Prince Of Persia:The Journey Of Light di darkfrance (/viewuser.php?uid=5833)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'alba di un nuovo viaggio ***
Capitolo 2: *** Visioni e separazioni ***
Capitolo 3: *** Fughe e decisioni ***
Capitolo 4: *** La tomba ***
Capitolo 1 *** L'alba di un nuovo viaggio ***
PRINCE
OF PERSIA:
THE JOURNEY OF LIGHT
alcuni giorni più
tardi...
Era un pomeriggio normale nel deserto, il sole
batteva caldo sulla sabbia, il vento soffiava leggero sulle dune
spostando lunghe ondate di granelli con se, e nessuna nuvola carica
di pioggia era all'orizzonte. Il paesaggio continuava cosi per
kilometri e kilometri, tranne che in un punto, dove si trovava una
lunga scia di impronte sulla sabbia lasciata da un insolito
gruppetto. Due persone stavano attraversando il deserto a bordo di
un animale. Un giovane uomo, che per vivere faceva il predatore di
tombe, una principessa magica di un regno ormai in rovina, e un asina
che cominciava ad essere stufa del suo lungo viaggio. “quanto
manca ancora?” chiese elika mentre prendeva una borraccia “non
molto ormai,domani sera sera saremo già arrivati in citta” rispose
lui. era stato un viaggio abbastanza tranquillo, niente
corruzione, nessuno che tentasse di ucciderli, niente trappole
mortali o pericoli, insomma sembrava che fossero tornati a vivere una
vita normale. “allora elika, ora ce finalmente abbiamo un
po' di pace, perché non mi racconti qualcos'altro di te?”
chiese il principe “beh cosa vorresti sapere?” “non
so, com'è stata la tua infanzia, com'eri da piccola, queste
cose insomma.” “beh” inizio lei sorseggiando un
po' d'acqua dalla borraccia presa poco prima “forse ti stupirà
saperlo ma da piccola non facevo altro che combinare disastri” “sul
serio?, tipo cosa?” chiese lui curioso “beh non
ascoltavo mai la mia istruttrice , mi divertivo a nascondermi facendo
disperare tutta la servitù, cose cosi insomma” “sul
serio?, eri cosi pestifera?” chiese lui stupido continuando a
condurre l'asina nel deserto elika prese un altro sorso
d'acqua. Dopo aver bevuto continuò “ si lo ero, ma
poi crescendo ho capito l'importanza delle cose e che come
principessa avevo delle responsabilità a cui non potevo
sottrarmi.” “e tu invece? Com'eri da piccolo? Correvi
già dietro alle ragazze e ai tesori?” chiese scherzosa
lei sporgendosi un po' verso di lui. “veramente no, ero un
ragazzo un po' come tutti gli altri, giocavo, aiutavo mio padre nel
lavoro, niente di particolare, la vita scorreva tranquilla... poi
venne la guerra...” aggiunse cambiando espressione “dev'essere
stato terribile” disse lei “infatti, arrivavano
notizie di tragedie commesse nei villaggi vicini, furti stupri,
interi città rase al suolo, la situazione stava peggiorando e
presto sarebbe toccato anche a noi”. Mentre parlava gli
tornavano in mente tutti quei momenti, anche se era piccolo quei
ricordi erano rimasti impressi profondamente dentro di lui. I
volti spaventati di coloro che erano riusciti a fuggire, il pianto
degli altri bambini rimasti orfani e delle vedove. Poi riprese
“siamo scappati, prima che arrivassero da noi, la mia famiglia
e molti altri del mio villaggio decidemmo di andare via e diventare
profughi”. D'un tratto il principe fermò l'asina e
scese dalla groppa. “ cosa fai?” chiese la sua
compagna. Dopo aver preso una borraccia dalla roba caricata dietro
lui iniziò a dar da bere alla sua asina “ ha sete”
rispose. “e tu come lo sapevi?”chiese lei. “
dopo tanti viaggi passati insieme ho imparato a conoscerla
bene”. L'animale una volta dissetato emise un verso come per
ringraziare, e ripresero il tragitto. “e...., com'è
finita?” domandò lei timorosa. Passarono alcuni
minuti di silenzio quando.. “ non duro a lungo, il nostro
villaggio si trovava nel cuore del regno ci sarebbero volute
settimane prima di raggiungere il confine, e quando eravamo a circa
meta strada..... ci trovarono” aggiunse. “hai visto
tutto?” “veramente no, poco prima che arrivassero i
miei genitori mi nascosero in un barile, ci rimasi per non so quanto
tempo, alla fine uscii per cercare qualcosa da mangiare, tornai al
nostro campo, ma lo trovai deserto, non c'era più
nessuno”. “capii che da quel momento me la sarei
dovuta cavare da solo, ti confesso che avevo paura, il mondo ora mi
sembrava cosi grande da esserne inghiottito” “ e
quindi cosa hai fatto?”. “per prima cosa ho cercato
qualcosa da mettere sotto i denti, dopo il passaggio dei soldati non
cera rimasto molto, ma sono riuscito a cavarmela più o
meno” Elika ascoltava con attenzione, non lo dava a vedere
ma le sue parole erano cariche di tristezza, doveva aver sofferto
molto. Per un attimo si ritrovo a pensare a cosa avrebbe fatto lei
al suo posto, in quella situazione lei che aveva sempre vissuto con
la sua corte vicina. Probabilmente non sarebbe resistita tanto a
lungo. “poi decisi di dirigermi alla città più
vicina, dove c'è gente c'è commercio e dove c'è
commercio c'è cibo pensai, presi tutto ciò che c'era
rimasto di valore in giro e mi diressi verso sakesh, a bordo della
stessa asina che stiamo cavalcando ora” aggiunse con
entusiasmo. “vuoi dire che hai sempre avuto con te
quest'asina?, sempre??” “esatto, forse non ci
crederai, ma ha un ottima resistenza nelle traversate, riesce a
sopportare grandi pesi, anche se a volte è un po' troppo
testarda e sparisce senza motivo” concluse. Come per
rispondere l'asina emise dei brontolii e si impenno facendolo finire
a terra in una nuvola di polvere “ah ah sembra che non sia
contenta di ciò che dici di lei” disse elika divertita
mentre lui si rialzava tutto sporco di sabbia “ lo vedo, a
volte mi domando se sia davvero un asina normale” “
normale non lo è di certo, se riesce a sopportarti per
giorni” “ ormai dovrebbe averci fatto l'abitudine, e
poi non sono cosi terribile da sopportare dai” “ si
certo, muoviamoci dai che si sta facendo buio” disse lei
porgendogli la mano per farlo risalire. Lui la affero e dopo
essersi issato in sella ripresero il cammino.
