University life di samy88 (/viewuser.php?uid=68527)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Edward POv ***
Capitolo 2: *** Pov Bella ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Edward POv ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Pov Bella ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - Edward POv ***
C1
HOLAAAA….
VI STATE SICURAMENTE CHIEDENDO IL MOTIVO DI TALE COMPARSA.
LO SO, LO SO.. DOVREI PUBBLICARE LE ALTRE MIE STORIE… E
INVECE COSA FACCIO? NE PUBBLICO UN’ALTRA.
MA QUESTA NON E’ UNA STORIA. QUESTA E’
LA STORIA DI
SHINALIA E SAMY88: UNA FANTASTICA FANFICTION A 4 MANI.
BEH SI, I NOSTRI CRICETINI (DEL CERCELLO) HANNO DECISO DI
INCONTRARSI E CREARE QUALCOSA DI BELLO E DIVERTENTE (ALMENO COSì SPERO).
SONO IMMENSAMENTE FECILE, E MI SENTO COSì LUNSIGATA DI POTER
SCRIVERE CON LEI DA VOLER SALTARE IN TUTTA LA STANZA CON DELLE MOLLE AI PIEDI
(AHIME’, LE DEVO ANCORA COMPRARE). E’ UNA RAGAZZA PIENA DI TALENTO E NON
SMETTERò MAI DI RIPETERLO.
ALCUNE SPIEGAZIONI:
I POV SARANNO DUE (TUTTI UMANI) ALTERNATI A CAPITOLI
@ BELLA: SCRITTO DA SHINALIA
@ EDWARD: SCRITTO DA ME
PER IL RESTO, NON VOGLIO ANTICIPARSI NULLA SOLO PER NON
TOGLIERVI IL GUSTO DELLA SORPRESA.
RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE CHI LEGGERA’ QUESTO NOSTRO DELIRIO
E LASCERA’ UN SEGNETTO.
SALUTO TUTTI COMPRESE LE TARTARUGHE NINJA, I LEONI IN GABBIA
E I GATTI VOLANTI.
CAPITOLO 1
EDWARD’S POV
Settembre.
Un'altra estate era giunta al termine. Finalmente. Avevo
trascorso questi due mesi, se non altro la gran parte del mio tempo libero, sui
tomi di medicina in modo tale da trovarmi avvantaggiato sugli esami
universitari del nuovo anno. Mio zio Carlisle era uno dei medici più competenti
e rinominati dell’intero stato di Washington, e come tale, possedeva
un’infinità di libri sulla scienza medica, dai quali potevo deliberatamente
attingere svariate informazioni, ricerche e quant’altro potesse essermi utile e
attirare la mia attenzione. Mio padre aveva sempre sperato che seguissi le sue
orme intraprendendo il percorso universitario di Legge e diventare un ottimo
avvocato o – nel migliore dei casi – giudice. Ma non era quella la mia
ambizione. Volevo diventare un medico, salvare la vita delle persone e non
ammettere sentenze e condanne, nonostante quest’ultima responsabilità comportasse
una rimunerazione abbastanza cospicua. Per l’appunto, quest’anno, la meta dei
miei genitori era stata Bora Bora in Polinesia - ad ogni estate corrispondeva
una luna di miele. Mi avevano perfino spinto a organizzare un vacanza estiva
con gli amici, una di quelle che difficilmente dimentichi, ma avevo declinato
il tutto anteponendo lo studio a qualsiasi diversivo. Una mia caratteristica – o difetto, a seconda
dei punti di vista.
Tuttavia, erano molto fieri di me: avevo superato il primo
anno universitario alla Dartmouth College in
modo esemplare ottenendo il massimo dei voti a tutti gli esami conseguiti. Uno
studente modello, degno di esempio.
Non ero il cosiddetto “secchione”, anche se molto spesso
Jasper - il fidanzato storico di mia cugina – mi prendeva in giro.
La pazienza è la virtù
dei forti.
Semplicemente, prediligevo lo studio a qualsivoglia
distrazione.
Prima il dovere, poi
il piacere.
