University life

di samy88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Edward POv ***
Capitolo 2: *** Pov Bella ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Edward POv ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Pov Bella ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Edward POv ***


C1 HOLAAAA….
VI STATE SICURAMENTE CHIEDENDO IL MOTIVO DI TALE COMPARSA.
LO SO, LO SO.. DOVREI PUBBLICARE LE ALTRE MIE STORIE… E INVECE COSA FACCIO? NE PUBBLICO UN’ALTRA.
MA QUESTA NON E’ UNA STORIA. QUESTA E’
LA STORIA DI SHINALIA E SAMY88: UNA FANTASTICA FANFICTION A 4 MANI.
BEH SI, I NOSTRI CRICETINI (DEL CERCELLO) HANNO DECISO DI INCONTRARSI E CREARE QUALCOSA DI BELLO E DIVERTENTE (ALMENO COSì SPERO).
SONO IMMENSAMENTE FECILE, E MI SENTO COSì LUNSIGATA DI POTER SCRIVERE CON LEI DA VOLER SALTARE IN TUTTA LA STANZA CON DELLE MOLLE AI PIEDI (AHIME’, LE DEVO ANCORA COMPRARE). E’ UNA RAGAZZA PIENA DI TALENTO E NON SMETTERò MAI DI RIPETERLO.
 
ALCUNE SPIEGAZIONI:
I POV SARANNO DUE (TUTTI UMANI) ALTERNATI A CAPITOLI
@ BELLA: SCRITTO DA SHINALIA
@ EDWARD: SCRITTO DA ME
 
PER IL RESTO, NON VOGLIO ANTICIPARSI NULLA SOLO PER NON TOGLIERVI IL GUSTO DELLA SORPRESA.
 
RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE CHI LEGGERA’ QUESTO NOSTRO DELIRIO E LASCERA’ UN SEGNETTO.
 
SALUTO TUTTI COMPRESE LE TARTARUGHE NINJA, I LEONI IN GABBIA E I GATTI VOLANTI.
 
 

CAPITOLO 1

 



EDWARD’S POV

 




Settembre.