Qualche ora più
tardi, i due si erano accampati nel deserto, l'asina farah si trovava
seduta accanto a loro a riposare tranquilla. Poco prima il
principe aveva messo su una piccola tenda. “ mi spiace solo
che è un po' piccola per due persone, ma non pensavo di
tornare in compagnia” “ pazienza, sopporterò
anche questa” " e dimmi vestiti ti stanno bene?" "
si grazie sono un po larghi ma non importa" durante la loro
sosta le aveva proposto di indossare dei vestiti più adatti a
un viaggio nel deserto, cosi era uscito dalla tenda per permetterle
di cambiarsi. Elika aveva solo l'imbarazzo della scelta, c'erano
vesti di ogni tipo, jallàbiyye dette anche caffettani(*),
hayk(**),dei Sari (***) e molto altro anocra. "meno male che
avevo dei vestiti in più con me". "ma hai rubato
tutta questa roba da una tomba?" “beh non proprio
tutta, alcune cose le ho comprate io” “con denaro
rubato immagino”rispose lei con superiorità. "ah
ah proprio non riesci a pensare bene di me?". "no mi
spiace". Era bello avere vicino una persona come lei penso il
principe, cosi non c'era il problema della solitudine e del silenzio
assordante. “ecco ho finito, puoi entrare” disse
lei lui entro nella tenda. Ora elika indossava una jhallabyyia
verde chiaro. Questo indumento era indossato prevalentemente dagli
uomini, ma non ci sarebbero stati problemi se ne faceva uso anche
lei. Era una veste abbastanza attillata con le maniche tagliate
per lasciare le mani libere. Per il giorno successivo si era messa
da parte un tagelmust(****), come quello del suo compagno ma di
colore bianco non azzurro, cosi sarebbe stata al riparo dal caldo e
dalla sabbia. " senti mi chiedevo cosa pensi di fare ora?"
chiese lui sdraiandosi al suolo "te l'ho detto, troverò
la mia gente " "si ma hai una pista, un nome o qualcosa
che ti possa aiutare?". " no lo ammetto non ho nulla, ma
sicuramente hormazd mi guiderà, come ha fatto con te e la tua
asina" aggiunse. " ancora? non mi ha mandato nessuno
qui, ero diretto da tutt'altra parte" rispose lui stizzito. "
già ora che ci penso , dove avevi in programma di andare?" "
beh a qualche giorno da qui c'è una città, era una
delle tappe del mio itinerario, subito prima della mia destinazione
finale" "ovvero? dove?" "a jiamat, la
capitale della regione, una delle più grandi e floride città
che esistano". "quanto è grande?" "beh
2 o 3 volte la tua città , la parte più sviluppata è
quella del porto, è uno dei crocevia mercantili più
importanti da queste parti, li puoi trovare praticamente ogni cosa,
cammelli, tappeti spezie, gioielli, schiavi...". alla parola
schiavi elika assunse un espressione contrariata. "che c'è?"
chiese lui. "sono contraria alla schiavitù, non sono
mai stati permessi nel regno degli ahura apparte che per un breve
periodo, e mio padre si è sempre adoperato per evitare che
questa pratica tornasse a essere usata" "purtroppo in
molte parti del mondo si fa uso di schiavi, di solito hanno anche un
mercato specifico, nei porti o nei centri delle città". "parliamo
d'altro per piacere" "come vuoi, allora dimmi..."
inizio il principe con un altro argomento.
Intanto...
Nella
valle degli ahura, nei meandri del palazzo sotterraneo ,una figura
inquietante si muoveva lenta nei corridoi. Era un palazzo ormai in
rovina quello, nessuno lo curava a dovere ormai da anni, la polvere
si trovava ormai dappertutto, si vedevano più porte rotte
che intere e le grate di ferro erano arrugginite quasi completamente,
ma questo aveva poca importanza. Solo una parte di quel luogo
aveva importanza, la parte che contraddistingueva quel luogo dal
resto del regno.
Le prigioni.
Prima di hariman coloro
che si erano macchiati di crimini orrendi erano stati rinchiusi li in
attesa del giudizio del sovrano. C'erano due possibili destini
per un condannato, a seconda delle colpe che aveva commesso.
La
prima : l'esilio, se il condannato non era un pericolo
incontrollabile sarebbe stato allontanato dalla valle, non vi avrebbe
mai messo più piede anzi non sarebbe mai stato in grado
nemmeno di entrarvici più, grazie a un incantesimo egli
sarebbe stato bandito per sempre.
La seconda: l'esecuzione, se
le colpe del condannato erano troppo gravi e non era possibile
controllarlo non poteva continuare a vivere, anche per giustizia
verso coloro a cui aveva tolto la vita.
Dopo la guerra con
hariman tuttavia se ne aggiunse un altra.
La terza pena: il D'
thall, tradotto dalla lingua antica " bandito per l'eternità".
questa pena veniva applicata, quando un essere magico arrivava nella
valle degli aura e non era possibile sconfiggerlo con mezzi umani, il
primo cerchio dei sacerdoti si riuniva e con una formula lo
esorcizzava, la sua mente la sua anima e il suo corpo venivano
spedite in un altra dimensione, che piano piano o avrebbe
distrutto. Per fare ciò serviva però un oggetto che,
una volta incantato, facesse da catalizzatore e confinasse il
prigioniero.
Questo fece Hormazd alla fine della guerra
con suo fratello, dopo averlo ingannato e rinchiuso nella prigione,
lascio agli ahura le conoscenze necessarie perché potessero
ripetere quel rituale da soli quando un entità magica li
minacciava. Anche se la guerra era finita comparivano sempre delle
creature magiche nella valle, che fosse una coincidenza o il richiamo
di Hariman non faceva molta differenza, venivano tutte rinchiuse. Per
contenere queste creature gli aura decisero di non usare il tempio
dell'albero della vita, che faceva già da prigione per
hariman, ma costruirono il Palazzo Sotterraneo.
Il palazzo era
stato scavato interamente nella roccia e nel terreno e aveva una sola
uscita, a differenza del palazzo reale non c'erano camere, sale da
ballo o sedi culturali, nessuna biblioteca o giardini. Era
composto da solo tre piani, uno per ogni condanna possibile.
La
figura scendeva le scale verso il 3° livello delle prigioni dove
erano ospitati i condannati alla D'tall, lui che fino a qualche tempo
prima era il sovrano del regno, il giudice dei condannati, stava per
emanare un nuovo tipo di sentenza.
Il 3° livello
contrariamente ai primi 2 era piuttosto singolare, invece di tante
celle con i rispettivi prigionieri, esso consisteva in un unica
enorme sala,senza finestre, in cui erano immagazzinati tutti i
catalizzatori. Il portone della sala si apri lasciando entrare il
sovrano. Egli si diresse lentamente verso i catalizzatori
osservandoli uno per uno, "non c'è bisogno di richiamarli
tutti" pensò " basteranno quelli giusti". D'un
tratto si fermo davanti a un piccolo bracciale di metallo, non
sembrava molto pregiato, a prima vista era solo un pezzo di metal
ricurvo. Il sovrano allungo una mano per prenderlo ma dopo pochi
secondo scoppio una scarica di luce a mezz'aria proprio dove si
trovava la sua mano. Il sovrano si allontano di qualche passo
osservando la mano fumante con indifferenza, non poteva sentire
dolore ormai. Tornò a guardare verso il bracciale
riflettendo, " una barriera eh, pensavo che con i suoli fertili
ormai corrotti non ci sarebbero stati problemi, evidentemente mi
sbagliavo". In effetti se la protezione fosse stata
alimentata dai suoli fertili tanto valeva collocare i catalizzatori
nel tempio dell'albero della vita. Mentre formulava questi
pensieri estrasse con la mano destra la sua spada regale, una solida
impugnatura nera faceva da base alla lama. Alzò la spada
verso l'altro per caricare il colpo e poi il braccio scatto
violentemente verso il bracciale. La barriera rispose
automaticamente fermando il colpo a mez'aria. L'aria frizzava per
via delle scariche della barriera e tutto intorno a loro si
sprigionavano scintille azzurre e nere. Dopo pochi secondi di
lotta tuttavia la barriera si spezzò, in un attimo scomparvero
le scintille e le scariche, e il silenzio torno nella stanza,
come se non fosse mai successo nulla. Il sovrano osservo la lama
della sua spada, per niente scalfita ,e si chinò nuovamente
per raccogliere il bracciale, ormai senza protezioni. "eccone
uno , ne restano
quattro". _____________________________________
approfondimenti
(*)
Un caffettano (dal persiano خفتان,
kaftan) è una tunica di cotone o di seta da uomo, lunga fino
alle ginocchia, fornita di bottoni sul davanti e con maniche
lunghe. I caffettani indossati dai sultani ottomani costituiscono
una delle più notevoli collezioni del palazzo di Topkapi a
Istanbul.