Raccattai gli ultimi libri dalla scrivania; li sistemai con
ordine nello scatolone.
« Edward! Edward! Edward! »
Sapevo perfettamente a chi appartenesse quella voce;
speravo, tuttavia, che fosse solo frutto della mia immaginazione, l’eco di un
ricordo molesto.
Ignorai persino il rumore secco della porta sbatacchiata
contro il muro, spalancata con fin troppa foga. Ormai, ci avevo fatto
l’abitudine. Soggiornare in casa Cullen per mesi interi, non era affatto una
spasso. E ciò non era dovuto assolutamente ai miei zii - Esme e Carlisle erano
due persone stupende -, ma a quella piccola – solo di statura - e pestifera
cugina dalle fattezze di un folletto dei boschi.
« Edward, non sei ancora pronto? »
Alzai il capo dallo scatolone, sollevandomi gli occhiali con
l’indice che, data la posizione curva, erano scesi sino alla punta del mio
naso. Sospirai pesantemente palesando solo in una misera parte, la mia
irritazione. Indiscutibilmente adoravo mia cugina Alice: era una ragazza molto
dolce e altruista. La sua pecca?
L’esuberanza sproporzionata in tutto ciò che faceva e che amava fare.
«Sono pronto, Alice. Devo solo chiudere questo scatolo.
Mancano un paio di libri. »
Tra le mani aveva degli scatolini azzurri con su disegnato
due occhi e un goccia d’acqua. Cosa aveva in mente?
Alzò gli occhi al cielo agitando nervosamente una mano. «
Libri, libri, libri. Sempre libri. Vuoi svegliarti, una buona volta? »
Inutile ribattere; era una battaglia persa in principio. Per
lei, ovviamente. S’accostò al letto ponendo sui libri gli scatolini azzurri. «
Queste sono le lenti a contatto. Cerca di utilizzarle di tanto in tanto. »
Aggrottai la fronte con una certa disapprovazione. « Alice
sai che non le sopporto. Mi fanno prurito. » Con un gesto automatico mi
sistemai gli occhiali da vista.
Alice esibì un espressione furba, molto furba. Dalla tasca
posteriore dei sui jeans estrasse un portaocchiali nero e sottile. Me lo porse
col viso di “chi la sa’ lunga”.
Lo aprii con un certo timore. Non c’era mai da fidarsi di
Alice. Era una donna e come tale, machiavellica. Al’interno vi erano un paio di
occhiali da vista dalla montatura nera. « E questi? » Domandai con un
sopracciglio arcuato.
Alice batté le mani contenta, come se avesse ricevuto uno
dei regali più agognati nella sua vita. « Sapevo che saresti stato restio a
utilizzare le lenti a contatto. Perciò… ecco un paio di occhiali nuovi. »
Perché doveva sempre trovare un alternativa poco propensa
per il sottoscritto?
« Alice, i miei sono perfetti.»
Si indispettì, s’imbronciò e incrociò le braccia al petto.
Arringa in vista.
« Sei un ingrato! Questi, mio caro, sono Dolce&Gabbana e
fanno parte dell’ultima collezione. Sono limitati. Li ha indossati Johnny Deep
al Red Carpet. Ti rendi conto? » Parlò velocemente senza riprender mai fiato.
Una macchinetta umana. Avevo qualche dubbio, su quest’ultimo punto.
Arcuai un sopracciglio. “Chi?”
« Ohh, Edward! Johnny Deep! » Sbuffò con vigore come una
locomotiva. Come un fulmine mi sfilò gli occhiali dal viso, li chiuse
stringendoli in una mano. « Indossali. E sbrigati. Non voglio arrivare tardi. »
Uscii dalla stanza leggiadra, come una ballerina.
Sospirai indossando i nuovi occhiali indossati da… da… a
stento ricordavo il nome di quel… forse attore, cantante, produttore… non
sapevo neanche che ruolo avesse nel mondo dello spettacolo.
C’era da aspettarselo: con Alice lo stress pre-universitario
era indispensabile.