Un'altra estate era giunta al termine. Finalmente. Avevo trascorso questi due mesi, se non altro la gran parte del mio tempo libero, sui tomi di medicina in modo tale da trovarmi avvantaggiato sugli esami universitari del nuovo anno. Mio zio Carlisle era uno dei medici più competenti e rinominati dell’intero stato di Washington, e come tale, possedeva un’infinità di libri sulla scienza medica, dai quali potevo deliberatamente attingere svariate informazioni, ricerche e quant’altro potesse essermi utile e attirare la mia attenzione. Mio padre aveva sempre sperato che seguissi le sue orme intraprendendo il percorso universitario di Legge e diventare un ottimo avvocato o – nel migliore dei casi – giudice. Ma non era quella la mia ambizione. Volevo diventare un medico, salvare la vita delle persone e non ammettere sentenze e condanne, nonostante quest’ultima responsabilità comportasse una rimunerazione abbastanza cospicua. Per l’appunto, quest’anno, la meta dei miei genitori era stata Bora Bora in Polinesia - ad ogni estate corrispondeva una luna di miele. Mi avevano perfino spinto a organizzare un vacanza estiva con gli amici, una di quelle che difficilmente dimentichi, ma avevo declinato il tutto anteponendo lo studio a qualsiasi diversivo.  Una mia caratteristica – o difetto, a seconda dei punti di vista.
Tuttavia, erano molto fieri di me: avevo superato il primo anno universitario alla Dartmouth College in modo esemplare ottenendo il massimo dei voti a tutti gli esami conseguiti. Uno studente modello, degno di esempio.
Non ero il cosiddetto “secchione”, anche se molto spesso Jasper - il fidanzato storico di mia cugina – mi prendeva in giro.
La pazienza è la virtù dei forti.
Semplicemente, prediligevo lo studio a qualsivoglia distrazione.     
Prima il dovere, poi il piacere.
Raccattai gli ultimi libri dalla scrivania; li sistemai con ordine nello scatolone.
« Edward! Edward! Edward! »
Sapevo perfettamente a chi appartenesse quella voce; speravo, tuttavia, che fosse solo frutto della mia immaginazione, l’eco di un ricordo molesto.
Ignorai persino il rumore secco della porta sbatacchiata contro il muro, spalancata con fin troppa foga. Ormai, ci avevo fatto l’abitudine. Soggiornare in casa Cullen per mesi interi, non era affatto una spasso. E ciò non era dovuto assolutamente ai miei zii - Esme e Carlisle erano due persone stupende -, ma a quella piccola – solo di statura - e pestifera cugina dalle fattezze di un folletto dei boschi.
« Edward, non sei ancora pronto? »
Alzai il capo dallo scatolone, sollevandomi gli occhiali con l’indice che, data la posizione curva, erano scesi sino alla punta del mio naso. Sospirai pesantemente palesando solo in una misera parte, la mia irritazione. Indiscutibilmente adoravo mia cugina Alice: era una ragazza molto dolce e altruista. La sua pecca?  L’esuberanza sproporzionata in tutto ciò che faceva e che amava fare.
«Sono pronto, Alice. Devo solo chiudere questo scatolo. Mancano un paio di libri. »  
Tra le mani aveva degli scatolini azzurri con su disegnato due occhi e un goccia d’acqua. Cosa aveva in mente?
Alzò gli occhi al cielo agitando nervosamente una mano. « Libri, libri, libri. Sempre libri. Vuoi svegliarti, una buona volta? »
Inutile ribattere; era una battaglia persa in principio. Per lei, ovviamente. S’accostò al letto ponendo sui libri gli scatolini azzurri. « Queste sono le lenti a contatto. Cerca di utilizzarle di tanto in tanto. »
Aggrottai la fronte con una certa disapprovazione. « Alice sai che non le sopporto. Mi fanno prurito. » Con un gesto automatico mi sistemai gli occhiali da vista.
Alice esibì un espressione furba, molto furba. Dalla tasca posteriore dei sui jeans estrasse un portaocchiali nero e sottile. Me lo porse col viso di “chi la sa’ lunga”.
Lo aprii con un certo timore. Non c’era mai da fidarsi di Alice. Era una donna e come tale, machiavellica. Al’interno vi erano un paio di occhiali da vista dalla montatura nera. « E questi? » Domandai con un sopracciglio arcuato.
Alice batté le mani contenta, come se avesse ricevuto uno dei regali più agognati nella sua vita. « Sapevo che saresti stato restio a utilizzare le lenti a contatto. Perciò… ecco un paio di occhiali nuovi. »
Perché doveva sempre trovare un alternativa poco propensa per il sottoscritto? 
« Alice, i miei sono perfetti.»
Si indispettì, s’imbronciò e incrociò le braccia al petto.
Arringa in vista.
« Sei un ingrato! Questi, mio caro, sono Dolce&Gabbana e fanno parte dell’ultima collezione. Sono limitati. Li ha indossati Johnny Deep al Red Carpet. Ti rendi conto? » Parlò velocemente senza riprender mai fiato. Una macchinetta umana. Avevo qualche dubbio, su quest’ultimo punto.
Arcuai un sopracciglio. “Chi?”
« Ohh, Edward! Johnny Deep! » Sbuffò con vigore come una locomotiva. Come un fulmine mi sfilò gli occhiali dal viso, li chiuse stringendoli in una mano. « Indossali. E sbrigati. Non voglio arrivare tardi. »
Uscii dalla stanza leggiadra, come una ballerina.
Sospirai indossando i nuovi occhiali indossati da… da… a stento ricordavo il nome di quel… forse attore, cantante, produttore… non sapevo neanche che ruolo avesse nel mondo dello spettacolo.
C’era da aspettarselo: con Alice lo stress pre-universitario era indispensabile.
Con un certo sforzo, e vari viaggi dalla mia stanza al piano inferiore, discesi i vari scatoloni sigillati, pronti per esser portati in auto.
Alice in queste cose era molto minuziosa, di conseguenza, i suoi vari pacchi (contenenti più vestiti che altro) erano già stati sistemati precedentemente in auto.
Poggiai l’ultimo scatolone con affanno sul pavimento lucido dell’atrio. Era sfinito. Non che il fisico mancasse per fare certi movimenti, ma ero abituato. Alice mi passò affianco aprendo la porta d’ingresso di casa Cullen dalla quale sbucarono Jasper e Rosalie – sorella alquanto acidula di quest’ultimo. Era una matricola: questo era il suo primo anno all’università dopo uno Scambio Culturale in Canada.
« Edward, vuoi una mano? »
Guardai Jasper con infinita gratitudine. « Magari. »
Mi fissò con un cipiglio curioso in viso. « Occhiali nuovi? »
Alice comparve, come per magia, accanto al suo fidanzato. Mi osservò compiaciuto anticipando la mia risposta.
« Sì, amore. Sono gli stessi che ha indossato Johnny Deep. »
Rosalie spalancò la bocca osservando con meticolosa attenzione i miei occhiali, come se potesse trovare quel tizio da qualche parte. « Sul serio, Alice? Sono fantastici. »
Donne! Tutte uguali.
« Chi? » Disse Jasper con sguardo e tono scettico. Oh, non ero l’unico a non conoscere quel tale.
Il colorito di Alice sembrò cambiare tonalità alla velocità della luce: da rosa candido divenne rosso porpora, quasi viola. « Jasper Hale, vuoi dirmi che non conosci quell’attore? »
Ecco svelato il primo mistero: era un attore. Tuttavia, decisi di soccorrere in suo aiuto e non solo per cortesia; i miei timpani e i miei nervi, non avrebbero retto una seconda paternale in merito ad un tizio con i miei stessi occhiali.
Circondai con un braccio le spalle di Jasper. « Certo che Jazz lo conosce. »
Lui mi scoccò un occhiata scettica. « Lo conosco? »
Strinsi le sue spalle: chiara richiesta di sostegno. Con voce bassa, sussurrai: « Abbi pietà delle nostre orecchie. Le donne qui sono due: sopportiamo a stento una paternale. Figurati da entrambe. »
Jasper capì al volo e si riprese fingendo una risatina divertita. « Stavo solo scherzando, amore mio. So perfettamente chi è Dhoppy Jeen. »
Mi tolsi gli occhiali strofinandomi ripetutamente gli occhi in un chiaro segno di disperazione. Non avevo alcuna intenzione di vedere lo sguardo livido di ben due donne per aver storpiato il nome ad un attore - a quanto pareva - famoso.
Presi velocemente un paio di scatoloni dirigendomi al garage.
 