(**) l'hayk è un vestito tradizionale di
alcune popolazioni del deserto, un retangolo di cotone di 7 metri da
avvolgere intorno alla persona, con gli estremi posti sotto il mento
da tenere con le mani
(***) Il sari ((साड़ी
in hindi) è
un tradizionale indumento femminile del subcontinente indiano[1], le
cui origini risalgono al 100 a.C., ed è intuibilmente uno dei
pochissimi indumenti ad essere stati tramandati per così tanti
secoli.
Il sari consiste in una larga fascia di stoffa di
circa un metro, la cui lunghezza può variare dai quattro ai
nove metri, che viene avvolta intorno al corpo dell'indossatrice
secondo vari metodi che variano a seconda della sua funzione. Lo
stile più comune di indossare il sari consiste nell'avvolgerlo
intorno alla vita, con un capo che gira intorno alla spalla lasciando
scoperto la cintola.[1]
(****) La tagelmust (o, con grafia
francese, taguelmoust) è una lunga fascia di cotone, lunga di
solito tra i 3 e i 5 metri, ma che può arrivare anche a 10
metri, tinta di indaco ed avvolta sul capo e sul viso dei Tuareg in
modo da formare al contempo un turbante ed un velo che copre il volto
lasciando libera solo una fessura per gli occhi.
È il
copricapo tradizionale degli uomini presso i Tuareg, ma all'occasione
può essere indossato anche da altre popolazioni. In tempi
recenti si è preso ad usare anche tigelmas (plurale di
tagelmust) di diversi colori, ma quelle tinte di indaco vengono
riservate per le grandi occasioni.( fonte wikipedia )
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Capitolo 2 *** Visioni e separazioni ***
Prince Of
Persia: The Joruney Of Light
Cap 2.
Erano ormai arrivati
alla città, mura di pietra circondavano le case tutt'intorno a
essa.
Entrarono senza
difficolta attraverso una delle porte e si ritrovarono in una piazza
adibita al mercato.
I raggi del sole si
affievolivano piano piano lasciando spazio alle tenebre e tutti i
cittadini si preparavano a fare ritorno alle loro dimore.
“bene ce
l'abbiamo fatta, siamo a sunsurk” disse lui soddisfatto.
“sunsurk? È
il nome della città?” domando elika.
“si ,significa
“pietra grezza” infatti come vedi le pietre che la
compongono non sono molto lavorate”disse lui.
Elika si guardo intorno
e notò che aveva ragione, le pietre delle mura , come quelle
delle case, erano lavorate in modo approssimativo, se qualcuno vi
fosse finito addosso bruscamente, quasi sicuramente si sarebbe
tagliato.
Questo accadeva perché
le rocce dell'area circostante erano poco adatte a essere lavorate,
cosi se ne prendevano pezzi medio piccoli per usarli come materiale
da costruzione, impastandoli con altro materiale.
Le pareti erano formate
da una mescolanza di queste pietre con una sostanza grigio scuro che
le rendeva solide.
“meglio se
troviamo una locanda per la notte, non ho proprio voglia di dormire
all'addiaccio.” disse lui.
Iniziarono a girare per
le vie della città, passando tra bancarelle dei negozi, vicoli
delle strade piene di polvere, elika fissava tutto il posto con
estrema attenzione guardandosi intorno cercando di osservare quante
più cose possibili, era la prima volta che metteva piede fuori
dal suo regno e inoltre vedere tanta vita in un luogo urbano , tante
persone tutte insieme che abitavano in un solo posto, le dava un
grande senso di nostalgia.
La sua mente era ancora
immersa in questi pensieri quando...
“Eccoci qua”.
Disse all'improvviso il principe.
Si erano fermati
davanti a un edificio di tre piani, fatto in pietra e legno.
Accanto all'entrata
c'era un insegna con scritto sopra “locanda delle due lune”
“io vado a vedere
se hanno stanze libere, aspetta qui e tieni d'occhio farah, attenta
che non sparisca di nuovo”.
Il principe entro
dentro l'edificio chiudendo la porta alle sue spalle e elika rimase
fuori per qualche minuto.
Stava facendo ancora
più buio , le strade erano tutte deserte ormai, i mercanti e i
cittadini si erano tutti ritirati dentro le loro dimore, dalle loro
famiglie.
Immediatamente elika si
ritrovo a pensare a suo padre e sua madre, ora che li aveva persi
entrambi.
Lei morta e lui
imprigionato assieme ad ahriman...
Faceva freddo quella
sera.
Dopo poco il suo
compagno torno fuori, “siamo fortunati hanno delle stanze
libere e il prezzo è basso, e qui vicino c'è pure una
stalla in cui lasciare gli animali, tu avviati pure dentro, io
conduco farah nella stalla.”.
Questo la distolse dai
suoi pensieri “va bene, quali sono le nostre stanze?”
chiese lei avvicinandosi alla porta
“quelle in fondo
al corridoio , al primo piano, ci sono dei fiori rossi e blu
disegnati sulle porte, li riconoscerai subito”
“bene, allora a
tra poco” disse lei entrando
il principe si diresse
verso la stalla tirando la sua asina per le briglie, pensando a cosa
avrebbero fatto l'indomani.
La notte...
Elika si trovava da
sola in un corridoio, stava correndo, anzi fuggendo, da qualcosa,
qualcosa di terribile che la inseguiva.
Dei passi pesanti si
sentivano dietro di lei , tanto forti da far tremare le pareti e il
pavimento,
Per terra c'erano vetri
rotti di molte finestre che brillavano alla luce della luna.
Lei spinse ancora di
più con le gambe, accelerando l'andatura e evitando i vari
ostacoli lungo il cammino, voltò a destra scendendo delle
scale a chiocciola, sentendo tremare i gradini dietro di lei sempre
più violentemente.
“sta arrivando”
pensò mentre finite le scale entrava in un altro corridoio più
stretto con delle porte sui lati.
Apri una delle porte e
vi entrò dentro in un attimo chiudendola alle sue spalle.
Era una stanza vuote,
piccola e buia ma questo non era importante adesso.
Voltatasi rimase a
fissare la porta tremante per alcuni secondi, fino a quando il rumore
dapprima forse si ridusse pian piano, fino a lasciare solo il
silenzio.
Si sedette a terra
appoggiandosi con la spalle alla porta, riprendendo un po' di fiato.
Dopo alcuni minuti si
guardo attorno nella piccola stanza, scoprendo che non era più
una piccola stanza.
Si trovava in un grande
salone rettangolare, dalle decorazioni impresse sul pavimento e sul
soffitto , il pavimento era in marmo azzurro, lungo le pareti c'erano
delle gradi finestre coperte da ampie tende.
Al centro della stanza
si trovava una serie di dodici colonne disposte a cerchio.
Tutto però aveva
l'aria di essere abbandonato da tempo, il pavimento era polveroso, le
decorazioni rovinate in vari punti e le tende erano piene di buchi e
strappi.
Ma tutte queste lo
aveva notate solo di sfuggita, la sua attenzione era stata rivolta
completamente alla creatura da cui stava scappando prima e che ora si
trovava al centro della sala e la fissava con attenzione.
Non aveva una forma
precisa, sembrava una massa informe della corruzione di ahriman.
Si stava avvicinando
lentamente, lasciando intanto una scia nera sul pavimento dietro di
se, a Elika, ancora seduta contro la porta.
Tuttavia mentre si
avvicinava il suo aspetto mutava lentamente , istante dopo istante ,
fino a che non aveva assunto le sembianze di una giovane donna di
media statura dai capelli lunghi marrone scuro, quasi nero.
Elika si alzo in piedi
osservando meglio chi aveva di fronte, non sapeva perché, ma
quella postura, quei capelli , le davano una sensazione...