Con un certo sforzo, e vari viaggi dalla mia stanza al piano
inferiore, discesi i vari scatoloni sigillati, pronti per esser portati in
auto.
Alice in queste cose era molto minuziosa, di conseguenza, i
suoi vari pacchi (contenenti più vestiti che altro) erano già stati sistemati
precedentemente in auto.
Poggiai l’ultimo scatolone con affanno sul pavimento lucido
dell’atrio. Era sfinito. Non che il fisico mancasse per fare certi movimenti,
ma ero abituato. Alice mi passò affianco aprendo la porta d’ingresso di casa
Cullen dalla quale sbucarono Jasper e Rosalie – sorella alquanto acidula di
quest’ultimo. Era una matricola: questo era il suo primo anno all’università
dopo uno Scambio Culturale in Canada.
« Edward, vuoi una mano? »
Guardai Jasper con infinita gratitudine. « Magari. »
Mi fissò con un cipiglio curioso in viso. « Occhiali nuovi?
»
Alice comparve, come per magia, accanto al suo fidanzato. Mi
osservò compiaciuto anticipando la mia risposta.
« Sì, amore. Sono gli stessi che ha indossato Johnny Deep. »
Rosalie spalancò la bocca osservando con meticolosa
attenzione i miei occhiali, come se potesse trovare quel tizio da qualche
parte. « Sul serio, Alice? Sono fantastici. »
Donne! Tutte uguali.
« Chi? » Disse Jasper con sguardo e tono scettico. Oh, non
ero l’unico a non conoscere quel tale.
Il colorito di Alice sembrò cambiare tonalità alla velocità
della luce: da rosa candido divenne rosso porpora, quasi viola. « Jasper Hale, vuoi
dirmi che non conosci quell’attore? »
Ecco svelato il primo mistero: era un attore. Tuttavia,
decisi di soccorrere in suo aiuto e non solo per cortesia; i miei timpani e i
miei nervi, non avrebbero retto una seconda paternale in merito ad un tizio con
i miei stessi occhiali.
Circondai con un braccio le spalle di Jasper. « Certo che
Jazz lo conosce. »
Lui mi scoccò un occhiata scettica. « Lo conosco? »
Strinsi le sue spalle: chiara richiesta di sostegno. Con
voce bassa, sussurrai: « Abbi pietà delle nostre orecchie. Le donne qui sono
due: sopportiamo a stento una paternale. Figurati da entrambe. »
Jasper capì al volo e si riprese fingendo una risatina divertita.
« Stavo solo scherzando, amore mio. So perfettamente chi è Dhoppy Jeen. »
Mi tolsi gli occhiali strofinandomi ripetutamente gli occhi
in un chiaro segno di disperazione. Non avevo alcuna intenzione di vedere lo
sguardo livido di ben due donne per aver storpiato il nome ad un attore - a
quanto pareva - famoso.
Presi velocemente un paio di scatoloni dirigendomi al
garage.
- - -
Mi ero sbagliato. Una distrazione nella mia vita c’era. La
mia piccola, dolce e passionale distrazione: Vivien. Le accarezzai con
riverenza e amore il cofano. Ah, senza non saprei
come vivere.
A parer mio, le auto rappresentavano la perfezione; a
differenza della donne non erano opprimenti, estremamente esigenti e vanitose.
Tutte caratteristiche del genere femminile.
La mia Volvo C60 era un gioiellino dalla carrozzeria grigia,
lucida, elegante e sportiva al tempo stesso. La velocità era la mia fonte
costante di adrenalina allo stato puro. L’unica distrazione che mi concedevo. Il
Dartmouth College si trovava ad Hannover nel New Hampshire e distava centinaia
di chilometri da Forks. L’idea migliore sarebbe stata quella di prendere un
aereo risparmiando, in quel modo, parecchio tempo e probabilmente anche denaro,
ma non me la sentivo di lasciare Vivien sola. Sarei andato anche alla parte
opposto del mondo con lei.
« Sei un traditore! » Esordì Jasper sbucando dalla porta che
conduceva al garage.