- - -
 
Mi ero sbagliato. Una distrazione nella mia vita c’era. La mia piccola, dolce e passionale distrazione: Vivien. Le accarezzai con riverenza e amore il cofano. Ah, senza non saprei come vivere.
A parer mio, le auto rappresentavano la perfezione; a differenza della donne non erano opprimenti, estremamente esigenti e vanitose. Tutte caratteristiche del genere femminile.   
La mia Volvo C60 era un gioiellino dalla carrozzeria grigia, lucida, elegante e sportiva al tempo stesso. La velocità era la mia fonte costante di adrenalina allo stato puro. L’unica distrazione che mi concedevo. Il Dartmouth College si trovava ad Hannover nel New Hampshire e distava centinaia di chilometri da Forks. L’idea migliore sarebbe stata quella di prendere un aereo risparmiando, in quel modo, parecchio tempo e probabilmente anche denaro, ma non me la sentivo di lasciare Vivien sola. Sarei andato anche alla parte opposto del mondo con lei.
« Sei un traditore! » Esordì Jasper sbucando dalla porta che conduceva al garage.
Sospirai con un sorriso tirandomi su gli occhiali con l’indice. « Io ti avevo avvisato. »
« Come no. » Posò lo scatolone sul pavimento. « Pronto a fare conquiste quest’anno? »
« Jazz, se tu non fossi fidanzato con mia cugina… »
Jasper mi interruppe liquidandomi un gesto della mano. « Farei strage di cuori in tutta l’università, lo so. »
« Non era questo quello che volevo dire. »
Era strafottente? Un po’.
« E tu, quando ti deciderai a cercare una ragazza? »
Alzai le spalle. «Jazz, devo raggiungere il mio obbiettivo. Prima la laurea. Poi il resto. »
Jasper sbuffò ponendo lo scatolone nell’auto. « Sembri mio nonno. »
Un sorriso alquanto scaltro spuntò sul mio viso. Mi sistemai nuovamente gli occhiali D&G. « Allora tuo nonno deve essere molto furbo. »
 