“familiare”.....
Erano ormai a meno di
un metro di distanza, elika poteva vedere chiaramente i lineamenti
del viso. Era diversa dai corrotti che aveva conosciuto, aveva un
aria più curata, precisa, non rozza come loro.
“ma tu...”
inizio la principessa a bassa voce quando si senti stringere
violentemente il collo dalle mani della donna, cercò di
lottare ma la sua presa era troppo forte, uso istintivamente il
potere di ohrmazd ma la situazione non cambiò.
Piano piano si sentiva
più debole, la testa si faceva pesante e la vista annebbiata.
Poi, il buio..........
Elika si sveglio di
soprassalto nella sua stanza, era ancora notte, stava sudando e
respirava affannosamente, si guardo intorno ancora sconvolta e
disorientata, dopo pochi minuti capi che aveva fatto un brutto sogno.
Cerco di ricordare cosa
mai la potesse avere spaventata cosi tanto, ma non ci riusci.
Si sentiva avvolta da
una sensazione di freddo come mai aveva provato in vita sua, cosa mai
poteva aver sognato di tanto terribile da farla sentire cosi, si
chiese
Dopo vari minuti anche
se cercava intensamente di ricordare non le veniva nulla in mente, il
sogno era sparito cosi come era venuto.
Rassegnata cercò
di riaddormentarsi con mille dubbi che si formavano nella sua mente.
Era sorto un nuovo
giorno, elika stava alla finestra osservando la città che
piano piano riprendeva la sua solita vita, la locanda in cui avevano
dormito si trovava in una zona rialzata, grazie a questo si poteva
ammirare nel panorama, una buona parte della città “buongiorno,
dormito bene?” disse una voce allegra vicino a lei.
Elika si voltò
ma non c'era nessun'altra nella stanza e la porta che dava al
corridoio era ancora chiusa.
“ma dove sei?”
chiese lei
“qua”
rispose divertito e la figura del principe si sporse a testa in giù
dal bordo superiore della finestra.
“ma cosa fai?”
“oh niente facevo
solo un giretto nei dintorni”.
“e usare le scale
come fanno tutti no?”.
“ le scale non
portano dove voglio arrivare io”.
“capisco, la
gente ancora mezzo addormentata è più facile da
derubare vero?”
“esatto, e poi
chi dorme non piglia pesci” disse scendendo, e appoggiandosi al
cornicione della finestra della camera di elika.
“e adesso?”chiese
lui?.
“adesso...
possiamo separarci”.
“cosa?”
fece lui stupito, poteva reggersi su un cornicione anche con ù
una mano sola senza vacillare ma quelle parole riuscirono a scalfire
il suo equilibrio.
“si, ora che
ahriman è nuovamente rinchiuso e che tutto è tranquillo
possiamo anche separarci, dopotutto è per evitare che il mondo
finisse che mi hai aiutato, no?”
lui non rispose subito,
incerto su cosa dire.
“ beh si, è
quello che ho detto.....” ammise lui, “ ma tu pensi di
farcela da sola?, non sei mai stata nel mondo esterno ,o mi sbaglio,
principessa?”.
“è vero ,
ma me la caverò, non preoccuparti”.
“sicura? La
prossima volta potrebbe non capitarti di trovare un altro bel giovane
che ti aiuti”.
“guarda che ti ho
salvato molte più volte io la vita che non tu” ribatte
lei.
“oh, giusto, è
vero”ammise.
Calò il silenzio
per qualche minuto.
“sei proprio
decisa?”.
“ho un compito
che devo assolvere, devo riportare la mia gente nel mio regno, in
qualche modo”
lui scese dal
cornicione e rimase a fissarla per qualche minuto, poi estrasse dalle
sue tasche una bisaccia contenente delle monete d'oro.
“ecco tieni, ti
serviranno” disse porgendole il denaro.
“soldi?”.
“si, non puoi
mica andare in giro al verde”.
“grazie, per
questo e per avermi aiutata contro ahriman, forse ci rivedremo
ancora”
“magari in
circostanze più normali” aggiunse lui
“forse, che
ohrmazd sia con te” fini lei e usci dalla stanza.
Più tardi.....
Il principe camminava
lungo le vie della città, aveva deciso di andare al mercato a
comprare qualcosa per affilare la sua lama, logorata dopo tutte le
botte date ai soldati di ahriman, e a rifornirsi un po' di provviste.
Lungo la strada
osservava distrattamente le persone che si muovevano intorno a lui.
Tuttavia se solitamente
si guardava intorno in cerca di belle ragazze o di facili prede da
borseggiare, quella mattina era immerso nei suoi pensieri e le altre
persone quasi non esistevano per lui.
Non aveva previsto uno
sviluppo cosi con elika, certo non vedeva l'ora di tornare alla sua
“normale” vita, ma allo stesso tempo si era abituato ad
avere la presenza di lei accanto a se.
Era strano, non gli era
mai capitato con nessun altro compagno di viaggio, di solito i volti
dei compagni di viaggio scomparivano rapidamente dalla sua mente una
volta che le loro strade si erano divise, invece quello di elika
continuava a rimanere.
D'istinto girò a
destra uscendo dalla strada maestra e prendendo la via per il mercato
principale, era il momento di spendere un po' del bottino che da
tanto giaceva nel suo bagaglio.
Nella strada stavano
giocando alcuni bambini, dovevano essere piuttosto poveri a giudicare
dai loro vestiti sporchi e logori, uno di loro con una veste grigia
aveva in mano un sacchetto e gli altri lo rincorrevano, il principe
non ci avrebbe fatto troppo caso se il bambino correndo non gli fosse
venuto a dosso, urtandolo.
“ehi sta più
attento” gli disse, ma il piccolo era gia corso via con i suoi
compagni alle calcagna.
Riprese a camminare
lungo la strada, decidendo cosa avrebbe fatto nei giorni successivi,
sarebbe rimasto in quella citta per qualche giorno, poi si sarebbe
diretto verso mahn-usk una citta poco distante.
Personalmente non aveva
interessi nell'andare in quella citta, non c'erano ne buone locande
ne posti interessanti o belle donne, però era la citta più
vicina che aveva un porto e quindi la via più breve per
arrivare a jiamat.
“jiamat
quella si che è una vera citta” pensò.
Era una
delle citta più grandi che avesse mai visitato, una volta
aveva provato a scalarne il punto più alto per vedere il
panorama e non era riuscito nemmeno a vedere le mura che
delimitavano la citta.
I mercati
poi, c'e ne erano almeno sette, e ognuno con merci diverse tra loro,
questo grazie anche alla posizione geografica della citta e alla sua
importanza.
Anche se la maggior
parte dei suoi pensieri si spostò verso shazad la proprietaria
del bordello locale, e verso le notti avevano passato insieme, era
una donna molto costosa, ma per quello che sapeva fare valeva tutti i
soldi richiesti.
Era arrivato al
mercato, si guardo intorno per trovare le bancarelle con i cibi da
viaggio, a lunga conservazione, come la carne salata.
Dopo aver contrattato
con il mercante il prezzo della carne di maiale che stava comprando
fece per prendere la bisaccia in cui teneva i soldi dalle tasce
interne del vestito.
Solo che le tasche
erano vuote.
D'istinto comincio a
frugarsi in cerca della bisaccia, forse l'aveva spostata in un altra
tasca senza accorgersene.
Passarono alcuni minuti
ma niente, non aveva più la bisaccia con se, eppure ricordava
distintamente di averla presa con se prima di lasciare la locanda.
“se non hai di
che pagare allora vai via!, ho altri clienti che aspettano” lo
interruppe il mercante dai suoi pensieri, spingendolo via dalla sua
bancarella.