Sospirai con un sorriso tirandomi su gli occhiali con
l’indice. « Io ti avevo avvisato. »
« Come no. » Posò lo scatolone sul pavimento. « Pronto a
fare conquiste quest’anno? »
« Jazz, se tu non fossi fidanzato con mia cugina… »
Jasper mi interruppe liquidandomi un gesto della mano. «
Farei strage di cuori in tutta l’università, lo so. »
« Non era questo quello che volevo dire. »
Era strafottente? Un po’.
« E tu, quando ti deciderai a cercare una ragazza? »
Alzai le spalle. «Jazz, devo raggiungere il mio obbiettivo. Prima
la laurea. Poi il resto. »
Jasper sbuffò ponendo lo scatolone nell’auto. « Sembri mio
nonno. »
Un sorriso alquanto scaltro spuntò sul mio viso. Mi sistemai
nuovamente gli occhiali D&G. « Allora tuo nonno deve essere molto furbo. »
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Capitolo 2 *** Pov Bella ***
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - Edward POv ***
3
SALVE A TUTTI.
MI PROSTO AI VOSTRI PIEDI. E’ COLPA MIA, SOLO MIA PER IL
RITARDO PERCHE’ IL CAPPY TOCCAVA ALLA SOTTOSCRITTA E NON L’HO SCRITTO SUBITO.
VI CHIEDO ANCORA SCUSA.
RINGRAZIO ANCORA MANU-SHINALIA PER L’INFINITA PAZIENZA CHE MOSTRA NEI MIEI CONFRONTI.,
E PURTROPPO CHE NON MERITO.
RINGRAZIO MILLE I PREFERITI E I SEGUITI (SONO TANTISSIMI…
SONO RIMASTA A BOCCA APERTA). PER NON PARLARE DEI COMMENTI A CIASCUN CAPITOLO…
VI HO CEDUTO UN BATTITO DEL MIO CUORE A CIASCUNO DI VOI.GRAZIE INFINITAMENTE
ANCHE AI LETTORI SILENZIONI.
PS: AVETE LETTO L’ULTIMA STORIA SI SHINALIA?
E’ FORTE… E PROPRIO PER QUESTO E’ INCREDIBILMENTE BELLA
(ARMATEVI DI FAZZOLETTI)!!!
VI LASCIO AL CAPITOLO.
BUONA LETTURA A TUTTI.
EDWARD’S POV
Viaggiammo per più di otto ore sull’autostrada verso
Hannover. A causa delle “donne aggregate”, sostammo perfino un paio di volte
nelle aeree di servizio munite di tavola calda e piccoli negozi dove poter
comprare vari souvenir.
Avrebbero dovuto creare anche un cartello da appioppare in
auto mediante un adesivo con su scritto DONNE
A BORDO. L’avvertimento di un pericolo più che esplicativo.
Alice si era autonominata mia cicerone per metà viaggio. Un
gesto molto altruista da parte sua, ma totalmente snervante per il
sottoscritto. Parlava di continuo, senza sosta di qualsiasi cosa le passasse
per la mente. Una vera mitragliatrice per la mia testa considerati gli
argomenti: look, moda, pettegolezzi e così di seguito. La sua vocina squillante
sovrastava perfino la musica dell’autoradio. La maggior parte delle volte la
lasciai parlare liberamente fingendo di prestare molta più attenzione di quanto
lei stessa desiderasse. Mi limitavo ad annuire; un gesto dettato in gran parte dal
tempo della musica.
«Edward ma mi stai ascoltando?»
«Certo Alice.» Mentii con nonchalance. Potevo ricevere
perfino un oscar da attore non protagonista. Ero impassibile e fintamente
attento. Probabilmente avrei potuto fare concorrenza persino a quell’attore con
lo stesso mio modello di occhiali.
«Allora sei d’accordo con me?»
«… direi di sì.» La mia affermazione fu piuttosto titubante.
Con Alice la guardia doveva restare sempre alta e in quel caso la mia era
leggermente assopita dal suo ciarlare esagerato.
