Overcoat

di Rowena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Note: Questa storia mi è ronzata in mente subito dopo aver visto Nemico Pubblico, perché il finale non mi ha entusiasmata: non riguardo alla fine di Dillinger, perché la storia è quella, ma bensì proprio a come si arriva alla fine... Mi sembrava mancasse qualcosa; allora ho ricontrollato le date, fatto due conti e rispolverato un mio grande amore... Chicago. Spero che questo bizzarro intreccio piaccia anche a voi!




Era notte fonda quando la ragazza decise di tornare a casa: lasciò gli uffici del Bureau con passo greve, mentre ancora all’interno i festeggiamenti proseguivano. Il supervisore del centralino aveva giusto stappato una bottiglia di champagne, quando lei aveva preso il soprabito dall’appendino e aveva salutato tutti.
«Ma come, Betty, te ne vai di già?», le avevano domandato le sue colleghe, ebbre di felicità: non appena la notizia della morte di John Dillinger era arrivata alla sede di Chicago del Bureau tutti erano saltati in piedi per festeggiare il successo dell’impresa, un risultato atteso da più di un anno.
Lei si era scusata sostenendo che l’aspettavano a casa e che suo padre non vedeva di buon occhio il suo impiego, che spesso si protraeva fino a notte fonda, per cui preferiva andare da lui per comunicargli che finalmente poteva smettere di preoccuparsi. Era una menzogna ben costruita e sensata, visto che molte delle altre centraliniste avevano ricevuto simili pressioni perché cambiassero lavoro, e nessuno l’aveva fermata.
In realtà, i genitori di Betty probabilmente erano in Ohio nella fattoria appartenente alla famiglia da generazioni a gustarsi le poche ore di sonno prima di una nuova giornata di dure fatiche nei campi, ma questo nessuno lo sapeva in ufficio: lei era arrivata a Chicago da sola, scappando da una vita monotona, desiderosa di fare fortuna, magari di diventare famosa nello show business… Non aveva uomini a cui riferire i suoi spostamenti, e così le stava bene.
Fermò un taxi e indicò all’autista l’indirizzo dove portarla, una piccola pensione per donne sole, quindi si tolse i guanti leggeri e si mise a fissare la strada; Chicago di notte aveva tutto un altro aspetto, ai suoi occhi, e quel buio l’aiuto a escludere certi pensieri.
«Allora, signorina, ha sentito le ultime notizie?», domandò dopo qualche minuto l’uomo al volante, cercando nello specchietto lo sguardo della sua passeggera. Betty si trattenne e non sbuffò, frustrata, poi decise di rispondere: «Lavoro al Bureau d’Investigation, perciò sì, ho sentito».

L’ho saputo prima di te, maledetto, prima di tutti gli altri. Ero presente quando Melvin Purvis ha pianificato la strategia per incastrarlo, vivo o morto, e ho filtrato io la telefonata della Donna in rosso. Peccato che verrà comunque rispedita in Romania, a prescindere dal suo bel servizio. Come diavolo si chiama… Non ha importanza. Stupida prostituta!

Il tassista fischia, ammirato. «Lei lavora in quel posto, signorina? Allora ha seguito il caso in prima linea!»
Eccome, quel tizio non poteva neanche immaginarsi quanto vicino all’azione fosse arrivata, così vicina da esserne stata inghiottita, ma non gli disse nulla di tutto questo. Non aveva voglia di mettersi in mostra, non così presto. Rispose una cosa qualunque e si disinteressò della conversazione, preferendo ricordare a se stessa come fosse finita in quella storia.
Betty era stata assunta all’Intelligence un anno prima, dopo la rapina alla First National Bank a East Chicago; quella mattina si era agghindata con i suoi vestiti migliori per fare una buona impressione in banca così da riuscire ad aprire un conto e versarci i suoi primi, sudati guadagni, quando Dillinger e i suoi uomini avevano fatto irruzione.
Betty era stata presa in ostaggio per proteggersi nella fuga, portata col direttore della banca fin fuori città e legata a un albero in attesa che la polizia seguisse le tracce. In seguito, Purvis in persona l’aveva interrogata, domandandole insistentemente se avesse visto la direzione in cui la macchina del ladro era fuggita, e le aveva proposto di collaborare con loro: lei aveva parlato con lui, conosceva la sua voce e quindi poteva essere d’aiuto per lo svolgimento delle indagini.
Aveva accettato, il lavoro era buono e sicuro, con uno stipendio ben più importante di quelli racimolati fino a quel momento con degli impieghi saltuari di breve durata; aveva anche avanzato una richiesta, che però non era stata accontentata, anzi. L’agente l’aveva guardata con disapprovazione quando aveva domandato ingenuamente se era possibile riavere il cappotto che Dillinger le aveva posato sulle spalle per proteggerla dal freddo, spiegandole che ormai era una prova cruciale per individuare la posizione del ricercato… Peccato.
Ci vollero meno di venti minuti per arrivare a casa sua, fortunatamente. Era stanca, voleva solo arrivare alla sua camera, farsi un bel bagno e buttarsi a letto.
Si era già tolta i gioielli, quei due fondi di bigiotteria che poteva permettersi con le sue finanze, e stava per andare in bagno a riempire la vasca, quando qualcuno bussò alla porta.
«Zucchero, ci sei?»