Si allontano un poco e
inizio a rifare la stessa strada dell'andata all'inverso, forse aveva
perso la bisaccia mentre camminava e tornando sui suoi passi
l'avrebbe ritrovata, anche se non nutriva molte speranze in questa
possibilita.
Mentre si domandava
come aveva fatto a non accorgersene, era arrivato nella strada dove i
bambini giocavano a rincorrersi, erano ancora li e il ragazzo vestito
di grigio stava ancora correndo, andando sempre addosso a delle
persone, quasi a farlo apposta.
“dovrebbe fare
più attenzione, se fa ...”.
Si fermo a meta di
questo pensiero perche un altro ne aveva preso il posto ed era molto
più urgente
“ehi ragazzino”
disse facendosi sentire.
I piccoli e qualche
passante si fermarono a guardarlo.
“tu con la veste
grigia, vieni un attimo qui” disse, facendogli cenno con la
mano.
Questi lo fisso per
alcuni secondi, con uno sguardo indecifrabile, poi la sua espressione
mutò in un attimo e di scatto inizio a correre via lungo la
strada, più veloce che poteva.
“LO SAPEVO!”
disse tra se e se il principe, rincorrendo il piccolo ladruncolo.
“dannazzione!, io
sono un professionista, ho predato tombe, templi e palazzi e altro
ancora, come ho fatto a farmi fregare da un moccioso di strada
qualsiasi!”
Era quasi più
arrabbiato verso se stesso che verso il ragazzino, non gli era mai
capitato di farsi fregare cosi facilmente.
il piccolo correva
veloce sgusciando tra le persone della strada, aveva tagliato dalle
vie secondarie in cui erano, per immettersi in quelle principali, più
affollate e quindi con più possibilita di fuggire.
Purtroppo per lui anche
il suo inseguitore conosceva bene quelle vie, quindi non era
difficile per lui stargli dietro, quanto alla folla,la sue esperienza
e la sua agilita gli consentivano di non restare affatto indietro,
anzi , minuto dopo minuto accoricava la distanza tra di loro.
“non ti lascero
scappare!”disse tra se.
finito il secondo cap, mi raccomando commentate in tanti! ^^
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Capitolo 3 *** Fughe e decisioni ***
ringrazio elika e zhefer per i commenti, questocapitolo è di transizione diciamo, ma spero vi piaccia ( come ciò che verrà dopoXD)
Cap. 3
“Accidenti ma quanto è
insistente quel tizio” penso majiid mentre già da alcuni
minuti scappava disperato con il cuore che gli pompava a mille nel
petto.
Nella sua veste in una delle tasche
giaceva la bisaccia presa poco prima , a giudicare dal peso dentro
dovevano esserci di sicuro delle monete d'oro che gli avrebbero fatto
comodo.
“gli ho solo preso fatto un
piccolo scherzo, non dovrebbe prendersela tanto” si disse
mentre svoltava per una via minore a destra.
Correva più che poteva scansando
agevolmente le persone, tenendo sempre gli occhi aperti per un
possibile nascondiglio.
Per fortuna il respiro ormai non gli
mancava, rubava da anni per sopravvivere.
Da quando era arrivato in quella città,
al servizio dei suoi padroni come schiavo, non aveva fatto altro.
Non era portato per i lavori manuali, a
causa della sua corporatura esile, ma era in grado di borseggiare
praticamente chiunque, anche le persone più esperte.
Si vantava spesso di questo suo talento
con i suoi amici, quando ne aveva l'occasione.
Da che aveva memoria era sempre stato
uno schiavo, non aveva mai conosciuto la sua famiglia, sapeva solo
che l'avevano venduto per pagare un debito di gioco contratto dal
padre con “il capo”.
Il “Capo” era la mente
dietro alla maggior parte dei crimini di quella città e di
altre, aveva molte sedi sparse in luoghi strategici per, controllare
meglio la sua zona, o almeno cosi aveva sentito majiid quando i suoi
padroni ne discutevano.
Mentre questi pensieri gli scorrevano
nella testa majiid cominciava a stancarsi, erano già diversi
minuti che correva in città e la stanchezza iniziava a farsi
sentire.
La vista cominciava a appannarsi
leggermente mentre le gambe gli dolevano per lo sforzo prolungato,
non sarebbe durato ancora a lungo, doveva togliersi di torno quello
scocciatore una volta per tutte.
Scattò a destra lungo un vicolo,
non c'erano nascondigli particolari li, ma aveva notato quella che
poteva essere la sua salvezza.
Alla fine della strada c'era una
strettoia fatta da due muri, troppo grossa per un adulto, ma lui non
avrebbe avuto troppi problemi a passarci.
Con un ultimo sprint attraversò
tutta la strada in un soffio, sentiva lo straniero sempre più
vicino a lui e questo lo spingeva a correre maggiormente.
Fu proprio quando senti le dita di quel
tizio sfiorare la sua nuca che si lanciò verso la sua ultima
possibilità di farla franca.
Entrò nel muro di traverso
strusciando contro le pareti ruvide, nel farlo non pote evitare di
digrignare i denti, sentendo tutti i piccoli graffi che si formavano
sui suoi bracci.
Attraversò tutta la strettoia e
usci dall'altra parte di nuovo su una via principale di jamat.
Si chinò in basso tastandosi la
pelle in più punti per controllare le ferite.
Non era niente di grave, roba
superficiale, per fortuna.
Una volta constatato ciò si
senti invadere da un senso di felicita e soddisfazione, certo che se
le era proprio sudate quelle monete.
Aprì la bisaccia ansioso di
esaminare il bottino.
Majiid sgrano gli occhi per ciò
che vide all'interno.
C'erano dentro 19 monete d'oro, 10
d'argento e 4 di rame, la sorpresa stava nel fatto che le monete
d'oro di solito erano poche, quando c'erano.
Evidentemente quel tipo doveva essere
proprio ricco per andare in giro con questa piccola fortuna.
Ben contento si diresse verso la “casa”
dove abitavano lui e gli altri suoi amici, normalmente sarebbe dovuto
andare dal “Capo” a versare una quota sul suo furto, ma
non voleva affatto rimetterci quelle monete, di sicuro poi gli
avrebbero lasciato solo quelle di rame
“ehi majiid”.
Il ragazzo si immobilizzo nella strada,
voltandosi e maledicendo la sorte.
A chiamarlo era stato hassan, uno degli
agenti del “capo” si aggirava in città a
raccogliere informazioni, origliando e in altri modi.
Portava una veste bianca leggera, e
aveva il volto coperto con un cappuccio, comodo in caso di fuga.
“ho sentito che hai dato
spettacolo oggi ragazzo, la gente ha visto un ragazzino correre da
una parte all'altra della città inseguito da una persona, un
borseggio finito male? Non sembra da ciò che hai in mano”
aggiunse notando la bisaccia aperta.
“si ... beh io...”
“scommetto che stavi per andare a
versare la tua quota al capo, non è vero majiid? Sono sicuro
che apprezzerà quelle monete d'oro” disse divertito
scomparendo tra la folla.
Mentre se ne andava l'odio che majiid
provava per quell'uomo crebbe a dismisura, ora per colpa sua non
poteva più tenere per se il bottino.
Sconsolato si rassegno a cambiare
direzione verso la dimora del capo.
Lungo la strada oltrepasso una piazza
in cui si era radunata una folla di gente, non ci presto molta
attenzione non era dell'umore, da ma quel poco che sentì gli
parve di capire che fosse in atto uno spettacolo di magia.
“tse, come se quelle cose
esistessero sul serio” disse sarcastico.
Ecco era arrivato alla dimora del capo,
un edifico abbastanza grande a due piani, fatto in pietra grigia come
tutti quelli intorno.