Batté le mani contenta. «Quindi, la cerco bionda o bruna?»
«Cosa?»
«La ragazza di cui ti innamorerai perdutamente.»
Sbuffai. Tornavamo sempre sullo stesso argomento. «Alice,
quanti esami avete fatto tu e Jazz lo scorso anno?» La canzonai sicuro della
mie parole. «Due in meno rispetto al sottoscritto. E per quale motivo?»
Alice incrociò le braccia sotto al seno. «Io amo Jazz.»
«Appunto.» Replicai. Avevo raggiunto il mio obbiettivo con
fin troppa facilità: aveva spillato lei stessa la causa di tale tergiversare.
Probabilmente, la facoltà di legge non era poi totalmente da scartare. Ero
abile anche nel far assumere le proprie colpe ai criminali. Che genio!
L’altra metà del viaggio fu piacevolmente silenzioso; il
posto del passeggero nella mia auto fu occupato da Rosalie. Alice raggiunse il
fidanzato nella Mercedes azzurra. Fortunatamente le auto in circolazione non
furono molte e Jasper non esitò a spingere il motore della sua ad una velocità
decisamente oltre il consentito; una sfida malcelata alla quale non potevo
certo restare indifferente. La mia Vivien era perfetta per le scariche di
adrenalina.
Al calar del sole, giungemmo al tanto atteso Dartmounth
College. Esso si estendeva in molteplici imponenti edifici adibiti nel
conseguimento delle lezioni dei vari rami universitari, in dormitori – divisi
in maschili e femminili- e in ampie aree verdeggianti con svariati alberi
secolari piantati.
Sospirai di sollievo quando varcai la grossa cancellata in
ferro battuto. Al mio fianco Rosalie si agitò osservando il tutto con acuto
trasporto vagando con lo sguardo fin dove la vista le potesse permettere di farlo.
Ricordava tanto me il primo giorno a Dartmounth. Ero agitato, concitato
all’inverosimile. Non vedevo l’ora di potermi definire finalmente studente universitario e poter finalmente conseguire e intraprendere la
facoltà di medicina.
Ero una matricola e come tale mi aggiravo nei corridoi di
soppiatto col terrore di esser preso di mira dagli studenti veterani. Ciò
capitava spesso nelle feste delle confraternite alle quali, modestamente, non
partecipavo. Mi rintanavo nella mia stanza del campus a studiare per gli esami.
In quel modo, ero sempre stato avvantaggiato rispetto a
tutti. Una volta ero stato perfino interrotto da Spugna-Jasper; aveva bevuto
una quantità esorbitante di alcol non prendendo in considerazione le
conseguenze. Sbronza allo stato puro conseguita da una nottata insonne
trascorsa interamente nel bagno accoccolato accanto al water premunendo ogni
attacco di rigetto acuto. Una scena da ricordare per tutta la vita: in primo
luogo divertente data la faccia perennemente sorridente di Jasper e le varie
idiozie sparate a vanvera; d’altra parte, altamente disgustoso. Divertente e
disgustoso, che strano connubio!
Volevo diventare medico e quella sembrava la
prima prova da saggiare della mia scelta.
Posteggiammo le auto davanti al campus: avevamo molti
scatoloni da portare nelle nostre stanze e francamente, l’idea di trasportare
il tutto dal parcheggio università (lontano quasi due metri) ai dormitori non
mi allettava minimente; probabilmente il tutto era dovuto al frangente del
primo anno. Jasper ed io, avevamo trascinato da un parte all’altra così tanti
pacchi da far invidia ai traslochi annuali di una ditta di trasporti
multinazionale e la maggior parte appartenevano ad Alice.
Tuttavia, in parte poteva essere giustificata: era il primo
anno e non sapeva ancora quali cose fossero indispensabili per intraprendere la
vita universitario. Pertanto, quest’anno il numero dei pacchi dovrebbe essere
stato nettamente inferiore. Speranza alquanta vana. Si dice che la speranza è
l’ultima a morire, ma a causa di Alice, quella è la prima a decedere, dato il
ruolo ricoperto da mia cugina: l’assassina spietata.