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Capitolo 2
*** Due ***


La ragazza non rispose subito. Sapeva benissimo di chi si trattava, solo una persona nella palazzina poteva bussare alla sua porta a quell’ora e chiamarla zucchero: la padrona di casa, Miss Mama Morton. Betty pensò per un attimo a fare finta di niente, ma di certo quella strega si era appostata alla finestra aspettando di vederla rientrare per scendere al suo pianerottolo e bussare. Il motivo era facile da indovinare, Mama Morton aveva la mania di ascoltare la radio a tutte le ore, e ormai i giornalisti dovevano essere stati informati di quanto era successo a Lincoln Avenue. La notizia della morte di un criminale famoso come John Dillinger non poteva certo aspettare!
Non se poteva guadagnarci su, questo era sicuro. Betty sospirò pesantemente, consapevole di non avere via di fuga, e accese una lampada posata su un tavolino del salotto: poteva fingere un malore? Forse così avrebbe guadagnato una serata tranquilla…
«Sono appena tornata, Miss Morton», rispose alla fine a voce alta, «le serve qualcosa?»
Era una domanda retorica perché, in realtà, Mama non aveva mai bisogno di nulla: aveva uno straordinario talento nel trovare non solo ciò che le mancava direttamente, ma anche piccole cose che avrebbero fatto felici le sue inquiline. Se si aveva necessità di qualcosa, anche generi di contrabbando come i liquori finché era stato in vigore il Proibizionismo, ossia il dicembre precedente, bastava chiedere a lei; era un talento che aveva scoperto e sfruttato per tutto il periodo in cui aveva lavorato nel carcere della Contea Cook, raccontava lei senza vergogna, passando sotto banco sigarette e chissà che altro alle detenute.
Mama ancora si vantava di tutto ciò, sebbene si curasse di tralasciare che quel talento innato, però, era stato la causa del suo licenziamento: quando il nuovo Governatore si era insediato sulla sua poltrona e aveva dato un giro di vite al sistema carcerario della contea, infatti, aveva deciso che anche certe pratiche come quei piccoli favori alle detenute in cambio di denaro, senza parlare delle percentuali che la matrona riceveva dai contratti con l’agenzia Morris. Le jazziste criminali, infatti, facevano scalpore e il mondo dello spettacolo era sempre in caccia di nuove celebrità; Mama non faceva altro che contattare l’agenzia più famosa della città e negoziare qualche ingaggio per le ragazze prossime alla scarcerazione, e poi conteggiare la giusta percentuale per il suo lavoro.
Non aveva importanza che lei tacesse su quei dettagli: tutti sapevano che con il gruzzolo messo via in quegli anni aveva comprato lo stabile dove aveva creato la pensione in cui anche Betty viveva. Ad ogni modo, pagando la padrona di casa, si poteva avere qualunque cosa, bastava essere buoni con lei. Lei lo sarebbe stata a sua volta.
Quella sera, però, Betty aveva qualcosa che nemmeno Mama Morton poteva ottenere con i suoi trucchi: notizie fresche e di primissima mano sull’avvenimento del giorno. O della notte, vista l’ora.
«Non vorrei disturbarti, dolcezza», continuò la donna dall’altra parte della porta, e Betty sapeva che quanti più nomignoli teneri e leziosi avrebbe usato tanto più non si sarebbe arresa davanti a nulla, «ma ho appena sentito la radio… È vero quello che dicono?»
 
È vero che John Dillinger è morto? Questa è la domanda che vorresti pormi, ma non ne hai il coraggio. Ti fa ancora paura come un fantasma delle storie per bambini, tant’è vero che da un anno non ti rechi più in banca per evitare di essere coinvolta in una rapina!
 
Non aveva avuto disposizioni per tacere sulla faccenda prima che il Bureau emanasse la sua versione ufficiale, ma in quel momento le dispiaceva davvero.
«Sì, la telefonata dall’agente Purvis è arrivata in sede poco più di un’ora fa». Betty sperò che si accontentasse, scioccamente. Mama Morton non si faceva mettere a posto con così poco.
«Davvero? Sono sconvolta… Ma aprimi, tesoro, su: non sta bene parlare così con una porta in mezzo».
Forse, eppure Betty non voleva cedere: far entrare la padrona di casa l’avrebbe obbligata a rimanere in piedi ancora per un pezzo e a raccontare nei dettagli cos’era successo nella notte.
Un’altra ragazza probabilmente sarebbe stata più gentile con Mama: Betty sapeva che avrebbe dovuto esserlo, poiché la donna le aveva dato un posto dove stare quando era arrivata a Chicago, le aveva anche trovato un lavoro presso un sarto suo conoscente, in cambio dei magri risparmi che la giovane aveva portato con sé nella fuga verso la città, ma proprio non le riusciva di volerle bene.
Forse perché le aveva trovato un ingaggio per un numero in uno dei principali teatri della città senza neanche chiederglielo, o perché aveva origliato le sue telefonate con gli agenti del Bureau per poi andare a riferire il loro contenuto ai giornalisti, chissà.
Stava cercando una scusa decente così come aveva fatto al lavoro, quando un’altra voce s’infilò nella conversazione: «Ma cos’è questo chiasso, Mama? Io ho bisogno di dormire, lo sai: come potrò trovare un nuovo ingaggio senza il mio riposo di bellezza? Diventerò brutta e indesiderabile, e i proprietari dei club mi rideranno in faccia!»
Betty riconobbe immediatamente quella voce e maledì se stessa per non essere riuscita a liquidare Mama: Roxie Hart era entrata in azione.




Eccomi qui con il secondo capitolo! ^^
Grazie a lolla20 che ha recensito... A presto! Rowi

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