Ma diversamente dalle altre
costruzioni, questo aveva una botola che conduceva ai sotterranei
della città di jamat, che ora venivano usati dal capo come
centro di stoccaggio e spedizione delle merci che..... “requisiva”.
Era un modo di lavorare molto comodo e
discreto, infatti il “capo” trattava in armi, schiavi,
spezie, oggetti preziosi, bestiame, era meglio evitare di dare
nell'occhio.
Majiid si avvicino alla porta e dopo
aver bussato e detto la parola d'ordine entrò.
“devo versare la quota al capo”
disse, e si avvio per le scale che stavano sulla destra mentre il
guardiano chiudeva la porta alle sue spalle.
Era stato in quel posto cosi tante
volte che ormai il muoversi gli veniva quasi automatico.
Ora era fermo d'avanti alla porta di
una stanza, dentro stava il “capo” con i suoi uomini di
maggior fiducia, probabilmente stavano facendo il punto delle varie
situazioni.
Mentre apriva la porta senti parte del
discorso di cui stavano discutendo.
“la carovana parte domani da
Ma-hol, abbiamo già stabilito come procedere”
Quattro uomini erano in piedi con lo
sguardo chino su dei fogli posti sopra un tavolo rettangolare, a
parlare era quello di loro che stava a capotavola.
Un uomo alto, sulla quarantina,vestito
di rosso, dai capelli bruni.
Il volto era molto rugoso, segnato da
varie cicatrici, ma la cosa che colpiva di più erano gli
occhi, penetranti e neri come la pece.
Accanto a lui ai lati del tavolo
stavano due uomini un po' più giovani, dai capelli lunghi neri
tenuti sciolti, indossavano vestiti color sabbia.
Di fronte a lui invece, in fondo, stava
un uomo vestito con una tunica verde chiaro e un turbante bianco in
testa, portava un paio di occhiali di rame e sembrava il più
anziano dei presenti.
“ abbiamo corrotto uno dei
mercanti, addormenterà le guardie della carovana con del
sonnifero e a cose fatte gli daremo una parte del bottino come
pagamento, o almeno cosi crede lui” proseguì il rosso
con un sorrisetto stampato sulle labbra.
Poco distante dal tavolo, seduto su una
sedia vicino alla finestra, stava il capo, la sua corporatura era
leggermente più piccola della media, ma questo non gli
impediva di essere molto temuto.
Sul volto teneva poi, una maschera
biancha con ricami rossi e oro che lo copriva completamente, anche
gli occhi erano nascosti, dietro a delle lenti scure color viola.
“che vuoi , ragazzino?”
disse uno accorgendosi della presenza di majiid sulla porta.
Il giovane fece qualche passo nella
stanza,
“io... sono q-qui per versare la
quota al capo.” disse nervoso, tenendo la bisaccia con le mani.
Uno dei quattro, il rosso, si avvicino
a lui e levatagli di mano inizio a osservare il contenuto.
“ bene bene oro argento e rame,
allora a qualcosa servi ragazzino”
“tieni” disse infine,
gettando a terra delle monete di rame “ e ora sparisci”
aggiunse, tornando al tavolo.
Majiid raccolse rapidamente le monete
pensando “neanche tutte, dannato...” e se ne andò.
Mentre scendeva le scale li sentiva
parlare di nuovo dei loro piani,
“ a iusmak c'è un mercante
d'armi che da più di un mese insiste a non volerci pagare le
quote per poter commerciare, penso sia ora di fargli capire con chi
ha a che fare...”
“mandiamo un assassino a fare una
visita a sua figlia?” propose quello alla sua destra.
“meglio rapirla, cosi non avremo
problemi in futuro” disse l'occhialuto.
“d'accordo, Ahmad prendi uno dei
tuoi ragazzi e mandalo a casa del mercante, sta nella parte ricca di
iusmak” disse il rosso all'uomo alla sua destra, “c'è
altro?” domandò?
“no.... , beh in effetti ci
sarebbe una cosa” disse l'altro dal vestito chiaro
“cosa?”
“la tomba che abbiamo trovato
poco fuori città, quella che sembrava praticamente
inaccessibile”
“e allora?”
“ beh gli uomini che abbiamo
lasciato di guardia ci hanno raccontato che alcuni giorni fa la terra
ha iniziato a tremare e che quando aveva finito uno dei muri era
venuto giù, sembra che ci sia un passaggio tra quelle macerie,
ma bisogna prima sgombrarlo dai detriti”
non appena ebbe finito, il Capo che
aveva sempre ascoltato si introdusse nella discussione avvicinandosi
ai quattro “mandate degli uomini a sgombrare le macerie, usate
dei carri e caricate anche delle provviste bastanti per alcuni
giorni, voglio che quella tomba venga esaminata da cima a fondo”
disse con voce glaciale.
“capo, ecco..., sinceramente non
mi sembra necessario, quella tomba è di piccole dimensioni e
non si capisce nemmeno a che popolo appartenga, secondo me
difficilmente ci sono oggetti di valore la dentro”disse il
rosso.
Il capo si portò davanti a lui
con una mano sull'elsa della spada “chi è che comanda
qui? metti in discussione i miei ordini?”.
Tutti fecero un passo indietro,
l'atmosfera rea cambiata in un attimo diventando assai tesa.
il volto del rosso impallidi
leggermente alla vista della mano sulla spada “ no.., no certo,
chiedo scusa, pensavo solo.....” mormorò.
Il capo attraversò la stanza e
tornò a sedersi “non ti ho detto di pensare, ti ho detto
di agire, partirete domani”
“domani? ma....” inizio il
rosso, ma le parole gli morirono in gola, aveva già irritato
il capo una volta, non era saggio riprovarci.
“è tutto, andate”.
I quattro uscirono mentre il capo
restava seduto a riflettere, inconsapevole del fatto che qualche
metro più in alto, vicino alla finestra, sdraiato all'ingiù,
stava ad ascoltare uno straniero che qualche tempo prima si era visto
scippare i soldi da un ragazzino.
“ alla fine è stato un
bene che quella peste mi avesse derubato” pensò.
“eh no, non posso certo
permettere che dei simili farabutti mettano le mani sui preziosi di
qualche morto”
si alzo in piedi per scendere lungo i
tetti da cui era arrivato
“non prima che ce le metta io
almeno”
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Capitolo 4 *** La tomba ***
Prince Of Persia: The Journey Of
Light.
La tomba.
I cammelli procedevano a passo lento
in fila per due, in cima alla carovana stavano l'uomo vestito di
rosso e la guida, gli unici due a conoscere l'itinerario per la
tomba.
Anche se non c'era un filo di vento
faceva comunque freddo quella notte.
“I rifornimenti d'acqua
dovrebbero essere arrivati ormai, sono partiti con alcuni giorni
d'anticipo rispetto a noi” fece la guida accanto a lui.
“sarà meglio per loro”
disse miahr, l'uomo in rosso mentre prendeva un sorso dalla sua
borraccia.
Odiava i viaggi in carovana, non poter
mai portarsi tutto il materiale occorrente in un solo viaggio, dover
essere sempre riforniti di acqua durante il tragitto tramite i
messaggeri mandati alle oasi, ingrassare le bestie con mesi di
anticipo, queste e altre necessità rendevano il viaggio in
carovana assai problematico.
Fortunatamente questa volta aveva
trovato delle bestie già pronte al viaggio, i duemila cammelli
con cui miahr stava viaggiando erano destinati in principio a portare
rifornimenti alla città di Almohad, stretta da un assedio di
una città vicina, ma alla vigilia della partenza arrivò
in città la notizia che amohad era caduta quella notte, grazie
a delle spie infiltrate che avevano aperto i cancelli e ucciso le
sentinelle notturne.
Ora probabilmente i cittadini erano già
schiavi, o morti.