La mia auto era abbastanza carica, gli scatoloni quasi
traboccavano dai finestrini ma non avrei mai pensato che la Mercedes di Jasper
fosse quasi nelle mie stesse condizioni, se non peggiori.
«Alice, i tuoi pacchi sono il doppio dell’anno scorso.»
L’accusai ghermendone il primo tra le braccia.
Hale J. – Masen E, La
migliore ditta di trasporti sul mercato con servizio del tutto gratuito.
Anche Jasper prese due scatoloni, uno sopra l’altro
rischiando di trovarsi con la visuale occultata.
Alice sorrise sorniona. «Ho fatto shopping in questi due
mesi. Non potevo certo lasciare i nuovi acquisti a casa.»
La consapevolezza giunse come il vento. «Hai portato qualche
libro?»
Mia cugina posò un dito sul mento. «Sulle cure del corpo, il
makeup perfetto…»
«Alice.» La bloccai leggermente brusco. «Parlo di libri
universitari.»
Si lasciò andare ad una risatina leggera. «Che bisogno c’era
di trasportarli da una parte all’altra? L’ho lasciati nella mia stanza del
campus.»
Mi trattenni dal lanciarle uno scatolone appresso. «Forse
perché potevi studiare durante l’estate e recuperare gli arretrati?»
Alice scosse il capo con decisione posando entrambe le mani
sui fianchi. «L’estate non è fatta per studiare, brutto testone rosso!»
Sbuffai incedendo verso il corridoio del campus femminile.
«Sì, certo.»
Una cosa che aveva ormai imparato da tempo era che per sfuggire
all’ira delle donne bisognava assecondarle anche quando avevano torto. Una
soluzione semplice, risolutiva e sbrigativa.
«Me lo sento cuginetto: quest’anno qualcosa stravolgerà
tutti i tuoi perfetti piani.»
Mi fermai a quelle parole fulminandola con lo sguardo. «E
con questo cosa vorresti insinuare?» Un mezzo sorriso spuntò sul mio viso. «Sei
diventata sensitiva?»
Mi sorpassò altezzosa e austera con il mento verso l’alto. «Sono
donna, Edward … e non c’è bisogna che io aggiunga altro.»
- - -
Nelle tre ore successive, ben centottanta minuti,
trasportammo i pesi da una parte all’altra. Dapprima nel dormitorio femminile –
nella stanza di Alice e Rosalie (mia cugina aveva fatto carte false affinché si
trovassero insieme) – e successivamente in quello maschile sulla sinistra,
nella stanza mia e Jasper. L’anno prima questa era in comune con un ragazzo
dell’ultimo anno del quale stentavo a ricordare persino il nome. Non ero molto
socievole. Jasper, a ridosso della porta, sulla lavagnetta sotto il mio nominativo
aveva scritto a caratteri cubitali - affinché lo potessero leggere anche a
metri e metri di distanza - “NO PERDITEMPO”.
Che amico premuroso, eh?
Di conseguenza quest’anno, un letto era vuoto e speravo
vivamente che sarebbe rimasto tale. Prevenire è meglio che curare; pertanto
preferivo restar solo invece di ritrovarmi un altro compagno di stanza
casinista.
Jasper era sufficiente.
Cercammo di sistemare il tutto, perlomeno in gran parte degli oggetti nel minor tempo
possibile. Jasper batteva la fiacca e sperava nell’aiuto della sua ragazza pur
sapendo che quest’ultima era fermamente impegnata con Rosalie e non si sarebbe
smossa dall’amica finché non le avesse spiegato tutto ciò che c’era da sapere
sull’università. Al sol ricordo di quel lungo e petulante discorso su cosa fare
o meno (come ad esempio,le regole della tavoletta del water) rabbrividivo.
Jasper si gettò a peso morto sul letto. «Sono sfinito.»
Osservai gli scatoli vuoti. Alzai un sopracciglio scettico.
«Ma se ne hai svuotato solo uno.»
«Appunto. Tutto da solo.» Si lamentò quasi con disperazione.