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Capitolo 2
*** Pov Bella ***


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Edward POv ***


3 SALVE A TUTTI.
MI PROSTO AI VOSTRI PIEDI. E’ COLPA MIA, SOLO MIA PER IL RITARDO PERCHE’ IL CAPPY TOCCAVA ALLA SOTTOSCRITTA E NON L’HO SCRITTO SUBITO. VI CHIEDO ANCORA SCUSA.
RINGRAZIO ANCORA MANU-SHINALIA  PER L’INFINITA PAZIENZA CHE MOSTRA NEI MIEI CONFRONTI., E PURTROPPO CHE NON MERITO.
RINGRAZIO MILLE I PREFERITI E I SEGUITI (SONO TANTISSIMI… SONO RIMASTA A BOCCA APERTA). PER NON PARLARE DEI COMMENTI A CIASCUN CAPITOLO… VI HO CEDUTO UN BATTITO DEL MIO CUORE A CIASCUNO DI VOI.GRAZIE INFINITAMENTE ANCHE AI LETTORI SILENZIONI.
 

PS: AVETE LETTO L’ULTIMA STORIA SI SHINALIA?


E’ FORTE… E PROPRIO PER QUESTO E’ INCREDIBILMENTE BELLA (ARMATEVI DI FAZZOLETTI)!!!



VI LASCIO AL CAPITOLO.
 
BUONA LETTURA A TUTTI.
 


EDWARD’S POV

 


Viaggiammo per più di otto ore sull’autostrada verso Hannover. A causa delle “donne aggregate”, sostammo perfino un paio di volte nelle aeree di servizio munite di tavola calda e piccoli negozi dove poter comprare vari souvenir.

Avrebbero dovuto creare anche un cartello da appioppare in auto mediante un adesivo con su scritto DONNE A BORDO. L’avvertimento di un pericolo più che esplicativo.
Alice si era autonominata mia cicerone per metà viaggio. Un gesto molto altruista da parte sua, ma totalmente snervante per il sottoscritto. Parlava di continuo, senza sosta di qualsiasi cosa le passasse per la mente. Una vera mitragliatrice per la mia testa considerati gli argomenti: look, moda, pettegolezzi e così di seguito. La sua vocina squillante sovrastava perfino la musica dell’autoradio. La maggior parte delle volte la lasciai parlare liberamente fingendo di prestare molta più attenzione di quanto lei stessa desiderasse. Mi limitavo ad annuire; un gesto dettato in gran parte dal tempo della musica.
«Edward ma mi stai ascoltando?»
«Certo Alice.» Mentii con nonchalance. Potevo ricevere perfino un oscar da attore non protagonista. Ero impassibile e fintamente attento. Probabilmente avrei potuto fare concorrenza persino a quell’attore con lo stesso mio modello di occhiali.
«Allora sei d’accordo con me?»
«… direi di sì.» La mia affermazione fu piuttosto titubante. Con Alice la guardia doveva restare sempre alta e in quel caso la mia era leggermente assopita dal suo ciarlare esagerato.
Batté le mani contenta. «Quindi, la cerco bionda o bruna?»
«Cosa?»
«La ragazza di cui ti innamorerai perdutamente.»
Sbuffai. Tornavamo sempre sullo stesso argomento. «Alice, quanti esami avete fatto tu e Jazz lo scorso anno?» La canzonai sicuro della mie parole. «Due in meno rispetto al sottoscritto. E per quale motivo?»
Alice incrociò le braccia sotto al seno. «Io amo Jazz.»
«Appunto.» Replicai. Avevo raggiunto il mio obbiettivo con fin troppa facilità: aveva spillato lei stessa la causa di tale tergiversare. Probabilmente, la facoltà di legge non era poi totalmente da scartare. Ero abile anche nel far assumere le proprie colpe ai criminali. Che genio!
 