Miahr
aveva colto l'occasione e dopo un breve “colloquio” con
il proprietario aveva ottenuto il possesso della carovana a un
prezzo favorevole.
Ora quella carovana trasportava in
viaggio dei predatori verso una tomba che poteva benissimo essere
vuota.
“che spreco di risorse”
miahr non riusci a trattenere un commento.
“come ?”chiese la guida
“niente, lascia stare”
rispose brusco.
Miahr guardò il cielo, privo di
nuvole, come sempre del resto, si vedeva bene la costellazione di
“talämt”* che era di fondamentale importanza
per il loro itinerario.
Avevano deviato dopo aver passato
l'ultima oasi, quella di Cufra, e considerate le ore di cammino
trascorse ormai dovevano essere prossimi alla meta, il campo doveva
essere vicino.
Sul volto di miahr comparve un ghigno
beffardo al pensiero di quante oasi erano sotto il loro controllo e
cosa questo volesse dire.
Controllare un oasi poteva voler dire
controllare la vita o la morte di una o più città in
quanto è solo tramite esse che si possono stabilire le vie
commerciali nel deserto, e quindi i rifornimenti.
Ovviamente la locazione delle loro oasi
era segreta e la maggior parte di esse si trovavano quasi tutte nel
pieno del deserto, solo il Capo e le guide più anziane al
servizio della setta le conoscevano.
Il capo, spesso miahr si chiedeva come
avesse fatto una persona cosi a mettere insieme un organizzazione
come quella, certo era un ottimo combattente, ma spesso le sue
decisioni apparivano senza senso, e non solo a miahr.
Come questa di mandare immediatamente
un carico a depredare una tomba di cui non si sapeva nulla, poteva
benissimo mandare un piccolo gruppo in esplorazione, non un intera
carovana, se non avessero trovato niente sarebbe stata tutta fatica
sprecata.
Ma c'erano anche altri cosi anche più
strani, come quella volta in cui, di notte, aveva fatto dipingere un
mulo rosso a due teste sul pavimento della piazza di jahmat, senza
spiegare il perché di un gesto simile.
Se solo avesse potuto.....
“siamo arrivati” fece la
guida
miahr distolto dai suoi pensieri guardo
di fronte a se e tirò le briglie del cammello per farlo
fermare
“uomini siamo arrivati”
disse all'improvviso.
Davanti a loro, illuminata dalla luna e
dalle stelle, c'era una cava, un enorme buco nel terreno occupato
per la maggior parte dalle tende dell'accampamento.
Sulla destra, vi era lungo un sentiero
rialzato che proseguiva dentro una gola, al cui termine vi erano gli
ingressi alle caverne che portavano alla tomba, erano tre.
Miahr prese una torcia tra la roba
dietro di lui nel carro e la accese, le sentinelle ormai dovevano
averli visti.
Si sprigionò una fiamma dal
colore di un verde acceso, dopo averla tesa verso l'alto la fece
ruotare prima a destra e poi a sinistra, descrivendo in aria un
semicerchio.
Dal campo, in lontananza, pochi secondi
dopo si accese una luce blu e anch'essa descrisse un semicerchio, ma
rivolto verso il basso.
“scendete di sotto e piantate le
tende, domani inizierete a lavorare”
miahr vide un sentiero sulla sinistra,
una discesa che portava direttamente al campo, lo intraprese, e cosi
gli altri dietro di lui.
Alla sua sinistra la guida sembrava
preoccupata, stringeva forte un pendente con raffigurata una
mezzaluna con una stella davanti.
“Che hai” fece miahr.
“una sciagura potrebbe abbattersi
su di noi signore”
“ ma che stai dicendo?”
domandò subito.
“ guardi signore, la
costellazione talämt*,la
stella più in alto e quella più in basso brillano
maggiormente, sono gli occhi del maligno che sta per abbattersi su di
noi”.
Miahr alzò
gli occhi al cielo scettico, effettivamente le due stelle brillavano
maggiormente.
“non stare a
piagnucolare, sono solo superstizioni, le stelle servono come
riferimento punto e basta” disse e continuò a marciare.
Alcune ore più tardi, la maggior
parte dei predoni stava dormendo nelle loro tende, eccetto le
sentinelle che montavano la guardia scandite da turni rigorosi.
Davanti all'ingresso delle caverne
stavano due uomini, seduti vicino a un fuoco, per ingannare il sonno
stavano scommettendo, tirando un dado a sei facce per terra.
Erano vestiti pesantemente, con abiti
rossi e blu che li coprivano del tutto, lasciando lo spazio solo per
vedere con gli occhi.
Avrebbero dovuto impugnare delle lance,
ma queste erano posate a terra accanto a loro.
Sopra i vestiti indossavano delle
uniformi nere a maniche lunghe, portavano ancora le spade sul fianco
sinistro, legate alla cintura, mentre sul destro si poteva scorgere
una serie di pugnali da lancio.
“ah ah ah, la fortuna è
con me stasera” disse uno tutto contento, mentre raccoglieva i
dadi e la sua ultima vincita.
L'altro invece era tutt'altro che
allegro “che Allah ti fulmini, è il terzo giro che
vinci, non puoi avere tutta questa fortuna”.
“a quanto pare si invece”
lo prese in giro.
“magari stai barando”
sussurro l'altro con occhi sbarrati.
“con i tuoi dadi?”.
“tira” concluse l'altro.
Prima di tirare, gli passo una fiasca,
“ tieni, addolcirà il sapore della sconfitta”.
L'altro, dopo essersi scoperto il viso,
aprì la fiasca e la portò alla bocca, dopo appena
qualche sorso la allontanò violentemente, tossendo con forza.
“ah forse non te l'ho detto, è
una bevanda piuttosto forte”
“....coff.... ,accidenti a te,
stai cercando di avvelenarmi? Cos'è questo? Raki**? ”
chiese mentre si riprendeva.
“ no arak*** non diluito,
piuttosto forte eh”
“anche troppo, ora riprendiamo la
partita”
e continuarono con un altra serie di
tiri, quando sentirono un rumore sopra di loro.
Si voltarono di scatto, uno mettendo
mano all'elsa della spada, l'altro raccogliendo una lancia vicina.
Rimasero fermi alcuni istanti in
silenzio cercando qualsiasi movimento o suono, ma non successe
niente.
“sarà stata una pietra”
“ si hai ragione” e si
rimisero a sedere.
Dopo alcuni minuti uno dei due si alzo
“ torno subito, vado a prendere un altro po' di arak,ti lascio
l'altra bottiglia, bevila se te la senti” e si incammino verso
il campo
“ si , come no...” ironizzo
il compare rimasto seduto.
Portò il bordo della fiaschetta
al naso per sentirne l'odore, ma lo allontano quasi subito.
“ no, non fa per me”.
Più tardi l'altra guardia stava
tornando, con in mano un altra fiasca, più grossa della prima
arrivato al posto di guardia, però
trovò il suo compare a terra svenuto, la fiaschetta che gli
aveva lasciato era per terra accanto a lui, aperta e vuota.
“lo sapevo che non avrebbe
rett.....”
una presenza alle spalle.
un braccio intorno al collo.
Una pressione fortissima contro la gola
quasi da temere che la testa stesse per staccarsi.
In pochi secondi era tutto finito
la guardia appena tornata era a terra
priva di sensi, la seconda fiaschetta era rotolata per terra, come la
prima.
La persona che aveva stordito le due
guardie, la prese e la rovesciò sulla faccia dell'uomo appena
svenuto.
“ ecco, cosi non ci saranno
problemi quando li troveranno qui”
Il Principe correva rapidamente nella
caverna con una torcia in mano, presa alle due guardie all'inizio
della gola“ bene ora che ho superato le guardie voglio
arraffare quanta più roba possibile prima che arrivi il resto
di quella gentaglia”
i lavori di scavo erano stati portati
parecchio avanti, ormai dovevano essere vicini all'ingresso.