Osservai i miei scatoloni. «Me ne rimangono solo due.»
Balzò seduto sul letto. «Tu sei assurdo. Edward, secondo me
ti ci vorrebbe del sano sesso.»
«Hai per caso cambiato ramo? Vuoi prendere psicologia?»
Il mio compagno di stanza alzò le braccia in segno di
difesa.«Ehi, dicono che sia la soluzione a molti problemi. Forse, potrebbe
esserlo anche per il tuo cervello.»
«Dici che riuscirai a laurearti prima ch’io prenda la
seconda specializzazione in medicina?» Lo sbeffeggiai canzonatore.
«Ribadisco che hai bisogno di una donna selvaggia e
aggressiva sotto le lenzuola. Sai, tipo Alice quando-»
Alzai una mano, bloccandogli le parole. «Alice è come una
sorella per me. Preferirei evitare di conoscere certi particolari della sua
vita sessuale.»
Jasper mi scrutò con occhio clinico. «Sai, secondo me invece
di prendere la specializzazione in chirurgia dovresti scegliere quella di
ginecologia.»
Jasper non aveva mai questi scatti di malizia in presenza di
Alice, sembrava piuttosto timido e riservato. Con gli amici invece si
sbilanciava un po’ più, il che non era affatto un bene. Mi sistemai meglio gli
occhiali da vista con un mezzo sorriso. «Se quest’anno avremo qualche esame in
comune, stai certo che non avrai alcun aiuto dal sottoscritto.»
Si imbronciò. «Che permaloso.»
Jasper svuotò solo la metà degli scatoli portati. Io
terminai prima il lavoro, e nel mentre aprii un libro di medicina iniziato
qualche settimana prima della partenza. Durante lo studio, avevo imparato ad
isolare le lamentele di Jasper e relegarle in una piccolissima parte del
cervello così da concentrarmi appieno sull’apprendimento.
Terminò dopo ben due ore. Era ormai tardi e sapeva
perfettamente che Alice era ancora impegnata con Rosalie.
Donne! Loro sì che
erano perditempo.
Andammo a dormire, non prima di aver litigato sulla scelta
del letto (ormai divenuta ordinaria amministrazione), totalmente stremati dalla
giornata conseguita. Avrei anche continuato a studiare ma gli occhi bruciavano
terribilmente e le lettere ad un certo punto sembravano così doppie da
rileggere come minimo due volte la stessa parola.
- - -
«Ma che diavolo!»
Esclamò d’un tratto Jasper nel cuore della notte facendomi
letteralmente sobbalzare dallo spavento. Spalancai gli occhi cercando di
mettere a fuoco la stanza nella penombra.
Accesi la luce e quel che vidi mi fece letteralmente
scoppiare dal ridere. Il suo corpo era letteralmente schiacciato dal peso di
ben quattro scatoloni. Un ragazzo nerboruto e nettamente più muscoloso di un
bodybuilding professionista cercava invano di liberarlo gettando il tutto sul
pavimento. «Non ti avevo visto.»
Continuai imperterrito a ridere non riuscendo a trattenermi.
Jasper mi trucidò con lo sguardo. «Edward, vuoi darmi una mano?»
Ridevo. Non riuscivo a smettere e naturalmente ero
tutt’altro che d’aiuto.
«Sei un secchione idiota!» Inveì Jasper gettandomi addosso
il suo guanciale.
Il ragazzo nuovo ridacchiò divertito osservando la scena.
«Scusa, pensavo che il letto fosse vuoto.»
Mi portai una mano al mento. «Eppure è strano, perché Jazz
russa.»
Un’altra cuscinata in viso. Effettivamente non c’era nulla
di più divertente che prendere in giro Jasper.
Il ragazzone bruno mi porse una mano. Probabilmente il mio
amico di stanza non inspirava affatto fiducia: era quasi rosso in viso
dall’irritazione e combatteva come un forsennato con le lenzuola.
«Piacere, io sono Emmett. Il vostro nuovo compagno di
stanza.»
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Pov Bella ***
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