L’altra metà del viaggio fu piacevolmente silenzioso; il posto del passeggero nella mia auto fu occupato da Rosalie. Alice raggiunse il fidanzato nella Mercedes azzurra. Fortunatamente le auto in circolazione non furono molte e Jasper non esitò a spingere il motore della sua ad una velocità decisamente oltre il consentito; una sfida malcelata alla quale non potevo certo restare indifferente. La mia Vivien era perfetta per le scariche di adrenalina.
Al calar del sole, giungemmo al tanto atteso Dartmounth College. Esso si estendeva in molteplici imponenti edifici adibiti nel conseguimento delle lezioni dei vari rami universitari, in dormitori – divisi in maschili e femminili- e in ampie aree verdeggianti con svariati alberi secolari piantati.
Sospirai di sollievo quando varcai la grossa cancellata in ferro battuto. Al mio fianco Rosalie si agitò osservando il tutto con acuto trasporto vagando con lo sguardo fin dove la vista le potesse permettere di farlo. Ricordava tanto me il primo giorno a Dartmounth. Ero agitato, concitato all’inverosimile. Non vedevo l’ora di potermi definire finalmente studente universitario e poter finalmente conseguire e intraprendere la facoltà di medicina.
Ero una matricola e come tale mi aggiravo nei corridoi di soppiatto col terrore di esser preso di mira dagli studenti veterani. Ciò capitava spesso nelle feste delle confraternite alle quali, modestamente, non partecipavo. Mi rintanavo nella mia stanza del campus a studiare per gli esami.
In quel modo, ero sempre stato avvantaggiato rispetto a tutti. Una volta ero stato perfino interrotto da Spugna-Jasper; aveva bevuto una quantità esorbitante di alcol non prendendo in considerazione le conseguenze. Sbronza allo stato puro conseguita da una nottata insonne trascorsa interamente nel bagno accoccolato accanto al water premunendo ogni attacco di rigetto acuto. Una scena da ricordare per tutta la vita: in primo luogo divertente data la faccia perennemente sorridente di Jasper e le varie idiozie sparate a vanvera; d’altra parte, altamente disgustoso. Divertente e disgustoso, che strano connubio!
Volevo diventare medico e quella sembrava la prima prova da saggiare della mia scelta.