Avevano piazzato delle torce da
accendere lungo le pareti mentre al centro stavano alcuni carrelli,
probabilmente servivano a portare i pezzi di roccia scavata.
“non avrei mai pensato che della
gente come quella potesse darsi cosi tanto da fare per me”
pensò mentre proseguiva, “forse allora dovrei lasciare
loro qualcosina...........uhm no, basta il pensiero”.
Arrivo a un punto in cui la linea di
carrelli e le pareti della caverna si interrompevano, era davanti a
una parete fatta di pietre ammassate una sull'altra.
Iniziò a spostarle, servendosi a
volte degli attrezzi che erano stati lasciati li dai predatori di
tombe.
Dopo qualche ora riusci a creare un
passaggio abbastanza grande per passarci attraverso. Si mise a
carponi e vi si infilo.
Sbucò in un corridoio, il
pavimento era fatto di mattonelle quadrate gialle, come le pareti,
che però invece di essere parallele, convergevano verso
l'alto, come a formare un triangolo.
“bene ora devo solo trovare le
camere funebri”
Inizio a esplorare la tomba tenendo
alta la torcia e stando bene attento a non mettere mai il piede al
centro di una mattonella, questa disattenzione gli era stata più
volte fonte di guai.
Mentre si muoveva cercava di capire a
quale popolo potesse appartenere la tomba, sperava fosse egiziana ma
dopo i primi minuti gli era parso abbastanza evidente che non era
cosi.
Le decorazioni e lo stile di
costruzione erano troppo diversi.
Ormai aveva imparato a distinguere
abbastanza bene le varie tombe, a seconda di com'erano costruite e
strutturate.
Le sue preferite erano appunto quelle
egizie, non certo per il trattamento verso il defunto, ma perché
erano quelle in cui aveva trovato i bottini più consistenti.
“ ehh loro si che sanno come
riverire un morto” ammise.
Gli tornò in mente quella volta
in cui era stato inseguito solo per avere preso una piccola coppa
sigillata da una tomba egizia, che però invece di gioielli o
oggetti preziosi, conteneva solo le viscere essiccate di un faraone
di qualche secolo prima.
Quella era stata proprio una fregatura,
girò a destra seguendo il corridoio e si trovò di
fronte a una porta, provò a spingerla premendo in avanti sulla
maniglia e questa si apri senza problemi, rivelando un ampio salone
al cui centro c'era un enorme scrigno aperto pieni di gioielli.
Non entrò immediatamente.
“nessun meccanismo particolare
per arrivarci, un tesoro in bella vista e anche la porta aperta? ,
fantastico!, ora devo solo capire dov'è la fregatura ”.
Primo: la porta.
La osservo bene; era di legno
,abbastanza marcio per non essere sfondato con una o più
spallate e apparentemente non c'era nessun filo nascosto o meccanismo
che potesse aver fatto scattare qualcosa.
Secondo: il pavimento.
Le mattonelle erano le stesse del
corridoio; non sembravano pericolose, ma le avrebbe attraversate come
aveva fatto in precedenza, per sicurezza.
Terzo: le pareti.
Erano spoglie, assolutamente prive di
decorazioni o ornamenti vari, osservò meglio per controllare
se ci fossero fori pronti a sparare delle frecce, ma anche di quelli
nemmeno l'ombra.
Possibile che fosse tutto libero?
Iniziò ad avanzare lentamente verso lo scrigno.
“ forse c'è qualche
allarme a pressione, se lo scrigno si svuota troppo scatta la
trappola”.
I suoi pensieri vennero interrotti
perché arrivato a pochi metri dallo scrigno il suo piede
attraverso il pavimento, tirandosi dietro anche il resto del corpo
ovviamente.
Si ritrovo a ruzzolare giù in
una voragine, appena apparsa al posto del pavimento.
“una magia?? accidenti è
una persecuzione! ”.
Le pareti rocciose scorrevano sulla sua
pelle graffiandola come fossero artigli.
Cercò di controllare la caduta
con la sua agilità e dopo alcune spinte riuscì a
riassestarsi continuando a scivolare in profondità lungo le
rocce.
La torcia, stretta ancora nella mano
libera illuminava la discesa che aveva iniziato a curvare formando
quasi una spirale.
“spero davvero che questa discesa
non finisca in un...” non ebbe il tempo di pensarlo che un
abisso vuoto comparve davanti ai suoi occhi.
Immediatamente usò la mano con
il guanto per aggrapparsi alla roccia, ma ormai aveva preso troppa
velocità e riuscì solo a rallentare.
Istante dopo istante tentava di
aggrapparsi a qualcosa mentre il bordo si faceva sempre più
vicino.
La roccia finì e si ritrovo a
cadere nel vuoto senza possibilità di scampo
mentre precipitava verso il basso gli
passò davanti tutta la sua vita, i primi borseggi, i viaggi in
terre lontane, le donne che aveva avuto ( su questo indugio qualche
istante in più).
Quando all'improvviso la caduta si
fermò, senti il braccio con la torcia in mano teso verso
l'alto verso un enorme luce.
D'istinto chiuse gli occhi lasciando
che le forze della natura facessero il loro lavoro.
La presa al braccio si sciolse e iniziò
di nuovo a cadere.
“Verso gli inferi dunque?”
si disse.
Stavolta la caduta finì quasi
immediatamente.
Si guardo intorno, il paesaggio
sembrava identico a prima
“uh? Tutto qui? Sinceramente me
l'immaginavo diverso l'aldilà” disse, mentre la luce
tornava ad avvicinarsi dall'alto.
Stavolta però diminui di
intensità man mano che si avvicinava a lui, lasciando vedere
una giovane donna dai capelli mori al suo centro.
“se non ci fossi io ci saresti
già da un bel pezzo nell'aldilà” disse una voce
femminile molto familiare.
Talämt*:
I tuareg
hanno una profonda conoscenza delle stelle, che costituiscono uno
strumento indispensabile per orizzontarsi nel deserto. Anch'essi,
come molti popoli del mondo, hanno individuato nella volta del cielo
delle costellazioni in cui vedono personaggi e animali
collegati ad una serie di miti.
Orsa
Maggiore = talämt (la cammella),
che comprende almeno 9 stelle:
Raki**:
Il termine raki cambia
significato a seconda del posto in cui usa. Infatti per i greci
è una grappa bianca, per i turchi
è un’acquavite
aromatizzata con anice,
simile all'ouzo
greco, e considerato una bevanda nazionale.
Il Raki si ottiene dalla distillazione
di vino fermentato o prugne, dal grano o patate, o dai datteri. Il
prodotto viene poi aromatizzato con anice. Si presenta come un
liquido incolore con una gradazione
alcolica minima del 28%.
Arak***:
L'Arak o anche araq (in
arabo: عرق)
è una bevanda alcolica tradizionale prodotta e apprezzata
nella Mezzaluna
fertile. Tradizionale in Libano
e in Siria ha visto
il concentrarsi della produzione in Libano, dove è presente
un'importante comunità cristiana, mentre, a causa del divieto
islamico di bere alcolici, sta scomparendo dagli altri paesi del
Medio oriente
con il declino delle comunità non musulmane prima fiorenti
Lo si ottiene a partire da succo d'uva distillato come acquavite
al quale si aggiungono grani d'anice. Viene invecchiato in giare
d'argilla. Il risultato è una bevanda all'anice simile
all'ouzo, al raki
o al pastis.
L'arak puro è prodotto con una gradazione tra 50° e 70°
gradi alcolici, ma viene bevuto allungato con acqua o con ghiaccio da
3 a 5 volte.
mi raccomando commentate in tanti!! ^^
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