi i sensi, dovevo aver perso troppo sangue.

Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai su un letto di ospedale. Udii la voce di Yoko chiamarmi con insistenza, quando riaprii gli occhi mi diede con brutalità dello stupido, poiché mi ero fatto sparare per poterla proteggere.

Nageshi mi porse le sue scuse e mi ringraziò per quello che avessi fatto per salvare sua figlia, poi mi sorrise dicendo “Ami Yoko, molto più di quanto io amassi Kyoko e me ne vergogno... per lei non ho mai fatto nulla di simile anzi quando le cose si complicavano, io me la svignavo, non ho mai avuto neppure il coraggio di sposarla come avrei voluto a causa della contrarietà dei miei genitori...”

I dottori dissero riguardo le mie condizioni che per molto tempo avrei dovuto camminare con la sedia a rotelle, ma che c'erano molte probabilità che avrei ripreso l'uso delle gambe. Yoko si sentii in colpa a causa di ciò, ma io finsi più volte di non aver alcun problema e che l'idea di non poter camminare non mi preoccupasse affatto, ma che la sola cosa che mi preoccupasse davvero era la sua compassione, oppure il fatto che non sopportasse l'idea di stare con qualcuno che avesse perso l'uso delle gambe.

Inizialmente fu doloroso dover accettare il fatto che non potessi più camminare, tentai più volte di alzarmi da quella carrozzina cadendo ripetutamente, era difficile accettare il fatto che avessi perso il controllo dei miei arti, poi però mi abituai o comunque fini per accettare quella condizione con rassegnazione.Ma quando vedevo Yoko sempre con il sorriso stampato in faccia che trasportava la mia carrozzina, mi sentivo meglio e lei mi incoraggiava dicendo che sicuramente un giorno avrei potuto di nuovo correre e camminare, perché anche i medici dicevano che avevo delle buone probabilità e che dovevo ancora fare la riabilitazione.

Nonostante avessi perso l'uso delle gambe non mi pentii mai di quel che avessi fatto, perché io amavo Yoko e lei amava me, mi sosteneva sempre e mi incoraggiava anche in quei momenti difficili.



Yoko:

Soffrivo molto per Kio ridotto in quelle condizioni, ma io ne ero sicura primo o poi io e lui avremmo corso insieme e avremmo ancora una volta giocato insieme come due bambini, non sapevo il perché ma ne ero sicura, anche i medici lo dicevano che c'erano molte probabilità e anche mio padre adesso era dalla nostra parte.

Riguardo Toshio, alla fine sembrò cedere al fascino di Saito e non mi ebbe più di tanto in odio, nonostante per colpa mia suo fratello avesse perso l'uso delle gambe, molto probabilmente perché vedeva con quanto amore mi occupassi di lui, nonostante la situazione fosse difficile da gestire.

Riguardo le elezioni, venne eletto mio padre primo ministro, ma alla fine rifiutò la carica dicendo che lo avevano votato soltanto perché il suo acerrimo avversario fosse morto, poi Kyo visse in casa nostra.

Un giorno come tanti, mentre lo aiutavo a fare cose che da solo non potesse fare, nonostante lui non volesse e nonostante anche mio padre avesse assunto un ragazzo che lo aiutasse e seguisse in queste cose, io volevo essere la sola ad occuparmi di lui, anche se lui si arrabbiava dicendo che ferissi il suo orgoglio.

Infuriato e ostinato si alzò dalla sedia a rotelle, accorgendosi di non perdere più l' equilibrio, le sue gambe erano finalmente salde come un tempo e sorrise correndo verso di me, mentre io gli dicevo di stare comunque attento e di non sforzarsi troppo, poi contenta chiamai pure mio padre che portò persino lo champagne per festeggiare.


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=408950