Posteggiammo le auto davanti al campus: avevamo molti scatoloni da portare nelle nostre stanze e francamente, l’idea di trasportare il tutto dal parcheggio università (lontano quasi due metri) ai dormitori non mi allettava minimente; probabilmente il tutto era dovuto al frangente del primo anno. Jasper ed io, avevamo trascinato da un parte all’altra così tanti pacchi da far invidia ai traslochi annuali di una ditta di trasporti multinazionale e la maggior parte appartenevano ad Alice.
Tuttavia, in parte poteva essere giustificata: era il primo anno e non sapeva ancora quali cose fossero indispensabili per intraprendere la vita universitario. Pertanto, quest’anno il numero dei pacchi dovrebbe essere stato nettamente inferiore. Speranza alquanta vana. Si dice che la speranza è l’ultima a morire, ma a causa di Alice, quella è la prima a decedere, dato il ruolo ricoperto da mia cugina: l’assassina spietata.
La mia auto era abbastanza carica, gli scatoloni quasi traboccavano dai finestrini ma non avrei mai pensato che la Mercedes di Jasper fosse quasi nelle mie stesse condizioni, se non peggiori.
«Alice, i tuoi pacchi sono il doppio dell’anno scorso.» L’accusai ghermendone il primo tra le braccia.
Hale J. – Masen E, La migliore ditta di trasporti sul mercato con servizio del tutto gratuito.   
Anche Jasper prese due scatoloni, uno sopra l’altro rischiando di trovarsi con la visuale occultata.
Alice sorrise sorniona. «Ho fatto shopping in questi due mesi. Non potevo certo lasciare i nuovi acquisti a casa.»
La consapevolezza giunse come il vento. «Hai portato qualche libro?»
Mia cugina posò un dito sul mento. «Sulle cure del corpo, il makeup perfetto…»
«Alice.» La bloccai leggermente brusco. «Parlo di libri universitari.»
Si lasciò andare ad una risatina leggera. «Che bisogno c’era di trasportarli da una parte all’altra? L’ho lasciati nella mia stanza del campus.»
Mi trattenni dal lanciarle uno scatolone appresso. «Forse perché potevi studiare durante l’estate e recuperare gli arretrati?»
Alice scosse il capo con decisione posando entrambe le mani sui fianchi. «L’estate non è fatta per studiare, brutto testone rosso!»
Sbuffai incedendo verso il corridoio del campus femminile. «Sì, certo.»
Una cosa che aveva ormai imparato da tempo era che per sfuggire all’ira delle donne bisognava assecondarle anche quando avevano torto. Una soluzione semplice, risolutiva e sbrigativa.
«Me lo sento cuginetto: quest’anno qualcosa stravolgerà tutti i tuoi perfetti piani.»
Mi fermai a quelle parole fulminandola con lo sguardo. «E con questo cosa vorresti insinuare?» Un mezzo sorriso spuntò sul mio viso. «Sei diventata sensitiva?»
Mi sorpassò altezzosa e austera con il mento verso l’alto. «Sono donna, Edward … e non c’è bisogna che io aggiunga altro.»
 
- - -
 
Nelle tre ore successive, ben centottanta minuti, trasportammo i pesi da una parte all’altra. Dapprima nel dormitorio femminile – nella stanza di Alice e Rosalie (mia cugina aveva fatto carte false affinché si trovassero insieme) – e successivamente in quello maschile sulla sinistra, nella stanza mia e Jasper. L’anno prima questa era in comune con un ragazzo dell’ultimo anno del quale stentavo a ricordare persino il nome. Non ero molto socievole. Jasper, a ridosso della porta, sulla lavagnetta sotto il mio nominativo aveva scritto a caratteri cubitali - affinché lo potessero leggere anche a metri e metri di distanza - “NO PERDITEMPO”.
Che amico premuroso, eh?
Di conseguenza quest’anno, un letto era vuoto e speravo vivamente che sarebbe rimasto tale. Prevenire è meglio che curare; pertanto preferivo restar solo invece di ritrovarmi un altro compagno di stanza casinista.
Jasper era sufficiente.
Cercammo di sistemare il tutto, perlomeno in  gran parte degli oggetti nel minor tempo possibile. Jasper batteva la fiacca e sperava nell’aiuto della sua ragazza pur sapendo che quest’ultima era fermamente impegnata con Rosalie e non si sarebbe smossa dall’amica finché non le avesse spiegato tutto ciò che c’era da sapere sull’università. Al sol ricordo di quel lungo e petulante discorso su cosa fare o meno (come ad esempio,le regole della tavoletta del water) rabbrividivo.
Jasper si gettò a peso morto sul letto. «Sono sfinito.»
Osservai gli scatoli vuoti. Alzai un sopracciglio scettico. «Ma se ne hai svuotato solo uno.»
«Appunto. Tutto da solo.» Si lamentò quasi con disperazione.
Osservai i miei scatoloni. «Me ne rimangono solo due.»
Balzò seduto sul letto. «Tu sei assurdo. Edward, secondo me ti ci vorrebbe del sano sesso.»
«Hai per caso cambiato ramo? Vuoi prendere psicologia?»
Il mio compagno di stanza alzò le braccia in segno di difesa.«Ehi, dicono che sia la soluzione a molti problemi. Forse, potrebbe esserlo anche per il tuo cervello.»
«Dici che riuscirai a laurearti prima ch’io prenda la seconda specializzazione in medicina?» Lo sbeffeggiai canzonatore.
«Ribadisco che hai bisogno di una donna selvaggia e aggressiva sotto le lenzuola. Sai, tipo Alice quando-»
Alzai una mano, bloccandogli le parole. «Alice è come una sorella per me. Preferirei evitare di conoscere certi particolari della sua vita sessuale.»
Jasper mi scrutò con occhio clinico. «Sai, secondo me invece di prendere la specializzazione in chirurgia dovresti scegliere quella di ginecologia.»
Jasper non aveva mai questi scatti di malizia in presenza di Alice, sembrava piuttosto timido e riservato. Con gli amici invece si sbilanciava un po’ più, il che non era affatto un bene. Mi sistemai meglio gli occhiali da vista con un mezzo sorriso. «Se quest’anno avremo qualche esame in comune, stai certo che non avrai alcun aiuto dal sottoscritto.»
Si imbronciò. «Che permaloso.»
Jasper svuotò solo la metà degli scatoli portati. Io terminai prima il lavoro, e nel mentre aprii un libro di medicina iniziato qualche settimana prima della partenza. Durante lo studio, avevo imparato ad isolare le lamentele di Jasper e relegarle in una piccolissima parte del cervello così da concentrarmi appieno sull’apprendimento.
Terminò dopo ben due ore. Era ormai tardi e sapeva perfettamente che Alice era ancora impegnata con Rosalie.
Donne! Loro sì che erano perditempo.
Andammo a dormire, non prima di aver litigato sulla scelta del letto (ormai divenuta ordinaria amministrazione), totalmente stremati dalla giornata conseguita. Avrei anche continuato a studiare ma gli occhi bruciavano terribilmente e le lettere ad un certo punto sembravano così doppie da rileggere come minimo due volte la stessa parola.
 
- - -
 
«Ma che diavolo!»
Esclamò d’un tratto Jasper nel cuore della notte facendomi letteralmente sobbalzare dallo spavento. Spalancai gli occhi cercando di mettere a fuoco la stanza nella penombra.
Accesi la luce e quel che vidi mi fece letteralmente scoppiare dal ridere. Il suo corpo era letteralmente schiacciato dal peso di ben quattro scatoloni. Un ragazzo nerboruto e nettamente più muscoloso di un bodybuilding professionista cercava invano di liberarlo gettando il tutto sul pavimento. «Non ti avevo visto.»
Continuai imperterrito a ridere non riuscendo a trattenermi. Jasper mi trucidò con lo sguardo. «Edward, vuoi darmi una mano?»
Ridevo. Non riuscivo a smettere e naturalmente ero tutt’altro che d’aiuto.
«Sei un secchione idiota!» Inveì Jasper gettandomi addosso il suo guanciale.
Il ragazzo nuovo ridacchiò divertito osservando la scena. «Scusa, pensavo che il letto fosse vuoto.»
Mi portai una mano al mento. «Eppure è strano, perché Jazz russa.»
Un’altra cuscinata in viso. Effettivamente non c’era nulla di più divertente che prendere in giro Jasper.
Il ragazzone bruno mi porse una mano. Probabilmente il mio amico di stanza non inspirava affatto fiducia: era quasi rosso in viso dall’irritazione e combatteva come un forsennato con le lenzuola.
«Piacere, io sono Emmett. Il vostro nuovo compagno di stanza.»   

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Pov Bella ***


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